37
•
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
DA S. PIETRO SINO Al NOSTRI GIORNI
SPECIALMENTE INTORNO
Al PRINCIPALI SANTI, BEATI, MARTIRI, PADRI, AI SOMMI PONTEFICI, CARDINALI
E PIÙ CELEBRI SCRITTORI ECCLESIASTICI, AI VARII GRADI DELLA GERARCHIA
DELLA CHIESA CATTOLICA, ALLE CITTA PATRIARCALI, ARCIVESCOVILI E
VESCOVILI, AGLI SCISMI, ALLE ERESIE, AI CONCILII, ALLE FESTE PIÙ SOLENNI,
Al RITI, ALLE CERIMONIE SACRE, ALLE CAPPELLE PAPALI, CARDINALIZIE E
PRELATIZIE, AGLI ORDINI RELIGIOSI, MILITARI, EQUESTRI ED OSPITALIERI, NON
CHE ALLA CORTE E CURIA ROMANA ED ALLA FAMIGLIA PONTIFICIA, EC. EC. EC.
COMPILAZIONE
DEL CAVALIERE GAETANO MORONI ROMANO
SECONDO AIUTANTE DI CAMERA
DI SUA SANTITÀ PIO IX.
VOL. LXX.
IN VENEZIA
DALLA TIPOGRAFIA EMILIANA
MDCCCL1V.
La presente edizione è posta sotto la salvaguardia delle leggi
vigenti, per quanto riguarda la proprietà letteraria, di cui
l'Autore intende godere il diritto, giusta le Convenzioni
relative.
DIZIONARIO
DI ERUDIZIONE
STORICO-ECCLESIASTICA
S TE
S T E
O TEFANO I (s.),Ordine militare ed
equestre 3e sagra religione de* cavalieri di
s. Stefano I Papa e martire, Equites or-
dinis Militiae s. Slephani. Insigne ordi-
ne equestre del granducato di Toscana
(['■), celebre e benemerito per militali
imprese navali, della Chiesa e della so-
cietà, e formidabile alle piraterie africa-
ne, barbaresche e turchesche. Dopo ave-
re Cosimo 1 Medici duca dì Toscana am-
pliato e rassodato il suo florido principa-
to, considerando che le coste e litorale
marittimo del medesimo, gli abitanti, le
città, i luoghi erano di frequente esposti a
deplorabili saccheggi, incendi e schiavitù,
per le funeste invasioni di rapaci e crude-
lissimi corsari africani e barbareschi, ne-
mici del nome cristiano, i quali comechè
maomeltani,arditameute veleggiavano le
acque del Mediterraneo, non polendo
sempre e dappertutto il glorioso ordine
G ei osolimitano^T.) dal so vrano suo pro-
pugnacolo di Malta accorrere a frenar-
ne le depredazioni;quindi compassionan-
do la triite condizione de'popoli, pacifici
abitatori delle spiaggie e lidi della To-
scana, esposti olle masnade iuièdeli che li
facevano Schiavi (/"'.), concepì con felice
idea l'istituzione d'un ordine equestre a
difesa de'suoi sudditi, e insieme qual ma-
rina militare dello stalo, per preservarlo
da mire nemiche, proteggere la comune
sicurezza e rintuzzare l'audace baldanza
de' Unii oni di mare, non che a difesa e
propagazione della fede cristiana, a mez-
zo de'valorosi cavalieri. Conoscendo che
per l'impresa avrebbe occorso uscir dai
limili de! proprio dominio, si rivolse al
Papa Pio IV, Medici, per cooperare col-
la suprema sua autorità al saldo stabili-
mento e dilatazione dell'ideata cavallere-
sca milizia navale, e si recò aRoma a ma-
nifestargliela. Il Papa con giubilo lodò il
magnanimo pensiero, e tutto si offrì a
concorrervi pel pubblico bene, per la si-
curezza del Mediterraneo e difesa del cri-
stianesimo. Pertantocon breve apostoli-
co del i. "ottobre i56o, Pio IV autorizzò
e die facoltà al duca Cosimo I di fondare
sotto gli auspicii e colla regola di s. Ago-
slino o di s. Benedetto, o d'allra mona-
stica congregazione un ordine militare.
4 STE
Quindi il duca portando la sua più seria
attenzione uel formarlo, scelse la regola
del patriarca s. Benedetto e prese per pa-
trono principaledell'ordine il gloriosoPa-
pa s. Stefano I{f^-) martire, antico pro-
tettore dell' illustre sua capitale Firenze,
e lo cliiamò col suo nome. Die all'ordi-
ne per tutelare s. Stefano I, non solo per
l'ereditariadivozioue che gli portava co-
me fiorentino, ma ancora per riconoscen-
za e per memoria di aver uel giorno di
sua festa a'2 agosto 1 554 riportata nelle
vicinanze di Marciano in Val di Chiana,
diocesi e compartimento d'Arezzo, la de-
finitiva vittoria colle sue armi unite alle
austro-ispane, contro Pietro Strozzi ma-
resciallo de'francesi in Italia e comandan-
te l'esercito frauco-sauese. Con tale ri-
nomala battaglia fu deciso il fine della
politica esistenza dell'emula e potente re-
pubblica di Siena (fr.), la sua conquista
e il consolida mento del suo vacillati te dia-
dema, assicurando la sovranità de' suoi
slati. Già il principe per sua fortunata
ventura non solamente aveva restituito
a'marcianesi le antiche esenzioni, ma a-
vea innalzato inFireuze,sul quadrivio di
s. Felice in Piazza, una colonna di mar-
moa monumento del fausto avvenimen-
to, che però a' nostri giorni fu rimossa,
ed ordinato al celebre Bartolomeo Am-
mannato che edificasse in mezzo al cam-
po ove seguì la pugna, detto il campo di
Scannagallo, un tempio rotondo,che tut-
tora vi resta, sotto il titolo di s. Vittoria.
Attese quindi il duca alla compilazione
de'regolamenti,che doveano formare i ca-
valieri per mezzo della pietà e del valore
ad una vita lodevole e virtuosa, e si occu-
pino pari tempo di stabilire la sede prin-
cipale dell'ordine, l'erezione della chiesa
conventuale, della canonica e altre fab-
briche necessarie agli ufilziali e ministri
dell'ordine, a cui affidare il governo po-
litico e spirituale della sagra milizia. Per
tale residenza posta in discussione la na-
tura de'luoghi più adatti alle spedizioni
navali, fissò lo sguardo sull'isola dell'El-
S T E
ba, ricca di miniere di lei ro, comoda per
la capacità de'suoi poi ti, idonea per na-
turale situazione, come la principale del-
l'isole dell' arcipelago toscano, capace a
dare opportuno ricetto alle squadre ma-
rittime, riunendo il vantaggio di avan-
zate sortite sui pirati africani, che nasco-
sti tra'scogli e l'isolelte deserte del mar
Tirreno, continuamente tramavano a
danno de'naviganti cristiani. A tale effet-
to Cosimo 1 nel Iato angolare dell'isola,
in cui concentrasi il mare favorendola di
sicurissimo seno, costruì una forte e bella
città,e col suo nome la chiamòCcsmopoli,
oggi Porto Ferraio, e luogo principale e
più forte, ed ivi destinò collocare la sede
primaria della milizia. Ma non riuscen-
dogli l'acquisto del restante dell'Elba, al-
lora dipendente dalla Spagna, mulato
consiglio, trovò adattissima l'antica e ce-
lebre città di Pisa {V!)> e quivi ordinò
l'erezione dell'albergo conventuale, affi-
dandone la direzione al valente Giorgio
Vasari, non meno peritissimo architetto
che pittore, il quale da' fondamenti co-
struì un palazzo conventuale pe'cavalie-
ri professi o earovauisti, ornandolo de-
corosamente con pitture e statue, ed e-
gualmente fabbricò la chiesa conventua-
le, la canonica per abitazione del priore
conventuale e pel clero per la divina uf-
ficiatura,e altri edilizi, il tutto degno del-
la militare religione, che dovea salire a
tanta rinomanza; i cui trofei, spoglie e in-
segne tolte al nemico, per riconoscenza a
Dio e al patrocinio di s. Stefano I, collo-
cò nella chiesa conventuale, che divenne
come una cattedrale per la prerogativa,
dell'episcopali funzioni, alle quali fu abi-
litato il priore grancroce. 11 IMarcheside-
scrive questi edifìzi, la chiesa di s. Ste-
fano I, la sua sedia pontificale di marmo,
cospersa di macchie rosse delsangue spar-
so dal santo quando iu essa gli fu moz-
zato il capo, racchiusa in mezzo alla tri-
buna in una pontificia cattedra di me-
tallo dorato; e l'altare ricco di preziose
pietre, colla statua del Papa scolpila ia
S T E
finissimo marmo, sollo di cui ne tiposa-
no le venerande ceneri. Dice pure, che
non restando nella piazza de'cavalieri,ove
sorgono le accennate fabbriche, che il so-
lo antico palazzo del senato pisano, que-
sto concesse alla sagra miliziaCosimo III,
e fu destinato per gli ordinari consessi del
supremo consiglio, per cancelleria e ar-
chivio. E perchè il principale scopo dei
cavalieri dovea essere la difesa e lo spur-
go del Mediterraneo dai ladronecci de-
gl'infedeli, fece Vasari fabbricaresulle ri-
ve dell' Arno un sufficiente arsenale, in
cui si potessero costruire gli schifi per le
galere, per poi condurli a Livorno e ri-
cevervi corrispondeuti equipaggi. Mentre
gli artefici erano intenti alla costruzione
degli edifizi, il duca si occupava per stabi-
lire la forma del manto capitolare e quella
della croce equestre. Indi stabili per abi-
to e divisa da usarsi nelle sagre e solenni
funzioni, quello già usato da'celebri e po-
tenti cavalieri Templari [V.\ il manto
di ciambellolto biancocolle maniche fo-
derate di ormesino rosso, e che due cor-
doni e fiocchi di seta color vermiglio, pen-
dendo dal collo giù per gli omeri, simbo-
leggiassero 1' ubbidienza a cui con voto
doveano sottoporsi i cavalieri. Volle che
il manco lato rosseggiasse colla croce di ra-
so porporino, a riserva de'graduati gran-
croci, priori e bali, i quali in segno di pre-
minenza la portassero in mezzo al petto;
finalmente che 1' abito terminasse con
strascico maestoso, a guisa di manto du-
cale. Per la croce poi adottò quella del-
l'ordine Gerosolimitano (fr.),<i\ versa pe-
rò nel colore, da portarsi dalla parte del
cuore, per ricordare a'cavalieri che quel
salutifero seguo dovea essere la calamita
di loro adorazioni e alleiti, e che doveano
combattere valorosamente colla destra e
difenderla dagli oltraggi degl'infedeli. De-
stinò dunque che la croce fosse di raso ros-
so contornata di fregio d'oro e cucita sulle
vesti esteriori, permettendo l'uso d'una
crocetta massiccia d'oro, smaltata di co-
lore porporino, da portarsi pendente al
STE 5
collo, qual segno di decorazione della mi-
lizia. Da'semplici cavalieri portasi appesa
nel lato siuistro, e da'grancroci, priori e
bali portasi pendente al collo e di forma
maggiore. 11 p. Bonanni nel Catalogo de-
gli ordini equestri e militari esposto in
immagini, ne riporta la figura dell'abito e
della croce a p. i i 2, chiama i serventi an-
che col nome di Donati, con veste corta
e manichestrette,echei cavalieri in guer-
ra portavano una veste di seta bianca e
corta, con fornimenti rossi, e colla croce
rossa sul petto,come i cavalieri di Malta.
o Gerosolimitani, per terrore de'barbari
che P oppugnavano, e per couforto dei
combattenti che la difendevano. I sacer-
doti poi sulla veste bianca assumono il
rocchetto e l'almuzia bianca fregiata colla
croce dell'ordine. I cavalieri ogni volta
che dacristiani si faceva un'impresa ge-
nerale control nemici della s. fede, erano
obbligati ad intervenirvi in persona, e
molto pi ìi se \i andava il gran maestro per
accompagnarlo. I cavalieri furono chia-
mati militi dall' obbligo di militare, fa-
cendo le loro carovane sopra le galere del-
l'ordine e da esso manteuuti, ed allora e-
rano chiamati cavalieri caro vanisti. Il du-
ca esaminati gli statuti degli altri ordini,
modellò quelli per questo sui regolamen-
ti del Gerosolimitauo, con alcune relati-
ve modificazioni; perciò divise i gradi in
4 classi : i cavalieri o militi, i cappellani,
i serventi d'armi, i serventi d'ollizio per
l'esercizio de'di versi miuisteri ammini-
strativi. Volle che i militi come costituti-
vi del capoe delle parti signorili della mi-
lizia,facessero professione di militare con-
tro i nemici di nostra fede, e fossero ri-
partiti in cavalieri di giustizia e in cava-
lieri di padronato. A chi pretendeva en-
trare tra'primi, riservò l'onore delle di-
gnità elettive e capitolari, prescrisse un
esame di rigorose prove, volendo che la
sua religione nascesse e non già divenisse
nobile ne'progressi; dovendo far constare
di discendere da genitori, avi ed avole
de'due lati paterno e materno, di nobili
G S TE
famiglie (noterò che pe'ca validi tli giu-
stizia è necessario che le provanze tli no-
biltà generosa si facciano fino all' atavo
inclusive, 5 generazioni cioè al di sopra
del pretenclente,tanto pe'lati paterni, che
materni), e che fossero capaci di godere
in patria le maggiori onorificenze, per 3
gradi e generazioni, cioè da' trisavoli; e
dipoi nel capitolo generale del 1728 si
estesero! lini iti alla G.n generazione di cia-
scuno de'4 quarti di nobiltà. I cavalieri
di giustizia si divisero indite specie, ec-
clesiastici (questi potino essere cavalieri
per giustizia, per commenda padronale,
e per commende di grazia, come i cava-
lieri secolari) e secolari, tra'quali non vi
fosse che il solo di va rio nell'esercizio de Ila
milizia, gli uni dovendo imbrandir la spa-
da contro gl'infedeli, gli altri invocare il
celeste aiuto con sagrifìzi e orazioni. A
vigore poi e sosteguo dell'ordine si sta-
bilì la classe de' cavalieri di padronato,
colla clausola, che se il gran maestro del-
l'ordine per grazioso indulto dispensava
i fondatori di commende dalla rigorosa
discussione di qualche quarto di nobiltà,
la dispensa non si estendesse a'sostituiti
e chiamati alla successione, i quali dovea-
no giustificare la nobiltà de'quarti della
genitrice e dell'ava materna, collo stesso
rigore di prove de'cavalieri di giustizia.
Quanto all'accettazione de' cappellani e
sacerdoti d'ubbidienza (va avvertito, che
i cavalieri cappellani, oggi canonici per
quanto dirò, formano parte del clero della
chiesa conventuale; i sacerdoti d' ubbi-
dienza erano e sono ceremonieri delle di-
verse assemblee de'cavalieri dell'ordine, i
quali usano la toga e mozzetta con croce
vermiglia eguali a quelle de'cauoniei, ed
i rettori delle parocchie filiali dell'ordì'
ne;ma questi ultimi,sebbene si conferisco-
no loro le parrocchie come sopra dal gran
maestro, non hanno più. uè il titolo di ca-
valieri sacerdoti d'ubbidienza, né fanno
più uso del rispettivo abito, essendo pas-
sati sotto la dipendenza de' rispettivi or-
dinari), che doveano prestare quotidiana
ST E
assistenza a'rn misteri del tempio con ven-
tilale, al governo delle parrocchie e dei
benefizi che sarebbero incorporati nella
milizia, furono abilitati a portare sulla
parte sinistra delle vesti ordinarie la croce
di raso contornata di seta, e per abito
si assegnò loro una toga di ciatnbellolto
bianco, fornita d'asole e bottoni di seta
rossa, ed una mozzetta coti cappuccio pa-
rimenti con simili asole e bottoni, e fre-
giata di croce con fodera e profili di seta
di color porporino, da portarsi con sotto
il rocchetto, ed al priore della chiesa fu
di più concesso lo strascico a forma d'a-
bito prelatizio. Alle due classi di serventi
d'armi e di serventi d'officio, furono as-
segnati gl'impieghi propri di loro profes-
sione, agli uni di guerreggiare iteli' ira-
prese di mare e di terra in aiuto de'mi-
liti, colla divisa d'una croce uniforme a
quella de'sacerdoti d'ubbidienza eda por-
tarsi nel destrolato; agli altri di adoprar*
si ne'ministeri servili del convento e del-
l'assemblea, dandosi loro una veste di ra-
scia bianca con maniche strette, fornite
di mostre di taffettano rosso, e colla ero*
ce annessa alla parte destra, formata di
3 soli rami e priva del superiore a guisa
d'un Tati greco, per cui poi ebbero il no-
me diTau.Per l'osservanza degli statuti
e delle discipline, come pel governo del-
rordine,con autorità di mero e misto im-
pero, fu istituito un maestrato supremo
compostodi 1 2 soggetti;ed il consiglio su-
premo e ordinario, formato cioè del gran
maestro, di 8 graduati conventuali, dei
priori e bagli vi delle provincie, del prio-
re della chiesa, e de'cavalieri desti nati dal
capitolo. Ali. "graduato fu datoli titolo
di commendatore maggiore con esercizio
e vicegerenza del gran maestro durante
la vita di questi, dovendo risiedere in un
convento. 11 comaudo delle forze navali
fu ripartito tra il contestabile e l'ammi-
raglio, ad uno affidandosi la direzione
dell'imprese terrestri, all'altro le maritti-
me come generale delle galere: ali.0 fu
data autorità sulle genti di guerra a piedi
ST£ S T E 7
e a cavallo, con facoltà di punire anche i desimo, il gran priore, il gran cancellie-
cavalieri se colpevoli; al 2.0 si die eguali re, il gran tesoriere, e il gran conservato-
prerogative sulla squadra navale e suo e- re; tutti a nomina del principe. Inoltre
quipaggio. Al gran priore del convento con detto atto restò soppresso il capitolo
dell'ordine fu dato il 4-° luogo e attribuì- generale.Tutto questo venne stabilito per
la la supplenza del commendatore mag- la prosperità del temporale reggimento
giore, col carico del governo in sua as- dell'ordine; mentre per indirizzare le a-
senza; dovendo vegliare sulla concordia nimenella via della salute eterna, fu crea-
e moralità de'cavalieri, quindi ammoni- to un prelato priore della chiesa cou Tu-
re e castigare, insignire dell'abito i novi- so della gran croce, con titolo di rnonsi-
zi, con altre attribuzioni. Il 5°e6.° luogo guore,e considerato 9." dignità dell'ordì-
gerarchico l'ebbero il gran cancelliere e ne, commettendosi a lui eziandio l'edifi-
il tesoriere generale, dovendo sovrastare cazione e la custodia pastorale del clero,
il i.°a'subal terni ministri nella custodia con quasi vescovile giurisdizione subor-
delle scritture spettanti alla cancelleria, dinata al consiglio de' 12. Si stabilirono
all'archivio,a'registri; il 1. "alla cura del- pure i liti e le ceremonieper la vestizio-
l'introilo e dell'esito, ricevere ecustodire ne de' novizi, uell' emettere i 3 voli; la
il tesoro. Gli altri due graduati furono il forma de'trieunali consessi capitolari, da
conservatore generale, e I' ospitalario o radunarsi nel conventuale di Pisa e inco-
buon uomo dell'ospedale, dovendo il i.° minciarsi nella domenica in Albh, col-
vegliare sulle possessioni, loro conserva- l'intervento del gran maestro o del suo
ziouee incremento, non che sull'armeria; luogotenente. Nell'apertura del capitolo
il 2." aver cura caritatevole degT infer- fu disposto, che i cavalieri chiamati al-
mi, sia nell'assistenza corporale, sia nella l'ubbidienza, con profondo inchino si re-
spirituale. In sostanza, perla cura e vi- cassero a baciare il lungo strascico del
gilanza delle cose e negozi della religio- gran maestrotedente in trono; quindi per
ne venne stabilito il descritto consiglio la piazza de'cavalieri si dovesse fare da
ordinario di dodici cavalierini quale do- tutto V ordine solenne processione, che
vea intervenire il gran maestro o suo luo- entrata nella chiesi conventuale, inco*
gotenente. Formarono tale consiglio il miuciasse la messa cantata, frainezzata
commendatore maggiore, il contestabile, con un'orazione pronunziala da un cava-
l'ammiraglio, il priore del convento, il liere dell'ordine, per eccitare col raccon-
grau cancelliere, il tesoriere, il conserva- to delle belle imprese de'tnaggiori, il de-
tore generale, il buonuomo dell'ospeda- bito dell'imitazione. Quindi Pio IV col-
le,i priori e bagli vi delle provincie, il prio- la bolla His, quat prò religioni*; propa-
lo, della chiesa, e quelli di essi graduati gutione}de\ i.°febbraio 1062, Bull. Pioni.
che si trovassero al convento, e dopo di t. 4, par. 2, p. 1 38 , approvò e confer-
essi doveano intervenirvi que' cavalieri ino solennementel'ordineereligiouedel-
che da'capitoli generali o dal gran mae- la milizia di s. Stefano I, gli statuti che
«trovi veuisserodepulati, secondo il gra- avea fatto esaminare, colla regola di s.Be-
do d'anzianità, onde l'effetto fosse che si nedetto, ed i 3 voti di carità, di castità
adunassero sempre in numero di 12. E qui coniugale, e di ubbidienza a'superiorijper
aggiungerò, che il moto proprio sovrauo riscattare i fedeli dal duro giogo e schia-
de'5 aprile 1784 ridusse al numero di 6 vitti de'turchi, pel dilatamento del culto
i grancroci componenti il consiglio, cioè cristiano, per l'accrescimento della fede
nig.rpriore della cou ventuale,il gran con- ortodossa; encomiò Cosimo 1 e lo costituì
testabile eh' è il luogotenente del gran gran maestro e fondatore, e i successori
maestro e lai.' dignità del consiglio me- di lui al trono nella medesima suprema
8 S T E
dignità, concedendo all'ordine indulti ed
esenzioni, lodandone il pio e generoso sco-
po: e al gran maestro facoltà illimitate
per fare uuove leggi, per conferire i be-
nefizi eeclesiaslicidell'ordiue, la cognizio-
ne delle cause de'cavalieri, con giurisdi-
zione spirituale e temporale, inclusiva-
mente sopra gli ecclesiastici e le monache
dell'ordine. Dopo tutto questo, e dopo a-
ver Cosimo I assegnato il patrimonio al
convento di Pisa, eformati i fondi per 60
commende, per gratificare cou esse i va-
lorosi, prese solenne possesso con grau
pompa e alla presfuza d'i nnumerabile no-
biltà, del supremo magistero a'i5 mar-
zo 1 5625riceveado nel duomo di Pisa l'a-
bito dalle ma ni del nunzio a postolicoGior-
gio Cornaro vescovo di Treviso, facente
le veci del Pupa. Trovandosi Cosimo I
costituito canouicameute nel grau magi-
stero, con zelo si die a propagare la reli •
giosa cavalleria,onde a'3o del medesimo
marzo con pomposa ceremonia volle e-
sercitarelesua autorità, e vestì del man-
to cavalleresco 8 personaggi di chiarissi-
mo sangue. Pio IV volendo condecora-
re la sagra milizia di altri segnalati pri-
vilegi, colla bolla Allitudo divinae prò-
iidenliae, de'7 luglio 1 562, Ball. cit. p.
i4°j dichiarò per sempre immuni i ca-
valieri, officiali e ministri, sacerdoti e he-
neficialijcolleloro commende, beni e par-
rocchie, dalla giurisdizione, visita (trau-
Jie le chiese parrocchiali, per quello che
concerne il ministero de' sagrameuti, e
quali delegati della s. Sede), superiorità
e dominio de'melropolitaui, vescovi e or-
dinari de'luoghi. soggettandoli a Cosimo
] ed a'monarchi gran maestri suoi suc-
cessori, nell'uno e nell'altro foro; dichia-
rando che al solo tribunale del gran mae-
stro fossero subordinali i cavalieri e mi-
nistri della militare religione, ed abilitò
tanto i coniugati che i bigami al godi-
mento delle pensioni ecclesiastiche per la
somma di scudi 200 d'oro. 11 successore
s. Pio V neh 56g ornò Cosimo I del ti-
tolo e dignità di granducale soleuneaieu-
5 T E
te lo coronò colla ducale corona, donan-
dogli la Rosa d' oro {V.) benedetta. E
siccome s. Pio V moderò e abolì alcuni
de' nominali indulti concessi da' Papi a
vari ordini militari,colla bolla Saerosan-
cium, de'9 settembre 1 568, Bull. Row. t,
4, par. 3, p. 38; dipoi mosso Sisto V dal-
le splendide imprese già fatte da' cava-
lieri contro i corsari aiìicaui in mare e
in terra,colla bo\\n Circumspecla romani
Pontifìcis^tiZ marzo 1 5go,Bidl.Roni,
t. 5, par. 1, p. 1 24, derogò al disposto da
s. Pio V, e rinvalidò la concessione di Pio
IV. Già Sislo V col breve Praeclara de-
votionis sincerilaSj degli i 1 settembre
1 587, Bull. cit. t. 4j par. 4> avea auto-
rizzato ilgranducaFrancescoI gran mae-
stro, d'erigere in commende dell'ordine
gli ospedali che fondasse nella Toscana,
con altri privilegi. Paolo V colla bolla
Dum generosa militimi Militine s. Sle~
phani.de 18 giugno 1 608, Bull. cit. I. 5,
par. 3, p. 3 1 9, ampliò all'ordine i privi-
legi, ed eslese il godimento delle pensio-
ni ecclesiastiche a scudi 4oo d'oro, pari
a romani scudi 600, sopra qualunque
cliiesa arcivescovile, mitrala e beneficia-
le. Paolo V si mostrò così largo per la
gloria erepulazione,a cui era giunto l'or*
diue per avere con le sue prodezze im-
brigliato la tracotanza de'pirati africani,
che prima tenevano in conliuua inquie-
tudine il mare; difeso coraggiosamente
più volte le coste d'Italia, e penetrati i
cavalieri arditamente, con profusione di
sostauze e sangue, uelle proviucie otto-
mane, con sottomettere e diroccare varie
piazze,ecou riportare segnalate vittorie,
come veri soldati della milizia e fede di
Gesù Cristo. Ma ritornando alle ampie
concessioni di Pio IV, contenute nella ci-
tata bolla Allitudo, accordò pure a'ca-
valieri la facoltà di trasferire le pensioni
anche intere ad altri soggetti, e in punto
eziandio di morte alla presenza d' una
persona costituita in sagra dignità 0 in-
signita dell'abito della stessa milizia. Ac-
cordò loro l'indulto di testare a favore
S T E S T E 9
degli spini e altri incapaci d'essere ara- avea un monastero di monache dell'or*
messi alle successioni , stabili, mobili e dine stesso, in Firenze fu eretto il celebro
gemme acquistate co'pro venti de'bene* monastero della ss. Concezione, concepi-
fizi e delle commende, purché ne lascino mento di d. Leonora di Toledo moglie di
la 5.aparleal convento. Onorò poi e qua- Cosimo l,laquale meditava di raccoglicr-
lificò il priore della chiesa, dell'uso della vi le fanciulle più nobili di Toscana. La
mitra, pastorale, sandali e altre insegne morte avendole impedito l'effettuazione
vescovili e pontificali, permettendogli di completa, l'ebbe poi nel iSqi, terminate
celebrare con essi la messa, d'assistere ai die furono le fabbriche necessarie.In vir-
divini uffizi e di benedire solennemente tu dunrpie d'un breve facoltativo di Pa>
il popolo quando vorranno; la quale pre- pa Clemente Vili, venne dalle monache
rogati va tu estesa da Innocenzo XII alla delle Murate,co'suffragi capitolari eletta
mitra preziosa vescovile in tutte le chiese suor Umiliami de'Lenzi, in cui risplen-
della religione. Inoltre Pio IV assolvè gli elevano doti venerande, per abbadessa
ascritti alla sagra milizia da inadempi- del novello convento. Essa invitò per se-
menti della regola, eccettuato il caso d'in* guaci e compagne nel regolare istillilo
ubbidienza, la ribellione e altri casi pec- Oretta Sapiti, Clemen/ia d'Haro nubi-
caminosi; esentò i beni e rendile della mi- I issi ma spaglinola, Laura Aldobrandini
lizia da'pesi ordinari e straordinari die stretta congiunta di detto Papa, e Lau-
in futuro fossero imposti da' Papi, inciti- domina de'Malalesti della casa che domi-
si vameo te per crociate contro gl'infedeli; nò sulla maggior parte ili Romagna edel-
n Uralico le commende e benefizi da qua- la Marca. Furono queste candidate in*
luuque pensione; accordò 1' indulgenza trodoltc nella nuova clausura dalla gran-
plenaria a'morti nelle spedizioni di terra duchessa Cristina di Lorena (il cui ma*
e di mare, e la simile a tutti i fedeli che rito Ferdinando I nel i5qo avea riforma-
visi lasserò la chiesa conventuale nella fé- ti gli statuti dell' ordine) e da Maria de
stadi S.Stefano I; a'fondatoridicoinmcn- Medici poi regina di Francia; e con pre-
de, ed a quelli che facessero pie lascite ludi sì illustri giornalmente crebbe quel
all'ordine concesse le ricompense da'Pa- monastero in numero di profèsseeiu i -. t i -
pi elargite a'benefatlori dell'ordine Gè- ma, per le rigorose provede'4quartidi no-
rosolimitano. Con breve del i 56 j Pio IV bilia, alle quali doveano sottostare quel-
accordò l' indulgenza del giubileo alla le educande, che pretendevano ricevervi
chiesa di s. Stefano di Pisa, nella 2." do- il sagro velo. Le monache assunsero per
menica dopo Pasqua, e dal giorno di s. vesti la tonaca di colore bianco, in cui
Matteo per tutta l'8. ^abilitando allascel- rosseggiava la croce di raso, benché con
tad'iraconfe>soreapprovato,peiTassolu- orlatura di seta gialla, per modestia mo-
zione de'casi riservati alla s. Sede, tranne mistica; furono ammesse alla partecipa*
quelli della bolla \nCocna Domini j indul- zione de'privilegi della milizia di s. Sle-
genza applicabile per ogni visita a 'definì- fino, dalla quale furono dirette, ed an-
ti. All'ordine ne'primordi fu dato il titolo ch'esse coll'orazione e regolare disciplina
A' Illuslrissima,Sagra e Militare religio' fecero incessante guerra a' nemici della
ne, quando Y Illustrissimo si dava all'or- fede. Leggo nel ricordato p. Bonanni,che
dine Gerosolimitano, a' cardinali, ed ai a p. I2q riporta la figura delle Monache
principi ù' altezza. 11 citato Marchesi ri- dell'ordine equestre di s. Stefano, che a
porta i privilegi accordati all'ordine di questo furono pure ascritti alcuni mona-
esenzione e franchigie, dal suo fondatore steri di monache;cheili.°di essi era quel-
Cosimo I. Intanto che l'ordine si propa- lo di Pisa sotto il titolo di s. Benedetto e
gava in vari stati e regni,e che giù inPisa colla sua regola, già vallombrosane, pas*
io STE
sando poi nell'ordine equestre nel i 565,
clopochePio IV donò l'abbazia di s. Pao-
lo a Pupa d'Arno, in cui era questo mo-
nastero, all'ordine militare; che il i.a mo-
nastero fu fondalo in Firenze nel i 588
dalla granduchessa Eleonora, e approva-
to da Clemente Vili a'a5 maggio 1593
colla bolla Superna disposinone; che le
monache de'due monasteri vestivano to-
naca di lana bianca con simile scapolare,
e sul quale nella parie del petto affissero
una croce simile ali;» Gerosolimitana o
di Malia quanto alla forma, ma rossa, e
che quelle di Firenze la contornarono di
seta gialla; che in testa posero un velo
bianco, sovrapposto da altro nero ; che
nelle funzioni corali usarono ampia co-
colla bianca fregiata di eguale croce e-
que^re, con maniche assai grandi e fo-
derate d'ormesino rosso. Che le abbades-
se de'due monasteri portavano la croce
più grande di velluto rosso in mezzo al
petto; che le serventi chiamate Converse
aveano la croce di saia e più piccola ; e
che le religiose dell'ordine equestre di s,
Stefano erano scelte da famiglie nobili,
come i cavalieri della medesima reli™io-
D
ne. Le monache e monastero in Pisa di s.
Benedetto esistono tuttora. Alle converse
di questo convento, che in principio por-
tavano la croce di 3 spicchi o Tau,fu con-
cesso nel 1610 di portarla iutera di saia,
e sul lato destro. Questo monastero con
l'altro in Firenze della ss. Concezione, che
di presente più non esiste, con moto-pro-
prio de'iS ottobre 1 78 i fu tolto alla di-
pendenza della religione di s. Stefano I, e
trasferito in quella de'rispettiv; ordinari;
ciò non ostante le mentovate monache di
s. Benedetto usano sopra il loro abito la
croce dell' ordine. Intanto si andavano
pubblicando glistatuli,e le seguenti ope-
re, a lustro dell'ordine, divenuto celebre
e benemerito della cristianità, per le sue
militari imprese contro i turchi, e preci-
puauienlre contro l'odioso e terribile bri-
gantaggio della pirateria. Statuti, capi-
toli et costilutioni dell'ordine de cavalle-
STE
ri di s. Slephano, fondato et dotato dal-
l'III. mo et Ecc.mo sig. Cosimo Medici duca
di Firenze, et di Siena, Fiorenza i56a.
Statuii ec. con le dichiarationi, et addi-
l'ioni fatte in dello ordine per tutto Uan-
noi5rj5. Fiorenza iSff, '^g?. Statuti
ec. con le additionì ordinale in tempo di
Cosimo II e Ferdinando II granduchi
di Toscanaegranniaestri,F\venzci665.
Olimpio Ricci, che nel 1675 pubblicò il
Discorso de giubilei universali, parlan-
do de'due sodalizi della nazione fioren-
tina in Roma, di quello della Pietà e sua
chiesa di s. Giovanni (di cui parlai nei
voi. II, p. 296, XXV, p. 1 9.L.I I, p. 225),
a p. 194 riferisce, che tra le feste mobili
che in essa si celebravano, singolare era
quella di s. Stefano I Papa e martire, che
soleunizzavano a' 2 agosto i cavalieri del
suo ordine, i quali aveano la principale
loro chiesa in Pisa, residenza del luogo-
tenente del gran maestro. Nel voi. IX,
p.i 74 descrissi l'esequie in tal chiesa cele-
brate al cardinal Nerli priore de'cavalie-
ri di s. Stefano, e che Clemente XI permi-
se di porre gli spicchi della croce nel suo
stemma, e sul catafalco l'abito priorale.
Sul portare la croce sulla mozzetla car-
dinalizia, de'cardinali di qualunque mi-
lizia professi, parlai nel voi. XV III, p.
265. Quanto a'funerali aggiungerò, che
nel n.° 1 954 dei Diario di Roma del 1 793
si legge la descrizione della solenne pom-
pa funebre fatta al defunto conte Euea
Caprara comandante generale di tutte le
truppe pontificie, e cavaliere dell'ordine
di s. Stefano, veneudo esposto il cadavere
in terra con coltre nel suo appartamento,
colla divisa di gala deli. "reggimento dei
rossi delle guardie di sua Santità, con i-
spada nuda e bastone al braccio, eda'pie-
di il manto dell'ordine di s. Stefano, con
l'elmo e busto d'acciaio. L'esequie si ce-
lebrarono nella basilica di s. Lorenzo in
Damaso, e dopo la messa pontificata da
Buschi arcivescovo d'Efeso e le solenni
sue assoluzioni;! cavalieri di S.Stefano di-
moranti in Piuma gli celebrarono altre so-
STE
Jenni assoluzioni, coll'assislenza ilei par-
roco della basilica. Usarouo le consuete
ceremonie, gli levarono la croce del loro
ordine, coprirono il corpo del defunto e-
sposto sulla terra con coltre, col manto
che già teneva piegalo a'piedi, e canta-
roiio ilsalmoAf/sererr/strapparono quin-
di il manto, e terminata la funzione il ca-
da vere fu racchiuso in 3 casse, e colla vet
tina de'precordi fu murato in una nave
della chiesa. In Firenze nel i 70 1 furono
stampati: I pregi della Toscana nell'im-
prese più segnalale de* cavalieri di s. Ste-
fano, opera data in Inceda Fulvio Fon-
lana della compagnia di Gesù, dedica-
ta all'altezza reale di Cosimo III gran-
duca di Toscana e. gran maestro dell'or-
dine. In quest'opera si dicono alcune pa-
role sulla città di Pisa (piai sede della sa-
gra religione di s. Stefano I, e di Livor-
no come porto donde s'imbarca vano i ca-
valieri carovanisti che riportarono tante
gloriose vittorie sopra il comune nemi-
co, ed ivi approdarono colle spoglie illu-
stri di esse. Si riportano le serie de'reali
gran maestri, si descrive la fondazione
della religione, l'abito de'cavalieri, le lo-
ro distinzioni e gradi, la chiesa conven-
tuale, il governo dell'ordine. Vi è la se-
rie degli ammiragli, il catalogo delle pre-
de fatte, co'disegni che le rappresentano,
sia d'un gran numero di navi e vascelli,
sia di città, fortezze, terre, castelli de'tur-
chi cui s'impadronirono, colla liberazio-
ne d'innumerabili schiavi e navi cristia-
ne;comei cavalieri presero parte alla gran
battaglia di Lepanto con 1 2 galere,e vin-
ta dalla lega delle armi cristiane forma-
ta da s. Pio V (?.); come predarono la
capitana del famoso corsaro Barbarossa,
come espugnarono e presero le città di
Scio e di Bona, Prevesa, Laiazzo, Fini-
ca, Disto, Chiremen, Elimano, Bischen,
Namur di Caramauia, ed altre fortezze
e luoghi. Vi è il catalogo de'cavalieri ca-
pitani comandanti le galere di s. Stefa-
no, quello de'cavalieri fregiati delle su-
preme dignità della Chiesa, cioè Leone
S TE , r
XI, C> cardinali^ Camillo Rospigliosi fra-
tellodi Clemente IX egenerale di s. Chie-
sa; il catalogo degli auditori presidenti
della sagra milizia, quello del consiglio
de' 12 d'allora, e l'altro di tutti quelli che
godevano l'onore parimenti della gran-
croce con titolo di priorato, cronologi-
camente secondo l'epoca delle loro fon-
dazioni ; non che di quelli che godevano
le altre dignità permanenti e che gode-
rono l'elettive, come di grancrocc con
titolo di baliaggio, di luogotenenti gran
maestri, di gran commendatori, di gran
contestabili, di gran ammiragli, di gran
priori, di gran cancellieri, di gran teso-
rieri, di gran conservatori, di gran ospi-
talai i, e per ultimo il catalogo de'prelati
priori della chiesa conventuale con l'uso
della gran croce. Neil 706 in Milano fu
stampato, di Aldighiero Fontana, Clo-
ne immortali della religione ili s. Stefano
I Papa e martire, in armi e in lettere.
In Forlì nel 1735 fu pubblicata del cav.
Giorgio Viviano Marchesi, La Galleria
dell'onore ove sono descritte le segnala-
le memorie del sagro ordine militale di
s. Stefano I Papa e martire, e de' suoi
cavalieri colle glorie antiche e. moderne
dell'illustri loro patrie e famiglie dentro
e fuori d'Italia, e col dilettevole intrec-
cio di molle storiche e geografiche eru-
dizioni, dedicate all' altezza reale <U l ?e-
rettissimo Gio. Gastone granduca di To-
scana e gran maestro dell' ordine. Os-
serva l'autore dell'opera,eruditissima per
la svariata copia di notizie interessali' i
principalmente la storia'delle città e del-
le famiglie ch'ebbero cavalieri di s. Ste-
finOjChe mirabili furono i progressi del-
l'ordine militare, mentre ancora non con-
tava due secoli dal suo nascimento, es-
seiidodiveuuto in breve tempo grande e
tremendo a' maomettani, poiché contro
di essi continuamente impiegava i cava-
lieri in servigio di Dio e della repubbli-
ca cristiana, come ne fanno testimonian-
za Soranzi, Idea del cavaliere, e Giusti-
niani,///stona desìi ordini nidi tari. Tati-
il STE
le e tali furono le imprese recate a pro-
spero fine col senno e col valore, sangue
e vita da' cavalieri, che dubitare si po-
trebbe della non antichità dell'ordine, in
confronto dell'operato da altri cavalle-
reschi. Ne fauno testimonianze autenti-
che de'suoi fasti i molti segnalati trofei
the furono appesi nel tempio conventua-
le, di fanali e bandiere tolti agl'infedeli.
Che a centinaia pouno numerarsi le pre-
de delle galere e vascelli, e degli altri le -
gni di guerra e da carico; a migliaia i
pezzi d'artiglierie di bronzo e di ferro col-
le (piali furono guernite le migliori piaz-
ze di Toscana. Una parte di essi lique-
fatti servirono alla fusione delle statue di
Cosimo 1 e Ferdinando I, collocale sulle
piazze Ducale e della Nunziata, in una
con iscrizione celebrante i trionfi della
sagra milizia. Colla forza de'cavalieri fu-
rono ancora sottomesse le ben munite for-
tezze di Stora, di Cholle, di Castello di
Terra a Rodi, e di Monastero in Numi-
dia; rammentando pure l'espugnazione
delle altre città e luoghi che col p. Fon-
tana già ricordai, come ancora le tentate
conquiste di Nixia, di Famagosta e del
regno di Cipro, e diverse altre imprese
eziandio terrestri, operale di concordia
conaltre potenze cristiane in Candia, Dal-
mazia, Albania, Morea e Bar ber ia, ove i
cavalieri fecero risuonar la fama di loro
prodezze. Enumerò la liberazione di cir-
ca 8000 schiavi cristiani restituiti alle de-
solate famiglie, e condotti schiavi in To-
scana più di 27,000 turchi. A suo tem-
po le opulenti commende fondate da ca-
se magnatizie erano dotate da 20 a 3o
mila scudi, ed altre minori di io iu fondi;
essendo allora i priorati 4o, i baliaggi 4 1 ,
le commende semplici più di 4°°» Pei"
cui il complesso de'loro fondi ascendeva
a vari milioni di scudi, colando nel te-
soro dell'ordine grossissime entrate per
lesue vaste possidenze,alcune delle quali
essendo paludose, con gravi dispendi rese
salubri e fertili. Fra i lenimenti che enu-
mera Marchesi, novera I' insigne badia
S T E
dis. Savino fondata nel 783,che nel 1 jGì
soppressa da Pio IV fu donata alla mi-
lizia di s. Stefano I, con tulle le sue ap-
partenenze spirituali e temporali. Narra
pure i fondi urbani, particolarmente di
Livorno, ove l'ordine edificò il grandio-
so bagno per ricetto degli schiavi e for-
zati, che talvolta giunsero a quasi 1 000;
oltre due spedali, uno pe'cristiani, l'al-
tro per gl'infedeli, veneudo assistiti e cu-
rati gl'infermi con carità. Altre copiose
rendite dell' ordine essere i passaggi e le
tasse de' cavalieri novelli, le annate e i
mortuari delle commende vacanti. Con
tanti proventi l'ordine manteneva la
squadra navale, somministrava gli ap-
pannaggi triennali de' grancroci, gli sti-
pendi de'cavalieri caravanisti e professi,
del numeroso clero, de' ministri subal-
terni. L'Ausaldi nel 1 645 calcolò l'annua
rendita di scudi o ducati 200,000, men-
tre Cosimo I ne a vea donati 20,000, laou-
de tutto il rapido incremento fu poste-
riore e in progresso florido. Leggo poi
ue\YAltnanacJideGolhaòe\ 1837, p. 66,
che dalle numerose prove di bravura dei
cavalieri sul mare, fino 811678 aveano
potuto liberare! 5,ooo schiavi cristiani,
caduti miseramente in mano de'turchi;
e che la loro ultima memorabile spedi-
zione fu la difesa di Venezia coutro gli
ottomani nel 1 684, e in tale occasione pu-
re si coprirono di gloria. La carovana fa-
cevasi da'eavalieri stando al convento in
Pisa, 0 sulle galere almeno 3 anni, com-
putandosi in essi i 6 mesi della professio-
ne, che consisteva nell'assistenza per par-
te de'cavalieri caravanisti a'diversi uffizi
nella conventuale ne'di festivi coll'abito
in dosso di ciambellotto. Dopo il trattalo
di pace perpetua e del libero commer-
cio concluso e pubblicato a' 25 maggio
1747, fra l'imperatore Francesco I e il
sultano Mahmoud I, vennero riformate
le galere sopra le quali militavano i ca-
valieri di s. Stefano, e ad esse furono so-
stituiti i vascelli di guerra, su'quali i ca-
valieri doveano fare le carovane. Cene-
ST E
detto XI V col breve Pracclara militi ne _,
degli Sgiugno i j/\StBull.BenedìctiXIfrJ
t. 2, const. 02, confermò i privilegi del-
l'ordine, e vi aggiunse quello che i cava-
lieri si potessero presentare al Papa colla
Spadn(F.)a\ fianco. Ne parla il a." 484-5
del Diario di Roma del 1748 stesso. 11
moto- proprio so vranode'20 agosto 1 773
del granduca Leopoldo 1, per le variate
circostanze de'tempi che reclamavano lo
stabilimento della marina di guerra to-
scana sopra un diverso sistema, dichiarò
superfluo ne' cavalieri di s. Stefano I il
servizio della navigazioue,eslabilì ch'es-
si dovessero fare le rispettive carovane p« r
4 anni in convento in Fisa, ad oggetto
di poter conseguire l'anzianità, occupan-
dosi nello studio dell'architettura civile
e militare, di storia, geografia.geomelria,
di lingua francese e tedesca. Di conseguen-
za il suddetto moto-proprio pose termine
alla marina militare dell'ordine di s. Ste-
fano F. Per le vicende politiche che po-
sero a soqquadro il declinar del trascorso
seco!o,anche l'ordine ne patì lelagi infievo-
lì conseguenze, e dopo che i repubblicani
francesi invasero la Toscana, la sua squa-
dra marittima e militate andò dispersa,
uè mai più fu ristabilita. Più sensibile sa-
rebbe riuscita la cessazione di dar la cac-
cia a 'pirati del Mediterraneo, se dopo il
181 5 non avessero avuto luogo quelle
convenzioni defe potenze cogli stati di
Barbarla, che abolirono il corseggiare e
la schiavitù nel modo che narrai a Schia-
vo. Il granduca Ferdinando HI, ricupe-
rato lo stato, con moto-proprio de'2 2 di-
cerabrei8i7 ristabilì l'ordine di s. Ste-
fano I, e die norma alla costituzione di
nuove commende di padronato privato
dell'ordine medesimo. Perciò restò divi-
so in 4 differenti classi, cioè di grancroci,
di priori, di bali, e di cavalieri di giusti-
zia e di grazia. Ogni persona che possa
provare 4 quarti di nobiltà e di godere
una rendita di scudi 3oo su beni stabili,
e che fondi una commenda come mag-
giorasi, riceve l'ordine che diventa ere-
STE 1 3
elitario nella sua famiglia, ed cslingueu-
dosi può essere trasmessa dall'ultiuiopos-
sessore ad altra famiglia, la quale pure
mancando puòpassaread altra, e se que-
sta ancora ave-se fine, la commenda di-
viene esclusiva proprietà dell'ordine. La
fondazione d'una commeuda di priore ri-
chiede 20,000 scudi fiorentini di capita-
le, quella di balli 5,ooo, quella di cava-
liere 10,000. La commenda che dicesi di
grazia può esser conferita dal sovrano pel
merito militare, civile e scienziato, sem-
pre peiò a uomini di nascita nobile. La
rendita che va ad es>a congiunta ascen-
de da ^7. Ci no a 210 scudi, e una sola e
medesima persona può godere molte di
siffatte coni mende. Dell'accennata sovra-
na e gran maestrale disposizione furono
conservati i distintivi, le insegne caval-
leresche, e gli abiti dell'ordine di s. Ste-
fano 1. Con breve de'a5 giugno 1 852, il
Papa Pio IX concesse il titolo di cano-
nici, cavalieri sacerdoti d'ubbidienza, ;i
que'sacerdoti che fino dalla fondazione
dell' ordine di s. Stefano I chiama vansi
cavalieri cappellani, ed oltre la toga di
ciatubellotto bianco con asole e bottoni
rossi, e la mozzetta parimenti di ciam-
bellollo bianco, bottoni e asole come so-
pra con croce vermiglia sul lato sinistro,
fu pure accordato loro l'uso della coppa
magna dello slesso ciambellotlo bianco
col gran cappuccio foderato d'ormesino
rosso, e croce vermiglia sul lato sinistro,
col privilegio dell'assistente e l'uso della
bugia nelle funzioni della chiesa conven-
tuale; concedendosi al tempo stesso ai
cappellani minori e beneficiati di quel cle-
ro slesso la mozzetta di ciambellotlo bian-
co, senza croce, mentre per lo addietro
portavano il soìo cappuccio bianco, sen-
za distinzione dai chierici cappucciau*
ti. Il 11. "128 del Gicrnalt di Roma del
i853 ripoita il seguente decreto de'3o
maggio, emanato dal regnante granduca
Leopoldo 11 gran maestro dell'ordine di
s. Stefano I. «Visto il nostro decreto del
3 novembre 1 852, uel quale abbiamo co-
r4 STE
sii lui lo un debito pubblico a carico del-
lo slato (ino alla concorrenza della som-
ma determinala col decreto slesso,e sotto
le regole e le condizioni che vennero in
quello stabilite. Considerando come la
nuova rendita costituita col decreto an-
zidetto al saggio del 3 per i oo possa op-
portunamente prestarsi, come già gli an-
tichi Luoghi di Monle,a servir di dote nel-
la fondazione di nuove commende di pa-
dronato privato, col rimanere al tempo
slesso conciliata senza danno dell'ordine
la più facile soddisfazione del desiderio
de'fondatori, colle vedute di pubblica e-
conomia e d'interesse dello stato. Sentito
il nostro consiglio de'ministri, abbiamo
decretato e decretiamo quanto appresso.
i.° Viene generalmente permesso di fon-
dar nuove commende di padronato pri-
mato nell' insigne ordine di s. Stefano l
Papa e martire, sul capitale rappresen-
tato da'titoli della nuova annua rendita
del 3 per 100 costituita acarico deilo sta-
lo col nostro decreto 3 uovembrei 852,
e coerentemente al medesimo inscritto
sul registro del debito pubblico. 2.° Al-
l'effetto di che nell'articolo precedentedo-
vrà col contratto di fondazione, da pas-
sarsi fra il fondatore e l'ordine ue'modi
consuetijcssere trasferita in proprietà del-
l'ordine stesso tanto della nuova rendi-
ta, quanto al saggio del cento per tre val-
ga a rappi esentare il capitale respetliva-
mente richiesto per le commende sem-
plici, o col titolo di baliato o di priorato
dalle leggi e dagli ordini in vigore. 3.°SuI-
1' appoggio del contrailo di fondazione
verrà a cura della cancelleria dell'ordi-
ne procurata sul gran libro l'inscrizione
della rendita corrispondente al capitale
divenuto fondo commendale in nome del-
l' ordine slesso quanto alla proprietà, ed
in nome del commendatario investilo
quanto all'usufrutto, con doversi sempre
a cura della cancelleria procedere di ma-
no in mano che sia per verificarsi qual-
che passaggio alle correlali ve volture nel
modo prescritto dal regolamento dell'uf-
S T E
fi/io del debito pubblico. 4" ^'contratti
di fondazione di commende sui capitali
della nuova rendita restano applicabili li
art. 27,280 29 della legge del registro dei
2.5gennaioi 85i".Ripeteròcheil patrimo-
nio dell'ordine donato dal fondatore Cosi-
mo 1 non fu in principio pi ngue,di venendo
tale soltanto in progresso di leni pò. Alcune
commende di grazia furono in origine e-
rette con la soppressione di qualche spe-
dale e di altri luoghi pii, aggregandosene
le renditeall'ordine. Altre furono fondate
sopra diversi proventi appartenenti al so-
vrano, o sopra qualche tassa imposta a
questo Cine; ed altre finalmente ebbero
effetto per parte de'fondatori delle com-
mendedi padronato, ne'quali piacque pre-
scrivere, che dopo l'estinzione delle linee
chiamate al godimento di esse, dovesse-
ro ricadere all'ordine per conferirsi a li-
bera disposizione del gran maestro. Le
commende presentemente sono di due
sorte, cioè commende di padronato, e di
grazia. Le prime si godono da'foudatori
di esse e dalle famiglie chiamate a succe-
dere nelle medesime, le quali estinte, le
commende ricadonoall'ordine. Le secon-
de si conferiscono liberamente dal gran
maestro oa'cavalieri o ad altri individui
benemeriti.Esse sono divise in varie classi;
rendono a'commendatorida4o sino a2 00
scudi toscani, pel pagamento delle quali
è slata assegnata dal governo la somma
di lire toscane 200,000. Prima della sop-
pressione temporanea dell'ordine, avve-
nuta per decreto di Napoleone I impe-
ratore de'fraucesi nel 1809, esistevano le
commende di anzianità, che conferi vansi
a' cavalieri, avuto riguardo soltanto alla
maggiore loro anzianità, la quale coni-
pula vasi dal giorno in cui ciascuno di es-
si avea terminata la carovana e la pro-
fessione. 1 cavalieri dell'ordine di s. Ste-
fano I sono di 3 maniere, cioè cavalieri
militi, cavalieri sacerdoti nobili, e cava-
lieri serventi , che distingueva!!»! in ca-
valieri serventi di arme, i quali militava-
no sulle galei e,e furono aboliti nel 1 6 1 8,
S T E
e in serventi d'uffizio o Tau, che non so-
no piopriamentecavalieii.il ceremonia-
le per darsi l'abito dell'ordine, a forma
delio statuto, lit. 2,cap. 6,principalmen-
te consiste. Quello che desidera essere
nmtnessoall'ordineperla difesa della reli-
gione cattolica e accrescimento della me-
desima sotto l'abito regolare dell' ordi-
ne, deve fare la professione dell'abito di
essa milizia, il quale abito ordinariamen-
tesi piglia uellachiesa conventualedi Pi-
sa, tranne i cavalieri che fondano o suc-
cedono a commende di padronato, i qua-
li con commissione del consiglio dell'or-
dine ponno essere vestili e insigniti al-
trove, ed eccettuali quelli che pei- grazia
del gran maestro fossero dispensati di
prenderlo in altro luogo. Ora però l'abito
de'cavalieri, di qualunque categoria essi
sieno, si può prendere in qualsiasi chiesa
ooratorioche loro piaccia. Chiunque per
zelo di carità brama entrare nella leli-
gione di s. Stefano I,ed esserne cavaliere
e militedigiustizia,dovendodivenire al-
tro uoruo,deve prima confessarsi e digiu-
nare il giorno innanzi alla vestizione del-
l'abito.Nel giorno di essa, e vestilo di ve-
ste lunga da secolare, si reca nella chie-
sa o oialoriopubblico,ovesifarà la fun-
zione (con testimoni e nolaro che ne ro-
ga l'alto), e presentare al cavaliere rice-
vente deputato (che ne' luoghi ove non
sono superiori graduali è il più anziano
cavaliere,oper lo più è il vescovo o arcive-
scovo, non a delegazione del gran mae-
stro, ma del consiglio dell'ordine) il suo
abito di ciambellotto bianco con guar-
nizioni e cordone rosso, con maniche fo-
derate di taffetlà rosso con croce rossa
nella sinistra parte. Assistito dal maestro
di ceremonie si pone genuflesso avanti il
cavaliere ricevente, e gli consegna la sua
spada o stocco dorato denudato bacian-
done l'elsa, e viene da due cavalieri calza-
to degli Speroni (/"*.) dorati. Indi il rice-
vente colla spada percuote di piatto il can-
didalo sull'una e l'altra spalla, e dicen-
do: Eslo miles Dei et s. Sicphani, reu-
S T E 1 5
dendo al candidato la spada, il quale ai-
tatosi la vibra due volle, e la restituisce
al ricevente, e questi facendo alto di cin-
gergliela la pone nella guaina. Principia
quindi la messa che il candidato ascolla
in ginocchioni, con candela di cera bian-
ca accesa in mano, ed a suo tempo rice-
ve la comunione. Finita la messa, il mae-
stro di ceremonie conduce il candidato
ni ricevente, che vestito del suo manto
siede sul faldistorio, e inginocchiatosi Io
prega come luogotenente del mnn mae-
stro della religione di s. Stefano a conce-
dergli l'ordine della sua milizia, dichia-
rando essere disposto a vivere da buon
cristiano, promettendo ubbidienza alla
religione, e occorrendo esporre la propria
vita a bene della fede cattolica e per au-
mento della religione di s. Stefano I. II
ricevente loda tal proponimento, e sup-
ponendo il candidato bene informato de-
gli statuti dell'ordine, lo ammeltcin esso,
interpellandolo se eseguirà i suoi capito-
li, se ha debiti notabili, se è libero di sua
[km si ina; ed il candidato dà le convenien-
ti risposte di sì e no. Allora il candidato
ponendo la de>ira sull'evangelo, fi volo
e promette a Dio, alla 15. Vergine, ed a
s. Stefano I, d'esser ubbidiente a'supe-
riori dell'ordine, e di servare sempre ca-
rità, pudicizia coniugale e ubbidienza, e
di vivere secondo la regola e stallili del-
l'ordine. Il ricevente lo riconosce per sol-
dato di Gesù Cristo, e atto a difendere
virilmente la fede e la religione sua, e
d'effettuare le prescrizioni dell'ordine; e
il candidato risponde affermativamente.
Allora esso bacia il libro, lo porla all'al-
iare, bacia questo, e ripreso il libro lo ri-
torna al ricevente, il quale tenendo l'a-
bito e la croce, domanda al candidalo se
crede in quel salutare segno, e gli dice
ch'è il segno della milizia dell'ordine e
doverlo portar sempre, llcandidato ba-
cia la croce,e il ricevente mettendogli l'a-
bito recita la formola, invitandolo a ri-
ceverlo nel nome della ss. Trinità, della
Yj. Vergine e di s. Stefano I: gli spiega che
,(> STE
il colore dell'abito deve ricordargli la pu-
rità e candore d'animo che deve avere,
e giammai macchiarlo a infamia dell'or-
dine; che la croce deve adorarla e difen-
derla, e mostrarsi degno della s. milizia,
onde non esserne privato e cacciato. In-
di il ricevente allaccia alla gola del can-
didatoli cordone, avvertendolo di dover-
lo riguardare qual giogo soave di Gesù.
Cristo, e che da quel punto egli parteci-
pa va co'paren li del le buone opere dell'or-
dine. 11 celebrante «/cavalieri sacerdoti
dicono l'antifona, Suscepimus, il salmo
Magnus Doininus , Kyrie eleison, eliti-
ste tleison, Pater noster, Salvimi fac coi
soliti versetti, gli oremus: Deus qui fu-
stìficaSf Omnipolens sempiterne Deus,
Suscipiat te Domine. Dopo tali orazioni,
il celebrante comparte la benedizione al
candidato, che alzatosi ritorna dal rice-
vente, e genuflesso gli bacia la manica
destra del suo abito, indi rizzatosi da es-
so viene ricevuto al bacio di pace, così
dagli altri cavalieri. Pe'cavalieri esteri e
sudditi d'altri sovrani, dopo di avere da
essi conseguito il permesso di chiedere
l'ordine e di fregiarsene, dal gran mae-
stro si dispensa da' voti, dalle promesse e
dal giuramento d'ubbidienza al gran mae-
stro, in vece dovendo pronunziare questa
forinola. » lo IN. N. prometto con lutto il
cuore all'onnipotente Dio,allaB. Vergine,
ed a s.Stefano I di prestare sempre umile
prelaliva ubbidienza al mio sovrano na-
turale, e quindi a ogni altro mio legittimo
superiore; di praticare secondo le mie for-
ze carità verso il prossimo, di servare pu-
dicizia e castità coniugale, di non far mai
cosa sia contraria al grado e al carattere
d'onorato cavaliere". 1 Diari di Roma
riportano diverse funzioni sull'abito da-
to in tal città a'cavalieri di s. Stefano I,
come nel n.°2 27 del 17 1 8, ove si legge la
descrizione della ceremonia ch'ebbe luo-
go nella chiesa di s. Caterina di Siena (la
quale descrissi in quell'articolo), premes-
sa la messa cantata e imposizione della
spada, degli speroni e dell'abito con cro-
S TE
ce, che fece il cav. Mandosi, come più an-
ziano, al cav. Aquilani, col l'assistenza di
18 cavalieri. Il n.° 636 del 1 7?. 1 riporta
come il priore di s. Stefano, marchese de
Angelis, ins. Giovanni de'llorentini die
l'abito di cavaliere di giustizia a Gaetano
Valletti di Sezze, coppiere del cardinal
Corradi ni, e secondo il costume il can-
didato fece eseguire una copiosa dispen-
sa di guanti agli astanti, come suole pra-
ticarsi in simili funzioni : vi assisterono
più di 3o cavalieri dell'ordine, molta pre-
latura e allri cavalieri. Finalmente que-
gl'individui, che per merito militare, ci-
vile e scienziato vengono decorati del-
l'ordine di s. Stefano I, non usano divisa
diversa da quella degli altri, ma quella
dell'ordine stesso.
STEFANO I (s.) Papa, Monache. V.
s.Stefano I, Ordine militare ed equestre,
e sagra religione.
STEFANO 1 (s.) re d'Ungheria, Or-
dine equestre, Ordo equìtum s. Stephani
I Eex Ungariae. La magnanima impe-
ratrice e regina Maria Teresa, dopo aver
superalo colla grandezza del suo animo
le gravi, lunghe e sanguinose contese per
la successione al paterno retaggio, spet-
tando la dignità imperiale al suo figlio
Giuseppe 11, per rendere memorabile il
giorno di sua solenne coronazione qual re
de'romani, a'5 maggio 1 764 istituì que-
st'ordine militare ed equestre, ed ancora
per onorare la memoria del glorioso s.
Stefano I[F.) fondatore e patrono del re-
gno d' Ungheria (f^.) ei.°re Apostolico,
noncheper ricompensare collesue caval-
leresche insegue il merito civile e mili-
tare, in premio alle virtù e a'servigi resi
ado stato e a! sovrano; quindi nel seguen-
te giorno ne pubblicò gli statuti. Formò
l'insegna e decorazione dell'ordine in una
croce d'oro ad 8 raggi, smaltata di verde
con in mezzo uno scudetto rosso, colori
del regno d'Ungheria, in cui si vede una
croce doppia d'argento colla corona d' Un-
gheria sopra un monte verde, pendente da
un nastro di seta rossa filettato di color
S T E
venie. Nello senio della croce vi fece collo-
care le sue Icllereiniziali del nome: .17. 71.,
ed intorno l'epigrafe : Publicum Merito-
rum Praemium. Nel rovescio e in uno scu-
detto bianco pose le lettere: Sto.St.Ri.Ap.,
abbreviature di questa iscrizione: Sanclo
Stepìmno Regi A poslolico.l cavalieri gran-
croce portano la decorazione appesa ad
un nastro o tracolla assai larga, rossa nel
mezzo,con orli verdi, e scendente dal lato
destro al sinistro; i commendatori la por-
tano appesa al collo; i cavalieri all'occhiel-
lo e di minor dimensione. Gli ecclesiasti-
ci della i.'e della 2.* classe portano simil-
mente siffatta decorazione appesa al col-
lo. I cavalieri di grancroce, sì ecclesiasti-
ci che laici, portano inoltre sul sinistro la-
to del petto una stella d'argento, nel cui
mezzo campeggiano l'insegne dell'ordine,
in mezzo ad una corona di quercia. L'a-
bito de' cavalieri è una dalmatica di seta
verde, lunga (ino a terra, orlata d'armel-
lini,ed a grandi maniche, sotto alla quale
portano una tonaca di seta vermiglia, im-
pellicciata alla medesima guisa; in capo
hanno similmente un berretto della me-
desima stoffa e colore, sormontato di pen-
ne verdi e rosse. Maggiori o minori or-
namenti a foglie di quercia differenziano
le varie classi. Inoltre i cavalieri di gran-
croce portano quando sono in tale abito
solenne una collana d'oro, della quale Li-
sano altresì quando vi è il capitolo del-
l'ordine a corte. La collana dell'ordine è
una catena d'oro formata dall'in treccia-
mento delle lettere M. T. S. S. iniziali di
Maria Teresa e di s. Stefano. Quest'ordi-
ne è dopo il Toson d'oro il più notabile
degli ordini austriaci, sebbene sia annes-
so non all'impero d'Austria, ma alla co-
rona d'Ungheria. La dignità di gran mae-
stro è congiunta nella persona del re di
Ungheria. I membri del l'ordine furono di-
visi in 3 classi, grancroci, commendato-
ri e cavalieri. In principio il numero dei
grancroci fu stabilitoa soli 20, quello dei
commendatori a 3o, quello de' cavalieri
a 5o, non compresi gli ecclesiastici;inse-
voi. lxx. ,
S T E .7
guito si estesero ed ora è illimitalo, Per
ottenere le due prime classi di cavaliera-
to dell' ordine conviene che il candidato
appartenga all'alta e antica nobiltà; per
la 3.a è suHicieute una nobiltà inferiore.
I membri di questa 3.a classe, se lo deside-
rano, sono elevati a' gradi di conti e ba-
roni del regno ungarico senza il pagamen-
to delle tasse. Qualunque suddito dell'ini-
peroaustriaco allorché viene fregiato del-
la gran croce o di quella di commenda-
tore, diviene insieme intimo consigliere
regio. La festa solenne dell'ordine è cele-
brata in quella del re s. Stefano I, che n'è
il protettore.
STELLA, Ordine equestre. Si preten-
de fare risalire la sua istituzionea Rober-
to II re di Francia nel 1 022, e in onore del-
la B.Vergine,per cui fu detto Stella della
Madonna o di Nostra Signora, e con tal
nome per riguardarla anch'cgli quale stel-
la del mare e guida sicura del suo regno,
secondo Favino, Teatro dell' onore e del-
la cavalleria, il (piale inoltre riferisce che
compose l'ordine di 3o cavalieri, lui com-
preso, e che se ne dichiarò gran maestro;
gli attribuì per abito il manto di damasco
bianco, la mantellelta e le fodere di da-
masco incarnato simile alla casacca, sopra
di cui una stella ricamata d'oro; il gran
collare pure d'oro era formato di 3 ca-
tene intralciate da rose. Riferisce anco-
ra Favino chi ammisero nell'ordine Ro-
berto 11, Filippo li Augusto, s. Luigi IX
e altri re; ma tutto dal p. Helyot viene
credulo invenzione, sempre fermo nel
canone de' critici di escludere l'esistenza
di ordini equestri innanzi al secolo XII e
alle crociate. L'ordine veramente fu isti-
tuito da Giovanni I redi Francia con sua
lettera del 6 novembre 1 35 1 ,ed effettua-
to a'6 gennaio o a' 1 5 agosto e 352, chia-
mandolo della Stellao della Madonna ,o
di Nostra Signora della nobile casa dis.
Oven o Ouyn, presso Parigi ove fu posta
lai. "residenza dell'ordine. Stabilì per di-
visade'cavalieri una toga bianca, un giub-
bone ed un cappuccio vermiglio, quando
fcff>&mart£
iS STE
non portavano il mntitello; indossando
questo di color vermiglio e foderato di
verde, doveasi vestire uu giubbone bian-
co attillato, calze nere e scarpe dorale.
Volle clic i cavalieri pt i tasserò un anello
d'oro col proprio nome e cognome inci-
so, e nello smalto d'esso ima stella bian-
ca a 5 «aggi, nel cui mezzo e in tondo az-
zurro fosse un piccolo sole d'oro; die al-
tra stella tosse collocala nella pai le ante-
riore della manlelletla per copi ire le spal-
le, il cappuccio dovendo a vere ima fìbbia
similmente con istella eguale a quella del-
l'anello. IVe'sabali prescrisse l'abito delia
toga, il digiuno o la limosina di i 5 dena-
ri a onore di Dio e delle i 5 allegrezze del-
laMadonna. Obbligò i cavalieri a dare lea-
li consigli se richiesti, a non appartenere
senza licenza del re ad altro ordine eque-
stre, a recarsi ogui anno in della casa nel-
la vigilia dell'Assunta per celebrarne la
festa, o almeno farlo ove si trovano e ve-
stiti dell'insegne dell'ordine. Costituì la
bandiera vermiglia e seminala di stelle,
con immagine della Madonna, per spie-
garla ne' combattimenti contro i nemici
della fede e del loro diretto signore, do-
vendosi espellere dall'ordine i vigliacchi
che abbandonassero la pugna. 11 numero
de'cavalieri lo compose di 5oo, de'quali
costituì principe se ed i successori, i cui
stemmi fece dipingere nella casa dell'or-
dine,nella quale sarebbero celebrate lelo-
l'O esequie, essendo tenuto ogni cavalie-
re a far celebrare una messa per ciascun
collega defunto. Errarono quelli che scris-
sero, al dire del p. Helyot, che essendosi
l'ordine avvilito, il re Carlo VII ne diede
il collare a' cavalieri o birri del Guet o
guardie di polizia a cavallo, e al proprio
bargello, che per altro godeva il titolo di
cavaliere sino da s. Luigi IX; poiché Lui-
gi XI figlio di Carlo VII nonavrebbeda-
to quest'ordine al suo genero Gastone di
Foix principe di Na varrà, né avrebbe nel
1470 invitato il preposto de'mei canti e
degli scabini di Parigi a portarsi in questa
città per celebrarvi la lesta dell' ordine
STE
della stella. Nondimeno si pubblicò una
lettera di Luigi XI del 1 4G1, colla (piale
conferì l'ordiuealcav. Giovanni d'ilarlay
bargellodi Parigi, uffizio allora assai qua-
lificato. Il p. Bonanni, Catalogo degli or ■
diuiequeslt ie mililuri,cheap.i io ripor-
ta la figura del cavaliere della stella in
Francia, riferisce che ne fu insegna una
stella appesa ad una collana d'oro, ovve-
ro al cappuccio della toga, con l'epigra-
fe: Monslrant Regibus Astra J'iamjeche
altri vogliono che la stella fosse in forma
di cometa, sovrastata da una corona in
mezzo a Ile lettere iniziali di tal motto M.
R. A. V. Crede che l'ordine fu da Gio-
vanni 1 istituito anche sollo gli auspicii
de'ss. Magi (I7.) ve, in memoria della stel-
la che comparve a que'santi e li condus-
se a Betlemme, dov' era nato il Salvato-
re^ per questa divozione de' cavalieri ne
celebravano la festa nell'Epifania. Dopo
la morte di Luigi XI, nel 1 4^3 montan-
dosul trono il figlio Carlo Vili abolì l'or-
dine, perchè il padre avea istituito quel-
lo di s. Michele (/".) principale proietto-
re di Francia. Noterò, che la più parte del-
le insegne equestri forma nsi d'una stella,
sebbene ordinariamente sieno una Cro-
ce di decorazione (f.)j ed a Croce or-
dine della vera, parlai delle cavalieresse
della Crociera 0 Croce Stellala.
STELLA, Ordine equestre. A.\ent\oA-
murat li imperatore de'turchi del 1421
devastalo colle sue scorrerie Siracusa, e
molti luoghi di Puglia e Sicilia, e resosi
famoso e formidabile per le sue prede in
tutti i lidi d'ambo i regni, per l'inazione
de'nobili che non si curavano difendere
la patria, il marchese di Tirace di animo
generoso concepì il disegno di opporsi va-
hdamenlecontio tanti insulti e ladronec-
ci. A tale elfelto eresse in Messina un or-
dine equestre di nobili cavalieri, ovvero
rinnovòqiiello già istituito da Renato du-
ca d'Angiò e pretendente al reame,col ti-
tolo di Stella d'oro; e perchè i cavalieri
si addestrassero alla difesa, stabilì giostre
e tornei eoa fÌDte battaglie, per imparar
ST E
loro a guerreggiare i nemici della fede
cristiana. Formò l'insegna dell'ordine eoa
una stella d'oro pcndeutedal petto,o piut-
tosto essa risplendeva nel centro d' una
croce, nella forma simile alla Gerosolinti-
tana.L'oi dine sembra che non avesse lun-
ga esistenza, Ne trattò Boterò ae\V Isto-
ria, ed il [>. Bonanni, Catalogo degli or-
dini canestri e militari, riportandone la
figura a p. 1 1 1.
STELLA DELLA MADONNA, Or-
cline equestre. Si novera fra quelli chime-
rici ed effimeri, e si attribuisce l'istituzio-
ne nel i 70 i in Parigi al preteso re diEiszi-
nia, paese della Costa d'oro d'Africa sot-
to la zona torrida. Imperocché si raccon-
ta che neh 68(5 Du Casse ammiraglio di
Francia approdò su que'lidi e stabilì col
re rapporti commerciali, mediante reci-
proci ostaggi. Tra quelli dati da'negri e
portali in Francia vi fu Aniaba, che si fe-
ce credere figlio del redi Eisziuia, e Lui-
gi XIV lo fece istruire nella religione cat-
tolica e educare nobilmente, per cui ri-
cevè il battesimo da mg.rBossuet. Dicen-
dosi morti il re d'Eiszinia, preteso padre
d' Aniaba, ed uno de'suoi fratelli che gli
era succeduto, Aniaba fece correre voce
che ipopoli Io chiamavano al trono. Lui-
gi XIV allestì l'imbarco per farlo accom-
pagnare, ed Aniaba per meglio inganna-
re tutti, volle far mostra di porre se e l'i-
deale regno sotto il patrocinio della B.
Vergine, con istituire l'ordine della Stel-
la della Madonna, stabilendo per divi-
sa de'cavalieri una croce d'oro smaltata
di bianco a foggia di stella pendente da
un nastro bianco, e nel mezzo l'immagi-
ne della B. Vergine. Giunto l'impostore
nel suo paese apostatò e riabbracciò l'i-
dolatria, continuando però a portare sul-
la nera sua pelle l'insegna equestre. Egli
era nato da una donna che in seconde
nozze avea sposato un parente del re, e
questi vivea e regnava pacificamente al
suo ripatriamento.
STELLA POLARE, Ordine equestre
di Svezia, Federico I re di Svezia dell'il-
STE 19
lustre casa d'Assia-Cassel, avendo sposa-
toUlrica Eleonora regiua di Svezia, que
sta nel 1720 abdicò la corona in suo fa-
vore, ed egli si applicò a pacificare il suo
regno, in guerra colla Danimarca e col-
la Russia, e gli riuscì tosto di troncarla,
ed a fronte delle posteriori interne divi-
sioni del senato si mantenne nell'autori-
tà. .Ma nel 174° fu costretto a rompere
guerra colla Russia, che iuvase la Finlan-
dia , ricuperata poi colla pace del 1743,
per a ver con venuto di riconoscere per suc-
cessore Adolfo Federico II parente e ben
accetto alla corte russa; indi dovè doma-
re i dalecarli insorti a sostenere le prele-
se del principe reale di Dani marca,e poscia
regnò pacificamente. In questo periodo di
tempo, in cui pose ogni studio per fare
fiorire nel regno l'agricoltura e il com-
mercio, le arti e le scieuze, istituì l'ordi-
ne della Stella Polare per premiare co-
loro che si distinguevano per civili virtù,
per ingegno e perniili istituzioni. Gli die
tal nome perchè si avesse sempre cura di
non lasciar giammai oscurare la gloria
della Svezia (['.), come la stella polare
brilla sempre nel firmamento. Formò
l'ordine di due classi, commendatori e ca -
valieri, con numero indeterminato; e la
decorazione d'una croce greca a 8 punte
smaltate in bianco e una corona agli an-
goli, sovrastata dalla coroua reale, e nel
centro un globo colla stella polare e in-
torno il mollo: Nescit Occasum, doven-
dosi appendere a nastro di seta nera on-
dala. I principi del sangue ne sono com-
mendatori fìu dalla nascita, e lo sono
pure i decorali dell' ordine de' Sera/i-
ni (/-').
STELLA e CROCE ROSSA, Ordine
equestre, Ordo equitum Rubrae Crucis
cum Stella Rubra. Alcuni ne riferiscono
l'origine in tempo dell'imperatrice s. fi-
lena, e perciò nel secolo IV, quindi con
ripugnanza de'criliei che non ammetto-
no ordini militari ed equestri che nel se-
colo XII: si disse pure ordine àe Betlem-
miti, ch'ebbe que'monaciche descrissi ia
20 S T E
quell'articolo, coll'insegna della stella dei
ss. Mngi(F.) re, avendo ripartalo di Bet-
lemme a PnrsEno, in uno alta stella ap-
parsa a que'santi. Militando questi cava-
lieri con l'insegna della croce, riportaro-
no molte vittorie sui saraceni nella Pale-
stina e nell'Egitto; ma poi per la potenza
degl'infedeli e da loro superati, si ritira-
rono in Aquitania, indi si dilatarono nel-
la Boemia, Moravia, Slesia e Polonia, e-
leggendo di vivere sotto la regola di s. A-
gostino. Ne ottennero conferma da'Papi
Gregorio IX del 1227. Innocenzo IV del
1 243, Alessandro IV deli 254, Benedetto
XII del 1 334,eda Innocenzo XI 1 col bre-
ve Nuper prò parte, de'7 gennaio 1695.
All'insegna della croce rossa fu aggiun-
ta una stella di 6 raggi parimenti rossa,
per cui .si distinguessero da tutti gli altri
ordini cavallereschi, e presa dalle armi
di Alberto Sternberg, i.° e supremo gran
maestro col consenso d'Agnese principes-
sa di Boemia, e fu allora chiamato Or-
dine della Croce e Stella rossa. Il gran
maestro, fissola sua residenza in Praga,
ed un altro cavaliere a lui subordinalo la
stabilì in Uratislavia con titolo di maestro
e visitatore della Polonia eSlesia, alta qua-
le dignità si dispose doversi eleggere dai
cavalieri dell' ordine coli' approvazione
del gran maestro. Il p. Bonanni nel Ca-
talogo degli ordini equestri e militari a p.
1 65 ne tratta, riporta la figura del cava -
liere e riferisce. » L'abito solenne del gran
maestro è una veste quasi talare di seta
nera, sopra cui ne pone un'altra talare
di porpora con maniche larghe, fodera-
ta d'armellino, e sopra questa pende un
lungo manto nero, il quale nella parte si-
nistra è ornato con una gran croce e stel-
la rossa di 6 raggi, siccome avanti al pet-
to l' istessa insegna composta di rubini.
La veste rossa è cinta con fascia tessuta
di seta e oro, e dal fianco sinistro pende
una spada corta e larga. In testa tiene un
berrettone bianco cinto di cordone d'oro,
e ornalo di ricco gioiello. Gli altri cava-
lieri hanno la sola veste e manto nero, con
ST E
l'insegna delta croce, siccome il berretto-
ne nero è cinto con cordone di oro".
STEMMA. V. Sigillo.
STENDARDO, Fexillum, Sacrimi
Vexilhtm. Insegna e bandiera principale.
Stendardo si dice anche quel segno a fog-
gia di banda, che portano innanzi alcu-
ni cleri quando vanno processionalmen-
te, massime Religiosi, ed i Sodalizi (F.),
chiamato pure stendardino. All'articolo
Bandiera, nel dichiararla drappo con im-
presa, insegna e Stemma (F.), ragionai
di sua origine e antichissimo uso; del La-
Laro di Costantino I, e ne riparlai a Spe-
rone d'oro; della benedizione delle ban-
diere prescritta dal Pontificale Roma-
nitrii: De benedictione et tradilione. vexil-
li bellici, per santificarlo e perchè riesca
terribile contro i nemici del popolo cri-
stiano, faccia incolumi e vittoriosi. Degli
Stendardi dis. Pietro, mandati das. Gre-
gorio III, Stefano II, s. Leone 111 e altri
Papi a'principi benemeriti della Chiesa;
delle bandiereche precederono i Possessi
de' Papi (F.), di quelle portate da' Dra-
conari ( ^ '.), da' Bandt 're si ( F.) di Roma
(F.),eiW Capo Rioni di Roma (F.); del-
V Ori fi anima del regno di Francia (F.);
delle bandiere posteriormente benedette
da'Papi; di quelle donate alle chiese di
Roma quali trofei riportati sui Sarace-
ni, Turchi (A.) e sugli eretici, e perchè i
tuichi vi pongono le code di cavallo; delle
bandiere de\la Milizia pontifici a elìfar ina
pontificia (F.J, delle quali riparlai a Sol-
dato; di quella delta guardiatSWzzer<7(/^.)
pontificia, che s'inalbera ne Palazzi apo-
stolici Quirinale e Faticano {F.); e delle
bandiereche si portano nelle Processioni
(F.); mentre a Guardie nomli pontifi-
cie, parlai del loro stendardo benedetto
da Pio VII, collo stemma del Papa re-
gnante. A Gonfalone, insegna o vessillo
o bandiera o stendardo, ne dissi l'antico
uso. A Gonfaloniere tenni proposito del-
l'uffìzio e dignità di quello che porta la
bandiera.il gonfalone, lo stendardo, il ves-
sillo,deltoanchealficrcevessillifero,egra-
S TE
do di milizia, detto già da'romani pruni-
pilo; de'diversi gonfalonieri da cui deri-
varono le omonime e altre magistrature
de flJunicipii(l/'.)> delle quali tra Ito a'Io-
ro articoli. A Gonfaloniere di s. romana
chiesa, ne descrissi l'antica e sublime di-
gnità, conferita da'Papi a Patrizi ili Ro-
ma (tr.\ ed a'sovrani, e molli ne ricor-
dai. A Gonfaloniere del semaio e popo-
lo romano, dissi l'uffizio e prerogative di
questo ragguardevole uffizio, originato
dal primipilo,e riparlai di sua etimologia
e carica, avendo notato a Pretorio, che
su di esso si ergeva per segnale di com-
battimento lo stendardo rosso; chi eser-
citò il goufalouierato, ed a chi in perpe-
tuo fu attribuito; e dissi pure del f'essil-
li/ero di s. Romana Chiesa {V-). A Ves-
sillo, lo dico anche segnale d'investitu-
ra, e come i Papi con esso investirono i
grandi feudatari della Sovranità de Ro-
mani Pontefici e della s. Sede (P.). Delle
particolari insegue tratto negliarticoli de-
gli stati, città e corporazioni. Il Martinet-
ti, Tesoro delle antichità, t. 3, p. 1 06, os-
serva, che il Tabernacolo degli ebrei nel
deserto formò come il centro delle 1 2 tri-
bù militari d'Israele, divise in 3 quadra-
ti; e siccome ciascun quadrato composto
delle tribù, ri tene va il segna le del suo sten-
dardo, cioè l'orientale un leone, ii meri-
dionale un volto umano, l'occidentale un
bue, il nord un'aquila; così da quest'an-
tica istituzione si può ripetere l'origine
de'vessilli o stendardi militari, anzi il d'A-
quino nel suo Lessico militare, ripete que-
sta origine anche da'tempi di Giacobbe,
t.2,p. 432.» Usum vexillorum antiquis-
simum fuisse docet historia sacra : nam
gymbola quae Jacobfaustaprecatus,duo-
decimtribubusillisattribuit; trausierunt
postea in vesilla praelaria, quae iisdem
tesseris depictis oruabanlur, et iis erant
expressa coloribus , quibus earura tri-
buum nominegemmis impressa, in ratio-
ualisummus sacerdosgestabat(e ne par-
lai a Plazionale). 11 Villalpando, In E-
xcchielemexplanationes jtieìl. 2 delinea
S T E 21
la situazione delle 1 2 tribù intorno al ta-
bernacolo, e fa una lunga dissertazione,
non solo sul tipo degli stendardi, ma so-
pra i belli colori e le pietre preziose, che
contornavano questi stendardi. Soggiun-
ge quindi il Martinetti , che malamente
perciò vari antiquari dedussero l'origine
de'vessilli da'làscetlidi fìenochiamati ma-
nipolijche si conoscono ne'primordidiLlo-
ma , che fu di molli secoli posteriore al
fortunato popolo israelitico. Di più crede,
che l'insegne dell'aquila e del leone sieno
le piìi antiche del mondo, e di preferen-
za adottate ne' vessilli, nell'imprese e ne-
gli stemmi; poiché Cesare, De Deliaci*.'.
Iib. 3, ricorda gli aquiliferi; Pietro Diaco-
no nel lib. 4> rammenta le legioni aqui-
lifei a e leonifera, laonde ritiene che l'eti-
mologia di alfiere derivi da Aquilifer. 11
p. Lupi nelle Dissertazioni, osserva che
gli antichi romani chiamavano primo pi-
lo l'alfiere della 1." insegna, che si met-
teva ue'posti piii pericolosi. Era una del-
le cariche più lucrose, una delle più con-
siderate nell'esercito, per cui si conferiva
ali." de' io centurioni più veterani. Te-
nevaegli l'insegna dell'aquila propria del-
la legione, e dava colla sua mossa princi-
pio alla battaglia; la quale perchè allora
si cominciava con lanciare alcune aste
chiamate pili, perciò tal carica si chia-
mava il Prirnipilalo o il Centurione del
primopilo. USarnelli, Lett.eccl. 1. 1 o,lelt.
So: Perchè si benedicono le bandiere per
le guerre contro gì' infedeli; incomincia
dal riferire, che sino da quando incomiu-
ciarono le guerre , principiò l'uso delle
bandiere, dell'insegue , degli stendardi,
chiamati Signum, Vexillum, acciò ogni
soldato vedendo la sua bandiera andasse
con quella e con essa si mettesse in ordi-
nanza, altrimenti disordinali i soldati, l'e-
sercito è perduto. Quando i romani nel-
la guerra co'sabini perderono tutte le in-
segne, Romolo incontratosi in un fascet-
to di fieno, questo per insegua sospese a
ima pertica, e per la vittoria così ottenu-
ta istituì i siguileri mauipulari.e furono
22 S T E
stimali non meno dell'aquile imperiali.
Altrettanto fece quel generale turco, che
perduta la bandiera, tagliò subito la co-
da a un cavallo, e legatala a una pertica,
Servì di seguale a'suoi per riunirsi; onde
li preso coraggio trionfarono, e così i loro
Stendardi furono d' allora in poi ornali
con i code dicavallo, 3 portandone quel-
lo del grauvisir e 7 il sultano; anzi col-
la esposizione d'una coda di cavallo co-
stumarono i turchi dichiarar la guerra,
al suono di trombe e di timpani o tim-
balli. Sarnelli opina che ili." stendardo
l'inventarono gli assiri, dipingendovi la
colomba di Noè, e stendardi ebbero gli
egizie persiani mediante una testa di bue
e una colomba, cos'i i greci presero per
insegna il leone, il serpente e altri sim-
boli; ed a poco a poco gli stendardi furo-
no riguardati quasi per sagri, custoditi e
difesi, ed i soldati fecero giuramento di
giammai abbandonare il proprio stendar-
do, insegna o bandiera. Quanto alla loro
benedizione, gli stendardi ottengono vir-
tù contro i nemici della fede pel Sagra-
mentale {?•) della benedizione e per le
preghiere della Chiesa, come pure le ar-
mi; solendo i Papi benedire e donare la
Spada ( V.), e lo Stocco e Berrettone ( F.),
come ancora benedicono le navi e ne ri-
parlai a Soldato. La forinola della bene-
dizione dello stendardo si trova pure nel
Sacrarurn Cerirnoniarum S. R. E. lib. 1,
tit. 7: De Bene clic don e, et traditione ve-
xìlli bellici. Il p. Menochio, Stuore, cen
turia g.a,cap. 26: Della bandiera di Co-
stantino I Magno imperatore detta La-
baro, e cosa significhi questa voce, repu-
ta che fosse in uso avanti quel principe,
ricordando che Tertulliano fioritoprima
di hù,ueìl' Apologetico cap. 1 6, dice: Slip-
para dia Vexillorum et Labarorum,sto-
lae crucium suntje Minuzio Felice in O-
ctavìo dice: Nani et signa ipsa, et Laba-
ra,et Vexilla caslrorum. Alcuni però col
Pamelio leggono in Tertulliano non La
barorum, ma Canlabrorum ,come anche
in Minuzio Cantabra, come si apprende
STE
in diversi libri antichi enei codice Teo-
dosianojlib. 1 4? t't- 7, De Collegiatis} ove
si fa menzione de' Signiferis et Cantabra-
rys. Si chiamarono cantabrari quelli che
neglieserciti romani portavano le insegne
tolte a'eantabri popoli di Spagna, che du-
rarono molta fatica a soggiogarli, i roma-
ni avendo per costume di usare le mede-
sime insegne de'popoli vinti, come si leg-
go negli Annali di Daronio, an. 3 1 2, n.°
33, ove si apprende che i dragoni comin-
ciarono ad essere insegne de' romani, do-
po che Traiano vinse i daci che le porta-
vanoin guerra. Non mancano esempi nel-
la storia romana, come da Floro lib. i,
e. 1 1, da Ammiano lib. 16, da Cesare lib.
4, da Livio lib. 3, che nelle zuffe più pe-
ricolose gettarono l'insegna in mezzo ai
nemici, per accendere maggiormente gli
animi de'soldati a combattere valorosa-
mente, per non coprirsi di vergogna che
l'insegna sotto cui militavano, abbando-
nala restasse in potere de'nemici. Brisso-
nio,De/ò/7;ni//Vlib.4,riporta quella d'In-
fer signwn in hostemj così praticavano i
capitani, o acclamavano i soldati. Ma gli
eserciti cristiani in simili occasioni invo-
cavano il nome di Cristo , per cui l'im-
peratore Leone nel lib. De apparata bel-
lico cap. 1 2, § 69, dice: Cam ad con/lieta'
tionem movet exercitus consueta christia^
tris vox usurpando est, Victoria Crucis.
Il nome di Cristo in Monogramma essen-
dosi posto da'eristiani ne' labari e nelle
bandiere, i vessilliferi furono chiamati
ChrislifenW edasi J.A.Ernesti, Conimeli-
tatio de Vexillariis, Gottingae 1 752, e gli
articoli Croce, e Banneriti cavalieri che
nei bassi secoli alzavano vessilli per con-
durre armati alla difesa de'loro principi.
I francesi chiamarono lo stendardo della
fanteria drapeau, e quello della cavalle-
ria ctendard, talvolta denominando cor-
netta l'ufficiale che porta lo stendardo, il
che si fece più volte in Italia, ove anti-
camente si disse stendardiere il portato-
re dello stendardo, goufdoneo altra si-
mile insegna. I Crocesignati (/"'.) fecero
STE S T E 23
mirabili prodezze sotto lo stendardo sa- alfalto per segnale d'autorità su Roma,
lu tiferò della Croce, nelle celebri Crocia come dichiarai ne'citati e altri articoli eoa
te(P.) e sagre guerre, massime in Siria irrefragabili e autorevoli testimonianze,
(F.) per la liberazione de' luoghi santi, per confutare le maligne pretese e inven-
cnlla di nostra s. religione, ed ove si o- zioni de'nemici detrattori della sovraui-
peraronoi suoi venerabili misteri. Nel me- tà temporale de' Papi. Dello stendardo da-
dio evo le repubbliche italiane portava- to da s. Leone III a Carlo Magno, si può
nolostendardonelleguerr.e,collocatosul vedere 1' Alemanni, De Lateranensibus
carroccio, di cui parlai ne' voi. VII, p. 1 13 Parietinis. Dello stendardo o vessillo di
e i24>X>P-r i4> LVHI,p. 277, ed altro- s. Pietro, insignito colle chiavi pontificie,
ve. Davide I re di Scozia verso ili 1 35 che solevano i Papi dare a' sovrani che
marciò contro gl'inglesi, i quali lo elisie- stavano per intraprendere qualche spe-
cero nella famosa battaglia detta dello dizione contro i nemici della Chiesa, vari
Stendardo, per avere essi inalberato so- esempi di queste trasmissioni li raccolse
pia un carro per vessillo una Croce col FilippoMazeno,nellaAxito^/-v. Pietro To-
ss. Sagramento, e gli stendardi di 3 san- masio patriarca di Costantinopoli, presso
ti che nominai nel voi. XXXV, p. 3g. i Bollandisti,/tfrcu<?m t. 2, p. 990. Narra
Gli stendardi della chiesa romana per Rinaldi an. 797,0. °iG,ches.Leotie III nel
antichissimo uso furono decorati della fi- principio di essospedì una legazione aCar-
gura delle Chiavi[F.) incrociatee del Pa- lo Magno re di Francia con presenti, che
diglione(fr.)) quali insegne della Sede/i' furono le chiavi d'oro, pigliate secondo
postolica (/".) che le pose negli stendardi l'uso dalla Confessione di s. Pietro, e lo
àn\\e%\\erniltzie,marina,fortezzetporti, stendardodi Roma. » Dove [novatori da-
mme del Castel s. Angelo (Fr.) ; anche brando dicono che colle chiavi si dava a
coM'immagine di s. Pietro, o de'ss. Pietro Carlo il possesso della chiesa romana, e
e Paolo (/'.), oltre lo stemma del Papa collo stendardo della città di Roma. Non
regnante. Egualmente fu antichissimo u- sapendo gl'ignoranti, che i romani Pon-
sò de'Papi donare a'sovrani perdistinzio- telici ebbero in costume di mandare tali
ne e divozione, per segno di all'etto pater- donia'principi cristiani, come s'è per noi
no, perinvocar loro il patrociniodelprin- addietro veduto essersi fatto più volte da
cipe degli apostoli massime nelle guerre, s. Gregorio I e da altri. E perchè tu non
Jo Stendardo di s. Pietro, colla sua elfi- abbi che opporre intornodel vessillo, tro-
gie e da loro benedetto. Donarono anche verai per innanzi nel fine degli anni 800,
le chiavi d'oro, parte di detto stemma e che il patriarca di Gerusalemme mandò
segno di quelle di s. Pietro, per cui le he- all'istesso Carlo per benedizione le chia-
nedirono e vi racchiusero reliquie sagre vi de' luoghi santi con uno stendardo,
e la limatura di ferro delle Catene di g. Talché si solevano mandare somiglianti
/>t'efro(^r.),ed anche di quelledis. Paolo, donativi da' vescovi a're. Senza che pos-
non che Anelli delle catene di s. Pietro siamo dire, che s. Leone III Papa ono-
(F.),a'quali articoli notai molti Papi che rasseCarlo Magno del dono dello stendate-
le donarono, incominciando da s. Grego- do, perocché quegli era potentissimo Di-
vio I, da s. Gregorio III, e da s. Leone III fensore della chiesa romana (/r.)". Os-
ti CarloMagno quando gli confermò il ti- serva l'Acanti, Dell'origine ed antichità
tolo e dignità di Patrizio di iioma cou- della zecca pontificia a p. 34-" Roma già
feritogli da Stefano 11 o HI, e collo sten- era posseduta e governata da'Papi. Il ves-
dardo di Roma, insegne e qualifica che siilo di Peonia poi non è indizio di sovra-
l'obbligavano a difendere il civile e Tee- nità, ma di sola difesa, avendolo manda-
oles-iastico della romana chiesa, non mai to i Papi ad altri principi, che non ebbe-
24 S T L STE
ro giammai giurisdizione alcuna nello a difesa de'suoi connazionali contro gli a-
6laloecclesiastico(aSovHANiTA'dicoHchi, rabi. I pisani, i genovesi e altri italiani,
quale e perdio la permisero), come può fecero tributario della s. Sede il re afri-
vedersi inBzovio, De Romano Ponti/ice, cano infedele. Papa Urbano li neh 09 >
apud Rocaberlum t.i , Bibliolhecae Poh- proclamando peli. "la crociata di Gei 11-
t.ficiae, p. 10, Baronio ad an. 796, §16, 8aleojcue,diè lo stendardo di s. Pietro ad
l'agi a tale anno § 4> e ^u Gange, GLos- Ugo il Grande fratello di Filippo I re di
sai inni io Pexillum". Ricordai a Sicilia, Francia. INeli 1 3g Innocenzo 11 de\ò a
die nelio63 il normanno conte Ruggero re di Sicilia Ruggero I, l'investi col ves-
per la vittoria ottenuta sui saraceni, per siilo e dichiarò AJ itile e Soldato (A'.) di
ossequio mandò a Papa Alessandro II 4 «• Pietro, grado che i Papi conferivano
cammelli, ed il Papa rallegrato di ciò in- a quelli. che insignivano della regia digni-
viòalconte uno stendardo da sebenedet- tà. A Patriarcato Armeno parlai d'In-
lo, col quale munito per l'avvenire colla nocenzo 111, che nel 1201 mandò il ves-
protezione di s. Pietro, più sicuramente siilo benedetto di s. Pietro al re Leone 11
potesse assalireque'nemici dellafede edi- il Grande. Il Rinaldi riferisceche losten-
struggerli, ed a quelli che da essi procu- dardo lo avea chiesto il re stesso, e che il
lasserò liberare porzione di Sicilia, l'in- Papa nella lettera accompagnatoria, dis-
dulgenza pleuariae assoluzione delle col- sedi mandargli come segno delsuo amo*
pe, di cui avessero pieno pentimento, e lo re lo stendardo di s. Pietro , per usarlo
rimarcai pure nel voi. XXXIV, p. 2^G. soltanto contro i nemici della croce, do-
Notaia Inghilterra, che nel 1 oGGreGu- vendo procurate di frenare col divino a-
glielmo I essendo ricorso ad Alessandro iutoeper l'intercessione del principe de-
ll, contro l'usurpatore Araldo II, il Papa gli a postoli la con tu macia loro. Nello stes-
gli ordinò di marciare sull'invasore, e gli so giorno Innocenzo III scrivendo a tutti
mandò lo stendardo di s. Pietro da se he- i principali signori, a' cavalieri e popolo
nedelto. Appena il re lo ricevette, die bat- armeno, dissealtrettantosulloslendardo,
taglia al nemico e Io vinse. Dissi purea confortandoli a combattere valorosamen*
Sicilia, oltre altri simili esempi , che s. te col re i saraceni, come a.veano cornili-
Gregoi io VII uel 1 080 inCVpwoinvesfi ciato a fare. Il re rispose a Innocenzo 111
col vessillo di s. Pietro, della Puglia, Ca- con somma riverenza e gratitudine, as-
labria e Sicilia il duca RobertoGuiscardo. sicurandolo che sempre avrebbe portato
Nella l/iografiadis.Gregono/V/raccon- lo stendardo innanzi a se, a gloria della
lai che donò al re di Castiglia una chiave chiesa romana econlro i nemici della cro-
d'oro, benedetta colle catene di s. Pietro, ce. Narra il suo biografo Hurter, come
Riferisce Rinaldi all'annoi o87,n.°8, che quel Papa proclamò Gioanoicio re de' «ai-
Papa Vittore III tenuto consiglio co've- lachi e de'bulgari, colla corona e lo scet-
scovi e co' cardinali, radunò un esercito tro per le prerogative ricevute da s. Pie-
di quasi tutti i popoli d'Italia, edando loro tro, inviando a ungerlo ii cardinal Leone
lo stenda 1 do di s. Pietro, e concedendo a lega lo. Gli concesse inoltre il di ritto di bat-
tutti indulgenza e remissione de'peccati, tere moneta io proprio nome, e gli fece
gli mandò nell'Africa contro i saraceni, presentare uno stendardo incoi vedeasi
i quali di continuo infestavano i lidi dei la Crocee le chiavi dis. Pietro: l'una per
cristiani, erestarono uccisi 100,000 mao- ricordargli chea Dio e non a se stesso il
mettaci, prendendo e«termi Dandole loro re doveva le sue vittorie; le altre come
principali città, non senza manifesto aiu- simbolodella prudenza e della forza; l'u-
fo di vi no. Il Papa imprese tal guerra an- na e l'ai tra congiunte poi, co me segno dei-
co perchè divoto dis. Vittore I africano, la saluteperli patimenti di Nostro Siguo-
S T E
re e per merito della sua Chiesa. Leggo
in Garampi, Sigillo della Garfa gitana,
p. i 07,chelechiavi come quelle propria-
mente attribuite alle immagini di s. Pie-
tro apostolo, furono prese dalla s. Sede
persua propria divisa; e che Innocenzo
111 avendo spedito a Cnlogiovanni re dei
bulgari colle reali insegne anco il vessil-
lo di s. Pietro, notò che uu tale vessillo
« praetendit non sine mysterio Crucem
etClavesjquia b. Petrus apostolus, et cru-
cem p roChristo sostino il, e tela ves adiri -
stosuscepil".Onde nel musaico Vaticano
fattodal medesimo Innocenzo 111, vedesi
la figura della Chiesa romana, tenente in
mano uu vessillo con due chiavi, la di cui
usta ha in cima la croce. Anche Rinaldi
parla dell'insegna delle chiavi all'anno
1228,11.° i3,riportando che il crouistaRic*
cardo di S. Germano, dicendo delle mili-
zie ecclesiastiche di s.Gregorio IX e degli
stendardi della s. Sede, osserva esservi in
essi sempre dipinte le chiavi; e che quelli
i quali militavano sotto i medesimi, por-
tassero nella veste il segno delle chiavi, e
perciò li dice chiave segnati. Laonde cre-
de Rinaldi , che siccome i cattolici che
guerreggiavano gli eretici o gl'infedeli e-
rano segnali di croce, cos'i quando si pi-
gliavano le armi a difesa della chiesa 10-
manaedellostato papale si cucivano sul-
la veste la forma delle chiavi. Urbano VI
trovandosi in Napoli nel 1 .°del 1 384, nella
messa soienneche celebrò, in presenza del
re Carlo 111 e della regina, beuedi col so-
lilo rito lo stendardo di s. Pietro, che il
re dovea inalberare contro Lodovico I
d'Angiò pretendente al regno e seguace
dell'antipapa. Urbano VI consegnò io
stendardo a Carlo III, e lo dichiarò capi-
tano Generale dis. Chiesa [f/.). Quando
i romani nel 1410 riconobbero Alessan-
dro V, iu segno di soggezione gli manda-
rono in Bologna le chiavi delle porle di
Roma, i sigilli e lo stendardo del popolo
romano, insegne che il Papa ricevè con
gran solennità e festa. Alessandro VI nel
i4«j| raaudù il cardinal Borgia legato a
S T E 25
coronare Alfonso II re di Napoli, e l'ono-
rò dello stendardo della chiesa romana.
A Svizzera, ed a Stocco e Berrettone
ducale benedetti, dissi che Giulio 1 1 li do-
nò agli svizzeri in unoa due gonfiloni, ed
a'q Cantoni di tal nazione mandò un'in-
segna istoriata esprimente la Passione di
GesùCristo. Ne'conii delle medaglie pon-
tificie, che si conservano nella zecca ponti-
fìcia,ve ne sono diversi alludenti agli sten-
dardi dati da'Papi.ln uno si vede l'effigie
di Paolo 1 1 1 in piviale e triregno, che con-
segna Io stendardo ad una figura genu-
flessa: forse ricorda l'aiuto da quel Papa
prestato a' veneti, onde fu liberato Corfìi
dall'assedio de'turchi. Narra Catena nel-
la l'ila di s. Pio Vt p. 1 70, che avendo
destinalo Marc' Antonio Colonna genera-
le di s. Chiesa perla flotta navale spedi-
ta contro i turchi, poi vinti a Lepanto,
fece cantare dal cardinal Colonna la mes-
sa solenne dello Spirito santo, e die a Mar-
c'Antonio di sua mano lo stendardo con
1 immagine del ss. Crocefisso, e da'lati s.
Pietro e s. Paolo, col motto: In hoc si-
gnovinces. lì Pantoni, Istoria dH Aviario*
ne. [). J.87, allerma che s. Pio V diede al-
tro stendardo col ss. Crocefisso a il. Gio-
vanni d'Austria naturale di Carlo V, e
supremo comandante della lega in quel-
la spedizione, stendardo che i Papi so-
levano dare a' generalissimi nelle spedi-
zioni militari contro gì' infedeli, e che
precede in dignità quello della chiesa ro-
mana. Uno de'ricordati couii d'una me-
daglia d'Urbano VII, ha incisa l'imma-
gine di quel Pontefice, che consegna ad
una figura genuflessa lo stendardo di s.
Chiesa ornato dell'immagine del ss. Cro-
cefisso, alla presenza de'cardinali sedenti
e del popolo, coll'epigrafe: Dexlera Do-
mini Jaciatvirtnlein. Con questa iscrizio-
ne abbiamo pure una medaglia del suc-
cessore Gregorio XIV, il quale è rappre-
sentato con triregno e piviale sedente in
trono, nel punto che dà lo stendardo di
s. Chiesa colf immagine del ss. Crocefisso
ud una figura ginocchione, egualmente
iG S T E
alla presenza de' cardinali e del popolo.
Allude alla spedizione in Francia d'Er-
cole Sfondrati nipote del Papa, colle mi-
lizie pontificie contro gli eretici ugonotti.
Notai a Marina, che Clemente IX nella
guerra di Candia contro i turchi, nel 1669
mandòla squadra delle galere pontificie,
comandata da suo fratelloCamillo Rospi-
gliosi generale di s. Chiesa, il quale spie-
go lo stendardo col l'immagine del ss.Cro-
cefisso. Inoltre narra F. intoni, che uello
slesso anno Clemente IX per il gentiluo-
inoGio. Giuseppe deFogasse inviato pon-
tificio, mandò a Francesco di Vendome
duca di Beaufort, con un breve apostoli-
co, lo stendardo della chiesa romana, co-
me granfie ammiraglio di Francia in det-
ta guerra, a soccorso de'cristiani di Can-
dia, insieme al titolo di capitano genera-
le della s. chiesa romana, avendo creato
generalissimo il nominato proprio fratel-
lo, che meglio di Novaes chiama Vincen-
zo e generale delle galere e marina pon-
tificia. Lo stendardo di s.Chiesaeradi for-
ma quadra e di damasco cremesino, con
frangia d'oro all'intorno, e con sopravi
dipinte le immagini al naturale de'ss. Pie-
tro e Paolo apostoli, e tra essi l'arme del
Papa, con questa divisa in lettere d'oro:
Proleclor Deus auspice nos. Il duca ono-
rò molto l'inviato, il quale gli offrì pure
in nome di Clemente IX una corona al-
la ca vallerà composta di 1 0 grossi e bel-
lissimi lapislazzuli infilati in oro, e con si-
mile medaglia contornata di grossi dia-
manti, col breve d'ampie indulgenze im-
postevi. Gli esibì per ultimo altro breve
apostolico dell'indulgenze concesse asol-
dati di quella sagra spedizione,e 1000 me-
daglie d'argento per distribuirsi a' suoi
nflìziali. Lo stendardo il duca lo fece su-
bito inalberare nella sala con una senti-
nella d'onore, e poi sul vascello ammira-
gliOjOidinando ad ogni capitano di vascel-
lo o di galera di fare de'simili stendardi
per le medesime. Fu osservalo, che per
l'arme del Papa lo stendardo sembrava
suo particolare, e non il Ires$illodi s. Rq.
STE
maria Chiesa^'.), ma rispose rinviato,
che il Pipa non potendosi disgiungere dal-
la Chiesa, così conveniva che il suo stem-
ma si collocasse in mezzo a'ss. Apostoli.
Ne'ricordali comi vi è quello diClemente
X in triregno e piviale,ricevente uno sten-
da i'd o turco.
Il Marangoni, Delle cose gentilesche e
profane trasportate ad uso e ornamento
delle chiese, rende ragione a p.i5, per-
chè furono appesi alle volte e pareti del-
le chiese gli stendardi turcheschi. Ram-
mentato prirua,come la spada del gigan-
te Goliat, da David fu consagrala a Dio
dopo la vittoria, ed involta in velo fu af-
fissa nel tabernacolo, e similmente prati-
cò Giuditta per la vittoria riportata so-
pra Oloferne, offrendo a Dio i vasi pre-
ziosi e il cortinaggio del letto; quindi da
tali esempi dice derivalo il lodevolissimo
costume di appendere nelle nostrechiese,
in segno e memoria gratissima de'trionfi
ottenuti contro i nemici della cristiana re-
ligione, gli stendardi e le armi loro con-
quistate col divino favore. Per cui molte
bandiere colle mezze lune, spade e lette-
re turchesche, e altre di esse di coda di
cavallo, che presso i maomettani sono co-
me sagre, s'inviarono a Pioma a'Papi da
valorosi capitani, ed appese nelle basili'
che Lateranense, Vaticana e Liberiana,
nelle chiese di s. Maria sopra Minerva, di
s. Maria d'Araceli, di s. Maria della Vit-
toria, e in altre Chiese di Roma ove ne
parlai. Queste bandiere rappresentano i
beneficii d'insigni vittorie riportate dalle
armi cristiane contro la formidabile po-
tenza ottomana, per l'intercessione della
13. Vergine, e collo sventolar delle loro
code ricordano a lutti la gratitudine do-
vuta a sì gran benefici di Dio. Così Pie-
tro II red'Aragona, avendo vintocon pic-
colo esercito Miramolino re de' saraceni
nel 1 2 1 2, mandò a Roma lo stendardo e
la lancia del nemico, perchè come trofei
si appendessero nella basilica di s. Pietro
sopra la porta Guidonea; siccome nel luo-
go medesimo collocate furono la lancia,
ST E
la bandiera eia corona del re ungaro Al-
boino, mandatevi da Enrico III impera-
tore. Presso la porta dell'archivio della
medesima e prima in sagrestia, si appe-
sero la catena di ferro e sua chiave, con
cui si chiudeva il porto di Tunisi, man-
date in ossequio a s. Pietro da Carlo V
imperatore, dopochese ne impadronì, ol-
tre l'altra allerta della catena di ferrodel
portodivS>7j7>7*etolla dalcardinal Caralla
legato contro i maomettani. Ella è per-
tanto una giustissima dimostrazioue di
gratitudinea Dio, dedotta dalla s. Scrittu-
ra, l'appendersi nelle nostrecbiese alcune
spoglie riportate da'uemici della sua vera
fede, non ostante che Io stesso praticassero
gli antichi romani ritornando vittoriosi
con Ingresso solenne in Roma (U.), che
solevano affiggere ad un'asta le armi ne-
miche, e con pompa portarle in Campi-
doglio,ed ivi offrirle ne'templi a'falsiDei,
cui stoltamenteattribuivauo leconseguite
vittorie. Per quelle riportatene! i 569000-
tro gli eretici Ugonotti (V), Carlo 1 X re
di Francia mandò a s. Pio V 12 stendardi
presi loro, e 27 ne spedì Sforza conte di
s. Fiora generale delle milizie pontificie,
che il Papa collocò nella basilica Latera-
nense,come riporta Novaes nellasua Sto-
ria,econ iscrizione incisa in marmo a let-
tere d'oro, che ri produsse Cancellieri, Pos-
se.?.?/, p. 3 56. Nell'articolo ss. Nome di M v-
bia, e nel voi. LIV, p. 66, indicai i luo-
ghi ove parlai della liberazione di Fiewia
e della strepitosa vittoria riportata sui
turchi, principalmente per opera di Gio-
vanni III re di Polonia, che mandò a In-
nocenzoXI il gran stendardo ili Maomet-
to, preso nel padiglione del grauvisir, e
colle parole (altra volta usate da Giulio
Cesare) Veni,Fidi, J ici.W Papa a'29 set-
tembre 1 683, festa di s. Michele, fece ce-
lebra re solenne messa nel palazzo aposto-
lico Quirinale prò gratiarum aclione, e
nell'offertorio, Dcnoff^ox cardinale e in-
viato delie, ginocchioni perorò nell'atto
di presentarlo a'piedi d'Innocenzo XI, so-
stenendo lo stendardo sull'ili timo gradi no
S T E 27
del trono il conteTalenti, baciandogli am-
bedue i piedi. Indi levò lo steudardo il
marchese Naro vessillifero di s. Chiesa, e
fu tenuto alzato vicino all'altare a cor-
nuepislolae sino al fine della messa e del
Te Deuni che fu intuonato dal Papa, e
allora spararono le artiglierie degli svizze-
ri di detto palazzo, e quelle della fortezza
di Castel s. Angelo,oltrei mortaretti della
soldatesca che stava di guardia al Monte
Quiriuale, suonandosi a festa per un'ora
tutte lecampane delle chiese di Pioma. Lo
stendardo fu privatamente portato nella
sagrestia di s. Pietro, e poi venne eretto
nella basilica. Abbiamo, LoStendardoOt-
tomanico spiegalo dal p. Lodovico Mar-
racci, ovvero dichiarazione delle parole
arabiche poste nello stendardo reale preso
dal serenissimo re di Polonia Giovanni
III al grauvisir de' turchi, e. dal mede-
simo inviato per tributo della sua pietà
alla S. di N. S. P. Innocenzo XI, lì orna
i683. E siccome il re altro stendardo, in
uno alla sua Spada[F'.),\ny\b al santua-
rio della 13. Vergine di Loreto (^.), nel
1684 fu stampato in Ancona, Notifica-
zione del regio stendardo turco, mandato
dal re di Polonia alla s. Casa di Loreto.
Altre notizie le riporta Cancellieri a p.
3 56, e nel Mercato, p. 269. Leggo nel
n.°4 del Diario di Roma del 1 7 1 6, e nel
diarista contemporaneoCecconi, che l'im-
peratore Carlo VI spedì con sua lettera
in dono a Clemente XI due code di ca-
vallo, una bandiera e un principale sten-
dardo preso a'turchi a' 5 agosto, festa di
s. Maria della Neve, dal principe Euge-
nio di Savoia nella celebre vittoria di Pe-
tervaradino: meglio ne parlo io nel voi.
XVIII, p. 82, e tali insegue il Papa man-
dò alle basiliche Liberiana e di Loreto.
Ne fece la formale presentazione il cardi-
nal Schrattembach, ed il Papa dopo a-
venie dato parte a'cardmali in concisto-
ro, destinò Rasponi a portare al principe
Eugenio \oStocco e Berrettone ducale be-
nedetti. Il Papa tenne cappella di ringra-
ziamento a Dio nella basilica Liberiana,
28 S T E
ove ricevè lo stendardo! per la medesima,
e si cantò il Te Dtum. Questo ebbe pur
luogo nella chiesa dis. Maria dell'Anima
con cappella cardinalizia. Di più Clemen-
te XI nella cappella del palazzo aposto-
lico fece celebrare solennemente una mes-
sa di requiem in suffragio de'soldati mor-
ti in Ungheria e in Levante. Per la vit-
toria poi di Temeswar, Clemente XI rese
gì aziea Dio nella basilica Liberiana, con
cappella e Te Denta, suono di campane,
salve d'artiglierie, feste, illuminazione e
fuochi per la città. Nel n.° io3 di detto
Diario dei i 7 1 7 si descrivono gli stendar-
di presi a' turchi, e regalati da Clemente
XI per mezzodì mg.1' sagrista alle chie-
se di s. Maria sopra Minerva e di s. Ma-
ria della Vittoria, e due al santuario di
Loreto. IIn.0537del£>ùz/'/o del 1 720 dice
della bandiera presa a'uiori di Ceuta,e
da Filippo V re di Spagna inviata a Cle-
mente XI; ed i n.i 547 e 553 riferiscono,
che il cardinal Accpiavi va ministro del re
in Roma, dopo la messa della Circonci-
sione salì al trono e con apposito discor-
so presentò al Papa lo stendardo, portato
dal contestabile Colonna vestito alla spa-
go uola:ClementeXI fece analoga risposta,
quindi intuonò il Te Denta, mentre l'ar-
tiglierie di Castel s. Angelo fecero varie
salve,enel partire dalla cappella fu prece*
du tool trecche dalla Croce pontifìcia, dallo
stendardo. Avendolo destinato alla chie-
sa di s. Maria della Vittoria, un ulliziale
delie corazze, lo portò inalberato e accom-
pagnato da'eorazzieri a cavallo, precedu-
ti dal sagrista mg.r degli Abati Olivieri
in carrozza palatina. Il prelato fu ricevu-
to alla porta della chiesa dal vicario ge-
nerale de'carmelitani scalzi e suoi religio-
si, recitò un discorso sull' adempimento
della commissione,cui rispose con ringra-
ziamenti il vicario, al quale consegnò Io
stendardo, e fu posto sopra un candelie-
re dell'altare maggiore, indi si cantò la
messa e il Te Denta. Ne'vol. XVIII, p.
83, XXIX, p. 2D9, parlai degli aiuti dati
all'ordine Gerosolimitano da luuoccuzo
S T E
XIII contro i turchi , e dello stendardo
preso a'eorsari tunisini e dal gran maestro
Zondadari mandato al Papa, il quale lo
donò alla basilica Lateraneuse. Ne trat-
tano pure il n.°648 del Diario di Roma
del 172 r, e Cancellieri ne' Possessi a p.
3 55. Si descrive come il ricordato sagrista
agli 8 novembre si portò in carrozza alla
basilica, seguito dallo stendardo e accom-
pagnato dalle corazze a cavallo, ricevuto
al suono della campana dai canonici in
cappa; si riporta il discorso pronunziato
dal prelato, in cui è rimarchevole il rilie-
vo che il dono lo faceva il Papa alla ba-
silica, perchè s. Gio. Battista suo titolare
era patrono della valorosa religione ge-
rosolimitana, ed in perpetuo trofeo del-
l'invitta sua prodezza, e per eccitamento
a' fedeli di pregare il Dio degli eserciti a
far prosperare l'ordine, forte difesa e pro-
pugnacolo della fede contro il fanatico e
crudele maomettismo. A nome del capi-
tolo, e in luogo del decano assente, pro-
nunziò un ringraziamento il canonico
mg.r Alamanni. Dichiarai a Processione
colla loro origine, le insegue che in esse
si portano, inclusivamente agli stendardi
dipinti ordiuariameuleaolio, grandi o pic-
coli e di forma quadrata, ed alle bandie-
re sovrastate dalla croce con cordoni e
hocchi, come gli hanno gli stendardi per
regolarne la portata; stendardi e bandie-
redecoraticonsagre/wwrtgm/^'^estein-
mi, e da che derivarono. 11 vescovo Sar-
nelli, Leit. eccl. t.5, lett. 1 1 : Che mia coti'
fraternità debba avere l'insegne diverse
dall' altra, sia ne'colori delle mozzetle che
negli stendardi colle immagini sante dei
loro patroni, o de'misteri sotto cui mili-
tano; colori e divise derivati dalle sagre
crociate di Terra santa, per insegna di fa-
miglia e nazioni, onde distinguersi dalla
moltitudine de'crocesignati, tutti peiòa-
ventiil petto fregiato della croce rossa da-
ta da Urbano li, per denotare il fermo
proponimento di combattere per la ss.
Croce li uo all'ulti mosangue;chiama qui li-
di le processioni, specialmente se faUe iu
STE
tempi ili pubblici bisogni, sagre «?|>efìizio-
ni, poiché a guisa eli schiere armate cam-
minano i cristiani modestamente e con
di vota ordinanza , portando bandiere ,
stendardi, croci e altre sagre insegne, e le
basiliche di Roma padiglioni quasi cam-
pali, oltre i Campanelli (I7.), invece delle
trombe, giusta l'ordinanza militare come
incedeva il popolo d'Israele portando la
s. Arca. Arrogeil riferito dall'ab. Diclich,
Diz. .« acro- liturgico, all'articolo Proces-
sioni ,c\\e esse ricordano il ritorno del po-
polo d'Israele liberato dalla schiavi tu d'E-
gitto; i sacerdoti che circondarono le mu-
ra di Gerico; Davide saltante innanzi al-
l' A rea; Salomone che la cnndussejierrcrn-
pio;opiuttostoCristo Signoreehe discese
dal cielo, ovvero i santi misteri della re-
ligione cattolica; avvertendo che il vessil-
lo insignito di ss. Immagini non deve es-
sere fa Ito al la militare ossia in forma trian-
golare, dovendo rappresentare i misteri
o i santi, sotto i quali militano gli ordini
religiosi, le pie congregazioni, i sodalizi.
Ne' voi. VII , p. 2rj5 e seg., 3 i3 e seg.,
XXVI, p. 7 i , trattai dell' origine degli
stendardi nelle canonizzazioni de santi
neh 2 53, per quello apparso prodigiosa-
mente in aria mentre Innocenzo IV ca-
nonizzava s. Stanislao vescovo di Craco-
via, derivando pure il rito di appenderli
a'eor nicioni, o nelle volte e sollitti delle
chiese, principalmente in quella ove fu ce-
lebrata la canonizzazione, quasi altrettan-
ti trofei; costumandosi rappresentarvi da
un lato l'effigie del santo, dall'altro espri-
mendosi qualche principale prodigio da
lui operato per virtù divina, nell'estre-
mità dipingendosi gli stemmi del Papa che
l'ha canonizzato, quello dell'ordine o so-
dalizio cui appartiene, quello del cardi-
nal protettore de'medesimi, e se non ap-
partiene a congregazione religiosa o a con-
fraternita, vi si dipinge lo stemma della
nazione del santo. In detto articolo pure
rilevai come sono dipinti, e come e da
chi si portano nella processione della fun-
zione, non che de'quadri colla loro efli-
S T E 29
gie che si debbono distribuire a chi spet-
ta (de'quali quadri riparlai a Promotore
delt.a fede, perquelli che a lui eal sotto-
promotore debbonsi anche nelle Beatifi-
cazioni); ricordando ancora la processio-
ne colla quale dalla chiesa ove fu celebra-
ta la canonizzazione, ordinariamente la
basilica Vaticana, si porta un altro Sten*
dardodel nuovosantoalla suachiesa. Im-
perocché alla basilica resta quello sten-
dardo dipinto da un lato solo, che serve
per la canonizzazione, e scuopresi dopo il
pontificio decreto, e temporaneamente
quello dipinto ne'due lati, che poi l'ordi-
ne o il sodalizio a cui appartiene il santo
si reca processionalmente a prendere per
condurlo nella propria chiesa, ciò che av-
viene poche volteeper lo più anco questo
stendardo rimane alla basilica. Al citato
articolo Bandiera registrai, che il princi-
pio di usare gli stendardi nelle processio-
ni pare doversi atti ibuireal 1 4 1 4, equan-
do il concilio di Costanza rese più pub-
blico il cullo di s. Rocco {y.), che alcu-
ni chiamarono canonizzazione per equi-
pollenza. Il ceremoniere Chiapponi, Ada
canonizationis Sa ridonivi, riporta a p.
2 i 7 eseg., le notizie sugli stendardi delle
canonizzazioni e processioni con essi, di
quella da lui descritta; ed a p. 246 e seg.
il rito col quale il capitolo Valicano con-
segnò ol l'ordine de'predica lori lo stendar-
do di s. Pio \ , che portarono con solen-
ne processione dalla basilica Vaticana a
S. Maria sopra Minerva, ove fu collocalo
sull'altare maggiore, recando visiClemen-
te XI a tenervi cappella papale, con so-
lenne ottava; parlando ancora dell'indul-
genza plenaria concessa da Alessandro
VII a quelli die intervengono alla pro-
cessione che si fa nel portare gli stendar-
di de'nuovi santi canonizzati alle proprie
chiese. Siccome gli stendardi che si ap-
pendevanoal cornicione della cupola del-
la basilica Vaticana, ed eziandio nella cap-
pella del ss. SagramenlOjfinchèquelli cui
appartenevano non venivano a prenderli,
il vento agitandoli in quel vasto tempio
3o S T E
faceva oltre il rumore cadere de'pezzi di
cornicione, cos'i gli stendardi dal 1 8:ì5cir-
ca in poi non più vi si appesero, e invece
tolti ancora da delta eappella si custodi-
scono ue'cameroui ottagoni della mede-
sima cupola. La copia poi delle ss. imma-
gini dellaB. Vergine, che il capitolo fregia
con Coronazione, le conserva nelle sagre-
stie canonicale e de'beneflciati, ed anche
nel seminario Vaticano. Neln. °47 del Dia-
rio di Roma del i 83o si legge il ceremo-
niale e rito col quale dalla basilica Va-
ticana si porta solennemente nella propria
chiesa lo stendardo d'un santo canoniz-
zato, del seguente tenore, e al quale ag-
giungerò qualche brano della Relazione
ìslorica del solenne trasporto dello sten.'
dardo dis. Francesco Caracciolo 3ec.,noii
che dell'ottavario solenne che in seguito
di detto trasporto fu celebrato in onore
delsanto,V\on\n i 83o.« Con benigna an-
mienza della Santità di N. S. Papa Pio
Vili, erasi già destinalo da'rr. pp. Chie-
rici regolari minori(P/'.)i\ giorno 3o mag-
gio, dedicato alla solennità di Pentecoste,
per dar luogo alla solenne traslazione del-
loslendardo di s. Francesco Caracciolo,
inclito loro fondatore, canonizzato dalla
sa. me. del Pontefice Pio VII fin dalgior-
nosagroairaugustissimaTrinità,2 4niag-
gio 1 807 (funzione che non si potè prima
effettuare per le successive calamità dei
tempi, e che Roma da 63 anni non avea
veduta, non sempre praticandosi). Ter-
minato pertanto il solenne vespero nella
patriarcale Vaticana, venne il sagro sten-
dardo trasportato processionai mente dal-
la cappella del ss. Sagramento avanti l'al-
tare della Confessione. Un canonico va-
ticano in piviale incensò con triplice tiro
l'immagine del santo in detto stendardo;
indi fu cantala da' musici l'antifona e i
versetti del medesimo, e poi dallo stesso
canonico ne fu recitala la propria orazio-
ne. Quindi collecousuete ceremoniee for-
malità fecesi la consegna dello stendar-
do a'ehierici regolari minori, ed i 4 fioc-
chi pendenti da'coidoui del medesimo fu-
STE
ronodali a'4 pp. assistenti generali, 2 cioè
della compagnia diGesù,e2deH'ordine dei
chierici minori, tutti vestiti di pi viale bian-
co, da quel rev.mo capitolo, che accom-
pagnolloal di fuori del portico della ba-
silica, ove da'eonfrati del sodalizio del ss.
Sagramenlodi s. Pietro, lo presero i coti-
frati dell'arciconfraternita del ss. Sagra-
mento di s. Lorenzo in Lucina. A privasi
la processione da un drapello di grana-
tieri pontifìcii, indi i tamburi della mili-
zia capitolina, cuiseguivanoi famigli del-
la nobiltà romana, de'principi e degli em.
signori cardinali con torcie accese. Veni-
va no poscia,dietro una scelta banda di suo-
natori, vestiti di sacco i detti fratelli del-
l'arciconfralernita del ss. Sagrameutoe-
retta nella Chiesa presbiterale e parroc-
chiale di s, Lorenzo in Lucina (al quale
articolo ne feci parola, che edificò poi il
proprio oratorio ueliGiS dentro i limiti
della medesima) , con fiaccolotti accesi ,
lampadari con lumi, proprio stendardo,
tronco, ss. Crocefisso ed altre loro inse-
gne, co'loro guardiani, e con mg.1' Pio di
Pietro loro primicerio, avendo lutti le can-
dele. Succedevano quindi i fratelli, i guar-
diani, e mg.1' Lorenzo Mattei patriarca di
Antiochia, primicerio dell'arciconfrater-
nita della ss. Trinità de'pellegrini e con-
valescenti, con le insegne e decorazioni e-
guali al soprannominato sodalizio, oltre
la banda di altri suonatori d'istrumenti.
Dopo la croce della predetta chiesa di s.
Lorenzo, preceduta da una 3.1 banda, se-
gui vano gli alunni del collegio degli or-
fani, i pp. chierici minori eipp. gesuiti, coi
loro rispettivi superiori generali, tutti in
cotta e con candela. Procedevano appres-
so i così delti fedeli del senato e popolo
romano colle loro trombe, dopo i quali
un coro di cantori, e quindi 3 sacerdoti
dell'ordine del santoni piviale bianco. In-
di venivano 20 fratelli del sodalizio del
ss.Sagramento, e altrettanti dell'altro del-
la ss. Trinità con torcie in alto accese. Ve-
devasi poi il magnifico stendardo dipin-
to egregiamente dal eav. Francesco Man-
S T E
no,e rappresentante da una parie s. Fran-
cesco Caracciolo clie adora l'augustissima
Eucaristia o Sagramenlo, assiduo obietto
di sua adorazione, e dall'altra una stre-
pitosa conversione operata dal santo re-
pentinamente, duna rea donna che avea
tentato di sedurlo. Da' fratelli delle due
arcicoufrateriiite sostenevansi le aste del-
lo stendardo, i cui 4 fiocchi reggevano
da'nominati 4 PP- assistenti generali ve-
stili di piviale, a 'quali se n'era fatta la con-
segna.Era lostendardo preceduto da scel-
to concerto di strumenti e da numerosi
cantori che a vicenda cauta va no l'i uno del
santo, circondalo da fanali e da lampada*
ri ricchi di lumi, sostenuti dagli stessi fra-
tellhlo fiancheggiavano i palafrenieri pon-
tificii in zim marre rosse con torcie, e la
guardia svizzera pontificia, e lo seguiva-
no vari vescovi e prelati con torcie. Chiu-
de vasi la processione da vari drappelli
della guardia svizzera e de'granalieri di
linea. Nel [lassare che fece lo stendardo
del santo sul ponte s. Angelo, fu saluta-
to da parecchie salve dell' artiglieria di
quel forte, come lo era stato pure nella
piazza del Vaticano dalla guardia svizze-
ra con copioso sparo di mot lari, suonan-
do le campane di tutte le chiese avanti
alle quali passò la processione. Avvicinan-
dosi alla propria chiesa, i fratelli del ss.
Sagramenlo cederono a quelli della ss.
Trinità le aste e i cordoni dello stendar-
do. Pervenuto poi con tutta la processio-
ne sulla Piazza dis. Lorenzo in Lucina
(L\) e alla porta maggiore della chiesa,
dall'eoi." e rev.° cardinal Gallelli protet-
tore dell'ordine, pontificalmente vestito,
ed assistito secondo il consueto dai due
prelati Theodoli canonico della Vaticana
basilica e diacono della cappella pontifi-
cia, e Peutiui canouico della basilica Li-
beriana e suddiacono della noni ina la cap-
pella, e depostasi dal cardinale la mitra
e venerato da lui genuflesso lo stendar-
do,dal medesimo venne incetisato;quindi
ricevuto in chiesa fu collocalo nella parte
del vuDgelo dell'altare maggiorerei1 esse-
STE 3 1
re successivamente posto nel mezzo della
sommità del medesimo altare. Eseguilo
tale collocamento dello stendardo, il car-
dinal Gale* Ili slaudo co'sagri ministri dal-
la parte dell'epistola, intuonò l'inno Ani •
brogiano, dopo il quale cantatosi dal sud-
detto diacono il ^/ Ora prò nobis s.Frau-
cisce, venne cantata dal porporato l'ora-
zione del santo. In fine la sagra ceremo-
nia ebbe compimento colla trina bene-
dizione data dal cardinale all'alfollato po-
polo ivi concorso. S'incominciò allora ad
ammirare la vaga apparatura di quel sa-
gro tempio, ricca di molti ceri, di ornali,
di paludamenti, di dorature, di fregi, «li
trine, di statue, di lampadari, di cornu-
copie, d'iscrizioni analoghe alla circostan-
za^ di medaglioni, giusta il disegno del-
l'architetto Giuseppe Marini". ÌNel gior-
no seguente nella medesima chiesa si die
principio al solenne oliavano in onore di
S.FrancescoCaracciolo,a seconda del pub-
blicato nel n.°43 del Diario, con indul-
genze concesse dal Papa, cioè di 7 anni
e 7 quarantene per tu Ili gì' in ter venuti al-
la processione o che visitarono la chiesa
nell'otta vario, e plenaria applicabile a'de-
funti a'eoo fessati e comunicali che faces-
sero tal visita. Nel 1 ."giorno ebbe luogo la
cappella cardinalizia a cui intervenne il
sagro collegio, con messa cantata da mg.r
Della Porta patriarca di Costantinopoli e
vicegerente, e con orazione panegirica la-
tina del p. Bevilacqua chierico minore, e
nelle ore pomeridiane i Vespe ri pontifi-
cali. Ne'seguenti 7 giorni, egualmente nel-
la mattina furono celebrate messe ponti-
ficali, con orazioni panegiriche italiane di
eloquenti oratori, e nelle 01 e pomeridia-
ne i vesperi pontificali, e dopo quelli del-
l'ultimo giorno fu cantalo il solenne Te
Demn in rendimento di grazie a Dio. 11
minuto dettaglio di tutto si può leggere
nella citata Relazione islorica.
STENDARDO DI S. PIETRO. V.
Stendardo.
STETTORIO, Slectorium. Sede ve-
scovile della 1. "Frigia Salutare nell'esar-
S T E
calo d'Asia, sotto la metropoli diSinoada,
creila nel V secolo. Ne furono vescovi, El -
Indio pel quale Mariniano suo metropo-
litano nel 45 1 sottoscrisse al concilio di
Calcedonia,Paolo assistè e si firmò a quel-
lo di Costantinopoli nel 536 e al 5.° con-
cilio generale nel 553, N. trovossi al 7.0,
Germano all'8.0, Giorgio al conciliabolo
di Foziodopo la morte di s. Ignazio. O-
riens chr. t. r, p. 849.
STEWART. Gran maestro e gran
Contestabile del regno di Scozia e del re-
gno d'Irlanda. Il titolo di Stewart di Sco~
zia (/'.) è proprio dell' erede presuntivo
del regno unito d' Inghilterra (P.)j quel-
lo di Stewart d'Irlanda (^.) appartiene
al conte di Shrewsbwy (F.).
STILlTAo STILLI! A, «ftjrtfto.Ana-
coreta Solitario (/"''.), nome dato ad alcu-
ni i quali passarono una parte della loro
■vita in cima ad una colonna, mirabilmen-
te esercitando la penitenza e la contem-
plazione, allo scoperto e sempre in piedi
senza punto sedere. Questa parola deri-
va dal greqo s/ylos, colonna: i latini dila-
niarono gli stiliti o stilliti, Sancii Cola-
wi/mres. DiceMagri che tali servi diDio vis-
sero miracolosamente per lungo spazio di
tempo su qualche colonua; e che quella
di s. Simeone ("/^denominato Stilila, a-
■vea in cima un piano quadro di due cu-
lliti per ogni lato, ergendosi d'intorno un
riparo alto fino alla cinta, o balaustrata,
con una portìcella per potere uscir fuori,
ed una scala di legno per scendere. Il det-
to santo fu pur chiamato donila, dalla
■voce greca colonna, onde in un borgo di
Costantinopoli certo luogo si nominò E
xocionìum, il quale vocabolo fu malamen-
te interpretato di sci colonne, perchè pro-
priamente significa colonnato di fu ora ,
dove sopra molle colonne era collocata
la statua di Costantino I; e perchè gli a-
riani si congregavano in quel luogo a far
le loro conventicole, furono appellati E-
xocionitae. L'istituto degli stilili era o-
norato nella chiesa orientale, per vivere
santamente moltissimi anni sopra colon-
S T I
ne, e perciò isolati e in situazione eleva-
ta e ristretta. La storia ecclesiastica fa men-
zione di molli stilili, e fra questi alcuni
clin viveano nel li secolo dell'era cristia-
na. Il più celebre di tutti però fu s. Si-
meone monaco siriaco del 4 J<),del qua-
le si narra che stette talvolta un anno in-
tero ritto sopra un sol piede: si ha di Fe-
derico G. Lautensacci, Dissertano de Sy-
meone S/ylita, Witembergae 1 700. Vi fu
altro s. Simeone [V.) detto Stilila e il Gio-
vanede\ 592, che visse pure in Siria. Gli
stiliti ivi continuarono sino al secolo XII;
se ne trovano anche tracce in Mesopota-
mia verso il VI secolo. Mg.r Majelli ar-
civescovo d'£mesa,che compose una dis-
sertazione sugli stiliti, e l'inserì nell'ope-
ra delp.Assemani intitolata, Ada sanctO'
rum mar ty rum orienlaliwn ci occiden-
talìum, Romaei^^, piova che dopo S.
Simeone v'ebbero sempre degli stiliti in
oriente sino all'impero de'saraceni e dei
turchi. La rigidezza dell'aria renderebbe
impossibile questa maniera di vita agli oc-
cidentali, nondimeno s. Gregorio diTours
lib. 8, e. 1 5, parla di Vulfilaico che visse
qualche tempo sopra una colonna nelle
vicinanze di T reveri. Egli era lombardo
e stato discepolo di s. Yrier abbate nel
Limosino. Vulfilaico indusse il popolodei
villaggi vicini a rinunziare al culto degl'i-
doli e ad atterrare la grande statua di Dia-
na d'Ardenna, ivi onorata sino dall'im-
pero di Domiziano. Avendogli il suo ve-
scovo ordinato d'abbandonar quel teno-
re di vita troppo austero, Vulfilaico ub-
bidì all'istante e rilirossi in un monaste-
ro: egli fu detto il solo Salita d'Occiden-
te. L'Adami nelle Ricerche del Carcere
Tulliano, a p.i 35, pai laudo degli stiliti,
dice che fiorirono assai in Egitto; ed il p.
Menochio narra di loro cose prodigiose,
Stitorecent. 1 o, cap. 3 1 : Dell'ammirabile
maniera di vita de' monaci stilili.
STIMàTBoSTIMMATEj#igiMtf&T.
Le cicatrici delle ciuque piaghe di Gesù
Cristo, fatte al suo adorabile Corpo nel-
la sua Passione (y.) e morte, co'ss. Chio-
S T I
di (V.) e colla ss. Lancia (£'.), nelle ma-
ni, ne' piedi, nel costalo. Stimate e Stimi-
te, si dice ancora per qualunque piaga o
cicatrice. Il vescovo Sarnelli, Lettere ec-
clesiastiche, 1. 1 o, Delle Stimmate di va-
rie Sorti, e di a nelle di s. Francesco, ri-
porta quanto in breve qui dirò. Stigma
è parola greca, e vuol dire nota impres-
sa pungendo con qualche cosa acuta nel-
la fronte o in altre membra; e dicesi slig-
matizo, pungo ofar lostesso bollando col
ferro infuocato. Di due maniere era que-
sto stimmatizzare.a perpetua infamia, o a
gloria di nobiltà. Per ignominia erano so-
liti i tiranni stimmatizzare i cristiani,nel-
le persecuzioni della Chiesa. Usanza an-
tica fu stimmatizzare la faccia de Servi
(A^.) Schiavi (P.), come attesta Plinio. I
servi ancora della pena, cioè i condan-
nati, si deformavano colle stimmate, ed
essi chiamavansÌ5e/vis//g7Wdtfz'c/',e talvol-
ta litlerati, alane intesti. Poiché la fac-
cia dell' uomo libero, con somma igno-
minia e supplizio, veniva con ferro caldo
incisa con profondi caratteri, e con note
da non levarsi mai, perchè si riempiva-
no di polvere nera e di altro colore, e sic-
come facevansi pure sulla fronte, si dis-
sero inscriplionesfronlis. E perchè i cri-
stiani erano stimati come servi e infami,
erano in somigliante maniera deformati,
comesi può vedere in PouzioDiacono nel-
la l'ita di s. Cipriano, e nel Martirolo-
gio romano a'22 dicembre, s. Flaviani
prò Christo inscriptiones damnalns. Co-
stantino I nel pacificare la Chiesa e rende-
re pubblico e libero il suo culto, vietò con
legge pena sì barbara; ma Teofilo impe-
ratore eretico iconoclasta, ripristinò tal
pena, e colla medesima notò i ss. Teofa-
ne e Teodoro martiri, comechè adorato-
ri delle ss. Immagini, e stillaudo ancora
da'Ioro volti il sangue li mandò in esilio.
All'incontro presso que'di Tracia era se-
gno di nobiltà aver note scritte sulla fac-
cia, ed anche i daci ed i sarmati erauo so-
liti scriversi note nella fronte, riportando
di tutto le testimonianze Sarnelli. Che le
vol, 1 x\.
STI 33
stimmate fossero insegne de'brittoni, l'at-
testa Tertulliano, DeFirgin. veland. Fu-
rono anche i siri stigmatici, ma non nel
volto, solo nella palma della mano, ov-
vero nella cew\ce,stigniata incidebanl di-
ce Luciano. I gentili ancora si stimma-
tizzavano seri vendo nel loro corpo il nome
dell'idolo e delle divinità che adoravano,
empietà trovata sul corpo di Gioachim
re di Giudea , ad onta che Mosè avesse
proibito questa sorte di stimmate o segni
agl'israeliti. Gli ebrei, secondo la legge e-
rano stimmatizzati colla Circoncisione
(/".), alla qu.de essendo succeduto il bat-
tesimo, e*. Paolo vietando la circoncisio-
ne a'galati novelli cristiani, disse loro: Ego
sligmala DominìJesu in corpore meo por-
to, come suo glorioso soldato, cioè le ci-
catrici come segni de'patimenti delle per*
cossee delle piaghe, cheavea ricevute per
l'amore e la predicazione di Cristo, glo-
riandosi quando si ricordava delle perse-
cuzioni sostenute per la gloria della cro-
ce e per la libertà evangelica. Il concilio
di Lambath chiamò sligmala la corona
clericale. Alcuno del basso popolo in al-
cuni luoghi si fi marche o punture, che
riempie d'inchiostro, e di colore rosso o
turchino, nelle braccia, e restano incan-
cellabili. Anche Cancellieri, nella Disser-
tazione sopra le ss. Simplicia ed Orsa,
parla delle stimmate impresse ne' volti,
dell'inustione ignominiosa delle stimma-
te, come usavasi colla ciurmaglia e cogli
schiavile dell'escoriazione, come tormen-
ti patiti da'ss. Martiri, citando i seguenti
autori che ne trattarono. Teofilo II ay-
naud, De stigmalisnio sacro, et profano,
nel 1. 1 3 di sue Opere. Pottero, De homi-
nibtts stigmate elcauterio nolatis, I. \,Ar-
cheol.Attic. e. 1 o. J. Moebio, Diss. de ho-
minibtis stygmate itisi gnhis^'psme 1 687.
G. Lemejero, Dissert. de nolis, et stigma-
tibns, in Dier.Genial. decad. 1, Zutphao
1696. C. Haseo, Dissert. de stigmate ve-
tenuti, Bremae 1704- G. Agostino Grò-
belio, Observalio exhibens stigmalismon
veterum, lam graecotum, anam Ialino-
3
34 STI
rum, t. io Mise. G. Gottlieb Derlingio,
Commentario de sci vis lilteralis, Halae
17 io: Commenlalio de modo inurendi
}ligmata,\\z\aei']io.G. F. Dresigio, De
ususlìgmalumapudveteres,Lìpsìaeij33.
Stigmatici confessores, an. 257 in Afri-
cac Christ., et an. 3 1 5, t. 2, di Morcelli.
Gotlifredo B. Casseburgio , Dissert. de
sligmalibusservorum,B.eg\ovaon[ei'j3o.
De excorialione apud Persas usila la Pe-
trus Panimus ad lib. 2 Basilio Seleucen-
sis. De Vitae s. Theclae. Inoltre Cancel -
Meri tratta pure della crocefissione, alito
martirio dato a'eoufessori della fede (del
qual supplizio parlai a Croce), ricordan-
do questi scrittoli. G. Schmid, Dissert. de
supplicio CV»m,Jenaei658. J. Moebio,
Dissert, de Crucis sùpplicio, U])s\ae 1 689.
G. L. Goldnero, Dissert. de Cruce, diris-
simo veterani supplicio, Gerae 1 693. Del-
la perforazione delle mani e de'piedi, cita
N. Fontana nell'opera diBartolini, Z>eCn«-
ce: De suspensione de manu, etpede, lin-
eo perforali s. Nelle Dissert. Epist. Biblio-
grafiche^ p. 386diceiidodegl'istruruen-
ti del martirio chiusi ne'sepolcri de'ruar-
liri, de'ferri e de' chiodi co' quali erano
stati confitti diversi de'medesimi, e perciò
tutti stigmatizzali. Ritornando a Sarnel-
li, che nel t. 4, leti. 3?.: Delle sagratissi-
me stimmate del gran patriarca s. Fran-
cesco, dichiara che le sagre stimmate di
s. Francesco d'essisi (/'.) fondatore del
benemerentissimo ordine Francescano
(F.), sono diverse di tutte le altre, poi-
ché peli. °neh 223 meritò di ricevere per
singolare privilegio da Gesìi Crocefisso
sopra il suo corpo l'impressione perma-
nente delle sue cinque piaghe, delle ma-
ni,de'piedi, del costato. Questo spettaco-
lo mise in s. Francesco grandissimo stu-
pore, ed una gioia mista di tristezza riem-
pì il suo cuore. Pertanto restarono aper-
te nel suo corpo le 5 trafitture, e la pia-
ga de! costato particolarmente giltava
spesso sangue vermiglio che bruttava la
sua tonaca, nelle mani e ne'piedi essen-
do rilevale e nere le teste degl'impressi
ST I
chiodi. L' umile s. Francesco usò gran-
dissima Cina per togliere alla conoscenza
degli uomini ciò ch'era meravigliosamen-
te in lui avvenuto S'inviluppava le ma-
ni con lunghe maniche, e cuopriva i pie-
di con lunga tonaca; inoltre porta va cer-
ti calzari falligli da s. Chiara e con tanta
industria, che la superiore parte copri-
va il cappello dell'impressione de'chiodi
de'suoi piedi, e la inferiore, innalzandosi
alquanto le punte, perciò non gl'impedi-
vano di camminare. Malgrado tante pre-
cauzioni, molte persone videro, ancor vi-
vo il santo, le piaghe miracolose impres-
se sopra il suo corpo, i chi odi di carne nel-
le mani e ne'piedi, come pure il lato aper-
to, e ne aveano anco toccate le piaghe; e
moltissime sono le certissime testimonian-
ze,che dopo la beata sua morteegualmen-
te molti ammirarono, baciarono e tocca-
rono le sante e prodigiose piaghe. Già io
nel voi. XXVI, p. 64 e seg., narrai il ri-
cevimento portentoso delle stimmate di
s. Francesco, e come poco dopo la sua mor-
te le certificarono Gregorio IX, il quale
pubblicò contro alcuni boemi che invoca-
vano in dubbio il fatto, e il vescovo d'Ol-
mutzche negava doversi dipingere il san-
to colle sagre stimmate, una ietterà apo-
stolica in cui riprendendoli attesta la ve-
rità del miracolo, sulla conoscenza e inti-
mità personale ch'egli ne avea e su quel-
la che ne aveano parecchi cardinali; Ales-
sandro IV, che dichiarò in un sermone di
aver veduto egli stesso le stimmate sul cor-
po del santo ancor vivente, e l'udì e già
l'avea appreso da Gregorio IX, il dottore
e cardinale s. Bonaventura che ne scrisse
la vi ta,e prescrisse di celebrarne la memo-
ria; Nicolò 111 e Nicolò lV,che conferma-
rono il decreto di Alessandro IV; Bene-
detto XI, eh e proponendosi d'eccitare nei
cuori un piùardenteainoreper GesùCro-
cefisso, istituì la festa di commemorazio-
ne con officio proprio in onore delle stim-
mate di s. Francesco, con solenne rito (nel
1 3 >4 circa in Assisi con islupore osservò
ie sagre stimmate ancor vive e fresche, il
S T I
celeberrimo cardinal Al borito/, esclaman-
do che il solo s. Francesco basta a confer-
mare la religione di Cristo; e nel secolo se-
guente pure le venerò il valoroso Fran-
cesco Sforza, stupefatto dal fragranteodo-
re e in vedere palpabile il corpo, con l'im-
pressione alle mani e a' piedi di chiodi neri
e rilevali, e la piaga del costato sembrare
una rosa vermiglia);Nicolò V,che vide coi
propri occhi e in compagnia d' altri nel
i44q il corpo del santo e le sue stim ina
te, e la ferita del costato colorita di san-
gue; e il simile Sisto I V. che nel i 4 ^"8 toc-
cò colle proprie mani e baciò, e ite estese
la fesla (Galeotto Betocchi personaggio
d'Assisi, per ultimo venerò a' i 8 novem-
bre i Sfoq il sagro corpo che ancor pareva
vivo, con occhi aperti e le piaghe belle:
di Sisto V si vogliono le paiole, che del-
la commemorazione delle sagre Stimma-
te si leggono nel Martirologio), difenden-
dole come dirò siccome singolari; Paolo
V, che la rese universale a tutta la Chiesa
a' i 7 settembre; e Clemente XI V, che dal
rito semidoppio minore l'elevò al doppio,
uflizioe messa. Dissi dove si veDeraoo am-
polle di saligne uscito dalle stimmate, co-
me dall' A rcicon fraternità dille sagre
Stimmate (^'.),iu uno a molle altre noti-
zie. Vedasi il p. Flaminio da Lalera, / e-
ntas impressionis ss. Sligmatum in cor-
poreseraphicis. Francisci, RomaeiySG.
Il bealo corpo con autorizzazione di Pio
VII fu ritrovato a'7 novembre 18 1 8 nel
i.° tempio della basilica di s. Francesco
d'Assisi, ma in ischeletro, ed alcune parti
rivestile di particelle rilucenti e cristaliz-
zate, le quali cristallizzazioni furono giu-
dicate calcaree e prodotte dall'umido, che
può essere penetrato dal monte nell'ur-
na; quindi Pio VII col breve Assisiensem
basilica m, de' 5settembrei8 20, Bull. Rorn.
coni. 1. 15, p. 32i, dichiarò solennemen-
te, che il corpo trovato solto l'aliare mag-
giore della basilica patriarcale d'Assisi dei
Dimori conventuali è veramente il corpo
dei p. s. Francesco fondatore dell'ordine
de'minori, ed essere certa 1' identità. Su
STI
questo ritrovamento posseggo le seguenti
opere. De invento corpore divi Francisci
ordinis minorimi parenlis, RomaeiS 1 9
Senlcnliae clictae a procuraloribus gene-
ralibnsfamiliarumFranciscalium in cau-
sa inventi corporis s. Francisci ord. mi-
nor. parenlis, annotaliones subjecilFran-
ciscus Guadagnila awoc, RomaeiSao.
Notizie sull'invenzione e verificazione del
sacro corpo di s. Francesco d'Assisi ai
1 2 dicembre 1818 sotto l'altare maggio-
re della patriarcale d ' Assisi,R.OU)a t8 2 0 .
Descrizione ragionata della sagrosanla
patriarcale basilica e cappella papale
(di cui ho pure: Caeremoniale Benedicti
XI F, Piomaei 7 54) dì s. Francesco d' . ■!■>■
sisi, nella (piale recentemente si è rilro'
vaio il sepolcro e il corpo di sì gran san-
to, e delle, pitture e sculture di cui va or-
nato il medesimo tempio, umiliala alla S.
diN.S. P. Pio VlIdalVavv. Carlo Fea
commissario delle antichità, Roma 1820
con rami. Antonio M.a Latini, Orazione
pel ritrovamento della sagra spoglia del
serafico p. s. Francesco d' Assisi, Homi
182 1.
Ne'secoli appresso Gesù Cristo si degnò
i in primere le sagre stim mate a4 san te mo-
nache, di cui vado a tenere proposito, 3
delle quali domenicane. Narrano Riualdi
all'annoi 34o,n.79,eSarnelli,che in quel-
l'anno s. Gertrude vergine che dimorava
in un monastero situato nella terra Delfe-
se,mentre meditava con divotocuorei mi-
steri della passione di Gesù Cristo, s'acce-
se per modo dell'amor divino, che fu fat-
ta degna di ricevere a somiglianza di lui
le stimmate, come riferisce Giovanni di
Leida carmelitano nella Cronaca Belgi-
ca. La2.nsauta che ricevè questo privile-
gio è s. Caterina duSiena domenicana del-
l'ordine de' Predicatori, morta neh38o
in Fvoma, e sepolta nella Chiesa di s. Ma-
riasopraMìnerva (uel quale articolo dis-
si nella cappella del ss. Rosario: ora mi
gode l'animo d'avvertire con di vota com-
piacenza, per le benemerenze della san-
ta colla Sede Apostolica, che pe' gran-
36 S T I
diosi l'istauri che in dello tempio si van-
no ultimando, e de' quali feci parola a
Predicatori ordine, tempio ch'è l'unico
di siile gotico che abbia Roma, che m'i-
struisce il n.°238 del Giornale di Roma
del 1 854. che anco l'altare maggiore si
\aa rinnovare, e sotto in ricca urna sarà
per disposizione de! regnante Pio I X col-
locato il corpo di s. Caterina da Siena, che
al presente giace nell'altare laterale a de-
stra; e che il Papa a' 17 ottobre si recò
a vedere i magnifici lavori eseguili nella
chiesa, esternando la sua alta approva-
zione, eziandio pe'dipinti, che armoniz-
zando collo stile architettonico della me-
desima, coprono la tribuna e le voi te, come
ancora perle moltissime opere fatte a sca-
gliola, e finalmente pel modello della sta-
tua di s. Gio. Battista), di cui riferisce Sar-
neìli si legge utlBreviario Romano ,che in
Pisa comunicata e rapita in estasi, vide
il Signore Crocefisso, che a lei veniva cou
gran lume, e che dalle sue piaghe discen-
devano 5 raggi a 5 luoghi del suo corpo,ed
ella accortasi del mistero pregò il Signo-
re, che le cicatrici non apparissero; e cos\
avvenne perchè nella santa umiltà per-
severasse. 11 Novaes nella Storia de' Pon-
tefici viporla laquestione delle sagre stim-
mate, che compendiata riprodurrò. Sisto
IV osservandola calda disputa e forte con-
troversia eccitala fra i domenicani e fran-
cescani sulle stimmate, che i primi affer-
mavano, e negavano i secondi sostenen-
do che il Redentore soltanto le concesse
a s. Francesco, il Papa con bolla del 1 472
(presso il Castellini, De Inquis. miracu-
lor. iti App. de stìgmalib. s. Cathar., p.
225), vietò sotto pena di scomunica, al
solo Papa riservata, di predicare o dire,
che s. Caterina fòsse dalle sagre stimma-
te insignita, e di dipingerne con esse l'im-
magine (rileva il [). Beuofìì, Storia mino-
ritìca, p. 200, aver dichiarato Sisto IV,
chePiolI nella bolla 3J isericordias Domi-
R^de'ag aprile 1 461, Bull. Rorn. t. 3, p.
j o5, della canonizzazione dellasanta, non
fa alcuna menzione delle ricevute stim-
S T I
male, e però sotto pena di censure coman-
dò di desistere dal pubblicarle dal pulpi-
to, e dipingerle nelle di lei immagini, e di
cancellare le dipinte, fintantoché non ve-
nissero approvate dalla s. Sede). Un'altra
bolla pubblicò nel \^r]5, nella quale Sisto
IV impose a'contumaci pene maggiori, di-
chiarando insieme, che di niun altro san-
to, fuori di s. Francesco, si potesse pre-
dica re di avere ricevuto le stimma le, e che
la sola immagine di questo si potesse con
esse dipingere e scolpire, giacché di esso
solo si era ciò concesso dalla s. Sede. Es-
sendo poi supplicato dal p. Leonardo da
Perugia generale dei domenicani , a so-
spendere tali pene sino al capitolo gene-
rale che si dovea tener a Perugia, Sisto
IV le sospese col breve, Tuis in liac, dei
5 febbraio 1476, Bull. Ord. Praedicat.
t. 3, p. 596, e diretto al generale raede-
siniOjOrdinandonel tempo stesso,che l'im-
magini di s. Caterina dipinta colle stim-
mate non si potessero esporre al pubbli-
co. Ricorsero quindi i domenicani al suc-
cessore Innocenzo VI II, il quale col bre-
ve Cuin dudum, de' 16 luglio 1490, Bull.
Ord. Praedicat. t. 4, p- 66, diretto al p.
Gioacchino Turriani generale de'dome-
nicani, lasciò in vigore l'altro di Sisto IV,
perciò che riguarda il dipingere di nuovo
le im magi ni della san taccile stimma te;tna
nello stesso tempo comandò, che si potes-
sero conservare le già fatte con tali segni,
acciocché i fedeli col vederli togliere non
credessero che i domenicani gli avessero
voluti ingannare (il p.Benofiì con venendo
che Iunocenzo VIII moderò il divieto e
lasciò intatte le 5 cicatrici all'immagini
preesistenti di s. Caterina, aggiunge che i!
successore Alessandro VI spiegò, che le
stimmate della santa non si pingessero coi
colori rossi e di sangue, ma con segni do-
rati e lucidi, per ispiegare l'interno dolo-
re palilo dalla medesima). Frattanto i do-
menicani con diverse scritture sostenne-
ro le stimmate di s. Caterina, come il p.
Anlis, Disputano prò s. Catherinae Se-
nensis imaginibus, Valentiae 1 597 (poi
ST l
ÀntuerpiaeiGi i), eli 'è traduzione dallo
spagnuolo, nella cui lingua l'avea pubbli-
cata nel 1 583inValenza eBarcellona. Tor-
nata dunque in vita la controversia tra i
domenicani e francescani, vedendo Cle-
mente Vili che molti domenicani con
Martino de Prado, Opime, de stigmalibus
s. Catherinae quaest., dicevano permesse
le stimmate di s. Caterina da s. Fio V, fe-
ce esaminare la dispula alla congregazio-
ne de' riti, indi colla bolla Cum siati, dei
27 novembre 1399, Bull. Orci. Praed. t.
5, p. 66, diretta a tutti i vescovi, impo-
se su ciò silenzio a francescani e domeni-
cani, sempre più impegnati in questa li-
te, (incile la controversia non fosse decisa
da detta s. congregazione. Nondimeno se-
guitarono molti scrittori a sostenere le
stimmate di s. Caterina, e lo narra Lam-
berlini, De Canon, ss. lib. 4> Pai'- 2> caP-
8,n.°7, come fece il p. Gregorio Lombar-
delli, De veritate stigmalum s. Calheri-
ìiaeScnensis,ed il Sommario della dispu-
ta delle stimmate di s. Caterina di Sie-
na, i vii 601. Finalmente Urbano Vili ai
1 Gfebbraio 1 63o tolse la controversia, af-
fermando che s. Caterina in Pisa avea ri-
cevuto le stimmate dal Crocefisso Signo-
re, nella 5.a lezione che compose per l'uf-
fizio della santa e introdusse nel brevia-
rio romano a'3o aprile. Laonde France-
sco Buoni esegui pubblicò nel 1 6\o inSie-
na: // trionfo delle, stimmate di s. Cate-
rina da Siena. Dipoi Benedetto XI II ai
18 giugnoi 727 concesse che nel [."apri-
le tutto l'ordine de'predicdtori potesse far
l'uffizio di queste sagre stimmate, le qua-
li si dovessero ancora inserire nel 2.0 not-
turno dell'uffizio della santa. Dell'uffizio
delle stimmate accordò inoltre a'22-set-
teuibre l'estensione alla diocesi di Sieua,
e poi a'2 5 settembre 1 728 a quella di Pi-
sa. Il p. Benolli dice col rito doppio l'uf-
fìzio e messa, a tutto il clero e stati di To-
scana, dell'impressione delle sagre stim-
mate nel corpo di s. Caterina da Siena,
che il Bercastel, Scoria del cristianesi-
mo 1. 18, § 292, chiama favore tutto ce-
STI 37
leste, ed uno de'più straordinari nell'or-
dine slesso delle cose soprannaturali. La
3." a ricevere questo segnalato privilegio,
fu la b. Lucia da Nami del 3.° ordine di
s.DomenicOjCome riportano Sarnelli eRi-
naldi all'anno i5oo, n.°58, dicendo che
questa vergine risplendè in Italia illustre
per sanlilà, la quale ebbe a somiglianza
di Cristo le stimmate, affermandolo Tri-
temio nella Cronaca, ed Enrico d'Insti-
tore nel Trattalo contro Pokard.ove pro-
va la verità della fede cattolica conferma-
ta con molti miracoli, e testifica d'averle
vedule e palpate mentre era inquisitore, e
lo stesso asserì con pubbliche lettere Er-
cole II duca di Ferrara, ove morì nel mo-
nastero da lei fondato, a'i5 novembre
i 5 \ \. Osserva Sarnelli, che però ninno
spiega se le stimmate furono sole cicatri-
ci o vi erano anche i chiodi, che stima
privilegiosingolaredis. Francesco Si può
vedere il suddetto gesuita p.Raynaud, Z?e
sligmatismo sacro, che ne tratta. Leggo
in Novaes, e come già accennai a Narm,
che la b. Lucia ricevè da Cristo le sagre
sti minate meditandone la passione, nelle
mani,ne'piedi,nel costa to,e che le riconob-
be Clemente XI col breve Ex injuncto,
de'2ti marzo 1710, Bull. /Ioni. 1. 1 o, pai*.
1, p. 23 1, approvandone il culto imme-
morabile,e si può vedere Lamberlini, De
Canon, ss. lib. 2, cap. i\, n.°i t r. Pub-
blicando poi nel novembre 1738 i dome-
nicani del couvento di Palma nel regno
di Majorca certe conclusioni dedicate al-
lah. Lucia colla sua immagine e le s. stim-
mate, i francescani di quella città preten-
dendo che per la bolla di Sisto IV era vie-
tato stampare o dipingere immagini san-
te colle sti in mate,tranne quella di s. Fran-
cesco, ricorsero al vescovo di Palma per-
chè sospendesse le conclusioni, ed egli lo
fece con decreto del 1 5novembre sotto pe-
na di scomunica a tenore dell'assetta bol-
la. I domenicani si appellaronoalla s. Se-
de, onde commessa la controversia alla
congregazione de'rili, fi da questa deci-
so con decreto de'2 3 gennaio 1 7 4°>pi'e>so
38 STI
Lambertini n.ci i4,chela b. Lucia si po-
teva pubblica mente espone culle sii rama-
te patenti e visibili. Divenuto Lamberti-
ni benedetto XIV,a'22 settembre 1742
levale le seconde lezioni del comune del-
le Vergini, asseguato colla messa alla bea-
ta da benedetto XIII neh 729 perle dio-
cesi di Ferrara, Narui e Viterbo, ne ap-
provò le proprie, nelle quali si fa memo-
ria delle stimmate di sangue ricevute da
Gesù Cristo in Viterbo, dove erasi fatta
monaca nel monastero di s. Tommaso ,
colle quali veramente si vide in Ferra-
ra nei 1 7 1 o, quando ne fu trovalo incor-
rotto il corpo per recidergli una gamba
per Narni sua patria. Finalmente la 4-a
santa che ricevè le sa«re stimmate ès.Ca-
o
terina Ricci fìorentina,che nel 1 535 vestì
l'abito del 3.° ordine de' predicatori nel
monasierodi s. Vincenzo in Pialo, in cui
d'anni i5 fu falla priora, e di 68 morì ai
2 febbraio i5go, dopo aver ricevuto in
vita le sagre stim mate daCristo,e nel volto
l'immagine dello stesso balvatore, come
apprendo da Novaes, che riporta gli scrit-
tori di sua vita. Clemente XII solenne-
mente la beatificò nel 1732 colla bolla
In Apostolicae,<\e\ 1 ."ottobre, Bull. Boni.
t. 1 3, p. 3o 1 , concedendo l'uffizio e messa
per Firenze ove nacque, per Prato ov'è
il corpo, e per l'ordine domenicano; ap-
provando poi le lezioni proprie del 2.0
notturno, nelle quali si fa memoria d'a-
ver ricevuto da Gesù Cristo l'anello del ■
ìoSposalizio, e le sagre stimmate visibili.
Benedetto XI V a'29 giugno 1 746 solen-
nemente la canonizzò colla bolla Ad mi-
piialejpvesso il suo Bull. t. 2, p. i o4-Cle-
mente XIII estese l'uffizio e messa ai ge-
suiti con rito doppio, ed alle monache di
Prato aggiunse alla 3.'1 lezione del 2. Not-
turno la memoria della traslazione nella
cappella del monastero a'2 5 ottobre 1766,
e di farne dire la messa.
STIMMA TE DI S. FRANCESCO. V.
Stimate.
STI RI A. Paese della parte ceti tra le del-
l'impero d'Austria con titolo di ducato,
S T I
confinante coll'arciducato di Austria, la
Ungheria, la Croazia civile, e l'Illiria. La
parte settentrionale è coperta dalle Alpi
Noriche, la centrale dalle Alpi Stirie, e
la meridionale da un ramo delle Alpi Car-
me. La Stiria in generale è un paese mon-
tuosissimo, né visi trovano quasi pianu-
re ; le massime valli stanno nella parte
centrale alle falde delle Alpi Stirie. Ap-
partiene al bacino delDanubio, innaffiala
dalla Tra un e dall'Ens, dalla Muhr,dal-
la Raab, dalla Drava e dalla Sava. Vi
sono una moltitudine di laghetti, fra'qua-
li l'Alien Aussee,ilGrundel-See, il Wild-
See. Salubre n'è il clima che le monta-
gne rendono alquanto freddo,nel lato me-
ridionale essendo più dolce. Le produ-
zioni vegetali bastano a'bisogni del paese,
per l'abbondanza de'cereali. Danno gli
stiriani una cura particolare a' piati, sì
naturali che artifiziali, essendo l'educa-
zione del bestiame un ramo importante
della loro economia rurale, preferendosi
all'agricoltura, nondimeno è molto sce%
mata dall'ultimo secolo in poi. I fiumi e
i laghi abbondano di pesci squisiti, e la
pesca alirneuta un traffico attivo, tanto
nell'in terno come col l'estero. Ricchissima
è la Stiria di minerali; vi si trovano la-
vatoi d' oro sulla Drava e sulla Muhr ;
vi hanno miniere di rame, di piombo, di
ferro, di zolfo, di zinco e di cobalto. Lo
scavo delle miniere di ferro è il più im-
portante. Abbondanti sono le saline vi-
cine ad Aussee. Havvi pure cave di mar-
mo, di pietra da macina, di carbon fos-
sile. Numerose sono le sorgenti minerali.
11 lavoro de'metalli è il solo ramo impor-
tante dell'industria. Le falci di Stiria so-
no note a tutta Europa, e si contano circa
36 manifatture. Importante è pure l'e-
sportazione del bestiame, ed attivo è il
commercio di transito. La popolazione su-
pera il 00,000 abitanti, tedeschi, slavi o
vendi, italiani, francesi, ungheresi, ec. La
religione cattolica è quasi la sola prati-
cala nel paese, ed i cattolici dipendono
da'vescovati di Stcovia (con residenza a
S T O
Gratz,di cui parlai a quell'articolo), Leo-
ben, e La\'ant[Pr.). L'istruzione pubblica
possiede un liceo, una scuola filosofica,
una scuola normale, 4 ginnasi e altri sta-
b Irnienti. Ha la Stiria gli stati provincia-
li, che compongonsi eli tre ordini : i si-
gnori, i cavalieri, le città e borghi. Il du-
cato ha per capitaleGratz, ed è diviso in 5
circoli: Bruck e Indenburg formanti l'Al-
ia Stiria; Cilly, Gratz e Marburg, che
compongono la bassa Stiria. La Stiria di-
pende dalla corte d'appello di Klangen-
lurt, ed è Gratz la sede d'una direzione
di polizia. Ora va a darsi una nuova or-
ganizzazione amministrativo- giudiziaria
del ducato, che verrà diviso in 3 circoli
colla sede delle autorità in Gratz, Mar-
burg eBruck; la capitale prò vincialeGratz
resterà subordinata immediatamente al-
la luogotenenza: verranno erette corti di
i.a istanza in Gratz, Cilly e Leoben. La
Stiria che trovasi sotto lo stesso coman-
do generale militare dell'Illiria, possiede
a Pettau la più importante casa d'inva-
lidi di tutta la monarchia. La parte o-
rienlale di questo paese era anticamente
compresa nella Pannonia j la parte oc-
cidentale nella JYorica, ch'ebbe Cilly a
metropoli sotto l'impero romano. Sono
questi gli antichi norici, lodati per ospi
tali tà e sincerità. Dopo la dominazione
romana, vennerogli avari ad abitare l'Al-
ta Stiria, i vendi o venedi si stabilirono
nella Bassa, che più tardi assunse il no-
me di Weudisch inark. Carlo Magno vi
stabilì un margraviato ; essendovi stata
riunita la contea di Steyer nell'Alta Au-
stria, fu dato a tutta la contrada il no-
me di Steyermark,che in italiauo si disse
Stiria. Ottocaro VI acquistò neh 181ÌI
titolo di duca , e morto senza figli ma-
schi, il suo ducato passò neh 192 a Leo-
poldo V duca d' Austria (LT.); altri di-
cono la sola parte boreale, e neh 483 la
meridionale vennedefinitivamente unita
all'Austria per patto di successione.
STOBI. Sede vescovile della 2.a Ma-
cedonia, nell'esarcato del suo nome,nella
S T O 3 9
diocesi dell'Illiria orientale, eretta nel 1 V
secolo. Ebbe per vescovi Bunio che nel
3a5 assistè al concilio Niceno, Nicola a
quello di Calcedonia, Giovanni al VI con-
cilio generale, Margarite sottoscrìsse i ca-
noni in Trullo. Oriens dir. t. 2, p. ySt
STOCCO e 13ERBETTONE DUCA-
LE, Gladium et Pileum, Ensis et Gale-
1 us. Spada e cappello ducale,che si bene
dicono solennemente dal Papa nella not-
te del s. Natale, e poi si donano a so-
vrani e prìncipi, od a valorosi e gl'anca*
pitani cattolici, benemeriti della Chiesa,
e talvolta per eccitarli a proteggerla; si
donarono inoltre per segnalate vittorie
riportale da loro, contro gl'infedeli, gli
eretici, ed altri nemici della chiesa cat-
tolica, ovvero che doveano affrontarli e
combatterli per la difesa della fede. Que-
sto antico uso successe a quello più an-
tico d'inviare o consegnare lo Stendar-
do di s. Pietro (I.), decorato della sua
immagine e delle Chiavi pontifìcie (^'-),
a' Sovrani (/~.ì, per obbligarli a difende-
re il civile e l'ecclesiastico della s. Sede,
od allorquando stavano per intrapren-
dere qualche spedizione contro i nemici
della Chiesa. E un insigne, distinto e de-
coroso donativo pontifìcio, e la più alt.»
ricompensa cattolica che possa desiderare
un guerriero di voto e amico della religio-
ne^ un tempo fu proprio degl'imperato-
ri setrovavansi inKoma e presenti alla sa-
gra funzione della notte del s. Natale, ed
anche de're se presenti ad essa. Nel con-
ferirlo Sisto IV, oltreché lo disse antica
consuetudine, usò leseguenti parole.» Aos
ergo volentes (ut justum est) approba-
las ss. Patnun consuetudines observare,
statuimus le Principerei Calholicum,san-
ctaeque Sedis a Deo utruinque gladium
habentis filium devotissimum } hoc no-
stro praeclaro munere insignire; nec non
et hoc pileOjin signum muniminis, et de-
lèusiouis ad versus inimicosfidei,ets. Bo-
manae Ecclesiae, protegere. Firmetur i-
gitur mauus tua con tra hostes s. Sedis,
acChristi nominis, et exaltetur deitera
4o S T O
lua, cos veluli ipsius assiduus, ìntrepi-
dusque propugnalo!', de lena dolendo;
et érmetur caput tuum Spiritus Sancii
per Columbam figurali protectione, ad-
versus eos, in quos Dei j ustitia, atque ju-
dicium prò s. Romana Ecclesia, et Apo-
stolica Sede praeparatur;quod libi prae-
stare dignetur idem Dei Filius, qui cum
Patre, et Spirita sancto vivii, et regnai
Deus, per infinita saecula saeculorum. A-
nien". Lo stocco è una spada ricca e or-
nala, con pomo d'oro sull'elsa, e suo no-
bile fodero e corrispondente cintura, il
berrettone ducale è foderato di velluto
in seta di color cremisi, decorato di pelli
d'armellino e di perle, cinto di cordone
e guarnito di ricami d'oro. Fra questi ri-
canai è nel mezzo una colomba, simbolo
dello Spirito santo, formata dì perle o ri-
camata in argento. Dell'uno e dell'altro
si donarono di diverse forme, più o meno
abbelliti e ricchi. Neil' Optra omnia di
mg.1' Rocca, sagrista pontificio, stampata
&ollo Clemente XI, nel 1. 1 ,p.?.07,si tratta:
« Aurea Rosa, Ensis et Pileum quae re-
gibus et magnatibus a sommo Pontifice
benedicla in donum mittuntur. " Si ri-
porta il disegno della Rosa d'oro (I7-),
e dello Stocco e Berrettone, benedetti e
donati da Clemente XI. La rosa d' oro
ha nel basamento il suo pontificio stem-
ma, il quale forma il porno dell'elsa del-
la spada, tutto di elegante lavoro. Il ber-
rettone partecipa della forma d'un elmo
ron larghe falde e code ricama le,nelle cui
estremità sono ripetuti gli stemmi di Cle-
mente XI, e pelli d'armellino pendenti.
Lo stocco e il berrettone si conservano nel-
la Sagrestia pontificia, e se non sono do-
nati ogni annosi rinnova la loro benedi-
zione rituale. Poiché questa dimostrazio-
ne onorifica, di speciale apostolica bene-
volenza, viene santificata dal rito anti-
chissimo col quale si benedice, con signi-
ficazioni di gran misteri, il quale rito si
riporta nel Sacraruni cerimonia runt s.
r. Ecclesia, composto da Agostino Pa-
trizi Piccolomini vescovo di Pienza : De
S T O
Ense in norie Nalivitatis Domini dando
etbenedicendoj non che nel Caeremonia-
le Rom amivi 1. 1 , § 7, colla forinola della
benedizione. Il Ricci, De' Giubilei univer-
sali, p. 1 5o e seg., riporta il ceremoniale
con nuova forma usalo da Urbano Vili
quando in Roma li consegnò al figlio del
redi Polonia. Il Papa prima recitò que-
sta orazione. » Omnipolens sempiterne
Deus, praelianlium fortitudo, et trium-
phantiumgloria,dilectumhuncfilium no-
strum Vladislaum coronalum scuto bo-
nae voluntatis tuae armare digneris ga-
lea salutis,et diadema perfecti decoris ini-
ponesuper caput ejus, utsaevientibus pe-
ricolisi se in medio umbrae mentis obijee-
re possit iucolumis ad tulelam fideliutn
populorum,etgloriamDomiui nosti'iJesu
Christi, Qui teeum,elc." Poscia nell'alto
di consegnare il berrettone ducale, pro-
nunziò questa formola. » Accipe, dilectis-
siine fili noster, pileum hunc, aureis Spi-
ritus sancii radiis micantem, ubi canden-
tes uniones non rapacis aquilae crudeli-
tatem, sed pacificae columbae iunocen-
tiam effingunt. Cogitare enin» debes bel-
la, lutu demum jusla esse cum non u-
surpandi imperii,autopum rapiendarum
cupidine geruntur, sed suscipiuntur Spi-
ritus sancto admoiieute ad propaganda ni
(idem, et ad stabiiendam pacem , quae
relieta principibus terrae fui t haereditas
Christi incoelum redeuntis.Qui vivit,ec."
Indi lesse questa orazione. » Omnipotens
bellator, qui tenibilis es apud reges ter-
rae, et dooes praelianlium digitos ad bel-
lum, dileclum hunefilium nostrum Vla-
dislaum praecinge gladio ilio ancipiti, qui
profligat legionis inferni, et militet cu in
eoorbis terrarum ad versus insensatos, ut
molas leonum conterai, et dentes pecca-
torum confringat, et in splendore fulgu-
rantis haslae tuae barbarasnationessub-
dat Domino nostro Jesu Christo. Qui te-
cum, etc. " Nel daigli poi lo stocco, disse
la seguente formola. » Accipe, dilectissi-
me fili noster Vladislae, mucrouem Do-
mini, et gladium salutismi fiat in dexte-
STO STO \i
r.i virtutis tuae innocenlium tutela, et ragione e gli ordini di chi gliela diede,
impiorum flagellnm, et ad gloriara Dei ch'è Dio capo e Signore di tutti. Aggiun-
omnipotentis et s. Ma tris Ecclesiae illu* gè Ricci, che l'ornamento accennato del
cescant coruscationesejusorbi lerrae. Ac- cappello, cioè il candore delle perle, e la
cingat te gladio suo super foemur tuum figura della colomba, dichiarano quale
potentissimus, qui superbis resisti t, hu- debba essere il capo e la mente del prin-
milibusautem gratiam dat, tuautem ere- cipe. Sul capo sagrosanto del Salvatore
bris victoriis cole Deum exercituurn, et si dimostrò lo Spirito santo, dal che de-
ullionum Dominum. In nomine Pati is, vono intendere i principi, a'quali questo
et Filii, et Spirilus saneli. Amen. " Dipoi dono singolare si manda, che devono a-
riporterò altri riti ed altre forinole, di doprar la spada, non secondo il dettame
quelli cioè che ne fecero la consegna in dello spirito umano soggetto all'ira, ai-
nome del Papa. Parlando poi il Ricci dei l'ambizione e all' avarizia, ma dello spi-
ni ohi misteri e simboli che comprendo- rito di chi mentre visse tra noi fu più can-
no lo stocco e il berrettone ducale, citan- eliclo delle perle medesime, ed a cui chi
do Casalio, De valer. sacr.Clirist. ril. e. serve regna e gioisce. Tutti questi e al-
81, sul tempo in cui sono ambedue be- tri significati si riportano ancora dal Ma*
nedetti, dice che nasce Cristo per trion- gii, Notizia de vocaboli ecclesiastici, ai-
fare dell'infèrno, si accingono nel mede- l'articolo Lectio, e dichiarati dal celebre
Simo tempo i principi della terra ad e- cardinal Polo in una lettera scritta al re
stirpare i suoi nemici viventi, e massime e regina d'Inghilterra, a'quali Giulio III
iti virtù delia podestà pontificia , di cui mandò lo stocco e berrettone, e la rosa
è simbolo questo stocco. La benedizione d'oro benedetti, e riprodotta dal citato
poi fatta nella notte o nel giorno stesso Rocca. Narrano Piazza neìY Effemeride
del Natale di Gesù Cristo, ricorda al prin- l'aticana, e il Mondelli nelle Disserta-
tala che riceve il donativo, eh' egli non zioni, che Giuda .Maccabeo prima di ve-
lia la podestà secolare e \\jus della spada nire a battaglia, vide in sogno il sommo
della giustizia, né da se stesso, né da'suoi sacerdote Onia che pregava a vantaggio
popoli, ma bensì da Cristo re e supremo di lutto il popolo israelitico, e Geremia
monarca, acui come potentissimo fu data profeta che gli porgeva la spada d'oro
la facoltà di cingersene il fianco, colle pa- esortandolo a combattere valorosamente
iole cantale da David nel salmo 44 : de- contro i nemici : » Accipe sanctuoi gla-
cingere gladio tuo super foemur tuum dium munusa Deo, in quo deijcies ad-
potentissiitte, come rilevò Pio li ne'suoi versarios popoli mei Israel; " ilcheav-
Commentarli \\h. 5 e 7. Inoltre il p. Teo- verossi, mentre con questa spada fu vit-
fìlo Ramando, Natale Domini Ponliji- lorioso de'suoi nemici, uccidendo Nicano-
cis gladii, et pilei initiatione solemne, nel re con 3 ^,000 soldati. Dichiara Mondelli,
t.io Operar, p. 53j,dà le seguenti spie- che significa lo stocco l'infinita potenza
gazioni. L'uso della spada si dimostra per del figlio di Dio, che uella notte del suo
il cappello tempestato di perle accomo- nascimento prese carne umana, e al qua-
date in maniera, che rappresentano una le l'eterno suo Padre die ogni potere in
colomba, perchè avendo il principe (se- cielo e in terra, e ch'egli prima di salire
condo la interpretazione dell' Apostolo) al cielo comunicò questo potere a s. Pie-
quasi velata la testa per l'ubbidienza, gli tro e suoi successori, che reggere e diferi-
si dà con la spada il cappello per dimo- dere doveano quella chiesa da lui islitui-
strare, che non altrimenti a suocapric- taecol proprio sangue consagrata. E" duo-
ciò valer si deve della podestà della spa- que la spada certo indizio di quel sovra-
da, ma secondo i regolati dettami della no potere che lasciò Gesù Cristo a s. Pie-
[\i STO
ti o e suoi successori, acciò da lutti fosse
riconosciuto capo ili essa il Papa, e lutti
alni dovessero prestare pronta ubbidien-
za e sommissione. Porta altresì la spada
il simbolo della giustizia e della pruden-
za, tonto necessarie in ogni principe, e fi-
lialmente con nobile mistero alla spada
si aggiunge la cintura intcssuta tutta d'o-
ro e di gemme preziose, per significare
il decoro e la maestà colla quale devono
i principi sostenere le loro funzioni. Già
a Berrettonebe;*edetto, parlai di questo
cappello ducale e dello stocco o spada che
in tulli gli anni benedice il Papa prima
di cominciare gli uffizi, o celebrare o as-
sistere alla messa nella notte del s. Nata-
le, per uso introdotto da Urbano VI nel
1 386, per donarlo a qualche sovrano o
gran capitano benemeriti della religione
cattolica. Descrissi l'uno e l'altro, e che
si espongono nella slessa notte a conni
Ztyj,;*/o/rte dell'aliare della cappella del pa-
lazzo apostolico abitalo dal Papa, ovve-
ro della basilica Liberiana, se in questa
il Papa celebra la funzione, perchè vi si
venerano le reliquie del Presepio (^'.)e
culla, del fienoedelIefasciediGesìiCristo;
ed il simile si fa nella seguente matliua
uella basilica Vaticana nel pontificale. Ri-
levai l'origine del rito, a imitazione del-
la prontezza di Giuda Maccabeo a difesa
del popolo ebreo contro il generale del
re di Siria, colla spada che a lui fu pre-
sentata in visione, e ricordai alcuni au-
tori che ne trattano. Si può di più ve-
dere: Andrea Iperio, Dissertalo de do-
nariis a Judo. Maccabeorum principe o-
limHierosolymam missis,ad n Maccab.
xn, 43, in Miscellanea Duisburgii 1. 1 ,fa-
scic.3, p. 453,Amstelodami e Duisburgii
1 736. Corrado Ikenio, ObservatìodeJu-
da Maccabeo, in ejusdem Symb. liler. t.
1, par. 1, p. 170, Bremaei 744. Nel voi.
IX, p. io 1, i 06, 1 10,1 1 2,1 16, descriven-
do le pontificie funzioni della nottee gior-
no del s. Natale, rimarcai que'Papi che
non essendo vi in ter venuti bened irono pri-
vatamente nella cappella loro domestica
STO
Io stocco e berrettone, come Innocenzo
XIII (neh 722 e 1723, e lo ricavai dai n.
482 e 1000 de Diari di Roma di que-
gli anni, eseguendola prima di celebrare
in privato la messa), e Clemente XII in
tutto il pontificato (per la sua cecità, in-
cominciando dal 1 730, come appresi dal
n.°2 092 del Diario di Roma, e da quelli
dei seguenti anni). Che Clemente XI li
benedì neh 719 (e si legge nel n.° 385
del Diario di Roma) uella matliua e nel-
la basilica Vaticana avanti la messa. Ri-
portai come il Piipa o innanzi al Mattu-
tino (F.), o avanti la messa delia notte,
dopo aver assunto gli abiti sagri sino e
inclusive alla stola, nella Camera de' pa-
ramenti (V.) o Letto de' paramenti (F.)
del palazzo in cui risiede, o nella detta sa-
grestia Liberiana, ricevendo dal cardinal
i.° Prete (F.)} l'incenso che pone nel tu-
ribolo, l'aspersorio, quindi l'iucensiere,
legge l'orazione che riprodussi, e bene-
dice lo stocco e berrettone, che un pre-
Iato Chierico di camera (F.) in cotta e
rocchetto (0 in cappa se il Papa non pon-
tifica nella messa e semplicemente vi as-
siste, ed il simile si pratica in tal caso nel-
la mattina del s. Natale), avendoli presi
da un piccolo tavolino coperto di tova-
glia con due candelieri con candele ac-
cese, sostiene genuflesso la spada per la
sua impugnatura e il berrettone postose-
la punta della medesima, mentre al Papa
sorreggono il libro e la candela due Ve-
scovi assistenti al soglio. Che il chierico
di camera in mezzo a due Mazzieri del
Papa (del rinnovato loro vestiario par-
lai a Spada), precedendo avanti alla cro-
ce pontificia, porta nella cappella o nella
memorata basilica lo stocco con sopravi
il berrettone, e giunto a comu Epistolae
dell'aliare Io consegna ad un mazziere,
che ivi lo sostiene in piedi per tutta la
funzione, ed il chierico di camera gli sta
a fianco, ed a suo tempo va a sedere alla
destra dell' uditore di rota della mitri
quando non sia in tonicella , altrimenti
dall'altro lato si pone. Raccontai quanto
STO STO 43
praticavasi, se in questo rualtuliiio era accompagnamento del ricevente alla sua
presente V Impero lo re (f.),cui spettava abitazione; laonde può dirsi assolutameli-
il donativo, ovvero un Re o altro prin- teche pel donativo dello stocco e berret-
cipe, cui si donavano lo stocco e berret- tone non praticavasi accompagnamento,
tone; a tal uopo per riceverli erano vesti- come pretese Cartari, La Rosa d'oro poti'
ti di cotta, sopra di cui cingevano lo stocco lificia p. 3q. Sul canto di dette lezioni
benedetto; poi assumevano il Piviale (V.) e accennale ceremonie, si può vedere Mar-
bianco, l'imperatore cornei vescovi aper- tene,/9e sacriseccl. rit. e. 12, n.°io. Mo-
to avanti il petto, oltre la stola, gli altri gri nel citato articolo Leclio. Sarnelli,
principi con apertura verso il bracci* de- Leti. eccl. t. G, lelt. 1 7 : Se /' imperatore
slro, e il berrettone in testa, che si levava romano dee avere l'ordine suddiacono.'
e porgeva ad un famigliare o scudiere, le. Gattico, Acla caeremonialia p. ji),
nel cantare la V Lezione (/".), In otto nel quale leggo: » super pluviale cintus
conflietuj udii però l'assumeva l'impe- ense, et capellum in capite, et vadit ad
latore mentre cantava la VII Lezione osculimi pedis Papae aiuolo prius capei-
{V.)t Exiitedictum a Coesore Augusto, lo." Mabillon, Musaeum Italicum, t.r,
come iusegna ducale e pel quale lo so- pars altera p. 256, Descriptio advenlus
steneva un suo scudiere, in mezzo a due FridericillIimperatorisadPaulum Pa-
cardinali diaconi, che se non voleva dir pam li, ove pure si legge la descrizione
tutta la lezione, bastava che la leggesse della funzione del mattutino della notle
sino all'omelia, seguitando a cantare il di Natale, e il donativo a lui fitto dello
resto uno de'cardinali diaconi assistenti, stocco e berrettone, e della VII lezione
Prima però di domandare al Papa la be- cantata dall'imperatore, il quale » su-
uedmoiìv. co\Jube Donine bene(licti({f\), pra togam, qua quotidie Utebatur, in-
tanto l'imperatore die il re o altro prin- dutus lineam tunicato, quam nominili
tipe, collo stocco sfoderato lo vibravano coltam, aliqui superpellicium vocant.
3 volle toccandola terra e altrettante voi- Post haecslolaraaccepitln niorem diaco-
te lo vibravano in aria, insegno di ino- ni super bumerum sinistrum religatam
.strai si pronti alla difesa dell' Evangelo subdextro; sed cura paludamentum de-
(/'.), e nettandolo sopra il braccio sini- inde album i Ili imponerent, aptarentque
sito lo riponevano nel fodero. Appena ter- ejus apertili ani ab Ini mero dextro, ut a-
minato il canto della lezione, l'impera- bis non iniliatis fieri solet, renuit impe-
lore, il re o altro principe si spogliavano rator, aptavilque illud cum apertura an-
del piviale e della cotta, e secondo il ce- te peclus,asserens Caesarem pluvialem et
retnoniale lib.i, cap. 6, p. 36, e il Car- stolam ad morem sacerdotum gesta re o-
penlier. in Benediciti) Ensis p. 1 i5,»dein- portere,atqueita ut in magno Caesareo
ile discendes associatili" in domimi suae sigillo sculptum vidimus, ubi imperator
habilationis a familiaribus, et praelatis in majestale sedens paludamento sacer-
domesticis Papae, et ab oratoribus, et dotali, et subtus stola in crucis modum
nobilibus, qui voluerint illuni honorare. antepectusornatusimprimitur. Cumdia-
Servientesarmorum (i mazzieri del IJa- coni stolam, ut ille dixerat, vellentcom-
pa) praecedunt illum, qui ensem cum ponere, respondit Caesar, non opus esse
pileo ante principem praefert, et in hoc quicquam immutati, quoniam id vide-
actu ipsi debeul haberépraecipuatn stre- retnerao. Gladium vero sacrum quo eum
nam, sicut cursores in rota. " E vero che volebant accingi, non accinxit : sed ar-
pel dono della Rosa d'oro, facendosi in migero suo jussit dari, et pilleum cui-
Homa dal Papa aqualchesovrano o gran dam ex astantibus. Donatur enim et pil-
personaggio, avea luogo un più solenne leum quoddam cum ensem, ut nosti. "
44 sto
Cancellieri, De Secreiariis, ubiritus o-
leu a di a Sacrista P. ìli. prima vespera
ti uocle Naliv. Doni, adslante Impera-
tor, p. 532; non che la Descrizione dei
tre Pontificali, cap. 2 : Benedizione del-
lo stocco, e funzioni fatte da' re per can-
tare il principio della V lezione, e da-
gl'imperatori per cantare il principio del-
ia VII. Ritornando al narrato nel voi.
1 X, dichiarai pure che terminata la messa
della notte del s. Natale, il chierico di ca-
mera riprende lo stocco e il berrettone,
e in mezzo a due mazzieri Io riporta nel-
la camera de'paramenti o nella sagrestia
Liberiana, seguito dalla croce che pre-
cede il Papa. Che nella mattina seguen-
te nella basilica Vaticana, formandosi nel-
la cappella della Pietà la camera de' para-
menti, con improprio vocabolo chiamata
capannone, sopra un tavolino con tova-
glia si pone in mezzo a due caudellieri
con candele accese lo stocco e berretto-
ne benedetti, ed al partirsi della proces-
sione per l'alture papale, il prelato chie-
rico di camera in cotta e rocchetto, o in
cappa se il Papa non pontifica, li prende
e procede in mezzo a due mazzieri pon-
tifìcii, e giunto a corna Epislolae li con-
segna a uno di essi , il quale li sostiene
in piedi per tutta la funzione, essendo-
gli pure in piedi da un iato il chierico
di camera, e quando è tempo di sedere
siede al [."gradino dell'altare a corna E-
vangelii, e se in cappa va a sedere e pren-
de posto tra'prelati del suo collegio. Ter-
minata la funzione, riprende lo stocco e
il berrettone, e in mezzo a due mazzieri
in processione li riporta sul lavolinodonde
gli avea tolti, quindi il Sotto- Sagrista li
r pone nella sagrestia pontificia. All'ar-
ticolo Spada, a Sovranità" e in altri, ri-
marcai molti vescovi sovrani, che cele-
brando i pontificali vestivano qualche ar-
nese militare, e tenevano sull'altare una
spada o altre insegue guerresche, per di-
mostrare che alla podestà spirituale riu-
nivano la principesca. Ivi pure riportai
qu dche esempio di spade magnifiche e
STO
benedette donate da' Papi a' Sovrani e
altri principi, prima che introducessero
il donativo dello stocco e berrettone du-
cale benedetti j la cui primaria origine
deve attribuirsi azionativi delle spade be-
nedette,succeduteal Vessillo dis. Pietro.
La prima traccia forse di questa consue-
tudine sembra trovarsi neh 177 quando
Alessandro III in Venezia donò al doge
di q rella possente repuhblica, Sebastia-
no Ziani, l'anello per sposare l'Adriatico,
la rosa d'oro, la spada con fodero d'oro
per portarla avanti a se nuda ne' dì solenni ,
e poi l' Ombrellino (Ir-), oltre altri pri-
vilegi, per averlo difeso dal persecutore
Federico I imperatore. Narrai a Scozia
I' assemblea adunata dal re Guglielmo,
per fare riconoscere il suo figlio Alessan-
dro II: Papa Innocenzo III vi spedi un
legato apostolico per questa ceremonia,
cui donativo d'una spada con guaina d'o-
ro, arricchita di pietre preziose, ed un
cappello rosso qual distintivo proprio dei
difensori della Chiesa. L'antico Ordine
Iloma/io, nel trattare De armando Ec-
clesiae defensore vel alio milite, riporta
un'orazione, dalla quale, come il Duran-
do (morto nel 1 296) dimostra, apparisce
questa cosi urna nza;e l'ani icocodicePii tua-
ledei cardinal Slefaneschi Gaetani (mor-
to nel i343), contiene il ceremouiale di
consegnare lo stocco d'oro a'principi. Ora
riporterò una serie degli stocchi e berret-
toni benedetti donati da'Papi, colle loro
ruani ope'loro commissari apostolici, che
mi riuscì formare colle mie ricerche, per
que'motivi che accennerò e meglio si po-
tranno apprendere ne'luoghi che citerò
o indicherò; dicendo ancora de'd elegati
a portarli e consegnarli, cioè nunzi e ab-
legati apostolici, che diverse volte furo-
no i camerieri d'ouore di mantellone o
di spada e cappa degli stessiPapi, con alcu-
ni ceremoniali della consegna del singo-
lare douativo e loro varie particolarità.
Per comun consenso il principio o al-
meno lo stabilimento del nobilissimo e
onuiifìcctitissiaio dono poulificio e so-
STO
nano dello Stocco e Berrettone ducale,
benedetti da'Papi nella notte del s. Na-
tale, deve ripetersi da Urbano T~I(I .),
il quale trovandosi in quella del i 386 in
Lucca (/''.), celebrò solennemente la mes-
sa, benedì lo stocco e il berrettone ducale,
e neonorò quella repubblica nella perso-
na del suo gonfaloniere Fortiguerra For-
tiguerri, ebe lo avea assistilo da suddia-
cono, e cantato l'epistola, come afferma-
no Francesco Pagi, Agostino Oldoino, ed
il Zaccaria nelle note al Lunadoro, Re-
lazione della Corte di Roma par. i , cap.
2 3: Della benedizione papa le dclloStocco
guernito d'oro, e del Cappello o Berret-
tone ducale. II 2.0 esempio ebe si cono-
sca e con rituale benedizione, si ha dagli
alti del famoso Sinodo (/*.)di Costanza,
e dal Coeleo, Ilist. Issi/., ne'quali si leg-
ge, che Giovanni XXIII (e non Giovan-
ni XXII come notasi nel n.° 4q del Dia-
rio di Roma del i 8 1 4, dicendo della be-
nedizione ebene fece Pio VII, con alcuni
esempi di siffatti donativi), nella notte del
s. Natalei4'4 benedì lo stocco e il ber-
rettone e li donò all'imperatoreSigismon-
do, il quale nella mattina della solenni-
tà, tenendo il i.° denudato colla destra e
vestito da diacono,cantò Ve\ange\o,Exiit
edictumaCaesareAugusto.Ne\ 1 4«QMar-
tino V li mandò in dono al Del/ino, fi-
glio di Carlo VI redi Francia. Neh 434
Eugenio IV essendosi rifugiato in Firen-
ze, partito da Roma per la ribellione, fe-
ce eguale donativo alla signoria. Leggo
Dell'Ammirato il G\o\ai\e,I storie Fioren-
tine par. i, t. 2, p. i io3. » Il Pontefice
Eugenio IV, essendo venuta la vigilia di
Pasqua (deve dire Natale e lo rilevo dal
contesto), risiedendo egli nella sala gran-
de in s. Maria Novella, in cappella pa-
pale donò alla signoria per segno di glan-
de onore una spada bellissima colla guai-
na d'ariento, e uu cappello di Deverò (cioè
di castoro, per quanto ricavo daDnCangc,
Glossarium, e dall'Alberti, Dictionnaire
francais) coperto di pei le e d'ermellini
pendenti d'ambedue le gote: li quali ri-
STO \~,
cevelte con magnifica pompa per nome
di tutta la signoria il gonfaloniere Mi-
nerbetti. A costui fu commesso per mag-
giormente bonorare la città, ebe dicesse
la V lezione col piviale indosso, stando-
gli dietro i ministri con detta spada, et
cappello. Li quali si ordinò pei per legge
a perpetua memoria di così fatta hono-
ranza, che amenduesi portassero innan-
zi a 'signori quando facevano la loro en-
trata, e così similmente in certe solenni
festività." Apprendo da Novaes, dal Puc-
ci, dal Zaccaria, che Nicolò V ncii45o
mandò in regalo lo stocco e berrettone
ad Alberto d'Austria fiatello dell'impe-
ratore Federico III, che dipoi accompa-
gnò nel i 4 5a in Roma per ricevere la co-
rona imperiale e del regno di Lombar-
dia, nella quale circostanza Nicolò V do-
nò all'imperatrice la Rosa d'oro bene-
detta. Aggiunge il Novaes, e lo dire pu-
re Cancellieri, che inoltre Nicolò V donò
lo stocco e berrettone benedetti al conte
Lodovico Benlivoglio de' signori di Bo-
logna e senatore della città , per mezzo
del celebre cardinal Bessarione legato del •
la medesima, che in tale occasione recitò
una eloquentissima orazione, e ne tratta
il Fanluzzi, Scrittori bolognesi, t. 6, p.
i ig. Abbiamo di Antonio IWorbioli. Re-
lazione dello stocco dato da Nicolò V
al conte Lodovico Benlivogli, Bologna
iGqo. Ciò trovo confermato dall'Armati-
ni, Della famiglia Benlivoglia p. ?.r,
il quale inviò a Candori la figura e re-
lazione dello stocco donato da Nicolò V
a Lodovico Bentivoglio,insieme col breve
pontificio, ove si dichiarano di tanto per-
sonaggio que'merili che lo fecero degno di
un dono con cui non erano consueti iPapi
d'onorare se non i principi e signori gran-
di, come nello stesso breve si legge. Me-
glio imparo dal Combaci, Historie di Bo-
logna p. 3 1 5 e seg., e 327, che eletto Ni-
colò V, il quale vivendo già poveramen-
te in Bologna in casa degli Albergali, avea
contratto molle amicizie nella città, la qua-
le gì' inviò solenne ambasceria the con
46 STO
mollo benigne maniere accettò, e grandi
distinzioni usò con Galeazzo Mariscotti,
investendolo della torre dell'Occeilioo e
facendolo cavaliere aura lo, ibi s'anche ac-
ciò contribuisse a ridurre Bologna al «o-
verno ecclesiastico, che in falli seguì con
capitolazioni, e il cardinal Bessarione fu
mandalo per legato e ricevuto con gran-
di onori, hisorli polenti e ambiziosi ci t-
tadini per tiranneggiare la patria, furo-
no combattuti da Lodovico Dentivoglio e
da altri signori fedeli al Papa, e laeitià
nel i455 spedì a Roma Lodovico a Ni-
colò V, a mitigare le sinistre impressio-
ni che pei fuorusciti avca concepito dei
bolognesi. Lodovico non solo rese alla pa-
tria favorevole Nicolò V, ma fu da lui
creato cavaliere e conte palatino con lut-
ti i discendenti, ed ebbe in dono lo stocco
sagro, solilo solamente concedersi a' re e
ad altri principi; il quale onore gli fu no-
tabilmente accresciuto dall'orazione che
sopra tal soggetto compose il cardinal Bes-
sarione, e pubblicamente recitò nel suo
ritorno dall'ambasceria. Questo stocco,
come onorificenza straordinaria, tuttora
si conserva in Bologna dal senatore conte
Filippo Bentivoglio. Il successore Cali-
sto III, zelante nell'abbatlere la formi-
dabile possanza maomettana, nel 1 4-^7
indusse Enrico IV re di Castiglia e al-
tri a cacciar dalla Spagna i mori, ed aven-
do il re su di essi riportate alcune vitto-
rie, per benemerenza gl'invio lo stocco
e berrettone da lui benedetti co'consueti
riti, e Io rilevo dal Novaes. Notai nel voi.
XLI1, p. 1 0,0 e irji, che Pio II trovan-
dosi neh 4^9 in Mantova, per indurre i
principi cristiani alla guerra crociata con-
tro i turchi, mandò lo stocco e berretto-
ne benedetti a Federico 111 imperatole
(che avea sposato in Siena, e di cui era
stalo segretario e ambasciatore), come-
che tenuto più. degli altri sovrani a di-
fendere la Chiesa dall'oppressione de'ne-
mici del cristianesimo; e ad Alberto mar-
chese di Drandeburgo lo die nella ines-a
dell' Epifania del 1^60 , e lo celebrai a
S T 0
Prussia. Il breve apostolico, Consurvit
Romanus Ponlifex, dei 4 gennaio, col
ipnde Pio II accompagnò il dono all'im-
peratore, si legge nel Guerra, Pontifìcia-
rum Constitutionum Epitome 1. 1. p. 44-3:
De viris ense et pileo a Ponlifìcìbus in-
signiti';. Propugnando Pio II l'abolizione
della Prammatica Sanzione (A\) e per
l'operato da Luigi XI re di Francia, non
che per esortarlo a prender l'armi con-
tro il turco, narra Novaes, che gli man-
dò lo stocco e berrettone da lui benedet-
ti nella notte di Natale! l\C) 1, pel suo scu-
ci i e 1 e e scrittore apostolico Antonio de
Noxeto della diocesi di Limi, co'seguenti
versi composti dal Papa, e riportati dal
Ricci, e da Torri gio, Grotte Faticane,
p. 499- " Exerat in Turcas tua me, Lu-
dovice, furenles — Desterà: Grajorum
sanguinis ultor ero. — Corruet imperlimi
Mahumetis,etinclytarursus — Ga dormii
vii tus te petetastra Duce. Si leggono pu-
re nel breve Quia nos, de'27 dicembre
i46', presso il Guerra p. 44^- I mede-
simi Novaes e Torrigio riferiscono, che
Pio li mandò Io stocco ornato di perle
e gioie a Filippo il Buono duca di Bor-
gogna, che dipoi nel i463 si unì alla lega
fatta dal Papa contro i turchi, che oppri-
mevano la repubblica cristiana. Lo stes-
so Pio II Io racconta ne'suoi Conimeli'
iariif lib. 5. » Ensis hoc anno in sacra
nocle Natalis Domini benedictus Philip-
pe duci Burgundium rnissus est. Anlo-
nius Noxetanus atlulit Pontiflcis aulicus
graecis lalinis lilteris eruditus. " Il Ma-
rini, Archiatri pontifìcii t. 2, p.164, ri-
ferisce che Antonio, di cui e de'suoi dà
le notizie, grandemente favorito da Pio
II, questi nel gennaio 1461 lo mandò a
poi tare lo stocco al duca di Borgogna ,
e nell'agosto al re di Francia, iusieme con
Giovanni Geoffroy vescovo d'Arras, per
trattare la revoca della Prammatica San-
zione, ed ottenuela (su di che bisogua te-
ner presente quanto dissi in quell'arti-
colo), per cui il Papa che perciò era pri-
ma sdegnalo, molto rallegrossi; ed ai 7
S T O
agosto r/fCa rimandò Antonio in Fran-
cia a ringraziare il re per la cessione fat-
ta alla s. Seile de' contadi Valeotinese e
Diense, e ad occupar questi in nome del
la medesima. Riparlai d'Antonio a Fa-
miglia pontificia, e Paolo II lo fece te-
soriere della provincia del Patrimonio.
Dice Novaes, che Pio li donò lo stocco
e berrettone anche a Cristoforo Moro do-
ge di Venezia, per essersi collegato alla
sagra guerra, come affermano Naugero,
Il istoria leneta,?. Mura turi, Script, icr.
Ilei. \. 23, ed in un Diario di /Ionia si
dice alla repubblica. Trovo in Ricci, Ma-
gri e Cancellieri, che Paolo //consegnò
in Roma nella notte di Natale 1 468, lo
stocco e berrettone benedetti all'impe-
ratore Federico MI già ricordato, il qua-
le assistè al mattutino, e fece tenere da
uno de'suoi famigliari d berrettone, e da
uno de'suoi scudieri la spada; giunto al
trono pontifìcio, la prese e vibrò 3 volle,
per dimostrarsi pronto a difendere l'e-
vangelo, che cantò sino al principio del-
l'omelia della VII lezione, proseguila da
un cardinale diacono, mentitegli spoglia-
tosi del piviale, della stola e della colla,
tornò al suo posto, e lo scudiere ripose
nel fodero la spada, a cui tornò a sovrap-
porre il berrettone ducale. Altre interes-
santi particolarità già le riportai di so-
pra, desumendole da mg." Agostino Pa-
trizi Piccolomini vescovo di Pienza, pres-
soMabillon. Egualmente Paolo II col bre-
ve Snscipiat, de'4 gennaio 1 47 •} decorò
di questo donativo Mattia re d'Ungheria,
come si legge nel Guerra a p. 44^5 per
combattere i turchi, ed i boemi eretici.
Di sopra già dissi di Sisto IV le parole
da lui usate nel fare questo insigne do-
nativo, e quelle dette sull'antichità ilei
suo rito, si ponno vedere in Bernino, Hi-
storia dell'eresie t. 4, cap. 9, p. 52 8 : O-
rigine del sacro pileo e stocco. Nel i474
lo mandò al giovine duca di Savoia {!'.)
Filiberto I, esortandolo a proteggere la
Chiesa, col breve Solenl Romani Pontifì-
ces, riportato dal Guerra a p. 444»^e'2^
STO 47
dicembiei474je dicendo : » Ilabet my-
sterium suoni uios Ine. Ensim enim si-
gnificai victoi iam quam Christus ile Dia-
bolo, etmorte retulil". Indi nel i477 '°
donò ad Alfonso duca di Calabria (di cui
a Sicilia) e figlio di Ferdinando I redi
Napoli, e ad Odoardo IV re d'Inghilter-
ra. Nel 1484 Innocenzo l'Ili, poco do-
po la sua esaltazione, inviò lo stocco e
berrettone benedetti a Francesco d' dra-
gona, altro figlio del redi Napoli Ferdi-
nando I, sperando d'indurre questi a non
essere ingrato colla chiesa romana, tro-
vandosi allora il principe io Roma quale
ambasciatorestraordinariodel padre, che
l'ayea mandalo a rendergli ubbidienza,
come asserisce Ricci. Narrai ad Osimo,
che Innocenzo Vili avendo spedilo con-
tro quella citlà per domare il tiranno e
ribelle Boccoli no, Ci io. Giacomo Trivul-
zio milanese, generale dell'esercito eccle-
siastjco,e trionfalo di lui neh 488 si por-
tò quindi in Roma, ove Innocenzo \ Ili
gli offrì il cappello cardinalizio, ina egli
lutto guerriero lo ringraziò; ed il Papa
per onorarlo gli donò la rosa d' oro, la
spada e (incappello gioiellato da lui be-
nedetti, come praticasi co'gran capitani
difensori della Chiesa. Da allora in poi lo
stemma de'Trivulzi fu ornato del ber-
rettone ducale, e lo ricavo dai Cartari p.
1 49- Alessandro //fece questo dona-
tivo a diversi principi, nell.492 al lan-
gravio d'Assia; neh4i)3 a Ferdinando
poi re di Napoli Ferdinando II; neh \t
al duca ili Borgogna Filippo d' Austria
(di cui a Spagna), figlio dell'imperatore
Massimiliano I, e padre dell'imperatore
Carlo V; e neh 499 a Luigi N1I re di
Francia , che fece il di lui figlio Cesare
Borgia duca del Yalentinois; indi nel 1 5oi
mandò una ricca berretta ducale ad Al-
fonso I duca di Ferrara (!'■), che avea
sposata la figlia Lucrezia Borgia. Giulio
linei 1 5o3,appcna elevato al pontificalo,
mandò il donativo dello stocco e berret-
tone benedetti al suddetto Filippo d'Au-
stria, che siccome potentissimo voile rea-
48
S T < )
dei Io favorevole alla Chiesa. Todi neli5oo>
li regalò a Enrico VII re d'Inghilterra;
neli5o8 a Carlo ili duca di Savoia, col
breve Cupieba^àe'zB gennaio, presso il
Guerra p. 444; atl Ladislao II re d'Un-
gheria ; ed ai q cantoni svizzeri, pe'soc-
corsi di truppe dati contro Francia, e lo
attesta anche il Micci, onorifici donativi
che si custodirono nel cantone di Zuri-
go, e nel 1G42 ancora esistevano,come at-
testa lo Scotti aeìl' Helvelia sacra. Inol-
treGiulio II chiamagli svizzeri col glorio-
so titolo di Diffusori della ecclesiastica
libertà, ed a lutto il corpo della repub-
blica inviò ancora due gonfaloni o ves-
silli, che poi furono collocali nell'insigne
chiesa di s. Maria dell'Eremo. A ciascuno
poi de' particolari 9 cantoni die il Papa
un'insegna istoriala co'misteri della Pas-
sione diGesùCristo; onde gli svizzeri crea-
rono il princi pai issimouiIizioPanerer per-
chè in guerra portasse in i.° luogo tale
insegna. Leone X nel 1 5 1 4 spedì legati
al giovine Giacomo V re di Scozia col do-
nativo dello stocco e berrettone benedet-
ti, di che fa memoria Lesleo, De origine
et rebus gestìs Scolorimi p. 36q: nel 1 5 1 5
Io die agli ambasciatori portoghesi pel re
Emmanuele; alla repubblica di Firenze,
al re di Francia Francesco I, ad Enrico
\ Il I re d' 1 nghi I tei ra,e chiamandolo cam-
pione della Chiesa; all'imperatore Mas-
similiano I neh5i8 nella dieta d'Augu-
sta, a mezzo del cardinal de Vio legato,
mediante il breve Venienti ad majesta-
levi, de'5 maggio, presso il Guerra a p.
444-D' Adriano TI alcuno pretende che
facesse questo presente al suo antico di-
scepolo Carlo V imperatore, ma nulla di-
cendone l'accuratissimo Ortiz nella De-
scrizione del pontificalo di Adriano FI,
fortemente ne dubito. Bensì a Carlo V
lo donò Clemente VII nel r 529, facendo-
ne certissima testimonianza anche il eh.
Giordani, Della venuta e dimora in Bo-
logna di Clemente ì II per la corona-
zione di Carlo V. Sebbene di quanto va-
do a riportare già ne abbia parla toaSPAD a,
S T O
qui per vedere l'argomento sotto un al-
tro punto, è inevitabile qualche lieve li-
petizione. La notte precedente al s. JNa-
tale fu solennizzata nella cappella papale
in Bologna, e perciò alle ore 5 vi si re-
carono il Papa, e Carlo Vcol seguito del-
la corte. Incominciate le lezioni del mat-
tutino, quando si cantava la VII, due
cardinali levarono all'imperatore il man-
to, e gli posero una veste di raso cremisi-
no lunga sino a'piedi, colle maniche stret-
te da diacono (veramente ai diaconi fu
assegnata la dalmatica con maniche lar-
ghe, per segno di loro liberalità: bensì la
lonicella più stretta fu data a Suddiaconi,
e sarebbe corrispondente a quelli che affer-
mano l'imperatore considerarsi suddia-
cono), e sopra la stessa veste un manto del
medesimo drappo cremisino; poi lo con-
dussero a'piedi del Papa, acni essendo re-
cata da mg.»' Mario Bracci, in posto d'un
chierico di camera, 1' ornatissima spada
o stocco benedetto, dal maestro di cere-
monie fu tratta dalla vagina e presentata
a Clemente VII, che la die a Carlo V,
il quale con meravigliosa destrezza aven-
dola brandita, la vibrò 3 volte nell'aria,
in segno di mostrarsi pronto a difender
l'evangelo; poi la restituì al maestro di
ceremonie, che rimessala nel fodero, al
fianco di Carlo V la cinse sopra la veste
diaconale: poscia gli pose addosso un am-
pio piviale o manto di drappo d'argento,
i cui lembi anteriori si tennero da due
cardinali, ed in mezzo a questi si avanzò
al trono del Papa per ricevere un cap-
pello di drappo bigio, ricamato bel la men-
te a molti raggi di grossissime permutan-
dovi in centro una Colomba figurata col-
l'artificio di riunite perle; e la sottopo-
sta foderatura essendo fatta di pelli d'ar-
mellini, con due slriscie delle medesime
pelli che pendenti a'Iati servivano per le-
garsela sotto il mento. Carlo V postosi il
regalalo cappello in testa, fece prima ri-
verenza alPapa,e coll'accompagnamento
degli slessi cardinali accoslossi all'altare,
dove il cardinal Spinola camerlengo a vea
ST O
già dato principio alla messa cantala con
in tisica corale, e dove Carlo V ginocchio-
ni a bassa voce disse Jube Donine bene-
dice re , ed allora il Papa lo benedi cui
segno della croce; poi cominciò a cantar
l'evangelocon queste parole.» Sequenlia
s. Evangeli! secunduniMatthaeum. In ilio
tempore exiit edictura a Caesare Augu-
sto, ut describeretur uni versus orbis.
Dette le quali parole ritornò al suo po-
sto, lasciando continuare il restante del
■vangelo dal cardinal Cesi. Nella mattina
seguente, Carlo V passò nel tempio di
s. Petronio, facendosi portare innanzi dal
marchese di Nassau la spada e il cappel-
lo ricevuti in dono dal Papa, il quale vi
si recò poi a pontificare la messa. Il Can-
cellieri nel t. 2, De Secretariis p. 83o
e 841, trattò: De diaconi, aul subdia-
coni numera ab imperatoribuspraeslito,
al'dsque caeremoniis in corinti corona-
(ione servatisi De coronationr Caroli/'
Bononìae habila in tempio s. Pelronii, in
formam Basilicae Vaticanae commuta-
ta. A.' 11 febbraio 1 53o per la corona-
zione fatta da Clemente VII di Carlo V
colla Corona Ferrea, dopo l'epistola, ge-
nuflesso a'piedi del Papa pubblicamente
l'imperatore formalmente dichiarò, che
senza sua sa pula l'esercito di Borbone sac-
cheggiò Roma (V-), e commise tante ri-
balderie e scelleraggini; che perciò in se-
gno di verace ubbidiente figlio della Chie-
sa, sottometteva se e i suoi eserciti a'piedi
del Beatissimo Padre, al quale stava io
arbitrio e di ragione comandargli, quan-
do dovesse li ar fuori dalla vagina la spa-
da, e quando parimenti dovesse rimetter-
la. Indi il vescovo di Pistoia levò dall'al-
tare lo stocco benedetto donalo dalPapa,
e lo die al cardinal Cibo, il quale sguai-
nata la spada dal fodero la porse al Papa,
e questi ne fece consegna in furrna a Car-
lo V,che avendola brandita e vibrala per
aria 3 volte, mostrò con atto proprio di
nettarla al braccio sinistro, e poi dal car-
dinal Cibo gli fu cinta al fìaueo; indi il
Papa consegnò a Carlo V lo scettro, il
\ol. ixx.
STO 49
i;lo!)0, e lo coronò. Nella funzione pei la
coronazione imperiale, il Papa consegnò
a Carlo V genuflesso la spada e lo creò
cavaliere di s. Pietro. Già il Papa a'7 gen-
naio 1J29, col breve Cum Pontifici, pres-
so il Guerra a p. 444> avea fatto dono
dello stocco e berrettone, per mezzo del
cardinal Spinola camerlengo, a Filiberto
principe di Orange^ che per morte del
Borbone compì la delta espugnazione ili
Roma, per eccitarlo contro i turchi, es-
sendo allora viceré di Napoli. Dipoi Cle-
mente VII donò ancora lo stucco e ber-
rettone benedetti a Ferdinando I re dei
romani, fratello di Carlo V, acciò si u-
tiisse cogli altri sovrani a combattere la
crescente potenza ottomana, ed a repri-
mere il finalismo de' luterani.
Paolo ///fece simili donativi a Filip-
po principe delle Spagne, unico figlio ili
Carlo V , per eccitarne lo zelo religios >
contro l'eresie; nel 1 53 T al principe An-
drea Doria di Genova, capitano valoro-
so e vittorioso contro gl'infedeli; nel 1 537
a' ii) febbraio a Giacomo V re di Sco-
zia, col breve Consucverunl Romani Poti-
tifices, riportalo dal Guerra, per ammo-
nirlo a difendere la religione cattolica cru-
delmente perseguitala dall'apostata En-
rico Vili re d' Inghilterra, abilitandolo
a deputare qualunque Antistitem qui in
ecclesia a rese eligenda inter missarum
soleinnia UH femori enseniaplct,piLuiu-
que capiti. Dal medesimo Guerra si ha,
che Paolo 111 col breve Consueverunt Ro-
mani Ponti fices, de'3o giugno 1 538, do-
nò lo stocco e berrettone benedetti a Si-
gismondo I re di Polonia, per difendere
l'ortodossia eia fede dai luterani, non me-
no che dai turebiedai tartari. Finalmente
concesse il doualivonel 1 53g al marchese
del l'asto generale dell'imperatore con-
tro i turchi nemici del nome cristiano.
Giulio III donò lo stocco e berrettone
benedetti a Cosimo I duca di Toscana,
benemerito della Chiesa; e neh 555 a Fi-
lippo II re di Spagna, ed alla sua mo-
glie Maria regina d'Inghilterra pel rista-
4
5o STO
bilimenlo della religione cattolica iti In-
glnlten a la rosa d'oro benedetta, a mez-
zo del cardiual Polo legalo, colla suddet-
ta lettera : » Reginaldus cardinalis Po-
lus, Philippo regi, et Mariae reginaeAu-
gliae. De rosa aurea, et euse, muneribus,
ad regern, et regiuam Angliae a Julio III
missis ". Neil' articolo Sicilia descrissi
la guerra tra Paolo IT e Filippo II, e
perchè Ercole 11 duca di Ferrara (/r.)a-
vea preparato un esercito per soccorrer-
lo come feudatario, neli557 gli mandò
in dono uno stocco riccamente guarnito
e un cappello di velluto nero da lui be-
nedetti , e quali insegne di Generale di
s. Chiesa (/.)_, di cui solennemente l'in-
vestì nel duomo il cardinal Caraffa ni-
pote del Papa, i doni avendoli portati in
Ferrara il cameriere pontifìcio conte A-
lessandro Sacrati. Fu stampalo iu Fer-
rara nel i 55j da Bonaventura Angeli fer-
rarese : Gli ordini edi modi osservati dai
sommi Pontefici nel donare lo stocco ed
il cappello nella solennità delNatale,c le
ceremonie usate nel presentarlo all'Ili."
duca di Ferrara. Pio IV li donò all' im-
peratore Ferdinando I che già li avea
ricevuti da Clemente VII. Riferisce il ci-
tato Remino, che Ferdinando Alvarez
di Toledo duca d'Alba (quello che avea
crudelmente guerreggiato PaoloIV),era
stato preposto da Filippo li re di Spa-
gna, a domare i ribellati Paesi Bassi e
gli eretici che vi commettevano ogni sor-
ta di orrori, onde il conte Lodovico di
Nassau loro sostenitore avea scritto sullo
stendardo: Autrecuperari, aut mori. Il
duca d'Alba sulla propria bandiera pose
questa epigrafe: Pro Lege, Grege, et Re-
gè. Prima vinse il conte, e poi disfece il
fratello Guglielmo principe d' Orauge ,
che egualmente capitanava gli eretici geli-
si o ugonotti. Ciò saputosi da s. Pio Vt
mandò a' combattenti e altri fedeli cat-
tolici Medaglie benedette (F.)con indul-
genze a chi le portava indosso o le teue-
va nelle loro case. Al duca d'Alba poi,
oltre copioso soccorso di pecunia, in pie-
ST<>
mio del suo zelo e valore, nel i 566 gli
trasmise il dono del pileo e stocco bene-
detti, come principe benemerito della re-
ligione cattolica, per avere sostenuto la
maestà dellaChiesa e del suo re, in quelle
proviucie titubanti nella fede, mediante
il breve apostolico Solent Romani Pori'
tifices,de,2.6 dicembre, presso il Guerra
p. 444- Dice il Catena nella Fita di Pio
F, p. g2, che il Papa mandò al duca il
cappello e la spada benedetta, come suol
farsi co'grandi uomini per la difesa e di-
latazione della fede, e riporta una lette-
ra dal duca scritta al Papa. Gli storici a-
cremente biasimano il duca d' Alba per
la sua ferocia e orgoglio, il quale si ac-
crebbedopo il ricevimento d'un dono pro-
prio di teste coronate. Dopo che l'armata
navale cristiana, comandata da d. Gio-
vanni d'Austria (di cui a Spagna) natu-
rale di Carlo V, riportò per la celebre le-
ga contro i turchi la strepitosa vittoria
di Lepanlo) colla distruzione dell'immen-
sa flotta ottomano, s. Pio V inviòad. Gio-
vanni lo stocco e berrettone benedetti in
premio del suo valore, col breve Ex mo-
re del i 072, che si legge nel citato Guer-
ra. M. A. Ciappi,/7/rt di Gregorio XIII,
a p. 49> dicendo di que'da lui donati, par-
la del cappello e dello stocco che da'Pa-
pi sogliono presentarsi a quei principi i
quali hanno fatto qualche azione segna-
lata per la chiesa cattolica , ovvero per
renderli ad essa ubbidienti e favorevoli.
Gregorio XIII per animare Carlo IX re
di Francia a combattere gli eretici ugo-
notti, dichiarò nunzio di Parigi Silvio Sa-
velli, arcivescovo di Rossano e poi car-
dinale, affine di presentargli lo stocco e
berrettone da lui benedetti; ma poi il re
s'intimorìe fece lega cogli ugonotti, come
leggo nel p. Maffei, Annali di Gregorio
A///.RaccontaNovaes, cheGregorioXIIl
mandòa Enrico III fratello del preceden-
te, per Serafino Oliverio uditore di rota,
la borsa d' oro benedetta: cosa sia stata
questa, non l'ho potuto mai conoscere.
Recatosi in Roma Ernesto secondogetii<
STO
to del duca di Baviera Alberto, Gregorio
XIII gli die splendido ospizio in Vatica-
no, ed il simile fece al suo cugino Federico
Guglielmo principe di Cleves, il quale noi
giorno di Natale 1 070 ricevè dal Papa lo
stocco e berrettone beuedelli.Ammalato-
si Federico gravemente, il Papa lo assistè,
e morendo gli fece celebrare solenni ese-
quie nella cbiesa di s. Maria dell'Anima
(di cui a Germama). 11 suo sepolcro fu e-
retto incontro a quello di Adriano VI,
ricco di sculture d'Egidio di Riviere fiam-
mingo e di Nicolò d'Arras. Il bassorilie-
vo che rimaneva di sopra, e rappresen-
tante Gregorio XIII che dà al duca il cap-
pello e Io stocco, fu tolto e posto nell'an-
dito che mette alla sagrestia. Dipoi dicen-
do di Clemente X, tornerò a riparlare dei
donativi falli al priucipediClevesda Gre-
gorioXIll,perchèCancelIieri per abbaglio
l'attribuì a Clemente X. Inoltre Gregorio
XIII dopo aver approvato l'elezioue del-
1 ìinperaloreRodolfoIIjgl'inviò lo stocco e
il berrettone benedetti, avendo mostralo
zelo per la religione, poi intiepidito nella
dieta d'Augusta. Racconta il cardinal Pac-
ca, Memorie storiche sul soggiorno in Ger-
mania p. 23G,cheGregorio XIII perGio.
Francesco Bonomo nunzio di Colonia e
vescovo di Vercelli, fece presentare ad A-
lessaudro Farnese duca di Parma {f-)y
supremo comandante dell' armata spa-
gnuola in Fiandra, lo stocco e il berret-
tone, che soglionsi inviare a' grandi ca-
pitani per vittorie riportate contro gl'in-
fedeli e gli eretici. Temo però che vi sia
abbaglio quanto al Papa donante, impe-
rocché non solo da altre memorie trovo
che fu Sisto V, ma lo confermano No-
vaes nella Storia di quel Papa, con dire
che gl'invio il donativo come condottie
10 dell'esercito della lega, formata per
impedire all'ugonotto re di Navarra di
succedere al trono di Francia ; ed il p.
Tempesti nella Storia di Sisto V , lib. 1 3,
n.^ge 3o. Leggo in questo, che Sisto V
dipoi pel combattimento che doveva in-
Imprendersi dal duca Alessandro a Nuis,
STO j.
control calvinisti e il deposto arcivesco-
vo di Colonia Truchses, e per la quale
liberazione di Nuis erasi adoperato il Pa-
pa, gli mandò mg.r Grimani suo came-
riere segreto con lo stocco e cappello du-
cale beuedelti e d'alto valore; ed il Gri-
mani giunge a Nuis due giorni avanti la
gloriosa sconfitta, cioèa'20 luglio (pare
nel i588), riverì il duca, lo salutò per
parte di Sisto V, e gli esibì i donativi ;
ma egli mostrandosi altamente penetra-
to di tanla magnanimità, protestò che
prima voleva meritarli con vincere i ne-
mici. Riportata la vittoria, la funzione fu
stabilita pel 1 ."agosto nella chiesa del for-
te di Gnandendal, e venne eseguita cou
bella ceremouia alla presenza di diversi
principi e del nunzio Bonomo. Il duca co-
idi allri principi si confessò, ascollò la mes-
sa, e ricevè la comunione dalle mani del
nunzio; iodi il Grimani presentando i do
nativi, in nome del Papa ringraziò il du-
ca delle pie e onorate fatiche fatte in sei
vigio di s. Chiesa; quindi espose il costu-
me de'Papi di benedir quelf iusegue nel
la notte del s. Natale e di fame regalo ai
principi grandi, come benemeriti difeu
sori di s. Chiesa. Pigliò poi la similitudi-
ne di Giuda Maccabeo io persoua d'A-
lessandro, e dell'Angelo di Dio in per-
sona del Papa, allorché diede la spada d'o-
ro al Maccabeo valoroso; indi pregando
a nome di Sisto V il Dio degli eserciti,
lo invocò a degnarsi di avvalorare viep-
più il vittorioso braccio del nuovo duce
Maccabeo, alla totale sconfitta dell'ere-
sia. Terminata la funzione, applaudì l'e-
sercito con suoni, salve d' artiglierie, e
giuochi cavallereschi. Sisto V saputa la
vittoria si commosse, e fece pubbliche di-
mostrazioni di gioia e di ringraziamenti
a Dio, recandosi nelle chiese di s. Gia-
como degli spagnuoli, e di s. Maria dell'A-
nima della nazione alemanna. Inoltre Si-
sto V nel i 58g spedì per nunzio a Firen-
ze mg.r Michele Friuli vescovo di Vicen-
za, co' donativi dello stocco e berrettone
pel granduca Ferdinando I ex cardinali;,
52 STO . STO
e deliri rosa ti' oro per In granduchessa sovrani. Indi dal suo segretàrio (o da un
Cristina di Lorena. Il Cartari a p. [3.3 no taro) si- lessero le lettere apostoliche a
pubblicò l'istruzione Ialina del maestro voce alta, dell'invio de'sagri doni (poi il
delle ceremonie Francesco Mncanzio pel nunzio può fare un analogo sermone);
nunzio Priuli, sia poi solenne ingresso in dopo di chela granduchessa si prostrò io-
Firenze in cavalcala e vestito cogli abiti naozi al nunzio, a cui consegnò la rosa
prelatizi di rocchetto e cappa paonazza d'oro il diacono assistente, che il nunzio
o gran mantello, con cappello di seta ne- die ad essa colla solita forma : Accipe /to-
rà se non fosse stato vescovo, sia per la sani. Pucevutasi dalla granduchessa, ba-
consegna formale de'sagri doni: la cono- ciò la mano al nunzio, e ritornò al suo
pendierò inbreve. Giunto il nunzio ecom- posto, portando la rosa un suo cappel-
missario pontificio vicino a Firenze, die lano. Poscia il granduca s'inginocchiò a-
avviso a'sovrani del suo arrivo, per sta- vanti il nunzio, al quale il detto diacono
bilire la sua solenne entrata. Per questa rimise lo stocco e berrettone, ed egli nel
il granduca e la granduchessa mandaro- consegnarli al principe, gl'impose il ber-
no i loro famigliari, nobili e baioni ad rettone, e pronunziò la consueta formo-
onorarlo in loro nome. La cavalcata co- la prescritta dal ceremoniale : Solenl Ho-
minciò un miglio lungi dalla porta, es- maniPontifìces inpraeclaraNatalisDo-
sendo preceduto il nunzio commissario mini celebritate,ec. Baciatasi dal grandti-
da un suo cappellano a cavallo vestito di ca la mano al nunzio e tornando al suo
paonazzo (come i caudatari de'cardina- luogo, un nobile prese lo stocco e il ber-
li), e portante lo stocco e berrettone, la rettone. Finalmente alzatosi il nunzio in-
rosa recandola il nunzio in mano, e fra tuonò: Sii nomai Domini benèdictum,
due digniori di quelli che lo corteggialo- ec, comparti la trina benedizione, ed il
no. Giunto in Firenze, presentò a'sovrani prete assistente in piviale annunziò l'iti-
le lettere apostoliche di sua missione, e si diligenza concessa dal Papa. Il nunzio,de-
stabilì che nella prossima domenica o al- posti i paramenti pontificali, riprese il
tra festa eseguirebbe la tradizione de'do- mantelletto e rocchetto, e co' sovrani si
ni, i quali privatamente nella convenuta recò al palazzo ducale, sorreggendo i no-
mattina li mandò per tempo nella chiesa minati la rosa, e lo stocco e berrettone,
destinata perla funzione, e fu il duomo, precedendo i medesimi. Osserva Cartari
collocandosi sull'altare maggiore, cioè la a p. 22, che ne'libri della deposi ter ia a -
rosa d'oro in mezzo, lo stocco e berret- postolica, e de'tempi di Sisto V,si legge.
tone dalla parte dell'epistola. 11 nunzio Rosa d'oro; Spadone, cintura e cappel-
assunse gli abili pontificali, e celebrò la lo ricamato di perle, scudi 760. Inoltre
messa solenne (che se l'ablegalo solamen- Sisto V, dopo aver pacificato il re di Po-
te assiste, allora la celebra il più degno Ionia Sigismondo 111, con l'arciduca .Mas-
ecclesiastico della città). I sovrani pie- similiano d' Austria, per le persuasioni
sero luogo dalla parte del vangelo in si- del cardinal Aldobrandino legato, a ri-
to onorevole (che se vi fosse presente un meritare la moderazione e condiscenden-
cardinaie, questo occuperebbe quel lato, za del re, lo fregiò coll'insegne dello stocco
ed il granduca e la granduchessa quello e berrettone da lui benedetti, e spediti in
dell'epistola). Finita la messa, il nunzio Polonia a'25 luglio i5c)o. Gregorio XIV
assunse la mitra preziosa e si assise sul nel i5qi mandò egual donativo all'infàn-
faldistorio in mezzo della nradella del- tedi Spagna Filippo, poi re Filippo IH;
l'altare (nel quale non vi può essere la e ad altro infante di Spagna, probabile
ss. Eucaristia), innanzi al quale si distese niente al di lui figlio, Clemente P Illspe-
un nobile tappeto per inginocebiarvisi i dì lo stocco e berrettone neli5q4- Peto-
STO
io ^ nel 1G1 > li mandò in Francia al re
Luigi XIII, nel i 6 i «Sai principe delle Spa-
gne po*i Filippo IV, non che al Domina-
to Sigismondo III re di Polonia , come
riporta il Ricci. Al di lui' figlio e già ri-
cordato Uladislao, poi Uladislao VII re
di Polonia, essendo in Roma nell'anno
santo 1625, L'rbano fili dopo averlo
trattato magnificamente per lutto lo sta-
lo, alloggialo uelpalazzo apostolico con
isplendidezza, e creato canonico sopran-
numerariodi s. Pietro, onde venerare da
vicino il folto santo (A '.), gli donò nel-
la cappella pontificia, privatamente do-
po la messa, lo stocco e il cappello bene-
detti nella notte del s. Natale, con quelle
orazioni e fòt mole che di sopra riprodus-
si. Il breve linnipriales Chrislianae, dei
in gennaio, col (piale il Papa accompa-
gnò il dono, per incoraggi re i polacchi a
guerreggiare 1 turchi e i tartari, può ve-
dersi nel Guerra a p. 4 'p- Innocenzo X
nell'anno santo 1 6 7o, mandò egualdona-
tivo al fratello del precedente e succes-
sore, Giovanni II Casimiro ex cardinale
gesuita, in premio dello zelo religioso di-
mostrato contro gli eretici sociniani,e per
aver difeso colle armi il cattolicismo con-
tro gli scismatici russi egli svedesi eretici.
Avendo contemporaneamente Innocenzo
X spedito il donativo della rosa d'oro al-
la regina sua moglie Maria Gonzaga dei
duchi di Mantova, da presentarsi come
l'altro donativo dal nunzio rendente in
Polonia, col breve Ex more, de'^4 set-
tembre e riportato dal Guerra, il Car-
tari a p.i54) pubblicò: Ordo servandus
in traditione ensis, et Rosa aurea. Ad
III." ac Rm.° D. Archiepiscopum Adria-
nopolitanum apud regeni Poloniae apo-
stolicac Sedis nunciutn, scritto dal dili-
gente maestro delle ceremonie pontifi-
cie mg.r Febei. E' tanto importante, sia
perchè coutiene un caso di doppio dono
poco frequente, sia per qualche diversi-
tà che contiene e più copiose del prece-
dente ceremoniale, sia per compensare al-
la brevità di quesl'arlicolojin proporzione
STO ',3
dell'interessante argomento, e finalmen-
te perchè riguarda eziandio la Rosa do-
ro , che credo indispensabile riportarne
il tenore interessante.'' Statini ac ad ma-
nusDominationis Vestrae illustr. perve-
nei'int Piosa aurea, Ensiscum Galero, et
brevia SS. D. >.. Papae, Serenissimi Re-
gi, et Reginae Sanctitatis suae nomine
praesentanda, hoc idem ipse iisdem no-
tum ficiet; ab iisque diem praesentatio-
nis celebrandne statuì curabit, et brevia
Regi ac Reginae consignabit; non tamen
Disi in ipso Ensis et Rosae tradictiones
actu aperienda. Qua die Doininalio Ve-
strae Illustr. (modo si comode poterit)euin
solemni .equitatu eceìesiam designatali!
adibit, immediate ante Don». V. ili usti*.
eqnilando praeunlibus duobus familiari-
bus, thalarihabitu indutis; altere Rosam
aurea m, altero Ensera cuin Galero de-
super apposito, deferentibus. In ecclesia
ponetur Uosa sopra medium altaris pro-
peCrncein: Ensis vero cum Galero a par-
te epistolae erectus sustinebitur. Cum-
que Uom. V. Illustr., e sua habitatione
iliscendet, Rex legali indutus clamydé,
una cum Regina regiis itidem ornamen-
tis amicta, e regia discedet, et simul ea-
dem hora in ecclesia reperiri valeant. Sta-
tini ac pervenerit ad ecclesiali! Doni. V.
Illustr. induet parameula sacra prope fal-
distori um, a pai te epistolae col locando ni;
et Rege, ac Reginam advenientes capi-
tis inclinatione reverebitnr. Deinde mis-
sam inchoabit, quam solemni ritu,prout
magis Piegi placuerit, prose<|uetur. Re-
sponsorio autem , Deo grattai, ad ver-
siculunij Ita missa est, Doni. V. Illustr.
sedebit in faldistorio ante medium alta-
ris reuibus eidem versis, cum mitra. Rex
mandabit legi breve SS. Domini Nostri,
quo alta voce perlecto,Sereniss.Rex acce-
ditad Dominationem Vestram Illustri ss.
cui ante seipsam genuflexo Galerum su-
per caput imponet dicendo. » *\ccipe Se-
reuissiuiae Rex, Galerum hunc, qneoi ti-
bi elargiendum SS. Universalis Ecclesiae
Pastor ad nos transmisit. aureis Spiritus
5 ; S T o
saiuti radiis micautem, ubi candente» a-
iiioncs non rapacis aquilae crudelitateai,
sed paciferae columbae innocentiam ef-
fìngunt, ut scias, bella tum demum ju-
sla esse, cum non usurpaseli imperiis,aut
opum rapiendarum cupidine geruntur;
sed suscipiuntur, Spiriti] sancto admo-
nente, ad propugnandam Fidem; et nd
stabiliendam pacem,quae relieta Princi-
pibus terree fui thaereditasChristi incae-
lum redeuntis; qui vivit,elregnat in sae-
cula saeculoru ni. Amen". Dei ndeDom.V.
Illustr. Ensem e vagina eductum eidein
Sereniss. Regisatt ri buet dicendo." Acci pe
insuper Mucronem Domini, et Gladium
salutis;et fìat in dextera virtutis tuae in-
nocentiumtutela,etitnpiorutn flagellimi,
et ad gloriam Dei omuipotentis,et s. Ma-
trisEcclesiae illurescant corruscaliones e-
jus orbis terrae". Moxeodem Ense intus
vaginam reposito, Serenissimum Regem
accinget,dicendo.»Accingat teGladiosuo
super femur tuum potentissimus,qui su-
perbis resistit, humilibus auleta graliam
daf.Tuautem crebrisvictoriiscoleDeum
ex.ercituum, et ultionum Domiuum. In
nomine Patris+|+et Filii-^et Spiritus-^
Sancii. Amen"; ter stipi a Regem crucis
signum producendo. Tuiig P»ex,dimisso
Galero, manum Dom. V. Ulustr. exoscu-
labitur, et ad thalamum revertetur. His
absolutis, breve ad Sereniss. Reginam ad
Dom. V. Illustr. accedet, cui ante ipsum
genuflexaeRosam auream tiadet, dicen-
do. »AccipeRosam,quam tibi nomineSS.
Universalis Ecclesiae Pasloris Innocenti!
Domini nostri elargimur, per quam de-
signautur gaudium utriusque Hierusa-
lemjtriumpbantisscilicetjelmililantisEc-
clesiae, et per quam omnibus Cbristifl-
delibus manifestatur Flos ipse speciosis-
simus, qui est gaudium et corona San-
ctorum omnium. Suscipe hane tu Sere-
nissima Regina, quaesaecundum saecu-
liim nobdis, poten«,et multa vii tute prae-
ditaes,utamplius omni viriate inCbrislo
Domino nobiliterisjtamquam Rosa plan-
ctata super rivos aquarura multarum,
S T O
quam giatiam ex sua liberanti clemen-
tia tibi concedere dignetur, qui est trinus
et unns insaecula saeculorum. Amen. In
nomine Patris-fJ+et Filii-t|+el Spiritus+|v
Sancii. Amen"; ter signum crucis super
Regina producendo. Serenissima Regina
manum Doni.V. Illustr. exosculabilur, et
adsedemsuam serecipiel.TuncDom. V.
Illustr. solemnem benedictionem popolo
elaigietur, et reliquum missae de more
absolvet. Peracta missasolemiiiterad Re-
giam redibus Rex Sereniss. cum Regina;
ante se immediate equitanlibus duobus
nobilibus Rosam auream, et Eusem cu ni
Galero desuper apposito, deferenti bus.
Praedicta solemnitas decentius in dignio-
ri ecclesia peragetur: verum si Sereniss.
Regi magis placuerit , eadem in sacello
regii palalii celebrare, utique ibidem ri-
te, ac perfìci potei it. " Clemente X ol-
tre l'avere procurato clie i principi cat-
tolici si unissero concordemente a muo-
ver guerra al turco, die particolarmente
vessava la Polonia, a questa non solo spe-
dì largo sussidio di denaro, ma per in-
coraggile il re Micbele nel 167 idal nun-
zio di quel regno mg.r Angelo arcivesco-
vo di Damiata, gli fece consegnare lostoc-
co'e berrettone da lui benedetti, e alla
regina la rosa d'oro. Celebrando l'anno
santo i675,pretendeCancellieri, Descriz.
de'trePontifìcalip. 1 4,cbe si recò inRoma
a lucramele indulgenzeFedericoGngliel-
moducadiCleves,e Clemente X gli donò
10 stocco e berrettone benedetti. Il suddet-
to mg. 'Francesco IVI/ Febei, De originect
progressu c.elebritatis Jubilaei 1 67 *>, nar-
ra a p. 184. » Die s. Stepbani 3111101675,
missae demoreinCa pella (praesenlePon-
tificecantatae)inleifuilFiidericiGuillel-
miCliviae ducis primogenitns, in scarnilo
cardinalium,post juniorem diaconum se-
dens. Ilunc in eadem Capella (absolutis
missarum solemnis),insignisEnsis,etPilei
11 mnei e decora tum, paucos post dies,i n ae-
di bus Va ticanisgraviteraegrotantem,ac in
extremis laborantem sacro Viatico, extre-
mnque unctione Ponlifexmunivit. Cum-
STO
cjne pientissimus priuceps obiisset , ejus
c^da ver in Sacello Vaticano s. Mariae de
Febri deposituiD,inde ad ecclesiam s. Ma-
riae de Anima nationis teuthonicae, fu-
nebri solemnique pompa, equitanlibus
post pheretrum pontifìeiae domus prae-
fecto, praelalis assistentil*us,et Papaecu-
biculariis traslatum fuit." Questo brano
del Febei riportato da Cancellieri, dopo
che io qui lo trascrissi, m'iusorse grave
dubbio che si fosse equivocato col dona-
tivo fatto da Gregorio X11I e dichiarato
di sopra. Essendo il libro del Febei ra-
rissimo,non lo trovai nelle bibliotecheCa-
sanatense, Angelica, e altre onde riscon-
trarlo. Finalmente rinvenuto nella Va-
ticana,lessi i 5y? invece dell'errato 167 5,
nel cap. 1 1 : De Jubilaeo celebrato a Gre. ■
gorio XIII. Il testo è eguale, tranne le
parentesi. Laonde il dono è di Gregorio
XIII, come il resto della storia, e non af-
fatto di Clemente X fiorito un secolo do-
po. Credei tutto questo notare, non per
dimostrarmi severo aristarco del grande
erudito Cancellieri, ma tacendolo sem-
brava avere io sbagliato, ed altri poteva-
no cadere in errore. Aggiungerò che No-
va es nella Storia di Gregorio XIII , e
Zaccaria nel Trattalo dell'anno santo,
parlando di quello di Gregorio XII ^chia-
mano il duca di Cleves, Carlo Federico.
La sua bella iscrizione sepolcrale la pub-
blicò Manni, Storia degli anni santi p.
i3g.
Innocenzo XI dopo aver contribuito
con somme cospicue e colle orazioni alla
liberazione di Vienna assediata da'turchi,
dal vittorioso Giovanni III redi Polonia
che l'elFettuò, ricevè lo Stendardo (F '.) di
Maometto tolto a'nemici, come trofeo del
cristianesimo, quindi per ricompensare le
prodezze di quel re gli mandò lo stocco e
berrettone benedetti, col breve Singula-
vis luae, dei 26 gennaio i685, presso il
Guerra : gli permise qualunque cattolico
Antislitem eligat, a quo illis inter missa-
rum solemnia ornclur. Alessandro Vili
veneto, oltre di aver favorito la sua pa«
STO
55
tria con validi soccorsi nella guerra cou-
tro i turchi, per mezzo di mg.1' Miche-
langelo Conti (poi Innocenzo XIII) suo
cameriere d'onore, mandò a Venezia al do-
ge e generalissimo della repubblica Fran-
cesco Morosiui, lo stocco e berrettone be-
nedetli,accompagnatodal hreveEaquae,
degli 8 aprile 1 6go,chesi legge nel Guer-
ra a p. 44^> chiamando il detto suo cu-
biculario nuncius apostolica*. Grati i ve-
neziani dell'insigne donativo ricevo to dal-
l'illustre concittadino, per memoria delle
benemerenze della repubblica lo colloca-
rono nell'aula degli scrutimi, con analoga
iscrizione ad onore del doge denominato
Peloponnesiaco, e per le vittorie del quale
contro la Porta ottomana, Clemente IX
gli aveva scritto la lettera gratulatoria,
Praeclara decora, riportata pure dal
Guerra. L'Ottieri, Istoria delle guerre
avvenute in Europa, t. 7, p. 98, nana
che per la gran vittoria riportata sui tur-
chi ai 5 agostoi7i6, dal generalissimo
dell'imperatore Carlo VI, il principe Eu-
genio di Savoia, dei duchi di Soissons
(F-), a Petervaradino in Ungheria, Cle-
mente XI per onorarlo colla maggior di-
stinzione, la quale erano soliti i prede-
cessori esercitare verso i prodi capitani,
che combatterono e fecero famose conqui-
stecontro gl'infedeli e gli eretici, gli spedi
a mezzo di Orazio Rasponi di Ravenna
cavaliere gerosolimitano, suo camerie-
re segreto di spada e cappa, lo stocco e
berrettone benedetti (precisamentequelli
il cui disegno esiste nell' Opera di mg.
Rocca, e già ricordato); ed accompagnò
il dono con breve de' 7 settembre, cioè
dopo la battaglia di Salaochement e pri-
ma della presa di Temeswar. Dice in es-
so, che tutti i cristiani devono restare al
di lui valore e savia condotta obbligati,
e che devono rispondere al gran benefi-
zio, almeno con lodi, per aver egli in bre-
vissimo tempo disfatto le inuumerabili
truppe de'barbarij onde poteva a lui a-
dattarsi ciò che già si disse di Cesare, che
il venire, vedere e vincere era stata una
56 STO S T O
sola cosa. Doversi egli adunque pel dono pel campo di Temeswar. Giunto il cav.
mandatogli infiammare di' nobile spirito Raspoui dal principe Eugenio, questi si
e lena ad acquistarsi, come gli augurava, mostri) profondamente penetrato della
nuovo merito e gloria, ad esaltazione e pontificia munificenza, e festeggiò il suo
dilatazióne della fede di Cristo. La fun- arrivo, alloggiandolo nel suo padiglione.
zione fu fatta con gran solennità nella cat« Stante la mancanza d'un vescovo, stabilì
tediale di Giavarino, nel ritorno ch'egli per la funzione «ig.r Stefano Konbor vi-
ieee dall'Ungheria in Vienna, e dopo aver cario generale di Giavarino o Raah, nel-
«late le disposizioni alle truppe pe'quar- la cui cattedrale fu eseguita, con antiuen-
ticri d' inverno. 11 breve de'16 settem- za dell'imperatore e del vescovo cardi-
))YiììPluresììiiaximasqueviclorias)%\\e^- nal di Sassonia, non essendo stato pos-
ile nel Guerra a p, 44()- ^>iu interessanti sibilo di farla in quella di Temeswar come
notizie trovo ne' Diari ili Roma [I'7.) in- bramava il Papa, alla presenza di molti
cominciati in quell'annoa pubblicarsi, ap- generali venuti dal campo, e del principe
putito per riportarsi le notizie della guerra d. Emanuele infante di Portogallo, e nu-
che si combatteva in Ungheria, e perciò sci assai magnifica. Il cav. Rasponi avea
chiamavasi Diario d* Ungheria, cioè nel preceduto il principe in Giavarino, ri-
n.° io e sua Aggiunta, e m\Y Aggiunta cevuto con ogni distinzione e onorificcn-
del ii.° 23. Riporterò il più sostanziale za. ludi con ispleudido accompagnameli-
della relazione. Primieramente si legge to il cav. Rasponi si recò alla chiesa, pre-
l'allocuzione Cumulatimi gaudium, pio- cedendo il principe, collo stocco e ber-
nuuziata da Clemente XI nel concistoro rettone, tra le salve delle artiglierie e dei
de'2 settembre 1 7 16, colla quale parte- moschetti, e il suono di tutte le campa-
tipo al sagro collegio de' cardinali le vit- ne. Fu ricevuto da mg.r vicario sulla por-
tone riportate sui turchi in Ungheria, i ta dejla cattedrale, alla testa del capitolo,
pubblici ringraziamenti fatti a Dio e alla il quale souiniiuistrò al principe Euge-
15. Vergine, e la determinazione di aver nio l'acqua benedetta. 11. cav. Rasponi
destinato premiare il valore del principe li portò dalla parte dell'epistola, presso
Eugenio collo stocco e berrettone da lui la quale gli era stata preparata una se-
benedetti nel s. Natale. Indi riportasi il dia coperta con genuflessorio avanti, e vi-
breve, Firmata, coslantanque fiduciam, cino uno sgabello, sul quale un sacerdote
dal Papa scritto al principe Eugenio a'7 in cotta sostenne lo stocco e il berrettone
settembre,per congratularsi de'suoi trion- durante la messa. 11 principe dopo avere
fi, esortandolo a vieppiù sostenere la di- oralo sopra uno strato e cuscino, passò
fesa dell'ortodossia, ed abbattere l'orgo- dalla parte dell'evangeloov'era una spe-
glio de'barbari nemici del nome crislia- ciedi tribuna decentemente ornata. Dai-
no; insiemeavvisandolo di spedirgli il cav. lo stesso lato e alquanto pili basso pie-
Piasponi, col donativo dello stocco e ber- sero luogo i canonici, ed incontro al priu-
lettone da lui benedetti, spiegandone i oipee sopra una pradella fu collocata la
misteri; quindi gl'ingiunse di riceverli in sedia di mg.r vicario, e un poco più bas-
chiesa e dalle mani d'un vedovo, s'era so gli sgabelli pei ministri assistenti. Da
possibile, nella celebrazione della messa, questa partee negli stalli canonicali siede-
11 cav. Rasponi, partito da Roma co'sa- 10110 l'infante, il maresciallo Iìeister go-
gri donativi, si recò prima a Vienna a os- vernatole militare di Giavarino, e i priu-
sequiare e ringraziare l'imperatore Car- cipali ufliziali. Nella solenne messa Can-
io VI, che ad istanza del Papa lo avea lata da mg.1 vicario, si praticarono col
fatto aiutante reale con grado di colon- principe tutte le consuete ceremonie; ter-
nello dell'armata imperiale; indi mosse minata la quale il celebrante depose la
STO S T O 57
pianeta, e assunto il piviale andò a sedere noslrae pari animi devotione, et alacri*
su d'una sedia posta sull'ultimo gradino tate suscipias (qui seguì la tradizione del-
dell'altare. Allora il cav. Raspolli si re- lo -stocco nelle inani di sua altezza, nel
co a consegnare il breve al principe, so- proferirsi le seguenti parole). Firmelur
pia una guantiera coperta di broccato, in eo manus tua,atque exaltetur de\te-
ed espose la sua missione con paiole ap- ra tua, et sic per illuni induatis volute
propria te. Il principe rispose co» espres- ex. allo, ut ad coufusionein inimicoruni
sioui di somma riconoscenza al l'apa, crucis Christi,-$. MatrisEcclesiaegloriam,
prese il breve, lo baciò e consegnò per la illucescant corruscationes ejus orbis ter-
lettura al segretario di guerra, il (piale rae,praestanteeodemDoiiiiiio nostro Jesu
la eseguì ad alta voce sopra un gradino Cbristo, qui cum l'atre, et Spintu sancto
dell'altare. Lettosi il suddetto breve dal vivit, et regnai Deus in saecula saeculo-
segrelario di guerra, sua altezza serenis- rum. Amen". Nel darsi il berrettone, dis-
sima il principe Eugeuio si portò a pie- se mg.1 vicariò nell'importo in capo al
di del celebrante mg.' vicario generale di principe. » Accipe quoque l'ileiun bone,
lì io va l'i no, e genuflessa sopra uno strato quasi Galeani salutis,el munitionis in cu-
e cuscino, il cav. Raspolli collocò il ber- pile ilio, ut te jugitei* in die belli coele-
retlone sopra un cuscino, sfoderò lo stoc- sic lumen obumbret. Sit in te spiritus
co e lo presentò a mg.1' vicario, il quale foi titudinis , et consilii qnalenus profli-
recitò la seguente formola. » Solent Ro- gatis orlbodoxae tìdei bostibus, veram in-
mani Puntifices juxta probaluni praede- tra ebristianorum fines pneem stabilias,
cessoiiim suorum moretn, in anniversa- quam de coelo lerrae invexit Rex paci-
ria NglivitalisDuminicae celebriate En- ficus Jesus Cbristus Dom'musnoster, (jui
seni cum apposito desuper Pileo per in- cum l'atre, et S[iiritu sancto vivit, et re-
vocatioìiem Divini nominis, et apostoli- gnat Deus per omnia saecula. saeculorum.
cam benedictibiiem speeialique ritu san- Amen. " Il principe quindi consegnò lo
clilìcare. Congruit sane quam maximae stocco e il berrettone al barone WaJdòrff
tiasceutis Cbrisli fesli vitati, antiquuni i- suo cavallerizzo maggiore,e baciata la ma-
Blud,ac venerabile Romanae Ecclesiae in- no al celebrante riverentemente, fu da
Slitutuni. Designatili- enim boc pactocon- lui ammesso all'amplesso. Tornato il priu-
ibcttis ilie pio nobis initus, in quo Uni- cipeal suo luogo, fu intiionatoilZWJeu//?,
genitus Fi li tis Dei, magno, et mirabili tra lesalvedell'artigliei ieemoscbetierie.
uequitalis iure celiando, natura ni gene- Spogliatosi mg.r vicario e gli assistenti,
ris assuropsit Immani, ut inventor mor- accompagnarono il principe sulla porta
lis diabolus, per ipsain , quam vicerat, della chiesa, ivi il principe fece un gen-
vjcerelur ; nosque eruli de potestà te te- tile ringraziamento al vicario, al capitolo
nebrarum, in Dei lumen trasferemur, et e al cav. Rasponi, il quale lo seguì, e pre-
legnum. Raliunabili igilur est, ut sancii- ceduti dallo stocco e berrettone alla sua
ficaluin bone Ensem Mucroneni Dumi- abilazione.ovea sfogo dej popolo per qual-
ni , Gladium potentis, quein ail praeci- chetempoiilenneroesposti.il maresciallo
puum tuaefortitudinisdccus, Dealissiinus alloggiò tutti nobilmente, e die un ma-
io eodem Cbristo Pater, et Duminus no- gniiìco pranzo coH'inlervento del vicario,
ster, D. Clemens divinae providentiae Pa- de'canonici, e del cav. Rasponi. Si fecero
pa XI, singolari libi paternae suae be- brindisi dal principe al Papa e all'infante,
nevolentiaesignificationeelargitur,tu mo- al suono ili timpani e trombe, e alio spa-
da, Serenissime Princeps,de catholica re- ro de' cannoni. Rispose il principe Eu-
ligiooe, christiauique populi salute opti- genio con questa lettera a Clemente Xf.
tue inerite, per uiiuhUnuui luuniliLilis - Puàl Dei optimi maxiini c'emeuliain
5$ S T O
piisBealitudinis vestraeexcitatamoralio-
nibus, quae nuper arma Caesarea contra
infensiasimus christianis nominis hosteni
ad Petrowaradiaumtriumpbare contigli,
juliil rnihi majus, optatiusveaccidere pò-
tuit, quam gratiosissimae Sanctitatis. ve-
stile congratulalioues, immeritaque per
Horatium Raspoiium equilem hierosoly-
mitanum omni ex parte clarum, acce-
plumque transmissi Ensis et Pilei con-
«lecoratio, quae dum ea,qua fieri potuit
solemnitale peracla, iue non modo divini
fivoris admonebil; veruni etiam ad ma-
jores justae Dei, Caesaris'et Christianae
L-ausae excilabit conatus, quos dum sub
tanto pontificata felices spero, Divinam
quoque opem in subsidium invoco, velit
me acceptae gratiae dignum reddere, et
Beatitudinem vestram prò amplimi glo-
j ia Suae sanctae Causae, et Caesaris prò-
inoliane, diu salvum,inco!umemque ser-
vate, cujus sanclissinios pedes dum omni
cuin reverentia exosculor, respectuosis-
sima cimi subtnissioue maneo, etc. " Indi
ii Diario di Roma riporta una serie di al-
cuni esempi degli stocchi e berrettoni be-
nedetti donali da' Papi, ma non è esatta
interamenle.il Pagi pretese nella Pila di
Urbano FI3§ 68, die questa benedizio-
ne si facesse in qualunque giorno, e che
Clemente XI benedi lo stocco e berret-
tone pel principe Eugenio nella chiesa di
s. Maria del Popolo l'8 settembre i 7 i5:
in tutto errò, non trovandosi che in ve-
1 un'altra festa fuori del solo s. Natale fe-
cero tal benedizione, ma tranne quella
che ri porterò di Leone XII a'nostri giorni
soltanto, seppure debba invece chiamarsi
altra benedizione (Benedetto XIV peli.0
una volta benedì la Rosa d'oro, in tem-
po di ver so dal consueto, perchè venne l'op-
portunità di donarla e non esisteva quel-
la del precedente anno). Tra quelli che
seguirono l'errore del Pagi, vi fu Guerra;
tra quelli che lo confutarono, Zacearia e
Cancellieri. Sembra che nel contrario er-
rore sia caduto pure Mondelli, cioè sulla
benedizione straordinaria dello stocco e
S T O
berrettone ducale, dicendo esservi molti
esempi, ma senza indicarli, tranne quello
d'Urbano V, che secondo il Bzovio, fece
tale benedizione a'9 aprile 1 3G8 nel gior-
no di Pasqua.» Benedictioneui intersa-
crificandum Ensem auratum eidem re-
ginae Joannaeadsidenti donavit, ipsa ve-
ro Petro regi Cypri, qui eo accintus Ni-
colaum Spinellium Juvenantium reginae
cancellarium baltheo militari ornavit."
Da queste testimonianze dunque appa-
risce, che il Papa fece il donativo alla fa-
mosa Giovanna I regina di Sicilia (U.)t
la quale ne fece poi un presente a Pietro
1 re di Cipro. Temo assai della verità di
questo racconto, tanto più che altrove nar-
rai, avere neh 368 Urbano V donato in
Roma la Rosa d'oro a Giovanna I,a pre-
ferenza di Pietro I, onde i cardinali al-
tamente ne mormorarono, come affer-
mano l'autore delle due T'ite, d' Urbano
V, pubblicate da Baluzio p. 38 1 e 4°8,
e Muratori, Scriptornm rer. Italia, t. 3,
p. 54 1 , 620 e 634- Benedetto XIII nel
1725 per mezzo di Gio. Francesco degli
Abbati Oli vieri,spedì aMalla al gran mae-
stro dell'ordine Gerosolimitano fr. Ema-"
nuele de Vilhena portoghese, lo stocco
e berrettone benedetti, per la difesa che
faceva di quelP. isola contro le mire dei
turchi. 11 Marchesi, Galleria dell' onore
t. 2, p. icjq, chiama Gio Francesco cava-
liere di Malta e cameriere d'onore di Be-
nedetto XIII, e che dopo tale onorifico
incarico fu canonico Valicano, protono-
tario apostolico soprannumero,e ponen-
te, del buon governo. Il Zaluski nell'o-
pera che citai a Berrettone, nel descri-
vere questi donativi falli a're di Polonia,
afferma che Benedetto XIII nel 1726 Io
fece al re Augusto II ed elettore di Sas-
sonia. II n." 4686 del Diario di Roma
del 1747 riferisce come Benedetto XIV
in concistoro segreto recitò una erudita
allocuzione sopra lo stocco e berrettone
benedetti, destili indoli in dono al gran
maestro di Malta fr. Emanuele Piuto de
Fonseca portoghese, e glieli rimise col
S T 0
breve Maxima, de'23 dicembre, per le
Mie benemerenze e per quelle di sua il-
lustre religione equestre. Nominò alle-
gato apostolico a portarli mg.r Luigi Va-
lenti suo cameriere d'onore in abito pao-
nazzo, nipote del segretario di stato e poi
cardinale. Errò Cancellieri,e il D.°49 del
Diario /li Roma 1 8 1 4 che lo copiò, in as-
serire che Clemente XIII donò al gran
maestro di Malta lo stocco e berrettone
benedetti. No, fu Clemente XIV, e nel
i 774> e lo notai nel voi. XXIX, p. 262,
dichiarando i regali che ricevette l'able-
gato apostolico mg.1 Bonanni. Lo affer-
mano i n.i 8 566, 8 58 2, 8 "98,860 0,860 2
del Diario di Roma 1 y y 4» ove s' pJ'h>
del biglietto di segreteria di stato, per la
nomina dell'ablegato;di sua partenza per
Malta con una galera pontili eia, con molta
gente di buon servizio; del suo arrivo ai
18 giugno, onorificenze ricevute, accol-
to allo sbarco da 4 cavalieri, incontrato
alla porta dal clero secolare e regolare, e
da'cappellani conventuali, recandosi pio-
ccssionalmenlein chiesa tra il rimbombo
delle artiglierie e il suono delle campane;
che ringraziati tutti, passò coi cavalieri
alla nobile residenza destinatagli, riceven-
do le visite de'grancroci, del prelato in-
quisitore di Malta, e recandosi privata-
niente a visitare il gran maestro Xime-
nes de Texada di Navarro. Indi si narra
l'udienza pubblica, che fu destinata do-
menica 26 luglio per la funzione, e si leg-
ge la notade'regali ricevuti dall'ablegatu,
e il suo ritorno in Roma. L'ultimo dona-
tivo dello stocco e berrettone io fece Leo-
ne XII nel 1825, come riportai nei voi.
XXVII, p. 142, XXXVIII, p. 65, dicen-
do che il Papa, per avere il Delfino Luigi
ducad'Angoulème, figlio di Carlo X redi
Francia, generalissimo dell'esercito fran-
cese, liberato il re e la famiglia reale di
S/jagua dal dispotico potere de' co:t:tn-
ziouali ribèlli, gli mandò iu dono a Parigi
Io stocco e berrettone benedetti, che esi-
stevano nella sagrestia pontificia., e cou
singoiar esempio volle ribenedirli nel gior-
S T O 59
no festivo dell'Invenzione della ss. Croce
a'3 maggio, nella sua cappella segreta del
VaticaiiOjdopo la celebrazione della mes-
sa. Si determinò a questa straordinaria e
nuova benedizione, per la presa risolu-
zione di dare tale dimostrazione in occa-
sione opportuna. Inoltre notai, che a tal ef-
fetto destinò perablegatoapostolico mg.r
Lodovico de'baroni Aucajani (ora moua-
cocassineseeabbatedis. Pietro dìFerenr-
/r//o,abbazin di cui riparlai a Spoleti), ca-
rnei ieresegretosoprannu mero, incaricato
pure di presentare la berretta cardinali-
zùzalcardinalCroy arcivescovo di Rouenj
e notai i regali ricevuti daU'ablegato. Di
che e della benedizione in parte trattano
i n.i 36 e 161 del Diarto eli Roma 1825,
dichiarando che l'ablegato fu accompa-
gnato dal fratello bai oue Decio, e da mg.r
Conti cappellano segreto del Papa. Il cav.
Arlaud pai la del donativo pontificio nel-
la Storia di Leone XII, nel 1. 1 1 , p. 1 75,
176, 249 (ed anche nella Storia di Pio
1 III, t. 2, p. i3o). Egli osserva, che il
berrettone o cimiero, è una specie di cap-
pello del medio evo, ed è sempre accom-
pagnato dallo stocco, specie di spada; che
sogliono donarsi a "cneralissimi chesiansi
distinti in fazioni importanti (poteva ag-
giungcre,anche pe'motivi che ho descrit-
to, ed ai sovrani), come d. Giovanni di
Austria, Giovanni III e il principe Euge-
nio; ed egualmente volendosi ricompen-
sare la spedizione di Spagna, per cui Leo-
ne XII avea domandato a lui stesso, co-
me incaricalo di Francia in Roma, le no-
tizie sulla vita delducad'Angouléme vin-
citore di Cadice, ponendo fine alla rivo-
luzione spagnuola ; onde aver gagliardi
motivi di manifestare a 'cardinali la sua
determinazione, e inviar quindi tali segni
d'onore a Parigi, ch'è la più alta ricom-
pensa cattolica che possa desiderare un
guerriero amico della religione. Soggiun-
ge, che alcune persone, conoscendo poco
gli usi di Roma, che non si diparte mai
dalle foggie dell'antichità, trovarono Io
sloccu e il berrclloue pesanti da non pò-
60 STO ST ()
(tisi adoperare, ignorando che simile o« ne nell' ultima settimana di luglio dello
noie era stato fatto ai 3 nominati ina- stesso i 82 ^Nell'anno precedeute,ad onta
gnaniuii e benemeriti della cristianità; es- the fosse affaticato Leone XII dalle fun-
si però non aveano posto sulla loro testa zioni dell'apertura della porta santa, pu-
il formidabile berrettone, uè aveano ini- re prima del mattutino della notte del s.
brandita quella spada sì pesante. Questi Natale, al letto de'paramenti e colle for-
segni d'onore, nelle ce ré moni e della pace inalila consuete beuedì lo stocco eherret-
venivano portali dagli araldi, che prece- tone ducale (cioè quelli che spedì poi con
dcvanoque'eapitani;ina in Utnpodiguer- nuova benedizione in Francia), indi pas-
ja essi non apparivano vestiti di eosìenor- so alla funzione della contigua cappella Si-
ini insegne. Alcune critiche beffarde cir- slina, come trovo nel n.°io4 del Diario
«colarono ed afflissero ii buon Papa, il qua- eli fìo/na i 824. bi quello poi del i 82.5 e
le nel lagnarsene, mostrò di sapere che nel u.°io3, leggo che Leone XII avendo
il re, il Delfino, le principesse aveano e- eseguito la chiusura della porta santa, non
sternato la loro sincera gratitudine per intervenne nella seguente nolle,vigilia del
tali e altri doni: Carlo X si dichiarò gra- s. Natale, al mattutino; laonde nella mat-
tisiimo di tutto, e fece aucorlui donativi lina appresso e nella sua cappella segre-
a Leone XII, diche trattai a'Ioro luoghi, la, dopo aver celebrata la messa, henedi
Poi narra, che il giorno di Natale i 825, lo stocco e berrettone (cioè quelli falli di
dopo la celebrazione del la messa/luemaz- nuovo, e (piando gli altri giù erano slati
zieri portavano il berrettone e stocco de- ricevuti dal Deliìno). INon vi fu pontili-
stillati al DeKìno, stati benedetti secondo cale in s. Pietro, ma solenne messa nella
l'uso del Papa nella sua cappella privata cappella Sistina, in cui sebbene non vi
dopo una messa comune. Qui I' ottimo andò il Papa, si videro Io stocco e berret-
storico (che celebrai anco nella biografìa Urne, sostenuti (a corna Epistolae) a vi-
dei cardinal Soma gli a) cadde in anacro- penda da due mazzieri pontificii, e non
nismo, che non posso trasandare, iinpli- portati, uflizio che spetta al chierico di
cando più cose. Dal riportalo di sopra, e camera. Aggiungerò che nel n.°io3 del
comprovato dal Diario di Roma (g\ov- Diario di Roma 1826 si riporta, che Leo-
naie ollìciale, che se talvolta disse iuesat- ne XII celebrò le funzioni del vespero e
tezze parlando d'antiche er udizioni, non mattutino nella basilica Liberiana, ove
fallava quando pubblicava-cose di fatto avanti il ?.. "nella sagrestia e coll'assisleu-
del giorno e riguardanti il Papa, almeno za del sagro collegio (cioè perchè ivi si
nel sostanziale e più importante, e si ret- raduna, non per assistere alla benedizio-
li fico col numero seguente quando noti- ne) e degli altri che vi hanno luogo, fece
fico cose che meritavano correzione), che la benedizione del cappello e dello stocco,
lo stocco e berrettone pel Delfino giù era- solita praticarsi in questa notte (vale a
no stati a lui conseguati in Parigi, lm- dire i nuovi sostituiti a'donati, e tuttora
porla inoltre che io rimarchi, che meno esistenti nella sagrestia pontifìcia). Altret-
alcuni casi, e in principio notati, la bene- tanto praticò nel 1 827, come dal n.° 1 04
dizione si fa sempre nella camera de'pa- del Diario (\\ qualeerròambeduelevolte,
lamenti del palazzo apostolico e talvolta nel dire che l'esegui in piviale). Final incu-
neila sagrestia Liberiana. Di più leggesi te il n.°2 5 del 1828, dice che Leone Xlf
ne'due allegati Diari di Roma, che i'ab- celebrò nella cappella Sistina il vespero
legato partì da Roma due giorni dopo la e il mattutino, e nella seguente mattina
ribenedizióne dellostocco e berrettone pel pontificò la messa nella basilica Liberia-
Delfino,cioèa'5maggio,e visi restituì do- uà, in cui durante la funzione e dal lato
po esegui la la ragguardevole comìuiasiu- dell'epistola presso l'altare da uu maz-
STO
ziere furono sostentili lo stocco e berretto-
ne, benedetti nell'antecedente nolfcfdun-
que nella camera de' paramenti della Si-
stina). In questa li benedì Gregorio XVI
ordinariamente avanti la messa della not-
te di Natale cui assisteva, e se non v'in-
terveniva l'eseguiva nella mattina prima
della funzione. Il regnatile Pio IX costa*
mando celebrare il mattutino e il pon-
tificale della notte di Natale nella basi-
lica Liberiana, in quella sagrestia e. pri-
ma tlel mattutino benedice lo stocco e il
berrettone. Su questo argomento, oltre i
rammentati scrittori. si ponuo ' vedere,Ste*
fmo Pigili, De insignibus militaribus a
Paul. Max. principibus deferri solilis,
nello Scotti, Itinerario p. 482. France-
sco A. Mondelli, Qual sia dello stocco
d'oro l'origine? nella Dissertazione ì li
della II Decade, Roma 1792.
STÒCKHOLMoSTOCCOLMA,flb/-
mia. Città capitale del regno di Svezia
(P.)e capoluogo della prefettura del suo
nooie, nella parte orientale della Svea-
landiao Svezia propria, porzione dell'an-
tico Upland o Boslagen e parte dell'an-
tica Sudermania. E' situata sullo stretto
che unisce il lago Maelar ad unode'brac-
ci del mare baltico, i'.>.o leghe nord-est
da Copenaghen, \Go ovest sud-ovest da
Pietroburgo, 35tda Vienna, e35oda Pa-
rigi, in posizione sommamente pittore-
sca; l'alternare della terra e delle grandi
masse d'acqua, l'ineguaglianza del ter-
reno che forma ora collina di dolce de-
clivio, ora masse scoscese di rupi di gneis
e di granito, le danno un aspetto mira
bile e unico in Europa. Stockholm è ba-
sata sopra 7 piccole isole, dalia parte del-
l'acque del lago Maelar, il più pittoresco
de laghi di Svezia. Questo lago per le due
loci IN'orrstrome Soderstrom sbocca nel
porto, mantenendo dolci le acque nello
Skargard, o vero arci pelago, dov'entra-
no le navi per le principali imboccature
di Dalaro e di Sandhamn. In cei to modo
questa città ha multa analogia con Ve-
nezia; mn le acque che battono alle sue
STO fi 1
mura e alle strade sono più chiare e più
profonde che quelle del eanale e delle la-
gune della già regina dell'Adriatico, con
più che vascelli di tutte grandezze pas-
sano a due ranghi innanzi le case e le fi-
nestre de'circa suoi 1 00,000 abitanti. Alla
vista d'ogni parte si ravvisano i giardini
ricchi d'alberi e delle più rare piante, le
cupole delle chiese, ed in qualche luogo
i ponti che vanno da una all'altra isola
pel commercio de'ciltadini. La maniera
però più usata per le comunicazioni del-
la ciltàjSono de'battellelli di diverse gran*
dezze, che circolano, partono e danno lut-
ti gl'indizi, come le vetture, le piccole di-
ligenzeegli omnibusoggi usali nelle gran-
di città d'Europa. Ciò che v'ha di straor-
dinario però si è, che questi battelletli so-
no tulli condoni da donne. L'ineguaglian-
za delle rocce, o scogli di granito che in-
numerevoli sorgono dalle onde, in parte
delle quali sono fondate le abitazioni, le
rendono di dillìcile accesso : ed in falli u-
na gran parte delle case sono disposte a
foggia di gradini d'anfiteatro dal pendio
d'un'alta collina, ed un vasto palazzo co-
rona e domina l'assieme di queste vedu-
te. Generalmente le case sono costrutte
di pietra ed a mattoni, ed esteriormente
coperte di stucco bianco. 1 quartieri dei
sobborghi sono di legno, formano la par-
te inferiore della città, e quasi del tulio
nascosti. Il castello ed i pubblici edilìzi
hanno il tetto ricoperto di rame. La più
bella e la più larga strada è quella della
della Regina, che attraversa il quartiere
al nord, ch'è il più ricco di edilizi. Vi si
coniano 1 5 belli ponti di congiunzione,
unode'quali è di ferro. Componesi Stock-
holm di 1 0 parti o quartieri materialmen-
te separati. r.° Lo Staden o la città pro-
priamente detta, sopra un'isola centrale
e situata nel bel mezzo dello stretto, che
al mare congiunge il Maelar; la parte del-
lo stretto medesimo che trovasi al nord
dell'isola chiamasi JVorreStroem; e l'al-
tra Soedcr-Slroem. Questa divisione è il
centro degli all'ari commerciali: le ri vie-
62 S T O STO
re ne sono fiancheggiate da case superbe, ove tengonsi alcune assemblee. Si consi'
dove abitano i primari mercanti, e colà dera spesso questo quaitiere come pai-
pure trovasi il palazzo regio, vasto castel- te della città propriamente delta. 4-° Lo
lo quadrangolare di magnifica archilei- Skepps Holmen o Adiniralitets-Holmen,
tura e di bellissimo e maestoso aspetto, situatoall'esl delloStadene alcontinente
situato alla sommità dell'isola, con mi- congiunto per mezzo d'un ponte: contie-
merosì ed eleganti ornati nell'interno; due ne poebe case particolari, e vi si trova-
leoni di bronzo di colossale dimensione no l'ammiragliato, l'arsenale della mari-
fuiino mostra di difenderne ringresso,de- na, la dogana dell'ammiragliato e quau-
corando la principal facciata un bel ter- li tu. di magazzini. 5.° Il Castel-Holmen,
razzo con giardino. Vi dimora la corte, al sudestdelloSkepps-Holmen, al quale
e tutte le amministrazioni della monar- comunica mediante un ponte. Havvi un
cliia. Raccbiiule ancora gli archivi del re- furie guernitodii2 cannoni, e un Iazza-
gno, il museo ove fra le statue die vi si retto della marina. 6.° Il BeckHolmen,
ammirano trovasi il famoso Endimione all'est sud est del Castel-Holmen : veruu
scoperto nella villa Adriana; la bibliute- ponte noi congiunge alle terre vicine. j.°
ca regia, la bella chiesa di s. Nicolao, il li Kongs-IIolmen , la massima isola di
palazzo dei cavalieri ossia della nobiltà Stoccolma, all'ovest nordovest dello Sta-
ove radunasi per le sessioni delle diete, deu. Xe è abitala soltanto la parte orien-
grazioso edilizio esternamente adorno di tale, e vi si trovano la chiesa d' Lirica E-
statue ecolonne, e dentro di quadri e scili- leonora, e il gran lazzaretto regio. Si va
ture; il nuovo palazzo di giustizia, lacbie- da questo quartiere al continente, al l'est
sa alemanna di s. Gertrude con torre al- per due ponti, uno de'quali passa sull'i-
tai i i piedi, la borsa, la banca, la zecca soletta diBlek-Holoien. 8. "IlNorre-Malm,
con un gabinetto di minerali, il collegio al nord della oillà propriamente detta o
delle miniere, la posta e altri pubblici sta- Staden,alla quale è congiunto per mezzo
bilimenti. Sulla piazza del castello s'innal- di grande e bel ponte; giace sopra una
za sopra un piedistallo la statua in bronzo penisola molto più. estesa dello Staden,
di Gustavo 111. Lecasemoltoalte,lestrade ed olii e 6 grandi piazze, vie molto rego-
generalmente anguste, danno al comples- lari, molto lunghe, alcune però strette.
so un'apparenza alquanto tetra. 2.° Lo Si notano in questa parte il palazzo del
Ilelge-Anclsholnien o Piccola Stoccolma, principe Alberto, l'osservatorio astrono-
iu mezzo al ÌN'orre-Slroein, al nord dello inico, l'arsenale dell'artiglieria col labo-
Staden, e contiene belle case in pietra e ratorio, il teatro, il serraglio deMe fiere,
le scuderie regie. 3." Il Uiddar-Holmen, il giardino degli agrumi, la chiesa d'AdoI-
all'ovest dello Staden, da cui non è sepa- fo Federico, con un monumento in me-
ratocheda uno stretto canale, traversato moria di Descartes ossia Cartesio morto
da un ponte: contiene la chiesi di Rid- a Stoccolma, e la piazzadi Norre-Malro-
dar- Holmen, una specie di Pantheon e torget, in mezzo alla quale sorge la statua
uotabile pel gran numerodelle tombe re- equestre di Gustavo Adolfo. Al Norre-
gie, de'sarcofagi e trofei che racchiude, Maini attaccatisi al nord est il quartiere
e dove sono sepolti la più parte de're di diBlasie-IIolmen,ed all'est quello di La-
Svezia posteriori a Gustavo I Wasa (la dugards-Landen che somiglia piuttosto
cui statua equestre è una di quelle che ad un villaggio che ad una parte di ca-
sono in Stoccolma), fra i quali Gustavo pitale. g.° 11 Soeder-Malrn, al sud dello
Adolfo e Carlo XII, ed un gran numero Staden, al quale si unisce con un ponle
di celebri diplomatici, gratuli capitani e levatoio e varie costruzioni di chiusa: è
uomini illustri; e l'aulico palazzo regio, quasi interamente circondato dalle acque;
S T O
al sud-sudest Io congiunge al continen-
te un istmo stretto, coperto di ibi tificazio-
ni. L'aspetto somiglia a quello di None-
Maini, ma vi sono meno monumenti pub-
blici; però vi si fanno distinguere l'ostello
della città o palazzo municipale, e il gran
deposito e pesa del ferro, i o."ll Lang Hol-
men, lunga isola al nord-est del Soeder-
Malm, col quale comunica per un ponte,
evi si rimarca la casa di correzione, e l'uf-
ficio doganale per la percezione de'dirit-
ti delle navi, che sortono dal Iago Maelar.
La riunione di tutte queste parti olire un
circuito di 3 leghe e mezza, ma troppo
manca che tutto sia abitato. Vi sono o-
spedali, stabilimenti di beneficenza, case
d'industria; 1 4 chiese,4 oralorii,lasinago-
ga degli ebrei: della chiesa cattolica, e di
quanto riguarda i cattolici netrattoa Sve-
zia, parlando del vicarialo apostolico o-
m opimo, risiedendo in Stoccolma il vica-
rio apostolico. L'amministrazionedi Stoc-
colma stai urna no d'un governatore e d'un
sotto governatore. La magistratura della
città consiste in 4 borgomastri e 20 con-
siglieri. Per conto ecc!esiastico,cioè del cul-
to luterano, vi sono due concistori, uno
della corte, l'altro della città. Il re Car-
lo Giovanni sulla piazza Stolsbacken in-
nalzò un grande obelisco di granito, in o-
nore della milizia borghesedi Stoccolma.
11 grande arsenale, situato in ameno pas-
seggio chiama lo ilG lardino del Re,è vastis-
simo; contiene gran quantità di trofei che
rammentano i bei giorni della monarchia
svedese,e molti altri oggetti che riferiscon-
si alla storia del paese. In una sala si con-
serva l'effigie del sovrano in legno di buon
intaglio. Si mostra un battello che si pre-
tende fatto costruire da Pietro I il Grati'
de nel cantiere di Sardam; la camicia in-
sanguinata trovata al re Gustavo Adolfo
quando peri a Lulzen; l'abbigliamento
completo di Carlo XII, allorché fu ucci-
so,e composto di uniforme di panno bleu,
come semplice soldato, una larga cintura
di pelle di bufalo, alla quale è appesa li-
na spadaccia lunga 5 piedi, due stivali e
STO 6 5
guanti estremamente stretti e piccoli, ed
uu cappello pei forato verso la parte drit-
ta viciuo la tempia, buco cagionalo dalla
palla che die morie a sì grande eroe. Pos-
siede Stoccolma gran numero di società
letterarie e pregievoli. L'accademia reale
delle scienze fu fondata nel 1739, da una
piccola associazione che contava tra' suoi
membri il celebre Linneo: ha essa 100
membri svedesi e 60 forestieri; l'aaricol-
tura, il commercio, le manifatture, le scien-
ze filosofiche e ma tematiche, forma no l'og-
getto de'suoi lavori; vedesi con interesse
il suo museo, la biblioteca, l'osservatorio.
L'accademia svedese istituita neh 786 ila
Gustavo 111 non conta cheiS membri, e
limitai suoi studi al perfezionamento del-
la lingua svedese. Altre accademie sono,
quelle delle belle arti, dell'istoria e del-
le antichità, quellami lilare, di architettu-
ra, pittura e scultura, di musica, la socie-
tà patriottica scandinava e d'agricoltura,
la biblica. Vi è scuola di navigazione e di
disegno, il collegio di medicina e chirur-
gia che soprintende su tutti gli stabilimen-
ti medici del regno, la scuola di tecnolo-
gia , ec. La biblioteca regia conta quasi
5o,ooo volumi; il gabinetto de'minerali,
quello zoologico sono preziosissimi; lecol-
lezioni particolari sono numerose e inte-
ressanti. Stoccolma è l'emporio del com-
mercio della Svezia centrale. Pochi porti
sono tanto profondi e così vasti quanto il
suo, che trovasi tra lo Stadeu o città, lo
Skepps Ilolmen , ed il Blasie dolmen :
1000 vascelli ponno starvi in sicurezza, ed
i piìi grossi giungono sino alle riviere. Il
solo impaccio che incontri la navigazio-
ne viene prodotto dal gran numero d'i-
solette e di scogli che imbarazzano l'in-
gresso dello stretto verso il Baltico; gli sco-
gli sono coperti di frondosa verzura, altri
hanno casolari graziosi di legno dipinti
in rosso. I due forti di Vaxholm e di Da-
laroe guarentiscono il porlo, ch'è 3 leghe
discosto dal mare aperto. Le principali e-
spoliazioni consistono in ferro, legname,
rameica trame; il commercio interno assai
64 STO
ragguardevole,trovasifflcilitatoclallungo
lagoMaelar,chefavoriscepure ilcommer-
ciò esterno per mezzo del canale di Soe-
dertelge stabilito fra il lago e il Baltico.
Hanno le manifatture e le fabbriche va»
lieta e attività, e vi si distinguono par-
ticolarmente le vetrarie, le raffinerie di
zuccaro, di panno, di cotonine, di cappel-
li, di seterie, d'orologierie, d'argenterie,
di stranienti matematici, porcellana, ma-
iolica, fonderie di cannoni, cantieri da co-
struzione, utensili di ferro e di rame, ri-
noma te essendo le fonderie di ferro a sta ri-
ga che formano uno dei primi articoli
commerciali, cavato dalle magnifiche mi-
niere di Dan mora, situate fra Stockbolm
e Upsala. E" lai. "piazza manifattrice del
regno, efa più del 3.° del commercio del-
l'esterno della Svezia. Si dice che solo ATrz-
poliamo rivaleggiare fra le capitali d'Eu-
ropa eolla città di Stockholm per l'ame-
nità dc'dintorni, essendo sulle sponde del
Maelar sparse deliziose case di villeggia-
tura, ed al nord sono due sorgenti mine-
rali. I costelli o regie deliziosissime ville
che la circondano, sonoquellediRosendal,
cliea'a i marzo 18 iq rimase in parte pre-
da delle fiamme, Rosesberg, Ulrichsdal.
Drolningholm, Haga, Carlsberg eSvart-
sjo.Quantoalla edificazione di Stockholm
.si riporta al secolo XI 11, al i 25ooaI i 2 54-
Dopo la morte del re Enrico XI il Bal-
bo, il conte Berger viceré o governatore
della Svezia, risolutod'immortalareil suo
nome, formò il progetto di fondare que-
sta grande città. Ma come nelle grandio-
se operazioni non mancano mai delle con-
trarietà, a queste gravemente fu sogget-
to: e mollo si trovò imbarazzalo nella scel-
ta del luogo conveniente, e quindi non
volendosi fidare uèallesue cognizioni, uè
al suo buon gusto, narrasi cheuo giorno
slanciasse sulle acque all' estremità del
lago Maelar un pezzo di legno in forma
di bastone, giurando che dove si fermas-
se, colà sarebbe edificala la nuova cillà;
e in fatti dopo qualche istante vide il ba-
stone presso l'isola vicina. Fedele al suo
STO
giuramentoil conte fece fabbricare la cit-
tà, che prese il nome di Stockholm, os-
sia isola di legno, odi bastone, da Stock,
pezzo di legno,e daholm, isola. Altri pre-
tendono dalla grande quantità di travi
diesi portarono per costruirla. Talee la
tradizione popolare della fondazione del-
l'odierna capitale della Svezia. Il suo in-
cremento fu rapido, ma solo nel secolo
XVII meritò di divenire residenza delia
corte reale, prima stabilita Dell'antica ca-
pitale TJpsala. Stockholm quindi seguì i
destini politici e storici della Sveziate con
essa si compenelra la sua storia.
STOLXjStola^o'iajOrnrium. Veste,
abito, .ornamento sagro, che consiste in
una striscia di stoffa, propria del Papa e
de'vescovi, il cui uso è concesso ai sacer-
doti e ai diaconi soltanto, ma è interdet-
to ai suddiaconi, come dichiarano Binio,
Diclich e altri liturgici. Si pone ai collo
nella parte media, onde forma due liste
che cadono sul davanti fino al basso, so-
pra o sotto il ginocchio. Queste liste fu-
rono staccate dall'antico abito aperto da-
vanti e chiamalo Stola, di cui hanno esse
conservato il nome. Furono altresì chia-
mate Orarium, dalla parola ora, che si-
gnifica bordo, estremità, perchè le dette
liste terminavano il bordo dell'abito, co-
me osservò GioselTo,/^iWi. giud. lib. 3,
cap. 8, parlando del lembo della veste ta-
lare d'Aronne; così s. Gio. Crisostomo si
espresse, dicendo della stola sacerdotale.
Fu dunque la stola detta orario da alcu-
ni liturgici, per cui Bmio parlando del con-
cilio di Laodicea, che molti dicono cele-
bralo sotto s. Silvestro I, dichiara: » Ora-
rium idem est in antiquis fati ibus, quod
Stola, qnae est Vestis sacra non lata, cu-
jus usus sacerdotibus ac diaconis conces-
sus est, subdiaconis interdictus". Furono
sinonimi Orario e Stola, e Piabano, De
Irmi. Cler. cap. i 4, ed Alcuinu, De Divi-
iris Offìciis e. 3f), dicono: Omnium sto-
lam vocanl. Avverte però il Magri, No-
tizia de vocaboli ecclesiastici , in verbo
Stola, che sebbene da molti viene chia^
STO
mata Orarium, presso i greci tal voca-
bolo significa solamente la stola diacona-
le, a distinzione della sacerdotale, detta
Epitrachelio n e in significato di collana
osopracollare,sebbenepoi i sacerdoti mo-
derni mutando sito in portarla sulle spal-
le [hìò ch\amavs\ Superhiimerale (P .),ed
i maroniti e altri cristiani arabi chiama-
no Battirscin. Anche Costantino Curo-
palata distingue la stola dall' orario dei
greci, poiché parlando dell'adorazione
della Croce, scrive che la porta l'arcidia-
cono vestito non della stola, ma dell'ora-
rio. L'etimologia della voce orario, Bal-
samone nel can. 20 la fa derivare dal vo-
cabolo greco significante osservazione ,
perchè l'orario sembra particolarmente
proprio de' diaconi soltanto, come assi-
stenti de'sacerdoti celebranti e come os-
servatori de'sagri misteri. D'altronde Du-
rando, Deril.cccles. lib. 2, cap. g, è d'av-
viso che l'orario sia voce latina, prove-
niente da os orìs, cioè bocca, poiché da
questa derivano la lode e la preghiera.
Nel voi. XXXIf, p.i/p ei \G, parlando
de'paramenli sagri de'greci, descrissi l'o-
rario del diacono, e la stola del sacerdo-
te , colle simboliche spiegazioni. Inoltre
orario fu detto altresì quel velo, con cui
per divozione cuoprivansi le Reliquie dei
santi. Sull'etimologia del vocabolo Stola
ponno vedersi il cardinal Bona, Rerum
liturgicarum, cap. 24 ; Le Brun, Spiega-
zione della messai.i , p. 5o; Lambertini,
Della s. messa sez. 1 , cap. 4; Veri, Spie-
gazione delle ceremonie della chiesa, t.
2, p. 826. Secondo le spiegazioni del ci-
tato Alcuino, la stola fu detta orario per-
chè conviene agli oratori o predicatori.
Si porta sul collo l'orario, in maniera che
l'estremità arrivino alle ginocchia, e si a-
dattino sul petto in modo di croce, che
secondo Simeone di Tessalouica, si rife-
risce alle ali degli spiriti angelici, l'uffi-
zio de'quali esercita il diacono. JNe'primi
tempi alcuni diaconi avendo avuto l'am-
bizione di portare due orari, il concilio
4° di Toledo del 633 determinò col can.
VOI. LXX.
STO G>
3r), che non convenendo due orari a'sa-
cerdoti e neppure a'vescnvi, molto meno
convenivano al diacono ministro inferio-
re. Dipoi i diaconi sdegnarono di portare
l'orario scoperto, nascondendolo sotto la
Tonicella^f '.). Quanto alla Tonaca jVeste
lunga econ maniche lunghe, chiamata «S'io-
la da'ronaanì e da' greci Calasiris, tutti
i popoli d'oriente la portavano, come prò-
vasi con molti monutnenli,di >tatueebas-
3orilievi,che si ponno riscontrare uella.l/;-
tologiaj alcuni popoli però usarono ma-
niche corte e si disse stola o tonaca reale,
co me abito ordina rio de' re e de' magi stra-
li, poiché arrivavano alla metà della par-
te superiore del braccio, a somiglianza de-
gli abiti odierni denominati rubboni, ed
usati ancheda' Gonfalonieri, Priori{/\),
anziani ealtri magistrati municipali, econ
lai^lie stole di lama o tela intessuta d'oro
o d'argento. La tonaca 0 stola si vede nei
monumenti, principalmente nelle perso-
ne, che per la loro condizione erano sog-
gette a pubblica comparsa, sempre cinta
da una benda o fascia più omeno larga
di slolla. La stola presso i romani era il
vestito distintivo delle donne d'alta con-
dizione e matronali. Le maniche erano
lunghe, e scendeva sino a' piedi: d'ordi-
nario era di porpora, adorna di galloni
0 bende di stoifa d'oro, di cui pure era
orlata tutta all'intorno nella parte infe-
riore; ed è questo il motivo per cui le pa-
role stola e instila si prendouo talvolta
negli autori per la castità e la modestia
che vieppiù convengono alle donne di di-
stinzione, che sole ottennero il permesso
di portar la stola, dopo che la palla(sinoni-
nio del peplos de'greci, ossia il manto o
esteriore vestimento delle romane, che vi
ravvolgevano il corpo senza affibbiarlo e
meuo largo della toga) fu concessa alle
donne del popolo e alle cortigiane. Su
questa palla le matrone per distinguersi
ponevano la stola,altridiconoilcontrario,
che sulla stola usavano la palla, di cui gli
uomini non potevano decentemente ser-
virsi. Presso i greci però la stola era co-
GG STO
mime a'due sessi, e in generale indicava
qualunque tonaca lunga; ed in un senso
più particolare significò unaspecied'abito
proprio delle donne assirie, lungo e con
maniche, che Semiramide rese comune
ancheagli uomini, aflhichèilsuo travesti-
mento da uomo fosse meno osservato.
Quindi gli assirie caldei, concedendo una
festa anniversaria agli schiavi, uno di essi
faceva dare, vestito di stola simile a regio
ammanto e chiamata zogana, come dissi
nel voi. LX1I, p. 124. Questo vestimento
dagli assiri passò a'medi, i quali a tempo
di Ciro lo comunicarono a'persi, perchè
quel principe io credè alto perla sua lun-
ghezza ad ascondere i difetti del corpo,
e a far comparire la hellezza della statina.
Chiamavansi stolide le pieghe di certi ve-
stimenti degli antichi, i quali curavano
di mantenerle collocando con arte la cin-
tura, dopo di averle formate allorché si
lavavano: Senofonte parla di una stola di
lino così increspata. Il Buonarroti, Vasi
antichi di vetro,\>. 1 5 1 , parlandodellaslo-
la, veste matronale e delle donne nobili,
ampia e senza alcun ornamento, osserva
che in progresso fu ridotta a forma più
stretta e angusta, a cagione che venendo-
si le stole ad arricchire d'oro e di ricami,
si sarebbero resedisadattea portare,quau-
do con quegli stessi abbellimenti si fosse-
ro mantenute con tutta l'abbondanza di
panno, che aveauo nella loro primiera
semplicità. Queste vesti preziose non e-
rano solamente usate dalle matrone gen-
tili, ma anco le portavano le cristiane, co-
me si raccoglie da Tertulliano, De cultu
foemìnarum lib. 2, cap. 9 ei o; poiché si-
no da'priuii tempi della Chiesa si conver-
tirono alla fede persone d'ogni condizio-
ne, come pure attesta Origene. Il mede-
simo Buonarroti ne' Medaglioni tratta
della stola olimpica, e dellestolc usate dai
baccanti. Il p. Bonanni, La Gerarchia ec-
clesiastica considerata nelle vesti sagre e
ch'ili, cap. 5i: Della Stola, incomincia
dall'avvertite non doversi confondere l'or-
na mento usalo da' Sacerdoti (T\) e dai
STO
Diaconi(l'.), come proprio disti olivo del
grado diaconale, con quella degli antichi
che con lai nome significarono ogni sor-
te di veste, chiamandosi stola la veste la-
lare delle donne oneste, sopra cui si po-
neva il Pallio (f-)} onde cantò Orazio»
Ad talos stolas demissa, et circumdata
pallaj e nell'Apocalisse si dice de' beati
qui dealbaverunl stolas suas in sangui-
ne agni, cioè le loro vesti. Stole anche fu-
rono dette le vesti sacerdotali degli ebrei,
così nel 1. "libro de'Maccabei cap. io, si di-
ce che donata sacerdote inditit se stola
sacerdotali, il che non si può intendere
se non della veste usala dal sacerdote ,
mentre in tal tempo uon eia la stola di
cui qui si parla. Ma leggo pure in Rin.J-
d\, Annali ecclesiastici an. 1 7, u.°i, citan-
do il ricordato Giosefìo , che ridotta la
Giudea in provincia, i presidenti romani
imperiali s'usurparono anche le cose sa-
gre, con dare e togliere il sommo Sacer-
dozio (V.) ; perocché eransi impadroniti
della stola pontificale, solita conservarsi
nella torre Antouia vicino al tempio, te-
nendosi in una cella serrata e suggellata
con l'impronta de'Poutefici e de'custodi
del sagro erario, alla quale il castellano
accendeva ogni dì una lucerna, esommi-
nisti ava la stessa stola al sommo sacerdo-
te 3 volte l'anno, cioè nel tempo del di-
giuno nel quale egli l'usava. Con la sto-
la erano congiunti due altri vestimenti,
chiamali Superumeralee Razionale, am-
bedue insigni per le pietre preziose. Col-
la stessa autorità di Gioseffo, rileva Ri-
naldi all'an. 37,n.°2,che recandosi in Ge-
rusalemme L. Vi tellio proconsole di So-
na, concesse ai sacerdoti che si conservas-
se la stola cogli ornamenti pontificali nel
tempio, come praticavasi prima che re-
gnasse Et ode. Egualmente ricavandolo
daGioselTo, riporta Rinaldi all'an. 48, n.°
28, che Cuspio Fado procuiatore della
Giudea molestò gli ebrei per cagione dei*
la stola ponlifìcalegià restituita loro, pro-
curando egli di ridurla di nuovo in po-
tere de'presidenti romani. Pei tanto man-
STO
da rona i giudei cou sua licenza ambascia-
tori a Claudio imperatore, il quale ad i-
stanza di Agrippa figlio del re Agrippa
defluito e che stava presso di lui, ordinò
che gli ebrei fossero mantenuti in posses-
so della stola. 11 vescovo Saviìe\\\,Dissert.
eccl. t. 3, lett. 26 : Della stola, abito pon-
tificale, sacerdotale e diaconale, riferisce
che nella sagra Scrittura si chiama stola
la veste talare e onorevole che copriva
tutto il corpo e usala da' medi, dicendo
la Genesici e 42. che Faraone costitui-
to Giuseppe viceré d'Egitto, Festiviteum
stola byssina. Che i sacerdoti vestivano
la tonaca di lino chiamata stola, ed i le-
vili l'aveano di lana, ed a'quali la conce-
dè di lino re Agrippa senza riguardo al-
la legge. Che la tonaca di giacinto del som-
mo sacerdote, detta auche umerale, pure
si disse stola, così il superumerale e stola
santa. A Pontefice ed a Sacerdozio par-
lai di quello massimo de'romani, dignità
riunita negl' imperatori e ritenuta anco
da alcuni di quelli cristiani; dissi delle sue
insegne, e che la loro stola custodivasi in
Campidoglio. Di questa stola del Pontefi-
ce massimo de'romani parla ancora Sar-
nelli, la chiama tonaca, e che gl'impera-
tori l'indossavano sotto l'imperiale palu-
damento, a Vendola adoperata anco gl'i m-
pera tori Cristiani fìuoa Graziano, non per
sagrificare,ma per la somma podestà the
ne ricevevano. Il Pallio pontificale è una
specie di stola, ed è perciò chiamato Sto-
la apostolalus , Stolti archicpiscopalus,
Sloia pontificali. Il Manipolo {F.) è una
piccola stola, eguale ad essa nella forma,
nella materia e negli ornamenti. La sto-
la è di seta, di stoffa, di drappo, di lama
d'oro o d'argento, de' Colori ecclesiastici
(F.) de sa«v\ Paramenti (F.)}b\afica, ros-
sa, verde, paonazza, nera, e rosacea per la
IV domenica di quaresima nella cappel-
la pontificia, come descrissi nel voi. Vili,
p. 2 75,ed a Colori. Per la Messa è egua-
le nella qualità della stoffa e ornamenti,
alla Pianeta (F.)} così quando si assume
col Piviale ( F.) e la Dalmalica(F .). JNel-
STO G7
l' Avvento e nella Quaresima, il diacono
ministraste nelle messe cantate depone la
pianeta piegata (questa depone ancora d
Suddiacono) o la dalmatica, e sul Ca-
mice assume un largo stolone paonazzo
a traverso del corpo, pel canto del van-
gelo, restando così fino al Post Commu-
nio in cui riprende la delta veste sagra.
Leggo nelle Indicazioni pé maestri delle
cerei/ionie pontificie di mg.r Fornici, a-
vere osservato l'altro maestro di cereino-
nie mg.1' Dini nel suo Diario mss. che uti-
le antiche e recenti descrizioni della cap-
pella papale per la benedizionedelle pal-
me, e nel ceremoniale inedito di Paride
de Grassis, si dice che il diacono deve es-
sere sine stola. Non sa però precisare da
quale epoca siasi introdotto 1' uso della
stola, discute le ragioni hic inde, epropo-
neche debba continuarsi. Ordinariamen-
te la stola è lunga 9 palmi circa, e larga
mezzo palmo, ma nell'estremità termina
con quasi un palmo di larghezza. In que-
ste due estremità e nel suo mezzo corri-
spondente al collo, vi è la croce di gal-
lone-o trina d'oro, d'argento, di seta, o
di ricami di tali materie. Vi sono stole
più o meno nobili e ricche di ricami e di
ornati. Nelle due estremità suole porsi la
frangia di seta, di oro e di argento filato.
Nell'assumersie nel deporsi la stola, si ba-
cia la croce di mezzo; i fedeli sogliono ba-
ciare una delle croci poste nell'estremi-
tà. La benedizione della stola è nei Pon-
tificale Romanum par. 2 : Spccialis oc-
nediclio cujuslibcl indumenti. La stola è
l'ornamento de' vesco vi, de'sacerdoli e dei
diaconi. I vescovi la portano sempre pen-
dente dal collo e discendente pel petto. I
sacerdoti la iucrocianosul petto celebran-
do la messa; ne'vesperi e in qualsivoglia
funzione, il sacerdote adoperando la sto-
la col camice; il cingolo e il piviale, de-
ve incrociarla parimenti avanti il petto,
come prescrisse il concilio di Braga cap
3, disi. 3, e riferisce Ga vanto, Rubv.Miss.
par. 1, tit.19, n.° 4- I sacerdoti usauo la
stola pendente, nelle processioni, ne'fnue-
G8 S T O
rali, ue'sinodi, in una parola quando u«
sano la colta ,;im ministi anelo i sqgramcn-
li _, benedicendo e predicando. I diaconi
la mettono da sinistra a destra a foggia
di ciarpa. Anticamente , nella maggior
parte delle chiese, i sacerdoti non incro-
ciavano la stola; così pure i certosini ed
i cluniaceusi. I vescovi e altri prelati che
portano la Croce pettorale ( V.) uou u-
sauo di formare la croce colla stola, per-
chè portano nella detta croce attaccata e
pendente dal collo le sagre reliquie : il
Nardi vi comprende anche la croce gem-
mata episcopale. La stola ha molti sim-
bolici e morali significati, che leggo nel
Magri, altri li riporterò poi col p. Bouan-
ni. Denota il giogo soave della legge di
Cristo, l'innocenza e perseveranza uelle
opere buone. Secondo Balsamouc , con
porlarsialcollo,alImlealIefuni colle qua-
li iu legato il Salvatore nella sua passio-
ne e alla sua croce , che perciò si forma
in modo di croce avanti il petto. Simeo-
ne di Tessalonica dice che denota la era-
o
zia dello Spirito santo, il che si accorda
colla preghiera detta dal sacerdote men-
tre si pone la stola: Benedìctus Deus, qui
effudit grati ani super sacerdotes suos. AI
dire di s. Germano, la parte destra della
stola significa la canna data al medesimo
Salvatore per ischerno di re, la sinistra
simboleggia la croce portata dal medesi-
mo sulle sue spalle. Altre significazioni
mistichee morali della stola, si ponuo ve-
dere in Lambertini. Dichiara Magri, in-
decente abuso di que'sacerdoti,i quali iu-
vece di porre la stola al collo, come pre-
scrivono le rubriche, la buttano sopra le
spalle pendente tutta dalla parte di die-
tro, tenendo più couto della comodità e
poIizia,chede'profondi misteri significati
nella stola attaccata al collo, massime per
rappresentarCristOjchecop la fune al col-
lo fu condotto al sagrifizio: dice che co-
sloro non portano la stola dell'immorta-
lità, ma un paio di bisacce. Tali sacer-
doti considerino attentamente le gravi
minacce d'Innocenzo III: Demysl, lUis-
S l O
srtecop. "\\'> Debet ergo sacci dnxseiim •
dumdecrelum Bracharensisconcilii uno,
eodemque orario cervioem pariter, et vi-
rumquehumerumpremenssignum Cru-
cis in pectore suo praeparaie. Si quis au-
temaliter egeritexeommunicationi debi-
laesubjacebit".NotaparticolarmenteMa-
gri,che devesi considerare la parola cer-
vicciiijQ che in un messale antichissimo si
legge, che quando il sacerdote si mette-
va la stola, pronunziava questa orazione:
Stola j us lìti ae circunida Domine cèrvi'
cem meam. Inoltre essi contravvengono ad
un'altra misteriosa ceremonia, perchè col-
le due parti estreme della stola non or-
nano i fianchi, restando coi te nella cin-
tatila quale appena arri vano. Ecco le pa-
role del medesimo Papa Innocenzo III.
»Quae a collo per anteriora discendens
dextrum, et sinistrimi latusadornat, quia
perarma justitiae a dextris et a siuistris,
idesl in prosperis, et in adversis sacerdos
debet esse muuitus". Inoltre aggiunge,
che tal positura della stola non corrispon-
de al sito nel quale fu imposta dal vesco-
vo nell'oidinazioneal presbiterato, né al-
le preci da esso pronunziate in quell'at-
to, Accipejugum Domini , ec. II detto con-
cilio di Braga del 563, cap. 9, disi. 21,
comanda sotto pena di scomunica a'sa-
cerdoti, che ricevendo lacomutiioneado-
prino la stola.» Cum sacerdos ad solemnia
missarum accedit, aut per seDeosacii-
ficium oblaturus, ac sacramentum Cor-
porisetSanguinisD.iN. Jesu Chr isti suiti -
pturusnonaliteraccedat,quam orario vi-
roque humero circumseptus. Si quis ali-
ter egeritexeomm unica lionidebitae sub-
jaceat". Alcuni affermano esser peccalo
mortale, perchè questo precetto impone
pena grave di scomunica, dunque obbli-
ga a colpa mortale. Altri dicono uon es-
ser colpa mortale, come l'Azorio, auaest.
1 3, par. 1 , lib. 1 o, cap. 28, perchè alcuni
religiosi osservanti non usano la stola nel-
ia comunione pubblica nel giovedì santo
(di che riparlai a Settimana santa), ol-
tre che la Glossa sopra il citato canone
STO
dichiara essere io uso questo precetto
quando il sacerdote si comunica nell'ili'
fermila solamente; ma Magri pensa clie
dove l'uso di portare la stola sta in os-
servanza, non si deve così facilmente la-
sciare, essendo precetto di cosa facile e che
comodamente si ritrova. Il Gavanto dice
che i domenicani non usano portare la
stola nella comunione del giovedì santo,
il che è falso, leggendosi nelle rubriche
del loro messale:» Deinde fiat commuuio
fralrum hoc ordine, ut a majoribus in-
cipiendo a sacerdotibus cimi stolis super
cappas". Il Confessore(F.)nc\ Confessio-
nale (/\) deve usare la stola sulla Cotta
{P.)i per l'eccedenza dell'abito religioso
e sua benedizione, i religiosi su di esso e
senza la cotta usano la stola nell'animi-
lustrare il sagraniento della penitenza.
UenedettoXllljCon edittodel cardinal vi-
cario di Roma, ordini) che nel confessa-
re in chiesa o in sagrestia, i confessori se-
colari usino la cotta e stola, e questa i re-
golari, sotto pena di sospensione di con-
fessare agli uni e agli altri. Tra gli obbli-
ghi pertanto del Sagrista e riportali dal
Diclich, vi è quello, che in sagrestia sie-
110 sempre in pronto delle cotte e delle
stole per i confessori, di colore convenien-
te (paonazzo), se vi sia la consuetudine,
che certamente si deve introdurre, onde
non si amministri senza stola il sagra men-
to della penitenza. Vi sono alcuni paesi
ne'qualiun ecclesiastico non Predica^.)
mai senza la stola, come in Fiandra, in
Italia e altrove. Dice Magri, che la stola
si può portare anco da'predicalori secon-
do la comune usanza, la quale uon si pra-
tica in Roma per rfverenza del sommo
Pontefice, che continuamente adopra la
stola anco per le pubbliche strade, ed e-
ziandio senza che amministri i sagrameli-
ti. Sarnelli loda l'uso della stola ne'pre-
dicatori sui pulpiti, e perchè non si ado-
pera in Pvoiua per venerazione al Papa,
gli stessi cardinali predicando ne'loro ti-
toli adoperano la stola sotto la mozzetto,
a differenza del Papa che l'usa costaute-
STO 69
mente sulla mozzelta, e lo afferma pure
il Magri. Però fuori di Roma,tanto i car-
dinali, «pianto i vescovi adoperavano la
stola sulla mozzelta come il Papa (egual-
mente dichiarandolo il Magri), perchè la
stola scoperta portata fuori dell'ammini-
strazione de'sagramenti è segno di giuris-
dizione, e colla quale nelle pubbliche pro-
cessioni si distinguono iparròchi da'sem-
plici preti, e con essa intervengono nella
solenneprocessionechefa il Papadel Cor-
pus Domini. Aggiunge Sarnelli, che an-
ticamente, quando usa vasi dappertutto
la veste bianca talare detta alba, specie
di cani ice di venuto \>o\Rocchelto(F .), non
la sagra, ma l'usuale, portavasi da' par*
rochi la stola anche in viaggio, ne'confìni
però di loro giurisdizione, ed inoltre cre-
de che questo si praticasse anche da' ve-
scovi ne'loro viaggi, poiché il ceremonia-
le de' vescovi all'antica stola sui rogò una
fascia. Dissi aSAr, msTA r»ELPAPA,ch'èseui-
pie insignito del grado episcopale , che
quale parroco de'palazzi apostoli, recan-
dosi nel sabato santo a benedire le pon-
tifìcie stanze, vestilo di cotta e stola, giun-
to in quella ove risiede il Papa, si leva
la stola ed a Ini dà l'aspersorio onde la
benedica. Il Marangoni, Delle cose gen-
tilesche, p. r4o (ed io ne parlai ad Aw-
gm), dice che Bonifacio VI 11, amorevole
con quella sua patria, istituì nella catte-
drale la dignità del preposto, e cavando-
si la sua propria stola d'oro di dosso, la
die per onorifica insegna al i.° preposto
ed a'suoi successori; mentre i canonici a-
veano quella della mozzelta differente
dall'altre, perchè avea la forma dell'an-
tico Laticlavio (P.) senatorio, che dalla
spalla sinistra slendevasi sopra il petto,
terminando iti forma circolare sopra il
fianco sinistro, con un cordone pendente
sino al ginocchio con fiocco d'oro. Però
Innocen/.oXIII nel i 722 tolseal preposto
la stola d'oro, e invece gli concesse l'abi-
to di protonotario apostolico, ed a'eano-
nici l'uso della cappa magna sul rocchet-
to, adinstarde Vaticani. Benedetto XI V
7o STO
decorò di stole d'oro l'intero collegio dei
parrochi urbani di sua patria Bologna. 11
Camerlengo del clero romano (F.), e che
lo rappresenta, nelle processioni per di-
stinzione usa lo stolone al collo. I pano
chi in diversi luoghi usano stoloni, che
chiamansi stoloni parrocchiali, e pei- i sa-
gramenti che amministrano e altre fun-
zioni adoperano bellissime stole. Sebbe-
ne a1 Sovrani (F.) i Papi concessero l'uso
d'alcune vesti sagre, non mai accordaro-
no loro la stola, tranne all' Imperatore
(A'.) pel canto dell' Evangelo ( Predella
VII Lezione(F.) nella notte di Natale,in
cui gli donavano lo Stocco e Berrettone
(F.) benedetti. A Suddiacono ragionai,
se è considerato per tale. Dissi a Certo-
sine che cpjeste monache hanno l'uso del-
la stola e del manipolo, cantano I' epi-
stola e l'evangelo, e con tali sagri indu-
menti sono sepolte. All'articolo Bene-
detto IX, e nel voi. LIV, p. 52, nar-
rai le condizioni imposte da quel Papa ai
polacchi, per dispensare Casimiro I mo-
naco e diacono, a di venire re eammogliar-
si, fra le quali che i nobili portassero al
collo una fascia di lino bianco a guisa di
stola nelle feste principali di Cristo e del-
la B. Vergine, e che tutti si tosassero la
testa a guisa de'monaci.
L'origine della stola, veste sagra, il
buonarroti p. 78 la fa provenire dal pan-
no che usavano ; primi cristiani di por-
tare nel tempo della preghiera sulle spal-
le. Egli osservò in alcuni frammenti di
vasi antichi di vetro, i ss. Apostoli con un
certo panno di mediocre grandezza sopra
le due spalle, fermalo sul petto con fìbu-
la, la quale apparisce ornata di gemme.
Altrettanto vide in altre figure, e perciò
credè che i cristiani antichi, almeno nel-
le città grandi, dove ve ne fossero molti
convertiti dalla Sinagoga (V.)., portas-
sero in tempo dell Orazione tal veste,nel-
la qua! congiuntura il rispetto e la natu-
rale convenienza dettò a moltissime na-
zioni di stare, per riverenza della divini-
tà, in abito decente e modesto, coperti,
STO
velati ed umili. E come gli ebrei nelle
pubbliche orazioni specialmente erano
soliti portar sulle spalle e gli altri abili un
panno, in forma di semplice e piccolo
manto che circondava le spalle, e qual-
che volta si affibbiava sul peltocou fibu-
la, probabilmente altrettanto si praticò
da'primi cristiani. Al qual costume pare
che alluda s. Giovanni nell'Apocalisse,
descrivendo i i\ vecchi pieni di rispetto,
di timore e di riverenza avanti al trono
dell'Agnello, coperti di bianche vesti, co-
me si vede negli antichi musaici delle
chiese di Roma, dipinti con panni bian-
chi che cuoprono spalle e mani, atteg-
giamento proprio de'supplicanti. Perciò
aggiunse, questi manti, come suole av-
venire, essendo stati tralasciali da' laici,
furono ritenuti dagli ecclesiastici (come
con altre sagre vesti e già civili), molto
più religiosi nel mantenere i buoni or-
dini e i primieri istituti, e cos'i se li fecero
loro propri e diventarono si può dire le
prime vesti sagre, delle quali si trova poi
molto spesso fatta menzione dagli scrit-
tori sotto nome di stole e di orari; sì per-
chè si portavano come ia stola delle ma-
trone, sì ancora perchè si adoperavano
da'sagri ministri nell'atto di porgere pre-
ghiere a Dio, come si legge nel can. i5
del 4-° concilio di Toledo, e in Beda, De
sept. ordinibus, e sì perchè finalmente a-
veano somiglianza co'piccoli panni chia-
mati orari. \L che veramente questi manti
antichi sieno la slessa cosa della stola ec-
clesiastica, ne abbiamo riprova nelle im-
magini di s. Lorenzo arcidiacono della
chiesa romana (martire nel 261) tratta
dal'e medesime pittifre. Si vede in esse il
santo con questo panno sulle spalle, ed è
peraltro già noto,come rilevò Fausto nel-
la vi la di s. Mauro suo com pagno,cbe anco-
ra a'diaconi prima che fosse loro concedu-
to il Colobio\V .) e la dalmatica, per qual-
che tempo e in alcuni luoghi si permise
l'uso della stola; il che pine si deduce d.i
qi»e* medesimi canoni che iu altre Pro-
vincie li privarono poi di questo sagro
S T O
ornamento, come dal ricordato concilio
di Laodicea, e dal can. i3 di quello di
Auxerre, e dall'uso più recente fu intro-
dotto, che i medesimi la portassero sulla
spalla sinistra, lasciando uuda la destra
perchè fossero più liberi a operare, e per
una certa distinzione da' sacerdoti; così
parimenti ne'musaici di s. Lorenzo fuori
delle mura di Roma, si vedouo i ss. Ste-
fano e Lorenzo diaconi col detto panno
solamente sulla spalla sinistra. Né deve
recar meravigliala diversità nella stola o-
dierna stretta eangusta, poichèè avvenu-
to ad essa lo stesso che a molti altri a-
biti sagri, come la Pianeta (F.), \l Piviale
(/^.), de'quali per minor peso, a cagione
della loro moltiplicità,non è rimasto al-
tro che la semplice striscia, ov'è il rica-
mo, come si vede chiaro nel manipolo e
nel pallio, e secondo alcuni nel piviale
de'Papi, il «piale taglialo vogliono che sia
diventato quella stola, che continuamen-
te porta fuori di casa il Vicario di Cristo,
quando però si fa precedere dalla Croce
pontificia (^ .). Dice Sarnelli che la stola
fu nome generico e confacentc ad ogni
sorta di veste, fino ad una tovaglia che
copriva le spalle, come notò s. Isidoro,
Orig. lib. re), e. 24. Che la nostra stola
è tanto più corta di quella dell'antico Te-
stamento, quanto è maggiore della figura
la verità; e che Costantino I volleche fos-
se pubblica insegna del Papa. Opina che
anticamente la stola nostra fosse ancora
tonaca umerale, attorniata da una gran
fascia, che serviva anche per camice; e
che dipoi introdotto il camice si ritenes-
se la sola fascia, e di tonaca divenisse col-
lana, come riferiscono Durando, Ratio-
nal. div. off. lib. 3, cap. 5 ; Riccard, in
Coinment. ad ord. 6 s. Prodi; il cardi-
nal Bona, Rerum liturg. GallicAìb. 1 ,cap.
7, n. 1. Quindi vuole che la stola ponti-
ficale si adoperasse dal Papa nelle pub-
bliche udienze in concistoro, e nelle pub
bliche strade. Leggo iu Magri, nell'arti-
colo Amiclus, che iu caso di necessitasi
può adoperare il manipolo in vece della
STO 71
stola, e questa in luogo del manipolo.
Trovo nelle vite de'Papi,che s. Stefano
I del 257 istituì la benedizione delle ve-
sti sagre, e proibì a' sacerdoti e diaconi
l'usarle fuori di chiesa, ed a'Iaici l'adot-
tarle, e che s. Zosiruo I del 417 ordinò
che i diaconi usassero di stola pendente
dall'omero sinistro al fianco dritto, e lo
notai u Diacono parlando delle vesti sa-
gre e dell'orario. Ritornando al p. Co-
nanni, dice che nel 6.° sinodo generale
gli abiti sacerdotali furono chiamati col
nome di stola, ma meglio quell'abito sa-
cerdotale fu chiamato da'sagri canoni O-
rarium, dal verbo oro che significa pre-
gare, e nel concilio di Toledo si mostra
conceduta a'diaconi perchè l'oflìzio loro
era il predicare, e lo stesso all'ermo il ve-
scovo Saussai nella Panoplia sacerdo-
tale. Per le ragioni già dette, anche il p.
Ronanni confessa che la stola fu presa per
l'orario o per altra veste propria del sa-
cerdote e del diacono. Che l'uso di essa
sia antichissimo, l'avvertì pure Goar nel-
la messa di s. Gio. Crisostomo: Aposto-
lica institulione, primum fuisse in Eccle-
siam inducili ex actis s. Clemenlis (zio
di Papa s. Clemente I del g3) habemns
apuds. Antoninum, De mysticis script.
cap. t, de Pallio, par. 1, tit. 6, cap. 26.
Perciò essendo stato il santocoetaneo de-
gli apostoli, riflette il p.Bonanni,convien
dire che in quel tempo cominciò l'uso
della stola; opinione adottata pure dal
Saussai, e la dedusse da quanto scinse
Teodosio patriarca di Gerusalemme a s.
Ignazio patriarca di Costantinopoli, rife-
rito dal Binio, De conciliisp. 61 2. » Po-
deremet superhumeralecum mitra, pori-
tifìcalem stolam s. Jacobi apostoli, et fra-
tris Domini primi archiepiscorum hu-
jus ecclesiae, qua antecessore» mei pa-
triarchaecircumamictisemper in Sancta
Sanctorum ingrediebantur, qua et ego
indutussum eamtlem gerens tuo deside-
rabili, et honorando, ruihi capiti ex amo-
re,etdileclionis copia dignùs peifruaris".
Dal che si vede ancora la distinzione del-
STO STO
le vesti e sagri utensili mandati e usati stola in tutti i rituali, e si formò d'una
da s. Giacomo. Che verso il 55o fosse in lunga fascia usata in modi diversi, da'dia-
uso la stola, si ricava dagli alti di s. Vin- coni, sacerdoti e vescovi, nel modo che
cenzo diacono e martire, presso Sigeber- spiegai! p. Bonanninelcap. ra: In (inai
to in Chronica. Circa la forma e mate- modo si usa la sloia e da anali persone
ria antica di tal veste, il Tomassino, De ecclesiastiche. Incomincia dal dichiara*
veler. et nov. eccles. discìpl. 1. 1 , p. 5 i 3, re, che l'uso della stola nel sagrifìzio del-
av verte ch'era una fàscia larga di lino, l'altare è di gran precetto, comesi cava
la quale poi fu ristretta come ora si usa, dal cap. Ecclesiast., dhl. 23, che preseli-
acciocché non fosse d'impedimento alle ve pure l'uso dell'andito, camice, ciugo-
ozioni sagre, particolarmente da'diaconi lo, manipolo e pianeta. E'anthe proibita
greci, non essendo larga più di circa mez- l'amministrazione de' sacramenti senza
zo palmo, e segnala in 3 luoghi col nome l'uso della stola, eccetto quello della pe-
di Dio, Agios} e quella della chiesa lati- nilenza, benché il concilio di Milano del
na è segnata con 3 croci,e nelle due estre- i5G5 vietò l'amministrazione diluiti
ni ita è alquanto più larga. Anzi, aggiun- senza stola; e nel i 579 proibì che i rego-
ge il p. Bonauni, si suole adoperare fatui lari udissero le confessioni senza stola, de-
di materia preziosa, abbellita anche con creto che confermò il couedio d'Aix del
ricami d'oro e di perle, non essendo più 1 585. Notò Marlene, De rit. anliq. cap.
in vigore il decreto del 4-° concilio di To- 8, art. 9, che fu sempi eantichissima pre-
ledo, il quale vietò che la stola fosse or- rogativa del diacono, stabili la dagli apo-
iiata, prescrivendo che si facesse di Sem- stoli, quando istituirono i 7 diaconi pel
plice tela di lino,e ciò perchè in quel lem- ministero della chiesa, il portare la stola,
pò era uso che i diaconi se ne servissero rito costantemente praticato dalle chiese
per asciugare il sudore della fronte,quan- orientale e occidentale; ed aggiungetene
do ad alta voce recitavano gli evangeli, detta stola si soleva portare da'diaconi il
11 concilio di Braga nel can. 9 fa fede che giorno e la uotteper un anuo intero. Tale
la stola era di lino, vietando di asconder,- uso fu prescritto a'sacerdoti nel concilio
la sotto il camice. Cessato poi l'uso di tal Tiburicn.can. 26 pressoBurcardo: «Pre-
panno, cominciò la mutazione della for- sbyteri non vadent nisi stola vel orario
ma e della materia della stola. Non pò- induli". La qual pratica fu pure ricorda-
tendosi precisameute asserii e l'epoca del ta da Giovauni Monaco nella vita di s.
mutamento, pare che nel secolo IV già Odone,» qui primo post ordinatiouem
si praticasse, poiché riferisce Teodoreto, suam nocle expergefactus, et praeter so-
Jst. eccles. lib. 2, cap. 17, che s. Cirillo litumsentieusappensam collo suostolam,
di Gerusalemme chiamò in giudizio Aca- fiere coepit".ll Mai tenne dice che ciò era
ciò, perchè aveva venduta una stola pie- in uso nel secolo XII presso molte chie-
ziosa donata da Costantino I a Macario se. Che la stola si adoperi nel sagrifìzio
suo predecessore. Confessa Tomassino, e amministrazione de'sagramenli,eccet-
non aver potuto trovar la ragione per- tuato quello della penitenza, osserva il
cliè l'orario fu chiamato stola, col nome p. Bonanni, che conviene per essere gli
della quale venue sempre significata una abiti sacerdotali significativi della reli-
"veste per coprir tutta la persona : e uel gione e non di giurisdizione, uellacuipo-
< ;i|». 4 1 della Genesi si legge, che Giù- desta si fonda il sagramento della peni-
seppe datosi a couoscere a'fratelli die lo- teuza. Noudimeuo ove è l'uso si nel pre-
io due vesti dette stole. Nondimeno uhi dicare come nel confessare, è molto lode-
tato I orario sino dagli antichi tempi in vole e di decoro l'adoperarla, in diverso
ornamento ecclesiastico, veuuc chiamato modo però da quello che si usa uel lem-
STO STO 73
pò delia messa. Poiché significando que- gura ; ed io a' rispettivi articoli non lio
gl'azione la passione ili Gesìi Cristo, il sa- mancato di parlare delle vesti d'ogni ri-
cei'dote adopera la stola peaden te dal coi- lo e nazione. Si può vedere Renaudot,
lo e sovrapposta ci! petto in lui ina di ero- Litiirgiaruai orientaUum collectio,e l'ar-
te, ma nelle altre funzioni pende dalle li colo Liturgia. A Polistaubio parlai del
spalle liberamente verso leginocchia;eco- paliiode'greci, ed il Saruelli ne tratta nel
ine è di pai ere l'Amalario lib. 2, cap.20, 1. 1 o, lelt. 20, e lo chiama stola di tutte
ciò dimostra l'umiltà quanto dev'essei e croci, e la ilice usala anche dagl'impero-
profonda nel sacerdute. Siccome l'incro- tori greci. Nella chiesa greca la stola dei
dar la stola sul petto, insegna s. Bona- sacerdoti è dilferenle dalla diaconale, poi-
ventura, Demyst. missae, ricorda la pas- che è più larga, e posta sul collo pende
sione del Redentore, ovvero può indica- verso leginocchia,con essere unita avuti-
le il cambio fatto dal popolo giudaico, ti il petto, e tale si adopera anco da've-
prima fi volito, poi lasciato e posto nella scovi, come da'sacei doti siri e armeni, uè
parie sinistra; il vescovo però non laso- l'uso di essa si permette a* diaconi. So-
vrappone in croce sul petto, ma lasciati- mò il Morino, De sacris orduialiomlms
dola pendere significa il pastore divino, p. 1 7 ">, che nella chiesa latina l'uso della
il quale unirà i due popoli, et fici unum stola derivò da quella greca, ma senza ad-
ovile, et unum Pastor. A queste pie in- duine prove; asserisce bensì che l'uso co-
lerprelazioni , devesi aggiungere il rito ininciò nel monachismo pe'suddiaconi e
antico del diacono, di portar la stola sulla pe'chiei ici, ina ciò fu proibito dal conci-
spalla sinistra pendente sino a'piedi,sen- lio d'Orleans del 5o i,nelcap. 2 2,lasci;ui-
za esser legata dal cingolo, come appa- dooel'usoa'diacooi, e solamente pel lem-
lisce in molte immagini, ed in quella di pò in cui assistono al sagrilìzioe non in
s. Pier Damiani del secolo XI, che il p. altra finzione, beuchèsia iu servizio della
Bonaimi riporta a p. 188, ove si vedono chiesa, come fu determinato nel concilio
3 croci nella parte anteriore della stola. diCartagine del 253:» Diaconus tempore
Questo modo non più si pratica da dia- oblationis tantum vellectionis utalnr ".
coni latini, i quali pongono la stola sulla Anche il p. Bouauni dice dell'uso de'sa-
spalla sinistra, dalla (piale trasferiscono cerdoti, d'assumere la stola senza le altre
le due parti estreme al fianco destro, ove vesti sagre nel comunicarsi, sia uel gio-
legasi col cingolo che ciuge il camice, af- vedi santo, che in letto se infermi. Si usa
finché la mano destra sia libera nel mi- la stola anche da' ministri eretici della
nisleiOjSecondo 1 ingiunto dal memorato chiesa anglicana e predicanti, per seguo
concilio di Toledo. La legatura poi nel di loro carica, in vigore della liturgia di
fianco destro, vogliono alcuni significare Carlo 11, portandola di seta nera sulla ve-
la foltezza nel resistere agl'incentivi del- ste talare e lunga sino a'piedi,ma con ri-
la carne.Questo uso fu statuito a diaconi prò ve vole abuso. Di gran lunga lodevole
dal concilio di Braga, al contrario dell'u- e conveniente è l'uso continuo del som-
so militare della tracolla che regge la spa- ino Pontefice, il quale la tiene pendente
da, per seguale che li distingue da'sacer- dal colio sopra la mozzetta, qualunque
doti. L'uso però di portar la stola sulla volta apparisce in pubblico, in segno del •
spalla sinistra pendente e libera verso i la somma autorità pontificia, più o me-
piedi, fu ritenuto dalla chiesa greca, e al- no preziosa, secondo richiede il rito pra«
treltanto pratica l'armena. Noterò che il ticato da esso, come nolòNicolade Btati-
p. Bouauni, parlando de'sagri ministri di Jiou, De forma Palili cap. 3. 11 p. Bouau-
molti riti e nazioni, tratta delle loro vesti ni non pare soddisfatto di quelli ebecer-
sagre, delle loro atulc e uè riporta la fi- tarano dispiegarci misteri contenuti neh
74 S T O
la stola, ch'egli chiama pie considerazio-
ni, e conclude col vescovo Durando, De
ìndumentis lib. 3, cap. 5, cioè che la stola
« admonet illuni; qui eam indniiur, ut
memor si t sub jugo Christi, quud leve,
et suave est, se consti tu tura"; indi con
Ivone diChai IvesJJesigni/ìcalione indù-
menloru'/i sacerdotalium, aggiunge che
si può dire,pendere la stola dal collo ver-
so la parte anteriore, e ornare il lato de-
slro e sinistro,» utdoceatsacerdotem per
arma justiliaeadextris et a sinistris, idest
in prosperi*, et ad versus debere esse mu-
uilum, cjuod ad fortitudinem perlinet,
sinequacelerae virliiles facile expugnan-
lur, et minime corona otur". Inoltre la
stola significa quella dell'immortalità e
vita eterna della gloria, come scrisse il
Corona a p. 607, accennata nelle paro-
le che dice il sacerdote nell'atto di porla
sulle spalle: » Bedde nubi Domine sto-
lamiinmortaIitalis,quam perdidi inprae-
varicatioue primi pareulis".Le due par-
ti pendenti significano la pazienza a cui
Dio promette la gloria, come scrisse ti-
gone, De sacr. part. 4) lib. 2, cap. 4. Il
.Nardi, DeJ parrochi, riporta varie erudi*
zioni sulla stola,che nell'antichità, come
al presente, non potevano portare che i
vescovi, preti e diaconi, gli altri essen-
done espressacnenteesclusi. Quando i pre-
ti urbani ed anche suburbani doveano
assistere ogni festa alla messa del vesco-
vo, indossavano camice e stola. II sinodo
provinciale di Gnesna prescrisse, che nel
concilio provinciale o diocesano i vesco-
vi e abbati sieno con mitra, i canonici cum
superpelliceisj dalmuliis, et parvis mi'
tris, eteappis, seu pluvialibus. Rectores
vero ecclesiarum, et simplices sacerdo-
te1; cum superpelliccis et slolis tantum sy-
nodum inlrenl; ed anche i frati sacerdoti
cum slolis. Il concilio di Buda del 1279,
assegna ne' sinodi diocesani mitra, stola
e piviale agli abbati; stola e piviale a'ea-
nonici ; a' parrochi e altri preti cotta e
stola; a'monaci o sacerdoti regolari stola
soltanto. 11 sinodo di Colouia del 1289
STO
concede camice e stola a' vicari foranei,
e sola colta a'parrochi,ciò che fece anche
il sinodo Nemausense ueli284; per cui
dichiara Nardi, la stola è insegna natu-
rale del sacerdozio, tutti i preti la dovea-
no portare nel sinodo, e ponno usarla se
l'assumono i parrochi. Nel sinodo di Lie-
gi del 1287 i vicari foranei erano in ca-
mice e stola, gli altri preti in sola cotta.
Da tutto questo, Nardi con alcuni cano-
nisti deduce contro Thiers e altri che la
definirono distintivo parrocchiale, che la
stola non significa giurisdizione, né mag-
gioranza, ripetendo con Scarfant e An-
tonelli : Stola non dat majoritatem, cum
sii tantum signum sacerdotale j e con s.
Tommaso, la stola non è che una veste
presbiterale. Riporta la concessione del
1727 fatta dal vescovo diPumini a'par-
rocchi di città onde portare la stola nelle
processioni, ma insorte divergenze col ca-
pitolo della cattedrale, nel 1728 la s. cou-
gregazionede'rili approvò la concessione,
ma di avere vigore solamente quando i
canonici fossero vestiti co™h abili sa<*ri di
tonacelleepiauete;quindine'sinodi quan-
do il capitolo non era in vesti sagre, i pie-
vani non assunsero il piviale e la stola,
uè questa i parrochi. Nel 1766 fu in tal
città s'abilito, che predicando un parro-
co corani capitalo, noti possa usare la
mozzetta neracheaveano ottenuta dopo
formato un collegio, ma debba tenere la
slola sopra la sola cotta. Sebbene Nardi
dichiari che la stola è distintivo di sacer-
dozio non d' uffizio, pure confessa, che
quando poi il prete fi un atto sacerdo-
tale, allora si che è segno di autorità sa-
gra, come quando confessa, predica, be-
nedice,aspei'gecoU'acqua santa, battezza,
dà l'olio santo, fi funzione o qualunque
cosa sacerdotale all'altare, o benedizione
fuori dell' altare, adopera la stola, non
per sola insegna sacerdotale, ma quale
veste che indica la sagra di lui podestà.
Quando poi entra in chiesa una proces-
sione o altra unione, il prete di quella dà
L'acqua benedetta coll'aspersoiio avendo
STO
la stola, essendovi il vescovo deve levar-
sela e consegnare al medesimo l'asper-
sorio. A Purificazione parlai di quella
delle donne dopo il puerperio, che il par-
roco o in sua vece altro sacerdote/in cot-
ta e stola va a prendere verso il fine della
chiesa, e conduce all' altare, prendendo
la donna una delle parti estreme della sto-
la. Nell'articolo Sposalizio, parlando di
quello mistico delle monache uella loro
vestizione, riportai il rito usato daBene-
detto XIV con una monacanda, in cui
assunse la stola preziosa sulla mozzetto,
e tenendola candidata colla mano destra
la sinistra parte di detta stola, l'accom-
pagnò alla porta della clausura; termi-
nala la funzione, il Papa depose la stola
preziosa e riprese l'usuale. UDiclich, Diz,
sacro liturgico, all'articolo Ebdomada'
rio, dice che non si deve usare la stola dal
celebrante nelle ore canoniche, inclusi*
vamente a'vesperi solenni: in Venezia e-
ravi l'uso di adoperare la stola ad ogni
ora canonica, ma posto in attività il con-
trario decreto della s. congregazione dei
riti, nel i834 da due lustri era quasi di-
strutto. All'articolo Eucaristia, riporta
la rubrica che prescrive doverla ammi-
nistrare il sacerdote vestito di colta e sto-
la^Ielcoloreconvenienteall'ufliziodiquel
giorno; e sebbene il Baruffai do opinò con
molle ragioni che la stola fosse sempre
di color bianco, ciò che si osservava un
tempo nella basilica di s. Marco di Vene-
zia, tuttavia è chiaro il prescritto della
Chiesa, a cui certamente non si può op-
porre. Anticamente era molto disonora-
to un vescovo, allorché era privato del-
l'orario o stola, per cui dice l'Anastasio
Bibliotecario in s. Agatone cap. 28, che
essendo Macario patriarca d'Antiochia
condannato come eretico nel VI sinodo,
Basilio vescovo di Creta, pubblicamente
lo privò dell'orario e così lo degradò. An-
che a Sacerdozio parlai della degradazio-
ne degli ecclesiastici, e dello spoglio che
con sue formole si fa di tutti i sagri pa-
ramenti, compresa la stola. Riportai nel
STO 75
concilio di Quedlimburgo, presieduto nel
io85 dal cardinal Ottone, che questi si
pose la stola, fece accendere i cerei e ful-
minò di Scomunica (J7.) l'antipapa Cle~
mente III, ed i pseudo-vescovi suoi fau-
tori.
Della stola del Papa. Il citato p. Bo-
nanni, cap. go : Della stola usala dal
sommo Po/Jte/icejriferisce che qualunque
volta il Papa comparisce in pubblico o
per qualche funzione, porta sempre pen-
dente dal collo una stola nella forma che
esprime in una figura a p. 365. Essa è
lunga sino ad un pahnosottoil ginocchio,
alquanto unita sul pello da un cordone
formante un nastro,con lateralmente due
croci. E' tutta ricamata con arabeschi ,
ossia fregi di foglie e fiori, pendendo dal-
le due estremità lunga frangia. Tale slo«
la, egli dice, è sempre di seta ricamata
d'oro, di colore o bianco 0 rosso, secou-
dochè si usa la moz/elta o bianca o rossa,
come si prescrive Be' rituali, alcune volte
più, altre]meno preziosa, usandola nelle
soleunicavalcate ricamala di perle. Si no-
minava aiilicamenteO/vzn«//j_,perehè nei
tempi della nascente chiesa.era lecito il
portarla solamente a chi predicava, co-
me fu prescritto dal sinodo di Liegi, uf-
fizio proprio de' diaconi, secondo la più
comune sentenza, che perciò non poteva-
si usare da'suddiaconi e altri chierici in-
feriori. Negli antichi secoli i vescovi, i sa-
cerdoti, i diaconi la portavano continua-
mente, ma di poi il solo romano Ponte-
fice la porta in segno di sua suprema di-
gnità, poiché è proprio del Papa di pa-
scere il gregge,o colla sua voce o per mezzo
de'suoi ministri, colla predicazione e la
dottrina evangelica. Il Nardi sulla ragio-
ne addotta daAlcuino,che la stola si chia-
mò Orarium,eo quod oratoribus, hoc est
praedicatoribus , concedaturj e sul can.
40 del concilio di Toledo, Orarium o-
portet levitata gcstare in sinistro humero,
propter quod orai, idclpraedicalj os-
serva che il vescovo è predicatore perchè
dottore unico, e non può commettere la
?6 STO
predicazione vera clic al prete e al dia-
cono. Il Papa dunque come vescovo ilei
vescovi, con più' di ragione gli conviene
dappertutto e sempre portare la stola. Il
Muratori, Disseti. $5* Delle vesti, dice
che nel secolo IX i preti uscendo in pub-
blico sempre portavano la stola al collo,
ed il concilio di MagoDza deil'8 i 3 col can.
u8 vietò loro d'andarne senza. Già notai
di sopra che anco i vescovi portavano la
stola pendente in ogni luogo,eche in pro-
gresso di tempo essendo ciò andato in dis-
uso, solarmente al Papa ne restò l'uso, e
preceduto dalla Croce pontificia, è ima
«ielle speciali prerogati veedislinzioni del-
la suprema dignità pontificia. A ncheNar-
di osserva, che ne'tempi bassi i preti ei
diaconi lasciarono di portare le stole fuo-
ri delle chiese; rimase l'uso a'vescovi co-
inè più tenaci degli antichi costumi ; il
Papa poi, anche più osservante della ve-
neranda antichità, la porta ancora oggi-
di di continuo, significando il portar la
stola anche per signum castitati<>. 11 Cre-
scitnbeni, nell'Istoria della basilica di s.
Maria in Cosmedin p. t 4">, riporta il di-
segno dell'antichissima tavola di musaico
collocata da Giovanni VII del 705 sul-
l'altare della cappella da lui fatta fabbri-
careins.Pietro,come uarraToi ligio nelle
Grotte vaticane, nella cpiale oltre l'im-
magine della B. Vergine e del Bambino,
e quella probabilmente dell'arcangelo s.
Michele, vi è la figura d'un monaco con
abito bianco simile al camice, sul quale
ha l'orario, ch'è una striscia simile alla
stola, la quale è ricamata di gioie, alcune
rotonde come rose e altre quadre, l'uua
sotto l'altra disposte, che Cresci in beni sti-
ma lostessoGiovanni VII e non eiàs.Pao-
lo e il precedente s. Pietro come vuoleSe-
ver ino nelle Memorie sacre; se pure tale
immagine da esso riferita non era fuori
del quadro e in altra tavola contigua, co-
me pare dal riferito da Grimaldi, non es-
sendo vero l'asserto da Piazza nella Gerar-
chia, cardinalizia circa il diadema qua-
dro. Si può vedere Ciampiiii, De. sacr.
STO
aedif. p. 7^,n.°i i4,sect. i", p. io 3. Di-
chiarai a Mozzetta che il Papa usa sem-
pre la stola usuale di raso rosso o di da-
masco bianco, così le Scarpe U'.). Que-
ste però e la mozzetta, secondo i tempi
(che dichiarai meglio a Scarpa) e le fun-
zioni, sono di seta o di velluto, di panno
o di cammellotto. La stola usuale però
è sempre rossa e di seta, delle qualità ac-
cennate. Il coiore rosso l'usa nella moz-
zetta e scarpe in tutto l'anno, il bianco lo
prende subito dopo la cappella del sa-
bato santo, e lo porta sino e inclusive al
recarsi a quella del sabato in Albìs, do-
po la quale riprende il rosso. L'abito di
mozzetta e stola si chiama abito ordina-
rio di camera, abito domestico, abito u-
sualf: con esso si reca alle funzioni delle
cappelle pontificie nel palazzo apostoli-
co che abita, ma senza stola e senza per-
ciò tarsi precedere dalla croce (come no-
tai nel voi. Vili, p. 229), l'una e l'altra
adoperando recandosi per Pvoma , nelle
chiese, ne'monasteri, negli stabilimenti,
nelle visite a'sovrani; nelle F'illeggialu-
re e ne Piaggi (/".^andando ne'luoghi,
e massime nel visitare le cinese. Però es-
sendo in Roma o in villeggiatura o altro-
ve, se il Papa recasi ne'luoghi suburbani
a trottare e camminare, veste la zim mar-
ra, e perciò senza la mozzetta e senza la
stola. Che con questa è indivisibile colla
delazione della Croce pontificia, a quel-
l'articolo lo dichiarai. Spetta al Maggior-
domo (F.) nelle pontificie stanze di por-
re sulla mozzetta del Papa la stola usua-
le che gli presenta l'aiutante di camera:
gli fa prima baciare la croce di mezzo, e
nel porla al collo vi sovrappone il picco-
lo cappuccio della mozzetta, in modo che
tale croce resti visibile. Nel ritorno tal
prelato leva al Papa la stola, gli fa ba-
ciar la croce, eia restituisce all'aiutante
di camera. In assenza del maggiordomo,
•DO '
supplisce il prelato Maestro di camera
(V.). Avvertii nel voi. Vili, p. 296, 298
e 3oo, che il Papa facendo la Lavanda
dc'piedi (/''.) nel giovedì santo nella ba-
STO
silica Vaticana, deposto il piviale rosso,
con stola paonazza del sagro paramento
e camice, sebbene vi si rechi preceduto
dalla croce e colla stola usuale rosso sulla
mozzetto, spogliatosi degli abiti sagri, ri-
prende la mozzetla e non la stola usua-
le, nel recarsi a servire a Pranzo quelli
cui lavò i piedi, e ad onta che perciò tra-
versi la basilica, non lo precede la croce,
couiecliè incede senza la stola. Oltre le
dette duestole usuali e proprie della moz-
zetla, il Papaco'sagri paramenti adopera
altre stole, quasi eguali nella forma e ma-
teria alle usuali. Nelle inesse private per
istole adopera quelle del colore proprio
di esse. iNelIe pubbliche funzioni usa le
stole proprie de'sagri paramenti di 4 co*
lori, bianca, rossa, paonazza e rosacea,
secondo il colore del Manto che indossa,
ed anticamente adoprando il pivialene-
ro, così era la stola. Il piviale o manto
rosso lo adopera anche in luogo del co-
lore nero e di quello paonazzo, per cui
nell'avvento, nella quaresima e in altri
tempi che laChiesa usa il colore paonazzo,
allora il Papa di tal colore assume la sola
stola,così ne'funerali. Qualora il Papa do-
vesse celebrare in tempi che i Coloriec-
clesiastici [f.) devono essere verdi, di
questi sono i paramenti e così la stola; i
casi però sono rarissimi. Tutto e meglio
dichiarai aGAPPELLEPONTiFiciE,desci'i ven-
do tutte quante le funzioni sagre che il
Papa celebra o assiste,ordinarie e straor-
dinarie. Quando il Papa interveniva ai
Mattutini^. )jaxCappa (/ .)efalda, sot-
to la cappa prendeva la stola paonazza,
ma non era preceduto dalla croce pon-
tificia, la quale sempre lo precede entran-
do nelle cappelle per le funzioni, però col
manto o piviale, la mitra o il triregno.
All'articolo Concistoro parlai de' conci-
stori segreti, semipubblici e pubblici. Nei
concistori segreti il Papa si reca in nioz-
zelta nella stanza ov'è preparata la Fal-
da (f .), questa assunta, riceve sulla moz-
zelta dal cardinali. "diacono de'presenti
la stola di raso rosso concistoriale (colore
S T O 77
che si u^a in ogni tempo), della quale e
della falda è custode il Bussolante (/'.)
sotto-guardaroba, e dopo aver baciata li
croce di mezzo:quesla stola è quasi eguale
all'usuale di colore rosso (e bianco nella.
settimana di Pasqua). Il Papa così vesti-
to, entra nell'aula concistoriale. Termi-
nato il concistoro, nella detta stanza il
prefato cardinale gli leva la stola, dando-
gli a baciare la detta croce. Di che parla
il Chiapponi, Ada canonìzatìonis p. 53.
Ne'concislori semipubblici e pubblici il
Papa nella stanza della falda assume que-
sta, il camice, il cingolo, la stola e il manto
rosso, e la nutra : la stola gliela pone e
leva il detto cardinalejsempre facendogli
baciare la croce di mezzo. Se il Papa si
reca in qualche chiesa a celebrai- messa
bassa, e se vi sono cardinali, a! più anzia-
no tra i diaconi appartiene dopo la pre-
parazione di levargli la stola dalla moz-
zetto e poi imporla dopo finita la messa,
consegnandola e ricevendola dall'aiutaii •
ledi camera, come notai ne'vol.XXX V II,
p. icSy, XLI, p. 289, e dichiarano Ma-
gri al verbo Stola, ed il vescovo Sarnelli
nella citata lett. 26 del t. 3, oltre Luna •
doro, Relaziorie della corte di Roma, e-
diz. del 1 G46, p. 1 4 ' • Se non vi sono car-
dinali diaconi, supplisce l'ultimo cardi-
nale prete de'presenti o altro. Non essen-
dovi alcun cardinale, ciò fa il maggiordo-
mo, ed anticamente apparteneva al Sa-
grisla del Papa , come (\ue\\o che ordina •
riamente lo assiste in tale messa all'al-
tare e vestito di colta e croce pettorale.
Quando il Papa recasi nelle chiese per le
l'unzioni, giunto nella sagrestia o carnei a
de'paramenti,gli leva dalla mozzelta, e
di poi su di essa gli rimette la stola usuale
il più degno tra' cardinali diaconi, sup-
plendo un cardinale prete in loro assen-
za. Tanto la stola usuale, che la mozzel-
ta, dopo levate al Papa restano sul Letto
de? paramenti (!'■)■ Quel medesimo car-
dinale che ha levato la sloia usuale, pone
al collo «lei Papa e dopo la funzione ri-
toglie, anche la stola facente parte ilei sa-
78 S T O
grò para mento, ed il citato Chiapponi no
parla a p. i 72.Ne'pontiflcali al Irono, pel
canto dell'ora di terza, il cardinal diaco-
no ministrante leva al Papa quella in-
dossata per essa e gli pone quella più no-
bile per la messa solenne, oltre idi altri
magnifici paramenti. Nella mattina della
Processione del Corpus Dominile il Pa-
pa celebra la messa nella cappella Sisti-
na, e come dissi in parte ne' voi. IX, p.
52, e XLI, p. i 74.J se già in essa sono ve-
nuti i cardinali, e come leggo nelle ricor-
i\&le Indicazioni ò\ mg.1 Fornici, il sagri-
ate consegna l'aspersorio al cardinal de-
cano o più anziano, il quale lo presenta
al Papa, indi il cardinale diacono più an-
tico dopo la preparazione gli leva la stola
usuale facendogli baciarla croce (in que-
sta e in altre funzioni in cui s'indossano
gli abiti sagri, in mancanza de'cardiuali
diaconi suppliscono i cardinali preti, ma
in abito diaconale), ed in sua mancanza o
di altro cardinal diacono ciò eseguisce il
maggiordomo: alle lavande delle mani,
il dettocardinal decanoopiù anziano pre-
senta il mantile al Papa per asciugarsi le
mani. Dice il medesimo mg.r Fornici, che
quando il Papa risiede nel Vaticano, nei
■venerdì di marzo dopo la predica del Pre-
dicatore a jioitolico (/~.),discende co'car-
ditiali in s. Pietro, dopo die il più degno
cardinale diacono gli ha posto la stola u-
suale sulla mozze Ita, aveudo già il cardi-
nale deposta la sua cappa, il che non fa
se il Papa già l'ha presa in camera dal
maggiordomo. Il cadavere del Papa dai
Penitenzieri l'aticani^I.) si lava e quin-
di si veste cogli abiti usuali della moz-
zetta, si espone nellesuestanze senza sto-
la, e in tal modo e seuza essere preceduto
dalla croce si porta nella cappella Sisti-
na, ove poi spogliato tlella mozzetta e del-
le scai pesi veste degli abiti pontificali di
colore rosso, inclusivamente alla stola e
scarpe di essi, e così vestilo poscia si po-
ne nella cassa mortuaria. Nel voi. VI, p.
2o4)parlando del cadavere del Papa se-
guendo uno scrittole, lo dissi eirouea-
S T ()
mente vestilo di mozzetta e stola, e per
inavvertenza lo ripetei nel voi. LXIV,p.
C)4> sebbene con sola mozzetta avessi di-
chiarato doversi vestire sia nell'esposizio-
ne nelle pontifìcie stanze, sia nel trasporto
solenne in Lettiga (F.) e senza essere pre-
ceduto dalla croce papale, ne' voi. Vili,
p.i86e i 87,XLVII,p. 3 2, che veramen-
te sono i luoghi ove descrissi tali funzio-
ni, ed ivi allatto non nominai la stola.
Tanti minuziosi dettagli, dovendoli rica-
vare da molti autori, spesso tra loro in
contraddizione, ed essendo fallaci anco le
cose di fatto per essersi sbagliato, talvol-
ta non fui felice di emendarli, ad onta
della più scrupolosa diligenza e ricerche
indefesse; però ini giova riflettere sugli
innumerabili errori che corressi o retti-
ficai, ed essendo uomo, cioè fallibile, non
sempre mi è dato ciò fare, perciò vuole
la discrezione e l'equità di non addebi-
tarmi que falli che non potei conoscere,
in grazia de'moltissimi emendati, e per
quanto rimarcai a Stampar Storia e al-
trove. Ed in fatti, che il cadavere del Pa-
pa esponendosi e trasportandosi cogli a-
biti ordinari e usuali, non debba portare
la stola, lo provano ancora queste due te-
stimonianze. Leggo nel contemporaneo
diarista Cecconi, Diario istorico p. 684,
sulla morte eculavered'Innocenzo XIII,
che fu vestito di soltana, mozzetta e ca-
lila uro (mancano di nominarsi il rocchet-
to, la fascia, le scarpe), indi al solito e-
sposto nel suo palazzo apostolico Quiri-
nale (perchè ivi morì), sotto il baldacchi-
no,al!a vista del popolo, ivi concorso per
vederlo e baciargli i piedi.» La sera del
giovedì a un'ora di notte, disteso in tal
forma il cadavere col coppello in capo, e
senza stola e croce, entro una lettiga di
velluto tutta guarnita di frangie e trine
d'oro, ed aperta da ogni parte, s'incam-
minarono tutti ordinatamente, dal Qui-
rinale, verso il palazzo Vaticano. Ivi giun-
to nella cappella Sistina, i penitenzieri di
Sì Pietro (che circondando la lettiga Io
aveano accompagnato con torcie accese
STO
in mano e salmeggiando in bassa voce),
spogliato il cadavere degli abili domesti-
ci e vestito degli abiti pontificali di co-
lore rosso, cioè rocchetto, camice (man»
ca il cingolo, la stola, i sandali, i guanti,
ec), dalmatica, pianeta, fanone, pallio,
mitra di tela d'oVo (anch'io nel citato voi.
VI, p. 204 dissi di lama d'oro, seguendo
l'accurato Novaes, Dissert. t. i, dissert.
3, n.u g, ma quando ne ragionai espres-
samente nel voi. Vili, p. 187, a Mitra, a
Sepolcro de'Romam Pontefici. dichiarai
in mitra di lama d'argento, e con essa vidi
esposti i cada veri di Leone XII e l'io VII I,
ed il 1 .° anchecollocare nella cassa), ed ai
piedi due cappelli pontificali (ne riparlai
al detto aiticoloSEPOLCRo)di velluto ros-
so, che si fanno portare dal sommo Pon
teflce nelle pubbliche funzioni (nelle so-
lenni Cava leale) i\(\ due camerieri segreti
(anzi da 4) e meglio ne riparlai a Sovra-
nità' de'Romam Pontefici), e posto detto
cadavere sopra una bara portatile in for-
ma di letto funebre, circondato di lorde
nel mezzo di delta cappella, venne assi-
stitoall'intorno da'prenominati peniten-
zieri di s. Pietro, quali con colta e stola
gli andavano recitando i salmi ed altre
sagre preci... poi dal clero della basilica
Vaticana, precedendo la sua croce,fu por-
tato in chiesa il cadavere, seguito da'ear-
dinali". L'altra testimonianza la ricavo
da'n.i 67 e 68 del Diario di Roma del
1823, di quanto fu praticato col cada-
vere di Pio VII. Morto al Quirinale, fu
vestito con sottana bianca (non sono no-
minati altri indumenti), mozzetto rossa
e camauro,e si espose con Ietto e baldac-
chino di colore rosso in una delle anti-
camere,con 4 cerei agli angoli: nella sera
del dì seguente fu pollalo il cadavere in
lettiga aperta da due mule con gualdrap-
pe riccamente guarnite, vestito come ho
dello e col cappello usuale, alla cappella
Sistina del Vaticano, ove fu vestito pon-
tificalmentee con mitra di lama d'argen-
to, e così fu esposto e poi sepolto. i\e'so-
lenui Possessi de Papi ( V .) sino e incili-
STO
si ve a Leone X neli^i 3 s'incedeva in ca-
valcata e con paramenti sagri e mitre a ca-
\ a Ilo. ed il Papa vestiva i sandali, l'ami Ito,
il camice albani ,la crocepetlorale,la stola
albani, la tonnellata dalmatica, la piane-
ta, il fanone, il manipolo, i guanti, la mitra
o il triregno preziosi, il pallio, altri por-
tarono il piviale prezioso come Giulio II;
ed il predecessore Innocenzo Vili nel re-
stituirsi concavalcata dal Lalerano al Va-
licano, indulus aniìctu,albo , cingalo, sto-
la alba preliosa, capellina ha beat ex ve-
lato crcmesiiiO)praecedeiitibu<; et ucis, et
cardinalibus. Leone X assunse dunque
per ultimo in detta solenne funzione o-
mnibus para nìenlh ponti ficalibus } a san-
dali-; usque ad pnllium super planetam,
e con triregno sotto baldacchino; giunto
alla basilica Lateranense, lo depose per
assumere la mitra preziosa. D'allora in
poi i Papi presero possesso vestiti di fal-
da, rocchetto, mezzetta e stola preziosa,
e sopra il berrettino il cappello pontifi-
cale: vi si recarono a cavallo, in lettiga,
e per ultimo in carrozza ma senza |,i fal-
da. Il Cancellieri pubblicò la raccolta del-
le relazioni di tali funzioni, nella Storia
(b- 'possessi, dalla quale ricavai le seguen-
ti nozioni sulle stole preziose de' Papi.
Paolo III nel 1 533 vestito di rocchetto
Inngo, et stola super capuliurn de velluto
creniesino eauitavil. Inoltre diPio IV m'i-
struisce lo stesso Cancellieri, nelle giunte
e correzioni delle Cappelle pon li /ice, che
nel 1790 ancora esisteva nella sagrestia
papale la stola preziosa ricamata con per-
le, fatta da Paolo III Farnese e rinnova-
ta da Pio VI, diesi usava da'Papi nella
benedizione degli Agnus Dei (de'qnali ri-
parlai nel voi. LI I , p. 83), in uno a Scon-
cile d'argento collo stemma dello stes-
so Paolo HI, e 16 cucchiaie d'argento,
oltre una più grande d'argento dorato,
per uso del Papa, e tutte collarine d' A-
lessandro VII. il Marangoni, Delle cose
gentilesche trasportate a uso delle chie-
se, nei cap. 77 e 78 copiosamente e con
audizioni trattò sulle iscrizioni, memo-
S„ STO
rie e stemmi <le' Papi e cardinali nel-
le chiese, se possano praticarsi senza no-
ta di vanità, e sesia lodevole, riportan-
do molti esempi di santi per la parte af-
fermativa. Di questo argomento in breve
ne tenni proposito a Stemma. Pio IV del
i5Go in camera paramenloruminduLis
ornielli, alba, ci iigulo, et stola cum per-
lis descendit ad equitandum, et ingres-
sus in leclicam. Giunto al Lalerano, de-
posita deindi', stola rum per lis, accepit
aliam stoloni, pluviale et mitrarli j i qua-
li dopo la funzione si levò, accepla ite-
rimi stola, rum pei lis .... et 'miravi t in le-
clicam. Nel [566 s. Pio V per prender
possesso, in camera audicnliae secretae
coepìt falcioni, amictum, albani, citigli-
Inni, mozzetlar/i, et stoloni cum perlis.
Arrivato nel portico Lateranense, depo-
silis sloia cum perlis, et mozzetto, et ac-
cepla alia stola, pluviali et mitro. Tro-
vo in Novaes nella Storia di Clemente
XI, che canonizzò s. Pio V,che nella tra-
slazione del suo cadavere al luogo ove si
venera, e fatta a* 16 settembre 169S, fu
spogliato delle antiche vesti, alle quali si
sostituirono delle nuove, onde la stola fu
donata alla famiglia Chigi, che la collo-
cò in prezioso reliquiario, ed a'2 5 mar-
zo 1775 fu dal principe d. Sigismondo
donata a Pio VI, che per divozioneal san-
to ne avea preso il nome. Di questo ne
parla ancora il n.° 26 del Diario di Ro-
ma 1775, colla descrizione della ricchis-
sima e nobile custodia,eilPapa fece espri-
mere al principe il suo sommo gradimen-
to, pel suo segretario d'ambasciala mg.r
Avogadro. Gregorio XIII nel 1572 per
prendere il possesso, sumplaqite longiori
veste, quae falda vocalur, et stola pre-
Uosa super capulio purpureo, descendit
in atrius inferius, ubi ascendit equum al-
bum purpura, etauro ornatimi. Gregorio
XlVnel 1 Sgo cavalcò sopra mula bianca,
coperta di velluto cremesino con fraugie,
fiocchi di seta e trine d'oro, ferri e staffe
dotate, vestito di scarpe di velluto cre-
mesino con croci d'oro, soltana, fascia,
S T O
rocchetto, colla mozzetto di velluto ci e?
melino con mostre di pelli d'arinelliuo,
con istola sopra preziosa. Innocenzo IX
nel 1 5 9 1 si recò al possesso, con subtana]
serica alba, et longiore sub rocchetto in -
dutus,etdesupermozzeitaholosericapur.
purea cum stola pendente, et bit retto pi-
lettili pontificale holosericum pur puret t ni
cordulis, et floccis aurali<; ornamentimi.
Paolo V nel i6o5 cavalcò nobilissima
cionca bianca, vestito con sottana lungi
di tabi bianco,rocchetto sottilissimo, moz-
zetta e berrettino o camauro di velluto
cremesino colle mostre di armellino, cap-
pello pontificale teso del medesimo vel-
luto circondato di trine d'oro, con stola
preziosa al collo ricamata e adorna di mol-
te perle. Gregorio XV neh 621 pel pos-
sesso, accepit faldata magnani scricam,
et stoloni prèciomm saprà inozzeltam de
velluto rubeo, et golerurn ponti ficaie in.
Noterò con Cancellieri, Cappelle p. 261,
che nel 1 790 ancora esisteva la stola pre-
ziosa di raso rubino, tutta ornata di perle
di variegrandezze adisegno, con lo stem-
ma di Gregorio XV (della famiglia Lu-
dovisi),che i Papi adoperavano sulla moz-
zetta nelle solenni Cavalcale {V.) perle
Cappelle della ss. Annunziata, di s. Fi-
lippo, della Natività, di s. Carlo, le quali
cavalcate non si fecero più dopo Pio Vf.
Pel possesso Alessandro VII nel 1 655 usò
stola brocleis argenleis pietà, gemmis au-
roqueCrucis imaginem ,gentilitiaque(t\el-
la famiglia Chigi) stemmata exprimenti-
bus, lemniscisque ex auro bracleato per-
ornala defluente e collo speclabilis. Cle-
mente IX nel 1667 si recò in lettiga al
possesso,colla mozzetta di velluto creme-
sino con mostre di pelli d'armellino,cou
stola preziosa, circondato da' Paggi (F.).
Clemente X nel 1 670 prese possesso colla
stola preùosa ex margarilis conlexlo. Il
ven. Innocenzo XI ne! 1676 andò al pos-
sesso con istola preziosa, tempestata di
grosse perle. Altre! tanto leggo nel 1691
d'Innocenzo XII per tale funzione. Cle-
meulc XI nel 1701 cavalcò nel possesso
S T O
con islola preziosi con ricche gioir. E-
ziandio neh 72 1 Innocenzo XIII, portato
in lettiga al possesso, era vestito con moz-
zetta di velluto rosso e stola preziosa con
gioie. Nel citato diarista Cecconi appren-
do che nel 1 724 d piissimoCenedeltoXIII
incede al possesso a cavallo, con mozzet-
to di caso rosso esopravi la stola prezio-
sa chiamata ponti ficaie, tutta adornata di
perle. Clemente XIII nel 1 7 :>8 portò nel
possesso la stola preziosa con perle; Cle-
mente XIV nel 1769 a cavallo e colla
stola preziosa riccamente ornata di per-
le; e finalmente l'io VI nel 1 77JSU cavallo
bianco, vestito di falda, rocchetto e moz-
zetto di velluto rosso ornata d'armelliuo,
colla stola preziosa ricca di perle, e dopo
la funzione deposti gli ornamenti ponti-
ficali, vestì la mozzetto e la stola usuale,
restituendosi in carrozza circondota dai
poggi al polazzo apostolico. Fu Iddio che
ordinò a Mosè che le vesti sacerdotali fos-
sero preziose, perchè in esse vesti appa-
risse lo bellezza e il decoro ilei grado sa-
cerdotale, perchè il sacerdote fosse stima-
to e riverito dal popolo. Volle Iddio che
s'impiegasse nel culto suo tuttociò che in
terra è più prezioso, come ampiamente
dimostra il p. Conanni, La Gerarchia ec-
clesiastica, dichiarando altresì che tutto
era idea dello futura gerarchia della chie-
sa cattolica che Dio andava meditando
d'istituire dopo lo redenzione del mondo,
in cui in luogo del sommo sacerdote de-
gl'israeliti, dovea stabilire un capo visi-
bile, il quale la governasse come suo vi-
cario e vice Dio in terra. Sebbene poi nel-
la nuova chiesa non si ritennero le for-
ine degli abili medesimi, fu però ritenu-
ta la preziosità del sagro apparato, in cui
si contiene i misteri più sublimi, per con-
ciliare maestà e venerazione; ed i Papi
nella loro magnificenza e splendidezza ec-
clesiastica non intesero giammai di far
pompa della loro sublime e suprema di-
gnità, ma solo per maggiore esaltazione
della gloria diGesùCristoedellasua Chie-
sa, vasto subbielto che con religiosa com-
VOL. LXX.
S T O
s
piacenza svolsi ne numerosi suoi impor-
tanti orticoli. ì\Ja le vicende politiche che
resero clamoroso il fine del secolo pas-
sato, spogliarono las. Sede di tuttociò clic
possedeva di prezioso per la celebrazio-
ne decorosa de'santi misteri, di che pure
non mancai parlare a'suoi luoghi consen-
si di dolore. Il rispettabile mg.r Baldos-
sori, Relazione delle avversità di Pio fi,
I. 2, p. [2 e seg., con diligenza narrò co-
me Pio V I per adempiere i duri patti del-
la famosa pace di Tolentino, ordinò che
si distaccassero le perle e le gemme ond'e-
raiio ornati i manti, le pianete, le stole ed
altri antichi ornamenti pontificali, il tut-
to di lavoro ricco e meraviglioso, custo-
diti nello sagrestia pontificia. » In alcuni
di essi vedevansi gli stemmi d'Innocenzo
Vili, di Giulio II, di Leoue X, salvati nel
sacco di Roma. Altri aveano le insegne
di Paolo III, di Giulio III, di Gregorio
XIII, di Sisto V.... Le perle raccolte di
ogni grandezza pesarono libbre To, e qua-
si una libbra le granale, i rubini e altre
gemme. Inoltre si disfecero due MUre^V.)
preziose, e 4 ricchissimi Triregni (/ '.),
cogli stemmi e iscrizioni de' Papi che li
fecero". D'allora in poi non vi furono più
le stole preziose e altri sagri paramenti
ornati di Gemine e Pietre (F.) di valo-
re, ma con soli ricami d'oro. Laonde se
sino a quel tempo due erano le stole u-
sualide'Papi, tanto quanto al colore bian-
co e rosso, che quanto alla materia cioè
preziosa e ordinaria con soli ricami, dipoi
restando la distinzione nel colore, quindi
stole più nobili i Papi non adoperarono
se loro non furono donate, formandosi le
prime semplicissime senza stemmi o im-
magini e quali fra poco descriverò. No-
terò che stole preziose le usarono anche
i vescovi ed altri prelati, anzi leggo nel
n.° i44 dell' Osservatore Romano del
1 85 r , che i vescovi di Modena e di Reg-
gio, con altri distinti ecclesiastici e laici
donarono a mg.r Luigi Fransoni impa-
vido propuguatore de'diritti della Chie-
sa, uua magnifica stola di squisito rica-
6 ■ S T O
ino, tempestata ili perle e pietre prezio-
se, ed accompagnata da onori fievolissi-
ma Ittiera.
PioA7II prese possesso incedendo in
carrozza e preceduto dalla cavalcata, co-
me praticò il regnante l'io IX, e J ambe-
due con islola usuale; con minor pompa
si recarono nel possesso Leone Xll e l'io
Vili, indossando ciascuno stole usuali, e
tale fu la portata da Gregorio XVI in tal
funzione, nella quale, come i due imme-
diati predecessori, vi andò in carrozza. Di
più Gregorio XVI Vi si condusse senza
pompa, non adoperando neppure la car-
rozza nobile, e senza che alcuno lo pre-
cedesse a cavallo, tranne il crocifero col-
la croce pontificia, uso proprio del treno
setnipubblico.Eppureeglieil gloriosoPio
\ 1 furono oltraggiati e calunniati dall'au-
tore dell'articolo: De' Palili e citile Sto-
le de' sommi Pontefici, pubblicato da! u.°
38dell'^/Zw//j di Roma de' i 3 novembre
ì 1S47, dicendo gratuitamente esenza do-
cumentarlo. » Anticamente i Papi per la
loro modestia hanno sempre usalo por-
tare la stola con un semplice ornato; ma
in seguito cominciò a vai iure questa lo-
devole costumanza; ed in vero noi vedia-
mo che Calisto II Idei i455 la portava col -
l'effigie de'ss. Pietro e Paolo. Pio III nel
i5o3 e suoi successori vollero fregiarla
colle immagini degli altri apostoli, fi u tan-
toché in (juesto più bel sagro ornamen-
to papale s'intiodusse il costume di frap-
porvi a gwsa di livrea i rispettivi slemmi
di famiglia, come fecero Pio*V I e Grego-
rio X\ I. Ma per miracolo della provvi-
denza venne Pio IX, quel Pontefice la cui
moderazione, la cui saviezze), la cui virtù
inspirano rispetto e ammirazione a lutto
il mondo. Questi appena salì al trono pon-
tificale, memore delle vetusteapostoliche
consuetudini, in sì sagro arredo volle an-
cora essere riformatore, rendendo così in
certa guisa un franco e solenne omaggio
alle tradizioni e costumanze de'suoi glo-
riosi predecessori. Laonde secondo gli an-
tichi usi e conforme ai gusto artistico del-
STO
la nostra epoca, semplice sì, ma nel tem-
po istesso magnifica reslò la sloia". Di
tutte queste arbitrarie asserzioni , non
contento fautore dell' articolo dell' Al-
bum^e perchè si facesse il confronto delle
siole di Pio VI e di Gregorio XVI, colle
stole del Papa Calisto III, in cui sono le
immagini de'ss. Pietro e Paolo, e del Pa-
pa Pio IX formata di i\ue sole croci, ol-
tre i ricami, ne diede ili lulte il disegno
a suo modo. L'introduzione degli stemmi
gentilizi ntllestoie pontificie, col di sopra
narrato provai eh' è anteriore a Pio VI
ed a Gregorio XVI, e di questo ultimo poi
di ròdi più. È notissima eanticliissi ina con-
suetudine, che morto il Papa, spelta al
cardinal camerlengo eal prefetto delleie-
remouie pontificie, di fin- allestire gli si-
bili pel successore, fra i quali due stole
usuali con semplici ricami d'oro arabe-
scati (e di ipiel genere che si vede nella
stola del ritratto di Clemente XIII, posto
in fronte al Buttarti Romani Continua-
tio), con 3 croci come alle comuni stole,
con piccola frangia d'oro nell'estremità,
e due cordoni di seta e oro, con ghianda
e fiocchi per riunire le due parli sul pet-
to, e talvolta per meglio lei maria si ag-
giunge un uncinello 0 altra specie di fer-
maglio. La forma e grandezza è quasi co-
me le stole comuni del clero; quanto al-
la materia, la stola rossa è di raso rubi-
no, quella bianca di damasco di tal co-
lore, ed ambedue sono foderate di seta e-
gualmentede'rispetti vi colori. Appena ve-
stito il nuovo Papa dell'abito ordinario
della mozzelta, il cardinal 1 ."diacono gli
dà a baciare la croce di detta stola usua-
le rossa, e bianca se nel la settimana di Pa-
squa, e per la 1 .avolla gliela pone al collo
e allaccia o ferma sul petto. Così vestilo
il novello Papa sedente sulla sedia pon-
tificia riceve la 1 .a adorazione e ubbidien-
za da'carditiali. Come tutti i Papi, anche
Gregorio XVI e Pio IX ebbero tali sto-
le e l'usarono. Nel decorrere degli anni,
le stole di Gregorio XVI divenute poco
decenti per l'uso, si rinnovarono dal mag-
STO STO 83
giordomalo in tulio scrupolosamente e- ladeserizioneedirneancoraleprovenieu-
guali, senz'aumento di nuovi ornali, uè ze, ma la' brevità me lo vieta, dovendo
di maggiori ricami, ad eccezione di una piuttosto e come più intrinseco passare
che all'insaputa del Papa fece fare un con dimostrazioni alla difesa de'Pontefi-
maggiordomo cogli stemmi, e ciò ad e- ci Pio VI e Gregorio XVI; e contro le in-
sempiodelle usate da tanti Papi. Però di- giurie con tanta audacia lanciate alla lo-
spiacque al Papa, e per non mortificare io veneranda riputazione, riportare il ri
il prelato soltanto alcuna rarissima volta sultato di qualche mia ricerca e limitata
l'adoperò. Vero è inoltre, che la divozio- sopra alcuna delle opere clic possiedo, cioè
nedi alcuni fedeli offri a Gregorio XVI, sui monumenti antichi, e riguardanti gli
ad esentpio del praticato con altri Papi, stemmi introdotti nelle usuali stole ponti*
diverse stole', più o meno ornale, ed al- fide, nonché ne'mauti o piviali degli stes-
cune con istemmi; ma o per essere bian - si Papi, analogamente all'immemorabile
che nella più parte, o per la loro forma., costume di porre gli stemmi gentilizi ne-
poclie volte furono indossate dal virino- gli utensili sagri, che ci ricordano l'eoo
so Papa;e quando lo feceripugnante,cou- che io cui furono lavorati e di coloro che
venne fargli riflettere, di dare così una li fecero eseguire per proprio uso o per
dimostrazione di gradimento ai riverenti pie offèrte, con vantaggio della storia,del-
e ragguardevoli oblatori; come con poco l'arte, e della religione come esempi di gè-
successo praticai con bellissime scarpe a nerosa pietà. Tutto questo pure esegui-
lui dotiate, e lo rimarcai nel voi. L1I, p. rò con semplici e laconici cenni, aitrimen-
i io, ma non volle cibare quelle regala- ti amplissimo ne sarebbe l'argomento, e
te dalla regina Cristina di Sardegna per- converrebbe entrare in particolari che
che con croci ili brillanti. Nel testameli- devo evitare. Già riportai a Medaglie
loolografodiGregoi io \\ I, notificato dai i'ontii nciE,a Monete i'ontificie, ed inal-
pubblici fogli periodici, si legge questa di- tri relativi articoli, alcune mie osserva
sposizione. » j. "Al Maggiordomato lascia- zioni fa ite sopra scrittori di numismatici
ino le tre stole nobili, una bianca ricama- pontificia, e riguardanti i nomi, l'epi gra-
ta con due brillanti solitari],- e due rosse fi, gliemb'emi, le insegne, gli stemmi gen-
parimenti ricamate, per uso de' Pontclìci tilizi,le figure, ed i ritratti nelle mede-
rò tempore". La prima stola , coi due siine incise, sia sul piviale, sia sulla stola
brillanti nel centro delle due croci si- usuale. Se da'remoti tempi a tutti i prin-
tuate nelle parli estreme di essa, fustu- cipi, a'nobili, ed anco a'particolari, non
pendamenle ricamata a Parigi e costò meno che a tutti i gradi della gerarchi i
(ìooo franchi. La donò la congregazione ecclesiastica secolare e regolare, fu ani-
istituita in Avignone òa\Rosario (/'.), vi- messo di potere inserire i loro stemmi
\ente approvala da Gregorio XVI, e per- nelle cose di proprio uso e ne'parameuti
ciò in ambo le parti vi furono ricamati e arredi sagri, perchè si dovrà negare o
gli stemmi della città, cioè un grifalcoe 3 censurare soItantoa'romaniPontefici,ca-
chiavi (li descrissi ad A vignone, anticodo- pi supremi della Chiesa., ed esercitanti a
minio temporale della s. Sede, che quan- un tempo il principato temporale della
do l'acquistò vi aggiunse le 3 chiavi), s. Sovranità della s. Sede(V.)'ì I piùsag-
Agricola suo vescovo e altro santo, mi pa- gi, i più illuminali, i più santi Pontefici
re s. Pietro. Una delle sue stole rosse fu non ne dubitarono, e seguirono l'antica
offerta a mezzo del cav. Drack dalla cit- consuetudine da tutti rispettata. Nell'o-
tà di Lilla in Francia; l'altra rossa ebbe pera del p. Bouanni, Numisinata Ponti
il fondo di velluto cogli stemmi all'eslre- ficuni Romanorum, si riportano incise e
mila. Potrei di queste e delle altre farne illustrate le pontificie medaglie da Mar-
84 STO
tino V del l«4 17, ad Innocenzo X1T e ni
1 (i()(), elicendosi ancora che insigna gerì-
tililium aeprìmum ésepresserit Eugenius
IF del 1 43 1 . Nella Serie de' conti di me-
daglie pontifìcie da Martino V fino a Pio
FU esistenti nella pontificia zecca, si la
la descrizione di moltissime delle meda-
glie riprodotte dal p. Bonanni , e di un
gran numero dal medesimo trasandate.
Peccato che nell' indicarsi le medaglie
rappresentanti iPapi in mozzetla e stola,
rare volte si dice quali ricami si vedono,
e cos'i non posso addurre un copioso no-
vero di stole ornate certamente de'ponti-
lìcii stemmi o di altre figure. Aggiunge-
rò dunque agli esempi che potei leggere
nelle due opere, e vedere ne'disegni efac-
sirhili del p. Bonanni, le incisioni riguar-
danti i manti o piviali papali , natural-
mente più rilevanti delle stesse stole u-
suali, comechè s'indossano da'Papi nelle
sagre funzioni pontificali; ed ancorché si
voglia supporre che fossero invenzioni de-
gl'incisori adornatimi, o per fare allusio-
ni alle virtù e a'fasti del Papa pel quale
intagliavano! conii,però ne doverono pri-
ma riportare la sua piena approvazione,
nel disegno che gli sottoponevano innanzi
di eseguire l'incisione. Le larghe mostre
anteriori de'manti 0 piviali pontificii, sic-
come circondano ancora il col lo e si disten-
dono si no al l'estremità, chiama te pure fre-
gio, ricamo, aurifrigio, e sul quale i car-
dinali haciano la mano al Papa nel ren-
dergli al trono l' Ubbidienza, (F.), si peli-
no considerare stole ornamentali esterio-
ri, laonde con piìi di ragione mi è lecito
pnrIarne;epoi le nozioni ed ei udizioni che
qui riunirò, si collegano a molte altre, e
leticavo dalle due menzionate opere, che
ciascuno può riscontrare, come delle al-
tre di cui poscia ragionerò compendiosa-
mente. Le figure o stemmi che descrive-
rò, esistenti in dette mostre de'piviali, so-
no ricamale precisamente sul petto ever-
so il collo. Dirò pure qualche parola sul
Formale (F.)oRazionale(F.) ornamen-
to che serve a fermare 0 cuoprire gli an-
STO
rinelli che congiungono sul petto le due
parli del pontificio manto, perchè anco in
essi vi fnronoespressefiguree6temmi gen-
tilizi de' Papi coni seni tu re. Mar tino V, Eu-
genio IV e Nicolò V furono effigiati ve-
stiti di piviale con ricami, e quello del-
l' ultimo è riunito col monogramma di
Cristo. Il piviale diCalisto MI si vede coi»
semplici ricami. Pio 11 deli 458 nelle ci-
tate opere è pel i.° rappresentato in ca-
mauro e mozzetla, la quale anticamente
avea il cappuccio più ampio dell'odier-
no. Il piviale di Paolo II ha i busti dei
ss. Pietro ePaolo, e nel formale il suo stetn -
ma, cos'i Sisto IV ha il proprio nel suo.
II piviale d'Alessandro VI è fregiato col-
rimmaginedellaC Vergine, quello diPio
III collo Spirito santo raggiante tra due
teste di cherubini; quello pure di Giu-
lio II ha figure, e quello di Leone X col-
l'immagine di s. Paolo. Adriano VI tro-
vasi in camauro e mozzetla. ClementeV 1 1
ha il piviale collo Spirito santo, e nel for-
male l'immagine del Salvatore; in altro
con due figure allegoriche muliebri, enei
formale la detta immagine. Nel piviale di
Paolo III è espresso il Papa che apre la
porta santa, e nel formale una figura se-
dente; inalilo il Papa dà lo stendardo ad
una figura genuflessa, e nel formale so-
novi due figure in concordia; altro pi via-
le ha l'effigie di s. Paolo. Il piviale di Giu-
lio III cornato di figure esprimenti il Pa-
pa che sedendo benedice il popolo, in al-
tro sono ricami istoriati co'fatli del Pa-
pa, altro ha varie figure intorno ad un'ara
accesa, altro col Papa in atto di benedi-
re, altro col Papa sedentee figura innan-
zi, altro col Papa in tal situazione e mol-
te figure, altro con processione al tempio
rotondo (di s. Andrea fuori la porta Fla-
minia, di cui nel voi. LV, p. 263 e altro-
ve). Molte figure appariscono sul piviale
di Marcello II, oltre un'ara accesa con due
figure per partecon faci: in quello di Pao-
lo IV sonovi i ss. Pietro e Paolo. Nel pi-
viale di Pio IV si vede un'ara accesa con
figure intorno, in altro è l'effigie dis. Gio.
S T O
Battista. In quello di s. l'io V vi è espres-
sa la battaglia navale di Lepanto j in al-
tro la Pietà, in altro un'ara accesa con
figure intorno, in altro un Angelo con due
figure, in altro la 13. Vergine. Gesù che
chiama s. Pietro dalla naveè ricamato sul
piviale di Gregorio XIII, altro con pre-
dica dell'apostolo, altro coli' adorazione
del Papa, altro con processione (forse pel
trasporto del corpo di s. Gregorio Nazian-
zeno alla chiesa di s. Pietro), altro colla
crocefissione di s. Pietro: due medaglie
lo rappresentano in mozze Ita. Il piviale
di Sisto V ha una figura che adora il Pre-
sepio, altro co'ss. Pietro e Paolo, altro con
Angelo e la B. Vergine, altro con figure
intorno ad un'ara accesa. Urbano VII ha
un piviale con Gesù Crocefisso e figure
sotto la croce, altro con due ss. vescovi.
Gregorio XIV ha nel piviale i ss. Pietro
e Paolo; Innocenzo IX Gesù con croce e
la B. Vergine; Clemente Vili la figura
della giustizia, e in altro s. Gio. Battista.
Leone XI èconcamauroe mozzetta. Pao-
lo V in piviale con s. Francesca e l'Ange-
lo, in altro colla B. Vergine, in altro con
processione pontificia, in altro con s. Gio.
Battista, in altro Gesù dà le chiavi a s.
Pietro. Il pi viale di GregorioXVhas. Gio.
Battista. Quello d'Urbano Vili la figura
di s. Pietro, e nel formale la B. Vergine
col Bambino; in altro piviale s. Elisabet-
ta, in altro le teste de'ss. Pietro e Paolo,
in altro s. Pietro e Serafini, in altro s. Ur-
bano vescovo, in altro s. Michele arcan-
gelo, in altro con 4 figure e nel formale
l'immagine del ss. Salvatore, in altro l'Im-
macolata Concezione, in altro i busti dei
ss. Pietro e Paolo e due faccie del sole em-
blema di sua casa Dai berilli, iu altro la
B. Vergine col Bambino, ed anche in ca-
mauro, mozzetta e stola. Il piviale d'In-
nocenzo X è ornato co'ss. Pietro e Pao-
lo, altro con processione e il Papa sotto
baldacchino, altro colla Concezione, al-
tro cou mezze figure de'ss. Pietro e Pao-
lo, ed in diverse medaglie si trova effigia-
to iu camauro, mozzetta e stola. Alessaa-
S T O 8 5
dio VII èili.°cheil p. Bonauni rappre-
senta nella sua medaglia collo stemma di
sua famiglia Chigi nelle mostre del pivia-
le; in altro vi è s. Pietro, in altro un Ange-
Io cou croce; come pure e pel [."viene ef-
figiato iu camauro, mozzetta e stola cou
ricami e la sua arme, ed in una vi è ri-
ca-mata la B. Vergine. Se si esaminasse la
collezione delle monete e medaglie pon-
tifìcie si troverebbero non pochi anteriori
esempi si ulili,edùmuinerabi li de' Papi po-
steriori. Il piviale di Clemente IX ha soli
ricami, molte medaglie poi lo figurano in
mozzetta estola, cos'i Clemente X; ne! suo
piviale vi è s. Pietro, in altro il Papa ri-
ceve uno stendardo turco, in altro si ve-
de una processione, in altro la Crocefis-
sione, in altro un santo adorante la cro-
ce. Il veti. Innocenzo XI ha il piviale con
semplici fregi; in mozzetta con croci la-
terali sul petto, insieme a'ritiatli di Leo-
poldo I, Giovanni III, e Giustiniani do-
gedi Venezia perla liberazione di Vien-
na. In un'altra medaglia con mozzetta e
camauro in Irono ricevendo i legali del
Tonkino e di Siam a udienza pubblica.
Uu'altra figura il suo stemma gentilizio
Odescalchi posto in cielo tra gli astri, col-
l'epigrafè: DivìnaeNunciaMentis. Le me-
daglie col piviale hanno iu cpiesto rica-
di iti la b. Vergine iu gloria, Gesù che
consegna le chiavi a s. Pietro, il Croce-
fisso, il Salvatore. Iu altra cou mozzetta
e stola, si vede ricamato un santo genu-
flesso avanti ilCrocefisso. Alessandro V 1 1 1
è in mozzetta estola ricamala, colla sbar-
ra traversa, parte del suo stemma Otto-
boni; in altra la stola ha per ricamo la
B. Vergine col Bambino: ue'piviàli vi è
s. Brunone, un sauto genuflesso. Final-
mente il p. Bonanni riporta le medaglie
d'Innocenzo XII con mozzetta e stola ri-
camata, ed anche in trono cos'i vestito in
alto d'inviar missionari iu Africa e Asia:
nelle medaglie col piviale, questo è or-
nato colla Concezione, con s. Pietro, colla
B. Verginee il Bambino, colla porta san
ta. Luogo sarebbe riferire i fregi de'pi-
86 S T O
viali che prosiegue a eluseti vere la suddet-
ta «Seritfffe'co/m.; solo dirò di quello diCIe-
menieXlcolsuostemmaAlbani,ehela sto-
la d'Innocenzo Xlll rappresenta la Pru-
denzaelaGiustizia,l'umileBenedettoXIIl
è in piviale colla sua armeOrsitii, Clemen-
te XII in esso hail parente s. Andrea Cor-
sini, e il suo stemma gentilizio, e Pio VII
ha nel suo il proprio stemma Chiaramon-
ti. Nel libro intitolalo, Pontificum Roma-
lìorum numismata templi Vaticani fa
bricam chronologicam indicantìa, tra le
incisioni vi sono le medaglie di Martino
V, Paolo II, Giulio II, Leone X, Giulio
llI,GregorioXIU,SistoV,CletnenteVIII,
Paolo Y, Urbano VIII, Innocenzo X,e
AlessandroVII,tulti benemeriti della me
desiala, e in piviale con ricami e figure
diverse. Quella di Clemente Vili ha le
stelle,partedel suo stemma Aldobrandino
cos'i Urbano Vili colle sue 3 api, mentre
Alessandro VII hai suoi 3 monti sovrasta-
ti dalla stella: Innoceuzo X poi è figura-
to in mozzelta e stola, collo Spirito san-
to raggiante e il giglio parte del suo stem-
niaPamphilj. Sono nelle mani di tutti le
rnonetepontificieautichee moderne, d'o-
ro e d'argento d'ogni valore, inclusiva -
mente del Papa che regna, vedendosi in
esse i Papi vestili con camauro o berretti-
no, mozzettaeslola nella qua le sono ripe
luti gli stemmi gentilizi. Si può vedere
lo Scilla, D< Ile monete pontifìcie antiche e
moderne. Nella Chronologia Romanorutn
Pontificum _, che fu dipinta nella basilica
di s. Paolo fuori le mura, si vedono i primi
Papi colle antiche semplici vesti, poi cui
pallio di più forme, indi e successivamen-
te in pianeta, in pivialecol formale e santi
nelle mostre; da Clemente V del i 3o5 in
poi con rnozzetta e camauro alternativa-
mente co'pìviali e pallii. Il piviale di Ni-
cola V sembra colle figure de'ss. Pietro e
Paolo, cosi di Calisto ili e altri successo-
li. Da Clemente VII deli 523 sempre fu-
rono dipinti in mozzetta,e ordinariamen-
te col camauro orlato di pelli d'armelli-
no. Alessandro VII pel [."anche colla sto-
STO
la e collo stemma gentilizio ricamato: so-
no colla semplice mozzelta Clemente X e
Alessandro Vili. Benedetto XIV con es-
sa ha la stola ricamata culla propria ar-
me Larnberlini, come ha la suaCastiglio-
ni Pio Vili nella stola, e sotto il quale ne
fu incisa l'immagine. Neil' Effigies Roma-
nò rum Pontificum, Bassani 1773, sebbe-
ne vi comprenda pure il ritratto di Pio
VII, il pallio adorna l'immagine di s. Pie-
tro e successori, poi si vedono vestiti di
pianeta, di piviale con arabeschi e figu-
re de'ss. Pietro e Paulo, oltre il formule.
L'abito di Giovanni XXI ha Scappuccio,
Clemente Ve in pianeta, Clemente Videi
j352 in rnozzetta, Innocenzo VI che gli
successe pel 1 °in camauro e piviale, Gre-
gorio XI pel 1 . in camauro e rnozzetta, Ca-
listolllin piviu!ecou4figore,co5iPio III.
Alessandro VII peli." in mozzelta e stola
e con parte del suo slemma ricamalo, co-
si Clemente XI e Clemente XIV. Nelle
Tilae Pontificutn Romanorutn del Ciac-
conio, da s. Pietro a Clemente IX, sono
riportate l'effigie egli stemmi de'Papi. Ve-
do s. Lino successore di s. Pietro col pal-
lio, ealtrettauto gli eletti dopo di lui. So-
no espressi poi gli altri in pianeta, in pi-
viale colle figure de'ss. Pietro e Paulo e
formali. La veste di Giovanni XXI hail
cappuccio, Clemente V è in pianeta, Cle-
mente VI pel i .° in mezzetta, Innocenzo
VI in piviale e camauro, coti questo e la
mozzetla pel 1. "Gregorio XII. In piviale
colle immagini de'ss. Pietro e Paolo Ca-
listo III, con semplici ricami Pio III. In-
nocenzo X pel i .°in rnozzetta e stola, e su
di essa ricamati i ss. Pietro e Paolo, ed i
gigli gentilizi. Alessandro VII è colla so-
la rnozzetta, Clemente IX in rnozzetta e
stola. Il Guarnacci, continuatore del Ciac-
conio, Vitae Pontificum Romanorutn da
Clemente X a Clemente XII, riprodus-
se eziandio i ritraiti e gli stemmi de'Pa-
pi. L'opera è dedicata a Benedetto XIV,
e vi pose in fronte la sua effìgie in camau-
ro, rnozzetta e stola ricamata colla di lui
arrae.CIementeXsi vede in semplice moz-
S T O
zella, Innocenzo XI in uiozzelta e sjola;
eosì Alessandro Vili, ma co'suoi stemmi
dell'aquila con fine teste sul globo,e ri-
petuti in ogni parte. Sono pure in moz-
zetto e stola Innocenzo XII, Clemente XI3
lnnocenzoXII I, UenedeHoXIII eClemen-
te XII col suo stemma in ricamo. Il Bui-
lari ttm Romanor um Pontificii m da s. Leo-
ne I a Clemente XII, riporta l'effigie e gli
stemmi de' Papi cominciando da s. Pietro
ecolpallio, poi in pianeta, in piviale con
figure de'ss. Pietro e Paolo e formali. Ap-
pariscono Giovanni XXI col cappuccio,
Clemente V in piviale, Clemente VI pel
ì.° in mozze t (a, Innocenzo VI peli.0 in
camauro e piviale, Gregorio XII peli." in
camauro e mazzetta, Nicolò V con ligu-
re di santi ricamati sul piviale, altrettan-
to osservo in Calisto III e Pio III : però il
formale di Pioli! ba la mezzaluna, stem-
ma di sua famiglia Piccolomini. Peli."
Alessandro VII in mozzetla e stola colla
sua arme ricamata; indi Clemente IX in
mozzelta e' stola collo stemma Rospiglio-
si di sua famiglia. Clemente X è senza sto-
la, Innocenzo XI la porta, non Alessan-
dro Vili, bensì Innocenzo XII, Clemen-
te XI, Innocenzo XIII, Benedetto XIII,
Clemente XII. E per finirla aggiungerò,
che Eternino dedicò a Clemente XI la sua
opera: II tribunale della s. Rotaie vi po-
se nel frontespizio il ritratto dello stesso
Papa in triregno e piviale, nel ricamo del
quale e sul petto in ambo le parli cam-
peggio il suo completo stemma gentilizio,
sovrastalo dalle chiavi incrociate, dal tri-
regno e dallo Spirito santo raggiante. Il
Museo CA/tfraw/OHf/fudedicatoaPioVI f,
ed avanti la dedica vi è il suo bu>to in
mozzetta e stola, la quale ha per ricami
il proprio stemma e quello dell'ordine cas-
si nese a cui appartenne. Ma già non vi è
bisogno che ioproduca altre prove, ovun-
que oguunopiìi verificarle da se ne'dipin-
ti, busti, statue e altre sculture, in cui si
rappresenta qualche Papa in mozzetta e
stola usuale. Concludo adunque, che mi
sembra di avere abbastanza eforse super-
S X O 87
Qua mente provato co' monumenti, che
Pio Vie Gregorio XVI non mai introdus-
sero pe' primi esclusivamente nelle stole
usuali i propri stemmi gentilizi; e se tal-
volta l'usarono, lo fecero semplicemente
per l'inveterata consuetudine de'loro il-
lustri predecessori. D'altronde è troppo
noto quanto Gregorio XVI fu geloso cu-
stode e osservatore rispettoso degli anti-
chi ritieceremonie, e contrario a qualun-
que no vita. Ne die luminosa e solenne pro-
va quando ricusò di tornare ad usare la
nobile croce astata con 3 traverse, della
quale riparlai nel voi. LI, p. 2C)8, con do-
verosa lode del Papa. Dissi superiormen-
te che il Papa, nel conclave appena elet-
to, deposti gli abiti cardinalizi e vestiti gli
ordinari pontificii, indi assume la stola li-
stiate; però qui aggiungerò col Magri, vo-
cabolo Papa, che al tempo suo non si li-
ceva l'adorazione vestito di mozzettaesto-
la, sebbene intende di parlare della r.*,
nella quale vestiva perciò,oltre gli allo i-
li abili, l'amitto, il camice, il cingolo, ed
invece della fascia di seta bianca con fioc-
chi d'oro, quella di colore rosso, ma que-
sto temo errato, la stola pendente dal col-
lo, se sacerdote, o dalla spalla sinistra se
diacono, e se non aveva ordine sagro non
riceveva la stola, indi il pi viale e la mitra
preziosa. A Suddiacono, a Diacono, a Sa-
cerdozio, ed a Co.vsaop, azione del som-
mo Pontefice, riportai. quanto si prati-
cò coli' eletto Papa in tale funzione, se
dovea consagrarsi suddiacono e diacono,
perciò recando visi egli senza stola. I car-
dinali in conclave ueli.°giorno, deposti
la Croccia (F-), ricevono la comunione
dal cardinal decano, i preti prendono dai
ceremonieri la stola bianca alla presbite-
rale, i diaconi alla diaconale. Inoltre se
in conclave s'incontrano le feste del Na-
tale e della Pasqua, in tal modo il car-
dinal decano comunica i cardinali diaco-
ni. Ne'ponli Scali di tali solennità egual-
mente il Papa comunica i cardinali dia-
coni in abiti sagri bianchi, compresa la
stola a traverso da loro assunta prima
SS S T O
tlelli» dalmatica. Che se il Papa non pon-
tifica,supplendo il cardinal decano, i car-
dinali diaconi ricevono da lui la comunio-
ne vestiti di cappa, sulla quale i ceremo-
meri pongono a traverso la stola bianca.
Di tutto trattai a Conclave ed a Cappel-
le pontificie. 11 Lonigo, Della vesti 'pur-
puree, p. 5i e 5i, riportando il canone
del concilio di braga, dice che per l'os-
servanza di esso, i cardinali preti e dia-
coni, vestiti di pianeta e dalmatica, sotto
di esse debbono assumere le stole, secon-
do l'ordine cardinalizio a cui apparten-
gono, se ricevono la comunione dalle ma-
ni del Papa nel pontificale. E che comu-
nicandosi i cardinali preti e diaconi in
concia ve,o colle cappe in altre circostan-
ze, le stole dovranno essere del colore se-
condo il tempo corrente. Finalmente no-
tai a Funerale, che i cardinali defunti si
espongono e seppelliscono cogli abili sa-
gri, se dell'ordine de* preti di color pao-
nazzo compresa la stola, se di quello dei
diaconi di colore rosso in uno alla stola
a traverso. Quantoagli altri ne tenni pro-
posito a Funerale e Sepoltura. Il cita-
to Lunadoro a p. i53eseg: tratta del car-
dinale diacono che si comunica privata-
mente, e dice dovere essere in abito car-
dinalizio e rocchetto, assumere la stola a
traverso, che gli pone e leva un cappel-
lano previo il bacio della croce; che da
se stesso deve dire il Confiteor con voce
forte, col Dot/line non sntn clignus 3 vol-
te, e dopo ricevuta l'assoluzione; quindi
seguita la comunione il coppiere deve
dargli da purificare, e un gentiluomo gli
presenta la salvietta. Come il cardinale
predica in pulpitonelsuo titolo, colla sto-
la sul rocchetto e sotto la mozzetta, come
dissi di sopra; che predicando fuori di Ro-
ma deve portare pure la mantelletta, ed
usare la stola scoperta e sulla mozzetta;
o in piviale, mitra e pastorale nelle loro
diocesi. Inoltre Lunadoro rileva a p. 120,
che nèicardinali,nèi prelati,quaudopre-
sente il Papa assumono i paramenti sa-
gri, uon pouno portare la stola e il ma-
S 1 ( )
hi polo, e neppure il camice, tranne il car-
dinale assistente che canta il vangelo, ed
il manipolo il prelato Suddiacono apo-
stolico (P.) che canta l'epistola.
STOLA, Ordine equestre. Si attribui-
sce l'istituzione ad Alfonso V re d'Ara-
gona del 1 4 1 6 poi re di Napoli Alfonso I,
o almeno creò cavalieri di quest'ordine.
Inoltre si narra che Filippo il Buono du-
ca di Borgogna avendogli mandato in Na-
poli l'insigne ordine del Tosone d'oro, in
contraccambio Alfonso V gl'invio la sua
divisa della Stola, e dell'ordine del Gi-
glio (ìy •), a condizione che se in seguilo
insorgesse guerra tra loro si dovessero re-
stituire le insegne cavalleresche. Pareche
quella de'cavalieri della stola consistesse
in un armacollo in forma di stola, e ne
parla il p. Helyot nel t. 8 della Storia de-
gli ordini religiosi e militari.
STOLA D'ORO, Ordine equestre del-
la repubblica di Venezia. Incerto è il tem-
po di sua antica istituzione, e formò un
oidi ne separa lo da quello di s.Rlarco^.),
che conferiva la stessa repubblica di Ve-
nezia (/''.), la quale ebbe pure i cavalie-
ri chiamati delia Calza per portare es-
si calze di diverso colore una dall'al-
tra, come bianca e rossa, ricamate, e una
di esse ornala sino alla metà di gioie, co-
me riferisce il p. Bonanni, Catalogo de-
gli ordini equestri, p. 1 8, che ne riporta
la figura, ed a p. 1 i3 quella del cavalie-
re della stola d'oro. Il p. Helyot, Storia
degli ordini militari, t. 8, cap. 07, tratta:
De' cavalieri della Calza, della Stolad'o-
ro, di s. Marco, e del Doge di Venezia^
di che feci parola a Doge. Riferisce per-
tanto, che s'ignora l'origine de'cavalieri
della calza, e da'monumenti rilevasi che
esistevano nel secolo XV, distinguendosi
quelli annoverati all'ordine, per una cal-
za che portavano alla gamba diritta di-
visa in liste di più colori, per traverso e
per lungo, e nelle solennità era ricama-
ta d'oro e d'argento, ornata di perle e al-
tre gioie; 1' altra calza era tutta verde.
Consisteva il loro vestiario in calzoni come
STO STO 89
quelli de'paggi e a liste simili a quelli dei l'O e 01 unta ili gemme, die la cintura nei
svizzeri pontifìcii, ed era no ricamali come giorni di ceremonie era rossa, e di tal co-
il giubbone, che si fermava con cintura, loie le calze e le scarpe. Il Sarnelli. Lrt-
Sopra quest'abito portavano altra veste tere, ti 3, lelt. 26, Della stola, dice die
ampia e lunghissima con larghe maniche, anticamente i nobili veneziani cuopriva-
ed una Stola sulla spalla: tale veste variata no il capo con un panno chiamato >tola,
nel colore, essendo talvolta violetta, tale uia dopo inventata la berretta, la sloia uo-
altra di tabi cremisi, in alcune occasioni sero sulla spalla sinistra conservandole il
di damasco, e nelle solennità di brocca- nome, e formandone un distintivo largo
to d'oro. L'ordine ebbe statuti e regole, 3 palmi; che i cavalieri l'ornavano con
e per patrono l'evangelista s. Marco: al- lembi d'oro, i senatori di porpora, quan-
tum brani si leggono nel p. Helyot, con do vestivano le toglie rosse. Quanto all'o-
si ngolari particolarità, ed aggiunge. che rigine de'cavalieri della stola d'oro, per
ti anvi a Venezia altre omonime compa- tradizione è antica, essendosene perdute
gnie e società, che dilferenzìavano nelle le memorie primitive quando il fuoco di-
vesti menta che pur descrive, e nelle qua- strusse gli archivi. Nondimeno è nòto che
li si recarono ad onore di farne parte ni ol- aulicamente ì nobili veneti copri vano la te-
ti principi sovrani, ed i più qualificati si- sta con ampio cappuccio che scendeva sul-
gnori d'Italia. In progresso di tempo sif- le spalle, ornato da'patrizi con ricamò d'o-
lite compagnie furono abolite; restando 10, ma riuscendo incomodo nell'estate,
i cavalieri della stola d'oro, di s. Marco, e andò in disuso. Si vuole che anticamen-
dddoge,de'quali la repubblica se ne altri- te ciascuno vestisse a piacere, ma nel 1 (33 ;
bui la creazione. 1 più ragguardevoli ca- il senato decretò una prammatica sugli
valici i nominati dalla repubblica furono obiti , ordinando che i nobili portassero
della stola d'oro, che conferiva a patrizi vesti nere con ampie maniche, i savi gran-
benemeriti per segnalati servigi ad essa di vesti di color violetta, così isavi di ter-
prestati ncH'armate,neirambasceriee nel- r a ferma per tutto il tempo che esercita-
le magistrature. Furono così denominali vano le cariche; che 1 capi del consiglio
dal portare sulla spalla sinistra una sto- de'quaranta e i savi degli ordini u-asse-
la d'oro ricamata, larga un piede,chescen- 10 veste violetta, ma con maniche strette
deva non meno davanti che di dietro si- dette a coiaio, ed a'magistrali fu conees-
no alle ginocchia. Conceduto tale onore sa la veste rossa nelle pubbliche funzio-
dal senato veneto, gli aggregati all'illustre ni. A' cavalieri della stola d'oro fu pre-
ordine comparivano in pubblico per otto scritto, sotto pena ili 5oo ducati, lascia-
giorni con veste ducale di damasco o di la la veste rossa 8 giorni dopo la loro ac-
ponno rosso, secondo le stagioni, essendo redazione, d'usare vesti con maniche stret-
iieH'inverno foderata d'armellini come la le come gli altri, permettendo ad essi per
veste de'senatori, e perciò maestosa e con divisa di loro dignità la cintura e la stola
ampie maniche. Assumevano taleabitose bordata con gallone d'oro, a riserva dei
facevano parte del senato, O qua odo la si- deputali per l'accompagno del doge, per
gnoria lo portava nelle solennità: negli ricevere gli ambasciatori,o comparire net-
ai tri giorni incede vano colla veste nera dei le pubbliche funzioni, ne'quali casi per-
nottili, soltanto distinguendosi colla stola misero le vesti rosse. I veneti ambascia-
the porta vano sulla spai la, similmente ne- tori a qualche principe, se àveano ricevu-
ta e bordata con gallone d'oro. Nell'in- to da esso qualche ordine equestre, come
verno cingevano la veste con cintura di quelli presso la s. Sede da' Papi crea ti fòi*-
velluto nero con tran- e d'oro. Pretende in al mente cavalieri dello Sperone d'oro
ilp. Douauui, die la itola fosse di tela do- (/ ".). nel ritorno ciano tenuti far l'entra-
,,.. S T O S T O
ta solenne in senato, e depone nelle sue siici, e quindi per le sue virtù ed egre-
ninni le ricevute insegnecavalleresche, ed gie qualità mei ilo che il Papa Benedet-
erdinariamente le approvava., segnata- to XI V,nel concistoro de'3 febbraio i 744
mente quelle del Papa. Sebbene il sena- lo precdnizzasse vescovo della ragguar-
lo restituiva loro le decorazioni, essi tnt- devote sede episcopale di Spira. L'esem-
tavia non le portavano, comechè conskle- piare sua condotta gli procacciò collage-
iati cavalieri della stola d'oro. Vi erano aerale estimazione vieppiù quella di Cle-
in Venezia delie famiglie che godevano inente XIII successore di detto Papa, il
per discendenza di quest'onore, concesso quale in premio l'elevò alla sublime di-
a'ioro antenati per benemerenze, e n'era gnità cardinalizia, e con elogio nel cou-
sempre insignito il gran cancelliere della cistoro de'aS noveoibrei 76 1 lo pubbli-
repubblica, quantunque semplice cittadi- co dell'ordine de'preti. Riporta il ^'6927
no del 2.0 ordine: vestiva ordinariatnen- del Diario di Roma di tale anno, cheCle-
tc di rosso con veste \ioletta di ampie ma- mente Xllì gli spedi in Germania la ber-
niche,con istola di simile colore, e nelle retta card malizia per l'ablegato aposto-
pubbliche funzioni la veste ducale rossa; lieo mg r Pietro Mantica, suo cameriere
precedeva tulli i principi, ed al suo ca- segreto partecipante esegrelario d'amba-
davere si ponevano a'piedi glisperoni d'o- sciata, eda cui die pure l'incarico di pie*
10. Indi il p. Ilelyot ragiona degli altri sentarla al cardinal Migazzi arcivescovo
cavalieri di s. Marco in Venezia, diversi di Vienna d'Austria. Xon essendo mai ve-
da quelli della stola d'oro; ed aggiunge unto in Roma, non ebbe né la chiesa li-
die il doge qua! principe e capo della re- tolare, uè l'insegne cardinalizie del cap-
pubblica conferiva di sua autorità i'altro pello e dell'anello, per cui non si recò al
ordine denominato del Doge o del Pria- conclnvedel 1 yGq perla mortediClemen-
ripe di f'enezia,, ch'egli dava nella sua te Xlll ed elezione di Clemente XIV, e
sala di udienza. Era divisa de'cavalieri di poco dopo vi soggiacque anch'egli, corn-
iate ordine la croce equestre di 12 punte, pianto per le belle qualità che lo fregia-
simile a quella de'cavalieri di Malta, smal- vano. Pertanto leggo nel n.°8 160 del Dia-
tata di turchino, contornala d'oro, e a- rio di Roma del 1 770,che il cardinale ces-
vente nel mezzo un ovaio in cui vedeva- so di vivere in Spira suo vescovato a'ig
si rappresentato il Leone alalo di s. Mar- aprile, in età d'anni 64, un cneseei 1 gior-
co, principale insegna della possente re- ni; e nelle Notizie di Roma del 1 77 1, che
pubblica. Tutti questi cavalieri cessarono dopo le solenni esequie fu sepolto nella
col suo termine nel declinar del secolo cattedrale di Spira.
passato.Si pouno vedere, Giustiniani, Hi- STOPPA, Stappa. Materia diesi trae
storie degli ordini ecpiestri j e le Poesie dopo il capecchio, materia grossa e lisco-
pcr il solenne ingresso alcavalierato del- sa Uomenturn), nel pettinar lino (Unum)
la stola d'oro. A sua eccellenza Alvise I o canapa, erba e pianta dalla quale sec-
Contarini, Bergamo 1785. ca e macerata si cava materia atta a fì-
STOLZEMBERG DE HUTTEN larsi per far panni, detti perciò panuili-
Francesco Cristoforo, Cardinale. Nobi- ni, tele, corde e funi. Del lino parlai a Pav-
le tedesco, nacque agli 8 marzo 1706, in i\TLiNi,SETA,eScBiTTURA dicendo della car-
Weissenfelds diocesi d'Erbipoli.da cospi- ta formata con esso;aCAMPAN\ per le sue
cua e antica famiglia, che necuròdiligen- corde, e ne'relativi articoli. 11 rapido e i-
temenle la morale e scientifica educazio- stantaneo bruciamento della stoppa ser-
ne, secondandone il talento. Compiti gli vi, e tuttora si usa nella funzione sagra
-ludi, e dichiarando vocazione ecclesia- più solenne del Papa, per simboleggiare
stica fu provveduto di benefizi ecclesia- la caducità delle cose umane. Negli ar-
STO
liculi CUH'ELLE PONTIFICIE e FuOCO, Ì'XCOV-
dall'antica ceremonia praticata inalarne
chiese annualmente nelle solenni feste,
per dimostrare la fralezza dell'umane co-
se e la geuerale combustione alla fine del
inondo; non che per impedire nelle solen-
ni onorificenze i moti della vanità , e a
rammentare la brevità della vita e la fra-
gilità delle cose, che gli ebrei rappresen-
ta vado con giltare in terra e fare in pez-
zi i bicchieri di vino, bevuto nelle loro
nozze; altre costumanze praticandosi ne-
gli Sposalizi (/z.) delle altre nazioni. Nel-
la chiesa romana, come si ha dall'Ordi-
ne romano XI di Benedetto canonico in-
dirizzato al cardinal Guido, poi nel i i 43
Celestino II,pressoil Mabillon, Musei I-
lalicij t. 2, p. i 26ei4' , l'accensione del-
la stoppa si praticava la mattina di Na-
tale nella patriarcale Chiesa di s. Maria
Maggiore, quando il Papa recandovisi a
pontificare, al suo ingresso ne! presbite-
rio, un mansionario de! la basilica gli pre-
sentava una canna con cerino acceso, col
quale il Papa dava fuoco alla stoppa, che
stava sui capitelli delle colonne, per rap-
presentare la fine del mondo, che da una
pioggia di fuoco sarà cagionata. Nell'Or-
dine della chiesa Bisuntina, Tlist. 'Sequa n.
1. 1 , p. 4o, e nel t. 3, p. 4^7 del Glossa
riunì ili Cai pentier si legge, che nel gior-
no di Pasqua è prescritto:'» Archidiaco-
ìui s ponet ignem inpharus, et dum linoni
succenditur, venit inclinane reverentissi-
me, ante d. Archiepiscopum, et dicet ad
euin. Reverendissime Pater , sic transit
mundus, et concupiscenlia ejus ". Si può
vedereSa nielli, Lume a' principianti, par.
i , quaest: io, p. 1 44 : Transit mundum, et
concupiscenlia ejus. Ciò face vasi nel gior
no di Natale e nelle feste più solenni, ed
anche più volte nello stesso pontificale,
tome ivi è delto.»Surgens Archipraesul
de cathedra, antequam incipial: Gloria
iu excelsisj accedat Archidiaconus reve-
rcirter,ettenens urani planetae traha tieni-
ter, et dicat: Scilo de terraui esse; sicque
debet fieri, quoliescumque A.rchiepisco-
S T O 9 1
pus, aut sacerdos a sede surgit, ut acce-
dat ad altare post orationem". Lo stesso
facevasi nella festa di Pasqua, comesi può
vedere in Magri, Hierolexicon, p. 472>
ed in Gemma, De ani. rit. lìlìssae, p. 223.
Parla dello stesso uso l'Ordinario della
clùesaLexoviense del secoloX 1 1 1 nel gior-
no di Pentecoste (al quale articolo ripor-
tai altri esempi per allusione alla venuta
dello Spirito santo in lingue di fuoco), ad
pròcessionemniissaesliippaeirifìanwian-
lur1qua<; custode; mveniunt. Dissi a Luc-
ca, che quando l'arcivescovo intuona il
Gloria in excelsi<; Deo , si brucia una
quantità di stoppa in mezzoalla cattedra-
le. Nel voi. XXXIV, p.i3g ei44>r''eva*
che nel VI secolo già era introdotto il co-
stume di rammentare all'imperatore gre-
co nella sua coronazione, la caducità di
sue grandezze e che dovea morire, ed in-
sieme di rendere stretto conto a Dio del-
le »ue azioni,. sia col bruciamento avanti
a lui della sloppa, sia colla presentazio-
ne d'un vaso di ossa eceneri; perchè con-
siderasse la sua caducità, e nella brevis-
sima durala della Gamma il nulla de suoi
onori transitori!, dovendosi conservare li-
mile tra gli splendori seducenti del potere;
e che il globo imperiale, di cui riparlai a
Scettro, era seguo della maestà impe-
riale e insieme della fralezza della possan-
za terrena. Narrai ne'seguenli articoli, che
nelle antiche ceremouie della Coronazio-
ne de' sommi Pontefici e del Possesso del
Papa, più azioni servivano a lui di mo-
rali e gravi avvertenze. Quando si poneva
sulla Sedia stercoraria, canta vasi il ver-
setto: Suscitai de puh'cre egenuin, et de
stercore erigit pauperum, ut sede.at cani
principibus, et solami gloriae teneatj af-
finchè conoscesse la differenza dello stato
a cui era sublimato, e si mantenesse ri-
mile nel ricordar sempre quello che la-
sciava. Gli si mostrava un gallo di bron-
zo sopra una colonna, figura di quello che
cantò 3 volle alle negazioni deli. "Papa
s. Pietro, per-eccitarlo a. compatire i man-
camenti dei sudditi e perdonarli come a-
<v> S T O
vcva fatto Cristo con s. Pietro. Sedente
nella Sedia Gestatoria, 3 volte gli si bru-
ciava innanzi 3 globi piccoli di stoppa, nel
modo die descrissi nel voi. Vili, pi G5,
dicendogli altrettante volte e con canto
un ceremoniere: Sancte Pater, sic tran-
sit gloria mundi! In tal guisa ricordan-
dogli, nel più solenne rito in cui incoro-
navasi Pontefice massimo e sovrano tem-
porale, quanto breve sia la gloria terre-
na, simile ad una vampa che finisce nel-
l'alto medesimo che si accende con vee-
menza. Questa grave e significante cere-
monia tuttora si conserva. 11 Magri nella
Notizia de' vocaboli ecclesiastici, all'ar-
ticolo Papa, dice che nel giorno di sua co-
ronazione e mentre è portato nella basi-
lica Vaticana, il maestro di ceremonie lo
precedecon in mano due lunghe canne, in
una delle quali vi è della stoppa, nell'al-
tra una candeletta accesa, con cui attac-
cato fuoco alla stoppa, dice il detto ver-
setto, che colla combustione replica due
altre volle, secondo il prescritto dal Cae-
rem. Ro'ìi. 1. 1 ,sect. 2, e. 2 e 3. Inoltre nel
Hicrolexicon dice il Magri:» Porro Apo-
stolico in Pascila procedente, phai us ex
stappa super eunisuspenditur, quae igne
succensa super emn cadere permittitur,
sed a tuinistris vel a terra ex.eipitur, et
per hoc ipso in cinerem redigi, et gloria
ornatus ejus in favillato converti admo-
netur". Di più aggiunge, che al riferire
di Ciaccouio nella vita dell'antipapa Be-
ncclettoXll lenitica uienlesi praticava pu-
re altra eereuionia nella coronazione del
Papa, con ricordargli: Pater sancte non
videbisdies Petri, pev cui dichiarò che non
fu legittimo avendo vissuto 3o anni. Ri-
ilelte poi, che tal eeremonia non si trova
registrata negli antichi cerimoniali, come
già rilevai a Pontificato, ragionando su
questo argomento, dichiarando falsa sii-
fatta asserzione del cantato versetto, ben-
sì riportai le analoghe erudizioni e spie-
gazioni, sopra un punto in cui talvolta si
fondò l'altrui sciocca speculazioue, culle
ammonizioni date da s. Bernardo all'uu-
S T O
lieo suo discepolo Eugenio III." In tutte
le opere tue, ricordati che sei uomo,e sem-
pre abbi avanti gli occhi il timore di Co-
lui, di cui dice il salmo, che anferl spi-
ritimi Principimi. Quanti altri Papi hai
visto morire? 1 tuoi predecessori t'avvi-
sano della certissima e prestissima mor-
te tua; e il breve tempo che hanno essi
dominato, fa sapere a te che pochi saran-
no i giorni tuoi. Fra le lusinghe adunque
di questa gloria, che passa, abbi la men-
te fìssa ai novissimi, perchè quelli segui-
terai nella morte, a cui nella sedia ponti-
ficale sei succeduto". 11 vescovo Sarnelli,
Lettere ecclesiastiche i. 6, impiegò la lett.
3G in discutere: Perche si dica del Papa:
Non videbit dics Petri. Riporta cose già
inferite dal Magri,edal p. Menochio, Stuo-
re, cent. g,cnp. 5cj. La supposta ceremo-
nia la qualifica diceria volgare senza fon-
d imeuto, ripetuta dall'lllescas nella sua
Storia de' Papi j e riporta la sentenza di
s. Agostino.» Senectus, quae est ultima
aelas hominis, non habet determinatimi
tempus, secundum mensurain aliarum,
cutu quandoque sola tantum teneal tem-
poris, quantum reliquae aetates omnes".
Le medesime opinioni narrò Cancellieri
ne' Possessi de' Pontefici, p. 54 e 5oo, ci-
tando inoltre queste due opere. Bernar-
dino Mezzadri, Disserl. crii. hist. de 1 5
annis Rorn. Petri Cathedrae adversus a-
trumque Pagium, liomaei j5o. G. An-
tonio Bianchi, Dissert. sulla venuta dis.
Pietro a Roma, degli anni del suo Pon-
tificalo della cattedra romana, e delle
chiese da luì fondale nelle provincie o-
rìentali, nel t. 3 delle Dissert. eccles. di
Zaccaria. Sul pontificato di s. Pietro edel-
la sua cattedra d' Antiochia, riparlai a Si-
ria nel fare la serie de'patriarchi Antio-
cheni. Il p. Gattico, Ada caeremonialia,
tratta dei bruciamento della stoppa a vali-
ti al Papa nella sua coronazione, a p. 373,
4 io, /pS, riproducendo le descrizioni del-
lecoronazioni d'Innocenzo Vili del 1484
e colle ceremonie che ancora si osserva-
no, d'IuiiGceuzo X deh644>c u'iuuoccu*
STO
70 "XI del 1676. Quanto alla combustio-
ne del la stoppa nel ponti ficaie di Pasqua,
ne parla a p. 4'- Eletto nel '4°9 Ales-
sandro V nel sinodo di Pisa, fu corona-
to nella cattedrale,edalladescrizionepub-
blicata ne' Possessi ila Cancellieri, si leg-
ge: Et Ulti die fuerunt multa solemnia,
ut pula, de sltipis c.omhustis dicendo, Sic
Iransit gloria mundi. Nel i492 f"11 coro-
nato Alessandro VI, essendovi presente
Pie 1 10 Delfi un celel >ve genera le de'ca ma I-
dolesi, il quale descrivendo in un'episto-
la tutta la pompa, dichiara l'impressione
che gli lece della caducità delle cose li-
mane, pel mortale deliquio che sorprese
il Papa all'altare maggiore, e da cui rin-
venne essendogli spruzzata dell'acqua nel
volto, ondenppena pronunziata la forino-
la: Sic iransit gloria mundi, la sperimen-
tò in effetto. Pio III che gli successe nel
i5o3, e come notai nella sua biografia,
nel vedere ardere la stoppa e nel sentire
il triplice canto: Pater sancte, sic Iransit
gloria mundi, ne rimase talmente pene-
trato e commosso, anche per esser impe-
dito da una piaga di stare in piedi, che
ne pianse; flevisse. slatini , et humanam
sor lem ingentilisse dicitur , brevi perita-
ram. Il suo pontificato infatti fu di 26
giorni. Neh 585 fu coronato Sisto V al-
la'presenza degli ambasciatori del Giap-
pone: Mentre si bruciava la sloppa, si dis-
se per 3 volte il solito versetto: Santo Pa-
dre, cosi passa la gloria di attesto mon-
do. Ma Sisto V, pronto e arguto nelle ri-
sposte, fuori dell'uso degli altri Papi che
in quell'atto nulla dicono, con animo in-
trepido rispose ad alta voce: La gloria
nostra non passerà mai, perche non ab-
biamo altra gloria, se non che far buo-
na giustizia. E poi voltatosi agli amba-
sciatoli giapponesi soggiunse: Ditea'vo-
stri principi nostri figli , il contenuto di
onesta nobile ceremonia. Clemente XIV
venne coronato nel 1 769, e vedendo che
nella ceremonia della stoppa questa sten-
tava ad accendersi, forse per essere umi-
da, ne mostrò gran compiacenza, pren-
S T O 93
dendnlo per buon preludio fsu'quali no-
tai qualche erudizione a Profeta) che il
suo pontificalo avesse lunga durata, co-
me rilevò Cancellieri, insieme alla cadu-
ta da cavallo nello scendere dal Campi-
doglio, nella pompa del possesso. Confes-
sò il Papa, che subito gli venne in men-
te il versetto: Impulsus eversus sttni, ut
càderem ,et Dominus suscepil me , con tut-
ti gli altri del salmo 1 1 7 che sembrava a-
datlato al suo caso. Notò inoltre Cancel-
lieri essere slato detto allora lepidamen-
te: Che Alessandro incominciò il suo im-
pero con domare un cavallo, non doma-
to da verun altro; e che Clemente inco-
minciò coll'essere domato da un cavallo,
domato da tutti gli altri. Quanto inoltre
spiritosamente disse Clemente XIV nel-
la caduta, lo riportai nella biografia. E-
gli regni) 5 anni, 4 mesi e 3 giorni, e morì
di Sganni non compiti. Nel voi. XXX \ II,
p. 77, e meglio a Stazioni sagre delle
CHIESH di Roma, parlai degli stoppini delle
lampade di esse, e che gli stoppini di quel-
le visitate da'Papi si prendevano per for-
ma're un guancialetto per la loro cassa
mortuaria, e porsi sotto il capo de' loro
cadaveri. Di questo uso trattano, Severa-
no, lllemoric sagre, p. 3G8, citando Cen-
cio Camerario che ne ragiona nel libro
dé'Censij e Cancellieri, Notizie de' con-
clavi, p. 5i.
STOPPANI Gianfrancesco, Cardi-
nale. Nacque in Milano da nobili genito-
ri , e dopo aver coltivato i buoni sludi
nel collegio Borromeo di Pavia, portato-
si inPioma,fu da InnocenzoXlll ammes-
so fra i suoi cameriei i segreti, e poi di-
venuto prelato di manichetta fu da Cle-
mente XII nel 1 730 spedito inquisitore a
Malta, e dopo 5 anni facendolo consagra-
re arcivescovo di Corinto in parlibus lo
promosse a nunzio di Firenze, e nel 1 739
con tal dignità lo mandò al senato vene-
to; indi Benedetto XIV nel 1743 lo di-
chiarò nunzio all'imperatore Carlo VII
di Baviera, del quale si guadagnò l'affet-
to e la grazia. Ma la sua buona ventura
94
S T O
si cambiò nel 174'» colla morte dell'im-
peratore, poiché favorendo egli alla die-
ta di Fra 11 e fori nell'elezione la casa di ba-
viera, fu invece eletto Francesco I inari-
lo della regina M." Teresa d'Austria, il
quale non lo volle per nunzio a Vienna,
oudeBeuedello XIV nel 1 ^4-7 lo fece pre-
sidente d' Urbino, città a cui compartì im-
mensi benefizi, e lo slesso fece con quel-
la di Pesaro, dove a pubblico vantaggio
spese molto del proprio. Volendo Bene-
detto XIV premiare la lunga e lodevole
sua carriera colla porpora, anebe per le
istanze premili ose del cardinal Valenti se-
gretario di stato, amicissimo e parente del
prelato, nondimeno si trovava imbaraz-
zalo dalle contrarie e vive rappresentan-
ze del cardinal M illini ministro dell'im-
peratrice regina M.a Teresa, la quale on
nmamenle lo voleva escluso da tale di-
gnità, per l'opposizione mostrata al ma-
rito in delta dieta, nei favorire la parie
Bavaia contendente. Ma dipoi conside-
randoli Papa die non conveniva dar mo-
tivo alle cor ti di cominciare l'abuso di dar
V Esclusiva (ne riparlai a Sagro colle-
gio) anco dal collegio cardinalizio, come
pretendevano darla in conclave sul nuo-
vo Papa; e che il prelato avea protesta-
to contro la segui la elezionea seconda del-
le sue istruzioni, ed avea inoltre servito
con riputazione la s. Sede, restò fermo nel
divisamente e procuro di dileguare tan-
ta opposizione; quindi ai 26 novembre
1 7.53 lo creò cardinale dell'ordine de'pre-
ti, e gl'invio a Urbino la berretta rossa
per l'ahlegato mg.r Veterani suo came-
riere segreto. Venuto in Roma gli confe-
rì il cappello cardinalizio, e per titolo la
chiesa di s. Martino a'Monti, e Io nomi-
nò legato apostolico d'Urbino, die con-
tinuò sino al 1 754, quindi nel 1 756 lo fe-
ce legato di Ravenna, ove pure si fece a-
mare per la sua incoi rolla giustiziale ap-
plaudire per la sua liberalità, e vi restò
fino ah 76 li Ascritto alle principali con-
gregazioni cardinalizie,Clemente XIII gli
attribuì la prefettura dell' economia di
STO
quella di propaganda, e non In generale
come scrive Cardella, e più lardi diven-
ne segretario della congregazione del s.
offizio, non che proiettore de'canonici re-
golari Lateranensi, dell'ordine di s. Ba-
silio,di diverse università artistiche, del-
l'accademia teologica, del monastero di
s. Susanna, e delle città di Pergola, e di
Augusta in Germania. Clemente XIII nel
1 7O3 !o preconizzò vescovo suburbicario
di Palestrita, in cui adempì le obbliga-
zioni tulle di zelante pastore colle fre-
quenti visite della diocesi, e colla solle-
citudine veramente paterna ch'ebbe pel
seminario. Imperocché leggo nel prene-
slinoCecconi già vescovodiMontalto,che
gli dedicò la sua opera, Insliluziont dei
seminari vescovili, encomiata l'episcopa-
le sollecitudine, ed enumerate le sue be-
neficenze, per le sue instancabili cure pel
seminario, ove stabilì un nobile oratorio,
l'arriccili di sagri arredi per le messe so-
lenni,consedili epulpito per esercizio del-
la divina parola, oltre altri comodi e or-
namenti, ed oltre ancora l'impegno pel
profitto de'giovani,al quale elfelto li prov-
vide di scelta e copiosa libreria. Trovo nel
Petrilli, Memorie Prenesline, altri enco-
mi, e che avendo sino dali75o il semi-
nario donato a'passionisli la chiesa di s.
Maria di Pugliauo già de'con ventilali e
nel territorio di Paliano, ovei religiosi sta-
bilirono un 1 itiro e abbellirono la chiesa,
questa a' io agosto 1765 si portò a con-
sagrare solennemente con nobile corteg-
gio, essendo ancor vivente il loro fonda-
tore b. Paolo della Croce. Acquistò in Ro-
ma il bel Palazzo Stopparti ( /^.),che seb-
bene ora proprietà de'Vidoui ne conser-
va il nome, e dove collocò le famose ta-
vole Prenesline da lui trovate in Palesti-
na {P •), ossiano i frammenti de'f asti di
Q. V. Fiacco. Mecenate de'letterati, ge-
neroso co'poveri, munifico verso le chie-
se,compì gloriosamente il periodode'suoi
giorni in Roma a' 18 uovembrei 774» m
tempo di sede vacante per Clemente XI V
al conclave pel quale e per Gemei) le XIII
S T ()
era intervenuto, senza poter entrare in
quello che si celebrava allora, a cagione
del male che lo affliggeva e portò al se-
polcro tliyganni. Fu tumulato nellachie-
sa di s. Andrea della Valle, nella cappel-
la della Madonna, dove in vita erasi ap-
parecchiata la tomba, come si vede nella
lapide [tosta alla sua memoria nella vici-
na parete, sopra di cui è espi essa la di lui
effigie in marmo con un semplice elogio.
STORIA e STOhìCOJffislaHaJuMUh
ricus, historiografus. Narrazione diffusa
di cose seguite, raccolte e scritte dallo sto-
lieo o [Storiografo. Gli archivi sono le mi-
niere della storio, gli elementi sono le me-
morie lapidarie dell'iscrizioni, non meno
che le monete e le medaglie, ed altri an-
tichi monumenti. Ogni umana ricordan-
za tramandata alla posterità senza questi
poderosi e indispensabili aiuti , riuscirà
sfibrata e manchevole di piena autorità,
imperocché la fedele storia deve essere vi-
vo oracolo della verità. La storia è il più
durevole monumento, chegli uomini pon-
ilo lasciare delle loro azioni, giacché uè
le statue, uè i trofei, negli archi trionfa-
li, né le iscrizioni, né le medaglie, né le
colonne, né le pitture, né i mausolei, poti-
no eguagliarne l'estensione e la perpetui-
tà. La storia è lo specchio e il vero teso-
ro della vita umana, che preserva dalla
morte e dalla dimenticanza le azioni e le
parole memorabili degli uomini, leav ven-
ture meravigliose e gli accidenti straor-
dinari , che produce il lungo tratto del
tempo. La storia, ch'è maestra della vi-
ta e rivelatrice de' secoli, insegna assai
meglio della filosofìa o almeno ne cor-
robora le dottrine colla pratica dell'e-
sempio. Noi dunque a niutio più dobbia-
mo che agli storici, i quali registrano le co-
se più notabili, per conservai ne la memo-
ria in perpetuo, che possa servire d'istru-
zione alla posterità. In (piai fondo d'igno-
ranza saremmo noi caduti e inabissali,
se fosse abolita la memoria di ciò che ac-
cadde prima della nostra nascita? E qual
ristretta esperienza avrebbe ognun dei
S T ( > 9 7
mortali, se non avesse che quella solo che
si fosse pollilo procacciare nel giro limi-
tato di sua vita? Per compensarne adun-
que nel miglior modo la fatai brevità, o-
gni uomo, culto special metile, gode per
quanto può, di farsi spesso presenti l'e-
tà trascorse, con indagare le memorie e
le costumanze de'passati secoli e delie an-
tiche nazioni, conoscendo che i libri so-
no nel tempo, come i telescopi nello spa-
zio, che avvicinano gli oggetti più lonta-
ni. Osserva il eh. Cantò, negli Studi su
l'ub. Patini, u Comunque la vita d'uno
scrittore sedentario consista negli scrini
suoi, pure l'autore vive col suo secolo, e
seassistea unarivoluzione, ne è specchio:
laonde un granile scrittore è rappresen-
tante del proprio secolo e iniziatore del
nuovo, se non per volontà creatrice, al-
meno per vaghezza indecisa e per confuso
presentimento". Dicesi anche storia un
successo, un avvenimento, una cronaca,
una leggenda, un poemetto o simili; ed
inoltre, le dipinture o sculture rappresen-
tanti alcun fatto. La mitologia e l'icono-
logia, crede la storia personificata figlia
di Saturno dio del tempo, e di Astrea dea
della giustiziala dipinge in maestoso con-
tegno, con grandi ali, emblemi della sua
prontezza nel divulgare gli avvenimenti,
coperta di bianca veste simbolo della sua
veracità ed ingenuità; con un libro in uni
mano, e nell'altra i\un penna ed imo sti-
le; volgendosi addietro, siccome quella
che seri ve per coloro che verranno dopo.
Talvolta viene espressa che sta scrivendo
in un gran libro sostenuto dalle ali del
Tempo, che rappresentasi sotto la forma
di Saturno. Si dipinge ancora con un dia-
dema, perchè la storia è specialmente di
lezione de'governanti ; coi sole nel petto,
per esprimere il carattere della verità e
della imparzialità da cui non deve essa
giammai dipartirsi. Alcune medaglie, del-
le piramidi e altri attributi, annunciano
che le sue prove consistono negli antichi
monumenti. Si dipinge pure in un qua-
dro il cui fondo è formalo da una inceli-
96
STO
diata città, che indica la distrazione de-
grimpcri^iotnbilee istrutti voarticolo dei
suoi annali. Allearti della Scrittura (/*.),
ed a quella della Stampa (P.) dobbiamo
principalmente ripetere la storia e il pro-
gresso delle umane cognizioni. Si preten-
de che il libro più antico sia quello di E-
nodi; meglio è vedere Libreria, ove ne
parlai. Si crede da molti essere il più an-
tico storico Sanconiatone, o almeno degli
scrittori non ispirali, nativo di Decito in
Frigia, che scrisse in Linguai f.) fenicia
la storia di Tiro. Pare die vi ponesse gran
diligenza in compilarla, poiché si vuole
rh'egli tutto attingesse negli atti autentici
della città e negli archivi che gelosamen-
te si custodivano ne'templi. L'opera in
trovata esattissima da Abibal redi Beri-
Io, a cui la dedicò: si ritiene che fiorisse
1 4 secoli innanzi l'era cristiana. A Libre-
mi inoltre rilevai l'antichità delle dedi-
che de' £////7( /^narrando l'opera da ae-
roso caldeo dedicata al re Seleucio Nicà-
nore, che cominciò a regnare 6 r anni do-
po la morte d'Alessandro; e ad Er\ di A-
less a.\dro il Grande, dissi essere morto
4^5 anni avanti Gesù Cristo. Essendo la
storia la narrazione dejjli avvenimenti
passati, per evitare la confusione, ed es-
sere diretta nel suo cammino, ha bisogno
della Cronologia {V.). Questa insegna a
classificare, secondo l'ordine de' tempi, gli
avvenimenti diversi che presenta la sto-
ria. Per questo la cronologia divide l'isto-
ria in alcune parli, ciascuna delle quali
è segnala da qualche fatto memorabile,
cui si riferiscono tutti gli altri. Tali par-
ti si chiamano Epoche (?'.), e digerisco-
no dal Periodo (f.). Abbiamoli Calen-
dario cronologico del trattato elementare
e delle principali epoche per l'intelligen-
za delle storie, Roma 1826. E di G. D.
Musanzio, Tahulae chronologicae auae
sacra _, politica, bellica, fortuita, literas
et artes ad omnigenam historiam coni-
plecluntnr. Accessit disserlatio hi^lorico-
critica qua Chronolog/ae his tabulis tra-
ditae specimen apologeiicum exhibelur
STO
N. Spinelli, Piomac 1 7 "»o. Non v'ha cosa
diedi maggior diletto e di più reale van-
taggio possa riuscire alla gioventù, quan-
to l'avere innanzi agli occhi, per cosi di-
re, il quadro di tutti gli avvenimenti dei
secoli. Per questo appunto coloro che l'a-
nimo intesero in ogni tempo all'educazio-
ne scientifica e letteraria della gioven-
tù, le offrirono ad oggetto di studio sto-
rie particolari e compendi di cronologia.
Ma tali storie studiate separatamente le
une dalle altre, fecero conoscere il biso-
gno di quadri cronologici d'istoria anti-
ca e moderna, sagra e profana, con un'i-
dea generaledel mappamondo de'secoli, e
poi mirare con questa nonna all'acquisto
delle particolareggiate istoriche cogni-
zioni. Rollin, Fleury, Pitiche e Batteaux
opinarono, che questo genere di compen-
di storici potevano essere molto proficui
all'istruzioneelementare,sì perchè avvez-
za il giovane alla memoria delle cose, sì
perchè lo guida a fissare un ordine alle
proprie idee. La storia è indegna di que-
sto nome se non sia teslis temporurn, lux
verità tis, prima legqe della quale è ne quid
falsi dicere audeat, secondo il noto pre-
cetto di Cicerone. Di questa verità niu-
110 dubitò mai fra gli antichi, e quindi si
legge presso Luciano: Chiunque impren-
da a scrivere una storia a ni uno dee sa-
grificare, solamente alla verità. Non è a-
dunquechi non veda i documenti auten-
tici e degni di fede essere alla storia quel
che sono i materiali ad un edifizio;e quel
che Seneca affermava de'grammatici che
delle parole non sono essi inventori, ma
solamente custode con molto miglior di-
ritto doversi intendere ancora degl'istori-
ci per rispetto agli avvenimenti da loro
narrati. E quanto alla filologica Erudi-
zione (/"'.), disse Galileo. "Non aver glo-
ria solamente colui che ai concetti suoi
sa dar forma e sviluppo pratico; ma que-
gli eziandioche non tanto perchè crea pen-
sieri, ma perchè sa incarnare nel fatto i
pensamenti suoi". Girolamo Martens nel
Saggio di un'istoria completa dell' erti-
STO
dizione ad uso de giovani che comincia-
no a fare i loro sludi in qualclie univer-
sità, riconosce 4 principali epoche nella
storia dell'erudizione e delle Lettere belle
(/^.): l'epoca de'greci sotto Alessandro e
i Toloraei; quella de'roiuani sotto Augu-
sto;!] nel la degl'italiani sotto iMedici;quel-
la de'francesi sotto Luigi XIV; quindi ri-
conosce una 5-a epoca, che i cattolici po-
tranno chiamare il secolo di M.a Teresa,
e i protestanti il secolo di Federico li. F.
Letterato. Il prof. ah. d. V. Anivitti,,^/*-
nali delle scienze religiose, i. 'serie, 1. 1 2,
p. 22(1, dichiara: » Dal risorgere delle let-
tere insino a'dì nostri ha la storia per-
corso successivamente tre stadii.Da prin-
cipio tra la polvere delle recondite ope-
re, e tra gli avanzi dell'antichità si apri
una via di erudizione, rimescolando nel-
le sue ricerche il vero e il falso, il favo-
loso e il reale. Dall'abuso di codesta e-
rudizioue indigesta ed informe, sentito
da'dotti il bisogno di separare la gratui-
ta asserzione da'veridici monumenti, il
duhhio dalla certezza, il senso dalle pa-
role; la storia progredì alla critica, e di-
venne narratrice fedele e prudente. Per
ultimo, a non lasciare inutili e quasi mor-
ti i tesori della erudizione e i sudori del-
la critica, la storia fu assunta alla filo-
sofia; e si pose viva ed esultante pel sen-
tiero delle ragioni, che sono il mistero
de'falti, alla cui rivelazione si provaro-
no un tempo eccelsi genii, ma che po-
scia rimase dimenticato. Vano è questio-
nare quale delle 3 vieavrehhe fatto rag-
giungere alla storia una meta gloriosa.
Perciocché in fatti, per quanto spetta al-
l'erudizione, laddove essa non sia crusca-
ta, altro non è che una farragine di no
tizie, vano ingombro alla memoria, e tri-
ste occasione di perniciosi argomenti. La
critica poi è cosa in vero di che bella si
fa la mente, e in ispecie, come suona il
suo nome, la facoltà che discerne; ma iu-
fìne si ferma sulla corteccia de' fatti, né
altro fi, 0 poco più, che chiarirne la ma-
teriale esistenza. La filosofia della storia,
VOL. LXX.
S T O 97
questa per fermo si è che lega tutte le
potenze e le proprietà più nobili dello spi-
rito umano a'futti dell'uomo e leggendo
in essi più che l'uomo la umanità, risale
a'principii che li crearono, e alle conse-
guenze che ne furono il fruito. Ma do-
ve la erudizione non ne fornisca abbon-
dante la materia, e la critica non la giu-
dichi e non la ordini; la filosofia della
storia si scambierà colle opinioni degli
individui, e Dio non voglia che sovente
non isvanisca in fantastiche formule, o
come oggi dicono in utopie! Il perchè
quantunque la seconda sia più nobile
della prima, la terza dell'una e dell'al-
tra; tuttavia crediamo che la storia sor-
ga oggimai da tutte e tre: l'uua dà, l'al-
tra accetta, la terza pone tutto il valore
intrinseco e relativo a profitto del vero,
del buono e del bello; e perciò a quella
maniera che 1' uomo surge e dal corpo
destinato ad essere informato dall'ani-
ma, e dall'anima destinata ad informa-
re quel corpo; la storia ci viene dall'u-
nione di quegli elementi, de'quali i pri-
mi due sono, diremo così, materiali, il
terzo è principio animatore e formale,
no altresì vorrà negarci che uè la
erudizione sia già tutta esaurita; che an-
zi ogni giorno feconde sorgenti se ne di-
scoprono. La critica eziandio ha immen-
si lavori da compiere, più che immensi (\a
imprendere. La filosofia poi soventi volte
darà in esagerazione ove di tutti gli uma-
ni eventi preteuda rintracciare la genesi,
ec." Il gesuita p. Narboue nella Bibliogra-
fia sìcula, dà ai giovani che aspirano a
divenire scrittori un documento utilissi-
mo, ed è: » Che dalla distinzione nasce
l'ordine, dall'ordine la chiarezza, da que-
sta la facilità nell'intendere, senza la qua-
le, poiché gli uomini souo naturalmente
fuggifatica, niun libro potrà universal-
mente piacere e divenir popolare". Dice
il Parisi nelie Istruzioni^ che la dottrina
del cardinal Antoniano fu senza ostenta-
zione: ebbe per massima nello scrivere di
far servir le parole e Io stile alla mate-
7
(,8 STO
ria, e non questa alle parole; e perciò seb-
bene sapeva lutla la finezza della lingua
latina, l'adattò alle cose sagre, di cui trat-
tano per lo più i brevi pontificii, né si le-
ce scrupolo d'usai' termini e frasi eccle-
siastiche,e purgai e da Ila prof ini là del geo
tilesimo, quando mancavano le parole e
frasi Ialine per esprimere le cose, delle
quali i latini non ebbero idea. Bacone eia
Verulamio, De dign. et aug. svieni. lib.
2, cap. i, divide tutta la dottrina umana
in 3 classi, prese dalle 3 facoltà della no-
stra mente; cioè in istoria, che apparite ■
nealla memoria; in poesia, cli'è parte del-
l'immaginazione; ed inf]losofia,opera del-
la ragione. D'Alembert nel discorso pre-
liminare dell' Enciclopedia, lungamente
spiega colla sua solita sottigliezza la con-
gruenza di tale divisione della dottrina
umana, e confurmemenle alla medesima
divide i letterati, in eruditi, in filosofi, ed
in belli spirili: 'a memoria è il talento de-
gli eruditi, la sagacità è la dote de'filo
sofì, e le grazie sono il distintivo de'beìli
spiriti; e questi 3 talenti diversi formano
3 classi di uomini, che non hanno altro
di comune fra di loro nella repubblica let-
teraria che il dispregiarsi mutuamente,
come riflette l'Andre». Egli aggiunge che
taledi visione è giustissima, se consideria-
mo le relazioni delle scienze colle facol-
tà della mente, ma non riesce molto co-
moda per seguire i progressi fatti nello
studio di quelle. La grammatica forma
una parte della filosofìa, ma nel trattare
storicamente l'avanzamento delle scienze
non sarà più convenientemente riposta
presso all'eloquenza e al la poesia, che nou
unitameli te alla metafìsica? La storia na-
turale e l'ecclesiastica appartengono cer-
tamente alla storia, ma come distogliere
quella dalla fisica, questa dalla teologia?
Conclude il p. Andres, che la divisione di
Bacone potrà confusi a chi voglia disa-
minare la genealogia delle scienze.ma non
così a chi desideri scriverne la storia. Di-
versi sonoigeueri di storia, a volerne ri-
cordare i principali, il i.°è la storia saula
S T O
dell'antico TmlamentoiJP.), scritta da au-
tori ebrei. l'Issa comincia alla creazione
del mondo e termina colla nascita di Ge-
sù Cristo, comprendendo uno spazio di
più che 4ooo anni, secondo alcuni, altri
l'accorciano, altri l'aumentano di molto,
al modo e come riportai ad Era. Malgra-
do la quantità dellecritichetemerarie che
gl'increduli autichi e moderni hanno fat-
to di essa , e malgrado il disprezzo con
cui ne hanno essi parlato, questa stona
sarà sempre rispettabilissima sotto ogni
aspetto; siccome sarà ognora la più sa-
viamente scritta, quella die porla seco le
maggiori prove di autenticità <• di verità,
e dalla quale apparisce più chiaramente
la mano onnipotente di Dio. Sua conti-
nuazione è la storia ecclesiastica, cioè del-
lo stabilimento e de'progressi del cristia-
nesimo, dal principio della pndicazioue
dell'e vangelo sino a'nostri giorni. La co-
noscenza di questa storia è una parte es-
senziale della teologia; in fatti non è que
sta una'seienza d'invenzione, ma bensì di
tradizione: essa consiste nel sapei eciò che
Gesù Cristo ha insegnalo, sia egli mede-
simo, sia per mezzo de'suoi apostoli; in
qua! modo questa storia venne attaccata,
e come è stata difesa. Chiamasi poi pro-
priamente Scrittura sagra (F.) la storia
non solamente dell'antico, ma anche del
nuovo Testamento, compostadagliiSV/v£-
tori sagri (?''.). Da ultimo il dolio mg.r
Claudio Samuelli vescovo di Montepul-
ciano, di recente defunto, ad esempio di
altri lodevoli vescovi, neli85i ci die il
Nuovo compendio di storia sacra per
uso dell' educazione e istruzione della
gioventù di lutti i ceti. In esso dichiarò,
che giova promuovere il metodo d' in-
segnare la religione per mezzo dell'isto-
ria sagra. Con encomi ne rese ragione la
Civiltà cattolica nel t. 8, p. 336. Inol-
tre questa pubblicazione periodica cotan-
to utile, nel t. 7, p. 54^ della 2/' serie, fe-
ce altrettanto sull'Esposizione de'qual-
tro sacri Evangeli insieme confrontati.
Opera di Geminiano Rlislei della coni-
STO
pagaia di Gesù, Rumai 854. 1'1 quésta
felice idea e nobile pensiero, di porgere
a'fedeli un nuovo e ubertoso pascolo di
vita eterna, oltrela storia evangelica del-
le gesta meravigliose dell'adorabile Re-
dentore, scritta con mirabile accordo nel-
la sostanza e senza che uno di perdesse
dall'altro, da'4 Evangelisti divinamen-
te ispirati, eziandio vi si penetra il senso
più intimo e vitale, che invigorisce il cuo-
re a proceder franco nelle vie della perfe-
zione cristiana. Le sorgenti del la storia ec-
clesiastica ossia del Cristianesimo (F.),
sono gli scritti degli Apostoli, degli E-
vangelisti, de' Padri che li successero, gli
alti de' SIartìri3 i loro Fasti e Martiro-
logi t quelli de Sinodi o Concilii (/'".), le
memorie degli storici. Per poco che si vo-
glia riflettere leggendo la storia ecclesia-
stica, non si può non ammirare la prov-
videnza di Dio pel modo con cui degnos-
si dirigere la sua Chiesa (F.). Secondo
i deboli lumi della prudenza umana, le
persecuzioni degl'imperatori edegli altri
principi pagani avrebbero dovuto solfo-
care il cristianesimo appena nato; e le e-
resie e scismi insorti in lutti i secoli, e-
rano piò che sufficienti per distruggerlo.
Dopo l'irruzione de' barba ri, l'ignoranza
sembra va che dovesse seppellire nel la me-
desima tomba la religione e le scienze. La
corruzionede'costumi, che circola da una
nazione all'altra, indispone gli spiriti con-
tro una dottrina ebe la condanna, e vi
sono de'tempi ue'quali sembra essa sta-
bilire una prescrizione contro 1' evange-
lo; ma Dio, che veglia sulla sua opera, si
serve per sostenerla anchedellecose e del-
le persone ebe sembravano doverla inve-
ce distruggere: gli ultimi esempi, e mera-
vigliosi, gli avemmo nel finir dello scorso
secolo e nel presente. Il dogma, la mora-
le, il culto esterno, la disciplina, sono i
4 principali oggetti che si osservano leg-
gendo la storia ecclesiastica. I due primi
non possono mai cambiare: talvolta pe-
rò sembrano oscurati dalle dispute, ed è
d'uopo di seguire attentamente il filo di
S T O 99
tale contestazione per potere alla fine de-
terminarsi a comprendere il vero signi-
ficato de'decrcti delIaChiesa, i quali han-
no deciso le questioni. Il cullo esterno può
aver maggiore o minore splendore, e bi-
sogna osservare il legame e il i apporto
che ha sempre col dogma. La disciplina
varia secondo i tempi, i costumi, le leggi
ci vi li: vi sono però anche in questa de'puu-
li fissi ed invariabili, da'quali la Chiesa
non si è mai dipartita, e clic non cambie-
rà giammai. La propagazione dell'evali-
gelo, le vicende della Chiesa e le gesta de-
gli eroi del cristianesimo meritavano be-
ne, che se ne conservasse presso i fedeli
la memoria. Egesippo fu ili. "che diede
l'esempio di scrivere la storia ecclesiasti-
ca, e in 5 libri compose de'commentari
degli atti ecclesiastici, de'quali ci sono ri-
masti soltanto pochi frammenti. Le que-
stioni tanto agitate sopra la Pasqua e so-
pra il Battesimo, ed altre dispute insor-
te ne'primi secoli intorno all'ecclesiastica
disciplina, tenevano sempre più vivo lo
studio dc'eristiani dottori, e davano ma-
teria a sottili ricerche e ad erudite scrit-
ture. E I ecco in qual guisa, dice il p. An-
dres, cominciò a prender piede ed a viep-
più propagarsi l'ecclesiastica letteratura,
a segno di potere degnamente occupare
lo studio delle persone di più alto inge-
guoper molti secoli; la Chiesa mantenen-
do Scuole [V.) e Biblioteche per istruire
gli ecclesiastici nelle scienze divine ed li-
mane. Uno de'più antichi scrittori di sto-
ria ecclesiastica fuEuscbio diCesarea{ fy/.).
Sullastoria ecclesiastica abbiamo princi-
palmente ilei gran cardinal Earonio, An-
nales ecclesiaslicis, Venetiis i 70 5. 11 b*a-
ronio si meritò il titolo di Padre della
storia ecclesiastica, e la scrisse per co-
mando di s. Filippo Neri (sul quale nel
i854 pubblicò in Roma mg. r Francesco
de'conli Fabi Montani, Ragionamento
della coltura scientifica dis. Filippo Ne-
ri e dell'impulso da Itti dato agli studi
ecclesiastici), in un tempo che i 4 mini-
stri protestanti, chiamali Centuriatori di
joo STO
]\lagdeburgo[I'. ),nveauo pubblicato una
storia ecclesiastica divisa idi 3 centurie,
con empio scopo e per propagare il na-
scente luteranismo. Gli sinuati del Ba-
ronio incominciano dalla nascita di Ge-
sù Cristo, e giungono sino ah irjB.Odo-
rico l{'nrc\\d\,Annaliecclesiaslici tratti da
quelli del cardinal Baronio, Roma 1 64 1 "•
Annales ecclesiastici ex (orni odo ad a-
mini pluribus auclum redacti , Roruae
1667. Il Rinaldi continuò pure gli An-
nali del Baronio sino al 1 534, continua-
zione compresa in detti tomi. Tre poi ne
pubblicò Giacomo Laderchi, Annales ec-
clesiastici ab anno 1 566 ubi Odericus
Raynaldus desini, Romae 1728. Enrico
Spondano, Annalium ecclesiaslicorurn
card. Baronius conlinuatio ab anno 1 5qj
quo is desili ad finem 1646 , Lugduni
1678 : Epitome Annalium ecclesiastico-
rum C. Baronii, Lugduni 1 660. G. P. O-
liva, Obscrvationes anonymi de Arimi-
nis ad Annales eccl. H. Sponclani, 1 656.
Antonio Pagi, Critica historico-chrono-
logica in universos Annales ecclesiasti-
cos Card. Baronii, in quo rerum narra-
lio dcfenditur,illustratur, suppletur,ordo
temporum corrigilur, innovalur, et perio-
do graeco romana, nuneprimum concin-
nata munitur, Àntuerpiae 1727. Berault
Bercastel. Storia del Cristianesimo, Ve-
nezia 1 SaB.GiovanniBellomo, Continua-
zione della storia del Cristianesimo di B.
Bercastel, Venezia 1 832-35. Robiauo,
Continuation de l' ILsloire de VEglise de
Bercasteljdepuis 1 72 1 fusquen 1 83o,Pa-
ìis 1 836. Storia ecclesiastica del cardi-
nale Giuseppe Agostino Orsi _, Venezia
1822. La continuò e compì, come dissi
nella biografia del cardinale, mg.r Auge-
llo Beccbelti domenicano bolognese ve-
scovo diCittà della Pieve. Nel 1 836 si pub-
blicò in Parigi : Istoria generale della
Chiesa ne' secoli XVI II eXIX, continua-
zione di tutte le edizioni di B. Bercastel
e supplemento a tutte le istorie della Chie-
sa pubblicate fino a questo giorno. B.
Henrion, Storia universale della Chiesa
STO
dalla predicazione degli apostoli fino al
pontificato di Gregorio XVI, Mendrisio
i838. Jo. Baptista Palma, Praelectioues
Ilisloriae ecclesiasticae, Romae 1 838.
Pauli del Signore, Institutiones hisloriae
ecclesiasticae, quas nolis,el animadver-
sionibus illustravi t d. Vincenlius Tizza-
ni, Romae 1837 (di Del Signore si ha pu-
re, Thesaurus hisloriae ecclesiasticae ,
Romae 1 83g). Di queste due opere se ne
rende ragione, con encomi, negli Annali
delle scienze religiose nel t. 6, p. 2 53, con
questo preamboIo.^Se le storie de'tempi
che ci precederono offrono allo spirito u-
mano un erudito pascolo di cognizioni per
apprendere colla scorta de'passati avve-
nimenti i progressi delle arti, le civilizza-
zioni de'popoli, l'influenza della morale
e delle leggi, e tutte quelle cagioni, che
tanto potentemente agiscono sullo stato
dell'avanzarsi e del declinare delle nazio-
ni, non può sotto gli stessi riguardi con-
siderarsi quella de'fasti della Chiesa di Ge-
sù Cristo. Non è questo studio ristretto al
vantaggiodi erudire semplicemente Io spi-
rito, e di mostrargli la via, con che gli sia
dato dietro l'esperienza de'trapassati se-
coli ottenere i mezzi di una migliore e-
sistenza nella vita sociale; ma riguarda
ciò che di più interessante, più prezioso
e più caro può formar l'oggetto delle as-
sidue sue contemplazioni. La storia della
Chiesa nel suo sovraumano nascimento,
e ne'suoi portentosi incrementi a fronte
degli ostacoli più stranie crudeli, quelli
della sublimila delle sue dottriue soste-
nute coll'appoggio di provvide leggi di-
rette alla loro invariabile durata, la san-
tità altresì de'suoi pietosi seguaci, e dei
Riti (V.) pieni di religione, di maestà, e
di alte espressioni, regolati da saggia di-
sciplina sempre accorta a non allontanar-
si per quanto è possibile dalla uorma dei
nostri maggiori; questi e altri simili be-
ni, che si raccolgono dal percorrere il va-
stissimo campo di tale storia, destano nel
cuore umano un'imponeute e grata soa-
vità di peusieri e di affetti da non poter-
STO
si questa aver eguale nello studio della ci-
viltà delle generazioni e de' popoli, limi-
tato all'unico scopo dell'erudizione e del-
la temporale felicità. Lastoriadella Chie-
sa di Gesù Cristo è quella ad un tempo
della Religione (f.), che abbiamo la sor-
te di professare, e se nulla vi ha, né può
immaginarsi di più imponente e di più
caro di lei, forza è il concludere esser des-
sa di tutte le nostre occupazioni la più u-
tileela più interessante". Inoltre gli An-
nali delle scienze religiose, 2.a serie, t. 3,
p. 4^3, dichiarando che la filosofia della
storia ecclesiastica non ci guida ad apprez-
zare giustamente i fatti, se non per mez-
zo del doppio studio delle cagioni e delle
leggi chedominauo la storia stessa, e per-
chè G. S. Blanc fa conoscere l'applicazio-
ne ili queste leggi, nel Corso di storia ec-
clesiastica, Parigi i 84 1 -4 5, lo loda e an-
nunzia che l'opera sarebbe accompagna-
ta da dissertazioui storiche, da problemi
e da documenti giustificativi. Lo studio
della storia ecclesiastica, fatto orinai piti
serio e coscienzioso, produsse non po-
chi trionfi alla Chiesa e le prepara al-
tre consolazioni. Fanno parte e si colle-
gano colla storia ecclesiastica, la Geo-
grafìa (['.) sagra, e la storia dei Papi
(F.), quella d& Santi (/".) le cui grandi
virtù e glorie si potino vedere nelle bio-
grafie e ne'tanti articoli che vi hanno re-
lazione. La più parte di questo mio Di-
zionario riguardando la geografia tanto
sagra, quanto profana, a'suoi innumera-
bili articoli riporto gli autori storico-geo-
grafici tanto generali che parziali. Tra le
parti della geografia una delle più essen-
ziali è la geografìa istorica, poiché com-
prende i limiti degli sta li di versi, le varia-
zioni che provarono, le loro perdite, i lo-
ro ingrandimenti, e gli storici progressi
che riguardano l'emigrazioni de'popoli,
la formazione e caduta Liegi' imperi, regni,
repubbliche, i cambiamenti delle dinastie,
in uua parola i più rimarchevoli tratu
della storia di ciascun popolo e nazione.
Quanto alla storia oc Papi, dichiarai in
STO io[
quell'articolo co'principii dell'arte stori-
ca, i progressi della critica favorevoli per
debito di giustizia e di storica verità al-
la storia de'romani Pontefici, vendicando
le a mare e ingiuste accuse lanciate al Pon-
tificato (P .), di che riparlai in molte del-
le biografie de'Papi, e segnatamente in
quelle di s. Marcellino, s. Liberio, s. Si-
rido, s. Simmaco, Onorio 1, Silvestro II,
s. Gregorio FU, Innocenzo III, Boni-
facioVUI, Gregorio XII, Sistola, Giu-
lio II, ec. E siccome uell'articolo Papa ri-
portai gli storici de'Papi, e ricordai che il
ch.cav.LuigiFerrucciavea con aurei versi
storici continuato Frodoardo, ora eono
lieto, ad onore di sì cospicuo letterato e
latinista egregio,di aggiungere la pubbli-
cazione del suo : Enchirulion Ilisloriae
Pontifìcalis post libi'o<; Frodoardi cano-
nici lleniensi a secalo vini ad xvuil,
in perìodus sex conlractum servata ver-
sus hexametri r adone, Luci in Aemilia,
ex. officina Melaudriana 1 8 53. La storia
de'Papi è della più grande importanza,
poiché congiunge a'fatti principali delle
cose di religione, le vicende ili tulli i pò
poli per le relazioni dirette e iudirette,
che il Pontificato (I7.) esercitò sempre
in ogni contrada, e ne riparlai a Sovra-
ni e Sovranità : laonde non vi può es-
sere quasi alcuna cosa appartenente alla
storia pontifìcia, la quale non la' colle-
ghi pure con tutti gli avvenimenti più
memorabili del cristianesimo, non solo
per rispetto della spirituale podestà ePri-
malo (/'.)del romano Pontefice, ma an-
cora per quella temporale esercitata nei
domimi e principato civile della chiesa
romana, non meno che negli Slati e Re-
gni tributari alla s. Sede (F.). Pel va-
sto e copioso complesso delle molteplici
ed enciclopediche nozioni che compren-
de la storia de'Papi, avendone fatto nel
fior degli anni particolare e analitico stu-
dio, fu per questo precisamente che con-
cepii l'idea di compilare questo mio Di-
zionario di ci udizione storico-ecclesia-
slica,c\\v. sebbene lo circoscrissi das. Pie*
102 STO
tro sino ai nostri giorni, subilo l'amplini,
e vieppiù in seguilo del suo sviluppo.
Su tale fiori lespizio e altro, feci paiola
nel voi. LXYI1I, p. 244- " P- m- Casi
miro Tempesti de' con ventilali, nell'idea
dell'opera: Storia della vita a gestc di Si
sto V, deplora nel vedere la storia bio-
grafica, cbe prima tessevano i soli dotti
e di consumala esperienza ue'maneggi di
corte, capaci de'grandi affari che debbon
si sviluppare, divenuta comune occupa-
zione di persone incapaci a corrisponde-
re al grave e difficile incarico, e che acce -
cali dalla presunzionee dalla vanità, qua-
si per divertimento a tempo avanzato si
[ione vano al difficile c'intento. Per trattare
tale o qualunque altra storia dichiara che
senza unconliuuoe unicostudio, senza un
maturo criterio non è mai possibile di far
bene,pei cui suoleavvenirecliesiffalte sto-
rie biografiche non recano lustro a'pas-
sali,nè utile a'viveuli. Il p. Tempesti de-
scrive le difficoltà di questa impresa ar-
dua e scabrosa, i doveri e le prerogative
necessarie allo storico, e pel t .°la netta e
pura verità, di saper scegliere i documen-
ti per compilarla, eliminando quelli con-
tenenti favoloseoesagerate narrazioni; di
procedere con critica savia, temperante
e uou indiscreta, divenendo allora inso-
lente e ingiuriosa; di sapere adattare il
conveniente stile proprio alla storia, non
senza ornamenlo e qualche sobrio arti-
ficio; essere uno scoglio per rispetti umani
il lacere certe verità, l'occultare alcuni no
mi, il palliare successi per non offendere,
mentre manca il pregioalla storia se a lei
manca la veracità imparziale; altro im-
barazzo essere il conciliare le opinioni di-
scordi, le testimonianze condì addittorie,
dovendosi usare somma diligenza, cau-
tela e buon senso uell'abbracciare la sen-
tenza che sembra più probabile. Piicor-
da l'insegnamento di Luciano, che lo sto-
rico j qualora non voglia tradire 1' arte
propria e fare ingiuria al Poeta (P-), cui
è alfine, come lo è al Pittore e allo Scul-
tore {V.), deve studiarsi di somigliarlo
S T O
per l'altezza e sublimità de' sentimeli tij
insegnamento corroborato ancora da De-
metrio cogli esempi de'celebri storici gre-
ci Erodoto, chiamalo a ragione il padre
della storia, e Tucidide, poiché fucilan-
do egli dell'elocuzione afferma, che se lo
storico formerai! suo ragionare all'idea
poetica, parlerà magnificamente. Lon-
gino con Demetrio disapprovò il parere
di Tullio, il quale vuole che Teopompa
superasse nella graudezza del dire Fili-
slo e Tucidide; e pretende Longino che
Teopompo avendo materie nobili non
le trattasse con carattere convenevole. Il
[>. Bonlempi facendo il confronto dell'o-
ratore e lo storico, essendo egli d'avviso
che il carattere storiale sia il medesimo
della maniera platouica panegirica, col*
l'insegnamento di Giuliano Cesare nel-
l'orazione encomiastica di Costanzo, di-
ce che l'oratore amplificando innalza le
cose sopra quello che convenga loro, ov»
vero le avvilisce più di quello che sia d'uo-
po e non le eguaglia; laddove lo storico
non ingrandisce, nò diminuisce le cose,
ma cerca solo la verità nelle cose mede-
sime, e le riferisce semplicemente come
le trova, eguagliando con carattere no-
bile le cose narrate colla narrazione. A-
lislotile, Tullio e Quintiliano ammae-
strano che la dicitura convenevole alla
stona dev'essere fluida, copiosa, soave, or-
nata di quando in quando di opportune
virtuose sentenze, giusta l'ingiunzione di
Cor nifìcio. A lem pò e luogo de ve dire qual-
che giudiziosa epifonema (conclusione en-
fàtica, che trae sentenza dalle cose nar-
rate), tanto vagheggiata da Valerio Mas-
simo, che ravviva il racconto e raddol-
cisce l'animo del lettore. Deve scintillar
di figure vive, ma con tale artificio che
nou sem bri lo storico far ne pompa, di qual-
che naturale episodio e analoga modera-
ta digressione. Insegua Plutarco che non
si devono trascurare nelle storie biogra-
fiche anche le azioni minute, che quali-
ficano meglio quello di cuisi scrivela sto-
ria , riportandone le sentenze, e i delti
STO STO ioS
arguii o lepidi, poiché presentano cose tuttavia tenersi sempre in guardia contro
degne d'imitazione, e ne formano il ca- «juel veleno che serpeggia e cova quasi in
rntierislico della persona. Sul cattolici- ogni fibra della società?... Perciò appunto
sino poi degli scrittori, pubblicò alcune è tanto raccomandata agli scrittori catto-
osservazioni la Civiltà cattolica, 2.3serie, liei quella sottomissione sincera a'giudi-
t. 4>P' 6' ', come quella ch'è sempre in- si e all'autorità della Chiesa infallibile
lenta di ricondurre a perfetta armonia maestra e colonna della verità. Questo
col caltolicismo le menti de'suoi nume- vantaggio abbiamo noi cattolici, che ri-
rosi lettori. Perlan to avverte, che talvol- conoscendo e riverendo un'autorità, con-
ia lo scrittore o storico cristiano, massime Irò cui le porte dell' inferno non predar-
cattolico, quando finge a se medesimo di ranno, siam certi d'essere nel retto ogni
considerarsi giudice spregiudicato fra le qualvolta non ci discostiamo almeno col
contese religiose de' cattolici e quelle dei cuore da' suoi giudizi. All'incontro quei
proteslanti, si mette forse senza volerlo poveri omicciattoli che superbi del loro
e senz' accorgersi non sopra un terreno meschino sapere vollero o ne'tempi pas-
neulrale,ma tra le file nemiche. Ogni no- sali o ne'i ecenli farsi maestri del mondo,
ino può errare, e se altri scrive molto e di rigettando e non curando l'autorità dei-
molte materie, è assai facile che egli erri la Chiesa, noi li vedemmo cadere in pri-
soveiitc. Siccome poi si può errare in i- ma in errori grossolani, e perdere poco
storia e in filosofia, così anche e molto dopo presso il volgo medesimo quell'au-
più si può errare in materie religiose e turi tà di scrittoli famosi che tanto airi-
teologiche. Non è cattolico colui che per- bivano e per cui difendere ed assicurare
siste ostinato nel suo errore, quando per appunto adoperavano quel loro folle or-
tale è riconosciuto; bensì lo è assai più goglio".
di quanti altri i quali viceversa scrivono Lo studio della storia ecclesiastica fu
e parlano ottimamente, mentre pensano sempre coltivalo dalla Chiesa, e pel ze-
ed operano molto male, se docile si ino- lo de' vescovi eziandio nelle scuole, nei
slra prontoa mutar parere esi sottoniet- seminari, nelle università, ed anche con
te a quello dellaChiesa.» Siamo in tempi apposite accademie, come lo è tuttora.
ne' quali l'eterodossia, l'indifferenza e la Roma sempre fiorente di accademie ec-
smaniadigiudicartuttoeperlìnolaChiesa clesiastiche, polemiche e liturgiche, eb-
nellesuepralicheenellesuedollrine,hau- be purequelle di storia ecclesiastica. Leg-
no impregnato oer così dire l'atmosfera go nel Piazza, Eicsevologio Romano, [rat.
cherespiriamo. Qual meravigliachescrit- 12, cap. 24 : Dell' accademia di storia
lori sinceramente cattolici nel loro inter- ecclesiastica in s. Eusebio nell' Esquili-
110, fermissimi di voler rimaner cattolici no, chiamata cjuesta primogenita dell'ac-
ad ogni costo, tuttavia siano pur essi ini- endemia o conferenza de' concilii e del-
bevnti di quell'idee e principi-! e forinole l'istoria ecclesiastica del Collegio TJrba-
non cattoliche, che sotto ogni aspetto an- no [V.) di Propaganda fide, perchè con
che più leggiadro e seducente si presen- virtuosa emulazione da'migliori sogget-
tano ora alle menti? Filosofia, storia, pò- ti del clero romano secolare e regolare,
litica, letteratura ogni cosa è stala ma- verso il declinar del secolo XVII nel mo-
nomessa e guasta da quei principi! ete- nastero de' celestini di s. Eusebio alla
rodossi di falsa indipendenza, che da 3 conferenza sulla storia dei concilii fu ag-
secoli conpermauentee maligna cospira- giuntala pubblica accademia di storia ec-
zioue congiurano contro la verità. Qual clesiastica, spaziando sul vasto campo dei-
meraviglia, ripetiamo, che gli scrittori la medesima, che illustrarono tanti gravi
moderni, auche rettissimi, non sappiano e fedeli scrittori, sui (piali primeggia il
jo4 STO
cardinal Baronia, che per antonomasia
celebrai Padre della storia ecclesiastica,
con intervento tle'pi li cospicui letterati, e
«le' cardinali e prelati. Ad Accademie di
R.om a, encomiai Benedetto XIV cultore e
patronodottissimo de'sagrie profani stu-
di, che fra le accademie che istituì o ri-
stabilì in Roma (delle quali abbiamo la
Notizia delle accademie erette in Roma
per ordine di Papa Benedetto XI F, Ro-
ma i 740. Ivi furono pure stampati nel
ì 742, 1 743, 1 744 S'' Argomenti de' di-
scorsi da farsi nelle accademie nuova-
mente istituite da Papa Benedetto XII ),
•vi fu quella della Sagra storia e erudi-
zione ecclesiastica, e con avveduto con-
siglio la stabilì nella casa de' Filippini^ V.),
come illustre palestra e congregazione, da
cui fiorirono, oltre il fondatore s. Filip-
po Neri benemerentissimo degli studi ec-
clesiastici;, i Baronio, i Rinaldi, i Severa-
110, ed altri dottissimi nellesagrestorie, de-
putandone a segretario il dottissimo Bian-
chini. Di grande utilità riesce altresì lo
studio della storia profana, e quello del-
ia storia letteraria. Gli esempi chiari nel-
l'antica storia profana dell' istesse virtù,
pagane, giovano mirabilmente all'accor-
to istitutore o nell'accademie per infiam-
mar l'animo de'cattolici giovinetti, non
che ad imitare, ad avanzare e superare
gli sforzi della naturale probilàdi uomini,
i quali avvolti. gemevano nel lacrimevole
tenebrore del gentilesimo. Le virtù di Ci-
ro pel i.° seggio d'oriente, quelle de'Ca-
ruilli, de'Scipioni, de'Valeri Pubblicata,
de'Meneni Agrippa fra'romani, d'un Ari-
stide e d' un Epaminonda per lacere di
tanti altri tra'greci, sono mirabili scatu-
rigini fecondissime di salutari lezioni alla
più tenera elà,lequali avvegnaché si colle-
gllino a fatti illustri ne' vetusti annali, più
fisse nelle menti e più radicate rimangono
ne' cuori. I precettori devono curare di
volgere a giovamento de'coslumi la storia
profana, collo studio e la lezione declas-
sici, esponendone il bello, lumeggiandone
le parti più morali e incorrotte, e taceu-
S T O
done le contaminale; e così ne trarranno i
giovani ammaestramenti e precetti, quan-
to più brevi tanto più elììcaci. Il eh. prof.
Montanari nelinST pubblicò in Pesaro,
Ragionamento di s. Basilio il Grande ai
giovani circa il frutto da trarsi da'Ubri
de'gentili. I giovani devono essere prin-
cipalmente istruiti nella storia romana,
comequella che specialmente piùgli eru-
disce e addottrina nelle costumanze lati-
neper intelligenza degli scrittori che han-
no tulio giorno per le mani nelle scuole
di latinità e belle lettere; al quale effetto
non pochi scrittori composero opportuni
compendi storici di sì importante storia,
per insinuarla ne'giovaui allievi che cre-
scono alle saggie speranze della patria e
della religione. Colla storia romana si ap-
prende pure in gran parie la storia nni-
versale,per avere i possenti romani esleso
il loro dominio non solo in Europa, ma
ancora nell'Asia e nell'Africa. Egli è cer-
to,che senza la notizia de'falti più strepito-
si, che le ne procurarono l'ingrandimen-
to, senza qualche idea de'soggelti che ma-
neggiarono gli affari pubblici dell'eterna
Roma (/"".), senza aver un'idea della re-
ligione e de'costumi generali di quel ce-
lebre popolo, gli scrittori appena mate-
rialmente si ponno cou molla fatica in-
tendere, di qualunque classe siano essi,
cioè poeti, storici e oratori, facilitando
pure 1' insegnamento letterario di altro
genere. La storia ebbe più seguaci presso
i romani, le cui gloriose geste chiamava-
no lo studio de'grandi ingegni a trasmet-
terle a'posteri colla dovuta dignità, e gli
enumerai al citato articolo Roma. Livio
solo potrebbe bastare ad immortalare la
gloria della storia romana; ma prima di
lui erano fioriti con lode non minore di
storico stile Sallustio e Cesare, e Cornelio
Nipote colla breve e sugosa cronaca; né
minor grido levò nella storia dopo i lem-
pi di Livio, il politico Tacito. Oltre lutti
i quali Floro, Q. Curzio, Svetonio, Giu-
stino, Velleio Patercolo e più altri in di-
versi generi di scrivere storie hanno tra»
S T O
smesso alla posterità i loro nomi: Vale-
rio Massimo una nuova foggia di storia
■volle seguire, e Pomponio Mela la geo-
giada. Né sconosciuta fu a 'romani la fi-
lologica erudizione, dappoiché Vairone,
Aulo Gellio, Quintiliano, Boezio, Ma-
crobio e alcuni altri simili scrittori pon-
ilo formare una classe di filologi presso
gli antichi romani. Così in tutte le classi,
che le belle lettere riguardano, possono
i romani vantare uomini illustri , come
leggo nel p. Andres. Osserva Cancellie-
ri nella prefazione de' Possessi de' Papi,
che fra gl'immensi volumi di tante sto-
rie, quella di Ilo ma certa mente è una del le
più importanti e delle più belle, e la sola
che soddisfa all'amor proprio d'ogni na-
zione.pei che dappertutto hanno fatto per
qualche tempo residenza gl'imperatori ,
e vi hanno eseguite grandi imprese e la-
sciati i più illustri monumenti. Comin-
cia co're, seguita con una repubblica di
consoli, di tribuni, di eroi; presenta una
serie d'imperatori, divenuti padroni del
più vasto e del più grande impero che
siasi mai veduto nell'universo; termina
finalmente con quella dei Papi, i quali
dopo di essersi colle loro virtù conciliato
l'amore e la venerazione de'popoli, giun-
sero alla Sovranità (/".) temporale d'un
fìorenlissimo stato e d'una Roma privile-
giata dal cieloe destinata a far sempre la
prima figura nel mondo, avendo felice-
mente cambialo l'antico impero conqui-
stato dalla prepotente forza delle armi,
con quello tanto più nobile, più giusto e
più glorioso della religione. Cancellieri
stesso fu uno de'più benemeriti scrittori
delle glorie di P«.oma, da lui egregiamen-
te illustrate, per cui meritò il riportato
nel voi. LI V, p. 297, e che il p. Brandi-
marte, nella Lettera che a lui indirizzò, e
la quale pubblicò a p. 589 di Plinio Se-
niore illustrato, non dubitò di adattargli
l'eloquentissimo elogio fatto da Cicerone
a M. Varrone,il più dotto de'suoi contem-
poranei. 55 Nosin nostra Lrbe peregrina 11-
les, enuutesque lui libri quasi donnun
STO mì
redux.erunt, et possumus aliquaudo, qui,
et ubi essemus, agnoscere. Tu morena Pa-
t line, tu descriptiones temporum, tu sa-
crorum jura, tu sacerdotum, tu domesti-
cali), tu publicam disciplinameli aediom,
regionum, locorum, tu omnium divina-
rmi), huuianarumque rerum nomina, ge-
nera, ollicia, et causas apcruisti." Quan-
to poi all'importanza della storia lettera-
ria, appare manifesto a chiunque consi-
deri, che forse in niun'altra opera umana
l'utilità meglio accoppiasi col diletto. Ed
in fatti, ossia che la storia ci schieri dinan-
zi i dotti più cospicui de'secoli trapassali
e le vicende di loro vita, ossia che prenda
a svolgere le origini, i progressi, i decadi-
menti delle lettere e delle scienze, massi-
mamente nel paese natale, sempre è pia-
cevolissima occupa zione.DiceBacone,che
la storia del mondo, senza la storia de'sag-
gi, è come la statua di Polifemo senza l'oc-
chio.Nel pelago sterminalo di opere scrit-
te fin qui, la storia letteraria non presta
minor servigio agli studiosi che la busso-
la o la carta nautica al piloto per segnar-
gli la via da correre, gli scogli da cauta-
mente evitare, i luoghi a cui giunsero i
precedei! ti uà viga tori, e don de perciò deb-
ba egli prendere le mosse se brami spin-
gersi a termini più lontani. Inoltre la sto-
ria letteraria non presta minor servigio
come scuola a tutti aperta per aguzzar
l'ingegno, per esercitare il giudizio, per
affinare il gusto, per apprendere a dritta-
mente pensare; è scuola tanto più utile
perchè non per astrusi precelti, non per
astratte teoriche, non per vaghi principi!,
ma per esempi v' insegna praticamente a
pensare, a giudicare, a senlire il vero, a
gustare il bello, a proferire il retto, a di-
visare i solidi pregi dagli appariscenti,e le
vere bellezze da Ile fallaci. Tali sono, se non
tutti, almeno i principali vantaggi che si
ricavano dalla storia letteraria. Una sto-
ria critica delle vicende,che in tutti i tempi
e presso tutte le nazioni ha soifeiio la lette-
ratura; un quadro filosofico de'progressi
che dalla sua origine fino a'noslii lempi
i oG S T O
ha essa falli in tulli generalmente e par-
ticolarmente in ciascuno de'suoi rami; un
ritrailo dello stato In cui trova vasi all'in-
cominciare tlcl secolo presente, dopo lo
studio di tanti secoli; una prospettiva de-
gli ulteriori avanzamenti che le rimane-
vano a fare, si ammira nella dottissimi»
opera del gesuita p. Giovanni A ndres, £M-
l'origine, progressi e stalo attuale d'ogni
letteratura, Roma i 808. Noi abbiamo in-
iìnite storie letterarie di nazioni, provin-
ole e città, altre di scienze e di arti parti-
colari, tutte certo utilissime all'avanza-
mento degli studi; ma un'opera filosofica
che prendendo di mira tutta la letterati!-
ia, i progressi ne-descriva criticamente e
lo stato in cui si trovava in detta epoca,
non erasi ancora pubblicata; poiché il dot-
to Tiraboschi, dal p. A ndres riguardato
il Livio d'Italia, ci avea dato solo la Sto-
ria della letteratura italiana, ed il Car-
délja il Coni pendio della storia della bel-
la letteratura greca e italiana. Vi sup-
plì coraggiosamente il p. A ndres, ma non
credette di seguire l'accennata partizione
di Bacone, e reputando non abbisognare
il suo proponimento di una molto esalta
divisione, si contentò di distinguere le bel-
le lettere e le scienze, dividendole in na-
turali ed ecclesiastiche, come più oppor-
tune all'ordine richiesto alla vasta sua o-
pera, e all'idea di presentare la storia del-
la letteratura in tulte le succiassi. A que-
sto fine la divise in 4 parti, è nella 2,a par-
ticolarmente la storia dei progressi latti
alla bella letteratura, sotto la quale vi po-
se e comprese la poesia, l'eloquenza, la
storia, e tutti gli studi filologici dell'erudi-
zione, servendosi di que'benemeriti scrit-
tori, che la storia di ciascuna scienza pre-
sero a illustrare. Si può anche vedere il
preposto Antonio Riccardi di Bergamo,
Manuale d'ogni letteratura, ovvero pro-
spetto storico critico biografico di tutte le
letterature antiche e moderne, Milano
18 3 cj. Ad onore di questo benemerito e dot-
tissimo ecelesiasticOjChe arricchì la repub-
blica letteraria di tante belle e utili ope-
S T O
re ecclesiastiche, per riconoscenza a quel
benigno compatimento col «piale si degnò
riguardarmi senza conoscerlo di persona,
a con furto e ad incoraggi mento degli. Scrii-
tori ecclesiastici laici, mi piace riportare
li interessante dedica ch'egli fece del suo
eruditissimo Manuale. "All'ottimo e pre-
stantissimo amico d.r Giovanni Labus'.
Voi laico avete scritto con calore di nar-
razione e con saviezza di critica i Fasti
della Chiesa, cioè le rifa de'sanli; ed io
sacerdote ho composto in vece i fasti del-
la lettera tura ,che v'indirizzo e vi dedico.
Vedete! Tutto il contrario di ciò che a-
vrebbe dovuto avvenire. Voi, giù m'im-
magino, sarete stato fitto segno de'motti
e sorrisi di alcuni begli spiriti de'nostri
tempi,alPumorede'quali la vostra impre-
sa potrà sembrare una piccolezza, mal-
grado il presente trasportò per le biogra-
fie de'morti e de'vi venti; perchè nel gusto
di molti la storia de'rettili e degl'insetti è
più nobile di quella de' santi, cioè di quei
veri eroi, che giudico alquanto più gran-
di e più utili degli Alessandri e de'Bruti.
Io pure mi troverò esposto per avventu-
ra ad un'altra specie di derisori; cioè di
coloro a'quali par cosa da pocoeindegna
d'un ministro di Dio, quella parte di eru-
dizione, che non appartenga del tutto al-
le dottrine ecclesiastiche. Ma quando le
lettere già per se stesse non fossero tanto
pregievoli e utili anche allescienze sagre,
lo zelo che in questo mio libro ho spiega-
to a favore della religione e delle sane dot-
trine, potrebbe bastare per giustificarmi
diavei sceltoa trattare di letteratura, sen-
za obliare perciò gli studi e i doveri più
gravi del mio ministero; e in un secolo,
in cui si ha bisogno di richiamare a'buo-
ni principii, e d'ispirare i migliori senti-
menti, dovrebbe considerarsi non inde-
gna d'un sacerdote quell'opera, che in un
soggetto di letteratura, ed a profitto della
gioventù, si offre sparsa d' un certo sa-
pore di religione, e condita di massime e
di giudizi rivolli a correggere le malizie
degli scrittori irreligiosi. Un tal peusie-
S T O
io, che appena giustifica un sacerdote di
aver messo mano negli studi di umana
letteratura, copre di gloria un laico, il
quale, per ubbidire ad una voce autore-
vole, e scrivere in un argomento sì caro
alla Chiesa di Gesù Cristo, sospese per
qualche tempo le investigazioni di quel-
le scienze predilette, che lo hanno tra noi
proclamato il degno successore del Mor
celli. Oh fossero molti i laici scrittori, co-
me voi chiari e distinti, che abino i loro
pensieri sino a Dio, fonte di tutti i lumi,
e i he si uniscono intorno al vessillo della
Religione ! 1 loro talenti non sarebbono
che più luminosi; le loro opere acqui-
sterebbero un gusto [.'iu universale, uno
splendore più costante, perchè in fine sen-
za il sale della vera sapienza, ch'è la Re-
ligione, tutto si guasta e perisce. 11 vo-
stro esempio è degno di essere esposto
all'imitazione de' dotti. Voi avete altre
opere che vi hanno uhi italo la stima de-
gli eruditi d'Italia e di oltremonti, parti-
colarmente nelle scienze archeologiche, in
cui possedete un criterio eguale alla eru-
dizione; ma quella de' Fanti della Chiesa,
nell'atto che attesta l'estensione delle vo-
stre cognizioni nella storia sagra e profa-
na, vi erige un monumento di gloria e di
felicità sempiterna; perchè se passa trop-
po presto la vana gloria del inondo, i san
ti che avete celebrato, intercederanno per
sollevarvi un giorno a godere quella che
non viene meno ne'eieli". Il sullodato p.
INarbone nella sua bella Istoria della let-
teratura siciliana, dice che la storia let-
teraria per suo istituto assume un tri-
plice incarico, dare cioè notizia degli scrit-
tori, render conto delle loro opere, pro-
ferire giudizio sul loro merito; quindi 3
esserelefacoltàcheabbraccia, tra le par-
ti integranti che la costitniscono,biogra-
fìa, bibliografia e critica. La olografìa 3
cose precipuamente indica, la patria, l'e-
tà, la vita degli scrittori; per la vita si
comprende ingegno, doti di spirilo, di
cuore, studi, imprese, virtù, vizi, vicen-
de, onori, fortuna}ec. Lo studio poi del-
STO 107
le opere dichiara ridursi a due parti, una
estrinseca 0 materiale, l'altra formale o
intrinseca, Lai." si aggira sull'intitola-
zione della scrittura, sulla pubblicazio-
ne, sulle diverse edizioni, sulle moltepli-
ci illustrazioni, ec. A questa succede la
2.ach'è l'attenta lettura dell'opera stes-
sa, nel comprenderne le sue parti, pene-
trarne i sensi, gustarne le bellezze, va-
lutarne i pregi; ovvero nel discoprirne i
difetti, disvelarne gli errori, bilanciar-
ne il vero merito. La 1." di queste condi-
zioni, giudica il p. ÌNarbone, costituisce
la bibliografìa, l'altra la critica. Ma quan-
to alla parte bibliografica, dice trattar-
ne iiell' Apparato melodico, ove riporta
le edizioni, le versioni, e ogni altra rela-
tiva erudizione. Finalmente ritiene che
la critica, siccome più nobile delle dette
parti, così è più ardua, più rischiosa, più
soggetta a inganni, a errori, a invidie, a
pregiudizi, Dicono i sapienti, che a 3 co-
se conviene principalmente aver l'atten-
zione nel giudicare leopere,cioè alle dot-
trine che vi si espongono, all'ordine col
quale sono trattale, alla lingua e allo sti-
le; vale a dire all'invenzione, alla dispo-
sizione, all'elocuzione.
Gli annali del mondo hanno principio
nell'Asia, che vide nascere ih. 0£/owoerea-
to daDio,e l'Asia appunto parve formala
per essere il clima nazionale del genere li-
mano, poichèsnpera lealtre parti del mon-
do nella salubrità dell'aria, nella fecondità
del suolo,uella preziosa varietà e ricchezza
delle sue produzioni. Qui cominciarono
pure le prime società e i primi imperi, che
dilatarono in seguitole loro colonie allo-
riente e all'occidente; di qui ebbe origina
la vera religione, che allontanandosi dal
suo fonte, e passando co' popoli in tutte
le parti del mondo, degenerò nelle più
stolide superstizioni dell' idolatria j di qui
sono venuti i piti antichi sistemi di filo-
sofia; di qui le arti e le scienze, le storie, la
storia del mondo,ia storia universaleserit-
ta informa di annali, di cronache, di cro-
nologie; menile al dire del Bianchini, lu
ig8 STO
storia senza In cronologia è una musica
senza battuta, e gli annali senza la storia
sono battute senza musica: la cronologia
poi senza la storia è un disegno finito di
molte parti, clie non dimostrano l'unione
e la proporzione di tutto il corpo. Di qui
apparisce quanto ragionevolmente ope-
rassero gli antichi, come i moderni scrit-
tori di storia universale, quando ricerca-
rono i modi onde conciliare la distinzio-
ne de' tempi colla comprensione de'fatti.
1W. Tullio Cicerone insinuò agli studiosi di
formarsi tale idea così delle scienze, come
della storia d'ogni nazione, che l'uomo
si riputasse quasi cittadino del mondo, ed
uno della repubblica di tutti gli uomini,
nato ad estendersi e a conversare con o-
gni secolo per mezzo dell'animo, sebbene
obbligalo a restringersi a vivere tra'piìi
vicini d'un luogo o d'un'elà, per l'abita-
zione del corpo. Tra quelli che ci dierono
la storia universale riporterò i seguenti.
Giacomo Hardion, Storia universale, Pa-
rigi 1754-69 in 20 voi. Egli avea lascia-
to tale opera in 1 8 voi., frutto di una Let-
tura (/".) immensa, dappoiché uiuno fa
dotto la libreria se non si legge; e Lin-
guet pubblicò gli ultimi 2 voi. Mg. ''Fran-
cesco Bianchini, La storia universale pro-
vata con monumenti e figurata con sim-
boli degli antichi, \ eneziai Si5. Ab. Bor-
ile, Compendio di storia universale dal-
la creazione fino all'anno 1 83 1 dell'era
cristiana , diviso per secoli e corredato
d'un quadro mnemonico, opera tradotta
dalfranceseda G. Fabretti, Pesavo 1 832.
Cav. Cesai e Canili, Della letteratura di-
scorsi ed esempi in appoggio alla storia
universale, Tori noi 8 \lì. Storia universa-
le del mondo con ispeciale riguardo alla
storia della Chiesa e degli Stali fino ai
nostri tempi, P\.alisbona iSio. Arrigo e
Carlo de Riancey, Istoria del mondo,
dalla creazione fino a' 'nostri g/o/7i/, Parigi
J 833-4o. Nella biografia del granDossuet,
celebrai l' inimitabile suo Discorso sul-
la storia universale. Dufresnoy, Tavo-
lette cronologiche della storia universa-
S T O
le sagra e profana, Venezia 1 74&- Fra
tutte lestorie,la contemporanea èmaetra
eccellentissima, quando al lume della ve-
ra filosofia si chiariscono le dottrine con-
tenute iie'iatti. Peiò quella di nostra età,
in cui i ratti non succedono ma si accal-
cano, e due lustri equivalgono a un se-
colo per la rapidità degli avvenimenti,
per ispirilo politico di parte è gravemen-
te alterata e sfigurata, massime per isfo-
gare il rancore contro la Chiesa e i suoi
ministri. Da uno storico di parte indar-
no si aspettala verità de'fatti, l'equità dei
giudizi, la fedeltà nelle cagioni, comechè
avente l'animo tutto quanto inclinato ad
una fazione o ad una Sella (f'.),\a qua-
le ha per abito e per costume, onde rag-
giungere ilsuoscopo,di usare d'ogni mez-
zo^ si serve precipuamente della potenza
della stampa e della storia propagatrice,
quale strumento e arma a lei favorevole,
deprimendo tuttoché gli fa ostacolo, vivi
e defunti non risparmiando, ed osteggian-
do di conliuuo la Chiesa, la sovranità, i
legittimi poteri civili, con franca e deri-
soria audacia. Si legge nel n.° 248 del-
l' Osservatore Romano del 1 85 1 . » Quan-
do greci o romaui si riputavano soli al
mondo da qualche cosa, e tenendo ogni
altro popolo in conto di barbaro, non a-
vevano a leggere altra storia fuorché la
propria, allora per necessità la scienza dei
fatti procedeva unicamente a modo di li-
nea verticale dal su all'ingiù per quella
serie successiva di narrazioni in cui si e-
rauo raccolte le memorie del passato. Nel-
l'età nostra la storia ha acquistalo, a dir
così, due sorli di dimensioni. Non iscor-
re più solo iu luugo per la successione de-
gli anni e de'secoli,a norma della legge del
tempo; ma si dispiega altresì in largo a se-
conda dellospazio, offrendoti nella varie-
tà delle vicende contemporanee di quan-
ti popoli scambiano tra se per via della
slampa le uotizie de'fatti loro, quella me-
desima gradazione compitila di principii
e di conseguenze,che altrimenti si appiè-
seulerebbe nella storia cronologica de'siu-
STO
goli popoli. Quindi è che, a voler esser
giusti e discreti, quante sono le magni-
fiche cose dette da' savi, a commendazio-
ne dello studio della storia, dichiarando-
la maestra della vita, consigliera di pru-
denza, scoria del politico, specchio d'o-
gni etàj altrettante e non una di meno,
v'hanno ormai a ripetere dello studio dei
fatti contemporanei Ossian vicini o na-
zionali, ossiano oltremonli e d'oltrema-
re. L'unica difficoltà consiste nello spo-
gliare la storia contemporanea delle pas-
sioni di chi la scrive, e nel saperla leg-
gere senza gli occhiali delle passioni pio-
prie. Ma non ci daremo a pensare che ai
veri studiosi ciò sia punto più diffìcile che
non il cogliere la verità istorica riguardo
a'tempi antichi; che ancor essi que'mes-
seri i quali si dilettarono di scrìverci dei
fatti loro e de'loro eroi, s'intende che ne
scrissero colle rispettive loro passioncelle
e private e politiche, e concolori poetici
oratorii, d'entusiasmo o di sdegno ch'e-
rano allora di moda. Nello scrittore è dif-
ficile chesia perfetta la cognizione diquan-
to narra, perfetta l'imparzialità, perfetta
la sincerità. Ma ciò che monta si è che
chi studia i fatti del giorno egli stesso sia
fermo anticipatamente dal canto suo nei
veri principii religiosi e morali : in secon-
do luogo nel dover consultare più d'u-
no scrittore, non consulti fuorché i più
notoriamente probi e di onorata coscien-
za. " Ma di questi raro è il numero, ed i
posteri dovranno usare grande circospe-
zione, somma cautela, molto acume per
distinguere il poco vero dal molto falso e
calunnioso, scritto per ispirilo di parte e
altre passioni, nella nostra storia contem-
poranea e lagrimevole. Cri tenue saggio
d'improntitudine e delle false asserzioni
in moda uel tempo in cui viviamo, per
non rammentare altri articoli, si può ve-
derlo in quello a questo precedente della
Stola, ove confutai le ingiurie scagliate
su due gloriosi Papi e per quel sagro in-
dumeoto, il quale ancora fu preso di mi-
ra e di pi elesto per isfogare il veleno e
STO 1 09
male animo di cui è invasa la più pai te
della moderna società. Se Dio vorrà che
io possa effettuare il mio vagheggiato pro-
ponimento, di erigere cioè un apposito
monumento storico (oltre quanto di Ini
vado dicendo in questa mia opera, come
a Roma) di doverosa giustizia, di profon-
da venerazione, di tenera riconoscenza, al
virtuoso, dotto e magnanimo Papa Gre-
gorio XVI, che ammirato e compianto
dall'universale scese nella tomba: vaMo
e immensurabile sarà il campo per spun-
tare e stritolare le freccie impunemente
scoccate contro l'illibato candore decan-
ti suoi costumi, contro i tanti fasti del
suo memorabile pontificato, e conti 0 il
suo prudente e vigoroso governamelo,
tutela di ordine e di prosperità, che in
parte il tempo e la storia hanno già giu-
stificato e lodato. E qui basti il dire, che
si giunse all'eccesso impudente, in diver-
se storiche narrazioni, di tacere e ommet-
tereil suo nome immortale, quando do-
veasi nominare per dovere di slorica ve-
rità, anzi lodare, perchè n'ebbe gloria che
durerà quanto il tempo lontana. Vidi Ira
gli altri, e registrai con isdegno, nella de-
scrizione d'un grandioso monumento da
lui interamente eretto e pei fczionatn,al'tà-
stellati nomi di altri rispettabili Papi che
per nulla vi avevano luogo, e del tutlo
dimenticato il suo nome e sebbene fon-
datore di esso ! Ma facile è ad ognuno,
barboni veliere mortuo leoni. Questa è
la storia nostra contemporanea, che sa-
pienlemente nella critica ragionata delie
opeie contemporanee, va descrivendo e
deplorandola veritiera Civiltà callolicay
che fedele a' sagri doveii degli scrittori,
molle volte ha ripetuto con altri pochi sag-
gi e generosi:Che le più delle storie, le qua-
li presentemente vengono alla luce, so-
no ad arte guaite e corrotte: Che da uno
storico di parte fanatica indarno si aspetta
la verità de' fatti, l'equità e l'imparziali-
tà ; però sono sostenuti e carezzati con
sperticati encomi, cou fero strazio della
verità, dagli organi pubblici di periodici
iio S T O S T O
giornali (della cui origine, scopo e pio- Anzi si richiede da loro stessi le notizie
gressoparlaiaDiARio e Notizie bei, gior- biografiche, e ne posseggo le prove e le
no, in uno alle effemeridi storiche etleru- domande 1 Confesso però, per istorica ve-
dile), del tutto loro ligi, onde prima di rità, che questa non è interamente una
essere letti e giudicati dal pubblico, fab- novità, poiché trovo negli Opuscoli dt\
bracano loro una riputazione preventi- p. Calogerà, t. i, p. 127, il Progetto ai
va. Argomento die ha svolto in tanti Ino- letterali d'Italia per scrìvere le loro vi-
gili e nella serie 2.", nel l. 2, p. 5 : Ra- te del conte Gio. artico di Porcia, col
gione delle nostre Pàvistej nel t. 3, p. 5: novero di quelli che già l'aveano scritta
Le nostre. Cronache conìem poraneej nel e pubblicala, per rendere ragione delle
t.5,p.i5e i5o: L'attedi falsare le isto- loro opere, ludi a p. i4^ si I e«ge la fila
rie: Pupari contro le false istorie. Darei di Giambattista de I ico scritta da se
di buon grado un breve sunto di tante medesimo. Nel t. 49> P- ^3,Llta e stu-
preziose verità, pronunziate ad avverten- di di Francesco Maria Spinelli princi-
za e disinganno cle'con temporanei, ed a pe della Scalea scritta da lui medesimo
lume dei posteri, se non temessi che il in una lettera. Rammenterò pure che
compendiarle con istrelli e fugaci cenni, Giulio Cesaree Pio II ci lasciarono ilo-
non ne scemasse e snervasse di troppo il ro Commentari. I cardinali Bentivoglio
valore. Vi sono tra gli uomini delle con- e Quirini scrissero la propria vita. Il pe-
dizioni, in cui per grande che uno si ac- saie;>ePasseriegualn]enteconipilòla prò-
quisti il merito della virtù o del sapere, pria, che riporta Colucci nel t.8 dell'ai-
talvolta ben di rado ne tramanda la sto- licitila picene. Il Cavedoni scrisse la pro-
ria lodato il nome alle generazioni Ionia- pria biografìa. Abbiamo pure, Biogra-
ne. Tanlo è vero che in questo basso mon- fa di Nicolò Cacciatore inviata a tttg.r
do la rinomanza la meglio guadagnata Muzzarelli, ec. Roma 184 5- Questi ed
non corre sempre per giustizia, sibbene altri esempi avranno avuto buone ragio-
per caso o per fortuna. De' popoli anti- ni per descrivere le proprie azioni e o-
chi vennero a noi chiari gli uomini che pere, ina ciò è alquanto pericoloso, e vi
primi dierono leggi a una città o stato; occorre molta sobrietà e tnoderazione;sia
quelli che difesero col valore la patria nei se ha per iscopo di difendersi dalle offese
combattimenti; quelli i cui poemi 0 ili- altrui, sia se ha per fine di rendere couto
bri scamparono alla distruzione di una de'propri studi. I/uflicio di tramandare ai
gente o d' una biblioteca, e coloro che futuri il nome degli uomini veramente il-
lasciarono pitture o sculture } o che co- lustri, è riservatoalla storia, uè essa lodi-
struirono edilìzi da sfidare 1' edacilà del menticherà,come non l'ha scordato giani-
tempo. Pertanto si deve la ricordanza di mai, restando sempre le opere a farglie-
tauti illustri alla ventura della conserva- lo sovvenire, se peravveiilura furono tra-
zione di loro opere, e di que'benevoli che sandali. Dio, il tempo e la storia iraman*
ne curarono la gloria, con iscriverne so- cabilmente rendono giustizia. D'allron-
briamente la storia, o illustrando i pio- de, nou basta la voced'uno scrittore doz-
dotti del loro ingegno, quaudo realmente zinale a dare la immortalità al nome di
lo meritarono, finché poi si passò all'ec- un uomo, quando l'opere da lui lasciate
cesso e all'abuso, e sino co'viventi. Tan- non valgano a tanto. Il giudizio impar-
te poi sono le biografie, le vile e gli elo- ziale , più che da noi, spetta alla tarda
gi che scrivonsi di presente, che ormai posterità, la quale senza spirito di parte
e divenuto un fastidio non lieve; e quel e senza gelosia, giudica, innalza e con-
ch'è peggio il mal vezzo di scrivere vite danna le opere de'privati, non meno che
si è esteso a quelli che vivono ancora 1 quelle de'principi. Vero è per altro, che
STO
sorgono di Imito in tanto e tramontano
Montini così grandi, virtuosi e benemeri-
ti, da non potersi né doversi aspettare la
voce della storia per farne soggetto di e-
mulazione alla gioventù; ed in questo ra-
ro caso e unico scopo, i saggi accolgono
volontieri e in lieto modo una vita bio-
grafica, e un elogio storico, anco di quel-
li che hanno de'dùitti alla pubblica ri-
conoscenza. Certamente la storia è quella
che solleva a celebrità gli uomini e le o-
pere loro; e per essa si forma la giu>ta
opinione e il debito giudizio, ed insieme
.si distribuisce la lode o il biasimo. Se gli
storici non ci avessero tramandale le ge-
sta di tanti illustri, le avremmo ignorale,
ed essi restavano defraudati della giusta
ammirazione che destano le loro vii tue
imprese. Anzi talora gli uomini guada-
gnarono più di celebrila per le nobili al-
trui scritture, che per le stesse loro ope-
razioni, quantunque lodevoli. Ed è perciò
che Alessandro il Grande invidiò ad A-
chille il poema d'Omero, ed il Petrarca
si riprometteva col suo studio di dare ai
posteri un nome immortale. Non i mo-
numenti sepolcrali ricordano gli illustri
estinti, coniechè soggetti ad essere abbat-
tuti ed esposti alle vicende del tempo di-
struttore; sibbene la più durevole memo-
ria ciascuno meglio deve lasciarla colle o-
pere virtuose, cogli scrini e colle arti. Sul-
l'ampio argomento della storia, si ponno
inoltre vedere: l'iesnoy, Mt lodo per stu-
diare la storia, Venezia 17 26. 1. Porta,
De furlifis lutei arum wo*Js,Neapoli 1 563.
Autori che ragionanodi se,\ >'eneziu 1 840.
Elia Heingero, D is seri, de fide Vitale ser-
vandainauctoribusciùandis,pvessoScheì-
hovri\o,/4nwenit. Lelter. 2, p. 53o. Ga-
spare E.Sturckio, Observ. de vitiis alle-
galionis auctorum,tuin in genere aliorum,
tum praecipue historicorum, iu Misceli.,
Lipsiae 1 762.Gaetauo G\avàìaa, De recla
tnethodo citandi auclores, ex auctorila-
les, anitnadverliones crilicae, quibus de
Pseudonymis, Plagiariis, et Anonymis
eegnilipnes accedimi, Puuoriuii 1 7 1 8. G.
STO in
Guglielmo Berger, Dissert. de andari-
talibus pracposlere in re litteraria usur-
patisi Vittebergaei720. A. M.' Salvini,
Lellerasopra licitare i passi degli auto*
ranelle sue Prose toscane, Venezia 1 734.
De Burigny, Rejlexions sur la necessi-
tò des cilalions, dans les ouvrages d'e-
rudilion, et tur la manière, dont les an-
ciens citoient, nel t. 34 dead, des Inter.
Hist. p. 1 33. E. Fourmont, Analyse de
la Dissert. sur les Cilalions, ibid. t. 35,
Hist. p. '-4. Lancelti, Pseudonunia ov-
vero tavole alfabetiche dei nomi finti e
supposti degli scrittori con la con tra op-
posizione de1 veri, Milano 1 836. File di
uomini illustri seri ile da loro medesimi,
Milano 1 8?. 1 . Manno, De' vizi de letterali,
Milauoi83o. G. Tartarotli, Lettera in-
torno a' detti o sentenze attribuite ad ari
tori di cui non sono, presso il Calogeri»,
Opuscoli t. 2j, p. 3 19. E. Balletti Rio-
coboni, Lettera sopra le traduzioni, ibid.
t.i4» P- 4'6-JNe! t. 47 de'inedesimi Opu-
scoli p. 449 s' riporta il Discorso criti-
co di d. Francesco Serio e Mungitore, un
di cui brano trovo opportuno qui inse-
rire. » Singolare sarebbe la felicità di chi
scrìve, senel lavoro delle opere, col le qua-
li pretende guadagnarsi la gloria di no-
me immortale, potesse godere l'immuni-
tà di ogni errore. Ma ci fa conoscere la
sperienza, cheadoprata tutta la diligen-
za per isfuggire l'inciampo d'ogni abba-
glio, e insieme la censura de'Iettori, nul-
la di meno è di tale tempera la condizio-
ne dell'umana debolezza, che bene spes-
so senza avvedersene cade in qualche nota-
bile errore, meritevole di particolare cen-
sura, e insieme di com patimento, perchè
cujusvis hominis est errare. Che se ciò
accade nella maggior pai te degli scritto-
ri, molto più memorabile è in uno sto-
rico, che dee per proprio e distinto ca-
rattere seguire con legge indispensabile
la verità; perchè secondo Slrabone lib.
1 , Historia finis est veritasj ma è insie-
me degno di commiserazione inciampan-
do iu errori, che non poterono evitare au«
ni STO STR
clic storici di primo grido, come osservò nerale presso i buoni e gentili, e mag-
Fiavio Vopisco scrivendo: »» Neino Seri- giormente coi colli e dotti che ben sanno
ptorum, quantum ad (ustoria pcrtinet, quanto costi talora un periodo, in cou-
non aliquid est meutitus, in quo Livius, cedermi benigno e largo compatimento
in quo Saluslius, in quo Cornell US Taci- proporzionato alla vasta impresa. E qual
tus, inquodeniqueTrogus manifestis er- è mai quell'opera die possa vantare com-
roribus convincerentur". Stimo però es- pietà immunità da ogni difetto? Agli ai-
sere proprio d'un animo ben composto tri poi, che per gelosia e invidia, disco-
li compalirenegli storici ogni fallo, quan- noscendo la fatica indefessa e enorme, il
do ola negligenza non avesse trascurata graudiosoearditoconceltoequalchepre-
l'esamina di quanto scrivono, o la pas- gio,e da severi e inesorabili aristarchi si fer-
sione non avesse occultala la verità; ma mano e solo rimarcano il lieveabbaglio, e
stimo ancor lodevole il notare con mo- puerilmente un neo, senza curarsi di cer-
desta censura egentilezza di forme gli er- caresene'luoghi relativi vi riparai, per cui
rori e abbagli, che talvolta si trovano la censura deve procedere con molta cau-
negli storici, per non restar pregiudicata tela onde non esporsi invece ad essere ceu-
la sincerità del vero. Compatisco gli an- surato e biasimato, pegl'incorsi loro gra-
tichi storici che errarono in molte cose; vi errori e fai falloni,dirò loro con un poe-
ma non posso ritenermi di non lodare l'ab. ta latino: Quod potili, feci: faciant /7»e-
Lancellotti, che ne\Y Oggidì notò gli ab- Uorapotentes. Finalmente all'universale,
bagli di sessanta e più storici che cadde- la storia non mi permette di tacere, pei*
io in manifestissimi errori ". Quanto a l'indulgente accoglienza che largamente
me, ognuno che mi onori di lettura e sia mi dimostra verbalmente o con onorifi-
ragionevolmeute discreto, non potrà ne- che lettere, non provocate e spontanee,
gare che solo e senza aiuti mi accinsi a rendo qui un solenne e pubblico omag-
lavoro arduo, difficile, voluminoso, qua- gio d' imperitura e tenera gratitudine,
si enciclopedico, poiché colla storia uni- comechè sensibilea tanti lusinghieri con-
versale e inclusivamente alla contempo- forti, che però senza illudermi, il tutto
ranea, e perciò di più grave esposizione, riferisco all'aiuto solamente di Dio, au-
collegai la svariata e molteplice erudi- tore di tutto, ed alla sua gloria e a quella
zione,che quasi si può dire tutto quan- di sua Chiesa. Però: Finis coronai opus,
to abbraccia, di conseguenza in tutto as- ed è vicino, annuente et pertnitlente Deo.
sai superiore alle mie deboli forze, alle STRADA e STRADE DI ROM A;//er,
forze d'un uomo solo; e questa è storia Via, Vicusj Viaruni Almae Lirbis. La
incontrastabile. Tutte le cose ebbero sem- strada o via è quello spazio di terreno de-
preda tenui principi) comiuciamento,co- stinato dal pubblico per andare da luo-
tue l'opera mia. L'ingenua confessione go a luogo. Strada maestra, Via Regia,
degli abbagli che talvolta prendo, come si dice quella che conduce da luogo prin-
nomo e perciò fallibile, ovvero ripetei!- cipale ad altro luogo grande. Strada vi-
do gli altrui che non fui felice di tutti co- cinale, si dice quella che conduce ad al-
noscere, ad onta che certamente non ri- cuna casa particolare. Strada battuta, si
spaimi ogni più precisa e laboriosa di- dice quella, ove di continuo passano mol-
ligeuza, come francamente più volte prò- te genti. Dicesi Vicolo la strada stretta,
testai, ed anco all'articolo Stampa, av- Vicus,parvus vicus,e Piazza quel luo-
verleudo insieme che non manco correg- go spazioso della strada circondato d'e-
germi negli errori miei o tipografici al- difizi.Le strade di ferro o Ferrovie, so-
l'opportunilà, e perciò li vado ehminan- no così denominate dalle rotaie di ferro,
do; tutto questo, spero, mi gioverà in gè- Mercè queste nuove vie aperte a'traflici
S T R
e ai viandanti, le più lontane regioni si
ponno riguarda re a Ile nostre attinenti. Le
strade ferrate nella necessità in cui sono
di trar profitto nella lortì traccia da tutti
i vantaggi del terreno, offrono oggi gior-
no alle grandi vie di comunicazione già
esistenti una nuova occasione per confer-
marsi ne'loro diritti. Tutte le strade ur-
bane, suburbaue, provinciali e nazionali
hanno la propria nomenclatura, deriva-
ta da svariate cause. Le principali ebbe-
ro origine dall'ubicazione di esse, dal no-
me di chi le fece costruire o migliorò, dal
vicino luogo ove accadde qualche memo-
rabile avvenimento, dal luogo donde par-
te o da quello in cui ha fine, dal nome
de'propinqui edilizi, da quello che vi a-
bitò, e per non dir altro, dal sito ove fu-
rono o sono riuniti uffizi, o corporazioni
artistiche di una medesima specie. Fra
le più considerabili costruzioni che ci la-
sciarono gli antichi romani, sono da an-
noverarsi le cloache/importante oggetto,
sia per la salubrità e comodo degli abi-
tanti, sia per la conservazione delle stra-
de,le quali sarebbero senza di esse pregiu-
dicaledalristagnodelle acque. La pianta-
gione degli alberi lunghesso le strade re-
ca grande utilità, diletto e abbellimento:
una strada alborata riesce anche mae-
stosa. Osservò Plinio, che ponuo gli al-
beri considerarsi come un dono mollo pre-
zioso fatto agli uomini dalla provviden-
za, attesi i grandi vantaggi che produ-
cono, pe'loro frutti, pe'molteplici usi della
vita, per la salubrità dell'aria. A questo
si aggiunge, l'amenità e l'opportunità di
garantirci dagli ardenti raggi del sole;
opportunità assai valutabile per le pub-
bliche vie e passeggiate, onde i cittadini
a cui le civili occupazioni non permet-
tono di abbandonare la città, ponno an-
che dentro la medesima o ue'suburbi go-
dere della campagna, e ricreare lo spi-
rito e il corpo. Quindi sono celebrali gli
albereti che adornano le rive del Senna,
i giardini di Londra, i suburbani di T'ien-
na, le vie alberate di Castel Gandolfo,
VOL LXX.
STR m 3
quelle di Cenzano, e ciò che più sorpren-
de le lunghe passeggiate coperte di boschi
fra le nevi di Pietroburgo. I Ponti (/'.)
sono strade, sorrette da edifizi per lo più
arcuati, sopra le acque dei fiumi, onde
congiungere le due rive. Dissi a Poste,
che questo vocabolo derivò dall'imposta
del pedaggio, e servi per esprimere il luo-
go.stabilito sulle strade maestre di distan-
za in distanza, ove si trovano cavalli per
far Fi aggiri.) con sollecitudine. In quel-
l'articolo ragionai degl'immensi vantag-
gi che da esse si ritrae, con nozioni relati-
ve alle strade pubbliche e alle locande po-
stali ; mentre dell'origine delle taverne
parlai a Pellegrinaggio, ead Ospizio del-
l'ospitalità a'viandanti. Una delle più lo-
devoli istituzioni a vantaggio delle stra-
de urbane, è sicuramente quella dell'il-
luminazione notturna, massi me a gaz. Im-
perocché siccome le tenebre favoriscono
le insidie e le azioni turpi, così la luce
artificiale deve reputarsi un testimonio
del pubblico costume e della sicurezza so-
ciale. Delle strade più rinomate, tanto
urbane, che nazionali e provinciali, e lo-
ro nomenclature; de'più deliziosi e de-
corosi passeggi pubblici, urbani e subur-
bani; e dell' illuminazione notturna delle
principali città, ne tratto nel descrivere
gli stali, le città e i luoghi più importanti.
Quanto all'origine delle strade granili,
si può ragionevolmente presumere che si
aprissero tosto che gli uomiui furono riu-
niti in numero considerabile sulla super-
ficie della terra per potersi distribuire in
diverse società poste a qualche distanza
l'una dall'altra. Anche ne'remoli tempi
verosimilmente furono in uso alcune re-
gole di polizia amministrativa sul man-
tenimento delle strade, ma non ci resta-
rono vestigi. Questo oggetto,come mate-
ria diqualche importanza, non vedesi trat-
talo se non che ne'bei tempi della Gre-
cia. Il senato d'Atene invigilava sopra le
strade; Lacedemone, Sparta e altri stali
ne confidarono la cura e la sorveglian-
za alle persone più distinte ed agli slessi
^ 8
?/*TV&lfl£j
i i \ S T R
re; non sembra tuttavia, che questa o-
slentazione eli pubblico regolamento a-
vesse prodotti grandi effetti nel laGrecia,
se è vero il riferito da alcuni scrittovi, che
le strade non erano in que tempi selcia-
te. Era riservato a un popolo trafficante
il ben conoscere il vantaggio della faci-
lità dei viaggi o dei trasporti dello der-
rate, e per questo si attribuisce a'earta-
ginesi la selciatura delle prime strade, che
adattale furono in quel modo, allei man-
do Servio che i cartaginesi furono i pri-
mi a costruir le strade con pietre, Coni-
mene, ad vers. ^26, lib. 1 Aeneid. Dio-
nisio d'Alicarnasso, Antiq. cap. 4 1 5 ram-
menta le vie aperte neìagli de'monli da
Ercole, che si vuole fosse ili.°ad appli-
carsi a tali opere. Altri pretendono, che
già Semiramide si fosse applicata a far
aprire strade pubbliche in tutta l'esten-
sione del suo impero. Sarebbe questo il
più antico esempio che la storia ci som-
ministra di simili lavori, ma i tempi e
i fatti di quella regina sono oscurissimi;
e siccome vi ebbero molte principesse di
quel nome, non si può ragionevolmente
assicurare, che alla più antica Semira-
mide e moglie di Nino dovessero attri-
buirsi leoperemagnifichedellequali par-
lano molti antichi scrittori. Perla mag-
gior parte sonoapocrili gli scritti, ne'quali
si parla de'grandi edifizi, delle strade e
delle colonne con iscrizioni, eseguite per
ordine di quella regina. Giustino, lib. 2,
cap. 1 o, commenda le strade de'persiani,
ed i grandi tesori piofusivi da Serse. I\è
presso il popolo ebreo fu minore la pre-
mura, che si ebbe per la costruzione del-
le strade; giacché racconta l'istorico Gio-
seffo, Antiq. lib. 8, cap. 7, n.°4, che Sa-
lomone fece lastricare di pietre nere le
strade, che conducevano a Gerusalem-
me. I romani non trascurarono punto sì
utili esempi, e questa parte de'loro pub-
blici lavori non è una delle meno glorio-
se per quel popolo, e non sarà neppure
una delle meno durevoli. Quindi la sor-
veglianza e l'amministrazione delle pub*
STR
blichc vie fu riguardata degna della mas-
sima considerazione presso ogni colta na-
zione^ come uno degli oggetti più inte-
ressanti. Anzi per rendere più imponen-
te la tutela delle pubbliche strade, non
mancavano gli antichi di farvi concor-
rere l'opinione religiosa, attribuendo la
protezione delle strade ad alcune deità
denominate Fiali o Fiocuri. Fra que-
ste vi posero ini.° luogo A pollo, il dio del-
la luce e delle belle arti, con greco vo-
cabolo chiama lo Agyeus, quasi viis prae-
positus urbani*. Ne attribuivano anco-
ra la speciale tutela a Mercurio, messag-
giero degli dei, protettore de'viaggialo-
ri, il dio del commercio, dei negozianti e
mercanti; perciò ponevano ne'capi-stra-
de le così dette Erme o statue viali, ef-
figiate senza mani e senza piedi, Hermes
essendo il nome greco di Mercurio, vo-
cabolo equivalente a scoglio latente. Nel
voi. LXIII,p. 4o parlai delle pietre qua-
drate chiamate Erme, di loro forma e
sovrastate dalla testa d'Ercole odi Mer-
curio, e perchè così mutilate; che da'ro-
mani furono dette Termini, e poste sul-
le pubbliche vie anche con altre teste di
deità protettrici delle vie stesse, e si fece-
ro Termini anche con 4 teste; altre Er-
me neaveano 3, ognuna delle quali guar-
dava una strada che presiedevano. Si po-
sero ancora alle porte delle case, nelle
piazze, ne' portici, ne' vestiboli de'templi,
presso i sepolcri. Si collocarono in gran
numero da'greci e da'romani, ne'crocic-
chi o incrociamenti delle strade maggio-
ri,ed anche su'eonfìni e traghetti de'cam-
pi. Talvolta nelle basi aveano iscrizioni
e ordinariamente: Auspicatus ad Iter:
Dux Fine, ovvero conteneva ciascuna
faccia triplice o quadrupla della pietra
il nome delle strade corrispondente a'ia-
ti di esse. Si racconta, che i passaggieri
in onore di Mercurio solevano accumu-
lare delle pietre dinanzi a queste Erme,
e in tanta quantità che spesso ne copri-
vano tutto lo stipite fino al capo. Ciò si
ha pure da Salomone, Prov.-iG, «S: Stetti
S T 11
bui mi Hit lapiderà iuacervuniMerciu'H,
ila qui tribuit insipienti honorem. Così
quel sapiente dichiarò, monte essere di
più vano, quanto il rendere onore ad UD
insensato, perchè come la statua nuu sen-
te gli onori die le si tributano, così egual-
mente non li sa conoseere e apprezzale
uno stollo. Tra le spiegazioni eli siffatta
superstizione, dicesi aver costumato gl'i-
dolatri d'accumulare de'sassi in ossèquio
di Blercurio, perchè chiamato io giudi-
zio dalla gelosa Giunone per aver ucci-
so Argo da'cento occhi, a cui avea alli-
dato la custodia di sua rivale Io cambia-
la da lei in giovenca, gli dei che già era-
no per sentenziare, avendo inteso essere
ciò seguito per comando di Giove, assol-
tolo in sull'istante, gettarono a'piedi di
Mercurio tulli i calcoli neri e bianchi, e
così disciolsero l'adunanza e il giudizio.
Altri opinano essersi ciò praticalo, per-
chè Mercurio soleva acconciare e rende-
re pili agevoli le strade, sgombrandole
da'sassi edalle macerie/insegnarle a' vian-
danti, e istruirli del tragitto che doveano
percorrere. Quindi ogni passeggieregiun-
to innanzi al dio Viale, se non avea un
fiore, un serto o altro equivalente, in se-
gno di venerazione e riconoscenza git-
tavagli un sasso, che a lui si offriva per-
chè i sassi disagiano le vie e formano im-
pedimenti a chi le corre. Ma propagatasi
la religione cristiana e divenuta domi-
nante, tra le superstizioni che soppresse
eziandio si abbatterono le Erme e si tol-
sero dalle pubbliche vie, anche per rap-
presentarsi alcuni in maniera indecente
e colle parti della generazione, come can-
tò Prudenzio in Symtn. 2, e come nel
578 proibì il concilio di Auxerre, e Io ri-
marcai nel voi. Ili, p. 1 j 1 , e successiva-
mente altri secondo i luoghi ove si diffon-
deva il cristianesimo; e poiché a' tempi
di Carlo Magno se ne trovavano ancora
nel i a. Sasso ma di fresco convertita dal gen-
tilesimo, passandovi quel principe col-
l'esercito a conquistarla, ordinò che fos-
sero disti ulte. Ma siccome i novelli cri-
S T R 1 1 5
stiani, come diffusamente prova Maran-
goni, Delle cose gentilesche e profane
trasportale ad uso e adornamento delle
chiese 3 nou si appagavano soltanto di ab-
battere i monumenti delle gentilesche su-
perstizioni, se insieme non ne espiavano
e consagravano i luoghi già da esse con-
taminati,colla erezione del glorioso ves«
siilo della Croce, questa finda'primi tem-
pi della Chiesa nou meno nelle casce nei
templi, ma altresì sulle principali stra-
de piantarono. Anzi ne' luoghi ove mo-
li alcuno o vi fu ucciso, per promuove-
re suffragi alla di lui anima e per fare ri •
spellare il luogo, con mucchi di sassi si
elevarono croci, ed in siffatto modo se ne
elevarono pure persola divozione, e per-
chè non sostenute da cementi compatti
si suole gettarvi de' sassi. Inoltre nelle
strade suburbane e massimamente nelle
vie urbane si eressero le Maestà^.), ta-
bernacoli con sagre Immagini (l ■), po-
sti per le pubbliche vie affissi a'muri, se-
gnatamente sui cantoni degli edilizi, più
o meuo ornate, con lumi accesi e bori in-
nanzi, ponendosi così la strada egli abi-
tanti sotto il loro patrocinio, solenuizzau-
dosi le loro feste, ed in alcune si fanno
serali orazioni da'divoti riuniti, altri sa-
lutandole in passarvi avanti. Abbiamo
dalla Antologia il dio Termine tenuto pei"
protettore de'confìui che si ponevano ai
campi, e qual vendicatore delle usurpa-
zioni, e fu una delle più antiche deità dei
romani. In fatti Numa Pompilio -2.° re di
Roma, conoscendo I' insufficienza delle
leggi contro gli stimoli della cupidigia,
credette di dover chiamare la religione
in soccorso della politica, onde col timo
re degli dei frenare coloro, i quali colla
destrezza si sottraevano alla punizione
degli uomini. Pertanto pubblicò che il dio
Termine vegliava alla conservazione dei
limiti, e dopo aver fatto al popolo la di-
stribuzione delle terre, edificò a quel nu-
me un piccolo tempio sulla rupe Tarpea,
e fi poi chiamato pietra immobile del
Campidoglio; istituì un cullo in onore
n6 STR
di Ini e ne regolò le eeremonie. Le feste
Terminali si celebravano nel 6.° giorno
prima delle calende di marzo, in onore
di Termine; allri vogliono di Giove che
prima di Nnma era venerato col nome
di Terminale, e qnal patrono decimiti,
ai io febbraio. Altri credono che Numa
consagrasse i confini a Giove Terminale.
Rappresentò la nuova deità sotto la fi-
gura d'una grossa pietra quadrala, ebe
fececollocare nel suolempio,e ordinò che
ogni anno gli si offrissero in sagrifizio dei
fruiti, latte e vino. In seguito il nume fu
rappresentato con testa umana, senza
braccia e piedi per indicare che dovea ri-
manere immobile nel luogo destinatogli,
ove pure si facevano a lui sagrifizi par-
ticolari ne'limiti de' medesimi campi. I
due proprietari vicini a gara ornavano
di ghirlande il limite principale, presso
cui innalzavano un a Ilare e un piccolo ro-
go in cui sagrificavano vittime, seguen-
do un banchetto colle loro famiglie, e
d'ordinario coll'intervento de'villici vi-
ciniori. Per fare rispettarealpopoloi con-
fini, si persuase nulla esservi di più sa-
gro quanto i confini de'campi, e chi avea
l'audacia d'alterarli e violarli si abban-
donavano alIeFurie,ed era permesso uc-
ciderli. Sulla pietra di questo Dio si fa-
cevano i più tremendi giuramenti. Dice
Marangoni, che il dioTermine fu espres-
so con due faccie opposte, l'una di vec-
chio e l'altra di giovane, rappresentando
in esse l'eccellenza d'ordinare le cose pre-
senti colla memoria delle passate, e con
questa prevedere le cose future. Soggiun-
ge Marangoni, questo ancora fu uno dei
tanti furlifalli da'gentili allo sagra Scrit-
tura, dillòrmandoli con fàvole, rappre-
sentando in Giano (bifronte, custode del-
le porte, e presiedeva anch'egli alle stra-
de) il patriarca Noè, il quale vide i due
stali del mondo, cioè prima e dopo il di-
luvio. Mentre i greci posero ogni studio
al decoro e alla fortezza delle città, la-
sciarono indietro cose al sommo essen-
ziali al pubblico vantaggio; le cloache,
STR
gli acquedotti, le vie lastricate. I romani
con insigni opere donarono i populi di
tali triplici costruzioni, mostrandosi in
questo meglio previdenti de'greci. Le vie
esterne furono una speciale cura devo-
niani, sia chenetogliessero l'esempio dai
carlaginesijSia cheda'coltissimi etruschi,
e questo pare più vero e più probabile.
Le aumentavano quando il possenteloro
impero cresceva, ed esse contribuirono
molto al suo incremento. La natura di-
versa de'luoghi non presentava difficol-
tà, che non fosse vinta dalla loro perse-
veranza e grandezza d'animo. Si apriro-
no monti, si colmarono valli, la via pro-
cedeva sempre quanto più si potesse ret-
ta, quanto meno si potesse scoscesa. Gli
avanzi che tuttora ammiriamo, sono te-
stimonianza di questo, come della solidi-
tà usata nelle costruzioni. Gli strali co-
minciavano da 3, e se il suolo era di ter-
ra quasi fatta liquida dall'acque o fan-
gosa, si formavano fino da 5 strati di ma-
terie diverse, onde dare ferma base alla
via. Poi ponevano il pavimento di pie-
Ire grandi o massi poligoni, congiunti
con tanta esattezza, che non reslava qua-
si apparenza delle commissure. La ma-
teria delle pietre era una lava basallina,
delta comunemente selce, prodotto non
raro d'Italia, dove arsero tanti vulcani,
e facile a trovarsi nelle molte cave ch'e-
rano ne'dintorni di Roma, dove ne furo-
no pur molti, essendo il suolo perciò in
gran parte vulcanico. Scrive Gio. Giro-
lamo Lapi, Del selce romano ragiona'
mento mi nera logico ,Roma fjS^.La stra-
da cos\ lastricata formava un dorso nel
mezzo, marnerà convenientissima allo sco-
lo dell'acque, che a'noslri giorni si ripose
in uso. 11 finimento era formalo da due
margini, come i nostri marciapiedi e fat-
ti per lo più con grandi pietre da taglio:
i marciapiedi sono quegli spazi più alti
a'iati d'una strada o d'un ponte, dove può
passare chi cammina a piedi, senza esse-
re incomodalo da'earri, carrozze e simi-
li. Tuttora la materia dellaquale forma-
STR
sì il lastrico delle strade di Roma è il sel-
ce, della qual sostanza trovatisi frequen-
tissime cave ne'dintorni della città. An-
che in tempo dell'antica repubblica le vie
urbane si lastricavano di silice in Urbe,
mentre quelle al di fuori cuoprivansi sem-
plicemente di ghiaia, glarea extra Ur-
beni. Gli antichi romani però non cono-
scevano la ferratura de'cavalli, ed aven-
do piccoli carri usarono il selce in forme
grandi e poligone. ÀI presente si adope-
ra nelle strade il selce tagliato in piccoli
quadri piramidali larghi centimetri g e
mezzo e alti 18 . Questi sono uniti fra lo-
ro sopra un letto di sabbia o ghiaia, cioè
le urbane particolarmente hanno con-
giunti i selci con arena o calce (Nicolai
dice preferibile l'arena) unita alla poz-
zolana^ questa sola; le strade sono fian-
cheggiate e divise nel mezzo da alcune
pietre di selce più grandi, larghe ne'lati
centimetri 28 e alte 18, chiamate guide
o liste. Nell'estate per smorzare la polve-
re quando si scopano, le vie s'innaffiano
con acqua, che si diffonde a mezzo di va-
rie botti condotte sopra carretti. Abbia-
mo: Descriplio dola aqua pieni, qua no-
biliores viae Rornae irriganlur, nel li-
brodi Giuseppe Bernieri intitolato: Poe-
sis focosa, seu rnoruni, ac ludicrorum
{juorumdam, qxiae olitn Rornae, modo
vero timi apud romanos, limi a pud no-
strales vigent,poelicae descriptiones,\?a-
tavii 1 7 1 5. Plutarco, nella Fila di Caio
Gracco, sembra ad esso attribuire lai.3
misura delle vie, e l'invenzione delle co-
lonne, che di miglio in miglio ne indicas-
sero il progresso. Questa utile maniera
di segnare le distanze non fu poi più in-
termessa, finché durò l'impero romano,
ed i moderni ne continuano I' uso. Sul-
la balaustra del Campidoglio di Roma,
vi è la Colonna milliaria che col nume-
ro I indicava ili. "miglio della via Appia:
nel 1 584 fu trovata fuori di Porta Ca-
pena nella vigna Naro; la palla di bron-
zo da cui è sormontata è parimenti an-
tica, e stava già in quella mano colossa-
STR 117
le dello stesso metallo che tuttavia esi-
ste nella corte del palazzo de'Conserva-
tori, da dove fu tolta verso il fine di det-
to secolo per collocarsi sulla colonna. A.
questa per simmetria fu posta altra mo-
derna a sinistra. Spesso la colonna mil-
liaria degli antichi, oltre al numero del-
le miglia, mostrava una o due iscrizioni
di principi, che presero cura di conser-
vare le strade già latteo di aprirnedi nuo-
ve. Imperocché nella sapienza che fugui-
da all'ottimo governo romano, non mai
volendosi che il popolo mancasse di la-
voro, oltre al mantenere le vie esistenti,
spesso se ne facevano nuove, per non te-
nere la plebe ino/io, sovvenendola così
degnamente. Nel n.° iq3 del Giornale di
Roma deli 853, si legge un importante
articolo, sopra autorevoli elementi per
determinare con precisione il vali « e delle
antiche misure romane di estensione li-
neare. Conoscendosi da'più insigni dotti
scrittori dell'antichità romane l'impor-
tanza di determinare con precisione la
giusta corrispondenza delle misure di e-
stensione lineare impiegate dagli antichi
romani, tanto nel definire i partimenti
delle loro opered'ogni genere, quanto nel
dividere le vie principali da essi stabili-
te in tutto il vasto impero, ne fecero uu
oggetto particolare nelle ricerche che dal
XV secolo si protrassero senza interru-
zione sino a'uostri tempi presso ogni col-
ta nazione che tiene in pregio quanto ci
fu tramandato da quel vetusto popolo. E
ciò non solamente per giovare agli stu-
di artistici e storici, ma anche per con-
cordare le corrispondenze delle divisioni
iti.ierarie e di ogni altra più estesa de-
finizione geografica; ed a Geografia. par-
lando dellesue differenti specie, dissi pu-
re che descrive la situazione delle strade,
i limiti e le divisioni degli stati, e parlai
delle carte itinerarie e delle carte topo-
grafiche. Però nonostante siffatti gran-
di e veramente eruditi studi rimaneva-
no sempre ragguardevoli disparità ne'ri-
sultamenti, prodotti specialmente dalla
u8 STK
varietà de'monumeuli su cui si baserò
no, e dal non essere essi compresi nei nu-
mero di quelli che andarono soggetti ad
una precisa determinazione nello slesso
loro stabilimento. Il eh. commend. Lui-
gi Canina, comeaccennai nel voi. LXIV,
p. i43, dopo aver procurato di concor-
dare le indicate disparità coli' appoggio
de'documenti già presi, gli venne dato di
poter basare le sue ricerche su due dei
più insigni monumenti degli antichi ro-
mani,che ci sieno stati conservati quasi
nella loro integrità, quali sono la Colon-
na di Traiano e la Colonna di M. A. An-
tonino che denominavnsi pur dagli auli-
uhi Centenaria, denominazione contesta-
ta da' 100 piedi romani antichi che ri-
trovò pine nell'altra Colonna di Traia-
no. Quindi potè con sicurezza determi-
nare :1 valore dell'antico piede romano,
quello del passo, quello del miglio for-
mato di 1000 passi a piedi 5oooosiaa
metri 148 1,750. Questa fu una scoper-
ta di molta importanza, che aumentò le
benemerenze dell'illustre artista e lette-
rato. L'agrimensura,scienza e arte di mi-
surare le terree descriverle in una pian-
ta o mappa, fu simboleggiata daldioTer-
mine, e può dirsi nata col diritto di pro-
prietà che le prime genti, costituite in u-
nioneo società civile, dovettero formare,
per riconoscere e godere tranquillamen-
te i fruiti del campo provenuto loro da-
gli avi. Gli antichi assegnarono l'inven-
zione della geometria a'caldei, altra arte
di misurare la terra, ossia quellascienza
che esamina le proporzioni, ed haperob-
bietto tuttociòch'è misurabile,come le li-
nee, lesuperficie, i solidi; dappoiché nella
Caldea parte dell' Asiaca la 1 * culla del-
l'umano consorzio dopo il diluvio: e sic-
come il vivere sociale è fondato sulla giu-
stizia del diritto di proprietà, ora avver-
sato dal Socialismo {V.), così per cono-
scere il proprio e l'altrui terreno era ne-
cessario che si conoscessero i confini dei
campi, la forma e circoscrizione loro, ac-
ciocché ciascuno inviolabilmente godes-
S T R
se la sua legittima possessione. Indi dovè
avvenire per naturale conseguenza, che
siccome la terra contiene elevazioni e ab-
bassamenti, tortuosità di riviere e di fiu-
mi, ingombramento di laghi e di stagni,
occupazioni di rupi e di foreste, cosi ben
presto l'arte di' misurare i campi sarà
proceduta da principile norme generali
che la costituissero scienza. Arroge che
in que'primi tempi del mondo crescen-
do le popolazioni, e non bastando più il
loro patrio suolo, do veano trasferirsi fre-
quentemente in altre contrade,e da quel-
leanche in più remote,e stabilirsi in esse,
e dividersi per famiglie gli spazi del ter-
reno che a ciascuna veniva determinato
da'propri bisogni e dall'autorità del ca-
po della colonia. Pertanto doveasi cono-
scere, oltre le qualità delle terre, altresì
il modo di circoscriverle e limitarle cou
segni, i quali indicassero i confini dove
giungeva la proprietà o del comune o
de'particoIari.Soprattutti si doverono se-
gnalare nell'agrimensura e in tutte le al-
tre parti che ne dipendono gli egizi, co-
me quelli che per l'inondazioni del Nilo
erano soggetti ad alterare spesso i con-
fini de' campi, a formar canali, argini,
sboccami, cateratte, deviazioni e conser-
ve. Imli pare che dalfZ^Vtofosse comu-
nicata alle altre nazioni, e certamente gli
ebrei che a veano abitato la regione ne
restarono istruiti, e lo posero in esecu-
zione quando si divisero il paeseconqui-
stato nelle 1 iTribu. Ignorasi sei pelasgi
ei tirreni venuti in Italia, apprendesse-
ro dagli egizi l'agrimensura, e la geode-
sia opartedella geometria praticala qua-
le insegna l'arte di misurare, dividere e
descrivere le terre de'di versi proprieta-
ri, e dividere le terre o isole o paesi. Pare
indubitato però ch'essi doveano essere
espertamente istruii in queste utilissime
scienze, imperocché dobbiamo a quelle
antichissime genti l'essere I' Italia il più
bello e ubertoso paese del V Europa. Die-
rono in seguito perfezione alle scienze
gcodetichegliaborigeni,gli oschi,gli uui*
STR SIR 119
liri, gli eneti, e per non dire d'altri pria- incido sì interno, elio esterno, all'agri-
cipalmente gli etruschi, secondo quelli coltura, alla retta amministrazione go-
clie li distinguono da'ti freni, i quali pò- vernati va, al ben essere finalmente degli
sera l'agrimensura sotto gli aruspici (dei abitanti. Ci diede E. Ottone, De tutela
quali riparlai a Sacerdozio e Sufersti- viarum ptiblicarum,Tviì\ecUim ad Rhe-
zione) che consagravanoi confini ponen- 11UQI1731. lJer ciò che riguarda il com-
doli sotto la tutela della divinità: tanto mercio, una delle principali sorgenti dei-
secondo la legge di natura era sagro il la pubblica prosperità, ove in uno stato
diritto di proprietà, che non poteasi of- si rinvengano strade ben costruite, coti
fendere senza sacrilegio ; e siccome Tuo- buoni materiali da non produrre fango,
nio è avido, e l'avidità lo porterebbe ad con fossi laterali tanto necessari, e comò-
usurpar l'altrui, cos'i la mirabile sapien- damente intersecate da un numero di mi-
za degli antichi infrenò questa passione nori vie, e da ponti formati con solidità
sconvolgitrice della società ponendoi con- fra le alture de'monti, o sul passaggio dei
fini de'campi sotto la possente egida del- fiumi, o sulle acque stagnanti, ivi ha Ino
la religione. Quando Romolo fondò le go uua facile e pronta circolazione delle
Mura di Roma, dovette chiamare gli a- derrate, ed il cambio interno delle prò-
grimensori a misuraresulPalazioo Moti- duzioni del suolo e dell'industria fra prò-
te Palatino la prima cerchia della imo- vincia e provincia. Né minore è il van-
va città, e lo spazio del pomerio che do- 'aggio che dalla bontà dellestrade risulta
vea circondarla come luogo sagro agli al commercio esterno; poiché da ciò so-
Dei tutelari della città. Furono chiama- no in singoiar modo allettati gli esteri a
ti gli aruspici, fatti gli auguri, piantati i visitare, e transitare per le contrade, a
termini; e Roma sorse con quegli avven- recarvi i loro prodotti di cui si abbiso-
tui osi auspicii che la resero la città eter» gna, o esportandone i sovrabbondanti.
na,conquistatrice edominatrice del djoii- Si rende del pari moltissimo interessante
do, prima col senno e colle armi, poi col- per quelli che regolano le pubbliche co-
la divina potenza della fede che pose il se, che per brevi e spedite strade pouna
suo eccelso trono sul Faticano. L'agri- trasmettere gli ordini eavvisi, da cui tal
meusura fu in estimazione non solo sotto volta può dipendere la pubblica salvez»
gl'imperatori romani, ma pure sotto i re za. All' ornato e bellezza delle città è in»
barbari che invasero l'impero, come dot- dispensabile la conveniente latitudine, li-
tamente di recente ha dichiarato il prof, vellamentoeregolarilà delle stradeedel-
d. Stefano Ciccolini: Degli agrimensori le piazze opportunamente disposte: e Ci-
presso i romani antichi, Roma i8t>4. nalmente avendo in vista la pubblica sa»
Questoragionamentomeritòglielogidel- nità, nulla evvi di più utile, che la net-
l' Album di Roma t. 2i,p. ifò, e mag- tezza delle vie, mediante l'opportuno
giori della Civiltà cattolica, che eziandio sgombramene dell'immondezze e il fa-
nediè un erudito sunto,nella 2. "serie, t. 8, Cile scolo delle acque. La forza di tanti
p. 1 28. Fu in ogni terapo.e presso ogni col- motivi, che imperiosamente raccoman-
ta nazione riguardata la cura delie pub- dano la cura delle strade, e che si fece
bliche strade come uno degli oggetti più sentire a tutti i popoli non selvaggi, pe-
interessanti ; ne deve recar meraviglia, netròinmodo particolare l'animo de'no»
che tanta importanza venisse posta rela- stri maggiori, i quali ne ravvisarono tut-
ti vamentealle pubbliche vie, poiché trop- ta l'importanza, e si occuparono di que»
poevidenti sonoi vantaggi che dalla lino- sta materia con quella coraggiosa perse»
na costruzione e dalla diligente manuten- veranza e magnificenza, che costituiva il
zioue delle medesime risultano al com- lorodistiutivo carattere. I maestosi avan«
120 STR
zi dell'anticlie strade e altri monumenti
«li simile natura, malgrado le ingiurie di
tanti secoli, fissano attonito lo sguardo
del viaggiatore, ed attestano la potenza
non meno che la saviezza del gran po-
polo romano. Si vuole che ne'primi tem-
pi i re ne riservassero a loro stessi la so-
printendenza;successa la repuhhlica, ven-
ne cjuesla sorveglianza attribuita a'cen-
sori e agli edili curali. Oltre a questi ma-
gistrati furono istituiti ancora particola-
ri dilatori a varie strade di maggior im-
portanza, prendendoli dalle famiglie più
cospicue, con facoltà molto estese. Di
questi curatori frequenti sono nell'iscri-
zioni antiche le memorie ritrovate nelle
consolari, le quali ci additano in quanto
onore si ritenessero da'romani coloro,che
destina li erano al la cura del le strade. Peli-
ti nger nella sua Carta geografica, nou
disegnò l'impero diRoma e delle sue pio-
vincie,ma solamente ebbe in idea di dar-
ci la figura delle strade per Io mezzo, e
dentro dell' impero romano e delle sue
provincie, come dimostra presso Caloge-
ri!, Opuscoli t. 42) p- 2-83, il d.r Dome-
nico Vandelli, colle Memorie intorno al-
l'antiche carte geografiche, e particolar-
mente intorno alla Carta o Tavola detta
Peutingeriana. I romani aveano 3 spe-
cie di strade, le vie così dette pubbliche,
che suddividevano in regie,militari e con-
solari, le quali conducevano da città a
città, o al mare, o a'porti de'fìumi navi-
gabili^ in altra strada maestrale vie vi-
cinali, quelle cioè, che conducevano in
flcosda un villaggio all'altro; le vie pri-
vale, chiamate da alcuni anche agrarie,
le quali erano destinate a condurre nei
campi, ed a facilitarne la coltivazione.
Quanto a' /lei e da chi presero il nome,
così sono descritti da Isidoro, riportato
dal «Sigonio lib. a, CI. « Vici et Castella,
et Pagi sunt, quae nulla dignitate Civi-
tatisornantur,sed vulgarihominum con-
venta incoluntur, et propler parvitatem
sui uiajoribus civitatibus allribuuntur.
Vicus dictus est a vicinis habitatoribus,
S T R
velquod vias hnbeat sine muris.Castrum
antiqui dicebant Oppiduin loco altissi-
mo situm, quasi Casam altam a quo Ca-
stellino: sive qtiodcastrabatur ibi licen-
tia habitanlium, ne passim vagarentur".
11 Nardi pubblicò nel t. 2 3 del Giorna-
le Arcadico p. 348: Sui vichi entro le cit-
tà, e segnatamente in Rimino a tempo
de'romani. Osserva che i municipii d'I-
talia, e più le colonie seguivano con ser-
vilità gli usi di Roma capitale, anche ne-
gli edilizi, come nelle magistrature. Ot-
taviano Augusto divise ogni regione di
Roma in vichi, e lo attesta Svelonio in
Aug. cap. 3o: Vittore ne contò 424> a*'
tri meno; le città provinciali fecero al*
trettanto. Rimino colonia romana si di-
vise in 7 vichi iuterni, 5 de'quali desini'
sero il nome dalle regioni di Uoma, a so-
miglianza di tante regioni o rioui, come
fecero altre città, oltre i vichi dell'agro.
I prefetti de' vichi istituiti da re Servio
Tullio nella riunovazioue delle feste com-
pitali,tanto nelle città,quanto nelle cam-
pagne, divennero in Roma magisUi Fi*
corum,e Fico magistri] ministri subal-
terni, come rilevai a Rioni di Roma, di-
poi nel medio evo denominati Centena-
riij e si dissero gli abitanti, vicanus vicit
habitator vici o plebs vici. Vi erano vi-
chi nelle città,e mollo più nelle loro cam-
pagne ; in città erano le varie divisioni
della medesima, ed in campagna piccoli
paesi tra loro distanti, il capoluogo dei
quali s'iutitolavaPtfgo, siccome vico mag-
giore, formante una porzione di territo-
rio composto di molli vichi, oggidì ville,
castelli. Anche nel medio evo continua-
va la distinzione tra pago e vico, in detto
senso, aventi i loro patroni. La diversità
de'vichi la dichiarò pure Manuzio, De
quaesitis par. 3,n. 7: » Vicus duplex erat,
nempe extra Urbem et in Urbe. Vicus
in Urbe est domorum series continuata,
suo non carens nomine, ut Romae Vi-
cus Cyrius, Vicus Africus, atque ahi ",
Questi vichi davano il nome alle strade,
per cui rimarca Nardi, che tuttora nel re-
S T R
gno di Napoli e in Napoli stesso la mag-
gior parie delle strade chiamasi fico,
come fico Rello, Vico di s. Maddale-
na. Nell'altra sua opera De parrochi ,
parlando delle regioni ecclesiastiche, con-
ferma che in 7 regioni o vichi dividevan-
si le città, ognuna delle quali àvea il suo
diacono presidente, e visitavano quelli
che aveano bisogno e lo riferivano al ve-
scovo.
Le strade suburbane e consolari di
Roma antica prendevano il nome dalla
maggior parte delle Porte di Roma ( F.),
o dal luogo ove conducevano, o dall'uso
che se ne Taceva, o da chi le avea fabbri-
cate, come rileva Guattani, Roma de-
scritta e illustrata. Perciò di esse parlai
dicendo de'loro autori, descrivendo tali
Porte, ed i luoghi per dove passavano, e
quelli in cui avevano termine; non che
per le Chiese, Catacombe, Cimiteri di
Roma, e Sepolture suburbane aR.oma,in
tali articoli ancora ne tenni proposito, ce-
lebrandone le memorie, massime l'eccle-
siastiche e segnalate. Ed è per questo che
qui appresso nell'indica re le strade di Ro-
ma, pubbliche, vicinali e urbane, altre
notizie meglio si potino trovare negli ar-
ticoli che riporterò in corsivo, e negli al-
tri che ad essi sono relativi. Di quelle vi*
c'inali de'dintorni di Roma dottamente
ne scrisse Nibby neW Analisi de'dintorni
di Roma t. 3, p. 492> eu< 10 '° tenni pre-
sente nel descrivere le città e luoghi di
essi, colle strade che vi conducono, aven-
do riparlato de'paesi compresi nella Co-
marca di Roma in principio dell'artico-
lo Roma. Centro delle strade, nelle quali
si mostrò tanto splendida la potenza ro-
mana, era Roma, donde diramavano in
varie parti, e che in modo diverso con-
servavano le vestigia del lastricato, co-
me testimonianza della loro direzione pri-
mitiva; maqueste traccieognigiornospa-
riscono.Dice Nibby, che lo scopo devo-
niani nella costruzione solida e regolare
delle vie e nella manutenzione accurata
di esse, non fu il comodo delle comuni-
STR 121
cazioni commerciali, ma principalmente
la prontezza de'movimenti militari e la
facilità de' trasporti delle armi e baga-
gli, e cosi si spiega la rapidità, colla qua-
le le legioni trasportavansi su tutti i punti
del dominio romano. In latti dal secolo
VI di Roma in poi aprirono vie militari
in tutte le parti occupate da loro, esoven-
te a tali la voii impiega vansi i soldati chi-
rante i loro acquartieramenti, perchènon
s'impigrissero nell'ozio. E per tale ragio-
ne, non solo l'Italia è coperta da ima re-
te di strade, che devono la loro origine,
ai romani, ma le Gallie,la Spagna, la bel-
gica, la batavia o Olanda, la Germania,
la Fannonia,le due Mesie.la Dacia, la Ma-
cedonia, Pillino, la Grecia, l'Asia Mino-
re, la Siria, la Palestina, l'Egitto e tutta
l'Africa scltentrionaleconservano le ti ac-
cie delle vie romane, che le solcavano, e
molti monumenti di lavori portentosi di
monti tagliati, ponti, canali, sostruzioni,
argini, ec, molli de'quali servono anco-
ra. Nel far parola delle strade che usciva-
no dalle porte di Roma preferirò per bre-
vità di seguire Guattani : per quelle da
lui non discorse profitterò di Nibby. Dal-
la Porla Flaminia, oggi del Popolo, ne
derivava la via di tal nome perchè spia-
nata da C. Flaminio console nell'anno di
Roma 533 o 534- Giungeva sino a Ri'
mini, da dove poi sino a Bologna la con-
tinuò il suo collega L. Emilio Lepido, o
meglio questi lo fu dell'altro console C.
Flaminio del 567, a cui Strabone per ab-
baglio attribuì la selciatura della via mi-
litare da boma a Rimini. Il 1. "Flaminio
fu l'autore del circo Flaminio, ed ucciso
da Annibale al Trasimeno; il2.°Flami-
nio fu collega di L. Emilio Lepido che a-
pVÌ l'altra strada dell'Emilia (di cui a For-
lì e altre città per cui passava), che da
Rimini conduce a Bologna. T. Livio la-
sciò scritto, che nel 567 C. Flaminio fece
la strada da Bologna ad Arezzo, ed il suo
compagno M. Emilio condusse una stra-
da da Piacenza a Rimini. La via Flami-
nia ebbe principio immediatamente sol»
122 STR
to il Campidoglio, col nome di Lata, ed
ancora ne conserva il nome la Chiesa di
s. Maria in Via Lata. Fra le riparazioni
fatte a questa via inerita menzione quel-
la operata da Augusto nel 727 di Roma,
ilei cpiale risarcimento vi è memoria nel-
I' iscrizione collocata sul celebre Ponte
Molle o Milvia. Alcuni dicono che Au-
gusto ebbe intenzione in questo risarci-
mentodi aprire la strada da Roma a Fa-
no, e farla praticabile a'carri, cioè da un
mare all'altro, seguendo in ciò il disegno
di Giulio Cesare, il quale al riferire diSve-
tonio cap. 4) fra le altre cose che pensa-
va ia sua vasta mente, una era questa :
l'inni munire a mari supero per A pen-
nini dorsum ad Tiberini usane. A 'tempi
di l'aolo II, che fabbricò il Palazzo apo-
stolico dì s. 3fa reo, nel principio di det-
ta via si cominciarono a fare le corse dei
cavalli, onde ambedue i nomi di Lata e
di Flaminia si confusero, ed ebbero il no-
me di Corso, che divenne la più nobile e
più magnifica via di Roma. Dalla Porta
Pinciana la via che ne uscì dopo breve
trattosi gettò nella Flaminia. Dalia Por-
tii Salaria derivò la via omonima die
conduce in Sabina. DnUn Porta Nomea
tona, oggi P/c/,cond uceva la via aNomen-
to, onde la strada si disse Nomentana e
Figulense.hePorte 'Viminale e Gabiusa è
di opinione Guattani che mettessero solo
nella campagna o Agro di Roma, e che si
unissero come la Pinciana nelle vie vici-
ne più maestre; se pure la Gabiusa non
conduceva a Grt&z'o rinomata città del La-
zio,^ quale articolo egualmente dissi del-
le sue principali strade. Dall'Aggere di
Roma,inler aggers,e probabilmente da
Porla s. Lorenzo e prima dalla Porta Vi-
minale, ne derivò la via che mena a Ti-
voli, laonde tanto la porta che la strada
presero il nome di Tiburtina. Anche at-
tualmente per andarvi si e*ce prima da
(juesta porta, e giunti nell'aperta cam-
pagna, ora si percorre e ora si lascia l'au-
lica via. Dalla Prenestina, così detta dal
condurre a Palesirina, e perciò ivi ne ri-
S T II
parlai in un alla Lnbicana, vale a dire
da quella porta chiusa fra la detta di s.
Lorenzo e la Porta Maggiore, usciva la
via di tal nome. Dalla Porta Fsauilina,
oggi Maggiore, si andava all'antico £<*■
bico,om\e la porta e la strada furono chia-
mate ancora Labirane. Dalla Porta Ce-
limontana,\no^«\$. Giovanni, detta pu-
re Asinaria e Nevia, crede Guattani, che
niuna nobile strada ne uscisse, ma che
soltanto servissero di comodo per le or-
taglie: questa via conduce a Frascati,
Albano e Napoli. Dalla Poi ta Latina ne
partiva la via di tal nome, che al Tusco-
lo, ad Anagni, a Compito, a Roboraria
ne conduceva. Dalla Porla Capena, oggi
s.Scbii stiano ,nvea principio la regina del-
le antiche vie, V Appia, la quale fu opera
insiguedel famosodecemviro AppioCIau-
dio il Cieco, e perciò anche la porta fu
cognominata Appia. Sebbene vi fossero
vie, che da Roma condueevano nelle cit-
tà circonvicine fino da'primi tempi, non-
dimeno è certo che la i.a via di lungo trat-
to.che fosse lastricata fu l' Appia, l'anno
di Pioma 442- Di questa magnifica e ri-
nomatissima strada, che conduceva sino
a Brindisi, ne trattai in moltissimi luo-
ghi che la riguardano, come a Paludi
Pontine, ed a Sepoltura, descrivendo i
più celebri sepolcri degli antichi romani
eretti iuessa,e ne riparlerò. Il can. Fran-
cesco M.a Pratilli scrisse l'erudita opera:
Della via Appia riconosciuta e descritta
da Roma a Brindisi, Napoli 174^. Con-
tro di esso pubblicò Erasmo Gesualdo:
Osservazioni critiche sopra la storia del-
la Via Appia di d. F. M. Pratilli, e. di
altri autori, Napoli 1754. Della i.asene
legge l'estratto a p. 1 77 del Giornale dei
letterali per l'anno 1 jfò; della 2.a nel t.
1 o, p. 3.65 della Storia letteraria d'Ita-
lia. Il commend. Pietro Ercole Visconti
nel suo bel carme, La Via Appia dal se-
polcro de' Scipioni al mausoleo di Me-
Iella, lodò l'illustrazione di Pratilli per
grande erudizione e accuratezza, e che non
valse a tor pregio al nobile lavoro le cri-
S T R
lidie di Gesualdo. L' Album di Roma
contiene diversi eruditi articoli sulla via
Appìa, massime il 1. 18, p. 2^5 e seg.,sul-
lo scavo fatto nella medesima nel 1 85 1
d'ordine del Papa Pio IX e del ministro
de'lavori pubblici coinmend. Camillo Ja-
cobini. Dalla Porta Ostiense o s. Paolo,
sortiva laf via di tal nome che anelava a
Ostia Sii\ mare,passando innanzi alla ba-
silica omonima. Dalla Porta Porlese per
la via Portuense e Marittima andayasi
come al presente a Porto, a Fiumicino,
e all'antico Porto Romano odi Claudio.
Dalla Porta s, Pancrazio ^ già Cianico-
lense, si percorreva, come si fa ancora,
tal via detta ;\ncUeA urelia,VitelliaeCor-
nclia , per Civita Vecchia e il suo porto
Traiano. Dalla Porta Trionfale, pretesa
da alcuni la vera Aurelia, usciva la via
dello stesso nome,che costeggi andoi/J/o/j-
li Vaticani sino all'ultimo detto Monte
Mario, metteva ueUaFlaminìa.Vev c^ae-
sia i trionfanti facevano Y Ingresso solen-
ne in Roma (V.), qualora non conveni-
va ad essi passare pei TAppia. A tale por-
ta corrispondono al presente Porta An-
gelica e Porla Castello. Da e-«se partiva-
no due comode vie (però la sola prima è
aperta), die dopo un miglio circa si uni-
scono, formando un delizioso cammino
sino a Ponte Molle, per cui entrandosi
nella Flaminia si va a Porla del Popolo.
Conclude Guatlani, die tutte le vie sum-
nientovate erano lastricate di grossi sel-
cij e le fiancheggiavano sepolcri, edico-
le, templi grandi e piccoli, e ville delizio-
se, come può riconoscersi chiara mente in-
ternandosi per delle miglia nell'antica via
Àppia. Opina per ultimo, essere falso die
tutte le vie si misurassero cominciando
dal milliario aureo del -Foro Romano (di
cui riparlai a Piazza dì Campo Vaccino
ed a Roma): la colonna cosi detta nota-
va le distanze delle vie, ma non ne era il
principio; la di loro misura cominciava
dalle rispettive Porle, bensì ad ogni mi-
glio vi erano colon net te col numero, chia-
mate Colu/unae Militar iae. Cita Fabret-
SIR i23
ti, De aqueductis, ed il p. Revillas, Dis-
seri, dell' accad. di Cortona. Altre vie di
cui tratta l'eruditissimo Nibby sono le,
seguenti. Dalla via Appia diramò presso
la Porta Capena la via A> dealina , cioè
presso la Chiesa di s. Cesareo, e condii-
ceva direttamente ad Ardea, città anli'-
chissima de'rululi, di cui riparlai in altri
luoghi e nel voi. XXIX, p. 3o. Dirama-
vano dalla Flaminia, fuori di Porta Fla-
minia e al 3.° miglio, le vie Cassia, già
esistente nell'anno di Roma yoq, e lastri-
cata probabilmente dal censore L. Cas-
sio Longino, che raggiungeva per Firen-
ze l'Amelia a [.uni, e la Emilia a Bolo-
gna,detta pure Clodia o Claudia perchè
nel i.° tratto è una medesima via, di po-
co posteriore alla Cassia, e pare costrui-
ta da Appio Claudio Pulcro censore. La
via Trionfale, partendo dal Vaticano e
scavalcandoli dorso di Monte Mario, rag-
giungeva la Cassia circa 8 miglia e mezzo
Inori della porta antica. Altra dirama-
zione della Cassia era la \\aAmerina, die
conduceva ad/4/He/Ù7,dicu~i riparlai aSi'O-
leti, comecbè nella sua delegazione, e
procedeva per Perugia. Diramazione del*
la Flaminia è la via Tiberina, così del ta
per seguire più dappresso il corso del Te-
vere. La via Ostiense era il tronco prin-
cipale delle vie Campana, Severiana che!
principiava a Ostia, e così detta perchè
aperta da Settimio Severo lungo il lito-
rale da Ostia a Terracina, e la Lauren-
tina che conduceva alle antiche e celebri
Laurealo e Lavìnio, metropoli ilei La-
zio, ove le descrissi. Tra le vie No menta»
na e Salaria vi fu intermedia la Patina-
ria. he 3 vie Jiburlina, Valeria e Sui/la-
cense partivano insieme da Roma con i\a
solo tronco, che fino a Tivoli avea il i.°
nome; dopo tal città prendeva quello di
Valeria, e da questa Nerone diramò per
uso della sua villa la via Sublacense, che
prese nome da Sublacum poi Subiaco.
La Valeria l'aprì il censore INI. Valerio
Massimo a spese pubbliche l'anno di Ro-
ma [.47, e costeggiava la Sabina sino ai
1*4 SIR
Ridi'si, del qua! paese riparlai a Peschi a
e Sa biuta. Le vie più celebri che traver-
savano il territorio latino erano l'Appi a,
la Latina e la Valeria. La via Subiacea-
se, la più recente di tutte le antiche vie
romane, avea (ine a Subiaco, e di là par-
tivano due rami, die andavano a rag-
giungere la Valeria, uno a traverso i mon-
ti a Carseuli, l'altro rimontando il corso
dell' Aniene fino a Trevi, scavalcando i
monti, ricadeva nella Valeria presso la
Scurcula ne'Marsi. A Sepoltura narrai
che i romani ealtri pagani fuori delie mu-
ra della città, per la pubblica strada e-
ressero lateralmente i loro sepolcri, eoa
cippi con iscrizioni per servir di confine
o per additare la strada e il suo nome ai
viaggiatori, e il luogo della sepoltura d'un
defunto per ammonirli d'essere mortali:
questi cippi, che d'ordinario erano mezze
colonnesenzacapiteIlo,si posero pure lun-
ghesso le vie per ogni i ooo passi, co'nu-
meri scolpiti per ordine e per segnare le
distanze come colorine milliarie, ovvero
con iscrizioni che conservavano la me-
moria di qualche avvenimento. Allorché
coll'aratro forma vasi un solco .per deno-
tare il recinto d'una nuova città, si pian-
tavano cippi di distanza in distanza, sui
quali si oltVivauo da prima de'sagrifizi,
e talvolta si fabbricavano torri al di so-
pra. Inoltre rimarcai a Sepoltura che le
strade maestre de'dintorui di Roma era-
no i luoghi più abbondanti di sepolcri,
e singolarmente lungo le vie Aurelia,Ap-
pia, Labicana, Laurentina, Latina, Fla-
minia, Tiburlina, Preneslina, Ostiense e
Salaria, massime negl'iitcrociameuti, det-
ti bivii pel biforcamentodi due vie, trivii
e quadri vii. Ciò facevano i romani, come
quelli ch'erano tanto bramosi di perpe-
tuate il loro nome, affinchè i passeggeri
necessariamente in vederli leggessero le
iscrizioni e gli ammirassero. Descrissi co-
me si coni ponevano le Iscrizioni ( V.) e gli
Epitaffi (/'.), in cui frequenti eranvi pa-
role che invitavano imperiosamente il
viaggiatore a fermarsi e leggerli, tal voi-
S T R
ta essendo il contenuto lepido, tale altra
con gravi ammonizioni e morali senten-
ze; in altri si minacciava la morte terri-
bilmente, e s'imprecavano i violatori dei
sepolcri. Quindi feci la descrizione dei più
rinomati e superstiti sepolcri antichi dei
romani, esistenti per lo più nelle pubbli-
che vie suburbane; notando chela distru-
zione degl' innumerabili monumenti se-
polcrali, derivò dalla loro esposizione, per
essere eretti nelle vie pubbliche, onde fu-
rono i primi monumenti ad essere ma-
nomessi, spogliati e abbattuti. Dovunque
i romani spinsero e dilatarono il loro im-
pero, aprjrono strade solide, spaziose e
ornate, ponendo per ogni miglio la co-
lonna milliaria d'> pietra. Con tante e si
comode -strade i popoli, ch'erano rimasti
sì lungo tempo come isolati e sconosciuti,
si avvicinarono a vicenda, e stabilirono
un reciproco commercio non solo de'pro-
dotti del loro suolo e della loro qualun-
que si fosse industria, ma un tralììco di
lumi, di gentilezza e d' incivilimento. I
romani non furono meno magnifici nella
costruzione delle strade urbane nell'in-
terno di Roma, che soutuosarneute ab-
bellirono di molteplici, stupendi e gran-
diosi edilizi, civili, militari e religiosi. Po-
che parti di Roma odierna mostrano ad
occhio nudo il suolo originale, sul quale
la città venne fondata 753 anni avanti
l'era nostra, secondo Nibby. E facile è
rendersi ragione di questo fatto, conside-
rando che si tratta d'una superficie abi-
tata senza interruzione per 26 secoli da
molti e molti milioni d'uomini, che si so-
no succeduti, tra tante e diverse vicissi-
tudini.Tuttociò, e prescindendo da qua-
lunque altra vicenda straordinaria,dovea
coll'andardi tanlisecoli portare uu cam-
biamento nella superficie del suolo pri-
mitivo, ed alterare oltre la materia an-
cora le forme. Laonde aggi ungendo a que-
sto le devastazioni, alle quali andò sog-
gettaRoma per la mano degli uomiui,che
non furono poche, e le riportai nel de-
scriverla, le fabbriche atterrate dagli al-
STR
legamenti del Tevere e dagl'incendii, gli
edifici uuovi costrutti coltrandone {diri,
le strade rese più agiate o col togliere o
coll'aggi ungere terreno, di conseguenza
il suolo originale dove non fu alterato con
tagli, dovrà investigarsi sotto strati con-
siderevoli, ed aramassi di materie pro-
dotte da rovine e da scarichi. A R.ioni di
Roma,coii Bernardini, Nibbyealtri scrit-
tori, trattai del progressivo riparto della
ci ttà,ci vile ed ecclesiastico, incomincian-
do dalla sua originesino al presente, e dei
loro magistrati secondo le diverse epo-
che; e toccai pure de'vici, de' compiti e
della denominazione delle strade antiche.
Riportai le nomenclature di ciascuna re-
gione, rendendo pure ragione perchè co-
sì denominate, e quanto racchiudevano
dipiù importante, dichiarando con Pan-
ciroli lo stato delle medesime a'tempi di
Augusto quando divise Roma in XIV re-
gioni. La divisione de'rjuartieri fatta dai
Papi, in proporzione del quantitativo dei
cristiani che gli abitavano; de'posleriori
riparti, della condizione delle vie a moti-
vo degli atterrati edilìzi antichi, e della
denominazione delle regioni nel medio
evo, indi del posteriore stabilimento de-
gli attuali XIV rioni e loro confini. Ora
conNibby,fio«irt nell'anno i$38 descrit-
taci. 2.'antica,p. 83 i , parlerò delle vie
e de'vici, come pi omisi nel citato artico-
lo per la counessionecliehanno colle stra-
de, alle quali dierono il nome ordinaria-
mente.
Le XI V regioni di Roma antica erano
suddivise in vici. La differenza fra viae
vicus consisteva in rjuesto,che per via in-
tendevasi soltanto il lastricalo della stra-
da, e per vicus il caseggiato che la fian-
cheggiava. 1 uomi de'vici di 5 regioni di
Roma cioè della I, X, XII, XIII e XIV,
ci sono stali conservati dal famoso pie-
distallo d'Adriano, esistente nel palazzo
de' Conservatori, e questi medesimi no-
mi sono riportati da'regionari Vittore e
Rufo, il quale inoltre ricorda quelli della
III, IV, Y,VJ,VlIedXI, mancando quel-
STR 125
li della IT, quasi tutti quelli dell'VIII e
quelli della IX. Ai dna e impossibile im-
presa sarebbe il rintracciare la direzione
di ciascun vico ricordato da' mentovati
scrittori nella confusione avvenuta nei
tempi bassi, per cui conviene limitarsi a
riprodurne la sola nomenclatura secon-
do le regioni di Roma, seguendo l'ordi-
ne de' memorati piedistallo capitolino e
cataloghi dei regionari. .Nondimeno in
corsivo riporterò quegli articoli che li ri-
guardano, in molti de'quali per l'ubica-
zione ne trattai; per altri si può vedere
Roma, massime ove parlai di sue antichi-
tà, o indicando quegli articoli in cui ra-
gionai degli edilizi de'quali vado a fare
menzione. Ad ogni modo, ancorché sem-
plici nomenclature, riusciranno sempre
importanti quanto a'nomi delle antiche
vie di Roma e alla sua interessante topo-
grafia, della quale eziandio discorsi a Ro-
ma. La I regione contenne i vici denomi-
nati Camenarum dalla prossimità del
tempio delleCamene vicino a Porla Ca-
pena , Drusianus dall'arco di Druso pro-
pinquo a Porta s. Sebastiano, Sulpicius
nlniior, Sulpicius citerior,Fortunae Ob-
sequentis, Puhcrarius, Honoris et V'ir-
fnlis dal tempio di questo nome presso la
Porla Capena, Trium Ararum,e Fabri-
cws.Que' della II non sono noti. Que'dellu
111 erano 8 e detti da Rufo Albus, For-
titnae Vicinae, Aneiporlns, Bassianus,
Structorum,Asellus, Lanarius ,e Primi-
genius. Otto pure ne ricorda nella IV,
cioè lo Sceleratus (presso la Chiesa di s.
Pietro in Fincoli e la chiesa de' /Minimi,
nome che prese dal fatto che narrai a Ro-
ma, ove Tullia figlia dell'ucciso re Servio
Tullio, per recarsi sollecitamente a oc-
cupar la di lui reggia, sul suo cadavere
fece passare il carpeuto o specie di car-
rozza che la conduceva), YEros,\\ Pene-
ris, i vici detti Apollinis, Trium viarum _,
Anciporlus minor, Forlunalus minor, e
Sandalarins (ove erano quelli che lavo-
ravano le Scarpe o Sandali). Nella regio-
ne V conta vausi i 5 vici, delti Sucusanus,
I26 S T II
eome proseguimento della Suburra, il cui
nome derivò dal pago Succnsano, e per-
ciò fu nella direzione di quella via che
dalla Chiesa de' ss. Marcellino e Pietro
■va direttamente a Porla Maggiore j I rsi
Pileati, nella direzione della Chiesa di s.
Bibiana (e ne ri pallai a Cimiteri di Piu-
ma); Minervae, l'orse così denominalo da
Minerva Medica; Vstrinus,cuù chiama-
to dall'Ustrino o rogo pubblicò (ove i ple-
bei aveano l& Sepoltura) presso il Cam-
po Esquii ino sotto 1' Aggere; Pallorisj
Scius, forse così detto dal tempio della
Fortuna Scia; Sylvanij Capulalorum;
Tragoedus, così detto dal Jupiler Tra-
goedusj Unguentari usj Paidlinusj Pa-
storisi Caticariusj f'eneris Placidaej e
Junouis probabilmente presso il tempio
di Giunone Lucina. Nella VI se ne enu-
meravano 1 1 co'nomi d'ilòti1!, Publicus,
Florae, Quirini, Flavii, M anturi , For-
tunarum, Paccius, Tiburiinus, Salutis,
Callitlianus, e Maximus. Conoscendosi
la situazione de'templi di Plora presso il
Palazzo Bai bermi ,d\ Quirino nel giar-
dino della Chieda di s. Andrea sul Mon-
te Quirinale, del tempio della gente Fla-
via non lungi dalla Chiesa di s. Caio, del-
le tre Fortune alla Porta Collina, e della
Salute sul Monte Quirinale (meglio ne
tratto a Palazzo apostolico Quirinale),
presso il quadrivio delle Quattro -Fonia'
ne, si conosce pure la situazione de' vici
che ne traevano il nome: così di quello
di Mamurio presso il foro di Sallustio
o mercato, gli scrittori ecclesiastici mo-
strano la situazione presso la Chieda di
s. Susannaj ilei Ttbttrlinus può credersi
che fosse anch'esso non lungi dalle Quat-
tro Fontane, dove fu la Pila Tiburtina
da cui avrà tratto il nome. Lungo è il ca-
talogo de'vici della regione VII, che a-
scendonoa'seguenti4o.GtfHJ77^e<//s,<J0/•-
dianns minor, Novus Caprarius, Solis,
Genlianus, Sanci, Herbarius , Morirne-
tus, Sigillarius minor, Solalariwì, For-
lunae, Spei major is, Novus ulterior, Li-
berlorum, Publiì, Novus citeriori Sta-
S X 11
tuae Peneri'*, Archemorium, alias Ar-
cheinoniuin,AeniiUanus,Piscarh^s,Cac--
lalus, Vicloriae, Vicinus, Graccns, La-
narius ulterior, Pomonae, Caput Mina-
vae, Trojanus, Peregrinus, Caslus, Mi-
nor, Putealum, Scipionis, Junonis,Sel-
larius, Isidis, Tabellarius, Mancinus,
Lolarius. Di nessuno di questi vici può
indicarsi con qualche approssimazione il
silo. Quanto a'nomi, quello di Ganime-
de ebbe origine dal Lacus Ganyrnedis-,
fontana ornata della statua di quel gar-
zone; il Gordianus, dall'arco di Gor-
diano ch'era sulla via Flaminia; il Ca-
prarius, dall' Acdicula Caprariaj quello
del Sole, dal tempio celebre edificato da
Aureliano; il Genlianus, da' Castra Gen-
tianaj quello di Sanco, dall'edicola sagra
a questo nume di Sabinaj quello della
Fortuna, dal suo tempio, o Fortuna Ile-
ducediDomiziano; quello delta Speranza,
dal tempio di questa dea; l'Arcbémorio
daP/òro(ene riparlo nel vol.XXVI,p. i3 i,
di altri vici a Foro) di quel nome;e l'Ae-
milianus, da 'granai omonimi. La regione
Vili fu divisa ini 2 vici, fra'quali si co-
noscono solo i nomi del Novus o Via No-
va del foro romano, che partiva dall'an-
golo meridionale verso il Velabro; VUn-
guentarius minor, ed il Tuscus, uno con-
tinuazione dell'altro, che partivano dal
foro verso il Velabro; il Ligurium o piut-
tost o Ingurium, che partiva dall'angolo
occidentale del foro; ed il Bubularius no-
vus, che forse trasse nome dalla regione
ad Capila Bubitla, rammentata da Sve-
tonio in Augusto. Di ninno de'vici della
regione IX, una delle più estese di Pio-
ma, rimase il nome, sebbene fossero 3o
secondo Vittore, e 35 secondo la Notizia.
La regione X ebbe 6 vici, che sono ricor-
dati dalla base capitolina e da Vittore,
cioè Podi, Curiarum, Forlunae Respi-
cientis, Salutaris, Apollinis,ed Hujusauc
Diei: di questi, quello delle Cut (Virasse
nome dalle Curie vecchie, situate nel la-
to del Monte Palatino che guarda il Ce-
lio; quello d'Apollo, dal tempio sagro a
S T R
quel nume negli orli Farnese} e quello
Hujusque Dici, l'ebbe dal tempio della
Fortuna edificato da Calulo nell'angolo
occidentale del Palatino. Nella regione
XI si contavano 8 vici, denominati Con-
tinius, dal teujpiudiCouso; Proserpinaej
Cereri?, dal tempio di Cerere e Prosei pi-
na, oggi Chiesa di s. Riaria in Cosine-
dinj ^/g(°;,(hill'Argileto lungo la ripa del
Tevere; Piscarius, i\a\\a prossimità di lui
foro, presso s. Eligio deW Università ar-
tistica de' Terrari; Parcarurn ; F'eneris,àa\
tempio di Venere presso il Circo Massi-
mo; e Sanctus. I vici della regione XII
erano 12, Veneris Almac, Pisciuae Ptt-
llicae, Dianae, Ceios,Triarii, Signi Sa-
lienti*, Laci Inceli, Fortume filammo-
sae, Colti fili Pasloris, Portae Ruduscu-
lanae, Porlae Naeviae, e J'icloris: fra i
quali di nota etimologia e di approssima-
tiva situazione conosciuta sono quelli :
della Piscina Pubblica, sotto la Chiesa di
s. Balbinaj quello detto FortunacMam-
mosae, da una strada di si tu i 1 pome; e
quelli delle Porte Nevio. eRudusculana,
l'una sotto s. Dalbina, l'altra fra questa
cbiesa e quella di s. Sabba del Collegio
Germanico- Ungarico (del quale ripar-
lai a Seminario Romano). Nella regione
XI 11 o dell'Aventino, si leggono i nomi
de'qui appresso 17 vici, scolpiti nel pie-
distallo capitolino: Fidii, Fruiiuntarius,
Triimi fiaritm , Ceistti,/ ' aieri i, Laci mi-
liariì, Fortunali, Capilis Canteri, Trillili
Alitimi, Novus, Lordi minori* , Armi'
lustri, Columnde lignae , fifaleriarius }
Mundiciei,Loretiniaforis,eFortunacDu-
In'ae. Fra questi di 4 Puo assegnarsi l'e-
timologia e la direzione approssimativa,
cioè óe'Loreti minore e maggiore^ quali
trassero il nome dal laureto o selva di lau-
ri che coronava il Monte A ventino, che ai
tempi di Vairone era stata tagliata e avea
dato nome a un vico conterminecon quel-
lo deH'Armilustro,edove fusepolloTazio
ved\Sabina. L'Armilustroera un'area di
quel monte, perchè ivi i sacerdoti salii In-
sti abaid artnis il silo di detto sepolcro ai
STR 127
1 f) ottobre, con danza pirrica cogli anel-
li. Quanto al vico della Fortuna Dubbia,
esso ebbe nome dal tempio innalzato a
quella dea, die sorgeva sulla sponda de-
stra del Tevere ne'dintoiui della cappel-
la di s. Maria del Riposo,- fuori di Porla
Porlese (per la via Portueuse vi è pure
la chiesa di s. Maria del Carmine e s. Giu-
seppe fuori di delta Porta, di cui come-
che suburbana Parrocchia di Roma feci
parola a quell'articolo e altrove; qui ag-
giungerò die riferisce la Civiltà cattolica
2.n serie, t. 7, p. 3or), clie la chiesa per la
vecchiezza minacciando rovina, oltre es-
sere incapace per la sua piccolezza dì con-
tenere tutti i suoi parrocchiani, il regn. iu-
te Pio IX istitutore del vicino stabilimen-
to agricolo, di cui feci cenno ne' voi. LUI,
p. 233, LXI II, p. 123, ordinò la sua rie-
dificazione più ampia e decorosa, e con-
dotta a compimento la visitò a' 3 luglio
i854: un'iscrizione latina posta a destra,
conserva la memoria del beneficio a van-
taggio de' parrocchiani medesimi). Anche
la regione XIV7 o Trastiberina fu ricca di
vici,' coniandosene 22 sul piedistallo ca-
pitolino enei catalogo di Vittore, e furo-
no: Censori s, Gemini, Roslratae, Longi
Aquilae, Stalli ae Siccianae, Quadrali,
Racilianus minor, Raciliaiius major ,Ja-
imclensis, Drulianus, La rum Ruralium,
Statuae l alerianae, Saluta ris, Panili,
Sex ti Ludi, Si mi Publici, Patralilli, La-
ci Restituii, Saufeii, Scigli, Plolii, e Ti-
btrinus. Fra lutti questi la direzione del
Jauucleusiseóeì Tibcrinus si può rintrac-
ciare pel nome nell'andamento della stra-
da die dalla chiesa di s. Cosimato delle
Francescane corre verso l'antica Porla
Janiulensis, e iu quello «Iella moderna
via della Lungara. Gli altri hanno nomi
generalmente derivanti da individui, fra
i quali i detti Racilianus minore major
rammentano Racilia moglie del celebri;
Cincinnato, ch'ebbe la sua terra fuori di
Porla Porlese a destra della via. Di al-
tre denominazioni parlai incidentemen-
te nel descrivere moltissimi desìi attua-
i?.3 STR
li edilìzi di Roma, Gomechè innalzati su»
gli antichi e rinomali che dierono nome
olla propinqua strada. Del famigerati) Vi-
co Patrizio, parlai in tanti luoghi, come
a Chiesa di s. Pudenziana,Monte Esqui-
lino, Monte Viminale. La rinomata Via
Sagra fu una delle più antiche di Roma,
Sumina Sacra Via, e se ne fa rimonta-
le l'origine all'epoca della pace conclusa
tra i re Romolo e Tazio, che raggiunta
dalla via Trionfale, per essa i trionfato-
ri sal.ivnno al Campidoglio. Incomincia-
va dal Colosseo, e pel Foro romano si di-
rigeva al Monte Capitolino, salendo di-
vieni Sacrae T'iae. I magistrati che am-
ministrarono la repubblica romana, con
molta saviezza ebbero cura che la città
metropoli dell'impero fosse circondata da
parecchi baschi; e perchè i medesimi fos-
sero tanto maggiormente inviolati, alla
severità delle leggi unirono la riverenza
della religione, onde impedito da un sa-
gro terrore ninno osasse danneggiarli. I
più celebri boschi erano quelli della nin-
fa Egeria e delle Muse nella via Appia,
l'A ricino d'Artemide, di Giunone, di'Lu-
cina presso l'Esquilino, di Laverna nella
via Salaria, e finalmente quellodi Vesta.
E siccome i Papi molti delle antiche isti-
tuzioni romane sapientemente conserva-
rono, così gran lode meritarono appunto
Dell'aver posta ogni cura nella conserva-
zione de'supersti ti boschi dell'agro roma-
no, e nel moltiplicare la piantagione de-
gli alberi. 11 Pàcchi nel Teatro degli uo-
mini illustri volsci, a p. 83 riporta il suo
Discorso per riconoscere le difficoltà in-
sorte sopra il taglio delle famose selve
di Cisterna e Scrmoneta, e lo dichiara
innocuo comechè fuori della linea per cui
sofliano i venti di scirocco,anzi desiderabi-
le il loro taglio.Notai a Pestilenza, l'in-
fluenza che hanno alcuni venti nel pro-
dm re le febbri, e la proprietà chehannogli
alberi infavorire l'aria salubre. Deplorai
il taglio d'una selva lungo la spiaggia del
Mediterraueo, che impediva il sodio dei
venti del sud, e lodai quello che aprì più
STR
libero ingresso a'venti salubri del setten-
trione. Inoltre in quell'articolo narrai le
precauzioni prese da'Papi per la nettezza
delle strade, per la salubrità dell'aria e
decoro dell'alma città; come pure per la
pubblica incolumità e conservazione dei
boschi e regolare taglio delle piante, isti-
tuirono la Congregazione speciale sani-
taria e \aCongregazione.diConsulla{V.).
Nel prosciugamento delle Paludi Ponti-
ne furono piantati più di 60,000 albe-
ri, partea'dne lati della via Appia da Tor
tre Ponti a Terracina, e parte sui bordi
de'fiumi. In questa guisa un gran bosco
sui se nel declinar del secolo passalo, ove
prima slagnavano nocevoli acque , con
sensibile miglioramento di quell'aria, per
l'inuanzi tanto perniciosa. A'giorni nostri
furono formati giardini e boschetti sui
Monti Pincio e Celio, e al bora te diverse
lunghe vie de'luoghi disabitati della cit-
tà, che quasi tutte manomise l'anarchia
del 1849, indi in gran parte ripiantati,
tranne nel Foro Piomano. Ora la pian-
tagione degli alberi premiabili va pro-
gredendo ogni anno a pubblico vantag-
gio, come dissi a Seta ; e la piantagione
di alberi effettuatasi nello stato pontificio
nel 1 853 ascende al numero di 1 57,192,
nella più parte olivi, gelsi, pioppi e ai-
bucci, il che pubblicò il n.° 245 del Gior-
nale di Roma 1 854- A Roma, e a Sena-
to Piomano riportai moltissime notizie
riguardanti le strade urbane e loro ma-
gistrati, le cloache, i Monti di Roma, le
Fontane di Roma, le Porte di Roma, le
Mura di Roma, i Ponti di Roma, i Por-
ti, i Fori e le Piazze di Roma, descriven-
do a Piazza Navona il Mercato e il lago,
e dove prima si fece. A Palazzi di Roma
ragionai ancora delle case, ed oltre tali
e altri articoli, ripeterò che nel descriver-
ne gli edifizi, segnatamente i principali,
sagri, civili, e profani antichi, trattai pu-
re le nozioni sulle anteriori e attuali vie
ove sono, e di moltissime dell'etimologia
de'loro nomi e da chi originarono; ren-
dendo così ragione della nomenclatura
S T R
delie piazze, strade e vicoli, non poche
avendo preso la denominazione che por-
tano dalle famiglie e nazioni che l'abita-
rono,dal le chiese,dagl istalli li menti, dal le
botteghe artistiche, dalle loro insegne, e
diverse dalle osterie. Nella copiosa biblio-
grafia che riprodussi sugli scrittori di Ro-
ma e luoghi suburbani, un bel numero
trattano delle vie urbane , suburbane e
consolari. Negli articoli poi delle città e
provinciede'dominii temporali della s. Se-
de, tenni proposito delle loro più rino-
mate vie interne, pubbliche, provinciali
e nazionali, in uno a'Ioro ponti, piaz;.e e
passeggi pubblici. A M aestrodellestra-
de di Roma, ragionai di questo antico e
Dottile ullizio, succeduto agli antichi edi-
li di Roma nella soprintendenza delle vie,
ed a quest'ultimo articolo riparlai delle
differenti specie di tali romani magistra-
ti. Dichiarai eziandio la cura che in ogni
stato e presso ciascuna nazione civilizza-
ta si ebbe per le pubbliche strade, ram-
mentando ivi ancora i maestosi avanzi
dell'antiche. Quindi narrai le principali
provvidenze prese da'Papi per oggetto di
tanta importanza, e inclusi vamente alla
loro necessaria nettezza, cominciando da
Martino V. Come principiò il tribunale
delle strade con giurisdizione siili' arte
muraria e sue pertinenze, sotto la dipen-
denza del cardinal Camerlengo di s. Chic-
sa (Z7.) per disposizione di Sisto IV, e con
un prelato Chierico di camera (V.) per
presidente, poiché già la camera aposto-
lica avea ricevuto ingerenza sulle strade.
Dissi altresì quanto concerne 1* Immu-
nità ecclesiastica (V •) ; come Sisto V
commise tale soprintendenza alle cardi-
nalizie Congregazioni delle fonti e ponti,
e Strade (Fr-) e sue costruzioni, con giu-
risdizione anche sulle strade e ponti del-
le provincie pontifìcie, aumentando l'au-
torità del presidente, e meglio stabilendo
la carica edilizia e curule dignità, non che
il suo tribunale civile e criminale. Che
Sisto V istituì pure la cardinalizia Con-
gregazione per le Acque, Acquedotti e
vol. ixx.
STR 129
Ponti (f.). Accennai lesuccessivedisposi-
zioni di altri Papi, il nuovo impianto di
PioVII sulla presidenza delle acquee stia*
de,eilluminazione notturna di Roma, l'o-
perato da Leone XII, il regolamento di
Gregorio XVI. Questo Papa nell'ordina-
mento amministrativo delle comuni e del-
le provincie dello stato, attribuì ai presi-
di delle medesime e loro consigli provin-
ciali la tutela delle strade provinciali e lo-
ro costruzioni, che prima, tranne le pro-
vincie delle legazioni, spettava alla Con-
gregazione del Buon governo (f.). A Pel-
legrinaggio e ad An\i santi, rilevai le
provvidenze prese da'Papi, prima di ce-
lebrare que' Giubilei (/"'.), per la sicurez-
za delle strade, e loro ricostruzioni o ri-
sarcimenti. Finalmente a Roma riportai,
che il regnante Pio IX concesse nel 1847
al municipio le attribuzioni proprie del-
l'arami lustrazione comunale di Roma, co-
inè delle strade in terne ed esterne,com pi e
si i ponti, ad eccezione di que'tratti di vie
nazionali e provinciali die traversano il
suo territorio: le mura, il pomerio, la ma-
nutenzione delle porte della città; le ac-
que, gli acquedotti, le fonti, le cloache, i
pubblici passeggi; la nettezza delle stra-
dagli sporti e aggetti irregolari delle fab-
briche, i canali, gli stillicidi; l'allineamen-
to e simmetria de'fabbricali, per rendere
più regolari le strade, la nomenclatura del-
le vie e numerazione delle abitazioni, l'il-
luminazione notturna della città, e gli ab-
bellimenti della medesima in ogni gene-
re. Per tali disposizioni cessò I' esistenza
de'maestri delle strade. All'articolo Pio
IX narrai che nel febbraio) 847 fu pre-
scritto di togliere dall'altezza degli edili-
zi l'uso de'canali e di condottare le a<xjuc
pluviali con appositi tubi internati nel
muro sino al piano della strada e poi in-
trodotti nelle chiaviche sotterranee; e ven-
ne quindi ordinata l'apertura dal lato in-
terno delle porte esterne pianterreno nel-
le principali strade della città, in modo
che l'apertura dell'imposte si operi dal di
fuori al di dentro, ingiungendosi pure la
9
j 3o STR S T R
i emozione degli archi Ira vi di legno e iban« co delle vie urbane, eolle rispettive mi-
coni delle botteghe clic chiudono poi zio- sure superficiali; l'elenco delle strade pro-
ne delle porle. Che nel dicembre 1 847 il vinciali ecomunali dell'Agro romano, col-
cardinal prefètto delle acque e strade di- le rispettive di mensi oni;l'elenco del le stia-
venne ministro de' lavori pubblici, ed a de nazionali dello slato pontificio, e sue
questo furono attribuiti i lavori delle stra« traverse colle rispettive misure; l'elenco
de nazionali, i lavori idraulici nazionali degl'immondezzai esistenti ne' XIV rioni
e provinciali, i porti, i ponti e acquedot- di Roma, e l'elenco delle piante compo-
ti non provinciali, né municipali; i lavo- nenti le alberature esistenti inlìoma e nel
ri del Tevere e sue ripe, la bonificazione suburbano. Riportando l'indicazione e
delle Paludi Pontine; e gli furono uniti misura metricadi tutte le strade di Roma,
il consiglio d'arte e il corpo degl'indegne- enumerò) 48 piazze, 5oG vie, ij5 viro-
li civili. Che nell'aprile 1 8/18 fu tolto il li. Osservò IN "ibby, Roma udimmo 1 8 38
recinto che segregava gli ebrei dagli altri dcsxrilta }pai\ 2.'' moderna, p. 865, che le
cittadini. Che nel settembre) 85oal detto strade di Roma moderna, come avviene
iiiinistero(secolarizzatoe poi nel 1 854con- in tutte le città antiche, sono andate di
ferito a un prelato ministro) fu aggiunto mano in mano acquistando regolarità,
o meglio dichiarato quanto riguarda la tanto per quello che riguarda la loro di-
navigazione nell'interno e per l'estero, e rezione, quanto per quello spelta alla co-
la marina mercantile, la tutela delle anti- struzione; non pertanto trovi) che R.oma
ch'ita e pubblici monumenti. Che nel no» in fatto di strade era ancora lontana dal
\euibrei85o colla leggesulladivisioneter giungere allo stato di maggior peifezio-
ritorialedclloslato, sul governo delle pio- ne possibile. Conobbe però, che la causa
viride e amministrazione provinciale, sui principale da cui viene l'impedimento a
comuni dello slato e di cui riparlai nel voi. ben dirigere le strade di Roma era la
LV,p. 25o, nell'amministrazione provili- quantità grande degl'insigni monumenti
ciale furono comprese le strade provin- pubblici,cioèdellechiese,de'palazziede!le
ciali e loro manutenzione; e dichiarale le antichità, cose tulle ragguardevolissime
allribuzioni del consiglio municipale e per la storia o per le arti, i quali munii-
della magistratura, pel mantenimento e menti ad ogni passos'inconlrano, esareb-
nettezza delle strade interne e comunali, he grave danno il toglierli o mutarli di
pe'ponli, acquedotti e fontane, edilizi e luogo, o anche in parie smembrarli. So-
pubblici passeggi,spiazzi per le fiere e mer- novi per altro nella città non poche stia-
cali,e per l'illuminazione notturna. Il Rer- de regolari e magnifiche, e molte di esse
nardini nella bella e accurata Dcfcriz'o- sono egregiamente fiancheggiate da mar-
zie de Rioni dì Roma, fece pine la stati- ciapiedi, con grande vantaggio de'pedc-
slicade'suoi differenti edifizi civili e sagri, ni. Quindi Nibby parla come erano laslri-
degli stabilimenti d' ogni specie, eiiume- cate le strade di Roma, e come lo sono
rando 271 strade principali, 218 vicoli al presente, a causa delle ferrature dei
che aveano nome,i85 piazze principali, moltissimi cavalli, de'grandi cocchi ecar-
e 5 ponticompresoil Rotto. 11 prelato Ni- ri numerosissimi che le percorrono; della
cola M." Nicolai che nel 1829 pubblicò in costruzione e nettezza delle vie, e di Io-
Roma l'importantissima e pregiala ope ro illuminazione notturna, nomenclatu-
ra: Sulla presidenza delle strade ed oc- ra delle vie e numerazione delle porte. Per
aite e sua giurisdizione econom ica .Ripor- ordine alfabeticopoi riporta i nomi di tut-
to l'elenco de'prelati presidenti e de'mae- te le strade e di tutti i vicoli di Roma mo-
stri delleslrade,ede'presidenti stabili del- denta, accennando i rioni cui apparten-
le strade da Innocenzo XII in poi; l'elen- gouo. Anche il marchese Melchior-ri. nel-
STR
|/i Guida melodica di Roma, stampala
nel 1 84o> osservò»;lio le vie di Romn han-
no, come quelle di tutte le altre città an-
tiche , acquistato progressivamente una
maggiore regolarità, sia nella direzione
che nella costruzione; ma nondimeno es-
sere ancor lungi la città dal potere otte-
nere un perfezionamento intorno a que-
sto ra tuo di pubblica utilità. Conviene pu-
re, che la causa principale che impedisce
di dare una più regolare direzione alle
strade della città, si è l'abbondanza dei
monumenti insigni. Non ostante, e come
Nibby, rimarca vantareRoma alcunestra-
de regolari e magnifiche, tutte adorne di
sontuosi edifìzi. Le 3 vie del Corso, del
Babbuino e di Ripetta,che dalla super-
ba Piazza delPopolos'internano nella cit-
tà, sono d'un effetto magico perla nubi-
le prospettiva che presentano al i ."sguar-
do di chi entra in città dalla via Flami-
nia. Le strade che formano il quadrivio
delle Quattro Fontane,la via Giulia, quel-
la della Lungara, la Merulana che dalla
basilica Liberiana conduce alla Latera*
nense, potino contarsi tra le più belle. Si
può aggiungere e nominare la strada che
dal Quirinale conduce a Porta Pia, la
strada che dal Monte Pincio percorre si-
no alla basilica Liberiana (che formano
appunto il nominato quadrivio), quel-
la che dalla Piazza di s. Maria in Tras-
tevere porla alla chiesa di s. Francesco
a Ripa, e alcune altre. Il marchese ezian-
dio discorse della costruzione e nettez-
za, sua illuminazione notturna, nomen-
clatura e numerazione degli edifìzi, e del-
le chiaviche o cloache, delle quali alcu-
ne amplissime: enumerò 1 48 piazze, 5o6
vie e 275 vicoli come Nicolai. Il cavalier
Alessandro PaiAìni nel 1847 stampò in
Roma l'erudito e comodo'. Dizionario
etimologico storico delle strade, piaz-
ze, borghi e vicoli della città di Roma.
Di più lo corredò dell' indice alfabetico
delle strade di Roma diviso per rioni, con
indicazione di quelle vie che si estendo-
no ad altri rioni; e dell'indice alfabetico
STR 1.3 1
delle strade di Roma diviso per parroc-
chie, co'rispettivi numeri civici. Il mede-
simo egualmente in Pioraa pubblicò nel
1 8 53: Indicazione dell' Immagini di Ma-
ria ss. collocale, sulle mura esterne di ta-
luni edificii dell'alma città di Roma con
appendice. Considerando l'autore, che u
no de'più grandi elogi di cui va merite-
vole il popolo romano, è la speciale e vi-
va divozione, unita a*,singolar fiducia, co-
stantemente professala alla D. Vergine
Maria, come luminosamente l'attestano
gl'innumerevoli templi eretti al suo glo-
rioso nome nella metropoli del cristiane-
simo, che ricordano pure portentosi e stu-
pendi prodigi, e grazie segnalate elargi-
te dall'inesauribile clemenza della gran
Madre di Dio; e che di ciò i romani non
contenli,con amoroso e pio trasporto, d.i
antichissimo tempo gareggiarono in col-
locare le sue ss. Immagini e sotto mol-
teplici invocazioni, quasi in ogni canto e
angolodegli edilìzi, in ogni crocicchio del-
le vie, in ogni piazza. Ammirando l'au-
tore questo vivente spettacolo di divozio-
ne e di riverente alFetlo, che ad ogni pas-
so si riproduce nelle vie della città, pres-
soché unico al mondo ; con lodevole ed
edificante intendimento richiamò la sua
attenzione, per compilare la descrizione
e con alquante illustrazioni delle mede-
sime ss. Immagini, a sempre più eccita
re l'ossequio e il fervore per esse. Quindi
formò il catalogo alfabetico e indicativo
de'luoghi ove sono le esistenti, coll'ubi-
cazione in cui si venerano. Distinse le di-
pinte e le disegnate, dalie scolpite, e fece
questo epilogo generale. Immagini della
13. Vergine descritte ne'diversi loro tito-
li e iu vocazioni, sono i4^ 1. Di altri dipin-
ti, bassorilievi e sculture descritte che si
riferiscono a soggetti religiosi, sono r 3 1 8.
Le feste annue che si celebrano ad ono-
re delle descritte immagini, sono 347-
Gli oggetti d'oro, argento, corone, gem-
me e altri ornamenti delle descritte im
magini,sonoig28. Gli oggetti appesi per
voto alle immagini descrilte,sono 1 1 o.Le
i32 STll
lampade clic ardono nella notte innanzi
le immagini descritte, sono 1067. Molte
delle ss. immagini della D. Vergine sono
col suo divin Figlio, ed anche con alcuni
santi e sante. Al citato articolo Maestà', a
quello delle ss. Immagini, e descrivendo
gli edilizi di Roma, parlai di molte delle
medesime; mentre di sopra rilevai la lo-
ro origine, in sostituzione delle oscenità
d'alcuni Ermi, e pec porsi sotto il possen-
te patrocinio della B. Vergine il proprie-
tario dell'edilizio conquesto stesso, o chi
l'abitava, ed ancora perchè il passeggie-
re avesse frequente motivo di salutare e
venerare il porto di nostra eterna salute,
YAuxilium Chrisùanorum, la Deipara
Regina sine labe originali concepla, di-
sto s Urbis.
Per mirabile disposizione della divina
provvidenza, la Sovranità ponti fic ia (F.)
di Roma fu devoluta a poco a poco a'Pa-
pi per ispontanea dedizione de'popolijdie
trovarono in essi il vigile padre e il be-
nefico protettore, quando cioè erano ab-
bandonati dagl'imperatori greci alla ra-
pacità de' longobardi che volevano sog-
giogarli. In Roma i Papi presero cura non
meuo della sussistenza del popolo in tem-
po di carestia, che delle sue mura e altri
edifizi, sebbene ingerenze proprie de'uia-
gistrati edilizi del senato romano, molto
prima ancora e avauti che s. Gregorio II
Terso il 7 260 730 fosse proclamato sovra-
nodiB-oma, suo ducato e di altre provili-
eie. Cosi la medesima provvidenza, con li-
na serie di meravigliosi avvenimenti, svi-
luppò quanto a vea pi eordina to,per l'indi-
pendente esercizio del sommo ponti ficaio.
Incominciarono allora i Papi ad unire al
grave incarico delle cose ecclesiastiche,
quello ancora del ci vi le reggimento diRo-
ma esuostato,e quanto riguardava il ma-
teriale della città. Quindi s. Leone 1 V,per
l'incremento e difesa della città, cinse di
mura e comprese nel fabbricato di Ro-
ma la basilica Vaticana, gli adiacenti Bor-
ghi di Roma(F.), con porte, torri e stra-
de, e fu chiamata dal suo nome Città Leo-
S T II
nìna (V.) nell'847: i borghi poi, quando
furono aumentati, presero colle vie il no-
me de' Papi edifica tori. IndiGiova uni VI II
dell'872 fabbricò sulla via Ostiense, per
mettere al coperto la basilica di s. Paolo
dall'incursioni nemiche, una piccola cit-
tà dal proprio nome appellata Giovati-
nipoli {F ■)■ Non solo i Papi assai per tem-
po curarono la comodità delle strade, ma
eziandio furono solleciti della sicurezza
de'viandantijCome vado dicendo nelle lo-
ro biografìe. Leggo in L. Agnello Ana-
stasio, Istoria degli Antipapi 1. 1 , p. 1 cjc>,
che Papa Gregorio VI deli o44> ne'suoi
infelici tempi ricuperò la giurisdizione
della chiesa usurpala dalle prepotenti fa-
zioni. Assicurò le strade presso Roma, le
quali per i continui assassinii che si fa-
cevano, non potevano ormai i pellegri-
ni frequentare, nel recarsi alla visita dei
sagri Limitia A ' poslolorum (f7.), perchè
da'raalvagi erano tagliati a pezzi. Tentò
prima Gregorio VI colle scomuniche e
cogl' interdetti di assicurare le strade, e
perchè poco giova vauo vi adoperò le ar-
mi temporali, onde i tristi ingiustamen-
te lo chiamarono uomo sanguinario, an-
che perchè dicesi autore della Mdizia
pontificia 3 onde difendere le possessioni
di s. Pietro. Uno de'più antichi borghi di
Roma che couser va il nome del Papa suo
edificatore,è borgo/VWoriOjComechè fab-
bricato da Vittore III del 1086. Degli Ef-
fetti ci diede le Memorie de' Borghi di
Roma e de' luoghi aggiacenti. Egli inol-
tre parla di molte strade antiche de'ro-
manijedi alcuni ponti e vici. Dopo la ri-
bellione de'romani del 1 i43, provocati
dal fanatico agitatore e caposetla Arnal-
do, proclamando la libertà e l'indipen-
denza dal Papa, pose fine alle successive
turbolenzeClemeutellI co'capiloli dicon-
cordia stabiliti nel 1 1 88, fra' quali si con-
venne che il Papa contribuisse al ristabi-
limento delle mura di Roma. A quest'e-
poca ne'monumenti storici spesso si leg-
ge ricordata la J ia Papale, ch'era quel-
la strada chei Papi in Cavalcala(t/.)per-
ST R
correvano, recandosi dal Lateranoa\ fa-
ticano,per la celebrazione delle: sagre fun-
zioni, e per \aCoronazionec Possesso (/" .)
con solenne pompa, ed in alcuni luoghi
si fermavano a riposarsi nel Lello de'pa-
ramentilFX in altri facevano dispensa-
re V Elemosina e gettare Moneta pontifi-
cia al popolo, detta pure Presbiterio [P'.)
per quella che davasi ne'diversi siti ove
erigevansi degli archi per festeggiare il
Papa nelle sue cavalcate d' alcune feste
principali dell'anno, che erigevano i pro-
fessori delle arti e le Università artistiche
(V.). Ne parlai in molti luoghi, come nei
voi.XIX,p.3r,XXI,p.i6oeì6i,LXIir,
p. 5^, venendo rammentata ne\V Ordine
/l'owrtHodelcanonicoBenedettodel i i [3,
di Cencio Camerario del i i 92, e di Gre-
gorio X del 127 1. Della Strada Papale e
dello spargimento del denaro che si face-
va al popolo dal Solila no o ila aliti, e in
quanti luoghi ove passava il Papa, anche
per rimuovere la calca del popolo,!'» lade-
scv\z\oi\iiTovv\^\o, GrolteVaticane,^. >53
e 5 )4, cioù 5 volte: presso la chiesa di s.
Martina (che descrissi a Scultura); vici-
no la Chiesa di s. Marco j al palazzo di
Cencio Musca o in lJugna, cui successe il
Palazzo B raschi, in Via Papcte; alia tor-
re di Stefano di Pietro, in capo al Rione
Parione, presso Monte Giordano, ov'era
la chiesa di s. Cecilia in Tiare Stephanij
a'gradini delle Scale di s. Pietro, o dove
il Papa montava a cavallo. Narra inoltre
Torrigio, che nella chiesa di s. Martina il
Papa cantava terza nel giorno della Pu-
rificazione, assisteva alla benedizione del-
le candele fatta dall'ultimo cardinale pre-
te, e sedendo fuori la porta della chiesa
ledistribuivaal popolo, in manto e mitra.
Indi passava nella vicina Chiesa di s. A-
ariano, e dopo il canto di sesta, e vestito
di pianetae pallio, riceveva la candela ac-
cesadal incardinai vescovo, davaduecan-
dele a tutti i cardinali e al camerlengo,
a'prelali e laici una o più a beneplacito.
Recatosi alla basilica Liberiana, vi entra-
va a piedi nudi, che si lavava iu sagrestia,
STR i33
cantava messa e tornava al Laterano nel
Patriarchio. Il Moretti, Riltis danài Pre-
sbyterium, p. 2(53, parla dell'antica f'i.i
Papali a s. Pietro ad Lateranum, e de-
gli archi checostrui vano per essa nel gior-
no della coronazione del Papa professo-
res artiuni et iinìversitates laicales, nei
quali luoghi clerici Iradebanlicr moneta,
quatti subditis confecloribus arcus consi-
gnarent. Coronato il Papa nella basilica
Vaticana, procedeva da'gradini della me-
desima passando avanti diverse cappelle,
maxime s. Gregorii alibi appellatala iu
Cartina (di cui nel voi. XLIX, p. 291),
ac porticits, et circum facenti a ponti edi-
fida (ne parlai a Citta' Leomxa), potis-
sime castellimi Crescentii (descritto aCA-
stel s. Angelo), mine s. Angeli: inde an-
te palatiutn Maximorum (lo descrissi a
Pai izzo M \ssimo), aetlesque t iac deCal-
caria (ne trattai nel voi. LXVI I, p. ib'ri),
praesertim Caesariorum, modo Cesari-
nortim, ubi mine s. Nicolai ecclesia, et
ss.Stygnialumb. Francisci,olii/i ss. Qua-
draginta Calcariorum: inde procedebat
ante titillimi s. Marci (o Chiesa ili s. Mar-
co), eique conjunclam porticina, nec non
suppositas cln'o Capitolinolo Campido-
glio) moles: inde ante por licititi s . Cosniac
(oChiesade'ss. Cosma e Damiano nel foro
romano), vicinumque nionasleriwn ,quod
s. Laurentii in M ir andatoia degli Spe-
ziali) : inde ante propinquas Colossaeo
(l'anfiteatro Colosseo) cappella?, quali
s. Nicolai, et s. Mariae deferrariis: tan-
dem ante titillimi s. Clementis (o Chiesa
dis. Clemente) }haerentcque palado La-
teranensi subslructiones. Ecco dunque
tracciata l'antica viaPapale.fliferisceGul-
letti, Del Primicero, p. 142, che descri-
vendosi dal suddetto canonico Benedetto
nel rituale da lui composto al principio
del secolo XII la strada che faceva il Pa-
pa nel ritornare dalla basilica Vaticana
alla Lateranense, dice: prosilieus ante s.
Marcimi ascendi t sub arca manus car-
nai- (chiamato oggi corrottamente Macel-
lo de'Corvi, o perchè iu questo luogo fla-
1 34 S T R
gettandosi s. Lucia dal carnefice, quest'i di-
venne pietra, tranne la mano che restò di
carne; ovvero per esservi slato ivi innal-
zatoli sepolcro di C. Publicio Bibulo, che
descrissi nel voi. LXIV,p. i 38, discenden-
te da M. Valerio Corvino, cos'i cognomi-
nalo per essersi fermalo sul suo elmo un
corvo mentre combatteva un gigantesco
gallo, che per averlo ucciso in duello, gli
tu eretta iu detto silo da Augusto, secon-
do Panciroli ne.' Tesori nascosti di Roma,
una statua col corvo in cima all'elmo),
per clivum Argentarli j'uxta insidam e-
j un clan noininis et Capitolium; cioè pel
clivo Argenlarioeverso la chiesa di s. Lo-
lenzuolo (ora del Conservatorio dis. Eu-
femia), presso un'isola o vico di case det-
ta parimenti Argentana, descenclit ante
privatati! Mamerlini} e scende pel Cam-
pidoglio avanti il carcere Mamertino, og-
gi s. Pietro in Carcere (presso s. Marti-
na^ dell' Università artistica de falegna-
mi). Della via Papale moltissimo se ne par-
la nelle relazioni raccolte da Cancellieri,
nella Storia de' possessi de' sommi Pon-
tefici, e feci altrettanto io nel descriverli. O-
ra più particolarmente si denomina stra-
da Papale quel tratto che si corre dalla
Piazza dell' Orologio della chiesa nuova ,
Piazza di Pasquino } Piazza di s. An-
drea della F a Ile, sino a Piazza del Gè-
sìij la quale essendo tortuosa e in alcuni
luoghi angusta, decretò il municipio ro-
mano, onde possibilmente allargarla, che
tutte le case che soggiacessero a notabili
restauri, si debbano riedificare più ad-
dietro, per fare acquistare più spazio al-
la nobile via, frequentata dal Papa, dai
cardinali, prelati e personaggi che si re-
cano ne' palazzi apostolici, ed è la più
comune che si percorre per andare al
faticano. Quanto alla pompa del pos-
sesso del Papa, non vi passa nella via se
il Papa abita nei Quirinale, poiché giun-
to alla piazza del Gesù volta per la via
the conduce a Campidoglio, ovvero do-
po percorso un tratto della via Aracoe-
li, volta nel quadrivio per la Piazza di
S T R
s. Marco. E qui noterò, che già e sino
dal secolo X aveano luogo per le stra-
de di Roma quelle feste spettacolose pel
CarnevalediRoma(fr.)epcGiuochi(U.)
famosi di Agone e Testacelo, e ne'quali
il Senato Romano (/^.) sfoggiò la più
imponente splendidezza, incedendo per
quelle vie descritte ne'citati articoli. Pd-
marca mg.r Nicolai, che fino da'tempi di
Nicolò III, come si ha da un documento
degli 8 novembre i 280, il magistratodel-
le strade spiegava la sua giurisdizione an-
che relativamente a'ehierici, i quali era-
no soggetti al tribunale edilizio di Roma.
Nel i3o5 eletto Clemente V, per filale
disgrazia della Chiesa, dell' Italia e di Ro-
ma, preferì all'avventurose rive del Te-
vere,quelle del Rodano, fermandola sua
dimora in Avignone,? fu protratta per al-
tri 6 pontificati. Le infelici condizioni che
ne derivarono a Roma,\e deplorai in quel-
l'articolo; quando Clemente VI neh35o
fece celebrare il 2.0 Anno santo in Ro-
ma, raccomandò al suo legato la sicurez-
za delle strade pubbliche pel comodo e
incolumità de'pellegi ini, come praticaro-
no i successori per tale Giubileo. Desi-
derando Urbano V restituire a Roma la
papale residenza e visitarne i santuari,
commise la sicurezza del cammino al car-
dinal legato di Roma; e quando Gregorio
XI nel 1 377 visi recòa ristabilirvi la ponti-
ficia residenza,trovò la città rovinata negli
edilìzi e nelleslrade, diroccata nelle mura,
diminuita notabilmente nella popolazio-
ne. Pe'precedenti accordi co'romani, que-
sti rassegnarono al Papa la custodia e or-
dinazione de' ponti, delle porte, delle tor-
ri, di tuttala parte di là dal Tevere e del-
la Citlà Leonina. Non ostante i romani
sempre irrequieti in que'tempi di scisma,
incominciato nel 1378, di prepotenze e
di fazioni, poterono alquanto domarsi
da Bonifacio IX, il quale nel i3g3 fece
un atto di concordia col senato e popolo
romano, che fu obbligato colle proprie
rendile di tenere del lutto sicure a'viag-
gialori le due strade verso Rieti e Narni,
S T R
e per quelli di mare una galera armata.
In quella poi stipulata nel i 4°4 con In-
nocenzo VII, e nella quale furono inse-
riti i capitoli di Bonifacio IX, fu conve-
nuto di doversi le strade custodire sicu-
re dal popolo romano, a spese della ca-
mera di Roruaossia la Capitolina. Di am-
bedue le concordie ne trattai a Roma, coi
capitoli più interessanti, nel quale arti-
colo moltissime nozioni riportai riguar-
danti le strade. Il testo poi di tali atti si
ponoo leggere nel Vendettini, Del Sena'
lo Romano, p. 33a, e nel Vitale, Storia
de' senatori di Roma par. i, p. 6 1 i . Per
tal convenzione fu accordato al popolo ro-
mano la custodia di tutti e singoli pon-
ti fuori di Roma e tutte le porte della cit-
tà, riservandosi il Papa le porte della Cit-
tà Leonina e il Ponte Milvio; obbligan-
dosi i romani di non ammettervi i segua-
ci dell'antipapa, né d'ingerirsi nelle per-
tinenze delle città diSutri, Civita Castel-
lana e altre, non che nelle terre, luoghi,
beni, giurisdizioni, diritti e preminenze
spettanti alla giurisdizione del Papa e al-
ia chiesa romana. Che il castello di Fra-
scati^ l'ollìzio di difendere la marina con
tulli i diritti e sue pertinenze spetti e deb-
ba spettare alla chiesa Lateranensedi Ro-
ma. Il Rinaldi dice, che s'ingiunse a'ro-
mani di pagare i tributi non pagati an-
cora, ed a'magistrati del popolo romano
esentamele pubbliche strade. L'affliggen-
te slato di Roma terminò colla elezione
di Martino V, che creato nel 141 7 neliSl'-
nodo di Costanza, estinse lo scisma che a-
vea lacerato lungamente la Chiesa. Notai
a Svizzera, che nel soggiorno che vi fece
supplicato di dimoiare un tempo in Ger-
mania,rispose non potere, dovendo recar-
si a ristorare la derelitta Roma. Il Nico-
lai Dell'encomiata opera dice che conver-
rebbe uu'erudita investigazione percono-
scere le vicende della carica edilizia dal-
la caduta dell'impero d'occidente lino al
tempo uel quale iPapi, ritornati da Avi-
gnone.cominciaronoa ristabilirce restau-
rare Roma vacillante e quasi oppressa per
S T R 1 3 5
le tante anteriori incursioni de' barbari,
per le tante successive rapine di guerre
civili e perversità di tempi. Ritiene non-
dimeno, che la dignità edilizia è indubi-
talo, che non per stabile disposizione di
legge,ma a seconda delle circostanze, pas-
si) in potere del senatore e conservatori
di Roma, e di que'magistrati cheda'me-
desimi venivano eletti, finché Martino V
applicò l'animo suo veracemente roma-
no a stabilire con ottime istituzioni tut-
te le parti dell'ecclesiastico dominio, e
diede il 1. "impianto alla presidenza delle
strade, mediante la bolla Etsi cunctorum,
de'37 febbraio 1 4-25, colta quale furono
gittati i fondamenti, sui quali i Papi suc-
cessori costituirono tutta la giurisdizione
di detto tribunale. Pertanto l'uffìzio edi-
lizio tralasciato per la fierezza delle lun-
ghe vicende politiche, destituito ormai di
qualunque fondamento di leggi, e pros-
simo quasi a mancare, ricevè vigore dal
disposto di Martino V,efu in quella più
ampia (òrma di magistratura ridotto, che
descrissi nel ricordato articolo Maestro
delle sTRADE;altri!>;iendone la cura e giu-
risdizione a'eavalieri maestri di strade, i
quali erano soliti già a giudicare intorno
le causede'conlìni eservitùde'predi, elo-
ro concesse illimitate prerogative. Tutto
confermò e ampliò il successore Eugenio
IV. A questi ribellatisi i romani, egli fug-
gi iuFirenze; vedendo poi i romani il mal
governo che aveano stabilito, la mag-
gior parte ritornò alla sua ubbidienza.
Ridotta Roma in infelice condizione per
l'assenza del Papa, dopo nove anni e cir-
ca (piatirò mesi ottennero col perdono il
suo benigno ritorno, trovando che per le
pubbliche strade pascevano le pecore e
le vacche, e tutta quanta la città nel più
deplorabile stato. Nel i4Ì7 Su succes-
se Nicolò V, nella cui coronazione per
la strada da' ss. Cosma e Damiano all'ar-
co di Costantino, e da questo alla basili-
ca Lateranense, fu corso il consueto pal-
lio. Protettore delle lettere e delle arti,
Nicolò V sonluosameute decoiò Roma ili
j 3(5 ST R S T R
edilizi. A vea concepito la vasta idea di a- via Florida o Reda, o Magistralis per es-
ptire 3 strade che da Caste! s. Angelo con- servi molti uffizi de'notari, e poi Giulia
ducessero nella Citta Leonina, delle (piali per quanto dissi ne' voi, XIV, p. 1 4<j, LI,
una portasse in mezzo alla piazza di s. Pie- p. 3i6, s'incominciarono ad eseguire dal-
tro, altra a destra al palazzo Valicano, e l'arco ch'esisteva avanti l'odiernoPrt/az-
la 3." a sinistra dalla parte del Tevere al zo Ollobonì Piano (/'.), e più tardi dalla
luogo ove giaceva l'obelisco, divisando di l'otta Flaminia, sino al detto palazzo di s.
ornarle tutte di portici, con botteghe e Marco e con 8 pallii. Questa strada per tali
case pegli artefici. Il suo segretario Ma- corse, e come già notai, prese inseguito il
netti,pressoilMuratori,jReram7ta/.,ser7r>f. nome di Corso, e riuscì la più frequentala,
t. o, par. ?., p. epe), celebra Nicolò V, le la più nobile, la più regolare, la più lunga,
opere che fece, quelle che magnanimo a- ha più bella e magnifica della soutuosaRo-
vea ideale, echefu benemerito delle slra- ma. Sbocca dal mezzodella grandiosa piaz-
de e delle piazzediPioma. Platina poi suo za del Popolo e va direttamente per più
contemporaneo, nelle Pile de' Pontefici, d'un miglio verso mezzodì sino al detto
riferisce che Nicolò V lastricò quasi tut- palazzo, ora denominato di Venezia, nel-
te le vie della città, o almeno avea divi- la via chiamata la Ripresa de' barberi, ter-
satofarlo. Rimarcai a Pestilenza, che nel mine e meta de'ca valli corridori così no-
j4o2 ne fu assalila Roma, perchè le sue mati delle corse carnevalesche, e propin-
strade non essendo ancora lastricale, uè qua alla ricordata via di Macel de'Corvi.
daloloropendioalloscolodell'acque,que- Questa maestosa strada, fiancheggiala da
sle rendendosi stagnanti, come altre voi- buoni ed eleganti edilìzi, fra i quali non
te corruppero l'aria edegenerarono in in- pochi magnifici palazzi, da piazze, ila bot-
iezione, che costrinse Pio II a partirne, leghe nella più parte decorose e moltean-
Perciò rileva Cancellieri ne Possessi, p. che di lusso, presenta un complesso sor-
3i i, che i Papi per evitare l'insalubrità prendeute,enel carnevale uno spettacolo
dell'aria, fabbricarono successivamente di meraviglioso tripudio, sia per le A/d-
in alcune città di buon clima de'palazzi schere^P.), sia pel passeggio de'cocchi, sia
per abitarli, ne'tempi di caldo eccessivo per l'immensa moltitudine che vi accor-
o di maì'QVÌajpev{avviP'illeggìatura(Pr.); re di romani e forestieri d'ogni condizio-
facendosi cadere le vacanze da'negozi nel- ne, sia pegli addobbi delle loggie e delle
la Cuna Romananemesip\h caldi e spe- finestre; laonde forse non v'ha il simile
cialmente ne'lempi più canicolari, come nell'altre parti del mondo, per cui riesce
oltre il Borgarucci, nello stile osservato diammirazioneimponentea tutligli slra-
da Papi nel distribuir le vacanze, d'uno- nieri. Notai a Commissario delle antichi-
strò il Garampi nel Sigillo della Garfa- rx romane, che Paolo II emanò partico-
gnana. Non sempre i Papi slimarono ne- lari disposizioni per la conservazione de-
cessano partile da Roma, ma si conten- gli antichi edilìzi che nobilitano le vie di
taronodi variare abitazione in sito d'aria Roma, seguendo in ciò l'esempio de'pre-
migliore,e Paolo li pel i .°si recò a dimo- decessori.AnehePaoloIIconfl'rmò le prov-
iate nel Palazzo apostolico di s. Diarco, videnze emanale sulle strade da Martino
che avea cominciato da cardinale, e dal V e Eugenio IV, a mezzo de'decreti dei
Salmon creduto il più bello di Roma per 7 settembre 1 4^4 del cardinal Mezza rota
architettura, e forse lo sarebbe slato se camerlengo di s. Chiesa e vice-cancelliere;
la morte non gì' impediva di compierlo, altrettanto fece il successore Sislo IV coi
Fu a motivo di questo palazzo, chele cor- decreti del cardinal Estouteville carnei1-
se di Camalli che nel brillante e famige- lengo, e colla sua bolla De fure congrui >
vaio Carnevale di Roma si facevano nella del 1 480, dichiarando le facoltà al tribù-
STR
naie delle strade e suoi cavalieri maestri,
per giudicare sulle cose e persone eccle-
siastiche. Nella biografia di Sisto // , ed
a Roma, lo celebrai magnanimo per gli or-
namenti co'quali abbellì Roma, renden-
done più salubre l'aria col selciamele \ie,
0 come altri meglio dicono lastricandole
di mattoni a coltello, ampliando strade e
piazze, con abbattere moltissimi poi ticali
emignani; da dove, secondo l'avvertimeli-
to di Ferdinando! re di Napoli, in qual-
che commozione popolare, le donne a-
V rebbero potuto con mot tari disperdere
le milizie, e per l'angustia delle vie esse-
i e tacile sbarrarle. Tra lenuovestradecbe
apri vi fu la Sistina , cos'i detta dal suo
nome, poi Borgo x. Angelo dall'adiacen-
te omonima cbiesa eretta da s. Gregoiio
1 pel prodigio narralo a Castel s. Ange-
lo e altrove. E' tanto vero che anticamen-
te le strade si lastricavano di mattoni, che
la presidenza di esse portava una specia-
le sorveglianza sopra i fornaciai!, acciò
li costruissero in modo da reggere all'at-
trito de'pedoni e degli animali da cari-
co. Afferma mg.1' Nicolai die Sisto 1 V a-
vea vietato, ebe si lastricassero le strade
di selci, poiché per essere la città in bas-
sa giacitura, opinava che tale lastricato
couservasse umido a danno de'ciltadini.
I\la allora non vi erano le Carrozze^.),
e non si videro che nel seguente secolo;
si andava a Cavallo e in Lettiga (/*.).
Notai a Governatore di Roma, che sotto
Inuoceuzo Vili la sentenza di morie che
si eseguiva sul monte Caprino, principiò
ad effettuarsi sulla Piazza di ponte s. An-
gelo; ed ora ha luogo sul piazzale detto
della Madonna de'Cerchi, per l'oratorio
che descrissi nel voi. LXII, p. 233. Ales-
sandro VI raddrizzò la via Lungara e ri-
costruì la Porta SeUimianaj ne parlai in
questo articolo, e descrivendo i magnifi-
ci palazzi, il Porto Leonino, le chiese, l'o-
spedale da' Pazzi, l'orto botanico, che so-
no lungo la via che conduce a Porla s.
Spirito. Altri la chiamano Longara, e nei
voi. LV11I, p. 3 12, L1X, p. 46, registrai
STR i37
due gravi avvenimenti ivi accaduti. Si dis-
se Lungara per il lungo spazio in cui pro-
cede, essendo larga e dritta. Lungaretta
poi è la vicina via, così appellata per la
sua lunghezza estreltezza. Alessandro VI
approvò il decretato di Sisto IV sull'abro-
gazione de'privilegi ecclesiastici, ciò che
non deve recare meraviglia, perchè avell-
ilo i l'api preposto al tribunale delle stra-
de i! cardinal camerlengo, questi coll'am-
pia sua dignità, misla di ecclesiastico e di
ci vile, abbracciava la giurisdizione dell'u-
no e dell'altro foro; quindi i camerlenghi
emanarono ordinazioni intorno a questo
tribunale. Alessandro VI per l'anno san-
to i 5oo ordinò una via più comoda, che
da Castel s. Angelo conducesse a s. Pie-
tro, invitando il popolo a fabbricarvi del-
le case, demolendo quella piramide che
descrissi a Citta' Leonina, ove notai le
corse che si facevano nelle feste di Nata-
le, di ragazzi e meretrici. La via prese al-
lora il suo nome, e si disse Alessandrina.
Giulio 1 1 nel i 5o j la lastricò, ed essendo-
si aumentate le abitazioni, fu appellalo
Borgo Nuovoj compì e raddrizzò la via
Lungara, col l'idea di tirarla sino a Ripa
Grande; e verso il i 5 i l coli opera del cele-
bre architetto Clamante raddrizzò e am-
pliò la ricordata, lunga e bella strada Flo-
rida,che dalla chiesa di s. Giovanni de'fio-
rentini (che descrissi nel voi. XXV,p. i ^),
conduce al Ponte Sisto, eretto dallo zio Si-
sto IV, cioè dopo la via Paola aperta da
Paolo III, e perciò un tempo delta Paoli-
na, come rilevasi da una lapide posta so-
pra una casa verso Ponles. Angelo. La via
Florida ricevè dal Papa il nome di Giu-
lia, ed è spaziosa e adorna di buone fab-
briche. Leone X cominciò a perfeziona-
re le strade che conducono a Porta Fla-
minia, e colla bolla Inter curas multipli-
ces, de'a novembre i 5i 6, Bull. Rota. t.
3, par. 3, p. 427j confermò ed estesela
giurisdizione del cardinal camerlengo e
de'maestri delle strade, declarando sulle
appellazioni interposte alle loro sentenze.
Clemente VII compì le vie che recano
1 38 S T a S T R
alla. delta Porta Flaminia, proseguendo tre strade furono migliorate dal magni*
i lavori di Leone X; e definì la giuriseli- lieo Pio IV. Questo Papa, come dichiarai
zione della camera apostolica e suoi cine- a Maestro di strada, confermò la giuris-
rici di camera, sulle pubbliche strade tan- dizione de' maestri e del camerlengo, e
to di Roma, che delle altre città ponti- assoggettò al tribunale l'arte muraria. Il
(icie. Il successore Paolo III, avendo tro- successore s.Pio V, sostenitore zelantedel-
vato diverse parti di Roma deformi per l'immunità ecclesiastica, rivocò le dispo-
la quantità de' vicoli, poiché quasi tutte sizioni de' predecessori, contro le cose e
le case erano allora isolate, le ridusse a persone ecclesiastiche. Leggo nel Catena,
miglior forma, spianando gli edilizi mal fila di Pio V } p. i 35, che tolse l'uso di
fabbricati e altri alzandone. Raddrizzò correre i pallii nel Borgo s, Pietro o Nuo-
molte strade,ampliòdiversepiazze;edac- vo nel carnevale, dicendo che ivi non e-
quistate 3g case da'privati possidenti, le ravi palmo di terreno, che non fosse con -
lece demolire, e vi formi) la già nominata sagrato col sangue de'marti ri (pel notato
comoda via Paola. Delle sue benemeren- a Citta' Leonina e altrove), ripristina n-
ze per le strade di Roma, se ne fa men- do le corse nella via Flaminia o Corso, Di-
zione nell'iscrizione scolpita sotto la diluì gliando però le mosse dal suddetto arco
statua inCampidoglio, e riportata da Can- denominato anche di Portogallo, e per la
cellieri ne Possessi p. 5o4- Paolo III fé- via Lata sino a s. Marco. Nel voi. LI I, p,
ce succedere i chierici di camera a'mae- 58, parlai delle vie Bonella e Alessan-
stridellestrade nella presidenza delle me- (Irina, migliorate da s. Pio V, ed alle qua-
desime,ed aggiunse il vicario di Roma al li fu datoli nome del nipote aliai,*, e dei-
tribunale nelle cause ecclesiastiche, seta- la patria di esso e del Papa alla i.\ e ne
li prelati lo richiedessero. Però il presi- feci parola anche a s. PioV. A Maestro
dente delle strade si cslraeva a sorte tra distrada dissi ancora, corneGregorioXUl
i medesimi chierici di camera ogni anno, concordò le precedenti bolle sulla giuris-
Giulio III costituì una tassa di gitdii 4 so- dizione ecclesiastica del tribunale delle
pia ogni bottegaio, a vantaggio della cas- strade; indi nel i 583 impose una tassa sul-
sa delle strade. Pio IV dal Quirinale fece le vetture che si affittavano, per rinnova-
eseguirela lunga, regolare e larga strada re i lastricati o pavimenti stradali di R.o-
che conduce alla sua Porta Pia, edilcar- ma, che ancora continuavano ad essere
dina! Sforza camerlengo stabilì uu'impo- firmati di mattoni, come trovo in Nico-
sta per contribuire alla spesa nel i 564. 'ab e chiamali ammattonali; ad oggetto
Nel precedente il Papa fece aprire dopo di rinnovare principalmente i pavimenti
l'antica Porta Cassia, che dal suo nome innanzi le pie case, e le abitazioni del mi-
cardinalizio fece chiamare Angelica , la nulo popolo. Avvicinandosi lacelebrazio-
suburbana strada lunga più di 3 miglia, ne dell'anno santo i 575, Gregorio XIII
affinchè comuuicassecolla viaCassia, e fu ordinò a tutti i governatori delle città e
detta Pia dal suo nome pontificio. Pres- prcviucie dello stato, di restaurare con di-
so Castel s. Angelo fabbricò Porta Castel- ligenza le strade e i ponti, e rinnovarli
foj con istrada suburbana verso Porta An- se bisognosi d'esserlo. Dalla basilica Li-
gelica. Edificò pure quella partedi Roma, boriami fece aprire la dritta via sino al
fra il Castello e il Vaticani» con sua stia- Laterano, senza badare a spese di demo-
da, e nel i 565 ordinò che si denominasse hzione di case e vigne adiacenti; e drizzò
Borgo Pio la via che conduce al cortile la via che da Porta s. Giovanni conduce
diBelvederedelPalazzo Vaticano. Si suole a Frascati da lui frequentato. Curò la co-
appellare pureBorgo s. Anna, dalla chiesa struzione delle strade per andare al san-
omonima dtì'Palafraiiai(F.). Anche al- luario di Loreto, faceudo spianar tuonli
st n
e alzaie Io valli. Leggo nel Fea , Sloria
delle (i<(jitetche\a via Condotti prese que-
sto nome per avervi Gregorio XIII riu-
niti i principali di Roma; ne fa la storia
e loro diramazione, come fatti, e riporta
la nota degli artisti che vi lavorarono, Di-
ce che i vari rami laterali de'condotti so-
no in terra cotta, il grande in mezzo di
travertino; però avvengono danni conti-
nui e di frequenlesi debbono fu e rappez-
zi di piombo. Altri avendo a Nicolò V at-
tribuiti i condotti di travertino nella stra-
di! Condotti, il Fea li confutò. Lo stesso
Gregorio X III, dalla via di Capo le Case
(così dette o pel riportatone! voi. X, p,
48, o per la loro elevata situazione), a-
prì una strada per la Chiesa (iella ss, Tri-
nità de' Monti, e dal suo nome si disseG/e-
goriana. Inoltre questo Papa avendo fat-
to erigere la Fontana del Babbuino [F^,),
die la statua giacente di tal nome la de-
nominazione alla magnifica via. Degli al-
tri simulacri che servirono in Roma di
convegno a 'satirici o di argomento a pa-
squinate, come l'ai), Luigi, madama Lu-
crezia, il Facchino, Pasquino e Marforio
(queste due ultime statue e la 1 .Mietono
nome alle vie ove si trovarono) ne par-
lai ne'vol. L, p, 3oo, LI, p, 5, Nella bio-
grafia di Sisto /"narrai quanto fu emi-
nentemente benemerito delle vie di Roma,
descrivendo quelle belle, lunghe e larghe
che aprì, prendendoli nome di Felice da
quellodelsuocardtnalato,quella che dalla
chiesa della ss. Trinità al Pincio conduce
alla basilica Liberiana, e propinqua al suo
principio altra ne aprì che chiamò Sistina
dal nome del pontificato. Le altre sono
quelle da detta basilica alla Chiesa di s.
Croce in Gerusalemme, ed a Porta s. Lo-
rcnzo,\a quale insieme all'altra che da tal
porta conduce a Piazza di Termini _, aprì
col suo peculio, come si legge nella lapi-
de sull'arco dell'acqua Felice. Da Piaz-
za Colonna Traiana, aprì la via che por-
ta alla nominata basilica da una parte,
dall'altra iucominciandoquellache dovea
condurre a s. Pietro. Migliorò pure la via
STR 1 39
dal Colosseo al Laterano, quella che dal
Quirinale conduce a Porta Pia, e la sub-
urbana Flaminia. Dissi pure quali privi-
legi accordò a quelli che nelle vie Felice
e Pia edificassero case e l'abitassero, come
fece peraltre,eil decretato per la piazza di
Termini lo ricordai a Seta. Rinnovò il di*
vietodi far scavi senza licenza, anche per
impeditela rovina degli edifìzi e la mano-
missione dellestrade; emanò provvidenze
per la nettezza di queste, per decoro e salii-
brità della città, ed istituì le suddettecon-
gregazioni per le strade e per le acque,
onde aver cura e soprintendenza alle stra-
de, a'ponti ed alle acque da lui condotte
a Roma. Alla 1 .a eli dette congregazioni as-
soggettò non solo le strade di Roma e di-
stretto o sua Comarca, ma le altre an-
cora di tutto lo stato ecclesiastico. La con-
gregazione non ne sostenne a lungo l'in-
carico, né il cardinal camerlengo si curò
gran fatto di mantenere la sua giurisdi-
zione sulle strade, appena rilenendosi il
diritto sulle cause ecclesiastiche de /are
congrui. Di maniera che le attribuzioni
edilizie dell'illustre e curule dignità pas-
sarono interamente al prelato chierico di
camera, annuale presidente delle strade.
Benemerito fuSisto V anchedella sicurez-
za delle strade, per cui fu coniata una me-
daglia coll'epigrafe: Perfecta Securilas,
colla sua effigie, e nel rovescio fu rappre-
sentato un passeggero che dorme sotto
l'ombra d' un albero, con allusione alle
pontifìcie cure in liberare lo stato eccle-
siastico dagli assassini, emanando le£j"i se-
vere contro di essi. Di più meritò una sta-
tua in Campidoglio, con quell'iscrizione
che riprodussi nel voi. I, p. 78.
Paolo V d'animo grande, come Gre-
gorio XIII soleva dire, che nel fabbrica-
re si ottenevano due vantaggi, l'abbelli-
mento della città, il sostentamento desili
operai e perciò carità pubblica;ebbe idea
di fare una strada rettilinea a Frascati
(f.) di sole 7 miglia, per la villa Mondra-
gone che designava villeggiatura papa-
le. Magnifico ampliatole del Palazzo a-
ì4o STR
pos t olirò (hi iri n a le ( V . ) , a p i ì n 1 1 o ve s ! ra •
deche riconducessero. Similmente in al-
tre parti di Roma dilatò o raddrizzò mol-
le vie prima anguste e tortuose, tra legna-
li perfezionò quella chedalleQuattroFon-
tane risponde alla basilica Liberiana, da
dove alle monache Filippine e dell'^rt-
ìiunziata aprì la via dal suo nome delta
Paolina (altri attribuendola a Paolo III),
e l'altra die ila Porta Flaminia procede
pel Ponte Milvio,chefece rendere più sta-
bile con selciata. Recò notabile utilità al-
bi salute pubblica, con accomodare e al-
largare le aperture che servono per con-
durre alTevere l'immondezza. Colle stra-
de ampie che in Trastevere aprì o rad-
drizzò, rese più decorosi il monastero dei
cassinesi di s. Calisto, il convento de'ri-
formali di s. Francesco, e la Porla Porte-
se: la bellezza e vastità della via che con-
d uce alla chiesa di detti Francescani, suo-
le nominarsi il Corso di Trastevere , lo
iSlnulonedi s. Francesco, o via di s. Fran-
cesco a Ripa, non solo per condurre a tal
chiesa, ma anco al Porlo di Ripa grandi',
ch'è il principale delle sponde del Teve-
re. Avendo un incendio quasi distrutto
sul Corsoi! monastero delle convertite (di
cui a Meretrici), lo restaurò e separòdal-
le vicine case, formando così quel tronco
di strada che ha sfogo alla Piazza di s.
Silvestro in Capile. Tra i cardinali crea-
ti da Paplo V vi fu Bartolomeo Ferra-
tini d'Amelia, dal quale prese nome la via
Fratina, per quanto dissi nel voi. XIV,
p. 216, ovvero pel notato altrove con
Cancellieri, per la venuta de'frati Alita-
mi nel vicino convento di s. Andrea del-
le Fratte: sull'etimologia ne parlai an-
cora nel voi. LX1K, p. 47- Non pare af-
fatto che il cardinale donasse il palaz-
zo alla congregazione di propaganda ,
a palio che si dasse il suo nome alla vi-
cina strada, come erroneamente pretese
alcuno. Ad Urbano Vili dell 62 3 dob-
biamo moltissimi ornamenti di Pioma,
racchiudendo nella città la via Lungara,
per l'ampliazione che fece delle Mura di
STR
Roma. Indi per avere riaperto o regola-
rizzato la strada del clivo de'Monli Vi-
minale e Esquilino, che per averlo abi-
tato i romani patrizi fu detto Fico Pa-
trizio, per lui prese il nome di via Urba-
naj laonde fu fatto quel distico che No-
vaes riprodusse nel 1. 1, p. 24, della Sto-
ria de' Pontefici: Patritium a Palribus Vi-
cum dixero Quirites, — Urbanum Urba-
no a Principe Roma vocat. Pare che nel
pontificato d'Urbano Vili incominciasse
il provento in favore del tribunale delle
strade, sulle cave di pozzolana. Il succes-
sore Innocenzo X per maggior decoro di
sua patria Roma , rinnovò molle vie, e
quella che conduce a Frascati, e sontuo-
samente abbellì Piazza Navona. Ordinò
che gli esattori della tassa strade la de-
positassero nel Monte di pietà, e costituì
a favore del tribunale delle strade il pro-
vento delto de'porti e fiumi, il quale si
formò dal pagamento annuo dell'appal-
tatore della privativa di cercare i ferra-
menti e altri oggetti ne'porti o luoghi dai
quali le immondezze si scaricano nel Te-
vere. Vedasi Domenico Gagliardelli, De
piirgandis viis Urbis, et de aquae Fé-
licis qualilalibus libellus, Romae 1090.
Alessandro VII nel i665 demolì l'arco
presso il Palazzo OUoboniFianOjChe'm-
gombrava la magnifica via delCorso,Iaon-
de incontro vi fu posta una lapide di mg.1
Fabretti,e raddrizzò la stupenda via, per
cui altra memoria è sul cantone del Pa-
lazzo Torlonia a piazza di Venezia, o-
ve si venera la D. Vergine della Chiesa
di s. Apollinare. Alessandro VII fu niu-
nificentissimo per rendere Roma di più
ornala e salubre, sia col meraviglioso co-
lonnato della Piazza Vaticana, sia colle
piantagioni d'alberi della Piazza di Cam-
po Faccino e nel Monte Esquilino. A O-
BELiscfii di Roma avendo descritto quelli
eretti da'Papi nelle piazze e sulle vie del-
la medesima, qui ricorderò quello innal-
zato da Alessandro VII o Obelisco del-
la Minerva sulla piazza di tal nome. A-
vea liujzeuio IV fatto atterrare diverse
STR
fabbriche, le quali quasi interamente na-
scondevano le superba mole del Pantheon
o Chiesa di s. Maria ad Martyres, co-
aiechè edificate a ridosso; ma in seguito
essendovene slate costruite delle altre, A*
lessa udrò VII fece abbassare la strada
perchè meglio si potesse godere la vista
del sontuoso monumento. Inoltre ordi-
nò la formazione di cai te topografiche di
lutto l'Agro romano e delle vie consola-
ri, che furono con somma diligenza e pe-
rizia delineate. iVeli683 Innocenzo XI
fece una distinzione sulla tassa delle vet-
ture che percorrevano Roma e suo di-
stretto, e le statuite proporzioni tronca-
rono le antiche controversie. Questo Pa-
pa decretò pure una tassa stabile su tut-
ti i fondi e comunità dell'Agro romano,
da amministrarsi dal tribunale delleslra-
de per la manutenzione delle consolari.
Sotto Pio IV erasi stabilita una tassa sui
bottegari e altri venditori che con mostre
di generi occupavano uno spazio: coi di-
sposto d'Innocenzo XI si regolarizzarono
le licenze e » proventi per esporre nelle
strade la vendita de'cotnmeslibili, con ta-
volati e baracche, ma deformanti la cit-
tà, che soppresse a'noslri giorni, abusi-
vamente in partesi rinnovarono. La las-
sa sulle vetture fu ampliata dal successo-
re Alessandro Vili nel i6f)0, assoggettan-
dovi quelle locate per viaggi fuori del di-
stretto di Roma. Innocenzo XII lece mol-
le disposizioni, che riportai a Maestro di
strade, fra le quali avendo stabilito nel
i6o)2 un nuovo metodo del tribunale del-
le strade, volle che a beneplacito del Pa-
pa si nominasse stabile il suo presidente
chierico di camera, e non più eleggibile a
sorte e annuale, e restituì il provento di
Piazza iNavona alla camera apostolica. Si
può dire ch'egli die il compimento all'im-
pianto del tribunale delle strade. Aven-
do migliorato l'imbrecciata, per comodo
delle vetture, che conduce a fianco della
cordonata di Campidoglio, a questo e al
Palazzo Cajjarelli 3 ed essendovi state
collocate sopra un pilastro 3 pile marino*
STR i/ft
ree dello stemma Pignattelli d'Innocen-
zo XII, questa ripida salita prese il nome
di Tre Pile. E qui noterò, che l'odierna
magistratura romana, con lodevole riso-
luzione , per appianare questa strada e
renderla meno incomoda e pericolosa ad
ascendervi il Campidoglio, ed aucora per
trasferirvi l'archi vioUrhano, non che per
riunire gli uilizi comunali ancora spaisi
in vari punti della città, facendo uso del
diritto che le viene accordato dalla legge
del 3 luglio i 852, nel febbraio! 854 de-
terminò l'acquisto coattivamente di detto
palazzo e suoi adiacenti locali. Gregorio
X\ I già energicamenteeeonautoritàso-
vrana avea ini pedi to che il palazzo dal d ti-
caRaldassareCaffarelligiunioresi vendes-
se ad una poteuza acattolica. Fu som ina-
mente benemerito delle strade Clemen-
te XI nel suo lungo pontificalo, restau-
rando le vie pubbliche degli Eroici, »lel
Lazio, della Sabina, dell' Umbria, della
Romagna, fabbricando pure molli pon-
ti, rifacendo la strada che conduce a Ca-
stel CandolfOj nel quale articolo notai
i Papi costruttori di quelle strade e su-
perbe gallerie alborate , come Urbano
Vili, Alessandro VII, Clemente XIV e
Gregorio XVI. Inoltre Clemente XI con-
fermò la costituzione del predecessore In-
nocenzo XII , e die facoltà al tribunale
di costringere gli ecclesiastici allo spur-
go de'fossi lungo le strade consolari, di-
sposizione ratificata daRenedetto XI li nel
i *727.ClemenleXI I lastricò con selci qua-
drati le vie di Roma, e restaurò le conso-
lari che ad essa conducono, le quali da
più di 3o anni erano alquanto abbando-
nate; indi nel i ^36 ampliò, livellò e rad-
drizzò buona parte della via del Corso.
Oltre a ciò concesse 3ooo Luoghi di Mon-
te al tribunale delle strade, allineile l'an-
nuo fruttato l'erogasse nella restaurazio-
ne delle strade; poiché le strade di quei
tempi, quando si selciavano di nuovo, im-
portavano vistose spese. Nel suo pontifi-
cato si facevano le corse per la via Limi-
gara, per la festa che celcbravasi alla R,
i.i». S T R s t i;
Vergine che si venerava a'picdi della sa- Faida sempre favorevole asilo de'malvi-
lifa di s. Pietro Molitorio nel declinar d'a- venti; quindi che sene tagliasse una imo-
gosto, cioè dalle scale della Chiesa di s. va, la quale andasse a sboccare nell'anti-
SpirilO iti Sassia (la quale col suo ospe.' ca e celebre via Appia, che pe'giandiosi
dale diede nome al Borgo in cui sono), lavori fatti pel prosciugamento delle Az-
olla piazza della Chiesa dis. Maria del- Indi Pontine (delle quali riparlo a Piper-
la Scala. Delle corse de' cavalli falle in sn, Sezze, Terracini), erasi già resa pia-
diversi tempi in altre vie urbane e suhur- licahilenel passaggio in cui si abbreviava
baue, parlai a'Ioro luoghi, in uno a chi circa -20 miglia il cammino da Roma a
le faceva; cavalli, asini, ebrei, donne, ra- Napoli, e si faceva esso con maggior ce-
gazzi, ec. benedetto XIV non solo ridus- lerità, divenuto quasi tutto perfetto pia-
se la Chiesa di s. Croce in Gerusalemme no e piii sicuro dagli assalti de'malvi ven-
qnalesi ;iiìimira, ma fece allargare e rad- ti. Adunque Pio VI in quella parte che
drizzare, non meno che alberare la vasta attraversa le Paludi riaprila nuova via
e lunga via che da essa conduce alla ha- Appia, che formala e lasliicata di grossi
sdirà Lateranense, e rifece molte stia- selci da Appio Claudio, restaurata e rai-
de della citlà. Tolse ogni controversia fra gliorata da GiulioCe^are,daMessala Gor-
il tribunale delle strade e la congrega- vino, da Vespasiano, da Nerva, da Tra-
zione delle acque e ponti; assegnò i via- iano, da Massenzio, erasi col tempo se-
tici a maestri di strade nella visita delle polla e resa inutile, e divenne agiatissima
■vie consolari; introdusse le colmine mil- e tirata a tutta linea daCislerna aTerraci-
liarie sulle stesse strade consolari, dispo- na. Anche le altre strade pubbliche dello
sizione utilissima edegna di quel gran Pa- slato papale furono da Pio VI rinnovate
pa, poiché grande è il comodo cherisul- e risarcite, particolarmente quella delia
ta al pubblico dall'apposizione de'termi- sua abbazia di Sidnaco (F*), ed ancora
ni milliari, siccome osservò Quintiliano, quella della montagna di Viterbo, taglia-
Jstit. oratorie lib. 4, cap. 5; condouòpar- ta di nuovo nel giro di essa colla spesa di
te del debito de proprietari pel nuovo la- 22,000 scudi falta dalla comune vilerbe-
st ricalo delle strade di Roma, e die loro se;laonde lasciala l'anticaertissima, restò
facoltà di restaurare a proprio conto gli la nuova più comoda e più sicura colla
spazi delle strade urbane lungo le rispet- distruzione de'ricoveri che prima servi-
ti vecase.Si può vedere la bolla Dnm ornili* vano a'malvi venti. A Pio VI pur si deve
bus di Benedetto XIV, de'3o dicembre nel 1786 la sistemazione delle Dogane
1 74 8, suo Dnll. t.2,costifi67: Super con- pontificie^.) nel le strade doganali di con-
servatione et refectione viarum puhlica- fine; fece eseguire le precedenti costitn-
rum. Pio VI emulando l'antica magnili- zioni relative alle strade e confermando-
cenza de'romaui, appena eletto nel 177 j le, e che siccome alle tasse per le mede-
nell'auno santo, a comodo de' pellegrini sime ncll'anticaRoma erano soggetti i cit-
accorrenti a Roma, subito ordinò grandi triclini, qualunque fosse la dignità di cui
restauri nelle principali strade. Pertanto erano insigniti, così il Papa dichiarò che
riattò le vie consolari, cioè quellefatte dai nel pagamento loro non si dovesse avere
consoli della romana repubblica , nella riguardo a qualsivoglia privilegio, nem-
maggior parte distrutte o rese disastrose, meno de'padri di 1 1 figli, affinchè ciascu-
Onde poi meglio agevolare il transito ai na persona senza distinzione fosse sotto-
piaggiatori, nel 1 779 con una congrega- posta alle tasse stradali, come aveano or-
zione di cardinali ordinò, che lasciata l'an- dinato altri suoi predecessori. Per tali di-
tica strada che da Roma conduceva a INa- sposizioni doveano contribuire alla ripa-
poli, per Marino, e per la macchia della razione delle vie consolari del distretto di
STR STA i43
Roma i possessori de'fondi snbnrhani, e là, e in I ulte fece apporre nel loroprin-
le provincie del Patrimonio, Umbria, La- cipio e fine, e negli angoli iscrizioni dipin-
zio, Sabina, Marittima e Campagna. Nei le in forma di cartelle di fondo Linneo,
voi. LVHI,p.i 44}'''evai cheanlicamen- con lettere nere uniformi e a Iteci rea inez-
ie la città non era illuminala theda'là- zo palino. Molle antiche denominazioni
noli che i divoti collocavano innanzi alle fnronoconservate, alcune ri mosse o cani-
ricordale ss. Immagini, per lo più esistcn- biate con titoli più decorosi, e si elimina-
li negli angoli delle strade, ed in tempo rono i nomi duplicali. Nello stesso tempo
di sede vacante lutti icapi di famiglia do- furono designate con numeri progressivi
vcano la notte tenere un lume alla fine- tutte le porte di ciascuna, escluse le cine-
slra. Nel 1787 essendo frequenti in Roma se e altri pubblici edilizi. La numera/ione
i furti e gli assalti notturni, e anche in al- comincia a sinistra di chi entra nella via,
cune ore del giorno per le pubbliche vie, e prosiegue sino alla fine rivoltando sul
onde non si poteva camminare con sicu- lato destro, e tornando incontroall ango*
rezza, Pio VI per riparare a sì grave di- lo dove si ha principialo. I numeri doppi
sordine, ordinò pattuglie di soldati sì di per porteaperteposlerioi nieiite,si distili-
giorno chedi nolle, ed in questa volle che guono colle aggiunte lettere maiuscole A.
per maggior sicurezza si mettessero in di- R. C. ec. A Roma narrai l'invasione de-
verse strade della città diversi fanali o gl'imperiali francesi e l'imprigionameli-
lampioni, onde ebbe un qualche princi- lodi Pio VII nel 1809, e fra le cose che
pio la stabile illuminazione notturna di operò il governo imperiale ordinò tasta*
Roma. Pio VII colla bolla Post di udir- bile e regolare illuminazione notturna «li
tias. de'3o otlobrei 800, restrinse la giù- Roma. La stabilì con 1000 lampioni ben
indizione del tribunale a quelle vie sol- grandi, sospesi nel centro delle strade ad
tanto, che non erano poste in alcun ter- un grosso (ilo di ferro attaccato alle pa-
ritorio delle comunità dello sialo, ed in reti degli edilìzi laterali ad esse. Nel 1 8 1 4
vececolla tolta al tribunale accrebbe quel- ritornato Pio VII in Roma, regolarizzò e
la dellccomunità,solto la dipendenza del- migliorò questa utile, comoda e decorosa
la congregazione del buon governo; ri- illuminazione notturni, aumentando il
chiamò all'osservanza lecostituzioni pon- numero de'lampioni. Imperocché ad evi-
ti(ìcie,che prescrivevano nulla doversi fa- tare gl'inconvenienti che derivavano dai
re da mg. r presidente senza l'intesa del- fili di ferro traversanti le vie, fece collo-
la piena congregazione, composta pure dei care de'lampioni egualmente assai gran*
maestri di strade, e che il prelato a ini uà 1- di co'loro riflessi a riverbero, in tutti i lito-
mente rendesse conto delie spese ordina- gin che fu creduto necessario, ad una giu-
rie fatte al tribunale della camera, la qua- sta distanza, appesi a lunghi e sporgenti
le approvava e modificala le slraordina- bracci di ferro che si abbassavano e ai-
rie. La nomenclatura delle strade di Ro- zavano facilmente per nettarli e accende-
rne non essendo regolala, era spesso sog- re i lumi, potendosi ancora ripiegare idei-
getta a variazioni; le denominazioni d'ai- ti bracci da un lato nelle occorrenze. La
cune vie erano soltanto designale ne'suoi durata dell'illuminazione venne stabilita
canti con tabelle di marmo, lealtreavea- da un orario formato colla scorta delle
no alcuni nomi dati dal volgo, ma senza tavole lunari compilate dagli astronomi
la corrispondente iscrizione: i numeri del- del collegio roma no; e ne fu affidata la eti-
le porte delle case e botteghe non esiste- ra alla presidenza delle strade e ad un i-
vaim all'alto. Laonde Pio VII, con lode- spettore generale. Il numero di tali laiu-
volissiina e .specialeprovvidcn/a,nel 1 802 pioni nel 1 838 era acceso a 1 oof). Pio
ordinò la nomenclatura delie vie della cit- \ li col moto-proprio de'6 luglio i8i(3
1 44 s T R
stabilì molte variazioni riguardanti la
presidenza dellestrade,specialroentespet»
tanti alla giurisdizione civile e criminale,
romeni sistema a min ini si ra li vo, e promi-
se opportune disposizioni per provvede»
re d'una particolare maniera alla marni-
lenzione, ripa razione e custodia delle pub-
liliche strade. Questo nuovo impianto,
dopo savi e maturi studi della Congre-
gazione Economica (la quale cessò nel
i 847, come rilevai nel voi. LIII,p. 192),
il Papa lo pubblicò col moto-proprio e
regolamento sull'amministrazione pela-
vori pubblici delle acque e vie, Dal pri-
mo momento, de'a3 ottobre 1 81 7, Bull.
Rom. cont. t. i4> p- 3qi. Con esso isti-
tuì un consiglio d' arte d' ingegneri, ed
un cousiglio amministrativo per la dire-
zione centrale de'lavori delle Strade na-
zionali, sottomettendogli pur quelle che
dipendono da' prelati delegati delle pro-
vinole, non che da' cardinali legali del-
le legazioni. In memoria di che fu conia-
ta una medaglia con l'effigie di Pio VII
col triregno e piviale, e l'epigrafe: T iis
Ah'tis El Op. Pu/>/.,enell'esergo: Conle-
gio Constitulo. Si vede la figura dell'ar-
chitettura con compasso e libro innanzi
ad un edilìzio con 6colonne,a pie del qua-
le giacciono il Tevere con cornucopio e
vaso donde esce acqua, e la figura d'una
donna con ruota esprimente le strade. In-
di Pio VII emanò il moto-proprio, / tre
grandiosi acquedotti, de' '^dicembre 1 818,
Bull. c\l. t.i5, p. 2 54j per la conservazio-
ne degli acquedotti di Roma* ed a' 1 o det-
to il moto proprio Dopo avere, presso il
Nicolai, 1. 1 , p. 263, sulla conservazione e
rinnovazione delle strade di Roma. Nel-
la biografìa di Leone XII dichiarai le sue
benemerenze per le strade, anche dello
slato, la selciatura delle Piazze fatica-
ne e del Popolo j e il macello pubblico da
lui edificato per la salubrità di Roma, ri-
movendo così anche i disordini e le dis»
grazie che avvenivano per le vie urbane,
a motivo de'privali macelli. Inoltre Leo-
neXII col moto proprio de'21 dicembre
8 T R
1828, presso il Nicolai, riunì la presiden-
za delle acque a quella delle strade, on-
de il prelato chierico di camera s'intito-
lò presidente delle acque e strade; e pel 1 .°
col moto-proprio Con nostro, de' 1 cj gen-
naio 1820), presso il Nicolai, l. 2, p. 168,
nominò mg.r LuigiLancellotli.LeoneXll
ebbe pure la gloria di restituire la sicu-
rezza alle strade della provincia di Fro-
sinone^F.) infesta di malviventi, con gra-
ve danno non meno de' viaggiatori, che
de'pacifici abitanti; per cui la provincia
fece coniare al delegato Benvenuti, a ciò
preposto dal Papa, quella medaglia che
descrissi al citato articolo, con l'epigrafe:
Securitatis Restitutori Frusinates. Nel ci-
tato articolo Congregazione delle acque,
avendo pure parlato di quanto riguarda
le strade, dissi del regolamento nel 1 833
pubblicato da Gregorio XVI pe' lavori
pubblici d'acque est rade,dichiarando co-
me compone vasi la congregazione delle
acque (cessata poi nel dicembre 1 847, col
disposto notato nel voi. LUI, p. ig4)>e la
formata prefettura generale delle acque
e strade. Altre provvidenze di quel Pa-
pa si potino leggere nella Raccolta delle
leggi sue. Ne' diversi relativi articoli de-
scrissi le benemerenze di Gregorio XVI
per le acque e per le strade eziaudio del-
lo stato Terminò i pubblici passeggi del
Monte Pincio e del Monte Celio, e pro-
pinqua a questo ridusse magnifica la stra-
da checouduce alla Chiesade'ss. Andrea
e Gregorio. Isolò i grandiosi avanzi del
tempio di Antonino e Faustina della chie-
sa degli Speziali, e perciò aprì quella via
che dal suo nome cardinalizio fu detta
Maurino, Ridusse la nobile via del Cor-
so al modo che si ammira, con marcia-
piedi uniformi di peperino e fasce di tra-
vertino : fu formato il piano come suol
dirsi a schiena d'asino, per cui le acque
piovane scolando lateralmente entrano
nelle piccole chiaviche, aperte l'una a ca n-
to all'altra sotto i detti marciapiedi. Per
non dire di altro, fece eseguire la como-
dissima via per cui in breve spazio di lem-
S T 11
pò si ascende all' elevato e affienissimo
Monte Mario, a connine vantaggio, rin-
novando la quasi interrotta comunicazio-
ne fra Roma e la via Cassia perla Trion-
fale, come celebrò il Giornale di Roma
del 1 85 1 , p. 4°4> con erudito articolo, se-
condo il quale e ilTorrigio,da me ripor-
tato nel citato articolo (ne riparlai in li-
no alla chiesa ne' voi. LV, p. 99, LXIII,
p. 1 23),si crede da alcuno che sia seguita
su questo famigerato monte l'apparizio-
ne tlel Labaro a Costantino,di cui riparlai
a Sperone d'oro (e nel 1 849 fu occupato
da 'francesi per liberare Roma dall'anar-
chia); ed è perciò che Pietro Mellini nel
i35o (al dire dell'autore dell'articolo) vi
cresce la chiesa di giuspatrouato,e in me-
moria di della apparizione la dedicò al-
la ss. Croce, lo che avea io già detto. De-
scrivendo poi la chiesa del ss. Rosario, no-
tai che vi si venera laB. Vergine dellaFeb-
bre, con nozioni sulle febbri romane. Di
sopra narrai,come il regnantePio IX nuo-
vamente attribuì nel 1 847 alla magistra-
tura romana l'amministrazione delle vie
interne ed esterne di Roma, la loro net-
tezza e altro, le acque e sue pertinenze,
l'illuminazione notturna, e quali miglio-
ramenti furonooperati: che venne istitui-
to il ministro de'lavori pubblici, a cui si
affidarono i lavori delle strade nazionali,
ed altre analoghe ingerenze: laonde di-
poi cessarono il cardinal prefetto delle ac-
que e strade, ed i prelati presidente, vice-
presidente delle medesime, e il segreta-
rio delle acque. Ricordai pure le dispo-
sizioni sulle strade provinciali e comuna-
li dello stato, e di altre cose annesse. Do-
po che ueli8o2 pubblicai l'articolo For-
te di Roma, pel grave danno che nel pre-
cedente anno avea recato un fulmine al-
la Porta Pia, nel 1 853 come si ha dal n.°
96 del Giornale di Roma, il commend.
Galli prò ministro delle finanze, dall'ar-
chitetto conleVirginioVespignani, fece ri-
parare i danni e aggiungerequanto man-
cava al compimento della medesima nella
fronte, fermo mantenendosi il carattere e
VOL. LXX.
SIR ij~
leproporzioni,superate tutte lediflìcollà,
e compiendosi gli ornali già da Buonarroti
che l'eresse iniziati. Quindi vi fu posta que-
sta iscrizione dettata dal dotto p. Giusep-
pe Marchi gesuita. Plus IX Pont. Max.
— Turrìm diu imperfectam fulmine ta-
ciani — Reparavil absolvit an.\S53. E-
gualnientea Porte di Roma parlando del-
la Porla s. Pancrazio, delle rovine pa-
tite ne'combattimenti del 1 849, e risarci-
menti delle propinque mura, qui aggiun-
gerò che la medesima porta, quasi distrut-
ta in quelle battaglie, veune rifabbricala
con architettura dell'encomiato conte Ve-
spignanijSoda e maestosa conveniente,per-
ciò lodata dall'intelligente ed erudito ar-
chitetto Gasparoni, con quelle belle pa-
role riportate dalla Civiltà cattolica, ■?,.'
serie, t. 7, p. 3o7, ove pur si legge l'ele-
gante iscrizione che vi fu sovrapposta in
pietra, ed uscita dall'aurea penna del pur
lottato p. Marchi. AM'artieoloPoNTi diRo-
ma, non solo feci cenno di quelli sospesi a
fili di ferro, ma dichiarai che 4 *e ne dovea-
no erigere sul Tevere in Roma, ove pu-
re lo notai, con una discreta lassa di pe-
daggio (della quale si fa cenuo neln.°r 1 1
del Giornale di Roma del 18 >3). Però
finora soltanto fu eseguito quello per sup-
plire al rovinato Ponte Rollo o Emilio
(^.), detto di s. Maria, come si ha da'n.i
121 e 221 di detto Giornale. Ivi si leg-
ge, che la società che avea ottenuto dal
governo pontificio la costruzione di4 pon •
ti a filo di ferro, terminò il lavoro di quel-
lo denomina ìoRotto. Gli antichi archi che
appoggiano alla sponda del Tevere furo-
no uniti alla sinistra con un ponte sospe-
so, lungo metri 62, 5o, e largo 6,7.5. Al-
la presenza del ministro de'lavori pub-
blici se ne fece l'esperimento a*23 e 24
maggio 1 853, al modo descritto, e venne
dichiarato aver dato il manufatto suffi-
ciente prova di stabilità, e potersi perciò
aprire al pubblico transito, ciò ch'ebbe
luogo nel dì seguente. Dipoi a'29 settem-
bre per lai. 'volta passò sul ponte il Pa-
pa Pio IX col suo seguito. Ne'vol. Lllf,
io
i.\(, STR
i). 228, LXI V, p. 1 4 7, accennai che a' 1 o
Ottobre] 85o d'ordine del ministro de'la-
Tori pubblici coni memi. Jacobini, si aprì
il tratto della via Appia al 3." miglio da
Roma, olire il sepolciu de'Sei vilii, disco-
prendosi negli avanzi de'suoi molti cospi-
cui monumenti, iscrizioni, frammenti di
sculture, e rovine d'antichi sepolcri colle
loro decorazioni. Che furono collocati nei
margini lunghesso la via, laonde questo
tratto della vetusta regina delle \ie di-
ventò una specie di museo, circa al 4-°u»i-
glio verso Alhauo. 11 ristabilimento ven-
ne ter mi nato ne'pri mi di giugno 18 53, già
visitato dal Papa Pio IX che per memo-
ria fece coniare quella medaglia che de-
scrissi, e vi ritornò ad ammirare la rista-
bilita via. Essendosi eseguilo il mirabile
lavoro sotto la direzione dell'esimio archi-
tetto e profondo archeologo coni menci.
Luigi Canina, questi ne pubblicò l'impor-
tante illustrazione in Roma nel 1 853e con
incisioni: La Via Appia dalla Porta Ca-
pena aBoville, descritta e dimostrala con
documenti superstiti. Di questa bell'ope-
ra e della felice impresa ne rende ragione,
olirei n.' i5 5 e iG'n.ìeìGiornale di Roma
del 1 S53,V Album di R.ouja,t. 20,p.3o 1 e
336,1. 21, p. 2 07, riportando alcuni dise-
gni rappresentanti ilsepoicrodiS. Pompeo
Giusto, il tempio di Giove, e l'esposizione
dell'intera architettura de'monumeuti e-
sistentitral'8.°e il 9. "miglio della via Ap-
pia, inclusi vameute a quella del gran mo-
numento di Messala Corvino ultimato da
M. Valerio Messalino Cotta, ed ora re-
staurato e illustrato eziandio dall'illustre
Canina. La maggior parte de' memorati
monumenti souo sepolcrali, poiché è ben
nolo che dalla Porta Capena fino all'a-
diacenze ùa\\'Aricia} in un'estensione di
circa 1 1 ) miglia essi si congiungevano in
modo l'un l'altro, che nessuno spazio in-
termedio vi rimaneva; anzi sovente nelle
migliori posizioni presso la città, si vedea-
110 per ogni lato della via collocati in dop-
pia fila. Della qualcosa fanno ragione non
tanto le storie antiche; quanto i ritrova-
STR
menili fatti in passato, e le grandi escava-
zioni eseguite d'ordine del governo ponli-
ficio,onde ristabilire si rinomata via. On-
de l'ammiratore elo studioso dell'antiche
memorie di Roma, percorrendo la via Ap-
pia fin là dove è stata ristabilita, guidato
dall'opera dottissima del commend. Cani-
na, trova gli avanzi o le memorie de' se-
polcri de'Scipioni, di Priscilla e di Geta, i
colombari de'liberti d'Augusto e di Livia,
de'Cecilii e de'Volusii, le tombe di Clau-
dia Semne, di Cecilia Metella,i sepolcri di
Cranico Labeone e di F. Crusliclio, di Ser-
vi lio Quarto, di Plinio Eutico, de'Secon-
dini, di Pomponio Attico e di iMarco Ce-
dilo, di Pompeo Licinio e di Seltimia Gal-
la, degli Orazi ede'Curiazi (di questi ri-
parlai a Riccia, e di altri de' qui nomi-
nati sepolcri a Sepoltura), il ricordato
di Messala Corvino e di Valerio Messali-
noColta,edi molti altri che sarebbe trop-
po lungo numerare. Ma fra questi sepol-
cri più o meno grandi , sorgevano altri
grandiosi monumenti sagri e profani, di
cui al presenleosi ponnodeterminarecon
precisione le loro posizioni,o si vedono an-
cora imponenti rovine, e tali souo prin-
cipalmente! templi dell'Onore e della Vir-
tù, le Terme Antonianeo Commodiane,
l'arco di Druso, il tempio, il clivo e il cam-
po di Marte, il circo di Massenzio e il tem-
pio del suo figlio R.ornolo, il Triopio, il
luogo in cui fu ucciso Seneca per coman-
do di Nerone, la villa de'Quintilii e quel-
la di Gallieno, ed altri monumenti sagri
e profani. La vista di lauti avanzi desta
un complesso di memorie e di gravi con-
siderazioni sul passato. L'idolatria, l'am-
bizione, la gratitudine, il desio del pia-
cere, l'amore de'parenti e il patrio senti-
mento innalzarono tombe, templi, anfi-
teatri, terme, ville e colonne; ma il tem-
po che lentamente distrugge, e la barba-
rie che affretta la distruzione di tuttociò
che dal tempo viene risparmiato, hanno
rovescialo lauti monumenti, ed in modo
che di molli cerchiamo invano anche li-
na rovina: sul luogo ov'essi sorgevano vi
S T R
passò l'aratro e vi pascola l'armento I\ r
cui ora Ionia assai grato percorrere la via
Ippia dalla Porta Capena all'aulica cit-
tà di Boville; e vi si trovano epigrafi, ca -
pitelli, cippi, bassorilievi, musaici, colon-
ne, avanzi di statue e un'infinità d'altre
cose. Tuttavolta quanto resta a fare nella
via Appia, lo si apprende dall'encoraiata
opera di Canina, ognora caldo di vero e
lodevole entusiasmo per le cose di Roma
antica, che sempre curò d'illustrare. Vari
Papi furono solleciti di rendere facile e
comoda la via nazionale Appia, che par-
tendo da Pioma conduce a'coufini del re-
gno di Napoli: ma l'opera più importan-
te rimaneva a farsi, vale a dire i due pon-
ti per Gcnzano (/".), e quello più gran-
de per l' Arida o Riccia (f.) onde con-
giungerla al colleAlbano. Per quanto ri-
portai in quegli articoli, GregorioXVI sta-
bilì di costruirli ambedue. Il i.°gli riuscì
di farlo edificare, come più necessario, e
quindi lo inaugurò colla sua pontificia
presenza; ma il 2. "benché decretato, per la
sopravvenuta gravissima inondazionedel
Po che rovesciò gli argini del Ferrarese
e fece altri notabili danni, ne sospese" l'e-
secuzione, per le rimostranze d'un mi-
nistro, che gli fece considerare più urgen-
leil bisognodelle riparazioni lungo il Po.
Però poco dopo avendo la morte rapito
Gregorio XVI, il successore regnantePio
IXordinòl'elTettuazionedel divisato pon-
te della Riccia, ed ivi lo descrissi a 3 or-
dini d'archi di peperino o pietra albana,
per unire Albano all'Aricela, e donde si
gode la sorprendente amena vista della
famosa Valle Aricina e de'luoqhi adia-
centi. 11 Papa Pio IX ebbe la gloria di ve-
derlo egregiamente terminalo, colla spe-
sa di 1 4o,ooo scudi, riuscendo veramen-
te solido, magnifico, monumentale per
bellezza artistica, ed altresì più largo dei
principali Ponti di Roma, come il s. An-
gelo, il Sisto, ec. Questo ponte dell'Aric-
cia viene descritto da'ti. i 233 e 236 del
Giornale di Roma deli 85 r\; dal n.° 35
dell'Album di Roma di tale anno,il quale
S T R
ne pubblicò I» veduta scenografica colla
izione del eh. d. Domenico Z nielli.
e le iscrizioni composte dal sullodato p
Marchi; le quali con un sunto dell
scrizione si leggono ancora nella Ci\
cattolica,?.* serie, t. S,p. 233 e 328.Pei
tanto ricavo da tali descrizioni, che sul
ponte fu costruito pure un acquedotto
per somministrare al bisogno acqua po-
tabile ad Albano. Che ne decorò l'estre-
mità l'ingegnere pontificio prof. Alessan-
dro Bellocchi, con 4 eleganti pilastri di
travertino, ove furono scolpite le iscri-
zioni e gli stemmi di Pio IX in bassori-
lievo, sovrastati da 4 colonne falle a imi
tazione delle milliarie dulia stessa vi 1 V
pia. La strada che dal termine della tra-
versa d'Albano mette al gran ponte e sul
la piazza dell'Aricela, è fiancheggiala d
comodi marciapiedi, e la parte lastricata
è eguale a quella del ponte, e costò circa
19,000 scudi. Per compiersi le correzio
ni della via Appia, essendo necessai 10 l •
gliere i pendii, che sorgono dall ^riccia
a Galloro, fu gettato un 2. "ponte di
chi,ciascunodel diametro di metri 1 o, 1<k
sotto l'ultimo de'quali passa la stra
nora battuta, lungo metri 1 J.oe Ingo Fi •
le faccie interne de'parapelti <.) metri, al-
to dalla sottoposta vallata metri 1 6. Me-
diante questo ponte la via postale dalla
piazza dell'Aiiccia s'avanza in linea rei
ta fino all' oratorio di s. Rocco, e di là
fino al luogo in cui incontra un altro pon-
te in costruzione, nella valle di Grott
Lupara. Questo si compone di tre archi
grandi del diametro dii 5 metri l'uno, e
d'un arco minore, sotto cui continua a
passar la via antica: la sua maggiore al
tezzaèdi metri 23, la lunghezza 80. Que-
sti ultimi due ponti si debbono special-
mente alla diradi mg.r Milesi-Pironi mi-
nistro del commercio e de'lavori pubbli-
ci, il quale per la mal ferma salute del
valente cav. Bei tolini architetto del poti ■
te di Genzauo e di quello dell'Aricela, ne
affidò la direzione a Federico Giorgi in-
gegnere in capo di Roma e ComarcaCon
)48 STR
tali opere sono siale colmale 3 valli, eia
via d' Albano fino n Genzano si è resa
piana e a un tempo assai più breve, riu-
scendo di grandissimo benefìcio al com-
mercio e alle continue comunicazioni die
Roma ha colle provincie di Marittima e
Campagna, e col regno delle i\ue Sicilie.
Per la solenne inaugurazione del sontuo-
so monumento, e per la quale vi accorse
una moltitudine innumerabile, il Papa
Pio IX a' 12 ottobre i 854 vi si recò alle
ore io antimeridiane. Giunto al princi-
pio del ponte, sotto magnifico padiglio-
ne fu ricevuto dal cardinal Patrizi vesco-
vo d'Albano, dal cardinal Altieri presi-
dente di Roma e Comarca, da mg.r Mi-
lesi-Pironi, e dalie magistrature munici-
pali d'Albano,d'A riccia e di Genzano. A-
scoltò I' eloquente discorso del cardinal
Altieri, col quale espresse la somma ri-
conoscenza di detta popolazione e di al-
tre città che ne risentono vantaggio, per
la gigantesca costruzione di opere tanto
mirabili e utili al commercio ed a'viag-
giatori. Rispose il Papa benignamente,
dichiarando la graziosa compiacenza del-
la comune gratitudine e del riuscinien-
todell'opera, encomiando tutti quelli che
aveano preso parte al grandioso lavoro.
Poscia s'inoltrò sul ponte, e giunto nella
piazza dell'Ariccia,entrò nella chiesa col-
legiata e vi ricevè la benedizione col ss.
Sagramento da mg.1' Macioti suo elemo-
siniere. Passato poi al palazzo del prin-
cipe Chigi, fu accolto riverentemente dal-
la nobilissima famiglia, che gli offri una
colazione. Dopo di questa il Papa s'av-
•viòa visitare il 2.° e 3/ ponte che si van-
no ultimando, esprimendo la sua piena
soddisfazione. Recatosi a Castel Gandol-
fo a pranzo, indi distribuì varie grandi
medaglie, destinale a ricordare la da lui
eseguita inaugurazione del meraviglioso
ponte. Dissi altrove che Pio VII curan-
do l'isolamento del Pantheon, verso oc-
cidente fece scoprire esteriormente il pia-
no antico; e che il Papa Pio IX volendo
che se non in lutto.almeno in buona par-
S T R
fé rimanesse isolato .sì prezioso e grandio-
sissimo avanzo dell'antica magnificenza
romana, dalla parte orientale fece com-
prare alcune case che vi stavano addos-
sate; dopo averle fatte atterrare, ordinò
pure che si scoprisse il piano antico ester-
no. Indi a' i 7 ottobre i 854 tM persoua
ne visitò i lavori, rimarcando i vantaggi
ottenuti dall'atterramento, sia al celebre
tempiOjChealla piazzatoli plauso degli a-
manli delle antiche grandezze e delle arti
belle, che sempre desiderarono l' isola-
mento di sì più bel monumento de'roma-
ni. Nell'articolo Lumi parlai del Ti 11 umilia-
zione a gaz come impropria per le chie-
se, sia pel cattivo odore e insalubri esa-
lazioni, sia per l'eccessivo splendore, sia
pe'pericoli di restare all'improvviso all'o-
scuro e delle detonazioni; e ricordai il dot-
to articolo pubblicato nel n.°24 e seg. del
Diario di Roma Ae\ 1 844> traduzione dal
francese, sulP Origine, progresso _, uso e pe-
ricoli della illuminazione a gaz, e quan-
do ebbe principio l'illuminazione nonni-
na delle strade j che in Londra cominciò
nel §4-1 4con porre gli abitanti una lanter-
na dinanzi l'ingresso di loro case, e in Pa-
rigi neh 666 con lanterne sospese a'eapi
di strada. Sul declinare del secolo XVII
Boyleed Halesin Inghilterra incomincia-
rono a dimostrare che il gaz risultante dal-
la combustione del legno e del cai boue di
terra, in vaso chiuso somministrava luce:
indi si fecero molte sperienze di solo pia-
cere nel secolo seguente, per applicare il
gazall'illuminazione notturna in vece del-
l'olio,sì privata che pubblica. Altri voglio-
no, che i primi inventori dell'illuminazio-
ne a gazfui ono il fi anceseLebou e l'inglese
Murdoch, nel declinare del secolo passato
e pri ncipio del corrente. Se ne ponno leg-
gere le notizie a p. 606 del Gioì nule dìRo-
ma deli 852.11 tedescoWinsor peli ."l'ap-
plicò all'illuminazione delle strade,tna nel
i 8oq negandosi a lui il brevetto d'inven-
zione a Londra che spettava a Murdoch,
questi preso a socio da Gregory, nel 18 i 3
regolarmente e stabilmente illuminoLou
S T R
tira a gaz idrogeno carbonato,eslrattodal
carbon fossile.D'alIorain poi si fecero sem-
pre utili modificazioni^ le principali do-
vendosi a Clegg e Loavc A Parigi i primi
esperimenti si fecero nel i 82 1; altri dico-
no che in Francia siffatta illuminazione
s'incominciò ad applicare nel 1 8 1 4, ed in
Napoli nel 1 84«. Ora Londra è illumina-
ta da 36, 000 becchi di gaz. A p. 974 del
Giornale di Roma del 18 53 si diceche
il gaz tratto dall'olio per l'illuminazio-
ne, stava per soppiantare quello ricava-
to dal legno. Invece del carbon fòssile
può servire la torba o gaz della torba pu-
rificato con un apparecchio: la (orba è la
terra combustibile risultante dalla de-
composizione delle piante nell'acqua, ed
è facile a trovarsi ne'luoghi stati già pa-
ludosi. Si trovò poi il modo di rimuove-
re i pericoli derivati dall'illuminazione a
gaz; e quello d'illuminare con nuovo gaz
estratto dall'acqua, come nel palazzo de-
gl'Invalidi a Parigi nell'agosto i854. Nel
vol.LVIII, p. 1 4-4-> riportai, come ne'pri-
1111 del 1846 e regnando Gregorio XVI,
s'introdusse inRoma l'illuminazione a gaz
in qualche edilizio;che nel 1847 si andava
a erigere unostabilimento di gaz, e che la
municipalità diRoma nel i852avea deter-
minato e concluso con una società anglo-
romana, diretta dal valente Stephered,
l'illuminazione della città a gaz. Quindi
presso s. Maria de' Cerchi si fabbricò lo
stabilimento per servire di fornelli distil-
latori del carbon fossile per formare il gaz
luce, pel depura torio o lavatoi, e per il
gazometro; e si forni di tutti i necessari
arnesi, apparecchi, gazometri, e di tubi di
conduttore perle strade. Trovo nel n.°i.°
del Giornale di Roma del 1 854, c'ie ne'"
la sera deli. "gennaio, a un tratto alle ore
7 cominciarono ad essere illuminate a gaz
le vie Papale, inclusivamente alla piazza
di s.Pietro, del Corso, e dal Campidoglio
alle piazze del Gesù e di Venezia. La lu-
ce che ne usci dal becco d'ogni lampione
fu sì viva e chiara, che interamente eclis-
sò quella che maudauo i lampioni a olio
SIR i4g
adoperati finora. La moltitudine d'ogni
condizione accorse a godere sì bel lo e gra-
to spettacolo. Nella sera poi del 0 di det-
to mese ebbe luogo la regolare illumina-
zione a gaz, non solo nelle ricordate vie,
ma ancora nelle altre, nelle quali furono
collocati gli appositi lampioni postisi! al-
ti candelabri di ferro fuso, eleganti, ver-
niciati d'un verde scuro e colle sigle del
senato e popolo romano. A p. 1 1 (> di detto
giornale si riporta un dotto articolo sul-
l' Illuminazione a gar^edegli antichi mo-
di usati per la luce artificiale nella not-
te, e suoi successivi progressi. Leggo nel
citato Album, p. 337, che la sera deli."
gennaio 1 854 'a fulgida luce del gaz illu-
minante , che può meritamente riguar-
darsi come una delle piìi belle applicazio-
ni della chimica agli usi domestici, ralle-
grò alcune strade di Roma. Allorché la
vivacità di questa splendida luce si ver-
serà nella pienezza di sua potenza sui
grandiosi palazzi romani esni monumeu-
li sublimi della grandezza romana, ma-
g;co e nuovo ne sarà veramente l'elfetlo.
Ivi è pure un erudito articolo sul gaz e
sue scoperte, col disegno del condensato-
re, celebrandosi quell'italiani che pe'pri-
mi fecero la scoperta della combustibili-
tà del gaz, quindi quegli stranieri che ne
fecero l'esperienza e l'applicazione all'e-
conomia domestica. Londra per lai/ si
\ide illuminala nella notte a gaz, nel 1 8 18
s'introdusse in Francia, fu adottalo dal-
l'America, esidilfuse nelle principali cit-
tà d'Europa. Così Roma, la città più in-
signe del mondo, anche pe' suoi monu-
menti antichi emoderni, ha ricevuto que-
st'altro lustro della moderna scienza. Già
molli calle, fondachi e stabilimenti ne a-
doltarono 1' illuminazione; laonde ben
presto propagandosi per tutta la città, po-
trà gareggiare colle altrecapitali nella me-
ravigliosa illuminazione.Attesta il n.°233
del Giornale di Roma del 18 54, che la
sera de' 12 ottobre il Papa vide per la
prima volta illuminato a gaz il cortile
delle loggie di Raffaele e le scale del pa-
i5o ST R
lazzo Vaticano. Abbiamo ih Beinoceli!,
Meccanica pratica, t dell' illuminazione
a gaz, Livorno i8jo. La magistratura
romana nell'api ile iSj4> l)er gl'incon-
venienti che frequentemente accadeva-
no nella via del Corso, per l'abusivo tran-
sito di cani e delle bestie da soma, rin-
novò con penale il divieto a chiunque di
transitare lungo il Corso, dalla Piazza del
PopoloallaRipresa de'barberi dal mezzo-
dì a un'ora di notte, cou cani, carretti,
barrozze, trascini, carrettoni e altri simi-
li legni, non che con bestie da soma ca-
riche o scariche, vacche, capre e altri si-
mili animali. Prima di parlare dell'intro-
duzione nello stato pontificio delle stra-
de ferrate, e de' telegrafi, pe' quali colla
velocità del fulmine parlasi colle capita-
li e altri luoghi , conviene che io faccia
precedere un cenno sull'origine e pro-
gresso de'medesimi presso gli altri popo-
li; nozioni indispensabili a questo artico-
lo generico di Strada e Strade di Roma,
premesse alcune parole sulle strade an-
teriori dell'altre nazioni, in seguito del-
l'indicato in principio.
Assuefatti a scorrere una distanza di
Jcuue miglia o leghe nello spazio d'un'
ora, sopra strade solide e ben pavimen-
tate, non si può formare un'idea esatta
di tutti gl'incomodi e disagi, che i nostri
antenati doveano soffrire allorché si po-
nevano in viaggio. Erano tal volta costret-
ti a trovare la loro strada, come avviene
in Turchia e altrove, a traverso terreni
incolti e sentieri fangosi, a passare i fiu-
mi a guado, a fermarsi sovente, ed anche
per molli giorni, allorché i fiumi erano
gonfi o straripati. Essi beu di rado per-
correvano più d' una lega nello spazio
d'un'ora, e il timore di cadere in qual-
ehe pantano, o di essere anche sorpresi
e annegali da un'improvvisa inondazio-
ne, li preoccupava di continuo. Quanto
alle misure itir.erariedelle strade, nel Di-
zionario della lingua italiana, e in quel-
lo Enciclopedico di Razzarmi, si definisce
il r/nglio: lunghezza presso a poco di 3ooo
s x a
de' u ostri passi, ma ve ne sono di molte
altre lunghezze, secondo i luoghi e secon-
do i tempi; la lega poi è una specie di
misura itineraria, e valecircadue miglia
e mezza italiane. Nel Nuovo Dizionario
geografico universale, Venezia 18-26, si
legge nel Breve vocabolario geografico
che Io precede, all' articolo Miglia, mi-
sure itinerarie, Leghe, qualificate misure
in lunghezza, di cui si servouo sotto no-
mi diversi le nazioni, tutte per esprime-
re la distanza da un luogo all'altro. A ta-
le effetto si produce un quadro di confron-
to, sì della geografia antica ragguagliato
a metri e lese, che della geografia moder-
na, colle diverse nomenclature delle me-
desime misure itinerarie. Le strade si mi-
gliorarono a grado a grado, le comuni-
cazioni divennero pili facili e più como-
de, e ben presto la bestia da soma fu at-
taccalaalle vetture, equindi prima i car-
ri eie lettighe, poi le carrozze, le diligen-
ze e le sedie di posta sotterrarono nell'u-
so ai cavalli da sella, che da tempo ira-
memorabile erano al servizio de' viaggia-
tori anche in Italia. Difficile però sarebbe
l'assegnare ne' diversi paesi l'epoche di
que'graduati miglioramenti. A'romani è
dovuta la gloria di aver portato al più
alto grado di perfezione le pubbliche vie,
massime militari e consolari, e di avere
con questo mezzo stabilite facili comu-
nicazioni tra le diverse parti de'loro im-
mensi e lontani dominii, tanto ne' lem-
pi di loro repubblica, quanto del vasto
impero, e di cui tuttora si conservano e
ammirano le traccie, ed anche ragguar-
devoli avanzi. Partendo l'ampia rete dal
centro di Roma, furono trascurate, altri-
menti sarebbe bastato per conservarle il
mantenerle con cura, riattandole ove il
bisogno lo richiedeva. Fermala ventura,
in Italia furono più lungamente trascu-
rate le strade, e questo pare che derivasse
dalla divisione della penisola in vari sla-
ti, dopo lo scioglimento dell'impero d'oc-
cideute, e vieppiù nel Medio Evo (F.), e
successive diverse forme di reggimento,
S T R S T R. i $ i
Alciitii slati nondimeno vi posero alien- violènti diversi calle variazioni del lei -
zione lauto alla formazione, quanto al reno, e alla possibilità di procurarsi co-
mantenimento delle pubbliclie strade, slantementel'acqua necessaria. Tutlisau-
.-ebbene altri del tutto le trascurarono, no die le ruote lasciano profonde e per-
finche sorse un'epoca a noi contempora- manenti impressioni o solcbi sulleslrade;
nea, in cui per una specie d'emulazione tali impressioni diconsi rotaie. Per evita-
timi i governi lodevolmente si dierono re questo inconveniente gli antichi avea-
a riformare e mantenere le vie, e prin- no in uso di costruire le parti delle loro
cipalmeate quelle nominate militari, pub- strade esposte ad essere solcate dalle ruote
bliche o maestre, che maggiormente ser- cou massi di pietra durissima, e quest'i!-
vono al passaggio de' viaggi a tori e a'tra- so osservasi ancora in molte città d'Italia
sporti delle derrate, come quelle che fi- e specialmente in Milano. Al cominciare
cilitano le comunicazioni e agevolano il del secolo XVII venne in Inghilterra l'i-
commercio, e scino il perno d'uno stato dea di sostituire de'grossi tavoloni a'sel-
ilorido. La Francia celebra Carlo Magno, ciati di pietra molto costosi, per facilità-
che ordinò qualche lavoro sulle vie pub- re il trasporto del carbone con carri ti-
bliche; Luigi VI, che neh i 3 1 fece alai- rati da cavalli. In seguito, per rendere più
ne delle principali strade di Parigi, come consistenti questi tavoloni, si coprirono di
s. Antonio e s. Denis; Luigi VII, che nel liste di ferro; finalmente neliyf)- il fer-
l i 4 i fece costruire la piazza dell'Hotel- io fu interamente sostituito al legno. Da
de Ville, la piìi antica delle 77 di Pari- quest'epoca cominciano ìe strade di ferro
gi; Filippo II Augusto, che nel 118^ fece propriamente dette. Queste strade distiu-
pavimeulare Parigi e nominò alcuni ofiì- guonsi , in ragione della materia di cui
ciali incaricali a presiedere allestradejEn- sono costruite, in il uè specie; strade di fèr-
ricolV, che istituii! grande ispettore delle ro fuso, e si rade di terrò fabbricato e mar-
strade, in favoredel celebre Sully, grand- Iellato. Il modico prezzodella fusione del-
voyer; dopo varie vicende pervenne il go- le lastre e la loro inflessibilità fecero fino
verno a rendere le principali strade del ali8o5 preferire le prime di tali strade,
regno abbastanza spaziose, piacevoli, co- ma in questa stessa epoca si osservò, che
mode e sicure. Ma l'Inghilterra da lun- se per una parte erano inflessibili, roitt-
go tempo si gloria dell'introduzione del- pevansi dall'altra con molta facilità, e che
le strade ferrale, le quali presentano vau-' la parte interna delle lastre era men du«
taggi anche in confronto de'canali di na- ra e compatta della superficie; dimodo-
vigazione, che suppliscono alle strade. Il che consumala questa, la lastra fusa non
freddo può impedire totalmente il tra- era piò servibile, la superficie ne di veui»
sporto delle derrate e mercanzie per ac- va scabrosa, malgrado degli sforzi per pu-
<|ua, e la siccità appena permette il tran- lirla.Si riconobbe pure che l'uso di tali
sito d'una porzione de'carichi. Invece le lastre fuse non era il più eeouom-ico, per-
stradecolle rotaie di ferro, non sonoespo- che le liste di ferro non fuso non hanno
staaque'duegravi iuconvenienti,ed allor- bisogno d'avere lo stesso peso delle lastre
che è caduta una quantità di neve, è as- di ferro fuso per resistere egualmente,
sai facile di sbarazzare le rotaie con una Tutte queste considerazioni fecero sosti-
raspa, collocata sul davanti di siffatta vet- tuire indettoanno il ferro lavorato al fer-
tura. Altro vantaggio di queste strade è ro fuso, e dipoi fu per universale conscn-
quello di poter essere aperte ed eseguile so preferito. Coulemporaneamente al le-
in tutte le direzioni, e secondo che i biso- gno si sostituì l'opera muraria: uoudime-
gui del traffico lo richiedono, mentre l'a- no strade con guide di legno di receute si
pertura d'un canale è subordinata a'mo- formarono per gli omnibus 0 grandi vet-
1 5 2 S T R STR
turo ;i Parigi, e furono destinate pe'luo- ze delle rote sono incavalo a gui^n ili gi-
alli che sono a qualche distanza dalle l'elle, e qui come nella 2." specie le ruote
glandi linee delle ferrovie. Qualche anno sono sempre incassate nelle rotaie, e non
dopo s'incominciò a tentare di supplire al- n'escono giammai. Le strade di ferro co-
la forza de'cavalli con quella del vapore, slmile a questo modo sono ora comune-
e do pò molle esperienze si riuscì nel 182 1. mente adottale, offrendo i maggiori van-
Del vapore applicato alla navigazione, fé- tfi^gi. Una strada di ferro è ad una o due
ci parola a Marina pontifici a (della qua- vie; ogni strada è composta di rotaie. I
le riparlai a Soldato). Non vi èchi non carri destinati a percorrere le strade di
sappia, o revochi iu dubhio gì' immensi ferro appellansi con vocabolo inglese iva-
vantaggi, che il commercio, le arti, l'in- gons o vagoni, e nou debbono per alcun
duslria traggono dalle macchine a va pò- casousciredallerolrtie;dimodochè,sedue
re; e forse non v'ha oggetto che sia di wagons andando di senso contrario ven-
maggior importanza quanto questo fluì - gonoad incontrarsi in un medesimo puti-
do aeriforme, per le tante e sì svariate ap- to, uno di essi è obbligato di dare in die*
jilicazioniche se ne sono fatte, e che se ne tro, per far [lassare l'altro, e la regola ri-
vanno tuttodì facendo; il perchè si può là del servizio è interrotta. Quindi, vo-
ben dire ch'esso è divenuto l'anima del- tendo andare e venire in una strada di fer»
l'industria. La forza dell'acqua ridotta a 1*0 in tutte le ore del giorno, si rende ne-
vapore per l' azione del fuoco, se non è cessarlo di convenire nella destinazione
sempre un motore il più economico, rem delle due strade, assegnandone una pei
de però servigi, che la fanno riguardare carri che vanno in un senso, ed una per
come la più vantaggiosa sotto ogni rap- quelliche vengono in senso contrario. Al-
poi to.Sipuòcrearedovimquesianvicom- trimenti gl'incontri producono terribili,
bustibili e acque, ed aumentarne a pia- disastrose e fatali conseguenze. Questo
cere la sua intensità. Sotto il rapporto del* mezzo comechè molto dispendioso, si a-
la forma, le strade di ferro si ponno di- dottò sopra alcune slrade d' importanza
viderein 3 specie. Le prime sono forma- secondariauiilerminemedio;checonsiste
te di semplici liste piatte poste sul suolo a non dare che una sola viaallaruota nella
nel luogo in cui ordinariamente sono le maggior parte della sua estensione, ed a
rotaie; ed il cocchiere,quandosi adope- praticare delle doppie vie di disianza io
lavano i cavalli, poteva a suo piacere far distanza: queste parti adoppia via prese-
passa reo no le rote del carro sopra o fuo- ro il nome di crociere, perchè sono le so-
li delle medesime. Nella 2.a specie s'im- le sulle quali i wagons, che vanno in sen-
piegano, invece di liste piatte, liste inca- so contrario ponno crociarsi. I motori che
vale, che presentano l'aspetto delle rota- servono a strascinare i wagons sulle stra-
le ordinarie e comuni. Queste strade non de di ferro, sono di 3 specie: talora si fe-
ponno essere percorse che da vetture a censo di cavalli, diesi altaccavanoa'car-
via slabile e costante: le ruote s'incastrano ri come si suole comunemente agli aldi
«ella rotaia, e non n'escono mai. Queslo legni; indi si fece uso di carri a vapore,che
sistema è ora impiegalo meno del primo, si muovono da per se stessi, e traggono
E fàcile a capire che le rotaie sono per- dietro di se i wagons, a'quali carri mo-
inanentemente riempite di fango, e che tori si dù il nome di macchine locomoti-
in tal modo lo scopo principale delle stia- Ve; talora finalmente si dispongono sulla
de di ferro, che sta nel fare scorrere un strada a distanze diverse delle macchine
legno sopra rolaie dure e nelle, viene a a vapore fìsse, che traggono a se i carri
mancare del tutto. Alla 3.aspecie appai- col mezzo d'una fune. Dopo l'applicazio-
ttugouo le rotaie rilevate: Iccircoufcren- ne della forza motrice dell'acqua a vapo-
STll STB i53
re invece di quella de'cavalli, la costru- no montare a tanto alto prezzo le costru-
zione delle strade ferratesi diffuse in mei- zioni delle medesime. Al contrario è (al-
te regioni, e se ne fecero in gran nume- volta utile il dare alle diverse parli d'u-
ro non solo nell'Inghilterra, ma eziandio na strada di ferro alcune pendenze dise-
negli Slati -Uniti d' Americane' Paesi l)as- guali, quando la disposizione del terreno
si,nel Belgio, in Francia, in Germania, in non si oppongaassolutamentead ùnapeo-
Russia, in Italia e altrove. La inclinazione denza regolare. Quelle parti di strade che
che si dà alle strade di l'erro può essere hanno pendenze fortissime portano il no-
rnaggioreo minore, secondo la qualità del me speciale di piani inclinati. General»
motore che s'impiega, ed è moltissima se mente i wagous pei corrono tali traili di
s'impiegano macchine a vapore fisse; si strada col mezzo d'una macchina moiri-
può anzi dire, che in questo caso non vi ce a vapore fissa, e situata alla sommità
sono limili da prefiggere. Deve al con- del piano, chele rimorchia col mezzo d'u-
trario es6ere pochissima, se si fa uso di na corda rotolata sopra un tamburo. La
macchiue locomotive, non potendo ecce- macchina serve non solamente a slrasci-
tlere 5 millimetri per metro. Quando si naie i ivagons ascendenti, ma ancora a
facesse usodi cavalli, puòsenzatemad'in- trattenere i carri stessi discendenti, i qua-
convenieuli andare lino ad uncentiine- li senza questo soccorso giungerebbero io
ti o e mezzo. Interessa anche moltissimo fmdo del piano inclinato con una ra pi-
che una strada di ferro non faccia trop- dita tale che li farebbe inevitabilmente
pò grandi circuiti, e quando si è obbliga- rompere. Questo macchinismo non tar-
li di feria voltare, dee ciò farsi con cur- dò a perfezionarsi. Accade frequenlenjen-
ve molto dolci, dimodoché i cambiamen- te, che una strada di ferro deve superare
ti di direzione sieno quanto meno si può un'eminenza troppo considerevole, per-
istautanei. Le spese di costruzione d'una che riesca di appianarla. In tal caso viso-
strada di ferro dividonsi in due parti: u- no due mezzi, o di vincere quell'eminen-
n a si compone del prezzo del ferro, del- za con un piano inclinato, da cui quindi
la sua lavorazione e degl'inservienti; l'ai- si discende allo stesso modo, ovvero con
tra spesa comprende quelle di atterra- una galleria sotterranea si traversa Trini-
mento, de'lavori d'arte, massime d'altis- nenza da parte a parte. Il 2.0 mezzo è iu-
simi archi e ponti per unire in retta li- finitamente più dispendioso del i.°, ma
nea le strade, superando colla congiun- permette però d'effettuare i trasporti con
zione di parti dispaiate le gole e le valli una spesa ben minore; quindi sulle stra-
profonde che interrompono la via; non de di movimento viene spesso preferito
che le spese degli acquisti di terreno nei questo mezzo stesso. Nel voi. XXXIX, p.
tondi privati ove transitano le ferrovie, e 1 ^3, descrissi il sotterraneo ardito e por-
quelle di direzione. Le migliori macchi- lenloso passaggio, operato sotto il fiume
ne locomotive che si conoscoiiOjSono quel- Tamigi in Londra col famoso Tu ti uel,con
le inglesi, americane, belgiche, francesi e due gallerie, una per quelli ehe vengono,
tedesche. Le spese di trasporto variano in l'altra per quelli che tornano, e fu aper-
limiti molto estesi, secondo la maniera con lo nel 1 8 4 3 . Ivi parlai ancora delle stra-
cui una strada è costruita. Con opportu- de sotterranee degli antichi attraverso i
ni sistemi s' introdussero le strade di fer- grandi fiumi, come di Semiramide e d'E-
ro anche sopra vie irregolari. Sulle stia- gitto, ricordando pure il duplice e gran-
de di ferro si evitano quanto si può le iu- dioso traforo del monte Catilto di Tivoli
clinazioni e lesalite, poiché le spese enor- (F.) fitto eseguire da Gregorio XVI e
ini che si fanno per appiauare il suolo, compitoneli835.Inlnghillerra,doveTin-
sono una delle principali cause che fau dust.iu ha uno sviluppo veramente wc-
1 54 S T R STR
raviglioso, nel 18 53 si pensava tli fare del- nella baia di Nuova York, in poco più di
le strade di ferro sotterranee, onde non un'ora percorse 1 4 miglia. Il consumo del
essere nella necessità di atterrare fabbri- combustibile durante questo sperimento
cali. Nel settembre si pubblicò un nuovo fu appena ut; io.0 (altri dicono un io.0,
atto relativo ad una di queste vie da co- altri un 5.°) di quello che si calcola per
sti iiirsim 5 anni, nel quartiere nord -ovest una macchina a vapore di forza cquiva-
di Londra a Battle Bridge da terminare lente: sicché la velocità e l'economia ot-
;i Olborn: l'atto contiene anche la tatilfj tenute col nuovo sistema sorpassano le
del pedaggio e ogni altro dettaglio r'ela- speranze e le promessedell'autore. La de-
tivo a questa strada sì straordinaria, ed scrizione del battello, quella della mac-
a garanzia furono depositale 22, 5oo lire china di questo nuovo motore (che for-
sterline. Intanto Talbot inventò una mio- se potrà applicarsi alle ferrovie, rimpiaz-
^a macchina per scavare i lunnels o tra- zando l'aria calda il vapore), quella de-
fori eli strade sotterranee, e nel declinar gli esperimenti la pubblicarono i giorna-
del i 853 fu esperimentata in America col li; ma la Civiltà cattolica avendo raccol-
migliore successo. E' ormai provato che le to il più probabile intorno a questa inv
i uccie più dure, le pietre primitive, non portantissima scoperta, di tutto fece una
potino resistere a questa macchinala qua- ragionata descrizione nella 2." serie, Li,
le col mezzo del vapore in soie due ore p. 5go. Adunque l'aria riscaldata è il mu-
si avanza di 3 |)iedi, facendo uno scavo del tore di Ericsson. Nelle macchine a vapo-
diametrodi i 7 piedi. La combinazione de- re la perdita di calore necessaria per tra-
gli strumenti da taglio, il loro giuoco e il sformare il liquido in fluido aeriforme è
modo con cui vengono esportati i fran- grandissima, e il vapore nel condensarsi
lumi, sono cosa veramente mera Tigliosa, o perdersi nell'atmosfera rende poco o
Quattro uomini bastano permettere in nulla di quel calore che assorbì abbondati-
movimento la macchina, la qnalepnò la- temente. Coll'aria non è così: essa non si
\ orare giorno e notte senz'alcun'.iltra in- trasforma, tutto il calore che assorbe au-
lei ruzione di quella necessaria ad afìi'a- menta la sua elasticità, e con opportuno
redi tempo in tempo gli strumenti da ta- congegno si può usufruttuarequel calori -
gl'io. Il tutto è in ferro, del peso di j5 co cheabbandona nel raffreddarsi. In que-
lonnellate, senza tener calcolo della mac- sto modo il calore primo opera per cosi
china a vapore e della caldaia. Vi souo dire tutto il tempo che dura l'azione dei-
alcuni i quali opinano, che forse l'aria at- la macchina. Il metodo seguito dall'Erics-
mdsferica si può applicare con maggior son dicesi il seguente. L'aria calda nell'u-
sicurezza ed economia a muovere le mac- scire dal cilindro traversa una lunga se-
chine che ricevono impulso dal vapore; rie di tele metalliche finissime. I fisici san-
comeda molto tempo si sapeva che il gaz no essere proprietà di questi tessuti il ra-
alla più alta temperatura, traversando le pire all'aria calda una grandissima quan-
lele melali iche,ques te si spogliavano del- titàdelsuo calorico a profitto loro. Qùan-
la più gran partedel loro calorico, hitan- do è giunto il momento che le tele sou
to nel i852 il capitano svedese Ericsson, troppo calde, per un movimento impres-
ingegnere di molto grido , costruì una so dalla macchina stessa, nuovi tessuti sot-
macchina di piccolo volume, che chiamò leutrano a'primi, e questi vanno a met-
Calorijica, la quale con nuovo sistema tersi sul passaggio dell'aria fredda che sta
la collocò nel battello che porta il suo no- per entrare nella macchina, la riscalda-
rne, che viene mosso dall'aria riscaldala no e ritornano alla temperatura di pri-
in luogo di vapore. Cou questo battello ma. Con questo perpetuo avvicendarsi
o nave calòrica nel gennaio i85a Ericsson de' tessuti una gran parte del calore, che
ST R
ha già servito a muovere gli stantuffi, ri-
torna ad operare coll'aria chesi rinnovel-
Ja. Si conclude, che i vantaggi di questo
nuovo sistemarono comodità, sicurezza,
economia grandissima. La quantità di
combustibile che vi si consuma, essendo
tenue assai, se ne potrà caricare agevol-
mente a sufficienza pe'viaggi anche lun-
ghissimi, senza che sia bisogno d'arrestar-
si per rifornirsene: e con ciò è vinta una
delle più gravi difficoltà che si opponeva-
no al viaggio de'piroscafi, dall'America
all'Asia traversando il mare Pacifico. I n.'
35, i i4 e 208 del Giornale :d 'i Roma del
1 853, fecero la descrizione della macchi-
na calorica d'Ericsson e degli esperimen-
ti falli dal suo inventore; il n.° 1 l5 del
1 854 dice ch'era perito il naviglio calori-
co d'Ericsson per la gran violenza d'un
\cnto impetuoso. Iuoitre il capilanuEi ics-
son si vuole che sia stato ili.°a munire
d'elice i piroscafi, celebrato meraviglioso
istrumento, massime per l'accrescimento
di poteuza che dà all'azione del limone.
L'applicazione dell'elìce alla navigazione,
è chiamata a produrre una completa ri-
voluzionenella marina militarecome nel-
la commerciale. Dall'esperienze fitte, an-
che con vascelli da guerra a 3 ponti, svi-
luppando l'elice una forza di azione che
si può credere qua si indefinita, coujstraor-
d inaria facili tà per qualunque grande ha-
stimentod'ogni dimensione, e perfetta ub-
bidienza al loro timone agevole a maneg-
giarsi, in Inghilterra surse l'idea di co-
struire vascelli di liuea lunghi 5oo pie-
di, da 8ai 0,000 tonnellate, con 2 a 3ooo
uomini d'equipaggio, e 200 a 200 can-
noni del maggior calibro! Se si effettua
quest'idea, non sarà più. esagerazione il
due che un vascello di linea è un'ondeg-
giante fortezza, una cittadella mobile, e
capace colla sua provvista di combusti-
bile,di percorrere spazi di 800 a 1000 mi-
glia colla velocità di 1 o a 1 2 miglia all'o-
ra. La macchina a vapore ha contribui-
to a consolidare la potenza della marina
inglest'j tanto, mercantile che da guerra;
SIR 1 55
e l'elice aumenta sempre più una furia
così formidabile, tanto ad essa che alla
Francia e alle altre potenze che l'hanno
adottalo. Quando i vascelli non poteva-
no muoversi se non coll'aiuto delle vele,
dipendevano interamente dal capriccio
de venti. Era impossibile di far ciòclie si
voleva coll'enorme massa che rappresen-
ta un vascello a 3 ponti. Non si poteva
collocarlo se non rare volte alla distanza
e al luogo conveniente per esperimenta •
re il pieno effetto della sua artiglieria, ed
era difficile di lanciare successivamente le
bordate colle due fiancate nello stesso
punto e con tutta la desiderabile celeri-
tà. Col mezzo dell'elice tutte le difficoltà
svanirono, si colloca a puntinoovesi vuo-
le, si muove facilmente in lutti i sensi, e
ne più piccoli spazi, Per sì meravigliosa
invenzione l'effetto dell'artiglieria è dop-
pio: di questa potenza d'azione non si ave 1
prima affatto idea nella guerra. Nel n.°
2 1 Gdel Giornale di Roma del 1 854, si di-
ce ormai risoluto l'importante problema
che la navigazione a vapore possa riceve-
re tale perfezionamento, da risparmiare
3/ ì del litantrace o bitume necessario a
produrle una data forza di locomozione;
descrivendosi gli esperimenti eseguiti con
un piroscafo misto, cioè a vela e a vapo-
re, spiuto dalla potenza di due vapori ,
quello di acqua e quello di etere, secondo
il principio dell'inventore Tremblay. Se
per incidenza e per l'analogia della forza
potentissima del vapore che impiegasi nel-
le ferrovie, passai a far cenno degli ulti-
mi mirabili trovati onde percorre van-
taggiosamente le strade acquee, che sono
i llutti, superandone le difficoltà, ritorno
ora alle strade ferrate e loro immensi in-
crementi.
Nel i85i la più lunga strada ferrata
del mondo era quella di Erie in Ame-
rica, lunga 4^7 miglia inglesi e costruita
da una società privata; dopo di essa veni-
va la strada da Pietroburgo a Mosca; lun-
ga 420 miglia inglesi: indi il governo di
/bietta intrapresela costruzione della lei-
156 STR
io via da Varsavia a Pietroburgo, con una
estensione di 700 eli dette miglia. In A-
inerica la 1 ' strada ferrata fu costruita nel
1827 nel Massachusels,ed in menu d'un
4- di secolo prese uno slancio straordina-
rio. Neli85s in Inghilterra graudi furo-
no i progressi e l'aumento di celerità sul-
le strade ferrate, specialmente sul Nortli
Western Railway, che vinceva tutte le al-
tre iu fatto di velocità pel perfezionamen-
to della locomozione, pel sistema adotta-
to dal suo ingegnere Nac-Connell. In due
ore percorreva 182 chilometri, fra Bir-
mingham e Li ver pool, ed in tre ore e mez-
zo la distanza da Londra a Liverpool e
Manchester, di 536 chilometri; laon-
de i grandi centri manifatturieri e com-
merciali dell'Inghilterra, divennero di-
stanti dalla metropoli di alcune ore. I con-
vogli pel Nord Western percorrevano 92
chilometri per ora. Se questo sistema di
locomozione fosse applicalo alla ferrovia
tra Genova e Torino, la cui distanza è
1 65 chilometri, potrebhe essere percor-
sa in un'ora e 3 quarti. Le strade ferrate
occupano oggidì un posto così impor-
tante nell'economia commerciale e indu-
striale delle nazioni, che la loro statisti-
ca, a misura che si sviluppano osi com-
pletano queste mirabili vie di trasporlo,
prende un interesse vieppiù considerala*
le. Per questo punto di vista ritengo con-
veniente di dare alcun cenno di qualche
statistica sulle medesime. In un' opera
pubblicata nel 1 85o a Londra ,sj legge che
nel precedente anno erano in attività in
varie parti del globo, 1 8,656 miglia di
strade ferrate, per le quali eransi spesi
368,567,000 sterlini. .Si valuta che alla
inedesimaepoca si costruivano altre782C)
miglia di ferrovie, le quali terminate sa-
rebbero costate 1 46,566,ooo sterlini. Si
aggiunge, che poste in attività queste ul-
time linee, la popolazione europea equel-
la degli Stati-Uniti avranno fatto in me-
no di 25 anni, 26,485 miglia di strade di
ferro, vale a dire una maggior lunghez-
za di quella che ci vorrebbe a cingere tut-
S T R
to il globo, -e ciò al prezzo di 5oo milio-
ni di sterlini. Dicesi ancora: per compie-
re quest'opera meravigliosa , l'industria
umana avrà consagrato sopra i suoi an-
nui risparmi 20 milioni per 2 5 anni suc-
cessi vi. In una statistica delle ferrovie prus-
siane, trovo che Berlino è il centro comu-
ne e il punto di partenza della gran relè
delle strade ferrate deinorddai .'lega Ber-
lino con Amburgo, la 2." coll'Annover e
Dusseldorf, la 3.° con Hallee Cassel, e per
un tronco con Lipsia, la 4-n s' dirige all'al-
ta Slesia con uu tronco sopra Cracovia,
lao.a segue a settentrione il corso dell'O-
der sino a Stettino, le altre due linee van-
no una aStrelilz e l'altra a Brouchergnel
ducato di Posen. La lunghezza comples-
siva delle ferrovie in esercizio sul territo-
rio prussiano, era alla line del 1 8 ~o di
2915 chilometri circa, come in Francia.
Nel Giornale di Roma del i85i,a p. 47°
si riporta la statistica e i progressi delle
ferrovie negli stati tedeschi de'4 anni pre-
cedenti al i85i. Alla line del i85o sui
1 3,677 chilometri di ferrovie progettate
per tutta Germania, più di 85a5 chilo-
metri erano in esercizio e 1 1 26 in via di
costruzione. In questecifresi comprendo*
no,oltre le ferrovie degli stati strettamen-
te delti Germanici, quelle d'Olanda, di
Da ni marca ,de'duca ti e del le provincie au-
striache estranee alla confederazione ger-
manica. In Prussia lo stato evitò sempre
ili prendere parte diretta, sì alla costru-
zione che all'esercizio delle ferrovie, ben-
sì incoraggiò le compagnie e aiutò in più
modi i privati. L'economia delle ferrovie
tedesche provieue soprattutto dal loro
stabilimento; esecondo le condizioni eco-
nomiche delle medesime, il costo è com-
parativamente meno elevato in Germa-
nia che nelle altre parti d'Europa. Le vet-
ture destinate al servizio de'viaggialori e
delle merci sono in Germania varialissi-
nie. Quelle destinate a'viaggiatori somi-
gliano alle vetture delle ferrovie francesi
e inglesi, e qualche volta a' vagoni usati
iu America. Queste vetture da 25 a 35
S TR STR i 57
pìocli ili lunghezza, ponno contenere da 70 late. Nella meravigliosa Esposizione uni-
ai 20 viaggiatori. 1 vagoni delle merci, in versale di Londra deli 85 t nel palazzo ili
genere d'una costruzione leggiera, ponno cristallo, o fiera mondiale incili furono
trasportare circa 1 2 tonnellate, llservizio raccolte le meraviglie dell'altee dell'in-
de'viaggiatori si fa pure per mezzo di vet- gegno umano, alcuni eminenti ingegneri
turea6 ruote, divise in 6 compartimenti; esaminati i diversi sistemi di freni per le
ogni compartimento di 1 .'classe può con- ferrovie, onde fermare i convogli esposti
tenere 8 viaggiatori, e quello di 2.Jclas- a disastrose disgrazie in piena corsa, la
sei o viaggiatori. Inoltre osserverò, che la loro attenzione fu ri volta special meri te su-
Prussia alla fìnedeli852 avea 23 ferro- gli eccellenti ordigni inventalida Lee, do-
\ie in attivila, la cui lunghezza era di 32 5 poi deplorabili sinistri accaduti sulle fer-
niiglia: in tale anno n'erano slate messe roviedi Caledonia e del Nord. Nel n." 74
in attività 5. Sotto il titolo di Economia del Giornale di fioi/iai\e\ 1 852 vi è lasta -
delle strade ferrate, Deli 85 1 ild.rLard- listica delle strade ferrate degli Stati-U-
ner pubblicò un libro che contiene una niti dell'America settentrionale, lodando-
massa di notizie interessantissime. Vi è u- si il popolo tanto attivo ed energico che
uà statistica annuale delle differenti coni- l'abita, il quale tosto comprese i grandi
pagnie delle ferrovie, e degli accidenti si- vantaggi che presentavano le strade lèr-
nistri occorsi nelle medesime,av vertendo- rate, pel sollecito e facile trasporto de'pas-
si ebe colui che percorre io miglia, non seggieiie merci, in un paese ancora scar-
è esposto all'evenienze di quello che ne samente popolato, ma fornito d'immense
viaggia 5oo;di conseguenza, il numero de- risorse pel suo sviluppo; egli è perciò che
gl'infortuni i dev'essere calcolato compa- gli americani si diedero con tutto l'im-
rati vilmente alle distanze percorse. Quin- pulso del massimo interesse alla cosini -
di registra e specifica: accidenti avvenuti zinne delle ferrovie, favoriti dalla natu-
per l'incontro di due treni 56; per roltu- ra fisica del suolo e da altre circostanze
ra di qualche asse o rota 1 8; mancanze al- straordinarie. Il terreno in generale costa
le rotaie 1 4; inciampi fortuiti sopra stia- poco o nulla, il legname da fabbrica si può
de 3; detti a mezzo del passaggio di ani- uvere quasi ovunque a bassissimo prez-
mali sulla ferrovia 3; esplosione deliaca!- zo, e la costruzione delle vie ferrate (ro-
dala 1; diversi 5. Di più narra, che nel vò assai dirado gravi difficoltà nella con-
1849 la lunghezza totale delle ferrovie in- formazione del suolo. In principio dell'in-
glesi era di 25oo miglia; alla metà del troduzione si costruì va no per maggior sol-
1 85o, miglia 63oo. Dal 3o giugno 1 848 lecitudine le rotaie di legno, bardate con
sino alla stessa data del 1849, in cui fu- lame di ferro,sulle quali correvano le 10-
rono aperte al commercio sociale 5ooo te de' carri e delle locomotive, poiché gli
leghe di ferrate, il servizio fu preslato americani ebbero in mira di spingere le
da 1965 locomotive, le quali percorse- ferrovie a grandi distanze per mettere in
ro complessivamente durante tal periodo comunicazione possibilmente un maggior
32,388,589 miglia, per conseguenza cir- numero degli estesi loro territori!. Nella
ca giornalmente 88,736 miglia. Il consu- medesima statistica vi è il prospetto che
mo unito del carbon fossile in quell'epo- indica in ogni anno, dal 1827 al 1 85 1, il
ca ammontò a 35 fonti per miglio, cioè successivo progresso dell'annua cosini-
596,073 tonnellateannuea 1,012,142,000 zionenellemigliaapei te in ogni stato del-
funli. Ma toslochè ogni 1 o tonnellate di l'Unione, e nella metà deli 85 1 si trova-
carbone danno 7 tonnellate di coks, cos'i il vano in attività d'esercizio una lunghezza
totaleconsumodelcarboneimportòpres- d'110,289 miglia, costruite colla spesa di
so a poco 3 quarti di milione di tonnel- 3 06,60 7, 9 54 dollari; quindi segue il del-
i58 STR STR
tagliodelleferrovieelorodistanze, d'ogni 22 legher/2. A Francfort sul Meno, ed
stato dell'Unione americana. Nello stesso a Lubecca 7 leghe. L'insieme di queste
Giornale del i852,n.°2g8,si riporta altra cifre dimostra che alla fine del 18 52 vi fi-
statistica delle ferroviedell'intero mondo, rano in Germania 1 432 leghe di ferrovie,
ascendendo allora la totalità delle linee e delle quali 1 1 37 iu circolazione e 2q5
costruite in esercizio sulla superficie del la in costruzione; 870 sotto l'amministrazio-
terra, in 43,4oo chilometri, ovvero leghe ne dello stato, e 362 sotto quella di so-
lo.85o. Che in sole due parti del uion- cietà particolari. Ad eccezione della via
doeransi stabilite, l'Europa e l'America, ch'è in costruzione nell'Annover, uiuu'al-
ancora non potendosi calcolare quelle in tra grande costruzione di strade ferrate
costruzione al capo di Buona Speranza e avea luogo in Germania del nord, dell 1
all'istmo di Suez. Il continente europeo quale la rete può essere come quasi ter-
ne avea per 20,42 3 chilometri, l 'a meri- minata. Non è così nella Germania del sud,
canoir),c)47-Nel i85o le ferrovie Ica noe- ove in Austria e in Baviera una grande
si erano lunghe 2970 chilometri, con cir- estensione di strade ferrate era in esecu-
cag5 milioni di franchi d'introiti per viag- zione, senza contar le linee delle quali era
gialori e mercanzie; nel 1 85 1 la lunghez- decisa l'impresa. Non è senza interesse il
za delle linee giunseroa chilometri 33o7, paragonare ora la celerità relativa del tra-
gl introiti a 107 milioni. L'aumento pio- sporto delle truppe in Francia, a confron-
gressivo e la continua attività delle ferro- todiquaudo Napoleone I voleva trasmet-
te francesi si scorge ne' movimenti delle tere più presto che fosse possibile la sua
grandi linee: nel 1 85 1 si trasportarono su armata nel Pieno, e come si pub effettua-
quella del nord 584,ooo tonnellate di re oggidì. Allora migliaia di carri veniva-
merci; nel i 8 52 tonnellate 799,000; nel no messi a disposizione d'un treno di pò-
1 8 53 la spedizione ascese a tonnellate sta. Il cammino d'un cavallo di trotto è
1,177,000. Nel principio del i852ne- din chilometri l'ora: di galoppo è di 23
gli Stati-Uniti d'America si calcolarono chilometri. In Parigi alle corse del cani -
]o,8i4 miglia di ferrovie in attività e pò di ÌVIartesi vede benespesso un caval-
lo, 8g8incostruzione:èpr.obabile che pri- lo fare una media di 48 chilometri all'o-
rna deli 860 avranno per lo meno35,ooo ra, ma (meste corse durano da io minu-
inigliadistradaferratajtantoèl'immenso tia un quarto d'ora, mentre i vagoni che
slancio che si manifesta negli americani, portano le truppe in una strada ferrata
Nel 18 53 si contavano nellostatodiNuova camminano per tutto un giorno con una
York 82 società di ferrovie e per una km- celerità di 5o chilometri l'ora. Si sono va-
ghezza di 54oo miglia. La spesa per esse dute locomotive fare in questo spazio per-
fatlafudii 1 o milioni disterlini, quella pel sinoaioo chilometri, velocità ordinaria
compimento25 milioni. Ucompletoe più de'piceioni (a Poste dissi come tali vola-
esatto ragguaglio di tutte le ferrovie le- tili trasmettevano i dispacci. Nel declinar
desche redatto neh853j sommava nelle di luglio 18 54 sei rondinelle prese dal nido
seguenti leghe tedesche, ciascuna delle loro a Parigi, furono trasportate mediati-
quali è poco più di due leghe francesi. Iu te la ferrovia a Vienna d' Austria, ove
Austria 207 in circolazione ei37 iuco- fu posto sotto il loro ventre un piccolo
stiuzione. In Prussia 507, delle quali 479 piego coniot o parole, indi furono poste
in circolazione e 28 in costruzione. In Ba- in libertà alle ore 7 174 antimeridiane.
vieta i44-NeH'Assiaelettoralei8. Nel gran- Cosa incredibile: 2 arrivarono a Parigi
ducato d'Assia 16. Nel ducato di Bruus- uu po'priuiad'uu'ora pomeridiana;uua a
wick 1 6. Nel Mecklenburgo20.Nel duca- 2 ore e 20 minuti; un'altra alle 4; le alti e
tod'Anhall 3. Ncll'Holslein eLauenburg si perderono per istrada). Col passo or-
STR STR i5c]
Binario un soldatocammina 3 chilometri fiale ila una pai le e dall'altra giungei •
l'ora, col passo di corsa 4, col passo acce- in Persia. In una statistica ed&U'Alrna-
lerato 4 chilometri e 3/4, col passo di ca- nacco delle ferrovie i\e\ t8 "3 si rileva. Che
rica 5 chilometri, il massimo 6. I soldati iu Inghilterra esistono circa 200 compa-
romani con un peso di 5o chilogrammi, gnie di ferrovie, che riuniscono fra loro il
facevano a passo di corsa 6 chilometri, cou capitale di 9 miliardi, (>q milioni, c)o6,qo<>
passo accelerato 7 chilometri 173. Il ca- fianchi, di cui più di 6 miliardi erano
vallo di passo fa 5 chilometri. Nel mare stati di già impiegati. In tal modo i capi-
tranquillo il battello a vapore percorre in talisti per trovare nell'impiego del loro
un'ora dai Da 22 chilometri. Bisogna con- denaro il semplice interesse del 5 per con-
fessare che se la celerità de' viaggi di ter- to, devono prelevare 5oo milioni circa so-
ra e di mare è accresciuta a'nostri gior- pia l'introito delle strade di ferro. Si cai-
ni in un modo straordinario, era ancora colò, che in America le ferrovie costrutte
grandissima presso gli antichi. Cesare fa- formavano insieme 34,972 chilometri; iu
ce va loomigliain un gior no. Cicerone par- llussia 3oay, di cui soltanto 1 027 in c'ir-
la d'una strada di 56 miglia percorsa in colazione. Le ferrovie si moltiplicarono
1 oore di notte con un curricolo di posta, tanto in alcuni statiche in essi ormai qua-
Tiberio andando a trovare il suo fratello si non vi sono più strade carrozzabili. Do-
Druso, che moriva in Germania, fece 200 poche esse presero uno sviluppo quasi gè-
miglia in 24 ore, al dire di Plinio. Perciò nerale, non mancai di parlarne negli sta-
die riguarda le circostanze attuali si la il ti e luoghi ove furono costruite. Da' regi-
seguente calcolo. Da Parigi a buda, ceti- stri del le ferro vie del 18 53 si ha che per es-
tro dell'Ungheria, vie una serie continua seogni giorno arrivano a Londra.200,000
di strade ferrate di circa 2000 chilome- persone. In generale essendo dispendiosi*-
tri. Ammettendoche le linee tedesche sie- siine, sia la costruzione, che la manuten-
110 anclie ben munite di materiale, come zione e il servizio, non presentano grilli-
le principali linee francesi, si potrehheo- di utili dagl'introiti. 1 disastri, i danni, le
gni giorno con più convogli farpartireda morti, le mulilazioni sono frequenti nel-
Parigi 2000 uomini, che mettessero un le lunghe, veloci e grandi strade. Per tot-
sol giorno ad andare a Buda; ciò che in to questo, pel costume e la morale, per
l5 giorni formerebbe un'armata di3o,ooo considerazioni politico-economiche, e per
uomini. In 8 010 marcie questa truppa altre gravi ragioni proprie di sua epoca,
sarebbe a Viddino sul teatro della guer- Gregorio XVI dopo aver fatto esegui re le
ra che arde in oriente e nel fianco della opportune indagini da persone pratiche e
Russia, secondo i calcoli che lessi in un coscienziose, dopo ripetuti e maturi rifles-
gioi -naie. Nel i.° trimestre del 1 853 il tota- si, persuaso che difficilmente si sarebbero
le delie rendite delle ferrovie francesi sali a potute ellettuare, e che nel caso afferma-
si ,604,900 franchi. I lavori di esse dap- tivo il risultato non sarebbe quale si spe-
pertutto erano spinti alacremente, epres- rava, non le credè vantaggiose allo stato
so Lisieux alla Houblonniere si dovea co- pontificio, sebbene come quello che non
slruire un immenso tunnel. Anche laSviz- avversava il buon progresso, stabi lì le bar-
zerasi risolvette alla costruzione delle fer- che a vapore sul Tevere e permise altre
rovie; e due linee di esse erano in istudio cose moderne che credè veramente uti-
in Turchia, la 1 ."da Costantinopoli a A- li. A volere riportare qualche cenno sui
dnanopoli, ove si dividerà in parecchi ra- soli accidenti sinistri avvenuti anterioi -
mi, la 2. andrà da Gejnlek ad Angora; mente o nel decorso anno, e pubblicati
più tardi la linea d'Europa si avanzerà si- nel Giornale di Roma del 1 853, ricor-
no a Belgrado, e quella d'Asia sino all'Eu- deiò, che a p. 3<j si legge il prospetto de-
160 STIl S T 11
gli accidenti avvenuti sulle ferrovie in- Quasi contemporaneamente sulla stratta
glesi dal i$47 n' i85i, dal quale risul- ferrata del Lancashire fu fatto l'esperi-
ta in totale die tra 331,041,053 viag- mento d'un nuovo apparecchio, col qua-
giatori, ne morirono r o4f) e ne restarono le si ponno facilmente fermare i convogli
feriti 127 3. Fatte diverse distinzioni, si nella loro più rapida corsa. Due convogli
restrinse il numero de' viaggiatori mor- lanciali a forza eguale sono stali fermati,
ti a 14.2, quello de'feriti a 882; quanto a- uno col metodo antico coll'opera di due
gl'impiegati, 173 morti e 1 38 feriti. Si persone sopra 800 metri di spazio; l'al-
aggi unge, che la sera de'7 gennaio! 853 tro col nuovo da un sul uomo sopra uno
spaventevole caso avvenne a Oxford, nel- spazio dii38 metri. Tuttavolla lessi nel
la strada ferrata di Nord ovest: due con- Giornale dì Roma del i854> cne ne' 'u*
vogli carichi, l'uno di passeggieri con \ glio sulla strada ferrata di Susquehanna,
vagoni, l'altro di carbon fossile, si urta- fra Baltimora e Havre de Grace, duecon-
10110 di fronte a più d'un mezzo miglio vogli s'incontrarono mentre percorreva-
dalla città, ad onta che il telegrafi avea no 4^ miglia all'ora, ed in questa collisio-
avvisato la partenza del treno di carbone ne perirono 29 persone e3q rimasero gra-
da Islip. Le due locomotive s'incontrai o- veniente ferite. Il n."i 10 di detto Gior-
no correndo a gran velocità ed a tutta naie, dà conto dell' opera del citato d.r
forza di vapore; io vagoni si disviarono Lanlner, The museum ofseience ad art,
dalle rotaie, ed il fuoco si sparse in tutti nella quale si trovano erudite notizie in-
i sensi, restando l'intera linea coperta dai torno alle ferrovie, e al numero de'fata-
fra rnmenti delle locomotive e de'tenders. li disastri che avvengono nelle medesime.
I vagoni e i corpi umani confusi insieme, Un tragitto di 1 00 miglia, che fatto col-
composero una massa informe: uno dei la valigia inglese costava 52 scellini, col-
meccanici fu ucciso, e il suo corpoorrihil- la ferrovia non ne co^ta che 20 perlai.'1
mente laceratojparecchi viaggiatori rima- classe, ei 1 perla2.a La celerità media del-
sero uccisi, e un gran numero feriti gra- le vetture eradi 7 miglia e mezzo all'ora,
vissimamente. A p. 55 si riportano irag- cioèi 3 ore e 20 minuti per 100 miglia.
gitagli della terribilecatastrofe,perlaqua- Per la medesima distanza, la strada fer-
ie si fece rigorosa inchiesta. Duegiovinet- rata non vi occupa che 3 ovvero 5 ore,
ti furono i soli che per miracolo restaro- e spesso anche meno. Il d.r Lardner agi-
no illesi, da un vagone fatto in pezzi. Ad ta la questione, se sia vero che nelle stra-
evitarè questi tremendi disastri, si studiò de ferrate avvengano disgrazie più che in
il modo per impedirli con laboriose licer- vetture. Egli dice, che per calcolare i casi
rhe,e con qualche risultato. Nel declinare di disgrazia non basta paragonare il nu-
rlel 1 853 da Praigneau operaio meccani- mero de'viaggiatori morti 0 feriti, col nu-
co della ferrovia da Bordeaux a Baiona, mero totale de'viaggiatori inscritti. Que-
si annunziò la scoperta d' un'ingegnosa sto confronto suppone l'ipotesi che ogni
invenzione per garantire infallibilmente viaggiatore corra l'istesso rischio, qualun-
ngni scontro di convoglio nelle ferrovie: que sia la distanza che percorre. Il rischio
l'agentediessaè l'elettricità. Fanuovise- è in proporzione colla distanza percorsa,
gni d'avviso o di allarme a 700 metri di ed un viaggiatore che fa 1 00 chilometri,
distanza per mezzo di curve e di tunnel, è naturalmente esposto 10 volte quante
e pone i conduttori de'treni in movimeli- chi non ne fa che io. Onde i rischi bisogna
to sulle linee della strada ferrata per di- calcolarli dalla distanza percorsa e non
minuire il moto e liberarsi a tempo. Gli dal numero de' viaggiatori. Durante gli
esperimenti fatti nella suddetta ferrovia anni 1 85 1 e i852 in Inghilterra il totale
riuscirono nel modo il più soddisfacente, delle distanze percorse fu di due miliar-
s t n
di, 282 milioni, 752,756 miglia: il clie
è lo stesso, comese altrettanti milioni di
viaggiatori avessero percorsa la distanza
di imi miglio. Secondo questa base si cal-
cola, che sopra un milione di viaggiato-
ri percorrenti una distanza di 1 00 miglia,
3 ve ne sono d'uccisi: i casi di sicurezza
sono adunque per ciascuno nella propor-
zione di un milione contro 3. Si calcola
inoltre che fra questo numero vi sono
presso a poco 2 5 feriti, cioè 4°, 000 con-
tro uno. Qui non si tratta che di sempli-
ci viaggiatori, non degl'impiegatisulle fer-
rovie e pi ù esposti a infortuni!. Ma anche
la locomozione per via di terra è feconda
didisgrazie,oltrechèil viaggiatore è espo-
sto allo spoglio de'ladri e degli assassini.
Ciò che ha contribuito a gettare sfavore
sulle disgrazie delle ferrovie, si è che in
generale esse menano rumore più delle
altre, e che sono quasi sempre disgrazie
collettizie. Una sola battaglia fa natural-
mente parlare più che 20 scaramucce.
In Italia il i.° sovrano che v'introdus-
se le strade ferrate nel 1 837 fu Ferdinan-
do II re delle due Sicilie, come notai in
quell'articolo; come pure pel 1 .° fece ese-
guire in Italia i ponti di ferro sospesi sui
fiumi. Quando furono introdottenegli al-
tri stati italiani, e per quali strade, lo ri-
portai ne'loroarticoli e in quelli di molte
città d' Italia. L' Osservatore Romano
deli852,nel n.°i 65 riprodusse il novero
delle ferrovie in pieno esercizio in Italia,
e la maggior parte già da molti anni, col-
le seguenti linee di lunghezza raggua-
gliate a chilometri. Da Torino per Asti
e Alessandria, Novi e Arquata 123; da
Milano per Camerlata presso Como /p5
da Milano a Treviglio 33; da Mantova
a Verona 36; da Venezia per Padova e
Vicenza a Veronal 18; da Treviso a Me-
stre 20; da Firenze a Pisa e Livorno 1 1 o;
da Pisa a Lucca e Pescia 46; da Firen-
ze per Prato a Pistoia 35; da Empoli a
Siena 68; da Napoli a Nocera col braccio
per Castellamare 4 5; da Napoli a Capua
44; totale chilometri 725. Si potrebbero
vol. ix\.
STR 1 6 f
a queste linee di ferrovie aggiungere quel-
le ch'erano vicine a essere compiute; e
per dir solo del Piemonte, io avanzatis-
sima costruzionea spese dello stato, 0 che
stavano per cominciarsi in basi di conces-
sioni convenute, nel 1 8 J2 esse erano: da
Arquata a Genova chilometri 4'; da A-
lessandriaa Novara 63; da Torino a No-
vara q3; ila Torino a Susa 52; da To-
rino a Cuneo 80; da Mortara a Vigeva-
no! 3; da Bra a Cavallermaggioret 3: to-
tale chilometri 355. Vi è pure la ferro-
via del Tirolo per la Carintia, che può
dirsi lai.* e la più importante pel com-
mercio di tutta Italia co! resto d'Euro-
pa. Trovo nel n.04"2 del Giornale di Ro-
ma del i854, in data del Messaggere di
Modena, la notizia, che approvati già re-
golarmente i progetti tecnici della stra-
da ferrata dell'Italia centrategli assuntori
della medesima, a norma del convenuto,
ponevano mano nel febbraio ad incomin-
ciarne i lavori. Questi per lo stato Esten-
se vennero intrapresi presso Rubiera sul-
la sinistra della Secchia presso s. Ilario al-
la diritta dell'Enza, dalle quali due loca-
lità si avvierantio, seguendo il già effet-
tuato tracciamento, inverso Pieggio. Più
tardi potrà estendersi il lavoro anche dal-
la sponda destra della Secchia, e proce-
dere nella direzione di Modena, capita-
le de'medesimi stati Estensi. L'esecuzio-
ne dell'opera, com'è naturale, bisogna che
proceda di pari passo coli' espropriazio-
ne de' terreni soggetti alla occupazione
della strada, ed egualmente agi' intra*
prenditori necessita di predisporre quan-
to è d'uopo per ben dirigere un'impre-
sa di s'i vasta estensione. Quindi il lavo-
ro non potrà che gradatamente raggiun-
gere le necessarie dimensioni e prende-
re il massimo sviluppo. Appena troveras-
si sufficientemente avanzatala formazio-
nedell'arsme stradale, verrà dato cornin-
ciamento alle molte opere murane, che
indipendentemente dai grandi ponti e
dalle stazioni, devonsi eseguire lungo il
piano della strada, e in queste potrà Irò-
1 1
162 STB STR
var collocamento anco quella classe dì gli stati pontificii, notai nell'articolo Pio
opero i dedicata a quel genere di lavoro. IX, die questo Papa nell'agosto 1846 i-
Quindi la Gazzetta di Milano dichiarò stilili la commissione consultiva per la
in aprile le notizie concernenti i lavori costruzione delle strade ferrate, onde in-
iniziati sudiversi tronchi della strada fcr- tradurle ne' domimi pontifìcii, fatta poi
rata dell'Italia cenlrale,clie suonano co- direttrice. Il n.° 90 del Diario di Roma
sì. Nel ducalo di Parma e Piacenza i la- del 1 846 riporta la notificazione de' 7 no-
vori sono stati incominciati e proseguo- vembre del cardinal Gizzi segretario di
no alacremente in vicinanza del Taro ; stato, colla quale si dichiara, the veduta
nel lineato di Modenasi lavora con 4200 la relazione di delta commissióne depu -
uomini dall'Enza aReggio, essendo com- tata a preparare le norme fondamentali
pilo l'argine stradale; dalla Secchia ver- per la concessione delle ferrovie, d'oidi
so Reggio lavorano 2"joo uomini. iNella ne del Papa pubblicava in 5 articoli le
Toscana sono intrapresi con 600 uomi- prese risoluzioni. Riprodurlo le pei nei-
ni i lavori della grande galleria dell'A- pali.Lelineeche ilgovernopontificiocon-
pennino. Questo fervore di lavoro, in lem- sidera come di principale importanza, e
pi difficili, fa onore a 'governi e alle ini- delle quali autorizza perciò l'esecuzione,
prese impegnate in quelle grandi opere, sono: 1. Quella che da lì orna per la vai-
Finalmente leggo nel Monitore losca- le del Sacco mette al conline napoletano
no de'i 7 aprile 1 854'! decreto del gran- presso Ceprano. 2. Quella che congiun-
duca,erichiamandoquellode' 1 4gennaio gè a Roma il Porto d'Anzio. 3. Quella
i85i, col quale concesse al consiglio di da Roma a Civitavecchia (nel voi. LIV,
costruzioneeamministrazionedella stia- p. 200 feci parola del progetto di stra-
da ferrata centrale Toscana la facoltà di de ferrale da Roma a Ponto d'Anzio, e
eseguire gli studi per proseguile la sua da Civitavecchia ad Ancona, per riunire
linea sino al confine toscano, stabili che la comunicazione tra 'due mari Adirati-
la società della ferrovia centrale toscana co e Mediterraneo). 4- Quella che daRo-
resta autorizzata a costruire e attivare ma, correndo i luoghi più popolosi del-
nel suo interesse, ed a sue spese, rischio l'Umbria,com'è principalmente Foligno
e pericolo, uua strada a ruotaie di ferro, e la valledel fiume Potenza, mette in An-
che da Siena si diriga perla valle di Chia- cona; e quindi da Ancona a Bologna, se-
na verso il confine pontificio, fino a im- guendo le Iraccie della via Flaminia E-
hoccare uella strada ferrata Aretina sot- milia.Cbe la costruzione di queste nuo-
to le prescrizioni, condizioni e dichiara- ve strade si commetterà alla privata in-
zioni contenute ne'capitoli dalla mede- dustria di compagnie rappresentate da
sima accettali, e dal granduca approvati sudditi pontificii, le quali per essere ap-
e pubblicati nel medesimo Monitore. Che provale dovranno insieme colla doman-
trasporli di viaggiatori e di merci sulla da presentare le descrizioni delle linee ,
strada non potranno essere fatti che dal- le informazioni arlistico-economiche, la
la società, alla quale è conferito il diritto determinazione del tempo, la cauzione a
di percepirne il prezzo pen5o anni per favore specialmente de'proprielari le cui
tuttala linea da Empoli sino al suo allac- terre fossero occupate o patissero danno,
ciamento cou l'Aretina; dopo i quali 1 5o l'esposizione de' mezzi onde condurre
anni il real governo toscano entrerà nel l'impresa. Si promise che il governo si
pieno possesso e godimento di tutta la riservava prendere in considerazione la
strada e delle opere accessorie alla me- linea da Foligno verso Perugia e Città
desima ne'modi e condizioni convenuti, di Castello per la valle del Tevere, ean-
QuantoaU'inttoduzionedellefeiTOviene- che altre linee di comunicazione codi sta-
STR S T II iG3
li vicinijcclie sarebbe premiato con me- R-ggio, edi colà per Modena é Bologna,
chiglia d'oro di scudi IOOO, chi indiche- a Pistoia oa Prato. Nello stesso articolo
rà il passaggio più facile e meno costoso e nel settembre i85i riportai la ponti -
tra l'Umbria e le .Marche. Nelle Notizie fìcia autorizzazione al ministro de'lavo-
tìcl Giorno di Roma del 1847, n.°34, si ri pubblici, a procedere alla preKmina-
dice come il Papa Pio IX a'2i agosto re concessione del tronco di stradu fer-
approvò la grande impresa delle strade rata da Roma ad Ancona, colle norme e
(errate a fui ina della deliberazione adot- cautele convenienti. Ma nel n.° 27- del
tata da'ministri sotto la presidenza del Giornale di Roma dell 8 32 si dice: Dap.
cardinal 'Ferretti segretario di stato. Nel poiché le trattative iniziate dal governo
supplemento poi del n. 6q del Diario di pontificio con varie compagnie d'intra-
Roma de! 1 84-7, si pubblicò il rapporto premienti per la costruzione della man-
che la commissione consultiva delle slra- de strada ferrata da Roma a Bologna per
de ferrate avea umilialo al Papa, e pel Ancona non sortirono il bramato effetto,
qiialefuronoconcesseduehnee,cioèqueb per essersi riconosciute inaccettabili le
la da Roma al confine napoletano presso condizioni richieste dalle dette coinpa-
Ceprano, e l'altra per la grande linea da gnie; quindi essendo il Papa animato dal
Roma a Bologna e sino al confine di Mo- desiderio di promuovere nel più eflicace
dena,co'modi come fu condotto l'affare, modo l'esecuzione d'un' opera invocata
e le ragioni che ne determinarono la con- con tanti e ripetuti desiderii da alcune pò-
cessione alle società. Le compagnie de- polazioni dello stato ecclesiastico, appro-
liberatane erano due, cioè una per linea, vò che venissero intrapresi gh studi tee
le (piali complessivamente avrebbero da- nici dell'intera linea, per conoscere e sta-
to al governo pontificio una doppia g,\- bilire il costo e l'entità dell'impresa, da-
ranzia, per gli studi preventivi e per la to essenziale da aversi in vista nelle trat-
sicurezza de'lavori. Queste garanziesom- tativedi future concessioni. A tale effetto
movano scudi 92,000 lai. a, ed un mi- il ministro de' lavori pubblici trovò op-
lione ei 00,000 scudi la 2. n, ambedue o portuno, che questo primo studio veuis-
in consolidato o in effettivo contante. A se diretto da un ingegnere pratico e va-
Porta Maggiore narrai che da essa u- lente in questo ramo di pubblica costru-
scirà la strada ferrata Pia-Latina, così zione. Fu perciò presceltoa direttore l'iu-
chiamata daH'omonimasocietàcheneco- gegnere di poiitiestradc di Francia cav.
minciò la costruzione, in seguito delle or Michel, il quale si pose subito nell'otto-
dinanze ministeriali del novembre 1 84() bre in viaggio con un ingegnere pontifì-
e giugno i85o; accennai che il suo an- ciò, per una generale ispezione dell'in-
(lamento dovrebbe essere per Frascati, tera linea, e per tracciare 1' andameuto
Marino, A lbano,Velletri, FrosinoueeCe- delle livellazioni. Racconta la Civiltà cai
prano, e dichiarai quali lavori eransi fatti tolica, t. 1, p. 124 della 1.' serie, che il
sino a'primi del i852. Al citato articolo Papa nell'accogliere benignamente icon-
P10IX enei giugnoi85i registrai la con- sultori delle proviueie, richiamò la loro
venzione approvala dal Papa e già con- attenzione sopra due oggetti precipui:
elusa dal cardinal Antonelli pro segreta- cioè l'estinzione della carta moneta, eie
rio distato co'plenipolenziari d'Austria, strade ferrate,aggiungendo che in quanto
Modena, Parma e Toscana, per la costru- al togliere la prima si sarebbe forse tro-
zione delle linee di ferrovia che per una vato il modo di raggiungere lo scopo con
parte debbasi da Piacenza dirigere per qualche sagrifizio (e lo raggiunse con sua
Parma e R.eggio, e per 1' altra slaccan- gloria nel dicembre 1 854); ma che ravvi-
dosi da Mantova proceda egualmente a sava ben difficile di farcailrettauto circa
i (34 s T R
le strade ferrate, a motivo dell'intrapre-
sa clie non poteva non riconoscere gigan-
tesca, avuto riguardo alla condizione at-
tuale dello stato pontilìcio. Il n.° \i del
Giornale di Roma del 1 853 riprodusse
la notificazione de'16 febbraio di mg.1'
Grassellini commissario pontificiostraor-
dinario per le 4 legazioni e pro legalo di
Bologna, colla quale rese nota la desti-
nazione del cav. Michel a fare gli studi
tecnici per la ferrovia da Peonia a Bolo-
gna per Ancona, eche avendoli intrapre-
si nella parte montaua dello slato, ben
presto sarebbero anche seguiti nel bo-
lognese. Pertanto invitò le autorità go-
vernative e municipali della provincia,
non che i proprietari della medesima, a
cooperare agli sludi del cav. Michel e de-
gl'ingegneri a lui dati in aiuto, con va-
lida assistenza, per le livellazioni e altri
rilievi geodetici che dovranno intrapren-
dersi nelle private proprietà, promelten-
do compensi a chi ne fosse danneggiato.
Appreudo dal n.° 268 del Giornale di
Roma del i853 de'^5 novembre, che i
lavori della strada ferrata Pia-Latina fu-
rono ripresi attivamente. Che una nuo-
va società avea assunto di proseguire sì
importante impresa, pagando a quella
che intitola vasi dal nome della strada tut-
ti i diritti che vi poteva avere, e com-
prando anche il materiale, ch'era stato di
già provvedutoci aggiunge, che là gran-
de attività che si manifestava nel prose-
guire i lavori, ch'erano rimasti per tanto
tempo interrotti, facevano sperare che la
ferrovia sarebbe proseguita sino a Vel-
lelri,e col tempo congiungersi con quella
del regno delle due Sicilie. Annunzia il
n. 43 del Giornale di Roma de'22 feb-
braio i854 in data di Bologna, essersi
posto mano nel tratto della provincia al
gran lavoro della via ferrata centrale i-
taliana, e ciò per le cure dc'sunnominati
governi contraenti, e le premure della
società concessionaria, non che perla no-
bile deferenza degli espropriati, i quali
benché non compitele preliminari ope-
STR
razioni di espropriazione, dicrono opera
ai grandi lavori per la formazione <lcl-
l'argine stradale, a sollecitare la deside-
rata impresa. Quindi alla sinistra del Re-
no e al di sotto del ponte, in direzione di
Castelfranco e di Modena, procedeva a-
lacremente la costruzione della strada,ed
a'Ia vori di terra succederebbero le costru-
zioni murarie occorrenti al compimento
dell' importante linea d' internazionale
congiungimento. Notificò il n.53delGior-
nale di Roma de'6 marzo 1 854, cne 'e
ferrovie dello stato pontificio occupava-
no la più seria attenzione del Papa; che
le trattative per la concessione delle di-
verselinee erano inoltrate, e vi era a spe-
rare pieno successo, proseguendosi frat-
tanto la linea già concessa da Pioma ver-
so Frascati e il confine napoletano. Che
il commend. Jacobini ministro de'lavori
pubblici, col prof. Bettocchi ingegnere
pontificio e commissario tecnico delle
strade ferrate,col cav.Hartingue ingegne-
re direttore di delta ferrovia, e con De
Vitry amministratore della società, era-
si recato a visitale ed esaminate i lavori
che si eseguivano nel tratto da Roma a
Frascati, percorrendo quello da Roma a
Ciampino, presso il quale luogo farà se-
guito una galleria sotterranea, che nel
procinto d'essere incominciata traverse-
rà la collina di lai nome. Finalmente rin-
vengo nel n.°gy del Giornale di Roma
de'28 aprile i854, la protesta del mini-
stro de'lavori pubblici e del cardinal An-
tonelli qual presidente del consiglio dei
ministri, contro il conte Rampon,a cui
per una società da lui rappresentata era
stata concessa la strada ferrata da Roma
a Civitavecchia a'20 dicembre 1 853, es-
serne decaduto per non avere aumenta-
to il deposito di scudi 20,000 a'pattuiti
100,000 ; e siccome il coute era stato
rimborsalo da Thil, e perciò riconosciu-
to questi dal governo pontificio cornea
lui sostituito colle medesime condizioni,
ma non avendo neppure il Tini comple-
tato il convenuto deposito, fu auch'egli
STR
dichiaralo decaduto dalla promessa con-
cessione preliminare di detta ferrovia, e
perciò restare il governo uella sua piena
libertà di azione, ed assoluto proprieta-
rio dei scudi 20,000 a seconda de'palli.
Molti scrissero sulle ferrovie, fra'quali i
seguenti. Mac- Adam, Primo elemento di
forza commerciale, ossia nuovo metodo
di cosimi re le strade ferrate , Napoli 1826.
Pillet Will, De la depense et du prò-
duit des canaux et des ckernins de fert
Paris 1837. Biot, L'architetto delle stra-
de/errate, Milano 1828. Ferrier, Ma-
miei ti u voyageur sur le chetnin de fer
Zfe/g^Bruxelles 1 84 1 Peti tli, Delle stra-
de ferra le italiane e del migliore ordina-
mento diesse, Capolago 1 84 5. A vv. Carlo
Mon li, Studio topografico intorno alla pài
breve congiunzione stradale j cai due ma-
ri nell'alta Italia mercè un varco esisten-
te nel tronco settentrionale dell' Spenni-
no, J/ewon'rt, Bologna i84>- Corsi, Ra-
gion civile delle strade ferrate in Italia,
Torino 1846. Coinmend. Angelo Galli,
Sull'opportunità delle strade fer rate nel-
lo stalo pontifìcio , e sui metodi per a-
dottarle, Romai84*J. Altri autori si leg-
gono nel 1. 1 3, p. 267 òe\Y A Ibum di Ro-
ma. Anche le strade ferrate si vollero in-
augurare e santificare colle benedizio-
ni e riti della Chiesa: ne riprodurrò al-
cuni esempi tra'più solenui eseguiti dai
vescovi, i quali pronunziarono analoghi
eloquenti discorsi, di cui riporterò alcu-
ni brani, dichiarando che l'uomo tutto
deve riconoscere da Dio, e tutto riferire
alla sua benigna provvidenza, che con
questo portentoso mezzo facilita la dif-
fusione rapida del vangelo nelle più re-
mote regioni. Il u.° 1 09 del Giornale di
Roma del 1 85 1 contiene il discorso di
mg.r Lodovico Pie vescovo di Poitiers,
pronunziato al l'i natigli razione del la stra-
da ferrata di quella città. Disse essere sta-
to già due volte chiamato a benedire so-
lennemente in nome di Dio queste ma-
guilìche creazioui della scienza e dell'in-
dustria moderna. Si tratta di riferire a
STR r 65
Dio la gloria delleoperepiù sorprendenti
dello spirito umano,edi ottenere per esso
il concorso necessario della sua costante
protezione. In questo momento, soggiun-
se,credo vedere ciòche il mondo lui di più
granile, la potenza, il coraggio e il genio
inchinarsi avanti a Dioche li ha creati,
e dirgli per bocca vostra, o signori: Noi
siamo opera vostra: siete voi dieci ave-
te fatti, e non ci siamo fatti di noi slessi.
Siete voi che avete messo sotto i nostri
piedi tutta la creazione, che ne ha inse-
gnato a piegarla a'nostri usi. Tutte le o-
pere del Signore benediranno lui! E (pie-
stofuocoequesto vapore, solcandoli glo-
bo, proclamino iu mezzo a'popoli mera-
vigliati la gloria del suo nome. M ijSigno-
ri, ciascuna delle conseguenze dell' no-
mo porta con se pericoli proporzionati ai
vantaggi eallegioie ch'egli se ne promet-
te. Accelerando il moto, e cancellando
gli spazi, voi vi siete forse avvicinati al
termine fatale in cui ogni moto cessa e
si arresta. Conducendo nelle vostre ma-
ni il vapore, dandogli una forza che do-
ma tulli gli ostacoli, voi avete posto pres-
so di voi un focolare terribile d'esplo-
sione e di morte. Dio ha voluto cos'i, af-
finchè la creatura, in veced'inorgoglirsi,
si sentisse più dipendente dal cielo, a mi-
sura che ella vieppiù distendesse il suo
impero sulla terra, e che l'uomo provas-
se il bisogno della preghiera in propor-
zione anche dell'accrescimento della sua
potenza. Perciò, signori, permettetemi di
dirvelo, noi che portiamo il peso delle a-
ni me,e che nell'esercizio delle nostre fun-
zioni sante non sapremmo fare un pas-
so senza la preghiera, noi pregheremo
allesso con emozione, e il dovere c'ispi-
rerà di piegar sovente per questi uomini
vigilanti e laboriosi che anch' essi han-
no cura delle anime alla loro maniera.
Perocchèio veldomando,osignori, quan-
do voi prendete posto in questo veicolo
infiammato, e confidate la vostra vita a
questi cavalli di fuoco,come parla laScrit-
tura, non peusatc voi con ispavenloa que-
1 66 S T R
Sta guida che, tenendo nelle sue mani re-
clini rovenli,diviene,con rischio delia vi tu
sua propria ,il depositario d'interessi così
preziosi e sì molteplici, che il solo pen-
siero ci fa fremere ? 11 minimo oblio, la
minima disattenzione, e migliaia d'ani-
me,cbe non vi sono preparate, ponno es-
sere immerse nel lutto e nella dispera-
zione. Ah ! in presenza della debolezza li-
mona alle prese in tal guisa eolle forze
ciechedella natura, è questo il caso d'im-
plora re la provvidenza celeste, e di do
mandare a Dio che il suo occhio, cui nulla
sfugge, ed il suo braccio cui nulla resiste,
diligano sempre e suppliscano, occorren-
do, l'occhio ed il braccio della sua debo-
le creatura.... Riporta il n,°244 del det-
to Giornale la narrazione dell'inaugu-
razione della ferrovia da Venezia a Tre-
viso, seguita a' i 4 ottobre, dicendo che
le due macchine che tragittarono il con-
voglio erano parate a festa, con all'ingi-
1*0 ghii lande e festoni di variopinte da-
lie, e lo stemma imperiale dinanzi, esso
pure vestito di vaghissimi fiori all'intor-
no. Grandiosa è la stazione di Treviso,
ove un 20,000 persone aspettavano an-
siose il sopraggiungere del convoglio col-
le autorità, il governatore militare di Ve-
nezia cav. GorzkoAvski, il cav. Negrelli
direttore superiore delle strade ferrate
e telegrafi, della banda militare, ed al suo
arrivo il giubilo di tutti fu indicibile. A
destra dell'altare appositamente eretto,
sopra cospicuo seggio sedeva mg.1- Anto-
nio Farina vescovo di Treviso in abiti
pontificali, cii 'condato da'sacerdùti co'sa-
gri ornamenti. 11 vescovo esordì il suo
discorso lodando l'utilissima fra le mo-
del neinvenzioni deilospirito umano,eon
tulle le sottili industrie, onde venne per-
fezionato oggidì. Chi secoli addietro sa
lebbesi mai figurato un' intera contra-
da, la quale movesse, un esercito, il qua
le volasse, un fondaco, un emporio, un
mei calo, il quale battesse il remeggio del-
le ali? lo, esclama il Signore, m'inter-
nerò nelle viscere del fuoco, e dal vapore
S T R
dell'acqua tirerò meraviglie. Sul fuoco
e sull'acqua io metterò magistero, ed ac-
qua e fuoco e ferro formeranno sgabello
a'miei piedi. Arguì quindi il prelato un
ordine nuovo di cose, ne salutò un'era
seconda. Come la polvere mutò l'arte del
guerreggia re,il vapore così stamperà non
più visti argomenti di riforme e di traf-
fico. Fortunate le genti a cui metteran-
no capo lestradedi ferro. Là movimento,
splendore, dovizia. E il primo raggio di
questa luce vivissima lampeggia sul tuo
cielo, o Trevigi. La relè fu lesa. Le città
della Venezia e le Lombarde contigue
oggimai li salutano. Stende il golfo la ma-
no, e vengono seco le isole Jonie e le co-
ste della Marinara e dell'Arcipelago. Il
commercio è la vita del mondo. Eserci-
ta egli sul corpo sociale il medesimo of-
ficio del sangue sul materiale. Ma se il
commercio è sangue, le strade sono sue
vene. E qui il vescovo sfoggiò una pom-
pa di erudizione biblica, attingendo alle
sagre pagine i passi più splendidi, che iu
modo ora semplice, ora mistico, sotto
questo rispetto vi occorrono. La provvi-
denza ordì la sua tela. I carri sono guar-
niti,! traini apprestati, in lunghissime fi-
le divorano l'arringo; già salpano i legni
dal Bosforo; le vaporiere già volano dal-
l'ultimo Atlantico e qua sull'estuario si
calano. La donna dell'Adria, a nuova fe-
sta venuta per dono di Cesare, a noi si
protende e abbraccia la minore sorella
del Sile, ed esso placido e terso manda i
vagoni all' Adige fratello, ed al Mincio.
Ma guai a chi abbandona i diritti sentieri!
guai a chi straviasi! Se Dio non fissa il suo
dito, lo sforzo dell'uomo si stempera al
vento .... Precitate le preci che assegna
\c Chiesa nell'occasione per simili riti, il
vescovo benedì la macchina e le spran-
ghe del ferrato sentiero. Dopo la di vota
ceremonia, il municipio convitò i 5o pò»
veri, ed ebbero luogo solenni dimostra-
zioni di pubblica gioia. Neln.°i^2 del-
l'Osservatore Romano del ì 852 fu pub-
blicato il discorso pronunziato nel mese di
S T R
luglio da in"/ Andrea Raesi vescovo di
Strasburgo, prima della benedùionedelle
locomotive nell'inaugurazione della ferro-
via, alla presenza del presidente della re-
pubblica francese, oggi imperatore Napo-
leone III. Incominciò con dire: Mentre l'uo-
mo datoa'calcoli dell'interesse ed a'piace-
ride'sensi non vede in queste meravigliose
invenzioni dell' industria di cui il nostro
«ecolo con ragione s'inorgoglisce, che i
mezzi ili accrescere le sue ricchezze e di
estendere il cerchio desimi godimenti; il
cristiano illuminalo dalla fede poita più
in alto le sue mire ed i suoi pensieri, e
in questi concepimenti del genio umano
vede i mezzi di cui Dio si serve per com-
pire i suoi disegni sui popoli e per con-
durre gli uomini a' loro immortali de-
stini.... Non pensiamo, che la Provviden-
za resti estranea a questo prodigioso svi-
luppo dell'industria moderna, a queste
sorprendenti scoperteched genio più va-
sto e più , udito non avrebbe osato 5o an-
ni sono di prevedere. Non pensiamo che
un Dio saggio e buono non seppia far
servire al trionfo del la verità quell'ardo-
re per gl'interessi materiali che agita e
tormenta oggi il mondo. Se l'industria
toglie le distanze, se spezza le barriere che
il tempo e lo spazio oppongono alle sue
creazioni, apre anche una via più rapida
epiù largaa'di\ ini insegnamenti del vau
gelo: essa fi disparire le frontiere, di-
strugge i limiti che separano i popoli, per
non farne che una sola e stessa famiglia,
unita oella carità e nella pratica delle vir-
tù cristiane.... Ebbene! l'industria sten
da dunque e moltiplichi le sue lamine ili
ferro, inviluppi il globo come di una im-
mensa rete, domi il fuoco e il vapore per
dare a'suoi trasporti la rapidità del ful-
mine; che farà essa? Senza saperlo con-
correrà al compimento delle volontà di-
vine, favorirà la predicazione del vange-
lo, gli angeli di pace saliranno con lei so-
pra i suoi rapidi carri, la seguiranno fi-
no ne'climi remoti per portare a' loro a-
bitanti la buona nuova di salute, e fati*
STR 167
care alla consumazione di questa gran-
de unità, che Cristo, la vigilia della sua
morte, domandava a suo padre come il
prezzodelle sue opere e de'suoi patimen-
ti. Benedite dunque, o mio Dio, questa
nuova strada, la quale apresi oggi alla
propagazione della verità, ed alla pro-
sperità del paese, e che la scienza unita
alla fede vuol porre sotto la vostra pro-
tezione. Beueditequesli uomini che li in-
no faticato con lauta intelligenza e divo-
zione a dotare la Francia d'una nuova
sorgente di ricchezze,i quali dopo aver da-
to sì magnifiche prove della potenza del
loro genio, ci d inno in questo momento
un segno così commovente di loro pietà,
implorando sulla loro opera la benedi-
zione della Chiesa. Benedite tutti quelli
che si affideranno a queste formulabili
macchine, per superare la distanza e di -
vorace lo spazio; preservateli da tutti gli
accidenti che potrebbero divenire fune-
sti al loro corpo e soprattutto alla loro
anima. Non permettete che gl'interessi
del tempo facciano loro mai dimentica-
re gl'interessi dell'eternità. Finalmente
il n.°ic)6del Giornale di Roma deli 853
descrive la solenne benedizione della sta-
zione della ferrovia da Bordeaux, a Pa-
rigi, eseguita a' 17 agosto nella prima dal
suo arci vescovo cardinal Francesco Don-
net. Alberi veneziani, bandiere orili mi-
me decora vano l'ingresso del monumen-
to, ed il recinto era pure riccamente or-
nato per la sagra ceremoma, ed in fondo
si elevò l'altare: il clero e l'autorità eb-
bero luoghi a parte. Il cardinale fece la
sua entrata proceSsionalmeute nella sta-
zione: dopo il canto del Magnificate al-
tre preghiere, tre locomotive maestosa-
mente «'avanzarono sino all'altare, orna-
te di bandiere e ghirlande, e successiva-
mente furono benedette dal cardinale, il
quale sceso poi dall'altare fece il primo
giro della stazione per ispargere l'acqua
benedetta sui muri dell'edilizio, ormai
consagrato dalla religione. Indi ritorna-
to il cardinale al suo posto, le barriere
168 STR
esteriori della stazione si aprirono per
accogliere un'immensa popolazione avi-
da d'udir la voce del suo i .° pastore. Il
discorso fu pieno di dolcezza e di l'orza.
Il cardinale dichiarò ch'era la 3.J volta
die veniva a benedire 1' opera meravi-
gliosa di cui raccontò i successi svilup-
pati dal genio dell'uomo protetto da Dio.
Aggiunse terminando che la ferrovia di
Parigi avea già ricevuto una prima be-
nedizione, alludendo alle somme testé
dispensate dagli amministratori di que-
st'impresa a'poveri, e finì dicendo, che
l'elemosina e la preghiera apportereb-
bero felicità. Finito il discorso il cardi-
nale intuonò il Te Dettili, ripetuto in co-
ro dal suo corteggio. L'ordine e il racco-
glimento accompagnarono la solennità.
Stretta relazione colle strade ferrate ha
la telegrafia, come quella ch'egualmente
ravvicina le più grandi distanze, e per
essere slata altresì applicata al servigio
delle ferrovie. Non si può abbastanza
comprendere questo sistema di corri-
spondenza rapidissima, cui i fili metalli-
ci trasmettono scambievolmente le noti-
zie commerciali, domestiche e politiche,
colla celerilà del lampo. Le corde elettro-
telegrafiche sotto-marine attestano, co-
me nemmeno il mare può oggi fermare
la rapida,anzi istantanea trasmissione del
pensiero umano. Vado a darne un cenno.
Il eh. Rambelli, Lettere intorno inven-
zioni e scoperte italiane, ci diede la letf.
4i: Telegrafo. Telegrafo elettro -magne-
tico. Riferisce che il p. Paolo Casali ge-
suita in un suo libretto stampato verso
la metàdel iGoocol titolo di Tromba par-
lante, fu ili.°a dare un'idea del Telegra-
foj ed il p. Carlo Borgo di Vicenza, nel-
l'opera, Analisi ed esame ragionato del-
l'arte della fortificazione e difesa delle,
piazze, fra altre sottili invenzioni diede
pur quella della Cifra parlante, che imi-
ta esattamente il telegrafo dopo lui mes-
so in voga; mentre la Francia non ne vi-
de i primi esperimenti che nel 1 79 1 , e ai
22 marzo lycjaClaudioChappe li prese a-
6 T li.
tò al governo come proprio trovalo. Scor-
gendolo utilissimo, gli uomini presero ben
tosto a giovarsene; ma riuscendo inetto
l'uso in tempo di notte e ne'giorni neb-
biosi, e vedendosi che pubblici n'erano i
segnali, che non potevano darsi senza ri-
petizioni richiedenti assai tempo, venne-
ro in desiderio di migliorarlo, e non po-
chi Io tentarono in vari tempi. E poiché
colla forza del vapore si pervenne a rav-
vicinare immense distanze, il desiderio di
recare perfezione nel telegrafo crebbe a
dismisura; ma de'mezzi proposti taluno
non venne praticato, tale altro a piccoli
e non ben dimostrati tentativi si conten-
ne. Era riservalo all'Italia raggiungere
questa meta, e Luigi Magrini professore
eli fisica a Venezia , datosi a investigare
il modo di superare quanto a ciò si op-
poneva, pervenne ad iuventare un inge-
gno,chepiù pronto d'un prontissimo pen-
siero, trasmettesse da luogo a luogo an-
che lontanissimo gli umani concetti. Il
mezzo di cui si vale è l'elettricità, e la fon-
te onde la trae è la pila elettrica scoper-
ta sul principio del 1800 da Alessandro
Volta (di che Io stesso Rambelli tratta
nella lett. 1 S-.Scoper/e di Alessandro Fol-
ta j che inoltre nella lett. ig: Macchine
a vapore, celebra il romano ingegnere ar-
chitetto Giovanni Branca, come il i.°che
insegnò di usare la forza del vapore per
muovere le macchine, dal qual bel tro-
vato tante utili applicazioni si fecero ai
tempi nostri, e per cui a tanta gloria sa-
lirono Watt, Perkins ealtri. Branca stam-
pò l'opera Le macchine, ec. in Roma nel
\6iq. Riconobbe la priorità dell'inven-
zione anche R. Stuart nell'Istoria descrit-
tiva delle macchine a vapore. Altre glo-
rie italiane 1' encomiato Rambelli riferì
nella leti. 85: Elettricità). Altri prima di
lui erano ricorsi alla pila Voltaica , nel
medesimo scopo, ma eravi un obbietto
che pareva insuperabile, e vittoriosamen-
te fu superato dal Magrini con ripetuti e-
spei ime 11 ti di sua importante scoperta, pel
telegrafo elettro- magnetico di tacile uso,
STR
che spiegò nellasua opero stampala in Ve-
nezia: Telegrafo tlellro -magnetico pra-
ticabile a grandi disianze , immaginato
ed eseguito da Luigi AJagr ini. NeW appen-
dice, con pieno trionfo rivendica a se la
priori tàdi quest'invenzione contrasta tagli
da'professori Weastone,Steinlieil eGauss
di Gottinga; il i ,°de'quali, com'è voce.sa-
ìebbesi dato a costruire sullo stesso prin-
cipio una linea telegrafica fra Liverpool
e Londra sotto le rotaie della strada di
fèrro. Che se ciò fòsse, il grande esperi*
mento del celebre inglese verrebbe a raf-
fermare i trovati e le teorie dell'italiano
Magrini. 11 nome di Telegrafo fu dato a
questo strumento daChappe,chelo forino
delle due voci greche lontano e scrivere.
E da vedersi sul telegrafo : Dell' origine
e progresso dell'arte, telegrafica, studio
tecnico storico di Alessandro Bellotti ,ì\Y\-
lano i 844- ■■ celebre Davy all'ermo che la
pila di Volta è all'incremento della fisica
e della chimica, quello che fu alla storia
naturale e all'astronomia il microscopio e
il telescopio. Il Missirini stampò, che la
portentosa pila rinnovò tutto l'ordinedel-
le scienze, e le promosse quanto dalla bus-
sola fu promossa la navigazione, ogni ra-
mo di sapere dalla stampa, e dal vapore
la pubblica economia. A p.608 del Gior-
nale di Roma i 852 vi è un erudito ai ti-
coloinlitolato:L'£/e//r/coe/aP//rtr///>'o/-
ta. Vi si tratta pure della grande e for-
tuita scoperta di Galvani: da quel giorno
la scienza dell'elettricità fu uu perpetuo
commento del meraviglioso apparato di
Volta. A p. 83 i del Giornale di Roma
del i 854 v' e un interessante articolo so-
pra una nuova gloria italiana del geno-
vese d.r Agostino Carosio, per un'iuveu-
zione che può destare una rivoluzione nel
mondo scientifico e industriale. Si tratta
nientemeno di detronizzare il vapore, me-
diante la pila idrodinamica, la quale pro-
duce indefiuitivamente la forza motrice.
INon consuma che quanto produce colla
propria forza,non è soggetta alle resisten-
2e,uouhunèlespese uè i pericoli del com-
STR 169
bustibile. A Poste pontificie celebrai la
mirabile invenzione de'telegrafi, rilevan-
do la superiorità degli elettrici, da'qua-
li si ottiene l'intento anche di notte e iu
tempo burrascoso, e che dubbiamo a Oer-
sted e Arago, dopo la scoperta della famo-
sa pila latta dall'italiano Volta di Como'(e
del quale dissi le nuove applicazioni che
vogliousi tentare, perchè l'elettricità, co-
me il vapore, opereranno altri portenti,
dopo quanto fece conoscere l'altro italia-
no Galvani); e indicai i segnali usali da-
gli antichi, massime sulle Torri {?.). Nel
1 853 in Roma fu stampata la Descrizio-
ne, istorica teoretica pratica del telegra-
fo elettro- magnetico e di tulli i suoidiver*
si apparati, composta da Giacomo ILiib-
scher e munita di /\i figure, diverse so-
pra 1 4 tavole. L'autore ha cercato di l'are
una compendiosa esposizione della storia
della meravigliosa telegrafia in genere, e
del telegrafo elettro-magnetico in parti-
colare, e di dare una dettagliata descri-
zione leoretico-pratica di quest' ultimo,
de'suoi diversi apparali e della maniera
di trasmettere il pensiero in diversi punti,
ed a grandissima distanza e quasi istan-
taneamente. Egli dice, che il telegrafò in
generale è quell'apparecchio, col (piale si
è capace di far trasmettere le proprie i-
dee da un luogo all'altro in diverse con-
siderabili distanze e in brevissimo spa-
zio di tempo, cosa che riesce per le vie
ordinarie assolutamente impossibile. Ec-
co perchè quest'apparecchio viene chia-
ma to,e con ragione, Telegrafo, cioè lo scri-
vano in lontananza, laonde all'articolo
Stampa dissi che vi è il telegrafo stam-
patore. Nel Monitore Romano del 1849
a p. 378, si descrive il telegrafo stampan-
te di Pret, co'metodi e apparecchi per la
trasmissione de'dispacci usati finora nel-
l'antico e nel nuovo mondo. Della mac-
china che scrive, la citata Descrizione ne
tratta nel cap. 1 1. L'arte però che deci-
fera (delle cifre parlai a Scrittila arte)
i segni prodotti per apparalo meccanico,
ottico, elettrico, magnetico, 0 elettro-ma-
170 S T il
guetico, e li trasmette ad un 2.0 luogo con
tale velocità, viene chiamala Telegrafia.
La telegrafìa allora saia giunta alla sua
perfezione, ed avrà sciolto il suo proble-
ma, (piando le sarà possibile di superare
gli ostacoli della grande distanza, del tem-
po, delia nebbia, della stagione, atmosfe-
ra, temperatura qualunque essa sia, e ili
sottoporla all'ingegno e alla volontà del-
l'uomo, in una parola, ili poter comuni-
rare i suoi pensieri ad un 2." luogo a qua-
lunqueora del giorno, ilella notte, a qua-
lunque distanza, ed in qualunque tempo,
colla sveltezza e sicurtà, come se ambe-
due le parti corrispondenti parlassero per-
sonalmente insieme. Benché tutloeiòsem-
bri enigmatico, tuttavia egli è riuscito al-
lo studio, alla diligenza e allo spirito del-
l'uomo a'oostri giorni di fai lo mediante il
savio uso del la natura e delle sue forze. Il
progresso in questa scienza è sì rapido, e
per riguardo degli apparati elettro-ma-
gnetici e meccanici sì avanzato,cbea modo
di dire* come dichiara Hubscher,un bam-
bino di 6 o 7 anni, un fanciullo che altro
non abbia appreso se non leggere e scri-
vere, è bastantemente capace di parteci-
pare dispacci ad altre stazioni telegrafi-
che; dice stazioni, perchè uou ad una so-
la, ma bensì a 5, 10,20, e quasi contem-
poraneamente e senza il minimo soccor-
so de'corrispoudenli nelle stazioni inter-
medie: lutto questo può eseguire un fan-
ciullo contine parole di spiegazione, sen-
za aver prima inteso nominare, molto
meno veduto qualsiasi apparato telegra-
fico. Moltissima specie di telegrafi finora
sono stati prodotti, i quali però tutti, da
che esiste la telegrafia elettro-magnetica,
furono posti in dimenticanza, perciò Hùb •
scher nel suo opuscolo appellali ricordò,
a motivo e come di cose non più. a [«pro-
vate dal progresso del nostro secolo. L'u-
so de'telegrali si stende fino a 4^o anni
avanti la nostra era. Allora si servivano
del lume mediaute un corrispondente nu-
mero di fiaccole, colle quali combinava-
no l'alfabeto, lu appresso si fece uso de-
S T R
gli «pecchi, e mediante essi deYaggi del
sole; si adoperò anche il fosfòro e la cal-
ce infuocata, onde provocare un riflesso,
con cui mantenere la corrispondenza. 11
suono venne pur esso applicato in diverse
maniere. Nel 1 j^\) impiegò Chappe il te-
lescopio da una parte,e dall'altra un rego-
latore con diverse braccia nere, nere per
renderle visibilia maggior distauza,essen-
do già noto che il nero contrasta il più
con l'orizzonte. Dopo Chappe nel 1 tqG
Gaus compose un eliotropo consistente in
1 5 specchi, il cui riflesso dal lume del so-
le all'occhio non armato era visibile alla
distanza fino di 3o e più miglia romane,
esi otteneva la corrispondenza (neutre or
l'uno, or l'altro degli specchi si cuopriva
con delle particelle. Dopo Gaus furono
\ illalongue,Gonon e Treutler principal-
mente, che si distinsero nella telegrafia
ottica. Ma a lutti questi era inerente l'in-
comodo, che in tempo nebbioso non vi
era modo di poter provocare l'intelligen-
za. L'esperienze con l'elettricità ottenuta
collostropicciamento, solleva vano più in-
teresse, e promettevano maggior vantag-
gio. Quindi Hùbscher passa successiva-
mente a trattare dell'elettricità, forza gal-
vanica, galvanismo esua origine; della co-
lonna di Volta e suo eiFetto in generale;
dell' elettro-magnetismo, ossia l'effetto
della corrente galvanica, parte la più es-
senziale dell'odierno telegrafo, che chia-
masi apparizione enigmatica, la quale vie-
ne provocata dalla corrente elettrica sul
ferro, facendogli acquistare rigorosamen-
te il magnetismo, ovvero dandogli tem-
poraneamente, oppure costantemente la
proprietà di attirare altro ferro, come se
fosse una vera calamita. All'istante chesul
filo pillare, che inviluppa una verga di
ferro, trascorrela correnteelettrica, il fer-
ro diventa calamita, e perde tale proprie-
tà tosto che la corrente elettrica cessa di
circolare per tale filo. Di questa scoperta
si è debitori al fisico Ampère, che nel 1820
s'occupò principalmente uell' esaminare
Iauatura eia differenza tra il galvanismo
SIR STR 171
e il magnetismo, lodi Hiibscher ragiona legrafo elettromagnetico di Morse, del-
delle 6 diverse batterie, oltre la colonna la macchina che scrive, de'segni combi-
di Volta che non è praticabile ne'telegra- nati come ne fa uso la Svizzera, de'segni
fi, le altre essendolo. Del filo conduttore combinati come ne fa uso la Lombardia,
o telegrafico, distinguendosi 3 specie di del relais, del tasto; delle batterie di co-
conduttori telegrafici: il conduttore sopra municazkmejlocale e deiris veglia tore.Del
Ja terra,estesoneiraria,che perciò è pure traslatore o del relais a contatto doppio,
chiamato filo aereo } il conduttore sotto Del telegrafo di Sloehrer , ultimamente
la terra, o il conduttore di giitla-percha venuto in uso in baviera e in Sassonia,
(o gultata-au, come i dotti dicono diesi e fondato sull'appaiato di Morse. Delle
dovrebbe chiama re la miglior qualità del- regole per la congiunzione degli appara-
la gomma, essendo una stoffa preparata li. Spiegazione de'di versi fili conduttori.
col succo d'un albero: prima del 1 844 il Della congiunzione del tasto col relais,coI-
suo uomeera incognito al comtuercioeu- la macchina che seri ve e collebalteriere-
ropeo, quindi ne fece col conduttore lai/ Iati ve; congiunzione degli apparali di due
piova il prussiano Siemens nel i8'i'-, stazionigli tre stazioni fra loro, di tre sta-
laonde rapido fu lo sviluppo di questo zioni col cambio di linea, di due trasla-
nuovo commercio, e proveniente eia Ja- tori, d'un bureau con de'lraslatori. Ter*
va, Singapore e Malacca nell'Indie, dalla mina l'opuscolo ili Hiibscher coll'appeu-
Cina e altrove); e quello detto il condut- dice, che a dimostrare l'utilità eia bel-
iovesolare. Siccome i conduttori aerei so* lezza del ritrovato di produrre dell'elei-
no esposti alla malignità de'caltivi, che trico, dove e quando si vuole, non che di
ponno romperli, non che all'influenze at- provare il gran progresso o la perfezione
niosferiche, ad esitare tultociò si pensò alla quale siamo giunti nella telegrafìa e-
dicondurreilfilotelegraficoinvisibilmen- lettrice, >i riproducono 3 aiticeli estratti
te all'occhio o sotto la terra, inviluppai»- dai giornali. Adunque dicesi che a Loo-
dosi i conduttori di gotta percha per ri- dia si fece l'importante scoperta d'appli-
pararli dall'umidità e dal contatto della care la corrente elettrica alla produzione
terra; ma in alcuni luoghi alterandosi la della luce e alla fabbricazione de' colori.
gotta-perche, si dovè distendere il Ilio nel- CheGiuseppeGiovanniTremeschin di Vi-
l'ariane! Lombardo- Veneto e in Prussia, cenza artista meccanico dimorante a Scio,
Ragionato Hiibscher delie regole gene- neli8j2 immaginò una macchina pel te-
lali per l'erezione delle liuee telegrafi die legrafo elettrico a trasmissione segreta, lo-
e de'condutfori secondari, spiega alcuni data come preziosa scoperta. Chein Lon-
apparatì, co'quali l'elettricità viene caos- dia apertasi comunicazione telegrafica
baia in forza meccanica, cioè di Lesage con Brusselles, il messaggio fu trasmesso
che nel 1774 costruì un telegrafo di 24 in due minuti e cinquanta secondi, e al
fili, di Lomond neh 787, di Reisser nel termine d' uti tempo eguale fu risposto.
1 794» di Raonellneli 8 1 5, di Soemering Iu altra trasmissione telegrafica aBrusseN
nel 1 8o7,di Schweigger, di Ampère e La les, per la domanda e la risposta furono
Place neli820, di Schilling nel 1 820, di impiegati soli trentotto secondi! Lai. aap-
Steinheil nel 1837, di Bain nel 1 840, di plieazione della elettricità alia corrispon-
W ìieatstone nel 1842, di Bréguetad al- denza telegrafica già era stala fatta nel
fabeto e applicato su linee telegrafiche di maggio deli845 sulla strada da Parigi a
Francia, Germania, Sardegna, Toscana, Uouen. Dopo 7 anni , nella Francia su
ee., ed è basato sul principio dell'elettro- tutti i punti si contavano più di 3o uffici
■Daglielo, o della calamita temporanea, che porgevano al pubblico la facoltà di
provocata dalla correnteeletlrica. Delle corrispondere, da un' estremità all'altra
172 STR STR
del paese,conpari rapidità e certezza. A p- nella circonferenza conteneva le lettere
plicata al servizio delle strade ferrate, la corrispondenti. Era questa tutta la mac-
corrispondenza elettrica fece tosto un ini- china da stampare. Una leggerissima coro-
menso progresso. Mercè di queste cotnu- mozione elettrica basta per regolare il ino-
nica/.ioui, assai più rapide del vapore i- vimeato della ruota; e nel momento in
Messo, la regolarità de'couvogli e la sicu- cui ciascun tasto è premutola lettera cor-
rezza de'viaggiatori si trovarono accerta- rispondente s'imprime all'estremo oppo-
teyper la facilità di ovviare al maggior uu- sto, mentre che contemporaneamente un
iiiero de'sinistri che ponno risultare da si campanello avverte l'uomo incaricato di
formidabili mezzi di trasporto. Ma ponen- raccogliere la notizia. Le comunicazioni
dola telegrafia elettrica a disposizione del si stampano su d'una striscia di carta d'il-
mthblico, il governo francese dotò il pae- limitata lunghezza, e che si può tagliare
se d'un nuovo elemento di ricchezza e di ajpiacere per ottenere una parte della cor-
prosperità. Dopo che la legge de'29 no- rispondenza. L' esperienza provò, che si
\embrei85o, riservando allo stato il pri- potevano imprimere da 80 a 90 lettere
vilegio esclusivo della corrispondenza te- per minuto, e riprodurre i 25 segni del-
legrafica, pose le basi principali a questo l'alfabeto ini 1 secondi! La tipografia ot-
nuovo servizio pubblico; quindi con quel- tenuta è chiara e leggibile, e non peccava
lade'i 7 giugno 1 852 si regolarono le par- che per l'irregolari là delje linee; meouve-
licolarità interne, e specialmente irappor- niente cui si cercò rimediare. Iti tal mo-
ti col pubblico pel ricevimento, trasmis- do, su tutte le linee delle ferrovie, ove so-
sione e consegna de'dispacci, con tulle le no stabiliti telegrafi elettrici, una nuova
guarentigie desiderabili. 11 governo frati- trasmessa dall'uno estremo all'altro del-
cese non indietreggiò a fronte di veruna la linea colla velocità del pensiero, vi ginn-
difficoltà e spesa, per dare alla telegrafia gè non solo bella e- stampata, ma con u-
elettrica gli sviluppi consentiti dallo sta- na semplicissima combinazione può esse-
to delle ferrovie. Quanto più la rete del- re lasciata impressa lungo la via in tut-
le strade ferrate francesi si amplierà, la le le stazioni intermedie. Quando qualun-
telegraiìa elettrica estenderà essa pure le que stato sia solcato da telegrafi elettrici
sue linee di corrispondenza, e ben presto sulle principali linee, un ordine, undispac-
non vi sarà più in Francia località uu pò- ciò importante, può in pochi minuti, in
co importante ove non sia possibile go- tempo minore che quasi non sia necessa-
dere del benefìzio di queste comunicazio- rio per iscriverlo, essere conosciuto, spar-
ili istantanee, non meno preziose per le so e stampato nello stato medesimo. Nel
all'ezioni di famiglia, che per gli aliali di n.°86 del Giornale di Roma deli8j2 vi
commercio e d'industria. Nel 1847 s' ^e" e un articolo sul telegrafo sottomarino
cein Inghilterra l'applicazione d'un DUO- transatlantico, che unirebbe lecoste d'In-
voprocessodi telegrafia elettrica già mes- ghilterra con quelle d'America. Il filodo-
so in uso agli Stati-Uniti d'America, me- vrebbe traversare il mare d'Irlanda, don-
diante il quale le coni u ideazioni si trova- de continuerebbe sott'acqua sino al pun-
no stampate al tempo stesso chesotio tra- to scelto sulla costa dell'America selten-
smesse. Questo telegrafo si compose d'un trionale, probabilmente vicino ad fiali-
solo filo elettrico, invece de'4 che allora fix., percorrendo una strada di oltre
si adoperavano. Ad una dell'estremila si 2000 miglia inglesi. Questo filo ricoper-
pose una specie di tastiera, come quella todi gutta percha, e assicurato altresì del
d'un pianoforte, segnata in ogni tasto con suo rivestimento di canape, che non può
una lettera dell'alfabeto; essa corrispon- essere distrutto dall'acqua, sarebbe fallo
deva all'altro estremo cou una ruota, che calare nel fondo del mare da provetti ma-
STR
rinari nell'epoca più tranquilla dell'esta-
te. Si conosce dall'esperienza che l'elet-
tricità si propaga anche sotl' acqua per
mezzo di (ili metallici, qoandoqnesli sie-
no isolati mediante un rivestimento di
gotta percha. Vi sono delle macchine che
in 3 settimane produssero un (ilo d'otto-
ne di straordinaria grossezza, e lungo i oo
miglia inglesi. Esisteva già il telegrafo sot-
tomarino di Doli vres, che teneva l'Inghil-
terra in comunicazione istantanea colle
principali città d'Europa, sino alle quali
era compita la rete telegrafica. Quando
a questa linea già immensa, fosse aggiun-
to il telegrafo transatlantico, la mela cir-
ca de! mondo sarehhe circondata da que-
sto magico filo, che permetterebbe alla
gazzetta della Nuova Orleans di annun-
ziare quanto fosse avvenuto quella mat-
tina a 8000 miglia di distanza in Italia,
ed a quella della Russia di riferire gli av-
venimenti della scorsa notte nel Messico.
Nel [."giugno i 85?. venne aperto l'uffizio
telegrafico istituitosi a Parma, tanto per
la corrispondenza officiale che per la pri-
vata. La linea telegrafica parmense poi,
essendosi posta in comunicazione median-
te la modenese per Reggio e Modena ver-
so Mantova co'lele^iafi austriaci, venne
cosi posta in comunicazione anche eolla
lega telegrafica austro-tedesca. La telegra-
fia elettromagnetica so prat terranea fu
pure stabilita tra Berlino e Magdeburgo.
Secondo il n.°i24 di detto Giornale, le
piincipali linee telegrafiche della Svizze-
ra si doveauo aprire al commercio e al
pubblico nella fine di luglio, non restan-
do ormai a compiersi che le linee di po-
ca importanza, e che dovendo attraver-
sare monti, presentano maggiori difficol-
tà pel lorostabilimento.il n.°i63delG/o/'-
nale di Roma del 1802 descrive la linea
sotterranea ordinata dal re delle due Si-
cilie, tra Caserta e Capua^ e posta in at-
tivila nel declinare del precedente anno;
quindi il re volle che fosse continuata ver-
so Napoli e Gaeta, con fili sospesi a pali,
auzichè uascosti sotto terra, per poi pro-
S T R 1 t3
seguirla per Terracina. Per questo tro-
valo, che tanto onora l' ingegno umano,
e con tanta prodigiosa celerità ne sparge
i lumi, fra i vari sistemi in uso fu adot-
tato quello di Ilenly di Londra, sì per-
chè esso dispensa dalla continua manu-
tenzione delle pile e dalle spese quotidia-
ne che ne deriva, si perchè essendo esso
a calamita permanente, si può trasmet-
tere un messaggio senza la minima cura
d'alcuno apparecchio. Secondo (ale siste-
ma^ fili di ferro galvanizzati vengono so-
stenuti da pali alti palmi 3o. E da no-
tarsi, che la linea sotterranea da Caserta
a Capua, differente dal sistema che con
poco buon successo si era altrove prati-
cato, ha i fili coperti di gulta-percha in
vece di seta, ed era allora in Europa il
piti lungo tratto di questo genere con fe-
lici risultati. Si notò nel gennaio i S V» le
prove sorprendenti della celerità con cui
furono trasmessi a Milano dispacci tele-
grafici da Londra, Liverpool e Manche-
ster, cioè da Londra in un'ora e 38 mi-
nuti, e dalle due ultime città in un'ora
e4o minuti. Cresce p<>i la sorpresa di tan-
ta velocità e percorrenza d'immenso spa-
zio, quando si rifletta che tali dispacci, su-
perando parte dell'Inghilterra, poi il filo
sottomarino, la Francia, il Belgio e gli
altri stati dell' unione telegrafica austro-
germànica (fondata nel traltatodi Dresda
de*2 5 luglio 1 85oe perfezionata con quel-
lo di V ienna a' 1 4 ottobre 1 S 7 1 ), devono
essere in molli punti dove mancano i tra-
slatori, trasmessi da stazioni intermedie,
donde deriva necessariamente una perdi-
ta di tempo; e che d'altronde tutte que-
ste linee souo mollo occupale pe'dispac-
ci dello stato e de'priviti che s'incrocic-
chiano a centinaia , e che finalmente il
maggior numero di esse non dispone che
d'un solo filo. Perciò risultati ben supe-
riori si otterranno quando sarà dapper-
tutto adottato il sistema di transazione,
cui si deve la diretta corrispondenza che
già da qualche tempo si mantiene fra Mi-
lano e Berlino, e fra tutte le principali cit-
1 74 S T II s T II
là dell'unione austro germanica. E' no- gna la sua traccia a Carlsruhee alimeli-
lo che gli abitanti degli Stati-Uniti ap- sali; di là passa a Stuttgart], a Ulma, ad
plicanoal loro uso particolare tutte lein- Amburgo. Un dispacciodi più linee scrit-
menzioni devolute alla scienza moderna, to a 4 «re di sera a Parigi, arriva coni-
Perciò dal momento che la telegrafia e- piuto prima delle 6 al confine bavarese.
letti tea prese rango fra le scoperte fàcil- Da Ausburgoè trasmesso inAustria, toc-
mente volgarizzabili , i banchieri, nego- cando Monaco, Salisburgo e Vienna. A
zianti, armatori e industriali se ne impa- Salisburgo incomincia la linea telegrafica
di mi ii ono e la posero a profitto per le cor- del la Lombardia pelTi rolo;a Vienna quel -
rispondenze loro personali. Colui che a- la di Trieste, perGratz e Lubiana, lutai
vea il suo gabinello d istante da'magazzi- modo Parigi e Strasburgo sono in comu-
ni, dall'ufficio o dal laboratorio, stabilì sol- nicazione diretta col cuore dell' Austria
lecitamente un filo elettrico fra iduepnn- e coll'Adriatico. 1 grandi centri politici,
ti ne'quali dovea metter capo la sua cor- industriali e commerciali della Germania
rispondenza, e più tardi quel filo si prò- occidentale, centrale, settentrionale eau-
lungo sino al casino di campagna del ca- striaca sono telegraficamente congiunti a
pò della casa, dimodoché col mezzo del Parigi. L'effetto del fluido elettrico divie-
telegrafo elettrico le distanze sono asso- ne magico allorché si pensa che entro 6
lulamenle soppresse. Un industriale di Pa- ore un negoziante di Trieste può cono-
ligi neh 853 ne seguì l'esempio. La sua scere gli arrivi all'Havre, ad Amburgo,
casa di commercio era occupata dalle a Lubecca. Vi sono esempi di conversa-
mercanzie e dagl' impiegati al piano ter- zioni fatte per mezzo del telegrafo, eoa
reno, ali. piano e al 2.°; egli fece slabi- di contratti commercianti, così di arresti
lirei i comunicazioni telegrafiche fraque- di ladri e altre operazioni di polizia. Col
sii 3 piani, e così non devono più salire i. "gennaio i 852 fu attivato l'esercizio dei
ne scendere la scala ogni volta che voglio- telegrafi elettrici negli stali Estensi, e fu
no avere qualche informazione. Lappa- congiunto con tutte le linee della lega te-
recchio è posto sulla stufa in modo che desca-austriaca, indi ebbe progressivo in-
non occupa inutilmente una piazza. Un elemento per l'interesse dello stato e pel
segno di richiamo avverte quando alcu- servizio de'privati. Nel marzo 1 853 la li-
no ha bisogno di servirsi del telegrafo, un nea da Reggio fu prolungata al confine
quadrante alfabetico indica esattamente Parmenseecongiunla a Parma, e poi pro-
la domanda e le risposte. Si spera che in lungata sino a Piacenza pe'dispacci di sta-
breve la telegrafia particolare sarà con- to.ln maggio fu compita la linea daReg-
siderala indispensabile da tutti i capi di gioa Massa, eposta in comunicazione col-
case commerciali. InLondra i fili telegra- le suddette. Finalmente in agosto fu at-
fici co'lubi di ferro collegano fra loro le ti vaia la comunicazione telegrafica fra
cameredel parlamento, il tesoro, l'uffizio Massa eia Toscana, anche a comodo dei
dell'ammiragliato e il palazzo di Buckin- privali. Un'altra linea si dovea aggiunge-
gham. Il telegrafo elettrico tra Londra e re, che dagli stati sardi per Sarzana si u-
JMnrsiglia, per un dispaccio a'2g gennaio nis>eaMassa, da dove si avrebbe pure una
i 853 di 8o e più parole, spedito dalla 2. a 2/ linea di facile comunicazione colla
alla 1 .allea pomeridiane, la risposta giun- Francia e l'Inghilterra; come pursembra
se alle ore 3 (/2. Il trattato internaziona- che potrà eseguirsi la congiunzione delle
le Ira Francia e il granducato di Baden, linee Estensi collo stato pontificio, daMo-
stabilì la comunicazione della telegrafìa dena a Bologna. Questo servigio attivo e
elettrica. La scintilla parte dalle sponde puntualmente continuato di giorno e di
del Reno, e quasi nello stesso mimilo se- notte ne'dominii Estensi, favorisce ezian-
S T R S T R 1 7 ~
dio il compimento eli rilevantissimi affai i s\.\\o. che conduce daCoslanlinopoli nBel-
con sollecitudine, e corrispondendo colla grado. Si avranno dispacci elettrici da
lega tedesca ajjstriaca, dalle stazioni E- Vienna in 3 quarti d'ora, da Parigi in a
stensi si fecero pervenire direttamente di- ore 1/2, e da Londra in 3 die. Questo te-
Spacci a Monaco, Vienna, Dresda, Berli legrafo elettrico dovrà essere finito nel-
110 e altri principali luoghi della lega. In l'estate r8§5. A poro a poco che la te»
pari lempo si propose la comunicazione legrafia si diffuse in grandi estensioni, non
tiu cita tra Malia e Londra, per mezzo di I mancai accennarlo negli articoli degli sia-
telegrafo sottomarino, die il governo di ti in cui fu introdotta, e nelle città di sta-
Sai degna era sul punto di stabilire tra la zinne e ulhzio centrale. Notai a Roma, che
Spezia e Cagliari per la via della Corsica, il ministro de'lavori pubblici a'20 agoslo
esarà condotto sino nell'Algeria, e da Bo- 1 852 annunziò,! he il Papa P10I \ rigua'r-
naa Malta con vantaggi immensi. Neln ° dando come utile scoperta quella de'le-
178 del Giornale di Roma deli 853, vi legrafi elettrici, ordinò gli sludi necessari
è la descrizione della relè telegrafica del- per introdurli nello slato pontifìcio, quin-
ci o> pero Austriaco, compresi i domimi di prese disposizioni per la continuazione
d'Italia, Venezia e Verona. Un dispaccio della linea del limitrofo regno d'Italia da
partito da Parigi a 1 1 ore a'26 ottobre Terracina a Roma, per quindi attraver-
1 853, arrivò a Londra in due minuti! Il sando il rimanente dello stato, andare a
governo francese, come altri, più volle a v- raggiungere le linee già stabilite nell'al-
vei ti il pubblico che non era responsabi- ta Italia. .\e'n.'22i e 224 del Giornale
le delle notizie trasmesse dalla corrispon- di Roma del 18 53, si riferisce che ani 1
(lenza telegrafica privala, alla quale lascia vasi ad attivare la progettala comunica-
la più grande latitudine; ma ordinò di zione di Roma con Napoli mediantelinea
procedere contro gli autori de' dispacci telegrafica, e quella effettuata di bolo-
falsi o tali da turbale la pace pubblica, gna con Modena, e coll'inliera linea de-
eda favorire illecite speculazioni. La ina- gli uffizi telegrafici, che con essa sono in
lizia dell'uomo ha voluto abusare anche corrispondenza, ad istanza di mg.r Gras-
della novella telegrafia, ch'è pure una del- sellini pro-legato di Bologna. Lo slabili-
lc più stupende e più proficue conquiste mento del telegrafo elettrico a Bologna
di Ile scienze fisiche. Si può vedere (pian- per mettersi in comunicazione con Mo-
to declamò la Civiltà cattolica, 2." serie, dena, porla pure quella coll'alta Italia e
t. 4) p. 4^7, sulla fallacia di molti dispac- aiichecollaGerniania.Pei l'attuazione del
ci telegrafici, a spauracchio de'semplici, rapidissimo mezzo di corrispondenza da
ed a vantaggio de'traflicanti delle borse e Roma a'eonfini napoletani, le due capi -
de'turbolenti. Verso il settembre 1 854 'a laliRoraaeNapoli saranno poste in sì stret-
costruzione del telegrafo della Romelia ta relazione, da potersi in pochi minuti
fu decisa e conclusa per4ooo milioni di comunicare reciprocamente qualunque
piastre (arche. Questo telegrafo saia e- notizia, sia a comodo decine governi, sia
lettrico e partirà dalla Porla Ottomana de'parlicolari. Riporta il n.°233 del d'or-
ili Costantinopoli, proseguendo per A- naie di Roma deli 853, che il Papa sire-
drianopoli,Filippopoli, Sofia, Nesh,sino co ai 3 ottobre alla chiesa di s. Sebastia-
a Belgrado della Servia ed entro la for- no situala sulla via Appia a 3 miglia da
tezza slessa. Tulle queste stazioni inler- Pioma, indi con alcuni cardinali e col mi-
mediesaranno stabilite ne'palazzi gover- nistro del commercio e lavori pubblici,
nativi. Un'altra linea telegrafica [tarlila e il commend. Canina, passò nel vicino
da Adi ianopoli per Sentitila; e tutti i fili luogo, ove ebbe principio il suddescrit-
conduttori seguiranno la gran strada pò- tu scuoprimeulo e restauro della via Ap-
i76 STR
pio,cIie protraesi fino làdo ve sorgeva l'nn-
lica città di Boville, per una estensione
ili piùd'8 migliarsi congiungecolla stra-
da d'Albano, già stabilita sul suolo della
stessa antica via Appia. Percorse a piedi
più die due miglia, cioè dal 4-° fi 6.° mi-
glio, osservando tutti i monumenti anti-
chi ivi discoperti, l'esposizione e il loro
ristabilimento con tanto vantaggio della
storia e delle arti. Giunto aCasal Rotondo,
che si considera il più grande e più nobile
tra'monumenti compresi nella via, attri-
buendosene la principalecostruzioneal ri-
cordato M.V. MessalinoCotla,pel sepol-
cro del suo genitore Messala Corvino, ri-
montò in carrozza. Restituitosi ove fu in-
cominciato Io scuoprimento della strada,
fermossi in una casa espressamente ac-
comodata per assistere al i .° esperimento
diesi fece della linea telegrafica di recen-
te stabilita fra Roma eTerracina in una
estensione di 68 miglia, e portata a se-
guire per gran parte la via Appia. 11 Pa-
pa volle far trasmettere alcune domande
alla stazione di Terracina, e si ebbeistan-
tanea risposta ; onde si degnò esternare la
sua soddisfazione al ministro commeud.
Jacobini e all'ingegnere Salvatori, al qua-
le sì esperto nella telegrafia studiata nel-
le principali stazioni d'Europa, volle il go-
verno affidata la direzione delle linee te-
legrafiche dello stato pontifìcio. Nel n.°
6i del Giornale di Roma deli 5 marzo
i853 si legge, che in seguito alla conven-
zione conclusa tra l'Austria e il Piemon-
te a'28 settembre 1 853, erano slate con-
giunte le rispettive linee telegrafiche dei
nominati governi presso il confine austro-
sardo in Bnlfalora, e per tal guisa trova-
si ancora il telegrafo pontificio di Bolo-
gna in diretta comunicazione telegrafica
col Piemonte per la via di Milano. Il n.°
78 poi dello stesso Giornale notifica il
pubblicato a Bologna a' 2 7 marzo, cioè
che il governo pontificio per rendere più
vantaggioso al pubblico il servizio tele-
grafico avea concordato col governo E-
slense d'adottare le massime d'una con-
STR
menzione suppletoria della lega tedesca-
austriaca, attivata al principio del cor-
rente anno, in forza di che anco presso
di noi da ora in avanti è concesso di por-
tare a 25, anziché a 20, il numero delle
parole d'un dispaccio semplice senza al-
terazione di tassa, come pure di parifi-
care la tassa per la spedizione de'dispac-
ci di notte a quella di giorno. Ora si dà
opera percostruire la linea telegrafica tra
Bologna e Roma. Nel n.°2 2 3 del dor-
ila le di Roma del i854,si pubblicò la con-
venzione conclusa a'27 giugno tra il Pa-
pa e il re delle due Sicilie, per regolare
le corrispondenze telegrafiche fra i due li-
mitrofi stati, con tariffe uniformi e iden-
tici regolamenti.
STRADE DI ROMA. F. Strada.
STRADE FERRATE, ILLUMINA-
ZIONE A GAZ, TELEGRAFI. Fedi
Strada.
STRAMINIAC. V. Cremieu.
STRASBU RGOoARGENTIN k{Ar-
gentoraten). Città con residenza vescovi-
le e piazza forte di Francia, grande e bel-
la, capoluogo del dipartimento del Bas-
so Reno, di circondario e di 4 cantoni, a
22 leghe da Basilea, 3 oda Nancy, 37 da
Magonza eio5 da Parigi, in vasta, ame-
na e pingue pianura siili' III, alquanto
sotto al confluente della Bruche, presso
la sponda sinistra del R.eno. E pure ca-
poluogo dell'accademia universitaria, se-
de delle autorità e di quelle della 5.n di-
visione militare e della 4-* divisione de-
gli argini e ponti, con tribunale d'u.'i-
stanza, del tribunale, camera e borsa del
commercio, della direzione e sotto dire-
zione d'artiglieria, delle direzioni de! ge-
nio, delle dogane, de'demani e delle con-
tribuzioni dirette e indirette, conserva-
zione dell' ipoteche, ispezione forestale,
concistoro generale pe' protestanti della
confessione augustana, depositi di tabac-
chi e polveri della zecca BB. Questa cit-
tà, di forma irregolarissima e allungata,
chiusa da una cinta bastionata con fossi,
preceduta da un gran numero d' opere
ST R
esterne che accrescono !e difese, è in-
terrotta da 7 porte, cioè Bianca, Saver-
na, Pietra o Haguenau, Giudici, Pesca-
tori, Delfina, Ospedale. All'estremità o-
i -'tentale trovasi la cittadella composta di
5 bastioni, e costruita da Vauban, e le
cui opere si distendono sino al Pieno, che
in quel punto si varca sopra il celebre pon-
te di battelli detto di Rehl, lungo quasi
un quarto di lega ; le porte Bianca e di
Pietra essendo inoltre difese da partico-
lari ridotti. Kehl è una città con 8 leghe
di territorio, già spettante al dominio so-
vrano del vescovato d'Argentina, poi ce-
duta al granducato di Baden, segnando
la metà del ponte il confine tra esso e la
Francia : la famosa fortezza di Kehl fu
demolita nel i 8o i ,ed era stata eretta nel
1 688 da Vauban perdifendereStrasbur-
go. Il fiume 111, che penetra uella città pel
sud- ovest, attraversando una gran chiu-
sa di fortificazione col mezzo della quale
si ponno- mondare tutti i dintorni, divi-
desi tosto in più rami che corrono in di-
verse direzioni, e lungo i quali domina-
no alcuni tratti di riviera,e n'esce al nord-
est dopo di averli di nuovo tutti ricon-
giunti: il più importante de'quali brac-
ci, cui attraversano in gran numero pon-
ti di legno e di pietra, porta il nome di
Bruche in tutto il suo corso eh' è navi-
gabile; innaffiando esso le parti meridio-
nale e orientala della citlà, ed accoglien-
do per la destra il canale del Reno che
dà a Strasburgo una comunicazione di-
retta con questo fiume; nel centro scor-
re in parte chiuso tra le abitazioni.il Fos-
so de'Conciatori, utilissimo per le con-
cie e opifizi stabiliti sulle sue sponde. Ve-
duta di lontano Strasburgo, dominata
dall'alta e maestosa sua cattedrale, pre-
senta un aspetto imponente: vi si conta-
no più di 260 vie, generalmente strette
e tortuose, ad eccezione d'alcune, come
la via Grande e quella del Mercato del
pesce, che sono larghe e ben ornate, ed
assai grande quantità di piazze pubbli-
che, tra le quali dévesi citare per la sua
VOL. LXX.
STR 177
ampiezza la piazza d' Armi, adorna di
piantagioni; le case altissime e molto be-
ne fabbricate di pietra, nel gusto tedesco
antico, e con pietra rossiccia delle vicine
cave, vengono quotidianamente sostitui-
te da costruzioni di stile moderno. Pa-
recchi edifizi distinguono questa città, e
principalmente la cattedrale o chiesa di
Nostra Donna, vasto monumento di gu-
sto gotico, del quale ammirasi I' altezza
e la solidità, i prospetti laterali, notabili
per le sculture,e il prospetto maggiore di
160 piedi di faccia, decoralo da una bel-
la rosa e da un'infinità di graziose scul-
ture, e fiancheggiato da due grosse torri
quadrale, una delle quali, a sinistra, so-
stiene la guglia di pietra tagliata a gior-
no,di lavoro sommamente delicato e che
ha fama di capolavoro per arditezza e
leggerezza, alla più di 4">o piedi. L'in-
terno di questo tempio presenta una va-
sta nave, con navi minori a'Iati, cui ac-
compagnano numerose cappelle, un co-
ro riccamente ornato, e un monumento
ad onore diGio. Battista Rleber diSlras-
burgo, generale supremo dell'esercito
francese condotto da Honaparle in Egit-
to, edivi morto a' i>4 giugno 1 800 (ove
e nel Cairo sul terrazzo della casa posta
nella piazza d'Esbekich in cui fu ucciso,
s'innalzò altro funebre monumento dai
francesi che vi dimorano, cioè il suo se-
mibusto sopra colonna di granito con in-
scrizione, sovrastata da marmoreo me-
daglione chiuso da fronde d'alloro, nel
quale si scolpirono le principali vittorie
da lui riportate).NeU'aladestra della cro-
ciera trovasi il famoso orologio mecca-
nico così curioso per la quantilàdellesue
macchine che segnano il moto delle co-
stellazioni. Cancellieri descrive l'orologio
pubblico di Strasburgo, nelle sue Cam-
pane, campanili e orologi, a p. 77. Ri-
ferisce che inStrasburgo si ammira lason-
tuosissitna torre iucominciata nel 1277
e terminata 28 anni dopo, alta 574 pie-
di geometrici, e a cui si ascende per 8 sca-
le, altri dicono 635 gradini. Questo oro-
12
,78 STK
Jogio è ornalo di varie figure clic coni-
poliscono secondo le diverse festività del-
l'anno, al suono delie ore, prima del qua-
le escono due angeli che fanno un con-
certo colle trombe. Dopo il suono delle
ore, un gallo clic sia sulla cima dell'oro-
logio,sbatte le ali con istrepitoe poi can-
ta due volle. Si dice da alcuni, che JNi-
colò Copernico neli54o sia stalo l'auto-
re di cpieslo lavoro, dopo il quale fu ae
ciecato, perchè non potesse piìi farcii con-
simile in altro luogo. INI a Pietro Gassen-
do,che ne scrisse la vita, affatto non paria
di questo tragico fine, che certamente a-
V rebbe riferito se fosse sialo vero. Descris-
sero l'orologio di Strasburgo, G. Brau-
no 1. 1 , p. 33; C. Rap&oék>iDescriptia iw-
rologii Argentinensis, Argentorati i 578;
G. Xylaiidro, Schtdiasma de astronomi
co horologioAtgeiitoralensijAigenìuva-
lii575. Le prime fondamenta della su-
perba cattedrale di Strasburgo furono
geliate verso il 5o4 dal re Clodoveo 1,
cioè una cappella sotterranea con chiesa
di legno, ed alla quale lece doni ragguar-
devoli Dagoberlo 1 in principio del seco-
lo VII; indi sul cadere del seguenleCarlo
Magno fece fabbricare in pietra il coro,
tuttora esistente; ma tranne quest'ulti-
ma parte, un terribile incendio consumò
interamente l'antico tempio nel 1002,
disastro cagionalo dalle truppe di Er-
manno duca di Svezia e d'Alsazia, e fu
poi totalmente distrullo da' fulmini nel
1007. Werneroo Yerinai io conte d'Abs-
buigo, edificatore del castello omonimo
(per cui ne parlerò all'articolo Svizze-
ra nel cantone lYArgovia, ove trovasi
il castello d' Ilahsburg), allora vesco-
vo d'Argentina, volendo erigere un edi-
lizio più bello ancora, nel 101 5 fece in-
cominciare da 'fondamenti quello che sus-
siste, che fu lermiualo nei] 275,e la gran
Ione nel seguente anno principiata dal
vosco voCor rado diLeichtemberg per l'ar-
chitulto Ervin diSleinbach,e col suo di-
segno da Giovanni IIulz di Colonia ven-
ne compita soltanto nel 1 43q o nel i4^9-
S T R
Neil' Album di Roma t. 2,p. ino si de-
scrive la cattedrale di Strasburgo, e si l'i»
porla il disegno del prospetto esterno.Ne
darò un estratto. 11 campauile o torre di
Strasburgo, come notai a Campanile, è
il più alto di tutti gli edifizi conosciuti,
tranne la gran piramide più alta d'Egit-
to, che solo l'eccede di 12 piedi e 4 iìoI li-
ei, alili dicono di 3o piedi: l'altezza della
torre somma a piii di 436 piedi parigini,
secoudoallri.La suaaltezza èdi 142 me-
tri e 1 1 centimetri, o^sia ^?>rj piedi e mez-
zOjSecondo le ultime precise misure. Dalla
base alla portentosa sommila si contano
635 gradini. La facciata della chiesa ha
5 piani. Il 1 ."termina al di sopra depor-
tici, che sono ornati da un'infinità di fi-
gure rappresentanti diversi soggetti sa-
gri: al confine di esso si vedono le statue
equestri di Clodoveo 1, Dagoberlo I, Ro-
dolfo 1 cl'llabsburg e di Luigi XIV. Le
prime 3 furono erette nel 1 29 1 , l'ultima
vi si poseultimainente.il 2.0 piano si com-
pone del rosone a vetri colora ti, la cui cir-
conferenza esterna è diiSo piedi, ed ha
due gallerie laterali. Al disopra del ro-
sone sono le nicchie in cui esistevano le
Statile del Salvatore, della 13. Vergìnee
de' A 11 Apostoli. Le cornici della galleria
a destra sono coperte d' una quantità di
orride figure, rappresentanti demomi e
stregoni: nella parie sinistra vedesi una
statua antica rappresentauteErcole, tro-
vata negli scavi dell'antico tempio, sulle
cui rovine è fondata la cattedrale e dove
era anche un bosco sagro. 11 3.° ripiano
dell'edilìzio è occupato dal campanile e
termina in piattono ve comincia il 4-°pia-
110: ivi s'innalza la torre, vera meravi-
glia d'arte per l'ardila sua costruzione,
eleganza e leggiadria. Essa è traforata dal-
l'alto in L'asso, e sostenuta dalla sola co-
sti uzione a mattoni de'suoi angoli. Tutta
1 elevazione di questo piano è circondata
da 4 torrette esagone forate in ogni par-
te, e contenenti scalette a chiocciola; la
comunicazione colla torre è praticala per
mezzo di ponti in pietra' pianai II 5.° ri-
STR STR i79
piano è formato dalla pnnia a piramide riti trio, clic gli fece comprendere, essere
ottagonaic,e contiene 8 scale poste nelle mi \ vera vocazione <li regnare saviamen-
piccole torrette fiancheggiami la pirami- te e di santificarsi sul trouo. Allora l'ini
deslessa: nella parte superiore trovasi ia peratore onorò la cattedrale con molli
lanterna, la cotona, la rosa, e finalmente presenti, e pel gran bene die ad essa egli
s'innalza la croce terminala con una pie- lece, dissero gli storici di sua vita, che tu
tra ottagono, chiamala il bottone. Si re- il restauratore del vescovato ili Slrasbur-
sta più che attoniti e quasi spaventali se- go. Accrebbe le rendite de'suoì canoni*
guendo collo sguardo l'audace curioso, cali, e vi fondò eziandio, per far perpetua
che s'induce ad ascendere lino a lale pe- la sua divozione, un canonicato ili ricca
rieolosa elevazione. L'orologio di Stras- prebenda, per quello che facesse in suo
borgo è slato considerato come la 3. 'del le nome il servigio divino. Al cominciare del
7 meraviglie di Germania, delle (piali la secolo XIII, quando i canonici nobili si
tot reoccupava il i. "rango. Secondo X Al- separarono da quelli che non lo erano,
bina questo lavoro rimonta al i 07 1 ,uieu- l'imperiale fonda/ione divenne una pre-
Ire Cancellieri dice che Copernico morì benda ilei gran coro, sotto il titolo di ore-
nel i543. Rappresentava le rivoluzioni benda citi re. del coro. Dopo detta epoca
celesti, le fasi della luna, i movimenti dei non la conferirono più gl'imperatori, ina
pianeti e di talune costellazioni; ma il lu propria del gran preposto: il litolare
meccanismo è già da gran tempo disor- di essa ha il 1 .° luogo nel coro, ma nelle
dinato. L'ab. Grandidier ne' suoi Saggi assemblee del gran coro non prende se
storici e topografici sulla chiesa calle- non quello che risponde alla sua anzia-
dt (de di Strasburgo, fece conoscere le di- aita; egli esercita le funzioni di vice-de-
verse vicende, alle quali andò soggetto cono, in assenza del gran decano. A Ini
questo celebre edilizio dopo la sua erezio- era riserbata pure l' ufficiatura in certe
ne, ritenuto per uno de'più belli e son- feste solenni, com'era al vescovo, al gran
I itosi d'Europa. Il capitolo della cattedra- preposto e al gran decano. La sud dettase-
le si compoue della dignità del decano e parazione formò uella cattedrale diStras-
di 8 canonici, di 2q canonici onorari, e burgo que' due corpi deferenti e parti-
di altri preti e chierici addetti al servi- colati, che si chiamarono il gran capi-
lo divino. Essendovi il baltisterio e la toh e il gran coro, ed alcune particola-
cura d'anime, un canonico capitolare n'è rità intorno ambedue le riportai a Coro.
il parroco. L'antico e celebre capitolo si Oltre la cattedrale eranvi in passato due
formava di 1 \ nubilissimi canonici, tra i collegiate in Strasburgo, quella di s. Pie-
quali un 3.° etano francesi: 12 erano ca* tro il giovane, e quella di s. Pietro il vec-
pitolari e 1 2 domiciliari; i soli capitolari chio: i canonici di questo capitolo occu-
avéanc entrata e voce nel capitolo, ed e- pa vano il coro, ed i luterani la nave nelle
leggevano il principe vescovo. L'impera- due chiese. Era vi una 3.a collegiata, che
tores.Enrico II, edificato nello 12 in ve* fu restituita acattolici neliG8(5, quella
deie nella cattedrale la mirabile coni- cioè d'Ognissanti, situata io UDO de'sob-
postezza colla quale i canonici, detti al- borghi. Al presente e secondo l' ultima
loia frati di s. Mona, celebravano rulli- proposizione concistoriale, vi sono 7 altre
zio divino, il bell'ordine che vi si ossei- chiese parrocchiali munite del fonte sa-
«ava e la decorosa maestà che regnava grò, due ospedali, il monte di pietà, due
nel santuario, concepì il divisamente di seminari, uuodcnouùnutograndeconcir-
ìinuuziare la corona e ritirarsi presso i cai2o alunni, l'alito detto piccolo con
canonici, l'ero da questa disegno fu ri- quasi 1 00 alunni. L'episcopio è aoiplissi-
tratto dalle rimostranze del vescovo Ve- ino, egregiamente ornato, 1 00 passi indi'
i8o STI;
ca distante dalla cattedrale. Un tempo vi
furono i canonici regolari di Lorena, i ge-
suiti che aveano il collegio e il seminario
vescovile, i cappuccini, le domenicane,
quelle della Visi tazione,e quelle della con-
gregazione. Notasi inoltre a Strasburgo il
tempio luterano di S.Tommaso, che rac-
chi ude il mausoleo del famoso conteM a u-
riziomaresciallo di Sassonia, opera di Pi-
galle, e quelli di Schoepflin, Oberlinoe
Koch; il tempio nuovo, dove s'ammira
quello di D. Dlessig; l'antico castello re-
gio, che ha un bel terrazzo sulla Bruche;
il palazzo della prefettura, quello della
città, la dogana, il palazzo della ragio-
ne, i granai pubblici; il teatro nazionale
adorno di un periglilo formato da 6 co-
lonne ioniche, e il cui interno è spazioso
ed deca nte.e che trae 2 rande a meni la da 1-
la sua posizione in faccia al bel passeg-
gio del Broglio che fiancheggia il Fosso
de'Conciatori, e da numerose statue de-
corato^ parecchi palazzi particolari. Gli
spalti piantati d'alberi, la spianata della
cittadella, la Robertsau situata fuori di
porta Pescatori, e le isole del Pieno, sopra
tipa d-elle quali vedesi un obelisco eretto
alla memoria di Desaix, offrono pure gra-
devoli passeggi. Strasburgo possiede, ol-
tre le ricordate chiese cattoliche, 7 tem-
pli luterani ed uno calvinista, la sinagoga
concistoriale degli ebrei, il ginnasio dei
protestanti, la facoltà di teologia per la
Confessione Augustana, le facoltà di di-
ritto, di medicina, delle scienze e delle let-
tere, una classe normale per formare i-
Sti tutori, scuole d'ostetricia e speciale di
farmacia, di disegno, collegio regio che
possiede una collezione di strumenti di
fisica, museo, gabinetto d'anatomia, os-
servatorio,giardino botanico dove si fan-
no de'corsi studiosi, biblioteca pubblica
con circa 60,000 volumi, società accade-
mica che distribuisce premi, società d'a-
gricoltura, delle scienze e delle arti, bi-
blica protestante, associazione che ha per
oggeltod'aiutare i giovani ch'escono dal-
le carceri, ed i quali nel corso della de-
ST R
tenzionenvesserodatoprovedi vero pen-
timento; de'bagni pubblici, arsenale ma-
gnilicocheracchiiide la scuola d'artiglie-
ria e la fonderia di cannoni, vaste e belle
caserme per la fanteria, cavalleria e arti-
glieria. Tre ospizi civili, uno de'quali pei
trovalelliealtropegli orfani; carcere mi-
litare, case di detenzione e d'arresto, di
correzione e de'pazzi, ed il deposito regio
degli stalloni. Attivissima è l'industria,
con fabbriche fìorentissime d' crificeria
in oro e gioie rinomata, bottoni di me-
tallo,amido, allume, acido solforico, bian-
co di cerusa, acciaio, sapone, coltellame,
spille, vasellame di ferro fuso, smalto,
porcellana, maiolica, refe, tessuti metal-
lici, berrettame, velluti denominati mo-
chetta, arazzi grossolani, stoffe di lana e
di cotone, flanellestarapate, teleda vele,
tele incerate, tappezzerie, pellami, cap-
pelli anche di paglia, carte dipinte, co-
rami, marocchini e altro; non che fila-
toi, tintorie, concie, fabbriche di birra,
stamperie importanti, fornacijfucine, fon-
derie di caratteri da stampa, raffineria di
zuccaro, manifattura regia di tabacchi.
Si vantano i pasticci di fegato grassi di
Strasburgo. I copiosi prodotti di questa
città nelle manifatture, e soprattutto la
sua eccellente situazione che ne fa l'em-
porio e un deposito naturale tra laFran-
eia, la Svizzera, la Germania, l'Olanda
e l'Italia, danno motivo ad un commer-
cio considerabile di transito e di depositi,
favorito singolarmente dal Reno, che a-
pre sbocchi col mare del Nord pel cana-
le del Rodano al R.eno,che comunica col
Mediterraneo e l'Atlantico; e belle stra-
de partono per tutte le direzioni. Vi si
fa gran traffico de'prodotti del territorio,
essendo il commercio librario altro ra-
mo importante di Strasburgo, dove si
tengono 4 annue fiereassai ragguardevo-
li efrequentatissimeda'tedeschi. Patria di
molti illustri, ricorderò Guglielmo Buwr
pittore e incisore, Giovanni Mentel ce-
lebre stampatore, Pietro Schoefler che
lavorando in cerca o ne' primi esperi»
S T R S T R 1 8 1
menti della stampa a Magonza con Gio- disco clorato a raggirile figura il. sole, Tal-
vanni Faust e Giovanni Guttemberg, in- tro ila un piccolo globo di colore argen-
veutònel (45ole lettere mobili. Deprimi tino da una parte e nero dall'altra, rap-
sperimenti fatti da Guttemberg a Stras- presentante la luna, e le dimensioni di
borgo nell'invenzione della stampa, ed questi due astri sono in rapporto esalto
ove pose la [/stamperia ovvero a Magon- colla loro media grandezza a ppa re irte; ciò
za, meglio parlai a Stampa, con quanto ch'era indispensabile per renderli atti a
vantano Magonza e Strasburgo suli.°in- figurare il fenomeno di una eclissi. Que-
venirne della stampa e caratteri mobili, sta piccola luna, il cui diametro eguaglia
Come Magonza innalzò una statua aGut- appena un mezzo centimetro, e die co-
lemberg, altrettanto fece Strasburgo, la menonsi muovene'cieIi,così nonsi muo-
cui solenne inaugurazione con pompa vesulquadranle,che in un'orbita circola-
graudissima si celebrò a'20 giugno 1840. re, questa piccola lima della grandezza di
f\'e fu scultore il franceseDavid d'Angers, una pillola, fu veduta nellostesso giorno,
una delle celebrità artistiche di Francia, al minuto, al secondo indicato da Finck,
La popolazione supera i 60,000 abitan- avvicinarsi al disco non meno grazioso
ti, meta cattolici e metà protestanti, etra del sole di Schwilguè, velarne da prima
i quali sono egualmente in uso la lingua una piccola parte, poi una più grande,
francese e la tedesca, la quale ultima è la e finalmente raggiungere il lembo oppo-
propria degli artigiani. In occasione del- sto, in concordanza perfetta colle fasi del-
l'eclissi deli 85 1 si parlò molto dell'oro- la eclissi reale. Mediante la proiezione
logio astronomico diStrasburgo,come nel ipotetica delle linee tangenti il corpo lu-
n.°i8q del Giornale di Iioma(ìe\ i852, naie, si poteva determinare benissimo la
e nel f. 18, n.° 26 dell'Album di Roma, zona dell'emisfero, in cui si è potuto ve-
li meraviglioso orologio di Schwilguè fu dere lo spettacolo dell'eclissi totale. Una
idealo e costruito con tanta arte e preci- folla di curiosi si accalcò nel vestibolo del-
sione da riprodurre visibilmente co'moti la cattedrale, in cui non si udirono die
de'suoi ingegni, non solo l'ordinaria sue- esclamazioni di meraviglia e di gioia, al-
cessionedelle variazioni del tempo, el'ap- l'aspetto di questo mirabile risultamento
parente corso degli astri, ma benanche d'un doppio sforzo dell j spirito umano,
i fenomeni eccezionali, e le più delicate e dell'autore di quell'apparecchio meo-
perturbazioni de'loro movimenti. Era un canico. Gli stranieri principalmente feli-
fatto d'infinita singolarità l'osservare la citarono Schwilguè, modesto e sapiente
congiunzione astronomica del 28 luglio che arricchì Strasburgo di sì iucompa-
1 8 j 1 ,che dovea manifestarsi in propor- labile capo d'opera,
zioni per cos'i dire microscopiche sopra La fondazione di questa città, che pri-
llilo de'quadianli dell'orologio della cat- ma della rivoluzione era la capitale del-
tediale, nello stesso tempo e nello stesso . l'Alsazia e in particolare della Bassa- Al*
modo che si produceva nell' immensità sazia, si attribuisce ai romani, che No-
dello spazio.Nel mezzo del quadrantecen- nalzarono per difendere l'ingresso delle
trale interno, destinato alle indicazioni Gallie a'germani,e ne fecero una piazza
del calendario e del tempo apparente, è importante cui diedero il nome d' Ar-
figurato, come si sa, il globo terrestre, 0- genloratum , e dove stabilirono un arse-
rientato col meridiano di Strasburgo, e naie considerabile; i tribochi, popoli dei-
che per tal modo espone agli sguardi tut- la Gallia Celtica, ne occuparono allora
ti i paesi situati sul suo emisfero setten- il territorio, che i conquistatori poi com-
triouale. Intorno a questo globo si mino- presero nella i." Germanica. Respinti più
vouo due indici, leiuiinati 1' uuo da uu volte oltre il Reno, sotto Giuliano, Già-
182 S T R
siano e Massimo, pervennero i germani
alla fine a impadronirsi del paese ed a
inantenervisi sino al regno di Clodoveo I,
che ributtatili di là del fiume, riunì Av-
gentoratum a'suoi slati. Ebbe più tardi
a dipendere questa città dalla Francia o-
rienlale o Auslrasia, ma per la spartizio-
ne del regno tra'figli di Lodovico I il Pio,
passò a Lotario I e Idea parte della Lo-
rena.Si crede che verso il Vrsecolò pren-
desse questa città il nume di Strasbur-
go, che noi italiani continuammo a chia-
mare /4rgentinatdaì suo nome latino. Do-
po la morte di Luigi IV re di Francia,
cadde al principio del secolo X in potere
degl'imperatori di Germania, e si trovò
compresa nel circolo dell Allo- Reno; ot-
tenuti in progresso grandi privilegi, di-
venne città libera e imperiale, e si resse
da se a comune, il suo vescovo portando
il titolo di principe dei sagro impero. Nel
i 34 <) vi regnò una grande mortalità pe-
stilenziale, che attribuendosi a' sortilegi
degli ebrei, se ne bruciarono di que'scia-
gmatipiùdi 200. Narrai alJROTESTANTi,
che essendosi introdotta in Strasburgo
l'eresia ài? Luterani t la città infelicemen-
te ne abbracciò la pretesa erronea ritor-
ma. Laonde nella dieta di Spira fu Ar-
gentina una di quelle città che protesta-
rono contro il decreto diWorms che ar-
restava l'errore, per la qual protesta i lu-
teranisi chiamarono protestanti. Indi gli
eretici cacciarono dalla città il vescovo
ed il capitolo. Nel 1 68 1 la città si sotto-
pose volontariamente a Luigi XIV redi
Francia, ch'erasi alcuni anni prima im-
padronito dell'Alsazia, e vi fece il suo so-
lenne ingresso a'23 ottobre: cosi tornò
allora alla Francia, da cui era stata da
sì gran tempo dismembrata ; quel mo-
narca ne ingrandì molto il recinto e la
circondò di fortificazioni che la resero una
delle più forti piazze dell'Europa. Luigi
XIV ristabilì quindi nella cattedrale l'e-
sercizio della religione cattolica, ch'era
stata abolita neh 52 q nel l'adotta re il lu-
teranismo,ripristinaudo il vescovo e i ca-
S T l;
nonici. Patì incendi, ed il più violento ac-
cadde nel 120.8; soffri pure varie scosse
di terremoto, e le pi ìi forti furono nel
1 289, nel 1 356, nel 1 35 7, ed a'3 agosto
1728, che desolarono la città. La sede
vescovile fu eretta nel IV secolo, ed ili.0
vescovo fu s. Amando apostolo dell'Al-
sazia, provincia in origine della Germa-
nia, che assistette nel 346 al concilio di
Colonia. Altri santi illustrarono la sede
vescovile di Strasburgo, cioè s. Massimi-
nò, s. Arbogaslo che nel 6?3 successe a
botario, e nel 678 gli fu sostituito s. Fio-
renzo, indi s. Remigio, e quegli altri ri-
portati nel 1. 1 della Storia d' Alemagna.
Avendo Papa s. Zaccaria approvala l'e-
iezione fatta da s. Bonifacio apostolo di
Germania di Magonza (F-) in metropo-
li, tra'vescovati che dichiarò suffragane!
vi fu compreso questo di Strasburgo. Fu
celebre la commenda gerosolimilana-del-
l'Isola Verde di Strasburgo, fuori delle
mura della città, con chiesa della ss. Tri-
nità, il cui commendatore avea l'uso del-
la mitra, del pastorale e degli altri orna-
menti pontificali, per concessione di Cle-
mente Vili neli5c)6. L'istituzione pri-
maria risale al 1 i5o per opera di Ver-
nerò maresciallo d'Uneburgo, il quale co-
me potente avendo recato molti mali ai
cittadini, pentitosi e convertitosi a Dio,
si riconciliò con essi, ottenne da loro il
luogo detto Isola \ erde, ed in questue-
seguì la fondazione della chiesa. Questa
fu tralasciata d'uffiziarsi neli367, e ca-
duta in rovina, Rusmano Mersvino no-
bile di Strasburgo la comprò, riedificò
• e vi pose colle debite licenze 4 sacerdoti
pel servigiodi vino. Dopo qualche tempo
la donò all'ordine gerosolimitano, con
patto che alcuni suoi cappellani conti-
nuamente vi celebrassero i divini uffizi.
Dipoi Rusmano fabbricò la chiesa di s.
Ciò. Battista, e l'aggiunse a quella della
ss. Trinità, onde il gran priore diBruns-
berga Corrado scelse per sua dimora l'I-
sola Verde, ne divenne il principal bene-
laltore con assegnare alla commenda più-
S T R
gui rendite, aumentale dalla pietà de'fe-
deli. Molti cardinali legati, nunzi apostoli-
ci,arciduchi, principi d'imperatore Mas-
similiano I soggiornarono nella commen-
da; l'imperatore ne confermò la fonda-
zione, e altrettanto fece il nipote Carlo
V e altri suoi successori. Quando la città
di Strasburgo abbracciò l'eresia di Lu-
tero e le false opinioni de'suoi settari, vol-
le costringere tutti gli ecclesiastici e i re-
ligiosi cavalieri gerosolimitani a seguire
il suo pernicioso esempio;l icari co di gros-
se imposizioni, proibì loro di accettare
novizi, e tentò d'impedire la celebrazio-
ne della messa e la predica. Aftinché i cat-
tolici non potessero entrare nella loro
chiesa, pose de'soldati alla porta di essa,
ed obbligò i cavalieri a pagarli. Noti o-
stante queste persecuzioni si continuò la
celebrazione de' divini uffizi. Mitigatasi
poi la vessazione, i cattolici di Strasbur-
go ebbero licenza di esercitare gli atti
della loro religione nella commenda del-
l'Isola Verde, avendo il senato loro ac-
cordato questa sola chiesa. L'autorità pe-
rò de'religiosi fu ristretta, essendo stato
proibito l'amministrare i sagra meo ti del
battesimo e del matrimonio, il lire il ca-
techismo, e il portare agl'infermi il ss.
Viatico. Assai maggiori però furono le
persecuzioni deli 633, imperocché i ma-
gistrali mandarono un ordine al com-
meudatoredi andare co'religiosi e dome-
stici a dimorare nella preposi tura di s.
Pietro il giovane, dando loro facoltà di
fare gli esercizi della religione cattolica
nella chiesa del monastero della Madda-
lena delle suore penilenli,ch'erauo le so
le religiose tollerate nella città di Stras-
burgo. Usciti i religiosi dalla commenda,
fu subito demolito il convento e chiesa,
saccheggiale le suppellettili, e conseguati
gli archivi ;igh scubini della città. Il com-
mendatore si querelò coli' imperatore, a
cui apparteneva l'Alta Alsazia iu uno al
landgra viale della Bassa, la quale era sog-
getta all'altra (nel 1648 pel trattato di
Munster 1' imperatore riuuuziò tanto in
S T R i83
suo nome, chea quello dell'impero edel
la casa d'Austria, a tutti i diritti sull'Ai
sazia Alta e Bassa, e ne fece cessione alla
Francia in perpetuo, la quale col tratta-
to di Ni mega la sottomise al suo dominio
nel 1678-79), e alla dieta dell'impero;
ma le sue querele, non meno che le rac-
comandazioni a Luigi XI V,ri uscirono in-
utili, e soltanto dopo la pace di \ Vestfa-
lia, conseguenza del trattalo di Munster,
nel 1 G\.H fu permesso a religiosi gerosoli-
mitani di tornare all'Isola Verde. Quivi
fecero restaurare le poche fabbriche sii-
perstiti; ma non avendo più chiesa, furo-
no costretti a poi tarsi sempre per cele-
tirare i divini ullizi aquella dei monaste-
ro della Maddalena, distante mezza lega.
Soggettatasi nel 1681, come dissi, Stras-
burgo all'ubbidienza del re di Francia,
il commendatore dell' Isola Verde fece
chiamare i magistrali al consiglio supe-
riore ti' Alsazia, acciò li costringesse ad
indennizzare i religiosi de'danui loro re-
cali: a ciò i magistrati furono condanna'
li con decreto del 1 68 5;ma a vendo i ma-
gistrali fitto ricorso al cousiglio di stato
del re, questo operò un accomodamen-
to, per cui i magistrali cederonoal com-
mendatore la chiesa di s. Marco col con-
vento già de' domenicani, situati in un
sobborgo di Strasburgo, e reciprocamen-
te il commendatore e i religiosi cederò-
no a' magistrali l'Isola Verde e il resto
delle fàbbriche sussistenti, e ricevettero
i religiosi pure una parrocchia, il com-
mendatore era eletto da' religiosi della
commenda,ed oltre l'uso degli ornamenti
pontificali, conferiva la tonsura e i 4 or-
dini minori a' suoi religiosi. Ora ripor-
terò gli ultimi vescovi di Strasburgo, ili
molli de'quali se ne leggono i nomi nelle
IVotizie diRoma:d\ que'cardiuali uè trat-
tai alle loro biografie. Guglielmo di Fu-
sieuiberg fu fitto vescovo, enei 1686 car-
dinale. Gli successe nel 1704 il coadiu-
tore Armando Gastone de Rohan,po\ car-
dinale.Il cai diiuilAruiaudo de Roliun suo
uipole e coadiutore occupò la sede nel
1 84 ST R
i 74o- I,1('' 'I cugino e coadiutore Luigi
Costantiuo de Rohan, preconizzalo ai 3
gennaio 1707 e poi cardinale. Usuo ni-
pote e coadiutore famoso cardinale Lo-
dovico Renato de Rohan gli successe l'i 1
maggio 1779, ed al quale nel 1786 da
l'io VI fu dato in suilìaganeo Gio. Gia-
como Lantz di Schelstat diocesi di Stras-
burgo, vescovo di Dora in partibus. Pel
concordato di Pio VII colla Francia, nel
1 80 1 il card inalesi dimise dal vescovato,
«Jd il Papa soppresse la metropolitana di
Magonza, dichiarandola. sede vescovile, e
quella diStrasburgo fece suffraga uea del-
l'arcivescovo di Besancon e lo è tuttora.
Indi Pio VII preconizzò a'2g aprile 1 802
vescovo di Strasburgo Gio. Pietro Sau-
rine della diocesi d'Ais., al quale sostituì
a*23 agosto 18 iq Gustavo Massimiliano
de'principi di Croy, che Leone XII a'i 7
novembre 1823 trasferì a Rotteti (F.) e
nel i 825 creòcardiuale.AvendogliLeone
XIIa'24 novembre 1 823 sostituito Clau-
dioM.' l'aoloTharindi Besancon, per sua
rinunzia il Papa dichiarò vescovo a'q a-
pnle 1 827Gio.FrancescoM.i'LePappede
Treyern, nato in Morlaix diocesi di Tro-
yes, già vescovo d'Aire. Questo zelante
vescovo inviò a GregorioXVI la sua bel-
la ed eloquente pastorale, colla quale con-
dannò le dottrine filosofiche e le perico-
lose sentenze dell'ab. Bautain,non man-
cante di seguaci, onde il Papa a'20 di-
cembre i834 gli rispose col breve Ac-
cepitnns, presso gli Annali delle scienze
religiose l.i>p.iiji ringraziandolo e in-
cuorandolo ad essere tutto occhi e tutta
industria a prevenire ogni men che sicuro
insegnamento. Nel concistoro de'i4 di-
cembre 1 840 GregorioXVI fece vescovo
di Rodiopoli in partibus e coadiutore con
futura successione all'encomiato vescovo,
mg. Andrea Boesz di Sigolsheim diocesi
di Strasburgo, canonico della cattedrale
e superiore del seminario, succeduto per
coadiutoria a' 27 agosto 1842. Nell'ar-
ticolo Strade ferrate, riportai qualche
brano dell'eloquente discorso pronunzia-
S T II
lodai vescovo nel luglio 18^2, pi ima del-
la benedizione della ferrovia di Strasbur-
go. La diocesi di Strasburgo comprende
i dipartimenti dell'Alto e Basso Beno, e
si estende per 32 leghe di loagitudineeq
di latitudine, contando molte città e luo-
ghi. Ogni nuovo vescovo è tassato ne'li-
bri della camera apostolica in fiorini 370,
ascendendo la rendita a i5,ooo franchi.
STRATEGIS. Seòe vescovile della
provincia d'Eliade o della 1 .a Achea, nella
diocesi deU'IIIiria orientale o esarcalo di
Macedonia, sotto la metropoli di Corin-
to,odiAteuesecondo Commanville, eret-
ta nel IV secolo. Festo suo vescovo in-
tervenne al concilio di Nicea. Orienschr.
t. 2, p. 2 33.
STRATONrCA o STRATONICIA.
Sede vescovile della provincia di Caria, e-
sarcato d'Asia, sotto la metropoli d'Afro-
disiade e poi di Stauropoli, eretta nel V
secolo. Era una colonia de'macedoni, se-
condo Strabone, e ne'cauoni di Trailo è
detta Trotolycia. Stefano di Bisanzio ri-
ferisce che fu rifabbricata d'ordine del-
l'imperatore Adriano, e che venne perciò
chiamata Adrianopoli. Ne furono vescovi
Cupichioche assistè al concilio di Calce-
donia,Teopempto sottoscrisse i canoni in
Trullo, Gregorio quelli del VII concilio
generale. Oritns chr. t.i, p. 912.
STRATONIC1A o CALAMO. Sede
vescovile della provincia di Lidia, nell'e-
sarcato d'Asia, sotto la metropoli di Sar-
di, eretta nel V secolo. Conta per vesco-
vi, Cuteno che sottoscrisse ili. "atto del
concilio d'Efeso, Gemello quello di Cai-
cedonia e la lettera del concilio di Lidia
all'imperatole Leone, Sabazio firmò la
relazione fatta al Papa s. Ormisda sull'or-
dinazione d'Epifane patriarca di Costan-
tinopoli, Michele assistè al VII concilio
generale. Oricns chr. t. 1, p. 8o4-
STREGA, Saga, benefica. Maliarda,
vocabolo derivato da lìlalia, vencficiuni,
fascinimi ,pkiltruni,spec\e d'incantesimo,
il quale lega gii uomini perchè non sie-
uo liberi, uè padroni della loro mente, 0
S T R
anche talora delle loro membra. Egual-
mente maliardo chiamasi lo Stregone, ve-
iie/icus, che fa stregoneria, e come le stre-
ghe, ili 'a le ftzio (F.) o Sortilegio (/".). La
malìa clicesi puve fattucchieria estregone-
ria, e perciò sinonimi di strega e di stre-
gone sono i vocaboli fattucchiera ofat-
lucchiara , fattucchiere o fattucchiaro j
poiché si appetta fattura, faclttra, affat-
tura/nerico, la malìa e la stregoneria. Da
malìa deriva pure il vocabolo Ammalia-
re, fascinare, veneficio afjìcere, far ma-
lìe, ammaliare; quindi quelli di Amma-
liatrice e Ammaliatore. Talvolta i poeti
chiamarono Pitonessa qualunque strega,
perchè evocavano le anime de' morti. 1
greci dissero pitonesse quelle donne che
facevano le di vinatrici, perchè Apollo dio
della Diviiiazionc(f7.)\\i soprannomina-
lo Pizio. 11 nome poi di Pizia Io dierono
alla'profetessa del tempio d'Apollo a Del-
io per rendere gli Oracoli (F-)- Denomi-
na vanoP/lori/gli spiriti profetici e gl'indo-
vini ispirati da essi. Profetesse de'gentili
furono pnreleóVZi/7/e. l[ Sortilegio (F.) la
DJiiologia lo definisce, mezzo sopranna-
turale e illecito che si suppone comuni-
calo dal demonio per produrre qualche
effetto sorprendente e sempre nocivo. Er-
roneamente crede che non vi sieno state
giammai streghe e stregoni, vale a dire
donne e uomini che per mezzo di ma-
giche operazioni ponno interrompere o
camhiare l'ordinario corso della natura.
Sostiene che quelli i quali in Europa fu-
rono bruciali quali streghe o stregoni non
furono veramente tali, perchè si sarebbe-
ro sottratti al supplizio, quando si vogla
concedere loro il potere d'evocare i mor-
ti, d'incantare un campo, disporre a loro
talento del cuore, dello spirito, della sa-
nità degli uomini. Tutta volta la Mitologia
confessa che tutti i popoli ebbero i loro
fattucchieri: in Persia aveano il nome di
Magij presso \' Egitto quello ^Sacerdoti;
gli assirii li chiamarono Profelij i greci
Indovini; i romani Auguri; nella Gallia
Druidi. Inoltre la mitologia con vicue au-
S T R i85
cora, che l'arte de'sortilegi e degl'incan-
tesimi èstata specialmente praticata dalle
donne. Nelle loro magicheoperazioni im-
piegavano esse le parole, le piante vele-
nose, le radici di cipresso e di lieo selva-
tico, le pennee le uova de'notturni uccelli,
come della civetta, del gufo: faceano uso
eziandio del sangue di rospo, del veleno
de'serpenti,e ne componevano de'liquori,
i quali da quanto dicono i poeti aveano
la virtù d'ispirare l'amore e l'odio, d'in-
vecchiare o rinvigorire, di risuscitare e far
morire, di rendere insensibile o bilioso,
di trasformare in bestia e specialmente in
lupo. Queste operatrici di sortilegi, nelle
loro operazioni facevano uso altresì delle
ossa di morti, dell'erbe che crescono sulle
tombe, del sangue,, della midolla edel fe-
gato del! indolii non ancor giunti alla pu-
bertà. Le streghe tacevano pur uso del-
l'ippomane, nella composizione degli a-
morosi sortilegi, perchè l'ippomaue dicesi
avesse la virtù d'ispirare il furore dell'a-
more. Gli antichi erano persuasi chei ma-
ghi esercitassero il loro impero nel cielo,
sulla terra e nell'inferno; che per mezzo
de'loro incantesimi potessero comandare
agli astri, agli elementi, trarre la luna e
le stelle sulla terra, fennar il corso de'fiu-
mi, suscitar tempeste nell'aria, trasportar
frulli e messi dall'uno all'altro luoso, e-
vocare i morti, porre le ombre alle pre-
se le une colle altre. Le più famose ope-
ratrici di sortilegi o streghe erano nella
Tessaglia,abbonclante di piante velenose,
ove avea vomitato il suo veleno Cerbero
quandosecondoi poeti fu da Ercole rapilo
dall'Inferno: ivi Medea trovò i veleui che
le mancavano a Coleo. Le dee che pre-
siedevano tra i pagani a'sortilegi e incan-
tesimi erano Nemesi, la Notte, Diana, Pro-
serpi na, e specialmente Ecale dea de'ma-
ghi e degl'incantesimi, e madre di Medea
e di Circe che istruì in tali arti. Le stre-
ghe invocavano pure le Parche, le Euine-
nidi e le altre infernali divinità. A'sorti-
legi e alle magiche operazioni era sagro il
numero di tre, sul quale Cancellieri scris-
i8G S T R
se erudite notizie nelle Selle cose fatali
di /ionia, con la spiegazione dei miste-
riosi attributi de' numeri Ternario e Set-
tenario. Delle Sirene incantati'ici pallai a
Sorbetto.
Ragionai a Magia anche dell'arte su-
perstiziosa e vana di tare incantesimi con
l'aiuto del Demonio (f.); che la Chiesa di-
chiara scomunicati i maghi o negroman-
ti, le streghee gli stregoni, ed i loro enor-
mi peccati sodo tra'casi riservati. Che nel-
l'antica R.oma la magia più volte fu re-
pressa e bandita, e tutto al più si eserci-
tò da alcune donne avvelenatrici, le qua-
li reputavansi una specie di streghe, che
ne'loro incantesimi si servi vano di Capei-
It (de'quali riparlai a Parrucca), tolti di
soppiatto a'inorihondi. Raccolsi pure al-
cune nozioni sull'esistenza della magia tra
le nazioni, e de' rigorosi provvedimenti
presi per estirparli, non menoda'principi
e da governi civili, che dalla Chiesa con
zelanti decreti de'Papi,de'veseovi,de'con-
cilii, tutti derivanti dalle leggi divine, co-
me si comprende dall'Esodo, dal Leviti-
co, dal Pentateuco e da'precetti del De-
calogo ; delitto ricordato nel Deutero-
nomio, nel Levilico e nel libro de' Re.
Dissi ancora delia contesa letteraria in-
sorta con eclalanza nel secolo XVIII sul-
la questione: se qualunque magia doves-
se credersi cessata dopo la venuta di Ge-
sù Cristo, e sull'esistenza delle streghe,
una delle quali fu bruciala iuErbipoli nel
17.4.9- H Vermiglioli, Lezioni di diritto
canonico, lib. 5,lez. 2 i, De' sortilegi, di-
chiara. 11 solo Sortilegio e Magia demo-
niaca è condannata e soggetta a pena, e
questa è quella per cui notato il nasci-
mento,l'occaso, la congiunzione delle stel-
le, si aprivano le sepolture, si facevano
comparire immagini, si facevano circoli
e figure nelle quali espressamente o oc-
cultamente si radunano ideinomi, che pur
fanno cose mirabili, e cjuesta magica os-
servazione può essere di 4- ci u a 1 ' ^ : Pre-
sligialiva,[)ev cui la cosa apparisce a'seti-
si altrimenti da quello che veramente è,
S T R
per esempio con fare apparire l'uomo co-
me bestia e la bestia come uomo; altra
è fenrfira e Incanlatrice, ed è quella
checon certe parole, versi, suffumigi e al-
tre cose coll'opera del demonio si fanno
cose meravigliose; la 3.* è la Cabalistica,
per cui con numeri, lettere e parole po-
trebbero farsi cose mirabilidaóVè ìaSiffa-
zolica non dissimile nella forza de'nomi,
secondo la quale dicesi potersi conosce-
re i futuri eventi degli nomini felici e in-
felici: tutti cpiesli quattro modi sono as-
solutamente condannabili. All' articolo
Malefizio, specie di magia colla qua-
le si nuoce elcuuo col soccorso del de-
monio, parlai di sue differenti specie, tut-
te essendo gravissimi peccati mortali e
delitti civili. Feci la distinzione della ma-
lia, dall'incantesimo, che spesso si confuse
l'una con l'altro. Parlai delle di verse qua-
lità della fascinazione, ossia d'ogni sorta
di malìa, del mal d'occhio o creduta of-
fesa fatta colla guardatura o affascinamen-
to, della iettatura o supposto malefico in-
flusso, e di altri simili ridicole, immagi-
narie e degradanti Superstizioni ( V.}; co-
me degli Amuleti (di questi tenni ezian-
dio proposilo ne' luoghi relativi, e negli
articoli Immagini sagre, Reliquie sa-
gre, Agnus dei benedetti, e ne riparlai
nel voi. LXU, p. 83, ed a Superstizio-
ne, Scapolari o abitini, Medaglie bene-
dette, che tutte la Chiesa saggiamente so-
stituì e contrappose agli amuleti) tenu-
ti per preservativi superstiziosi e vani,
da' malefizi, da malattie e da' pericoli,
essendo umiliante e puerile per un cri-
stiano esistere ancora quello che si ripone
ne'corni ! e tuttora in questo decanta tose-
colo de'lumi! Quelli che tengono i corni
per preservativo da'malefici influssi, mi-
seramente li pospongono al segno e figu-
ra della portentosa Croce (/^.), gloriosa
e potente insegna del trionfo di Cristo e
di nostra avventurosa redenzione, e col-
la quale si operarono tante e innumera-
bili meraviglie. LaChiesa riprovò sempre
i malefizi e quelli che gli esercitavano, e
S T 11
li punì colla Scomunica (/"'.) e altre seve-
re pene; vietò ripetutamente l'uso cicali
amuleti, e proibì altresì \tFilallerie ( I .),
altra superstizione eli supposta preserva-
zione, che un tempo essendo state dispen-
sate da certe femmine, furono esse credu-
le maliarde e operatrici di fattucchierie.
La Chiesa co'suoi venerandi rituali pre-
scrive Benedizioni, Preghiere, Esorcismi
(/ .) contro i malefi/.i, e per liberare gli
Energumeni e Ossessivi.) o indemonia-
ti. E per non ricordare ora altri articoli
riguardanti queste cose, dirò che dichia-
rai pure a Sortilegio, non potersi dubi-
tare che vi sieno stali, e forse sussisteran-
no,le streghe. gli stregoni, i sortileghi, i qua-
li pattuirono col demonio per operare co-
se straordinarie; essendone prova con vin-
cente quanto si legge nella sagra Scrittu-
ra, ne'ss. Padri, nella Dottrina cristiana,
ne'canoni de'concilii, ne'i duali, non che
il consenso di molte nazioni che promul-
garono severissime leggi e penecoutro'i
maghi, le streghe, gli stregoni; e la storia
che ci tramandò le sentenziate terribili
punizioni che ne subirono. Ma il demo-
nio non puòalfatto far nulla senza il per-
messo dell'onnipotente Dio, e lo dichia-
rai pure nell'articolo Supekstizio.ne, nel
combatterla e riprovarla. Trovo nel Gua-
sco, I riti funebri di Roma pagana, a p.
i 55, riferendo gli oltraggi cui soggiacque
U Sepoltura^. )iartco di uomini dabbene,
• he perciò i sacerdoti solevano raccoman-
dare l'anime de'morti agli Dei, cantando
inni e pregando, con desiderare a'sepolti
che chiunque o passasse avanti o si acco-
stassea'loro monumenti, non solamentcsi
astenesse da qualunque ingiuria e male-
dizione, ma augurasse loro del bene e ne
onorassero le ceneri, altri menti si riguar-
davano dispregiatori della religione e dei
suoi principii fondamentali. Indi narra,
chele stesse preghiere de'sacerdoti erano
ilidirittea sotti arre i cadaveri alle nottur-
ne ricerche delle streghe, o piuttosto del-
le maghe che facevano maiciìzi (dice la
Mitologia, che il vocabolo maglie fu ap-
STR 187
plicato alle donne, le quali, in forza d'un
supposto commercio col demonio, vanta -
vansi di fai" malelìzi a'Ioro nemici, di man-
dar loro delle malattie, e farli di lente pe-
nose consunzioni perire), le quali di essi
valevansi ne'loro nefandi sacrifizi, incan-
tesimi, e prestigi o inganni con false e sor-
prendenti apparenze. Se queste pernicio-
si ssi me lem minacce era no vera mente «pia-
li vengono dipìnte da Orazio, parlando
di Canidia, e da Lucano favellando d'E-
ritto, ninna cosa giammai fu più orrida
espaventevole, ed insieme ni una più spre-
gevole e vi le. Eritto si vantava d'aver im-
molato parecchi fanciulli, (ino nel seno i-
stesso della loro genitrice. Canidia seppel-
lì vivo sino al collo un fanciullo di qua-
lità da lei rapito, indi gli pose innanzi le
più saporite carni, affinchè la loro vista
interdetta alla sua avidità lo facesse mo-
rire di languore, per quindi col suo san-
gue, midolla e fegato inaridito comporre
un liltro polente, bevanda o droga per
aver forza d'ispirare amore. Canidia viene
descritta scarmigliata e colla lesta attor-
tigliata di vipere, in alto di preparare sul
magico fuoco una terribile composizione,
mescolando le radici di cipresso e di fico
selvatico disotterrate in un cimilerio; le
penne e I' uova di civetta, noctumae stri*
gis, inzuppate nel sangue d'un rospo, del -
l'erbe velenose di Tessaglia e d' Iberia,
e delle ossa strappate dalla bocca d' un
cane a digiuno. Questi magici dettagli pia-
cevano agli antichi, portati al meraviglio-
so, al superstizioso ed a lutto (pianto lu-
singava 0 allarmava la loro fervida im-
maginazione, per cui in tali materie vo-
lontieri e sovente s' in ter tene va no i loro
poeti. Priapo guardiano degli erbaggi e
de'frutti, introdotto a parlare da Orazio
[\\ (piale viene notato dallo stesso Guasco
per ateista, e che si ridesse dell'arte ma-
gica, non ad altro fine avendo introdot-
to ne'suoi sermoni Priapo a dolersi del-
le maghe, che per ridersi della comune
popolare credenza intorno a'magici por-
tenti; indi si sorprende come a'suoi gior-
1 88 STR S T K
dì, in cui ferveva la suindicata disputa,an- più formidabile ne'suoi magici incanlesi-
the li acattolici vi l'osse chi confondesse la mi, venne da Lucano descritta la fimo-
stregoneria colla magia diabolica, e dall'in- sa fattucchiera Eritto, cerca t lice a nch'es-
sussistenzadella i/argomentasseecredes- sa di cadaveri, che schiarissero fortune
sedi provare l'insussistenza della secon- de' fati, e l'esito della guerra civile pre-
da) ne'sermoni, confessa di ricevere mag- dicessero a Sesto Pompeo. Guasco ne ri-
gior noia dalle mentovate donne.che dagli porta il lesto: orrenda è l'invocazione nel-
stessi ladri. Egli racconta cose meraviglio- l'atto di richiamare in vita uu cadavere
se di esse, e sottopone, se mentisce, il suo giacente ne'campi Euiazii. Quindi dopo
capo allo sterco de' corvi, ed al piscio di una lunga e ridicola narrazione dell'iti -
Giulio, di Pedacia e di Vorano, vilissimi cantesimo, e de' terribili scongiuri dique-
ladroni. Dice adunque, d'aver vedulosul- sta maga, riporta Guasco la narrazione
l'imbrunirsi della sera Canidia e Sagana, con quali vivi e tetri colori il fantastico
con una nera gonnella raggruppata inol- poeta dipinge l'apparizione del cadavere
trarsi scalze, e con le capelliere disciolte animato, e da Eritto violentato ad appa-
nell' Esquilie , ed ivi urlare spaventosa- gare le premurose ricerche di Sesto Porn-
menle e stridere; indi scavare colle maai peo. Dell'uso poi che le streghe faceva-
la terra, eco'denti morsicare e dilacera- no de' cadaveri disotterrati, delle mem-
re le carni d'un'agnella nera, il cui san- bra troncate, della maniera di consultar-
gue versato in una fossa dovea costringe- ne le interiora (a Sacerdozio parlando an-
re le anime dè'morti a rispondere alle lo- Cora di quello degl' idolatri e delle loro
io temerarie domande. Aveano tra le ma- sacerdotesse, dissi pure degli auguri e de-
ni due immagini o idoletti, uno di lana, gli aruspici), dell'erbe, del veleno de'ser-
l'altro di cera, de'quali uno era maggio- penti, delle varie membra di diversi ani-
re, l'altro minore. Con essi dopo aver in- mali e de* più funesti uccelli, e sempre le
yocata Proserpi na dea dell'Infèrno {!'■), penne, le uova e gl'interiori strappati dal-
eTisifone una delle tre furie che punisce la civetta viva, uccello notturno dagli an-
gli omicidi, facevano tali cose nefande,che tichi chiamato Striga, a motivo dell'a-
non solamente i cani e i serpenti fuggiva- culo suo grido, onde gli antichi davano
no, ma la slessa luna arrossiva, e vergo- il nome di striges a tulle le faltucchie-
gnandosi di rischiararle, si celava per re, adoperando pure il sangue e il cuore
quanto poteva dietro i più alti sepolcri, del rospo; che ne' loro prestigi adopera -
a line di non vederle. Mentre compiva- vano de'magici canti, de' versi, dell'impe-
ìio e moltiplicavano i sortilegi, le anime riose oscure parole, che pronunziavano,
costrette a parlare empievano di voci me- ora per costringere la luna a discendere
ste e lugubri tutto il contorno del paese, in terra, ora per accendere d'amore i ri-
Allora soddisfatte le streghe nascondeva- trosi giovanetti e le ripugnanti donzelle,
no sotterra la barba d'un lupo e un den- ora per moderare o ridurre alla loro uh-
te d'una vipera, ed abbruciavano l'ini- bidienza le forze infernali, ora per pene-
magine di cera, con sortilegi e ceremo- tiare le cose avvenire, i casi d'un barn»
nie cotanto abbominevolijChejSoggi'unge bino appena nato, l'esito d'un mali-imo-
Priapo, mi si arricciò il pelo e inorridii, nio, d'una battaglia e cose simili. 1 primi
Finalmente non sapendo come in altra poeti, tanto greci che latini, lasciarono co-
guisa discacciarle da se lontano, dovette si ampia e precisa descrizione, che mag-
valersid'un mezzo veramentedegnod'un gioie non può desiderare chi è vago di
nume, che riconosceva dal capriccio d'un somiglianti notizie. Empiamente ne'liltri
falegname la grazia d'essere slato anlcpo- s'invocavano dalle streghe le infernali di-
sto a uno sgabello. Più possente e iusieuie viuilà;e nella composizione entra vano di-
SIR
verse erbe e materie, oltre le accennate
di sopra, come il pesce remora, certe os-
sa «li rane, la pietra stellai ia. Il p.Del Rio
nelle Disquisizioni magiche, ponendo i
filtri nel rango de'malefìzi, aggiunge che
le streghe e gli stregoni insorti nel cristia-
nesimo, nella confezione facevano uso an-
che dello sperma umano, del sangue me-
struale, de' L'itagli d'unghie, di metalli, di
rettili , d'intestini dì pesci e d' uccelli; e
qualche volta sacrilegamente \i si mi-
schiava dell'acqua benedetta, delle reli-
quie sagre, de'frammenli d'ornamenti di
chiesa, del lìor di latte, ec.
L'annalista Rinaldi sulle pitonesse, sui
prestigi, sulle streghe riporta le seguenti
notizie. All'anno .'"> i,n.°67 parla di s. Pao-
luche in Filippi liberò una pitonessa, cioè
una fanciulla agitata dallo spirito indo-
vino,per la qualcosa i padroni di lei ve-
dendosi mancare un guadagno grande,ac-
cusarono a'magistrati l'apostolo e il di-
scepolo Sila, come pei turbatori della cit-
tà. All'anno 58, n.°jC) parla delle super-
stizioni de' pagani contro le malìe, e di
quanto ponevansi indosso per preservar-
sene, mentre i cristiani usarono gli Agnus
Dei benedetti, coll'inamagine dell'agnel-
lo simbolo del mansueto Cristo. All'anno
68,n. 22 riferisce i prestigi dell'empioiSV-
mone Mago{l '.), che per mezzo della ma-
gia si faceva adorare per un Dio, che ri-
volgendosi nel fuoco non s' abbruciava,
che volava per l'aria portato da'demonii,
cheapparentemente si trasformava in va-
li animali e mostrava d'aver due faccie,
che si tramutava in oro, che convertiva
i sassi in pane, che ne'conviti faceva ve-
dere furine d'ogni sorte, ed esser prece-
duto da ombre che diceva anime, e fa-
ceva altre stregonerie per arte diabolica.
All'anno 3o2,n.°2o narra di avere Papa
s. Damaso 1 nel concilio romano castiga-
to le streghe e gli stregoni, con iscomu-
nicare lutti quelli che avessero inteso a-
gl'incantesimi,augurii esorlilegi, o ad al-
tre riprovevoli superstizioni; ed ancora
quelle donne le quali si divisavano per in-
STR 189
ganno del comune nemico, d'essere por-
tate la notte sopra animali, e di discor-
rere per varie parli con Krodiadc. All'an-
no 736,0. "3 confuta l'errore fa voloso,che
le streghe entrino nelle case a porte chiu-
se pe'buchi, onde uccidere gl'infanti lat-
tanti. All'anno 1 148, n.°2 descivei sorti-
legi del famoso stregone ed eretico Eudo
bretone, il quale co suoi prestigi avea in-
gannato moltissimi, come pieno di spiri-
to diabolico, affermando essere egli che
dovea venire a giudicarci vivi e i morti
nel giudizio universale. Da'demonii rapi-
damente era portato in diverse provin-
cie, talora dimorava con tulli i suoi se-
dotti in luoghi deserti, e sospinto dal de-
monio spariva per recarsi velocemente a
infestare le chiese e i monasteri. Si trat-
ta va con fasto reale, e ne'conviti banchet-
tava chi andava a trovarlo con cibi ae-
rei, per cui poi aveano più fame di pri-
ma. 1 principi mandarono contro di lui
molle soldatesche, ma egli spariva. Fi-
nalmente Iddio non permettendo più al
demonio che l'assistesse, fu imprigionato
dall' arcivescovo di Reims , e quindi fu
tratto nel concilio che in quella città ce-
lebrava l'apaEugeniollI; giudicato e con-
danna lo cogli stregoni suoi seguaci, furono
consegnali al braccio secolare, che tutti
fece ardere vivi.HRinaldi consiglia per va-
llilo rimedio contro i prestigi degli strego-
ni, il segnodellas. Croce. Nel voi. LXV1I,
p. 282 rilevai che Papa s. Innocenzo I
nel 4>o indusse l'imperatore Onorio a
pubblicare severe leggi contro i seguaci
dell'astrologia giudiciaria,onde i libri di
essa furono bruciali, ed esiliali da Roma
i superstiziosi pertinaci. Fra gli altri più
antichi Papi che emanarono sanie leggi
allineile i fedeli non fossero atterriti e in-
gannali da'sorfilegi e superstizioni, con
inutili, vane e perniciose operazioni dan-
nose all'anima e al corpo,ricorderòGrego-
rio I X del 1 2 2 7 , col ca p. 1 e 2 De sortilegiis.
A Speziale, dicendo degli alchimisti che
talvolta col soccorso de'demonii procura-
tono conseguire quanto non a veauopotu-
190 STR S T R
lo lareco'proprisforzi,eper questo i sagri lare per essere punito colle tifi >i te pene;
canoni fulminarono d'anatema gli alclii- e similmente prescrisse il carcere perpe-
misti, e molti teologi posero la loro arte tuo se non avesse recato la morte, ina a-
tra le divinazioni e i sortilegi; egl'impo- vesse cagionalo altri danni come malat-
stoi'i alchimisti furono condannati nel se- lia, divorzio, impotenza di generare, paz-
coloXIV da Papa Giovanni XXII, anche zia; o avesse recato danno notabile agli
pe'sorlilegi praticati controdi lui. Egli fui- animali, alie derrate e a' frutti. Inoltre
minò la scomunica a coloro che abusano Gregorio XV prescrisse contro chi ne a-
deile cose sagre nelle divinazioni, o invo- vesse notizia, di farne subito la denunzia
cano i demonii e con questi palleggiano, o al vescovo o al tribunale dell'inquisi-
InnocenzoVIII del i.-jìHfulminò terribili zione. Urbano Vili, comeSisto V, vietò
decretali contro le donne malefiche e fat- la divinazione e giudizio sopra liberi at-
tucchiere e conlro gl'incantesimi. Leone li dedolli dagli astri e altri segni, aneor-
X deli 5i 3 pubblicò una legge contro le ehècpiesli giudizi si manifestino con dub-
streghe, ed egli con Adriano VI che gli biezza, e quali semplici congetture sono
successe nel i 522 stabilirono, che i laici riprovate da' saggi, i quali le giudicano
d'ambo i sessi che fanno sortilegio invo- scandalose : che se si giudicasse con cer-
cando il demonio, facendo incantazioni, tezza, e si asserisse che gli effetti sopran-
diviuazioni e superstizioni, soggiacciono naturali si ponno dedurre dalle cause na-
alla scomunica, e ad altre pene stabilite turali, tanto chi l'asserisce, che chi pre-
dai gius civile e canonico, ed escomimi- sta fede, vengono colpiti dalla scomuni-
ca di lata sentenza quando vi è eretica- ca, perchè dottrine siffatte sono ereticali,
le errore d'intelletto. All'articolo Ma- Vedasi il codice di Teodosio ediGiusli-
gi-a narrai l'incantesimo fatto nel r522 niano, nel tit. De maledicis et mathe-
in Roma per la cessazione della pesti- maticìs. Nella biografia A' Urbano Vili
lenza. Sisto V nel j 58y ampliò le facol- dico de' sortilegi usati per troncargli la
tà d'inquisire e procedere alla Congre vita. Il p. Meuoehio, Stuoie t. i, cent.
gazione della s. lnquisìzione(F.), conlro 4>caP-65 tratta: Se le streghe sieno cor-
la magia, sortilegi, divinazioni e malefì/i porar! mente portate da'demonii alle loro
che con arti superstiziose tentano danneg- abboni i ne voli congrego e, o sola mente per
giare il prossimo, e contro gli astrologi illusione de'medesimi e false immagina-
giudiziari, streghe e stregoni, molto più zioui loro. Diceche il p. Martino Del Rio
se questi abbiano fatto patti con Sata- delusamente ragionò su questo dubbio,
nasso, ed apostatalo dalla vera religione, nelle Disquisizioni magiche lib. 2,quest.
argomento di cui tenni pure proposito a io, citando molti autori per la parte ne-
Inquisizione. Nella bolla di Sisto V, U- gativa e per quella affermativa. II p. Me-
mwpolentis Dei, si assoggettano allascc- nocino riprodusse due esempi, co'quali si
municacoloro che scientemente leggono prova che veramente siffatte scellerate
e ritengono libri scritti e qualunque al- donne sono dai demonii corporalmente
tra cosa che si riferisca all'astrologia gin- portate al luogo destinato de'loro infami
diziaria, a geomanzia, idromanzia, piro- congressi e conviti, cioè d'una sabinese e
malizia o altra divinazione, arte magica, d'una bergamasca. Quellodella i /è scrit-
sortilegio, venefìcio, augurio, incantazio- lodai p. Paolo Grillando, che fu inquisì-
ne e altro. GregorioXV del 1621 stabili tote e compose un libro su queste mate-
contro chi con superstizione di maleficio rie. De Sortilegiis quaesti 7, lib. 2. Una
avesse recala la morte ad alcuno, ancor- donna faceva professione di questa arte
che abbia per la i.a volta commesso tal diabolica,di che presonesospetto il marito
delitto, fosse consegnato alla curia seco- più volle l'interrogò, ma essa negò sempre
STR
che fosse vero. II marito però non lasciò
di sorvegliarla al lenta niente, per cui ville
una notte ch'essa ungevasi con un un-
guento, e finita l'unzione volò via come
un uccello calando nella strada, ad onta
clie la polla fosse chiusa. Il marito pro-
curò seguirla, ma indarno, nipote cono-
scere ove fosse andata. Nel di seguente
l'interrogò su queslo fatto, ed essa negan-
do, venne alle minacce epoi alle percosse,
promettendo perdono se avesse manife-
stato la vcrilà; onde la donna vedendosi
scoperta e con vinto, tutto narrò e confessò
il peccato: il marito la perdonò a condi-
zione che una notte lo conducesse ove an-
dava alla congrega, e la moglie glielo pro-
mise con licenza del demonio. Portato
dunque costui al luogo della conventicola,
vide il ballo e poi tutte l'altre cose che vi
si facevano, indisi pose a mensa per man-
giai e cogli altri: ma perchè i cibigli sem-
bra va no insipidi, per condirli inutilmente
più volle domandò il sale che non vi era,
finché per le sue importunità gli fu recato,
ed allora esclamò: lodato sia Dio, è pur
venuto il sale. Al suono di tal nome, i de-
monii che abboniscono le divine lodi ,
sparvero con tutti gl'intervenuti al con
v ito, ed estinti i lumi restò egli nudo e so-
lo. Fallosi giorno e vedendoalcuni pasto-
ri,domandò loro che luogo l'osse, e gli fu
risposto il territorio di Benevento, tro-
vandosi cos'i lungi i oo miglia dalla sua pa-
tria. Gli convenne mendicare per fare ri-
torno in Sabina, ove arrivato subito de-
nunziò per strega la moglie, e dai giudi-
ci fu lutto verificato. Noterò, che più vol-
te sui teatri fu rappresentalo: La Noce di
Benevento o sia il Consiglio dellestreghe;
e che abbiamo di Piporno De Magistris,
De Nuce Beneventana. Di simili baie edel
famoso Noce Beneventano,meg!io ne par-
lo a Benevento ed a Superstiziose. L'al-
tro esempio il p. Menochio lo ricavò dal
p. Bartolomeo Spineo maestro del s. pa-
lazzo, nella sua opera Destrigibns cap. i 7.
Una fanciulla abitava colla propria ma-
dre in Bergamo, eia vide una notte un-
STR 1 0 1
gersi nuda con \\\\ unguento che teneva
nascosto sotto i mattoni, e preso un ba-
stone si pose su di esso a cavallo e incon-
tanentefu portata fuori della finestra, né
più la vide. Allora le venne voglia d'un-
gersi anch'essa,e subilo fu portala in Ve-
nezia, e in una stanza di loro parenti, ove
trovò la madre che insidiava la vita a un
fanciullo, e per lo spavento e per le mi-
nacce della conturbata madre, invocò i
ss. nomi di Gesù e Maria, ed appena pro-
nunciati sparì la madre, restando sola la
figlia e nuda. I padroni della casa trovan-
dola piangendola vestirono, ed essa narrò
1'avvenuio. Ne fu avvisato il p. inquisitore
diBergauio,il quale falla carcerare la stre*
ga,con tortura ottenne da lei la confer-
ma del riferito dalla figlia, e seppe di più,
che il demonio più volte l'avea portata
in quella stanza, acciocché uccidesseil fan-
ciullo, ma non l'avea mai potuto esegui-
le, per trovarlo munito della figura del
la s. Croce, e per le orazioni che per la
sua incolumità facevano i parenti. 11 ve-
scovo Sarnelli in più luoghi delle Flettere,
ecclesiastiche, riporta le seguenti nozioni
sulle streghe, che dice bollate dal demo-
nio o stigmatizzate. Nel t. 8, lelt. i/{.: Se
un nonio possa essere trasformato in be-
stia dal demonio; osserva che nella divi-
na Scrittura e nelle storie ecclesiastiche
trovansi esempi di uomini cambiati in be-
stie, come il re Nabucodònosor in bove,
Tiridate re d'Armenia in porco, Vereli-
co re di Wallia in volpe per l'orazioni di
s. Patrizio che inutilmente l'ammoniva a
lasciar la tirannia. Quindi opina Sarnelli,
che fisicamente non può un uomo essere
trasformato in bestia dal demonio, ma e-
gli moralmente può trasformare se stes-
so, pe'cattivi costumi onde diviene simile
alle bestie, secondo la dottrina di s. Ago-
stino; e che solo la virtù divina può fare
e disfare come le piace. Così essa mutò la
moglie di Lot in istatua di sale, la verga
di Mosè in serpente; spiegandocomedeb-
ba intendersi la trasformazione di Nabuc-
odònosor, e quanto a Tiridate potersi
192 SIR STR
pensare elio Dio la permettesse ni demo- In feccia della sua amarezza. Sappi nnco-
nioqual tiranno; roa non potendo l'anima ra, che la lingua di tal donna sarà il suo
umana informare il corpo della fiera , e fine, e le sue mani saranno la sua morte,
viceversa, debbasi intendere die T'iridate e lo stesso demonio sarà il suo testamento.
e Veretico apparivano porcoe volpe a chi Tutto si verificò. Nella 3.a notte dopo la
li guardava, ma nel corpo loro non sj fé- rivelazione l'iiicantalricedivennefuriosa,
ce mutazione veruna. Racconta come una e preso un coltello si ferì nelì'anguinaglia,
vergine per illusione diabolica e arte ma- e morendo esclamò: Peni Diabole,seque-
gica compariva in figura di cavalla, e per re me. Terminerò le erudizioni qui riu-
le orazioni di s. Macario che l'unse con nite sulle streghe, con riportare un sunto
Olio (V '.) benedetto, fu poi veduta per del dotto articolo pubblicato dagli Ali-
lemmina. Laonde falsamente le streghe noli delle scienze religiose t. 5, p. 1 29. Fu
di Lorena persuasero Nicolò Remigio, es- inMilano pubblicato, di Defendente Sac-
sere solito il demonio di dar podestà alle chi, un opuscolo intitolato Le streghe , la-
streghe emerite, di poter entrare nelle ca- voi o che vuoisi aggiungere al risultato
se convertendosi in topi, sorci, gatti e so- del progresso de' lumi, ma iusoslanza non
migiianti animali; ma bensì il demonio è che l'effetto delle tenebre, quando vi si
che le precede esser quello che loro se- pretende di escluderete non apertamente
gretamente apre porte e finestre capaci l'esistenza de'spiriti malvagi, almeno o-
d'introdurvi i loro veri corpi. Nel 1. 1 o,letf. gni loroeslrinseca operazione sulla terra.
47 : -Dd flagello de' topi nelle seminate Sotto pretesto di spargere di ridicolo la
campagne, riparla negativamente che u- magia, se ne presenta un trattato, e non
na strega possa ridursi alla piccolezza d'un saprebbesi se l'autore abbia voluto con-
sorcio, e che nemmeno il demonio può lessarla insegnandola , ovvero deriderla
mutarele corporalidimensioni, eneppu- col negarla. Non giudicandosi dall'eslen-
re ingrandirle, ma può benefarlo parere sore dell'articolo dello spirito dell'autore
co'suoi prestigi. Nello stesso tomo,lelt.53: dell'opuscolo, passa di questo a discorrere,
Spiegazione d'un passo difficile di Baruch allineile le signore cristiane disdegnino
profèta intorno al maleficio amatorio, il un'opera forse perciò non ad esse, sibbene
Sarnelli dopo avere parlato di esso, e che aller/o/we ge/i/i/iintitolata con seducente
le ossa dell'olive bruciate era il maleficio edizione. Negasi dunque dal Sacchi aper-
amatorio che da'babilonesi passò a'greci, tamenteesservi la magia, e fatto un plagio
dopo avere raccontato gl'incantesimi at- al Celoni e al Tortosa trattatisti di me-
tribuiti a Virgilio, stimato famoso mago, dicina forense, si allega in testimonianza
e che anco il profeta Nahum parla del il buonsenso universale, per definire chi-
maleficio amatorio, narra che si appren- mere i maghi, le streghe, gì' incantesimi ',
de dal lib. 6, cap. 2 delle Rivelazioni di. le malìe, %[' indemoniali. L'estensore del -
s.Brigida, che un sacerdote fascinato dal- l'articolo protesta di non essere così se-
1' incantatrice intorno all' incontinenza vero da pretendere che diasi piena fede
della carne, pregò la santa a fare Orazio- a'racconti di questo genere che » Fan le
ni per lui. Questa rapita in ispirilo udì nonne alla slagion del foco"; ma trovò
dirsi, che il demonio domina gli uomini opportuno ripetere coti Muratori, Forza
per l'incostanza della loro volontà, come della fantasia, cap. io:» Che come alcuni
poteva osservare nel sacerdote fascinato credono troppo poco della detta arte in-
da una donna. Che la detta donna ha 3 fame, ed avuta in orrore da chiunque è
cose, l'infedeltà, l'indurazione, e la cupi- vero cristiano, all'incontro vi ègranco-
digia della moneta e della carne; inoltre pia di gente che troppo ne crede". Ma non
avvicinarsi a lei il demonio e darle a bere è perciò che devesi menare in pace e la
STR
proposizione che ne esclude l'esistenza, e
l'appello che se ne fa al tribunale del buon
senso. Ben altro abbisogna che scetticis-
mo, motteggi e novellette per distruggere
uua verità che appunto l'universale buon
senso non ha stfputo giammai negare, poi-
ché fondata sulla ragione sostenuta dalla
fede, sulla storia, sull'autorità di persone
da non aversi in sospetto di prevenzione
o ignoranza. Difalti sono i principii di
nostra s. religione che fecero formare dal
dottissimo mg.r Scolti, Teoremi di poli-
tica ecclesiastica, t. 2, par. 3, teor. 8 (al
citato articolo Osesso feci parola della sua
dissertazione sull'odierna scarsezza degli
energumeni). Esistono alcuni spiriti ma-
ligni seduttori dell'uomo ed intenti alla
sua rovina, i quali sovente hanno il per-
messo da Dio di tentarlo in varie guise
al male. Nulla osta che possano dall'On-
nipotente avere anche il permesso di al-
terare in qualche sensibile maniera lecor-
poree creature, e di alterarle appunto al-
lora quando l'uomo scellerato il desidera,
l'implora, sei procura. Dunque potranno
aver luogo gli effetti magici che in questo
principalmente consistono. Ma se il pos-
sono, dice la storia che sono avvenuti. E
incominciando dalla sagra, con qual fron-
te potrà negarsi, senza rinunziare alla fe-
de, quanto si narra nella divina Scrittura
de'maghi che a tempo di Alosè operava-
no cose meravigliose col mezzo delle lo-
ro verghe o Bacchette divinatorie incan-
tate, ma poi distrutte da quel gran con-
dottiero e legislatore degli ebrei; della ma-
ga o'pi tonessa consultala dal re Sanile per
evocar 1' anima del profeta Samuele, di
che feci altrove menzione; de'maghi che
in nome di Belzebù davano le risposte ai
re d'Israele, che prevaricarono dalla lo-
ro religione? Come potrà impugnarsi il
gran numero degli ossessi riconosciuti e
dichiarali per tali e liberati dal Salvatore
medesimo? diesi dirà della già ricorda-
ta giovinetta di Filippi habentem spiritimi
pythoneui, liberata da un cenno solo del-
l'Apostolo delle genti? E venendo alla sto-
VOL. LXX.
S T R i93
ria profina, basti solo accennare il famo-
so processo fatto dal parlamento-di Pa-
rigi neh 652, secolo che in Francia non
era certamente né di bigotti, nò di sel-
vaggi creduli. Gli atti di quel clamoroso
processo , che smascherò pubblicamente
le pratiche magiche de'popoli di Pacyia
Brie, accuratamente dimostrano la rea-
le esistenza della magia, come dimostrò
Bergier, Certezza delle prove del Cristia-
nesimo, opera rimasta senza risposta, co-
me rimarcò Felici'. E se le lescfi sono la
porzione più importante della storia, co-
medie insegnano i veri mali cui si voleva
con esse ovviare, concluderanno a favore
dell'universale consenso sulla verità del-
la magia, quelle romane delle XII tavole,
che la fulminarono colla pena capitale ;
di Sella, di Tiberio, di Claudio, d'Alessan-
dro Severo, che la punivano con sommo
rigore; di Costantino I il Grande, che ac-
cordò a'eristiani il libero esercizio di loro
religione,cde'suoi successori pure cristia-
ni, che a sua imitazione vi adoperarono
i piìi terribili supplizi. Uno sguardo che
diasi al codice de' visigoti, a quello de'lou-
gobardi,a'capitolari di Carlo Magno, lut-
to basterà a convincere che il buon sen-
so universale presso tutti i popoli, e nel-
le varie epoche dell'umana generazione,
è ben altro che quello a suo favore invo-
cato dal Sacchi. Il confutatore per rispar-
miare a lui ulteriore vergogna, tacque le
leggi canoniche, e solo ricordò l'estrava-
gante Honestis pelentium votis3d\ Leone
X, Papa dotto e illuminalo da non me-
ritar la taccia di troppo credulo, dal Sac-
chi prodigala ad altri esimii Pontefici e
vescovi. Quanto poi all'autorità umana,
di quelli specialmente cui non può oppu-
gnarsi pregiudizio o superstizione, l'auto-
re dell'articolo, riporta la seguente testi-
monianza di Daniele Sennert, denomina-
to il Galeno della Germania.» Come per-
suadersi che spiriti sì attivi, sì maligni, sì
iuvidiosi della felicità dell'uomo, i quali
e certissimo che vi sieno, restino in con-
tinua inazione, e non procurino di nuo-
i3
i94 STR
cerei quanto I<U io loro permeile? " Fede-
rico Spè di Laugefeld,il i.°cliealdire d'un
Leibnitzio abbia eflìcacemente illuminati
i tribunali sulla giurisprudenza criminale
degli stregoni e delle streghe, a derma es-
sere certissimo che si dà la magia. E an-
che il De Haen dello stesso parere, cui
seguono ancora altri illustri medici, tra i
qualiFernel e AmbrogioPareo protestan-
te, che narrano fatti di ossessi che rispon-
devano in tulle le lingue, nelle quali ve-
nivano interrogati, senz'averle giammai
imparate. Bacone di Verulamio, Brovvn,
Del Rio, Maffei, tulli ammettono nelle lo-
ro opere analoghe l'esistenza de'maghi e
della magia. L' estensore concluse con
Cuchvorth: » Che coloro i quali persisto-
no nella negazione della magia non pos-
sono in verun conto scusarsi dal sospet-
to d' empietà verso Dio. " Indi dichiarò,
che P opuscolo Le streghe è anticristiano
e sommamente pericoloso, indegno per-
ciò di star nelle mani di chiunque abbia
sentimenti di religione; facendo voti al
Signore, perchè l'autore conosca e delesti
il suo errore, onde poi » Giunto all'ulti-
ma linea delle cose" non abbia a temere
la potenza di quegli spiriti, che oggi non
crede.
STREGNES o STRENGES, Stren
gesia. Sede vescovile di Svezia, già capi-
tale della Sudermania, antica provincia di
cui la massima parte formò la prefettu-
ra di Nykoeping, ed il resto fu compre-
so nella parte meridionale della prefettu-
ra di SloikhoUn, da cui è distante i 5 le-
ghe^ situala sul lago Rider. 11 vescovato
fondato nel secolo XI, divenne suffraga*
neo della metropoli d'Upsala. Nella sua
cattedrale si vede la tomba di Carlo IX
re di Svezia. In tale articolò la celebrai
per le sue diete e principali avvenimenti
ch'ebbero luogo in questa città, chiama-
la pure Slrrgnas. Che h\ eietta la sede
vescovile nel i 07 2, e forse ne fu 1 ."vesco-
vo s.Eschillo (/"".) apostolo della Suder-
mania e martire: riportai pure altri suoi
vescovi, ed anche alcuno dc'luteranijcon-
S TR
lutando la loro prelesa successione apo-
stolica, così degli altri vescovi luterani
di Svezia.
STREGONE. V. Strega.
STRENNA, Mancia, Strenae. Dono e
regalo che si faceva il 1 ."giorno dell'anno
( 7'.), chiamalo anche Sporlitla(f/.)i e ac-
compagnato da scambievoli felicitazioni,
e ne parlai ne'tauti luoghi relativi, come
I\l ancia, Calende, Epifania, Befana, Pa-
squa, Letteke epistolari, Famigliare,
massime ne'3 ultimi riportandogli auto-
ri che ne trattano, e dicendo inoltre che
dal 1 820 circa pel 1. "dell'anno s'incomin-
ciarono a pubblicare col Dome di Strenna
alcuni almanacchi letterari, storici e ro-
manzeschi, eleganti, ma di frequente as-
sai pericolosi. Ora in Faenza il eh. Vin-
cenzo Rossi si propone di pubblicare la
Strenna mensile peli 855, di scienze, let-
tere, arti e varietà. Dal manifesto di as-
sociazione apprendo. >■■ In ogni data gior-
naliera, oltre alle correnti festività eccle-
siasliche, a compendiale biografie de'più
illustri letterati italiani, a cronici succes-
si, a scelte poesie, ad igiene, ed agraria,
questa compilazione interporrà un giro
di lunazioni, di astronomiche investiga-
zioni, materie estetiche e sane moralità ;m
Appendice producendo novelle istruiti ve
e piacevoli, sentenze, facezie , ed arguti
epigrammi , affinchè alla severità delle
scienze sia pure unita una dilettevole ri-
creazione". Le altre strenne di questa na-
tura , più o meno sono compilate sulla
stessa foggia, ed il riportato può servire
a dame un'idea. L'origine delle strenne
degli antichi, come donativi, si fa risalire
a'tempi di Romolo e di Tazio, primi re
de'roinani. Dicesi che Tazio avendo rice-
vuto, come buon augurio, alcuni rami ta-
gliati in un bosco consagrato alla dea
Strenna, cioè alla dea T'orza, che gli ven-
nero presentati nel i.° giorno dell'anno
(forse verbene,e fu chiamato felice il suo
albero ), autorizzò in seguito siffatta co-
stumanza,dandoil nome diamine a quei
regali in considerazione della dea che pò-
STR
scia presiedette alle ceremonie delle stren-
ne. I greci impararono da'romani l'uso
delle strenue. I romani quindi conside-
rarono quel giorno come solenne, e lo de-
dicaronoa Giano, rappresentalo con due
volti, siccome quello die guardava l'an-
no passato e quello che stava per inco-
minciare, ed a cui fecero de'sagrifìzi nel
Mese (al qual articolo e a Starnuto ri-
parlai delle felicitazioni che si fanno nel
i .0dell'anno e seguenti giorni ,tal volta ac-
compagnate con regali, ese sincere; come
pure della recente sostituzione a tali vi-
site,con pregiudizio,chedeplorai,di quel-
le praticate pel s. Natale) di gennaio e
colle feste che ivi ricordai. In tale giorno
adunque augura vasi felice l'incominciato
anno nuovo, e si facevano reciprocamen-
te de'regali consistenti d'ordinario in fi-
chi, datteri o miele, come altrettanti sim-
boli d'una vita dolce e piacevole, che de-
sidera vasi agli amici e parenti a'quali s'in-
viavano. Si facevano pure doni di valore,
che rimarcai a' loro luoghi, ed i Dittici
(/ .) per la Scrittura {V.)\ le persone do-
viziose mandavano i detti frutti coperti
di foglie d'oro. 1 clienti, vale a dire quel-
li ch'erano sotto la protezione de'grandi,
e meglio ne trattai a Roma, portavano tal
sorte di strenne a'Ioro patroni o patroci-
natori ,e vi aggiungevano qualche mone-
ta d'argento. In principio l'uso dellestren-
ne non si praticava che con persone rive-
slite di dignità, o per grandi virtù coni-
inendevoh;ma l'usodi venne ben tosto ge-
nerale per tulli; e presso i romani il vi-
sitarsi nel i ."giorno dell'annoeil mandar-
si de' doni era cosa riguardata come un
punto di religione. Queste felicitazioni re-
ciproche si tacevano pure incontrandosi.
La dea Strenna o Strema, che presiedeva
alla forza e al valore, presiedeva eziandio
a siffatti doni e ai profitti inaspettati, e
la sua festa celebravasi nello stesso gior-
no, con sagrifizio nel suo piccolo tempio
situato vicino alla viaSagra.I donativi del-
le strenne, e con voti di prosperità, avea-
uo luogo anche nelle pubbliche solenni-
STR i95
tà, e nelle feste saturnali del mese di di-
cembre, nelle quali gli Schiavi^P.) sede-
vano a mensa co'padroni, ed aveano li-
bertà di dire tutto quello ch'era loro in
grado. Nei monumenti commemorativi
delle strenne deh. "dell'anno, si leggono
liete epigrafi, come: A unum novuni fan-
slum felicem tibì. Alcuni facevano augu-
rii e felici presagi a se slessi, e comuni al
proprio figliOjdandosida per loro le stren-
ne. Si trova in un monumento questa i-
scrizione : Annum novum fausium feli-
cem inihi et filio. In quel giorno tutti e-
rano in moto, amici, vicini, parenti s'in-
dirizzavano a vicenda voti, augurii, e re-
gali che in processo di tempo furono pre-
ziosi. I donativi riempivano lecasede'po-
leuti, e cosi aprivasi con -.ìompa e con
lieti auspicii l'anno novello e il circolo an-
nuale. Sotto di Augusto il popolo, i cava-
lieri ed i senatori presentavano uel i ."del-
l'anno delle strenue all' imperatore; e
quando egli era assente da Roma, le por-
tavano al Campidoglio : il denaro delle
strenne era impiegato a comprare qual-
che divinità. Tiberio con un editto proi-
bì le strenne, dopo il i ."giorno dell'anno,
perchè il popolo per lo spazio d'8 giorni
si occupava di tale ceremonia. Caligola
dichiarò al popolo di accettare le strenne
che gli venissero presentate. Invece Clau-
dio suo successore proibì che lo impor-
tunassero con siffatti doni. Coll'andardel
tempo s'introdussero le strenne anco fra
i cristiani, ma poi i concili» e i padri del-
la Chiesa le condannarono, per gl'insorti
abusi. Tertulliano nel suo libro dell'/i/o-
latria le proscrive, paragonando la festa
delle strenne a quella de'saturnali. Si ha
che s. Gio. Crisostomo compose espres-
samente un discorso contro lestrenne.Av-
vi pure un altro discorso d'Austerio gre-
co, contro la festa delle caleude; festa che
fu condannata dal 6.° concilio generale
tenuto in Costantinopoli nel 680, e mol-
ti altri concilii la vietarono severamente.
Alcune chiese ordinarono un digiuno nel
1 .°di gennaio, affine di reprimere gli ec-
i96 STB
cessivi abusi. Osserva il Mai\ene,DeEccl.
discipl. cap. i 3, clic per la stessa ragione
il concilio cìiToursdel 56G ordinò di can-
nule litanie nello slesso giorno della Cir-
concisione^!'' .),edi non cominciar la mes-
sa che all'ora 8.", cioè un'ora dopo mez-
zodì,in modo ch'ella non finisse che alle
tre, comepraticavasi ne'dì della stazione.
Si può vedere Sarnelli, Lecere ecclesiasti-
che t. 5,lett. 3o: Quali strenne proibisce
ilcanonenel principio dell'anno con que-
ste parole." Si quis Calendas Januarii ri-
tti pagancruui colere, vel aliquid plus
uovi lacere propter aiintim novum,aut
inensascum lampadibus, veleasin omni-
bus praeparare et per vicos, et platea can-
tores, et choros ducere praesumpserit, a-
uathema sit". Però sembra che la con-
danna de'concilii e le invettive de'ss. Pa-
dri non riguardino le strenne per se stes-
se, ma bensì l'abuso superstizioso e le ce-
remonie pagane colle quali venivano es-
se anticamente accompagnate, con can-
zoni, dissoluti conviti e altri simili disor-
dini, che dierono successivamente origine
«"baccanali, al Carnevale [V.) e alle Ma-
selien (f'.),uor\ che ad al tri spettacoli stra-
vaganti elicenziosi,comelafesta de Pazzi
(fy ■); per cui togliendo tali superstizioni
e tutti gli abusi relativi alle strenne, que-
ste non hanno allora più nulla di ripren-
sibile. Invece, esse non sono altro fuorché
contrassegni di civiltà, di rispetto, di gra-
to animo, di amorevole ufficio, e talvolta
anchefomenlodicaritàjben inteso, qua-
lora si facciano con leali sentimenti, con
ingenua sincerità di labbra, sia pure col
mezzo della penna colle lettere epistolari
e felicitatone. Di queste feci cenno anche
n Saluto, parlando dell'origine di quelle
de'cristiani per la solennità del s. Natale,
già dette sagre e festive, per pregare e de-
siderare le buone feste. Proseguono an-
cora i reciproci donativi, i quali in gran
parte si convertirono in Mancie, e queste
non si danno presso di noi per augurio
dell'anno uuo\o,pevchè a ttotidie anni ini-
plentur, come dice Sarnelli; ma per con-
STR
servare le amicizie e le buone relazioni,
gratificare e compensare i nostri dome-
stici e famigliari, o gl'inferiori subalterni
che ci prestano qualche servigio, ovvero
gli altrui onde manifestare il nostro os-
sequio o riconoscenza verso i loro supe-
riori e padroni, e per goderne il favore
e il patrocinio.
STRIDO A oSTRIDON.F.Spalatro.
STRI GONI A o GRAN (Strigonien).
Città arcivescovile, reale e libera della
Bassa Ungheria [V.)} capoluogo del comi-
tato e marca del suo nome,distante leghe
8 172 da Buda e 6 3/4 da Watzen, presso
ilconfluentedelGranche nebagnale mu-
ra, onde la contrada ha il nome e delDa-
nubio, che si passa sopra un ponte volan-
te. Era l'ordinaria residenza dell'arcive-
scovo prima che la stabilisse in Preshur-
go (T \), ove tuttora dimora. La fortezza
chela difende sovrasta il Danubio, e guar-
da non solo il ben munito recinto, ma e-
ziaudio gli ampi sobborghi, che in nume-
ro di 7 formano la parte migliore dell'a-
bitato. La chiesa metropolitana è mae-
stosae d'elegante struttura, costrutta so-
pra un monte, ma non compila, e sotto
l'invocazione del re d'Ungheria s. Stefa-
no I, che avea edificato l'antica e ampia
metropolitana. L' arcivescovo cardinal
Rudnay, benemerito pastore come l'at-
testano i monumenti lasciati di sua pietà
e munificenza, pel i ."trasferì la sua sede
el'arcicapitoloin Strigonia nel 1820, poi-
ché da 3 secoli trovavasi inTyrnau oTir-
navia, per timore dell'irruzioni de' tur-
chi; e con gran dispendio si accinse nella
rocca a riedificare la basilica sugli a-
vanzi dell'antica e ricordata di s. Stefa-
no I. L'arcivescovo la consagrò solenne-
mente nel 1823, e siccome Pio VII gli
concesse grazie e privilegi, così fece co-
niare una medaglia monumentale, il cui
conio si conserva nella zecca papale. Da
un lato vi è l'effigie del Papa in mezzet-
ta e stola, con l'epigrafe: ConsecralioPan-
noniae Patri Patriac Fa. Pop. La vice-
cattedrale bellissima contieueil fonte bat-
STR
tesimele con cara d'anime, non apparte-
nente però al capitolo, ed intitolata a s.
Ignazio Lojola. Il capitolo della metropo-
litana si compone di 7 dignità, la 1 .Melle
quali è il preposto, eli 1 5 canonici com-
prese le prebende del teologo e del pe-
nitenziere, e di altri preti e chierici ad-
detti al servigio divino. L'arciepiscopio
ècongiuntoalla vice-cattedrale, e trovasi
in buono stato. Inoltre nella città vi sono
due altre chiese parrocchiali col battiste-
rio, due conventi di religiosi, due mona-
steri di monache, due ospedali, alcuni so-
dalizi, diverse pie fondazioni pe'poveri e
gli orfani, come pe' convertiti alla fede
cattolica, esotto l'amministrazionedel ca-
pitolo metropolitano. Vi è pure il semi-
nario pe'chierici, ed altri scientifici sta-
bilimenti , uìì ginnasio, bagni di acque
termali e fabbrica di panni. Fra i palazzi
si distingue il municipale. Un monumen-
to chiamato la Colonna della ss. Trinità,
forma l'ornato della piazza principale.
Patria d'alcuni uomini illustri, primeg-
gia il re s. Stefano 1, fondatore della mo-
narchia e patrono di essa, le cui ossa si
venerano nell'antica cattedrale di s. Al-
berto situata nel castello. Strigonia o
Gran, Strigonium, Islripolis o Istrogra-
natii , in ungherese Eszlergom, nel secolo
XIII sotto il re Bela IV fu presa da'tar-
tari per assalto, e messa a ferro e fuoco,
essendosi salvati appena i5abitantidi tut-
ta la popolazione. T'ivos assabanl homi-
neSy sicut parcos,d\ce il Rogerio nel far-
ne la miseranda descrizione. I turchi sot-
to il sultano Solimano II s'impadroniro-
no di Strigonia nel 1 54o, e gli austriaci
comandati dal principe di Mansfeld la
ricuperarono neliSgS. Indi neli6o5vi
rientrarono i turchi, e più tardi il gene-
roso valore di Giovanni III re di Polonia,
e di Carlo IV duca di Lorena la riprese
nel 1 683 dopo 5 giorni d'assedio. Più vol-
te soffia guasti ed incendi, eda'i3 aprile
1818 patì il più disastroso, che consumò
uua gran parte delle suecuse e molti pub-
blici edilizi. *
STR i97
La sede vescovile fu eretta in arcive-
scovile da Papa Silvestro II nel 1000 o
nel 1002, ad istanza del re s. Stefano I,
dopo aver convertito quasi tutto il resto
dell'Ungheria al cristianesimo. Ne fui.°
arcivescovo Sebastiano abbate di s. Mar-
tino ornato di molte virtù, che avendo
perduto poco dopo la vista, ne divenne
coadiutore Astric oAnastasio 1 .°vescovo di
Colocza,già das. Stefano I inviato a Silve-
stro Il (^'.) per domandar la conferma
dellenuove sedi da lui istituite eia corona
reale: passali circa 3 anni, Sebastiano gua-
rì dalla cecità. L'arci vescovo pretese la pri-
mazia su Colocza, ma poi rinunziò quan-
do gli fu aggiudicato il diritto di coronare
il re e fu fatto cancelliere del regno. Indi
i Papi lo dichiararono legato a lacere del-
la s. Sede nel regno e primate del mede-
simo. Il Papa Nicolò V,ad istanza del re
Ladislao V, confermò all'arci vescovo il ti-
tolo di primate d' Ungheria, e di legato
nato della Sede apostolica. Anticamente
erano suoi sufFragauei i vescovidi Vaccia,
Fogaras e Gran-Varadino di rito greco-
unito, AgriaoErlau poi arcivescovato nel
i8o4,Nrlria,Giavarino, Veszprim e Ciu-
que Chiese. Attualmente sono sulfraganei
del metropolitano tli Strigonia i seguenti
vescovati. Alba Reale, Sabaria, dava-
rino,Nitria,Neosolio, faccia, Feszprim,
Cinque Chiese 0 FiinfKircheii, Tinia o
Knin, Munkats à\ rito greco unito, di-
sio di rito greco-unito, ed Eperies di detto
rito. Questa sede vauta illustri arcivescovi,
molti de'quali furono cardinali, le cui no-
tizie riportai nelle loro biograf]e,e qui sol-
tanto ricorderò i cardinali Stefano Van-
cha oVansca oVacsa ungaro,daInnocen-
zo IV traslato nel 124Ì a Strigonia, enei
1253 01254 da 'u' creato cardinale. De-
metrio ungaro, giù vescovo diZagabria, e-
levato da Urbano VI nel 1379 al cardina-
lato e poi fatto arcivescovo di Strigonia e
gran cancellieredel regno.Neh38i trasferì
inBuda il corpo di s.Paolo 1 ."eremita3un
se la regina Maria figlia diLodovico I, indi
auclie Carlo 111 Duruzzo re di Siciliaj e
198 S T l\
Sigismondo. Eugenio IV nel i f\3c) anno-
verò al s. collegio Dionisio Zech o Zeco o
Scech ungherese. Sisto IV nel i 477 pub-
blicò cardinale Giovanni i\' Aragona na-
poletanoe cognato del re Mattia, alle cui
istanze gli confeiì l'arcivescovato. Ippo-
lito ù'Este de' duchi di Ferrara, cardi-
nale di Alessandro VI gli successe. Indi
persua rinunzia lo fu nel i493Tommaso
Bakacz o Bacoczi ungherese, già di Za-
gabria (nella cui biografia per fallo ti-
pografico Pannonica è delta canonica),
da detto Papa neli5o2 eletto cardinale.
Giorgio Marlinusio oWisenoAviski croa-
to,nel 1 55i arcivescovo cardinale diGiu-
lio III. Francesco Forgach ungherese di
Strigonia,di cui nel 1 6o5 divenne pastore
e nel 1607 cardinale per Paolo V. Questi
nominò arcivescovo Pietro Pazmany di
Panasz ungaroe gesuila,nel 1 629 cardi-
naled'UrbanoVII Lindi il tedescoLeopol-
do Kollonitzde] i6q5 traslato daColoczn;
Cristiano Augusto di Sassonia nel 1 700
futtocoadiutoreal precedente, cui succes-
se nel 1 707 e mori nel 1 72^. Le Notizie
di Roma registrano i seguenti arcivescovi.
Nel 1 751 Nicolò C?acki del l'arci diocesi di
Strigonia, trashatodaColoczaeBachi^ uni-
te.Nel 1 761 Fi ancescoBarckolzy d'Agria e
Iraslalo da questa sede. Dopo quasi 1 o anni
di sede vacante, nel 1776 Pio VI dismem -
brò da Strigonia Scepusio, che eresse in
sede vescovile, indi dichiarò arcivescovo
Giuseppe Batlìjan trasferito da Colocza
e Bachia, poi cardinale: fu suo sulfraga-
neo Nicola Kondè de Poka-Telek dell'ai--
cidiocesi di Strigonia, vescovo di Belgra-
doeSemendria. Lodato per singolare pie-
tà, zelo e vasto sapere. Correndo alla sua
epoca tempi difficili, pieno di coraggio ne
sostenne 1' impeto. Con egual fermezza
combattè l'erronee dottrine di Febronio
{F-), e ne impedì la propagazione in Un-
gheria. Geloso della libertà ecclesiastica,
affrontò le autorità che la violavano. Nel-
la visita di sua vasta arcidiocesi, da per
tutto lasciò prove del suo zelo pastorale,
ed in Strigonia ordinò e aumentò cou
STR
ginn dispendio l'archivio e la biblioteca
arcivescovile. Morto il cardinale nel set-
tembre 1789, il detto sulTraganeo con-
tinuò nel governo dell'arcidiocesi con ti-
tolo di suihaganeo, e poi per suo decesso
la chiesa restò senza pastore lungo tem-
po. Laonde Pio VII per la grave età del-
l'arcivescovo di Colocza, col breve Quo-
niam,de'iQ gennaio 1 8 1 5,Bidl.Rom.cont.
t. 1 3, p. 35 1 , deputò giudice delle cause
ecclesiastiche che definiva l'arcivescovo
di Strigonia , Stefano Fischer de Nagy-
Szalantnya arcivescovo d'Agria. Final-
mente a' 1 7 dicembre 1 8 1 9 ferminola ve-
dovanza della chiesa di Strigonia , con
trasferirvi Pio VII da Transilvania Ales-
sandro de Rudnay, che il t.° dicembre
182 1 celebrò un concilio nazionale della
chiesa cattolica d'Ungheria, dopo che o-
gni vescovo del regnoavea tenuto il sino-
do nella propria diocesi, e meritòche Leo-
ne XII lo creasse cardinale. Inoltre Pio
VII nel 1 820 gli avea dato per sulTraga-
neo Giovanni Bonyonski della diocesi di
Nitria, e vescovo di Lislri in partibus. Mov-
to il cardinale nel 1 83 1 , il detto sulTraga-
neo continuò a governare 1' arcidiocesi,
finche die termine alla sede vacante nel
1839 GregorioXVIjCon preconizzare ar-
civescovomg.'GiuseppeRopacsy di Vez-
sprim e già vescovo di sua patria. Indi lo
stesso Papa nel concistoro de'i4 dicem-
bre 1840 gli assegnò persuflraganeo mg.1'
Martino Miskolczy di Galcocz vescovo di
Ti ti\a in par tibus3 e per ausiliare mg. r An-
tonio Majthenyi della diocesi di Neosolio
vescovo di Centuria inpartibus} e lo è tut-
tora. 11 regnante Pio IX, nel concistoro te-
nuto in Portici a'28 settembre i849> di-
chiarò arcivescovo di Strigonia e prima-
te d'Ungheria l'odiernocardinal Giovan-
ni Scito wski de Nagy-Ker di Bela, traslato
prima daRosnavia daLeone XII nel 1 828
a Cinque Chiese; quindi a'7 marzo 1 853
Io creò cardinale dell'ordine de'preti, ri-
mettendogli la notizia col berrettino ros-
so per la guardia nobile Luigi de' conti
Daiidioi; ed a'29 spedì a Vienna in qua-
STR
lità di ablegato apostolico per recargli la
berretta cardinalizia, mg.r Giuseppe Con-
tini suocamereriere segreto soprannume-
rario, canonico della basilica di s. Loren-
zo in Damaso e figlio del general Conimi
già Castellano di Castel s. Angelo. Si leg-
ge a p. 34^ del Giornale di Roma del
i(S53, cbe l'i 1 aprile l'imperatore d'Au-
stria Francesco Giuseppe I, in Vienna si
compiacque d'imporre nell'i. r.chiesa par-
rocchiale di corte la berretta cardinalizia
al principe primate del suo regno d'Un-
gheria e arcivescovo di Gran , cardinal
Scitowsky. Vi fu presente alla funzione,
oltre mg.rablegato, il cardinale pro-nun-
zio Viale-Prelà e sotto un baldaccluno as-
sistè alla solenne messa celebrata da mg.r
Zetmer vescovo di Sarepta inpartibus e
suffraganeo di Vienna; dopo la quale e la
lettura del pontificio breve si effettuò la
ceremonia, seguita dal cautodel Te Deuni
e dalla benedizione papale compartita dal
cardinale. Nell'allocuzione poi de' 19 di-
cembre, il medesimo Papa PioIXannuu-
ziò l'erezione della nuova provincia eccle-
siastica di Fogaras e Alba Giulia, per la
nazione vallaca sparsa nella TransiU'ania
(f.), a tale effetto slaccando dalla metro-
poli di Strigonia i vescovati sulfraganei
di Gran-Varadino e Fogaras, la quale e-
levò ad arcivescovato. Il cardinalScitow-
ski dopo aver fondato un monastero di
religiose nella diocesi di Cinque Cinese
per l'educazione delle fanciulle e aggiun-
tavi decorosa e ampia chiesa, divenuto
arcivescovo di Strigonia, riparò i gravis-
simi mali fattivi dalla rivoluzione e sue
conseguenze, quindi iuTyrnau fondò un
convitto per l'educazione della gioventù
e un seminario pe'chierici, stabdendovi
pure un noviziato pe' gesuiti, i quali da
pitiche 80 anni non aveano collegi in Un-
gheria,mentre aTyrnau il cardinal For-
gach avea per essi fondato un gran col-
legio con magnifica chiesa. In Pest poi il
cardinal Scitowski ha fondato una casa
per le figlie o Sorelle della carità cbia-
uiate le suore grigie; fiualineute la calte-
STR 199
drale di Strisonia, incominciata a riedi-
ti) *
ficarsi dal cardinal Kudnay, e continua-
ta da mg.r Kopacsy, bacon ingenti som-
me condotta ormai al suo compimento,
laonde fra pochi mesi potrà essere inte-
ramente consagrata. Pvecatosi il cardinale
in Roma nel novembre 1 85 j, nel conci-
storo de' 16 il Papa PiolK gli ha imposto
il cappello carilma lizir >,e poi conferito per
titolo presbiterale la chiesa di s. Croce
in Gerusalemme. Ogni nuovo arcivesco-
vo di Strigonia è tassato ne'hbri della ca-
mera apostolica in fiorini 1880, ascen-
dendo le rendite della mensa ai5o,ooo
fiorini del regno, gravate di alcuni pesi.
Amplissima è l'arcidiocesi, comprenden-
do 474 parrocchie.
Concila di Strigonia.
Il 1. fu adunato neh 1 ji, essendo ar-
civescovo della provincia Lorenzo. Furo-
no fatti 6" canoni sopra diverse materie
eccle>iaslicbe. Il a." lo tenue l'arcivescovo
Benedetto, regnando Rela V re d'Unghe-
ria nel 1256, relativamente a una defe-
renza Ira Zelando vescovo di Vezsprim e
Biagio abbate di Zala. Il 3.° fu convoca-
to nel 1290 dall'arcivescovo Lodomiro,
regnando il re Andrea III, all'occasione
d'alcune dispute suscitate pel diritto che
s. Ladislao e il re Geza II aveano accor-
dato alla chiesa di riscuotere certi tribu-
ti. Il 4-° venne celebrato nel 1294 dal me-
desimo arcivescovo Lodomiro, e sotto Io
stesso Andrea 111, relativamente ad alcu-
ni disordini accaduti nell' arcidiocesi. Il
5.° ebbe luogo nel 1 382 e presieduto dal-
l'arcivescovo Demetrio, regnando Maria
regina d'Ungheria, riguardante il diritto
di riunire i vescovi della provincia, che
il vescovo delle Cinque Chiese volevasi ar-
rogare contro l'antico diritto dell'arcive-
scovo di Strigonia. Del 6.° già ne parlai.
Mansi, Sitpplem. Condì, t. 2 , p. 283 e
1 193, t. 3, p. 233, 247 e (563.
STROFA e STROFE, Stropha, Siro-
pìiae. Quella parte della canzone che più
comunemente dicesióVa/iirt.Chiamasi »e-
200 5 T R.
neralmenfe stanza quella parte della can-
zone, che in se racchiude l'ordine de' versi
e dell'armonia, che si è prefissa il poeta.
Inolile chiamasi strofa in termine eccle-
siastico, la divisione de' versi che si i'd in
uu Jnno(F.), quando si mette un nume-
ro eguale o della stessa misura in ciascu-
na parte. Così dicesi de' Salmi (7^.) e delle
Prose (/.) che si cantano in chiesa con
Ritmo (f7.) ecclesiastico. I fedeli cantano
molte e particolari pie e divote strofe in
onore di Dio, della Beata Vergiue e dei
bauli.
STRONGOLI, Strongulum. Città ve-
scovile del regno delle due Sicilie, nella
provincia di Calabria Ulteriore li, a cir-
ca 5 leghe da Cotrone ei3 da Catanza-
ro, capoluogo di cantone, sopra una ru-
pe scoscesa, in buonissima aria, ad una le-
ga dal mare Jonio. La cattedrale è sotto
l'invocazione de'ss. Pietro e Paolo, ed il
capitolo prima si componeva di 5 digni-
tà, l'arcidiacono, il decano, l'arciprete, il
cantore, il tesoriere, di 1 5 canonici e d'al-
tri 20 chierici per l'ufliziatura. Vi sono
altre chiese e 3 parrocchiali, conventi re-
ligiosi, sodalizi, ospedale, case di carità,
ed alili stabilimenti d'istruzione e di be-
neficenza. Gli abitanti attendono anche
a 'bachi da seta e alla pastorizia. Il terri-
torio è fertile, coti buoni e copiosi pasco-
li, e sono abbondanti le colombe. Nella
selva vicina, chiamata il Pantano, si tro-
vano cinghiali, e le vipere vi sono vele-
nosissime. Strongoli, Slrongylis, si pre-
tende che tenga il luogo dell'antica Pcte-
Ha o Pelilia, iòudala dal greco Filotlete
dopo la distruzionediTroia. In questi din-
torni perdette la vita Marcello rivale di
Annibale. I peteliani furono lodati per la
lede che conservarono a'romani, succe.n-
su prius patria in ignem sese projecere,
per cui scrisse Valerio Massimo: ltaque
Annibale non Peleliam , sedfidei Pete-
lianae sepulchrum capere contigit. Si ve-
dono ancora le auliche sue rovine e qual-
che iscrizione di questo municipio roma-
no. Strongoli fu edificala co'suoi avanzi,
STR
dopo che i saraceni la distrussero; indi
fu signoreggiata qual feudo dal principe
Francesco Campitegli conte di Melissa, e
seguì le vicende della monarchia in cui
è compresa. La sede vescovile fu eretta
nel secolo XII, e dichiarata suffraganea
della metropoli di s. Severina. Ili.°suo
vescovo è Madio del i i 78, il 1" Gugliel-
mo del 1 246, che fu eletto giudice com-
promissario, nella lite insorta tra l'abbate
del monastero Florense e l'archimandri-
ta di Pati ri nell'arcidiocesi di Rossano,
in favore del quale sentenziò l'atto che
riporta U^helli colla serie de' vescovi, 7-
talia sacra t. q, p. 5 1 6. Gli successe Pie-
tro monaco di s. Eufemia di Nicastro, e-
Ietto dal capitolo e confermalo da Inno-
cenzo IV nel 1254. A Rapolla nel I2qr
da questa sede fu trasferito da Nicojò IV
il vescovo Roggero, ed a lui fu sostituito
Francesco Roggeri, che morto nel 1297
ebbe a successore fr. Uguccione di Spo-
leti domenicano. Nominerò i più illustri
che ne occuparono la sede. Dopoché Pie-
tro vicedomino della chiesa di MonteCas-
siuo,neli342 rinunziò il vescovato a Cle-
mente VI, questi nominò fr. Tommaso
de Rosa de'minori, dotto e degno, cui nel
1 352 successe Almanio cittadino e deca-
no della cattedrale di Strongoli. Nel 1 4 1 3
Antonio Saugualo o de Molina di Croto-
ne, traslato da Dosa ,e nel 1 43o promosso
all'arcivescovato di s. Severina. Neh5oq
Gaspare de Murgi di Strongoli, eletto da
Giulio li, e fece costruire il trono o cat-
tedra episcopale. Pietro Raniero nel 1 535
fu cousagrato in R.oma nella cappella del
palazzo apostolico dal vescovoScordoveu-
se. Indi neli54o Paolo III feceammini-
stratoredi questa chiesa ilcardinal Marco
Gran ani (T7 .), il quale a' 1 3 maggio spon-
taneamente rinunziò a favore di Girola-
mo Zacconi di Pesavojibensqueabiitinu-
nere. Per sua cessione, nel 1 55 1 fu vesco-
vo il nipoteMatteoZaccoui pesa rese. Mor-
to uel 1 567, s. Pio V nominò Tommaso
Pietro Orbili nobile di Foligno, dolio, in-
tegerrimo e di chiarissima fama; per cui
S T R
il Papa lo chiamò in Roma onde consul-
tarlo sul modo di ripristinar la decadu-
ta disciplina ecclesiastica, e lo trasferì al-
la sede di sua patria Foligno ai/\. gen-
naio 1 568. Indi gli surrogò il correligio-
so domenicano fi'. Timoteo Giustiniani
genovese de' signori di Scio, dotto, cru-
ditoe pio, intervenutoalconciliodi Tren-
to e traslocato dalla stessa sede di Scio
mi sera mente rovina tada'turchi, nel qua-
le eccidio mostrò il suo ardore e zelo e-
piscopale. Benefico e sollecito pastore, fu
limosiuiero co'poveri, daTondamenli e-
dillcò l'episcopio con opportune comodi-
tà, ornò la cattedrale, ed eresse 4 fortis-
sime torri per munire la città contro le
aggressioni turchesche. Presso s. Maria
Cattolica già de'greci, fabbricò il conven-
to pe'suoi domenicani e Jo dotò di per-
petui fondi. Scrisse una relazione sull'i-
sola di Scio, e nel i5yi fu tumulato uel-
la cattedrale di Strougoli con isplendido
epitaffio. lS'eli579 fu lodato pastore Ri-
naldo Corsi di Malta, e neh 582 gli suc-
cesse Domenico Petrucci da Città di Ca-
stello, consagrato in Roma dall'arcivesco-
vo di s. Severino, e poi fu ti astato a Bru-
gnato,della qua! sede riparlai a Sabzaita.
Nel 1 585 Giovanni Luigi Ma t'esco! ti no-
bile bolognese, di singoiar dottrina, in-
tegrità e soavi costumi. Nel 1587 gli suc-
cesse, e ornato di eguali ■virtù. Claudio
Marescotti bolognese e abbate oliveta-
110 di s. Michele in Bosco, consagrato in
s. Spirito di Roma dal cardinal Paleot-
ti. Sisto V neh 5go gli surrogò Claudio
Vici anconitano, che ridusse in miglior
forma l'episcopio. Nel 1 60 1 fu vescovoSe-
bastiano Ghislieri d'Alessandria, e proto-
notario apostolico,parente di s. Pio V: in-
trodusse! cappuccini inStrongoli,ed eres-
se l'ospedale e la chiesa della B. Vergine.
Lodatissimo pastore, ebbe a coadiutore e
nel 1 62 1 a successore l'arci vescovo di Ni-
cea in parlibus Bernardo Piccoli d'Una-
briatico. Salustio Bartolo di Monte s. Sa-
vino, eletto dopo di lui, visse 100 giorni, e
soli 4 mesi il successore Giulio Diolallevi
STR 201
di Rimini, inlcr prospera et adversa pa-
ri animi magnitudine: gli successe il fra-
tello Carlo canonico della patria cattedra-
le, che eresse innanzi all'altare maggiore
della cattedrale di Strangoli un nuovo se-
polcro per se e successori. Con encomi nel
1 655 morì Martino Dense souiascu mi-
lanese ch'eragli stalo sostituito. L'Ughelli
termina la serie con fi\ Biagio Mazzetti
domenicano napoletano, ed i continuato-
ri con Tommaso Olivieri nobile dell'ai'-
cidiocesi di s. Severina, e con Domenico
Marzani arciprete della cattedrale di Bo-
va sua patria nel 1 7 19: la compirò colle
Notizie di Roma. Nel 1 1 7 3 5 Gaetano de
Arco napoletano; nel 1 74 1 Ferdinando
Maiularani della diocesi di Squillare; nel
1748 Domenico Morelli dell'arcidiocesi
di s. Severina; nel 1798 Pasquale Petruc-
celli della diocesi d'Ariano. Restata que-
sta sede vacante, sino dal principio del
corrente secolo,Pio VII a'2Sgiugnoi8i8
soppresse il vescovato, e in perpetuo l'u-
nì a quello di Cariati, al quale essendo
già unita la sede vescovile di Cerenza o
Gerenza, con titolo di concattedrale, il
Papa lo soppresse e incorporò a Cariati
la diocesi, a cui unì pure Umbriatico. A
questo articolo riporterò pure i suoi più
distinti vescovi; ora per supplire a' non
mentovati negli articoli Cariati e Ceren-
ea, riprodurrò la serie de'vescovi di Ce-
renza e Cariati, nella quale si compene-
trarono 3 sedi vescovili, onde ampia n'è
la diocesi, con circa 3ooo ducati di men-
sa. Le 3 sedi erano suffiaganee della me-
tropoli di s. Severina, e Cariati lo è tut-
tora, e distante da essa io leghe.
La sede vescovile di Cariali, Cariatimi,
è antichissima come si ha dal registro di
s. Gregorio I del 590, il quale affidò la
cura della sede e diocesi a Bonifacio ar-
civescovo di Iieggio; anzi si conosce che
Menecrade vescovo di Cariali, fiorito un
secolo prima, intervenne ad uno de'sino-
di celebrati in Roma da Papa s. Simma-
co del 4o^> ma i saraceni avendo rovi-
nala la città, si perderono le sue memo-
202 S T R
rie, e rcslò per cìi versi secoli interrotta
la successione de' vescovi. Gerenza, Ge-
mmiti, e perciò chiamata anche Geren-
za, e come Cariali già signora fendale del
principe di Semina ria, è ferace d'eccellen-
te manna, fu sede vescovile sino dal 960,
come attestano i monumenti di sua chie-
sa. L'Uglielli ne\V Italia sacra ». 1 ,p. 4<)^j
riportala serie de'vescovi Geruntinenses
et Cariatenses uniti, e con esso procede-
rò a fare altrettanto. Il 1. "che si conosca
è Policrono Geruntinus, il quale nel 1 099
con l'autorità e consiglio del suo metro-
politano Costantino arcivescovo di s. Se-
veri na, nell'arcidiocesi fondò e dotò, con
diploma confermato da'conlidi Calabria
e di Sicilia, il monastero cisterciense di
s. Maria d'Altilia.Dopo Policrono e per
lo spazio di 100 anni non si conoscono i
successori. Giberto Gerontinus episcopus
trovasi verso il 1 198, ed era amico del
celebre abbate Gioacchino [f/.) fondato-
re della congregazione e monastero cistcr-
ciense di Flora o Florense (F.), \ miglia
lungi da Cacuri (nitro luogo è Vertinaro:
in Cacuri nacque Francesco Simonetta
autore della Sforziade), nella diocesi di
Gerenza 0 Gerenza. Giberto donò ad es-
so la chiesa di Monte Marco, la quale di-
poi con bolla d'Onorio 1 11 fu unita in per-
petuo al monastero di s. Giovanni di Fio-
ri. Gli successeGuglielmo/il qua le di quan-
to il predecessore avea tatto all' abbate
Gioacchino in odium rnonachoruin de-
slruxit; mori nel 1 209, ed è ricordato nel
diploma d'Onorio l II. Nell'istesso anno fu
eletto vescovo Geruntinus Bernardo di
Calabria, nato d'onesti parenti, abbate di
Sambucina monastero cisterciense, per
le sue virtù, e carità, amalo dall'abbate
Gioacchino e suo intimo. Corresse l'ope-
rato contro i monaci dall'antecessore Gu-
glielmo, restituì loro il tolto da lui,econ-
eesseal monastero di Floriduealtre chie-
se. Morì santamente nel 12 16, concorse
il popolo a venerarne la spoglia mortale,
e gli scrittori della Calabria lo posero tra
i beati della medesima. In tale anno e nel
S T 11
pontificato d'Onorio MI fu eletto vescovo
GerunlinusNìcofo, degnissimo e virtuoso
come il precedente. Non solo confermò al
monastero di Fiori il donato da' prede-
cessori, ma vi aggiunse il monastero di
Cabria, già de'nnmaci greci, ciò che con-
fermò Onorio 111 colla memorata bolla,
Cuiiì a nobis, riportala da Ughelli. Inol-
tre Nicola e col consenso del capitolo fece
donazione al monastero Florense del le-
nimento o grangia di Virdo, che confer-
mò con diploma Gregorio IX. Morì nel
1233, e nel 1234 gli successe Matteo di
Calabria , Geruntinus episcopus , pare
della stessa famiglia dell'encomiato Ber-
nardo^ essendo eguale lo stemma genti-
lizio; già discepolo dell'abbate Gioacchi-
no, fu lodalissimo pastore, ed è registra-
to trai beati della Calabria. Per più d'un
secolo s'ignorano i successori. Nicola eli-
gitur Geruntinensis episcopus 1 3^.1, die
i3 augusti, solitimi pensimi exsolvit sa-
cro Collegio tex Aclis romani, ubi edam
Gariatensis nominai/ir episcopus, fortas-
sis lune haec dune Ecclesiae uuitae erant
hoc annos. Quindi i successori negli atti
conci storia li sono chiama li Geruntinenses
et Cariatenses. Il vescovo Gerardo nel
I 394 fu traslato all'arci vescovato di Ros-
sano; e Bonif icio 1 X a' t 3 febbraio vi so-
stituì l'arcidiacono della cattedrale Gu-
glielmo. Nel i425 Tommaso Rossi cano-
nico di Cosenza; nel 14291*1'. Guglielmo
de Podio o Giovanni de Podio Nucis o
Podionitis domenicano francese, già mae-
stro generale dell'ordine nelle provincie
che ubbidivano all' antipapa Clemente
Vili, creato dal Pontefice Martino V,cui
era accettissimo, Geruntinen episcopus, e
visse nella dignità da buon pastore. Nel
1437 l'arcidiacono Giovanni de Voltis,
che trasferito a Crotone nel 1 43g, gli ven-
ne surrogato Geruntinain sedem Galeot-
to Quadrùmani nobile e canonico di Co-
senza, indi anch'esso traslato a Crotone.
Neh44° Bartolomeo già vescovo Argo-
license, sotto il quale in Cariati fu fabbri-
cato il conveuto de'minori della stretta
STR
osservanza da Bonaccorso Capisacci, nel-
la cui chiesa giace il b. Tommaso Ren-
dano illustre per miracoli. Nel 1 48 1 mori
Giovanni episcopus Geruntinus rtCaria-
lensis. Nel 1 48 • stesso fu eletto vescovo
Geruntinus et Cariatensis PietrodiSon-
nino arciprete di s. Giovanni di Laconia
diocesi diNicastro,ove da (meste sedi passò
nel 1 489. Nel 1 490 fu fatto vescovo di Ce-
lenza e Cariati Antonio di Lucerà; il sue-
cessoreGiroIamo morì neh 5o4-l« questo
conseguì le mitre di Cerenza e Cariati
Francesco Dentici napoletano; ma presto
gli successe fi*. Martino di Lignano dome-
nicano bolognese, cui la morte poco dopo
rapì nel 1 5o6. Nell'agosto venne eletto
Giovanni Sersale nobile di Cosenza, indi
Tommaso Coi tesi di Prato episcopus Ge-
runtinus et Cariatensis nitro onere se ex-
solvitì5io. In questo Leone X nominò
vescovo di Cerenza e Cariati Antonio Her-
colani nobile forlivese e preposto della pa-
tria cattedrale, chiaro per prutlenzae vir-
tù, neh 522 vice-legato della Riarca pel
cardinal Armellini, che neh 5^3 eresse
da'fondamenli la fortezza di Macerata, e
nel i foGlornòadessei e vice- legato/i 0111 -
masoCortesi di Pratodatario di Clemente
Vile vescovo anche di Viesti, traslato nel
1 53 3a Vaison. Subito gli successeTaddeo
Pepoli bolognese nobilissimo, abbate e
vicario generale degli Olivetani, di gran
virtù, vescovo di Cerenza e Cariati, nel
1 535 trasferito a Carinola, della qual se-
de meglio riparlai a Sessa. Invece da Ca-
rinola a questi vescovati fu traslato Gio-
vanni Carnuti che morì neh 54'. Fran-
cesco Monaldi già vicario generaleecano-
nico della cattedrale di sua patria Chieti
e poi arcivescovo di Tarso, morendo in
Milelo mentre celebrava la messa oppres-
so cuniculi ruinis. Neh 545 M. Antonio
de Falconi di Nardo, e nel 1 556 Federico
Fanluzzi nobile bolognese e uditore del-
la romana rota. Per sua morte nel 1 56 1
Pio IV fece vescovo Gerunlinusel Caria-
tensis Alessandro Crivelli (f^.) milanese,
e poi nunzio di Spagna e cardinale. Ri-
STR io3
nunzio le sedi neh 568 a Giacomo Ma-
lumbra milanese,dalle quali si dimise nel
i5y3, egli fu surrogato Sebastiano Maf-
fa nobile salernitano. Morto nel 1 5j6, in
questo venne eletto Gio. battista Ansal-
di di s. Miniato, e consagrato in s. Bar-
tolomeo all' Isola di Roma dal cardinal
arcivescovo di s. Severina. Dopo il suo de-
cesso, Gregorio XIII neh 5t 8 conferì le
due chiese unite aTaiqninio Pi isco: Sisto
V neh 585 gli die in successore il suo cor-
religioso e amico fi*. Nardo di Fano dei
conventuali, insigne dottore in teologia.
Morì neh 586, ed a'5 novembre gli so-
stituì l'altro francescano Ir. Ottaviano di
Tagliacozzo. Nel medesimo anno Sisto
V consagrò vescovo fr. Properzio Resta
de Capcllis di Volterra, dotto francesca-
no, che scrisse De vera sapieatia: morto
nel 1602 in Roma, fu sepolto in ss.Aposto-
li. A' 1 5 aprile gli fu surrogato fr. Filip-
po Gesualdo generale de'con ventilali, ce-
leberrimo predicatore, dotto e di santa
vita. Nel 1 6 1 7 Maurizio l'ucci te.rdonensis;
neh 627 Lorenzo Pea o Pkeus romano,
avvocato concistoriale; neh 633 France-
sco Gonzaga di Mantova chierico rego-
lare, indi traslato a Nola. Neh 659 Aga-
zio di Somma di Catanzaro, a cui poi fu
traslato; nel 1664 Girolamo Balzelli ni di
Napoli e di quella nunziatura avvocato dei
poveri; nel 1 688 Sebastiano de Franci di
Nola, avvocato delle cause ecclesiastiche
e del s. ollizio in Napoli; nel 1718 Barto-
lomeo Porli amalfitano, avvocato fiscale
della nunziatura di Napoli. Morto nel
1 7 19, Clemente XI nel 17 20 gli sostituì
Gio. Andrea Tria di Malera,già uditore
delle nunziature di Lisbona e di Svizzera:
con esso nell'Ughelli si termina la serie
de'vescovi ili Cerenza e Cariati, che com-
pleterò colle Notizie di Roma. Neh 726
Antonio Raimondi dell' a rei diocesi di s.
Severina; nel 1 732 Carlo Ronchi diNapo-
li; neh 764 Francesco M. 'Trombini del-
l'arcidiocesi di Cosenza. Dopo lunga sede
vacaute di quasi 7 anni, neh 793 Felice
Antonino de Alessaudris di Monte Leoue
2o4 STR
diocesi di Mileto. Vacala di nuovo la se-
de nel 1 808, terminarono i vescovi di Ge-
renza e Cariati uniti, per la narrata sop-
pressione nel 181 8 operata da Pio VII, il
quale nel concistoro de' 4 ghigno *8lQ
preconizzando vescovo di Cariati Gelasio
Serrao di Ventarola diocesi di Sessa, que-
sto prelato pel i.°si trovò costituito vesco-
vo eli Cariati, nella cui diocesi erano state
incorporate quelle soppresse di Gerenza,
Si roti gali e Umbriatico. Per sua morte,
Gregorio XVI nel concistoro degli i r lu-
glio i83() promulgò vescovo di Cariati
l'attuale mg.r Nicola Golia di Cosenza, già
canonico della patria metropolitana e ret-
tore del seminario di essa, insignito di al-
tri cospicui incarichi, e che fa la sua or-
dinaria residenza in Cariati uell'episcopio
prossimo alla cattedrale.
STROZZI Lorenzo, Cardinale. Pa-
trizio fiorentino, pronipote di Leone X,
fatti i suoi studi letterari sotto la discipli-
na del celebre Benedetto Varchi, ed i le-
gali nell'università di Padova, passato in
Francia si applicò a' militari esercizi, e
divenuto eccellente e valoroso capitano,
combattè intrepidamente nella Lingua-
doca nel regno d'Enrico II contro i cal-
vinisti, a' quali avendo tolto parecchi e
ben fortificati castelli, vi ristabilì l'eser-
cizio della cattolica religione. In seguito,
a persuasione di sua cugina Caterina de
Medici regina di Francia,datosi alla vita
ecclesiastica, sostenne in quel reame mol-
te e cospicue cariche, tra le altre quella
di consigliere di stato, e fu provveduto
delle ricche abbazie di s. Vittore di Mar-
siglia e di s.Maria diStaffarda, e ad istan-
za del nominato re nel i548 Paolo III lo
preconizzò vescovo di Beziers,e per qual-
che tempo fu destinato al governo della
provincia diNarbona.Per le premure del-
lo stesso Enrico 1 1,a' 1 5 marzo 1 557 Pao"
lo IV lo creò cardinale prete di s. Bui-
bina. Ptestituitosi in Francia, aiutò il re
co'suoi consigli intorno a'mezzi che si a-
vevano a tenere per ridurre gli eretici,
e nel 1 56 1 sotto Pio IV passò all'arci ve-
STU
scovato d'Alby cedutogli dal cardinal di
Guisa, a cui egli rinunziò l'abbazia di s.
Vittore. Nel i566s. Pio V lo fece arci-
vescovo d'Aix, dove con instancabile zelo
tutto si dedicò allo sterminio dell' eresia
e degli eretici, e nell'esercizio d'un' im-
presa tanto onorevole e gloriosa, chiuse
di 4^ anni nel i5j i in Avignone i suoi
giornijdopo essere intervenuto al concla-
ve di Pio IV, perchè fu assente a quello
di s. Pio V. Verme tumulato nella chiesa
di s. Agricola.
STUDIO. V. Scuola, Università.
STUDITA. Nome di un religioso del
monastero di s. Gio. Battista in Costanti-
nopoli, fabbricato dalla somma pietà di
Studio nel 4^3, uomo consolare, prefetto
del pretorio e potente signore di quella
grati capitale e dell'impero orientale, o-
ve si recò da Roma sua patria, abbonan-
do il servaggio de' vandali quando l'inva-
sero. Gli studiti erano monaci Acemeti
(de' quali riparlai negli articoli relativi),
cioè insonni perchè a vicenda senza inter-
ruzione giorno e notte lodavano Iddio, ma
divisi in tre parti o classi; ed il p. Helyot
nella Storia de gli ordini monastici, pre-
tende che il nome di Studila fosse dato
a tutti gli acemeti fondati da s. Alessan-
dro abbate, per cui furono presi per si-
nonimi i due nomi di Studila e di Ace-
meta. Anche Magri, nella Notizia de'vo-
caboli ecclesiastici } conviene che i mona -
cidi detto monastero fossero cognomina-
ti Studila, onde per questo furono deno-
minati così s. Teodoro ( f.) Studila e al-
tri monaci. Teodoro Sludi ta,nalo ne\j5Q
in Costantinopoli, fu per un mezzo seco-
lo e ne'tempi i più difficili, il sostegno, l'o-
racolo e l'ornamento della chiesa orien-
talo , soffrendo perciò eroici patimenti.
Mentre era abbate del monastero di Sa-
nudioue, per le sue rigide virtù disappro-
vò l'illegittimo matrimonio dell'impera-
tore Costantino V, ne affrontò la collera
e l'indignazione. Divenuto poi abbate del
monastero di Studila oStudayvi trovò 12
mouaci, ma in breve per le sue virtù e sa-
STU
pere di venne floridissimo,! vi pervenne ad
unire sotto la sua direzione iooo mona-
ci, e così fu detto per antonomasia Stic-
dita. Non minore fortissimo zelo oppose
all'imperatore Leone V V Armeno soste-
nitore Ae^ iconoclasti persecutori delle
ss. Immagini (/'.), onde difendere il lo-
ro antico culto, per cui patì indicibili do-
lori. Scrisse lettere a'Papi s. Leone III e
s. Pasquale I, e lasciò diverse opere ch'e-
numerò il suo discepolo e biografo Mi-
chele Studila. Del monastero di Studio,
degli acemeti o sempre vigilanti nella
Salmodia (l\), e del glorioso s. Teodo-
ro, parlano ancora l'annalista Rinaldi ne-
gli Annali ecclesiastici, ec\ il Piazza, E-
tnerologio di Roma, a p. 718.
STLNICA. V. Zumga.
STURMIO (s.), abbate di Fulda. U-
scito di nobile casa della Baviera, ven-
ne nella sua fanciullezza affidato a s. Bo-
nifacio apostolo dell'AIcmagna, il quale
Io mandò nell'abbazia di Fritzlar. Fatti
grandi progressi nelle scienze e nelle vir-
tù, comechè fu giunto all'età prescritta
da'eanoni, ricevette gli ordini sagri. Do-
po avere per 3 anni annunziata la divi-
na parola, convertendo molti infedeli, ri-
tirossi in un deserto con due compagni,
che come lui desideravano menare vita
anacoretica: ma per evitare gl'insulti dei
malandrini della Sassonia, Ninnino fe-
ce in breve ritorno a Fritzlar , e i suoi
due compagni si recarono a Chrilar. S.
Bonifacio rivide con piacere Slurmio,che
riguardava come suo figlio, e lo racco-
mandò al reCarlomanno, non che ad al-
cuni signori, per cui potè fondare il mo-
nastero di Fulda {T .), nella diocesi di
Magonza. ] religiosi furono messi sotto la
regola di s. Benedetto, e Sturmio ne fu
ili.°abbate. Esso andò a visitarecou due
de' suoi religiosi i principali monasteri
d'Italia, per introdurre iu quello di Ful-
da ciò che vi avrebbero notato di più per-
fètto. Accusato calunniosamente di es-
sere nemico dello slato, il re Pipino lo
esiliò in un monastero di Francia, che si
S U A jo'J
crede quello di Jnmieges, ma riconosciu-
ta-i dipoi la di lui innocenza, ritornò a
Fulda, ove fu ricevuto colle più grandi
dimostrazioni di gioia. Carlo Magno, fa-
cendo di esso molta slima, implorò l'o-
pera sua per la conversione de' sassoni.
Sentendosi il santo vicino al suo fine, ra-
dunò i suoi religiosi per esortarli alla per*
severanza,e morì il 1 7 dicembre del 779.
Fu canonizzatoda Innocenzo 11 nel i 1 3t);
e le sue reliquie si conservano nella chie-
sa dell'abbazia di Fulda, celebrandosi la
sua festa il giorno 17 dicembre.
SUAC1A o SUACIO o suacino,
Suacium. Sei\e vescovile dell'Albania di
Epiro nella Macedonia, parte deWJUi-
ria, eretta nel secolo XI e da Benedetto
IX come vuole il p. Parlato, o come dice
Commanville, nel 1062 da Papa Alessan-
dro II, dichiarata suffraganea della me-
tropoli à1 Antivari, e situata vicino a tal
cillà. A Suacia nello stesso secolo XI fu
unita la sede di Sorbium o Arbc,à\ cui
pai lai nel voi. LXV1I1, p. 1 1 3 ed altro-
ve, coli* insigne opera del p. Parlato, //-
lyrici sacri, il quale inoltre ne discorre
nel t. 3, p.io e 1 j5, dicendo che fu suffra-
ganea di Spalalro e poi passò ad esser-
lo di Zara. Ma nella circoscrizione delle
diocesi di Dalmazio, fatta da LeoneXII,
fu soppressa, quando di Spalatro,la nuo-
va Salona che fu madre di tutta la re-
ligione cristiana nell' amplissimo lllirio
e sua metropoli, primate di Dalmazia e
Croazia, quel Papa ne soppresse la di-
gnità metropolitica e l'unì a Macarska,
onde di questa ivi riparlai. Sorbium o
Arbe fu pur ch\amalaSardania ^arcati-
la e Servatia: de'popoli di Dalmazia de-
nominali Sardiates, Sardiolac e Sardia-
ni olim Ardiaei elicti, ragiona il p. Par-
lato nel 1. 1, p. i63, if>4- Commanville
crede che il vescovo di Suacia facesse poi
la sua residenza aSappa, lungi circa 5o
miglia, la quale sembra corrispondere a
Zadrim o Zadra o Zadrina nell'antica
Macedonia Felice, luogo della Turchia
europea nell'Albania, sangincato distan-
aoG SUA
le 5 leghe da Solitari, sulla sponda sini
stia del Drin verso il confluente della Di
Ina, con fertilissimi dintorni. Quanto al-
l'antica Suacia pare che sia ridotta, pel-
le lacrimevoli vicende cui soggiacque, ad
un villaggio abitato da'turchi e da'greci
scismatici, e probabilmente non vi saran-
no più cattolici. Nell'articolo Sapfa ri-
portai le opinioni di diversi geognafì sul-
la sua posizione geografica, protestando
che ivi nulla poteva dire di preciso, tanto
più che rilevai, (pianto a Suacia, nel voi.
LX1 V,p.2?. 3,cheildot t'issi moHur ter non
potè trovare notizie sul vescovatOiSbtfcew-
•n's.Gònon mi sorprende,perchè tranne il
celebre p. Fallato, le notizie della storia
ecclesiastica e geografica di molte par-
li dell' llliria sono scarse e confuse, co-
me mi scriveva un dotto prelato di colà,
il quale aggiunse che s' ignoravano da-
gli stessi luoghi, e dalle persone più i-
struite, tanto essendo l'oscurità prodot-
ta da un complessodi politici avvenimen-
ti religiosi e civili. Tutta voi la qui aggiun-
gerò altre nozioni che raccolsi co' miei
studi e ricerche nelle opere pubblicate,
giammai mendicandole, come fanno al-
tri, dagl' impiegati. Primamente ricor-
derò, che accennai all'articolo Sappa,
dover essa essere nell'Albania della Tur-
chia europea, ossìa neh' llliria; imperoc-
ché, come replicatamente notai in più
luoghi, e con esplicita e apposita dichia-
razione conlessai lealmente nel voi. LI,
p. 3 io, che vi sono due Albanie, quel-
la d'Epiro e quella d'Asia o Al vania pro-
■vincia d'Armenia, oltre il ducato d'Al-
bania nella Scozia (P-)- Ciò feci per e-
mendare anche in quel volume l'abba-
glio che presi nel voi. I, p. 18 i, nella pri-
ma infanzia di questa mia opera (anche i
giganti nascono bambini: il principio
quantunque minimo nella mole, è più del
mezzo nel valore e nell'efficacia), sia sulla
situazione topografica d'Albania, sia su
quelli che vi promulgarono l'evangelo, il
che ripetei nelle diverse biografie de'santi
che nelle dueAlbauie predicarono la fede
S U A
cristiana,dappei tutto cos'i rettificando l'e-
quivoco preso nel voi. I. Mi piace far qui
questo rimarco, pel caso che si verificas-
se quello che dichiarai a Stampa e a Sto-
bia, e negli altri articoli ove tenni pro-
posito degli errori, propri della debole e
imperfetta umanità, e che si rannodano
al protestato in diversi luoghi, e ne'vol.
LVUI,p. i6,LXlX,p.22ei 1 6: vale a dire,
semai qua Iche lettore super ficia le, o auto-
re a vapore,oqualchecompilatorecopisla,
e fors'anche de' miei elaborati e faticosi
studi,cioè per articoli da Dizionario e non
per istorie e trattati ex professo, ma in-
numerabili e enciclopedici, sviluppati in
carta misurata, se non abituato a studia-
re con savia ponderazione, uè ad appro-
fondarsi nelle ricerche, fermandosi col-
l'occhio nel detto voi. I pretendesse per
deprimermi ecensurarmi, senza aver pri-
ma esaurito le indagini che la critica in-
segna doversi fare ne'luoghi analoghi, on-
de vedere se l'errore fu riparato. Mentre
qualora si volesse giudicare dalla sem-
plice lettura di tale riconosciuto e confes-
sato abbaglio, pare che gli si possa appli-
care quel tutto che ti issi su coloro che ca-
dono in assurdi, in gravissimi scerpelloni,
farfalloni e contraddizioni, ne' ricordati
articoli e altrove. E qui finalmente cre-
do di poter dire con X Arie Poetica di Ca-
lazio, vers. 35 1 e seg non ego pan-
di - Ojfendar maculis, qnas aul incu-
ria fuchi, - Aul inumana parum cavii na-
tura. Quid ergo?
Incominciando da Sappa, leggo uella
Biblioteca sagra, di Richard e Giraud,
nell'articolo Zuppa o Sappa, che questo
è un paese o cantone situato al sudest
degli stati della già repubblica di Raglisi,
nel quale i veneziani possedevano molte
città. Che avvi un vescovato latino uel
cantone di Zuppa, suffraga neo della me-
tropoli di Durazzo, e che il vescovo ri-
siede nel villaggio di Nienesciuta.Nel Di'
zionario geografico universale, all' arti-
colo Zuppa, Xuppa, sono descritte le
Quattro Contee, dihhMu di Dalmazia nel
SUA
circolo di Cattaro. Inoltre nella Biblio-
teca, all'articolo Zappar a, si dice città
vescovile di Dardania, di cui si fu men-
zione nel 5.° concilio generaleo 3.° diCo»
stantinopolidel 553. Che vi èia oggi una
città chiamata Sappaia, con titolo di ve
scovato sulFraganeo d'Antivari; e che il
p. Le Quieti ne\Y Oriens christianus t.2,
p.3 i i , sospetta che sia stato scritto /.ap-
para iu vece di Sappata, per errore del-
l'amanuense,negli atti del nominato con-
cilio, nel «piale è detto che Fabiano ve-
scovo di Zappara sottoscrisse al decreto
di Papa Vigilio, riguardante i famosi Tre
Capitoli. Riscontrando il p. Le Quien,
Ecclesia Zapparae, trovo le sue deno-
minazioni scritte in latino, Zapparensis,
vel Zapharcna, Zapparam, Sappata,
Sappattnsi, Zappa rensemj ed ceco co-
me riporta la sottoscrizione di detto ve-
scovo. Fabiamts gratta Ori, episcopus
Zapparenaecivitatishuicconsùlutoquod
beatissimo Papa f igilius in causa 1 riunì
Capitidorutn protuit, ad omnia supra-
scripta consenlies subscripsi.D'i più osser-
vo nel p.he Qu\en,cl\e Zappa raoSapjìa-
{aruspicare liceret amanuensium errore,
era sotto la metropoli di Scopia (/ .). Ciò
deve intendersi, innanzi che Alessandro
li la sottoponesse a quella di Antivari.
Comman ville dice cheScopia,esarcatodi
Dacia, appartiene alla Servio (/ '.), della
cui diocesi il p. Le Quien tratta a p. 3 1 9.
Nel Concitium provinciale sive naziona-
le Albanum, Romnei8o3, 2.* edizione,
celebrato da mg.1 Vincenzo Zmajevick
arcivescovo d'Antivari e di Dioclea, pri-
mate del regno di Servia e visitatore a-
poslolico d'Albania, nel 1 yo3 nella chie-
sa di s. Gio. Battista di Merchigna dio-
cesi d'Alessio o Lisso (/ '.); in tale libro
nella parte 1* dopo il cap. 2: De Bapti-
sino, fu inserito il precedente decreto del
s. ollizio emanato nel 1(141: Ad rpisco-
pimi Sappalensem de non conferendo s.
Baptismo Turcis. Nella pai te 3.u, cap. 4
venne pubblicalo il decreto: De confi ni is
dioecesum Sappalensis 3 Alcxiensis, et
SUA 207
Albanenùs, secondo l'istromento de'i \
dicembre 1 638, dato Marchignae a' 1 \
dicembre, ed a'20 iu Sappae.<Sa\ cap. 6:
De regione Poslerippensijv^o suUe giu-
risdizioni delle diocesi di Scodra, Palati
e Sappa,a questa appartenere F'illulae
Mescala, Massarecu, Sepori, Scelacco,
et Gusta a parodio ì'ierdae Sappalen-
sis diocesis administratae,ab eodem quo-
que in posterum adniinistrenlur. Nel cap.
7: De faniilus fìdelibus, ex una. in alte-
rala diocesim proficisetnùbus ,i\ dice: Ne
auteiu cavillosa interpretatione, hujus
decreti execulio retardetur, praeler san-
ala in super ioribus capilulis, lue aperta
indtviduaiione alia controversa loca in-
digita nles, decernimus, ne imposteruni
parochus Schiesi Sappalensis dicecesis
itllam parochialem exerceat jurisdiclio-
tieni in familias existenles Barbiilusci
Scodrietisisdioeceùs,nec ullus ex paro-
chis Alexiensis episcopatus parochiali-
bus munii s funga lur in P Ulula Soli,quae
nipote sita in Scodrensi dioecesi a prò-
pinquiori parodio Trwnsciinferiorisad-
ministranda ent. Sottoscrisse il sinodo
Albanum: I:go Giorgins EpiscopusSup-
patensis astentiessubscribo. Inoltre si ri-
produssero: la lettera scritta dalla s. con-
gregazione di propaganda fide de'.>. { a-
prilei 63<S al vescovo Sappalense, die si
invitò a desistere dalla contesa sui con-
tini, ed a riconoscere quellidi sua diocesi;
e la lettera istromenlale del convenuto
a'20 dicembre 1 638 con atto dato inSap-
paein aedibtts episcopalibus) da Franci-
scus Blancus episcopu ? Sappalensis. Non
ho riportato i luoghi di cui si compone
la diocesi di Sappa, avendoli descritti in
quell'articolo. Neil' Appendix: Constila-
lionum aposlolicarum ad Epiri Eccle-
sias speclantium, vi è pure la lettera di
Tìenedello XIV, In'.er omnigenas, de' 2
febbraio] 744> co' decreto: Super pluri-
bus capilibus prò incolis regni Serviae,
et finiti mar um regionurn; non che l'altra
sua lettera, Cwnencyclicas, de'24 '"ag-
gio 1 754) colla quale rispose a'dubbi prò-
ao8 SUA
mossi Albaniae Anlistes dederis, riempe
ad venerabiles fratrts archiepiscopum
Antibari, Episcopos Scodrae, Sappae,
Lissi,et Pullararium , circa i beni eccle-
siastici ritenuti iti quelle parli o dagl'in-
fedeli o da' cristiani, e permise che i ve-
scovi transigessero co'possessori, per evi-
tare la persecuzione de' turchi o l'aposta-
sia de'ledeli, nel vedersi privale de'beni
che aveano ereditato o ricevuto pei" gran-
di somme. Il p. Fallato, Illyrici sacri t.
3, p. io, i 20 e seg., riferisce quanto qui
riproduco sul vescovato di Suacio, Sua-
ciensisEpiscopatusVavìando dunque del
gius metropolitico e primaziale della chie-
sa di Spalatro, annovera tra'vescovi suf-
fragane! quello di Suacia,Suacium. «An-
no io34-Quatuor episcopi Dalmatiae su-
perioris Autibarensis, Dulcinensis, sive
Colchiniensis, Catarensis,SuaciensisSpa-
latumadcoucilium provinciale convocati
cum essent, naufragio inteiierunt. Hinc
occasiosumpta est meli opolis Autibaren-
sis instituendae; et sedes metropolitana
Dioclensis (di che anco a Dioclea), urbis
excidio et ruinis jnmdudum, ex decreto
Benedici! IXPont.Max.Antibarium tras-
lata est; èlque contributi sunt episcopi
Dalmatiae su perioris, qui antea Diocle-
tiano, deinde Spalatensi metropolitae su-
berant." La metropoli di Dioclea era sta-
ta istituita nelconcilioDelmitano,e quin-
di Alessandro II insuoluogo costituìAu-
tivari per metropoli ecclesiastica, e le at-
tribuì per sulfraganee 12 sedi vescovili,
fra le quali Suaciiwi e Sorbium, dopo
il detto disastro incoi restò con altri ve-
scovi annegato quello Suacense, mentre
per mare si recavano al sinodo provin-
ciale di Spalatro, ed il luogo del naufra-
gio prese il nome, la Punta de Vescovi.
SU ÀSINO, Cardinale. Innoceuzo 11 lo
creò cardinale prete di s. Stefano alMon-
te Celio, e sottoscrisse la sua bolia de' 1 3
gennaio 1 1 4. 1 , a favore di Gregorio ve-
scovo di Bergamo.
SUAVAo^SUABA.Sede vescoviledel-
la Numidia, nell'Africa occidentale, sot-
S U B
to la metropoli di Cirla. Si conoscono i
suoi vescovi Littonio che nel 4 1 1 trovossi
alla conferenza di Cartagine fra'vescovi
cattolici, e Felice che fu esiliato da Un-
nerico re de' vandali nel 4^4 cog'« «'bri
vescovi della Numidia che si trovavano
a Cartagine,perchè non vollero sottoscri-
vere l'erronee proposizioni de'doua t'isti.
Morcelli, Afr. dir. t.i.
SUBAUGUSTAo AUGUSTA ELE-
NA. Sede vescovile della Campania nel
vicariato romano, situata ne'dintorni di
Roma, ed eretta nel V secolo. Sono di-
screpanti i pareri degli storici e geografi
ecclesiastici nell'assegnare la località ove
surse. L'Olstenio con altri dicono che e-
sislelteove poi furono edificati i paesi del-
la Colonna o di Zagarolo (/•'.); altri so-
stengono che le rovine sono tra Roma e
Frascati, presso la Chiesa de ss. Mar-
cellino e Pietro a Tor Pignaltara, della
quale e suo antichissimo cimilerio ripar-
lai ne' voi. XIII, p. 148, eLXlV, p. 146,
dicendo del magnifico sepolcro di porfi-
do dell'imperatrice s. Elena. Si chiamò
Augusta Elena, perchè dicesi avere sta-
bilito il luogo o la sede vescovile s. Ele-
na madre di Costantino I il Grande, che
avrà forse avuto in quel sito una villa do-
ve amava dimorare. Il Nibby, Analisi
de dintorni di Roma t. 3, p. 1 18, pensa
che le superstiti rovine di Sub Augusta
esistano un miglio più oltre di Tor Pi-
gnaltara, a destra della via Labicana,uel
luogo denominato Cento Celle ^ev la gran
quantità delle rovine sussistenti e dell'e-
poca Costantiniana, e dentro la tenuta
di s. Giovanni: le descrive in uno alle ce-
lebri sculture che vi si scavarono e tras-
portate nel museo Vaticano. Il Coleti nel-
le giunte all' Italia sacra d' Ughelli ne
tratta nel t. io, p. 166, Sub Augustanie-
piscopalus, nel suburbio di Roma o A-
grò romano, registrando i seguenti ve-
scovi tratti dagli attide'sinodi romaniche
sottoscrissero. lli.° è Crispiano Sub Ali'
gustano epi sco pus, che fu presente al con-
cilio romano del i\G5 nel pontificato di
SUB
S. llaro; il 2.° Pietro che i\i a quello te-
nulo nel 487 da Papa s. Felice III; il 3.°
Massimiano che sottoscrisse al si nodo con-
vocatodal Pontefice s.Simmaco nel 4o<);
il 4-° Gioconilo che intervenne nel 002
ad altro concilio convocato dallo stesso
Papa.
SUBBARA. Sede vescovile dellaMau-
ritiana Cesariense, ch'ebbe a vescovo Do-
nato, da Unnerico re de' vandali nel 48 \
esiliato, perchè non volle accudire alle
proposizioni erronee de' donatisti nella
conferenza di Cartagine. Morcclli, Afr.
dir. t.r.
SUJjliS.CO,Sublaeiim,Sublaceitm,Su-
blaqueum. Città e abbazia nullius dioece-
sis cardinalizia, con governo distrettua-
le e capoluogo del distretto del suo uo-
me, nella Coniarca di Roma, della qua-
le riparlai a Roma, che comprende il go-
verno di s. Vito. Il suo territorio giace
in colle e monte con eccellenti pascoli,
ubertoso e fertile di grani, biade,olio, vi-
no e altre molte produzioni. Fra' corsi
d'acqua che lo bagnano e fecondano, pri-
meggia il famoso Auiene, che praeceps
anche a'tempi d'Orazio in continue tor-
tuosità, romoreggia e sembra fra scoglio
e scoglio inabissarsi. Produce squisite tro-
te, anima un gran numero di utilissimi
opificii,e ne tratterò a Tivoli. Questa re-
gione interessante, parte del famigerato
Lazio, detta pure Campagna Romana,
contiene luoghi deliziosi e ameni, ed in-
sieme solitari e alpestri, ove nobilmente
si solleva lo spirito; negli erti gioghi poi
Si mbrui ni 0 Si aibroi ni, ramificazione del-
l'Apennino, si provano veramente ispi-
razioni celesti, e nell'estate la forza del
sole è temperata dalla freschezza del sa-
lubre clima. Le loro belle, svariate e pit-
toresche amenità e orridezze incantano e
si ritraggono a gara dagli artisti e dilettanti
paesisti. I dintorni appartengono alla più.
importante storia d' Italia e della civiltà
europea del medio evo, poiché da essi per
lai.3 volta spiccò il sublime desiderio di
ammansare le barbarie dei secoli, alla-
VOL. LXX.
S L 15 209
mente pregiandosi di contenere i primi
e portentosi incunnaboli ilei monastico
ordine de' Benedettini {V .), nel veneran-
do santuario del s. Speco, perciò in ogni
tetri pò onorato dalla persona di vari san-
ti, Papi, sovrani e altri eminenti perso-
naggi, e dal concorso de'foreslieri e pel-
legrini d'ogni grado e nazione. Le loro
popolazioni in parte ripetono I' origine
dalla celebre Sabina (E.)j altri le dico-
no derivate ancora da colonie latine, co-
me rilevai ne' voi. XXVlI,p. 262, LX,
p. 1 6. Questo è il rinomalo paese degli
antichissimi, prodi e valorosi Equio E-
(jiiieoli, cosi detti dal capo loro o dall'e-
quità che particolarmente li distinse. In
seguito furono volgarmente detti Cicoli,
e 1;» contrada Cicolano, e lo rimarcai nel
voi. LI I, p. 2 17, dicendo d' Oricola già
città degli equi. Si può vedere quanto di
Cicoli e Cicolano, degli Equi e degli E
qnicoli, lasciò seri Ito rng.r Marini vesco-
vo di Rieti, nella cui diocesi com prende-
si buona parte del Cicolano, nelle sue/l/c-
morie di s. Barbara. Negl'indica ti luoghi
enumerai le principali città degli equi,
come Carseoli oCarsoli (di cui riparlai a
Pescina,Sabi:v \,SpoLi;Ti),Aiba (della qua-
le feci cenno nel voi. LI, p. 263), Varia
o Vicovaro, Arsala o Arsoli (e d'ambe-
due tratto a Tivoli), ed Algido (del qua-
le ragionai nel voi. XXVII, p. 178, 179,
1 83, 1 84, 1 86). Tra le origini di Taglia-
cozzo, che descrissi nel voi. LI I, p.2 1 i,
dichiarai con Corsignani, Reggia Mani-
carla o memorie di varie colonie antiche
e moderne delle provincie de' Alarsi e di
Valeria, ripeterle pure dagli equicoli; ed
il p. Magini, Geografia di Claudio To-
lomei, riporta tra le città de'fatnosi au-
daci popoli equicoli, Ocricolo, Carsoli ,
Celano, e Tagliacozzo. Corsignaui am-
piamente scrisse su Celano già capo dei
bellicosi marsi, e la dice succeduta a CU-
termini o Cliternia possente città degli e-
qui. Di Celano feci parola in più luoghi,
ed a Pesci n a, descrivendo il suo lago di
Fucino. Corsignaui prova che i ditemi-
14
o, io SUB
ni e<) i celanesi sonogli stessi popoli; cliia-
iH a CI ile mia antica, Celano vecchio città
degli eq nicol i compresa nell'antico La-
zio, e con Cuculio o Cocnllo (ili coi feci
cenno ne' voi. XX, p. ino, LX VI J,p. 2o3)
furono il termine antico dei latini, e eli
esso pure tratta il Corsignani, confinan-
do gli equi coniarsi, e co' Sa pei acquaia
sopra i monti, e comprimi un tempo fu-
rono uniti e confederati. Gli equi ebbe-
ro alcune coIonie,come Boia o t old, che
Nibby dice essere succeduta all'odierna
Lagnano nella legazione di /ellelri, per
cui a quell'articolo ne parlerò. Posta sul
confine latino, venne occupata dogli equi,
dopo che questi ebbero conquistato il trat-
to del territorio eroico, ch'era sulla riva
sinistra dell'Amene, fra il luogo che poi
si chiamò Subisco, e Paleslriua, e la co-
lonizzarono, e di là fecero scorrerie nel
limitrofo territorio di Labico (I7.), che
occuparono e vi mandarono unacolouia.
Altra città latina espugnala dagli equi fu
V ite Illa posta nel 'territorio degli eroici,
di cui dirò a Civilella,ove la pone INib-
by. Il Palleschi, Memorie del ducato di
Spoleto, parla degli equi o equicoli o e-
quani, e loro paese, che ne'teujpi longo-
bardici si disse Cicolano e gli abitanti ci-
cola/iì, e divenne gaslaldalo del ducato
Spoletiuo. Riporta le opiuioni di diversi
scrittori e geografi sulla contrada abitala
dagli equi. L'Olstenio riferisce che abi-
tarono le due sponde dell' Amene, e la
parte superiore del fiume Torauo o pia-
no di Carso li, la quale cou Cliternia Pli-
nio le disse loro città. Secondo Tolomeo,
gli equi confinarono colla Sabina, colla
JVlarsica, e coli' antico Lazio oggi Cam-
pagna di Roma ; indi allargarono il loro
territorio con occupare oltre il paese ove
poi surse Subiaco, molti castelli del La-
zio, Algido, Tusculo, Paleslrina, Treba.
Inoltre degli equi teuni proposito in di-
versi articoli che li riguardano, ed ezian-
dio nel voi. XXXVI, p. 198. Della loro
lunga gnen a co'i umani, che poi li sog-
giogarono, trattai ne' voi. XXVII,p. 184,
SUR
LV HI, p.196 e altrove, parlando de'po-
poli cui furono collegati o guerreggiaro-
no. Il centro degli equi era ne'monti Su-
blacensi, e da essi vuoisi avere i romani
appreso il diritto fecìale , col quale per
mezzo degli araldi o sacerdoti intimava -
si la guerra, con quella forinola e modi
che riportai ne' voi. LV11I, p.186, LX,
p. 1 2Cj. A seconda del mio sistema e del
promesso a Roma, nel descrivere la sua
Coniar co. , innanzi di dichiarare in breve
le più rilevanti memorie istoriche della
città di Subiaco, di sua aulica e cospi-
cua abbazia, del s. Speco e del proto-mo-
nastero di s. Scolastica, riprodurrò qual-
che cenno dei comuni contenuti nel di-
stretto governativo di Subiaco. Tanto pel-
le prime, che pe' secondi., e seguendo il
Riparto territoriale dello slato pontifìcio
(che stampato nel 1 836 registrò 25,862
abitanti del distretto di Subiaco, dipoi
aumentati), mi gioverò principalmente
dei seguenti autori (non che del Com-
pendio di notizie su Tivoli, Subiaco e luo-
ghi adiacenti, che raccolsi nel 1 83o e les-
si nella nobile casa Lucidi, quando per
la 2.a volta mi vi recai col mio signore
il cardinal Cappellaio, essendo mio co-
stume di seguirlo istruito de'luoghi ove
egli si portava, e già lo indicai nel voi.
XXV 111, p. i4o e 227, dicendo di egua-
le mia compilazione delle Notizie su Pre->
nesle} di Albano, di Frascati, ec). No-
vaes, Storia de' Pontefici. Peti-ini, Me-
morie Prenestine. Cesare Brancadoro poi
cardinale, Pio F I Pont. Mass. in Subia-
co, Roma 1 789. Calindri , Saggio stati-
stico storico del pontifìcio stalo. Maroc-
co, Monumenti dello stato pontifìcio, t.
io ei 1. Nibby, /inalisi dei dintorni di
Roma. Memorie sloriche della s. Grot-
ta ,della chiesa e del monastero di s. Be-
nedetto sopra Subiaco, raccolte dall' o-
dierno abbate regola re dell'anzidetto mo-
nastero (d. Viucenzo Bini), Roma 1840.
Mg.r Gregoriocau. Jannuccelli di Subia-
co, Dissertazione sopra l'origine di Su-
biaco, Roma 1 85 1 . La regione seguì i de-»
s e n
slini e le vicende politiche di Tivoli e di
Roma, e della Campagna Romana, del-
la quale trattai pure a Roma, onde inque-
gli articoli si potino leggere.Nel descrive-
re DI arsi, vescovato d' Abruzzo, la cui
città successe a Valeria capitale degnar-
si,celebrai s. Marco galileo, non solo per
suoi .° vescovo eletto da s. Pietro a pre-
dicate la fede cristiana ai marsi ed agli
equieoli, ma che probabilmente lo fu
pure di llieli^P .), nella cui diocesi sono
compresi parte degli equiculi e del pae
se denominalo Cicolauo. Apprendo dal
citato Corsignaui, che s. IH a reo galileo,
giusta l'opinione di accreditati scrittori,
fu il i. "vescovo de'popoli marsi nell'anno
46 di nostra era. Questo s. Marco.diver-
so dall'evangelista, si recò ne'luoghi ora
fot manti il regno di Napoli, e si fermò in
sitino, città prima de'volsci e poi desiar-
si nella Campania Felice, poco lungi da-
gli stessi marsi. Ivi fu dal principe degli a-
postoli battezzato, e poscia consagrato ve-
scovo per diffondere la salutifera luce del-
l'evangelo agli equieoli, com'è registra-
to nel martirologio romano a'28 api ile:
Anlinae s. Marci , qui a b. Petto apo-
stolo cpiscopus ordinattts, Aequiculispri-
mitus evangelium praedicavit. IlLubini
poi in Marlyrol. rom. riferisce : Aequi-
colaesìve Aequi } Acquicoli et Acquicola-
ni populi Latii Inter... Marsos.... prinius
hic praedicavit s. Marcus cpiscopus. E
perchè i popoli ecjuicoli o equi erano a
qne'tempi mischiati co* marsi, o tra'marsi
compresi, governando ereggendos. Mar-
co gli uni, avea cura ancora degli altri.
Tanto conferma altresì Tauleri uelV Hi-
storia dì A lina, con queste parole. Sotto
il governo di questa nascente chiesa si
compresero parimenti i marsi, e nel 1 .°
luogo ripongo s. Marco. Quindi il Cole-
ti nella a." edizione dell'Italia sacra di
Ughelli, nella serie de'vescovi marsi re-
gistrò pel i.°s. Marco galileo ab aposto-
tortini Principe ad Aequicolas edocen-
dos missiis>Marsos Aequicolis adtnixtos
coelcsLbus sacramcnlìs primus omnium
SUB 2 1]
inibuisscfertur. E ciò a moli vo che in quel-
l'epoca le giurisdizioni diocesane erano
confuse, e più tardi si assegnarono le dio-
cesi a ciascun vescovo. I prodigi operati
da s. Marco negli equieoli e nei marsi, si
ponno leggete presso Bai omo e nel ricor-
dato Tauleri.
Distretto di Subiaco.
Governo di Subiaco.
Affile o Afìle. Comune dell' abbazia
di Subiaco, con territorio tettile, parte
in piano, produceule eccellente vino si-
mile all' aleatico, olio, grano, grantur-
co e altro, oltre i pascoli, con mediocri
fabbricati e strade bastevolmente larghe.
E" situato sopra un colle tufaceo, che
specialmenle nell' ingresso costituisce il
suolo della via, in grata posizione perle
amene ebeti coltivate campagne che lo
circondano, in clima alquanto umido, for-
nito in vicinanza di acque perenni a suf-
ficienza. La chiesa arcipretale è dedicata
alla protettrice s. Felicita, e da ultimo
fu restaurala. Nell'altare maggiore il ca v.
Bau ucci egregiamente vi dipinse il suo
martirio. I quadri di s. Andrea Avelli
no, e della Deposizione dalla Croce di Fe-
derico Marini, Marocco li qualifica me-
diocri. Edi all'erma che in Alile esistev..
il monastero di s. Michele arcangelo dei
benedetti ni, e descritto nelle cronache su
blacensi. Natta s. Gregorio ne' Dialoghi
che ivi s. benedetto nel recarsi alla so
Illudine eli Subiaco, operò per virtù di-
vina il 1." miracolo colla ricuiigiunzimic
dell'infranto vaglio di creta, caduto dal-
le mani di Cirilla sua nutrice, mentre pur-
gava il grano; ed a perpetua memoria
venne appeso nella chiesuola rurale di s.
Pietro apostolo. Nel monte LoPertuso vi
è un naturale forame che lo trapassa km-
goqua#un4-Pdi miglio,e vi scorre il tor-
rente Carpena,il quale dalla parte oppo-
sta forma una caduta pittoresca: ivi nelle
siccità si abbevera il suo bestiame e quello
di boiate e Civitella confinanti. Questo
antichissimo castello fu vetusta coloni.»
romana, poiché vi fu dedotta sino dal O.'.o
2 ? 2 su n
di Roma, come attestano le lapidi che si
conservano, e riprodotte da Marocco e da
Nibby. Si legge in Frontino o 1' autore
De Coloniis: /lfìle oppidum, ossia terra
fortificata , lege Sempronìa in centuriis
et Laciniis ager ejus est assignalus: iter
populo non debelur. Plinio nomina gli
affilarli frale colonie esistenti a 'suoi gior-
ni.Sulla piazza principaleesul muro della
chiesa è un piedistallo di calcarla locale,
sulla quale è scolpita l'iscrizione ricor-
data dall' Olslenio ned' Adnotaliones, e
pubblicata inesattamente dal Grutero. So-
pra di esso fu eretta la statua a Lucio A-
Ulano della tribù arnese e cavaliere, de-
cretata da! municipio,epoi ristabilita da
Lucio Afilano Verecondo. Altra lapide su
detta piazza, pure in pietra calcarla e che
serve di seditore, è l'avanzo del piedistal-
lo della statua di Q. Verrio Fiacco ce-
lebre pel calendario rammentato da Sve-
tonio, di cui parlai nel voi. LI, p. 5, e
29. Nibby rigettando le opinioni del Vol-
pi, Vetus Latitivi prophanum,ede\ Cay-
ro, Notizie sloriche delle città del Lazio
freccino e Nuovo, sull'origine ed etimo-
logia del nome d'Afille, dice che Afille è
posto nel paese degli ernici, lungi circa
6 miglia da Subiaco, sulla sponda sini-
stra dell' Aniene, sopra una lacinia del
monte Faggeto che può riguardarsi co-
me un contrafforte dell' Arcinazzo verso
sud ovest, il quale si prolunga da oriente
a settentrione fino al confluente del rivo
di Tuccianetto nell'Amene sotto a Can-
terano. Una via antica che legava la pre-
nestina alla sublacense, traversava Afil-
le, e se ne vedono ancora le traccie. Al-
tre testimonianze di sua antichità sono i
frammenti di pietre, colonne, capitelli,
cornici, come pure molti massi quadri-
lateri incastrati nelle costruzionfmoder-
ne. Anastasio Bibliotecario nella vita di
s. Sisto III del 4^2 , fra' beni assegnati
alla basilica Liberiana da quel Papa, no-
mina la possessione Celeris nel territorio
Affilano, che rendeva 1 1 1 soldi e un tri-
misse. Quindi può stabilirsi che nel 44°
S U B
non si era perduta la memoria di Affile.
Non lo era neppure un secolo dopo, poi-
ché s. Gregorio I nel 1? oc Dialoghi, par-
lando di s. Benedetto, dice che quel san-
to si portò in locuin qui dici tur Effide:
è questo nome in luogo di Afille, e so-
vente s'incontra così enunciato nelle car-
te de' bassi tempi, come pure in quelle
stesse carte trovasi scritto Afille. Cencio
Camerario, ri portando il registro di Papa
s. Gregorio 11, mostra come nel 720 i fon-
di denominati Piglino, Casanova, Tur-
ritano, Lagano, Calabruncano e Trivi-
tano, parti della massa Ponziana, erano
posti in Afille, e furono dati in enfiteusi
perpetua a'preti della diaconia di s. Eu-
stachio al saggio di 5o soldi bizantini d'o-
ro. Il castello col nome & Enfi.de fu chia-
mato da Papa s. Zaccaria del 74 ' • Si leg-
ge nel Muratori, Antiquìt. Italicaei. 5,
Efìde vere viciilus in Aequictdis aSitbla*
cus duobus plus minus passuum mi Ili-
bus dislans vulgo A file ut propterea e-
jus incolae Effidani polius cjuam Aufi-
denales a Cajelano vocari dchuerinl, «-
pudHaest. Osserva Marocco che riguar-
do alla distanza vi è sbaglio, perchè so-
no quasi 4 miglia. Nel q52 era ridotta
Afille allo stato di colonia, che apparte-
neva a Benedetto console e duca, che in
quell'anno la donò a Leone abbate di Su-
biaco, con alto riportato dal Muratori,
t.i, p. 1 63. Ciò si conferma nella crona-
ca sublacense, nella quale si legge come
Leone 1 8.° abbate di quel monastero ac-
quistò a s. Benedetto Effidem castrimi,
ollie vari altri beni. Nella bolla di Be-
nedetto VII del 978, riferita dal Marini
nei Papiri diplomatici, e riguardante i
beni e la giurisdizione del vescovo di Ti-
voli (fr.), si nominano i fondi di Ponza,
Casa, Casal upoli,Canistra, Sciapa ntiSjCae-
sarea, e Cisiuiano come limitrofi fra loro
e tutti posti nel territorio d'Afille, e che
aveano per confine Afille, Turrita, Ga-
ianello e Parerclano. Da un altro docu-
mento pubblicato da Muratori nel t. 5,
p. 773, si apprende come verso ili oo5
SUB
Giovauui abbate del monastero di s. Sal-
vatore di Corainaccbio, ossia ad Cont-
inuile Aquae, donò al monastero subla-
cense una cisterna antica lastricata, po-
sta in Afille fra la chiesadi s. Maria e cjnella
dis. Pietro, nel lenimeuto allora denomi-
nato Ferentinello minore, la quale era
itala comprata antecedentemente da quel
monastero; i monaci l'aveano restaurata
d'ordinedi Ottone 111 imperatore, ad ho-
norem s. MichaeUs archangeli, et s. Be-
nedictì, et s. Adalberti. Questa esterna
riusciva assai comoda, dovendosi fare un
miglio per attinger l'acqua. Dopo quel-
1' epoca Afille e la vicina Ponza buono
occupate da Ikleruoudo: l'abbate subla-
cense Giovanni,di concerto con Papa Pa-
squale II, pervenne a ricuperarle, ma do-
ve cedere l'usufrutto d'Afille a Ildemon-
do e suoi bgli, e sborsare i oo libre di de-
naro, il die rilevasi dal Muratori., Ali-
titi. 1. 1 , p. 6 1 9, e dal Chronicon Subla-
cense da lui pubblicato nella raccolta Re-
rum Italicarum scriplorts t. 4, p. io3r).
In questi due documenti Alide Ini il no-
me di Castrimi, cioè terra foi lineata, e
nella cronaca specialmente si ricordano
due torri. Cosi nella bolla di conferma
de'beni del monastero sublacense, ema-
nata neh i i 5 da Pasquale II e inserita
nella stessa cronaca, si nominano espres-
samente medietalem montis A fila ni ....
Castrimi Afilae. Nella medesima si leg-
ge, clie a'tempi d'Eugenio 111 deli i 4 ">,
Ponza e Afide furono occupati da Filip-
po e Oddone nipoti dell' abbate Pietro
defunto, ma poco dopo vennero ricupe-
rate con l'aiuto di tal Papa dall'abbate
Simone.Sembrachequesto dominio lem-
poraneo degli abbati sublacensi fosse cau-
sa di questioni di giurisdizione spirituale,
che insorsero Ano dali iyq fra l'abbate
e il vescovo di Palestrina, il quale aule-
cedentemeute la possedeva, onde fu con-
venuto che per decima il clero di Pioia-
te, Ponza e Afille avrebbe dato ogni an-
no g rubbia di buon frumento e 9 rub-
bia di spella (biada più liscosa e lopposa
SUB 2 1 3
dd farro), oltre altri diritti indicanti giu-
risdizione, patti che conclusi neh 182 ,
riporterò poi distesamente, e si confer-
marono nel 1 2 55 con bolia d'Alessandro
IV, riportata da] Petrilli a p. 4o3. Que-
sta decima da Urbano Vili neli63qfu
deli ni ti vamen te ridotta ad ami uiscudi65,
che l'abbate prò tempore deve pagare
al vescovo di Palestrina, e si soddisfa tut-
tora; mentre dall'altro cauto, fin da quel-
l'anno fu Afille cogli altri luoghi in que-
stione sottomessa interamente alla giu-
risdizione spirituale dell'abbate di Su-
biaco. Nibby con erudizione parla delle
due vie che conducono ad Afille, sia per
Palestrina che per Subiaco, e lungi da
Piuma circa 53 miglia.
Agosta o Agusta o Austa. Comune
dell'abbazia di Subiaco, con territorio in
piano e moute, che principalmente pro-
duce ghianda, olio, vino e pascoli. E' si-
tuata gradevolmente alle radici di erta
collina, sopra cui elevasi un antico ca-
stello che dicesi edificato nel secolo VI I,
d i pendeu te dal dorso della Cer vara, a pic-
cola distanza dall'Amene, un miglio cir-
ca a sinistra del 40. miglio della via subla-
cense. Tra alcune sorgenti d'acqua presso
la Peschiera e la strada romana, vedesi
la piccola chiesa della Madonna del pas-
so dell'Alisia, i cui miracoli furono stam-
pati con relazione nel 161 5. Crede Ma-
rocco che il suo nome ricordi una glo-
riosa antichità, comechè derivato da Au-
gusto che forse vi ebbe deliziosa villa. Nib-
by la chiama Mons Augustus, Castellimi
Auguslae, e dice ripetere la sua origine
da'mouaci sublaceusi, come molte altre
terre e castella di queste coutrade, ed il
nome dell'acqua Augusta, così delta per-
chè da Augusto fu immessa nel rivo del-
la Marcia, come poscia lo fu in quello
delia Claudia, secondo Frontino, e che
scorre cosi limpida a pie del castello, che
ha il volgare uome d'acqua Serena. Pa-
pa s. Gregorio I nella bolla del 5y$, ri-
guardante i beni del monastero di Su-
biaco, uoniiua quest'acqua come dipeu-
3l4 s L ]1
tleuza ili quello, e le dà il nome di Au-
gusta. Ma nel documento riferito dalia
cronaca sul)!acense, di Adriano 1 e del
"75, viene indicato come Cesario conso-
lfi e duca, figlio d' un tal Pipino, donò
al monastero Urbeni colonia m quae va-
ra tur Seminarla .... una cimi monte ani
vocùtuv Augusta, seti monte qui dicitnr
Savana: funclum Lanlurani, ec. Sicché
in quell'anno Augusta, o per meglio di-
re il monte, venne in potere de'monaci :
quanto a Servana, e al fondo di Lantu-
rano, sono Cervara e Canterano, nomi
die veunero travolti dal trascrittore : e
V Urbeni colonia/» quae vocalur Semi-
naria, in un altro documento inserito da
Muratori, Amia. Medii Aevi 1. 1 , p. 379,
apparisce essere la stessa che la Massa Ju-
venlianadel 983. Nella bolla colla qua-
le Papa Gregorio IV nell'832 confermò
i beni allo slesso monastero, e che è in-
silila dal Muratori a p. 172, mentre si
nomina l'acqua Augusta si ricorda pure
un monte Augusto, concesso al monaste-
ro per costruire un castello, ad castel-
limi coslruendum, frase che ripetesi nel
1863 nella bolla di s. Nicolò 1 , poiché
sino a quell'anno il castello non era sta-
to ancora edificato, come neppure non
lo era ne! 996, ricavandosi ciò da bolla
di Gregorio V e riportata da Muratori
a p. 943. In questa si dice dato il mon-
te a'monaci, per edificarvi il castello che
sichiamasse Augusta. Finalmente nel cor-
so del secolo seguente surse il castello, co-
me si trae dalla lapide esistente nel chio-
stro di s. Scolastica, e posta dall'abbate
Umberto nel 1 o52 e dalla cronaca subla-
cense, nella quale è inserita la bolla di Pa-
squale Il del 1 1 1 5, con che conferman-
do i beni al monastero, nomina fra que-
sti il Castellimi Augus/ae. Dalla mede-
sima cronaca si rileva, che verso ili \ /\.5
questo castello era venuto in potere d'un
Filippo signore di Canterano, il quale in-
sieme con Recaldo signore di Rocca Can-
terano mosse guerra a Simone abbate Su-
blacense; lo prese prigione e condusse in
SUB
Augusta, ma temendo che pervenisse a
salvarsi, perchè forse il luogo non era
troppo sicuro, lo die iu mano a Riccar-
do signore del vicino Arsoli: nondimeno
Simone o col denaro o per altri mezzi
scampò dalla prigionia. Dopo quell'epo-
ca non si hanno altre memorie di Augu-
sta, ma è probabile che fosse ricuperata
al monastero sul principio del seguente
secolojduranteil governo dell'abbaleRai-
nnldo, il qua le ricuperò molti beni al mo-
nastero. La strada più comoda per an-
dare ad Agosta è la sublacense; vi si può
andare però ancora da Tivoli per la val-
le degli Aici, Ampiglione, Sambuci, Sa-
racinesco, Anlicoli e Marano : questa of-
fre punti importanti all'archeologo, poi-
ché oltre le rovine sorprendenti degli ac-
quedotti, oltre quelle di varie ville ro-
mane, presenta gli avanzi di mura pe-
lasgicheche ricordano le città fortificate
d Eropulum presso Ampiglione,ediSaxu-
la vicino a Siciliano o Ceciliano.
Camerata. Comune dell' abbazia di
Subiaco, con territorio in monte, con pa-
scoli e producente ghianda, olio, casta-
gne e legna. Marocco lo chiama paese di
poca entità, i cui abitanti sono princi-
palmente applicati alla pastorizia, in cli-
ma freddo. Ripòrta Corsignani che la sua
chiesa di s. Giovanni, neh 335 si uni dal-
l'abbate eli Monte Cassino al monastero
delle monache benedettine de'ss. Cosma
e Damiano di Tagliacozzo. Di Camerata
a' nostri giorni fiorì il pio e dotto mg.1'
Lorenzo Serafini cappuccino e predica-
tore apostolico, da Gregorio XVI fatto
vescovo di Corico in parti bus, che lodai
nel voi. LV, p. 81, ed altrove.
Canterano. Comune dell' abbazia di
Subiaco,ilcui territorio é disleso in monte
e piano, essendo le sue maggiori produ-
zioni grano, vino, legna, oltre quelle che
derivano da'pascoli. E' situato sopra uno
degli ultimi contrafforti del dorso del
monte Ruffo, detto ne'bassi tempi monte
Gufo, verso l'Aniene,snlla riva sinistra di
questo fiume, distante da Subiaco circa
S U FI
5 miglia, e da Tivoli 18: la strada che vi
conduce da Subiaco passa per Tuccia-
netto; quella che vi mena da Tivoli scor-
re per la valle degli Arci, Ciciliane, Cer-
reto, s. Anatolia e Gerano. Nel 77 ì, sic-
come ricavasi dall'atto di donazione in-
serito nella cronaca sublacense, Cesario
eminentissimo console e duca, fra altre
terre donùal monastero di Subiaco, Furi'
dum Lanternai, eh' è appunto questo,
sul quale è oggi il castello, e che per er-
rore del trascrittore, come con Nibby
notai parlando di Agosta, leggesi Lan-
terani. Nella bolla colla quale Giovanni
XII nel 9^8 confermò i beni al mona-
stero sublacense, riportata da Muratori,
Antiq. Medii Aevi t. 5, p. 4^'> trovasi
pure designato col nome (WFundimi Can-
terminai. Nel diploma imperiale d'Ot-
tone I del 967, inserito da Muratori a
p. 465, si nomina semplicemente Can-
torawwi, e così nella bolla di Benedetti)
VII del 978, e riportata da Marini nei
Papiri diplomatici a p. 221). Quindi è
da credersi, che lino a quell'epoca fosse
soltanto un fondo e non un villaggio. Que-
sto formossi nel seguente secolo, poiché
fin dal 1 1 i5 Castrimi Cantei' animi cimi
rocca sua, si ilice da Pasquale II nella
bolla di conferma de'beni al monastero
sublacense.Siccome nella lapide posta dal-
l'abhateUmljerto l'anno io52nel chiostro
di s. Scolastica, viene desiguato Canio-
ramini, come Anticoli, Arsoli e altre ter-
re, opina Nihhy che la fondazione del ca-
stello debba collocarsi fra il 978 e il 1 o 32.
Posteriormente venne infeudata circa il
1 148 ad un Filippo, come leggesi nella
cronaca sublacense, il quale era pure si-
gnore di Agosta, e pervenne insieme con
Recaldo signore di Rocca Canterano a far
prigione l'abbate sublacense sunnomina-
to. Non è noto qua ndo tornasse sotto la di-
pendenza immediata del monastero, giuc-
che dopo quell' infeudazione Nibby non
potè l'in venirealtre notizie positi vesu que-
sta terra. La chiesa matrice e parrocchia-
le è sotto l'invocazione di s. Mauro.
SUB 1 1 5
Cervara 0 Cerbara. Comune dell'ai»
bazia di Subiaco, con territorio in monte
che produce in abbondanza cereali, vi-
no, ghianda, olio e pascoli, in aria per-
fettissima e molto salubre, ma alquanto
dominato dal freddo nel verno. S'innalza
sopra uno de' ripiani piìi alti del dorso
denominato la Serra , e più particolar-
mente della punta detta monte Pillione.
Ail essa si sale direttamente da Agosta,
donde è distante circa 3 miglia, por una
via assai malagevole-, lungi (\,ì Subì ico 8
miglia, i\ da Tivoli e \i, dà Roma. Seb
hctie l'interno del paese è conveniente nel
fabbricato, però è alpestre, e V acqua si
prende dalle cisterne. La chiesa principa-
le è dedicata alla I). V'ergine. E" diviso
quasi in diie parti eguali da un altissimo
scoglio. Sussistono i ruderi d'una vecchia
rocca, che giaceva sulla sommità ilei sas-
soso monte. Gli abitanti, di carattere te-
nace, sono dediti all'agricoltura e alla pa-
storizia; il vestiario dolio donne partico-
larmente si distingue per la bizzarria, e
per la ricchezza delle trine d'oro 0 d ar-
gento, o almeno di seta secondo le facol
là. Il console e duca Cesario donò questo
monte al monastero sublacense nel 775,
giacché Qervarìa o Ceri/aria e non Ser-
va/iti va letto il nome del monte, che
leggesi nella carta di donazione inserita
nella cronaca sublacense. Così Mona Cer-
varia*, e non Gen>asius o Cervasius de-
ve leggersi nelle bolle di Gregorio IV del -
!\S3?., e di s. Nicolò I dell'86 J., nelle qua
li dicesi dato appositamente a'monaci per
edificarvi una terra. Nella conferma fitta
da s. Nicolò I al monastero sublacense dei
suoi beni si legge: /lem concediinus Mon
lem Angustimi, et alterimi Cervariuni
cani omnibus perlinenliis ad aedificanda
Castra. Non è chiaro che la terra fosse
ancora edificata sul finire del secolo se-
guente, perchè nel diploma del 967 ili
Ottone 1 imperatore semplicemente si de
sign 1 col nome di Cervara : Cerx'ariaiii
quoque ex tato. Nell'altra bolla di con
ferma dei beni; di Gregorio V del <)'J(>>
2.6 SUD
indicasi solamente, montem qui voratur
('avaria, mentre ivi Arsoli si designa
col nome di Caslellum. Ma nella lapide
dell'abbate Umberto, esistente nel chio-
stro di s. Scolastica, è nominala Cerva-
nani fra gli altri castelli dipendenti dal
monastero fin dalio52, e perciò la for-
mazione di questa terra appartiene al i .°
periodo del secolo XI, al dire di Nibl>y,
ritenendo Marocco che senza dubbio l'e-
ressero i benedettini. Morto Umberto, E-
zulo suo fratello s'impadronì di Cerva-
ia verso il i 064, come si ricava dalla cro-
naca sublacense; però poco dopo fu ri-
cuperata dall'abbate Giovanni successore
d' Umberto. Nella conferma dei beni al
monastero fatta da Pasquale 11 uè! 1 1 1 5,
si designa col nome di Roccam Cerva-
riam. Rimasta in potere del monastero
fino ali 278, il monaco Pelagio col l'aiuto
di Bartolomeo da Genoa s'impadronì del
castrimi e detta toccabile 3 anni dopo fu-
rono ricuperate dall'abbate Guglielmo, e
dopo qiiell' epoca rimase al monastero.
Pretende Calindri che Cervara sia stata
fabbricata nel 1 334dalla famiglia Monal-
deschi, allorché si divise dopo la morte di
Ermanno Monaldeschi, e fu da prima co-
struita in forma di fortezza; ed aggiunge
che contieue ampio fabbricato, ed il suo
stemma formasi d'un cervo donde trasse
il nome. Cerio è che riportai a Orvieto,
che la possente stirpe de'Monaldeschi che
signoreggiò quell'illustre città e altri do-
mimi, dividendosi nel 1 307 in 4 linee,
ciascuna prese 1' appellazione dagli ani-
mali che scelsero per istemma, ed una di
esse dal cervo si denominò della Cerva-
la con titolo di conte. Narra il p. Casi-
miro da Roma, nelle Memorie isteriche
delie chiese e. conventi elei frati minori
della provincia romana, che Martino V
avendo data in isposa la nipote Amelia
Colonna a Paolo Pietro Monaldeschi, e-
iesse in contea le sue signorie di Bolsena,
Onano, Cervara e Fighine.
Cerreto. Comune dell'abbazia di Su-
biaco, con territorio iu monte, che som-
SUB
ministra fra'suoi maggiori prodotti ^in-
no, vino, ghianda, e molto bestiame con
pascoli, esercitandosi gli abitanti nella pa-
storizia e nel tonnare il carbone. E' di-
stante 1 o miglia da Subiaco e circa 1 3 da
Tivoli, alla quale si va da Subiaco pas-
sando per Tuccianello, Gelano e s. Ana-
tolia, e da Tivoli passando per la valle
degli Arci, Ciciliano, e il piano di Piscia-
no e delle Vigne, traversando dopo Ci-
ciliano i vari influenti che formano il rio
Sambuci. La terra è posta sopra un mon-
te o colle di sasso bianco calcare a strati
unito, dipendente dalla catena del monte
già Crufo, oggi RulFo, e sebbene stia fra
monti dirupati o selvosi è in una situa-
zione amena, trovandosi in una larga con-
valleche unisce quel dorsoalgruppodelle
montagne di Guadagnolo. L'aria è piut-
tosto umida per gli alti Apennini che
da vicino la sovrastano, e sulla vetta di
quello che chiamasi della Serra vedesi
il gran sasso d' Italia e infinito numero
di luoghi. La chiesa parrocchiale è sotto
l' invocazione della B. Vergine Assunta
in cielo. Ha cattive strade, ed è rimar-
chevole la solidissima rocca,checompren-
de gran parte del paese, all'intorno cinta
d'alte mura e con un solo ingresso. Esi-
stono due alti e rotondi torrioni mirabili
per la loro struttura, avendo nel pianta-
to circai 1 palmi di grossezza, e formali
di piccoli sassi talmente uniti colla calce
che si durerebbe fatica a toglierne alcu-
no.Sembra indù hi tato che tal forte fu mu-
nito di presidio militare, vedendosi an-
cora le impronte delle scalee quelle dei
ponti levatoi, che venivano sostenuti da
grosse catene, esistendo tuttora in alto
un grosso uucinoche una di quelle assi-
curava al muro. L'ingresso del torrione
è dentro il cortile ov'è una cisterna alta
circa palmi 3o. La notizia più antica che
si ha di Cerreto è nella lapide del chio-
stro sublacense dell'abbateUmberto, nel-
la quale Cei return viene ricordato insie-
me con altre terre del monastero, onde
probabihnenteformossicouAugusta,Cer-
sue
vara e altri luoghi neh ." periodo ilei se-
colo XI. IN'el i i i5 venne confermato da
Pasquale II a 'monaci, comesi rileva dalla
sua bulla inserita nella cronaca sublacen-
se, e quindi verso la metà dello stesso se-
colo \euue infeudato, prima a Sublima-
no e poi a Pietro de Hiacyntho. Leggesi
nel diario dell'I nfèssura, che insorta guer-
ra fra Sisto IV e Ferdinando 1 re di .Na-
poli, guidata dal suo figlio duca di Ca-
labria, il Papa mosse guerra a'Colonna
fautori del re, il quale col duca di Ca-
labria accorse iir loro aiuto. L' esercito
regio pose campo a G tolta Ferrala, do-
vedimorò molli giorni, deinde gente1; dirli
dneiiybona, ammalia et homines Castri
Trcbani de abbalia Sublaeensi (Trevi
tuttora formando parte dell' abbazia di
Subiaco,edicui parlai nel voi. XXV II, p.
283, però uella delegazione di Fresino-
ne, e dove dissi pure di questa guerra, e
meglio nel voi. LXV,p. ii%)depraedali
sunt, idemque actumfuU de hominibus
Cerreti.
Cerano. Comune dell'abbazia di Su-
biaco, con territorio ebe giace in colle ,
producente precipuamente grano, gran-
turco e pascoli, imperocché le sue amene
colline sono ubertosissime, e la pianura
da molte acquee continuamente innaffia-
ta.Gli abitanti si occupano ne'lavori cam-
pestri, nella pastorizia, nelle arti e al traf-
fico. La terra sorge sopra un colle tut'i-
ceo isolato e ameno in buon'aria, a pie
del quale sono le fonti del Giuvenzano,
rivo che in questa parte determina il li-
mite fra'latini e gli enfici, come l'Anie-
ne dove questo va ad influire é il con-
fine fra questi e gli equi. E' distante 3 1
miglia da Pioma, 1 2 da Tivoli e 6 da Su-
hiaco. La strada più diretta per andarvi
da Roma é quella di Tivoli : uscendo da
questa città si prende la strada degli Ar-
ci j e vi si perviene passando per Tuc-
cianello. Ha due chiese parrocchiali, una
dedicata all' Assunzione di Maria Ver-
gine, l'altra a s. Lorenzo martire. Si ve-
nera uella i." una bella immagine delia
SUB 217
Madonna dipinta dal cav.Conca,che me-
ritò d' essere incisa da dinego, ma po-
co esattamente, ed è molto frequentala
dal divoto popolo per le grazie che ne
riceve. Il quadro che nella 2/ rappre-
senta s. Lorenzo è di buona maniera, so-
miglia a quello tli Tcffia in Sabina e di
cui feci parola nel voi. LX, p. 72 : I' al-
tare maggiore è ben formato, ed il re-
sto del tempio è decente. Una lapidee-
spi ime, che nel 1 780 la chiesa di s. Lo-
renzo dai fondamenti fu riedificata per
lo zelo del curato Giacomo Orlandi 3 e
di Leonardo Lelli, contribuendovi il po-
polo, I' ospedale e i sodalizi di Cerano.
Vi sono comode abitazioni, e famiglie a-
giate, come i Lelli e i Manni. In casa dei
primi alloggiarono distinti soggetti, fra i
quali il cardinal Braschi abbate di Su-
biaco e poscia Pio VI. Da' Lelli uscirono
alcuni illustri e dotti, come 1' arciprete
Luciano, il capitano delle corazze Leo-
nardo, e il sacerdote Giuseppe archivista
del s. ollìzio. Ne'tempi bassi Cerano fece
da principio parte della massa Juvenza-
na, che da Papa s. Zaccaria del 741 fu
donata all'abbazia di Subiaco, e confer-
mata ad essa da Gregorio IV nell'833,
e da s. Nicolò I nell'864, il che si rac-
coglie da un placito del cpS inserito da
Muratori, Antìa. Meda Aev i t.i,p. 3-q.
Altre conferme le dierono Giovanni XII
con bolla del 9 j8, e Ottone I con diplo-
ma imperiale del 9G7 , documenti che
Muratori riprodusse nel t. 5, p. 461. Nel-
le vecchie carte Gerano, si dice Giranum
eGeranum. Di Gerano però propriamen-
te la 1 ." memoria che trovò Nibby spetta
al 978, ed è nella bolla di Benedetto VII
riportata dal Marini ne' Papiri diploma-
tici a p. 229. Ivi fra 'fondi dipendenti dal
vescovo di Tivoli , si nomina Ttcllanus
idesl Giranus rum fundis suis; allora pe-
rò non era ancora un castello o villaggio.
Non così nel io3o, quando secondo la cro-
naca sublacense era non solo un villaggio,
ma così popolato, che i suoi abitanti an-
darono a fondare il Podium Casapopuli
2 1 8 SUB
onde secondare i tiburtini , malgrado il
•volere dell'abbate suhlacense, che perciò
fece edificare una torre sopra Gerano.Non
molti anni dopo, cioè circa iliofii e nel
pontificalo d'Alessandro II, si trova già
in potere di Landone signore di Ci vitella,
sul quale venne nel 1075 ripreso dall'ab-
bate Giovanni, secondo la ricordata cro-
naca. Ne) 1 100 fu furti va mente occupato
da un Dertraimo, il quale per comando
di Papa Pasquale! I dovèrestituirloiquin-
di fra gli altri beni del monastero si con-
ferma ancor questo Castrarti nella bolla
deh 1 i5 emanata dallo stesso Pasquale
11. Dopo che nel 1 1 25 fu distrutto il ca-
stello d'Apollonio (ossia Empiitimi o Ani-
pigliane, Massa che s. Gregorio I aveva
ereditato dalla madre e donato al mo-
nastero suhlacense prò veslimentìset cai-
ceamentis fratriini), ed incendiato Bar-
beranoda'tiburlini, questi venuti a tran-
sazione coll'abbate di Subiaco, doman-
darono per mezzodì Mi Ione loro rettore,
che fosse permesso a'geranesi della por-
zione di s. Lorenzo, di trasportarsi con
tutti i loro effetti ad abitare il Poggio di
Casa Popoli, e questo fu dall'abbate per-
messo di malavoglia. Quindi i tiburtini
vi edificarono una torre alta e solida, e
munirono il villaggio con fossa e terra-
pieno, e vi posero un presidio di fanti e
arcieri a danno dell'abbazia. Poco però
duròilcastello,che preso nel ii4ofu sman-
tellato e deserto. In mezzo la strada fra
Gerano e Subiaco è una rocca oggi de-
serta, denominata Tuccì anello e antica-
mente Tovanellum e. Toccanelluni _, la
quale per testimonianza della cronaca su-
hlacense fu edificata dall'abbate Umberto
verso la metà del secoloXI, probabilmente
per tenere a freno que'di Gerano. Poco
dopo però Landone signore di Ci vitelli»,
che non voleva questo fieno a se vicino,
l'assali eia distrusse, e fece anche prigio-
ne l'abbate. Giovanni successore d'Um-
berto la riedificò verso il 1 o65, ed i mo-
naci sublacensi la ritennero sino al 1 i/ifi
in che la dierono in feudo a Oddone si-
S U B
gnore di Poli. Il nome però di Tovanel-
lum che avea la contrada, e che poi co-
municò alla rocca, data almeno dal se-
colo VI, poiché nella bolla di s. Grego-
rio 1 del 5c)4, il rivo che oggi è detto il
fosso di Tuccianello o della Mola, viene
designato col nome Anna de Tovanello.
In altri documenti de'tempi bassi il fon-
do viene indicato Fundum Toccanellumy
fra gli altri nella bolla di Giovanni XII
del q58, inserita da Muratori neU'An-
tiq. Medii Aevi t. 5, e da questa forma
di nome deriva l'odierno di Tuccianello.
Fino dal secolo XVI questa piccola roc-
ca era rimasta deserta.
Jenne o Tenne. Comune dell'abbazia
di Subiaco,con territorio in raonte,predo-
minandovi fra'suoi raccolti grano, ghian-
da e pascolo, con paese di sufficienti fab-
bricati. Questo castello è posto sopra un
monte, sulla riva destra dell'Amène, di-
stante circa 55 miglia da Roma, e 8 da
Subiaco verso oriente. La strada per an-
darvi ha un sentiere tracciato sulla falda
del monte di s. Scolastica, poco prima di
giungere a quel monastero, il «piale ha
sulla riva opposta dell'Amene il monte
Carpinete alto e tetro per le boscaglie che
lo ricoprono, e va sempre in pendio fin-
ché non raggiunge la sponda del fiume:
da quel punto diviene amenissima, aven-
do sempre a fianco il corso del fresco e
limpido Aniene, ed essendo ombreggiata
da fui ti boschi. Un mezzo miglio dopo a ver
raggiunto la riva incontrasi un ponte di
legno per comodo de'contadini e de' pa-
stori, e quindi la strada traversa una ru-
pe formata di depositi fluviali e di sta-
lattiti, indizio del livello alto che ne' tem-
pi passati ivi ebbero le acque ritenute dei
laghi della villa Neroniana suhlacense : un
miglio dopo il ponte si apre a sinistra un
recesso di monti, e due miglia più oltre
un rivo limpido e abbondante di acque
attraversa la via per iscaricarsi nell'A-
niene, che corre indomito per questa vai
le, e forma piccole cadute, fra le quali bel-
lissima è quella presso la mola di Jenne,
s l e
Ticino al confluente di questo rivo, che
die nome di monti dell'Acqua vi va n quel-
li dirimpetto. Jenne die si vede torreg-
giare sul colle è distante da questo punto
quasi un'ora d'arduo cammino. Il suo
nome è d'origine incognita, e ne'tempi
bassi costantemente trovasi scritto Gen
va. Come dipendenza del monastero su-
blaccnse, viene enumerata sulla lapide
del suo chiostro del iof)2, per cui a quel-
1' epoca già esisteva. Posteriormente fu
occupata da altri, onde nel i oqo, secondo
la cronaca sublacense, l'abbate Giovanni
si portò a espugnarla con molle macchi-
ne,e presala vi costrusseunatorre.il me-
desimo abbate verso il i roo la die in be-
nefìzio al vescovo d' A latri, e da un fa-
migliare di questo fu ceduta agli abitan-
ti di Trevi. L'abbate tornò ad assedi. ir-
la, ma non potendo riuscii e ad espugnar-
la invocò l'autorità di Pasquale li, che
non potè ottenerne il rilascio, giacché i
detti trebani allegavano che il castello era
di loro diritto e non di s. Benedetto. Ri-
messa questa questione dinanzi a Man-
fredi vescovo di Tivoli, di consenso co-
mune, quegli decise a f.ivore de'monaci,
e perciò nella bolla di conferma di Pa-
squale II si nomina Genua fra gli altri
beni del monastero. I trebani però non
abbandonarono le loro pretensioni, e col-
to il momento delle turbolenze di Ro-
ma, avvenute nel pontificato d'Eugenio
111 deli i45, l'occuparono di nuovo; ma
ne furono tosto discacciati dall'abbate Si-
mone, e da quel tempo il monastero ne
rimase in possesso. Tutte queste notizie
si traggono dalla cronaca sublacense, dal-
la quale pure si apprende che nel 1 355
vi si ritirò come in luogo sicuro l'abbate
Ademario. 11 Papa Alessandro IV del
1254, della potente famiglia Conti d'A-
nagni, della linea di Valmonlone eSegni,
signori pure di Jenne,si vuole chesia unto
in Jenne. Nel 1260 vi si portò da Stibia-
co, ed ivi si trattenne 4 mesi della sta-
gione estiva.
Marano. Comune dell'abbazia di Su-
S U B
2. 9
biacOj con territorio feracissimo e gia-
cente in monte, i cui principali prodotti
sono l'olio, il vino, la canepa, le frutta,
il granturco , le cipolle, le castagne, la
ghianda, la legna e quanto proviene dai
pascoli. Gli abitanti sono laboriosi agri-
coltori, e pastori; le donne fabbricano
tele domestiche : il popolo è di origine
provenzale, secondo Marocco, e molti di
esso vi furono condotti dalla potente fa-
miglia Conti, nel cui potere passò il ca-
stello nel secolo XI, ed aggiunge che fu
luogo spettante a Tivoli, il quale ne con-
trastò il possesso agli abbati sublacensi.
Questo castello è posto sopra un ridente
colle al nord-ovest di Snbiaco, che do-
mina la riva sinistra dell' Aniene, quasi
dirimpetto a Cervara e Agosta, circa 4o
miglia distante da Roma, ed al quale si
va per l'odierna via subbicele, traver-
sando il detto fiume sopra un ponte. Il
clima è temperalo, mediocri le abitazio-
ni, larghe le vie; la chiesa parrocchiale
è sagra a s. Diagio, il cui quadro dipinse
a fresco Manente. Nella sommità esiste
un'antica rocca, che avea altissima torre
ora diruta per metà. Eravi l'antico spe-
dale di s. Pietro pe'poveri infermi, le cui
rendite furono riunite al monastero su-
blacense, il quale perciò deve sovvenire
i poveri malati. Nel secolo decorso vi fio-
ri Domenico Tosi, che si distinse nella
gitu isprudeuza in Roma , ove pure die
luminosi esempi di pietà. Dice Marocco
che il suo nome Marano deriva a Ma-
ranis, dalle molteplici acque perenni del
suo territorio, poiché in Roma e suoi din-
torni le fosse per le quali scorre le acque
si chiamano Marrane. Nel suo territo-
1 io in fatti nascono 4 delle celebri acque
dell'antichità, cioè i fonti Erculario e Ai-
budino, e l'acque Erusia e Cerulea, delle
quali trattò il Fea nelle sue Osservazio-
ni geologiche antiquarie. In vece pensa
Nibby, che la denominazione del paese
piuttosto provenga da qualche foudo ap-
partenuto ad un Mario, senza prelende-
ic che fusse il famoso rivale di Siila, in
220 S U B
modo che òajundus Maria nus, per cor-
ruzione di nome si fece Maranum. Egli
è certo che fin dall' 864 si nomina co-
me castello, nella bolla di s. Nicolò I. Il
nome poi di fóndo gli fu dato nelle bol-
le di conferma de'beni del monastero su-
blacense, del o58 di Giovanni XII, e del
978 di Benedetto VII : la r ,a sì legge nel
Muratori, /^//ft^. IlJedii AeviX. 5, p. 46 1 ;
la 2/ nel Marini, Papiri diplomatici^.
22C). Nelio52 era un Castrimi appar-
tenente al monastero snblacense, come
viene ricordalo nella lapide del suo chio-
stro colle altre possidenze de'monaci. Nel
io65 fu il castello invaso da un Ranieri,
esi ricava dalla cronaca snblacense, even-
ne espulso dall'abbate Giovanni. Fu ri-
cordalo di nuovo nella bolla del 1 1 1 5 di
Pasquale II inserita in tale cronaca. Ver-
so il 1 i5o Marano fu dato da Eugenio
Illa Raimone abbate snblacense, da lui
dimesso. Nel l36o l'abbate Corrado lo
die in feudo al suo fratello, e dopo quel-
1' epoca, dice Nibby, non si hanno me-
morie degne di rimembranza, apparte-
nendo sempre al monastero. Nondimeno
narra Marocco, che Marano dai 'Conti
eia passato nel dominio del barone O-
nofrio, la cui vedova Bona nel 1 293 ven-
dè il feudo all'abbate snblacense, il qua-
le nel 1 20,6 ne acquistò la rocca che sino
a quel tempo era rimasta in dominio dei
tiburlini. Indi fu posseduto per pochi an-
ni nel secolo XV dalla famiglia Colonna,
ina poi tornò sotto il dominio de'monaci
sublacensi, essendo l'unico feudo che ri-
mase ad essi dopo l'erezione della com-
menda abbazia le, e poi lo cederono al 2.0
commendatario cardinal Borgia.
Ponza. Comune dell'abbazia di Su-
biaco, con territorio in monte che ab-
bonda di grano, granturco, ghianda, pa-
scoli, e vino a sufficienza, copiosi essen-
do i inaiali. Il castello giace in clima sa-
lubre e freddo, sopra un monte di vivo
scoglio, a cui si giunge per istrade diru-
pate e ingombre da alti macigni, meno
clic dalla parte d'A(lile,da cui è distante
S U B
un miglio, da dove piacevole n'è il cam-
mino, e di notte si potino benissimo in-
tendere le voci tra' due paesi, per l'ele-
vatezza di Ponza, e sono ambedue mo-
rigerati e tra loro concordi. Aulicamen-
te questo luogo era circondato da mura
castellane e guarentite da spesse torri qua-
drilatere, quindi mutilate per ridurle ad
abitazioni. Al settentrione aveva la sua
rocca, ma di essa appena esiste un mi-
sero avanzo, scorgendosi pure le traccie
d'alcune cisterne ora comprese in un or-
to. Si entra nel castello per due porte,
una detta Porta da piedi, di gotico stile
e arco ottuso, per la quale si va ad Af-
file e Subiaco; l'altra è denominala Por-
ta nuova per la sua recente costruzione.
Gli abitanti sono di grato aspetto, mas-
sime le donne,che hanno sembianze mar-
cate e piacevoli. Le abitazioni, tranne po-
che, sono di cattiva costruzione: in una
delle prime e fuori di Ponza, nella casa
A brucia de Paolis, da un'iscrizione eretta
nel 1660, si ricorda che vi si recò a vil-
leggiare il cardinal Vincenzo Costaguti.
La chiesa arcipretale dedicata alla B. Ver-
gine Assunta, è di regolare disegno a 3
navi. Vi è un bel quadro esprimente la
Deposizione dalla Croce. L'altare mag-
giore elegante è decorato di fini marmi,
con grazioso ciborio fregiato d' agate o-
rientali : la balaustra marmorea contie-
ne due grossi pezzi di verde antico. A fianco
del principale ingresso sono due capitelli
d'ordine corintio, singolari per la niti-
dezza del marmo e la maestria del lavo-
ro, i quali furono ridotti a pili per l'ac-
qua santa. Altro capitello è nell'ingresso
della porta minore, elevato sopra un pez-
zo di colonna di porta-santa. La fronte
esterna ha 1' architrave di lino marmo
bianco, con bellissimi ornati. Tutti que-
sti oggetti, avanzi d'antichità, furono e-
stratli dalle rovine dell' Arci nazzo, am-
pia pianura di parte del suo territorio,
nel sito ove si vedono importanti mace-
rie. Questa chiesa è ben provvista d'u-
tensili sagri, fra'quali il magnifico dono
S U 13
del cardinal duca diYoik,e consìstente
in un piviale rosso di seta ricamato ec-
cellentemente in oro e col sor) slemma.
Tale presen te il reale porporato fece a que-
sta chiesa in considerazione dell'amicizia
die avea pel suo uditore, l'avv. Vincen-
zo Lupi di Ponza. Questi poi regalò alla
medesima un pesante secchio d'argento,
che si adopra per aspergere le case nel
sabato santo. Il campanile era un'antica
torre, e formata di tufo spongoso. La mi-
gliore visuale di Ponza è quella del piaz-
zale di s. Lucia, riparata da un residuo
di mura castellane. Torreggia incontro
l'alta montagua,che sovrasta il Serrone e
Piglio(pacsichedescrissi nel voi. XXVII,
p. 287 e 288), al declivio del quale esi-
steva il castello Cisternola. Vedesi pure
Alide, e di prospetto sorge Ci vitello lun-
gi 7 miglia col suo alto monte, oltre al-
tri luoghi, e la sottostante sua campagna
ove sono sparsi rusticani abituri, e all'in-
torno ha le sue ortaglie. Non manca di
acqua perenne, fresca e limpida, prove-
niente da vivo scoglio lontano 3 miglia
e condottata con tubi di creta cotta. Po-
co prima di entrare nel paese s'incontra
al destro lato la chiesuola della ss. Cro-
ce, eretta dalla popolale pietà dopo che
il p. Nicola Molinari cappuccino, morto
in odore di santità, vi piantò il salutife-
ro legno delIaCroce. 1 1 forame ove fu pian-
tata forma il suo centro, e la Croce fu col-
locata nel suo unico altare, concorren-
dovi frequentemente i divoli abitanti. Nei
dintorni del castello esistevano le chiese
di s. Angelo, di s. Felice fra Ponza e Af-
file, di s. Gio. Battista, di s. Antonio dei
serviti, e di s. Giorgio. S'ignora propria-
mente la derivazione del nome di Ponza,
ed alcuni opinanoche possa 1 ipe tersi da un
qualche personaggio della famiglia Pon-
zia, posseditrice di qualche villa nelle sue
vicinanze. Parlando d'Aflile raccontacene
Ponza apparlenneal monastero sublacen-
se, e per un tempo a certo lldemondo e
suoi figli nel declinar del secolo XI, e da
chi fu occupata nel seguente. Trovo in
S L' i; 21 r
Petrini all'annoi 179, che nel concilio di
Lalerano 111 si ventilò una causa fra il
vescovo di Palestrina e l'abbazia di Su-
bisco, e volendo Alessandro 111 esami-
nare a fondo la controversia, comandò ai
preti di Ponza che comparissero al suo
cospetto, minacciando loro la sospensio-
ne e anco hi scomunica in caso di reni-
tenza. Inoltre riportai ad Afille la que-
stione giurisdizionale fra'detti vescovo e
abbate, anche su Ponza e P.oiale,il con-
cordato fatto, e che da1t63g Ponza fu
interamente sottoposta alla giurisdizio-
ne temporale dell'abbate sublacense. Ili-
cordai di sopra la vasta pianura dell'Ai-
cinazzo, e siccome per la sua celebrila do-
vrò riparlarne, credo bene darne qui uri
cenno. L'Ai chiazzo s'incontraa 3 miglia
discesala montagna delPiglioe4daTrevi,
dove anticamente furono le magnificen-
ze d'una villa imperiale di Nerone, o *e-
condo altri diNerva. Nel (ine di quest'am-
pia pianura e nel territorio di Ponza, f>
miglia circa sopra la villa cheXerone go-
deva a Subiaco, e 2 miglia da Pouza stes-
sa, precisamente in vocabolo la Torre di
pie di campo, cos'i delta per gli av.-.nzi
d'una torre che si ravvisano a'piedi della
campagna, trovansi molte grotte e stan-
ze pavimentate di musaico, e moltissime
rovine,fra le quali sono sparsi abbondan-
temente pezzi di marmi preziosi, avanzi
di colonne di granito e d'altri marmi di-
sotterrali in diversi scavi. Nel i 780 negli
scavi fatti visi estrasse gì au copia di mar-
mi finissimi, che servirono per la colle-
giata e allre chiese di Subiaco e d'altro-
ve. L'Arcinazzo comprende tutta la pia-
nura dilatata per molte miglia fino alle
radici delle colline e de' monti, tutta a-
perta e amena, e per gli ottimi pascoli
pregiatissima. E' divisa ne'4 tendoni di
Ponza, Piglio, Anticoli (di cui nel voi.
XXVII, p. 281), e Trevi, il quale solo
vi gode il comodo dell'acque per abbe-
verare il bestiame al suo rinomato pozzo.
L'Arcinazzo nelle antiche scritture e nel-
la vita di s. Domenico abbate di Soia,
222 s l n s o i!
per un miracolo ivi operato, tlicesi Ar misurare con un tiro di sasso, benché da
tinaee, e neh 335 Arcenaze in valle in- iurte braccio scaglialo. E' profondo e pe-
fantis.ìo uà islromeuto rogato nel i 38 i, r.icoloso,edi sovente assorbì vitelli e altri
e riportato nel libro Antiquit. Campa- animali : produce saporose tinche.
niae, è denominalo Arcinalio.Neìla con- Rocca Canterano. Comune dell' ab-
trada Le Grotte o Pezza delie Grotte, e bazia di Subiaco, con territorio giacente
vicino a quella di Torre di pie di cani- in colle e in monte, il quale princi pal-
po si trovano grandi avanzi di fabbri- mente produce vino, ghiande e pascoli,
the romane, e si vuole che ivi esistesse con mediocri fabbricati. La chiesa ma-
il quartiere de'soldati a difesa dell'ini- trice parrocchiale è dedicata alla B. Ver-
peratore nella villeggiatura, onde vi si giue Assunta in cielo. La terra trasse il
disotlerrarono smisurati macigni. Inol- nome da quella prossima di Canterano,
tre si conobbe la via per cui da Roma ed è posta sopra un colle ch'è parte del
vi furono portati i marmi da' potenti io- dorso di monte Crufo o Ilulfo. Nella ero-
mani, non senza grave difficoltà perchè naca sublacense se ne fa menzione per la
la strada saliva pel Serroue, quindi so- l." volta circa la metà del secolo XII, ed
pia il convento de'francescani di Piglio allora apparisce come proprietà di quel
in aspra collina, vedendosi tuttora le ro- Recaldo che ricordai a Canterano, col
vine di quel sassoso cammino a forza di quale paese ebbe poscia comuni le vicen-
scalpelli laboriosamente lavorato. Nelle de. Annesso e soggetto al comuuediR.oc-
contrade di Favo e Giunchi sono gli a- ca Canterano, ed egualmente nell'abba-
vauzi d'un arco di smisurate pietre, sul zia di Subiaco, vi è Rocca di Mezzo, si-
quale vi passava un acquedotto, e sotto tuata sopra un monte in aria salubre,lun-
vi è la strada del Vallone ili Guarcino gì 4o miglia da Roma, fra Marano eRoc-
eTrevi: anche nella contrada delle Mac- ca Canterano, e perciò dicesi Rocca di
chic si hanno rovine. Da Trevi lungi cir- Mezzo, Roccha Media. Ne' tempi bassi
ca 3 miglia per venire nell'Arcinazzo, si fu detta Rocca Conocla, come ricavasi
ascende un monte per la via di Pile, voi- dalla lapide sublacense del chiostro di s.
gannente detta Montagna d'Arciuazzo, Scolastica, nella quale viene ricordata già
la cui cima dicesi il Monte di Sion. Su esistente nelio52,e dipendente da quel
quest'eminenza trovausi molle pietreben monastero, dopo Canterano e prima di
riquadrate, avanzi d' antica fabbrica, ed Trelauo e di Cerreto. Marocco riporta un
ivi i viandanti sogliono genuflettere ri- brano de' Comenlarii di Pio li, riguar-
verentemenle colla faccia voltata al set- dante Rocca di Mezzo, lo temo che i Co-
teutrione adorando la ss. Trinità, a cui rnentarii parlino di Rocca di Mezzo vi-
e dedicato un tempio che si vede sugli alti cino a* Marsi presso Rovere, già feudo
monti di Valle Pietra, a'eoufini del regno de'Barberini, ed ove accadile una balla-
di Napoli. Camminando a sinistra per la glia tra gli Orsini e i Colonna. Rinomata
via che conduce ad Anticoli e ad Acuto, è la sua vitella. Ne tratta Corsiguani, e
dopo due tiri di fucilea destra, e lasciali- dice che vi fiorì il cardinal Amico Augi-
do le vie che guidano a Ponza, ad Affile filo, che Cardella vuole di Collemezzo,
e a Piglio, trovasi un piccolo lago d'acqua forse sinonimo di Rocca di Mezzo, poiché
sorgiva d'occulta vena, che chiamasi il il Marini Io chiama della Rocca.
Pozzo d'Arcinazzo, di rotonda figura e a Valle Pietra. Comune della diocesi di
loggia di catino giacente in uuacoucavità Anagni,con territorio in monte, i cui mag-
di sassoso terreno, dove l'acqua si mantie- gioii prodotti sono la ghiauda, il grano, le
ne quasi sempre nell' istessa misura, e di castagne, le legnaci carbone, oltre i pasco-
tal ampiezza di diametro che non si può li. La chiesa parrocchiale e arcipretale è
S U B
sotto l'invocazione dell'apostolo ed evan
gelisla s. Giovanni, e fu fondala da mon
signor Caetani arcivescovo di Rodi nipo-
te di Bonifacio Vili. Confina il paese col
regno di Napoli, ed il territorio è irriga-
to da 4 piccoli fiumi, che traggono l'ori-
gine da queste montagne, appartenenti
alla catena degliApennini. Sulla monta-
gna vi è un altissimo scoglio, dentro il
quale avvi una chiesina dedicata alla ss.
Trinità, e dalle figure gotiche si scorge
ch'è antichissima. Questo santuario è con-
tinuamente visitato da'divoti, e special-
mente nel giorno della festa, essendovi un
concorso di circa 8 ovvero i 0,000 perso-
ne, nella maggior parie provenienti dal
limitrofo regno di Napoli. In questa stes-
sa chiesa, secondo le tradizioni del luogo,
anticamente vi risiedeva il capo de'mo-
naci benedettini chiamato archimandri-
ta. Il paese dicesi fondato dagli abitanti
di Frascati, in tempo delle guerre civi-
li, e forse dopo la distruzione di Tusco-
lo. Questo piccolo castello è così deno-
minato falle Pietra, per essere stalo
fondato in una profonda valle di dure
pietre, fra le quali scende da alto monte
un grosso rivo d'acqua, che dopo il corso
di 3 miglia entra in un ramo principale
deli'Aniene.ll feudo co'beni allodiali ap-
partenne all'estinta e antichissima casa
Bossi, insieme ad altri nelle vicinanze,
semplicemente col titolo di Signore.Pas-
salo a 'Caetani toccò in parte a Orazio,
che maritatosi a Porzia Astalli istituì nel
1670 un fidecommisso a favore de'mar-
chesi Aslalli. Da questi successivamente
passò il feudo alla casa Piccolomini.e nel
1808 al cav. Settimio Bulgarini Bischi,
in tempo del quale Pio VII eslinse i di-
ritti e prerogative feudali. Poscia ne acqui-
stò i beni nel 1820 il conteCamilloTorri-
glioni,il quale nel 1842 gli alienòa favore
del conteGirolamoR.iccini,già governato*
re di Modena, creato da Gregorio XVI
marchese di baldacchino [della quale d i-
stinzione parlo pure a Ojibbelm\o ed a
Principe), quanto alla di lui sola perso-
na, e marchese di Valle Pietra [ter se,
S U B 2 23
«noi eredi e successori. Il marchesato si
formò cogli acquisti fatti dal suddetta con-
te Puccini, cioè colla proprietà di Tor-
riglioni consistente nella montagna con-
fìnautecol reame napoletano,e colla pro-
prielà assoluta e indipendente dagli abi-
tanti dell'unico inolino a grano; non che
di due forni, nel palazzo baronale cosimi
lo con antiche forme, ec.
Governo di s. t ilo.
S. filo. Comune della diocesi di Pa-
lestrina, capoluogo del governo del suo
nome,con residenza dei governatore,! un-
gi da Roma 33 miglia, 18 da Tivoli, io
ila Palestrina,e 6 da Olevano di cui par-
lai nel voi. XXVIII, p. 1 1 o. Il suo ter-
ritorio in colle è alquanto fertile, produ-
ce vini squisiti, olio di sapore gratissimo,
frutta diverse, abbondanti castagne, co-
pioso granturco, ghianda, legna e pasco-
li.Ha buoni fabbricati, e buone acque pe-
renni provenienti da uno scoglio. Riferì-
sceCalindri, seguendo Piazza, che da qui
origina il fiume Garigliano; e l'avv. Ca-
stellano, Lo sialo pontificio, dice che s.
Vito è in vicinanza di piccolo torrente
che influisce nel fiume Sacco. Piazza ri-
porta l'autorità del p. Kircher, che nel
parlare della fonte non molto distante,
dice ch'è chiamato comunemente Gari-
gliano, la cui scaturigine trovò che pro-
veniva da 7 vene d' acqua, indi raccolte
in un rivo proseguendo il suo corso e ac-
cresciuto con altre acque, passa pel ter-
ritorio di Genazzano, e va a formare sot-
to Soia e altri luoghi il celebrato fiume
Liri o Garigliano. Questa grossa terra è
situata in posizione gradevole sopra di
un colle, ch'è una delle cime della cresta
denominata Le Scrime, intermedia fra
quella di Guadagnolo e quella di Colle
Celeste o di Ci vitella, contornala da alte
montagne in aria salubre, ma dominala
dal vento. Gli abitanti sono urbani, ac-
corti e robusti, belle generalmente le don-
ne. Si entra nel paese per un lungo bor-
go tutto in piano, da convenienti fabbri-
che dee orato, ed in successivo incremen-
to. Fuori del borgo poi il restante della
224 S li B S 0 B
terra è tulio incomodo e scosceso, discen* scovo Rubense,comesi legge nella lapide
dandosi per viottoli "formali a scale, e da posta in un pilastro della medesima. Ai-
questa parie si procede per Olevano. Al tra chiesa parrocchiale è quella di s. Ma-
principio del borgo formano diramazio* ria, nel cui altare maggiore la 13. Vergi-
ne diverse strade; a destra incomincia ne viene espressa nelquadro con moderi
quella di Genazzauo,di l'ionie quella ili no edelegante stile. Nella campana in.ig-
Capranica assai pericolosa, a sinistra l'ai- gioie in gotico si legge://. D.i^q ma-
lia che conduce a Pisciano. 11 palazzo ha- giste/- Petrus Sola ti un de Petti 'ninno fecif.
ronale de'marchesi Theodoli è costruito Questa chiesa resta da un latodell'ingres-
a guisa tli solidissima rocca, che ha I' a- sodel palazzo baronale in un corlo spiaz-
spelto di una nave, e forma il principal zo. La chiesa di s. Rocco, con convento
decoro della terra. Ha un torrioncello se- de'carmelitani calzati, da ultimo restau-
rali otondo all'ingresso, in cima al quale rata e ingrandita per le limosinede'divo-
vi è un ambiente che ha diversi balconi ti della B. Vergine del Carmine che vi si
onde osservare i luoghi sottoposti e le venera, e per cura e zelo del p. Elia Ge-
monlagne di fronte. Una sua parie costi- neroso da Tivoli, è di figura oltangola-
luisce l'estremità della nave, ed è forma- re, e nella volta in forma di medaglione
ta ad angolo acuto guardando il borgo: fu egregiamente dipinto sul legno s. Se-
essa è posta sui massi di scoglio, e viene basliano. Nel coro vi sono due quadri d'ai-
attorniata da alto e solidissimo a n tenui- tare di buona maniera e rappresentanti,
iole, che offre nella sua piena circonfe- uno la Fuga in Egitto, l'altro S.Francesca
lenza un grazioso passeggio, essendovi un romana. Sull'architrave dell'altare prin-
solo ma sicuro ingresso, dopo il quale vi cipale sonovi distici in lode della ss. Ver-
è una larga piazza ove si osservano diversi gine del Carmelo. 11 convento era più va-
punli interessanti. Dentro poi vi sono co- sto, ma con porzione si formarono le pub-
modissimi sotterranei, e dignitosi appar- bliche carceri. In un angolo del conven-
tamenti, ed a pianterreno uno di essi è to esiste la lapide marmorea del cardinal
dipinto lutto a fresco ed a paesaggio con Mario Theodoli, che aprì e fortificò il bor-
varie mitologichediv'mità sulle volte,riu- go, edificando la chiesa e il convento, del
scendo rimarchevole il dipinto esprimen- seguente lenove. Marius cardinalis Theo-
te il ratto delle sabine. La grossezza del- dolus , Mondimi asperitatem accjuavìty
le mura supera i o palmi romani,ed a'Iati Vìas apertiti, dirutusque colles in aedes
dell'ingresso vedonsi i vani de'cannoni e vertitinTeinpluinerexitdìvopeslisprofli-
spingardi che tolsero i francesi nell'mva- gatoriannoDoininii6^.Cj.\ marchesiTheo-
sione sotto Pio VII, con altre cose utili e doli, nobilissima famiglia romana oriunda
decorose. La chiesa matrice è dedicata al- di Forlì, pollano il litolodi marchesi di s.
lab. Vergine ed a s.Biagio vescovo e mar- Vito, di cui furono signori feudatari, edo-
tire,col nome del quale si chiama,di buon ra possidenti di molti beni, vantano mol-
disegno ed esistente quasi in mezzoalpae- ti uomini illustri, alcuni de'quali sono ri-
se. Minacciando rovina la vecchia chiesa, cordati sulle parelidell'antica cappella di
che per l'antichità clicesi che fosse coper- detta chiesa, cioè:i cardinaliAlberto, Gre-
ta di tavole di legno,nel riedificarsi l'odier- gorio e Mario Theodoli, di cui scrissi le
na ne fu generoso il marchese Theodo- biografie; Gio. Rullo Theodoli arcivesco-
loTheodoli, colla mediazione del p. Mar- vo di Cosenza neh5o5 e già vescovo di
c'Antonio Costanzo gesuita; ciò avvenne Berlinoro, per cui parlando de'suoi ve-
neliGio nel vescovato del cardinal An- scovi a Sarsina, dissi di altre sue dignità
tonmaria Gallo; in quello poi del cardi- e ch'era stato destinato al cardinalato; Lo-
nal Girolamo Spinola fu consagrata a' 12 dovico Theodoli vescovo di Dei t'inoro (e
ottobre 1777 da mg. r Pietro Roggeri ve- perciò ne parlai all'indicalo articolo,chia-
SUB
mandole» pure Vannini e maggiordomo
di Paolo III, non che già vescovo di Sca-
la), morto neh 563 in tempo del concilio
diTrento; GiacomoTheodoli arcivescovo
d'Amali! nel 1626 (il quale fu pure vesco-
vo di Forlì e benemerito, come notai in
quell'articolo, e vi registrai l'altro vesco-
vo Fulvio Theodoli deh 587); Girolamo
Theodoli vescovodi Cadice,chiericodi ca-
mera, conte di Ciciliano, signore di s. Vi-
to e Pisciano, del 1572; Theodolo Theo-
doli i.° marchesedis. ViloePisciano, con-
te di Ciciliano, del» 5gi; Giovanni Theo-
doli marchese di s. Vito e Pisciano, con-
te di Ciciliano e di Vallinfreda (de'quali
luoghi parlo a Tivoli), del 1600; Alfonso
Theodoli marchese di s. Vito e Pisciano,
conte di Ciciliano, del 1600; Theodolo
Theodoli marchese di s. Vito e Pisciano,
conte di Ciciliano, del 1648. Altra chiesa
è quella di s. Vito, assai lungi dal paese
e in vetta d'un monticello, quasi circo-
lare e isolato- che sovrasta tutta la terra
è guarda le circostanti montagne. Ivi si
trovarono grandi massi di tufo, forse a-
vanzi di qualche edilizio' o dì mura di so-
struzione. .Marocco deplora, che nel visi-
tarla la tiovò profanata e ingombra di
grano. In s. Vito vi sono le maestre pie
per 1' istruzione delle donzelle. Le dette
chiese e altre sono descritte dal Piazza
nella Gerarchia cardinalizia , insieme
alle reliquie che vi si venerano. Il paese
contrasta con Roma e Genazzano (V.),
d'aver dato i natali al magnanimo Papa
Martino V Colonua (del cui corpo ripar-
lai nel voi. LXI V, p. 1 o5), per cui ivi si
mostra la camera ove nacque, al dire di
Nibby. Nondimeno vanta altri illustri, ed
a'nostri giorni fiorirono due prelati del-
la famigliaTesta,zioenipote. Il».°fu mg.r
Gio. Domenico, che fece i suoi studi nel
seminario di Palestrina con felice succes-
so, comechè di svegliato ingegno, cono-
scitore di molte lingue e profondo nella
Ialina. Meritò d' essere eletto professore
di filosofia nel medesimo seminario, e poi
lo fu in Roma ne'collegi Bandinelli e Ro-
SUB 225
mano, in questo insegnando logica e me-
tafìsica. Pio VI lo spedì a Parigi segre-
tario della nunziatura di mg.v Dugnani
poi cardinale, e nella tremenda rivoluzio-
ne corse grave pericolo d'essere appeso
olla lanterna democratica. Pio VII lo fe-
ce successivameute cameriere d'onore e
prelato, canonico Liberiano, Segretario
delle lettere latine e Segretario de brevi
a' princìpi (F.), ed abbreviatola di curia,
seguendolo ne'viaggi di Parigi e di Ge-
nova, dopo aver patito per la sua fedeltà
la deportazione iu Corsica. Fu inoltre as-
sai versato nella storia naturale, nella ma-
tematica e ne'geroglifìci egiziani. Scrisse
sopra l'antico Vulcano, ed in versi sul di-
seccamene delle Paludi Ponlinejuua dis-
sertazione De sensiium usa inperquiren-
da veritatej altra sui due zodiaci di Dea-
dera e di Henne nell'Egitto; una confu-
tazione contro Dupuis; e per non' dir al-
tro,avendo scritto sui pesci fossili del mon-
te Dolca, ebbe questioni con Forlis e Vol-
ta. Cortese, frugale, ameno, sentenzioso,
fu amato da'Papi, massime da Gregorio
XVI, molando in Roma neh 83 2, e fu se-
polto nella chiesa de'ss. Vincenzo e Ana-
stasio a Trevi di Roma, con iscrizione la
quale in uno alla sua biografia si legge
nel t. 2, p. 53 de' Monumenti sepolcrali
visitati da Raggie disegnatida Tosi. Ab-
biamo del conte Francesco Fa hi Monta-
ni, Elogio storico dimg.r Gio. Domenico
Testa, Roma 1 844- H nipote mg.r Luigi
Testa non fu d'ingegno minore, dallo zio
educalo e istruito nel collegio romano, in-
di professore di filosofia nel seminario di
Magliano, ove celebrò la immessa. Di ve-
nuto segretario o uditore in Perugia e Ra-
venna del preside mg. Giustiniani poi car-
dinale, fu indi destinato segretario del-
la nunziatura di Madrid di mg.1' Gravina
poi cardinale, dimoraudo nella Spagna
chea » 5 anni, e iu que' tempi calamitosi
che nariai in tale articolo. Tale fu il suo
savio contegno e » suoi talenti diploma-
tici, che Pio VII lo dichiarò suo came-
riere d'onore e ablegato apostolico per la
i5
17.G S U B
berretta cardinalizia, allorché elevò detto
nunzio alla porpora; ed il re Ferdinan-
do VII gli conferì l'arcidiaconato di Lu-
go, e le decorazioni tli s. Pietro martire
e della ss. Concezione. Tornato. in Roma
nel 1818, uienlte il Papa lo designava a
luminosa carica, morì nella fresca età tli
53 anni e fu compianto. Riferisce Nibby,
che s. Vito, come molte altre terre e cit-
tà sorte ne' tempi bassi, elibe il nome
dalla chiesa ivi esistente e oggi divenu-
ta rurale, dedicata a s. Vito, santo un
tempo molto venerato in queste contrade
(come altrove, a Polignano portando il
suo nome la cattedrale, ed in Roma col
la Chiesa di s. Filo, nel quale articolo
riportai l'opinione del Piazza conforme,
e l'altra a quale antica città sia succedu-
ta, di die INibby non fa parola); e dal con-
corso degli abitanti delle terre circonvi-
cine, o per divozione o per fiere annua-
li, insensibilmente si formò una borgata,
della quale la più antica memoria rin-
contrò nel secolo XIII negli annali Ca-
maldolesi, t. 4 Append., p. 5g6, in cui si
ricorda il tenimentum Castri .?. Fili, co-
me uno de'confìni di Castellani novali),
insieme con Palestrina, Poli, Pisciano,
Capranica, ec. Alla stessa epoca e preci-
samente, al 12 5?. appartiene il documen-
to esistente nell'archivio Colonna, e pub-
blicalo dal Petrilli a p. 4» i, il quale nel
determinare i confini del territorio di
Capranica, indica i lenimenti di Castel
Nuovo, Monte Manno, Genazzano, s. Vi-
to e Palesli ina. Nel ì 284 ne apparteneva
tuia 3." pai tea Pietro Scotti cittadino ro-
mano, il quale la diede in compenso e a
titolo di permuta a'monaci di s. Grego-
rio di Roma, col pei messo di Papa Mar-
lino IV, in luogo della 3.3 parie del ca
slro di Pietra Per t usa, vasto lenimento
dell'Agro romano,àppai lenente agli stessi
monaci, e da lui come enfiteuta o allit-
tuario, contro i patti stabiliti, alienala e
venduta al capitolo di s. Pietro, come si
trae da un altro documento de' memora-
ti Annali, t.5 Append., p. 263. Diven-
SUD
nero signori della terra i Colonna, e la
ritennero fino al 1 563 in che il contestar
bileJVIa re' Antonio, poi vincitore di Lepan-
to, la vendè a DnmenicoMassimiedaGiu-
liano Cesarmi, co'caslelli di Ciciliano, Pi-
sciano, Capranica e Ardea: Pio IV con ap-
posita bolla de'27 giugno 1 564 confermò
l'alienazione; finalmente i Massimi nel
1572 venderono s. Vito, Ciciliano e Pi-
sciano al nobile suddetto prelato Girola-
mo Tlieodoli,a cui fu annesso il titolo di
marchesato. Il prelato ebbe a fratello Gia-
como Theodoli cav. di s. Giorgio, da cui
nacque Theodolo I marchese di s. Vito,
conledi Ciciliano e Vallinfreda. Questa
cospicua famiglia s' imparentò con altre
nobilissime, come si può vedere nel Mar-
chesi, Galleria dell'onore t. r e 2; e pos-
siede in Roma il palazzo del suo nome
nel rione Colonna, nella via del Corso e
incontro quella delle Convertite.
Capranica. Coni une della d iocesi diPa •
Jestrina, con territorio in monte, produ-
cente eccellente olio, legna, grano, vino,
castagne, ghianda, pascoli e altro. Il no-
me tli Capranica si pretende tifili valodal-
le frequenti caprareceie che anticamente
esistevano, essendovi ancora al sud ovest
un eccellente pascolo, il cui prato serve al-
la corsa de'cavalli. Giaceva prima su d'un
monte altissimo in vocabolo Fontana del
prato un vecchio castello, il quale rima-
se demolito per incendio, gli abitanti ri-
fugiandosi lungi due maglia, e siccome il
luogo brucialo era nomato Castello, chia-
marono l'attuale paese Castel Nuovo e
poiC<7/jr<7/Hc<7,dicendosi Capranica Pec-
chia il sito dell'antico paese. Quivi visse-
ro vita eremitica e penitente le sante ver-
gini Erundine discepole delle ss. Romola
e Redenta. I loro corpi sono parte nella
basilica Liberiana di Roma e parte nella
cattedrale di Tivoli, come riferisce Piaz-
za della Gerarchia cardinalizia. Il paese
ha estesi fabbricali chiusi da mura, e vi
è la collegiata e parrocchiale di s. Maria
Maddalena e s. Gio. Evangelista, eretta
dalla famiglia Pantagati detta Capranica
SU lì
oda Giuliano delia medesima, con archi-
tettura diMichelangelo Buonanoti,e per-
ciò la chiesa era tutta ripiena di scultu-
re, ma venne svisata nel principio del se-
colo passato, come rimarca Calindri. Leg-
go poi in Nibby, che i Pantagati cresciu-
ti vieppiù in ricchezze, Giuliano proni-
pote del cardinal Domenico Capranica e
dificò neliSao la bella chiesa dis. Maria
Maddalena, la quale si crede essere stata
eseguita co'disegni e sotto la direzione di
Michelangelo, a cui pure si attribuisce un
leone abbozzato, forse allusivo al nome di
Leone X allora regnante, ed un profilo
di testa rappresentante un vento. Il Piaz-
za nellaGerarchia cardinalìzia, ed il Cec-
coni nella^SVor/Vf di Pales trina, danno que-
sta tradizione per l'atto certo. Inoltre la
famiglia fabbricò in patria un magnifico
palazzo. Capranica è situala sopra una
punta del monte detto de' Casali, parie
del gran dorso ili Guadagholo, ed a cui
si perviene per un sentiero alpestre da Pa-
lestrina, donde è distante tì buone miglia,
5 dà s. Vito, e 3o da Roma, con abitanti
dotati «li molta penetrazione d'ingegno.
Tra gl'illustri di questo luogo debbo ram-
mentare i celebri cardinali Domenico e
Angelo Capranica (/'.), ed il Pelrini ri-
ferisce, che dicesi aver pure dato i natali
ai Papa Bonifacio i A" Tornaceli i, napo-
letano secondo altri e nato nel suo feudo
di Carafanello.- Quanto a Domenico, egli
era della famiglia Pantagati , ed osserva
Petrini che secondo il costume d'allora,
di tralasciare il cognome e in vece pren-
dere per tale il nome della patria, tu chia-
mato Capranica, e trapassò questa deno-
minazione nella sua nobilissima famiglia.
Prima di sua esaltazione era sì ricca che
Nicola Capranica o Pantagati non si sgo-
mentò di mantenere nelle università di
Padova e Bologna il figlio Domenico sun-
nominato; il quale col suo squisito inge-
gno corrispose sì bene alle cure paterne,
che in freschissima età ottenne il cardi-
nalato da Martino V , anche per essere
nativo dtl fetido di sua prosapia Culon-
S.UC
na, circostanza che produsse dopo lanini
te del Papa spinosissime conseguenze, poi
che crealo segretamente non fu ricono
sciuto nò dal sagro collegio, nò da Eugc
nio IV, il quale più lardi gli. conferì l'in-
segne cardinalizie. La morte lo sorpreso
a' i 4 agosto i/p8, nella sede vacante per
morte di Calisto III, mentre i cardinali
aveano risoluto di eleggerlo a successore.
In Roma eresse con ricche rendite il i ."
collegio, che dal suo assunto cognome si
chiama il Collegio Capranica ( / .), a bfi
nclicio specialmente de' vassalli de'feudi
di casa Colonna, fra i quali considerò e-
spressamenle Palestrina, poiché non solo
lasciò al suo barone Stefano e Lorenzo suo
cugino la facoltà perpetui di collocarvi
un alunno,ma ordinò altresì che mancan-
do la' loro famiglia, il diritto di nomina
si devolva al pubblico di Palestrina; ed i
primi prenestini scelti a godere il posto,
crede Peti ini che fossero Giulio Leonar-
di e Addile llcndilti, poi ambedue ret-
tori del medesimo, carica che a suo tem-
po soleva affidarsi a quelli ivi educali. I
cardinali invece diDomenico crearonoPa-
pa il cardinal Piccolomini, già suo segrc
tario ed allievo, che preso il nome di Pio
II, promosse alla porpora il fratello An-
gelo Capranica vescovo di Rieti, il quale
fu beneficentissiniocol collegio,di cui ora
è protettore il cardinal Lodovico Altieri,
dopo la morte del cardinal Minare decano
del «agio collegio. Opina Calindri, che i
primi abitatori di questo luogo furono gli
aborigeni, cioè nionlicoli,echelu poiqua-
si abbandonato il castello; ma dopo il se-
colo VII le rapine, le stragi e le depre-
dazioni de'circostanti luoghi lo fecero ri-
popolare: aggiunge che dopo il secoio X.
furono nuovamente abbandonati i caste! •
li di MonteManno eCastel Nuovo, e tutti
i popoli si riunirono in Capranica. Di que-
sto nulla dicono Petrini e Nibby: ili ."di-
ce soltanto che nel 970 fu compreso nel-
l'infeudazione che die Papa Giova uni X Ut
alla senatrice Stefania , con Palestrina e
sue pertinenze, come Capranica, Galli-
2i$ SUB
cmio (f •), Cave e Rocca di Cave,de'quali
riparlai a Genazzano, ed il silo ove fu poi
fabbricalo Zagarolo^f7.), con l'annuo ca-
none di circa scudi 20. Negli Annali dei
camaldolesi ,\. 4 Append., p. 5cj6, si fa
menzione del lenimenlum Capranice,sea'
z'altri particolari; ma dal riferito da Pe-
trilli a p. 1 43 e dalla carta da lui pubbli-
cala a p. 41 ! si rileva die nel 12 52 era
questa terra de'Colonna,e ebe in quell'an-
no nel riparlo fra i figli di Oddone e Gior-
dano, Capranica toccò al figlio di Gior-
dano, cbiamatopureOddone. Vuoisi ebe
\i si recasseBonifacio IX, reduce da Rieti,
e vi si trattenesse alquanto, secondo Piaz-
za, il quale descrive le altre sue chiese.
Neh 4^4 Per 'e guerresche vertenze in-
sorte fra i Colonna, ed i Puario nipoti di
Sisto IVe aderenti degli Orsini, Capra-
nica fu a'3i luglio assalita dalle milizie
papali, dopo la presa di Cave: la difen-
deva per Prospero Colonna il caprani-
cese Komauello Corsetto, il quale dopo
poca resistenza rese la lena e colla sua
truppa si recò a Genazzano, o in Paliano
secondo Nibby. Prospero mal soddi>fatto
di sua coudotta e lealtà, lo feri di proprio
pugno, e lo fece poi impiccare e squar-
tare, considerandolo reo di tradimento.
Passò quindi l'esercito della Chiesa sotto
Pisciano, ed espugnata la rocca andò al-
l'assedio di Paliano (/.), ov'era Prospe-
rosi quale per togliersi qualunque Sospet-
to di quegli abitanti, fece condurre i loro
figli in Genazzano con minaccia di farli
uccidere, quando' essi non avessero fatto
il debito loro nella difesa. Poco durò l'as-
sedio per la morie del Papa avvenuta ai
1 2 agosto, onde le milizie pontificie se ne
tornarono subito a Pioma,e Prospero ri-
coperò i suoi dominii. 1 Colonua riten-
nero il possesso diCapranica fino ah 5G3,
in cui il celebre Marc'Antonio la vendè
a DoaienicoMassimi;indi neh 073 i Mas-
simi la rivenderonoa Girolamo Theodo-
h,ed il marchese TheodoIoTheodoli do-
po ih65o l'alienò in favore de'Pantaga-
ti discendenti de'cardinali Capranica, che
SUB
s'intitolarono signori di loro patria Ca-
pranica, comechè vuole Nibby; ma non
debbo tacere che afferma Petrini, avere
i Pantagali comprato Capranica da'Mas-
situi dopo la metà del precedente secolo.
Finalmente i Capranica l'alienarono ai
principi Barberini con patto redirnendi.
Civilella. Comune dell'abbazia di Su-
biaco, con territorio fertile e montuoso,
le cui produzioni presso a poco sono e-
guali a quelle de'precedenti paesi. Vi ab-
bondano l'erbe botaniche utilissime, ed
in copia vi nasce l'assenzio, la valeriana,
il sei pollo, l'issopo. Torreggia questa ter-
ra de'bassi tempi sulla cima dirupata del-
l' ultimo contrafforte del dorso di Colle
Secco, altissimo monte di salso calcare,fra
Rocca s. Stefano e Pioiate egualmente da
loro distante 3 miglia, ed a, 6 miglia da
s. Vito, eretta sopra le rovine d'una cit-
tà antica nel paese degli etnici. Posta in
mezzo a luoghi alpestri e selvosi, e per
la difficoltà dell'accesso si può quasi dire
isolala dal mondo, fra una corona impo-
nente degli Apennini, in aria eccessiva-
mente elastica, la quale soverchiamente
accelera le vitali funzioni; tuttavolta il
clima è salubre e lo prova l'incremento
progressivo della popolazione. La via me-
no incomoda per andarvi è quella di Su-
biaco, la quale passando per Affile e Ro-
iate è lunga circa 12 miglia: quella che
conduce a questa terra da Palestrina, per
Cave, Genazzano, Ole vano e Roiate, ne
conta 18.II suo orizzonte è uno de'più sin-
golari e più vasti dello stato pontificio,
imperocché non solo gode la veduta nei
diversi lati di tutti i luoghi circostanti,
ancorché lontani, ma giunge la vista ol-
tre al Mediterraneo fino ai monti di Gae-
ta, e tutti nominati da Marocco. Propria-
mente il paese è posto presso a poco in
piano, avendo la strada media qualche
buon fabbricato, ma il resto delle abita-
zioni sono mal disposte e cosi i viottoli.
Le acque sono in qualche distanza. A mez-
zogiorno esistono avanzi di mura castel-
lane di solidissima costruzione, mutilate
SUB
e rese al paro col terrapieno dell'interna
via: a'due angoli vi sono le rovine di due
torrioni, uno rotondo e l'altro quadra-
to, avente ili.0 un diametro di 19 passi.
Le mura hanno circa 8 palmi di ertezza,
e la lunghezza di esse da un angolo al-
l'altro è di passi 85. Gli abitanti sono ri-
spettosi, di forte temperamento e di alta
statura;e nelledonne generalmente si os-
servano flsonomie regolari. Vi sono le
maestre pie per le fanciulle, e scuole pei
giovanetti. Possiede due chiese parroc-
chiali, lai. "arcipretale e sagra a s. Sisto
protettore del luogo , dal quale è lungi
circa mezzo miglio, onde fu riunita alla
parrocchia interna di s. Nicola di Bari, il
cui quadro è un bel dipinto del Manen-
te, e di esso è pure la Cena degli aposto-
li nel quadro dalla parte del vangelo. Il
popolo e quello de'paesi conviciui è de-
votissimo del patrono s. Sisto, e vi accor-
rono in folla a celebrarne l'annua festa.
Circa un miglio distante verso oriente
trovasi il convento de'minori osservanti,
celebre per antichità e memorie religio-
se, piccolo e povero pel fabbricato, il qua-
le giace in una valle coronata da colli for-
mati da'scoscendimenti e divinazioni del-
la cresta principale. Orrido ed ermo è il
sito, e tanto circuito che vi si gode una
parte assai ristretta del cielo; nondimeno
secondo il p. Casimiro di Roma, Memo-
rie sloriche delle chiese e conventi de' fra-
ti minori della provìncia romana, si cal-
cola il suolo a 1900 palmi sopra quello di
Roma. Di questo luogo destinalo a pe-
nitenza , e abitato da esemplari, austeri
e ospitali religiosi, si hanno memorie fi-
no dal 1284 nella vita della b. Marghe-
rita Colonna. Il p. Casimiro che erudi-
tamente ne parla a lungo, crede che fin
dal 1223 fosse concesso al patriarca s.
Francesco dall'abbate di Subiaco per fon-
darvi un ritiro, e ricorda i molli miraco-
li ivi da lui operati, enumerando le re-
liquie della chiesa che è molto decente,
la quale è lunga 28 passi, larga 8, tranne
il coro un passo meno largo. Questa chie-
SUB 229
sa rimonta almeno al secolo XV, poiché
fu consagrata nel 1489 da Cesare Nacci,
come si ha dal documento riferito dal p.
Casimiro. In esso si ricordano due altari
non più esistenti, uno. fuori della chiesa
adonoredella B. Vergine, l'altro in mez-
zo alla chiesa ad onore di s. Antonio di
Padova. In luogo di essi sonovi 3 altari
in fondo alla nave: in quello dell'altare
maggiore è un dipinto esprimente S.Fran-
cesco che vestito da diacono ripone ginoc-
chioni il Bambino nel presepio: presso di
esso riposano i corpi de' servi di Dio fi".
Samuele da Farnese e fi*. Francesco da
Ghisone minori osservanti, con lapidi che
riporta Marocco. Ne'due altari laterali i
quadri rappresentano uno s. Francesco,
l'altro la ss. Concezione con s. Rosa a'suoi
piedi. Vi è pure un luogo dove suol far-
si il pio esercizio della Via Crucis, e nel-
la chiesuola o vaghissima cappella a de-
stra, do veesso si termina, vi è un bel Cro-
cefisso di legno intagliato da F. Vincen-
zo da Bassiano, che molto si distinse in
tali lavori nel secolo XVI, e che partico-
larmente operò a Cori nel refettorio del
convento dis. Francesco. Questo sagro si-
mulacro desta riverente commozione di
pffetti in riguardarlo, per la sua natura-
lezza e meravigliosa espressione. Sopra
l'altare si venera il corpo del celebre b.
Tommaso da Cori miuore osservante^ i-
gtitutorede'sàgri ritiri nella provincia ro-
mana, ed apostolo di Subiaco, in questo
convento santamente morto l'i 1 gennaio
1729 di 74 anni e 5i di vita religiosa.
Di lui abbiamo due vite, la inscritta dal
p. Amadeo da Torino postulatore di sua
causa, la 2.a dal p. Luca da Pioma, e ivi
pubblicata nel 1 786. 11 suo corpo.oggetto
della più singolaredivozioriede'fedeliche
vi accorrono da ogni parte, giace con ma-
schera di cera somigliante al suo volto,
vedendosi naturalmente le di lui mani e
piedi. Pio VI, che solennemente lo bea-
tificò a'3 settembre 1 786, in sequela del-
la bolla Domìnus ac Salvator, emanala
a' 18 del precedente agosto, allorché nel
S U D
ìytX) si recò a Subiacosua abbazia, per
la tenera divozione che professava a que-
sto bealo, si recò appositamente a vene*
tarlo sabato 23 maggio, ricevuto daVe-
iigiosi del ritiro e. dal suo nipote cardi-
nal Braschi protettore dell'ordine; cele-
brò la messa sul suo altare e altra ne a-
•colto. Ammettendo la religiosa famiglia
al bacio del piede, lasciò al superiore una
generosa limosina, ed essa a perenne ri-
cordanza eresse nel convento quella la-
pide che riprodusse Marocco e celebran-
te questa onorevole visita. Nell'orto del
convento sono vi alberi piantati dallo stes-
so s. Francesco, e lungo la via fra esso e
Ci vitella si vedono l'impronte dal santo
lasciale sul vivo sasso di sua testa e cap-
puccio , onde il luogo fu cinto di muro
nel i 7 rg. Riferisce JNibby, che osservando
!a natura del sito ove sorge Civitella, si
ì iconosce che occupa quello dell'acropoli
primitiva, poiché la città propria mente
delta,chequigiàfu,si dilungava verso oc-
udente, dove rimane ancora un testimo-
nio, clie è la chiesa antica di s. Sisto. L'a-
vanzo d'un muro costruito di grandi po-
ligoni irregojari, lungo cii ca i oo piedi, che
incora rimane fuori della terra, per la sua
disposizione dimostra al lempostesso l'an-
ìichità del luogo, e nou aver fatto parte
delle fortificazioni della città antica, ma
solamente essere una sostruzione', forse
d'un tempio dedicato alla dea Dona, se
conilo il p. Casimiro. Il nome di Civita
e Civitella, che ritengono molte terre d'I-
talia, è sempre un forte indizio per cre-
derle fondate sopra il sito di città e bor-
gate antiche, e questa osservazione in Ci-
vitella diSubiaco si verifica col fatto della
^ostruzione di poliedri (corpi solidi com-
presi da più superficie piane), ancora esi-
stei! te.Qui tuli crede JNibby di ravvisare in
questo luogo la posizione di Vilellia;itnpe-
i oechè quella colonia romana fu fondala
nel territorio degli eroici, onde tenere a
freno gli equi o equicoli. Tito Livio ne
fa menzione lai.3 volta nella descrizione
della scorreria di Coriolano, che se ne ini-
SU G
padroni per sorpresa l'anno aG5 di Ro-
ma, probabilmente dopo la presa di To-
ledo, oggi Valmontone, portandovisi per
Colle Gentile, Olevanoe Rotate, cioè con
0 ore di marcia. Da Svetonio nella vita
di Vi téllio si apprende che correva la tra-
dizione come questa città era stata così
denominata, perchè i Vitellii avevano do-
mandato di difenderla contro gli equico-
li. Ma questa colonia fu appunto espu-
gnata dagli equi l'anno 36odi Roma, se-
condo Io stesso Livio, ed allora rimase
probabilmentedeserta.poichè gli abitan-
ti se ne fuggirono in massa a Roma, per
testimonianza dello slessoslorico. Quindi
Plinio nomina i Vilellenses fra i popoli
del Lazio periti senza lasciar vestigio. Ma-
rocco riportò l'opinione d'alcuni, che Ci-
vitella surse dalle rovine dell'antichissima
e forte città di Belecre degli equi, che gia-
ceva sul dorso del monte estendendosi fi-
no a' terreni detti li Casali, che ancora si
vedono cinti dagli avanzi di smisurate
mura pelasgiche e già di estesa circonfe-
renza. A««iiin"e che taluno crede essersi
oo o
denominata parva Civitas la fortezza o
cittadella per guardare la città, e riporta
la lapide trovata in Civitella di Julia À-
thenas magisLra Bonae DeaeSevìrac.iW-
tra lapide antica scoperta presso Civitel-
la verso ih 780 di R.osa Januaria, che fu
collocatane! muro della villa Galletli, lun- .
go la via da s. Vito a Genazzano, la pub-
blicarono il p. Casimiro e Muratori. Alla
caduta dell' impero romano questo luo-
go fu popolato di nuovo, e fin dal 967 si
ricorda come già appartenente al mona-
stero sublaceuse col nome di Moniti Ci-
vitella, poichènel diploma d'Ottone I, ri-
ferito da Muratori, Antìq. Medii Aevi t.
5, p. 4^5, fra gli altri beni confermati al
detto monastero, si nomina Ulontem, qui
vocatur Civitella, laonde pare che sino a
quell'anno la nuova terra notisi fosse ancor
formata; ma nel secolo seguente lo era, e
infeudata nel i5o7 a Landone figlio di
Trasimondo, che si dice signore di Civi-
tella, il quale nel 1084 si trova ricordato
SUD
ili nuovo come signore di Cerano. Nella
cronaca Cnssinese, Landone si dice pine
signore di Chieli e d'Aquino. A Lamin-
ile successe uel possesso di questo feudo
Bei traimo suo figlio, a cui Papa Pasqua-
le Il ingiunse di restituire ambedue que-
ste terre al monastero, e nella sua bolla
del i i i 5 Ci vitella viene enumerata fra i
beni sublacensi. Perchè si elFeltùassela re-
slituzione,ilPapa spedi l'uditore suoLen-
tulo da Trevi a Beitraiuio. Però nel de-
clinare del secolo VII e sul principio del
seguente, malgrado la conferma fatta al
monastero da Clemente III nel i 187, e
da Papa Onorio III nel 1 2 1 7,questa ter-
ra reggevasi a modo d'oligarchia,essendo
governata da 1 2 de* principali e potenti
cittadini detti Seniores, a'quali PapaCe-
lestino III neh ig2 diresse un breve, ri-
ferito dal p. Casimiro, e nel quale esige la
restituzione di Rocca s. Stefano da loro
tolta al monastero per sorpresa, per un
ricorso fatto dall'abbate Piomauo al Pa-
pa. Incomincia il breve colla forinola: Di-
lectisfìliis nobilibus viris dominis de Civi-
tella, salutali et apostolicain benedìctio-
nem. Questa forma di reggimento conti-
nuava inCivitella neli23o: il presidente
di questi duodecemviri nominavasi Re-
ctor,ed allora n'era retlorePioberlo, quan-
do le truppe di Landone abbate subla-
cense forzarono il consiglio di Ci vi tei la il
22 maggio a riconoscere la supremazia
del monastero, e giurargli fedeltà e vas-
sallaggio. Nel medesimo anno Papa Gre-
gorio lXconcesse a tali nobili di Civilella
il privilegio d'eleggersi sepoltura ad li-
bitum nel monastero sublacense. Comesi
comportasse dopo quel tempo il consiglio,
e quali vicende incontrasse la forma del
governo stabilita in Civitella è ignoto:
sembra probabile die dall'oligarchia pas-
sasse alla signoria feudale assoluta; onde
nel 1 338a'28 luglio l'abbate Bartolomeo
•volendo ritogliere all'atto dalle mani dei
laici questa terra, comprò per 2000 do-
rmi da alcuni nobili di Geuazzanole por-
zioni che viaveano, e per mantenersi più
S U B 23 1
facilmente nel possessodiCivitella restau-
rò e fortificò la rocca in modo da ridurla
(]uasi inespugnabile, siccome può legger-
si nel Chronicon Sublacense. Di più. l'ab-
bate eresse una cappella alla li. Vergine
con abitazione per celebrarvi le sue feste
egli e i suoi successori, col beneplacito di
Papa Benedetto XII. Ma di questa rocca
così fortificata nou rimane vestigio, co-
me neppure della cappella di s. Maria e
dell'abitazione: forse alcuni suoi muri a-
via mio servito a forma re alcune delle sus-
sistenti case. Una parte della rocca pare
ravvisarsi dove sta la fabbrica che guar-
da ponente incontro la casa Mobil j, a cui
dovea essere unito il summentuvalo tor-
rione rotondo. Malgrado tutte queste pre-
videnti pieni ure,d ne anni dopo e neh 3'io
la terra tornò io inani straniere al mona-
stero, perchè la comprò Pier AgabitoCo-
louna per 2000 fiorini, secondo Nibby,o
per 4ooo al dire di Marocco, e ne riven-
dè per somma eguale la metà a Giovan-
ni da Rodi di Genazzano. E questa me-
tà medesima neh 37 3 fuda'nipoti diGio-
vanni donata all'abbazia di Subiaco, es-
sendone abbate Francesco: l'altra metà,
comprata da Antonio Mondi pure diGe-
nuzzaoo, neh 385 fu venduta al mona-
stero, il (piale così tornò nel possesso in-
tegrale della terra, che riconobbe la pie-
na .signoria dell'abbate sublacense. Poco
lungi dal ritiro e convento de'francesca-
nianlieaoienteesistevail castello di Mon-
te Casale ora diruto, spettante all'abba-
zia sublacense, e ricuperato nel 1 1 33 dal-
l'abbate Pietro II, e cambiato con quel-
lo di Camerata dato a Gregorio signore
d' Anticoli Corrado che unii 167 resti) di-
strutto, sebbene neh 1 89 fosse risarcito
e confermato all' abbazia con Pisciano,
Massa Valeri e altre terre con bolla diCIe-
nieute III. Egualmente restò distrutto il
castello di Biocca Secca,altra appartenen-
za dell'abbazia, sul quale vi è un breve
di Alessandro 111. Essendo Civitella nel-
la diocesi di Pulestriiia, e contrastandone
la giurisdizione l'abbate sublacense, per
23* S C B
quanto dissi parlando d'Affile e Ponza,
nel i63g Urbano Vili definitivamente
l'attribuì all'abbazia di Subiaco. Ci vitella
nel i834 fu beneficata da Gregorio XVI.
Pisciano. Comuue della diocesi di Pa-
lestrina, con territorio in monte, il qua-
le particolarmente rende grano a suffi-
cienza, e in abbondanza vino, olio, gran-
turco, legumi, fi ulti d'ogni specie,g bian-
de per inaiali, farro, e pascoli ubertosi
nellesue vallate, ed è esposto in aria me-
diocre. E' lungi 3 miglia da s. Vito, e 12
da Tivoli per istrada carrozzabile, ed al-
trettanto da Palestrina e da Subiaco; ed è
posto sopra un colle dipendente dalle ci-
me cbe diconsi Colle Celeste, sulla riva
destra del Giuvenzano, e non molto di-
stante dalle sue sorgenti. Non ha porte
urbane, né mura, ed entrasi nel paese per
largo e conveniente borgo, da mediocri
fabbriche fìancheggiato,in fine del quale
vi è l'abitazione del marchese Theodoli,
che come dissi a s. Vito, con questo e al-
tri luoghi l'acquistò, e vi ha rimarche-
vole possidenza: la sua casa si distingue
per un rotoudo torrione piccolo e situato
da un lato. La popolazione è agricola e
di forte temperamento, né manca di civi-
lifamiglie,fra le primarie distinguendosi
la Cerasi. Dominato è Pisciano dalla tra-
montana, per aver da questo lato l'oriz-
zonte apertissimo, ma le nevi per la tem-
peratura del clima poco vi rimangono.
A mezzogiorno è una pianura egregia-
mente coltivata, con vigneti cciìi veli, ter-
minata la quale incominciano foltissime
macchie che vestono una bella corona di
collinette,essendo mirabile e pittorica la
sua topografica posizione. Non manca di
acque,e le principali foutane sono,quella
delta da Piedi, perchè trovasi al termi-
ne delle abitazioni; quella nominata Ca-
sale, distante mezzo miglioe in istrada co-
moda;e quella di s.Vittoria,così chiamata
per passare sotto una chiesuola sagra a ta-
le sauta patrona della terra: per l'abbon-
danza delle acque vengono diversi terreni
circostanti coltivati a ortaglie, che proda?
SUB
cono erbaggi di eccellente sapore. Il solo
tempio esistente dentro il paese con titolo
d'arcipretura è intitolato a s. Paolo apo-
stolo, altro protettore di Pisciano,espres-
60 in tela nell'altare maggiore con gran-
de intelligenza. Si celebra la festa a'i5
gennaio, anniversario di sua portentosa
conversione. Con più solennità si festeg-
gia a'9 luglio quella della protettrice s.
Vittoria e con gran concorso di popolo,
che poi passa a visitare la chiesa di s. A-
natolia custodita da un romito. Di que •
ste e altre chiese, come de'sodalizi e del -
l'ospedale, tralta Piazza, il quale conget-
tura che quivi venisse s. Paolo dopo es»
sere stato con s. Pietro in Palestrina; e
riferisce pure le gesta di s. Vittoria, della
sua salutifera fontana e del suo monaste-
ro.Si fa una rimarchevole fiera fra Ce-
rano e Cerreto, e lungi un miglio dal 2.0
in vasto prato , con varie botteghe alla
guisa della rinomata fiera di Fara in Sa-
bina. Neh 810 per l'invasione francese,
il popolo comprò una celebre campana
spettante al santuario di s. Eustachio del-
la chiesa di s. Maria della Wentorella, e
superate gravi difficoltà nel trasporto, la
condusse nel paese. Per imperizia di chi
la suonava a martello si ruppe nel 1 8 1 8 ,
indi fu rifusa nel 1822 dal frusinate Lui-
gi Cacciavillani, essendo magistrato del
pubblico Adriano Cerasi, e con iscrizione
che ricorda il narrato, e la consagrò in
onore de'protettori s. Paolo e s. Vittoria.
Dice Marocco, che è opinione di molti
eruditi essere il nome e l'origine di que»
sta terra derivati da una villa del famoso
console LucioPisone, volendosi eziandio
che anteriormente fosse denominata Pi-
sonìano. Ciò viene confermalo da'di ver-
si ruderi esistenti verso la falda dell'im-
ponente monte della Mentorella, che sta
di prospetto al paese, lungi quasi un mi-
glio, e gli toglie la vista dell'Agro roma-
no e di diversi luoghi; ritenendo tal sito
il nome di Grotta, vi si trovarono nel la-
vorare la terra monete imperatorie e con-
solari, ed una cassa sepolcrale di terra
SUB
cotln con entro ossa umane calcinate ili
qualche ragguardevole personaggio. Ivi
dovea essere una villa come luogo gra-
devolissimo e con piano di feraci campa-
gne che delizia l'occhio, rese vieppiù fer-
tili dalle sostanze del terreno del monte
diGuadagnolo che vi trasportano le piog-
gie. Questa opinione già l'avea pubbli-
cata il p. Kircher, seguito d# Piazza e Ca-
lindri, aggiungendo cheLucioPisonedo-
pò il consolato vi si rifugiò allorché fu e-
siliato da Roma per la congiura di Cali-
lina, ricordando i discoperti pezzi di mar-
mo,frantumi di colonne, lamine di piom-
bo, e segnatamente de'pezzi d'asta lun-
ghi quasi 2 palmi,con tramezzi dello stes-
so piombo in larghezza di circa 2 oncie
l'uno dall'altro, oltre medaglie consolari
d'oro e d'argento. Di lutto questo Nibby
non fa parola, solo descrivendo a chi ap-
partiene il luogo, avvertendo non dover-
si confondere col Casale Biscianwn do-
nato da Piosa nobilissima foemina nelg84
al monasterodi s. Gregorio diB.oma,con
documento riportato dagli Annali Ca-
maldolesi, Append. t. 4; né col fondo Di-
scianus menzionalo nella bolla di Mari-
no II o Martino III del 94^j riferita dal
Marini ne' Papiri diplomatici p. 236,
giacché quel fondo era molto più vicino
a Tivoli. In principio il fondo di Piscia-
no fece parte della/17 assaJiwentiana do-
nata da Papa s. Zaccaria del 741 al mo-
nastero sublacense, il che fu conferma-
to da Gregorio IV nell'833 e da s. Nico-
lò 1 nell'86.4, siccome ricavasi dal placi-
to del g83 e riferito da Muratori, Anliq.
Meda/levi t. r,p. 379. Come altri castel-
li di questo distrelto,^embra che fosse fon-
dato nel i.° periodo del secolo XI, poiché
nella bolla di Giovanni XII del 9 58. si no-
mina solo come fondo, Funduni Pisca-
no. Ma pare altresì, che ben presto fosse
occupato da privati, onde l'abbate Gio-
vanni lo ricuperò verso il 1090, e lo re-
stituì al monastero 5 anni dopo. Succes-
sivamente se ne trova meuzionecome ter-
ra pertinente ai monaci sublacensi nel
SUB 233
1 189 nella bolla di Clemente III, e nel
1 2 1 7Ìnquellad'OnorioIU.Neglisconvol-
gimenti del secolo XIV venne in potere
de'Colonna, i quali lo ritennero sino al
i484>nel quale fu espugnato da'soldati di
Sisto IV, come si legge ne'diari del Nan-
tiporto e deirinfessura, ed in Pettini pel
narralo di sopra; imperocché non ostan-
te la famosa pace fatta fra il Papa e il re
di Napoli, la guerra si riaccese fa il con-
te Riariò nipote del Papa e Prospero Co-
lonna, che lo ricuperò tosto per la morte
di Sisto IV,ed i suoi discendenti lo riten-
nero sino al secolo XVI in che passò nei
marchesiTheodoli.DiceCalindri diesino
al 1 (S3o fu piccolo castello, indi venne in-
grandito. Narra Pollini, che neliGSg a-
vendo Urbano Vili terminate le verten-
ze giurisdizionali e diocesane, tra il ve-
scovo di Palestina e l'abbate commen'!
datario di Subiaco, la diocesi del primo
si riconcentrò in 1 2 luoghi compreso Pi-
sciano; e che fra questoe s. Vito nel 1 3oo
fu distrutto a'Colonna d'ordine di Boni-
facio Vili il paesetto di Gastel Nuovo.
Fiocca s. Stefano. Comune dell'abba-
zia di Subiaco, con territorio in monte,
che produce in abbondanza granturco,
poco vino e canepa, olio e frutti d'ogni
specie, legna, ghianda e pascoli, con molti
maiali. L' aria è elastica, le acque sono
buone e copiose, denominandosi le pub-
bliche fonti, Fontana grande e lungi un
4-° di miglio, e Le Prata,la cui acqua po-
trebbe facilmente condottarsi nell'inter-
no. Rocca s. Stefano é distante 3 miglia
da CivitelIa.Essa sorge sopra un colle di-
pendente dalla punta di Colle Secco,e vi
si può andare da Subiaco, passando per
Aflile, lungo il fosso Carpino e la Mola,
fosso che va a scaricarsi nell'Amene sotto
Canterano. Questa via è lunga più di 1 3
miglia, e come tutte le altre strade di
montagna é molto incomoda, ma non co-
sì malagevole quanto quella che vi con-
duce da Palestrina passando per Genaz-
zano, la quale per 8 miglia, quante se ne
contano da Genazzanoa Rocca s. Stefa-
?.l% 8 U lì
no,èollremodoalpcstre,essendo un sem-
plice sentiero aperto fra monti e dirupi.
L'esterna appariscenza ilei fabbricato,
quasi schierato sulla vetta del monte, da
lontano olire un aspetto importante, eda
Gerano venendpvi per una via, che me-
rita piuttosto il nome di fosso, e traver-
sandosi un lungo tratto di macchia di
castagni, si vede in torma quasi pirami-
dale torreggiare con gravezza, formando
il suo culmine il tempio arcipretale. Ma
giuntivi per erta strada non si trovano
Sulla cima che miseri abituri, tran ne qual-
che casa, interni viottoli malconci, ed una
popolazione affannata dal tenue lucro
della campagna poco ferace; popolazione
però robusta, di piacevole aspetto e di una
unione singolare. La chiesa arcipretale è
dignitosa, sagra alla D. Vergine Assunta,
espressa in quadro che fu dipinto ii> Ro-
ma nella villa Negroni, della scuola del
cav. Mengs, e donato dal cardinal Gio.
Battista Spinola abbate commendatario.
E" di una sola nave, con due altari per
parte: nel i.°a sinistrasi vede il martirio
di s. Barbara col crudele padre che vie-
ne colpito dal fulmine, dipinto di mollo
pregio chesembra di Pietro Perugino. La
fronte esterna del tempio lasciata grezza,
corrisponde all'interna struttura. L' al-
tare maggiore è custoditp da marmorea
balaustra; manca però l'organo sebbene
abbia elegante orchestra. Fuori dell'abi-
tato esiste la chiesa del protomartire s.
Slefano,principal protettore della terra,
la quale con di vola pompa ne solennizza
la festa a'26 settembre. Vi sono pure i
sodalizi del ss. Sagramento e del ss. Ro-
sario. Narra Marocco, che incontro alla
chiesa arcipretale vedesi una torre qua-
drata,mutilata nella cima, che faceva par-
te della rocca, e dalla quale il luogo e dal
suo patrono prese il nome, ora domicilio
di poveri individui. Altre due torri sor-
gevano su questo scoglio e costituenti la
iocca medesima, dalla quale fu tolto uu
superstite cannone e trasportato alla for-
tezza di Paliauo. Vi fiorì mg.1 Giovanui
SUB
Cesi prò- vicario generale diSubiaoo.Iau-
realo in ambo le leggi e molto erudito.
DichiaraNibby,che fin dal secoloX questa
terra si formò presso la chiesa rurale di
s. Stefano, dalle quale ebbe il nome, e
che viene ricordata nella bolla di Bene-
detto VII del cj^ò', riportata da Marini
im' Papiri diplomatici a p. 229. Circa il
logli fu acquietata da Giovanni abbate
sublacense, couie si trae dal Chronicon, 6
perciò Pasquale II nella pontificia confer-
ma de'beni dei monastero, fatta neh 1 i5,
nominò la fioccarli s. StephatÙ curii per-
ti /lenti is tuis. Durò poco tempo il domi-
nio de' monaci sopra questa terra, poiché
verso la meta del secolo seguente l'abba-
te Simone fu costretto a darla in pegno
ad alcuni signori romani per riscattarsi,
come rilevai superiormente, e questo è
l'ultimo fatto rimarchevole di Rocca s.
Stefano. Allorché Pio VI da Subiaco si
recò e visitare la chiesa di Ci vitella, a'eon-
fini del territorio il comune di Rocca s.
Stefi.no ne celebrò il passaggio con arco
trionfile, con due riverenti epigrafi che
si leggono nel Brancadoro.
fioiale. Comune dell'abbazia diSubia •
co, con territorio giacente i n monte, i cui
prodotti principali sono grano , ghian-
da, legna e pascoli: i campi sono indefes-
samente coltivati, e sebbene la maggior
parte del terreno sia sassosa e boschiva,
pure rende il necessario pel sostentamen-
to della vita.Sorgesopra rupi partedelle
frastagliature occidentali del monte Car-
bonaro, in piacevole posizione, offerendo
da ogni lato vastissimo orizzoute, sana es-
sendo l'aria che vi si respira. Malagevoli
però sono le vie che da ogni Iato vi con-
ducono, alpestri e assai ripide. E' distan-
te 4- miglia da Olevano, 5 da Affile, 4o da
Roma per chi vi si porta da Palestrina, e
56 per chi vi va da Subiaco. Collocato
tutto il paese sopra alti scogli di tufo,mo-
stra una figura quasi circolare, con vie
malconcie e fabbriche meschine, tranne
alcune convenienti. E" però mirabile, che
dopo quasi 5o passi incominci la monta-
SUB
qnn di vivo sasso calcare «perniino, ser-
vibile per ottima calce. La popolazione
molto unita e vivace, ha 3 chiese parroc-
chiali. Pochi passi distante dall'abitato
vi è l'arcipretale dedicata alla B. Vergine.
Le altre due chiese rotano più lungi, ed
una è intitolata al ss. Salvatore protetto-
re del paese, il quale venera pure a prin-
cipale patrono ». Rocco, da cui fu libera-
to da una terribile pestilenza, e per com-
protettore il patriarca s.Beuedelto. Dopo
cortissimo tra Ilo ili cani mi no fuori del ca-
stello trovasi una chiesuola sul dorso del
monte incontro sagra a s. Benedetto, e a
lui eretta dopo il miracolo die vado ad ac-
cennare. Passando egli peti Boiate men-
tre il popolo era afflitto dal contagio,non
volle farsi riconoscere ad onta delle do-
mande fattegli da quelli che presiedeva-
no alla pubblica salute, e sottrattosi a ul-
teriori ricerche, giunta la notte i\,i si co-
ricò. Il sasso che accolse il suo sagro cer<
no rimase incavato in tutta la sua forma,
ed evvi persino l'impronta del calcagno.
Mail piii mirabile si è che a*2 i marzo fe-
sta del santo, tramanda questa pietra ver-
so la parte ov'egli tenne il dorso, un ti-
more a piccole stille a guisa di sudore,
che i divoti fedeli chiamano manna e si
servono per segnare i malori, operando
ni molti la guarigione. Un altare copre
il sasso che viene guarentito da uno spor-
tello o ferrata con chiave. Dentro il paese
vi è una chiesa dedicata a s. Tommaso
con antica travatura, per uso comune
delle 3 parrocchie nell'amministrazione
de'sagramenti, ed ampia in proporzione
della popolazione. Lungi un miglio tro-
vasi la chiesuola della B. Vergine delle
Grazie, dove continua è l'affluenza degli
abitanti. In egual distanza in amenissi-
ma situazione è un fabbricato, già con-
vento de' minori conventuali soppresso
da l'io VI e incorporato co'suoi beni ai
seminario di Subiaco.BeMo è a vedersi un
laghetto formato dalle acque piovane prò-
venienti da tutti i monti adiacenti, il (piale
si estende u circa 20 rubbia di terreno,
SUB 23 ,
distante da Boiate quasi un miglio, e do-
ve nell'inverno si fa caccia di ani tre e ca-
poverdi. Questa posizione forma un bel
punto di pittorico paesaggio.Esistevanel
castello anche un monastero di monache,
il quale fu soppresso da Sisto V. Alcuni
massi quadrilateri che si scorgono nel tra-
versare la porta interna di questa terra
si direbbero residuo di qualche oppido
antico in questa parte; congettura che vie-
ne avvalorata dall' aspetto generale del
luogo, in modo cheNihby crede, che co-
me Ci vitella, ancora Boiate fosse un op-
pidum degli ernici; d'altronde il suo no-
me ancora risente l'origine italica primi-
tiva, come All'ile e altre terre di questa
contrada. Fino dal 907 nello slato di ca-
sale e col nome di Ltiroiale si ricorda nel
diploma imperiale di Ottone I, col quale
confermò i beni al monastero sublacen-
se. Nella cronaca poi di quel monastero
s'incontra un tal Rao de Roiaia (tia Ma-
rocco chiamato conte, potente e ricco, e
secoiuloalcunidal SUO no me derivò quel-
lo del castello), che giurò fedeltà all'ab-
bate; e nel 1 1 83 la stessa cronaca ram-
menta, come un tal Casto e il suo figlio
ebbero in consegnala torre di Boiata. Af-
ferma Marocco, che da riinota origine il
castello fu dominato dall'abbazia subla-
cense, che trovasi registrato nelle vecchie
carte colla qualifica di uobile castello,e che
10 dominarono ancora le due potenti fa-
miglie Mastrilli e Bùva, tuttora esistenti,
e la 2/ era ascritta alla nobiltà romana.
Sussiste pure la famiglia Bau discenden-
te dal sunnominato conte, la quale an-
cora gode il privilegio di non pagare tas-
se per la molitura all' abbate commen-
datario, ed ha la privativa dell'acqua del-
l'abbazia. Presso Boiate reduce Papa Pio
11 da Subiaco, vi pranzò in compagnia
della sua corte. Boiate rimase al mona-
stero di Subiaco lino al i()3i,in che ven-
ne acquistato da'Barberiui. In origine e
(ino ali(>3() era slato sotto la cura spi-
rituale de* vescovi di Paleslrina; in quel-
l'anno però Urbano Vili Barberini, co<
236 SUB
me già più volte rilevai, la pose insieme
con altre terre sotto quella dell'abbate
commendatario di Subisco. I Barberini
nel pontificato del loro parenteeneli635
vi aprirono uua bella strada, dove pose-
ro una lunga iscrizione, che ricorda tale
lavoro: questa strada è oggi quasi distrut-
ta. Di là si va verso Olevano, ed è oltre-
modo piacevole, giacché passa solitaria
fra rupi e boscaglie, variando contiuua-
mente aspetto, o pel colore delle rupi, o
per la maggiore o miuore vegetazione che
le riveste; ed è sorprendente vedere di
tratto in tratto sbucciare attraverso il tu-
fo vulcanico, la calcarla primitiva, alla
quale esso venne dalla forza dell'eruzio-
ni addossato.
.Subiaco t città abbaziale e celeberri-
ma ne'fasti della storia ecclesiastica, co-
me avventurosa culla del venerando e be-
nemerentissimo ordine monastico bene-
dettino, è distante 4$ miglia da Roma e
quasi 28 da Ti volr, seguendo la via con-
solare denominata Valeria, che aperta da
Nerone, ripristinata da Traiano (e della
quale riparlai a StradediRom a), nel 1 788
fu ampliata e ristorata dal magnanimo
Pio VI suo abbate commeudatario, co-
me lo attesta la lapide marmorea eretta
nel territorio d' Arsoli, pubblicata dal
Brancadoro e ripetuta dal Marocco ,a cu-
ra di mg.1 Maniica poi cardinale. Viam
longani M.P.X.S. Caesis montami jugis
flamine intra veteretn divenni coercito
ponlibus crepidinibus omniqne opere tnu-
niendam et Sublaqueum perdncendam
curavit. Verso il termine della via per a
Subiaco, il ponte di s. Francesco serve a
trapassare l'Aniene, gittato sopra unica e
ampia arcata, e fu innalzato da'sublaceu-
si colle spoglie de' vinti tiburlini, come si
apprende dalla lapide. Subiaco è situato
io mite temperatura, nel fondo della lun-
ga, amena e decantata Valle Santa, in
mezzo alla catena degli alti monti Sicn-
bruini, i quali elevandosi alle sue spalle
lo coprono dall'impeto de' venti aquilo-
nari, e presenta a'di voti sguardi del pel-
SUB
lt'grino, come vasta torre, la rupe ov'è il
famigerato sagro Speco di s. Benedetto,
e il tempio e basilica abbaziale di s. Sco-
lastica, ove venerasi il corpodi s. Chelido-
nia patrona della città. Le altre meo su-
perbe colline, che all'occaso e al mezzo-
giorno lo coronano, adorne di fruttifere
piante e di casiui, di vigne, oliveti e orti,
colle prossime selvose montagne olirono
varianti e bellissime scene a' dipintori di
paesaggio che di frequente vi accorrono
per ritrarre i più sorprendenti punti di
vista. Mentre il complesso delle sue pian-
te sotto i raggi del vivificante sole diffon-
dono per l'aere salutari vapori, le sue col-
line versano a un tempo in seno alla cit-
tà la copia di cristalline fonti. Sorge Su-
biaco,quasi enorme p'uamide,capo e cen-
tro della rinomata e antichissima abba-
zia e de'suddescritti 16 castelli e altri luo-
ghi minori da essa dipendenti, in mezzo
alla catena de'monti Simbruini, e fàscia
una delle lacinie del suo monte o Colle
Calvo verso sud-est, bagnato a'piedi dal
corso del fiume Aniene, che feconda la
■vallata,e venendo coronato nel puuto cul-
minante o cresta del colle dalla Rocca,
maestosa residenza del cardinale abbate
commendatario, fra' vasti suoi recinti con
piantati di olivi, ed a cui si ascende per
agiato stradone ombreggiato d'alberi e-
sotici per gli estivi passeggi. Siccome la
via consolare, che conduce da Roma a
questa città, >egue la valle serpeggian-
te dell' Aniene, come 1' andamento più
comodo, perciò la Rocca stessa di Subia-
co rimane nascosta dietro le varie fra-
stagliature del dorso di monte Calvo, fin
quasi alla distanza d'un miglio prima di
giungervi, e così veduta da lungi la città
presenta una pittoresca apparenza, e si
mostra più grande e più bella di quello
eh' è di fatto; imperocché nell' entrarvi
1' illusione dileguasi insensibilmente, a*
vendo rilevato Nibby, che se si eccettua
la strada grande e la piazza dinanzi alla
magnifica collegiata,che si debbonoal fa-
vore del munifico Pio VI, uel rimanente
SUB
per l'angustia e la scoscesità delle strade,
per la qualità delle case, costrutte in gran
pai te di paralellepipedi grossi e affumi-
cati di pietra locale,Subiaco presenta tut-
to l'aspetto d'una città del secolo IX.An-
che Marocco riferisce che le strade sono
montuose, meno alcune che restano in
piano, cioè la via di mezzo, e il borgo che
viene terminato con arco maestoso di pie-
tra costituente la L'orla Romana, e che
annunzia colle due lapidi la particolare
propensiouedi Pio VI e le sue grandi be-
neficenze verso Subiaco,da lui ne'monu-
menti elevata al grado di città. L' arco
fu edificato neh 789, per celebrare la sua
fausta venuta in Subiaco, dall'affettuo-
sa riconoscenza de'sublacensi: Ob adden-
timi optimi principis, ordo et populus
iSublaquensiuni. Ledue iscrizioni le pub-
blicaronoBrancadoro elNIa rocco ,con lieve
differenza, e Nibby rimarcòche una parte
delle iscrizioni è mancante. Non manca
Subiaco di famiglie agiate con decenti e
rimarchevoli abitazioni e palazzi, come
sono quelli de' conti Lucidi, de' Caiani,
de'Gori, de'Mancini, de'Tocei, de'Sene-
si, degli Antonucci, de' Tummolini, ec.
Meritano ricordo la piazza pe'tnercati set-
timanali, dilatata, appianala, imbreccia-
la e adorna di lunghe loggie a comodo
del popolo; l'altra piazza avanti il semi-
nario,egualmenteampliata,selciata e ab-
bellita di fabbriche, non che di nuova fon-
lana di semplice e grazioso stile, la quale
s'innalza innanzi all'oriente in mezzo a
a lunga muraglia, donde discopresi uua
parte della città, il tortuoso fiume, la nuo-
va strada rotabile non senza gravi diffi-
coltà e dispendi dal comune aperta fra le
sinuosità del colle, gli elevati monli Sim-
bruini, l'antichissima chiesa di s. Loren-
zo, di cui riparlerete il bel casino in mez-
zo alla vigna TJagnani. L'accennata stra-
da aperta iu mezzo alla ciltà per porla in
commercio colla provincia di Prosinone,
con grandioso ponte egualmente di re-
cente costruzione, è spaziosa e agiata. Vie-
ne sosteuula da alte muraglie presso il
SUB 287
ponte, essendo aperta in mezzo a'massi
tagliati sinda 20 metri di profondità. Sui
fianchi dell' alto dirupo serpeggiando ad
angoli salienti ed entranti, forma quasi 3
lunghi terrazzi I' uno imposto all' altro,
ed offre agli sguardi le gole orientali dei
monti, la sagra selva, il proto-monastero
sublacense, il ponte col tempietto eli s.
Mauro, e la nuova strada di là dal fiu-
me. Ascende quindi sull'area del distrut-
to borgo Pianelle, ove deviando a manca
s'incontrano i ruderi dell'ippodromo di
Nerone, largo circa 3o canne e lungo 82;
e girando essa su coltivate colline passa
sugli avanzi d'antichi bagni, che dierono
il nome alla contrada, e giunge presso Af-
file. Ma in breve dovrà questa bella via
spingersi a'deliziosi piani dell'Arcinazzo,
e così verrà aperta al commercio di Su-
biaco la ricca provincia di l' l'osinone. A.
Pio VI pure si deve la residenza del go-
vernatore e de'suoiutlìzi, situata nella via
principale, ed a cui sono unite le carceri
pubbliche, edilizio eretto nel 1 792, come
si apprende dalla lapide posta sul mede-
simo e riferita da Marocco. La Rocca o
abitazione dell' abbate commendatario,
fabbricato imponente e magnifico, posta
solidamente sulla più elevata cima del
col le, già fabbricala sotto s. Gregorio VII,
riedificala dagli abbati commendatari
cardinal Borgia, poi Alessandro VI, e
mg.r Francesco Colonna arcivescovo di
Taranto; in seguito rovinata giacendo
negletta da lungo tempo, ripete daPioVI
la sua decorosa rinnovazione, insieme al-
la via carrozzabile della Missione,che dal-
l'ingresso della città vi conduce,con l'am-
pia porta eretta prima di giungere al pa-
lazzo abbaziale. Magnifico e comodo fu
il suo ingrandimento,abbellimento e rrio-
bigliatura. Né meno nobile è l'edilìzio che
costruì da'fondamenti, per la cancelleria
abbaziale e pel soggiorno del vicario ge-
nerale. Tutto ricordano tre lapidi collo-
cate sopra l'ingresso principaledella por-
ta, sopra quello dell'appartamento abba-
ziale, e sopra l'altro elei vicario e cancel-
238 SUB
lcria, tulle pubblicate da Brancadoro, e
ledueprimedaMarocco.Noterò,che nel-
le vicende politiche de' primordi del se-
colo covrente per l'invasione straniera,
il palazzo abbaziale ed annessi fu quasi
del tulio spogliato nelle mobilie e suppel
lettili; perciò l'abbate commendatario
cardinal Gallefiiottenne da Fio VII la fa-
coltà d'eseguire il taglio per rubbia ^.o
circa d'una macchia dell'abbazia, e col
prodotto di essa provvide a tutto l'occor-
rente, che lesto in proprietà dell'abba-
zia slessa. Nella piazza principale della
città si ammira il grandioso e vasto tem-
pio della collegiata sotto l'invocazione di
s. Andrea apostolo, altra sontuosa muni-
ficenza di Pio VI, che da'fondamenti la
eresse con proporzionate architetture di
Giulio Camporesi, sopra larghe e altissi-
me sostruzioni, in modo che verso il du-
ine, dal piantato alla sommità si contano
362 palmi d'altezza. Essa occupa il sito
della precedente angusta collegiata di s.
Andrea apostolo,ch'era caduta in i squal-
lore per la sua antichità: però nella sua
demolizione andarono perduti i dipinti
di Manente e di Caiacci. Con Brancado-
ro ne farò la descrizione. Questa maesto-
sa chiesa è interamente costruita di pie-
tra cardellino, che si cava in que'monti.
Proseguendo il suo piano, va per la na-
tura del sito a piantarsi nell'indietro del-
la tribuna (ino alle radici del monte nel
basso dell'Amene che la costeggia. Da
questo profondo fondo sorgono in pro-
porzionato diametro le ricordale grandi
costruzioni,che con l'ammirabile loro al-
tezza hanno dato largo spazio per la co-
struzione(che rimane sopra le sepolture
e il cimiteriali una chiesa inferiore o sot-
terranea ampiamente illuminata da spa-
ziosi fmestroni. La sua forma è a croce
greca, ornata di colonne e pilastri d'or-
dine dorico, lunga palmi iZfie larga 1 32,
con 3 altari decorosi, nel mezzo de'quali
è collocato il ss. Crocefisso, a destra s.
Raffaele Arcangelo, a sinistra s. Rocco.
Si upt e quindi una magnifica e doppia
SUB
scala.fiancheggiata da corrispondenti co-
lonne, per la quale si ascende in giro alla
chiesa superiore. Questa ha nel centro
di sua crocerà l'altare isolalo, dalla cui
balaustra discuopresi l'altare principale
in prospetlodella chiesa inferiore. 11 det-
to altare maggiore è di particolare son-
tuosità, essendo abbellito da marmi pre-
ziosi, come fra'molti è il plasma di sme-
raldo che forma il rosone di mezzo su cui
riposa la croce, con fregi di metallo do-
ralo ripartiti con fino gusto e con deli-
cato lavoro. Essendo maggiore la lun-
ghezza di questa chiesa superiore, dà alla
medesima la figura di croce latina, la cui
spaziosa navata èlunga 2^3 palmi e lar-
ga 60, avente da ciascun lato 3 minori
cappellesfondatedalla detta nave pel trat-
to d'altri palmi 21. Indisi apre la croce
con due cappelloni laterali, che dalla na-
ve sfondano palmi 23. Er inoltre la chie-
sa decorala coll'ornamenlodi pilastri bi-
nati d'ordine jonico composto co'suoi cor-
rispondenti basamenti, capitelli e corni-
ci. Fra'maggioriinterpilastri dell'ordi-
ne, si aprono gli archi delle mentovate
cappelle, e la loro imposta. reale prosie-
gue ancora agPinterpilastri minori, in cui
a proprio e conveniente silo sono adat-
tate le pai ti della sagrestia, facciala, pre-
sbiterio e vestiboli. Nel presbiterio poi,
nel quale ricorre anche tra' pilastri la cor-
nice, sono collocati due quadri, nell'uno
de'quali si ammira vivamente espressa
l'aria, e la situazione di s. Andrea nell'at-
to d'innalzarlo per essere confitto in cro-
ce. All' intorno del presbiterio sono ri-
partiti a più ordini i seggi corali, e nel
mezzo il trono dell'abbate commenda-
tario, il tutto lavorato di scelta noce,con
elegante e pulito lavoro. Ritornando agli
altari delle cappelle, ognuno di essi pre-
senta un quadro de'più eccellenti pittori
che allora fiorivano in Roma. Neh. "si-
tualo a destra verso l'ingresso della chie-
sa, si vede espressa la morte di s. Scola-
stica; nel 2.° la patrona s. Chelidonia; nel
3.° il soguo di Giuseppe sposo di Maria
SUB
Vergine. Nell'opposto lato il i." rappre-
senta i io eroi sino a quel tempo anno-
verati fra'beati da Pio VI (e furono lutti
religiosi, cioè i bb. Bonaventura da Po-
tenza, Lorenzo da Brindisi, Nicolò Fatto-
re, Gaspare de Bono, Nicolò de' Longó-
bardi,Tommasoda Cori,Michele deSan-
ctis, Pacifico da s. Severino , Marianna
di Gesù, Giovanna Maria Bonomi be-
nedettina)^! ?..° un'antica immagine del
ss. Salvatore; il 3.° la ss. Vergine del Bo-
sario. Tulli questi altari sono lavorati co'n
marmi trovati nella cava appositamen-
te ordinata dal Papa nel suddetto luogo
dell'abbazia detto Arcinazzo, celebre per
la furiosa villa di Nerone, o magnifica sua
dipendenza come vogliono altri. Nel de-
stro cappellone dilla crocia la è collocato il
tabernacolo del ss.Sagramento, lavorato
tutto di pietre dure, nel cui quadro è di-
pinto s. Pietro apostolo, e nell' opposto
il memorato martirio di s. Andrea. Non
mancano in questa gran chiesa copiosi co-
modi di stanze e di sagrestia. Questa è de-
corosamente ornata, con armadi all'in-
torno e banconi d'ottima noce; innanzi
alla quale è un vestibolo, in cui vedesi
collocato il busto marmoreo di Pio VI,
eretto per dimostrazione d'eterna rico-
noscenza dal capitolo de'canonici, con a-
naloga iscrizione riportata daBrancado-
ro, oltre quella collocata sopra l'ingresso
principale del tempio cbe leggesi pure in
Marocco. Inoltre lo splendidoPioVI Ior-
io la cbiesa di nobili utensili sagri, vasi
e arredi: i soli 6 candelieri e croce d'ar-
gento dell'altare maggiose (il cui disegno
si vede inBrancadoro),lavorati col più ec-
cellente ed elegante disegno nella celebre
officina Valadier, alti palmi 8 e pesanti
ognunoGo libbre,costarono scudi io,ooo.
Pio VI a compimento di tanti magnani-
mi benefizi si recò a Sobiaco, e solenne-
mente consagrò que>to tempio, di che
parlerò a suo luogo, facendo coniare per
memoria di questa funzione una meda-
glia monumentale, il cui conio si conser-
va nella zecca pontificia, e il Brancado-
SUB 23g
io ce ne die il disegno, in cui si vede d
Papa in piviale e mitra assistito dai ve-
scovi e dal clero nell'atto di eseguire il ri-
to, coll'epigrafe : Templi Sub la e. Conse-
cralìo MDCCLXXXIX, U capitolo è compo-
sto di 3 dignità, cioè l'arcidiacono, l'ar-
ciprete, il primicerio, cui sono uniti il ca-
nonico teologo, il canonico penitenziere,
e di altri i 5 canonici, in tulli 20 preben-
dati De' (piali 8 formano la cos'i delta
massa comune, 3 diconsi della massaCa-
roni, e f) sono di padronato. Vi sono pu-
re 4 mansionari de gremio cojìituli, pa-
rimenti della pia fondazione Caroni. Le
insegne corali le concesse al capitolo nel
iy4' Benedetto XIV, e consistono nel
rocchetto e nella nioz/etta di saia pao-
nazza foderata di seta di colore rubino;
questa è comune anche a'mansionari, il
cui rocchetto non ha maniche. Contiguo
alla chiesa collegiata, l'inesauribile gran-
dezza d'animo di Pio VI, a vantaggio dei
seminaristi della, città e di tutta l'abba-
zia, riedificòil seminario degno di lui, con
cappella sagra all'Immacolata Concezio-
ne della B. Vergine, vaste sale, e sontuo-
sa biblioteca da lui fornita di copiosi e
scelti libri (b'ooo volumi dice il Castella-
no), e porta perciò il nome di Piana. Ivi
fabbricò pure le scuole per gli abitanti di
Subiaco, divise allatto da quelle de'semi-
nansti, provvedendo eziandio il semina-
rio di tutte le necessariesuppellettili;laon-
de ramniinistratoregenerale della men-
sa di Subiaco can. d. Giuseppe Catani e
il popolo sublacense nello stesso edilizio
innalzarono una lapide di solenne grati-
tudine nel i 790, diesi legge in Marocco.
In questo seminario, oltre le scienze ec-
clesiastiche, s'insegna ancora il canto gre-
goriano; pe'dolti maestri che l'illustra-
rono, salì in rinomanza, ed ebbe alunni
anche estranei. L'antico seminario abba-
ziale l'eressero gli abbati commendatari
cardinali Barberini. Per l'istruzione del-
le donzelle vi sono le maestre pie. E de-
gna di osservazione la casa della congre-
gazione della missione, sorla per ninnili-
*4o SUD
cenza dell'abbate commendatario cardi-
nal Gio. Battista Spinola su verdeggiante
poggio; e la chiesa dell'Assunta con cu-
pola e colonne d'ordine corintio, con ele-
gante oratorio, fondala dall'operoso ar-
ciprete Gizzi, e condotta a compimento
dalla pietà del cardinal Gallefiì. Bella è
la cliiesa di s. Maria della Valle/Iella qua-
le parla Marangoni, Istoria di Sanala
Sanclorum p. \^5; e quella di s. Gio.
Battista delle monache benedettine con
monastero, rimarchevole essendola tor-
re delle campane. 11 tempietto del Pur-
gatorio è adorno de'dipintidel Manente
e diSilyagni.Fanno pure di se convenien-
te mostra il convento e chiesa suburba-
na de'cappuccini, che su amena collina
biancheggiano in mezzo a verde boschet-
to; e il convento assai più vasto eretto
da' snblacensi al patriarca s. Francesco
pe'minori osservanti, ora abitato da'fran-
cescani riformati, pure situato su delizio-
sa collina. Sopra ogni edilizio però atti-
rano tutta l'attenzione dell'uomo reli-
gioso, dello storico e dell'a rtista , il proto-
cenobio di s. Scolastica, e quello del sa-
gro Speco de'monaci benedettini cassine-
si; e siccome con essi è collegata la storia,
l'ingrandimentoei fasti di Subiaco, li de-
scriverò poi: tali monaci in ogni tempo
furono benefìci all'indigenza, e contribui-
rono a' vantaggi della città uon meno che
de'luoghi dipendenti. Vi sono diversi so-
dalizi che vestono il sacco. Scendendo a
Subiaco dal monasterodi s. Scolastica tro-
vasi a manca il nuovo pontegrandiosodi
un solo arco con 100 palmi di Iuce,noma-
to Gregoriano o di s. Mauro; esso con-
giunge due monti e serve di passo a chi
s'invia per la strada rotabile verso Afille
ed Arcinazzo. Entrando poi nella città,
e di nuovo uscendone perla parte delle
mole,sopra piccolo ponte si passa all'isola
degli opifìcii animati dalle acque del fiu-
me Aniene, e consistenti in cartiere, fer-
riere,gualchiere,ramerie, molini a grano
e a olio. Furono i lodali cardinali Bar-
berini che forarono ima rupe per cou-
S U B
durre l'Aniene agli opifìcii. Quindi la be-
neficenza di Pio VI per aumentarli intro-
dusse la cartiera e la rameria,di che fati-
no testimonianza due lapidi riprodotte da
Brancado.ro. L'industria in Subiaco è in
attività anche per altre fabbriche di pan-
ni, di cappelli, di stoviglie, di utensili in
rame,di strumenti aratorii e altri attrezzi
campestri, fonderie di campane e concie
di cuoi: vi sono pure molte delle altre arti
necessarie.Leggo nel n.° 1 6 5 del Giornale
di Rornai85^, che la città di Subiaco,
per molto tempo asilo del le lettere e scien-
ze (tuttora però vi sono in onore e col-
tivatisi), a'dì nostri tutta si è volta all'in-
dustria. Traendo profitto dalle abbon-
danti acque dell'Amene, ella ha stabiliti
grossi molini per grani e olio, ferriere as-
sai reputate per la duttilità del ferro che
vi è lavoralo, e fabbriche di tele di coto-
ne e di terre colorate, le quali gareggia-
no colle straniere. Ora per le cure di Ni-
cola Graziosi, principale promotore del-
l'industria sublacense, vi si è stabilita an-
che una grandiosa cartiera fornita delle
migliori macchine, fra le quali quella che
con solennità e benedizione fu inaugurata
nel maggio. Messa in movimento la gran
macchina, con una prestezza che mai la
maggiore, si vede comparire la pasta pre-
parata per la carta, la quale passa per due
macchine dette de'Toppi, agitate da un
rocchetto, e depositatevi le. parti terree e
l'imperfezioni del pisto, ne esce subito af-
fatto bianca e purificata. Si vede indi di-
latarsi per una tela melallica,su cui il mo-
vi mento ondula torio prodotto da un sem-
plicissimo meccanismo,neH'attochestrin-
gendo la rende compatta, la spinge tra-
mezzo adite carrucoli di metallo, donde
passando per più strumenti cilindrici,
giunge fino a 5 grossi cilindri prosciuga-
toli dal vapore riscaldati, e in 5 minuti
esce in ben levigato foglio di carta perfetta
asciutta. Fra quelli che l'ammira rono,de-
ve ricordarsi ilcommend.1" Angelo Galli,
che si congratulò col direttore della mac-
china Carlo Bluyson e col Lrraziosi, di-
s u n
sii ibuendo medaglie d'incoraggiaménto.
Era vi in Subiaco uà monte ili laniGcio,
neliGf)7 eietto dal cardinal Carlo Bar-
berini abbate commendatario, con snlli-
cienle dotazionee una scorta di 2000 lib-
bre di lana, ed Innocenzo XII ne appro-
vò i regolamenti, in tempia noi più vi-
cini si credè più utile di convertirlo in
monte frnmentario. Sebbene non tolto il
suolo de'dintorni sia fertile, tuttavia con
l'indostre fatica di numerosi agricoltori
rende bastevoli prodotti alla popolazio-
ne, massime in grano, granturco e altri
cereali, vino, oliosquisilo, saporosi fruiti,
ghianda, eccellenti erbaggi e altro. Deli-
cati e rinomati sono i mostaccioli ebe qui-
vi si fanno con pasta diamandole,e dila-
niati subiacini. L' industria commercia
particolarmente con Roma, e colle vicine
diocesi di Tivoli, Alatri e Anagui, ed in
parte anclie col confinante regno di Na-
poli, da' cui limiti è distante io miglia.
Quanto prima per la suddescrilta nuova
strada rotabile,! sublacensi apriranno un
fecondo Irallìco con tutta la provincia di
Frosinone. Più di 6000 formano il popo-
lo di Subiaco, di cui le agiate persone e
il clero spendono il tempo negl'interessi
propri e del comune, né avversano le let-
tere e le scienze: il clero si dedica agli e-
sereizi del sagro ministero, edalla pub-
blica e privata istruzione della gioventù.
Resero ancora chiara colla santità della
vita e col sapere questa città gli egregi
sublacensi che li illustrarono. Principal-
mente si devono ricordare, la b. Evange-
lista monaca francescana, fondatrice del
monastero di s. Michele in Tivoli, il cui
elogio si legge nel p. Casimiro da Roma,
Memorie delle ch'eie e conventi de' frali
minori delLi provincia ro>nana,[>. 3 76 e
seg.;Zaccaria Zaccaria pubblico professo-
re di logica nell'università romana; Gio.
battista Bagnani autore di elegauti isti-
tuzioni di reltorica; Gio. Camillo Conte-
stabile scrittore non ignobile del poema:
La falle Santa, che si conserva mss.
nell'archivio del sagro Speco; Cateriuoz-
VOL. LXX.
S U fi r'ft
zi valentissimo costruttore d' organi, E
qui noterò, che nel t. ">, p. 3or) dell'///-
bum di Roma, colla veduta incisa di Su-
biaco, si legge un articolo storico sul me-
desimo, quasi tutto tratto dal Nihby.ove
si diceche nel seminario s'insegna (in fio-
rente accademia, scrive il Castellano) la
musica vocale e istrumentale, e donde
partono i migliori cantori sagri e suona-
tori d'organo. Sono poi glorie viventi di
Subiaco i seguenti. Mg.r Antonio Maria
Benedetto Antonucci, da Gregorio XVI
fatto suo cameriere d'onore, e peli.0 in-
caricatod'affari e vice-superiore delle mis-
sioni d'Olanda con residenza all'Aia, co-
me rilevai nel voi. XLV1II, p. 1 67,men-
trene'vol. XXIII, p. 296, XLVI, p. 201,
notai che lo promosse a vescovo di Mon-
te Feltro, e poi di Ferentino, ove accolse
decorosamente lo stesso Gregorio XVI;
indi ne' voi. L, p. 1 3^, LI, p. 1 83,raccou-
tai con elogi che il medesimo Papa lo e-
levò a arcivescovo di Tarso ih partibus
e nunzio apostolico di Torino, ove bat-
tezzò la figlia del re Emanuele II in no-
me del regnante Pio IXequal padrino,
onde fu decorato del gran cordone de'ss.
Maurizio e Lazzaro; quindi a'5 settem-
bre 1 85 1 il medesinioPontefice lo dichia-
rò vescovo d'Ancona e Umana, che con
paterno zelo e prudenza benignamente
governa, e faccio voti perchè sia presto
annoverato al sagro collegio. Mg.1' Car-
mine Meiosi Gori, cameriere soprannu-
merario del Papa, arciprete di s. Maria
adftlartyresó'i Roma, e sostituto di mg.r
sottodatario. Mg.r Gregorio Jannuccelli
cameriere d'onore soprannumerario del
Papa, autore della sullodata dissertazio-
ne e di altri opuscoli (come del ricordato
nel voi. Llll,p. 86),ed in patria canonico
della collegiata e prefetto della bibliote-
ca Piana. Mg.»" Lorenzo de'conti Lucidi:
questi di bel cuore e pari ingegno, dota-
to pure di singolare attività e zelo ener-
gico, si guadagnò la benevolenza di Pa-
pa Gregorio XVI, il quale onorata la sua
casa come ospite due volte da cardinale
16
•tfc SUB
(nell'ottobre 1 8?.8e i 83o),ed una da Pa-
pa al modo che dirò, oltre altre dimo-
strazioni di particolare benignità verso
la virtuosa madre Regina e alla rispetta-
bile fiimiglia,a questa conferì il titolo per-
petuo di conte, e decorò il fratello del
prelato Pietro del cavalierato di s. Gre-
gorio I Magno. 11 Pontefice successiva-
mente dichiaròmg.rLucidi suo camerie-
re segreto partecipante e segretario d'am-
basciata, canonico Vaticano, giudice del-
la rev. fàbbrica di s. Pietro, e poi segre-
tario ed economo della medesima e sua
congregazione. L'illustre suo capitolo lo
elesse prefetto del Seminario Valicano,
per gran ventura di questo, a tale arti-
colo avendone celebrate le benemerenze,
come pur feci in quello di Musaico, poi-
ché qual presidente dello studio Vatica-
no narrai quanto curò lo splendido in-
cremento dello stabilimento. Tanti me-
riti e l'indefesso utile esercizio dell'eco-
nomato della meravigliosa basilica Va-
ticana,a vantaggio e splendore della qua-
le molto operò, ed ove tra gli addetti e
inclusivamente a quelli dello studio del
musaico ha lascialo il nome in benedi-
zione, mossero il Papa che regna Pio IX
a promuoverlo alla cospicua carica di as-
sessore della s. romana e universale in-
quisizione (che già ha sperimentato il suo
operoso zelo), elevandolo così a posto car-
dinalizio, e perciò Subiaco uon tarderà
ad ammirarlo rivestilo della sagra por-
pora e fregialo di altre dignità per ulte-
riore patrio lustro. Avendo vissuto cou
esso 2 ianni nella corte del venerando co-
mun signore cardinal d. Mauro Cappel-
lai-i e Gregorio XVI, e di lui due volle
stati conclavisti, perciò fui intimo testi-
monio e estimatore delle belle doli che
adornano il prelato; laonde anche qui ho
creduto rendergli un altro pubblico, im-
perituro e veritiero tributo d' ossequio,
comechè si coni penetra colla patria isto-
ria. Non manca finalmente Subiaco d'al-
tri illustri odierni, non che di dotti per-
sonaggi nella curia iomaua,ed egualmeu-
S DB
te i luoghi dell'abbazia^ come l'attuale
vescovo di Monte Fiascone mg.r Luigi
Iona di Trevi, già arcidiacono e vicario
generale di Palestrina.
L'etimologia del nome facilmente de-
rivasi dallasua posizione, cheslando sot-
to i 3 laghi artificiali della villa imperia-
le Neroniana Sublacense, oggi scomparsi
per la rottura delle chiuse cheli i itene-
yaiìo^Sub Lacnm &\ disse, come pensaNib-
by. Questi inoltre narra, che prima che
l'imperatore Nerone fondasse una villa
in questo luogo non si rinviene affatto
memoria di questa città, e Plinio il Vec-
chio è il più antico scrittore che la ricor-
di aeWHist. nat., parlando dell'Amene,
che nato nel monte de' Trebani (e non
nel piano d'Ai chiazzo come prelesero al-
tri), portava le acque de'3 laghi amenis-
simi, che aveano dato il nome al sotto-
posloSublaqueum }ne\ fìumeTevere.Con
Plinio non intende Nibby asserire, che
antecedentemente sul colle della Rocca
non potesse essere situata una di quelle
città fortificale de'valorosi, indomiti e ce-
lebri equi, che i romani distrussero col
fuoco in numero di 4t o 44 ne' breve pe-
riodo di 5o giorni l'anno di Roma 4^o,
per testimonianza di Livio, e fu quasi del
tolto cancellato il nome di quel popolo
implacabile nemico de' romani, a' quali
passarono in dominio le loro terre; questa
disfatta avvenne, secondo alcuni, presso il
rivo d'acque limpide e perenni chiama-
te Acque Ferrate, stazione anticamente
chiamata Ad Laminis, Ad Lammas, di
cui tratta lo stesso Nibby, presso il con-
vento di s. Cosi malo e l'osterie del laSpiag-
gia e della Ferrata. Si vuole che il no-
me della stazione derivasse da una città
omonima degli equi,che dipoi formò una
Massa di beni da Costantino I il Grande
donata al Battistero Lateranense. Si ha
pure che nel 775 Cesario console e duca
donò al monastero sublacense il ruscel-
lo Acqua Feirata cou altri fondi. Circa
all'origine di Subiaco, aggiunge Nibby,
che siccome i detti laghi erano siali for-
SUB
mali da Nerone, onde rendere più ame
nn la sua villa, perciò la città degli equi
ebbe altro nome che quello (ì\ Siiblacum
oSublaqueum 3non potendo trailo da una
circostanza che non esisteva. Della villa
di Nerone chiamata Sublaqueum e Filla
Sublacensis , fanno pur menzione Tacito
negli Annali, e Frontino,^ aquisj e se-
condo l'annalista, in Subiaco quel mo-
stro trovavasi a banchettare l'anno 6 idi
nostra era, quando sorpreso da un tem-
porale poco mancò che non rimanesse uc-
ciso da un fulmine, che cadde sulla sua
mensa e ne percosse le vivande; anzi Fi-
lostrato nella l'ita a" Apollonio , narran-
do quesl' avvenimento, aggiunge che il
fulmine traversò il calice che Nerone te-
neva nelle mani per avvicinarlo alle lab-
bra (rovesciò la mensa e die luogo a su-
perstiziosi presagi sul successore all'im-
pero in favoredi Plauto). Si deve pur no-
tare, che, secondo Tacito, a quell'epoca
questa parte trovavasi ne'conlìni de' li-
burtini, fìnibas Tiburlunije dal nome di
Sublaqueum e Filla Sublaccnsis, ch'eb-
be la villa Neroniana, che stesse sotto e
non sopra i laghi. In falli Frontino par-
lando della correzione fatta da Traiano
all'acquedotto dell' A nieueN uovo, mostra
che aprì lo speco ex lacu qui est super
villani Neronianam Sublacensenijqu'm-
di opina Nibby, in vece di crederla pres-
so il monastero di s. Scolastica, e molto
meno all' Arcinazzo, i 2 miglia sopra a Su-
biaco, d'uopo è riconoscere il corpo prin-
cipale di quella villa precisamente dove
oggi è la città; e i ruderi che si vedono
sotlo s. Scolastica, fra'quali pur si ravvi-
sa lo speco di Traiano indicalo da Fron-
tino, ch'erano a livello d'uno de'laghi, e
quelli che si vedono all'Arcinazzo, pote-
vano essei dipendenze della villa; ma uon
mai la villa propriamente detta, la quale
pel passo sovrainclicato di Frontino esi-
steva ancora, conservando lo slesso nome
a' lem pi di Traiano, il quale restaurò la
via Sublacense Neroniana aperta da Ne-
rone. Dopo quell' epoca però uon se ne
SUB 243
trova menzione ulteriore, e forse fu Ira-
scurata da'successivi imperatori, in guisa
che nella caduta dell'impero d'occidente
il sito era talmente solitario e deserto,che
nel 49Ìvenne prescelto da s. Benedetto
a ritiro, onde segregarsi affatto dal con-
sorzio degli uomini, come osserva lo slesso
Nibby. Non paiono poi in tutto plausi-
bili le seguenti opinioni riportale da Ca-
lindri sull'origine di Subiaco. » Vi è chi
pensa essere posteriore all'invasione dei
longobardi ; altri prodotta dagli eoi roti
quivi occupati dopo la disfatta del loro re
Pirro nel 4°"o di Roma, sotto M. Curio
Dentato; altri che si edificasse allorché
si fece l'acquedotto Nuovo dell'Amene,
cominciato da Caligola e terminato da
Claudio prima dell'800 di Roma; ed al-
tri a tempo di Nerone, allorché presso i 3
laghi vi edificò una villa. Comunque sia
della sua origine, esisteva questo paese
prima di s. Benedetto, avendolo a lui do-
nato Tertullo padre dis. Placido,es.Gre-
gorio I nella bolla del 5o6 parla di que-
sto allora castello gii esistente, per cui si
vuole che questa fosse una delle città de-
gli equi. Claudio imperatore romano in
questo territorio vi costruì i 3 laghi delti
Trimbuini (o Simbruini, e talvolta i'A-
nienefuchiamalocVi'//iirà'/o),cheorasoiio
spariti, da'quali dicesi traesse il suo nome
la terra". Dice Nibby, die nella vita di S,
Benedetto non si ricorda mai alcun ca-
sale o castello posto dove fu la villa im-
periale e dove oggi è la ci t Là : a quell'e-
poca apparteneva il fondo a Tertullo pa-
trizio (e senatore) romano, il quale nel
5a8 lo donò a s. Benedetto, come si trae
dalla bolla di s. Gregorio I del 5g6, che
inserisce l'allodi quella donazione (prò
rechili plione animae). Ora mentre Ter-
tullo nomina Siiblacum senz'alcuna ag-
giunta di casale o di castrimi, secondo
l'uso di que'tempijS. Gregorio I nella con-
ferma lo dice espressa mente Castrimi Sub-
lncwn ;\uiiiz\o è queslo.che nell'intervalli!
fra l'anno 5iS e 5cj6, fondatosi il mona-
stero da s. Benedetto, a poco a poco fot-
244 s u D
mossi (la'coltivatot'i delle tcrreil castello;
ed aggiungerò,pel concorso de'di voti ver-
so il luogo abitalo e santificato per lun-
go tempo dall'istitutore del monachismo
d' occidente, portentoso fonte di gloria,
ci i celebrità e di beneficenze per Subiaco.
11 riferito dall'avv. CasteIlauo,è di que-
sto tenore. » Le montagne che circon-
dano Subiaco lasciano aperta una gola
nel lato orientale, e quivi alla distanza di
roo passi circa dalla città erano antica-
mente due laghi naturali, ed uno artifi-
ciale formato mediante una solida mura-
glia, che Caligola v'incominciò a erigere,
e lerminollo (il successore) Claudio. Da
questi ebbe il nome d\Sublaqueum, e Pil-
la Sublacensis si appellò il luogo di de-
lizia formatovi da Nerone (successore di
Claudio), che oggi chiamasi l'Arcinazzo,
donde negli scavi nel i 780 copia si estras-
se di finissimi marmi. I laghi naturali pe-
lósi diseccarono, e la gran muraglia pre-
cipitò nell'inondazione de' 20 febbraio
1 3o5.Ivi presso avea Usuo principio l'ac-
quedotto Claudio, del quale si scorgono
le vestigia, come anche d'un tempio, di
una piscina lunaria, e delle terme". Ma-
rocco, che come jVibby visitò Subiaco e
il suo distretto e abbazia, ripete in parte
le parole del Castellano, aggiungendo,
che l'acquedotto dell'Attiene Nuovo in-
trapreso da Tiberio, proseguito e compi-
to da Claudio, venne poi restaurato da
Vespasiano e da suofiglio Tito, e lo atte-
sta Frontino. Riproduce quindi Marocco
ilseguentebtanodi Muratori." Sublacus
vocabulum est, qui a romana Urbe qua-
draginta fere millibus distans , frigidas
atque perspicuas emanat aquas, quae il-
lic videlicet aquarum abuntlantia in ex-
tensum prius lacum colligitur ad postre-
iuliu) veroinomnemderivatur.Quo dura
fugiens pergeret, monachus quidam Ro-
utanus nomine hunceuntem reperi t, quo
tenderet requisì vit. Cujus cimi deside-
riutn cognovisset, et secretum tenuit,
et adjutorium impendit eique sanctae
couversationis habitum tiadidit , et in
SUB
quantum licuit minislravit". In tinta poi
si legge. » A pud nliquos reperio Subla-
quetim, seti Sublacus, vel Sublaceus re-
tinendum a siiti, nani sub lacu posilum
est Castrum Sublacus. Anio enim fluvius
inter Simbruinos montes in Aequiculis
excurrensobstructisa Nerone, vel a Clau-
dio angustis illorum inonliutn faueibus
ad mille circiter passussupra praedictura
Castrum, aquas in summo stagnate coe-
git,et in lacutu collegi, atqueextendi, quae
postea, ex praeruptis cataractis praecipi-
tes cum fragore ruebattt. In eo lacu cu-
jus superficies sacelluin s. Placidi, quod
etiam nuni visi tur aequabat. Placidusa
Mauro aquarum voi ticibus ereplus est.
Nunc verodisruptis claustrorum obicibus
resides aquae pristina m libertatem ade-
ptae inferi US fluunt factitio ilio lacu ces-
sante cujus fossa tantum, et cavitas nunc
apparetetc." Inoltre Marocco nell'appen-
dice alle notizie storiche di Subiaco, con
una digressione riporta la correzione che
fece l'Olstenio (Notae in Geographiam)
al Cluverio [Italia antiqua), intorno alle
origini de' 3 famosi slagni o laghi Sim-
bruini, perchè ili. "pretese che l'Oppi-
durn Sublaqueum ante Nerouis tempora
certissimamente esistesse a' medesimi , i
quali dice formali artificiosamente per
depurare l'acque limacciose dell'Attiene,
facilissime a intorbidarsi; ma fondandosi
sul silenziodi Frontino, afferma che non
furono, né poterono essere costruiti pel
conducimento dell' Anicne Secchio, né
dell' A nien e Nuovo }a(ì efletto di depurate
le acque. Narra poi con Frontino, che sol-
tanto sotto l'imperatore Traiano si trasse
partito da'3 laghi per completamente pu-
rificare l'acque dell' Anieue Nuovo da o-
gni impurità, non essendo perciò bastata
la piscina fatta da Claudio all'imbocca-
tura dell'acque acciò arrivassero limpide
in Roma. Dichiara quindi che i laghi de-
rivarono da Nerone, fissandone precisa-
mente l'epoca a lui, e ne deduce la con-
seguenza che il vocabolo Sublaqueum o
Sublaccum non esisteva prima di esso, e
SUB
neppure la via Sublacensisc\\e pel i ."egli
aprì. Dice che la villa da lui formata si
nomò pure Suòlaqueunt o Suòlaceum, e
che la particella suòdebhn intendersi fu-
jc(a, piuttosto che softo,rimarcandoche il
vocnboloSublaceum significa sito vicino ai
laghi. Censura poscia l'Olstenio per la sua
opinione, per essersi troppo fidato della
carta di donazione di Narsio patrizio ad
una chiesa in Curie Suolarti; carta che
crede verosimile fosse una di quelle a i-
stanza de'monaci sublacensi fatte brucia-
re da s. Leone IX alla sua presenza co-
me false. Osserva poi che gli scrittori che
parlano (MSublaceurti lo fecero unicamen-
te per indicare la villa e i laghi di Nero-
ne, non mai che fosse o divenisse un mu-
nicipio, una colonia, un pago, un vico, un
luogo di popolazione o corpocivile. Nella
tavola lJeutingeriana è scritto Suòlalio,
come stazione o mansione che s'incontra
per via. Conclude Marocco, che il Subla-
lio fosse non sotto, ma presso i laghi , e
forse ancora alla sinistra dell' Aniene, e
non già alla destra dove è l'odierno Su-
biaco, la cui postura fra le fauci di due
monti esclude una strada militare qual è
descritta nella tavola Peutingeriana; né
dubita che si debba a' monaci l'origine
di Subiaco, come tante alti e terre e cit-
tà anco vescovili di molte contrade d'Eu-
ropa. Finisce Marocco la digressione con
dar ragionealCluverio d'aver scritto Sub-
laqueum P Ma, e non già Oppidum. Ma
di tutte queste e altre vere o pretese o-
rigini di Subiaco, con critica e ragionata
discussione, meglio di tutti ne trattò di
recente l'encomiato rag.1' Jannuccelli con
l'eruditissima Dissertazione sopra l'ori-
gine di Suòiaco, che rammentai in prin-
cipio per giovarmene. In essa dopo aver
egli dato interessanti cenni sopra tostato
attuale di Subiaco, de'suoi pregi e glo-
rie, prende in 3 capitoli ad esaminare le
opinioni che s'incontrano negli scrittori
circa l'origine di Subiaco. Lai. opinione
ne suppone l'edificazione avanti l'era vol-
gare o uostra; la 2.a fa risalire la sua fon-
S U B 245
dazione al 1 ."secolo di detta era; la 3.' in-
tende a provare l'origine di Subiaco nel
VII secolo della medesima. Darei di buon
grado un sunto della bella dissertazione,
se il compendiarla non ne scemasse trop-
po il valore. Nondimeno per quella bre-
vità che mi è indispensabile , pel molto
che mi resta a dire sopra l'articolo im-
portante di Subiaco, mi limiterò a ripro-
durre i sommarli della dissertazione stes-
sa.aggiungendovi alcuni opportuni schia-
rimenti che da essa ricaverò. La [/opi-
nione abbraccia3 di verse epoche,tutte an-
teriori all'era volgare, e perciò 3 distinte
sentenze contiene. La 1 .a di queste discu-
te, se Subiaco sia stato fondato da'troia-
ni, da'quali in parte ebbero origine i ro-
mani conquistatori del mondo, volendo-
si che dalla spiaggia del Mediterraneo a-
scesi tra le gole degli Apennini, su que-
sti colli gettassero le fondamenta di Su-
biaco, dopo averne cacciati gli equicoli,
che pure erano aspri e feroci, poiché in-
tenti a'Iavori de'loro campi erano insie-
me armati e sempre pronti a guerreggia
re, e difendersi virilmente prò aris elfo-
cis. d'istorici e le antiche carte parlando
in più luoghi de' popoli equicoli e de'loro
castelli, non dannoalcuncennonèdelpo
polo, ne del borgo Sublacense prima del-
l'era nostra. La 2.'1 sentenza riguarda, se
nel V secolo di Roma quando M. A. Cu-
rio Dentato costruì l'acquedotto sotter-
raneo denominato Vecchio Aniene a si
Distra del fiume omonimo per la sua ac-
qua, epeli.°la portò in Roma a pubblico
comodo (e dopo l'Appia fu la 2/ acqua
condottata per Roma e 4.0 anni dopo l'ai -
tra)ecollespoglie preseaPirrored'Epiro,
ebbe principio Subiaco cogli schiavi epi-
roti impiegati alla costruzione dell'acque-
dotto; meravigliosa opera che principiata
l'annodi Roma 480, fu compita nel 489.
Incominciava ilgrandiosoacquedotto non
dal sito ove poi surse Subiaco, ma più di
7 miglia lungi, cioè al 38.° miglio da Ro-
ma nella via cousolare Sublacense o po-
co distante, sebbene l'acquedotto avesse
24'3 S U B
quasi 44 miglia di lunghezza, attese le tor-
tuose vie che dovea percorrere per man
tenere il livello dell'acqua. In tanto pre-
gio da'rouiani si tenne l'acqua dell Ame-
ne, che i 1 7 anni dopo la costruzione del
racquedolto,doveudosi rialtare,e insieme
condune a Roma con altro acquedotto
l'acqua Marzia, insorta questione quale
delle due acque avesse da ascendere il
Campidoglio, dopo consultati i libri sibil-
lini si preferì l' Arnese, ma per ingegno del
pretoreMarcoTizio fuvvi condotta la Mar-
zia, ed ambedue gli acquedotti furono re-
staurali da M. Agrippa nel 7 1 3 eli Roma.
La 3.1' sentenza si fonda, se col monumen-
to sepolcrale del tribuno Lucio Menio,
trovato nel i8/l3 un miglio da Subiaco,
provisi l'esistenza di Subiaco prima del-
l'era corrente, comechè fiorito quel tribu-
no forse nell'ultimo periodo della repub-
blica romana, creduto possessoredelle val-
li sublacensi, e sepolto in detto luogo alle
sponde dell'Amene. L'autore confuta vi-
rilmente in primacollellivamente le 3 e-
nunciatesentenze, ed espone che niun do-
cumento dimostra l'esistenza di Subiaco
avanti la venuta di Gesù Cristo. Confer-
masi dipoi particolarmente non essere
credibile che i troiani approdati in Italia
sieno venuti fra i monti Simbruini a fab-
bricar Subiaco. Passa quindi ad accenna-
re in quanto pregio l'antica Roma tenes-
se l'acqua del fiume Sublacense, e come
fosse costruito e dove avesse principio il
suddetto grande acquedotto col nome di
Ticchio Aniene, colle indicate nozioni.
Sostiene quindi, che soltanto dopo la di-
vina Incarnazione i sovrastanti 3 laghi
dell'Amene dierono il nome al sottoposto
castello di Subiaco, come chiaramente de-
nota l'etimologia del nome, ed ove surse
la villa diiNerone,che Cappellata appun-
to Subiaco poiché giaceva sotto i 3 su-
periori laghi artefatti, cioè Sotto il Lago,
i quali laghi non rimontano ad epoca an-
teriore dell' umana redenzione. Datale e-
sposi/.ione tratta dalla storia, dall'autore
si rigetta in ispecie l' altra opinione che
SUB
vuole fondato Subiaco per mano degli
schiavi epiroti, Parla da ultimo sullosco-
primenlo del monumento di L. Menio,
sull'epigrafe incisa in quella pietra, e la
circostanza incoi fu più probabilmente e-
relto. Conclude quindi, non potersi nep-
pure verosimilmente provare con tal se-
polcro l'esistenza di Subiaco prima del-
l'era volgare. Passando alla 1." opinione,
seSubiaco fu fondato nel 1 . secolo dell'era
volgare o corrente, l'autore ragiona del-
le Cronache dei monaci sublacensi del
proto-monastero di s. Scolastica, ove si
conservano, scritte dal p. il. Wiliehno Ca-
pisacchi del 1 573, e dal p. d. Cherubi-
no Muzio del 1628, e loro autorità, per
dimostrare gli antichi fatti che riguar-
dano Subiaco. Ragiona pure dei Dialo-
gìiid'ì s. Gregorio I, le cui testimonian-
ze soprattutto debbono avere sommo pe-
so; e dell'antico Registro o Regestum ve-
tus mona s ter ii Sublacensii , nel quale
si custodisce e scritto in pergamena nel
1 i3o, che pure porge autorevoli docu-
menti a provare le vicende storiche di Su-
biaco. Primieramente l'autore colla testi-
monianza del p. Mirzio e con quella di
Papa s. Gregorio I dichiara, che la soli-
tudine 0 deserto sublacense non è adatto
identico con Subiaco. Dimostra poi l'e-
sistenza di questo e come borgo molto
prima di s. Benedetto colle cronache dei
pp. Capisacchi e Mirzio, con l'antico Re-
gistro sublacense, colle testimonianze del
p. Domenico Antonio Pierantonii gesui-
ta, i cui scritti conservatisi nell'archivio
di Trevi nel Lazio, di cui raccolse le me-
morie, e principalmente colle autorevoli
attestazioni di s. Gregorio I. Dal p. Mir-
zio si afferma apertamente essere stato
Subiaco prima della venuta di s. Benedet-
to una Corte, Curtis (villaggio o campo
fornito di edifizi, di coloni e di servi, di
mulini e di corsi d'acqua, e di tutto l'oc-
corrente per la coltivazione de'terreni ),
sottoildominiodel pioJNarsio patrizio ro-
mano, ed essere stato questo villaggio da
lui donato per dote della chiesa tuttora
SUB
esistente di s. Lorenzo marlire,da Ini già
edificata nella stessa Corte di Subiaco, e
per la salvezza dell'anima sua, con alto
tle'4 agosto 379, sottoscritto da loie da
5 testimoni, che .s'intitolano da loro ma-
gnifici uomini, e col consenso di Papa s.
Damasol. Il documento si riporta dal Re-
gistro sublacense e dal p. Capisacchi, e fu
scritto dal notaro pubblico Giovanni, a-
bitante nello stesso paese, da Narsio per-
ciò chiamato a stipularlo nella chiesa di
s. Maria diStagnano e del Prato, cioè pres-
so gli antichi stagni, e diversa dalla chie-
sa di s. Maria della Valle già dedicata a
s. Bartolomeo apostolo, e la quale allora
non esisteva, venendo poi edificata sul col-
le che ora si nomina l'Olivelo Piano ben
lungi da'Simbruini laghi. Questa chiesa
di s. Maria di Stagnano e del Prato era
la medesima di s. Lorenzo, poiché avea
doppio titolo, e perciò delta ancora la Ma-
donna di s. Lorenzo e s. Maria degli Ac-
quedotti^ fondata sulle rovine del palaz-
zo e vdla di Nerone, denominata ezian-
dio sotto il Lago di Subiaco e ad A(juas
alias. Conclude l'autore, che dopo la me-
tà del IV secolo qui già esisteva un vero
popolo benché piccolo, distinto ne'suoi or-
dini e offici, con chiesa parrocchiale e de-
cime, arcipreteealtri sagri ministri, eche
il popolo abitava sicuramente il borgo di
Subiaco. Allora reggeva tal chiesa il ve-
nerabile arciprete d. Basile, con Bonifa-
cio e Dionisio, ed altri sacerdoti. Dipoi il
castello di Subiaco con tutte le sue per-
tinenze e adiacenze fu donato a s. Bene-
detto dal patrÌ7ÌoTertullo, donazione con-
fermata all'abbate sublacense da s. Gre-
gorio I e con bolla da moltissimi pubbli-
cata. Di più l'autore dichiara, conferma-
re lo stesso assunto l'antica pittura esi-
stente a'Iati della s. Spelonca di s. Bene-
detto, I* antica iscrizione che leggesi so-
pra un pilone intorno al primo claustro
del proto-monastero, e la famosa carta i-
tineraria militare del IV secolo chiama-
ta Peutingeriana, nella quale Subiaco col
nome di Sublatio è ricordato 3 volte. Dà
SUB 247
ultimo, oltre le testimonianze di Tacito,
per quelle specialmente di Plinio, l'auto-
re rende certa la fondazione di Subiaco
nel r.°secolo ili nostra era, e perciò assai
prima anteriore all'epoca in che le adia-
cenze sue furono illustrate dalle virtù e
da'miracoli di s. Benedetto, ed a lui do-
nato con altre possessioni. Quantoalla 3.a
e ultima opinione, se Subiaco ebbe ori-
gine nel secolo VI I della corrente era, l'au-
tore espone in prima i pregi de'due so-
stenitori di essa i benedettini p. d. Giu-
seppe Puja ti che pubblicò nel 18 16 la Dis-
sertazione sopra l'origine di Subiaco, e
p. d. Giuseppe Macarty irlaudese, morto
nel declinar del passato secolo nel s. Spe-
co e annotatore della Cronacat\e\ p. Mir-
zio. Riferisce l'autore, che ambedue i mo-
naci si studiano provare che Subiaco a-
vesse principio dopo la 1. "desolazione dei
monasteri sublacensi, e che ne fossero i
veri fondatori que'monaci da qui fuggiti
in Roma nel monastero di s. Erasmo al
Monte Celio, a scansar lo sdegno de'lon-
gobardi nel cominciar del secoloVII;dap-
poichè essi narrano, che quc'cenobiti in-
viassero di là gastaldi e villici alla coltu-
ra di questi campi spettanti a'Ioro mo-
nasteri. Di questo però non fanno paro
la le bolle pontificie, i diplomi imperiali
e regi, né iIRegistro, né le cronache e scrit
ture antiche, ed ih.°ad alfermarlo fu il
p. Macarty, segui lo e con più calore dal
p. Puja ti. Dipoi l'autore accenna, che dal-
le dimostrazioni fatte nel precedente ca-
pitolo, ragionando della 2.a opinione, si
esclude a un tempo l'opinione dell'anno-
tatore p. Macarty e del disserente p. Pu-
jati, e tutte lealtre ipotesi col lume della
critica e della logica. Inoltre con parti-
colare argomento rende manifesta la con-
traria sentenza. Poscia accenna alcuni fat-
ti storici della guerra longobardica, e la
misera condizione d'Italia dopo la loro fe-
roce invasione; riportando le parole del
p. Mirzio, intorno al tempo in cui ricu-
peraronsii fondi del monastero sublacen-
se, che fu riaperto per decreto e pc'soo-
248 SUD
torsi di Papa Giovanni VII. Da questi flit •
ti e ragionando, deduce l'autore non po-
tersi allatto credere quanto opinanogl'il-
lustri a cui egli si oppose. Passa poi a ro-
vesciare il fondamento su cui si posa la
sentenza di tali monaci, asserendo in pri-
ma non aver essi mai fatto menzione del-
la celebre bolla di s. Gregorio I, e di aver
così dato non lieve motivo a sospettare,
die ne abbiano taciuto il contenuto per
far prevalere la loro favorita opinione.
Credè V autore ancora opportuno di por
mente a due passi del p. Pujati sul cro-
nista p. Muzio, e ne rimarca la contrad-
dizione. Indi considera diligentemente le
parole de Dialoghi di s. Gregorio l,cou
che credonogli oppositori dimostratoche
Subiaco era un deserto al giungere di s.
Benedetto nella regione. Ne volle inter-
pretare il vero senso , e si fa chiaro che
quelle espressioni ben concordano colla
bolla di s. Gregorio I stesso, atterrando
così le basi della contraria dissertazione.
Finalmente 1' autore riepiloga i 3 capi-
toli delle 3 opinioni e conclude. Opinano
alcuni, che Subiaco abbia avuto origine
nella costruzione del grande acquedotto
Amene Nuovo, che fece eseguire Caligo-
la i -impello a Tivoli, dove gli si apre l'op-
portunità di parlar brevemente de'3 fa-
mosi laghi sublaccnsi. Imperocché, volen-
do quell'imperatore condurre a Roma le
acque Aniesi più pure e più limpide le at-
tinse più vicino alla sorgente,e per costi in-
gere a ristagnare il rapido fiume eresse
3 grandi muraglie. Sorgeva la i.afra l'o-
spedale di s. Antonio, ed i moderni edili-
fi zi della cartiera, ferriera e de' mulini;
l'altra imprigionava le acque dell'altro
stagnonelsito nomato il Buco della Car-
tiera, dove a sinistra della corrente veg-
gonsi ancora gli avanzi di questo muro an-
tico; la 3/ da ultimo innalza vasi maggio-
re delie-altre, eformata di pietre quadra-
te, laddove due colli discendono quasi per
incontrarsi nel sito detto s. Mauro, dal
prodigioso salvamento operato da quel
santo d'ordine di s. Benedetto, nella per-
S U C
gonadi s. Placido che slava per annegar-
si nelle acque, e dov'era la gran chiusa
del i -° lago; prodigio che narra la lapide
all'issa all' edicola rotonda sul banco del
summenlovalo mirabile ponte, e ne fa me-
moria il Chronicon Sublacensc. Dal nuo-
vo ponte osservasi ancora giù nel profon-
do un gran pilastro caduto nell'alveo del
fiume, e secondo il Volpi restò colaggiù
sepolta la massima grata di ferro, per cui
trapassavano le acque dal lago superiore
all'inferiore. Questi 3 stagni servivano di
piscine lunarie dove l'Aniene spesso in-
torbidalo dalle pioggie si riposava a pu-
rificarsi. Oltre questi laghi compì Claudio
il nuovo acquedotto di pietre congegnate
ad arco, che ingoiava gran parte del fiu-
me escorreva quindi verso Tivoli a man-
ca dell'Amene, lungo la strada or deno-
minata la Pila, nella quale tuttora s'incon-
trano i ruderi del meraviglioso emissario,
che secondo Plinio fu lavoro d'i i anni e
di 3o,ooo schiavi, colia spesadi molti mi-
lioni di scudi d'oro (e coincide con quan-
to narrai nel voi. Lll, p. 218, parlando
dell' emissario del lago di Fucino dello
stesso imperatore). Da tali fatti concludo-
no i fautori di questa opinione che la mol-
titudine di artefici per tauto tempo oc-
cupata in tali opere veramente romane,
avranno scelto il sito più comodo da cui
potevano agevolmente derivar le acque
per gli usi della vita e per dar moto a'Io-
ro ruolini; oltre a ciò presso di loro avran
poi amato abitare i custodi e gli artefici,
chedoveano vegliare a rimediare qualche
sconcio degli argini, degli stagni e del gran
acquedotto. Sembra però molto più ve-
rosimile, che il numero di tali abitazioni
si moltiplicassero nella fabbrica della fa-
mosa Villa JXeroniana, e che da questa
avesse propriamente la vera origine Su-
biaco. La villa dev'essere slata assai ma-
gnifica, come lo attestano altre sontuose
opere dell'imperatore Nerone che la co-
struì per sua delizia, e per suo volere fu
aperta puree lastricala di pietra una nuo-
va strada consolare che divertiva dalla
SUD
Valeria, secondo Frontino; ed in seno al-
le delizie di lai villa , correva Nerone a
cercai' la pace del cuore, che fugge sem-
preda'principi crudeli. Ma 1 8 secoli hanno
quasi interamente distrutte tante gran-
dezze, e cambiato l'aspetto di questi colli;
tutta volta sono qualche memoria di tan-
te magnificenze le colonne di porfido e
di verde antico, e gli altri marmi prezio-
si principalmente trasportali nel mona-
sterodi s. Scolastica, dove pure si ammi-
rano le colonnette binate e tortuose che
ornano e sostengono il cortile ilei novi-
ziato. Egualmente fanno lede dell'impe-
riali grandezze le statue rinvenute negli
scavi, come la nota Pallade, i ruderi di
muri reticolali a sinistra del liumegià det-
ti Carceri, e una gran nicchia per l'ara
d'un tempio con portico abbellito di co-
lonne,! cui rottami trovatisi pure nel fon
do degli acquedotti, e l'anticaglie che si
disotterrano nel prato della celebrata
chiesa di s. Lorenzo, eretta sulle rovine
della villa Neroniaua per testimonianza
del ricordato p. Pierantonii. A destra poi
dell'Attiene sono sparsi i grandiosi avan-
zi della slessa villa scoperti a'nostri gior-
ni dal p. ab. Altieri (zio del vivente car-
dinale); ed i pezzi di marmi preziosi eco-
lorati, e di muri reticolali che di quando
in quando si rinvengono sul piano lungo
di Soricella e sull'opposto di Soripa, ab-
bastanza attestano la sontuosità della vil-
la. Ferquesta certamente si saranno mol-
tiplicali i custodi de'parchi, delle piscine,
delle terme, de'giardini ede'palazzi im-
periali; come per la nuova via natural-
mente si sarà accresciuto il concorsodegli
ammiratori del complesso di tante splen-
didezze, ed insieme per deliziarsi fra gli
alti mouti al nord di Subiacoe le pittori-
che e svariate rupi, fra le belle colline del
mezzodì e dell'occaso, tutte allora verdeg-
gianti di boschi, non che in mezzo all'on-
de cristalline del fiume, de'laghi e delle
fonti, fra le molli aure rinfrescate dal fia-
to degli euri e de' zellìri, e fra le sor-
prendenti cadute spumose con indi del-
S U B 249
l'A niene, sì dell'uno che dell'altro stagno
e de'laghi, formate da' raggi del sole. Al-
lora dunque indubitatamente si forma-
rono e riunirono più abitazioni, a dar ve-
ra e solida esistenza al nascente borgo di
Subiaco, che fu sinonimo della villa Ne-
roniana presso i laghi Simbruini, sotto i
quali giaceva. Cogli autori citati dal dis-
setante concorda Frontino, il quale dice
che Traiano a correggere i vizi del Nuovo
Aniene}on\\\\ò che lasciato il fiume, l'ac-
qua si prendesse sopra la villa Ncronia-
naSublacense dov'era limpidissiina;laon-
de sorse Subiaco o la Villa Sublacense di
Nerone nel 1. "secolo dell'era volgare, non
già nella venula de'troiani in Italia, uè
al Vo VII secolo della repubblica, né in
fine nel VII dell'era che corre. Termina
l.i dissertazione, con accennare l'autore i
sommi benefizi che da'benedettini ricevè
non solo Subiaco, ma la cristianità, dichia-
rando d'averla compilala pel solo amore
del vero e della patria (cui fu sempre in-
teso a giovare insegnando alla gioventù
sublacense), non già per diminuire ades-
si e da lui molto venerati, siccome assai
chiari e gloriosi, le tao te benemerenze che
hanno colla medesima. Non ommise di
rammentare , che mentre tutta Italia,
Francia, Spagna e Africa tremavano ai
lampi delle spade gotiche e vandaliche,
ed al suono delle bestemmieariane; men-
tre lutto l'oriente era involto nelle tene-
bre di molte e deplorabili eresie, l'inef-
fabile provvidenza fece risplendere sui
monti di Subiaco tale una vivida luce, a
cui si umiliò la barbarica potenza, nota-
bilmente migliorarono i costumi de'cri-
stiani, fu illustrata e santificata la terra.
Dagl'instancabili cenobiti sublacensi fu-
rono conservati e moltiplicati i classici mss.
della letteratura greca e romana , e dal
proto-monastero uscirono alla lucele pri-
me stampe italiche.
Siccome la religione, le arti e la storia
si uniscono insieme a rendere frequenta-
tissimo da' nostri e dagli oltramontani il
famigerato santuario del s. Speco di Su-
2 So S U B SU P,
biaco, a fronte del disagiato cammino, i renzo e Santolo, vide pur nascere nel48o
più per venerare l'antro beato ove nel- da splendida prosapia il padre de'mouaci
l'aurora degli anni si deliziò di soggiorna- d'occidente s. Benedetto. Uscito dall'illu-
re il gran patriarca de'monaci d'oceiden- stre casa degli ! Anici, ebbe a genitori En-
te s. Benedetto (!'■), altri per vagheggia probo e Abbondanza, la quale nata dal-
re i dipinti del tempio, i quali rimontano la nobilissima famiglia de'Riguardati, si-
all'età che precedette il risorgimento del- gnori della contea di Norcia, e ultima di
la pittura europea, ed insieme ammirare quella stirpe, aggiunse il suo cognome a
la struttura veramente artificiale degli e- quello degli Anici. Il padre l'inviò a Ro-
difizi del tempio stesso e del monastero; ma di 7 anni per {studiare, ove di 1 4 pei
così per questo monumento della religio- forti impulsi della grazia e docile allachia-
ne e delle arti mossero il suo dotto ab- mata del Signore, si determinò d'abban-
balep. d. Vincenzo Bini a scriverne e pub- donare il mondo e quegli onori che gli
blicarne le già rammentale Memorie sto- si preparavano, e ricoverarsi in solitario
lidie, compilandole co' monumenti esi- soggiorno per non pensare che a Dio. Nel
stenti negli archivi preziosi dell'ordine, voi. LX11I, p. 1 14, parlai dell'antico pa-
onde appagar a un tempo le bramede'di- lazzo degli Anici abitato dal santo inRo-
voti, degli artisti e degl' istorici. Laonde ma, e della cappella dove orava innanzi
io me ne gioverò per narrare la culla el'o- l'irumagineancora esistente della B. Ver-
rigine dell'ordine celeberrimo de' Bene- giue col divin Figlio, si santificò e fu i-
(lettini (/".), da cui derivarono quelle in- spirato a recarsi alla solitudine per farsi
signi congregazioni c\\e pur descrissi a'Ioro comprensore delle glorie celesti, ed a ma-
articoli, e cotanto eminentemente bene- turare l'istituzione del suo mirabile or-
nierilo della società; non che per descri- dine, perciò ridotta poi in chiesa col tito-
vere la s. Grotta, la chiesa, il monastero, lo di s. Benedetto in Pisci nula, e corona -
ed insieme i monasteri fondati dal santo ta dal cardinal York (F.) col Bambino,
in questi fortunati e memorabili luoghi, come arciprete della basilica Vaticana.
eprincipalmentequellocospicuodis.Sco- Ebbe a compagna nel ritiro da Roma e
lastica proto-cenobio e sua chiesa, e quan- nel dirigersi a Subiaco la sua nutrice Ci-
to altro ha relazione colla storia di Su- lilla, secondo il costume delle più distili-
biacn. Fra i monti Simbruini che accer- te famiglie che le nutrici non abbando-
chiauo Subiaco, vi è quello che ritiene nassero mai i fanciulli da loro allattati,
l'aulica sua denominazione di Talèo, ove Nel viaggio e non molto lungi da Subia-
l'occhio vedeinnalzarsi una corona di sco- co nel castello d'Enfide ora Alile operò
gli, che formano vago contrasto colle al- il narrato portento, riferito pure dal suo
tre parti della montagna. Declinano que- som ino biografi) Papa s. Gregorio l afa-
sìe a varie cadute fino alla corrente del- gno,\\ quale distesamente nel 2. "libro dei
l' A niene,e danno da Ile loro altezze in gran Dialoghi descrisse (ino alla beata sua mor-
copialeacque,limpideefresche,ondcque- te i fatti del santo. Dopo taleavvenimen-
sto fiume ingrossa nel suo avanzarsi. O- to e per evitare le umane lodi, s. Bene-
ranella parte meridionale della scogliera, detto si sottrasse dagli occhi della nutrì-
distante da Subiaco per due miglia, fissò ce,eallasua insaputa prosegui il cammi-
la sua solitaria dimora s. Benedetto quan- no verso l'eremo di Subiaco. Quivi ghin-
do andava in traccia d'un romito ricove- to,nel salire la montagna incontrò per via
10 a rendersi tutto di Dio. L'antica città il monaco Romano, il quale abitava un
i\\Noreia nel ducato di Spoleti (/'.), quel- vicino monastero sotto la disciplina del-
la stessa che prima di lui avea dato i na- l'abbate Diodato, e l' incontro avvenne
tali a'ss. Speranza abbate, Eulichio, Fio- precisamente nel luogo ove fu poi eretta
SUD
per memoria l'esistentecappella di s. Cro-
ce, or chiamata s. Crocella, che sorge più
alla de'famosi laghi e acquedotti sudde-
scrilti. Conosciutosi da s. Romano il vir-
tuoso disegno del giovane, senza ritardo
gli die in quel luogo stesso,uon senza divi-
na ispirazione, l'abito monastico e religio-
so, fot se formato d'un Cilicio[r.) e di pelli
d'armento, come poi fu trovato nella sua
grotta tulio coperlodaalcuni pastori. Pri-
ma di dividersi il s. giovinetto dal virtuo-
so anacoreta Romano , ricevè da lui certa
promessa che lo avrebbe assistito, secon-
do la sua posizione nel monastero,e vi cor-
rispose fedelmente.Salì dunque senza gui»
da alcuna s. Benedetto con disagiato cam-
mino e verso oriente alla dirittura del
monte, e fino a tanto salì che finalmente
trovò quella parte di scoglio , che a lui
sembrò più acconcia a compiere l'eroico
suodisegno. Quindi in un antro nella par-
te superioredclla discesa d'unoscoglio,al-
la distanza di i miglia dalle mura di Su-
biacoe di 5o dall'abbandonata Roma, so-
vrastante la corrente del fiume e rivolto
al mezzodì, fissò la sua scelta. La penna
non può convenientemente descrivere la
nudità e l'orrore di questa oscura spelon-
ca oca verna posla al pendio d'un erto di-
rupo, e tanto bassa e angusta da presen-
tare piuttosto l'idea d'una tana di fiera
selvaggia, che di stanza per dimora di ro-
mito penitente. La naturale orridezza di
sì tetro soggiorno ci hanno conservalo più
di i 3 secoli e mezzo, ed avrebbe fallo ma-
le l'opera dell'arte se ne avesse alterate
le parti, poiché avrebbe privato chi reca-
si a venerarla delle lenere impressioni che
potentemente ispira; giacché il pensiero
che si abbandona a ricordare l'incompa-
rabile giovane che ne fece la sua diletta
dimora, sol leva lo spirito religioso a gran-
di concetti che onorano la fede che pro-
fessiamo, e innalzano la mente a sublimi
idee; laonde il Petrarca giustamente po-
tè dire, che nel penetrarvi lo spirito vi
rimira la soglia del paradiso, per le dol-
ci emozioni che desta la beata spelai! -
SUB 2M
ci, ora santuario del s. Speco. Tn questo
antro dunque entrò il novello romito, uè
la ruvidezza del suolo, né lo spavento che
senza l'aiuto del cieloavrebhe dovuto im-
padronirsi del suo cuore nel trovarsi in
quella grotta, ove nel corso dell'anno non
penetra raggio di "lucè, e che posta al fian-
co di alpestri sassosi dirupi altro suono
non olire, che quello dell' armento o di
qualche vagante fiera del bosco, esposta ai
rigori del verno e a'eocenti calori dell'e-
state, non valsero a rimuovere il suo piede
e rivolgerlo altrove. Che anzi perque'por-
tenti, che derivano solo da Dio, pieno dì
gioia e di superna dolcezza di spirito, fi-
no da'primi istanti del suo soggiorno in
siffatto luogo, non sapeva ringraziare ab-
bastanza la divina provvidenza per aver-
lo quasi per mano condotto in quell'an-
tro, che reputava più agiato e dovizioso
del paterno palazzo romano donde era
partito, la cui magnificenza e splendine
ne'suoi avanzi serbò il tempo. Sino dal-
la fanciullezza avendo s. benedetto dato
saggio di perfezione, non leggerezza di
mente, non pentimento de' gustati beni
terreni, né desolante condizione di stato
guidarono a questa grotta il nobilissimo
giovane; ma solo ve locondossequella lu-
ce che lìn dal suo nascere spuntò pode-
rosa a irradiarne l'angelico spirito senza
piìi dileguarsi da lui. Nella beato grotta
e solo nota al santo monaco Romano.que-
sti prodigò le sue cure paterne con prov-
vederlo in certi determinati giorni di pli-
co pane, che a lui porgeva dall'altezza d'u-
na rupe con fune. Al suono d'un campa-
nello soleva il solitario conoscere l'ora in
cui eragli apprestato lo scarso alimento,
ed allora saliva più gradini intagliati nel-
la rupe, giungendo a un angusto piano,
ch'era al di sotto della parte del monte
donde Romano glielo porgeva, e tollolo
faceva ritorno alla sua spelonca. L'infer-
nale nemico, invidioso della relazione a-
perta tra due anime virtuose, per scon-
certare l'opera pietosa di Romano, un
giorno al momento della discesa del pa-
2 5a S U B
ne ruppe il campanello con un colpo di
sasso; ma Romano senza sconcertarsi con
B I tri mezzi supplì al caritatevole ullizio.
Intanto a vvenne,che il s. giovane fu nella
solitudine sorpreso da forti stimoli della
concupiscenza, de'quali non polendo so-
stener l'ardore della tentazione, uscì dalla
spelonca e giltossi nudo in suolo pieno
di spine, di rovi e ortiche, ed in esse si rav-
volse fìnchèestinse l'impura fiamma. Vol-
le Iddio premiare sì gagliarda pugna e il
generoso partito preso dal santo, con ren-
derlo in avvenire immune da qualunque
movimento carnale. Questo spineto esi-
steva dopo più di 7 secoli, quandos. Fran-
cesco d'Asisi percorrendo nel 12 2 3 il La-
zio, ove si trovavano aperti alcuni conven-
ti dell'ordine minoritico di recente da lui
istituito, recatosi a venerare il s. Speco,
mostrò desiderio di visitare il follo spi-
nalo santificato e reso celebre per l'ope-
ratovi da s. Benedetto. Gettossiqnel san-
to Dell'entrarvi prostrato al suolo, e colle
sue lagrime bagnò quella terra; ed a mo-
strare la sua tenera divozione, volle in-
nestarvi due piantine di rose, le quali so-
no d'allora cresciute e si conservano in
tanta copia, die il luogo è divenuto un
giardino di rose, le cui polveri sono con
molta ansietà ricercate da'divoti che n'e-
sperimentano grandi vantaggi per allon-
tanare la violenza de' morbi. Questo ro-
saio è situalo al di solto della s. grotta,
e presso al declinar dello scoglio. Fino al
compimento del triennale soggiorno di
s. Benedetto nell'antro, al solo s. Romano
era stata nota la sua solitaria dimora; ma
piacque a Dio che incominciasse a farsi
conoscere agli uomini, onde da tal ma-
nifestazione avesse principio la grande o-
pera, alla quale era stato destinato dal cie-
lo. Volle dunque il Signore, che pel i.°
avesse la bella sorte un sacerdote, che di -
inorava lontano dals. Speco e parroco di
Monte Porcario, oggi Monte Preclaro, o-
ve cretlesi che esistesse uno de' 1 1 mona-
steri che poi fondò s. Benedetto, sotto il
titolo di s. Vittorino. Mentre d virtuoso
S U B
Romano era passato alla beata eternità,
correndo il giorno di Pasqua il sacerdo-
te a vea apparecchiato il suo desinare,
(piando udì una voce che gli disse: Voi
vi preparale delizie, ed il mio servo se ne
muore di fune in questo deserto. Si al-
zò tosto il sacerdote, e preso l'imbandito
pasto, si pose in cammino per rinvenire
il solitario, che potè finalmente trovare
nascosto nella sua grotta. Dopo aver am-
bedue ringraziato il Signore dell'incontro
felice, presero il frugale nutrimeiito,ecoo-
gedatosi l'ospite dal santo tornò alla sua
abitazione; ma cominciò ben presto per
tale incontro a risuonar nelle vicine con-
trade la fama delle virtù del penitente ro-
mito, e tanto più il grido ne crebbe, per-
chè alcuni pastori conducendo l'armento
nella spelonca trovarono appiattato l'a-
nacoreta coperto di pelli , e nel vederlo
lo giudicarono una hestia selvaggia. Av-
vicinatisi a lui ne conobbero la santità, e
cambiarono in modo le loro ruvide ma-
niere, acquistando un carattere di dolcez-
zae di cristiana pietà, per l'istruzioni che
recavansi a udire dalle sue labbra, delle
quali aprì scuola in un antro dello sco-
glio che trovasi sotto al s. Speco, e al di
sopra del roseto, ove il pio romito avea
formato il suo oratorio. Per queste due
circoslanze,della visita del sacerdote e del-
la scoperta de'pastori, sembra che cessas-
se nel santo lo stato di vero solitario, quan-
do contava 1 7 anni; e da quel tempo ap-
punto l'elogista s. Gregorio I ci narra, che
per essersi il nome suo ripetuto da molte
bocche nelle viciue contrade, lo visitasse-
ro non pochi suoi ammiratori portando-
gli il nutrimento, ed egli li ricompensava
col pane della vita. Così provvide Iddio
al vuoto che alla sussistenza del giovane
romito avea recato la morte di s. Roma-
no. Non tardò molto, che il servo di Dio
nel principio del VI secolo fu chiamato
alla direzione d'un monastero, ov'era per
morte mancato l'abbate,.e posto nella via
che da Subiaco conduce a Tivoli presso
Vicovaro. Sebbene s. Benedetta adope-
SUB
rasse ogoi sforzo a sottrarsi da tale inca-
rico, nondimeno vi si adattò; ma divenu-
to molesto a quella scorretta famiglia, gli
fu propinato il veleno in un vaso di vino,
sul cpiale dopo aver il santo steso la ma-
no per benedirlo si spezzò ad un tratto.
Perciò si allontanò da que'monaci, e fece
ritorno all'amata solitudine, da cui erasi
con pena allontanalo, cercando di diino-
rarvi solo con se stesso alla presenza di
Dio. Però la dimoia sua nella grotta non
fu più del tutto solinga, poiché pel grido
sorto nel pubblico di lui non andò guari,
che molti si raccolsero in questo luogo
per servile Iddio sotto il mio magistero;
ed il numero di coloro che vi concorsero
crebbe tanto, die nella periferia del suo-
lo sublacense vicino a questa spelonca ,
chiamato perciò la f'alleSanta, eresse e-
gli verso il 5o6 1 2 monasteri, in ciascuno
de'quali pose i 2 monaci, che viveanosot-
to il regime d'un abbate. Datosi egli in
tal modo a un genere di vita del tutto at-
tivo Dell'addestrare gli nomini alla vita
cenobitica, pare che s. Benedetto si distac-
casse sin d' allora dalia grotta, ove il suo
spirito erasi formalo a eminenti virtù, e
che datosi tutto a stabilire e dirigerei mo-
nasteri, non si occupasse che del grande
oggetto di formare gli altri sotto la sua
scorta pel cielo. In questa guisa, i luoghi
montuosi e alpestri divennero un paradi-
so di spirituali dolcezze; il tetro soggior-
no di bestie selvagge si convertì nell'abi-
tazione d'angeli in terra; e dove prima si
udivano solo i fischi de'seipenti egli u-
lulati de'lupi, le grate grida innalzaron-
si di quelli che cantarono le lodi di Dio.
Qui il p. Cini fa parola delle due questio-
ni che si agitarono forse con soverchio a-
niore di partito. La i /riguarda, se s. Be-
nedetto Dell'edificare Ì12 monasteri uno
ne innalzasse vicino alla sua fortunata spe-
lonca, alla quale egli dovè que'copiosi be-
ni, onde il Signore ricolmò il suo spirito;
sicché il monastero, die vuoisi fin da quei
giorni costrutto presso delta grotta,si deb-
ba considerare come il i .°fra tulli quelli
S L" B a53
ch'ebbero per autore e immedialo mae-
stro il s. istitutore. La 2.'' riguarda, se la
regola formata da s. Benedetto per la di-
rezione e governo de'monasteri, venisse
insieme col nascere di essi da lui pubbli-
cata in Subiaco, o piuttosto a /Monte Cas-
sino (F.) si debba accordare il pregio di
essersi ivi come novello Sinai proclama-
to il suo tenore, e fattosi pubblico questo
ss. codice. Sul proposito della 1. 'ricerca il
p. Bini ne parlò in ragionando del mo-
nastero del s. Speco, ed io che l'ho preso
per guida ripelerò in breve a suo luogo
il detto da lui. Quanto poi alla 2.a que-
stione, riferisce il p. Bini, che non pochi
sostennero e sostengono, che la s. regola
solo sul .Monte Cassino fu fatta conosce-
re dal suo autore a' monaci. Tra le sue
osservazioni però, è di peso quella, che
autore s. Benedetto nelle contrade di Su-
biaco di 1 2 monasteri, non abbia fin d'al-
lora dato a'suoi discepoli una norma di
vita regolare; e che quando piacesse con-
cedere a Monte Cassino la lode che da es-
so pai fisse .la regola del s. legislatore, non
potrà per tal fatto contrastarsi al s. Spe-
coavventuiato il merito molto maggiore,
che nel ritiro di esso meditasse egli gl'in-
segnamenti espressi nella sua regola, pie-
ni di celeste sapienza, e che questi pones-
se in pratica nel dirigere i 1 2 monasteri,
i quali poi volle forse ridotti a un certo
sistema di leggi claustrali donai e alla lu-
ce del mondo, il quale ne profittòam pia-
mente e con que' molteplici e felici suc-
cessi che celebrai in tanti articoli. Sia co-
munque, il s. Speco ha il vanto e la glo-
ria d'aver dato al suo ospite l'occasione
d'innalzarvi il 1 .° monastero dell'ordine,
la fonte de'beni e de'lumi non mai abba-
stanza ammirati, che piacque al cielo di
donare allo spirito di s. Benedetto; che
se egli 0 per la specchiata sua modestia o
per altre ragioni non alzò qui il 1 ,° suo
monastero, e lo determinarono a gettare
altrove lai.'1 pietra, questo luogo donde
partì hi magnanima impresa, fu quello o-
vclii meditata pel corso di più anni, e per-
2 >4 s u u
ciò in questa selce beota i benedettini de-
vono riconoscere gl'incunnaboli del me-
ra Tiglioso ordine loro, e la pietra che scol-
pì il colosso del benefico monachismo; Ci-
nalmenle senza questo scoglio non sarebbe
nato a sommo profitto degli uomini quel
celo immenso di cenobiti, al quale si mo-
strò in ogni tempo grata la terra, e fu sì
caro al cielo per le grandi virtù, de'mede-
simi. Lasciò scritto s. Gregorio 1, che nel
sinodo romano approvò la regola di s. Be-
nedetto, di essere stala altresì questa for-
tunatissima selce più ricca ne'suoi prodot-
ti, che le miniere doviziose d'oro e di gem-
me preziose; selce che non si rista dal ge-
nerare i frutti di santità di vita e di sa-
pere, come dall'operaie gli antichi por-
tenti a sollievo dell' afflitta umanità. Il
Brancadoro chiama il luogo Monte Santo
eh Dio, IVI onte propagatore citila santità,
ed esclama.» L'occidente non ebbe più
ragione d'invidiare i progressi che faceva
(o meglio che avea latto ) nell'oriente il
dogma e la morale di Gesù Cristo per o-
pera de'Basilii,de'Gi isostomi ede'Grego-
i ii... benedetto e i figli di Benedetto fu-
rono in luogo di tutti; e furono come la
sorgente di Eden, da cui si diramavano
i reali fiumi, che si dividevano a fecon-
dare la terra. ..OhSubiacolbasta enunciar-
ti, per ravvisare in te questa sorgente am-
mirabile di religione e di pietà... Tu ac-
cogliesti nel tuo seno questo uomo straor-
dinario; ed egli ti rese fecondo di tanti
frutti di benedizione, che se ne giovò pre-
cipuamente la Chiesa, se ne giovò lo sta-
to, se ne giovarono le lettere (si allude al
numero prodigioso de' l'api, cardinali, ar-
civescovi, vescovi, letterati, politici, e santi
usciti dall'inclito ordine benedettino che
qui ebbe isuoi nata li). ..Venne da tela gran
pianta, che co'suoi rami ingombrò tutto
il mondo; degno perciò che sorgessi a tan-
to riguardo, quanto or ne godi ; e che
all' ecclesiastica signoria riunissi in quei
tempi la dominazione temporale, per un
intero e libero esercizio della spirituale
giurisdizione, a vantaggio de'popoli". Lo-
SUB
co poi i nomi e i cenni che il p. Bini dà
de' 12 monasteri, che nelle vicinanze del
s.Speco,per un pensiero ispiratogli da Dio
nel tacito soggiorno che vi menò, furono
eretti dallo stesso patriarca s. Benedetto,
i .°Di s. Clemente, sotto il vocabolo di Vi-
gna Colombaria, poco lungi dal mona-
stero di s. Scolastica alla ripa dell'antico
lago. Questo monastero fu più degli al-
tri abitato da s. Benedetto, il quale vi ri-
cevè i nobili giovanetti i ss. Mauro e Pia-
cido(f.)t affidati allesue cure da'loro ge-
nitori Eutichio e Tertullo. Qui si operò
il succennato miracolo, che ili.0 salvò il
2.° dall'annegarsi (per ricordare il quale
e in onore de'ss. Benedetto, Mauro e Pla-
cido, neh 834 Gregorio XVI fece conia-
re quella medaglia che descrissi nel voi.
XL1V, p. 72j anno in cui volle divota-
mente visitare ancora una volta questi
santi luoghi). Quivi pure avvenne l'altro
prodigio operato da s. Benedetto, di riu-
nire al manubrio il ferro a uso di falce
caduto dalle mani del monaco goto nel
lago. In questo luogo il perfido sacerdo-
te Lorenzo tentò d'uccidere il sauto,fa-
cendogli porgere un pane avvelenato, e
introdusse nell'orto 7 giovani uude per
porre a cimento la virtù de'suoi monaci.
Le colonne di porfido e altri marmi pre-
ziosi che sono nel monastero di s. Sco-
lastica, diconsi avanzi della fabbrica di s.
Clemente, ovvero della villa che Nerone
ebbe nelle sue vicinanze. Bovino del tutlo
questo monastero per lo spaventevole ter-
remoto che desolò l'Italia nel 1216. 2. "Dei
ss. Cosma e Damiano, titolo che ricevè
dallo stesso s. BenedettOj la cui chiesa fu
convertila da s. Onorato 1. "abbate dopo
il s. patriarca nella sala capitolare, e fi-
no a' nostri giorni ha questo medesimo li-
so nel monastero di s. Scolastica. Fu al-
lora edificato altro tempio vicino all'an-
tico, e dedicato a s. Benedetto ed a s. Sco-
lastica di lui sorella (gemella dicono al-
cuni), e si pretende consagrato das. Gre-
gorio I quando vi si recò colla madre s.
Silvia; ma il p. Bini, seguendo il parere
SUB
de'Maui ini, pensa che quel Papa non si
mosse mai da Roma nel suo pontificato.
Allorché poi nel 98 1 fu portata a compi -
mento la restaurazione di questa chiesa,
ne fu fitta la consagrazione da Benedet-
to VII, e prese il titolo di s. Scolastica,
abbandonando l'altro di s. Benedetto, for-
se perchè a lui già da un secolo erasi de-
dicata la chiesa del s. Speco. Devesi sen-
za dubbio considerare questo monastero
Ira i primi dell'ordine, e decisamente il
1 ."restato tra quelli innalzati da s. Bene-
detto, che fu centro di essi, e che venne
arricchito esso solo di singolari grazie e
privilegi, non che di terre concesse dalla
munificenza de'Papi, degl'imperatori e
de* re. Si meritò d'essere chiamato proto-
cenobio, e di esso e sua chiesa e appar-
tenenze parlerò poi, per non interrompe-
re le indicazioni de' 12 monasteri. 3.' Di
S.Biagio vescovoe mai tire,compreso den-
tro i confini della solitudine sublacense,
e lungi più che due miglia dalla città, an-
tico monasleroabitato da s. Romano, che
die l'abito religioso a s. Benedetto e lo nu-
lli. Senza perdere il suo antico titolo gli
si è aggiunto l'altro di s. Ronia'io, e poi-
ché all'epoca della costruzione de' 1 2 mo-
nasteri n'era angusta la fàbbrica per riu-
nirci 1 2monaci, venne da s.Benedettoatn-
pliato. Attualmente ridotto a eremitag-
gio, conserva un avanzo sì grande del suo
antico edifizio da offrire comoda abitazio-
ne penai romito. In due giorni dell'an-
no la comunità monastica del s. Speco si
reca a cantar la messa nella sua chiesa,
hi quale fu consagrata nella festa di s. Lu-
ca daManfredo vescovo diTivoli neh 1 10.
4.°Di s. Gio. Ballista, dello poi di s. Gio-
vanni deli acqua ,0 delle Tre fonti, per-
chè in questo monastero s. Benedetto o-
però il prodigio di aver tratto l'acqua da
una selce, delia qualeaveano in quel luo-
go gran bisogno i monaci ne'loro lavori.
5.°Di s. Maria di Mori ebotta sopra il s.
Speco, che prima avea il vocabolo di s.
Maria diPrimeranejo come altri voglio-
no di s. Maria della Porziuncola, e pel
SUB :>. ) 5
cui esempio fu edificato da' francescani
collo stesso nome di Porziuncola (/'.) il
convento e chiesa di s. Maria degli An-
geli presso Asisi, come scrisse Guglielmo
di Narni nel Chronicon Sublacensis. Ora
è più conosciuto questo s. luogo sotto il
nome del b. Lorenzo Loricato da Fanel-
lo a perchè quivi abitò per molli anni il
celebre anacoreta penitente di lai nome,
nativo di Fanello negli Abruzzi, che vi
si recò neli20()e vi morì nel 1243. Es-
sendosi trasferito il suo corpo nella chie-
sa del s. Speco, non restò in quell'antico
monastero che una chiesuola, alla quale
spesso si recano i divoti di questo santo
per venerare la dimora del rigido peni-
tente (testimoni ne sono i cilizio piastredi
ferro, di cui arroventate corona vasene la
fronte e cingevane le braccia, e la pesan-
te maglia di ferro, con cui copri vasi il col-
po, donde fu detto Loricato, i quali si con-
servano nella sagrestia del s. Speco), od
altri per ammirare la posizione di quel-
la eminente altura tutta circondata da
monti. Il Papa Gregorio XVI, che da car-
dinale ne avea visitato la chiesa e l'ere-
mo ove visse il sauto, quando a'3o apri-
le 1 834 si recò al s. Speco, volle risalire
questo monte, e sostenne l'aspro elevato
cammino interamente a piedi, e cosi fece
nello scendere, offrendo nella maestà del-
la sua suprema dignità uno spettacolo,
che ricorderanno per lunga serie d'anni
l'età future, e di cui si è registrata la me-
moria nella seguente lapide, composta co-
me l'altra del s. Speco dal p. ab. bini, col-
locata al fianco della chiesuola, e pubbli-
cata dal Marocco. Quain Laurcntio Lo-
ricato sacram-Cernis hospes aediculam-
Haec Gregoriani A7 1 Pont. MaX.-lll
Ca l. Mai. An.S.iÒZ ^•Sinibruina fuga con-
scensum - Ac pedilemposlridichuc usque
progressum- L nìverso populo laetitia ge-
sliente - In Divieni Anacìioretam pumi
excepit. Avendo avuto l'onore d'accom-
pagnarvi il cardinale e il Papa, fui promo-
tore del marmoreo monumento, e Io fe-
ci eseguire a mie spese. 6.° Di S. Angelo,
256 S U B
situato nelle vicinanze di Subisco, oltre
il lago detto de Balzi*. Di questo mona-
stero non ci restano neppure gli avanzi.
Quivi vuoisi clie avesse stanza quel mo-
naco, il quale poco attento nell'esercizio
dell'orazione e facile alle distrazioni, ne
Tu con verga punito da s. Benedetto. 7.0
Di s. Fillorino vescovo d' A odierno e mar-
tire,dicui pure non rimangono memorie.
Era questo monastero posto a pie del
Monte Porcaro poi Preclaro, non lungi
da un borgo ovecredesi che si esercitasse
nel ministero di parroco quel sacerdote,
il quale visitò nel s. Speco s. Benedetto
nella solennità di Pasqua. 8.° Di s. An-
drea di vita eterna. Besta va vicino all'al-
veo del fiume, e dopo le rovine cagiona-
te nel principiare del VII secolo da'lon-
gobardi si può credere die non fosse af-
fatto restaurato. g.°Di s. Michele arcan-
gelo. Pochi indizi restano di questo mo-
nastero, che s. Benedetto fece costruire
sotto il suo s. Speco in una piccola pia-
nura sopra la ripa del lago. 1 o.°Di s. An-
gelo di Arsa 1100 Ursano vicino a Trevi,
detto perciò s. Angelo di Trevi, il quale
paese fu per qualche tempo sede vesco-
vile, come narrai al suo luogo. Abbaudo-
to da'monaci, venne convertito in un mo-
nastero di monache, le quali vi soggior-
narono 2 1 7 anni. Sisto IV neh 47 7 l'u-
nì al monastero di s. Scolastica, e restano
tuttora molti avanzi di sua fabbrica. 1 i.
Di s. Girolamo. Questo mouastero fu dei
primi ad essere abbandonato, né fu mai
riparato dalle solfer te devastazioni; sicché
si può dire che restasse diroccato per 8
secoli, finché nel 1887 ne fu rialzata la
fabbrica da Pietro Boverio o Boeri bene-
dettino vescovo d' Orvieto, il quale per
qualche tempo dimorò in s.Scolastica. Ur-
bano VI con bolla ne avea ordinato il re-
stauro,di cui volle prender cura il prela-
to che fu bersaglio de' tempi suoi, pieni
di scismi e di turbolenze, e perquantodi-
chiara il p. Valle nella Storia del duomo
di Orvieto a p. 38. Nelle antiche memo-
rie si legge, che per mancanza di mezzi
S U R
il vescovo non potè per le nuove soprag-
giuntegli sciagure compire la lodevole im-
presa, sebbene vi spendesse 4.000 fiorini
d'oro. Ottenne perciò da detto Papa ai
io luglio [387, un'indulgenza plenaria
da lucrarsi da tutti quelli che avessero per
due mesi prestato l'opera nel compimen-
to di questo lavoro. 1 2.°Di s. Andrea ora
Rocca di Botte. (Molti e non senza ragio-
ne escludono questo monastero dal nove-
ro de' 1 2 fondati da s. Benedetto, ed in
vece vi pongono s. Donato, nella contra-
da che chiamava»! Equi, là cui fabbrica,
sebbene abbia avuto grandi variazioni,
sussiste tuttora, ed è convertita in una
grancìao grangia del monastero di s.Sco-
lastica. Una convincente ragione per non
ravvisare in questo luogo l'esistenza d'un
antico monastero, si è il non trovarsi in-
dizio d' una casa monastica in Rocca di
Botte fuori de'confini dell'abbazia di Su-
biaco, giacché si conosce che s. Benedet-
to fondò i suoi 1 2 monasteri nella peri-
feria di quel suolo sublacense, ch'ebbe poi
il nome di Santa falle. Rocca di Botte,
terra de'Marsi in sito delizioso incontro
a Oricola, così nomata da una forte roc-
ca che in alto monte la custodiva, fu pa-
tria di s.Pietro eremita, uno de'tanti san-
ti che di loro presenza onorarono Subia-
co; ne tratta il Corsignani nella Reggia
JÌJarsicana, senza far parola del mona-
stero di s. Andrea. Bensì ricorda che vo-
gliono le antiche tradizioni che per la via
di Carsoli sia passato s. Benedetto quando
partì daSubiaco perMooteCassino,cooie
più vicina a Subiaco, e in compagnia dei
ss. Mauro e Placido, di due angeli, e di
tre corvi, i quali per 5 miglia sempre fu-
rono loro scorta e guida. Conviene pure
che s. Benedetto dimorò nel paese de'Mar-
si, e lo decorò con edificarvi più mona-
steri. Avverte il p. Bini, che qualche pic-
cola variazione che s'incontra presso i cro-
nisti benedettini nel riferire i nomi de' 1 2
monasteri sublacensi, e particolarmente
presso Arnoldo Wion nel suo Lignum vi-
ine, nel Commentario dell' Esleno, epres-
SUB
so il p. della Noce abbate cassinese, non
dà a sperare precisione e piena verità par-
lando di edilìzi innalzati dai 4 secoli in-
dietro, i quali soffrirono ne'piimi tempi
di loro esistenza le longobardiche deva-
stazioni, multi ne furono restaurati, al-
tri Io furono in parte, e quindi abban-
donati del tutto, restandone a noi scarse
memorie nelle schede degli archivi be-
nedettini. Nella biblioteca Chigiana vi è
il mss. del p. Costantino Gaetano da Si-
racusa, colla descrizione de' i 2 monaste-
ri eretti da s. Benedetto ne' contorni del
s. Speco; la quale si legge pure nel p.Ma-
billon, Annales Benedictini t. i,p. 37.
La fece pure l'av. Fea nella numerazio-
ne e località de' 1 2 monasteri, dopo aver
provato che il paese detto Subiaco non
deve la sua origine a s. Benedetto, con-
tro l'opinione del p. Pujali, cioè a p. /{.5
delle Considerazioni istoriche 3 fisiche-
geologiche, riproducendo il mss. Chigìa-
110, e altrettanto praticò Marocco, /Mo-
numenti t. io, p. 1 i5. Ora fa d'uopo di
parlare prima della chiesa e monastero
dis. Scolastica, già de'ss. Cosma a Damia-
no, come anteriori d'erezione alla chiesa
e monastero del s. Speco, e di questo e
di quella lo farò poi.
Uscendo da Subiaco e leggermente
scendendo, dopo un mezzo miglio la via
comincia a salire così agiatamente, da po-
tervi andare iu carrozza; e per questa si
gode una veduta amena della valle sol-
cata dall'Amene, le cui acque divise on-
de muovere i ruolini, e le macchine del-
le ferriere e delle cartiere, formano varie
cadute. Si perviene poscia ad una cap-
pella sagra alla ss. Annunziala, sulla qua-
le un'iscrizione moderna in 3distici(ripor-
lali da Marocco in uno all'iscrizione po-
sta neli655sull'altare) ricorda il suddet-
to miracolo operato da s. Mauro d'ordi-
nedi s. Benedettone! 028, pel quale s.lMa-
cido fu salvato dall'onde dell'Amene in
che era caduto. Trovo nel n.0y6 del Dia-
rio di Roma deli 841 ,cheiIsulIodatomg.r
Antonucci essendo vescovo di Monte Fel-
VOL. LXX.
SUB z57
tro si recò alla sua patria Subiaco, e con
rito solenne benedì la 1. 'pietra del ponte,
che il consorzio sublacense e provinciale
gettò sull'Amene e per memoria di detto
prodigio denominò s. Mauro. Di piìi che
con annuenza del cardinal Spinola abba-
te commendatario pontificò nel dì del-
l' Assunta nella collegiata, compartendo
la triua benedizione, amministrando gli
ordini sagri e la cresima. All'epoca dis. Be-
nedetto il (ìume ritenuto dalle chiuse ne-
roniane, secondo Nibby, formava qui il
i.°lago che lambiva quasi il sito dell'edi-
cola: e questo lago ripeterò che rimase fi-
no a'20 febbraio 1 3o 5, quando in una pie-
na del fiume, due monaci togliendo im-
prudentemente de'sasd.apriionoun var-
co all'acqua, che rovesciando i ripari tor-
nò nello stato in cui era prima che Ne-
rone la ritenesse, cioè presso a poco co-
me oggi si vede. 11 diverso parere sulla
formazione de'laghi di mg.r Januuccelli,
lo discorsi di sopra. Soggiunge Nibby, a-
ver detto essere stato qui ili. "lago, cioè
il superiore, giacché riferisce Plinio ch'e-
rano tre i laghi : avendo Nibby nelle sue
investigazioni seguito il corso del fiume
al di sopra di quoto, fino alle sorgenti
non trovò tracce degli altri due, ma men-
tre qui sono visibili le tracce della chiusa,
convalidate dallo speco aperto da Traia-
no,edalla storia sovraindicata, crede che
da questo punto l'acqua cadesse in due
ristagni inferiori, anch'essi artificiali, fiuo
a raggiungere il corso odierno. Dice pu-
re, che l'abbandono della villa imperiale
avea fatto sparire uno di questi laghi fin
dall'864,come si trae dalla bolla di s. Ni-
colò I; gli altri due laghi esislevauo an-
cora nelio52, poiché nella lapide inca-
strata nel chiostro di s. Scolastica e ap-
partenente a quell'anno, fra l'altre possi-
denze si nominano/7 Lacusj ma siccome
è ignoto l'anno in che ili. "lago sparisse,
così è ignoto quando rovesciasse la chiu-
sa del 2.0, fatto che dev'essere avvenuto
fra gli anniio52 e 1 3o5, allorché certa-
mente pel documeulo allegato uno solo
»7
s5S S D 13
ne rimaneva. Appena passata la cappel-
]j di s. Plàcido un sentiero a destra con
duce ad alcuni ruderi scoperti nel 1824
e che evidentemente sono avanzi di ba-
rrii fluviali dipendenti dalla villa impe-
ria]editSu6&MrK£t//7?, de'quali Nibby pub-
blicò la pianta nel 1828: fra que'ruderi
vedesi ancora lo speco ([unsi ostruito del-
l'acquedotto dell'Amene Nuovo a perioda
Traiano a sostituzione di quello di Clau-
dio, onde avere l'acqua più pura. Sulla
ripa opposta del fiume a mezza falda del
monte Carpineto sono rovine d'una spe-
cie di ninfeo, composto d'una gran nic-
chia curvilinea fra due nicchie lettihnee
separate fra loro da anditi. Il cammino
dell'alto monte, dal destro lato sempre
costeggiato dall'Amene, è continuamen-
te da spesso bosso fiancheggiato, e di cui
tutto il monte è quasi coperto, che cogli
avanzi della villa diNerone dalla parte op-
posta formano vedute assai pittoriche, il
proto-monastero di s. Scolastica, al quale
dopo le rovine de' bagni si perviene, fu
fondato nel 02o da s.Beuedetto nella val-
le anticamente detta l'ueeja, nelle tene
de' genitori de'ss. Placido e Mauro, cioè
TerlnlloedEutichio nobili romani, i qua-
li nel 528 lo dotai ono di molti beni, che
in parte già notai. Essi furono Subiaco,
comprese le adiacenze del sito del s. Spe-
coli lago colle mole ad acqua e le peschie-
re sino all'Arco di Ferrata (luogo degli
equi e ruscello, che ricordai come stazio-
ne e parlando della massa Ad Laminas),
la città di Tusculo (come notai a Frasca-
ti), Gfl///cflno,Donabello,il lago Foglia-
no colla torre, s. Maria in Sorriseci sino
al mare, e altri molli castelli. Queste do-
nazioni in gran parte provenienti dai fon-
di donati da'padri de'ss. Placido e Mau-
ro, con diploma de'28 giugno 5g6 con-
fermò s. Gregorio I, il quale col consenso
di sua madre s. Silvia gli donò il castello
Apollonioo Ampiglioneiammentato;con
molli latifondi da lui ereditali. Questi pos-
sedimenti in progresso si aumentarono,
dì elitre la lapide più volle ineuzioData,iu
S U R
cui l'abbate Umberto ricorda brevemen-
le i fondi appartenenti al monastero nel
io52, è del seguente tenore, riferito da
Nibby e riprodotte da Marocco. Lo Spe-
co, i due Laglii, il corso del fiume, colle
mole e le pesche, Genita o Jeime, Puce-
iurn 0 la valle Puceja, Opinianum, Au-
gusta o Agosta, Cavaria oCervara, Ma-
ranum o Marano, Anticulum o Anticoli,
Ruvianum o Roviano, Arsala o Arsoli,
Auricola o Oricola, Carsolum 0 Carsoli,
Canloranuin o Canterano, Rocca Cono-
eia o Rocca di Mezzo, Trelanum, Cer-
relum o Cerreto, Rocca Sarractnìscurn
o Saracinesco, Sambuculum o Saoibuci,
Bicilianum o Ciciliano, Massa s. T ale-
vii, Rocca de. Ilice , Rocca luvencianum,
Auipollionumo A in pigi ione, e Collis Ma-
lus. Altri aggiungono a' fondi posseduti
nel 1 e j2dalmonasteio,T uccianetlo, Roc-
ca di Rotte, e Rocca dovane; dappoiché
oltre le rive dell'Amene da sopra a Su-
biaco si estendevano le possidenze fino
al confluente della Ferrala sulla dritta, e
del Giuvenzano sulla sinistra, e tutti i vil-
laggi che coronano queste sponde; sulla
destra da Jennefìnoa Roviano,compren-
denclo Oricola e Carsoli che sono nel re-
gno di Napoli; e sulla sinistra da All'ile
lino ad Ampiglione, servendole di fron-
tiera Guadagnolo. Quindi può riconoscer-
si quanto polente fosse l'abhate di Subia-
co, ossia di s. Scolastica, ne'tempi feuda-
li, in cui ebhe uà territorio di circa 5o
miglia di circonferenza, con giurisdizione
spirituale e temporale, con potere di me-
ro e misto impero che esercitò per 800
anui, i monaci eleggendo l'abbate. Ma-
rocco poi a p. 1 4- ! riporta con ordine al-
fabetico l'intiero contenuto della tavola
marmorea esistente nel destro Iato del
chiostro di s. Scolastica, in cui pure sono
notati i seguenti luoghi che anticamente
appartennero al monastero sublacense e
come segue. Augusta, Arsulum, Aurica-
la, Anticulum Corradi ,Anticulum Cam-
paniae, Aprumanum3 Apollonium, Ale-
1 animi t Aibitretum, Anangula, Antonii
SUB
monliSj Castrarti s. /tngeli, Castrimi Di
cilianum, Babavam, Bubnrannm, nari
rumi, Bit trenitm, Bucanum , Bovaranum,
Camerata, Caiitoraniirn, Castellimi an
tiquum, Campitellnm, Calicianitm, Car-
sogeni Civita1;, Castellimi Panine, Cer-
caria, Cerretum , Civitella, Cisternnla,
Criptttla, Collemalnm, Collis Aitali, Ca-
sa Corbnli, Destanum majns, Destarumi
minus, Ventilila, Domns Pnluliae Civi-
ta*, Effide, Fa1>ianiiin,Floracitiniim,Fe-
roniannm , s .'Felici ta , Foliaiium , Flimien
frigidum in Calabria, G ernia, drammi,
Gallicammi , Jnbenzannni , Intermara-
nnni, llicis fiocca, Lorianitm,Lncianam,
Marannm , ilfallicanuni, Malliolanam,
Miniatami, Mestila,, Velati animi, Massa
s. Falerii,Mncionianam,Mons Casnlis,
Nimpha, Olibanam, Oriliaiutm,Opinia-
nnm, Pisciatami, Picerammi, Ponticel-
liini, Paternum alias Penloma, Paternel-
Inm, Passera num, Pelvia Civitas , Po-
diam, s. Pamphilii castrimi, Paccejitin,
Rocca Canlorana, Rocca s. Ste pliant, Ro-
jatiini, Rubìanam majns, Rnbiannm mi-
aas, Rocca de Butte Jlocca Martini, Roc-
ca de Medio, Rojannm, Rocca de Sart-
re,Rocca Sicca, Siiblacas,Sambiicalam3
Sala Civitas, Scnrcnla, Saraciniscam ,
Sinipronianam , Sloracianam, Stornel-
larli, Sertinianam, Trebaolim Trebana
Civitas, Tuccia» ellunij Tnscnlannrn Ci-
vitas, Tnrpiniannm , Tnrriannm, Trel-
lanam, ZJberanam, Ursanarn, f 'esanimi,
s. Fitas.Dì tutti questi luoghi, almeno di
quelli esistenti, o di cui ci restano notizie
storiche, o li descrissi o indicai di sopra o
altrove, ovvero li riportai negli articoli
Tivoli eFp.osiNONE. 11 loro possesso fu cori-
fei inalo ancora al monastero e abbate su-
blaccuseda'Papi Gregorio I V3s. Nicolò I,
Giovanni Xll, Benedetto VII, Gregorio
V, Pasquale li e aldi Papi, non che da
imperatori come Ottone I. Questo mona-
steio fu denominato prima de'ss. Cosma
e Damiano, indi dopo la devastazione e
invasione de'monasteri fondati da s. Be-
nedetto, avvenuta nel 60 1 per opera dei
S CB 2^9
longobardi, onde i monaci fuggirono in
Roma nel monastero di s. Erasmo, e la
riedificazione e dipintura fattane nel 70J
da Stefano abbate per le cure di Papa Gio-
vanni VII che lo spedì a Subiaco,sembr;i
essere stato postosotto la protezione e de-
nominazione de'ss. Benedetto e Scolasti-
ca, ed anche di s. Silvestro Jj in fatti che
lo fosse già circa la metà del secolo seguen-
te, lo mostra Anastasio Bibliotecario nel-
la vita di s. Leone IV, dicendo che quel
Papa olfrì doni di arredi sagri al moni
sterodi s. Silvestro, s. Benedetto e s. Sco-
lastica, quoti nancupaliir Sablaca. Già
notai, che portata a compimento la re
staurazione della chiesa nel 981 e con
sagrata da Benedetto VII, la chiesa e il
monastero presero il titolo di s. Scolasti-
ca e lo ritiene tuttora, abbandonandosi
l'altro titolo di s. Benedetto, perchè una
chiesa e dedicata a lui già erasi costrut-
ta al s. Speco. Altra generica denomina
zione di questo monastero fu il vocabolo
Suìdacensc, ed in alcune memorie anti-
che fu pur detto del s. Speco, perchè e-
i-agiì congiunto anche nel titolo, ed è per-
ciò che s'intitolò pure di s. Silvestro I, a
cui s. Benedetto avea dedicato l'oratorio
della sua grotta. L'aspetto esterno del mo-
nastero somiglia ad un grandioso palaz-
zo,con gran facciata, pilastri binati e log-
gie simmetriche, guarentitoda largo piaz-
zale e dalla cinta d'alti muri, quindi con-
tiene tre spaziosi chiostri o cortili, alti e
lunghi dormitorii. Il r. "chiostro è moder-
no:ivi sonostati raccolti alcuni monumen-
ti antichi, cioè un sarcofago con soggetti
bacchici esprimenti le feste dionisiache o
il trionfo di Bacco, con Arianna, Sileno e
alcuni Fauni; nel corridore che gira in-
torno, una colonna di marmo numidicu
o giallo antico, altra di porfido, ed una
testa bacchica; oggetti che probabilmen-
te f< irono rinvenuti uelle vicinanze, oche
vennero trasportati da altre delle tante
terre del monastero. Da questo chiostro
si passa in quello più antico costruito nel
secolo X, monumento importante per la
à6o SUB
storio dell'architettura di quel tempo: es-
so è arcuato con archi a sesto acuto, ed
il principale di questi è di marmo orua-
todi bassirilievi, sulla cui sommità vedesi
la 13. Vergine seduta sopra un trono fra
due leoni. Nel portico che gira intorno a
questo chiostro sono due monumenti im-
portanti de'lempi bassi. III." appartiene
al 981, allorché fu terminata la riedifi-
cazione della chiesa di s. Scolastica e de-
dicala nel dicembre dal detto Benedetto
VII, e vi sono espressi in marmo un lu-
po e un agnello, ovvero un cervo e im
caprio beventi a un calice o vaso, e vuoi-
si idea di s. Benedetto per simboleggiare
la sicurezza di questo monastero, essen-
dovi ancora un'iscrizione in memoria del
restauro e consagrazione della chiesa.
L'altro monumento incontro è la lapide
più volle rammentata e descritta colla in-
dicazione de'foudi spettanti al proto-ce-
nobio neh o52,dicendo pure che l'abbate
Umberlo edificò la sublime torre o cam-
panile a onore di s. Benedetto e di s. Sco-
lastica sua sorella, di foggia quasi moresca
e forse troppo ardila,coti campane di mol-
to pregio. Da questo chiostro si entra in
un altro, simile per lo stile a quelli della
Chiesa dis. Paolo fuori delle mura e del-
la Chiesa dis. Giovanni in Laltrano ( V\
di Roma, cioè opera del i .°periodo del se-
colo XIII, nel quale è dipinta l'immagi-
ne della ss. Vergine, lavoro del secolo XV.
Riferisce Marocco che intorno al chiostro
furono dipinti dal Manente que'Papi, im-
peratori e altri sovrani che beneficarono
il monastero, e sotto a'quali i monaci po-
sero le loro memorie di donazioni e pri-
vilegi concessi al medesimo, riportando
tulle le iscrizioni. Questi benefattori so-
no i Papi s. Gregorio I, s. Leone IV , Gio-
vanni XII, Benedetto VII, s. Leone IX,
Pasquale 11, Innocenzo III, Gregorio IX,
Alessandro IV, Urbano VI e Pio 11: l'im-
peratore Ottone III, l'imperatrice Agnese,
e Giacomo III re cattolico d'Inghilterra.
Vi sono pure i ritratti di diversi santi del-
l'ordine, con analoghi disliei. La chiesa
SUB
di s. Scolastica è moderna, maestosa e d'or-
dine ionico,adorna di scelli marmi, d'or-
gano e di coro assai pregievoli. Oltre l'al-
tare maggiore, si contano 8 cappelle la-
terali con quadri mediocri. La i.a a sini-
stra esprime laDiscesa delloSpirito santo,
la 2/s.Martino che generosamente divide
a'poveri il suo paludamento, la 3. l'Ado-
razione de'Magi lavoro del 1640, la4.ala
Coronazione del la B. Vergine. Nell'oppo-
sto lato la 1 ."cappella ha per quadro i ss.
Gervasio e Protasio di Pompeo de Fer-
rariis, la 1.3 s. Anatolia del Goncioli, la
3.a i ss. Placido e Mauro, la 4-n «■ Gre-
gorio I. Sulla volta è dipinta s. Scolastica.
La sagrestia fu costruita neliSyS, come
attesta una lapide: sulla volta Federico
Zuccari o qualche suo allievo vi dipinse
i misteri gaudiosi, i dottori di s. Chiesa,
gli evangelisti, e l'apostolo s. Pietro sve-
gliato dall'angelo; il quadro dell'altare
reputasi della scuola di Maratta. I vi si con-
serva il cappuccio di s. Basilio Magno (di
cui feci parola nel voi. XXVII, p. 221),
non peròdonatoal monastero da'mouaci
basiliani di Grolla Ferrala (/*.),, per gra-
titudine della ospitalità cordiale loro ac-
cordata da'benedettini sublacensi, come
scrissero Marocco e altri , allorché circa
ili i63vi si rifugiarono quando i norman-
ni e i tedeschi invasero il Lazio; ma pel
narrato a quell'articolo, ove dissi le reli-
quie insigni e gli arredi sagri de'basilia-
ni eziandio pervenuti in potere de'subla-
censi. Leggo nella Civiltà cattolica, 1. 1 r,
p. 589, che i monaci sublacensi e il p. ab.
PielroCasaretto,poi presidente della con-
gregazione cassinese, con zelo si adopra-
rono per restituire all'antico splendore la
chiesa di s. Scolastica, che per le vicende
de'tempi era decaduta e non più accon-
cia a Vii vini uffizi, e la riaprirono al divin
culto, a quello della santa e alla pietà del-
le popolazioni a' 1 3 ottobre 1 852, con di-
voto giubilo delle medesime, che corsero
a venerare il tesoro di sagre reliquie che
possiede. Con più dettaglio poi apprendo
dal u.°2 55 del Giornale di Roma la bel-
SUD
lezza de'restauri e degli aggiunti ornati;
le statue de' patroni ss. Benedetto e Sco-
lastica eseguite in plastica e collocate nel-
l'ingresso del tempio; l'altare ili s. Che-
lidonia decorato di scelti marmi, e le sue
ossa rivestite da una figura al naturale e
con ricche vesti; ed inoltre fu nobilitata
la camera capitolare con decorazioni di
stile gotico, come quello che meglio ritrae
l'antico fervore della cristiana pietà; non
che ridonato al suo lustro il claustro del
secolo XIII, ricco d'ornati e dipinti, ch'e-
rano stati iuj|jiancati,oltre altri migliora-
menti e cose aggiunte. Il monastero di su-
perba costruzione, ampio e decente, ha
per sala capitolare l'antica chiesa, come
già rilevai. Il grandioso refettorio è ador-
no d'una buona pittura rappresentante
s. Gregorio I, che vide assiso alla mensa
che imbandiva a i 3 poveri un angelo. Sa-
lendo i ben lunghi corridori, trovasi per
le scale una bella colonna di verde anti-
co, indisi entra in un corridore dal qua-
le si diramano due grandi corsie. Presso
al giardino trovasi la scelta biblioteca, un
tempo assai più ricca di rarissime edizio-
ni,ed il preziosoarchivio dovizioso di per-
gamene e di codici, ed un tempo conte-
neva manoscritti e diplomi di sommo pre-
gio, che involarono le antiche irruzioni
de'longobardi esaraceni, e le moderne in-
vasioni, gl'incendi e altre funeste vicen-
de. Nondimeno possiede pure importan-
tissimi palimpsesti e cronache antiche, e
alcune famose e primitive edizioni delia
iSVrtwJ/Jrt.ImperocchèCoffadoSu'eyuheim
e Arnoldo Pannartz tedeschi, si recarono
in questo monastero nel i 4t>5, ov'erano
alcuni monaci loro connazionali,e vi stam-
parono il Donatus prò puerulis (chiama-
to ili. "libro stampato in Itali?, altri di-
cono il Lattanzio), terminarono l'opera
di Lattanzio Firmiano, quella De Civi-
tate Dei di s. Agostino, ec, trasportando
così la meravigliosa invenzione dalla Ger-
mania in Italia. Nel giugno 1 4-^7 ' due ti-
pografi passarono in Roma e v'introdus-
sero l' arte della stampa, quindi ebbero
SUB 361
origine le stamperie romane eia Stam-
peria camerale, al quale articolo parlai
del qui accennato. Adunque da questo ce-
lebre monastero, in cui fiorirono uomi-
ni sommi per santità e profonda dottrina,
non solo uscirono quelli che raccolte nei
tempi barbari le scintille dell'umano sa-
pere le divulgarono a comune vantaggio;
non solo vi si esercitò nel medio evo l'arte
chirotipografica, con ingegno, pazienza e
dispendio, imprimendo le pergamene con
caratteri di metallo, avorio o legno; ma
in esso fu stabilita lai. 'tipografia italia-
na^ per cura de'monaci sublacensisi pub
blicarono le più rare e utilissime edizio-
ni. Si può vedere quanto ne lasciò scritto
il p. La ii e, Specimen hist. Typographiae
Romanae: De TypographiaeSublacensi,
e riprodusse Marocco a p. 84. Neh 843
fu pubblicato: // monastero di s. Scola-
stica in Subiaco, lettera ili d. Serafino
d' Altemp.<t all'avv. Gaetano de ìì/micis.
Quanto all'archi vio,celebra quanto vi am
mirò, la Cronaca di Giovanni monaco a
ragonese, e singolarmente quella di Che-
rubino Muzio; il loro (concittadino, es-
sendo essi di Fermo) Lattanzio Firmiano,
2.Jstampa se è il Donato la 1 .", di Sweyn-
heim e Pannartz, eseguita nel rj.fi > den-
tro il monastero, in foglio ordinario sen
za numeri, e colle note del teologo Rau-
dense. Osservò i margini bastantemente
spaziosi, le lettere iniziali colorate a pen-
na e amplificate con girigori, essendo la
forma del carattere tutta romana. Parla
dell'altra delizia tipografica: A. Angusti-
ai, De Civilale Dei, x^Qf, altra edizione
de'ricordati artelìci e impressa nell'abba-
zia di Subiaco, e lo prova col codice di ta-
le opera ivi custodito, colle segnature del-
le unghie, ove gli spazi indicati delle me-
desime corrispondono perfettamente ad
ogni pagina dello stampato; ed intorno
all'interpretazione delle lettere che sono
in fine dell'opera, opina che sia il nome
di qualche operaio tedesco restato in Su-
biaco alla continuazione della stampa De
Civilale Dei. Attesta inoltre, esservi nel-
a6a SUB
l'archivio codici e autografi pregievolissi-
ini, resto dell'immenso suo tesoro, li mar-
ca odo una Bibbia in pergamena nitidis-
sima con eleganti miniature in varie tem-
pere, ed in oro forbitissimo; egualmente
in pergumeuai Mora li di s. Girolamo, con
lettere di bel capriccio; un Messale con
qualche immagine garbatamente condot-
ta per entro i IVegijIeSenlenzediPierLora-
bardo; un codice diplomatico del secolo
X, mollo utile per la storia del medio e-
vo; una miscellanea pure di quel secolo,
ec. 11 Muratori, Rer. hai. script, t. 24,
t'd Julia. Medii Aevi t. 4> pubblicò il
Chi ' otricoli Sublacense ,sive 'ca talogus Ab -
balani nwnaslerii Sublacensi ab anno
circiler 5a5 usque ad annuiti i3c)o, ali-
dore ìllonaclioSublaceiisi anonimo mine
pi inumi prodil ex mss. Cod. Roni. Ma-
rocco a p.i23 ci diede la serie degli abbati
claustrali sublacensi, e la continuò co'com-
mendalari sino al cardinal Galletti; la ri-
produrrà poi e compirò con altre notizie.
Imparo ancora dulia Civiltà cattolica ,2.a
ser.,l. 7,p. 33 7, che ora nel monastero su-
blacense vi sono educati alla virtù e alle
scolastiche disci plineGdique' moretti che il
meraviglioso ab. Olivieri trae dalla schia-
vitù e loro apre il sentiero della vita eter-
na; di sua istituzione mirabile con isplen-
dide parole parlai aScui.\vo,e lo celebrerò
più e a Trinitari, come quelli che la per-
petueranno. Seri ve Ni bby,cbe uscendo da
s. Scolastica e costeggiando il recinto del
monastero, lasciasi a destra presso una
cappella la piccola strada die conduce a
Jenuee Trevi presso le sorgenti dell 'Ame-
ne; e salendo sempre per un piano incli-
nato molto agiato, dopo circa 3 (piarli di
migliaentrasiin un viale ameno ombreg-
giato da vecchi elei, avendo sempre d'in-
contro dall'altra parte del fiume il monte
Carpineto, orrido, dirupato, imboschito.
Dopo detto viale si perviene ad un ripia-
no, donde l'occhio spazia sui monli e sul-
la valle sublacense,e deliziandosi di si ma-
gica veduta, poco dopo si giunge alla chie-
sa e monastero di s. Benedetto detto USa-
SUB
grò Speco, ch'è circa un miglio distante
da s. Scolastica e 3 da Subiaco. Questo dee
riguardarsi, come il celebrai, la culla del
monachismo occidentale, ed è addossato
al monte a guisa d'un nido di colombe,
laonde in qualche parte fu d'uopo regger-
lo con sostruzioni arcuate enormi, in al-
tre tagliar la rupe che serve di parete ai
corridori. Perciò mi occorre riprendere
a guida il benemerito p. ab. Bini, e com-
pendiare le sue belle descrizioni della chie-
sa e del monastero, e come santuario do-
vrò essere meno breve; come pure devo
riparlare di quelli ili s. Scolastica e suoi
abbati, oltre quanto dirò in progresso del-
l'articolo, essendo la storia delle chiese e
de'due monasteri collegata tra loro.
Abbandonata da s. Benedetto la vita so-
litaria, per dar mano alla grande opera
meditata uels. Speco, e molto più quando
partito da Subiaco s'avviò per Monte Cas-
sino, non potè certamente la s. grotta non
rendersi oggetto di pubblica venerazione
e di religioso ossequio presso i popoli non
meno delle sublacensi coutrade,ma di tut-
te ancora le vicine regioni. 11 perchè non
andò guari, che l'immediato successore
del s. patriarca nel governo del monaste-
ro de'ss. Cosma e Damiano, ora di s. Sco-
lastica, l'abbate s. Onoratoci die la divo-
ta cura di formare una piccola chiesa io
quella parte dello scoglio, ch'è inferiore
allo Speco, la quale nel suo ritiro avea il
s. anacoreta foggiato a uso d'oratorio, e
che pare dedicasse egli fin d'allora a S.Sil-
vestro l Papa. Mirasi questo in quella par-
te del monteche declina all'Amene, la qua-
le conduce al presente cimiterio, ove si
vede un'antica sua statua, ed è quell'an-
tro angusto ove dissi che il sauto istruì va
alla pietà i poveri pastori. Quell'antro fu
il germe dell'odierno tempio Specuense,
ed ove s. Benedetto esercitavasi dì e not-
te nell'orazione e nelle più aspre tlagella-
zioui. Non avendo l'idea di chiesa, restò
immune uel 60 1 quando i longobardi in-
vaseroSubiaco operaudo barbarici guasti;
una vera chiesa, tuttoché rozza e angusta
SUB
principiò qui vi a sorgere dopo due secoli
e mezzo dall'abbandono che ne avea fat-
to s. Benedetto, a tutto inerito di Pietro
6.°abbatedopo di lui nel governo ilei mo-
nastero suhlacense, al quale s. Gregorio
I avea aggiunto alle altre sue concessioni
quella del s. Speco. Pietro dunque ebbe
il pio pensiero di ridurre a guisa d' una
chiesa l'antico oratorio, e si grande ne fu
il fervore che lo mosse a richiamar a que-
sto luogo in gran numero i fedeli per in-
nalzarvi i loro voti al cielo, che potè egli
ottenere da s. Leone IV, già benedettino
nel monastero di s^Martinodi Roma, che
qua si recasse daR.oma nell'853 evi con-
sacrasse due altari nel lo stesso luo™o del-
l'oratorio, dedicandone uno in onore del
titolare s. Silvestro 1, e l'altro de' ss. Be-
nedetto e Scolastica. Venuto il Papa in
s. Scolastica, nel dì seguente colla famiglia
de'monaci salì a questo sautuario,ovecon-
sagrò vicino all'antico oratorio di s. Be-
nedetto i due altari, donando poi alcuni
vasi e suppellettili per uso della chiesa spe-
cuense, e confermò tutti i privilegi già ac-
cordati da'suoi predecessori al monastero
di s. Scolastica. Percirca duesecoli losta-
to della chiesa nulla guadagnò nella sua
ampiezza e spleiulore,sebbene sotto la sua
povera forma non lasciasse d'essere fre-
quentata dal popolo divoto, chiamatovi
pure dal santo scopo di visitare pili sopra
la sagra grotta. Nel governo abbaziale del
francese Umberto, sebbene in tempi pieni
d'angustie pe'monaci del monastero su-
blacense, quell'abbate concepì il nobiledi-
segno di cuoprire con uu fabbricato u-
tramqiie cryptam, l'antro cioè ove erasi
formato il suo oratorio s. Benedetto, e vi
erano stati innalzati due altari, e lo Speco
ch'era slata la sua stanza negli anni del-
la solitariadimora iuquel sito;edalla riu-
nione delle due parti dello scoglio chiu-
se da un muro nacque una chiesa nuova,
la quale se non avea il pregio d'una elegan-
te struttura, offriva almeno al popolo un
comodo maggiore allo sfogo de'suoi di vo-
li esercizi. Questa non avea l'ingresso che
SUB *63
dalla parte del monte Talèo, cioè a dire
all'estremità dello scoglio posto al fianco
dall'aulico spineto poi roseto inferiore al
presente cimiterio , donde per disagiato
cammino salivasi a venerare l'oratorio e
ils. Speco di s. Beuedelto. L'abbate Um-
berto in quest'opera e nella fabbrica del
monastero specuense, fu con gran muni-
ficenza soccorso da s. Leone I X, da cui nel
io5a creato abbate quando si recò nel
monastero di s. Scolastica per quietarvi
alcuni torbidi. Chiamò il Papa a se alcu-
ni di Subiaco, e fece loro acre rimprove-
ro per certe scritture ingiuriose al mo-
nastero sublacense, ordinò che fossero da-
te ulle fiamme, confermando al monaste-
ro il possesso di Subiaco e di tutte le ter-
re che avea soggette. Di più concesse alla
chiesa specuense nel giorno di s. Grego-
rio I l'indulgenza di 7 auni e altrettante
quarantene; nel giorno di s. Nicolò vesco-
vo di Mira, 3 anni e altrettante quaran-
tene; e nel giorno di s. Romano abbate,
g anni e altrettante quarantene. Di que-
sto santuario, fra' più venerandi del cri-
stianesimo, disse s. Leone IX: Properni-
rabilis est Locus iste per omnipolenlem
Dciuiì. Che se la chiesa non presentava al-
lora nelle sue parti, che un oscura stanza
in salita e tutta in lungo, non si debbono
minori lodi per questo al zelante abbate,
poiché i suoi sforzi furono slimoli alle po-
steriori ampliazioni e abbellimenti. Non
passarono infatti che pochi anni dall'o-
pera d'UmbertOjche il successore Giovan-
ni 5.° die mano a erigere nel luogo stesso
un tempio quale si conveniva al ss. eroe,
e la pietà richiedeva del popolo a lui di-
voto. L'abbate Giovanni 5.° era un mo-
naco del monastero di Farfa (di cui me-
glio riparlai a Sabina e Spoleti) della no-
bilissima famiglia Crescenzi, e assai noto
al cardinal Ildebrando poi il grau s. Gre-
gorio V II, che incaricato da Alessandro li
della visita e riforma del monastero subla
cense,seco l'avea qua condotto nel r 062;
sicché egli stesso lo destinò allora al go-
verno del monastero, e divenuto Papa lo
264 s u B
creò cardinale e lasciò abbate di s. Sco-
lastica, al quale era unito e soggetto il s.
Speco. Si propose egli di portare a com-
pimento l'opera cominciala da'due pre-
decessori, e ne toccò felicemente la meta.
Imperciocché condusse questo cardinal
abbate la chiesa allo slato in cui trovasi
presentemente; e se si considera il tempo
al quale appartiene il lavoroni! luogo del-
la sua costruzione, devesi annuii are l'ec-
cellenza di quell'arte, per la quale al fianco
d'una scogliera, senza deviare dal suo an-
damento per non alterare lo stato della
s. grotta, oggetto dell'antico e del nuovo
edilizio, s'innalzò un tempio acconcio a
riscuotere e nutrire la divozione del po-
polo verso sì cospicuo santuario. Il car-
dinal Crescenzi raggiunse col mezzodì va-
lenti artefici l'ideato disegno, e ne fanno
fede gl'intendenf^altamente encomiando
l'eccellenza e la singoiar maestria d' un
tempio eretto nel declinar del secolo XI.
Fu nella costruzione di esso che si demo-
lirono i due antichi altari, perchè dan-
neggiali dall'umido, a'quali uno se ne so-
stituì nella parte alquanto superiore al
presente cimiterio, lontano dal contatto
del monte e dalla rupe adiacente, il quale
tornò a dedicarsi a Papas. Silvestro I ; lo
consagrò Pietro vescovo d'Anagni, ed è
quello che oggi contiene le ceneri del b.
Lorenzo da Fanello. L'altro altare ven-
ne poi costruito nella chiesa superiore, ed
in esso si collocarono i sagri avanzi di s.
Anatolia verginee martire (trasportativi
da Castel Vecchio, per quanto dissi nel
yoI. LX, p. 44) ed a P- 45 riparlai della
sorella s. Vittoria). A questa santa il po-
polo professò sempre tenera divozione, e
innanzi all'altare che consagròAdamo ve-
scovo d'Alatri, si facevano aulicamente le
professioni monastiche colla solenne pro-
messa dell'osservanza de'3 voti, invocan-
dosi pure il nome di s. Anatolia. Per a-
verdunqueil zelantissimo cardinal abba-
te formata di grosse pietre una scala per
salire dall'antico oratorio alla s. grotta,
e quivi altre due, l'uua dii2 e l'altra di
SUB
1 3 gradini, aprì cos'i a tutti una comoda
via ad ascendere al tempio superiore, il
cui pavimento ornò di pietre di vario co-
lore, e tale si mira tuttora. Una sola era
la porta che conduceva il popolo alle di-
stinte parti della chiesa, edera appunto
quella aperta con gran disagio a chi per
balze escoscesi dirupi recavasi fin da prin-
cipio a venerar l'oratorio e lo Speco di s.
Benedetto. S'impegnò pertanto il cardi-
nale nella costruzione d'una strada più
comoda a praticarsi, che fece nascere dal-
la cappella di s. Croce, della quale non
restauo avanzi, la cui struttura impiegò
l'opera di molle braccia e la spesa di ri-
levante somma, onde adattarvi un uni-
forme strato di pietre. Inoltre l'abbate fe-
ce ornare di pitture la chiesa, da lui con-
dotta a questo termine,da eccellenti mae-
stri di Roma, secondo la condizione del
tempo e lo stato dell'arte pittorica, i qua-
li artisti pare che incominciassero le loro
pitture dalla volta, che sembrano di gre-
co pennello, ricordando gli antichi mu-
saici coetanei romani le forme gigante-
sche de' santi e degli angeli che rappre-
sentano. In questa chiesa il cardinale ri-
cevè nel 1077 I' imperatrice Agnese (in
occasione che si recò in Pvoma a far pe-
nitenza, per aver contribuito all'elezio-
ne dell'antipapa Onorio li contro Papa
Alessandro II, e sotto la direzione del be-
nedettino cardinal s. Pier Damiani, fa-
cendo la sua confessione generale avanti
la tomba di s. Pietro: fu ospitata onora-
tamente nel patriarchio Laterauense da
s. Gregorio VII, ed in morte le cele-
brò solenni funerali e la fece tumulare
nella basilica Vaticana ) spogliata del-
l' amministrazione del regno dall' inde-
gno figlio Enrico IV persecutore crude»
le delia sanla Sede, dopo aver con edi-
ficante contegno visitalo i monasteri be-
nedettini di Monte Cassino e di Far fa, al-
loggiandola nel monastero di s. Scolasti-
ca. In questo vi accolse pure Pasquale II
a'28 agosto 1 1 1 7, che si recò in Subiaco
per richiamare alla soggezione del mo-
S U B S U B a65
Basterò i due castelli di Pon7a e di Adì- esso, ed è quella che ancora si pratica da
le, de'quali erasi impadronito lldemondo, taJnno, e inferiore alla presente costruita
e gliene confermò il possesso. Salito poi neli68cj. Erasi aperta più tarili rimpet-
als. Speco vi consagrò un aitare che de- to alla s. gioita un'entrata vicino all'an-
dicòa'ss. Benedettoe Maino, il quale re- tica, ma fu presto chiusa e olire l'idea di
sto demolito quando nel i 5g5per amplia- una nicchia nella chiesa inferiore che con-
re la chiesa inferiore si tolse la scala che tiene l'immagine del Redentore. Al ter-
l'ingombravae altra se ne costruì persa- mine della via di detto abhate, con pie-
lire alla parte superiore del tempio. Que- cola gradinata furono condotti i monaci
sloabbate, tanto benemerito del s. Speco, al piano della chiesa superiore.e dalle lo-
assegnò alla sagrestia l'entrate delle cine- ro celle al coro probabilmente a que'dì
se di s. Giovanni d' Anticoli, di s. Maria presso la sagrestia e nello spazio che di-
d 'Arsoli e della Madonnad'Oricolajedo- vide le due parti snperioree inferiore del
pò aver governato 56 anni il monastero tempio : però la porta attuale del tem-
sublacense, morì in decrepita età, ed eb- pio fu aperta nel secolo XVI, quando si
be successoti che nulla operarono a de- chiusela porta situata al sinistro latodel-
coro della culla dell'ordine, sino a Gio- l'aliare della chiesa superiore. In tempo
vauniGAliTagliacozzo.Nel i 202Papa In- di dello abbate fu diviso l'ingresso degli
nocenzo 111 si recò aSubiaco per riforma- uoniiuidnqucllodelledonne,pcrchèran-
re nella regolare osservanza il monastero lieo ricordato sentiero comprendeva nel-
dis. Scolastica, e salito al s. Speco e tutto l'accesso alla chiesa una piccola parte del
attentamenteconsiderato, dipoi volle che monastero, laonde perledonnefu aperta
una particolare famiglia di monaci aves- altra porta, ora pe' muli : per questa le
se quivi fissa e slabile dimora, assegnali- donne ascendevano lino ai la parte del-
do i mezzi pel suo mantenimento, giac- l'antico coro, e di là scendevano alla s.
che fino allora non se ne contavano che grotta. Siccome poi restava sempre au-
pochi, i quali di loro scelta vi prendeva- the per questa via l'inconveniente, che
no stanza; ed or. lino altresì, che il pi io- una parte del monastero venisse prati-
re del s. Speco fòsse distinto da quello cala dalle donne, ordinò perciò G rego-
di s. Scolastica, e dipendessero ambedue rio XI che venisse del tutto loro inibito
dall'abbate di questo ultimo monastero, l'accedere al s. Speco; e perchè non si de-
ll Papa creò peli. "priore del S.Speco Gio- fraudasse il loro bene spirituale, traspor-
vanni di Tagliacozzo, e concesse alla chie- tò a loro comodo soltanto le indulgenze
sa l'indulge nzadiyanniealtreltantequa- alla chiesa del s. Speco concesse da'pre-
rantene nel giorno di s. Benedetto. 11 Fer- decessoli alla cappella di s. Crocella. Ri-
Ione, De' viaggi de Pontefici, ritarda al conoscente l'abbateGiovanni 6. "all'ope-
i a 1 1 l'andata d'Innocenzo III a Subia- rato da Innocenzo III a vantaggio del s.
co, e narra che nel concilio generale di Speco, volle alla destra della scala che
Luterano IP nel 121 3 con lungo rego- conduce alla s. grotta effigiarne l'irumagi-
lamento riparò alla decaduta osservali- ne,cbe pose in fronte al diploma delle or-
za de'monaci sublacensi, enedà unsun- dinate concessioni, il quale ha la data dei
lo. Il prioreGiovanni dopo averi 5 anni 24 giugnoi2i3, e alla destra di tal di-
in tal qualità soggiornato al s. Speco, fu pinto vi è il ritratto d'un monaco, pro-
da Onorio HI nel 1 2 1 7 creato abbate di Inabilmente quello dello stesso abbate,
s. Scolastica. Questo Giovanni 6.°aven- Questiordinòpurelepiltureafìescoprin-
do conosciuto i bisogni e la convenienza cipalmente nelle pareti del tempio infe-
d'accrescere splendore esterno al s. Spe- fiore, e vi pose il suo stemma, ed il p.
co, aprì migliore strada da s. Crocella ad Bini le crede eseguite da pennelli Italia-
266 S U B
ni cou erudite ragioni, rigettando l'opi-
nione che i pittori di quell'epoca fossero
tutti di greci origine. Più vicini a'nostri
tempi e non lontani da quelli di Cima-
buee di Giotto, egli reputa i dipinti della
chiesa superiore, i quali in gran parte
rappresentano nelle pareti la storia della
Passione e Ascensione del Redentore, ed
il Transito della B. Vergine; né manca-
rono altri pennelli che ne' tempi poste-
riori lavorarono nella chiesa, poiché nel-
lo scendere la scala che conduce al giar-
dino delle rose, o*e le pareli sono tutte
dipinte, si vede l'elligie di s. Gregorio F,
col nome del pittore greco Stammalico
e l'anno 1 4-^9- Similmente alla litiistra
di chi scende lai. "scala che parte dalla
chiesa di mezzo, in una nicchia è l'im-
magine della Madonna con due figure ai
fianchi, ed il nome del pittore Magisler
Coiìxulus pinxìt hoc opus, e si conside-
ra dipinto posteriore agli altri. Nelle pa-
reti della scala clic conduce al cimitero
vi sonopilture coevea quelle della chie-
sa, edue monaci dipinti nel i3 i 5.11 com-
plesso di luttequeste pitture diverse pre-
sentando i progressi dell'arte, i cultori di
essa si recano a studiarle e copiarle. In-
oltre le volte e le pareti hanno fregi con
simboli usali per ornamento delle cri-
stiane basiliche negli antichi tempi,come
l'Agnello incarnato, le colombe che be-
vono al vaso stesso di elezione, e altre em-
blematiche immagini. Morto Giovanni
6.°, gli successe nel governo di s. Scola-
stica Landò, nel pontificato di Gregorio
JX, il quale atterrito dalle spaventevoli
scosse di terra che afflissero tutta Italia,
non meno che dall'infuriare di desolante
peste che faceva strage, specialmente in
B.ocua e nelle vicine provincie di Cam-
pagna, pensò d'implorare da Dio la ces-
sazione di tali flagelli recandosi a questo
santuario, ove passò il luglio e l'agosto
12 28 nell'esercizio d'assidua orazioneedi
peuitenzasevera. Vi consagrò as. Grego-
rio 1 (per eseguire il voto fitto in concia ve
dt\Sctttzonio,e per singolar divozione ver-
SUB
sos. GregorioI e per sua madre s. Silvia)
l'altare degli Angeli custodi, e l'arricchì
di doni e privilegi spirituali. Di questo
si ha la memoria ne'versi esametri, che
in tal cappella si leggono sotto la sua fi-
gura in atto di consagrare l'altare, e ri-
portati dal p. Bini: altri versili cancellò
il tempo. Siccome sotto l'immagine del
Papa l'iscrizione dice consacravil eccle-
■siani, devesi però intendere la sola cap-
pella, perchè supplicato da'monaci ad e-
stendere a tutta la chiesa il rito solenne
della consagrazione, rispose che non a-
vrebbe mai preleso di con«agrare un Ino-
gogiàsantificatodalla lunga dimora fat-
tavi da s. Benedetto e dalle lagrime che
vi avea versato di compunzione e di a-
rnore verso Dio. Di tal fatto n'è prova la
pittura, nella quale vedesi il Papa colla
mano sopra un libro in cui è scritto : Flic
locus sanctus es/.Quivi pure è un saggio
di pittura della 1/ metà del secolo XI li,
oltre l'immagine di s. Francesco d'Asisi,
posta alla destra dell'ingresso della cap-
pella, colle paiole Fr. Francìscus, che
si recò al s. Speco nel 1-2 2 3. Ad essoGre-
gorio IX accordò pe' visitanti la remis-
sione della j." parte de'peccati nel gior-
nodis. Benedetto; l'indulgenza di g anni
e altrettante quarantene nel giorno di s.
Biagio e di s. Mauro; di 5 anni e altret-
tante quarantene nel giorno de'ss. Pla-
cido e Flavia martiri. Amorosissimo Gre-
gorio IX co' benedettini, con 4 diplomi
confermò al monastero di s. Scolastica i
suoi antichi privilegi. Alessandro IV a-
vendo professato in s. Scolastica la rego-
la benedettina, neh 260 portatosi inSu-
biaco fece breve dimora nel medesimo e
lo arricchì di molle grazie, conferman-
do pure l'indulgenze accordate da' suoi
predecessori al s. Speco, e concesse quel-
la d'un anno nel giorno di s. Benedetto.
Xelf2C)4 s- Celestino V concesse per tal
giorno l'indulgenza dicjanni e altrettan-
te quarantene. Urbano VI nel 1 3 8 i fu
nel monastero di s.Scolastica,ed al s. Spe-
co, ove si trovò pi escute alla professione
SUB
d'un monaco. Quietò in s. Scolastica le
discordie insorte nell'elezione dell'abba-
te, la quale l'eseguì egli stesso, e decretò
clie in avvenire la scelta dell'abbate per-
petuo,la qualecompeteva prima alla con-
ventualità, fosse soggetta al beneplacito
e manualità della s. Sede. Indi neh 38(3
accordò al s. Speco l'indulgenza d'un an-
no e d' una quarantena nel giorno di s.
Michele Arcangelo, e di 3 anni e allrel-
tiinte quarantene ne'giorni di s. Nicolò e
di s. Scolastica. Pioli recatosi in Snbiaco
nel i4^'> sau 026 settembre al s. Speco,
enei giorno stesso accordò alle donne l'in-
gresso nella chiesa, ch'era innanzi per lo-
ro vietalo, aggiungendo alle antiche in-
dulgenze quella di 10 anni e altrettante
quarantene ne' giorni delle tempora di
settembre. 11 diploma porla la dato, in
nwnasteiio sac. Spccus anno 1 46 1 sexto
calendas oetobris. Gregorio XIII a' 28
settembre 1 583 concesse 1' indulgenza
plenaria dalla domenica di settuagesirna
lino alle Ceneri inclusivamente, e dalla
domenica di Passione alla Pasqua, una
volta altresì nel mese di maggio e nel-
l'8.a d'Ognissanti, e di più 7 anui e altret-
tante quarantene per ogni volta diesi sa-
lirà la scala santa al s. Speco. Nel santua-
rio del s. Speco è chiamala Scala santa
quella per la quale s. Benedetto vi scen-
deva, recandosi nel così detto oratorio ad
istruire i pastori, e perchè i fedeli soglio-
no ascendere piamente per essa in ginoc-
chio, orando sopra ogni gradino, ed ac-
quistano così l'indulgenza. Di altre sca-
le sante e diverse da questa, parlai al-
l' articolo Scala santa. Grandi varia-
zioni non incontrò coll'avanzar degli an-
ni la fabbrica di questo tempio nelle sue
parti,e quale ora si mostra, tale già fu ne-
gli ultimi sei secoli precedenti. Avvenne
solo nel 1 5y5, in cui esseudone abbate il
p. d. Giulio da Mantova vi fu operalo co-
sa, per la quale nou è a dubitarsi aver
egli meritato somma lode. Siccome l'an-
tica via che conduceva al s. Speco, na-
sceva o faceva capo alla parte inferiore
SUB i67
dello scoglio sotto il presente cimiterio,
come già dissi, e non eravi rimpetto alla
s. grolla quell'apertura che vi esiste pre-
sentemente, perciò di là si saliva per una
scala protratta fino al mezzo della chiesa
al di sopra della stessa grotta, e quindi
per altra piccola scala si scendeva a toc-
care quella parte di scoglio che contie-
ne l'antico antro che formò il luogo di
dimora del glorioso s.Benedctto,ove tro-
vavasi collocata la sua statua,ed è quella
appunto che esiste nell'antro del suo ora-
torio. A togliere dunque la bruttura di
quella scala che ingombrava il mezzo del-
la chiesa inferiore, e per rendere più co-
modo l'accesso della s. grotta,pensò prov-
vidamente l'abbate p. Giulio di demoli-
re la scala che conduceva in salita all'al-
tra per la quale si discendeva, e fatta una
esterna apertura quale ora si mira, e rot-
ta altresì una parte dello scoglio per in-
nalzare un altare dirimpetto alla statua,
la quale prima era al fianco, ed ora tro-
vasi in mezzo dei s. Speco, rese così me-
no disagiato per tutti e facile il visitarlo,
ed assistere alla celebrazione de'sagri mi-
steri.L'apertura che forma l'ingresso alla
s. grotta fu ampliata nel 1 765, e l'aliare
che vi era stato eretto, fu consagrato dal
vescovo d'Alatri Giulio di Terni. L'an-
tica statua di niun pregio, fu rinnovata
nel 1657 dallo scultore Antonio Raggi di-
scepolo del Bernini, il quale la terminò
con talesquisilezzad'arte, cheonora que-
sto artista e il celebrato maestro. L'al-
tare pure dopo circa due secoli fu rico-
struito di marmo di Carrara in modo da
non coprire la statua eh' è al di dietro, e
tutto nel 1783 per cura dell'abbate p. d.
AmbrogioMirelIi poi arcivescovo diChie-
ti, ed a'4 agosto lo fece consagrare dal-
l'abbate dis. Scolastica p. d. Antonio M.a
de Cuppis. Già Innocenzo XI avea con-
cessa l'indulgenza plenaria ne'giorni di
s. Benedetto, di s. Scolastica, di s. Mau-
ro, di s. Placido e compagni martiri, di
tutti i ss. Monaci, e di s. Gellrude. Altra
indulgenza plenaria a'2 2 novembre 1701
268 S U B
avea accordala Clemente XI una volta
l'anno a tutti i fedeli, che confessati e co-
municati avessero visitato il s. Speco,ap-
plicaljile in suffragio de'defunii,colla bul-
la Injunctae rzoétf, presso il Bull. llom. t.
io, par. i,p.2Q.Pio VII a' 2 jt luglio 1 8 i 7
estese la concessione di Clemente XI a
una volta il mese. Nel Bull. Rom. cout.
1. 1 3, p. 42 7, vi è il breve di Pio V\l,Satis
supera uè t diretto al cardinal Galleflì ab-
bati monasterii s. Scolastica?, Sublacen-
sis ordini* s. Beuedicli, nullius dioece-
sis in dislriclu Urbis: Assignatio bono-
rum prò manutentione s. Specus,ubi s.
Bensdictus jtcit fundamento ordinis sui
in abbatta nullius dioecesis prope Subla-
cuni. Noterò pure che verso la metà del
secolo XVI 1 1, il celebre cardinal Corra-
dini di Sezze, ove meglio ne parlai, qual
protettore della congregazione cassinese,
impetrò dal Papa Clemente XI 1, che un
numero di 4 confessori tuonaci colle fa-
coltà de Penitenzieri di Roma (nel quale
articolo dissi ancora di quelli cassinesi
della basilica di s. Paolo, e dell' ullizio da
loro eziandioesercitatoins.Ma ria inTras-
tevere quando questa fu sostituita all'al-
tra negli anni santi) e del santuario diLo-
reto,risiedessero sempre nel s. Speco; che
le medesime indulgenze de' ss. Limìna
vi lucrassero i divoli, e quanti al santua-
rio peregrinassero; con l'arcivescovo Te-
deschi,di cui riparlerò, ne restaurò il mo-
nastero, e non potendo egli solo bastare
per le beneficenze che praticava con al-
tri, invitò con caldissime lettere a contri-
buirvi tutti gli abbati cassinesi di Fran-
cia, Germania, Spagna e Portogallo, ri-
servandomi in progresso di riferire altre
beneficenze. Questa chiesa e insigne san-
tuario, in complesso ecco come la descri-
ve Nibby. Nel i.° ingresso di questo luo-
ge vtdesi un' aquila de' tempi bassi ; il
corridoio chesegueèornato di pitture del
secolo XV, e la parie sinistra è la rupe
stessa del monte: l'autore delle pitture è
incognito, la data però del 1466, che por-
tano quelle della cappella che precede il
s u B
s. Speco, e che sono del medesimo stile,
sono un documento positivo del tempo
in cui furono eseguite. Quelle del vesti-
bolo rappresentano fatti della vita diGe-
sù Cristo. Si discende al s. Speco per due
cappelle dipinte da Condolo, ed il Lan-
zi fa rimontare al i2iq quella esprimen-
te una eonsagrazione di chiesa. Merita
particolare menzione quella della strage
de'ss. Innocenti, pel modo con che è rap-
presentala^ quella nella quale si vede di-
pinto l'antico lago Snblacense, che allora
esisteva. Nella cappella propria del s.Spe-
co,già spelonca naturale doves. Benedetto
si die a vita contemplativa, la sua statua
berninesca Io rappresenta in età e sotto
forme giovanili (e (piale il p. Bini pose con
incisione in principio delle Memorie). Da
questa cappella si discende (traversando
un vestibolo dipinto circa il 1 5oo, come
si vede sotto quello del Giudizio univer-
sale) a quella di s. Silvestro I (chiamala
della Dottrina) colla statua del Papa in
terra cotta, donde si passa in un piccolo
giardinocon roseto, che ricorda il vepra-
io sul quale rotolossi s. Benedetto. Nella
sagrestia vi sono alcuni buoni quadri mo-
derni, fra 'quali una s. Famiglia forse di
Correggio o di scuola bolognese 0 de'Ca-
racci. Aggiungerò,che nella sagrestia, ol-
tre i ricordati cilizi del b. Lorenzo (il cui
romitorioè poco distante), si conserva un
campanello di s. Benedetto, cioè quello
di s. Romano e rotto dal demonio. An-
che il Marocco e con particolarità descri-
ve il santuario e la strada che vi condu-
ce, le vedute sorprendenti che da qui si
godono, tra il fragoroso mormorio del-
l'Aniene, la dicontro folta selva di elei, e
che sopra V ingresso vi sono dipinti dal
Manente, la B. Vergine col divin Figlio,
s. Benedetto e s. Scolastica. Dice che il
santuario può dirsi veramente composto
di 3 templi io uno, sotterranei che fauno
stupire per la solidità, per le antichissime
pitture a fresco, e per l'altre magnificen-
ze. Pertanto ne fa la descrizione divisa in
3 parli, che ioacceuuerò per evitare trop-
SUB
pe ripetizioni, e riportando nozioni non
riferite di sopra, onde prendere una mi-
gliore idea di questo celeberrimo santua-
rio. Nella i .a chiesa d'architettura gotica
rimarca il pavimentodi fini marmi trat-
ti dall' Arcinazzo, l'unico altare di bellis-
simi marmi col corpo dis. Anatolia so-
vrastato da una tavola esprimente la 13.
Vergi ne col Bambino,co'ss. Giovanni Bat-
tista ed Evangelista,non che dallo stem-
ma dis. Benedetto e formato da un leone
lampante e da una torre, lateralmente
essendo dipinti i suoi genitori. Al manco
lato vi è l'ambone o pulpito di marmo,
ornato di rosoni e coll'aquila di s. Gio-
vanni Evangelista, che colle ali forma il
leggio. Sopra il grand'arco di fronte vi è e-
spressa mirabilmente la Crocefissione del
Bedentore, ed a'iati gli Apostoli e i Dot-
tori. Da questa i." parte del tempio per
due laterali ingressi si discende al 2. "san-
tuario del s. Speco con 4 cappelle sagre a
s. Scolastica, a s. Mauro, a s. Orsola, e al
ss.CrocefissOjCon altari di marmi fini: alla
sinistra vi è un altare di bellissima opera
alessandrina con due colonne spirali: da
questo ripiano trovasi a destra la sagre-
stia, ove tra'quadri stupendi sono nota-
bili un quadretto di Giulio Romano di-
pinto sul rame, e s. Sebastiano di Guido
Reni. Indi perlina scala si passa al 3.° sot-
terraneo ornatodifìnestregoticheco've-
tri dipinti a vari colori, e con figure di
Santi e Papi benedettini, ove dietro l'al-
tare si venerala s. grotta e la statua mar-
morea di s. Benedetto con aspetto ange-
lico, avente da un lato il cauestrino nel
quale s. Romano gli calava l'alimento.
Qui Marocco riporta l'elogio in versi fat-
to al santo probabilmente dal discepolo
Marco, ed un sonetto d'altro monaco al-
lusivo a s. Benedetto quando si gettò e-
roica niente sulle spine, come pure le la-
pidi esistenti sull'ingresso della s. grolla
e sulle pareti della scala. Sopra la s. grot-
ta è l'altare privilegiato da Clemente XI
e dedicato a s. Gregorio I. Finalmente si
discende al 4-° sotterraneo o cappella di
SUB 269
s. Maria di Morrebotta, nel cui altare ri-
posano le ossa del b. Lorenzo da Fanel-
lo, prima militare e poi monaco benedet-
tino. Welle pareti della scala tra le pit-
ture va ricordato il trionfo della morte,
enei 1 5j3 un pellegrino polacco vi scrisse
que' versi che riproclusseMarocco,il quale
descrisse ancora le altre pitture dei luogo,
lodando specialmente quella del Transi-
to della B. Vergine, che troppo hingosa-
rebbe il riferirle. Diqui si scendealla grot-
ta detta della Dottrina o di s. Silvestro,
ov'è contiguo il cirnitei io de'monaci for-
mato sotto lo scoglio e abbellito vaga-
mente dagli stallattiti dell'Aniene.Adun-
que sembrache veramente 3 templi si di-
stinguano nel s. Speco: ili. "comprende
il coro, l'altare maggiore, co^li altari ad
esso vicini prima d'entrare nella sagre-
stia; il 2.0 contiene la cappella di s. Gre-
gorio I,eil prossimo s. Speco; il Slab-
bracela la scala santa, la cappella dove ri-
posa il corpo del b. Lorenzo Loricato, ed
in fondo la spelonca o oratorio ove s. Be-
nedetto istruiva i pastori. Ora passo col
p. ab. Bini a parlare del monastero spe-
cuense di s. Benedetto, col quale hanno
stretta relazione le notizie riguardanti il
vicino proto-cenobio dis. Scolastica; laon-
de per unità d'argomento le serbai per
qui ragionarne.
Incomincia l'abbate e storico del suo
monastero con dichiarare intemperante
zelo quello d'alcuni, che pretesero soste-
nere avere s. Benedetto nell'erezione dei
monasteri sublacensi innalzato questo che
giace a contatto del s. Speco avanti i!5o5,
e perciò doversi reputarecomecapoe cen-
tro di tutti gli altri fondati innanzi al ">2f),
in cui parti da queste contrade per Mon-
te Cassino; quindi prova insussistente la
vantata primazia, ripugnante ma fedele
alla slorica verità, solo al più ammetten-
do che alcuni abituri sursero in vicinan-
za della s. grotta per ricetto di quelli che
recavansi a visitare il santo e appagare il
fervore cristiano, portando a lui cibimi
co/yjom, per averne a ricambio alimeli-
270 SUB
la i'/Me,coni(! accennai in principio. Che
è frequente il caso di lèggere ne'diplomi
pontifìcii molle lodi attribuite al luogo o-
ve s. Benedetto operò tanti portenti, le
«piali con aperto equivoco si vorrebbero
adattare esclusivamente al s. Speco, e ta-
le è senza dubbio il senso in cui si han-
no a prendere le frasi adoperate nelle bol-
le da'Papi Gregorio IV,s. Nicolò I, Pa-
squale li e Urbano V, sebbene in quella
di Pasquale II si soggiunga cui Sublacus
nomea est. Anzi la prova più convincen-
te è il diploma di s. Gregorio I del 5q6,
ài donazione e conferma delle possiden-
ze al monastero sublacense, »'.' a cum spe-
cuj che se presso il s. Speco fosse esisti-
to il monastero capo e centro di tutti gli
altri, certamente il Papa non l'avrebbe
confermato o donatoal monastero subla-
cense; mentre al s. Speco propriamente
non incominciò ad esistere una chiesa pri-
ma dell' 853, o antro ove s. Leone IV
consagrò due altari, che se vi fosse esisti-
to un monastero, non poteva essere man-
cante del luogo sagro per raccogliersi al-
la preghiera. Fu il monaco Palombo del
iogo che si può considerare come ib.°
che vi prese stanza, pel permesso accor-
dato dal cardinal Giovanni 5.° Crescenzi
abbate di s. Scolastica, di passare ad abi-
tare il s. Speco, e vi restò 7.5 anni fino
alla morte sua in ctllulam quaderni exi-
g'ta, senza aver avuto a compagno altro
monaco,poichè durava ancora a que' tem-
pi lostatodi perfetto abbandono,e la man-
canza d'una famiglia di monaci in que-
sto luogo, per cui Pasquale 11 1 5 anni do-
po il passaggio che vi fece il monaco Pa-
lombo, tornò nel e i i5 a donarlo al mo-
nastero sublacense ossia di s. Scolastica,
cimi adjacend sylva et monte loto. Vero
è però che l'abbate Umberto avea con-
cepito il desiderio d'innalzarvi un mona-
stero per custodia della chiesa, di cui a-
vea dato forma nella parte dello scoglio
che comprende la s. grotta; ma in quegli
infelici tempi obbligalo a dimettersi dal
governo del suo monastero, non potè ef-
S U B
fettuareilsuolodevoledivisamentoepor-
vi una famiglia di cenobiti divoti. N'eb-
be quindi la gloria il successore e memo-
rato cardinal abbate Crescenzi, il quale
con immense spese gettò le sode fonda-
menta a fianco del monte Talèo, facen-
do coll'opera affaticata d'industriosi ar-
tisti scomparire ledine ineguaglianze del-
le lupi adiacenti alla scogliera, costruen
do le volte, perchè oltre le necessarie of-
ficine sorgesse un dormitorio nel piano
fornito di comode, sebbene anguste came-
re, donde potessero passare i monaci sen-
za salita di scale dalle proprie celle ad uf-
fiziare nel coro della chiesa superiore; nel-
lequali opere ili ben inteso edifizio quan-
ta fosse l'eccellenza di chi l'eseguì, e la
lode che seppe meritarsi l'abbate ordi-
natore, si può ravvisare da chiunque vo-
glia considerare che tutto dovè operarsi
nel tortuoso giro d'un monte, cheappog-
gia la fabbrica, rompendo le parti dello
scoglio ove l'uopo il richiede va, e costruen
do meravigliose soslruzioni di pilastri e
di archi a grosse pietre, che ne assicura-
no la durata a fronte della corrente del-
l'acqua del vicinofìume,alla cui ripa s'in-
nalza questo artistico fabbricato. Però ad
onta di tantezelanti cure, per dare lustro
e decoro all'antica stanza di s. Benedet-
to, non potè il cardinal abbate vedervi
riunita una famiglia di monaci. Piestato
il santuario come prima deserto di mo-
naci, alcuni per privato amore comincia-
rono spontaneamente a prendervi stanza,
ma non più di 3 o 4» che se cadevano in-
fermi tornavano in s. Scolastica per cu-
rarsi. Presentando il monastero i mezzi
acconci al disimpegno delle monastiche
incombenze, quando nel i 1 65 per le san-
guinose contese tra il popolo romano, e
gli albanesi e tusculani, fattasi troppo io-
quieta la dimora de'monaci basiliani di
Grotta Ferrata, l'abbandonarono e si ri-
tirarono a Subiaco, implorando dall'ab-
bate di s. Scolastica cardinal Simeoue^o-
relli (che Cardella vuole morto prima), il
permesso di fissare il loro soggiorno al s.
S C D
Speco: furono esauditi, e vi abitarono tan-
to lungo tempo,che ninno di essi potè ri-
tornare al proprio monastero, di che fe-
ci già ricordo. Finalmente piacque a Dio,
che la romita stanza del gran padre del
monachismo d'occidente, culla di tutto
l'ordine e monumento perenne dell'incli-
te sue virtù, non istesse più priva di quei
figli da essa derivati. Questa bell'opera
era riservata al niagnanimolnnocenzolll,
che portatosi nel 1202 in s. Scolastica pei
narrati motivi, e salito al s. Speco, ordi-
nò che una famiglia di monaci vi avesse
fìssa e stabile dimora, pel mantenimento
della qiuile assegnò l'annuo sussidio, che
avrebbe percepito a nome della camera
apostolica dal cartello di Po rei a no (forse
caste! Porziano, l'antica Laurealo, che
descrissi a Lazio, 0 Poivciano di Frosiao-
nf). Volle pure che per conservare intat-
ta la disciplina monastica avesse il mo-
nastero del s. Speco il suo priore clau-
strale distinto da quello di s. Scolastica,
e dipendenti entrambi dall'abbate di epici
monasterosublacense; e la scelta del prio-
re,come rilevai parlando della chiesa,cad-
de per volontà del Papa nella persona di
Giovanni da Tagliacozzo, che poi fu ab-
bate sublacense. La bolla de'6 settembre
delle concessioni fitte da Innocenzo HI
al s. Speco si legge nella pittura posta al-
la diritta di chi scende la 1 ."scala che con-
duce alia s. grotta: questo è il (."diploma
che trovò il p. Bini e duetto specialmen-
te al monastero specuense, né potè esser-
cene altro, giacché fino allora fu sempre
il santuario dipendente dal monastero di
s. Scolastica, come una sua proprietà. Nei
giorni che governava come priore il mo-
nastero specuense Giovanni da Taglia-
cozzo, il celebre penitente b. Lorenzo da
Fanello ottenne dall' abbate sublacense
Romano di potere raccogliersi in solita-
rio ritiro nell'antico monastero fondato
da s. Benedetto, detto di s. Maria di Mor-
.rebotta, che sta sopra il s. Speco, e poi pre-
se il uome del Bealo Lorenzo, pel lungo
domicilio fattovi da questo austerissirao
S U B 271
penitente: egli vi salì a' 1 6 dicembre 1 209.
Altro illustre ospite ebbe il priore Gio-
vanni, ricevendo nel 1 22.3 s. Francesco ili
Asisi quando si portò al s. Speco. Ma la
più bella e più nobile ospitalità fu quel-
la di ricevervi e albergarvi per due mesi
Gregorio IX, che nel 1228 stabilì il nu-
mero de' mona ci a 6, e dal suo nipote A-
lessandro IV nel 1 2 ì6 portati ai?,, essen-
do abbate di s. Scolastica Enrico fervi-
do promotore della monastica disciplina.
Per la stretta relazione di dipendenza che
avea il monastero specuense dal subla-
cense, non poteva ili.0 non risentire al-
tamente e di riverbero le sciagure, dalle
quali era questo agitato, e due ne avven-
nero dopo la morte del zelantissimo ab-
bile Enrico, ben gravi e funeste. Lai."
fu nel 1274 quando si trattò dare a quel-
l'abbate un successore, per la fazione che
insorse fra i monaci a favore di Pelagio,
e che adoperossi con tutti i modi a con-
servarsi l'usurpata giurisdizione; e l'altra
quando il monastero ci i s. Scolastica nel
1297 fu nei suoi diritti occupalo da fi*.
Francesco minorità bastardo della poten-
te famiglia Gnetani 0 Cattaui (la quale
vi possedeva già de beni, come Falle. Pie-
tra, della (piale riparlai nel voi. XXVII,
p. 282) dell' allora regnante Bonifacio
Vili. Xell' uno e nell'altro trambusto
ne solili non poco la quiete e la sussisten-
za de' monaci specuensi, a' quali furo-
no perfino negati i loro assegnamenti pel
servizio della chiesa. Riparò a que'mali il
cardinal Giacomo Sciarla Colonna , di
gran consiglioeprudeuza, incaricalo con
ottimo succeso da Clemente Vaiare ri-
tornare la tranquillità e l'ordine ne'due
monasteri. Ma nuove sciagure sovrasta-
vano sulla monastica famiglia custodedel
solitario ritirodis. Benedetto, le quali tan-
to si avvicendarono da turbarla sua quie-
te ad onta delle provvide disposizioni d'In-
nocenzo III, e delle cure de'successori per
la sua conservazione. Le sempre rinascen-
ti scissure fra' monaci sublacensi, fomen-
tate principalmente dagli sforzi degli am-
272 SUB s U B
bit: osi per occupare que)l'abbftzia,influi- molilo aitate di s. Mauro. Nel 1 36?, elet-
rono poteutemenle a danno della quie- lo abbate Bartolomeo 3." sanese, da Ur-
te della famiglia specueuse, ottenuta col- bano Velie avea professato la regola be-
l'opera del cardinal Colonna, e che videro nedettina, ottenne che il priorato di s.Cro-
ben presto alterata. Dopo qualche anno ce del bagnolo nella diocesi di Perugia,
Giovanni XXII, restato m Avignone, ove da lui già precedentemente coperto, ed
avea stabilito la residenza pontificia Cle- una volta appartenuto all'ordine agosti-
mente V,nel i 3 i Bdièeglistessonella va- niano, venisse unito al sagro Speco. Inol-
canza dell'abbazia di s. Scolastica l'abba- tre il benemerito Bartolomeo 3.° a soste-
te, scegliendolo dalla famiglia di Monte gno della regolaredisciplina introdusse nel
Cassino nella persona di Bartolomeo i.° j 3f>4 ne' due monasteri alcuni monaci
Senza dire gli splendidi beni da lui recati chiamati da Germania, a'quali poi s'uni-
a quel monastero, va narrato com'egli rono altri, chequi giunsero da quella re-
trovando mal ridotto quello specueuse , gione, e cos'i avvenne che que' tuonaci te-
in modo che i cronisti riferiscono, che pò- deschi fecero a s. Scolastica e al s. Speco
tiiis stabulimi aniinaliuni, aitarti mona- una dimora di circa un secolo e mezzo. Ed
choriun pottterit appellati , stabilì perciò è perciò che probabilmente i due tipografi
subito al s. Speco una nuova famiglia di connazionali che portarono in Italia l'ar-
inonaci, che preseda varie parti d'Italia te della stampa, si diressero e furono o-
e perfino d'ollremonte; la ripristinò con spitatiin s. Scolastica con aumento di sua
12 individui, e separate dalla sua men- celebrità per le felici raccontate conse-
sa abbaziale le rendite delle due chiese di guenze. Nuovi aumenti di fondi decretò
s. Pietro di Cerreto e di s. Cristoforo di Bartolomeo 3.° e tolti dalla mensa abba-
Gerano, le applicò al s. Speco, per prov- ziale sublacense al monastero del s. Spe-
veclere principalmenleal trattamento dei co, concessione che fece confermarcela Ur-
pellegrini, che qua si recavano a venera- bano V con bolla de' i4 S'L,Sno ' 365. Ve-
re la s. grotta, come risulta dall'atto di nulo quel Papaa Roma, destinò Barto-
donazione dato dalla Fiocca di Subiacoai lomeo 3.° abbate di Monte Cassino, ove
a^settembrei 338. L'abbate Bartolomeo mondi veleno nel i 372. Per buona veli-
li.0 migliorò pure la fabbrica del monaste- tura del monastero specueuse l'avea suc-
ro, ottenendo da Giovanni vescovo di Ti- cesso in quello sublacense l'antico suo
voli, nella cui diocesi si comprendeva al- prioreFrancescodaPadova. Volendoque-
lora il s. Speco, alcune indulgenze da lu- sii provvedere alla mancanza dell'acqua,
crarsi da tutti quelli che si fossero ado- la cui penuria teneva sempre angustiati
pernii coll'opera loroin questo lavoro. Nel- i monaci specuensi, fece costruire la ci-
I'anno8. del suo governo, Giovanni ab- sterna che tuttora si adopera per racco-
baie del monastero di s. Maria della Vit- gliere l'acque piovane; innalzò purealcu-
toria (di cui riparlai nel voi. LXV,p.i93), nestanzeremoteacomodode'monaci,che
diocesi de'Marsi, essendo stato delegato bramato avessero menar vita più rilira-
giudice apostolico pel componimento di ta, delle quali però si hanno pochi avan-
alcune questioni del monastero di s. Sco- zi; fece edificare Pinfermeria,stata poi rin-
lastica, recò al s. Speco la reliquia dell'os- novata, e nell'ultimo piano del mooaste-
so d'un braccio di s. Vittoria vergine e ro stabilì, oltre la sala della meusa comu-
marlire, ricevendone un'altra in cambio ne, le stalle e tult'altro che può bisogna-
di s. Anatolia sua sorella. Morì Bartolo- re a una monastica famiglia. Ottenne al-
meo2.°dopo 2.5 anni di lodevole gover- tresì daGregorioXI la conferma delle por-
no, e il corpo per sua disposizione fu se- zioni così dette di pane e vino a carico del-
polto nella chiesa specueuse, avanti il de- la mensa abbaziale, conosciute allora sot-
SUD
to il vocabolo di jtislitiac pa nis et vinij e
fece rinnovale dallo stesso Papa l'inibi-
zione suindicata alle dotine d'entrar nel-
la chiesa e nella selva, assoggettandone il
permesso al prudente arbitrio del priore
claustrale. Ma il demonio nemico della
religiosa concordia, la turbò sotto questo
egregio abbate, e ruppe i nodi di quella
fraterna amorevolezza che univa gli ani-
mi de' monaci dell'uuo e l'altro monaste-
ro. Fu allora che Gregorio XI ordinò co-
me salutare rimedio una visita apostoli-
ca, incaricandone Pietro veseovod'Orvie-
to e i due monaci Giordano e Antonio,
uno abbate di s. Nazario di Verona, l'al-
tro di s. Eutizio di Norcia. Benché questi
■visitatoti procedessero con ottime inten-
zioni, nondimeno il risultato non poteva
essere più infesto alla tranquillità de'due
monasteri, poiché giudicarono che fosse
utile mezzo a raggiungerei! bramato sco-
po di riunire sotto un'amministrazione
sola le due separate rendite, senza com-
prendere che riusciva un fomite a con-
tinue dissensioni, o che almeno si rende-
va più critica la posizione del s. Speco,
tanto inferiore nelle possidenze al mona-
stero di s. Scolastica. Primo elfetlo di tal
misura fu la caduta dall'antica pontificia
benevolenza di Francesco, il quale fu de-
stituito dal governo abbaziale,e dovè con
religiosa rassegnazione soffrire tal mor-
tificazione; finché eletto in Roma Papa
Urbano VI, riconosciutesi da questi le im-
provvide misure della visita, subito ne
aflidò l'incarico al cai dinal Gentili vesco-
vo di Nocera. Non potendo egli occupar-
sene di persona, ne aflidò l'esecuzione a
Pietro priore di s. Maria Nuova di Roma,
e all'abbate di s. Poliziano di Lucca Oli-
vetani. Tornarono essi a separar le ren-
dite de'due cenobi mediante la pontificia
sanzione, tutto si modellò con pace, si ri-
conobbe che l'abbate Francesco merita-
va lode, e venne restituito al governo del-
l'abbazia sublacense. Dopo questi tempi
non si fecero variazioni, e fu durevole la
dipendenza del monastero specuensedal-
VOL. LXX.
s i r, 273
l'abbatedi s. Scolastica, giacché nella nuo
vamente decretata separazione de' beni
nel 1 4o6 fu pure ordinalo che le due co-
munità non avessero a riunirsi che per l'e-
lezione dell'abbate, con beneplacito d'In-
nocenzo VII. Noneraavveuuta niuna in-
no vazione,quandoCalisto II Idopo la mor-
te dell'abbate Guglielmo, nel 1 4-55 com-
mendò l'abbazia al cardinal Torrecrema-
ta.Neli479>''egnando Sisto IV, per pre-
mura del cardinal Borgia 2. "commenda-
tario, e con accordo del cardinal Orsini
abbate commendatario di Farfa, al mo
nastero di questa si unirono i due cenobi
sublacensi; unione che presto si sciolsenel
seguente pontificato d' Innocenzo Vili.
Come poi meglio dirò, nel 1 5i49egui l'u~
nione de' monasteri sublacensi all'arci-ce-
nobio di Monte Cassino, non senza tor-
bidi e inquietezze, principalmente provo-
cati ne'monasteri sublacensi da' monaci
alemanni, a'quali si aggiunsero non po-
chi italiani. 11 malcontento dell'operala
unione spinse tan t'olire gli animi a con-
trariarla, che formatasi una congrega di
12 monaci, questi audaci pensarono di
avviarsi a Trento, ove soggiornava l'im-
peratore Massimiliano I, per fargli i loro
reclami, e quindi dal nipote Carlo V. Se-
nonchè riuscirono senza effetto le loro
querele, per avere i due principi rigetta-
to le loro rivoltose rimostranze. Vero è
che se a qualunque monastero tornò van-
taggiosa l'unione, utilissima sarebbe do-
vuta riuscire a quello del s. Speco. Avea
questo acquistato con autorità pontificia
una propria fi miglia di monaci,delIa qua-
le per più secoli n'era stato mancante; e-
ransi ad esso fissati certi determinati fou-
di per la sua assistenza, e con indipenden-
te amministrazione;esolo gli restava d'e-
manciparsi dalla dipendenza e soggezio-
ne dell'abbate di s. Scolastica, bene che
dovea attendersi nell' unirsi alla uuova
congregazione. Tultavolta questa cosa,
tauto favorevolmente ideata, fallì ne'suoi
concepimenti. Imperciocché per colpa di
chi volle abusare della superiorità della
18
a 7 \ SUB SU B
forza, il monaslerospecuenselornùa man- tenore, prese il magnaniniopartilo «li vol-
(.11 «li monaci, fn di nuovo assoggettato, gerle spalle a Roma, rinunziando a quel-
bencllè senz'autorità, ina per la sola via l'avvenirelnminosnche l'altendeva}econ
di fatto all'abbate di s. Scolastica, ricaden- licenza pontificia si ricoverò nel suo di-
t\o così nel suo antico languore, perchè letto s. Speco. Questo monastero era tor-
le sue rendite consistevano in assegna- nato allo stato di languore e di abban-
menli chea varie rate percepiva dal mo- dono de'monaci, indi signoreggiato dal-
naslero sublacense. Sorprende come niu- l'abbate di s. Scolastica, alla cui dipeli-
no accorresse al riparo di tanta ingiusti- «lenza di nuovo soggiaceva, ottenne il pre-
zia, e a difendere dalla prepotenza inno- latod'abitarelestanze ov'eransi perqual-
cenli vittime. Sì strana condotta progre- cbe tempo raccolti il cardinal Torrecre-
dì per più lustri, non senza detrimento mata e altri personaggi. Ivi il pio arci-
sensibile del servizio del santuario, finché vescovo con edificante zelo fu tutto inte-
Clemente XI bene istruito di lutto, per so a migliorare la fàbbrica del tuonaste-
quanto poi riferirò, dovè obbligare il mo- io danneggiata per l'altrui incuria, e so-
nastero di s. Scolastica a mantenere al s. pia l'antiche officine eresse i due dormi-
Speco due monaci, i quali fossero abili ad torii ancora esistenti, soccorso in questa
esercitare le funzioni di penitenzieri, on- spesa da' confratelli benedettini di Ger-
de i fedeli che non lasciarono mai di fre- mania, Ungheria, Spagna e Portogallo,
queulare il santuario non andassero pri- e da non pochi monasteri d'Italia, secon-
vi de'conforti spirituali. L'antica stanza dato pure in sì nobile impresa dal sullo
romita di s. Benedetto non poteva esse- dato card ina (Corradi ni, che operò quanto
re per più lungo tempo il bersaglio d'un celebrai. Di più il cardinale cooperando
lagrimevole abbandono, per cui quando alle mirabili cure di mg. i' Tedeschi, que-
il benedettino vescovo diLipari Nicola M. sti fece larghe donazioni per provvedere
Tedeschi di Catania, per que'motivi che a'bisogni della chiesa e alla sua assisten-
registrai nel voi. LXV, p. 260 eseg.,ab- za, dispose che il monastero specuensefos
bandonò la sua diocesi per recarsi in Pio- sesempre indipendente dall'altro di s.Sco-
ma, dopo qualche tempo fu fatto segre- Jastica, ed autorizzato ad affigliare i mu-
tano de'riti e dell'esame de' vescovi, ed naci come praticasi ne'cenobi più grandi
arcivescovo in partìbus d'Apamea. Non della congregazione; che dalla sua fami
avea egli mai visitato la s. grotta, e re- glia dovesse scegliersi l'abbate proprio e
catovisi tale fu la profonda e teneia ve- un priore, quando i suoi professi fossero
nerazione da cui fu penetrato, che prima giunti a 1 2, disposizioni tutte che fece sa li-
di restituirsi in Roma, nel monastero di ziotiare da Clemente XII. Assestate così
s. Scolastica con atto del 1724 assegnò le cose e in modo che il santuario non ri-
fondi del suo privato patrimonio per la cadesse nelle passate disgustose vicende,
manutenzione di 5 lampade, che dovea- ebbe mg. r Tedeschi la bella consolazio-
110 ardere continuamente dì e notte pres- ne di vedere nella festa della Visitazione
so la s. grotta. Questa pietosa disposi/io- della B. Vergine nel 1732 aperto il suo
ne non fu che il preludio di quel tanto di amalo monastero, con una famiglia tli 6
più, che poi il benefico prelato ordinò e monaci sacerdoti, e Io reputò il più fausto
dispose, impegnalo al progressivo e co- giorno di sua vita. Ma BenedelloXl V, che
stante splendore del santo luogo. Ritmo- faceva di lui altissima stima, lo richiamò
vandosi in lui le soavi impressioni lice- in Roma, designandolo al cardinalato. Af-
vute nell'antro beato, raffrenò i moti del flitlo il prelato per dipartirsi dal santua-
cucre finché polè, ma finalmente a sfogo rioche vagheggiava, dopo aver fatto nuo-
di quella vampa che non sapeva più con- ve largizioni alla casa in un tempo che
SUB
dovea incontrare nuove spese, giunto in
Roma vi rese l'anima a Dio in s. Calisto
a'sq selleinbrei j/^i, lasciando erede u-
niversale di quanto eragli rimasto il mo-
nastero specuense, nella cui chiesa furono
trasportale le sue ossa e per sua disposi-
zione tumulate innanzi l'altare del s. Spe-
co. Nell'invasioni francesi del fine del se-
colo passato e del principio del corrente,
scompigliati i domimi papali, ebbe que-
sto monastero la bella ventura di non es-
sere stato chiuso e spogliato de'suoi be-
ni e de'suoi religiosi, fino al i 8 i o in cui
partecipò della deplorabile generale abo-
lizionede'chiostri; tuttavolta chi potè re-
stare alla custodia del santuario lo gio-
vò in ogni maniera per la conservazione
del cenobio e del culto del santuario, cioè
)'. esemplare e benemerito p. abbate ci.
Francesco Cavalli ravennate, il quale es-
sendone priore all'epoca della soppressio-
ne, ebbe il buon animo di non abbando-
narlo, sebbene costretto a deporre l'abi-
to monastico; sicché al termine delle vi-
cende politiche, restituito il cassinese Pio
VII alla sua sede, con suo permesso po-
tè pel i ."riassumerlo, e dare accesso a più
confratelli, che furono solleciti e pronti
a farne la loro stanza, fino a che si ria-
prirono gli altri monasteri della congre-
gazione cassinese. Il monastero conserva-
si nel sistema di regolare disciplina e di
attenta cura all'assistenza del santuario,
frequentato dal popolo di voto delle vici-
ne non meno che delle lontane regioni.
Quella piccola antica torre, che sovrasta
appuntino la s. grotta, o fu innalzata ne-
gli antichi tempi a sorvegliare dalle sue
muragli andamenti e le mosse dell'im-
petuose soldatesche, ovvero servì a mo-
strare al divoto pellegrino il luogo ov'e-
rano diretti i suoi passi. Il monastero seb-
bene elevato a grande altezza, offre grato
e salubre soggiorno uella stagione estiva,
e siccome la sua fronte è rivolta a mez-
zodì rende meno crudo il verno. Merita
ricordo il superbo refettorio pegli affre-
schi che dicousi di greco pennello, ed e-
SUB 27 ~
sprimenti Gesìi Cristo e la B. Vergine,
con a'Iati s. Giovanni Evangelista e s. Be-
nedetto con pastorale di singoiar lavoro,
la cui immagine è ripetuta pressoun An-
gelo. Vi sono pure dipinti s. Gregorio I,
s. Leone IV, s. Agostino e s. Scolastica.
Nel riportare qui appresso alcuni cenni
storici di Subiaco, trovo opportuno d'in-
nestarvi la serie cronologica de<di abbati
claustrali sublacensi che lo signoreggia
rollo, fìnoa quella degli abbati commen-
datari dell'abbazia nuilius, de'quali pu-
re farò il catalogo, edi quelli decorati della
porpora si potino vedere le loro biogra-
fie per le notizie.
Per quanto già narrai sulle prime o-
rigiui di Subiaco, incomincierò dal ricor-
dare, che s. Benedetto recatosi in Monte
Cassino vi fondò il celebratissimoarci -ce-
nobio, tuttora (luridissimo, e vi promulgò
quella regola meditata in Subiaco, che
fu poi abbracciata in occidente e altrove
da quelle congregazioni monastiche di
cui scrissi articoli, e delle quali divenne
patriarca al modo detto a Monaco. La so-
rella s. Scolastica si consagrò a Dio nella
sua giovinezza, e sebbene s'ignori il luogo
certo del suoi. "monastero, e dalla quale
e dal santo fratello derivarono le monache
Benedettine (F.), è indubitato che morì
in quello presso Monte Cassino, nella cui
chiesa s. Benedetto la fece seppellire, ed
a lei vicino fu egli tumulato. Nella bio-
grafia di s. Scolastica, con Butler dissi
credersi da alcuni essere state trasferite
in Francia le loro reliquie, e che nella
chiesa di s. Pietro di Le Mans si vene-
rino,almeno quelle della santa. Forse, co-
me avvenne con altri santi, si presero le
reliquie per l' intero corpo che possiede
Monte Cassino. Pertanto Urbano li (F.)
fulminò la scomunica contro chi avesse
negato tale esistenza. Dopo la beata morte
di s. Benedetto, avvenuta nel 543, fu 2.°
abbate del suo ordine s. Onorato, ed a
questi successeElia, insigne per santità di
vita. Dopo essere siala la misera Italia
inondata e desolata con uccisioni, depre
276 SUB
dazioni e distruzioni da' goti, dagli unni,
éa'vandaliydagYi eruli e da altre barbare
nazioni, lo fu pure da'feroci Longobar-
di^ V ) contaminati dall'ariana eresia, co-
me pure narrai a R.oma. Ivi ancora no-
tai che s. Gregorio I ne raffrenò l'impeto e
li pacificò co'romani: ma nel 60 1 riaccesa
la guerra tra i longobardi e i romani, toccò
a questi tale sconfittaglieli Papa sebbene
da più anni assuefatto a vivere tra ne-
miche spade, tuttavia di tal crudele guer-
ra più amaramente che delle altre si dol-
se. Presi allora dal timoredellearmi bar-
bariche, i monaci sublacensi fuggirono iu
Roma per porsi in sicuro nel monastero
dis. Erasmo, fondato da s. Benedetto sul
Monte Celio, e concesso loro dal Papa.
11 longobardo re Agilulfo, fiero eorgoglio-
so della vittoria, anelando d'insignorirsi
di Roma, intanto si sparse a depredarne
i dintorni, e penetrato in Subiaco e nei
monasteri pose tutto a sacco e a fiamme.
La descrizione che fa s. Gregorio I del-
la generale desolazione è veramente or-
ribile. Per tutta Italia s'incontrano spo-
polate città, fortezze abbattute, chiese in-
cendiate, monasteri rovinati, intere cam-
pagne abbandonate dagli agricoltori. Di-
roccati e spogliati i monasteri sublacensi,
i monaci e i loro successori restarono in
s. Erasmo peno4 anni. In questo lungo
intervallo di tempo, nel Chronicoti Su-
blacense trovasi un'ampia lacuna, e man-
cano totalmenlele notizie del paese. I mo-
nasteri e il castello di Subiaco per sì fie-
ra devastazione restarono abbattuti, mas-
sime i primi, e fino al 705 in cui per le
cure di Papa Giovanni VII il monastero
sublacense venne riedificato dall'abbate
Stefano 1 ."Resi allora meno acerbi i costu-
mi de'longobardi, molti de' quali eransi
convertiti alla religione cattolica, torna-
ti da Roma in Subiaco i monaci, risuo-
narouo tosto le claustrali mura di sagri
cantici, ed il cenobio ricuperati i latifon-
di in breve tempo gli accrebbe, estenden-
do l'abbate la sua signoria. Dopo il 726
per ispootanea dedizione de'popoli, il du-
S U B
cato romano si assoggettò al pieno domi-
nio della Sovranità de romani Pontefici
e della s. Sede (F)> e della sua estensio-
ne trattai a Roma, comprendendo ezian-
dio Tivoli e le adiacenze; laonde si può
dire che anco Subiaco e i suoi contorni
soggiacquero all'alto dominio papale sot-
to s. Gregorio II. Dell'anteriorità del tem-
porale dominio de'Papi nel ducato roma-
no, della legittimità del loro principato
sovrano, originato dal libero consenso dei
popoli, e fiorito assai prima moralmente
innanzi che pigliasse forma di potere ci-
vile, e che Carlo Magno fu piuttosto un
autenticatoreeampliatore di taldominio,
che foudatore, lo confessò lo stesso Giober-
ti, e mg.r Jannuccelli rimarcò opportu-
namente a p. 46- Indi Papa s. Zaccaria
del 74'. e più tardi Carlo Magno, con-
fermarono tutti i beui spettanti al mona-
stero sublacense, ed i suoi privilegi. Al-
l'abbate Stefano 1 ."nel 752SuccedutoSer-
gio, dopo il governo di 74 anni gli fu so-
stituito nell'81 SPietro i.°,s°tto il quale e
nell'847 ' saraceni incendiarono barba-
ramente il monastero sublacense, e gravi
danni recarono pure aSubiaco. Verso que-
sto tempo i monaci edificarono Cavedio-
freddo e molte circostanti terre e castel-
la. Nell'85y fu abbate Leone i.°, nell'867
Azone, nell'88 i Leone 2. °, nell'880 Leo-
ne 3.° in tempo del quale e circa i! q38
gli ungati chiamati in Italia da Alberico
conte del Tuscolo, rovinarono e devasta-
rono il monastero di s. Scolastica che restò
deserto 42 anni. Solfa molto anche Su-
biaco, ed i confinanti marsi patirono mol-
tedepredazioni; tutta volta armatisi i mar-
si li sconfissero, particolarmente contri-
buendovi i carsolani ed i tagliacozzani.
Nel Registro sublacense evvi un giudica-
todiGiovarini XII,scrittoneI maggio cp8,
incili Leone 3.° abbate di Subiaco narra,
che essendosi il Papa trasferito a Subiaco,
avea quivi ascoltato e domandato conto
de' pregiudizi, che quel mouastero avea
sofferti dopo la morte d'Alberico 11 coule
Tusculano e padre suo. Udite le parti, ed
SUB
esaminati i privilegi, condonò le peneal-
la parte avversa, confermò al mouastero
vari beni e gliene concesse de'nuovi, ro-
gandosene l'alto. Di altri Papi che ono-
rarono di loro presenza Subiaco, prima
e dopo quest'epoca, lo riferii più sopra.
Quanto a Giovanni XI!,conviencdireche
vi ritornò, poiché leggo nel p. Bini, che
nel 963 Papa Giovanni XII si recò a Su-
biaco per assoggettare nuovamente il po-
polo all'abbate di s. Scolastica, dalla cui
soggezione avea cercato sottrarsi. Voleva
punirlo con gravi pene, dalle quali potè
l'abbate stesso ottenere dal Papa che ve-
nisse liberato. Nel 963 fu abbate Gio-
vanni i.°chegovernòsolo 6 mesi. Gli suc-
cesse nel 964 Gregorio 1 ."già abbate di
s. Erasmo di Roma e Secondicero della
s. Sede. Il Galletti, Del Primicero della
s. Sede, lo chiama anche Giorgio, e per
un altofatto contro Giovanni XII gli con-
venne deporre l'uflizio di secondicelo, e
si fece monaco nel monastero di Subiaco,
del quale ben presto divenne ancora ab-
bate. Poi parlando d'una carta dell'archi-
vio di Subiaco del 967, lo chiama Grego-
rio e che continuava ad essere abbate del
monastero. Questo conferma, che il gover-
no abbaziale dell'antecessoreGiovanui 1 .°
fu assai breve. Aggiunge Galletti, che tro-
vandosi inRoma l'imperatoreOttone I nel
principio del 967, Giorgio secondicelo e
abbate de'ss. Benedetto e Scolastica di Su-
biaco venne in Roma nella basilica di s.
Pietro, ove Papa Giovanni XIII teneva
sinodo coll'intervento d'Ottone I e altri
magnati, e fece istanza che gli fossero con-
fermali gli antichi privilegi già consuma-
ti dal fuoco, lo che ottenne conferman-
dogli il Papa il casale ov'è situato il mo-
nastero, lo Speco, ubiipse religiosìssimus
pater solitariam vitamduxit,eò ilcastello
di Subiaco,condonandogli altresì tuttociò
elicgli abitanti del medesimo a veano fino
allora dovuto pagare al palazzo aposto-
lieoLateraneuse.Qui avverte Galletti, che
la diversità del uome di Giorgio e di Gre-
gorio viene perchè il ^.0 fu assunto nel
SUB 277
rendersi monaco. Avendo di sopra rife-
ritocol p. Bini, che il monaco Palombo si
puòconsiderare il i.°che prese stanza pres-
so il s. Speco, dal riportato da Galletti,
altro abbate benedettino, sembra chegiù
altri l'avessero preceduto. Il Galletti nel-
l'opera citata pubblicò di verse carte e mo-
numenti riguardanti il monastero subla-
cense. Nel 793 fu eletto abbate Pietro a.0,
nel 973 pure pare che gli succedesseMajo
già abbate di s.Erasmo di Roma, nel 975,
lo fu Benedetto 2. °,al qualeBenedetto VII
confermò Castri Sublaci aliaque multa
abbati concessi!. Nel 986 di venne abbate
sublacense Martino,e dopo 4mesi nel 987
Gregorio 2.0, verso il qual tempo fu in-
truso un Gregorio vescovo dall'antipapa
Bonifacio VII. Nel 989 divenne abbate
Giovanni a.°,che il Papa Giovauni XVI
creò cardinale diacono di s. Maria in Do-
mnica. Gli successe nel 992 s. Pietro 3.°,
nel ioo3 Stefano 2.0 che accolse inSubia
co l'imperatore Ottone HI. Eletto nel
io 1 1 l'abbate Giovanni 3.°fu zelante del
la regolare disciplina, molti libri scrisse
a uso del monastero, e moribondo si fece
trasportare in chiesa, rendendo l'anima
a Dio a'piedi del ss. Crocefisso. Verso il
1 024fu abbateDemetrio.e nel 1029 Be-
nedetto 3.°, indi neho44 Ottone, a cui
successe Giovanni 4-° preclarissimo per
avere ristabilito la disciplina monastica,
ed eresse da'fondamenti la Rocca di Su-
biaco a tempo di s. Gregorio VII; bisogna
dire col suo consenso, perchè a tale Pa-
pa se ne attribuisce l'edificazione. Sotto
questo abbate si registra la veuuta iu Su-
biacodeli'imperatrice Agnese, et sacrimi
Specurn adieral, pallìum, et alia obtu-
leratj non che s. Chelidonia nascitur Ci-
culis in Aprutio. Nel io45 trovo abbate
sublacense Oddoo Addo, cum LeoIX Pa-
pa Sablacum venisset fugam arrìpuit, et
Trebis latuitaccilus a Ponti/ice venire re-
nuitj itaque ab eodetn Pontificem insti-
tutus est. Nel 1 o5 1 lo divenne il francese
Umberto, che edificò quelle opere sud-
descrille. In A>xe Civitdla traditoseli-
27S SUB
stodiae inox dimissus descivil in s. Sede,
landemabdicavitsc abballa, et in Castro
Sangrini reliqucm vilae. in pace trame-
sti, rexil anuis undecim. Nel i 0G0 fu ab-
|jateGlovanni5.°6Vc«;enaicardinaIe,che
aeWaSeries Abballini claustralium subla-
censium a codice mss. et a synodo (del
cardinalCai lo Barberini) fidelità- desuni-
pta, si dice: e Civitate Castelli oriundns,
doclus et religiosi^ rexil annisc). Di que-
sto abbate, come di altri, non poco ra-
gionai superiormente. Siccome dopo di
lui non trovo successore fino ali 121 in
tale Series, forse tornò al governo Gio-
vanni 4-°j del quale nella Series si legge:
praefuit per annosSi. Arx Suolaci eri-
gila/', come giù rilevai. Dico questo per
concordare il riferito da più scrittori, che
s.Gregorio VII eresse la Rocca di Subiaco,
0 almeno permise che si costruisse, co-
me notai, se pure non la compì. Certo è
che la lapide esistente nella Rocca dice:
Arx et Palatium ad ornatimi Urbis et
tutelarli sub Gregorio Tfll Pont. Max.
a fundamentis erccla. Dunque Giovan-
ni 4-° borì ancora nel suo pontificato. Nel
1 1 2 1 venne destinato abbate Pietro 4-°>
al cui tempo insorsero da tutte le parti
guerre contro il monastero, e specialmen-
te dal canto de'tibui tini, i quali come più
potenti s'impadronirono della metà del
castello di s. Angelo, oggi Castel Mada-
ma,cheapparteneva a'monaci sublacen-
si. Indi cominciarono ad assalire il ca-
strimi Apollonensem o Ampiglione, nel
pontificato d'Onorio II, il quale accon-
sentì che i tiburtini unitisi con Grego-
rio signore d'Anticoli lo attaccassero con
maggior forza,e se ne impadronirono: fu-
rono fatti prigioni tutti gli abitanti, e fu-
rono distrutte le mura del castello; tut-
tavia Innocenzo II neh r 43 ne ordinò la
restituzione a'monaci. Neil 1 4-G fu abba-
te Rinaldo e resse l'abbazia 16 anni. Laon-
de o è sbagliato il nome, o confuso col se-
guente, errarono Wion, Panvinio e l'CJ-
ghelli nel riferire che Eugenio III creò
cardinale nel 1 1 5o Silvestro abbate di Su-
SUB
biaco. Bensì Simone o Simeone Dorelli,
fatto abbate nel 1 1 5i,monaslerium s.Iìla-
riae Magdalenae,alias s. Clcridoniae ex-
truxisse credilur , certamente nel 1 1 55
ebbe il cardinalato da Adriano IV. Al-
cuni feudatari di questo abbate gli mos-
sero guerra e l'imprigionaiono, ed egli
fu costretto a redimersi con dare in pe
gno a'romani Ampiglione, e cou altri sa-
grifizi che già ricordai. Sotto di lui abbia-
mo la seguente relazione delle reliquie di
s. Chelidonia vergine, patrona di Subiaco.
"Locus est ab oppido Sublaci,duobus fe-
re milliaribus, ad borealem plagam di-
slans; quo loco ex. silice durissima, rupes
altissimae eriguntur: quarum scabris, e-
vesisque laleribus, versus castrumSubla-
cum, sacellum divae Mariae Magdalenae
jam sacrum, situo) est.HucCleridona pa-
ttern, patri a ui reliquens, mundo, vale di-
cens aufugit.Hic per arduam vitato annis
5qduxit. Ilic morlua est virtutum ni ira -
culorumque splendore conspicua : cujus
ossa collecta sub dominicae Incarnatio-
nis annoi 162; atque marmoreo tumulo
composita, populis lue usque in religio-
nem venire quam maxime. Constai ibi-
dem loci, oliuj extructum fuisse sa era -
rum virgi riunì Caenobium, cujus adhuc
collapsa, et non spernenda vestigia ex-
tant eidem mouasterio". Da un'altra re-
lazione sulla morte di s. Chelidonia pro-
tettrice di Subiaco, rilevo le seguenti no-
zioni. Nel 1 1 52 governando laChiesaEu-
genio 11, nella uotte che succede alla 2."
domenica d'ottobre, si vide uscire dallo
speco diMoraFerogna (vasta rupeal nord
di Subiaco e distante oltre due miglia,
pochi passi dalla quale vi è la spelonca
già abitata dalla santa) una viva luce che
si diffuse per le circostanti contrade, co
mechè elevatasi in alto in forma di ster
minata colonna di fuoco. Questo sorpreu
dente spettacolo destò negli abitatiti d
Subiaco un cumulo di sensi, meraviglia
gioia e riverenza: niuno però osava a v
vicinarsi alla rupe, che sembrava ardeu
le come ilSiuai.I popoli couvicini resta
sue
rono stupefalli dello splendore che usci-
va dalle montagne sublacensi. Il Papa
benché lontano, avendo veduto tale luce
misteriosa, invio sul più alto del monte
alcuni cardinali e prelati, per conoscerne
la derivazione. Ed essi a lui tornati sba-
lorditi confermarono l'identicità del fe-
nomeno, che vibrava Gamme ardenti su
tutta la provincia di Campagna. Euge-
nici III meravigliato da loro racconti, dis-
se che quella luce era uno splendore del
volto di Dio, per manifestare qualche
gran prodigioav venuto sulle sponde del-
l' Aniene. Intanto ne' primi albori del
giorno il cardinal abbate Simone man-
ilo il priore con alcuni monaci alio spe-
co di Chelidonia, mentre la moltitudine
colla stessa brama, sia di Subiaco che dei
vicini paesi, ascesero la montagna, tutti
certi ili dovere ammirare qualche opera
stupenda di Dio, poiché a ciascuno era-
no manifesti i (divori da lui elargiti alla
diletta sua serva. In fatti, giunti presso
lo speco, videro la santa vergiue dislesa
morta sul suolo, come assorta in placido
sonno. A tale spettacolo tutti proruppe-
ro in dirotto pianto, ripetendogli unta-
gli altri le tante virtù, penitenze, limo-
si ne e altri eroici esercizi co' quali avea
vissuto nell'orrida spelonca 5o anni ; e-
sempio d'angelica modestia, conforto e
consolazione d'ogni ceto di persone. Fece-
ro a gara in prostrarsi presso il beato suo
corpo, e divotamente con fervore ne ba-
ciarono le mani,i piedi, le vesti, i cilizi, tulli
quanti invocandola valida protettrice nel
cielo, ove già godeva la visione beatifica
d'Iddio. ludi per cura de'mouaci procedet-
te il suo trionfile trasporlo nel monaste-
ro di s. Maria Maddalena, ed i sacerdoti
e primari di Subiaco si reputarono av-
venturosi di portarne a vicenda sulle lo-
ro spai le la preziosa spoglia, circondati da
gran copia di lumi, e tra la generale com-
mozione. Il cardiual abbate compreso di
tenera divozione, ricevè il santo corpo
sulla soglia del ceuobio, e onoratamen-
te lo lece esporre nel mezzo della chiesa,
SUB 279
e dopo i consueti riti lo collocò in sito
distinto. Beati si tennero coloro che po-
terono ottenere qualche capello dell'in-
clita vergine, 0 alcun brano di sue vesti,
e persino qualche sasso della sua spelon-
ca o qualche fronda dell'edera che la ri-
vesti va, tutto venerando come insigni re-
liquie. Avendo Dio glorificato la sua ser-
\ a con non pochi miracoli, non venne mai
meno al popolo di Subiaco la sua fiducia
e divozione per essa, e la proclamò sua prò
tetti ire,e la vanta comesua gloria. Il Pe-
ti ini nelle Memorie Prenestine } riporta la
controversia insorta neh lontra il vesco-
vo di Paleslrina cardinal Scola ri ,e l'abba-
te di Subiaco cardinal Simeone. Verteva
sopra due punti : sulla giurisdizione par-
rocchiale de'castelli di Ponza e di Allìle,
e sulla istituzione del curato nella rocca
di floiale. Lucio III commise la causa al
cardinal Graziano, ed egli fece in modo
che nel 1 182 il" vescovo accordò all' ab-
bate e successori ambedue le pretensio-
ni colle seguenti riserve. Che rimanesse
illesa a' vescovi preuestini promiscuamen-
te cogli abbati sublacensi l'autorità di
correggere gli abitanti de'due castelli nei
delitti criminali, e punii li in caso di con-
tumacia o coll'interdelto o colla scomu-
nica : Che la correzione e tutti gli altri
diritti episcopali nella rocca dilloiate re-
star dovessero intatti pressoi vescovi pre-
nestini: Che gli abitanti dique'luoghi fos
sero tenuti contribuire ogni anno alla
mensa vescovile q 1 ubbia di grano e q di
spelta per litolodi decime e mortorii, co-
me pure di pagare la procurazione a'mi
Distri vescovili, allorché ivi fossero an-
dati per causa ili correzione odi esazio-
ne: Che i chierici di detti paesi non tra-
lasciassero di portare alla cattedrale nel-
la festa di s. Agapito le solite offèrte; giac
che per lodevole costume, conservato fi
no al principio del secolo XVII, tutto il
clero diocesano veniva a spese del vesco-
vo in Paleslrina a prestare ubbidienza al
la cattedrale, e ad ascoltare i decreti si
nodali. Notai di sopra, che quando Li
280 SUD
bnno Vili sottomise alla giurisdizione spi-
rituale dell'abbazia di Subiaco, Ponza,
Aflile, Roiate e Civitella, la decima fu ri
dotta ad annui scudi (rj. Neil 184 fu ab-
bate Beraldo,neli 191 Ilomano,nel 1 2 16
Giovanni 6.° benemerito e di santa vita,
nel 1227 Landò pure benemerito. Indi
furono insigniti di questa celebre e pos-
sente abbazia, nel 1 244 (e non ne' secolo
passalo come mi dissero ad Oricola, e ri-
ferii nel voi. LII, p. 2 1 7) Enrico e HJon-
taneis Dominis Auriculae orlus, vide-
tur prefuisse annis 32; nel i27GGuglieI-
nio Burgadum inox ab episcopo Tuscu-
lano benediclum, destinato da Innocen-
zo V commosso dalle calamità del mo-
nastero; nel 1286 Barlolomeoi.VeA/cm-
te Regali j quindi Benedetto 4-°5 nel 1 2C)5
Francesco f.°Caetani minorità intruso e
di cui già parlai: sebbene vi restasse 7 an-
ni, alcuni cronisti cbiamano questo tem-
po sede vacante, e lo era-pure la pontifi-
cia. Sotto di lui accadde la narrata ca-
tastrofe che il Cìironicon Sublacense de-
scrive, e riprodusse Marocco a p.i74,di-
cendo che a'20 febbraio 1 3 o5 si disecca-
rono i laghi e la gran muraglia precipi-
tò con tremenda inondazione: ventorum
et aauarum diluvio vaptis aggeribus In-
cus dissipatili- ponte.s quoque cimi mo-
lendis, et mandris disruptis. Di questo
gravissimo infortunio di Subiaco e altri
luoghi, già e meglio tenni proposito di
sopra. Ne furono disastrose cause le tem-
peste di pioggia e nevi in grandissima co-
pia; laonde con diluvio fu inondata la Val-
le Santa. Due animosi monaci credendo
di aprire uri varco al minaccioso e gon-
fio lago, con togliere alcune pietre dal-
la muraglia che gli faceva argine, l'im-
peto dell'inondazione si fece più violen-
to e veemente, e strascinò e distrusse con
orrendo fragore ponti e altri edilìzi, cam-
pi, alberi e armenti con immensi e de-
plorabili danni. L'eletto Papa Clemente
V,a rimuovere l'intruso abbate nel 1 307
commise la cura dell'abbazia al cardinal
Sciarla Colonna 3 Rector Abbatiac; egli
SIC
la resse nel temporale, e nello spirituale
fi*. Nicola da Milelo. Si legge nella Serics
di tal porporato: valde sevcrus erga su-
blacianos, et monachis equus. INI orto il
cardinale neh 3 18, Giovanni XXII no-
minò abbate Bartolomeo 2.0, multa lau-
dabililtr peregit. Gli successero nel 1 343
Giovanni y.°i« regimine nulli secundusj
nel 1 348 Pietro 4-°} al cui tempo pestis
saevissima loto orbe grassala est} atque
edam in monasterio, e molto di più ne
soffrì Subiaco; neli35i Angelo di Mon-
reale, abbas Sublaceniis pulsus a subla-
censibus adiit Pontificali Avenionem ,
abdicai se abbatia quam rexil annis 3;
nel 1 353 Ademaro Avenionem profectus
abbatiae regimai corani Papa rcnun-
cial; nel 1 3 60 Corrado de'marchesi Ce-
•va, s. Speciali destruere nisus ab Urba-
no V Ponti/ice, et sacro collegio Cardi-
naliumexpellitur}elmoerore obiit, rexit
annis 5; neh 362 Bartolomeo 3." mona-
co di s. Croce di Perugia, prudente e be-
nemerito quale lo dichiarai, risarcendo
pure la chiesa di s. Scolastica. Neli36g
Francesco 1° abbas eleclus a monacliis
(col p. Bini lo dissi destinato da Urbano
V), vir pius, apud Pontificali Lrbanuin
V conqueslusde sublacensium contuma-
cia petiit sibi concedi coadiutore in in spi-
ritualibus Tbomarn de Celano virum e-
gregium, et in spiritualibus vicarium mo-
nachimi a Castro Girano sibi constiluit
Jacobum qui aucloritatcni spiritualcui
rcsignavit. Della mala sorte di France-
sco 2. ° e di sua reintegrazióne già parlai,
fatta daUrbano VI,ed eziandio comeque-
sto Papa decretò che l'elezione dell'ab-
bate perpetuo fosse soggetta al benepla-
cito pontificio. Tre furono gli stati del-
l'abbazia sublacense o di s. Scolastica. Il
l.° cominciò dal PapaBenedetto VII fon-
datore o consolidatole, e durò sino a Ur-
bano VI ; e questo i.°stato si può chia-
mare lo stato di osservanza, in cui 1' ele-
zione dell'abbate si faceva da' monaci e
si confermava dal Papa. Il 2.0 stato co-
nimelo sotto Urbano VI, che disgustato
S U B
della perpetuità di taluni abbaicene non
aveano unacomloUa esemplare, soppres-
se l'abbazia permanente, e la volle ad
nutitm Pontifìcia amovibilis ,ma peraltro
de ordine monaslico.Queslo 2. ° stato du-
rò sino a Calisto HI, e di cui presto vado
a parlare, il quale per mancanza di disci-
plina privò i monaci del diritto abbazia-
le,lasciando loro il claustrale^ vi sostituì
gli abbati commendatari. Nel 1 38c> di-
venire effettivo abbate fr. Tommaso da
Celano, cessit esset primus abbas coni-
inendatarius Urbano VI Pontifi.ee ap-
probanle gnbernavil abbatiam per annos
3i. La disciplina e l'osservanza die du-
rava nel monastero del s. Speco, sulla fi-
ne del i3oo e sul principio deli/^oo, non
può meglio rilevarsi che da un prezioso
e edificante codice cartaceo del monaste-
ro di s. Ulderico e Afra, che si conserva
nella biblioteca di Vienna, e la cui copia
ho sotto gli occhi, nel quale si narra una
minuta e curiosa storia di que'lempi d'un
monaco anonimo, desideroso della piena
osservanza della disciplina prescritta dal
glorioso fondatore, e scritta in tnonasle-
rioSpecus s. Benedicci anno Domini \ 4oo,
8 idus junìi, Nel i4l4 m abbate Sagace
Conti di nobilissima famiglia/ziirtJ eom-
maidatarius secundus. Fra i maggiori
guai che patì il monastero del s. Speco,
e con esso quello di s. Scolastica, fu quel-
lo del 1 4 ' 3 che turbò immediatamente
quello stato di pace e di osservanza, de-
scritto dal buon monaco anonimo loda-to,
e che forse involse egli pure. Fu questa l'e-
poca in cui ardeva un'aspra guerra tra
l'ambizioso e versipelle Ladislao re di Si-
cilia di qua daiFaro,e Luigi II duca d'An-
giò, sostenuto nel contrastargli il regno
da Papa Giovanni XXIII eletto contro il
■vivente Gregorio XII, che descrissi a R.o-
MAe Sicilia. Essendo stato vinto Ladislao
a Roccasecca presso Sora, fu arrestato e
fatto prigione il conledi Celano, acerri-
mo nemico del Papa e gran fautore del
re. Per disgrazia l'abbate di Subisco Sa-
gace era della famiglia del conte, e segrc-
SUD 281
tamente nemico del Papa (forse seguace
ilei più legittimo Gregorio XII), per cui
fu immediatamente rimosso. E siccome
la maggior parte de'monaci fu costretta
di emigrare dal monastero sublacense e
da quello del s. Speco,conviene supporre
che si scoprisse tra essi aderenza coll'ab-
bale,e per conseguenza una fazione con-
tro Giovanni XXIII. Indi ne nacque una
diserzione e rovina totale di questi mona-
steri, che furono posti in discredito presso
detto Papa, laonde non tornarono più al
loro primiero lustro. Dipoi non fu per-
messo di ritornarvi a' monaci che emi-
grarono, ed essendosi riuniti nel mona-
stero abbandonato di s. Anna, Gregorio
XII ebbe pietùdi essi e vi fondò un prio-
rato, dandogli per priore il rispettabile
monaco tedesco fr. Nicola deMatzen,ch'e-
ra professo del monastero sublacense o
del s. Speco, visitatore e riformatore apo-
stolico ili quel priorato esistente presso
Napoli. Di tultociò si fa più estesa men-
zione nelle opere del p. Bernardo Pez, e
se ne trova un bastevole squarcio in quel-
la del p. Marti no Ivi opp, f'itae et scripta
inde a sexccnti<; et co amplius dimorimi
spatio, Benedietinoruin Mellicensinrn,
X'iennaei 747. Alcuni de'monaci subla-
censie specuensi nel i4i8con autorità
di Martino V riformarono il monastero
Mellicense nel ducato d'Austria. Nel 1419
Matteo de' marchesi del Carrello geno-
vese o s:\vov\ese, abbas commendatari us:
ebbe a successori, nel 1 4^3 1 Antonio di
Ravenna, abbas commendalaruis j nel
i438 Giacomo Cordoni di Narni, abbas
cominendalariusj nel 1 444 Francesco di
Padova, abbas cominendalarius , e teso-
riere d'Eugenio IV, che il Vitale nelle
Memorie de 'tesorieri, dice della famiglia
Legnani e nel 1 44^ vescovo di Ferrara,
poi di Fellre. In detto 1 44^^- Gugliel-
tnits abbas et ullimus elaustrae videlnr
ultra decennium praefuisse. Questo d.
Guglielmo francese la Series Io dice 54-°
abbate di s. Scolastica, ed il p. Bini Io re-
gistra per 6o.°
282 SUD
Dopo la morte di detto abbate clau-
strale, il Papa Calisto II! pose al gover-
no temporale di questa abbazia, die di-
chiarò commenda da conferirsi dalla s.Se-
de, un abbate commendatario perpetuo
e insieme ordinario con giurisdizione qua-
si episcopale, sotto l'immediata dipenden-
za dal Papa. Da quell'epoca fino a Be-
nedetto XIV, gli abbati commendatari
esercitarono piena giui isdizione e auto-
rità spirituale e temporale, tanto sopra
Subiaco, che sopra tutte le castella e ter-
re dell'abbazia sublacense. Calisto 1 1 1 nel-
lostesso i455 nominò i ."abbate commen-
datario il celebre cardinal Giovanni Tor-
recremala domenicano spagnuolo, il qua-
le vi ricevè L'io 1 1 quando si recò nel 1 46 1
a'monasteri di s. Scolastica e del s. Spe-
co, perchè come trovo in Petriui, volen-
doli Papa ne'mesi estivi da Subiaco por-
tarsi a Tivoli , volle fare la via di Cor-
collo nella diocesi di Palestrina, passan-
do per Geuaz/ano e Cave. Che Subiaco
fu tenuto luogo frequentato nelP estate
da'personaggi diTioma, come luogo ame-
no e fornito copiosamente di fresche ac-
que, si può leggerlo in Cancellieri nella
Lettera sopra L'aria di Roma. 11 cardi-
nal Torrecremata nel 1 4t>8 mori , e gli
successe nel 1 47 iqual2.°abbalecommen-
datario il cardinal Roderico Borgia spa-
gnuolo, nipote di Calisto III, e resse l'ab-
bazia anni 22 finché divenne Papa A-
lessandro VI. Essendo abbate nel 1476
riedificò la Rocca di Subiaco, ne aumen-
tò le fortificazioni, la munì di cannoni,
costruì la cisterna, e per propugnacolo
da'fondamenti fabbricò la torre che dal
suo cognome chiamò Borgia. Lo scopo
dell'abbate l'esprime la lapide esistente
nella rocca: A d securitate/n rnonacorum
Oppìdor unique totius traclusSublaquen.
proxiinosque fines imperli romanae ec-
clesiae tutandos. Egualmente in tempo
del cardinal Borgia si successero duegran-
di avvenimenti già indicali, cioè l'unio-
ne dell'abbazia a quella di Farfa, ch'ebbe
corta durata; e l'introduzione della slam-
SUB
pa da do ve passò inRoma,ol tre l'invasione
temporanea del duca di Calabria figlio del
re di Napoli, con i5oo scelti turchi da lui
assoldali. Nel 1482 il re volendo combat-
tere i veneti e i fiorentini; perchè Sisto
IV negò il passo nel suo stato all'eserci-
to, il duca di Calabria fortemente sde-
gnato entrò nel Lazio, ed accresciute le
sue forze con quelle de'Colonna eSavelli,
depredò quasi tulle le terre e castella che
gli opposero resistenza, scorrendo tutta
la Campagna di Roma, con sommo ter-
rore anche dell' abbazia sublacense, te-
mendo stragi e rovine massime dagl'in-
fedeli, come si raccoglie da alcune lette-
re scritte dal priore del s.Speco ad alcu-
ni abbati di Germania, e leggesi nel Cliro-
iiicon Sublacense. Le soldatesche regie
accampale a Grotta Ferrata, nelle depre-
dazioni arrivarono fino a Trevi e Cerre-
to, terre dell'abbazia di Subiaco. Però le
milizie papali, completamente sbaraglia-
rono e fecero macello delle truppe regie
nel sito perciò detto Campo morto } di
che tornai a ragionare nella biografia
di Sisto IT. Nel i4Q2 eletto Papa Ales-
sandro VI, fece abbate commendatario il
cardinaleGiovénnijCo/o/zffiZ romano, che
governò 1 6 anni. Erasi frattanto formata
in Italia una nuova congregazione, che
dovea sorgere dall'unione de' monasteri
de" benedettini denominati neri dal co-
lore delle loro vesti, e l'unione si faceva
in Padova (V.) nel celebre mouaslero di
s. Giustina, che dovea essere il titolare
e il centro, componendosi sotto gli au-
spicii di Lodovico Barbo vescovo di Tre-
viso e abbate commendatario di s. Giu-
stina, coll'approvazione di GregorioXII.
Non pochi monasteri italiani si raccolse-
ro sotto la medesima, appellata Congre-
gazione di s. Giustina, denominazione
che si cambiò col titolo di Congregazio-
ne di Monte Cassino o Cassinese, ed i
monaci si dissero Cassinesi(V.), quando
di questa unione e col beneplacito di Giu-
lio li volle nelr5o4far parte il celeber-
rimo arci-cenobio di Monte Cassino, pei
SUB SUB 283
riguardi di venerazione dovuti verso il sini per tenere a bada le milizie de'Co-
luogo della tomba del patriarca s. Bene- lumia, che con grave trambusto occupa-
dello. Come vi accedettero nel 1 5 14ÌQ10- remo le vie di Subiaco, e turbarono la
nasteri sublacense e specuense lo narrai, quiete dello limitrofe popolazioni. Que-
in uno alle conseguenze. Neil 00- Giulio sta fatale guerra la descrissi nel citato voi.
II dichiarò abbate commenda tarioPom- LXV, p. 234 e seg., riferendo pure, che
peo Colonna romano, e sotto ili lui facla sebbene risentirono tutti gli orrori della
fuil /conia majoris altari* s. Scolastica?, guerra le provincie di Marittima e Cam-
Pompeo fu un ingrato e un facinoroso, paglia, non si lasciò di trepidare in Su-
imperocchèagonizzanteGiuliolIueli5i3 biaco e ne' castelli dell'abbazia. Impe-
si pose alla testa d'alcuni nobili sediziosi, rocche i regi espugnando Tivoli e Yico-
e incitò il popolo romano a ricuperare varo, onde aver libero il transito delle
l'antica libertà. Riavutosi il Papa, lo pri- vettovaglie provenienti dal regno, di cui
vòdelfcibbazia, e gli sostituì il nipote Sei- eziandio era sovrano Filippo II, di poi
pione Colonna romano, che la resse per il contedi Popoli non potendosi soste-
4nnni,elarestiluìallozioPoojpeoquan- nere in Tivoli, si ritirò in Oricola e Su-
do Leone X, avendolo perdonato e rein- biaeo, costretto dalle milizie papali che
tegrato negli onori, nel 1 5 1 7 lo creò cu- ripresero ancora Vicovaro, senza avan-
dinale: Scipione dopo la morte ili sepol- zaisi e senza profittai e de'conseguili van-
to in s. Scolastica. Nel 02 5 Subiaco fu laggi. Per buona ventura, questa deso-
afililta da terribile incendio, e nel 1 5 2 7 laute guerra ebbe fine colla paceconclu-
minacciata Roma elal crudele e iniquo e- sa nel settembre! 55y in Cave. Nelt55q
sercito di Borbone che poi l'espugnò, sic- fufàltoabbatecommendatariodiSubiaco
come il cardinal Pompeo era nemico di Maro'Antonio Colonna romano da Pio
Clemente VII e fautore di Carlo V che IV, il (piale nel 1 565 lo creò cardinale.
avea dichiarala la guerra al Papa, prò- Introdusse le monache benedettine in Su-
babilmente sperandosi che la sua abba- biaco, e trasportò neila chiesa di s. Sco-
zia andasse immune da quegli eccidi che lastica il coi [10 di s. Chelidonia vergine
si temevano, molte famiglie di pacifici e martire, essendo rovinata la chiesa au-
romani co'loro preziosi effetti ripararono dea di s. Maria Maddalena, ove si vene-
in Subiaco. Notai a Spoleti, che gli spo- rava, e decaduto il suo monastero. Per
lctiui insorsero control Colonna a eliie- sua rassegna nel 1 585 ebbe 1' abbaziale
sa di Clemente VII, e peiciò marciarono commenda il nipote CamilloColonna 10-
suSubiacoerovinarouolarocca.iNel (5^9 mano, che dopo tre anni morì in Pavia
Clemente VII elesse abbate commenda- (Jve faceva gli studi. Per regresso riprese
taiio Francesco Colonna romauo frate!- la commenda il cardinal Marc'Antouio,
lo del defunto Scipione e arcivescovo di il quale nuovamente la rassegnò in fi-
Taranto , ed operò per i' avvenuto di- \ ore del suo parente cardinal Ascanio Co-
versi notabili restauri alla Bocca di Su- lonna romano. Mancato questi a' vi vi nel
biaco. In questa e in Subiaco si fortifì- 1 608, Paolo V nominò abbatecomtuen-
carono i Colonna nella disastrosa guer- datario il diletto nipote cardinal Scipio-
ra della Campagna Romana, tra Paolo ne Caffarelli Borghese romauo. Dopo la
IV e Filippo 11 re di Spagna; il perchè sua morte, Cibano Vili gli sui rogò il
come nel 1 527,così nel 1 556 molte fami- proprio nipote cardinal Antonio Barbe-
re romane si rifugiarono in Subiaco, es- rini fiorentino, il quale col pontifìcio be-
sendo i Colonna nemici del Papa e par- neplaeilo cede la commenda abbaziale al
tigiaui caldi del re. Perciò ad Oricola pas- nipote Maffeo Barberini romauo. Essen-
do il valoroso Camillo o Fraucesco Or- dosi poi dimesse), Inuocenzo X uominò
aB4 SUB
il cardinal Carlo Barberini romano., die
al precedente suo fratello minore aveva
ceciato i diritti di primogenitura: zelante
pastore, nel 1674 celebrò il sinodo assai
lodato, che fu stampato con questo ti-
tolo : Synodus dioecesana insignis ab-
baile Sublacensis, Romaei674- In que-
sto fu decretata l'erezione del seminario
abbaziale, e ne effettuò l'apertura, isti-
tuendo il monte In uigero.Nel la visita della
diocesi fu assistilo da rng.r Gio. France-
sco Albani, e tale fu la diligenza di que-
sti,che giunse a estirpare non pochi abu-
si, coli' autorità di sinodali decreti, che
stampati servirono di modello alle altre
diocesi. Divenuto l'Albani Clemente XI,
siccome divenissimo di s. Benedetto, fece
quanto narrai. Nel 1704 per morte del
benemerito cardinal Carlo, Clemente XI
Jo fece succedere dal cardinal Francesco
Barberini ,nipote dell'illustre defunto nel-
lo stesso annoi 704. Neil 738 Clemente
XII fece abbate commendatario il car-
dinal Giambattista Spinola genovese, e
già lodato, il quale nel giugno iv42 da
Subiaco mandò a Castel Gandolfo in do-
no a benedetto XIV tre bacili di trotte,
come pubblicò il Diario di Roma e ri-
portò Cancellieri nella riferita Lettera.
Sotto di lui ebbe luogo la Decisio s. Ro-
tae rom. corani Elephantutio in causa
JYulliusseu Subbiceli confiiiium rcclora-
tus Lunae, Uomaei 750. Inolile successe
quell'avvenimento che con Novaes ac-
cennai nel voi. V, p. 42 (ove per errore
tipografico Subiaco è scritto con L) , e
qui ripeterò più circostanziato. Alcuni a-
bi tanti e molti pastori diSubiaco nel t 752
irritali per avere perduto nel tribunale
della s. Rota una lite coi monaci di s.
Scolastica, sui pascoli d'una montagna,
che credevano d'uso comune, assalirono
armati il monastero, e costrinsero a fug-
gire dalle finestre l'abbate e i monaci;
quindi uccisero un bino e posero in fu-
ga gli altri accorsi in difesa de'religiosi,
e colla slessa audacia furiosamente entras-
sero dalle pubbliche carceri alcuni loro
S L B
compagni. Venulo Benedetto XI V in co-
gnizione dell'accaduto, per punire i col-
pevoli sediziosi e ristabilir la quiete, spe-
dì subito a Subiaco un commissario, con
una compagnia di soldati corsi, le coraz-
ze di Vellelri e 5o birri. Alla vista di que-
sta truppa si dissipò il tumulto, parte dei
capi si salvarono colla fuga, parte degli
insorti fu imprigionata, e l'abbate coglio-
naci tornarono al monastero, scortati da
un distaccamento di milizie, fra le accla-
mazioni degli abitanti di Evviva il Papa.
Fu imposto a quelli cheaveanoarmi di de-
portatesi ubbidì prontamente,tutti sotto-
mettendosi alla pontificia clemenza. Par-
tirono indi le soldatesche, tranne 4o corsi
rimasti per alcun tempo di presidio in Su-
biaco. Fattosi in Roma il processo, 1 o dei
c& pi sediziosi che erano stati trasportati
nelle carceri della medesima, ebbero l'e-
silio perpetuo dallo stato papale, ei iche
erano fuggiti furono condannati a morte
per contumaci. Intanto morto a'2iago-
stoi753 l'abbate commendatario cardi-
nal Spi noia, Benedetto XIV prima di con-
ferire la vacante abbazia, per ovviare a
ulteriori disordini, ne separò la giurisdi-
zione spirituale dalla temporale, e questa
sottopose immediatamente alla congre-
gazione della s. Consulta, com'era riso-
luto di fare con tulli i governi di questo
genere,e lasciando a'cardinali abbati com-
mendatari, e agli abbati claustrali di s.
Scolastica e del s. Speco la giurisdizione
spi rituale cogli emolumenti che dalla tem-
porale loro provenivano. NelPistessoi 753
colla bolla Commendatami de'7 novem-
bre, Bull. Bened. XI F ' , t. 4, p- 1 66, unì il
dominio temporale dell' abbazia subla-
cense alla camera apostolica, dichiaran-
do in pari tempo col molo-proprio, A-
v endo noi, emanalo nello stesso giorno,
presso il Bull. lUagn. t.19, p. 87, quali
beni alla camera apostolica doveano per
l'avvenire appartenere. La bolla fu stam-
pata a parte: Constitutio Benedicti XIV
super separatone j urisdiclioni* tempo-
rale monasteriiSublacensis nullius dioe-
SUB
cesis in districtu £7£i>,Romaei753. In-
di Benedetto XIV nominò abbate com-
mendatario di Snbiaco il cardinale Gio.
Francesco Banchieri pistoiese, che avea
curato qual tesoriere del Papa il restau-
ro della rocca nel 1753, come apparisce
dalla lapide marmorea posta nell'edilìzio.
Mori il cardinale nel 1 763, e si accese una
lite pel vicario capitolare tra'monaci ed
i canonici : la congregazione dei vescovi
e regolari con rescritto del 24 agosto deci-
se spettare a lei l'elezione del vicario, non
al capitolo, né a'monaci; quindi l'abba-
zia per circa tre anni fu governata dal vi-
cario apostolico. Clemente XIII dal car-
dinal vicario Marc'Antonio Colonna, nel-
la terribile carestia del 1764 fece distri-
buire maggiori limosine a que'poveri del-
l'abbazia, 1 he cogli altri dei dintorni di
Roma erano in questa città accorsi. Indi
Clemente XI II nel 1 766 pose terminealla
vedovanza dell'abbazia, e nominò abbate
commendatario il cardinal Saverio Ca-
nale i\\ Terni. Passato questi a miglior
vita nel 1773, Clemente XIV per somma
ventura dell'abbazia sublacense ne fece
commendatario il cardinal Gio. Angelo
Braschi diCesenatche poi neh 775 l'ebbe
a successore col nome di Pio J I. Egli ne
visitò subitola diocesi personalmente, ad
onta dell'asprezza de' monti e di molte
scoscese strade, per accorrere a' bisogni
de'suoi diocesani colle più minute solle-
citudini. Nelle sue visite che fece da car-
dinale, con carità catechizzò i fanciulli,
dirozzò con opportuni discorsi gli adulti,
amministrò la confermazione, promosse
i chierici al servizio dell'altare, e liberal-
mente soccorse le indigenze dei poveri.
Tuttociò la gratitudine per memoria e-
spresse nelle pitture della casa de'signori
della missione. Questo magnanimo Papa,
the tanto amore avea posto alla sua ab-
bazia3 tutto compreso di divozione ver-
so s. Benedetto e il suo s. Speco, ad esem-
pio di altri predecessori con altre, volle
per tutto il suo lunghissimo pontificato
ritenerne la giurisdizione ordinaria, per
S U B a85
colmarla di singolari e incessanti bene-
fizi, secondo il suo munifico e generoso
animo; avendo rilevato nel voi. XXIV,
p. 45 ed altrove, che nel 1785 col sigillo
abbaziale avente in giro l'iscrizione: Plus
VI Ordinarius Sublacensis, autenticò
l'acquisto della Mesola. Laonde per con-
tinuarla a governare con zelo pastorale
e impiegarne tutte le rendite a vantag-
gio della medesima, stabilì che ne' mer-
coledì, ommesso ogni altro affare,intorno
nd essa occupavasi, ed in ciascuna setti-
mana dovea il suo vicario generale spe-
dire un procaccio a mg.1* Giuseppe Cop-
pari suo cameriere segreto e guardaro-
ba, il quale per minuto dovea riferirgli
quanto nella diocesi avvenisse. Fra' vi-
cari generali ch'ebbe Pio VI parlerò di
mg.r Carlo M.s Fabi, di cui abbiamo l'E-
logio storico, del conte Francesco Fabi
Montani, che siccome di San togem ini nel-
la delegazione di Spoleti, a quest'artico-
lo ne riparlai. Nel 17 79 Pio VI lo scelse
all'uffizio, e ricevute da lui le necessarie
istruzioni, nel dicembre si condusse in Su-
bisco, in cui costantemente studiò di cor-
rispondere alla fiducia posta in lui dal Pa-
pa. In falli, si diportò con tale prudenza,
zelo e integrità, che nell'abbazia si con-
serva ancora la memoria dell'universale
soddisfazione del clero e del popolo. Ze-
lante nell'esercizio del suo ministero enei
predicare, come nel ricondurre le anime
a Dio, gli riuscì d' indurre il calvinista
Pietro Kuinke a detestarci suoi errori;
e Pio VI, lieto di tale successo, non solo
gli concesse facoltà di riceverne l'abiura,
ma eziandio d'amministrargli la confer-
mazione, ciòchesolennemenleeseguì nel-
la chiesa di s. Sebastiano. 11 suo impegno
spiccò principalmente verso il seminario,
e concepì ardentissima divozione per s. Be-
nedetto e pel s. Speco, sciogliendosi in la-
grime alla vista di que'luoghi, per essere
stati collesueausteritàsanlificati. In pre-
mio delle di lui virtùe fatiche sostenute,
Pio VI nel 1785 lo creò vescovo di A-
nielia, e tra gli altri doni di cui fu lai-
a86 S U B
go, volle onorarlo con 3 paiade'suoi San-
dali (F.) con facoltà d'usarli, e riuscì ot-
timo e lodatissimo pastore, e quale lo de-
scrive il mentovato Elogio. Già celebrai
le grandi beneficenze elargite da Pio VI
alla sua diletta Subiaco, e le splendide
imperiture memorie lasciale a suo pe-
renne vantaggio, mediante l'erezione di
provvidi stabilimenti, onde offrire a nu-
merosa classe i mezzi di sussistenza, e la
costruzione di grandiose fabbriche pel suo
nobile e decoroso ornamento, per cui è
a vedersi l'opuscolo: Monumenti eretti
dalla Santità di N. S. Pio ri nella cit-
tà di Subiaco, Roma 1 789. Fra essi pri-
meggiando la sontuosa chiesa collegia-
ta, il Papa si determinò nel 1789 a so-
lennemente consagrarla, e così consola-
re di sua presenza gli amati figli e dioce-
sani, ed insieme appagare la sua propen-
sione costante per loro e il suo bel cuo-
re. La descrizione del viaggio e soggior-
no di Pio VI in Subiaco, oltreché ne'suoi
molti biografi, si legge ne'contempora-
nei Diaridi Roma, e particolarmente nel
rammentato Tributo di mg.1' Brancado-
ro, poi cardinale arcivescovo di Fermo:
Pio VI in Subiaco, del cjuale libro re-
sero conto V Effemeridi letterarie di Ho-
ma del 1790, 11. °24- Con tali descrittori
procederò alla compendiosa narrazione
dell'andata in Subiaco nel maggio 1 789
del suo abbate e munificeniissimo bene-
fa ItorePio VI. Partì da Roma lunedì mat-
tina 1 8 maggio verso le ore 1 3, dopo avere
orato nella basilica Vaticana, avendo se-
co in carrozza i mg.ri Bandi arcivescovo
d'Edessa elemosinici e, e Cristiani vesco-
vo di Porfirio sagrista : segui vaio nella
2/ cai rozza mg.rDini prefetto delle ce-
1 emonie, co' camerièri segreti mg." Cop-
pari guardaroba, Malo e Ridolfì ; nella
3. muta presero luogo i cappellani se-
greti mg." Spagna crocifero e Allegrini,
il chierico segreto Dolcibene, l'aiutante
di camera Giuseppe Tamberlichi : in al-
tro legno incedevano altri famigliari pon-
tificii, altri avendolo preceduto. I vesco-
SU11
vi consagranti erano anteriormente par
tili,ed i mg." Passeri arcivescovo di La-
lissa e vicegerente, e Rrancadoro allora
cameriere d'onore e storiografo partiro-
no nella notte seguente. Scortalo il Papa
da alcune corazze uscì dalla porla s. Lo-
renzo, e circa le ore 16 giunse in Tivoli.
Disceso alla chiesa dei domenicani, Pio
VI dopo aver pregalo Dio , continuò il
viaggio per Vicovaro, ove trovò un arco
trionfale eretto dal feudatario conte Bo-
loguetli, altro trovandone vicino ad Arso-
li innalzato dal feudatario marchese Mas-
simo. Sul primo ingresso poi del terri-
torio abbaziale, Pio VI trovò il grandio-
so arco di travertino e di sopra descritto,
che la riconoscenza, l'ossequio e il giu-
bilo dell' ordine de' cittadini di Subiaco
avea costruito non molto lungidalla città;
e presso di esso giunto verso le ore 2 1 il
Papa, fu ricevuto dalla tripudiaste po-
polazione, ed ivi la magistratura muni-
cipale in abito gli fecel'omaggiodellechia-
vi. In mezzo a queste solenni dimostra-
zioni di filiale alfet lo e di riverente gra-
titudine, Pio VI entiò in Subiaco e si
diresse alla sua residenza abbaziale della
Fiocca, che da lui ampliata e resa agiata
la via coH'appianamenlodel rigido dorso
del monte, die comodo e conveniente al-
loggio, secondo le condizioni de' perso-
naggi, a sopra 1 3o individui. Nella stessa
sera non solo furono fatte le pubbliche
generali illuminazioni di gioia in Subia-
co, ma ancora io lutti gli alti i luoghi del-
l'abbazia; distinguendosi la famiglia Ricci
in Affile, con distribuire ai poveri gran
quantità di pane e vino, acciò pregasse-
ro per la lunga conservazione del Pon-
tefice abbate. Nella Rocca Pio VI die li-
bero accesso a tutti i suoi diocesani colla
più affàbile accoglienza, temperando la
sua maestà colla dolcezza; ascoltò i loro
bisogni ,compai ti graz ie e dona ti vi,e prov-
vide con abbondanti soccorsi i miserabili;
fu largo in una parola di beneficenze in-
numerevoli; tutti eziandio edificando col-
la sua pietà nei luoghi più memorabili
SUD
per santità, che visitòcon fervore religioso.
.\ella seguente maltina, ascoltata la mes-
sa nella cappella secreta ciel suo palaz70
abbaziale, accompagnalo dalla sua coi le
si recò in portantina alla chiesa delle mo-
nache eli s. Benedetto; indi entralo nel
con liguo monastero ammise paterna men-
te al bacio del piede tulle le religiose. Po-
scia si trasferì alla casa della congrega-
zione della missione, passò a vedere la
chiesa collegiata da lui fabbricala e il sol-
lei raneo, donde ritornò alla Bocca. Nella
mattina deÌ2o si condusse al s. Speco colla
corte, celebrando la messa al suo altare,
e poi ascoltò quella del cappellano segre-
to : nel monaslero fu servilo dal p. ab.
A mbrogioMirelli napoletano, procurato-
re generalede'cassinesi(il quale col priore
p. d. Giovanni Capra oica romano pose-
ro un'iscrizione marmorea nel s. Speco,
Cunabtila gtiilis nostrae, di questo av-
venimento, riportala da Brancadoro), e
lo ammise al bacio del piede colla mo-
nastica famiglia. Disceso il monte, entrò
nella chiesa di s. Scolastica, e nel mona-
stero permise amorevolmente che gli ba-
ciassero il piedegli abbati ei monaci. L'ab-
bate del medesimo p. d. Gio. A n Ionio de
Cupis di Fano, e il priore p. d. Agatino
Paterno di Catania, eternarono questa vi-
sita con lapide che riprodusse iiig/Eiau-
cadoro. Giovedì 2 1 maggio, festa dell'A-
scensione, il Papa celebrò la messa nella
della cappella Segreta della B.occa, e col
suo corteggio recossi in portantina, pri-
ma ali'edihVio per lui costruito delle car-
tiere e ferriere, e poi nel seminario vec-
chio,ove in una camera terrena, formala
per camera de'paratnenti, assunti gii abi-
ti pontificali e il triregno, preceduto dal
clero e canonici della collegiata, da' de-
latori delle mitre, dalla croce pontifìcia
portata da mg.r Brancadoro in dalma-
tica, da'due abbati di s. Scolastica e del
s. Speco, da' mg," Passeii, Bandi, 'Cri-
stiani, Speranza vescovo d'Ala tri, Man-
ti i vescovo di Tivoli. Devoti vescovo di
Anagni, tutti vestiti di piviale e mitra;
SUB 287
assistilo Pio VI dai mg.1"' Malo e Ridolfi
come diaconi in dalmatiche bianche, a-
scese la loggia che a tal effetto era stata
nobilmente eretta avanti alla nuova col-
legiata, e da essa comparii solennemente
la papale benedizione, colle consuete ce-
remonie che in tal giorno si praticano in
Roma, e l'indulgenza, in mezzo al gaudio
spirituale de'sublacensi, degli altri dio-
cesani accorsi e di quelli pure venuti per
divozione da limoli paesi, formanti tulli
una immensa popolazione fesleggiante.
Stabilitosi il seguente giorno 22 maggio
per la solenne consagi azione della colle-
giata (eseguila con quel rituale che ripor-
tai aCmESAjin tutto eguale a quello usalo
da'vescovi, tranne l'oslensione delle reli-
quie che fece il Papa prima di collocarle nel
sepolcrino), nella notte precedente in una
delle sue stanze o del vecchio seminai 10
abbigliala a cappella vi si esposero le sagre
reliquie per l'altare maggiore del nuovo
tempio da mg.1 Cristiani, che dopo il sal-
meggio allei nato de' cleri secolare e re-
golare, co'soliti riti, furono chiuse in una
casseltina sigillata co' sigilli pontifìcii, e
collocate in un' urna coperta di velluto
cremisi. Nella mattina pollatosi Pio VI
nella della cappella accompagnato dalla
sua corte e guardia svizzera, indi falla Or
razione e venerale le sagre reliquie, si po-
se a sedere sul faldistorio, indi seguì la
recita de'salmi penitenziali. Questa com-
piuta, il Papa indossò le vesti sagre, col-
l' assistenza de' nominali i\ue camerieri
segreti, che esercitarono l'uflìzio di dia-
cono e suddiacono, e di lutti i ricordali
vescovi in cappe, essendo in piviali bian-
chi e mitre i soli mg." Passeri e Bandi
destinali a cooperatori e coadiutori nella
funzione, come a'giri dell'aspersioni. Vi
assisterono ancora i pp. abbati di s. Sco-
lastica e del s. Speco, e 1' ab. Pellegrini
abbate di Veroli, tulli vestili co'loro abi-
ti prelatizi di man tei letta e mozzetla ne-
ra. Preceduto Pio VI dalla croce ponti-
ficia in mezzo a'delalori delle lorcie,pro-
cessionahueule venivano appresso gli ab-
288 SUD
Lati o i re9C0vr, e il Papa che pollatosi
innanzi la porta della nuova chiesa die
principio alla solenne funzione, eseguen-
do la consagrazione colle cercmonie pre-
scritte nel ceremoniale romano, colf in-
terveuto di numerosa nobiltà e d' una
moltitudine di popolo venuto pureda lon-
tane parti. Mg. rBrancadoro spiegò il mi-
stero della consagrazione nella sua Me-
ditazione per la consagrazione della nuo-
va chiesa di Subiaco fatta da N. S. Pa-
pa Pio FI, e la pubblicò nel citato suo
libro, insieme alla dotta e commovente
omelia che vi pronunziò il Papa: SS. D.
N. Pii divina providenlia Papae Vls
Homilia habita in consecratione eccle-
siaeCollegiataeSnblacensis diexxti maii
1789. Avendo Pio VI colla chiesa con-
sagralo l'altare maggiore (il cui atto vie-
ne rappresentato nell'incisione posta dal
Brnncadoro in fronte al suo libro), com-
mise la consagrazione degli altri minori
6 altari a mg.1 Passeri, ed i 3 della chiesa
sotterranea a mg.1' Speranza, i quali ve-
scovi l'eseguirono (tranne due,perchè di-
cesi che voleva consagrarli il Papa ritor-
nandoa Subiaco, ma le vicende politiche
glielo impedirono) nel seguente sabato,
in cui il Papa si recò a venerare il b. Tom-
maso da Cori in Ci vitella, al modo che
già descrissi. Nella domenica poi il Pa-
pa celebrò solenne messa pontificale nel-
l'altare principale da lui consagrato, per
ulteriore lustro di quel tempio, e nel lu-
nedì appresso 2 5 maggio alle ore 1 6 par-
tì da Subiaco, lasciando i subiaciani nel-
l'aifeltuoso contrasto del piacere provato
in ammirare la presenza del loro aman-
tissimo benefattore, e di tristezza e com-
mozione per la sua partenza, mitigata al-
quanto dalle replicate benedizioni che su
(li loro benignamente compartì. Facendo
il Papa le stesse posate e vie, che nella ve-
nuta avea fatto, munse al Vaticano verso
le ore 24. Nel Bull. Boni. cont. vi sono i
3 seguenti brevi di Pio VI riguardanti
l'abbazia di Subiaco. Nel t. g, p. 348, Ex
pone «oi/^de'28 geuuaio 179.4: Fdeut-
SUB
las ad ministro generali mensac abha-
tialiSubliìcensis ineundi contraclum per-
pcluiun deciniarum ejusdem rnensaej a
p. SGG^xponinobisjde'G maggio 1 jqi-
Confiriìiatio instrumenli perpetuae loca-
tionis honorum, ac proventuum ad me ti-
sani abbatialem Sublacenseni spcclan-
tium.Ne\ t. io,p. 3q,Quod precipuae,(\el
1 .° ottobre 1 796: Unio abbatiae ss. V in-
callii elAnastasii de Urbe abbatiae Su-
blacensi cimi applicatione pensionìs a-
lias solutae Seminario romano. Il glo-
riosoPioVI,vide invaso e democratizzato
lo stato pontifìcio da'repubblicani fran-
cesi, e fu da loro detronizzato e strappa-
to da Roma a'20 febbraio 1798 ; morì
virtuosamente e quale lo celebrai nella
biografia, rilegato in Valenza di Francia,
la nottede'28 venendoli 29 agosto 1 799.
Per sì deplorabili vicende, anche Subia-
co grandemente ne soffrì, e ('.annalista
Coppi registrò negli Annali d'Italia,che
nel marzo 1799 furono da' francesi pre-
se e saccheggiate Tolfo e Subiaco, per es-
sersi dimostrate divote e fedeli al Papa,
e avere opposta resistenza agi' invasori.
Pio VII riempì la vacante sede abba-
ziale di Subiaco con nominarne abbate
commendatario eordinario nel 180 1 l'an-
tico e dotto suo confratello cardinal Mi-
chelangelo Luchi benedettino cassinesedi
Brescia. Siccome morì poco dopo a'28 set-
tembre 1 802 nella Rocca di Subiaco, co-
sì nella biografia ne descrissi i funerali ce-
lebrali in s. Scolastica, ove volle essere tu-
mulato, e le disposizioni testamentarie, ri-
cavando le notizie dalla descrizione del-
la pompa funebre pubblicata dal Diario
di Roma de'i3 ottobre 1802: ma nelle
Notizie di Roma si legge che morì a'29
settembre. Pio VII dipoi neh8o3 con-
ferì l'abbazia al concittadino cardinal Pier
FvancescoGalle/Jì à\ Cesena, il quale per
la nuova invasione degl'imperiali france-
si, nel 1 809 fu deportato in Francia, dou-
de ritornò ueli8i4> infortunio che pro-
vò ancora Pio VII, onde in tal periodo
ili tempo Subiaco segueudo i destini di
SUB
llonui, soggiacque al dominio straniero.
Il cardinale in benefico e quale lo celebrai
nella biografia, e morì compianto nel
1837. Le opere più belle tlel cardinalGal-
leflì come abbate commendatario di Su-
biaco, furono la riapertura del seminario
abbaziale, cbiuso e saccheggiato nell' in-
vasione repubblicana straniera del 1799;
le larghe sovvenzioni che ogni anno da-
va agli alunni e al medesimo luogo pio;
la carità veramente singolare verso i po-
veri, pe' quali spendeva la maggior par-
tedi sue rendite. Essendo egli abbate com-
mendatario il Papa Gregorio XVI onorò
Subiaco di sua presenza, poiché benedet-
tino camaldolese e veneratore del s. Speco,
da abbate e da cardinale con divozione e
tenerezza Io avea visitato, come classico
suolo santificato dal suo gran padre s. Be-
nedetto e da tanti antichi anacoreti,di cui
disse il p. Mabillon quando vi si recò: II ic
cunabula genlis nostrae. Come superior-
mente accennai, ebbi l'onore d'accompa-
gnarlo nel cardinalato negli ottobri 1 828
e 1 83o, ospitato cordialmente per alcuni
dì nella nobile casa Lucidi, ove ambedue
le volte celebrò la messa ogni giorno,ed io
ivi e come sempre assistei nel servirla, nel-
la memorabile cappella domestica, ove un
tempo si venerava la divotissima imma-
gine di s. Maria della Pietà (ed al pre-
sente una copia), che già della pia Cle-
menza Catoni o Garroni di Subiaco, ora
è in somma venerazione in Roma nella
chiesa de'bergamaschi che porta il suo ti-
tolo, e perciò e della sua provenienza da
Subiaco, ne parlai ne'vol. XIV, p.i54, e
XL1X, p. 3o3, ove citai Bombelli che ne
tratta, e qui con lui dirò alcune altre pa-
role. E' fama che la detta immagine par-
lasse a Clemenza vedova di molta pietà
e slimata anche dal gran b. Leonaido di
Porto Maurizio (il quale essendo impe-
gnatissimo pel riconoscimento dogmati-
co dell'Immacolata Concezione della B.
Vergine, scrisse con di voto ardore quella
celebre lettera che apre il cuore alle più
grandi, liete e consolanti speranze, ora
voi. LXX.
SUB 289
che con entusiastico gaudio solennissi
inamente si effettuò: U tinaia sic fiat! ).
Morta santamente a'26 novembre 1 7 5 >,
il di voto quadro venne in retaggio dei
Caroni nipoti della defunta, che per ono-
rare la Beata Vergine lo collocarono nel
proprio oratorio domestico, ove si cele
brava quotidianamente la messa. Mg.r
Pietro Caroni di Subiaco cameriere extra
e sotto-guardaroba di Pio VI (e fondatore
de'canonicati e mansionarie Caroni della
collegiata, benefizi che ricordai di sopra),
trovandosi un giorno inRoma nella sagre-
stia de'bergamaschi, e ragionando cou al-
cuni sacerdoti sulle immagini miracolo-
se della Madonna, con fervore parlò dei
pregi della sua, onde fu pregato pel suo
maggior culto a farla portare in Roma.
Vi condiscese mg.1' Caroni, ed a'24 giù
gnoi790 vi giunse; però non senza pro-
digio, i vetturali non la recarono in sua
casa, secondo la spedizione del commis-
sionato, ma nella sagrestia de'bergama-
schi, ove sovraggiungeudo mg.r Caroni
con tale incidente vide chiaramente ma-
nifesto il volere della Madonna, e meglio
confermandosi nel proponimento ne fe-
ce legale dono alla chiesa con istromento
de'28 giugno rogato dal Lorenzini; ed il
sagrestano della chiesa ammirandone il
modesto e divoto atteggiamento, volle de-
nominarla della Pietà, titolo che si co-
municò alla chiesa e prevalse a quello dei
titolari i ss. Bartolomeo ed Alessandro, o
per dir meglio si rinnovò l'antico senza
porvi mente. Qiuvi la B. Vergine diven-
ne feconda dispensatrice di grazie, ond'è
frequentatissima per la tenera e profon-
da divozione che le professa il popolo ro-
mano. Il n.°5i del Diario di Roma del
1839, riferendo la celebrazione del 3."
centenario del sodalizio cui appartiene la
chiesa, rimarca ch'esso volle restaurarla
e abbellirla, e farla consagrare a'23 giu-
gno dal cardinal Giacomo Luigi Brigno-
le, in considerazioue che il tempio fu più
visitato in seguilo del prezioso dono ri-
cevuto da tng.r Pietro Caroni della por-
•9
?9o SUD
tentosa immagine di Maria ss. della Pick),
verso lo anale V inleva popolazione di Ilo
ma dimostra particolarissima divozione.
Questa è una gloria di Subiaco,che io non
tlovea om imi loie, per coi mi si condo-
ni la digressione. Ritornando alla venu-
ta di Gregorio XV 1 in Subloco, dirò col-
la relazione compilata in Subloco e pub-
blicata nel supplimentoal n.°38del Dia-
rio di Iìoma del i834» che a' 29 aprile
partilo da Tivoli, lungo la via Valeria,
consolare e sublacense , per ogni breve
trailo venne salutato da innumerevoli
spari de'mortari de 'circostanti paesi, e da
tutte quelle vicine popolazioni ch'erano
discese dalle loro colline per tributare al
loro padre e sovrano i sinceri sensi della
loro venerazione profonda e fedele sud-
ditanza. Cornino ventissimo n'era lo spet-
tacolo, ed io ne fui edificalo spettatore e
ammiratore. Ogni popolazione avea alla
testa il proprio clero e le loro confrater-
nite, con bandiere, stendardi e altre in-
segne di religiosa esultanza. In ogni bre-
vedistanza archi trionfali d'alloro, di mir-
to e di fiori, di che era pure cospersa la
via adorna di damaschi, con analoghe i-
scrizioni, testimoniavano la gioia di quei
popoli. Con queste veramente cordiali di-
mostrazioni si distinsero fra gli altri gli a-
bitanti di Castel Madama, Vicovaro, Sa-
racinesco, Licenza, Anlicoli,Roviano(tut-
ti luoghi del distretto di Tivoli, che nel
suo articolo descriverò), Marano e Ago-
sta. Il Papa corrispondeva a'vivacissirui
e replicali evviva e lieti augurii, col di-
mostrare d gradimento da cui era pene-
trato il paterno suo cuore, facendo amo-
revolmente di tratto in ti atto fermare la
sua carrozza persoddisfire alla divozione
di quelle buone genli che decoravano il
suo passaggio, che poteasi dire un conti-
nuo trionfo, ammettendo alcuni di quan-
do in quando al bacio del piede. Non si
può abbastanza esprimere le lagrime di
vita gioia sparse da sì divote popolazio-
ni, nel poter da vicino, benché per brevi
istanti, fissale i loro sguardi nel supremo
SUB
Gerarca, e riceverne con indicibile con-
solazione l'apostolica benedizione: dimo-
strazioni e incontri che rinnovarono al-
l'amalo Papa bel ritorno che fi ce a Ti-
voli, non ostante il cocente sole ili quel
giorno. Giunto alla chiesa di s. Cosimalo
de'minori riformati, presso Vicovaro, la
cui origine si fa ascendere al VI secolo,
quando s. Benedetto vi si ritirò co' suoi
monaci (e si mostra il luogo ove abitò, la
cui volta è sostenuta da una colonna na-
turale, e il refetloi io con pittura ben con-
servata: traversandoli giardino si discen-
de nelle grotte scavate nelle petrificazioni
dell'Amene che ne'piimi tempi vi lista
gna va; nel 1074 vi era fiorente il monaste-
ro de'benedetlini, che già nell'876 avea
corso grave pericolo d' essere devastato
da'.saraceni,se Carlo li il Cafro ne'dinl or-
ni non li sconfìggeva; vittoria espressa nel-
le pitture delle lunette nell'ingresso della
chiesa, ed eseguite nel 1670), discese il
Papa dalla cai rozza, ed entrato in chiesa
venerò il s*. Sagramenlo, ammise nel co-
io al bacio del piede il p. guardiano e la
religiosa famiglia, e dopo breve tratte-
nimento nel convento, che avea onoralo
anche da cardinale nelle suddetteepoche,
rimontò in carrozza e si diresse alla vol-
ta diSubiaco, trovando verso l'osteria del-
la Spiaggia un singolare arco trionfile,
formato lutto di trotte dell'Amene. La cit-
tà non seppe che 12 giorni innanzi la fau-
sta notizia dell'imminente venuta del
Pontefice, ed all'istante un sol pensiero,
un solo oggetto formò l'occupazione di
tutti i suoi abitanti che ne tripudiarono.
Giunse il felicissimo giorno del suo arri-
vo, affrettalo da' voli universali, giorno
memorabilea'subiaciani3poichèmarsi,sa-
bini, latini e eroici concorsero Ira essi a
dividerne il giubilo. Spuntava la brama-
ta aurora del 29 aprile, e piene già si tro-
vavan le vie da ogni parte di numerosis
situo popolo in tutti i punti affollalo per
situarsi ove meglio e più da vicino vene
rare il capo della Chiesa. Ilcaidinal Gal
lefìi abbate commendatario, che di 3 gioì
sur, sue 29 1
ni avea preceduto l'arrivo del Papa, si tefìce vicino al magnifico arco marmoreo
mosse a incontrarlo a'eonfini territoriali, eretto a l'io VI, volle discendere a piedi,
e da Gregorio XVI venne graziosamen- ed allora più fragorosi e concordi furo-
te ammesso nella propria carrozza. A due no gli evviva. Presso l'arco si trovarono
miglia dalla città fu inviata una deputa- mg.r Francesco Vici vicario generale di
zione dal comune, alla quale fecero segui- Subiaco (poi dal Papa ammesso in pre-
toi5o de'più forii e giovani villici mossi latura e fatto delegato di Spoleti, oracon-
dalconcorde divoto animo di trane colle sigliere di stato) con tutto il clero seco-
loro braccia la pontificia carrozza. Sulle lare e regolare, il magistrato municipa-
orei5 circa, i primi colpi di mortali di- le, il cav. Dario Cali>ti Ficedola gover-
sposti sopra vari punti delle circostanti naloredistrettuale,e il gonf donici eFran-
colline, annunziarono il vagheggiato ino- cesco Angelucci , il quale inginocchioni
mento del di lui arrivo. Gridi unanimi, presentò a sua Santità le chiavi della cit-
gridi di universale esultanza, salutarono tà, e gli omaggi sincerissimi di tutti i fe-
sonoramente il fausto annunzio. In quel- deli abitanti. Il Papa corrispondendocol-
l'istaute il Papa giunse ove l'accennata le piìi allabili maniere a quest'atto di di-
deputazione, scelta fra i primari della cit- vozione,indi avendo a lato il card ina IGal-
tà, nelle persone di Francesco Tornino- leffi , preceduto dalla croce pontificia, e
lini, Biagio Tocci, VincenzoPelrucci, Pio- seguito da tutta la sua nobile corte, si
bei toParibeni eVincenzoEvangelistigiu- diresse a piedi verso l'interno, sempre a-
dice supplente del governo, adempiva i morosamente riguardando e benedieen-
doveri di omaggio e venerazione, che ve- do il popolo, che non cessando d'applau-
nivano accolli da Gregorio XVI con ti- dire di mano in manosi raccoglieva per
inanità tutta sua propria, implorò in pari fargli seguilo. Giungeva iutauto all'arco
tempo la grazia che venisse concesso ai trionfale (che meritò d'essere inciso in
genuflessi villici di portar la carrozza fi- rame), erettogli dalla città sul principio
noalla città. Il Papa nella sua umiltà non dell'abitato, e quivi con particolare de-
potè dispensarsi dall'accousentirvi; e fra gnazione aggradì questa dimostrazione,
i più giulm evviva mossero que'giovani fermandosi a riguardarlo d'ambi i lati e
lieti e vigorosi verso la città, e giunsero lodarlo. Gotico n'era il disegno, dell e-
sollecili al principio del rettilineo ingres- gregio ingegnere pontifìcio Matteo Li vo-
sodi essa. Questo tratto di via,lungo circa ni, adattato sì alla località come alla sto-
mi 3. c di iuiglio,era tulio cosperso di mir- ria di Subiaco, con pittura a bassi rilie-
to e di fiori, e da ambi i lati senza inter- vi, con figure a bronzo, ornati analoghi
ruziooe ornato di verzura simmetrica- e oggetti lumeggiati in oro. Nell'anlerio-
mente disposta, e distribuita in tanti re- re prospetto, da un lato v'era effigiato s.
golari festoni avea più l'aspetto d'un giar- Benedetto fondatore del monachismo di
dino che d'una stiada urbana; opera fu occidente, e dall'altro s. Gregorio I pro-
questa in parte dell'affettuose sollécito- lettore del suo ordine. In mezzo al sesto
dini delle giovani contadine. Procedeva dell'arco, dall'una e dall'altra parte ele-
il Papa come in trionfo, quasi sulle brac- vaio , miravasi lo stemma di Gregorio
eia dell'immenso popolo che il circonda- XVI. Sull'ultima cornice erano colloca-
va e festeggiava, con applausi sempre più te le statue delle r\ v irtù cardinali co pro-
vivi. Gli facevano giulivo eco il rimbom- pri distintivi. Nell'istessa linea e in uiez-
bo de'rnorlari, il suono di tulle le Cam- zo avea l'arco il suo timpano, sulla cui
paneele bande muMcali sublacense, edei sommità vedeasi trionfante la Religione,
dragoni giunti da Roma, che eseguivano e nel fronte di questo a caratteri d'oro
armoniosi concerti. Giunto il sommoPon- si leggeva: Gregorio XI' 1 Pont. Max.
-?x)i SUB
Principi Munificentissimo S. P. Q.S. Nel-
l'opposta facciata riguardante 1' interno
della città, e negli stessi punti dell'altro
prospetto, da un lato osserva vasi l'imma-
gine di S. Placido e dall'altro quella di s.
Mauro,capi d'ordine de'monaci delIeGal-
lie e di .Sicilia. Sull'estremità superio-
re della cornice si miravano due fame in
alto di spargere le virtù del Papa, e due
geni sublacensi co'loro timpani e flauti in
atto di festeggiare l'epoca memoranda,
in mezzo a'quali nel prospetto del tim-
pano che li divideva, leggevasi l'epigra-
fe: Parenti Oplimo Sublacenses Univer-
si. Continuava il santo Padre il suo cam-
mino nell'interno della città, e le finestre
e balconi delle abitazioni, tutti apparatidi
stoffe, di damaschi e simili drappi, era-
no pieni di persone, e persino sui tetti ve-
deasi a gruppi la gente: e chi stendendo
le mani, chi battendo palma a palma, chi
sventolando fazzoletti, e chi in altri e tan-
ti e vari modi, erano tutti concordi uel-
l'espansione dell'animo, con cui esulta-
\ano all'arrivo del venerabile principe e
salutavano l'ottimo padre. Egli con gran-
de umanità, benedicendo tutti, tutti con-
solava con un felicitante sorriso. Giunse
intanto in mezzo a' festevoli applausi il
Papa all'insigne collegiata di s. Andrea
apostolo, ov'era esposto decorosamente il
ss. Sagt amento. Ivi prostrato l'adorò e ri-
cevè la trina benedizione da mg.r Soglia
suo elemosiniere (che poi creò cardinale).
Passò quindi nella libreria Piana, ed am-
mise al bacio del piede mg.1 Vici, il ca-
pitolo, il governatore, il magistrato, gli
alunni del seminario, la suddetta depu-
tazione, gli ordini religiosi, ed i notabili
della città ivi presenti. Di là passò nel pa-
lazzo della nobile famiglia Lucidi, e do-
po un breve riposo , si degnò sedervi a
mensa col cardinal Galleffi, ammettendo
a questo segnalato onore, oltre la nobile
sua corte e altri ragguardevoli personag-
gi, anche i membri dell'encomiata fami-
glia, la quale giubilante d'accoglierlo per
la 3,'' vultti,avea dispostosi apponesse, du-
SUD
rante la mensa, una marmorea iscrizio-
ne analoga a tanta distinzione nella i ."sa-
la d'ingresso. Nel pomeriggio e circa le
ore 2 2, sempre fra le più rispettose e cor-
diali acclamazioni, Gregorio XVI si recò
al ven. proto-monastero di s. Scolastica,
ove venne ricevuto dal p. d. Gio. Pietro
Taini abbate di governo, e dal p. ab. d.
Vincenzo Bini procuratore generale del-
la congregazione cassinese, alla testa del-
la monastica comunità, avendo il Papa
ivi destinato di far la sua residenza. En-
trato in chiesa, tornò a prendere da mg.r
Soglia la benedizione col ss. Sagrameuto,
già esposto con gran copia di lumi. La
mattina de'3o il Papa per tempo si por-
tò als. Speco, ricevuto dal p. d. Sebastia-
no Piacenti abbate di governo del mona-
stero, e nella s. cappella di s. Benedetto
celebrò la messa, assistito da'pp. abbati
Bini e Piacenti e da alcuni prelati della
corte, ascollando poi quella di mg.r Ar-
pi cappellano segretoecaudatario.il Pa-
pa lasciò in dono al santuario il ricco ca-
lice col quale avea celebrato. Ammise al
bacio del piede la monastica famiglia, e
lesse la marmorea iscrizione ch'essa avea
innalzato, per ricordanza di tanto onore,
cheleggesi nella relazione del viaggio. Di-
voto dell'illustre memoria del b. Loren-
zo da Fanello, Gregorio XVI salendo a
piedi l'alpestre montagna, recossi all'an-
tico monastero di Morrebotte eretto da
s. Benedetto e abitalo da quel penitente
eremita, ene visitò l'eremo. Il p. Bini ch'e-
ra presente,nelle sue Memorie ancora una
volta celebrò siffatta visita con queste pa-
role. » Una lapide collocata in quella pic-
cola chiesa ricorderà all' età avvenire il
singolare avvenimento, che noi tulli mi-
rammo edificati e sorpresi, d'un sommo
Pontefice, che sali quelle erte vie e le di-
scese senza prender riposo, né più i no-
stri nipoti vedranno in quelle dure selci
operatosi meraviglioso spettacolo".Falto
ritorno il s. Padre a s. Scolastica, sedette
alla mensa, della quale ebbe la degnazio-
ne di permettere che partecipassero col-
SUB
la corte i monaci de'due monasteri (cioè
nel refettorio ove già da cardinale ave.»
pranzato nell'ottobre i83o, essendo ab-
bate del monastero il pio e zelante p. d.
Benedetto Cigala Fulgosisuoainicoe mio
amorevole). Nelle ore pomeridiane il Pa-
pa passeggiò per una delle strade terri-
toriali in quelle vicinanze, per le quali è
fama cbe andasse alla visita del «. Speco
la vergine s. Chelidonia anacoreta del se-
colo XII; ed il popolo che dalla città, in
tanta distanza meravigliato il mirava, lo
salutò con ripetute esplosioni di morta-
ri, non potendo fino all'elevato monte far
giungere i suoi gridi di gioia. Nella seguen-
te mattina i ."maggio, dopo aver celebra-
to la messa nella chiesa di s. Scolastica
all'altare di s. Chelidonia, e assistito dal
p. ab.Bini e dal p. Theodoli ora abbate, il
s. Padre discese in Subiaco, e fra non in-
terrotti evviva passò a riposarsi in casa dei
conti Lucidi, donde poi in compagnia del
cardinal Galleili, del card. Cappelletti ve-
scovo diRieti,da dove erasi portato ad os-
sequiarlo, e della nobile corte, si recò sul-
la loggia esteriore che sovrasta la faccia-
ta della collegiata, donde compartì al nu-
merosissimo popolo l'apostolica benedi-
zione. Ai successivi reiterati applausi e vi-
vissime acclamazioni, corrispose il santo
Padre dalla loggia con paterna compia-
cenza; quindi passò ad orare nella chie-
sa di s. Gio. Battista delle monache be-
nedettine, ed entrato nel monastero per-
mise che gli baciassero il piede, benigna-
mente volle visitarlo tutto, e ne partì la-
sciando quelle sagre vergini colla sua be-
nedizione e ripiene delle più dolci couso-
lazioui. Quindi co'detti cardinali si recò
alla Rocca residenza abbaziale, ove il car-
dinal Galleffi gli avea preparato un deco-
roso pranzo, al quale il Papa vi ammise
i porporati, il cav. Amerigo Galleffi, la no-
bile corte pontificia, e molti altri distinti
personaggi, fra i quali mg.1 Annovazzi ve-
scovo di Leros e suifraganeo di Civitavec-
chia pel cardinal abbate, portatosi a Su-
biaco a veuerare il Pontefice. Il quale ver-
S U B 293
so le ore a 2, sempre fra una calca di pian
dente popolo, ritornò alla sua residenza
di s. Scolastica, ove la mattina del 1 ce-
lebrò la messa nella cappella domestica.
Ne' 3 giorni che il Papa dimorò iu Subia-
co, un continuo fragore di mortari animò
il giubilo universale. Nelle sere la città fe-
ce generale e brillantissima illuminazio-
ne, nelle quali riccamente illuminati a ce
ra si distinguevano i palazzi dell' abbate,
della residenza del suo vicario generale,
de'conti Lucidi, della municipalità, col-
l'annessa residenza governativa, ed i mo-
nasteri di s. Scolastica e del s. Speco: e
non meno illuminato di spesse fiaccole era
lo stradale dilla città al proto-monaste-
ro, che celebrò l'onorevole avvenimento
colle due iscrizioni collocate alla porta del
suo recinto e pubblicate dalla relazione,
oltre la lapide marmorea che pose sulla
parte esterna dell'appartamento abitato
da sua Santità, e riprodotta da Marocco.
La pontificia presenza fu altresì festeggia-
ta da'casini .suburbani, da'con venti edal-
le colline che fanno corona a Subiaco. L'è
levazione di 3 globi areostatici, l'iacea-
dio d'altrettanti fuochi artificiali, le me
lodie e concerti delle due bande, espres-
sero l'universale tripudio; e le glorie del
pontificato di Gregorio XVI furono ce-
lebrate da due accademie di musica e lei
terarie con poetici componimenti, la 2.1
delle quali fu onorata dal cardinal Cap-
pelletti e da altri personaggi. Posseggo di
tali produzioni 3 epigrammi e un Carmen
mss. iu latino; e stampati un'ode in simi-
le idioma, altra in italiano del gonfalo-
niere, ed un sonetto del governatore. La
clemenza di Gregorio XVI consolò più
famiglie, il suo cuore generoso fece di-
spensare a sollievo de'poveri di Subiaco
e del resto dell'abbazia abbondanti lituo-
sine, donò medaglie e divozionali. E fi-
nalmente, comeesprimesiilp. Bini: «Non
può con adeguate parole esprimersi di
qual gaudio, e diremo meglio di quale
pubblica esultanza ricolmasse i cuori di
ogui ordine di persone la presenza nello
'94
S U U
stiblucciibi contrade dell'augusto Ponte-
fice, il quale uella maestà dell'eccelsa sua
dignità usò col clero e col popolo i modi
più affettuosi e paterni, adoperando il lin
guaggio della beneficenza e dell'amore.
Fuperciòarnarissimaatutti l'ora del suo
ullonlanamento, e lo fu in modo partico-
lare a'rispettosi suoi ospiti e servi, dona-
ti da lui pel servi/io della chiesa abbazia-
le di una ricca piaueta, e di un prezioso
calice per cpiella del s. Speco. Lungi dal
potere venire meno ne'loro cuori la me-
moria dolcissima d'un onore sì segnalato,
formano incessanti voti al cielo, perchè
voglia a sì amoroso Padre e sì generoso
Pontefice ispirare nuovamente il pensie-
ro di fare ritorno a questi luoghi, i (piali
se furono santificati dal comune patriarca
s-. benedettoci riempirono poi di conso-
lazione e di gaudio per le dimostrazioni
date da un figlio suo di amorevolezza e
di patrocinio". La bella relazione scritta
ni Subiaco, come avea colle più solenni
parole, e meglio ancora di quanto io uè
ricavai, celebrato il soggiorno in esso di
Gregorio X Vf,co>ì espose eloquentemen-
te i voti universali pel suo sospiralo ri-
torno. A*2 maggioe verso le 12 ore il Pa-
pa partilo das. Scolastica, tornò nella ca-
sa decenti Lucidi ad esternare il suo gra-
dimento, a confermare la particolare be-
nevolenza concilila riguardava, ed oltre
ad ammettere lutti i suoi individui al ba-
cio del piede, ricevè ad esso anche il ca-
pitolo, il governatore, il magistrato e la
deputazione, cotnmettendo al gonfalonie-
re d'assicurare nel suo nome il fedelissi-
mo popolo della piena sua sovrana sod-
disfazione e riconoscente alletto. Pai lì per
Arsoli tra le benedizioni, gli augurò di fe-
licità la più prospera, misti al pianto dei
sublacensi, ed il Papa benedicendoli lar-
gamente coli' animo visibilmente com-
mosso si allontanò da loro, i quali rin-
novarono poi col pontificio slemma l'os-
sequio e la gioia di cui erano penetrati.
Alla morte del cardinal Galletti la rev.
camera degli Spogli assunse la consueta
SUB
amministrazione delle rendite abbaziali,
ministerio juris, e fece rapporto a Gre-
gorio XVI del suo stato annuo attivo e
passivo, dimostrando il decadimento del-
le rendite, con isperanzadi ridurle al pri-
miero florido stato, e riportarlo a un red-
dito di scudi 5ooo circa, previa tempo-
ranea, accurata ed economica ammini-
strazione. Leggo in uno stato attivo e pas-
sivo dell'abbazia di Subiaco dell'agosto
1837^ ascendere l'attivo a scudi 6612,
i pesi fissi a scudi 21 56, rimanendo le
rendite abbaziali a scudi 44^5, gravate
però da scudi i3q5 di pesi infìssi, e da scu-
di 2t)2 di pesi precari, risultando la ren-
dita netta a scudi 2767. Contemporanea
mente il tesoriere generale fece relazione
al Papa, sul credito che la camera apo-
stolica avea verso l'abbazia di Subiaco.
In essa si dice, che Pio VI volle ritenere
l'abbazia in commenda per potere colle
rendite ricostruire la collegiata, ampliare
la fabbrica del seminario, e riattare il pa-
lazzo della Fiocca. Che l'impresa essendo
assai grandiosa, dopo avervi impiegato
le rendite dell'abbazia e somministrati
de'fondi particolari del suo peculio, pri-
ma di compiere tali opere si vide nella
necessità di provvedere alla vistosa spesa
cui era andato incontro, co' 3 chirografi
del 1 782,1 785 et 788. Pertanto con essi
ammise l'abbazia alla compartecipazione
del Luogo di Monte s. Paolo degli ordini
religiosi per scudi 1 2,000, corrispondenti
al capitale di scudi 1 20,000, da potersi li-
beramente alienare per erogarne il prez-
zo nelle spese occorrenti. Però ad assicu-
rare il Monte s. Paolo e la camera apo-
stolica del pagamento de' frutti annui e
dell'estinzione del capitale, impose sulle
rendite abbaziali l'annua pensione di scu-
di 42oo3co'quali si pagassero i frutti e si
estraesseroognianno 20 Luoghi di Mon-
te sino alla totale estinzione del debito.
Ma nel 1 790 l'abbazia era restata debi-
trice del Monte e della camera aposto-
lica di scudi 1 i,i 16, ed abbisognando di
altri fondi per 1' ultimazione della lab-
sub
brica della collegiata e fornimento de'sa-
gri utensili e suppellettili, come del fon
do per la sua manutenzione, l'io VI con
chirografo si rivolse al patrimonio ex. ge-
suitico, e giusta la mente di CleinenteXl V
che le sue rendite doveano erogarsi in u-
si sagri e in opere pie, ordinò che l'ab-
bazia diSobiaco fosse a ui messa ad un nuo-
vo cumulo di Luoghi di Monte per scudi
3o,ooo nel suddetto Monte s. Paolo e per
3o Luoghi di Monte, e che il patrimonio
exgesuitico si caricasse dal i 70 t in poi del
pagamento de'frutti degli scudi 3o,ooo,e
di quegli altri Luoghi di Monte creati coi
primi 3 chirografi, soddisfacendo inoltre
il debito die avea l'abbazia colla camera
apostolica degli arretrati scudi 1 1, 1 1 6.Di
più volle il Papa, che il patrimonio ex
gesuitico ras>egnasse alla nuova chiesa 35
Luoghi di Monte per formare un reddito
necessario alla sua manutenzione, e pa-
gasse altri scudi 35oo per altre soprav-
venute spese. In pari tempo Pio VI im-
pose all' abbazia di pagare alla camera
apostolica l'annua pensione, limitandola
a scudi 2000 fino all'estinzione del suo
debito antico e di quello incontralo pei
scudi3o, 000. Siccome dal 1 70811) poi non
fu mai pagalo alla camera l'annua som-
ministrazione di scudi 2ooo,eosìil tesorie-
re generale per tutelare l'interesse di essa
nel suo credilo, invocò un provvedimeli-
lo da Gregorio XV I. Frattanto questo Pa-
pa nel i838 nominò abbate commenda-
tario e ordinario de' ss. Benedetto e Sco-
lastica di Subiaco, il cardinal Ugo Pietro
Spinola genovese, che poi fece pro-data-
rio e lo è ancora. Di questo porporato il
p. Bini a p. 60 e 76 delle sue Memorie
rende distinti elogi pel zelo a promuove-
re il beue del gregge, per la generosità
verso la classe indigente, per prevenir le
colpe, e con paterna misura punirle, per
la prudenza nel diminuirei disordini, per
promuovere i buoni studi con incessanti
cure pel seminario a cui giovò molto, e
per la squisita bontà e gentilezza che gli
sono connaturali. Ivi il p. bini lodò pure
SUB 295
il clero sublacense, che fiorisce per saviez-
za e per singoiar merito di sapere, spe-
cialmente nelle materie proprie del suo
sagro ministero. Avendo il cardinal Spi-
nola rinunziato l'abbazia (piando fu latto
legato di Bologna, GregorioX VI nel 1 8^2
gli sostituì ilcardinalPaolo PoUdonì, nato
in Jesi, e oriundo di Lorelo.che nel 1 8 .Lf
consagrò in arcivescovo di Tarso in parti-
bus,\\c\ie rilevai pure nel voi. XXXVI 11,
p. 224, per esercitare le funzioni episco-
pali nell'abbazia. Il cardinal Polidori va
particolarmente lodato, poiché restaurò
la torre dellecampane della collegiata, fe-
ce ad essa dono di preziosi arredi sagri, di-
stribuì ancora non poche limosine,edavea
destinato nel suo bell'animo di fare al-
tre beneficenze. Resa l'anima a Dio da
Gregorio XVI il i.° giugno i84t>, come
pervenne in Subiaco l'infausta nuova si
fece un lutto universale, rammentandosi
i cittadini la benevolenza speciale usata
da lui colla loro patria, e quanto egli fosse
pio, giusto e magnanimo. Ad ulteriore di-
mostrazione di riverente all'etto i subia
cesi agli 8 giugno gli fecero nella chiesa
collegiata solenni funerali, celebrando la
messa mg/Casanova vicario generale,con
musica a cappella eseguita da'dilettanti
della città, assistendovi tutto il clero, il
magistrato, le autorità governative e la
milizia,o!tre l'att'ollalissimo popolo, come
riporta il Supplemento al n.°49 del Dia-
rio di Roma, ove pur si legge: » Il sacer-
dote d. Alessandro Tummolmi disse quiu-
di un elogio, nel quale con istile grave ed
eloquente,degno dell'alto subbielto,tutte
richiamò alla memoria le virtù sì pub-
bliche e sì private dell' estinto Pontefice
sommo: e stante che fosse vero il suo dire,
uiuno era che non ne fosse commosso.
La ceremonia fu solenne, quanto sincera
la pubblica mestizia : e certamente i su
biacesi ricorderanno sempre con aifelto la
sa. me. di Gregorio XVI, utile, grande,be-
oefico sovrano". Nel seguente anno a'2 3
aprile Subiaco dovè piangere la morte
del virtuoso, dotto e amorevole suo pa-
296 SUB
store il cardinal Polidori. Per beneficare
]' abbazia il regnante Papa Pio IX con
singolare esempio a se la riservò, e ne
assunse il particolare governo, dichiaran-
dosi ordinario della medesima, e per or-
gano della dataria apostolica emanò il
relativo moto-proprio a'5 maggio 1847,
come pubblicò il n.°38 del Diano di lìo-
vio. Ivi pure si dice che il Papa nella se-
ra di tal giorno ricevè la deputazione del
clero e del popolo di Snbiaco, volata in
Roma per umiliare al benefico e amo-
roso suo principe e padre i sentimenti di
altissima venerazione e di profonda rico-
noscenza per un così segnalato tratto di
sovrana clemenza. Per prendere possesso
dell'illustre abbazia, e insieme consolare
di sua venerata presenza i diocesani, Pio
IX circa le ore 4 antimeridiane de' 27
di detto mese partì da Roma per Subiaco.
In questa città fu ossequiato da una de-
putazione espressamente spedita da Fer-
dinando li re delle dueSicilie,e composta
del barone Ajossa intendente della limi-
ti ofa provincia dell'Aquila, de'marchesi
Torres e Spaventa, e del sottointendente
del distretto d'Avezzano. Il santo Padre
ricambiò con benignissime parole la re-
gia cortesia, esternando a'deputati il suo
grato animo per atto sì benevolo. Alle ore
7 ip pomeridiane de'3 1 maggio, reduce
da Subiaco,il Papa rientrò in Roma. Al-
tro non trovo ne'n.1 44 e 5 1 del Diario di
Roma del 1847, e nel n.° 2 ideile Notì-
zie del giorno di Roma, che parlano del-
la pontificia gita a Subiaco, mentre è no-
to che la città non mancò di fare ogni di-
mostrazione di profonda riverenza e di
solenne riconoscenza. Ne'n.1 60 e 6 1 del
Diario di Roma si legge che Pio IX a-
vendo scelto a suo vicario generale nel-
l'abbazia monsignor PioBighi romano, lo
avea dichiarato prelato domestico e pro-
tonotario apostolico soprannumerario ,
indi lo promosse a vescovo di Li stri in
partibus. Riferisce il n.^G del Giornale
di Roma del 1 8 5 1, dacché il sommo Pon-
tefice Pio IX si compiacque serbare a se
SUB
l'immediato regime dell'abbazia di Su-
biaco, mai mancò di spandere quasi astro
benefico le sue influenze sui sublacensi.
Quindi a vieppiù attestare la sua pater-
na affezione, con breve apostolico pub-
blicato nell' insigne collegiata di s. An-
drea, tra la messa solenne pontificata da
mg.r Bighi vicario apostolico di sua San-
tità, a'2 1 marzo festa dell'inclito prolet-
tore s. Benedetto, della città e abbazia,
si degnò il Papa fissare di proprio censo
due posti gratuiti in perpetuo nel Semi-
nario Romano a due giovani di Subiaco
ovvero del resto dell'abbazia. Il reveren-
dissimo capitolo di delta collegiata, com-
preso da'più vivi sensi di gratitudine, de-
putò li 3 degnissimi prelati subiacesi di-
moranti in Roma mg.r Antonucci, mg.r
Lucidi e mg/ Merosi Gori, onde umilia-
re al pontifìcio soglio i sentimenti della
loro più sincera riconoscenza, i quali fu-
rono benignamente accolti dal Pontefice
abbate. Indi il n.°i i3 dell' Osservatore
Romano del 1 85 i pubblicò un articolo
proveniente da Subiaco, in cui sono ce-
lebrate le pontificie beneficenze di Pio IX
verso quella città eabbazia, cheper tratto
di somma benignità volle ritenere sotto
l'immediata propria cura pastorale quel-
le fortunale popolazioni. Imperocché la
sua munificenza e il suo cuore aprì, già
largo e pieno di beneficenze, destinando
ricche dotazioni alla collegiata e al se-
minario, e splendidi donativi in favore
del comune. » E nel paterno desiderio
di conoscere da vicino questo particola-
re suo diletto gregge, decorsi appena 20
giorni muoveva da Roma, giungeva fra
noi, ed empiendo le nostre vie della di lui
maestà sovrana, colmava di giubilo tutti
i cuori colla sua paterna affabilità nell'atto
che ad ogni passo a pieni cori salivano
al cielo le benedizioni de'poveri soccorsi
di propria sua mano con generose elar-
gizioni.Correvano penuriose le circostan-
ze di quella stagione: Sua Santità ne face-
va scomparire lo squallore comandando
che venissero distribuite abbondanti som-
S U D
ministrazioni di cereali : e perchè sopra i
poveri non venisseagravareildaziodi ma-
cinazione, ordinava che a tulio suo pro-
prio conio venissero ridotti in farine; men-
tre dall'altro canto ulteriormente muni-
ficente assolveva i contribuenti arretrati
piti inendici dalle imposte prediali, che
non potevano corrispondere. Dispoueva
che tulli i redditi abbaziali venissero im-
piegati in favore dei diletti suoi figli : e
poiché la felicità dei popoli si stabilisce
e dura colla morale e civile educazione,
comandava che si erigesse un novello sta-
bilimento di scuole pie, al (piale elletto
veniva, quasi del tutto nuovo, fabbricato
un ampio locale, duve restassero istruite
e nella cristiana pietà e ne' lavori le ra-
gazze d'ogni ceto, rna specialmente l'or-
fane di povera condizione: onde però l'o-
pera col tempo non avesse a venir meno, la
provvedeva di generosa dotazione." Qui
pure si fa menzione del fondo perpetuo as-
segnato pel mantenimento di due alunni
nel seminario romano, con espressioni ri-
conoscenti a tanta magnanimità; indisi
descrive come nella collegiata i subiace-
si celebrarono l'onomastico del munifico
Pontefice abbate, e nella quale pontifi-
cando il suo vicario mg/IJighi, fu da que-
sti pronunziata dotta e commovente o-
melia, di cui se ne riporta un eloquente
brano. Notai a Seminario Pio (ora degna-
mente celebrato da mg.r Fabi Montani,
col Ragionamento, il Seminario Pio a-
perto in Roma), istituito in Roma dalla
munificenza di Pio IX, per le diocesi ar-
civescovili e vescovili dello stato ponti-
fìcio, che vi comprese il Papa l'abbazia
diSubiaco con nuovo tratto benefico. A-
vendo mg.r Bighi rinunziato il vicariato,
il cardinal Maltei sotto-decano ilei sagro
collegio e arciprete della basilica Vatica-
na, di questa lo nominò suo vicario a'22
aprile 1 853, indi il Papa a' 23 agosto lo
promossead arcivescovodiFilippi inpar-
tibus,come trovo registralo nel libro pub-
blicato nel i854: De viccwiis Bus. L'ibis.
IMa appreiidodal u.° 20 1 del Giornate di
SUB 297
Roma di fa le anno, che l'arci vescovo mo-
rì nella certosa di Trisulti a'3 1 agosto,
di ^5 anni, mentre il n.°2o4 fa l'elogio
del suo sapere e virtù, novera le cariche
da lui sostenute, e le diverse solenni ese-
quie che gli furono celebrate. Prima di
questo tempo il Pontefice Pio IX, sino dal
precedente anno essendosi dimesso dal
governo dell'abbazia di Subiaeo, la con-
ferì al cardinal Girolamo de' marchesi
D'A ndrea napoletano,prefettodellas. con-
gregazione dell'indice, come pubblicò il
Giornale di Roma de'23 maggio 1 853,
ove si aggiunge: non cessando però ilPa-
pa di riguardare con ispecial protezione
la città di Subiaeo. Di questo ragguar-
devole porporato parl-ii in più luoghi, a
Melitene di cui fu arcivescovo, e a Sviz-
zera quale nunzio della s. Sede. Avendo
di sopra rammentato la patriarcale ba-
silica e Chiesa di s. Paolo, in custodia
de'benedettini cassinesi, ed essendo que-
st'articolo uno de'tanti che li riguarda-
no, qui aggiungo e leggendone gli slam
poni, che a Tempio, con altre nozioni sul-
lo splendidissimo edifizio,dirò di sua so-
lennissima consacrazione eseguila a' io
dicembre 18 54 dal sommo Pontefice Pio
IX, e nella quale fu assistito da mg. 'Lu-
cidi qual diacono della cappella ponti-
fìcia, e da mg.r Pentirti come suddiaco-
no de\\n medesima: fra'cardinali e vesco-
vi intervenuti al rito, nominerò il cardi-
nal D'Andrea abbate di Subiaeo, e mg.1'
Antonucci arcivescovo vescovo d'Anco-
na. Egualmente, siccome compreso da
inesprimibile e dolcissima consolazione ,
non posso a meno contenermi dal qui non
rimarcare che la sagra funzione fu al-
tresì decorata dalla presenza eziandio di
numerosissimi cardinali,arci vescovi e ve-
scovi, recalisi appositamente a Roma e
anco dalle più rimote parli del mondo,
oltre i due encomiati cardinal abbate e
arcivescovo vescovo, per udire dall'infal-
libile oracolo dello stesso supremo Ge-
rarca,la tautoardenlemenle bramala dal
cristianesimo definizione dogmatica del
2(j8 SUD
grande mislerodell'Immacolata Conce-
zione di Maria sempre Vergine ; augu-
sta e autorevole sanzione di nostra anti-
ca e pia credenza, pronunziata nella pa-
triarcale basilica di s. Pietro, due giorni
innanzi la detta consagrazione e nel dì
stesso della sua festa, Ira la generale com-
mozione di tenerezza di vota. E siccome
le Teatine furono istituite sotto tale av-
venturosa invocazione (mentre a Teati-
ni dirò della loro aulica prerogativa di
benedire gli scapo/ari dell' Immacolata
Concezione), nel loro articolo ne farò pa-
rola, come ili. "che mi si presenta a sfo-
gare il mio giubilo (avendo però notato
a Sydney, die le primizie dell' oro del-
l' Oceania e Australia furono consagrate
a celebrare il fausto e memorabile avve-
nimento, il più glorioso del secolo XI X),
e far eco affettuoso e riverente a quella
santa esultanza festeggiata con mirabile
e universale slancio, qual nuovo religio-
so trionfi j, dalla chiesa cattolica, e come
suo veneratore e figlio, per mia somma
fortuna.
SUBÌ NTRODOTTE,K Sott'Intko-
DOTTE.
SUDPULMENTARIOoPARACEL-
LARIO, Subpubnentarius, Particella'
rius. Antico uffizio del Palazzo aposto-
lico e Patriarchio Laleraneuse, il quale
avea cura della distribuzione a' Poveri
de'cibi avanzati dal Pranzo e mensa del
Papa; e pare che ordinariamente si eser-
citasse da' Suddiaconi della chiesa roma-
na. Anche la dispensa de'cibi fu chiama-
la da Anastasio Bibliotecario Paracella-
rium, come scrive nella vita di Adriano I
del 772: Capita cenlum exinde occidan-
tur, et in eodein Paracellario reponan-
tur. Il subpulmentario trovasi pur no-
minato negli Ordini romani, e'uel con-
ciliabolo del g63 contro Giovanni XII.
Delle dispense e officine palatine parlo
ancora a Famiglia pontificia ed a Pa-
lazzo apostolico.
SUBIUTA 0 SURRITA. Sede vesco-
vile dell'esarcato di Macedonia nell'isola
SUC
di Creta o Candia, sotto la metropoli di
Cortina, diocesi dell' Illiria orientale, e-
retta nel V secolo. Ebbe per vescovi, Ci-
rillo che assistè al concilio di Calcedonia ,
e Teodoro che fu al 7.0 generale. Oricn*
chr. t. 2, p. 270.
SUfJURBICARJ. fr. Vescovi subur-
13ICARI.
SUBURBICAR1E. V. Vescovi subur-
bicari e Provincia.
SUBURRA (della) Corrado, Cardi-
nale. Romano e forse canonico regolare,
dallo zio materno Onorio 11 nelle tem-
pora di dicembre 1 126 fu creato cardi-
nale vescovo diSabina. Innocenzo 11 fug-
gendo da Roma per timore dell'antipa-
pa Anacleto II, lo destinò vicario dell'al-
ma città, nel qual ministero perseverò
con somma lode ne'pontifìcati di Celesti-
no II, di Lucio II e di Eugenio III, l'ele-
zione de' quali inclusivainente a quella
d'Innocenzo lì favorì col suo sulfragio, e
sottoscrisse parecchie di loro bolle. Fu
versatissimo nelle materie della curia, os-
sia del gius civile e canonico, e nelle con -
suetudiui e riti della chiesa romana. Per
1 egregie sue prerogative di prudenza, e-
rndizionee santità di vita, meritò nel 1 i53
d'essere sublimato al pontificato col no-
me d' Anastasio If-r (^.).
SUBURRA (della) Gregorio, Car-
dinale. Romano e nipote d'Anastasio IV,
questi nel settembre o dicembre 1 1 53 lo
creò cardinale e vescovo di Sabina, ve-
scovato ch'egli slesso avea prima del pon-
tificato. Si mostrò fedele e acerrimo di-
fensore di Alessandro III contro i furori
degli antipapi che insorsero contro di lu',
e come decano del sagro collegio difese
l'elezionecanonica di detto Papa, scriven-
do all' imperatore Federico I. Terminò
di vivere verso il 1 1 63, dopo essere in-
tervenuto a'sagri comizi di Adriano IV
e Alessandro HI.
S UC ARDA. Sede vescovile dellaMau-
ritiaua Cesariense Dell' Africa occidenta-
le, sotto la metropoli di Giulia Cesarea.
Si conoscono due vescovi: Pompeiano che
sue
nel 4i i trovossi alla conferenza di Car-
tagine, e Subdazio o Siuldazio che fu esi-
liato nel 4^4 da Unnerico re de' vandali,
perchè si ricusò sottoscrivere gli errori
de'donatisti nella conferenza di Cartagi-
ne. Morcelli, Afr. chr. t.i.
SUCCESSIÓNE. V. Successore.
SUCCESSORE, Successo/'. Quello
che succede o l'erede. Dicesi successione,
il succedere, successio, l'entrare nell'al-
trui luogo o grado o dignità ; per segui-
talo venir dopo; per ereditare, diveni-
re erede, venire nell'eredità; mentre l'av-
verbio successivamente dicesi futi dopo
l'altro, successive ordinale. Negli artico-
li Coadiutoria, e Soprannumero parlai
della successione a Benefizi ecclesiastici,
alle Dignità, ag\\ Uffìzi, mentre per rap-
porto alla successione a'beni degli eccle-
siastici secolari e regolari ne ragionai a
Spogli; ed a Testamento dirò dell'ere-
dità dell'erede. Inoltre notai a Coadiu-
tore, ullìcio e diguitàdelcoadiulore,cioè
quello che fa le veci d'un altro senza ri-
ceverne i profitti, colla sola ricompensa
ci i succederlo nell'ufficio 0 nella dignità,
ch'ebbe origine negli affici e benefizi ec-
clesiastici ne' primordi della Chiesa, e per
«piali motivi si credè in seguito più utile
che il coadiutore succedesse al coadiuto,
vale a dire a colui che ha un coadiutore
con futura successione. Dissi a Regresso
o rivocazione della Rinunzia (F-) fatta
d'un beneficio ecclesiastico, che fu proi-
bito dal concilio diTrento il cedere un be-
nefizio riservandosi di riprenderlo (pian-
do piacesse al rinunziante, o potesse, ov-
vero alla promozione o morte di quello
a cui era stato ceduto, perchè il concilio
avea riprovato tuttoché portasse ombra
di successione in materia di benefizi, seb-
bene rimettesse alla s. Sede l'accordare
le coadiutore con futura successione. I
cattolici teologi sostengono contro i pro-
testanti, che {'ordinazione stabilita fra i
pastori dellaChiesa è una successione co-
stante; di maniera che il carattere, i po-
teri, la giurisdizione del predecessore pas-
SUC 299
sano e sono comunicate senza alcuna di-
minuzione al successore, e che senza una
tal successione la Chiesa non potrebbe
sussistere. Così gli apostoli trasmisero ai
vescovi e a'pastori ch'essi hanno ordina-
to, il loro carattere, il loro potere, la loro
giurisdizione sui fedeli che aveano riuni-
ti, o sulle chiese che aveano fondato, e
di cui essi confidavano il governo a quei
medesimi pastori: per conseguenza s. Pie-
tro trasmise a'suoi successori la giurisdi-
zione e l'autorità che avea egli medesi-
mo ricevuta da Gesù Cristo sulla Chiesa
universale. Secondo la dottrina di Gesù
Cristo e degli apostoli, non avvi chiesa
senza pastore,non avvi pastore senza mis-
sione,non avvi missione se non per mez-
zo della successione, e la successione si fa
colla ordinazione: sopra questa catena in-
dissolubile è stabilita la perpetuità della
Chiesa (F.). A Sorte parlai di quella che
si usò nel principio della Chiesa per e-
leggeie i successori, poi condannata dal
diritto canonico, e di altre specie di sorti.
A Suffraganeo farò la distinzione, che i
Vescovi suffragane! in parlibus dati per
aiuto agli ordinari, alla morte di questi,
i successori sono tenuti a tenerli finché
sieno trasferiti ad altra chiesa o muoia-
no; e che i vescovi in parlibus ausiliari
concessi per le chiese, alla morte di que-
gli ordinari cui furono dati in aiuto, ces-
seranno in loro quelle facoltà delle quali
erano investiti. Il Nardi, De parrochi t.
i,cap. 1 3, ragiona de' vari generi di suc-
cessione, propria, impropria e ad nor-
mam. Egli dice, che la successione pro-
pria è <|uella (parlando in concreto dei
Vescovi come successori degli Apostoli)
colla quale un vescovo che regge una chie-
sa è successore proprio d'un apostolo, che
fu ili.°parlicolar vescovo della medesi-
ma: in questo senso il solo vescovo eli Peo-
nia, cioè il Papa, è in oggi successore de-
gli apostoli. Successione impropria e di
comunicazione è quella colla quale i ve-
scovi sono in 1 .° luogo successori degli a-
postoii, in senso semplice e assoluto, poi-
3oo SUC
che ambedue le digitila ordinarie degli
apostoli, cioè la vescovile e la presbite-
rale, sono passate e comunicatea'vescovi;
ed in 2.° luogo sono successoti degli apo-
stoli, non simpliciter et absolule, ma se-
cundum quid, per usare un'espressione
del la scuola, coloro che sono insigni ti del-
la dignità presbiterale, cioè del Sacerdo-
zio semplice, come dice ii concilio diTren-
to, e come dicesi comunemente, la quale
seco porta la podestà di consagrare il cor-
po e ii sangue del Signore, ossia il sacer-
dozio minore di 2.0 ordine, come diceva
l'antichità. La 3.a successione in un senso
lettissimo e improprio, e dice Nardi an-
che neppur vero, che I' antica e la mo-
derna chiesa ha sempre chiama lo ad for-
marti, ad nor inani, come vedesi in tutti
i monumenti ecclesiastici di ciascun se-
colo. Questa è quella, la quale per un cer-
to modo di dire si attribuisce al prete ri-
guardo 3*72 Discepoli, sia egli prete ca-
nonico o parroco, prete secolare 0 rego-
lare: in somma si attribuisce al sacerdo-
te minore. Nel t. 2,cap. 24, discorrendo
Nardi de' Careli unii di s. romana chiesa
e delle loro prerogative, osserva che sino
da'tempi apostolici fu istituito il Presbi-
terio, cioè i preti e diaconi formanti se-
nato o capitolo vescovile, e di quello di
Roma più espressamente dichiarò s. Mas-
simo, che dagli apostoli gli fu attribuito
il comanda re a Ile al tre chiese. Questa era
pure l'opinione de' Rostri maggiori: pare
ch'essi pensassero, che come gli apostoli
furono assistenti e ministri al divin Re-
dentore nella sua vita mortale, e a s. Pie-
tro loro principe assistenti e consiglieri
in Gerusalemme prima della loro disper-
sione pel mondo; così i cardinali assisto-
no e aiutano il Papa successore di s. Pie-
tro nel regime dellaChiesa universale,ed
in questo succedono agli apostoli. Oltre
a ciò gli apostoli furono vescovi, e sta-
bilirono dopo la loro dispersione i loro
successori per tutto l'orbe, e così in que-
sta parte nell'episcopato succedono i ve-
scovi. Che cobi si pensasse da sommi uo-
S U C
mini, Nardi lo prova co' seguenti docu-
menti. Neli23g si credevano i cardinali
successori degli apostoli.comepuò veder-
si nel contemporaneo Matteo Paris: Fe-
derico Il imperatore,che allora regnava,
credeva altrettanto, e niuno de'due era-
no certamente appassionati per la chiesa
romana, verso la quale aveano del di-
spetto, e il 2.0 aperto nemico e persecuto-
re.Ciò prova che questa credenza era uni-
versale.Il dotto epiissimoAgostinoTriou-
fì,che fiorì nel 1280, cioè in tempi non
sospetti di simili questioni, £)e/jote.s/.ecG7.
ix, art. 4> p« 7 ', dice che i cardinali di s.
romana chiesa succedonoagli apostoli nel
i.° indicato modo, e nel 2.0 modo succe-
dono agli apostoli i vescovi. Per questa
ragione Gersone diceva: «Status stirami
ac sagri collegii dominorumCardinaliuui
fonda tus est in ecclesiastica hierarchia
immedietate a Cliristo, nec humana in-
stitutione seu praesumptione potest de-
strui". La Sorbona nel i4i3 li chiamò
Successori degli apostoli nel t.° indicato
modo, come a tale anno, m" 5, e all'anno
i449> n° 8 può vedersi Bell' Annalista
Punaldi. Nell'islessoi4' 3 l'accademia di
Praga teneva la medesima dottrina, e che
i cardinali fossero successori del collegio
apostolico. Nel concilio di Basilea (di cui
riparlerò a Svizzera), incominciato nel
l4.3i, si espressero nello stesso modo il
famoso cardinalPietro ù'Aylli,e il dotto
Kalteisen nella sua eloquente orazione
al concilio, il quale aggiunge che i car-
dinali sono in uno stato più perfetto dei
vescovi, perchè la perfezione di questi sta
nell* obbligarsi alla cura delle pecorelle
d'una diocesi, e nel voto di dare anche
la vita per loro, occorrendo; laddove i
cardinali si obbligano alla cura dellaChie-
sa uni versale,e ad esporre la vita per tut-
ta la Chiesa, al qual fine Innocenzo IV
die loro il Cappello rosso per rammen-
tarsene. Così pure il Pontano disse pub-
blicamente in detto concilio, che i cardi-
nali di s. Chiesa vices tenentApos lolorum.
Gli apostoli, dice egli, principalmente as-
sue
sistettero Gesù Cristo avanti la di lui a-
scensione,ed in questo stato erano tra lo-
ro eguali: Gesù Cristo esercitava sola-
mente in terra ogni potere, il sommo sa-
cerdozio, edera l'unico pastore. In 2. "luo-
go gli apostoli assistettero s. Pietro co-
me 1 ."pastore, avanti che tra di loro si se-
parassero^ si dividesseroda s. Pietro,clie
presiedeva loro. In questi due stati i car-
dinali rappresentano gli apostoli. Gli a-
postoli poi, secondo il precetto di Cristo
di andare per tutto il mondo a predica-
re, sono rappresentali da'vescovi, che co-
sì succedono loro. Quindi dopo aver di-
chiarato chiamarsi Cardinali, perchè la
chiesa romana è cardine delle altre, e per
mezzo de'cardinali è governata dal Pa-
pa la chiesa universale; perciò concluse,
nella chiesa non vi è dignità maggiore
della loro. Eugenio IV nella bolla Ad u-
nn'ersalis, diceche i cardinali rappresen-
tano gli apostoli assistenti a Gesù Cristo,
di cui fa le veci il Papa, ed i vescovi rap-
presentano gli apostoli dispersi e predi-
cauti pel mondo. E adunque naturale,
che rappresentando i cardinali il collegio
apostolico in corpo, abbiano la preceden-
za per lutto il mondo. II dotto cardinal
Paleotti, De concistorialibus consulla-
tionibus, riconosce i cardinali successori
degli apostoli. La stessa opinione mani-
festarono Rinaldi, Tomassini, Berti e al-
tri molti. Iddio istituì il Primato (E.) d'i
governo sopra tutto il mondo: questo pri-
mato non si può esercitare da uno solo
senza l'aiuto di cooperatori residenti ples-
so il medesimo, che lo aiutino e consi-
glino. Dunque questi cooperatori da tra-
dizione apostolica debbono provenire ; o
sia, ciò ch'è anco più chiaro, i presbiteri!
vescovilidebbouo avere in genere questa
provenienza , come si vede da'monumen-
ti apostolici, e da s. Ignazio marlire,col-
la debita proporzione che passa da'eapi-
toli che assistono il vescovo per una par-
ticolare diocesi, al sagro collegio che as-
siste il Papa pel mondo intero. E come
i capitoli hanuo la giurisdizione vescovi-
S IJC 3o 1
le mancando il vescovo, i cardinali han-
no la pontificia, mancando il Papa (cioè
al modo detto a Sede apostolica vacan-
te), giacché la sede apostolica non man-
ca mai. E quest'ultima prerogativa è di
una grandezza tale, che non è possibile
spiegare con parole la sublimità del sa-
gro collegio, al riflesso clie assente il Pa-
pa o prigioniero, rappresentano la Sede
apostolica (' .), morto il Papa governa-
no la chiesa universale (tutto come di-
chiarai a Sagro Collegio), ed i cardinali
sono quelli che procedono all' Elezione
del successore, cioè il Fica rio di Gesù
Cristo. Il regnante Papa Pio IX, nell'en-
ciclica degli 8 dicembre 1 849, invitò l'e-
piscopato cattolico a rammentare a' cri-
stiani, che s. Pietro il principe degli apo-
stoli vive e presiede ne' suoi successori,
la cui sublime dignità non vien meno in
suo erede, avvegnaché indegno. Ed inol-
tre di rammentare ad essi, che Cristo Si -
gno0nostro pose nella cattedra aposto-
lica di s. Pietro I* inespugnabile fonda-
mento della sua Chiesa; che consegnò a
s. Pietro le chiavi del regno de' cieli; e
che pregò appunto perchè la fede di lui
non si spegnesse, eche gli comandò di raf-
fermare nella fede i suoi fratelli; e come
perciò il romano Pontefice abbia il pri-
mato sopra tuttala terra,esiail vero Vi-
cario di Gesù Cristo, il capo della Chie-
sa, e il padre e il maestro di tutti i cri-
stiani.
Gesù Cristo, capo invisibile della Chie-
sa, elesse per suo vicario e capo visibi-
le il principe degli apostoli s. Pietro, che
molti scrittori col Barbosa, Jur. eccles,
unii', lib. i,cap.i, Desum. Pont. n.°iG;
col cardinal Petra, Comment. in Const.
r3 Clementis J'1, t. 4> m 3 e 6; e col Pa-
pa Clemente XIII, const. Inexhauslum ,
de'3 settembre 1762, chiamano non so-
lo vicario, ma anche Successore di Cri-
sto. Ecco le paiole di Clemente XIII: E-
xetnptocjue suo (Christus) edocuit, quid
eos, quos in gubernanda catholica cecie-
siae Successore* } ac T'ìcarìos suos in ter-
3o2 S li C
ria relinquebat, in Domino facete opor-
teret. Si può vedere il Ferrari, Biblioth.
Con., verbo Papa. L'irnmetliiitu succes-
sore ili s. Pietro e nell'anno 69 fu Papa
s. Lino, da lui liuto coadiutore per lefuu-
7Ìoni delle chiesedi Roma, come riferisce
Beda, Hist. Abbatum fflìermutensiumj
cioè suo vicario nel tempo de' viaggi che
il s. Apostolo fece fuori di Roma. Gli suc-
cesse nell'anno 80 Papa s. Cleto, il quale
d'ordì ne dis.Pielro a vea ordinalo 2 5 pre-
ti in Roma, onde alcuni credono che fu
vescovo coadiutore del medesimo s. Apo-
stolo ne'sobborghi di Roma. Fu suo suc-
cessore nell'anno q3 Papa s. Clemente I,
di cui alcuni scrissero che il i.'sommoPon-
tefìce s. Pietro lo avea eletto a proprio
successore, e che ciò fu riprovalo dal con-
cilio d'Antiochia, che decretò non pote-
re il vescovo eleggersi il successore, de-
creto che la Chiesa poi sempre osservò e
non il (alto di s. Pietro. Ma fra quelli che
confutarono tale asserzione vi è il Brtiset-
ti, il quale nel Discorso della sovranità
liei romano Pontefice, a p. 60 la rigetta
dichiarando il fallo non certo, basando-
si la pretensione sopra un'epistola dello
Messo s. Clemente 1 tenuta per apocrifa; né
essere verosimileperchèqueslo Papa era
santo e di grande umiltà, e se pure fu un
fatto,esso non fu un decreto ex cathedra j
opina che forse lo creò sommo peniten-
ziere, volendo egli attendere all'orazione
e alla predicazione, come dichiarò suoi
elemosinieri s. Lino e s. Cleto; o al più
non fu elezione, ma raccomandazione al-
la chiesa, rappresentando agli elettori le
qualità di s. Clemente I (cièche poi pra-
ticarono que'successori che riferirò); ed
ancorché l'avesseeletto successore, osser-
va che il modo e la forma dell'Elezione
del Papa (/".), non è materia concernen-
te la fede, ma il governo, onde la Chiesa
potè variare, prima eleggendolo il clero
1 ornano col popolo, poi il clero solo, e fi-
nalmente non tutto il clero, ma i perso-
naggi eminentissicui del clero o sia i car-
dinali di s. Chiesa. Abbiamo poi dalla \i-
suc
tadi s. Clemente I, ch'egli soltanto fu con-
vertito e battezzato da s. Pietro, cui as-
sistè come fedele diacono; indi da esso or-
dinalo prete e poi vescovo, nel qual tem-
po seguì s. Paolo nelle sin: fatiche apo-
stoliche, il quale lo chiamò suo coopera-
tore. Fu così stretto ai due ss. Apostoli e
li assistè nel loro ministero con tanto ze-
lo, che i padri gli dierono il titolo di uo-
mo apostolico e di apostolo. /Menni con
Tertulliano crederono che s. Pietro lo fa-
cesse vescovo delle nazioni. per predicar il
vangelo in varie contrade; altri con s. E-
pi fan io fi irono d'avviso, che s. Pietro Io fa-
cesse suo vicario in Roma, e gli conferis-
se il carattere episcopale a (finché potesse
far le sue veci, quando le sue molte mis-
sioni l'obbligavano ad assentirsene; altri
finalmente ritengono, ch'egli potesse es-
sere vescovo degli ebrei esistenti in R.o-
ma. Tutta volta il Cenni, Disserl. eccles.,
diss. 2,p. 88, dice che s. Clemente 1 ricu-
sò di succedere immediatamente a s. Pie-
tro mio maestro, per non dare occasione
a' vescovi di destinarsi il successore. Atte-
sta s.AgostinOjZsnis/. 1 1 o,§ 4e 2 ■ 3,chenel
32 5 il 1 ."concilio generale di Nicea, fatto
celebrare da s. Silvestro 1 , decretò che
niun vescovo potesse eleggersi il succes-
sore da se medesimo; ma nondimeno al-
cuni vescovi essendosi eletto il successo-
re, Papa s. llaro nel concilio romano dei
17 novembre 465 proibì a'vescovi di e-
leggcre il proprio successóre, come può
vedersi nel Labbé, Concil. t. 4> p. 1060,
e già riportai nel voi. XXI, p. 200. Il ci-
tato Ferrari parla degli autori che sosten-
gono non potere il Papa eleggersi il suc-
cessore, anzi essere nulla questa elezione,
contro Vittorio, Bonaccina, Suarez, Va-
squez ,Turriano,Ledesma e altri. Papa s.
Simmaco, come riferisco nel citato voi.
XXI,p. 200, nel sinodo che celebrò in Po-
ma nel 4o9j ordinò col can. Si transilus
Papae,a\\i: vivente il Pontefice non si po-
tesse trattare dell'Elezione del successo-
re, sotto pena di scomunica e privazione
di tulle le dignità. Parlando l'annalista
s u e
Rinaldi a tal anno n."6 de'canoni fatti da
s. Simmaco nel concilio intorno all'elezio-
ne del Papa, per reprimere in avvenire
gli ambiziosi, riferisce che fu severamente
vietato a'ehierici, vi\ etile il Papa, di dai e
senza suo consiglio, giuramento o promes-
sa di voto, ofue alino patto per l'elezio-
ne del successore; e che a eguali pene do-
vesse soggiacere elfi fosse convinto d'aver
ambilo il Pontificalo (/".) vivente il Pa-
pa." Ancora si fece decreto, che se la mor-
te del Pontefice fosse subitanea, eh' egli
non avesse potuto ordinare niente intor-
no all'elczionedel suo successore, si doves-
se coiiMigrare quegli che fosse stato elet-
to da lutto il clero o dalla maggior parte;
ma per tal conveniente, che fosse privalo
del grado sacerdotale chi si fosse mosso al-
l'elezione non con retto giudizio, ma se-
dotto colle promesse. Ciò che si dice qui
dell'elezione del futuro Papa, non si dee
intendere in guisa, che i Pontefici si fa-
cessero i successori; ina che si reputava
per modestia essere cosa degna della se-
de di s. Pietro ricercare il parere del mo-
netile Papa; il qual parere nondimeno
si esaminava dal clero, e con voti si deci-
deva sesidovea ratificare. Questo decre-
lo si sottoscrisse da 72 vescovi interve-
nuti al sinodo, da 67 preti di Roma e da
5 diaconi'. Malgrado il decretato di s. I-
laro,col (piale si garantisce che la sede pon-
tificia non diventi mai ereditaria, narrai
nella biografia di Vigilio e articoli rela-
tivi, che Papa Bonifacio 11 goto, rifletten-
do che eleggendosi il successore avreb-
be impedito la prepotenza denominatili
re goti, i quali si studiavano di fere i Pa-
pi a loro arbitrio, nel sinodo di Roma del
53o dichiarò per suo successore nel pon-
tificato il diacono Vigilio, al quale decre-
to si aggiunse il consenso e il giuramento
del clero; ma ravvedutosi del mal opera-
to, contrario alla provvida legge di s. I-
laro, iu un allro concilio che adunò, alla
presenza del clero e del sena lo romano,
ne fece una solenne ritrattazione, per a-
ver egli violalo i s. canoni, principalmente
SUC 3o3
IStcrni, e offesa la libertà de'sagri comizi,
colla suddetta elezione, e in pari tempo
ne fece bruciare il decreto che prima a-
vea sottoscritto avanti laconfessionedi s.
Pietro. Narra il ricordalo Rinaldi all'an-
no 53 1 ,che Bonifacio li cedendo alle bri-
glie di Vigilio, e col pretesto che i goti re
d'Italia iniquamente -si usurpavano l'ele-
zione de'Papi, con biasimo di se e di Vi-
gilio questi elevse per successore; ma poi
in allro sinodo annullarono i sacerdoti il
decreto a riverenza della s. Sede e come
conlrarioa'canon'nBonifacio II si confes-
sò reo di maestà, perocché egli aveacon
decreto soltoscrillo di sua mano avanti
la confessione di s. Pietro, fitto suo suc-
cessore Vigilio, e avvampò il medesimo
decreto ne! cospetto di tulli i sacerdoti,
del clero e del senato. Quanto alla colpa
di lesa maestà, tale poteva reputarsi dai
goti, per essere ciò conilo il volere del
loro principe, iniquo usurpatore dell'e-
lezione del sotnmoPontefice.Nota inoltre
Rinaldi, che sebbene Bonifacio II si pur-
gò da ogni difetto commesso intorno al-
l'elezione del successore, nientemeno Id-
dio a esempio d'altri prestamente lo tol-
se da questa vita, morendo nell islesso an-
no. Dipoi nel 535 Papa s. Agapito I ri-
provò e cassi) l'atto di Bonifacio II, per-
chè erasi eletto il successore al pontifica-
to, come testifica Anastasio Bibliotecario
nella sua vita. Quando Vigilio s'intruse
nel pontificalo, vivendo Papa s. Silverio,
nella scomunica che questi pronunziò
contro di lui gli disse: Perchè ti sforzasti a
tempo di Bonifacio II di santa memoria
di farli eleggere Pontefice, vivendo esso,
se non ti si fosse opposto l'amplissimo se-
nato. Dopo la morte di s. Silverio, il cle-
ro romano pel desiderio della pace rico-
nobbe Vigilio, diesi cambiò in Inll'altro
da quello ch'era prima. Ricorderò anche
qui, che Bonifacio III del 607 nel sinodo
di Roma ordinò sotlo pena di scomuni-
ca, che non si convenisse per l'elezione del
Papa,o di qualunque allro vescovo,se non
passali 3 giorni dopo la morte del pie-
3o4 sue
decessore, epoca die dipoi fu abbreviata
o protratta dagli elettori e da' l'api, a se-
conda delle circostanze de'lempi, diche
ragionai a Elezione, Conclave e nelle bio-
grafie de'Papi. Restando proibito a'Papi
di creare il successore, è bensì accaduto
qualche volta, che il Papa sul punto di
inorile, nel raccomandare a'sagii eletto-
ri un'ottima scelta del futuro Pontefice
successore, con semplice raccomandazio-
ne proponesse o designasse qualche in-
signe e sperimentalo soggetto, degno di
riempile un tantoemineuteluogo;ecome
quello che conosceva! bisogni de'tempi
e della Chiesa, e insieme i soggetti op-
portuni, propose quelli che giudicava più
idonei a vantaggio della s. Sede e per la
maggior gloria di Dio. Ne riporterò di-
versi esempi, ed alcuni pure in cui si usò
da'sagri elettori per formola d'elezione,
s. Pietro elegge N. per successore, ossia
per acclamazione, che fu uuode'modi per
YElezione del Papa, come dichiarai in
quell'articolo. Nella biografia di s. Gre-
gorio fll}e nel voi. XXI, p. 2 1 8 nar-
rai, che nel i 07 3,senza che vacasse la se-
de e appena morto Alessandro 11, fu elet-
to Papa il celeberrimo cardinal Ildebran-
do, che pi ese il nome di Gregorio VII, per
la generale acclamazione con cui il clero
e popolo romano gridava: S. Pietro eleg-
ge Ildebrando: s. Pietro lo vuole suo sitc-
re«ore.Questo gran Papa pregato da'ear-
diriali 3 giorni prima di morire, di sugge-
rir loro ne'tempi calamitosi in cui vivea-
110 per le persecuzioni d'Enrico IV, chi
fosse degno di succederIo,Gregorio VII li
esorlò ad eleggere uno de' 3 cardinali che
designò(LeoneOstiense vi aggiunge s. An-
selmo vescovo di Lucca, a cui il Papa a-
gonizzante mandò in dono la sua mitra,
nel caso che i cardinali non accettassero),
cioè Cuatitlonom lardi Urbano 11,0 Ugo
di Die,o Desiderio ;e siccome i due primi
erano lontani e fuori d'Italia, così racco-
mandò particolarmente Desiderio ch'era
presente,e benché per poco tempo avreb-
be occupalo la s. Sede, come si verificò.
sue
I cardinali l'ubbidirono, ma la virtuosa
ripugnanza di Desiderio ne tardò un anno
reueUuazione.costringendoload accetta-
re il pontificato (a Rinunzia del fonti
ficato parlo di quelli che la fecero e dei
renitenti ad accettarlo) a'24 maggio 1086
e col Nome (V.) di nuore III òa loro
impostogli. Nelle indicale biografie nar-
rai l'ambizione del cardinal Ugo di Die,
che agognando il papato commise inde-
gne azioni. Nel 1087 assalito Vittore III
da un'infermità, si recò a Monte Cassino,
di cui aveva ritenuto l'abbazia. Prossimo
a morire, i cardinali lo pregarono di ad-
ditar loro chi dovessero dargli per succes-
sore, ed egli propose il cardinal Chatil-
lon già designato dal predecessore, dicen-
do loro: Eleggetelo e ordinatelo Ponte-
fice della chiesa romana, e per poterlo fa-
re vi do in tutto le mie veci. Tanto rac-
conta Leone Ostiense, ma ilsuocommen-
tatore p. della Noce riferisce: Che Vitto-
re III dièa'caidinali la facoltà di eleggere
il successore agonizzante, onde per quel
poco tempo che gli restava di vita si spo-
gliò del pontificalo, affinchè fosse fatta
la legittima elezione del successore, te-
mendo uno scisma imminente(sia pel per-
secutore Enrico IV, sia pel suo fautore
antipapa Clemente VII eletto contro il
predecessore);e così spirare più tranquillo
e più sicuro che non insorgesse, con ve-
dere esaltato un ottimo successore. Tut-
tavoltail cardinal Chatillon per la sua ri-
pugnanza e per gl'impedimenti frapposti
da Enrico IV e da'fautori dell'antipapa,
solo dopo 5 mesi e 2 5 giorni di sede va-
cante^' 1 2 marzo 1 088 fu elettoPapa Ur-
bano II ,g\ usti ficando col suo glorioso pon-
tificato la designazione dis. Gregorio VII
e di Vittóre IN. Anche Urbano II nel 1099
prima di morire raccomandò per bene di
s. Chiesa che fosse creato successore il car-
dinalRaniero,il quale dopo 1 5 giorni, con-
tro sua voglia fu acclamato Papa, gridan-
do tutti ue'sacri comizi: S. Pietro lo vuole
suo successore fi prese il nome ò\ Pasquale
//.Indi Gelasio 11 che gli successe,moren-
sue
(lo a'29 gennaio 1 1 19 in Clugny, calda-
mente raccomandò a'cardinali ivi presen-
ti di dargli per successore il tedesco car
dinal Conone d'Urach vescovo di Pale-
Élrìna (V.)e legalo apostolico. Ma il vir-
tuoso Conoue per sottrarsi dal peso del
pontificato, allegò la propria debolezza e
il bisogno di spalle migliori per sostene-
re l'afflitta Chiesa, ancora lacerata per le
gravi differenze fra il sacerdozio e l'im-
pero, consigliando i 6 cardinali colleghi
ch'erano in Clugny ad eleggere invece il
cardinal Guido di regio sangue,e così con-
tribuì alla sua elezione,onde assunse il no-
me di Calisto II, dopo che la conferma-
rono i cardinali restati in Pioraa. 11 sum-
mentovato Brusetti, parlando di s. Pie-
tro, e dicendo che quanto all'operato per
s. Clemente I perchè gli succedesse, non fu
elezione,ma raccomandazione allaChiesa,
rappresentando agli elettori le sue quali-
tà, aggiunge che un caso simile si veri-
ficò neh 1 ig quando Gelasio II co'car-
dinali presenti designò l'elezione del suo
successore, che dopo la di lui morte fu a-
dempiuta. Osserverò quanto a Conone di
Urach sì, non per Calisto II, che fu invece
propostodal designato da Gelasio II. Nel-
lo scisma insorto nel 1 i5c) nell'elezione
d' Alessandro III, fu intruso l'antipapa
Vittore Vt i cui fautori Io condussero al
palazzo apostolico, esclamando secondo il
solito: Papa fitlore s. Pietro l'elegge. E
qui dirò che in simile modo e colla stes-
sa acclamazione nel 768 era stato eletto
l'antipapa Filippo, e che descrissi nel voi.
XI II, p. 73. Neh 198 vicino Celestino III
a rendere l'anima a Dio, per la somma e-
slimazione che faceva del cardinal Gio-
vanni Colonna prete di s. Prisca, dichia-
rò a'cardinali che avrebbe rinunziato al
papato, se gli sostituivano per successore
il cardinal Colonna; ma i cardinali non
\i acconsentirono, dicendo: ch'era cosa
inaudita che il Papa deponesse se stesso.
Dopo la sua morte invece gli dierono a
successore il magnammo Innocenzo III.
Neh5o3 Alessandro VI, prossimo a pa-
VOL. LXX.
SUC 3o5
gare l'umano tributo, esortò i cardinali
a non eleggere in successore il cardinal
della Rovere ritiratosi in Francia per le
differenze tra loro avvenute. Ma il car-
dinale , nou ostante siffatta Esclusiva
(del quale argomento riparlai a Sagro
Collegio), dopo la morte di Pio III, che
visse soli 26 giorni, fu creato Papa col
nome di Giulio II. Egli fu grande, ed e-
mauò una bolla contro !a Simonia (V.)t
annullando l'elezione del Papa, se fosse
seguita simoniaeameiite, e depouendo t
cardinali che vi avessero contribuito. A-
dunatosida alcuui cardinali ribelli il con
ciliabolo di Pisa contro Giulio II, questi
gli oppose il concilio generale di Lacera-
no Vj però caduto inalato, adunato il s.
collegio, dichiarò spettare ad esso soltan-
to dare a lui il successore, e non a'padrj
del concilio di Lalerano; poter esso ac-
cordare il diritto del suffragio a'cardinali
assenti, non agli scismatici autori della
pseudo-congrega e da lui deposti, e sog-
giunse: Come Giuliano della Piovere li
perdono colla sincerità del mio cuore; co-
me Giulio II capo della Chiesa, io debbo
vendicarne i diritti, e gli escludo dall'in
tervenire alla scelta del mio successore.
Provveduto all'elezione delPapa futuro,
rese l'auima al Creatore. Le rarequalità
del cardinal Farnese, fecero esclamare
Clemente VII vicino a morire: Se il pon-
tificato si conferisse per eredità io nomi-
nerei nel mio testamento il cardinal Far-
nese per mio successore. Passati 1 7 giorni
dalla sua morte, i cardinali a'i3 ottobre
i534> per ispirazione e con ischedule a-
perte,crearono Papa il cardiual Farnese,
che si chiamò Paolo 777, di gloriosa ri-
cordanza. Dipoi Paolo III ricusò di cede-
re a'consigli e alle persuasive del cardi-
nal Francesco Pisani, che Io stimolava a
designare al sagro collegio il successore.
Soltanto raccomandò caldamente all'au
torevole suo nipote cai dinal Alessandro
Farnese e capo di molti cardinali da
lui creali, di procurare ad ogni costo che
alla sua morte fosse eletto successore il
20
3o6 SUC
cardinal Nicolò Ridolft, non conoscendo
soggetto più degno di lui pel governo del-
la Chiesa; ma essendo in conclave morì
nello stesso giorno in cui i cardinali avea-
110 destinato di sublimarlo al triregno,ed
in suo luogo elesseroGiulio III. Nel i558
Paolo IV emanò la bolla Cum secundum,
de' 1 6 dicembre, Bull, Rom. t. 4> pai'- 1 -a,
p.347> amplialiva del decreto di s. Sim-
maco, dichiarando i refrattari rei di lesa
maestà di i /classe: Contro, ambientesPa-
■p alani , aut Papa vivente, eoque incon-
sulto, iractantes de eligendo futuro Pon-
tificete corina complices et f autor es.\y\o
IV avendo inteso vociferarsi, nella sua
grave malattia, che nel concilio di Tren-
to, che allora celebra vasi, verrebbe elet-
to il successore,colla bolla Prudentis, dei
2.1 settembre 1 56 1 , Ballar, t. 4> par. 2,
p. 90, determinò che in Roma soltanto si
potesse fare l'elezione del Papa, e questa
da'soli cardinali. Quindi Pio IV esponen-
do a'cardinali in concistoro la sua vec-
chiezza, disse loro : Saper bene che sotto
1' antecessore Paolo IV erasi agitata la
questione: se ilPontefice potesse eleggersi
coadiutore con futura successione al pa-
pato, e che alcuni avevano sostenuta la
sentenza affermativa, la quale egli però
rigettava come falsa, anzi voler dichia-
rare con bolla che il Papa non lo poteva
fare, neppure col consenso de'cardinali.
Laonde l'effettuò colla bolla de' 18 gen-
naio 1 565, ch'è la 63 del Bull. Rom. t. 2,
del Cherubini, come vuole Novaes; e rin-
novando la legge di s. Ilaro, convalidata
da Bonifacio II, ordinò che il Papa non
potesse eleggersi il successore, né il coa-
diutore,sebbene in ciò convenissero i car-
dinali di s. romana chiesa. Vedasi il Dia-
na, Oper. par. io,tract. 5,Depotest.Pont.
elig. subsuccessor. Prospero Fagnani par.
2, Primi decretai, cap. Accepimus ,dePa-
clis n.°i6, e la bolla In eligendis, de'g
ottobrei562, Bull. Rom. t. 4> par. 2>P-
i45. Neh 5gr aggravandosi l'infermità
da cui era molestato Gregorio XIV, fece
chiamare tutti i cardinali al suo lettole
S U C
dopo aver procuralo colle lagrime più che
con parole di persuaderli di sua inalidi-
ta pel governo della Chiesa, accresciuta
dal male, li pregò ad eleggere il succes-
sore mentre vivea. Non acconsentendo il
sagro collegio a siffatta novità, l'esortò il
Papa a scegliere dopo la sua morte sen -
za indugio e senza contese un ottimo e
degno successore, che certamente avi eb-
be riparato gli errori ch'erano nel cristia-
nesimo. Di questa commovente allocuzio-
ne il cardinalAgostino Valerio scrisse l'e-
legante opuscolo: De ultimo sermoneGre-
gorii XIV . Nel ricevere Gregorio XV per
l'ultima volta i ss.Sagramenti.pregò con
fervore gli astanti di aiutarlo colle loro
orazioni in quel punto estremo; e disse ai
cardinali presenti, che moriva consolato
nella ferma speranza, che il successore a-
vrebbe riparato a'bisogni della repubbli-
ca cristiana, ritenendo non potersi eleg-
gere alcuno che non fosse più degno di
lui. Innocenzo X nel 1 655 vicino a morte
fece entrare nella sua stanza i cardinali,
raccomandò loro laChiesa e la buona scel-
ta del successore, ne lodò parecchi. e sopra
tutti il cardinal Chigi, mostrando deside-
rio che gli fosse sostituito, e chiese perdo-
no a tutti, come leggo in Cancellieri, Mer-
cato^. 1 14- 11 cardinal Chigi fu di fatto
eletto Papa, e prese il nome di Alessan-
dro VII. Neh 689 il ven. Innocenzo XI,
che assunse questo nome per compiacere
il cardinal Alderano Cibo, assistito nel-
1' agonia giusta il costume dal cardinal
Penitenziere maggiore (V.), da questi fe-
ce dire al sagro collegio radunato nelle
pontificie stanze, che Io pregava con ar-
dore a dargli un successore meglio di lui,
e che ne correggesse gli errori, e perciò
credere opportuno che gli succedesse il
cardinal Cibo segretario distato; ma iu
vece lo fu Alessandro Vili. A Orazione
per l'elezione de' Pohtefici ragionai di
essa, che si fa al sagro collegio prima di
entrare in conclave, per l'ottima scella
del successore al Papa defunto ed a s. Pie-
tro. AU'arlicolo Profeta parlai pure del-
s u e
le profezie sui Papi e de'presagi di molti
cardinali pel pontificato, fra'quali quelli
fatti da'predecessori per i successori. In
arabo il vocabolo Califfo significa succes-
sore, erede, vicario, ed è per questo che il
successore di Maometto prese il nome di
Califfo, e fu portato ancora da'snccessori,
il che rilevai nel voi. LXI, p. 8g.
S UCC l NTO R I 0,Sulcinciorium,Suc-
cìnctorium. Ornamento sagro, proprio
del solo sommo Pontefice, che adopera
soltanto quando celebra solennemente la
messa; specie di Manipolo (/".) che porta
sul Camice (t'.)i\\ fianco sinistro, cingen-
dosi sotto l'altro Cingolo{F.) usuale, per
cui dicesi ancora Sul-Cingulus}ed è del
colore e della specie di drappo degli al-
tri paramenti sagri, e co'medesimi rica-
mi d'oro. Si chiama puvePraecinctorium,
come trovo ne\V Onomasticon Rituale del
Zaccarìa,il quale lo definisce: Praecinclo-
rhtm, quod Sub- Ciri gulum, si ve Subcìn-
ctorium, instar parvi flJanipuli est e si-
nistro latere pendens. Eo unus Romanus
Ponlifex utitur,dum solemniter celebrat
praeterquam in dieParasceves. Il che av-
vertì pure Magri, Notizia de 'vocaboli ec-
clesiastici, verbo Cingulum, con dirci: Il
subei ngulo o succintorio, oggi appresso
i Ialini non è in uso, solamente l'adopra
il sommo Pontefice romano celebrando
solennemente, ed è in forma d'un piccolo
manipolo attaccato al fianco sinistro, di
cui si fa menzione nel Ceremonialt Pa-
pale con queste parole. Primum cingu-
Iocuoj Succinclorio in partesiuistra pen-
dente. Quale non adopra nel venerdì san-
to , nel caso che celebrasse. Deinde per
diaconum et subdiaconum paratur con-
suetis paramentis , exceptis sandalis, et
Sulcinctorio, fa none e tchirotecis.il mae-
stro delle ceremouie pontificie Chiappo-
ni, Ada canonizationis ss., descrivendo
quella celebratada Clemente XI, e il mo-
mento che assunse i paramenti pontifi-
cali, a p. 227 ecco come si esprime. Por-
ro diaeonus Cardinalis minister, post e-
xutuQi Poutificem mitra, pluviali, etsto-
S U C 3o7
la, eundem praecinx.it Subcìnclorio (c\m
nell'indice chiama Succinciorium), cin-
gulo scilieet, ex quo appensus excurrit,
vediti quidem alter manipulus, in quo vi-
situr Agnus cum rubea crucephrygio o-
pere pictus, quique itaaptatur, ut sopra,
sinistrum defluat Pontificis femur. Ciò
conferma Cancellieri nella Descrizione
de' tre Pontifica li, che celebra il Papa, di-
cendo: che dopo aver il Papa deposta la
stola, il cardinal diacono prende dalle ma-
ni dell'accolito votautedi segnatura il cin-
golo col succintorio, che anticamente ser-
vi va per sostenere la borsa detta saccone,
che portava perfarelemosina,dacui pen-
de come una specie di manipolo, nel qua-
le è ricamato un Agnello con una croce
rossa, e ne cinge il Papa sotto l'altro cin-
golo usuale, io maniera che il succinto-
rio resti alla di lui sinistra. Perciò il Ma-
gri parlando del significato del succinto-
rio, riferisce simboleggiare l'alletto e ar-
dente desiderio di far larga limosina. Per
hoc eleraosynarum studium accipitur,
scrisse Onorio Augustodunense nel libro
Gemma Animae, cap. 206 : De antiq.
ril. Miss. lib. 1, ove chiama questo sagro
vestimento Perizoma. A questo vocabo-
lo, Magri lo dice voce greca e propriamen-
te significa cingolo intorno a'iombi e an-
che qualsivoglia tonaca. Ne' voi. V, p. 72,
I X, p. 1 8, XXI, p. 1 57, non solo parlai del
come il Papaassumequest'indumento so-
lo a lui proprio, e detto pure Balteoj ma
con Moretti spiegai non meno che servi-
va a sostenere la borsa o saccone che il
Papa portava per fare l'elemosina, e di-
chiarai che l'azione che si fa dal protono'
lario di sostenere alquanto alzata al Pa-
pa una parte della fimbria sinistra del
manto, nell'atto che comparte la benedi'
zione apostolica, può forse ricordare l'a-
zione di sollevar la borsa o saccone, che
avea luogoquandoilPapal'usava, la qua-
le probabilmente recava qualche impe-
dimento col suo peso all'alzamento delle
braccia,come anticamente pratica vasi col-
la Pianeta^.), massime neW ostensione o
3o8 S U C
elevazione r,per cui in tali e altre azioni tut-
tora si usa pei memoria. ErròGiacomoVi-
sconti, nel confondere il succintorio col
Grembiale^.) de'vescovi,e lo rilevarono
Zaccaria citato,ed il vescovoSarnelIi nelle
Lettere ercles., 1. 1 o,lett. 1 8: Che cosa sia
succintorio. Anch'esso lo qualifica uno
degli abiti sagri del Pontefice,e riporta le
parole di Durando. Est Subcingulum il-
lnd, quod dependet a cingulo, quo stola
Pontificis cuin ipso cingulo colligatur.
Laonde il succintorio è un sotto cingolo,
il perchè Gavanto rimprovera que'sacer-
iloti che con portare il cingolo pendente
da'fianchi, usurpano un paramento pon-
tificale. Il p. Bonanni, La Gerarchia con-
siderata nelle vesti sagre, cap. 67 : Del
succintorio, riporta la testimonianza del
cardinal Jacopo Gaetaui Stefaneschi,mor-
to verso ili 343, che nel suo ceremonia-
Je o ordine romano cap. 48 ne parla co-
me ornamento usuale del Papa ne'solen-
fii pontificali della messa: Cingulum, cu in
Snbcinclorio quod habet similitudinem
M amputi, et dependere debet a cingulo
in sinistra parte ...elAlanipulum. Lo stes-
so dichiara il cardinal Bona, Rer. lilurg.
rap. 24, ma notando che anticamente ta-
le ornamento era comune a'sacerdoti, e
cita il Rituale della Messa tradotta dal-
la lingua illirica, ove si chiama Praecin-
ctorìutii. Aggiunge, che nel ricordato li-
bro Gemma animae è detto Sub cinga-
lum,siveSubcinctorium; e che s. Girola-
mo nella sua Theoria lo chiamò Etichi-
tinnì, dicendo significarsi inquello losciu-
gatoio, zona linteum, con cui Pilato a-
sciugossi le mani quando non volle con-
dannare Gesù Cristo. Oltre questo signi-
ficato, scrisse Balsaruone, De jure greco
romano, lib. 1, essere nel succintorio fi-
gurato lo sciugatoio con cui il B_edenIo-
re si cinse nella Lavanda de' piedi (^*.)
che fece agli apostoli. Simeone Tessalo-
nicense nel Rituale asserì simboleggiare
la spada evangelica propria de' vescovi; e
lo stesso riconobbe Cabasilla nel Glossa-
ftum, dicendo:Figara rompitene circum-
sue
dat illum Genitale appellatimi, quod in
forma Gladii efFormatum est. Però av-
verte Magri, che questo significato accen-
na piuttosto il luogo ove si porta, che la
figura di esso, poiché l'usato da' greci è
di forma quadra d'un palmo e mezzo cir-
ca largo da ogni lato, che legasi in un an-
golo e pende verso le ginocchia dell'an-
golo opposto, e nella parte piana suole
esservi espressa l'immagine d'un serafl-
no,con allusione a quello da cui e conispa-
da di fuoco si custodiva il paradiso ter-
restre j onde quando si adatta al fianco
dal vescovo dicesi, col salmo 44: Accin-
gere gladio tuo super femur tuum. Del
Subgenuale proprio de' vescovi greci e da
loro ancora usato, ed anche da'parrochi,
ec, e de'suoi diversi significati, parlai nel
voi. XXXII, p. 146. Inoltre il p. Bonanni
riporta, che alcuni stimarono, nel succin-
torio ricordarsi la veste interiore del som-
mo sacerdote degli ebrei , detta nella s.
Scrittura Foemoralia, e da Dio ordina-
ta, non già perchè sia fatto ad esempio
di quella, ma solamente per rinnovarne
la memoria come figura. Che nel succin-
torio può riconoscersi la veste del som-
mo sacerdote, l'affermò eziandio s. Ago-
stino, De Ch'itale Dei lib. 3. Un simile
equivalente ornamento usano i vescovi
greci, facendone menzione il mentovato
Tessalonicensealcap.7 pressoMorino,De
sacr. orditi, p. 128 (il quale rigetta l'eti-
mologia su! succintorio iu ventata dal pre-
dicante eretico Suvcinger nel suo Hido-
porico cap. 62, lib. 2), parlando dell'or-
dinazione del vescovo. Electus autem in
secretarlo sese vestis, et Supergeniculare
sibi circumponit. Che perciò Balsamone
dice ch'era solamente conceduto a'vesco-
vi,e condanna l'abuso de'greci per aver-
lo lasciato usare agli abbati e ad altri in-
fevìori.Sacral\s&ìmorumEpiinaniciorumt
et Epigonalionum amictus solis episcopis
concessus est tnmquam figurato Domini,
et servatoli nostri Dei Jesu Christi geren-
tibus. Sul vocabolo Epimanicion, notò
Magri significarsi il manipolo, e in quel-
sue
lo d'Epigonatìon il succintorio, che pres-
so i greci è fatto in forma di borsa e da
essi chiamato 6iipergeniale}ed è adope-
rato nelle messe da'vescovi e da altre di-
gnità ecclesiastiche nel fianco destro. Il
Sarnelli lo dice della forma del corpora-
le, e lo chiama con voce greca Hypogno-
tion, cioè Sitpergenuale.
SUCCOLLETTORE , Subcolleclor,
Collettore è colui che raccoglie e riscuo-
te, Collectorj e Collettoria dicesi l'uffizio
del collettore. Il succollettore èquelloche
fa le veci e dipende dal collettore. Morcel-
li chiama il collettore degli spogli, Adle-
clorcaducorum Potili fìcis maxiini.\Si>o-
gli ecclesiastici trattai del succollettore
generale diessi,de'suoisuccollettori e dei
collettori che i Papi spedivano in Sicilia,
in Portogallo, in Inghilterra (^r-)e m a'~
tri stati. A Dataria apostolica ragionai
del succollettore generale della medesi-
ma, per leAnnateQuindenni e Tasse (P.).
A Cancelleria apostolica parlai de' Va-
cabilisti{F.) collettori del Piombo (F.),
ed a Preside o Presidente, del loro pre-
sidente: altre paiole dissi a Sigilli pon-
tificii, riparlando delle Bolle. Il p. Plet-
temberg, Notilia Tribunaliuin Ctiriae ro-
mau/ztv'iporta a p.3qg la Regtrfa 5." d'In-
nocenzo XII : Reservatio bene/lcioruni
Collectorum , et Subcollecloruni, per le
città e diocesi, officia exercuerint} subcol-
leclorum fructum, et provenutili carne-
rae aposlolicae debilorutn, illa videlicel
beneficia duinlaxat, quae durante eorurn
officio obtinebant,el in quibus,seu ad quae
fus eis competebant. Ora nella stampe-
ria della s. congregazione di propagan-
da fide si va compiendo la stampa delle
Constitutiones et Li terne apostolicae quae
de Spoliis ecclesiasticorum latae sunt
chronologico ordine digestae. Questa col-
lezione, che sembra diretta a' Subcolle-
ctoribus, incomincia colla lettera Olitn,
del 1246 d'Innocenzo IV, e coll'extra-
vagante Postulasti. del 1817 di Giovanni
XXII, oltre la costituzione Consuetudi-
rje/M,di Bonifacio Vili. La uomiuaecoufe-
S U C 309
rimento de' Benefizi ecclesiastici (F.) si
chiama pure collazione, e collettori gli e-
lettori che ne godono il Padronato (^.),
sulle quali nomine talvolta il Papa fa le
Riserve apostoliche (F.).
SUCCUBA, Sede vescovile della pro-
vincia Cartaginese procousolare dell'A-
frica occidentale, sotto l'arcivescovo di
Cartagine, di cui trovasi menzione nel 1 .°
concilio di Laterano. Lucanio,uno de'suoi
vescovi, fu tra'padri del concilio procon-
solare, che nel 646 scrissero una lettera
a Paolo patriarca di Costantinopoli, con-
tro l'innovazioni de'monoteliti. Morcelli,
Afr. chr. t. 1.
SUCCURSALE oSUSSIDI ARI A,Au-
xiliaria, Subsidiar in. Chiesa la qualeser-
ve invece d'una Parrocchia {t-)} eh' è
troppo discosta, e per suo aiuto, facendosi
il servigio parrocchiale per comodità de-
gli abitanti troppo lontani dalla Chiesa
(/^.) parrocchiale. La chiesa sussidiale fi
da Morcelli dichiarata, y/er/es Curiae / i-
caria, A 'edes Curia in siibsidium addicta.
Fu usata la parola succursale, perchè la
chiesa di questo nome è di un gran soc-
corso per la parrocchia e pe' parrocchia ni
che l'abitano nel suo dintorno. Talvolta
si fa uso del vocabolo annessa, ma par-
ticolarmente quando trattasi d'una nuo-
va parrocchia, smembrata dall'antica. Di
ordinario si stabilisce una chiesa succur-
sale, quando non avvi precisamente il ca-
so dell'erezione d'una nuova parrocchia.
Gli stessi canoni, che permettono a'vesco-
vi d'erigere delle parrocchie,lasciano loro
il diritto di giudicare se bastano chiese
semplicemente sussidiarie. Perlo stabili-
mento delle chiese succursali non è ob-
bligato il vescovo di osservare le forma-
lità come per l'erezione delle parrocchie.
Quanto a'diritti sulla cera, sulle oblazio-
ni e altro, nella chiesa sussidiaria appar-
tengono essi al parroco,come quelli della
parrocchia medesima. Visonochieseche
sebbene non sono lontane da'parrocchia-
ni, perla loro sontuosità e dignità hanno
chiese succursali e liliali, come esponenti
3 i o SUD
e tumulanti, e per amministrare altresì
il battesimo. Moltissime chiese erette nel-
le campagne da'signori otlal popolo, don-
de derivarono i padronati e le nomine di
esse, poi divennerosuccursali eanche par-
rocchie.Le parrocchie liliali furono erette
dopo iliooo ingrandissimo numero, e
dipendenti dalla Pieve {V.) antica e vera
parrocchia. L'abusiva usanza di pievani,
ch'erano ecclesiastici non in sacris, e go-
denti glosse rendite ed emolumenti delle
pievi, siccome assenti vi tenevano de'vi-
rari preti e mal pagati, il grande uso nei
secoli bassi che i canonici dimorando in
città godessero una qualche pieve , non
parve loro vero che i preti degli oratorii
o chiese rurali con lieve compenso faces-
sero iu esse ogni fatica propria del mini-
stero, e furono origine delle chiese suc-
cursali o filiali. Anche al popolo riuscì u-
tiledi trovare in un oratorio o chiesuola
vicina que'soccorsi spirituali che avreb-
bero avuti, o anche stentati, nella pieve
lontana, onde insensibilmente acquista-
rono la parrocchialità. Dopo la detta e-
poca, anzi nel secolo XI I, i preti di molte
cappelle rurali, ora a preghiera de'popo-
li,ora per le premure de'magnati, comin-
ciarono a ricevere da'vescovi quelle fa-
coltà chediconsi parrocchiali, sai vola rin-
novazione del battisterio, e piùspesso an-
che salvo il poter avere battisterio,o il po-
tere amministrare il battesimo.Certe con-
cessioni furono personali , e nondimeno
molte si perpetuarono a forza di rinno-
varsi ad ogni successore; altrefurono tem-
poranee,e la conferma o l'uso le rese per-
petue; altre veramente furono concesse in
perpetuo, ed ecco l'origine de'parrochi fi-
liali, cioè i curati non pievani. Vedasi il
parroco d. Luigi Nardi, Dei parrochi, o-
pera che dedicò a' vescovi della chiesa cat-
tolica.
SUDA o SUNA. Sede vescovile della
Media, suffraganea di Sullania o Tigra-
nocerta, ebbe i seguenti vescovi. France-
sco morto nel i 3q8, Gualtiero di Polenta
francescano in detto auuo eletto da Boni-
SUD
ficiolX,Nicolacarmelitanodel 14 19, Gio-
vanni diMedina fiancescano,mortoa Sens
nel 1 5^4- Oriens chr. t. 3, p 1 379.
SUDARIO, Suda riunì. Pannolino per
asciugare il sudore della faccia, ed anche
dicesi sciugatoio.il vocabolo greco Soda-
rio?i, che significa la medesima cosa, non
trovasi che negli evangelisti,es. Luca chia-
ma sudario il fazzoletto nel quale il cat-
tivo servo avea messo il denaro ch'eragli
stato confidato: negli Aid degli apostoli
sono delti sudarli i fazzoletti di cui s. Pao-
lo servi vasi per asciugarsi, e che portati
a'malati subito guarivano, e gli spiriti cat-
tivi ne uscivano da essi invasati. Il Rinal-
di all'anno 69, n.° 1 4, parla altresì del su-
dario che s. Paolo nel recarsi a subire la
decapitazione domandò per bendarsi al-
la matrona romana Plautilla,come usan-
za osservata anche dagli ebrei , promet-
tendotene la restituzione, la quale effettuò
dopo morto neh' apparirle. Si crede che
questo velo o sudario sia quello che do-
mandato con grandissima istanza da Co-
stantina Augusta a s. Gregorio I, questo
Papa si scusò di non poterla compiacere
perchè stava insieme col corpo del s. A-
poslolo nel sepolcro, che non era lecito a-
prire. L'evangelo distingue questi sudarii,
dal lenzuolo nel qualefu involto Gesù Cri-
sto nel sepolcro e dopo che fu imbalsa-
mato, e che chiama ss. Sindone (V\ Per
ss.Sudariooss. V olio s cinto (l'.), s'intende
quel pannolino, nel quale restò effigiata
l'immagine del medesimo Cristo. Tutta-
volta la ss. Sindone fu ed è chiamata Su-
darlo, e come rimarcai al suo articolo, in
Roma fiorisce il sodalizio del ss. Sudario
i n onore del s. Lenzuolo. Il p. Piano, Com-
mentario sopra la ss. Sindone, riferisce
che tanto da'sagri quanto da'profani seri t-
tori viene usato il vocabolo Sindone per
denotare qualunque pannolino destinato
ad avvolgervi qualche cosa dentro; ond'è
che sindoni sono chiamate le vesti pro-
messe da Sansone a'illistei qualora aves-
sero sciolto l'enimma, che avrebbe loro
proposto; sindoni sono delle da Isaia ccr-
SUD
te candidissime e finissime vesti delle don-
ue ebree, delle quali per castigo del Si-
gnore sarebbero state spogliale da'babi-
lonesi; sindoni sono altresì nominate da
Strabone, da Galeno, da Marziale e da al-
tri scrittori greci e latini, le veslimenta
comunemente usate da vari popoli; e fi-
nalmente anche i pannilini destinati a ri-
cevere leollerteoOWrtz/o/2/(/~.,)de'fedeli
pel s. Sagrifìzio venivano chiamati sin-
doni, come si ha dall'Ordine romano per
l'orazione: Orano super sindonem. Il p.
Cerlendi, Delle oblazioni all'altare, di-
ce che il pane si poneva sopra candide To-
vaglie (^.)di lino, delle fanoni dal 2.0
Ordine romano; allreerano di seta, come
vuole il p. Cerda, che chiama tale tova-
glia Sindonem sericeum, in quo populo-
rum oblationes reponebanlur. Inoltre il
p. Piano all'erma denominarsi ss. Suda-
rio il s. Lenzuolo o ss. Sindone, per due
ragioni: lai. "perchè da Mallonio, Boua-
famiglia e altri fu confusa la ss. Sindo-
ne col cos\ detto Sudario del capo, del
quale scrisse s. Giovanni, che entrando
s. Pietro nel s. Sepolcro Io ritrovò sepa-
rato dagli altri pannilini;la 2. '''perchè qua-
lunque pannolino atto o destinalo a net-
lare dalle lordure il corpo, od a rasciu-
garne il sudore veniva chiamato sudario j
e veramente trovasi questo nome, datosi
alle pezzuole collocate sul capo di s. Pao-
lo e summentovate, adoprato da Amala»
rio, da Alcuni, dal Durando e da altri li-
turgici per significare un fazzoletto, che
il celebranteanticameutepoi tavaal brac-
cio sinistro per rasciugarsi le lagrime o il
sudore, e che poi originò AilJanipolo{f .).
Notai a Fanone, che i Papi usarono iu-
torno al collo, Oralium sive sudarium,
specie di tovagliolo, allineile il sudore del
capo non iusucidasse la pianeta, od anche
SUD 3i .
un fazzoletto pel naso, ed in seguito fu
convertito nell'ornamento AA fanone. O-
rarkim o tovaglia fu detta la Stola (/ .)
diaconale; e siccome Vorarium o tovaglio-
lo suol tenersi sulle spalle di chi ministra
alla meusa, ed essendo il ministrodi quel-
la sagra il diacono, cos'i i diaconi si ac-
costavano all'altare con tali orarti o suda-
rli sulla spalla sinistra, mentre nel brac-
cio di tale lato il suddiacono portava uu
fazzoletto per nettare i vasi sagri, ch'e-
ra pure chiamato Mappa o Mappula
(P-), e più recentemente manille. Tro-
vasi pure usalo il termine di sudario, per
denotare una specie di velo, con cui gli
antichi solevano cuoprirsi il capo: di Ne-
rone narra Svetonio, che uscì da Roma
col capo coperto, e con un sudario steso
sopra la faccia. Il Buonarroti, Osserva-
zioni sopra i vasi antichi di vetro, pai la
del sudario usato per cuoprire la faccia
de'morti, dopo che divennero tali e nel
collocarli nella Sepoltura (f^.)j e dice che
un sudario eia legato intorno al capo e
alla faccia di s. Lazzaro, allorché fu risu-
scitalo dal Signore, e che generalmente i
morti erano vesti ti come il sudariodi bian-
co; rammentando i monumenti in cui so-
no rappresentati icadaveii di Giacobbe
col volto coperto dal sudario, del profe-
ta Michea e di s. Adauto col sudario nel-
la medesima guisa, e quest'ultimo come
s. Lazzaro anche legato con instile o fa-
scie.
SUDDIACONATO o SODDIACO-
NATO. V. Suddiacono.
SUDDIACOiNESSA. F. Suddiacono,
Diaconessa, Presbiteressa.
SUDDIACONI APOSTOLICI. V.
Suddiacono.
SUDDIACONI DELLA CHIESA RO-
MANA. V. Suddiacono.
FINE DEL VOLUME SETTANTESIMO.
286018
BX 841 .M67 1840
sncR
floron i , Gaetano ,
1802-1883.
Dizionario di erudizione
storico-ecclesiastica
AFK-9455 (awsk)