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Full text of "Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica da S. Pietro sino ai nostri giorni. Compilazione di Gaetano Moroni romano"

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DIZIONARIO 

DI  ERUDIZIONE 

STORICO-ECCLESIASTICA 

DA  S.  PIETRO  SINO  Al  NOSTRI  GIORNI 

SPECIALMENTE     INTORNO 

Al  PRINCIPALI  SANTI,  BEATI,  MARTIRI,  PADRI,  AI  SOMMI  PONTEFICI,  CARDINALI 
E  PIÙ  CELEBRI  SCRITTORI  ECCLESIASTICI,  AI  VARII  GRADI  DELLA  GERARCHIA 
DELLA  CHIESA  CATTOLICA,  ALLE  CITTA  PATRIARCALI,  ARCIVESCOVILI  E 
VESCOVILI,  AGLI  SCISMI,  ALLE  ERESIE,  AI  CONCILII,  ALLE  FESTE  PIÙ  SOLENNI, 
Al  RITI,  ALLE  CERIMONIE  SACRE,  ALLE  CAPPELLE  PAPALI,  CARDINALIZIE  E 
PRELATIZIE,  AGLI  ORDINI  RELIGIOSI,  MILITARI,  EQUESTRI  ED  OSPITALIERI,  NON 
CHE    ALLA    CORTE    E    CURIA    ROMANA    ED    ALLA    FAMIGLIA    PONTIFICIA,    EC.    EC.    EC. 

COMPILAZIONE 

DEL  CAVALIERE  GAETANO  MORONI  ROMANO 

SECONDO  AIUTANTE  DI  CAMERA 

DI   SUA   SANTITÀ   PIO   IX. 


VOL.  LXX. 


IN     VENEZIA 

DALLA      TIPOGRAFIA      EMILIANA 

MDCCCL1V. 


La  presente  edizione  è  posta  sotto  la  salvaguardia  delle  leggi 
vigenti,  per  quanto  riguarda  la  proprietà  letteraria,  di  cui 
l'Autore  intende  godere  il  diritto,  giusta  le  Convenzioni 
relative. 


DIZIONARIO 


DI   ERUDIZIONE 


STORICO-ECCLESIASTICA 


S  TE 


S  T  E 


O  TEFANO  I  (s.),Ordine  militare  ed 
equestre  3e  sagra  religione  de* cavalieri  di 
s.  Stefano  I  Papa  e  martire,  Equites  or- 
dinis  Militiae  s.  Slephani.  Insigne  ordi- 
ne equestre  del  granducato  di  Toscana 
(['■),  celebre  e  benemerito  per  militali 
imprese  navali,  della  Chiesa  e  della  so- 
cietà, e  formidabile  alle  piraterie  africa- 
ne, barbaresche  e  turchesche.  Dopo  ave- 
re Cosimo  1  Medici  duca  dì  Toscana  am- 
pliato e  rassodato  il  suo  florido  principa- 
to, considerando  che  le  coste  e  litorale 
marittimo  del  medesimo,  gli  abitanti,  le 
città,  i  luoghi  erano  di  frequente  esposti  a 
deplorabili  saccheggi,  incendi  e  schiavitù, 
per  le  funeste  invasioni  di  rapaci  e  crude- 
lissimi corsari  africani  e  barbareschi,  ne- 
mici del  nome  cristiano,  i  quali  comechè 
maomeltani,arditameute  veleggiavano  le 
acque  del  Mediterraneo,  non  polendo 
sempre  e  dappertutto  il  glorioso  ordine 
G ei  osolimitano^T.)  dal  so vrano  suo  pro- 
pugnacolo di  Malta  accorrere  a  frenar- 
ne le  depredazioni;quindi  compassionan- 
do la  triite  condizione  de'popoli,  pacifici 
abitatori  delle  spiaggie  e  lidi  della  To- 


scana, esposti  olle  masnade  iuièdeli  che  li 
facevano  Schiavi  (/"'.),  concepì  con  felice 
idea  l'istituzione  d'un  ordine  equestre  a 
difesa  de'suoi  sudditi,  e  insieme  qual  ma- 
rina militare  dello  stalo,  per  preservarlo 
da  mire  nemiche,  proteggere  la  comune 
sicurezza  e  rintuzzare  l'audace  baldanza 
de'  Unii  oni  di  mare,  non  che  a  difesa  e 
propagazione  della  fede  cristiana,  a  mez- 
zo de'valorosi  cavalieri.  Conoscendo  che 
per  l'impresa  avrebbe  occorso  uscir  dai 
limili  de!  proprio  dominio,  si  rivolse  al 
Papa  Pio  IV,  Medici,  per  cooperare  col- 
la suprema  sua  autorità  al  saldo  stabili- 
mento e  dilatazione  dell'ideata  cavallere- 
sca milizia  navale,  e  si  recò  aRoma  a  ma- 
nifestargliela. Il  Papa  con  giubilo  lodò  il 
magnanimo  pensiero,  e  tutto  si  offrì  a 
concorrervi  pel  pubblico  bene,  per  la  si- 
curezza del  Mediterraneo  e  difesa  del  cri- 
stianesimo. Pertantocon  breve  apostoli- 
co del i. "ottobre i56o,  Pio  IV  autorizzò 
e  die  facoltà  al  duca  Cosimo  I  di  fondare 
sotto  gli  auspicii  e  colla  regola  di  s.  Ago- 
slino  o  di  s.  Benedetto,  o  d'allra  mona- 
stica congregazione  un  ordine  militare. 


4  STE 

Quindi  il  duca  portando  la  sua  più  seria 
attenzione  uel  formarlo,  scelse  la  regola 
del  patriarca  s.  Benedetto  e  prese  per  pa- 
trono principaledell'ordine  il  gloriosoPa- 
pa  s.  Stefano  I{f^-)  martire,  antico  pro- 
tettore dell'  illustre  sua  capitale  Firenze, 
e  lo  cliiamò  col  suo  nome.  Die  all'ordi- 
ne per  tutelare  s.  Stefano  I,  non  solo  per 
l'ereditariadivozioue  che  gli  portava  co- 
me fiorentino,  ma  ancora  per  riconoscen- 
za e  per  memoria  di  aver  uel  giorno  di 
sua  festa  a'2  agosto  1 554  riportata  nelle 
vicinanze  di  Marciano  in  Val  di  Chiana, 
diocesi  e  compartimento  d'Arezzo, la  de- 
finitiva vittoria  colle  sue  armi  unite  alle 
austro-ispane,  contro  Pietro  Strozzi  ma- 
resciallo de'francesi  in  Italia  e  comandan- 
te l'esercito  frauco-sauese.  Con  tale  ri- 
nomala battaglia  fu  deciso  il  fine  della 
politica  esistenza  dell'emula  e  potente  re- 
pubblica di  Siena  (fr.),  la  sua  conquista 
e  il  consolida  mento  del  suo  vacillati  te  dia- 
dema, assicurando  la  sovranità  de'  suoi 
slati.  Già  il  principe  per  sua  fortunata 
ventura  non  solamente  aveva  restituito 
a'marcianesi  le  antiche  esenzioni,  ma  a- 
vea  innalzato  inFireuze,sul  quadrivio  di 
s.  Felice  in  Piazza,  una  colonna  di  mar- 
moa  monumento  del  fausto  avvenimen- 
to, che  però  a' nostri  giorni  fu  rimossa, 
ed  ordinato  al  celebre  Bartolomeo  Am- 
mannato  che  edificasse  in  mezzo  al  cam- 
po ove  seguì  la  pugna,  detto  il  campo  di 
Scannagallo,  un  tempio  rotondo,che  tut- 
tora vi  resta,  sotto  il  titolo  di  s.  Vittoria. 
Attese  quindi  il  duca  alla  compilazione 
de'regolamenti,che  doveano  formare  i  ca- 
valieri per  mezzo  della  pietà  e  del  valore 
ad  una  vita  lodevole  e  virtuosa,  e  si  occu- 
pino pari  tempo  di  stabilire  la  sede  prin- 
cipale dell'ordine,  l'erezione  della  chiesa 
conventuale,  della  canonica  e  altre  fab- 
briche necessarie  agli  ufilziali  e  ministri 
dell'ordine,  a  cui  affidare  il  governo  po- 
litico e  spirituale  della  sagra  milizia.  Per 
tale  residenza  posta  in  discussione  la  na- 
tura de'luoghi  più  adatti  alle  spedizioni 
navali,  fissò  lo  sguardo  sull'isola  dell'El- 


S  T  E 

ba,  ricca  di  miniere  di  lei  ro,  comoda  per 
la  capacità  de'suoi  poi  ti,  idonea  per  na- 
turale situazione,  come  la  principale  del- 
l'isole dell'  arcipelago  toscano,  capace  a 
dare  opportuno  ricetto  alle  squadre  ma- 
rittime, riunendo  il  vantaggio  di  avan- 
zate sortite  sui  pirati  africani, che  nasco- 
sti tra'scogli  e  l'isolelte  deserte  del  mar 
Tirreno,  continuamente  tramavano  a 
danno  de'naviganti  cristiani.  A  tale  effet- 
to Cosimo  1  nel  Iato  angolare  dell'isola, 
in  cui  concentrasi  il  mare  favorendola  di 
sicurissimo  seno,  costruì  una  forte  e  bella 
città,e  col  suo  nome  la  chiamòCcsmopoli, 
oggi  Porto  Ferraio,  e  luogo  principale  e 
più  forte,  ed  ivi  destinò  collocare  la  sede 
primaria  della  milizia.  Ma  non  riuscen- 
dogli l'acquisto  del  restante  dell'Elba,  al- 
lora dipendente  dalla  Spagna,  mulato 
consiglio,  trovò  adattissima  l'antica  e  ce- 
lebre città  di  Pisa  {V!)>  e  quivi  ordinò 
l'erezione  dell'albergo  conventuale,  affi- 
dandone la  direzione  al  valente  Giorgio 
Vasari,  non  meno  peritissimo  architetto 
che  pittore,  il  quale  da'  fondamenti  co- 
struì un  palazzo  conventuale  pe'cavalie- 
ri  professi  o  earovauisti,  ornandolo  de- 
corosamente con  pitture  e  statue,  ed  e- 
gualmente  fabbricò  la  chiesa  conventua- 
le, la  canonica  per  abitazione  del  priore 
conventuale  e  pel  clero  per  la  divina  uf- 
ficiatura,e  altri  edilizi,  il  tutto  degno  del- 
la militare  religione,  che  dovea  salire  a 
tanta  rinomanza;  i  cui  trofei, spoglie  e  in- 
segne tolte  al  nemico,  per  riconoscenza  a 
Dio  e  al  patrocinio  di  s.  Stefano  I,  collo- 
cò nella  chiesa  conventuale,  che  divenne 
come  una  cattedrale  per  la  prerogativa, 
dell'episcopali  funzioni,  alle  quali  fu  abi- 
litato il  priore  grancroce.  11  IMarcheside- 
scrive  questi  edifìzi,  la  chiesa  di  s.  Ste- 
fano I,  la  sua  sedia  pontificale  di  marmo, 
cospersa  di  macchie  rosse  delsangue  spar- 
so dal  santo  quando  iu  essa  gli  fu  moz- 
zato il  capo,  racchiusa  in  mezzo  alla  tri- 
buna in  una  pontificia  cattedra  di  me- 
tallo dorato;  e  l'altare  ricco  di  preziose 
pietre,  colla  statua  del  Papa  scolpila  ia 


S  T  E 

finissimo  marmo,  sollo  di  cui  ne  tiposa- 
no le  venerande  ceneri.  Dice  pure,  che 
non  restando  nella  piazza  de'cavalieri,ove 
sorgono  le  accennate  fabbriche,  che  il  so- 
lo antico  palazzo  del  senato  pisano,  que- 
sto concesse  alla  sagra  miliziaCosimo  III, 
e  fu  destinato  per  gli  ordinari  consessi  del 
supremo  consiglio,  per  cancelleria  e  ar- 
chivio. E  perchè  il  principale  scopo  dei 
cavalieri  dovea  essere  la  difesa  e  lo  spur- 
go del  Mediterraneo  dai  ladronecci  de- 
gl'infedeli, fece  Vasari  fabbricaresulle  ri- 
ve dell'  Arno  un  sufficiente  arsenale,  in 
cui  si  potessero  costruire  gli  schifi  per  le 
galere,  per  poi  condurli  a  Livorno  e  ri- 
cevervi corrispondeuti  equipaggi. Mentre 
gli  artefici  erano  intenti  alla  costruzione 
degli  edifizi,  il  duca  si  occupava  per  stabi- 
lire la  forma  del  manto  capitolare  e  quella 
della  croce  equestre.  Indi  stabili  per  abi- 
to e  divisa  da  usarsi  nelle  sagre  e  solenni 
funzioni, quello  già  usato  da'celebri  e  po- 
tenti cavalieri  Templari  [V.\  il  manto 
di  ciambellolto  biancocolle  maniche  fo- 
derate di  ormesino  rosso,  e  che  due  cor- 
doni e  fiocchi  di  seta  color  vermiglio, pen- 
dendo dal  collo  giù  per  gli  omeri,  simbo- 
leggiassero 1'  ubbidienza  a  cui  con  voto 
doveano  sottoporsi  i  cavalieri.  Volle  che 
il  manco  lato  rosseggiasse  colla  croce  di  ra- 
so porporino,  a  riserva  de'graduati  gran- 
croci,  priori  e  bali,  i  quali  in  segno  di  pre- 
minenza la  portassero  in  mezzo  al  petto; 
finalmente  che  1'  abito  terminasse  con 
strascico  maestoso,  a  guisa  di  manto  du- 
cale. Per  la  croce  poi  adottò  quella  del- 
l'ordine Gerosolimitano  (fr.),<i\ versa  pe- 
rò nel  colore,  da  portarsi  dalla  parte  del 
cuore,  per  ricordare  a'cavalieri  che  quel 
salutifero  seguo  dovea  essere  la  calamita 
di  loro  adorazioni  e  alleiti,  e  che  doveano 
combattere  valorosamente  colla  destra  e 
difenderla  dagli  oltraggi  degl'infedeli. De- 
stinò dunque  che  la  croce  fosse  di  raso  ros- 
so contornata  di  fregio  d'oro  e  cucita  sulle 
vesti  esteriori,  permettendo  l'uso  d'una 
crocetta  massiccia  d'oro,  smaltata  di  co- 
lore porporino,  da  portarsi  pendente  al 


STE  5 

collo,  qual  segno  di  decorazione  della  mi- 
lizia. Da'semplici  cavalieri  portasi  appesa 
nel  lato  siuistro,  e  da'grancroci,  priori  e 
bali  portasi  pendente  al  collo  e  di  forma 
maggiore.  11  p.  Bonanni  nel  Catalogo  de- 
gli ordini  equestri  e  militari  esposto  in 
immagini,  ne  riporta  la  figura  dell'abito  e 
della  croce  a  p.  i  i  2,  chiama  i  serventi  an- 
che col  nome  di  Donati,  con  veste  corta 
e  manichestrette,echei  cavalieri  in  guer- 
ra portavano  una  veste  di  seta  bianca  e 
corta,  con  fornimenti  rossi,  e  colla  croce 
rossa  sul  petto,come  i  cavalieri  di  Malta. 
o  Gerosolimitani,  per  terrore  de'barbari 
che  P  oppugnavano,  e  per  couforto  dei 
combattenti  che  la  difendevano.  I  sacer- 
doti poi  sulla  veste  bianca  assumono  il 
rocchetto  e  l'almuzia  bianca  fregiata  colla 
croce  dell'ordine.  I  cavalieri  ogni  volta 
che  dacristiani  si  faceva  un'impresa  ge- 
nerale control  nemici  della  s.  fede,  erano 
obbligati  ad  intervenirvi  in  persona,  e 
molto  pi ìi  se  \i  andava  il  gran  maestro  per 
accompagnarlo.  I  cavalieri  furono  chia- 
mati militi  dall' obbligo  di  militare,  fa- 
cendo le  loro  carovane  sopra  le  galere  del- 
l'ordine e  da  esso  manteuuti,  ed  allora  e- 
rano  chiamati  cavalieri  caro  vanisti.  Il  du- 
ca esaminati  gli  statuti  degli  altri  ordini, 
modellò  quelli  per  questo  sui  regolamen- 
ti del  Gerosolimitauo,  con  alcune  relati- 
ve modificazioni;  perciò  divise  i  gradi  in 
4  classi  :  i  cavalieri  o  militi,  i  cappellani, 
i  serventi  d'armi,  i  serventi  d'ollizio  per 
l'esercizio  de'di versi  miuisteri  ammini- 
strativi. Volle  che  i  militi  come  costituti- 
vi del  capoe  delle  parti  signorili  della  mi- 
lizia,facessero  professione  di  militare  con- 
tro i  nemici  di  nostra  fede,  e  fossero  ri- 
partiti  in  cavalieri  di  giustizia  e  in  cava- 
lieri di  padronato.  A  chi  pretendeva  en- 
trare tra'primi,  riservò  l'onore  delle  di- 
gnità elettive  e  capitolari,  prescrisse  un 
esame  di  rigorose  prove,  volendo  che  la 
sua  religione  nascesse  e  non  già  divenisse 
nobile  ne'progressi;  dovendo  far  constare 
di  discendere  da  genitori,  avi  ed  avole 
de'due  lati  paterno  e  materno,  di  nobili 


G  S  TE 

famiglie  (noterò  che  pe'ca validi  tli  giu- 
stizia è  necessario  che  le  provanze  tli  no- 
biltà generosa  si  facciano  fino  all'  atavo 
inclusive,  5  generazioni  cioè  al  di  sopra 
del  pretenclente,tanto  pe'lati  paterni, che 
materni),  e  che  fossero  capaci  di  godere 
in  patria  le  maggiori  onorificenze,  per  3 
gradi  e  generazioni,  cioè  da'  trisavoli;  e 
dipoi  nel  capitolo  generale  del  1728  si 
estesero!  lini  iti  alla  G.n  generazione  di  cia- 
scuno de'4  quarti  di  nobiltà.  I  cavalieri 
di  giustizia  si  divisero  indite  specie,  ec- 
clesiastici (questi  potino  essere  cavalieri 
per  giustizia,  per  commenda  padronale, 
e  per  commende  di  grazia, come  i  cava- 
lieri secolari)  e  secolari,  tra'quali  non  vi 
fosse  che  il  solo  di  va  rio  nell'esercizio  de  Ila 
milizia, gli  uni  dovendo  imbrandir  la  spa- 
da contro  gl'infedeli,  gli  altri  invocare  il 
celeste  aiuto  con  sagrifìzi  e  orazioni.  A 
vigore  poi  e  sosteguo  dell'ordine  si  sta- 
bilì la  classe  de' cavalieri  di  padronato, 
colla  clausola,  che  se  il  gran  maestro  del- 
l'ordine per  grazioso  indulto  dispensava 
i  fondatori  di  commende  dalla  rigorosa 
discussione  di  qualche  quarto  di  nobiltà, 
la  dispensa  non  si  estendesse  a'sostituiti 
e  chiamati  alla  successione,  i  quali  dovea- 
no  giustificare  la  nobiltà  de'quarti  della 
genitrice  e  dell'ava  materna,  collo  stesso 
rigore  di  prove  de'cavalieri  di  giustizia. 
Quanto  all'accettazione  de'  cappellani  e 
sacerdoti  d'ubbidienza  (va  avvertito,  che 
i  cavalieri  cappellani,  oggi  canonici  per 
quanto  dirò, formano  parte  del  clero  della 
chiesa  conventuale;  i  sacerdoti  d'  ubbi- 
dienza erano  e  sono  ceremonieri  delle  di- 
verse assemblee  de'cavalieri  dell'ordine,  i 
quali  usano  la  toga  e  mozzetta  con  croce 
vermiglia  eguali  a  quelle  de'cauoniei,  ed 
i  rettori  delle  parocchie  filiali  dell'ordì' 
ne;ma  questi  ultimi,sebbene  si  conferisco- 
no loro  le  parrocchie  come  sopra  dal  gran 
maestro, non  hanno  più.  uè  il  titolo  di  ca- 
valieri sacerdoti  d'ubbidienza,  né  fanno 
più  uso  del  rispettivo  abito,  essendo  pas- 
sati sotto  la  dipendenza  de' rispettivi  or- 
dinari), che  doveano  prestare  quotidiana 


ST  E 
assistenza  a'rn  misteri  del  tempio  con  ven- 
tilale, al  governo  delle  parrocchie  e  dei 
benefizi  che  sarebbero  incorporati  nella 
milizia,  furono  abilitati  a  portare  sulla 
parte  sinistra  delle  vesti  ordinarie  la  croce 
di  raso  contornata  di  seta,  e  per  abito 
si  assegnò  loro  una  toga  di  ciatnbellolto 
bianco,  fornita  d'asole  e  bottoni  di  seta 
rossa,  ed  una  mozzetta  coti  cappuccio  pa- 
rimenti con  simili  asole  e  bottoni,  e  fre- 
giata di  croce  con  fodera  e  profili  di  seta 
di  color  porporino,  da  portarsi  con  sotto 
il  rocchetto,  ed  al  priore  della  chiesa  fu 
di  più  concesso  lo  strascico  a  forma  d'a- 
bito prelatizio.  Alle  due  classi  di  serventi 
d'armi  e  di  serventi  d'officio,  furono  as- 
segnati gl'impieghi  propri  di  loro  profes- 
sione, agli  uni  di  guerreggiare  iteli'  ira- 
prese  di  mare  e  di  terra  in  aiuto  de'mi- 
liti,  colla  divisa  d'una  croce  uniforme  a 
quella  de'sacerdoti  d'ubbidienza  eda  por- 
tarsi nel  destrolato;  agli  altri  di  adoprar* 
si  ne'ministeri  servili  del  convento  e  del- 
l'assemblea, dandosi  loro  una  veste  di  ra- 
scia bianca  con  maniche  strette,  fornite 
di  mostre  di  taffettano  rosso,  e  colla  ero* 
ce  annessa  alla  parte  destra,  formata  di 
3  soli  rami  e  priva  del  superiore  a  guisa 
d'un  Tati  greco,  per  cui  poi  ebbero  il  no- 
me diTau.Per  l'osservanza  degli  statuti 
e  delle  discipline,  come  pel  governo  del- 
rordine,con  autorità  di  mero  e  misto  im- 
pero, fu  istituito  un  maestrato  supremo 
compostodi  1  2  soggetti;ed  il  consiglio  su- 
premo e  ordinario,  formato  cioè  del  gran 
maestro,  di  8  graduati  conventuali,  dei 
priori  e  bagli  vi  delle  provincie,  del  prio- 
re della  chiesa,  e  de'cavalieri  desti  nati  dal 
capitolo.  Ali. "graduato  fu  datoli  titolo 
di  commendatore  maggiore  con  esercizio 
e  vicegerenza  del  gran  maestro  durante 
la  vita  di  questi,  dovendo  risiedere  in  un 
convento.  11  comaudo  delle  forze  navali 
fu  ripartito  tra  il  contestabile  e  l'ammi- 
raglio, ad  uno  affidandosi  la  direzione 
dell'imprese  terrestri, all'altro  le  maritti- 
me come  generale  delle  galere:  ali.0 fu 
data  autorità  sulle  genti  di  guerra  a  piedi 


ST£  S  T E  7 
e  a  cavallo,  con  facoltà  di  punire  anche  i  desimo,  il  gran  priore,  il  gran  cancellie- 
cavalieri  se  colpevoli;  al  2.0  si  die  eguali  re,  il  gran  tesoriere,  e  il  gran  conservato- 
prerogative  sulla  squadra  navale  e  suo  e-  re;  tutti  a  nomina  del  principe.  Inoltre 
quipaggio.  Al  gran  priore  del  convento  con  detto  atto  restò  soppresso  il  capitolo 
dell'ordine  fu  dato  il  4-°  luogo  e  attribuì-  generale.Tutto  questo  venne  stabilito  per 
la  la  supplenza  del  commendatore  mag-  la  prosperità  del  temporale  reggimento 
giore,  col  carico  del  governo  in  sua  as-  dell'ordine;  mentre  per  indirizzare  le  a- 
senza;  dovendo  vegliare  sulla  concordia  nimenella  via  della  salute  eterna,  fu  crea- 
e  moralità  de'cavalieri,  quindi  ammoni-  to  un  prelato  priore  della  chiesa  cou  Tu- 
re e  castigare,  insignire  dell'abito  i  novi-  so  della  gran  croce,  con  titolo  di  rnonsi- 
zi, con  altre  attribuzioni.  Il  5°e6.°  luogo  guore,e  considerato  9."  dignità  dell'ordì- 
gerarchico  l'ebbero  il  gran  cancelliere  e  ne,  commettendosi  a  lui  eziandio  l'edifi- 
il  tesoriere  generale,  dovendo  sovrastare  cazione  e  la  custodia  pastorale  del  clero, 
il i.°a'subal terni  ministri  nella  custodia  con  quasi  vescovile  giurisdizione  subor- 
delle  scritture  spettanti  alla  cancelleria,  dinata  al  consiglio  de' 12.  Si  stabilirono 
all'archivio,a'registri;  il  1. "alla  cura  del-  pure  i  liti  e  le  ceremonieper  la  vestizio- 
l'introilo e  dell'esito,  ricevere  ecustodire  ne  de'  novizi,  uell'  emettere  i  3  voli;  la 
il  tesoro.  Gli  altri  due  graduati  furono  il  forma  de'trieunali  consessi  capitolari,  da 
conservatore  generale,  e  I'  ospitalario  o  radunarsi  nel  conventuale  di  Pisa  e  inco- 
buon  uomo  dell'ospedale,  dovendo  il  i.°  minciarsi  nella  domenica  in  Albh,  col- 
vegliare  sulle  possessioni,  loro  conserva-  l'intervento  del  gran  maestro  o  del  suo 
ziouee  incremento,  non  che  sull'armeria;  luogotenente.  Nell'apertura  del  capitolo 
il  2."  aver  cura  caritatevole  degT  infer-  fu  disposto,  che  i  cavalieri  chiamati  al- 
mi, sia  nell'assistenza  corporale,  sia  nella  l'ubbidienza, con  profondo  inchino  si  re- 
spirituale. In  sostanza,  perla  cura  e  vi-  cassero  a  baciare  il  lungo  strascico  del 
gilanza  delle  cose  e  negozi  della  religio-  gran maestrotedente  in  trono;  quindi  per 
ne  venne  stabilito  il  descritto  consiglio  la  piazza  de'cavalieri  si  dovesse  fare  da 
ordinario  di  dodici  cavalierini  quale  do-  tutto  V  ordine  solenne  processione,  che 
vea  intervenire  il  gran  maestro  o  suo  luo-  entrata  nella  chiesi  conventuale,  inco* 
gotenente.  Formarono  tale  consiglio  il  miuciasse  la  messa  cantata,  frainezzata 
commendatore  maggiore, il  contestabile,  con  un'orazione  pronunziala  da  un  cava- 
l'ammiraglio,  il  priore  del  convento,  il  liere  dell'ordine,  per  eccitare  col  raccon- 
grau  cancelliere,  il  tesoriere,  il  conserva-  to  delle  belle  imprese  de'tnaggiori,  il  de- 
tore  generale,  il  buonuomo  dell'ospeda-  bito  dell'imitazione.  Quindi  Pio  IV  col- 
le,i  priori  e  bagli  vi  delle  provincie,  il  prio-  la  bolla  His,  quat  prò  religioni*;  propa- 
lo, della  chiesa,  e  quelli  di  essi  graduati  gutione}de\  i.°febbraio  1062,  Bull.  Pioni. 
che  si  trovassero  al  convento,  e  dopo  di  t.  4,  par.  2,  p.  1  38 ,  approvò  e  confer- 
essi  doveano  intervenirvi  que'  cavalieri  ino  solennementel'ordineereligiouedel- 
che  da'capitoli  generali  o  dal  gran  mae-  la  milizia  di  s.  Stefano  I,  gli  statuti  che 
«trovi  veuisserodepulati,  secondo  il  gra-  avea  fatto  esaminare,  colla  regola  di  s.Be- 
do  d'anzianità,  onde  l'effetto  fosse  che  si  nedetto,  ed  i  3  voti  di  carità,  di  castità 
adunassero  sempre  in  numero  di  12. E  qui  coniugale,  e  di  ubbidienza  a'superiorijper 
aggiungerò,  che  il  moto  proprio  sovrauo  riscattare  i  fedeli  dal  duro  giogo  e  schia- 
de'5  aprile  1784  ridusse  al  numero  di  6  vitti  de'turchi,  pel  dilatamento  del  culto 
i  grancroci  componenti  il  consiglio, cioè  cristiano,  per  l'accrescimento  della  fede 
nig.rpriore  della  cou  ventuale,il  gran  con-  ortodossa;  encomiò  Cosimo  1  e  lo  costituì 
testabile  eh'  è  il  luogotenente  del  gran  gran  maestro  e  fondatore,  e  i  successori 
maestro  e  lai.'  dignità  del  consiglio  me-  di  lui  al  trono  nella  medesima  suprema 


8  S  T  E 

dignità,  concedendo  all'ordine  indulti  ed 
esenzioni, lodandone  il  pio  e  generoso  sco- 
po: e  al  gran  maestro  facoltà  illimitate 
per  fare  uuove  leggi,  per  conferire  i  be- 
nefizi eeclesiaslicidell'ordiue, la  cognizio- 
ne delle  cause  de'cavalieri,  con  giurisdi- 
zione spirituale  e  temporale,  inclusiva- 
mente  sopra  gli  ecclesiastici  e  le  monache 
dell'ordine. Dopo  tutto  questo, e  dopo  a- 
ver  Cosimo  I  assegnato  il  patrimonio  al 
convento  di  Pisa, eformati  i  fondi  per  60 
commende,  per  gratificare  cou  esse  i  va- 
lorosi, prese  solenne  possesso  con  grau 
pompa  e  alla  presfuza d'i nnumerabile  no- 
biltà, del  supremo  magistero  a'i5  mar- 
zo 1  5625riceveado  nel  duomo  di  Pisa  l'a- 
bito dalle  ma  ni  del  nunzio  a  postolicoGior- 
gio  Cornaro  vescovo  di  Treviso,  facente 
le  veci  del  Pupa.  Trovandosi  Cosimo  I 
costituito canouicameute  nel  grau  magi- 
stero, con  zelo  si  die  a  propagare  la  reli  • 
giosa  cavalleria,onde  a'3o  del  medesimo 
marzo  con  pomposa  ceremonia  volle  e- 
sercitarelesua  autorità,  e  vestì  del  man- 
to cavalleresco  8  personaggi  di  chiarissi- 
mo sangue.  Pio  IV  volendo  condecora- 
re la  sagra  milizia  di  altri  segnalati  pri- 
vilegi, colla  bolla  Allitudo  divinae  prò- 
iidenliae,  de'7  luglio  1  562,  Ball.  cit.  p. 
i4°j  dichiarò  per  sempre  immuni  i  ca- 
valieri, officiali  e  ministri,  sacerdoti  e  he- 
neficialijcolleloro commende,  beni  e  par- 
rocchie, dalla  giurisdizione,  visita  (trau- 
Jie  le  chiese  parrocchiali,  per  quello  che 
concerne  il  ministero  de'  sagrameuti,  e 
quali  delegati  della  s.  Sede),  superiorità 
e  dominio  de'melropolitaui,  vescovi  e  or- 
dinari de'luoghi.  soggettandoli  a  Cosimo 
]  ed  a'monarchi  gran  maestri  suoi  suc- 
cessori, nell'uno  e  nell'altro  foro;  dichia- 
rando che  al  solo  tribunale  del  gran  mae- 
stro fossero  subordinali  i  cavalieri  e  mi- 
nistri della  militare  religione,  ed  abilitò 
tanto  i  coniugati  che  i  bigami  al  godi- 
mento delle  pensioni  ecclesiastiche  per  la 
somma  di  scudi  200  d'oro.  11  successore 
s.  Pio  V  neh  56g  ornò  Cosimo  I  del  ti- 
tolo e  dignità  di  granducale  soleuneaieu- 


5  T  E 

te  lo  coronò  colla  ducale  corona,  donan- 
dogli la  Rosa  d'  oro  {V.)  benedetta.  E 
siccome  s.  Pio  V  moderò  e  abolì  alcuni 
de'  nominali  indulti  concessi  da'  Papi  a 
vari  ordini  militari,colla  bolla  Saerosan- 
cium,  de'9  settembre  1  568,  Bull.  Row.  t, 
4,  par.  3,  p.  38;  dipoi  mosso  Sisto  V  dal- 
le splendide  imprese  già  fatte  da' cava- 
lieri contro  i  corsari  aiìicaui  in   mare  e 
in  terra,colla  bo\\n  Circumspecla  romani 
Pontifìcis^tiZ  marzo  1  5go,Bidl.Roni, 
t.  5,  par.  1,  p.  1  24,  derogò  al  disposto  da 
s.  Pio  V,  e  rinvalidò  la  concessione  di  Pio 
IV.  Già  Sislo  V  col  breve  Praeclara  de- 
votionis  sincerilaSj  degli   i  1    settembre 
1  587,  Bull.  cit.  t.  4j  par.  4>  avea  auto- 
rizzato ilgranducaFrancescoI  gran  mae- 
stro, d'erigere  in  commende  dell'ordine 
gli  ospedali  che  fondasse  nella  Toscana, 
con  altri  privilegi.   Paolo  V  colla   bolla 
Dum  generosa  militimi  Militine  s.  Sle~ 
phani.de  18  giugno  1  608,  Bull.  cit.  I.  5, 
par.  3,  p.  3  1  9,  ampliò  all'ordine  i  privi- 
legi, ed  eslese  il  godimento  delle  pensio- 
ni ecclesiastiche  a  scudi  4oo  d'oro,  pari 
a  romani  scudi    600,  sopra    qualunque 
cliiesa  arcivescovile,  mitrala  e  beneficia- 
le. Paolo  V  si  mostrò  così  largo  per  la 
gloria  erepulazione,a  cui  era  giunto  l'or* 
diue  per  avere  con  le  sue  prodezze  im- 
brigliato la  tracotanza  de'pirati  africani, 
che  prima  tenevano  in  conliuua  inquie- 
tudine il  mare;  difeso  coraggiosamente 
più  volte  le  coste  d'Italia,  e  penetrati  i 
cavalieri  arditamente,  con  profusione  di 
sostauze  e  sangue,  uelle  proviucie  otto- 
mane, con  sottomettere  e  diroccare  varie 
piazze,ecou  riportare  segnalate  vittorie, 
come  veri  soldati  della  milizia  e  fede  di 
Gesù  Cristo.  Ma  ritornando  alle  ampie 
concessioni  di  Pio  IV,  contenute  nella  ci- 
tata bolla  Allitudo,  accordò  pure  a'ca- 
valieri  la  facoltà  di  trasferire  le  pensioni 
anche  intere  ad  altri  soggetti,  e  in  punto 
eziandio  di  morte  alla  presenza   d'  una 
persona  costituita  in  sagra  dignità  0  in- 
signita dell'abito  della  stessa  milizia.  Ac- 
cordò loro  l'indulto  di  testare  a  favore 


S  T  E  S  T  E  9 
degli  spini  e  altri  incapaci  d'essere  ara-  avea  un  monastero  di  monache  dell'or* 
messi  alle  successioni ,  stabili,  mobili  e  dine  stesso,  in  Firenze  fu  eretto  il  celebro 
gemme  acquistate  co'pro venti  de'bene*  monastero  della  ss.  Concezione,  concepi- 
fizi  e  delle  commende,  purché  ne  lascino  mento  di  d.  Leonora  di  Toledo  moglie  di 
la  5.aparleal  convento. Onorò  poi  e  qua-  Cosimo  l,laquale  meditava  di  raccoglicr- 
lificò  il  priore  della  chiesa,  dell'uso  della  vi  le  fanciulle  più  nobili  di  Toscana.  La 
mitra,  pastorale,  sandali  e  altre  insegne  morte  avendole  impedito  l'effettuazione 
vescovili  e  pontificali,  permettendogli  di  completa,  l'ebbe  poi  nel  iSqi,  terminate 
celebrare  con  essi  la  messa,  d'assistere  ai  die  furono  le  fabbriche  necessarie.In  vir- 
divini  uffizi  e  di  benedire  solennemente  tu  dunrpie  d'un  breve  facoltativo  di  Pa> 
il  popolo  quando  vorranno;  la  quale  pre-  pa  Clemente  Vili,  venne  dalle  monache 
rogati  va  tu  estesa  da  Innocenzo  XII  alla  delle  Murate,co'suffragi  capitolari  eletta 
mitra  preziosa  vescovile  in  tutte  le  chiese  suor  Umiliami  de'Lenzi,  in  cui  risplen- 
della  religione.  Inoltre  Pio  IV  assolvè  gli  elevano  doti  venerande,  per  abbadessa 
ascritti  alla  sagra  milizia  da  inadempi-  del  novello  convento.  Essa  invitò  per  se- 
menti della  regola, eccettuato  il  caso  d'in*  guaci  e  compagne  nel  regolare  istillilo 
ubbidienza,  la  ribellione  e  altri  casi  pec-  Oretta  Sapiti,  Clemen/ia  d'Haro  nubi- 
caminosi;  esentò  i  beni  e  rendile  della  mi-  I  issi  ma  spaglinola,  Laura  Aldobrandini 
lizia  da'pesi  ordinari  e  straordinari  die  stretta  congiunta  di  detto  Papa,  e  Lau- 
in  futuro  fossero  imposti  da' Papi,  inciti-  domina  de'Malalesti  della  casa  che  domi- 
si vameo  te  per  crociate  contro  gl'infedeli;  nò  sulla  maggior  parte  ili  Romagna  edel- 
n  Uralico  le  commende  e  benefizi  da  qua-  la  Marca.  Furono  queste  candidate  in* 
luuque  pensione;  accordò  1'  indulgenza  trodoltc  nella  nuova  clausura  dalla  gran- 
plenaria  a'morti  nelle  spedizioni  di  terra  duchessa  Cristina  di  Lorena  (il  cui  ma* 
e  di  mare,  e  la  simile  a  tutti  i  fedeli  che  rito  Ferdinando I nel  i5qo avea  riforma- 
visi  lasserò  la  chiesa  conventuale  nella  fé-  ti  gli  statuti  dell'  ordine)  e  da  Maria  de 
stadi  S.Stefano  I;  a'fondatoridicoinmcn-  Medici  poi  regina  di  Francia;  e  con  pre- 
de, ed  a  quelli  che  facessero  pie  lascite  ludi  sì  illustri  giornalmente  crebbe  quel 
all'ordine  concesse  le  ricompense  da'Pa-  monastero  in  numero  di  profèsseeiu  i -. t i - 
pi  elargite  a'benefatlori  dell'ordine  Gè-  ma, per  le  rigorose  provede'4quartidi  no- 
rosolimitano. Con  breve  del  i  56  j  Pio  IV  bilia,  alle  quali  doveano  sottostare  quel- 
accordò  l' indulgenza  del  giubileo  alla  le  educande,  che  pretendevano  ricevervi 
chiesa  di  s.  Stefano  di  Pisa,  nella  2."  do-  il  sagro  velo.  Le  monache  assunsero  per 
menica  dopo  Pasqua,  e  dal  giorno  di  s.  vesti  la  tonaca  di  colore  bianco,  in  cui 
Matteo  per  tutta  l'8. ^abilitando  allascel-  rosseggiava  la  croce  di  raso,  benché  con 
tad'iraconfe>soreapprovato,peiTassolu-  orlatura  di  seta  gialla,  per  modestia  mo- 
zione de'casi  riservati  alla  s.  Sede,  tranne  mistica;  furono  ammesse  alla  partecipa* 
quelli  della  bolla  \nCocna  Domini  j  indul-  zione  de'privilegi  della  milizia  di  s.  Sle- 
genza  applicabile  per  ogni  visita  a 'definì-  fino,  dalla  quale  furono  dirette,  ed  an- 
ti.  All'ordine  ne'primordi  fu  dato  il  titolo  ch'esse  coll'orazione  e  regolare  disciplina 
A' Illuslrissima,Sagra  e  Militare  religio'  fecero  incessante  guerra  a'  nemici  della 
ne,  quando  Y  Illustrissimo  si  dava  all'or-  fede.  Leggo  nel  ricordato  p.  Bonanni,che 
dine  Gerosolimitano,  a'  cardinali,  ed  ai  a  p. I2q  riporta  la  figura  delle  Monache 
principi  ù' altezza.  11  citato  Marchesi  ri-  dell'ordine  equestre  di  s.  Stefano,  che  a 
porta  i  privilegi  accordati  all'ordine  di  questo  furono  pure  ascritti  alcuni  mona- 
esenzione  e  franchigie,  dal  suo  fondatore  steri  di  monache;cheili.°di  essi  era  quel- 
Cosimo  I.  Intanto  che  l'ordine  si  propa-  lo  di  Pisa  sotto  il  titolo  di  s.  Benedetto  e 
gava  in  vari  stati  e  regni,e  che  giù  inPisa  colla  sua  regola,  già  vallombrosane,  pas* 


io  STE 

sando  poi  nell'ordine  equestre  nel  i  565, 
clopochePio  IV  donò  l'abbazia  di  s.  Pao- 
lo a  Pupa  d'Arno,  in  cui  era  questo  mo- 
nastero, all'ordine  militare;  che  il  i.a  mo- 
nastero  fu  fondalo  in  Firenze  nel  i  588 
dalla  granduchessa  Eleonora,  e  approva- 
to da  Clemente  Vili  a'a5  maggio  1593 
colla  bolla  Superna  disposinone;  che  le 
monache  de'due  monasteri  vestivano  to- 
naca di  lana  bianca  con  simile  scapolare, 
e  sul  quale  nella  parie  del  petto  affissero 
una  croce  simile  ali;»  Gerosolimitana  o 
di  Malia  quanto  alla  forma,  ma  rossa,  e 
che  quelle  di  Firenze  la  contornarono  di 
seta  gialla;  che  in  testa  posero  un  velo 
bianco,  sovrapposto  da  altro  nero  ;  che 
nelle  funzioni  corali  usarono  ampia  co- 
colla bianca  fregiata  di  eguale  croce  e- 
que^re,  con  maniche  assai  grandi  e  fo- 
derate d'ormesino  rosso. Che  le  abbades- 
se  de'due  monasteri  portavano  la  croce 
più  grande  di  velluto  rosso  in  mezzo  al 
petto;  che  le  serventi  chiamate  Converse 
aveano  la  croce  di  saia  e  più  piccola  ;  e 
che  le  religiose  dell'ordine  equestre  di  s, 
Stefano  erano  scelte  da  famiglie  nobili, 
come  i  cavalieri  della  medesima  reli™io- 

D 

ne.  Le  monache  e  monastero  in  Pisa  di  s. 
Benedetto  esistono  tuttora.  Alle  converse 
di  questo  convento,  che  in  principio  por- 
tavano la  croce  di  3  spicchi  o  Tau,fu  con- 
cesso nel  1610  di  portarla  iutera  di  saia, 
e  sul  lato  destro.  Questo  monastero  con 
l'altro  in  Firenze  della  ss.  Concezione, che 
di  presente  più  non  esiste,  con  moto-pro- 
prio de'iS  ottobre  1 78  i  fu  tolto  alla  di- 
pendenza della  religione  di  s.  Stefano  I,  e 
trasferito  in  quella  de'rispettiv;  ordinari; 
ciò  non  ostante  le  mentovate  monache  di 
s.  Benedetto  usano  sopra  il  loro  abito  la 
croce  dell'  ordine.  Intanto  si  andavano 
pubblicando  glistatuli,e  le  seguenti  ope- 
re, a  lustro  dell'ordine,  divenuto  celebre 
e  benemerito  della  cristianità,  per  le  sue 
militari  imprese  contro  i  turchi,  e  preci- 
puauienlre  contro  l'odioso  e  terribile  bri- 
gantaggio della  pirateria.  Statuti,  capi- 
toli et  costilutioni  dell'ordine  de  cavalle- 


STE 

ri  di  s.  Slephano,  fondato  et  dotato  dal- 
l'III. mo  et  Ecc.mo  sig.  Cosimo  Medici  duca 
di  Firenze,  et  di  Siena,  Fiorenza  i56a. 
Statuii  ec.  con  le  dichiarationi,  et  addi- 
l'ioni  fatte  in  dello  ordine  per  tutto  Uan- 
noi5rj5.  Fiorenza  iSff,  '^g?.  Statuti 
ec.  con  le  additionì  ordinale  in  tempo  di 
Cosimo  II  e  Ferdinando  II  granduchi 
di  Toscanaegranniaestri,F\venzci665. 
Olimpio  Ricci,  che  nel  1675  pubblicò  il 
Discorso  de  giubilei  universali,  parlan- 
do de'due  sodalizi  della  nazione  fioren- 
tina in  Roma,  di  quello  della  Pietà  e  sua 
chiesa  di  s.  Giovanni  (di  cui  parlai  nei 
voi.  II,  p.  296,  XXV,  p.  1  9.L.I I,  p.  225), 
a  p.  194  riferisce,  che  tra  le  feste  mobili 
che  in  essa  si  celebravano,  singolare  era 
quella  di  s.  Stefano  I  Papa  e  martire,  che 
soleunizzavano  a' 2  agosto  i  cavalieri  del 
suo  ordine,  i  quali  aveano  la  principale 
loro  chiesa  in  Pisa,  residenza  del  luogo- 
tenente del  gran  maestro.  Nel  voi.  IX, 
p.i  74  descrissi  l'esequie  in  tal  chiesa  cele- 
brate al  cardinal  Nerli  priore  de'cavalie- 
ri  di  s.  Stefano, e  che  Clemente  XI  permi- 
se di  porre  gli  spicchi  della  croce  nel  suo 
stemma,  e  sul  catafalco  l'abito  priorale. 
Sul  portare  la  croce  sulla  mozzetla  car- 
dinalizia, de'cardinali  di  qualunque  mi- 
lizia professi,  parlai  nel  voi.  XV III,  p. 
265.  Quanto  a'funerali  aggiungerò,  che 
nel  n.°  1 954  dei  Diario  di  Roma  del  1  793 
si  legge  la  descrizione  della  solenne  pom- 
pa funebre  fatta  al  defunto  conte  Euea 
Caprara  comandante  generale  di  tutte  le 
truppe  pontificie,  e  cavaliere  dell'ordine 
di  s.  Stefano,  veneudo  esposto  il  cadavere 
in  terra  con  coltre  nel  suo  appartamento, 
colla  divisa  di  gala  deli. "reggimento  dei 
rossi  delle  guardie  di  sua  Santità,  con  i- 
spada  nuda  e  bastone  al  braccio,  eda'pie- 
di  il  manto  dell'ordine  di  s.  Stefano,  con 
l'elmo  e  busto  d'acciaio.  L'esequie  si  ce- 
lebrarono nella  basilica  di  s.  Lorenzo  in 
Damaso,  e  dopo  la  messa  pontificata  da 
Buschi  arcivescovo  d'Efeso  e  le  solenni 
sue  assoluzioni;!  cavalieri  di  S.Stefano  di- 
moranti in  Piuma  gli  celebrarono  altre  so- 


STE 

Jenni  assoluzioni,  coll'assislenza  ilei  par- 
roco della  basilica.  Usarouo  le  consuete 
ceremonie,  gli  levarono  la  croce  del  loro 
ordine,  coprirono  il  corpo  del  defunto  e- 
sposto  sulla  terra  con  coltre,  col  manto 
che  già  teneva  piegalo  a'piedi,  e  canta- 
roiio  ilsalmoAf/sererr/strapparono  quin- 
di il  manto, e  terminata  la  funzione  il  ca- 
da vere  fu  racchiuso  in  3  casse,  e  colla  vet 
tina  de'precordi  fu  murato  in  una  nave 
della  chiesa.  In  Firenze  nel  i  70  1  furono 
stampati:  I  pregi  della  Toscana  nell'im- 
prese più  segnalale  de*  cavalieri  di  s.  Ste- 
fano, opera  data  in  Inceda  Fulvio  Fon- 
lana  della  compagnia  di  Gesù,  dedica- 
ta all'altezza  reale  di  Cosimo  III  gran- 
duca di  Toscana  e.  gran  maestro  dell'or- 
dine. In  quest'opera  si  dicono  alcune  pa- 
role sulla  città  di  Pisa  (piai  sede  della  sa- 
gra religione  di  s.  Stefano  I,  e  di  Livor- 
no come  porto  donde  s'imbarca  vano  i  ca- 
valieri carovanisti  che  riportarono  tante 
gloriose  vittorie  sopra  il  comune  nemi- 
co, ed  ivi  approdarono  colle  spoglie  illu- 
stri di  esse.  Si  riportano  le  serie  de'reali 
gran  maestri,  si  descrive  la  fondazione 
della  religione,  l'abito  de'cavalieri,  le  lo- 
ro distinzioni  e  gradi,  la  chiesa  conven- 
tuale, il  governo  dell'ordine.  Vi  è  la  se- 
rie degli  ammiragli,  il  catalogo  delle  pre- 
de fatte, co'disegni  che  le  rappresentano, 
sia  d'un  gran  numero  di  navi  e  vascelli, 
sia  di  città,  fortezze,  terre,  castelli  de'tur- 
chi  cui  s'impadronirono,  colla  liberazio- 
ne d'innumerabili  schiavi  e  navi  cristia- 
ne;comei  cavalieri  presero  parte  alla  gran 
battaglia  di  Lepanto  con  1 2  galere,e  vin- 
ta dalla  lega  delle  armi  cristiane  forma- 
ta da  s.  Pio  V  (?.);  come  predarono  la 
capitana  del  famoso  corsaro  Barbarossa, 
come  espugnarono  e  presero  le  città  di 
Scio  e  di  Bona,  Prevesa,  Laiazzo,  Fini- 
ca,  Disto,  Chiremen,  Elimano,  Bischen, 
Namur  di  Caramauia,  ed  altre  fortezze 
e  luoghi.  Vi  è  il  catalogo  de'cavalieri  ca- 
pitani comandanti  le  galere  di  s.  Stefa- 
no, quello  de'cavalieri  fregiati  delle  su- 
preme dignità  della  Chiesa,  cioè  Leone 


S  TE  ,  r 

XI,  C>  cardinali^  Camillo  Rospigliosi  fra- 
tellodi  Clemente  IX  egenerale  di  s.  Chie- 
sa; il  catalogo  degli  auditori  presidenti 
della  sagra  milizia,  quello  del  consiglio 
de'  12  d'allora, e  l'altro  di  tutti  quelli  che 
godevano  l'onore  parimenti  della  gran- 
croce  con  titolo  di  priorato,  cronologi- 
camente secondo  l'epoca  delle  loro  fon- 
dazioni ;  non  che  di  quelli  che  godevano 
le  altre  dignità  permanenti  e  che  gode- 
rono l'elettive,  come  di  grancrocc  con 
titolo  di  baliaggio,  di  luogotenenti  gran 
maestri,  di  gran  commendatori,  di  gran 
contestabili,  di  gran  ammiragli,  di  gran 
priori,  di  gran  cancellieri,  di  gran  teso- 
rieri, di  gran  conservatori,  di  gran  ospi- 
talai  i,  e  per  ultimo  il  catalogo  de'prelati 
priori  della  chiesa  conventuale  con  l'uso 
della  gran  croce.  Neil  706  in  Milano  fu 
stampato,  di  Aldighiero  Fontana,  Clo- 
ne immortali  della  religione  ili  s.  Stefano 
I  Papa  e  martire,  in  armi  e  in  lettere. 
In  Forlì  nel  1735  fu  pubblicata  del  cav. 
Giorgio  Viviano  Marchesi,  La  Galleria 
dell'onore  ove  sono  descritte  le  segnala- 
le memorie  del  sagro  ordine  militale  di 
s.  Stefano  I  Papa  e  martire,  e  de'  suoi 
cavalieri  colle  glorie  antiche  e.  moderne 
dell'illustri  loro  patrie  e  famiglie  dentro 
e  fuori  d'Italia,  e  col  dilettevole  intrec- 
cio di  molle  storiche  e  geografiche  eru- 
dizioni,  dedicate  all'  altezza  reale  <U  l  ?e- 
rettissimo  Gio. Gastone  granduca  di  To- 
scana e  gran  maestro  dell'  ordine.  Os- 
serva l'autore  dell'opera,eruditissima  per 
la  svariata  copia  di  notizie  interessali' i 
principalmente  la  storia'delle  città  e  del- 
le famiglie  ch'ebbero  cavalieri  di  s.  Ste- 
finOjChe  mirabili  furono  i  progressi  del- 
l'ordine militare, mentre  ancora  non  con- 
tava due  secoli  dal  suo  nascimento,  es- 
seiidodiveuuto  in  breve  tempo  grande  e 
tremendo  a' maomettani,  poiché  contro 
di  essi  continuamente  impiegava  i  cava- 
lieri in  servigio  di  Dio  e  della  repubbli- 
ca cristiana,  come  ne  fanno  testimonian- 
za Soranzi,  Idea  del  cavaliere,  e  Giusti- 
niani,///stona  desìi  ordini  nidi  tari. Tati- 


il  STE 

le  e  tali  furono  le  imprese  recate  a  pro- 
spero fine  col  senno  e  col  valore,  sangue 
e  vita  da'  cavalieri,  che  dubitare  si  po- 
trebbe della  non  antichità  dell'ordine, in 
confronto  dell'operato  da  altri  cavalle- 
reschi. Ne  fauno  testimonianze  autenti- 
che de'suoi  fasti  i  molti  segnalati  trofei 
the  furono  appesi  nel  tempio  conventua- 
le, di  fanali  e  bandiere  tolti  agl'infedeli. 
Che  a  centinaia  pouno  numerarsi  le  pre- 
de delle  galere  e  vascelli,  e  degli  altri  le  - 
gni  di  guerra  e  da  carico;  a  migliaia  i 
pezzi  d'artiglierie  di  bronzo  e  di  ferro  col- 
le (piali  furono  guernite  le  migliori  piaz- 
ze di  Toscana.  Una  parte  di  essi  lique- 
fatti servirono  alla  fusione  delle  statue  di 
Cosimo  1  e  Ferdinando  I,  collocale  sulle 
piazze  Ducale  e  della  Nunziata,  in  una 
con  iscrizione  celebrante  i  trionfi  della 
sagra  milizia.  Colla  forza  de'cavalieri  fu- 
rono ancora  sottomesse  le  ben  munite  for- 
tezze di  Stora,  di  Cholle,  di  Castello  di 
Terra  a  Rodi,  e  di  Monastero  in  Numi- 
dia;  rammentando  pure  l'espugnazione 
delle  altre  città  e  luoghi  che  col  p.  Fon- 
tana già  ricordai,  come  ancora  le  tentate 
conquiste  di  Nixia,  di  Famagosta  e  del 
regno  di  Cipro,  e  diverse  altre  imprese 
eziandio  terrestri,  operale  di  concordia 
conaltre  potenze  cristiane  in  Candia, Dal- 
mazia, Albania,  Morea  e  Bar  ber  ia,  ove  i 
cavalieri  fecero  risuonar  la  fama  di  loro 
prodezze. Enumerò  la  liberazione  di  cir- 
ca 8000  schiavi  cristiani  restituiti  alle  de- 
solate famiglie,  e  condotti  schiavi  in  To- 
scana più  di  27,000  turchi.  A  suo  tem- 
po le  opulenti  commende  fondate  da  ca- 
se magnatizie  erano  dotate  da  20  a  3o 
mila  scudi, ed  altre  minori  di  io  iu  fondi; 
essendo  allora  i  priorati  4o,  i  baliaggi  4  1 , 
le  commende  semplici  più  di  4°°»  Pei" 
cui  il  complesso  de'loro  fondi  ascendeva 
a  vari  milioni  di  scudi,  colando  nel  te- 
soro dell'ordine  grossissime  entrate  per 
lesue  vaste  possidenze,alcune  delle  quali 
essendo  paludose,  con  gravi  dispendi  rese 
salubri  e  fertili.  Fra  i  lenimenti  che  enu- 
mera Marchesi,  novera  I'  insigne  badia 


S  T  E 

dis.  Savino  fondata  nel  783,che  nel  1  jGì 
soppressa  da  Pio  IV  fu  donata  alla  mi- 
lizia di  s.  Stefano  I,  con  tulle  le  sue  ap- 
partenenze spirituali  e  temporali.  Narra 
pure  i  fondi  urbani,  particolarmente  di 
Livorno,  ove  l'ordine  edificò  il  grandio- 
so bagno  per  ricetto  degli  schiavi  e  for- 
zati, che  talvolta  giunsero  a  quasi  1  000; 
oltre  due  spedali,  uno  pe'cristiani,  l'al- 
tro per  gl'infedeli,  veneudo  assistiti  e  cu- 
rati gl'infermi  con  carità.  Altre  copiose 
rendite  dell'  ordine  essere  i  passaggi  e  le 
tasse  de'  cavalieri  novelli,  le  annate  e  i 
mortuari  delle  commende  vacanti.  Con 
tanti  proventi  l'ordine  manteneva  la 
squadra  navale,  somministrava  gli  ap- 
pannaggi triennali  de'  grancroci,  gli  sti- 
pendi de'cavalieri  caravanisti  e  professi, 
del  numeroso  clero,  de'  ministri  subal- 
terni. L'Ausaldi  nel  1  645  calcolò  l'annua 
rendita  di  scudi  o  ducati  200,000,  men- 
tre Cosimo  I  ne  a  vea  donati  20,000,  laou- 
de  tutto  il  rapido  incremento  fu  poste- 
riore e  in  progresso  florido.  Leggo  poi 
ue\YAltnanacJideGolhaòe\  1837,  p.  66, 
che  dalle  numerose  prove  di  bravura  dei 
cavalieri  sul  mare,  fino  811678  aveano 
potuto  liberare!  5,ooo  schiavi  cristiani, 
caduti  miseramente  in  mano  de'turchi; 
e  che  la  loro  ultima  memorabile  spedi- 
zione fu  la  difesa  di  Venezia  coutro  gli 
ottomani  nel  1  684,  e  in  tale  occasione  pu- 
re si  coprirono  di  gloria.  La  carovana  fa- 
cevasi  da'eavalieri  stando  al  convento  in 
Pisa,  0  sulle  galere  almeno  3  anni,  com- 
putandosi in  essi  i  6  mesi  della  professio- 
ne, che  consisteva  nell'assistenza  per  par- 
te de'cavalieri  caravanisti  a'diversi  uffizi 
nella  conventuale  ne'di  festivi  coll'abito 
in  dosso  di  ciambellotto.  Dopo  il  trattalo 
di  pace  perpetua  e  del  libero  commer- 
cio concluso  e  pubblicato  a'  25  maggio 
1747,  fra  l'imperatore  Francesco  I  e  il 
sultano  Mahmoud  I,  vennero  riformate 
le  galere  sopra  le  quali  militavano  i  ca- 
valieri di  s.  Stefano,  e  ad  esse  furono  so- 
stituiti i  vascelli  di  guerra,  su'quali  i  ca- 
valieri doveano  fare  le  carovane.  Cene- 


ST  E 
detto  XI V  col  breve  Pracclara  militi ne _, 
degli  Sgiugno  i  j/\StBull.BenedìctiXIfrJ 
t.  2,  const.  02,  confermò  i  privilegi  del- 
l'ordine, e  vi  aggiunse  quello  che  i  cava- 
lieri si  potessero  presentare  al  Papa  colla 
Spadn(F.)a\  fianco. Ne  parla  il  a."  484-5 
del  Diario  di  Roma  del  1748  stesso.  11 
moto- proprio  so vranode'20  agosto  1  773 
del  granduca  Leopoldo  1,  per  le  variate 
circostanze  de'tempi  che  reclamavano  lo 
stabilimento  della  marina  di  guerra  to- 
scana sopra  un  diverso  sistema,  dichiarò 
superfluo  ne'  cavalieri  di  s.  Stefano  I  il 
servizio  della  navigazioue,eslabilì  ch'es- 
si dovessero  fare  le  rispettive  carovane  p«  r 
4  anni  in  convento  in  Fisa,  ad  oggetto 
di  poter  conseguire  l'anzianità, occupan- 
dosi nello  studio  dell'architettura  civile 
e  militare,  di  storia,  geografia.geomelria, 
di  lingua  francese  e  tedesca. Di  conseguen- 
za il  suddetto  moto-proprio  pose  termine 
alla  marina  militare  dell'ordine  di  s.  Ste- 
fano F.  Per  le  vicende  politiche  che  po- 
sero a  soqquadro  il  declinar  del  trascorso 
seco!o,anche  l'ordine  ne  patì  lelagi  infievo- 
lì conseguenze, e  dopo  che  i  repubblicani 
francesi  invasero  la  Toscana, la  sua  squa- 
dra marittima  e  militate  andò  dispersa, 
uè  mai  più  fu  ristabilita. Più  sensibile  sa- 
rebbe riuscita  la  cessazione  di  dar  la  cac- 
cia a 'pirati  del  Mediterraneo,  se  dopo  il 
181 5  non  avessero  avuto  luogo  quelle 
convenzioni  defe  potenze  cogli  stati  di 
Barbarla,  che  abolirono  il  corseggiare  e 
la  schiavitù  nel  modo  che  narrai  a  Schia- 
vo. Il  granduca  Ferdinando  HI,  ricupe- 
rato lo  stato,  con  moto-proprio de'2 2  di- 
cerabrei8i7  ristabilì  l'ordine  di  s.  Ste- 
fano I,  e  die  norma  alla  costituzione  di 
nuove  commende  di  padronato  privato 
dell'ordine  medesimo.  Perciò  restò  divi- 
so in  4  differenti  classi,  cioè  di  grancroci, 
di  priori,  di  bali,  e  di  cavalieri  di  giusti- 
zia e  di  grazia.  Ogni  persona  che  possa 
provare  4  quarti  di  nobiltà  e  di  godere 
una  rendita  di  scudi  3oo  su  beni  stabili, 
e  che  fondi  una  commenda  come  mag- 
giorasi, riceve  l'ordine  che  diventa  ere- 


STE  1 3 

elitario  nella  sua  famiglia,  ed  cslingueu- 
dosi  può  essere  trasmessa  dall'ultiuiopos- 
sessore  ad  altra  famiglia,  la  quale  pure 
mancando  puòpassaread  altra,  e  se  que- 
sta ancora  ave-se  fine,  la  commenda  di- 
viene esclusiva  proprietà  dell'ordine.  La 
fondazione  d'una  commeuda  di  priore  ri- 
chiede 20,000  scudi  fiorentini  di  capita- 
le, quella  di  balli  5,ooo,  quella  di  cava- 
liere 10,000.  La  commenda  che  dicesi  di 
grazia  può  esser  conferita  dal  sovrano  pel 
merito  militare,  civile  e  scienziato, sem- 
pre peiò  a  uomini  di  nascita  nobile.  La 
rendita  che  va  ad  es>a  congiunta  ascen- 
de da  ^7.  Ci  no  a  210  scudi,  e  una  sola  e 
medesima  persona  può  godere  molte  di 
siffatte  coni  mende. Dell'accennata  sovra- 
na e  gran  maestrale  disposizione  furono 
conservati  i  distintivi,  le  insegne  caval- 
leresche, e  gli  abiti  dell'ordine  di  s.  Ste- 
fano 1.  Con  breve  de'a5  giugno  1 852,  il 
Papa  Pio  IX  concesse  il  titolo  di  cano- 
nici, cavalieri  sacerdoti  d'ubbidienza,  ;i 
que'sacerdoti  che  fino  dalla  fondazione 
dell' ordine  di  s.  Stefano  I  chiama vansi 
cavalieri  cappellani,  ed  oltre  la  toga  di 
ciatubellotto  bianco  con  asole  e  bottoni 
rossi,  e  la  mozzetta  parimenti  di  ciam- 
bellollo  bianco,  bottoni  e  asole  come  so- 
pra con  croce  vermiglia  sul  lato  sinistro, 
fu  pure  accordato  loro  l'uso  della  coppa 
magna  dello  slesso  ciambellotlo  bianco 
col  gran  cappuccio  foderato  d'ormesino 
rosso,  e  croce  vermiglia  sul  lato  sinistro, 
col  privilegio  dell'assistente  e  l'uso  della 
bugia  nelle  funzioni  della  chiesa  conven- 
tuale; concedendosi  al  tempo  stesso  ai 
cappellani  minori  e  beneficiati  di  quel  cle- 
ro slesso  la  mozzetta  di  ciambellotlo  bian- 
co, senza  croce,  mentre  per  lo  addietro 
portavano  il  soìo  cappuccio  bianco,  sen- 
za distinzione  dai  chierici  cappucciau* 
ti.  Il  11. "128  del  Gicrnalt  di  Roma  del 
i853  ripoita  il  seguente  decreto  de'3o 
maggio,  emanato  dal  regnante  granduca 
Leopoldo  11  gran  maestro  dell'ordine  di 
s.  Stefano  I.  «Visto  il  nostro  decreto  del 
3  novembre  1 852,  uel  quale  abbiamo  co- 


r4  STE 

sii  lui  lo  un  debito  pubblico  a  carico  del- 
lo slato  (ino  alla  concorrenza  della  som- 
ma determinala  col  decreto  slesso,e  sotto 
le  regole  e  le  condizioni  che  vennero  in 
quello  stabilite.  Considerando  come  la 
nuova  rendita  costituita  col  decreto  an- 
zidetto al  saggio  del  3  per  i  oo  possa  op- 
portunamente prestarsi, come  già  gli  an- 
tichi Luoghi  di  Monle,a  servir  di  dote  nel- 
la fondazione  di  nuove  commende  di  pa- 
dronato privato,  col  rimanere  al  tempo 
slesso  conciliata  senza  danno  dell'ordine 
la  più  facile  soddisfazione  del  desiderio 
de'fondatori, colle  vedute  di  pubblica  e- 
conomia  e  d'interesse  dello  stato.  Sentito 
il  nostro  consiglio  de'ministri,  abbiamo 
decretato  e  decretiamo  quanto  appresso. 
i.°  Viene  generalmente  permesso  di  fon- 
dar nuove  commende  di  padronato  pri- 
mato nell'  insigne  ordine  di  s.  Stefano  l 
Papa  e  martire,  sul  capitale  rappresen- 
tato da'titoli  della  nuova  annua  rendita 
del  3  per  100  costituita  acarico  deilo  sta- 
lo col  nostro  decreto  3  uovembrei  852, 
e  coerentemente  al  medesimo  inscritto 
sul  registro  del  debito  pubblico.  2.°  Al- 
l'effetto di  che  nell'articolo  precedentedo- 
vrà  col  contratto  di  fondazione,  da  pas- 
sarsi fra  il  fondatore  e  l'ordine  ue'modi 
consuetijcssere  trasferita  in  proprietà  del- 
l'ordine  stesso  tanto  della  nuova  rendi- 
ta, quanto  al  saggio  del  cento  per  tre  val- 
ga a  rappi esentare  il  capitale  respetliva- 
mente  richiesto  per  le  commende  sem- 
plici, o  col  titolo  di  baliato  o  di  priorato 
dalle  leggi  e  dagli  ordini  in  vigore. 3.°SuI- 
1' appoggio  del  contrailo  di  fondazione 
verrà  a  cura  della  cancelleria  dell'ordi- 
ne procurata  sul  gran  libro  l'inscrizione 
della  rendita  corrispondente  al  capitale 
divenuto  fondo  commendale  in  nome  del- 
l' ordine  slesso  quanto  alla  proprietà,  ed 
in  nome  del  commendatario  investilo 
quanto  all'usufrutto,  con  doversi  sempre 
a  cura  della  cancelleria  procedere  di  ma- 
no in  mano  che  sia  per  verificarsi  qual- 
che passaggio  alle  correlali  ve  volture  nel 
modo  prescritto  dal  regolamento  dell'uf- 


S  T  E 

fi/io  del  debito  pubblico.  4"  ^'contratti 
di  fondazione  di  commende  sui  capitali 
della  nuova  rendita  restano  applicabili  li 
art.  27,280  29  della  legge  del  registro  dei 
2.5gennaioi  85i".Ripeteròcheil  patrimo- 
nio dell'ordine  donato  dal  fondatore  Cosi- 
mo 1  non  fu  in  principio  pi ngue,di  venendo 
tale  soltanto  in  progresso  di  leni  pò.  Alcune 
commende  di  grazia  furono  in  origine  e- 
rette  con  la  soppressione  di  qualche  spe- 
dale e  di  altri  luoghi  pii,  aggregandosene 
le  renditeall'ordine.  Altre  furono  fondate 
sopra  diversi  proventi  appartenenti  al  so- 
vrano, o  sopra  qualche  tassa  imposta  a 
questo  Cine;  ed  altre  finalmente  ebbero 
effetto  per  parte  de'fondatori  delle  com- 
mendedi  padronato, ne'quali  piacque  pre- 
scrivere, che  dopo  l'estinzione  delle  linee 
chiamate  al  godimento  di  esse,  dovesse- 
ro ricadere  all'ordine  per  conferirsi  a  li- 
bera disposizione  del  gran  maestro.  Le 
commende  presentemente  sono  di  due 
sorte,  cioè  commende  di  padronato,  e  di 
grazia.  Le  prime  si  godono  da'foudatori 
di  esse  e  dalle  famiglie  chiamate  a  succe- 
dere nelle  medesime,  le  quali  estinte,  le 
commende  ricadonoall'ordine.  Le  secon- 
de si  conferiscono  liberamente  dal  gran 
maestro  oa'cavalieri  o  ad  altri  individui 
benemeriti.Esse  sono  divise  in  varie  classi; 
rendono  a'commendatorida4o  sino  a2  00 
scudi  toscani,  pel  pagamento  delle  quali 
è  slata  assegnata  dal  governo  la  somma 
di  lire  toscane  200,000.  Prima  della  sop- 
pressione temporanea  dell'ordine, avve- 
nuta per  decreto  di  Napoleone  I  impe- 
ratore de'fraucesi  nel  1809,  esistevano  le 
commende  di  anzianità,  che  conferi vansi 
a' cavalieri, avuto  riguardo  soltanto  alla 
maggiore  loro  anzianità,  la  quale  coni- 
pula  vasi  dal  giorno  in  cui  ciascuno  di  es- 
si avea  terminata  la  carovana  e  la  pro- 
fessione. 1  cavalieri  dell'ordine  di  s.  Ste- 
fano I  sono  di  3  maniere,  cioè  cavalieri 
militi,  cavalieri  sacerdoti  nobili,  e  cava- 
lieri serventi  ,  che  distingueva!!»!  in  ca- 
valieri serventi  di  arme, i  quali  militava- 
no sulle  galei  e,e  furono  aboliti  nel  1 6 1 8, 


S  T  E 

e  in  serventi  d'uffizio  o  Tau,  che  non  so- 
no piopriamentecavalieii.il  ceremonia- 
le  per  darsi  l'abito  dell'ordine,  a  forma 
delio  statuto,  lit.  2,cap.  6,principalmen- 
te  consiste.  Quello  che  desidera  essere 
nmtnessoall'ordineperla  difesa  della  reli- 
gione cattolica  e  accrescimento  della  me- 
desima sotto  l'abito  regolare  dell'  ordi- 
ne, deve  fare  la  professione  dell'abito  di 
essa  milizia,  il  quale  abito  ordinariamen- 
tesi  piglia  uellachiesa  conventualedi  Pi- 
sa, tranne  i  cavalieri  che  fondano  o  suc- 
cedono a  commende  di  padronato, i  qua- 
li con  commissione  del  consiglio  dell'or- 
dine ponno  essere  vestili  e  insigniti  al- 
trove, ed  eccettuali  quelli  che  pei- grazia 
del  gran  maestro  fossero  dispensati  di 
prenderlo  in  altro  luogo. Ora  però  l'abito 
de'cavalieri,  di  qualunque  categoria  essi 
sieno,  si  può  prendere  in  qualsiasi  chiesa 
ooratorioche  loro  piaccia.  Chiunque  per 
zelo  di  carità  brama  entrare  nella  leli- 
gione  di  s.  Stefano  I,ed  esserne  cavaliere 
e  militedigiustizia,dovendodivenire  al- 
tro uoruo,deve  prima  confessarsi  e  digiu- 
nare il  giorno  innanzi  alla  vestizione  del- 
l'abito.Nel  giorno  di  essa,  e  vestilo  di  ve- 
ste lunga  da  secolare,  si  reca  nella  chie- 
sa o  oialoriopubblico,ovesifarà  la  fun- 
zione (con  testimoni  e  nolaro  che  ne  ro- 
ga l'alto),  e  presentare  al  cavaliere  rice- 
vente deputato  (che  ne' luoghi  ove  non 
sono  superiori  graduali  è  il  più  anziano 
cavaliere,oper  lo  più  è  il  vescovo  o  arcive- 
scovo, non  a  delegazione  del  gran  mae- 
stro, ma  del  consiglio  dell'ordine)  il  suo 
abito  di  ciambellotto  bianco  con  guar- 
nizioni e  cordone  rosso,  con  maniche  fo- 
derate di  taffetlà  rosso  con  croce  rossa 
nella  sinistra  parte.  Assistito  dal  maestro 
di  ceremonie  si  pone  genuflesso  avanti  il 
cavaliere  ricevente,  e  gli  consegna  la  sua 
spada  o  stocco  dorato  denudato  bacian- 
done l'elsa,  e  viene  da  due  cavalieri  calza- 
to degli  Speroni  (/"*.)  dorati.  Indi  il  rice- 
vente colla  spada  percuote  di  piatto  il  can- 
didalo sull'una  e  l'altra  spalla,  e  dicen- 
do: Eslo  miles  Dei  et  s.  Sicphani,  reu- 


S  T  E  1 5 

dendo  al  candidato  la  spada,  il  quale  ai- 
tatosi la  vibra  due  volle,  e  la  restituisce 
al  ricevente,  e  questi  facendo  alto  di  cin- 
gergliela la  pone  nella  guaina.  Principia 
quindi  la  messa  che  il  candidato  ascolla 
in  ginocchioni,  con  candela  di  cera  bian- 
ca accesa  in  mano,  ed  a  suo  tempo  rice- 
ve la  comunione.  Finita  la  messa,  il  mae- 
stro di  ceremonie  conduce  il  candidato 
ni  ricevente,  che  vestito  del  suo  manto 
siede  sul  faldistorio, e  inginocchiatosi  Io 
prega  come  luogotenente  del  mnn  mae- 
stro della  religione  di  s.  Stefano  a  conce- 
dergli l'ordine  della  sua  milizia,  dichia- 
rando essere  disposto  a  vivere  da  buon 
cristiano,  promettendo  ubbidienza  alla 
religione,  e  occorrendo  esporre  la  propria 
vita  a  bene  della  fede  cattolica  e  per  au- 
mento della  religione  di  s.  Stefano  I.  II 
ricevente  loda  tal  proponimento,  e  sup- 
ponendo il  candidato  bene  informato  de- 
gli statuti  dell'ordine, lo  ammeltcin  esso, 
interpellandolo  se  eseguirà  i  suoi  capito- 
li, se  ha  debiti  notabili,  se  è  libero  di  sua 
[km  si  ina;  ed  il  candidato  dà  le  convenien- 
ti risposte  di  sì  e  no.  Allora  il  candidato 
ponendo  la  de>ira  sull'evangelo,  fi  volo 
e  promette  a  Dio,  alla  15.  Vergine,  ed  a 
s.  Stefano  I,  d'esser  ubbidiente  a'supe- 
riori  dell'ordine,  e  di  servare  sempre  ca- 
rità, pudicizia  coniugale  e  ubbidienza,  e 
di  vivere  secondo  la  regola  e  stallili  del- 
l'ordine. Il  ricevente  lo  riconosce  per  sol- 
dato di  Gesù  Cristo,  e  atto  a  difendere 
virilmente  la  fede  e  la  religione  sua,  e 
d'effettuare  le  prescrizioni  dell'ordine;  e 
il  candidato  risponde  affermativamente. 
Allora  esso  bacia  il  libro,  lo  porla  all'al- 
iare, bacia  questo,  e  ripreso  il  libro  lo  ri- 
torna al  ricevente,  il  quale  tenendo  l'a- 
bito e  la  croce,  domanda  al  candidalo  se 
crede  in  quel  salutare  segno,  e  gli  dice 
ch'è  il  segno  della  milizia  dell'ordine  e 
doverlo  portar  sempre,  llcandidato  ba- 
cia la  croce,e  il  ricevente  mettendogli  l'a- 
bito recita  la  formola,  invitandolo  a  ri- 
ceverlo nel  nome  della  ss.  Trinità,  della 
Yj.  Vergine  e  di  s.  Stefano  I:  gli  spiega  che 


,(>  STE 

il  colore  dell'abito  deve  ricordargli  la  pu- 
rità e  candore  d'animo  che  deve  avere, 
e  giammai  macchiarlo  a  infamia  dell'or- 
dine; che  la  croce  deve  adorarla  e  difen- 
derla, e  mostrarsi  degno  della  s.  milizia, 
onde  non  esserne  privato  e  cacciato.  In- 
di il  ricevente  allaccia  alla  gola  del  can- 
didatoli cordone,  avvertendolo  di  dover- 
lo riguardare  qual  giogo  soave  di  Gesù. 
Cristo,  e  che  da  quel  punto  egli  parteci- 
pa va  co'paren  li  del  le  buone  opere  dell'or- 
dine. 11  celebrante  «/cavalieri  sacerdoti 
dicono  l'antifona,  Suscepimus,  il  salmo 
Magnus  Doininus , Kyrie  eleison,  eliti- 
ste tleison,  Pater  noster,  Salvimi  fac  coi 
soliti  versetti,  gli  oremus:  Deus  qui  fu- 
stìficaSf  Omnipolens  sempiterne  Deus, 
Suscipiat  te  Domine.  Dopo  tali  orazioni, 
il  celebrante  comparte  la  benedizione  al 
candidato,  che  alzatosi  ritorna  dal  rice- 
vente, e  genuflesso  gli  bacia  la  manica 
destra  del  suo  abito,  indi  rizzatosi  da  es- 
so  viene  ricevuto  al  bacio  di  pace,  così 
dagli  altri  cavalieri.  Pe'cavalieri  esteri  e 
sudditi  d'altri  sovrani,  dopo  di  avere  da 
essi  conseguito  il  permesso  di  chiedere 
l'ordine  e  di  fregiarsene,  dal  gran  mae- 
stro si  dispensa  da'  voti,  dalle  promesse  e 
dal  giuramento  d'ubbidienza  al  gran  mae- 
stro, in  vece  dovendo  pronunziare  questa 
forinola.  »  lo  IN.  N.  prometto  con  lutto  il 
cuore  all'onnipotente  Dio,allaB. Vergine, 
ed  a  s.Stefano  I  di  prestare  sempre  umile 
prelaliva  ubbidienza  al  mio  sovrano  na- 
turale, e  quindi  a  ogni  altro  mio  legittimo 
superiore;  di  praticare  secondo  le  mie  for- 
ze carità  verso  il  prossimo, di  servare  pu- 
dicizia e  castità  coniugale,  di  non  far  mai 
cosa  sia  contraria  al  grado  e  al  carattere 
d'onorato  cavaliere".  1  Diari  di  Roma 
riportano  diverse  funzioni  sull'abito  da- 
to in  tal  città  a'cavalieri  di  s.  Stefano  I, 
come  nel  n.°2  27  del  17  1 8,  ove  si  legge  la 
descrizione  della  ceremonia  ch'ebbe  luo- 
go nella  chiesa  di  s.  Caterina  di  Siena  (la 
quale  descrissi  in  quell'articolo),  premes- 
sa la  messa  cantata  e  imposizione  della 
spada, degli  speroni  e  dell'abito  con  cro- 


S  TE 
ce,  che  fece  il  cav.  Mandosi,  come  più  an- 
ziano, al  cav.  Aquilani,  col  l'assistenza  di 
18  cavalieri.  Il  n.°  636  del  1  7?.  1  riporta 
come  il  priore  di  s.  Stefano,  marchese  de 
Angelis,  ins.  Giovanni  de'llorentini  die 
l'abito  di  cavaliere  di  giustizia  a  Gaetano 
Valletti  di  Sezze,  coppiere  del  cardinal 
Corradi  ni,  e  secondo  il  costume  il  can- 
didato fece  eseguire  una  copiosa  dispen- 
sa di  guanti  agli  astanti,  come  suole  pra- 
ticarsi in  simili  funzioni  :  vi  assisterono 
più  di  3o  cavalieri  dell'ordine,  molta  pre- 
latura e  allri  cavalieri.  Finalmente  que- 
gl'individui,  che  per  merito  militare,  ci- 
vile e  scienziato  vengono  decorati  del- 
l'ordine di  s.  Stefano  I,  non  usano  divisa 
diversa  da  quella  degli  altri,  ma  quella 
dell'ordine  stesso. 

STEFANO  I  (s.)  Papa,  Monache.  V. 
s.Stefano  I,  Ordine  militare  ed  equestre, 
e  sagra  religione. 

STEFANO  1  (s.)  re  d'Ungheria,  Or- 
dine equestre,  Ordo  equìtum  s.  Stephani 
I  Eex  Ungariae.  La  magnanima  impe- 
ratrice e  regina  Maria  Teresa,  dopo  aver 
superalo  colla  grandezza  del  suo  animo 
le  gravi,  lunghe  e  sanguinose  contese  per 
la  successione  al  paterno  retaggio,  spet- 
tando la  dignità  imperiale  al  suo  figlio 
Giuseppe  11,  per  rendere  memorabile  il 
giorno  di  sua  solenne  coronazione  qual  re 
de'romani,  a'5  maggio  1  764  istituì  que- 
st'ordine militare  ed  equestre,  ed  ancora 
per  onorare  la  memoria  del  glorioso  s. 
Stefano  I[F.)  fondatore  e  patrono  del  re- 
gno d' Ungheria  (f^.)  ei.°re  Apostolico, 
noncheper  ricompensare collesue  caval- 
leresche insegue  il  merito  civile  e  mili- 
tare, in  premio  alle  virtù  e  a'servigi  resi 
ado  stato  e  a!  sovrano;  quindi  nel  seguen- 
te giorno  ne  pubblicò  gli  statuti.  Formò 
l'insegna  e  decorazione  dell'ordine  in  una 
croce  d'oro  ad  8  raggi,  smaltata  di  verde 
con  in  mezzo  uno  scudetto  rosso,  colori 
del  regno  d'Ungheria,  in  cui  si  vede  una 
croce  doppia  d'argento  colla  corona  d' Un- 
gheria sopra  un  monte  verde,  pendente  da 
un  nastro  di  seta  rossa  filettato  di  color 


S  T  E 

venie.  Nello  senio  della  croce  vi  fece  collo- 
care le  sue  Icllereiniziali  del  nome:  .17.  71., 
ed  intorno  l'epigrafe  :  Publicum  Merito- 
rum  Praemium.  Nel  rovescio  e  in  uno  scu- 
detto bianco  pose  le  lettere:  Sto.St.Ri.Ap., 
abbreviature  di  questa  iscrizione:  Sanclo 
Stepìmno  Regi  A poslolico.l  cavalieri  gran- 
croce  portano  la  decorazione  appesa  ad 
un  nastro  o  tracolla  assai  larga,  rossa  nel 
mezzo,con  orli  verdi, e  scendente  dal  lato 
destro  al  sinistro;  i  commendatori  la  por- 
tano appesa  al  collo;  i  cavalieri  all'occhiel- 
lo e  di  minor  dimensione.  Gli  ecclesiasti- 
ci della  i.'e  della  2.*  classe  portano  simil- 
mente siffatta  decorazione  appesa  al  col- 
lo. I  cavalieri  di  grancroce,  sì  ecclesiasti- 
ci che  laici,  portano  inoltre  sul  sinistro  la- 
to del  petto  una  stella  d'argento,  nel  cui 
mezzo  campeggiano  l'insegne  dell'ordine, 
in  mezzo  ad  una  corona  di  quercia.  L'a- 
bito de' cavalieri  è  una  dalmatica  di  seta 
verde,  lunga  (ino  a  terra,  orlata  d'armel- 
lini,ed  a  grandi  maniche,  sotto  alla  quale 
portano  una  tonaca  di  seta  vermiglia,  im- 
pellicciata alla  medesima  guisa;  in  capo 
hanno  similmente  un  berretto  della  me- 
desima stoffa  e  colore,  sormontato  di  pen- 
ne verdi  e  rosse.  Maggiori  o  minori  or- 
namenti a  foglie  di  quercia  differenziano 
le  varie  classi.  Inoltre  i  cavalieri  di  gran- 
croce  portano  quando  sono  in  tale  abito 
solenne  una  collana  d'oro,  della  quale  Li- 
sano  altresì  quando  vi  è  il  capitolo  del- 
l'ordine a  corte.  La  collana  dell'ordine  è 
una  catena  d'oro  formata  dall'in  treccia- 
mento  delle  lettere  M.  T.  S.  S.  iniziali  di 
Maria  Teresa  e  di  s.  Stefano.  Quest'ordi- 
ne è  dopo  il  Toson  d'oro  il  più  notabile 
degli  ordini  austriaci,  sebbene  sia  annes- 
so non  all'impero  d'Austria,  ma  alla  co- 
rona d'Ungheria.  La  dignità  di  gran  mae- 
stro è  congiunta  nella  persona  del  re  di 
Ungheria. I  membri  del  l'ordine  furono  di- 
visi in  3  classi,  grancroci,  commendato- 
ri e  cavalieri.  In  principio  il  numero  dei 
grancroci  fu  stabilitoa  soli  20, quello  dei 
commendatori  a  3o,  quello  de' cavalieri 
a  5o,  non  compresi  gli  ecclesiastici;inse- 
voi.  lxx.  , 


S  T  E  .7 

guito  si  estesero  ed  ora  è  illimitalo,  Per 
ottenere  le  due  prime  classi  di  cavaliera- 
to dell'  ordine  conviene  che  il  candidato 
appartenga  all'alta  e  antica  nobiltà;  per 
la  3.a  è  suHicieute  una  nobiltà  inferiore. 
I  membri  di  questa  3.a  classe,  se  lo  deside- 
rano, sono  elevati  a' gradi  di  conti  e  ba- 
roni del  regno  ungarico  senza  il  pagamen- 
to delle  tasse.  Qualunque  suddito  dell'ini- 
peroaustriaco allorché  viene  fregiato  del- 
la gran  croce  o  di  quella  di  commenda- 
tore, diviene  insieme  intimo  consigliere 
regio.  La  festa  solenne  dell'ordine  è  cele- 
brata in  quella  del  re  s.  Stefano  I,  che  n'è 
il  protettore. 

STELLA,  Ordine  equestre.  Si  preten- 
de fare  risalire  la  sua  istituzionea  Rober- 
to II  re  di  Francia  nel  1  022, e  in  onore  del- 
la B.Vergine,per  cui  fu  detto  Stella  della 
Madonna  o  di  Nostra  Signora,  e  con  tal 
nome  per  riguardarla  anch'cgli  quale  stel- 
la del  mare  e  guida  sicura  del  suo  regno, 
secondo  Favino,  Teatro  dell' onore  e  del- 
la cavalleria,  il  (piale  inoltre  riferisce  che 
compose  l'ordine  di  3o  cavalieri,  lui  com- 
preso, e  che  se  ne  dichiarò  gran  maestro; 
gli  attribuì  per  abito  il  manto  di  damasco 
bianco,  la  mantellelta  e  le  fodere  di  da- 
masco incarnato  simile  alla  casacca,  sopra 
di  cui  una  stella  ricamata  d'oro;  il  gran 
collare  pure  d'oro  era  formato  di  3  ca- 
tene intralciate  da  rose.  Riferisce  anco- 
ra Favino  chi  ammisero  nell'ordine  Ro- 
berto 11,  Filippo  li  Augusto, s.  Luigi  IX 
e  altri  re;  ma  tutto  dal  p.  Helyot  viene 
credulo  invenzione,  sempre  fermo  nel 
canone  de' critici  di  escludere  l'esistenza 
di  ordini  equestri  innanzi  al  secolo  XII  e 
alle  crociate.  L'ordine  veramente  fu  isti- 
tuito da  Giovanni  I  redi  Francia  con  sua 
lettera  del  6  novembre  1  35  1  ,ed  effettua- 
to a'6  gennaio  o  a'  1 5  agosto  e  352,  chia- 
mandolo della  Stellao  della  Madonna  ,o 
di  Nostra  Signora  della  nobile  casa  dis. 
Oven  o  Ouyn,  presso  Parigi  ove  fu  posta 
lai. "residenza  dell'ordine. Stabilì  per  di- 
visade'cavalieri  una  toga  bianca, un  giub- 
bone ed  un  cappuccio  vermiglio,  quando 


fcff>&mart£ 


iS  STE 

non  portavano  il   mntitello;  indossando 
questo  di  color  vermiglio  e  foderato  di 
verde,  doveasi  vestire  uu  giubbone  bian- 
co attillato,  calze  nere  e  scarpe  dorale. 
Volle  clic  i  cavalieri  pt  i  tasserò  un  anello 
d'oro  col  proprio  nome  e  cognome  inci- 
so, e  nello  smalto  d'esso  ima  stella  bian- 
ca a  5  «aggi,  nel  cui  mezzo  e  in  tondo  az- 
zurro fosse  un  piccolo  sole  d'oro;  die  al- 
tra stella  tosse  collocala  nella  pai  le  ante- 
riore della  manlelletla  per  copi  ire  le  spal- 
le, il  cappuccio  dovendo  a  vere  ima  fìbbia 
similmente  con  istella  eguale  a  quella  del- 
l'anello. IVe'sabali  prescrisse  l'abito  delia 
toga,  il  digiuno  o  la  limosina  di  i  5  dena- 
ri a  onore  di  Dio  e  delle  i  5  allegrezze  del- 
laMadonna.  Obbligò  i  cavalieri  a  dare  lea- 
li consigli  se  richiesti,  a  non  appartenere 
senza  licenza  del  re  ad  altro  ordine  eque- 
stre, a  recarsi  ogui  anno  in  della  casa  nel- 
la vigilia  dell'Assunta  per  celebrarne  la 
festa,  o  almeno  farlo  ove  si  trovano  e  ve- 
stiti dell'insegne  dell'ordine.  Costituì  la 
bandiera  vermiglia  e  seminala  di  stelle, 
con  immagine  della  Madonna,  per  spie- 
garla ne' combattimenti  contro  i  nemici 
della  fede  e  del  loro  diretto  signore,  do- 
vendosi espellere  dall'ordine  i  vigliacchi 
che  abbandonassero  la  pugna.  11  numero 
de'cavalieri  lo  compose  di  5oo,  de'quali 
costituì  principe  se  ed  i  successori,  i  cui 
stemmi  fece  dipingere  nella  casa  dell'or- 
dine,nella  quale  sarebbero  celebrate  lelo- 
l'O  esequie,  essendo  tenuto  ogni  cavalie- 
re a  far  celebrare  una  messa  per  ciascun 
collega  defunto. Errarono  quelli  che  scris- 
sero, al  dire  del  p.  Helyot,  che  essendosi 
l'ordine  avvilito,  il  re  Carlo  VII  ne  diede 
il  collare  a'  cavalieri  o  birri  del  Guet  o 
guardie  di  polizia  a  cavallo,  e  al  proprio 
bargello,  che  per  altro  godeva  il  titolo  di 
cavaliere  sino  da  s.  Luigi  IX;  poiché  Lui- 
gi XI  figlio  di  Carlo  VII  nonavrebbeda- 
to  quest'ordine  al  suo  genero  Gastone  di 
Foix  principe  di  Na  varrà,  né  avrebbe  nel 
1470  invitato  il  preposto  de'mei  canti  e 
degli  scabini  di  Parigi  a  portarsi  in  questa 
città  per  celebrarvi  la  lesta  dell'  ordine 


STE 
della  stella.  Nondimeno  si  pubblicò  una 
lettera  di  Luigi  XI  del  1  4G1,  colla  (piale 
conferì l'ordiuealcav.  Giovanni  d'ilarlay 
bargellodi  Parigi,  uffizio  allora  assai  qua- 
lificato. Il  p.  Bonanni,  Catalogo  degli  or  ■ 
diuiequeslt  ie mililuri,cheap.i  io  ripor- 
ta la  figura  del  cavaliere  della  stella   in 
Francia,  riferisce  che  ne  fu  insegna  una 
stella  appesa  ad  una  collana  d'oro,  ovve- 
ro al  cappuccio  della  toga,  con  l'epigra- 
fe: Monslrant  Regibus  Astra  J'iamjeche 
altri  vogliono  che  la  stella  fosse  in  forma 
di  cometa,  sovrastata  da  una  corona  in 
mezzo  a  Ile  lettere  iniziali  di  tal  motto  M. 
R.  A.  V.  Crede  che  l'ordine  fu  da  Gio- 
vanni 1  istituito  anche  sollo  gli  auspicii 
de'ss.  Magi  (I7.)  ve,  in  memoria  della  stel- 
la che  comparve  a  que'santi  e  li  condus- 
se a  Betlemme,  dov'  era  nato  il  Salvato- 
re^ per  questa  divozione  de'  cavalieri  ne 
celebravano  la  festa  nell'Epifania.  Dopo 
la  morte  di  Luigi  XI,  nel  1 4^3  montan- 
dosul  trono  il  figlio  Carlo  Vili  abolì  l'or- 
dine, perchè  il  padre  avea  istituito  quel- 
lo di  s.  Michele  (/".)  principale  proietto- 
re di  Francia.  Noterò,  che  la  più  parte  del- 
le insegne  equestri  forma nsi  d'una  stella, 
sebbene  ordinariamente  sieno  una  Cro- 
ce di  decorazione  (f.)j  ed  a  Croce  or- 
dine della  vera,  parlai  delle  cavalieresse 
della  Crociera  0  Croce  Stellala. 

STELLA,  Ordine  equestre.  A.\ent\oA- 
murat  li  imperatore  de'turchi  del  1421 
devastalo  colle  sue  scorrerie  Siracusa,  e 
molti  luoghi  di  Puglia  e  Sicilia, e  resosi 
famoso  e  formidabile  per  le  sue  prede  in 
tutti  i  lidi  d'ambo  i  regni,  per  l'inazione 
de'nobili  che  non  si  curavano  difendere 
la  patria,  il  marchese  di  Tirace  di  animo 
generoso  concepì  il  disegno  di  opporsi  va- 
hdamenlecontio  tanti  insulti  e  ladronec- 
ci. A  tale  elfelto  eresse  in  Messina  un  or- 
dine equestre  di  nobili  cavalieri,  ovvero 
rinnovòqiiello  già  istituito  da  Renato  du- 
ca d'Angiò  e  pretendente  al  reame,col  ti- 
tolo di  Stella  d'oro;  e  perchè  i  cavalieri 
si  addestrassero  alla  difesa,  stabilì  giostre 
e  tornei  eoa  fÌDte  battaglie,  per  imparar 


ST  E 

loro  a  guerreggiare  i  nemici  della  fede 
cristiana. Formò  l'insegna  dell'ordine  eoa 

una  stella  d'oro  pcndeutedal  petto,o  piut- 
tosto essa  risplendeva  nel  centro  d'  una 
croce,  nella  forma  simile  alla  Gerosolinti- 
tana.L'oi  dine  sembra  che  non  avesse  lun- 
ga esistenza,  Ne  trattò  Boterò  ae\V Isto- 
ria, ed  il  [>.  Bonanni,  Catalogo  degli  or- 
dini canestri  e  militari,  riportandone  la 
figura  a  p.  1 1 1. 

STELLA  DELLA  MADONNA,  Or- 
cline  equestre.  Si  novera  fra  quelli  chime- 
rici ed  effimeri,  e  si  attribuisce  l'istituzio- 
ne nel  i  70  i  in  Parigi  al  preteso  re  diEiszi- 
nia,  paese  della  Costa  d'oro  d'Africa  sot- 
to la  zona  torrida.  Imperocché  si  raccon- 
ta che  neh  68(5  Du  Casse  ammiraglio  di 
Francia  approdò  su  que'lidi  e  stabilì  col 
re  rapporti  commerciali,  mediante  reci- 
proci ostaggi.  Tra  quelli  dati  da'negri  e 
portali  in  Francia  vi  fu  Aniaba,  che  si  fe- 
ce credere  figlio  del  redi  Eisziuia,  e  Lui- 
gi XIV  lo  fece  istruire  nella  religione  cat- 
tolica e  educare  nobilmente,  per  cui  ri- 
cevè il  battesimo  da  mg.rBossuet.  Dicen- 
dosi morti  il  re  d'Eiszinia,  preteso  padre 
d' Aniaba,  ed  uno  de'suoi  fratelli  che  gli 
era  succeduto,  Aniaba  fece  correre  voce 
che  ipopoli  Io  chiamavano  al  trono.  Lui- 
gi XIV  allestì  l'imbarco  per  farlo  accom- 
pagnare, ed  Aniaba  per  meglio  inganna- 
re tutti,  volle  far  mostra  di  porre  se  e  l'i- 
deale regno  sotto  il  patrocinio  della  B. 
Vergine,  con  istituire  l'ordine  della  Stel- 
la della  Madonna,  stabilendo  per  divi- 
sa de'cavalieri  una  croce  d'oro  smaltata 
di  bianco  a  foggia  di  stella  pendente  da 
un  nastro  bianco,  e  nel  mezzo  l'immagi- 
ne della  B.  Vergine.  Giunto  l'impostore 
nel  suo  paese  apostatò  e  riabbracciò  l'i- 
dolatria, continuando  però  a  portare  sul- 
la nera  sua  pelle  l'insegna  equestre.  Egli 
era  nato  da  una  donna  che  in  seconde 
nozze  avea  sposato  un  parente  del  re,  e 
questi  vivea  e  regnava  pacificamente  al 
suo  ripatriamento. 

STELLA  POLARE,  Ordine  equestre 
di  Svezia,  Federico  I  re  di  Svezia  dell'il- 


STE  19 

lustre  casa  d'Assia-Cassel,  avendo  sposa- 
toUlrica  Eleonora  regiua  di  Svezia,  que 
sta  nel  1720  abdicò  la  corona  in  suo  fa- 
vore, ed  egli  si  applicò  a  pacificare  il  suo 
regno,  in  guerra  colla  Danimarca  e  col- 
la Russia,  e  gli  riuscì  tosto  di  troncarla, 
ed  a  fronte  delle  posteriori  interne  divi- 
sioni del  senato  si  mantenne  nell'autori- 
tà. .Ma  nel  174°  fu  costretto  a  rompere 
guerra  colla  Russia,  che  iuvase  la  Finlan- 
dia ,  ricuperata  poi  colla  pace  del  1743, 
per  a  ver  con  venuto  di  riconoscere  per  suc- 
cessore Adolfo  Federico  II  parente  e  ben 
accetto  alla  corte  russa;  indi  dovè  doma- 
re i  dalecarli  insorti  a  sostenere  le  prele- 
se del  principe  reale  di  Dani  marca,e  poscia 
regnò  pacificamente.  In  questo  periodo  di 
tempo,  in  cui  pose  ogni  studio  per  fare 
fiorire  nel  regno  l'agricoltura  e  il  com- 
mercio, le  arti  e  le  scieuze,  istituì  l'ordi- 
ne della  Stella  Polare  per  premiare  co- 
loro che  si  distinguevano  per  civili  virtù, 
per  ingegno  e  perniili  istituzioni.  Gli  die 
tal  nome  perchè  si  avesse  sempre  cura  di 
non  lasciar  giammai   oscurare  la  gloria 
della  Svezia  (['.),  come  la  stella  polare 
brilla  sempre  nel   firmamento.   Formò 
l'ordine  di  due  classi,  commendatori  e  ca  - 
valieri,  con  numero  indeterminato; e  la 
decorazione  d'una  croce  greca  a  8  punte 
smaltate  in  bianco  e  una  corona  agli  an- 
goli, sovrastata  dalla  coroua  reale,  e  nel 
centro  un  globo  colla  stella  polare  e  in- 
torno il  mollo:  Nescit  Occasum,  doven- 
dosi appendere  a  nastro  di  seta  nera  on- 
dala. I  principi  del  sangue  ne  sono  com- 
mendatori fìu  dalla  nascita,  e  lo  sono 
pure  i  decorali  dell'  ordine  de'  Sera/i- 
ni  (/-'). 

STELLA  e  CROCE  ROSSA,  Ordine 
equestre,  Ordo  equitum  Rubrae  Crucis 
cum  Stella  Rubra.  Alcuni  ne  riferiscono 
l'origine  in  tempo  dell'imperatrice  s.  fi- 
lena,  e  perciò  nel  secolo  IV,  quindi  con 
ripugnanza  de'criliei  che  non  ammetto- 
no ordini  militari  ed  equestri  che  nel  se- 
colo XII:  si  disse  pure  ordine  àe  Betlem- 
miti, ch'ebbe  que'monaciche  descrissi  ia 


20  S  T  E 

quell'articolo,  coll'insegna  della  stella  dei 
ss.  Mngi(F.)  re,  avendo  ripartalo  di  Bet- 
lemme a  PnrsEno,  in  uno  alta  stella  ap- 
parsa a  que'santi.  Militando  questi  cava- 
lieri con  l'insegna  della  croce,  riportaro- 
no molte  vittorie  sui  saraceni  nella  Pale- 
stina e  nell'Egitto; ma  poi  per  la  potenza 
degl'infedeli  e  da  loro  superati,  si  ritira- 
rono in  Aquitania,  indi  si  dilatarono  nel- 
la Boemia,  Moravia,  Slesia  e  Polonia,  e- 
leggendo  di  vivere  sotto  la  regola  di  s.  A- 
gostino.  Ne  ottennero  conferma  da'Papi 
Gregorio  IX  del  1227.  Innocenzo  IV  del 
1  243, Alessandro  IV  deli  254, Benedetto 
XII  del  1  334,eda  Innocenzo XI 1  col  bre- 
ve Nuper  prò  parte,  de'7  gennaio  1695. 
All'insegna  della  croce  rossa  fu  aggiun- 
ta una  stella  di  6  raggi  parimenti  rossa, 
per  cui  .si  distinguessero  da  tutti  gli  altri 
ordini  cavallereschi,  e  presa  dalle  armi 
di  Alberto Sternberg,  i.° e  supremo  gran 
maestro  col  consenso  d'Agnese  principes- 
sa di  Boemia,  e  fu  allora  chiamato  Or- 
dine della  Croce  e  Stella  rossa.  Il  gran 
maestro,  fissola  sua  residenza  in  Praga, 
ed  un  altro  cavaliere  a  lui  subordinalo  la 
stabilì  in  Uratislavia  con  titolo  di  maestro 
e  visitatore  della  Polonia  eSlesia, alta  qua- 
le dignità  si  dispose  doversi  eleggere  dai 
cavalieri  dell'  ordine  coli'  approvazione 
del  gran  maestro.  Il  p.  Bonanni  nel  Ca- 
talogo degli  ordini  equestri  e  militari  a  p. 
1 65  ne  tratta,  riporta  la  figura  del  cava  - 
liere  e  riferisce.  »  L'abito  solenne  del  gran 
maestro  è  una  veste  quasi  talare  di  seta 
nera,  sopra  cui  ne  pone  un'altra  talare 
di  porpora  con  maniche  larghe,  fodera- 
ta d'armellino,  e  sopra  questa  pende  un 
lungo  manto  nero,  il  quale  nella  parte  si- 
nistra è  ornato  con  una  gran  croce  e  stel- 
la rossa  di  6  raggi,  siccome  avanti  al  pet- 
to l' istessa  insegna  composta  di  rubini. 
La  veste  rossa  è  cinta  con  fascia  tessuta 
di  seta  e  oro,  e  dal  fianco  sinistro  pende 
una  spada  corta  e  larga.  In  testa  tiene  un 
berrettone  bianco  cinto  di  cordone  d'oro, 
e  ornalo  di  ricco  gioiello.  Gli  altri  cava- 
lieri hanno  la  sola  veste  e  manto  nero,  con 


ST  E 

l'insegna  delta  croce,  siccome  il  berretto- 
ne nero  è  cinto  con  cordone  di  oro". 

STEMMA.  V.  Sigillo. 

STENDARDO,  Fexillum,  Sacrimi 
Vexilhtm.  Insegna  e  bandiera  principale. 
Stendardo  si  dice  anche  quel  segno  a  fog- 
gia di  banda,  che  portano  innanzi  alcu- 
ni cleri  quando  vanno  processionalmen- 
te,  massime  Religiosi,  ed  i  Sodalizi  (F.), 
chiamato  pure  stendardino.  All'articolo 
Bandiera,  nel  dichiararla  drappo  con  im- 
presa, insegna  e  Stemma  (F.),  ragionai 
di  sua  origine  e  antichissimo  uso;  del  La- 
Laro  di  Costantino  I,  e  ne  riparlai  a  Spe- 
rone d'oro;  della  benedizione  delle  ban- 
diere prescritta  dal  Pontificale  Roma- 
nitrii:  De  benedictione  et  tradilione.  vexil- 
li  bellici,  per  santificarlo  e  perchè  riesca 
terribile  contro  i  nemici  del  popolo  cri- 
stiano, faccia  incolumi  e  vittoriosi.  Degli 
Stendardi dis.  Pietro,  mandati  das.  Gre- 
gorio III,  Stefano  II,  s.  Leone  111  e  altri 
Papi  a'principi  benemeriti  della  Chiesa; 
delle bandiereche  precederono  i  Possessi 
de' Papi  (F.),  di  quelle  portate  da' Dra- 
conari  (  ^ '.),  da' Bandt 're si  (  F.)  di  Roma 
(F.),eiW  Capo  Rioni  di  Roma  (F.);  del- 
V  Ori  fi  anima  del  regno  di  Francia  (F.); 
delle  bandiere  posteriormente  benedette 
da'Papi;  di  quelle  donate  alle  chiese  di 
Roma  quali  trofei  riportati  sui  Sarace- 
ni, Turchi  (A.)  e  sugli  eretici,  e  perchè  i 
tuichi  vi  pongono  le  code  di  cavallo;  delle 
bandiere  de\la  Milizia  pontifici a  elìfar ina 
pontificia  (F.J,  delle  quali  riparlai  a  Sol- 
dato; di  quella  delta  guardiatSWzzer<7(/^.) 
pontificia,  che  s'inalbera  ne  Palazzi  apo- 
stolici Quirinale  e  Faticano {F.);  e  delle 
bandiereche  si  portano  nelle  Processioni 
(F.);  mentre  a  Guardie  nomli  pontifi- 
cie, parlai  del  loro  stendardo  benedetto 
da  Pio  VII,  collo  stemma  del  Papa  re- 
gnante. A  Gonfalone,  insegna  o  vessillo 
o  bandiera  o  stendardo,  ne  dissi  l'antico 
uso.  A  Gonfaloniere  tenni  proposito  del- 
l'uffìzio e  dignità  di  quello  che  porta  la 
bandiera.il  gonfalone,  lo  stendardo, il  ves- 
sillo,deltoanchealficrcevessillifero,egra- 


S  TE 
do  di  milizia,  detto  già  da'romani  pruni- 
pilo;  de'diversi  gonfalonieri  da  cui  deri- 
varono le  omonime  e  altre  magistrature 
de  flJunicipii(l/'.)>  delle  quali  tra  Ito  a'Io- 
ro  articoli.  A  Gonfaloniere  di  s.  romana 
chiesa,  ne  descrissi  l'antica  e  sublime  di- 
gnità, conferita  da'Papi  a  Patrizi  ili  Ro- 
ma (tr.\  ed  a'sovrani,  e  molli  ne  ricor- 
dai. A  Gonfaloniere  del  semaio  e  popo- 
lo romano,  dissi  l'uffizio  e  prerogative  di 
questo  ragguardevole  uffizio,  originato 
dal  primipilo,e  riparlai  di  sua  etimologia 
e  carica,  avendo  notato  a  Pretorio,  che 
su  di  esso  si  ergeva  per  segnale  di  com- 
battimento lo  stendardo  rosso;  chi  eser- 
citò il  goufalouierato,  ed  a  chi  in  perpe- 
tuo fu  attribuito;  e  dissi  pure  del  f'essil- 
li/ero  di  s.  Romana  Chiesa  {V-).  A  Ves- 
sillo, lo  dico  anche  segnale  d'investitu- 
ra, e  come  i  Papi  con  esso  investirono  i 
grandi  feudatari  della  Sovranità  de  Ro- 
mani Pontefici  e  della  s.  Sede  (P.).  Delle 
particolari  insegue  tratto  negliarticoli  de- 
gli stati,  città  e  corporazioni.  Il  Martinet- 
ti, Tesoro  delle  antichità,  t.  3,  p.  1 06,  os- 
serva, che  il  Tabernacolo  degli  ebrei  nel 
deserto  formò  come  il  centro  delle  1  2  tri- 
bù militari  d'Israele, divise  in  3  quadra- 
ti; e  siccome  ciascun  quadrato  composto 
delle  tribù, ri  tene  va  il  segna  le  del  suo  sten- 
dardo, cioè  l'orientale  un  leone,  ii  meri- 
dionale un  volto  umano,  l'occidentale  un 
bue,  il  nord  un'aquila;  così  da  quest'an- 
tica istituzione  si  può  ripetere  l'origine 
de'vessilli  o stendardi  militari,  anzi  il  d'A- 
quino nel  suo  Lessico  militare,  ripete  que- 
sta origine  anche  da'tempi  di  Giacobbe, 
t.2,p. 432.»  Usum  vexillorum  antiquis- 
simum  fuisse  docet  historia  sacra  :  nam 
gymbola  quae  Jacobfaustaprecatus,duo- 
decimtribubusillisattribuit;  trausierunt 
postea  in  vesilla  praelaria,  quae  iisdem 
tesseris  depictis  oruabanlur,  et  iis  erant 
expressa  coloribus ,  quibus  earura  tri- 
buum  nominegemmis  impressa,  in  ratio- 
ualisummus  sacerdosgestabat(e  ne  par- 
lai a  Plazionale).  11  Villalpando,  In  E- 
xcchielemexplanationes jtieìl.  2  delinea 


S  T  E  21 

la  situazione  delle  1  2  tribù  intorno  al  ta- 
bernacolo, e  fa  una  lunga  dissertazione, 
non  solo  sul  tipo  degli  stendardi,  ma  so- 
pra i  belli  colori  e  le  pietre  preziose,  che 
contornavano  questi  stendardi.  Soggiun- 
ge quindi  il  Martinetti  ,  che  malamente 
perciò  vari  antiquari  dedussero  l'origine 
de'vessilli  da'làscetlidi  fìenochiamati  ma- 
nipolijche  si  conoscono  ne'primordidiLlo- 
ma  ,  che  fu  di  molli  secoli  posteriore  al 
fortunato  popolo  israelitico.  Di  più  crede, 
che  l'insegne  dell'aquila  e  del  leone  sieno 
le  piìi  antiche  del  mondo,  e  di  preferen- 
za adottate  ne' vessilli,  nell'imprese  e  ne- 
gli stemmi;  poiché  Cesare,  De  Deliaci*.'. 
Iib.  3,  ricorda  gli  aquiliferi;  Pietro  Diaco- 
no nel  lib.  4>  rammenta  le  legioni  aqui- 
lifei  a  e  leonifera,  laonde  ritiene  che  l'eti- 
mologia di  alfiere  derivi  da  Aquilifer.  11 
p.  Lupi  nelle  Dissertazioni,  osserva  che 
gli  antichi  romani  chiamavano  primo  pi- 
lo l'alfiere  della  1."  insegna,  che  si  met- 
teva ue'posti  piii  pericolosi.  Era  una  del- 
le cariche  più  lucrose,  una  delle  più  con- 
siderate nell'esercito,  per  cui  si  conferiva 
ali."  de' io  centurioni  più  veterani.  Te- 
nevaegli  l'insegna  dell'aquila  propria  del- 
la legione,  e  dava  colla  sua  mossa  princi- 
pio alla  battaglia;  la  quale  perchè  allora 
si  cominciava  con  lanciare  alcune  aste 
chiamate  pili,  perciò  tal  carica  si  chia- 
mava il  Prirnipilalo  o  il  Centurione  del 
primopilo. USarnelli,  Lett.eccl.  1. 1  o,lelt. 
So:  Perchè  si  benedicono  le  bandiere  per 
le  guerre  contro  gì'  infedeli;  incomincia 
dal  riferire, che  sino  da  quando  incomiu- 
ciarono  le  guerre  ,  principiò  l'uso  delle 
bandiere,  dell'insegue  ,  degli  stendardi, 
chiamati  Signum,  Vexillum,  acciò  ogni 
soldato  vedendo  la  sua  bandiera  andasse 
con  quella  e  con  essa  si  mettesse  in  ordi- 
nanza, altrimenti  disordinali  i  soldati, l'e- 
sercito è  perduto.  Quando  i  romani  nel- 
la guerra  co'sabini  perderono  tutte  le  in- 
segne, Romolo  incontratosi  in  un  fascet- 
to  di  fieno,  questo  per  insegua  sospese  a 
ima  pertica,  e  per  la  vittoria  così  ottenu- 
ta istituì  i  siguileri  mauipulari.e  furono 


22  S  T  E 

stimali  non  meno  dell'aquile  imperiali. 
Altrettanto  fece  quel  generale  turco,  che 
perduta  la  bandiera,  tagliò  subito  la  co- 
da a  un  cavallo,  e  legatala  a  una  pertica, 
Servì  di  seguale  a'suoi  per  riunirsi;  onde 
li  preso  coraggio  trionfarono,  e  così  i  loro 
Stendardi  furono  d'  allora  in  poi  ornali 
con  i  code  dicavallo,  3  portandone  quel- 
lo del  grauvisir  e  7  il  sultano;  anzi  col- 
la esposizione  d'una  coda  di  cavallo  co- 
stumarono i  turchi  dichiarar  la  guerra, 
al  suono  di  trombe  e  di  timpani  o  tim- 
balli. Sarnelli  opina  che  ili."  stendardo 
l'inventarono  gli  assiri,  dipingendovi  la 
colomba  di  Noè,  e  stendardi  ebbero  gli 
egizie  persiani  mediante  una  testa  di  bue 
e  una  colomba,  cos'i  i  greci  presero  per 
insegna  il  leone,  il  serpente  e  altri  sim- 
boli; ed  a  poco  a  poco  gli  stendardi  furo- 
no riguardati  quasi  per  sagri,  custoditi  e 
difesi,  ed  i  soldati  fecero  giuramento  di 
giammai  abbandonare  il  proprio  stendar- 
do, insegna  o  bandiera.  Quanto  alla  loro 
benedizione,  gli  stendardi  ottengono  vir- 
tù contro  i  nemici  della  fede  pel  Sagra- 
mentale  {?•)  della  benedizione  e  per  le 
preghiere  della  Chiesa,  come  pure  le  ar- 
mi; solendo  i  Papi  benedire  e  donare  la 
Spada  (  V.),  e  lo  Stocco  e  Berrettone  (  F.), 
come  ancora  benedicono  le  navi  e  ne  ri- 
parlai a  Soldato.  La  forinola  della  bene- 
dizione dello  stendardo  si  trova  pure  nel 
Sacrarurn  Cerirnoniarum  S.  R.  E.  lib.  1, 
tit.  7:  De  Bene  clic  don  e,  et  traditione  ve- 
xìlli  bellici.  Il  p.  Menochio,  Stuore,  cen 
turia  g.a,cap.  26:  Della  bandiera  di  Co- 
stantino I  Magno  imperatore  detta  La- 
baro, e  cosa  significhi  questa  voce,  repu- 
ta che  fosse  in  uso  avanti  quel  principe, 
ricordando  che  Tertulliano  fioritoprima 
di  hù,ueìl'  Apologetico  cap.  1 6, dice:  Slip- 
para  dia  Vexillorum  et  Labarorum,sto- 
lae  crucium  suntje  Minuzio  Felice  in  O- 
ctavìo  dice:  Nani  et  signa  ipsa,  et  Laba- 
ra,et  Vexilla  caslrorum.  Alcuni  però  col 
Pamelio  leggono  in  Tertulliano  non  La 
barorum,  ma  Canlabrorum ,come  anche 
in  Minuzio  Cantabra,  come  si  apprende 


STE 
in  diversi  libri  antichi  enei  codice  Teo- 
dosianojlib.  1 4?  t't-  7,  De  Collegiatis}  ove 
si  fa  menzione  de' Signiferis  et  Cantabra- 
rys.  Si  chiamarono  cantabrari  quelli  che 
neglieserciti  romani  portavano  le  insegne 
tolte  a'eantabri  popoli  di  Spagna,  che  du- 
rarono molta  fatica  a  soggiogarli,  i  roma- 
ni avendo  per  costume  di  usare  le  mede- 
sime insegne  de'popoli  vinti,  come  si  leg- 
go negli  Annali  di  Daronio,  an.  3  1 2,  n.° 
33,  ove  si  apprende  che  i  dragoni  comin- 
ciarono ad  essere  insegne  de' romani,  do- 
po che  Traiano  vinse  i  daci  che  le  porta- 
vanoin guerra.  Non  mancano  esempi  nel- 
la storia  romana,  come  da  Floro  lib.  i, 
e.  1  1,  da  Ammiano  lib.  16,  da  Cesare  lib. 
4,  da  Livio  lib.  3,  che  nelle  zuffe  più  pe- 
ricolose gettarono  l'insegna  in  mezzo  ai 
nemici,  per  accendere  maggiormente  gli 
animi  de'soldati  a  combattere  valorosa- 
mente, per  non  coprirsi  di  vergogna  che 
l'insegna  sotto  cui  militavano,  abbando- 
nala restasse  in  potere  de'nemici.  Brisso- 
nio,De/ò/7;ni//Vlib.4,riporta  quella  d'In- 
fer  signwn  in  hostemj  così  praticavano  i 
capitani,  o  acclamavano  i  soldati.  Ma  gli 
eserciti  cristiani  in  simili  occasioni  invo- 
cavano il  nome  di  Cristo ,  per  cui  l'im- 
peratore Leone  nel  lib.  De  apparata  bel- 
lico cap.  1 2,  §  69, dice:  Cam  ad  con/lieta' 
tionem  movet  exercitus  consueta  christia^ 
tris  vox  usurpando  est,  Victoria  Crucis. 
Il  nome  di  Cristo  in  Monogramma  essen- 
dosi posto  da'eristiani  ne'  labari  e  nelle 
bandiere,  i  vessilliferi  furono  chiamati 
ChrislifenW edasi  J.A.Ernesti,  Conimeli- 
tatio  de  Vexillariis,  Gottingae  1  752,  e  gli 
articoli  Croce,  e  Banneriti  cavalieri  che 
nei  bassi  secoli  alzavano  vessilli  per  con- 
durre armati  alla  difesa  de'loro  principi. 
I  francesi  chiamarono  lo  stendardo  della 
fanteria  drapeau,  e  quello  della  cavalle- 
ria ctendard,  talvolta  denominando  cor- 
netta l'ufficiale  che  porta  lo  stendardo,  il 
che  si  fece  più  volte  in  Italia,  ove  anti- 
camente si  disse  stendardiere  il  portato- 
re dello  stendardo,  goufdoneo  altra  si- 
mile insegna.  I  Crocesignati  (/"'.)  fecero 


STE  S  T  E                     23 
mirabili  prodezze  sotto  lo  stendardo  sa-  alfalto  per  segnale  d'autorità  su  Roma, 
lu  tiferò  della  Croce,  nelle  celebri  Crocia  come  dichiarai  ne'citati  e  altri  articoli  eoa 
te(P.)  e  sagre  guerre,  massime  in  Siria  irrefragabili  e  autorevoli  testimonianze, 
(F.)  per  la  liberazione  de' luoghi  santi,  per  confutare  le  maligne  pretese  e  inven- 
cnlla  di  nostra  s.  religione,  ed  ove  si  o-  zioni  de'nemici  detrattori  della  sovraui- 
peraronoi  suoi  venerabili  misteri. Nel  me-  tà  temporale  de'  Papi. Dello  stendardo  da- 
dio  evo  le  repubbliche  italiane  portava-  to  da  s.  Leone  III  a  Carlo  Magno,  si  può 
nolostendardonelleguerr.e,collocatosul  vedere  1' Alemanni,  De  Lateranensibus 
carroccio,  di  cui  parlai  ne' voi.  VII,  p.  1 13  Parietinis.  Dello  stendardo  o  vessillo  di 
e  i24>X>P-r  i4>  LVHI,p.  277,  ed  altro-  s.  Pietro,  insignito  colle  chiavi  pontificie, 
ve.  Davide  I  re  di  Scozia  verso  ili  1  35  che  solevano  i  Papi  dare  a' sovrani  che 
marciò  contro  gl'inglesi,  i  quali  lo  elisie-  stavano  per  intraprendere  qualche  spe- 
cero  nella  famosa  battaglia   detta  dello  dizione  contro  i  nemici  della  Chiesa,  vari 
Stendardo,  per  avere  essi  inalberato  so-  esempi  di  queste  trasmissioni  li  raccolse 
pia  un  carro  per  vessillo  una  Croce  col  FilippoMazeno,nellaAxito^/-v.  Pietro  To- 
ss.  Sagramento,  e  gli  stendardi  di  3  san-  masio  patriarca  di  Costantinopoli,  presso 
ti  che  nominai  nel  voi.  XXXV,  p.  3g.  i  Bollandisti,/tfrcu<?m  t.  2,  p.  990.  Narra 
Gli  stendardi  della  chiesa  romana  per  Rinaldi an.  797,0. °iG,ches.Leotie  III  nel 
antichissimo  uso  furono  decorati  della  fi-  principio  di  essospedì  una  legazione  aCar- 
gura  delle  Chiavi[F.)  incrociatee  del  Pa-  lo  Magno  re  di  Francia  con  presenti,  che 
diglione(fr.))  quali  insegne  della  Sede/i'  furono  le  chiavi  d'oro,  pigliate  secondo 
postolica  (/".)  che  le  pose  negli  stendardi  l'uso  dalla  Confessione  di  s.  Pietro,  e  lo 
àn\\e%\\erniltzie,marina,fortezzetporti,  stendardodi  Roma.  »  Dove  [novatori da- 
mme del  Castel  s.  Angelo  (Fr.)  ;  anche  brando  dicono  che  colle  chiavi  si  dava  a 
coM'immagine  di  s.  Pietro,  o  de'ss.  Pietro  Carlo  il  possesso  della  chiesa  romana,  e 
e  Paolo  (/'.),  oltre  lo  stemma  del  Papa  collo  stendardo  della  città  di  Roma.  Non 
regnante.  Egualmente  fu  antichissimo  u-  sapendo  gl'ignoranti,  che  i  romani  Pon- 
sò de'Papi  donare  a'sovrani  perdistinzio-  telici  ebbero  in  costume  di  mandare  tali 
ne  e  divozione,  per  segno  di  all'etto  pater-  donia'principi  cristiani,  come  s'è  per  noi 
no,  perinvocar  loro  il  patrociniodelprin-  addietro  veduto  essersi  fatto  più  volte  da 
cipe  degli  apostoli  massime  nelle  guerre,  s.  Gregorio  I  e  da  altri.  E  perchè  tu  non 
Jo  Stendardo  di  s.  Pietro,  colla  sua  elfi-  abbi  che  opporre  intornodel  vessillo, tro- 
gie  e  da  loro  benedetto.  Donarono  anche  verai  per  innanzi  nel  fine  degli  anni  800, 
le  chiavi  d'oro,  parte  di  detto  stemma  e  che  il  patriarca  di  Gerusalemme  mandò 
segno  di  quelle  di  s.  Pietro, per  cui  le  he-  all'istesso  Carlo  per  benedizione  le  chia- 
nedirono  e  vi  racchiusero  reliquie  sagre  vi   de' luoghi  santi  con   uno  stendardo, 
e  la  limatura  di  ferro  delle  Catene  di  g.  Talché  si  solevano  mandare  somiglianti 
/>t'efro(^r.),ed  anche  di  quelledis.  Paolo,  donativi  da' vescovi  a're.  Senza  che  pos- 
non  che  Anelli  delle  catene  di  s.  Pietro  siamo  dire,  che  s.  Leone  III  Papa  ono- 
(F.),a'quali  articoli  notai  molti  Papi  che  rasseCarlo  Magno  del  dono  dello  stendate- 
le donarono,  incominciando  da  s.  Grego-  do,  perocché  quegli  era  potentissimo  Di- 
vio I,  da  s.  Gregorio  III,  e  da  s.  Leone  III  fensore  della  chiesa  romana  (/r.)".  Os- 
ti CarloMagno  quando  gli  confermò  il  ti-  serva  l'Acanti,  Dell'origine  ed  antichità 
tolo  e  dignità  di  Patrizio  di  iioma  cou-  della  zecca  pontificia  a  p.  34-"  Roma  già 
feritogli  da  Stefano  11  o  HI,  e  collo  sten-  era  posseduta  e  governata  da'Papi.  Il  ves- 
dardo  di  Roma,  insegne  e  qualifica  che  siilo  di  Peonia  poi  non  è  indizio  di  sovra- 
l'obbligavano  a  difendere  il  civile  e  Tee-  nità,  ma  di  sola  difesa,  avendolo  manda- 
oles-iastico  della  romana  chiesa,  non  mai  to  i  Papi  ad  altri  principi,  che  non  ebbe- 


24  S  T  L  STE 
ro  giammai  giurisdizione  alcuna  nello  a  difesa  de'suoi  connazionali  contro  gli  a- 
6laloecclesiastico(aSovHANiTA'dicoHchi,  rabi.  I  pisani,  i  genovesi  e  altri  italiani, 
quale  e  perdio  la  permisero),  come  può  fecero  tributario  della  s.  Sede  il  re  afri- 
vedersi  inBzovio,  De  Romano  Ponti/ice,  cano  infedele.  Papa  Urbano  li  neh 09 > 
apud  Rocaberlum  t.i ,  Bibliolhecae  Poh-  proclamando  peli. "la  crociata  di  Gei  11- 
t.ficiae,  p.  10,  Baronio  ad  an.  796,  §16,  8aleojcue,diè  lo  stendardo  di  s.  Pietro  ad 
l'agi  a  tale  anno  §  4>  e  ^u  Gange,  GLos-  Ugo  il  Grande  fratello  di  Filippo  I  re  di 
sai  inni  io  Pexillum".  Ricordai  a  Sicilia,  Francia.  INeli  1  3g  Innocenzo  11  de\ò  a 
die  nelio63  il  normanno  conte  Ruggero  re  di  Sicilia  Ruggero  I,  l'investi  col  ves- 
per  la  vittoria  ottenuta  sui  saraceni,  per  siilo  e  dichiarò  AJ  itile  e  Soldato  (A'.)  di 
ossequio  mandò  a  Papa  Alessandro  II  4  «•  Pietro,  grado  che  i  Papi  conferivano 
cammelli,  ed  il  Papa  rallegrato  di  ciò  in-  a  quelli. che  insignivano  della  regia  digni- 
viòalconte  uno  stendardo  da  sebenedet-  tà.  A  Patriarcato  Armeno  parlai  d'In- 
lo,  col  quale  munito  per  l'avvenire  colla  nocenzo  111,  che  nel  1201  mandò  il  ves- 
protezione  di  s.  Pietro,  più  sicuramente  siilo  benedetto  di  s.  Pietro  al  re  Leone  11 
potesse assalireque'nemici  dellafede  edi-  il  Grande.  Il  Rinaldi  riferisceche  losten- 
struggerli,  ed  a  quelli  che  da  essi  procu-  dardo  lo  avea  chiesto  il  re  stesso,  e  che  il 
lasserò  liberare  porzione  di  Sicilia,  l'in-  Papa  nella  lettera  accompagnatoria,  dis- 
dulgenza  pleuariae  assoluzione  delle  col-  sedi  mandargli  come  segno  delsuo  amo* 
pe,  di  cui  avessero  pieno  pentimento,  e  lo  re  lo  stendardo  di  s.  Pietro  ,  per  usarlo 
rimarcai  pure  nel  voi.  XXXIV,  p.  2^G.  soltanto  contro  i  nemici  della  croce,  do- 
Notaia  Inghilterra, che  nel  1  oGGreGu-  vendo  procurate  di  frenare  col  divino  a- 
glielmo  I  essendo  ricorso  ad  Alessandro  iutoeper  l'intercessione  del  principe  de- 
ll, contro  l'usurpatore  Araldo  II,  il  Papa  gli  a  postoli  la  con  tu  macia  loro.  Nello  stes- 
gli  ordinò  di  marciare  sull'invasore, e  gli  so  giorno  Innocenzo  III  scrivendo  a  tutti 
mandò  lo  stendardo  di  s.  Pietro  da  se  he-  i  principali  signori,  a' cavalieri  e  popolo 
nedelto.  Appena  il  re  lo  ricevette,  die  bat-  armeno, dissealtrettantosulloslendardo, 
taglia  al  nemico  e  Io  vinse.  Dissi  purea  confortandoli  a  combattere  valorosamen* 
Sicilia,  oltre  altri  simili  esempi ,  che  s.  te  col  re  i  saraceni,  come  a.veano  cornili- 
Gregoi  io  VII  uel  1  080  inCVpwoinvesfi  ciato  a  fare.  Il  re  rispose  a  Innocenzo  111 
col  vessillo  di  s.  Pietro,  della  Puglia,  Ca-  con  somma  riverenza  e  gratitudine,  as- 
labria  e  Sicilia  il  duca  RobertoGuiscardo.  sicurandolo  che  sempre  avrebbe  portato 
Nella  l/iografiadis.Gregono/V/raccon-  lo  stendardo  innanzi  a  se,  a  gloria  della 
lai  che  donò  al  re  di  Castiglia  una  chiave  chiesa  romana  econlro  i  nemici  della  cro- 
d'oro, benedetta  colle  catene  di  s.  Pietro,  ce.  Narra  il  suo  biografo  Hurter,  come 
Riferisce  Rinaldi  all'annoi  o87,n.°8,  che  quel  Papa  proclamò  Gioanoicio  re  de' «ai- 
Papa  Vittore  III  tenuto  consiglio  co've-  lachi  e  de'bulgari,  colla  corona  e  lo  scet- 
scovi  e  co'  cardinali,  radunò  un  esercito  tro  per  le  prerogative  ricevute  da  s.  Pie- 
di quasi  tutti  i  popoli  d'Italia, edando  loro  tro,  inviando  a  ungerlo  ii  cardinal  Leone 
lo  stenda  1  do  di  s.  Pietro,  e  concedendo  a  lega  lo.  Gli  concesse  inoltre  il  di  ritto  di  bat- 
tutti  indulgenza  e  remissione  de'peccati,  tere  moneta  io  proprio  nome,  e  gli  fece 
gli  mandò  nell'Africa  contro  i  saraceni,  presentare  uno  stendardo  incoi  vedeasi 
i  quali  di  continuo  infestavano  i  lidi  dei  la  Crocee  le  chiavi  dis.  Pietro:  l'una  per 
cristiani, erestarono  uccisi  100,000  mao-  ricordargli  chea  Dio  e  non  a  se  stesso  il 
mettaci,  prendendo  e«termi  Dandole  loro  re  doveva  le  sue  vittorie;  le  altre  come 
principali  città,  non  senza  manifesto  aiu-  simbolodella  prudenza  e  della  forza;  l'u- 
fo di  vi  no.  Il  Papa  imprese  tal  guerra  an-  na  e  l'ai  tra  congiunte  poi,  co  me  segno  dei- 
co  perchè  divoto  dis.  Vittore  I  africano,  la  saluteperli  patimenti  di  Nostro  Siguo- 


S  T  E 
re  e  per  merito  della  sua  Chiesa.  Leggo 
in  Garampi,  Sigillo  della  Garfa gitana, 
p.  i  07,chelechiavi  come  quelle  propria- 
mente attribuite  alle  immagini  di  s.  Pie- 
tro apostolo,  furono  prese  dalla  s.  Sede 
persua  propria  divisa;  e  che  Innocenzo 
111  avendo  spedito  a  Cnlogiovanni  re  dei 
bulgari  colle  reali  insegne  anco  il  vessil- 
lo di  s.  Pietro,  notò  che  uu  tale  vessillo 
«  praetendit  non  sine  mysterio  Crucem 
etClavesjquia  b.  Petrus  apostolus,  et  cru- 
cem p  roChristo  sostino  il,  e  tela  ves  adiri  - 
stosuscepil".Onde  nel  musaico  Vaticano 
fattodal  medesimo  Innocenzo  111,  vedesi 
la  figura  della  Chiesa  romana,  tenente  in 
mano  uu  vessillo  con  due  chiavi,  la  di  cui 
usta  ha  in  cima  la  croce.  Anche  Rinaldi 
parla  dell'insegna  delle  chiavi  all'anno 
1228,11.°  i3,riportando  che  il  crouistaRic* 
cardo  di  S.  Germano,  dicendo  delle  mili- 
zie ecclesiastiche  di  s.Gregorio  IX  e  degli 
stendardi  della  s.  Sede, osserva  esservi  in 
essi  sempre  dipinte  le  chiavi;  e  che  quelli 
i  quali  militavano  sotto  i  medesimi,  por- 
tassero nella  veste  il  segno  delle  chiavi,  e 
perciò  li  dice  chiave  segnati.  Laonde  cre- 
de Rinaldi  ,  che  siccome  i   cattolici  che 
guerreggiavano  gli  eretici  o  gl'infedeli  e- 
rano  segnali  di  croce,  cos'i  quando  si  pi- 
gliavano le  armi  a  difesa  della  chiesa  10- 
manaedellostato  papale  si  cucivano  sul- 
la veste  la  forma  delle  chiavi.  Urbano  VI 
trovandosi  in  Napoli  nel  1  .°del  1  384, nella 
messa soienneche celebrò,  in  presenza  del 
re  Carlo  111  e  della  regina,  beuedi  col  so- 
lilo rito  lo  stendardo  di  s.  Pietro,  che  il 
re  dovea   inalberare  contro   Lodovico  I 
d'Angiò  pretendente  al  regno  e  seguace 
dell'antipapa.    Urbano  VI   consegnò  io 
stendardo  a  Carlo  III,  e  lo  dichiarò  capi- 
tano Generale  dis.  Chiesa  [f/.).  Quando 
i  romani  nel  1410  riconobbero  Alessan- 
dro V,  iu  segno  di  soggezione  gli  manda- 
rono in  Bologna  le  chiavi  delle  porle  di 
Roma,  i  sigilli  e  lo  stendardo  del  popolo 
romano,  insegne  che  il  Papa  ricevè  con 
gran  solennità  e  festa.  Alessandro  VI  nel 
i4«j|  raaudù  il  cardinal  Borgia  legato  a 


S  T  E  25 

coronare  Alfonso  II  re  di  Napoli,  e  l'ono- 
rò dello  stendardo  della  chiesa  romana. 
A  Svizzera,  ed  a  Stocco  e  Berrettone 
ducale  benedetti,  dissi  che  Giulio  1 1  li  do- 
nò  agli  svizzeri  in  unoa  due  gonfiloni,  ed 
a'q  Cantoni  di  tal  nazione  mandò  un'in- 
segna istoriata  esprimente  la  Passione  di 
GesùCristo.  Ne'conii  delle  medaglie  pon- 
tificie, che  si  conservano  nella  zecca  ponti- 
fìcia,ve  ne  sono  diversi  alludenti  agli  sten- 
dardi dati  da'Papi.ln  uno  si  vede  l'effigie 
di  Paolo  1 1 1  in  piviale  e  triregno, che  con- 
segna Io  stendardo  ad  una  figura  genu- 
flessa: forse  ricorda  l'aiuto  da  quel  Papa 
prestato  a' veneti,  onde  fu  liberato  Corfìi 
dall'assedio  de'turchi.  Narra  Catena  nel- 
la l'ila  di  s.  Pio  Vt  p.  1  70,  che  avendo 
destinalo  Marc'  Antonio  Colonna  genera- 
le di  s.  Chiesa  perla  flotta  navale  spedi- 
ta contro  i  turchi,  poi  vinti  a  Lepanto, 
fece  cantare  dal  cardinal  Colonna  la  mes- 
sa solenne  dello  Spirito  santo, e  die  a  Mar- 
c'Antonio  di  sua  mano  lo  stendardo  con 
1  immagine  del  ss.  Crocefisso,  e  da'lati  s. 
Pietro  e  s.  Paolo,  col  motto:  In  hoc  si- 
gnovinces.  lì  Pantoni,  Istoria  dH Aviario* 
ne.  [).  J.87,  allerma  che  s.  Pio  V  diede  al- 
tro stendardo  col  ss.  Crocefisso  a  il.  Gio- 
vanni d'Austria  naturale  di  Carlo  V,  e 
supremo  comandante  della  lega  in  quel- 
la spedizione,  stendardo  che  i  Papi  so- 
levano dare  a' generalissimi  nelle  spedi- 
zioni   militari  contro  gì'  infedeli,  e  che 
precede  in  dignità  quello  della  chiesa  ro- 
mana. Uno  de'ricordati  couii  d'una  me- 
daglia d'Urbano  VII,  ha  incisa  l'imma- 
gine di  quel  Pontefice,  che  consegna  ad 
una  figura  genuflessa  lo  stendardo  di  s. 
Chiesa  ornato  dell'immagine  del  ss.  Cro- 
cefisso, alla  presenza  de'cardinali  sedenti 
e  del  popolo,  coll'epigrafe:  Dexlera  Do- 
mini Jaciatvirtnlein.  Con  questa  iscrizio- 
ne abbiamo  pure  una  medaglia  del  suc- 
cessore Gregorio  XIV,  il  quale  è  rappre- 
sentato con  triregno  e  piviale  sedente  in 
trono,  nel  punto  che  dà  lo  stendardo  di 
s.  Chiesa  colf  immagine  del  ss.  Crocefisso 
ud  una  figura  ginocchione,  egualmente 


iG  S  T  E 

alla  presenza  de' cardinali  e  del  popolo. 
Allude  alla  spedizione  in  Francia  d'Er- 
cole Sfondrati  nipote  del  Papa,  colle  mi- 
lizie pontificie  contro  gli  eretici  ugonotti. 
Notai  a  Marina,  che  Clemente  IX  nella 
guerra  di  Candia  contro  i  turchi,  nel  1669 
mandòla  squadra  delle  galere  pontificie, 
comandata  da  suo  fratelloCamillo  Rospi- 
gliosi generale  di  s.  Chiesa,  il  quale  spie- 
go lo  stendardo  col  l'immagine  del  ss.Cro- 
cefisso.  Inoltre  narra  F. intoni,  che  uello 
slesso  anno  Clemente  IX  per  il  gentiluo- 
inoGio. Giuseppe  deFogasse  inviato  pon- 
tificio, mandò  a  Francesco  di  Vendome 
duca  di  Beaufort,  con  un  breve  apostoli- 
co, lo  stendardo  della  chiesa  romana,  co- 
me granfie  ammiraglio  di  Francia  in  det- 
ta guerra,  a  soccorso  de'cristiani  di  Can- 
dia, insieme  al  titolo  di  capitano  genera- 
le della  s.  chiesa  romana,  avendo  creato 
generalissimo  il  nominato  proprio  fratel- 
lo, che  meglio  di  Novaes  chiama  Vincen- 
zo e  generale  delle  galere  e  marina  pon- 
tificia. Lo  stendardo  di  s.Chiesaeradi  for- 
ma quadra  e  di  damasco  cremesino,  con 
frangia  d'oro  all'intorno,  e  con  sopravi 
dipinte  le  immagini  al  naturale  de'ss.  Pie- 
tro e  Paolo  apostoli,  e  tra  essi  l'arme  del 
Papa,  con  questa  divisa  in  lettere  d'oro: 
Proleclor  Deus  auspice  nos.  Il  duca  ono- 
rò molto  l'inviato,  il  quale  gli  offrì  pure 
in  nome  di  Clemente  IX  una  corona  al- 
la ca vallerà  composta  di  1  0  grossi  e  bel- 
lissimi lapislazzuli  infilati  in  oro, e  con  si- 
mile medaglia  contornata  di  grossi  dia- 
manti, col  breve  d'ampie  indulgenze  im- 
postevi. Gli  esibì  per  ultimo  altro  breve 
apostolico  dell'indulgenze  concesse  asol- 
dati di  quella  sagra  spedizione,e  1000  me- 
daglie d'argento  per  distribuirsi  a' suoi 
nflìziali.  Lo  stendardo  il  duca  lo  fece  su- 
bito inalberare  nella  sala  con  una  senti- 
nella d'onore,  e  poi  sul  vascello  ammira- 
gliOjOidinando  ad  ogni  capitano  di  vascel- 
lo o  di  galera  di  fare  de'simili  stendardi 
per  le  medesime.  Fu  osservalo,  che  per 
l'arme  del  Papa  lo  stendardo  sembrava 
suo  particolare, e  non  il  Ires$illodi  s.  Rq. 


STE 
maria  Chiesa^'.),  ma  rispose  rinviato, 

che  il  Pipa  non  potendosi  disgiungere  dal- 
la Chiesa,  così  conveniva  che  il  suo  stem- 
ma si  collocasse  in  mezzo  a'ss.  Apostoli. 
Ne'ricordali  comi  vi  è  quello  diClemente 
X  in  triregno  e  piviale,ricevente  uno  sten- 
da i'd o  turco. 

Il  Marangoni,  Delle  cose  gentilesche  e 
profane  trasportate  ad  uso  e  ornamento 
delle  chiese,  rende  ragione  a  p.i5,  per- 
chè furono  appesi  alle  volte  e  pareti  del- 
le chiese  gli  stendardi  turcheschi.  Ram- 
mentato prirua,come  la  spada  del  gigan- 
te Goliat,  da  David  fu  consagrala  a  Dio 
dopo  la  vittoria,  ed  involta  in  velo  fu  af- 
fissa nel  tabernacolo,  e  similmente  prati- 
cò Giuditta  per  la  vittoria  riportata  so- 
pra Oloferne,  offrendo  a  Dio  i  vasi  pre- 
ziosi e  il  cortinaggio  del  letto;  quindi  da 
tali  esempi  dice  derivalo  il  lodevolissimo 
costume  di  appendere  nelle  nostrechiese, 
in  segno  e  memoria  gratissima  de'trionfi 
ottenuti  contro  i  nemici  della  cristiana  re- 
ligione, gli  stendardi  e  le  armi  loro  con- 
quistate col  divino  favore.  Per  cui  molte 
bandiere  colle  mezze  lune,  spade  e  lette- 
re turchesche,  e  altre  di  esse  di  coda  di 
cavallo,  che  presso  i  maomettani  sono  co- 
me sagre,  s'inviarono  a  Pioma  a'Papi  da 
valorosi  capitani,  ed  appese  nelle  basili' 
che  Lateranense,  Vaticana  e  Liberiana, 
nelle  chiese  di  s.  Maria  sopra  Minerva,  di 
s.  Maria  d'Araceli,  di  s.  Maria  della  Vit- 
toria, e  in  altre  Chiese  di  Roma  ove  ne 
parlai.  Queste  bandiere  rappresentano  i 
beneficii  d'insigni  vittorie  riportate  dalle 
armi  cristiane  contro  la  formidabile  po- 
tenza ottomana,  per  l'intercessione  della 
13.  Vergine,  e  collo  sventolar  delle  loro 
code  ricordano  a  lutti  la  gratitudine  do- 
vuta a  sì  gran  benefici  di  Dio.  Così  Pie- 
tro II  red'Aragona, avendo  vintocon  pic- 
colo esercito  Miramolino  re  de' saraceni 
nel  1  2  1  2,  mandò  a  Roma  lo  stendardo  e 
la  lancia  del  nemico,  perchè  come  trofei 
si  appendessero  nella  basilica  di  s.  Pietro 
sopra  la  porta  Guidonea;  siccome  nel  luo- 
go medesimo  collocate  furono  la  lancia, 


ST  E 

la  bandiera  eia  corona  del  re  ungaro  Al- 
boino, mandatevi  da  Enrico  III  impera- 
tore. Presso  la  porta  dell'archivio  della 
medesima  e  prima  in  sagrestia,  si  appe- 
sero la  catena  di  ferro  e  sua  chiave,  con 
cui  si  chiudeva  il  porto  di  Tunisi,  man- 
date in  ossequio  a  s.  Pietro  da  Carlo  V 
imperatore,  dopochese  ne  impadronì, ol- 
tre  l'altra  allerta  della  catena  di  ferrodel 
portodivS>7j7>7*etolla  dalcardinal  Caralla 
legato  contro  i  maomettani.  Ella  è  per- 
tanto una  giustissima  dimostrazioue  di 
gratitudinea  Dio, dedotta  dalla  s.  Scrittu- 
ra, l'appendersi  nelle  nostrecbiese  alcune 
spoglie  riportate  da'uemici  della  sua  vera 
fede, non  ostante  che  Io  stesso  praticassero 
gli  antichi  romani  ritornando  vittoriosi 
con  Ingresso  solenne  in  Roma  (U.),  che 
solevano  affiggere  ad  un'asta  le  armi  ne- 
miche, e  con  pompa  portarle  in  Campi- 
doglio,ed  ivi  offrirle  ne'templi  a'falsiDei, 
cui  stoltamenteattribuivauo  leconseguite 
vittorie. Per  quelle  riportatene!  i  569000- 
tro  gli  eretici  Ugonotti  (V),  Carlo  1  X  re 
di  Francia  mandò  a  s.  Pio  V  12  stendardi 
presi  loro,  e  27  ne  spedì  Sforza  conte  di 
s.  Fiora  generale  delle  milizie  pontificie, 
che  il  Papa  collocò  nella  basilica  Latera- 
nense,come  riporta  Novaes  nellasua  Sto- 
ria,econ  iscrizione  incisa  in  marmo  a  let- 
tere d'oro, che  ri  produsse  Cancellieri,  Pos- 
se.?.?/, p.  3  56.  Nell'articolo  ss.  Nome  di  M  v- 
bia,  e  nel  voi.  LIV,  p.  66,  indicai  i  luo- 
ghi ove  parlai  della  liberazione  di  Fiewia 
e  della  strepitosa  vittoria  riportata  sui 
turchi,  principalmente  per  opera  di  Gio- 
vanni III  re  di  Polonia,  che  mandò  a  In- 
nocenzoXI  il  gran  stendardo  ili  Maomet- 
to, preso  nel  padiglione  del  grauvisir,  e 
colle  parole  (altra  volta  usate  da  Giulio 
Cesare)  Veni,Fidi,  J ici.W  Papa  a'29  set- 
tembre 1 683,  festa  di  s.  Michele,  fece  ce- 
lebra re  solenne  messa  nel  palazzo  aposto- 
lico Quirinale  prò  gratiarum  aclione,  e 
nell'offertorio,  Dcnoff^ox  cardinale  e  in- 
viato delie,  ginocchioni  perorò  nell'atto 
di  presentarlo  a'piedi  d'Innocenzo  XI,  so- 
stenendo lo  stendardo  sull'ili  timo  gradi  no 


S  T  E  27 

del  trono  il  conteTalenti, baciandogli  am- 
bedue i  piedi.  Indi  levò  lo  steudardo  il 
marchese  Naro  vessillifero  di  s.  Chiesa,  e 
fu  tenuto  alzato  vicino  all'altare  a  cor- 
nuepislolae  sino  al  fine  della  messa  e  del 
Te  Deuni  che  fu  intuonato  dal  Papa,  e 
allora  spararono  le  artiglierie  degli  svizze- 
ri di  detto  palazzo,  e  quelle  della  fortezza 
di  Castel  s.  Angelo,oltrei  mortaretti  della 
soldatesca  che  stava  di  guardia  al  Monte 
Quiriuale,  suonandosi  a  festa  per  un'ora 
tutte  lecampane  delle  chiese  di  Pioma.  Lo 
stendardo  fu  privatamente  portato  nella 
sagrestia  di  s.  Pietro,  e  poi  venne  eretto 
nella  basilica. Abbiamo, LoStendardoOt- 
tomanico  spiegalo  dal  p.  Lodovico  Mar- 
racci,  ovvero  dichiarazione  delle  parole 
arabiche  poste  nello  stendardo  reale  preso 
dal  serenissimo  re  di  Polonia  Giovanni 
III  al  grauvisir  de'  turchi,  e.  dal  mede- 
simo inviato  per  tributo  della  sua  pietà 
alla  S.  di  N.  S.  P.  Innocenzo  XI,  lì  orna 
i683.  E  siccome  il  re  altro  stendardo,  in 
uno  alla  sua  Spada[F'.),\ny\b  al  santua- 
rio della  13.  Vergine  di  Loreto  (^.),  nel 
1684  fu  stampato  in  Ancona,  Notifica- 
zione del  regio  stendardo  turco,  mandato 
dal  re  di  Polonia  alla  s.  Casa  di  Loreto. 
Altre  notizie  le  riporta  Cancellieri  a  p. 
3  56,  e  nel  Mercato,  p.  269.  Leggo  nel 
n.°4  del  Diario  di  Roma  del  1  7  1 6,  e  nel 
diarista  contemporaneoCecconi,  che  l'im- 
peratore Carlo  VI  spedì  con  sua  lettera 
in  dono  a  Clemente  XI  due  code  di  ca- 
vallo, una  bandiera  e  un  principale  sten- 
dardo preso  a'turchi  a'  5  agosto,  festa  di 
s.  Maria  della  Neve,  dal  principe  Euge- 
nio di  Savoia  nella  celebre  vittoria  di  Pe- 
tervaradino:  meglio  ne  parlo  io  nel  voi. 
XVIII,  p.  82,  e  tali  insegue  il  Papa  man- 
dò alle  basiliche  Liberiana  e  di  Loreto. 
Ne  fece  la  formale  presentazione  il  cardi- 
nal Schrattembach,  ed  il  Papa  dopo  a- 
venie  dato  parte  a'cardmali  in  concisto- 
ro, destinò  Rasponi  a  portare  al  principe 
Eugenio  \oStocco  e  Berrettone  ducale  be- 
nedetti. Il  Papa  tenne  cappella  di  ringra- 
ziamento a  Dio  nella  basilica  Liberiana, 


28  S  T  E 

ove  ricevè  lo  stendardo!  per  la  medesima, 
e  si  cantò  il  Te  Dtum.  Questo  ebbe  pur 
luogo  nella  chiesa  dis.  Maria  dell'Anima 
con  cappella  cardinalizia.  Di  più  Clemen- 
te XI  nella  cappella  del  palazzo  aposto- 
lico fece  celebrare  solennemente  una  mes- 
sa di  requiem  in  suffragio  de'soldati  mor- 
ti in  Ungheria  e  in  Levante.  Per  la  vit- 
toria poi  di  Temeswar,  Clemente  XI  rese 
gì  aziea  Dio  nella  basilica  Liberiana,  con 
cappella  e  Te  Denta,  suono  di  campane, 
salve  d'artiglierie,  feste,  illuminazione  e 
fuochi  per  la  città.  Nel  n.°  io3  di  detto 
Diario  dei  i  7  1  7  si  descrivono  gli  stendar- 
di presi  a' turchi,  e  regalati  da  Clemente 
XI  per  mezzodì  mg.1'  sagrista  alle  chie- 
se di  s.  Maria  sopra  Minerva  e  di  s.  Ma- 
ria della  Vittoria,  e  due  al  santuario  di 
Loreto.  IIn.0537del£>ùz/'/o  del  1  720 dice 
della  bandiera  presa  a'uiori  di  Ceuta,e 
da  Filippo  V  re  di  Spagna  inviata  a  Cle- 
mente XI;  ed  i  n.i  547  e  553  riferiscono, 
che  il  cardinal  Accpiavi  va  ministro  del  re 
in  Roma,  dopo  la  messa  della  Circonci- 
sione salì  al  trono  e  con  apposito  discor- 
so presentò  al  Papa  lo  stendardo,  portato 
dal  contestabile  Colonna  vestito  alla  spa- 
go uola:ClementeXI  fece  analoga  risposta, 
quindi  intuonò  il  Te  Denta, mentre  l'ar- 
tiglierie di  Castel  s.  Angelo  fecero  varie 
salve,enel  partire  dalla  cappella  fu  prece* 
du  tool  trecche  dalla  Croce  pontifìcia, dallo 
stendardo.  Avendolo  destinato  alla  chie- 
sa di  s.  Maria  della  Vittoria,  un  ulliziale 
delie  corazze,  lo  portò  inalberato  e  accom- 
pagnato da'eorazzieri  a  cavallo,  precedu- 
ti dal  sagrista  mg.r  degli  Abati  Olivieri 
in  carrozza  palatina.  Il  prelato  fu  ricevu- 
to alla  porta  della  chiesa  dal  vicario  ge- 
nerale de'carmelitani  scalzi  e  suoi  religio- 
si, recitò  un  discorso  sull'  adempimento 
della  commissione,cui  rispose  con  ringra- 
ziamenti il  vicario,  al  quale  consegnò  Io 
stendardo,  e  fu  posto  sopra  un  candelie- 
re dell'altare  maggiore,  indi  si  cantò  la 
messa  e  il  Te  Denta.  Ne'vol.  XVIII,  p. 
83,  XXIX,  p.  2D9, parlai  degli  aiuti  dati 
all'ordine  Gerosolimitano  da  luuoccuzo 


S  T  E 
XIII  contro  i  turchi  ,  e  dello  stendardo 
preso  a'eorsari  tunisini  e  dal  gran  maestro 
Zondadari  mandato  al  Papa,  il  quale  lo 
donò  alla  basilica  Lateraneuse.  Ne  trat- 
tano pure  il  n.°648  del  Diario  di  Roma 
del  172  r,  e  Cancellieri  ne'  Possessi  a  p. 
3  55.  Si  descrive  come  il  ricordato  sagrista 
agli  8  novembre  si  portò  in  carrozza  alla 
basilica, seguito  dallo  stendardo  e  accom- 
pagnato dalle  corazze  a  cavallo,  ricevuto 
al  suono  della  campana  dai  canonici  in 
cappa; si  riporta  il  discorso  pronunziato 
dal  prelato,  in  cui  è  rimarchevole  il  rilie- 
vo che  il  dono  lo  faceva  il  Papa  alla  ba- 
silica, perchè  s.  Gio.  Battista  suo  titolare 
era  patrono  della  valorosa  religione  ge- 
rosolimitana, ed  in  perpetuo  trofeo  del- 
l'invitta sua  prodezza,  e  per  eccitamento 
a' fedeli  di  pregare  il  Dio  degli  eserciti  a 
far  prosperare  l'ordine,  forte  difesa  e  pro- 
pugnacolo della  fede  contro  il  fanatico  e 
crudele  maomettismo.  A  nome  del  capi- 
tolo, e  in  luogo  del  decano  assente,  pro- 
nunziò un  ringraziamento  il  canonico 
mg.r  Alamanni.  Dichiarai  a  Processione 
colla  loro  origine,  le  insegue  che  in  esse 
si  portano,  inclusivamente  agli  stendardi 
dipinti  ordiuariameuleaolio,  grandi  o  pic- 
coli e  di  forma  quadrata,  ed  alle  bandie- 
re sovrastate  dalla  croce  con  cordoni  e 
hocchi,  come  gli  hanno  gli  stendardi  per 
regolarne  la  portata;  stendardi  e  bandie- 
redecoraticonsagre/wwrtgm/^'^estein- 
mi,  e  da  che  derivarono.  11  vescovo  Sar- 
nelli,  Leit.  eccl.  t.5,  lett.  1  1  :  Che  mia  coti' 
fraternità  debba  avere  l'insegne  diverse 
dall'  altra,  sia  ne'colori  delle  mozzetle  che 
negli  stendardi  colle  immagini  sante  dei 
loro  patroni,  o  de'misteri  sotto  cui  mili- 
tano; colori  e  divise  derivati  dalle  sagre 
crociate  di  Terra  santa,  per  insegna  di  fa- 
miglia e  nazioni,  onde  distinguersi  dalla 
moltitudine  de'crocesignati,  tutti  peiòa- 
ventiil  petto  fregiato  della  croce  rossa  da- 
ta da  Urbano  li,  per  denotare  il  fermo 
proponimento  di  combattere  per  la  ss. 
Croce  li  uo  all'ulti  mosangue;chiama  qui  li- 
di le  processioni,  specialmente  se  faUe  iu 


STE 

tempi  ili  pubblici  bisogni,  sagre  «?|>efìizio- 
ni,  poiché  a  guisa  eli  schiere  armate  cam- 
minano i  cristiani  modestamente  e  con 
di  vota  ordinanza  ,  portando  bandiere  , 
stendardi,  croci  e  altre  sagre  insegne, e  le 
basiliche  di  Roma  padiglioni  quasi  cam- 
pali, oltre  i  Campanelli  (I7.),  invece  delle 
trombe,  giusta  l'ordinanza  militare  come 
incedeva  il  popolo  d'Israele  portando  la 
s.  Arca.  Arrogeil  riferito  dall'ab.  Diclich, 
Diz.  .« acro- liturgico,  all'articolo  Proces- 
sioni ,c\\e  esse  ricordano  il  ritorno  del  po- 
polo d'Israele  liberato  dalla  schiavi  tu  d'E- 
gitto; i  sacerdoti  che  circondarono  le  mu- 
ra di  Gerico;  Davide  saltante  innanzi  al- 
l' A  rea; Salomone  che  la  cnndussejierrcrn- 
pio;opiuttostoCristo  Signoreehe  discese 
dal  cielo,  ovvero  i  santi  misteri  della  re- 
ligione cattolica; avvertendo  che  il  vessil- 
lo insignito  di  ss.  Immagini  non  deve  es- 
sere fa  Ito  al  la  militare  ossia  in  forma  trian- 
golare, dovendo  rappresentare  i  misteri 
o  i  santi,  sotto  i  quali  militano  gli  ordini 
religiosi,  le  pie  congregazioni,  i  sodalizi. 
Ne'  voi.  VII  ,  p.  2rj5  e  seg.,  3  i3  e  seg., 
XXVI,  p.  7  i  ,  trattai  dell'  origine  degli 
stendardi  nelle  canonizzazioni  de  santi 
neh  2  53,  per  quello  apparso  prodigiosa- 
mente in  aria  mentre  Innocenzo  IV  ca- 
nonizzava s.  Stanislao  vescovo  di  Craco- 
via, derivando  pure  il  rito  di  appenderli 
a'eor  nicioni,  o  nelle  volte  e  sollitti  delle 
chiese,  principalmente  in  quella  ove  fu  ce- 
lebrata la  canonizzazione,  quasi  altrettan- 
ti trofei;  costumandosi  rappresentarvi  da 
un  lato  l'effigie  del  santo,  dall'altro  espri- 
mendosi qualche  principale  prodigio  da 
lui  operato  per  virtù  divina,  nell'estre- 
mità dipingendosi  gli  stemmi  del  Papa  che 
l'ha  canonizzato,  quello  dell'ordine  o  so- 
dalizio cui  appartiene,  quello  del  cardi- 
nal protettore  de'medesimi,  e  se  non  ap- 
partiene a  congregazione  religiosa  o a  con- 
fraternita, vi  si  dipinge  lo  stemma  della 
nazione  del  santo.  In  detto  articolo  pure 
rilevai  come  sono  dipinti,  e  come  e  da 
chi  si  portano  nella  processione  della  fun- 
zione, non  che  de'quadri  colla  loro  efli- 


S  T  E  29 

gie  che  si  debbono  distribuire  a  chi  spet- 
ta (de'quali  quadri  riparlai  a  Promotore 
delt.a  fede,  perquelli  che  a  lui  eal  sotto- 
promotore  debbonsi  anche  nelle  Beatifi- 
cazioni); ricordando  ancora  la  processio- 
ne colla  quale  dalla  chiesa  ove  fu  celebra- 
ta la  canonizzazione,  ordinariamente  la 
basilica  Vaticana,  si  porta  un  altro  Sten* 
dardodel  nuovosantoalla  suachiesa. Im- 
perocché alla  basilica  resta  quello  sten- 
dardo dipinto  da  un  lato  solo,  che  serve 
per  la  canonizzazione,  e  scuopresi  dopo  il 
pontificio  decreto,  e  temporaneamente 
quello  dipinto  ne'due  lati,  che  poi  l'ordi- 
ne o  il  sodalizio  a  cui  appartiene  il  santo 
si  reca  processionalmente  a  prendere  per 
condurlo  nella  propria  chiesa,  ciò  che  av- 
viene poche  volteeper  lo  più  anco  questo 
stendardo  rimane  alla  basilica.  Al  citato 
articolo  Bandiera  registrai,  che  il  princi- 
pio di  usare  gli  stendardi  nelle  processio- 
ni pare  doversi  atti  ibuireal  1 4 1 4,  equan- 
do il  concilio  di  Costanza  rese  più  pub- 
blico il  cullo  di  s.  Rocco  {y.),  che  alcu- 
ni chiamarono  canonizzazione  per  equi- 
pollenza. Il  ceremoniere Chiapponi,  Ada 
canonizationis  Sa  ridonivi,  riporta  a  p. 
2  i  7  eseg.,  le  notizie  sugli  stendardi  delle 
canonizzazioni  e  processioni  con  essi,  di 
quella  da  lui  descritta;  ed  a  p.  246  e  seg. 
il  rito  col  quale  il  capitolo  Valicano  con- 
segnò ol  l'ordine  de'predica  lori  lo  stendar- 
do di  s.  Pio  \  ,  che  portarono  con  solen- 
ne processione  dalla  basilica  Vaticana  a 
S.  Maria  sopra  Minerva,  ove  fu  collocalo 
sull'altare  maggiore, recando visiClemen- 
te  XI  a  tenervi  cappella  papale,  con  so- 
lenne ottava;  parlando  ancora  dell'indul- 
genza plenaria  concessa  da  Alessandro 
VII  a  quelli  die  intervengono  alla  pro- 
cessione che  si  fa  nel  portare  gli  stendar- 
di de'nuovi  santi  canonizzati  alle  proprie 
chiese.  Siccome  gli  stendardi  che  si  ap- 
pendevanoal  cornicione  della  cupola  del- 
la basilica  Vaticana, ed  eziandio  nella  cap- 
pella del  ss.  SagramenlOjfinchèquelli  cui 
appartenevano  non  venivano  a  prenderli, 
il  vento  agitandoli  in  quel  vasto  tempio 


3o  S  T  E 

faceva  oltre  il  rumore  cadere  de'pezzi  di 
cornicione, cos'i  gli  stendardi  dal  1 8:ì5cir- 
ca  in  poi  non  più  vi  si  appesero, e  invece 
tolti  ancora  da  delta  eappella  si  custodi- 
scono ue'cameroui  ottagoni  della  mede- 
sima cupola.  La  copia  poi  delle  ss.  imma- 
gini dellaB. Vergine, che  il  capitolo  fregia 
con  Coronazione,  le  conserva  nelle  sagre- 
stie canonicale  e  de'beneflciati,  ed  anche 
nel  seminario  Vaticano.  Neln.  °47  del  Dia- 
rio di  Roma  del  i  83o  si  legge  il  ceremo- 
niale  e  rito  col  quale  dalla  basilica  Va- 
ticana si  porta  solennemente  nella  propria 
chiesa  lo  stendardo  d'un  santo  canoniz- 
zato, del  seguente  tenore,  e  al  quale  ag- 
giungerò qualche  brano  della  Relazione 
ìslorica  del  solenne  trasporto  dello  sten.' 
dardo  dis. Francesco  Caracciolo 3ec.,noii 
che  dell'ottavario  solenne  che  in  seguito 
di  detto  trasporto  fu  celebrato  in  onore 
delsanto,V\on\n  i  83o.«  Con  benigna  an- 
mienza  della  Santità  di  N.  S.  Papa  Pio 
Vili,  erasi  già  destinalo  da'rr.  pp.  Chie- 
rici regolari  minori(P/'.)i\  giorno  3o  mag- 
gio, dedicato  alla  solennità  di  Pentecoste, 
per  dar  luogo  alla  solenne  traslazione  del- 
loslendardo  di  s.  Francesco  Caracciolo, 
inclito  loro  fondatore,  canonizzato  dalla 
sa.  me.  del  Pontefice  Pio  VII  fin  dalgior- 
nosagroairaugustissimaTrinità,2  4niag- 
gio  1  807  (funzione  che  non  si  potè  prima 
effettuare  per  le  successive  calamità  dei 
tempi,  e  che  Roma  da  63  anni  non  avea 
veduta,  non  sempre  praticandosi).  Ter- 
minato pertanto  il  solenne  vespero  nella 
patriarcale  Vaticana,  venne  il  sagro  sten- 
dardo trasportato  processionai  mente  dal- 
la cappella  del  ss.  Sagramento  avanti  l'al- 
tare della  Confessione.  Un  canonico  va- 
ticano in  piviale  incensò  con  triplice  tiro 
l'immagine  del  santo  in  detto  stendardo; 
indi  fu  cantala  da' musici  l'antifona  e  i 
versetti  del  medesimo,  e  poi  dallo  stesso 
canonico  ne  fu  recitala  la  propria  orazio- 
ne. Quindi  collecousuete  ceremoniee  for- 
malità fecesi  la  consegna  dello  stendar- 
do a'ehierici  regolari  minori,  ed  i  4  fioc- 
chi pendenti  da'coidoui  del  medesimo  fu- 


STE 

ronodali  a'4  pp.  assistenti  generali,  2  cioè 
della  compagnia  diGesù,e2deH'ordine  dei 
chierici  minori, tutti  vestiti  di  pi  viale  bian- 
co, da  quel  rev.mo  capitolo,  che  accom- 
pagnolloal  di  fuori  del  portico  della  ba- 
silica, ove  da'eonfrati  del  sodalizio  del  ss. 
Sagramenlodi  s.  Pietro,  lo  presero  i  coti- 
frati  dell'arciconfraternita  del  ss.  Sagra- 
mento di  s.  Lorenzo  in  Lucina.  A  privasi 
la  processione  da  un  drapello  di  grana- 
tieri pontifìcii,  indi  i  tamburi  della  mili- 
zia capitolina,  cuiseguivanoi  famigli  del- 
la nobiltà  romana,  de'principi  e  degli  em. 
signori  cardinali  con  torcie  accese.  Veni- 
va no  poscia,dietro  una  scelta  banda  di  suo- 
natori, vestiti  di  sacco  i  detti  fratelli  del- 
l'arciconfralernita  del  ss.  Sagrameutoe- 
retta  nella  Chiesa  presbiterale  e  parroc- 
chiale di  s,  Lorenzo  in  Lucina  (al  quale 
articolo  ne  feci  parola,  che  edificò  poi  il 
proprio  oratorio  ueliGiS  dentro  i  limiti 
della  medesima)  ,  con  fiaccolotti  accesi  , 
lampadari  con  lumi,  proprio  stendardo, 
tronco,  ss.  Crocefisso  ed  altre  loro  inse- 
gne, co'loro  guardiani,  e  con  mg.1'  Pio  di 
Pietro  loro  primicerio, avendo  lutti  le  can- 
dele. Succedevano  quindi  i  fratelli,  i  guar- 
diani, e  mg.1'  Lorenzo  Mattei  patriarca  di 
Antiochia,  primicerio  dell'arciconfrater- 
nita della  ss.  Trinità  de'pellegrini  e  con- 
valescenti, con  le  insegne  e  decorazioni  e- 
guali  al  soprannominato  sodalizio,  oltre 
la  banda  di  altri  suonatori  d'istrumenti. 
Dopo  la  croce  della  predetta  chiesa  di  s. 
Lorenzo,  preceduta  da  una  3.1  banda,  se- 
gui vano  gli  alunni  del  collegio  degli  or- 
fani, i  pp.  chierici  minori  eipp.  gesuiti, coi 
loro  rispettivi  superiori  generali,  tutti  in 
cotta  e  con  candela.  Procedevano  appres- 
so i  così  delti  fedeli  del  senato  e  popolo 
romano  colle  loro  trombe,  dopo  i  quali 
un  coro  di  cantori,  e  quindi  3  sacerdoti 
dell'ordine  del  santoni  piviale  bianco.  In- 
di venivano  20  fratelli  del  sodalizio  del 
ss.Sagramento,  e  altrettanti  dell'altro  del- 
la ss.  Trinità  con  torcie  in  alto  accese.  Ve- 
devasi  poi  il  magnifico  stendardo  dipin- 
to egregiamente  dal  eav.  Francesco  Man- 


S  T  E 

no,e  rappresentante  da  una  parie  s.  Fran- 
cesco Caracciolo  clie  adora  l'augustissima 
Eucaristia  o  Sagramenlo, assiduo  obietto 
di  sua  adorazione,  e  dall'altra  una  stre- 
pitosa conversione  operata  dal  santo  re- 
pentinamente, duna  rea  donna  che  avea 
tentato  di  sedurlo.  Da' fratelli  delle  due 
arcicoufrateriiite  sostenevansi  le  aste  del- 
lo stendardo,  i  cui  4  fiocchi  reggevano 
da'nominati  4  PP-  assistenti  generali  ve- 
stili di  piviale,  a  'quali  se  n'era  fatta  la  con- 
segna.Era  lostendardo  preceduto  da  scel- 
to concerto  di  strumenti  e  da  numerosi 
cantori  che  a  vicenda  cauta  va  no  l'i  uno  del 
santo,  circondalo  da  fanali  e  da  lampada* 
ri  ricchi  di  lumi,  sostenuti  dagli  stessi  fra- 
tellhlo fiancheggiavano i  palafrenieri  pon- 
tificii in  zim marre  rosse  con  torcie,  e  la 
guardia  svizzera  pontificia,  e  lo  seguiva- 
no vari  vescovi  e  prelati  con  torcie.  Chiu- 
de vasi  la  processione  da  vari  drappelli 
della  guardia  svizzera  e  de'granalieri  di 
linea.  Nel  [lassare  che  fece  lo  stendardo 
del  santo  sul  ponte  s.  Angelo,  fu  saluta- 
to da  parecchie  salve  dell'  artiglieria  di 
quel  forte,  come  lo  era  stato  pure  nella 
piazza  del  Vaticano  dalla  guardia  svizze- 
ra con  copioso  sparo  di  mot  lari,  suonan- 
do le  campane  di  tutte  le  chiese  avanti 
alle  quali  passò  la  processione.  Avvicinan- 
dosi alla  propria  chiesa,  i  fratelli  del  ss. 
Sagramenlo  cederono  a  quelli  della  ss. 
Trinità  le  aste  e  i  cordoni  dello  stendar- 
do. Pervenuto  poi  con  tutta  la  processio- 
ne sulla  Piazza  dis.  Lorenzo  in  Lucina 
(L\)  e  alla  porta  maggiore  della  chiesa, 
dall'eoi."  e  rev.°  cardinal  Gallelli  protet- 
tore dell'ordine,  pontificalmente  vestito, 
ed  assistito  secondo  il  consueto  dai  due 
prelati  Theodoli  canonico  della  Vaticana 
basilica  e  diacono  della  cappella  pontifi- 
cia, e  Peutiui  canouico  della  basilica  Li- 
beriana e  suddiacono  della  noni  ina  la  cap- 
pella, e  depostasi  dal  cardinale  la  mitra 
e  venerato  da  lui  genuflesso  lo  stendar- 
do,dal  medesimo  venne  incetisato;quindi 
ricevuto  in  chiesa  fu  collocalo  nella  parte 
del  vuDgelo  dell'altare  maggiorerei1  esse- 


STE  3 1 

re  successivamente  posto  nel  mezzo  della 
sommità  del  medesimo  altare.  Eseguilo 
tale  collocamento  dello  stendardo,  il  car- 
dinal Gale*  Ili  slaudo  co'sagri  ministri  dal- 
la parte  dell'epistola, intuonò  l'inno  Ani  • 
brogiano,  dopo  il  quale  cantatosi  dal  sud- 
detto diacono  il  ^/  Ora  prò  nobis  s.Frau- 
cisce,  venne  cantata  dal  porporato  l'ora- 
zione del  santo.  In  fine  la  sagra  ceremo- 
nia  ebbe  compimento  colla  trina  bene- 
dizione data  dal  cardinale  all'alfollato  po- 
polo ivi  concorso.  S'incominciò  allora  ad 
ammirare  la  vaga  apparatura  di  quel  sa- 
gro tempio,  ricca  di  molti  ceri,  di  ornali, 
di  paludamenti,  di  dorature,  di  fregi,  «li 
trine,  di  statue,  di  lampadari,  di  cornu- 
copie, d'iscrizioni  analoghe  alla  circostan- 
za^ di  medaglioni,  giusta  il  disegno  del- 
l'architetto Giuseppe  Marini".  ÌNel  gior- 
no seguente  nella  medesima  chiesa  si  die 
principio  al  solenne  oliavano  in  onore  di 
S.FrancescoCaracciolo,a  seconda  del  pub- 
blicato nel  n.°43  del  Diario,  con  indul- 
genze concesse  dal  Papa,  cioè  di  7  anni 
e  7  quarantene  per  tu  Ili  gì' in  ter  venuti  al- 
la processione  o  che  visitarono  la  chiesa 
nell'otta  vario, e  plenaria  applicabile  a'de- 
funti  a'eoo fessati  e  comunicali  che  faces- 
sero tal  visita.  Nel  1  ."giorno  ebbe  luogo  la 
cappella  cardinalizia  a  cui  intervenne  il 
sagro  collegio,  con  messa  cantata  da  mg.r 
Della  Porta  patriarca  di  Costantinopoli  e 
vicegerente,  e  con  orazione  panegirica  la- 
tina del  p.  Bevilacqua  chierico  minore,  e 
nelle  ore  pomeridiane  i  Vespe  ri  pontifi- 
cali. Ne'seguenti  7  giorni,  egualmente  nel- 
la mattina  furono  celebrate  messe  ponti- 
ficali, con  orazioni  panegiriche  italiane  di 
eloquenti  oratori,  e  nelle  01  e  pomeridia- 
ne i  vesperi  pontificali,  e  dopo  quelli  del- 
l'ultimo giorno  fu  cantalo  il  solenne  Te 
Demn  in  rendimento  di  grazie  a  Dio.  11 
minuto  dettaglio  di  tutto  si  può  leggere 
nella  citata  Relazione  islorica. 

STENDARDO  DI  S.  PIETRO.  V. 
Stendardo. 

STETTORIO,  Slectorium.  Sede  ve- 
scovile della  1. "Frigia  Salutare  nell'esar- 


S  T  E 
calo  d'Asia,  sotto  la  metropoli  diSinoada, 

creila  nel  V  secolo.  Ne  furono  vescovi,  El  - 
Indio  pel  quale  Mariniano  suo  metropo- 
litano nel  45 1  sottoscrisse  al  concilio  di 
Calcedonia,Paolo  assistè  e  si  firmò  a  quel- 
lo di  Costantinopoli  nel  536  e  al  5.°  con- 
cilio generale  nel  553,  N.  trovossi  al  7.0, 
Germano  all'8.0,  Giorgio  al  conciliabolo 
di  Foziodopo  la  morte  di  s.  Ignazio.  O- 
riens  chr.  t.  r,  p.  849. 

STEWART.  Gran  maestro  e  gran 
Contestabile  del  regno  di  Scozia  e  del  re- 
gno d'Irlanda.  Il  titolo  di  Stewart  di  Sco~ 
zia  (/'.)  è  proprio  dell'  erede  presuntivo 
del  regno  unito  d' Inghilterra  (P.)j  quel- 
lo di  Stewart  d'Irlanda  (^.)  appartiene 
al  conte  di  Shrewsbwy  (F.). 

STILlTAo  STILLI!  A,  «ftjrtfto.Ana- 
coreta  Solitario  (/"''.),  nome  dato  ad  alcu- 
ni i  quali  passarono  una  parte  della  loro 
■vita  in  cima  ad  una  colonna,  mirabilmen- 
te esercitando  la  penitenza  e  la  contem- 
plazione, allo  scoperto  e  sempre  in  piedi 
senza  punto  sedere.  Questa  parola  deri- 
va dal  greqo s/ylos,  colonna:  i  latini  dila- 
niarono gli  stiliti  o  stilliti,  Sancii  Cola- 
wi/mres. DiceMagri  che  tali  servi  diDio  vis- 
sero miracolosamente  per  lungo  spazio  di 
tempo  su  qualche  colonua;  e  che  quella 
di  s.  Simeone  ("/^denominato  Stilila, a- 
■vea  in  cima  un  piano  quadro  di  due  cu- 
lliti per  ogni  lato, ergendosi  d'intorno  un 
riparo  alto  fino  alla  cinta,  o  balaustrata, 
con  una  portìcella  per  potere  uscir  fuori, 
ed  una  scala  di  legno  per  scendere.  Il  det- 
to santo  fu  pur  chiamato  donila, dalla 
■voce  greca  colonna,  onde  in  un  borgo  di 
Costantinopoli  certo  luogo  si  nominò  E 
xocionìum,  il  quale  vocabolo  fu  malamen- 
te interpretato  di  sci  colonne,  perchè  pro- 
priamente significa  colonnato  di  fu  ora  , 
dove  sopra  molle  colonne  era  collocata 
la  statua  di  Costantino  I;  e  perchè  gli  a- 
riani  si  congregavano  in  quel  luogo  a  far 
le  loro  conventicole,  furono  appellati  E- 
xocionitae.  L'istituto  degli  stilili  era  o- 
norato  nella  chiesa  orientale,  per  vivere 
santamente  moltissimi  anni  sopra  colon- 


S  T  I 

ne,  e  perciò  isolati  e  in  situazione  eleva- 
ta e  ristretta. La  storia  ecclesiastica  fa  men- 
zione di  molli  stilili,  e  fra  questi  alcuni 
clin  viveano  nel  li  secolo  dell'era  cristia- 
na. Il  più  celebre  di  tutti  però  fu  s.  Si- 
meone monaco  siriaco  del  4  J<),del  qua- 
le si  narra  che  stette  talvolta  un  anno  in- 
tero ritto  sopra  un  sol  piede:  si  ha  di  Fe- 
derico G.  Lautensacci,  Dissertano  de  Sy- 
meone  S/ylita,  Witembergae  1  700.  Vi  fu 
altro  s. Simeone  [V.)  detto  Stilila  e  il  Gio- 
vanede\  592,  che  visse  pure  in  Siria.  Gli 
stiliti  ivi  continuarono  sino  al  secolo  XII; 
se  ne  trovano  anche  tracce  in  Mesopota- 
mia  verso  il  VI  secolo.  Mg.r  Majelli  ar- 
civescovo d'£mesa,che  compose  una  dis- 
sertazione sugli  stiliti,  e  l'inserì  nell'ope- 
ra delp.Assemani  intitolata,  Ada  sanctO' 
rum  mar ty rum  orienlaliwn  ci  occiden- 
talìum,  Romaei^^,  piova  che  dopo  S. 
Simeone  v'ebbero  sempre  degli  stiliti  in 
oriente  sino  all'impero  de'saraceni  e  dei 
turchi.  La  rigidezza  dell'aria  renderebbe 
impossibile  questa  maniera  di  vita  agli  oc- 
cidentali, nondimeno  s.  Gregorio  diTours 
lib.  8,  e.  1 5,  parla  di  Vulfilaico  che  visse 
qualche  tempo  sopra  una  colonna  nelle 
vicinanze  di  T reveri.  Egli  era  lombardo 
e  stato  discepolo  di  s.  Yrier  abbate  nel 
Limosino.  Vulfilaico  indusse  il  popolodei 
villaggi  vicini  a  rinunziare  al  culto  degl'i- 
doli e  ad  atterrare  la  grande  statua  di  Dia- 
na d'Ardenna,  ivi  onorata  sino  dall'im- 
pero di  Domiziano.  Avendogli  il  suo  ve- 
scovo ordinato  d'abbandonar  quel  teno- 
re di  vita  troppo  austero,  Vulfilaico  ub- 
bidì all'istante  e  rilirossi  in  un  monaste- 
ro: egli  fu  detto  il  solo  Salita  d'Occiden- 
te. L'Adami  nelle  Ricerche  del  Carcere 
Tulliano,  a  p.i  35,  pai  laudo  degli  stiliti, 
dice  che  fiorirono  assai  in  Egitto; ed  il  p. 
Menochio  narra  di  loro  cose  prodigiose, 
Stitorecent.  1  o,  cap.  3  1  :  Dell'ammirabile 
maniera  di  vita  de' monaci  stilili. 

STIMàTBoSTIMMATEj#igiMtf&T. 
Le  cicatrici  delle  ciuque  piaghe  di  Gesù 
Cristo,  fatte  al  suo  adorabile  Corpo  nel- 
la sua  Passione (y.)  e  morte, co'ss.  Chio- 


S  T  I 
di  (V.)  e  colla  ss.  Lancia  (£'.),  nelle  ma- 
ni, ne' piedi,  nel  costalo.  Stimate  e  Stimi- 

te,  si  dice  ancora  per  qualunque  piaga  o 
cicatrice.  Il  vescovo  Sarnelli,  Lettere  ec- 
clesiastiche, 1. 1  o,  Delle  Stimmate  di  va- 
rie Sorti,  e  di  a  nelle  di  s.  Francesco,  ri- 
porta quanto  in  breve  qui  dirò.  Stigma 
è  parola  greca,  e  vuol  dire  nota  impres- 
sa pungendo  con  qualche  cosa  acuta  nel- 
la fronte  o  in  altre  membra; e  dicesi  slig- 
matizo,  pungo  ofar  lostesso  bollando  col 
ferro  infuocato.  Di  due  maniere  era  que- 
sto stimmatizzare.a  perpetua  infamia, o  a 
gloria  di  nobiltà.  Per  ignominia  erano  so- 
liti i  tiranni  stimmatizzare  i  cristiani,nel- 
le  persecuzioni  della  Chiesa.  Usanza  an- 
tica fu  stimmatizzare  la  faccia  de  Servi 
(A^.)  Schiavi  (P.),  come  attesta  Plinio.  I 
servi  ancora  della  pena,  cioè  i  condan- 
nati, si  deformavano  colle  stimmate,  ed 
essi  chiamavansÌ5e/vis//g7Wdtfz'c/',e  talvol- 
ta litlerati,  alane  intesti.  Poiché  la  fac- 
cia dell'  uomo  libero,  con  somma  igno- 
minia e  supplizio,  veniva  con  ferro  caldo 
incisa  con  profondi  caratteri,  e  con  note 
da  non  levarsi  mai,  perchè  si  riempiva- 
no di  polvere  nera  e  di  altro  colore,  e  sic- 
come facevansi  pure  sulla  fronte,  si  dis- 
sero inscriplionesfronlis.  E  perchè  i  cri- 
stiani erano  stimati  come  servi  e  infami, 
erano  in  somigliante  maniera  deformati, 
comesi  può  vedere  in  PouzioDiacono  nel- 
la l'ita  di  s.  Cipriano,  e  nel  Martirolo- 
gio romano  a'22  dicembre,  s.  Flaviani 
prò  Christo  inscriptiones  damnalns.  Co- 
stantino I  nel  pacificare  la  Chiesa  e  rende- 
re pubblico  e  libero  il  suo  culto,  vietò  con 
legge  pena  sì  barbara;  ma  Teofilo  impe- 
ratore eretico  iconoclasta,  ripristinò  tal 
pena,  e  colla  medesima  notò  i  ss.  Teofa- 
ne e  Teodoro  martiri,  comechè  adorato- 
ri delle  ss.  Immagini,  e  stillaudo  ancora 
da'Ioro  volti  il  sangue  li  mandò  in  esilio. 
All'incontro  presso  que'di  Tracia  era  se- 
gno di  nobiltà  aver  note  scritte  sulla  fac- 
cia, ed  anche  i  daci  ed  i  sarmati  erauo  so- 
liti scriversi  note  nella  fronte,  riportando 
di  tutto  le  testimonianze  Sarnelli.  Che  le 
vol,  1  x\. 


STI  33 

stimmate  fossero  insegne  de'brittoni,  l'at- 
testa Tertulliano,  DeFirgin.  veland.  Fu- 
rono anche  i  siri  stigmatici,  ma  non  nel 
volto,  solo  nella  palma  della  mano,  ov- 
vero nella  cew\ce,stigniata  incidebanl  di- 
ce Luciano.  I  gentili  ancora  si  stimma- 
tizzavano seri  vendo  nel  loro  corpo  il  nome 
dell'idolo  e  delle  divinità  che  adoravano, 
empietà  trovata  sul  corpo  di  Gioachim 
re  di  Giudea  ,  ad  onta  che  Mosè  avesse 
proibito  questa  sorte  di  stimmate  o  segni 
agl'israeliti.  Gli  ebrei,  secondo  la  legge  e- 
rano  stimmatizzati  colla  Circoncisione 
(/".),  alla  qu.de  essendo  succeduto  il  bat- 
tesimo, e*.  Paolo  vietando  la  circoncisio- 
ne a'galati  novelli  cristiani, disse  loro:  Ego 
sligmala  DominìJesu  in  corpore  meo  por- 
to, come  suo  glorioso  soldato,  cioè  le  ci- 
catrici come  segni  de'patimenti  delle  per* 
cossee delle  piaghe,  cheavea  ricevute  per 
l'amore  e  la  predicazione  di  Cristo,  glo- 
riandosi quando  si  ricordava  delle  perse- 
cuzioni sostenute  per  la  gloria  della  cro- 
ce e  per  la  libertà  evangelica.  Il  concilio 
di  Lambath  chiamò  sligmala  la  corona 
clericale.  Alcuno  del  basso  popolo  in  al- 
cuni luoghi  si  fi  marche  o  punture,  che 
riempie  d'inchiostro,  e  di  colore  rosso  o 
turchino,  nelle  braccia,  e  restano  incan- 
cellabili. Anche  Cancellieri,  nella  Disser- 
tazione sopra  le  ss.  Simplicia  ed  Orsa, 
parla  delle  stimmate  impresse  ne'  volti, 
dell'inustione  ignominiosa  delle  stimma- 
te, come  usavasi  colla  ciurmaglia  e  cogli 
schiavile  dell'escoriazione, come  tormen- 
ti patiti  da'ss.  Martiri,  citando  i  seguenti 
autori  che  ne  trattarono.  Teofilo  II ay- 
naud,  De  stigmalisnio  sacro,  et  profano, 
nel  1. 1 3  di  sue  Opere.  Pottero,  De  homi- 
nibtts stigmate elcauterio  nolatis,  I.  \,Ar- 
cheol.Attic.  e.  1  o.  J.  Moebio,  Diss.  de  ho- 
minibtis  stygmate  itisi gnhis^'psme  1 687. 
G.  Lemejero,  Dissert.  de  nolis,  et  stigma- 
tibns,  in  Dier.Genial.  decad.  1,  Zutphao 
1696.  C.  Haseo,  Dissert.  de  stigmate  ve- 
tenuti,  Bremae  1704-  G.  Agostino  Grò- 
belio,  Observalio  exhibens  stigmalismon 
veterum,  lam  graecotum,  anam  Ialino- 
3 


34  STI 

rum,  t.  io  Mise.  G.  Gottlieb  Derlingio, 
Commentario  de  sci  vis  lilteralis,  Halae 
17  io:  Commenlalio  de  modo  inurendi 
}ligmata,\\z\aei']io.G.  F.  Dresigio,  De 
ususlìgmalumapudveteres,Lìpsìaeij33. 
Stigmatici  confessores,  an.  257  in  Afri- 
cac  Christ.,  et  an.  3 1 5,  t.  2,  di  Morcelli. 
Gotlifredo  B.  Casseburgio ,  Dissert.  de 
sligmalibusservorum,B.eg\ovaon[ei'j3o. 
De  excorialione  apud  Persas  usila  la  Pe- 
trus Panimus  ad  lib.  2  Basilio  Seleucen- 
sis.  De  Vitae  s.  Theclae.  Inoltre  Cancel  - 
Meri  tratta  pure  della  crocefissione,  alito 
martirio  dato  a'eoufessori  della  fede  (del 
qual  supplizio  parlai  a  Croce),  ricordan- 
do questi  scrittoli.  G.  Schmid,  Dissert.  de 
supplicio  CV»m,Jenaei658.  J.  Moebio, 
Dissert,  de  Crucis  sùpplicio, U])s\ae  1 689. 
G.  L.  Goldnero,  Dissert.  de  Cruce,  diris- 
simo veterani  supplicio,  Gerae  1 693. Del- 
la perforazione  delle  mani  e  de'piedi,  cita 
N. Fontana  nell'opera  diBartolini, Z>eCn«- 
ce:  De  suspensione  de  manu,  etpede,  lin- 
eo perforali  s.  Nelle  Dissert.  Epist.  Biblio- 
grafiche^ p.  386diceiidodegl'istruruen- 
ti  del  martirio  chiusi  ne'sepolcri  de'ruar- 
liri,  de'ferri  e  de' chiodi  co' quali  erano 
stati  confitti  diversi  de'medesimi,  e  perciò 
tutti  stigmatizzali.  Ritornando  a  Sarnel- 
li,  che  nel  t.  4,  leti.  3?.:  Delle  sagratissi- 
me  stimmate  del  gran  patriarca  s.  Fran- 
cesco, dichiara  che  le  sagre  stimmate  di 
s.  Francesco  d'essisi  (/'.)  fondatore  del 
benemerentissimo  ordine  Francescano 
(F.),  sono  diverse  di  tutte  le  altre,  poi- 
ché peli. °neh  223  meritò  di  ricevere  per 
singolare  privilegio  da  Gesìi  Crocefisso 
sopra  il  suo  corpo  l'impressione  perma- 
nente delle  sue  cinque  piaghe,  delle  ma- 
ni,de'piedi,  del  costato.  Questo  spettaco- 
lo mise  in  s.  Francesco  grandissimo  stu- 
pore, ed  una  gioia  mista  di  tristezza  riem- 
pì il  suo  cuore.  Pertanto  restarono  aper- 
te nel  suo  corpo  le  5  trafitture,  e  la  pia- 
ga de!  costato  particolarmente  giltava 
spesso  sangue  vermiglio  che  bruttava  la 
sua  tonaca,  nelle  mani  e  ne'piedi  essen- 
do rilevale  e  nere  le  teste  degl'impressi 


ST  I 
chiodi.  L'  umile  s.  Francesco  usò  gran- 
dissima Cina  per  togliere  alla  conoscenza 
degli  uomini  ciò  ch'era  meravigliosamen- 
te in  lui  avvenuto  S'inviluppava  le  ma- 
ni con  lunghe  maniche,  e  cuopriva  i  pie- 
di con  lunga  tonaca;  inoltre  porta  va  cer- 
ti calzari  falligli  da  s.  Chiara  e  con  tanta 
industria,  che  la  superiore  parte  copri- 
va il  cappello  dell'impressione  de'chiodi 
de'suoi  piedi,  e  la  inferiore,  innalzandosi 
alquanto  le  punte,  perciò  non  gl'impedi- 
vano  di  camminare.  Malgrado  tante  pre- 
cauzioni, molte  persone  videro,  ancor  vi- 
vo il  santo,  le  piaghe  miracolose  impres- 
se sopra  il  suo  corpo,  i  chi  odi  di  carne  nel- 
le mani  e  ne'piedi,  come  pure  il  lato  aper- 
to, e  ne  aveano  anco  toccate  le  piaghe;  e 
moltissime  sono  le  certissime  testimonian- 
ze,che  dopo  la  beata  sua  morteegualmen- 
te  molti  ammirarono,  baciarono  e  tocca- 
rono le  sante  e  prodigiose  piaghe.  Già  io 
nel  voi.  XXVI,  p.  64  e  seg.,  narrai  il  ri- 
cevimento portentoso  delle  stimmate  di 
s.  Francesco,  e  come  poco  dopo  la  sua  mor- 
te le  certificarono  Gregorio  IX,  il  quale 
pubblicò  contro  alcuni  boemi  che  invoca- 
vano in  dubbio  il  fatto,  e  il  vescovo  d'Ol- 
mutzche  negava  doversi  dipingere  il  san- 
to colle  sagre  stimmate,  una  ietterà  apo- 
stolica in  cui  riprendendoli  attesta  la  ve- 
rità del  miracolo,  sulla  conoscenza  e  inti- 
mità personale  ch'egli  ne  avea  e  su  quel- 
la che  ne  aveano  parecchi  cardinali;  Ales- 
sandro IV,  che  dichiarò  in  un  sermone  di 
aver  veduto  egli  stesso  le  stimmate  sul  cor- 
po del  santo  ancor  vivente,  e  l'udì  e  già 
l'avea  appreso  da  Gregorio  IX,  il  dottore 
e  cardinale  s.  Bonaventura  che  ne  scrisse 
la  vi  ta,e  prescrisse  di  celebrarne  la  memo- 
ria; Nicolò  111  e  Nicolò lV,che conferma- 
rono il  decreto  di  Alessandro  IV;  Bene- 
detto XI, eh  e  proponendosi  d'eccitare  nei 
cuori  un  piùardenteainoreper  GesùCro- 
cefisso,  istituì  la  festa  di  commemorazio- 
ne con  officio  proprio  in  onore  delle  stim- 
mate di  s.  Francesco,  con  solenne  rito  (nel 
1  3  >4  circa  in  Assisi  con  islupore  osservò 
ie  sagre  stimmate  ancor  vive  e  fresche,  il 


S  T  I 

celeberrimo  cardinal  Al  borito/,  esclaman- 
do che  il  solo  s.  Francesco  basta  a  confer- 
mare la  religione  di  Cristo;  e  nel  secolo  se- 
guente pure  le  venerò  il  valoroso  Fran- 
cesco Sforza,  stupefatto  dal  fragranteodo- 
re  e  in  vedere  palpabile  il  corpo,  con  l'im- 
pressione alle  mani  e  a' piedi  di  chiodi  neri 
e  rilevali,  e  la  piaga  del  costato  sembrare 
una  rosa  vermiglia);Nicolò  V,che  vide  coi 
propri  occhi  e  in  compagnia  d'  altri  nel 
i44q  il  corpo  del  santo  e  le  sue  stim ina 
te,  e  la  ferita  del  costato  colorita  di  san- 
gue; e  il  simile  Sisto  I V. che  nel  i  4  ^"8  toc- 
cò colle  proprie  mani  e  baciò,  e  ite  estese 
la  fesla  (Galeotto  Betocchi  personaggio 
d'Assisi,  per  ultimo  venerò  a'  i  8  novem- 
bre i  Sfoq  il  sagro  corpo  che  ancor  pareva 
vivo,  con  occhi  aperti  e  le  piaghe  belle: 
di  Sisto  V  si  vogliono  le  paiole,  che  del- 
la commemorazione  delle  sagre  Stimma- 
te si  leggono  nel  Martirologio),  difenden- 
dole come  dirò  siccome  singolari;  Paolo 
V,  che  la  rese  universale  a  tutta  la  Chiesa 
a' i  7  settembre;  e  Clemente  XI V,  che  dal 
rito  semidoppio  minore  l'elevò  al  doppio, 
uflizioe  messa.  Dissi  dove  si  veDeraoo am- 
polle di  saligne  uscito  dalle  stimmate,  co- 
me dall'  A rcicon fraternità  dille  sagre 
Stimmate  (^'.),iu  uno  a  molle  altre  noti- 
zie. Vedasi  il  p.  Flaminio  da  Lalera,  /  e- 
ntas  impressionis  ss.  Sligmatum  in  cor- 
poreseraphicis.  Francisci,  RomaeiySG. 
Il  bealo  corpo  con  autorizzazione  di  Pio 
VII  fu  ritrovato  a'7  novembre  18  1  8  nel 
i.°  tempio  della  basilica  di  s.  Francesco 
d'Assisi,  ma  in  ischeletro,  ed  alcune  parti 
rivestile  di  particelle  rilucenti  e  cristaliz- 
zate,  le  quali  cristallizzazioni  furono  giu- 
dicate calcaree  e  prodotte  dall'umido,  che 
può  essere  penetrato  dal  monte  nell'ur- 
na; quindi  Pio  VII  col  breve  Assisiensem 
basilica  m,  de'  5settembrei8  20,  Bull.  Rorn. 
coni.  1. 15,  p.  32i,  dichiarò  solennemen- 
te, che  il  corpo  trovato  solto  l'aliare  mag- 
giore della  basilica  patriarcale  d'Assisi  dei 
Dimori  conventuali  è  veramente  il  corpo 
dei  p.  s.  Francesco  fondatore  dell'ordine 
de'minori,  ed  essere  certa  1'  identità.  Su 


STI 

questo  ritrovamento  posseggo  le  seguenti 
opere.  De  invento  corpore  divi  Francisci 
ordinis  minorimi  parenlis,  RomaeiS  1  9 
Senlcnliae  clictae  a  procuraloribus  gene- 
ralibnsfamiliarumFranciscalium  in  cau- 
sa inventi  corporis  s.  Francisci ord.  mi- 
nor.  parenlis, annotaliones  subjecilFran- 
ciscus  Guadagnila  awoc,  RomaeiSao. 
Notizie  sull'invenzione  e  verificazione  del 
sacro  corpo  di  s.  Francesco  d'Assisi  ai 
1  2  dicembre  1818  sotto  l'altare  maggio- 
re della  patriarcale  d  '  Assisi,R.OU)a  t8  2  0 . 
Descrizione  ragionata  della  sagrosanla 
patriarcale  basilica  e  cappella  papale 
(di  cui  ho  pure:  Caeremoniale  Benedicti 
XI F,  Piomaei  7  54)  dì  s. Francesco  d' . ■!■>■ 
sisi,  nella  (piale  recentemente  si  è  rilro' 
vaio  il  sepolcro  e  il  corpo  di  sì  gran  san- 
to, e  delle,  pitture  e  sculture  di  cui  va  or- 
nato il  medesimo  tempio, umiliala  alla  S. 
diN.S.  P.  Pio  VlIdalVavv.  Carlo  Fea 
commissario  delle  antichità,  Roma  1820 
con  rami.  Antonio  M.a  Latini,  Orazione 
pel  ritrovamento  della  sagra  spoglia  del 
serafico  p.  s.  Francesco  d' Assisi,  Homi 
182  1. 

Ne'secoli  appresso  Gesù  Cristo  si  degnò 
i  in  primere  le  sagre  stim  mate  a4  san  te  mo- 
nache, di  cui  vado  a  tenere  proposito,  3 
delle  quali  domenicane.  Narrano  Riualdi 
all'annoi  34o,n.79,eSarnelli,che  in  quel- 
l'anno s.  Gertrude  vergine  che  dimorava 
in  un  monastero  situato  nella  terra  Delfe- 
se,mentre  meditava  con  divotocuorei  mi- 
steri della  passione  di  Gesù  Cristo,  s'acce- 
se per  modo  dell'amor  divino,  che  fu  fat- 
ta degna  di  ricevere  a  somiglianza  di  lui 
le  stimmate,  come  riferisce  Giovanni  di 
Leida  carmelitano  nella  Cronaca  Belgi- 
ca. La2.nsauta  che  ricevè  questo  privile- 
gio è  s.  Caterina  duSiena  domenicana  del- 
l'ordine de'  Predicatori,  morta  neh38o 
in  Fvoma,  e  sepolta  nella  Chiesa  di  s.  Ma- 
riasopraMìnerva  (uel  quale  articolo  dis- 
si nella  cappella  del  ss.  Rosario:  ora  mi 
gode  l'animo  d'avvertire  con  di  vota  com- 
piacenza, per  le  benemerenze  della  san- 
ta colla  Sede  Apostolica,  che  pe'  gran- 


36  S  T  I 

diosi  l'istauri  che  in  dello  tempio  si  van- 
no ultimando,  e  de'  quali  feci  parola  a 
Predicatori  ordine,  tempio  ch'è  l'unico 
di  siile  gotico  che  abbia  Roma,  che  m'i- 
struisce il  n.°238  del  Giornale  di  Roma 
del 1 854.  che  anco  l'altare  maggiore  si 
\aa  rinnovare, e  sotto  in  ricca  urna  sarà 
per  disposizione  de!  regnante  Pio  I X  col- 
locato il  corpo  di  s.  Caterina  da  Siena, che 
al  presente  giace  nell'altare  laterale  a  de- 
stra; e  che  il  Papa  a' 17  ottobre  si  recò 
a  vedere  i  magnifici  lavori  eseguili  nella 
chiesa,  esternando  la  sua  alta  approva- 
zione, eziandio  pe'dipinti,  che  armoniz- 
zando collo  stile  architettonico  della  me- 
desima, coprono  la  tribuna  e  le  voi  te, come 
ancora  perle  moltissime  opere  fatte  a  sca- 
gliola, e  finalmente  pel  modello  della  sta- 
tua di  s.  Gio.  Battista),  di  cui  riferisce  Sar- 
neìli  si  legge  utlBreviario  Romano ,che  in 
Pisa  comunicata  e  rapita  in  estasi,  vide 
il  Signore  Crocefisso,  che  a  lei  veniva  cou 
gran  lume,  e  che  dalle  sue  piaghe  discen- 
devano 5  raggi  a  5  luoghi  del  suo  corpo,ed 
ella  accortasi  del  mistero  pregò  il  Signo- 
re, che  le  cicatrici  non  apparissero;  e  cos\ 
avvenne  perchè  nella  santa  umiltà  per- 
severasse. 11  Novaes  nella  Storia  de' Pon- 
tefici viporla  laquestione  delle  sagre  stim- 
mate, che  compendiata  riprodurrò.  Sisto 
IV  osservandola  calda  disputa  e  forte  con- 
troversia eccitala  fra i domenicani  e  fran- 
cescani sulle  stimmate,  che  i  primi  affer- 
mavano, e  negavano  i  secondi  sostenen- 
do che  il  Redentore  soltanto  le  concesse 
a  s.  Francesco,  il  Papa  con  bolla  del  1 472 
(presso  il  Castellini,  De  Inquis.  miracu- 
lor.  iti  App.  de  stìgmalib.  s.  Cathar.,  p. 
225),  vietò  sotto  pena  di  scomunica,  al 
solo  Papa  riservata,  di  predicare  o  dire, 
che  s.  Caterina  fòsse  dalle  sagre  stimma- 
te insignita, e  di  dipingerne  con  esse  l'im- 
magine (rileva  il  [).  Beuofìì,  Storia  mino- 
ritìca,  p.  200,  aver  dichiarato  Sisto  IV, 
chePiolI  nella  bolla 3J isericordias  Domi- 
R^de'ag  aprile  1 461,  Bull.  Rorn.  t.  3,  p. 
j  o5,  della  canonizzazione  dellasanta,  non 
fa  alcuna  menzione  delle  ricevute  stim- 


S  T  I 

male,  e  però  sotto  pena  di  censure  coman- 
dò di  desistere  dal  pubblicarle  dal  pulpi- 
to, e  dipingerle  nelle  di  lei  immagini,  e  di 
cancellare  le  dipinte,  fintantoché  non  ve- 
nissero approvate  dalla  s.  Sede).  Un'altra 
bolla  pubblicò  nel  \^r]5,  nella  quale  Sisto 
IV  impose  a'contumaci  pene  maggiori,  di- 
chiarando insieme,  che  di  niun  altro  san- 
to, fuori  di  s.  Francesco,  si  potesse  pre- 
dica re  di  avere  ricevuto  le  stimma  le,  e  che 
la  sola  immagine  di  questo  si  potesse  con 
esse  dipingere  e  scolpire,  giacché  di  esso 
solo  si  era  ciò  concesso  dalla  s.  Sede.  Es- 
sendo poi  supplicato  dal  p.  Leonardo  da 
Perugia  generale  dei  domenicani  ,  a  so- 
spendere tali  pene  sino  al  capitolo  gene- 
rale che  si  dovea  tener  a  Perugia,  Sisto 
IV  le  sospese  col  breve,  Tuis  in  liac,  dei 
5  febbraio  1476,  Bull.  Ord.  Praedicat. 
t.  3,  p.  596,  e  diretto  al  generale  raede- 
siniOjOrdinandonel  tempo stesso,che  l'im- 
magini di  s.  Caterina  dipinta  colle  stim- 
mate non  si  potessero  esporre  al  pubbli- 
co. Ricorsero  quindi  i  domenicani  al  suc- 
cessore Innocenzo  VI  II,  il  quale  col  bre- 
ve Cuin  dudum, de'  16  luglio  1490,  Bull. 
Ord.  Praedicat.  t.  4,  p-  66,  diretto  al  p. 
Gioacchino  Turriani  generale  de'dome- 
nicani,  lasciò  in  vigore  l'altro  di  Sisto  IV, 
perciò  che  riguarda  il  dipingere  di  nuovo 
le  im  magi  ni  della  san  taccile  stimma  te;tna 
nello  stesso  tempo  comandò,  che  si  potes- 
sero conservare  le  già  fatte  con  tali  segni, 
acciocché  i  fedeli  col  vederli  togliere  non 
credessero  che  i  domenicani  gli  avessero 
voluti  ingannare  (il  p.Benofiì  con  venendo 
che  Iunocenzo  VIII  moderò  il  divieto  e 
lasciò  intatte  le  5  cicatrici  all'immagini 
preesistenti  di  s.  Caterina, aggiunge  che  i! 
successore  Alessandro  VI  spiegò,  che  le 
stimmate  della  santa  non  si  pingessero  coi 
colori  rossi  e  di  sangue,  ma  con  segni  do- 
rati e  lucidi,  per  ispiegare  l'interno  dolo- 
re palilo  dalla  medesima). Frattanto  i  do- 
menicani con  diverse  scritture  sostenne- 
ro le  stimmate  di  s.  Caterina,  come  il  p. 
Anlis,  Disputano  prò  s.  Catherinae  Se- 
nensis  imaginibus,  Valentiae  1  597  (poi 


ST  l 
ÀntuerpiaeiGi  i),  eli 'è  traduzione  dallo 
spagnuolo,  nella  cui  lingua  l'avea  pubbli- 
cata nel  1 583inValenza  eBarcellona. Tor- 
nata dunque  in  vita  la  controversia  tra  i 
domenicani  e  francescani,  vedendo  Cle- 
mente Vili  che  molti  domenicani  con 
Martino  de  Prado,  Opime,  de  stigmalibus 
s.  Catherinae  quaest.,  dicevano  permesse 
le  stimmate  di  s.  Caterina  da  s.  Fio  V,  fe- 
ce esaminare  la  dispula  alla  congregazio- 
ne de' riti,  indi  colla  bolla  Cum  siati,  dei 
27  novembre  1399,  Bull.  Orci.  Praed.  t. 
5,  p.  66,  diretta  a  tutti  i  vescovi,  impo- 
se su  ciò  silenzio  a  francescani  e  domeni- 
cani, sempre  più  impegnati  in  questa  li- 
te, (incile  la  controversia  non  fosse  decisa 
da  detta  s.  congregazione.  Nondimeno  se- 
guitarono molti  scrittori  a  sostenere  le 
stimmate  di  s.  Caterina,  e  lo  narra  Lam- 
berlini,  De  Canon,  ss.  lib.  4>  Pai'-  2>  caP- 
8,n.°7,  come  fece  il  p. Gregorio  Lombar- 
delli, De  veritate  stigmalum  s.  Calheri- 
ìiaeScnensis,ed  il  Sommario  della  dispu- 
ta delle  stimmate  di  s.  Caterina  di  Sie- 
na, i vii 601.  Finalmente  Urbano  Vili  ai 
1  Gfebbraio  1  63o  tolse  la  controversia,  af- 
fermando che  s.  Caterina  in  Pisa  avea  ri- 
cevuto le  stimmate  dal  Crocefisso  Signo- 
re, nella  5.a  lezione  che  compose  per  l'uf- 
fizio della  santa  e  introdusse  nel  brevia- 
rio romano  a'3o  aprile.  Laonde  France- 
sco Buoni  esegui  pubblicò  nel  1 6\o  inSie- 
na: //  trionfo  delle,  stimmate  di  s.  Cate- 
rina da  Siena.  Dipoi  Benedetto  XI II  ai 
18 giugnoi  727  concesse  che  nel  [."apri- 
le tutto  l'ordine  de'predicdtori  potesse  far 
l'uffizio  di  queste  sagre  stimmate,  le  qua- 
li si  dovessero  ancora  inserire  nel  2.0  not- 
turno dell'uffizio  della  santa.  Dell'uffizio 
delle  stimmate  accordò  inoltre  a'22-set- 
teuibre  l'estensione  alla  diocesi  di  Sieua, 
e  poi  a'2 5 settembre  1  728  a  quella  di  Pi- 
sa. Il  p.  Benolli  dice  col  rito  doppio  l'uf- 
fìzio e  messa,  a  tutto  il  clero  e  stati  di  To- 
scana, dell'impressione  delle  sagre  stim- 
mate nel  corpo  di  s.  Caterina  da  Siena, 
che  il  Bercastel,  Scoria  del  cristianesi- 
mo 1. 18,  §  292,  chiama  favore  tutto  ce- 


STI  37 

leste,  ed  uno  de'più  straordinari  nell'or- 
dine slesso  delle  cose  soprannaturali.  La 
3."  a  ricevere  questo  segnalato  privilegio, 
fu  la  b.  Lucia  da  Nami  del  3.°  ordine  di 
s.DomenicOjCome  riportano  Sarnelli  eRi- 
naldi all'anno  i5oo,  n.°58,  dicendo  che 
questa  vergine  risplendè  in  Italia  illustre 
per  sanlilà,  la  quale  ebbe  a  somiglianza 
di  Cristo  le  stimmate,  affermandolo  Tri- 
temio  nella  Cronaca,  ed  Enrico  d'Insti- 
tore  nel  Trattalo  contro  Pokard.ove  pro- 
va la  verità  della  fede  cattolica  conferma- 
ta con  molti  miracoli,  e  testifica  d'averle 
vedule  e  palpate  mentre  era  inquisitore,  e 
lo  stesso  asserì  con  pubbliche  lettere  Er- 
cole II  duca  di  Ferrara,  ove  morì  nel  mo- 
nastero da  lei  fondato,  a'i5  novembre 
i  5  \  \.  Osserva  Sarnelli,  che  però  ninno 
spiega  se  le  stimmate  furono  sole  cicatri- 
ci o  vi  erano  anche  i  chiodi,  che  stima 
privilegiosingolaredis.  Francesco  Si  può 
vedere  il  suddetto  gesuita  p.Raynaud,  Z?e 
sligmatismo  sacro,  che  ne  tratta.  Leggo 
in  Novaes,  e  come  già  accennai  a  Narm, 
che  la  b.  Lucia  ricevè  da  Cristo  le  sagre 
sti minate  meditandone  la  passione,  nelle 
mani,ne'piedi,nel  costa to,e che  le  riconob- 
be Clemente  XI  col  breve  Ex  injuncto, 
de'2ti  marzo  1710,  Bull.  /Ioni.  1. 1  o,  pai*. 
1,  p.  23  1,  approvandone  il  culto  imme- 
morabile,e  si  può  vedere  Lamberlini,  De 
Canon,  ss.  lib.  2,  cap.  i\,  n.°i  t  r.  Pub- 
blicando poi  nel  novembre  1738  i  dome- 
nicani del  couvento  di  Palma  nel  regno 
di  Majorca  certe  conclusioni  dedicate  al- 
lah. Lucia  colla  sua  immagine  e  le  s.  stim- 
mate, i  francescani  di  quella  città  preten- 
dendo che  per  la  bolla  di  Sisto  IV  era  vie- 
tato stampare  o  dipingere  immagini  san- 
te colle  sti  in  mate,tranne  quella  di  s. Fran- 
cesco, ricorsero  al  vescovo  di  Palma  per- 
chè sospendesse  le  conclusioni,  ed  egli  lo 
fece  con  decreto  del  1  5novembre  sotto  pe- 
na di  scomunica  a  tenore  dell'assetta  bol- 
la. I  domenicani  si  appellaronoalla  s.  Se- 
de, onde  commessa  la  controversia  alla 
congregazione  de'rili,  fi  da  questa  deci- 
so con  decreto  de'2  3  gennaio  1  7  4°>pi'e>so 


38  STI 

Lambertini  n.ci  i4,chela  b.  Lucia  si  po- 
teva pubblica  mente  espone  culle  sii  rama- 
te patenti  e  visibili.  Divenuto  Lamberti- 
ni benedetto  XIV,a'22  settembre  1742 
levale  le  seconde  lezioni  del  comune  del- 
le Vergini,  asseguato  colla  messa  alla  bea- 
ta da  benedetto XIII  neh  729  perle  dio- 
cesi di  Ferrara,  Narui  e  Viterbo,  ne  ap- 
provò le  proprie,  nelle  quali  si  fa  memo- 
ria delle  stimmate  di  sangue  ricevute  da 
Gesù  Cristo  in  Viterbo,  dove  erasi  fatta 
monaca  nel  monastero  di  s.  Tommaso , 
colle  quali  veramente  si  vide  in  Ferra- 
ra nei  1  7  1  o,  quando  ne  fu  trovalo  incor- 
rotto il  corpo  per  recidergli  una  gamba 
per  Narni  sua  patria.  Finalmente  la  4-a 
santa  che  ricevè  le  sa«re  stimmate  ès.Ca- 

o 

terina  Ricci  fìorentina,che  nel  1 535  vestì 
l'abito  del  3.°  ordine  de' predicatori  nel 
monasierodi  s.  Vincenzo  in  Pialo,  in  cui 
d'anni  i5  fu  falla  priora, e  di  68  morì  ai 
2  febbraio  i5go,  dopo  aver  ricevuto  in 
vita  le  sagre  stim  mate  daCristo,e  nel  volto 
l'immagine  dello  stesso  balvatore,  come 
apprendo  da  Novaes,  che  riporta  gli  scrit- 
tori di  sua  vita.  Clemente  XII  solenne- 
mente la  beatificò  nel  1732  colla  bolla 
In  Apostolicae,<\e\  1  ."ottobre,  Bull.  Boni. 
t.  1 3,  p.  3o  1 ,  concedendo  l'uffizio  e  messa 
per  Firenze  ove  nacque,  per  Prato  ov'è 
il  corpo, e  per  l'ordine  domenicano;  ap- 
provando poi  le  lezioni  proprie  del  2.0 
notturno,  nelle  quali  si  fa  memoria  d'a- 
ver ricevuto  da  Gesù  Cristo  l'anello  del  ■ 
ìoSposalizio,  e  le  sagre  stimmate  visibili. 
Benedetto  XI  V  a'29  giugno  1  746  solen- 
nemente la  canonizzò  colla  bolla  Ad  mi- 
piialejpvesso  il  suo  Bull.  t.  2,  p.  i  o4-Cle- 
mente  XIII  estese  l'uffizio  e  messa  ai  ge- 
suiti con  rito  doppio,  ed  alle  monache  di 
Prato  aggiunse  alla  3.'1  lezione  del  2. Not- 
turno la  memoria  della  traslazione  nella 
cappella  del  monastero  a'2  5  ottobre  1766, 
e  di  farne  dire  la  messa. 

STIMMA  TE  DI  S.  FRANCESCO.  V. 
Stimate. 

STI  RI  A.  Paese  della  parte  ceti  tra  le  del- 
l'impero d'Austria  con  titolo  di  ducato, 


S  T  I 

confinante  coll'arciducato  di  Austria,  la 
Ungheria,  la  Croazia  civile, e  l'Illiria.  La 
parte  settentrionale  è  coperta  dalle  Alpi 
Noriche,  la  centrale  dalle  Alpi  Stirie,  e 
la  meridionale  da  un  ramo  delle  Alpi  Car- 
me. La  Stiria  in  generale  è  un  paese  mon- 
tuosissimo, né  visi  trovano  quasi  pianu- 
re ;  le  massime  valli  stanno  nella  parte 
centrale  alle  falde  delle  Alpi  Stirie.  Ap- 
partiene al  bacino  delDanubio,  innaffiala 
dalla  Tra  un  e  dall'Ens,  dalla  Muhr,dal- 
la  Raab,  dalla  Drava  e  dalla  Sava.  Vi 
sono  una  moltitudine  di  laghetti,  fra'qua- 
li  l'Alien  Aussee,ilGrundel-See,  il  Wild- 
See.  Salubre  n'è  il  clima  che  le  monta- 
gne rendono  alquanto  freddo,nel  lato  me- 
ridionale essendo  più  dolce.  Le  produ- 
zioni vegetali  bastano  a'bisogni  del  paese, 
per  l'abbondanza  de'cereali.  Danno  gli 
stiriani  una  cura  particolare  a'  piati,  sì 
naturali  che  artifiziali,  essendo  l'educa- 
zione del  bestiame  un  ramo  importante 
della  loro  economia  rurale,  preferendosi 
all'agricoltura,  nondimeno  è  molto  sce% 
mata  dall'ultimo  secolo  in  poi.  I  fiumi  e 
i  laghi  abbondano  di  pesci  squisiti,  e  la 
pesca  alirneuta  un  traffico  attivo,  tanto 
nell'in  terno  come  col  l'estero.  Ricchissima 
è  la  Stiria  di  minerali;  vi  si  trovano  la- 
vatoi d'  oro  sulla  Drava  e  sulla  Muhr  ; 
vi  hanno  miniere  di  rame,  di  piombo,  di 
ferro,  di  zolfo,  di  zinco  e  di  cobalto.  Lo 
scavo  delle  miniere  di  ferro  è  il  più  im- 
portante. Abbondanti  sono  le  saline  vi- 
cine ad  Aussee.  Havvi  pure  cave  di  mar- 
mo, di  pietra  da  macina,  di  carbon  fos- 
sile. Numerose  sono  le  sorgenti  minerali. 
11  lavoro  de'metalli  è  il  solo  ramo  impor- 
tante dell'industria.  Le  falci  di  Stiria  so- 
no note  a  tutta  Europa,  e  si  contano  circa 
36  manifatture.  Importante  è  pure  l'e- 
sportazione del  bestiame,  ed  attivo  è  il 
commercio  di  transito. La  popolazione  su- 
pera il 00,000  abitanti,  tedeschi,  slavi  o 
vendi,  italiani,  francesi,  ungheresi,  ec.  La 
religione  cattolica  è  quasi  la  sola  prati- 
cala nel  paese,  ed  i  cattolici  dipendono 
da'vescovati  di  Stcovia  (con  residenza  a 


S  T  O 
Gratz,di  cui  parlai  a  quell'articolo),  Leo- 
ben,  e  La\'ant[Pr.).  L'istruzione  pubblica 
possiede  un  liceo,  una  scuola  filosofica, 
una  scuola  normale,  4  ginnasi  e  altri  sta- 
b  Irnienti.  Ha  la  Stiria  gli  stati  provincia- 
li, che  compongonsi  eli  tre  ordini  :  i  si- 
gnori, i  cavalieri,  le  città  e  borghi.  Il  du- 
cato ha  per  capitaleGratz,  ed  è  diviso  in  5 
circoli: Bruck e  Indenburg  formanti  l'Al- 
ia Stiria;  Cilly,  Gratz  e  Marburg,  che 
compongono  la  bassa  Stiria.  La  Stiria  di- 
pende dalla  corte  d'appello  di  Klangen- 
lurt,  ed  è  Gratz  la  sede  d'una  direzione 
di  polizia.  Ora  va  a  darsi  una  nuova  or- 
ganizzazione amministrativo- giudiziaria 
del  ducato,  che  verrà  diviso  in  3  circoli 
colla  sede  delle  autorità  in  Gratz,  Mar- 
burg eBruck;  la  capitale  prò  vincialeGratz 
resterà  subordinata  immediatamente  al- 
la luogotenenza:  verranno  erette  corti  di 
i.a  istanza  in  Gratz,  Cilly  e  Leoben.  La 
Stiria  che  trovasi  sotto  lo  stesso  coman- 
do generale  militare  dell'Illiria,  possiede 
a  Pettau  la  più  importante  casa  d'inva- 
lidi di  tutta  la  monarchia.  La  parte  o- 
rienlale  di  questo  paese  era  anticamente 
compresa  nella  Pannonia  j  la  parte  oc- 
cidentale nella  JYorica,  ch'ebbe  Cilly  a 
metropoli  sotto  l'impero  romano.  Sono 
questi  gli  antichi  norici,  lodati  per  ospi 
tali tà  e  sincerità.  Dopo  la  dominazione 
romana, vennerogli  avari  ad  abitare  l'Al- 
ta Stiria,  i  vendi  o  venedi  si  stabilirono 
nella  Bassa,  che  più  tardi  assunse  il  no- 
me di  Weudisch  inark.  Carlo  Magno  vi 
stabilì  un  margraviato  ;  essendovi  stata 
riunita  la  contea  di  Steyer  nell'Alta  Au- 
stria, fu  dato  a  tutta  la  contrada  il  no- 
me di  Steyermark,che  in  italiauo  si  disse 
Stiria.  Ottocaro  VI  acquistò  neh  181ÌI 
titolo  di  duca  ,  e  morto  senza  figli  ma- 
schi, il  suo  ducato  passò  neh  192  a  Leo- 
poldo V  duca  d' Austria  (LT.);  altri  di- 
cono la  sola  parte  boreale,  e  neh  483  la 
meridionale vennedefinitivamente  unita 
all'Austria  per  patto  di  successione. 

STOBI.  Sede  vescovile  della  2.a  Ma- 
cedonia, nell'esarcato  del  suo  nome,nella 


S  T  O  3  9 

diocesi  dell'Illiria  orientale,  eretta  nel  1  V 
secolo.  Ebbe  per  vescovi  Bunio  che  nel 
3a5  assistè  al  concilio  Niceno,  Nicola  a 
quello  di  Calcedonia,  Giovanni  al  VI  con- 
cilio generale,  Margarite  sottoscrìsse i  ca- 
noni in  Trullo.  Oriens  dir.  t.  2,  p.  ySt 
STOCCO  e  13ERBETTONE  DUCA- 
LE, Gladium  et  Pileum,  Ensis  et  Gale- 
1  us.  Spada  e  cappello  ducale,che  si  bene 
dicono  solennemente  dal  Papa  nella  not- 
te del  s.  Natale,  e  poi  si  donano  a  so- 
vrani e  prìncipi, od  a  valorosi  e  gl'anca* 
pitani  cattolici,  benemeriti  della  Chiesa, 
e  talvolta  per  eccitarli  a  proteggerla;  si 
donarono  inoltre  per  segnalate  vittorie 
riportale  da  loro,  contro  gl'infedeli,  gli 
eretici,  ed  altri  nemici  della  chiesa  cat- 
tolica, ovvero  che  doveano  affrontarli  e 
combatterli  per  la  difesa  della  fede.  Que- 
sto antico  uso  successe  a  quello  più  an- 
tico d'inviare  o  consegnare  lo  Stendar- 
do di  s.  Pietro  (I.),  decorato  della  sua 
immagine  e  delle  Chiavi  pontifìcie  (^'-), 
a' Sovrani  (/~.ì,  per  obbligarli  a  difende- 
re il  civile  e  l'ecclesiastico  della  s.  Sede, 
od  allorquando  stavano  per  intrapren- 
dere qualche  spedizione  contro  i  nemici 
della  Chiesa.  E  un  insigne,  distinto  e  de- 
coroso donativo  pontifìcio,  e  la  più  alt.» 
ricompensa  cattolica  che  possa  desiderare 
un  guerriero  di  voto  e  amico  della  religio- 
ne^ un  tempo  fu  proprio  degl'imperato- 
ri setrovavansi  inKoma  e  presenti  alla  sa- 
gra funzione  della  notte  del  s.  Natale,  ed 
anche  de're  se  presenti  ad  essa.  Nel  con- 
ferirlo Sisto  IV,  oltreché  lo  disse  antica 
consuetudine, usò leseguenti  parole.»  Aos 
ergo  volentes  (ut  justum  est)  approba- 
las  ss.  Patnun  consuetudines  observare, 
statuimus  le  Principerei  Calholicum,san- 
ctaeque  Sedis  a  Deo  utruinque  gladium 
habentis  filium  devotissimum }  hoc  no- 
stro praeclaro  munere  insignire;  nec  non 
et  hoc  pileOjin  signum  muniminis,  et  de- 
lèusiouis  ad  versus  inimicosfidei,ets.  Bo- 
manae  Ecclesiae,  protegere.  Firmetur  i- 
gitur  mauus  tua  con  tra  hostes  s.  Sedis, 
acChristi  nominis,  et  exaltetur  deitera 


4o  S  T  O 

lua,  cos  veluli  ipsius  assiduus,  ìntrepi- 
dusque  propugnalo!',  de  lena  dolendo; 
et  érmetur  caput  tuum  Spiritus  Sancii 

per  Columbam  figurali  protectione,  ad- 
versus  eos,  in  quos  Dei  j  ustitia,  atque  ju- 
dicium  prò  s.  Romana  Ecclesia,  et  Apo- 
stolica Sede  praeparatur;quod  libi  prae- 
stare  dignetur  idem  Dei  Filius,  qui  cum 
Patre,  et  Spirita  sancto  vivii,  et  regnai 
Deus,  per  infinita  saecula  saeculorum.  A- 
nien".  Lo  stocco  è  una  spada  ricca  e  or- 
nala, con  pomo  d'oro  sull'elsa,  e  suo  no- 
bile fodero  e  corrispondente  cintura,  il 
berrettone  ducale  è  foderato  di  velluto 
in  seta  di  color  cremisi,  decorato  di  pelli 
d'armellino  e  di  perle,  cinto  di  cordone 
e  guarnito  di  ricami  d'oro.  Fra  questi  ri- 
canai  è  nel  mezzo  una  colomba,  simbolo 
dello  Spirito  santo,  formata  dì  perle  o  ri- 
camata in  argento.  Dell'uno  e  dell'altro 
si  donarono  di  diverse  forme,  più  o  meno 
abbelliti  e  ricchi.  Neil'  Optra  omnia  di 
mg.1' Rocca,  sagrista  pontificio,  stampata 
&ollo Clemente  XI, nel  1. 1  ,p.?.07,si  tratta: 
«  Aurea  Rosa,  Ensis  et  Pileum  quae  re- 
gibus et  magnatibus  a  sommo  Pontifice 
benedicla  in  donum  mittuntur.  "  Si  ri- 
porta il  disegno  della  Rosa  d'oro  (I7-), 
e  dello  Stocco  e  Berrettone,  benedetti  e 
donati  da  Clemente  XI.  La  rosa  d'  oro 
ha  nel  basamento  il  suo  pontificio  stem- 
ma, il  quale  forma  il  porno  dell'elsa  del- 
la spada,  tutto  di  elegante  lavoro.  Il  ber- 
rettone partecipa  della  forma  d'un  elmo 
ron  larghe  falde  e  code  ricama  le,nelle  cui 
estremità  sono  ripetuti  gli  stemmi  di  Cle- 
mente XI,  e  pelli  d'armellino  pendenti. 
Lo  stocco  e  il  berrettone  si  conservano  nel- 
la Sagrestia  pontificia,  e  se  non  sono  do- 
nati ogni  annosi  rinnova  la  loro  benedi- 
zione rituale.  Poiché  questa  dimostrazio- 
ne onorifica,  di  speciale  apostolica  bene- 
volenza, viene  santificata  dal  rito  anti- 
chissimo col  quale  si  benedice,  con  signi- 
ficazioni di  gran  misteri,  il  quale  rito  si 
riporta  nel  Sacraruni  cerimonia  runt  s. 
r.  Ecclesia,  composto  da  Agostino  Pa- 
trizi Piccolomini  vescovo  di  Pienza  :  De 


S  T  O 
Ense  in  norie  Nalivitatis  Domini  dando 
etbenedicendoj  non  che  nel  Caeremonia- 
le  Rom amivi  1. 1 ,  §  7,  colla  forinola  della 
benedizione.  Il  Ricci,  De' Giubilei  univer- 
sali, p.  1 5o  e  seg.,  riporta  il  ceremoniale 
con  nuova  forma  usalo  da  Urbano  Vili 
quando  in  Roma  li  consegnò  al  figlio  del 
redi  Polonia.  Il  Papa  prima  recitò  que- 
sta orazione.  »  Omnipolens  sempiterne 
Deus,  praelianlium  fortitudo,  et  trium- 
phantiumgloria,dilectumhuncfilium  no- 
strum Vladislaum  coronalum  scuto  bo- 
nae  voluntatis  tuae  armare  digneris  ga- 
lea salutis,et  diadema  perfecti  decoris  ini- 
ponesuper  caput  ejus, utsaevientibus  pe- 
ricolisi se  in  medio  umbrae  mentis  obijee- 
re  possit  iucolumis  ad  tulelam  fideliutn 
populorum,etgloriamDomiui  nosti'iJesu 
Christi,  Qui  teeum,elc."  Poscia  nell'alto 
di  consegnare  il  berrettone  ducale,  pro- 
nunziò questa  formola.  »  Accipe,  dilectis- 
siine  fili  noster,  pileum  hunc,  aureis  Spi- 
ritus sancii  radiis  micantem,  ubi  canden- 
tes  uniones  non  rapacis  aquilae  crudeli- 
tatem,  sed  pacificae  columbae  iunocen- 
tiam  effingunt.  Cogitare  enin»  debes  bel- 
la, lutu  demum  jusla  esse  cum  non  u- 
surpandi  imperii,autopum  rapiendarum 
cupidine  geruntur,  sed  suscipiuntur  Spi- 
ritus sancto  admoiieute  ad  propaganda  ni 
(idem,  et  ad  stabiiendam  pacem  ,  quae 
relieta  principibus  terrae  fui t  haereditas 
Christi  incoelum  redeuntis.Qui  vivit,ec." 
Indi  lesse  questa  orazione.  »  Omnipotens 
bellator,  qui  tenibilis  es  apud  reges  ter- 
rae, et  dooes  praelianlium  digitos  ad  bel- 
lum,  dileclum  hunefilium  nostrum  Vla- 
dislaum praecinge  gladio  ilio  ancipiti, qui 
profligat  legionis  inferni,  et  militet  cu  in 
eoorbis  terrarum  ad  versus  insensatos,  ut 
molas  leonum  conterai,  et  dentes  pecca- 
torum  confringat,  et  in  splendore  fulgu- 
rantis  haslae  tuae  barbarasnationessub- 
dat  Domino  nostro  Jesu  Christo.  Qui  te- 
cum,  etc.  "  Nel  daigli  poi  lo  stocco,  disse 
la  seguente  formola.  »  Accipe,  dilectissi- 
me  fili  noster  Vladislae,  mucrouem  Do- 
mini, et  gladium  salutismi  fiat  in  dexte- 


STO  STO                       \i 

r.i  virtutis  tuae  innocenlium  tutela,  et  ragione  e  gli  ordini  di  chi  gliela  diede, 
impiorum  flagellnm,  et  ad  gloriara  Dei  ch'è  Dio  capo  e  Signore  di  tutti.  Aggiun- 
omnipotentis  et  s.  Ma  tris  Ecclesiae  illu*  gè  Ricci,  che  l'ornamento  accennato  del 
cescant  coruscationesejusorbi  lerrae.  Ac-  cappello,  cioè  il  candore  delle  perle,  e  la 
cingat  te  gladio  suo  super  foemur  tuum  figura  della  colomba,  dichiarano  quale 
potentissimus,  qui  superbis  resisti t,  hu-  debba  essere  il  capo  e  la  mente  del  prin- 
milibusautem  gratiam  dat,  tuautem  ere-  cipe.  Sul  capo  sagrosanto  del  Salvatore 
bris  victoriis  cole  Deum  exercituurn,  et  si  dimostrò  lo  Spirito  santo,  dal  che  de- 
ullionum  Dominum.  In  nomine  Pati  is,  vono  intendere  i  principi, a'quali  questo 
et  Filii,  et  Spirilus  saneli.  Amen.  "  Dipoi  dono  singolare  si  manda,  che  devono  a- 
riporterò  altri  riti  ed  altre  forinole,  di  doprar  la  spada,  non  secondo  il  dettame 
quelli  cioè  che  ne  fecero  la  consegna  in  dello  spirito  umano  soggetto  all'ira,  ai- 
nome  del  Papa.  Parlando  poi  il  Ricci  dei  l'ambizione  e  all'  avarizia,  ma  dello  spi- 
ni ohi  misteri  e  simboli  che  comprendo-  rito  di  chi  mentre  visse  tra  noi  fu  più  can- 
no lo  stocco  e  il  berrettone  ducale,  citan-  eliclo  delle  perle  medesime,  ed  a  cui  chi 
do  Casalio,  De  valer.  sacr.Clirist.  ril.  e.  serve  regna  e  gioisce.  Tutti  questi  e  al- 
81,  sul  tempo  in  cui  sono  ambedue  be-  tri  significati  si  riportano  ancora  dal  Ma* 
nedetti,  dice  che  nasce  Cristo  per  trion-  gii,  Notizia  de  vocaboli  ecclesiastici,  ai- 
fare  dell'infèrno,  si  accingono  nel  mede-  l'articolo  Lectio,  e  dichiarati  dal  celebre 
Simo  tempo  i  principi  della  terra  ad  e-  cardinal  Polo  in  una  lettera  scritta  al  re 
stirpare  i  suoi  nemici  viventi,  e  massime  e  regina  d'Inghilterra,  a'quali  Giulio  III 
iti  virtù  delia  podestà  pontificia  ,  di  cui  mandò  lo  stocco  e  berrettone,  e  la  rosa 
è  simbolo  questo  stocco.  La  benedizione  d'oro  benedetti,  e  riprodotta  dal  citato 
poi  fatta  nella  notte  o  nel  giorno  stesso  Rocca.  Narrano  Piazza  neìY  Effemeride 
del  Natale  di  Gesù  Cristo,  ricorda  al  prin-  l'aticana,  e  il  Mondelli  nelle  Disserta- 
tala che  riceve  il  donativo,  eh'  egli  non  zioni,  che  Giuda  .Maccabeo  prima  di  ve- 
lia la  podestà  secolare  e  \\jus  della  spada  nire  a  battaglia,  vide  in  sogno  il  sommo 
della  giustizia,  né  da  se  stesso,  né  da'suoi  sacerdote  Onia  che  pregava  a  vantaggio 
popoli,  ma  bensì  da  Cristo  re  e  supremo  di  lutto  il  popolo  israelitico,  e  Geremia 
monarca,  acui  come  potentissimo  fu  data  profeta  che  gli  porgeva  la  spada  d'oro 
la  facoltà  di  cingersene  il  fianco,  colle  pa-  esortandolo  a  combattere  valorosamente 
iole  cantale  da  David  nel  salmo  44 :  de-  contro  i  nemici  :  »  Accipe  sanctuoi  gla- 
cingere  gladio  tuo  super  foemur  tuum  dium  munusa  Deo,  in  quo  deijcies  ad- 
potentissiitte,  come  rilevò  Pio  li  ne'suoi  versarios  popoli  mei  Israel;  "  ilcheav- 
Commentarli  \\h.  5  e  7.  Inoltre  il  p.  Teo-  verossi,  mentre  con  questa  spada  fu  vit- 
fìlo  Ramando,  Natale  Domini  Ponliji-  lorioso  de'suoi  nemici, uccidendo Nicano- 
cis  gladii,  et  pilei  initiatione  solemne,  nel  re  con  3  ^,000  soldati.  Dichiara  Mondelli, 
t.io  Operar,  p.  53j,dà  le  seguenti  spie-  che  significa  lo  stocco  l'infinita  potenza 
gazioni.  L'uso  della  spada  si  dimostra  per  del  figlio  di  Dio,  che  uella  notte  del  suo 
il  cappello  tempestato  di  perle  accomo-  nascimento  prese  carne  umana,  e  al  qua- 
date  in  maniera,  che  rappresentano  una  le  l'eterno  suo  Padre  die  ogni  potere  in 
colomba,  perchè  avendo  il  principe  (se-  cielo  e  in  terra,  e  ch'egli  prima  di  salire 
condo  la  interpretazione  dell'  Apostolo)  al  cielo  comunicò  questo  potere  a  s.  Pie- 
quasi  velata  la  testa  per  l'ubbidienza,  gli  tro  e  suoi  successori,  che  reggere  e  diferi- 
si  dà  con  la  spada  il  cappello  per  dimo-  dere  doveano  quella  chiesa  da  lui  islitui- 
strare,  che  non  altrimenti  a  suocapric-  taecol  proprio  sangue  consagrata. E"  duo- 
ciò  valer  si  deve  della  podestà  della  spa-  que  la  spada  certo  indizio  di  quel  sovra- 
da,  ma  secondo  i  regolati  dettami  della  no  potere  che  lasciò  Gesù  Cristo  a  s.  Pie- 


[\i  STO 

ti  o  e  suoi  successori,  acciò  da  lutti  fosse 
riconosciuto  capo  ili  essa  il  Papa,  e  lutti 
alni  dovessero  prestare  pronta  ubbidien- 
za e  sommissione.  Porta  altresì  la  spada 
il  simbolo  della  giustizia  e  della  pruden- 
za, tonto  necessarie  in  ogni  principe, e  fi- 
lialmente con  nobile  mistero  alla  spada 
si  aggiunge  la  cintura  intcssuta  tutta  d'o- 
ro e  di  gemme  preziose,  per  significare 
il  decoro  e  la  maestà  colla  quale  devono 
i  principi  sostenere  le  loro  funzioni.  Già 
a  Berrettonebe;*edetto,  parlai  di  questo 
cappello  ducale  e  dello  stocco  o  spada  che 
in  tulli  gli  anni  benedice  il  Papa  prima 
di  cominciare  gli  uffizi,  o  celebrare  o  as- 
sistere alla  messa  nella  notte  del  s.  Nata- 
le, per  uso  introdotto  da  Urbano  VI  nel 
1  386,  per  donarlo  a  qualche  sovrano  o 
gran  capitano  benemeriti  della  religione 
cattolica.  Descrissi  l'uno  e  l'altro,  e  che 
si  espongono  nella  slessa  notte  a  conni 
Ztyj,;*/o/rte  dell'aliare  della  cappella  del  pa- 
lazzo apostolico  abitalo  dal  Papa,  ovve- 
ro della  basilica  Liberiana,  se  in  questa 
il  Papa  celebra  la  funzione,  perchè  vi  si 
venerano  le  reliquie  del  Presepio  (^'.)e 
culla,  del  fienoedelIefasciediGesìiCristo; 
ed  il  simile  si  fa  nella  seguente  matliua 
uella  basilica  Vaticana  nel  pontificale.  Ri- 
levai l'origine  del  rito,  a  imitazione  del- 
la prontezza  di  Giuda  Maccabeo  a  difesa 
del  popolo  ebreo  contro  il  generale  del 
re  di  Siria,  colla  spada  che  a  lui  fu  pre- 
sentata in  visione,  e  ricordai  alcuni  au- 
tori che  ne  trattano.  Si  può  di  più  ve- 
dere: Andrea  Iperio,  Dissertalo  de  do- 
nariis  a  Judo.  Maccabeorum  principe  o- 
limHierosolymam  missis,ad  n  Maccab. 
xn,  43,  in  Miscellanea  Duisburgii  1. 1  ,fa- 
scic.3,  p.  453,Amstelodami  e  Duisburgii 
1  736.  Corrado  Ikenio,  ObservatìodeJu- 
da  Maccabeo,  in  ejusdem  Symb.  liler.  t. 
1,  par.  1,  p.  170,  Bremaei  744.  Nel  voi. 
IX,  p.  io  1,  i  06, 1  10,1  1  2,1  16,  descriven- 
do le  pontificie  funzioni  della  nottee  gior- 
no del  s.  Natale,  rimarcai  que'Papi  che 
non  essendo  vi  in  ter  venuti  bened  irono  pri- 
vatamente nella  cappella  loro  domestica 


STO 

Io  stocco  e  berrettone,  come  Innocenzo 
XIII  (neh  722  e  1723,  e  lo  ricavai  dai  n. 
482  e  1000  de  Diari  di  Roma  di  que- 
gli anni,  eseguendola  prima  di  celebrare 
in  privato  la  messa),  e  Clemente  XII  in 
tutto  il  pontificato  (per  la  sua  cecità,  in- 
cominciando dal  1  730,  come  appresi  dal 
n.°2  092  del  Diario  di  Roma,  e  da  quelli 
dei  seguenti  anni).  Che  Clemente  XI  li 
benedì  neh  719  (e  si  legge  nel  n.°  385 
del  Diario  di  Roma)  uella  matliua  e  nel- 
la basilica  Vaticana  avanti  la  messa.  Ri- 
portai come  il  Piipa  o  innanzi  al  Mattu- 
tino (F.), o  avanti  la  messa  delia  notte, 
dopo  aver  assunto  gli  abiti  sagri  sino  e 
inclusive  alla  stola,  nella  Camera  de' pa- 
ramenti (V.)  o  Letto  de' paramenti  (F.) 
del  palazzo  in  cui  risiede,  o  nella  detta  sa- 
grestia Liberiana,  ricevendo  dal  cardinal 
i.°  Prete  (F.)}  l'incenso  che  pone  nel  tu- 
ribolo, l'aspersorio,  quindi  l'iucensiere, 
legge  l'orazione  che  riprodussi,  e  bene- 
dice lo  stocco  e  berrettone,  che  un  pre- 
Iato  Chierico  di  camera  (F.)  in  cotta  e 
rocchetto  (0  in  cappa  se  il  Papa  non  pon- 
tifica nella  messa  e  semplicemente  vi  as- 
siste, ed  il  simile  si  pratica  in  tal  caso  nel- 
la mattina  del  s.  Natale),  avendoli  presi 
da  un  piccolo  tavolino  coperto  di  tova- 
glia con  due  candelieri  con  candele  ac- 
cese, sostiene  genuflesso  la  spada  per  la 
sua  impugnatura  e  il  berrettone  postose- 
la punta  della  medesima,  mentre  al  Papa 
sorreggono  il  libro  e  la  candela  due  Ve- 
scovi assistenti  al  soglio.  Che  il  chierico 
di  camera  in  mezzo  a  due  Mazzieri  del 
Papa  (del  rinnovato  loro  vestiario  par- 
lai a  Spada),  precedendo  avanti  alla  cro- 
ce pontificia,  porta  nella  cappella  o  nella 
memorata  basilica  lo  stocco  con  sopravi 
il  berrettone,  e  giunto  a  comu  Epistolae 
dell'aliare  Io  consegna  ad  un  mazziere, 
che  ivi  lo  sostiene  in  piedi  per  tutta  la 
funzione,  ed  il  chierico  di  camera  gli  sta 
a  fianco,  ed  a  suo  tempo  va  a  sedere  alla 
destra  dell'  uditore  di  rota  della  mitri 
quando  non  sia  in  tonicella  ,  altrimenti 
dall'altro  lato  si  pone.  Raccontai  quanto 


STO  STO                     43 

praticavasi,  se  in  questo  rualtuliiio  era  accompagnamento  del  ricevente  alla  sua 
presente  V  Impero  lo  re  (f.),cui  spettava  abitazione;  laonde  può  dirsi  assolutameli- 
il  donativo,  ovvero  un  Re  o  altro  prin-  teche  pel  donativo  dello  stocco  e  berret- 
cipe,  cui  si  donavano  lo  stocco  e  berret-  tone  non  praticavasi  accompagnamento, 
tone;  a  tal  uopo  per  riceverli  erano  vesti-  come  pretese  Cartari, La  Rosa  d'oro  poti' 
ti  di  cotta,  sopra  di  cui  cingevano  lo  stocco  lificia  p.  3q.  Sul  canto  di  dette  lezioni 
benedetto;  poi  assumevano  il  Piviale  (V.)  e  accennale  ceremonie, si  può  vedere  Mar- 
bianco,  l'imperatore  cornei  vescovi  aper-  tene,/9e  sacriseccl.  rit.  e. 12,  n.°io.  Mo- 
to avanti  il  petto,  oltre  la  stola,  gli  altri  gri  nel  citato  articolo  Leclio.  Sarnelli, 
principi  con  apertura  verso  il  bracci*  de-  Leti.  eccl.  t.  G,  lelt.  1  7  :  Se  /'  imperatore 
slro,  e  il  berrettone  in  testa,  che  si  levava  romano  dee  avere  l'ordine  suddiacono.' 
e  porgeva  ad  un  famigliare  o  scudiere,  le.  Gattico,  Acla  caeremonialia  p.  ji), 
nel  cantare  la  V  Lezione  (/".),  In  otto  nel  quale  leggo:  »  super  pluviale  cintus 
conflietuj  udii  però  l'assumeva  l'impe-  ense,  et  capellum  in  capite,  et  vadit  ad 
latore  mentre  cantava  la  VII  Lezione  osculimi  pedis  Papae  aiuolo  prius  capei- 
{V.)t  Exiitedictum  a  Coesore  Augusto,  lo."  Mabillon,  Musaeum  Italicum,  t.r, 
come  iusegna  ducale  e  pel  quale  lo  so-  pars  altera  p.  256,  Descriptio  advenlus 
steneva  un  suo  scudiere,  in  mezzo  a  due  FridericillIimperatorisadPaulum  Pa- 
cardinali  diaconi,  che  se  non  voleva  dir  pam  li,  ove  pure  si  legge  la  descrizione 
tutta  la  lezione,  bastava  che  la  leggesse  della  funzione  del  mattutino  della  notle 
sino  all'omelia,  seguitando  a  cantare  il  di  Natale,  e  il  donativo  a  lui  fitto  dello 
resto  uno  de'cardinali  diaconi  assistenti,  stocco  e  berrettone,  e  della  VII  lezione 
Prima  però  di  domandare  al  Papa  la  be-  cantata  dall'imperatore,  il  quale  »  su- 
uedmoiìv. co\Jube Donine bene(licti({f\),  pra  togam,  qua  quotidie  Utebatur,  in- 
tanto l'imperatore  die  il  re  o  altro  prin-  dutus  lineam  tunicato,  quam  nominili 
tipe,  collo  stocco  sfoderato  lo  vibravano  coltam,  aliqui  superpellicium  vocant. 
3  volle  toccandola  terra  e  altrettante  voi-  Post  haecslolaraaccepitln  niorem  diaco- 
te  lo  vibravano  in  aria,  insegno  di  ino-  ni  super  bumerum  sinistrum  religatam 
.strai  si  pronti  alla  difesa  dell'  Evangelo  subdextro;  sed  cura  paludamentum  de- 
(/'.),  e  nettandolo  sopra  il  braccio  sini-  inde  album  i Ili  imponerent,  aptarentque 
sito  lo  riponevano  nel  fodero.  Appena  ter-  ejus  apertili  ani  ab  Ini  mero  dextro,  ut  a- 
minato  il  canto  della  lezione,  l'impera-  bis  non  iniliatis  fieri  solet,  renuit  impe- 
lore,  il  re  o  altro  principe  si  spogliavano  rator,  aptavilque  illud  cum  apertura  an- 
del  piviale  e  della  cotta,  e  secondo  il  ce-  te  peclus,asserens  Caesarem  pluvialem  et 
retnoniale  lib.i,  cap.  6,  p.  36,  e  il  Car-  stolam  ad  morem  sacerdotum  gesta  re  o- 
penlier.  in  Benediciti)  Ensis  p.  1  i5,»dein-  portere,atqueita  ut  in  magno  Caesareo 
ile  discendes  associatili"  in  domimi  suae  sigillo  sculptum  vidimus,  ubi  imperator 
habilationis  a  familiaribus,  et  praelatis  in  majestale  sedens  paludamento sacer- 
domesticis  Papae,  et  ab  oratoribus,  et  dotali,  et  subtus  stola  in  crucis  modum 
nobilibus,  qui  voluerint  illuni  honorare.  antepectusornatusimprimitur. Cumdia- 
Servientesarmorum  (i  mazzieri  del  IJa-  coni  stolam,  ut  ille  dixerat,  vellentcom- 
pa)  praecedunt  illum,  qui  ensem  cum  ponere,  respondit  Caesar,  non  opus  esse 
pileo  ante  principem  praefert,  et  in  hoc  quicquam  immutati,  quoniam  id  vide- 
actu  ipsi  debeul  haberépraecipuatn  stre-  retnerao.  Gladium  vero  sacrum  quo  eum 
nam,  sicut  cursores  in  rota.  "  E  vero  che  volebant  accingi,  non  accinxit  :  sed  ar- 
pel  dono  della  Rosa  d'oro,  facendosi  in  migero  suo  jussit  dari,  et  pilleum  cui- 
Homa  dal  Papa  aqualchesovrano  o  gran  dam  ex  astantibus.  Donatur  enim  et  pil- 
personaggio,  avea  luogo  un  più  solenne  leum  quoddam  cum  ensem,  ut  nosti.  " 


44  sto 

Cancellieri,  De  Secreiariis,  ubiritus  o- 
leu  a  di  a  Sacrista  P.  ìli.  prima  vespera 
ti  uocle  Naliv.  Doni,  adslante  Impera- 
tor,  p.  532;  non  che  la  Descrizione  dei 
tre  Pontificali,  cap.  2  :  Benedizione  del- 
lo stocco,  e  funzioni  fatte  da'  re  per  can- 
tare il  principio  della  V  lezione,  e  da- 
gl'imperatori per  cantare  il  principio  del- 
ia VII.  Ritornando  al  narrato  nel  voi. 
1  X, dichiarai  pure  che  terminata  la  messa 
della  notte  del  s.  Natale,  il  chierico  di  ca- 
mera riprende  lo  stocco  e  il  berrettone, 
e  in  mezzo  a  due  mazzieri  Io  riporta  nel- 
la camera  de'paramenti  o  nella  sagrestia 
Liberiana,  seguito  dalla  croce  che  pre- 
cede il  Papa.  Che  nella  mattina  seguen- 
te nella  basilica  Vaticana,  formandosi  nel- 
la cappella  della  Pietà  la  camera  de' para- 
menti, con  improprio  vocabolo  chiamata 
capannone,  sopra  un  tavolino  con  tova- 
glia si  pone  in  mezzo  a  due  caudellieri 
con  candele  accese  lo  stocco  e  berretto- 
ne benedetti,  ed  al  partirsi  della  proces- 
sione per  l'alture  papale,  il  prelato  chie- 
rico di  camera  in  cotta  e  rocchetto,  o  in 
cappa  se  il  Papa  non  pontifica,  li  prende 
e  procede  in  mezzo  a  due  mazzieri  pon- 
tifìcii, e  giunto  a  corna  Epislolae  li  con- 
segna a  uno  di  essi ,  il  quale  li  sostiene 
in  piedi  per  tutta  la  funzione,  essendo- 
gli pure  in  piedi  da  un  iato  il  chierico 
di  camera,  e  quando  è  tempo  di  sedere 
siede  al  [."gradino  dell'altare  a  corna  E- 
vangelii,  e  se  in  cappa  va  a  sedere  e  pren- 
de posto  tra'prelati  del  suo  collegio.  Ter- 
minata la  funzione,  riprende  lo  stocco  e 
il  berrettone,  e  in  mezzo  a  due  mazzieri 
in  processione  li  riporta  sul  lavolinodonde 
gli  avea  tolti,  quindi  il  Sotto- Sagrista  li 
r  pone  nella  sagrestia  pontificia.  All'ar- 
ticolo Spada,  a  Sovranità"  e  in  altri,  ri- 
marcai molti  vescovi  sovrani,  che  cele- 
brando i  pontificali  vestivano  qualche  ar- 
nese militare,  e  tenevano  sull'altare  una 
spada  o  altre  insegue  guerresche,  per  di- 
mostrare che  alla  podestà  spirituale  riu- 
nivano la  principesca.  Ivi  pure  riportai 
qu  dche  esempio  di  spade  magnifiche  e 


STO 
benedette  donate  da' Papi  a'  Sovrani  e 
altri  principi,  prima  che  introducessero 
il  donativo  dello  stocco  e  berrettone  du- 
cale benedetti  j  la  cui  primaria  origine 
deve  attribuirsi  azionativi  delle  spade  be- 
nedette,succeduteal  Vessillo  dis.  Pietro. 
La  prima  traccia  forse  di  questa  consue- 
tudine sembra  trovarsi  neh  177  quando 
Alessandro  III  in  Venezia  donò  al  doge 
di  q  rella  possente  repuhblica,  Sebastia- 
no Ziani,  l'anello  per  sposare  l'Adriatico, 
la  rosa  d'oro,  la  spada  con  fodero  d'oro 
per  portarla  avanti  a  se  nuda  ne' dì  solenni , 
e  poi  l' Ombrellino  (Ir-),  oltre  altri  pri- 
vilegi, per  averlo  difeso  dal  persecutore 
Federico  I  imperatore.  Narrai  a  Scozia 
I'  assemblea  adunata  dal  re  Guglielmo, 
per  fare  riconoscere  il  suo  figlio  Alessan- 
dro II:  Papa  Innocenzo  III  vi  spedi  un 
legato  apostolico  per  questa  ceremonia, 
cui  donativo  d'una  spada  con  guaina  d'o- 
ro, arricchita  di  pietre  preziose,  ed  un 
cappello  rosso  qual  distintivo  proprio  dei 
difensori  della  Chiesa.  L'antico  Ordine 
Iloma/io,  nel  trattare  De  armando  Ec- 
clesiae  defensore  vel  alio  milite,  riporta 
un'orazione,  dalla  quale,  come  il  Duran- 
do (morto  nel  1 296)  dimostra,  apparisce 
questa  cosi  urna  nza;e  l'ani  icocodicePii  tua- 
ledei  cardinal  Slefaneschi  Gaetani  (mor- 
to nel  i343),  contiene  il  ceremouiale  di 
consegnare  lo  stocco  d'oro  a'principi.  Ora 
riporterò  una  serie  degli  stocchi  e  berret- 
toni benedetti  donati  da'Papi,  colle  loro 
ruani  ope'loro  commissari  apostolici,  che 
mi  riuscì  formare  colle  mie  ricerche,  per 
que'motivi  che  accennerò  e  meglio  si  po- 
tranno apprendere  ne'luoghi  che  citerò 
o  indicherò;  dicendo  ancora  de'd elegati 
a  portarli  e  consegnarli,  cioè  nunzi  e  ab- 
legati  apostolici,  che  diverse  volte  furo- 
no i  camerieri  d'ouore  di  mantellone  o 
di  spada  e  cappa  degli  stessiPapi, con  alcu- 
ni ceremoniali  della  consegna  del  singo- 
lare douativo  e  loro  varie  particolarità. 
Per  comun  consenso  il  principio  o  al- 
meno lo  stabilimento  del  nobilissimo  e 
onuiifìcctitissiaio  dono  poulificio  e  so- 


STO 
nano  dello  Stocco  e  Berrettone  ducale, 
benedetti  da'Papi  nella  notte  del  s.  Na- 
tale, deve  ripetersi  da  Urbano  T~I(I  .), 
il  quale  trovandosi  in  quella  del  i  386  in 
Lucca  (/''.),  celebrò  solennemente  la  mes- 
sa, benedì  lo  stocco  e  il  berrettone  ducale, 
e  neonorò  quella  repubblica  nella  perso- 
na del  suo  gonfaloniere  Fortiguerra  For- 
tiguerri,  ebe  lo  avea  assistilo  da  suddia- 
cono, e  cantato  l'epistola,  come  afferma- 
no Francesco  Pagi,  Agostino  Oldoino,  ed 
il  Zaccaria  nelle  note  al  Lunadoro,  Re- 
lazione della  Corte  di  Roma  par.  i ,  cap. 
2  3:  Della  benedizione  papa  le  dclloStocco 
guernito  d'oro,  e  del  Cappello  o  Berret- 
tone ducale.  II  2.0 esempio  ebe  si  cono- 
sca e  con  rituale  benedizione,  si  ha  dagli 
alti  del  famoso  Sinodo  (/*.)di  Costanza, 
e  dal  Coeleo,  Ilist.  Issi/.,  ne'quali  si  leg- 
ge, che  Giovanni  XXIII (e  non  Giovan- 
ni XXII  come  notasi  nel  n.°  4q  del  Dia- 
rio di  Roma  del  i  8 1 4,  dicendo  della  be- 
nedizione ebene  fece  Pio  VII,  con  alcuni 
esempi  di  siffatti  donativi),  nella  notte  del 
s.  Natalei4'4  benedì  lo  stocco  e  il  ber- 
rettone e  li  donò  all'imperatoreSigismon- 
do,  il  quale  nella  mattina  della  solenni- 
tà, tenendo  il  i.°  denudato  colla  destra  e 
vestito  da  diacono,cantò  Ve\ange\o,Exiit 
edictumaCaesareAugusto.Ne\  1 4«QMar- 
tino  V  li  mandò  in  dono  al  Del/ino,  fi- 
glio di  Carlo  VI  redi  Francia.  Neh 434 
Eugenio  IV  essendosi  rifugiato  in  Firen- 
ze, partito  da  Roma  per  la  ribellione,  fe- 
ce eguale  donativo  alla  signoria.  Leggo 
Dell'Ammirato  il  G\o\ai\e,I storie  Fioren- 
tine par.  i,  t.  2,  p. i  io3.  »  Il  Pontefice 
Eugenio  IV,  essendo  venuta  la  vigilia  di 
Pasqua  (deve  dire  Natale  e  lo  rilevo  dal 
contesto),  risiedendo  egli  nella  sala  gran- 
de in  s.  Maria  Novella,  in  cappella  pa- 
pale donò  alla  signoria  per  segno  di  glan- 
de onore  una  spada  bellissima  colla  guai- 
na d'ariento,  e  uu  cappello  di  Deverò  (cioè 
di  castoro, per  quanto  ricavo  daDnCangc, 
Glossarium,  e  dall'Alberti,  Dictionnaire 
francais)  coperto  di  pei  le  e  d'ermellini 
pendenti  d'ambedue  le  gote:  li  quali  ri- 


STO  \~, 

cevelte  con  magnifica  pompa  per  nome 
di  tutta  la  signoria  il  gonfaloniere  Mi- 
nerbetti.  A  costui  fu  commesso  per  mag- 
giormente bonorare  la  città,  ebe  dicesse 
la  V  lezione  col  piviale  indosso,  stando- 
gli dietro  i  ministri  con  detta  spada,  et 
cappello.  Li  quali  si  ordinò  pei  per  legge 
a  perpetua  memoria  di  così  fatta  hono- 
ranza,  che  amenduesi  portassero  innan- 
zi a 'signori  quando  facevano  la  loro  en- 
trata, e  così  similmente  in  certe  solenni 
festività."  Apprendo  da  Novaes,  dal  Puc- 
ci, dal  Zaccaria,  che  Nicolò  V  ncii45o 
mandò  in  regalo  lo  stocco  e  berrettone 
ad  Alberto  d'Austria  fiatello  dell'impe- 
ratore Federico  III,  che  dipoi  accompa- 
gnò nel  i  4  5a  in  Roma  per  ricevere  la  co- 
rona imperiale  e  del  regno  di  Lombar- 
dia, nella  quale  circostanza  Nicolò  V  do- 
nò all'imperatrice  la  Rosa  d'oro  bene- 
detta. Aggiunge  il  Novaes,  e  lo  dire  pu- 
re Cancellieri,  che  inoltre  Nicolò  V  donò 
lo  stocco  e  berrettone  benedetti  al  conte 
Lodovico  Benlivoglio  de' signori  di  Bo- 
logna e  senatore  della  città ,  per  mezzo 
del  celebre  cardinal  Bessarione  legato  del  • 
la  medesima,  che  in  tale  occasione  recitò 
una  eloquentissima  orazione,  e  ne  tratta 
il  Fanluzzi,  Scrittori  bolognesi,  t.  6,  p. 
i  ig.  Abbiamo  di  Antonio  IWorbioli.  Re- 
lazione dello  stocco  dato  da  Nicolò  V 
al  conte  Lodovico  Benlivogli,  Bologna 
iGqo.  Ciò  trovo  confermato  dall'Armati- 
ni,  Della  famiglia  Benlivoglia  p.  ?.r, 
il  quale  inviò  a  Candori  la  figura  e  re- 
lazione dello  stocco  donato  da  Nicolò  V 
a  Lodovico  Bentivoglio,insieme  col  breve 
pontificio,  ove  si  dichiarano  di  tanto  per- 
sonaggio que'merili  che  lo  fecero  degno  di 
un  dono  con  cui  non  erano  consueti  iPapi 
d'onorare  se  non  i  principi  e  signori  gran- 
di, come  nello  stesso  breve  si  legge.  Me- 
glio imparo  dal  Combaci,  Historie  di  Bo- 
logna p.  3 1 5  e  seg.,  e  327,  che  eletto  Ni- 
colò V,  il  quale  vivendo  già  poveramen- 
te in  Bologna  in  casa  degli  Albergali,  avea 
contratto  molle  amicizie  nella  città, la  qua- 
le gì'  inviò  solenne  ambasceria  the  con 


46  STO 

mollo  benigne  maniere  accettò, e  grandi 
distinzioni  usò  con  Galeazzo  Mariscotti, 
investendolo  della  torre dell'Occeilioo  e 
facendolo  cavaliere  aura  lo,  ibi  s'anche  ac- 
ciò contribuisse  a  ridurre  Bologna  al  «o- 
verno  ecclesiastico,  che  in  falli  seguì  con 
capitolazioni,  e  il  cardinal  Bessarione  fu 
mandalo  per  legato  e  ricevuto  con  gran- 
di onori,  hisorli  polenti  e  ambiziosi  ci t- 
tadini  per  tiranneggiare  la  patria,  furo- 
no combattuti  da  Lodovico  Dentivoglio  e 
da  altri  signori  fedeli  al  Papa, e  laeitià 
nel i455  spedì  a  Roma  Lodovico  a  Ni- 
colò V,  a  mitigare  le  sinistre  impressio- 
ni che  pei  fuorusciti  avca  concepito  dei 
bolognesi.  Lodovico  non  solo  rese  alla  pa- 
tria favorevole  Nicolò  V,  ma  fu  da  lui 
creato  cavaliere  e  conte  palatino  con  lut- 
ti i  discendenti,  ed  ebbe  in  dono  lo  stocco 
sagro,  solilo  solamente  concedersi  a' re  e 
ad  altri  principi;  il  quale  onore  gli  fu  no- 
tabilmente accresciuto  dall'orazione  che 
sopra  tal  soggetto  compose  il  cardinal  Bes- 
sarione, e  pubblicamente  recitò  nel  suo 
ritorno  dall'ambasceria.  Questo  stocco, 
come  onorificenza  straordinaria,  tuttora 
si  conserva  in  Bologna  dal  senatore  conte 
Filippo  Bentivoglio.  Il  successore  Cali- 
sto III, zelante  nell'abbatlere  la  formi- 
dabile possanza  maomettana,  nel  1 4-^7 
indusse  Enrico  IV  re  di  Castiglia  e  al- 
tri a  cacciar  dalla  Spagna  i  mori,  ed  aven- 
do il  re  su  di  essi  riportate  alcune  vitto- 
rie, per  benemerenza  gl'invio  lo  stocco 
e  berrettone  da  lui  benedetti  co'consueti 
riti,  e  Io  rilevo  dal  Novaes.  Notai  nel  voi. 
XLI1,  p.  1  0,0  e  irji,  che  Pio  II  trovan- 
dosi neh  4^9  in  Mantova,  per  indurre  i 
principi  cristiani  alla  guerra  crociata  con- 
tro i  turchi,  mandò  lo  stocco  e  berretto- 
ne benedetti  a  Federico  111  imperatole 
(che  avea  sposato  in  Siena,  e  di  cui  era 
stalo  segretario  e  ambasciatore),  come- 
che  tenuto  più.  degli  altri  sovrani  a  di- 
fendere  la  Chiesa  dall'oppressione  de'ne- 
mici  del  cristianesimo;  e  ad  Alberto  mar- 
chese di  Drandeburgo  lo  die  nella  ines-a 
dell'  Epifania  del  1^60 ,  e  lo  celebrai  a 


S  T  0 

Prussia.  Il  breve  apostolico,  Consurvit 
Romanus  Ponlifex,  dei  4  gennaio,  col 
ipnde  Pio  II  accompagnò  il  dono  all'im- 
peratore, si  legge  nel  Guerra,  Pontifìcia- 
rum  Constitutionum  Epitome  1. 1.  p.  44-3: 
De  viris  ense  et  pileo  a  Ponlifìcìbus  in- 
signiti';. Propugnando  Pio  II  l'abolizione 
della  Prammatica  Sanzione  (A\)  e  per 
l'operato  da  Luigi  XI  re  di  Francia,  non 
che  per  esortarlo  a  prender  l'armi  con- 
tro il  turco,  narra  Novaes,  che  gli  man- 
dò lo  stocco  e  berrettone  da  lui  benedet- 
ti nella  notte  di  Natale! l\C)  1,  pel  suo  scu- 
ci i e  1  e  e  scrittore  apostolico  Antonio  de 
Noxeto  della  diocesi  di  Limi,  co'seguenti 
versi  composti  dal  Papa,  e  riportati  dal 
Ricci,  e  da  Torri gio,  Grotte  Faticane, 
p.  499-  "  Exerat  in  Turcas  tua  me,  Lu- 
dovice,  furenles —  Desterà:  Grajorum 
sanguinis  ultor  ero. — Corruet  imperlimi 
Mahumetis,etinclytarursus — Ga  dormii 
vii  tus  te  petetastra  Duce.  Si  leggono  pu- 
re nel  breve  Quia  nos,  de'27  dicembre 
i46',  presso  il  Guerra  p.  44^-  I  mede- 
simi Novaes  e  Torrigio  riferiscono,  che 
Pio  li  mandò  Io  stocco  ornato  di  perle 
e  gioie  a  Filippo  il  Buono  duca  di  Bor- 
gogna, che  dipoi  nel  i463  si  unì  alla  lega 
fatta  dal  Papa  contro  i  turchi,  che  oppri- 
mevano la  repubblica  cristiana.  Lo  stes- 
so Pio  II  Io  racconta  ne'suoi  Conimeli' 
iariif  lib.  5.  »  Ensis  hoc  anno  in  sacra 
nocle  Natalis  Domini  benedictus  Philip- 
pe duci  Burgundium  rnissus  est.  Anlo- 
nius  Noxetanus  atlulit  Pontiflcis  aulicus 
graecis  lalinis  lilteris  eruditus.  "  Il  Ma- 
rini, Archiatri  pontifìcii  t.  2,  p.164,  ri- 
ferisce che  Antonio,  di  cui  e  de'suoi  dà 
le  notizie,  grandemente  favorito  da  Pio 
II,  questi  nel  gennaio  1461  lo  mandò  a 
poi  tare  lo  stocco  al  duca  di  Borgogna  , 
e  nell'agosto  al  re  di  Francia, iusieme  con 
Giovanni  Geoffroy  vescovo  d'Arras,  per 
trattare  la  revoca  della  Prammatica  San- 
zione, ed  ottenuela  (su  di  che  bisogua  te- 
ner presente  quanto  dissi  in  quell'arti- 
colo), per  cui  il  Papa  che  perciò  era  pri- 
ma sdegnalo,  molto  rallegrossi;  ed  ai  7 


S  T  O 

agosto  r/fCa  rimandò  Antonio  in  Fran- 
cia a  ringraziare  il  re  per  la  cessione  fat- 
ta alla  s.  Seile  de' contadi  Valeotinese  e 
Diense,  e  ad  occupar  questi  in  nome  del 
la  medesima.  Riparlai  d'Antonio  a  Fa- 
miglia pontificia,  e  Paolo  II  lo  fece  te- 
soriere della  provincia  del  Patrimonio. 
Dice  Novaes,  che  Pio  li  donò  lo  stocco 
e  berrettone  anche  a  Cristoforo  Moro  do- 
ge di  Venezia,  per  essersi  collegato  alla 
sagra  guerra,  come  affermano  Naugero, 
Il  istoria  leneta,?.  Mura  turi,  Script,  icr. 
Ilei.  \.  23,  ed  in  un  Diario  di  /Ionia  si 
dice  alla  repubblica.  Trovo  in  Ricci,  Ma- 
gri e  Cancellieri,  che  Paolo  //consegnò 
in  Roma  nella  notte  di  Natale  1 468,  lo 
stocco  e  berrettone  benedetti  all'impe- 
ratore Federico  MI  già  ricordato,  il  qua- 
le assistè  al  mattutino,  e  fece  tenere  da 
uno  de'suoi  famigliari  d  berrettone,  e  da 
uno  de'suoi  scudieri  la  spada;  giunto  al 
trono  pontifìcio,  la  prese  e  vibrò  3  volle, 
per  dimostrarsi  pronto  a  difendere  l'e- 
vangelo,  che  cantò  sino  al  principio  del- 
l'omelia della  VII  lezione,  proseguila  da 
un  cardinale  diacono,  mentitegli  spoglia- 
tosi del  piviale,  della  stola  e  della  colla, 
tornò  al  suo  posto,  e  lo  scudiere  ripose 
nel  fodero  la  spada,  a  cui  tornò  a  sovrap- 
porre il  berrettone  ducale.  Altre  interes- 
santi particolarità  già  le  riportai  di  so- 
pra, desumendole  da  mg."  Agostino  Pa- 
trizi Piccolomini  vescovo  di  Pienza,  pres- 
soMabillon. Egualmente  Paolo  II  col  bre- 
ve Snscipiat,  de'4  gennaio  1 47  •}  decorò 
di  questo  donativo  Mattia  re  d'Ungheria, 
come  si  legge  nel  Guerra  a  p.  44^5  per 
combattere  i  turchi,  ed  i  boemi  eretici. 
Di  sopra  già  dissi  di  Sisto  IV  le  parole 
da  lui  usate  nel  fare  questo  insigne  do- 
nativo, e  quelle  dette  sull'antichità  ilei 
suo  rito,  si  ponno  vedere  in  Bernino,  Hi- 
storia  dell'eresie  t.  4,  cap.  9,  p.  52  8  :  O- 
rigine  del  sacro  pileo  e  stocco.  Nel  i474 
lo  mandò  al  giovine  duca  di  Savoia  {!'.) 
Filiberto  I,  esortandolo  a  proteggere  la 
Chiesa, col  breve  Solenl  Romani  Pontifì- 
ces,  riportato  dal  Guerra  a  p.  444»^e'2^ 


STO  47 

dicembiei474je  dicendo  :  »  Ilabet  my- 
sterium  suoni  uios  Ine.  Ensim  enim  si- 
gnificai victoi  iam  quam  Christus  ile  Dia- 
bolo, etmorte  retulil".  Indi  nel  i477  '° 
donò  ad  Alfonso  duca  di  Calabria  (di  cui 
a  Sicilia)  e  figlio  di  Ferdinando  I  redi 
Napoli,  e  ad  Odoardo  IV  re  d'Inghilter- 
ra. Nel  1484  Innocenzo  l'Ili,  poco  do- 
po la  sua  esaltazione,  inviò  lo  stocco  e 
berrettone  benedetti  a  Francesco  d'  dra- 
gona, altro  figlio  del  redi  Napoli  Ferdi- 
nando I,  sperando  d'indurre  questi  a  non 
essere  ingrato  colla  chiesa  romana,  tro- 
vandosi allora  il  principe  io  Roma  quale 
ambasciatorestraordinariodel  padre, che 
l'ayea  mandalo  a  rendergli  ubbidienza, 
come  asserisce  Ricci.  Narrai  ad  Osimo, 
che  Innocenzo  Vili  avendo  spedilo  con- 
tro quella  citlà  per  domare  il  tiranno  e 
ribelle  Boccoli  no,  Ci  io.  Giacomo  Trivul- 
zio  milanese, generale  dell'esercito  eccle- 
siastjco,e  trionfalo  di  lui  neh 488  si  por- 
tò quindi  in  Roma,  ove  Innocenzo  \  Ili 
gli  offrì  il  cappello  cardinalizio,  ina  egli 
lutto  guerriero  lo  ringraziò;  ed  il  Papa 
per  onorarlo  gli  donò  la  rosa  d'  oro,  la 
spada  e  (incappello  gioiellato  da  lui  be- 
nedetti, come  praticasi  co'gran  capitani 
difensori  della  Chiesa.  Da  allora  in  poi  lo 
stemma  de'Trivulzi  fu  ornato  del  ber- 
rettone ducale,  e  lo  ricavo  dai  Cartari  p. 
1 49-  Alessandro  //fece  questo  dona- 
tivo a  diversi  principi,  nell.492  al  lan- 
gravio d'Assia;  neh4i)3  a  Ferdinando 
poi  re  di  Napoli  Ferdinando  II;  neh  \t 
al  duca  ili  Borgogna  Filippo  d'  Austria 
(di  cui  a  Spagna),  figlio  dell'imperatore 
Massimiliano  I,  e  padre  dell'imperatore 
Carlo  V;  e  neh  499  a  Luigi  N1I  re  di 
Francia  ,  che  fece  il  di  lui  figlio  Cesare 
Borgia  duca  del  Yalentinois;  indi  nel  1  5oi 
mandò  una  ricca  berretta  ducale  ad  Al- 
fonso I  duca  di  Ferrara  (!'■),  che  avea 
sposata  la  figlia  Lucrezia  Borgia.  Giulio 
linei  1  5o3,appcna  elevato  al  pontificalo, 
mandò  il  donativo  dello  stocco  e  berret- 
tone benedetti  al  suddetto  Filippo  d'Au- 
stria, che  siccome  potentissimo  voile  rea- 


48 


S  T  <  ) 


dei  Io  favorevole  alla  Chiesa. Todi  neli5oo> 
li  regalò  a  Enrico  VII  re  d'Inghilterra; 
neli5o8  a  Carlo  ili  duca  di  Savoia,  col 
breve  Cupieba^àe'zB  gennaio,  presso  il 
Guerra  p.  444;  atl  Ladislao  II  re  d'Un- 
gheria ;  ed  ai  q  cantoni  svizzeri,  pe'soc- 
corsi  di  truppe  dati  contro  Francia,  e  lo 
attesta  anche  il  Micci,  onorifici  donativi 
che  si  custodirono  nel  cantone  di  Zuri- 
go, e  nel  1G42  ancora  esistevano,come  at- 
testa lo  Scotti  aeìl' Helvelia  sacra.  Inol- 
treGiulio  II  chiamagli  svizzeri  col  glorio- 
so titolo  di  Diffusori  della  ecclesiastica 
libertà,  ed  a  lutto  il  corpo  della  repub- 
blica inviò  ancora  due  gonfaloni  o  ves- 
silli, che  poi  furono  collocali  nell'insigne 
chiesa  di  s.  Maria  dell'Eremo.  A  ciascuno 
poi  de' particolari  9  cantoni  die  il  Papa 
un'insegna  istoriala  co'misteri  della  Pas- 
sione diGesùCristo;  onde  gli  svizzeri  crea- 
rono il  princi  pai  issimouiIizioPanerer  per- 
chè in  guerra  portasse  in  i.°  luogo  tale 
insegna.  Leone  X  nel  1  5 1 4  spedì  legati 
al  giovine  Giacomo  V  re  di  Scozia  col  do- 
nativo dello  stocco  e  berrettone  benedet- 
ti, di  che  fa  memoria  Lesleo,  De  origine 
et  rebus  gestìs  Scolorimi  p.  36q:  nel  1  5 1  5 
Io  die  agli  ambasciatori  portoghesi  pel  re 
Emmanuele;  alla  repubblica  di  Firenze, 
al  re  di  Francia  Francesco  I,  ad  Enrico 
\  Il  I re  d'  1  nghi I tei  ra,e chiamandolo  cam- 
pione della  Chiesa;  all'imperatore  Mas- 
similiano I  neh5i8  nella  dieta  d'Augu- 
sta, a  mezzo  del  cardinal  de  Vio  legato, 
mediante  il  breve  Venienti  ad  majesta- 
levi,  de'5  maggio,  presso  il  Guerra  a  p. 
444-D'  Adriano  TI  alcuno  pretende  che 
facesse  questo  presente  al  suo  antico  di- 
scepolo Carlo  V  imperatore,  ma  nulla  di- 
cendone l'accuratissimo  Ortiz  nella  De- 
scrizione del  pontificalo  di  Adriano  FI, 
fortemente  ne  dubito.  Bensì  a  Carlo  V 
lo  donò  Clemente  VII  nel  r  529,  facendo- 
ne certissima  testimonianza  anche  il  eh. 
Giordani,  Della  venuta  e  dimora  in  Bo- 
logna di  Clemente  ì  II  per  la  corona- 
zione di  Carlo  V.  Sebbene  di  quanto  va- 
do a  riportare  già  ne  abbia  parla  toaSPAD  a, 


S  T  O 

qui  per  vedere  l'argomento  sotto  un  al- 
tro punto,  è  inevitabile  qualche  lieve  li- 
petizione.  La  notte  precedente  al  s.  JNa- 

tale  fu  solennizzata  nella  cappella  papale 
in  Bologna,  e  perciò  alle  ore  5  vi  si  re- 
carono il  Papa,  e  Carlo  Vcol  seguito  del- 
la corte.  Incominciate  le  lezioni  del  mat- 
tutino, quando  si  cantava  la  VII,  due 
cardinali  levarono  all'imperatore  il  man- 
to, e  gli  posero  una  veste  di  raso  cremisi- 
no lunga  sino  a'piedi,  colle  maniche  stret- 
te da  diacono  (veramente  ai  diaconi  fu 
assegnata  la  dalmatica  con  maniche  lar- 
ghe, per  segno  di  loro  liberalità:  bensì  la 
lonicella  più  stretta  fu  data  a  Suddiaconi, 
e  sarebbe  corrispondente  a  quelli  che  affer- 
mano l'imperatore  considerarsi  suddia- 
cono), e  sopra  la  stessa  veste  un  manto  del 
medesimo  drappo  cremisino;  poi  lo  con- 
dussero a'piedi  del  Papa,  acni  essendo  re- 
cata da  mg.»'  Mario  Bracci,  in  posto  d'un 
chierico  di  camera,  1'  ornatissima  spada 
o  stocco  benedetto,  dal  maestro  di  cere- 
monie  fu  tratta  dalla  vagina  e  presentata 
a  Clemente  VII,  che  la  die  a  Carlo  V, 
il  quale  con  meravigliosa  destrezza  aven- 
dola brandita,  la  vibrò  3  volte  nell'aria, 
in  segno  di  mostrarsi  pronto  a  difender 
l'evangelo;  poi  la  restituì  al  maestro  di 
ceremonie,  che  rimessala  nel  fodero,  al 
fianco  di  Carlo  V  la  cinse  sopra  la  veste 
diaconale:  poscia  gli  pose  addosso  un  am- 
pio piviale  o  manto  di  drappo  d'argento, 
i  cui  lembi  anteriori  si  tennero  da  due 
cardinali,  ed  in  mezzo  a  questi  si  avanzò 
al  trono  del  Papa  per  ricevere  un  cap- 
pello di  drappo  bigio,  ricamato  bel  la  men- 
te a  molti  raggi  di  grossissime  permutan- 
dovi in  centro  una  Colomba  figurata  col- 
l'artificio  di  riunite  perle;  e  la  sottopo- 
sta foderatura  essendo  fatta  di  pelli  d'ar- 
mellini,  con  due  slriscie  delle  medesime 
pelli  che  pendenti  a'Iati  servivano  per  le- 
garsela sotto  il  mento.  Carlo  V  postosi  il 
regalalo  cappello  in  testa,  fece  prima  ri- 
verenza alPapa,e  coll'accompagnamento 
degli  slessi  cardinali  accoslossi  all'altare, 
dove  il  cardinal  Spinola  camerlengo  a  vea 


ST  O 

già  dato  principio  alla  messa  cantala  con 
in  tisica  corale,  e  dove  Carlo  V  ginocchio- 
ni a  bassa  voce  disse  Jube  Donine  bene- 
dice re  ,  ed  allora  il  Papa  lo  benedi  cui 
segno  della  croce;  poi  cominciò  a  cantar 
l'evangelocon  queste  parole.»  Sequenlia 
s. Evangeli!  secunduniMatthaeum.  In  ilio 
tempore  exiit  edictura  a  Caesare  Augu- 
sto, ut  describeretur  uni  versus  orbis. 
Dette  le  quali  parole  ritornò  al  suo  po- 
sto, lasciando  continuare  il  restante  del 
■vangelo  dal  cardinal  Cesi.  Nella  mattina 
seguente,  Carlo  V  passò  nel  tempio  di 
s.  Petronio,  facendosi  portare  innanzi  dal 
marchese  di  Nassau  la  spada  e  il  cappel- 
lo ricevuti  in  dono  dal  Papa,  il  quale  vi 
si  recò  poi  a  pontificare  la  messa.  Il  Can- 
cellieri nel  t.  2,  De  Secretariis  p.  83o 
e  841,  trattò:  De  diaconi,  aul  subdia- 
coni numera  ab  imperatoribuspraeslito, 
al'dsque  caeremoniis  in  corinti  corona- 
(ione  servatisi  De  coronationr  Caroli/' 
Bononìae  habila  in  tempio  s.  Pelronii,  in 
formam  Basilicae  Vaticanae  commuta- 
ta. A.'  11  febbraio  1  53o  per  la  corona- 
zione fatta  da  Clemente  VII  di  Carlo  V 
colla  Corona  Ferrea,  dopo  l'epistola,  ge- 
nuflesso a'piedi  del  Papa  pubblicamente 
l'imperatore  formalmente  dichiarò,  che 
senza  sua  sa  pula  l'esercito  di  Borbone  sac- 
cheggiò Roma  (V-),  e  commise  tante  ri- 
balderie e  scelleraggini;  che  perciò  in  se- 
gno di  verace  ubbidiente  figlio  della  Chie- 
sa, sottometteva  se  e  i  suoi  eserciti  a'piedi 
del  Beatissimo  Padre,  al  quale  stava  io 
arbitrio  e  di  ragione  comandargli,  quan- 
do dovesse  li  ar  fuori  dalla  vagina  la  spa- 
da, e  quando  parimenti  dovesse  rimetter- 
la. Indi  il  vescovo  di  Pistoia  levò  dall'al- 
tare lo  stocco  benedetto  donalo  dalPapa, 
e  lo  die  al  cardinal  Cibo,  il  quale  sguai- 
nata la  spada  dal  fodero  la  porse  al  Papa, 
e  questi  ne  fece  consegna  in  furrna  a  Car- 
lo V,che  avendola  brandita  e  vibrala  per 
aria  3  volte,  mostrò  con  atto  proprio  di 
nettarla  al  braccio  sinistro,  e  poi  dal  car- 
dinal Cibo  gli  fu  cinta  al  fìaueo;  indi  il 
Papa  consegnò  a  Carlo  V  lo  scettro,  il 
\ol.  ixx. 


STO  49 

i;lo!)0,  e  lo  coronò.  Nella  funzione  pei  la 
coronazione  imperiale,  il  Papa  consegnò 
a  Carlo  V  genuflesso  la  spada  e  lo  creò 
cavaliere  di  s.  Pietro.  Già  il  Papa  a'7  gen- 
naio 1J29, col  breve  Cum  Pontifici, pres- 
so il  Guerra  a  p.  444>  avea  fatto  dono 
dello  stocco  e  berrettone,  per  mezzo  del 
cardinal  Spinola  camerlengo,  a  Filiberto 
principe  di  Orange^  che  per  morte  del 
Borbone  compì  la  delta  espugnazione  ili 
Roma,  per  eccitarlo  contro  i  turchi,  es- 
sendo allora  viceré  di  Napoli.  Dipoi  Cle- 
mente VII  donò  ancora  lo  stucco  e  ber- 
rettone benedetti  a  Ferdinando  I  re  dei 
romani,  fratello  di  Carlo  V,  acciò  si  u- 
tiisse  cogli  altri  sovrani  a  combattere  la 
crescente  potenza  ottomana,  ed  a  repri- 
mere il  finalismo  de'  luterani. 

Paolo  ///fece  simili  donativi  a  Filip- 
po principe  delle  Spagne,  unico  figlio  ili 
Carlo  V  ,  per  eccitarne  lo  zelo  religios  > 
contro  l'eresie;  nel  1 53  T  al  principe  An- 
drea Doria  di  Genova,  capitano  valoro- 
so e  vittorioso  contro  gl'infedeli;  nel  1 537 
a' ii)  febbraio  a  Giacomo  V  re  di  Sco- 
zia, col  breve  Consucverunl  Romani  Poti- 
tifices,  riportalo  dal  Guerra,  per  ammo- 
nirlo a  difendere  la  religione  cattolica  cru- 
delmente perseguitala  dall'apostata  En- 
rico Vili  re  d'  Inghilterra,  abilitandolo 
a  deputare  qualunque  Antistitem  qui  in 
ecclesia  a  rese  eligenda  inter  missarum 
soleinnia  UH  femori  enseniaplct,piLuiu- 
que capiti. Dal  medesimo  Guerra  si  ha, 
che  Paolo  111  col  breve  Consueverunt  Ro- 
mani Ponti fices,  de'3o  giugno  1  538,  do- 
nò lo  stocco  e  berrettone  benedetti  a  Si- 
gismondo I  re  di  Polonia,  per  difendere 
l'ortodossia  eia  fede  dai  luterani,  non  me- 
no che  dai  turebiedai  tartari. Finalmente 
concesse  il  doualivonel  1 53g  al  marchese 
del  l'asto  generale  dell'imperatore  con- 
tro i  turchi  nemici  del  nome  cristiano. 
Giulio  III  donò  lo  stocco  e  berrettone 
benedetti  a  Cosimo  I  duca  di  Toscana, 
benemerito  della  Chiesa;  e  neh  555  a  Fi- 
lippo II  re  di  Spagna,  ed  alla  sua  mo- 
glie Maria  regina  d'Inghilterra  pel  rista- 
4 


5o  STO 

bilimenlo  della  religione  cattolica  iti  In- 
glnlten  a  la  rosa  d'oro  benedetta,  a  mez- 
zo del  cardiual  Polo  legalo,  colla  suddet- 
ta lettera  :  »  Reginaldus  cardinalis  Po- 
lus,  Philippo  regi,  et  Mariae  reginaeAu- 
gliae.  De  rosa  aurea,  et  euse,  muneribus, 
ad  regern,  et  regiuam  Angliae  a  Julio  III 
missis  ".  Neil'  articolo  Sicilia  descrissi 
la  guerra  tra  Paolo  IT  e  Filippo  II,  e 
perchè  Ercole  11  duca  di  Ferrara  (/r.)a- 
vea  preparato  un  esercito  per  soccorrer- 
lo come  feudatario,  neli557  gli  mandò 
in  dono  uno  stocco  riccamente  guarnito 
e  un  cappello  di  velluto  nero  da  lui  be- 
nedetti ,  e  quali  insegne  di  Generale  di 
s.  Chiesa  (/.)_,  di  cui  solennemente  l'in- 
vestì nel  duomo  il  cardinal  Caraffa  ni- 
pote del  Papa,  i  doni  avendoli  portati  in 
Ferrara  il  cameriere  pontifìcio  conte  A- 
lessandro  Sacrati.  Fu  stampalo  iu  Fer- 
rara nel  i  55j  da  Bonaventura  Angeli  fer- 
rarese :  Gli  ordini  edi  modi  osservati  dai 
sommi  Pontefici  nel  donare  lo  stocco  ed 
il  cappello  nella  solennità  delNatale,c  le 
ceremonie  usate  nel  presentarlo  all'Ili." 
duca  di  Ferrara.  Pio  IV  li  donò  all'  im- 
peratore Ferdinando  I  che  già  li  avea 
ricevuti  da  Clemente  VII.  Riferisce  il  ci- 
tato Remino,  che  Ferdinando  Alvarez 
di  Toledo  duca  d'Alba  (quello  che  avea 
crudelmente  guerreggiato  PaoloIV),era 
stato  preposto  da  Filippo  li  re  di  Spa- 
gna, a  domare  i  ribellati  Paesi  Bassi  e 
gli  eretici  che  vi  commettevano  ogni  sor- 
ta di  orrori,  onde  il  conte  Lodovico  di 
Nassau  loro  sostenitore  avea  scritto  sullo 
stendardo:  Autrecuperari,  aut  mori.  Il 
duca  d'Alba  sulla  propria  bandiera  pose 
questa  epigrafe:  Pro  Lege,  Grege,  et  Re- 
gè.  Prima  vinse  il  conte,  e  poi  disfece  il 
fratello  Guglielmo  principe  d'  Orauge  , 
che  egualmente  capitanava  gli  eretici  geli- 
si o  ugonotti.  Ciò  saputosi  da  s.  Pio  Vt 
mandò  a' combattenti  e  altri  fedeli  cat- 
tolici Medaglie  benedette  (F.)con  indul- 
genze a  chi  le  portava  indosso  o  le  teue- 
va  nelle  loro  case.  Al  duca  d'Alba  poi, 
oltre  copioso  soccorso  di  pecunia,  in  pie- 


ST<> 
mio  del  suo  zelo  e  valore,  nel  i  566  gli 
trasmise  il  dono  del  pileo  e  stocco  bene- 
detti, come  principe  benemerito  della  re- 
ligione cattolica,  per  avere  sostenuto  la 
maestà  dellaChiesa  e  del  suo  re,  in  quelle 
proviucie  titubanti  nella  fede,  mediante 
il  breve  apostolico  Solent  Romani  Pori' 
tifices,de,2.6  dicembre,  presso  il  Guerra 
p.  444-  Dice  il  Catena  nella  Fita  di  Pio 
F,  p.  g2,  che  il  Papa  mandò  al  duca  il 
cappello  e  la  spada  benedetta,  come  suol 
farsi  co'grandi  uomini  per  la  difesa  e  di- 
latazione della  fede,  e  riporta  una  lette- 
ra dal  duca  scritta  al  Papa.  Gli  storici  a- 
cremente  biasimano  il  duca  d'  Alba  per 
la  sua  ferocia  e  orgoglio,  il  quale  si  ac- 
crebbedopo  il  ricevimento  d'un  dono  pro- 
prio di  teste  coronate.  Dopo  che  l'armata 
navale  cristiana,  comandata  da  d.  Gio- 
vanni d'Austria  (di  cui  a  Spagna)  natu- 
rale di  Carlo  V,  riportò  per  la  celebre  le- 
ga contro  i  turchi  la  strepitosa  vittoria 
di  Lepanlo)  colla  distruzione  dell'immen- 
sa flotta  ottomano,  s.  Pio  V  inviòad.  Gio- 
vanni lo  stocco  e  berrettone  benedetti  in 
premio  del  suo  valore,  col  breve  Ex  mo- 
re del  i  072,  che  si  legge  nel  citato  Guer- 
ra. M.  A.  Ciappi,/7/rt  di  Gregorio  XIII, 
a  p.  49>  dicendo  di  que'da  lui  donati,  par- 
la del  cappello  e  dello  stocco  che  da'Pa- 
pi  sogliono  presentarsi  a  quei  principi  i 
quali  hanno  fatto  qualche  azione  segna- 
lata per  la  chiesa  cattolica  ,  ovvero  per 
renderli  ad  essa  ubbidienti  e  favorevoli. 
Gregorio  XIII  per  animare  Carlo  IX  re 
di  Francia  a  combattere  gli  eretici  ugo- 
notti, dichiarò  nunzio  di  Parigi  Silvio  Sa- 
velli, arcivescovo  di  Rossano  e  poi  car- 
dinale, affine  di  presentargli  lo  stocco  e 
berrettone  da  lui  benedetti;  ma  poi  il  re 
s'intimorìe fece  lega  cogli  ugonotti, come 
leggo  nel  p.  Maffei,  Annali  di  Gregorio 
A///.RaccontaNovaes,  cheGregorioXIIl 
mandòa  Enrico  III  fratello  del  preceden- 
te, per  Serafino  Oliverio  uditore  di  rota, 
la  borsa  d'  oro  benedetta:  cosa  sia  stata 
questa,  non  l'ho  potuto  mai  conoscere. 
Recatosi  in  Roma  Ernesto  secondogetii< 


STO 

to  del  duca  di  Baviera  Alberto,  Gregorio 
XIII  gli  die  splendido  ospizio  in  Vatica- 
no, ed  il  simile  fece  al  suo  cugino  Federico 
Guglielmo  principe  di  Cleves,  il  quale  noi 
giorno  di  Natale  1 070  ricevè  dal  Papa  lo 
stocco  e  berrettone  beuedelli.Ammalato- 
si  Federico  gravemente,  il  Papa  lo  assistè, 
e  morendo  gli  fece  celebrare  solenni  ese- 
quie nella  cbiesa  di  s.  Maria  dell'Anima 
(di  cui  a  Germama).  11  suo  sepolcro  fu  e- 
retto  incontro  a  quello  di  Adriano  VI, 
ricco  di  sculture  d'Egidio  di  Riviere  fiam- 
mingo e  di  Nicolò  d'Arras.  Il  bassorilie- 
vo che  rimaneva  di  sopra,  e  rappresen- 
tante Gregorio  XIII  che  dà  al  duca  il  cap- 
pello e  Io  stocco,  fu  tolto  e  posto  nell'an- 
dito che  mette  alla  sagrestia.  Dipoi  dicen- 
do di  Clemente  X,  tornerò  a  riparlare  dei 
donativi  falli  al  priucipediClevesda  Gre- 
gorioXIll,perchèCancelIieri  per  abbaglio 
l'attribuì  a  Clemente  X.  Inoltre  Gregorio 
XIII  dopo  aver  approvato  l'elezioue  del- 
1  ìinperaloreRodolfoIIjgl'inviò  lo  stocco  e 
il  berrettone  benedetti,  avendo  mostralo 
zelo  per  la  religione,  poi  intiepidito  nella 
dieta  d'Augusta.  Racconta  il  cardinal  Pac- 
ca, Memorie  storiche  sul  soggiorno  in  Ger- 
mania p.  23G,cheGregorio XIII  perGio. 
Francesco  Bonomo  nunzio  di  Colonia  e 
vescovo  di  Vercelli,  fece  presentare  ad  A- 
lessaudro  Farnese  duca  di  Parma  {f-)y 
supremo  comandante  dell'  armata  spa- 
gnuola  in  Fiandra,  lo  stocco  e  il  berret- 
tone, che  soglionsi  inviare  a' grandi  ca- 
pitani per  vittorie  riportate  contro  gl'in- 
fedeli e  gli  eretici.  Temo  però  che  vi  sia 
abbaglio  quanto  al  Papa  donante,  impe- 
rocché non  solo  da  altre  memorie  trovo 
che  fu  Sisto  V,  ma  lo  confermano  No- 
vaes  nella  Storia  di  quel  Papa,  con  dire 
che  gl'invio  il  donativo  come  condottie 
10  dell'esercito  della  lega,  formata  per 
impedire  all'ugonotto  re  di  Navarra  di 
succedere  al  trono  di  Francia  ;  ed  il  p. 
Tempesti  nella  Storia  di  Sisto  V ,  lib.  1  3, 
n.^ge  3o.  Leggo  in  questo,  che  Sisto  V 
dipoi  pel  combattimento  che  doveva  in- 
Imprendersi  dal  duca  Alessandro  a  Nuis, 


STO  j. 

control  calvinisti  e  il  deposto  arcivesco- 
vo di  Colonia  Truchses,  e  per  la  quale 
liberazione  di  Nuis  erasi  adoperato  il  Pa- 
pa, gli  mandò  mg.r  Grimani  suo  came- 
riere segreto  con  lo  stocco  e  cappello  du- 
cale beuedelti  e  d'alto  valore;  ed  il  Gri- 
mani giunge  a  Nuis  due  giorni  avanti  la 
gloriosa  sconfitta,  cioèa'20  luglio  (pare 
nel  i588),  riverì  il  duca,  lo  salutò  per 
parte  di  Sisto  V,  e  gli  esibì  i  donativi  ; 
ma  egli  mostrandosi  altamente  penetra- 
to di  tanla  magnanimità,  protestò  che 
prima  voleva  meritarli  con  vincere  i  ne- 
mici. Riportata  la  vittoria,  la  funzione  fu 
stabilita  pel  1  ."agosto  nella  chiesa  del  for- 
te di  Gnandendal,  e  venne  eseguita  cou 
bella  ceremouia  alla  presenza  di  diversi 
principi  e  del  nunzio  Bonomo.  Il  duca  co- 
idi  allri  principi  si  confessò,  ascollò  la  mes- 
sa,  e  ricevè  la  comunione  dalle  mani  del 
nunzio; iodi  il  Grimani  presentando  i  do 
nativi,  in  nome  del  Papa  ringraziò  il  du- 
ca delle  pie  e  onorate  fatiche  fatte  in  sei 
vigio  di  s.  Chiesa;  quindi  espose  il  costu- 
me de'Papi  di  benedir  quelf  iusegue  nel 
la  notte  del  s.  Natale  e  di  fame  regalo  ai 
principi  grandi,  come  benemeriti  difeu 
sori  di  s.  Chiesa.  Pigliò  poi  la  similitudi- 
ne di  Giuda  Maccabeo  io  persoua  d'A- 
lessandro, e  dell'Angelo  di  Dio  in  per- 
sona del  Papa,  allorché  diede  la  spada  d'o- 
ro al  Maccabeo  valoroso;  indi  pregando 
a  nome  di  Sisto  V  il  Dio  degli  eserciti, 
lo  invocò  a  degnarsi  di  avvalorare  viep- 
più il  vittorioso  braccio  del  nuovo  duce 
Maccabeo,  alla  totale  sconfitta  dell'ere- 
sia. Terminata  la  funzione,  applaudì  l'e- 
sercito con  suoni,  salve  d'  artiglierie,  e 
giuochi  cavallereschi.  Sisto  V  saputa  la 
vittoria  si  commosse,  e  fece  pubbliche  di- 
mostrazioni di  gioia  e  di  ringraziamenti 
a  Dio,  recandosi  nelle  chiese  di  s.  Gia- 
como degli  spagnuoli,  e  di  s. Maria  dell'A- 
nima della  nazione  alemanna.  Inoltre  Si- 
sto V  nel  i  58g  spedì  per  nunzio  a  Firen- 
ze mg.r  Michele  Friuli  vescovo  di  Vicen- 
za, co' donativi  dello  stocco  e  berrettone 
pel  granduca  Ferdinando  I  ex  cardinali;, 


52  STO  .  STO 

e  deliri  rosa  ti'  oro  per  In  granduchessa  sovrani.  Indi  dal  suo  segretàrio  (o  da  un 

Cristina  di  Lorena.  Il  Cartari  a  p.   [3.3  no  taro)  si- lessero  le  lettere  apostoliche  a 

pubblicò  l'istruzione  Ialina  del  maestro  voce  alta,  dell'invio  de'sagri  doni  (poi  il 
delle  ceremonie  Francesco  Mncanzio  pel  nunzio  può  fare  un  analogo  sermone); 
nunzio  Priuli,  sia  poi  solenne  ingresso  in  dopo  di  chela  granduchessa  si  prostrò  io- 
Firenze  in  cavalcala  e  vestito  cogli  abiti  naozi  al  nunzio,  a  cui  consegnò  la  rosa 
prelatizi  di  rocchetto  e  cappa  paonazza  d'oro  il  diacono  assistente,  che  il  nunzio 
o  gran  mantello,  con  cappello  di  seta  ne-  die  ad  essa  colla  solita  forma  :  Accipe  /to- 
rà se  non  fosse  stato  vescovo,  sia  per  la  sani.  Pucevutasi  dalla  granduchessa,  ba- 
consegna  formale  de'sagri  doni:  la  cono-  ciò  la  mano  al  nunzio,  e  ritornò  al  suo 
pendierò  inbreve. Giunto  il  nunzio  ecom-  posto,  portando  la  rosa  un  suo  cappel- 
missario  pontificio  vicino  a  Firenze,  die  lano.  Poscia  il  granduca  s'inginocchiò  a- 
avviso  a'sovrani  del  suo  arrivo,  per  sta-  vanti  il  nunzio,  al  quale  il  detto  diacono 
bilire  la  sua  solenne  entrata.  Per  questa  rimise  lo  stocco  e  berrettone,  ed  egli  nel 
il  granduca  e  la  granduchessa  mandaro-  consegnarli  al  principe,  gl'impose  il  ber- 
no  i  loro  famigliari,  nobili  e  baioni  ad  rettone,  e  pronunziò  la  consueta  formo- 
onorarlo  in  loro  nome.  La  cavalcata  co-  la  prescritta  dal  ceremoniale  :  Solenl  Ho- 
minciò  un  miglio  lungi  dalla  porta,  es-  maniPontifìces  inpraeclaraNatalisDo- 
sendo  preceduto  il  nunzio  commissario  mini  celebritate,ec. Baciatasi  dal  grandti- 
da  un  suo  cappellano  a  cavallo  vestito  di  ca  la  mano  al  nunzio  e  tornando  al  suo 
paonazzo  (come  i  caudatari  de'cardina-  luogo,  un  nobile  prese  lo  stocco  e  il  ber- 
li), e  portante  lo  stocco  e  berrettone,  la  rettone.  Finalmente  alzatosi  il  nunzio  in- 
rosa recandola  il  nunzio  in  mano,  e  fra  tuonò:  Sii  nomai  Domini  benèdictum, 
due  digniori  di  quelli  che  lo  corteggialo-  ec, comparti  la  trina  benedizione,  ed  il 
no.  Giunto  in  Firenze,  presentò  a'sovrani  prete  assistente  in  piviale  annunziò  l'iti- 
le lettere  apostoliche  di  sua  missione,  e  si  diligenza  concessa  dal  Papa.  Il  nunzio,de- 
stabilì  che  nella  prossima  domenica  o  al-  posti  i  paramenti  pontificali,  riprese  il 
tra  festa  eseguirebbe  la  tradizione  de'do-  mantelletto  e  rocchetto,  e  co' sovrani  si 
ni,  i  quali  privatamente  nella  convenuta  recò  al  palazzo  ducale,  sorreggendo  i  no- 
mattina  li  mandò  per  tempo  nella  chiesa  minati  la  rosa,  e  lo  stocco  e  berrettone, 
destinata  perla  funzione,  e  fu  il  duomo,  precedendo  i  medesimi.  Osserva  Cartari 
collocandosi  sull'altare  maggiore,  cioè  la  a  p.  22,  che  ne'libri  della  deposi  ter  ia  a  - 
rosa  d'oro  in  mezzo,  lo  stocco  e  berret-  postolica,  e  de'tempi  di  Sisto  V,si  legge. 
tone  dalla  parte  dell'epistola.  11  nunzio  Rosa  d'oro;  Spadone,  cintura  e  cappel- 
assunse  gli  abili  pontificali,  e  celebrò  la  lo  ricamato  di  perle,  scudi  760.  Inoltre 
messa  solenne  (che  se  l'ablegalo  solamen-  Sisto  V,  dopo  aver  pacificato  il  re  di  Po- 
te  assiste,  allora  la  celebra  il  più  degno  Ionia  Sigismondo  111,  con  l'arciduca  .Mas- 
ecclesiastico  della  città).  I  sovrani  pie-  similiano  d'  Austria,  per  le  persuasioni 
sero  luogo  dalla  parte  del  vangelo  in  si-  del  cardinal  Aldobrandino  legato,  a  ri- 
to onorevole  (che  se  vi  fosse  presente  un  meritare  la  moderazione  e  condiscenden- 
cardinaie,  questo  occuperebbe  quel  lato,  za  del  re,  lo  fregiò  coll'insegne  dello  stocco 
ed  il  granduca  e  la  granduchessa  quello  e  berrettone  da  lui  benedetti,  e  spediti  in 
dell'epistola).  Finita  la  messa,  il  nunzio  Polonia a'25  luglio i5c)o.  Gregorio  XIV 
assunse  la  mitra  preziosa  e  si  assise  sul  nel  i5qi  mandò  egual  donativo  all'infàn- 
faldistorio  in  mezzo  della  nradella  del-  tedi  Spagna  Filippo,  poi  re  Filippo  IH; 
l'altare  (nel  quale  non  vi  può  essere  la  e  ad  altro  infante  di  Spagna,  probabile 
ss.  Eucaristia),  innanzi  al  quale  si  distese  niente  al  di  lui  figlio,  Clemente  P Illspe- 
un  nobile  tappeto  per  inginocebiarvisi  i  dì  lo  stocco  e  berrettone  neli5q4-  Peto- 


STO 

io  ^  nel  1G1  >  li  mandò  in  Francia  al  re 
Luigi  XIII,  nel  i  6 i  «Sai  principe  delle  Spa- 
gne po*i  Filippo  IV,  non  che  al  Domina- 
to Sigismondo  III  re  di  Polonia ,  come 
riporta  il  Ricci.  Al  di  lui' figlio  e  già  ri- 
cordato Uladislao,  poi  Uladislao  VII  re 
di  Polonia,  essendo  in  Roma  nell'anno 
santo  1625,  L'rbano  fili  dopo  averlo 
trattato  magnificamente  per  lutto  lo  sta- 
lo, alloggialo  uelpalazzo  apostolico  con 
isplendidezza,  e  creato  canonico  sopran- 
numerariodi  s.  Pietro,  onde  venerare  da 
vicino  il  folto  santo  (A  '.),  gli  donò  nel- 
la cappella  pontificia,  privatamente  do- 
po la  messa,  lo  stocco  e  il  cappello  bene- 
detti nella  notte  del  s.  Natale,  con  quelle 
orazioni  e  fòt  mole  che  di  sopra  riprodus- 
si. Il  breve  linnipriales  Chrislianae, dei 
in  gennaio,  col  (piale  il  Papa  accompa- 
gnò il  dono,  per  incoraggi  re  i  polacchi  a 
guerreggiare  1  turchi  e  i  tartari,  può  ve- 
dersi nel  Guerra  a  p.  4 'p-  Innocenzo  X 
nell'anno  santo  1 6  7o, mandò  egualdona- 
tivo  al  fratello  del  precedente  e  succes- 
sore, Giovanni  II  Casimiro  ex  cardinale 
gesuita,  in  premio  dello  zelo  religioso  di- 
mostrato contro  gli  eretici  sociniani,e  per 
aver  difeso  colle  armi  il  cattolicismo  con- 
tro gli  scismatici  russi  egli  svedesi  eretici. 
Avendo  contemporaneamente  Innocenzo 
X  spedito  il  donativo  della  rosa  d'oro  al- 
la regina  sua  moglie  Maria  Gonzaga  dei 
duchi  di  Mantova,  da  presentarsi  come 
l'altro  donativo  dal  nunzio  rendente  in 
Polonia,  col  breve  Ex  more,  de'^4  set- 
tembre e  riportato  dal  Guerra,  il  Car- 
tari a  p.i54)  pubblicò:  Ordo  servandus 
in  traditione  ensis,  et  Rosa  aurea.  Ad 
III."  ac  Rm.°  D.  Archiepiscopum  Adria- 
nopolitanum  apud  regeni  Poloniae  apo- 
stolicac  Sedis  nunciutn,  scritto  dal  dili- 
gente maestro  delle  ceremonie  pontifi- 
cie mg.r  Febei.  E'  tanto  importante,  sia 
perchè  coutiene  un  caso  di  doppio  dono 
poco  frequente,  sia  per  qualche  diversi- 
tà che  contiene  e  più  copiose  del  prece- 
dente ceremoniale,  sia  per  compensare  al- 
la brevità  di  quesl'arlicolojin  proporzione 


STO  ',3 

dell'interessante  argomento,  e  finalmen- 
te perchè  riguarda  eziandio  la  Rosa  do- 
ro  ,  che  credo  indispensabile  riportarne 
il  tenore  interessante.''  Statini  ac  ad  ma- 
nusDominationis  Vestrae  illustr.  perve- 
nei'int  Piosa  aurea,  Ensiscum  Galero,  et 
brevia  SS.  D.  >..  Papae,  Serenissimi  Re- 
gi,  et  Reginae  Sanctitatis  suae  nomine 
praesentanda,  hoc  idem  ipse  iisdem  no- 
tum  ficiet;  ab  iisque  diem  praesentatio- 
nis  celebrandne  statuì  curabit,  et  brevia 
Regi  ac  Reginae  consignabit;  non  tamen 
Disi  in  ipso  Ensis  et  Rosae  tradictiones 
actu  aperienda.  Qua  die  Doininalio  Ve- 
strae Illustr. (modo  si  comode  poterit)euin 
solemni  .equitatu  eceìesiam  designatali! 
adibit,  immediate  ante  Don».  V.  ili  usti*. 
eqnilando  praeunlibus  duobus  familiari- 
bus,  thalarihabitu  indutis;  altere  Rosam 
aurea m,  altero  Ensera  cuin  Galero  de- 
super apposito,  deferentibus.  In  ecclesia 
ponetur  Uosa  sopra  medium  altaris  pro- 
peCrncein:  Ensis  vero cum  Galero  a  par- 
te epistolae  erectus  sustinebitur.  Cum- 
que  Uom.  V.  Illustr.,  e  sua  habitatione 
iliscendet,  Rex  legali  indutus  clamydé, 
una  cum  Regina  regiis  itidem  ornamen- 
tis  amicta,  e  regia  discedet,  et  simul  ea- 
dem  hora  in  ecclesia  reperiri  valeant.  Sta- 
tini ac  pervenerit  ad  ecclesiali!  Doni.  V. 
Illustr.  induet  parameula  sacra  prope  fal- 
distori um,  a  pai  te  epistolae  col  locando  ni; 
et  Rege,  ac  Reginam  advenientes  capi- 
tis  inclinatione  reverebitnr.  Deinde  mis- 
sam  inchoabit,  quam  solemni  ritu,prout 
magis  Piegi  placuerit,  prose<|uetur.  Re- 
sponsorio  autem  ,  Deo  grattai,  ad  ver- 
siculunij  Ita  missa  est,  Doni.  V.  Illustr. 
sedebit  in  faldistorio  ante  medium  alta- 
ris reuibus  eidem  versis,  cum  mitra.  Rex 
mandabit  legi  breve  SS.  Domini  Nostri, 
quo  alta  voce  perlecto,Sereniss.Rex  acce- 
ditad  Dominationem  Vestram  Illustri  ss. 
cui  ante  seipsam  genuflexo  Galerum  su- 
per caput  imponet  dicendo.  »  *\ccipe  Se- 
reuissiuiae  Rex,  Galerum  hunc,  qneoi  ti- 
bi  elargiendum  SS.  Universalis  Ecclesiae 
Pastor  ad  nos  transmisit.  aureis  Spiritus 


5  ;  S  T  o 

saiuti  radiis  micautem,  ubi  candente»  a- 
iiioncs  non  rapacis  aquilae  crudelitateai, 
sed  paciferae  columbae  innocentiam  ef- 
fìngunt,  ut  scias,  bella  tum  demum  ju- 
sla  esse,  cum  non  usurpaseli  imperiis,aut 
opum  rapiendarum  cupidine  geruntur; 
sed  suscipiuntur,  Spiriti]  sancto  admo- 
nente,  ad  propugnandam  Fidem;  et  nd 
stabiliendam  pacem,quae relieta  Princi- 
pibus  terree  fui thaereditasChristi  incae- 
lum  redeuntis;  qui  vivit,elregnat  in  sae- 
cula  saeculoru  ni.  Amen".  Dei  ndeDom.V. 
Illustr.  Ensem  e  vagina  eductum  eidein 
Sereniss.  Regisatt  ri  buet  dicendo."  Acci  pe 
insuper  Mucronem  Domini,  et  Gladium 
salutis;et  fìat  in  dextera  virtutis  tuae  in- 
nocentiumtutela,etitnpiorutn  flagellimi, 
et  ad  gloriam  Dei  omuipotentis,et  s.  Ma- 
trisEcclesiae  illurescant  corruscaliones  e- 
jus  orbis  terrae".  Moxeodem  Ense  intus 
vaginam  reposito,  Serenissimum  Regem 
accinget,dicendo.»Accingat  teGladiosuo 
super  femur  tuum  potentissimus,qui  su- 
perbis resistit,  humilibus  auleta  graliam 
daf.Tuautem  crebrisvictoriiscoleDeum 
ex.ercituum,  et  ultionum  Domiuum.  In 
nomine  Patris+|+et  Filii-^et  Spiritus-^ 
Sancii.  Amen";  ter  stipi  a  Regem  crucis 
signum  producendo.  Tuiig  P»ex,dimisso 
Galero,  manum  Dom.  V.  Ulustr.  exoscu- 
labitur,  et  ad  thalamum  revertetur.  His 
absolutis,  breve  ad  Sereniss.  Reginam  ad 
Dom.  V.  Illustr.  accedet,  cui  ante  ipsum 
genuflexaeRosam  auream  tiadet, dicen- 
do. »AccipeRosam,quam  tibi  nomineSS. 
Universalis  Ecclesiae  Pasloris  Innocenti! 
Domini  nostri  elargimur,  per  quam  de- 
signautur  gaudium  utriusque  Hierusa- 
lemjtriumpbantisscilicetjelmililantisEc- 
clesiae,  et  per  quam  omnibus  Cbristifl- 
delibus  manifestatur  Flos  ipse  speciosis- 
simus,  qui  est  gaudium  et  corona  San- 
ctorum  omnium.  Suscipe  hane  tu  Sere- 
nissima Regina,  quaesaecundum  saecu- 
liim  nobdis,  poten«,et  multa  vii  tute  prae- 
ditaes,utamplius  omni  viriate inCbrislo 
Domino  nobiliterisjtamquam  Rosa  plan- 
ctata  super  rivos  aquarura  multarum, 


S  T  O 

quam  giatiam  ex  sua  liberanti  clemen- 
tia  tibi  concedere  dignetur,  qui  est  trinus 
et  unns  insaecula  saeculorum.  Amen.  In 
nomine  Patris-fJ+et  Filii-t|+el  Spiritus+|v 
Sancii.  Amen";  ter  signum  crucis  super 
Regina  producendo.  Serenissima  Regina 
manum  Doni.V.  Illustr. exosculabilur, et 
adsedemsuam  serecipiel.TuncDom.  V. 
Illustr.  solemnem  benedictionem  popolo 
elaigietur,  et  reliquum  missae  de  more 
absolvet.  Peracta  missasolemiiiterad  Re- 
giam  redibus  Rex  Sereniss.  cum  Regina; 
ante  se  immediate  equitanlibus  duobus 
nobilibus  Rosam  auream,  et  Eusem  cu  ni 
Galero  desuper  apposito,  deferenti  bus. 
Praedicta  solemnitas  decentius  in  dignio- 
ri  ecclesia  peragetur:  verum  si  Sereniss. 
Regi  magis  placuerit ,  eadem  in  sacello 
regii  palalii  celebrare,  utique  ibidem  ri- 
te,  ac  perfìci  potei it.  "  Clemente  X  ol- 
tre l'avere  procurato  clie  i  principi  cat- 
tolici si  unissero  concordemente  a  muo- 
ver guerra  al  turco,  die  particolarmente 
vessava  la  Polonia,  a  questa  non  solo  spe- 
dì largo  sussidio  di  denaro,  ma  per  in- 
coraggile il  re  Micbele  nel  167  idal  nun- 
zio di  quel  regno  mg.r  Angelo  arcivesco- 
vo di  Damiata,  gli  fece  consegnare  lostoc- 
co'e  berrettone  da  lui  benedetti,  e  alla 
regina  la  rosa  d'oro.  Celebrando  l'anno 
santo  i675,pretendeCancellieri,  Descriz. 
de'trePontifìcalip.  1 4,cbe  si  recò  inRoma 
a  lucramele  indulgenzeFedericoGngliel- 
moducadiCleves,e  Clemente  X  gli  donò 

10  stocco  e  berrettone  benedetti.  Il  suddet- 
to mg. 'Francesco  IVI/  Febei,  De  originect 
progressu  c.elebritatis  Jubilaei  1 67  *>,  nar- 
ra a  p.  184.  »  Die  s.  Stepbani  3111101675, 
missae  demoreinCa  pella  (praesenlePon- 
tificecantatae)inleifuilFiidericiGuillel- 
miCliviae  ducis  primogenitns,  in  scarnilo 
cardinalium,post  juniorem  diaconum  se- 
dens.  Ilunc  in  eadem  Capella  (absolutis 
missarum  solemnis),insignisEnsis,etPilei 

11  mnei  e  decora  tum, paucos  post  dies,i  n  ae- 
di bus  Va  ticanisgraviteraegrotantem,ac  in 
extremis  laborantem  sacro  Viatico,  extre- 
mnque  unctione  Ponlifexmunivit.  Cum- 


STO 

cjne  pientissimus  priuceps  obiisset ,  ejus 
c^da ver  in  Sacello  Vaticano  s.  Mariae  de 
Febri  deposituiD,inde  ad  ecclesiam  s.  Ma- 
riae de  Anima  nationis  teuthonicae,  fu- 
nebri solemnique  pompa,  equitanlibus 
post  pheretrum  pontifìeiae  domus  prae- 
fecto, praelalis  assistentil*us,et  Papaecu- 
biculariis  traslatum  fuit."  Questo  brano 
del  Febei  riportato  da  Cancellieri,  dopo 
che  io  qui  lo  trascrissi,  m'iusorse  grave 
dubbio  che  si  fosse  equivocato  col  dona- 
tivo fatto  da  Gregorio  X11I  e  dichiarato 
di  sopra.  Essendo  il  libro  del  Febei  ra- 
rissimo,non  lo  trovai  nelle  bibliotecheCa- 
sanatense,  Angelica,  e  altre  onde  riscon- 
trarlo. Finalmente  rinvenuto  nella  Va- 
ticana,lessi  i  5y?  invece  dell'errato  167 5, 
nel  cap.  1  1  :  De  Jubilaeo  celebrato  a  Gre.  ■ 
gorio  XIII.  Il  testo  è  eguale,  tranne  le 
parentesi.  Laonde  il  dono  è  di  Gregorio 
XIII,  come  il  resto  della  storia,  e  non  af- 
fatto di  Clemente  X  fiorito  un  secolo  do- 
po. Credei  tutto  questo  notare,  non  per 
dimostrarmi  severo  aristarco  del  grande 
erudito  Cancellieri,  ma  tacendolo  sem- 
brava  avere  io  sbagliato,  ed  altri  poteva- 
no cadere  in  errore.  Aggiungerò  che  No- 
va es  nella  Storia  di  Gregorio  XIII ,  e 
Zaccaria  nel  Trattalo  dell'anno  santo, 
parlando  di  quello  di  Gregorio  XII  ^chia- 
mano il  duca  di  Cleves,  Carlo  Federico. 
La  sua  bella  iscrizione  sepolcrale  la  pub- 
blicò Manni,  Storia  degli  anni  santi  p. 
i3g. 

Innocenzo  XI  dopo  aver  contribuito 
con  somme  cospicue  e  colle  orazioni  alla 
liberazione  di  Vienna  assediata  da'turchi, 
dal  vittorioso  Giovanni  III  redi  Polonia 
che  l'elFettuò,  ricevè  lo  Stendardo (F '.) di 
Maometto  tolto  a'nemici, come  trofeo  del 
cristianesimo,  quindi  per  ricompensare  le 
prodezze  di  quel  re  gli  mandò  lo  stocco  e 
berrettone  benedetti,  col  breve  Singula- 
vis  luae,  dei  26  gennaio  i685,  presso  il 
Guerra  :  gli  permise  qualunque  cattolico 
Antislitem  eligat,  a  quo  illis  inter  missa- 
rum solemnia  ornclur.  Alessandro  Vili 
veneto, oltre  di  aver  favorito  la  sua  pa« 


STO 


55 


tria  con  validi  soccorsi  nella  guerra  cou- 
tro  i  turchi,  per  mezzo  di  mg.1'  Miche- 
langelo Conti  (poi  Innocenzo  XIII)  suo 
cameriere  d'onore,  mandò  a  Venezia  al  do- 
ge e  generalissimo  della  repubblica  Fran- 
cesco Morosiui,  lo  stocco  e  berrettone  be- 
nedetli,accompagnatodal  hreveEaquae, 
degli  8  aprile  1  6go,chesi  legge  nel  Guer- 
ra a  p.  44^>  chiamando  il  detto  suo  cu- 
biculario nuncius apostolica*.  Grati  i  ve- 
neziani dell'insigne  donativo  ricevo  to  dal- 
l'illustre concittadino, per  memoria  delle 
benemerenze  della  repubblica  lo  colloca- 
rono nell'aula  degli  scrutimi,  con  analoga 
iscrizione  ad  onore  del  doge  denominato 
Peloponnesiaco,  e  per  le  vittorie  del  quale 
contro  la  Porta  ottomana,  Clemente  IX 
gli  aveva  scritto  la  lettera  gratulatoria, 
Praeclara  decora,  riportata  pure  dal 
Guerra.  L'Ottieri,  Istoria  delle  guerre 
avvenute  in  Europa,  t.  7,  p.  98,  nana 
che  per  la  gran  vittoria  riportata  sui  tur- 
chi ai  5  agostoi7i6,  dal  generalissimo 
dell'imperatore  Carlo  VI,  il  principe  Eu- 
genio di  Savoia,  dei  duchi  di  Soissons 
(F-),  a  Petervaradino  in  Ungheria,  Cle- 
mente XI  per  onorarlo  colla  maggior  di- 
stinzione, la  quale  erano  soliti  i  prede- 
cessori esercitare  verso  i  prodi  capitani, 
che  combatterono  e  fecero  famose  conqui- 
stecontro  gl'infedeli  e  gli  eretici, gli  spedi 
a  mezzo  di  Orazio  Rasponi  di  Ravenna 
cavaliere  gerosolimitano,  suo  camerie- 
re segreto  di  spada  e  cappa,  lo  stocco  e 
berrettone  benedetti  (precisamentequelli 
il  cui  disegno  esiste  nell' Opera  di  mg. 
Rocca,  e  già  ricordato);  ed  accompagnò 
il  dono  con  breve  de'  7  settembre,  cioè 
dopo  la  battaglia  di  Salaochement  e  pri- 
ma della  presa  di  Temeswar.  Dice  in  es- 
so, che  tutti  i  cristiani  devono  restare  al 
di  lui  valore  e  savia  condotta  obbligati, 
e  che  devono  rispondere  al  gran  benefi- 
zio, almeno  con  lodi,  per  aver  egli  in  bre- 
vissimo tempo  disfatto  le  inuumerabili 
truppe  de'barbarij  onde  poteva  a  lui  a- 
dattarsi  ciò  che  già  si  disse  di  Cesare,  che 
il  venire,  vedere  e  vincere  era  stata  una 


56                      STO  S  T  O 
sola  cosa.  Doversi  egli  adunque  pel  dono  pel  campo  di  Temeswar.  Giunto  il  cav. 
mandatogli  infiammare  di' nobile  spirito  Raspoui  dal  principe  Eugenio,  questi  si 
e  lena  ad  acquistarsi,  come  gli  augurava,  mostri)  profondamente  penetrato  della 
nuovo  merito  e  gloria,  ad  esaltazione  e  pontificia  munificenza,  e  festeggiò  il  suo 
dilatazióne  della  fede  di  Cristo.  La  fun-  arrivo,  alloggiandolo  nel  suo  padiglione. 
zione  fu  fatta  con  gran  solennità  nella  cat«  Stante  la  mancanza  d'un  vescovo,  stabilì 
tediale  di  Giavarino,  nel  ritorno  ch'egli  per  la  funzione  «ig.r  Stefano  Konbor  vi- 
ieee  dall'Ungheria  in  Vienna,  e  dopo  aver  cario  generale  di  Giavarino  o  Raah,  nel- 
«late  le  disposizioni  alle  truppe  pe'quar-  la  cui  cattedrale  fu  eseguita,  con  antiuen- 
ticri  d' inverno.  11  breve  de'16  settem-  za  dell'imperatore  e  del  vescovo  cardi- 
))YiììPluresììiiaximasqueviclorias)%\\e^-  nal  di  Sassonia,  non  essendo  stato  pos- 
ile nel  Guerra  a  p,  44()-  ^>iu  interessanti  sibilo  di  farla  in  quella  di  Temeswar  come 
notizie  trovo  ne'  Diari  ili  Roma  [I'7.)  in-  bramava  il  Papa,  alla  presenza  di  molti 
cominciati  in  quell'annoa  pubblicarsi, ap-  generali  venuti  dal  campo,  e  del  principe 
putito  per  riportarsi  le  notizie  della  guerra  d.  Emanuele  infante  di  Portogallo,  e  nu- 
che si  combatteva  in  Ungheria,  e  perciò  sci  assai  magnifica.  Il  cav.  Rasponi  avea 
chiamavasi  Diario  d*  Ungheria,  cioè  nel  preceduto  il  principe  in  Giavarino,  ri- 
n.°  io  e  sua  Aggiunta,  e  m\Y  Aggiunta  cevuto  con  ogni  distinzione  e  onorificcn- 
del  ii.°  23.  Riporterò  il   più  sostanziale  za.  ludi  con  ispleudido  accompagnameli- 
della  relazione.  Primieramente  si  legge  to  il  cav.  Rasponi  si  recò  alla  chiesa,  pre- 
l'allocuzione  Cumulatimi  gaudium,  pio-  cedendo  il  principe,  collo  stocco  e  ber- 
nuuziata  da  Clemente  XI  nel  concistoro  rettone,  tra  le  salve  delle  artiglierie  e  dei 
de'2  settembre  1  7  16,  colla  quale  parte-  moschetti,  e  il  suono  di  tutte  le  campa- 
tipo  al  sagro  collegio  de'  cardinali  le  vit-  ne.  Fu  ricevuto  da  mg.r  vicario  sulla  por- 
tone riportate  sui  turchi  in  Ungheria,  i  ta  dejla  cattedrale,  alla  testa  del  capitolo, 
pubblici  ringraziamenti  fatti  a  Dio  e  alla  il  quale  souiniiuistrò  al  principe  Euge- 
15.  Vergine,  e  la  determinazione  di  aver  nio  l'acqua  benedetta.  11. cav.    Rasponi 
destinato  premiare  il  valore  del  principe  li  portò  dalla  parte  dell'epistola,  presso 
Eugenio  collo  stocco  e  berrettone  da  lui  la  quale  gli  era  stata  preparata  una  se- 
benedetti  nel  s.  Natale.  Indi  riportasi  il  dia  coperta  con  genuflessorio  avanti,  e  vi- 
breve,  Firmata,  coslantanque  fiduciam,  cino  uno  sgabello,  sul  quale  un  sacerdote 
dal  Papa  scritto  al  principe  Eugenio  a'7  in  cotta  sostenne  lo  stocco  e  il  berrettone 
settembre,per congratularsi de'suoi trion-  durante  la  messa.  11  principe  dopo  avere 
fi,  esortandolo  a  vieppiù  sostenere  la  di-  oralo  sopra  uno  strato  e  cuscino,  passò 
fesa  dell'ortodossia,  ed  abbattere  l'orgo-  dalla  parte  dell'evangeloov'era  una  spe- 
glio de'barbari  nemici  del  nome  crislia-  ciedi  tribuna  decentemente  ornata.  Dai- 
no; insiemeavvisandolo  di  spedirgli  il  cav.  lo  stesso  lato  e  alquanto  pili  basso  pie- 
Piasponi,  col  donativo  dello  stocco  e  ber-  sero  luogo  i  canonici,  ed  incontro  al  priu- 
lettone  da  lui  benedetti,  spiegandone  i  oipee sopra  una  pradella  fu  collocata  la 
misteri;  quindi  gl'ingiunse  di  riceverli  in  sedia  di  mg.r  vicario,  e  un  poco  più  bas- 
chiesa  e  dalle  mani  d'un  vedovo,  s'era  so  gli  sgabelli  pei  ministri  assistenti.  Da 
possibile,  nella  celebrazione  della  messa,  questa  partee  negli  stalli  canonicali  siede- 
11  cav.  Rasponi,  partito  da  Roma  co'sa-  10110  l'infante,  il  maresciallo  Iìeister  go- 
gri  donativi, si  recò  prima  a  Vienna  a  os-  vernatole  militare  di  Giavarino,  e  i  priu- 
sequiare  e  ringraziare  l'imperatore  Car-  cipali  ufliziali.  Nella  solenne  messa  Can- 
io VI,  che  ad  istanza  del  Papa  lo  avea  lata  da  mg.1  vicario,  si  praticarono  col 
fatto  aiutante  reale  con  grado  di  colon-  principe  tutte  le  consuete  ceremonie;  ter- 
nello  dell'armata  imperiale;  indi  mosse  minata  la  quale  il  celebrante  depose  la 


STO  S  T  O                     57 

pianeta, e  assunto  il  piviale  andò  a  sedere  noslrae  pari  animi  devotione,  et  alacri* 

su  d'una  sedia  posta  sull'ultimo  gradino  tate  suscipias  (qui  seguì  la  tradizione  del- 

dell'altare.  Allora  il  cav.  Raspolli  si  re-  lo  -stocco  nelle  inani  di  sua  altezza,  nel 
co  a  consegnare  il  breve  al  principe,  so-  proferirsi  le  seguenti  parole).  Firmelur 
pia  una  guantiera  coperta  di  broccato,  in  eo  manus  tua,atque  exaltetur  de\te- 
ed  espose  la  sua  missione  con  paiole  ap-  ra  tua,  et  sic  per  illuni  induatis  volute 
propria  te.  Il  principe  rispose  co»  espres-  ex.  allo,  ut  ad  coufusionein  inimicoruni 
sioui  di  somma  riconoscenza  al  l'apa,  crucis Christi,-$.  MatrisEcclesiaegloriam, 
prese  il  breve,  lo  baciò  e  consegnò  per  la  illucescant  corruscationes  ejus  orbis  ter- 
lettura   al  segretario  di  guerra,  il  (piale  rae,praestanteeodemDoiiiiiio  nostro  Jesu 
la  eseguì  ad  alta  voce  sopra  un  gradino  Cbristo,  qui  cum  l'atre,  et  Spintu  sancto 
dell'altare.  Lettosi  il  suddetto  breve  dal  vivit,  et  regnai  Deus  in  saecula  saeculo- 
segrelario  di  guerra,  sua  altezza  serenis-  rum.  Amen".  Nel  darsi  il  berrettone, dis- 
sima il  principe  Eugeuio  si  portò  a  pie-  se  mg.1  vicariò  nell'importo   in  capo  al 
di  del  celebrante  mg.'  vicario  generale  di  principe.  »  Accipe  quoque  l'ileiun  bone, 
lì  io  va  l'i  no,  e  genuflessa  sopra  uno  strato  quasi  Galeani  salutis,el  munitionis  in  cu- 
e  cuscino,  il  cav.  Raspolli  collocò  il  ber-  pile  ilio,  ut  te  jugitei*  in  die  belli  coele- 
retlone  sopra  un  cuscino,  sfoderò  lo  stoc-  sic   lumen  obumbret.   Sit  in    te  spiritus 
co  e  lo  presentò  a  mg.1'  vicario,  il  quale  foi  titudinis  ,  et  consilii  qnalenus  profli- 
recitò  la  seguente  formola.  »  Solent  Ro-  gatis  orlbodoxae  tìdei  bostibus,  veram  in- 
mani Puntifices  juxta  probaluni  praede-  tra  ebristianorum  fines  pneem  stabilias, 
cessoiiim  suorum  moretn,  in  anniversa-  quam  de  coelo  lerrae  invexit  Rex  paci- 
ria  NglivitalisDuminicae  celebriate  En-  ficus  Jesus  Cbristus  Dom'musnoster,  (jui 
seni  cum  apposito  desuper  Pileo  per  in-  cum  l'atre,  et  S[iiritu  sancto  vivit,  et  re- 
vocatioìiem  Divini  nominis,  et  apostoli-  gnat  Deus  per  omnia  saecula.  saeculorum. 
cam  benedictibiiem  speeialique  ritu  san-  Amen.  "  Il  principe  quindi  consegnò  lo 
clilìcare.  Congruit  sane  quam  maximae  stocco  e  il  berrettone  al  barone  WaJdòrff 
tiasceutis  Cbrisli  fesli  vitati,  antiquuni  i-  suo  cavallerizzo  maggiore,e  baciata  la  ma- 
Blud,ac  venerabile  Romanae  Ecclesiae in-  no  al  celebrante  riverentemente,  fu  da 
Slitutuni.  Designatili- enim  boc  pactocon-  lui  ammesso  all'amplesso. Tornato  il  priu- 
ibcttis  ilie  pio  nobis  initus,  in  quo  Uni-  cipeal  suo  luogo,  fu  intiionatoilZWJeu//?, 
genitus  Fi  li  tis  Dei,   magno,  et  mirabili  tra  lesalvedell'artigliei  ieemoscbetierie. 
uequitalis  iure  celiando,  natura  ni  gene-  Spogliatosi  mg.r  vicario  e  gli  assistenti, 
ris  assuropsit  Immani,  ut  inventor  mor-  accompagnarono  il  principe  sulla  porta 
lis  diabolus,  per  ipsain ,   quam  vicerat,  della  chiesa,  ivi  il  principe  fece  un  gen- 
vjcerelur  ;  nosque  eruli  de  potestà  te  te-  tile  ringraziamento  al  vicario,  al  capitolo 
nebrarum,  in  Dei  lumen  trasferemur,  et  e  al  cav.  Rasponi,  il  quale  lo  seguì,  e  pre- 
legnum.  Raliunabili  igilur  est, ut  sancii-  ceduti  dallo  stocco  e  berrettone  alla  sua 
ficaluin  bone  Ensem  Mucroneni  Dumi-  abilazione.ovea  sfogo  dej  popolo  per  qual- 
ni ,  Gladium  potentis,  quein  ail  praeci-  chetempoiilenneroesposti.il maresciallo 
puum  tuaefortitudinisdccus,  Dealissiinus  alloggiò  tutti  nobilmente,  e  die  un  ma- 
io eodem  Cbristo  Pater,  et  Duminus  no-  gniiìco  pranzo  coH'inlervento  del  vicario, 
ster,  D.  Clemens  divinae  providentiae  Pa-  de'canonici,  e  del  cav.  Rasponi.  Si  fecero 
pa  XI,  singolari  libi  paternae  suae  be-  brindisi  dal  principe  al  Papa  e  all'infante, 
nevolentiaesignificationeelargitur,tu  mo-  al  suono  ili  timpani  e  trombe,  e  alio  spa- 
da, Serenissime  Princeps,de  catholica  re-  ro  de'  cannoni.  Rispose  il  principe  Eu- 
ligiooe, christiauique  populi  salute  opti-  genio  con  questa  lettera  a  Clemente  Xf. 
tue  inerite,  per  uiiuhUnuui  luuniliLilis  -  Puàl  Dei  optimi   maxiini  c'emeuliain 


5$  S  T  O 

piisBealitudinis  vestraeexcitatamoralio- 
nibus,  quae  nuper  arma  Caesarea  contra 
infensiasimus  christianis  nominis  hosteni 
ad  Petrowaradiaumtriumpbare  contigli, 
juliil  rnihi  majus,  optatiusveaccidere  pò- 
tuit,  quam  gratiosissimae  Sanctitatis. ve- 
stile congratulalioues,  immeritaque  per 
Horatium  Raspoiium  equilem  hierosoly- 
mitanum  omni  ex  parte  clarum,  acce- 
plumque  transmissi  Ensis  et  Pilei  con- 
«lecoratio, quae  dum  ea,qua  fieri  potuit 
solemnitale  peracla,  iue  non  modo  divini 
fivoris  admonebil;  veruni  etiam  ad  ma- 
jores  justae  Dei,  Caesaris'et  Christianae 
L-ausae  excilabit  conatus,  quos  dum  sub 
tanto  pontificata  felices  spero,  Divinam 
quoque  opem  in  subsidium  invoco, velit 
me  acceptae  gratiae  dignum  reddere,  et 
Beatitudinem  vestram  prò  amplimi  glo- 
j  ia  Suae  sanctae  Causae,  et  Caesaris  prò- 
inoliane, diu  salvum,inco!umemque  ser- 
vate, cujus  sanclissinios  pedes  dum  omni 
cuin  reverentia  exosculor,  respectuosis- 
sima  cimi  subtnissioue  maneo,  etc.  "  Indi 
ii  Diario  di  Roma  riporta  una  serie  di  al- 
cuni esempi  degli  stocchi  e  berrettoni  be- 
nedetti donali  da'  Papi,  ma  non  è  esatta 
interamenle.il  Pagi  pretese  nella  Pila  di 
Urbano  FI3§  68, die  questa  benedizio- 
ne si  facesse  in  qualunque  giorno,  e  che 
Clemente  XI  benedi  lo  stocco  e  berret- 
tone pel  principe  Eugenio  nella  chiesa  di 
s.  Maria  del  Popolo  l'8  settembre i  7  i5: 
in  tutto  errò,  non  trovandosi  che  in  ve- 
1  un'altra  festa  fuori  del  solo  s.  Natale  fe- 
cero tal  benedizione,  ma  tranne  quella 
che  ri  porterò  di  Leone  XII  a'nostri  giorni 
soltanto,  seppure  debba  invece  chiamarsi 
altra  benedizione  (Benedetto  XIV  peli.0 
una  volta  benedì  la  Rosa  d'oro,  in  tem- 
po di  ver  so  dal  consueto, perchè  venne  l'op- 
portunità di  donarla  e  non  esisteva  quel- 
la del  precedente  anno).  Tra  quelli  che 
seguirono  l'errore  del  Pagi,  vi  fu  Guerra; 
tra  quelli  che  lo  confutarono,  Zacearia  e 
Cancellieri.  Sembra  che  nel  contrario  er- 
rore sia  caduto  pure  Mondelli,  cioè  sulla 
benedizione  straordinaria  dello  stocco  e 


S  T  O 

berrettone  ducale,  dicendo  esservi  molti 
esempi,  ma  senza  indicarli,  tranne  quello 
d'Urbano  V,  che  secondo  il  Bzovio,  fece 
tale  benedizione  a'9  aprile  1  3G8  nel  gior- 
no di  Pasqua.»  Benedictioneui  intersa- 
crificandum  Ensem  auratum  eidem  re- 
ginae  Joannaeadsidenti  donavit,  ipsa  ve- 
ro Petro  regi  Cypri,  qui  eo  accintus  Ni- 
colaum  Spinellium  Juvenantium  reginae 
cancellarium  baltheo  militari  ornavit." 
Da  queste  testimonianze  dunque  appa- 
risce, che  il  Papa  fece  il  donativo  alla  fa- 
mosa Giovanna  I  regina  di  Sicilia  (U.)t 
la  quale  ne  fece  poi  un  presente  a  Pietro 
1  re  di  Cipro.  Temo  assai  della  verità  di 
questo  racconto, tanto  più  che  altrove  nar- 
rai, avere  neh  368  Urbano  V  donato  in 
Roma  la  Rosa  d'oro  a  Giovanna  I,a  pre- 
ferenza di  Pietro  I,  onde  i  cardinali  al- 
tamente ne  mormorarono,  come  affer- 
mano l'autore  delle  due  T'ite,  d'  Urbano 
V,  pubblicate  da  Baluzio  p.  38  1  e  4°8, 
e  Muratori,  Scriptornm  rer.  Italia,  t.  3, 
p.  54 1 ,  620  e  634-  Benedetto  XIII  nel 
1725  per  mezzo  di  Gio.  Francesco  degli 
Abbati  Oli  vieri,spedì  aMalla  al  gran  mae- 
stro dell'ordine  Gerosolimitano  fr.  Ema-" 
nuele  de  Vilhena  portoghese,  lo  stocco 
e  berrettone  benedetti,  per  la  difesa  che 
faceva  di  quelP. isola  contro  le  mire  dei 
turchi.  11  Marchesi,  Galleria  dell'  onore 
t.  2,  p.  icjq,  chiama  Gio  Francesco  cava- 
liere di  Malta  e  cameriere  d'onore  di  Be- 
nedetto XIII,  e  che  dopo  tale  onorifico 
incarico  fu  canonico  Valicano,  protono- 
tario  apostolico  soprannumero,e  ponen- 
te, del  buon  governo.  Il  Zaluski  nell'o- 
pera che  citai  a  Berrettone,  nel  descri- 
vere questi  donativi  falli  a're  di  Polonia, 
afferma  che  Benedetto  XIII  nel  1726  Io 
fece  al  re  Augusto  II  ed  elettore  di  Sas- 
sonia. II  n."  4686  del  Diario  di  Roma 
del  1747  riferisce  come  Benedetto  XIV 
in  concistoro  segreto  recitò  una  erudita 
allocuzione  sopra  lo  stocco  e  berrettone 
benedetti,  destili  indoli  in  dono  al  gran 
maestro  di  Malta  fr.  Emanuele  Piuto  de 
Fonseca  portoghese,  e  glieli  rimise  col 


S  T  0 
breve  Maxima,  de'23  dicembre,  per  le 
Mie  benemerenze  e  per  quelle  di  sua  il- 
lustre religione  equestre.  Nominò  alle- 
gato apostolico  a  portarli  mg.r  Luigi  Va- 
lenti suo  cameriere  d'onore  in  abito  pao- 
nazzo, nipote  del  segretario  di  stato  e  poi 
cardinale.  Errò  Cancellieri,e  il  D.°49  del 
Diario  /li  Roma  1  8  1 4  che  lo  copiò,  in  as- 
serire che  Clemente  XIII  donò  al  gran 
maestro  di  Malta  lo  stocco  e  berrettone 
benedetti.  No,  fu  Clemente  XIV,  e  nel 
i  774>  e  lo  notai  nel  voi.  XXIX,  p.  262, 
dichiarando  i  regali  che  ricevette  l'able- 
gato  apostolico  mg.1  Bonanni.  Lo  affer- 
mano i  n.i  8  566, 8  58  2, 8  "98,860  0,860  2 
del  Diario  di  Roma  1  y y 4»  ove  s'  pJ'h> 
del  biglietto  di  segreteria  di  stato,  per  la 
nomina  dell'ablegato;di  sua  partenza  per 
Malta  con  una  galera  pontili  eia, con  molta 
gente  di  buon  servizio;  del  suo  arrivo  ai 
18  giugno,  onorificenze  ricevute,  accol- 
to allo  sbarco  da  4  cavalieri,  incontrato 
alla  porta  dal  clero  secolare  e  regolare,  e 
da'cappellani  conventuali,  recandosi  pio- 
ccssionalmenlein  chiesa  tra  il  rimbombo 
delle  artiglierie  e  il  suono  delle  campane; 
che  ringraziati  tutti,  passò  coi  cavalieri 
alla  nobile  residenza  destinatagli,  riceven- 
do le  visite  de'grancroci,  del  prelato  in- 
quisitore di  Malta,  e  recandosi  privata- 
niente  a  visitare  il  gran  maestro  Xime- 
nes  de  Texada  di  Navarro.  Indi  si  narra 
l'udienza  pubblica,  che  fu  destinata  do- 
menica 26  luglio  per  la  funzione, e  si  leg- 
ge la  notade'regali  ricevuti  dall'ablegatu, 
e  il  suo  ritorno  in  Roma.  L'ultimo  dona- 
tivo dello  stocco  e  berrettone  io  fece  Leo- 
ne XII  nel  1825,  come  riportai  nei  voi. 
XXVII,  p.  142,  XXXVIII,  p.  65,  dicen- 
do che  il  Papa,  per  avere  il  Delfino  Luigi 
ducad'Angoulème,  figlio  di  Carlo  X  redi 
Francia,  generalissimo  dell'esercito  fran- 
cese, liberato  il  re  e  la  famiglia  reale  di 
S/jagua  dal  dispotico  potere  de'  co:t:tn- 
ziouali  ribèlli,  gli  mandò  iu  dono  a  Parigi 
Io  stocco  e  berrettone  benedetti,  che  esi- 
stevano nella  sagrestia  pontificia.,  e  cou 
singoiar  esempio  volle  ribenedirli  nel  gior- 


S  T  O  59 

no  festivo  dell'Invenzione  della  ss.  Croce 
a'3  maggio, nella  sua  cappella  segreta  del 
VaticaiiOjdopo  la  celebrazione  della  mes- 
sa. Si  determinò  a  questa  straordinaria  e 
nuova  benedizione,  per  la  presa  risolu- 
zione di  dare  tale  dimostrazione  in  occa- 
sione opportuna. Inoltre  notai, che  a  tal  ef- 
fetto destinò  perablegatoapostolico  mg.r 
Lodovico  de'baroni  Aucajani  (ora  moua- 
cocassineseeabbatedis.  Pietro  dìFerenr- 
/r//o,abbazin  di  cui  riparlai  a  Spoleti),  ca- 
rnei ieresegretosoprannu  mero, incaricato 
pure  di  presentare  la  berretta  cardinali- 
zùzalcardinalCroy  arcivescovo  di Rouenj 
e  notai  i  regali  ricevuti  daU'ablegato.  Di 
che  e  della  benedizione  in  parte  trattano 
i  n.i  36  e  161  del  Diarto  eli  Roma  1825, 
dichiarando  che  l'ablegato  fu  accompa- 
gnato dal  fratello  bai  oue  Decio,  e  da  mg.r 
Conti  cappellano  segreto  del  Papa.  Il  cav. 
Arlaud  pai  la  del  donativo  pontificio  nel- 
la Storia  di  Leone  XII,  nel  1. 1  1 ,  p.  1  75, 
176,  249  (ed  anche  nella  Storia  di  Pio 
1  III,  t.  2,  p.  i3o).  Egli  osserva,  che  il 
berrettone  o  cimiero,  è  una  specie  di  cap- 
pello del  medio  evo,  ed  è  sempre  accom- 
pagnato dallo  stocco,  specie  di  spada;  che 
sogliono  donarsi  a  "cneralissimi  chesiansi 
distinti  in  fazioni  importanti  (poteva  ag- 
giungcre,anche  pe'motivi  che  ho  descrit- 
to, ed  ai  sovrani),  come  d.  Giovanni  di 
Austria,  Giovanni  III  e  il  principe  Euge- 
nio; ed  egualmente  volendosi  ricompen- 
sare la  spedizione  di  Spagna,  per  cui  Leo- 
ne XII  avea  domandato  a  lui  stesso,  co- 
me incaricalo  di  Francia  in  Roma, le  no- 
tizie sulla  vita  delducad'Angouléme  vin- 
citore di  Cadice,  ponendo  fine  alla  rivo- 
luzione spagnuola  ;  onde  aver  gagliardi 
motivi  di  manifestare  a 'cardinali  la  sua 
determinazione,  e  inviar  quindi  tali  segni 
d'onore  a  Parigi,  ch'è  la  più  alta  ricom- 
pensa cattolica  che  possa  desiderare  un 
guerriero  amico  della  religione.  Soggiun- 
ge, che  alcune  persone,  conoscendo  poco 
gli  usi  di  Roma,  che  non  si  diparte  mai 
dalle  foggie  dell'antichità,  trovarono  Io 
sloccu  e  il  berrclloue  pesanti  da  non  pò- 


60  STO  ST  () 
(tisi  adoperare,  ignorando  che  simile  o«  ne  nell'  ultima  settimana  di  luglio  dello 
noie  era  stato  fatto  ai  3  nominati  ina-  stesso  i  82  ^Nell'anno  precedeute,ad  onta 
gnaniuii  e  benemeriti  della  cristianità;  es-  the  fosse  affaticato  Leone  XII  dalle  fun- 
si però  non  aveano  posto  sulla  loro  testa  zioni  dell'apertura  della  porta  santa,  pu- 
il  formidabile  berrettone,  uè  aveano  ini-  re  prima  del  mattutino  della  notte  del  s. 
brandita  quella  spada  sì  pesante.  Questi  Natale,  al  letto  de'paramenti  e  colle  for- 
segni  d'onore,  nelle  ce  ré  moni  e  della  pace  inalila  consuete  beuedì  lo  stocco  eherret- 
venivano  portali  dagli  araldi,  che  prece-  tone  ducale  (cioè  quelli  che  spedì  poi  con 
dcvanoque'eapitani;ina  in  Utnpodiguer-  nuova  benedizione  in  Francia),  indi  pas- 
ja  essi  non  apparivano  vestiti  di  eosìenor-  so  alla  funzione  della  contigua  cappella  Si- 
ini  insegne.  Alcune  critiche  beffarde  cir-  slina,  come  trovo  nel  n.°io4  del  Diario 
«colarono  ed  afflissero  ii  buon  Papa, il  qua-  eli  fìo/na  i  824.  bi  quello  poi  del  i  82.5  e 
le  nel  lagnarsene,  mostrò  di  sapere  che  nel  u.°io3,  leggo  che  Leone  XII  avendo 
il  re,  il  Delfino,  le  principesse  aveano  e-  eseguito  la  chiusura  della  porta  santa, non 
sternato  la  loro  sincera  gratitudine  per  intervenne  nella  seguente  nolle,vigilia del 
tali  e  altri  doni:  Carlo  X  si  dichiarò  gra-  s.  Natale,  al  mattutino;  laonde  nella  mat- 
tisiimo  di  tutto,  e  fece  aucorlui  donativi  lina  appresso  e  nella  sua  cappella  segre- 
a  Leone  XII,  diche  trattai  a'Ioro  luoghi,  la,  dopo  aver  celebrata  la  messa,  henedi 
Poi  narra,  che  il  giorno  di  Natale  i  825,  lo  stocco  e  berrettone  (cioè  quelli  falli  di 
dopo  la  celebrazione  del  la  messa/luemaz-  nuovo,  e  (piando  gli  altri  giù  erano  slati 
zieri  portavano  il  berrettone  e  stocco  de-  ricevuti  dal  Deliìno).  INon  vi  fu  pontili- 
stillati  al  DeKìno,  stati  benedetti  secondo  cale  in  s.  Pietro,  ma  solenne  messa  nella 
l'uso  del  Papa  nella  sua  cappella  privata  cappella  Sistina,  in  cui  sebbene  non  vi 
dopo  una  messa  comune.  Qui  I'  ottimo  andò  il  Papa,  si  videro  Io  stocco  e  berret- 
storico  (che  celebrai  anco  nella  biografìa  Urne, sostenuti  (a  corna  Epistolae)  a  vi- 
dei cardinal  Soma  gli  a)  cadde  in  anacro-  penda  da  due  mazzieri  pontificii,  e  non 
nismo,  che  non  posso  trasandare,  iinpli-  portati,  uflizio  che  spetta  al  chierico  di 
cando  più  cose.  Dal  riportalo  di  sopra,  e  camera.  Aggiungerò  che  nel  n.°io3  del 
comprovato  dal  Diario  di  Roma  (g\ov-  Diario  di  Roma  1826  si  riporta, che  Leo- 
naie  ollìciale,  che  se  talvolta  disse  iuesat-  ne  XII  celebrò  le  funzioni  del  vespero  e 
tezze  parlando  d'antiche  er  udizioni,  non  mattutino  nella  basilica  Liberiana,  ove 
fallava  quando  pubblicava-cose  di  fatto  avanti  il  ?.. "nella  sagrestia  e  coll'assisleu- 
del  giorno  e  riguardanti  il  Papa,  almeno  za  del  sagro  collegio  (cioè  perchè  ivi  si 
nel  sostanziale  e  più  importante,  e  si  ret-  raduna,  non  per  assistere  alla  benedizio- 
li fico  col  numero  seguente  quando  noti-  ne)  e  degli  altri  che  vi  hanno  luogo,  fece 
fico  cose  che  meritavano  correzione),  che  la  benedizione  del  cappello  e  dello  stocco, 
lo  stocco  e  berrettone  pel  Delfino  giù  era-  solita  praticarsi  in  questa  notte  (vale  a 
no  stati  a  lui  conseguati  in  Parigi,  lm-  dire  i  nuovi  sostituiti  a'donati,  e  tuttora 
porla  inoltre  che  io  rimarchi,  che  meno  esistenti  nella  sagrestia  pontifìcia).  Altret- 
alcuni  casi,  e  in  principio  notati,  la  bene-  tanto  praticò  nel  1 827,  come  dal  n.°  1  04 
dizione  si  fa  sempre  nella  camera  de'pa-  del  Diario  (\\  qualeerròambeduelevolte, 
lamenti  del  palazzo  apostolico  e  talvolta  nel  dire  che  l'esegui  in  piviale).  Final  incu- 
neila sagrestia  Liberiana.  Di  più  leggesi  te  il  n.°2  5  del  1828,  dice  che  Leone  Xlf 
ne'due  allegati  Diari  di  Roma,  che i'ab-  celebrò  nella  cappella  Sistina  il  vespero 
legato  partì  da  Roma  due  giorni  dopo  la  e  il  mattutino,  e  nella  seguente  mattina 
ribenedizióne  dellostocco  e  berrettone  pel  pontificò  la  messa  nella  basilica  Liberia- 
Delfino,cioèa'5maggio,e  visi  restituì  do-  uà,  in  cui  durante  la  funzione  e  dal  lato 
po  esegui  la  la  ragguardevole  comìuiasiu-  dell'epistola  presso  l'altare  da  uu  maz- 


STO 

ziere  furono  sostentili  lo  stocco  e  berretto- 
ne, benedetti  nell'antecedente  nolfcfdun- 
que  nella  camera  de' paramenti  della  Si- 
stina). In  questa  li  benedì  Gregorio  XVI 
ordinariamente  avanti  la  messa  della  not- 
te di  Natale  cui  assisteva,  e  se  non  v'in- 
terveniva l'eseguiva  nella  mattina  prima 
della  funzione.  Il  regnatile  Pio  IX costa* 
mando  celebrare  il  mattutino  e  il  pon- 
tificale della  notte  di  Natale  nella  basi- 
lica Liberiana,  in  quella  sagrestia  e.  pri- 
ma tlel  mattutino  benedice  lo  stocco  e  il 
berrettone.  Su  questo  argomento,  oltre  i 
rammentati  scrittori. si  ponuo  '  vedere,Ste* 
fmo  Pigili,  De  insignibus  militaribus  a 
Paul.  Max.  principibus  deferri  solilis, 
nello  Scotti,  Itinerario  p.  482.  France- 
sco A.  Mondelli,  Qual  sia  dello  stocco 
d'oro  l'origine?  nella  Dissertazione  ì  li 
della  II  Decade,  Roma  1792. 

STÒCKHOLMoSTOCCOLMA,flb/- 
mia.  Città  capitale  del  regno  di  Svezia 
(P.)e  capoluogo  della  prefettura  del  suo 
nooie,  nella  parte  orientale  della  Svea- 
landiao  Svezia  propria,  porzione  dell'an- 
tico Upland  o  Boslagen  e  parte  dell'an- 
tica Sudermania.  E' situata  sullo  stretto 
che  unisce  il  lago  Maelar  ad  unode'brac- 
ci  del  mare  baltico,  i'.>.o  leghe  nord-est 
da  Copenaghen, \Go  ovest  sud-ovest  da 
Pietroburgo,  35tda  Vienna,  e35oda  Pa- 
rigi, in  posizione  sommamente  pittore- 
sca; l'alternare  della  terra  e  delle  grandi 
masse  d'acqua,  l'ineguaglianza  del  ter- 
reno che  forma  ora  collina  di  dolce  de- 
clivio, ora  masse  scoscese  di  rupi  di  gneis 
e  di  granito,  le  danno  un  aspetto  mira 
bile  e  unico  in  Europa.  Stockholm  è  ba- 
sata sopra  7  piccole  isole,  dalia  parte  del- 
l'acque del  lago  Maelar,  il  più  pittoresco 
de  laghi  di  Svezia.  Questo  lago  per  le  due 
loci  IN'orrstrome  Soderstrom  sbocca  nel 
porto,  mantenendo  dolci  le  acque  nello 
Skargard,  o  vero  arci  pelago,  dov'entra- 
no le  navi  per  le  principali  imboccature 
di  Dalaro  e  di  Sandhamn.  In  cei  to  modo 
questa  città  ha  multa  analogia  con  Ve- 
nezia; mn  le  acque  che  battono  alle  sue 


STO  fi  1 

mura  e  alle  strade  sono  più  chiare  e  più 
profonde  che  quelle  del  eanale  e  delle  la- 
gune della  già  regina  dell'Adriatico,  con 
più  che  vascelli  di  tutte  grandezze  pas- 
sano a  due  ranghi  innanzi  le  case  e  le  fi- 
nestre de'circa  suoi  1  00,000  abitanti.  Alla 
vista  d'ogni  parte  si  ravvisano  i  giardini 
ricchi  d'alberi  e  delle  più  rare  piante,  le 
cupole  delle  chiese,  ed  in  qualche  luogo 
i  ponti  che  vanno  da  una  all'altra  isola 
pel  commercio  de'ciltadini.  La  maniera 
però  più  usata  per  le  comunicazioni  del- 
la ciltàjSono  de'battellelli  di  diverse  gran* 
dezze,  che  circolano,  partono  e  danno  lut- 
ti gl'indizi,  come  le  vetture,  le  piccole  di- 
ligenzeegli  omnibusoggi  usali  nelle  gran- 
di città  d'Europa.  Ciò  che  v'ha  di  straor- 
dinario però  si  è,  che  questi  battelletli  so- 
no tulli  condoni  da  donne. L'ineguaglian- 
za delle  rocce,  o  scogli  di  granito  che  in- 
numerevoli sorgono  dalle  onde,  in  parte 
delle  quali  sono  fondate  le  abitazioni,  le 
rendono  di  dillìcile  accesso  :  ed  in  falli  u- 
na  gran  parte  delle  case  sono  disposte  a 
foggia  di  gradini  d'anfiteatro  dal  pendio 
d'un'alta  collina,  ed  un  vasto  palazzo  co- 
rona e  domina  l'assieme  di  queste  vedu- 
te. Generalmente  le  case  sono  costrutte 
di  pietra  ed  a  mattoni,  ed  esteriormente 
coperte  di  stucco  bianco.  1  quartieri  dei 
sobborghi  sono  di  legno,  formano  la  par- 
te inferiore  della  città,  e  quasi  del  tulio 
nascosti.  Il  castello  ed  i  pubblici  edilìzi 
hanno  il  tetto  ricoperto  di  rame.  La  più 
bella  e  la  più  larga  strada  è  quella  della 
della  Regina,  che  attraversa  il  quartiere 
al  nord,  ch'è  il  più  ricco  di  edilizi.  Vi  si 
coniano  1 5  belli  ponti  di  congiunzione, 
unode'quali  è  di  ferro.  Componesi  Stock- 
holm di  1  0  parti  o quartieri  materialmen- 
te separati.  r.°  Lo  Staden  o  la  città  pro- 
priamente detta,  sopra  un'isola  centrale 
e  situata  nel  bel  mezzo  dello  stretto,  che 
al  mare  congiunge  il  Maelar;  la  parte  del- 
lo stretto  medesimo  che  trovasi  al  nord 
dell'isola  chiamasi  JVorreStroem;  e  l'al- 
tra Soedcr-Slroem.  Questa  divisione  è  il 
centro  degli  all'ari  commerciali:  le  ri  vie- 


62  S  T  O  STO 
re  ne  sono  fiancheggiate  da  case  superbe,  ove  tengonsi  alcune  assemblee.  Si  consi' 
dove  abitano  i  primari  mercanti,  e  colà  dera  spesso  questo  quaitiere  come  pai- 
pure  trovasi  il  palazzo  regio,  vasto  castel-  te  della  città  propriamente  delta.  4-°  Lo 
lo  quadrangolare  di  magnifica  archilei-  Skepps  Holmen  o  Adiniralitets-Holmen, 
tura  e  di  bellissimo  e  maestoso  aspetto,  situatoall'esl  delloStadene  alcontinente 
situato  alla  sommità  dell'isola,  con  mi-  congiunto  per  mezzo  d'un  ponte:  contie- 
merosì  ed  eleganti  ornati  nell'interno;  due  ne  poebe  case  particolari,  e  vi  si  trova- 
leoni  di  bronzo  di  colossale  dimensione  no  l'ammiragliato, l'arsenale  della  mari- 
fuiino  mostra  di  difenderne  ringresso,de-  na,  la  dogana  dell'ammiragliato  e  quau- 
corando  la  principal  facciata  un  bel  ter-  li  tu.  di  magazzini.  5.°  Il  Castel-Holmen, 
razzo  con  giardino.  Vi  dimora  la  corte,  al  sudestdelloSkepps-Holmen,  al  quale 
e  tutte  le  amministrazioni  della  monar-  comunica  mediante  un  ponte.  Havvi  un 
cliia.  Raccbiiule  ancora  gli  archivi  del  re-  furie  guernitodii2  cannoni,  e  un  Iazza- 
gno,  il  museo  ove  fra  le  statue  die  vi  si  retto  della  marina.  6.°  Il  BeckHolmen, 
ammirano  trovasi  il  famoso  Endimione  all'est  sud  est  del  Castel-Holmen  :  veruu 
scoperto  nella  villa  Adriana;  la  bibliute-  ponte  noi  congiunge  alle  terre  vicine.  j.° 
ca  regia,  la  bella  chiesa  di  s.  Nicolao,  il  li  Kongs-IIolmen  ,  la  massima  isola  di 
palazzo  dei  cavalieri  ossia  della  nobiltà  Stoccolma, all'ovest  nordovest  dello  Sta- 
ove  radunasi  per  le  sessioni  delle  diete,  deu.  Xe  è  abitala  soltanto  la  parte  orien- 
grazioso  edilizio  esternamente  adorno  di  tale,  e  vi  si  trovano  la  chiesa  d' Lirica  E- 
statue  ecolonne, e  dentro  di  quadri  e  scili-  leonora,  e  il  gran  lazzaretto  regio.  Si  va 
ture;  il  nuovo  palazzo  di  giustizia,  lacbie-  da  questo  quartiere  al  continente,  al  l'est 
sa  alemanna  di  s.  Gertrude  con  torre  al-  per  due  ponti,  uno  de'quali  passa  sull'i- 
tai  i  i  piedi,  la  borsa,  la  banca,  la  zecca  soletta  diBlek-Holoien. 8. "IlNorre-Malm, 
con  un  gabinetto  di  minerali,  il  collegio  al  nord  della  oillà  propriamente  detta  o 
delle  miniere,  la  posta  e  altri  pubblici  sta-  Staden,alla  quale  è  congiunto  per  mezzo 
bilimenti.  Sulla  piazza  del  castello  s'innal-  di  grande  e  bel  ponte;  giace  sopra  una 
za  sopra  un  piedistallo  la  statua  in  bronzo  penisola  molto  più.  estesa  dello  Staden, 
di  Gustavo  111. Lecasemoltoalte,lestrade  ed  olii  e  6  grandi  piazze,  vie  molto  rego- 
generalmente  anguste,  danno  al  comples-  lari,  molto  lunghe,  alcune  però  strette. 
so  un'apparenza  alquanto  tetra.  2.°  Lo  Si  notano  in  questa  parte  il  palazzo  del 
Ilelge-Anclsholnien  o  Piccola  Stoccolma,  principe  Alberto,  l'osservatorio  astrono- 
iu  mezzo  al  ÌN'orre-Slroein,  al  nord  dello  inico,  l'arsenale  dell'artiglieria  col  labo- 
Staden,  e  contiene  belle  case  in  pietra  e  ratorio,  il  teatro,  il  serraglio  deMe  fiere, 
le  scuderie  regie.  3."  Il  Uiddar-Holmen,  il  giardino  degli  agrumi,  la  chiesa  d'AdoI- 
all'ovest  dello  Staden,  da  cui  non  è  sepa-  fo  Federico,  con  un  monumento  in  me- 
ratocheda  uno  stretto  canale,  traversato  moria  di  Descartes  ossia  Cartesio  morto 
da  un  ponte:  contiene  la  chiesi  di  Rid-  a  Stoccolma,  e  la  piazzadi  Norre-Malro- 
dar- Holmen,  una  specie  di  Pantheon  e  torget, in  mezzo  alla  quale  sorge  la  statua 
uotabile  pel  gran  numerodelle  tombe  re-  equestre  di  Gustavo  Adolfo.  Al  Norre- 
gie,  de'sarcofagi  e  trofei  che  racchiude,  Maini  attaccatisi  al  nord  est  il  quartiere 
e  dove  sono  sepolti  la  più  parte  de're  di  diBlasie-IIolmen,ed  all'est  quello  di  La- 
Svezia  posteriori  a  Gustavo  I  Wasa  (la  dugards-Landen  che  somiglia  piuttosto 
cui  statua  equestre  è  una  di  quelle  che  ad  un  villaggio  che  ad  una  parte  di ca- 
sono  in  Stoccolma),  fra  i  quali  Gustavo  pitale.  g.°  11  Soeder-Malrn,  al  sud  dello 
Adolfo  e  Carlo  XII,  ed  un  gran  numero  Staden,  al  quale  si  unisce  con  un  ponle 
di  celebri  diplomatici,  gratuli  capitani  e  levatoio  e  varie  costruzioni  di  chiusa:  è 
uomini  illustri;  e  l'aulico  palazzo  regio,  quasi  interamente  circondato  dalle  acque; 


S  T  O 

al  sud-sudest  Io  congiunge  al  continen- 
te un  istmo  stretto,  coperto  di  ibi  tificazio- 
ni.  L'aspetto  somiglia  a  quello  di  None- 
Maini,  ma  vi  sono  meno  monumenti  pub- 
blici; però  vi  si  fanno  distinguere  l'ostello 
della  città  o  palazzo  municipale,  e  il  gran 
deposito  e  pesa  del  ferro,  i  o."ll  Lang  Hol- 
men,  lunga  isola  al  nord-est  del  Soeder- 
Malm,  col  quale  comunica  per  un  ponte, 
evi  si  rimarca  la  casa  di  correzione,  e  l'uf- 
ficio doganale  per  la  percezione  de'dirit- 
ti  delle  navi,  che  sortono  dal  Iago  Maelar. 
La  riunione  di  tutte  queste  parti  olire  un 
circuito  di  3  leghe  e  mezza,  ma  troppo 
manca  che  tutto  sia  abitato.  Vi  sono  o- 
spedali,  stabilimenti  di  beneficenza,  case 
d'industria;  1 4  chiese,4  oralorii,lasinago- 
ga  degli  ebrei:  della  chiesa  cattolica,  e  di 
quanto  riguarda  i  cattolici  netrattoa  Sve- 
zia, parlando  del  vicarialo  apostolico  o- 
m opimo,  risiedendo  in  Stoccolma  il  vica- 
rio apostolico.  L'amministrazionedi  Stoc- 
colma stai  urna  no  d'un  governatore  e  d'un 
sotto  governatore.  La  magistratura  della 
città  consiste  in  4  borgomastri  e  20  con- 
siglieri. Per  conto  ecc!esiastico,cioè  del  cul- 
to luterano,  vi  sono  due  concistori,  uno 
della  corte,  l'altro  della  città.  Il  re  Car- 
lo Giovanni  sulla  piazza  Stolsbacken  in- 
nalzò un  grande  obelisco  di  granito,  in  o- 
nore  della  milizia  borghesedi  Stoccolma. 
11  grande  arsenale,  situato  in  ameno  pas- 
seggio chiama  lo  ilG  lardino  del  Re,è  vastis- 
simo; contiene  gran  quantità  di  trofei  che 
rammentano  i  bei  giorni  della  monarchia 
svedese,e  molti  altri  oggetti  che  riferiscon- 
si  alla  storia  del  paese.  In  una  sala  si  con- 
serva l'effigie  del  sovrano  in  legno  di  buon 
intaglio. Si  mostra  un  battello  che  si  pre- 
tende fatto  costruire  da  Pietro  I  il  Grati' 
de  nel  cantiere  di  Sardam;  la  camicia  in- 
sanguinata trovata  al  re  Gustavo  Adolfo 
quando  peri  a  Lulzen;  l'abbigliamento 
completo  di  Carlo  XII,  allorché  fu  ucci- 
so,e  composto  di  uniforme  di  panno  bleu, 
come  semplice  soldato,  una  larga  cintura 
di  pelle  di  bufalo,  alla  quale  è  appesa  li- 
na spadaccia  lunga  5  piedi,  due  stivali  e 


STO  6  5 

guanti  estremamente  stretti  e  piccoli,  ed 
uu  cappello  pei  forato  verso  la  parte  drit- 
ta viciuo  la  tempia,  buco  cagionalo  dalla 
palla  che  die  morie  a  sì  grande  eroe.  Pos- 
siede Stoccolma  gran  numero  di  società 
letterarie  e  pregievoli.  L'accademia  reale 
delle  scienze  fu  fondata  nel  1739,  da  una 
piccola  associazione  che  contava  tra' suoi 
membri  il  celebre  Linneo:  ha  essa  100 
membri  svedesi  e  60  forestieri;  l'aaricol- 
tura, il  commercio, le  manifatture,  le  scien- 
ze filosofiche  e  ma  tematiche, forma  no  l'og- 
getto de'suoi  lavori;  vedesi  con  interesse 
il  suo  museo,  la  biblioteca,  l'osservatorio. 
L'accademia  svedese  istituita  neh  786  ila 
Gustavo  111  non  conta  cheiS  membri,  e 
limitai  suoi  studi  al  perfezionamento  del- 
la lingua  svedese.  Altre  accademie  sono, 
quelle  delle  belle  arti,  dell'istoria  e  del- 
le  antichità,  quellami  lilare,  di  architettu- 
ra, pittura  e  scultura,  di  musica,  la  socie- 
tà patriottica  scandinava  e  d'agricoltura, 
la  biblica.  Vi  è  scuola  di  navigazione  e  di 
disegno,  il  collegio  di  medicina  e  chirur- 
gia che  soprintende  su  tutti  gli  stabilimen- 
ti medici  del  regno,  la  scuola  di  tecnolo- 
gia ,  ec.  La  biblioteca  regia  conta  quasi 
5o,ooo  volumi;  il  gabinetto  de'minerali, 
quello  zoologico  sono  preziosissimi;  lecol- 
lezioni  particolari  sono  numerose  e  inte- 
ressanti. Stoccolma  è  l'emporio  del  com- 
mercio della  Svezia  centrale.  Pochi  porti 
sono  tanto  profondi  e  così  vasti  quanto  il 
suo,  che  trovasi  tra  lo  Stadeu  o  città,  lo 
Skepps  Ilolmen  ,  ed  il  Blasie  dolmen  : 
1000  vascelli  ponno  starvi  in  sicurezza, ed 
i  piìi  grossi  giungono  sino  alle  riviere.  Il 
solo  impaccio  che  incontri  la  navigazio- 
ne viene  prodotto  dal  gran  numero  d'i- 
solette  e  di  scogli  che  imbarazzano  l'in- 
gresso dello  stretto  verso  il  Baltico;  gli  sco- 
gli sono  coperti  di  frondosa  verzura, altri 
hanno  casolari  graziosi  di  legno  dipinti 
in  rosso.  I  due  forti  di  Vaxholm  e  di  Da- 
laroe  guarentiscono  il  porlo,  ch'è  3  leghe 
discosto  dal  mare  aperto.  Le  principali  e- 
spoliazioni  consistono  in  ferro, legname, 
rameica  trame;  il  commercio  interno  assai 


64  STO 

ragguardevole,trovasifflcilitatoclallungo 

lagoMaelar,chefavoriscepure  ilcommer- 
ciò  esterno  per  mezzo  del  canale  di  Soe- 
dertelge  stabilito  fra  il  lago  e  il  Baltico. 
Hanno  le  manifatture  e  le  fabbriche  va» 
lieta  e  attività,  e  vi  si  distinguono  par- 
ticolarmente le  vetrarie,  le  raffinerie  di 
zuccaro,  di  panno,  di  cotonine,  di  cappel- 
li, di  seterie,  d'orologierie,  d'argenterie, 
di  stranienti  matematici, porcellana,  ma- 
iolica, fonderie  di  cannoni,  cantieri  da  co- 
struzione, utensili  di  ferro  e  di  rame,  ri- 
noma te  essendo  le  fonderie  di  ferro  a  sta  ri- 
ga che  formano  uno  dei  primi  articoli 
commerciali,  cavato  dalle  magnifiche  mi- 
niere di  Dan  mora,  situate  fra  Stockbolm 
e  Upsala.  E"  lai. "piazza  manifattrice  del 
regno, efa  più  del  3.°  del  commercio  del- 
l'esterno della  Svezia.  Si  dice  che  solo  ATrz- 
poliamo  rivaleggiare  fra  le  capitali  d'Eu- 
ropa eolla  città  di  Stockholm  per  l'ame- 
nità dc'dintorni, essendo  sulle  sponde  del 
Maelar  sparse  deliziose  case  di  villeggia- 
tura, ed  al  nord  sono  due  sorgenti  mine- 
rali. I  costelli  o  regie  deliziosissime  ville 
che  la  circondano, sonoquellediRosendal, 
cliea'a  i  marzo  18  iq  rimase  in  parte  pre- 
da delle  fiamme,  Rosesberg,  Ulrichsdal. 
Drolningholm,  Haga,  Carlsberg  eSvart- 
sjo.Quantoalla  edificazione  di  Stockholm 
.si  riporta  al  secolo  XI 11,  al  i  25ooaI  i  2  54- 
Dopo  la  morte  del  re  Enrico  XI  il  Bal- 
bo, il  conte  Berger  viceré  o  governatore 
della  Svezia, risolutod'immortalareil  suo 
nome,  formò  il  progetto  di  fondare  que- 
sta grande  città.  Ma  come  nelle  grandio- 
se operazioni  non  mancano  mai  delle  con- 
trarietà, a  queste  gravemente  fu  sogget- 
to: e  mollo  si  trovò  imbarazzalo  nella  scel- 
ta del  luogo  conveniente,  e  quindi  non 
volendosi  fidare  uèallesue  cognizioni,  uè 
al  suo  buon  gusto, narrasi  cheuo  giorno 
slanciasse  sulle  acque  all'  estremità  del 
lago  Maelar  un  pezzo  di  legno  in  forma 
di  bastone,  giurando  che  dove  si  fermas- 
se, colà  sarebbe  edificala  la  nuova  cillà; 
e  in  fatti  dopo  qualche  istante  vide  il  ba- 
stone presso  l'isola  vicina.  Fedele  al  suo 


STO 
giuramentoil  conte  fece  fabbricare  la  cit- 
tà, che  prese  il  nome  di  Stockholm,  os- 
sia isola  di  legno,  odi  bastone,  da  Stock, 
pezzo  di  legno,e  daholm,  isola.  Altri  pre- 
tendono dalla  grande  quantità  di  travi 
diesi  portarono  per  costruirla.  Talee  la 
tradizione  popolare  della  fondazione  del- 
l'odierna capitale  della  Svezia.  Il  suo  in- 
cremento fu  rapido,  ma  solo  nel  secolo 
XVII  meritò  di  divenire  residenza  delia 
corte  reale,  prima  stabilita  Dell'antica  ca- 
pitale TJpsala.  Stockholm  quindi  seguì  i 
destini  politici  e  storici  della  Sveziate  con 
essa  si  compenelra  la  sua  storia. 

STOLXjStola^o'iajOrnrium.  Veste, 
abito,  .ornamento  sagro,  che  consiste  in 
una  striscia  di  stoffa,  propria  del  Papa  e 
de'vescovi,  il  cui  uso  è  concesso  ai  sacer- 
doti e  ai  diaconi  soltanto,  ma  è  interdet- 
to ai  suddiaconi,  come  dichiarano  Binio, 
Diclich  e  altri  liturgici.  Si  pone  ai  collo 
nella  parte  media,  onde  forma  due  liste 
che  cadono  sul  davanti  fino  al  basso,  so- 
pra o  sotto  il  ginocchio.  Queste  liste  fu- 
rono staccate  dall'antico  abito  aperto  da- 
vanti e  chiamalo  Stola,  di  cui  hanno  esse 
conservato  il  nome.  Furono  altresì  chia- 
mate Orarium,  dalla  parola  ora,  che  si- 
gnifica bordo,  estremità,  perchè  le  dette 
liste  terminavano  il  bordo  dell'abito,  co- 
me osservò  GioselTo,/^iWi.  giud.  lib.  3, 
cap.  8,  parlando  del  lembo  della  veste  ta- 
lare d'Aronne;  così  s.  Gio.  Crisostomo  si 
espresse,  dicendo  della  stola  sacerdotale. 
Fu  dunque  la  stola  detta  orario  da  alcu- 
ni liturgici, per  cui  Bmio  parlando  del  con- 
cilio di  Laodicea,  che  molti  dicono  cele- 
bralo sotto  s.  Silvestro  I,  dichiara:  »  Ora- 
rium idem  est  in  antiquis  fati  ibus,  quod 
Stola,  qnae  est  Vestis  sacra  non  lata,  cu- 
jus  usus  sacerdotibus  ac  diaconis  conces- 
sus  est,  subdiaconis  interdictus".  Furono 
sinonimi  Orario  e  Stola,  e  Piabano,  De 
Irmi.  Cler.  cap.  i  4,  ed  Alcuinu,  De  Divi- 
iris  Offìciis  e.  3f),  dicono:  Omnium  sto- 
lam  vocanl.  Avverte  però  il  Magri,  No- 
tizia de  vocaboli  ecclesiastici ,  in  verbo 
Stola,  che  sebbene  da  molti  viene  chia^ 


STO 
mata  Orarium,  presso  i  greci  tal  voca- 
bolo significa  solamente  la  stola  diacona- 
le, a  distinzione  della  sacerdotale,  detta 
Epitrachelio n  e  in  significato  di  collana 
osopracollare,sebbenepoi  i  sacerdoti  mo- 
derni mutando  sito  in  portarla  sulle  spal- 
le [hìò  ch\amavs\  Superhiimerale  (P  .),ed 
i  maroniti  e  altri  cristiani  arabi  chiama- 
no Battirscin.  Anche  Costantino  Curo- 
palata  distingue  la  stola  dall'  orario  dei 
greci,  poiché  parlando  dell'adorazione 
della  Croce,  scrive  che  la  porta  l'arcidia- 
cono vestito  non  della  stola,  ma  dell'ora- 
rio. L'etimologia  della  voce  orario,  Bal- 
samone  nel  can.  20  la  fa  derivare  dal  vo- 
cabolo greco  significante  osservazione , 
perchè  l'orario  sembra  particolarmente 
proprio  de' diaconi  soltanto,  come  assi- 
stenti de'sacerdoti  celebranti  e  come  os- 
servatori de'sagri  misteri.  D'altronde  Du- 
rando, Deril.cccles.  lib.  2,  cap.  g,  è  d'av- 
viso che  l'orario  sia  voce  latina,  prove- 
niente da  os  orìs,  cioè  bocca,  poiché  da 
questa  derivano  la  lode  e  la  preghiera. 
Nel  voi.  XXXIf,  p.i/p  ei  \G,  parlando 
de'paramenli  sagri  de'greci,  descrissi  l'o- 
rario del  diacono,  e  la  stola  del  sacerdo- 
te ,  colle  simboliche  spiegazioni.  Inoltre 
orario  fu  detto  altresì  quel  velo,  con  cui 
per  divozione cuoprivansi  le  Reliquie  dei 
santi.  Sull'etimologia  del  vocabolo  Stola 
ponno  vedersi  il  cardinal  Bona,  Rerum 
liturgicarum,  cap.  24  ;  Le  Brun,  Spiega- 
zione della messai.i ,  p.  5o;  Lambertini, 
Della  s.  messa  sez.  1 ,  cap.  4;  Veri,  Spie- 
gazione  delle  ceremonie  della  chiesa,  t. 
2,  p.  826.  Secondo  le  spiegazioni  del  ci- 
tato Alcuino,  la  stola  fu  detta  orario  per- 
chè conviene  agli  oratori  o  predicatori. 
Si  porta  sul  collo  l'orario,  in  maniera  che 
l'estremità  arrivino  alle  ginocchia,  e  si  a- 
dattino  sul  petto  in  modo  di  croce,  che 
secondo  Simeone  di  Tessalouica,  si  rife- 
risce alle  ali  degli  spiriti  angelici,  l'uffi- 
zio de'quali  esercita  il  diacono.  JNe'primi 
tempi  alcuni  diaconi  avendo  avuto  l'am- 
bizione di  portare  due  orari,  il  concilio 
4°  di  Toledo  del  633  determinò  col  can. 

VOI.  LXX. 


STO  G> 

3r),  che  non  convenendo  due  orari  a'sa- 
cerdoti  e  neppure  a'vescnvi,  molto  meno 
convenivano  al  diacono  ministro  inferio- 
re. Dipoi  i  diaconi  sdegnarono  di  portare 
l'orario  scoperto,  nascondendolo  sotto  la 
Tonicella^f  '.).  Quanto  alla  Tonaca  jVeste 
lunga  econ  maniche  lunghe, chiamata  «S'io- 
la  da'ronaanì  e  da' greci  Calasiris,  tutti 
i  popoli  d'oriente  la  portavano,  come  prò- 
vasi  con  molti  monutnenli,di  >tatueebas- 
3orilievi,che  si  ponno  riscontrare  uella.l/;- 
tologiaj  alcuni  popoli  però  usarono  ma- 
niche corte  e  si  disse  stola  o  tonaca  reale, 
co  me  abito  ordina  rio  de' re  e  de' magi  stra- 
li, poiché  arrivavano  alla  metà  della  par- 
te superiore  del  braccio, a  somiglianza  de- 
gli abiti  odierni  denominati  rubboni,  ed 
usati  ancheda'  Gonfalonieri,  Priori{/\), 
anziani  ealtri  magistrati  municipali,  econ 
lai^lie  stole  di  lama  o  tela  intessuta  d'oro 
o  d'argento.  La  tonaca  0  stola  si  vede  nei 
monumenti, principalmente  nelle  perso- 
ne, che  per  la  loro  condizione  erano  sog- 
gette a  pubblica  comparsa,  sempre  cinta 
da  una  benda  o  fascia  più  omeno  larga 
di  slolla.  La  stola  presso  i  romani  era  il 
vestito  distintivo  delle  donne  d'alta  con- 
dizione e  matronali.  Le  maniche  erano 
lunghe,  e  scendeva  sino  a' piedi:  d'ordi- 
nario era  di  porpora,  adorna  di  galloni 
0  bende  di  stoifa  d'oro,  di  cui  pure  era 
orlata  tutta  all'intorno  nella  parte  infe- 
riore; ed  è  questo  il  motivo  per  cui  le  pa- 
role stola  e  instila  si  prendouo  talvolta 
negli  autori  per  la  castità  e  la  modestia 
che  vieppiù  convengono  alle  donne  di  di- 
stinzione, che  sole  ottennero  il  permesso 
di  portar  la  stola, dopo  che  la  palla(sinoni- 
nio  del  peplos  de'greci,  ossia  il  manto  o 
esteriore  vestimento  delle  romane,  che  vi 
ravvolgevano  il  corpo  senza  affibbiarlo  e 
meuo  largo  della  toga)  fu  concessa  alle 
donne  del   popolo  e  alle  cortigiane.  Su 
questa  palla  le  matrone  per  distinguersi 
ponevano  la  stola,altridiconoilcontrario, 
che  sulla  stola  usavano  la  palla,  di  cui  gli 
uomini  non  potevano  decentemente  ser- 
virsi. Presso  i  greci  però  la  stola  era  co- 


GG  STO 

mime  a'due  sessi,  e  in  generale  indicava 
qualunque  tonaca  lunga;  ed  in  un  senso 
più  particolare  significò  unaspecied'abito 
proprio  delle  donne  assirie,  lungo  e  con 
maniche,  che  Semiramide  rese  comune 
ancheagli  uomini, aflhichèilsuo  travesti- 
mento da  uomo  fosse  meno  osservato. 
Quindi  gli  assirie  caldei,  concedendo  una 
festa  anniversaria  agli  schiavi,  uno  di  essi 
faceva  dare,  vestito  di  stola  simile  a  regio 
ammanto  e  chiamata  zogana,  come  dissi 
nel  voi.  LX1I,  p.  124.  Questo  vestimento 
dagli  assiri  passò  a'medi,  i  quali  a  tempo 
di  Ciro  lo  comunicarono  a'persi,  perchè 
quel  principe  io  credè  alto  perla  sua  lun- 
ghezza ad  ascondere  i  difetti  del  corpo, 
e  a  far  comparire  la  hellezza  della  statina. 
Chiamavansi  stolide  le  pieghe  di  certi  ve- 
stimenti degli  antichi,  i  quali  curavano 
di  mantenerle  collocando  con  arte  la  cin- 
tura, dopo  di  averle  formate  allorché  si 
lavavano:  Senofonte  parla  di  una  stola  di 
lino  così  increspata.  Il  Buonarroti,  Vasi 
antichi  di  vetro,\>.  1  5 1 ,  parlandodellaslo- 
la,  veste  matronale  e  delle  donne  nobili, 
ampia  e  senza  alcun  ornamento,  osserva 
che  in  progresso  fu  ridotta  a  forma  più 
stretta  e  angusta,  a  cagione  che  venendo- 
si le  stole  ad  arricchire  d'oro  e  di  ricami, 
si  sarebbero  resedisadattea  portare,quau- 
do  con  quegli  stessi  abbellimenti  si  fosse- 
ro mantenute  con  tutta  l'abbondanza  di 
panno,  che  aveauo  nella  loro  primiera 
semplicità.  Queste  vesti  preziose  non  e- 
rano  solamente  usate  dalle  matrone  gen- 
tili, ma  anco  le  portavano  le  cristiane, co- 
me si  raccoglie  da  Tertulliano,  De  cultu 
foemìnarum  lib.  2,  cap.  9  ei  o;  poiché  si- 
no da'priuii  tempi  della  Chiesa  si  conver- 
tirono alla  fede  persone  d'ogni  condizio- 
ne, come  pure  attesta  Origene.  Il  mede- 
simo Buonarroti  ne'  Medaglioni  tratta 
della  stola  olimpica,  e  dellestolc  usate  dai 
baccanti.  Il  p.  Bonanni,  La  Gerarchia  ec- 
clesiastica considerata  nelle  vesti  sagre  e 
ch'ili,  cap.  5i:  Della  Stola,  incomincia 
dall'avvertite  non  doversi  confondere  l'or- 
na mento  usalo  da'  Sacerdoti  (T\)  e  dai 


STO 
Diaconi(l'.), come  proprio  disti  olivo  del 
grado  diaconale,  con  quella  degli  antichi 
che  con  lai  nome  significarono  ogni  sor- 
te di  veste,  chiamandosi  stola  la  veste  la- 
lare  delle  donne  oneste,  sopra  cui  si  po- 
neva il  Pallio  (f-)}  onde  cantò  Orazio» 
Ad  talos  stolas  demissa,  et  circumdata 
pallaj  e  nell'Apocalisse  si  dice  de'  beati 
qui  dealbaverunl  stolas  suas  in  sangui- 
ne agni, cioè  le  loro  vesti.  Stole  anche  fu- 
rono dette  le  vesti  sacerdotali  degli  ebrei, 
così  nel  1. "libro de'Maccabei  cap.  io,  si  di- 
ce che  donata  sacerdote  inditit  se  stola 
sacerdotali,  il  che  non  si  può  intendere 
se  non  della   veste   usala  dal  sacerdote  , 
mentre  in  tal  tempo  uon  eia  la  stola  di 
cui  qui  si  parla.  Ma  leggo  pure  in  Rin.J- 
d\, Annali  ecclesiastici  an.  1  7,  u.°i,  citan- 
do il  ricordato  Giosefìo  ,  che  ridotta   la 
Giudea  in  provincia,  i  presidenti  romani 
imperiali  s'usurparono  anche  le  cose  sa- 
gre, con  dare  e  togliere  il  sommo  Sacer- 
dozio (V.)  ;  perocché  eransi  impadroniti 
della  stola  pontificale,  solita  conservarsi 
nella  torre  Antouia  vicino  al  tempio,  te- 
nendosi in  una  cella  serrata  e  suggellata 
con  l'impronta  de'Poutefici  e  de'custodi 
del  sagro  erario,  alla  quale  il  castellano 
accendeva  ogni  dì  una  lucerna, esommi- 
nisti  ava  la  stessa  stola  al  sommo  sacerdo- 
te 3  volte  l'anno,  cioè  nel  tempo  del  di- 
giuno nel  quale  egli  l'usava.  Con  la  sto- 
la erano  congiunti  due  altri  vestimenti, 
chiamali  Superumeralee  Razionale,  am- 
bedue insigni  per  le  pietre  preziose.  Col- 
la stessa  autorità  di  Gioseffo,  rileva  Ri- 
naldi all'an.  37,n.°2,che  recandosi  in  Ge- 
rusalemme L.  Vi tellio  proconsole  di  So- 
na, concesse  ai  sacerdoti  che  si  conservas- 
se la  stola  cogli  ornamenti  pontificali  nel 
tempio,  come  praticavasi  prima  che  re- 
gnasse Et  ode.  Egualmente  ricavandolo 
daGioselTo,  riporta  Rinaldi  all'an.  48,  n.° 
28,  che  Cuspio  Fado  procuiatore  della 
Giudea  molestò  gli  ebrei  per  cagione  dei* 
la  stola  ponlifìcalegià  restituita  loro,  pro- 
curando egli  di  ridurla  di  nuovo  in  po- 
tere de'presidenti  romani.  Pei  tanto  man- 


STO 
da rona  i  giudei  cou  sua  licenza  ambascia- 
tori a  Claudio  imperatore,  il  quale  ad  i- 
stanza  di  Agrippa  figlio  del  re  Agrippa 
defluito  e  che  stava  presso  di  lui,  ordinò 
che  gli  ebrei  fossero  mantenuti  in  posses- 
so della  stola.  11  vescovo  Saviìe\\\,Dissert. 
eccl.  t.  3,  lett.  26  :  Della  stola,  abito  pon- 
tificale, sacerdotale  e  diaconale,  riferisce 
che  nella  sagra  Scrittura  si  chiama  stola 
la  veste  talare  e  onorevole  che  copriva 
tutto  il  corpo  e  usala  da' medi,  dicendo 
la  Genesici  e  42.  che  Faraone  costitui- 
to Giuseppe  viceré  d'Egitto,  Festiviteum 
stola  byssina.  Che  i  sacerdoti  vestivano 
la  tonaca  di  lino  chiamata  stola,  ed  i  le- 
vili l'aveano  di  lana,  ed  a'quali  la  conce- 
dè di  lino  re  Agrippa  senza  riguardo  al- 
la legge. Che  la  tonaca  di  giacinto  del  som- 
mo sacerdote,  detta  auche  umerale,  pure 
si  disse  stola,  così  il  superumerale  e  stola 
santa.  A  Pontefice  ed  a  Sacerdozio  par- 
lai di  quello  massimo  de'romani,  dignità 
riunita  negl'  imperatori  e  ritenuta  anco 
da  alcuni  di  quelli  cristiani;  dissi  delle  sue 
insegne,  e  che  la  loro  stola  custodivasi  in 
Campidoglio.  Di  questa  stola  del  Pontefi- 
ce massimo  de'romani  parla  ancora  Sar- 
nelli,  la  chiama  tonaca,  e  che  gl'impera- 
tori l'indossavano  sotto  l'imperiale  palu- 
damento, a  Vendola  adoperata  anco  gl'i  m- 
pera  tori  Cristiani  fìuoa  Graziano, non  per 
sagrificare,ma  per  la  somma  podestà  the 
ne  ricevevano.  Il  Pallio  pontificale  è  una 
specie  di  stola,  ed  è  perciò  chiamato  Sto- 
la apostolalus ,  Stolti  archicpiscopalus, 
Sloia  pontificali.  Il  Manipolo  {F.)  è  una 
piccola  stola,  eguale  ad  essa  nella  forma, 
nella  materia  e  negli  ornamenti.  La  sto- 
la è  di  seta,  di  stoffa,  di  drappo,  di  lama 
d'oro  o  d'argento,  de'  Colori  ecclesiastici 
(F.)  de  sa«v\ Paramenti (F.)}b\afica,  ros- 
sa, verde,  paonazza,  nera, e  rosacea  per  la 
IV  domenica  di  quaresima  nella  cappel- 
la pontificia, come  descrissi  nel  voi.  Vili, 
p.  2  75,ed  a  Colori.  Per  la  Messa  è  egua- 
le nella  qualità  della  stoffa  e  ornamenti, 
alla  Pianeta  (F.)}  così  quando  si  assume 
col  Piviale ( F.)  e  la  Dalmalica(F .).  JNel- 


STO  G7 

l' Avvento  e  nella  Quaresima,  il  diacono 
ministraste  nelle  messe  cantate  depone  la 
pianeta  piegata  (questa  depone  ancora  d 
Suddiacono)  o  la  dalmatica,  e  sul  Ca- 
mice assume  un  largo  stolone  paonazzo 
a  traverso  del  corpo,  pel  canto  del  van- 
gelo, restando  così  fino  al  Post  Commu- 
nio in  cui  riprende  la  delta  veste  sagra. 
Leggo  nelle  Indicazioni pé maestri  delle 
cerei/ionie  pontificie  di  mg.r  Fornici,  a- 
vere  osservato  l'altro  maestro  di  cereino- 
nie  mg.1'  Dini  nel  suo  Diario  mss.  che  uti- 
le antiche  e  recenti  descrizioni  della  cap- 
pella papale  per  la  benedizionedelle  pal- 
me, e  nel  ceremoniale  inedito  di  Paride 
de  Grassis,  si  dice  che  il  diacono  deve  es- 
sere sine  stola.  Non  sa  però  precisare  da 
quale  epoca  siasi  introdotto  1'  uso  della 
stola,  discute  le  ragioni hic inde,  epropo- 
neche  debba  continuarsi. Ordinariamen- 
te la  stola  è  lunga  9  palmi  circa,  e  larga 
mezzo  palmo,  ma  nell'estremità  termina 
con  quasi  un  palmo  di  larghezza.  In  que- 
ste due  estremità  e  nel  suo  mezzo  corri- 
spondente al  collo,  vi  è  la  croce  di  gal- 
lone-o  trina  d'oro,  d'argento,  di  seta,  o 
di  ricami  di  tali  materie.  Vi  sono  stole 
più  o  meno  nobili  e  ricche  di  ricami  e  di 
ornati.  Nelle  due  estremità  suole  porsi  la 
frangia  di  seta,  di  oro  e  di  argento  filato. 
Nell'assumersie  nel  deporsi  la  stola,  si  ba- 
cia la  croce  di  mezzo;  i  fedeli  sogliono  ba- 
ciare una  delle  croci  poste  nell'estremi- 
tà. La  benedizione  della  stola  è  nei  Pon- 
tificale Romanum  par.  2  :  Spccialis  oc- 
nediclio  cujuslibcl  indumenti.  La  stola  è 
l'ornamento  de' vesco  vi,  de'sacerdoli  e  dei 
diaconi. I  vescovi  la  portano  sempre  pen- 
dente dal  collo  e  discendente  pel  petto.  I 
sacerdoti  la  iucrocianosul  petto  celebran- 
do la  messa;  ne'vesperi  e  in  qualsivoglia 
funzione,  il  sacerdote  adoperando  la  sto- 
la col  camice;  il  cingolo  e  il  piviale,  de- 
ve incrociarla  parimenti  avanti  il  petto, 
come  prescrisse  il  concilio  di  Braga  cap 
3, disi.  3,  e  riferisce  Ga  vanto,  Rubv.Miss. 
par.  1,  tit.19,  n.° 4-  I  sacerdoti  usauo  la 
stola  pendente,  nelle  processioni,  ne'fnue- 


G8  S  T  O 

rali,  ue'sinodi,  in  una  parola  quando  u« 
sano  la  colta ,;im ministi  anelo  i  sqgramcn- 
li _,  benedicendo  e  predicando.  I  diaconi 
la  mettono  da  sinistra  a  destra  a  foggia 
di  ciarpa.  Anticamente ,  nella  maggior 
parte  delle  chiese,  i  sacerdoti  non  incro- 
ciavano la  stola;  così  pure  i  certosini  ed 
i  cluniaceusi.  I  vescovi  e  altri  prelati  che 
portano  la  Croce  pettorale  (  V.)  uou  u- 
sauo  di  formare  la  croce  colla  stola,  per- 
chè portano  nella  detta  croce  attaccata  e 
pendente  dal  collo  le  sagre  reliquie  :  il 
Nardi  vi  comprende  anche  la  croce  gem- 
mata episcopale.  La  stola  ha  molti  sim- 
bolici e  morali  significati,  che  leggo  nel 
Magri,  altri  li  riporterò  poi  col  p.  Bouan- 
ni.  Denota  il  giogo  soave  della  legge  di 
Cristo,  l'innocenza  e  perseveranza  uelle 
opere  buone.  Secondo  Balsamouc  ,  con 
porlarsialcollo,alImlealIefuni  colle  qua- 
li iu  legato  il  Salvatore  nella  sua  passio- 
ne e  alla  sua  croce ,  che  perciò  si  forma 
in  modo  di  croce  avanti  il  petto.  Simeo- 
ne di  Tessalonica  dice  che  denota  la  era- 

o 
zia  dello  Spirito  santo,  il  che  si  accorda 

colla  preghiera  detta  dal  sacerdote  men- 
tre si  pone  la  stola:  Benedìctus  Deus,  qui 
effudit  grati  ani  super  sacerdotes  suos.  AI 
dire  di  s.  Germano,  la  parte  destra  della 
stola  significa  la  canna  data  al  medesimo 
Salvatore  per  ischerno  di  re,  la  sinistra 
simboleggia  la  croce  portata  dal  medesi- 
mo sulle  sue  spalle.  Altre  significazioni 
mistichee  morali  della  stola,  si  ponuo  ve- 
dere in  Lambertini.  Dichiara  Magri,  in- 
decente abuso  di  que'sacerdoti,i  quali  iu- 
vece  di  porre  la  stola  al  collo,  come  pre- 
scrivono le  rubriche,  la  buttano  sopra  le 
spalle  pendente  tutta  dalla  parte  di  die- 
tro, tenendo  più  couto  della  comodità  e 
poIizia,chede'profondi  misteri  significati 
nella  stola  attaccata  al  collo,  massime  per 
rappresentarCristOjchecop  la  fune  al  col- 
lo fu  condotto  al  sagrifizio:  dice  che  co- 
sloro  non  portano  la  stola  dell'immorta- 
lità, ma  un  paio  di  bisacce.  Tali  sacer- 
doti considerino  attentamente  le  gravi 
minacce  d'Innocenzo  III:  Demysl,  lUis- 


S  l  O 
srtecop.  "\\'>  Debet  ergo  sacci  dnxseiim  • 
dumdecrelum  Bracharensisconcilii  uno, 
eodemque  orario  cervioem  pariter, et  vi- 
rumquehumerumpremenssignum  Cru- 
cis in  pectore  suo  praeparaie.  Si  quis  au- 
temaliter  egeritexeommunicationi  debi- 
laesubjacebit".NotaparticolarmenteMa- 
gri,che  devesi  considerare  la  parola  cer- 
vicciiijQ  che  in  un  messale  antichissimo  si 
legge,  che  quando  il  sacerdote  si  mette- 
va la  stola,  pronunziava  questa  orazione: 
Stola  j us lìti ae  circunida  Domine  cèrvi' 
cem  meam.  Inoltre  essi  contravvengono  ad 
un'altra  misteriosa  ceremonia, perchè  col- 
le due  parti  estreme  della  stola  non  or- 
nano i  fianchi,  restando  coi  te  nella  cin- 
tatila quale  appena  arri  vano.  Ecco  le  pa- 
role del  medesimo  Papa  Innocenzo  III. 
»Quae  a  collo  per  anteriora  discendens 
dextrum,  et  sinistrimi  latusadornat,  quia 
perarma  justitiae  a  dextris  et  a  siuistris, 
idesl  in  prosperis,  et  in  adversis  sacerdos 
debet  esse  muuitus".  Inoltre  aggiunge, 
che  tal  positura  della  stola  non  corrispon- 
de al  sito  nel  quale  fu  imposta  dal  vesco- 
vo nell'oidinazioneal  presbiterato,  né  al- 
le preci  da  esso  pronunziate  in  quell'at- 
to, Accipejugum  Domini , ec.  II  detto  con- 
cilio di  Braga  del  563,  cap.  9,  disi.  21, 
comanda  sotto  pena  di  scomunica  a'sa- 
cerdoti,  che  ricevendo  lacomutiioneado- 
prino la  stola.»  Cum  sacerdos  ad  solemnia 
missarum  accedit,  aut  per  seDeosacii- 
ficium  oblaturus,  ac  sacramentum  Cor- 
porisetSanguinisD.iN.  Jesu  Chr  isti  suiti - 
pturusnonaliteraccedat,quam  orario  vi- 
roque  humero  circumseptus.  Si  quis  ali- 
ter  egeritexeomm  unica  lionidebitae  sub- 
jaceat".  Alcuni  affermano  esser  peccalo 
mortale,  perchè  questo  precetto  impone 
pena  grave  di  scomunica,  dunque  obbli- 
ga a  colpa  mortale.  Altri  dicono  uon  es- 
ser colpa  mortale,  come  l'Azorio,  auaest. 
1  3,  par.  1 ,  lib.  1  o,  cap.  28,  perchè  alcuni 
religiosi  osservanti  non  usano  la  stola  nel- 
ia  comunione  pubblica  nel  giovedì  santo 
(di  che  riparlai  a  Settimana  santa),  ol- 
tre che  la  Glossa  sopra  il  citato  canone 


STO 

dichiara  essere  io  uso  questo  precetto 
quando  il  sacerdote  si  comunica  nell'ili' 
fermila  solamente;  ma  Magri  pensa  clie 
dove  l'uso  di  portare  la  stola  sta  in  os- 
servanza, non  si  deve  così  facilmente  la- 
sciare, essendo  precetto  di  cosa  facile  e  che 
comodamente  si  ritrova.  Il  Gavanto  dice 
che  i  domenicani  non  usano  portare  la 
stola  nella  comunione  del  giovedì  santo, 
il  che  è  falso,  leggendosi  nelle  rubriche 
del  loro  messale:» Deinde  fiat  commuuio 
fralrum  hoc  ordine,  ut  a  majoribus  in- 
cipiendo  a  sacerdotibus  cimi  stolis  super 
cappas".  Il  Confessore(F.)nc\  Confessio- 
nale (/\)  deve  usare  la  stola  sulla  Cotta 
{P.)i  per  l'eccedenza  dell'abito  religioso 
e  sua  benedizione,  i  religiosi  su  di  esso  e 
senza  la  cotta  usano  la  stola  nell'animi- 
lustrare  il  sagraniento  della  penitenza. 
UenedettoXllljCon  edittodel  cardinal  vi- 
cario di  Roma,  ordini)  che  nel  confessa- 
re in  chiesa  o  in  sagrestia,  i  confessori  se- 
colari usino  la  cotta  e  stola,  e  questa  i  re- 
golari, sotto  pena  di  sospensione  di  con- 
fessare agli  uni  e  agli  altri.  Tra  gli  obbli- 
ghi pertanto  del  Sagrista  e  riportali  dal 
Diclich,  vi  è  quello,  che  in  sagrestia  sie- 
110  sempre  in  pronto  delle  cotte  e  delle 
stole  per  i  confessori,  di  colore  convenien- 
te (paonazzo),  se  vi  sia  la  consuetudine, 
che  certamente  si  deve  introdurre,  onde 
non  si  amministri  senza  stola  il  sagra  men- 
to della  penitenza.  Vi  sono  alcuni  paesi 
ne'qualiun  ecclesiastico  non  Predica^.) 
mai  senza  la  stola,  come  in  Fiandra,  in 
Italia  e  altrove.  Dice  Magri,  che  la  stola 
si  può  portare  anco  da'predicalori  secon- 
do la  comune  usanza,  la  quale  uon  si  pra- 
tica in  Roma  per  rfverenza  del  sommo 
Pontefice,  che  continuamente  adopra  la 
stola  anco  per  le  pubbliche  strade,  ed  e- 
ziandio  senza  che  amministri  i  sagrameli- 
ti.  Sarnelli  loda  l'uso  della  stola  ne'pre- 
dicatori  sui  pulpiti,  e  perchè  non  si  ado- 
pera in  Pvoiua  per  venerazione  al  Papa, 
gli  stessi  cardinali  predicando  ne'loro  ti- 
toli adoperano  la  stola  sotto  la  mozzetto, 
a  differenza  del  Papa  che  l'usa  costaute- 


STO  69 

mente  sulla  mozzelta,  e  lo  afferma  pure 
il  Magri.  Però  fuori  di  Roma,tanto  i  car- 
dinali, «pianto  i  vescovi  adoperavano  la 
stola  sulla  mozzelta  come  il  Papa  (egual- 
mente dichiarandolo  il  Magri),  perchè  la 
stola  scoperta  portata  fuori  dell'ammini- 
strazione de'sagramenti  è  segno  di  giuris- 
dizione, e  colla  quale  nelle  pubbliche  pro- 
cessioni si  distinguono  iparròchi  da'sem- 
plici  preti,  e  con  essa  intervengono  nella 
solenneprocessionechefa  il  Papadel  Cor- 
pus Domini.  Aggiunge  Sarnelli,  che  an- 
ticamente, quando  usa  vasi  dappertutto 
la  veste  bianca  talare  detta  alba,  specie 
di  cani  ice  di  venuto  \>o\Rocchelto(F .),  non 
la  sagra,  ma  l'usuale,  portavasi  da'  par* 
rochi  la  stola  anche  in  viaggio,  ne'confìni 
però  di  loro  giurisdizione,  ed  inoltre  cre- 
de che  questo  si  praticasse  anche  da' ve- 
scovi ne'loro  viaggi,  poiché  il  ceremonia- 
le  de' vescovi  all'antica  stola  sui  rogò  una 
fascia. Dissi  aSAr,  msTA  r»ELPAPA,ch'èseui- 
pie  insignito  del  grado  episcopale  ,  che 
quale  parroco  de'palazzi  apostoli,  recan- 
dosi nel  sabato  santo  a  benedire  le  pon- 
tifìcie stanze,  vestilo  di  cotta  e  stola,  giun- 
to in  quella  ove  risiede  il  Papa,  si  leva 
la  stola  ed  a  Ini  dà  l'aspersorio  onde  la 
benedica.  Il  Marangoni,  Delle  cose  gen- 
tilesche, p.  r4o  (ed  io  ne  parlai  ad  Aw- 
gm),  dice  che  Bonifacio  VI  11,  amorevole 
con  quella  sua  patria,  istituì  nella  catte- 
drale la  dignità  del  preposto,  e  cavando- 
si la  sua  propria  stola  d'oro  di  dosso,  la 
die  per  onorifica  insegna  al  i.°  preposto 
ed  a'suoi  successori;  mentre  i  canonici  a- 
veano  quella  della  mozzelta  differente 
dall'altre,  perchè  avea  la  forma  dell'an- 
tico Laticlavio  (P.)  senatorio,  che  dalla 
spalla  sinistra  slendevasi  sopra  il  petto, 
terminando  iti  forma  circolare  sopra  il 
fianco  sinistro,  con  un  cordone  pendente 
sino  al  ginocchio  con  fiocco  d'oro.  Però 
Innocen/.oXIII  nel  i  722  tolseal  preposto 
la  stola  d'oro,  e  invece  gli  concesse  l'abi- 
to di  protonotario  apostolico,  ed  a'eano- 
nici  l'uso  della  cappa  magna  sul  rocchet- 
to, adinstarde  Vaticani.  Benedetto  XI V 


7o  STO 

decorò  di  stole  d'oro  l'intero  collegio  dei 
parrochi  urbani  di  sua  patria  Bologna.  11 
Camerlengo  del  clero  romano  (F.),  e  che 
lo  rappresenta,  nelle  processioni  per  di- 
stinzione usa  lo  stolone  al  collo.  I  pano 
chi  in  diversi  luoghi  usano  stoloni,  che 
chiamansi  stoloni  parrocchiali,  e  pei-  i  sa- 
gramenti  che  amministrano  e  altre  fun- 
zioni adoperano  bellissime  stole.  Sebbe- 
ne a1 Sovrani (F.)  i  Papi  concessero  l'uso 
d'alcune  vesti  sagre,  non  mai  accordaro- 
no loro  la  stola,  tranne  all'  Imperatore 
(A'.) pel  canto dell' Evangelo  ( Predella 
VII  Lezione(F.)  nella  notte  di  Natale,in 
cui  gli  donavano  lo  Stocco  e  Berrettone 
(F.)  benedetti.  A  Suddiacono  ragionai, 
se  è  considerato  per  tale.  Dissi  a  Certo- 
sine che  cpjeste  monache  hanno  l'uso  del- 
la stola  e  del  manipolo,  cantano  I'  epi- 
stola e  l'evangelo,  e  con  tali  sagri  indu- 
menti sono  sepolte.  All'articolo  Bene- 
detto IX,  e  nel  voi.  LIV,  p.  52,  nar- 
rai le  condizioni  imposte  da  quel  Papa  ai 
polacchi,  per  dispensare  Casimiro  I  mo- 
naco e  diacono,  a  di  venire  re  eammogliar- 
si, fra  le  quali  che  i  nobili  portassero  al 
collo  una  fascia  di  lino  bianco  a  guisa  di 
stola  nelle  feste  principali  di  Cristo  e  del- 
la B.  Vergine,  e  che  tutti  si  tosassero  la 
testa  a  guisa  de'monaci. 

L'origine  della  stola,  veste  sagra,  il 
buonarroti  p.  78  la  fa  provenire  dal  pan- 
no che  usavano  ;  primi  cristiani  di  por- 
tare nel  tempo  della  preghiera  sulle  spal- 
le. Egli  osservò  in  alcuni  frammenti  di 
vasi  antichi  di  vetro,  i  ss.  Apostoli  con  un 
certo  panno  di  mediocre  grandezza  sopra 
le  due  spalle,  fermalo  sul  petto  con  fìbu- 
la, la  quale  apparisce  ornata  di  gemme. 
Altrettanto  vide  in  altre  figure, e  perciò 
credè  che  i  cristiani  antichi,  almeno  nel- 
le città  grandi,  dove  ve  ne  fossero  molti 
convertiti  dalla  Sinagoga  (V.).,  portas- 
sero in  tempo  dell  Orazione  tal  veste,nel- 
la  qua!  congiuntura  il  rispetto  e  la  natu- 
rale convenienza  dettò  a  moltissime  na- 
zioni di  stare,  per  riverenza  della  divini- 
tà, in  abito  decente  e  modesto,  coperti, 


STO 

velati  ed  umili.  E  come  gli  ebrei  nelle 
pubbliche  orazioni  specialmente  erano 
soliti  portar  sulle  spalle  e  gli  altri  abili  un 
panno,  in  forma  di  semplice  e  piccolo 
manto  che  circondava  le  spalle,  e  qual- 
che volta  si  affibbiava  sul  peltocou  fibu- 
la, probabilmente  altrettanto  si  praticò 
da'primi  cristiani.  Al  qual  costume  pare 
che  alluda  s.  Giovanni  nell'Apocalisse, 
descrivendo  i  i\  vecchi  pieni  di  rispetto, 
di  timore  e  di  riverenza  avanti  al  trono 
dell'Agnello,  coperti  di  bianche  vesti,  co- 
me si  vede  negli  antichi  musaici  delle 
chiese  di  Roma,  dipinti  con  panni  bian- 
chi che  cuoprono  spalle  e  mani,  atteg- 
giamento proprio  de'supplicanti.  Perciò 
aggiunse,  questi  manti,  come  suole  av- 
venire, essendo  stati  tralasciali  da'  laici, 
furono  ritenuti  dagli  ecclesiastici  (come 
con  altre  sagre  vesti  e  già  civili),  molto 
più  religiosi  nel  mantenere  i  buoni  or- 
dini e  i  primieri  istituti,  e  cos'i  se  li  fecero 
loro  propri  e  diventarono  si  può  dire  le 
prime  vesti  sagre,  delle  quali  si  trova  poi 
molto  spesso  fatta  menzione  dagli  scrit- 
tori sotto  nome  di  stole  e  di  orari;  sì  per- 
chè si  portavano  come  ia  stola  delle  ma- 
trone, sì  ancora  perchè  si  adoperavano 
da'sagri  ministri  nell'atto  di  porgere  pre- 
ghiere a  Dio,  come  si  legge  nel  can.  i5 
del  4-°  concilio  di  Toledo,  e  in  Beda,  De 
sept.  ordinibus,  e  sì  perchè  finalmente  a- 
veano  somiglianza  co'piccoli  panni  chia- 
mati orari. \L  che  veramente  questi  manti 
antichi  sieno  la  slessa  cosa  della  stola  ec- 
clesiastica, ne  abbiamo  riprova  nelle  im- 
magini di  s.  Lorenzo  arcidiacono  della 
chiesa  romana  (martire  nel  261)  tratta 
dal'e  medesime  pittifre.  Si  vede  in  esse  il 
santo  con  questo  panno  sulle  spalle,  ed  è 
peraltro  già  noto,come  rilevò  Fausto  nel- 
la vi  la  di  s.  Mauro  suo  com  pagno,cbe  anco- 
ra a'diaconi  prima  che  fosse  loro  concedu- 
to il  Colobio\V .)  e  la  dalmatica,  per  qual- 
che tempo  e  in  alcuni  luoghi  si  permise 
l'uso  della  stola;  il  che  pine  si  deduce  d.i 
qi»e*  medesimi  canoni  che  iu  altre  Pro- 
vincie li  privarono  poi  di  questo  sagro 


S  T  O 
ornamento,  come  dal  ricordato  concilio 
di  Laodicea,  e  dal  can.  i3  di  quello  di 
Auxerre,  e  dall'uso  più  recente  fu  intro- 
dotto, che  i  medesimi  la  portassero  sulla 
spalla  sinistra,  lasciando  uuda  la  destra 
perchè  fossero  più  liberi  a  operare,  e  per 
una  certa  distinzione  da' sacerdoti;  così 
parimenti  ne'musaici  di  s.  Lorenzo  fuori 
delle  mura  di  Roma,  si  vedouo  i  ss.  Ste- 
fano e  Lorenzo  diaconi  col  detto  panno 
solamente  sulla  spalla  sinistra.  Né  deve 
recar  meravigliala  diversità  nella  stola o- 
dierna  stretta eangusta, poichèè avvenu- 
to ad  essa  lo  stesso  che  a  molti  altri  a- 
biti  sagri,  come  la  Pianeta  (F.),  \l Piviale 
(/^.),  de'quali  per  minor  peso,  a  cagione 
della  loro  moltiplicità,non  è  rimasto  al- 
tro che  la  semplice  striscia,  ov'è  il  rica- 
mo, come  si  vede  chiaro  nel  manipolo  e 
nel  pallio,  e  secondo  alcuni  nel  piviale 
de'Papi,  il  «piale  taglialo  vogliono  che  sia 
diventato  quella  stola, che  continuamen- 
te porta  fuori  di  casa  il  Vicario  di  Cristo, 
quando  però  si  fa  precedere  dalla  Croce 
pontificia  (^ .).  Dice  Sarnelli  che  la  stola 
fu  nome  generico  e  confacentc  ad  ogni 
sorta  di  veste,  fino  ad  una  tovaglia  che 
copriva  le  spalle,  come  notò  s.  Isidoro, 
Orig.  lib.  re),  e.  24.  Che  la  nostra  stola 
è  tanto  più  corta  di  quella  dell'antico  Te- 
stamento, quanto  è  maggiore  della  figura 
la  verità;  e  che  Costantino  I  volleche  fos- 
se pubblica  insegna  del  Papa.  Opina  che 
anticamente  la  stola  nostra  fosse  ancora 
tonaca  umerale,  attorniata  da  una  gran 
fascia,  che  serviva  anche  per  camice;  e 
che  dipoi  introdotto  il  camice  si  ritenes- 
se la  sola  fascia,  e  di  tonaca  divenisse  col- 
lana, come  riferiscono  Durando,  Ratio- 
nal.  div.  off.  lib.  3,  cap.  5  ;  Riccard,  in 
Coinment.  ad  ord.  6  s.  Prodi;  il  cardi- 
nal Bona,  Rerum  liturg.  GallicAìb.  1  ,cap. 
7,  n.  1.  Quindi  vuole  che  la  stola  ponti- 
ficale si  adoperasse  dal  Papa  nelle  pub- 
bliche udienze  in  concistoro,  e  nelle  pub 
bliche  strade.  Leggo  iu  Magri,  nell'arti- 
colo Amiclus,  che  iu  caso  di  necessitasi 
può  adoperare  il  manipolo  in  vece  della 


STO  71 

stola,  e  questa  in  luogo  del  manipolo. 
Trovo  nelle  vite  de'Papi,che  s.  Stefano 
I  del  257  istituì  la  benedizione  delle  ve- 
sti sagre,  e  proibì  a'  sacerdoti  e  diaconi 
l'usarle  fuori  di  chiesa,  ed  a'Iaici  l'adot- 
tarle, e  che  s.  Zosiruo  I  del  417  ordinò 
che  i  diaconi  usassero  di  stola  pendente 
dall'omero  sinistro  al  fianco  dritto,  e  lo 
notai  u  Diacono  parlando  delle  vesti  sa- 
gre e  dell'orario.  Ritornando  al  p.  Co- 
nanni, dice  che  nel  6.°  sinodo  generale 
gli  abiti  sacerdotali  furono  chiamati  col 
nome  di  stola,  ma  meglio  quell'abito  sa- 
cerdotale fu  chiamato  da'sagri  canoni O- 
rarium,  dal  verbo  oro  che  significa  pre- 
gare, e  nel  concilio  di  Toledo  si  mostra 
conceduta  a'diaconi  perchè  l'oflìzio  loro 
era  il  predicare,  e  lo  stesso  all'ermo  il  ve- 
scovo Saussai  nella  Panoplia  sacerdo- 
tale. Per  le  ragioni  già  dette,  anche  il  p. 
Ronanni  confessa  che  la  stola  fu  presa  per 
l'orario  o  per  altra  veste  propria  del  sa- 
cerdote e  del  diacono.  Che  l'uso  di  essa 
sia  antichissimo,  l'avvertì  pure  Goar  nel- 
la messa  di  s.  Gio.  Crisostomo:  Aposto- 
lica institulione,  primum  fuisse  in  Eccle- 
siam  inducili  ex  actis  s.  Clemenlis  (zio 
di  Papa  s.  Clemente  I  del  g3)  habemns 
apuds.  Antoninum,  De  mysticis  script. 
cap.  t,  de  Pallio,  par.  1,  tit.  6,  cap.  26. 
Perciò  essendo  stato  il  santocoetaneo  de- 
gli apostoli,  riflette  il  p.Bonanni,convien 
dire  che  in  quel  tempo  cominciò  l'uso 
della  stola;  opinione  adottata  pure  dal 
Saussai,  e  la  dedusse  da  quanto  scinse 
Teodosio  patriarca  di  Gerusalemme  a  s. 
Ignazio  patriarca  di  Costantinopoli,  rife- 
rito dal  Binio,  De  conciliisp.  61  2.  »  Po- 
deremet  superhumeralecum  mitra, pori- 
tifìcalem  stolam  s.  Jacobi  apostoli,  et  fra- 
tris  Domini  primi  archiepiscorum  hu- 
jus  ecclesiae,  qua  antecessore»  mei  pa- 
triarchaecircumamictisemper  in  Sancta 
Sanctorum  ingrediebantur,  qua  et  ego 
indutussum  eamtlem  gerens  tuo  deside- 
rabili, et  honorando,  ruihi  capiti  ex  amo- 
re,etdileclionis copia dignùs  peifruaris". 
Dal  che  si  vede  ancora  la  distinzione  del- 


STO  STO 
le  vesti  e  sagri  utensili  mandati  e  usati  stola  in  tutti  i  rituali,  e  si  formò  d'una 
da  s.  Giacomo.  Che  verso  il  55o  fosse  in  lunga  fascia  usata  in  modi  diversi,  da'dia- 
uso  la  stola, si  ricava  dagli  alti  di  s.  Vin-  coni,  sacerdoti  e  vescovi,  nel  modo  che 
cenzo  diacono  e  martire, presso Sigeber-  spiegai!  p.  Bonanninelcap.  ra:  In  (inai 
to  in  Chronica.  Circa  la  forma  e  mate-  modo  si  usa  la  sloia  e  da  anali  persone 
ria  antica  di  tal  veste,  il  Tomassino,  De  ecclesiastiche.  Incomincia  dal  dichiara* 
veler.  et  nov.  eccles.  discìpl.  1. 1 ,  p.  5  i  3,  re,  che  l'uso  della  stola  nel  sagrifìzio  del- 
av verte  ch'era  una  fàscia  larga  di  lino,  l'altare  è  di  gran  precetto,  comesi  cava 
la  quale  poi  fu  ristretta  come  ora  si  usa,  dal  cap.  Ecclesiast., dhl.  23,  che  preseli- 
acciocché  non  fosse  d'impedimento  alle  ve  pure  l'uso  dell'andito,  camice,  ciugo- 
ozioni  sagre,  particolarmente  da'diaconi  lo,  manipolo  e  pianeta.  E'anthe  proibita 
greci,  non  essendo  larga  più  di  circa  mez-  l'amministrazione  de'  sacramenti  senza 
zo  palmo,  e  segnala  in  3  luoghi  col  nome  l'uso  della  stola,  eccetto  quello  della  pe- 
di Dio,  Agios}  e  quella  della  chiesa  lati-  nilenza,  benché  il  concilio  di  Milano  del 
na  è  segnata  con  3  croci,e  nelle  due  estre-  i5G5  vietò  l'amministrazione  diluiti 
ni  ita  è  alquanto  più  larga.  Anzi,  aggiun-  senza  stola;  e  nel  i  579  proibì  che  i  rego- 
ge  il  p.  Bonauni,  si  suole  adoperare  fatui  lari  udissero  le  confessioni  senza  stola,  de- 
di  materia  preziosa,  abbellita  anche  con  creto  che  confermò  il  couedio  d'Aix  del 
ricami  d'oro  e  di  perle,  non  essendo  più  1  585.  Notò  Marlene,  De  rit.  anliq.  cap. 
in  vigore  il  decreto  del  4-°  concilio  di  To-  8,  art.  9,  che  fu  sempi  eantichissima  pre- 
ledo,  il  quale  vietò  che  la  stola  fosse  or-  rogativa  del  diacono,  stabili  la  dagli  apo- 
iiata,  prescrivendo  che  si  facesse  di  Sem-  stoli,  quando  istituirono  i  7  diaconi  pel 
plice  tela  di  lino,e  ciò  perchè  in  quel  lem-  ministero  della  chiesa,  il  portare  la  stola, 
pò  era  uso  che  i  diaconi  se  ne  servissero  rito  costantemente  praticato  dalle  chiese 
per  asciugare  il  sudore  della  fronte,quan-  orientale  e  occidentale;  ed  aggiungetene 
do  ad  alta  voce  recitavano  gli  evangeli,  detta  stola  si  soleva  portare  da'diaconi  il 
11  concilio  di  Braga  nel  can.  9  fa  fede  che  giorno  e  la  uotteper  un  anuo  intero. Tale 
la  stola  era  di  lino,  vietando  di  asconder,-  uso  fu  prescritto  a'sacerdoti  nel  concilio 
la  sotto  il  camice.  Cessato  poi  l'uso  di  tal  Tiburicn.can.  26  pressoBurcardo:  «Pre- 
panno,  cominciò  la  mutazione  della  for-  sbyteri  non  vadent  nisi  stola  vel  orario 
ma  e  della  materia  della  stola.  Non  pò-  induli".  La  qual  pratica  fu  pure  ricorda- 
tendosi  precisameute  asserii  e  l'epoca  del  ta  da  Giovauni  Monaco  nella  vita  di  s. 
mutamento,  pare  che  nel  secolo  IV  già  Odone,»  qui  primo  post  ordinatiouem 
si  praticasse,  poiché  riferisce  Teodoreto,  suam  nocle  expergefactus,  et  praeter  so- 
Jst.  eccles.  lib.  2,  cap.  17,  che  s.  Cirillo  litumsentieusappensam collo suostolam, 
di  Gerusalemme  chiamò  in  giudizio  Aca-  fiere  coepit".ll  Mai  tenne  dice  che  ciò  era 
ciò,  perchè  aveva  venduta  una  stola  pie-  in  uso  nel  secolo  XII  presso  molte  chie- 
ziosa  donata  da  Costantino  I  a  Macario  se.  Che  la  stola  si  adoperi  nel  sagrifìzio 
suo  predecessore.  Confessa  Tomassino,  e  amministrazione  de'sagramenli,eccet- 
non  aver  potuto  trovar  la  ragione  per-  tuato  quello  della  penitenza,  osserva  il 
cliè  l'orario  fu  chiamato  stola,  col  nome  p.  Bonanni,  che  conviene  per  essere  gli 
della  quale  venue  sempre  significata  una  abiti  sacerdotali  significativi  della  reli- 
"veste  per  coprir  tutta  la  persona  :  e  uel  gione  e  non  di  giurisdizione,  uellacuipo- 
<  ;i|».  4  1  della  Genesi  si  legge,  che  Giù-  desta  si  fonda  il  sagramento  della  peni- 
seppe  datosi  a  couoscere  a'fratelli  die  lo-  teuza.  Noudimeuo  ove  è  l'uso  si  nel  pre- 
io  due  vesti  dette  stole.  Nondimeno  uhi  dicare  come  nel  confessare,  è  molto  lode- 
tato  I  orario  sino  dagli  antichi  tempi  in  vole  e  di  decoro  l'adoperarla,  in  diverso 
ornamento  ecclesiastico,  veuuc  chiamato  modo  però  da  quello  che  si  usa  uel  lem- 


STO  STO  73 
pò  delia  messa.  Poiché  significando  que-  gura  ;  ed  io  a' rispettivi  articoli  non  lio 
gl'azione  la  passione  ili  Gesìi  Cristo,  il  sa-  mancato  di  parlare  delle  vesti  d'ogni  ri- 
cei'dote  adopera  la  stola  peaden  te  dal  coi-  lo  e  nazione.  Si  può  vedere  Renaudot, 
lo  e  sovrapposta  ci!  petto  in  lui  ina  di  ero-  Litiirgiaruai  orientaUum  collectio,e  l'ar- 
te, ma  nelle  altre  funzioni  pende  dalle  li  colo  Liturgia.  A  Polistaubio  parlai  del 
spalle  liberamente  verso leginocchia;eco-  paliiode'greci,  ed  il  Saruelli  ne  tratta  nel 
ine  è  di  pai  ere  l'Amalario  lib.  2,  cap.20,  1. 1  o,  lelt.  20,  e  lo  chiama  stola  di  tutte 
ciò  dimostra  l'umiltà  quanto  dev'essei  e  croci,  e  la  ilice  usala  anche  dagl'impero- 
profonda  nel  sacerdute.  Siccome  l'incro-  tori  greci.  Nella  chiesa  greca  la  stola  dei 
dar  la  stola  sul  petto,  insegna  s.  Bona-  sacerdoti  è  dilferenle  dalla  diaconale, poi- 
ventura,  Demyst.  missae,  ricorda  la  pas-  che  è  più  larga,  e  posta  sul  collo  pende 
sione  del  Redentore,  ovvero  può  indica-  verso  leginocchia,con  essere  unita  avuti- 
le il  cambio  fatto  dal  popolo  giudaico,  ti  il  petto,  e  tale  si  adopera  anco  da've- 
prima  fi  volito,  poi  lasciato  e  posto  nella  scovi,  come  da'sacei  doti  siri  e  armeni,  uè 
parie  sinistra;  il  vescovo  però  non  laso-  l'uso  di  essa  si  permette  a*  diaconi.  So- 
vrappone in  croce  sul  petto,  ma  lasciati-  mò  il  Morino,  De  sacris  orduialiomlms 
dola  pendere  significa  il  pastore  divino,  p.  1  7  ">,  che  nella  chiesa  latina  l'uso  della 
il  quale  unirà  i  due  popoli,  et  fici  unum  stola  derivò  da  quella  greca,  ma  senza  ad- 
ovile,  et  unum  Pastor.  A  queste  pie  in-  duine  prove;  asserisce  bensì  che  l'uso  co- 
lerprelazioni ,  devesi  aggiungere  il  rito  ininciò  nel  monachismo  pe'suddiaconi  e 
antico  del  diacono,  di  portar  la  stola  sulla  pe'chiei  ici,  ina  ciò  fu  proibito  dal  conci- 
spalla  sinistra  pendente  sino  a'piedi,sen-  lio  d'Orleans  del  5o  i,nelcap.  2  2,lasci;ui- 
za  esser  legata  dal  cingolo,  come  appa-  dooel'usoa'diacooi,  e  solamente  pel  lem- 
lisce  in  molte  immagini,  ed  in  quella  di  pò  in  cui  assistono  al  sagrilìzioe  non  in 
s.  Pier  Damiani  del  secolo  XI,  che  il  p.  altra  finzione, beuchèsia  iu  servizio  della 
Bonaimi  riporta  a  p.  188,  ove  si  vedono  chiesa,  come  fu  determinato  nel  concilio 
3  croci  nella  parte  anteriore  della  stola.  diCartagine  del  253:» Diaconus  tempore 
Questo  modo  non  più  si  pratica  da  dia-  oblationis  tantum  vellectionis  utalnr  ". 
coni  latini,  i  quali  pongono  la  stola  sulla  Anche  il  p.  Bouauni  dice  dell'uso  de'sa- 
spalla  sinistra,  dalla  (piale  trasferiscono  cerdoti, d'assumere  la  stola  senza  le  altre 
le  due  parti  estreme  al  fianco  destro,  ove  vesti  sagre  nel  comunicarsi,  sia  uel  gio- 
legasi  col  cingolo  che  ciuge  il  camice,  af-  vedi  santo,  che  in  letto  se  infermi.  Si  usa 
finché  la  mano  destra  sia  libera  nel  mi-  la  stola  anche  da'  ministri  eretici  della 
nisleiOjSecondo  1  ingiunto  dal  memorato  chiesa  anglicana  e  predicanti,  per  seguo 
concilio  di  Toledo.  La  legatura  poi  nel  di  loro  carica,  in  vigore  della  liturgia  di 
fianco  destro,  vogliono  alcuni  significare  Carlo  11,  portandola  di  seta  nera  sulla  ve- 
la foltezza  nel  resistere  agl'incentivi  del-  ste  talare  e  lunga  sino  a'piedi,ma  con  ri- 
la  carne.Questo  uso  fu  statuito  a  diaconi  prò  ve  vole  abuso.  Di  gran  lunga  lodevole 
dal  concilio  di  Braga, al  contrario  dell'u-  e  conveniente  è  l'uso  continuo  del  som- 
so  militare  della  tracolla  che  regge  la  spa-  ino  Pontefice,  il  quale  la  tiene  pendente 
da,  per  seguale  che  li  distingue  da'sacer-  dal  colio  sopra  la  mozzetta,  qualunque 
doti.  L'uso  però  di  portar  la  stola  sulla  volta  apparisce  in  pubblico, in  segno  del • 
spalla  sinistra  pendente  e  libera  verso  i  la  somma  autorità  pontificia,  più  o  me- 
piedi,  fu  ritenuto  dalla  chiesa  greca,  e  al-  no  preziosa,  secondo  richiede  il  rito  pra« 
treltanto  pratica  l'armena.  Noterò  che  il  ticato  da  esso,  come  nolòNicolade  Btati- 
p. Bouauni,  parlando  de'sagri  ministri  di  Jiou,  De  forma  Palili  cap.  3. 11  p.  Bouau- 
molti  riti  e  nazioni,  tratta  delle  loro  vesti  ni  non  pare  soddisfatto  di  quelli  ebecer- 
sagre,  delle  loro  atulc  e  uè  riporta  la  fi-  tarano  dispiegarci  misteri  contenuti  neh 


74  S  T  O 

la  stola,  ch'egli  chiama  pie  considerazio- 
ni, e  conclude  col  vescovo  Durando,  De 
ìndumentis  lib.  3,  cap.  5, cioè  che  la  stola 
«  admonet  illuni;  qui  eam  indniiur,  ut 
memor  si t  sub  jugo  Christi,  quud  leve, 
et  suave  est,  se  consti  tu  tura";  indi  con 
Ivone  diChai  IvesJJesigni/ìcalione  indù- 
menloru'/i  sacerdotalium,  aggiunge  che 
si  può dire,pendere  la  stola  dal  collo  ver- 
so la  parte  anteriore,  e  ornare  il  lato  de- 
slro  e  sinistro,»  utdoceatsacerdotem  per 
arma  justiliaeadextris  et  a  sinistris,  idest 
in  prosperi*,  et  ad  versus  debere  esse  mu- 
uilum,  cjuod  ad  fortitudinem  perlinet, 
sinequacelerae  virliiles  facile  expugnan- 
lur,  et  minime  corona otur".  Inoltre  la 
stola  significa  quella  dell'immortalità  e 
vita  eterna  della  gloria,  come  scrisse  il 
Corona  a  p.  607,  accennata  nelle  paro- 
le che  dice  il  sacerdote  nell'atto  di  porla 
sulle  spalle:  »  Bedde  nubi  Domine  sto- 
lamiinmortaIitalis,quam  perdidi  inprae- 
varicatioue  primi  pareulis".Le  due  par- 
ti pendenti  significano  la  pazienza  a  cui 
Dio  promette  la  gloria,  come  scrisse  ti- 
gone, De  sacr.  part.  4)  lib.  2,  cap.  4.  Il 
.Nardi,  DeJ  parrochi,  riporta  varie  erudi* 
zioni  sulla  stola,che  nell'antichità, come 
al  presente,  non  potevano  portare  che  i 
vescovi,  preti  e  diaconi,  gli  altri  essen- 
done espressacnenteesclusi. Quando  i  pre- 
ti urbani  ed  anche  suburbani  doveano 
assistere  ogni  festa  alla  messa  del  vesco- 
vo, indossavano  camice  e  stola.  II  sinodo 
provinciale  di  Gnesna  prescrisse,  che  nel 
concilio  provinciale  o  diocesano  i  vesco- 
vi e  abbati  sieno  con  mitra,  i  canonici  cum 
superpelliceisj  dalmuliis,  et  parvis  mi' 
tris,  eteappis,  seu  pluvialibus.  Rectores 
vero  ecclesiarum,  et  simplices  sacerdo- 
te1; cum  superpelliccis  et  slolis  tantum  sy- 
nodum  inlrenl;  ed  anche  i  frati  sacerdoti 
cum  slolis.  Il  concilio  di  Buda  del  1279, 
assegna  ne' sinodi  diocesani  mitra,  stola 
e  piviale  agli  abbati;  stola  e  piviale  a'ea- 
nonici  ;  a'  parrochi  e  altri  preti  cotta  e 
stola;  a'monaci  o  sacerdoti  regolari  stola 
soltanto.  11  sinodo  di  Colouia  del   1289 


STO 

concede  camice  e  stola  a' vicari  foranei, 
e  sola  colta  a'parrochi,ciò  che  fece  anche 
il  sinodo  Nemausense  ueli284;  per  cui 
dichiara  Nardi,  la  stola  è  insegna  natu- 
rale del  sacerdozio,  tutti  i  preti  la  dovea- 
no portare  nel  sinodo,  e  ponno  usarla  se 
l'assumono  i  parrochi.  Nel  sinodo  di  Lie- 
gi del  1287  i  vicari  foranei  erano  in  ca- 
mice e  stola,  gli  altri  preti  in  sola  cotta. 
Da  tutto  questo,  Nardi  con  alcuni  cano- 
nisti deduce  contro  Thiers  e  altri  che  la 
definirono  distintivo  parrocchiale,  che  la 
stola  non  significa  giurisdizione,  né  mag- 
gioranza, ripetendo  con  Scarfant  e  An- 
tonelli  :  Stola  non  dat  majoritatem,  cum 
sii  tantum  signum  sacerdotale j  e  con  s. 
Tommaso,  la  stola  non  è  che  una  veste 
presbiterale.  Riporta  la  concessione  del 
1727  fatta  dal  vescovo  diPumini  a'par- 
rocchi  di  città  onde  portare  la  stola  nelle 
processioni,  ma  insorte  divergenze  col  ca- 
pitolo della  cattedrale,  nel  1728  la  s.  cou- 
gregazionede'rili  approvò  la  concessione, 
ma  di  avere  vigore  solamente  quando  i 
canonici  fossero  vestiti  co™h  abili  sa<*ri  di 
tonacelleepiauete;quindine'sinodi  quan- 
do il  capitolo  non  era  in  vesti  sagre,  i  pie- 
vani non  assunsero  il  piviale  e  la  stola, 
uè  questa  i  parrochi.  Nel  1766  fu  in  tal 
città  s'abilito,  che  predicando  un  parro- 
co corani  capitalo,  noti  possa  usare  la 
mozzetta  neracheaveano  ottenuta  dopo 
formato  un  collegio,  ma  debba  tenere  la 
slola  sopra  la  sola  cotta.  Sebbene  Nardi 
dichiari  che  la  stola  è  distintivo  di  sacer- 
dozio non  d'  uffizio,  pure  confessa,  che 
quando  poi  il  prete  fi  un  atto  sacerdo- 
tale, allora  si  che  è  segno  di  autorità  sa- 
gra, come  quando  confessa,  predica,  be- 
nedice,aspei'gecoU'acqua  santa,  battezza, 
dà  l'olio  santo,  fi  funzione  o  qualunque 
cosa  sacerdotale  all'altare,  o  benedizione 
fuori  dell'  altare,  adopera  la  stola,  non 
per  sola  insegna  sacerdotale,  ma  quale 
veste  che  indica  la  sagra  di  lui  podestà. 
Quando  poi  entra  in  chiesa  una  proces- 
sione o  altra  unione,  il  prete  di  quella  dà 
L'acqua  benedetta  coll'aspersoiio  avendo 


STO 

la  stola,  essendovi  il  vescovo  deve  levar- 
sela e  consegnare  al  medesimo  l'asper- 
sorio. A  Purificazione  parlai  di  quella 
delle  donne  dopo  il  puerperio,  che  il  par- 
roco o  in  sua  vece  altro  sacerdote/in  cot- 
ta e  stola  va  a  prendere  verso  il  fine  della 
chiesa,  e  conduce  all'  altare,  prendendo 
la  donna  una  delle  parti  estreme  della  sto- 
la. Nell'articolo  Sposalizio,  parlando  di 
quello  mistico  delle  monache  uella  loro 
vestizione,  riportai  il  rito  usato  daBene- 
detto  XIV  con  una  monacanda,  in  cui 
assunse  la  stola  preziosa  sulla  mozzetto, 
e  tenendola  candidata  colla  mano  destra 
la  sinistra  parte  di  detta  stola,  l'accom- 
pagnò alla  porta  della  clausura;  termi- 
nala la  funzione,  il  Papa  depose  la  stola 
preziosa  e  riprese  l'usuale.  UDiclich, Diz, 
sacro  liturgico,  all'articolo  Ebdomada' 
rio, dice  che  non  si  deve  usare  la  stola  dal 
celebrante  nelle  ore  canoniche,  inclusi* 
vamente  a'vesperi  solenni:  in  Venezia  e- 
ravi  l'uso  di  adoperare  la  stola  ad  ogni 
ora  canonica,  ma  posto  in  attività  il  con- 
trario decreto  della  s.  congregazione  dei 
riti,  nel  i834  da  due  lustri  era  quasi  di- 
strutto. All'articolo  Eucaristia,  riporta 
la  rubrica  che  prescrive  doverla  ammi- 
nistrare il  sacerdote  vestito  di  colta  e  sto- 
la^Ielcoloreconvenienteall'ufliziodiquel 
giorno;  e  sebbene  il  Baruffai  do  opinò  con 
molle  ragioni  che  la  stola  fosse  sempre 
di  color  bianco,  ciò  che  si  osservava  un 
tempo  nella  basilica  di  s.  Marco  di  Vene- 
zia, tuttavia  è  chiaro  il  prescritto  della 
Chiesa,  a  cui  certamente  non  si  può  op- 
porre. Anticamente  era  molto  disonora- 
to un  vescovo,  allorché  era  privato  del- 
l'orario o  stola,  per  cui  dice  l'Anastasio 
Bibliotecario  in  s.  Agatone  cap.  28,  che 
essendo  Macario  patriarca  d'Antiochia 
condannato  come  eretico  nel  VI  sinodo, 
Basilio  vescovo  di  Creta,  pubblicamente 
lo  privò  dell'orario  e  così  lo  degradò.  An- 
che a  Sacerdozio  parlai  della  degradazio- 
ne degli  ecclesiastici,  e  dello  spoglio  che 
con  sue  formole  si  fa  di  tutti  i  sagri  pa- 
ramenti, compresa  la  stola.  Riportai  nel 


STO  75 

concilio  di  Quedlimburgo,  presieduto  nel 
io85  dal  cardinal  Ottone,  che  questi  si 
pose  la  stola,  fece  accendere  i  cerei  e  ful- 
minò di  Scomunica  (J7.)  l'antipapa  Cle~ 
mente  III, ed  i  pseudo-vescovi  suoi  fau- 
tori. 

Della  stola  del  Papa.  Il  citato  p.  Bo- 
nanni,  cap.  go  :  Della  stola  usala  dal 
sommo  Po/Jte/icejriferisce  che  qualunque 
volta  il  Papa  comparisce  in  pubblico  o 
per  qualche  funzione,  porta  sempre  pen- 
dente dal  collo  una  stola  nella  forma  che 
esprime  in  una  figura  a  p.  365.  Essa  è 
lunga  sino  ad  un  pahnosottoil  ginocchio, 
alquanto  unita  sul  pello  da  un  cordone 
formante  un  nastro,con  lateralmente  due 
croci.  E'  tutta  ricamata  con  arabeschi  , 
ossia  fregi  di  foglie  e  fiori,  pendendo  dal- 
le due  estremità  lunga  frangia.  Tale  slo« 
la,  egli  dice,  è  sempre  di  seta  ricamata 
d'oro,  di  colore  o  bianco  0  rosso,  secou- 
dochè  si  usa  la  moz/elta  o  bianca  o  rossa, 
come  si  prescrive  Be' rituali,  alcune  volte 
più,  altre]meno  preziosa,  usandola  nelle 
soleunicavalcate  ricamala  di  perle.  Si  no- 
minava aiilicamenteO/vzn«//j_,perehè  nei 
tempi  della  nascente  chiesa.era  lecito  il 
portarla  solamente  a  chi  predicava,  co- 
me fu  prescritto  dal  sinodo  di  Liegi,  uf- 
fizio proprio  de' diaconi,  secondo  la  più 
comune  sentenza,  che  perciò  non  poteva- 
si  usare  da'suddiaconi  e  altri  chierici  in- 
feriori. Negli  antichi  secoli  i  vescovi,  i  sa- 
cerdoti, i  diaconi  la  portavano  continua- 
mente, ma  di  poi  il  solo  romano  Ponte- 
fice la  porta  in  segno  di  sua  suprema  di- 
gnità, poiché  è  proprio  del  Papa  di  pa- 
scere il  gregge,o  colla  sua  voce  o  per  mezzo 
de'suoi  ministri,  colla  predicazione  e  la 
dottrina  evangelica.  Il  Nardi  sulla  ragio- 
ne addotta  daAlcuino,che  la  stola  si  chia- 
mò Orarium,eo  quod  oratoribus,  hoc  est 
praedicatoribus ,  concedaturj  e  sul  can. 
40  del  concilio  di  Toledo,  Orarium  o- 
portet  levitata  gcstare  in  sinistro  humero, 
propter  quod  orai,  idclpraedicalj  os- 
serva che  il  vescovo  è  predicatore  perchè 
dottore  unico,  e  non  può  commettere  la 


?6  STO 

predicazione  vera  clic  al  prete  e  al  dia- 
cono. Il  Papa  dunque  come  vescovo  ilei 
vescovi,  con  più'  di  ragione  gli  conviene 
dappertutto  e  sempre  portare  la  stola.  Il 
Muratori,  Disseti.  $5*  Delle  vesti,  dice 
che  nel  secolo  IX  i  preti  uscendo  in  pub- 
blico sempre  portavano  la  stola  al  collo, 
ed  il  concilio  di  MagoDza  deil'8  i  3  col  can. 
u8  vietò  loro  d'andarne  senza.  Già  notai 
di  sopra  che  anco  i  vescovi  portavano  la 
stola  pendente  in  ogni  luogo,eche  in  pro- 
gresso di  tempo  essendo  ciò  andato  in  dis- 
uso, solarmente  al  Papa  ne  restò  l'uso, e 
preceduto  dalla  Croce  pontificia,  è  ima 
«ielle speciali  prerogati  veedislinzioni  del- 
la suprema  dignità  pontificia.  A  ncheNar- 
di  osserva,  che  ne'tempi  bassi  i  preti  ei 
diaconi  lasciarono  di  portare  le  stole  fuo- 
ri delle  chiese;  rimase  l'uso  a'vescovi  co- 
inè più  tenaci  degli  antichi  costumi  ;  il 
Papa  poi,  anche  più  osservante  della  ve- 
neranda antichità,  la  porta  ancora  oggi- 
di  di  continuo,  significando  il  portar  la 
stola  anche  per  signum  castitati<>.  11  Cre- 
scitnbeni,  nell'Istoria  della  basilica  di  s. 
Maria  in  Cosmedin  p.  t  4">,  riporta  il  di- 
segno dell'antichissima  tavola  di  musaico 
collocata  da  Giovanni  VII  del  705  sul- 
l'altare della  cappella  da  lui  fatta  fabbri- 
careins.Pietro,come  uarraToi ligio  nelle 
Grotte  vaticane,  nella  cpiale  oltre  l'im- 
magine della  B.  Vergine  e  del  Bambino, 
e  quella  probabilmente  dell'arcangelo  s. 
Michele,  vi  è  la  figura  d'un  monaco  con 
abito  bianco  simile  al  camice,  sul  quale 
ha  l'orario,  ch'è  una  striscia  simile  alla 
stola,  la  quale  è  ricamata  di  gioie,  alcune 
rotonde  come  rose  e  altre  quadre,  l'uua 
sotto  l'altra  disposte,  che  Cresci  in  beni  sti- 
ma lostessoGiovanni  VII  e  non  eiàs.Pao- 
lo  e  il  precedente  s.  Pietro  come  vuoleSe- 
ver ino  nelle  Memorie  sacre;  se  pure  tale 
immagine  da  esso  riferita  non  era  fuori 
del  quadro  e  in  altra  tavola  contigua,  co- 
me pare  dal  riferito  da  Grimaldi,  non  es- 
sendo vero  l'asserto  da  Piazza  nella  Gerar- 
chia, cardinalizia  circa  il  diadema  qua- 
dro. Si  può  vedere  Ciampiiii,  De.  sacr. 


STO 

aedif.  p.  7^,n.°i  i4,sect.  i",  p.  io 3.  Di- 
chiarai a  Mozzetta  che  il  Papa  usa  sem- 
pre la  stola  usuale  di  raso  rosso  o  di  da- 
masco bianco,  così  le  Scarpe  U'.).  Que- 
ste però  e  la  mozzetta,  secondo  i  tempi 
(che  dichiarai  meglio  a  Scarpa)  e  le  fun- 
zioni, sono  di  seta  o  di  velluto,  di  panno 
o  di  cammellotto.  La  stola  usuale  però 
è  sempre  rossa  e  di  seta,  delle  qualità  ac- 
cennate. Il  coiore  rosso  l'usa  nella  moz- 
zetta e  scarpe  in  tutto  l'anno,  il  bianco  lo 
prende  subito  dopo   la  cappella  del  sa- 
bato santo,  e  lo  porta  sino  e  inclusive  al 
recarsi  a  quella  del  sabato  in  Albìs,  do- 
po la  quale  riprende  il  rosso.  L'abito  di 
mozzetta  e  stola  si  chiama  abito  ordina- 
rio di  camera,  abito  domestico,  abito  u- 
sualf:  con  esso  si  reca  alle  funzioni  delle 
cappelle  pontificie  nel  palazzo  apostoli- 
co che  abita,  ma  senza  stola  e  senza  per- 
ciò tarsi  precedere  dalla  croce  (come  no- 
tai nel  voi.  Vili,  p.  229),  l'una  e  l'altra 
adoperando  recandosi  per  Pvoma  ,  nelle 
chiese,  ne'monasteri,  negli  stabilimenti, 
nelle  visite  a'sovrani;  nelle  F'illeggialu- 
re  e  ne  Piaggi  (/".^andando  ne'luoghi, 
e  massime  nel  visitare  le  cinese.  Però  es- 
sendo in  Roma  o  in  villeggiatura  o  altro- 
ve, se  il  Papa  recasi  ne'luoghi  suburbani 
a  trottare  e  camminare, veste  la  zim mar- 
ra, e  perciò  senza  la  mozzetta  e  senza  la 
stola.  Che  con  questa  è  indivisibile  colla 
delazione  della  Croce  pontificia,  a  quel- 
l'articolo lo  dichiarai.  Spetta  al  Maggior- 
domo (F.)  nelle  pontificie  stanze  di  por- 
re sulla  mozzetta  del  Papa  la  stola  usua- 
le che  gli  presenta  l'aiutante  di  camera: 
gli  fa  prima  baciare  la  croce  di  mezzo,  e 
nel  porla  al  collo  vi  sovrappone  il  picco- 
lo cappuccio  della  mozzetta,  in  modo  che 
tale  croce  resti  visibile.   Nel  ritorno  tal 
prelato  leva  al  Papa  la  stola,  gli  fa  ba- 
ciar la  croce,  eia  restituisce  all'aiutante 
di  camera.  In  assenza  del  maggiordomo, 

•DO  ' 

supplisce  il  prelato  Maestro  di  camera 
(V.).  Avvertii  nel  voi.  Vili,  p.  296,  298 
e  3oo,  che  il  Papa  facendo  la  Lavanda 
dc'piedi  (/''.)  nel  giovedì  santo  nella  ba- 


STO 
silica  Vaticana,  deposto  il  piviale  rosso, 
con  stola  paonazza  del  sagro  paramento 
e  camice,  sebbene  vi  si  rechi  preceduto 
dalla  croce  e  colla  stola  usuale  rosso  sulla 
mozzetto,  spogliatosi  degli  abiti  sagri,  ri- 
prende la  mozzetla  e  non  la  stola  usua- 
le, nel  recarsi  a  servire  a  Pranzo  quelli 
cui  lavò  i  piedi,  e  ad  onta  che  perciò  tra- 
versi la  basilica,  non  lo  precede  la  croce, 
couiecliè  incede  senza  la  stola.  Oltre  le 
dette  duestole  usuali  e  proprie  della  moz- 
zetla, il  Papaco'sagri  paramenti  adopera 
altre  stole,  quasi  eguali  nella  forma  e  ma- 
teria  alle  usuali.  Nelle  inesse  private  per 
istole  adopera  quelle  del  colore  proprio 
di  esse.  iNelIe  pubbliche  funzioni  usa  le 
stole  proprie  de'sagri  paramenti  di  4  co* 
lori,  bianca,  rossa,  paonazza  e  rosacea, 
secondo  il  colore  del  Manto  che  indossa, 
ed  anticamente  adoprando  il  pivialene- 
ro,  così  era  la  stola.  Il  piviale  o  manto 
rosso  lo  adopera  anche  in  luogo  del  co- 
lore nero  e  di  quello  paonazzo,  per  cui 
nell'avvento,  nella  quaresima  e  in  altri 
tempi  che  laChiesa  usa  il  colore  paonazzo, 
allora  il  Papa  di  tal  colore  assume  la  sola 
stola,così  ne'funerali. Qualora  il  Papa  do- 
vesse celebrare  in  tempi  che  i  Coloriec- 
clesiastici  [f.)  devono  essere  verdi,  di 
questi  sono  i  paramenti  e  così  la  stola;  i 
casi  però  sono  rarissimi.  Tutto  e  meglio 
dichiarai  aGAPPELLEPONTiFiciE,desci'i  ven- 
do tutte  quante  le  funzioni  sagre  che  il 
Papa  celebra  o  assiste,ordinarie  e  straor- 
dinarie. Quando  il  Papa  interveniva  ai 
Mattutini^. )jaxCappa  (/  .)efalda,  sot- 
to la  cappa  prendeva  la  stola  paonazza, 
ma  non  era  preceduto  dalla  croce  pon- 
tificia, la  quale  sempre  lo  precede  entran- 
do nelle  cappelle  per  le  funzioni,  però  col 
manto  o  piviale,  la  mitra  o  il  triregno. 
All'articolo  Concistoro  parlai  de' conci- 
stori segreti, semipubblici  e  pubblici.  Nei 
concistori  segreti  il  Papa  si  reca  in  nioz- 
zelta  nella  stanza  ov'è  preparata  la  Fal- 
da (f  .),  questa  assunta,  riceve  sulla  moz- 
zelta  dal  cardinali. "diacono  de'presenti 
la  stola  di  raso  rosso  concistoriale  (colore 


S  T  O  77 

che  si  u^a  in  ogni  tempo),  della  quale  e 
della  falda  è  custode  il  Bussolante  (/'.) 
sotto-guardaroba,  e  dopo  aver  baciata  li 
croce  di  mezzo:quesla  stola  è  quasi  eguale 
all'usuale  di  colore  rosso  (e  bianco  nella. 
settimana  di  Pasqua).  Il  Papa  così  vesti- 
to, entra  nell'aula  concistoriale.  Termi- 
nato il  concistoro,  nella  detta  stanza  il 
prefato  cardinale  gli  leva  la  stola,  dando- 
gli a  baciare  la  detta  croce.  Di  che  parla 
il  Chiapponi,  Ada  canonìzatìonis  p.  53. 
Ne'concislori  semipubblici  e  pubblici  il 
Papa  nella  stanza  della  falda  assume  que- 
sta, il  camice,  il  cingolo,  la  stola  e  il  manto 
rosso,  e  la  nutra  :  la  stola  gliela  pone  e 
leva  il  detto cardinalejsempre facendogli 
baciare  la  croce  di  mezzo.  Se  il  Papa  si 
reca  in  qualche  chiesa  a  celebrai-  messa 
bassa,  e  se  vi  sono  cardinali,  a!  più  anzia- 
no tra  i  diaconi  appartiene  dopo  la  pre- 
parazione di  levargli  la  stola  dalla  moz- 
zetto e  poi  imporla  dopo  finita  la  messa, 
consegnandola  e  ricevendola  dall'aiutaii  • 
ledi  camera, come  notai  ne'vol.XXX  V II, 
p.  icSy,  XLI,  p.  289,  e  dichiarano  Ma- 
gri al  verbo  Stola,  ed  il  vescovo  Sarnelli 
nella  citata  lett.  26  del  t.  3,  oltre  Luna  • 
doro,  Relaziorie  della  corte  di  Roma,  e- 
diz.  del  1  G46,  p.  1  4  '  •  Se  non  vi  sono  car- 
dinali diaconi,  supplisce  l'ultimo  cardi- 
nale prete  de'presenti  o  altro.  Non  essen- 
dovi alcun  cardinale, ciò  fa  il  maggiordo- 
mo, ed  anticamente  apparteneva  al  Sa- 
grisla del  Papa , come  (\ue\\o  che  ordina  • 
riamente  lo  assiste  in  tale  messa  all'al- 
tare e  vestito  di  colta  e  croce  pettorale. 
Quando  il  Papa  recasi  nelle  chiese  per  le 
l'unzioni,  giunto  nella  sagrestia  o  carnei  a 
de'paramenti,gli  leva  dalla  mozzelta,  e 
di  poi  su  di  essa  gli  rimette  la  stola  usuale 
il  più  degno  tra' cardinali  diaconi,  sup- 
plendo un  cardinale  prete  in  loro  assen- 
za. Tanto  la  stola  usuale,  che  la  mozzel- 
ta, dopo  levate  al  Papa  restano  sul  Letto 
de? paramenti  (!'■)■  Quel  medesimo  car- 
dinale che  ha  levato  la  sloia  usuale,  pone 
al  collo  «lei  Papa  e  dopo  la  funzione  ri- 
toglie, anche  la  stola  facente  parte  ilei  sa- 


78  S  T  O 

grò  para mento,  ed  il  citato  Chiapponi  no 
parla  a  p.  i  72.Ne'pontiflcali  al  Irono,  pel 
canto  dell'ora  di  terza,  il  cardinal  diaco- 
no ministrante  leva  al  Papa  quella  in- 
dossata per  essa  e  gli  pone  quella  più  no- 
bile per  la  messa  solenne,  oltre  idi  altri 
magnifici  paramenti. Nella  mattina  della 
Processione  del  Corpus  Dominile  il  Pa- 
pa celebra  la  messa  nella  cappella  Sisti- 
na, e  come  dissi  in  parte  ne' voi.  IX,  p. 
52,  e  XLI,  p.  i  74.J  se  già  in  essa  sono  ve- 
nuti i  cardinali, e  come  leggo  nelle  ricor- 
i\&le Indicazioni ò\  mg.1  Fornici,  il  sagri- 
ate consegna  l'aspersorio  al  cardinal  de- 
cano o  più  anziano,  il  quale  lo  presenta 
al  Papa,  indi  il  cardinale  diacono  più  an- 
tico dopo  la  preparazione  gli  leva  la  stola 
usuale  facendogli  baciarla  croce  (in  que- 
sta e  in  altre  funzioni  in  cui  s'indossano 
gli  abiti  sagri,  in  mancanza  de'cardiuali 
diaconi  suppliscono  i  cardinali  preti,  ma 
in  abito  diaconale),  ed  in  sua  mancanza  o 
di  altro  cardinal  diacono  ciò  eseguisce  il 
maggiordomo:  alle  lavande  delle  mani, 
il  dettocardinal  decanoopiù  anziano  pre- 
senta il  mantile  al  Papa  per  asciugarsi  le 
mani.  Dice  il  medesimo  mg.r  Fornici, che 
quando  il  Papa  risiede  nel  Vaticano,  nei 
■venerdì  di  marzo  dopo  la  predica  del  Pre- 
dicatore a jioitolico  (/~.),discende  co'car- 
ditiali  in  s.  Pietro,  dopo  die  il  più  degno 
cardinale  diacono  gli  ha  posto  la  stola  u- 
suale  sulla  mozze  Ita,  aveudo  già  il  cardi- 
nale deposta  la  sua  cappa,  il  che  non  fa 
se  il  Papa  già  l'ha  presa  in  camera  dal 
maggiordomo.  Il  cadavere  del  Papa  dai 
Penitenzieri  l'aticani^I.)  si  lava  e  quin- 
di si  veste  cogli  abiti  usuali  della  moz- 
zetta, si  espone  nellesuestanze  senza  sto- 
la, e  in  tal  modo  e  seuza  essere  preceduto 
dalla  croce  si  porta  nella  cappella  Sisti- 
na, ove  poi  spogliato tlella  mozzetta  e  del- 
le scai  pesi  veste  degli  abiti  pontificali  di 
colore  rosso,  inclusivamente  alla  stola  e 
scarpe  di  essi,  e  così  vestilo  poscia  si  po- 
ne nella  cassa  mortuaria.  Nel  voi.  VI,  p. 
2o4)parlando  del  cadavere  del  Papa  se- 
guendo uno  scrittole,  lo  dissi  eirouea- 


S  T  () 

mente  vestilo  di  mozzetta  e  stola,  e  per 
inavvertenza  lo  ripetei  nel  voi.  LXIV,p. 
C)4>  sebbene  con  sola  mozzetta  avessi  di- 
chiarato doversi  vestire  sia  nell'esposizio- 
ne nelle  pontifìcie  stanze, sia  nel  trasporto 
solenne  in  Lettiga  (F.)  e  senza  essere  pre- 
ceduto dalla  croce  papale,  ne' voi.  Vili, 
p.i86e  i  87,XLVII,p.  3 2, che  veramen- 
te sono  i  luoghi  ove  descrissi  tali  funzio- 
ni, ed  ivi  allatto  non  nominai  la  stola. 
Tanti  minuziosi  dettagli,  dovendoli  rica- 
vare da  molti  autori,  spesso  tra  loro  in 
contraddizione,  ed  essendo  fallaci  anco  le 
cose  di  fatto  per  essersi  sbagliato,  talvol- 
ta non  fui  felice  di  emendarli,  ad  onta 
della  più  scrupolosa  diligenza  e  ricerche 
indefesse;  però  ini  giova  riflettere  sugli 
innumerabili  errori  che  corressi  o  retti- 
ficai, ed  essendo  uomo,  cioè  fallibile,  non 
sempre  mi  è  dato  ciò  fare,  perciò  vuole 
la  discrezione  e  l'equità  di  non  addebi- 
tarmi que  falli  che  non  potei  conoscere, 
in  grazia  de'moltissimi  emendati,  e  per 
quanto  rimarcai  a  Stampar  Storia  e  al- 
trove. Ed  in  fatti, che  il  cadavere  del  Pa- 
pa esponendosi  e  trasportandosi  cogli  a- 
biti  ordinari  e  usuali,  non  debba  portare 
la  stola,  lo  provano  ancora  queste  due  te- 
stimonianze. Leggo  nel  contemporaneo 
diarista  Cecconi,  Diario  istorico  p.  684, 
sulla  morte eculavered'Innocenzo  XIII, 
che  fu  vestito  di  soltana,  mozzetta  e  ca- 
lila uro  (mancano  di  nominarsi  il  rocchet- 
to, la  fascia,  le  scarpe),  indi  al  solito  e- 
sposto  nel  suo  palazzo  apostolico  Quiri- 
nale (perchè  ivi  morì),  sotto  il  baldacchi- 
no,al!a  vista  del  popolo,  ivi  concorso  per 
vederlo  e  baciargli  i  piedi.»  La  sera  del 
giovedì  a  un'ora  di  notte,  disteso  in  tal 
forma  il  cadavere  col  coppello  in  capo,  e 
senza  stola  e  croce,  entro  una  lettiga  di 
velluto  tutta  guarnita  di  frangie  e  trine 
d'oro,  ed  aperta  da  ogni  parte,  s'incam- 
minarono tutti  ordinatamente,  dal  Qui- 
rinale, verso  il  palazzo  Vaticano. Ivi  giun- 
to nella  cappella  Sistina,  i  penitenzieri  di 
Sì  Pietro  (che  circondando  la  lettiga  Io 
aveano  accompagnato  con  torcie    accese 


STO 
in  mano  e  salmeggiando  in  bassa  voce), 
spogliato  il  cadavere  degli  abili  domesti- 
ci e  vestito  degli  abiti  pontificali  di  co- 
lore rosso,  cioè  rocchetto,  camice  (man» 
ca  il  cingolo,  la  stola,  i  sandali,  i  guanti, 
ec),  dalmatica,  pianeta,   fanone,  pallio, 
mitra  di  tela  d'oVo  (anch'io  nel  citato  voi. 
VI,  p.  204  dissi  di  lama  d'oro, seguendo 
l'accurato  Novaes,  Dissert.  t.  i,  dissert. 
3,  n.u  g,  ma  quando  ne  ragionai  espres- 
samente nel  voi.  Vili,  p.  187,  a  Mitra,  a 
Sepolcro  de'Romam  Pontefici. dichiarai 
in  mitra  di  lama  d'argento, e  con  essa  vidi 
esposti  i  cada  veri  di  Leone  XII  e  l'io  VII  I, 
ed  il  1 .°  anchecollocare  nella  cassa),  ed  ai 
piedi  due  cappelli  pontificali  (ne  riparlai 
al  detto  aiticoloSEPOLCRo)di  velluto  ros- 
so, che  si  fanno  portare  dal  sommo  Pon 
teflce  nelle  pubbliche  funzioni  (nelle  so- 
lenni Cava  leale)  i\(\  due  camerieri  segreti 
(anzi  da  4)  e  meglio  ne  riparlai  a  Sovra- 
nità' de'Romam  Pontefici), e  posto  detto 
cadavere  sopra  una  bara  portatile  in  for- 
ma di  letto  funebre,  circondato  di  lorde 
nel  mezzo  di  delta  cappella,  venne  assi- 
stitoall'intorno  da'prenominati  peniten- 
zieri di  s.  Pietro,  quali  con  colta  e  stola 
gli  andavano  recitando  i  salmi  ed  altre 
sagre  preci...  poi  dal  clero  della  basilica 
Vaticana,  precedendo  la  sua  croce,fu  por- 
tato in  chiesa  il  cadavere,  seguito  da'ear- 
dinali".  L'altra  testimonianza  la  ricavo 
da'n.i  67  e  68  del  Diario  di  Roma  del 
1823,  di  quanto  fu  praticato  col  cada- 
vere di  Pio  VII.  Morto  al  Quirinale,  fu 
vestito  con  sottana  bianca  (non  sono  no- 
minati altri  indumenti),  mozzetto  rossa 
e  camauro,e  si  espose  con  Ietto  e  baldac- 
chino di  colore  rosso  in  una  delle  anti- 
camere,con  4  cerei  agli  angoli:  nella  sera 
del  dì  seguente  fu  pollalo  il  cadavere  in 
lettiga  aperta  da  due  mule  con  gualdrap- 
pe riccamente  guarnite,  vestito  come  ho 
dello  e  col  cappello  usuale,  alla  cappella 
Sistina  del  Vaticano,  ove  fu  vestito  pon- 
tificalmentee  con  mitra  di  lama  d'argen- 
to, e  così  fu  esposto  e  poi  sepolto.  i\e'so- 
lenui  Possessi  de  Papi  (  V .)  sino  e  incili- 


STO 

si  ve  a  Leone  X  neli^i  3  s'incedeva  in  ca- 
valcata e  con  paramenti  sagri  e  mitre  a  ca- 
\  a  Ilo.  ed  il  Papa  vestiva  i  sandali,  l'ami  Ito, 
il  camice  albani  ,la  crocepetlorale,la  stola 
albani,  la  tonnellata  dalmatica, la  piane- 
ta, il  fanone, il  manipolo,  i  guanti, la  mitra 
o  il  triregno  preziosi,  il  pallio,  altri  por- 
tarono il  piviale  prezioso  come  Giulio  II; 
ed  il  predecessore  Innocenzo  Vili  nel  re- 
stituirsi concavalcata  dal  Lalerano  al  Va- 
licano, indulus aniìctu,albo ,  cingalo,  sto- 
la alba  preliosa,  capellina  ha  beat  ex  ve- 
lato crcmesiiiO)praecedeiitibu<; et ucis,  et 
cardinalibus.  Leone  X  assunse  dunque 
per  ultimo  in  detta  solenne  funzione  o- 
mnibus para nìenlh ponti ficalibus }  a  san- 
dali-; usque  ad  pnllium  super  planetam, 
e  con  triregno  sotto  baldacchino;  giunto 
alla  basilica  Lateranense,  lo  depose  per 
assumere  la  mitra  preziosa.  D'allora  in 
poi  i  Papi  presero  possesso  vestiti  di  fal- 
da, rocchetto,  mezzetta  e  stola  preziosa, 
e  sopra  il  berrettino  il  cappello  pontifi- 
cale: vi  si  recarono  a  cavallo,  in  lettiga, 
e  per  ultimo  in  carrozza  ma  senza  |,i  fal- 
da. Il  Cancellieri  pubblicò  la  raccolta  del- 
le relazioni  di  tali  funzioni,  nella  Storia 
(b- 'possessi,  dalla  quale  ricavai  le  seguen- 
ti nozioni   sulle  stole  preziose  de'  Papi. 
Paolo  III  nel  1  533  vestito  di  rocchetto 
Inngo,  et  stola  super  capuliurn  de  velluto 
creniesino  eauitavil.  Inoltre  diPio  IV  m'i- 
struisce lo  stesso  Cancellieri,  nelle  giunte 
e  correzioni  delle  Cappelle  pon  li /ice,  che 
nel  1790  ancora  esisteva  nella  sagrestia 
papale  la  stola  preziosa  ricamata  con  per- 
le, fatta  da  Paolo  III  Farnese  e  rinnova- 
ta da  Pio  VI,  diesi  usava  da'Papi  nella 
benedizione  degli  Agnus  Dei  (de'qnali  ri- 
parlai nel  voi.  LI  I ,  p.  83),  in  uno  a  Scon- 
cile d'argento  collo  stemma  dello  stes- 
so Paolo  HI,  e  16  cucchiaie  d'argento, 
oltre  una  più  grande  d'argento  dorato, 
per  uso  del  Papa,  e  tutte  collarine  d'  A- 
lessandro  VII.  il  Marangoni,  Delle  cose 
gentilesche  trasportate  a  uso  delle  chie- 
se, nei  cap.  77  e  78  copiosamente  e  con 
audizioni  trattò  sulle  iscrizioni,  memo- 


S„  STO 

rie  e  stemmi  <le'  Papi  e  cardinali   nel- 
le chiese,  se  possano  praticarsi  senza  no- 
ta di  vanità,  e  sesia  lodevole,  riportan- 
do molti  esempi  di  santi  per  la  parte  af- 
fermativa. Di  questo  argomento  in  breve 
ne  tenni  proposito  a  Stemma.  Pio  IV  del 
i5Go  in  camera  paramenloruminduLis 
ornielli,  alba, ci iigulo,  et  stola  cum  per- 
lis  descendit  ad  equitandum,  et  ingres- 
sus  in  leclicam.  Giunto  al  Lalerano,  de- 
posita deindi',  stola  rum  per  lis,  accepit 
aliam  stoloni,  pluviale  et  mitrarli j  i  qua- 
li dopo  la  funzione  si  levò,  accepla  ite- 
rimi stola,  rum  pei  lis ....  et  'miravi t  in  le- 
clicam. Nel  [566  s.  Pio  V  per  prender 
possesso,  in  camera  audicnliae  secretae 
coepìt  falcioni,  amictum,  albani,  citigli- 
Inni,  mozzetlar/i,  et  stoloni  cum  perlis. 
Arrivato  nel  portico  Lateranense,  depo- 
silis  sloia  cum  perlis,  et  mozzetto,  et  ac- 
cepla alia  stola,  pluviali  et  mitro.  Tro- 
vo in  Novaes  nella  Storia  di  Clemente 
XI, che  canonizzò s.  Pio  V,che  nella  tra- 
slazione del  suo  cadavere  al  luogo  ove  si 
venera,  e  fatta  a*  16  settembre  169S,  fu 
spogliato  delle  antiche  vesti,  alle  quali  si 
sostituirono  delle  nuove,  onde  la  stola  fu 
donata  alla  famiglia  Chigi,  che  la  collo- 
cò in  prezioso  reliquiario,  ed  a'2  5  mar- 
zo 1775  fu  dal  principe  d.  Sigismondo 
donata  a  Pio  VI, che  per  divozioneal  san- 
to ne  avea  preso  il  nome.  Di  questo  ne 
parla  ancora  il  n.°  26  del  Diario  di  Ro- 
ma  1775,  colla  descrizione  della  ricchis- 
sima e  nobile  custodia,eilPapa  fece  espri- 
mere al  principe  il  suo  sommo  gradimen- 
to, pel  suo  segretario  d'ambasciala  mg.r 
Avogadro.  Gregorio  XIII  nel  1572  per 
prendere  il  possesso,  sumplaqite  longiori 
veste,  quae  falda  vocalur,  et  stola  pre- 
Uosa  super  capulio  purpureo,  descendit 
in  atrius  inferius,  ubi  ascendit  equum  al- 
bum purpura,  etauro  ornatimi. Gregorio 
XlVnel  1  Sgo  cavalcò  sopra  mula  bianca, 
coperta  di  velluto  cremesino  con  fraugie, 
fiocchi  di  seta  e  trine  d'oro,  ferri  e  staffe 
dotate,  vestito  di  scarpe  di  velluto  cre- 
mesino con  croci  d'oro,  soltana,  fascia, 


S  T  O 

rocchetto,  colla  mozzetto  di  velluto  ci  e? 
melino  con  mostre  di  pelli  d'arinelliuo, 
con  istola  sopra  preziosa.  Innocenzo  IX 
nel  1  5  9  1  si  recò  al  possesso,  con  subtana] 
serica  alba,  et  longiore  sub  rocchetto  in  - 
dutus,etdesupermozzeitaholosericapur. 
purea  cum  stola  pendente,  et  bit  retto  pi- 
lettili  pontificale  holosericum  pur  puret  t  ni 
cordulis,  et  floccis  aurali<;  ornamentimi. 
Paolo  V  nel    i6o5  cavalcò  nobilissima 
cionca  bianca,  vestito  con  sottana  lungi 
di  tabi  bianco,rocchetto  sottilissimo, moz- 
zetta  e  berrettino  o  camauro  di  velluto 
cremesino  colle  mostre  di  armellino,  cap- 
pello pontificale  teso  del  medesimo  vel- 
luto circondato  di  trine  d'oro,  con  stola 
preziosa  al  collo  ricamata  e  adorna  di  mol- 
te perle.  Gregorio  XV  neh  621  pel  pos- 
sesso, accepit  faldata  magnani  scricam, 
et  stoloni  prèciomm  saprà  inozzeltam  de 
velluto  rubeo,  et  golerurn  ponti  ficaie  in. 
Noterò  con  Cancellieri, Cappelle  p.  261, 
che  nel  1  790  ancora  esisteva  la  stola  pre- 
ziosa di  raso  rubino,  tutta  ornata  di  perle 
di  variegrandezze  adisegno,  con  lo  stem- 
ma di  Gregorio  XV  (della  famiglia  Lu- 
dovisi),che  i  Papi  adoperavano  sulla  moz- 
zetta  nelle  solenni  Cavalcale  {V.)  perle 
Cappelle  della  ss.  Annunziata,  di  s.  Fi- 
lippo, della  Natività,  di  s.  Carlo,  le  quali 
cavalcate  non  si  fecero  più  dopo  Pio  Vf. 
Pel  possesso  Alessandro  VII  nel  1  655  usò 
stola  brocleis  argenleis pietà, gemmis au- 
roqueCrucis  imaginem  ,gentilitiaque(t\el- 
la  famiglia  Chigi)  stemmata  exprimenti- 
bus,  lemniscisque  ex  auro  bracleato  per- 
ornala  defluente  e  collo  speclabilis.  Cle- 
mente IX  nel  1667  si  recò  in  lettiga  al 
possesso,colla  mozzetta  di  velluto  creme- 
sino con  mostre  di  pelli  d'armellino,cou 
stola  preziosa,  circondato  da'  Paggi  (F.). 
Clemente  X  nel  1 670  prese  possesso  colla 
stola  preùosa  ex  margarilis  conlexlo.  Il 
ven.  Innocenzo  XI  ne!  1676  andò  al  pos- 
sesso con  istola  preziosa,   tempestata  di 
grosse  perle.  Altre! tanto  leggo  nel  1691 
d'Innocenzo  XII  per  tale  funzione.  Cle- 
meulc  XI  nel  1701  cavalcò  nel  possesso 


S  T  O 

con  islola  preziosi  con  ricche  gioir.  E- 
ziandio  neh  72  1  Innocenzo  XIII, portato 

in  lettiga  al  possesso, era  vestito  con  moz- 
zetta  di  velluto  rosso  e  stola  preziosa  con 
gioie.  Nel  citato  diarista  Cecconi  appren- 
do che  nel  1  724  d  piissimoCenedeltoXIII 
incede  al  possesso  a  cavallo,  con  mozzet- 
to di  caso  rosso  esopravi  la  stola  prezio- 
sa chiamata  ponti  ficaie,  tutta  adornata  di 
perle.  Clemente  XIII  nel  1  7  :>8  portò  nel 
possesso  la  stola  preziosa  con  perle;  Cle- 
mente XIV  nel  1769  a  cavallo  e  colla 
stola  preziosa  riccamente  ornata  di  per- 
le; e  finalmente  l'io  VI  nel  1  77JSU  cavallo 
bianco,  vestito  di  falda,  rocchetto  e  moz- 
zetto di  velluto  rosso  ornata  d'armelliuo, 
colla  stola  preziosa  ricca  di  perle,  e  dopo 
la  funzione  deposti  gli  ornamenti  ponti- 
ficali, vestì  la  mozzetto  e  la  stola  usuale, 
restituendosi  in  carrozza  circondota  dai 
poggi  al  polazzo  apostolico.  Fu  Iddio  che 
ordinò  a  Mosè  che  le  vesti  sacerdotali  fos- 
sero preziose,  perchè  in  esse  vesti  appa- 
risse lo  bellezza  e  il  decoro  ilei  grado  sa- 
cerdotale, perchè  il  sacerdote  fosse  stima- 
to e  riverito  dal  popolo.  Volle  Iddio  che 
s'impiegasse  nel  culto  suo  tuttociò  che  in 
terra  è  più  prezioso,  come  ampiamente 
dimostra  il  p.  Conanni,  La  Gerarchia  ec- 
clesiastica, dichiarando  altresì  che  tutto 
era  idea  dello  futura  gerarchia  della  chie- 
sa cattolica  che  Dio  andava  meditando 
d'istituire  dopo  lo  redenzione  del  mondo, 
in  cui  in  luogo  del  sommo  sacerdote  de- 
gl'israeliti, dovea  stabilire  un  capo  visi- 
bile, il  quale  la  governasse  come  suo  vi- 
cario e  vice  Dio  in  terra. Sebbene  poi  nel- 
la nuova  chiesa  non  si  ritennero  le  for- 
ine degli  abili  medesimi,  fu  però  ritenu- 
ta la  preziosità  del  sagro  apparato, in  cui 
si  contiene  i  misteri  più  sublimi,  per  con- 
ciliare maestà  e  venerazione;  ed  i  Papi 
nella  loro  magnificenza  e  splendidezza  ec- 
clesiastica non  intesero  giammai  di  far 
pompa  della  loro  sublime  e  suprema  di- 
gnità, ma  solo  per  maggiore  esaltazione 
della  gloria  diGesùCristoedellasua  Chie- 
sa, vasto  subbielto  che  con  religiosa  com- 

VOL.   LXX. 


S  T  O 


s 


piacenza  svolsi  ne  numerosi  suoi  impor- 
tanti orticoli.  ì\Ja  le  vicende  politiche  che 
resero  clamoroso  il  fine  del  secolo  pas- 
sato, spogliarono  las.  Sede  di  tuttociò  clic 
possedeva  di  prezioso  per  la  celebrazio- 
ne decorosa  de'santi  misteri,  di  che  pure 
non  mancai  parlare a'suoi  luoghi  consen- 
si di  dolore.  Il  rispettabile  mg.r  Baldos- 
sori, Relazione  delle  avversità  di  Pio  fi, 
I.  2,  p.  [2  e  seg.,  con  diligenza  narrò  co- 
me Pio  V I  per  adempiere  i  duri  patti  del- 
la famosa  pace  di  Tolentino, ordinò  che 
si  distaccassero  le  perle  e  le  gemme  ond'e- 
raiio  ornati  i  manti,  le  pianete,  le  stole  ed 
altri  antichi  ornamenti  pontificali,  il  tut- 
to di  lavoro  ricco  e  meraviglioso,  custo- 
diti nello  sagrestia  pontificia.  »  In  alcuni 
di  essi  vedevansi  gli  stemmi  d'Innocenzo 
Vili,  di  Giulio  II, di  Leoue  X,  salvati  nel 
sacco  di  Roma.  Altri  aveano  le  insegne 
di  Paolo  III,  di  Giulio  III,  di  Gregorio 
XIII,  di  Sisto  V....  Le  perle  raccolte  di 
ogni  grandezza  pesarono  libbre  To, e  qua- 
si una  libbra  le  granale,  i  rubini  e  altre 
gemme. Inoltre  si  disfecero  due  MUre^V.) 
preziose,  e  4  ricchissimi  Triregni  (/ '.), 
cogli  stemmi  e  iscrizioni  de'  Papi  che  li 
fecero". D'allora  in  poi  non  vi  furono  più 
le  stole  preziose  e  altri  sagri  paramenti 
ornati  di  Gemine  e  Pietre  (F.)  di  valo- 
re, ma  con  soli  ricami  d'oro.  Laonde  se 
sino  a  quel  tempo  due  erano  le  stole  u- 
sualide'Papi,  tanto  quanto  al  colore  bian- 
co e  rosso,  che  quanto  alla  materia  cioè 
preziosa  e  ordinaria  con  soli  ricami,  dipoi 
restando  la  distinzione  nel  colore,  quindi 
stole  più  nobili  i  Papi  non  adoperarono 
se  loro  non  furono  donate,  formandosi  le 
prime  semplicissime  senza  stemmi  o  im- 
magini e  quali  fra  poco  descriverò.  No- 
terò che  stole  preziose  le  usarono  anche 
i  vescovi  ed  altri  prelati,    anzi  leggo  nel 
n.°  i44  dell'  Osservatore  Romano  del 
1 85  r ,  che  i  vescovi  di  Modena  e  di  Reg- 
gio, con  altri  distinti  ecclesiastici  e  laici 
donarono  a  mg.r  Luigi  Fransoni  impa- 
vido propuguatore  de'diritti  della  Chie- 
sa, uua  magnifica  stola  di  squisito  rica- 


6  ■  S  T  O 

ino,  tempestata  ili  perle  e  pietre  prezio- 
se, ed  accompagnata  da  onori  fievolissi- 
ma Ittiera. 

PioA7II  prese  possesso  incedendo  in 
carrozza  e  preceduto  dalla  cavalcata,  co- 
me praticò  il  regnante  l'io  IX,  e J ambe- 
due con  islola  usuale;  con  minor  pompa 
si  recarono  nel  possesso  Leone  Xll  e  l'io 
Vili,  indossando  ciascuno  stole  usuali,  e 
tale  fu  la  portata  da  Gregorio  XVI  in  tal 
funzione,  nella  quale,  come  i  due  imme- 
diati predecessori, vi  andò  in  carrozza.  Di 
più  Gregorio  XVI  Vi  si  condusse  senza 
pompa,  non  adoperando  neppure  la  car- 
rozza nobile,  e  senza  che  alcuno  lo  pre- 
cedesse a  cavallo,  tranne  il  crocifero  col- 
la croce  pontificia,  uso  proprio  del  treno 
setnipubblico.Eppureeglieil  gloriosoPio 
\  1  furono  oltraggiati  e  calunniati  dall'au- 
tore dell'articolo:  De' Palili  e  citile  Sto- 
le de' sommi  Pontefici,  pubblicato  da!  u.° 
38dell'^/Zw//j  di  Roma  de'  i  3  novembre 
ì  1S47,  dicendo  gratuitamente  esenza  do- 
cumentarlo. »  Anticamente  i  Papi  per  la 
loro  modestia  hanno  sempre  usalo  por- 
tare la  stola  con  un  semplice  ornato;  ma 
in  seguito  cominciò  a  vai  iure  questa  lo- 
devole costumanza;  ed  in  vero  noi  vedia- 
mo che  Calisto  II  Idei  i455  la  portava  col - 
l'effigie  de'ss.  Pietro  e  Paolo.  Pio  III  nel 
i5o3  e  suoi  successori  vollero  fregiarla 
colle  immagini  degli  altri  apostoli,  fi u tan- 
toché in  (juesto  più  bel  sagro  ornamen- 
to papale  s'intiodusse  il  costume  di  frap- 
porvi  a  gwsa  di  livrea  i  rispettivi  slemmi 
di  famiglia,  come  fecero  Pio*V  I  e  Grego- 
rio X\  I.  Ma  per  miracolo  della  provvi- 
denza venne  Pio  IX, quel  Pontefice  la  cui 
moderazione,  la  cui  saviezze),  la  cui  virtù 
inspirano  rispetto  e  ammirazione  a  lutto 
il  mondo. Questi  appena  salì  al  trono  pon- 
tificale, memore  delle  vetusteapostoliche 
consuetudini,  in  sì  sagro  arredo  volle  an- 
cora essere  riformatore,  rendendo  così  in 
certa  guisa  un  franco  e  solenne  omaggio 
alle  tradizioni  e  costumanze  de'suoi  glo- 
riosi predecessori.  Laonde  secondo  gli  an- 
tichi usi  e  conforme  ai  gusto  artistico  del- 


STO 

la  nostra  epoca,  semplice  sì,  ma  nel  tem- 
po istesso  magnifica  reslò  la  sloia".  Di 
tutte  queste  arbitrarie  asserzioni  ,  non 
contento  fautore  dell' articolo  dell'  Al- 
bum^e  perchè  si  facesse  il  confronto  delle 
siole  di  Pio  VI  e  di  Gregorio  XVI,  colle 
stole  del  Papa  Calisto  III,  in  cui  sono  le 
immagini  de'ss.  Pietro  e  Paolo,  e  del  Pa- 
pa Pio  IX  formata  di  i\ue  sole  croci,  ol- 
tre i  ricami,  ne  diede  ili  lulte  il  disegno 
a  suo  modo.  L'introduzione  degli  stemmi 
gentilizi ntllestoie pontificie,  col  di  sopra 
narrato  provai  eh'  è  anteriore  a  Pio  VI 
ed  a  Gregorio  XVI,  e  di  questo  ultimo  poi 
di  ròdi  più.  È  notissima  eanticliissi  ina  con- 
suetudine, che  morto  il  Papa,  spelta  al 
cardinal  camerlengo  eal  prefetto  delleie- 
remouie  pontificie,  di  fin- allestire  gli  si- 
bili pel  successore,  fra  i  quali  due  stole 
usuali  con  semplici  ricami  d'oro  arabe- 
scati (e  di  ipiel  genere  che  si  vede  nella 
stola  del  ritratto  di  Clemente  XIII, posto 
in  fronte  al  Buttarti  Romani  Continua- 
tio),  con  3  croci  come  alle  comuni  stole, 
con  piccola  frangia  d'oro  nell'estremità, 
e  due  cordoni  di  seta  e  oro,  con  ghianda 
e  fiocchi  per  riunire  le  due  parli  sul  pet- 
to, e  talvolta  per  meglio  lei  maria  si  ag- 
giunge un  uncinello  0  altra  specie  di  fer- 
maglio. La  forma  e  grandezza  è  quasi  co- 
me le  stole  comuni  del  clero;  quanto  al- 
la materia,  la  stola  rossa  è  di  raso  rubi- 
no, quella  bianca  di  damasco  di  tal  co- 
lore, ed  ambedue  sono  foderate  di  seta  e- 
gualmentede'rispetti  vi  colori. Appena  ve- 
stito il  nuovo  Papa  dell'abito  ordinario 
della  mozzelta,  il  cardinal  1  ."diacono  gli 
dà  a  baciare  la  croce  di  detta  stola  usua- 
le rossa,  e  bianca  se  nel  la  settimana  di  Pa- 
squa, e  per  la  1  .avolla  gliela  pone  al  collo 
e  allaccia  o  ferma  sul  petto.  Così  vestilo 
il  novello  Papa  sedente  sulla  sedia  pon- 
tificia riceve  la  1  .a adorazione  e  ubbidien- 
za da'carditiali.  Come  tutti  i  Papi,  anche 
Gregorio  XVI  e  Pio  IX  ebbero  tali  sto- 
le e  l'usarono.  Nel  decorrere  degli  anni, 
le  stole  di  Gregorio  XVI  divenute  poco 
decenti  per  l'uso,  si  rinnovarono  dal  mag- 


STO  STO  83 

giordomalo  in  tulio  scrupolosamente  e-  ladeserizioneedirneancoraleprovenieu- 
guali,  senz'aumento  di  nuovi  ornali,  uè  ze,  ma  la' brevità  me  lo  vieta,  dovendo 
di  maggiori  ricami,  ad  eccezione  di  una  piuttosto  e  come  più  intrinseco  passare 
che  all'insaputa  del  Papa  fece  fare  un  con  dimostrazioni  alla  difesa  de'Pontefi- 
maggiordomo  cogli  stemmi,  e  ciò  ad  e-  ci  Pio  VI  e  Gregorio  XVI;  e  contro  le  in- 
sempiodelle  usate  da  tanti  Papi. Però  di-  giurie  con  tanta  audacia  lanciate  alla  lo- 
spiacque  al  Papa,  e  per  non  mortificare  io  veneranda  riputazione,  riportare  il  ri 
il  prelato  soltanto  alcuna  rarissima  volta  sultato  di  qualche  mia  ricerca  e  limitata 
l'adoperò.  Vero  è  inoltre,  che  la  divozio-  sopra  alcuna  delle  opere  clic  possiedo, cioè 
nedi  alcuni  fedeli  offri  a  Gregorio  XVI,  sui  monumenti  antichi,  e  riguardanti  gli 
ad  esentpio  del  praticato  con  altri  Papi,  stemmi  introdotti  nelle  usuali  stole  ponti* 
diverse  stole',  più  o  meno  ornale,  ed  al-  fide,  nonché  ne'mauti  o  piviali  degli  stes- 
cune  con  istemmi;  ma  o  per  essere  bian -  si  Papi,  analogamente  all'immemorabile 
che  nella  più  parte,  o  per  la  loro  forma.,  costume  di  porre  gli  stemmi  gentilizi  ne- 
poclie  volte  furono  indossate  dal  virino-  gli  utensili  sagri,  che  ci  ricordano  l'eoo 
so  Papa;e  quando  lo  feceripugnante,cou-  che  io  cui  furono  lavorati  e  di  coloro  che 
venne  fargli  riflettere,  di  dare  così  una  li  fecero  eseguire  per  proprio  uso  o  per 
dimostrazione  di  gradimento  ai  riverenti  pie  offèrte,  con  vantaggio  della  storia,del- 
e  ragguardevoli  oblatori;  come  con  poco  l'arte, e  della  religione  come  esempi  di  gè- 
successo  praticai  con  bellissime  scarpe  a  nerosa  pietà.  Tutto  questo  pure  esegui- 
lui  dotiate,  e  lo  rimarcai  nel  voi.  L1I,  p.  rò  con  semplici  e  laconici  cenni,  aitrimen- 
i  io,  ma  non  volle  cibare  quelle  regala-  ti  amplissimo  ne  sarebbe  l'argomento,  e 
te  dalla  regina  Cristina  di  Sardegna  per-  converrebbe  entrare  in  particolari  che 
che  con  croci  ili  brillanti.  Nel  testameli-  devo  evitare.  Già  riportai  a  Medaglie 
loolografodiGregoi  io  \\  I,  notificato  dai  i'ontii  nciE,a  Monete  i'ontificie,  ed  inal- 
pubblici  fogli  periodici,  si  legge  questa  di-  tri  relativi  articoli,  alcune  mie  osserva 
sposizione.  »  j.  "Al  Maggiordomato  lascia-  zioni  fa  ite  sopra  scrittori  di  numismatici 
ino  le  tre  stole  nobili,  una  bianca  ricama-  pontificia, e  riguardanti  i  nomi,  l'epi gra- 
ta con  due  brillanti  solitari],- e  due  rosse  fi, gliemb'emi, le  insegne, gli  stemmi  gen- 
parimenti  ricamate, per  uso  de' Pontclìci  tilizi,le  figure,  ed  i  ritratti  nelle  mede- 
rò tempore".  La  prima  stola  ,  coi  due  siine  incise,  sia  sul  piviale,  sia  sulla  stola 
brillanti  nel  centro  delle  due  croci  si-  usuale.  Se  da'remoti  tempi  a  tutti  i  prin- 
tuate  nelle  parli  estreme  di  essa,  fustu-  cipi,  a'nobili,  ed  anco  a'particolari, non 
pendamenle  ricamata  a  Parigi  e  costò  meno  che  a  tutti  i  gradi  della  gerarchi  i 
(ìooo  franchi.  La  donò  la  congregazione  ecclesiastica  secolare  e  regolare,  fu  ani- 
istituita  in  Avignone  òa\Rosario  (/'.),  vi-  messo  di  potere  inserire  i  loro  stemmi 
\ente  approvala  da  Gregorio  XVI,  e  per-  nelle  cose  di  proprio  uso  e  ne'parameuti 
ciò  in  ambo  le  parti  vi  furono  ricamati  e  arredi  sagri,  perchè  si  dovrà  negare  o 
gli  stemmi  della  città,  cioè  un  grifalcoe  3  censurare  soItantoa'romaniPontefici,ca- 
chiavi  (li descrissi  ad  A  vignone, anticodo-  pi  supremi  della  Chiesa.,  ed  esercitanti  a 
minio  temporale  della  s.  Sede,  che  quan-  un  tempo  il  principato  temporale  della 
do  l'acquistò  vi  aggiunse  le  3  chiavi),  s.  Sovranità  della  s.  Sede(V.)'ì  I  piùsag- 
Agricola  suo  vescovo  e  altro  santo,  mi  pa-  gi,  i  più  illuminali,  i  più  santi  Pontefici 
re  s.  Pietro.  Una  delle  sue  stole  rosse  fu  non  ne  dubitarono,  e  seguirono  l'antica 
offerta  a  mezzo  del  cav.  Drack  dalla  cit-  consuetudine  da  tutti  rispettata.  Nell'o- 
tà  di  Lilla  in  Francia;  l'altra  rossa  ebbe  pera  del  p.  Bouanni,  Numisinata  Ponti 
il  fondo  di  velluto  cogli  stemmi  all'eslre-  ficuni  Romanorum,  si  riportano  incise  e 
mila.  Potrei  di  queste  e  delle  altre  farne  illustrate  le  pontificie  medaglie  da  Mar- 


84  STO 

tino  V  del l«4 17,  ad  Innocenzo  X1T  e  ni 
1  (i()(),  elicendosi  ancora  che  insigna  gerì- 
tililium  aeprìmum  ésepresserit Eugenius 

IF  del  1 43  1 .  Nella  Serie  de' conti  di  me- 
daglie pontifìcie  da  Martino  V  fino  a  Pio 
FU  esistenti  nella  pontificia  zecca,  si  la 
la  descrizione  di  moltissime  delle  meda- 
glie riprodotte  dal  p.  Bonanni  ,  e  di  un 
gran  numero  dal  medesimo  trasandate. 
Peccato  che  nell'  indicarsi  le  medaglie 
rappresentanti  iPapi  in  mozzetla  e  stola, 
rare  volte  si  dice  quali  ricami  si  vedono, 
e  cos'i  non  posso  addurre  un  copioso  no- 
vero di  stole  ornate  certamente  de'ponti- 
lìcii  stemmi  o  di  altre  figure.  Aggiunge- 
rò dunque  agli  esempi  che  potei  leggere 
nelle  due  opere,  e  vedere  ne'disegni  efac- 
sirhili  del  p.  Bonanni,  le  incisioni  riguar- 
danti i  manti  o  piviali  papali  ,  natural- 
mente più  rilevanti  delle  stesse  stole  u- 
suali,  comechè  s'indossano  da'Papi  nelle 
sagre  funzioni  pontificali;  ed  ancorché  si 
voglia  supporre  che  fossero  invenzioni  de- 
gl'incisori adornatimi,  o  per  fare  allusio- 
ni alle  virtù  e  a'fasti  del  Papa  pel  quale 
intagliavano!  conii,però  ne  doverono  pri- 
ma riportare  la  sua  piena  approvazione, 
nel  disegno  che  gli  sottoponevano  innanzi 
di  eseguire  l'incisione.  Le  larghe  mostre 
anteriori  de'manti  0  piviali  pontificii, sic- 
come circondano  ancora  il  col  lo  e  si  disten- 
dono si  no  al  l'estremità, chiama  te  pure  fre- 
gio, ricamo,  aurifrigio,  e  sul  quale  i  car- 
dinali haciano  la  mano  al  Papa  nel  ren- 
dergli al  trono  l' Ubbidienza,  (F.),  si  peli- 
no considerare  stole  ornamentali  esterio- 
ri, laonde  con  piìi  di  ragione  mi  è  lecito 
pnrIarne;epoi  le  nozioni  ed  ei  udizioni  che 
qui  riunirò,  si  collegano  a  molte  altre,  e 
leticavo  dalle  due  menzionate  opere,  che 
ciascuno  può  riscontrare,  come  delle  al- 
tre di  cui  poscia  ragionerò  compendiosa- 
mente. Le  figure  o  stemmi  che  descrive- 
rò, esistenti  in  dette  mostre  de'piviali,  so- 
no ricamale  precisamente  sul  petto  ever- 
so il  collo.  Dirò  pure  qualche  parola  sul 
Formale  (F.)oRazionale(F.)  ornamen- 
to che  serve  a  fermare  0  cuoprire  gli  an- 


STO 

rinelli  che  congiungono  sul  petto  le  due 
parli  del  pontificio  manto,  perchè  anco  in 
essi  vi  fnronoespressefiguree6temmi  gen- 
tilizi de'  Papi  coni  seni  tu  re.  Mar  tino  V, Eu- 
genio IV  e  Nicolò  V  furono  effigiati  ve- 
stiti di  piviale  con  ricami,  e  quello  del- 
l' ultimo  è  riunito  col  monogramma  di 
Cristo.  Il  piviale  diCalisto  MI  si  vede  coi» 
semplici  ricami.  Pio  11  deli 458  nelle  ci- 
tate opere  è  pel  i.°  rappresentato  in  ca- 
mauro e  mozzetla,  la  quale  anticamente 
avea  il  cappuccio  più  ampio  dell'odier- 
no. Il  piviale  di  Paolo  II  ha  i  busti  dei 
ss.  Pietro  ePaolo,  e  nel  formale  il  suo  stetn  - 
ma,  cos'i  Sisto  IV  ha  il  proprio  nel  suo. 

II  piviale  d'Alessandro  VI  è  fregiato  col- 
rimmaginedellaC  Vergine, quello diPio 

III  collo  Spirito  santo  raggiante  tra  due 
teste  di  cherubini;  quello  pure  di  Giu- 
lio II  ha  figure,  e  quello  di  Leone  X  col- 
l'immagine  di  s.  Paolo.  Adriano  VI  tro- 
vasi in  camauro  e  mozzetla.  ClementeV  1 1 
ha  il  piviale  collo  Spirito  santo,  e  nel  for- 
male l'immagine  del  Salvatore;  in  altro 
con  due  figure  allegoriche  muliebri,  enei 
formale  la  detta  immagine.  Nel  piviale  di 
Paolo  III  è  espresso  il  Papa  che  apre  la 
porta  santa,  e  nel  formale  una  figura  se- 
dente; inalilo  il  Papa  dà  lo  stendardo  ad 
una  figura  genuflessa,  e  nel  formale  so- 
novi  due  figure  in  concordia;  altro  pi  via- 
le ha  l'effigie  di  s.  Paolo.  Il  piviale  di  Giu- 
lio III  cornato  di  figure  esprimenti  il  Pa- 
pa che  sedendo  benedice  il  popolo,  in  al- 
tro sono  ricami  istoriati  co'fatli  del  Pa- 
pa, altro  ha  varie  figure  intorno  ad  un'ara 
accesa,  altro  col  Papa  in  atto  di  benedi- 
re, altro  col  Papa  sedentee  figura  innan- 
zi, altro  col  Papa  in  tal  situazione  e  mol- 
te figure,  altro  con  processione  al  tempio 
rotondo  (di  s.  Andrea  fuori  la  porta  Fla- 
minia, di  cui  nel  voi.  LV,  p.  263  e  altro- 
ve). Molte  figure  appariscono  sul  piviale 
di  Marcello  II,  oltre  un'ara  accesa  con  due 
figure  per  partecon  faci:  in  quello  di  Pao- 
lo IV  sonovi  i  ss.  Pietro  e  Paolo.  Nel  pi- 
viale di  Pio  IV  si  vede  un'ara  accesa  con 
figure  intorno,  in  altro  è  l'effigie  dis.  Gio. 


S  T  O 
Battista.  In  quello  di  s.  l'io  V  vi  è  espres- 
sa la  battaglia  navale  di  Lepanto j  in  al- 
tro la  Pietà,  in  altro  un'ara  accesa  con 
figure  intorno, in  altro  un  Angelo  con  due 
figure,  in  altro  la  13.  Vergine.  Gesù  che 
chiama  s.  Pietro  dalla  naveè  ricamato  sul 
piviale  di  Gregorio  XIII,  altro  con  pre- 
dica dell'apostolo,  altro  coli' adorazione 
del  Papa,  altro  con  processione  (forse  pel 
trasporto  del  corpo  di  s.  Gregorio  Nazian- 
zeno  alla  chiesa  di  s.  Pietro),  altro  colla 
crocefissione  di  s.  Pietro:  due  medaglie 
lo  rappresentano  in  mozze  Ita.  Il  piviale 
di  Sisto  V  ha  una  figura  che  adora  il  Pre- 
sepio, altro  co'ss.  Pietro  e  Paolo,  altro  con 
Angelo  e  la  B.  Vergine,  altro  con  figure 
intorno  ad  un'ara  accesa.  Urbano  VII  ha 
un  piviale  con  Gesù  Crocefisso  e  figure 
sotto  la  croce,  altro  con  due  ss.  vescovi. 
Gregorio  XIV  ha  nel  piviale  i  ss.  Pietro 
e  Paolo;  Innocenzo  IX  Gesù  con  croce  e 
la  B.  Vergine;  Clemente  Vili  la  figura 
della  giustizia,  e  in  altro  s.  Gio.  Battista. 
Leone  XI  èconcamauroe  mozzetta.  Pao- 
lo V  in  piviale  con  s.  Francesca  e  l'Ange- 
lo, in  altro  colla  B.  Vergine,  in  altro  con 
processione  pontificia,  in  altro  con  s.  Gio. 
Battista,  in  altro  Gesù  dà  le  chiavi  a  s. 
Pietro. Il  pi  viale  di  GregorioXVhas.  Gio. 
Battista.  Quello  d'Urbano  Vili  la  figura 
di  s.  Pietro,  e  nel  formale  la  B.  Vergine 
col  Bambino;  in  altro  piviale  s.  Elisabet- 
ta, in  altro  le  teste  de'ss.  Pietro  e  Paolo, 
in  altro  s.  Pietro  e  Serafini,  in  altro  s.  Ur- 
bano vescovo,  in  altro  s.  Michele  arcan- 
gelo, in  altro  con  4  figure  e  nel  formale 
l'immagine  del  ss.  Salvatore,  in  altro  l'Im- 
macolata Concezione,  in  altro  i  busti  dei 
ss.  Pietro  e  Paolo  e  due  faccie  del  sole  em- 
blema di  sua  casa  Dai  berilli,  iu  altro  la 
B.  Vergine  col  Bambino,  ed  anche  in  ca- 
mauro, mozzetta  e  stola.  Il  piviale  d'In- 
nocenzo X  è  ornato  co'ss.  Pietro  e  Pao- 
lo, altro  con  processione  e  il  Papa  sotto 
baldacchino,  altro  colla  Concezione,  al- 
tro cou  mezze  figure  de'ss.  Pietro  e  Pao- 
lo, ed  in  diverse  medaglie  si  trova  effigia- 
to iu  camauro,  mozzetta  e  stola.  Alessaa- 


S  T  O  8  5 

dio  VII  èili.°cheil  p.  Bonauni  rappre- 
senta nella  sua  medaglia  collo  stemma  di 
sua  famiglia  Chigi  nelle  mostre  del  pivia- 
le; in  altro  vi  è  s.  Pietro,  in  altro  un  Ange- 
Io  cou  croce;  come  pure  e  pel  [."viene  ef- 
figiato iu  camauro,  mozzetta  e  stola  cou 
ricami  e  la  sua  arme,  ed  in  una  vi  è  ri- 
ca-mata  la  B.  Vergine.  Se  si  esaminasse  la 
collezione  delle  monete  e  medaglie  pon- 
tifìcie si  troverebbero  non  pochi  anteriori 
esempi  si ulili,edùmuinerabi li  de' Papi  po- 
steriori. Il  piviale  di  Clemente  IX  ha  soli 
ricami,  molte  medaglie  poi  lo  figurano  in 
mozzetta  estola,  cos'i  Clemente  X;  ne!  suo 
piviale  vi  è  s.  Pietro,  in  altro  il  Papa  ri- 
ceve uno  stendardo  turco,  in  altro  si  ve- 
de una  processione,  in  altro  la  Crocefis- 
sione, in  altro  un  santo  adorante  la  cro- 
ce. Il  veti.  Innocenzo  XI  ha  il  piviale  con 
semplici  fregi;  in  mozzetta  con  croci  la- 
terali sul  petto,  insieme  a'ritiatli  di  Leo- 
poldo I,  Giovanni  III,  e  Giustiniani  do- 
gedi  Venezia  perla  liberazione  di  Vien- 
na. In  un'altra  medaglia  con  mozzetta  e 
camauro  in  Irono  ricevendo  i  legali  del 
Tonkino  e  di  Siam  a  udienza  pubblica. 
Uu'altra  figura  il  suo  stemma  gentilizio 
Odescalchi  posto  in  cielo  tra  gli  astri,  col- 
l'epigrafè:  DivìnaeNunciaMentis.  Le  me- 
daglie col  piviale  hanno  iu  cpiesto  rica- 
di iti  la  b.  Vergine  iu  gloria,  Gesù  che 
consegna  le  chiavi  a  s.  Pietro,  il  Croce- 
fisso, il  Salvatore.  Iu  altra  cou  mozzetta 
e  stola,  si  vede  ricamato  un  santo  genu- 
flesso avanti  ilCrocefisso.  Alessandro V 1 1 1 
è  in  mozzetta  estola  ricamala,  colla  sbar- 
ra traversa,  parte  del  suo  stemma  Otto- 
boni;  in  altra  la  stola  ha  per  ricamo  la 
B.  Vergine  col  Bambino:  ue'piviàli  vi  è 
s.  Brunone,  un  sauto  genuflesso.  Final- 
mente il  p.  Bonanni  riporta  le  medaglie 
d'Innocenzo  XII  con  mozzetta  e  stola  ri- 
camata, ed  anche  in  trono  cos'i  vestito  in 
alto  d'inviar  missionari  iu  Africa  e  Asia: 
nelle  medaglie  col  piviale,  questo  è  or- 
nato colla  Concezione,  con  s.  Pietro,  colla 
B.  Verginee  il  Bambino,  colla  porta  san 
ta.  Luogo  sarebbe  riferire  i  fregi  de'pi- 


86  S  T  O 

viali  che  prosiegue  a  eluseti  vere  la  suddet- 
ta «Seritfffe'co/m.;  solo  dirò  di  quello  diCIe- 
menieXlcolsuostemmaAlbani,ehela  sto- 
la d'Innocenzo  Xlll  rappresenta  la  Pru- 
denzaelaGiustizia,l'umileBenedettoXIIl 
è  in  piviale  colla  sua  armeOrsitii,  Clemen- 
te XII  in  esso  hail  parente  s.  Andrea  Cor- 
sini, e  il  suo  stemma  gentilizio, e  Pio  VII 
ha  nel  suo  il  proprio  stemma  Chiaramon- 
ti.  Nel  libro  intitolalo,  Pontificum  Roma- 
lìorum  numismata  templi  Vaticani  fa 
bricam  chronologicam  indicantìa,  tra  le 
incisioni  vi  sono  le  medaglie  di  Martino 
V,  Paolo  II,  Giulio  II,  Leone  X,  Giulio 
llI,GregorioXIU,SistoV,CletnenteVIII, 
Paolo  Y,  Urbano  VIII,  Innocenzo  X,e 
AlessandroVII,tulti  benemeriti  della  me 
desiala,  e  in  piviale  con  ricami  e  figure 
diverse.  Quella  di  Clemente  Vili  ha  le 
stelle,partedel  suo  stemma  Aldobrandino 
cos'i  Urbano  Vili  colle  sue  3  api, mentre 
Alessandro  VII  hai  suoi  3  monti  sovrasta- 
ti dalla  stella:  Innoceuzo  X  poi  è  figura- 
to in  mozzelta  e  stola,  collo  Spirito  san- 
to raggiante  e  il  giglio  parte  del  suo  stem- 
niaPamphilj.  Sono  nelle  mani  di  tutti  le 
rnonetepontificieautichee  moderne,  d'o- 
ro e  d'argento  d'ogni  valore,  inclusiva - 
mente  del  Papa  che  regna,  vedendosi  in 
esse  i  Papi  vestili  con  camauro  o  berretti- 
no, mozzettaeslola  nella  qua  le  sono  ripe 
luti  gli  stemmi  gentilizi.  Si  può  vedere 
lo  Scilla,  D<  Ile  monete  pontifìcie  antiche  e 
moderne. Nella  Chronologia  Romanorutn 
Pontificum _,  che  fu  dipinta  nella  basilica 
di  s.  Paolo  fuori  le  mura, si  vedono  i  primi 
Papi  colle  antiche  semplici  vesti,  poi  cui 
pallio  di  più  forme,  indi  e  successivamen- 
te in  pianeta,  in  pivialecol  formale  e  santi 
nelle  mostre;  da  Clemente  V  del  i  3o5  in 
poi  con  rnozzetta  e  camauro  alternativa- 
mente co'pìviali  e  pallii.  Il  piviale  di  Ni- 
cola V  sembra  colle  figure  de'ss.  Pietro  e 
Paolo,  cosi  di  Calisto  ili  e  altri  successo- 
li. Da  Clemente  VII  deli 523  sempre  fu- 
rono dipinti  in  mozzetta,e  ordinariamen- 
te col  camauro  orlato  di  pelli  d'armelli- 
no.  Alessandro  VII  pel  [."anche colla  sto- 


STO 
la  e  collo  stemma  gentilizio  ricamato:  so- 
no colla  semplice  mozzelta  Clemente  X  e 
Alessandro  Vili.  Benedetto  XIV  con  es- 
sa ha  la  stola  ricamata  culla  propria  ar- 
me Larnberlini,  come  ha  la  suaCastiglio- 
ni  Pio  Vili  nella  stola,  e  sotto  il  quale  ne 
fu  incisa  l'immagine.  Neil' Effigies  Roma- 
nò  rum  Pontificum,  Bassani  1773,  sebbe- 
ne vi  comprenda  pure  il  ritratto  di  Pio 
VII, il  pallio  adorna  l'immagine  di  s.  Pie- 
tro e  successori,  poi  si  vedono  vestiti  di 
pianeta,  di  piviale  con  arabeschi  e  figu- 
re de'ss.  Pietro  e  Paulo,  oltre  il  formule. 
L'abito  di  Giovanni  XXI  ha  Scappuccio, 
Clemente  Ve  in  pianeta,  Clemente  Videi 
j352  in  rnozzetta,  Innocenzo  VI  che  gli 
successe  pel  1  °in  camauro  e  piviale,  Gre- 
gorio XI  pel  1 .  in  camauro  e  rnozzetta,  Ca- 
listolllin  piviu!ecou4figore,co5iPio  III. 
Alessandro  VII  peli."  in  mozzelta  e  stola 
e  con  parte  del  suo  slemma  ricamalo,  co- 
si Clemente  XI  e  Clemente  XIV.  Nelle 
Tilae  Pontificutn  Romanorutn  del  Ciac- 
conio,  da  s.  Pietro  a  Clemente  IX,  sono 
riportate  l'effigie  egli  stemmi  de'Papi.  Ve- 
do s.  Lino  successore  di  s.  Pietro  col  pal- 
lio, ealtrettauto  gli  eletti  dopo  di  lui.  So- 
no espressi  poi  gli  altri  in  pianeta,  in  pi- 
viale colle  figure  de'ss.  Pietro  e  Paulo  e 
formali.  La  veste  di  Giovanni  XXI  hail 
cappuccio,  Clemente  V  è  in  pianeta,  Cle- 
mente VI  pel  i .°  in  mezzetta,  Innocenzo 
VI  in  piviale  e  camauro,  coti  questo  e  la 
mozzetla  pel  1. "Gregorio  XII.  In  piviale 
colle  immagini  de'ss.  Pietro  e  Paolo  Ca- 
listo  III,  con  semplici  ricami  Pio  III.  In- 
nocenzo X  pel  i  .°in  rnozzetta  e  stola,  e  su 
di  essa  ricamati  i  ss.  Pietro  e  Paolo,  ed  i 
gigli  gentilizi.  Alessandro  VII  è  colla  so- 
la rnozzetta,  Clemente  IX  in  rnozzetta  e 
stola.  Il  Guarnacci,  continuatore  del  Ciac- 
conio,  Vitae  Pontificum  Romanorutn  da 
Clemente  X  a  Clemente  XII,  riprodus- 
se eziandio  i  ritraiti  e  gli  stemmi  de'Pa- 
pi. L'opera  è  dedicata  a  Benedetto  XIV, 
e  vi  pose  in  fronte  la  sua  effìgie  in  camau- 
ro, rnozzetta  e  stola  ricamata  colla  di  lui 
arrae.CIementeXsi  vede  in  semplice  moz- 


S  T  O 
zella,  Innocenzo  XI  in  uiozzelta  e  sjola; 
eosì  Alessandro  Vili,  ma  co'suoi  stemmi 
dell'aquila  con  fine  teste  sul  globo,e  ri- 
petuti in  ogni  parte.  Sono  pure  in  moz- 
zetto e  stola  Innocenzo  XII,  Clemente  XI3 
lnnocenzoXII  I,  UenedeHoXIII  eClemen- 
te  XII  col  suo  stemma  in  ricamo.  Il  Bui- 
lari ttm Romanor um  Pontificii m  da  s.  Leo- 
ne I  a  Clemente  XII,  riporta  l'effigie  e  gli 
stemmi  de' Papi  cominciando  da  s.  Pietro 
ecolpallio,  poi  in  pianeta,  in  piviale  con 
figure  de'ss.  Pietro  e  Paolo  e  formali.  Ap- 
pariscono Giovanni  XXI  col  cappuccio, 
Clemente  V  in  piviale,  Clemente  VI  pel 
ì.°  in  mozze t (a,  Innocenzo  VI  peli.0  in 
camauro  e  piviale,  Gregorio  XII  peli."  in 
camauro  e  mazzetta,  Nicolò  V  con  ligu- 
re di  santi  ricamati  sul  piviale,  altrettan- 
to osservo  in  Calisto  III  e  Pio  III  :  però  il 
formale  di  Pioli!  ba  la  mezzaluna, stem- 
ma di  sua  famiglia  Piccolomini.  Peli." 
Alessandro  VII  in  mozzetla  e  stola  colla 
sua  arme  ricamata;  indi  Clemente  IX  in 
mozzelta  e' stola  collo  stemma  Rospiglio- 
si di  sua  famiglia.  Clemente  X  è  senza  sto- 
la, Innocenzo  XI  la  porta,  non  Alessan- 
dro Vili,  bensì  Innocenzo  XII,  Clemen- 
te XI,  Innocenzo  XIII,  Benedetto  XIII, 
Clemente  XII.  E  per  finirla  aggiungerò, 
che  Eternino  dedicò  a  Clemente  XI  la  sua 
opera:  II  tribunale  della  s.  Rotaie  vi  po- 
se nel  frontespizio  il  ritratto  dello  stesso 
Papa  in  triregno  e  piviale,  nel  ricamo  del 
quale  e  sul  petto  in  ambo  le  parli  cam- 
peggio il  suo  completo  stemma  gentilizio, 
sovrastalo  dalle  chiavi  incrociate,  dal  tri- 
regno e  dallo  Spirito  santo  raggiante.  Il 
Museo  CA/tfraw/OHf/fudedicatoaPioVI f, 
ed  avanti  la  dedica  vi  è  il  suo  bu>to  in 
mozzetta  e  stola,  la  quale  ha  per  ricami 
il  proprio  stemma  e  quello  dell'ordine  cas- 
si nese  a  cui  appartenne.  Ma  già  non  vi  è 
bisogno  che  ioproduca  altre  prove, ovun- 
que oguunopiìi  verificarle  da  se  ne'dipin- 
ti,  busti,  statue  e  altre  sculture,  in  cui  si 
rappresenta  qualche  Papa  in  mozzetta  e 
stola  usuale.  Concludo  adunque,  che  mi 
sembra  di  avere  abbastanza  eforse  super- 


S  X  O  87 

Qua  mente  provato  co'  monumenti,  che 
Pio  Vie  Gregorio  XVI  non  mai  introdus- 
sero pe' primi  esclusivamente  nelle  stole 
usuali  i  propri  stemmi  gentilizi;  e  se  tal- 
volta l'usarono,  lo  fecero  semplicemente 
per  l'inveterata  consuetudine  de'loro  il- 
lustri predecessori.  D'altronde  è  troppo 
noto  quanto  Gregorio  XVI  fu  geloso  cu- 
stode e  osservatore  rispettoso  degli  anti- 
chi ritieceremonie,  e  contrario  a  qualun- 
que no  vita. Ne  die  luminosa  e  solenne  pro- 
va quando  ricusò  di  tornare  ad  usare  la 
nobile  croce  astata  con  3  traverse,  della 
quale  riparlai  nel  voi.  LI,  p.  2C)8,  con  do- 
verosa lode  del  Papa.  Dissi  superiormen- 
te che  il  Papa,  nel  conclave  appena  elet- 
to, deposti  gli  abiti  cardinalizi  e  vestiti  gli 
ordinari  pontificii,  indi  assume  la  stola  li- 
stiate; però  qui  aggiungerò  col  Magri,  vo- 
cabolo Papa,  che  al  tempo  suo  non  si  li- 
ceva l'adorazione  vestito  di  mozzettaesto- 
la,  sebbene  intende  di  parlare  della  r.*, 
nella  quale  vestiva  perciò,oltre  gli  allo  i- 
li  abili,  l'amitto,  il  camice,  il  cingolo,  ed 
invece  della  fascia  di  seta  bianca  con  fioc- 
chi d'oro,  quella  di  colore  rosso,  ma  que- 
sto temo  errato,  la  stola  pendente  dal  col- 
lo, se  sacerdote,  o  dalla  spalla  sinistra  se 
diacono,  e  se  non  aveva  ordine  sagro  non 
riceveva  la  stola,  indi  il  pi  viale  e  la  mitra 
preziosa.  A  Suddiacono,  a  Diacono,  a  Sa- 
cerdozio, ed  a  Co.vsaop, azione  del  som- 
mo Pontefice,  riportai. quanto  si  prati- 
cò coli'  eletto  Papa  in  tale  funzione,  se 
dovea  consagrarsi  suddiacono  e  diacono, 
perciò  recando  visi  egli  senza  stola.  I  car- 
dinali in  conclave  ueli.°giorno,  deposti 
la  Croccia  (F-),  ricevono  la  comunione 
dal  cardinal  decano,  i  preti  prendono  dai 
ceremonieri  la  stola  bianca  alla  presbite- 
rale, i  diaconi  alla  diaconale.  Inoltre  se 
in  conclave  s'incontrano  le  feste  del  Na- 
tale e  della  Pasqua,  in  tal  modo  il  car- 
dinal decano  comunica  i  cardinali  diaco- 
ni. Ne'ponli  Scali  di  tali  solennità  egual- 
mente il  Papa  comunica  i  cardinali  dia- 
coni in  abiti  sagri  bianchi,  compresa  la 
stola  a  traverso  da  loro  assunta  prima 


SS  S  T  O 

tlelli»  dalmatica.  Che  se  il  Papa  non  pon- 
tifica,supplendo  il  cardinal  decano,  i  car- 
dinali diaconi  ricevono  da  lui  la  comunio- 
ne vestiti  di  cappa,  sulla  quale  i  ceremo- 
meri  pongono  a  traverso  la  stola  bianca. 
Di  tutto  trattai  a  Conclave  ed  a  Cappel- 
le pontificie.  11  Lonigo,  Della  vesti 'pur- 
puree, p.  5i  e  5i,  riportando  il  canone 
del  concilio  di  braga,  dice  che  per  l'os- 
servanza di  esso,  i  cardinali  preti  e  dia- 
coni, vestiti  di  pianeta  e  dalmatica,  sotto 
di  esse  debbono  assumere  le  stole,  secon- 
do l'ordine  cardinalizio  a  cui  apparten- 
gono, se  ricevono  la  comunione  dalle  ma- 
ni del  Papa  nel  pontificale.  E  che  comu- 
nicandosi i  cardinali  preti  e  diaconi  in 
concia  ve,o  colle  cappe  in  altre  circostan- 
ze, le  stole  dovranno  essere  del  colore  se- 
condo il  tempo  corrente.  Finalmente  no- 
tai a  Funerale,  che  i  cardinali  defunti  si 
espongono  e  seppelliscono  cogli  abili  sa- 
gri, se  dell'ordine  de* preti  di  color  pao- 
nazzo compresa  la  stola,  se  di  quello  dei 
diaconi  di  colore  rosso  in  uno  alla  stola 
a  traverso.  Quantoagli  altri  ne  tenni  pro- 
posito a  Funerale  e  Sepoltura.  Il  cita- 
to Lunadoro a  p.  i53eseg:  tratta  del  car- 
dinale diacono  che  si  comunica  privata- 
mente, e  dice  dovere  essere  in  abito  car- 
dinalizio e  rocchetto,  assumere  la  stola  a 
traverso,  che  gli  pone  e  leva  un  cappel- 
lano previo  il  bacio  della  croce;  che  da 
se  stesso  deve  dire  il  Confiteor  con  voce 
forte, col  Dot/line  non  sntn  clignus  3  vol- 
te, e  dopo  ricevuta  l'assoluzione;  quindi 
seguita  la  comunione  il  coppiere  deve 
dargli  da  purificare,  e  un  gentiluomo  gli 
presenta  la  salvietta.  Come  il  cardinale 
predica  in  pulpitonelsuo titolo, colla  sto- 
la sul  rocchetto  e  sotto  la  mozzetta,  come 
dissi  di  sopra;  che  predicando  fuori  di  Ro- 
ma deve  portare  pure  la  mantelletta,  ed 
usare  la  stola  scoperta  e  sulla  mozzetta; 
o  in  piviale,  mitra  e  pastorale  nelle  loro 
diocesi.  Inoltre  Lunadoro  rileva  a  p.  120, 
che  nèicardinali,nèi  prelati,quaudopre- 
sente  il  Papa  assumono  i  paramenti  sa- 
gri, uon  pouno  portare  la  stola  e  il  ma- 


S  1  (  ) 
hi  polo,  e  neppure  il  camice,  tranne  il  car- 
dinale assistente  che  canta  il  vangelo,  ed 
il  manipolo  il  prelato  Suddiacono  apo- 
stolico (P.)  che  canta  l'epistola. 

STOLA,  Ordine  equestre.  Si  attribui- 
sce l'istituzione  ad  Alfonso  V  re  d'Ara- 
gona del  1  4  1  6  poi  re  di  Napoli  Alfonso  I, 
o  almeno  creò  cavalieri  di  quest'ordine. 
Inoltre  si  narra  che  Filippo  il  Buono  du- 
ca di  Borgogna  avendogli  mandato  in  Na- 
poli l'insigne  ordine  del  Tosone  d'oro,  in 
contraccambio  Alfonso  V  gl'invio  la  sua 
divisa  della  Stola,  e  dell'ordine  del  Gi- 
glio (ìy  •),  a  condizione  che  se  in  seguilo 
insorgesse  guerra  tra  loro  si  dovessero  re- 
stituire le  insegne  cavalleresche.  Pareche 
quella  de'cavalieri  della  stola  consistesse 
in  un  armacollo  in  forma  di  stola,  e  ne 
parla  il  p.  Helyot  nel  t.  8  della  Storia  de- 
gli ordini  religiosi  e  militari. 

STOLA  D'ORO,  Ordine  equestre  del- 
la repubblica  di  Venezia.  Incerto  è  il  tem- 
po di  sua  antica  istituzione,  e  formò  un 
oidi  ne  separa  lo  da  quello  di  s.Rlarco^.), 
che  conferiva  la  stessa  repubblica  di  Ve- 
nezia (/''.),  la  quale  ebbe  pure  i  cavalie- 
ri chiamati  delia  Calza  per  portare  es- 
si calze  di  diverso  colore  una  dall'al- 
tra, come  bianca  e  rossa,  ricamate,  e  una 
di  esse  ornala  sino  alla  metà  di  gioie,  co- 
me riferisce  il  p.  Bonanni,  Catalogo  de- 
gli ordini  equestri,  p.  1  8,  che  ne  riporta 
la  figura,  ed  a  p.  1  i3  quella  del  cavalie- 
re della  stola  d'oro.  Il  p.  Helyot,  Storia 
degli  ordini  militari,  t.  8,  cap.  07,  tratta: 
De' cavalieri  della  Calza, della  Stolad'o- 
ro,  di  s.  Marco,  e  del  Doge  di  Venezia^ 
di  che  feci  parola  a  Doge.  Riferisce  per- 
tanto, che  s'ignora  l'origine  de'cavalieri 
della  calza,  e  da'monumenti  rilevasi  che 
esistevano  nel  secolo  XV,  distinguendosi 
quelli  annoverati  all'ordine,  per  una  cal- 
za che  portavano  alla  gamba  diritta  di- 
visa in  liste  di  più  colori,  per  traverso  e 
per  lungo,  e  nelle  solennità  era  ricama- 
ta d'oro  e  d'argento,  ornata  di  perle  e  al- 
tre gioie;  1'  altra  calza  era  tutta  verde. 
Consisteva  il  loro  vestiario  in  calzoni  come 


STO  STO  89 
quelli  de'paggi  e  a  liste  simili  a  quelli  dei  l'O  e  01  unta  ili  gemme,  die  la  cintura  nei 
svizzeri  pontifìcii,  ed  era  no  ricamali  come  giorni  di  ceremonie  era  rossa,  e  di  tal  co- 
il  giubbone,  che  si  fermava  con  cintura,  loie  le  calze  e  le  scarpe.  Il  Sarnelli.  Lrt- 
Sopra  quest'abito  portavano  altra  veste  tere,  ti  3,  lelt.  26,  Della  stola,  dice  die 
ampia  e  lunghissima  con  larghe  maniche,  anticamente  i  nobili  veneziani  cuopriva- 
ed  una  Stola  sulla  spalla:  tale  veste  variata  no  il  capo  con  un  panno  chiamato  >tola, 
nel  colore,  essendo  talvolta  violetta,  tale  uia  dopo  inventata  la  berretta,  la  sloia  uo- 
altra  di  tabi  cremisi,  in  alcune  occasioni  sero  sulla  spalla  sinistra  conservandole  il 
di  damasco,  e  nelle  solennità  di  brocca-  nome,  e  formandone  un  distintivo  largo 
to  d'oro.  L'ordine  ebbe  statuti  e  regole,  3  palmi;  che  i  cavalieri  l'ornavano  con 
e  per  patrono  l'evangelista  s.  Marco:  al-  lembi  d'oro,  i  senatori  di  porpora,  quan- 
tum brani  si  leggono  nel  p.  Helyot,  con  do  vestivano  le  toglie  rosse.  Quanto  all'o- 
si ngolari  particolarità,  ed  aggiunge. che  rigine  de'cavalieri  della  stola  d'oro,  per 
ti anvi  a  Venezia  altre  omonime  compa-  tradizione  è  antica,  essendosene  perdute 
gnie  e  società,  che  dilferenzìavano  nelle  le  memorie  primitive  quando  il  fuoco  di- 
vesti  menta  che  pur  descrive,  e  nelle  qua-  strusse  gli  archivi.  Nondimeno  è  nòto  che 
li  si  recarono  ad  onore  di  farne  parte  ni ol-  aulicamente ì  nobili  veneti  copri  vano  la  te- 
ti  principi  sovrani,  ed  i  più  qualificati  si-  sta  con  ampio  cappuccio  che  scendeva  sul- 
gnori  d'Italia.  In  progresso  di  tempo  sif-  le  spalle,  ornato  da'patrizi  con  ricamò  d'o- 
lite compagnie  furono  abolite;  restando  10,  ma  riuscendo  incomodo  nell'estate, 
i  cavalieri  della  stola  d'oro, di  s.  Marco, e  andò  in  disuso.  Si  vuole  che  anticamen- 
dddoge,de'quali  la  repubblica  se  ne  altri-  te  ciascuno  vestisse  a  piacere,  ma  nel  1  (33  ; 
bui  la  creazione.  1  più  ragguardevoli  ca-  il  senato  decretò  una  prammatica  sugli 
valici  i  nominati  dalla  repubblica  furono  obiti  ,  ordinando  che  i  nobili  portassero 
della  stola  d'oro,  che  conferiva  a  patrizi  vesti  nere  con  ampie  maniche,  i  savi  gran- 
benemeriti  per  segnalati  servigi  ad  essa  di  vesti  di  color  violetta,  così  isavi  di  ter- 
prestati  ncH'armate,neirambasceriee  nel-  r  a  ferma  per  tutto  il  tempo  che  esercita- 
le magistrature.  Furono  così  denominali  vano  le  cariche;  che  1  capi  del  consiglio 
dal  portare  sulla  spalla  sinistra  una  sto-  de'quaranta  e  i  savi  degli  ordini  u-asse- 
la  d'oro  ricamata, larga  un  piede,chescen-  10  veste  violetta,  ma  con  maniche  strette 
deva  non  meno  davanti  che  di  dietro  si-  dette  a  coiaio,  ed  a'magistrali  fu  conees- 
no  alle  ginocchia.  Conceduto  tale  onore  sa  la  veste  rossa  nelle  pubbliche  funzio- 
dal  senato  veneto,  gli  aggregati  all'illustre  ni.  A'  cavalieri  della  stola  d'oro  fu  pre- 
ordine  comparivano  in  pubblico  per  otto  scritto,  sotto  pena  ili  5oo  ducati,  lascia- 
giorni  con  veste  ducale  di  damasco  o  di  la  la  veste  rossa  8  giorni  dopo  la  loro  ac- 
ponno  rosso,  secondo  le  stagioni,  essendo  redazione, d'usare  vesti  con  maniche stret- 
iieH'inverno  foderata  d'armellini  come  la  le  come  gli  altri,  permettendo  ad  essi  per 
veste  de'senatori,  e  perciò  maestosa  e  con  divisa  di  loro  dignità  la  cintura  e  la  stola 
ampie  maniche.  Assumevano  taleabitose  bordata  con  gallone  d'oro,  a  riserva  dei 
facevano  parte  del  senato,  O  qua  odo  la  si-  deputali  per  l'accompagno  del  doge,  per 
gnoria  lo  portava  nelle  solennità:  negli  ricevere  gli  ambasciatori,o  comparire  net- 
ai  tri  giorni  incede  vano  colla  veste  nera  dei  le  pubbliche  funzioni,  ne'quali  casi  per- 
nottili, soltanto  distinguendosi  colla  stola  misero  le  vesti  rosse.  I  veneti  ambascia- 
the  porta  vano  sulla  spai  la,  similmente  ne-  tori  a  qualche  principe,  se  àveano  ricevu- 
ta e  bordata  con  gallone  d'oro.  Nell'in-  to  da  esso  qualche  ordine  equestre,  come 
verno  cingevano  la  veste  con  cintura  di  quelli  presso  la  s.  Sede  da' Papi  crea  ti  fòi*- 
velluto  nero  con  tran-  e  d'oro.  Pretende  in  al  mente  cavalieri  dello  Sperone  d'oro 
ilp.  Douauui,  die  la  itola  fosse  di  tela  do-  (/  ".).  nel  ritorno  ciano  tenuti  far  l'entra- 


,,..                     S  T  O  S  T  O 
ta  solenne  in  senato,  e  depone  nelle  sue  siici,  e  quindi  per  le  sue  virtù  ed  egre- 
ninni  le  ricevute  insegnecavalleresche,  ed  gie  qualità  mei  ilo  che  il  Papa  Benedet- 
erdinariamente  le  approvava.,  segnata-  to  XI  V,nel  concistoro  de'3  febbraio  i  744 
mente  quelle  del  Papa.  Sebbene  il  sena-  lo  precdnizzasse  vescovo  della   ragguar- 
lo  restituiva  loro  le  decorazioni,  essi  tnt-  devote  sede  episcopale  di  Spira.  L'esem- 
tavia  non  le  portavano,  comechè  conskle-  piare  sua  condotta  gli  procacciò  collage- 
iati  cavalieri  della  stola  d'oro.  Vi  erano  aerale  estimazione  vieppiù  quella  di  Cle- 
in  Venezia  delie  famiglie  che  godevano  inente  XIII  successore  di  detto  Papa,  il 
per  discendenza  di  quest'onore,  concesso  quale  in  premio  l'elevò  alla  sublime  di- 
a'ioro  antenati  per  benemerenze,  e  n'era  gnità  cardinalizia,  e  con  elogio  nel  cou- 
sempre  insignito  il  gran  cancelliere  della  cistoro  de'aS  noveoibrei  76  1  lo  pubbli- 
repubblica, quantunque  semplice  cittadi-  co  dell'ordine  de'preti.  Riporta  il  ^'6927 
no  del  2.0  ordine:  vestiva  ordinariatnen-  del  Diario  di  Roma  di  tale  anno,  cheCle- 
tc  di  rosso  con  veste  \ioletta  di  ampie  ma-  mente  Xllì  gli  spedi  in  Germania  la  ber- 
niche,con  istola  di  simile  colore,  e  nelle  retta  card  malizia  per  l'ablegato  aposto- 
pubbliche  funzioni  la  veste  ducale  rossa;  lieo  mg  r  Pietro  Mantica,  suo  cameriere 
precedeva  tulli  i  principi,  ed  al  suo  ca-  segreto  partecipante  esegrelario  d'amba- 
davere  si  ponevano  a'piedi  glisperoni  d'o-  sciata,  eda  cui  die  pure  l'incarico  di  pie* 
10.  Indi  il  p.  Ilelyot  ragiona  degli  altri  sentarla  al  cardinal  Migazzi  arcivescovo 
cavalieri  di  s.  Marco  in  Venezia,  diversi  di  Vienna  d'Austria.  Xon  essendo  mai  ve- 
da quelli  della  stola  d'oro;  ed  aggiunge  unto  in  Roma,  non  ebbe  né  la  chiesa  li- 
die il  doge  qua!  principe  e  capo  della  re-  tolare,  uè  l'insegne  cardinalizie  del  cap- 
pubblica  conferiva  di  sua  autorità  i'altro  pello  e  dell'anello,  per  cui  non  si  recò  al 
ordine  denominato  del  Doge  o  del  Pria-  conclnvedel  1  yGq  perla  mortediClemen- 
ripe  di  f'enezia,,  ch'egli  dava  nella  sua  te  Xlll  ed  elezione  di  Clemente  XIV,  e 
sala  di  udienza.  Era  divisa  de'cavalieri  di  poco  dopo  vi  soggiacque  anch'egli,  corn- 
iate ordine  la  croce  equestre  di  12  punte,  pianto  per  le  belle  qualità  che  lo  fregia- 
simile  a  quella  de'cavalieri  di  Malta, smal-  vano. Pertanto  leggo  nel  n.°8  160  del  Dia- 
tata  di  turchino,  contornala  d'oro,  e  a-  rio  di  Roma  del  1  770,che  il  cardinale  ces- 
vente  nel  mezzo  un  ovaio  in  cui  vedeva-  so  di  vivere  in  Spira  suo  vescovato  a'ig 
si  rappresentato  il  Leone  alalo  di  s.  Mar-  aprile,  in  età  d'anni  64,  un  cneseei  1  gior- 
co,  principale  insegna  della  possente  re-  ni;  e  nelle  Notizie  di  Roma  del  1  77  1,  che 
pubblica.  Tutti  questi  cavalieri  cessarono  dopo  le  solenni  esequie  fu  sepolto  nella 
col  suo  termine  nel  declinar  del  secolo  cattedrale  di  Spira. 
passato.Si  pouno  vedere,  Giustiniani, Hi-          STOPPA,  Stappa.  Materia  diesi  trae 
storie  degli  ordini  ecpiestri  j  e  le  Poesie  dopo  il  capecchio,  materia  grossa  e  lisco- 
pcr  il  solenne  ingresso  alcavalierato del-  sa  Uomenturn),  nel  pettinar  lino  (Unum) 
la  stola  d'oro.  A  sua  eccellenza  Alvise  I  o  canapa,  erba  e  pianta  dalla  quale  sec- 
Contarini,  Bergamo  1785.  ca  e  macerata  si  cava  materia  atta  a  fì- 
STOLZEMBERG     DE     HUTTEN  larsi  per  far  panni,  detti  perciò  panuili- 
Francesco  Cristoforo,  Cardinale.  Nobi-  ni,  tele,  corde  e  funi.  Del  lino  parlai  a  Pav- 
le  tedesco,  nacque  agli  8  marzo  1706,  in  i\TLiNi,SETA,eScBiTTURA  dicendo  della  car- 
Weissenfelds  diocesi  d'Erbipoli.da  cospi-  ta  formata  con  esso;aCAMPAN\  per  le  sue 
cua  e  antica  famiglia,  che  necuròdiligen-  corde,  e  ne'relativi  articoli.  11  rapido  e  i- 
temenle  la  morale  e  scientifica  educazio-  stantaneo  bruciamento  della  stoppa  ser- 
ne,  secondandone  il  talento.  Compiti  gli  vi,  e  tuttora  si  usa  nella  funzione  sagra 
-ludi,  e  dichiarando  vocazione  ecclesia-  più  solenne  del  Papa,  per  simboleggiare 
stica  fu  provveduto  di  benefizi  ecclesia-  la  caducità  delle  cose  umane.  Negli  ar- 


STO 

liculi  CUH'ELLE  PONTIFICIE  e  FuOCO,  Ì'XCOV- 

dall'antica  ceremonia  praticata  inalarne 
chiese  annualmente  nelle  solenni  feste, 
per  dimostrare  la  fralezza  dell'umane  co- 
se e  la  geuerale  combustione  alla  fine  del 
inondo;  non  che  per  impedire  nelle  solen- 
ni onorificenze  i  moti  della  vanità  ,  e  a 
rammentare  la  brevità  della  vita  e  la  fra- 
gilità delle  cose,  che  gli  ebrei  rappresen- 
ta vado  con  giltare  in  terra  e  fare  in  pez- 
zi i  bicchieri  di  vino,  bevuto  nelle  loro 
nozze; altre  costumanze  praticandosi  ne- 
gli Sposalizi (/z.)  delle  altre  nazioni.  Nel- 
la chiesa  romana,  come  si  ha  dall'Ordi- 
ne romano  XI  di  Benedetto  canonico  in- 
dirizzato al  cardinal  Guido,  poi  nel  i  i  43 
Celestino  II,pressoil  Mabillon,  Musei  I- 
lalicij  t.  2,  p.  i  26ei4' ,  l'accensione  del- 
la stoppa  si  praticava  la  mattina  di  Na- 
tale nella  patriarcale  Chiesa  di  s.  Maria 
Maggiore,  quando  il  Papa  recandovisi  a 
pontificare,  al  suo  ingresso  ne!  presbite- 
rio, un  mansionario  de!  la  basilica  gli  pre- 
sentava una  canna  con  cerino  acceso,  col 
quale  il  Papa  dava  fuoco  alla  stoppa,  che 
stava  sui  capitelli  delle  colonne,  per  rap- 
presentare la  fine  del  mondo,  che  da  una 
pioggia  di  fuoco  sarà  cagionata.  Nell'Or- 
dine della  chiesa  Bisuntina,  Tlist.  'Sequa n. 
1. 1 ,  p.  4o,  e  nel  t.  3,  p.  4^7  del  Glossa 
riunì  ili  Cai  pentier  si  legge,  che  nel  gior- 
no di  Pasqua  è  prescritto:'»  Archidiaco- 
ìui s  ponet  ignem  inpharus,  et  dum  linoni 
succenditur,  venit  inclinane  reverentissi- 
me, ante  d.  Archiepiscopum,  et  dicet  ad 
euin.  Reverendissime  Pater  ,  sic  transit 
mundus,  et  concupiscenlia  ejus  ".  Si  può 
vedereSa nielli, Lume  a' principianti,  par. 
i , quaest:  io,  p.  1 44 :  Transit  mundum,  et 
concupiscenlia  ejus.  Ciò  face  vasi  nel  gior 
no  di  Natale  e  nelle  feste  più  solenni,  ed 
anche  più  volte  nello  stesso  pontificale, 
tome  ivi  è  delto.»Surgens  Archipraesul 
de  cathedra,  antequam  incipial:  Gloria 
iu  excelsisj  accedat  Archidiaconus  reve- 
rcirter,ettenens  urani  planetae  traha  tieni- 
ter,  et  dicat:  Scilo  de  terraui  esse;  sicque 
debet  fieri,  quoliescumque  A.rchiepisco- 


S  T  O  9 1 

pus,  aut  sacerdos  a  sede  surgit,  ut  acce- 
dat ad  altare  post  orationem".  Lo  stesso 
facevasi  nella  festa  di  Pasqua,  comesi  può 
vedere  in  Magri,  Hierolexicon,  p.  472> 
ed  in  Gemma, De  ani.  rit.  lìlìssae,  p.  223. 
Parla  dello  stesso  uso  l'Ordinario  della 
clùesaLexoviense  del  secoloX  1 1 1  nel  gior- 
no di  Pentecoste  (al  quale  articolo  ripor- 
tai altri  esempi  per  allusione  alla  venuta 
dello  Spirito  santo  in  lingue  di  fuoco),  ad 
pròcessionemniissaesliippaeirifìanwian- 
lur1qua<;  custode;  mveniunt.  Dissi  a  Luc- 
ca, che  quando  l'arcivescovo  intuona  il 
Gloria  in  excelsi<;  Deo  ,  si  brucia  una 
quantità  di  stoppa  in  mezzoalla  cattedra- 
le. Nel  voi.  XXXIV, p.i3g  ei44>r''eva* 
che  nel  VI  secolo  già  era  introdotto  il  co- 
stume di  rammentare  all'imperatore  gre- 
co nella  sua  coronazione,  la  caducità  di 
sue  grandezze  e  che  dovea  morire,  ed  in- 
sieme di  rendere  stretto  conto  a  Dio  del- 
le »ue  azioni,. sia  col  bruciamento  avanti 
a  lui  della  sloppa,  sia  colla  presentazio- 
ne d'un  vaso  di  ossa  eceneri;  perchè  con- 
siderasse la  sua  caducità,  e  nella  brevis- 
sima durala  della  Gamma  il  nulla  de  suoi 
onori  transitori!,  dovendosi  conservare  li- 
mile tra  gli  splendori  seducenti  del  potere; 
e  che  il  globo  imperiale,  di  cui  riparlai  a 
Scettro,  era  seguo  della  maestà  impe- 
riale e  insieme  della  fralezza  della  possan- 
za terrena. Narrai  ne'seguenli  articoli,  che 
nelle  antiche ceremouie  della  Coronazio- 
ne de' sommi  Pontefici  e  del  Possesso  del 
Papa,  più  azioni  servivano  a  lui  di  mo- 
rali e  gravi  avvertenze.  Quando  si  poneva 
sulla  Sedia  stercoraria,  canta  vasi  il  ver- 
setto: Suscitai  de  puh'cre  egenuin,  et  de 
stercore  erigit  pauperum,  ut  sede.at  cani 
principibus,  et  solami  gloriae  teneatj  af- 
finchè conoscesse  la  differenza  dello  stato 
a  cui  era  sublimato,  e  si  mantenesse  ri- 
mile nel  ricordar  sempre  quello  che  la- 
sciava. Gli  si  mostrava  un  gallo  di  bron- 
zo sopra  una  colonna,  figura  di  quello  che 
cantò  3  volle  alle  negazioni  deli. "Papa 
s.  Pietro,  per-eccitarlo  a.  compatire  i  man- 
camenti dei  sudditi  e  perdonarli  come  a- 


<v>  S  T  O 

vcva  fatto  Cristo  con  s.  Pietro.  Sedente 
nella  Sedia  Gestatoria,  3  volte  gli  si  bru- 
ciava innanzi  3  globi  piccoli  di  stoppa, nel 
modo  die  descrissi  nel  voi.  Vili,  pi  G5, 
dicendogli  altrettante  volte  e  con  canto 
un  ceremoniere:  Sancte  Pater,  sic  tran- 
sit  gloria  mundi!  In  tal  guisa  ricordan- 
dogli, nel  più  solenne  rito  in  cui  incoro- 
navasi  Pontefice  massimo  e  sovrano  tem- 
porale, quanto  breve  sia  la  gloria  terre- 
na, simile  ad  una  vampa  che  finisce  nel- 
l'alto medesimo  che  si  accende  con  vee- 
menza. Questa  grave  e  significante  cere- 
monia  tuttora  si  conserva.  11  Magri  nella 
Notizia  de'  vocaboli  ecclesiastici,  all'ar- 
ticolo Papa,  dice  che  nel  giorno  di  sua  co- 
ronazione e  mentre  è  portato  nella  basi- 
lica Vaticana, il  maestro  di  ceremonie  lo 
precedecon  in  mano  due  lunghe  canne,  in 
una  delle  quali  vi  è  della  stoppa,  nell'al- 
tra una  candeletta  accesa, con  cui  attac- 
cato fuoco  alla  stoppa,  dice  il  detto  ver- 
setto, che  colla  combustione  replica  due 
altre  volle,  secondo  il  prescritto  dal  Cae- 
rem.  Ro'ìi.  1. 1  ,sect.  2,  e.  2  e  3.  Inoltre  nel 
Hicrolexicon  dice  il  Magri:»  Porro  Apo- 
stolico in  Pascila  procedente,  phai  us  ex 
stappa  super  eunisuspenditur,  quae  igne 
succensa  super  emn  cadere  permittitur, 
sed  a  tuinistris  vel  a  terra  ex.eipitur,  et 
per  hoc  ipso  in  cinerem  redigi,  et  gloria 
ornatus  ejus  in  favillato  converti  admo- 
netur".  Di  più  aggiunge,  che  al  riferire 
di  Ciaccouio  nella  vita  dell'antipapa  Be- 
ncclettoXll  lenitica uienlesi  praticava  pu- 
re altra  eereuionia  nella  coronazione  del 
Papa,  con  ricordargli:   Pater  sancte  non 
videbisdies  Petri, pev  cui  dichiarò  che  non 
fu  legittimo  avendo  vissuto  3o  anni.  Ri- 
ilelte  poi,  che  tal  eeremonia  non  si  trova 
registrata  negli  antichi  cerimoniali, come 
già  rilevai  a  Pontificato,  ragionando  su 
questo  argomento,  dichiarando  falsa  sii- 
fatta  asserzione  del  cantato  versetto,  ben- 
sì riportai  le  analoghe  erudizioni  e  spie- 
gazioni, sopra  un  punto  in  cui  talvolta  si 
fondò  l'altrui  sciocca  speculazioue,  culle 
ammonizioni  date  da  s.  Bernardo  all'uu- 


S  T  O 
lieo  suo  discepolo  Eugenio  III."  In  tutte 
le  opere  tue,  ricordati  che  sei  uomo,e  sem- 
pre abbi  avanti  gli  occhi  il  timore  di  Co- 
lui, di  cui  dice  il  salmo,  che  anferl  spi- 
ritimi Principimi.  Quanti  altri  Papi  hai 
visto  morire?  1  tuoi  predecessori  t'avvi- 
sano della  certissima  e  prestissima  mor- 
te tua;  e  il  breve  tempo  che  hanno  essi 
dominato,  fa  sapere  a  te  che  pochi  saran- 
no i  giorni  tuoi.  Fra  le  lusinghe  adunque 
di  questa  gloria,  che  passa,  abbi  la  men- 
te fìssa  ai  novissimi,  perchè  quelli  segui- 
terai nella  morte,  a  cui  nella  sedia  ponti- 
ficale sei  succeduto".  11  vescovo  Sarnelli, 
Lettere  ecclesiastiche  i.  6,  impiegò  la  lett. 
3G  in  discutere:  Perche  si  dica  del  Papa: 
Non  videbit  dics  Petri.  Riporta  cose  già 
inferite  dal  Magri,edal  p.  Menochio,  Stuo- 
re,  cent.  g,cnp.  5cj.  La  supposta  ceremo- 
nia la  qualifica  diceria  volgare  senza  fon- 
d  imeuto,  ripetuta  dall'lllescas  nella  sua 
Storia  de' Papi j  e  riporta  la  sentenza  di 
s.  Agostino.»  Senectus,  quae  est  ultima 
aelas  hominis,  non  habet  determinatimi 
tempus,  secundum  mensurain  aliarum, 
cutu  quandoque  sola  tantum  teneal  tem- 
poris,  quantum  reliquae  aetates  omnes". 
Le  medesime  opinioni  narrò  Cancellieri 
ne'  Possessi  de' Pontefici,  p.  54  e  5oo,  ci- 
tando inoltre  queste  due  opere.  Bernar- 
dino Mezzadri,  Disserl.  crii.  hist.  de  1 5 
annis  Rorn.  Petri  Cathedrae  adversus  a- 
trumque  Pagium,  liomaei  j5o.  G.  An- 
tonio Bianchi,  Dissert.  sulla  venuta  dis. 
Pietro  a  Roma,  degli  anni  del  suo  Pon- 
tificalo della  cattedra  romana,  e  delle 
chiese  da  luì  fondale  nelle  provincie  o- 
rìentali,  nel  t.  3  delle  Dissert.  eccles.  di 
Zaccaria.  Sul  pontificato  di  s.  Pietro  edel- 
la  sua  cattedra  d' Antiochia,  riparlai  a  Si- 
ria nel  fare  la  serie  de'patriarchi  Antio- 
cheni. Il  p.  Gattico,  Ada  caeremonialia, 
tratta  dei  bruciamento  della  stoppa  a  vali- 
ti al  Papa  nella  sua  coronazione,  a  p.  373, 
4  io, /pS, riproducendo  le  descrizioni  del- 
lecoronazioni  d'Innocenzo  Vili  del  1484 
e  colle  ceremonie  che  ancora  si  osserva- 
no, d'IuiiGceuzo  X  deh644>c  u'iuuoccu* 


STO 

70  "XI  del  1676.  Quanto  alla  combustio- 
ne del  la  stoppa  nel  ponti  ficaie  di  Pasqua, 
ne  parla  a  p.  4'-  Eletto  nel  '4°9  Ales- 
sandro V  nel  sinodo  di  Pisa,  fu  corona- 
to nella  cattedrale,edalladescrizionepub- 
blicata  ne' Possessi  ila  Cancellieri,  si  leg- 
ge: Et  Ulti  die  fuerunt  multa  solemnia, 
ut  pula,  de  sltipis  c.omhustis  dicendo,  Sic 
Iransit  gloria  mundi.  Nel  i492  f"11  coro- 
nato Alessandro  VI,  essendovi  presente 
Pie  1 10  Delfi  un  celel  >ve  genera  le  de'ca  ma  I- 
dolesi,  il  quale  descrivendo  in  un'episto- 
la tutta  la  pompa,  dichiara  l'impressione 
che  gli  lece  della  caducità  delle  cose  li- 
mane, pel  mortale  deliquio  che  sorprese 
il  Papa  all'altare  maggiore,  e  da  cui  rin- 
venne essendogli  spruzzata  dell'acqua  nel 
volto, ondenppena  pronunziata  la  forino- 
la: Sic  iransit  gloria  mundi,  la  sperimen- 
tò in  effetto.  Pio  III  che  gli  successe  nel 
i5o3,  e  come  notai  nella  sua  biografia, 
nel  vedere  ardere  la  stoppa  e  nel  sentire 
il  triplice  canto:  Pater  sancte,  sic  Iransit 
gloria  mundi,  ne  rimase  talmente  pene- 
trato e  commosso,  anche  per  esser  impe- 
dito da  una  piaga  di  stare  in  piedi,  che 
ne  pianse;  flevisse.  slatini ,  et  humanam 
sor  lem  ingentilisse  dicitur ,  brevi  perita- 
ram.  Il  suo  pontificato  infatti  fu  di  26 
giorni.  Neh  585  fu  coronato  Sisto  V  al- 
la'presenza  degli  ambasciatori  del  Giap- 
pone: Mentre  si  bruciava  la  sloppa,  si  dis- 
se per  3  volte  il  solito  versetto:  Santo  Pa- 
dre, cosi  passa  la  gloria  di  attesto  mon- 
do. Ma  Sisto  V,  pronto  e  arguto  nelle  ri- 
sposte, fuori  dell'uso  degli  altri  Papi  che 
in  quell'atto  nulla  dicono,  con  animo  in- 
trepido rispose  ad  alta  voce:  La  gloria 
nostra  non  passerà  mai,  perche  non  ab- 
biamo altra  gloria,  se  non  che  far  buo- 
na giustizia.  E  poi  voltatosi  agli  amba- 
sciatoli giapponesi  soggiunse:  Ditea'vo- 
stri  principi  nostri  figli ,  il  contenuto  di 
onesta  nobile  ceremonia.  Clemente  XIV 
venne  coronato  nel  1  769,  e  vedendo  che 
nella  ceremonia  della  stoppa  questa  sten- 
tava ad  accendersi,  forse  per  essere  umi- 
da, ne  mostrò  gran  compiacenza,  pren- 


S  T  O  93 

dendnlo  per  buon  preludio  fsu'quali  no- 
tai qualche  erudizione  a  Profeta)  che  il 
suo  pontificalo  avesse  lunga  durata,  co- 
me rilevò  Cancellieri,  insieme  alla  cadu- 
ta da  cavallo  nello  scendere  dal  Campi- 
doglio, nella  pompa  del  possesso.  Confes- 
sò il  Papa,  che  subito  gli  venne  in  men- 
te il  versetto:  Impulsus  eversus  sttni,  ut 
càderem ,et  Dominus  suscepil  me ,  con  tut- 
ti gli  altri  del  salmo  1  1  7  che  sembrava  a- 
datlato  al  suo  caso.  Notò  inoltre  Cancel- 
lieri essere  slato  detto  allora  lepidamen- 
te: Che  Alessandro  incominciò  il  suo  im- 
pero con  domare  un  cavallo,  non  doma- 
to da  verun  altro;  e  che  Clemente  inco- 
minciò coll'essere  domato  da  un  cavallo, 
domato  da  tutti  gli  altri.  Quanto  inoltre 
spiritosamente  disse  Clemente  XIV  nel- 
la caduta,  lo  riportai  nella  biografia.  E- 
gli  regni)  5  anni,  4  mesi  e  3  giorni,  e  morì 
di  Sganni  non  compiti.  Nel  voi.  XXX  \  II, 
p.  77,  e  meglio  a  Stazioni  sagre  delle 
CHIESH  di  Roma, parlai  degli  stoppini  delle 
lampade  di  esse,  e  che  gli  stoppini  di  quel- 
le visitate  da'Papi  si  prendevano  per  for- 
ma're  un  guancialetto  per  la  loro  cassa 
mortuaria,  e  porsi  sotto  il  capo  de' loro 
cadaveri.  Di  questo  uso  trattano,  Severa- 
no,  lllemoric  sagre,  p.  3G8,  citando  Cen- 
cio Camerario  che  ne  ragiona  nel  libro 
dé'Censij  e  Cancellieri,  Notizie  de'  con- 
clavi, p.  5i. 

STOPPANI  Gianfrancesco,  Cardi- 
nale. Nacque  in  Milano  da  nobili  genito- 
ri ,  e  dopo  aver  coltivato  i  buoni  sludi 
nel  collegio  Borromeo  di  Pavia,  portato- 
si inPioma,fu  da  InnocenzoXlll  ammes- 
so fra  i  suoi  cameriei  i  segreti,  e  poi  di- 
venuto prelato  di  manichetta  fu  da  Cle- 
mente XII  nel  1  730  spedito  inquisitore  a 
Malta,  e  dopo  5  anni  facendolo  consagra- 
re arcivescovo  di  Corinto  in  parlibus  lo 
promosse  a  nunzio  di  Firenze,  e  nel  1  739 
con  tal  dignità  lo  mandò  al  senato  vene- 
to; indi  Benedetto  XIV  nel  1743  lo  di- 
chiarò nunzio  all'imperatore  Carlo  VII 
di  Baviera,  del  quale  si  guadagnò  l'affet- 
to e  la  grazia.  Ma  la  sua  buona  ventura 


94 


S  T  O 


si  cambiò  nel  174'»  colla  morte  dell'im- 
peratore, poiché  favorendo  egli  alla  die- 
ta di  Fra  11  e  fori  nell'elezione  la  casa  di  ba- 
viera, fu  invece  eletto  Francesco  I  inari- 
lo della  regina  M."  Teresa  d'Austria,  il 
quale  non  lo  volle  per  nunzio  a  Vienna, 
oudeBeuedello  XIV  nel  1  ^4-7  lo  fece  pre- 
sidente d'  Urbino, città  a  cui  compartì  im- 
mensi benefizi,  e  lo  slesso  fece  con  quel- 
la di  Pesaro,  dove  a  pubblico  vantaggio 
spese  molto  del  proprio.  Volendo  Bene- 
detto XIV  premiare  la  lunga  e  lodevole 
sua  carriera  colla  porpora,  anebe  per  le 
istanze  premili  ose  del  cardinal  Valenti  se- 
gretario di  stato,  amicissimo  e  parente  del 
prelato,  nondimeno  si  trovava  imbaraz- 
zalo dalle  contrarie  e  vive  rappresentan- 
ze del  cardinal  M illini  ministro  dell'im- 
peratrice regina  M.a  Teresa,  la  quale  on 
nmamenle  lo  voleva  escluso  da  tale  di- 
gnità, per  l'opposizione  mostrata  al  ma- 
rito in  delta  dieta,  nei  favorire  la  parie 
Bavaia  contendente.  Ma  dipoi  conside- 
randoli Papa  die  non  conveniva  dar  mo- 
tivo alle  cor  ti  di  cominciare  l'abuso  di  dar 
V Esclusiva  (ne  riparlai  a  Sagro  colle- 
gio) anco  dal  collegio  cardinalizio,  come 
pretendevano  darla  in  conclave  sul  nuo- 
vo Papa;  e  che  il  prelato avea  protesta- 
to contro  la  segui  la  elezionea  seconda  del- 
le sue  istruzioni,  ed  avea  inoltre  servito 
con  riputazione  la  s.  Sede,  restò  fermo  nel 
divisamente  e  procuro  di  dileguare  tan- 
ta opposizione;  quindi  ai  26  novembre 
1  7.53  lo  creò  cardinale  dell'ordine  de'pre- 
ti,  e  gl'invio  a  Urbino  la  berretta  rossa 
per  l'ahlegato  mg.r  Veterani  suo  came- 
riere segreto.  Venuto  in  Roma  gli  confe- 
rì il  cappello  cardinalizio,  e  per  titolo  la 
chiesa  di  s.  Martino  a'Monti,  e  Io  nomi- 
nò legato  apostolico  d'Urbino,  die  con- 
tinuò sino  al  1  754,  quindi  nel  1  756  lo  fe- 
ce legato  di  Ravenna,  ove  pure  si  fece  a- 
mare  per  la  sua  incoi  rolla  giustiziale  ap- 
plaudire per  la  sua  liberalità,  e  vi  restò 
fino  ah 76 li  Ascritto  alle  principali  con- 
gregazioni cardinalizie,Clemente  XIII  gli 
attribuì  la  prefettura  dell'  economia  di 


STO 

quella  di  propaganda,  e  non  In  generale 
come  scrive  Cardella,  e  più  lardi  diven- 
ne segretario  della  congregazione  del  s. 
offizio, non  che  proiettore de'canonici  re- 
golari Lateranensi,  dell'ordine  di  s.  Ba- 
silio,di  diverse  università  artistiche,  del- 
l'accademia teologica,  del  monastero  di 
s.  Susanna,  e  delle  città  di  Pergola,  e  di 
Augusta  in  Germania.  Clemente  XIII  nel 
1  7O3  !o  preconizzò  vescovo  suburbicario 
di  Palestrita,  in  cui  adempì  le  obbliga- 
zioni tulle  di  zelante  pastore  colle  fre- 
quenti visite  della  diocesi,  e  colla  solle- 
citudine veramente  paterna  ch'ebbe  pel 
seminario.  Imperocché  leggo  nel  prene- 
slinoCecconi  già  vescovodiMontalto,che 
gli  dedicò  la  sua  opera,  Insliluziont  dei 
seminari  vescovili, encomiata  l'episcopa- 
le sollecitudine,  ed  enumerate  le  sue  be- 
neficenze, per  le  sue  instancabili  cure  pel 
seminario,  ove  stabilì  un  nobile  oratorio, 
l'arriccili  di  sagri  arredi  per  le  messe  so- 
lenni,consedili  epulpito  per  esercizio  del- 
la divina  parola,  oltre  altri  comodi  e  or- 
namenti, ed  oltre  ancora  l'impegno  pel 
profitto  de'giovani,al  quale  elfelto  li  prov- 
vide di  scelta  e  copiosa  libreria.  Trovo  nel 
Petrilli,  Memorie  Prenesline,  altri  enco- 
mi, e  che  avendo  sino  dali75o  il  semi- 
nario donato  a'passionisli  la  chiesa  di  s. 
Maria  di  Pugliauo  già  de'con ventilali  e 
nel  territorio  di  Paliano,  ovei  religiosi  sta- 
bilirono un  1  itiro  e  abbellirono  la  chiesa, 
questa  a' io  agosto  1765  si  portò  a  con- 
sagrare  solennemente  con  nobile  corteg- 
gio, essendo  ancor  vivente  il  loro  fonda- 
tore b.  Paolo  della  Croce.  Acquistò  in  Ro- 
ma il  bel  Palazzo  Stopparti  (  /^.),che  seb- 
bene ora  proprietà  de'Vidoui  ne  conser- 
va il  nome,  e  dove  collocò  le  famose  ta- 
vole Prenesline  da  lui  trovate  in  Palesti- 
na {P •),  ossiano  i  frammenti  de'f asti  di 
Q.  V.  Fiacco.  Mecenate  de'letterati,  ge- 
neroso co'poveri,  munifico  verso  le  chie- 
se,compì  gloriosamente  il  periodode'suoi 
giorni  in  Roma  a' 18  uovembrei  774»  m 
tempo  di  sede  vacante  per  Clemente  XI V 
al  conclave  pel  quale  e  per  Gemei)  le  XIII 


S  T  () 
era  intervenuto,  senza  poter  entrare  in 
quello  che  si  celebrava  allora,  a  cagione 
del  male  che  lo  affliggeva  e  portò  al  se- 
polcro tliyganni.  Fu  tumulato  nellachie- 
sa  di  s.  Andrea  della  Valle,  nella  cappel- 
la della  Madonna,  dove  in  vita  erasi  ap- 
parecchiata la  tomba,  come  si  vede  nella 
lapide  [tosta  alla  sua  memoria  nella  vici- 
na parete,  sopra  di  cui  è  espi  essa  la  di  lui 
effigie  in  marmo  con  un  semplice  elogio. 
STORIA  e  STOhìCOJffislaHaJuMUh 
ricus,  historiografus.  Narrazione  diffusa 
di  cose  seguite,  raccolte  e  scritte  dallo  sto- 
lieo  o  [Storiografo.  Gli  archivi  sono  le  mi- 
niere della  storio,  gli  elementi  sono  le  me- 
morie lapidarie  dell'iscrizioni,  non  meno 
che  le  monete  e  le  medaglie,  ed  altri  an- 
tichi monumenti.  Ogni  umana  ricordan- 
za tramandata  alla  posterità  senza  questi 
poderosi  e  indispensabili  aiuti ,  riuscirà 
sfibrata  e  manchevole  di  piena  autorità, 
imperocché  la  fedele  storia  deve  essere  vi- 
vo oracolo  della  verità.  La  storia  è  il  più 
durevole  monumento, chegli  uomini  pon- 
ilo lasciare  delle  loro  azioni,  giacché  uè 
le  statue,  uè  i  trofei,  negli  archi  trionfa- 
li, né  le  iscrizioni,  né  le  medaglie,  né  le 
colonne,  né  le  pitture,  né  i  mausolei,  poti- 
no eguagliarne  l'estensione  e  la  perpetui- 
tà. La  storia  è  lo  specchio  e  il  vero  teso- 
ro della  vita  umana,  che  preserva  dalla 
morte  e  dalla  dimenticanza  le  azioni  e  le 
parole  memorabili  degli  uomini, leav  ven- 
ture meravigliose  e  gli  accidenti  straor- 
dinari ,  che  produce  il  lungo  tratto  del 
tempo.  La  storia,  ch'è  maestra  della  vi- 
ta e  rivelatrice  de'  secoli,  insegna  assai 
meglio  della  filosofìa  o  almeno  ne  cor- 
robora le  dottrine  colla  pratica  dell'e- 
sempio. Noi  dunque  a  niutio  più  dobbia- 
mo che  agli  storici,  i  quali  registrano  le  co- 
se più  notabili,  per  conservai  ne  la  memo- 
ria in  perpetuo, che  possa  servire  d'istru- 
zione alla  posterità.  In  (piai  fondo  d'igno- 
ranza saremmo  noi  caduti  e  inabissali, 
se  fosse  abolita  la  memoria  di  ciò  che  ac- 
cadde prima  della  nostra  nascita?  E  qual 
ristretta  esperienza  avrebbe  ognun   dei 


S  T  (  >  9  7 

mortali,  se  non  avesse  che  quella  solo  che 
si  fosse  pollilo  procacciare  nel  giro  limi- 
tato di  sua  vita?  Per  compensarne  adun- 
que nel  miglior  modo  la  fatai  brevità,  o- 
gni  uomo,  culto  special  metile,  gode  per 
quanto  può,  di  farsi  spesso  presenti  l'e- 
tà trascorse,  con  indagare  le  memorie  e 
le  costumanze  de'passati  secoli  e  delie  an- 
tiche nazioni,  conoscendo  che  i  libri  so- 
no nel  tempo,  come  i  telescopi  nello  spa- 
zio, che  avvicinano  gli  oggetti  più  lonta- 
ni. Osserva  il  eh.  Cantò,  negli  Studi  su 
l'ub.  Patini,  u  Comunque  la  vita  d'uno 
scrittore  sedentario  consista  negli  scrini 
suoi,  pure  l'autore  vive  col  suo  secolo,  e 
seassistea  unarivoluzione,  ne  è  specchio: 
laonde  un  granile  scrittore  è  rappresen- 
tante del  proprio  secolo  e  iniziatore  del 
nuovo,  se  non  per  volontà  creatrice,  al- 
meno per  vaghezza  indecisa  e  per  confuso 
presentimento".  Dicesi  anche  storia  un 
successo,  un  avvenimento,  una  cronaca, 
una  leggenda,  un  poemetto  o  simili;  ed 
inoltre, le  dipinture o sculture  rappresen- 
tanti alcun  fatto.  La  mitologia  e  l'icono- 
logia, crede  la  storia  personificata  figlia 
di  Saturno  dio  del  tempo,  e  di  Astrea  dea 
della  giustiziala  dipinge  in  maestoso  con- 
tegno, con  grandi  ali,  emblemi  della  sua 
prontezza  nel  divulgare  gli  avvenimenti, 
coperta  di  bianca  veste  simbolo  della  sua 
veracità  ed  ingenuità;  con  un  libro  in  uni 
mano,  e  nell'altra  i\un  penna  ed  imo  sti- 
le; volgendosi  addietro,  siccome  quella 
che  seri  ve  per  coloro  che  verranno  dopo. 
Talvolta  viene  espressa  che  sta  scrivendo 
in  un  gran  libro  sostenuto  dalle  ali  del 
Tempo,  che  rappresentasi  sotto  la  forma 
di  Saturno.  Si  dipinge  ancora  con  un  dia- 
dema, perchè  la  storia  è  specialmente  di 
lezione  de'governanti  ;  coi  sole  nel  petto, 
per  esprimere  il  carattere  della  verità  e 
della  imparzialità  da  cui  non  deve  essa 
giammai  dipartirsi.  Alcune  medaglie, del- 
le piramidi  e  altri  attributi,  annunciano 
che  le  sue  prove  consistono  negli  antichi 
monumenti.  Si  dipinge  pure  in  un  qua- 
dro il  cui  fondo  è  formalo  da  una  inceli- 


96 


STO 


diata  città,  che  indica  la  distrazione  de- 

grimpcri^iotnbilee  istrutti  voarticolo  dei 
suoi  annali.  Allearti  della  Scrittura  (/*.), 
ed  a  quella  della  Stampa  (P.)  dobbiamo 
principalmente  ripetere  la  storia  e  il  pro- 
gresso delle  umane  cognizioni.  Si  preten- 
de che  il  libro  più  antico  sia  quello  di  E- 
nodi;  meglio  è  vedere  Libreria,  ove  ne 
parlai.  Si  crede  da  molti  essere  il  più  an- 
tico storico  Sanconiatone,  o  almeno  degli 
scrittori  non  ispirali,  nativo  di  Decito  in 
Frigia,  che  scrisse  in  Linguai  f.) fenicia 
la  storia  di  Tiro. Pare  die  vi  ponesse  gran 
diligenza  in  compilarla,  poiché  si  vuole 
rh'egli  tutto  attingesse  negli  atti  autentici 
della  città  e  negli  archivi  che  gelosamen- 
te si  custodivano  ne'templi.  L'opera  in 
trovata  esattissima  da  Abibal  redi  Beri- 
Io,  a  cui  la  dedicò:  si  ritiene  che  fiorisse 
1 4 secoli  innanzi  l'era  cristiana.  A  Libre- 
mi  inoltre  rilevai  l'antichità  delle  dedi- 
che  de' £////7( /^narrando  l'opera  da  ae- 
roso caldeo  dedicata  al  re  Seleucio  Nicà- 
nore, che  cominciò  a  regnare  6  r  anni  do- 
po la  morte  d'Alessandro;  e  ad  Er\  di  A- 
less a.\dro  il  Grande,  dissi  essere  morto 
4^5  anni  avanti  Gesù  Cristo.  Essendo  la 
storia  la  narrazione  dejjli  avvenimenti 
passati,  per  evitare  la  confusione,  ed  es- 
sere diretta  nel  suo  cammino,  ha  bisogno 
della  Cronologia  {V.).  Questa  insegna  a 
classificare,  secondo  l'ordine  de' tempi,  gli 
avvenimenti  diversi  che  presenta  la  sto- 
ria. Per  questo  la  cronologia  divide  l'isto- 
ria in  alcune  parli,  ciascuna  delle  quali 
è  segnala  da  qualche  fatto  memorabile, 
cui  si  riferiscono  tutti  gli  altri.  Tali  par- 
ti si  chiamano  Epoche  (?'.),  e  digerisco- 
no dal  Periodo  (f.).  Abbiamoli  Calen- 
dario cronologico  del  trattato  elementare 
e  delle  principali  epoche  per  l'intelligen- 
za delle  storie,  Roma  1826.  E  di  G.  D. 
Musanzio,  Tahulae  chronologicae  auae 
sacra _,  politica,  bellica,  fortuita,  literas 
et  artes  ad  omnigenam  historiam  coni- 
plecluntnr.  Accessit  disserlatio  hi^lorico- 
critica  qua  Chronolog/ae  his  tabulis  tra- 
ditae  specimen  apologeiicum  exhibelur 


STO 

N.  Spinelli,  Piomac  1  7  "»o.  Non  v'ha  cosa 
diedi  maggior  diletto  e  di  più  reale  van- 
taggio possa  riuscire  alla  gioventù, quan- 
to l'avere  innanzi  agli  occhi,  per  cosi  di- 
re, il  quadro  di  tutti  gli  avvenimenti  dei 
secoli.  Per  questo  appunto  coloro  che  l'a- 
nimo intesero  in  ogni  tempo  all'educazio- 
ne scientifica  e  letteraria  della  gioven- 
tù, le  offrirono  ad  oggetto  di  studio  sto- 
rie particolari  e  compendi  di  cronologia. 
Ma  tali  storie  studiate  separatamente  le 
une  dalle  altre,  fecero  conoscere  il  biso- 
gno di  quadri  cronologici  d'istoria  anti- 
ca e  moderna, sagra  e  profana,  con  un'i- 
dea generaledel  mappamondo de'secoli,  e 
poi  mirare  con  questa  nonna  all'acquisto 
delle  particolareggiate  istoriche  cogni- 
zioni. Rollin,  Fleury,  Pitiche  e  Batteaux 
opinarono,  che  questo  genere  di  compen- 
di storici  potevano  essere  molto  proficui 
all'istruzioneelementare,sì  perchè  avvez- 
za il  giovane  alla  memoria  delle  cose,  sì 
perchè  lo  guida  a  fissare  un  ordine  alle 
proprie  idee.  La  storia  è  indegna  di  que- 
sto nome  se  non  sia  teslis  temporurn,  lux 
verità tis, prima  legqe  della  quale  è  ne  quid 
falsi  dicere  audeat,  secondo  il  noto  pre- 
cetto di  Cicerone.  Di  questa  verità  niu- 
110  dubitò  mai  fra  gli  antichi,  e  quindi  si 
legge  presso  Luciano:  Chiunque  impren- 
da a  scrivere  una  storia  a  ni  uno  dee  sa- 
grificare,  solamente  alla  verità.  Non  è  a- 
dunquechi  non  veda  i  documenti  auten- 
tici e  degni  di  fede  essere  alla  storia  quel 
che  sono  i  materiali  ad  un  edifizio;e  quel 
che  Seneca  affermava  de'grammatici  che 
delle  parole  non  sono  essi  inventori,  ma 
solamente  custode  con  molto  miglior  di- 
ritto doversi  intendere  ancora  degl'istori- 
ci  per  rispetto  agli  avvenimenti  da  loro 
narrati.  E  quanto  alla  filologica  Erudi- 
zione (/"'.),  disse  Galileo. "Non  aver  glo- 
ria solamente  colui  che  ai  concetti  suoi 
sa  dar  forma  e  sviluppo  pratico;  ma  que- 
gli eziandioche  non  tanto  perchè  crea  pen- 
sieri, ma  perchè  sa  incarnare  nel  fatto  i 
pensamenti  suoi".  Girolamo  Martens  nel 
Saggio  di  un'istoria  completa  dell' erti- 


STO 

dizione  ad  uso  de  giovani  che  comincia- 
no a  fare  i  loro  sludi  in  qualclie  univer- 
sità, riconosce  4  principali  epoche  nella 
storia  dell'erudizione  e  delle  Lettere  belle 
(/^.):  l'epoca  de'greci  sotto  Alessandro  e 
i  Toloraei;  quella  de'roiuani  sotto  Augu- 
sto;!] nel  la  degl'italiani  sotto  iMedici;quel- 
la  de'francesi  sotto  Luigi  XIV;  quindi  ri- 
conosce una  5-a  epoca,  che  i  cattolici  po- 
tranno chiamare  il  secolo  di  M.a  Teresa, 
e  i  protestanti  il  secolo  di  Federico  li.  F. 
Letterato.  Il  prof.  ah.  d.  V.  Anivitti,,^/*- 
nali delle  scienze  religiose,  i.  'serie,  1. 1 2, 
p.  22(1,  dichiara:  »  Dal  risorgere  delle  let- 
tere insino  a'dì  nostri  ha  la  storia  per- 
corso successivamente  tre  stadii.Da  prin- 
cipio tra  la  polvere  delle  recondite  ope- 
re, e  tra  gli  avanzi  dell'antichità  si  apri 
una  via  di  erudizione,  rimescolando  nel- 
le sue  ricerche  il  vero  e  il  falso,  il  favo- 
loso e  il  reale.  Dall'abuso  di  codesta  e- 
rudizioue  indigesta  ed  informe,  sentito 
da'dotti  il  bisogno  di  separare  la  gratui- 
ta asserzione  da'veridici  monumenti,  il 
duhhio  dalla  certezza,  il  senso  dalle  pa- 
role; la  storia  progredì  alla  critica,  e  di- 
venne narratrice  fedele  e  prudente.  Per 
ultimo,  a  non  lasciare  inutili  e  quasi  mor- 
ti i  tesori  della  erudizione  e  i  sudori  del- 
la critica,  la  storia  fu  assunta  alla  filo- 
sofia; e  si  pose  viva  ed  esultante  pel  sen- 
tiero delle  ragioni,  che  sono  il  mistero 
de'falti,  alla  cui  rivelazione  si  provaro- 
no un  tempo  eccelsi  genii,  ma  che  po- 
scia rimase  dimenticato. Vano  è  questio- 
nare quale  delle  3  vieavrehhe  fatto  rag- 
giungere alla  storia  una  meta  gloriosa. 
Perciocché  in  fatti,  per  quanto  spetta  al- 
l'erudizione, laddove  essa  non  sia  crusca- 
ta,  altro  non  è  che  una  farragine  di  no 
tizie,  vano  ingombro  alla  memoria,  e  tri- 
ste occasione  di  perniciosi  argomenti. La 
critica  poi  è  cosa  in  vero  di  che  bella  si 
fa  la  mente,  e  in  ispecie,  come  suona  il 
suo  nome,  la  facoltà  che  discerne;  ma  iu- 
fìne  si  ferma  sulla  corteccia  de' fatti,  né 
altro  fi,  0  poco  più, che  chiarirne  la  ma- 
teriale esistenza. La  filosofia  della  storia, 

VOL.   LXX. 


S  T  O  97 

questa  per  fermo  si  è  che  lega  tutte  le 
potenze  e  le  proprietà  più  nobili  dello  spi- 
rito umano  a'futti  dell'uomo  e  leggendo 
in  essi  più  che  l'uomo  la  umanità,  risale 
a'principii  che  li  crearono,  e  alle  conse- 
guenze che  ne  furono  il  fruito.  Ma  do- 
ve la  erudizione  non  ne  fornisca  abbon- 
dante la  materia,  e  la  critica  non  la  giu- 
dichi e  non  la  ordini;  la  filosofia  della 
storia  si  scambierà  colle  opinioni  degli 
individui,  e  Dio  non  voglia  che  sovente 
non  isvanisca  in  fantastiche  formule,  o 
come  oggi  dicono  in  utopie!  Il  perchè 
quantunque  la  seconda  sia  più  nobile 
della  prima,  la  terza  dell'una  e  dell'al- 
tra; tuttavia  crediamo  che  la  storia  sor- 
ga oggimai  da  tutte  e  tre:  l'uua  dà,  l'al- 
tra accetta,  la  terza  pone  tutto  il  valore 
intrinseco  e  relativo  a  profitto  del  vero, 
del  buono  e  del  bello;  e  perciò  a  quella 
maniera  che  1'  uomo  surge  e  dal  corpo 
destinato  ad  essere  informato  dall'ani- 
ma, e  dall'anima  destinata  ad  informa- 
re quel  corpo;  la  storia  ci  viene  dall'u- 
nione di  quegli  elementi,  de'quali  i  pri- 
mi due  sono,  diremo  così,  materiali,  il 
terzo  è  principio  animatore  e  formale, 
no  altresì  vorrà  negarci  che  uè  la 
erudizione  sia  già  tutta  esaurita;  che  an- 
zi ogni  giorno  feconde  sorgenti  se  ne  di- 
scoprono. La  critica  eziandio  ha  immen- 
si lavori  da  compiere,  più  che  immensi  (\a 
imprendere.  La  filosofia  poi  soventi  volte 
darà  in  esagerazione  ove  di  tutti  gli  uma- 
ni eventi  preteuda  rintracciare  la  genesi, 
ec."  Il  gesuita  p.  Narboue  nella  Bibliogra- 
fia sìcula,  dà  ai  giovani  che  aspirano  a 
divenire  scrittori  un  documento  utilissi- 
mo, ed  è:  »  Che  dalla  distinzione  nasce 
l'ordine, dall'ordine  la  chiarezza,  da  que- 
sta la  facilità  nell'intendere,  senza  la  qua- 
le, poiché  gli  uomini  souo  naturalmente 
fuggifatica,  niun  libro  potrà  universal- 
mente piacere  e  divenir  popolare".  Dice 
il  Parisi  nelie  Istruzioni^  che  la  dottrina 
del  cardinal  Antoniano  fu  senza  ostenta- 
zione: ebbe  per  massima  nello  scrivere  di 
far  servir  le  parole  e  Io  stile  alla  mate- 
7 


(,8  STO 

ria,  e  non  questa  alle  parole;  e  perciò  seb- 
bene sapeva  lutla  la  finezza  della  lingua 
latina,  l'adattò  alle  cose  sagre,  di  cui  trat- 
tano per  lo  più  i  brevi  pontificii,  né  si  le- 
ce scrupolo  d'usai'  termini  e  frasi  eccle- 
siastiche,e  purgai  e  da  Ila  prof  ini  là  del  geo 
tilesimo,  quando  mancavano  le  parole  e 
frasi  Ialine  per  esprimere  le  cose,  delle 
quali  i  latini  non  ebbero  idea.  Bacone  eia 
Verulamio,  De  dign.  et  aug.  svieni.  lib. 
2,  cap.  i,  divide  tutta  la  dottrina  umana 
in  3  classi,  prese  dalle  3  facoltà  della  no- 
stra mente;  cioè  in  istoria,  che  apparite ■ 
nealla  memoria;  in  poesia, cli'è  parte  del- 
l'immaginazione; ed  inf]losofia,opera  del- 
la ragione.  D'Alembert  nel  discorso  pre- 
liminare dell' Enciclopedia,  lungamente 
spiega  colla  sua  solita  sottigliezza  la  con- 
gruenza di  tale  divisione  della  dottrina 
umana,  e  confurmemenle  alla  medesima 
divide  i  letterati,  in  eruditi,  in  filosofi,  ed 
in  belli  spirili:  'a  memoria  è  il  talento  de- 
gli eruditi,  la  sagacità  è  la  dote  de'filo 
sofì,  e  le  grazie  sono  il  distintivo  de'beìli 
spiriti;  e  questi  3  talenti  diversi  formano 
3  classi  di  uomini,  che  non  hanno  altro 
di  comune  fra  di  loro  nella  repubblica  let- 
teraria che  il  dispregiarsi  mutuamente, 
come  riflette  l'Andre».  Egli  aggiunge  che 
taledi  visione  è  giustissima,  se  consideria- 
mo le  relazioni  delle  scienze  colle  facol- 
tà della  mente,  ma  non  riesce  molto  co- 
moda per  seguire  i  progressi  fatti  nello 
studio  di  quelle.  La  grammatica  forma 
una  parte  della  filosofìa,  ma  nel  trattare 
storicamente  l'avanzamento  delle  scienze 
non  sarà  più  convenientemente  riposta 
presso  all'eloquenza  e  al  la  poesia,  che  nou 
unitameli  te  alla  metafìsica?  La  storia  na- 
turale e  l'ecclesiastica  appartengono  cer- 
tamente alla  storia,  ma  come  distogliere 
quella  dalla  fisica,  questa  dalla  teologia? 
Conclude  il  p.  Andres,  che  la  divisione  di 
Bacone  potrà  confusi  a  chi  voglia  disa- 
minare la  genealogia  delle  scienze.ma  non 
così  a  chi  desideri  scriverne  la  storia.  Di- 
versi sonoigeueri  di  storia,  a  volerne  ri- 
cordare i  principali,  il  i.°è  la  storia  saula 


S  T  O 
dell'antico TmlamentoiJP.),  scritta  da  au- 
tori ebrei.  l'Issa  comincia  alla  creazione 
del  mondo  e  termina  colla  nascita  di  Ge- 
sù Cristo,  comprendendo  uno  spazio  di 
più  che  4ooo  anni,  secondo  alcuni,  altri 
l'accorciano,  altri  l'aumentano  di  molto, 
al  modo  e  come  riportai  ad  Era.  Malgra- 
do la  quantità  dellecritichetemerarie  che 
gl'increduli  autichi  e  moderni  hanno  fat- 
to di  essa  ,  e  malgrado  il  disprezzo  con 
cui  ne  hanno  essi  parlato,  questa  stona 
sarà  sempre  rispettabilissima  sotto  ogni 
aspetto;  siccome  sarà  ognora  la  più  sa- 
viamente scritta,  quella  die  porla  seco  le 
maggiori  prove  di  autenticità  <•  di  verità, 
e  dalla  quale  apparisce  più  chiaramente 
la  mano  onnipotente  di  Dio.  Sua  conti- 
nuazione è  la  storia  ecclesiastica,  cioè  del- 
lo stabilimento  e  de'progressi  del  cristia- 
nesimo, dal  principio  della  pndicazioue 
dell'e  vangelo  sino  a'nostri  giorni.  La  co- 
noscenza di  questa  storia  è  una  parte  es- 
senziale della  teologia;  in  fatti  non  è  que 
sta  una'seienza  d'invenzione,  ma  bensì  di 
tradizione:  essa  consiste  nel  sapei  eciò  che 
Gesù  Cristo  ha  insegnalo,  sia  egli  mede- 
simo, sia  per  mezzo  de'suoi  apostoli;  in 
qua!  modo  questa  storia  venne  attaccata, 
e  come  è  stata  difesa.  Chiamasi  poi  pro- 
priamente Scrittura  sagra  (F.)  la  storia 
non  solamente  dell'antico,  ma  anche  del 
nuovo  Testamento, compostadagliiSV/v£- 
tori  sagri  (?''.).  Da  ultimo  il  dolio  mg.r 
Claudio  Samuelli  vescovo  di  Montepul- 
ciano, di  recente  defunto,  ad  esempio  di 
altri  lodevoli  vescovi,  neli85i  ci  die  il 
Nuovo  compendio  di  storia  sacra  per 
uso  dell'  educazione  e  istruzione  della 
gioventù  di  lutti  i  ceti.  In  esso  dichiarò, 
che  giova  promuovere  il  metodo  d'  in- 
segnare la  religione  per  mezzo  dell'isto- 
ria sagra.  Con  encomi  ne  rese  ragione  la 
Civiltà  cattolica  nel  t.  8,  p.  336.  Inol- 
tre questa  pubblicazione  periodica  cotan- 
to utile,  nel t.  7,  p.  54^  della  2/' serie,  fe- 
ce altrettanto  sull'Esposizione  de'qual- 
tro  sacri  Evangeli  insieme  confrontati. 
Opera  di  Geminiano  Rlislei  della  coni- 


STO 

pagaia  di  Gesù,  Rumai 854. 1'1  quésta 
felice  idea  e  nobile  pensiero,  di  porgere 
a'fedeli  un  nuovo  e  ubertoso  pascolo  di 
vita  eterna, oltrela  storia  evangelica  del- 
le gesta  meravigliose  dell'adorabile  Re- 
dentore, scritta  con  mirabile  accordo  nel- 
la sostanza  e  senza  che  uno  di  perdesse 
dall'altro,  da'4  Evangelisti  divinamen- 
te ispirati,  eziandio  vi  si  penetra  il  senso 
più  intimo  e  vitale,  che  invigorisce  il  cuo- 
re a  proceder  franco  nelle  vie  della  perfe- 
zione cristiana.  Le  sorgenti  del  la  storia  ec- 
clesiastica ossia  del  Cristianesimo  (F.), 
sono  gli  scritti  degli  Apostoli,  degli  E- 
vangelisti,  de' Padri  che  li  successero,  gli 
alti  de' SIartìri3  i  loro  Fasti  e  Martiro- 
logi t  quelli  de  Sinodi  o  Concilii  (/'".),  le 
memorie  degli  storici.  Per  poco  che  si  vo- 
glia riflettere  leggendo  la  storia  ecclesia- 
stica, non  si  può  non  ammirare  la  prov- 
videnza di  Dio  pel  modo  con  cui  degnos- 
si  dirigere  la  sua  Chiesa  (F.).  Secondo 
i  deboli  lumi  della  prudenza  umana,  le 
persecuzioni  degl'imperatori  edegli  altri 
principi  pagani  avrebbero  dovuto  solfo- 
care  il  cristianesimo  appena  nato;  e  le  e- 
resie  e  scismi  insorti  in  lutti  i  secoli,  e- 
rano  piò  che  sufficienti  per  distruggerlo. 
Dopo  l'irruzione  de' barba  ri,  l'ignoranza 
sembra  va  che  dovesse  seppellire  nel  la  me- 
desima tomba  la  religione  e  le  scienze.  La 
corruzionede'costumi,  che  circola  da  una 
nazione  all'altra, indispone  gli  spiriti  con- 
tro una  dottrina  ebe  la  condanna,  e  vi 
sono  de'tempi  ue'quali  sembra  essa  sta- 
bilire una  prescrizione  contro  1' evange- 
lo;  ma  Dio,  che  veglia  sulla  sua  opera,  si 
serve  per  sostenerla  anchedellecose  e  del- 
le persone  ebe  sembravano  doverla  inve- 
ce distruggere:  gli  ultimi  esempi,  e  mera- 
vigliosi, gli  avemmo  nel  finir  dello  scorso 
secolo  e  nel  presente.  Il  dogma,  la  mora- 
le, il  culto  esterno,  la  disciplina,  sono  i 
4  principali  oggetti  che  si  osservano  leg- 
gendo la  storia  ecclesiastica.  I  due  primi 
non  possono  mai  cambiare:  talvolta  pe- 
rò sembrano  oscurati  dalle  dispute,  ed  è 
d'uopo  di  seguire  attentamente  il  filo  di 


S  T  O  99 

tale  contestazione  per  potere  alla  fine  de- 
terminarsi a  comprendere  il  vero  signi- 
ficato de'decrcti  delIaChiesa,  i  quali  han- 
no deciso  le  questioni.  Il  cullo  esterno  può 
aver  maggiore  o  minore  splendore,  e  bi- 
sogna osservare  il  legame  e  il  i  apporto 
che  ha  sempre  col  dogma.  La  disciplina 
varia  secondo  i  tempi,  i  costumi,  le  leggi 
ci  vi  li:  vi  sono  però  anche  in  questa  de'puu- 
li  fissi  ed  invariabili,  da'quali  la  Chiesa 
non  si  è  mai  dipartita,  e  clic  non  cambie- 
rà  giammai.  La  propagazione  dell'evali- 
gelo,  le  vicende  della  Chiesa  e  le  gesta  de- 
gli eroi  del  cristianesimo  meritavano  be- 
ne, che  se  ne  conservasse  presso  i  fedeli 
la  memoria.  Egesippo  fu  ili. "che  diede 
l'esempio  di  scrivere  la  storia  ecclesiasti- 
ca, e  in  5  libri  compose  de'commentari 
degli  atti  ecclesiastici,  de'quali  ci  sono  ri- 
masti soltanto  pochi  frammenti.  Le  que- 
stioni tanto  agitate  sopra  la  Pasqua  e  so- 
pra il  Battesimo,  ed  altre  dispute  insor- 
te ne'primi  secoli  intorno  all'ecclesiastica 
disciplina,  tenevano  sempre  più  vivo  lo 
studio  dc'eristiani  dottori,  e  davano  ma- 
teria a  sottili  ricerche  e  ad  erudite  scrit- 
ture. E  I  ecco  in  qual  guisa,  dice  il  p.  An- 
dres, cominciò  a  prender  piede  ed  a  viep- 
più propagarsi  l'ecclesiastica  letteratura, 
a  segno  di  potere  degnamente  occupare 
lo  studio  delle  persone  di  più  alto  inge- 
guoper  molti  secoli;  la  Chiesa  mantenen- 
do Scuole  [V.)  e  Biblioteche  per  istruire 
gli  ecclesiastici  nelle  scienze  divine  ed  li- 
mane. Uno  de'più  antichi  scrittori  di  sto- 
ria ecclesiastica  fuEuscbio  diCesarea{  fy/.). 
Sullastoria  ecclesiastica  abbiamo  princi- 
palmente ilei  gran  cardinal  Earonio,  An- 
nales  ecclesiaslicis,  Venetiis  i  70 5. 11  b*a- 
ronio  si  meritò  il  titolo  di  Padre  della 
storia  ecclesiastica,  e  la  scrisse  per  co- 
mando di  s.  Filippo  Neri  (sul  quale  nel 
i854  pubblicò  in  Roma  mg. r Francesco 
de'conli  Fabi  Montani,  Ragionamento 
della  coltura  scientifica  dis.  Filippo  Ne- 
ri e  dell'impulso  da  Itti  dato  agli  studi 
ecclesiastici),  in  un  tempo  che  i  4  mini- 
stri protestanti,  chiamali  Centuriatori  di 


joo  STO 

]\lagdeburgo[I'. ),nveauo  pubblicato  una 
storia  ecclesiastica  divisa  idi 3  centurie, 
con  empio  scopo  e  per  propagare  il  na- 
scente luteranismo.  Gli  sinuati  del  Ba- 
ronio incominciano  dalla  nascita  di  Ge- 
sù Cristo,  e  giungono  sino  ah  irjB.Odo- 
rico  l{'nrc\\d\,Annaliecclesiaslici tratti  da 
quelli  del  cardinal  Baronio,  Roma  1 64 1  "• 
Annales  ecclesiastici  ex  (orni  odo  ad  a- 
mini  pluribus  auclum  redacti  ,  Roruae 
1667.  Il  Rinaldi  continuò  pure  gli  An- 
nali del  Baronio  sino  al  1 534,  continua- 
zione compresa  in  detti  tomi.  Tre  poi  ne 
pubblicò  Giacomo  Laderchi,  Annales  ec- 
clesiastici ab  anno  1 566  ubi  Odericus 
Raynaldus  desini,  Romae  1728.  Enrico 
Spondano,   Annalium  ecclesiaslicorurn 
card.  Baronius  conlinuatio  ab  anno  1  5qj 
quo  is  desili  ad  finem  1646  ,  Lugduni 
1678  :  Epitome  Annalium  ecclesiastico- 
rum  C.  Baronii, Lugduni  1  660.  G.  P.  O- 
liva,  Obscrvationes  anonymi  de  Arimi- 
nis  ad  Annales  eccl.  H.  Sponclani,  1 656. 
Antonio  Pagi,  Critica  historico-chrono- 
logica  in  universos  Annales  ecclesiasti- 
cos  Card.  Baronii,  in  quo  rerum  narra- 
lio  dcfenditur,illustratur,  suppletur,ordo 
temporum  corrigilur,  innovalur,  et  perio- 
do graeco  romana,  nuneprimum  concin- 
nata munitur,  Àntuerpiae  1727.  Berault 
Bercastel.  Storia  del  Cristianesimo,  Ve- 
nezia 1  SaB.GiovanniBellomo,  Continua- 
zione della  storia  del  Cristianesimo  di  B. 
Bercastel,  Venezia  1 832-35.  Robiauo, 
Continuation  de  l' ILsloire  de  VEglise  de 
Bercasteljdepuis  1  72  1  fusquen  1 83o,Pa- 
ìis  1 836.  Storia  ecclesiastica  del  cardi- 
nale Giuseppe  Agostino  Orsi  _,  Venezia 
1822.  La  continuò  e  compì,  come  dissi 
nella  biografia  del  cardinale,  mg.r  Auge- 
llo Beccbelti  domenicano  bolognese  ve- 
scovo diCittà della  Pieve. Nel  1 836  si  pub- 
blicò in  Parigi  :  Istoria  generale  della 
Chiesa  ne' secoli XVI II eXIX, continua- 
zione di  tutte  le  edizioni  di  B.  Bercastel 
e  supplemento  a  tutte  le  istorie  della  Chie- 
sa pubblicate  fino  a  questo  giorno.  B. 
Henrion,  Storia  universale  della  Chiesa 


STO 

dalla  predicazione  degli  apostoli  fino  al 
pontificato  di  Gregorio  XVI,  Mendrisio 
i838.  Jo.  Baptista  Palma,  Praelectioues 
Ilisloriae  ecclesiasticae,  Romae  1 838. 
Pauli  del  Signore,  Institutiones  hisloriae 
ecclesiasticae,  quas  nolis,el  animadver- 
sionibus  illustravi t  d.  Vincenlius  Tizza- 
ni,  Romae  1837  (di  Del  Signore  si  ha  pu- 
re, Thesaurus  hisloriae  ecclesiasticae , 
Romae  1  83g).  Di  queste  due  opere  se  ne 
rende  ragione,  con  encomi,  negli  Annali 
delle  scienze  religiose  nel  t.  6,  p.  2  53,  con 
questo  preamboIo.^Se  le  storie  de'tempi 
che  ci  precederono  offrono  allo  spirito  u- 
mano  un  erudito  pascolo  di  cognizioni  per 
apprendere  colla  scorta  de'passati  avve- 
nimenti i  progressi  delle  arti,  le  civilizza- 
zioni de'popoli,  l'influenza  della  morale 
e  delle  leggi,  e  tutte  quelle  cagioni,  che 
tanto  potentemente  agiscono  sullo  stato 
dell'avanzarsi  e  del  declinare  delle  nazio- 
ni, non  può  sotto  gli  stessi  riguardi  con- 
siderarsi quella  de'fasti  della  Chiesa  di  Ge- 
sù Cristo.  Non  è  questo  studio  ristretto  al 
vantaggiodi  erudire  semplicemente  Io  spi- 
rito, e  di  mostrargli  la  via,  con  che  gli  sia 
dato  dietro  l'esperienza  de'trapassati  se- 
coli ottenere  i  mezzi  di  una  migliore  e- 
sistenza  nella  vita  sociale;  ma  riguarda 
ciò  che  di  più  interessante,  più  prezioso 
e  più  caro  può  formar  l'oggetto  delle  as- 
sidue sue  contemplazioni.  La  storia  della 
Chiesa  nel  suo  sovraumano  nascimento, 
e  ne'suoi  portentosi  incrementi  a  fronte 
degli  ostacoli  più  stranie  crudeli,  quelli 
della  sublimila  delle  sue  dottriue  soste- 
nute coll'appoggio  di  provvide  leggi  di- 
rette alla  loro  invariabile  durata,  la  san- 
tità altresì  de'suoi  pietosi  seguaci,  e  dei 
Riti  (V.)  pieni  di  religione,  di  maestà,  e 
di  alte  espressioni,  regolati  da  saggia  di- 
sciplina sempre  accorta  a  non  allontanar- 
si per  quanto  è  possibile  dalla  uorma  dei 
nostri  maggiori;  questi  e  altri  simili  be- 
ni, che  si  raccolgono  dal  percorrere  il  va- 
stissimo campo  di  tale  storia,  destano  nel 
cuore  umano  un'imponeute  e  grata  soa- 
vità di  peusieri  e  di  affetti  da  non  poter- 


STO 

si  questa  aver  eguale  nello  studio  della  ci- 
viltà delle  generazioni  e  de' popoli,  limi- 
tato all'unico  scopo  dell'erudizione  e  del- 
la temporale  felicità.  Lastoriadella Chie- 
sa di  Gesù  Cristo  è  quella  ad  un  tempo 
della  Religione  (f.),  che  abbiamo  la  sor- 
te di  professare,  e  se  nulla  vi  ha,  né  può 
immaginarsi  di  più  imponente  e  di  più 
caro  di  lei, forza  è  il  concludere  esser  des- 
sa  di  tutte  le  nostre  occupazioni  la  più  u- 
tileela  più  interessante".  Inoltre  gli  An- 
nali delle  scienze  religiose,  2.a  serie,  t.  3, 
p.  4^3,  dichiarando  che  la  filosofia  della 
storia  ecclesiastica  non  ci  guida  ad  apprez- 
zare giustamente  i  fatti,  se  non  per  mez- 
zo del  doppio  studio  delle  cagioni  e  delle 
leggi  chedominauo  la  storia  stessa,  e  per- 
chè G.  S.  Blanc  fa  conoscere  l'applicazio- 
ne ili  queste  leggi,  nel  Corso  di  storia  ec- 
clesiastica, Parigi  i  84 1  -4 5,  lo  loda  e  an- 
nunzia che  l'opera  sarebbe  accompagna- 
ta da  dissertazioui  storiche,  da  problemi 
e  da  documenti  giustificativi.  Lo  studio 
della  storia  ecclesiastica,  fatto  orinai  piti 
serio  e  coscienzioso,  produsse  non  po- 
chi trionfi  alla  Chiesa  e  le  prepara  al- 
tre consolazioni.  Fanno  parte  e  si  colle- 
gano  colla  storia  ecclesiastica,  la  Geo- 
grafìa (['.)  sagra,  e  la  storia  dei  Papi 
(F.),  quella  d& Santi  (/".)  le  cui  grandi 
virtù  e  glorie  si  potino  vedere  nelle  bio- 
grafie e  ne'tanti  articoli  che  vi  hanno  re- 
lazione. La  più  parte  di  questo  mio  Di- 
zionario riguardando  la  geografia  tanto 
sagra,  quanto  profana, a'suoi  innumera- 
bili articoli  riporto  gli  autori  storico-geo- 
grafici tanto  generali  che  parziali.  Tra  le 
parti  della  geografia  una  delle  più  essen- 
ziali è  la  geografìa  istorica,  poiché  com- 
prende i  limiti  degli  sta  li  di  versi,  le  varia- 
zioni che  provarono,  le  loro  perdite,  i  lo- 
ro ingrandimenti,  e  gli  storici  progressi 
che  riguardano  l'emigrazioni  de'popoli, 
la  formazione  e  caduta  Liegi' imperi,  regni, 
repubbliche,  i  cambiamenti  delle  dinastie, 
in  uua  parola  i  più  rimarchevoli  tratu 
della  storia  di  ciascun  popolo  e  nazione. 
Quanto  alla  storia  oc  Papi,  dichiarai  in 


STO  io[ 

quell'articolo  co'principii  dell'arte  stori- 
ca, i  progressi  della  critica  favorevoli  per 
debito  di  giustizia  e  di  storica  verità  al- 
la storia de'romani  Pontefici,  vendicando 
le  a  mare  e  ingiuste  accuse  lanciate  al  Pon- 
tificato (P .),  di  che  riparlai  in  molte  del- 
le biografie  de'Papi,  e  segnatamente  in 
quelle  di  s.  Marcellino,  s.  Liberio,  s.  Si- 
rido,  s.  Simmaco,  Onorio  1, Silvestro  II, 
s.  Gregorio  FU,  Innocenzo  III,  Boni- 
facioVUI,  Gregorio  XII, Sistola, Giu- 
lio II,  ec.  E  siccome  uell'articolo  Papa  ri- 
portai gli  storici  de'Papi,  e  ricordai  che  il 
ch.cav.LuigiFerrucciavea  con  aurei  versi 
storici  continuato  Frodoardo,  ora  eono 
lieto,  ad  onore  di  sì  cospicuo  letterato  e 
latinista  egregio,di  aggiungere  la  pubbli- 
cazione del  suo  :  Enchirulion  Ilisloriae 
Pontifìcalis  post  libi'o<;  Frodoardi  cano- 
nici lleniensi  a  secalo  vini  ad  xvuil, 
in  perìodus  sex  conlractum  servata  ver- 
sus hexametri r adone,  Luci  in  Aemilia, 
ex.  officina  Melaudriana  1 8 53.  La  storia 
de'Papi  è  della  più  grande  importanza, 
poiché  congiunge  a'fatti  principali  delle 
cose  di  religione,  le  vicende  ili  tulli  i  pò 
poli  per  le  relazioni  dirette  e  iudirette, 
che  il  Pontificato  (I7.)  esercitò  sempre 
in  ogni  contrada,  e  ne  riparlai  a  Sovra- 
ni e  Sovranità  :  laonde  non  vi  può  es- 
sere quasi  alcuna  cosa  appartenente  alla 
storia  pontifìcia,  la  quale  non  la'  colle- 
ghi pure  con  tutti  gli  avvenimenti  più 
memorabili  del  cristianesimo,  non  solo 
per  rispetto  della  spirituale  podestà  ePri- 
malo (/'.)del  romano  Pontefice,  ma  an- 
cora per  quella  temporale  esercitata  nei 
domimi  e  principato  civile  della  chiesa 
romana,  non  meno  che  negli  Slati  e  Re- 
gni tributari  alla  s.  Sede  (F.).  Pel  va- 
sto e  copioso  complesso  delle  molteplici 
ed  enciclopediche  nozioni  che  compren- 
de la  storia  de'Papi,  avendone  fatto  nel 
fior  degli  anni  particolare  e  analitico  stu- 
dio, fu  per  questo  precisamente  che  con- 
cepii l'idea  di  compilare  questo  mio  Di- 
zionario di  ci  udizione  storico-ecclesia- 
slica,c\\v.  sebbene  lo  circoscrissi  das.  Pie* 


102  STO 

tro  sino  ai  nostri  giorni,  subilo  l'amplini, 
e  vieppiù  in  seguilo  del  suo  sviluppo. 
Su  tale  fiori lespizio  e  altro,  feci  paiola 
nel  voi.  LXYI1I,  p.  244-  "  P-  m-  Casi 
miro  Tempesti  de'  con  ventilali,  nell'idea 
dell'opera:  Storia  della  vita  a  gestc  di  Si 
sto  V,  deplora  nel  vedere  la  storia  bio- 
grafica, cbe  prima  tessevano  i  soli  dotti 
e  di  consumala  esperienza  ue'maneggi  di 
corte, capaci  de'grandi  affari  che  debbon 
si  sviluppare,  divenuta  comune  occupa- 
zione di  persone  incapaci  a  corrisponde- 
re al  grave  e  difficile  incarico,  e  che  acce  - 
cali  dalla  presunzionee  dalla  vanità,  qua- 
si per  divertimento  a  tempo  avanzato  si 
[ione vano  al  difficile  c'intento.  Per  trattare 
tale  o  qualunque  altra  storia  dichiara  che 
senza  unconliuuoe  unicostudio, senza  un 
maturo  criterio  non  è  mai  possibile  di  far 
bene,pei  cui  suoleavvenirecliesiffalte  sto- 
rie biografiche  non  recano  lustro  a'pas- 
sali,nè  utile  a'viveuli.  Il  p.  Tempesti  de- 
scrive le  difficoltà  di  questa  impresa  ar- 
dua e  scabrosa,  i  doveri  e  le  prerogative 
necessarie  allo  storico,  e  pel  t  .°la  netta  e 
pura  verità, di  saper  scegliere  i  documen- 
ti per  compilarla,  eliminando  quelli  con- 
tenenti favoloseoesagerate  narrazioni;  di 
procedere  con  critica  savia,  temperante 
e  uou  indiscreta,  divenendo  allora  inso- 
lente e  ingiuriosa;  di  sapere  adattare  il 
conveniente  stile  proprio  alla  storia,  non 
senza  ornamenlo  e  qualche  sobrio  arti- 
ficio; essere  uno  scoglio  per  rispetti  umani 
il  lacere  certe  verità, l'occultare  alcuni  no 
mi,  il  palliare  successi  per  non  offendere, 
mentre  manca  il  pregioalla  storia  se  a  lei 
manca  la  veracità  imparziale;  altro  im- 
barazzo essere  il  conciliare  le  opinioni  di- 
scordi, le  testimonianze  condì  addittorie, 
dovendosi  usare  somma  diligenza,  cau- 
tela e  buon  senso  uell'abbracciare  la  sen- 
tenza che  sembra  più  probabile.  Piicor- 
da  l'insegnamento  di  Luciano,  che  lo  sto- 
rico j  qualora  non  voglia  tradire  1'  arte 
propria  e  fare  ingiuria  al  Poeta  (P-),  cui 
è  alfine,  come  lo  è  al  Pittore  e  allo  Scul- 
tore {V.),  deve  studiarsi  di  somigliarlo 


S  T  O 
per  l'altezza  e  sublimità  de' sentimeli tij 

insegnamento  corroborato  ancora  da  De- 
metrio cogli  esempi  de'celebri  storici  gre- 
ci Erodoto,  chiamalo  a  ragione  il  padre 
della  storia,  e  Tucidide, poiché  fucilan- 
do egli  dell'elocuzione  afferma,  che  se  lo 
storico  formerai!  suo  ragionare  all'idea 
poetica,  parlerà  magnificamente.  Lon- 
gino con  Demetrio  disapprovò  il  parere 
di  Tullio,  il  quale  vuole  che  Teopompa 
superasse  nella  graudezza  del  dire  Fili- 
slo  e  Tucidide;  e  pretende  Longino  che 
Teopompo  avendo  materie  nobili  non 
le  trattasse  con  carattere  convenevole.  Il 
[>.  Bonlempi  facendo  il  confronto  dell'o- 
ratore e  lo  storico,  essendo  egli  d'avviso 
che  il  carattere  storiale  sia  il  medesimo 
della  maniera  platouica  panegirica,  col* 
l'insegnamento  di  Giuliano  Cesare  nel- 
l'orazione encomiastica  di  Costanzo,  di- 
ce che  l'oratore  amplificando  innalza  le 
cose  sopra  quello  che  convenga  loro,  ov» 
vero  le  avvilisce  più  di  quello  che  sia  d'uo- 
po e  non  le  eguaglia;  laddove  lo  storico 
non  ingrandisce,  nò  diminuisce  le  cose, 
ma  cerca  solo  la  verità  nelle  cose  mede- 
sime, e  le  riferisce  semplicemente  come 
le  trova,  eguagliando  con  carattere  no- 
bile le  cose  narrate  colla  narrazione.  A- 
lislotile,  Tullio  e  Quintiliano  ammae- 
strano che  la  dicitura  convenevole  alla 
stona  dev'essere  fluida,  copiosa, soave,  or- 
nata di  quando  in  quando  di  opportune 
virtuose  sentenze,  giusta  l'ingiunzione  di 
Cor  nifìcio.  A  lem  pò  e  luogo  de  ve  dire  qual- 
che giudiziosa  epifonema  (conclusione  en- 
fàtica, che  trae  sentenza  dalle  cose  nar- 
rate), tanto  vagheggiata  da  Valerio  Mas- 
simo, che  ravviva  il  racconto  e  raddol- 
cisce l'animo  del  lettore.  Deve  scintillar 
di  figure  vive,  ma  con  tale  artificio  che 
nou  sem  bri  lo  storico  far  ne  pompa, di  qual- 
che naturale  episodio  e  analoga  modera- 
ta digressione.  Insegua  Plutarco  che  non 
si  devono  trascurare  nelle  storie  biogra- 
fiche anche  le  azioni  minute,  che  quali- 
ficano meglio  quello  di  cuisi  scrivela  sto- 
ria ,  riportandone  le  sentenze,  e  i  delti 


STO  STO                    ioS 

arguii  o  lepidi,  poiché  presentano  cose  tuttavia  tenersi  sempre  in  guardia  contro 
degne  d'imitazione,  e  ne  formano  il  ca-  «juel  veleno  che  serpeggia  e  cova  quasi  in 
rntierislico  della  persona.  Sul  cattolici-  ogni  fibra  della  società?... Perciò  appunto 
sino  poi  degli  scrittori,  pubblicò  alcune  è  tanto  raccomandata  agli  scrittori  catto- 
osservazioni  la  Civiltà  cattolica,  2.3serie,  liei  quella  sottomissione  sincera  a'giudi- 
t.  4>P'  6'  ',  come  quella  ch'è  sempre  in-  si  e  all'autorità  della  Chiesa  infallibile 
lenta  di  ricondurre  a  perfetta  armonia  maestra  e  colonna  della  verità.  Questo 
col  caltolicismo  le  menti  de'suoi  nume-  vantaggio  abbiamo  noi  cattolici,  che  ri- 
rosi lettori.  Perlan to  avverte,  che  talvol-  conoscendo  e  riverendo  un'autorità,  con- 
ia lo  scrittore  o  storico  cristiano, massime  Irò  cui  le  porte  dell' inferno  non  predar- 
cattolico,  quando  finge  a  se  medesimo  di  ranno,  siam  certi  d'essere  nel  retto  ogni 
considerarsi  giudice  spregiudicato  fra  le  qualvolta  non  ci  discostiamo  almeno  col 
contese  religiose  de'  cattolici  e  quelle  dei  cuore  da'  suoi  giudizi.  All'incontro  quei 
proteslanti,  si  mette  forse  senza  volerlo  poveri  omicciattoli  che  superbi  del  loro 
e  senz'  accorgersi  non  sopra  un  terreno  meschino  sapere  vollero  o  ne'tempi  pas- 
neulrale,ma  tra  le  file  nemiche.  Ogni  no-  sali  o  ne'i  ecenli  farsi  maestri  del  mondo, 
ino  può  errare,  e  se  altri  scrive  molto  e  di  rigettando  e  non  curando  l'autorità  dei- 
molte  materie,  è  assai  facile  che  egli  erri  la  Chiesa,  noi  li  vedemmo  cadere  in  pri- 
soveiitc.  Siccome  poi  si  può  errare  in  i-  ma  in  errori  grossolani,  e  perdere  poco 
storia  e  in  filosofia,  così  anche  e  molto  dopo  presso  il  volgo  medesimo  quell'au- 
più  si  può  errare  in  materie  religiose  e  turi tà  di  scrittoli  famosi  che  tanto  airi- 
teologiche.  Non  è  cattolico  colui  che  per-  bivano  e  per  cui  difendere  ed  assicurare 
siste  ostinato  nel  suo  errore,  quando  per  appunto  adoperavano  quel  loro  folle  or- 
tale  è  riconosciuto;  bensì  lo  è  assai  più  goglio". 

di  quanti  altri  i  quali  viceversa  scrivono  Lo  studio  della  storia  ecclesiastica  fu 
e  parlano  ottimamente,  mentre  pensano  sempre  coltivalo  dalla  Chiesa,  e  pel  ze- 
ed  operano  molto  male,  se  docile  si  ino-  lo  de'  vescovi  eziandio  nelle  scuole,  nei 
slra  prontoa  mutar  parere  esi  sottoniet-  seminari,  nelle  università, ed  anche  con 
te  a  quello  dellaChiesa.»  Siamo  in  tempi  apposite  accademie,  come  lo  è  tuttora. 
ne' quali  l'eterodossia,  l'indifferenza  e  la  Roma  sempre  fiorente  di  accademie  ec- 
smaniadigiudicartuttoeperlìnolaChiesa  clesiastiche,  polemiche  e  liturgiche,  eb- 
nellesuepralicheenellesuedollrine,hau-  be  purequelle  di  storia  ecclesiastica. Leg- 
no impregnato  oer  così  dire  l'atmosfera  go nel  Piazza,  Eicsevologio  Romano,  [rat. 
cherespiriamo.  Qual  meravigliachescrit-  12,  cap.  24  :  Dell'  accademia  di  storia 
lori  sinceramente  cattolici  nel  loro  inter-  ecclesiastica  in  s.  Eusebio  nell'  Esquili- 
110,  fermissimi  di  voler  rimaner  cattolici  no,  chiamata  cjuesta  primogenita  dell'ac- 
ad  ogni  costo,  tuttavia  siano  pur  essi  ini-  endemia  o  conferenza  de'  concilii  e  del- 
bevnti  di  quell'idee  e  principi-!  e  forinole  l'istoria  ecclesiastica  del  Collegio  TJrba- 
non  cattoliche,  che  sotto  ogni  aspetto  an-  no  [V.)  di  Propaganda  fide,  perchè  con 
che  più  leggiadro  e  seducente  si  presen-  virtuosa  emulazione  da'migliori  sogget- 
tano ora  alle  menti?  Filosofia, storia,  pò-  ti  del  clero  romano  secolare  e  regolare, 
litica,  letteratura  ogni  cosa  è  stala  ma-  verso  il  declinar  del  secolo  XVII  nel  mo- 
nomessa e  guasta  da  quei  principi!  ete-  nastero  de'  celestini  di  s.  Eusebio  alla 
rodossi  di  falsa  indipendenza,  che  da  3  conferenza  sulla  storia  dei  concilii  fu  ag- 
secoli  conpermauentee  maligna  cospira-  giuntala  pubblica  accademia  di  storia  ec- 
zioue  congiurano  contro  la  verità.  Qual  clesiastica,  spaziando  sul  vasto  campo  dei- 
meraviglia,  ripetiamo,  che  gli  scrittori  la  medesima,  che  illustrarono  tanti  gravi 
moderni, auche  rettissimi,  non  sappiano  e  fedeli  scrittori,  sui  (piali  primeggia  il 


jo4  STO 

cardinal  Baronia,  che  per  antonomasia 
celebrai  Padre  della  storia  ecclesiastica, 
con  intervento  tle'pi li  cospicui  letterati,  e 
«le' cardinali  e  prelati.  Ad  Accademie  di 
R.om a, encomiai  Benedetto  XIV  cultore  e 
patronodottissimo  de'sagrie  profani  stu- 
di, che  fra  le  accademie  che  istituì  o  ri- 
stabilì in  Roma  (delle  quali  abbiamo  la 
Notizia  delle  accademie  erette  in  Roma 
per  ordine  di  Papa  Benedetto  XI F,  Ro- 
ma i  740.  Ivi  furono  pure  stampati  nel 
ì  742,  1  743,  1  744  S''  Argomenti  de' di- 
scorsi da  farsi  nelle  accademie  nuova- 
mente istituite  da  Papa  Benedetto  XII  ), 
•vi  fu  quella  della  Sagra  storia  e  erudi- 
zione ecclesiastica,  e  con  avveduto  con- 
siglio la  stabilì  nella  casa  de' Filippini^  V.), 
come  illustre  palestra  e  congregazione,  da 
cui  fiorirono,  oltre  il  fondatore  s.  Filip- 
po Neri  benemerentissimo  degli  studi  ec- 
clesiastici;, i  Baronio,  i  Rinaldi,  i  Severa- 
110, ed  altri  dottissimi  nellesagrestorie, de- 
putandone a  segretario  il  dottissimo  Bian- 
chini. Di  grande  utilità  riesce  altresì  lo 
studio  della  storia  profana,  e  quello  del- 
ia storia  letteraria.  Gli  esempi  chiari  nel- 
l'antica storia  profana  dell'  istesse  virtù, 
pagane,  giovano  mirabilmente  all'accor- 
to istitutore  o  nell'accademie  per  infiam- 
mar l'animo  de'cattolici  giovinetti,  non 
che  ad  imitare,  ad  avanzare  e  superare 
gli  sforzi  della  naturale  probilàdi  uomini, 
i  quali  avvolti. gemevano  nel  lacrimevole 
tenebrore  del  gentilesimo.  Le  virtù  di  Ci- 
ro pel  i.°  seggio  d'oriente,  quelle  de'Ca- 
ruilli,  de'Scipioni,  de'Valeri  Pubblicata, 
de'Meneni  Agrippa  fra'romani, d'un  Ari- 
stide e  d'  un  Epaminonda  per  lacere  di 
tanti  altri  tra'greci,  sono  mirabili  scatu- 
rigini fecondissime  di  salutari  lezioni  alla 
più  tenera elà,lequali  avvegnaché  si  colle- 
gllino a  fatti  illustri  ne' vetusti  annali, più 
fisse  nelle  menti  e  più  radicate  rimangono 
ne'  cuori.  I  precettori  devono  curare  di 
volgere  a  giovamento  de'coslumi  la  storia 
profana,  collo  studio  e  la  lezione  declas- 
sici, esponendone  il  bello,  lumeggiandone 
le  parti  più  morali  e  incorrotte,  e  taceu- 


S  T  O 

done  le  contaminale; e  così  ne  trarranno  i 
giovani  ammaestramenti  e  precetti, quan- 
to più  brevi  tanto  più  elììcaci.  Il  eh.  prof. 
Montanari  nelinST  pubblicò  in  Pesaro, 
Ragionamento  di  s.  Basilio  il  Grande  ai 
giovani  circa  il  frutto  da  trarsi  da'Ubri 
de'gentili.  I  giovani  devono  essere  prin- 
cipalmente istruiti  nella  storia  romana, 
comequella  che  specialmente  piùgli  eru- 
disce e  addottrina  nelle  costumanze  lati- 
neper  intelligenza  degli  scrittori  che  han- 
no tulio  giorno  per  le  mani  nelle  scuole 
di  latinità  e  belle  lettere;  al  quale  effetto 
non  pochi  scrittori  composero  opportuni 
compendi  storici  di  sì  importante  storia, 
per  insinuarla  ne'giovaui  allievi  che  cre- 
scono alle  saggie  speranze  della  patria  e 
della  religione.  Colla  storia  romana  si  ap- 
prende pure  in  gran  parie  la  storia  nni- 
versale,per  avere  i  possenti  romani  esleso 
il  loro  dominio  non  solo  in  Europa,  ma 
ancora  nell'Asia  e  nell'Africa.  Egli  è  cer- 
to,che  senza  la  notizia  de'falti  più  strepito- 
si, che  le  ne  procurarono  l'ingrandimen- 
to, senza  qualche  idea  de'soggelti  che  ma- 
neggiarono gli  affari  pubblici  dell'eterna 
Roma  (/"".),  senza  aver  un'idea  della  re- 
ligione e  de'costumi  generali  di  quel  ce- 
lebre popolo,  gli  scrittori  appena  mate- 
rialmente si  ponno  cou  molla  fatica  in- 
tendere, di  qualunque  classe  siano  essi, 
cioè  poeti,  storici  e  oratori,  facilitando 
pure  1'  insegnamento  letterario  di  altro 
genere.  La  storia  ebbe  più  seguaci  presso 
i  romani,  le  cui  gloriose  geste  chiamava- 
no lo  studio  de'grandi  ingegni  a  trasmet- 
terle a'posteri  colla  dovuta  dignità,  e  gli 
enumerai  al  citato  articolo  Roma.  Livio 
solo  potrebbe  bastare  ad  immortalare  la 
gloria  della  storia  romana;  ma  prima  di 
lui  erano  fioriti  con  lode  non  minore  di 
storico  stile  Sallustio  e  Cesare,  e  Cornelio 
Nipote  colla  breve  e  sugosa  cronaca;  né 
minor  grido  levò  nella  storia  dopo  i  lem- 
pi  di  Livio,  il  politico  Tacito.  Oltre  lutti 
i  quali  Floro,  Q.  Curzio,  Svetonio,  Giu- 
stino, Velleio  Patercolo  e  più  altri  in  di- 
versi generi  di  scrivere  storie  hanno  tra» 


S  T  O 
smesso  alla  posterità  i  loro  nomi:  Vale- 
rio Massimo  una  nuova  foggia  di  storia 
■volle  seguire,  e  Pomponio  Mela  la  geo- 
giada.  Né  sconosciuta  fu  a 'romani  la  fi- 
lologica erudizione, dappoiché  Vairone, 
Aulo  Gellio,  Quintiliano,  Boezio,  Ma- 
crobio  e  alcuni  altri  simili  scrittori  pon- 
ilo formare  una  classe  di  filologi  presso 
gli  antichi  romani.  Così  in  tutte  le  classi, 
che  le  belle  lettere  riguardano,  possono 
i  romani  vantare  uomini  illustri  ,  come 
leggo  nel  p.  Andres.  Osserva  Cancellie- 
ri nella  prefazione  de' Possessi  de' Papi, 
che  fra  gl'immensi  volumi  di  tante  sto- 
rie, quella  di  Ilo  ma  certa  mente  è  una  del  le 
più  importanti  e  delle  più  belle,  e  la  sola 
che  soddisfa  all'amor  proprio  d'ogni  na- 
zione.pei  che  dappertutto  hanno  fatto  per 
qualche  tempo  residenza  gl'imperatori  , 
e  vi  hanno  eseguite  grandi  imprese  e  la- 
sciati i  più  illustri  monumenti.  Comin- 
cia co're,  seguita  con  una  repubblica  di 
consoli,  di  tribuni,  di  eroi;  presenta  una 
serie  d'imperatori,  divenuti  padroni  del 
più  vasto  e  del  più  grande  impero  che 
siasi  mai  veduto  nell'universo;  termina 
finalmente  con  quella  dei  Papi,  i  quali 
dopo  di  essersi  colle  loro  virtù  conciliato 
l'amore  e  la  venerazione  de'popoli,  giun- 
sero alla  Sovranità  (/".)  temporale  d'un 
fìorenlissimo  stato  e  d'una  Roma  privile- 
giata dal  cieloe  destinata  a  far  sempre  la 
prima  figura  nel  mondo,  avendo  felice- 
mente cambialo  l'antico  impero  conqui- 
stato dalla  prepotente  forza  delle  armi, 
con  quello  tanto  più  nobile,  più  giusto  e 
più  glorioso  della  religione.  Cancellieri 
stesso  fu  uno  de'più  benemeriti  scrittori 
delle  glorie  di  P«.oma,  da  lui  egregiamen- 
te illustrate,  per  cui  meritò  il  riportato 
nel  voi.  LI  V,  p.  297,  e  che  il  p.  Brandi- 
marte,  nella  Lettera  che  a  lui  indirizzò,  e 
la  quale  pubblicò  a  p.  589  di  Plinio  Se- 
niore illustrato,  non  dubitò  di  adattargli 
l'eloquentissimo  elogio  fatto  da  Cicerone 
a  M.  Varrone,il  più  dotto  de'suoi  contem- 
poranei. 55  Nosin  nostra  Lrbe  peregrina  11- 
les,  enuutesque  lui  libri  quasi  donnun 


STO  mì 

redux.erunt,  et  possumus  aliquaudo,  qui, 
et  ubi  essemus,  agnoscere.  Tu  morena  Pa- 
t line,  tu  descriptiones  temporum,  tu  sa- 
crorum  jura,  tu  sacerdotum,  tu  domesti- 
cali), tu  publicam  disciplinameli aediom, 
regionum,  locorum,  tu  omnium  divina- 
rmi), huuianarumque  rerum  nomina,  ge- 
nera, ollicia,  et  causas  apcruisti."  Quan- 
to poi  all'importanza  della  storia  lettera- 
ria, appare  manifesto  a  chiunque  consi- 
deri, che  forse  in  niun'altra  opera  umana 
l'utilità  meglio  accoppiasi  col  diletto.  Ed 
in  fatti, ossia  che  la  storia  ci  schieri  dinan- 
zi i  dotti  più  cospicui  de'secoli  trapassali 
e  le  vicende  di  loro  vita,  ossia  che  prenda 
a  svolgere  le  origini,  i  progressi,  i  decadi- 
menti delle  lettere  e  delle  scienze,  massi- 
mamente nel  paese  natale,  sempre  è  pia- 
cevolissima occupa  zione.DiceBacone,che 
la  storia  del  mondo,  senza  la  storia  de'sag- 
gi,  è  come  la  statua  di  Polifemo  senza  l'oc- 
chio.Nel  pelago  sterminalo  di  opere  scrit- 
te fin  qui,  la  storia  letteraria  non  presta 
minor  servigio  agli  studiosi  che  la  busso- 
la o  la  carta  nautica  al  piloto  per  segnar- 
gli la  via  da  correre,  gli  scogli  da  cauta- 
mente evitare,  i  luoghi  a  cui  giunsero  i 
precedei!  ti  uà  viga  tori,  e  don  de  perciò  deb- 
ba egli  prendere  le  mosse  se  brami  spin- 
gersi a  termini  più  lontani.  Inoltre  la  sto- 
ria letteraria  non  presta  minor  servigio 
come  scuola  a  tutti  aperta  per  aguzzar 
l'ingegno,  per  esercitare  il  giudizio,  per 
affinare  il  gusto,  per  apprendere  a  dritta- 
mente pensare;  è  scuola  tanto  più  utile 
perchè  non  per  astrusi  precelti,  non  per 
astratte  teoriche,  non  per  vaghi  principi!, 
ma  per  esempi  v'  insegna  praticamente  a 
pensare,  a  giudicare,  a  senlire  il  vero,  a 
gustare  il  bello,  a  proferire  il  retto,  a  di- 
visare i  solidi  pregi  dagli  appariscenti,e  le 
vere  bellezze  da  Ile  fallaci.  Tali  sono,  se  non 
tutti,  almeno  i  principali  vantaggi  che  si 
ricavano  dalla  storia  letteraria.  Una  sto- 
ria critica  delle  vicende,che  in  tutti  i  tempi 
e  presso  tutte  le  nazioni  ha  soifeiio  la  lette- 
ratura; un  quadro  filosofico  de'progressi 
che  dalla  sua  origine  fino  a'noslii  lempi 


i  oG  S  T  O 

ha  essa  falli  in  tulli  generalmente  e  par- 
ticolarmente in  ciascuno  de'suoi  rami;  un 
ritrailo  dello  stato  In  cui  trova  vasi  all'in- 
cominciare  tlcl  secolo  presente,  dopo  lo 
studio  di  tanti  secoli;  una  prospettiva  de- 
gli ulteriori  avanzamenti  che  le  rimane- 
vano a  fare,  si  ammira  nella  dottissimi» 
opera  del  gesuita  p. Giovanni  A  ndres, £M- 
l'origine,  progressi  e  stalo  attuale  d'ogni 
letteratura,  Roma  i  808.  Noi  abbiamo  in- 
iìnite  storie  letterarie  di  nazioni,  provin- 
ole e  città,  altre  di  scienze  e  di  arti  parti- 
colari, tutte  certo  utilissime  all'avanza- 
mento degli  studi;  ma  un'opera  filosofica 
che  prendendo  di  mira  tutta  la  letterati!- 
ia,  i  progressi  ne-descriva  criticamente  e 
lo  stato  in  cui  si  trovava  in  detta  epoca, 
non  erasi  ancora  pubblicata; poiché  il  dot- 
to Tiraboschi,  dal  p.  A  ndres  riguardato 
il  Livio  d'Italia,  ci  avea  dato  solo  la  Sto- 
ria della  letteratura  italiana,  ed  il  Car- 
délja  il  Coni  pendio  della  storia  della  bel- 
la letteratura  greca  e  italiana.  Vi  sup- 
plì coraggiosamente  il  p.  A  ndres,  ma  non 
credette  di  seguire  l'accennata  partizione 
di  Bacone,  e  reputando  non  abbisognare 
il  suo  proponimento  di  una  molto  esalta 
divisione,  si  contentò  di  distinguere  le  bel- 
le lettere  e  le  scienze,  dividendole  in  na- 
turali ed  ecclesiastiche,  come  più  oppor- 
tune all'ordine  richiesto  alla  vasta  sua  o- 
pera,  e  all'idea  di  presentare  la  storia  del- 
la letteratura  in  tulte  le  succiassi.  A  que- 
sto fine  la  divise  in  4  parti,  è  nella  2,a  par- 
ticolarmente la  storia  dei  progressi  latti 
alla  bella  letteratura,  sotto  la  quale  vi  po- 
se e  comprese  la  poesia,  l'eloquenza,  la 
storia,  e  tutti  gli  studi  filologici  dell'erudi- 
zione, servendosi  di  que'benemeriti  scrit- 
tori, che  la  storia  di  ciascuna  scienza  pre- 
sero a  illustrare.  Si  può  anche  vedere  il 
preposto  Antonio  Riccardi  di  Bergamo, 
Manuale  d'ogni  letteratura,  ovvero  pro- 
spetto storico  critico  biografico  di  tutte  le 
letterature  antiche  e  moderne,  Milano 
18  3  cj.  Ad  onore  di  questo  benemerito  e  dot- 
tissimo ecelesiasticOjChe  arricchì  la  repub- 
blica letteraria  di  tante  belle  e  utili  ope- 


S  T  O 

re  ecclesiastiche,  per  riconoscenza  a  quel 
benigno  compatimento  col  «piale  si  degnò 
riguardarmi  senza  conoscerlo  di  persona, 
a  con  furto  e  ad  incoraggi  mento  degli.  Scrii- 
tori  ecclesiastici  laici,  mi  piace  riportare 
li  interessante  dedica  ch'egli  fece  del  suo 
eruditissimo  Manuale.  "All'ottimo  e  pre- 
stantissimo amico  d.r  Giovanni  Labus'. 
Voi  laico  avete  scritto  con  calore  di  nar- 
razione e  con  saviezza  di  critica  i  Fasti 
della  Chiesa,  cioè  le  rifa  de'sanli;  ed  io 
sacerdote  ho  composto  in  vece  i  fasti  del- 
la lettera  tura  ,che  v'indirizzo  e  vi  dedico. 
Vedete!  Tutto  il  contrario  di  ciò  che  a- 
vrebbe  dovuto  avvenire.  Voi,  giù  m'im- 
magino, sarete  stato  fitto  segno  de'motti 
e  sorrisi  di  alcuni  begli  spiriti  de'nostri 
tempi,alPumorede'quali  la  vostra  impre- 
sa potrà  sembrare  una  piccolezza,  mal- 
grado il  presente  trasportò  per  le  biogra- 
fie de'morti  e  de'vi  venti;  perchè  nel  gusto 
di  molti  la  storia  de'rettili  e  degl'insetti  è 
più  nobile  di  quella  de'  santi,  cioè  di  quei 
veri  eroi,  che  giudico  alquanto  più  gran- 
di e  più  utili  degli  Alessandri  e  de'Bruti. 
Io  pure  mi  troverò  esposto  per  avventu- 
ra ad  un'altra  specie  di  derisori;  cioè  di 
coloro  a'quali  par  cosa  da  pocoeindegna 
d'un  ministro  di  Dio,  quella  parte  di  eru- 
dizione, che  non  appartenga  del  tutto  al- 
le dottrine  ecclesiastiche.  Ma  quando  le 
lettere  già  per  se  stesse  non  fossero  tanto 
pregievoli  e  utili  anche  allescienze sagre, 
lo  zelo  che  in  questo  mio  libro  ho  spiega- 
to a  favore  della  religione  e  delle  sane  dot- 
trine, potrebbe  bastare  per  giustificarmi 
diavei  sceltoa  trattare  di  letteratura, sen- 
za obliare  perciò  gli  studi  e  i  doveri  più 
gravi  del  mio  ministero;  e  in  un  secolo, 
in  cui  si  ha  bisogno  di  richiamare  a'buo- 
ni  principii,  e  d'ispirare  i  migliori  senti- 
menti, dovrebbe  considerarsi  non  inde- 
gna d'un  sacerdote  quell'opera,  che  in  un 
soggetto  di  letteratura,  ed  a  profitto  della 
gioventù,  si  offre  sparsa  d'  un  certo  sa- 
pore di  religione,  e  condita  di  massime  e 
di  giudizi  rivolli  a  correggere  le  malizie 
degli  scrittori  irreligiosi.  Un  tal  peusie- 


S  T  O 

io,  che  appena  giustifica  un  sacerdote  di 
aver  messo  mano  negli  studi  di  umana 
letteratura,  copre  di  gloria  un  laico,  il 
quale,  per  ubbidire  ad  una  voce  autore- 
vole, e  scrivere  in  un  argomento  sì  caro 
alla  Chiesa  di  Gesù  Cristo,  sospese  per 
qualche  tempo  le  investigazioni  di  quel- 
le scienze  predilette,  che  lo  hanno  tra  noi 
proclamato  il  degno  successore  del  Mor 
celli.  Oh  fossero  molti  i  laici  scrittori,  co- 
me voi  chiari  e  distinti,  che  abino  i  loro 
pensieri  sino  a  Dio,  fonte  di  tutti  i  lumi, 
e  i  he  si  uniscono  intorno  al  vessillo  della 
Religione  !  1  loro  talenti  non  sarebbono 
che  più  luminosi;  le  loro  opere  acqui- 
sterebbero un  gusto  [.'iu  universale,  uno 
splendore  più  costante, perchè  in  fine  sen- 
za il  sale  della  vera  sapienza,  ch'è  la  Re- 
ligione, tutto  si  guasta  e  perisce.  11  vo- 
stro esempio  è  degno  di  essere  esposto 
all'imitazione  de' dotti.  Voi  avete  altre 
opere  che  vi  hanno  uhi  italo  la  stima  de- 
gli eruditi  d'Italia  e  di  oltremonti,  parti- 
colarmente nelle  scienze  archeologiche,  in 
cui  possedete  un  criterio  eguale  alla  eru- 
dizione; ma  quella  de' Fanti  della  Chiesa, 
nell'atto  che  attesta  l'estensione  delle  vo- 
stre cognizioni  nella  storia  sagra  e  profa- 
na, vi  erige  un  monumento  di  gloria  e  di 
felicità  sempiterna;  perchè  se  passa  trop- 
po presto  la  vana  gloria  del  inondo,  i  san 
ti  che  avete  celebrato,  intercederanno  per 
sollevarvi  un  giorno  a  godere  quella  che 
non  viene  meno  ne'eieli".  Il  sullodato  p. 
INarbone  nella  sua  bella  Istoria  della  let- 
teratura siciliana,  dice  che  la  storia  let- 
teraria per  suo  istituto  assume  un  tri- 
plice incarico,  dare  cioè  notizia  degli  scrit- 
tori, render  conto  delle  loro  opere,  pro- 
ferire giudizio  sul  loro  merito;  quindi  3 
esserelefacoltàcheabbraccia,  tra  le  par- 
ti integranti  che  la  costitniscono,biogra- 
fìa,  bibliografia  e  critica.  La  olografìa  3 
cose  precipuamente  indica,  la  patria,  l'e- 
tà, la  vita  degli  scrittori;  per  la  vita  si 
comprende  ingegno,  doti  di  spirilo,  di 
cuore,  studi,  imprese,  virtù,  vizi,  vicen- 
de, onori,  fortuna}ec.  Lo  studio  poi  del- 


STO  107 

le  opere  dichiara  ridursi  a  due  parti,  una 
estrinseca  0  materiale,  l'altra  formale  o 
intrinseca,  Lai." si  aggira  sull'intitola- 
zione della  scrittura,  sulla  pubblicazio- 
ne, sulle  diverse  edizioni,  sulle  moltepli- 
ci illustrazioni,  ec.  A  questa  succede  la 
2.ach'è  l'attenta  lettura  dell'opera  stes- 
sa, nel  comprenderne  le  sue  parti,  pene- 
trarne i  sensi,  gustarne  le  bellezze,  va- 
lutarne i  pregi;  ovvero  nel  discoprirne  i 
difetti,  disvelarne  gli  errori,  bilanciar- 
ne il  vero  merito.  La  1."  di  queste  condi- 
zioni, giudica  il  p.  ÌNarbone,  costituisce 
la  bibliografìa, l'altra  la  critica.  Ma  quan- 
to alla  parte  bibliografica,  dice  trattar- 
ne iiell' Apparato  melodico,  ove  riporta 
le  edizioni,  le  versioni,  e  ogni  altra  rela- 
tiva erudizione.  Finalmente  ritiene  che 
la  critica,  siccome  più  nobile  delle  dette 
parti,  così  è  più  ardua, più  rischiosa,  più 
soggetta  a  inganni,  a  errori,  a  invidie,  a 
pregiudizi,  Dicono  i  sapienti,  che  a  3  co- 
se conviene  principalmente  aver  l'atten- 
zione nel  giudicare  leopere,cioè  alle  dot- 
trine che  vi  si  espongono,  all'ordine  col 
quale  sono  trattale,  alla  lingua  e  allo  sti- 
le; vale  a  dire  all'invenzione,  alla  dispo- 
sizione, all'elocuzione. 

Gli  annali  del  mondo  hanno  principio 
nell'Asia, che  vide  nascere  ih. 0£/owoerea- 
to  daDio,e  l'Asia  appunto  parve  formala 
per  essere  il  clima  nazionale  del  genere  li- 
mano, poichèsnpera  lealtre parti  del  mon- 
do nella  salubrità  dell'aria, nella  fecondità 
del  suolo,uella  preziosa  varietà  e  ricchezza 
delle  sue  produzioni.  Qui  cominciarono 
pure  le  prime  società  e  i  primi  imperi, che 
dilatarono  in  seguitole  loro  colonie  allo- 
riente  e  all'occidente;  di  qui  ebbe  origina 
la  vera  religione,  che  allontanandosi  dal 
suo  fonte,  e  passando  co' popoli  in  tutte 
le  parti  del  mondo,  degenerò  nelle  più 
stolide  superstizioni  dell' idolatria j  di  qui 
sono  venuti  i  piti  antichi  sistemi  di  filo- 
sofia; di  qui  le  arti  e  le  scienze, le  storie,  la 
storia  del  mondo,ia  storia  universaleserit- 
ta  informa  di  annali,  di  cronache,  di  cro- 
nologie; menile  al  dire  del  Bianchini,  lu 


ig8  STO 

storia  senza  In  cronologia  è  una  musica 
senza  battuta,  e  gli  annali  senza  la  storia 
sono  battute  senza  musica:  la  cronologia 
poi  senza  la  storia  è  un  disegno  finito  di 
molte  parti,  clie  non  dimostrano  l'unione 
e  la  proporzione  di  tutto  il  corpo.  Di  qui 
apparisce  quanto  ragionevolmente  ope- 
rassero gli  antichi,  come  i  moderni  scrit- 
tori di  storia  universale,  quando  ricerca- 
rono i  modi  onde  conciliare  la  distinzio- 
ne de' tempi  colla  comprensione  de'fatti. 
1W. Tullio  Cicerone  insinuò  agli  studiosi  di 
formarsi  tale  idea  così  delle  scienze,  come 
della  storia  d'ogni  nazione,  che  l'uomo 
si  riputasse  quasi  cittadino  del  mondo,  ed 
uno  della  repubblica  di  tutti  gli  uomini, 
nato  ad  estendersi  e  a  conversare  con  o- 
gni  secolo  per  mezzo  dell'animo,  sebbene 
obbligalo  a  restringersi  a  vivere  tra'piìi 
vicini  d'un  luogo  o  d'un'elà,  per  l'abita- 
zione del  corpo.  Tra  quelli  che  ci  dierono 
la  storia  universale  riporterò  i  seguenti. 
Giacomo  Hardion,  Storia  universale,  Pa- 
rigi 1754-69  in  20  voi.  Egli  avea  lascia- 
to tale  opera  in  1 8  voi.,  frutto  di  una  Let- 
tura (/".)  immensa,  dappoiché  uiuno  fa 
dotto  la  libreria  se  non  si  legge;  e  Lin- 
guet  pubblicò  gli  ultimi  2  voi. Mg. ''Fran- 
cesco Bianchini,  La  storia  universale  pro- 
vata con  monumenti  e  figurata  con  sim- 
boli degli antichi, \ eneziai  Si5.  Ab.  Bor- 
ile, Compendio  di  storia  universale  dal- 
la creazione  fino  all'anno  1  83  1  dell'era 
cristiana ,  diviso  per  secoli  e  corredato 
d'un  quadro  mnemonico,  opera  tradotta 
dalfranceseda  G.  Fabretti, Pesavo  1 832. 
Cav.  Cesai  e  Canili,  Della  letteratura  di- 
scorsi ed  esempi  in  appoggio  alla  storia 
universale,  Tori  noi  8  \lì. Storia  universa- 
le del  mondo  con  ispeciale  riguardo  alla 
storia  della  Chiesa  e  degli  Stali  fino  ai 
nostri  tempi,  P\.alisbona  iSio.  Arrigo  e 
Carlo  de  Riancey,  Istoria  del  mondo, 
dalla  creazione  fino  a' 'nostri  g/o/7i/,  Parigi 
J  833-4o. Nella  biografia  del  granDossuet, 
celebrai  l' inimitabile  suo  Discorso  sul- 
la storia  universale.  Dufresnoy,  Tavo- 
lette cronologiche  della  storia  universa- 


S  T  O 

le  sagra  e  profana,  Venezia  1  74&-  Fra 
tutte  lestorie,la  contemporanea  èmaetra 
eccellentissima,  quando  al  lume  della  ve- 
ra filosofia  si  chiariscono  le  dottrine  con- 
tenute iie'iatti.  Peiò  quella  di  nostra  età, 
in  cui  i  ratti  non  succedono  ma  si  accal- 
cano, e  due  lustri  equivalgono  a  un  se- 
colo per  la  rapidità  degli  avvenimenti, 
per  ispirilo  politico  di  parte  è  gravemen- 
te alterata  e  sfigurata,  massime  per  isfo- 
gare  il  rancore  contro  la  Chiesa  e  i  suoi 
ministri.  Da  uno  storico  di  parte  indar- 
no si  aspettala  verità  de'fatti,  l'equità  dei 
giudizi,  la  fedeltà  nelle  cagioni,  comechè 
avente  l'animo  tutto  quanto  inclinato  ad 
una  fazione  o  ad  una  Sella  (f'.),\a  qua- 
le ha  per  abito  e  per  costume,  onde  rag- 
giungere ilsuoscopo,di  usare  d'ogni  mez- 
zo^ si  serve  precipuamente  della  potenza 
della  stampa  e  della  storia  propagatrice, 
quale  strumento  e  arma  a  lei  favorevole, 
deprimendo  tuttoché  gli  fa  ostacolo,  vivi 
e  defunti  non  risparmiando,  ed  osteggian- 
do di  conliuuo  la  Chiesa,  la  sovranità,  i 
legittimi  poteri  civili,  con  franca  e  deri- 
soria audacia.  Si  legge  nel  n.°  248  del- 
l' Osservatore  Romano  del  1 85 1 .  »  Quan- 
do greci  o  romaui  si  riputavano  soli  al 
mondo  da  qualche  cosa,  e  tenendo  ogni 
altro  popolo  in  conto  di  barbaro,  non  a- 
vevano  a  leggere  altra  storia  fuorché  la 
propria,  allora  per  necessità  la  scienza  dei 
fatti  procedeva  unicamente  a  modo  di  li- 
nea verticale  dal  su  all'ingiù  per  quella 
serie  successiva  di  narrazioni  in  cui  si  e- 
rauo  raccolte  le  memorie  del  passato.  Nel- 
l'età nostra  la  storia  ha  acquistalo,  a  dir 
così,  due  sorli  di  dimensioni.  Non  iscor- 
re  più  solo  iu  luugo  per  la  successione  de- 
gli anni  e  de'secoli,a  norma  della  legge  del 
tempo;  ma  si  dispiega  altresì  in  largo  a  se- 
conda dellospazio,  offrendoti  nella  varie- 
tà delle  vicende  contemporanee  di  quan- 
ti popoli  scambiano  tra  se  per  via  della 
slampa  le  uotizie  de'fatti  loro,  quella  me- 
desima gradazione  compitila  di  principii 
e  di  conseguenze,che  altrimenti  si  appiè- 
seulerebbe  nella  storia  cronologica  de'siu- 


STO 

goli  popoli.  Quindi  è  che,  a  voler  esser 
giusti  e  discreti,  quante  sono  le  magni- 
fiche cose  dette  da'  savi,  a  commendazio- 
ne dello  studio  della  storia,  dichiarando- 
la maestra  della  vita,  consigliera  di  pru- 
denza, scoria  del  politico,  specchio  d'o- 
gni  etàj  altrettante  e  non  una  di  meno, 
v'hanno  ormai  a  ripetere  dello  studio  dei 
fatti  contemporanei  Ossian  vicini  o  na- 
zionali, ossiano  oltremonli  e  d'oltrema- 
re. L'unica  difficoltà  consiste  nello  spo- 
gliare la  storia  contemporanea  delle  pas- 
sioni di  chi  la  scrive,  e  nel  saperla  leg- 
gere senza  gli  occhiali  delle  passioni  pio- 
prie.  Ma  non  ci  daremo  a  pensare  che  ai 
veri  studiosi  ciò  sia  punto  più  diffìcile  che 
non  il  cogliere  la  verità  istorica  riguardo 
a'tempi  antichi;  che  ancor  essi  que'mes- 
seri  i  quali  si  dilettarono  di  scrìverci  dei 
fatti  loro  e  de'loro  eroi,  s'intende  che  ne 
scrissero  colle  rispettive  loro  passioncelle 
e  private  e  politiche,  e  concolori  poetici 
oratorii,  d'entusiasmo  o  di  sdegno  ch'e- 
rano allora  di  moda.  Nello  scrittore  è  dif- 
ficile chesia  perfetta  la  cognizione  diquan- 
to narra,  perfetta  l'imparzialità, perfetta 
la  sincerità.  Ma  ciò  che  monta  si  è  che 
chi  studia  i  fatti  del  giorno  egli  stesso  sia 
fermo  anticipatamente  dal  canto  suo  nei 
veri  principii  religiosi  e  morali  :  in  secon- 
do luogo  nel  dover  consultare  più  d'u- 
no scrittore,  non  consulti  fuorché  i  più 
notoriamente  probi  e  di  onorata  coscien- 
za. "  Ma  di  questi  raro  è  il  numero,  ed  i 
posteri  dovranno  usare  grande  circospe- 
zione, somma  cautela,  molto  acume  per 
distinguere  il  poco  vero  dal  molto  falso  e 
calunnioso,  scritto  per  ispirilo  di  parte  e 
altre  passioni,  nella  nostra  storia  contem- 
poranea e  lagrimevole.  Cri  tenue  saggio 
d'improntitudine  e  delle  false  asserzioni 
in  moda  uel  tempo  in  cui  viviamo,  per 
non  rammentare  altri  articoli,  si  può  ve- 
derlo in  quello  a  questo  precedente  della 
Stola,  ove  confutai  le  ingiurie  scagliate 
su  due  gloriosi  Papi  e  per  quel  sagro  in- 
dumeoto,  il  quale  ancora  fu  preso  di  mi- 
ra e  di  pi  elesto  per  isfogare  il  veleno  e 


STO  1 09 

male  animo  di  cui  è  invasa  la  più  pai  te 
della  moderna  società.  Se  Dio  vorrà  che 
io  possa  effettuare  il  mio  vagheggiato  pro- 
ponimento, di  erigere  cioè  un  apposito 
monumento  storico  (oltre  quanto  di  Ini 
vado  dicendo  in  questa  mia  opera,  come 
a  Roma)  di  doverosa  giustizia,  di  profon- 
da venerazione,  di  tenera  riconoscenza,  al 
virtuoso,  dotto  e  magnanimo  Papa  Gre- 
gorio XVI,  che  ammirato  e  compianto 
dall'universale  scese  nella  tomba:  vaMo 
e  immensurabile  sarà  il  campo  per  spun- 
tare e  stritolare  le  freccie  impunemente 
scoccate  contro  l'illibato  candore  decan- 
ti suoi  costumi,  contro  i  tanti  fasti  del 
suo  memorabile  pontificato,  e  conti 0  il 
suo  prudente  e  vigoroso  governamelo, 
tutela  di  ordine  e  di  prosperità,  che  in 
parte  il  tempo  e  la  storia  hanno  già  giu- 
stificato e  lodato.  E  qui  basti  il  dire,  che 
si  giunse  all'eccesso  impudente,  in  diver- 
se storiche  narrazioni,  di  tacere  e  ommet- 
tereil  suo  nome  immortale,  quando  do- 
veasi  nominare  per  dovere  di  slorica  ve- 
rità, anzi  lodare,  perchè  n'ebbe  gloria  che 
durerà  quanto  il  tempo  lontana.  Vidi  Ira 
gli  altri,  e  registrai  con  isdegno,  nella  de- 
scrizione d'un  grandioso  monumento  da 
lui  interamente  eretto  e  pei  fczionatn,al'tà- 
stellati  nomi  di  altri  rispettabili  Papi  che 
per  nulla  vi  avevano  luogo,  e  del  tutlo 
dimenticato  il  suo  nome  e  sebbene  fon- 
datore di  esso  !  Ma  facile  è  ad  ognuno, 
barboni  veliere  mortuo  leoni.  Questa  è 
la  storia  nostra  contemporanea,  che  sa- 
pienlemente  nella  critica  ragionata  delie 
opeie  contemporanee,  va  descrivendo  e 
deplorandola  veritiera  Civiltà  callolicay 
che  fedele  a'  sagri  doveii  degli  scrittori, 
molle  volte  ha  ripetuto  con  altri  pochi  sag- 
gi e  generosi:Che  le  più  delle  storie, le  qua- 
li presentemente  vengono  alla  luce,  so- 
no ad  arte  guaite  e  corrotte:  Che  da  uno 
storico  di  parte  fanatica  indarno  si  aspetta 
la  verità  de' fatti,  l'equità  e  l'imparziali- 
tà ;  però  sono  sostenuti  e  carezzati  con 
sperticati  encomi,  cou  fero  strazio  della 
verità,  dagli  organi  pubblici  di  periodici 


iio  S  T  O  S  T  O 
giornali  (della  cui  origine,  scopo  e  pio-  Anzi  si  richiede  da  loro  stessi  le  notizie 
gressoparlaiaDiARio  e  Notizie  bei,  gior-  biografiche,  e  ne  posseggo  le  prove  e  le 
no,  in  uno  alle  effemeridi  storiche  etleru-  domande  1  Confesso  però,  per  istorica  ve- 
dile), del  tutto  loro  ligi,  onde  prima  di  rità,  che  questa  non  è  interamente  una 
essere  letti  e  giudicati  dal  pubblico,  fab-  novità,  poiché  trovo  negli  Opuscoli  dt\ 
bracano  loro  una  riputazione  preventi-  p.  Calogerà,  t.  i,  p.  127,  il  Progetto  ai 
va.  Argomento  die  ha  svolto  in  tanti  Ino-  letterali  d'Italia  per  scrìvere  le  loro  vi- 
gili e  nella  serie  2.",  nel  l.  2,  p.  5  :  Ra-  te  del  conte  Gio.  artico  di  Porcia,  col 
gione  delle  nostre  Pàvistej  nel  t.  3,  p.  5:  novero  di  quelli  che  già  l'aveano  scritta 
Le  nostre.  Cronache conìem poraneej  nel  e  pubblicala,  per  rendere  ragione  delle 
t.5,p.i5e  i5o:  L'attedi  falsare  le  isto-  loro  opere,  ludi  a  p.  i4^  si  I  e«ge  la  fila 
rie:  Pupari  contro  le  false  istorie.  Darei  di  Giambattista  de  I  ico  scritta  da  se 
di  buon  grado  un  breve  sunto  di  tante  medesimo.  Nel  t.  49>  P-  ^3,Llta  e  stu- 
preziose  verità,  pronunziate  ad  avverten-  di  di  Francesco  Maria  Spinelli  princi- 
za  e  disinganno  cle'con  temporanei,  ed  a  pe  della  Scalea  scritta  da  lui  medesimo 
lume  dei  posteri,  se  non  temessi  che  il  in  una  lettera.  Rammenterò  pure  che 
compendiarle  con  istrelli  e  fugaci  cenni,  Giulio  Cesaree  Pio  II  ci  lasciarono  ilo- 
non  ne  scemasse  e  snervasse  di  troppo  il  ro  Commentari.  I  cardinali  Bentivoglio 
valore.  Vi  sono  tra  gli  uomini  delle  con-  e  Quirini  scrissero  la  propria  vita.  Il  pe- 
dizioni,  in  cui  per  grande  che  uno  si  ac-  saie;>ePasseriegualn]enteconipilòla  prò- 
quisti  il  merito  della  virtù  o  del  sapere,  pria, che  riporta Colucci  nel  t.8  dell'ai- 
talvolta  ben  di  rado  ne  tramanda  la  sto-  licitila  picene.  Il  Cavedoni  scrisse  la  pro- 
ria  lodato  il  nome  alle  generazioni  Ionia-  pria  biografìa.  Abbiamo  pure,  Biogra- 
ne. Tanlo  è  vero  che  in  questo  basso  mon-  fa  di  Nicolò  Cacciatore  inviata  a  tttg.r 
do  la  rinomanza  la  meglio  guadagnata  Muzzarelli,  ec.  Roma  184 5-  Questi  ed 
non  corre  sempre  per  giustizia,  sibbene  altri  esempi  avranno  avuto  buone  ragio- 
per  caso  o  per  fortuna.  De' popoli  anti-  ni  per  descrivere  le  proprie  azioni  e  o- 
chi  vennero  a  noi  chiari  gli  uomini  che  pere,  ina  ciò  è  alquanto  pericoloso,  e  vi 
primi  dierono  leggi  a  una  città  o  stato;  occorre  molta  sobrietà  e  tnoderazione;sia 
quelli  che  difesero  col  valore  la  patria  nei  se  ha  per  iscopo  di  difendersi  dalle  offese 
combattimenti;  quelli  i  cui  poemi  0  ili-  altrui,  sia  se  ha  per  fine  di  rendere  couto 
bri  scamparono  alla  distruzione  di  una  de'propri studi. I/uflicio di tramandare  ai 
gente  o  d'  una  biblioteca,  e  coloro  che  futuri  il  nome  degli  uomini  veramente  il- 
lasciarono  pitture  o  sculture }  o  che  co-  lustri,  è  riservatoalla  storia, uè  essa  lodi- 
struirono  edilìzi  da  sfidare  1'  edacilà  del  menticherà,come  non  l'ha  scordato  giani- 
tempo.  Pertanto  si  deve  la  ricordanza  di  mai,  restando  sempre  le  opere  a  farglie- 
tauti  illustri  alla  ventura  della  conserva-  lo  sovvenire,  se  peravveiilura  furono  tra- 
zione di  loro  opere,  e  di  que'benevoli  che  sandali.  Dio,  il  tempo  e  la  storia  iraman* 
ne  curarono  la  gloria,  con  iscriverne  so-  cabilmente  rendono  giustizia.  D'allron- 
briamente  la  storia,  o  illustrando  i  pio-  de,  nou  basta  la  voced'uno  scrittore  doz- 
dotti  del  loro  ingegno,  quaudo  realmente  zinale  a  dare  la  immortalità  al  nome  di 
lo  meritarono,  finché  poi  si  passò  all'ec-  un  uomo,  quando  l'opere  da  lui  lasciate 
cesso  e  all'abuso,  e  sino  co'viventi.  Tan-  non  valgano  a  tanto.  Il  giudizio  impar- 
te poi  sono  le  biografie,  le  vile  e  gli  elo-  ziale ,  più  che  da  noi,  spetta  alla  tarda 
gi  che  scrivonsi  di  presente,  che  ormai  posterità,  la  quale  senza  spirito  di  parte 
e  divenuto  un  fastidio  non  lieve;  e  quel  e  senza  gelosia,  giudica,  innalza  e  con- 
ch'è  peggio  il  mal  vezzo  di  scrivere  vite  danna  le  opere  de'privati,  non  meno  che 
si  è  esteso  a  quelli  che  vivono  ancora  1  quelle  de'principi.  Vero  è  per  altro,  che 


STO 

sorgono  di  Imito  in  tanto  e  tramontano 
Montini  così  grandi,  virtuosi  e  benemeri- 
ti, da  non  potersi  né  doversi  aspettare  la 
voce  della  storia  per  farne  soggetto  di  e- 
mulazione  alla  gioventù;  ed  in  questo  ra- 
ro caso  e  unico  scopo,  i  saggi  accolgono 
volontieri  e  in  lieto  modo  una  vita  bio- 
grafica, e  un  elogio  storico,  anco  di  quel- 
li che  hanno  de'dùitti  alla  pubblica  ri- 
conoscenza. Certamente  la  storia  è  quella 
che  solleva  a  celebrità  gli  uomini  e  le  o- 
pere  loro;  e  per  essa  si  forma  la  giu>ta 
opinione  e  il  debito  giudizio,  ed  insieme 
.si  distribuisce  la  lode  o  il  biasimo.  Se  gli 
storici  non  ci  avessero  tramandale  le  ge- 
sta di  tanti  illustri,  le  avremmo  ignorale, 
ed  essi  restavano  defraudati  della  giusta 
ammirazione  che  destano  le  loro  vii  tue 
imprese.  Anzi  talora  gli  uomini  guada- 
gnarono più  di  celebrila  per  le  nobili  al- 
trui scritture,  che  per  le  stesse  loro  ope- 
razioni, quantunque  lodevoli. Ed  è  perciò 
che  Alessandro  il   Grande  invidiò  ad  A- 
chille  il  poema  d'Omero,  ed  il  Petrarca 
si  riprometteva  col  suo  studio  di  dare  ai 
posteri  un  nome  immortale.  Non  i  mo- 
numenti sepolcrali  ricordano  gli  illustri 
estinti, coniechè  soggetti  ad  essere  abbat- 
tuti ed  esposti  alle  vicende  del  tempo  di- 
struttore; sibbene  la  più  durevole  memo- 
ria ciascuno  meglio  deve  lasciarla  colle  o- 
pere  virtuose,  cogli  scrini  e  colle  arti.  Sul- 
l'ampio argomento  della  storia,  si  ponno 
inoltre  vedere:  l'iesnoy,  Mt lodo  per  stu- 
diare la  storia,  Venezia  17 26.  1.  Porta, 
De  furlifis  lutei  arum  wo*Js,Neapoli  1  563. 
Autori  che  ragionanodi  se,\ >'eneziu  1  840. 
Elia  Heingero,  D  is  seri,  de  fide  Vitale  ser- 
vandainauctoribusciùandis,pvessoScheì- 
hovri\o,/4nwenit.  Lelter.  2,  p.  53o.  Ga- 
spare E.Sturckio,  Observ.  de  vitiis  alle- 
galionis  auctorum,tuin  in  genere aliorum, 
tum  praecipue  historicorum,  iu  Misceli., 
Lipsiae  1 762.Gaetauo  G\avàìaa, De  recla 
tnethodo  citandi  auclores,  ex  auctorila- 
les,  anitnadverliones  crilicae,  quibus  de 
Pseudonymis,  Plagiariis,  et  Anonymis 
eegnilipnes  accedimi,  Puuoriuii  1  7  1 8.  G. 


STO  in 

Guglielmo  Berger,  Dissert.  de  andari- 
talibus  pracposlere  in  re  litteraria  usur- 
patisi Vittebergaei720.  A.  M.'  Salvini, 
Lellerasopra  licitare  i  passi  degli  auto* 
ranelle  sue  Prose  toscane, Venezia  1  734. 
De  Burigny,   Rejlexions  sur  la  necessi- 
tò des  cilalions,  dans  les  ouvrages  d'e- 
rudilion,  et  tur  la  manière,  dont  les  an- 
ciens  citoient,  nel  t.  34  dead,  des  Inter. 
Hist.  p.  1 33.  E.  Fourmont,  Analyse de 
la  Dissert.  sur  les  Cilalions,  ibid.  t.  35, 
Hist.  p.  '-4.  Lancelti,  Pseudonunia  ov- 
vero tavole  alfabetiche  dei  nomi  finti  e 
supposti  degli  scrittori  con  la  con  tra  op- 
posizione de1  veri,  Milano  1 836.  File  di 
uomini  illustri  seri  ile  da  loro  medesimi, 
Milano  1  8?.  1 .  Manno,  De' vizi  de  letterali, 
Milauoi83o.  G.  Tartarotli,  Lettera  in- 
torno a' detti  o  sentenze  attribuite  ad  ari 
tori  di  cui  non  sono,  presso  il  Calogeri», 
Opuscoli  t.  2j,  p.  3  19.  E.  Balletti  Rio- 
coboni,  Lettera  sopra  le  traduzioni,  ibid. 
t.i4»  P-  4'6-JNe!  t.  47  de'inedesimi  Opu- 
scoli p.  449  s'  riporta  il  Discorso  criti- 
co di  d.  Francesco  Serio  e  Mungitore,  un 
di  cui  brano  trovo  opportuno  qui  inse- 
rire. »  Singolare  sarebbe  la  felicità  di  chi 
scrìve,  senel  lavoro  delle  opere,  col  le  qua- 
li pretende  guadagnarsi  la  gloria  di  no- 
me immortale,  potesse  godere  l'immuni- 
tà di  ogni  errore.  Ma  ci  fa  conoscere  la 
sperienza,  cheadoprata  tutta  la  diligen- 
za per  isfuggire  l'inciampo  d'ogni  abba- 
glio, e  insieme  la  censura  de'Iettori,  nul- 
la di  meno  è  di  tale  tempera  la  condizio- 
ne dell'umana  debolezza,  che  bene  spes- 
so senza  avvedersene  cade  in  qualche  nota- 
bile errore,  meritevole  di  particolare  cen- 
sura, e  insieme  di  com patimento,  perchè 
cujusvis  hominis  est  errare.   Che  se  ciò 
accade  nella  maggior  pai  te  degli  scritto- 
ri, molto  più  memorabile  è  in  uno  sto- 
rico, che  dee  per  proprio  e  distinto  ca- 
rattere seguire  con  legge  indispensabile 
la  verità;  perchè  secondo  Slrabone  lib. 
1 ,  Historia  finis  est  veritasj  ma  è  insie- 
me degno  di  commiserazione  inciampan- 
do iu  errori,  che  non  poterono  evitare  au« 


ni                    STO  STR 

clic  storici  di  primo  grido,  come  osservò  nerale  presso  i  buoni  e  gentili,  e  mag- 
Fiavio  Vopisco  scrivendo:  »»  Neino  Seri-  giormente  coi  colli  e  dotti  che  ben  sanno 
ptorum,  quantum  ad  (ustoria  pcrtinet,  quanto  costi  talora  un  periodo,  in  cou- 
non  aliquid  est  meutitus,  in  quo  Livius,  cedermi  benigno  e  largo  compatimento 
in  quo  Saluslius,  in  quo  Cornell  US  Taci-  proporzionato  alla  vasta  impresa.  E  qual 
tus,  inquodeniqueTrogus  manifestis  er-  è  mai  quell'opera  die  possa  vantare  com- 
roribus  convincerentur".  Stimo  però  es-  pietà  immunità  da  ogni  difetto?  Agli  ai- 
sere  proprio  d'un  animo  ben  composto  tri  poi,  che  per  gelosia  e  invidia,  disco- 
li compalirenegli  storici  ogni  fallo,  quan-  noscendo  la  fatica  indefessa  e  enorme,  il 
do  ola  negligenza  non  avesse  trascurata  graudiosoearditoconceltoequalchepre- 
l'esamina  di  quanto  scrivono,  o  la  pas-  gio,e  da  severi  e  inesorabili  aristarchi  si  fer- 
sione  non  avesse  occultala  la  verità;  ma  mano  e  solo  rimarcano  il  lieveabbaglio,  e 
stimo  ancor  lodevole  il  notare  con  mo-  puerilmente  un  neo,  senza  curarsi  di  cer- 
desta  censura  egentilezza  di  forme  gli  er-  caresene'luoghi  relativi  vi  riparai, per  cui 
rori  e  abbagli,  che  talvolta  si  trovano  la  censura  deve  procedere  con  molta  cau- 
negli  storici,  per  non  restar  pregiudicata  tela  onde  non  esporsi  invece  ad  essere  ceu- 
la  sincerità  del  vero.  Compatisco  gli  an-  surato  e  biasimato,  pegl'incorsi  loro  gra- 
tichi  storici  che  errarono  in  molte  cose;  vi  errori  e  fai  falloni,dirò  loro  con  un  poe- 
ma non  posso  ritenermi  di  non  lodare  l'ab.  ta  latino:  Quod  potili, feci:  faciant  /7»e- 
Lancellotti,  che  ne\Y  Oggidì  notò  gli  ab-  Uorapotentes.  Finalmente  all'universale, 
bagli  di  sessanta  e  più  storici  che  cadde-  la  storia  non  mi  permette  di  tacere,  pei* 
io  in  manifestissimi  errori  ".  Quanto  a  l'indulgente  accoglienza  che  largamente 
me,  ognuno  che  mi  onori  di  lettura  e  sia  mi  dimostra  verbalmente  o  con  onorifi- 
ragionevolmeute  discreto,  non  potrà  ne-  che  lettere,  non  provocate  e  spontanee, 
gare  che  solo  e  senza  aiuti  mi  accinsi  a  rendo  qui  un  solenne  e  pubblico  omag- 
lavoro  arduo,  difficile,  voluminoso, qua-  gio  d'  imperitura  e  tenera  gratitudine, 
si  enciclopedico,  poiché  colla  storia  uni-  comechè  sensibilea  tanti  lusinghieri  con- 
versale e  inclusivamente  alla  contempo-  forti,  che  però  senza  illudermi,  il  tutto 
ranea,  e  perciò  di  più  grave  esposizione,  riferisco  all'aiuto  solamente  di  Dio,  au- 
collegai  la  svariata  e  molteplice  erudi-  tore  di  tutto,  ed  alla  sua  gloria  e  a  quella 
zione,che  quasi  si  può  dire  tutto  quan-  di  sua  Chiesa.  Però:  Finis  coronai  opus, 
to  abbraccia,  di  conseguenza  in  tutto  as-  ed  è  vicino,  annuente  et  pertnitlente  Deo. 
sai  superiore  alle  mie  deboli  forze,  alle  STRADA  e  STRADE  DI  ROM  A;//er, 
forze  d'un  uomo  solo;  e  questa  è  storia  Via,  Vicusj  Viaruni  Almae  Lirbis.  La 
incontrastabile.  Tutte  le  cose  ebbero  sem-  strada  o  via  è  quello  spazio  di  terreno  de- 
preda tenui  principi)  comiuciamento,co-  stinato  dal  pubblico  per  andare  da  luo- 
tue  l'opera  mia.  L'ingenua  confessione  go  a  luogo.  Strada  maestra,  Via  Regia, 
degli  abbagli  che  talvolta  prendo,  come  si  dice  quella  che  conduce  da  luogo  prin- 
nomo  e  perciò  fallibile,  ovvero  ripetei!-  cipale  ad  altro  luogo  grande.  Strada  vi- 
do  gli  altrui  che  non  fui  felice  di  tutti  co-  cinale,  si  dice  quella  che  conduce  ad  al- 
noscere,  ad  onta  che  certamente  non  ri-  cuna  casa  particolare.  Strada  battuta,  si 
spaimi  ogni  più  precisa  e  laboriosa  di-  dice  quella,  ove  di  continuo  passano  mol- 
ligeuza,  come  francamente  più  volte  prò-  te  genti.  Dicesi  Vicolo  la  strada  stretta, 
testai,  ed  anco  all'articolo  Stampa,  av-  Vicus,parvus  vicus,e  Piazza  quel  luo- 
verleudo  insieme  che  non  manco  correg-  go  spazioso  della  strada  circondato  d'e- 
germi  negli  errori  miei  o  tipografici  al-  difizi.Le  strade  di  ferro  o  Ferrovie,  so- 
l'opportunilà,  e  perciò  li  vado  ehminan-  no  così  denominate  dalle  rotaie  di  ferro, 
do;  tutto  questo,  spero,  mi  gioverà  in  gè-  Mercè  queste  nuove  vie  aperte  a'traflici 


S  T  R 
e  ai  viandanti,  le  più  lontane  regioni  si 
ponno  riguarda  re  a  Ile  nostre  attinenti.  Le 
strade  ferrate  nella  necessità  in  cui  sono 
di  trar  profitto  nella  lortì  traccia  da  tutti 
i  vantaggi  del  terreno,  offrono  oggi  gior- 
no alle  grandi  vie  di  comunicazione  già 
esistenti  una  nuova  occasione  per  confer- 
marsi ne'loro  diritti.  Tutte  le  strade  ur- 
bane, suburbaue,  provinciali  e  nazionali 
hanno  la  propria  nomenclatura,  deriva- 
ta da  svariate  cause.  Le  principali  ebbe- 
ro origine  dall'ubicazione  di  esse,  dal  no- 
me di  chi  le  fece  costruire  o  migliorò,  dal 
vicino  luogo  ove  accadde  qualche  memo- 
rabile avvenimento,  dal  luogo  donde  par- 
te o  da  quello  in  cui  ha  fine,  dal  nome 
de'propinqui  edilizi,  da  quello  che  vi  a- 
bitò,  e  per  non  dir  altro,  dal  sito  ove  fu- 
rono o  sono  riuniti  uffizi,  o  corporazioni 
artistiche  di  una  medesima  specie.   Fra 
le  più  considerabili  costruzioni  che  ci  la- 
sciarono gli  antichi  romani,  sono  da  an- 
noverarsi le  cloache/importante  oggetto, 
sia  per  la  salubrità  e  comodo  degli  abi- 
tanti, sia  per  la  conservazione  delle  stra- 
de,le  quali  sarebbero  senza  di  esse  pregiu- 
dicaledalristagnodelle  acque.  La  pianta- 
gione degli  alberi  lunghesso  le  strade  re- 
ca grande  utilità,  diletto  e  abbellimento: 
una  strada  alborata  riesce  anche  mae- 
stosa. Osservò  Plinio,  che  ponuo  gli  al- 
beri considerarsi  come  un  dono  mollo  pre- 
zioso fatto  agli  uomini  dalla  provviden- 
za, attesi  i  grandi   vantaggi  che  produ- 
cono, pe'loro  frutti,  pe'molteplici  usi  della 
vita,  per  la  salubrità  dell'aria.  A  questo 
si  aggiunge,  l'amenità  e  l'opportunità  di 
garantirci  dagli  ardenti  raggi  del  sole; 
opportunità  assai  valutabile  per  le  pub- 
bliche vie  e  passeggiate,  onde  i  cittadini 
a  cui  le  civili  occupazioni  non  permet- 
tono di  abbandonare  la  città,  ponno  an- 
che dentro  la  medesima  o  ue'suburbi  go- 
dere della  campagna,  e  ricreare  lo  spi- 
rito e  il  corpo.  Quindi  sono  celebrali  gli 
albereti  che  adornano  le  rive  del  Senna, 
i  giardini  di  Londra,  i  suburbani  di  T'ien- 
na,  le  vie  alberate  di  Castel  Gandolfo, 

VOL    LXX. 


STR  m  3 

quelle  di  Cenzano,  e  ciò  che  più  sorpren- 
de le  lunghe  passeggiate  coperte  di  boschi 
fra  le  nevi  di  Pietroburgo.  I  Ponti  (/'.) 
sono  strade,  sorrette  da  edifizi  per  lo  più 
arcuati,  sopra  le  acque  dei  fiumi,  onde 
congiungere  le  due  rive.  Dissi  a  Poste, 
che  questo  vocabolo  derivò  dall'imposta 
del  pedaggio,  e  servi  per  esprimere  il  luo- 
go.stabilito  sulle  strade  maestre  di  distan- 
za in  distanza,  ove  si  trovano  cavalli  per 
far  Fi  aggiri.)  con  sollecitudine.  In  quel- 
l'articolo ragionai  degl'immensi  vantag- 
gi che  da  esse  si  ritrae,  con  nozioni  relati- 
ve alle  strade  pubbliche  e  alle  locande  po- 
stali ;  mentre  dell'origine  delle  taverne 
parlai  a  Pellegrinaggio, ead  Ospizio  del- 
l'ospitalità a'viandanti.  Una  delle  più  lo- 
devoli istituzioni  a  vantaggio  delle  stra- 
de urbane,  è  sicuramente  quella  dell'il- 
luminazione notturna,  massi  me  a  gaz.  Im- 
perocché siccome  le  tenebre  favoriscono 
le  insidie  e  le  azioni  turpi,  così  la  luce 
artificiale  deve  reputarsi  un  testimonio 
del  pubblico  costume  e  della  sicurezza  so- 
ciale. Delle  strade  più  rinomate,  tanto 
urbane,  che  nazionali  e  provinciali,  e  lo- 
ro nomenclature;  de'più  deliziosi  e  de- 
corosi passeggi  pubblici,  urbani  e  subur- 
bani; e  dell'  illuminazione  notturna  delle 
principali  città,  ne  tratto  nel  descrivere 
gli  stali,  le  città  e  i  luoghi  più  importanti. 
Quanto  all'origine  delle  strade  granili, 
si  può  ragionevolmente  presumere  che  si 
aprissero  tosto  che  gli  uomiui  furono  riu- 
niti in  numero  considerabile  sulla  super- 
ficie della  terra  per  potersi  distribuire  in 
diverse  società  poste  a  qualche  distanza 
l'una  dall'altra.  Anche  ne'remoli  tempi 
verosimilmente  furono  in  uso  alcune  re- 
gole di  polizia  amministrativa  sul  man- 
tenimento delle  strade,  ma  non  ci  resta- 
rono vestigi.  Questo  oggetto,come  mate- 
ria diqualche  importanza, non  vedesi  trat- 
talo se  non  che  ne'bei  tempi  della  Gre- 
cia. Il  senato  d'Atene  invigilava  sopra  le 
strade;  Lacedemone,  Sparta  e  altri  stali 
ne  confidarono  la  cura  e  la  sorveglian- 
za alle  persone  più  distinte  ed  agli  slessi 
^  8 


?/*TV&lfl£j 


i  i  \  S  T  R 

re;  non  sembra  tuttavia,  che  questa  o- 
slentazione  eli  pubblico  regolamento  a- 
vesse  prodotti  grandi  effetti  nel laGrecia, 

se  è  vero  il  riferito  da  alcuni  scrittovi,  che 
le  strade  non  erano  in  que  tempi  selcia- 
te. Era  riservato  a  un  popolo  trafficante 

il  ben  conoscere  il  vantaggio  della  faci- 
lità dei  viaggi  o  dei  trasporti  dello  der- 
rate, e  per  questo  si  attribuisce  a'earta- 
ginesi  la  selciatura  delle  prime  strade,  che 
adattale  furono  in  quel  modo,  allei  man- 
do Servio  che  i  cartaginesi  furono  i  pri- 
mi a  costruir  le  strade  con  pietre,  Coni- 
mene, ad  vers.  ^26,  lib.  1  Aeneid.  Dio- 
nisio d'Alicarnasso,  Antiq.  cap.  4 1 5  ram- 
menta le  vie  aperte  neìagli  de'monli  da 
Ercole,  che  si  vuole  fosse  ili.°ad  appli- 
carsi a  tali  opere.  Altri  pretendono,  che 
già  Semiramide  si  fosse  applicata  a  far 
aprire  strade  pubbliche  in  tutta  l'esten- 
sione del  suo  impero.  Sarebbe  questo  il 
più  antico  esempio  che  la  storia  ci  som- 
ministra di  simili  lavori,  ma  i  tempi  e 
i  fatti  di  quella  regina  sono  oscurissimi; 
e  siccome  vi  ebbero  molte  principesse  di 
quel  nome,  non  si  può  ragionevolmente 
assicurare,  che  alla  più  antica  Semira- 
mide e  moglie  di  Nino  dovessero  attri- 
buirsi leoperemagnifichedellequali  par- 
lano molti  antichi  scrittori.  Perla  mag- 
gior parte  sonoapocrili  gli  scritti, ne'quali 
si  parla  de'grandi  edifizi,  delle  strade  e 
delle  colonne  con  iscrizioni,  eseguite  per 
ordine  di  quella  regina.  Giustino,  lib.  2, 
cap.  1  o,  commenda  le  strade  de'persiani, 
ed  i  grandi  tesori  piofusivi  da  Serse.  I\è 
presso  il  popolo  ebreo  fu  minore  la  pre- 
mura, che  si  ebbe  per  la  costruzione  del- 
le strade;  giacché  racconta  l'istorico  Gio- 
seffo,  Antiq.  lib.  8,  cap.  7,  n.°4,  che  Sa- 
lomone fece  lastricare  di  pietre  nere  le 
strade,  che  conducevano  a  Gerusalem- 
me. I  romani  non  trascurarono  punto  sì 
utili  esempi,  e  questa  parte  de'loro  pub- 
blici lavori  non  è  una  delle  meno  glorio- 
se per  quel  popolo,  e  non  sarà  neppure 
una  delle  meno  durevoli.  Quindi  la  sor- 
veglianza e  l'amministrazione  delle  pub* 


STR 

blichc  vie  fu  riguardata  degna  della  mas- 
sima considerazione  presso  ogni  colta  na- 
zione^ come  uno  degli  oggetti  più  inte- 
ressanti. Anzi  per  rendere  più  imponen- 
te la  tutela  delle  pubbliche  strade,  non 
mancavano  gli  antichi  di  farvi  concor- 
rere l'opinione  religiosa,  attribuendo  la 
protezione  delle  strade  ad  alcune  deità 
denominate  Fiali  o  Fiocuri.  Fra  que- 
ste vi  posero  ini.°  luogo  A  pollo,  il  dio  del- 
la luce  e  delle  belle  arti,  con  greco  vo- 
cabolo chiama  lo  Agyeus,  quasi  viis  prae- 
positus  urbani*.  Ne  attribuivano  anco- 
ra la  speciale  tutela  a  Mercurio, messag- 
giero  degli  dei,  protettore  de'viaggialo- 
ri,  il  dio  del  commercio, dei  negozianti  e 
mercanti;  perciò  ponevano  ne'capi-stra- 
de  le  così  dette  Erme  o  statue  viali,  ef- 
figiate senza  mani  e  senza  piedi,  Hermes 
essendo  il  nome  greco  di  Mercurio,  vo- 
cabolo equivalente  a  scoglio  latente.  Nel 
voi.  LXIII,p.  4o  parlai  delle  pietre  qua- 
drate chiamate  Erme,  di  loro  forma  e 
sovrastate  dalla  testa  d'Ercole  odi  Mer- 
curio, e  perchè  così  mutilate;  che  da'ro- 
mani  furono  dette  Termini,  e  poste  sul- 
le pubbliche  vie  anche  con  altre  teste  di 
deità  protettrici  delle  vie  stesse,  e  si  fece- 
ro Termini  anche  con  4  teste;  altre  Er- 
me neaveano  3,  ognuna  delle  quali  guar- 
dava una  strada  che  presiedevano.  Si  po- 
sero ancora  alle  porte  delle  case,  nelle 
piazze,  ne' portici,  ne' vestiboli  de'templi, 
presso  i  sepolcri.  Si  collocarono  in  gran 
numero  da'greci  e  da'romani,  ne'crocic- 
chi  o  incrociamenti  delle  strade  maggio- 
ri,ed  anche  su'eonfìni  e  traghetti  de'cam- 
pi.  Talvolta  nelle  basi  aveano  iscrizioni 
e  ordinariamente:  Auspicatus  ad  Iter: 
Dux  Fine,  ovvero  conteneva  ciascuna 
faccia  triplice  o  quadrupla  della  pietra 
il  nome  delle  strade  corrispondente  a'ia- 
ti  di  esse.  Si  racconta,  che  i  passaggieri 
in  onore  di  Mercurio  solevano  accumu- 
lare delle  pietre  dinanzi  a  queste  Erme, 
e  in  tanta  quantità  che  spesso  ne  copri- 
vano tutto  lo  stipite  fino  al  capo.  Ciò  si 
ha  pure  da  Salomone,  Prov.-iG,  «S:  Stetti 


S  T  11 
bui  mi  Hit  lapiderà  iuacervuniMerciu'H, 
ila  qui  tribuit  insipienti  honorem.  Così 
quel  sapiente  dichiarò,  monte  essere  di 
più  vano,  quanto  il  rendere  onore  ad  UD 
insensato,  perchè  come  la  statua  nuu  sen- 
te gli  onori  die  le  si  tributano,  così  egual- 
mente non  li  sa  conoseere  e  apprezzale 
uno  stollo.  Tra  le  spiegazioni  eli  siffatta 
superstizione,  dicesi  aver  costumato  gl'i- 
dolatri d'accumulare  de'sassi  in  ossèquio 
di  Blercurio,  perchè  chiamato  io  giudi- 
zio dalla  gelosa  Giunone  per  aver  ucci- 
so Argo  da'cento  occhi,  a  cui  avea  alli- 
dato  la  custodia  di  sua  rivale  Io  cambia- 
la da  lei  in  giovenca,  gli  dei  che  già  era- 
no per  sentenziare,  avendo  inteso  essere 
ciò  seguito  per  comando  di  Giove,  assol- 
tolo  in  sull'istante,  gettarono  a'piedi  di 
Mercurio  tulli  i  calcoli  neri  e  bianchi, e 
così  disciolsero  l'adunanza  e  il  giudizio. 
Altri  opinano  essersi  ciò  praticalo,  per- 
chè Mercurio  soleva  acconciare  e  rende- 
re pili  agevoli  le  strade,  sgombrandole 
da'sassi  edalle  macerie/insegnarle  a' vian- 
danti, e  istruirli  del  tragitto  che  doveano 
percorrere. Quindi  ogni  passeggieregiun- 
to  innanzi  al  dio  Viale,  se  non  avea  un 
fiore,  un  serto  o  altro  equivalente,  in  se- 
gno di  venerazione  e  riconoscenza  git- 
tavagli  un  sasso,  che  a  lui  si  offriva  per- 
chè i  sassi  disagiano  le  vie  e  formano  im- 
pedimenti a  chi  le  corre.  Ma  propagatasi 
la  religione  cristiana  e  divenuta  domi- 
nante, tra  le  superstizioni  che  soppresse 
eziandio  si  abbatterono  le  Erme  e  si  tol- 
sero dalle  pubbliche  vie,  anche  per  rap- 
presentarsi alcuni  in  maniera  indecente 
e  colle  parti  della  generazione,  come  can- 
tò Prudenzio  in  Symtn.  2,  e  come  nel 
578  proibì  il  concilio  di  Auxerre,  e  Io  ri- 
marcai nel  voi.  Ili,  p.  1  j  1 ,  e  successiva- 
mente altri  secondo  i  luoghi  ove  si  diffon- 
deva il  cristianesimo;  e  poiché  a'  tempi 
di  Carlo  Magno  se  ne  trovavano  ancora 
nel  i  a. Sasso  ma  di  fresco  convertita  dal  gen- 
tilesimo, passandovi  quel  principe  col- 
l'esercito  a  conquistarla,  ordinò  che  fos- 
sero disti  ulte.  Ma  siccome  i  novelli  cri- 


S  T  R  1 1 5 

stiani,  come  diffusamente  prova  Maran- 
goni, Delle  cose  gentilesche  e  profane 
trasportale  ad  uso  e  adornamento  delle 
chiese 3 nou si  appagavano  soltanto  di  ab- 
battere i  monumenti  delle  gentilesche  su- 
perstizioni, se  insieme  non  ne  espiavano 
e  consagravano  i  luoghi  già  da  esse  con- 
taminati,colla  erezione  del  glorioso  ves« 
siilo  della  Croce,  questa  finda'primi  tem- 
pi della  Chiesa  nou  meno  nelle  casce  nei 
templi,  ma  altresì  sulle  principali  stra- 
de piantarono.  Anzi  ne'  luoghi  ove  mo- 
li alcuno  o  vi  fu  ucciso,  per  promuove- 
re suffragi  alla  di  lui  anima  e  per  fare  ri  • 
spellare  il  luogo,  con  mucchi  di  sassi  si 
elevarono  croci,  ed  in  siffatto  modo  se  ne 
elevarono  pure  persola  divozione,  e  per- 
chè non  sostenute  da  cementi  compatti 
si  suole  gettarvi  de'  sassi.  Inoltre  nelle 
strade  suburbane  e  massimamente  nelle 
vie  urbane  si  eressero  le  Maestà^.),  ta- 
bernacoli con  sagre  Immagini  (l  ■),  po- 
sti per  le  pubbliche  vie  affissi  a'muri,  se- 
gnatamente sui  cantoni  degli  edilizi,  più 
o  meuo  ornate, con  lumi  accesi  e  bori  in- 
nanzi, ponendosi  così  la  strada  egli  abi- 
tanti sotto  il  loro  patrocinio, solenuizzau- 
dosi  le  loro  feste,  ed  in  alcune  si  fanno 
serali  orazioni  da'divoti  riuniti,  altri  sa- 
lutandole in  passarvi  avanti.  Abbiamo 
dalla  Antologia  il  dio  Termine  tenuto  pei" 
protettore  de'confìui  che  si  ponevano  ai 
campi,  e  qual  vendicatore  delle  usurpa- 
zioni, e  fu  una  delle  più  antiche  deità  dei 
romani.  In  fatti Numa  Pompilio  -2.°  re  di 
Roma,  conoscendo  I'  insufficienza  delle 
leggi  contro  gli  stimoli  della  cupidigia, 
credette  di  dover  chiamare  la  religione 
in  soccorso  della  politica,  onde  col  timo 
re  degli  dei  frenare  coloro,  i  quali  colla 
destrezza  si  sottraevano  alla  punizione 
degli  uomini. Pertanto  pubblicò  che  il  dio 
Termine  vegliava  alla  conservazione  dei 
limiti,  e  dopo  aver  fatto  al  popolo  la  di- 
stribuzione delle  terre,  edificò  a  quel  nu- 
me un  piccolo  tempio  sulla  rupe  Tarpea, 
e  fi  poi  chiamato  pietra  immobile  del 
Campidoglio;  istituì  un  cullo  in  onore 


n6  STR 

di  Ini  e  ne  regolò  le  eeremonie.  Le  feste 
Terminali  si  celebravano  nel  6.°  giorno 
prima  delle  calende  di  marzo,  in  onore 
di  Termine;  allri  vogliono  di  Giove  che 
prima  di  Nnma  era  venerato  col  nome 
di  Terminale,  e  qnal  patrono  decimiti, 
ai  io  febbraio.  Altri  credono  che  Numa 
consagrasse  i  confini  a  Giove  Terminale. 
Rappresentò  la  nuova  deità  sotto  la  fi- 
gura d'una  grossa  pietra  quadrala,  ebe 
fececollocare  nel  suolempio,e  ordinò  che 
ogni  anno  gli  si  offrissero  in  sagrifizio  dei 
fruiti,  latte  e  vino.  In  seguito  il  nume  fu 
rappresentato  con  testa  umana,  senza 
braccia  e  piedi  per  indicare  che  dovea  ri- 
manere immobile  nel  luogo  destinatogli, 
ove  pure  si  facevano  a  lui  sagrifizi  par- 
ticolari ne'limiti  de'  medesimi  campi.  I 
due  proprietari  vicini  a  gara  ornavano 
di  ghirlande  il  limite  principale,  presso 
cui  innalzavano  un  a  Ilare  e  un  piccolo  ro- 
go in  cui  sagrificavano  vittime,  seguen- 
do un  banchetto  colle  loro  famiglie,  e 
d'ordinario  coll'intervento  de'villici  vi- 
ciniori. Per  fare  rispettarealpopoloi  con- 
fini, si  persuase  nulla  esservi  di  più  sa- 
gro quanto  i  confini  de'campi,  e  chi  avea 
l'audacia  d'alterarli  e  violarli  si  abban- 
donavano alIeFurie,ed  era  permesso  uc- 
ciderli. Sulla  pietra  di  questo  Dio  si  fa- 
cevano i  più  tremendi  giuramenti.  Dice 
Marangoni,  che  il  dioTermine  fu  espres- 
so con  due  faccie  opposte,  l'una  di  vec- 
chio e  l'altra  di  giovane, rappresentando 
in  esse  l'eccellenza  d'ordinare  le  cose  pre- 
senti colla  memoria  delle  passate,  e  con 
questa  prevedere  le  cose  future.  Soggiun- 
ge Marangoni,  questo  ancora  fu  uno  dei 
tanti  furlifalli  da'gentili  allo  sagra  Scrit- 
tura, dillòrmandoli  con  fàvole,  rappre- 
sentando in  Giano  (bifronte,  custode  del- 
le porte,  e  presiedeva  anch'egli  alle  stra- 
de) il  patriarca  Noè,  il  quale  vide  i  due 
stali  del  mondo,  cioè  prima  e  dopo  il  di- 
luvio. Mentre  i  greci  posero  ogni  studio 
al  decoro  e  alla  fortezza  delle  città,  la- 
sciarono indietro  cose  al  sommo  essen- 
ziali al  pubblico  vantaggio;  le  cloache, 


STR 

gli  acquedotti,  le  vie  lastricate.  I  romani 
con  insigni  opere  donarono  i  populi  di 
tali  triplici  costruzioni,  mostrandosi  in 
questo  meglio  previdenti  de'greci.  Le  vie 
esterne  furono  una  speciale  cura  devo- 
niani, sia  chenetogliessero  l'esempio  dai 
carlaginesijSia  cheda'coltissimi  etruschi, 
e  questo  pare  più  vero  e  più  probabile. 
Le  aumentavano  quando  il  possenteloro 
impero  cresceva,  ed  esse  contribuirono 
molto  al  suo  incremento.  La  natura  di- 
versa de'luoghi  non  presentava  difficol- 
tà, che  non  fosse  vinta  dalla  loro  perse- 
veranza e  grandezza  d'animo.  Si  apriro- 
no monti,  si  colmarono  valli,  la  via  pro- 
cedeva sempre  quanto  più  si  potesse  ret- 
ta, quanto  meno  si  potesse  scoscesa.  Gli 
avanzi  che  tuttora  ammiriamo,  sono  te- 
stimonianza di  questo,  come  della  solidi- 
tà usata  nelle  costruzioni.  Gli  strali  co- 
minciavano da  3,  e  se  il  suolo  era  di  ter- 
ra quasi  fatta  liquida  dall'acque  o  fan- 
gosa, si  formavano  fino  da  5  strati  di  ma- 
terie diverse,  onde  dare  ferma  base  alla 
via.  Poi  ponevano  il  pavimento  di  pie- 
Ire  grandi  o  massi  poligoni,  congiunti 
con  tanta  esattezza, che  non  reslava  qua- 
si apparenza  delle  commissure.  La  ma- 
teria delle  pietre  era  una  lava  basallina, 
delta  comunemente  selce,  prodotto  non 
raro  d'Italia,  dove  arsero  tanti  vulcani, 
e  facile  a  trovarsi  nelle  molte  cave  ch'e- 
rano ne'dintorni  di  Roma,  dove  ne  furo- 
no pur  molti,  essendo  il  suolo  perciò  in 
gran  parte  vulcanico.  Scrive  Gio.  Giro- 
lamo Lapi,  Del  selce  romano  ragiona' 
mento  mi nera  logico  ,Roma  fjS^.La  stra- 
da cos\  lastricata  formava  un  dorso  nel 
mezzo, marnerà  convenientissima  allo  sco- 
lo dell'acque, che  a'noslri  giorni  si  ripose 
in  uso.  11  finimento  era  formalo  da  due 
margini,  come  i  nostri  marciapiedi  e  fat- 
ti per  lo  più  con  grandi  pietre  da  taglio: 
i  marciapiedi  sono  quegli  spazi  più  alti 
a'iati  d'una  strada  o  d'un  ponte, dove  può 
passare  chi  cammina  a  piedi,  senza  esse- 
re incomodalo  da'earri,  carrozze  e  simi- 
li. Tuttora  la  materia  dellaquale  forma- 


STR 
sì  il  lastrico  delle  strade  di  Roma  è  il  sel- 
ce, della  qual  sostanza  trovatisi  frequen- 
tissime cave  ne'dintorni  della  città.  An- 
che in  tempo  dell'antica  repubblica  le  vie 
urbane  si  lastricavano  di  silice  in  Urbe, 
mentre  quelle  al  di  fuori  cuoprivansi  sem- 
plicemente di  ghiaia,  glarea  extra  Ur- 
beni.  Gli  antichi  romani  però  non  cono- 
scevano la  ferratura  de'cavalli,  ed  aven- 
do piccoli  carri  usarono  il  selce  in  forme 
grandi  e  poligone.  ÀI  presente  si  adope- 
ra nelle  strade  il  selce  tagliato  in  piccoli 
quadri  piramidali  larghi  centimetri  g  e 
mezzo  e  alti  18  .  Questi  sono  uniti  fra  lo- 
ro sopra  un  letto  di  sabbia  o  ghiaia,  cioè 
le  urbane  particolarmente  hanno  con- 
giunti i  selci  con  arena  o  calce  (Nicolai 
dice  preferibile  l'arena)  unita  alla  poz- 
zolana^ questa  sola;  le  strade  sono  fian- 
cheggiate  e  divise  nel  mezzo  da  alcune 
pietre  di  selce  più  grandi,  larghe  ne'lati 
centimetri  28  e  alte  18,  chiamate  guide 
o  liste.  Nell'estate  per  smorzare  la  polve- 
re quando  si  scopano,  le  vie  s'innaffiano 
con  acqua,  che  si  diffonde  a  mezzo  di  va- 
rie botti  condotte  sopra  carretti.  Abbia- 
mo: Descriplio  dola  aqua  pieni,  qua  no- 
biliores  viae  Rornae  irriganlur,  nel  li- 
brodi  Giuseppe  Bernieri  intitolato:  Poe- 
sis  focosa,  seu  rnoruni,  ac  ludicrorum 
{juorumdam,  qxiae  olitn  Rornae,  modo 
vero  timi  apud  romanos,  limi  a  pud  no- 
strales  vigent,poelicae  descriptiones,\?a- 
tavii  1  7  1  5.  Plutarco,  nella  Fila  di  Caio 
Gracco,  sembra  ad  esso  attribuire  lai.3 
misura  delle  vie,  e  l'invenzione  delle  co- 
lonne, che  di  miglio  in  miglio  ne  indicas- 
sero il  progresso.  Questa  utile  maniera 
di  segnare  le  distanze  non  fu  poi  più  in- 
termessa, finché  durò  l'impero  romano, 
ed  i  moderni  ne  continuano  I'  uso.  Sul- 
la balaustra  del  Campidoglio  di  Roma, 
vi  è  la  Colonna  milliaria  che  col  nume- 
ro I  indicava  ili. "miglio  della  via  Appia: 
nel  1 584  fu  trovata  fuori  di  Porta  Ca- 
pena  nella  vigna  Naro;  la  palla  di  bron- 
zo da  cui  è  sormontata  è  parimenti  an- 
tica, e  stava  già  in  quella  mano  colossa- 


STR  117 

le  dello  stesso  metallo  che  tuttavia  esi- 
ste nella  corte  del  palazzo  de'Conserva- 
tori,  da  dove  fu  tolta  verso  il  fine  di  det- 
to secolo  per  collocarsi  sulla  colonna.  A. 
questa  per  simmetria  fu  posta  altra  mo- 
derna a  sinistra.  Spesso  la  colonna  mil- 
liaria degli  antichi, oltre  al  numero  del- 
le miglia,  mostrava  una  o  due  iscrizioni 
di  principi,  che  presero  cura  di  conser- 
vare le  strade  già  latteo  di  aprirnedi  nuo- 
ve. Imperocché  nella  sapienza  che  fugui- 
da  all'ottimo  governo  romano,  non  mai 
volendosi  che  il  popolo  mancasse  di  la- 
voro, oltre  al  mantenere  le  vie  esistenti, 
spesso  se  ne  facevano  nuove,  per  non  te- 
nere la  plebe  ino/io,  sovvenendola  così 
degnamente.  Nel  n.°  iq3  del  Giornale  di 
Roma  deli  853,  si  legge  un  importante 
articolo,  sopra  autorevoli  elementi  per 
determinare  con  precisione  il  vali  «  e  delle 
antiche  misure  romane  di  estensione  li- 
neare. Conoscendosi  da'più  insigni  dotti 
scrittori  dell'antichità  romane  l'impor- 
tanza di  determinare  con  precisione  la 
giusta  corrispondenza  delle  misure  di  e- 
stensione  lineare  impiegate  dagli  antichi 
romani,  tanto  nel  definire  i  partimenti 
delle  loro  opered'ogni  genere,  quanto  nel 
dividere  le  vie  principali  da  essi  stabili- 
te in  tutto  il  vasto  impero,  ne  fecero  uu 
oggetto  particolare  nelle  ricerche  che  dal 
XV  secolo  si  protrassero  senza  interru- 
zione sino  a'uostri  tempi  presso  ogni  col- 
ta nazione  che  tiene  in  pregio  quanto  ci 
fu  tramandato  da  quel  vetusto  popolo.  E 
ciò  non  solamente  per  giovare  agli  stu- 
di artistici  e  storici,  ma  anche  per  con- 
cordare le  corrispondenze  delle  divisioni 
iti.ierarie  e  di  ogni  altra  più  estesa  de- 
finizione geografica;  ed  a  Geografia. par- 
lando dellesue  differenti  specie,  dissi  pu- 
re che  descrive  la  situazione  delle  strade, 
i  limiti  e  le  divisioni  degli  stati,  e  parlai 
delle  carte  itinerarie  e  delle  carte  topo- 
grafiche. Però  nonostante  siffatti  gran- 
di e  veramente  eruditi  studi  rimaneva- 
no sempre  ragguardevoli  disparità  ne'ri- 
sultamenti,  prodotti  specialmente  dalla 


u8  STK 

varietà  de'monumeuli  su  cui  si  baserò 
no,  e  dal  non  essere  essi  compresi  nei  nu- 
mero di  quelli  che  andarono  soggetti  ad 
una  precisa  determinazione  nello  slesso 
loro  stabilimento.  Il  eh.  commend.  Lui- 
gi Canina, comeaccennai  nel  voi.  LXIV, 
p.  i43,  dopo  aver  procurato  di  concor- 
dare le  indicate  disparità  coli'  appoggio 
de'documenti  già  presi, gli  venne  dato  di 
poter  basare  le  sue  ricerche  su  due  dei 
più  insigni  monumenti  degli  antichi  ro- 
mani,che  ci  sieno  stati  conservati  quasi 
nella  loro  integrità,  quali  sono  la  Colon- 
na di  Traiano  e  la  Colonna  di M.  A.  An- 
tonino che  denominavnsi  pur  dagli  auli- 
uhi  Centenaria,  denominazione  contesta- 
ta da'  100  piedi  romani  antichi  che  ri- 
trovò pine  nell'altra  Colonna  di  Traia- 
no. Quindi  potè  con  sicurezza  determi- 
nare :1  valore  dell'antico  piede  romano, 
quello  del  passo,  quello  del  miglio  for- 
mato di  1000  passi  a  piedi  5oooosiaa 
metri  148  1,750.  Questa  fu  una  scoper- 
ta di  molta  importanza,  che  aumentò  le 
benemerenze  dell'illustre  artista  e  lette- 
rato. L'agrimensura,scienza  e  arte  di  mi- 
surare le  terree  descriverle  in  una  pian- 
ta o  mappa, fu  simboleggiata  daldioTer- 
mine,  e  può  dirsi  nata  col  diritto  di  pro- 
prietà che  le  prime  genti,  costituite  in  u- 
nioneo  società  civile,  dovettero  formare, 
per  riconoscere  e  godere  tranquillamen- 
te i  fruiti  del  campo  provenuto  loro  da- 
gli avi.  Gli  antichi  assegnarono  l'inven- 
zione della  geometria  a'caldei,  altra  arte 
di  misurare  la  terra,  ossia  quellascienza 
che  esamina  le  proporzioni, ed  haperob- 
bietto  tuttociòch'è  misurabile,come  le  li- 
nee, lesuperficie,  i  solidi;  dappoiché  nella 
Caldea  parte  dell' Asiaca  la  1  *  culla  del- 
l'umano consorzio  dopo  il  diluvio:  e  sic- 
come il  vivere  sociale  è  fondato  sulla  giu- 
stizia del  diritto  di  proprietà,  ora  avver- 
sato dal  Socialismo  {V.),  così  per  cono- 
scere il  proprio  e  l'altrui  terreno  era  ne- 
cessario che  si  conoscessero  i  confini  dei 
campi,  la  forma  e  circoscrizione  loro,  ac- 
ciocché ciascuno  inviolabilmente  godes- 


S  T  R 

se  la  sua  legittima  possessione.  Indi  dovè 
avvenire  per  naturale  conseguenza,  che 
siccome  la  terra  contiene  elevazioni  e  ab- 
bassamenti, tortuosità  di  riviere  e  di  fiu- 
mi, ingombramento  di  laghi  e  di  stagni, 
occupazioni  di  rupi  e  di  foreste,  cosi  ben 
presto  l'arte  di'  misurare  i  campi  sarà 
proceduta  da  principile  norme  generali 
che  la  costituissero  scienza.  Arroge  che 
in  que'primi  tempi  del  mondo  crescen- 
do le  popolazioni,  e  non  bastando  più  il 
loro  patrio  suolo,  do  veano  trasferirsi  fre- 
quentemente in  altre  contrade,e  da  quel- 
leanche  in  più  remote,e  stabilirsi  in  esse, 
e  dividersi  per  famiglie  gli  spazi  del  ter- 
reno che  a  ciascuna  veniva  determinato 
da'propri  bisogni  e  dall'autorità  del  ca- 
po della  colonia.  Pertanto  doveasi  cono- 
scere, oltre  le  qualità  delle  terre,  altresì 
il  modo  di  circoscriverle  e  limitarle  cou 
segni,  i  quali  indicassero  i  confini  dove 
giungeva  la   proprietà  o  del  comune  o 
de'particoIari.Soprattutti  si  doverono  se- 
gnalare nell'agrimensura  e  in  tutte  le  al- 
tre parti  che  ne  dipendono  gli  egizi,  co- 
me quelli  che  per  l'inondazioni  del  Nilo 
erano  soggetti  ad  alterare  spesso  i  con- 
fini de'  campi,  a  formar  canali,  argini, 
sboccami,  cateratte, deviazioni  e  conser- 
ve. Imli  pare  che  dalfZ^Vtofosse  comu- 
nicata alle  altre  nazioni,  e  certamente  gli 
ebrei  che  a  veano  abitato  la  regione   ne 
restarono  istruiti,  e  lo  posero  in  esecu- 
zione quando  si  divisero  il  paeseconqui- 
stato  nelle  1  iTribu.  Ignorasi  sei  pelasgi 
ei  tirreni  venuti  in  Italia,  apprendesse- 
ro dagli  egizi  l'agrimensura,  e  la  geode- 
sia opartedella  geometria  praticala  qua- 
le insegna  l'arte  di  misurare,  dividere  e 
descrivere  le  terre  de'di versi  proprieta- 
ri, e  dividere  le  terre  o  isole  o  paesi. Pare 
indubitato  però  ch'essi  doveano  essere 
espertamente  istruii  in  queste  utilissime 
scienze,  imperocché  dobbiamo  a  quelle 
antichissime  genti  l'essere  I'  Italia  il  più 
bello  e  ubertoso  paese  del V Europa.  Die- 
rono  in  seguito  perfezione  alle   scienze 
gcodetichegliaborigeni,gli  oschi,gli  uui* 


STR  SIR  119 
liri,  gli  eneti,  e  per  non  dire  d'altri  pria-  incido  sì  interno,  elio  esterno,  all'agri- 
cipalmente  gli  etruschi,  secondo  quelli  coltura,  alla  retta  amministrazione  go- 
clie  li  distinguono  da'ti  freni,  i  quali  pò-  vernati  va,  al  ben  essere  finalmente  degli 
sera  l'agrimensura  sotto  gli  aruspici  (dei  abitanti.  Ci  diede  E.  Ottone,  De  tutela 
quali  riparlai  a  Sacerdozio  e  Sufersti-  viarum  ptiblicarum,Tviì\ecUim  ad  Rhe- 
zione)  che  consagravanoi  confini  ponen-  11UQI1731.  lJer  ciò  che  riguarda  il  com- 
doli  sotto  la  tutela  della  divinità:  tanto  mercio,  una  delle  principali  sorgenti  dei- 
secondo  la  legge  di  natura  era  sagro  il  la  pubblica  prosperità,  ove  in  uno  stato 
diritto  di  proprietà,  che  non  poteasi  of-  si  rinvengano  strade  ben  costruite,  coti 
fendere  senza  sacrilegio  ;  e  siccome  Tuo-  buoni  materiali  da  non  produrre  fango, 
nio  è  avido,  e  l'avidità  lo  porterebbe  ad  con  fossi  laterali  tanto  necessari,  e  comò- 
usurpar  l'altrui,  cos'i  la  mirabile  sapien-  damente  intersecate  da  un  numero  di  mi- 
za  degli  antichi  infrenò  questa  passione  nori  vie,  e  da  ponti  formati  con  solidità 
sconvolgitrice  della  società  ponendoi  con-  fra  le  alture  de'monti,  o  sul  passaggio  dei 
fini  de'campi  sotto  la  possente  egida  del-  fiumi,  o  sulle  acque  stagnanti,  ivi  ha  Ino 
la  religione.  Quando  Romolo  fondò  le  go  uua  facile  e  pronta  circolazione  delle 
Mura  di  Roma,  dovette  chiamare  gli  a-  derrate,  ed  il  cambio  interno  delle  prò- 
grimensori  a  misuraresulPalazioo  Moti-  duzioni  del  suolo  e  dell'industria  fra  prò- 
te  Palatino  la  prima  cerchia  della  imo-  vincia  e  provincia.  Né  minore  è  il  van- 
va  città,  e  lo  spazio  del  pomerio  che  do-  'aggio  che  dalla  bontà  dellestrade  risulta 
vea  circondarla  come  luogo  sagro  agli  al  commercio  esterno;  poiché  da  ciò  so- 
Dei  tutelari  della  città.  Furono  chiama-  no  in  singoiar  modo  allettati  gli  esteri  a 
ti  gli  aruspici,  fatti  gli  auguri,  piantati  i  visitare,  e  transitare  per  le  contrade,  a 
termini;  e  Roma  sorse  con  quegli  avven-  recarvi  i  loro  prodotti  di  cui  si  abbiso- 
tui  osi  auspicii  che  la  resero  la  città  eter»  gna,  o  esportandone  i  sovrabbondanti. 
na,conquistatrice  edominatrice  del  djoii-  Si  rende  del  pari  moltissimo  interessante 
do,  prima  col  senno  e  colle  armi,  poi  col-  per  quelli  che  regolano  le  pubbliche  co- 
la divina  potenza  della  fede  che  pose  il  se,  che  per  brevi  e  spedite  strade  pouna 
suo  eccelso  trono  sul  Faticano.  L'agri-  trasmettere  gli  ordini  eavvisi, da  cui  tal 
meusura  fu  in  estimazione  non  solo  sotto  volta  può  dipendere  la  pubblica  salvez» 
gl'imperatori  romani,  ma  pure  sotto  i  re  za.  All'  ornato  e  bellezza  delle  città  è  in» 
barbari  che  invasero  l'impero, come  dot-  dispensabile  la  conveniente  latitudine, li- 
tamente  di  recente  ha  dichiarato  il  prof,  vellamentoeregolarilà delle  stradeedel- 
d.  Stefano  Ciccolini:  Degli  agrimensori  le  piazze  opportunamente  disposte:  e  Ci- 
presso i  romani  antichi,  Roma  i8t>4.  nalmente  avendo  in  vista  la  pubblica  sa» 
Questoragionamentomeritòglielogidel-  nità,  nulla  evvi  di  più  utile,  che  la  net- 
l' Album  di  Roma  t.  2i,p.  ifò,  e  mag-  tezza  delle  vie,  mediante  l'opportuno 
giori  della  Civiltà  cattolica,  che  eziandio  sgombramene  dell'immondezze  e  il  fa- 
nediè  un  erudito  sunto,nella  2. "serie, t.  8,  Cile  scolo  delle  acque.  La  forza  di  tanti 
p.  1  28.  Fu  in  ogni  terapo.e  presso  ogni  col-  motivi,  che  imperiosamente  raccoman- 
ta  nazione  riguardata  la  cura  delie  pub-  dano  la  cura  delle  strade,  e  che  si  fece 
bliche  strade  come  uno  degli  oggetti  più  sentire  a  tutti  i  popoli  non  selvaggi,  pe- 
interessanti  ;  ne  deve  recar  meraviglia,  netròinmodo  particolare  l'animo  de'no» 
che  tanta  importanza  venisse  posta  rela-  stri  maggiori,  i  quali  ne  ravvisarono  tut- 
ti vamentealle  pubbliche  vie, poiché  trop-  ta  l'importanza,  e  si  occuparono  di  que» 
poevidenti  sonoi  vantaggi  che  dalla  lino-  sta  materia  con  quella  coraggiosa  perse» 
na  costruzione  e  dalla  diligente  manuten-  veranza  e  magnificenza,  che  costituiva  il 
zioue  delle  medesime  risultano  al  com-      lorodistiutivo carattere.  I  maestosi  avan« 


120  STR 

zi  dell'anticlie  strade  e  altri  monumenti 
«li  simile  natura,  malgrado  le  ingiurie  di 
tanti  secoli,  fissano  attonito  lo  sguardo 
del  viaggiatore,  ed  attestano  la  potenza 
non  meno  che  la  saviezza  del  gran  po- 
polo romano.  Si  vuole  che  ne'primi  tem- 
pi i  re  ne  riservassero  a  loro  stessi  la  so- 
printendenza;successa  la  repuhhlica, ven- 
ne cjuesla  sorveglianza  attribuita  a'cen- 
sori  e  agli  edili  curali.  Oltre  a  questi  ma- 
gistrati furono  istituiti  ancora  particola- 
ri dilatori  a  varie  strade  di  maggior  im- 
portanza, prendendoli  dalle  famiglie  più 
cospicue,  con  facoltà  molto  estese.  Di 
questi  curatori  frequenti  sono  nell'iscri- 
zioni antiche  le  memorie  ritrovate  nelle 
consolari,  le  quali  ci  additano  in  quanto 
onore  si  ritenessero  da'romani  coloro,che 
destina  li  erano  al  la  cura  del  le  strade.  Peli- 
ti nger  nella  sua  Carta  geografica,  nou 
disegnò  l'impero  diRoma  e  delle  sue  pio- 
vincie,ma  solamente  ebbe  in  idea  di  dar- 
ci la  figura  delle  strade  per  Io  mezzo,  e 
dentro  dell'  impero  romano  e  delle  sue 
provincie, come  dimostra  presso  Caloge- 
ri!, Opuscoli  t.  42)  p-  2-83,  il  d.r  Dome- 
nico Vandelli,  colle  Memorie  intorno  al- 
l'antiche carte  geografiche,  e  particolar- 
mente intorno  alla  Carta  o  Tavola  detta 
Peutingeriana.  I  romani  aveano  3  spe- 
cie di  strade,  le  vie  così  dette  pubbliche, 
che  suddividevano  in  regie,militari  e  con- 
solari, le  quali  conducevano  da  città  a 
città,  o  al  mare,  o  a'porti  de'fìumi  navi- 
gabili^ in  altra  strada  maestrale  vie  vi- 
cinali, quelle  cioè,  che  conducevano  in 
flcosda  un  villaggio  all'altro;  le  vie  pri- 
vale, chiamate  da  alcuni  anche  agrarie, 
le  quali  erano  destinate  a  condurre  nei 
campi,  ed  a  facilitarne  la  coltivazione. 
Quanto  a' /lei  e  da  chi  presero  il  nome, 
così  sono  descritti  da  Isidoro,  riportato 
dal  «Sigonio  lib.  a, CI.  «  Vici  et  Castella, 
et  Pagi  sunt,  quae  nulla  dignitate  Civi- 
tatisornantur,sed  vulgarihominum  con- 
venta incoluntur,  et  propler  parvitatem 
sui  uiajoribus  civitatibus  allribuuntur. 
Vicus  dictus  est  a  vicinis  habitatoribus, 


S  T  R 
velquod  vias  hnbeat  sine  muris.Castrum 
antiqui  dicebant  Oppiduin  loco  altissi- 
mo situm,  quasi  Casam  altam  a  quo  Ca- 
stellino: sive  qtiodcastrabatur  ibi  licen- 
tia  habitanlium,  ne  passim  vagarentur". 
11  Nardi  pubblicò  nel  t.  2  3  del  Giorna- 
le Arcadico  p.  348:  Sui  vichi  entro  le  cit- 
tà, e  segnatamente  in  Rimino  a  tempo 
de'romani.  Osserva  che  i  municipii  d'I- 
talia, e  più  le  colonie  seguivano  con  ser- 
vilità gli  usi  di  Roma  capitale,  anche  ne- 
gli edilizi,  come  nelle  magistrature.  Ot- 
taviano Augusto  divise  ogni  regione  di 
Roma  in  vichi,  e  lo  attesta  Svelonio  in 
Aug.  cap.  3o:  Vittore  ne  contò  424>  a*' 
tri  meno;  le  città  provinciali  fecero  al* 
trettanto.  Rimino  colonia  romana  si  di- 
vise in  7  vichi  iuterni,  5  de'quali  desini' 
sero  il  nome  dalle  regioni  di  Uoma,  a  so- 
miglianza di  tante  regioni  o  rioui,  come 
fecero  altre  città,  oltre  i  vichi  dell'agro. 
I  prefetti  de'  vichi  istituiti  da  re  Servio 
Tullio  nella  riunovazioue  delle  feste  com- 
pitali,tanto  nelle  città,quanto  nelle  cam- 
pagne, divennero  in  Roma  magisUi  Fi* 
corum,e  Fico  magistri]  ministri  subal- 
terni, come  rilevai  a  Rioni  di  Roma,  di- 
poi nel  medio  evo  denominati  Centena- 
riij  e  si  dissero  gli  abitanti,  vicanus  vicit 
habitator  vici  o  plebs  vici.  Vi  erano  vi- 
chi nelle  città,e  mollo  più  nelle  loro  cam- 
pagne ;  in  città  erano  le  varie  divisioni 
della  medesima,  ed  in  campagna  piccoli 
paesi  tra  loro  distanti,  il  capoluogo  dei 
quali  s'iutitolavaPtfgo, siccome  vico  mag- 
giore, formante  una  porzione  di  territo- 
rio composto  di  molli  vichi, oggidì  ville, 
castelli.  Anche  nel  medio  evo  continua- 
va la  distinzione  tra  pago  e  vico,  in  detto 
senso, aventi  i  loro  patroni.  La  diversità 
de'vichi  la  dichiarò  pure  Manuzio,  De 
quaesitis par.  3,n.  7:  »  Vicus  duplex  erat, 
nempe  extra  Urbem  et  in  Urbe.  Vicus 
in  Urbe  est  domorum  series  continuata, 
suo  non  carens  nomine,  ut  Romae  Vi- 
cus Cyrius,  Vicus  Africus,  atque  ahi  ", 
Questi  vichi  davano  il  nome  alle  strade, 
per  cui  rimarca  Nardi,  che  tuttora  nel  re- 


S  T  R 

gno  di  Napoli  e  in  Napoli  stesso  la  mag- 
gior parie  delle  strade  chiamasi  fico, 
come  fico  Rello,  Vico  di  s.  Maddale- 
na. Nell'altra  sua  opera  De  parrochi , 
parlando  delle  regioni  ecclesiastiche,  con- 
ferma che  in  7  regioni  o  vichi  dividevan- 
si  le  città,  ognuna  delle  quali  àvea  il  suo 
diacono  presidente,  e  visitavano  quelli 
che  aveano  bisogno  e  lo  riferivano  al  ve- 
scovo. 

Le  strade  suburbane  e  consolari  di 
Roma  antica  prendevano  il  nome  dalla 
maggior  parte  delle  Porte  di  Roma  (  F.), 
o  dal  luogo  ove  conducevano,  o  dall'uso 
che  se  ne  Taceva,  o  da  chi  le  avea  fabbri- 
cate, come  rileva  Guattani,  Roma  de- 
scritta e  illustrata.  Perciò  di  esse  parlai 
dicendo  de'loro  autori,  descrivendo  tali 
Porte,  ed  i  luoghi  per  dove  passavano,  e 
quelli  in  cui  avevano  termine;  non  che 
per  le  Chiese,  Catacombe,  Cimiteri  di 
Roma,  e  Sepolture  suburbane  aR.oma,in 
tali  articoli  ancora  ne  tenni  proposito,  ce- 
lebrandone le  memorie,  massime  l'eccle- 
siastiche e  segnalate.  Ed  è  per  questo  che 
qui  appresso  nell'indica  re  le  strade  di  Ro- 
ma, pubbliche,  vicinali  e  urbane,  altre 
notizie  meglio  si  potino  trovare  negli  ar- 
ticoli che  riporterò  in  corsivo,  e  negli  al- 
tri che  ad  essi  sono  relativi.  Di  quelle  vi* 
c'inali  de'dintorni  di  Roma  dottamente 
ne  scrisse  Nibby  neW Analisi  de'dintorni 
di  Roma  t.  3,  p.  492>  eu<  10  '°  tenni  pre- 
sente nel  descrivere  le  città  e  luoghi  di 
essi,  colle  strade  che  vi  conducono,  aven- 
do riparlato  de'paesi  compresi  nella  Co- 
marca  di  Roma  in  principio  dell'artico- 
lo Roma.  Centro  delle  strade,  nelle  quali 
si  mostrò  tanto  splendida  la  potenza  ro- 
mana, era  Roma,  donde  diramavano  in 
varie  parti,  e  che  in  modo  diverso  con- 
servavano le  vestigia  del  lastricato,  co- 
me testimonianza  della  loro  direzione  pri- 
mitiva; maqueste  traccieognigiornospa- 
riscono.Dice  Nibby, che  lo  scopo  devo- 
niani nella  costruzione  solida  e  regolare 
delle  vie  e  nella  manutenzione  accurata 
di  esse,  non  fu  il  comodo  delle  comuni- 


STR  121 

cazioni  commerciali,  ma  principalmente 
la  prontezza  de'movimenti  militari  e  la 
facilità  de'  trasporti  delle  armi  e  baga- 
gli, e  cosi  si  spiega  la  rapidità,  colla  qua- 
le le  legioni  trasportavansi  su  tutti  i  punti 
del  dominio  romano.  In  latti  dal  secolo 
VI  di  Roma  in  poi  aprirono  vie  militari 
in  tutte  le  parti  occupate  da  loro,  esoven- 
te a  tali  la  voii  impiega  vansi  i  soldati  chi- 
rante i  loro  acquartieramenti, perchènon 
s'impigrissero  nell'ozio.  E  per  tale  ragio- 
ne, non  solo  l'Italia  è  coperta  da  ima  re- 
te di  strade,  che  devono  la  loro  origine, 
ai  romani,  ma  le  Gallie,la  Spagna,  la  bel- 
gica, la  batavia  o  Olanda,  la  Germania, 
la  Fannonia,le  due  Mesie.la  Dacia, la  Ma- 
cedonia, Pillino,  la  Grecia,  l'Asia  Mino- 
re, la  Siria,  la  Palestina,  l'Egitto  e  tutta 
l'Africa  scltentrionaleconservano  le  ti  ac- 
cie delle  vie  romane,  che  le  solcavano,  e 
molti  monumenti  di  lavori  portentosi  di 
monti  tagliati,  ponti,  canali,  sostruzioni, 
argini,  ec,  molli  de'quali  servono  anco- 
ra. Nel  far  parola  delle  strade  che  usciva- 
no dalle  porte  di  Roma  preferirò  per  bre- 
vità di  seguire  Guattani  :  per  quelle  da 
lui  non  discorse  profitterò  di  Nibby.  Dal- 
la Porla  Flaminia,  oggi  del  Popolo,  ne 
derivava  la  via  di  tal  nome  perchè  spia- 
nata da  C.  Flaminio  console  nell'anno  di 
Roma  533  o  534-  Giungeva  sino  a  Ri' 
mini,  da  dove  poi  sino  a  Bologna  la  con- 
tinuò il  suo  collega  L.  Emilio  Lepido,  o 
meglio  questi  lo  fu  dell'altro  console  C. 
Flaminio  del  567, a  cui  Strabone  per  ab- 
baglio attribuì  la  selciatura  della  via  mi- 
litare da  boma  a  Rimini.  Il  1. "Flaminio 
fu  l'autore  del  circo  Flaminio,  ed  ucciso 
da  Annibale  al  Trasimeno;  il2.°Flami- 
nio  fu  collega  di  L.  Emilio  Lepido  che  a- 
pVÌ  l'altra  strada  dell'Emilia  (di  cui  a  For- 
lì e  altre  città  per  cui  passava),  che  da 
Rimini  conduce  a  Bologna.  T.  Livio  la- 
sciò scritto,  che  nel  567  C.  Flaminio  fece 
la  strada  da  Bologna  ad  Arezzo,  ed  il  suo 
compagno  M.  Emilio  condusse  una  stra- 
da da  Piacenza  a  Rimini.  La  via  Flami- 
nia ebbe  principio  immediatamente  sol» 


122  STR 

to  il  Campidoglio,  col  nome  di  Lata,  ed 
ancora  ne  conserva  il  nome  la  Chiesa  di 
s.  Maria  in  Via  Lata.  Fra  le  riparazioni 
fatte  a  questa  via  inerita  menzione  quel- 
la operata  da  Augusto  nel  727  di  Roma, 
ilei  cpiale  risarcimento  vi  è  memoria  nel- 
I'  iscrizione  collocata  sul   celebre   Ponte 
Molle  o  Milvia.  Alcuni  dicono  che  Au- 
gusto ebbe  intenzione  in  questo  risarci- 
mentodi  aprire  la  strada  da  Roma  a  Fa- 
no, e  farla  praticabile  a'carri,  cioè  da  un 
mare  all'altro,  seguendo  in  ciò  il  disegno 
di  Giulio  Cesare,  il  quale  al  riferire  diSve- 
tonio  cap.  4)  fra  le  altre  cose  che  pensa- 
va ia  sua  vasta  mente,  una  era  questa  : 
l'inni  munire  a  mari  supero  per  A  pen- 
nini dorsum  ad  Tiberini  usane.  A 'tempi 
di  l'aolo  II,  che  fabbricò  il  Palazzo  apo- 
stolico dì  s.  3fa reo,  nel  principio  di  det- 
ta via  si  cominciarono  a  fare  le  corse  dei 
cavalli,  onde  ambedue  i  nomi  di  Lata  e 
di  Flaminia  si  confusero, ed  ebbero  il  no- 
me di  Corso,  che  divenne  la  più  nobile  e 
più  magnifica  via  di  Roma.  Dalla  Porta 
Pinciana  la  via  che  ne  uscì  dopo  breve 
trattosi  gettò  nella  Flaminia.  Dalia  Por- 
tii  Salaria  derivò  la  via  omonima  die 
conduce  in  Sabina.  DnUn  Porta  Nomea 
tona,  oggi  P/c/,cond uceva  la  via  aNomen- 
to,  onde  la  strada  si  disse  Nomentana  e 
Figulense.hePorte 'Viminale e  Gabiusa è 
di  opinione  Guattani  che  mettessero  solo 
nella  campagna  o  Agro  di  Roma,  e  che  si 
unissero  come  la  Pinciana  nelle  vie  vici- 
ne più  maestre;  se  pure  la  Gabiusa  non 
conduceva  a  Grt&z'o  rinomata  città  del  La- 
zio,^ quale  articolo  egualmente  dissi  del- 
le sue  principali  strade.  Dall'Aggere  di 
Roma,inler  aggers,e  probabilmente  da 
Porla  s.  Lorenzo  e  prima  dalla  Porta  Vi- 
minale, ne  derivò  la  via  che  mena  a  Ti- 
voli, laonde  tanto  la  porta  che  la  strada 
presero  il  nome  di  Tiburtina.  Anche  at- 
tualmente per  andarvi  si  e*ce  prima  da 
(juesta  porta,  e  giunti  nell'aperta  cam- 
pagna, ora  si  percorre  e  ora  si  lascia  l'au- 
lica via.  Dalla  Prenestina,  così  detta  dal 
condurre  a  Palesirina,  e  perciò  ivi  ne  ri- 


S  T  II 

parlai  in  un  alla  Lnbicana,  vale  a  dire 
da  quella  porta  chiusa  fra  la  detta  di  s. 
Lorenzo  e  la  Porta  Maggiore,  usciva  la 
via  di  tal  nome.  Dalla  Porta  Fsauilina, 
oggi  Maggiore,  si  andava  all'antico  £<*■ 
bico,om\e  la  porta  e  la  strada  furono  chia- 
mate ancora  Labirane.  Dalla  Porta  Ce- 
limontana,\no^«\$.  Giovanni, detta  pu- 
re Asinaria  e  Nevia,  crede  Guattani,  che 
niuna  nobile  strada  ne  uscisse,  ma   che 
soltanto  servissero  di  comodo  per  le  or- 
taglie: questa  via  conduce  a   Frascati, 
Albano  e  Napoli.  Dalla  Poi  ta  Latina  ne 
partiva  la  via  di  tal  nome,  che  al  Tusco- 
lo,  ad  Anagni,  a  Compito,  a  Roboraria 
ne  conduceva.  Dalla  Porla  Capena,  oggi 
s.Scbii stiano ,nvea  principio  la  regina  del- 
le antiche  vie,  V Appia,  la  quale  fu  opera 
insiguedel  famosodecemviro  AppioCIau- 
dio  il  Cieco,  e  perciò  anche  la  porta  fu 
cognominata  Appia.  Sebbene  vi  fossero 
vie,  che  da  Roma  condueevano  nelle  cit- 
tà circonvicine  fino  da'primi  tempi,  non- 
dimeno è  certo  che  la  i.a  via  di  lungo  trat- 
to.che  fosse  lastricata  fu  l' Appia,  l'anno 
di  Pioma  442-  Di  questa  magnifica  e  ri- 
nomatissima strada, che  conduceva  sino 
a  Brindisi,  ne  trattai  in  moltissimi  luo- 
ghi che  la  riguardano,  come  a  Paludi 
Pontine,  ed  a  Sepoltura,  descrivendo  i 
più  celebri  sepolcri  degli  antichi  romani 
eretti  iuessa,e  ne  riparlerò.  Il  can.  Fran- 
cesco M.a  Pratilli  scrisse  l'erudita  opera: 
Della  via  Appia  riconosciuta  e  descritta 
da  Roma  a  Brindisi,  Napoli  174^.  Con- 
tro di  esso  pubblicò  Erasmo  Gesualdo: 
Osservazioni  critiche  sopra  la  storia  del- 
la Via  Appia  di  d.  F.  M.  Pratilli,  e.  di 
altri  autori,  Napoli  1754.  Della  i.asene 
legge  l'estratto  a  p.  1 77  del  Giornale  dei 
letterali  per  l'anno  1  jfò;  della  2.a  nel  t. 
1  o,  p.  3.65  della  Storia  letteraria  d'Ita- 
lia. Il  commend.  Pietro  Ercole  Visconti 
nel  suo  bel  carme,  La  Via  Appia  dal  se- 
polcro de' Scipioni  al  mausoleo  di  Me- 
Iella,  lodò  l'illustrazione  di  Pratilli  per 
grande  erudizione  e  accuratezza, e  che  non 
valse  a  tor  pregio  al  nobile  lavoro  le  cri- 


S  T  R 
lidie  di  Gesualdo.  L'  Album  di  Roma 
contiene  diversi  eruditi  articoli  sulla  via 
Appìa,  massime  il  1. 18,  p.  2^5  e  seg.,sul- 
lo  scavo  fatto  nella  medesima  nel  1 85 1 
d'ordine  del  Papa  Pio  IX  e  del  ministro 
de'lavori  pubblici  coinmend.  Camillo  Ja- 
cobini.  Dalla  Porta  Ostiense  o  s.  Paolo, 
sortiva  laf  via  di  tal  nome  che  anelava  a 
Ostia Sii\  mare,passando  innanzi  alla  ba- 
silica omonima.  Dalla  Porta  Porlese  per 
la  via  Portuense  e  Marittima  andayasi 
come  al  presente  a  Porto,  a  Fiumicino, 
e  all'antico  Porto  Romano  odi  Claudio. 
Dalla  Porta  s,  Pancrazio ^  già  Cianico- 
lense,  si  percorreva,  come  si  fa  ancora, 
tal  via  detta  ;\ncUeA  urelia,VitelliaeCor- 
nclia ,  per  Civita  Vecchia  e  il  suo  porto 
Traiano.  Dalla  Porta  Trionfale,  pretesa 
da  alcuni  la  vera  Aurelia,  usciva  la  via 
dello  stesso  nome,che  costeggi andoi/J/o/j- 
li  Vaticani  sino  all'ultimo  detto  Monte 
Mario, metteva  ueUaFlaminìa.Vev c^ae- 
sia  i  trionfanti  facevano  Y  Ingresso  solen- 
ne in  Roma  (V.),  qualora  non  conveni- 
va ad  essi  passare  pei TAppia.  A  tale  por- 
ta corrispondono  al  presente  Porta  An- 
gelica e  Porla  Castello.  Da  e-«se  partiva- 
no due  comode  vie  (però  la  sola  prima  è 
aperta),  die  dopo  un  miglio  circa  si  uni- 
scono, formando  un  delizioso  cammino 
sino  a  Ponte  Molle,  per  cui  entrandosi 
nella  Flaminia  si  va  a  Porla  del  Popolo. 
Conclude Guatlani,  die  tutte  le  vie  sum- 
nientovate  erano  lastricate  di  grossi  sel- 
cij  e  le  fiancheggiavano  sepolcri,  edico- 
le, templi  grandi  e  piccoli,  e  ville  delizio- 
se, come  può  riconoscersi  chiara  mente  in- 
ternandosi per  delle  miglia  nell'antica  via 
Àppia. Opina  per  ultimo,  essere  falso  die 
tutte  le  vie  si  misurassero  cominciando 
dal  milliario  aureo  del -Foro  Romano  (di 
cui  riparlai  a  Piazza  dì  Campo  Vaccino 
ed  a  Roma):  la  colonna  cosi  detta  nota- 
va le  distanze  delle  vie,  ma  non  ne  era  il 
principio;  la  di  loro  misura  cominciava 
dalle  rispettive  Porle,  bensì  ad  ogni  mi- 
glio vi  erano  colon  net  te  col  numero,  chia- 
mate Colu/unae  Militar iae.  Cita  Fabret- 


SIR  i23 

ti,  De  aqueductis,  ed  il  p.  Revillas,  Dis- 
seri,  dell' accad.  di  Cortona.  Altre  vie  di 
cui  tratta  l'eruditissimo  Nibby  sono  le, 
seguenti.  Dalla  via  Appia  diramò  presso 
la  Porta  Capena  la  via  A>  dealina ,  cioè 
presso  la  Chiesa  di  s.  Cesareo,  e  condii- 
ceva  direttamente  ad  Ardea,  città  anli'- 
chissima  de'rululi,  di  cui  riparlai  in  altri 
luoghi  e  nel  voi. XXIX,  p.  3o.  Dirama- 
vano dalla  Flaminia, fuori  di  Porta  Fla- 
minia e  al  3.°  miglio,  le  vie  Cassia,  già 
esistente  nell'anno  di  Roma  yoq,  e  lastri- 
cata probabilmente  dal  censore  L.  Cas- 
sio Longino,  che  raggiungeva  per  Firen- 
ze l'Amelia  a  [.uni,  e  la  Emilia  a  Bolo- 
gna,detta  pure  Clodia  o  Claudia  perchè 
nel  i.°  tratto  è  una  medesima  via,  di  po- 
co posteriore  alla  Cassia,  e  pare  costrui- 
ta da  Appio  Claudio  Pulcro censore.  La 
via  Trionfale,  partendo  dal  Vaticano  e 
scavalcandoli  dorso  di  Monte  Mario,  rag- 
giungeva la  Cassia  circa  8  miglia  e  mezzo 
Inori  della  porta  antica.  Altra  dirama- 
zione della  Cassia  era  la  \\aAmerina,  die 
conduceva  ad/4/He/Ù7,dicu~i  riparlai  aSi'O- 
leti,  comecbè  nella  sua  delegazione,  e 
procedeva  per  Perugia.  Diramazione  del* 
la  Flaminia  è  la  via  Tiberina,  così  del ta 
per  seguire  più  dappresso  il  corso  del  Te- 
vere. La  via  Ostiense  era  il  tronco  prin- 
cipale delle  vie  Campana,  Severiana  che! 
principiava  a  Ostia,  e  così  detta  perchè 
aperta  da  Settimio  Severo  lungo  il  lito- 
rale da  Ostia  a  Terracina,  e  la  Lauren- 
tina che  conduceva  alle  antiche  e  celebri 
Laurealo  e  Lavìnio,  metropoli  ilei  La- 
zio, ove  le  descrissi.  Tra  le  vie  No  menta» 
na  e  Salaria  vi  fu  intermedia  la  Patina- 
ria.  he  3  vie  Jiburlina,  Valeria  e  Sui/la- 
cense  partivano  insieme  da  Roma  con  i\a 
solo  tronco,  che  fino  a  Tivoli  avea  il  i.° 
nome;  dopo  tal  città  prendeva  quello  di 
Valeria,  e  da  questa  Nerone  diramò  per 
uso  della  sua  villa  la  via  Sublacense,  che 
prese  nome  da  Sublacum  poi  Subiaco. 
La  Valeria  l'aprì  il  censore  INI.  Valerio 
Massimo  a  spese  pubbliche  l'anno  di  Ro- 
ma [.47,  e  costeggiava  la  Sabina  sino  ai 


1*4  SIR 

Ridi'si,  del  qua!  paese  riparlai  a  Peschi  a 
e  Sa  biuta.  Le  vie  più  celebri  che  traver- 
savano il  territorio  latino  erano  l'Appi  a, 
la  Latina  e  la  Valeria.  La  via  Subiacea- 
se,  la  più  recente  di  tutte  le  antiche  vie 
romane, avea  (ine  a  Subiaco,  e  di  là  par- 
tivano due  rami,  die  andavano  a  rag- 
giungere la  Valeria,  uno  a  traverso  i  mon- 
ti a  Carseuli,  l'altro  rimontando  il  corso 
dell'  Aniene  fino  a  Trevi,  scavalcando  i 
monti,  ricadeva  nella  Valeria  presso  la 
Scurcula  ne'Marsi.  A  Sepoltura  narrai 
che  i  romani  ealtri  pagani  fuori  delie  mu- 
ra della  città,  per  la  pubblica  strada  e- 
ressero  lateralmente  i  loro  sepolcri,  eoa 
cippi  con  iscrizioni  per  servir  di  confine 
o  per  additare  la  strada  e  il  suo  nome  ai 
viaggiatori, e  il  luogo  della  sepoltura  d'un 
defunto  per  ammonirli  d'essere  mortali: 
questi  cippi, che  d'ordinario  erano  mezze 
colonnesenzacapiteIlo,si  posero  pure  lun- 
ghesso le  vie  per  ogni  i  ooo  passi,  co'nu- 
meri  scolpiti  per  ordine  e  per  segnare  le 
distanze  come  colorine  milliarie,  ovvero 
con  iscrizioni  che  conservavano  la  me- 
moria di  qualche  avvenimento.  Allorché 
coll'aratro  forma  vasi  un  solco  .per  deno- 
tare il  recinto  d'una  nuova  città,  si  pian- 
tavano cippi  di  distanza  in  distanza,  sui 
quali  si  oltVivauo  da  prima  de'sagrifizi, 
e  talvolta  si  fabbricavano  torri  al  di  so- 
pra. Inoltre  rimarcai  a  Sepoltura  che  le 
strade  maestre  de'dintorui  di  Roma  era- 
no i  luoghi  più  abbondanti  di  sepolcri, 
e  singolarmente  lungo  le  vie  Aurelia,Ap- 
pia,  Labicana,  Laurentina,  Latina,  Fla- 
minia, Tiburlina,  Preneslina,  Ostiense  e 
Salaria,  massime  negl'iitcrociameuti,  det- 
ti bivii  pel  biforcamentodi  due  vie,  trivii 
e  quadri  vii.  Ciò  facevano  i  romani,  come 
quelli  ch'erano  tanto  bramosi  di  perpe- 
tuate il  loro  nome,  affinchè  i  passeggeri 
necessariamente  in  vederli  leggessero  le 
iscrizioni  e  gli  ammirassero.  Descrissi  co- 
me si  coni  ponevano  le  Iscrizioni  (  V.)  e  gli 
Epitaffi  (/'.),  in  cui  frequenti  eranvi  pa- 
role che  invitavano  imperiosamente  il 
viaggiatore  a  fermarsi  e  leggerli,  tal  voi- 


S  T  R 

ta  essendo  il  contenuto  lepido,  tale  altra 
con  gravi  ammonizioni  e  morali  senten- 
ze; in  altri  si  minacciava  la  morte  terri- 
bilmente, e  s'imprecavano  i  violatori  dei 
sepolcri.  Quindi  feci  la  descrizione  dei  più 
rinomati  e  superstiti  sepolcri  antichi  dei 
romani,  esistenti  per  lo  più  nelle  pubbli- 
che vie  suburbane;  notando  chela  distru- 
zione degl'  innumerabili  monumenti  se- 
polcrali, derivò  dalla  loro  esposizione, per 
essere  eretti  nelle  vie  pubbliche, onde  fu- 
rono i  primi  monumenti  ad  essere  ma- 
nomessi, spogliati  e  abbattuti.  Dovunque 
i  romani  spinsero  e  dilatarono  il  loro  im- 
pero, aprjrono  strade  solide,  spaziose  e 
ornate,  ponendo  per  ogni  miglio  la  co- 
lonna milliaria  d'>  pietra.  Con  tante  e  si 
comode -strade  i  popoli,  ch'erano  rimasti 
sì  lungo  tempo  come  isolati  e  sconosciuti, 
si  avvicinarono  a  vicenda,  e  stabilirono 
un  reciproco  commercio  non  solo  de'pro- 
dotti  del  loro  suolo  e  della  loro  qualun- 
que si  fosse  industria,  ma  un  tralììco  di 
lumi,  di  gentilezza  e  d'  incivilimento.  I 
romani  non  furono  meno  magnifici  nella 
costruzione  delle  strade  urbane  nell'in- 
terno di  Roma,  che  soutuosarneute  ab- 
bellirono di  molteplici,  stupendi  e  gran- 
diosi edilizi,  civili,  militari  e  religiosi. Po- 
che parti  di  Roma  odierna  mostrano  ad 
occhio  nudo  il  suolo  originale,  sul  quale 
la  città  venne  fondata  753  anni  avanti 
l'era  nostra,  secondo  Nibby.  E  facile  è 
rendersi  ragione  di  questo  fatto, conside- 
rando che  si  tratta  d'una  superficie  abi- 
tata senza  interruzione  per  26  secoli  da 
molti  e  molti  milioni  d'uomini,  che  si  so- 
no succeduti,  tra  tante  e  diverse  vicissi- 
tudini.Tuttociò,  e  prescindendo  da  qua- 
lunque altra  vicenda  straordinaria,dovea 
coll'andardi  tanlisecoli  portare  uu  cam- 
biamento nella  superficie  del  suolo  pri- 
mitivo, ed  alterare  oltre  la  materia  an- 
cora le  forme.  Laonde  aggi  ungendo  a  que- 
sto le  devastazioni,  alle  quali  andò  sog- 
gettaRoma  per  la  mano  degli  uomiui,che 
non  furono  poche,  e  le  riportai  nel  de- 
scriverla, le  fabbriche  atterrate  dagli  al- 


STR 
legamenti  del  Tevere  e dagl'incendii,  gli 
edifici  uuovi  costrutti  coltrandone  {diri, 
le  strade  rese  più  agiate  o  col  togliere  o 
coll'aggi ungere  terreno,  di  conseguenza 
il  suolo  originale  dove  non  fu  alterato  con 
tagli,  dovrà  investigarsi  sotto  strati  con- 
siderevoli, ed  aramassi  di  materie  pro- 
dotte da  rovine  e  da  scarichi.  A  R.ioni  di 
Roma,coii  Bernardini,  Nibbyealtri  scrit- 
tori, trattai  del  progressivo  riparto  della 
ci ttà,ci vile  ed  ecclesiastico,  incomincian- 
do dalla  sua  originesino  al  presente,  e  dei 
loro  magistrati  secondo  le  diverse  epo- 
che; e  toccai  pure  de'vici,  de' compiti  e 
della  denominazione  delle  strade  antiche. 
Riportai  le  nomenclature  di  ciascuna  re- 
gione, rendendo  pure  ragione  perchè  co- 
sì denominate,  e  quanto  racchiudevano 
dipiù  importante,  dichiarando  con  Pan- 
ciroli  lo  stato  delle  medesime  a'tempi  di 
Augusto  quando  divise  Roma  in  XIV  re- 
gioni. La  divisione  de'rjuartieri  fatta  dai 
Papi,  in  proporzione  del  quantitativo  dei 
cristiani  che  gli  abitavano;  de'posleriori 
riparti, della  condizione  delle  vie  a  moti- 
vo degli  atterrati  edilìzi  antichi,  e  della 
denominazione  delle  regioni  nel  medio 
evo,  indi  del  posteriore  stabilimento  de- 
gli attuali  XIV  rioni  e  loro  confini.  Ora 
conNibby,fio«irt  nell'anno i$38  descrit- 
taci. 2.'antica,p.  83  i , parlerò  delle  vie 
e  de'vici,  come  pi  omisi  nel  citato  artico- 
lo per  la  counessionecliehanno  colle  stra- 
de, alle  quali  dierono  il  nome  ordinaria- 
mente. 

Le  XI V  regioni  di  Roma  antica  erano 
suddivise  in  vici.  La  differenza  fra  viae 
vicus  consisteva  in  rjuesto,che  per  via  in- 
tendevasi  soltanto  il  lastricalo  della  stra- 
da, e  per  vicus  il  caseggiato  che  la  fian- 
cheggiava. 1  uomi  de'vici  di  5  regioni  di 
Roma  cioè  della  I,  X,  XII,  XIII  e  XIV, 
ci  sono  stali  conservati  dal  famoso  pie- 
distallo d'Adriano,  esistente  nel  palazzo 
de'  Conservatori,  e  questi  medesimi  no- 
mi sono  riportati  da'regionari  Vittore  e 
Rufo,  il  quale  inoltre  ricorda  quelli  della 
III,  IV,  Y,VJ,VlIedXI,  mancando  quel- 


STR  125 

li  della  IT,  quasi  tutti  quelli  dell'VIII  e 
quelli  della  IX.  Ai  dna  e  impossibile  im- 
presa sarebbe  il  rintracciare  la  direzione 
di  ciascun  vico  ricordato  da'  mentovati 
scrittori  nella  confusione  avvenuta  nei 
tempi  bassi,  per  cui  conviene  limitarsi  a 
riprodurne  la  sola  nomenclatura  secon- 
do le  regioni  di  Roma,  seguendo  l'ordi- 
ne de' memorati  piedistallo  capitolino  e 
cataloghi  dei  regionari.  .Nondimeno  in 
corsivo  riporterò  quegli  articoli  che  li  ri- 
guardano, in  molti  de'quali  per  l'ubica- 
zione ne  trattai;  per  altri  si  può  vedere 
Roma,  massime  ove  parlai  di  sue  antichi- 
tà, o  indicando  quegli  articoli  in  cui  ra- 
gionai degli  edilizi  de'quali  vado  a  fare 
menzione.  Ad  ogni  modo,  ancorché  sem- 
plici nomenclature,  riusciranno  sempre 
importanti  quanto  a'nomi  delle  antiche 
vie  di  Roma  e  alla  sua  interessante  topo- 
grafia, della  quale  eziandio  discorsi  a  Ro- 
ma. La  I  regione  contenne  i  vici  denomi- 
nati Camenarum  dalla  prossimità  del 
tempio  delleCamene  vicino  a  Porla  Ca- 
pena ,  Drusianus  dall'arco  di  Druso  pro- 
pinquo a  Porta  s.  Sebastiano,  Sulpicius 
nlniior, Sulpicius  citerior,Fortunae  Ob- 
sequentis,  Puhcrarius,  Honoris  et  V'ir- 
fnlis  dal  tempio  di  questo  nome  presso  la 
Porla  Capena,  Trium  Ararum,e Fabri- 
cws.Que' della  II  non  sono  noti. Que'dellu 
111  erano  8  e  detti  da  Rufo  Albus,  For- 
titnae  Vicinae,  Aneiporlns,  Bassianus, 
Structorum,Asellus,  Lanarius ,e  Primi- 
genius.  Otto  pure  ne  ricorda  nella  IV, 
cioè  lo  Sceleratus  (presso  la  Chiesa  di  s. 
Pietro  in  Fincoli  e  la  chiesa  de' /Minimi, 
nome  che  prese  dal  fatto  che  narrai  a  Ro- 
ma, ove  Tullia  figlia  dell'ucciso  re  Servio 
Tullio,  per  recarsi  sollecitamente  a  oc- 
cupar la  di  lui  reggia,  sul  suo  cadavere 
fece  passare  il  carpeuto  o  specie  di  car- 
rozza che  la  conduceva),  YEros,\\  Pene- 
ris,  i  vici  detti  Apollinis,  Trium  viarum _, 
Anciporlus  minor,  Forlunalus  minor,  e 
Sandalarins  (ove  erano  quelli  che  lavo- 
ravano le  Scarpe  o Sandali).  Nella  regio- 
ne V  conta  vausi  i  5  vici,  delti  Sucusanus, 


I26  S  T  II 

eome  proseguimento  della  Suburra, il  cui 
nome  derivò  dal  pago  Succnsano,  e  per- 
ciò fu  nella  direzione  di  quella  via  che 
dalla  Chiesa  de' ss.  Marcellino  e  Pietro 
■va  direttamente  a  Porla  Maggiore  j  I  rsi 
Pileati, nella  direzione  della  Chiesa  di s. 
Bibiana  (e  ne  ri  pallai  a  Cimiteri  di  Piu- 
ma); Minervae,  l'orse  così  denominalo  da 
Minerva  Medica;  Vstrinus,cuù  chiama- 
to dall'Ustrino  o  rogo  pubblicò  (ove  i  ple- 
bei aveano  l&  Sepoltura)  presso  il  Cam- 
po Esquii  ino  sotto  1'  Aggere;  Pallorisj 
Scius,  forse  così  detto  dal  tempio  della 
Fortuna  Scia;  Sylvanij  Capulalorum; 
Tragoedus,  così  detto  dal  Jupiler  Tra- 
goedusj  Unguentari  usj  Paidlinusj  Pa- 
storisi  Caticariusj  f'eneris  Placidaej  e 
Junouis  probabilmente  presso  il  tempio 
di  Giunone  Lucina.  Nella  VI  se  ne  enu- 
meravano 1 1  co'nomi  d'ilòti1!,  Publicus, 
Florae,  Quirini,  Flavii,  M anturi ,  For- 
tunarum,  Paccius,  Tiburiinus,  Salutis, 
Callitlianus,  e  Maximus.  Conoscendosi 
la  situazione  de'templi  di  Plora  presso  il 
Palazzo  Bai  bermi ,d\  Quirino  nel  giar- 
dino della  Chieda  di  s.  Andrea  sul  Mon- 
te Quirinale, del  tempio  della  gente  Fla- 
via non  lungi  dalla  Chiesa  di  s.  Caio,  del- 
le tre  Fortune  alla  Porta  Collina,  e  della 
Salute  sul  Monte  Quirinale  (meglio  ne 
tratto  a  Palazzo  apostolico  Quirinale), 
presso  il  quadrivio  delle  Quattro  -Fonia' 
ne,  si  conosce  pure  la  situazione  de' vici 
che  ne  traevano  il  nome:  così  di  quello 
di  Mamurio  presso  il  foro  di  Sallustio 
o  mercato,  gli  scrittori  ecclesiastici  mo- 
strano la  situazione  presso  la  Chieda  di 
s.  Susannaj  ilei  Ttbttrlinus  può  credersi 
che  fosse  anch'esso  non  lungi  dalle  Quat- 
tro Fontane,  dove  fu  la  Pila  Tiburtina 
da  cui  avrà  tratto  il  nome.  Lungo  è  il  ca- 
talogo de'vici  della  regione  VII,  che  a- 
scendonoa'seguenti4o.GtfHJ77^e<//s,<J0/•- 
dianns  minor,  Novus  Caprarius,  Solis, 
Genlianus,  Sanci,  Herbarius ,  Morirne- 
tus,  Sigillarius  minor,  Solalariwì,  For- 
lunae,  Spei  major is,  Novus  ulterior,  Li- 
berlorum,  Publiì,  Novus  citeriori  Sta- 


S  X  11 
tuae  Peneri'*,  Archemorium,  alias  Ar- 
cheinoniuin,AeniiUanus,Piscarh^s,Cac-- 
lalus,  Vicloriae,  Vicinus,  Graccns,  La- 
narius  ulterior,  Pomonae,  Caput  Mina- 
vae,  Trojanus,  Peregrinus,  Caslus,  Mi- 
nor, Putealum,  Scipionis,  Junonis,Sel- 
larius,  Isidis,  Tabellarius,  Mancinus, 
Lolarius.  Di  nessuno  di  questi  vici  può 
indicarsi  con  qualche  approssimazione  il 
silo.  Quanto  a'nomi,  quello  di  Ganime- 
de ebbe  origine  dal  Lacus  Ganyrnedis-, 
fontana  ornata  della  statua  di  quel  gar- 
zone; il  Gordianus,  dall'arco  di  Gor- 
diano ch'era  sulla  via  Flaminia;  il  Ca- 
prarius, dall' Acdicula  Caprariaj  quello 
del  Sole,  dal  tempio  celebre  edificato  da 
Aureliano;  il  Genlianus,  da'  Castra  Gen- 
tianaj  quello  di  Sanco,  dall'edicola  sagra 
a  questo  nume  di  Sabinaj  quello  della 
Fortuna,  dal  suo  tempio, o  Fortuna  Ile- 
ducediDomiziano;  quello  delta  Speranza, 
dal  tempio  di  questa  dea;  l'Arcbémorio 
daP/òro(ene  riparlo  nel  vol.XXVI,p.  i3  i, 
di  altri  vici  a  Foro)  di  quel  nome;e  l'Ae- 
milianus,  da 'granai  omonimi.  La  regione 
Vili  fu  divisa  ini  2  vici,  fra'quali  si  co- 
noscono solo  i  nomi  del  Novus o  Via  No- 
va del  foro  romano,  che  partiva  dall'an- 
golo meridionale  verso  il  Velabro;  VUn- 
guentarius  minor,  ed  il  Tuscus,  uno  con- 
tinuazione dell'altro,  che  partivano  dal 
foro  verso  il  Velabro;  il  Ligurium  o  piut- 
tost  o  Ingurium,  che  partiva  dall'angolo 
occidentale  del  foro;  ed  il  Bubularius no- 
vus, che  forse  trasse  nome  dalla  regione 
ad  Capila  Bubitla,  rammentata  da  Sve- 
tonio  in  Augusto.  Di  ninno  de'vici  della 
regione  IX,  una  delle  più  estese  di  Pio- 
ma,  rimase  il  nome,  sebbene  fossero  3o 
secondo  Vittore,  e  35  secondo  la  Notizia. 
La  regione  X  ebbe  6  vici,  che  sono  ricor- 
dati dalla  base  capitolina  e  da  Vittore, 
cioè  Podi,  Curiarum,  Forlunae  Respi- 
cientis, Salutaris,  Apollinis,ed  Hujusauc 
Diei:  di  questi,  quello  delle  Cut  (Virasse 
nome  dalle  Curie  vecchie,  situate  nel  la- 
to del  Monte  Palatino  che  guarda  il  Ce- 
lio; quello  d'Apollo,  dal  tempio  sagro  a 


S  T  R 

quel  nume  negli  orli  Farnese}  e  quello 
Hujusque  Dici,  l'ebbe  dal  tempio  della 
Fortuna  edificato  da  Calulo  nell'angolo 
occidentale  del  Palatino.  Nella  regione 
XI  si  contavano 8  vici,  denominati  Con- 
tinius,  dal  teujpiudiCouso;  Proserpinaej 
Cereri?,  dal  tempio  di  Cerere  e  Prosei  pi- 
na, oggi  Chiesa  di  s.  Riaria  in  Cosine- 
dinj  ^/g(°;,(hill'Argileto  lungo  la  ripa  del 
Tevere;  Piscarius, i\a\\a  prossimità  di  lui 
foro,  presso s.  Eligio  deW Università  ar- 
tistica de' Terrari;  Parcarurn ;  F'eneris,àa\ 
tempio  di  Venere  presso  il  Circo  Massi- 
mo; e  Sanctus.  I  vici  della  regione  XII 
erano  12,  Veneris  Almac,  Pisciuae  Ptt- 
llicae,  Dianae,  Ceios,Triarii,  Signi  Sa- 
lienti*, Laci  Inceli,  Fortume  filammo- 
sae,  Colti  fili  Pasloris,  Portae  Ruduscu- 
lanae,  Porlae  Naeviae,  e  J'icloris:  fra  i 
quali  di  nota  etimologia  e  di  approssima- 
tiva situazione  conosciuta  sono  quelli  : 
della  Piscina  Pubblica,  sotto  la  Chiesa  di 
s.  Balbinaj  quello  detto  FortunacMam- 
mosae,  da  una  strada  di  si  tu  i  1  pome;  e 
quelli  delle  Porte  Nevio.  eRudusculana, 
l'una  sotto  s.  Dalbina,  l'altra  fra  questa 
cbiesa  e  quella  di  s.  Sabba  del  Collegio 
Germanico-  Ungarico  (del  quale  ripar- 
lai a  Seminario  Romano).  Nella  regione 
XI 11  o  dell'Aventino,  si  leggono  i  nomi 
de'qui  appresso  17  vici,  scolpiti  nel  pie- 
distallo capitolino:  Fidii,  Fruiiuntarius, 
Triimi  fiaritm ,  Ceistti,/  '  aieri  i,  Laci  mi- 
liariì,  Fortunali,  Capilis  Canteri,  Trillili 
Alitimi,  Novus,  Lordi  minori* ,  Armi' 
lustri,  Columnde  lignae  ,  fifaleriarius  } 
Mundiciei,Loretiniaforis,eFortunacDu- 
In'ae.  Fra  questi  di  4  Puo  assegnarsi  l'e- 
timologia e  la  direzione  approssimativa, 
cioè  óe'Loreti  minore  e  maggiore^  quali 
trassero  il  nome  dal  laureto  o  selva  di  lau- 
ri che  coronava  il  Monte  A  ventino, che  ai 
tempi  di  Vairone  era  stata  tagliata  e  avea 
dato  nome  a  un  vico  conterminecon  quel- 
lo deH'Armilustro,edove  fusepolloTazio 
ved\Sabina.  L'Armilustroera  un'area  di 
quel  monte,  perchè  ivi  i  sacerdoti  salii  In- 
sti abaid  artnis  il  silo  di  detto  sepolcro  ai 


STR  127 

1  f)  ottobre,  con  danza  pirrica  cogli  anel- 
li. Quanto  al  vico  della  Fortuna  Dubbia, 
esso  ebbe  nome  dal  tempio  innalzato  a 
quella  dea,  die  sorgeva  sulla  sponda  de- 
stra del  Tevere  ne'dintoiui  della  cappel- 
la di  s.  Maria  del  Riposo,- fuori  di  Porla 
Porlese  (per  la  via  Portueuse  vi  è  pure 
la  chiesa  di  s.  Maria  del  Carmine  e  s.  Giu- 
seppe fuori  di  delta  Porta,  di  cui  come- 
che  suburbana  Parrocchia  di  Roma  feci 
parola  a  quell'articolo  e  altrove;  qui  ag- 
giungerò die  riferisce  la  Civiltà  cattolica 
2.n  serie,  t.  7,  p.  3or),  clie  la  chiesa  per  la 
vecchiezza  minacciando  rovina,  oltre  es- 
sere incapace  per  la  sua  piccolezza  dì  con- 
tenere tutti  i  suoi  parrocchiani,  il  regn. iu- 
te Pio  IX  istitutore  del  vicino  stabilimen- 
to agricolo,  di  cui  feci  cenno  ne' voi.  LUI, 
p.  233,  LXI II,  p.  123,  ordinò  la  sua  rie- 
dificazione più  ampia  e  decorosa,  e  con- 
dotta a  compimento  la  visitò  a' 3  luglio 
i854:  un'iscrizione  latina  posta  a  destra, 
conserva  la  memoria  del  beneficio  a  van- 
taggio de' parrocchiani  medesimi).  Anche 
la  regione  XIV7  o Trastiberina  fu  ricca  di 
vici,' coniandosene  22  sul  piedistallo  ca- 
pitolino enei  catalogo  di  Vittore,  e  furo- 
no: Censori s,  Gemini,  Roslratae,  Longi 
Aquilae,  Stalli ae  Siccianae,  Quadrali, 
Racilianus  minor,  Raciliaiius  major  ,Ja- 
imclensis,  Drulianus,  La  rum  Ruralium, 
Statuae  l  alerianae,  Saluta ris,  Panili, 
Sex  ti  Ludi, Si  mi  Publici,  Patralilli,  La- 
ci Restituii,  Saufeii,  Scigli,  Plolii,  e  Ti- 
btrinus.  Fra  lutti  questi  la  direzione  del 
Jauucleusiseóeì  Tibcrinus  si  può  rintrac- 
ciare pel  nome  nell'andamento  della  stra- 
da die  dalla  chiesa  di  s.  Cosimato  delle 
Francescane  corre  verso  l'antica  Porla 
Janiulensis,  e  iu  quello  «Iella  moderna 
via  della  Lungara.  Gli  altri  hanno  nomi 
generalmente  derivanti  da  individui,  fra 
i  quali  i  detti  Racilianus  minore  major 
rammentano  Racilia  moglie  del  celebri; 
Cincinnato,  ch'ebbe  la  sua  terra  fuori  di 
Porla  Porlese  a  destra  della  via.  Di  al- 
tre denominazioni  parlai  incidentemen- 
te nel  descrivere  moltissimi  desìi  attua- 


i?.3  STR 

li  edilìzi  di  Roma,  Gomechè  innalzati  su» 
gli  antichi  e  rinomali  che  dierono  nome 
olla  propinqua  strada. Del  famigerati)  Vi- 
co  Patrizio,  parlai  in  tanti  luoghi,  come 
a  Chiesa  di  s.  Pudenziana,Monte  Esqui- 
lino,  Monte  Viminale.  La  rinomata  Via 
Sagra  fu  una  delle  più  antiche  di  Roma, 
Sumina  Sacra  Via,  e  se  ne  fa  rimonta- 
le l'origine  all'epoca  della  pace  conclusa 
tra  i  re  Romolo  e  Tazio,  che  raggiunta 
dalla  via  Trionfale,  per  essa  i  trionfato- 
ri sal.ivnno  al  Campidoglio.  Incomincia- 
va dal  Colosseo, e  pel  Foro  romano  si  di- 
rigeva al  Monte  Capitolino,  salendo  di- 
vieni Sacrae  T'iae.  I  magistrati  che  am- 
ministrarono la  repubblica  romana,  con 
molta  saviezza  ebbero  cura  che  la  città 
metropoli  dell'impero  fosse  circondata  da 
parecchi  baschi;  e  perchè  i  medesimi  fos- 
sero tanto  maggiormente  inviolati,  alla 
severità  delle  leggi  unirono  la  riverenza 
della  religione,  onde  impedito  da  un  sa- 
gro terrore  ninno  osasse  danneggiarli.  I 
più  celebri  boschi  erano  quelli  della  nin- 
fa Egeria  e  delle  Muse  nella  via  Appia, 
l'A  ricino  d'Artemide,  di  Giunone,  di'Lu- 
cina  presso  l'Esquilino,  di  Laverna  nella 
via  Salaria,  e  finalmente  quellodi  Vesta. 
E  siccome  i  Papi  molti  delle  antiche  isti- 
tuzioni romane  sapientemente  conserva- 
rono, così  gran  lode  meritarono  appunto 
Dell'aver  posta  ogni  cura  nella  conserva- 
zione de'supersti  ti  boschi  dell'agro  roma- 
no, e  nel  moltiplicare  la  piantagione  de- 
gli alberi.  11  Pàcchi  nel  Teatro  degli  uo- 
mini illustri  volsci,  a  p.  83  riporta  il  suo 
Discorso  per  riconoscere  le  difficoltà  in- 
sorte sopra  il  taglio  delle  famose  selve 
di  Cisterna  e  Scrmoneta,  e  lo  dichiara 
innocuo  comechè  fuori  della  linea  per  cui 
sofliano  i  venti  di  scirocco,anzi  desiderabi- 
le il  loro  taglio.Notai  a  Pestilenza,  l'in- 
fluenza che  hanno  alcuni  venti  nel  pro- 
dm  re  le  febbri, e  la  proprietà  chehannogli 
alberi  infavorire  l'aria  salubre.  Deplorai 
il  taglio  d'una  selva  lungo  la  spiaggia  del 
Mediterraueo,  che  impediva  il  sodio  dei 
venti  del  sud,  e  lodai  quello  che  aprì  più 


STR 

libero  ingresso a'venti  salubri  del  setten- 
trione. Inoltre  in  quell'articolo  narrai  le 
precauzioni  prese  da'Papi  per  la  nettezza 
delle  strade,  per  la  salubrità  dell'aria  e 
decoro  dell'alma  città;  come  pure  per  la 
pubblica  incolumità  e  conservazione  dei 
boschi  e  regolare  taglio  delle  piante,  isti- 
tuirono la  Congregazione  speciale  sani- 
taria e  \aCongregazione.diConsulla{V.). 
Nel  prosciugamento  delle  Paludi  Ponti- 
ne furono  piantati  più  di  60,000  albe- 
ri, partea'dne  lati  della  via  Appia  da  Tor 
tre  Ponti  a  Terracina,  e  parte  sui  bordi 
de'fiumi.  In  questa  guisa  un  gran  bosco 
sui  se  nel  declinar  del  secolo  passalo,  ove 
prima  slagnavano  nocevoli  acque  ,  con 
sensibile  miglioramento  di  quell'aria,  per 
l'inuanzi  tanto  perniciosa.  A'giorni  nostri 
furono  formati  giardini  e  boschetti  sui 
Monti  Pincio  e  Celio,  e  al  bora  te  diverse 
lunghe  vie  de'luoghi  disabitati  della  cit- 
tà, che  quasi  tutte  manomise  l'anarchia 
del  1849,  indi  in  gran  parte  ripiantati, 
tranne  nel  Foro  Piomano.  Ora  la  pian- 
tagione degli  alberi  premiabili  va  pro- 
gredendo ogni  anno  a  pubblico  vantag- 
gio, come  dissi  a  Seta  ;  e  la  piantagione 
di  alberi  effettuatasi  nello  stato  pontificio 
nel  1  853  ascende  al  numero  di  1  57,192, 
nella  più  parte  olivi,  gelsi,  pioppi  e  ai- 
bucci,  il  che  pubblicò  il  n.°  245  del  Gior- 
nale di  Roma  1  854-  A  Roma,  e  a  Sena- 
to Piomano  riportai  moltissime  notizie 
riguardanti  le  strade  urbane  e  loro  ma- 
gistrati, le  cloache,  i  Monti  di  Roma,  le 
Fontane  di  Roma,  le  Porte  di  Roma,  le 
Mura  di  Roma,  i  Ponti  di  Roma,  i  Por- 
ti, i  Fori  e  le  Piazze  di  Roma,  descriven- 
do a  Piazza  Navona  il  Mercato  e  il  lago, 
e  dove  prima  si  fece.  A  Palazzi  di  Roma 
ragionai  ancora  delle  case,  ed  oltre  tali 
e  altri  articoli,  ripeterò  che  nel  descriver- 
ne gli  edifizi,  segnatamente  i  principali, 
sagri, civili, e  profani  antichi,  trattai  pu- 
re le  nozioni  sulle  anteriori  e  attuali  vie 
ove  sono,  e  di  moltissime  dell'etimologia 
de'loro  nomi  e  da  chi  originarono;  ren- 
dendo così  ragione  della  nomenclatura 


S  T  R 
delie  piazze,  strade  e  vicoli,  non  poche 
avendo  preso  la  denominazione  che  por- 
tano dalle  famiglie  e  nazioni  che  l'abita- 
rono,dal  le  chiese,dagl  istalli  li  menti,  dal  le 
botteghe  artistiche,  dalle  loro  insegne,  e 
diverse  dalle  osterie.  Nella  copiosa  biblio- 
grafia che  riprodussi  sugli  scrittori  di  Ro- 
ma e  luoghi  suburbani,  un  bel  numero 
trattano  delle  vie  urbane  ,  suburbane  e 
consolari.  Negli  articoli  poi  delle  città  e 
provinciede'dominii  temporali  della  s. Se- 
de, tenni  proposito  delle  loro  più  rino- 
mate vie  interne,  pubbliche,  provinciali 
e  nazionali,  in  uno  a'Ioro  ponti,  piaz;.e  e 
passeggi  pubblici.  A  M  aestrodellestra- 
de  di  Roma,  ragionai  di  questo  antico  e 
Dottile  ullizio,  succeduto  agli  antichi  edi- 
li di  Roma  nella  soprintendenza  delle  vie, 
ed  a  quest'ultimo  articolo  riparlai  delle 
differenti  specie  di  tali  romani  magistra- 
ti. Dichiarai  eziandio  la  cura  che  in  ogni 
stato  e  presso  ciascuna  nazione  civilizza- 
ta si  ebbe  per  le  pubbliche  strade,  ram- 
mentando ivi  ancora  i  maestosi  avanzi 
dell'antiche.  Quindi  narrai  le  principali 
provvidenze  prese  da'Papi  per  oggetto  di 
tanta  importanza,  e  inclusi vamente alla 
loro  necessaria  nettezza,  cominciando  da 
Martino  V.  Come  principiò  il  tribunale 
delle  strade  con  giurisdizione  siili'  arte 
muraria  e  sue  pertinenze,  sotto  la  dipen- 
denza del  cardinal  Camerlengo  di  s.  Chic- 
sa  (Z7.)  per  disposizione  di  Sisto  IV,  e  con 
un  prelato  Chierico  di  camera  (V.)  per 
presidente,  poiché  già  la  camera  aposto- 
lica avea  ricevuto  ingerenza  sulle  strade. 
Dissi  altresì  quanto  concerne  1*  Immu- 
nità ecclesiastica  (V •)  ;  come  Sisto  V 
commise  tale  soprintendenza  alle  cardi- 
nalizie Congregazioni  delle  fonti  e  ponti, 
e  Strade  (Fr-)  e  sue  costruzioni,  con  giu- 
risdizione anche  sulle  strade  e  ponti  del- 
le provincie  pontifìcie,  aumentando  l'au- 
torità del  presidente,  e  meglio  stabilendo 
la  carica  edilizia  e  curule  dignità,  non  che 
il  suo  tribunale  civile  e  criminale.  Che 
Sisto  V  istituì  pure  la  cardinalizia  Con- 
gregazione per  le  Acque,  Acquedotti  e 
vol.  ixx. 


STR  129 

Ponti  (f.).  Accennai  lesuccessivedisposi- 
zioni  di  altri  Papi,  il  nuovo  impianto  di 
PioVII  sulla  presidenza  delle  acquee  stia* 
de,eilluminazione  notturna  di  Roma,  l'o- 
perato da  Leone  XII,  il  regolamento  di 
Gregorio XVI. Questo  Papa  nell'ordina- 
mento amministrativo  delle  comuni  e  del- 
le provincie  dello  stato,  attribuì  ai  presi- 
di delle  medesime  e  loro  consigli  provin- 
ciali la  tutela  delle  strade  provinciali  e  lo- 
ro costruzioni,  che  prima,  tranne  le  pro- 
vincie delle  legazioni,  spettava  alla  Con- 
gregazione del  Buon  governo  (f.).  A  Pel- 
legrinaggio e  ad  An\i  santi,  rilevai  le 
provvidenze  prese  da'Papi,  prima  di  ce- 
lebrare que' Giubilei (/"'.),  per  la  sicurez- 
za delle  strade,  e  loro  ricostruzioni  o  ri- 
sarcimenti. Finalmente  a  Roma  riportai, 
che  il  regnante  Pio  IX  concesse  nel  1847 
al  municipio  le  attribuzioni  proprie  del- 
l'arami lustrazione  comunale  di  Roma,  co- 
inè delle  strade  in  terne  ed  esterne,com  pi  e 
si  i  ponti,  ad  eccezione  di  que'tratti  di  vie 
nazionali  e  provinciali  die  traversano  il 
suo  territorio:  le  mura,  il  pomerio,  la  ma- 
nutenzione delle  porte  della  città;  le  ac- 
que, gli  acquedotti,  le  fonti,  le  cloache,  i 
pubblici  passeggi;  la  nettezza  delle  stra- 
dagli sporti  e  aggetti  irregolari  delle  fab- 
briche, i  canali,  gli  stillicidi;  l'allineamen- 
to e  simmetria  de'fabbricali,  per  rendere 
più  regolari  le  strade, la  nomenclatura  del- 
le vie  e  numerazione  delle  abitazioni,  l'il- 
luminazione notturna  della  città,  e  gli  ab- 
bellimenti della  medesima  in  ogni  gene- 
re. Per  tali  disposizioni  cessò  I'  esistenza 
de'maestri  delle  strade.  All'articolo  Pio 
IX  narrai  che  nel  febbraio)  847  fu  pre- 
scritto di  togliere  dall'altezza  degli  edili- 
zi l'uso  de'canali  e  di  condottare  le  a<xjuc 
pluviali  con  appositi  tubi  internati  nel 
muro  sino  al  piano  della  strada  e  poi  in- 
trodotti nelle  chiaviche  sotterranee;  e  ven- 
ne quindi  ordinata  l'apertura  dal  lato  in- 
terno delle  porte  esterne  pianterreno  nel- 
le principali  strade  della  città,  in  modo 
che  l'apertura  dell'imposte  si  operi  dal  di 
fuori  al  di  dentro,  ingiungendosi  pure  la 
9 


j  3o  STR  S  T  R 
i  emozione  degli  archi  Ira  vi  di  legno  e  iban«  co  delle  vie  urbane,  eolle  rispettive  mi- 
coni  delle  botteghe  clic  chiudono  poi  zio-  sure  superficiali;  l'elenco  delle  strade  pro- 
ne delle  porle.  Che  nel  dicembre  1 847  il  vinciali  ecomunali  dell'Agro  romano, col- 
cardinal  prefètto  delle  acque  e  strade  di-  le  rispettive  di  mensi  oni;l'elenco  del  le  stia- 
venne  ministro  de' lavori  pubblici,  ed  a  de  nazionali  dello  slato  pontificio,  e  sue 
questo  furono  attribuiti  i  lavori  delle  stra«  traverse  colle  rispettive  misure;  l'elenco 
de  nazionali,  i  lavori  idraulici  nazionali  degl'immondezzai  esistenti  ne'  XIV  rioni 
e  provinciali,  i  porti,  i  ponti  e  acquedot-  di  Roma,  e  l'elenco  delle  piante  compo- 
ti non  provinciali,  né  municipali;  i  lavo-  nenti  le  alberature  esistenti  inlìoma  e  nel 
ri  del  Tevere  e  sue  ripe,  la  bonificazione  suburbano.  Riportando  l'indicazione  e 
delle  Paludi  Pontine;  e  gli  furono  uniti  misura  metricadi  tutte  le  strade  di  Roma, 
il  consiglio  d'arte  e  il  corpo  degl'indegne-  enumerò)  48  piazze,  5oG  vie,  ij5  viro- 
li  civili.  Che  nell'aprile  1  8/18  fu  tolto  il  li.  Osservò  IN "ibby,  Roma  udimmo  1  8 38 
recinto  che  segregava  gli  ebrei  dagli  altri  dcsxrilta  }pai\  2.''  moderna, p.  865,  che  le 
cittadini.  Che  nel  settembre)  85oal  detto  strade  di  Roma  moderna,  come  avviene 
iiiinistero(secolarizzatoe  poi  nel  1  854con-  in  tutte  le  città  antiche,  sono  andate  di 
ferito  a  un  prelato  ministro)  fu  aggiunto  mano  in  mano  acquistando  regolarità, 
o  meglio  dichiarato  quanto  riguarda  la  tanto  per  quello  che  riguarda  la  loro  di- 
navigazione nell'interno  e  per  l'estero,  e  rezione,  quanto  per  quello  spelta  alla  co- 
la marina  mercantile,  la  tutela  delle  anti-  struzione;  non  pertanto  trovi)  che  R.oma 
ch'ita  e  pubblici  monumenti.  Che  nel  no»  in  fatto  di  strade  era  ancora  lontana  dal 
\euibrei85o colla  leggesulladivisioneter  giungere  allo  stato  di  maggior  peifezio- 
ritorialedclloslato,  sul  governo  delle  pio-  ne  possibile.  Conobbe  però,  che  la  causa 
viride  e  amministrazione  provinciale,  sui  principale  da  cui  viene  l'impedimento  a 
comuni  dello  slato  e  di  cui  riparlai  nel  voi.  ben  dirigere  le  strade  di  Roma  era  la 
LV,p.  25o,  nell'amministrazione  provili-  quantità  grande  degl'insigni  monumenti 
ciale  furono  comprese  le  strade  provin-  pubblici,cioèdellechiese,de'palazziede!le 
ciali  e  loro  manutenzione;  e  dichiarale  le  antichità,  cose  tulle  ragguardevolissime 
allribuzioni  del  consiglio  municipale  e  per  la  storia  o  per  le  arti,  i  quali  munii- 
della  magistratura,  pel  mantenimento  e  menti  ad  ogni  passos'inconlrano,  esareb- 
nettezza  delle  strade  interne  e  comunali,  he  grave  danno  il  toglierli  o  mutarli  di 
pe'ponli,  acquedotti  e  fontane,  edilizi  e  luogo,  o  anche  in  parie  smembrarli.  So- 
pubblici  passeggi,spiazzi  per  le  fiere  e  mer-  novi  per  altro  nella  città  non  poche  stia- 
cali,e  per  l'illuminazione  notturna. Il  Rer-  de  regolari  e  magnifiche,  e  molte  di  esse 
nardini  nella  bella  e  accurata  Dcfcriz'o-  sono  egregiamente  fiancheggiate  da  mar- 
zie de  Rioni  dì  Roma,  fece  pine  la  stati-  ciapiedi,  con  grande  vantaggio  de'pedc- 
slicade'suoi  differenti  edifizi  civili  e  sagri,  ni.  Quindi  Nibby  parla  come  erano  laslri- 
degli  stabilimenti  d' ogni  specie,  eiiume-  cate  le  strade  di  Roma,  e  come  lo  sono 
rando  271  strade  principali,  218  vicoli  al  presente,  a  causa  delle  ferrature  dei 
che  aveano  nome,i85  piazze  principali,  moltissimi  cavalli,  de'grandi  cocchi  ecar- 
e  5  ponticompresoil  Rotto.  11  prelato  Ni-  ri  numerosissimi  che  le  percorrono;  della 
cola  M."  Nicolai  che  nel  1829  pubblicò  in  costruzione  e  nettezza  delle  vie,  e  di  Io- 
Roma  l'importantissima  e  pregiala  ope  ro  illuminazione  notturna,  nomenclatu- 
ra: Sulla  presidenza  delle  strade  ed  oc-  ra  delle  vie  e  numerazione  delle  porte.  Per 
aite  e  sua  giurisdizione  econom  ica  .Ripor-  ordine  alfabeticopoi  riporta  i  nomi  di  tut- 
to l'elenco  de'prelati  presidenti  e  de'mae-  te  le  strade  e  di  tutti  i  vicoli  di  Roma  mo- 
stri delleslrade,ede'presidenti  stabili  del-  denta,  accennando  i  rioni  cui  apparten- 
le  strade  da  Innocenzo  XII  in  poi;  l'elen-  gouo.  Anche  il  marchese  Melchior-ri.  nel- 


STR 
|/i  Guida  melodica  di  Roma,  stampala 
nel  1 84o>  osservò»;lio  le  vie  di  Romn  han- 
no,  come  quelle  di  tutte  le  altre  città  an- 
tiche ,  acquistato  progressivamente  una 
maggiore  regolarità,  sia  nella  direzione 
che  nella  costruzione;  ma  nondimeno  es- 
sere ancor  lungi  la  città  dal  potere  otte- 
nere un  perfezionamento  intorno  a  que- 
sto ra tuo  di  pubblica  utilità. Conviene  pu- 
re, che  la  causa  principale  che  impedisce 
di  dare  una  più  regolare  direzione  alle 
strade  della  città,  si  è  l'abbondanza  dei 
monumenti  insigni.  Non  ostante,  e  come 
Nibby, rimarca  vantareRoma  alcunestra- 
de  regolari  e  magnifiche,  tutte  adorne  di 
sontuosi  edifìzi.  Le  3  vie  del  Corso,  del 
Babbuino  e  di  Ripetta,che  dalla  super- 
ba Piazza  delPopolos'internano  nella  cit- 
tà, sono  d'un  effetto  magico  perla  nubi- 
le prospettiva  che  presentano  al  i  ."sguar- 
do di  chi  entra  in  città  dalla  via  Flami- 
nia. Le  strade  che  formano  il  quadrivio 
delle  Quattro  Fontane,la  via  Giulia,  quel- 
la della  Lungara,  la  Merulana  che  dalla 
basilica  Liberiana  conduce  alla  Latera* 
nense,  potino  contarsi  tra  le  più  belle.  Si 
può  aggiungere  e  nominare  la  strada  che 
dal  Quirinale  conduce  a  Porta  Pia,  la 
strada  che  dal  Monte  Pincio  percorre  si- 
no alla  basilica  Liberiana  (che  formano 
appunto  il  nominato  quadrivio),  quel- 
la che  dalla  Piazza  di  s.  Maria  in  Tras- 
tevere porla  alla  chiesa  di  s.  Francesco 
a  Ripa,  e  alcune  altre.  Il  marchese  ezian- 
dio discorse  della  costruzione  e  nettez- 
za, sua  illuminazione  notturna,  nomen- 
clatura e  numerazione  degli  edifìzi,  e  del- 
le chiaviche  o  cloache,  delle  quali  alcu- 
ne amplissime:  enumerò  1 48  piazze,  5o6 
vie  e  275  vicoli  come  Nicolai.  Il  cavalier 
Alessandro  PaiAìni  nel  1847  stampò  in 
Roma  l'erudito  e  comodo'.  Dizionario 
etimologico  storico  delle  strade,  piaz- 
ze, borghi  e  vicoli  della  città  di  Roma. 
Di  più  lo  corredò  dell'  indice  alfabetico 
delle  strade  di  Roma  diviso  per  rioni,  con 
indicazione  di  quelle  vie  che  si  estendo- 
no ad  altri  rioni;  e  dell'indice  alfabetico 


STR  1.3 1 

delle  strade  di  Roma  diviso  per  parroc- 
chie, co'rispettivi  numeri  civici.  Il  mede- 
simo egualmente  in  Pioraa  pubblicò  nel 
1 8  53:  Indicazione  dell'  Immagini  di  Ma- 
ria ss.  collocale,  sulle  mura  esterne  di  ta- 
luni edificii  dell'alma  città  di  Roma  con 
appendice.  Considerando  l'autore,  che  u 
no  de'più  grandi  elogi  di  cui  va  merite- 
vole il  popolo  romano,  è  la  speciale  e  vi- 
va divozione,  unita  a*,singolar  fiducia, co- 
stantemente professala  alla  D.  Vergine 
Maria,  come  luminosamente  l'attestano 
gl'innumerevoli  templi  eretti  al  suo  glo- 
rioso nome  nella  metropoli  del  cristiane- 
simo, che  ricordano  pure  portentosi  e  stu- 
pendi prodigi,  e  grazie  segnalate  elargi- 
te dall'inesauribile  clemenza  della  gran 
Madre  di  Dio;  e  che  di  ciò  i  romani  non 
contenli,con  amoroso  e  pio  trasporto,  d.i 
antichissimo  tempo  gareggiarono  in  col- 
locare le  sue  ss.  Immagini  e  sotto  mol- 
teplici invocazioni,  quasi  in  ogni  canto  e 
angolodegli  edilìzi,  in  ogni  crocicchio  del- 
le vie,  in  ogni  piazza.  Ammirando  l'au- 
tore questo  vivente  spettacolo  di  divozio- 
ne e  di  riverente  alFetlo,  che  ad  ogni  pas- 
so si  riproduce  nelle  vie  della  città,  pres- 
soché unico  al  mondo  ;  con  lodevole  ed 
edificante  intendimento  richiamò  la  sua 
attenzione,  per  compilare  la  descrizione 
e  con  alquante  illustrazioni  delle  mede- 
sime ss.  Immagini,  a  sempre  più  eccita 
re  l'ossequio  e  il  fervore  per  esse.  Quindi 
formò  il  catalogo  alfabetico  e  indicativo 
de'luoghi  ove  sono  le  esistenti,  coll'ubi- 
cazione  in  cui  si  venerano.  Distinse  le  di- 
pinte e  le  disegnate,  dalie  scolpite,  e  fece 
questo  epilogo  generale.  Immagini  della 
13.  Vergine  descritte  ne'diversi  loro  tito- 
li e  iu  vocazioni,  sono  i4^  1.  Di  altri  dipin- 
ti, bassorilievi  e  sculture  descritte  che  si 
riferiscono  a  soggetti  religiosi, sono  r  3  1  8. 
Le  feste  annue  che  si  celebrano  ad  ono- 
re delle  descritte  immagini,  sono  347- 
Gli  oggetti  d'oro,  argento,  corone,  gem- 
me e  altri  ornamenti  delle  descritte  im 
magini,sonoig28.  Gli  oggetti  appesi  per 
voto  alle  immagini  descrilte,sono  1  1  o.Le 


i32  STll 

lampade  clic  ardono  nella  notte  innanzi 
le  immagini  descritte,  sono  1067.  Molte 
delle  ss.  immagini  della  D.  Vergine  sono 
col  suo  divin  Figlio,  ed  anche  con  alcuni 
santi  e  sante.  Al  citato  articolo  Maestà',  a 
quello  delle  ss.  Immagini,  e  descrivendo 
gli  edilizi  di  Roma,  parlai  di  molte  delle 
medesime;  mentre  di  sopra  rilevai  la  lo- 
ro origine,  in  sostituzione  delle  oscenità 
d'alcuni  Ermi,  e  pec  porsi  sotto  il  possen- 
te patrocinio  della  B.  Vergine  il  proprie- 
tario dell'edilizio  conquesto  stesso,  o  chi 
l'abitava,  ed  ancora  perchè  il  passeggie- 
re  avesse  frequente  motivo  di  salutare  e 
venerare  il  porto  di  nostra  eterna  salute, 
YAuxilium  Chrisùanorum,  la  Deipara 
Regina  sine  labe  originali  concepla,  di- 
sto s  Urbis. 

Per  mirabile  disposizione  della  divina 
provvidenza,  la  Sovranità  ponti fic  ia  (F.) 
di  Roma  fu  devoluta  a  poco  a  poco  a'Pa- 
pi  per  ispontanea  dedizione  de'popolijdie 
trovarono  in  essi  il  vigile  padre  e  il  be- 
nefico protettore,  quando  cioè  erano  ab- 
bandonati dagl'imperatori  greci  alla  ra- 
pacità de' longobardi  che  volevano  sog- 
giogarli. In  Roma  i  Papi  presero  cura  non 
meuo  della  sussistenza  del  popolo  in  tem- 
po di  carestia,  che  delle  sue  mura  e  altri 
edifizi, sebbene  ingerenze  proprie  de'uia- 
gistrati  edilizi  del  senato  romano,  molto 
prima  ancora  e  avauti  che  s.  Gregorio  II 
Terso  il 7  260  730  fosse  proclamato  sovra- 
nodiB-oma,  suo  ducato  e  di  altre  provili- 
eie.  Cosi  la  medesima  provvidenza,  con  li- 
na serie  di  meravigliosi  avvenimenti,  svi- 
luppò quanto  a vea  pi  eordina to,per  l'indi- 
pendente esercizio  del  sommo  ponti  ficaio. 
Incominciarono  allora  i  Papi  ad  unire  al 
grave  incarico  delle  cose  ecclesiastiche, 
quello  ancora  del  ci  vi  le  reggimento  diRo- 
ma  esuostato,e  quanto  riguardava  il  ma- 
teriale della  città.  Quindi  s.  Leone  1  V,per 
l'incremento  e  difesa  della  città,  cinse  di 
mura  e  comprese  nel  fabbricato  di  Ro- 
ma la  basilica  Vaticana,  gli  adiacenti  Bor- 
ghi di  Roma(F.),  con  porte,  torri  e  stra- 
de, e  fu  chiamata  dal  suo  nome  Città  Leo- 


S  T  II 
nìna  (V.)  nell'847:  i  borghi  poi,  quando 
furono  aumentati,  presero  colle  vie  il  no- 
me de'  Papi  edifica  tori.  IndiGiova  uni  VI  II 
dell'872  fabbricò  sulla  via  Ostiense,  per 
mettere  al  coperto  la  basilica  di  s.  Paolo 
dall'incursioni  nemiche,  una  piccola  cit- 
tà dal  proprio  nome  appellata  Giovati- 
nipoli  {F ■)■  Non  solo  i  Papi  assai  per  tem- 
po curarono  la  comodità  delle  strade,  ma 
eziandio  furono  solleciti  della  sicurezza 
de'viandantijCome  vado  dicendo  nelle  lo- 
ro biografìe.  Leggo  in  L.  Agnello  Ana- 
stasio, Istoria  degli  Antipapi  1. 1 ,  p.  1  cjc>, 
che  Papa  Gregorio  VI  deli  o44>  ne'suoi 
infelici  tempi  ricuperò   la   giurisdizione 
della  chiesa  usurpala  dalle  prepotenti  fa- 
zioni. Assicurò  le  strade  presso  Roma,  le 
quali  per  i  continui  assassinii  che  si  fa- 
cevano, non  potevano  ormai  i  pellegri- 
ni frequentare,  nel  recarsi  alla  visita  dei 
sagri  Limitia  A ' poslolorum  (f7.),  perchè 
da'raalvagi  erano  tagliati  a  pezzi.  Tentò 
prima  Gregorio  VI  colle  scomuniche  e 
cogl' interdetti  di  assicurare  le  strade,  e 
perchè  poco  giova vauo  vi  adoperò  le  ar- 
mi temporali,  onde  i  tristi  ingiustamen- 
te lo  chiamarono  uomo  sanguinario,  an- 
che perchè  dicesi  autore  della  Mdizia 
pontificia  3  onde  difendere  le  possessioni 
di  s.  Pietro.  Uno  de'più  antichi  borghi  di 
Roma  che  couser  va  il  nome  del  Papa  suo 
edificatore,è  borgo/VWoriOjComechè  fab- 
bricato da  Vittore  III  del  1086.  Degli  Ef- 
fetti ci  diede  le  Memorie  de'  Borghi  di 
Roma  e  de' luoghi  aggiacenti.  Egli  inol- 
tre parla  di  molte  strade  antiche  de'ro- 
manijedi  alcuni  ponti  e  vici.  Dopo  la  ri- 
bellione de'romani  del  1  i43,  provocati 
dal  fanatico  agitatore  e  caposetla  Arnal- 
do, proclamando  la  libertà  e  l'indipen- 
denza dal  Papa,  pose  fine  alle  successive 
turbolenzeClemeutellI  co'capiloli  dicon- 
cordia  stabiliti  nel  1  1 88,  fra'  quali  si  con- 
venne che  il  Papa  contribuisse  al  ristabi- 
limento delle  mura  di  Roma.  A  quest'e- 
poca ne'monumenti  storici  spesso  si  leg- 
ge ricordata  la  J  ia  Papale,  ch'era  quel- 
la strada  chei  Papi  in  Cavalcala(t/.)per- 


ST  R 

correvano,  recandosi  dal  Lateranoa\  fa- 
ticano,per  la  celebrazione  delle: sagre  fun- 
zioni, e  per  \aCoronazionec  Possesso (/"  .) 
con  solenne  pompa,  ed  in  alcuni  luoghi 
si  fermavano  a  riposarsi  nel  Lello  de'pa- 
ramentilFX  in  altri  facevano  dispensa- 
re V Elemosina  e  gettare  Moneta  pontifi- 
cia al  popolo,  detta  pure  Presbiterio  [P'.) 
per  quella  che  davasi  ne'diversi  siti  ove 
erigevansi  degli  archi  per  festeggiare  il 
Papa  nelle  sue  cavalcate  d'  alcune  feste 
principali  dell'anno,  che  erigevano  i  pro- 
fessori delle  arti  e  le  Università  artistiche 
(V.).  Ne  parlai  in  molti  luoghi,  come  nei 
voi.XIX,p.3r,XXI,p.i6oeì6i,LXIir, 
p.  5^,  venendo  rammentata  ne\V  Ordine 
/l'owrtHodelcanonicoBenedettodel  i  i  [3, 
di  Cencio  Camerario  del  i  i  92,  e  di  Gre- 
gorio X  del  127 1.  Della  Strada  Papale  e 
dello  spargimento  del  denaro  che  si  face- 
va al  popolo  dal  Solila  no  o  ila  aliti,  e  in 
quanti  luoghi  ove  passava  il  Papa,  anche 
per  rimuovere  la  calca  del  popolo,!'»  lade- 
scv\z\oi\iiTovv\^\o, GrolteVaticane,^.  >53 
e  5  )4,  cioù  5  volte:  presso  la  chiesa  di  s. 
Martina  (che  descrissi  a  Scultura);  vici- 
no la  Chiesa  di  s.  Marco j  al  palazzo  di 
Cencio  Musca  o  in  lJugna,  cui  successe  il 
Palazzo  B raschi,  in  Via  Papcte;  alia  tor- 
re di  Stefano  di  Pietro,  in  capo  al  Rione 
Parione,  presso  Monte  Giordano,  ov'era 
la  chiesa  di  s.  Cecilia  in  Tiare  Stephanij 
a'gradini  delle  Scale  di  s.  Pietro,  o  dove 
il  Papa  montava  a  cavallo.  Narra  inoltre 
Torrigio,  che  nella  chiesa  di  s.  Martina  il 
Papa  cantava  terza  nel  giorno  della  Pu- 
rificazione, assisteva  alla  benedizione  del- 
le candele  fatta  dall'ultimo  cardinale  pre- 
te, e  sedendo  fuori  la  porta  della  chiesa 
ledistribuivaal  popolo,  in  manto  e  mitra. 
Indi  passava  nella  vicina  Chiesa  di  s.  A- 
ariano,  e  dopo  il  canto  di  sesta,  e  vestito 
di  pianetae  pallio,  riceveva  la  candela  ac- 
cesadal  incardinai  vescovo,  davaduecan- 
dele  a  tutti  i  cardinali  e  al  camerlengo, 
a'prelali  e  laici  una  o  più  a  beneplacito. 
Recatosi  alla  basilica  Liberiana,  vi  entra- 
va a  piedi  nudi,  che  si  lavava  iu  sagrestia, 


STR  i33 

cantava  messa  e  tornava  al  Laterano  nel 
Patriarchio.  Il  Moretti,  Riltis  danài  Pre- 
sbyterium,  p.  2(53,  parla  dell'antica  f'i.i 
Papali  a  s.  Pietro  ad  Lateranum,  e  de- 
gli archi  checostrui  vano  per  essa  nel  gior- 
no della  coronazione  del  Papa  professo- 
res  artiuni  et  iinìversitates  laicales,  nei 
quali  luoghi  clerici  Iradebanlicr  moneta, 
quatti  subditis  confecloribus  arcus  consi- 
gnarent.  Coronato  il  Papa  nella  basilica 
Vaticana,  procedeva  da'gradini della  me- 
desima passando  avanti  diverse  cappelle, 
maxime  s.  Gregorii  alibi  appellatala  iu 
Cartina  (di  cui  nel  voi.  XLIX,  p.  291), 
ac  porticits,  et  circum facenti  a  ponti  edi- 
fida  (ne  parlai  a  Citta'  Leomxa),  potis- 
sime castellimi  Crescentii  (descritto  aCA- 
stel  s.  Angelo),  mine  s.  Angeli:  inde  an- 
te palatiutn  Maximorum  (lo  descrissi  a 
Pai  izzo  M \ssimo), aetlesque t  iac deCal- 
caria  (ne  trattai  nel  voi.  LXVI I,  p.  ib'ri), 
praesertim  Caesariorum,  modo  Cesari- 
nortim,  ubi  mine  s.  Nicolai  ecclesia,  et 
ss.Stygnialumb.  Francisci,olii/i  ss.  Qua- 
draginta  Calcariorum:  inde procedebat 
ante  titillimi  s.  Marci  (o  Chiesa  ili  s.  Mar- 
co), eique  conjunclam  porticina,  nec  non 
suppositas  cln'o  Capitolinolo  Campido- 
glio) moles:  inde  ante  por licititi  s .  Cosniac 
(oChiesade'ss.  Cosma  e  Damiano  nel  foro 
romano),  vicinumque  nionasleriwn  ,quod 
s.  Laurentii  in  M  ir  andatoia  degli  Spe- 
ziali) :  inde  ante  propinquas  Colossaeo 
(l'anfiteatro  Colosseo)  cappella?,  quali 
s.  Nicolai,  et  s.  Mariae  deferrariis:  tan- 
dem ante  titillimi  s.  Clementis  (o  Chiesa 
dis.  Clemente) }haerentcque  palado  La- 
teranensi  subslructiones.    Ecco  dunque 
tracciata  l'antica  viaPapale.fliferisceGul- 
letti,  Del  Primicero,  p.  142,  che  descri- 
vendosi dal  suddetto  canonico  Benedetto 
nel  rituale  da  lui  composto  al  principio 
del  secolo  XII  la  strada  che  faceva  il  Pa- 
pa nel  ritornare  dalla  basilica   Vaticana 
alla  Lateranense,  dice:  prosilieus  ante  s. 
Marcimi  ascendi t  sub  arca  manus  car- 
nai- (chiamato oggi  corrottamente  Macel- 
lo de'Corvi,  o  perchè  iu  questo  luogo  fla- 


1 34  S  T  R 

gettandosi  s.  Lucia  dal  carnefice, quest'i  di- 
venne pietra,  tranne  la  mano  che  restò  di 
carne;  ovvero  per  esservi  slato  ivi  innal- 
zatoli sepolcro  di  C.  Publicio  Bibulo,  che 
descrissi  nel  voi.  LXIV,p.  i  38, discenden- 
te da  M.  Valerio  Corvino,  cos'i  cognomi- 
nalo per  essersi  fermalo  sul  suo  elmo  un 
corvo  mentre  combatteva  un  gigantesco 
gallo,  che  per  averlo  ucciso  in  duello,  gli 
tu  eretta  iu  detto  silo  da  Augusto,  secon- 
do Panciroli  ne.' Tesori  nascosti  di  Roma, 
una  statua  col  corvo  in  cima  all'elmo), 
per  clivum  Argentarli  j'uxta  insidam  e- 
j  un  clan  noininis  et  Capitolium;  cioè  pel 
clivo  Argenlarioeverso  la  chiesa  di  s.  Lo- 
lenzuolo  (ora del  Conservatorio  dis.  Eu- 
femia), presso  un'isola  o  vico  di  case  det- 
ta parimenti  Argentana,  descenclit  ante 
privatati!  Mamerlini}  e  scende  pel  Cam- 
pidoglio avanti  il  carcere  Mamertino, og- 
gi s.  Pietro  in  Carcere  (presso  s.  Marti- 
na^ dell'  Università  artistica  de falegna- 
mi). Della  via  Papale  moltissimo  se  ne  par- 
la nelle  relazioni  raccolte  da  Cancellieri, 
nella  Storia  de'  possessi  de' sommi  Pon- 
tefici, e  feci  altrettanto  io  nel  descriverli. O- 
ra  più  particolarmente  si  denomina  stra- 
da Papale  quel  tratto  che  si  corre  dalla 
Piazza  dell'  Orologio  della  chiesa  nuova , 
Piazza  di  Pasquino }  Piazza  di  s.  An- 
drea della  F a  Ile,  sino  a  Piazza  del  Gè- 
sìij  la  quale  essendo  tortuosa  e  in  alcuni 
luoghi  angusta,  decretò  il  municipio  ro- 
mano, onde  possibilmente  allargarla,  che 
tutte  le  case  che  soggiacessero  a  notabili 
restauri,  si  debbano  riedificare  più  ad- 
dietro, per  fare  acquistare  più  spazio  al- 
la nobile  via,  frequentata  dal  Papa,  dai 
cardinali, prelati  e  personaggi  che  si  re- 
cano ne'  palazzi   apostolici,  ed  è  la  più 
comune  che  si   percorre  per  andare  al 
faticano.  Quanto  alla  pompa  del  pos- 
sesso del  Papa,  non  vi  passa  nella  via  se 
il  Papa  abita  nei  Quirinale,  poiché  giun- 
to alla  piazza  del  Gesù  volta  per  la  via 
the  conduce  a  Campidoglio,  ovvero  do- 
po percorso  un  tratto  della  via  Aracoe- 
li,  volta  nel  quadrivio  per  la  Piazza  di 


S  T  R 

s.  Marco.  E  qui  noterò,  che  già  e  sino 
dal  secolo  X  aveano  luogo  per  le  stra- 
de di  Roma  quelle  feste  spettacolose  pel 
CarnevalediRoma(fr.)epcGiuochi(U.) 
famosi  di  Agone  e  Testacelo,  e  ne'quali 
il  Senato  Romano  (/^.)  sfoggiò  la  più 
imponente  splendidezza,  incedendo  per 
quelle  vie  descritte  ne'citati  articoli.  Pd- 
marca  mg.r  Nicolai,  che  fino  da'tempi  di 
Nicolò  III, come  si  ha  da  un  documento 
degli  8  novembre i  280,  il  magistratodel- 
le  strade  spiegava  la  sua  giurisdizione  an- 
che relativamente  a'ehierici,  i  quali  era- 
no soggetti  al  tribunale  edilizio  di  Roma. 
Nel  i3o5  eletto  Clemente  V,  per  filale 
disgrazia  della  Chiesa, dell' Italia  e  di  Ro- 
ma, preferì  all'avventurose  rive  del  Te- 
vere,quelle  del  Rodano,  fermandola  sua 
dimora  in  Avignone,?  fu  protratta  per  al- 
tri 6  pontificati.  Le  infelici  condizioni  che 
ne  derivarono  a  Roma,\e  deplorai  in  quel- 
l'articolo; quando  Clemente  VI  neh35o 
fece  celebrare  il  2.0  Anno  santo  in  Ro- 
ma, raccomandò  al  suo  legato  la  sicurez- 
za delle  strade  pubbliche  pel  comodo  e 
incolumità  de'pellegi  ini,  come  praticaro- 
no i  successori  per  tale  Giubileo.  Desi- 
derando Urbano  V  restituire  a  Roma  la 
papale  residenza  e  visitarne  i  santuari, 
commise  la  sicurezza  del  cammino  al  car- 
dinal legato  di  Roma;  e  quando  Gregorio 
XI  nel  1  377  visi  recòa  ristabilirvi  la  ponti- 
ficia residenza,trovò  la  città  rovinata  negli 
edilìzi  e  nelleslrade, diroccata  nelle  mura, 
diminuita  notabilmente  nella  popolazio- 
ne. Pe'precedenti  accordi  co'romani,  que- 
sti rassegnarono  al  Papa  la  custodia  e  or- 
dinazione de' ponti, delle  porte,  delle  tor- 
ri, di  tuttala  parte  di  là  dal  Tevere  e  del- 
la Citlà  Leonina.  Non  ostante  i  romani 
sempre  irrequieti  in  que'tempi  di  scisma, 
incominciato  nel  1378,  di  prepotenze  e 
di  fazioni,  poterono  alquanto  domarsi 
da  Bonifacio  IX,  il  quale  nel  i3g3  fece 
un  atto  di  concordia  col  senato  e  popolo 
romano,  che  fu  obbligato  colle  proprie 
rendile  di  tenere  del  lutto  sicure  a'viag- 
gialori  le  due  strade  verso  Rieti  e  Narni, 


S  T  R 
e  per  quelli  di  mare  una  galera  armata. 
In  quella  poi  stipulata  nel  i  4°4  con  In- 
nocenzo VII,  e  nella  quale  furono  inse- 
riti i  capitoli  di  Bonifacio  IX,  fu  conve- 
nuto di  doversi  le  strade  custodire  sicu- 
re dal  popolo  romano,  a  spese  della  ca- 
mera di  Roruaossia  la  Capitolina.  Di  am- 
bedue le  concordie  ne  trattai  a  Roma,  coi 
capitoli  più  interessanti,  nel  quale  arti- 
colo moltissime  nozioni  riportai  riguar- 
danti le  strade.  Il  testo  poi  di  tali  atti  si 
ponoo  leggere  nel  Vendettini,  Del  Sena' 
lo  Romano,  p.  33a,  e  nel  Vitale,  Storia 
de' senatori  di  Roma  par.  i,  p.  6 1  i .  Per 
tal  convenzione  fu  accordato  al  popolo  ro- 
mano la  custodia  di  tutti  e  singoli  pon- 
ti fuori  di  Roma  e  tutte  le  porte  della  cit- 
tà, riservandosi  il  Papa  le  porte  della  Cit- 
tà Leonina  e  il  Ponte  Milvio;  obbligan- 
dosi i  romani  di  non  ammettervi  i  segua- 
ci dell'antipapa,  né  d'ingerirsi  nelle  per- 
tinenze delle  città  diSutri,  Civita  Castel- 
lana e  altre,  non  che  nelle  terre,  luoghi, 
beni,  giurisdizioni,  diritti  e  preminenze 
spettanti  alla  giurisdizione  del  Papa  e  al- 
ia chiesa  romana.  Che  il  castello  di  Fra- 
scati^ l'ollìzio  di  difendere  la  marina  con 
tulli  i  diritti  e  sue  pertinenze  spetti  e  deb- 
ba spettare  alla  chiesa  Lateranensedi  Ro- 
ma. Il  Rinaldi  dice,  che  s'ingiunse  a'ro- 
mani  di  pagare  i  tributi  non  pagati  an- 
cora, ed  a'magistrati  del  popolo  romano 
esentamele  pubbliche  strade. L'affliggen- 
te slato  di  Roma  terminò  colla  elezione 
di  Martino  V,  che  creato  nel  141  7  neliSl'- 
nodo  di  Costanza,  estinse  lo  scisma  che  a- 
vea  lacerato  lungamente  la  Chiesa. Notai 
a  Svizzera,  che  nel  soggiorno  che  vi  fece 
supplicato  di  dimoiare  un  tempo  in  Ger- 
mania,rispose  non  potere,  dovendo  recar- 
si a  ristorare  la  derelitta  Roma.  Il  Nico- 
lai Dell'encomiata  opera  dice  che  conver- 
rebbe uu'erudita  investigazione  percono- 
scere  le  vicende  della  carica  edilizia  dal- 
la caduta  dell'impero  d'occidente  lino  al 
tempo  uel  quale  iPapi,  ritornati  da  Avi- 
gnone.cominciaronoa  ristabilirce  restau- 
rare Roma  vacillante  e  quasi  oppressa  per 


S  T  R  1 3  5 

le  tante  anteriori  incursioni  de' barbari, 
per  le  tante  successive  rapine  di  guerre 
civili  e  perversità  di  tempi.  Ritiene  non- 
dimeno, che  la  dignità  edilizia  è  indubi- 
talo, che  non  per  stabile  disposizione  di 
legge,ma  a  seconda  delle  circostanze,  pas- 
si) in  potere  del  senatore  e  conservatori 
di  Roma,  e  di  que'magistrati  cheda'me- 
desimi  venivano  eletti,  finché  Martino  V 
applicò  l'animo  suo  veracemente  roma- 
no a  stabilire  con  ottime  istituzioni  tut- 
te le  parti  dell'ecclesiastico  dominio,  e 
diede  il  1. "impianto  alla  presidenza  delle 
strade,  mediante  la  bolla  Etsi  cunctorum, 
de'37  febbraio  1 4-25,  colta  quale  furono 
gittati  i  fondamenti,  sui  quali  i  Papi  suc- 
cessori costituirono  tutta  la  giurisdizione 
di  detto  tribunale.  Pertanto  l'uffìzio  edi- 
lizio tralasciato  per  la  fierezza  delle  lun- 
ghe vicende  politiche,  destituito  ormai  di 
qualunque  fondamento  di  leggi,  e  pros- 
simo quasi  a  mancare,  ricevè  vigore  dal 
disposto  di  Martino  V,efu  in  quella  più 
ampia  (òrma  di  magistratura  ridotto, che 
descrissi  nel  ricordato  articolo  Maestro 
delle  sTRADE;altri!>;iendone  la  cura  e  giu- 
risdizione a'eavalieri  maestri  di  strade,  i 
quali  erano  soliti  già  a  giudicare  intorno 
le  causede'conlìni  eservitùde'predi, elo- 
ro concesse  illimitate  prerogative.  Tutto 
confermò  e  ampliò  il  successore  Eugenio 
IV.  A  questi  ribellatisi  i  romani,  egli  fug- 
gi iuFirenze;  vedendo  poi  i  romani  il  mal 
governo  che  aveano  stabilito,  la  mag- 
gior parte  ritornò  alla  sua  ubbidienza. 
Ridotta  Roma  in  infelice  condizione  per 
l'assenza  del  Papa,  dopo  nove  anni  e  cir- 
ca (piatirò  mesi  ottennero  col  perdono  il 
suo  benigno  ritorno,  trovando  che  per  le 
pubbliche  strade  pascevano  le  pecore  e 
le  vacche,  e  tutta  quanta  la  città  nel  più 
deplorabile  stato.  Nel  i4Ì7  Su  succes- 
se Nicolò  V,  nella  cui  coronazione  per 
la  strada  da' ss.  Cosma  e  Damiano  all'ar- 
co di  Costantino,  e  da  questo  alla  basili- 
ca Lateranense, fu  corso  il  consueto  pal- 
lio. Protettore  delle  lettere  e  delle  arti, 
Nicolò  V  sonluosameute  decoiò  Roma  ili 


j  3(5  ST  R  S  T  R 
edilizi.  A  vea  concepito  la  vasta  idea  di  a-  via  Florida  o  Reda,  o  Magistralis  per  es- 
ptire  3  strade  che  da  Caste!  s.  Angelo  con-  servi  molti  uffizi  de'notari,  e  poi  Giulia 
ducessero  nella  Citta  Leonina,  delle  (piali  per  quanto  dissi  ne' voi,  XIV,  p.  1 4<j,  LI, 
una  portasse  in  mezzo  alla  piazza  di  s.  Pie-  p.  3i6,  s'incominciarono  ad  eseguire  dal- 
tro,  altra  a  destra  al  palazzo  Valicano,  e  l'arco  ch'esisteva  avanti  l'odiernoPrt/az- 
la  3."  a  sinistra  dalla  parte  del  Tevere  al  zo  Ollobonì  Piano  (/'.),  e  più  tardi  dalla 
luogo  ove  giaceva  l'obelisco,  divisando  di  l'otta  Flaminia,  sino  al  detto  palazzo  di  s. 
ornarle  tutte  di  portici,  con  botteghe  e  Marco  e  con  8  pallii.  Questa  strada  per  tali 
case  pegli  artefici.  Il  suo  segretario  Ma-  corse,  e  come  già  notai,  prese  inseguito  il 
netti,pressoilMuratori,jReram7ta/.,ser7r>f.  nome  di  Corso, e  riuscì  la  più  frequentala, 
t.  o,  par.  ?.,  p.  epe),  celebra  Nicolò  V,  le  la  più  nobile,  la  più  regolare,  la  più  lunga, 
opere  che  fece,  quelle  che  magnanimo  a-  ha  più  bella  e  magnifica  della  soutuosaRo- 
vea  ideale,  echefu  benemerito  delle  slra-  ma. Sbocca  dal  mezzodella  grandiosa  piaz- 
de  e  delle  piazzediPioma.  Platina  poi  suo  za  del  Popolo  e  va  direttamente  per  più 
contemporaneo,  nelle  Pile  de' Pontefici,  d'un  miglio  verso  mezzodì  sino  al  detto 
riferisce  che  Nicolò  V  lastricò  quasi  tut-  palazzo,  ora  denominato  di  Venezia,  nel- 
te  le  vie  della  città,  o  almeno  avea  divi-  la  via  chiamata  la  Ripresa  de' barberi,  ter- 
satofarlo.  Rimarcai  a  Pestilenza,  che  nel  mine  e  meta  de'ca  valli  corridori  così  no- 
j4o2  ne  fu  assalila  Roma,  perchè  le  sue  mati  delle  corse  carnevalesche,  e  propin- 
strade  non  essendo  ancora  lastricale,  uè  qua  alla  ricordata  via  di  Macel  de'Corvi. 
daloloropendioalloscolodell'acque,que-  Questa  maestosa  strada,  fiancheggiala  da 
sle  rendendosi  stagnanti, come  altre  voi-  buoni  ed  eleganti  edilìzi,  fra  i  quali  non 
te  corruppero  l'aria  edegenerarono  in  in-  pochi  magnifici  palazzi,  da  piazze,  ila  bot- 
iezione,  che  costrinse  Pio  II  a  partirne,  leghe  nella  più  parte  decorose  e  moltean- 
Perciò  rileva  Cancellieri  ne  Possessi,  p.  che  di  lusso,  presenta  un  complesso  sor- 
3i  i,  che  i  Papi  per  evitare  l'insalubrità  prendeute,enel  carnevale  uno  spettacolo 
dell'aria,  fabbricarono  successivamente  di  meraviglioso  tripudio,  sia  per  le  A/d- 
in alcune  città  di  buon  clima  de'palazzi  schere^P.),  sia  pel  passeggio  de'cocchi,  sia 
per  abitarli,  ne'tempi  di  caldo  eccessivo  per  l'immensa  moltitudine  che  vi  accor- 
o  di  maì'QVÌajpev{avviP'illeggìatura(Pr.);  re  di  romani  e  forestieri  d'ogni  condizio- 
facendosi  cadere  le  vacanze  da'negozi  nel-  ne,  sia  pegli  addobbi  delle  loggie  e  delle 
la  Cuna  Romananemesip\h  caldi  e  spe-  finestre;  laonde  forse  non  v'ha  il  simile 
cialmente  ne'lempi  più  canicolari,  come  nell'altre  parti  del  mondo,  per  cui  riesce 
oltre  il  Borgarucci,  nello  stile  osservato  diammirazioneimponentea  tutligli  slra- 
da  Papi  nel  distribuir  le  vacanze,  d'uno-  nieri.  Notai  a  Commissario  delle  antichi- 
strò  il  Garampi  nel  Sigillo  della  Garfa-  rx  romane,  che  Paolo  II  emanò  partico- 
gnana.  Non  sempre  i  Papi  slimarono  ne-  lari  disposizioni  per  la  conservazione  de- 
cessano  partile  da  Roma,  ma  si  conten-  gli  antichi  edilìzi  che  nobilitano  le  vie  di 
taronodi  variare  abitazione  in  sito  d'aria  Roma,  seguendo  in  ciò  l'esempio  de'pre- 
migliore,e  Paolo  li  pel  i  .°si  recò  a  dimo-  decessori.AnehePaoloIIconfl'rmò  le  prov- 
iate nel  Palazzo  apostolico  di  s.  Diarco,  videnze  emanale  sulle  strade  da  Martino 
che  avea  cominciato  da  cardinale,  e  dal  V  e  Eugenio  IV,  a  mezzo  de'decreti  dei 
Salmon  creduto  il  più  bello  di  Roma  per  7  settembre  1 4^4  del  cardinal  Mezza  rota 
architettura,  e  forse  lo  sarebbe  slato  se  camerlengo  di  s.  Chiesa  e  vice-cancelliere; 
la  morte  non  gì' impediva  di  compierlo,  altrettanto  fece  il  successore  Sislo  IV  coi 
Fu  a  motivo  di  questo  palazzo, chele  cor-  decreti  del  cardinal  Estouteville  carnei1- 
se  di  Camalli  che  nel  brillante  e  famige-  lengo,  e  colla  sua  bolla  De  fure  congrui > 
vaio  Carnevale  di  Roma  si  facevano  nella  del  1 480,  dichiarando  le  facoltà  al  tribù- 


STR 
naie  delle  strade  e  suoi  cavalieri  maestri, 
per  giudicare  sulle  cose  e  persone  eccle- 
siastiche. Nella  biografia  di  Sisto  //  ,  ed 
a  Roma,  lo  celebrai  magnanimo  per  gli  or- 
namenti co'quali  abbellì  Roma,  renden- 
done più  salubre  l'aria  col  selciamele  \ie, 

0  come  altri  meglio  dicono  lastricandole 
di  mattoni  a  coltello,  ampliando  strade  e 
piazze,  con  abbattere  moltissimi  poi  ticali 
emignani;  da  dove, secondo  l'avvertimeli- 
to  di  Ferdinando!  re  di  Napoli,  in  qual- 
che commozione  popolare,  le  donne  a- 
V rebbero  potuto  con  mot  tari  disperdere 
le  milizie,  e  per  l'angustia  delle  vie  esse- 
i  e  tacile  sbarrarle.  Tra  lenuovestradecbe 
apri  vi  fu  la  Sistina  ,  cos'i  detta  dal  suo 
nome,  poi  Borgo  x.  Angelo  dall'adiacen- 
te omonima  cbiesa  eretta  da  s.  Gregoiio 

1  pel  prodigio  narralo  a  Castel  s.  Ange- 
lo e  altrove.  E'  tanto  vero  che  anticamen- 
te le  strade  si  lastricavano  di  mattoni,  che 
la  presidenza  di  esse  portava  una  specia- 
le sorveglianza  sopra  i  fornaciai!,  acciò 
li  costruissero  in  modo  da  reggere  all'at- 
trito de'pedoni  e  degli  animali  da  cari- 
co. Afferma  mg.1'  Nicolai  die  Sisto  1 V  a- 
vea  vietato,  ebe  si  lastricassero  le  strade 
di  selci,  poiché  per  essere  la  città  in  bas- 
sa giacitura,  opinava  che  tale  lastricato 
couservasse  umido  a  danno  de'ciltadini. 
I\la  allora  non  vi  erano  le  Carrozze^.), 
e  non  si  videro  che  nel  seguente  secolo; 
si  andava  a  Cavallo  e  in  Lettiga  (/*.). 
Notai  a  Governatore  di  Roma,  che  sotto 
Inuoceuzo  Vili  la  sentenza  di  morie  che 
si  eseguiva  sul  monte  Caprino,  principiò 
ad  effettuarsi  sulla  Piazza  di  ponte  s.  An- 
gelo; ed  ora  ha  luogo  sul  piazzale  detto 
della  Madonna  de'Cerchi,  per  l'oratorio 
che  descrissi  nel  voi.  LXII,  p.  233.  Ales- 
sandro VI  raddrizzò  la  via  Lungara  e  ri- 
costruì  la  Porta  SeUimianaj  ne  parlai  in 
questo  articolo,  e  descrivendo  i  magnifi- 
ci palazzi,  il  Porto  Leonino,  le  chiese,  l'o- 
spedale da' Pazzi,  l'orto  botanico,  che  so- 
no lungo  la  via  che  conduce  a  Porla  s. 
Spirito.  Altri  la  chiamano  Longara,  e  nei 
voi.  LV11I,  p.  3 12,  L1X,  p.  46,  registrai 


STR  i37 

due  gravi  avvenimenti  ivi  accaduti. Si  dis- 
se Lungara  per  il  lungo  spazio  in  cui  pro- 
cede, essendo  larga  e  dritta.  Lungaretta 
poi  è  la  vicina  via,  così  appellata  per  la 
sua  lunghezza  estreltezza.  Alessandro  VI 
approvò  il  decretato  di  Sisto  IV  sull'abro- 
gazione de'privilegi  ecclesiastici,  ciò  che 
non  deve  recare  meraviglia,  perchè  avell- 
ilo i  l'api  preposto  al  tribunale  delle  stra- 
de i!  cardinal  camerlengo,  questi  coll'am- 
pia  sua  dignità,  misla  di  ecclesiastico  e  di 
ci  vile,  abbracciava  la  giurisdizione  dell'u- 
no e  dell'altro  foro;  quindi  i  camerlenghi 
emanarono  ordinazioni  intorno  a  questo 
tribunale.  Alessandro  VI  per  l'anno  san- 
to i  5oo  ordinò  una  via  più  comoda,  che 
da  Castel  s.  Angelo  conducesse  a  s.  Pie- 
tro, invitando  il  popolo  a  fabbricarvi  del- 
le case,  demolendo  quella  piramide  che 
descrissi  a  Citta'  Leonina,  ove  notai  le 
corse  che  si  facevano  nelle  feste  di  Nata- 
le, di  ragazzi  e  meretrici.  La  via  prese  al- 
lora il  suo  nome,  e  si  disse  Alessandrina. 
Giulio  1 1  nel  i  5o  j  la  lastricò,  ed  essendo- 
si aumentate  le  abitazioni,  fu  appellalo 
Borgo  Nuovoj  compì  e  raddrizzò  la  via 
Lungara,  col  l'idea  di  tirarla  sino  a  Ripa 
Grande;  e  verso  il  i  5  i  l coli  opera  del  cele- 
bre architetto  Clamante  raddrizzò  e  am- 
pliò la  ricordata,  lunga  e  bella  strada  Flo- 
rida,che  dalla  chiesa  di  s. Giovanni  de'fio- 
rentini  (che  descrissi  nel  voi.  XXV,p.  i  ^), 
conduce  al  Ponte  Sisto,  eretto  dallo  zio  Si- 
sto IV,  cioè  dopo  la  via  Paola  aperta  da 
Paolo  III,  e  perciò  un  tempo  delta  Paoli- 
na, come  rilevasi  da  una  lapide  posta  so- 
pra una  casa  verso  Ponles.  Angelo.  La  via 
Florida  ricevè  dal  Papa  il  nome  di  Giu- 
lia, ed  è  spaziosa  e  adorna  di  buone  fab- 
briche. Leone  X  cominciò  a  perfeziona- 
re le  strade  che  conducono  a  Porta  Fla- 
minia, e  colla  bolla  Inter  curas  multipli- 
ces,  de'a  novembre  i  5i  6,  Bull.  Rota.  t. 
3,  par.  3,  p.  427j  confermò  ed  estesela 
giurisdizione  del  cardinal   camerlengo  e 
de'maestri  delle  strade,  declarando  sulle 
appellazioni  interposte  alle  loro  sentenze. 
Clemente  VII  compì  le  vie  che  recano 


1 38  S  T  a  S  T  R 
alla. delta  Porta  Flaminia,  proseguendo  tre  strade  furono  migliorate  dal  magni* 
i  lavori  di  Leone  X;  e  definì  la  giuriseli-  lieo  Pio  IV.  Questo  Papa,  come  dichiarai 
zione  della  camera  apostolica  e  suoi  cine-  a  Maestro  di  strada, confermò  la  giuris- 
rici di  camera, sulle  pubbliche  strade  tan-  dizione  de'  maestri  e  del  camerlengo,  e 
to  di  Roma,  che  delle  altre  città  ponti-  assoggettò  al  tribunale  l'arte  muraria.  Il 
(icie.  Il  successore  Paolo  III, avendo  tro-  successore  s.Pio  V, sostenitore  zelantedel- 
vato  diverse  parti  di  Roma  deformi  per  l'immunità  ecclesiastica,  rivocò  le  dispo- 
la quantità  de' vicoli,  poiché  quasi  tutte  sizioni  de'  predecessori,  contro  le  cose  e 
le  case  erano  allora  isolate,  le  ridusse  a  persone  ecclesiastiche.  Leggo  nel  Catena, 
miglior  forma,  spianando  gli  edilizi  mal  fila  di  Pio  V }  p.  i  35,  che  tolse  l'uso  di 
fabbricati  e  altri  alzandone.  Raddrizzò  correre  i  pallii  nel  Borgo  s,  Pietro  o  Nuo- 
molte strade,ampliòdiversepiazze;edac-  vo  nel  carnevale,  dicendo  che  ivi  non  e- 
quistate  3g  case  da'privati  possidenti,  le  ravi  palmo  di  terreno,  che  non  fosse  con  - 
lece  demolire,  e  vi  formi)  la  già  nominata  sagrato  col  sangue  de'marti ri  (pel  notato 
comoda  via  Paola.  Delle  sue  benemeren-  a  Citta'  Leonina  e  altrove),  ripristina  n- 
ze  per  le  strade  di  Roma,  se  ne  fa  men-  do  le  corse  nella  via  Flaminia  o  Corso,  Di- 
zione nell'iscrizione  scolpita  sotto  la  diluì  gliando  però  le  mosse  dal  suddetto  arco 
statua  inCampidoglio, e  riportata  da  Can-  denominato  anche  di  Portogallo,  e  per  la 
cellieri  ne  Possessi  p.  5o4-  Paolo  III  fé-  via  Lata  sino  a  s.  Marco.  Nel  voi.  LI  I,  p, 
ce  succedere  i  chierici  di  camera  a'mae-  58,  parlai  delle  vie  Bonella  e  Alessan- 
stridellestrade  nella  presidenza  delle  me-  (Irina,  migliorate  da  s.  Pio  V,  ed  alle  qua- 
desime,ed  aggiunse  il  vicario  di  Roma  al  li  fu  datoli  nome  del  nipote  aliai,*,  e  dei- 
tribunale  nelle  cause  ecclesiastiche,  seta-  la  patria  di  esso  e  del  Papa  alla  i.\  e  ne 
li  prelati  lo  richiedessero.  Però  il  presi-  feci  parola  anche  a  s.  PioV.  A  Maestro 
dente  delle  strade  si  cslraeva  a  sorte  tra  distrada  dissi  ancora, corneGregorioXUl 
i  medesimi  chierici  di  camera  ogni  anno,  concordò  le  precedenti  bolle  sulla giuris- 
Giulio  III  costituì  una  tassa  di  gitdii 4 so-  dizione  ecclesiastica  del  tribunale  delle 
pia  ogni  bottegaio,  a  vantaggio  della  cas-  strade;  indi  nel  i  583  impose  una  tassa  sul- 
sa  delle  strade.  Pio  IV  dal  Quirinale  fece  le  vetture  che  si  affittavano,  per  rinnova- 
eseguirela  lunga,  regolare  e  larga  strada  re  i  lastricati  o  pavimenti  stradali  di  R.o- 
che  conduce  alla  sua  Porta  Pia,  edilcar-  ma,  che  ancora  continuavano  ad  essere 
dina!  Sforza  camerlengo  stabilì  uu'impo-  firmati  di  mattoni,  come  trovo  in  Nico- 
sta  per  contribuire  alla  spesa  nel  i  564.  'ab  e  chiamali  ammattonali;  ad  oggetto 
Nel  precedente  il  Papa  fece  aprire  dopo  di  rinnovare  principalmente  i  pavimenti 
l'antica  Porta  Cassia,  che  dal  suo  nome  innanzi  le  pie  case,  e  le  abitazioni  del  mi- 
cardinalizio  fece  chiamare  Angelica ,  la  nulo  popolo.  Avvicinandosi  lacelebrazio- 
suburbana  strada  lunga  più  di  3  miglia,  ne  dell'anno  santo  i  575,  Gregorio  XIII 
affinchè  comuuicassecolla  viaCassia,  e  fu  ordinò  a  tutti  i  governatori  delle  città  e 
detta  Pia  dal  suo  nome  pontificio.  Pres-  prcviucie  dello  stato,  di  restaurare  con  di- 
so  Castel  s.  Angelo  fabbricò  Porta  Castel-  ligenza  le  strade  e  i  ponti,  e  rinnovarli 
foj  con  istrada  suburbana  verso  Porta  An-  se  bisognosi  d'esserlo.  Dalla  basilica  Li- 
gelica. Edificò  pure  quella  partedi  Roma,  boriami  fece  aprire  la  dritta  via  sino  al 
fra  il  Castello  e  il  Vaticani»  con  sua  stia-  Laterano,  senza  badare  a  spese  di  demo- 
da, e  nel  i  565  ordinò  che  si  denominasse  hzione  di  case  e  vigne  adiacenti;  e  drizzò 
Borgo  Pio  la  via  che  conduce  al  cortile  la  via  che  da  Porta  s.  Giovanni  conduce 
diBelvederedelPalazzo Vaticano.  Si  suole  a  Frascati  da  lui  frequentato.  Curò  la  co- 
appellare pureBorgo  s.  Anna, dalla  chiesa  struzione  delle  strade  per  andare  al  san- 
omonima dtì'Palafraiiai(F.).  Anche  al-  luario  di  Loreto,  faceudo  spianar  tuonli 


st  n 

e  alzaie  Io  valli.  Leggo  nel  Fea  ,  Sloria 
delle  (i<(jitetche\a  via  Condotti  prese  que- 
sto nome  per  avervi  Gregorio  XIII  riu- 
niti i  principali  di  Roma;  ne  fa  la  storia 
e  loro  diramazione,  come  fatti,  e  riporta 
la  nota  degli  artisti  che  vi  lavorarono,  Di- 
ce che  i  vari  rami  laterali  de'condotti  so- 
no in  terra  cotta,  il  grande  in  mezzo  di 
travertino;  però  avvengono  danni  conti- 
nui e  di  frequenlesi  debbono  fu  e  rappez- 
zi di  piombo.  Altri  avendo  a  Nicolò  V  at- 
tribuiti i  condotti  di  travertino  nella  stra- 
di! Condotti,  il  Fea  li  confutò.  Lo  stesso 
Gregorio  X  III,  dalla  via  di  Capo  le  Case 
(così  dette  o  pel  riportatone!  voi.  X,  p, 
48,  o  per  la  loro  elevata  situazione),  a- 
prì  una  strada  per  la  Chiesa  (iella  ss,  Tri- 
nità de'  Monti,  e  dal  suo  nome  si  disseG/e- 
goriana.  Inoltre  questo  Papa  avendo  fat- 
to erigere  la  Fontana  del  Babbuino  [F^,), 
die  la  statua  giacente  di  tal  nome  la  de- 
nominazione alla  magnifica  via.  Degli  al- 
tri simulacri  che  servirono  in  Roma  di 
convegno  a 'satirici  o  di  argomento  a  pa- 
squinate, come  l'ai),  Luigi,  madama  Lu- 
crezia, il  Facchino,  Pasquino  e  Marforio 
(queste  due  ultime  statue  e  la  1  .Mietono 
nome  alle  vie  ove  si  trovarono)  ne  par- 
lai ne'vol.  L,  p,  3oo,  LI,  p,  5,  Nella  bio- 
grafia di  Sisto  /"narrai  quanto  fu  emi- 
nentemente benemerito  delle  vie  di  Roma, 
descrivendo  quelle  belle,  lunghe  e  larghe 
che  aprì,  prendendoli  nome  di  Felice  da 
quellodelsuocardtnalato,quella  che  dalla 
chiesa  della  ss.  Trinità  al  Pincio  conduce 
alla  basilica  Liberiana,  e  propinqua  al  suo 
principio  altra  ne  aprì  che  chiamò  Sistina 
dal  nome  del  pontificato.  Le  altre  sono 
quelle  da  detta  basilica  alla  Chiesa  di  s. 
Croce  in  Gerusalemme,  ed  a  Porta  s.  Lo- 
rcnzo,\a  quale  insieme  all'altra  che  da  tal 
porta  conduce  a  Piazza  di  Termini _,  aprì 
col  suo  peculio,  come  si  legge  nella  lapi- 
de sull'arco  dell'acqua  Felice.  Da  Piaz- 
za Colonna  Traiana,  aprì  la  via  che  por- 
ta alla  nominata  basilica  da  una  parte, 
dall'altra  iucominciandoquellache  dovea 
condurre  a  s.  Pietro.  Migliorò  pure  la  via 


STR  1 39 

dal  Colosseo  al  Laterano,  quella  che  dal 
Quirinale  conduce  a  Porta  Pia,  e  la  sub- 
urbana  Flaminia.  Dissi  pure  quali  privi- 
legi accordò  a  quelli  che  nelle  vie  Felice 
e  Pia  edificassero  case  e  l'abitassero,  come 
fece  peraltre,eil  decretato  per  la  piazza  di 
Termini  lo  ricordai  a  Seta. Rinnovò  il  di* 
vietodi  far  scavi  senza  licenza,  anche  per 
impeditela  rovina  degli  edifìzi  e  la  mano- 
missione dellestrade;  emanò  provvidenze 
per  la  nettezza  di  queste, per  decoro  e  salii- 
brità  della  città, ed  istituì  le  suddettecon- 
gregazioni  per  le  strade  e  per  le  acque, 
onde  aver  cura  e  soprintendenza  alle  stra- 
de, a'ponti  ed  alle  acque  da  lui  condotte 
a  Roma.  Alla  1  .a eli  dette  congregazioni  as- 
soggettò non  solo  le  strade  di  Roma  e  di- 
stretto o  sua  Comarca,  ma  le  altre  an- 
cora di  tutto  lo  stato  ecclesiastico.  La  con- 
gregazione non  ne  sostenne  a  lungo  l'in- 
carico, né  il  cardinal  camerlengo  si  curò 
gran  fatto  di  mantenere  la  sua  giurisdi- 
zione sulle  strade,  appena  rilenendosi  il 
diritto  sulle  cause  ecclesiastiche  de /are 
congrui.  Di  maniera  che  le  attribuzioni 
edilizie  dell'illustre  e  curule  dignità  pas- 
sarono interamente  al  prelato  chierico  di 
camera,  annuale  presidente  delle  strade. 
Benemerito  fuSisto  V anchedella  sicurez- 
za delle  strade,  per  cui  fu  coniata  una  me- 
daglia coll'epigrafe:  Perfecta  Securilas, 
colla  sua  effigie,  e  nel  rovescio  fu  rappre- 
sentato un  passeggero  che  dorme  sotto 
l'ombra  d'  un  albero,  con  allusione  alle 
pontifìcie  cure  in  liberare  lo  stato  eccle- 
siastico dagli  assassini, emanando  le£j"i  se- 
vere  contro  di  essi.  Di  più  meritò  una  sta- 
tua in  Campidoglio,  con  quell'iscrizione 
che  riprodussi  nel  voi.  I,  p.  78. 

Paolo  V  d'animo  grande,  come  Gre- 
gorio XIII  soleva  dire,  che  nel  fabbrica- 
re si  ottenevano  due  vantaggi,  l'abbelli- 
mento della  città,  il  sostentamento  desili 
operai  e  perciò  carità  pubblica;ebbe  idea 
di  fare  una  strada  rettilinea  a  Frascati 
(f.)  di  sole  7  miglia,  per  la  villa  Mondra- 
gone  che  designava  villeggiatura  papa- 
le. Magnifico  ampliatole  del  Palazzo  a- 


ì4o  STR 

pos  t olirò  (hi  iri n  a  le  (  V .  ) ,  a  p  i  ì  n  1 1  o  ve  s  !  ra  • 
deche  riconducessero.  Similmente  in  al- 
tre parti  di  Roma  dilatò  o  raddrizzò  mol- 
le vie  prima  anguste  e  tortuose,  tra  legna- 
li perfezionò  quella  chedalleQuattroFon- 
tane  risponde  alla  basilica  Liberiana,  da 
dove  alle  monache  Filippine  e  dell'^rt- 
ìiunziata  aprì  la  via  dal  suo  nome  delta 
Paolina  (altri  attribuendola  a  Paolo  III), 
e  l'altra  die  ila  Porta  Flaminia  procede 
pel  Ponte  Milvio,chefece  rendere  più  sta- 
bile con  selciata.  Recò  notabile  utilità  al- 
bi salute  pubblica,  con  accomodare  e  al- 
largare le  aperture  che  servono  per  con- 
durre alTevere  l'immondezza.  Colle  stra- 
de ampie  che  in  Trastevere  aprì  o  rad- 
drizzò, rese  più  decorosi  il  monastero  dei 
cassinesi  di  s.  Calisto,  il  convento  de'ri- 
formali  di  s.  Francesco,  e  la  Porla  Porte- 
se:  la  bellezza  e  vastità  della  via  che  con- 
d uce  alla  chiesa  di  detti  Francescani,  suo- 
le nominarsi  il  Corso  di  Trastevere  ,  lo 
iSlnulonedi  s.  Francesco,  o  via  di  s.  Fran- 
cesco a  Ripa,  non  solo  per  condurre  a  tal 
chiesa,  ma  anco  al  Porlo  di  Ripa  grandi', 
ch'è  il  principale  delle  sponde  del  Teve- 
re. Avendo  un  incendio  quasi  distrutto 
sul  Corsoi!  monastero  delle  convertite  (di 
cui  a  Meretrici),  lo  restaurò  e  separòdal- 
le  vicine  case,  formando  così  quel  tronco 
di  strada  che  ha  sfogo  alla  Piazza  di  s. 
Silvestro  in  Capile.  Tra  i  cardinali  crea- 
ti da  Paplo  V  vi  fu  Bartolomeo  Ferra- 
tini  d'Amelia,  dal  quale  prese  nome  la  via 
Fratina,  per  quanto  dissi  nel  voi.  XIV, 
p.  216,  ovvero  pel  notato  altrove  con 
Cancellieri,  per  la  venuta  de'frati  Alita- 
mi nel  vicino  convento  di  s.  Andrea  del- 
le Fratte:  sull'etimologia  ne  parlai  an- 
cora nel  voi.  LX1K,  p.  47- Non  pare  af- 
fatto che  il  cardinale  donasse  il  palaz- 
zo alla  congregazione  di  propaganda  , 
a  palio  che  si  dasse  il  suo  nome  alla  vi- 
cina strada,  come  erroneamente  pretese 
alcuno.  Ad  Urbano  Vili  dell 62 3  dob- 
biamo moltissimi  ornamenti  di  Pioma, 
racchiudendo  nella  città  la  via  Lungara, 
per  l'ampliazione  che  fece  delle  Mura  di 


STR 
Roma.  Indi  per  avere  riaperto  o  regola- 
rizzato la  strada  del  clivo  de'Monli  Vi- 
minale e  Esquilino,  che  per  averlo  abi- 
tato i  romani  patrizi  fu  detto  Fico  Pa- 
trizio, per  lui  prese  il  nome  di  via  Urba- 
naj  laonde  fu  fatto  quel  distico  che  No- 
vaes  riprodusse  nel  1. 1,  p.  24,  della  Sto- 
ria  de' Pontefici: Patritium  a  Palribus  Vi- 
cum  dixero  Quirites, —  Urbanum  Urba- 
no a  Principe  Roma  vocat.  Pare  che  nel 
pontificato  d'Urbano  Vili  incominciasse 
il  provento  in  favore  del  tribunale  delle 
strade,  sulle  cave  di  pozzolana.  Il  succes- 
sore Innocenzo  X  per  maggior  decoro  di 
sua  patria  Roma  ,  rinnovò  molle  vie,  e 
quella  che  conduce  a  Frascati,  e  sontuo- 
samente abbellì  Piazza  Navona.  Ordinò 
che  gli  esattori  della  tassa  strade  la  de- 
positassero nel  Monte  di  pietà,  e  costituì 
a  favore  del  tribunale  delle  strade  il  pro- 
vento delto  de'porti  e  fiumi,  il  quale  si 
formò  dal  pagamento  annuo  dell'appal- 
tatore della  privativa  di  cercare  i  ferra- 
menti e  altri  oggetti  ne'porti  o  luoghi  dai 
quali  le  immondezze  si  scaricano  nel  Te- 
vere. Vedasi  Domenico  Gagliardelli,  De 
piirgandis  viis  Urbis,  et  de  aquae  Fé- 
licis  qualilalibus  libellus,  Romae  1090. 
Alessandro  VII  nel  i665  demolì  l'arco 
presso  il  Palazzo  OUoboniFianOjChe'm- 
gombrava  la  magnifica  via  delCorso,Iaon- 
de  incontro  vi  fu  posta  una  lapide  di  mg.1 
Fabretti,e  raddrizzò  la  stupenda  via,  per 
cui  altra  memoria  è  sul  cantone  del  Pa- 
lazzo Torlonia  a  piazza  di  Venezia,  o- 
ve  si  venera  la  D.  Vergine  della  Chiesa 
di  s.  Apollinare.  Alessandro  VII  fu  niu- 
nificentissimo  per  rendere  Roma  di  più 
ornala  e  salubre,  sia  col  meraviglioso  co- 
lonnato della  Piazza  Vaticana,  sia  colle 
piantagioni  d'alberi  della  Piazza  di  Cam- 
po Faccino  e  nel  Monte  Esquilino.  A  O- 
BELiscfii  di  Roma  avendo  descritto  quelli 
eretti  da'Papi  nelle  piazze  e  sulle  vie  del- 
la medesima, qui  ricorderò  quello  innal- 
zato da  Alessandro  VII  o  Obelisco  del- 
la Minerva  sulla  piazza  di  tal  nome.  A- 
vea  liujzeuio  IV  fatto  atterrare  diverse 


STR 
fabbriche,  le  quali  quasi  interamente  na- 
scondevano le  superba  mole  del  Pantheon 
o  Chiesa  di  s.  Maria  ad  Martyres,  co- 
aiechè  edificate  a  ridosso;  ma  in  seguito 
essendovene slate  costruite  delle  altre, A* 
lessa  udrò  VII  fece  abbassare  la   strada 
perchè  meglio  si  potesse  godere  la  vista 
del  sontuoso  monumento.  Inoltre  ordi- 
nò la  formazione  di  cai  te  topografiche  di 
lutto  l'Agro  romano  e  delle  vie  consola- 
ri, che  furono  con  somma  diligenza  e  pe- 
rizia delineate.  iVeli683  Innocenzo  XI 
fece  una  distinzione  sulla  tassa  delle  vet- 
ture che  percorrevano  Roma  e  suo  di- 
stretto, e  le  statuite  proporzioni  tronca- 
rono le  antiche  controversie.  Questo  Pa- 
pa decretò  pure  una  tassa  stabile  su  tut- 
ti i  fondi  e  comunità  dell'Agro  romano, 
da  amministrarsi  dal  tribunale delleslra- 
de  per  la  manutenzione  delle  consolari. 
Sotto  Pio  IV  erasi  stabilita  una  tassa  sui 
bottegari  e  altri  venditori  che  con  mostre 
di  generi  occupavano  uno  spazio:  coi  di- 
sposto d'Innocenzo  XI  si  regolarizzarono 
le  licenze  e  »  proventi  per  esporre  nelle 
strade  la  vendita  de'cotnmeslibili,  con  ta- 
volati e  baracche,  ma  deformanti  la  cit- 
tà, che  soppresse  a'noslri  giorni,  abusi- 
vamente in  partesi  rinnovarono.  La  las- 
sa sulle  vetture  fu  ampliata  dal  successo- 
re Alessandro  Vili  nel  i6f)0, assoggettan- 
dovi quelle  locate  per  viaggi  fuori  del  di- 
stretto di  Roma.  Innocenzo  XII  lece  mol- 
le disposizioni,  che  riportai  a  Maestro  di 
strade,  fra  le  quali  avendo  stabilito  nel 
i6o)2  un  nuovo  metodo  del  tribunale  del- 
le strade,  volle  che  a  beneplacito  del  Pa- 
pa si  nominasse  stabile  il  suo  presidente 
chierico  di  camera,  e  non  più  eleggibile  a 
sorte  e  annuale,  e  restituì  il  provento  di 
Piazza  iNavona  alla  camera  apostolica.  Si 
può  dire  ch'egli  die  il  compimento  all'im- 
pianto del  tribunale  delle  strade.  Aven- 
do migliorato  l'imbrecciata,  per  comodo 
delle  vetture,  che  conduce  a  fianco  della 
cordonata  di  Campidoglio,  a  questo  e  al 
Palazzo  Cajjarelli  3  ed  essendovi  state 
collocate  sopra  un  pilastro  3  pile  marino* 


STR  i/ft 

ree  dello  stemma  Pignattelli  d'Innocen- 
zo XII,  questa  ripida  salita  prese  il  nome 
di  Tre  Pile.  E  qui  noterò,  che  l'odierna 
magistratura  romana,  con  lodevole  riso- 
luzione ,  per  appianare  questa  strada  e 
renderla  meno  incomoda  e  pericolosa  ad 
ascendervi  il  Campidoglio,  ed  aucora  per 
trasferirvi  l'archi  vioUrhano, non  che  per 
riunire  gli  uilizi  comunali  ancora  spaisi 
in  vari  punti  della  città,  facendo  uso  del 
diritto  che  le  viene  accordato  dalla  legge 
del  3  luglio  i  852,  nel  febbraio! 854  de- 
terminò l'acquisto  coattivamente  di  detto 
palazzo  e  suoi  adiacenti  locali.  Gregorio 
X\  I  già  energicamenteeeonautoritàso- 
vrana  avea  ini  pedi  to  che  il  palazzo  dal  d  ti- 
caRaldassareCaffarelligiunioresi  vendes- 
se ad  una  poteuza  acattolica.  Fu  som  ina- 
mente benemerito  delle  strade  Clemen- 
te XI  nel  suo  lungo  pontificalo,  restau- 
rando le  vie  pubbliche  degli  Eroici,  »lel 
Lazio,  della  Sabina,  dell'  Umbria,  della 
Romagna,  fabbricando  pure  molli  pon- 
ti, rifacendo  la  strada  che  conduce  a  Ca- 
stel CandolfOj  nel  quale  articolo  notai 
i  Papi  costruttori  di  quelle  strade  e  su- 
perbe  gallerie  alborate  ,  come  Urbano 
Vili,  Alessandro  VII,  Clemente  XIV  e 
Gregorio XVI.  Inoltre  Clemente XI  con- 
fermò la  costituzione  del  predecessore  In- 
nocenzo XII  ,  e  die  facoltà  al  tribunale 
di  costringere  gli  ecclesiastici  allo  spur- 
go de'fossi  lungo  le  strade  consolari,  di- 
sposizione ratificata daRenedetto XI li  nel 
i  *727.ClemenleXI  I  lastricò  con  selci  qua- 
drati le  vie  di  Roma,  e  restaurò  le  conso- 
lari che  ad  essa  conducono,  le  quali  da 
più  di  3o  anni  erano  alquanto  abbando- 
nate; indi  nel  i  ^36  ampliò,  livellò  e  rad- 
drizzò buona  parte  della  via  del  Corso. 
Oltre  a  ciò  concesse  3ooo  Luoghi  di  Mon- 
te al  tribunale  delle  strade,  allineile  l'an- 
nuo fruttato  l'erogasse  nella  restaurazio- 
ne delle  strade;  poiché  le  strade  di  quei 
tempi,  quando  si  selciavano  di  nuovo,  im- 
portavano vistose  spese.  Nel  suo  pontifi- 
cato si  facevano  le  corse  per  la  via  Limi- 
gara,  per  la  festa  che  celcbravasi  alla  R, 


i.i».                  S  T  R  s  t  i; 

Vergine  che  si  venerava  a'picdi  della  sa-  Faida  sempre  favorevole  asilo  de'malvi- 
lifa  di  s.  Pietro  Molitorio  nel  declinar  d'a-  venti;  quindi  che  sene  tagliasse  una  imo- 
gosto,  cioè  dalle  scale  della  Chiesa  di  s.  va, la  quale  andasse  a  sboccare  nell'anti- 
SpirilO  iti  Sassia  (la  quale  col  suo  ospe.'  ca  e  celebre  via  Appia,  che  pe'giandiosi 
dale  diede  nome  al  Borgo  in  cui  sono),  lavori  fatti  pel  prosciugamento  delle  Az- 
olla piazza  della  Chiesa  dis.  Maria  del-  Indi  Pontine  (delle  quali  riparlo  a  Piper- 
la  Scala.  Delle  corse  de'  cavalli  falle  in  sn,  Sezze, Terracini),  erasi  già  resa  pia- 
diversi  tempi  in  altre  vie  urbane  e  suhur-  licahilenel  passaggio  in  cui  si  abbreviava 
baue,  parlai  a'Ioro  luoghi,  in  uno  a  chi  circa  -20  miglia  il  cammino  da  Roma  a 
le  faceva;  cavalli,  asini,  ebrei,  donne,  ra-  Napoli,  e  si  faceva  esso  con  maggior  ce- 
gazzi,  ec.  benedetto  XIV  non  solo  ridus-  lerità,  divenuto  quasi  tutto  perfetto  pia- 
se  la  Chiesa  di  s.  Croce  in  Gerusalemme  no  e  piii  sicuro  dagli  assalti  de'malvi  ven- 
qnalesi  ;iiìimira,  ma  fece  allargare  e  rad-  ti.  Adunque  Pio  VI  in  quella  parte  che 
drizzare,  non  meno  che  alberare  la  vasta  attraversa  le  Paludi  riaprila  nuova  via 
e  lunga  via  che  da  essa  conduce  alla  ha-  Appia,  che  formala  e  lasliicata  di  grossi 
sdirà  Lateranense,  e  rifece  molte  stia-  selci  da  Appio  Claudio,  restaurata  e  rai- 
de  della  citlà.  Tolse  ogni  controversia  fra  gliorata  da  GiulioCe^are,daMessala  Gor- 
il  tribunale  delle  strade  e   la  congrega-  vino,  da  Vespasiano,  da  Nerva,  da  Tra- 
zione delle  acque  e  ponti;  assegnò  i  via-  iano,  da  Massenzio,  erasi  col  tempo  se- 
tici a  maestri  di  strade  nella  visita  delle  polla  e  resa  inutile,  e  divenne  agiatissima 
■vie  consolari;  introdusse  le  colmine  mil-  e  tirata  a  tutta  linea  daCislerna  aTerraci- 
liarie  sulle  stesse  strade  consolari,  dispo-  na.  Anche  le  altre  strade  pubbliche  dello 
sizione  utilissima  edegna  di  quel  gran  Pa-  slato  papale  furono  da  Pio  VI  rinnovate 
pa,  poiché  grande  è  il  comodo  cherisul-  e  risarcite,  particolarmente  quella  delia 
ta  al  pubblico  dall'apposizione  de'termi-  sua  abbazia  di  Sidnaco  (F*),  ed  ancora 
ni  milliari,  siccome  osservò  Quintiliano,  quella  della  montagna  di  Viterbo,  taglia- 
Jstit.  oratorie  lib.  4,  cap.  5;  condouòpar-  ta  di  nuovo  nel  giro  di  essa  colla  spesa  di 
te  del  debito  de  proprietari  pel  nuovo  la-  22,000  scudi  falta  dalla  comune  vilerbe- 
st ricalo  delle  strade  di  Roma,  e  die  loro  se;laonde  lasciala  l'anticaertissima,  restò 
facoltà  di  restaurare  a  proprio  conto  gli  la  nuova  più  comoda  e  più  sicura  colla 
spazi  delle  strade  urbane  lungo  le  rispet-  distruzione  de'ricoveri  che  prima  servi- 
ti vecase.Si  può  vedere  la  bolla  Dnm  ornili*  vano  a'malvi  venti.  A  Pio  VI  pur  si  deve 
bus  di  Benedetto  XIV,  de'3o  dicembre  nel  1786  la  sistemazione  delle  Dogane 
1  74  8,  suo  Dnll.  t.2,costifi67:  Super  con-  pontificie^.)  nel  le  strade  doganali  di  con- 
servatione  et  refectione  viarum  puhlica-  fine;  fece  eseguire  le  precedenti  costitn- 
rum.  Pio  VI  emulando  l'antica  magnili-  zioni  relative  alle  strade  e  confermando- 
cenza  de'romaui,  appena  eletto  nel  177  j  le,  e  che  siccome  alle  tasse  per  le  mede- 
nell'auno  santo,  a  comodo  de' pellegrini  sime  ncll'anticaRoma  erano  soggetti  i  cit- 
accorrenti  a  Roma,  subito  ordinò  grandi  triclini, qualunque  fosse  la  dignità  di  cui 
restauri  nelle  principali  strade.  Pertanto  erano  insigniti,  così  il  Papa  dichiarò  che 
riattò  le  vie  consolari,  cioè  quellefatte  dai  nel  pagamento  loro  non  si  dovesse  avere 
consoli  della  romana  repubblica  ,  nella  riguardo  a  qualsivoglia  privilegio,  nem- 
maggior  parte  distrutte  o  rese  disastrose,  meno  de'padri  di  1 1  figli,  affinchè  ciascu- 
Onde  poi  meglio  agevolare  il  transito  ai  na  persona  senza  distinzione  fosse  sotto- 
piaggiatori,  nel  1  779  con  una  congrega-  posta  alle  tasse  stradali,  come  aveano  or- 
zione  di  cardinali  ordinò,  che  lasciata  l'an-  dinato  altri  suoi  predecessori.  Per  tali  di- 
tica  strada  che  da  Roma  conduceva  a  INa-  sposizioni  doveano  contribuire  alla  ripa- 
poli,  per  Marino,  e  per  la  macchia  della  razione  delle  vie  consolari  del  distretto  di 


STR  STA  i43 
Roma  i  possessori  de'fondi  snbnrhani,  e  là,  e  in  I ulte  fece  apporre  nel  loroprin- 
le  provincie  del  Patrimonio, Umbria, La-  cipio  e  fine,  e  negli  angoli  iscrizioni  dipin- 
zio,  Sabina,  Marittima  e  Campagna.  Nei  le  in  forma  di  cartelle  di  fondo  Linneo, 
voi.  LVHI,p.i  44}'''evai  cheanlicamen-  con  lettere  nere  uniformi  e  a  Iteci  rea  inez- 
ie la  città  non  era  illuminala  theda'là-  zo  palino.  Molle  antiche  denominazioni 
noli  che  i  divoti  collocavano  innanzi  alle  fnronoconservate,  alcune  ri  mosse  o  cani- 
ricordale  ss.  Immagini,  per  lo  più  esistcn-  biate  con  titoli  più  decorosi,  e  si  elimina- 
li negli  angoli  delle  strade,  ed  in  tempo  rono  i  nomi  duplicali.  Nello  stesso  tempo 
di  sede  vacante  lutti  icapi  di  famiglia  do-  furono  designate  con  numeri  progressivi 
vcano  la  notte  tenere  un  lume  alla  fine-  tutte  le  porte  di  ciascuna,  escluse  le  cine- 
slra.  Nel  1787  essendo  frequenti  in  Roma  se  e  altri  pubblici  edilizi.  La  numera/ione 
i  furti  e  gli  assalti  notturni,  e  anche  in  al-  comincia  a  sinistra  di  chi  entra  nella  via, 
cune  ore  del  giorno  per  le  pubbliche  vie,  e  prosiegue  sino  alla  fine  rivoltando  sul 
onde  non  si  poteva  camminare  con  sicu-  lato  destro,  e  tornando  incontroall  ango* 
rezza,  Pio  VI  per  riparare  a  sì  grave  di-  lo  dove  si  ha  principialo.  I  numeri  doppi 
sordine,  ordinò  pattuglie  di  soldati  sì  di  per  porteaperteposlerioi  nieiite,si  distili- 
giorno  chedi  nolle,  ed  in  questa  volle  che  guono  colle  aggiunte  lettere  maiuscole  A. 
per  maggior  sicurezza  si  mettessero  in  di-  R.  C.  ec.  A  Roma  narrai  l'invasione  de- 
verse  strade  della  città  diversi  fanali  o  gl'imperiali  francesi  e  l'imprigionameli- 
lampioni,  onde  ebbe  un  qualche  princi-  lodi  Pio  VII  nel  1809,  e  fra  le  cose  che 
pio  la  stabile  illuminazione  notturna  di  operò  il  governo  imperiale  ordinò  tasta* 
Roma.  Pio  VII  colla  bolla  Post  di  udir-  bile  e  regolare  illuminazione  notturna  «li 
tias.  de'3o  otlobrei  800,  restrinse  la  giù-  Roma.  La  stabilì  con  1000  lampioni  ben 
indizione  del  tribunale  a  quelle  vie  sol-  grandi,  sospesi  nel  centro  delle  strade  ad 
tanto,  che  non  erano  poste  in  alcun  ter-  un  grosso  (ilo  di  ferro  attaccato  alle  pa- 
ritorio  delle  comunità  dello  sialo,  ed  in  reti  degli  edilìzi  laterali  ad  esse.  Nel  1  8  1 4 
vececolla  tolta  al  tribunale  accrebbe  quel-  ritornato  Pio  VII  in  Roma,  regolarizzò  e 
la  dellccomunità,solto  la  dipendenza  del-  migliorò  questa  utile,  comoda  e  decorosa 
la  congregazione  del  buon  governo;  ri-  illuminazione  notturni,  aumentando  il 
chiamò  all'osservanza  lecostituzioni  pon-  numero  de'lampioni.  Imperocché  ad  evi- 
ti(ìcie,che  prescrivevano  nulla  doversi  fa-  tare  gl'inconvenienti  che  derivavano  dai 
re  da  mg. r  presidente  senza  l'intesa  del-  fili  di  ferro  traversanti  le  vie,  fece  collo- 
la  piena  congregazione, composta  pure  dei  care  de'lampioni  egualmente  assai  gran* 
maestri  di  strade,  e  che  il  prelato  a  ini  uà  1-  di  co'loro  riflessi  a  riverbero,  in  tutti  i  lito- 
mente  rendesse  conto  delie  spese  ordina-  gin  che  fu  creduto  necessario,  ad  una  giu- 
rie fatte  al  tribunale  della  camera,  la  qua-  sta  distanza,  appesi  a  lunghi  e  sporgenti 
le  approvava  e  modificala  le  slraordina-  bracci  di  ferro  che  si  abbassavano  e  ai- 
rie.  La  nomenclatura  delle  strade  di  Ro-  zavano  facilmente  per  nettarli  e  accende- 
rne non  essendo  regolala,  era  spesso  sog-  re  i  lumi,  potendosi  ancora  ripiegare  idei- 
getta  a  variazioni;  le  denominazioni  d'ai-  ti  bracci  da  un  lato  nelle  occorrenze.  La 
cune  vie  erano  soltanto  designale  ne'suoi  durata  dell'illuminazione  venne  stabilita 
canti  con  tabelle  di  marmo,  lealtreavea-  da  un  orario  formato  colla  scorta  delle 
no  alcuni  nomi  dati  dal  volgo,  ma  senza  tavole  lunari  compilate  dagli  astronomi 
la  corrispondente  iscrizione:  i  numeri  del-  del  collegio  roma  no;  e  ne  fu  affidata  la  eti- 
le porte  delle  case  e  botteghe  non  esiste-  ra  alla  presidenza  delle  strade  e  ad  un  i- 
vaim  all'alto.  Laonde  Pio  VII,  con  lode-  spettore  generale.  Il  numero  di  tali  laiu- 
volissiina  e  .specialeprovvidcn/a,nel  1  802  pioni  nel  1  838  era  acceso  a  1  oof).  Pio 
ordinò  la  nomenclatura  delie  vie  della  cit-  \  li  col  moto-proprio  de'6  luglio  i8i(3 


1 44  s  T  R 

stabilì  molte  variazioni  riguardanti  la 
presidenza  dellestrade,specialroentespet» 
tanti  alla  giurisdizione  civile  e  criminale, 
romeni  sistema  a  min  ini  si  ra  li  vo,  e  promi- 
se opportune  disposizioni  per  provvede» 
re  d'una  particolare  maniera  alla  marni- 
lenzione, ripa  razione  e  custodia  delle  pub- 
liliche  strade.  Questo  nuovo  impianto, 
dopo  savi  e  maturi  studi  della  Congre- 
gazione Economica  (la  quale  cessò  nel 
i  847,  come  rilevai  nel  voi.  LIII,p.  192), 
il  Papa  lo  pubblicò  col  moto-proprio  e 
regolamento  sull'amministrazione  pela- 
vori  pubblici  delle  acque  e  vie,  Dal  pri- 
mo momento,  de'a3  ottobre  1  81  7,  Bull. 
Rom.  cont.  t.  i4>  p-  3qi.  Con  esso  isti- 
tuì un  consiglio  d'  arte  d'  ingegneri,  ed 
un  cousiglio  amministrativo  per  la  dire- 
zione centrale  de'lavori  delle  Strade  na- 
zionali, sottomettendogli  pur  quelle  che 
dipendono  da'  prelati  delegati  delle  pro- 
vinole, non  che  da'  cardinali  legali  del- 
le legazioni.  In  memoria  di  che  fu  conia- 
ta una  medaglia  con  l'effigie  di  Pio  VII 
col  triregno  e  piviale,  e  l'epigrafe:  T  iis 
Ah'tis  El  Op.  Pu/>/.,enell'esergo:  Conle- 
gio  Constitulo.  Si  vede  la  figura  dell'ar- 
chitettura con  compasso  e  libro  innanzi 
ad  un  edilìzio  con  6colonne,a  pie  del  qua- 
le giacciono  il  Tevere  con  cornucopio  e 
vaso  donde  esce  acqua,  e  la  figura  d'una 
donna  con  ruota  esprimente  le  strade. In- 
di Pio  VII  emanò  il  moto-proprio,  /  tre 
grandiosi  acquedotti, de' '^dicembre  1 818, 
Bull.  c\l.  t.i5,  p.  2  54j  per  la  conservazio- 
ne degli  acquedotti  di  Roma*  ed  a'  1  o  det- 
to il  moto  proprio  Dopo  avere,  presso  il 
Nicolai,  1. 1 ,  p.  263,  sulla  conservazione  e 
rinnovazione  delle  strade  di  Roma.  Nel- 
la biografìa  di  Leone XII dichiarai  le  sue 
benemerenze  per  le  strade,  anche  dello 
slato,  la  selciatura  delle  Piazze  fatica- 
ne e  del  Popolo j  e  il  macello  pubblico  da 
lui  edificato  per  la  salubrità  di  Roma,  ri- 
movendo così  anche  i  disordini  e  le  dis» 
grazie  che  avvenivano  per  le  vie  urbane, 
a  motivo  de'privali  macelli.  Inoltre  Leo- 
neXII  col  moto  proprio  de'21  dicembre 


8  T  R 

1828, presso  il  Nicolai,  riunì  la  presiden- 
za delle  acque  a  quella  delle  strade,  on- 
de il  prelato  chierico  di  camera  s'intito- 
lò presidente  delle  acque  e  strade;  e  pel  1 .° 
col  moto-proprio  Con  nostro,  de'  1  cj  gen- 
naio 1820),  presso  il  Nicolai,  l.  2,  p.  168, 
nominò  mg.r  LuigiLancellotli.LeoneXll 
ebbe  pure  la  gloria  di  restituire  la  sicu- 
rezza alle  strade  della  provincia  di  Fro- 
sinone^F.)  infesta  di  malviventi,  con  gra- 
ve danno  non  meno  de' viaggiatori,  che 
de'pacifici  abitanti;  per  cui  la  provincia 
fece  coniare  al  delegato  Benvenuti,  a  ciò 
preposto  dal  Papa,  quella  medaglia  che 
descrissi  al  citato  articolo,  con  l'epigrafe: 
Securitatis  Restitutori  Frusinates.  Nel  ci- 
tato articolo  Congregazione  delle  acque, 
avendo  pure  parlato  di  quanto  riguarda 
le  strade,  dissi  del  regolamento  nel  1 833 
pubblicato  da  Gregorio  XVI  pe'  lavori 
pubblici  d'acque  est  rade,dichiarando  co- 
me compone  vasi  la  congregazione  delle 
acque  (cessata  poi  nel  dicembre  1 847,  col 
disposto  notato  nel  voi.  LUI,  p.  ig4)>e  la 
formata  prefettura  generale  delle  acque 
e  strade.  Altre  provvidenze  di  quel  Pa- 
pa si  potino  leggere  nella  Raccolta  delle 
leggi  sue.  Ne'  diversi  relativi  articoli  de- 
scrissi le  benemerenze  di  Gregorio  XVI 
per  le  acque  e  per  le  strade  eziaudio  del- 
lo stato  Terminò  i  pubblici  passeggi  del 
Monte  Pincio  e  del  Monte  Celio,  e  pro- 
pinqua a  questo  ridusse  magnifica  la  stra- 
da checouduce  alla  Chiesade'ss.  Andrea 
e  Gregorio.  Isolò  i  grandiosi  avanzi  del 
tempio  di  Antonino  e  Faustina  della  chie- 
sa degli  Speziali,  e  perciò  aprì  quella  via 
che  dal  suo  nome  cardinalizio  fu  detta 
Maurino,  Ridusse  la  nobile  via  del  Cor- 
so al  modo  che  si  ammira,  con  marcia- 
piedi uniformi  di  peperino  e  fasce  di  tra- 
vertino :  fu  formato  il  piano  come  suol 
dirsi  a  schiena  d'asino,  per  cui  le  acque 
piovane  scolando  lateralmente  entrano 
nelle  piccole  chiaviche,  aperte  l'una  a  ca  n- 
to  all'altra  sotto  i  detti  marciapiedi.  Per 
non  dire  di  altro,  fece  eseguire  la  como- 
dissima via  per  cui  in  breve  spazio  di  lem- 


S  T  11 

pò  si  ascende  all'  elevato  e  affienissimo 
Monte  Mario,  a  connine  vantaggio,  rin- 
novando la  quasi  interrotta  comunicazio- 
ne fra  Roma  e  la  via  Cassia  perla  Trion- 
fale, come  celebrò  il  Giornale  di  Roma 
del  1 85 1 ,  p.  4°4> con  erudito  articolo,  se- 
condo il  quale  e  ilTorrigio,da  me  ripor- 
tato nel  citato  articolo  (ne  riparlai  in  li- 
no alla  chiesa  ne' voi.  LV,  p.  99,  LXIII, 
p.  1  23),si  crede  da  alcuno  che  sia  seguita 
su  questo  famigerato  monte  l'apparizio- 
ne tlel  Labaro  a  Costantino,di  cui  riparlai 
a  Sperone  d'oro  (e  nel  1  849  fu  occupato 
da 'francesi  per  liberare  Roma  dall'anar- 
chia); ed  è  perciò  che  Pietro  Mellini  nel 
i35o  (al  dire  dell'autore  dell'articolo)  vi 
cresce  la  chiesa  di  giuspatrouato,e  in  me- 
moria di  della  apparizione  la  dedicò  al- 
la ss.  Croce,  lo  che  avea  io  già  detto.  De- 
scrivendo poi  la  chiesa  del  ss.  Rosario,  no- 
tai che  vi  si  venera  laB. Vergine dellaFeb- 
bre,  con  nozioni  sulle  febbri  romane.  Di 
sopra  narrai,come  il  regnantePio  IX  nuo- 
vamente attribuì  nel  1  847  alla  magistra- 
tura romana  l'amministrazione  delle  vie 
interne  ed  esterne  di  Roma,  la  loro  net- 
tezza e  altro,  le  acque  e  sue  pertinenze, 
l'illuminazione  notturna,  e  quali  miglio- 
ramenti furonooperati:  che  venne  istitui- 
to il  ministro  de'lavori  pubblici,  a  cui  si 
affidarono  i  lavori  delle  strade  nazionali, 
ed  altre  analoghe  ingerenze:  laonde  di- 
poi cessarono  il  cardinal  prefetto  delle  ac- 
que e  strade,  ed  i  prelati  presidente,  vice- 
presidente delle  medesime,  e  il  segreta- 
rio delle  acque.  Ricordai  pure  le  dispo- 
sizioni sulle  strade  provinciali  e  comuna- 
li dello  stato,  e  di  altre  cose  annesse.  Do- 
po che  ueli8o2  pubblicai  l'articolo  For- 
te di  Roma,  pel  grave  danno  che  nel  pre- 
cedente anno  avea  recato  un  fulmine  al- 
la Porta  Pia,  nel  1 853  come  si  ha  dal  n.° 
96  del  Giornale  di  Roma,  il  commend. 
Galli  prò  ministro  delle  finanze,  dall'ar- 
chitetto conleVirginioVespignani, fece  ri- 
parare i  danni  e  aggiungerequanto  man- 
cava al  compimento  della  medesima  nella 
fronte,  fermo  mantenendosi  il  carattere  e 

VOL.   LXX. 


SIR  ij~ 

leproporzioni,superate  tutte  lediflìcollà, 
e  compiendosi  gli  ornali  già  da  Buonarroti 
che  l'eresse  iniziati. Quindi  vi  fu  posta  que- 
sta iscrizione  dettata  dal  dotto  p.  Giusep- 
pe Marchi  gesuita.  Plus  IX  Pont.  Max. 
—  Turrìm  diu  imperfectam  fulmine  ta- 
ciani — Reparavil  absolvit  an.\S53.  E- 
gualnientea  Porte  di  Roma  parlando  del- 
la Porla  s.  Pancrazio,  delle  rovine  pa- 
tite ne'combattimenti  del  1  849,  e  risarci- 
menti delle  propinque  mura,  qui  aggiun- 
gerò che  la  medesima  porta, quasi  distrut- 
ta in  quelle  battaglie,  veune  rifabbricala 
con  architettura  dell'encomiato  conte  Ve- 
spignanijSoda  e  maestosa  conveniente,per- 
ciò  lodata  dall'intelligente  ed  erudito  ar- 
chitetto Gasparoni,  con  quelle  belle  pa- 
role riportate  dalla  Civiltà  cattolica,  ■?,.' 
serie,  t.  7,  p.  3o7,  ove  pur  si  legge  l'ele- 
gante iscrizione  che  vi  fu  sovrapposta  in 
pietra,  ed  uscita  dall'aurea  penna  del  pur 
lottato  p.  Marchi.  AM'artieoloPoNTi  diRo- 
ma,  non  solo  feci  cenno  di  quelli  sospesi  a 
fili  di  ferro, ma  dichiarai  che  4  *e  ne  dovea- 
no  erigere  sul  Tevere  in  Roma,  ove  pu- 
re lo  notai,  con  una  discreta  lassa  di  pe- 
daggio (della  quale  si  fa  cenuo  neln.°r  1  1 
del  Giornale  di  Roma  del  18  >3).   Però 
finora  soltanto  fu  eseguito  quello  per  sup- 
plire al  rovinato  Ponte   Rollo  o   Emilio 
(^.), detto  di  s.  Maria,  come  si  ha  da'n.i 
121  e  221  di  detto  Giornale.  Ivi  si  leg- 
ge, che  la  società  che  avea  ottenuto  dal 
governo  pontificio  la  costruzione  di4  pon  • 
ti  a  filo  di  ferro,  terminò  il  lavoro  di  quel- 
lo denomina ìoRotto.  Gli  antichi  archi  che 
appoggiano  alla  sponda  del  Tevere  furo- 
no uniti  alla  sinistra  con  un  ponte  sospe- 
so, lungo  metri  62, 5o,  e  largo  6,7.5.  Al- 
la presenza  del  ministro  de'lavori  pub- 
blici se  ne  fece  l'esperimento  a*23  e  24 
maggio  1  853,  al  modo  descritto,  e  venne 
dichiarato  aver  dato  il  manufatto  suffi- 
ciente prova  di  stabilità,  e  potersi  perciò 
aprire  al  pubblico  transito,  ciò  ch'ebbe 
luogo  nel  dì  seguente.  Dipoi  a'29  settem- 
bre per  lai. 'volta  passò  sul  ponte  il  Pa- 
pa Pio  IX  col  suo  seguito.  Ne'vol.  Lllf, 
io 


i.\(,  STR 

i).  228,  LXI V,  p.  1 4 7,  accennai  che  a'  1  o 
Ottobre]  85o  d'ordine  del  ministro  de'la- 
Tori  pubblici  coni  memi.  Jacobini,  si  aprì 
il  tratto  della  via  Appia  al  3."  miglio  da 
Roma,  olire  il  sepolciu  de'Sei  vilii,  disco- 
prendosi negli  avanzi  de'suoi  molti  cospi- 
cui monumenti,  iscrizioni,  frammenti  di 
sculture,  e  rovine  d'antichi  sepolcri  colle 
loro  decorazioni.  Che  furono  collocati  nei 
margini  lunghesso  la  via,  laonde  questo 
tratto  della  vetusta  regina  delle  \ie  di- 
ventò una  specie  di  museo,  circa  al  4-°u»i- 
glio  verso  Alhauo.  11  ristabilimento  ven- 
ne ter  mi  nato  ne'pri  mi  di  giugno  18  53,  già 
visitato  dal  Papa  Pio  IX  che  per  memo- 
ria fece  coniare  quella  medaglia  che  de- 
scrissi, e  vi  ritornò  ad  ammirare  la  rista- 
bilita via.  Essendosi  eseguilo  il  mirabile 
lavoro  sotto  la  direzione  dell'esimio  archi- 
tetto e  profondo  archeologo  coni  menci. 
Luigi  Canina,  questi  ne  pubblicò  l'impor- 
tante illustrazione  in  Roma  nel  1  853e  con 
incisioni:  La  Via  Appia  dalla  Porta  Ca- 
pena  aBoville,  descritta  e  dimostrala  con 
documenti  superstiti.  Di  questa  bell'ope- 
ra e  della  felice  impresa  ne  rende  ragione, 
olirei  n.' i5 5 e iG'n.ìeìGiornale di  Roma 
del  1  S53,V  Album  di  R.ouja,t.  20,p.3o  1  e 
336,1. 21, p.  2 07, riportando  alcuni  dise- 
gni rappresentanti  ilsepoicrodiS. Pompeo 
Giusto,  il  tempio  di  Giove,  e  l'esposizione 
dell'intera  architettura  de'monumeuti  e- 
sistentitral'8.°e  il 9. "miglio  della  via  Ap- 
pia, inclusi  vameute  a  quella  del  gran  mo- 
numento di  Messala  Corvino  ultimato  da 
M.  Valerio  Messalino  Cotta,  ed  ora  re- 
staurato e  illustrato  eziandio  dall'illustre 
Canina.  La  maggior  parte  de' memorati 
monumenti  souo  sepolcrali,  poiché  è  ben 
nolo  che  dalla  Porta  Capena  fino  all'a- 
diacenze ùa\\'Aricia}  in  un'estensione  di 
circa  1 1 )  miglia  essi  si  congiungevano  in 
modo  l'un  l'altro,  che  nessuno  spazio  in- 
termedio vi  rimaneva;  anzi  sovente  nelle 
migliori  posizioni  presso  la  città,  si  vedea- 
110  per  ogni  lato  della  via  collocati  in  dop- 
pia fila.  Della  qualcosa  fanno  ragione  non 
tanto  le  storie  antiche;  quanto  i  ritrova- 


STR 
menili  fatti  in  passato,  e  le  grandi  escava- 
zioni eseguite  d'ordine  del  governo  ponli- 
ficio,onde  ristabilire  si  rinomata  via.  On- 
de l'ammiratore  elo  studioso  dell'antiche 
memorie  di  Roma,  percorrendo  la  via  Ap- 
pia fin  là  dove  è  stata  ristabilita,  guidato 
dall'opera  dottissima  del  commend.  Cani- 
na, trova  gli  avanzi  o  le  memorie  de'  se- 
polcri de'Scipioni,  di  Priscilla  e  di  Geta,  i 
colombari  de'liberti  d'Augusto  e  di  Livia, 
de'Cecilii  e  de'Volusii,  le  tombe  di  Clau- 
dia Semne,  di  Cecilia  Metella,i  sepolcri  di 
Cranico  Labeone  e  di  F.  Crusliclio,  di  Ser- 
vi lio  Quarto,  di  Plinio  Eutico,  de'Secon- 
dini,  di  Pomponio  Attico  e  di  iMarco  Ce- 
dilo, di  Pompeo  Licinio  e  di  Seltimia  Gal- 
la, degli  Orazi  ede'Curiazi  (di  questi  ri- 
parlai a  Riccia,  e  di  altri  de'  qui  nomi- 
nati sepolcri  a  Sepoltura),  il  ricordato 
di  Messala  Corvino  e  di  Valerio  Messali- 
noColta,edi  molti  altri  che  sarebbe  trop- 
po lungo  numerare.  Ma  fra  questi  sepol- 
cri più  o  meno  grandi  ,  sorgevano   altri 
grandiosi  monumenti  sagri  e  profani,  di 
cui  al  presenleosi  ponnodeterminarecon 
precisione  le  loro  posizioni,o  si  vedono  an- 
cora imponenti  rovine,  e  tali  souo  prin- 
cipalmente! templi  dell'Onore  e  della  Vir- 
tù, le  Terme  Antonianeo  Commodiane, 
l'arco  di  Druso,  il  tempio,  il  clivo  e  il  cam- 
po di  Marte,  il  circo  di  Massenzio  e  il  tem- 
pio del  suo  figlio  R.ornolo,  il  Triopio,  il 
luogo  in  cui  fu  ucciso  Seneca  per  coman- 
do di  Nerone,  la  villa  de'Quintilii  e  quel- 
la di  Gallieno,  ed  altri  monumenti  sagri 
e  profani.  La  vista  di  lauti  avanzi  desta 
un  complesso  di  memorie  e  di  gravi  con- 
siderazioni sul  passato.  L'idolatria,  l'am- 
bizione, la  gratitudine,  il  desio  del  pia- 
cere, l'amore  de'parenti  e  il  patrio  senti- 
mento innalzarono  tombe,  templi,  anfi- 
teatri, terme,  ville  e  colonne;  ma  il  tem- 
po che  lentamente  distrugge,  e  la  barba- 
rie che  affretta  la  distruzione  di  tuttociò 
che  dal  tempo  viene  risparmiato,  hanno 
rovescialo  lauti  monumenti,  ed  in  modo 
che  di  molli  cerchiamo  invano  anche  li- 
na rovina:  sul  luogo  ov'essi  sorgevano  vi 


S  T  R 
passò  l'aratro  e  vi  pascola  l'armento  I\  r 
cui  ora  Ionia  assai  grato  percorrere  la  via 
Ippia  dalla  Porta  Capena  all'aulica  cit- 
tà di  Boville;  e  vi  si  trovano  epigrafi,  ca  - 
pitelli,  cippi,  bassorilievi,  musaici,  colon- 
ne, avanzi  di  statue  e  un'infinità  d'altre 
cose.  Tuttavolta  quanto  resta  a  fare  nella 
via  Appia,  lo  si  apprende  dall'encoraiata 
opera  di  Canina,  ognora  caldo  di  vero  e 
lodevole  entusiasmo  per  le  cose  di  Roma 
antica,  che  sempre  curò  d'illustrare.  Vari 
Papi  furono  solleciti  di  rendere  facile  e 
comoda  la  via  nazionale  Appia,  che  par- 
tendo da  Pioma  conduce  a'coufini  del  re- 
gno di  Napoli:  ma  l'opera  più  importan- 
te rimaneva  a  farsi,  vale  a  dire  i  due  pon- 
ti per  Gcnzano  (/".),  e  quello  più  gran- 
de per  l' Arida  o  Riccia  (f.)  onde  con- 
giungerla  al  colleAlbano.  Per  quanto  ri- 
portai in  quegli  articoli, GregorioXVI  sta- 
bilì di  costruirli  ambedue.  Il  i.°gli  riuscì 
di  farlo  edificare,  come  più  necessario,  e 
quindi  lo  inaugurò  colla  sua  pontificia 
presenza;  ma  il  2. "benché  decretato, per  la 
sopravvenuta  gravissima  inondazionedel 
Po  che  rovesciò  gli  argini  del  Ferrarese 
e  fece  altri  notabili  danni,  ne  sospese"  l'e- 
secuzione, per  le  rimostranze  d'un  mi- 
nistro, che  gli  fece  considerare  più  urgen- 
leil  bisognodelle  riparazioni  lungo  il  Po. 
Però  poco  dopo  avendo  la  morte  rapito 
Gregorio  XVI, il  successore  regnantePio 
IXordinòl'elTettuazionedel  divisato  pon- 
te della  Riccia,  ed  ivi  lo  descrissi  a  3  or- 
dini d'archi  di  peperino  o  pietra  albana, 
per  unire  Albano  all'Aricela,  e  donde  si 
gode  la  sorprendente  amena  vista  della 
famosa  Valle  Aricina  e  de'luoqhi  adia- 
centi.  11  Papa  Pio  IX  ebbe  la  gloria  di  ve- 
derlo egregiamente  terminalo,  colla  spe- 
sa di  1 4o,ooo  scudi,  riuscendo  veramen- 
te solido,  magnifico,  monumentale  per 
bellezza  artistica,  ed  altresì  più  largo  dei 
principali  Ponti  di  Roma,  come  il  s.  An- 
gelo, il  Sisto,  ec.  Questo  ponte  dell'Aric- 
cia  viene  descritto  da'ti. i  233  e  236  del 
Giornale  di  Roma  deli  85 r\;  dal  n.°  35 
dell'Album  di  Roma  di  tale  anno,il  quale 


S  T  R 
ne  pubblicò  I»  veduta  scenografica  colla 
izione  del  eh.  d.  Domenico  Z  nielli. 
e  le  iscrizioni  composte  dal  sullodato  p 
Marchi;  le  quali  con  un  sunto  dell 
scrizione  si  leggono  ancora  nella  Ci\ 
cattolica,?.*  serie, t.  S,p.  233  e  328.Pei 
tanto  ricavo  da  tali  descrizioni,  che  sul 
ponte  fu  costruito  pure  un   acquedotto 
per  somministrare  al  bisogno  acqua  po- 
tabile ad  Albano.  Che  ne  decorò  l'estre- 
mità l'ingegnere  pontificio  prof.  Alessan- 
dro Bellocchi,  con  4  eleganti  pilastri  di 
travertino,  ove  furono  scolpite  le  iscri- 
zioni e  gli  stemmi  di  Pio  IX  in  bassori- 
lievo, sovrastati  da  4  colonne  falle  a  imi 
tazione  delle  milliarie  dulia  stessa  vi  1  V 
pia.  La  strada  che  dal  termine  della  tra- 
versa d'Albano  mette  al  gran  ponte  e  sul 
la  piazza  dell'Aricela,  è  fiancheggiala  d 
comodi  marciapiedi,  e  la  parte  lastricata 
è  eguale  a  quella  del  ponte,  e  costò  circa 
19,000  scudi.  Per  compiersi  le  correzio 
ni  della  via  Appia,  essendo necessai  10  l  • 
gliere  i  pendii,  che  sorgono  dall  ^riccia 
a Galloro, fu  gettato  un  2. "ponte  di 
chi,ciascunodel  diametro  di  metri  1  o,  1<k 
sotto  l'ultimo  de'quali  passa  la  stra 
nora  battuta, lungo  metri  1  J.oe  Ingo  Fi  • 
le  faccie  interne  de'parapelti  <.)  metri, al- 
to dalla  sottoposta  vallata  metri  1 6. Me- 
diante questo  ponte  la  via  postale  dalla 
piazza  dell'Aiiccia  s'avanza  in  linea  rei 
ta  fino  all'  oratorio  di  s.  Rocco,  e  di  là 
fino  al  luogo  in  cui  incontra  un  altro  pon- 
te in  costruzione,  nella  valle  di   Grott 
Lupara.  Questo  si  compone  di  tre  archi 
grandi  del  diametro  dii  5  metri  l'uno,  e 
d'un  arco  minore,  sotto  cui  continua  a 
passar  la  via  antica:  la  sua  maggiore  al 
tezzaèdi  metri  23, la  lunghezza 80. Que- 
sti ultimi  due  ponti  si  debbono  special- 
mente alla  diradi  mg.r  Milesi-Pironi  mi- 
nistro del  commercio  e  de'lavori  pubbli- 
ci, il  quale  per  la  mal  ferma  salute  del 
valente  cav.  Bei  tolini  architetto  del  poti  ■ 
te  di  Genzauo  e  di  quello  dell'Aricela,  ne 
affidò  la  direzione  a  Federico  Giorgi  in- 
gegnere in  capo  di  Roma  e  ComarcaCon 


)48  STR 

tali  opere  sono  siale  colmale  3  valli,  eia 
via  d'  Albano  fino  n  Genzano  si  è  resa 
piana  e  a  un  tempo  assai  più  breve,  riu- 
scendo di  grandissimo  benefìcio  al  com- 
mercio e  alle  continue  comunicazioni  die 
Roma  ha  colle  provincie  di  Marittima  e 
Campagna,  e  col  regno  delle  i\ue  Sicilie. 
Per  la  solenne  inaugurazione  del  sontuo- 
so monumento,  e  per  la  quale  vi  accorse 
una  moltitudine  innumerabile,  il  Papa 
Pio  IX  a' 12  ottobre  i  854  vi  si  recò  alle 
ore  io  antimeridiane.  Giunto  al  princi- 
pio del  ponte,  sotto  magnifico  padiglio- 
ne fu  ricevuto  dal  cardinal  Patrizi  vesco- 
vo d'Albano,  dal  cardinal  Altieri  presi- 
dente di  Roma  e  Comarca,  da  mg.r  Mi- 
lesi-Pironi,  e  dalie  magistrature  munici- 
pali d'Albano,d'A  riccia  e  di  Genzano.  A- 
scoltò  I'  eloquente  discorso  del  cardinal 
Altieri,  col  quale  espresse  la  somma  ri- 
conoscenza di  detta  popolazione  e  di  al- 
tre città  che  ne  risentono  vantaggio,  per 
la  gigantesca  costruzione  di  opere  tanto 
mirabili  e  utili  al  commercio  ed  a'viag- 
giatori.  Rispose  il  Papa  benignamente, 
dichiarando  la  graziosa  compiacenza  del- 
la comune  gratitudine  e  del  riuscinien- 
todell'opera, encomiando  tutti  quelli  che 
aveano  preso  parte  al  grandioso  lavoro. 
Poscia  s'inoltrò  sul  ponte,  e  giunto  nella 
piazza  dell'Ariccia,entrò  nella  chiesa  col- 
legiata e  vi  ricevè  la  benedizione  col  ss. 
Sagramento  da  mg.1'  Macioti  suo  elemo- 
siniere. Passato  poi  al  palazzo  del  prin- 
cipe Chigi, fu  accolto  riverentemente  dal- 
la nobilissima  famiglia,  che  gli  offri  una 
colazione.  Dopo  di  questa  il  Papa  s'av- 
•viòa  visitare  il  2.°  e  3/  ponte  che  si  van- 
no ultimando,  esprimendo  la  sua  piena 
soddisfazione.  Recatosi  a  Castel  Gandol- 
fo  a  pranzo,  indi  distribuì  varie  grandi 
medaglie,  destinale  a  ricordare  la  da  lui 
eseguita  inaugurazione  del  meraviglioso 
ponte.  Dissi  altrove  che  Pio  VII  curan- 
do l'isolamento  del  Pantheon,  verso  oc- 
cidente fece  scoprire  esteriormente  il  pia- 
no antico;  e  che  il  Papa  Pio  IX  volendo 
che  se  non  in  lutto.almeno  in  buona  par- 


S  T  R 

fé  rimanesse  isolato  .sì  prezioso  e  grandio- 
sissimo avanzo  dell'antica  magnificenza 
romana,  dalla  parte  orientale  fece  com- 
prare alcune  case  che  vi  stavano  addos- 
sate; dopo  averle  fatte  atterrare,  ordinò 
pure  che  si  scoprisse  il  piano  antico  ester- 
no. Indi  a' i  7  ottobre  i  854  tM  persoua 
ne  visitò  i  lavori,  rimarcando  i  vantaggi 
ottenuti  dall'atterramento,  sia  al  celebre 
tempiOjChealla  piazzatoli  plauso  degli  a- 
manli  delle  antiche  grandezze  e  delle  arti 
belle,  che  sempre  desiderarono  l' isola- 
mento di  sì  più  bel  monumento  de'roma- 
ni. Nell'articolo  Lumi  parlai  del  Ti  11  umilia- 
zione a  gaz  come  impropria  per  le  chie- 
se, sia  pel  cattivo  odore  e  insalubri  esa- 
lazioni, sia  per  l'eccessivo  splendore,  sia 
pe'pericoli  di  restare  all'improvviso  all'o- 
scuro e  delle  detonazioni;  e  ricordai  il  dot- 
to articolo  pubblicato  nel  n.°24  e  seg.  del 
Diario  di  Roma  Ae\  1 844>  traduzione  dal 
francese,  sulP  Origine,  progresso  _,  uso  e  pe- 
ricoli della  illuminazione  a  gaz,  e  quan- 
do ebbe  principio  l'illuminazione  nonni- 
na delle  strade j  che  in  Londra  cominciò 
nel  §4-1 4con  porre  gli  abitanti  una  lanter- 
na dinanzi  l'ingresso  di  loro  case,  e  in  Pa- 
rigi neh  666  con  lanterne  sospese  a'eapi 
di  strada.  Sul  declinare  del  secolo  XVII 
Boyleed  Halesin  Inghilterra  incomincia- 
rono a  dimostrare  che  il  gaz  risultante  dal- 
la combustione  del  legno  e  del  cai  boue  di 
terra,  in  vaso  chiuso  somministrava  luce: 
indi  si  fecero  molte  sperienze  di  solo  pia- 
cere nel  secolo  seguente,  per  applicare  il 
gazall'illuminazione  notturna  in  vece  del- 
l'olio,sì  privata  che  pubblica.  Altri  voglio- 
no, che  i  primi  inventori  dell'illuminazio- 
ne a  gazfui  ono  il  fi  anceseLebou  e  l'inglese 
Murdoch,  nel  declinare  del  secolo  passato 
e  pri  ncipio  del  corrente.  Se  ne  ponno  leg- 
gere le  notizie  a  p.  606  del  Gioì  nule  dìRo- 
ma  deli  852.11  tedescoWinsor  peli  ."l'ap- 
plicò all'illuminazione  delle  strade,tna  nel 
i  8oq  negandosi  a  lui  il  brevetto  d'inven- 
zione a  Londra  che  spettava  a  Murdoch, 
questi  preso  a  socio  da  Gregory, nel  18  i  3 
regolarmente  e  stabilmente  illuminoLou 


S  T  R 

tira  a  gaz  idrogeno  carbonato,eslrattodal 
carbon  fossile.D'alIorain  poi  si  fecero  sem- 
pre utili  modificazioni^  le  principali  do- 
vendosi a  Clegg  e  Loavc  A  Parigi  i  primi 
esperimenti  si  fecero  nel  i  82  1;  altri  dico- 
no che  in  Francia  siffatta  illuminazione 
s'incominciò  ad  applicare  nel  1 8  1  4,  ed  in 
Napoli  nel  1  84«.  Ora  Londra  è  illumina- 
ta da  36, 000  becchi  di  gaz.  A  p.  974  del 
Giornale  di  Roma  del  18 53  si  diceche 
il  gaz  tratto  dall'olio  per  l'illuminazio- 
ne, stava  per  soppiantare  quello  ricava- 
to dal  legno.  Invece  del  carbon  fòssile 
può  servire  la  torba  o  gaz  della  torba  pu- 
rificato con  un  apparecchio:  la  (orba  è  la 
terra  combustibile  risultante  dalla  de- 
composizione delle  piante  nell'acqua,  ed 
è  facile  a  trovarsi  ne'luoghi  stati  già  pa- 
ludosi. Si  trovò  poi  il  modo  di  rimuove- 
re i  pericoli  derivati  dall'illuminazione  a 
gaz;  e  quello  d'illuminare  con  nuovo  gaz 
estratto  dall'acqua,  come  nel  palazzo  de- 
gl'Invalidi a  Parigi  nell'agosto i854.  Nel 
vol.LVIII,  p.  1 4-4->  riportai,  come  ne'pri- 
1111  del  1846  e  regnando  Gregorio  XVI, 
s'introdusse inRoma  l'illuminazione  a  gaz 
in  qualche  edilizio;che  nel  1847  si  andava 
a  erigere  unostabilimento  di  gaz,  e  che  la 
municipalità  diRoma  nel  i852avea  deter- 
minato e  concluso  con  una  società  anglo- 
romana, diretta  dal  valente  Stephered, 
l'illuminazione  della  città  a  gaz.  Quindi 
presso  s.  Maria  de' Cerchi  si  fabbricò  lo 
stabilimento  per  servire  di  fornelli  distil- 
latori del  carbon  fossile  per  formare  il  gaz 
luce,  pel  depura  torio  o  lavatoi,  e  per  il 
gazometro;  e  si  forni  di  tutti  i  necessari 
arnesi, apparecchi,  gazometri,  e  di  tubi  di 
conduttore  perle  strade. Trovo  nel  n.°i.° 
del  Giornale  di  Roma  del  1 854,  c'ie  ne'" 
la  sera  deli. "gennaio,  a  un  tratto  alle  ore 
7  cominciarono  ad  essere  illuminate  a  gaz 
le  vie  Papale,  inclusivamente  alla  piazza 
di  s.Pietro,  del  Corso,  e  dal  Campidoglio 
alle  piazze  del  Gesù  e  di  Venezia.  La  lu- 
ce che  ne  usci  dal  becco  d'ogni  lampione 
fu  sì  viva  e  chiara,  che  interamente  eclis- 
sò quella  che  maudauo  i  lampioni  a  olio 


SIR  i4g 

adoperati  finora.  La  moltitudine  d'ogni 
condizione  accorse  a  godere  sì  bel  lo  e  gra- 
to spettacolo.  Nella  sera  poi  del  0  di  det- 
to mese  ebbe  luogo  la  regolare  illumina- 
zione a  gaz,  non  solo  nelle  ricordate  vie, 
ma  ancora  nelle  altre,  nelle  quali  furono 
collocati  gli  appositi  lampioni  postisi!  al- 
ti candelabri  di  ferro  fuso,  eleganti,  ver- 
niciati d'un  verde  scuro  e  colle  sigle  del 
senato  e  popolo  romano.  A  p.  1  1  (>  di  detto 
giornale  si  riporta  un  dotto  articolo  sul- 
l' Illuminazione  a  gar^edegli  antichi  mo- 
di usati  per  la  luce  artificiale  nella  not- 
te, e  suoi  successivi  progressi.  Leggo  nel 
citato  Album,  p.  337,  che  la  sera  deli." 
gennaio  1  854  'a  fulgida  luce  del  gaz  illu- 
minante ,  che  può  meritamente  riguar- 
darsi come  una  delle  piìi  belle  applicazio- 
ni della  chimica  agli  usi  domestici,  ralle- 
grò alcune  strade  di  Roma.  Allorché  la 
vivacità  di  questa  splendida  luce  si  ver- 
serà nella  pienezza  di  sua  potenza  sui 
grandiosi  palazzi  romani  esni  monumeu- 
li  sublimi  della  grandezza  romana,  ma- 
g;co  e  nuovo  ne  sarà  veramente  l'elfetlo. 
Ivi  è  pure  un  erudito  articolo  sul  gaz  e 
sue  scoperte,  col  disegno  del  condensato- 
re, celebrandosi  quell'italiani  che  pe'pri- 
mi  fecero  la  scoperta  della  combustibili- 
tà del  gaz,  quindi  quegli  stranieri  che  ne 
fecero  l'esperienza  e  l'applicazione  all'e- 
conomia domestica.  Londra  per  lai/  si 
\ide  illuminala  nella  notte  a  gaz, nel  1  8  18 
s'introdusse  in  Francia,  fu  adottalo  dal- 
l'America, esidilfuse  nelle  principali  cit- 
tà d'Europa. Così  Roma,  la  città  più  in- 
signe del  mondo,  anche  pe' suoi  monu- 
menti antichi  emoderni, ha  ricevuto  que- 
st'altro lustro  della  moderna  scienza.  Già 
molli  calle,  fondachi  e  stabilimenti  ne  a- 
doltarono  1' illuminazione;  laonde  ben 
presto  propagandosi  per  tutta  la  città,  po- 
trà gareggiare  colle  altrecapitali  nella  me- 
ravigliosa illuminazione.Attesta  il  n.°233 
del  Giornale  di  Roma  del  18 54,  che  la 
sera  de'  12  ottobre  il  Papa  vide  per  la 
prima  volta  illuminato  a  gaz  il  cortile 
delle  loggie  di  Raffaele  e  le  scale  del  pa- 


i5o  ST  R 

lazzo  Vaticano.  Abbiamo  ih  Beinoceli!, 

Meccanica  pratica,  t  dell'  illuminazione 
a  gaz,  Livorno  i8jo.  La  magistratura 
romana  nell'api  ile  iSj4>  l)er  gl'incon- 
venienti che  frequentemente  accadeva- 
no nella  via  del  Corso,  per  l'abusivo  tran- 
sito di  cani  e  delle  bestie  da  soma,  rin- 
novò con  penale  il  divieto  a  chiunque  di 
transitare  lungo  il  Corso,  dalla  Piazza  del 
PopoloallaRipresa  de'barberi  dal  mezzo- 
dì a  un'ora  di  notte,  cou  cani,  carretti, 
barrozze,  trascini,  carrettoni  e  altri  simi- 
li legni,  non  che  con  bestie  da  soma  ca- 
riche o  scariche,  vacche,  capre  e  altri  si- 
mili animali.  Prima  di  parlare  dell'intro- 
duzione nello  stato  pontificio  delle  stra- 
de ferrate,  e  de' telegrafi,  pe'  quali  colla 
velocità  del  fulmine  parlasi  colle  capita- 
li e  altri  luoghi ,  conviene  che  io  faccia 
precedere  un  cenno  sull'origine  e  pro- 
gresso de'medesimi  presso  gli  altri  popo- 
li; nozioni  indispensabili  a  questo  artico- 
lo generico  di  Strada  e  Strade  di  Roma, 
premesse  alcune  parole  sulle  strade  an- 
teriori dell'altre  nazioni,  in  seguito  del- 
l'indicato in  principio. 

Assuefatti  a  scorrere  una  distanza  di 
Jcuue  miglia  o  leghe  nello  spazio  d'un' 
ora,  sopra  strade  solide  e  ben  pavimen- 
tate, non  si  può  formare  un'idea  esatta 
di  tutti  gl'incomodi  e  disagi,  che  i  nostri 
antenati  doveano  soffrire  allorché  si  po- 
nevano in  viaggio. Erano  tal  volta  costret- 
ti a  trovare  la  loro  strada,  come  avviene 
in  Turchia  e  altrove,  a  traverso  terreni 
incolti  e  sentieri  fangosi,  a  passare  i  fiu- 
mi a  guado,  a  fermarsi  sovente,  ed  anche 
per  molli  giorni,  allorché  i  fiumi  erano 
gonfi  o  straripati.  Essi  beu  di  rado  per- 
correvano più  d'  una  lega  nello  spazio 
d'un'ora,  e  il  timore  di  cadere  in  qual- 
ehe  pantano,  o  di  essere  anche  sorpresi 
e  annegali  da  un'improvvisa  inondazio- 
ne, li  preoccupava  di  continuo.  Quanto 
alle  misure  itir.erariedelle  strade,  nel  Di- 
zionario della  lingua  italiana,  e  in  quel- 
lo Enciclopedico  di  Razzarmi,  si  definisce 
il  r/nglio:  lunghezza  presso  a  poco  di  3ooo 


s  x  a 

de' u ostri  passi,  ma  ve  ne  sono  di  molte 
altre  lunghezze,  secondo  i  luoghi  e  secon- 
do i  tempi;  la  lega  poi  è  una  specie  di 
misura  itineraria,  e  valecircadue  miglia 
e  mezza  italiane.  Nel  Nuovo  Dizionario 
geografico  universale,  Venezia  18-26,  si 
legge  nel  Breve  vocabolario  geografico 
che  Io  precede,  all' articolo  Miglia,  mi- 
sure itinerarie,  Leghe,  qualificate  misure 
in  lunghezza,  di  cui  si  servouo  sotto  no- 
mi diversi  le  nazioni,  tutte  per  esprime- 
re la  distanza  da  un  luogo  all'altro.  A  ta- 
le effetto  si  produce  un  quadro  di  confron- 
to, sì  della  geografia  antica  ragguagliato 
a  metri  e  lese,  che  della  geografia  moder- 
na, colle  diverse  nomenclature  delle  me- 
desime misure  itinerarie.  Le  strade  si  mi- 
gliorarono a  grado  a  grado,  le  comuni- 
cazioni divennero  pili  facili  e  più  como- 
de, e  ben  presto  la  bestia  da  soma  fu  at- 
taccalaalle  vetture,  equindi  prima  i  car- 
ri eie  lettighe,  poi  le  carrozze,  le  diligen- 
ze e  le  sedie  di  posta  sotterrarono  nell'u- 
so ai  cavalli  da  sella,  che  da  tempo  ira- 
memorabile  erano  al  servizio  de' viaggia- 
tori anche  in  Italia.  Difficile  però  sarebbe 
l'assegnare  ne' diversi  paesi  l'epoche  di 
que'graduati  miglioramenti.  A'romani  è 
dovuta  la  gloria  di  aver  portato  al  più 
alto  grado  di  perfezione  le  pubbliche  vie, 
massime  militari  e  consolari,  e  di  avere 
con  questo  mezzo  stabilite  facili  comu- 
nicazioni tra  le  diverse  parti  de'loro im- 
mensi e  lontani  dominii,  tanto  ne' lem- 
pi  di  loro  repubblica,  quanto  del  vasto 
impero,  e  di  cui  tuttora  si  conservano  e 
ammirano  le  traccie,  ed  anche  ragguar- 
devoli avanzi.  Partendo  l'ampia  rete  dal 
centro  di  Roma, furono  trascurate,  altri- 
menti sarebbe  bastato  per  conservarle  il 
mantenerle  con  cura,  riattandole  ove  il 
bisogno  lo  richiedeva.  Fermala  ventura, 
in  Italia  furono  più  lungamente  trascu- 
rate le  strade,  e  questo  pare  che  derivasse 
dalla  divisione  della  penisola  in  vari  sla- 
ti, dopo  lo  scioglimento  dell'impero  d'oc- 
cideute,  e  vieppiù  nel  Medio  Evo  (F.),  e 
successive  diverse  forme  di  reggimento, 


S  T  R  S  T  R.                    i  $  i 

Alciitii  slati  nondimeno  vi  posero  alien-  violènti  diversi  calle  variazioni  del  lei  - 
zione  lauto  alla  formazione,  quanto  al  reno,  e  alla  possibilità  di  procurarsi  co- 
mantenimento  delle  pubbliclie  strade,  slantementel'acqua  necessaria.  Tutlisau- 
.-ebbene  altri  del  tutto  le  trascurarono,  no  die  le  ruote  lasciano  profonde  e  per- 
finche  sorse  un'epoca  a  noi  contempora-  manenti  impressioni  o  solcbi  sulleslrade; 
nea,  in  cui  per  una  specie  d'emulazione  tali  impressioni  diconsi  rotaie.  Per  evita- 
timi i  governi  lodevolmente  si  dierono  re  questo  inconveniente  gli  antichi  avea- 
a  riformare  e  mantenere  le  vie,  e  prin-  no  in  uso  di  costruire  le  parti  delle  loro 
cipalmeate  quelle  nominate  militari, pub-  strade  esposte  ad  essere  solcate  dalle  ruote 
bliche  o  maestre,  che  maggiormente  ser-  cou  massi  di  pietra  durissima,  e  quest'i!- 
vono  al  passaggio  de' viaggi  a  tori  e  a'tra-  so  osservasi  ancora  in  molte  città  d'Italia 
sporti  delle  derrate,  come  quelle  che  fi-  e  specialmente  in  Milano.  Al  cominciare 
cilitano  le  comunicazioni  e  agevolano  il  del  secolo  XVII  venne  in  Inghilterra  l'i- 
commercio,  e  scino  il  perno  d'uno  stato  dea  di  sostituire  de'grossi  tavoloni  a'sel- 
ilorido.  La  Francia  celebra  Carlo  Magno,  ciati  di  pietra  molto  costosi,  per  facilità- 
che  ordinò  qualche  lavoro  sulle  vie  pub-  re  il  trasporto  del  carbone  con  carri  ti- 
bliche;  Luigi  VI, che  neh  i  3 1  fece  alai-  rati  da  cavalli.  In  seguito,  per  rendere  più 
ne  delle  principali  strade  di  Parigi,  come  consistenti  questi  tavoloni,  si  coprirono  di 
s.  Antonio  e  s.  Denis;  Luigi  VII,  che  nel  liste  di  ferro;  finalmente  neliyf)-  il  fer- 
l  i  4  i  fece  costruire  la  piazza  dell'Hotel-  io  fu  interamente  sostituito  al  legno.  Da 
de  Ville,  la  piìi  antica  delle  77  di  Pari-  quest'epoca  cominciano  ìe  strade  di  ferro 
gi;  Filippo  II  Augusto,  che  nel  118^  fece  propriamente  dette.  Queste  strade  distiu- 
pavimeulare  Parigi  e  nominò  alcuni  ofiì-  guonsi  ,  in  ragione  della  materia  di  cui 
ciali  incaricali  a  presiedere  allestradejEn-  sono  costruite,  in  il  uè  specie;  strade  di  fèr- 
ricolV,  che  istituii!  grande  ispettore  delle  ro  fuso,  e  si  rade  di  terrò  fabbricato  e  mar- 
strade,  in  favoredel  celebre Sully, grand-  Iellato.  Il  modico  prezzodella  fusione  del- 
voyer;  dopo  varie  vicende  pervenne  il  go-  le  lastre  e  la  loro  inflessibilità  fecero  fino 
verno  a  rendere  le  principali  strade  del  ali8o5  preferire  le  prime  di  tali  strade, 
regno  abbastanza  spaziose,  piacevoli,  co-  ma  in  questa  stessa  epoca  si  osservò,  che 
mode  e  sicure.  Ma  l'Inghilterra  da  lun-  se  per  una  parte  erano  inflessibili,  roitt- 
go  tempo  si  gloria  dell'introduzione  del-  pevansi  dall'altra  con  molta  facilità,  e  che 
le  strade  ferrale,  le  quali  presentano  vau-'  la  parte  interna  delle  lastre  era  men  du« 
taggi  anche  in  confronto  de'canali  di  na-  ra  e  compatta  della  superficie;  dimodo- 
vigazione,  che  suppliscono  alle  strade.  Il  che  consumala  questa,  la  lastra  fusa  non 
freddo  può  impedire  totalmente  il  tra-  era  piò  servibile,  la  superficie  ne  di  veui» 
sporto  delle  derrate  e  mercanzie  per  ac-  va  scabrosa,  malgrado  degli  sforzi  per  pu- 
<|ua,  e  la  siccità  appena  permette  il  tran-  lirla.Si  riconobbe  pure  che  l'uso  di  tali 
sito  d'una  porzione  de'carichi.  Invece  le  lastre  fuse  non  era  il  più  eeouom-ico,  per- 
stradecolle  rotaie  di  ferro,  non  sonoespo-  che  le  liste  di  ferro  non  fuso  non  hanno 
staaque'duegravi  iuconvenienti,ed  allor-  bisogno  d'avere  lo  stesso  peso  delle  lastre 
che  è  caduta  una  quantità  di  neve,  è  as-  di  ferro  fuso  per  resistere  egualmente, 
sai  facile  di  sbarazzare  le  rotaie  con  una  Tutte  queste  considerazioni  fecero  sosti- 
raspa,  collocata  sul  davanti  di  siffatta  vet-  tuire  indettoanno  il  ferro  lavorato  al  fer- 
tura.  Altro  vantaggio  di  queste  strade  è  ro  fuso,  e  dipoi  fu  per  universale  conscn- 
quello  di  poter  essere  aperte  ed  eseguile  so  preferito.  Coulemporaneamente  al  le- 
in  tutte  le  direzioni,  e  secondo  che  i  biso-  gno  si  sostituì  l'opera  muraria:  uoudime- 
gui  del  traffico  lo  richiedono,  mentre  l'a-  no  strade  con  guide  di  legno  di  receute  si 
pertura  d'un  canale  è  subordinata  a'mo-  formarono  per  gli  omnibus  0  grandi  vet- 


1 5  2  S  T  R  STR 
turo  ;i  Parigi,  e  furono  destinate  pe'luo-  ze  delle  rote  sono  incavalo  a  gui^n  ili  gi- 
alli che  sono  a  qualche  distanza  dalle  l'elle,  e  qui  come  nella  2."  specie  le  ruote 
glandi  linee  delle  ferrovie.  Qualche  anno  sono  sempre  incassate  nelle  rotaie,  e  non 
dopo  s'incominciò  a  tentare  di  supplire  al-  n'escono  giammai.  Le  strade  di  ferro  co- 
la forza  de'cavalli  con  quella  del  vapore,  slmile  a  questo  modo  sono  ora  comune- 
e  do  pò  molle  esperienze  si  riuscì  nel  182  1.  mente  adottale,  offrendo  i  maggiori  van- 
Del  vapore  applicato  alla  navigazione,  fé-  tfi^gi.  Una  strada  di  ferro  è  ad  una  o  due 
ci  parola  a  Marina  pontifici  a  (della  qua-  vie;  ogni  strada  è  composta  di  rotaie.  I 
le  riparlai  a  Soldato).  Non  vi  èchi  non  carri  destinati  a  percorrere  le  strade  di 
sappia,  o  revochi  iu  dubhio  gì'  immensi  ferro  appellansi  con  vocabolo  inglese  iva- 
vantaggi,  che  il  commercio,  le  arti,  l'in-  gons  o  vagoni,  e  nou  debbono  per  alcun 
duslria  traggono  dalle  macchine  a  va  pò-  casousciredallerolrtie;dimodochè,sedue 
re;  e  forse  non  v'ha  oggetto  che  sia  di  wagons  andando  di  senso  contrario  ven- 
maggior  importanza  quanto  questo  fluì  -  gonoad  incontrarsi  in  un  medesimo  puti- 
do aeriforme, per  le  tante  e  sì  svariate  ap-  to,  uno  di  essi  è  obbligato  di  dare  in  die* 
jilicazioniche  se  ne  sono  fatte,  e  che  se  ne  tro,  per  far  [lassare  l'altro,  e  la  regola  ri- 
vanno tuttodì  facendo;  il  perchè  si  può  là  del  servizio  è  interrotta.  Quindi,  vo- 
ben  dire  ch'esso  è  divenuto  l'anima  del-  tendo  andare  e  venire  in  una  strada  di  fer» 
l'industria.  La  forza  dell'acqua  ridotta  a  1*0  in  tutte  le  ore  del  giorno,  si  rende  ne- 
vapore  per  l'  azione  del  fuoco,  se  non  è  cessarlo  di  convenire  nella  destinazione 
sempre  un  motore  il  più  economico,  rem  delle  due  strade,  assegnandone  una  pei 
de  però  servigi,  che  la  fanno  riguardare  carri  che  vanno  in  un  senso,  ed  una  per 
come  la  più  vantaggiosa  sotto  ogni  rap-  quelliche  vengono  in  senso  contrario.  Al- 
poi to.Sipuòcrearedovimquesianvicom-  trimenti  gl'incontri  producono  terribili, 
bustibili  e  acque,  ed  aumentarne  a  pia-  disastrose  e  fatali  conseguenze.  Questo 
cere  la  sua  intensità.  Sotto  il  rapporto  del*  mezzo  comechè  molto  dispendioso,  si  a- 
la  forma,  le  strade  di  ferro  si  ponno  di-  dottò  sopra  alcune  slrade  d' importanza 
viderein  3  specie.  Le  prime  sono  forma-  secondariauiilerminemedio;checonsiste 
te  di  semplici  liste  piatte  poste  sul  suolo  a  non  dare  che  una  sola  viaallaruota  nella 
nel  luogo  in  cui  ordinariamente  sono  le  maggior  parte  della  sua  estensione,  ed  a 
rotaie;  ed  il  cocchiere,quandosi  adope-  praticare  delle  doppie  vie  di  disianza  io 
lavano  i  cavalli,  poteva  a  suo  piacere  far  distanza:  queste  parti  adoppia  via  prese- 
passa  reo  no  le  rote  del  carro  sopra  o  fuo-  ro  il  nome  di  crociere,  perchè  sono  le  so- 
li delle  medesime.  Nella  2.a  specie  s'im-  le  sulle  quali  i  wagons,  che  vanno  in  sen- 
piegano,  invece  di  liste  piatte,  liste  inca-  so  contrario  ponno  crociarsi.  I  motori  che 
vale, che  presentano  l'aspetto  delle  rota-  servono  a  strascinare  i  wagons  sulle  stra- 
le ordinarie  e  comuni.  Queste  strade  non  de  di  ferro,  sono  di  3  specie:  talora  si  fe- 
ponno  essere  percorse  che  da  vetture  a  censo  di  cavalli, diesi  altaccavanoa'car- 
via  slabile  e  costante:  le  ruote  s'incastrano  ri  come  si  suole  comunemente  agli  aldi 
«ella  rotaia,  e  non  n'escono  mai.  Queslo  legni;  indi  si  fece  uso  di  carri  a  vapore,che 
sistema  è  ora  impiegalo  meno  del  primo,  si  muovono  da  per  se  stessi,  e  traggono 
E  fàcile  a  capire  che  le  rotaie  sono  per-  dietro  di  se  i  wagons,  a'quali  carri  mo- 
inanentemente  riempite  di  fango,  e  che  tori  si  dù  il  nome  di  macchine  locomoti- 
in  tal  modo  lo  scopo  principale  delle  stia-  Ve;  talora  finalmente  si  dispongono  sulla 
de  di  ferro,  che  sta  nel  fare  scorrere  un  strada  a  distanze  diverse  delle  macchine 
legno  sopra  rolaie  dure  e  nelle,  viene  a  a  vapore  fìsse,  che  traggono  a  se  i  carri 
mancare  del  tutto.  Alla  3.aspecie  appai-  col  mezzo  d'una  fune.  Dopo  l'applicazio- 
ttugouo  le  rotaie  rilevate:  Iccircoufcren-  ne  della  forza  motrice  dell'acqua  a  vapo- 


STll  STB                   i53 
re  invece  di  quella  de'cavalli,  la  costru-  no  montare  a  tanto  alto  prezzo  le  costru- 
zione delle  strade  ferratesi  diffuse  in  mei-  zioni  delle  medesime.  Al  contrario  è  (al- 
te regioni,  e  se  ne  fecero  in  gran  nume-  volta  utile  il  dare  alle  diverse  parli  d'u- 
ro non  solo  nell'Inghilterra,  ma  eziandio  na  strada  di  ferro  alcune  pendenze  dise- 
negli  Slati -Uniti  d' Americane' Paesi  l)as-  guali,  quando  la  disposizione  del  terreno 
si,nel  Belgio,  in  Francia,  in  Germania,  in  non  si  oppongaassolutamentead  ùnapeo- 
Russia,  in  Italia  e  altrove.  La  inclinazione  denza  regolare.  Quelle  parti  di  strade  che 
che  si  dà  alle  strade  di  l'erro  può  essere  hanno  pendenze  fortissime  portano  il  no- 
rnaggioreo  minore,  secondo  la  qualità  del  me  speciale  di  piani  inclinati.  General» 
motore  che  s'impiega,  ed  è  moltissima  se  mente  i  wagous  pei  corrono  tali  traili  di 
s'impiegano  macchine  a  vapore  fisse;  si  strada  col  mezzo  d'una  macchina  moiri- 
può  anzi  dire,  che  in  questo  caso  non  vi  ce  a  vapore  fissa,  e  situata  alla  sommità 
sono  limili  da  prefiggere.  Deve  al  con-  del  piano,  chele  rimorchia  col  mezzo  d'u- 
trario  es6ere  pochissima,  se  si  fa  uso  di  na  corda  rotolata  sopra  un  tamburo.  La 
macchiue  locomotive,  non  potendo  ecce-  macchina  serve  non  solamente  a  slrasci- 
tlere  5  millimetri  per  metro.  Quando  si  naie  i  ivagons  ascendenti,  ma  ancora  a 
facesse  usodi  cavalli, puòsenzatemad'in-  trattenere  i  carri  stessi  discendenti,  i  qua- 
convenieuli  andare  lino  ad  uncentiine-  li  senza  questo  soccorso  giungerebbero  io 
ti  o  e  mezzo.  Interessa  anche  moltissimo  fmdo  del  piano  inclinato  con  una  ra pi- 
che una  strada  di  ferro  non  faccia  trop-  dita  tale  che  li  farebbe  inevitabilmente 
pò  grandi  circuiti,  e  quando  si  è  obbliga-  rompere.  Questo  macchinismo  non  tar- 
li di  feria  voltare,  dee  ciò  farsi  con  cur-  dò  a  perfezionarsi.  Accade  frequenlenjen- 
ve  molto  dolci,  dimodoché  i  cambiamen-  te,  che  una  strada  di  ferro  deve  superare 
ti  di  direzione  sieno  quanto  meno  si  può  un'eminenza  troppo  considerevole,  per- 
istautanei.  Le  spese  di  costruzione  d'una  che  riesca  di  appianarla.  In  tal  caso  viso- 
strada  di  ferro  dividonsi  in  due  parti:  u-  no  due  mezzi,  o  di  vincere  quell'eminen- 
n a  si  compone  del  prezzo  del  ferro,  del-  za  con  un  piano  inclinato,  da  cui  quindi 
la  sua  lavorazione  e  degl'inservienti;  l'ai-  si  discende  allo  stesso  modo,  ovvero  con 
tra  spesa  comprende  quelle  di  atterra-  una  galleria  sotterranea  si  traversa  Trini- 
mento,  de'lavori  d'arte,  massime  d'altis-  nenza  da  parte  a  parte.  Il  2.0  mezzo  è  iu- 
simi  archi  e  ponti  per  unire  in  retta  li-  finitamente  più  dispendioso  del  i.°,  ma 
nea  le  strade,  superando  colla  congiun-  permette  però  d'effettuare  i  trasporti  con 
zione  di  parti  dispaiate  le  gole  e  le  valli  una  spesa  ben  minore;  quindi  sulle  stra- 
profonde  che  interrompono  la  via;  non  de  di  movimento  viene  spesso  preferito 
che  le  spese  degli  acquisti  di  terreno  nei  questo  mezzo  stesso.  Nel  voi.  XXXIX,  p. 
tondi  privati  ove  transitano  le  ferrovie,  e  1 ^3,  descrissi  il  sotterraneo  ardito  e  por- 
quelle  di  direzione.  Le  migliori  macchi-  lenloso  passaggio,  operato  sotto  il  fiume 
ne  locomotive  che  si  conoscoiiOjSono  quel-  Tamigi  in  Londra  col  famoso  Tu  ti  uel,con 
le  inglesi,  americane,  belgiche,  francesi  e  due  gallerie,  una  per  quelli  ehe  vengono, 
tedesche.  Le  spese  di  trasporto  variano  in  l'altra  per  quelli  che  tornano,  e  fu  aper- 
limiti  molto  estesi, secondo  la  maniera  con  lo  nel  1 8  4  3 .  Ivi  parlai  ancora  delle  stra- 
cui  una  strada  è  costruita.  Con  opportu-  de  sotterranee  degli  antichi  attraverso  i 
ni  sistemi  s' introdussero  le  strade  di  fer-  grandi  fiumi, come  di  Semiramide  e  d'E- 
ro anche  sopra  vie  irregolari.  Sulle  stia-  gitto,  ricordando  pure  il  duplice  e  gran- 
de di  ferro  si  evitano  quanto  si  può  le  iu-  dioso  traforo  del  monte  Catilto  di  Tivoli 
clinazioni  e  lesalite,  poiché  le  spese  enor-  (F.)  fitto  eseguire  da  Gregorio  XVI  e 
ini  che  si  fanno  per  appiauare  il  suolo,  compitoneli835.Inlnghillerra,doveTin- 
sono  una  delle  principali  cause  che  fau  dust.iu  ha  uno  sviluppo  veramente  wc- 


1 54  S  T  R  STR 
raviglioso,  nel  18  53  si  pensava  tli  fare  del-  nella  baia  di  Nuova  York,  in  poco  più  di 
le  strade  di  ferro  sotterranee,  onde  non  un'ora  percorse  1 4  miglia.  Il  consumo  del 
essere  nella  necessità  di  atterrare  fabbri-  combustibile  durante  questo  sperimento 
cali.  Nel  settembre  si  pubblicò  un  nuovo  fu  appena  ut;  io.0  (altri  dicono  un  io.0, 
atto  relativo  ad  una  di  queste  vie  da  co-  altri  un  5.°)  di  quello  che  si  calcola  per 
sti  iiirsim  5  anni,  nel  quartiere  nord -ovest  una  macchina  a  vapore  di  forza  cquiva- 
di  Londra  a  Battle  Bridge  da  terminare  lente:  sicché  la  velocità  e  l'economia  ot- 
;i  Olborn:  l'atto  contiene  anche  la  tatilfj  tenute  col  nuovo  sistema  sorpassano  le 
del  pedaggio  e  ogni  altro  dettaglio  r'ela-  speranze  e  le  promessedell'autore.  La  de- 
tivo  a  questa  strada  sì  straordinaria,  ed  scrizione  del  battello,  quella  della  mac- 
a  garanzia  furono  depositale  22, 5oo  lire  china  di  questo  nuovo  motore  (che  for- 
sterline.  Intanto  Talbot  inventò  una  mio-  se  potrà  applicarsi  alle  ferrovie,  rimpiaz- 
^a  macchina  per  scavare  i  lunnels  o  tra-  zando  l'aria  calda  il  vapore),  quella  de- 
fori  eli  strade  sotterranee,  e  nel  declinar  gli  esperimenti  la  pubblicarono  i  giorna- 
del  i  853  fu  esperimentata  in  America  col  li;  ma  la  Civiltà  cattolica  avendo  raccol- 
migliore  successo.  E' ormai  provato  che  le  to  il  più  probabile  intorno  a  questa  inv 
i  uccie  più  dure,  le  pietre  primitive,  non  portantissima  scoperta,  di  tutto  fece  una 
potino  resistere  a  questa  macchinala  qua-  ragionata  descrizione  nella  2."  serie,  Li, 
le  col  mezzo  del  vapore  in  soie  due  ore  p.  5go.  Adunque  l'aria  riscaldata  è  il  mu- 
si avanza  di  3  |)iedi, facendo  uno  scavo  del  tore  di  Ericsson.  Nelle  macchine  a  vapo- 
diametrodi  i  7  piedi. La  combinazione  de-  re  la  perdita  di  calore  necessaria  per  tra- 
gli  strumenti  da  taglio,  il  loro  giuoco  e  il  sformare  il  liquido  in  fluido  aeriforme  è 
modo  con  cui  vengono  esportati  i  fran-  grandissima,  e  il  vapore  nel  condensarsi 
lumi,  sono  cosa  veramente  mera  Tigliosa,  o  perdersi  nell'atmosfera  rende  poco  o 
Quattro  uomini  bastano  permettere  in  nulla  di  quel  calore  che  assorbì  abbondati- 
movimento  la  macchina,  la  qnalepnò  la-  temente.  Coll'aria  non  è  così:  essa  non  si 
\ orare  giorno  e  notte  senz'alcun'.iltra  in-  trasforma,  tutto  il  calore  che  assorbe  au- 
lei  ruzione  di  quella  necessaria  ad  afìi'a-  menta  la  sua  elasticità,  e  con  opportuno 
redi  tempo  in  tempo  gli  strumenti  da  ta-  congegno  si  può  usufruttuarequel  calori - 
gl'io.  Il  tutto  è  in  ferro,  del  peso  di  j5  co  cheabbandona  nel  raffreddarsi.  In  que- 
lonnellate,  senza  tener  calcolo  della  mac-  sto  modo  il  calore  primo  opera  per  cosi 
china  a  vapore  e  della  caldaia.  Vi  souo  dire  tutto  il  tempo  che  dura  l'azione  dei- 
alcuni  i  quali  opinano,  che  forse  l'aria  at-  la  macchina.  Il  metodo  seguito  dall'Erics- 
mdsferica  si  può  applicare  con  maggior  son  dicesi  il  seguente.  L'aria  calda  nell'u- 
sicurezza  ed  economia  a  muovere  le  mac-  scire  dal  cilindro  traversa  una  lunga  se- 
chine che  ricevono  impulso  dal  vapore;  rie  di  tele  metalliche  finissime.  I  fisici  san- 
comeda  molto  tempo  si  sapeva  che  il  gaz  no  essere  proprietà  di  questi  tessuti  il  ra- 
alla  più  alta  temperatura,  traversando  le  pire  all'aria  calda  una  grandissima  quan- 
lele  melali  iche,ques  te  si  spogliavano  del-  titàdelsuo  calorico  a  profitto  loro.  Qùan- 
la  più  gran  partedel  loro  calorico,  hitan-  do  è  giunto  il  momento  che  le  tele  sou 
to  nel  i852  il  capitano  svedese  Ericsson,  troppo  calde,  per  un  movimento  impres- 
ingegnere  di  molto  grido  ,  costruì  una  so  dalla  macchina  stessa,  nuovi  tessuti  sot- 
macchina  di  piccolo  volume,  che  chiamò  leutrano  a'primi,  e  questi  vanno  a  met- 
Calorijica,  la  quale  con  nuovo  sistema  tersi  sul  passaggio  dell'aria  fredda  che  sta 
la  collocò  nel  battello  che  porta  il  suo  no-  per  entrare  nella  macchina,  la  riscalda- 
rne, che  viene  mosso  dall'aria  riscaldala  no  e  ritornano  alla  temperatura  di  pri- 
in  luogo  di  vapore.  Cou  questo  battello  ma.  Con  questo  perpetuo  avvicendarsi 
o  nave  calòrica  nel  gennaio  i85a  Ericsson  de' tessuti  una  gran  parte  del  calore,  che 


ST  R 

ha  già  servito  a  muovere  gli  stantuffi,  ri- 
torna ad  operare coll'aria  chesi  rinnovel- 
Ja.  Si  conclude,  che  i  vantaggi  di  questo 
nuovo  sistemarono  comodità, sicurezza, 
economia  grandissima.  La  quantità  di 
combustibile  che  vi  si  consuma, essendo 
tenue  assai,  se  ne  potrà  caricare  agevol- 
mente a  sufficienza  pe'viaggi  anche  lun- 
ghissimi, senza  che  sia  bisogno  d'arrestar- 
si per  rifornirsene:  e  con  ciò  è  vinta  una 
delle  più  gravi  difficoltà  che  si  opponeva- 
no al  viaggio  de'piroscafi,  dall'America 
all'Asia  traversando  il  mare  Pacifico.  I  n.' 
35,  i  i4  e  208  del  Giornale :d 'i Roma  del 
1  853,  fecero  la  descrizione  della  macchi- 
na calorica  d'Ericsson  e  degli  esperimen- 
ti falli  dal  suo  inventore;  il  n.°  1  l5  del 
1  854  dice  ch'era  perito  il  naviglio  calori- 
co d'Ericsson  per  la  gran  violenza  d'un 
\cnto  impetuoso. Iuoitre  il  capilanuEi  ics- 
son  si  vuole  che  sia  stato  ili.°a  munire 
d'elice  i  piroscafi,  celebrato  meraviglioso 
istrumento,  massime  per  l'accrescimento 
di  poteuza  che  dà  all'azione  del  limone. 
L'applicazione  dell'elìce  alla  navigazione, 
è  chiamata  a  produrre  una  completa  ri- 
voluzionenella  marina  militarecome nel- 
la commerciale.  Dall'esperienze  fitte,  an- 
che con  vascelli  da  guerra  a  3  ponti,  svi- 
luppando l'elice  una  forza  di  azione  che 
si  può  credere  qua  si  indefinita,  coujstraor- 
d inaria  facili tà  per  qualunque  grande  ha- 
stimentod'ogni  dimensione, e  perfetta  ub- 
bidienza al  loro  timone  agevole  a  maneg- 
giarsi, in  Inghilterra  surse  l'idea  di  co- 
struire vascelli  di  liuea  lunghi  5oo  pie- 
di, da  8ai  0,000  tonnellate, con  2  a  3ooo 
uomini  d'equipaggio,  e  200  a  200  can- 
noni del  maggior  calibro!  Se  si  effettua 
quest'idea,  non  sarà  più.  esagerazione  il 
due  che  un  vascello  di  linea  è  un'ondeg- 
giante fortezza,  una  cittadella  mobile,  e 
capace  colla  sua  provvista  di  combusti- 
bile,di  percorrere  spazi  di  800  a  1000  mi- 
glia colla  velocità  di  1  o  a  1 2  miglia  all'o- 
ra. La  macchina  a  vapore  ha  contribui- 
to a  consolidare  la  potenza  della  marina 
inglest'j  tanto,  mercantile  che  da  guerra; 


SIR  1 55 

e  l'elice  aumenta  sempre  più  una  furia 
così  formidabile,  tanto  ad  essa  che  alla 
Francia  e  alle  altre  potenze  che  l'hanno 
adottalo.  Quando  i  vascelli  non  poteva- 
no muoversi  se  non  coll'aiuto  delle  vele, 
dipendevano  interamente  dal  capriccio 
de  venti.  Era  impossibile  di  far  ciòclie  si 
voleva  coll'enorme  massa  che  rappresen- 
ta un  vascello  a  3  ponti.  Non  si  poteva 
collocarlo  se  non  rare  volte  alla  distanza 
e  al  luogo  conveniente  per  esperimenta • 
re  il  pieno  effetto  della  sua  artiglieria,  ed 
era  difficile  di  lanciare  successivamente  le 
bordate  colle  due  fiancate  nello  stesso 
punto  e  con  tutta  la  desiderabile  celeri- 
tà. Col  mezzo  dell'elice  tutte  le  difficoltà 
svanirono, si  colloca  a  puntinoovesi  vuo- 
le, si  muove  facilmente  in  lutti  i  sensi,  e 
ne  più  piccoli  spazi,  Per  sì  meravigliosa 
invenzione  l'effetto  dell'artiglieria  è  dop- 
pio: di  questa  potenza  d'azione  non  si  ave  1 
prima  affatto  idea  nella  guerra.  Nel  n.° 
2  1  Gdel  Giornale  di  Roma  del  1 854,  si  di- 
ce ormai  risoluto  l'importante  problema 
che  la  navigazione  a  vapore  possa  riceve- 
re tale  perfezionamento,  da  risparmiare 
3/ ì  del  litantrace  o  bitume  necessario  a 
produrle  una  data  forza  di  locomozione; 
descrivendosi  gli  esperimenti  eseguiti  con 
un  piroscafo  misto,  cioè  a  vela  e  a  vapo- 
re, spiuto  dalla  potenza  di  due  vapori  , 
quello  di  acqua  e  quello  di  etere, secondo 
il  principio  dell'inventore  Tremblay.  Se 
per  incidenza  e  per  l'analogia  della  forza 
potentissima  del  vapore  che  impiegasi  nel- 
le ferrovie,  passai  a  far  cenno  degli  ulti- 
mi mirabili  trovati  onde  percorre  van- 
taggiosamente le  strade  acquee,  che  sono 
i  llutti,  superandone  le  difficoltà,  ritorno 
ora  alle  strade  ferrate  e  loro  immensi  in- 
crementi. 

Nel  i85i  la  più  lunga  strada  ferrata 
del  mondo  era  quella  di  Erie  in  Ame- 
rica, lunga  4^7  miglia  inglesi  e  costruita 
da  una  società  privata;  dopo  di  essa  veni- 
va la  strada  da  Pietroburgo  a  Mosca;  lun- 
ga 420  miglia  inglesi:  indi  il  governo  di 
/bietta  intrapresela  costruzione  della  lei- 


156  STR 

io  via  da  Varsavia  a  Pietroburgo,  con  una 

estensione  di  700  eli  dette  miglia.  In  A- 
inerica  la  1  '  strada  ferrata  fu  costruita  nel 
1827  nel  Massachusels,ed  in  menu  d'un 
4-  di  secolo  prese  uno  slancio  straordina- 
rio. Neli85s  in  Inghilterra graudi  furo- 
no i  progressi  e  l'aumento  di  celerità  sul- 
le strade  ferrate,  specialmente  sul  Nortli 
Western  Railway,  che  vinceva  tutte  le  al- 
tre iu  fatto  di  velocità  pel  perfezionamen- 
to della  locomozione,  pel  sistema  adotta- 
to dal  suo  ingegnere  Nac-Connell.  In  due 
ore  percorreva  182  chilometri,  fra  Bir- 
mingham e  Li  ver  pool,  ed  in  tre  ore  e  mez- 
zo la  distanza  da  Londra  a  Liverpool  e 
Manchester,  di  536  chilometri;  laon- 
de i  grandi  centri  manifatturieri  e  com- 
merciali dell'Inghilterra,  divennero  di- 
stanti dalla  metropoli  di  alcune  ore.  I  con- 
vogli pel  Nord  Western  percorrevano  92 
chilometri  per  ora.  Se  questo  sistema  di 
locomozione  fosse  applicalo  alla  ferrovia 
tra  Genova  e  Torino,  la  cui  distanza  è 
1 65  chilometri,  potrebhe  essere  percor- 
sa in  un'ora  e  3  quarti.  Le  strade  ferrate 
occupano  oggidì  un  posto  così  impor- 
tante nell'economia  commerciale  e  indu- 
striale delle  nazioni, che  la  loro  statisti- 
ca, a  misura  che  si  sviluppano  osi  com- 
pletano queste  mirabili  vie  di  trasporlo, 
prende  un  interesse  vieppiù  considerala* 
le.  Per  questo  punto  di  vista  ritengo  con- 
veniente di  dare  alcun  cenno  di  qualche 
statistica  sulle  medesime.  In  un'  opera 
pubblicata  nel  1 85o  a  Londra ,sj  legge  che 
nel  precedente  anno  erano  in  attività  in 
varie  parti  del  globo,  1 8,656  miglia  di 
strade  ferrate,  per  le  quali  eransi  spesi 
368,567,000  sterlini.  .Si  valuta  che  alla 
inedesimaepoca  si  costruivano altre782C) 
miglia  di  ferrovie,  le  quali  terminate  sa- 
rebbero costate  1 46,566,ooo  sterlini.  Si 
aggiunge,  che  poste  in  attività  queste  ul- 
time linee,  la  popolazione  europea  equel- 
la degli  Stati-Uniti  avranno  fatto  in  me- 
no di  25  anni,  26,485  miglia  di  strade  di 
ferro,  vale  a  dire  una  maggior  lunghez- 
za di  quella  che  ci  vorrebbe  a  cingere  tut- 


S  T  R 

to  il  globo, -e  ciò  al  prezzo  di  5oo  milio- 
ni di  sterlini.  Dicesi  ancora:  per  compie- 
re quest'opera  meravigliosa  ,  l'industria 
umana  avrà  consagrato  sopra  i  suoi  an- 
nui risparmi  20  milioni  per  2 5  anni  suc- 
cessi vi. In  una  statistica  delle  ferrovie  prus- 
siane, trovo  che  Berlino  è  il  centro  comu- 
ne e  il  punto  di  partenza  della  gran  relè 
delle  strade  ferrate  deinorddai  .'lega  Ber- 
lino con  Amburgo,  la  2."  coll'Annover  e 
Dusseldorf,  la  3.° con  Hallee  Cassel,  e  per 
un  tronco  con  Lipsia,  la  4-n  s'  dirige  all'al- 
ta Slesia  con  uu  tronco  sopra  Cracovia, 
lao.a  segue  a  settentrione  il  corso  dell'O- 
der  sino  a  Stettino,  le  altre  due  linee  van- 
no una  aStrelilz  e  l'altra  a  Brouchergnel 
ducato  di  Posen.  La  lunghezza  comples- 
siva delle  ferrovie  in  esercizio  sul  territo- 
rio prussiano,  era  alla  line  del  1  8  ~o  di 
2915  chilometri  circa,  come  in  Francia. 
Nel  Giornale  di  Roma  del  i85i,a  p.  47° 
si  riporta  la  statistica  e  i  progressi  delle 
ferrovie  negli  stati  tedeschi  de'4  anni  pre- 
cedenti al  i85i.  Alla  line  del  i85o  sui 
1  3,677  chilometri  di  ferrovie  progettate 
per  tutta  Germania,  più  di  85a5  chilo- 
metri erano  in  esercizio  e  1  1  26  in  via  di 
costruzione.  In questecifresi  comprendo* 
no,oltre  le  ferrovie  degli  stati  strettamen- 
te delti  Germanici,  quelle  d'Olanda,  di 
Da  ni  marca  ,de'duca  ti  e  del  le  provincie  au- 
striache estranee  alla  confederazione  ger- 
manica. In  Prussia  lo  stato  evitò  sempre 
ili  prendere  parte  diretta,  sì  alla  costru- 
zione che  all'esercizio  delle  ferrovie,  ben- 
sì incoraggiò  le  compagnie  e  aiutò  in  più 
modi  i  privati.  L'economia  delle  ferrovie 
tedesche  provieue  soprattutto  dal  loro 
stabilimento;  esecondo  le  condizioni  eco- 
nomiche delle  medesime,  il  costo  è  com- 
parativamente meno  elevato  in  Germa- 
nia che  nelle  altre  parti  d'Europa.  Le  vet- 
ture destinate  al  servizio  de'viaggialori  e 
delle  merci  sono  in  Germania  varialissi- 
nie.  Quelle  destinate  a'viaggiatori  somi- 
gliano alle  vetture  delle  ferrovie  francesi 
e  inglesi,  e  qualche  volta  a' vagoni  usati 
iu  America.  Queste  vetture  da  25  a  35 


S  TR  STR  i  57 
pìocli  ili  lunghezza, ponno  contenere  da  70  late.  Nella  meravigliosa  Esposizione  uni- 
ai  20  viaggiatori.  1  vagoni  delle  merci,  in  versale  di  Londra  deli  85  t  nel  palazzo  ili 
genere  d'una  costruzione  leggiera,  ponno  cristallo,  o  fiera  mondiale  incili  furono 
trasportare  circa  1  2  tonnellate,  llservizio  raccolte  le  meraviglie  dell'altee  dell'in- 
de'viaggiatori  si  fa  pure  per  mezzo  di  vet-  gegno  umano,  alcuni  eminenti  ingegneri 
turea6  ruote,  divise  in  6  compartimenti;  esaminati  i  diversi  sistemi  di  freni  per  le 
ogni  compartimento  di  1  .'classe  può  con-  ferrovie,  onde  fermare  i  convogli  esposti 
tenere  8  viaggiatori,  e  quello  di  2.Jclas-  a  disastrose  disgrazie  in  piena  corsa,  la 
sei  o  viaggiatori.  Inoltre  osserverò,  che  la  loro  attenzione  fu  ri  volta  special  meri  te  su- 
Prussia  alla  fìnedeli852  avea  23  ferro-  gli  eccellenti  ordigni  inventalida  Lee, do- 
\ie  in  attivila,  la  cui  lunghezza  era  di  32  5  poi  deplorabili  sinistri  accaduti  sulle  fer- 
niiglia:  in  tale  anno  n'erano  slate  messe  roviedi  Caledonia  e  del  Nord.  Nel  n."  74 
in  attività  5.  Sotto  il  titolo  di  Economia  del  Giornale  di  fioi/iai\e\  1  852  vi  è  lasta  - 
delle  strade  ferrate,  Deli  85 1  ild.rLard-  listica  delle  strade  ferrate  degli  Stati-U- 
ner  pubblicò  un  libro  che  contiene  una  niti dell'America  settentrionale, lodando- 
massa  di  notizie  interessantissime.  Vi  è  u-  si  il  popolo  tanto  attivo  ed  energico  che 
uà  statistica  annuale  delle  differenti  coni-  l'abita,  il  quale  tosto  comprese  i  grandi 
pagnie  delle  ferrovie,  e  degli  accidenti  si-  vantaggi  che  presentavano  le  strade  lèr- 
nistri occorsi  nelle  medesime,av  vertendo-  rate, pel  sollecito  e  facile  trasporto de'pas- 
si  ebe  colui  che  percorre  io  miglia,  non  seggieiie  merci,  in  un  paese  ancora  scar- 
è  esposto  all'evenienze  di  quello  che  ne  samente  popolato, ma  fornito  d'immense 
viaggia  5oo;di  conseguenza, il  numero  de-  risorse  pel  suo  sviluppo;  egli  è  perciò  che 
gl'infortuni i  dev'essere  calcolato  compa-  gli  americani  si  diedero  con  tutto  l'im- 
rati  vilmente  alle  distanze  percorse.  Quin-  pulso  del  massimo  interesse  alla  cosini  - 
di  registra  e  specifica:  accidenti  avvenuti  zinne  delle  ferrovie,  favoriti  dalla  natu- 
per  l'incontro  di  due  treni  56;  per  roltu-  ra  fisica  del  suolo  e  da  altre  circostanze 
ra  di  qualche  asse  o  rota  1  8;  mancanze  al-  straordinarie.  Il  terreno  in  generale  costa 
le  rotaie  1 4;  inciampi  fortuiti  sopra  stia-  poco  o  nulla,  il  legname  da  fabbrica  si  può 
de  3;  detti  a  mezzo  del  passaggio  di  ani-  uvere  quasi  ovunque  a  bassissimo  prez- 
mali  sulla  ferrovia  3;  esplosione  deliaca!-  zo,  e  la  costruzione  delle  vie  ferrate  (ro- 
dala 1;  diversi  5.  Di  più  narra,  che  nel  vò  assai  dirado  gravi  difficoltà  nella  con- 
1849  la  lunghezza  totale  delle  ferrovie  in-  formazione  del  suolo.  In  principio  dell'in- 
glesi era  di  25oo  miglia;  alla  metà  del  troduzione  si  costruì  va  no  per  maggior  sol- 
1 85o,  miglia  63oo.  Dal  3o  giugno  1  848  lecitudine  le  rotaie  di  legno,  bardate  con 
sino  alla  stessa  data  del  1849,  in  cui  fu-  lame  di  ferro,sulle  quali  correvano  le  10- 
rono  aperte  al  commercio  sociale  5ooo  te  de' carri  e  delle  locomotive,  poiché  gli 
leghe  di  ferrate,  il  servizio  fu  preslato  americani  ebbero  in  mira  di  spingere  le 
da  1965  locomotive,  le  quali  percorse-  ferrovie  a  grandi  distanze  per  mettere  in 
ro  complessivamente  durante  tal  periodo  comunicazione  possibilmente  un  maggior 
32,388,589  miglia,  per  conseguenza  cir-  numero  degli  estesi  loro  territori!. Nella 
ca  giornalmente  88,736  miglia.  Il  consu-  medesima  statistica  vi  è  il  prospetto  che 
mo  unito  del  carbon  fossile  in  quell'epo-  indica  in  ogni  anno,  dal  1827  al  1 85 1,  il 
ca  ammontò  a  35  fonti  per  miglio, cioè  successivo  progresso  dell'annua  cosini- 
596,073  tonnellateannuea  1,012,142,000  zionenellemigliaapei  te  in  ogni  stato  del- 
funli.  Ma  toslochè  ogni  1  o  tonnellate  di  l'Unione,  e  nella  metà  deli  85 1  si  trova- 
carbone  danno  7  tonnellate  di  coks,  cos'i  il  vano  in  attività  d'esercizio  una  lunghezza 
totaleconsumodelcarboneimportòpres-  d'110,289  miglia,  costruite  colla  spesa  di 
so  a  poco  3  quarti  di  milione  di  tonnel-  3  06,60  7, 9  54  dollari;  quindi  segue  il  del- 


i58  STR  STR 
tagliodelleferrovieelorodistanze, d'ogni  22  legher/2.  A  Francfort  sul  Meno,  ed 
stato  dell'Unione  americana.  Nello  stesso  a  Lubecca  7  leghe.  L'insieme  di  queste 
Giornale  del  i852,n.°2g8,si  riporta  altra  cifre  dimostra  che  alla  fine  del  18 52  vi  fi- 
statistica  delle ferroviedell'intero mondo,  rano  in  Germania  1 432  leghe  di  ferrovie, 
ascendendo  allora  la  totalità  delle  linee  e  delle  quali  1  1  37  iu  circolazione  e  2q5 
costruite  in  esercizio  sulla  superficie  del  la  in  costruzione;  870  sotto  l'amministrazio- 
terra, in  43,4oo  chilometri,  ovvero  leghe  ne  dello  stato,  e  362  sotto  quella  di  so- 
lo.85o.  Che  in  sole  due  parti  del  uion-  cietà  particolari.  Ad  eccezione  della  via 
doeransi  stabilite,  l'Europa  e  l'America,  ch'è  in  costruzione  nell'Annover,  uiuu'al- 
ancora  non  potendosi  calcolare  quelle  in  tra  grande  costruzione  di  strade  ferrate 
costruzione  al  capo  di  Buona  Speranza  e  avea  luogo  in  Germania  del  nord,  dell  1 
all'istmo  di  Suez.  Il  continente  europeo  quale  la  rete  può  essere  come  quasi  ter- 
ne avea  per  20,42  3  chilometri,  l 'a  meri-  minata. Non  è  così  nella  Germania  del  sud, 
canoir),c)47-Nel  i85o  le  ferrovie  Ica  noe-  ove  in  Austria  e  in  Baviera  una  grande 
si  erano  lunghe  2970  chilometri,  con  cir-  estensione  di  strade  ferrate  era  in  esecu- 
cag5  milioni  di  franchi  d'introiti  per  viag-  zione,  senza  contar  le  linee  delle  quali  era 
gialori  e  mercanzie;  nel  1 85  1  la  lunghez-  decisa  l'impresa.  Non  è  senza  interesse  il 
za  delle  linee  giunseroa  chilometri  33o7,  paragonare  ora  la  celerità  relativa  del  tra- 
gl  introiti  a  107  milioni.  L'aumento  pio-  sporto  delle  truppe  in  Francia,  a  confron- 
gressivo  e  la  continua  attività  delle  ferro-  todiquaudo  Napoleone  I  voleva  trasmet- 
te francesi  si  scorge  ne'  movimenti  delle  tere  più  presto  che  fosse  possibile  la  sua 
grandi  linee:  nel  1 85  1  si  trasportarono  su  armata  nel  Pieno,  e  come  si  pub  effettua- 
quella  del  nord  584,ooo  tonnellate  di  re  oggidì.  Allora  migliaia  di  carri  veniva- 
merci;  nel  i  8  52  tonnellate  799,000;  nel  no  messi  a  disposizione  d'un  treno  di  pò- 
1 8 53  la  spedizione  ascese  a  tonnellate  sta.  Il  cammino  d'un  cavallo  di  trotto  è 
1,177,000.  Nel  principio  del  i852ne-  din  chilometri  l'ora:  di  galoppo  è  di  23 
gli  Stati-Uniti  d'America  si  calcolarono  chilometri.  In  Parigi  alle  corse  del  cani - 
]o,8i4  miglia  di  ferrovie  in  attività  e  pò  di  ÌVIartesi  vede  benespesso  un  caval- 
lo, 8g8incostruzione:èpr.obabile che  pri-  lo  fare  una  media  di  48  chilometri  all'o- 
rna deli  860  avranno  per  lo  meno35,ooo  ra,  ma  (meste  corse  durano  da  io  minu- 
inigliadistradaferratajtantoèl'immenso  tia  un  quarto  d'ora,  mentre  i  vagoni  che 
slancio  che  si  manifesta  negli  americani,  portano  le  truppe  in  una  strada  ferrata 
Nel  18 53  si  contavano  nellostatodiNuova  camminano  per  tutto  un  giorno  con  una 
York  82  società  di  ferrovie  e  per  una  km-  celerità  di  5o  chilometri  l'ora.  Si  sono  va- 
ghezza di  54oo  miglia.  La  spesa  per  esse  dute  locomotive  fare  in  questo  spazio  per- 
fatlafudii  1  o  milioni  disterlini, quella  pel  sinoaioo  chilometri,  velocità  ordinaria 
compimento25  milioni. Ucompletoe  più  de'piceioni  (a  Poste  dissi  come  tali  vola- 
esatto  ragguaglio  di  tutte  le  ferrovie  le-  tili  trasmettevano  i  dispacci.  Nel  declinar 
desche  redatto  neh853j  sommava  nelle  di  luglio  18  54  sei  rondinelle  prese  dal  nido 
seguenti  leghe  tedesche,  ciascuna  delle  loro  a  Parigi, furono  trasportate  mediati- 
quali  è  poco  più  di  due  leghe  francesi.  Iu  te  la  ferrovia  a  Vienna  d'  Austria,  ove 
Austria  207  in  circolazione  ei37  iuco-  fu  posto  sotto  il  loro  ventre  un  piccolo 
stiuzione.  In  Prussia  507,  delle  quali  479  piego  coniot  o  parole,  indi  furono  poste 
in  circolazione  e  28  in  costruzione.  In  Ba-  in  libertà  alle  ore  7  174  antimeridiane. 
vieta  i44-NeH'Assiaelettoralei8. Nel  gran-  Cosa  incredibile:  2  arrivarono  a  Parigi 
ducato  d'Assia  16.  Nel  ducato  di  Bruus-  uu  po'priuiad'uu'ora  pomeridiana;uua  a 
wick  1  6.  Nel  Mecklenburgo20.Nel  duca-  2  ore  e  20  minuti;  un'altra  alle  4;  le  alti  e 
tod'Anhall  3.  Ncll'Holslein  eLauenburg  si  perderono  per  istrada).  Col  passo  or- 


STR  STR  i5c] 
Binario  un  soldatocammina  3  chilometri  fiale  ila  una  pai  le  e  dall'altra  giungei  • 
l'ora,  col  passo  di  corsa  4,  col  passo  acce-  in  Persia.  In  una  statistica  ed&U'Alrna- 
lerato  4  chilometri  e  3/4,  col  passo  di  ca-  nacco  delle  ferrovie  i\e\  t8  "3  si  rileva. Che 
rica  5  chilometri,  il  massimo  6.  I  soldati  iu  Inghilterra  esistono  circa  200  compa- 
romani  con  un  peso  di  5o  chilogrammi,  gnie  di  ferrovie, che  riuniscono  fra  loro  il 
facevano  a  passo  di  corsa  6  chilometri,  cou  capitale  di  9  miliardi, (>q  milioni, c)o6,qo<> 
passo  accelerato  7  chilometri  173.  Il  ca-  fianchi,  di  cui  più  di  6  miliardi  erano 
vallo  di  passo  fa  5  chilometri.  Nel  mare  stati  di  già  impiegati.  In  tal  modo  i  capi- 
tranquillo  il  battello  a  vapore  percorre  in  talisti  per  trovare  nell'impiego  del  loro 
un'ora  dai  Da  22  chilometri.  Bisogna  con-  denaro  il  semplice  interesse  del  5  per  con- 
fessare che  se  la  celerità  de' viaggi  di  ter-  to,  devono  prelevare  5oo  milioni  circa  so- 
ra  e  di  mare  è  accresciuta  a'nostri  gior-  pia  l'introito  delle  strade  di  ferro.  Si  cai- 
ni in  un  modo  straordinario,  era  ancora  colò,  che  in  America  le  ferrovie  costrutte 
grandissima  presso  gli  antichi.  Cesare  fa-  formavano  insieme  34,972  chilometri;  iu 
ce  va  loomigliain  un  gior  no.  Cicerone  par-  llussia  3oay,  di  cui  soltanto  1 027  in  c'ir- 
la d'una  strada  di  56  miglia  percorsa  in  colazione.  Le  ferrovie  si  moltiplicarono 
1  oore  di  notte  con  un  curricolo  di  posta,  tanto  in  alcuni  statiche  in  essi  ormai  qua- 
Tiberio  andando  a  trovare  il  suo  fratello  si  non  vi  sono  più  strade  carrozzabili.  Do- 
Druso,  che  moriva  in  Germania,  fece  200  poche  esse  presero  uno  sviluppo  quasi  gè- 
miglia  in  24  ore,  al  dire  di  Plinio.  Perciò  nerale,  non  mancai  di  parlarne  negli  sta- 
die riguarda  le  circostanze  attuali  si  la  il  ti  e  luoghi  ove  furono  costruite.  Da'  regi- 
seguente  calcolo.  Da  Parigi  a  buda,  ceti-  stri  del  le  ferro  vie  del  18  53  si  ha  che  per  es- 
tro dell'Ungheria,  vie  una  serie  continua  seogni  giorno  arrivano  a  Londra.200,000 
di  strade  ferrate  di  circa  2000  chilome-  persone.  In  generale  essendo  dispendiosi*- 
tri.  Ammettendoche  le  linee  tedesche  sie-  siine,  sia  la  costruzione,  che  la  manuten- 
110  anclie  ben  munite  di  materiale,  come  zione  e  il  servizio,  non  presentano  grilli- 
le principali  linee  francesi,  si  potrehheo-  di  utili  dagl'introiti.  1  disastri,  i  danni,  le 
gni  giorno  con  più  convogli  farpartireda  morti,  le  mulilazioni  sono  frequenti  nel- 
Parigi  2000  uomini,  che  mettessero  un  le  lunghe,  veloci  e  grandi  strade.  Per  tot- 
sol  giorno  ad  andare  a  Buda; ciò  che  in  to  questo,  pel  costume  e  la  morale,  per 
l5 giorni  formerebbe  un'armata di3o,ooo  considerazioni  politico-economiche,  e  per 
uomini.  In  8  010  marcie  questa  truppa  altre  gravi  ragioni  proprie  di  sua  epoca, 
sarebbe  a  Viddino  sul  teatro  della  guer-  Gregorio  XVI  dopo  aver  fatto  esegui  re  le 
ra  che  arde  in  oriente  e  nel  fianco  della  opportune  indagini  da  persone  pratiche  e 
Russia,  secondo  i  calcoli  che  lessi  in  un  coscienziose,  dopo  ripetuti  e  maturi  rifles- 
gioi  -naie. Nel  i.°  trimestre  del  1  853  il  tota-  si,  persuaso  che  difficilmente  si  sarebbero 
le  delie  rendite  delle  ferrovie  francesi  sali  a  potute  ellettuare,  e  che  nel  caso  afferma- 
si ,604,900  franchi.  I  lavori  di  esse dap-  tivo  il  risultato  non  sarebbe  quale  si  spe- 
pertutto  erano  spinti  alacremente,  epres-  rava,  non  le  credè  vantaggiose  allo  stato 
so  Lisieux  alla  Houblonniere  si  dovea  co-  pontificio,  sebbene  come  quello  che  non 
slruire  un  immenso  tunnel.  Anche  laSviz-  avversava  il  buon  progresso,  stabi  lì  le  bar- 
zerasi  risolvette  alla  costruzione  delle  fer-  che  a  vapore  sul  Tevere  e  permise  altre 
rovie;  e  due  linee  di  esse  erano  in  istudio  cose  moderne  che  credè  veramente  uti- 
in  Turchia,  la  1  ."da  Costantinopoli  a  A-  li.  A  volere  riportare  qualche  cenno  sui 
dnanopoli,  ove  si  dividerà  in  parecchi  ra-  soli  accidenti  sinistri  avvenuti  anterioi - 
mi,  la  2.  andrà  da  Gejnlek  ad  Angora;  mente  o  nel  decorso  anno,  e  pubblicati 
più  tardi  la  linea  d'Europa  si  avanzerà  si-  nel  Giornale  di  Roma  del  1 853,  ricor- 
no  a  Belgrado,  e  quella  d'Asia  sino  all'Eu-  deiò,  che  a  p.  3<j  si  legge  il  prospetto  de- 


160  STIl  S  T  11 
gli  accidenti  avvenuti  sulle  ferrovie  in-  Quasi  contemporaneamente  sulla  stratta 
glesi  dal  i$47  n'  i85i,  dal  quale  risul-  ferrata  del  Lancashire  fu  fatto  l'esperi- 
ta in  totale  die  tra  331,041,053  viag-  mento  d'un  nuovo  apparecchio,  col  qua- 
giatori,  ne  morirono  r  o4f)  e  ne  restarono  le  si  ponno  facilmente  fermare  i  convogli 
feriti  127  3.  Fatte  diverse  distinzioni,  si  nella  loro  più  rapida  corsa.  Due  convogli 
restrinse  il  numero  de' viaggiatori  mor-  lanciali  a  forza  eguale  sono  stali  fermati, 
ti  a  14.2,  quello  de'feriti  a  882;  quanto  a-  uno  col  metodo  antico  coll'opera  di  due 
gl'impiegati,  173  morti  e  1  38  feriti.  Si  persone  sopra  800  metri  di  spazio;  l'al- 
aggi unge,  che  la  sera  de'7  gennaio! 853  tro  col  nuovo  da  un  sul  uomo  sopra  uno 
spaventevole  caso  avvenne  a  Oxford,  nel-  spazio  dii38  metri.  Tuttavolla  lessi  nel 
la  strada  ferrata  di  Nord  ovest:  due  con-  Giornale  dì  Roma  del  i854>  cne  ne'  'u* 
vogli  carichi,  l'uno  di  passeggieri  con  \  glio  sulla  strada  ferrata  di  Susquehanna, 
vagoni,  l'altro  di  carbon  fossile, si  urta-  fra  Baltimora  e  Havre  de  Grace,  duecon- 
10110  di  fronte  a  più  d'un  mezzo  miglio  vogli  s'incontrarono  mentre  percorreva- 
dalla  città,  ad  onta  che  il  telegrafi  avea  no  4^  miglia  all'ora,  ed  in  questa  collisio- 
avvisato  la  partenza  del  treno  di  carbone  ne  perirono  29  persone  e3q  rimasero  gra- 
da Islip.  Le  due  locomotive  s'incontrai  o-  veniente  ferite.  Il  n."i  10  di  detto  Gior- 
no correndo  a  gran  velocità  ed  a  tutta  naie,  dà  conto  dell'  opera  del  citato  d.r 
forza  di  vapore;  io  vagoni  si  disviarono  Lanlner,  The museum  ofseience  ad  art, 
dalle  rotaie,  ed  il  fuoco  si  sparse  in  tutti  nella  quale  si  trovano  erudite  notizie  in- 
i  sensi,  restando  l'intera  linea  coperta  dai  torno  alle  ferrovie,  e  al  numero  de'fata- 
fra rnmenti  delle  locomotive  e  de'tenders.  li  disastri  che  avvengono  nelle  medesime. 
I  vagoni  e  i  corpi  umani  confusi  insieme,  Un  tragitto  di  1  00  miglia,  che  fatto  col- 
composero  una  massa  informe:  uno  dei  la  valigia  inglese  costava  52  scellini,  col- 
meccanici  fu  ucciso,  e  il  suo  corpoorrihil-  la  ferrovia  non  ne  co^ta  che  20  perlai.'1 
mente  laceratojparecchi  viaggiatori  rima-  classe,  ei  1  perla2.a  La  celerità  media  del- 
sero  uccisi,  e  un  gran  numero  feriti  gra-  le  vetture  eradi  7  miglia  e  mezzo  all'ora, 
vissimamente.  A  p.  55  si  riportano  irag-  cioèi  3  ore  e  20  minuti  per  100  miglia. 
gitagli  della  terribilecatastrofe,perlaqua-  Per  la  medesima  distanza,  la  strada  fer- 
ie si  fece  rigorosa  inchiesta.  Duegiovinet-  rata  non  vi  occupa  che  3  ovvero  5  ore, 
ti  furono  i  soli  che  per  miracolo  restaro-  e  spesso  anche  meno.  Il  d.r  Lardner  agi- 
no  illesi,  da  un  vagone  fatto  in  pezzi.  Ad  ta  la  questione,  se  sia  vero  che  nelle  stra- 
evitarè  questi  tremendi  disastri,  si  studiò  de  ferrate  avvengano  disgrazie  più  che  in 
il  modo  per  impedirli  con  laboriose  licer-  vetture.  Egli  dice,  che  per  calcolare  i  casi 
rhe,e  con  qualche  risultato. Nel  declinare  di  disgrazia  non  basta  paragonare  il  nu- 
rlel  1 853  da  Praigneau  operaio  meccani-  mero  de'viaggiatori  morti  0  feriti,  col  nu- 
co  della  ferrovia  da  Bordeaux  a  Baiona,  mero  totale  de'viaggiatori  inscritti.  Que- 
si  annunziò  la  scoperta  d'  un'ingegnosa  sto  confronto  suppone  l'ipotesi  che  ogni 
invenzione  per  garantire  infallibilmente  viaggiatore  corra  l'istesso  rischio,  qualun- 
ngni  scontro  di  convoglio  nelle  ferrovie:  que  sia  la  distanza  che  percorre.  Il  rischio 
l'agentediessaè  l'elettricità.  Fanuovise-  è  in  proporzione  colla  distanza  percorsa, 
gni  d'avviso  o  di  allarme  a  700  metri  di  ed  un  viaggiatore  che  fa  1  00  chilometri, 
distanza  per  mezzo  di  curve  e  di  tunnel,  è  naturalmente  esposto  10  volte  quante 
e  pone  i  conduttori  de'treni  in  movimeli-  chi  non  ne  fa  che  io.  Onde  i  rischi  bisogna 
to  sulle  linee  della  strada  ferrata  per  di-  calcolarli  dalla  distanza  percorsa  e  non 
minuire  il  moto  e  liberarsi  a  tempo.  Gli  dal  numero  de'  viaggiatori.  Durante  gli 
esperimenti  fatti  nella  suddetta  ferrovia  anni  1 85 1  e  i852  in  Inghilterra  il  totale 
riuscirono  nel  modo  il  più  soddisfacente,  delle  distanze  percorse  fu  di  due  miliar- 


s  t  n 

di,  282  milioni,  752,756  miglia:  il  clie 
è  lo  stesso,  comese  altrettanti  milioni  di 
viaggiatori  avessero  percorsa  la  distanza 
di  imi  miglio.  Secondo  questa  base  si  cal- 
cola, che  sopra  un  milione  di  viaggiato- 
ri percorrenti  una  distanza  di  1 00  miglia, 
3  ve  ne  sono  d'uccisi:  i  casi  di  sicurezza 
sono  adunque  per  ciascuno  nella  propor- 
zione di  un  milione  contro  3.  Si  calcola 
inoltre  che  fra  questo  numero  vi  sono 
presso  a  poco  2 5  feriti,  cioè  4°, 000  con- 
tro uno.  Qui  non  si  tratta  che  di  sempli- 
ci viaggiatori, non  degl'impiegatisulle  fer- 
rovie e  pi ù  esposti  a  infortuni!.  Ma  anche 
la  locomozione  per  via  di  terra  è  feconda 
didisgrazie,oltrechèil  viaggiatore  è  espo- 
sto allo  spoglio  de'ladri  e  degli  assassini. 
Ciò  che  ha  contribuito  a  gettare  sfavore 
sulle  disgrazie  delle  ferrovie,  si  è  che  in 
generale  esse  menano  rumore  più  delle 
altre,  e  che  sono  quasi  sempre  disgrazie 
collettizie.  Una  sola  battaglia  fa  natural- 
mente parlare  più  che  20  scaramucce. 
In  Italia  il  i.° sovrano  che  v'introdus- 
se le  strade  ferrate  nel  1  837  fu  Ferdinan- 
do II  re  delle  due  Sicilie,  come  notai  in 
quell'articolo;  come  pure  pel  1 .°  fece  ese- 
guire in  Italia  i  ponti  di  ferro  sospesi  sui 
fiumi.  Quando  furono  introdottenegli  al- 
tri stati  italiani,  e  per  quali  strade,  lo  ri- 
portai ne'loroarticoli  e  in  quelli  di  molte 
città  d'  Italia.  L'  Osservatore  Romano 
deli852,nel  n.°i 65  riprodusse  il  novero 
delle  ferrovie  in  pieno  esercizio  in  Italia, 
e  la  maggior  parte  già  da  molti  anni,  col- 
le seguenti  linee  di  lunghezza  raggua- 
gliate a  chilometri.  Da  Torino  per  Asti 
e  Alessandria,  Novi  e  Arquata  123;  da 
Milano  per  Camerlata  presso  Como  /p5 
da  Milano  a  Treviglio  33;  da  Mantova 
a  Verona  36;  da  Venezia  per  Padova  e 
Vicenza  a  Veronal  18;  da  Treviso  a  Me- 
stre 20;  da  Firenze  a  Pisa  e  Livorno  1  1  o; 
da  Pisa  a  Lucca  e  Pescia  46;  da  Firen- 
ze per  Prato  a  Pistoia  35;  da  Empoli  a 
Siena  68;  da  Napoli  a  Nocera  col  braccio 
per  Castellamare  4 5;  da  Napoli  a  Capua 
44;  totale  chilometri  725.  Si  potrebbero 
vol.  ix\. 


STR  1 6  f 

a  queste  linee  di  ferrovie  aggiungere  quel- 
le ch'erano  vicine  a  essere  compiute;  e 
per  dir  solo  del  Piemonte,  io  avanzatis- 
sima costruzionea  spese  dello  stato,  0  che 
stavano  per  cominciarsi  in  basi  di  conces- 
sioni convenute,  nel  1  8  J2  esse  erano:  da 
Arquata  a  Genova  chilometri  4';  da  A- 
lessandriaa  Novara  63;  da  Torino  a  No- 
vara q3;  ila  Torino  a  Susa  52;  da  To- 
rino a  Cuneo  80;  da  Mortara  a  Vigeva- 
no! 3;  da  Bra  a  Cavallermaggioret  3:  to- 
tale chilometri  355.  Vi  è  pure  la  ferro- 
via del  Tirolo  per  la  Carintia,  che  può 
dirsi  lai.* e  la  più  importante  pel  com- 
mercio di  tutta  Italia  co!  resto  d'Euro- 
pa. Trovo  nel  n.04"2  del  Giornale  di  Ro- 
ma del  i854,  in  data  del  Messaggere  di 
Modena,  la  notizia,  che  approvati  già  re- 
golarmente i  progetti  tecnici  della  stra- 
da ferrata  dell'Italia  centrategli  assuntori 
della  medesima,  a  norma  del  convenuto, 
ponevano  mano  nel  febbraio  ad  incomin- 
ciarne i  lavori.  Questi  per  lo  stato  Esten- 
se vennero  intrapresi  presso Rubiera  sul- 
la sinistra  della  Secchia  presso  s. Ilario  al- 
la diritta  dell'Enza,  dalle  quali  due  loca- 
lità si  avvierantio,  seguendo  il  già  effet- 
tuato tracciamento,  inverso Pieggio.  Più 
tardi  potrà  estendersi  il  lavoro  anche  dal- 
la sponda  destra  della  Secchia,  e  proce- 
dere nella  direzione  di  Modena,  capita- 
le de'medesimi  stati  Estensi.  L'esecuzio- 
ne dell'opera,  com'è  naturale,  bisogna  che 
proceda  di  pari  passo  coli'  espropriazio- 
ne de'  terreni  soggetti  alla  occupazione 
della  strada,  ed  egualmente  agi' intra* 
prenditori  necessita  di  predisporre  quan- 
to è  d'uopo  per  ben  dirigere  un'impre- 
sa di  s'i  vasta  estensione.  Quindi  il  lavo- 
ro non  potrà  che  gradatamente  raggiun- 
gere le  necessarie  dimensioni  e  prende- 
re il  massimo  sviluppo.  Appena  troveras- 
si  sufficientemente  avanzatala  formazio- 
nedell'arsme  stradale,  verrà  dato  cornin- 
ciamento  alle  molte  opere  murane,  che 
indipendentemente  dai  grandi  ponti  e 
dalle  stazioni,  devonsi  eseguire  lungo  il 
piano  della  strada,  e  in  queste  potrà  Irò- 
1  1 


162                   STB  STR 
var  collocamento  anco  quella  classe  dì  gli  stati  pontificii, notai  nell'articolo  Pio 
opero i  dedicata  a  quel  genere  di  lavoro.  IX,  die  questo  Papa  nell'agosto  1846  i- 
Quindi  la  Gazzetta  di  Milano  dichiarò  stilili  la  commissione  consultiva  per   la 
in  aprile  le  notizie  concernenti  i  lavori  costruzione  delle  strade  ferrate,  onde  in- 
iniziati  sudiversi  tronchi  della  strada  fcr-  tradurle  ne' domimi  pontifìcii,  fatta  poi 
rata  dell'Italia  cenlrale,clie  suonano  co-  direttrice.  Il  n.°  90  del  Diario  di  Roma 
sì.  Nel  ducalo  di  Parma  e  Piacenza  i  la-  del  1  846  riporta  la  notificazione  de' 7  no- 
vori  sono  stati  incominciati  e  proseguo-  vembre  del  cardinal  Gizzi  segretario  di 
no  alacremente  in  vicinanza  del  Taro  ;  stato,  colla  quale  si  dichiara,  the  veduta 
nel  lineato  di  Modenasi  lavora  con  4200  la  relazione  di  delta  commissióne  depu - 
uomini  dall'Enza  aReggio, essendo  com-  tata  a  preparare  le  norme  fondamentali 
pilo  l'argine  stradale;  dalla  Secchia  ver-  per  la  concessione  delle  ferrovie,  d'oidi 
so  Reggio  lavorano  2"joo  uomini.  iNella  ne  del  Papa  pubblicava  in  5  articoli  le 
Toscana  sono  intrapresi  con  600  uomi-  prese  risoluzioni.  Riprodurlo  le  pei  nei- 
ni  i  lavori  della  grande  galleria  dell'A-  pali.Lelineeche  ilgovernopontificiocon- 
pennino. Questo  fervore  di  lavoro, in  lem-  sidera  come  di  principale  importanza,  e 
pi  difficili,  fa  onore  a 'governi  e  alle  ini-  delle  quali  autorizza  perciò  l'esecuzione, 
prese  impegnate  in  quelle  grandi  opere,  sono:  1.  Quella  che  da  lì  orna  per  la  vai- 
Finalmente  leggo  nel  Monitore  losca-  le  del  Sacco  mette  al  conline  napoletano 
no  de'i  7  aprile  1  854'!  decreto  del  gran-  presso  Ceprano.  2.  Quella  che  congiun- 
duca,erichiamandoquellode' 1  4gennaio  gè  a  Roma  il  Porto  d'Anzio.  3.  Quella 
i85i,  col  quale  concesse  al  consiglio  di  da  Roma  a  Civitavecchia  (nel  voi.  LIV, 
costruzioneeamministrazionedella  stia-  p.  200  feci  parola  del  progetto  di  stra- 
da ferrata  centrale  Toscana  la  facoltà  di  de  ferrale  da  Roma  a  Ponto  d'Anzio,  e 
eseguire  gli  studi  per  proseguile  la  sua  da  Civitavecchia  ad  Ancona,  per  riunire 
linea  sino  al  confine  toscano,  stabili  che  la  comunicazione  tra 'due  mari  Adirati- 
la società  della  ferrovia  centrale  toscana  co  e  Mediterraneo).  4-  Quella  che  daRo- 
resta  autorizzata  a  costruire  e  attivare  ma,  correndo  i  luoghi  più  popolosi  del- 
nel  suo  interesse,  ed  a  sue  spese,  rischio  l'Umbria,com'è  principalmente  Foligno 
e  pericolo,  uua  strada  a  ruotaie  di  ferro,  e  la  valledel  fiume  Potenza,  mette  in  An- 
che da  Siena  si  diriga  perla  valle  di  Chia-  cona;  e  quindi  da  Ancona  a  Bologna,  se- 
na verso  il  confine  pontificio,  fino  a  im-  guendo  le  Iraccie  della  via  Flaminia  E- 
hoccare  uella  strada  ferrata  Aretina  sot-  milia.Cbe  la  costruzione  di  queste  nuo- 
to le  prescrizioni,  condizioni  e  dichiara-  ve  strade  si  commetterà  alla  privata in- 
zioni  contenute  ne'capitoli  dalla  mede-  dustria  di  compagnie  rappresentate  da 
sima  accettali, e  dal  granduca  approvati  sudditi  pontificii,  le  quali  per  essere  ap- 
e  pubblicati  nel  medesimo  Monitore.  Che  provale  dovranno  insieme  colla  doman- 
trasporli  di  viaggiatori  e  di  merci  sulla  da  presentare  le  descrizioni  delle  linee  , 
strada  non  potranno  essere  fatti  che  dal-  le  informazioni  arlistico-economiche,  la 
la  società,  alla  quale  è  conferito  il  diritto  determinazione  del  tempo,  la  cauzione  a 
di  percepirne  il  prezzo  pen5o  anni  per  favore  specialmente  de'proprielari  le  cui 
tuttala  linea  da  Empoli  sino  al  suo  allac-  terre  fossero  occupate  o  patissero  danno, 
ciamento  cou  l'Aretina;  dopo  i  quali  1  5o  l'esposizione  de'  mezzi  onde  condurre 
anni  il  real  governo  toscano  entrerà  nel  l'impresa.  Si  promise  che  il  governo   si 
pieno  possesso  e  godimento  di  tutta   la  riservava  prendere  in  considerazione  la 
strada  e  delle  opere  accessorie  alla  me-  linea  da  Foligno  verso   Perugia  e  Città 
desima  ne'modi  e  condizioni  convenuti,  di  Castello  per  la  valle  del  Tevere,  ean- 
QuantoaU'inttoduzionedellefeiTOviene-  che  altre  linee  di  comunicazione  codi  sta- 


STR  S  T  II  iG3 
li  vicinijcclie  sarebbe  premiato  con  me-  R-ggio,  edi  colà  per  Modena  é  Bologna, 
chiglia  d'oro  di  scudi  IOOO,  chi  indiche-  a  Pistoia  oa  Prato.  Nello  stesso  articolo 
rà  il  passaggio  più  facile  e  meno  costoso  e  nel  settembre  i85i  riportai  la  ponti  - 
tra  l'Umbria  e  le  .Marche.  Nelle  Notizie  fìcia  autorizzazione  al  ministro  de'lavo- 
tìcl  Giorno  di  Roma  del  1847,  n.°34,  si  ri  pubblici,  a  procedere  alla  preKmina- 
dice  come  il  Papa  Pio  IX  a'2i  agosto  re  concessione  del  tronco  di  stradu  fer- 
approvò  la  grande  impresa  delle  strade  rata  da  Roma  ad  Ancona,  colle  norme  e 
(errate  a  fui  ina  della  deliberazione  adot-  cautele  convenienti.  Ma  nel  n.°  27-  del 
tata  da'ministri  sotto  la  presidenza  del  Giornale  di  Roma  dell  8  32  si  dice:  Dap. 
cardinal 'Ferretti  segretario  di  stato.  Nel  poiché  le  trattative  iniziate  dal  governo 
supplemento  poi  del  n.  6q  del  Diario  di  pontificio  con  varie  compagnie  d'intra- 
Roma  de!  1  84-7,  si  pubblicò  il  rapporto  premienti  per  la  costruzione  della  man- 
che la  commissione  consultiva  delle  slra-  de  strada  ferrata  da  Roma  a  Bologna  per 
de  ferrate  avea  umilialo  al  Papa,  e  pel  Ancona  non  sortirono  il  bramato  effetto, 
qiialefuronoconcesseduehnee,cioèqueb  per  essersi  riconosciute  inaccettabili  le 
la  da  Roma  al  confine  napoletano  presso  condizioni  richieste  dalle  dette  coinpa- 
Ceprano,  e  l'altra  per  la  grande  linea  da  gnie;  quindi  essendo  il  Papa  animato  dal 
Roma  a  Bologna  e  sino  al  confine  di  Mo-  desiderio  di  promuovere  nel  più  eflicace 
dena,co'modi  come  fu  condotto  l'affare,  modo  l'esecuzione  d'un' opera  invocata 
e  le  ragioni  che  ne  determinarono  la  con-  con  tanti  e  ripetuti  desiderii  da  alcune  pò- 
cessione  alle  società.  Le  compagnie  de-  polazioni  dello  stato  ecclesiastico, appro- 
liberatane  erano  due, cioè  una  per  linea,  vò  che  venissero  intrapresi  gh  studi  tee 
le  (piali  complessivamente  avrebbero  da-  nici  dell'intera  linea,  per  conoscere  e  sta- 
to al  governo  pontificio  una  doppia  g,\-  bilire  il  costo  e  l'entità  dell'impresa,  da- 
ranzia,  per  gli  studi  preventivi  e  per  la  to  essenziale  da  aversi  in  vista  nelle  trat- 
sicurezza  de'lavori. Queste  garanziesom-  tativedi  future  concessioni.  A  tale  effetto 
movano  scudi  92,000  lai. a,  ed  un  mi-  il  ministro  de' lavori  pubblici  trovò  op- 
lione  ei  00,000  scudi  la  2. n,  ambedue  o  portuno,  che  questo  primo  studio  veuis- 
in  consolidato  o  in  effettivo  contante.  A  se  diretto  da  un  ingegnere  pratico  e  va- 
Porta  Maggiore  narrai  che  da  essa  u-  lente  in  questo  ramo  di  pubblica costru- 
scirà  la  strada  ferrata  Pia-Latina,  così  zione. Fu  perciò  presceltoa  direttore  l'iu- 
chiamata daH'omonimasocietàcheneco-  gegnere  di  poiitiestradc  di  Francia  cav. 
minciò  la  costruzione, in  seguito  delle  or  Michel,  il  quale  si  pose  subito  nell'otto- 
dinanze  ministeriali  del  novembre  1  84()  bre  in  viaggio  con  un  ingegnere  pontifì- 
e  giugno  i85o;  accennai  che  il  suo  an-  ciò,  per  una  generale  ispezione  dell'in- 
(lamento  dovrebbe  essere  per  Frascati,  tera  linea,  e  per  tracciare  1'  andameuto 
Marino, A  lbano,Velletri,  FrosinoueeCe-  delle  livellazioni.  Racconta  la  Civiltà  cai 
prano,  e  dichiarai  quali  lavori  eransi  fatti  tolica,  t.  1,  p.  124  della  1.'  serie,  che  il 
sino  a'primi  del  i852.  Al  citato  articolo  Papa  nell'accogliere  benignamente  icon- 
P10IX  enei  giugnoi85i  registrai  la  con-  sultori  delle  proviueie,  richiamò  la  loro 
venzione  approvala  dal  Papa  e  già  con-  attenzione  sopra  due  oggetti  precipui: 
elusa  dal  cardinal  Antonelli  pro  segreta-  cioè  l'estinzione  della  carta  moneta,  eie 
rio  distato  co'plenipolenziari  d'Austria,  strade  ferrate,aggiungendo  che  in  quanto 
Modena,  Parma  e  Toscana,  per  la  costru-  al  togliere  la  prima  si  sarebbe  forse  tro- 
zione  delle  linee  di  ferrovia  che  per  una  vato  il  modo  di  raggiungere  lo  scopo  con 
parte  debbasi  da  Piacenza  dirigere  per  qualche  sagrifizio  (e  lo  raggiunse  con  sua 
Parma  e  R.eggio,  e  per  1'  altra  slaccan-  gloria  nel  dicembre  1 854);  ma  che  ravvi- 
dosi  da  Mantova  proceda  egualmente  a  sava  ben  difficile  di  farcailrettauto  circa 


i  (34  s  T  R 

le  strade  ferrate,  a  motivo  dell'intrapre- 
sa clie  non  poteva  non  riconoscere  gigan- 
tesca, avuto  riguardo  alla  condizione  at- 
tuale dello  stato  pontilìcio.  Il  n.°  \i  del 
Giornale  di  Roma  del  1 853  riprodusse 
la  notificazione  de'16  febbraio  di  mg.1' 
Grassellini  commissario  pontificiostraor- 
dinario  per  le  4  legazioni  e  pro  legalo  di 
Bologna,  colla  quale  rese  nota  la  desti- 
nazione del  cav.  Michel  a  fare  gli  studi 
tecnici  per  la  ferrovia  da  Peonia  a  Bolo- 
gna per  Ancona, eche  avendoli  intrapre- 
si nella  parte  montaua  dello  slato,  ben 
presto  sarebbero  anche  seguiti  nel  bo- 
lognese. Pertanto  invitò  le  autorità  go- 
vernative e  municipali  della  provincia, 
non  che  i  proprietari  della  medesima,  a 
cooperare  agli  sludi  del  cav.  Michel  e  de- 
gl'ingegneri a  lui  dati  in  aiuto,  con  va- 
lida assistenza,  per  le  livellazioni  e  altri 
rilievi  geodetici  che  dovranno  intrapren- 
dersi nelle  private  proprietà, promelten- 
do  compensi  a  chi  ne  fosse  danneggiato. 
Appreudo  dal  n.°  268  del  Giornale  di 
Roma  del  i853  de'^5  novembre,  che  i 
lavori  della  strada  ferrata  Pia-Latina  fu- 
rono ripresi  attivamente.  Che  una  nuo- 
va società  avea  assunto  di  proseguire  sì 
importante  impresa,  pagando  a  quella 
che  intitola  vasi  dal  nome  della  strada  tut- 
ti i  diritti  che  vi  poteva  avere,  e  com- 
prando anche  il  materiale,  ch'era  stato  di 
già  provvedutoci  aggiunge, che  là  gran- 
de attività  che  si  manifestava  nel  prose- 
guire i  lavori,  ch'erano  rimasti  per  tanto 
tempo  interrotti,  facevano  sperare  che  la 
ferrovia  sarebbe  proseguita  sino  a  Vel- 
lelri,e  col  tempo  congiungersi  con  quella 
del  regno  delle  due  Sicilie.  Annunzia  il 
n.  43  del  Giornale  di  Roma  de'22  feb- 
braio i854  in  data  di  Bologna,  essersi 
posto  mano  nel  tratto  della  provincia  al 
gran  lavoro  della  via  ferrata  centrale  i- 
taliana,  e  ciò  per  le  cure  dc'sunnominati 
governi  contraenti,  e  le  premure  della 
società  concessionaria,  non  che  perla  no- 
bile deferenza  degli  espropriati,  i  quali 
benché  non  compitele  preliminari  ope- 


STR 

razioni  di  espropriazione,  dicrono  opera 
ai  grandi  lavori  per  la  formazione  <lcl- 
l'argine  stradale,  a  sollecitare  la  deside- 
rata impresa.  Quindi  alla  sinistra  del  Re- 
no e  al  di  sotto  del  ponte,  in  direzione  di 
Castelfranco  e  di  Modena,  procedeva  a- 
lacremente  la  costruzione  della  strada,ed 
a'Ia  vori  di  terra  succederebbero  le  costru- 
zioni murarie  occorrenti  al  compimento 
dell'  importante  linea  d'  internazionale 
congiungimento. Notificò  il  n.53delGior- 
nale  di  Roma  de'6  marzo  1 854,  cne  'e 
ferrovie  dello  stato  pontificio  occupava- 
no la  più  seria  attenzione  del  Papa;  che 
le  trattative  per  la  concessione  delle  di- 
verselinee  erano  inoltrate,  e  vi  era  a  spe- 
rare pieno  successo,  proseguendosi  frat- 
tanto la  linea  già  concessa  da  Pioma  ver- 
so Frascati  e  il  confine  napoletano.  Che 
il  commend.  Jacobini  ministro  de'lavori 
pubblici,  col  prof.  Bettocchi  ingegnere 
pontificio  e  commissario  tecnico  delle 
strade  ferrate,col  cav.Hartingue  ingegne- 
re direttore  di  delta  ferrovia,  e  con  De 
Vitry  amministratore  della  società,  era- 
si recato  a  visitale  ed  esaminate  i  lavori 
che  si  eseguivano  nel  tratto  da  Roma  a 
Frascati,  percorrendo  quello  da  Roma  a 
Ciampino,  presso  il  quale  luogo  farà  se- 
guito una  galleria  sotterranea,  che  nel 
procinto  d'essere  incominciata  traverse- 
rà la  collina  di  lai  nome. Finalmente  rin- 
vengo nel  n.°gy  del  Giornale  di  Roma 
de'28  aprile i854,  la  protesta  del  mini- 
stro de'lavori  pubblici  e  del  cardinal  An- 
tonelli  qual  presidente  del  consiglio  dei 
ministri,  contro  il  conte  Rampon,a  cui 
per  una  società  da  lui  rappresentata  era 
stata  concessa  la  strada  ferrata  da  Roma 
a  Civitavecchia  a'20  dicembre  1 853,  es- 
serne decaduto  per  non  avere  aumenta- 
to il  deposito  di  scudi  20,000  a'pattuiti 
100,000  ;  e  siccome  il  coute  era  stato 
rimborsalo  da  Thil,  e  perciò  riconosciu- 
to questi  dal  governo  pontificio  cornea 
lui  sostituito  colle  medesime  condizioni, 
ma  non  avendo  neppure  il  Tini  comple- 
tato il  convenuto  deposito,  fu  auch'egli 


STR 
dichiaralo  decaduto  dalla  promessa  con- 
cessione preliminare  di  detta  ferrovia,  e 
perciò  restare  il  governo  uella  sua  piena 
libertà  di  azione,  ed  assoluto  proprieta- 
rio dei  scudi  20,000  a  seconda  de'palli. 
Molti  scrissero  sulle  ferrovie,  fra'quali  i 
seguenti.  Mac- Adam,  Primo  elemento  di 
forza  commerciale,  ossia  nuovo  metodo 
di  cosimi re  le  strade  ferrate , Napoli  1826. 
Pillet  Will,  De  la  depense  et  du  prò- 
duit  des  canaux  et  des  ckernins  de  fert 
Paris  1837.  Biot,  L'architetto  delle  stra- 
de/errate, Milano  1828.  Ferrier,  Ma- 
miei  ti u  voyageur  sur  le  chetnin  de  fer 
Zfe/g^Bruxelles  1  84  1  Peti tli, Delle  stra- 
de ferra  le  italiane  e  del  migliore  ordina- 
mento diesse, Capolago  1 84 5.  A vv. Carlo 
Mon  li,  Studio  topografico  intorno  alla  pài 
breve  congiunzione  stradale j cai  due  ma- 
ri nell'alta  Italia  mercè  un  varco  esisten- 
te nel  tronco  settentrionale  dell' Spenni- 
no, J/ewon'rt,  Bologna  i84>-  Corsi,  Ra- 
gion civile  delle  strade  ferrate  in  Italia, 
Torino  1846.  Coinmend.  Angelo  Galli, 
Sull'opportunità  delle  strade  fer  rate  nel- 
lo stalo  pontifìcio  ,  e  sui  metodi  per  a- 
dottarle,  Romai84*J.  Altri  autori  si  leg- 
gono nel  1. 1  3,  p.  267  òe\Y  A Ibum  di  Ro- 
ma. Anche  le  strade  ferrate  si  vollero  in- 
augurare e  santificare  colle  benedizio- 
ni e  riti  della  Chiesa:  ne  riprodurrò  al- 
cuni esempi  tra'più  solenui  eseguiti  dai 
vescovi,  i  quali  pronunziarono  analoghi 
eloquenti  discorsi,  di  cui  riporterò  alcu- 
ni brani,  dichiarando  che  l'uomo  tutto 
deve  riconoscere  da  Dio,  e  tutto  riferire 
alla  sua  benigna  provvidenza,  che  con 
questo  portentoso  mezzo  facilita  la  dif- 
fusione rapida  del  vangelo  nelle  più  re- 
mote regioni.  Il  u.°  1  09  del  Giornale  di 
Roma  del  1  85 1  contiene  il  discorso  di 
mg.r  Lodovico  Pie  vescovo  di  Poitiers, 
pronunziato  al  l'i  natigli  razione  del  la  stra- 
da ferrata  di  quella  città. Disse  essere  sta- 
to già  due  volte  chiamato  a  benedire  so- 
lennemente in  nome  di  Dio  queste  ma- 
guilìche  creazioui  della  scienza  e  dell'in- 
dustria moderna.   Si  tratta  di  riferire  a 


STR  r  65 

Dio  la  gloria  delleoperepiù sorprendenti 
dello  spirito  umano,edi  ottenere  per  esso 
il  concorso  necessario  della  sua  costante 
protezione.  In  questo  momento, soggiun- 
se,credo  vedere  ciòche  il  mondo  lui  di  più 
granile,  la  potenza,  il  coraggio  e  il  genio 
inchinarsi  avanti  a  Dioche  li  ha  creati, 
e  dirgli  per  bocca  vostra, o  signori:  Noi 
siamo  opera  vostra:  siete  voi  dieci  ave- 
te fatti,  e  non  ci  siamo  fatti  di  noi  slessi. 
Siete  voi  che  avete  messo  sotto  i  nostri 
piedi  tutta  la  creazione,  che  ne  ha  inse- 
gnato a  piegarla  a'nostri  usi.  Tutte  le  o- 
pere  del  Signore  benediranno  lui!  E  (pie- 
stofuocoequesto  vapore,  solcandoli  glo- 
bo, proclamino  iu  mezzo  a'popoli  mera- 
vigliati la  gloria  del  suo  nome.  M  ijSigno- 
ri,  ciascuna  delle  conseguenze  dell'  no- 
mo porta  con  se  pericoli  proporzionati  ai 
vantaggi  eallegioie  ch'egli  se  ne  promet- 
te. Accelerando  il  moto,  e  cancellando 
gli  spazi,  voi  vi  siete  forse  avvicinati  al 
termine  fatale  in  cui  ogni  moto  cessa  e 
si  arresta.  Conducendo  nelle  vostre  ma- 
ni il  vapore,  dandogli  una  forza  che  do- 
ma tulli  gli  ostacoli,  voi  avete  posto  pres- 
so di  voi  un  focolare  terribile  d'esplo- 
sione e  di  morte.  Dio  ha  voluto  cos'i,  af- 
finchè la  creatura,  in  veced'inorgoglirsi, 
si  sentisse  più  dipendente  dal  cielo,  a  mi- 
sura che  ella  vieppiù  distendesse  il  suo 
impero  sulla  terra,  e  che  l'uomo  provas- 
se il  bisogno  della  preghiera  in  propor- 
zione anche  dell'accrescimento  della  sua 
potenza.  Perciò, signori,  permettetemi  di 
dirvelo,  noi  che  portiamo  il  peso  delle  a- 
ni  me,e  che  nell'esercizio  delle  nostre  fun- 
zioni sante  non  sapremmo  fare  un  pas- 
so senza  la  preghiera,  noi  pregheremo 
allesso  con  emozione,  e  il  dovere  c'ispi- 
rerà di  piegar  sovente  per  questi  uomini 
vigilanti  e  laboriosi  che  anch'  essi  han- 
no cura  delle  anime  alla  loro  maniera. 
Perocchèio  veldomando,osignori, quan- 
do voi  prendete  posto  in  questo  veicolo 
infiammato,  e  confidate  la  vostra  vita  a 
questi  cavalli  di  fuoco,come parla  laScrit- 
tura, non  peusatc  voi  con  ispavenloa  que- 


1 66  S  T  R 

Sta  guida  che,  tenendo  nelle  sue  mani  re- 
clini  rovenli,diviene,con  rischio  delia  vi  tu 
sua  propria  ,il  depositario  d'interessi  così 
preziosi  e  sì  molteplici,  che  il  solo  pen- 
siero ci  fa  fremere  ?  11  minimo  oblio,  la 
minima  disattenzione,  e  migliaia  d'ani- 
me,cbe  non  vi  sono  preparate,  ponno es- 
sere immerse  nel  lutto  e  nella  dispera- 
zione. Ah  !  in  presenza  della  debolezza  li- 
mona alle  prese  in  tal  guisa  eolle  forze 
ciechedella  natura,  è  questo  il  caso  d'im- 
plora re  la  provvidenza  celeste,  e  di  do 
mandare  a  Dio  che  il  suo  occhio,  cui  nulla 
sfugge,  ed  il  suo  braccio  cui  nulla  resiste, 
diligano  sempre  e  suppliscano, occorren- 
do, l'occhio  ed  il  braccio  della  sua  debo- 
le creatura....  Riporta  il  n,°244  del  det- 
to Giornale  la  narrazione  dell'inaugu- 
razione della  ferrovia  da  Venezia  a  Tre- 
viso, seguita  a' i  4  ottobre,  dicendo  che 
le  due  macchine  che  tragittarono  il  con- 
voglio erano  parate  a  festa,  con  all'ingi- 
1*0  ghii  lande  e  festoni  di  variopinte  da- 
lie, e  lo  stemma  imperiale  dinanzi,  esso 
pure  vestito  di  vaghissimi  fiori  all'intor- 
no. Grandiosa  è  la  stazione  di  Treviso, 
ove  un  20,000  persone  aspettavano  an- 
siose il  sopraggiungere  del  convoglio  col- 
le autorità,  il  governatore  militare  di  Ve- 
nezia cav.  GorzkoAvski,  il  cav.  Negrelli 
direttore  superiore  delle  strade  ferrate 
e  telegrafi,  della  banda  militare, ed  al  suo 
arrivo  il  giubilo  di  tutti  fu  indicibile.  A 
destra  dell'altare  appositamente  eretto, 
sopra  cospicuo  seggio  sedeva  mg.1-  Anto- 
nio Farina  vescovo  di  Treviso  in  abiti 
pontificali, cii 'condato  da'sacerdùti  co'sa- 
gri  ornamenti.  11  vescovo  esordì  il  suo 
discorso  lodando  l'utilissima  fra  le  mo- 
del neinvenzioni  deilospirito  umano,eon 
tulle  le  sottili  industrie,  onde  venne  per- 
fezionato oggidì.  Chi  secoli  addietro  sa 
lebbesi  mai  figurato  un'  intera  contra- 
da, la  quale  movesse,  un  esercito,  il  qua 
le  volasse,  un  fondaco,  un  emporio,  un 
mei  calo, il  quale  battesse  il  remeggio  del- 
le ali?  lo,  esclama  il  Signore,  m'inter- 
nerò nelle  viscere  del  fuoco,  e  dal  vapore 


S  T  R 

dell'acqua  tirerò  meraviglie.  Sul  fuoco 
e  sull'acqua  io  metterò  magistero,  ed  ac- 
qua e  fuoco  e  ferro  formeranno  sgabello 
a'miei  piedi.  Arguì  quindi  il  prelato  un 
ordine  nuovo  di  cose,  ne  salutò  un'era 
seconda. Come  la  polvere  mutò  l'arte  del 
guerreggia  re,il  vapore  così  stamperà  non 
più  visti  argomenti  di  riforme  e  di  traf- 
fico. Fortunate  le  genti  a  cui  metteran- 
no capo  lestradedi  ferro. Là  movimento, 
splendore,  dovizia.  E  il  primo  raggio  di 
questa  luce  vivissima  lampeggia  sul  tuo 
cielo,  o  Trevigi.  La  relè  fu  lesa.  Le  città 
della  Venezia  e  le  Lombarde  contigue 
oggimai  li  salutano.  Stende  il  golfo  la  ma- 
no, e  vengono  seco  le  isole  Jonie  e  le  co- 
ste della  Marinara  e  dell'Arcipelago.  Il 
commercio  è  la  vita  del  mondo.  Eserci- 
ta egli  sul  corpo  sociale  il  medesimo  of- 
ficio del  sangue  sul  materiale.  Ma  se  il 
commercio  è  sangue,  le  strade  sono  sue 
vene.  E  qui  il  vescovo  sfoggiò  una  pom- 
pa di  erudizione  biblica,  attingendo  alle 
sagre  pagine  i  passi  più  splendidi,  che  iu 
modo  ora  semplice,  ora  mistico,  sotto 
questo  rispetto  vi  occorrono.  La  provvi- 
denza ordì  la  sua  tela.  I  carri  sono  guar- 
niti,! traini  apprestati, in  lunghissime  fi- 
le divorano  l'arringo;  già  salpano  i  legni 
dal  Bosforo;  le  vaporiere  già  volano  dal- 
l'ultimo Atlantico  e  qua  sull'estuario  si 
calano.  La  donna  dell'Adria,  a  nuova  fe- 
sta venuta  per  dono  di  Cesare,  a  noi  si 
protende  e  abbraccia  la  minore  sorella 
del  Sile,  ed  esso  placido  e  terso  manda  i 
vagoni  all'  Adige  fratello,  ed  al  Mincio. 
Ma  guai  a  chi  abbandona  i  diritti  sentieri! 
guai  a  chi  straviasi!  Se  Dio  non  fissa  il  suo 
dito,  lo  sforzo  dell'uomo  si  stempera  al 
vento  ....  Precitate  le  preci  che  assegna 
\c  Chiesa  nell'occasione  per  simili  riti,  il 
vescovo  benedì  la  macchina  e  le  spran- 
ghe del  ferrato  sentiero.  Dopo  la  di  vota 
ceremonia,  il  municipio  convitò i  5o  pò» 
veri,  ed  ebbero  luogo  solenni  dimostra- 
zioni di  pubblica  gioia.  Neln.°i^2  del- 
l'Osservatore Romano  del  ì  852  fu  pub- 
blicato il  discorso  pronunziato  nel  mese  di 


S  T  R 

luglio  da  in"/  Andrea  Raesi  vescovo  di 
Strasburgo, prima  della  benedùionedelle 
locomotive nell'inaugurazione  della  ferro- 
via, alla  presenza  del  presidente  della  re- 
pubblica francese,  oggi  imperatore  Napo- 
leone III.  Incominciò  con  dire:  Mentre  l'uo- 
mo datoa'calcoli  dell'interesse  ed  a'piace- 
ride'sensi  non  vede  in  queste  meravigliose 
invenzioni  dell'  industria  di  cui  il  nostro 
«ecolo  con  ragione  s'inorgoglisce,  che  i 
mezzi  ili  accrescere  le  sue  ricchezze  e  di 
estendere  il  cerchio  desimi  godimenti;  il 
cristiano  illuminalo  dalla  fede  poita  più 
in  alto  le  sue  mire  ed  i  suoi  pensieri,  e 
in  questi  concepimenti  del  genio  umano 
vede  i  mezzi  di  cui  Dio  si  serve  per  com- 
pire i  suoi  disegni  sui  popoli  e  per  con- 
durre gli  uomini  a'  loro  immortali  de- 
stini.... Non  pensiamo, che  la  Provviden- 
za resti  estranea  a  questo  prodigioso  svi- 
luppo dell'industria  moderna,  a  queste 
sorprendenti  scoperteched  genio  più  va- 
sto e  più  , udito  non  avrebbe  osato  5o  an- 
ni sono  di  prevedere.  Non  pensiamo  che 
un  Dio  saggio  e  buono    non   seppia  far 
servire  al  trionfo  del  la  verità  quell'ardo- 
re per  gl'interessi  materiali  che  agita  e 
tormenta  oggi  il  mondo.  Se  l'industria 
toglie  le  distanze, se  spezza  le  barriere  che 
il  tempo  e  lo  spazio  oppongono  alle  sue 
creazioni,  apre  anche  una  via  più  rapida 
epiù  largaa'di\  ini  insegnamenti  del  vau 
gelo:  essa  fi  disparire   le  frontiere,  di- 
strugge i  limiti  che  separano  i  popoli, per 
non  farne  che  una  sola  e  stessa  famiglia, 
unita  oella  carità  e  nella  pratica  delle  vir- 
tù cristiane....  Ebbene!  l'industria  sten 
da  dunque  e  moltiplichi  le  sue  lamine  ili 
ferro,  inviluppi  il  globo  come  di  una  im- 
mensa rete,  domi  il  fuoco  e  il  vapore  per 
dare  a'suoi  trasporti  la  rapidità  del  ful- 
mine; che  farà  essa?  Senza  saperlo  con- 
correrà al  compimento  delle  volontà  di- 
vine, favorirà  la  predicazione  del  vange- 
lo, gli  angeli  di  pace  saliranno  con  lei  so- 
pra i  suoi  rapidi  carri,  la  seguiranno  fi- 
no ne'climi  remoti  per  portare  a' loro  a- 
bitanti  la  buona  nuova  di  salute,  e  fati* 


STR  167 

care  alla  consumazione  di  questa  gran- 
de unità,  che  Cristo,  la  vigilia  della  sua 
morte,  domandava  a  suo  padre  come  il 
prezzodelle  sue  opere  e  de'suoi  patimen- 
ti. Benedite  dunque,  o  mio  Dio,  questa 
nuova  strada,  la  quale  apresi   oggi  alla 
propagazione  della  verità,  ed  alla  pro- 
sperità del  paese,  e  che  la  scienza  unita 
alla  fede  vuol  porre  sotto  la  vostra  pro- 
tezione. Beueditequesli  uomini  che  li  in- 
no faticato  con  lauta  intelligenza  e  divo- 
zione a  dotare  la  Francia  d'una  nuova 
sorgente  di  ricchezze,i  quali  dopo  aver  da- 
to sì  magnifiche  prove  della  potenza  del 
loro  genio,  ci  d  inno  in  questo  momento 
un  segno  così  commovente  di  loro  pietà, 
implorando  sulla  loro  opera  la  benedi- 
zione della  Chiesa.  Benedite  tutti  quelli 
che  si  affideranno  a  queste  formulabili 
macchine,  per  superare  la  distanza  e  di  - 
vorace  lo  spazio;  preservateli  da  tutti  gli 
accidenti  che  potrebbero  divenire  fune- 
sti al  loro  corpo  e  soprattutto  alla  loro 
anima.  Non  permettete  che  gl'interessi 
del  tempo  facciano  loro  mai  dimentica- 
re gl'interessi  dell'eternità.  Finalmente 
il  n.°ic)6del  Giornale  di  Roma  deli  853 
descrive  la  solenne  benedizione  della  sta- 
zione della  ferrovia  da  Bordeaux,  a  Pa- 
rigi, eseguita  a' 17  agosto  nella  prima  dal 
suo  arci  vescovo  cardinal  Francesco  Don- 
net.  Alberi  veneziani, bandiere  orili  mi- 
me decora  vano  l'ingresso  del  monumen- 
to, ed  il  recinto  era  pure  riccamente  or- 
nato per  la  sagra  ceremoma,  ed  in  fondo 
si  elevò  l'altare:  il  clero  e  l'autorità  eb- 
bero luoghi  a  parte.  Il  cardinale  fece  la 
sua  entrata  proceSsionalmeute  nella  sta- 
zione: dopo  il  canto  del  Magnificate  al- 
tre preghiere,  tre  locomotive  maestosa- 
mente «'avanzarono  sino  all'altare,  orna- 
te di  bandiere  e  ghirlande,  e  successiva- 
mente furono  benedette  dal  cardinale,  il 
quale  sceso  poi  dall'altare  fece  il  primo 
giro  della  stazione  per  ispargere  l'acqua 
benedetta  sui  muri  dell'edilizio,  ormai 
consagrato  dalla  religione.  Indi  ritorna- 
to il  cardinale  al  suo  posto,  le  barriere 


168  STR 

esteriori  della  stazione  si  aprirono  per 
accogliere  un'immensa  popolazione  avi- 
da d'udir  la  voce  del  suo  i .°  pastore.  Il 
discorso  fu  pieno  di  dolcezza  e  di  l'orza. 
Il  cardinale  dichiarò  ch'era  la  3.J  volta 
die  veniva  a  benedire  1'  opera  meravi- 
gliosa di  cui  raccontò  i  successi  svilup- 
pati dal  genio  dell'uomo  protetto  da  Dio. 
Aggiunse  terminando  che  la  ferrovia  di 
Parigi  avea  già  ricevuto  una  prima  be- 
nedizione, alludendo  alle  somme  testé 
dispensate  dagli  amministratori  di  que- 
st'impresa a'poveri,  e  finì  dicendo,  che 
l'elemosina  e  la  preghiera  apportereb- 
bero felicità.  Finito  il  discorso  il  cardi- 
nale intuonò  il  Te  Dettili,  ripetuto  in  co- 
ro dal  suo  corteggio.  L'ordine  e  il  racco- 
glimento accompagnarono  la  solennità. 
Stretta  relazione  colle  strade  ferrate  ha 
la  telegrafia, come  quella  ch'egualmente 
ravvicina  le  più  grandi  distanze,  e  per 
essere  slata  altresì  applicata  al  servigio 
delle  ferrovie.  Non  si  può  abbastanza 
comprendere  questo  sistema  di  corri- 
spondenza rapidissima,  cui  i  fili  metalli- 
ci trasmettono  scambievolmente  le  noti- 
zie commerciali,  domestiche  e  politiche, 
colla  celerilà  del  lampo. Le  corde  elettro- 
telegrafiche  sotto-marine  attestano,  co- 
me nemmeno  il  mare  può  oggi  fermare 
la  rapida,anzi  istantanea  trasmissione  del 
pensiero  umano. Vado  a  darne  un  cenno. 
Il  eh.  Rambelli,  Lettere  intorno  inven- 
zioni e  scoperte  italiane,  ci  diede  la  letf. 
4i:  Telegrafo.  Telegrafo  elettro -magne- 
tico. Riferisce  che  il  p.  Paolo  Casali  ge- 
suita in  un  suo  libretto  stampato  verso 
la  metàdel  iGoocol  titolo  di  Tromba  par- 
lante, fu  ili.°a  dare  un'idea  del  Telegra- 
foj  ed  il  p.  Carlo  Borgo  di  Vicenza,  nel- 
l'opera, Analisi  ed  esame  ragionato  del- 
l'arte della  fortificazione  e  difesa  delle, 
piazze,  fra  altre  sottili  invenzioni  diede 
pur  quella  della  Cifra  parlante,  che  imi- 
ta esattamente  il  telegrafo  dopo  lui  mes- 
so in  voga;  mentre  la  Francia  non  ne  vi- 
de i  primi  esperimenti  che  nel  1  79 1 ,  e  ai 
22  marzo  lycjaClaudioChappe  li  prese  a- 


6  T  li. 

tò  al  governo  come  proprio  trovalo.  Scor- 
gendolo utilissimo,  gli  uomini  presero  ben 
tosto  a  giovarsene;  ma  riuscendo  inetto 
l'uso  in  tempo  di  notte  e  ne'giorni  neb- 
biosi, e  vedendosi  che  pubblici  n'erano  i 
segnali,  che  non  potevano  darsi  senza  ri- 
petizioni richiedenti  assai  tempo,  venne- 
ro in  desiderio  di  migliorarlo,  e  non  po- 
chi Io  tentarono  in  vari  tempi.  E  poiché 
colla  forza  del  vapore  si  pervenne  a  rav- 
vicinare immense  distanze,  il  desiderio  di 
recare  perfezione  nel  telegrafo  crebbe  a 
dismisura;  ma  de'mezzi  proposti  taluno 
non  venne  praticato,  tale  altro  a  piccoli 
e  non  ben  dimostrati  tentativi  si  conten- 
ne. Era  riservalo  all'Italia  raggiungere 
questa  meta,  e  Luigi  Magrini  professore 
eli  fisica  a  Venezia  ,  datosi  a  investigare 
il  modo  di  superare  quanto  a  ciò  si  op- 
poneva, pervenne  ad  iuventare  un  inge- 
gno,chepiù  pronto  d'un  prontissimo  pen- 
siero, trasmettesse  da  luogo  a  luogo  an- 
che lontanissimo  gli  umani  concetti.  Il 
mezzo  di  cui  si  vale  è  l'elettricità, e  la  fon- 
te onde  la  trae  è  la  pila  elettrica  scoper- 
ta sul  principio  del  1800  da  Alessandro 
Volta  (di  che  Io  stesso  Rambelli  tratta 
nella  lett.  1  S-.Scoper/e  di  Alessandro  Fol- 
ta j  che  inoltre  nella  lett.  ig:  Macchine 
a  vapore,  celebra  il  romano  ingegnere  ar- 
chitetto Giovanni  Branca, come  il  i.°che 
insegnò  di  usare  la  forza  del  vapore  per 
muovere  le  macchine,  dal  qual  bel  tro- 
vato tante  utili  applicazioni  si  fecero  ai 
tempi  nostri,  e  per  cui  a  tanta  gloria  sa- 
lirono Watt,  Perkins  ealtri.  Branca  stam- 
pò l'opera  Le  macchine,  ec.  in  Roma  nel 
\6iq.  Riconobbe  la  priorità  dell'inven- 
zione anche  R.  Stuart  nell'Istoria  descrit- 
tiva delle  macchine  a  vapore.  Altre  glo- 
rie italiane  1'  encomiato  Rambelli  riferì 
nella  leti.  85:  Elettricità).  Altri  prima  di 
lui  erano  ricorsi  alla  pila  Voltaica  ,  nel 
medesimo  scopo,  ma  eravi  un  obbietto 
che  pareva  insuperabile,  e  vittoriosamen- 
te fu  superato  dal  Magrini  con  ripetuti  e- 
spei  ime  11  ti  di  sua  importante  scoperta, pel 
telegrafo  elettro- magnetico  di  tacile  uso, 


STR 
che  spiegò  nellasua  opero  stampala  in  Ve- 
nezia: Telegrafo  tlellro -magnetico  pra- 
ticabile a  grandi  disianze  ,  immaginato 
ed  eseguito  da  Luigi  AJagr  ini. NeW  appen- 
dice, con  pieno  trionfo  rivendica  a  se  la 
priori  tàdi  quest'invenzione  contrasta  tagli 
da'professori  Weastone,Steinlieil  eGauss 
di  Gottinga;  il  i  ,°de'quali, com'è  voce.sa- 
ìebbesi  dato  a  costruire  sullo  stesso  prin- 
cipio una  linea  telegrafica  fra  Liverpool 
e  Londra  sotto  le  rotaie  della  strada  di 
fèrro.  Che  se  ciò  fòsse,  il  grande  esperi* 
mento  del  celebre  inglese  verrebbe  a  raf- 
fermare i  trovati  e  le  teorie  dell'italiano 
Magrini.  11  nome  di  Telegrafo  fu  dato  a 
questo  strumento  daChappe,chelo  forino 
delle  due  voci  greche  lontano  e  scrivere. 
E  da  vedersi  sul  telegrafo  :  Dell'  origine 
e  progresso  dell'arte,  telegrafica,  studio 
tecnico  storico  di  Alessandro  Bellotti  ,ì\Y\- 
lano  i  844-  ■■  celebre  Davy  all'ermo  che  la 
pila  di  Volta  è  all'incremento  della  fisica 
e  della  chimica,  quello  che  fu  alla  storia 
naturale  e  all'astronomia  il  microscopio  e 
il  telescopio.  Il  Missirini  stampò,  che  la 
portentosa  pila  rinnovò  tutto  l'ordinedel- 
le  scienze,  e  le  promosse  quanto  dalla  bus- 
sola fu  promossa  la  navigazione,  ogni  ra- 
mo di  sapere  dalla  stampa,  e  dal  vapore 
la  pubblica  economia.  A  p.608  del  Gior- 
nale di  Roma  i  852  vi  è  un  erudito  ai  ti- 
coloinlitolato:L'£/e//r/coe/aP//rtr///>'o/- 
ta.  Vi  si  tratta  pure  della  grande  e  for- 
tuita scoperta  di  Galvani:  da  quel  giorno 
la  scienza  dell'elettricità  fu  uu  perpetuo 
commento  del  meraviglioso  apparato  di 
Volta.  A  p.  83  i  del  Giornale  di  Roma 
del  i  854  v'  e  un  interessante  articolo  so- 
pra una  nuova  gloria  italiana  del  geno- 
vese d.r  Agostino  Carosio,  per  un'iuveu- 
zione  che  può  destare  una  rivoluzione  nel 
mondo  scientifico  e  industriale.  Si  tratta 
nientemeno  di  detronizzare  il  vapore, me- 
diante la  pila  idrodinamica,  la  quale  pro- 
duce indefiuitivamente  la  forza  motrice. 
INon  consuma  che  quanto  produce  colla 
propria  forza,non  è  soggetta  alle  resisten- 
2e,uouhunèlespese  uè  i  pericoli  del  com- 


STR  169 

bustibile.  A  Poste  pontificie  celebrai  la 
mirabile  invenzione  de'telegrafi, rilevan- 
do la  superiorità  degli  elettrici,  da'qua- 

li  si  ottiene  l'intento  anche  di  notte  e  iu 
tempo  burrascoso, e  che  dubbiamo  a  Oer- 
sted e  Arago,  dopo  la  scoperta  della  famo- 
sa pila  latta  dall'italiano  Volta  di  Como'(e 
del  quale  dissi  le  nuove  applicazioni  che 
vogliousi  tentare,  perchè  l'elettricità,  co- 
me il  vapore,  opereranno  altri  portenti, 
dopo  quanto  fece  conoscere  l'altro  italia- 
no Galvani);  e  indicai  i  segnali  usali  da- 
gli antichi,  massime  sulle  Torri  {?.).  Nel 
1  853  in  Roma  fu  stampata  la  Descrizio- 
ne, istorica  teoretica  pratica  del  telegra- 
fo elettro- magnetico  e  di  tulli  i  suoidiver* 
si  apparati, composta  da  Giacomo  ILiib- 
scher  e  munita  di  /\i  figure,  diverse  so- 
pra 1 4  tavole.  L'autore  ha  cercato  di  l'are 
una  compendiosa  esposizione  della  storia 
della  meravigliosa  telegrafia  in  genere, e 
del  telegrafo  elettro-magnetico  in  parti- 
colare, e  di  dare  una  dettagliata  descri- 
zione leoretico-pratica  di  quest'  ultimo, 
de'suoi  diversi  apparali  e  della  maniera 
di  trasmettere  il  pensiero  in  diversi  punti, 
ed  a  grandissima  distanza  e  quasi  istan- 
taneamente. Egli  dice,  che  il  telegrafò  in 
generale  è  quell'apparecchio,  col  (piale  si 
è  capace  di  far  trasmettere  le  proprie  i- 
dee  da  un  luogo  all'altro  in  diverse  con- 
siderabili distanze  e  in  brevissimo  spa- 
zio di  tempo,  cosa  che  riesce  per  le  vie 
ordinarie  assolutamente  impossibile.  Ec- 
co perchè  quest'apparecchio  viene  chia- 
ma to,e  con  ragione,  Telegrafo, cioè  lo  scri- 
vano in  lontananza,  laonde  all'articolo 
Stampa  dissi  che  vi  è  il  telegrafo  stam- 
patore. Nel  Monitore  Romano  del  1849 
a  p.  378, si  descrive  il  telegrafo  stampan- 
te di  Pret,  co'metodi  e  apparecchi  per  la 
trasmissione  de'dispacci  usati  finora  nel- 
l'antico e  nel  nuovo  mondo.  Della  mac- 
china che  scrive,  la  citata  Descrizione  ne 
tratta  nel  cap.  1  1.  L'arte  però  che  deci- 
fera  (delle  cifre  parlai  a  Scrittila  arte) 
i  segni  prodotti  per  apparalo  meccanico, 
ottico,  elettrico,  magnetico,  0  elettro-ma- 


170  S  T  il 

guetico,  e  li  trasmette  ad  un  2.0  luogo  con 
tale  velocità,  viene  chiamala  Telegrafia. 
La  telegrafìa  allora  saia  giunta  alla  sua 
perfezione,  ed  avrà  sciolto  il  suo  proble- 
ma, (piando  le  sarà  possibile  di  superare 
gli  ostacoli  della  grande  distanza,  del  tem- 
po, delia  nebbia,  della  stagione,  atmosfe- 
ra, temperatura  qualunque  essa  sia,  e  ili 
sottoporla  all'ingegno  e  alla  volontà  del- 
l'uomo, in  una  parola,  ili  poter  comuni- 
rare  i  suoi  pensieri  ad  un  2."  luogo  a  qua- 
lunqueora  del  giorno,  ilella  notte,  a  qua- 
lunque distanza,  ed  in  qualunque  tempo, 
colla  sveltezza  e  sicurtà,  come  se  ambe- 
due le  parti  corrispondenti  parlassero  per- 
sonalmente insieme.  Benché  tutloeiòsem- 
bri  enigmatico,  tuttavia  egli  è  riuscito  al- 
lo studio,  alla  diligenza  e  allo  spirito  del- 
l'uomo a'oostri  giorni  di  fai  lo  mediante  il 
savio  uso  del  la  natura  e  delle  sue  forze.  Il 
progresso  in  questa  scienza  è  sì  rapido,  e 
per  riguardo  degli  apparati  elettro-ma- 
gnetici e  meccanici  sì  avanzato,cbea  modo 
di  dire*  come  dichiara  Hubscher,un  bam- 
bino di  6  o  7  anni,  un  fanciullo  che  altro 
non  abbia  appreso  se  non  leggere  e  scri- 
vere, è  bastantemente  capace  di  parteci- 
pare dispacci  ad  altre  stazioni  telegrafi- 
che; dice  stazioni,  perchè  uou  ad  una  so- 
la, ma  bensì  a  5, 10,20,  e  quasi  contem- 
poraneamente e  senza  il  minimo  soccor- 
so de'corrispoudenli  nelle  stazioni  inter- 
medie: lutto  questo  può  eseguire  un  fan- 
ciullo contine  parole  di  spiegazione,  sen- 
za aver  prima  inteso  nominare,  molto 
meno  veduto  qualsiasi  apparato  telegra- 
fico. Moltissima  specie  di  telegrafi  finora 
sono  stati  prodotti,  i  quali  però  tutti,  da 
che  esiste  la  telegrafia  elettro-magnetica, 
furono  posti  in  dimenticanza, perciò  Hùb  • 
scher  nel  suo  opuscolo  appellali  ricordò, 
a  motivo  e  come  di  cose  non  più.  a  [«pro- 
vate dal  progresso  del  nostro  secolo.  L'u- 
so de'telegrali  si  stende  fino  a  4^o  anni 
avanti  la  nostra  era.  Allora  si  servivano 
del  lume  mediaute  un  corrispondente  nu- 
mero di  fiaccole,  colle  quali  combinava- 
no l'alfabeto,  lu  appresso  si  fece  uso  de- 


S  T  R 

gli  «pecchi,  e  mediante  essi  deYaggi  del 
sole;  si  adoperò  anche  il  fosfòro  e  la  cal- 
ce infuocata,  onde  provocare  un  riflesso, 
con  cui  mantenere  la  corrispondenza.  11 
suono  venne  pur  esso  applicato  in  diverse 
maniere.  Nel  1  j^\)  impiegò  Chappe  il  te- 
lescopio da  una  parte,e  dall'altra  un  rego- 
latore con  diverse  braccia  nere,  nere  per 
renderle  visibilia  maggior  distauza,essen- 
do  già  noto  che  il  nero  contrasta  il  più 
con  l'orizzonte.  Dopo  Chappe  nel  1  tqG 
Gaus  compose  un  eliotropo  consistente  in 
1 5  specchi, il  cui  riflesso  dal  lume  del  so- 
le all'occhio  non  armato  era  visibile  alla 
distanza  fino  di  3o  e  più  miglia  romane, 
esi  otteneva  la  corrispondenza  (neutre  or 
l'uno,  or  l'altro  degli  specchi  si  cuopriva 
con  delle  particelle.  Dopo  Gaus  furono 
\  illalongue,Gonon  e  Treutler  principal- 
mente, che  si  distinsero  nella  telegrafia 
ottica.  Ma  a  lutti  questi  era  inerente  l'in- 
comodo, che  in  tempo  nebbioso  non  vi 
era  modo  di  poter  provocare  l'intelligen- 
za. L'esperienze  con  l'elettricità  ottenuta 
collostropicciamento, solleva  vano  più  in- 
teresse, e  promettevano  maggior  vantag- 
gio. Quindi  Hùbscher  passa  successiva- 
mente a  trattare  dell'elettricità, forza  gal- 
vanica, galvanismo  esua  origine;  della  co- 
lonna di  Volta  e  suo  eiFetto  in  generale; 
dell' elettro-magnetismo,  ossia  l'effetto 
della  corrente  galvanica,  parte  la  più  es- 
senziale dell'odierno  telegrafo,  che  chia- 
masi apparizione  enigmatica,  la  quale  vie- 
ne provocata  dalla  corrente  elettrica  sul 
ferro,  facendogli  acquistare  rigorosamen- 
te il  magnetismo,  ovvero  dandogli  tem- 
poraneamente, oppure  costantemente  la 
proprietà  di  attirare  altro  ferro,  come  se 
fosse  una  vera  calamita.  All'istante  chesul 
filo  pillare,  che  inviluppa  una  verga  di 
ferro,  trascorrela  correnteelettrica,  il  fer- 
ro diventa  calamita,  e  perde  tale  proprie- 
tà tosto  che  la  corrente  elettrica  cessa  di 
circolare  per  tale  filo.  Di  questa  scoperta 
si  è  debitori  al  fisico  Ampère, che  nel  1820 
s'occupò  principalmente  uell'  esaminare 
Iauatura  eia  differenza  tra  il  galvanismo 


SIR  STR                   171 
e  il  magnetismo,  lodi  Hiibscher  ragiona  legrafo  elettromagnetico  di  Morse,  del- 
delle  6  diverse  batterie,  oltre  la  colonna  la  macchina  che  scrive,  de'segni  combi- 
di  Volta  che  non  è  praticabile  ne'telegra-  nati  come  ne  fa  uso  la  Svizzera,  de'segni 
fi,  le  altre  essendolo.  Del  filo  conduttore  combinati  come  ne  fa  uso  la  Lombardia, 
o  telegrafico,  distinguendosi  3  specie  di  del  relais,  del  tasto;  delle  batterie  di  co- 
conduttori  telegrafici:  il  conduttore  sopra  municazkmejlocale  e  deiris  veglia  tore.Del 
Ja  terra,estesoneiraria,che  perciò  è  pure  traslatore  o  del  relais  a  contatto  doppio, 
chiamato  filo  aereo }  il  conduttore  sotto  Del  telegrafo  di  Sloehrer  ,  ultimamente 
la  terra,  o  il  conduttore  di  giitla-percha  venuto  in  uso  in  baviera  e  in  Sassonia, 
(o  gultata-au,  come  i  dotti  dicono  diesi  e  fondato  sull'appaiato  di  Morse.  Delle 
dovrebbe  chiama  re  la  miglior  qualità  del-  regole  per  la  congiunzione  degli  appara- 
la gomma,  essendo  una  stoffa  preparata  li.  Spiegazione  de'di  versi  fili  conduttori. 
col  succo  d'un  albero:  prima  del  1  844  il  Della  congiunzione  del  tasto  col  relais,coI- 
suo  uomeera  incognito  al  comtuercioeu-  la  macchina  che  seri  ve  e  collebalteriere- 
ropeo,  quindi  ne  fece  col  conduttore  lai/  Iati  ve;  congiunzione  degli  apparali  di  due 
piova   il   prussiano  Siemens  nel   i8'i'-,  stazionigli  tre  stazioni  fra  loro,  di  tre  sta- 
laonde  rapido  fu  lo  sviluppo  di   questo  zioni  col  cambio  di  linea,  di  due  trasla- 
nuovo  commercio,  e  proveniente  eia  Ja-  tori,  d'un  bureau  con  de'lraslatori.  Ter* 
va,  Singapore  e  Malacca  nell'Indie, dalla  mina  l'opuscolo  ili  Hiibscher  coll'appeu- 
Cina  e  altrove);  e  quello  detto  il  condut-  dice,  che  a  dimostrare  l'utilità  eia  bel- 
iovesolare.  Siccome  i  conduttori  aerei  so*  lezza  del  ritrovato  di  produrre  dell'elei- 
no  esposti  alla  malignità  de'caltivi,  che  trico,  dove  e  quando  si  vuole,  non  che  di 
ponno romperli,  non  che  all'influenze  at-  provare  il  gran  progresso  o  la  perfezione 
niosferiche,  ad  esitare  tultociò  si  pensò  alla  quale  siamo  giunti  nella  telegrafìa  e- 
dicondurreilfilotelegraficoinvisibilmen-  lettrice,  >i  riproducono  3  aiticeli  estratti 
te  all'occhio  o  sotto  la  terra,  inviluppai»-  dai  giornali.  Adunque  dicesi  che  a  Loo- 
dosi  i  conduttori  di  gotta  percha  per  ri-  dia  si  fece  l'importante  scoperta  d'appli- 
pararli  dall'umidità  e  dal  contatto  della  care  la  corrente  elettrica  alla  produzione 
terra;  ma  in  alcuni  luoghi  alterandosi  la  della  luce  e  alla  fabbricazione  de'  colori. 
gotta-perche, si  dovè  distendere  il  Ilio  nel-  CheGiuseppeGiovanniTremeschin  di  Vi- 
l'ariane!  Lombardo- Veneto  e  in  Prussia,  cenza  artista  meccanico  dimorante  a  Scio, 
Ragionato  Hiibscher  delie  regole  gene-  neli8j2  immaginò  una  macchina  pel  te- 
lali per  l'erezione  delle  liuee  telegrafi  die  legrafo  elettrico  a  trasmissione  segreta,  lo- 
e  de'condutfori  secondari,  spiega  alcuni  data  come  preziosa  scoperta.  Chein  Lon- 
apparatì,  co'quali  l'elettricità  viene  caos-  dia   apertasi   comunicazione    telegrafica 
baia  in  forza  meccanica,  cioè  di  Lesage  con  Brusselles,  il  messaggio  fu  trasmesso 
che  nel  1774  costruì  un  telegrafo  di  24  in  due  minuti  e  cinquanta  secondi,  e  al 
fili,  di  Lomond  neh  787,  di  Reisser  nel  termine  d' uti  tempo  eguale  fu  risposto. 
1 794»  di  Raonellneli  8  1  5,  di  Soemering  Iu  altra  trasmissione  telegrafica  aBrusseN 
nel  1  8o7,di  Schweigger,  di  Ampère  e  La  les,  per  la  domanda  e  la  risposta  furono 
Place  neli820,  di  Schilling  nel  1  820,  di  impiegati  soli  trentotto  secondi!  Lai. aap- 
Steinheil  nel  1837,  di  Bain  nel  1  840,  di  plieazione  della  elettricità  alia  corrispon- 
W  ìieatstone  nel  1842,  di  Bréguetad  al-  denza  telegrafica  già  era  stala  fatta  nel 
fabeto  e  applicato  su  linee  telegrafiche  di  maggio  deli845  sulla  strada  da  Parigi  a 
Francia,  Germania,  Sardegna,  Toscana,  Uouen.  Dopo  7  anni  ,  nella    Francia  su 
ee.,  ed  è  basato  sul  principio  dell'elettro-  tutti  i  punti  si  contavano  più  di  3o  uffici 
■Daglielo,  o  della  calamita  temporanea,  che  porgevano  al  pubblico  la  facoltà  di 
provocata  dalla  correnteeletlrica.  Delle  corrispondere,  da  un'  estremità  all'altra 


172  STR  STR 
del  paese,conpari  rapidità  e  certezza.  A  p-  nella  circonferenza  conteneva  le  lettere 
plicata  al  servizio  delle  strade  ferrate,  la  corrispondenti.  Era  questa  tutta  la  mac- 
corrispondenza  elettrica  fece  tosto  un  ini-  china  da  stampare.  Una  leggerissima  coro- 
menso  progresso.  Mercè  di  queste  cotnu-  mozione  elettrica  basta  per  regolare  il  ino- 
nica/.ioui,  assai  più  rapide  del  vapore  i-  vimeato  della  ruota;  e  nel  momento  in 
Messo,  la  regolarità  de'couvogli  e  la  sicu-  cui  ciascun  tasto  è  premutola  lettera  cor- 
rezza  de'viaggiatori  si  trovarono  accerta-  rispondente  s'imprime  all'estremo  oppo- 
teyper  la  facilità  di  ovviare  al  maggior  uu-  sto,  mentre  che  contemporaneamente  un 
iiiero  de'sinistri  che  ponno  risultare  da  si  campanello  avverte  l'uomo  incaricato  di 
formidabili  mezzi  di  trasporto. Ma  ponen-  raccogliere  la  notizia.  Le  comunicazioni 
dola  telegrafia  elettrica  a  disposizione  del  si  stampano  su  d'una  striscia  di  carta  d'il- 
mthblico,  il  governo  francese  dotò  il  pae-  limitata  lunghezza,  e  che  si  può  tagliare 
se  d'un  nuovo  elemento  di  ricchezza  e  di  ajpiacere  per  ottenere  una  parte  della  cor- 
prosperità.  Dopo  che  la  legge  de'29  no-  rispondenza.  L' esperienza  provò,  che  si 
\embrei85o,  riservando  allo  stato  il  pri-  potevano  imprimere  da  80  a  90  lettere 
vilegio  esclusivo  della  corrispondenza  te-  per  minuto,  e  riprodurre  i  25  segni  del- 
legrafica,  pose  le  basi  principali  a  questo  l'alfabeto  ini  1  secondi!  La  tipografia  ot- 
nuovo  servizio  pubblico;  quindi  con  quel-  tenuta  è  chiara  e  leggibile,  e  non  peccava 
lade'i  7  giugno  1 852  si  regolarono  le  par-  che  per  l'irregolari  là  delje  linee;  meouve- 
licolarità  interne,  e  specialmente  irappor-  niente  cui  si  cercò  rimediare.  Iti  tal  mo- 
ti col  pubblico  pel  ricevimento,  trasmis-  do,  su  tutte  le  linee  delle  ferrovie,  ove  so- 
sione  e  consegna  de'dispacci,  con  tulle  le  no  stabiliti  telegrafi  elettrici,  una  nuova 
guarentigie  desiderabili.  11  governo  frati-  trasmessa  dall'uno  estremo  all'altro  del- 
cese  non  indietreggiò  a  fronte  di  veruna  la  linea  colla  velocità  del  pensiero,  vi  ginn- 
difficoltà  e  spesa,  per  dare  alla  telegrafia  gè  non  solo  bella  e- stampata,  ma  con  u- 
elettrica  gli  sviluppi  consentiti  dallo  sta-  na  semplicissima  combinazione  può  esse- 
to  delle  ferrovie.  Quanto  più  la  rete  del-  re  lasciata  impressa  lungo  la  via  in  tut- 
le  strade  ferrate  francesi  si  amplierà,  la  le  le  stazioni  intermedie.  Quando  qualun- 
telegraiìa  elettrica  estenderà  essa  pure  le  que  stato  sia  solcato  da  telegrafi  elettrici 
sue  linee  di  corrispondenza,  e  ben  presto  sulle  principali  linee, un  ordine, undispac- 
non  vi  sarà  più  in  Francia  località  uu  pò-  ciò  importante,  può  in  pochi  minuti,  in 
co  importante  ove  non  sia  possibile  go-  tempo  minore  che  quasi  non  sia  necessa- 
dere  del  benefìzio  di  queste  comunicazio-  rio  per  iscriverlo,  essere  conosciuto, spar- 
ili istantanee,  non  meno  preziose  per  le  so  e  stampato  nello  stato  medesimo.  Nel 
all'ezioni  di  famiglia, che  per  gli  aliali  di  n.°86  del  Giornale  di  Roma  deli8j2  vi 
commercio  e  d'industria.  Nel  1847  s'  ^e"  e  un  articolo  sul  telegrafo  sottomarino 
cein  Inghilterra  l'applicazione  d'un  DUO-  transatlantico,  che  unirebbe  lecoste  d'In- 
voprocessodi  telegrafia  elettrica  già  mes-  ghilterra  con  quelle  d'America.  Il  filodo- 
so  in  uso  agli  Stati-Uniti  d'America,  me-  vrebbe  traversare  il  mare  d'Irlanda,  don- 
diante  il  quale  le  coni u ideazioni  si  trova-  de  continuerebbe  sott'acqua  sino  al  pun- 
no  stampate  al  tempo  stesso  chesotio  tra-  to  scelto  sulla  costa  dell'America  selten- 
smesse.  Questo  telegrafo  si  compose  d'un  trionale,  probabilmente  vicino  ad  fiali- 
solo  filo  elettrico,  invece  de'4  che  allora  fix.,  percorrendo  una  strada  di  oltre 
si  adoperavano.  Ad  una  dell'estremila  si  2000  miglia  inglesi.  Questo  filo  ricoper- 
pose  una  specie  di  tastiera,  come  quella  todi  gutta  percha,  e  assicurato  altresì  del 
d'un  pianoforte, segnata  in  ogni  tasto  con  suo  rivestimento  di  canape,  che  non  può 
una  lettera  dell'alfabeto;  essa  corrispon-  essere  distrutto  dall'acqua,  sarebbe  fallo 
deva  all'altro  estremo  cou  una  ruota,  che  calare  nel  fondo  del  mare  da  provetti  ma- 


STR 
rinari  nell'epoca  più  tranquilla  dell'esta- 
te. Si  conosce  dall'esperienza  che  l'elet- 
tricità si  propaga  anche  sotl'  acqua  per 
mezzo  di  (ili  metallici,  qoandoqnesli  sie- 
no  isolati  mediante  un  rivestimento  di 
gotta  percha.  Vi  sono  delle  macchine  che 
in  3  settimane  produssero  un  (ilo  d'otto- 
ne di  straordinaria  grossezza, e  lungo  i  oo 
miglia  inglesi.  Esisteva  già  il  telegrafo  sot- 
tomarino di  Doli vres, che  teneva  l'Inghil- 
terra in  comunicazione  istantanea  colle 
principali  città  d'Europa,  sino  alle  quali 
era  compita  la  rete  telegrafica.  Quando 
a  questa  linea  già  immensa,  fosse  aggiun- 
to il  telegrafo  transatlantico,  la  mela  cir- 
ca de!  mondo sarehhe  circondata  da  que- 
sto magico  filo,  che  permetterebbe  alla 
gazzetta  della  Nuova  Orleans  di  annun- 
ziare quanto  fosse  avvenuto  quella  mat- 
tina a  8000  miglia  di  distanza  in  Italia, 
ed  a  quella  della  Russia  di  riferire  gli  av- 
venimenti della  scorsa  notte  nel  Messico. 
Nel  [."giugno i  85?.  venne  aperto  l'uffizio 
telegrafico  istituitosi  a  Parma,  tanto  per 
la  corrispondenza  officiale  che  per  la  pri- 
vata. La  linea  telegrafica  parmense  poi, 
essendosi  posta  in  comunicazione  median- 
te la  modenese  per  Reggio  e  Modena  ver- 
so Mantova  co'lele^iafi  austriaci,  venne 
cosi  posta  in  comunicazione  anche  eolla 
lega  telegrafica  austro-tedesca. La  telegra- 
fia elettromagnetica  so prat terranea  fu 
pure  stabilita  tra  Berlino  e Magdeburgo. 
Secondo  il  n.°i24  di  detto  Giornale,  le 
piincipali  linee  telegrafiche  della  Svizze- 
ra si  doveauo  aprire  al  commercio  e  al 
pubblico  nella  fine  di  luglio,  non  restan- 
do ormai  a  compiersi  che  le  linee  di  po- 
ca importanza,  e  che  dovendo  attraver- 
sare monti,  presentano  maggiori  difficol- 
tà pel  lorostabilimento.il  n.°i63delG/o/'- 
nale  di  Roma  del  1802  descrive  la  linea 
sotterranea  ordinata  dal  re  delle  due  Si- 
cilie, tra  Caserta  e  Capua^  e  posta  in  at- 
tivila nel  declinare  del  precedente  anno; 
quindi  il  re  volle  che  fosse  continuata  ver- 
so Napoli  e  Gaeta,  con  fili  sospesi  a  pali, 
auzichè  uascosti  sotto  terra,  per  poi  pro- 


S  T  R  1  t3 

seguirla  per  Terracina.  Per  questo  tro- 
valo, che  tanto  onora  l' ingegno  umano, 
e  con  tanta  prodigiosa  celerità  ne  sparge 
i  lumi,  fra  i  vari  sistemi  in  uso  fu  adot- 
tato quello  di  Ilenly  di  Londra,  sì  per- 
chè esso  dispensa  dalla  continua  manu- 
tenzione delle  pile  e  dalle  spese  quotidia- 
ne che  ne  deriva,  si  perchè  essendo  esso 
a  calamita  permanente,  si  può  trasmet- 
tere un  messaggio  senza  la  minima  cura 
d'alcuno  apparecchio.  Secondo  (ale  siste- 
ma^ fili  di  ferro  galvanizzati  vengono  so- 
stenuti da  pali  alti  palmi  3o.  E  da  no- 
tarsi, che  la  linea  sotterranea  da  Caserta 
a  Capua,  differente  dal  sistema  che  con 
poco  buon  successo  si  era  altrove  prati- 
cato, ha  i  fili  coperti  di  gulta-percha  in 
vece  di  seta,  ed  era  allora  in  Europa  il 
piti  lungo  tratto  di  questo  genere  con  fe- 
lici risultati.  Si  notò  nel  gennaio  i  S  V»  le 
prove  sorprendenti  della  celerità  con  cui 
furono  trasmessi  a  Milano  dispacci  tele- 
grafici da  Londra,  Liverpool  e  Manche- 
ster, cioè  da  Londra  in  un'ora  e  38  mi- 
nuti, e  dalle  due  ultime  città  in  un'ora 
e4o  minuti.  Cresce  p<>i  la  sorpresa  di  tan- 
ta velocità  e  percorrenza  d'immenso  spa- 
zio, quando  si  rifletta  che  tali  dispacci,  su- 
perando parte  dell'Inghilterra,  poi  il  filo 
sottomarino,  la  Francia,  il  Belgio  e  gli 
altri  stati  dell'  unione  telegrafica  austro- 
germànica  (fondata  nel  traltatodi  Dresda 
de*2  5  luglio  1  85oe  perfezionata  con  quel- 
lo di  V  ienna  a'  1  4  ottobre  1  S  7 1  ),  devono 
essere  in  molli  punti  dove  mancano  i  tra- 
slatori, trasmessi  da  stazioni  intermedie, 
donde  deriva  necessariamente  una  perdi- 
ta di  tempo;  e  che  d'altronde  tutte  que- 
ste linee  souo  mollo  occupale  pe'dispac- 
ci  dello  stato  e  de'priviti  che  s'incrocic- 
chiano a  centinaia  ,  e  che  finalmente  il 
maggior  numero  di  esse  non  dispone  che 
d'un  solo  filo.  Perciò  risultati  ben  supe- 
riori si  otterranno  quando  sarà  dapper- 
tutto adottato  il  sistema  di  transazione, 
cui  si  deve  la  diretta  corrispondenza  che 
già  da  qualche  tempo  si  mantiene  fra  Mi- 
lano e  Berlino,  e  fra  tutte  le  principali  cit- 


1 74  S  T  II  s  T  II 
là  dell'unione  austro  germanica.  E'  no-  gna  la  sua  traccia  a  Carlsruhee  alimeli- 
lo  che  gli  abitanti  degli  Stati-Uniti  ap-  sali;  di  là  passa  a  Stuttgart],  a  Ulma,  ad 
plicanoal  loro  uso  particolare  tutte  lein-  Amburgo.  Un  dispacciodi  più  linee  scrit- 
menzioni  devolute  alla  scienza  moderna,  to  a  4  «re  di  sera  a  Parigi,  arriva  coni- 
Perciò  dal  momento  che  la  telegrafia  e-  piuto  prima  delle  6  al  confine  bavarese. 
letti  tea  prese  rango  fra  le  scoperte  fàcil-  Da  Ausburgoè  trasmesso  inAustria,  toc- 
mente  volgarizzabili ,  i  banchieri,  nego-  cando  Monaco,  Salisburgo  e  Vienna.  A 
zianti,  armatori  e  industriali  se  ne  impa-  Salisburgo  incomincia  la  linea  telegrafica 
di  mi  ii  ono  e  la  posero  a  profitto  per  le  cor-  del  la  Lombardia  pelTi  rolo;a  Vienna  quel  - 
rispondenze  loro  personali.  Colui  che  a-  la  di  Trieste,  perGratz  e  Lubiana,  lutai 
vea  il  suo  gabinello  d istante da'magazzi-  modo  Parigi  e  Strasburgo  sono  in  comu- 
ni, dall'ufficio  o  dal  laboratorio,  stabilì  sol-  nicazione  diretta  col  cuore  dell'  Austria 
lecitamente  un  filo  elettrico  fra  iduepnn-  e  coll'Adriatico.  1  grandi  centri  politici, 
ti  ne'quali  dovea  metter  capo  la  sua  cor-  industriali  e  commerciali  della  Germania 
rispondenza,  e  più  tardi  quel  filo  si  prò-  occidentale,  centrale,  settentrionale  eau- 
lungo  sino  al  casino  di  campagna  del  ca-  striaca  sono  telegraficamente  congiunti  a 
pò  della  casa,  dimodoché  col  mezzo  del  Parigi.  L'effetto  del  fluido  elettrico divie- 
telegrafo  elettrico  le  distanze  sono  asso-  ne  magico  allorché  si  pensa  che  entro  6 
lulamenle  soppresse.  Un  industriale  di  Pa-  ore  un  negoziante  di  Trieste  può  cono- 
ligi  neh  853  ne  seguì  l'esempio.  La  sua  scere  gli  arrivi  all'Havre,  ad  Amburgo, 
casa  di  commercio  era  occupata  dalle  a  Lubecca.  Vi  sono  esempi  di  conversa- 
mercanzie  e  dagl'  impiegati  al  piano  ter-  zioni  fatte  per  mezzo  del  telegrafo,  eoa 
reno,  ali.  piano  e  al  2.°;  egli  fece  slabi-  di  contratti  commercianti,  così  di  arresti 
lirei  i comunicazioni  telegrafiche  fraque-  di  ladri  e  altre  operazioni  di  polizia.  Col 
sii  3  piani,  e  così  non  devono  più  salire  i. "gennaio  i  852  fu  attivato  l'esercizio  dei 
ne  scendere  la  scala  ogni  volta  che  voglio-  telegrafi  elettrici  negli  stali  Estensi,  e  fu 
no  avere  qualche  informazione.  Lappa-  congiunto  con  tutte  le  linee  della  lega  te- 
recchio  è  posto  sulla  stufa  in  modo  che  desca-austriaca,  indi  ebbe  progressivo  in- 
non  occupa  inutilmente  una  piazza.  Un  elemento  per  l'interesse  dello  stato  e  pel 
segno  di  richiamo  avverte  quando  alcu-  servizio  de'privati.  Nel  marzo  1 853  la  li- 
no ha  bisogno  di  servirsi  del  telegrafo,  un  nea  da  Reggio  fu  prolungata  al  confine 
quadrante  alfabetico  indica  esattamente  Parmenseecongiunla  a  Parma,  e  poi  pro- 
la  domanda  e  le  risposte.  Si  spera  che  in  lungata  sino  a  Piacenza  pe'dispacci  di  sta- 
breve  la  telegrafia  particolare  sarà  con-  to.ln  maggio  fu  compita  la  linea  daReg- 
siderala  indispensabile  da  tutti  i  capi  di  gioa  Massa, eposta  in  comunicazione  col- 
case  commerciali.  InLondra  i  fili  telegra-  le  suddette.  Finalmente  in  agosto  fu  at- 
fici  co'lubi  di  ferro  collegano  fra  loro  le  ti  vaia  la  comunicazione  telegrafica  fra 
cameredel  parlamento,  il  tesoro,  l'uffizio  Massa  eia  Toscana,  anche  a  comodo  dei 
dell'ammiragliato  e  il  palazzo  di  Buckin-  privali.  Un'altra  linea  si  dovea aggiunge- 
gham.  Il  telegrafo  elettrico  tra  Londra  e  re,  che  dagli  stati  sardi  per  Sarzana  si  u- 
JMnrsiglia,  per  un  dispaccio  a'2g  gennaio  nis>eaMassa,  da  dove  si  avrebbe  pure  una 
i  853  di  8o  e  più  parole,  spedito  dalla  2. a  2/  linea  di  facile  comunicazione  colla 
alla  1  .allea  pomeridiane,  la  risposta  giun-  Francia  e  l'Inghilterra;  come  pursembra 
se  alle  ore  3  (/2.  Il  trattato  internaziona-  che  potrà  eseguirsi  la  congiunzione  delle 
le  Ira  Francia  e  il  granducato  di  Baden,  linee  Estensi  collo  stato  pontificio,  daMo- 
stabilì  la  comunicazione  della  telegrafìa  dena  a  Bologna.  Questo  servigio  attivo  e 
elettrica.  La  scintilla  parte  dalle  sponde  puntualmente  continuato  di  giorno  e  di 
del  Reno,  e  quasi  nello  stesso  mimilo  se-  notte  ne'dominii  Estensi,  favorisce  ezian- 


S  T  R  S  T  R                     1 7  ~ 
dio  il  compimento  eli  rilevantissimi  affai  i  s\.\\o.  che  conduce  daCoslanlinopoli  nBel- 
con  sollecitudine,  e  corrispondendo  colla  grado.  Si  avranno  dispacci  elettrici  da 
lega  tedesca  ajjstriaca,  dalle  stazioni  E-  Vienna  in  3  quarti  d'ora,  da  Parigi  in  a 
stensi  si  fecero  pervenire  direttamente  di-  ore  1/2,  e  da  Londra  in  3  die.  Questo  te- 
Spacci  a  Monaco,  Vienna,  Dresda,  Berli  legrafo  elettrico  dovrà  essere  finito  nel- 
110  e  altri  principali  luoghi  della  lega.  In  l'estate   r8§5.  A  poro  a  poco  che  la  te» 
pari  lempo  si  propose  la  comunicazione  legrafia si  diffuse in  grandi  estensioni,  non 
tiu  cita  tra  Malia  e  Londra, per  mezzo  di  I  mancai  accennarlo  negli  articoli  degli  sia- 
telegrafo  sottomarino,  die  il  governo  di  ti  in  cui  fu  introdotta,  e  nelle  città  di  sta- 
Sai degna  era  sul  punto  di  stabilire  tra  la  zinne  e  ulhzio  centrale.  Notai  a  Roma,  che 
Spezia  e  Cagliari  per  la  via  della  Corsica,  il  ministro  de'lavori  pubblici  a'20  agoslo 
esarà  condotto  sino  nell'Algeria,  e  da  Bo-  1  852  annunziò,!  he  il  Papa  P10I  \  rigua'r- 
naa  Malta  con  vantaggi  immensi.  Neln  °  dando  come  utile  scoperta  quella  de'le- 
178  del  Giornale  di  Roma  deli  853,  vi  legrafi  elettrici,  ordinò  gli  sludi  necessari 
è  la  descrizione  della  relè  telegrafica  del-  per  introdurli  nello  slato  pontifìcio,  quin- 
ci o>  pero  Austriaco,  compresi  i  domimi  di  prese  disposizioni  per  la  continuazione 
d'Italia,  Venezia  e  Verona.  Un  dispaccio  della  linea  del  limitrofo  regno  d'Italia  da 
partito  da  Parigi  a  1  1  ore  a'26  ottobre  Terracina  a  Roma,  per  quindi  attraver- 
1  853,  arrivò  a  Londra  in  due  minuti!  Il  sando  il  rimanente  dello  stato,  andare  a 
governo  francese,  come  altri,  più  volle  a  v-  raggiungere  le  linee  già  stabilite  nell'al- 
vei ti  il  pubblico  che  non  era  responsabi-  ta  Italia.  .\e'n.'22i  e  224  del  Giornale 
le  delle  notizie  trasmesse  dalla  corrispon-  di  Roma  del  18  53,  si  riferisce  che  ani  1 
(lenza  telegrafica  privala, alla  quale  lascia  vasi  ad  attivare  la  progettala  comunica- 
la più  grande  latitudine;  ma  ordinò  di  zione  di  Roma  con  Napoli  mediantelinea 
procedere  contro  gli  autori  de' dispacci  telegrafica,  e  quella  effettuata  di  bolo- 
falsi  o  tali  da  turbale  la  pace  pubblica,  gna  con  Modena,  e  coll'inliera  linea  de- 
eda  favorire  illecite  speculazioni.  La  ina-  gli  uffizi  telegrafici,  che  con  essa  sono  in 
lizia  dell'uomo  ha  voluto  abusare  anche  corrispondenza,  ad  istanza  di  mg.r  Gras- 
della  novella  telegrafia,  ch'è  pure  una  del-  sellini  pro-legato  di  Bologna.  Lo  slabili- 
lc  più  stupende  e  più  proficue  conquiste  mento  del  telegrafo  elettrico  a  Bologna 
di  Ile  scienze  fisiche.  Si  può  vedere  (pian-  per  mettersi  in  comunicazione  con  Mo- 
to declamò  la  Civiltà  cattolica,  2."  serie,  dena,  porla  pure  quella  coll'alta  Italia  e 
t.  4)  p.  4^7, sulla  fallacia  di  molti  dispac-  aiichecollaGerniania.Pei  l'attuazione  del 
ci  telegrafici,  a  spauracchio  de'semplici,  rapidissimo  mezzo  di  corrispondenza  da 
ed  a  vantaggio  de'traflicanti  delle  borse  e  Roma  a'eonfini  napoletani,  le  due  capi - 
de'turbolenti. Verso  il  settembre  1  854  'a  laliRoraaeNapoli saranno  poste  in  sì  stret- 
costruzione  del  telegrafo  della  Romelia  ta  relazione,  da  potersi  in  pochi  minuti 
fu  decisa  e  conclusa  per4ooo  milioni  di  comunicare  reciprocamente  qualunque 
piastre  (arche.  Questo   telegrafo  saia  e-  notizia,  sia  a  comodo  decine  governi,  sia 
lettrico  e  partirà  dalla  Porla  Ottomana  de'parlicolari. Riporta  il  n.°233  del  d'or- 
ili Costantinopoli,  proseguendo  per  A-  naie  di  Roma  deli  853,  che  il  Papa  sire- 
drianopoli,Filippopoli,  Sofia,  Nesh,sino  co  ai  3  ottobre  alla  chiesa  di  s.  Sebastia- 
a  Belgrado  della  Servia  ed  entro  la  for-  no  situala  sulla  via  Appia  a  3  miglia  da 
tezza  slessa.  Tulle  queste  stazioni  inler-  Pioma,  indi  con  alcuni  cardinali  e  col  mi- 
mediesaranno  stabilite  ne'palazzi  gover-  nistro  del  commercio  e  lavori  pubblici, 
nativi.  Un'altra  linea  telegrafica  [tarlila  e  il  commend.  Canina,  passò  nel  vicino 
da  Adi  ianopoli  per  Sentitila;  e  tutti  i  fili  luogo,  ove  ebbe  principio  il  suddescrit- 
conduttori  seguiranno  la  gran  strada  pò-  tu  scuoprimeulo  e  restauro  della  via  Ap- 


i76  STR 

pio,cIie protraesi  fino  làdo  ve  sorgeva  l'nn- 
lica  città  di  Boville,  per  una  estensione 
ili  piùd'8  migliarsi  congiungecolla  stra- 
da d'Albano,  già  stabilita  sul  suolo  della 
stessa  antica  via  Appia.  Percorse  a  piedi 
più  die  due  miglia,  cioè  dal  4-°  fi  6.°  mi- 
glio, osservando  tutti  i  monumenti  anti- 
chi  ivi  discoperti,  l'esposizione  e  il  loro 
ristabilimento  con  tanto  vantaggio  della 
storia  e  delle  arti. Giunto  aCasal  Rotondo, 
che  si  considera  il  più  grande  e  più  nobile 
tra'monumenti  compresi  nella  via,  attri- 
buendosene la  principalecostruzioneal  ri- 
cordato M.V.  MessalinoCotla,pel  sepol- 
cro del  suo  genitore  Messala  Corvino,  ri- 
montò in  carrozza.  Restituitosi  ove  fu  in- 
cominciato Io  scuoprimento  della  strada, 
fermossi  in   una  casa  espressamente  ac- 
comodata per  assistere  al  i .°  esperimento 
diesi  fece  della  linea  telegrafica  di  recen- 
te stabilita  fra  Roma  eTerracina  in  una 
estensione  di  68  miglia,  e  portata  a  se- 
guire per  gran  parte  la  via  Appia.  11  Pa- 
pa volle  far  trasmettere  alcune  domande 
alla  stazione  di  Terracina, e  si  ebbeistan- 
tanea  risposta  ;  onde  si  degnò  esternare  la 
sua  soddisfazione  al  ministro  commeud. 
Jacobini  e  all'ingegnere  Salvatori,  al  qua- 
le sì  esperto  nella  telegrafia  studiata  nel- 
le principali  stazioni  d'Europa, volle  il  go- 
verno affidata  la  direzione  delle  linee  te- 
legrafiche dello  stato  pontifìcio.  Nel  n.° 
6i  del  Giornale  di  Roma  deli 5  marzo 
i853  si  legge,  che  in  seguito  alla  conven- 
zione conclusa  tra  l'Austria  e  il  Piemon- 
te a'28  settembre  1  853,  erano  slate  con- 
giunte le  rispettive  linee  telegrafiche  dei 
nominati  governi  presso  il  confine  austro- 
sardo  in  Bnlfalora,  e  per  tal  guisa  trova- 
si ancora  il  telegrafo  pontificio  di  Bolo- 
gna in  diretta  comunicazione  telegrafica 
col  Piemonte  per  la  via  di  Milano.  Il  n.° 
78  poi  dello  stesso  Giornale  notifica  il 
pubblicato  a  Bologna  a' 2 7  marzo,  cioè 
che  il  governo  pontificio  per  rendere  più 
vantaggioso  al  pubblico  il  servizio  tele- 
grafico avea  concordato  col  governo  E- 
slense  d'adottare  le  massime  d'una  con- 


STR 

menzione  suppletoria  della  lega  tedesca- 
austriaca,  attivata  al  principio  del  cor- 
rente anno,  in  forza  di  che  anco  presso 
di  noi  da  ora  in  avanti  è  concesso  di  por- 
tare a  25,  anziché  a  20,  il  numero  delle 
parole  d'un  dispaccio  semplice  senza  al- 
terazione di  tassa,  come  pure  di  parifi- 
care la  tassa  per  la  spedizione  de'dispac- 
ci  di  notte  a  quella  di  giorno.  Ora  si  dà 
opera  percostruire  la  linea  telegrafica  tra 
Bologna  e  Roma.  Nel  n.°2  2  3  del  dor- 
ila le  di  Roma  del  i854,si  pubblicò  la  con- 
venzione conclusa  a'27  giugno  tra  il  Pa- 
pa e  il  re  delle  due  Sicilie,  per  regolare 
le  corrispondenze  telegrafiche  fra  i  due  li- 
mitrofi stati,  con  tariffe  uniformi  e  iden- 
tici regolamenti. 

STRADE  DI  ROMA.  F.  Strada. 
STRADE  FERRATE,  ILLUMINA- 
ZIONE A  GAZ,  TELEGRAFI.    Fedi 
Strada. 

STRAMINIAC.  V.  Cremieu. 
STRASBU  RGOoARGENTIN  k{Ar- 
gentoraten).  Città  con  residenza  vescovi- 
le e  piazza  forte  di  Francia,  grande  e  bel- 
la, capoluogo  del  dipartimento  del  Bas- 
so Reno,  di  circondario  e  di  4  cantoni,  a 
22  leghe  da  Basilea,  3 oda  Nancy,  37  da 
Magonza  eio5  da  Parigi,  in  vasta,  ame- 
na e  pingue  pianura  siili'  III,  alquanto 
sotto  al  confluente  della  Bruche,  presso 
la  sponda  sinistra  del  R.eno.  E  pure  ca- 
poluogo dell'accademia  universitaria, se- 
de delle  autorità  e  di  quelle  della  5.n  di- 
visione militare  e  della  4-*  divisione  de- 
gli argini  e  ponti,  con  tribunale  d'u.'i- 
stanza,  del  tribunale,  camera  e  borsa  del 
commercio,  della  direzione  e  sotto  dire- 
zione d'artiglieria,  delle  direzioni  de!  ge- 
nio, delle  dogane,  de'demani  e  delle  con- 
tribuzioni dirette  e  indirette,  conserva- 
zione dell'  ipoteche,  ispezione  forestale, 
concistoro  generale  pe' protestanti  della 
confessione  augustana,  depositi  di  tabac- 
chi e  polveri  della  zecca  BB.  Questa  cit- 
tà, di  forma  irregolarissima  e  allungata, 
chiusa  da  una  cinta  bastionata  con  fossi, 
preceduta  da  un  gran  numero  d'  opere 


ST  R 
esterne  che  accrescono  !e  difese,  è  in- 
terrotta da  7  porte,  cioè  Bianca,  Saver- 
na,  Pietra  o  Haguenau,  Giudici,  Pesca- 
tori, Delfina,  Ospedale.  All'estremità  o- 
i  -'tentale  trovasi  la  cittadella  composta  di 
5  bastioni,  e  costruita  da  Vauban,  e  le 
cui  opere  si  distendono  sino  al  Pieno, che 
in  quel  punto  si  varca  sopra  il  celebre  pon- 
te di  battelli  detto  di  Rehl, lungo  quasi 
un  quarto  di  lega  ;  le  porte  Bianca  e  di 
Pietra  essendo  inoltre  difese  da  partico- 
lari ridotti.  Kehl  è  una  città  con  8  leghe 
di  territorio,  già  spettante  al  dominio  so- 
vrano del  vescovato  d'Argentina,  poi  ce- 
duta al  granducato  di  Baden,  segnando 
la  metà  del  ponte  il  confine  tra  esso  e  la 
Francia  :  la  famosa  fortezza  di  Kehl  fu 
demolita  nel  i  8o  i  ,ed  era  stata  eretta  nel 
1  688  da  Vauban  perdifendereStrasbur- 
go.  Il  fiume  111, che  penetra  uella città  pel 
sud- ovest,  attraversando  una  gran  chiu- 
sa di  fortificazione  col  mezzo  della  quale 
si  ponno-  mondare  tutti  i  dintorni,  divi- 
desi  tosto  in  più  rami  che  corrono  in  di- 
verse direzioni,  e  lungo  i  quali  domina- 
no alcuni  tratti  di  riviera,e  n'esce  al  nord- 
est dopo  di  averli  di  nuovo  tutti  ricon- 
giunti: il  più  importante de'quali  brac- 
ci, cui  attraversano  in  gran  numero  pon- 
ti di  legno  e  di  pietra,  porta  il  nome  di 
Bruche  in  tutto  il  suo  corso  eh'  è  navi- 
gabile; innaffiando  esso  le  parti  meridio- 
nale e  orientala  della  citlà,  ed  accoglien- 
do per  la  destra  il  canale  del  Reno  che 
dà  a  Strasburgo  una  comunicazione  di- 
retta con  questo  fiume;  nel  centro  scor- 
re in  parte  chiuso  tra  le  abitazioni.il  Fos- 
so de'Conciatori,  utilissimo  per  le  con- 
cie e  opifizi  stabiliti  sulle  sue  sponde. Ve- 
duta di  lontano  Strasburgo,  dominata 
dall'alta  e  maestosa  sua  cattedrale,  pre- 
senta un  aspetto  imponente:  vi  si  conta- 
no più  di  260  vie,  generalmente  strette 
e  tortuose,  ad  eccezione  d'alcune,  come 
la  via  Grande  e  quella  del  Mercato  del 
pesce,  che  sono  larghe  e  ben  ornate,  ed 
assai  grande  quantità  di  piazze  pubbli- 
che, tra  le  quali  dévesi  citare  per  la  sua 

VOL.  LXX. 


STR  177 

ampiezza  la  piazza  d'  Armi,  adorna  di 
piantagioni;  le  case  altissime  e  molto  be- 
ne fabbricate  di  pietra,  nel  gusto  tedesco 
antico,  e  con  pietra  rossiccia  delle  vicine 
cave,  vengono  quotidianamente  sostitui- 
te da  costruzioni  di  stile  moderno.  Pa- 
recchi edifizi  distinguono  questa  città,  e 
principalmente  la  cattedrale  o  chiesa  di 
Nostra  Donna,  vasto  monumento  di  gu- 
sto gotico,  del  quale  ammirasi  I'  altezza 
e  la  solidità,  i  prospetti  laterali,  notabili 
per  le  sculture,e  il  prospetto  maggiore  di 
160  piedi  di  faccia,  decoralo  da  una  bel- 
la rosa  e  da  un'infinità  di  graziose  scul- 
ture, e  fiancheggiato  da  due  grosse  torri 
quadrale,  una  delle  quali, a  sinistra,  so- 
stiene la  guglia  di  pietra  tagliata  a  gior- 
no,di  lavoro  sommamente  delicato  e  che 
ha  fama  di  capolavoro  per  arditezza  e 
leggerezza,  alla  più  di  4">o  piedi.  L'in- 
terno di  questo  tempio  presenta  una  va- 
sta nave,  con  navi  minori  a'Iati, cui  ac- 
compagnano numerose  cappelle,  un  co- 
ro riccamente  ornato,  e  un  monumento 
ad  onore  diGio.  Battista  Rleber  diSlras- 
burgo,  generale  supremo  dell'esercito 
francese  condotto  da  Honaparle  in  Egit- 
to, edivi  morto  a'  i>4  giugno  1 800  (ove 
e  nel  Cairo  sul  terrazzo  della  casa  posta 
nella  piazza  d'Esbekich  in  cui  fu  ucciso, 
s'innalzò  altro  funebre  monumento  dai 
francesi  che  vi  dimorano,  cioè  il  suo  se- 
mibusto sopra  colonna  di  granito  con  in- 
scrizione, sovrastata  da  marmoreo  me- 
daglione chiuso  da  fronde  d'alloro,  nel 
quale  si  scolpirono  le  principali  vittorie 
da  lui  riportate).NeU'aladestra  della  cro- 
ciera trovasi  il  famoso  orologio  mecca- 
nico così  curioso  per  la  quantilàdellesue 
macchine  che  segnano  il  moto  delle  co- 
stellazioni. Cancellieri  descrive  l'orologio 
pubblico  di  Strasburgo,  nelle  sue  Cam- 
pane, campanili  e  orologi,  a  p.  77.  Ri- 
ferisce che  inStrasburgo  si  ammira  lason- 
tuosissitna  torre  iucominciata  nel  1277 
e  terminata  28  anni  dopo,  alta  574  pie- 
di geometrici,  e  a  cui  si  ascende  per 8  sca- 
le, altri  dicono  635  gradini.  Questo  oro- 
12 


,78  STK 

Jogio  è  ornalo  di  varie  figure  clic  coni- 
poliscono  secondo  le  diverse  festività  del- 
l'anno, al  suono  delie  ore,  prima  del  qua- 
le escono  due  angeli  che  fanno  un  con- 
certo colle  trombe.  Dopo  il  suono  delle 
ore,  un  gallo  clic  sia  sulla  cima  dell'oro- 
logio,sbatte  le  ali  con  istrepitoe  poi  can- 
ta due  volle.  Si  dice  da  alcuni,  che  JNi- 
colò  Copernico  neli54o  sia  stalo  l'auto- 
re di  cpieslo  lavoro,  dopo  il  quale  fu  ae 
ciecato,  perchè  non  potesse  piìi  farcii  con- 
simile in  altro  luogo.  INI  a  Pietro  Gassen- 
do,che  ne  scrisse  la  vita, affatto  non  paria 
di  questo  tragico  fine,  che  certamente  a- 
V rebbe  riferito  se  fosse  sialo  vero. Descris- 
sero l'orologio  di  Strasburgo,  G.  Brau- 
no  1. 1 ,  p.  33;  C.  Rap&oék>iDescriptia  iw- 
rologii  Argentinensis,  Argentorati  i  578; 
G.  Xylaiidro,  Schtdiasma  de  astronomi 
co  horologioAtgeiitoralensijAigenìuva- 
lii575.  Le  prime  fondamenta  della  su- 
perba cattedrale  di  Strasburgo  furono 
geliate  verso  il  5o4  dal  re  Clodoveo  1, 
cioè  una  cappella  sotterranea  con  chiesa 
di  legno, ed  alla  quale  lece  doni  ragguar- 
devoli Dagoberlo  1  in  principio  del  seco- 
lo VII;  indi  sul  cadere  del  seguenleCarlo 
Magno  fece  fabbricare  in  pietra  il  coro, 
tuttora  esistente;  ma  tranne  quest'ulti- 
ma parte,  un  terribile  incendio  consumò 
interamente  l'antico  tempio  nel  1002, 
disastro  cagionalo  dalle  truppe  di  Er- 
manno duca  di  Svezia  e  d'Alsazia,  e  fu 
poi  totalmente  distrullo  da'  fulmini  nel 
1007.  Werneroo  Yerinai  io  conte  d'Abs- 
buigo,  edificatore  del  castello  omonimo 
(per  cui  ne  parlerò  all'articolo  Svizze- 
ra nel  cantone  lYArgovia,  ove  trovasi 
il  castello  d' Ilahsburg),  allora  vesco- 
vo d'Argentina,  volendo  erigere  un  edi- 
lizio più  bello  ancora,  nel  101 5  fece  in- 
cominciare da 'fondamenti  quello  che  sus- 
siste, che  fu  lermiualo  nei]  275,e  la  gran 
Ione  nel  seguente  anno  principiata  dal 
vosco  voCor  rado  diLeichtemberg  per  l'ar- 
chitulto  Ervin  diSleinbach,e  col  suo  di- 
segno da  Giovanni  IIulz  di  Colonia  ven- 
ne compita  soltanto  nel  1  43q  o  nel  i4^9- 


S  T  R 

Neil' Album  di  Roma  t.  2,p.  ino  si  de- 
scrive  la  cattedrale  di  Strasburgo,  e  si  l'i» 
porla  il  disegno  del  prospetto  esterno.Ne 
darò  un  estratto.  11  campauile  o  torre  di 
Strasburgo,  come  notai  a  Campanile,  è 
il  più  alto  di  tutti  gli  edifizi  conosciuti, 
tranne  la  gran  piramide  più  alta  d'Egit- 
to, che  solo  l'eccede  di  12  piedi  e  4  iìoI li- 
ei, alili  dicono  di  3o  piedi:  l'altezza  della 
torre  somma  a  piii  di  436  piedi  parigini, 
secoudoallri.La  suaaltezza  èdi  142  me- 
tri e  1  1  centimetri,  o^sia  ^?>rj  piedi  e  mez- 
zOjSecondo  le  ultime  precise  misure. Dalla 
base  alla  portentosa  sommila  si  contano 
635  gradini.  La  facciata  della  chiesa  ha 
5  piani.  Il  1  ."termina  al  di  sopra  depor- 
tici, che  sono  ornati  da  un'infinità  di  fi- 
gure rappresentanti  diversi  soggetti  sa- 
gri: al  confine  di  esso  si  vedono  le  statue 
equestri  di  Clodoveo  1, Dagoberlo  I,  Ro- 
dolfo 1  cl'llabsburg  e  di  Luigi  XIV.  Le 
prime  3  furono  erette  nel  1  29 1 ,  l'ultima 
vi  si  poseultimainente.il  2.0  piano  si  com- 
pone del  rosone  a  vetri  colora  ti,  la  cui  cir- 
conferenza esterna  è  diiSo  piedi,  ed  ha 
due  gallerie  laterali.  Al  disopra  del  ro- 
sone sono  le  nicchie  in  cui  esistevano  le 
Statile  del  Salvatore,  della  13.  Vergìnee 
de' A  11  Apostoli.  Le  cornici  della  galleria 
a  destra  sono  coperte  d'  una  quantità  di 
orride  figure,  rappresentanti  demomi  e 
stregoni:  nella  parie  sinistra  vedesi  una 
statua  antica  rappresentauteErcole, tro- 
vata negli  scavi  dell'antico  tempio,  sulle 
cui  rovine  è  fondata  la  cattedrale  e  dove 
era  anche  un  bosco  sagro.  11  3.°  ripiano 
dell'edilìzio  è  occupato  dal  campanile  e 
termina  in  piattono  ve  comincia  il  4-°pia- 
110:  ivi  s'innalza  la  torre,  vera  meravi- 
glia d'arte  per  l'ardila  sua  costruzione, 
eleganza  e  leggiadria. Essa  è  traforata  dal- 
l'alto in  L'asso,  e  sostenuta  dalla  sola  co- 
sti uzione  a  mattoni  de'suoi  angoli. Tutta 
1  elevazione  di  questo  piano  è  circondata 
da  4  torrette  esagone  forate  in  ogni  par- 
te, e  contenenti  scalette  a  chiocciola;  la 
comunicazione  colla  torre  è  praticala  per 
mezzo  di  ponti  in  pietra' pianai  II  5.°  ri- 


STR  STR  i79 

piano  è  formato  dalla  pnnia  a  piramide  riti  trio,  clic  gli  fece  comprendere, essere 
ottagonaic,e  contiene  8  scale  poste  nelle  mi  \  vera  vocazione  <li  regnare  saviamen- 
piccole  torrette  fiancheggiami  la  pirami-  te  e  di  santificarsi  sul  trouo.  Allora  l'ini 
deslessa:  nella  parte  superiore  trovasi  ia  peratore  onorò  la  cattedrale  con  molli 
lanterna, la  cotona, la  rosa, e  finalmente  presenti,  e  pel  gran  bene  die  ad  essa  egli 
s'innalza  la  croce  terminala  con  una  pie-  lece,  dissero  gli  storici  di  sua  vita,  che  tu 
tra  ottagono,  chiamala  il  bottone.  Si  re-  il  restauratore  del  vescovato  ili  Slrasbur- 
sta  più  che  attoniti  e  quasi  spaventali  se-  go.  Accrebbe  le  rendite  de'suoì  canoni* 
guendo  collo  sguardo  l'audace  curioso,  cali,  e  vi  fondò  eziandio,  per  far  perpetua 
che  s'induce  ad  ascendere  lino  a  lale  pe-  la  sua  divozione,  un  canonicato  ili  ricca 
rieolosa  elevazione.  L'orologio  di  Stras-  prebenda,  per  quello  che  facesse  in  suo 
borgo  è  slato  considerato  come  la  3. 'del  le  nome  il  servigio  divino.  Al  cominciare  del 
7  meraviglie  di  Germania,  delle  (piali  la  secolo  XIII,  quando  i  canonici  nobili  si 
tot  reoccupava  il  i. "rango.  Secondo  X  Al-  separarono  da  quelli  che  non  lo  erano, 
bina  questo  lavoro  rimonta  al  i  07  1  ,uieu-  l'imperiale  fonda/ione  divenne  una  pre- 
Ire  Cancellieri  dice  che  Copernico  morì  benda  ilei  gran  coro,  sotto  il  titolo  di  ore- 
nel  i543.  Rappresentava  le  rivoluzioni  benda  citi  re.  del  coro.  Dopo  detta  epoca 
celesti,  le  fasi  della  luna,  i  movimenti  dei  non  la  conferirono  più  gl'imperatori,  ina 
pianeti  e  di  talune  costellazioni;  ma  il  lu  propria  del  gran  preposto:  il  litolare 
meccanismo  è  già  da  gran  tempo  disor-  di  essa  ha  il  1 .°  luogo  nel  coro,  ma  nelle 
dinato.  L'ab.  Grandidier  ne'  suoi  Saggi  assemblee  del  gran  coro  non  prende  se 
storici  e  topografici  sulla  chiesa  calle-  non  quello  che  risponde  alla  sua  anzia- 
dt  (de  di  Strasburgo,  fece  conoscere  le  di-  aita;  egli  esercita  le  funzioni  di  vice-de- 
verse vicende,  alle  quali  andò  soggetto  cono,  in  assenza  del  gran  decano.  A  Ini 
questo  celebre  edilizio  dopo  la  sua  erezio-  era  riserbata  pure  l' ufficiatura  in  certe 
ne,  ritenuto  per  uno  de'più  belli  e  son-  feste  solenni,  com'era  al  vescovo,  al  gran 
I  itosi  d'Europa.  Il  capitolo  della  cattedra-  preposto  e  al  gran  decano.  La  sud  dettase- 
le si  compoue  della  dignità  del  decano  e  parazione  formò uella cattedrale  diStras- 
di  8  canonici,  di  2q  canonici  onorari,  e  burgo  que'  due  corpi  deferenti  e  parti- 
di  altri  preti  e  chierici  addetti  al  servi-  colati,  che  si  chiamarono  il  gran  capi- 
lo divino.  Essendovi  il  baltisterio  e  la  toh  e  il  gran  coro,  ed  alcune  particola- 
cura  d'anime,  un  canonico  capitolare  n'è  rità  intorno  ambedue  le  riportai  a  Coro. 
il  parroco.  L'antico  e  celebre  capitolo  si  Oltre  la  cattedrale  eranvi  in  passato  due 
formava  di  1  \  nubilissimi  canonici,  tra  i  collegiate  in  Strasburgo,  quella  di  s.  Pie- 
quali  un  3.°  etano  francesi:  12  erano  ca*  tro  il  giovane,  e  quella  di  s.  Pietro  il  vec- 
pitolari  e  1  2  domiciliari;  i  soli  capitolari  chio:  i  canonici  di  questo  capitolo  occu- 
avéanc  entrata  e  voce  nel  capitolo,  ed  e-  pa  vano  il  coro,  ed  i  luterani  la  nave  nelle 
leggevano  il  principe  vescovo.  L'impera-  due  chiese.  Era  vi  una  3.a  collegiata,  che 
tores.Enrico  II,  edificato  nello  12  in  ve*  fu  restituita  acattolici  neliG8(5,  quella 
deie  nella  cattedrale  la  mirabile  coni-  cioè  d'Ognissanti,  situata  io  UDO de'sob- 
postezza  colla  quale  i  canonici,  detti  al-  borghi.  Al  presente  e  secondo  l'  ultima 
loia  frati  di  s.  Mona,  celebravano  rulli-  proposizione  concistoriale,  vi  sono  7  altre 
zio  divino,  il  bell'ordine  che  vi  si  ossei-  chiese  parrocchiali  munite  del  fonte  sa- 
«ava  e  la  decorosa  maestà  che  regnava  grò,  due  ospedali,  il  monte  di  pietà,  due 
nel  santuario,  concepì  il  divisamente  di  seminari, uuodcnouùnutograndeconcir- 
ìinuuziare  la  corona  e  ritirarsi  presso  i  cai2o  alunni,  l'alito  detto  piccolo  con 
canonici,  l'ero  da  questa  disegno  fu  ri-  quasi  1  00  alunni. L'episcopio  è  aoiplissi- 
tratto  dalle  rimostranze  del  vescovo  Ve-  ino, egregiamente  ornato,  1  00  passi  indi' 


i8o  STI; 

ca  distante  dalla  cattedrale.  Un  tempo  vi 
furono  i  canonici  regolari  di  Lorena,  i  ge- 
suiti che  aveano  il  collegio  e  il  seminario 
vescovile,  i  cappuccini,  le  domenicane, 
quelle  della  Visi  tazione,e  quelle  della  con- 
gregazione. Notasi  inoltre  a  Strasburgo  il 
tempio  luterano  di  S.Tommaso,  che  rac- 
chi ude  il  mausoleo  del  famoso  conteM a u- 
riziomaresciallo  di  Sassonia, opera  di  Pi- 
galle, e  quelli  di  Schoepflin,  Oberlinoe 
Koch;  il  tempio  nuovo,  dove  s'ammira 
quello  di  D.  Dlessig;  l'antico  castello  re- 
gio, che  ha  un  bel  terrazzo  sulla  Bruche; 
il  palazzo  della  prefettura,  quello  della 
città,  la  dogana,  il  palazzo  della  ragio- 
ne, i  granai  pubblici;  il  teatro  nazionale 
adorno  di  un  periglilo  formato  da  6  co- 
lonne ioniche,  e  il  cui  interno  è  spazioso 
ed  deca  nte.e  che  trae  2  rande  a  meni  la  da  1- 
la  sua  posizione  in  faccia  al  bel  passeg- 
gio del  Broglio  che  fiancheggia  il  Fosso 
de'Conciatori,  e  da  numerose  statue  de- 
corato^ parecchi  palazzi  particolari.  Gli 
spalti  piantati  d'alberi,  la  spianata  della 
cittadella,  la  Robertsau  situata  fuori  di 
porta  Pescatori,  e  le  isole  del  Pieno,  sopra 
tipa  d-elle  quali  vedesi  un  obelisco  eretto 
alla  memoria  di  Desaix,  offrono  pure  gra- 
devoli passeggi.  Strasburgo  possiede,  ol- 
tre le  ricordate  chiese  cattoliche,  7  tem- 
pli luterani  ed  uno  calvinista,  la  sinagoga 
concistoriale  degli  ebrei,  il  ginnasio  dei 
protestanti,  la  facoltà  di  teologia  per  la 
Confessione  Augustana,  le  facoltà  di  di- 
ritto, di  medicina,  delle  scienze  e  delle  let- 
tere, una  classe  normale  per  formare  i- 
Sti tutori,  scuole  d'ostetricia  e  speciale  di 
farmacia,  di  disegno,  collegio  regio  che 
possiede  una  collezione  di  strumenti  di 
fisica,  museo,  gabinetto  d'anatomia,  os- 
servatorio,giardino  botanico  dove  si  fan- 
no de'corsi  studiosi,  biblioteca  pubblica 
con  circa 60,000  volumi, società  accade- 
mica che  distribuisce  premi,  società  d'a- 
gricoltura, delle  scienze  e  delle  arti,  bi- 
blica protestante,  associazione  che  ha  per 
oggeltod'aiutare  i  giovani  ch'escono  dal- 
le carceri,  ed  i  quali  nel  corso  della  de- 


ST  R 
tenzionenvesserodatoprovedi  vero  pen- 
timento; de'bagni  pubblici,  arsenale  ma- 
gnilicocheracchiiide  la  scuola  d'artiglie- 
ria e  la  fonderia  di  cannoni,  vaste  e  belle 
caserme  per  la  fanteria, cavalleria  e  arti- 
glieria. Tre  ospizi  civili,  uno  de'quali  pei 
trovalelliealtropegli  orfani;  carcere  mi- 
litare, case  di  detenzione  e  d'arresto,  di 
correzione  e  de'pazzi, ed  il  deposito  regio 
degli  stalloni.  Attivissima  è  l'industria, 
con  fabbriche  fìorentissime  d'  crificeria 
in  oro  e  gioie  rinomata,  bottoni  di  me- 
tallo,amido, allume, acido  solforico, bian- 
co di  cerusa,  acciaio,  sapone,  coltellame, 
spille,  vasellame  di  ferro  fuso,  smalto, 
porcellana,  maiolica,  refe,  tessuti  metal- 
lici, berrettame,  velluti  denominati  mo- 
chetta, arazzi  grossolani,  stoffe  di  lana  e 
di  cotone,  flanellestarapate,  teleda  vele, 
tele  incerate,  tappezzerie,  pellami,  cap- 
pelli anche  di  paglia,  carte  dipinte,  co- 
rami, marocchini  e  altro;  non  che  fila- 
toi, tintorie,  concie,  fabbriche  di  birra, 
stamperie  importanti, fornacijfucine,  fon- 
derie di  caratteri  da  stampa, raffineria  di 
zuccaro,  manifattura  regia  di  tabacchi. 
Si  vantano  i  pasticci  di  fegato  grassi  di 
Strasburgo.  I  copiosi  prodotti  di  questa 
città  nelle  manifatture,  e  soprattutto  la 
sua  eccellente  situazione  che  ne  fa  l'em- 
porio e  un  deposito  naturale  tra  laFran- 
eia,  la  Svizzera,  la  Germania,  l'Olanda 
e  l'Italia,  danno  motivo  ad  un  commer- 
cio considerabile  di  transito  e  di  depositi, 
favorito  singolarmente  dal  Reno,  che  a- 
pre  sbocchi  col  mare  del  Nord  pel  cana- 
le del  Rodano  al  R.eno,che  comunica  col 
Mediterraneo  e  l'Atlantico;  e  belle  stra- 
de partono  per  tutte  le  direzioni.  Vi  si 
fa  gran  traffico  de'prodotti  del  territorio, 
essendo  il  commercio  librario  altro  ra- 
mo importante  di  Strasburgo,  dove  si 
tengono 4 annue fiereassai  ragguardevo- 
li efrequentatissimeda'tedeschi. Patria  di 
molti  illustri,  ricorderò  Guglielmo  Buwr 
pittore  e  incisore,  Giovanni  Mentel  ce- 
lebre stampatore,  Pietro  Schoefler  che 
lavorando  in  cerca  o  ne'  primi  esperi» 


S  T  R  S  T  R                     1 8 1 

menti  della  stampa  a  Magonza  con  Gio-  disco  clorato  a  raggirile  figura  il. sole,  Tal- 
vanni  Faust  e  Giovanni  Guttemberg,  in-  tro  ila  un  piccolo  globo  di  colore argen- 
veutònel  (45ole  lettere  mobili. Deprimi  tino  da  una  parte  e  nero  dall'altra,  rap- 
sperimenti  fatti  da  Guttemberg  a  Stras-  presentante  la  luna,  e  le  dimensioni  di 
borgo  nell'invenzione  della  stampa,  ed  questi  due  astri  sono  in  rapporto  esalto 
ove  pose  la  [/stamperia  ovvero  a  Magon-  colla  loro  media  grandezza  a  ppa  re  irte;  ciò 
za,  meglio  parlai  a  Stampa, con  quanto  ch'era  indispensabile  per  renderli  atti  a 
vantano  Magonza  e  Strasburgo  suli.°in-  figurare  il  fenomeno  di  una  eclissi.  Que- 
venirne  della  stampa  e  caratteri  mobili,  sta  piccola  luna,  il  cui  diametro  eguaglia 
Come  Magonza  innalzò  una  statua  aGut-  appena  un  mezzo  centimetro,  e  die  co- 
lemberg,  altrettanto  fece  Strasburgo,  la  menonsi  muovene'cieIi,così  nonsi  muo- 
cui  solenne  inaugurazione  con   pompa  vesulquadranle,che in  un'orbita  circola- 
graudissima  si  celebrò  a'20  giugno  1840.  re, questa  piccola  lima  della  grandezza  di 
f\'e fu  scultore  il  franceseDavid  d'Angers,  una  pillola,  fu  veduta  nellostesso  giorno, 
una  delle  celebrità  artistiche  di  Francia,  al  minuto,  al  secondo  indicato  da  Finck, 
La  popolazione  supera  i  60,000  abitan-  avvicinarsi  al  disco  non  meno  grazioso 
ti,  meta  cattolici  e  metà  protestanti,  etra  del  sole  di  Schwilguè,  velarne  da  prima 
i  quali  sono  egualmente  in  uso  la  lingua  una  piccola  parte,  poi  una  più  grande, 
francese  e  la  tedesca,  la  quale  ultima  è  la  e  finalmente  raggiungere  il  lembo  oppo- 
propria  degli  artigiani.  In  occasione  del-  sto,  in  concordanza  perfetta  colle  fasi  del- 
l'eclissi deli 85 1  si  parlò  molto  dell'oro-  la  eclissi  reale.  Mediante  la  proiezione 
logio  astronomico  diStrasburgo,come  nel  ipotetica  delle  linee  tangenti  il  corpo  lu- 
n.°i8q  del  Giornale  di  Iioma(ìe\  i852,  naie,  si  poteva  determinare  benissimo  la 
e  nel  f.  18,  n.°  26  dell'Album  di  Roma,  zona  dell'emisfero,  in  cui  si  è  potuto  ve- 
li meraviglioso  orologio  di  Schwilguè  fu  dere  lo  spettacolo  dell'eclissi  totale.  Una 
idealo  e  costruito  con  tanta  arte  e  preci-  folla  di  curiosi  si  accalcò  nel  vestibolo  del- 
sione  da  riprodurre  visibilmente  co'moti  la  cattedrale,  in  cui  non  si  udirono  die 
de'suoi  ingegni, non  solo  l'ordinaria  sue-  esclamazioni  di  meraviglia  e  di  gioia,  al- 
cessionedelle  variazioni  del  tempo,  el'ap-  l'aspetto  di  questo  mirabile  risultamento 
parente  corso  degli  astri,  ma  benanche  d'un  doppio  sforzo  dell  j  spirito  umano, 
i  fenomeni  eccezionali,  e  le  più  delicate  e  dell'autore  di  quell'apparecchio  meo- 
perturbazioni  de'loro  movimenti. Era  un  canico.  Gli  stranieri  principalmente feli- 
fatto  d'infinita  singolarità  l'osservare  la  citarono  Schwilguè,  modesto  e  sapiente 
congiunzione  astronomica  del  28  luglio  che  arricchì  Strasburgo  di  sì  iucompa- 
1  8  j  1  ,che  dovea  manifestarsi  in  propor-  labile  capo  d'opera, 
zioni  per  cos'i  dire  microscopiche  sopra  La  fondazione  di  questa  città,  che  pri- 
llilo de'quadianli  dell'orologio  della  cat-  ma  della  rivoluzione  era  la  capitale  del- 
tediale,  nello  stesso  tempo  e  nello  stesso  .  l'Alsazia  e  in  particolare  della  Bassa- Al* 
modo  che  si  produceva  nell'  immensità  sazia,  si  attribuisce  ai  romani,  che  No- 
dello spazio.Nel  mezzo  del  quadrantecen-  nalzarono  per  difendere  l'ingresso  delle 
trale  interno,  destinato  alle  indicazioni  Gallie  a'germani,e  ne  fecero  una  piazza 
del  calendario  e  del  tempo  apparente,  è  importante  cui  diedero  il  nome  d'  Ar- 
figurato,  come  si  sa,  il  globo  terrestre,  0-  genloratum ,  e  dove  stabilirono  un  arse- 
rientato  col  meridiano  di  Strasburgo,  e  naie  considerabile;  i  tribochi, popoli  dei- 
che  per  tal  modo  espone  agli  sguardi  tut-  la  Gallia  Celtica,  ne  occuparono  allora 
ti  i  paesi  situati  sul  suo  emisfero  setten-  il  territorio,  che  i  conquistatori  poi  com- 
triouale.  Intorno  a  questo  globo  si  mino-  presero  nella  i."  Germanica. Respinti  più 
vouo  due  indici,  leiuiinati  1'  uuo  da  uu  volte  oltre  il  Reno,  sotto  Giuliano, Già- 


182  S  T  R 

siano  e  Massimo,  pervennero  i  germani 
alla  fine  a  impadronirsi  del  paese  ed  a 
inantenervisi  sino  al  regno  di  Clodoveo  I, 
che  ributtatili  di  là  del  fiume,  riunì  Av- 
gentoratum  a'suoi  slati.  Ebbe  più  tardi 
a  dipendere  questa  città  dalla  Francia  o- 
rienlale  o  Auslrasia,  ma  per  la  spartizio- 
ne del  regno  tra'figli  di  Lodovico  I  il  Pio, 
passò  a  Lotario  I  e  Idea  parte  della  Lo- 
rena.Si  crede  che  verso  il  Vrsecolò  pren- 
desse questa  città  il  nume  di  Strasbur- 
go, che  noi  italiani  continuammo  a  chia- 
mare /4rgentinatdaì suo  nome  latino.  Do- 
po la  morte  di  Luigi  IV  re  di  Francia, 
cadde  al  principio  del  secolo  X  in  potere 
degl'imperatori  di  Germania,  e  si  trovò 
compresa  nel  circolo  dell  Allo- Reno;  ot- 
tenuti in  progresso  grandi  privilegi,  di- 
venne città  libera  e  imperiale,  e  si  resse 
da  se  a  comune,  il  suo  vescovo  portando 
il  titolo  di  principe  dei  sagro  impero.  Nel 
i  34  <)  vi  regnò  una  grande  mortalità  pe- 
stilenziale, che  attribuendosi  a'  sortilegi 
degli  ebrei,  se  ne  bruciarono  di  que'scia- 
gmatipiùdi  200.  Narrai  alJROTESTANTi, 
che  essendosi  introdotta   in  Strasburgo 
l'eresia ài? Luterani  t la  città  infelicemen- 
te ne  abbracciò  la  pretesa  erronea  ritor- 
ma. Laonde  nella  dieta  di  Spira  fu  Ar- 
gentina una  di  quelle  città  che  protesta- 
rono contro  il  decreto  diWorms  che  ar- 
restava l'errore, per  la  qual  protesta  i  lu- 
teranisi  chiamarono  protestanti.  Indi  gli 
eretici  cacciarono  dalla  città  il  vescovo 
ed  il  capitolo.  Nel  1  68  1  la  città  si  sotto- 
pose volontariamente  a  Luigi  XIV  redi 
Francia,  ch'erasi  alcuni  anni  prima  im- 
padronito dell'Alsazia,  e  vi  fece  il  suo  so- 
lenne ingresso  a'23  ottobre:  cosi  tornò 
allora  alla  Francia,  da  cui  era  stata  da 
sì  gran  tempo  dismembrata  ;  quel  mo- 
narca ne  ingrandì  molto  il  recinto  e  la 
circondò  di  fortificazioni  che  la  resero  una 
delle  più  forti  piazze  dell'Europa.  Luigi 
XIV  ristabilì  quindi  nella  cattedrale  l'e- 
sercizio della  religione  cattolica,  ch'era 
stata  abolita  neh  52  q  nel  l'adotta  re  il  lu- 
teranismo,ripristinaudo  il  vescovo  e  i  ca- 


S  T  l; 
nonici.  Patì  incendi, ed  il  più  violento  ac- 
cadde nel  120.8;  soffri  pure  varie  scosse 
di  terremoto,  e  le  pi ìi  forti  furono  nel 
1  289,  nel  1  356,  nel  1  35 7,  ed  a'3  agosto 
1728,  che  desolarono  la  città.  La  sede 
vescovile  fu  eretta  nel  IV  secolo,  ed  ili.0 
vescovo  fu  s.  Amando  apostolo  dell'Al- 
sazia, provincia  in  origine  della  Germa- 
nia, che  assistette  nel  346  al  concilio  di 
Colonia.  Altri  santi  illustrarono  la  sede 
vescovile  di  Strasburgo,  cioè  s.  Massimi- 
nò,  s.  Arbogaslo  che  nel  6?3  successe  a 
botario,  e  nel  678 gli  fu  sostituito  s.  Fio- 
renzo, indi  s.  Remigio,  e  quegli  altri  ri- 
portati nel  1. 1  della  Storia  d' Alemagna. 
Avendo  Papa  s.  Zaccaria  approvala  l'e- 
iezione fatta  da  s.  Bonifacio  apostolo  di 
Germania  di  Magonza  (F-)  in  metropo- 
li, tra'vescovati  che  dichiarò  suffragane! 
vi  fu  compreso  questo  di  Strasburgo. Fu 
celebre  la  commenda  gerosolimilana-del- 
l'Isola  Verde  di  Strasburgo,  fuori  delle 
mura  della  città,  con  chiesa  della  ss.  Tri- 
nità, il  cui  commendatore  avea  l'uso  del- 
la mitra,  del  pastorale  e  degli  altri  orna- 
menti pontificali,  per  concessione  di  Cle- 
mente Vili  neli5c)6.  L'istituzione  pri- 
maria risale  al  1  i5o  per  opera  di  Ver- 
nerò maresciallo  d'Uneburgo, il  quale  co- 
me potente  avendo  recato  molti  mali  ai 
cittadini,  pentitosi  e  convertitosi  a  Dio, 
si  riconciliò  con  essi,  ottenne  da  loro  il 
luogo  detto  Isola  \  erde,  ed  in  questue- 
seguì  la  fondazione  della  chiesa.  Questa 
fu  tralasciata  d'uffiziarsi  neli367,  e  ca- 
duta in  rovina, Rusmano  Mersvino  no- 
bile di  Strasburgo  la  comprò,   riedificò 
•  e  vi  pose  colle  debite  licenze  4  sacerdoti 
pel  servigiodi vino. Dopo  qualche  tempo 
la  donò  all'ordine  gerosolimitano,  con 
patto  che  alcuni  suoi   cappellani  conti- 
nuamente vi  celebrassero  i  divini  uffizi. 
Dipoi  Rusmano  fabbricò  la  chiesa  di  s. 
Ciò.  Battista,  e  l'aggiunse  a  quella  della 
ss.  Trinità,  onde  il  gran  priore  diBruns- 
berga  Corrado  scelse  per  sua  dimora  l'I- 
sola Verde, ne  divenne  il  principal  bene- 
laltore  con  assegnare  alla  commenda  più- 


S  T  R 

gui  rendite,  aumentale  dalla  pietà  de'fe- 
deli. Molti  cardinali  legati, nunzi  apostoli- 
ci,arciduchi, principi  d'imperatore  Mas- 
similiano I  soggiornarono  nella  commen- 
da; l'imperatore  ne  confermò  la  fonda- 
zione, e  altrettanto  fece  il  nipote  Carlo 
V  e  altri  suoi  successori.  Quando  la  città 
di  Strasburgo  abbracciò  l'eresia  di  Lu- 
tero e  le  false  opinioni  de'suoi  settari, vol- 
le costringere  tutti  gli  ecclesiastici  e  i  re- 
ligiosi  cavalieri  gerosolimitani  a  seguire 
il  suo  pernicioso  esempio;l  icari  co  di  gros- 
se imposizioni,  proibì  loro  di  accettare 
novizi,  e  tentò  d'impedire  la  celebrazio- 
ne della  messa  e  la  predica.  Aftinché  i  cat- 
tolici non  potessero  entrare  nella  loro 
chiesa,  pose  de'soldati  alla  porta  di  essa, 
ed  obbligò  i  cavalieri  a  pagarli.  Noti  o- 
stante  queste  persecuzioni  si  continuò  la 
celebrazione  de' divini  uffizi.  Mitigatasi 
poi  la  vessazione,  i  cattolici  di  Strasbur- 
go ebbero  licenza  di  esercitare  gli  atti 
della  loro  religione  nella  commenda  del- 
l'Isola Verde,  avendo  il  senato  loro  ac- 
cordato questa  sola  chiesa. L'autorità  pe- 
rò de'religiosi  fu  ristretta,  essendo  stato 
proibito  l'amministrare  i  sagra  meo  ti  del 
battesimo  e  del  matrimonio,  il  lire  il  ca- 
techismo, e  il  portare  agl'infermi  il  ss. 
Viatico.  Assai  maggiori  però  furono  le 
persecuzioni  deli 633, imperocché  i  ma- 
gistrali mandarono  un  ordine  al  com- 
meudatoredi  andare  co'religiosi  e  dome- 
stici a  dimorare  nella  preposi  tura  di  s. 
Pietro  il  giovane,  dando  loro  facoltà  di 
fare  gli  esercizi  della  religione  cattolica 
nella  chiesa  del  monastero  della  Madda- 
lena delle  suore  penilenli,ch'erauo  le  so 
le  religiose  tollerate  nella  città  di  Stras- 
burgo. Usciti  i  religiosi  dalla  commenda, 
fu  subito  demolito  il  convento  e  chiesa, 
saccheggiale  le  suppellettili,  e  conseguati 
gli  archivi  ;igh  scubini  della  città.  Il  com- 
mendatore si  querelò  coli'  imperatore,  a 
cui  apparteneva  l'Alta  Alsazia  iu  uno  al 
landgra  viale  della  Bassa, la  quale  era  sog- 
getta all'altra  (nel  1648  pel  trattato  di 
Munster  1'  imperatore  riuuuziò  tanto  in 


S  T  R  i83 

suo  nome, chea  quello  dell'impero  edel 
la  casa  d'Austria,  a  tutti  i  diritti  sull'Ai 
sazia  Alta  e  Bassa,  e  ne  fece  cessione  alla 
Francia  in  perpetuo,  la  quale  col  tratta- 
to di  Ni  mega  la  sottomise  al  suo  dominio 
nel  1678-79),  e  alla  dieta  dell'impero; 
ma  le  sue  querele,  non  meno  che  le  rac- 
comandazioni a  Luigi  XI  V,ri uscirono  in- 
utili, e  soltanto  dopo  la  pace  di  \ Vestfa- 
lia, conseguenza  del  trattalo  di  Munster, 
nel  1  G\.H  fu  permesso  a  religiosi  gerosoli- 
mitani di  tornare  all'Isola  Verde. Quivi 
fecero  restaurare  le  poche  fabbriche  sii- 
perstiti;  ma  non  avendo  più  chiesa,  furo- 
no costretti  a  poi  tarsi  sempre  per  cele- 
tirare  i  divini  ullizi  aquella  dei  monaste- 
ro della  Maddalena,  distante  mezza  lega. 
Soggettatasi  nel  1681, come  dissi,  Stras- 
burgo all'ubbidienza  del  re  di  Francia, 
il  commendatore  dell'  Isola  Verde  fece 
chiamare  i  magistrali  al  consiglio  supe- 
riore ti'  Alsazia,  acciò  li  costringesse  ad 
indennizzare  i  religiosi  de'danui  loro  re- 
cali: a  ciò  i  magistrati  furono  condanna' 
li  con  decreto  del  1 68  5;ma  a  vendo  i  ma- 
gistrali fitto  ricorso  al  cousiglio  di  stato 
del  re,  questo  operò  un  accomodamen- 
to, per  cui  i  magistrali  cederonoal  com- 
mendatore la  chiesa  di  s.  Marco  col  con- 
vento già  de'  domenicani,  situati  in  un 
sobborgo  di  Strasburgo,  e  reciprocamen- 
te il  commendatore  e  i  religiosi  cederò- 
no  a'  magistrali  l'Isola  Verde  e  il  resto 
delle  fàbbriche  sussistenti,  e  ricevettero 
i  religiosi  pure  una  parrocchia,  il  com- 
mendatore era  eletto  da'  religiosi  della 
commenda,ed  oltre  l'uso  degli  ornamenti 
pontificali,  conferiva  la  tonsura  e  i  4  or- 
dini minori  a'  suoi  religiosi.  Ora  ripor- 
terò gli  ultimi  vescovi  di  Strasburgo,  ili 
molli de'quali  se  ne  leggono  i  nomi  nelle 
IVotizie  diRoma:d\  que'cardiuali  uè  trat- 
tai alle  loro  biografie.  Guglielmo  di  Fu- 
sieuiberg  fu  fitto  vescovo,  enei  1686  car- 
dinale. Gli  successe  nel  1704  il  coadiu- 
tore Armando  Gastone  de  Rohan,po\  car- 
dinale.Il  cai  diiuilAruiaudo  de  Roliun  suo 
uipole  e  coadiutore  occupò  la  sede  nel 


1 84  ST  R 

i  74o-  I,1(''  'I  cugino  e  coadiutore  Luigi 
Costantiuo  de  Rohan,  preconizzalo  ai  3 
gennaio  1707  e  poi  cardinale.  Usuo  ni- 
pote e  coadiutore  famoso  cardinale  Lo- 
dovico Renato  de  Rohan  gli  successe  l'i  1 
maggio  1779,  ed  al  quale  nel  1786  da 
l'io  VI  fu  dato  in  suilìaganeo  Gio.  Gia- 
como Lantz  di  Schelstat  diocesi  di  Stras- 
burgo, vescovo  di  Dora  in  partibus.  Pel 
concordato  di  Pio  VII  colla  Francia,  nel 
1  80  1  il  card  inalesi  dimise  dal  vescovato, 
«Jd  il  Papa  soppresse  la  metropolitana  di 
Magonza, dichiarandola. sede  vescovile, e 
quella  diStrasburgo  fece  suffraga  uea  del- 
l'arcivescovo di  Besancon  e  lo  è  tuttora. 
Indi  Pio  VII  preconizzò  a'2g  aprile  1  802 
vescovo  di  Strasburgo  Gio.  Pietro  Sau- 
rine della  diocesi  d'Ais.,  al  quale  sostituì 
a*23  agosto  18  iq  Gustavo  Massimiliano 
de'principi  di  Croy,  che  Leone  XII  a'i  7 
novembre  1823  trasferì  a  Rotteti  (F.)  e 
nel  i  825  creòcardiuale.AvendogliLeone 
XIIa'24  novembre  1  823  sostituito  Clau- 
dioM.'  l'aoloTharindi  Besancon, per  sua 
rinunzia  il  Papa  dichiarò  vescovo  a'q  a- 
pnle  1  827Gio.FrancescoM.i'LePappede 
Treyern,  nato  in  Morlaix  diocesi  di  Tro- 
yes,  già  vescovo  d'Aire.  Questo  zelante 
vescovo  inviò  a  GregorioXVI  la  sua  bel- 
la ed  eloquente  pastorale,  colla  quale  con- 
dannò le  dottrine  filosofiche  e  le  perico- 
lose sentenze  dell'ab.  Bautain,non  man- 
cante di  seguaci,  onde  il  Papa  a'20  di- 
cembre i834  gli  rispose  col  breve  Ac- 
cepitnns,  presso  gli  Annali  delle  scienze 
religiose l.i>p.iiji  ringraziandolo  e  in- 
cuorandolo ad  essere  tutto  occhi  e  tutta 
industria  a  prevenire  ogni  men  che  sicuro 
insegnamento.  Nel  concistoro  de'i4  di- 
cembre 1 840  GregorioXVI  fece  vescovo 
di  Rodiopoli  in  partibus  e  coadiutore  con 
futura  successione  all'encomiato  vescovo, 
mg.  Andrea  Boesz  di  Sigolsheim  diocesi 
di  Strasburgo,  canonico  della  cattedrale 
e  superiore  del  seminario,  succeduto  per 
coadiutoria  a' 27  agosto  1842.  Nell'ar- 
ticolo Strade  ferrate,  riportai  qualche 
brano  dell'eloquente  discorso  pronunzia- 


S  T  II 

lodai  vescovo  nel  luglio  18^2,  pi  ima  del- 
la benedizione  della  ferrovia  di  Strasbur- 
go. La  diocesi  di  Strasburgo  comprende 
i  dipartimenti  dell'Alto  e  Basso  Beno,  e 
si  estende  per  32  leghe  di  loagitudineeq 
di  latitudine,  contando  molte  città  e  luo- 
ghi. Ogni  nuovo  vescovo  è  tassato  ne'li- 
bri  della  camera  apostolica  in  fiorini  370, 
ascendendo  la  rendita  a  i5,ooo  franchi. 

STRATEGIS.  Seòe  vescovile  della 
provincia  d'Eliade  o  della  1  .a  Achea,  nella 
diocesi  deU'IIIiria  orientale  o  esarcalo  di 
Macedonia,  sotto  la  metropoli  di  Corin- 
to,odiAteuesecondo  Commanville,  eret- 
ta nel  IV  secolo.  Festo  suo  vescovo  in- 
tervenne al  concilio  di  Nicea.  Orienschr. 
t.  2,  p.  2  33. 

STRATONrCA  o  STRATONICIA. 
Sede  vescovile  della  provincia  di  Caria,  e- 
sarcato  d'Asia,  sotto  la  metropoli  d'Afro- 
disiade  e  poi  di  Stauropoli,  eretta  nel  V 
secolo.  Era  una  colonia  de'macedoni,  se- 
condo Strabone,  e  ne'cauoni  di  Trailo  è 
detta  Trotolycia.  Stefano  di  Bisanzio  ri- 
ferisce che  fu  rifabbricata  d'ordine  del- 
l'imperatore Adriano,  e  che  venne  perciò 
chiamata  Adrianopoli.  Ne  furono  vescovi 
Cupichioche  assistè  al  concilio  di  Calce- 
donia,Teopempto  sottoscrisse  i  canoni  in 
Trullo,  Gregorio  quelli  del  VII  concilio 
generale.  Oritns  chr.  t.i,  p.  912. 

STRATONIC1A  o  CALAMO.  Sede 
vescovile  della  provincia  di  Lidia,  nell'e- 
sarcato d'Asia,  sotto  la  metropoli  di  Sar- 
di, eretta  nel  V  secolo.  Conta  per  vesco- 
vi, Cuteno  che  sottoscrisse  ili. "atto  del 
concilio  d'Efeso,  Gemello  quello  di  Cai- 
cedonia  e  la  lettera  del  concilio  di  Lidia 
all'imperatole  Leone,  Sabazio  firmò  la 
relazione  fatta  al  Papa  s. Ormisda  sull'or- 
dinazione d'Epifane  patriarca  di  Costan- 
tinopoli, Michele  assistè  al  VII  concilio 
generale.  Oricns  chr.  t.  1,  p.  8o4- 

STREGA,  Saga,  benefica.  Maliarda, 

vocabolo  derivato  da  lìlalia,  vencficiuni, 

fascinimi  ,pkiltruni,spec\e  d'incantesimo, 

il  quale  lega  gii  uomini  perchè  non  sie- 

uo  liberi,  uè  padroni  della  loro  mente,  0 


S  T  R 
anche  talora  delle  loro  membra. Egual- 
mente maliardo  chiamasi  lo  Stregone, ve- 
iie/icus,  che  fa  stregoneria,  e  come  le  stre- 
ghe, ili 'a le ftzio (F.)  o  Sortilegio  (/".).  La 
malìa  clicesi  puve fattucchieria  estregone- 
ria, e  perciò  sinonimi  di  strega  e  di  stre- 
gone sono  i  vocaboli  fattucchiera  ofat- 
lucchiara  ,  fattucchiere  o  fattucchiaro  j 
poiché  si  appetta  fattura,  faclttra,  affat- 
tura/nerico, la  malìa  e  la  stregoneria.  Da 
malìa  deriva  pure  il  vocabolo  Ammalia- 
re, fascinare,  veneficio  afjìcere,  far  ma- 
lìe, ammaliare;  quindi  quelli  di  Amma- 
liatrice e  Ammaliatore.  Talvolta  i  poeti 
chiamarono  Pitonessa  qualunque  strega, 
perchè  evocavano  le  anime  de'  morti.  1 
greci  dissero  pitonesse  quelle  donne  che 
facevano  le  di vinatrici, perchè  Apollo  dio 
della  Diviiiazionc(f7.)\\i  soprannomina- 
lo Pizio.  11  nome  poi  di  Pizia  Io  dierono 
alla'profetessa  del  tempio  d'Apollo  a  Del- 
io per  rendere  gli  Oracoli  (F-)-  Denomi- 
na vanoP/lori/gli  spiriti  profetici  e  gl'indo- 
vini  ispirati  da  essi.  Profetesse  de'gentili 
furono  pnreleóVZi/7/e.  l[  Sortilegio  (F.)  la 
DJiiologia  lo  definisce,  mezzo  sopranna- 
turale e  illecito  che  si  suppone  comuni- 
calo dal  demonio  per  produrre  qualche 
effetto  sorprendente  e  sempre  nocivo.  Er- 
roneamente crede  che  non  vi  sieno  state 
giammai  streghe  e  stregoni,  vale  a  dire 
donne  e  uomini  che  per  mezzo  di  ma- 
giche operazioni  ponno  interrompere  o 
camhiare  l'ordinario  corso  della  natura. 
Sostiene  che  quelli  i  quali  in  Europa  fu- 
rono bruciali  quali  streghe  o  stregoni  non 
furono  veramente  tali,  perchè  si  sarebbe- 
ro sottratti  al  supplizio,  quando  si  vogla 
concedere  loro  il  potere  d'evocare  i  mor- 
ti, d'incantare  un  campo, disporre  a  loro 
talento  del  cuore,  dello  spirito,  della  sa- 
nità degli  uomini. Tutta  volta  la  Mitologia 
confessa  che  tutti  i  popoli  ebbero  i  loro 
fattucchieri:  in  Persia  aveano  il  nome  di 
Magij  presso  \' Egitto  quello  ^Sacerdoti; 
gli  assirii  li  chiamarono  Profelij  i  greci 
Indovini;  i  romani  Auguri;  nella  Gallia 
Druidi.  Inoltre  la  mitologia  con  vicue  au- 


S  T  R  i85 

cora,  che  l'arte  de'sortilegi  e  degl'incan- 
tesimi èstata  specialmente  praticata  dalle 
donne.  Nelle  loro  magicheoperazioni  im- 
piegavano esse  le  parole,  le  piante  vele- 
nose, le  radici  di  cipresso  e  di  lieo  selva- 
tico, le  pennee  le  uova  de'notturni  uccelli, 
come  della  civetta,  del  gufo:  faceano  uso 
eziandio  del  sangue  di  rospo,  del  veleno 
de'serpenti,e  ne  componevano  de'liquori, 
i  quali  da  quanto  dicono  i  poeti  aveano 
la  virtù  d'ispirare  l'amore  e  l'odio,  d'in- 
vecchiare o  rinvigorire,  di  risuscitare  e  far 
morire,  di  rendere  insensibile  o  bilioso, 
di  trasformare  in  bestia  e  specialmente  in 
lupo.  Queste  operatrici  di  sortilegi,  nelle 
loro  operazioni  facevano  uso  altresì  delle 
ossa  di  morti,  dell'erbe  che  crescono  sulle 
tombe,  del  sangue,,  della  midolla  edel  fe- 
gato del!  indolii  non  ancor  giunti  alla  pu- 
bertà. Le  streghe  tacevano  pur  uso  del- 
l'ippomane,  nella  composizione  degli  a- 
morosi sortilegi,  perchè  l'ippomaue  dicesi 
avesse  la  virtù  d'ispirare  il  furore  dell'a- 
more. Gli  antichi  erano  persuasi  chei  ma- 
ghi esercitassero  il  loro  impero  nel  cielo, 
sulla  terra  e  nell'inferno;  che  per  mezzo 
de'loro  incantesimi  potessero  comandare 
agli  astri,  agli  elementi,  trarre  la  luna  e 
le  stelle  sulla  terra,  fennar  il  corso  de'fiu- 
mi, suscitar  tempeste  nell'aria,  trasportar 
frulli  e  messi  dall'uno  all'altro  luoso,  e- 
vocare  i  morti,  porre  le  ombre  alle  pre- 
se le  une  colle  altre.  Le  più  famose  ope- 
ratrici di  sortilegi  o  streghe  erano  nella 
Tessaglia,abbonclante  di  piante  velenose, 
ove  avea  vomitato  il  suo  veleno  Cerbero 
quandosecondoi  poeti  fu  da  Ercole  rapilo 
dall'Inferno:  ivi  Medea  trovò  i  veleui  che 
le  mancavano  a  Coleo.  Le  dee  che  pre- 
siedevano tra  i  pagani  a'sortilegi  e  incan- 
tesimi erano  Nemesi,  la  Notte,  Diana, Pro- 
serpi na,  e  specialmente  Ecale  dea  de'ma- 
ghi  e  degl'incantesimi,  e  madre  di  Medea 
e  di  Circe  che  istruì  in  tali  arti.  Le  stre- 
ghe invocavano  pure  le  Parche,  le  Euine- 
nidi  e  le  altre  infernali  divinità.  A'sorti- 
legi e  alle  magiche  operazioni  era  sagro  il 
numero  di  tre, sul  quale  Cancellieri  scris- 


i8G  S  T  R 

se  erudite  notizie  nelle  Selle  cose  fatali 
di  /ionia,  con  la  spiegazione  dei  miste- 
riosi attributi  de' numeri  Ternario  e  Set- 
tenario. Delle  Sirene  incantati'ici  pallai  a 
Sorbetto. 

Ragionai  a  Magia  anche  dell'arte  su- 
perstiziosa e  vana  di  tare  incantesimi  con 
l'aiuto  del  Demonio  (f.);  che  la  Chiesa  di- 
chiara scomunicati  i  maghi  o  negroman- 
ti, le  streghee  gli  stregoni, ed  i  loro  enor- 
mi peccati  sodo  tra'casi  riservati.  Che  nel- 
l'antica R.oma  la  magia  più  volte  fu  re- 
pressa e  bandita,  e  tutto  al  più  si  eserci- 
tò da  alcune  donne  avvelenatrici,  le  qua- 
li reputavansi  una  specie  di  streghe,  che 
ne'loro  incantesimi  si  servi  vano  di  Capei- 
It  (de'quali  riparlai  a  Parrucca),  tolti  di 
soppiatto  a'inorihondi.  Raccolsi  pure  al- 
cune nozioni  sull'esistenza  della  magia  tra 
le  nazioni,  e  de'  rigorosi  provvedimenti 
presi  per  estirparli,  non  menoda'principi 
e  da  governi  civili,  che  dalla  Chiesa  con 
zelanti  decreti  de'Papi,de'veseovi,de'con- 
cilii,  tutti  derivanti  dalle  leggi  divine,  co- 
me si  comprende  dall'Esodo,  dal  Leviti- 
co,  dal  Pentateuco  e  da'precetti  del  De- 
calogo ;  delitto  ricordato   nel   Deutero- 
nomio, nel  Levilico  e  nel  libro  de'  Re. 
Dissi  ancora  delia  contesa  letteraria  in- 
sorta con  eclalanza  nel  secolo  XVIII  sul- 
la questione:  se  qualunque  magia  doves- 
se credersi  cessata  dopo  la  venuta  di  Ge- 
sù Cristo,  e  sull'esistenza  delle  streghe, 
una  delle  quali  fu  bruciala  iuErbipoli  nel 
17.4.9-  H  Vermiglioli,  Lezioni  di  diritto 
canonico,  lib.  5,lez.  2  i,  De' sortilegi,  di- 
chiara. 11  solo  Sortilegio  e  Magia  demo- 
niaca è  condannata  e  soggetta  a  pena,  e 
questa  è  quella  per  cui  notato  il  nasci- 
mento,l'occaso, la  congiunzione  delle  stel- 
le, si  aprivano  le  sepolture,  si  facevano 
comparire  immagini,  si  facevano  circoli 
e  figure  nelle  quali  espressamente  o  oc- 
cultamente si  radunano  ideinomi, che  pur 
fanno  cose  mirabili,  e  cjuesta  magica  os- 
servazione può  essere  di  4-  ci u a  1  ' ^ :  Pre- 
sligialiva,[)ev  cui  la  cosa  apparisce  a'seti- 
si  altrimenti  da  quello  che  veramente  è, 


S  T  R 

per  esempio  con  fare  apparire  l'uomo  co- 
me bestia  e  la  bestia  come  uomo;  altra 
è  fenrfira  e  Incanlatrice,  ed  è  quella 
checon  certe  parole,  versi,  suffumigi  e  al- 
tre cose  coll'opera  del  demonio  si  fanno 
cose  meravigliose;  la  3.*  è  la  Cabalistica, 
per  cui  con  numeri,  lettere  e  parole  po- 
trebbero farsi  cose  mirabilidaóVè  ìaSiffa- 
zolica  non  dissimile  nella  forza  de'nomi, 
secondo  la  quale  dicesi  potersi  conosce- 
re i  futuri  eventi  degli  nomini  felici  e  in- 
felici: tutti  cpiesli  quattro  modi  sono  as- 
solutamente condannabili.   All'  articolo 
Malefizio,  specie  di  magia  colla  qua- 
le si  nuoce  elcuuo  col  soccorso  del  de- 
monio, parlai  di  sue  differenti  specie,  tut- 
te essendo  gravissimi  peccati   mortali   e 
delitti  civili.  Feci  la  distinzione  della  ma- 
lia, dall'incantesimo, che  spesso  si  confuse 
l'una  con  l'altro.  Parlai  delle  di  verse  qua- 
lità della  fascinazione,  ossia  d'ogni  sorta 
di  malìa,  del  mal  d'occhio  o  creduta  of- 
fesa fatta  colla  guardatura  o  affascinamen- 
to, della  iettatura  o  supposto  malefico  in- 
flusso, e  di  altri  simili  ridicole,  immagi- 
narie e  degradanti  Superstizioni  (  V.};  co- 
me degli  Amuleti  (di  questi  tenni  ezian- 
dio proposilo  ne'  luoghi  relativi,  e  negli 
articoli   Immagini  sagre,  Reliquie    sa- 
gre, Agnus  dei  benedetti,  e  ne  riparlai 
nel  voi.  LXU,  p.  83,  ed  a  Superstizio- 
ne, Scapolari  o  abitini,  Medaglie  bene- 
dette, che  tutte  la  Chiesa  saggiamente  so- 
stituì e  contrappose  agli  amuleti)   tenu- 
ti per  preservativi  superstiziosi  e  vani, 
da'  malefizi,  da   malattie  e  da'  pericoli, 
essendo  umiliante  e  puerile  per  un  cri- 
stiano esistere  ancora  quello  che  si  ripone 
ne'corni  !  e  tuttora  in  questo  decanta  tose- 
colo  de'lumi!  Quelli  che  tengono  i  corni 
per  preservativo  da'malefici  influssi,  mi- 
seramente li  pospongono  al  segno  e  figu- 
ra della  portentosa  Croce  (/^.),  gloriosa 
e  potente  insegna  del  trionfo  di  Cristo  e 
di  nostra  avventurosa  redenzione,  e  col- 
la quale  si  operarono  tante  e  innumera- 
bili meraviglie.  LaChiesa  riprovò  sempre 
i  malefizi  e  quelli  che  gli  esercitavano,  e 


S  T  11 
li  punì  colla  Scomunica  (/"'.)  e  altre  seve- 
re pene;  vietò  ripetutamente  l'uso  cicali 
amuleti,  e  proibì  altresì  \tFilallerie  (  I  .), 
altra  superstizione  eli  supposta  preserva- 
zione, che  un  tempo  essendo  state  dispen- 
sate da  certe  femmine,  furono  esse  credu- 
le maliarde  e  operatrici  di  fattucchierie. 
La  Chiesa  co'suoi  venerandi  rituali  pre- 
scrive Benedizioni,  Preghiere,  Esorcismi 
(/  .)  contro  i  malefi/.i,  e  per  liberare  gli 
Energumeni  e  Ossessivi.)  o  indemonia- 
ti. E  per  non  ricordare  ora  altri  articoli 
riguardanti  queste  cose,  dirò  che  dichia- 
rai pure  a  Sortilegio,  non  potersi  dubi- 
tare che  vi  sieno  stali,  e  forse  sussisteran- 
no,le  streghe. gli  stregoni, i  sortileghi, i  qua- 
li pattuirono  col  demonio  per  operare  co- 
se straordinarie;  essendone  prova  con  vin- 
cente quanto  si  legge  nella  sagra  Scrittu- 
ra, ne'ss.  Padri,  nella  Dottrina  cristiana, 
ne'canoni  de'concilii,  ne'i  duali,  non  che 
il  consenso  di  molte  nazioni  che  promul- 
garono severissime  leggi  e  penecoutro'i 
maghi,  le  streghe,  gli  stregoni;  e  la  storia 
che  ci  tramandò  le  sentenziate  terribili 
punizioni  che  ne  subirono.  Ma  il  demo- 
nio non  puòalfatto  far  nulla  senza  il  per- 
messo dell'onnipotente  Dio,  e  lo  dichia- 
rai pure  nell'articolo  Supekstizio.ne,  nel 
combatterla  e  riprovarla.  Trovo  nel  Gua- 
sco, I  riti  funebri  di  Roma  pagana,  a  p. 
i  55,  riferendo  gli  oltraggi  cui  soggiacque 
U Sepoltura^. )iartco  di  uomini  dabbene, 
•  he perciò  i  sacerdoti  solevano  raccoman- 
dare l'anime  de'morti  agli  Dei,  cantando 
inni  e  pregando,  con  desiderare  a'sepolti 
che  chiunque  o  passasse  avanti  o  si  acco- 
stassea'loro  monumenti, non  solamentcsi 
astenesse  da  qualunque  ingiuria  e  male- 
dizione, ma  augurasse  loro  del  bene  e  ne 
onorassero  le  ceneri,  altri  menti  si  riguar- 
davano dispregiatori  della  religione  e  dei 
suoi  principii  fondamentali.  Indi  narra, 
chele  stesse  preghiere de'sacerdoti  erano 
ilidirittea  sotti  arre  i  cadaveri  alle  nottur- 
ne ricerche  delle  streghe,  o  piuttosto  del- 
le maghe  che  facevano  maiciìzi  (dice  la 
Mitologia,  che  il  vocabolo  maglie  fu  ap- 


STR  187 

plicato  alle  donne,  le  quali,  in  forza  d'un 
supposto  commercio  col  demonio,  vanta - 
vansi  di  fai"  malelìzi  a'Ioro  nemici,  di  man- 
dar loro  delle  malattie,  e  farli  di  lente  pe- 
nose consunzioni  perire),  le  quali  di  essi 
valevansi  ne'loro  nefandi  sacrifizi,  incan- 
tesimi, e  prestigi  o  inganni  con  false  e  sor- 
prendenti apparenze.  Se  queste  pernicio- 
si ssi  me  lem  minacce  era  no  vera  mente  «pia- 
li vengono  dipìnte  da  Orazio,  parlando 
di  Canidia, e  da  Lucano  favellando  d'E- 
ritto,  ninna  cosa  giammai  fu  più  orrida 
espaventevole, ed  insieme  ni  una  più  spre- 
gevole e  vi  le.  Eritto  si  vantava  d'aver  im- 
molato parecchi  fanciulli,  (ino  nel  seno  i- 
stesso  della  loro  genitrice.  Canidia  seppel- 
lì vivo  sino  al  collo  un  fanciullo  di  qua- 
lità da  lei  rapito,  indi  gli  pose  innanzi  le 
più  saporite  carni,  affinchè  la  loro  vista 
interdetta  alla  sua  avidità  lo  facesse  mo- 
rire di  languore,  per  quindi  col  suo  san- 
gue, midolla  e  fegato  inaridito  comporre 
un  liltro  polente,  bevanda  o  droga  per 
aver  forza  d'ispirare  amore.  Canidia  viene 
descritta  scarmigliata  e  colla  lesta  attor- 
tigliata di  vipere,  in  alto  di  preparare  sul 
magico  fuoco  una  terribile  composizione, 
mescolando  le  radici  di  cipresso  e  di  fico 
selvatico  disotterrate  in  un  cimilerio;  le 
penne  e  I'  uova  di  civetta,  noctumae  stri* 
gis,  inzuppate  nel  sangue  d'un  rospo,  del  - 
l'erbe  velenose  di  Tessaglia  e  d'  Iberia, 
e  delle  ossa  strappate  dalla  bocca  d'  un 
cane  a  digiuno.  Questi  magici  dettagli  pia- 
cevano agli  antichi,  portati  al  meraviglio- 
so, al  superstizioso  ed  a  lutto  (pianto  lu- 
singava  0  allarmava  la  loro  fervida  im- 
maginazione, per  cui  in  tali  materie  vo- 
lontieri  e  sovente  s' in  ter  tene  va  no  i  loro 
poeti.  Priapo  guardiano  degli  erbaggi  e 
de'frutti, introdotto  a  parlare  da  Orazio 
[\\  (piale  viene  notato  dallo  stesso  Guasco 
per  ateista,  e  che  si  ridesse  dell'arte  ma- 
gica, non  ad  altro  fine  avendo  introdot- 
to ne'suoi  sermoni  Priapo  a  dolersi  del- 
le maghe,  che  per  ridersi  della  comune 
popolare  credenza  intorno  a'magici  por- 
tenti; indi  si  sorprende  come  a'suoi  gior- 


1 88  STR  S  T  K 
dì,  in  cui  ferveva  la  suindicata  disputa,an-  più  formidabile  ne'suoi  magici  incanlesi- 
the  li  acattolici  vi  l'osse  chi  confondesse  la  mi,  venne  da  Lucano  descritta  la  fimo- 
stregoneria  colla  magia  diabolica, e  dall'in-  sa  fattucchiera  Eritto,  cerca  t  lice  a  nch'es- 
sussistenzadella  i/argomentasseecredes-  sa  di  cadaveri,  che  schiarissero  fortune 
sedi  provare  l'insussistenza  della  secon-  de'  fati,  e  l'esito  della  guerra  civile  pre- 
da) ne'sermoni,  confessa  di  ricevere  mag-  dicessero  a  Sesto  Pompeo.  Guasco  ne  ri- 
gior  noia  dalle  mentovate  donne.che  dagli  porta  il  lesto:  orrenda  è  l'invocazione  nel- 
stessi  ladri.  Egli  racconta  cose  meraviglio-  l'atto  di  richiamare  in  vita  uu  cadavere 
se  di  esse,  e  sottopone,  se  mentisce,  il  suo  giacente  ne'campi  Euiazii.  Quindi  dopo 
capo  allo  sterco  de' corvi,  ed  al  piscio  di  una  lunga  e  ridicola  narrazione  dell'iti  - 
Giulio,  di  Pedacia  e  di  Vorano,  vilissimi  cantesimo,  e  de' terribili  scongiuri  dique- 
ladroni. Dice  adunque, d'aver  vedulosul-  sta  maga,  riporta  Guasco  la  narrazione 
l'imbrunirsi  della  sera  Canidia  e  Sagana,  con  quali  vivi  e  tetri  colori  il  fantastico 
con  una  nera  gonnella  raggruppata  inol-  poeta  dipinge  l'apparizione  del  cadavere 
trarsi  scalze,  e  con  le  capelliere  disciolte  animato,  e  da  Eritto  violentato  ad  appa- 
nell'  Esquilie  ,  ed  ivi  urlare  spaventosa-  gare  le  premurose  ricerche  di  Sesto  Porn- 
menle  e  stridere;  indi  scavare  colle  maai  peo.  Dell'uso  poi  che  le  streghe  faceva- 
la  terra,  eco'denti  morsicare  e  dilacera-  no  de'  cadaveri  disotterrati,  delle  mem- 
re  le  carni  d'un'agnella  nera,  il  cui  san-  bra  troncate, della  maniera  di  consultar- 
gue  versato  in  una  fossa  dovea  costringe-  ne  le  interiora  (a  Sacerdozio  parlando  an- 
re  le  anime  dè'morti  a  rispondere  alle  lo-  Cora  di  quello  degl'  idolatri  e  delle  loro 
io  temerarie  domande.  Aveano  tra  le  ma-  sacerdotesse,  dissi  pure  degli  auguri  e  de- 
ni  due  immagini  o  idoletti,  uno  di  lana,  gli  aruspici),  dell'erbe,  del  veleno  de'ser- 
l'altro  di  cera,  de'quali  uno  era  maggio-  penti,  delle  varie  membra  di  diversi  ani- 
re,  l'altro  minore.  Con  essi  dopo  aver  in-  mali  e  de* più  funesti  uccelli,  e  sempre  le 
yocata  Proserpi na  dea  dell'Infèrno  {!'■),  penne,  le  uova  e  gl'interiori  strappati  dal- 
eTisifone  una  delle  tre  furie  che  punisce  la  civetta  viva,  uccello  notturno  dagli  an- 
gli omicidi,  facevano  tali  cose  nefande,che  tichi  chiamato  Striga,  a  motivo  dell'a- 
non  solamente  i  cani  e  i  serpenti  fuggiva-  culo  suo  grido,  onde  gli  antichi  davano 
no,  ma  la  slessa  luna  arrossiva,  e  vergo-  il  nome  di  striges  a  tulle  le  faltucchie- 
gnandosi  di  rischiararle,  si  celava  per  re,  adoperando  pure  il  sangue  e  il  cuore 
quanto  poteva  dietro  i  più  alti  sepolcri,  del  rospo;  che  ne' loro  prestigi  adopera - 
a  line  di  non  vederle.  Mentre  compiva-  vano  de'magici  canti, de' versi, dell'impe- 
ìio  e  moltiplicavano  i  sortilegi,  le  anime  riose  oscure  parole,  che  pronunziavano, 
costrette  a  parlare  empievano  di  voci  me-  ora  per  costringere  la  luna  a  discendere 
ste  e  lugubri  tutto  il  contorno  del  paese,  in  terra,  ora  per  accendere  d'amore  i  ri- 
Allora  soddisfatte  le  streghe  nascondeva-  trosi  giovanetti  e  le  ripugnanti  donzelle, 
no  sotterra  la  barba  d'un  lupo  e  un  den-  ora  per  moderare  o  ridurre  alla  loro  uh- 
te  d'una  vipera,  ed  abbruciavano  l'ini-  bidienza  le  forze  infernali,  ora  per  pene- 
magine  di  cera,  con  sortilegi  e  ceremo-  tiare  le  cose  avvenire,  i  casi  d'un  barn» 
nie  cotanto  abbominevolijChejSoggi'unge  bino  appena  nato,  l'esito  d'un  mali-imo- 
Priapo,  mi  si  arricciò  il  pelo  e  inorridii,  nio,  d'una  battaglia  e  cose  simili.  1  primi 
Finalmente  non  sapendo  come  in  altra  poeti,  tanto  greci  che  latini,  lasciarono  co- 
guisa  discacciarle  da  se  lontano,  dovette  si  ampia  e  precisa  descrizione,  che  mag- 
valersid'un  mezzo veramentedegnod'un  gioie  non  può  desiderare  chi  è  vago  di 
nume, che  riconosceva  dal  capriccio  d'un  somiglianti  notizie.  Empiamente  ne'liltri 
falegname  la  grazia  d'essere  slato  anlcpo-  s'invocavano  dalle  streghe  le  infernali  di- 
sto a  uno  sgabello.  Più  possente  e  iusieuie  viuilà;e  nella  composizione  entra  vano  di- 


SIR 
verse  erbe  e  materie,  oltre  le  accennate 
di  sopra,  come  il  pesce  remora,  certe  os- 
sa «li  rane,  la  pietra  stellai  ia.  Il  p.Del  Rio 
nelle  Disquisizioni  magiche,  ponendo  i 
filtri  nel  rango  de'malefìzi,  aggiunge  che 
le  streghe  e  gli  stregoni  insorti  nel  cristia- 
nesimo, nella  confezione  facevano  uso  an- 
che dello  sperma  umano,  del  sangue  me- 
struale, de' L'itagli  d'unghie,  di  metalli,  di 
rettili ,  d'intestini  dì  pesci  e  d'  uccelli;  e 
qualche  volta  sacrilegamente  \i  si  mi- 
schiava dell'acqua  benedetta,  delle  reli- 
quie sagre,  de'frammenli  d'ornamenti  di 
chiesa,  del  lìor  di  latte,  ec. 

L'annalista  Rinaldi  sulle  pitonesse,  sui 
prestigi,  sulle  streghe  riporta  le  seguenti 
notizie.  All'anno  .'">  i,n.°67  parla  di  s.  Pao- 
luche  in  Filippi  liberò  una  pitonessa,  cioè 
una  fanciulla  agitata  dallo  spirito  indo- 
vino,per  la  qualcosa  i  padroni  di  lei  ve- 
dendosi mancare  un  guadagno  grande,ac- 
cusarono  a'magistrati  l'apostolo  e  il  di- 
scepolo Sila, come  pei  turbatori  della  cit- 
tà. All'anno  58,  n.°jC)  parla  delle  super- 
stizioni de'  pagani  contro  le  malìe,  e  di 
quanto  ponevansi  indosso  per  preservar- 
sene, mentre  i  cristiani  usarono  gli  Agnus 
Dei  benedetti,  coll'inamagine  dell'agnel- 
lo simbolo  del  mansueto  Cristo.  All'anno 
68,n.  22  riferisce i  prestigi  dell'empioiSV- 
mone  Mago{l  '.),  che  per  mezzo  della  ma- 
gia si  faceva  adorare  per  un  Dio,  che  ri- 
volgendosi nel  fuoco  non  s'  abbruciava, 
che  volava  per  l'aria  portato da'demonii, 
cheapparentemente  si  trasformava  in  va- 
li  animali  e  mostrava  d'aver  due  faccie, 
che  si  tramutava  in  oro,  che  convertiva 
i  sassi  in  pane,  che  ne'conviti  faceva  ve- 
dere furine  d'ogni  sorte,  ed  esser  prece- 
duto da  ombre  che  diceva  anime,  e  fa- 
ceva altre  stregonerie  per  arte  diabolica. 
All'anno  3o2,n.°2o  narra  di  avere  Papa 
s.  Damaso  1  nel  concilio  romano  castiga- 
to le  streghe  e  gli  stregoni,  con  iscomu- 
nicare  lutti  quelli  che  avessero  inteso  a- 
gl'incantesimi,augurii  esorlilegi,  o  ad  al- 
tre riprovevoli  superstizioni;  ed  ancora 
quelle  donne  le  quali  si  divisavano  per  in- 


STR  189 

ganno  del  comune  nemico,  d'essere  por- 
tate la  notte  sopra  animali,  e  di  discor- 
rere per  varie  parli  con  Krodiadc.  All'an- 
no 736,0. "3  confuta  l'errore  fa  voloso,che 
le  streghe  entrino  nelle  case  a  porte  chiu- 
se pe'buchi,  onde  uccidere  gl'infanti  lat- 
tanti. All'anno  1  148,  n.°2  descivei  sorti- 
legi del  famoso  stregone  ed  eretico  Eudo 
bretone,  il  quale  co  suoi  prestigi  avea  in- 
gannato moltissimi,  come  pieno  di  spiri- 
to diabolico,  affermando  essere  egli  che 
dovea  venire  a  giudicarci  vivi  e  i  morti 
nel  giudizio  universale.  Da'demonii  rapi- 
damente era  portato  in  diverse  provin- 
cie,  talora  dimorava  con  tulli  i  suoi  se- 
dotti in  luoghi  deserti,  e  sospinto  dal  de- 
monio spariva  per  recarsi  velocemente  a 
infestare  le  chiese  e  i  monasteri.  Si  trat- 
ta va  con  fasto  reale,  e  ne'conviti  banchet- 
tava chi  andava  a  trovarlo  con  cibi  ae- 
rei, per  cui  poi  aveano  più  fame  di  pri- 
ma. 1  principi  mandarono  contro  di  lui 
molle  soldatesche,  ma  egli  spariva.  Fi- 
nalmente Iddio  non  permettendo  più  al 
demonio  che  l'assistesse,  fu  imprigionato 
dall'  arcivescovo  di  Reims ,  e  quindi  fu 
tratto  nel  concilio  che  in  quella  città  ce- 
lebrava l'apaEugeniollI;  giudicato  e  con- 
danna lo  cogli  stregoni  suoi  seguaci, furono 
consegnali  al  braccio  secolare,  che  tutti 
fece  ardere  vivi.HRinaldi  consiglia  per  va- 
llilo rimedio  contro  i  prestigi  degli  strego- 
ni, il  segnodellas.  Croce.  Nel  voi.  LXV1I, 
p.  282  rilevai  che  Papa  s.  Innocenzo  I 
nel  4>o  indusse  l'imperatore  Onorio  a 
pubblicare  severe  leggi  contro  i  seguaci 
dell'astrologia  giudiciaria,onde  i  libri  di 
essa  furono  bruciali,  ed  esiliali  da  Roma 
i  superstiziosi  pertinaci.  Fra  gli  altri  più 
antichi  Papi  che  emanarono  sanie  leggi 
allineile  i  fedeli  non  fossero  atterriti  e  in- 
gannali da'sorfilegi  e  superstizioni,  con 
inutili,  vane  e  perniciose  operazioni  dan- 
nose all'anima  e  al  corpo,ricorderòGrego- 
rio  I X  del  1  2 2  7 , col  ca p.  1  e  2  De sortilegiis. 
A  Speziale,  dicendo  degli  alchimisti  che 
talvolta  col  soccorso de'demonii  procura- 
tono  conseguire  quanto  non  a  veauopotu- 


190  STR  S  T  R 
lo  lareco'proprisforzi,eper  questo  i  sagri  lare  per  essere  punito  colle  tifi >i te  pene; 
canoni  fulminarono  d'anatema  gli  alclii-  e  similmente  prescrisse  il  carcere  perpe- 
misti,  e  molti  teologi  posero  la  loro  arte  tuo  se  non  avesse  recato  la  morte,  ina  a- 
tra  le  divinazioni  e  i  sortilegi;  egl'impo-  vesse  cagionalo  altri  danni  come  malat- 
stoi'i  alchimisti  furono  condannati  nel  se-  lia,  divorzio,  impotenza  di  generare,  paz- 
coloXIV  da  Papa  Giovanni  XXII, anche  zia;  o  avesse  recato  danno  notabile  agli 
pe'sorlilegi  praticati  controdi  lui. Egli  fui-  animali,  alie  derrate  e  a'  frutti.  Inoltre 
minò  la  scomunica  a  coloro  che  abusano  Gregorio  XV  prescrisse  contro  chi  ne  a- 
deile  cose  sagre  nelle  divinazioni,  o  invo-  vesse  notizia, di  farne  subito  la  denunzia 
cano  i  demonii  e  con  questi  palleggiano,  o  al  vescovo  o  al  tribunale  dell'inquisi- 
InnocenzoVIII  del  i.-jìHfulminò  terribili  zione.  Urbano  Vili,  comeSisto  V,  vietò 
decretali  contro  le  donne  malefiche  e  fat-  la  divinazione  e  giudizio  sopra  liberi  at- 
tucchiere  e  conlro  gl'incantesimi.  Leone  li  dedolli  dagli  astri  e  altri  segni,  aneor- 
X  deli  5i  3  pubblicò  una  legge  contro  le  ehècpiesli  giudizi  si  manifestino  con  dub- 
streghe,  ed  egli  con  Adriano  VI  che  gli  biezza,  e  quali  semplici  congetture  sono 
successe  nel  i  522  stabilirono,  che  i  laici  riprovate  da' saggi,  i  quali  le  giudicano 
d'ambo  i  sessi  che  fanno  sortilegio  invo-  scandalose  :  che  se  si  giudicasse  con  cer- 
cando il  demonio,  facendo  incantazioni,  tezza,  e  si  asserisse  che  gli  effetti  sopran- 
diviuazioni  e  superstizioni,  soggiacciono  naturali  si  ponno  dedurre  dalle  cause  na- 
alla  scomunica,  e  ad  altre  pene  stabilite  turali,  tanto  chi  l'asserisce,  che  chi  pre- 
dai gius  civile  e  canonico,  ed  escomimi-  sta  fede,  vengono  colpiti  dalla  scomuni- 
ca di  lata  sentenza  quando  vi  è  eretica-  ca,  perchè  dottrine  siffatte  sono  ereticali, 
le  errore  d'intelletto.  All'articolo  Ma-  Vedasi  il  codice  di  Teodosio  ediGiusli- 
gi-a  narrai  l'incantesimo  fatto  nel  r522  niano,  nel  tit.  De  maledicis  et  mathe- 
in  Roma  per  la  cessazione  della  pesti-  maticìs.  Nella  biografia  A' Urbano  Vili 
lenza.  Sisto  V  nel  j  58y  ampliò  le  facol-  dico  de'  sortilegi  usati  per  troncargli  la 
tà  d'inquisire  e  procedere  alla  Congre  vita.  Il  p.  Meuoehio,  Stuoie  t.  i,  cent. 
gazione della  s.  lnquisìzione(F.), conlro  4>caP-65  tratta:  Se  le  streghe  sieno  cor- 
la  magia,  sortilegi,  divinazioni  e  malefì/i  porar! mente  portate  da'demonii  alle  loro 
che  con  arti  superstiziose  tentano  danneg-  abboni  i  ne  voli  congrego  e,  o  sola  mente  per 
giare  il  prossimo,  e  contro  gli  astrologi  illusione  de'medesimi  e  false  immagina- 
giudiziari,  streghe  e  stregoni,  molto  più  zioui  loro.  Diceche  il  p.  Martino  Del  Rio 
se  questi  abbiano  fatto  patti  con  Sata-  delusamente  ragionò  su  questo  dubbio, 
nasso,  ed  apostatalo  dalla  vera  religione,  nelle  Disquisizioni  magiche  lib.  2,quest. 
argomento  di  cui  tenni  pure  proposito  a  io,  citando  molti  autori  per  la  parte  ne- 
Inquisizione.  Nella  bolla  di  Sisto  V,  U-  gativa  e  per  quella  affermativa.  II  p.  Me- 
mwpolentis  Dei,  si  assoggettano  allascc-  nocino  riprodusse  due  esempi,  co'quali  si 
municacoloro  che  scientemente  leggono  prova  che  veramente  siffatte  scellerate 
e  ritengono  libri  scritti  e  qualunque  al-  donne  sono  dai  demonii  corporalmente 
tra  cosa  che  si  riferisca  all'astrologia  gin-  portate  al  luogo  destinato  de'loro  infami 
diziaria,  a  geomanzia,  idromanzia,  piro-  congressi  e  conviti,  cioè  d'una  sabinese  e 
malizia  o  altra  divinazione,  arte  magica,  d'una  bergamasca.  Quellodella  i  /è  scrit- 
sortilegio,  venefìcio,  augurio,  incantazio-  lodai  p.  Paolo  Grillando,  che  fu  inquisì- 
ne  e  altro.  GregorioXV  del  1621  stabili  tote  e  compose  un  libro  su  queste  mate- 
contro  chi  con  superstizione  di  maleficio  rie.  De  Sortilegiis  quaesti  7,  lib.  2.  Una 
avesse  recala  la  morte  ad  alcuno,  ancor-  donna  faceva  professione  di  questa  arte 
che  abbia  per  la  i.a  volta  commesso  tal  diabolica,di  che  presonesospetto  il  marito 
delitto,  fosse  consegnato  alla  curia  seco-  più  volle  l'interrogò,  ma  essa  negò  sempre 


STR 
che  fosse  vero.  II  marito  però  non  lasciò 
di  sorvegliarla  al  lenta  niente,  per  cui  ville 
una  notte  ch'essa  ungevasi   con  un  un- 
guento, e  finita  l'unzione  volò  via  come 
un   uccello  calando  nella  strada,  ad  onta 
clie  la  polla  fosse  chiusa.  Il  marito  pro- 
curò seguirla,  ma  indarno,  nipote  cono- 
scere ove  fosse  andata.  Nel  di   seguente 
l'interrogò  su  queslo  fatto,  ed  essa  negan- 
do, venne  alle  minacce  epoi  alle  percosse, 
promettendo  perdono  se  avesse  manife- 
stato la  vcrilà;  onde  la  donna  vedendosi 
scoperta  e  con  vinto, tutto  narrò  e  confessò 
il  peccato:  il  marito  la  perdonò  a  condi- 
zione che  una  notte  lo  conducesse  ove  an- 
dava alla  congrega,  e  la  moglie  glielo  pro- 
mise con   licenza  del  demonio.   Portato 
dunque  costui  al  luogo  della  conventicola, 
vide  il  ballo  e  poi  tutte  l'altre  cose  che  vi 
si  facevano,  indisi  pose  a  mensa  per  man- 
giai e  cogli  altri:  ma  perchè  i  cibigli  sem- 
bra va  no  insipidi,  per  condirli  inutilmente 
più  volle  domandò  il  sale  che  non  vi  era, 
finché  per  le  sue  importunità  gli  fu  recato, 
ed  allora  esclamò:  lodato  sia  Dio,  è  pur 
venuto  il  sale.  Al  suono  di  tal  nome,  i  de- 
monii  che  abboniscono  le  divine  lodi  , 
sparvero  con  tutti  gl'intervenuti  al  con 
v  ito,  ed  estinti  i  lumi  restò  egli  nudo  e  so- 
lo. Fallosi  giorno  e  vedendoalcuni  pasto- 
ri,domandò  loro  che  luogo  l'osse,  e  gli  fu 
risposto  il  territorio  di  Benevento,  tro- 
vandosi cos'i  lungi  i  oo  miglia  dalla  sua  pa- 
tria. Gli  convenne  mendicare  per  fare  ri- 
torno in  Sabina,  ove  arrivato  subito  de- 
nunziò per  strega  la  moglie,  e  dai  giudi- 
ci fu  lutto  verificato.  Noterò,  che  più  vol- 
te sui  teatri  fu  rappresentalo:  La  Noce  di 
Benevento  o  sia  il  Consiglio  dellestreghe; 
e  che  abbiamo  di  Piporno  De  Magistris, 
De  Nuce  Beneventana.  Di  simili  baie  edel 
famoso  Noce  Beneventano,meg!io  ne  par- 
lo a  Benevento  ed  a  Superstiziose.  L'al- 
tro esempio  il  p.  Menochio  lo  ricavò  dal 
p.  Bartolomeo  Spineo  maestro  del  s.  pa- 
lazzo, nella  sua  opera  Destrigibns  cap.  i  7. 
Una  fanciulla  abitava  colla  propria  ma- 
dre in  Bergamo,  eia  vide  una  notte  un- 


STR  1 0 1 

gersi  nuda  con  \\\\  unguento  che  teneva 
nascosto  sotto  i  mattoni,  e  preso  un  ba- 
stone si  pose  su  di  esso  a  cavallo  e  incon- 
tanentefu  portata  fuori  della  finestra,  né 
più  la  vide.  Allora  le  venne  voglia  d'un- 
gersi anch'essa,e  subilo  fu  portala  in  Ve- 
nezia, e  in  una  stanza  di  loro  parenti,  ove 
trovò  la  madre  che  insidiava  la  vita  a  un 
fanciullo,  e  per  lo  spavento  e  per  le  mi- 
nacce della  conturbata  madre,  invocò  i 
ss.  nomi  di  Gesù  e  Maria,  ed  appena  pro- 
nunciati sparì  la  madre,  restando  sola  la 
figlia  e  nuda.  I  padroni  della  casa  trovan- 
dola piangendola  vestirono, ed  essa  narrò 
1'avvenuio. Ne  fu  avvisato  il  p.  inquisitore 
diBergauio,il  quale  falla  carcerare  la  stre* 
ga,con  tortura  ottenne  da  lei  la  confer- 
ma del  riferito  dalla  figlia,  e  seppe  di  più, 
che  il  demonio  più  volte  l'avea  portata 
in  quella  stanza, acciocché  uccidesseil  fan- 
ciullo, ma  non  l'avea  mai  potuto  esegui- 
le, per  trovarlo  munito  della  figura  del 
la  s.  Croce,  e  per  le  orazioni  che  per  la 
sua  incolumità  facevano  i  parenti.  11  ve- 
scovo Sarnelli  in  più  luoghi  delle  Flettere, 
ecclesiastiche,  riporta  le  seguenti  nozioni 
sulle  streghe,  che  dice  bollate  dal  demo- 
nio o  stigmatizzate.  Nel  t.  8,  lelt.  i/{.:  Se 
un  nonio  possa  essere  trasformato  in  be- 
stia dal  demonio;  osserva  che  nella  divi- 
na  Scrittura  e  nelle  storie  ecclesiastiche 
trovansi  esempi  di  uomini  cambiati  in  be- 
stie, come  il  re  Nabucodònosor  in  bove, 
Tiridate  re  d'Armenia  in  porco,  Vereli- 
co  re  di  Wallia  in  volpe  per  l'orazioni  di 
s.  Patrizio  che  inutilmente  l'ammoniva  a 
lasciar  la  tirannia.  Quindi  opina  Sarnelli, 
che  fisicamente  non  può  un  uomo  essere 
trasformato  in  bestia  dal  demonio,  ma  e- 
gli  moralmente  può  trasformare  se  stes- 
so, pe'cattivi  costumi  onde  diviene  simile 
alle  bestie,  secondo  la  dottrina  di  s.  Ago- 
stino; e  che  solo  la  virtù  divina  può  fare 
e  disfare  come  le  piace.  Così  essa  mutò  la 
moglie  di  Lot  in  istatua  di  sale,  la  verga 
di  Mosè  in  serpente;  spiegandocomedeb- 
ba  intendersi  la  trasformazione  di  Nabuc- 
odònosor, e  quanto  a  Tiridate  potersi 


192  SIR  STR 
pensare  elio  Dio  la  permettesse  ni  demo-  In  feccia  della  sua  amarezza.  Sappi  nnco- 
nioqual  tiranno;  roa  non  potendo  l'anima  ra,  che  la  lingua  di  tal  donna  sarà  il  suo 
umana  informare  il  corpo  della  fiera  ,  e  fine,  e  le  sue  mani  saranno  la  sua  morte, 
viceversa,  debbasi  intendere  die  T'iridate  e  lo  stesso  demonio  sarà  il  suo  testamento. 
e  Veretico  apparivano  porcoe  volpe  a  chi  Tutto  si  verificò.  Nella  3.a  notte  dopo  la 
li  guardava,  ma  nel  corpo  loro  non  sj  fé-  rivelazione l'iiicantalricedivennefuriosa, 
ce  mutazione  veruna.  Racconta  come  una  e  preso  un  coltello  si  ferì  nelì'anguinaglia, 
vergine  per  illusione  diabolica  e  arte  ma-  e  morendo  esclamò:  Peni  Diabole,seque- 
gica  compariva  in  figura  di  cavalla,  e  per  re  me.  Terminerò  le  erudizioni  qui  riu- 
le  orazioni  di  s.  Macario  che  l'unse  con  nite  sulle  streghe,  con  riportare  un  sunto 
Olio  (V '.)  benedetto,  fu  poi  veduta  per  del  dotto  articolo  pubblicato  dagli  Ali- 
lemmina.  Laonde  falsamente  le  streghe  noli  delle  scienze  religiose  t.  5,  p.  1  29.  Fu 
di  Lorena  persuasero  Nicolò  Remigio, es-  inMilano  pubblicato,  di  Defendente  Sac- 
sere  solito  il  demonio  di  dar  podestà  alle  chi,  un  opuscolo  intitolato  Le  streghe ,  la- 
streghe  emerite,  di  poter  entrare  nelle  ca-  voi  o  che  vuoisi  aggiungere  al  risultato 
se  convertendosi  in  topi,  sorci,  gatti  e  so-  del  progresso  de' lumi,  ma  iusoslanza  non 
migiianti  animali;  ma  bensì  il  demonio  è  che  l'effetto  delle  tenebre,  quando  vi  si 
che  le  precede  esser  quello  che  loro  se-  pretende  di  escluderete  non  apertamente 
gretamente  apre  porte  e  finestre  capaci  l'esistenza  de'spiriti  malvagi,  almeno  o- 
d'introdurvi  i  loro  veri  corpi. Nel  1. 1  o,letf.  gni  loroeslrinseca  operazione  sulla  terra. 
47  :  -Dd  flagello  de'  topi  nelle  seminate  Sotto  pretesto  di  spargere  di  ridicolo  la 
campagne,  riparla  negativamente  che  u-  magia,  se  ne  presenta  un  trattato,  e  non 
na  strega  possa  ridursi  alla  piccolezza  d'un  saprebbesi  se  l'autore  abbia  voluto  con- 
sorcio, e  che  nemmeno  il  demonio  può  lessarla  insegnandola  ,  ovvero  deriderla 
mutarele  corporalidimensioni,  eneppu-  col  negarla.  Non  giudicandosi  dall'eslen- 
re  ingrandirle,  ma  può  benefarlo  parere  sore  dell'articolo  dello  spirito  dell'autore 
co'suoi  prestigi. Nello  stesso  tomo,lelt.53:  dell'opuscolo, passa  di  questo  a  discorrere, 
Spiegazione  d'un  passo  difficile  di  Baruch  allineile  le  signore  cristiane  disdegnino 
profèta  intorno  al  maleficio  amatorio,  il  un'opera  forse  perciò  non  ad  esse,  sibbene 
Sarnelli  dopo  avere  parlato  di  esso,  e  che  aller/o/we  ge/i/i/iintitolata  con  seducente 
le  ossa  dell'olive  bruciate  era  il  maleficio  edizione.  Negasi  dunque  dal  Sacchi  aper- 
amatorio  che  da'babilonesi  passò a'greci,  tamenteesservi  la  magia, e  fatto  un  plagio 
dopo  avere  raccontato  gl'incantesimi  at-  al  Celoni  e  al  Tortosa  trattatisti  di  me- 
tribuiti  a  Virgilio, stimato  famoso  mago,  dicina  forense,  si  allega  in  testimonianza 
e  che  anco  il  profeta  Nahum  parla  del  il  buonsenso  universale,  per  definire  chi- 
maleficio  amatorio,  narra  che  si  appren-  mere  i  maghi,  le  streghe,  gì' incantesimi ', 
de  dal  lib.  6,  cap.  2  delle  Rivelazioni  di.  le  malìe,  %[' indemoniali.  L'estensore  del  - 
s.Brigida, che  un  sacerdote  fascinato  dal-  l'articolo  protesta  di  non  essere  così  se- 
1'  incantatrice  intorno  all'  incontinenza  vero  da  pretendere  che  diasi  piena  fede 
della  carne,  pregò  la  santa  a  fare  Orazio-  a'racconti  di  questo  genere  che  »  Fan  le 
ni  per  lui.  Questa  rapita  in  ispirilo  udì  nonne  alla  slagion  del  foco";  ma  trovò 
dirsi,  che  il  demonio  domina  gli  uomini  opportuno  ripetere  coti  Muratori,  Forza 
per  l'incostanza  della  loro  volontà,  come  della  fantasia, cap.  io:»  Che  come  alcuni 
poteva  osservare  nel  sacerdote  fascinato  credono  troppo  poco  della  detta  arte  in- 
da una  donna.  Che  la  detta  donna  ha  3  fame,  ed  avuta  in  orrore  da  chiunque  è 
cose,  l'infedeltà,  l'indurazione, e  la  cupi-  vero  cristiano,  all'incontro  vi  ègranco- 
digia  della  moneta  e  della  carne;  inoltre  pia  di  gente  che  troppo  ne  crede". Ma  non 
avvicinarsi  a  lei  il  demonio  e  darle  a  bere  è  perciò  che  devesi  menare  in  pace  e  la 


STR 
proposizione  che  ne  esclude  l'esistenza,  e 
l'appello  che  se  ne  fa  al  tribunale  del  buon 
senso.  Ben  altro  abbisogna  che  scetticis- 
mo, motteggi  e  novellette  per  distruggere 
uua  verità  che  appunto  l'universale  buon 
senso  non  ha  stfputo  giammai  negare,  poi- 
ché fondata  sulla  ragione  sostenuta  dalla 
fede,  sulla  storia,  sull'autorità  di  persone 
da  non  aversi  in  sospetto  di  prevenzione 
o  ignoranza.  Difalti  sono  i  principii  di 
nostra  s.  religione  che  fecero  formare  dal 
dottissimo  mg.r  Scolti,  Teoremi  di  poli- 
tica ecclesiastica,  t.  2,  par.  3,  teor.  8  (al 
citato  articolo  Osesso  feci  parola  della  sua 
dissertazione  sull'odierna  scarsezza  degli 
energumeni).  Esistono  alcuni  spiriti  ma- 
ligni seduttori  dell'uomo  ed  intenti  alla 
sua  rovina,  i  quali  sovente  hanno  il  per- 
messo da  Dio  di  tentarlo  in  varie  guise 
al  male.  Nulla  osta  che  possano  dall'On- 
nipotente avere  anche  il  permesso  di  al- 
terare in  qualche  sensibile  maniera  lecor- 
poree  creature,  e  di  alterarle  appunto  al- 
lora quando  l'uomo  scellerato  il  desidera, 
l'implora,  sei  procura.  Dunque  potranno 
aver  luogo  gli  effetti  magici  che  in  questo 
principalmente  consistono.  Ma  se  il  pos- 
sono, dice  la  storia  che  sono  avvenuti.  E 
incominciando  dalla  sagra,  con  qual  fron- 
te potrà  negarsi,  senza  rinunziare  alla  fe- 
de, quanto  si  narra  nella  divina  Scrittura 
de'maghi  che  a  tempo  di  Alosè  operava- 
no cose  meravigliose  col  mezzo  delle  lo- 
ro verghe  o  Bacchette  divinatorie  incan- 
tate, ma  poi  distrutte  da  quel  gran  con- 
dottiero e  legislatore  degli  ebrei;  della  ma- 
ga o'pi  tonessa  consultala  dal  re  Sanile  per 
evocar  1'  anima  del  profeta  Samuele,  di 
che  feci  altrove  menzione;  de'maghi  che 
in  nome  di  Belzebù  davano  le  risposte  ai 
re  d'Israele,  che  prevaricarono  dalla  lo- 
ro religione?  Come  potrà  impugnarsi  il 
gran  numero  degli  ossessi  riconosciuti  e 
dichiarali  per  tali  e  liberati  dal  Salvatore 
medesimo?  diesi  dirà  della  già  ricorda- 
ta giovinetta  di  Filippi  habentem  spiritimi 
pythoneui,  liberata  da  un  cenno  solo  del- 
l'Apostolo delle  genti?  E  venendo  alla  sto- 

VOL.   LXX. 


S  T  R  i93 

ria  profina,  basti  solo  accennare  il  famo- 
so processo  fatto  dal  parlamento-di  Pa- 
rigi neh 652,  secolo  che  in  Francia  non 
era  certamente  né  di  bigotti,  nò  di  sel- 
vaggi creduli.  Gli  atti  di  quel  clamoroso 
processo  ,  che  smascherò  pubblicamente 
le  pratiche  magiche  de'popoli  di  Pacyia 
Brie,  accuratamente  dimostrano  la  rea- 
le esistenza  della  magia,  come  dimostrò 
Bergier,  Certezza  delle  prove  del  Cristia- 
nesimo, opera  rimasta  senza  risposta,  co- 
me rimarcò  Felici'.  E  se  le  lescfi  sono  la 
porzione  più  importante  della  storia,  co- 
medie  insegnano  i  veri  mali  cui  si  voleva 
con  esse  ovviare,  concluderanno  a  favore 
dell'universale  consenso  sulla  verità  del- 
la magia, quelle  romane  delle  XII  tavole, 
che  la  fulminarono  colla  pena  capitale  ; 
di  Sella,  di  Tiberio, di  Claudio,  d'Alessan- 
dro Severo,  che  la  punivano  con  sommo 
rigore;  di  Costantino  I  il  Grande,  che  ac- 
cordò a'eristiani  il  libero  esercizio  di  loro 
religione,cde'suoi  successori  pure  cristia- 
ni, che  a  sua  imitazione  vi  adoperarono 
i  piìi  terribili  supplizi.  Uno  sguardo  che 
diasi  al  codice  de' visigoti,  a  quello  de'lou- 
gobardi,a'capitolari  di  Carlo  Magno,  lut- 
to basterà  a  convincere  che  il  buon  sen- 
so universale  presso  tutti  i  popoli,  e  nel- 
le varie  epoche  dell'umana  generazione, 
è  ben  altro  che  quello  a  suo  favore  invo- 
cato dal  Sacchi.  Il  confutatore  per  rispar- 
miare a  lui  ulteriore  vergogna,  tacque  le 
leggi  canoniche,  e  solo  ricordò  l'estrava- 
gante Honestis  pelentium  votis3d\  Leone 
X,  Papa  dotto  e  illuminalo  da  non  me- 
ritar la  taccia  di  troppo  credulo,  dal  Sac- 
chi prodigala  ad  altri  esimii  Pontefici  e 
vescovi.  Quanto  poi  all'autorità  umana, 
di  quelli  specialmente  cui  non  può  oppu- 
gnarsi pregiudizio  o  superstizione,  l'auto- 
re dell'articolo,  riporta  la  seguente  testi- 
monianza di  Daniele  Sennert, denomina- 
to il  Galeno  della  Germania.»  Come  per- 
suadersi che  spiriti  sì  attivi,  sì  maligni,  sì 
iuvidiosi  della  felicità  dell'uomo,  i  quali 
e  certissimo  che  vi  sieno,  restino  in  con- 
tinua inazione,  e  non  procurino  di  nuo- 
i3 


i94  STR 

cerei  quanto  I<U  io  loro  permeile?  "  Fede- 
rico Spè  di  Laugefeld,il  i.°cliealdire  d'un 
Leibnitzio  abbia  eflìcacemente  illuminati 
i  tribunali  sulla  giurisprudenza  criminale 
degli  stregoni  e  delle  streghe,  a  derma  es- 
sere certissimo  che  si  dà  la  magia.  E  an- 
che il  De  Haen  dello  stesso  parere,  cui 
seguono  ancora  altri  illustri  medici,  tra  i 
qualiFernel  e  AmbrogioPareo  protestan- 
te, che  narrano  fatti  di  ossessi  che  rispon- 
devano in  tulle  le  lingue, nelle  quali  ve- 
nivano interrogati,  senz'averle  giammai 
imparate.  Bacone  di  Verulamio,  Brovvn, 
Del  Rio,  Maffei,  tulli  ammettono  nelle  lo- 
ro opere  analoghe  l'esistenza  de'maghi  e 
della  magia.  L'  estensore  concluse  con 
Cuchvorth:  »  Che  coloro  i  quali  persisto- 
no nella  negazione  della  magia  non  pos- 
sono  in  verun  conto  scusarsi  dal  sospet- 
to d'  empietà  verso  Dio.  "  Indi  dichiarò, 
che  P  opuscolo  Le  streghe  è  anticristiano 
e  sommamente  pericoloso,  indegno  per- 
ciò di  star  nelle  mani  di  chiunque  abbia 
sentimenti  di  religione;  facendo  voti  al 
Signore,  perchè  l'autore  conosca  e  delesti 
il  suo  errore,  onde  poi  »  Giunto  all'ulti- 
ma linea  delle  cose"  non  abbia  a  temere 
la  potenza  di  quegli  spiriti,  che  oggi  non 
crede. 

STREGNES  o  STRENGES,  Stren 
gesia.  Sede  vescovile  di  Svezia,  già  capi- 
tale della  Sudermania, antica  provincia  di 
cui  la  massima  parte  formò  la  prefettu- 
ra di  Nykoeping,  ed  il  resto  fu  compre- 
so nella  parte  meridionale  della  prefettu- 
ra di  SloikhoUn,  da  cui  è  distante  i  5  le- 
ghe^  situala  sul  lago  Rider.  11  vescovato 
fondato  nel  secolo  XI,  divenne  suffraga* 
neo  della  metropoli  d'Upsala.  Nella  sua 
cattedrale  si  vede  la  tomba  di  Carlo  IX 
re  di  Svezia.  In  tale  articolò  la  celebrai 
per  le  sue  diete  e  principali  avvenimenti 
ch'ebbero  luogo  in  questa  città,  chiama- 
la pure  Slrrgnas.  Che  h\  eietta  la  sede 
vescovile  nel  i  07  2, e  forse  ne  fu  1  ."vesco- 
vo s.Eschillo  (/"".)  apostolo  della  Suder- 
mania e  martire:  riportai  pure  altri  suoi 
vescovi,  ed  anche  alcuno  dc'luteranijcon- 


S  TR 

lutando  la  loro  prelesa  successione  apo- 
stolica, così  degli  altri  vescovi  luterani 
di  Svezia. 

STREGONE.  V. Strega. 

STRENNA,  Mancia,  Strenae.  Dono  e 
regalo  che  si  faceva  il  1  ."giorno  dell'anno 
(  7'.),  chiamalo  anche  Sporlitla(f/.)i  e  ac- 
compagnato da  scambievoli  felicitazioni, 
e  ne  parlai  ne'tauti  luoghi  relativi,  come 
I\l  ancia, Calende,  Epifania, Befana,  Pa- 
squa, Letteke  epistolari,  Famigliare, 
massime  ne'3  ultimi  riportandogli  auto- 
ri che  ne  trattano,  e  dicendo  inoltre  che 
dal  1  820 circa  pel  1. "dell'anno s'incomin- 
ciarono a  pubblicare  col  Dome  di  Strenna 
alcuni  almanacchi  letterari,  storici  e  ro- 
manzeschi,  eleganti,  ma  di  frequente  as- 
sai pericolosi.  Ora  in  Faenza  il  eh.  Vin- 
cenzo Rossi  si  propone  di  pubblicare  la 
Strenna  mensile  peli  855,  di  scienze,  let- 
tere, arti  e  varietà.  Dal  manifesto  di  as- 
sociazione apprendo.  >■■  In  ogni  data  gior- 
naliera, oltre  alle  correnti  festività  eccle- 
siasliche,  a  compendiale  biografie de'più 
illustri  letterati  italiani,  a  cronici  succes- 
si, a  scelte  poesie,  ad  igiene,  ed  agraria, 
questa  compilazione  interporrà  un  giro 
di  lunazioni,  di  astronomiche  investiga- 
zioni, materie  estetiche  e  sane  moralità ;m 
Appendice  producendo  novelle  istruiti  ve 
e  piacevoli,  sentenze,  facezie  ,  ed  arguti 
epigrammi  ,  affinchè  alla  severità  delle 
scienze  sia  pure  unita  una  dilettevole  ri- 
creazione". Le  altre  strenne  di  questa  na- 
tura ,  più  o  meno  sono  compilate  sulla 
stessa  foggia,  ed  il  riportato  può  servire 
a  dame  un'idea.  L'origine  delle  strenne 
degli  antichi,  come  donativi, si  fa  risalire 
a'tempi  di  Romolo  e  di  Tazio,  primi  re 
de'roinani.  Dicesi  che  Tazio  avendo  rice- 
vuto, come  buon  augurio,  alcuni  rami  ta- 
gliati in  un  bosco  consagrato  alla  dea 
Strenna,  cioè  alla  dea  T'orza,  che  gli  ven- 
nero presentati  nel  i.°  giorno  dell'anno 
(forse  verbene,e  fu  chiamato  felice  il  suo 
albero  ),  autorizzò  in  seguito  siffatta  co- 
stumanza,dandoil  nome  diamine  a  quei 
regali  in  considerazione  della  dea  che  pò- 


STR 
scia  presiedette  alle  ceremonie  delle  stren- 
ne. I  greci  impararono  da'romani  l'uso 
delle  strenue.  I  romani  quindi  conside- 
rarono quel  giorno  come  solenne,  e  lo  de- 
dicaronoa  Giano,  rappresentalo  con  due 
volti,  siccome  quello  die  guardava  l'an- 
no passato  e  quello  che  stava  per  inco- 
minciare, ed  a  cui  fecero  de'sagrifìzi  nel 
Mese  (al  qual  articolo  e  a  Starnuto  ri- 
parlai delle  felicitazioni  che  si  fanno  nel 
i  .0dell'anno  e  seguenti  giorni ,tal  volta  ac- 
compagnate con  regali, ese sincere;  come 
pure  della  recente  sostituzione  a  tali  vi- 
site,con  pregiudizio,chedeplorai,di  quel- 
le praticate  pel  s.  Natale)  di  gennaio  e 
colle  feste  che  ivi  ricordai.  In  tale  giorno 
adunque  augura  vasi  felice  l'incominciato 
anno  nuovo,  e  si  facevano  reciprocamen- 
te de'regali  consistenti  d'ordinario  in  fi- 
chi, datteri  o  miele,  come  altrettanti  sim- 
boli d'una  vita  dolce  e  piacevole,  che  de- 
sidera vasi  agli  amici  e  parenti  a'quali  s'in- 
viavano. Si  facevano  pure  doni  di  valore, 
che  rimarcai  a' loro  luoghi,  ed  i  Dittici 
(/  .)  per  la  Scrittura  {V.)\  le  persone  do- 
viziose mandavano  i  detti  frutti  coperti 
di  foglie  d'oro.  1  clienti,  vale  a  dire  quel- 
li ch'erano  sotto  la  protezione  de'grandi, 
e  meglio  ne  trattai  a  Roma,  portavano  tal 
sorte  di  strenne  a'Ioro  patroni  o  patroci- 
natori ,e  vi  aggiungevano  qualche  mone- 
ta d'argento. In  principio  l'uso  dellestren- 
ne  non  si  praticava  che  con  persone  rive- 
slite  di  dignità,  o  per  grandi  virtù  coni- 
inendevoh;ma  l'usodi  venne  ben  tosto  ge- 
nerale per  tulli;  e  presso  i  romani  il  vi- 
sitarsi nel  i  ."giorno dell'annoeil  mandar- 
si de'  doni  era  cosa  riguardata  come  un 
punto  di  religione.  Queste  felicitazioni  re- 
ciproche si  tacevano  pure  incontrandosi. 
La  dea  Strenna  o  Strema,  che  presiedeva 
alla  forza  e  al  valore,  presiedeva  eziandio 
a  siffatti  doni  e  ai  profitti  inaspettati,  e 
la  sua  festa  celebravasi  nello  stesso  gior- 
no, con  sagrifizio  nel  suo  piccolo  tempio 
situato  vicino  alla  viaSagra.I  donativi  del- 
le strenne,  e  con  voti  di  prosperità,  avea- 
uo  luogo  anche  nelle  pubbliche  solenni- 


STR  i95 

tà,  e  nelle  feste  saturnali  del  mese  di  di- 
cembre, nelle  quali  gli  Schiavi^P.)  sede- 
vano a  mensa  co'padroni,  ed  aveano  li- 
bertà di  dire  tutto  quello  ch'era  loro  in 
grado.  Nei  monumenti  commemorativi 
delle  strenne  deh. "dell'anno,  si  leggono 
liete  epigrafi,  come:  A  unum  novuni  fan- 
slum  felicem  tibì.  Alcuni  facevano  augu- 
rii  e  felici  presagi  a  se  slessi,  e  comuni  al 
proprio  figliOjdandosida  per  loro  le  stren- 
ne. Si  trova  in  un  monumento  questa  i- 
scrizione  :  Annum  novum  fausium  feli- 
cem inihi  et  filio.  In  quel  giorno  tutti  e- 
rano  in  moto,  amici,  vicini,  parenti  s'in- 
dirizzavano a  vicenda  voti,  augurii,  e  re- 
gali che  in  processo  di  tempo  furono  pre- 
ziosi. I  donativi  riempivano  lecasede'po- 
leuti,  e  cosi  aprivasi  con  -.ìompa  e  con 
lieti  auspicii  l'anno  novello  e  il  circolo  an- 
nuale. Sotto  di  Augusto  il  popolo,  i  cava- 
lieri ed  i  senatori  presentavano  uel  i  ."del- 
l'anno  delle  strenue  all'  imperatore;  e 
quando  egli  era  assente  da  Roma,  le  por- 
tavano al  Campidoglio  :  il  denaro  delle 
strenne  era  impiegato  a  comprare  qual- 
che divinità.  Tiberio  con  un  editto  proi- 
bì le  strenne,  dopo  il  i  ."giorno  dell'anno, 
perchè  il  popolo  per  lo  spazio  d'8  giorni 
si  occupava  di  tale  ceremonia.  Caligola 
dichiarò  al  popolo  di  accettare  le  strenne 
che  gli  venissero  presentate.  Invece  Clau- 
dio suo  successore  proibì  che  lo  impor- 
tunassero con  siffatti  doni.  Coll'andardel 
tempo  s'introdussero  le  strenne  anco  fra 
i  cristiani,  ma  poi  i  concili»  e  i  padri  del- 
la Chiesa  le  condannarono,  per  gl'insorti 
abusi.  Tertulliano  nel  suo  libro  dell'/i/o- 
latria  le  proscrive,  paragonando  la  festa 
delle  strenne  a  quella  de'saturnali.  Si  ha 
che  s.  Gio.  Crisostomo  compose  espres- 
samente un  discorso  contro  lestrenne.Av- 
vi  pure  un  altro  discorso  d'Austerio  gre- 
co, contro  la  festa  delle  caleude;  festa  che 
fu  condannata  dal  6.°  concilio  generale 
tenuto  in  Costantinopoli  nel  680,  e  mol- 
ti altri  concilii  la  vietarono  severamente. 
Alcune  chiese  ordinarono  un  digiuno  nel 
1  .°di  gennaio,  affine  di  reprimere  gli  ec- 


i96  STB 

cessivi  abusi.  Osserva  il  Mai\ene,DeEccl. 
discipl.  cap.  i  3,  clic  per  la  stessa  ragione 
il  concilio  cìiToursdel  56G  ordinò  di  can- 
nule litanie  nello  slesso  giorno  della  Cir- 
concisione^!'' .),edi  non  cominciar  la  mes- 
sa che  all'ora  8.",  cioè  un'ora  dopo  mez- 
zodì,in  modo  ch'ella  non  finisse  che  alle 
tre,  comepraticavasi  ne'dì  della  stazione. 
Si  può  vedere  Sarnelli, Lecere  ecclesiasti- 
che t.  5,lett.  3o:  Quali  strenne  proibisce 
ilcanonenel  principio  dell'anno  con  que- 
ste parole."  Si  quis  Calendas  Januarii  ri- 
tti pagancruui  colere,  vel  aliquid  plus 
uovi  lacere  propter  aiintim  novum,aut 
inensascum  lampadibus,  veleasin  omni- 
bus praeparare  et  per  vicos,  et  platea  can- 
tores,  et  choros  ducere  praesumpserit,  a- 
uathema  sit".  Però  sembra  che  la  con- 
danna de'concilii  e  le  invettive  de'ss.  Pa- 
dri non  riguardino  le  strenne  per  se  stes- 
se, ma  bensì  l'abuso  superstizioso  e  le  ce- 
remonie  pagane  colle  quali  venivano  es- 
se anticamente  accompagnate,  con  can- 
zoni, dissoluti  conviti  e  altri  simili  disor- 
dini, che  dierono  successivamente  origine 
«"baccanali,  al  Carnevale [V.)  e  alle  Ma- 
selien  (f'.),uor\  che  ad  al  tri  spettacoli  stra- 
vaganti elicenziosi,comelafesta  de  Pazzi 
(fy ■);  per  cui  togliendo  tali  superstizioni 
e  tutti  gli  abusi  relativi  alle  strenne,  que- 
ste non  hanno  allora  più  nulla  di  ripren- 
sibile. Invece,  esse  non  sono  altro  fuorché 
contrassegni  di  civiltà,  di  rispetto,  di  gra- 
to animo,  di  amorevole  ufficio, e  talvolta 
anchefomenlodicaritàjben  inteso,  qua- 
lora si  facciano  con  leali  sentimenti,  con 
ingenua  sincerità  di  labbra,  sia  pure  col 
mezzo  della  penna  colle  lettere  epistolari 
e  felicitatone. Di  queste  feci  cenno  anche 
n  Saluto,  parlando  dell'origine  di  quelle 
de'cristiani  per  la  solennità  del  s.  Natale, 
già  dette  sagre  e  festive,  per  pregare  e  de- 
siderare le  buone  feste.  Proseguono  an- 
cora i  reciproci  donativi,  i  quali  in  gran 
parte  si  convertirono  in  Mancie,  e  queste 
non  si  danno  presso  di  noi  per  augurio 
dell'anno  uuo\o,pevchè  a  ttotidie  anni  ini- 
plentur,  come  dice  Sarnelli;  ma  per  con- 


STR 
servare  le  amicizie  e  le  buone  relazioni, 
gratificare  e  compensare  i  nostri  dome- 
stici e  famigliari,  o  gl'inferiori  subalterni 
che  ci  prestano  qualche  servigio,  ovvero 
gli  altrui  onde  manifestare  il  nostro  os- 
sequio o  riconoscenza  verso  i  loro  supe- 
riori e  padroni,  e  per  goderne  il  favore 
e  il  patrocinio. 

STRIDO  A  oSTRIDON.F.Spalatro. 

STRI  GONI  A  o  GRAN  (Strigonien). 
Città  arcivescovile,  reale  e  libera  della 
Bassa  Ungheria  [V.)}  capoluogo  del  comi- 
tato e  marca  del  suo  nome,distante  leghe 
8  172  da  Buda  e  6  3/4  da  Watzen,  presso 
ilconfluentedelGranche  nebagnale  mu- 
ra, onde  la  contrada  ha  il  nome  e  delDa- 
nubio,  che  si  passa  sopra  un  ponte  volan- 
te. Era  l'ordinaria  residenza  dell'arcive- 
scovo prima  che  la  stabilisse  in  Preshur- 
go  (T \),  ove  tuttora  dimora.  La  fortezza 
chela  difende  sovrasta  il  Danubio, e  guar- 
da non  solo  il  ben  munito  recinto,  ma  e- 
ziaudio  gli  ampi  sobborghi,  che  in  nume- 
ro di  7  formano  la  parte  migliore  dell'a- 
bitato. La  chiesa  metropolitana  è  mae- 
stosae  d'elegante  struttura,  costrutta  so- 
pra un  monte,  ma  non  compila,  e  sotto 
l'invocazione  del  re  d'Ungheria  s.  Stefa- 
no I,  che  avea  edificato  l'antica  e  ampia 
metropolitana.  L'  arcivescovo  cardinal 
Rudnay,  benemerito  pastore  come  l'at- 
testano i  monumenti  lasciati  di  sua  pietà 
e  munificenza,  pel  i  ."trasferì  la  sua  sede 
el'arcicapitoloin  Strigonia  nel  1820, poi- 
ché da  3  secoli  trovavasi  inTyrnau  oTir- 
navia,  per  timore  dell'irruzioni  de'  tur- 
chi; e  con  gran  dispendio  si  accinse  nella 
rocca  a  riedificare  la  basilica  sugli  a- 
vanzi  dell'antica  e  ricordata  di  s.  Stefa- 
no I.  L'arcivescovo  la  consagrò  solenne- 
mente nel  1823,  e  siccome  Pio  VII  gli 
concesse  grazie  e  privilegi,  così  fece  co- 
niare una  medaglia  monumentale,  il  cui 
conio  si  conserva  nella  zecca  papale.  Da 
un  lato  vi  è  l'effigie  del  Papa  in  mezzet- 
ta e  stola, con  l'epigrafe:  ConsecralioPan- 
noniae  Patri  Patriac  Fa.  Pop.  La  vice- 
cattedrale bellissima  contieueil  fonte  bat- 


STR 
tesimele  con  cara  d'anime,  non  apparte- 
nente però  al  capitolo,  ed  intitolata  a  s. 
Ignazio Lojola.  Il  capitolo  della  metropo- 
litana si  compone  di  7  dignità,  la  1  .Melle 
quali  è  il  preposto,  eli  1 5  canonici  com- 
prese le  prebende  del  teologo  e  del  pe- 
nitenziere, e  di  altri  preti  e  chierici  ad- 
detti al  servigio  divino.  L'arciepiscopio 
ècongiuntoalla  vice-cattedrale,  e  trovasi 
in  buono  stato.  Inoltre  nella  città  vi  sono 
due  altre  chiese  parrocchiali  col  battiste- 
rio,  due  conventi  di  religiosi,  due  mona- 
steri di  monache,  due  ospedali,  alcuni  so- 
dalizi, diverse  pie  fondazioni  pe'poveri  e 
gli  orfani,  come  pe'  convertiti  alla  fede 
cattolica, esotto  l'amministrazionedel  ca- 
pitolo metropolitano.  Vi  è  pure  il  semi- 
nario pe'chierici,  ed  altri  scientifici  sta- 
bilimenti ,  uìì  ginnasio,  bagni  di  acque 
termali  e  fabbrica  di  panni.  Fra  i  palazzi 
si  distingue  il  municipale.  Un  monumen- 
to chiamato  la  Colonna  della  ss.  Trinità, 
forma  l'ornato  della  piazza  principale. 
Patria  d'alcuni  uomini  illustri,  primeg- 
gia il  re  s.  Stefano  1,  fondatore  della  mo- 
narchia e  patrono  di  essa,  le  cui  ossa  si 
venerano  nell'antica  cattedrale  di  s.  Al- 
berto situata  nel  castello.  Strigonia  o 
Gran,  Strigonium,  Islripolis  o  Istrogra- 
natii ,  in  ungherese  Eszlergom,  nel  secolo 
XIII  sotto  il  re  Bela  IV  fu  presa  da'tar- 
tari  per  assalto,  e  messa  a  ferro  e  fuoco, 
essendosi  salvati  appena  i5abitantidi  tut- 
ta la  popolazione.  T'ivos  assabanl  homi- 
neSy  sicut  parcos,d\ce  il  Rogerio  nel  far- 
ne la  miseranda  descrizione.  I  turchi  sot- 
to il  sultano  Solimano  II  s'impadroniro- 
no di  Strigonia  nel  1  54o,  e  gli  austriaci 
comandati  dal  principe  di  Mansfeld  la 
ricuperarono  neliSgS.  Indi  neli6o5vi 
rientrarono  i  turchi,  e  più  tardi  il  gene- 
roso valore  di  Giovanni  III  re  di  Polonia, 
e  di  Carlo  IV  duca  di  Lorena  la  riprese 
nel  1 683  dopo  5  giorni  d'assedio.  Più  vol- 
te soffia  guasti  ed  incendi,  eda'i3  aprile 
1818  patì  il  più  disastroso, che  consumò 
uua  gran  parte  delle  suecuse  e  molti  pub- 
blici edilizi.  * 


STR  i97 

La  sede  vescovile  fu  eretta  in  arcive- 
scovile da  Papa  Silvestro  II  nel  1000  o 
nel  1002,  ad  istanza  del  re  s.  Stefano  I, 
dopo  aver  convertito  quasi  tutto  il  resto 
dell'Ungheria  al  cristianesimo.  Ne  fui.° 
arcivescovo  Sebastiano  abbate  di  s.  Mar- 
tino ornato  di  molte  virtù,  che  avendo 
perduto  poco  dopo  la  vista,  ne  divenne 
coadiutore  Astric  oAnastasio  1  .°vescovo  di 
Colocza,già  das.  Stefano  I  inviato  a  Silve- 
stro Il  (^'.)  per  domandar  la  conferma 
dellenuove  sedi  da  lui  istituite  eia  corona 
reale:  passali  circa  3  anni, Sebastiano  gua- 
rì dalla  cecità.  L'arci  vescovo  pretese  la  pri- 
mazia su  Colocza,  ma  poi  rinunziò  quan- 
do gli  fu  aggiudicato  il  diritto  di  coronare 
il  re  e  fu  fatto  cancelliere  del  regno.  Indi 
i  Papi  lo  dichiararono  legato  a  lacere  del- 
la s.  Sede  nel  regno  e  primate  del  mede- 
simo. Il  Papa  Nicolò  V,ad  istanza  del  re 
Ladislao  V,  confermò  all'arci  vescovo  il  ti- 
tolo di  primate  d'  Ungheria,  e  di  legato 
nato  della  Sede  apostolica.  Anticamente 
erano  suoi sufFragauei  i  vescovidi  Vaccia, 
Fogaras  e  Gran-Varadino  di  rito  greco- 
unito,  AgriaoErlau  poi  arcivescovato  nel 
i8o4,Nrlria,Giavarino,  Veszprim  e  Ciu- 
que  Chiese.  Attualmente  sono  sulfraganei 
del  metropolitano  tli  Strigonia  i  seguenti 
vescovati.  Alba  Reale,  Sabaria,  dava- 
rino,Nitria,Neosolio,  faccia,  Feszprim, 
Cinque  Chiese  0  FiinfKircheii,  Tinia  o 
Knin,  Munkats  à\  rito  greco  unito,  di- 
sio di  rito  greco-unito, ed Eperies  di  detto 
rito. Questa  sede  vauta  illustri  arcivescovi, 
molti  de'quali  furono  cardinali, le  cui  no- 
tizie riportai  nelle  loro  biograf]e,e  qui  sol- 
tanto ricorderò  i  cardinali  Stefano  Van- 
cha  oVansca  oVacsa  ungaro,daInnocen- 
zo  IV  traslato  nel  124Ì  a  Strigonia,  enei 
1253  01254  da  'u'  creato  cardinale.  De- 
metrio ungaro,  giù  vescovo  diZagabria,  e- 
levato  da  Urbano  VI  nel  1379  al  cardina- 
lato e  poi  fatto  arcivescovo  di  Strigonia  e 
gran  cancellieredel  regno.Neh38i  trasferì 
inBuda  il  corpo  di  s.Paolo  1  ."eremita3un 
se  la  regina  Maria  figlia  diLodovico  I,  indi 
auclie  Carlo  111  Duruzzo  re  di  Siciliaj  e 


198  S  T  l\ 

Sigismondo.  Eugenio  IV  nel  i  f\3c)  anno- 
verò al  s.  collegio  Dionisio  Zech  o  Zeco  o 
Scech  ungherese.  Sisto  IV  nel  i  477  pub- 
blicò cardinale  Giovanni  i\' Aragona  na- 
poletanoe  cognato  del  re  Mattia,  alle  cui 
istanze  gli  confeiì  l'arcivescovato.  Ippo- 
lito ù'Este  de'  duchi  di  Ferrara,  cardi- 
nale di  Alessandro  VI  gli  successe.  Indi 
persua  rinunzia  lo  fu  nel  i493Tommaso 
Bakacz  o  Bacoczi  ungherese,  già  di  Za- 
gabria (nella  cui  biografia  per  fallo  ti- 
pografico Pannonica  è  delta  canonica), 
da  detto  Papa  neli5o2  eletto  cardinale. 
Giorgio  Marlinusio  oWisenoAviski  croa- 
to,nel  1 55i  arcivescovo  cardinale  diGiu- 
lio III.  Francesco  Forgach  ungherese  di 
Strigonia,di  cui  nel  1 6o5  divenne  pastore 
e  nel  1607  cardinale  per  Paolo  V.  Questi 
nominò  arcivescovo  Pietro  Pazmany  di 
Panasz  ungaroe  gesuila,nel  1 629  cardi- 
naled'UrbanoVII  Lindi  il  tedescoLeopol- 
do Kollonitzde]  i6q5  traslato  daColoczn; 
Cristiano  Augusto  di  Sassonia  nel  1  700 
futtocoadiutoreal  precedente, cui  succes- 
se nel  1  707  e  mori  nel  1 72^.  Le  Notizie 
di  Roma  registrano  i  seguenti  arcivescovi. 
Nel  1  751  Nicolò  C?acki  del  l'arci  diocesi  di 
Strigonia, trashatodaColoczaeBachi^  uni- 
te.Nel  1 761  Fi  ancescoBarckolzy  d'Agria  e 
Iraslalo  da  questa  sede. Dopo  quasi  1  o  anni 
di  sede  vacante,  nel  1776  Pio  VI  dismem  - 
brò  da  Strigonia  Scepusio,  che  eresse  in 
sede  vescovile,  indi  dichiarò  arcivescovo 
Giuseppe  Batlìjan  trasferito  da  Colocza 
e  Bachia,  poi  cardinale:  fu  suo  sulfraga- 
neo  Nicola  Kondè  de  Poka-Telek  dell'ai-- 
cidiocesi  di  Strigonia,  vescovo  di  Belgra- 
doeSemendria. Lodato  per  singolare  pie- 
tà, zelo  e  vasto  sapere.  Correndo  alla  sua 
epoca  tempi  difficili,  pieno  di  coraggio  ne 
sostenne  1'  impeto.  Con  egual  fermezza 
combattè  l'erronee  dottrine  di  Febronio 
{F-),  e  ne  impedì  la  propagazione  in  Un- 
gheria. Geloso  della  libertà  ecclesiastica, 
affrontò  le  autorità  che  la  violavano.  Nel- 
la visita  di  sua  vasta  arcidiocesi,  da  per 
tutto  lasciò  prove  del  suo  zelo  pastorale, 
ed  in  Strigonia  ordinò  e  aumentò  cou 


STR 

ginn  dispendio  l'archivio  e  la  biblioteca 
arcivescovile.  Morto  il  cardinale  nel  set- 
tembre 1789,  il  detto  sulTraganeo  con- 
tinuò nel  governo  dell'arcidiocesi  con  ti- 
tolo di  suihaganeo,  e  poi  per  suo  decesso 
la  chiesa  restò  senza  pastore  lungo  tem- 
po. Laonde  Pio  VII  per  la  grave  età  del- 
l'arcivescovo di  Colocza,  col  breve  Quo- 
niam,de'iQ  gennaio  1  8 1  5,Bidl.Rom.cont. 
t.  1 3,  p.  35 1 ,  deputò  giudice  delle  cause 
ecclesiastiche  che  definiva  l'arcivescovo 
di  Strigonia  ,  Stefano  Fischer  de  Nagy- 
Szalantnya  arcivescovo  d'Agria.  Final- 
mente a'  1  7  dicembre  1 8  1 9  ferminola  ve- 
dovanza della  chiesa  di  Strigonia  ,  con 
trasferirvi  Pio  VII  da  Transilvania  Ales- 
sandro de  Rudnay,  che  il  t.°  dicembre 
182  1  celebrò  un  concilio  nazionale  della 
chiesa  cattolica  d'Ungheria,  dopo  che  o- 
gni  vescovo  del  regnoavea  tenuto  il  sino- 
do nella  propria  diocesi,  e  meritòche  Leo- 
ne XII  lo  creasse  cardinale.  Inoltre  Pio 
VII  nel  1 820  gli  avea  dato  per  sulTraga- 
neo Giovanni  Bonyonski  della  diocesi  di 
Nitria,  e  vescovo  di  Lislri  in  partibus. Mov- 
to  il  cardinale  nel  1  83  1 ,  il  detto  sulTraga- 
neo continuò  a  governare  1' arcidiocesi, 
finche  die  termine  alla  sede  vacante  nel 
1839  GregorioXVIjCon  preconizzare  ar- 
civescovomg.'GiuseppeRopacsy  di  Vez- 
sprim  e  già  vescovo  di  sua  patria.  Indi  lo 
stesso  Papa  nel  concistoro  de'i4  dicem- 
bre 1840  gli  assegnò  persuflraganeo  mg.1' 
Martino  Miskolczy  di  Galcocz  vescovo  di 
Ti  ti\a  in  par tibus3  e  per  ausiliare  mg.  r  An- 
tonio Majthenyi  della  diocesi  di  Neosolio 
vescovo  di  Centuria  inpartibus}  e  lo  è  tut- 
tora. 11  regnante  Pio  IX, nel  concistoro  te- 
nuto in  Portici  a'28  settembre  i849>  di- 
chiarò arcivescovo  di  Strigonia  e  prima- 
te d'Ungheria  l'odiernocardinal  Giovan- 
ni Scito wski de Nagy-Ker  di  Bela, traslato 
prima  daRosnavia  daLeone  XII  nel  1 828 
a  Cinque  Chiese;  quindi  a'7  marzo  1 853 
Io  creò  cardinale  dell'ordine  de'preti,  ri- 
mettendogli la  notizia  col  berrettino  ros- 
so per  la  guardia  nobile  Luigi  de'  conti 
Daiidioi;  ed  a'29  spedì  a  Vienna  in  qua- 


STR 
lità  di  ablegato  apostolico  per  recargli  la 
berretta  cardinalizia,  mg.r  Giuseppe  Con- 
tini suocamereriere  segreto  soprannume- 
rario, canonico  della  basilica  di  s.  Loren- 
zo in  Damaso  e  figlio  del  general  Conimi 
già  Castellano  di  Castel  s.  Angelo.  Si  leg- 
ge a  p.  34^  del  Giornale  di  Roma  del 
i(S53,  cbe  l'i  1  aprile  l'imperatore  d'Au- 
stria Francesco  Giuseppe  I,  in  Vienna  si 
compiacque  d'imporre  nell'i. r.chiesa  par- 
rocchiale di  corte  la  berretta  cardinalizia 
al  principe  primate  del  suo  regno  d'Un- 
gheria e  arcivescovo  di  Gran  ,  cardinal 
Scitowsky.  Vi  fu  presente  alla  funzione, 
oltre  mg.rablegato,  il  cardinale  pro-nun- 
zio Viale-Prelà  e  sotto  un  baldaccluno  as- 
sistè alla  solenne  messa  celebrata  da  mg.r 
Zetmer  vescovo  di  Sarepta  inpartibus  e 
suffraganeo  di  Vienna;  dopo  la  quale  e  la 
lettura  del  pontificio  breve  si  effettuò  la 
ceremonia, seguita  dal  cautodel  Te  Deuni 
e  dalla  benedizione  papale  compartita  dal 
cardinale.  Nell'allocuzione  poi  de'  19  di- 
cembre, il  medesimo  Papa  PioIXannuu- 
ziò  l'erezione  della  nuova  provincia  eccle- 
siastica di  Fogaras  e  Alba  Giulia,  per  la 
nazione  vallaca  sparsa  nella  TransiU'ania 
(f.),  a  tale  effetto  slaccando  dalla  metro- 
poli di  Strigonia  i  vescovati  sulfraganei 
di  Gran-Varadino  e  Fogaras,  la  quale  e- 
levò  ad  arcivescovato.  Il  cardinalScitow- 
ski  dopo  aver  fondato  un  monastero  di 
religiose  nella  diocesi  di  Cinque  Cinese 
per  l'educazione  delle  fanciulle  e  aggiun- 
tavi decorosa  e  ampia  chiesa,  divenuto 
arcivescovo  di  Strigonia,  riparò  i  gravis- 
simi mali  fattivi  dalla  rivoluzione  e  sue 
conseguenze,  quindi  iuTyrnau  fondò  un 
convitto  per  l'educazione  della  gioventù 
e  un  seminario  pe'chierici,  stabdendovi 
pure  un  noviziato  pe'  gesuiti,  i  quali  da 
pitiche  80  anni  non  aveano collegi  in  Un- 
gheria,mentre  aTyrnau  il  cardinal  For- 
gach  avea  per  essi  fondato  un  gran  col- 
legio con  magnifica  chiesa.  In  Pest  poi  il 
cardinal  Scitowski  ha  fondato  una  casa 
per  le  figlie  o  Sorelle  della  carità  cbia- 
uiate  le  suore  grigie;  fiualineute  la  calte- 


STR  199 

drale  di  Strisonia,  incominciata  a  riedi- 
ti)       * 

ficarsi  dal  cardinal  Kudnay,  e  continua- 
ta da  mg.r Kopacsy, bacon  ingenti  som- 
me condotta  ormai  al  suo  compimento, 
laonde  fra  pochi  mesi  potrà  essere  inte- 
ramente consagrata.  Pvecatosi  il  cardinale 
in  Roma  nel  novembre  1 85  j,  nel  conci- 
storo de' 16  il  Papa  PiolK  gli  ha  imposto 
il  cappello  carilma  lizir  >,e  poi  conferito  per 
titolo  presbiterale  la  chiesa  di  s.  Croce 
in  Gerusalemme.  Ogni  nuovo  arcivesco- 
vo di  Strigonia  è  tassato  ne'hbri  della  ca- 
mera apostolica  in  fiorini  1880,  ascen- 
dendo le  rendite  della  mensa  ai5o,ooo 
fiorini  del  regno,  gravate  di  alcuni  pesi. 
Amplissima  è  l'arcidiocesi,  comprenden- 
do 474  parrocchie. 

Concila  di  Strigonia. 

Il  1. fu  adunato  neh  1  ji,  essendo  ar- 
civescovo della  provincia  Lorenzo.  Furo- 
no fatti  6"  canoni  sopra  diverse  materie 
eccle>iaslicbe.  Il  a."  lo  tenue  l'arcivescovo 
Benedetto,  regnando  Rela  V  re  d'Unghe- 
ria nel  1256,  relativamente  a  una  defe- 
renza Ira  Zelando  vescovo  di  Vezsprim  e 
Biagio  abbate  di  Zala.  Il  3.°  fu  convoca- 
to nel  1290  dall'arcivescovo  Lodomiro, 
regnando  il  re  Andrea  III,  all'occasione 
d'alcune  dispute  suscitate  pel  diritto  che 
s.  Ladislao  e  il  re  Geza  II  aveano  accor- 
dato alla  chiesa  di  riscuotere  certi  tribu- 
ti. Il  4-°  venne  celebrato  nel  1294  dal  me- 
desimo arcivescovo  Lodomiro,  e  sotto  Io 
stesso  Andrea  111,  relativamente  ad  alcu- 
ni disordini  accaduti  nell'  arcidiocesi.  Il 
5.°  ebbe  luogo  nel  1  382  e  presieduto  dal- 
l'arcivescovo Demetrio,  regnando  Maria 
regina  d'Ungheria,  riguardante  il  diritto 
di  riunire  i  vescovi  della  provincia,  che 
il  vescovo  delle  Cinque  Chiese  volevasi  ar- 
rogare contro  l'antico  diritto  dell'arcive- 
scovo di  Strigonia.  Del  6.°  già  ne  parlai. 
Mansi,  Sitpplem.  Condì,  t.  2 ,  p.  283  e 
1 193,  t.  3,  p.  233,  247  e  (563. 

STROFA  e  STROFE,  Stropha,  Siro- 
pìiae.  Quella  parte  della  canzone  che  più 
comunemente  dicesióVa/iirt.Chiamasi  »e- 


200  5  T  R. 

neralmenfe  stanza  quella  parte  della  can- 
zone,  che  in  se  racchiude  l'ordine  de' versi 
e  dell'armonia,  che  si  è  prefissa  il  poeta. 
Inolile  chiamasi  strofa  in  termine  eccle- 
siastico, la  divisione  de' versi  che  si  i'd  in 
uu  Jnno(F.),  quando  si  mette  un  nume- 
ro eguale  o  della  stessa  misura  in  ciascu- 
na parte.  Così  dicesi  de' Salmi  (7^.)  e  delle 
Prose  (/.)  che  si  cantano  in  chiesa  con 
Ritmo  (f7.)  ecclesiastico.  I  fedeli  cantano 
molte  e  particolari  pie  e  divote  strofe  in 
onore  di  Dio,  della  Beata  Vergiue  e  dei 
bauli. 

STRONGOLI,  Strongulum.  Città  ve- 
scovile del  regno  delle  due  Sicilie,  nella 
provincia  di  Calabria  Ulteriore  li,  a  cir- 
ca 5  leghe  da  Cotrone  ei3  da  Catanza- 
ro, capoluogo  di  cantone,  sopra  una  ru- 
pe scoscesa,  in  buonissima  aria,  ad  una  le- 
ga dal  mare  Jonio.  La  cattedrale  è  sotto 
l'invocazione  de'ss.  Pietro  e  Paolo,  ed  il 
capitolo  prima  si  componeva  di  5  digni- 
tà, l'arcidiacono,  il  decano,  l'arciprete,  il 
cantore,  il  tesoriere,  di  1 5  canonici  e  d'al- 
tri 20  chierici  per  l'ufliziatura.  Vi  sono 
altre  chiese  e  3  parrocchiali,  conventi  re- 
ligiosi, sodalizi,  ospedale,  case  di  carità, 
ed  alili  stabilimenti  d'istruzione  e  di  be- 
neficenza. Gli  abitanti  attendono  anche 
a 'bachi  da  seta  e  alla  pastorizia.  Il  terri- 
torio è  fertile,  coti  buoni  e  copiosi  pasco- 
li, e  sono  abbondanti  le  colombe.  Nella 
selva  vicina,  chiamata  il  Pantano,  si  tro- 
vano cinghiali,  e  le  vipere  vi  sono  vele- 
nosissime. Strongoli,  Slrongylis,  si  pre- 
tende che  tenga  il  luogo  dell'antica  Pcte- 
Ha  o  Pelilia,  iòudala  dal  greco  Filotlete 
dopo  la  distruzionediTroia. In  questi  din- 
torni perdette  la  vita  Marcello  rivale  di 
Annibale.  I  peteliani  furono  lodati  per  la 
lede  che  conservarono  a'romani,  succe.n- 
su  prius  patria  in  ignem  sese  projecere, 
per  cui  scrisse  Valerio  Massimo:  ltaque 
Annibale  non  Peleliam ,  sedfidei  Pete- 
lianae  sepulchrum  capere  contigit.  Si  ve- 
dono ancora  le  auliche  sue  rovine  e  qual- 
che iscrizione  di  questo  municipio  roma- 
no. Strongoli  fu  edificala  co'suoi  avanzi, 


STR 
dopo  che  i  saraceni  la  distrussero;  indi 
fu  signoreggiata  qual  feudo  dal  principe 
Francesco  Campitegli  conte  di  Melissa,  e 
seguì  le  vicende  della  monarchia  in  cui 
è  compresa.  La  sede  vescovile  fu  eretta 
nel  secolo  XII,  e  dichiarata  suffraganea 
della  metropoli  di  s.  Severina.  Ili.°suo 
vescovo  è  Madio  del  i  i  78,  il  1"  Gugliel- 
mo del  1  246,  che  fu  eletto  giudice  com- 
promissario, nella  lite  insorta  tra  l'abbate 
del  monastero  Florense  e  l'archimandri- 
ta di  Pati  ri  nell'arcidiocesi  di  Rossano, 
in  favore  del  quale  sentenziò  l'atto  che 
riporta  U^helli  colla  serie  de' vescovi,  7- 
talia  sacra  t.  q,  p.  5  1 6.  Gli  successe  Pie- 
tro monaco  di  s.  Eufemia  di  Nicastro,  e- 
Ietto  dal  capitolo  e  confermalo  da  Inno- 
cenzo IV  nel  1254.  A  Rapolla  nel  I2qr 
da  questa  sede  fu  trasferito  da  Nicojò  IV 
il  vescovo  Roggero,  ed  a  lui  fu  sostituito 
Francesco  Roggeri,  che  morto  nel  1297 
ebbe  a  successore  fr.  Uguccione  di  Spo- 
leti  domenicano.  Nominerò  i  più  illustri 
che  ne  occuparono  la  sede.  Dopoché  Pie- 
tro vicedomino  della  chiesa  di  MonteCas- 
siuo,neli342  rinunziò  il  vescovato  a  Cle- 
mente VI,  questi  nominò  fr.  Tommaso 
de  Rosa  de'minori,  dotto  e  degno,  cui  nel 
1  352  successe  Almanio  cittadino  e  deca- 
no della  cattedrale  di  Strongoli.  Nel  1 4 1  3 
Antonio  Saugualo  o  de  Molina  di  Croto- 
ne, traslato  da  Dosa  ,e  nel  1 43o  promosso 
all'arcivescovato  di  s.  Severina.  Neh5oq 
Gaspare  de  Murgi  di  Strongoli,  eletto  da 
Giulio  li,  e  fece  costruire  il  trono  o  cat- 
tedra episcopale.  Pietro  Raniero  nel  1 535 
fu  cousagrato  in  R.oma  nella  cappella  del 
palazzo  apostolico  dal  vescovoScordoveu- 
se.  Indi  neli54o  Paolo  III  feceammini- 
stratoredi  questa  chiesa  ilcardinal  Marco 
Gran  ani  (T7 .),  il  quale  a'  1  3  maggio  spon- 
taneamente rinunziò  a  favore  di  Girola- 
mo Zacconi  di  Pesavojibensqueabiitinu- 
nere.  Per  sua  cessione,  nel  1 55 1  fu  vesco- 
vo il  nipoteMatteoZaccoui  pesa  rese. Mor- 
to uel  1  567,  s.  Pio  V  nominò  Tommaso 
Pietro  Orbili  nobile  di  Foligno,  dolio,  in- 
tegerrimo e  di  chiarissima  fama;  per  cui 


S  T  R 
il  Papa  lo  chiamò  in  Roma  onde  consul- 
tarlo sul  modo  di  ripristinar  la  decadu- 
ta disciplina  ecclesiastica,  e  lo  trasferì  al- 
la sede  di  sua  patria  Foligno  ai/\.  gen- 
naio 1 568.  Indi  gli  surrogò  il  correligio- 
so  domenicano  fi'.  Timoteo  Giustiniani 
genovese  de'  signori  di  Scio,  dotto,  cru- 
ditoe  pio,  intervenutoalconciliodi  Tren- 
to e  traslocato  dalla  stessa  sede  di  Scio 
mi  sera  mente  rovina  tada'turchi,  nel  qua- 
le eccidio  mostrò  il  suo  ardore  e  zelo  e- 
piscopale.  Benefico  e  sollecito  pastore,  fu 
limosiuiero  co'poveri,  daTondamenli  e- 
dillcò  l'episcopio  con  opportune  comodi- 
tà, ornò  la  cattedrale,  ed  eresse  4  fortis- 
sime torri  per  munire  la  città  contro  le 
aggressioni  turchesche.  Presso  s.  Maria 
Cattolica  già  de'greci,  fabbricò  il  conven- 
to pe'suoi  domenicani  e  Jo  dotò  di  per- 
petui fondi.  Scrisse  una  relazione  sull'i- 
sola di  Scio,  e  nel  i5yi  fu  tumulato  uel- 
la  cattedrale  di  Strougoli  con  isplendido 
epitaffio.  lS'eli579  fu  lodato  pastore  Ri- 
naldo Corsi  di  Malta,  e  neh  582  gli  suc- 
cesse Domenico  Petrucci  da  Città  di  Ca- 
stello, consagrato  in  Roma  dall'arcivesco- 
vo di  s.  Severino,  e  poi  fu  ti  astato  a  Bru- 
gnato,della  qua!  sede  riparlai  a  Sabzaita. 
Nel  1 585  Giovanni  Luigi  Ma  t'esco!  ti  no- 
bile bolognese,  di  singoiar  dottrina,  in- 
tegrità e  soavi  costumi.  Nel  1587  gli  suc- 
cesse, e  ornato  di  eguali  ■virtù.  Claudio 
Marescotti  bolognese  e  abbate  oliveta- 
110  di  s.  Michele  in  Bosco,  consagrato  in 
s.  Spirito  di  Roma  dal  cardinal  Paleot- 
ti.  Sisto  V  neh  5go  gli  surrogò  Claudio 
Vici  anconitano,  che  ridusse  in  miglior 
forma  l'episcopio.  Nel  1 60 1  fu  vescovoSe- 
bastiano  Ghislieri  d'Alessandria, e  proto- 
notario  apostolico,parente  di  s.  Pio  V: in- 
trodusse! cappuccini  inStrongoli,ed  eres- 
se l'ospedale  e  la  chiesa  della  B.  Vergine. 
Lodatissimo  pastore,  ebbe  a  coadiutore  e 
nel  1 62 1  a  successore  l'arci  vescovo  di  Ni- 
cea  in  parlibus  Bernardo  Piccoli  d'Una- 
briatico.  Salustio  Bartolo  di  Monte  s.  Sa- 
vino, eletto  dopo  di  lui, visse  100  giorni,  e 
soli  4  mesi  il  successore  Giulio  Diolallevi 


STR  201 

di  Rimini,  inlcr  prospera  et  adversa  pa- 
ri animi  magnitudine:  gli  successe  il  fra- 
tello Carlo  canonico  della  patria  cattedra- 
le, che  eresse  innanzi  all'altare  maggiore 
della  cattedrale  di  Strangoli  un  nuovo  se- 
polcro per  se  e  successori.  Con  encomi  nel 
1  655  morì  Martino  Dense  souiascu  mi- 
lanese ch'eragli  stalo  sostituito.  L'Ughelli 
termina  la  serie  con  fi\  Biagio  Mazzetti 
domenicano  napoletano, ed  i  continuato- 
ri con  Tommaso  Olivieri  nobile  dell'ai'- 
cidiocesi  di  s.  Severina,  e  con  Domenico 
Marzani  arciprete  della  cattedrale  di  Bo- 
va  sua  patria  nel  1 7  19:  la  compirò  colle 
Notizie  di  Roma.  Nel 1 1 7 3  5  Gaetano  de 
Arco  napoletano;  nel  1 74 1  Ferdinando 
Maiularani  della  diocesi  di  Squillare;  nel 
1748  Domenico  Morelli  dell'arcidiocesi 
di  s.  Severina;  nel  1798  Pasquale  Petruc- 
celli  della  diocesi  d'Ariano.  Restata  que- 
sta sede  vacante,  sino  dal  principio  del 
corrente secolo,Pio  VII  a'2Sgiugnoi8i8 
soppresse  il  vescovato,  e  in  perpetuo  l'u- 
nì a  quello  di  Cariati,  al  quale  essendo 
già  unita  la  sede  vescovile  di  Cerenza  o 
Gerenza,  con  titolo  di  concattedrale,  il 
Papa  lo  soppresse  e  incorporò  a  Cariati 
la  diocesi,  a  cui  unì  pure  Umbriatico.  A 
questo  articolo  riporterò  pure  i  suoi  più 
distinti  vescovi;  ora  per  supplire  a'  non 
mentovati  negli  articoli  Cariati  e  Ceren- 
ea,  riprodurrò  la  serie  de'vescovi  di  Ce- 
renza e  Cariati,  nella  quale  si  compene- 
trarono 3  sedi  vescovili,  onde  ampia  n'è 
la  diocesi,  con  circa  3ooo  ducati  di  men- 
sa. Le  3  sedi  erano  suffiaganee  della  me- 
tropoli di  s.  Severina,  e  Cariati  lo  è  tut- 
tora, e  distante  da  essa  io  leghe. 

La  sede  vescovile  di  Cariali,  Cariatimi, 
è  antichissima  come  si  ha  dal  registro  di 
s.  Gregorio  I  del  590,  il  quale  affidò  la 
cura  della  sede  e  diocesi  a  Bonifacio  ar- 
civescovo di  Iieggio;  anzi  si  conosce  che 
Menecrade  vescovo  di  Cariali, fiorito  un 
secolo  prima,  intervenne  ad  uno  de'sino- 
di  celebrati  in  Roma  da  Papa  s.  Simma- 
co del  4o^>  ma  i  saraceni  avendo  rovi- 
nala la  città,  si  perderono  le  sue  memo- 


202  S  T  R 

rie,  e  rcslò  per  cìi versi  secoli  interrotta 
la  successione  de' vescovi.  Gerenza,  Ge- 
mmiti, e  perciò  chiamata  anche  Geren- 
za, e  come  Cariali  già  signora  fendale  del 
principe  di  Semina  ria,  è  ferace  d'eccellen- 
te manna, fu  sede  vescovile  sino  dal  960, 
come  attestano  i  monumenti  di  sua  chie- 
sa. L'Uglielli  ne\V Italia  sacra  ».  1  ,p.  4<)^j 
riportala  serie  de'vescovi  Geruntinenses 
et  Cariatenses  uniti,  e  con  esso  procede- 
rò a  fare  altrettanto.  Il  1. "che  si  conosca 
è  Policrono  Geruntinus,  il  quale  nel  1 099 
con  l'autorità  e  consiglio  del  suo  metro- 
politano Costantino  arcivescovo  di  s.  Se- 
veri na,  nell'arcidiocesi  fondò  e  dotò,  con 
diploma  confermato  da'conlidi  Calabria 
e  di  Sicilia,  il  monastero  cisterciense  di 
s.  Maria  d'Altilia.Dopo  Policrono  e  per 
lo  spazio  di  100  anni  non  si  conoscono  i 
successori.  Giberto  Gerontinus episcopus 
trovasi  verso  il  1  198,  ed  era  amico  del 
celebre  abbate  Gioacchino  [f/.)  fondato- 
re della  congregazione  e  monastero  cistcr- 
ciense di  Flora  o  Florense  (F.),  \  miglia 
lungi  da  Cacuri  (nitro  luogo  è  Vertinaro: 
in  Cacuri  nacque  Francesco  Simonetta 
autore  della  Sforziade),  nella  diocesi  di 
Gerenza  0  Gerenza.  Giberto  donò  ad  es- 
so la  chiesa  di  Monte  Marco,  la  quale  di- 
poi con  bolla  d'Onorio  1 11  fu  unita  in  per- 
petuo al  monastero  di  s.  Giovanni  di  Fio- 
ri. Gli  successeGuglielmo/il  qua  le  di  quan- 
to il  predecessore  avea  tatto  all'  abbate 
Gioacchino   in  odium  rnonachoruin  de- 
slruxit;  mori  nel  1  209,  ed  è  ricordato  nel 
diploma  d'Onorio  l  II.  Nell'istesso  anno  fu 
eletto  vescovo    Geruntinus  Bernardo  di 
Calabria,  nato  d'onesti  parenti,  abbate  di 
Sambucina  monastero  cisterciense,  per 
le  sue  virtù,  e  carità,  amalo  dall'abbate 
Gioacchino  e  suo  intimo.  Corresse  l'ope- 
rato contro  i  monaci  dall'antecessore  Gu- 
glielmo, restituì  loro  il  tolto  da  lui,econ- 
eesseal  monastero  di  Floriduealtre  chie- 
se. Morì  santamente  nel  12  16,  concorse 
il  popolo  a  venerarne  la  spoglia  mortale, 
e  gli  scrittori  della  Calabria  lo  posero  tra 
i  beati  della  medesima. In  tale  anno  e  nel 


S  T  11 

pontificato  d'Onorio  MI  fu  eletto  vescovo 
GerunlinusNìcofo,  degnissimo  e  virtuoso 
come  il  precedente.  Non  solo  confermò  al 
monastero  di  Fiori  il  donato  da' prede- 
cessori,  ma  vi  aggiunse  il  monastero  di 
Cabria,  già  de'nnmaci  greci,  ciò  che  con- 
fermò Onorio  111  colla  memorata  bolla, 
Cuiiì  a  nobis,  riportala  da  Ughelli.  Inol- 
tre Nicola  e  col  consenso  del  capitolo  fece 
donazione  al  monastero  Florense  del  le- 
nimento o  grangia  di  Virdo,  che  confer- 
mò con  diploma  Gregorio  IX.  Morì  nel 
1233,  e  nel  1234  gli  successe  Matteo  di 
Calabria  ,  Geruntinus  episcopus  ,  pare 
della  stessa  famiglia  dell'encomiato  Ber- 
nardo^ essendo  eguale  lo  stemma  genti- 
lizio; già  discepolo  dell'abbate  Gioacchi- 
no, fu  lodalissimo  pastore,  ed  è  registra- 
to trai  beati  della  Calabria.  Per  più  d'un 
secolo  s'ignorano  i  successori.  Nicola  eli- 
gitur  Geruntinensis  episcopus  1 3^.1,  die 
i3  augusti,  solitimi  pensimi  exsolvit  sa- 
cro Collegio tex  Aclis  romani,  ubi  edam 
Gariatensis  nominai/ir  episcopus,  fortas- 
sis  lune  haec  dune  Ecclesiae  uuitae  erant 
hoc  annos.  Quindi  i  successori  negli  atti 
conci  storia  li  sono  chiama  li  Geruntinenses 
et  Cariatenses.  Il    vescovo  Gerardo  nel 
I  394  fu  traslato  all'arci  vescovato  di  Ros- 
sano; e  Bonif icio  1 X  a'  t  3  febbraio  vi  so- 
stituì  l'arcidiacono  della  cattedrale  Gu- 
glielmo. Nel  i425  Tommaso  Rossi  cano- 
nico di  Cosenza;  nel  14291*1'.  Guglielmo 
de  Podio  o  Giovanni  de  Podio  Nucis  o 
Podionitis  domenicano  francese,  già  mae- 
stro generale  dell'ordine  nelle  provincie 
che  ubbidivano  all'  antipapa  Clemente 
Vili,  creato  dal  Pontefice  Martino  V,cui 
era  accettissimo, Geruntinen  episcopus,  e 
visse  nella  dignità  da  buon  pastore.  Nel 
1437  l'arcidiacono  Giovanni  de  Voltis, 
che  trasferito  a  Crotone  nel  1  43g,  gli  ven- 
ne surrogato  Geruntinain  sedem  Galeot- 
to Quadrùmani  nobile  e  canonico  di  Co- 
senza, indi  anch'esso  traslato  a  Crotone. 
Neh44°  Bartolomeo  già  vescovo  Argo- 
license, sotto  il  quale  in  Cariati  fu  fabbri- 
cato il  conveuto  de'minori  della  stretta 


STR 

osservanza  da  Bonaccorso  Capisacci,  nel- 
la cui  chiesa  giace  il  b.  Tommaso  Ren- 
dano illustre  per  miracoli.  Nel  1 48  1  mori 
Giovanni  episcopus  Geruntinus  rtCaria- 
lensis.  Nel  1 48  •  stesso  fu  eletto  vescovo 
Geruntinus  et  Cariatensis  PietrodiSon- 
nino  arciprete  di  s.  Giovanni  di  Laconia 
diocesi  diNicastro,ove  da  (meste  sedi  passò 
nel  1 489.  Nel  1  490  fu  fatto  vescovo  di  Ce- 
lenza  e  Cariati  Antonio  di  Lucerà;  il  sue- 
cessoreGiroIamo  morì  neh  5o4-l«  questo 
conseguì  le  mitre  di  Cerenza  e  Cariati 
Francesco  Dentici  napoletano;  ma  presto 
gli  successe  fi*.  Martino  di  Lignano  dome- 
nicano bolognese,  cui  la  morte  poco  dopo 
rapì  nel  1  5o6.  Nell'agosto  venne  eletto 
Giovanni  Sersale  nobile  di  Cosenza,  indi 
Tommaso  Coi  tesi  di  Prato  episcopus  Ge- 
runtinus et  Cariatensis  nitro  onere  se  ex- 
solvitì5io.  In  questo  Leone  X  nominò 
vescovo  di  Cerenza  e  Cariati  Antonio  Her- 
colani  nobile  forlivese  e  preposto  della  pa- 
tria cattedrale,  chiaro  per  prutlenzae  vir- 
tù, neh  522  vice-legato  della  Riarca  pel 
cardinal  Armellini,  che  neh  5^3  eresse 
da'fondamenli  la  fortezza  di  Macerata,  e 
nel  i  foGlornòadessei  e  vice- legato/i 0111  - 
masoCortesi  di  Pratodatario  di  Clemente 
Vile  vescovo  anche  di  Viesti,  traslato  nel 
1 53  3a  Vaison.  Subito  gli  successeTaddeo 
Pepoli  bolognese  nobilissimo,  abbate  e 
vicario  generale  degli  Olivetani,  di  gran 
virtù,  vescovo  di  Cerenza  e  Cariati,  nel 
1 535  trasferito  a  Carinola,  della  qual  se- 
de meglio  riparlai  a  Sessa.  Invece  da  Ca- 
rinola a  questi  vescovati  fu  traslato  Gio- 
vanni Carnuti  che  morì  neh  54'.  Fran- 
cesco Monaldi  già  vicario  generaleecano- 
nico  della  cattedrale  di  sua  patria  Chieti 
e  poi  arcivescovo  di  Tarso,  morendo  in 
Milelo  mentre  celebrava  la  messa  oppres- 
so cuniculi  ruinis.  Neh  545  M.  Antonio 
de  Falconi  di  Nardo,  e  nel  1 556  Federico 
Fanluzzi  nobile  bolognese  e  uditore  del- 
la romana  rota.  Per  sua  morte  nel  1  56 1 
Pio  IV  fece  vescovo  Gerunlinusel  Caria- 
tensis  Alessandro  Crivelli  (f^.)  milanese, 
e  poi  nunzio  di  Spagna  e  cardinale.  Ri- 


STR  io3 

nunzio  le  sedi  neh  568  a  Giacomo  Ma- 
lumbra  milanese,dalle  quali  si  dimise  nel 
i5y3,  egli  fu  surrogato  Sebastiano  Maf- 
fa  nobile  salernitano.  Morto  nel  1 5j6,  in 
questo  venne  eletto  Gio.  battista  Ansal- 
di  di  s.  Miniato,  e  consagrato  in  s.  Bar- 
tolomeo all'  Isola  di  Roma  dal  cardinal 
arcivescovo  di  s.  Severina.  Dopo  il  suo  de- 
cesso, Gregorio  XIII  neh  5t 8  conferì  le 
due  chiese  unite  aTaiqninio  Pi  isco:  Sisto 

V  neh  585  gli  die  in  successore  il  suo  cor- 
religioso  e  amico  fi*.  Nardo  di  Fano  dei 
conventuali,  insigne  dottore  in  teologia. 
Morì  neh  586,  ed  a'5  novembre  gli  so- 
stituì l'altro  francescano  Ir.  Ottaviano  di 
Tagliacozzo.  Nel  medesimo  anno  Sisto 

V  consagrò  vescovo  fr.  Properzio  Resta 
de  Capcllis  di  Volterra,  dotto  francesca- 
no, che  scrisse  De  vera  sapieatia:  morto 
nel  1602  in  Roma, fu  sepolto  in  ss.Aposto- 
li.  A'  1  5  aprile  gli  fu  surrogato  fr.  Filip- 
po Gesualdo  generale  de'con  ventilali,  ce- 
leberrimo predicatore,  dotto  e  di  santa 
vita.  Nel  1 6 1 7 Maurizio  l'ucci  te.rdonensis; 
neh  627  Lorenzo  Pea  o  Pkeus  romano, 
avvocato  concistoriale;  neh  633  France- 
sco Gonzaga  di  Mantova  chierico  rego- 
lare, indi  traslato  a  Nola.  Neh  659  Aga- 
zio  di  Somma  di  Catanzaro,  a  cui  poi  fu 
traslato;  nel  1664  Girolamo  Balzelli  ni  di 
Napoli  e  di  quella  nunziatura  avvocato  dei 
poveri;  nel  1 688  Sebastiano  de  Franci  di 
Nola,  avvocato  delle  cause  ecclesiastiche 
e  del  s.  ollizio  in  Napoli;  nel  1718  Barto- 
lomeo Porli  amalfitano,  avvocato  fiscale 
della  nunziatura  di  Napoli.  Morto  nel 
1  7  19,  Clemente  XI  nel  17  20  gli  sostituì 
Gio.  Andrea  Tria  di  Malera,già  uditore 
delle  nunziature  di  Lisbona  e  di  Svizzera: 
con  esso  nell'Ughelli  si  termina  la  serie 
de'vescovi  ili  Cerenza  e  Cariati,  che  com- 
pleterò colle  Notizie  di  Roma.  Neh  726 
Antonio  Raimondi  dell' a  rei  diocesi  di  s. 
Severina;  nel  1  732  Carlo  Ronchi  diNapo- 
li;  neh  764  Francesco  M.  'Trombini  del- 
l'arcidiocesi  di  Cosenza.  Dopo  lunga  sede 
vacaute  di  quasi  7  anni,  neh  793  Felice 
Antonino  de  Alessaudris  di  Monte  Leoue 


2o4  STR 

diocesi  di  Mileto.  Vacala  di  nuovo  la  se- 
de nel  1 808,  terminarono  i  vescovi  di  Ge- 
renza e  Cariati  uniti,  per  la  narrata  sop- 
pressione nel  181  8  operata  da  Pio  VII,  il 
quale  nel  concistoro  de'  4  ghigno  *8lQ 
preconizzando  vescovo  di  Cariati  Gelasio 
Serrao  di  Ventarola  diocesi  di  Sessa, que- 
sto  prelato  pel  i.°si  trovò  costituito  vesco- 
vo eli  Cariati,  nella  cui  diocesi  erano  state 
incorporate  quelle  soppresse  di  Gerenza, 
Si  roti  gali  e  Umbriatico.  Per  sua  morte, 
Gregorio  XVI  nel  concistoro  degli  i  r  lu- 
glio i83()  promulgò  vescovo  di  Cariati 
l'attuale  mg.r  Nicola  Golia  di  Cosenza,  già 
canonico  della  patria  metropolitana  e  ret- 
tore del  seminario  di  essa,  insignito  di  al- 
tri cospicui  incarichi,  e  che  fa  la  sua  or- 
dinaria residenza  in  Cariati  uell'episcopio 
prossimo  alla  cattedrale. 

STROZZI  Lorenzo,  Cardinale.  Pa- 
trizio fiorentino,  pronipote  di  Leone  X, 
fatti  i  suoi  studi  letterari  sotto  la  discipli- 
na del  celebre  Benedetto  Varchi,  ed  i  le- 
gali nell'università  di  Padova,  passato  in 
Francia  si  applicò  a' militari  esercizi,  e 
divenuto  eccellente  e  valoroso  capitano, 
combattè  intrepidamente  nella  Lingua- 
doca  nel  regno  d'Enrico  II  contro  i  cal- 
vinisti, a'  quali  avendo  tolto  parecchi  e 
ben  fortificati  castelli,  vi  ristabilì  l'eser- 
cizio della  cattolica  religione.  In  seguito, 
a  persuasione  di  sua  cugina  Caterina  de 
Medici  regina  di  Francia,datosi  alla  vita 
ecclesiastica, sostenne  in  quel  reame  mol- 
te e  cospicue  cariche,  tra  le  altre  quella 
di  consigliere  di  stato,  e  fu  provveduto 
delle  ricche  abbazie  di  s.  Vittore  di  Mar- 
siglia e  di  s.Maria  diStaffarda,  e  ad  istan- 
za del  nominato  re  nel  i548  Paolo  III  lo 
preconizzò  vescovo  di  Beziers,e  per  qual- 
che tempo  fu  destinato  al  governo  della 
provincia  diNarbona.Per  le  premure  del- 
lo stesso  Enrico  1 1,a'  1 5  marzo  1 557  Pao" 
lo  IV  lo  creò  cardinale  prete  di  s.  Bui- 
bina.  Ptestituitosi  in  Francia, aiutò  il  re 
co'suoi  consigli  intorno  a'mezzi  che  si  a- 
vevano  a  tenere  per  ridurre  gli  eretici, 
e  nel  1 56 1  sotto  Pio  IV  passò  all'arci  ve- 


STU 

scovato  d'Alby  cedutogli  dal  cardinal  di 
Guisa, a  cui  egli  rinunziò  l'abbazia  di  s. 
Vittore.  Nel  i566s.  Pio  V  lo  fece  arci- 
vescovo d'Aix,  dove  con  instancabile  zelo 
tutto  si  dedicò  allo  sterminio  dell'  eresia 
e  degli  eretici,  e  nell'esercizio  d'un' im- 
presa tanto  onorevole  e  gloriosa,  chiuse 
di  4^  anni  nel  i5j  i  in  Avignone  i  suoi 
giornijdopo  essere  intervenuto  al  concla- 
ve di  Pio  IV,  perchè  fu  assente  a  quello 
di  s.  Pio  V.  Verme  tumulato  nella  chiesa 
di  s.  Agricola. 

STUDIO.  V.  Scuola,  Università. 

STUDITA.  Nome  di  un  religioso  del 
monastero  di  s.  Gio.  Battista  in  Costanti- 
nopoli, fabbricato  dalla  somma  pietà  di 
Studio  nel  4^3,  uomo  consolare,  prefetto 
del  pretorio  e  potente  signore  di  quella 
grati  capitale  e  dell'impero  orientale,  o- 
ve  si  recò  da  Roma  sua  patria,  abbonan- 
do il  servaggio  de' vandali  quando  l'inva- 
sero. Gli  studiti  erano  monaci  Acemeti 
(de' quali  riparlai  negli  articoli  relativi), 
cioè  insonni  perchè  a  vicenda  senza  inter- 
ruzione giorno  e  notte  lodavano  Iddio, ma 
divisi  in  tre  parti  o  classi;  ed  il  p.  Helyot 
nella  Storia  de gli  ordini  monastici,  pre- 
tende che  il  nome  di  Studila  fosse  dato 
a  tutti  gli  acemeti  fondati  da  s.  Alessan- 
dro abbate,  per  cui  furono  presi  per  si- 
nonimi i  due  nomi  di  Studila  e  di  Ace- 
meta.  Anche  Magri,  nella  Notizia  de'vo- 
caboli  ecclesiastici }  conviene  che  i  mona  - 
cidi  detto  monastero  fossero  cognomina- 
ti Studila,  onde  per  questo  furono  deno- 
minati così  s.  Teodoro  (  f.)  Studila  e  al- 
tri monaci.  Teodoro  Sludi ta,nalo  ne\j5Q 
in  Costantinopoli,  fu  per  un  mezzo  seco- 
lo e  ne'tempi  i  più  difficili,  il  sostegno,  l'o- 
racolo e  l'ornamento  della  chiesa  orien- 
talo ,  soffrendo  perciò  eroici  patimenti. 
Mentre  era  abbate  del  monastero  di  Sa- 
nudioue,  per  le  sue  rigide  virtù  disappro- 
vò l'illegittimo  matrimonio  dell'impera- 
tore Costantino  V,  ne  affrontò  la  collera 
e  l'indignazione.  Divenuto  poi  abbate  del 
monastero  di  Studila  oStudayvi  trovò  12 
mouaci,  ma  in  breve  per  le  sue  virtù  e  sa- 


STU 

pere  di  venne  floridissimo,!  vi  pervenne  ad 
unire  sotto  la  sua  direzione  iooo  mona- 
ci, e  così  fu  detto  per  antonomasia  Stic- 
dita.  Non  minore  fortissimo  zelo  oppose 
all'imperatore  Leone  V  V Armeno  soste- 
nitore Ae^  iconoclasti  persecutori  delle 
ss.  Immagini  (/'.),  onde  difendere  il  lo- 
ro antico  culto,  per  cui  patì  indicibili  do- 
lori. Scrisse  lettere  a'Papi  s.  Leone  III  e 
s.  Pasquale  I,  e  lasciò  diverse  opere  ch'e- 
numerò il  suo  discepolo  e  biografo  Mi- 
chele Studila.  Del  monastero  di  Studio, 
degli  acemeti  o  sempre  vigilanti  nella 
Salmodia  (l\),  e  del  glorioso  s.  Teodo- 
ro, parlano  ancora  l'annalista  Rinaldi  ne- 
gli Annali  ecclesiastici,  ec\  il  Piazza,  E- 
tnerologio  di  Roma,  a  p.  718. 

STLNICA.  V.  Zumga. 

STURMIO  (s.),  abbate  di  Fulda.  U- 
scito  di  nobile  casa  della  Baviera,  ven- 
ne nella  sua  fanciullezza  affidato  a  s.  Bo- 
nifacio apostolo  dell'AIcmagna,  il  quale 
Io  mandò  nell'abbazia  di  Fritzlar.  Fatti 
grandi  progressi  nelle  scienze  e  nelle  vir- 
tù, comechè  fu  giunto  all'età  prescritta 
da'eanoni,  ricevette  gli  ordini  sagri.  Do- 
po avere  per  3  anni  annunziata  la  divi- 
na parola, convertendo  molti  infedeli,  ri- 
tirossi  in  un  deserto  con  due  compagni, 
che  come  lui  desideravano  menare  vita 
anacoretica:  ma  per  evitare  gl'insulti  dei 
malandrini  della  Sassonia,  Ninnino  fe- 
ce in  breve  ritorno  a  Fritzlar ,  e  i  suoi 
due  compagni  si  recarono  a  Chrilar.  S. 
Bonifacio  rivide  con  piacere  Slurmio,che 
riguardava  come  suo  figlio,  e  lo  racco- 
mandò al  reCarlomanno,  non  che  ad  al- 
cuni signori,  per  cui  potè  fondare  il  mo- 
nastero di  Fulda  {T  .),  nella  diocesi  di 
Magonza.  ]  religiosi  furono  messi  sotto  la 
regola  di  s.  Benedetto,  e  Sturmio  ne  fu 
ili.°abbate.  Esso  andò  a  visitarecou  due 
de'  suoi  religiosi  i  principali  monasteri 
d'Italia,  per  introdurre  iu  quello  di  Ful- 
da ciò  che  vi  avrebbero  notato  di  più  per- 
fètto. Accusato  calunniosamente  di  es- 
sere nemico  dello  slato,  il  re  Pipino  lo 
esiliò  in  un  monastero  di  Francia,  che  si 


S  U  A  jo'J 

crede  quello  di  Jnmieges,  ma  riconosciu- 
ta-i dipoi  la  di  lui  innocenza,  ritornò  a 
Fulda,  ove  fu  ricevuto  colle  più  grandi 
dimostrazioni  di  gioia.  Carlo  Magno, fa- 
cendo di  esso  molta  slima,  implorò  l'o- 
pera sua  per  la  conversione  de' sassoni. 
Sentendosi  il  santo  vicino  al  suo  fine,  ra- 
dunò i  suoi  religiosi  per  esortarli  alla  per* 
severanza,e  morì  il  1  7  dicembre  del  779. 
Fu  canonizzatoda  Innocenzo  11  nel  i  1  3t); 
e  le  sue  reliquie  si  conservano  nella  chie- 
sa dell'abbazia  di  Fulda,  celebrandosi  la 
sua  festa  il  giorno  17  dicembre. 

SUAC1A  o  SUACIO  o  suacino, 

Suacium.  Sei\e  vescovile  dell'Albania  di 
Epiro  nella  Macedonia,  parte  deWJUi- 
ria,  eretta  nel  secolo  XI  e  da  Benedetto 
IX  come  vuole  il  p.  Parlato,  o  come  dice 
Commanville,  nel  1062  da  Papa  Alessan- 
dro II,  dichiarata suffraganea  della  me- 
tropoli à1  Antivari,  e  situata  vicino  a  tal 
cillà.  A  Suacia  nello  stesso  secolo  XI  fu 
unita  la  sede  di  Sorbium  o  Arbc,à\  cui 
pai  lai  nel  voi.  LXV1I1,  p.  1 1  3  ed  altro- 
ve, coli*  insigne  opera  del  p.  Parlato,  //- 
lyrici  sacri,  il  quale  inoltre  ne  discorre 
nel  t.  3,  p.io  e  1  j5,  dicendo  che  fu  suffra- 
ganea di  Spalalro  e  poi  passò  ad  esser- 
lo di  Zara.  Ma  nella  circoscrizione  delle 
diocesi  di  Dalmazio,  fatta  da  LeoneXII, 
fu  soppressa,  quando  di  Spalatro,la  nuo- 
va Salona  che  fu  madre  di  tutta  la  re- 
ligione cristiana  nell'  amplissimo  lllirio 
e  sua  metropoli,  primate  di  Dalmazia  e 
Croazia,  quel  Papa  ne  soppresse  la  di- 
gnità metropolitica  e  l'unì  a  Macarska, 
onde  di  questa  ivi  riparlai.  Sorbium  o 
Arbe  fu  pur ch\amalaSardania ^arcati- 
la e  Servatia:  de'popoli  di  Dalmazia  de- 
nominali Sardiates,  Sardiolac  e  Sardia- 
ni  olim  Ardiaei  elicti,  ragiona  il  p.  Par- 
lato nel  1. 1,  p.  i63,  if>4-  Commanville 
crede  che  il  vescovo  di  Suacia  facesse  poi 
la  sua  residenza  aSappa,  lungi  circa  5o 
miglia,  la  quale  sembra  corrispondere  a 
Zadrim  o  Zadra  o  Zadrina  nell'antica 
Macedonia  Felice,  luogo  della  Turchia 
europea  nell'Albania,  sangincato distan- 


aoG  SUA 

le  5  leghe  da  Solitari,  sulla  sponda  sini 
stia  del  Drin  verso  il  confluente  della  Di 
Ina,  con  fertilissimi  dintorni.  Quanto  al- 
l'antica Suacia  pare  che  sia  ridotta,  pel- 
le lacrimevoli  vicende  cui  soggiacque,  ad 
un  villaggio  abitato  da'turchi  e  da'greci 
scismatici, e  probabilmente  non  vi  saran- 
no più  cattolici.  Nell'articolo  Sapfa  ri- 
portai le  opinioni  di  diversi  geognafì  sul- 
la sua  posizione  geografica,  protestando 
che  ivi  nulla  poteva  dire  di  preciso,  tanto 
più  che  rilevai,  (pianto  a  Suacia,  nel  voi. 
LX1  V,p.2?. 3,cheildot t'issi moHur ter  non 
potè  trovare  notizie  sul  vescovatOiSbtfcew- 
•n's.Gònon  mi  sorprende,perchè  tranne  il 
celebre  p.  Fallato,  le  notizie  della  storia 
ecclesiastica  e  geografica  di  molte  par- 
li dell'  llliria  sono  scarse  e  confuse,  co- 
me mi  scriveva  un  dotto  prelato  di  colà, 
il  quale  aggiunse  che  s'  ignoravano  da- 
gli stessi  luoghi,  e  dalle  persone  più  i- 
struite,  tanto  essendo  l'oscurità  prodot- 
ta da  un  complessodi  politici  avvenimen- 
ti religiosi  e  civili.  Tutta  voi  la  qui  aggiun- 
gerò altre  nozioni  che  raccolsi  co'  miei 
studi  e  ricerche  nelle  opere  pubblicate, 
giammai  mendicandole,  come  fanno  al- 
tri, dagl'  impiegati.  Primamente  ricor- 
derò, che  accennai  all'articolo  Sappa, 
dover  essa  essere  nell'Albania  della  Tur- 
chia europea,  ossìa  neh' llliria;  imperoc- 
ché, come  replicatamente  notai  in  più 
luoghi,  e  con  esplicita  e  apposita  dichia- 
razione conlessai  lealmente  nel  voi.  LI, 
p.  3  io,  che  vi  sono  due  Albanie,  quel- 
la d'Epiro  e  quella  d'Asia  o  Al  vania  pro- 
■vincia  d'Armenia,  oltre  il  ducato  d'Al- 
bania nella  Scozia  (P-)-  Ciò  feci  per  e- 
mendare  anche  in  quel  volume  l'abba- 
glio che  presi  nel  voi.  I,  p.  18  i, nella  pri- 
ma infanzia  di  questa  mia  opera  (anche  i 
giganti  nascono  bambini:  il  principio 
quantunque  minimo  nella  mole,  è  più  del 
mezzo  nel  valore  e  nell'efficacia), sia  sulla 
situazione  topografica  d'Albania,  sia  su 
quelli  che  vi  promulgarono  l'evangelo,  il 
che  ripetei  nelle  diverse  biografie  de'santi 
che  nelle  dueAlbauie  predicarono  la  fede 


S  U  A 

cristiana,dappei  tutto  cos'i  rettificando  l'e- 
quivoco preso  nel  voi.  I.  Mi  piace  far  qui 
questo  rimarco,  pel  caso  che  si  verificas- 
se quello  che  dichiarai  a  Stampa  e  a  Sto- 
bia,  e  negli  altri  articoli  ove  tenni  pro- 
posito degli  errori,  propri  della  debole  e 
imperfetta  umanità,  e  che  si  rannodano 
al  protestato  in  diversi  luoghi,  e  ne'vol. 
LVUI,p.  i6,LXlX,p.22ei  1 6:  vale  a  dire, 
semai  qua Iche lettore  super ficia le, o auto- 
re a  vapore,oqualchecompilatorecopisla, 
e  fors'anche  de'  miei  elaborati  e  faticosi 
studi,cioè  per  articoli  da  Dizionario  e  non 
per  istorie  e  trattati  ex  professo,  ma  in- 
numerabili e  enciclopedici,  sviluppati  in 
carta  misurata,  se  non  abituato  a  studia- 
re con  savia  ponderazione,  uè  ad  appro- 
fondarsi nelle  ricerche,  fermandosi  col- 
l'occhio  nel  detto  voi.  I  pretendesse  per 
deprimermi  ecensurarmi,  senza  aver  pri- 
ma esaurito  le  indagini  che  la  critica  in- 
segna doversi  fare  ne'luoghi  analoghi,  on- 
de vedere  se  l'errore  fu  riparato.  Mentre 
qualora  si  volesse  giudicare  dalla  sem- 
plice lettura  di  tale  riconosciuto  e  confes- 
sato abbaglio,  pare  che  gli  si  possa  appli- 
care quel  tutto  che  ti  issi  su  coloro  che  ca- 
dono in  assurdi,  in  gravissimi  scerpelloni, 
farfalloni  e  contraddizioni,  ne'  ricordati 
articoli  e  altrove.  E  qui  finalmente  cre- 
do di  poter  dire  con  X Arie  Poetica  di  Ca- 
lazio, vers.  35 1  e  seg non  ego  pan- 
di -  Ojfendar  maculis,  qnas  aul  incu- 
ria fuchi,  -  Aul  inumana  parum  cavii  na- 
tura. Quid  ergo? 

Incominciando  da  Sappa,  leggo  uella 
Biblioteca  sagra,  di  Richard  e  Giraud, 
nell'articolo  Zuppa  o  Sappa, che  questo 
è  un  paese  o  cantone  situato  al  sudest 
degli  stati  della  già  repubblica  di  Raglisi, 
nel  quale  i  veneziani  possedevano  molte 
città.  Che  avvi  un  vescovato  latino  uel 
cantone  di  Zuppa,  suffraga neo  della  me- 
tropoli di  Durazzo,  e  che  il  vescovo  ri- 
siede nel  villaggio  di  Nienesciuta.Nel  Di' 
zionario  geografico  universale,  all'  arti- 
colo Zuppa,  Xuppa,  sono  descritte  le 
Quattro  Contee, dihhMu  di  Dalmazia  nel 


SUA 
circolo  di  Cattaro.  Inoltre  nella  Biblio- 
teca, all'articolo  Zappar  a,  si  dice  città 
vescovile  di  Dardania,  di  cui  si  fu  men- 
zione nel  5.°  concilio  generaleo  3.°  diCo» 
stantinopolidel  553. Che  vi  èia  oggi  una 
città  chiamata  Sappaia,  con  titolo  di  ve 
scovato  sulFraganeo  d'Antivari;  e  che  il 
p.  Le  Quieti  ne\Y  Oriens  christianus  t.2, 
p.3  i  i , sospetta  che  sia  stato  scritto  /.ap- 
para iu  vece  di  Sappata,  per  errore  del- 
l'amanuense,negli  atti  del  nominato  con- 
cilio, nel  «piale  è  detto  che  Fabiano  ve- 
scovo di  Zappara  sottoscrisse  al  decreto 
di  Papa  Vigilio,  riguardante  i  famosi  Tre 
Capitoli.  Riscontrando  il  p.  Le  Quien, 
Ecclesia  Zapparae,  trovo  le  sue  deno- 
minazioni scritte  in  latino, Zapparensis, 
vel  Zapharcna,  Zapparam,  Sappata, 
Sappattnsi,  Zappa rensemj  ed  ceco  co- 
me riporta  la  sottoscrizione  di  detto  ve- 
scovo. Fabiamts  gratta  Ori,  episcopus 
Zapparenaecivitatishuicconsùlutoquod 
beatissimo  Papa  f  igilius  in  causa  1  riunì 
Capitidorutn  protuit,  ad  omnia  supra- 
scripta  consenlies subscripsi.D'i  più  osser- 
vo nel  p.he  Qu\en,cl\e  Zappa  raoSapjìa- 
{aruspicare  liceret  amanuensium  errore, 
era  sotto  la  metropoli  di  Scopia  (/  .).  Ciò 
deve  intendersi,  innanzi  che  Alessandro 
li  la  sottoponesse  a  quella  di  Antivari. 
Comman ville  dice  cheScopia,esarcatodi 
Dacia,  appartiene  alla  Servio  (/ '.),  della 
cui  diocesi  il  p.  Le  Quien  tratta  a  p.  3  1 9. 
Nel  Concitium  provinciale  sive  naziona- 
le Albanum,  Romnei8o3,  2.* edizione, 
celebrato  da  mg.1  Vincenzo  Zmajevick 
arcivescovo  d'Antivari  e  di  Dioclea,  pri- 
mate del  regno  di  Servia  e  visitatore  a- 
poslolico  d'Albania,  nel  1  yo3  nella  chie- 
sa di  s.  Gio.  Battista  di  Merchigna  dio- 
cesi d'Alessio  o  Lisso  (/ '.);  in  tale  libro 
nella  parte  1*  dopo  il  cap.  2:  De  Bapti- 
sino,  fu  inserito  il  precedente  decreto  del 
s.  ollizio  emanato  nel  1(141:  Ad  rpisco- 
pimi  Sappalensem  de  non  conferendo  s. 
Baptismo  Turcis.  Nella  pai  te  3.u,  cap.  4 
venne  pubblicalo  il  decreto:  De  confi  ni  is 
dioecesum  Sappalensis  3  Alcxiensis,  et 


SUA  207 

Albanenùs,  secondo  l'istromento  de'i  \ 
dicembre  1 638,  dato  Marchignae  a'  1  \ 
dicembre,  ed  a'20  iu  Sappae.<Sa\  cap.  6: 
De  regione Poslerippensijv^o  suUe  giu- 
risdizioni delle  diocesi  di  Scodra,  Palati 
e  Sappa,a  questa  appartenere  F'illulae 
Mescala,  Massarecu,  Sepori,  Scelacco, 
et  Gusta  a  parodio  ì'ierdae  Sappalen- 
sis diocesis  administratae,ab  eodem  quo- 
que in  posterum  adniinistrenlur.  Nel  cap. 
7:  De  faniilus  fìdelibus,  ex  una.  in  alte- 
rala diocesim proficisetnùbus ,i\  dice:  Ne 
auteiu  cavillosa  interpretatione,  hujus 
decreti execulio  retardetur,  praeler  san- 
ala in  super  ioribus  capilulis,  lue  aperta 
indtviduaiione  alia  controversa  loca  in- 
digita  nles,  decernimus,  ne  imposteruni 
parochus  Schiesi  Sappalensis  dicecesis 
itllam  parochialem  exerceat  jurisdiclio- 
tieni  in  familias  existenles  Barbiilusci 
Scodrietisisdioeceùs,nec  ullus  ex  paro- 
chis  Alexiensis  episcopatus  parochiali- 
bus  munii s  funga lur  in  P Ulula  Soli,quae 
nipote  sita  in  Scodrensi  dioecesi a  prò- 
pinquiori  parodio  Trwnsciinferiorisad- 
ministranda  ent.  Sottoscrisse  il  sinodo 
Albanum:  I:go  Giorgins  EpiscopusSup- 
patensis  astentiessubscribo.  Inoltre  si  ri- 
produssero: la  lettera  scritta  dalla  s.  con- 
gregazione di  propaganda  fide  de'.>.  {  a- 
prilei  63<S  al  vescovo  Sappalense,  die  si 
invitò  a  desistere  dalla  contesa  sui  con- 
tini, ed  a  riconoscere  quellidi  sua  diocesi; 
e  la  lettera  istromenlale  del  convenuto 
a'20  dicembre  1 638  con  atto  dato  inSap- 
paein  aedibtts  episcopalibus)  da  Franci- 
scus  Blancus  episcopu ?  Sappalensis.  Non 
ho  riportato  i  luoghi  di  cui  si  compone 
la  diocesi  di  Sappa,  avendoli  descritti  in 
quell'articolo.  Neil' Appendix:  Constila- 
lionum  aposlolicarum  ad  Epiri  Eccle- 
sias  speclantium,  vi  è  pure  la  lettera  di 
Tìenedello  XIV,  In'.er  omnigenas,  de'  2 
febbraio]  744>  co'  decreto:  Super  pluri- 
bus  capilibus  prò  incolis  regni  Serviae, 
et  finiti  mar  um  regionurn;  non  che  l'altra 
sua  lettera,  Cwnencyclicas,  de'24  '"ag- 
gio 1  754)  colla  quale  rispose a'dubbi  prò- 


ao8  SUA 

mossi  Albaniae  Anlistes  dederis,  riempe 
ad  venerabiles  fratrts  archiepiscopum 
Antibari,  Episcopos  Scodrae,  Sappae, 
Lissi,et  Pullararium ,  circa  i  beni  eccle- 
siastici ritenuti  iti  quelle  parli  o  dagl'in- 
fedeli o  da' cristiani,  e  permise  che  i  ve- 
scovi transigessero  co'possessori,  per  evi- 
tare la  persecuzione  de' turchi  o  l'aposta- 
sia de'ledeli,  nel  vedersi  privale  de'beni 
che  aveano  ereditato  o  ricevuto  pei"  gran- 
di somme.  Il  p.  Fallato,  Illyrici  sacri  t. 
3,  p. io,  i  20  e  seg.,  riferisce  quanto  qui 
riproduco  sul  vescovato  di  Suacio,  Sua- 
ciensisEpiscopatusVavìando  dunque  del 
gius  metropolitico  e  primaziale  della  chie- 
sa di  Spalatro,  annovera  tra'vescovi  suf- 
fragane! quello  di  Suacia,Suacium. «An- 
no io34-Quatuor episcopi  Dalmatiae  su- 
perioris  Autibarensis,  Dulcinensis,  sive 
Colchiniensis,  Catarensis,SuaciensisSpa- 
latumadcoucilium  provinciale  convocati 
cum  essent,  naufragio  inteiierunt.  Hinc 
occasiosumpta  est  meli  opolis  Autibaren- 
sis instituendae;  et  sedes  metropolitana 
Dioclensis  (di  che  anco  a  Dioclea),  urbis 
excidio  et  ruinis  jnmdudum,  ex  decreto 
Benedici!  IXPont.Max.Antibarium  tras- 
lata est;  èlque  contributi  sunt  episcopi 
Dalmatiae  su  perioris,  qui  antea  Diocle- 
tiano,  deinde  Spalatensi  metropolitae  su- 
berant."  La  metropoli  di  Dioclea  era  sta- 
ta istituita  nelconcilioDelmitano,e  quin- 
di Alessandro  II  insuoluogo  costituìAu- 
tivari  per  metropoli  ecclesiastica,  e  le  at- 
tribuì per  sulfraganee  12  sedi  vescovili, 
fra  le  quali  Suaciiwi  e  Sorbium,  dopo 
il  detto  disastro  incoi  restò  con  altri  ve- 
scovi annegato  quello  Suacense,  mentre 
per  mare  si  recavano  al  sinodo  provin- 
ciale di  Spalatro,  ed  il  luogo  del  naufra- 
gio prese  il  nome,  la  Punta  de  Vescovi. 

SU ÀSINO, Cardinale.  Innoceuzo  11  lo 
creò  cardinale  prete  di  s.  Stefano  alMon- 
te  Celio,  e  sottoscrisse  la  sua  bolia  de'  1  3 
gennaio  1  1 4. 1 ,  a  favore  di  Gregorio  ve- 
scovo di  Bergamo. 

SUAVAo^SUABA.Sede  vescoviledel- 
la  Numidia,  nell'Africa  occidentale, sot- 


S  U  B 

to  la  metropoli  di  Cirla.  Si  conoscono  i 
suoi  vescovi  Littonio  che  nel  4  1  1  trovossi 
alla  conferenza  di  Cartagine  fra'vescovi 
cattolici,  e  Felice  che  fu  esiliato  da  Un- 
nerico  re  de' vandali  nel  4^4  cog'«  «'bri 
vescovi  della  Numidia  che  si  trovavano 
a  Cartagine,perchè  non  vollero  sottoscri- 
vere l'erronee  proposizioni  de'doua  t'isti. 
Morcelli,  Afr.  dir.  t.i. 

SUBAUGUSTAo AUGUSTA ELE- 
NA.  Sede  vescovile  della  Campania  nel 
vicariato  romano,  situata  ne'dintorni  di 
Roma,  ed  eretta  nel  V  secolo.  Sono  di- 
screpanti i  pareri  degli  storici  e  geografi 
ecclesiastici  nell'assegnare  la  località  ove 
surse.  L'Olstenio  con  altri  dicono  che  e- 
sislelteove  poi  furono  edificati  i  paesi  del- 
la Colonna  o  di  Zagarolo  (/•'.);  altri  so- 
stengono che  le  rovine  sono  tra  Roma  e 
Frascati,  presso  la  Chiesa  de  ss.  Mar- 
cellino e  Pietro  a  Tor  Pignaltara,  della 
quale  e  suo  antichissimo  cimilerio  ripar- 
lai ne' voi.  XIII, p.  148,  eLXlV,  p.  146, 
dicendo  del  magnifico  sepolcro  di  porfi- 
do dell'imperatrice  s.  Elena.  Si  chiamò 
Augusta  Elena,  perchè  dicesi  avere  sta- 
bilito il  luogo  o  la  sede  vescovile  s.  Ele- 
na madre  di  Costantino  I  il  Grande, che 
avrà  forse  avuto  in  quel  sito  una  villa  do- 
ve amava  dimorare.  Il  Nibby,  Analisi 
de  dintorni  di  Roma  t.  3,  p.  1  18,  pensa 
che  le  superstiti  rovine  di  Sub  Augusta 
esistano  un  miglio  più  oltre  di  Tor  Pi- 
gnaltara, a  destra  della  via  Labicana,uel 
luogo  denominato  Cento  Celle ^ev  la  gran 
quantità  delle  rovine  sussistenti  e  dell'e- 
poca Costantiniana,  e  dentro  la  tenuta 
di  s.  Giovanni:  le  descrive  in  uno  alle  ce- 
lebri sculture  che  vi  si  scavarono  e  tras- 
portate nel  museo  Vaticano.  Il  Coleti  nel- 
le giunte  all'  Italia  sacra  d'  Ughelli  ne 
tratta  nel t. io,  p.  166,  Sub  Augustanie- 
piscopalus,  nel  suburbio  di  Roma  o  A- 
grò  romano,  registrando  i  seguenti  ve- 
scovi tratti  dagli  attide'sinodi  romaniche 
sottoscrissero.  lli.°  è  Crispiano  Sub  Ali' 
gustano  epi sco pus,  che  fu  presente  al  con- 
cilio romano  del  i\G5  nel  pontificato  di 


SUB 

S.  llaro;  il  2.°  Pietro  che  i\i  a  quello  te- 
nulo  nel  487  da  Papa  s.  Felice  III;  il  3.° 
Massimiano  che  sottoscrisse  al  si  nodo  con- 
vocatodal  Pontefice  s.Simmaco  nel  4o<); 
il  4-°  Gioconilo  che  intervenne  nel  002 
ad  altro  concilio  convocato  dallo  stesso 
Papa. 

SUBBARA.  Sede  vescovile  dellaMau- 
ritiana  Cesariense,  ch'ebbe  a  vescovo  Do- 
nato, da  Unnerico  re  de' vandali  nel  48  \ 
esiliato,  perchè  non  volle  accudire  alle 
proposizioni  erronee  de'  donatisti  nella 
conferenza  di  Cartagine.  Morcclli,  Afr. 
dir.  t.r. 

SUJjliS.CO,Sublaeiim,Sublaceitm,Su- 
blaqueum.  Città  e  abbazia  nullius  dioece- 
sis  cardinalizia,  con  governo  distrettua- 
le e  capoluogo  del  distretto  del  suo  uo- 
me,  nella  Coniarca  di  Roma,  della  qua- 
le riparlai  a  Roma,  che  comprende  il  go- 
verno di  s.  Vito.  Il  suo  territorio  giace 
in  colle  e  monte  con  eccellenti  pascoli, 
ubertoso  e  fertile  di  grani,  biade,olio,  vi- 
no e  altre  molte  produzioni.  Fra'  corsi 
d'acqua  che  lo  bagnano  e  fecondano,  pri- 
meggia il  famoso  Auiene,  che  praeceps 
anche  a'tempi  d'Orazio  in  continue  tor- 
tuosità, romoreggia  e  sembra  fra  scoglio 
e  scoglio  inabissarsi.  Produce  squisite  tro- 
te, anima  un  gran  numero  di  utilissimi 
opificii,e  ne  tratterò  a  Tivoli.  Questa  re- 
gione interessante,  parte  del  famigerato 
Lazio,  detta  pure  Campagna  Romana, 
contiene  luoghi  deliziosi  e  ameni,  ed  in- 
sieme solitari  e  alpestri,  ove  nobilmente 
si  solleva  lo  spirito;  negli  erti  gioghi  poi 
Si  mbrui  ni  0  Si  aibroi  ni, ramificazione  del- 
l'Apennino,  si  provano  veramente  ispi- 
razioni celesti,  e  nell'estate  la  forza  del 
sole  è  temperata  dalla  freschezza  del  sa- 
lubre clima.  Le  loro  belle,  svariate  e  pit- 
toresche amenità  e  orridezze  incantano  e 
si  ritraggono  a  gara  dagli  artisti  e  dilettanti 
paesisti. I  dintorni  appartengono  alla  più. 
importante  storia  d' Italia  e  della  civiltà 
europea  del  medio  evo,  poiché  da  essi  per 
lai.3  volta  spiccò  il  sublime  desiderio  di 
ammansare  le  barbarie  dei  secoli,  alla- 

VOL.  LXX. 


S  L  15  209 

mente  pregiandosi  di  contenere  i  primi 
e  portentosi  incunnaboli  ilei  monastico 
ordine  de' Benedettini {V .),  nel  veneran- 
do santuario  del  s.  Speco,  perciò  in  ogni 
tetri  pò  onorato  dalla  persona  di  vari  san- 
ti, Papi,  sovrani  e  altri  eminenti  perso- 
naggi, e  dal  concorso  de'foreslieri  e  pel- 
legrini d'ogni  grado  e  nazione.  Le  loro 
popolazioni  in  parte  ripetono  I'  origine 
dalla  celebre  Sabina  (E.)j  altri  le  dico- 
no derivate  ancora  da  colonie  latine,  co- 
me rilevai  ne' voi.  XXVlI,p.  262,  LX, 
p.  1  6.  Questo  è  il  rinomalo  paese  degli 
antichissimi,  prodi  e  valorosi  Equio  E- 
(jiiieoli,  cosi  detti  dal  capo  loro  o  dall'e- 
quità che  particolarmente  li  distinse.  In 
seguito  furono  volgarmente  detti  Cicoli, 
e  1;»  contrada  Cicolano,  e  lo  rimarcai  nel 
voi.  LI  I,  p.  2  17,  dicendo  d'  Oricola  già 
città  degli  equi.  Si  può  vedere  quanto  di 
Cicoli  e  Cicolano,  degli  Equi  e  degli  E 
qnicoli,  lasciò  seri  Ito  rng.r  Marini  vesco- 
vo di  Rieti,  nella  cui  diocesi  com prende- 
si buona  parte  del  Cicolano,  nelle  sue/l/c- 
morie  di s. Barbara.  Negl'indica  ti  luoghi 
enumerai  le  principali  città  degli  equi, 
come  Carseoli  oCarsoli  (di  cui  riparlai  a 
Pescina,Sabi:v  \,SpoLi;Ti),Aiba  (della  qua- 
le feci  cenno  nel  voi.  LI,  p.  263),  Varia 
o  Vicovaro,  Arsala  o  Arsoli  (e  d'ambe- 
due tratto  a  Tivoli),  ed  Algido  (del  qua- 
le ragionai  nel  voi.  XXVII,  p.  178, 179, 
1 83, 1  84, 1 86).  Tra  le  origini  di  Taglia- 
cozzo,  che  descrissi  nel  voi.  LI  I,  p.2  1  i, 
dichiarai  con  Corsignani,  Reggia  Mani- 
carla o  memorie  di  varie  colonie  antiche 
e  moderne  delle  provincie  de' Alarsi  e  di 
Valeria, ripeterle  pure  dagli  equicoli;  ed 
il  p.  Magini,  Geografia  di  Claudio  To- 
lomei,  riporta  tra  le  città  de'fatnosi  au- 
daci popoli  equicoli,  Ocricolo,  Carsoli , 
Celano,  e  Tagliacozzo.  Corsignaui  am- 
piamente scrisse  su  Celano  già  capo  dei 
bellicosi  marsi,  e  la  dice  succeduta  a  CU- 
termini  o  Cliternia  possente  città  degli  e- 
qui.  Di  Celano  feci  parola  in  più  luoghi, 
ed  a  Pesci  n  a,  descrivendo  il  suo  lago  di 
Fucino.  Corsignaui  prova  che  i  ditemi- 

14 


o,  io  SUB 

ni  e<)  i  celanesi  sonogli stessi  popoli;  cliia- 
iH  a  CI  ile  mia  antica,  Celano  vecchio  città 
degli  eq  nicol  i  compresa  nell'antico  La- 
zio, e  con  Cuculio  o  Cocnllo  (ili  coi  feci 
cenno  ne' voi.  XX,  p.  ino,  LX  VI  J,p.  2o3) 
furono  il  termine  antico  dei  latini,  e  eli 
esso  pure  tratta  il  Corsignani,  confinan- 
do gli  equi  coniarsi,  e  co' Sa  pei  acquaia 
sopra  i  monti,  e  comprimi  un  tempo  fu- 
rono uniti  e  confederati.  Gli  equi  ebbe- 
ro alcune  coIonie,come  Boia  o  t  old,  che 
Nibby  dice  essere  succeduta  all'odierna 
Lagnano  nella  legazione  di  /ellelri,  per 
cui  a  quell'articolo  ne  parlerò.  Posta  sul 
confine  latino,  venne  occupata  dogli  equi, 
dopo  che  questi  ebbero  conquistato  il  trat- 
to del  territorio  eroico,  ch'era  sulla  riva 
sinistra  dell'Amene,  fra  il  luogo  che  poi 
si  chiamò  Subisco, e  Paleslriua,  e  la  co- 
lonizzarono, e  di  là  fecero  scorrerie  nel 
limitrofo  territorio  di  Labico  (I7.),  che 
occuparono  e  vi  mandarono  unacolouia. 
Altra  città  latina  espugnala  dagli  equi  fu 
V  ite  Illa  posta  nel 'territorio  degli  eroici, 
di  cui  dirò  a  Civilella,ove  la  pone  INib- 
by.  Il  Palleschi,  Memorie  del  ducato  di 
Spoleto,  parla  degli  equi  o  equicoli  o  e- 
quani,  e  loro  paese,  che  ne'teujpi  longo- 
bardici si  disse  Cicolano  e  gli  abitanti  ci- 
cola/iì,  e  divenne  gaslaldalo  del  ducato 
Spoletiuo.  Riporta  le  opiuioni  di  diversi 
scrittori  e  geografi  sulla  contrada  abitala 
dagli  equi.  L'Olstenio  riferisce  che  abi- 
tarono le  due  sponde  dell'  Amene,  e  la 
parte  superiore  del  fiume  Torauo  o  pia- 
no di  Carso  li,  la  quale  cou  Cliternia  Pli- 
nio le  disse  loro  città.  Secondo  Tolomeo, 
gli  equi  confinarono  colla  Sabina,  colla 
JVlarsica,  e  coli' antico  Lazio  oggi  Cam- 
pagna di  Roma  ;  indi  allargarono  il  loro 
territorio  con  occupare  oltre  il  paese  ove 
poi  surse  Subiaco,  molti  castelli  del  La- 
zio, Algido,  Tusculo,  Paleslrina,  Treba. 
Inoltre  degli  equi  teuni  proposito  in  di- 
versi articoli  che  li  riguardano,  ed  ezian- 
dio nel  voi.  XXXVI,  p.  198.  Della  loro 
lunga  gnen  a  co'i  umani,  che  poi  li  sog- 
giogarono, trattai  ne' voi.  XXVII,p.  184, 


SUR 

LV  HI,  p.196  e  altrove,  parlando  de'po- 
poli  cui  furono  collegati  o  guerreggiaro- 
no. Il  centro  degli  equi  era  ne'monti  Su- 
blacensi,  e  da  essi  vuoisi  avere  i  romani 
appreso  il  diritto  fecìale ,  col  quale  per 
mezzo  degli  araldi  o  sacerdoti  intimava  - 
si  la  guerra,  con  quella  forinola  e  modi 
che  riportai  ne' voi.  LV11I,  p.186,  LX, 
p.  1  2Cj.  A  seconda  del  mio  sistema  e  del 
promesso  a  Roma,  nel  descrivere  la  sua 
Coniar  co. ,  innanzi  di  dichiarare  in  breve 
le  più  rilevanti  memorie  istoriche  della 
città  di  Subiaco,  di  sua  aulica  e  cospi- 
cua abbazia, del  s.  Speco  e  del  proto-mo- 
nastero di  s.  Scolastica,  riprodurrò  qual- 
che cenno  dei  comuni  contenuti  nel  di- 
stretto governativo  di  Subiaco.  Tanto  pel- 
le prime,  che  pe' secondi.,  e  seguendo  il 
Riparto  territoriale  dello  slato  pontifìcio 
(che  stampato  nel  1 836  registrò  25,862 
abitanti  del  distretto  di  Subiaco,  dipoi 
aumentati),  mi  gioverò  principalmente 
dei  seguenti  autori  (non  che  del  Com- 
pendio di  notizie  su  Tivoli,  Subiaco  e  luo- 
ghi adiacenti,  che  raccolsi  nel  1  83o  e  les- 
si nella  nobile  casa  Lucidi,  quando  per 
la  2.a  volta  mi  vi  recai  col  mio  signore 
il  cardinal  Cappellaio,  essendo  mio  co- 
stume di  seguirlo  istruito  de'luoghi  ove 
egli  si  portava,  e  già  lo  indicai  nel  voi. 
XXV 111,  p.  i4o  e  227,  dicendo  di  egua- 
le mia  compilazione  delle  Notizie  su  Pre-> 
nesle}  di  Albano,  di  Frascati,  ec).  No- 
vaes,  Storia  de'  Pontefici.  Peti-ini,  Me- 
morie Prenestine.  Cesare  Brancadoro  poi 
cardinale,  Pio  F I  Pont.  Mass.  in  Subia- 
co, Roma  1  789.  Calindri  ,  Saggio  stati- 
stico storico  del  pontifìcio  stalo.  Maroc- 
co, Monumenti  dello  stato  pontifìcio,  t. 
io  ei  1.  Nibby,  /inalisi  dei  dintorni  di 
Roma.  Memorie  sloriche  della  s.  Grot- 
ta ,della  chiesa  e  del  monastero  di  s.  Be- 
nedetto sopra  Subiaco,  raccolte  dall'  o- 
dierno  abbate  regola  re  dell'anzidetto  mo- 
nastero (d.  Viucenzo  Bini),  Roma  1840. 
Mg.r  Gregoriocau.  Jannuccelli  di  Subia- 
co, Dissertazione  sopra  l'origine  di  Su- 
biaco, Roma  1 85 1 .  La  regione  seguì  i  de-» 


s  e  n 

slini  e  le  vicende  politiche  di  Tivoli  e  di 
Roma,  e  della  Campagna  Romana, del- 
la quale  trattai  pure  a  Roma,  onde  inque- 
gli articoli  si  potino  leggere.Nel  descrive- 
re DI  arsi,  vescovato  d'  Abruzzo,  la  cui 
città  successe  a  Valeria  capitale  degnar- 
si,celebrai  s.  Marco  galileo,  non  solo  per 
suoi .°  vescovo  eletto  da  s.  Pietro  a  pre- 
dicate la  fede  cristiana  ai  marsi  ed  agli 
equieoli,  ma   che  probabilmente  lo  fu 
pure  di  llieli^P .),  nella  cui  diocesi  sono 
compresi  parte  degli  equiculi  e  del  pae 
se  denominalo  Cicolauo.  Apprendo  dal 
citato  Corsignaui,  che  s.  IH  a  reo  galileo, 
giusta  l'opinione  di  accreditati  scrittori, 
fu  il  i. "vescovo  de'popoli  marsi  nell'anno 
46  di  nostra  era.  Questo  s.  Marco.diver- 
so  dall'evangelista, si  recò  ne'luoghi  ora 
fot  manti  il  regno  di  Napoli,  e  si  fermò  in 
sitino,  città  prima  de'volsci  e  poi  desiar- 
si nella  Campania  Felice,  poco  lungi  da- 
gli stessi  marsi. Ivi  fu  dal  principe  degli  a- 
postoli  battezzato,  e  poscia  consagrato  ve- 
scovo per  diffondere  la  salutifera  luce  del- 
l'evangelo  agli  equieoli,  com'è  registra- 
to nel  martirologio  romano  a'28  api  ile: 
Anlinae  s.  Marci ,  qui  a  b.  Petto  apo- 
stolo cpiscopus  ordinattts,  Aequiculispri- 
mitus  evangelium  praedicavit.  IlLubini 
poi  in  Marlyrol.  rom.  riferisce  :  Aequi- 
colaesìve  Aequi }  Acquicoli  et  Acquicola- 
ni  populi  Latii  Inter...  Marsos....  prinius 
hic  praedicavit  s.  Marcus  cpiscopus.  E 
perchè  i  popoli  ecjuicoli  o  equi  erano  a 
qne'tempi  mischiati  co* marsi, o  tra'marsi 
compresi,  governando  ereggendos.  Mar- 
co gli  uni,  avea  cura  ancora  degli  altri. 
Tanto  conferma  altresì  Tauleri  uelV  Hi- 
storia  dì  A  lina,  con  queste  parole.  Sotto 
il  governo  di  questa   nascente  chiesa  si 
compresero  parimenti  i  marsi,  e  nel  1 .° 
luogo  ripongo  s.  Marco.  Quindi  il  Cole- 
ti  nella  a."  edizione  dell'Italia  sacra  di 
Ughelli,  nella  serie  de'vescovi  marsi  re- 
gistrò pel  i.°s.  Marco  galileo  ab  aposto- 
tortini  Principe  ad  Aequicolas  edocen- 
dos  missiis>Marsos  Aequicolis  adtnixtos 
coelcsLbus  sacramcnlìs  primus  omnium 


SUB  2  1] 

inibuisscfertur.  E  ciò  a  moli  vo che  in  quel- 
l'epoca  le  giurisdizioni  diocesane  erano 
confuse,  e  più  tardi  si  assegnarono  le  dio- 
cesi a  ciascun  vescovo.  I  prodigi  operati 
da  s.  Marco  negli  equieoli  e  nei  marsi,  si 
ponno  leggete  presso  Bai  omo  e  nel  ricor- 
dato Tauleri. 

Distretto  di  Subiaco. 
Governo  di  Subiaco. 
Affile  o  Afìle.  Comune  dell'  abbazia 
di  Subiaco,  con  territorio  tettile,  parte 
in  piano,  produceule  eccellente  vino  si- 
mile all' aleatico,  olio,  grano,  grantur- 
co e  altro,  oltre  i  pascoli,  con  mediocri 
fabbricati  e  strade  bastevolmente  larghe. 
E"  situato  sopra  un  colle   tufaceo,  che 
specialmenle  nell'  ingresso  costituisce  il 
suolo  della  via,  in  grata  posizione  perle 
amene  ebeti  coltivate  campagne  che  lo 
circondano,  in  clima  alquanto  umido,  for- 
nito in  vicinanza  di  acque  perenni  a  suf- 
ficienza. La  chiesa  arcipretale  è  dedicata 
alla  protettrice  s.   Felicita,  e  da  ultimo 
fu  restaurala.  Nell'altare  maggiore  il  ca  v. 
Bau  ucci  egregiamente  vi  dipinse  il  suo 
martirio.   I  quadri  di  s.  Andrea  Avelli 
no,  e  della  Deposizione  dalla  Croce  di  Fe- 
derico Marini,  Marocco  li  qualifica  me- 
diocri. Edi  all'erma  che  in  Alile  esistev.. 
il  monastero  di  s.  Michele  arcangelo  dei 
benedetti  ni,  e  descritto  nelle  cronache  su 
blacensi.  Natta  s.  Gregorio  ne' Dialoghi 
che  ivi  s.  benedetto  nel  recarsi  alla  so 
Illudine  eli  Subiaco,  operò  per  virtù  di- 
vina il  1."  miracolo  colla  ricuiigiunzimic 
dell'infranto  vaglio  di  creta,  caduto  dal- 
le mani  di  Cirilla  sua  nutrice,  mentre  pur- 
gava il  grano;  ed  a  perpetua   memoria 
venne  appeso  nella  chiesuola  rurale  di  s. 
Pietro  apostolo. Nel  monte  LoPertuso  vi 
è  un  naturale  forame  che  lo  trapassa  km- 
goqua#un4-Pdi  miglio,e  vi  scorre  il  tor- 
rente Carpena,il  quale  dalla  parte  oppo- 
sta forma  una  caduta  pittoresca:  ivi  nelle 
siccità  si  abbevera  il  suo  bestiame  e  quello 
di  boiate  e  Civitella  confinanti.  Questo 
antichissimo  castello  fu   vetusta  coloni.» 
romana,  poiché  vi  fu  dedotta  sino  dal  O.'.o 


2  ?  2  su  n 

di  Roma,  come  attestano  le  lapidi  che  si 
conservano,  e  riprodotte  da  Marocco  e  da 
Nibby.  Si  legge  in  Frontino  o  1'  autore 
De  Coloniis:  /lfìle  oppidum,  ossia  terra 
fortificata ,  lege  Sempronìa  in  centuriis 
et  Laciniis  ager  ejus  est  assignalus:  iter 
populo  non  debelur.  Plinio  nomina  gli 
affilarli  frale  colonie  esistenti  a 'suoi  gior- 
ni.Sulla  piazza  principaleesul  muro  della 
chiesa  è  un  piedistallo  di  calcarla  locale, 
sulla  quale  è  scolpita  l'iscrizione  ricor- 
data dall' Olslenio  ned'  Adnotaliones,  e 
pubblicata  inesattamente  dal  Grutero. So- 
pra di  esso  fu  eretta  la  statua  a  Lucio  A- 
Ulano  della  tribù  arnese  e  cavaliere,  de- 
cretata da!  municipio,epoi  ristabilita  da 
Lucio  Afilano  Verecondo.  Altra  lapide  su 
detta  piazza,  pure  in  pietra  calcarla  e  che 
serve  di  seditore,  è  l'avanzo  del  piedistal- 
lo della  statua  di  Q.  Verrio  Fiacco  ce- 
lebre pel  calendario  rammentato  da  Sve- 
tonio,  di  cui  parlai  nel  voi.  LI,  p.  5,  e 
29.  Nibby  rigettando  le  opinioni  del  Vol- 
pi, Vetus  Latitivi  prophanum,ede\  Cay- 
ro,  Notizie  sloriche  delle  città  del  Lazio 
freccino  e  Nuovo,  sull'origine  ed  etimo- 
logia del  nome  d'Afille,  dice  che  Afille  è 
posto  nel  paese  degli  ernici,  lungi  circa 
6  miglia  da  Subiaco,  sulla  sponda  sini- 
stra dell'  Aniene,  sopra  una  lacinia  del 
monte  Faggeto  che  può  riguardarsi  co- 
me un  contrafforte  dell' Arcinazzo  verso 
sud  ovest,  il  quale  si  prolunga  da  oriente 
a  settentrione  fino  al  confluente  del  rivo 
di  Tuccianetto  nell'Amene  sotto  a  Can- 
terano. Una  via  antica  che  legava  la  pre- 
nestina  alla  sublacense,  traversava  Afil- 
le, e  se  ne  vedono  ancora  le  traccie.  Al- 
tre testimonianze  di  sua  antichità  sono  i 
frammenti  di  pietre,  colonne,  capitelli, 
cornici,  come  pure  molti  massi  quadri- 
lateri incastrati  nelle  costruzionfmoder- 
ne.  Anastasio  Bibliotecario  nella  vita  di 
s.  Sisto  III  del  4^2  ,  fra'  beni  assegnati 
alla  basilica  Liberiana  da  quel  Papa,  no- 
mina la  possessione Celeris  nel  territorio 
Affilano,  che  rendeva  1  1  1  soldi  e  un  tri- 
misse.  Quindi  può  stabilirsi  che  nel  44° 


S  U  B 

non  si  era  perduta  la  memoria  di  Affile. 
Non  lo  era  neppure  un  secolo  dopo,  poi- 
ché s.  Gregorio  I  nel  1? oc  Dialoghi,  par- 
lando di  s.  Benedetto,  dice  che  quel  san- 
to si  portò  in  locuin  qui  dici  tur  Effide: 
è  questo  nome  in  luogo  di  Afille,  e  so- 
vente s'incontra  così  enunciato  nelle  car- 
te de' bassi  tempi,  come  pure  in  quelle 
stesse  carte  trovasi  scritto  Afille.  Cencio 
Camerario, ri  portando  il  registro  di  Papa 
s.  Gregorio  11,  mostra  come  nel  720  i  fon- 
di denominati  Piglino,   Casanova,  Tur- 
ritano,  Lagano,  Calabruncano  e  Trivi- 
tano,  parti  della  massa  Ponziana,  erano 
posti  in  Afille,  e  furono  dati  in  enfiteusi 
perpetua  a'preti  della  diaconia  di  s.  Eu- 
stachio al  saggio  di  5o  soldi  bizantini  d'o- 
ro. Il  castello  col  nome  & Enfi.de  fu  chia- 
mato da  Papa  s.  Zaccaria  del  74  '  •  Si  leg- 
ge nel  Muratori,  Antiquìt.  Italicaei.  5, 
Efìde  vere  viciilus  in  Aequictdis  aSitbla* 
cus  duobus  plus  minus  passuum  mi  Ili- 
bus  dislans  vulgo  A  file  ut  propterea  e- 
jus  incolae  Effidani  polius  cjuam  Aufi- 
denales  a  Cajelano  vocari  dchuerinl,  «- 
pudHaest.  Osserva  Marocco  che  riguar- 
do alla  distanza  vi  è  sbaglio,  perchè  so- 
no quasi  4  miglia.  Nel  q52  era  ridotta 
Afille  allo  stato  di  colonia,  che  apparte- 
neva a  Benedetto  console  e  duca,  che  in 
quell'anno  la  donò  a  Leone  abbate  di  Su- 
biaco, con  alto  riportato  dal  Muratori, 
t.i,  p.  1 63.  Ciò  si  conferma  nella  crona- 
ca sublacense,  nella  quale  si  legge  come 
Leone  1 8.°  abbate  di  quel  monastero  ac- 
quistò a  s.  Benedetto  Effidem  castrimi, 
ollie  vari  altri  beni.  Nella  bolla  di  Be- 
nedetto VII  del  978,  riferita  dal  Marini 
nei  Papiri  diplomatici,  e  riguardante  i 
beni  e  la  giurisdizione  del  vescovo  di  Ti- 
voli  (fr.),  si  nominano  i  fondi  di  Ponza, 
Casa, Casal  upoli,Canistra, Sciapa  ntiSjCae- 
sarea,  e  Cisiuiano  come  limitrofi  fra  loro 
e  tutti  posti  nel  territorio  d'Afille,  e  che 
aveano  per  confine  Afille,  Turrita,  Ga- 
ianello  e  Parerclano.  Da  un  altro  docu- 
mento pubblicato  da  Muratori  nel  t.  5, 
p.  773,  si  apprende  come  verso  ili  oo5 


SUB 
Giovauui  abbate  del  monastero  di  s.  Sal- 
vatore di  Corainaccbio,  ossia  ad  Cont- 
inuile Aquae,  donò  al  monastero  subla- 
cense  una  cisterna  antica  lastricata,  po- 
sta in  Afille  fra  la  chiesadi  s.  Maria  e  cjnella 
dis.  Pietro, nel  lenimeuto  allora  denomi- 
nato Ferentinello  minore,  la  quale  era 
itala  comprata  antecedentemente  da  quel 
monastero;  i  monaci  l'aveano  restaurata 
d'ordinedi  Ottone  111  imperatore,  ad  ho- 
norem s.  MichaeUs  archangeli,  et  s.  Be- 
nedictì,  et  s.  Adalberti.  Questa  esterna 
riusciva  assai  comoda,  dovendosi  fare  un 
miglio  per  attinger  l'acqua.  Dopo  quel- 
1'  epoca  Afille  e  la  vicina  Ponza  buono 
occupate  da  Ikleruoudo:  l'abbate  subla- 
cense  Giovanni,di  concerto  con  Papa  Pa- 
squale II,  pervenne  a  ricuperarle,  ma  do- 
ve  cedere  l'usufrutto  d'Afille  a  Ildemon- 
do  e  suoi  bgli,  e  sborsare  i  oo  libre  di  de- 
naro, il  die  rilevasi  dal  Muratori.,  Ali- 
titi. 1. 1 ,  p.  6 1 9,  e  dal  Chronicon  Subla- 
cense  da  lui  pubblicato  nella  raccolta  Re- 
rum Italicarum  scriplorts  t.  4,  p.  io3r). 
In  questi  due  documenti  Alide  Ini  il  no- 
me di  Castrimi,  cioè  terra  foi  lineata,  e 
nella  cronaca  specialmente  si  ricordano 
due  torri.  Cosi  nella  bolla  di  conferma 
de'beni  del  monastero  sublacense, ema- 
nata neh  i  i  5  da  Pasquale  II  e  inserita 
nella  stessa  cronaca,  si  nominano  espres- 
samente medietalem  montis  A  fila  ni  .... 
Castrimi  Afilae.  Nella  medesima  si  leg- 
ge, clie  a'tempi  d'Eugenio  111  deli  i  4  ">, 
Ponza  e  Afide  furono  occupati  da  Filip- 
po e  Oddone  nipoti  dell'  abbate  Pietro 
defunto,  ma  poco  dopo  vennero  ricupe- 
rate con  l'aiuto  di  tal  Papa  dall'abbate 
Simone.Sembrachequesto dominio  lem- 
poraneo  degli  abbati  sublacensi  fosse  cau- 
sa di  questioni  di  giurisdizione  spirituale, 
che  insorsero  Ano  dali  iyq  fra  l'abbate 
e  il  vescovo  di  Palestrina,  il  quale  aule- 
cedentemeute  la  possedeva,  onde  fu  con- 
venuto che  per  decima  il  clero  di  Pioia- 
te,  Ponza  e  Afille  avrebbe  dato  ogni  an- 
no g  rubbia  di  buon  frumento  e  9  rub- 
bia  di  spella  (biada  più  liscosa  e  lopposa 


SUB  2 1 3 

dd  farro),  oltre  altri  diritti  indicanti  giu- 
risdizione, patti  che  conclusi  neh  182  , 
riporterò  poi  distesamente,  e  si  confer- 
marono nel  1 2  55  con  bolia  d'Alessandro 
IV,  riportata  da]  Petrilli  a  p.  4o3.  Que- 
sta decima  da  Urbano  Vili  neli63qfu 
deli  ni  ti  vamen  te  ridotta  ad  ami  uiscudi65, 
che  l'abbate  prò  tempore  deve  pagare 
al  vescovo  di  Palestrina,  e  si  soddisfa  tut- 
tora; mentre  dall'altro  cauto,  fin  da  quel- 
l'anno fu  Afille  cogli  altri  luoghi  in  que- 
stione sottomessa  interamente  alla  giu- 
risdizione spirituale  dell'abbate  di  Su- 
biaco.  Nibby  con  erudizione  parla  delle 
due  vie  che  conducono  ad  Afille,  sia  per 
Palestrina  che  per  Subiaco,  e  lungi  da 
Piuma  circa  53  miglia. 

Agosta  o  Agusta  o  Austa.  Comune 
dell'abbazia  di  Subiaco,  con  territorio  in 
piano  e  moute,  che  principalmente  pro- 
duce ghianda,  olio,  vino  e  pascoli.  E'  si- 
tuata gradevolmente  alle  radici  di  erta 
collina,  sopra  cui  elevasi  un  antico  ca- 
stello che  dicesi  edificato  nel  secolo  VI  I, 
d i pendeu te  dal  dorso  della  Cer vara,  a  pic- 
cola distanza  dall'Amene,  un  miglio  cir- 
ca a  sinistra  del  40.  miglio  della  via  subla- 
cense. Tra  alcune  sorgenti  d'acqua  presso 
la  Peschiera  e  la  strada  romana,  vedesi 
la  piccola  chiesa  della  Madonna  del  pas- 
so dell'Alisia,  i  cui  miracoli  furono  stam- 
pati con  relazione  nel  161 5.  Crede  Ma- 
rocco che  il  suo  nome  ricordi  una  glo- 
riosa antichità,  comechè  derivato  da  Au- 
gusto che  forse  vi  ebbe  deliziosa  villa. Nib- 
by la  chiama  Mons  Augustus,  Castellimi 
Auguslae,  e  dice  ripetere  la  sua  origine 
da'mouaci  sublaceusi,  come  molte  altre 
terre  e  castella  di  queste  coutrade,  ed  il 
nome  dell'acqua  Augusta,  così  delta  per- 
chè da  Augusto  fu  immessa  nel  rivo  del- 
la Marcia,  come  poscia  lo  fu  in  quello 
delia  Claudia,  secondo  Frontino,  e  che 
scorre  cosi  limpida  a  pie  del  castello,  che 
ha  il  volgare  uome  d'acqua  Serena.  Pa- 
pa s.  Gregorio  I  nella  bolla  del  5y$,  ri- 
guardante i  beni  del  monastero  di  Su- 
biaco, uoniiua  quest'acqua  come  dipeu- 


3l4  s  L    ]1 

tleuza  ili  quello,  e  le  dà  il  nome  di  Au- 
gusta. Ma  nel  documento  riferito  dalia 
cronaca   sul)!acense,  di  Adriano  1  e  del 
"75,  viene  indicato  come  Cesario  conso- 
lfi e  duca,  figlio  d'  un  tal  Pipino,  donò 
al  monastero  Urbeni  colonia m  quae  va- 
ra tur  Seminarla  ....  una  cimi  monte  ani 
vocùtuv  Augusta,  seti  monte  qui  dicitnr 
Savana:  funclum  Lanlurani,  ec.  Sicché 
in  quell'anno  Augusta,  o  per  meglio  di- 
re il  monte,  venne  in  potere  de'monaci  : 
quanto  a  Servana,  e  al  fondo  di  Lantu- 
rano,  sono  Cervara  e  Canterano,  nomi 
die  veunero  travolti  dal  trascrittore  :  e 
V  Urbeni  colonia/»  quae  vocalur  Semi- 
naria,  in  un  altro  documento  inserito  da 
Muratori,  Amia.  Medii  Aevi  1. 1 ,  p.  379, 
apparisce  essere  la  stessa  che  la  Massa  Ju- 
venlianadel  983.  Nella  bolla  colla  qua- 
le Papa  Gregorio  IV  nell'832  confermò 
i  beni  allo  slesso  monastero,  e  che  è  in- 
silila dal  Muratori  a  p.  172,  mentre  si 
nomina  l'acqua  Augusta  si  ricorda  pure 
un  monte  Augusto,  concesso  al  monaste- 
ro per  costruire  un  castello,  ad  castel- 
limi coslruendum,  frase  che  ripetesi  nel 
1863  nella  bolla  di  s.  Nicolò  1  ,  poiché 
sino  a  quell'anno  il  castello  non  era  sta- 
to ancora  edificato,  come  neppure  non 
lo  era  ne!  996,  ricavandosi  ciò  da  bolla 
di  Gregorio  V  e  riportata  da  Muratori 
a  p.  943.  In  questa  si  dice  dato  il  mon- 
te a'monaci,  per  edificarvi  il  castello  che 
sichiamasse  Augusta. Finalmente  nel  cor- 
so del  secolo  seguente  surse  il  castello, co- 
me si  trae  dalla  lapide  esistente  nel  chio- 
stro di  s.  Scolastica,  e  posta  dall'abbate 
Umberto  nel  1  o52  e  dalla  cronaca  subla- 
cense,  nella  quale  è  inserita  la  bolla  di  Pa- 
squale Il  del  1  1  1  5,  con  che  conferman- 
do i  beni  al  monastero,  nomina  fra  que- 
sti il  Castellimi  Augus/ae.  Dalla  mede- 
sima cronaca  si  rileva,  che  verso  ili  \ /\.5 
questo  castello  era  venuto  in  potere  d'un 
Filippo  signore  di  Canterano,  il  quale  in- 
sieme con  Recaldo  signore  di  Rocca  Can- 
terano mosse  guerra  a  Simone  abbate Su- 
blacense;  lo  prese  prigione  e  condusse  in 


SUB 
Augusta,  ma  temendo  che  pervenisse  a 
salvarsi,  perchè  forse  il  luogo  non  era 
troppo  sicuro,  lo  die  iu  mano  a  Riccar- 
do signore  del  vicino  Arsoli:  nondimeno 
Simone  o  col  denaro  o  per  altri   mezzi 
scampò  dalla  prigionia.  Dopo  quell'epo- 
ca non  si  hanno  altre  memorie  di  Augu- 
sta, ma  è  probabile  che  fosse  ricuperata 
al  monastero  sul  principio  del  seguente 
secolojduranteil  governo  dell'abbaleRai- 
nnldo,  il  qua  le  ricuperò  molti  beni  al  mo- 
nastero. La  strada  più  comoda  per  an- 
dare ad  Agosta  è  la  sublacense;  vi  si  può 
andare  però  ancora  da  Tivoli  per  la  val- 
le degli  Aici,  Ampiglione,  Sambuci,  Sa- 
racinesco, Anlicoli  e  Marano  :  questa  of- 
fre punti  importanti  all'archeologo,  poi- 
ché oltre  le  rovine  sorprendenti  degli  ac- 
quedotti, oltre  quelle  di  varie  ville  ro- 
mane, presenta  gli  avanzi  di  mura  pe- 
lasgicheche  ricordano  le  città  fortificate 
d  Eropulum  presso Ampiglione,ediSaxu- 
la  vicino  a  Siciliano  o  Ceciliano. 

Camerata.  Comune  dell'  abbazia  di 
Subiaco,  con  territorio  in  monte,  con  pa- 
scoli e  producente  ghianda,  olio,  casta- 
gne e  legna.  Marocco  lo  chiama  paese  di 
poca  entità,  i  cui  abitanti  sono  princi- 
palmente applicati  alla  pastorizia,  in  cli- 
ma freddo.  Ripòrta  Corsignani  che  la  sua 
chiesa  di  s.  Giovanni,  neh  335  si  uni  dal- 
l'abbate eli  Monte  Cassino  al  monastero 
delle  monache  benedettine  de'ss.  Cosma 
e  Damiano  di  Tagliacozzo.  Di  Camerata 
a'  nostri  giorni  fiorì  il  pio  e  dotto  mg.1' 
Lorenzo  Serafini  cappuccino  e  predica- 
tore apostolico,  da  Gregorio  XVI  fatto 
vescovo  di  Corico  in  parti  bus,  che  lodai 
nel  voi.  LV,  p.  81, ed  altrove. 

Canterano.  Comune  dell'  abbazia  di 
Subiaco,ilcui  territorio  é  disleso  in  monte 
e  piano,  essendo  le  sue  maggiori  produ- 
zioni grano,  vino,  legna,  oltre  quelle  che 
derivano  da'pascoli.  E' situato  sopra  uno 
degli  ultimi  contrafforti  del  dorso  del 
monte  Ruffo, detto  ne'bassi  tempi  monte 
Gufo,  verso  l'Aniene,snlla  riva  sinistra  di 
questo  fiume,  distante  da  Subiaco  circa 


S  U  FI 

5  miglia,  e  da  Tivoli  18:  la  strada  che  vi 
conduce  da  Subiaco  passa  per  Tuccia- 
netto;  quella  che  vi  mena  da  Tivoli  scor- 
re per  la  valle  degli  Arci,  Ciciliane,  Cer- 
reto, s.  Anatolia  e  Gerano.  Nel  77  ì,  sic- 
come ricavasi  dall'atto  di  donazione  in- 
serito nella  cronaca  sublacense,  Cesario 
eminentissimo  console  e  duca,  fra  altre 
terre donùal  monastero  di  Subiaco,  Furi' 
dum  Lanternai,  eh' è  appunto  questo, 
sul  quale  è  oggi  il  castello,  e  che  per  er- 
rore del  trascrittore,  come  con  Nibby 
notai  parlando  di  Agosta,  leggesi  Lan- 
terani.  Nella  bolla  colla  quale  Giovanni 
XII  nel  9^8  confermò  i  beni  al  mona- 
stero sublacense,  riportata  da  Muratori, 
Antiq.  Medii  Aevi  t.  5,  p.  4^'>  trovasi 
pure  designato  col  nome  (WFundimi  Can- 
terminai.  Nel  diploma  imperiale  d'Ot- 
tone I  del  967,  inserito  da  Muratori  a 
p.  465,  si  nomina  semplicemente  Can- 
torawwi,  e  così  nella  bolla  di  Benedetti) 
VII  del  978,  e  riportata  da  Marini  nei 
Papiri  diplomatici  a  p.  221).  Quindi  è 
da  credersi,  che  lino  a  quell'epoca  fosse 
soltanto  un  fondo  e  non  un  villaggio. Que- 
sto formossi  nel  seguente  secolo,  poiché 
fin  dal  1  1  i5  Castrimi  Cantei' animi  cimi 
rocca  sua,  si  ilice  da  Pasquale  II  nella 
bolla  di  conferma  de'beni  al  monastero 
sublacense.Siccome  nella  lapide  posta  dal- 
l'abhateUmljerto  l'anno  io52nel chiostro 
di  s.  Scolastica,  viene  desiguato  Canio- 
ramini,  come  Anticoli,  Arsoli  e  altre  ter- 
re, opina  Nihhy  che  la  fondazione  del  ca- 
stello debba  collocarsi  fra  il  978  e  il  1  o 32. 
Posteriormente  venne  infeudata  circa  il 
1  148  ad  un  Filippo,  come  leggesi  nella 
cronaca  sublacense,  il  quale  era  pure  si- 
gnore di  Agosta,  e  pervenne  insieme  con 
Recaldo  signore  di  Rocca  Canterano  a  far 
prigione  l'abbate  sublacense  sunnomina- 
to. Non  è  noto  qua  ndo  tornasse  sotto  la  di- 
pendenza immediata  del  monastero,  giuc- 
che dopo  quell'  infeudazione  Nibby  non 
potè  l'in  venirealtre  notizie  positi  vesu  que- 
sta terra.  La  chiesa  matrice  e  parrocchia- 
le è  sotto  l'invocazione  di  s.  Mauro. 


SUB  1 1  5 

Cervara  0  Cerbara.  Comune  dell'ai» 
bazia  di  Subiaco,  con  territorio  in  monte 
che  produce  in  abbondanza  cereali,  vi- 
no, ghianda,  olio  e  pascoli,  in  aria  per- 
fettissima e  molto  salubre,  ma  alquanto 
dominato  dal  freddo  nel  verno.  S'innalza 
sopra  uno  de'  ripiani  piìi  alti  del  dorso 
denominato  la  Serra  ,  e  più  particolar- 
mente della  punta  detta  monte  Pillione. 
Ail  essa  si  sale  direttamente  da  Agosta, 
donde  è  distante  circa  3  miglia,  por  una 
via  assai  malagevole-,  lungi  (\,ì  Subì  ico  8 
miglia,  i\  da  Tivoli  e  \i,  dà  Roma.  Seb 
hctie  l'interno  del  paese  è  conveniente  nel 
fabbricato,  però  è  alpestre,  e  V  acqua  si 
prende  dalle  cisterne.  La  chiesa  principa- 
le è  dedicata  alla  I).  V'ergine.  E"  diviso 
quasi  in  diie  parti  eguali  da  un  altissimo 
scoglio.  Sussistono  i  ruderi  d'una  vecchia 
rocca,  che  giaceva  sulla  sommità  ilei  sas- 
soso monte.  Gli  abitanti, di  carattere  te- 
nace, sono  dediti  all'agricoltura  e  alla  pa- 
storizia; il  vestiario  dolio  donne  partico- 
larmente si  distingue  per  la  bizzarria,  e 
per  la  ricchezza  delle  trine  d'oro  0  d  ar- 
gento, o  almeno  di  seta  secondo  le  facol 
là.  Il  console  e  duca  Cesario  donò  questo 
monte  al  monastero  sublacense  nel  775, 
giacché  Qervarìa  o  Ceri/aria  e  non  Ser- 
va/iti va  letto  il  nome  del  monte,  che 
leggesi  nella  carta  di  donazione  inserita 
nella  cronaca  sublacense.  Così  Mona  Cer- 
varia*,  e  non  Gen>asius  o  Cervasius  de- 
ve leggersi  nelle  bolle  di  Gregorio  IV  del  - 
!\S3?.,  e  di  s.  Nicolò  I  dell'86  J., nelle  qua 
li  dicesi  dato  appositamente a'monaci  per 
edificarvi  una  terra.  Nella  conferma  fitta 
da  s.  Nicolò  I  al  monastero  sublacense  dei 
suoi  beni  si  legge:  /lem  concediinus  Mon 
lem  Angustimi,  et  alterimi  Cervariuni 
cani  omnibus perlinenliis  ad aedificanda 
Castra.  Non  è  chiaro  che  la  terra  fosse 
ancora  edificata  sul  finire  del  secolo  se- 
guente, perchè  nel  diploma  del  967  ili 
Ottone  1  imperatore  semplicemente  si  de 
sign  1  col  nome  di  Cervara  :  Cerx'ariaiii 
quoque  ex  tato.  Nell'altra  bolla  di  con 
ferma  dei  beni;  di  Gregorio  V  del  <)'J(>> 


2.6  SUD 

indicasi  solamente,  montem  qui  voratur 
('avaria,  mentre  ivi  Arsoli  si  designa 
col  nome  di  Caslellum.  Ma  nella  lapide 
dell'abbate  Umberto,  esistente  nel  chio- 
stro di  s.  Scolastica,  è  nominala  Cerva- 
nani  fra  gli  altri  castelli  dipendenti  dal 
monastero  fin  dalio52,  e  perciò  la  for- 
mazione di  questa  terra  appartiene  al  i .° 
periodo  del  secolo  XI,  al  dire  di  Nibl>y, 
ritenendo  Marocco  che  senza  dubbio  l'e- 
ressero i  benedettini. Morto  Umberto,  E- 
zulo  suo  fratello  s'impadronì  di  Cerva- 
ia  verso  il  i  064,  come  si  ricava  dalla  cro- 
naca sublacense;  però  poco  dopo  fu  ri- 
cuperata dall'abbate  Giovanni  successore 
d'  Umberto.  Nella  conferma  dei  beni  al 
monastero  fatta  da  Pasquale  11  uè!  1  1  1  5, 
si  designa  col  nome  di  Roccam  Cerva- 
riam.  Rimasta  in  potere  del  monastero 
fino  ali  278,  il  monaco  Pelagio  col  l'aiuto 
di  Bartolomeo  da  Genoa  s'impadronì  del 
castrimi  e  detta  toccabile  3  anni  dopo  fu- 
rono ricuperate  dall'abbate  Guglielmo,  e 
dopo  qiiell'  epoca  rimase  al  monastero. 
Pretende  Calindri  che  Cervara  sia  stata 
fabbricata  nel  1  334dalla  famiglia  Monal- 
deschi, allorché  si  divise  dopo  la  morte  di 
Ermanno  Monaldeschi, e  fu  da  prima  co- 
struita in  forma  di  fortezza;  ed  aggiunge 
che  contieue  ampio  fabbricato,  ed  il  suo 
stemma  formasi  d'un  cervo  donde  trasse 
il  nome.  Cerio  è  che  riportai  a  Orvieto, 
che  la  possente  stirpe  de'Monaldeschi  che 
signoreggiò  quell'illustre  città  e  altri  do- 
mimi,  dividendosi  nel  1  307  in  4  linee, 
ciascuna  prese  1'  appellazione  dagli  ani- 
mali che  scelsero  per  istemma,  ed  una  di 
esse  dal  cervo  si  denominò  della  Cerva- 
la  con  titolo  di  conte.  Narra  il  p.  Casi- 
miro da  Roma,  nelle  Memorie  isteriche 
delie  chiese  e.  conventi  elei  frati  minori 
della  provincia  romana,  che  Martino  V 
avendo  data  in  isposa  la  nipote  Amelia 
Colonna  a  Paolo  Pietro  Monaldeschi,  e- 
iesse in  contea  le  sue  signorie  di  Bolsena, 
Onano,  Cervara  e  Fighine. 

Cerreto.  Comune  dell'abbazia  di  Su- 
biaco, con  territorio  iu  monte,  che  som- 


SUB 

ministra  fra'suoi  maggiori  prodotti  ^in- 
no, vino,  ghianda,  e  molto  bestiame  con 
pascoli, esercitandosi  gli  abitanti  nella  pa- 
storizia e  nel  tonnare  il  carbone.  E'  di- 
stante 1  o  miglia  da  Subiaco  e  circa  1  3  da 
Tivoli,  alla  quale  si  va  da  Subiaco  pas- 
sando per  Tuccianello,  Gelano  e  s.  Ana- 
tolia, e  da  Tivoli  passando  per  la  valle 
degli  Arci,  Ciciliano,  e  il  piano  di  Piscia- 
no e  delle  Vigne,  traversando  dopo  Ci- 
ciliano i  vari  influenti  che  formano  il  rio 
Sambuci.  La  terra  è  posta  sopra  un  mon- 
te o  colle  di  sasso  bianco  calcare  a  strati 
unito,  dipendente  dalla  catena  del  monte 
già  Crufo,  oggi  RulFo,  e  sebbene  stia  fra 
monti  dirupati  o  selvosi  è  in  una  situa- 
zione amena,  trovandosi  in  una  larga  con- 
valleche  unisce  quel  dorsoalgruppodelle 
montagne  di  Guadagnolo.  L'aria  è  piut- 
tosto umida  per  gli  alti  Apennini  che 
da  vicino  la  sovrastano,  e  sulla  vetta  di 
quello  che  chiamasi  della  Serra  vedesi 
il  gran  sasso  d'  Italia  e  infinito  numero 
di  luoghi.  La  chiesa  parrocchiale  è  sotto 
l' invocazione  della  B.  Vergine  Assunta 
in  cielo.  Ha  cattive  strade,  ed  è  rimar- 
chevole la  solidissima  rocca,checompren- 
de  gran  parte  del  paese,  all'intorno  cinta 
d'alte  mura  e  con  un  solo  ingresso.  Esi- 
stono due  alti  e  rotondi  torrioni  mirabili 
per  la  loro  struttura,  avendo  nel  pianta- 
to circai  1  palmi  di  grossezza,  e  formali 
di  piccoli  sassi  talmente  uniti  colla  calce 
che  si  durerebbe  fatica  a  toglierne  alcu- 
no.Sembra  indù  hi  tato  che  tal  forte  fu  mu- 
nito di  presidio  militare,  vedendosi  an- 
cora le  impronte  delle  scalee  quelle  dei 
ponti  levatoi, che  venivano  sostenuti  da 
grosse  catene,  esistendo  tuttora  in  alto 
un  grosso  uucinoche  una  di  quelle  assi- 
curava al  muro.  L'ingresso  del  torrione 
è  dentro  il  cortile  ov'è  una  cisterna  alta 
circa  palmi  3o.  La  notizia  più  antica  che 
si  ha  di  Cerreto  è  nella  lapide  del  chio- 
stro sublacense  dell'abbateUmberto,  nel- 
la quale  Cei  return  viene  ricordato  insie- 
me con  altre  terre  del  monastero,  onde 
probabihnenteformossicouAugusta,Cer- 


sue 

vara  e  altri  luoghi  neh  ."  periodo  ilei  se- 
colo XI.  IN'el  i  i  i5  venne  confermato  da 
Pasquale  II  a 'monaci,  comesi  rileva  dalla 
sua  bulla  inserita  nella  cronaca sublacen- 
se,  e  quindi  verso  la  metà  dello  stesso  se- 
colo \euue  infeudato,  prima  a  Sublima- 
no e  poi  a  Pietro  de  Hiacyntho.  Leggesi 
nel  diario  dell'I  nfèssura,  che  insorta  guer- 
ra fra  Sisto  IV  e  Ferdinando  1  re  di  .Na- 
poli, guidata  dal  suo  figlio  duca  di  Ca- 
labria, il  Papa  mosse  guerra  a'Colonna 
fautori  del  re,  il  quale  col  duca  di  Ca- 
labria accorse  iir  loro  aiuto.  L'  esercito 
regio  pose  campo  a  G tolta  Ferrala,  do- 
vedimorò  molli  giorni, deinde  gente1;  dirli 
dneiiybona,  ammalia  et  homines  Castri 
Trcbani  de  abbalia  Sublaeensi  (Trevi 
tuttora  formando  parte  dell'  abbazia  di 
Subiaco,edicui  parlai  nel  voi. XXV II,  p. 
283,  però  uella  delegazione  di  Fresino- 
ne, e  dove  dissi  pure  di  questa  guerra,  e 
meglio  nel  voi.  LXV,p.  ii%)depraedali 
sunt,  idemque  actumfuU  de  hominibus 
Cerreti. 

Cerano.  Comune  dell'abbazia  di  Su- 
biaco,  con  territorio  ebe  giace  in  colle  , 
producente  precipuamente  grano,  gran- 
turco e  pascoli,  imperocché  le  sue  amene 
colline  sono  ubertosissime,  e  la  pianura 
da  molte  acquee  continuamente  innaffia- 
ta.Gli  abitanti  si  occupano  ne'lavori  cam- 
pestri, nella  pastorizia,  nelle  arti  e  al  traf- 
fico. La  terra  sorge  sopra  un  colle  tut'i- 
ceo  isolato  e  ameno  in  buon'aria,  a  pie 
del  quale  sono  le  fonti  del  Giuvenzano, 
rivo  che  in  questa  parte  determina  il  li- 
mite fra'latini  e  gli  enfici,  come  l'Anie- 
ne  dove  questo  va  ad  influire  é  il  con- 
fine fra  questi  e  gli  equi.  E'  distante  3  1 
miglia  da  Pioma,  1 2  da  Tivoli  e  6  da  Su- 
hiaco.  La  strada  più  diretta  per  andarvi 
da  Roma  é  quella  di  Tivoli  :  uscendo  da 
questa  città  si  prende  la  strada  degli  Ar- 
ci j  e  vi  si  perviene  passando  per  Tuc- 
cianello.  Ha  due  chiese  parrocchiali,  una 
dedicata  all'  Assunzione  di  Maria  Ver- 
gine, l'altra  a  s.  Lorenzo  martire.  Si  ve- 
nera uella  i."  una  bella  immagine  delia 


SUB  217 

Madonna  dipinta  dal  cav.Conca,che  me- 
ritò d'  essere  incisa  da  dinego,  ma  po- 
co esattamente,  ed  è  molto  frequentala 
dal  divoto  popolo  per  le  grazie  che  ne 
riceve.  Il  quadro  che  nella  2/  rappre- 
senta s.  Lorenzo  è  di  buona  maniera,  so- 
miglia a  quello  tli  Tcffia  in  Sabina  e  di 
cui  feci  parola  nel  voi.  LX,  p.  72  :  I'  al- 
tare maggiore  è  ben  formato,  ed  il  re- 
sto del  tempio  è  decente.  Una  lapidee- 
spi  ime,  che  nel  1 780  la  chiesa  di  s.  Lo- 
renzo dai  fondamenti  fu  riedificata  per 
lo  zelo  del  curato  Giacomo  Orlandi 3  e 
di  Leonardo  Lelli,  contribuendovi  il  po- 
polo, I'  ospedale  e  i  sodalizi  di  Cerano. 
Vi  sono  comode  abitazioni,  e  famiglie  a- 
giate,  come  i  Lelli  e  i  Manni.  In  casa  dei 
primi  alloggiarono  distinti  soggetti,  fra  i 
quali  il  cardinal  Braschi  abbate  di  Su- 
biaco  e  poscia  Pio  VI.  Da' Lelli  uscirono 
alcuni  illustri  e  dotti,  come  1'  arciprete 
Luciano,  il  capitano  delle  corazze  Leo- 
nardo, e  il  sacerdote  Giuseppe  archivista 
del  s.  ollìzio.  Ne'tempi  bassi  Cerano  fece 
da  principio  parte  della  massa  Juvenza- 
na,  che  da  Papa  s.  Zaccaria  del  741  fu 
donata  all'abbazia  di  Subiaco,  e  confer- 
mata ad  essa  da  Gregorio  IV  nell'833, 
e  da  s.  Nicolò  I  nell'864,  il  che  si  rac- 
coglie da  un  placito  del  cpS  inserito  da 
Muratori, Antìa.  Meda  Aev i t.i,p.  3-q. 
Altre  conferme  le  dierono  Giovanni  XII 
con  bolla  del  9  j8,  e  Ottone  I  con  diplo- 
ma imperiale  del  9G7  ,  documenti  che 
Muratori  riprodusse  nel  t.  5,  p.  461.  Nel- 
le vecchie  carte  Gerano,  si  dice  Giranum 
eGeranum.  Di  Gerano  però  propriamen- 
te la  1 ."  memoria  che  trovò  Nibby  spetta 
al  978,  ed  è  nella  bolla  di  Benedetto  VII 
riportata  dal  Marini  ne' Papiri  diploma- 
tici a  p.  229.  Ivi  fra 'fondi  dipendenti  dal 
vescovo  di  Tivoli  ,  si  nomina  Ttcllanus 
idesl  Giranus rum  fundis  suis;  allora  pe- 
rò non  era  ancora  un  castello  o  villaggio. 
Non  così  nel  io3o, quando  secondo  la  cro- 
naca sublacense  era  non  solo  un  villaggio, 
ma  così  popolato,  che  i  suoi  abitanti  an- 
darono a  fondare  il  Podium  Casapopuli 


2  1 8  SUB 

onde  secondare  i  tiburtini ,  malgrado  il 
•volere  dell'abbate  suhlacense,  che  perciò 
fece  edificare  una  torre  sopra  Gerano.Non 
molti  anni  dopo,  cioè  circa  iliofii  e  nel 
pontificalo  d'Alessandro  II,  si  trova  già 
in  potere  di  Landone  signore  di  Ci  vitella, 
sul  quale  venne  nel  1075  ripreso  dall'ab- 
bate Giovanni,  secondo  la  ricordata  cro- 
naca. Ne)  1 100  fu  furti  va  mente  occupato 
da  un  Dertraimo,  il  quale  per  comando 
di  Papa  Pasquale!  I  dovèrestituirloiquin- 
di  fra  gli  altri  beni  del  monastero  si  con- 
ferma ancor  questo  Castrarti  nella  bolla 
deh  1  i5  emanata  dallo  stesso  Pasquale 
11.  Dopo  che  nel  1  1  25  fu  distrutto  il  ca- 
stello d'Apollonio  (ossia  Empiitimi  o  Ani- 
pigliane,  Massa  che  s.  Gregorio  I  aveva 
ereditato  dalla  madre  e  donato  al  mo- 
nastero suhlacense  prò  veslimentìset  cai- 
ceamentis  fratriini),  ed  incendiato  Bar- 
beranoda'tiburlini,  questi  venuti  a  tran- 
sazione coll'abbate  di  Subiaco,  doman- 
darono per  mezzodì  Mi  Ione  loro  rettore, 
che  fosse  permesso  a'geranesi  della  por- 
zione di  s.  Lorenzo,  di  trasportarsi  con 
tutti  i  loro  effetti  ad  abitare  il  Poggio  di 
Casa  Popoli,  e  questo  fu  dall'abbate  per- 
messo di  malavoglia.  Quindi  i  tiburtini 
vi  edificarono  una  torre  alta  e  solida,  e 
munirono  il  villaggio  con  fossa  e  terra- 
pieno, e  vi  posero  un  presidio  di  fanti  e 
arcieri  a  danno  dell'abbazia.  Poco  però 
duròilcastello,che  preso  nel  ii4ofu  sman- 
tellato e  deserto.  In  mezzo  la  strada  fra 
Gerano  e  Subiaco  è  una  rocca  oggi  de- 
serta, denominata  Tuccì anello  e  antica- 
mente Tovanellum  e.  Toccanelluni  _,  la 
quale  per  testimonianza  della  cronaca  su- 
hlacense fu  edificata  dall'abbate  Umberto 
verso  la  metà  del  secoloXI, probabilmente 
per  tenere  a  freno  que'di  Gerano.  Poco 
dopo  però  Landone  signore  di  Ci  vitelli», 
che  non  voleva  questo  fieno  a  se  vicino, 
l'assali  eia  distrusse,  e  fece  anche  prigio- 
ne l'abbate.  Giovanni  successore  d'Um- 
berto la  riedificò  verso  il  1  o65,  ed  i  mo- 
naci sublacensi  la  ritennero  sino  al  1  i/ifi 
in  che  la  dierono  in  feudo  a  Oddone  si- 


S  U  B 
gnore  di  Poli.  Il  nome  però  di  Tovanel- 
lum che  avea  la  contrada,  e  che  poi  co- 
municò alla  rocca,  data  almeno  dal  se- 
colo VI,  poiché  nella  bolla  di  s.  Grego- 
rio 1  del  5c)4,  il  rivo  che  oggi  è  detto  il 
fosso  di  Tuccianello  o  della  Mola,  viene 
designato  col  nome  Anna  de  Tovanello. 
In  altri  documenti  de'tempi  bassi  il  fon- 
do viene  indicato  Fundum  Toccanellumy 
fra  gli  altri  nella  bolla  di  Giovanni  XII 
del  q58,  inserita  da  Muratori  neU'An- 
tiq.  Medii  Aevi  t.  5,  e  da  questa  forma 
di  nome  deriva  l'odierno  di  Tuccianello. 
Fino  dal  secolo  XVI  questa  piccola  roc- 
ca era  rimasta  deserta. 

Jenne  o  Tenne.  Comune  dell'abbazia 
di  Subiaco,con  territorio  in  raonte,predo- 
minandovi  fra'suoi  raccolti  grano,  ghian- 
da  e  pascolo,  con  paese  di  sufficienti  fab- 
bricati. Questo  castello  è  posto  sopra  un 
monte,  sulla  riva  destra  dell'Amène,  di- 
stante circa  55  miglia  da  Roma,  e  8  da 
Subiaco  verso  oriente.  La  strada  per  an- 
darvi ha  un  sentiere  tracciato  sulla  falda 
del  monte  di  s.  Scolastica,  poco  prima  di 
giungere  a  quel  monastero,  il  «piale  ha 
sulla  riva  opposta  dell'Amene  il  monte 
Carpinete  alto  e  tetro  per  le  boscaglie  che 
lo  ricoprono,  e  va  sempre  in  pendio  fin- 
ché non  raggiunge  la  sponda  del  fiume: 
da  quel  punto  diviene  amenissima,  aven- 
do sempre  a  fianco  il  corso  del  fresco  e 
limpido  Aniene,  ed  essendo  ombreggiata 
da  fui  ti  boschi. Un  mezzo  miglio  dopo  a  ver 
raggiunto  la  riva  incontrasi  un  ponte  di 
legno  per  comodo  de'contadini  e  de' pa- 
stori, e  quindi  la  strada  traversa  una  ru- 
pe formata  di  depositi  fluviali  e  di  sta- 
lattiti, indizio  del  livello  alto  che  ne' tem- 
pi passati  ivi  ebbero  le  acque  ritenute  dei 
laghi  della  villa  Neroniana  suhlacense  :  un 
miglio  dopo  il  ponte  si  apre  a  sinistra  un 
recesso  di  monti,  e  due  miglia  più  oltre 
un  rivo  limpido  e  abbondante  di  acque 
attraversa  la  via  per  iscaricarsi  nell'A- 
niene,  che  corre  indomito  per  questa  vai 
le,  e  forma  piccole  cadute,  fra  le  quali  bel- 
lissima è  quella  presso  la  mola  di  Jenne, 


s  l  e 

Ticino  al  confluente  di  questo  rivo,  che 
die  nome  di  monti  dell'Acqua  vi  va  n  quel- 
li dirimpetto.  Jenne  die  si  vede  torreg- 
giare sul  colle  è  distante  da  questo  punto 
quasi  un'ora  d'arduo  cammino.  Il  suo 
nome  è  d'origine  incognita,  e  ne'tempi 
bassi  costantemente  trovasi  scritto  Gen 
va.  Come  dipendenza  del  monastero  su- 
blaccnse,  viene  enumerata  sulla  lapide 
del  suo  chiostro  del  iof)2,  per  cui  a  quel- 
1'  epoca  già  esisteva.  Posteriormente  fu 
occupata  da  altri,  onde  nel  i  oqo,  secondo 
la  cronaca  sublacense,  l'abbate  Giovanni 
si  portò  a  espugnarla  con  molle  macchi- 
ne,e  presala  vi  costrusseunatorre.il  me- 
desimo abbate  verso  il  i  roo  la  die  in  be- 
nefìzio al  vescovo  d' A  latri,  e  da  un  fa- 
migliare di  questo  fu  ceduta  agli  abitan- 
ti di  Trevi.  L'abbate  tornò  ad  assedi. ir- 
la, ma  non  potendo  riuscii  e  ad  espugnar- 
la invocò  l'autorità  di  Pasquale  li,  che 
non  potè  ottenerne  il  rilascio,  giacché  i 
detti  trebani  allegavano  che  il  castello  era 
di  loro  diritto  e  non  di  s.  Benedetto.  Ri- 
messa questa  questione  dinanzi  a  Man- 
fredi vescovo  di  Tivoli,  di  consenso  co- 
mune, quegli  decise  a  f.ivore  de'monaci, 
e  perciò  nella  bolla  di  conferma  di  Pa- 
squale II  si  nomina  Genua  fra  gli  altri 
beni  del  monastero.  I  trebani  però  non 
abbandonarono  le  loro  pretensioni,  e  col- 
to il  momento  delle  turbolenze  di  Ro- 
ma, avvenute  nel  pontificato  d'Eugenio 
111  deli  i45,  l'occuparono  di  nuovo;  ma 
ne  furono  tosto  discacciati  dall'abbate  Si- 
mone,  e  da  quel  tempo  il  monastero  ne 
rimase  in  possesso.  Tutte  queste  notizie 
si  traggono  dalla  cronaca  sublacense,  dal- 
la quale  pure  si  apprende  che  nel  1  355 
vi  si  ritirò  come  in  luogo  sicuro  l'abbate 
Ademario.  11  Papa  Alessandro  IV  del 
1254,  della  potente  famiglia  Conti  d'A- 
nagni,  della  linea  di  Valmonlone  eSegni, 
signori  pure  di  Jenne,si  vuole  chesia  unto 
in  Jenne.  Nel  1260  vi  si  portò  da  Stibia- 
co,  ed  ivi  si  trattenne  4  mesi  della  sta- 
gione estiva. 

Marano.  Comune  dell'abbazia  di  Su- 


S  U  B 


2. 9 


biacOj  con  territorio  feracissimo  e  gia- 
cente in  monte,  i  cui  principali  prodotti 
sono  l'olio,  il  vino,  la  canepa,  le  frutta, 
il  granturco  ,  le  cipolle,  le  castagne,  la 
ghianda,  la  legna  e  quanto  proviene  dai 
pascoli.  Gli  abitanti  sono  laboriosi  agri- 
coltori, e  pastori;  le  donne  fabbricano 
tele  domestiche  :  il  popolo  è  di  origine 
provenzale,  secondo  Marocco,  e  molti  di 
esso  vi  furono  condotti  dalla  potente  fa- 
miglia Conti,  nel  cui  potere  passò  il  ca- 
stello nel  secolo  XI,  ed  aggiunge  che  fu 
luogo  spettante  a  Tivoli,  il  quale  ne  con- 
trastò il  possesso  agli  abbati  sublacensi. 
Questo  castello  è  posto  sopra  un  ridente 
colle  al  nord-ovest  di  Snbiaco,  che  do- 
mina la  riva  sinistra  dell'  Aniene,  quasi 
dirimpetto  a  Cervara  e  Agosta,  circa  4o 
miglia  distante  da  Roma,  ed  al  quale  si 
va  per  l'odierna  via  subbicele,  traver- 
sando il  detto  fiume  sopra  un  ponte.  Il 
clima  è  temperalo,  mediocri  le  abitazio- 
ni, larghe  le  vie;  la  chiesa  parrocchiale 
è  sagra  a  s.  Diagio,  il  cui  quadro  dipinse 
a  fresco  Manente.  Nella  sommità  esiste 
un'antica  rocca,  che  avea  altissima  torre 
ora  diruta  per  metà.  Eravi  l'antico  spe- 
dale di  s.  Pietro  pe'poveri  infermi,  le  cui 
rendite  furono  riunite  al  monastero  su- 
blacense, il  quale  perciò  deve  sovvenire 
i  poveri  malati.  Nel  secolo  decorso  vi  fio- 
ri  Domenico  Tosi,  che  si  distinse  nella 
gitu  isprudeuza  in  Roma  ,  ove  pure  die 
luminosi  esempi  di  pietà.  Dice  Marocco 
che  il  suo  nome  Marano  deriva  a  Ma- 
ranis,  dalle  molteplici  acque  perenni  del 
suo  territorio,  poiché  in  Roma  e  suoi  din- 
torni le  fosse  per  le  quali  scorre  le  acque 
si  chiamano  Marrane.  Nel  suo  territo- 
1  io  in  fatti  nascono  4  delle  celebri  acque 
dell'antichità,  cioè  i  fonti  Erculario  e  Ai- 
budino,  e  l'acque  Erusia  e  Cerulea,  delle 
quali  trattò  il  Fea  nelle  sue  Osservazio- 
ni geologiche  antiquarie.  In  vece  pensa 
Nibby,  che  la  denominazione  del  paese 
piuttosto  provenga  da  qualche  foudo  ap- 
partenuto ad  un  Mario,  senza  prelende- 
ic  che  fusse  il  famoso  rivale  di  Siila,  in 


220  S   U  B 

modo  che  òajundus  Maria  nus,  per  cor- 
ruzione di  nome  si  fece  Maranum.  Egli 
è  certo  che  fin  dall' 864  si  nomina  co- 
me castello,  nella  bolla  di  s.  Nicolò  I.  Il 
nome  poi  di  fóndo  gli  fu  dato  nelle  bol- 
le di  conferma  de'beni  del  monastero  su- 
blacense,  del  o58  di  Giovanni  XII,  e  del 
978  di  Benedetto  VII  :  la  r ,a  sì  legge  nel 
Muratori, /^//ft^.  IlJedii  AeviX.  5,  p.  46 1  ; 
la  2/ nel  Marini,  Papiri  diplomatici^. 
22C).  Nelio52  era  un  Castrimi  appar- 
tenente al  monastero  snblacense,  come 
viene  ricordalo  nella  lapide  del  suo  chio- 
stro colle  altre  possidenze de'monaci.  Nel 
io65  fu  il  castello  invaso  da  un  Ranieri, 
esi  ricava  dalla  cronaca  snblacense,  even- 
ne espulso  dall'abbate  Giovanni.  Fu  ri- 
cordalo di  nuovo  nella  bolla  del  1  1  1  5  di 
Pasquale  II  inserita  in  tale  cronaca.  Ver- 
so il  1  i5o  Marano  fu  dato  da  Eugenio 
Illa  Raimone  abbate  snblacense,  da  lui 
dimesso.  Nel  l36o  l'abbate  Corrado  lo 
die  in  feudo  al  suo  fratello,  e  dopo  quel- 
1'  epoca,  dice  Nibby,  non  si  hanno  me- 
morie degne  di  rimembranza,  apparte- 
nendo sempre  al  monastero.  Nondimeno 
narra  Marocco,  che  Marano  dai  'Conti 
eia  passato  nel  dominio  del  barone  O- 
nofrio,  la  cui  vedova  Bona  nel  1 293  ven- 
dè il  feudo  all'abbate  snblacense,  il  qua- 
le nel  1  20,6  ne  acquistò  la  rocca  che  sino 
a  quel  tempo  era  rimasta  in  dominio  dei 
tiburlini.  Indi  fu  posseduto  per  pochi  an- 
ni nel  secolo  XV  dalla  famiglia  Colonna, 
ina  poi  tornò  sotto  il  dominio  de'monaci 
sublacensi,  essendo  l'unico  feudo  che  ri- 
mase ad  essi  dopo  l'erezione  della  com- 
menda abbazia  le,  e  poi  lo  cederono  al  2.0 
commendatario  cardinal  Borgia. 

Ponza.  Comune  dell'abbazia  di  Su- 
biaco,  con  territorio  in  monte  che  ab- 
bonda di  grano,  granturco,  ghianda,  pa- 
scoli, e  vino  a  sufficienza,  copiosi  essen- 
do i  inaiali.  Il  castello  giace  in  clima  sa- 
lubre e  freddo,  sopra  un  monte  di  vivo 
scoglio,  a  cui  si  giunge  per  istrade  diru- 
pate e  ingombre  da  alti  macigni,  meno 
clic  dalla  parte  d'A(lile,da  cui  è  distante 


S  U  B 

un  miglio,  da  dove  piacevole  n'è  il  cam- 
mino, e  di  notte  si  potino  benissimo  in- 
tendere le  voci  tra' due  paesi,  per  l'ele- 
vatezza di  Ponza,  e  sono  ambedue  mo- 
rigerati e  tra  loro  concordi.  Aulicamen- 
te questo  luogo  era  circondato  da  mura 
castellane  e  guarentite  da  spesse  torri  qua- 
drilatere, quindi  mutilate  per  ridurle  ad 
abitazioni.  Al  settentrione  aveva  la  sua 
rocca,  ma  di  essa  appena  esiste  un  mi- 
sero avanzo,  scorgendosi  pure  le  traccie 
d'alcune  cisterne  ora  comprese  in  un  or- 
to. Si  entra  nel  castello  per  due  porte, 
una  detta  Porta  da  piedi,  di  gotico  stile 
e  arco  ottuso,  per  la  quale  si  va  ad  Af- 
file e  Subiaco;  l'altra  è  denominala  Por- 
ta nuova  per  la  sua  recente  costruzione. 
Gli  abitanti  sono  di  grato  aspetto,  mas- 
sime le  donne,che  hanno  sembianze  mar- 
cate e  piacevoli.  Le  abitazioni,  tranne  po- 
che, sono  di  cattiva  costruzione:  in  una 
delle  prime  e  fuori  di  Ponza,  nella  casa 
A  brucia  de  Paolis,  da  un'iscrizione  eretta 
nel  1660,  si  ricorda  che  vi  si  recò  a  vil- 
leggiare il  cardinal  Vincenzo  Costaguti. 
La  chiesa  arcipretale  dedicata  alla  B.  Ver- 
gine Assunta,  è  di  regolare  disegno  a  3 
navi.  Vi  è  un  bel  quadro  esprimente  la 
Deposizione  dalla  Croce.  L'altare  mag- 
giore elegante  è  decorato  di  fini  marmi, 
con  grazioso  ciborio  fregiato  d'  agate  o- 
rientali  :  la  balaustra  marmorea  contie- 
ne due  grossi  pezzi  di  verde  antico.  A  fianco 
del  principale  ingresso  sono  due  capitelli 
d'ordine  corintio,  singolari  per  la  niti- 
dezza del  marmo  e  la  maestria  del  lavo- 
ro, i  quali  furono  ridotti  a  pili  per  l'ac- 
qua santa.  Altro  capitello  è  nell'ingresso 
della  porta  minore,  elevato  sopra  un  pez- 
zo di  colonna  di  porta-santa.  La  fronte 
esterna  ha  1'  architrave  di  lino  marmo 
bianco,  con  bellissimi  ornati.  Tutti  que- 
sti oggetti,  avanzi  d'antichità,  furono  e- 
stratli  dalle  rovine  dell' Arci nazzo,  am- 
pia pianura  di  parte  del  suo  territorio, 
nel  sito  ove  si  vedono  importanti  mace- 
rie. Questa  chiesa  è  ben  provvista  d'u- 
tensili sagri,  fra'quali  il  magnifico  dono 


S  U  13 
del  cardinal  duca  diYoik,e  consìstente 

in  un  piviale  rosso  di  seta  ricamato  ec- 
cellentemente in  oro  e  col  sor)  slemma. 
Tale  presen te  il  reale  porporato  fece  a  que- 
sta chiesa  in  considerazione  dell'amicizia 
die  avea  pel  suo  uditore,  l'avv.  Vincen- 
zo Lupi  di  Ponza.  Questi  poi  regalò  alla 
medesima  un  pesante  secchio  d'argento, 
che  si  adopra  per  aspergere  le  case  nel 
sabato  santo.  Il  campanile  era  un'antica 
torre,  e  formata  di  tufo  spongoso.  La  mi- 
gliore visuale  di  Ponza  è  quella  del  piaz- 
zale di  s.  Lucia,  riparata  da  un  residuo 
di  mura  castellane.  Torreggia  incontro 
l'alta  montagua,che  sovrasta  il  Serrone  e 
Piglio(pacsichedescrissi  nel  voi.  XXVII, 
p.  287  e  288),  al  declivio  del  quale  esi- 
steva il  castello  Cisternola.  Vedesi  pure 
Alide,  e  di  prospetto  sorge  Ci  vitello  lun- 
gi 7  miglia  col  suo  alto  monte,  oltre  al- 
tri luoghi,  e  la  sottostante  sua  campagna 
ove  sono  sparsi  rusticani  abituri,  e  all'in- 
torno ha  le  sue  ortaglie.  Non  manca  di 
acqua  perenne,  fresca  e  limpida,  prove- 
niente da  vivo  scoglio  lontano  3  miglia 
e  condottata  con  tubi  di  creta  cotta.  Po- 
co prima  di  entrare  nel  paese  s'incontra 
al  destro  lato  la  chiesuola  della  ss.  Cro- 
ce, eretta  dalla  popolale  pietà  dopo  che 
il  p.  Nicola  Molinari  cappuccino,  morto 
in  odore  di  santità,  vi  piantò  il  salutife- 
ro legno  delIaCroce.  1 1  forame  ove  fu  pian- 
tata forma  il  suo  centro,  e  la  Croce  fu  col- 
locata nel  suo  unico  altare,  concorren- 
dovi frequentemente  i  divoli  abitanti.  Nei 
dintorni  del  castello  esistevano  le  chiese 
di  s.  Angelo,  di  s.  Felice  fra  Ponza  e  Af- 
file, di  s.  Gio.  Battista,  di  s.  Antonio  dei 
serviti,  e  di  s.  Giorgio.  S'ignora  propria- 
mente la  derivazione  del  nome  di  Ponza, 
ed  alcuni  opinanoche  possa  1  ipe  tersi  da  un 
qualche  personaggio  della  famiglia  Pon- 
zia,  posseditrice  di  qualche  villa  nelle  sue 
vicinanze. Parlando d'Aflile  raccontacene 
Ponza  apparlenneal  monastero  sublacen- 
se,  e  per  un  tempo  a  certo  lldemondo  e 
suoi  figli  nel  declinar  del  secolo  XI,  e  da 
chi  fu  occupata  nel  seguente.  Trovo  in 


S  L'  i;  21  r 

Petrini  all'annoi  179, che  nel  concilio  di 
Lalerano  111  si  ventilò  una  causa  fra  il 
vescovo  di  Palestrina  e  l'abbazia  di  Su- 
bisco, e  volendo  Alessandro  111  esami- 
nare a  fondo  la  controversia, comandò  ai 
preti  di  Ponza  che  comparissero  al  suo 
cospetto,  minacciando  loro  la  sospensio- 
ne e  anco  hi  scomunica  in  caso  di  reni- 
tenza. Inoltre  riportai  ad  Afille  la  que- 
stione giurisdizionale  fra'detti  vescovo  e 
abbate,  anche  su  Ponza  e  P.oiale,il  con- 
cordato fatto,  e  che  da1t63g  Ponza  fu 
interamente  sottoposta  alla  giurisdizio- 
ne temporale  dell'abbate  sublacense.  Ili- 
cordai  di  sopra  la  vasta  pianura  dell'Ai- 
cinazzo,  e  siccome  per  la  sua  celebrila  do- 
vrò riparlarne,  credo  bene  darne  qui  uri 
cenno.  L'Ai  chiazzo  s'incontraa  3  miglia 
discesala  montagna  delPiglioe4daTrevi, 
dove  anticamente  furono  le  magnificen- 
ze d'una  villa  imperiale  di  Nerone,  o  *e- 
condo  altri  diNerva. Nel  (ine  di  quest'am- 
pia pianura  e  nel  territorio  di  Ponza,  f> 
miglia  circa  sopra  la  villa  cheXerone  go- 
deva a  Subiaco,  e  2  miglia  da  Pouza  stes- 
sa, precisamente  in  vocabolo  la  Torre  di 
pie  di  campo,  cos'i  delta  per  gli  av.-.nzi 
d'una  torre  che  si  ravvisano  a'piedi  della 
campagna,  trovansi  molte  grotte  e  stan- 
ze pavimentate  di  musaico,  e  moltissime 
rovine,fra  le  quali  sono  sparsi  abbondan- 
temente pezzi  di  marmi  preziosi,  avanzi 
di  colonne  di  granito  e  d'altri  marmi  di- 
sotterrali  in  diversi  scavi.  Nel  i  780  negli 
scavi  fatti  visi  estrasse  gì  au  copia  di  mar- 
mi finissimi,  che  servirono  per  la  colle- 
giata e  allre  chiese  di  Subiaco  e  d'altro- 
ve. L'Arcinazzo  comprende  tutta  la  pia- 
nura dilatata  per  molte  miglia  fino  alle 
radici  delle  colline  e  de' monti,  tutta  a- 
perta  e  amena,  e  per  gli  ottimi  pascoli 
pregiatissima.  E'  divisa  ne'4  tendoni  di 
Ponza,  Piglio,  Anticoli  (di  cui  nel  voi. 
XXVII,  p.  281),  e  Trevi,  il  quale  solo 
vi  gode  il  comodo  dell'acque  per  abbe- 
verare il  bestiame  al  suo  rinomato  pozzo. 
L'Arcinazzo  nelle  antiche  scritture  e  nel- 
la vita  di  s.  Domenico  abbate  di  Soia, 


222  s  l  n  s  o  i! 

per  un  miracolo  ivi  operato,  tlicesi  Ar  misurare  con  un  tiro  di  sasso,  benché  da 

tinaee,  e  neh  335  Arcenaze  in  valle  in-  iurte  braccio  scaglialo.  E'  profondo  e  pe- 
fantis.ìo  uà  islromeuto  rogato  nel  i  38  i,  r.icoloso,edi  sovente  assorbì  vitelli  e  altri 
e  riportato  nel  libro  Antiquit.  Campa-  animali  :  produce  saporose  tinche. 
niae, è  denominalo Arcinalio.Neìla  con-         Rocca  Canterano.  Comune  dell'  ab- 
trada  Le  Grotte  o  Pezza  delie  Grotte,  e  bazia  di  Subiaco,  con  territorio  giacente 
vicino  a  quella  di  Torre  di  pie  di  cani-  in  colle  e  in  monte,  il  quale  princi pal- 
po si  trovano   grandi  avanzi  di  fabbri-  mente  produce  vino,  ghiande  e  pascoli, 
the  romane,  e  si  vuole  che  ivi  esistesse  con  mediocri  fabbricati.  La  chiesa  ma- 
il quartiere  de'soldati  a  difesa  dell'ini-  trice  parrocchiale  è  dedicata  alla  B.  Ver- 
peratore  nella  villeggiatura,  onde  vi  si  giue  Assunta  in  cielo.  La  terra  trasse  il 
disotlerrarono  smisurati  macigni.  Inol-  nome  da  quella  prossima  di  Canterano, 
tre  si  conobbe  la  via  per  cui  da  Roma  ed  è  posta  sopra  un  colle  ch'è  parte  del 
vi  furono  portati  i  marmi  da' potenti  io-  dorso  di  monte  Crufo  o  Ilulfo.  Nella  ero- 
mani,  non  senza  grave  difficoltà  perchè  naca  sublacense  se  ne  fa  menzione  per  la 
la  strada  saliva  pel  Serroue,  quindi  so-  l."  volta  circa  la  metà  del  secolo  XII,  ed 
pia  il  convento  de'francescani  di  Piglio  allora  apparisce  come  proprietà  di  quel 
in  aspra  collina,  vedendosi  tuttora  le  ro-  Recaldo  che  ricordai  a  Canterano,  col 
vine  di  quel  sassoso  cammino  a  forza  di  quale  paese  ebbe  poscia  comuni  le  vicen- 
scalpelli  laboriosamente  lavorato.  Nelle  de.  Annesso  e  soggetto  al  comuuediR.oc- 
contrade  di  Favo  e  Giunchi  sono  gli  a-  ca  Canterano,  ed  egualmente  nell'abba- 
vauzi  d'un  arco  di  smisurate  pietre,  sul  zia  di  Subiaco,  vi  è  Rocca  di  Mezzo,  si- 
quale  vi  passava  un  acquedotto,  e  sotto  tuata  sopra  un  monte  in  aria  salubre,lun- 
vi  è  la  strada  del  Vallone  ili  Guarcino  gì  4o  miglia  da  Roma,  fra  Marano  eRoc- 
eTrevi:  anche  nella  contrada  delle  Mac-  ca  Canterano,  e  perciò  dicesi  Rocca  di 
chic  si  hanno  rovine.  Da  Trevi  lungi  cir-  Mezzo,  Roccha  Media.  Ne'  tempi  bassi 
ca  3  miglia  per  venire  nell'Arcinazzo,  si  fu  detta  Rocca  Conocla,  come  ricavasi 
ascende  un  monte  per  la  via  di  Pile,  voi-  dalla  lapide  sublacense  del  chiostro  di  s. 
gannente  detta  Montagna  d'Arciuazzo,  Scolastica, nella  quale  viene  ricordata  già 
la  cui  cima  dicesi  il  Monte  di  Sion.  Su  esistente  nelio52,e  dipendente  da  quel 
quest'eminenza  trovausi  molle pietreben  monastero,  dopo  Canterano  e  prima  di 
riquadrate,  avanzi  d'  antica  fabbrica,  ed  Trelauo  e  di  Cerreto. Marocco  riporta  un 
ivi  i  viandanti  sogliono  genuflettere  ri-  brano  de'  Comenlarii  di  Pio  li,  riguar- 
verentemenle  colla  faccia  voltata  al  set-  dante  Rocca  di  Mezzo,  lo  temo  che  i  Co- 
teutrione  adorando  la  ss.  Trinità,  a  cui  rnentarii  parlino  di  Rocca  di  Mezzo  vi- 
e  dedicato  un  tempio  che  si  vede  sugli  alti  cino  a*  Marsi  presso  Rovere,  già   feudo 
monti  di  Valle  Pietra, a'eoufini  del  regno  de'Barberini,  ed  ove  accadile  una  balla- 
di  Napoli.  Camminando  a  sinistra  per  la  glia  tra  gli  Orsini  e  i  Colonna.  Rinomata 
via  che  conduce  ad  Anticoli  e  ad  Acuto,  è  la  sua  vitella.  Ne  tratta  Corsiguani,  e 
dopo  due  tiri  di  fucilea  destra,  e  lasciali-  dice  che  vi  fiorì  il  cardinal  Amico  Augi- 
do  le  vie  che  guidano  a  Ponza,  ad  Affile  filo,  che  Cardella  vuole  di  Collemezzo, 
e  a  Piglio,  trovasi  un  piccolo  lago  d'acqua  forse  sinonimo  di  Rocca  di  Mezzo,  poiché 
sorgiva  d'occulta  vena,  che  chiamasi  il  il  Marini  Io  chiama  della  Rocca. 
Pozzo  d'Arcinazzo,  di  rotonda  figura  e  a  Valle  Pietra.  Comune  della  diocesi  di 
loggia  di  catino  giacente  in  uuacoucavità  Anagni,con  territorio  in  monte,  i  cui  mag- 
di  sassoso  terreno,  dove  l'acqua  si  mantie-  gioii  prodotti  sono  la  ghiauda, il  grano,  le 
ne  quasi  sempre  nell'  istessa  misura,  e  di  castagne,  le  legnaci  carbone,  oltre  i  pasco- 
tal  ampiezza  di  diametro  che  non  si  può  li.  La  chiesa  parrocchiale  e  arcipretale  è 


S  U  B 

sotto  l'invocazione  dell'apostolo  ed  evan 
gelisla  s.  Giovanni,  e  fu  fondala  da  mon 
signor  Caetani  arcivescovo  di  Rodi  nipo- 
te di  Bonifacio  Vili.  Confina  il  paese  col 
regno  di  Napoli,  ed  il  territorio  è  irriga- 
to da  4  piccoli  fiumi,  che  traggono  l'ori- 
gine da  queste  montagne,  appartenenti 
alla  catena  degliApennini. Sulla  monta- 
gna vi  è  un  altissimo  scoglio,  dentro  il 
quale  avvi  una  chiesina  dedicata  alla  ss. 
Trinità,  e  dalle  figure  gotiche  si  scorge 
ch'è  antichissima.  Questo  santuario  è  con- 
tinuamente visitato  da'divoti,  e  special- 
mente nel  giorno  della  festa, essendovi  un 
concorso  di  circa  8  ovvero  i  0,000  perso- 
ne, nella  maggior  parie  provenienti  dal 
limitrofo  regno  di  Napoli.  In  questa  stes- 
sa chiesa,  secondo  le  tradizioni  del  luogo, 
anticamente  vi  risiedeva  il  capo  de'mo- 
naci  benedettini  chiamato  archimandri- 
ta. Il  paese  dicesi  fondato  dagli  abitanti 
di  Frascati,  in  tempo  delle  guerre  civi- 
li, e  forse  dopo  la  distruzione  di  Tusco- 
lo.  Questo  piccolo  castello  è  così  deno- 
minato falle  Pietra,  per  essere  stalo 
fondato  in  una  profonda  valle  di  dure 
pietre,  fra  le  quali  scende  da  alto  monte 
un  grosso  rivo  d'acqua, che  dopo  il  corso 
di  3  miglia  entra  in  un  ramo  principale 
deli'Aniene.ll  feudo  co'beni  allodiali  ap- 
partenne all'estinta  e  antichissima  casa 
Bossi,  insieme  ad  altri  nelle  vicinanze, 
semplicemente  col  titolo  di  Signore.Pas- 
salo  a 'Caetani  toccò  in  parte  a  Orazio, 
che  maritatosi  a  Porzia  Astalli  istituì  nel 
1670  un  fidecommisso  a  favore  de'mar- 
chesi  Aslalli.  Da  questi  successivamente 
passò  il  feudo  alla  casa  Piccolomini.e  nel 
1808  al  cav.  Settimio  Bulgarini  Bischi, 
in  tempo  del  quale  Pio  VII  eslinse  i  di- 
ritti e  prerogative  feudali.  Poscia  ne  acqui- 
stò i  beni  nel  1820  il  conteCamilloTorri- 
glioni,il  quale  nel  1842  gli  alienòa  favore 
del  conteGirolamoR.iccini,già  governato* 
re  di  Modena,  creato  da  Gregorio  XVI 
marchese  di  baldacchino  [della  quale  d  i- 
stinzione  parlo  pure  a  Ojibbelm\o  ed  a 
Principe),  quanto  alla  di  lui  sola  perso- 
na, e  marchese  di  Valle  Pietra  [ter  se, 


S  U  B  2  23 

«noi  eredi  e  successori.  Il  marchesato  si 
formò  cogli  acquisti  fatti  dal  suddetta  con- 
te Puccini,  cioè  colla  proprietà  di  Tor- 
riglioni  consistente  nella  montagna  con- 
fìnautecol  reame  napoletano,e  colla  pro- 
prielà  assoluta  e  indipendente  dagli  abi- 
tanti dell'unico  inolino  a  grano;  non  che 
di  due  forni,  nel  palazzo  baronale  cosimi 
lo  con  antiche  forme,  ec. 

Governo  di  s.  t  ilo. 
S.  filo.  Comune  della  diocesi  di  Pa- 
lestrina,  capoluogo  del  governo  del  suo 
nome,con  residenza  dei  governatore,! un- 
gi da  Roma  33  miglia,  18  da  Tivoli,  io 
ila  Palestrina,e  6  da  Olevano  di  cui  par- 
lai nel  voi.  XXVIII,  p.  1 1  o.  Il  suo  ter- 
ritorio in  colle  è  alquanto  fertile,  produ- 
ce vini  squisiti,  olio  di  sapore  gratissimo, 
frutta  diverse,  abbondanti  castagne,  co- 
pioso granturco,  ghianda,  legna  e  pasco- 
li.Ha  buoni  fabbricati, e  buone  acque  pe- 
renni provenienti  da  uno  scoglio.  Riferì- 
sceCalindri,  seguendo  Piazza,  che  da  qui 
origina  il  fiume  Garigliano;  e  l'avv.  Ca- 
stellano, Lo  sialo  pontificio,  dice  che  s. 
Vito  è  in  vicinanza  di  piccolo  torrente 
che  influisce  nel  fiume  Sacco.  Piazza  ri- 
porta l'autorità  del  p.  Kircher,  che  nel 
parlare  della  fonte  non  molto  distante, 
dice  ch'è  chiamato  comunemente  Gari- 
gliano, la  cui  scaturigine  trovò  che  pro- 
veniva da  7  vene  d'  acqua,  indi  raccolte 
in  un  rivo  proseguendo  il  suo  corso  e  ac- 
cresciuto con  altre  acque,  passa  pel  ter- 
ritorio di  Genazzano,  e  va  a  formare  sot- 
to  Soia  e  altri  luoghi  il  celebrato  fiume 
Liri  o  Garigliano.  Questa  grossa  terra  è 
situata  in  posizione  gradevole  sopra  di 
un  colle,  ch'è  una  delle  cime  della  cresta 
denominata  Le  Scrime,  intermedia  fra 
quella  di  Guadagnolo  e  quella  di  Colle 
Celeste  o  di  Ci  vitella,  contornala  da  alte 
montagne  in  aria  salubre,  ma  dominala 
dal  vento.  Gli  abitanti  sono  urbani,  ac- 
corti e  robusti,  belle  generalmente  le  don- 
ne. Si  entra  nel  paese  per  un  lungo  bor- 
go tutto  in  piano,  da  convenienti  fabbri- 
che dee  orato,  ed  in  successivo  incremen- 
to. Fuori  del  borgo  poi  il  restante  della 


224  S  li  B  S  0  B 
terra  è  tulio  incomodo  e  scosceso,  discen*  scovo  Rubense,comesi  legge  nella  lapide 
dandosi  per  viottoli  "formali  a  scale,  e  da  posta  in  un  pilastro  della  medesima.  Ai- 
questa  parie  si  procede  per  Olevano.  Al  tra  chiesa  parrocchiale  è  quella  di  s.  Ma- 
principio  del  borgo  formano  diramazio*  ria,  nel  cui  altare  maggiore  la  13.  Vergi- 
ne diverse  strade;  a  destra  incomincia  ne  viene  espressa  nelquadro  con  moderi 
quella  di  Genazzauo,di  l'ionie  quella  ili  no  edelegante  stile.  Nella  campana  in.ig- 
Capranica  assai  pericolosa,  a  sinistra  l'ai-  gioie  in  gotico  si  legge://.  D.i^q  ma- 
lia che  conduce  a  Pisciano.  11  palazzo  ha-  giste/-  Petrus  Sola  ti  un  de  Petti 'ninno  fecif. 
ronale  de'marchesi  Theodoli  è  costruito  Questa  chiesa  resta  da  un  latodell'ingres- 
a  guisa  tli  solidissima  rocca,  che  ha  I'  a-  sodel  palazzo  baronale  in  un  corlo  spiaz- 
spelto  di  una  nave,  e  forma  il  principal  zo.  La  chiesa  di  s.  Rocco,  con  convento 
decoro  della  terra.  Ha  un  torrioncello  se-  de'carmelitani  calzati,  da  ultimo  restau- 
rali otondo  all'ingresso,  in  cima  al  quale  rata  e  ingrandita  per  le  limosinede'divo- 
vi  è  un  ambiente  che  ha  diversi  balconi  ti  della  B.  Vergine  del  Carmine  che  vi  si 
onde  osservare  i  luoghi  sottoposti  e  le  venera,  e  per  cura  e  zelo  del  p.  Elia  Ge- 
monlagne  di  fronte.  Una  sua  parie  costi-  neroso  da  Tivoli,  è  di  figura  oltangola- 
luisce  l'estremità  della  nave,  ed  è  forma-  re,  e  nella  volta  in  forma  di  medaglione 
ta  ad  angolo  acuto  guardando  il  borgo:  fu  egregiamente  dipinto  sul  legno  s.  Se- 
essa  è  posta  sui  massi  di  scoglio,  e  viene  basliano.  Nel  coro  vi  sono  due  quadri  d'ai- 
attorniata  da  alto  e  solidissimo  a n tenui-  tare  di  buona  maniera  e  rappresentanti, 
iole,  che  offre  nella  sua  piena  circonfe-  uno  la  Fuga  in  Egitto,  l'altro  S.Francesca 
lenza  un  grazioso  passeggio,  essendovi  un  romana.  Sull'architrave  dell'altare  prin- 
solo  ma  sicuro  ingresso,  dopo  il  quale  vi  cipale  sonovi  distici  in  lode  della  ss.  Ver- 
è  una  larga  piazza  ove  si  osservano  diversi  gine  del  Carmelo.  11  convento  era  più  va- 
punli  interessanti.  Dentro  poi  vi  sono  co-  sto,  ma  con  porzione  si  formarono  le  pub- 
modissimi  sotterranei,  e  dignitosi  appar-  bliche  carceri.  In  un  angolo  del  conven- 
tamenti,  ed  a  pianterreno  uno  di  essi  è  to  esiste  la  lapide  marmorea  del  cardinal 
dipinto  lutto  a  fresco  ed  a  paesaggio  con  Mario  Theodoli,  che  aprì  e  fortificò  il  bor- 
varie  mitologichediv'mità  sulle  volte,riu-  go,  edificando  la  chiesa  e  il  convento,  del 
scendo  rimarchevole  il  dipinto  esprimen-  seguente lenove.  Marius  cardinalis  Theo- 
te  il  ratto  delle  sabine.  La  grossezza  del-  dolus ,  Mondimi  asperitatem  accjuavìty 
le  mura  supera  i  o  palmi  romani,ed  a'Iati  Vìas  apertiti,  dirutusque  colles  in  aedes 
dell'ingresso  vedonsi  i  vani  de'cannoni  e  vertitinTeinpluinerexitdìvopeslisprofli- 
spingardi  che  tolsero  i  francesi  nell'mva-  gatoriannoDoininii6^.Cj.\  marchesiTheo- 
sione  sotto  Pio  VII,  con  altre  cose  utili  e  doli, nobilissima  famiglia  romana  oriunda 
decorose.  La  chiesa  matrice  è  dedicata  al-  di  Forlì,  pollano  il  litolodi  marchesi  di  s. 
lab. Vergine  ed  a  s.Biagio  vescovo  e  mar-  Vito,  di  cui  furono  signori  feudatari,  edo- 
tire,col  nome  del  quale  si  chiama,di  buon  ra  possidenti  di  molti  beni,  vantano  mol- 
disegno  ed  esistente  quasi  in  mezzoalpae-  ti  uomini  illustri,  alcuni  de'quali  sono  ri- 
se. Minacciando  rovina  la  vecchia  chiesa,  cordati  sulle  parelidell'antica  cappella  di 
che  per  l'antichità  clicesi  che  fosse  coper-  detta  chiesa,  cioè:i  cardinaliAlberto,  Gre- 
ta di  tavole  di  legno,nel  riedificarsi  l'odier-  gorio  e  Mario  Theodoli,  di  cui  scrissi  le 
na  ne  fu  generoso  il  marchese  Theodo-  biografie;  Gio.  Rullo  Theodoli  arcivesco- 
loTheodoli, colla  mediazione  del  p.  Mar-  vo  di  Cosenza  neh5o5  e  già  vescovo  di 
c'Antonio  Costanzo  gesuita;  ciò  avvenne  Berlinoro,  per  cui  parlando  de'suoi  ve- 
neliGio  nel  vescovato  del  cardinal  An-  scovi  a  Sarsina,  dissi  di  altre  sue  dignità 
tonmaria  Gallo;  in  quello  poi  del  cardi-  e  ch'era  stato  destinato  al  cardinalato;  Lo- 
nal  Girolamo  Spinola  fu  consagrata  a' 12  dovico  Theodoli  vescovo  di  Dei  t'inoro  (e 
ottobre  1777  da  mg. r  Pietro  Roggeri  ve-  perciò  ne  parlai  all'indicalo  articolo,chia- 


SUB 

mandole»  pure  Vannini  e  maggiordomo 
di  Paolo  III,  non  che  già  vescovo  di  Sca- 
la), morto  neh  563  in  tempo  del  concilio 
diTrento;  GiacomoTheodoli  arcivescovo 
d'Amali!  nel  1626 (il  quale  fu  pure  vesco- 
vo di  Forlì  e  benemerito,  come  notai  in 
quell'articolo,  e  vi  registrai  l'altro  vesco- 
vo Fulvio  Theodoli  deh  587);  Girolamo 
Theodoli  vescovodi  Cadice,chiericodi  ca- 
mera, conte  di  Ciciliano,  signore  di  s.  Vi- 
to e  Pisciano,  del  1572;  Theodolo  Theo- 
doli  i.°  marchesedis.  ViloePisciano, con- 
te di  Ciciliano,  del»  5gi; Giovanni  Theo- 
doli  marchese  di  s.  Vito  e  Pisciano,  con- 
te di  Ciciliano  e  di  Vallinfreda  (de'quali 
luoghi  parlo  a  Tivoli),  del  1600;  Alfonso 
Theodoli  marchese  di  s.  Vito  e  Pisciano, 
conte  di  Ciciliano,  del  1600;  Theodolo 
Theodoli  marchese  di  s.  Vito  e  Pisciano, 
conte  di  Ciciliano,  del  1648.  Altra  chiesa 
è  quella  di  s.  Vito,  assai  lungi  dal  paese 
e  in  vetta  d'un  monticello,  quasi  circo- 
lare e  isolato- che  sovrasta  tutta  la  terra 
è  guarda  le  circostanti  montagne.  Ivi  si 
trovarono  grandi  massi  di  tufo,  forse  a- 
vanzi  di  qualche  edilizio' o  dì  mura  di  so- 
struzione.  .Marocco  deplora,  che  nel  visi- 
tarla la  tiovò   profanata  e  ingombra  di 
grano.  In  s.  Vito  vi  sono  le  maestre  pie 
per  1'  istruzione  delle  donzelle.  Le  dette 
chiese  e  altre  sono  descritte  dal  Piazza 
nella    Gerarchia  cardinalizia  ,  insieme 
alle  reliquie  che  vi  si  venerano.  Il  paese 
contrasta  con  Roma  e  Genazzano  (V.), 
d'aver  dato  i  natali  al  magnanimo  Papa 
Martino  V  Colonua  (del  cui  corpo  ripar- 
lai nel  voi.  LXI V,  p.  1  o5),  per  cui  ivi  si 
mostra  la  camera  ove  nacque,  al  dire  di 
Nibby.  Nondimeno  vanta  altri  illustri,  ed 
a'nostri  giorni  fiorirono  due  prelati  del- 
la famigliaTesta,zioenipote.  Il».°fu  mg.r 
Gio.  Domenico,  che  fece  i  suoi  studi  nel 
seminario  di  Palestrina  con  felice  succes- 
so, comechè  di  svegliato  ingegno,  cono- 
scitore di  molte  lingue  e  profondo  nella 
Ialina.  Meritò  d'  essere  eletto  professore 
di  filosofia  nel  medesimo  seminario,  e  poi 
lo  fu  in  Roma  ne'collegi  Bandinelli  e  Ro- 


SUB  225 

mano,  in  questo  insegnando  logica  e  me- 
tafìsica. Pio  VI  lo  spedì  a  Parigi  segre- 
tario della  nunziatura  di  mg.v  Dugnani 
poi  cardinale,  e  nella  tremenda  rivoluzio- 
ne corse  grave  pericolo  d'essere  appeso 
olla  lanterna  democratica.  Pio  VII  lo  fe- 
ce successivameute  cameriere  d'onore  e 
prelato,  canonico  Liberiano,  Segretario 
delle  lettere  latine  e  Segretario  de  brevi 
a' princìpi  (F.),  ed  abbreviatola  di  curia, 
seguendolo  ne'viaggi  di  Parigi  e  di  Ge- 
nova, dopo  aver  patito  per  la  sua  fedeltà 
la  deportazione  iu  Corsica.  Fu  inoltre  as- 
sai versato  nella  storia  naturale,  nella  ma- 
tematica e  ne'geroglifìci  egiziani.  Scrisse 
sopra  l'antico  Vulcano,  ed  in  versi  sul  di- 
seccamene delle  Paludi  Ponlinejuua  dis- 
sertazione De  sensiium  usa  inperquiren- 
da  veritatej  altra  sui  due  zodiaci  di  Dea- 
dera  e  di  Henne  nell'Egitto;  una  confu- 
tazione contro  Dupuis;  e  per  non'  dir  al- 
tro,avendo  scritto  sui  pesci  fossili  del  mon- 
te Dolca,  ebbe  questioni  con  Forlis  e  Vol- 
ta. Cortese,  frugale,  ameno,  sentenzioso, 
fu  amato  da'Papi,  massime  da  Gregorio 
XVI,  molando  in  Roma  neh  83  2, e  fu  se- 
polto nella  chiesa  de'ss.  Vincenzo  e  Ana- 
stasio a  Trevi  di  Roma,  con  iscrizione  la 
quale  in  uno  alla  sua  biografia  si  legge 
nel  t.  2,  p.  53  de'  Monumenti  sepolcrali 
visitati  da  Raggie  disegnatida  Tosi.  Ab- 
biamo del  conte  Francesco  Fa  hi  Monta- 
ni, Elogio  storico  dimg.r  Gio.  Domenico 
Testa,  Roma  1 844-  H  nipote  mg.r  Luigi 
Testa  non  fu  d'ingegno  minore,  dallo  zio 
educalo  e  istruito  nel  collegio  romano,  in- 
di professore  di  filosofia  nel  seminario  di 
Magliano,  ove  celebrò  la  immessa.  Di  ve- 
nuto segretario  o  uditore  in  Perugia  e  Ra- 
venna del  preside  mg. Giustiniani  poi  car- 
dinale, fu  indi  destinato  segretario  del- 
la nunziatura  di  Madrid  di  mg.1'  Gravina 
poi  cardinale,  dimoraudo  nella  Spagna 
chea  »  5  anni,  e  iu  que'  tempi  calamitosi 
che  nariai  in  tale  articolo.  Tale  fu  il  suo 
savio  contegno  e  »  suoi  talenti  diploma- 
tici, che  Pio  VII  lo  dichiarò  suo  came- 
riere d'onore  e  ablegato  apostolico  per  la 
i5 


17.G  S  U  B 

berretta  cardinalizia,  allorché  elevò  detto 
nunzio  alla  porpora;  ed  il  re  Ferdinan- 
do VII  gli  conferì  l'arcidiaconato  di  Lu- 
go,  e  le  decorazioni  tli  s.  Pietro  martire 
e  della  ss.  Concezione.  Tornato. in  Roma 
nel  1818,  uienlte  il  Papa  lo  designava  a 
luminosa  carica,  morì  nella  fresca  età  tli 
53  anni  e  fu  compianto.  Riferisce  Nibby, 
che  s.  Vito, come  molte  altre  terre  e  cit- 
tà sorte  ne'  tempi   bassi,  elibe  il   nome 
dalla  chiesa  ivi  esistente  e  oggi  divenu- 
ta rurale,  dedicata  a  s.  Vito,  santo  un 
tempo  molto  venerato  in  queste  contrade 
(come  altrove,  a  Polignano  portando  il 
suo  nome  la  cattedrale,  ed  in  Roma  col 
la  Chiesa  di  s.  Filo,  nel  quale  articolo 
riportai  l'opinione  del  Piazza  conforme, 
e  l'altra  a  quale  antica  città  sia  succedu- 
ta, di  die  INibby  non  fa  parola);  e  dal  con- 
corso degli  abitanti  delle  terre  circonvi- 
cine, o  per  divozione  o  per  fiere  annua- 
li, insensibilmente  si  formò  una  borgata, 
della  quale  la  più  antica  memoria  rin- 
contrò nel  secolo  XIII  negli  annali  Ca- 
maldolesi,  t.  4  Append.,  p.  5g6,  in  cui  si 
ricorda  il  tenimentum  Castri .?.  Fili,  co- 
me uno  de'confìni  di  Castellani  novali), 
insieme  con  Palestrina,  Poli,   Pisciano, 
Capranica,  ec.  Alla  stessa  epoca  e  preci- 
samente, al  12 5?.  appartiene  il  documen- 
to esistente  nell'archivio  Colonna,  e  pub- 
blicalo dal  Petrilli  a  p.  4»  i,  il  quale  nel 
determinare  i  confini   del   territorio  di 
Capranica,   indica  i  lenimenti  di  Castel 
Nuovo,  Monte  Manno,  Genazzano,  s.  Vi- 
to e  Palesli  ina.  Nel  ì  284  ne  apparteneva 
tuia  3."  pai  tea  Pietro  Scotti  cittadino  ro- 
mano, il  quale  la  diede  in  compenso  e  a 
titolo  di  permuta  a'monaci  di  s.  Grego- 
rio di  Roma,  col  pei  messo  di  Papa  Mar- 
lino  IV,  in  luogo  della  3.3  parie  del  ca 
slro  di  Pietra  Per t usa,  vasto  lenimento 
dell'Agro  romano,àppai  lenente  agli  stessi 
monaci,  e  da  lui  come  enfiteuta  o  allit- 
tuario,  contro  i  patti  stabiliti,  alienala  e 
venduta  al  capitolo  di  s.  Pietro,  come  si 
trae  da  un  altro  documento  de' memora- 
ti Annali,  t.5  Append.,  p.  263.  Diven- 


SUD 

nero  signori  della  terra  i  Colonna,  e  la 
ritennero  fino  al  1 563  in  che  il  contestar 

bileJVIa  re'  Antonio,  poi  vincitore  di  Lepan- 
to, la  vendè  a  DnmenicoMassimiedaGiu- 
liano  Cesarmi, co'caslelli  di  Ciciliano,  Pi- 
sciano, Capranica  e  Ardea:  Pio  IV  con  ap- 
posita bolla  de'27  giugno  1  564  confermò 
l'alienazione;  finalmente  i  Massimi  nel 
1572  venderono  s.  Vito,  Ciciliano  e  Pi- 
sciano al  nobile  suddetto  prelato  Girola- 
mo Tlieodoli,a  cui  fu  annesso  il  titolo  di 
marchesato.  Il  prelato  ebbe  a  fratello  Gia- 
como Theodoli  cav.  di  s.  Giorgio,  da  cui 
nacque  Theodolo  I  marchese  di  s.  Vito, 
conledi  Ciciliano  e  Vallinfreda.  Questa 
cospicua  famiglia  s'  imparentò  con  altre 
nobilissime,  come  si  può  vedere  nel  Mar- 
chesi, Galleria  dell'onore  t.  r  e  2;  e  pos- 
siede in  Roma  il  palazzo  del  suo  nome 
nel  rione  Colonna,  nella  via  del  Corso  e 
incontro  quella  delle  Convertite. 

Capranica.  Coni  une  della  d  iocesi  diPa  • 
Jestrina,  con  territorio  in  monte,  produ- 
cente eccellente  olio,  legna,  grano,  vino, 
castagne,  ghianda,  pascoli  e  altro.  Il  no- 
me tli  Capranica  si  pretende  tifili  valodal- 
le  frequenti  caprareceie  che  anticamente 
esistevano,  essendovi  ancora  al  sud  ovest 
un  eccellente  pascolo,  il  cui  prato  serve  al- 
la corsa  de'cavalli.  Giaceva  prima  su  d'un 
monte  altissimo  in  vocabolo  Fontana  del 
prato  un  vecchio  castello,  il  quale  rima- 
se demolito  per  incendio,  gli  abitanti  ri- 
fugiandosi lungi  due  maglia,  e  siccome  il 
luogo  brucialo  era  nomato  Castello,  chia- 
marono l'attuale  paese  Castel  Nuovo  e 
poiC<7/jr<7/Hc<7,dicendosi  Capranica  Pec- 
chia il  sito  dell'antico  paese.  Quivi  visse- 
ro vita  eremitica  e  penitente  le  sante  ver- 
gini Erundine  discepole  delle  ss.  Romola 
e  Redenta.  I  loro  corpi  sono  parte  nella 
basilica  Liberiana  di  Roma  e  parte  nella 
cattedrale  di  Tivoli,  come  riferisce  Piaz- 
za della  Gerarchia  cardinalizia.  Il  paese 
ha  estesi  fabbricali  chiusi  da  mura,  e  vi 
è  la  collegiata  e  parrocchiale  di  s.  Maria 
Maddalena  e  s.  Gio.  Evangelista,  eretta 
dalla  famiglia  Pantagati  detta  Capranica 


SU  lì 
oda  Giuliano  delia  medesima,  con  archi- 
tettura  diMichelangelo  Buonanoti,e  per- 
ciò la  chiesa  era  tutta  ripiena  di  scultu- 
re, ma  venne  svisata  nel  principio  del  se- 
colo passato,  come  rimarca  Calindri.  Leg- 
go poi  in  Nibby,  che  i  Pantagati  cresciu- 
ti vieppiù  in  ricchezze,  Giuliano  proni- 
pote del  cardinal  Domenico  Capranica  e 
dificò  neliSao  la  bella  chiesa  dis.  Maria 
Maddalena,  la  quale  si  crede  essere  stata 
eseguita  co'disegni  e  sotto  la  direzione  di 
Michelangelo,  a  cui  pure  si  attribuisce  un 
leone  abbozzato,  forse  allusivo  al  nome  di 
Leone  X  allora  regnante,  ed  un  profilo 
di  testa  rappresentante  un  vento.  Il  Piaz- 
za nellaGerarchia  cardinalìzia, ed  il  Cec- 
coni  nella^SVor/Vf  di Pales trina, danno  que- 
sta tradizione  per  l'atto  certo.  Inoltre  la 
famiglia  fabbricò  in  patria  un  magnifico 
palazzo.  Capranica  è  situala  sopra  una 
punta  del  monte  detto  de'  Casali,  parie 
del  gran  dorso  ili  Guadagholo,  ed  a  cui 
si  perviene  per  un  sentiero  alpestre  da  Pa- 
lestrina, donde  è  distante  tì  buone  miglia, 
5  dà  s.  Vito,  e  3o  da  Roma,  con  abitanti 
dotati  «li  molta  penetrazione  d'ingegno. 
Tra  gl'illustri  di  questo  luogo  debbo  ram- 
mentare i  celebri  cardinali  Domenico  e 
Angelo  Capranica  (/'.),  ed  il  Pelrini  ri- 
ferisce, che  dicesi  aver  pure  dato  i  natali 
ai  Papa  Bonifacio  i A"  Tornaceli i,  napo- 
letano secondo  altri  e  nato  nel  suo  feudo 
di  Carafanello.- Quanto  a  Domenico,  egli 
era  della  famiglia  Pantagati ,  ed  osserva 
Petrini  che  secondo  il  costume  d'allora, 
di  tralasciare  il  cognome  e  in  vece  pren- 
dere per  tale  il  nome  della  patria,  tu  chia- 
mato Capranica,  e  trapassò  questa  deno- 
minazione nella  sua  nobilissima  famiglia. 
Prima  di  sua  esaltazione  era  sì  ricca  che 
Nicola  Capranica  o  Pantagati  non  si  sgo- 
mentò di  mantenere  nelle  università  di 
Padova  e  Bologna  il  figlio  Domenico  sun- 
nominato; il  quale  col  suo  squisito  inge- 
gno corrispose  sì  bene  alle  cure  paterne, 
che  in  freschissima  età  ottenne  il  cardi- 
nalato da  Martino  V  ,  anche  per  essere 
nativo  dtl  fetido  di  sua  prosapia  Culon- 


S.UC 
na,  circostanza  che  produsse  dopo  lanini 
te  del  Papa  spinosissime  conseguenze,  poi 
che  crealo  segretamente  non  fu  ricono 
sciuto  nò  dal  sagro  collegio,  nò  da  Eugc 
nio  IV,  il  quale  più  lardi  gli. conferì  l'in- 
segne cardinalizie.  La  morte  lo  sorpreso 
a'  i  4  agosto  i/p8,  nella  sede  vacante  per 
morte  di  Calisto  III,  mentre  i  cardinali 
aveano  risoluto  di  eleggerlo  a  successore. 
In  Roma  eresse  con  ricche  rendite  il  i ." 
collegio,  che  dal  suo  assunto  cognome  si 
chiama  il  Collegio  Capranica  (  /  .),  a  bfi 
nclicio  specialmente  de' vassalli  de'feudi 
di  casa  Colonna,  fra  i  quali  considerò  e- 
spressamenle  Palestrina,  poiché  non  solo 
lasciò  al  suo  barone  Stefano  e  Lorenzo  suo 
cugino  la  facoltà  perpetui  di  collocarvi 
un  alunno,ma  ordinò  altresì  che  mancan- 
do la' loro  famiglia,  il  diritto  di  nomina 
si  devolva  al  pubblico  di  Palestrina;  ed  i 
primi  prenestini  scelti  a  godere  il  posto, 
crede  Peti  ini  che  fossero  Giulio  Leonar- 
di e  Addile  llcndilti,  poi  ambedue  ret- 
tori del  medesimo,  carica  che  a  suo  tem- 
po soleva  affidarsi  a  quelli  ivi  educali.  I 
cardinali  invece  diDomenico  crearonoPa- 
pa  il  cardinal  Piccolomini,  già  suo  segrc 
tario  ed  allievo,  che  preso  il  nome  di  Pio 
II,  promosse  alla  porpora  il  fratello  An- 
gelo Capranica  vescovo  di  Rieti,  il  quale 
fu  beneficentissiniocol  collegio,di  cui  ora 
è  protettore  il  cardinal  Lodovico  Altieri, 
dopo  la  morte  del  cardinal  Minare  decano 
del  «agio  collegio.  Opina  Calindri,  che  i 
primi  abitatori  di  questo  luogo  furono  gli 
aborigeni, cioè  nionlicoli,echelu  poiqua- 
si  abbandonato  il  castello;  ma  dopo  il  se- 
colo VII  le  rapine,  le  stragi  e  le  depre- 
dazioni de'circostanti  luoghi  lo  fecero  ri- 
popolare: aggiunge  che  dopo  il  secoio  X. 
furono  nuovamente  abbandonati  i  caste!  • 
li  di  MonteManno  eCastel  Nuovo,  e  tutti 
i  popoli  si  riunirono  in  Capranica.  Di  que- 
sto nulla  dicono  Petrini  e  Nibby:  ili  ."di- 
ce soltanto  che  nel  970  fu  compreso  nel- 
l'infeudazione  che  die  Papa  Giova  uni  X  Ut 
alla  senatrice  Stefania  ,  con  Palestrina  e 
sue  pertinenze,  come  Capranica,  Galli- 


2i$  SUB 

cmio  (f  •),  Cave  e  Rocca  di  Cave,de'quali 
riparlai  a  Genazzano, ed  il  silo  ove  fu  poi 
fabbricalo  Zagarolo^f7.),  con  l'annuo  ca- 
none di  circa  scudi  20.  Negli  Annali  dei 
camaldolesi  ,\.  4  Append.,  p.  5cj6,  si  fa 
menzione  del  lenimenlum  Capranice,sea' 
z'altri  particolari;  ma  dal  riferito  da  Pe- 
trilli a  p.  1  43  e  dalla  carta  da  lui  pubbli- 
cala a  p.  41  !  si  rileva  die  nel  12  52  era 
questa  terra de'Colonna,e  ebe in  quell'an- 
no nel  riparlo  fra  i  figli  di  Oddone  e  Gior- 
dano, Capranica  toccò  al  figlio  di  Gior- 
dano, cbiamatopureOddone.  Vuoisi ebe 
\i  si  recasseBonifacio  IX, reduce  da  Rieti, 
e  vi  si  trattenesse  alquanto,  secondo  Piaz- 
za, il  quale  descrive  le  altre  sue  chiese. 
Neh  4^4  Per  'e  guerresche  vertenze  in- 
sorte fra  i  Colonna,  ed  i  Puario  nipoti  di 
Sisto  IVe  aderenti  degli  Orsini,  Capra- 
nica fu  a'3i  luglio  assalita  dalle  milizie 
papali,  dopo  la  presa  di  Cave:  la  difen- 
deva per  Prospero  Colonna  il  caprani- 
cese  Komauello  Corsetto,  il  quale  dopo 
poca  resistenza  rese  la  lena  e  colla  sua 
truppa  si  recò  a  Genazzano,  o  in  Paliano 
secondo  Nibby.  Prospero  mal  soddi>fatto 
di  sua  coudotta  e  lealtà,  lo  feri  di  proprio 
pugno,  e  lo  fece  poi  impiccare  e  squar- 
tare, considerandolo  reo  di  tradimento. 
Passò  quindi  l'esercito  della  Chiesa  sotto 
Pisciano,  ed  espugnata  la  rocca  andò  al- 
l'assedio di  Paliano  (/.),  ov'era  Prospe- 
rosi quale  per  togliersi  qualunque  Sospet- 
to di  quegli  abitanti,  fece  condurre  i  loro 
figli  in  Genazzano  con  minaccia  di  farli 
uccidere,  quando' essi  non  avessero  fatto 
il  debito  loro  nella  difesa.  Poco  durò  l'as- 
sedio per  la  morie  del  Papa  avvenuta  ai 
1 2  agosto,  onde  le  milizie  pontificie  se  ne 
tornarono  subito  a  Pioma,e  Prospero  ri- 
coperò  i  suoi  dominii.  1  Colonua  riten- 
nero il  possesso  diCapranica  fino  ah  5G3, 
in  cui  il  celebre  Marc'Antonio  la  vendè 
a  DoaienicoMassimi;indi  neh  073  i  Mas- 
simi la  rivenderonoa  Girolamo  Theodo- 
h,ed  il  marchese  TheodoIoTheodoli  do- 
po ih65o  l'alienò  in  favore  de'Pantaga- 
ti  discendenti  de'cardinali  Capranica,  che 


SUB 

s'intitolarono  signori  di  loro  patria  Ca- 
pranica, comechè  vuole  Nibby;  ma  non 
debbo  tacere  che  afferma  Petrini,  avere 
i  Pantagali  comprato  Capranica  da'Mas- 
situi  dopo  la  metà  del  precedente  secolo. 
Finalmente  i  Capranica  l'alienarono  ai 
principi  Barberini  con  patto  redirnendi. 
Civilella.  Comune  dell'abbazia  di  Su- 
biaco,  con  territorio  fertile  e  montuoso, 
le  cui  produzioni  presso  a  poco  sono  e- 
guali  a  quelle  de'precedenti  paesi.  Vi  ab- 
bondano l'erbe  botaniche  utilissime,  ed 
in  copia  vi  nasce  l'assenzio,  la  valeriana, 
il  sei  pollo,  l'issopo.  Torreggia  questa  ter- 
ra de'bassi  tempi  sulla  cima  dirupata  del- 
l' ultimo  contrafforte  del  dorso  di  Colle 
Secco,  altissimo  monte  di  salso calcare,fra 
Rocca  s.  Stefano  e  Pioiate  egualmente  da 
loro  distante  3  miglia,  ed  a,  6  miglia  da 
s.  Vito,  eretta  sopra  le  rovine  d'una  cit- 
tà antica  nel  paese  degli  etnici.  Posta  in 
mezzo  a  luoghi  alpestri  e  selvosi,  e  per 
la  difficoltà  dell'accesso  si  può  quasi  dire 
isolala  dal  mondo,  fra  una  corona  impo- 
nente degli  Apennini,  in  aria  eccessiva- 
mente elastica,  la  quale  soverchiamente 
accelera  le  vitali  funzioni;  tuttavolta  il 
clima  è  salubre  e  lo  prova  l'incremento 
progressivo  della  popolazione.  La  via  me- 
no incomoda  per  andarvi  è  quella  di  Su- 
biaco,  la  quale  passando  per  Affile  e  Ro- 
iate  è  lunga  circa  12  miglia:  quella  che 
conduce  a  questa  terra  da  Palestrina,  per 
Cave,  Genazzano,  Ole  vano  e  Roiate,  ne 
conta  18.II  suo  orizzonte  è  uno  de'più  sin- 
golari e  più  vasti  dello  stato  pontificio, 
imperocché  non  solo  gode  la  veduta  nei 
diversi  lati  di  tutti  i  luoghi  circostanti, 
ancorché  lontani,  ma  giunge  la  vista  ol- 
tre al  Mediterraneo  fino  ai  monti  di  Gae- 
ta, e  tutti  nominati  da  Marocco.  Propria- 
mente il  paese  è  posto  presso  a  poco  in 
piano,  avendo  la  strada  media  qualche 
buon  fabbricato,  ma  il  resto  delle  abita- 
zioni sono  mal  disposte  e  cosi  i  viottoli. 
Le  acque  sono  in  qualche  distanza.  A  mez- 
zogiorno esistono  avanzi  di  mura  castel- 
lane di  solidissima  costruzione,  mutilate 


SUB 

e  rese  al  paro  col  terrapieno  dell'interna 
via:  a'due  angoli  vi  sono  le  rovine  di  due 
torrioni,  uno  rotondo  e  l'altro  quadra- 
to, avente  ili.0  un  diametro  di  19  passi. 
Le  mura  hanno  circa  8  palmi  di  ertezza, 
e  la  lunghezza  di  esse  da  un  angolo  al- 
l'altro è  di  passi  85.  Gli  abitanti  sono  ri- 
spettosi, di  forte  temperamento  e  di  alta 
statura;e  nelledonne  generalmente  si  os- 
servano flsonomie  regolari.  Vi  sono  le 
maestre  pie  per  le  fanciulle,  e  scuole  pei 
giovanetti.   Possiede  due  chiese  parroc- 
chiali, lai. "arcipretale  e  sagra  a  s.  Sisto 
protettore  del  luogo  ,  dal  quale  è  lungi 
circa  mezzo  miglio,  onde  fu  riunita  alla 
parrocchia  interna  di  s.  Nicola  di  Bari,  il 
cui  quadro  è  un  bel  dipinto  del  Manen- 
te, e  di  esso  è  pure  la  Cena  degli  aposto- 
li nel  quadro  dalla  parte  del  vangelo.  Il 
popolo  e  quello  de'paesi  conviciui  è  de- 
votissimo del  patrono  s.  Sisto,  e  vi  accor- 
rono in  folla  a  celebrarne  l'annua  festa. 
Circa  un  miglio    distante  verso  oriente 
trovasi  il  convento  de'minori  osservanti, 
celebre  per  antichità  e  memorie  religio- 
se, piccolo  e  povero  pel  fabbricato,  il  qua- 
le giace  in  una  valle  coronata  da  colli  for- 
mati da'scoscendimenti  e  divinazioni  del- 
la cresta  principale.  Orrido  ed  ermo  è  il 
sito,  e  tanto  circuito  che  vi  si  gode  una 
parte  assai  ristretta  del  cielo;  nondimeno 
secondo  il  p.  Casimiro  di  Roma,  Memo- 
rie sloriche  delle  chiese  e  conventi  de' fra- 
ti minori  della  provìncia  romana,  si  cal- 
cola il  suolo  a  1900  palmi  sopra  quello  di 
Roma.  Di  questo  luogo  destinalo  a  pe- 
nitenza ,  e  abitato  da  esemplari,  austeri 
e  ospitali  religiosi,  si  hanno  memorie  fi- 
no dal  1284  nella  vita  della  b.  Marghe- 
rita Colonna.  Il  p.  Casimiro  che  erudi- 
tamente ne  parla  a  lungo,  crede  che  fin 
dal  1223  fosse  concesso  al   patriarca  s. 
Francesco  dall'abbate  di  Subiaco  per  fon- 
darvi un  ritiro,  e  ricorda  i  molli  miraco- 
li ivi  da  lui  operati,  enumerando  le  re- 
liquie della  chiesa  che  è  molto  decente, 
la  quale  è  lunga  28  passi,  larga  8,  tranne 
il  coro  un  passo  meno  largo.  Questa  chie- 


SUB  229 

sa  rimonta  almeno  al  secolo  XV,  poiché 
fu  consagrata  nel  1489  da  Cesare  Nacci, 
come  si  ha  dal  documento  riferito  dal  p. 
Casimiro.  In  esso  si  ricordano  due  altari 
non  più  esistenti,  uno.  fuori  della  chiesa 
adonoredella  B.  Vergine,  l'altro  in  mez- 
zo alla  chiesa  ad  onore  di  s.  Antonio  di 
Padova.  In  luogo  di  essi  sonovi  3  altari 
in  fondo  alla  nave:  in  quello  dell'altare 
maggiore  è  un  dipinto  esprimente  S.Fran- 
cesco che  vestito  da  diacono  ripone  ginoc- 
chioni il  Bambino  nel  presepio:  presso  di 
esso  riposano  i  corpi  de'  servi  di  Dio  fi". 
Samuele  da  Farnese  e  fi*.  Francesco  da 
Ghisone  minori  osservanti,  con  lapidi  che 
riporta  Marocco.  Ne'due  altari  laterali  i 
quadri  rappresentano  uno  s.  Francesco, 
l'altro  la  ss.  Concezione  con  s.  Rosa  a'suoi 
piedi.  Vi  è  pure  un  luogo  dove  suol  far- 
si il  pio  esercizio  della  Via  Crucis,  e  nel- 
la chiesuola  o  vaghissima  cappella  a  de- 
stra, do  veesso  si  termina,  vi  è  un  bel  Cro- 
cefisso di  legno  intagliato  da  F.  Vincen- 
zo da  Bassiano,  che  molto  si  distinse  in 
tali  lavori  nel  secolo  XVI,  e  che  partico- 
larmente operò  a  Cori  nel  refettorio  del 
convento  dis.  Francesco.  Questo  sagro  si- 
mulacro desta  riverente  commozione  di 
pffetti  in  riguardarlo,  per  la  sua  natura- 
lezza e  meravigliosa  espressione.  Sopra 
l'altare  si  venera  il  corpo  del  celebre  b. 
Tommaso  da  Cori  miuore  osservante^  i- 
gtitutorede'sàgri  ritiri  nella  provincia  ro- 
mana, ed  apostolo  di  Subiaco,  in  questo 
convento  santamente  morto  l'i  1  gennaio 
1729  di  74  anni  e  5i  di  vita  religiosa. 
Di  lui  abbiamo  due  vite,  la  inscritta  dal 
p.  Amadeo  da  Torino  postulatore  di  sua 
causa,  la  2.a  dal  p.  Luca  da  Pioma,  e  ivi 
pubblicata  nel  1  786. 11  suo  corpo.oggetto 
della  più  singolaredivozioriede'fedeliche 
vi  accorrono  da  ogni  parte,  giace  con  ma- 
schera di  cera  somigliante  al  suo  volto, 
vedendosi  naturalmente  le  di  lui  mani  e 
piedi.  Pio  VI,  che  solennemente  lo  bea- 
tificò a'3  settembre  1 786,  in  sequela  del- 
la bolla  Domìnus  ac  Salvator,  emanala 
a' 18  del  precedente  agosto,  allorché  nel 


S  U  D 

ìytX)  si  recò  a  Subiacosua  abbazia,  per 
la  tenera  divozione  che  professava  a  que- 
sto bealo, si  recò  appositamente  a  vene* 
tarlo  sabato  23  maggio,  ricevuto daVe- 
iigiosi  del  ritiro  e. dal  suo  nipote  cardi- 
nal Braschi  protettore  dell'ordine;  cele- 
brò la  messa  sul  suo  altare  e  altra  ne  a- 
•colto.  Ammettendo  la  religiosa  famiglia 
al  bacio  del  piede,  lasciò  al  superiore  una 
generosa  limosina,  ed  essa  a  perenne  ri- 
cordanza eresse  nel  convento  quella  la- 
pide che  riprodusse  Marocco  e  celebran- 
te questa  onorevole  visita.  Nell'orto  del 
convento  sono  vi  alberi  piantati  dallo  stes- 
so s.  Francesco,  e  lungo  la  via  fra  esso  e 
Ci  vitella  si  vedono  l'impronte  dal  santo 
lasciale  sul  vivo  sasso  di  sua  testa  e  cap- 
puccio ,  onde  il  luogo  fu  cinto  di  muro 
nel  i  7  rg.  Riferisce  JNibby, che  osservando 
!a  natura  del  sito  ove  sorge  Civitella,  si 
ì  iconosce  che  occupa  quello  dell'acropoli 
primitiva,  poiché  la  città  propria  mente 
delta,chequigiàfu,si  dilungava  verso  oc- 
udente,  dove  rimane  ancora  un  testimo- 
nio, clie  è  la  chiesa  antica  di  s.  Sisto.  L'a- 
vanzo d'un  muro  costruito  di  grandi  po- 
ligoni irregojari, lungo  cii  ca  i  oo  piedi, che 
incora  rimane  fuori  della  terra,  per  la  sua 
disposizione  dimostra  al  lempostesso  l'an- 
ìichità  del  luogo,  e  nou  aver  fatto  parte 
delle  fortificazioni  della  città  antica,  ma 
solamente  essere  una  sostruzione',  forse 
d'un  tempio  dedicato  alla  dea  Dona,  se 
conilo  il  p.  Casimiro.  Il  nome  di  Civita 
e  Civitella,  che  ritengono  molte  terre  d'I- 
talia, è  sempre  un  forte  indizio  per  cre- 
derle fondate  sopra  il  sito  di  città  e  bor- 
gate antiche,  e  questa  osservazione  in  Ci- 
vitella diSubiaco  si  verifica  col  fatto  della 
^ostruzione di  poliedri  (corpi  solidi  com- 
presi da  più  superficie  piane),  ancora  esi- 
stei! te.Qui  tuli  crede  JNibby  di  ravvisare  in 
questo  luogo  la  posizione  di  Vilellia;itnpe- 
i  oechè  quella  colonia  romana  fu  fondala 
nel  territorio  degli  eroici,  onde  tenere  a 
freno  gli  equi  o  equicoli.  Tito  Livio  ne 
fa  menzione  lai.3  volta  nella  descrizione 
della  scorreria  di  Coriolano,  che  se  ne  ini- 


SU  G 
padroni  per  sorpresa  l'anno  aG5  di  Ro- 
ma, probabilmente  dopo  la  presa  di  To- 
ledo, oggi  Valmontone,  portandovisi  per 
Colle  Gentile,  Olevanoe  Rotate,  cioè  con 
0  ore  di  marcia.  Da  Svetonio  nella  vita 
di  Vi téllio  si  apprende  che  correva  la  tra- 
dizione come  questa  città  era  stata  così 
denominata,  perchè  i  Vitellii  avevano  do- 
mandato di  difenderla  contro  gli  equico- 
li. Ma  questa  colonia  fu  appunto  espu- 
gnata dagli  equi  l'anno  36odi  Roma,  se- 
condo Io  stesso  Livio,  ed  allora  rimase 
probabilmentedeserta.poichè  gli  abitan- 
ti se  ne  fuggirono  in  massa  a  Roma,  per 
testimonianza  dello  slessoslorico.  Quindi 
Plinio  nomina  i  Vilellenses  fra  i  popoli 
del  Lazio  periti  senza  lasciar  vestigio.  Ma- 
rocco riportò  l'opinione  d'alcuni,  che  Ci- 
vitella surse  dalle  rovine  dell'antichissima 
e  forte  città  di  Belecre  degli  equi,  che  gia- 
ceva sul  dorso  del  monte  estendendosi  fi- 
no a' terreni  detti  li  Casali,  che  ancora  si 
vedono  cinti  dagli  avanzi  di  smisurate 
mura  pelasgiche  e  già  di  estesa  circonfe- 
renza. A««iiin"e  che  taluno  crede  essersi 

oo        o 
denominata  parva  Civitas  la  fortezza  o 

cittadella  per  guardare  la  città,  e  riporta 
la  lapide  trovata  in  Civitella  di  Julia  À- 
thenas  magisLra  Bonae  DeaeSevìrac.iW- 
tra  lapide  antica  scoperta  presso  Civitel- 
la verso  ih  780  di  R.osa  Januaria,  che  fu 
collocatane!  muro  della  villa  Galletli,  lun- . 
go  la  via  da  s.  Vito  a  Genazzano,  la  pub- 
blicarono il  p.  Casimiro  e  Muratori.  Alla 
caduta  dell'  impero  romano  questo  luo- 
go fu  popolato  di  nuovo,  e  fin  dal  967  si 
ricorda  come  già  appartenente  al  mona- 
stero sublaceuse  col  nome  di  Moniti  Ci- 
vitella,  poichènel  diploma  d'Ottone  I,  ri- 
ferito da  Muratori,  Antìq.  Medii  Aevi  t. 
5,  p.  4^5,  fra  gli  altri  beni  confermati  al 
detto  monastero,  si  nomina  Ulontem,  qui 
vocatur  Civitella,  laonde  pare  che  sino  a 
quell'anno  la  nuova  terra  notisi  fosse  ancor 
formata;  ma  nel  secolo  seguente  lo  era,  e 
infeudata  nel  i5o7  a  Landone  figlio  di 
Trasimondo,  che  si  dice  signore  di  Civi- 
tella, il  quale  nel  1084  si  trova  ricordato 


SUD 
ili  nuovo  come  signore  di  Cerano.  Nella 
cronaca  Cnssinese,  Landone  si  dice  pine 
signore  di  Chieli  e  d'Aquino.  A  Lamin- 
ile successe  uel  possesso  di  questo  feudo 
Bei  traimo  suo  figlio,  a  cui  Papa  Pasqua- 
le Il  ingiunse  di  restituire  ambedue  que- 
ste terre  al  monastero,  e  nella  sua  bolla 
del  i  i  i  5  Ci  vitella  viene  enumerata  fra  i 
beni  sublacensi. Perchè  si  elFeltùassela  re- 
slituzione,ilPapa  spedi  l'uditore  suoLen- 
tulo  da  Trevi  a  Beitraiuio.  Però  nel  de- 
clinare del  secolo  VII  e  sul  principio  del 
seguente,  malgrado  la  conferma  fatta  al 
monastero  da  Clemente  III  nel  i  187,  e 
da  Papa  Onorio  III  nel  1  2  1  7,questa  ter- 
ra reggevasi  a  modo  d'oligarchia,essendo 
governata  da  1  2  de*  principali  e  potenti 
cittadini  detti  Seniores, a'quali  PapaCe- 
lestino  III  neh  ig2  diresse  un  breve,  ri- 
ferito dal  p.  Casimiro, e  nel  quale  esige  la 
restituzione  di  Rocca  s.  Stefano  da  loro 
tolta  al  monastero  per  sorpresa,  per  un 
ricorso  fatto  dall'abbate  Piomauo  al  Pa- 
pa. Incomincia  il  breve  colla  forinola: Di- 
lectisfìliis  nobilibus  viris  dominis  de  Civi- 
tella, salutali  et  apostolicain  benedìctio- 
nem.  Questa  forma  di  reggimento  conti- 
nuava inCivitella  neli23o:  il  presidente 
di  questi  duodecemviri  nominavasi  Re- 
ctor,ed  allora  n'era  retlorePioberlo,  quan- 
do le  truppe  di  Landone  abbate  subla- 
cense  forzarono  il  consiglio  di  Ci  vi  tei  la  il 
22  maggio  a  riconoscere  la  supremazia 
del  monastero, e  giurargli  fedeltà  e  vas- 
sallaggio. Nel  medesimo  anno  Papa  Gre- 
gorio lXconcesse  a  tali  nobili  di  Civilella 
il  privilegio  d'eleggersi  sepoltura  ad  li- 
bitum nel  monastero  sublacense.  Comesi 
comportasse  dopo  quel  tempo  il  consiglio, 
e  quali  vicende  incontrasse  la  forma  del 
governo  stabilita  in  Civitella  è  ignoto: 
sembra  probabile  die  dall'oligarchia  pas- 
sasse alla  signoria  feudale  assoluta;  onde 
nel  1  338a'28  luglio  l'abbate  Bartolomeo 
•volendo  ritogliere  all'atto  dalle  mani  dei 
laici  questa  terra,  comprò  per  2000  do- 
rmi da  alcuni  nobili  di  Geuazzanole  por- 
zioni che  viaveano,  e  per  mantenersi  più 


S  U  B  23 1 

facilmente  nel  possessodiCivitella  restau- 
rò e  fortificò  la  rocca  in  modo  da  ridurla 
(]uasi  inespugnabile, siccome  può  legger- 
si nel  Chronicon Sublacense.  Di  più.  l'ab- 
bate eresse  una  cappella  alla  li.  Vergine 
con  abitazione  per  celebrarvi  le  sue  feste 
egli  e  i  suoi  successori, col  beneplacito  di 
Papa  Benedetto  XII. Ma  di  questa  rocca 
così  fortificata  nou  rimane  vestigio,  co- 
me neppure  della  cappella  di  s.  Maria  e 
dell'abitazione:  forse  alcuni  suoi  muri  a- 
via  mio  servito  a  forma  re  alcune  delle  sus- 
sistenti case.  Una  parte  della  rocca  pare 
ravvisarsi  dove  sta  la  fabbrica  che  guar- 
da ponente  incontro  la  casa  Mobil j,  a  cui 
dovea  essere  unito  il  summentuvalo  tor- 
rione rotondo. Malgrado  tutte  queste  pre- 
videnti pieni  ure,d  ne  anni  dopo  e  neh  3'io 
la  terra  tornò  io  inani  straniere  al  mona- 
stero, perchè  la  comprò  Pier  AgabitoCo- 
louna  per  2000  fiorini,  secondo  Nibby,o 
per  4ooo  al  dire  di  Marocco,  e  ne  riven- 
dè per  somma  eguale  la  metà  a  Giovan- 
ni da  Rodi  di  Genazzano.  E  questa  me- 
tà medesima  neh  37 3  fuda'nipoti  diGio- 
vanni  donata  all'abbazia  di  Subiaco, es- 
sendone abbate  Francesco:  l'altra  metà, 
comprata  da  Antonio  Mondi  pure  diGe- 
nuzzaoo,  neh  385  fu  venduta  al  mona- 
stero, il  (piale  così  tornò  nel  possesso  in- 
tegrale della  terra,  che  riconobbe  la  pie- 
na .signoria  dell'abbate  sublacense.  Poco 
lungi  dal  ritiro  e  convento  de'francesca- 
nianlieaoienteesistevail  castello  di  Mon- 
te Casale  ora  diruto,  spettante  all'abba- 
zia sublacense,  e  ricuperato  nel  1  1  33  dal- 
l'abbate Pietro  II,  e  cambiato  con  quel- 
lo di  Camerata  dato  a  Gregorio  signore 
d' Anticoli  Corrado  che  unii  167  resti)  di- 
strutto, sebbene  neh  1  89  fosse  risarcito 
e  confermato  all' abbazia  con  Pisciano, 
Massa  Valeri  e  altre  terre  con  bolla  diCIe- 
nieute  III.  Egualmente  restò  distrutto  il 
castello  di  Biocca  Secca,altra  appartenen- 
za dell'abbazia,  sul  quale  vi  è  un  breve 
di  Alessandro  111.  Essendo  Civitella  nel- 
la diocesi  di  Pulestriiia,  e  contrastandone 
la  giurisdizione  l'abbate  sublacense,  per 


23*  S  C  B 

quanto  dissi  parlando  d'Affile  e  Ponza, 
nel  i63g  Urbano  Vili  definitivamente 
l'attribuì  all'abbazia  di  Subiaco.  Ci  vitella 
nel  i834  fu  beneficata  da  Gregorio  XVI. 
Pisciano.  Comuue  della  diocesi  di  Pa- 
lestrina, con  territorio  in  monte,  il  qua- 
le particolarmente  rende  grano  a  suffi- 
cienza, e  in  abbondanza  vino, olio,  gran- 
turco, legumi, fi  ulti  d'ogni  specie,g  bian- 
de per  inaiali,  farro,  e  pascoli  ubertosi 
nellesue  vallate,  ed  è  esposto  in  aria  me- 
diocre. E'  lungi  3  miglia  da  s.  Vito,  e  12 
da  Tivoli  per  istrada  carrozzabile,  ed  al- 
trettanto da  Palestrina  e  da  Subiaco;  ed  è 
posto  sopra  un  colle  dipendente  dalle  ci- 
me cbe  diconsi  Colle  Celeste,  sulla  riva 
destra  del  Giuvenzano,  e  non  molto  di- 
stante dalle  sue  sorgenti.  Non  ha  porte 
urbane,  né  mura, ed  entrasi  nel  paese  per 
largo  e  conveniente  borgo,  da  mediocri 
fabbriche  fìancheggiato,in  fine  del  quale 
vi  è  l'abitazione  del  marchese  Theodoli, 
che  come  dissi  a  s.  Vito,  con  questo  e  al- 
tri luoghi  l'acquistò,  e  vi  ha  rimarche- 
vole possidenza:  la  sua  casa  si  distingue 
per  un  rotoudo  torrione  piccolo  e  situato 
da  un  lato.  La  popolazione  è  agricola  e 
di  forte  temperamento,  né  manca  di  civi- 
lifamiglie,fra  le  primarie  distinguendosi 
la  Cerasi.  Dominato  è  Pisciano  dalla  tra- 
montana, per  aver  da  questo  lato  l'oriz- 
zonte apertissimo,  ma  le  nevi  per  la  tem- 
peratura del  clima  poco  vi  rimangono. 
A  mezzogiorno  è  una  pianura  egregia- 
mente coltivata,  con  vigneti  cciìi veli,  ter- 
minata la  quale  incominciano  foltissime 
macchie  che  vestono  una  bella  corona  di 
collinette,essendo  mirabile  e  pittorica  la 
sua  topografica  posizione.  Non  manca  di 
acque,e  le  principali  foutane  sono,quella 
delta  da  Piedi,  perchè  trovasi  al  termi- 
ne delle  abitazioni; quella  nominata  Ca- 
sale, distante  mezzo  miglioe  in  istrada  co- 
moda;e  quella  di  s.Vittoria,così  chiamata 
per  passare  sotto  una  chiesuola  sagra  a  ta- 
le sauta  patrona  della  terra: per  l'abbon- 
danza delle  acque  vengono  diversi  terreni 
circostanti  coltivati  a  ortaglie,  che  proda? 


SUB 
cono  erbaggi  di  eccellente  sapore.  Il  solo 
tempio  esistente  dentro  il  paese  con  titolo 
d'arcipretura  è  intitolato  a  s.  Paolo  apo- 
stolo, altro  protettore  di  Pisciano,espres- 
60  in  tela  nell'altare  maggiore  con  gran- 
de intelligenza.  Si  celebra  la  festa  a'i5 
gennaio,  anniversario  di  sua  portentosa 
conversione.  Con  più  solennità  si  festeg- 
gia a'9  luglio  quella  della  protettrice  s. 
Vittoria  e  con  gran  concorso  di  popolo, 
che  poi  passa  a  visitare  la  chiesa  di  s.  A- 
natolia  custodita  da  un  romito.  Di  que  • 
ste  e  altre  chiese,  come  de'sodalizi  e  del  - 
l'ospedale,  tralta  Piazza,  il  quale  conget- 
tura che  quivi  venisse  s.  Paolo  dopo  es» 
sere  stato  con  s.  Pietro  in  Palestrina;  e 
riferisce  pure  le  gesta  di  s.  Vittoria, della 
sua  salutifera  fontana  e  del  suo  monaste- 
ro.Si  fa  una  rimarchevole  fiera  fra  Ce- 
rano e  Cerreto,  e  lungi  un  miglio  dal  2.0 
in  vasto  prato  ,  con  varie  botteghe  alla 
guisa  della  rinomata  fiera  di  Fara  in  Sa- 
bina. Neh  810  per  l'invasione  francese, 
il  popolo  comprò  una  celebre  campana 
spettante  al  santuario  di  s.  Eustachio  del- 
la chiesa  di  s.  Maria  della  Wentorella,  e 
superate  gravi  difficoltà  nel  trasporto,  la 
condusse  nel  paese.  Per  imperizia  di  chi 
la  suonava  a  martello  si  ruppe  nel  1 8  1 8 , 
indi  fu  rifusa  nel  1822  dal  frusinate  Lui- 
gi Cacciavillani,  essendo  magistrato  del 
pubblico  Adriano  Cerasi,  e  con  iscrizione 
che  ricorda  il  narrato,  e  la  consagrò  in 
onore  de'protettori  s.  Paolo  e  s. Vittoria. 
Dice  Marocco,  che  è  opinione  di  molti 
eruditi  essere  il  nome  e  l'origine  di  que» 
sta  terra  derivati  da  una  villa  del  famoso 
console  LucioPisone,  volendosi  eziandio 
che  anteriormente  fosse  denominata  Pi- 
sonìano.  Ciò  viene  confermalo  da'di  ver- 
si ruderi  esistenti  verso  la  falda  dell'im- 
ponente monte  della  Mentorella,  che  sta 
di  prospetto  al  paese,  lungi  quasi  un  mi- 
glio, e  gli  toglie  la  vista  dell'Agro  roma- 
no e  di  diversi  luoghi;  ritenendo  tal  sito 
il  nome  di  Grotta,  vi  si  trovarono  nel  la- 
vorare la  terra  monete  imperatorie  e  con- 
solari, ed  una  cassa  sepolcrale  di  terra 


SUB 

cotln  con  entro  ossa  umane  calcinate  ili 
qualche  ragguardevole  personaggio.  Ivi 
dovea  essere  una  villa  come  luogo  gra- 
devolissimo e  con  piano  di  feraci  campa- 
gne che  delizia  l'occhio,  rese  vieppiù  fer- 
tili dalle  sostanze  del  terreno  del  monte 
diGuadagnolo  che  vi  trasportano  le  piog- 
gie.  Questa  opinione  già  l'avea  pubbli- 
cata il  p.  Kircher,  seguito  d#  Piazza  e  Ca- 
lindri,  aggiungendo  cheLucioPisonedo- 
pò  il  consolato  vi  si  rifugiò  allorché  fu  e- 
siliato  da  Roma  per  la  congiura  di  Cali- 
lina,  ricordando  i  discoperti  pezzi  di  mar- 
mo,frantumi  di  colonne,  lamine  di  piom- 
bo, e  segnatamente  de'pezzi  d'asta  lun- 
ghi quasi  2  palmi,con  tramezzi  dello  stes- 
so piombo  in  larghezza  di  circa  2  oncie 
l'uno  dall'altro,  oltre  medaglie  consolari 
d'oro  e  d'argento.  Di  lutto  questo  Nibby 
non  fa  parola,  solo  descrivendo  a  chi  ap- 
partiene il  luogo,  avvertendo  non  dover- 
si confondere  col  Casale  Biscianwn  do- 
nato da  Piosa  nobilissima foemina  nelg84 
al  monasterodi  s.  Gregorio  diB.oma,con 
documento  riportato  dagli  Annali  Ca- 
maldolesi, Append.  t.  4;  né  col  fondo  Di- 
scianus  menzionalo  nella  bolla  di  Mari- 
no II  o  Martino  III  del  94^j  riferita  dal 
Marini  ne'  Papiri  diplomatici  p.  236, 
giacché  quel  fondo  era  molto  più  vicino 
a  Tivoli.  In  principio  il  fondo  di  Piscia- 
no fece  parte  della/17 assaJiwentiana  do- 
nata da  Papa  s.  Zaccaria  del  741  al  mo- 
nastero sublacense,  il  che  fu  conferma- 
to da  Gregorio  IV  nell'833  e  da  s.  Nico- 
lò 1  nell'86.4,  siccome  ricavasi  dal  placi- 
to del  g83  e  riferito  da  Muratori,  Anliq. 
Meda/levi  t.  r,p.  379.  Come  altri  castel- 
li di  questo  distrelto,^embra  che  fosse  fon- 
dato nel  i.°  periodo  del  secolo  XI,  poiché 
nella  bolla  di  Giovanni  XII  del  9  58. si  no- 
mina solo  come  fondo,  Funduni  Pisca- 
no.  Ma  pare  altresì,  che  ben  presto  fosse 
occupato  da  privati,  onde  l'abbate  Gio- 
vanni lo  ricuperò  verso  il  1090,  e  lo  re- 
stituì al  monastero  5  anni  dopo.  Succes- 
sivamente se  ne  trova  meuzionecome  ter- 
ra pertinente  ai  monaci  sublacensi  nel 


SUB  233 

1 189  nella  bolla  di  Clemente  III,  e  nel 
1  2  1  7Ìnquellad'OnorioIU.Neglisconvol- 
gimenti  del  secolo  XIV  venne  in  potere 
de'Colonna,  i  quali  lo  ritennero  sino  al 
i484>nel  quale  fu  espugnato  da'soldati  di 
Sisto  IV,  come  si  legge  ne'diari  del  Nan- 
tiporto  e  deirinfessura,  ed  in  Pettini  pel 
narralo  di  sopra;  imperocché  non  ostan- 
te la  famosa  pace  fatta  fra  il  Papa  e  il  re 
di  Napoli,  la  guerra  si  riaccese  fa  il  con- 
te Riariò  nipote  del  Papa  e  Prospero  Co- 
lonna, che  lo  ricuperò  tosto  per  la  morte 
di  Sisto  IV,ed  i  suoi  discendenti  lo  riten- 
nero sino  al  secolo  XVI  in  che  passò  nei 
marchesiTheodoli.DiceCalindri  diesino 
al  1  (S3o  fu  piccolo  castello,  indi  venne  in- 
grandito. Narra  Pollini,  che  neliGSg  a- 
vendo  Urbano  Vili  terminate  le  verten- 
ze giurisdizionali  e  diocesane,  tra  il  ve- 
scovo di  Palestina  e  l'abbate  commen'! 
datario  di  Subiaco,  la  diocesi  del  primo 
si  riconcentrò  in  1  2  luoghi  compreso  Pi- 
sciano; e  che  fra  questoe  s.  Vito  nel  1  3oo 
fu  distrutto  a'Colonna  d'ordine  di  Boni- 
facio Vili  il  paesetto  di  Gastel  Nuovo. 
Fiocca  s.  Stefano.  Comune  dell'abba- 
zia di  Subiaco,  con  territorio  in  monte, 
che  produce  in  abbondanza  granturco, 
poco  vino  e  canepa,  olio  e  frutti  d'ogni 
specie,  legna,  ghianda  e  pascoli, con  molti 
maiali.  L'  aria  è  elastica,  le  acque  sono 
buone  e  copiose,  denominandosi  le  pub- 
bliche fonti,  Fontana  grande  e  lungi  un 
4-°  di  miglio,  e  Le  Prata,la  cui  acqua  po- 
trebbe facilmente  condottarsi  nell'inter- 
no. Rocca  s.  Stefano  é  distante  3  miglia 
da  CivitelIa.Essa  sorge  sopra  un  colle  di- 
pendente dalla  punta  di  Colle  Secco,e  vi 
si  può  andare  da  Subiaco,  passando  per 
Aflile,  lungo  il  fosso  Carpino  e  la  Mola, 
fosso  che  va  a  scaricarsi  nell'Amene  sotto 
Canterano.  Questa  via  è  lunga  più  di  1  3 
miglia,  e  come  tutte  le  altre  strade  di 
montagna  é  molto  incomoda,  ma  non  co- 
sì malagevole  quanto  quella  che  vi  con- 
duce da  Palestrina  passando  per  Genaz- 
zano,  la  quale  per  8  miglia,  quante  se  ne 
contano  da  Genazzanoa  Rocca  s.  Stefa- 


?.l%  8  U  lì 

no,èollremodoalpcstre,essendo  un  sem- 
plice sentiero  aperto  fra  monti  e  dirupi. 
L'esterna  appariscenza  ilei  fabbricato, 

quasi  schierato  sulla  vetta  del  monte,  da 
lontano  olire  un  aspetto  importante,  eda 
Gerano  venendpvi  per  una  via,  che  me- 
rita piuttosto  il  nome  di  fosso, e  traver- 
sandosi un  lungo  tratto  di  macchia  di 
castagni,  si  vede  in  torma  quasi  pirami- 
dale torreggiare  con  gravezza,  formando 
il  suo  culmine  il  tempio  arcipretale.  Ma 
giuntivi  per  erta  strada  non  si  trovano 
Sulla  cima  che  miseri  abituri, tran  ne  qual- 
che casa,  interni  viottoli  malconci, ed  una 
popolazione  affannata  dal  tenue  lucro 
della  campagna  poco  ferace;  popolazione 
però  robusta, di  piacevole  aspetto  e  di  una 
unione  singolare.  La  chiesa  arcipretale  è 
dignitosa, sagra  alla  D.  Vergine  Assunta, 
espressa  in  quadro  che  fu  dipinto  ii>  Ro- 
ma nella  villa  Negroni,  della  scuola  del 
cav.  Mengs,  e  donato  dal  cardinal  Gio. 
Battista  Spinola  abbate  commendatario. 
E"  di  una  sola  nave,  con  due  altari  per 
parte:  nel  i.°a  sinistrasi  vede  il  martirio 
di  s.  Barbara  col  crudele  padre  che  vie- 
ne colpito  dal  fulmine, dipinto  di  mollo 
pregio chesembra  di  Pietro  Perugino.  La 
fronte  esterna  del  tempio  lasciata  grezza, 
corrisponde  all'interna  struttura.  L'  al- 
tare maggiore  è  custoditp  da  marmorea 
balaustra;  manca  però  l'organo  sebbene 
abbia  elegante  orchestra.  Fuori  dell'abi- 
tato esiste  la  chiesa  del  protomartire  s. 
Slefano,principal  protettore  della  terra, 
la  quale  con  di  vola  pompa  ne  solennizza 
la  festa  a'26  settembre.  Vi  sono  pure  i 
sodalizi  del  ss.  Sagramento  e  del  ss.  Ro- 
sario. Narra  Marocco,  che  incontro  alla 
chiesa  arcipretale  vedesi  una  torre  qua- 
drata,mutilata  nella  cima, che  faceva  par- 
te della  rocca,  e  dalla  quale  il  luogo  e  dal 
suo  patrono  prese  il  nome,  ora  domicilio 
di  poveri  individui.  Altre  due  torri  sor- 
gevano su  questo  scoglio  e  costituenti  la 
iocca  medesima,  dalla  quale  fu  tolto  uu 
superstite  cannone  e  trasportato  alla  for- 
tezza di  Paliauo.  Vi  fiorì  mg.1  Giovanui 


SUB 

Cesi  prò- vicario  generale  diSubiaoo.Iau- 
realo  in  ambo  le  leggi  e  molto  erudito. 
DichiaraNibby,che  fin  dal  secoloX questa 
terra  si  formò  presso  la  chiesa  rurale  di 
s.  Stefano,  dalle  quale  ebbe  il  nome,  e 
che  viene  ricordata  nella  bolla  di  Bene- 
detto VII  del  cj^ò',  riportata  da  Marini 
im' Papiri  diplomatici  a  p.  229.  Circa  il 
logli  fu  acquietata  da  Giovanni  abbate 
sublacense,  couie  si  trae  dal  Chronicon,  6 
perciò  Pasquale  II  nella  pontificia  confer- 
ma de'beni  dei  monastero, fatta  neh  1  i5, 
nominò  la  fioccarli  s.  StephatÙ  curii  per- 
ti /lenti  is  tuis.  Durò  poco  tempo  il  domi- 
nio de' monaci  sopra  questa  terra, poiché 
verso  la  meta  del  secolo  seguente  l'abba- 
te Simone  fu  costretto  a  darla  in  pegno 
ad  alcuni  signori  romani  per  riscattarsi, 
come  rilevai  superiormente,  e  questo  è 
l'ultimo  fatto  rimarchevole  di  Rocca  s. 
Stefano.  Allorché  Pio  VI  da  Subiaco  si 
recò  e  visitare  la  chiesa  di  Ci  vitella,  a'eon- 
fini  del  territorio  il  comune  di  Rocca  s. 
Stefi.no  ne  celebrò  il  passaggio  con  arco 
trionfile,  con  due  riverenti  epigrafi  che 
si  leggono  nel  Brancadoro. 

fioiale.  Comune  dell'abbazia  diSubia  • 
co,  con  territorio  giacente  i  n  monte,  i  cui 
prodotti  principali  sono  grano  ,  ghian- 
da, legna  e  pascoli:  i  campi  sono  indefes- 
samente coltivati,  e  sebbene  la  maggior 
parte  del  terreno  sia  sassosa  e  boschiva, 
pure  rende  il  necessario  pel  sostentamen- 
to della  vita.Sorgesopra  rupi  partedelle 
frastagliature  occidentali  del  monte  Car- 
bonaro, in  piacevole  posizione,  offerendo 
da  ogni  lato  vastissimo  orizzoute, sana  es- 
sendo l'aria  che  vi  si  respira.  Malagevoli 
però  sono  le  vie  che  da  ogni  Iato  vi  con- 
ducono, alpestri  e  assai  ripide.  E'  distan- 
te 4-  miglia  da  Olevano,  5  da  Affile,  4o  da 
Roma  per  chi  vi  si  porta  da  Palestrina,  e 
56  per  chi  vi  va  da  Subiaco.  Collocato 
tutto  il  paese  sopra  alti  scogli  di  tufo,mo- 
stra  una  figura  quasi  circolare,  con  vie 
malconcie  e  fabbriche  meschine,  tranne 
alcune  convenienti.  E"  però  mirabile, che 
dopo  quasi  5o  passi  incominci  la  monta- 


SUB 

qnn  di  vivo  sasso  calcare  «perniino,  ser- 
vibile per  ottima  calce.  La  popolazione 
molto  unita  e  vivace,  ha  3  chiese  parroc- 
chiali. Pochi  passi  distante  dall'abitato 
vi  è  l'arcipretale dedicata  alla  B. Vergine. 
Le  altre  due  chiese  rotano  più  lungi,  ed 
una  è  intitolata  al  ss.  Salvatore  protetto- 
re del  paese,  il  quale  venera  pure  a  prin- 
cipale patrono  ».  Rocco,  da  cui  fu  libera- 
to da  una  terribile  pestilenza,  e  per  com- 
protettore il  patriarca  s.Beuedelto.  Dopo 
cortissimo  tra  Ilo  ili  cani  mi  no  fuori  del  ca- 
stello trovasi  una  chiesuola  sul  dorso  del 
monte  incontro  sagra  a  s.  Benedetto,  e  a 
lui  eretta  dopo  il  miracolo  die  vado  ad  ac- 
cennare. Passando  egli  peti  Boiate  men- 
tre il  popolo  era  afflitto  dal  contagio,non 
volle  farsi  riconoscere  ad  onta  delle  do- 
mande fattegli  da  quelli  che  presiedeva- 
no alla  pubblica  salute,  e  sottrattosi  a  ul- 
teriori ricerche,  giunta  la  notte  i\,i  si  co- 
ricò. Il  sasso  che  accolse  il  suo  sagro  cer< 
no  rimase  incavato  in  tutta  la  sua  forma, 
ed  evvi  persino  l'impronta  del  calcagno. 
Mail  piii  mirabile  si  è  che  a*2  i  marzo  fe- 
sta del  santo, tramanda  questa  pietra  ver- 
so la  parte  ov'egli  tenne  il  dorso,  un  ti- 
more a  piccole  stille  a  guisa  di  sudore, 
che  i  divoti  fedeli  chiamano  manna  e  si 
servono  per  segnare  i  malori,  operando 
ni  molti  la  guarigione.  Un  altare  copre 
il  sasso  che  viene  guarentito  da  uno  spor- 
tello o  ferrata  con  chiave. Dentro  il  paese 
vi  è  una  chiesa  dedicata  a  s.  Tommaso 
con  antica  travatura,  per  uso  comune 
delle  3  parrocchie  nell'amministrazione 
de'sagramenti,  ed  ampia  in  proporzione 
della  popolazione.  Lungi  un  miglio  tro- 
vasi la  chiesuola  della  B.  Vergine  delle 
Grazie,  dove  continua  è  l'affluenza  degli 
abitanti.  In  egual  distanza  in  amenissi- 
ma  situazione  è  un  fabbricato,  già  con- 
vento de'  minori  conventuali  soppresso 
da  l'io  VI  e  incorporato  co'suoi  beni  ai 
seminario  di  Subiaco.BeMo  è  a  vedersi  un 
laghetto  formato  dalle  acque  piovane  prò- 
venienti  da  tutti  i  monti  adiacenti, il  (piale 
si  estende  u  circa  20  rubbia  di  terreno, 


SUB  23  , 

distante  da  Boiate  quasi  un  miglio, e  do- 
ve nell'inverno  si  fa  caccia  di  ani  tre  e  ca- 
poverdi.  Questa  posizione  forma  un  bel 
punto  di  pittorico  paesaggio.Esistevanel 
castello  anche  un  monastero  di  monache, 
il  quale  fu  soppresso  da  Sisto  V.  Alcuni 
massi  quadrilateri  che  si  scorgono  nel  tra- 
versare la  porta  interna  di  questa  terra 
si  direbbero  residuo  di  qualche  oppido 
antico  in  questa  parte;  congettura  che  vie- 
ne avvalorata  dall'  aspetto  generale  del 
luogo,  in  modo  cheNihby  crede,  che  co- 
me Ci  vitella,  ancora  Boiate  fosse  un  op- 
pidum  degli  ernici;  d'altronde  il  suo  no- 
me ancora  risente  l'origine  italica  primi- 
tiva, come  All'ile  e  altre  terre  di  questa 
contrada.  Fino  dal  907  nello  slato  di  ca- 
sale e  col  nome  di  Ltiroiale  si  ricorda  nel 
diploma  imperiale  di  Ottone  I,  col  quale 
confermò  i  beni  al  monastero  sublacen- 
se.  Nella  cronaca  poi  di  quel  monastero 
s'incontra  un  tal  Rao  de  Roiaia  (tia  Ma- 
rocco chiamato  conte,  potente  e  ricco,  e 
secoiuloalcunidal  SUO  no  me  derivò  quel- 
lo del  castello),  che  giurò  fedeltà  all'ab- 
bate; e  nel  1  1 83  la  stessa  cronaca  ram- 
menta, come  un  tal  Casto  e  il  suo  figlio 
ebbero  in  consegnala  torre  di  Boiata.  Af- 
ferma Marocco,  che  da  riinota  origine  il 
castello  fu  dominato  dall'abbazia  subla- 
cense,  che  trovasi  registrato  nelle  vecchie 
carte  colla  qualifica  di  uobile  castello,e  che 

10  dominarono  ancora  le  due  potenti  fa- 
miglie Mastrilli  e  Bùva,  tuttora  esistenti, 
e  la  2/ era  ascritta  alla  nobiltà  romana. 
Sussiste  pure  la  famiglia  Bau  discenden- 
te dal  sunnominato  conte,  la  quale  an- 
cora gode  il  privilegio  di  non  pagare  tas- 
se per  la  molitura  all'  abbate  commen- 
datario, ed  ha  la  privativa  dell'acqua  del- 
l'abbazia. Presso  Boiate  reduce  Papa  Pio 

11  da  Subiaco,  vi  pranzò  in  compagnia 
della  sua  corte.  Boiate  rimase  al  mona- 
stero di  Subiaco  lino  al  i()3i,in  che  ven- 
ne acquistato  da'Barberiui.  In  origine  e 
(ino  ali(>3()  era  slato  sotto  la  cura  spi- 
rituale de* vescovi  di  Paleslrina; in  quel- 
l'anno però  Urbano  Vili  Barberini,  co< 


236  SUB 

me  già  più  volte  rilevai,  la  pose  insieme 
con  altre  terre  sotto  quella  dell'abbate 
commendatario  di  Subisco.  I  Barberini 
nel  pontificato  del  loro  parenteeneli635 
vi  aprirono  uua  bella  strada,  dove  pose- 
ro una  lunga  iscrizione,  che  ricorda  tale 
lavoro:  questa  strada  è  oggi  quasi  distrut- 
ta. Di  là  si  va  verso  Olevano,  ed  è  oltre- 
modo piacevole,  giacché  passa  solitaria 
fra  rupi  e  boscaglie,  variando  contiuua- 
mente  aspetto,  o  pel  colore  delle  rupi,  o 
per  la  maggiore  o  miuore  vegetazione  che 
le  riveste;  ed  è  sorprendente  vedere  di 
tratto  in  tratto  sbucciare  attraverso  il  tu- 
fo vulcanico,  la  calcarla  primitiva,  alla 
quale  esso  venne  dalla  forza  dell'eruzio- 
ni addossato. 

.Subiaco  t  città  abbaziale  e  celeberri- 
ma ne'fasti  della  storia  ecclesiastica,  co- 
me avventurosa  culla  del  venerando  e  be- 
nemerentissimo ordine  monastico  bene- 
dettino, è  distante  4$  miglia  da  Roma  e 
quasi  28  da  Ti volr,  seguendo  la  via  con- 
solare denominata  Valeria,  che  aperta  da 
Nerone,  ripristinata  da  Traiano  (e  della 
quale  riparlai  a  StradediRom  a), nel  1  788 
fu  ampliata  e  ristorata  dal  magnanimo 
Pio  VI  suo  abbate  commeudatario,  co- 
me lo  attesta  la  lapide  marmorea  eretta 
nel  territorio  d'  Arsoli,  pubblicata  dal 
Brancadoro  e  ripetuta  dal  Marocco ,a  cu- 
ra di  mg.1  Maniica  poi  cardinale. Viam 
longani  M.P.X.S.  Caesis  montami  jugis 
flamine  intra  veteretn  divenni   coercito 
ponlibus crepidinibus  omniqne opere  tnu- 
niendam  et  Sublaqueum  perdncendam 
curavit.  Verso  il  termine  della  via  per  a 
Subiaco,  il  ponte  di  s.  Francesco  serve  a 
trapassare  l'Aniene,  gittato  sopra  unica  e 
ampia  arcata,  e  fu  innalzato  da'sublaceu- 
si  colle  spoglie  de' vinti  tiburlini,  come  si 
apprende  dalla  lapide.  Subiaco  è  situato 
io  mite  temperatura,  nel  fondo  della  lun- 
ga, amena  e  decantata   Valle  Santa,  in 
mezzo  alla  catena  degli  alti  monti  Sicn- 
bruini,  i  quali  elevandosi  alle  sue  spalle 
lo  coprono  dall'impeto  de'  venti  aquilo- 
nari, e  presenta  a'di voti  sguardi  del  pel- 


SUB 

lt'grino,  come  vasta  torre,  la  rupe  ov'è  il 
famigerato  sagro  Speco  di  s.  Benedetto, 
e  il  tempio  e  basilica  abbaziale  di  s.  Sco- 
lastica, ove  venerasi  il  corpodi  s. Chelido- 
nia patrona  della  città.  Le  altre  meo  su- 
perbe colline,  che  all'occaso  e  al  mezzo- 
giorno lo  coronano,  adorne  di  fruttifere 
piante  e  di  casiui,  di  vigne,  oliveti  e  orti, 
colle  prossime  selvose  montagne  olirono 
varianti  e  bellissime  scene  a'  dipintori  di 
paesaggio  che  di  frequente  vi  accorrono 
per  ritrarre  i  più  sorprendenti  punti  di 
vista.  Mentre  il  complesso  delle  sue  pian- 
te sotto  i  raggi  del  vivificante  sole  diffon- 
dono per  l'aere  salutari  vapori,  le  sue  col- 
line versano  a  un  tempo  in  seno  alla  cit- 
tà la  copia  di  cristalline  fonti.  Sorge  Su- 
biaco,quasi  enorme  p'uamide,capo  e  cen- 
tro della  rinomata  e  antichissima  abba- 
zia e  de'suddescritti  16  castelli  e  altri  luo- 
ghi minori  da  essa  dipendenti,  in  mezzo 
alla  catena  de'monti  Simbruini,  e  fàscia 
una  delle  lacinie  del  suo  monte  o  Colle 
Calvo  verso  sud-est,  bagnato  a'piedi  dal 
corso  del  fiume  Aniene,  che  feconda  la 
■vallata,e  venendo  coronato  nel  puuto  cul- 
minante o  cresta   del  colle  dalla  Rocca, 
maestosa  residenza  del  cardinale  abbate 
commendatario,  fra' vasti  suoi  recinti  con 
piantati  di  olivi,  ed  a  cui  si  ascende  per 
agiato  stradone  ombreggiato  d'alberi  e- 
sotici  per  gli  estivi  passeggi.  Siccome  la 
via  consolare,  che  conduce  da  Roma  a 
questa  città,  >egue  la  valle  serpeggian- 
te dell' Aniene,  come  1'  andamento  più 
comodo,  perciò  la  Rocca  stessa  di  Subia- 
co rimane  nascosta  dietro  le  varie  fra- 
stagliature del  dorso  di  monte  Calvo,  fin 
quasi  alla  distanza  d'un  miglio  prima  di 
giungervi,  e  così  veduta  da  lungi  la  città 
presenta  una  pittoresca  apparenza,  e  si 
mostra  più  grande  e  più  bella  di  quello 
eh'  è  di  fatto;  imperocché  nell'  entrarvi 
1'  illusione  dileguasi  insensibilmente,  a* 
vendo  rilevato  Nibby,  che  se  si  eccettua 
la  strada  grande  e  la  piazza  dinanzi  alla 
magnifica  collegiata,che  si  debbonoal  fa- 
vore del  munifico  Pio  VI,  uel  rimanente 


SUB 

per  l'angustia  e  la  scoscesità  delle  strade, 
per  la  qualità  delle  case,  costrutte  in  gran 
pai  te  di  paralellepipedi  grossi  e  affumi- 
cati di  pietra  locale,Subiaco  presenta  tut- 
to l'aspetto  d'una  città  del  secolo  IX.An- 
che  Marocco  riferisce  che  le  strade  sono 
montuose,  meno  alcune  che  restano  in 
piano,  cioè  la  via  di  mezzo,  e  il  borgo  che 
viene  terminato  con  arco  maestoso  di  pie- 
tra costituente  la  L'orla  Romana,  e  che 
annunzia  colle  due  lapidi  la  particolare 
propensiouedi  Pio  VI  e  le  sue  grandi  be- 
neficenze verso  Subiaco,da  lui  ne'monu- 
menti  elevata  al  grado  di  città.  L'  arco 
fu  edificato  neh  789, per  celebrare  la  sua 
fausta  venuta  in  Subiaco,  dall'affettuo- 
sa riconoscenza  de'sublacensi:  Ob  adden- 
timi optimi  principis,  ordo  et  populus 
iSublaquensiuni.  Ledue  iscrizioni  le  pub- 
blicaronoBrancadoro  elNIa  rocco  ,con  lieve 
differenza, e  Nibby  rimarcòche  una  parte 
delle  iscrizioni  è  mancante.  Non  manca 
Subiaco  di  famiglie  agiate  con  decenti  e 
rimarchevoli  abitazioni  e  palazzi,  come 
sono  quelli  de' conti  Lucidi,  de' Caiani, 
de'Gori,  de'Mancini,  de'Tocei,  de'Sene- 
si,  degli  Antonucci,  de'  Tummolini,  ec. 
Meritano  ricordo  la  piazza  pe'tnercati  set- 
timanali, dilatata,  appianala,  imbreccia- 
la e  adorna  di  lunghe  loggie  a  comodo 
del  popolo;  l'altra  piazza  avanti  il  semi- 
nario,egualmenteampliata,selciata  e  ab- 
bellita di  fabbriche, non  che  di  nuova  fon- 
lana  di  semplice  e  grazioso  stile,  la  quale 
s'innalza  innanzi  all'oriente  in  mezzo  a 
a  lunga  muraglia,  donde  discopresi  uua 
parte  della  città, il  tortuoso  fiume, la  nuo- 
va strada  rotabile  non  senza  gravi  diffi- 
coltà e  dispendi  dal  comune  aperta  fra  le 
sinuosità  del  colle, gli  elevati  monli  Sim- 
bruini,  l'antichissima  chiesa  di  s.  Loren- 
zo, di  cui  riparlerete  il  bel  casino  in  mez- 
zo alla  vigna TJagnani.  L'accennata  stra- 
da aperta  iu  mezzo  alla  ciltà  per  porla  in 
commercio  colla  provincia  di  Prosinone, 
con  grandioso  ponte  egualmente  di  re- 
cente costruzione,  è  spaziosa  e  agiata.  Vie- 
ne sosteuula  da  alte  muraglie  presso  il 


SUB  287 

ponte,  essendo  aperta  in  mezzo  a'massi 
tagliati  sinda  20  metri  di  profondità.  Sui 
fianchi  dell'  alto  dirupo  serpeggiando  ad 
angoli  salienti  ed  entranti, forma  quasi  3 
lunghi  terrazzi  I'  uno  imposto  all'  altro, 
ed  offre  agli  sguardi  le  gole  orientali  dei 
monti,  la  sagra  selva,  il  proto-monastero 
sublacense,  il  ponte  col  tempietto  eli  s. 
Mauro,  e  la  nuova  strada  di  là  dal  fiu- 
me. Ascende  quindi  sull'area  del  distrut- 
to borgo  Pianelle,  ove  deviando  a  manca 
s'incontrano  i  ruderi  dell'ippodromo  di 
Nerone,  largo  circa  3o  canne  e  lungo  82; 
e  girando  essa  su  coltivate  colline  passa 
sugli  avanzi  d'antichi  bagni,  che  dierono 
il  nome  alla  contrada,  e  giunge  presso  Af- 
file. Ma  in  breve  dovrà  questa  bella  via 
spingersi  a'deliziosi  piani  dell'Arcinazzo, 
e  così  verrà  aperta  al  commercio  di  Su- 
biaco la  ricca  provincia  di  l' l'osinone.  A. 
Pio  VI  pure  si  deve  la  residenza  del  go- 
vernatore e  de'suoiutlìzi, situata  nella  via 
principale,  ed  a  cui  sono  unite  le  carceri 
pubbliche,  edilizio  eretto  nel  1  792,  come 
si  apprende  dalla  lapide  posta  sul  mede- 
simo e  riferita  da  Marocco.  La  Rocca  o 
abitazione  dell'  abbate  commendatario, 
fabbricato  imponente  e  magnifico,  posta 
solidamente  sulla  più  elevata  cima  del 
col  le, già  fabbricala  sotto  s.  Gregorio  VII, 
riedificala  dagli  abbati  commendatari 
cardinal  Borgia,  poi  Alessandro  VI,  e 
mg.r  Francesco  Colonna  arcivescovo  di 
Taranto;  in  seguito  rovinata  giacendo 
negletta  da  lungo  tempo, ripete  daPioVI 
la  sua  decorosa  rinnovazione,  insieme  al- 
la via  carrozzabile  della  Missione,che  dal- 
l'ingresso della  città  vi  conduce,con  l'am- 
pia porta  eretta  prima  di  giungere  al  pa- 
lazzo abbaziale.  Magnifico  e  comodo  fu 
il  suo  ingrandimento,abbellimento  e  rrio- 
bigliatura.  Né  meno  nobile  è  l'edilìzio  che 
costruì  da'fondamenti,  per  la  cancelleria 
abbaziale  e  pel  soggiorno  del  vicario  ge- 
nerale. Tutto  ricordano  tre  lapidi  collo- 
cate sopra  l'ingresso  principaledella  por- 
ta, sopra  quello  dell'appartamento  abba- 
ziale, e  sopra  l'altro  elei  vicario  e  cancel- 


238  SUB 

lcria,  tulle  pubblicate  da  Brancadoro,  e 
ledueprimedaMarocco.Noterò,che  nel- 
le vicende  politiche  de'  primordi  del  se- 
colo covrente  per  l'invasione  straniera, 
il  palazzo  abbaziale  ed  annessi  fu  quasi 
del  tulio  spogliato  nelle  mobilie  e  suppel 
lettili;  perciò  l'abbate  commendatario 
cardinal  Gallefiiottenne  da  Fio  VII  la  fa- 
coltà d'eseguire  il  taglio  per  rubbia  ^.o 
circa  d'una  macchia  dell'abbazia,  e  col 
prodotto  di  essa  provvide  a  tutto  l'occor- 
rente, che  lesto  in  proprietà  dell'abba- 
zia slessa.  Nella  piazza  principale  della 
città  si  ammira  il  grandioso  e  vasto  tem- 
pio della  collegiata  sotto  l'invocazione  di 
s.  Andrea  apostolo,  altra  sontuosa  muni- 
ficenza di  Pio  VI,  che  da'fondamenti  la 
eresse  con  proporzionate  architetture  di 
Giulio  Camporesi, sopra  larghe  e  altissi- 
me sostruzioni,  in  modo  che  verso  il  du- 
ine, dal  piantato  alla  sommità  si  contano 
362  palmi  d'altezza.  Essa  occupa  il  sito 
della  precedente  angusta  collegiata  di  s. 
Andrea  apostolo,ch'era  caduta  in  i squal- 
lore per  la  sua  antichità:  però  nella  sua 
demolizione  andarono  perduti  i  dipinti 
di  Manente  e  di  Caiacci.  Con  Brancado- 
ro ne  farò  la  descrizione.  Questa  maesto- 
sa chiesa  è  interamente  costruita  di  pie- 
tra cardellino,  che  si  cava  in  que'monti. 
Proseguendo  il  suo  piano,  va  per  la  na- 
tura del  sito  a  piantarsi  nell'indietro  del- 
la tribuna  (ino  alle  radici  del  monte  nel 
basso  dell'Amene  che  la  costeggia.  Da 
questo  profondo  fondo  sorgono  in  pro- 
porzionato diametro  le  ricordale  grandi 
costruzioni,che  con  l'ammirabile  loro  al- 
tezza hanno  dato  largo  spazio  per  la  co- 
struzione(che  rimane  sopra  le  sepolture 
e  il  cimiteriali  una  chiesa  inferiore  o  sot- 
terranea ampiamente  illuminata  da  spa- 
ziosi fmestroni.  La  sua  forma  è  a  croce 
greca,  ornata  di  colonne  e  pilastri  d'or- 
dine dorico,  lunga  palmi  iZfie  larga  1  32, 
con  3  altari  decorosi,  nel  mezzo  de'quali 
è  collocato  il  ss.  Crocefisso,  a  destra  s. 
Raffaele  Arcangelo,  a  sinistra  s.  Rocco. 
Si  upt  e  quindi  una  magnifica  e  doppia 


SUB 

scala.fiancheggiata  da  corrispondenti  co- 
lonne, per  la  quale  si  ascende  in  giro  alla 
chiesa  superiore.  Questa  ha  nel  centro 
di  sua  crocerà  l'altare  isolalo,  dalla  cui 
balaustra  discuopresi  l'altare  principale 
in prospetlodella  chiesa  inferiore.  11  det- 
to altare  maggiore  è  di  particolare  son- 
tuosità, essendo  abbellito  da  marmi  pre- 
ziosi, come  fra'molti  è  il  plasma  di  sme- 
raldo che  forma  il  rosone  di  mezzo  su  cui 
riposa  la  croce,  con  fregi  di  metallo  do- 
ralo ripartiti  con  fino  gusto  e  con  deli- 
cato lavoro.  Essendo  maggiore  la  lun- 
ghezza di  questa  chiesa  superiore,  dà  alla 
medesima  la  figura  di  croce  latina,  la  cui 
spaziosa  navata  èlunga  2^3  palmi  e  lar- 
ga 60,  avente  da  ciascun  lato  3  minori 
cappellesfondatedalla  detta  nave  pel  trat- 
to d'altri  palmi  21.  Indisi  apre  la  croce 
con  due  cappelloni  laterali,  che  dalla  na- 
ve sfondano  palmi  23.  Er  inoltre  la  chie- 
sa decorala  coll'ornamenlodi  pilastri  bi- 
nati d'ordine  jonico  composto  co'suoi  cor- 
rispondenti basamenti,  capitelli  e  corni- 
ci. Fra'maggioriinterpilastri  dell'ordi- 
ne, si  aprono  gli  archi  delle  mentovate 
cappelle,  e  la  loro  imposta. reale  prosie- 
gue ancora  agPinterpilastri  minori, in  cui 
a  proprio  e  conveniente  silo  sono  adat- 
tate le  pai  ti  della  sagrestia,  facciala,  pre- 
sbiterio e  vestiboli.  Nel  presbiterio  poi, 
nel  quale  ricorre  anche  tra' pilastri  la  cor- 
nice, sono  collocati  due  quadri,  nell'uno 
de'quali  si  ammira  vivamente  espressa 
l'aria,  e  la  situazione  di  s.  Andrea  nell'at- 
to d'innalzarlo  per  essere  confitto  in  cro- 
ce. All'  intorno  del  presbiterio  sono  ri- 
partiti a  più  ordini  i  seggi  corali,  e  nel 
mezzo  il  trono  dell'abbate  commenda- 
tario, il  tutto  lavorato  di  scelta  noce,con 
elegante  e  pulito  lavoro.  Ritornando  agli 
altari  delle  cappelle,  ognuno  di  essi  pre- 
senta un  quadro  de'più  eccellenti  pittori 
che  allora  fiorivano  in  Roma.  Neh. "si- 
tualo a  destra  verso  l'ingresso  della  chie- 
sa, si  vede  espressa  la  morte  di  s.  Scola- 
stica; nel  2.°  la  patrona s.  Chelidonia;  nel 
3.°  il  soguo  di  Giuseppe  sposo  di  Maria 


SUB 

Vergine.  Nell'opposto  lato  il  i."  rappre- 
senta i  io  eroi  sino  a  quel  tempo  anno- 
verati fra'beati  da  Pio  VI  (e  furono  lutti 
religiosi,  cioè  i  bb.  Bonaventura  da  Po- 
tenza, Lorenzo  da  Brindisi, Nicolò  Fatto- 
re, Gaspare  de  Bono,  Nicolò  de'  Longó- 
bardi,Tommasoda  Cori,Michele  deSan- 
ctis,  Pacifico  da  s.  Severino ,  Marianna 
di  Gesù,  Giovanna  Maria  Bonomi  be- 
nedettina)^! ?..°  un'antica  immagine  del 
ss.  Salvatore;  il  3.°  la  ss.  Vergine  del  Bo- 
sario. Tulli  questi  altari  sono  lavorati  co'n 
marmi  trovati  nella  cava  appositamen- 
te ordinata  dal  Papa  nel  suddetto  luogo 
dell'abbazia  detto  Arcinazzo,  celebre  per 
la  furiosa  villa  di  Nerone, o  magnifica  sua 
dipendenza  come  vogliono  altri.  Nel  de- 
stro cappellone  dilla  crocia  la  è  collocato  il 
tabernacolo  del  ss.Sagramento,  lavorato 
tutto  di  pietre  dure,  nel  cui  quadro  è  di- 
pinto s.  Pietro  apostolo,  e  nell'  opposto 
il  memorato  martirio  di  s.  Andrea.  Non 
mancano  in  questa  gran  chiesa  copiosi  co- 
modi di  stanze  e  di  sagrestia. Questa  è  de- 
corosamente ornata,  con  armadi  all'in- 
torno e  banconi  d'ottima  noce;  innanzi 
alla  quale  è  un  vestibolo,  in  cui  vedesi 
collocato  il  busto  marmoreo  di  Pio  VI, 
eretto  per  dimostrazione  d'eterna  rico- 
noscenza dal  capitolo  de'canonici,  con  a- 
naloga  iscrizione  riportata  daBrancado- 
ro, oltre  quella  collocata  sopra  l'ingresso 
principale  del  tempio  cbe  leggesi  pure  in 
Marocco.  Inoltre  lo  splendidoPioVI  Ior- 
io la  cbiesa  di  nobili  utensili  sagri,  vasi 
e  arredi:  i  soli  6  candelieri  e  croce  d'ar- 
gento dell'altare  maggiose  (il  cui  disegno 
si  vede  inBrancadoro),lavorati  col  più  ec- 
cellente ed  elegante  disegno  nella  celebre 
officina  Valadier,  alti  palmi  8  e  pesanti 
ognunoGo  libbre,costarono  scudi  io,ooo. 
Pio  VI  a  compimento  di  tanti  magnani- 
mi benefizi  si  recò  a  Sobiaco,  e  solenne- 
mente consagrò  que>to  tempio,  di  che 
parlerò  a  suo  luogo,  facendo  coniare  per 
memoria  di  questa  funzione  una  meda- 
glia monumentale,  il  cui  conio  si  conser- 
va nella  zecca  pontificia,  e  il  Brancado- 


SUB  23g 

io  ce  ne  die  il  disegno,  in  cui  si  vede  d 
Papa  in  piviale  e  mitra  assistito  dai  ve- 
scovi e  dal  clero  nell'atto  di  eseguire  il  ri- 
to, coll'epigrafe  :  Templi  Sub  la  e.  Conse- 
cralìo  MDCCLXXXIX,  U  capitolo  è  compo- 
sto di  3  dignità,  cioè  l'arcidiacono,  l'ar- 
ciprete, il  primicerio, cui  sono  uniti  il  ca- 
nonico teologo,  il  canonico  penitenziere, 
e  di  altri  i  5  canonici,  in  tulli  20  preben- 
dati De'  (piali  8  formano  la  cos'i  delta 
massa  comune,  3  diconsi  della  massaCa- 
roni,  e  f)  sono  di  padronato.  Vi  sono  pu- 
re 4  mansionari  de  gremio  cojìituli,  pa- 
rimenti della  pia  fondazione  Caroni.  Le 
insegne  corali  le  concesse  al  capitolo  nel 
iy4'  Benedetto  XIV,  e  consistono  nel 
rocchetto  e  nella  nioz/etta  di  saia  pao- 
nazza foderata  di  seta  di  colore  rubino; 
questa  è  comune  anche  a'mansionari,  il 
cui  rocchetto  non  ha  maniche.  Contiguo 
alla  chiesa  collegiata, l'inesauribile  gran- 
dezza d'animo  di  Pio  VI,  a  vantaggio  dei 
seminaristi  della,  città  e  di  tutta  l'abba- 
zia, riedificòil  seminario  degno  di  lui,  con 
cappella  sagra  all'Immacolata  Concezio- 
ne della  B.  Vergine,  vaste  sale,  e  sontuo- 
sa biblioteca  da  lui  fornita  di  copiosi  e 
scelti  libri  (b'ooo  volumi  dice  il  Castella- 
no), e  porta  perciò  il  nome  di  Piana.  Ivi 
fabbricò  pure  le  scuole  per  gli  abitanti  di 
Subiaco,  divise  allatto  da  quelle  de'semi- 
nansti,  provvedendo  eziandio  il  semina- 
rio di  tutte  le  necessariesuppellettili;laon- 
de  ramniinistratoregenerale  della  men- 
sa di  Subiaco  can.  d.  Giuseppe  Catani  e 
il  popolo  sublacense  nello  stesso  edilizio 
innalzarono  una  lapide  di  solenne  grati- 
tudine nel  i  790,  diesi  legge  in  Marocco. 
In  questo  seminario,  oltre  le  scienze  ec- 
clesiastiche, s'insegna  ancora  il  canto  gre- 
goriano; pe'dolti  maestri  che  l'illustra- 
rono, salì  in  rinomanza,  ed  ebbe  alunni 
anche  estranei.  L'antico  seminario  abba- 
ziale  l'eressero  gli  abbati  commendatari 
cardinali  Barberini.  Per  l'istruzione  del- 
le donzelle  vi  sono  le  maestre  pie.  E  de- 
gna di  osservazione  la  casa  della  congre- 
gazione della  missione, sorla  per  ninnili- 


*4o  SUD 

cenza  dell'abbate  commendatario  cardi- 
nal Gio. Battista  Spinola  su  verdeggiante 
poggio;  e  la  chiesa  dell'Assunta  con  cu- 
pola e  colonne  d'ordine  corintio,  con  ele- 
gante oratorio,  fondala  dall'operoso  ar- 
ciprete Gizzi,  e  condotta  a  compimento 
dalla  pietà  del  cardinal  Gallefiì.  Bella  è 
la  cliiesa  di  s.  Maria  della  Valle/Iella  qua- 
le parla  Marangoni,  Istoria  di  Sanala 
Sanclorum  p.  \^5;  e  quella  di  s.  Gio. 
Battista  delle  monache  benedettine  con 
monastero,  rimarchevole  essendola  tor- 
re delle  campane.  11  tempietto  del  Pur- 
gatorio è  adorno  de'dipintidel  Manente 
e  diSilyagni.Fanno  pure  di  se  convenien- 
te mostra  il  convento  e  chiesa  suburba- 
na  de'cappuccini,  che  su  amena  collina 
biancheggiano  in  mezzo  a  verde  boschet- 
to; e  il  convento  assai  più  vasto  eretto 
da'  snblacensi  al  patriarca  s.  Francesco 
pe'minori  osservanti,  ora  abitato  da'fran- 
cescani  riformati,  pure  situato  su  delizio- 
sa collina.  Sopra  ogni  edilizio  però  atti- 
rano tutta  l'attenzione  dell'uomo  reli- 
gioso, dello  storico  e  dell'a  rtista ,  il  proto- 
cenobio di  s.  Scolastica,  e  quello  del  sa- 
gro Speco  de'monaci  benedettini  cassine- 
si;  e  siccome  con  essi  è  collegata  la  storia, 
l'ingrandimentoei  fasti  di  Subiaco,  li  de- 
scriverò poi:  tali  monaci  in  ogni  tempo 
furono  benefìci  all'indigenza,  e  contribui- 
rono a' vantaggi  della  città  uon  meno  che 
de'luoghi  dipendenti.  Vi  sono  diversi  so- 
dalizi che  vestono  il  sacco.  Scendendo  a 
Subiaco  dal  monasterodi  s. Scolastica  tro- 
vasi a  manca  il  nuovo  pontegrandiosodi 
un  solo  arco  con  100  palmi  di  Iuce,noma- 
to  Gregoriano  o  di  s.  Mauro;  esso  con- 
giunge due  monti  e  serve  di  passo  a  chi 
s'invia  per  la  strada  rotabile  verso  Afille 
ed  Arcinazzo.  Entrando  poi  nella  città, 
e  di  nuovo  uscendone  perla  parte  delle 
mole,sopra  piccolo  ponte  si  passa  all'isola 
degli  opifìcii  animati  dalle  acque  del  fiu- 
me Aniene,  e  consistenti  in  cartiere,  fer- 
riere,gualchiere,ramerie,  molini  a  grano 
e  a  olio.  Furono  i  lodali  cardinali  Bar- 
berini che  forarono  ima  rupe  per  cou- 


S  U  B 
durre  l'Aniene  agli  opifìcii. Quindi  la  be- 
neficenza di  Pio  VI  per  aumentarli  intro- 
dusse la  cartiera  e  la  rameria,di  che  fati- 
no testimonianza  due  lapidi  riprodotte  da 
Brancado.ro.  L'industria  in  Subiaco  è  in 
attività  anche  per  altre  fabbriche  di  pan- 
ni, di  cappelli, di  stoviglie,  di  utensili  in 
rame,di  strumenti  aratorii  e  altri  attrezzi 
campestri,  fonderie  di  campane  e  concie 
di  cuoi:  vi  sono  pure  molte  delle  altre  arti 
necessarie.Leggo  nel  n.°  1 6  5  del  Giornale 
di  Rornai85^,  che  la  città  di  Subiaco, 
per  molto  tempo  asilo  del  le  lettere  e  scien- 
ze (tuttora  però  vi  sono  in  onore  e  col- 
tivatisi), a'dì  nostri  tutta  si  è  volta  all'in- 
dustria. Traendo  profitto  dalle  abbon- 
danti acque  dell'Amene,  ella  ha  stabiliti 
grossi  molini  per  grani  e  olio,  ferriere  as- 
sai reputate  per  la  duttilità  del  ferro  che 
vi  è  lavoralo,  e  fabbriche  di  tele  di  coto- 
ne e  di  terre  colorate,  le  quali  gareggia- 
no colle  straniere.  Ora  per  le  cure  di  Ni- 
cola Graziosi,  principale  promotore  del- 
l'industria sublacense,  vi  si  è  stabilita  an- 
che una  grandiosa  cartiera  fornita  delle 
migliori  macchine,  fra  le  quali  quella  che 
con  solennità  e  benedizione  fu  inaugurata 
nel  maggio.  Messa  in  movimento  la  gran 
macchina,  con  una  prestezza  che  mai  la 
maggiore,  si  vede  comparire  la  pasta  pre- 
parata per  la  carta,  la  quale  passa  per  due 
macchine  dette  de'Toppi,  agitate  da  un 
rocchetto,  e  depositatevi  le. parti  terree  e 
l'imperfezioni  del  pisto,  ne  esce  subito  af- 
fatto bianca  e  purificata. Si  vede  indi  di- 
latarsi per  una  tela  melallica,su  cui  il  mo- 
vi mento  ondula  torio  prodotto  da  un  sem- 
plicissimo meccanismo,neH'attochestrin- 
gendo  la  rende  compatta,  la  spinge  tra- 
mezzo adite  carrucoli  di  metallo,  donde 
passando  per  più  strumenti  cilindrici, 
giunge  fino  a  5  grossi  cilindri  prosciuga- 
toli dal  vapore  riscaldati,  e  in  5  minuti 
esce  in  ben  levigato  foglio  di  carta  perfetta 
asciutta. Fra  quelli  che  l'ammira  rono,de- 
ve  ricordarsi  ilcommend.1"  Angelo  Galli, 
che  si  congratulò  col  direttore  della  mac- 
china  Carlo  Bluyson  e  col  Lrraziosi,  di- 


s  u  n 

sii  ibuendo  medaglie  d'incoraggiaménto. 
Era  vi  in  Subiaco  uà  monte  ili  laniGcio, 

neliGf)7  eietto  dal  cardinal  Carlo  Bar- 
berini abbate  commendatario,  con  snlli- 
cienle  dotazionee  una  scorta  di  2000  lib- 
bre di  lana,  ed  Innocenzo  XII  ne  appro- 
vò i  regolamenti,  in  tempia  noi  più  vi- 
cini si  credè  più  utile  di  convertirlo  in 
monte  frnmentario. Sebbene  non  tolto  il 
suolo  de'dintorni  sia  fertile,  tuttavia  con 
l'indostre  fatica  di  numerosi  agricoltori 
rende  bastevoli  prodotti  alla  popolazio- 
ne, massime  in  grano,  granturco  e  altri 
cereali,  vino, oliosquisilo, saporosi  fruiti, 
ghianda,  eccellenti  erbaggi  e  altro.  Deli- 
cati e  rinomati  sono  i  mostaccioli  ebe  qui- 
vi si  fanno  con  pasta  diamandole,e  dila- 
niati subiacini.  L' industria  commercia 
particolarmente  con  Roma,  e  colle  vicine 
diocesi  di  Tivoli,  Alatri  e  Anagui,  ed  in 
parte  anclie  col  confinante  regno  di  Na- 
poli, da'  cui  limiti  è  distante  io  miglia. 
Quanto  prima  per  la  suddescrilta  nuova 
strada  rotabile,!  sublacensi  apriranno  un 
fecondo  Irallìco  con  tutta  la  provincia  di 
Frosinone.  Più  di  6000  formano  il  popo- 
lo di  Subiaco,  di  cui  le  agiate  persone  e 
il  clero  spendono  il  tempo  negl'interessi 
propri  e  del  comune,  né  avversano  le  let- 
tere e  le  scienze:  il  clero  si  dedica  agli  e- 
sereizi  del  sagro  ministero,  edalla  pub- 
blica e  privata  istruzione  della  gioventù. 
Resero  ancora  chiara  colla  santità  della 
vita  e  col  sapere  questa  città  gli  egregi 
sublacensi  che  li  illustrarono.  Principal- 
mente si  devono  ricordare,  la  b. Evange- 
lista monaca  francescana, fondatrice  del 
monastero  di  s.  Michele  in  Tivoli,  il  cui 
elogio  si  legge  nel  p.  Casimiro  da  Roma, 
Memorie  delle  ch'eie  e  conventi  de' frali 
minori  delLi  provincia  ro>nana,[>.  3 76  e 
seg.;Zaccaria  Zaccaria  pubblico  professo- 
re di  logica  nell'università  romana;  Gio. 
battista  Bagnani  autore  di  elegauti  isti- 
tuzioni di  reltorica;  Gio.  Camillo  Conte- 
stabile scrittore  non  ignobile  del  poema: 
La  falle  Santa,  che  si  conserva  mss. 
nell'archivio  del  sagro  Speco;  Cateriuoz- 

VOL.  LXX. 


S  U  fi  r'ft 

zi  valentissimo  costruttore  d'  organi,  E 
qui  noterò,  che  nel  t.  ">,  p.  3or)  dell'///- 
bum  di  Roma,  colla  veduta  incisa  di  Su- 
biaco, si  legge  un  articolo  storico  sul  me- 
desimo, quasi  tutto  tratto  dal  Nihby.ove 
si  diceche  nel  seminario  s'insegna  (in  fio- 
rente accademia,  scrive  il  Castellano)  la 
musica  vocale  e  istrumentale,  e  donde 
partono  i  migliori  cantori  sagri  e  suona- 
tori d'organo.  Sono  poi  glorie  viventi  di 
Subiaco  i  seguenti.  Mg.r  Antonio  Maria 
Benedetto  Antonucci,  da  Gregorio  XVI 
fatto  suo  cameriere  d'onore, e  peli.0  in- 
caricatod'affari  e  vice-superiore  delle  mis- 
sioni d'Olanda  con  residenza  all'Aia, co- 
me rilevai  nel  voi.  XLV1II,  p.  1  67,men- 
trene'vol.  XXIII, p.  296, XLVI,  p.  201, 
notai  che  lo  promosse  a  vescovo  di  Mon- 
te Feltro,  e  poi  di  Ferentino,  ove  accolse 
decorosamente  lo  stesso  Gregorio  XVI; 
indi  ne' voi.  L,  p.  1  3^,  LI,  p.  1 83,raccou- 
tai  con  elogi  che  il  medesimo  Papa  lo  e- 
levò  a  arcivescovo  di  Tarso  ih  partibus 
e  nunzio  apostolico  di  Torino,  ove  bat- 
tezzò la  figlia  del  re  Emanuele  II  in  no- 
me del  regnante  Pio  IXequal  padrino, 
onde  fu  decorato  del  gran  cordone  de'ss. 
Maurizio  e  Lazzaro;  quindi  a'5  settem- 
bre 1 85 1  il  medesinioPontefice  lo  dichia- 
rò vescovo  d'Ancona  e  Umana,  che  con 
paterno  zelo  e  prudenza  benignamente 
governa,  e  faccio  voti  perchè  sia  presto 
annoverato  al  sagro  collegio.  Mg.1' Car- 
mine Meiosi  Gori,  cameriere  soprannu- 
merario del  Papa,  arciprete  di  s.  Maria 
adftlartyresó'i  Roma, e  sostituto  di  mg.r 
sottodatario.  Mg.r  Gregorio  Jannuccelli 
cameriere  d'onore  soprannumerario  del 
Papa, autore  della  sullodata  dissertazio- 
ne e  di  altri  opuscoli  (come  del  ricordato 
nel  voi.  Llll,p.  86),ed  in  patria  canonico 
della  collegiata  e  prefetto  della  bibliote- 
ca Piana.  Mg.»"  Lorenzo  de'conti  Lucidi: 
questi  di  bel  cuore  e  pari  ingegno,  dota- 
to pure  di  singolare  attività  e  zelo  ener- 
gico, si  guadagnò  la  benevolenza  di  Pa- 
pa Gregorio  XVI,  il  quale  onorata  la  sua 
casa  come  ospite  due  volte  da  cardinale 
16 


•tfc  SUB 

(nell'ottobre 1 8?.8e  i 83o),ed  una  da Pa- 
pa al  modo  che  dirò,  oltre  altre  dimo- 
strazioni di  particolare  benignità  verso 
la  virtuosa  madre  Regina  e  alla  rispetta- 
bile fiimiglia,a  questa  conferì  il  titolo  per- 
petuo di  conte,  e  decorò  il  fratello  del 
prelato  Pietro  del  cavalierato  di  s.  Gre- 
gorio I  Magno.  11  Pontefice  successiva- 
mente dichiaròmg.rLucidi  suo  camerie- 
re segreto  partecipante  e  segretario  d'am- 
basciata, canonico  Vaticano,  giudice  del- 
la rev.  fàbbrica  di  s.  Pietro,  e  poi  segre- 
tario ed  economo  della  medesima  e  sua 
congregazione.  L'illustre  suo  capitolo  lo 
elesse  prefetto  del  Seminario  Valicano, 
per  gran  ventura  di  questo,  a  tale  arti- 
colo avendone  celebrate  le  benemerenze, 
come  pur  feci  in  quello  di  Musaico,  poi- 
ché qual  presidente  dello  studio  Vatica- 
no narrai  quanto  curò  lo  splendido  in- 
cremento dello  stabilimento.  Tanti  me- 
riti e  l'indefesso  utile  esercizio  dell'eco- 
nomato della  meravigliosa  basilica  Va- 
ticana,a  vantaggio  e  splendore  della  qua- 
le molto  operò,  ed  ove  tra  gli  addetti  e 
inclusivamente  a  quelli  dello  studio  del 
musaico  ha  lascialo  il  nome  in  benedi- 
zione, mossero  il  Papa  che  regna  Pio  IX 
a  promuoverlo  alla  cospicua  carica  di  as- 
sessore della  s.  romana  e  universale  in- 
quisizione (che  già  ha  sperimentato  il  suo 
operoso  zelo),  elevandolo  così  a  posto  car- 
dinalizio, e  perciò  Subiaco  uon  tarderà 
ad  ammirarlo  rivestilo  della  sagra  por- 
pora e  fregialo  di  altre  dignità  per  ulte- 
riore patrio  lustro.  Avendo  vissuto  cou 
esso  2  ianni  nella  corte  del  venerando  co- 
mun  signore  cardinal  d.  Mauro  Cappel- 
lai-i e  Gregorio  XVI,  e  di  lui  due  volle 
stati  conclavisti,  perciò  fui  intimo  testi- 
monio e  estimatore  delle  belle  doli  che 
adornano  il  prelato;  laonde  anche  qui  ho 
creduto  rendergli  un  altro  pubblico,  im- 
perituro e  veritiero  tributo  d'  ossequio, 
comechè  si  coni  penetra  colla  patria  isto- 
ria. Non  manca  finalmente  Subiaco  d'al- 
tri illustri  odierni,  non  che  di  dotti  per- 
sonaggi nella  curia  iomaua,ed  egualmeu- 


S  DB 

te  i  luoghi  dell'abbazia^  come  l'attuale 
vescovo  di  Monte  Fiascone  mg.r  Luigi 
Iona  di  Trevi,  già  arcidiacono  e  vicario 
generale  di  Palestrina. 

L'etimologia  del  nome  facilmente  de- 
rivasi dallasua  posizione,  cheslando  sot- 
to i  3  laghi  artificiali  della  villa  imperia- 
le Neroniana  Sublacense,  oggi  scomparsi 
per  la  rottura  delle  chiuse  cheli  i  itene- 
yaiìo^Sub  Lacnm  &\  disse, come  pensaNib- 
by.  Questi  inoltre  narra,  che  prima  che 
l'imperatore  Nerone  fondasse  una  villa 
in  questo  luogo  non  si  rinviene  affatto 
memoria  di  questa  città,  e  Plinio  il  Vec- 
chio è  il  più  antico  scrittore  che  la  ricor- 
di aeWHist.  nat.,  parlando  dell'Amene, 
che  nato  nel  monte  de'  Trebani  (e  non 
nel  piano  d'Ai  chiazzo  come  prelesero  al- 
tri), portava  le  acque  de'3  laghi  amenis- 
simi,  che  aveano  dato  il  nome  al  sotto- 
posloSublaqueum  }ne\  fìumeTevere.Con 
Plinio  non  intende  Nibby  asserire,  che 
antecedentemente  sul  colle  della  Rocca 
non  potesse  essere  situata  una  di  quelle 
città  fortificale  de'valorosi,  indomiti  e  ce- 
lebri equi,  che  i  romani  distrussero  col 
fuoco  in  numero  di  4t  o  44  ne'  breve  pe- 
riodo di  5o  giorni  l'anno  di  Roma  4^o, 
per  testimonianza  di  Livio,  e  fu  quasi  del 
tolto  cancellato  il  nome  di  quel  popolo 
implacabile  nemico  de'  romani,  a'  quali 
passarono  in  dominio  le  loro  terre;  questa 
disfatta  avvenne,  secondo  alcuni, presso  il 
rivo  d'acque  limpide  e  perenni  chiama- 
te Acque  Ferrate,  stazione  anticamente 
chiamata  Ad  Laminis,  Ad  Lammas,  di 
cui  tratta  lo  stesso  Nibby,  presso  il  con- 
vento di  s.  Cosi  malo  e  l'osterie  del  laSpiag- 
gia  e  della  Ferrata.  Si  vuole  che  il  no- 
me della  stazione  derivasse  da  una  città 
omonima  degli  equi,che  dipoi  formò  una 
Massa  di  beni  da  Costantino  I  il  Grande 
donata  al  Battistero  Lateranense.  Si  ha 
pure  che  nel  775  Cesario  console  e  duca 
donò  al  monastero  sublacense  il  ruscel- 
lo Acqua  Feirata  cou  altri  fondi.  Circa 
all'origine  di  Subiaco,  aggiunge  Nibby, 
che  siccome  i  detti  laghi  erano  siali  for- 


SUB 

mali  da  Nerone,  onde  rendere  più  ame 
nn  la  sua  villa,  perciò  la  città  degli  equi 
ebbe  altro  nome  che  quello  (ì\  Siiblacum 
oSublaqueum  3non  potendo  trailo  da  una 
circostanza  che  non  esisteva.  Della  villa 
di  Nerone  chiamata  Sublaqueum  e  Filla 
Sublacensis ,  fanno  pur  menzione  Tacito 
negli  Annali,  e  Frontino,^  aquisj  e  se- 
condo l'annalista,  in  Subiaco  quel  mo- 
stro trovavasi  a  banchettare  l'anno  6 idi 
nostra  era,  quando  sorpreso  da  un  tem- 
porale poco  mancò  che  non  rimanesse  uc- 
ciso da  un  fulmine,  che  cadde  sulla  sua 
mensa  e  ne  percosse  le  vivande;  anzi  Fi- 
lostrato nella  l'ita  a"  Apollonio ,  narran- 
do quesl'  avvenimento,  aggiunge  che  il 
fulmine  traversò  il  calice  che  Nerone  te- 
neva nelle  mani  per  avvicinarlo  alle  lab- 
bra (rovesciò  la  mensa  e  die  luogo  a  su- 
perstiziosi presagi  sul  successore  all'im- 
pero in  favoredi  Plauto).  Si  deve  pur  no- 
tare, che,  secondo  Tacito,  a  quell'epoca 
questa  parte  trovavasi  ne'conlìni  de'  li- 
burtini,  fìnibas  Tiburlunije  dal  nome  di 
Sublaqueum  e  Filla  Sublaccnsis, ch'eb- 
be la  villa  Neroniana,  che  stesse  sotto  e 
non  sopra  i  laghi.  In  falli  Frontino  par- 
lando della  correzione  fatta  da  Traiano 
all'acquedotto  dell'  A  nieueN  uovo,  mostra 
che  aprì  lo  speco  ex  lacu  qui  est  super 
villani  Neronianam  Sublacensenijqu'm- 
di  opina  Nibby,  in  vece  di  crederla  pres- 
so il  monastero  di  s.  Scolastica,  e  molto 
meno  all'  Arcinazzo,  i  2  miglia  sopra  a  Su- 
biaco, d'uopo  è  riconoscere  il  corpo  prin- 
cipale di  quella  villa  precisamente  dove 
oggi  è  la  città;  e  i  ruderi  che  si  vedono 
sotlo  s.  Scolastica,  fra'quali  pur  si  ravvi- 
sa lo  speco  di  Traiano  indicalo  da  Fron- 
tino, ch'erano  a  livello  d'uno  de'laghi,  e 
quelli  che  si  vedono  all'Arcinazzo,  pote- 
vano essei  dipendenze  della  villa;  ma  uon 
mai  la  villa  propriamente  detta,  la  quale 
pel  passo  sovrainclicato  di  Frontino  esi- 
steva ancora,  conservando  lo  slesso  nome 
a' lem  pi  di  Traiano,  il  quale  restaurò  la 
via  Sublacense  Neroniana  aperta  da  Ne- 
rone. Dopo  quell'  epoca  però  uon  se  ne 


SUB  243 

trova  menzione  ulteriore,  e  forse  fu  Ira- 
scurata  da'successivi  imperatori, in  guisa 
che  nella  caduta  dell'impero  d'occidente 
il  sito  era  talmente  solitario  e  deserto,che 
nel  49Ìvenne  prescelto  da  s.  Benedetto 
a  ritiro,  onde  segregarsi  affatto  dal  con- 
sorzio degli  uomini,  come  osserva  lo  slesso 
Nibby.  Non  paiono  poi  in  tutto  plausi- 
bili le  seguenti  opinioni  riportale  da  Ca- 
lindri  sull'origine  di  Subiaco.  »  Vi  è  chi 
pensa  essere  posteriore  all'invasione  dei 
longobardi  ;  altri  prodotta  dagli  eoi  roti 
quivi  occupati  dopo  la  disfatta  del  loro  re 
Pirro  nel  4°"o  di  Roma,  sotto  M.  Curio 
Dentato;  altri  che  si  edificasse  allorché 
si  fece  l'acquedotto  Nuovo  dell'Amene, 
cominciato  da  Caligola  e  terminato  da 
Claudio  prima  dell'800  di  Roma;  ed  al- 
tri a  tempo  di  Nerone, allorché  presso  i  3 
laghi  vi  edificò  una  villa.  Comunque  sia 
della  sua  origine,  esisteva  questo  paese 
prima  di  s.  Benedetto,  avendolo  a  lui  do- 
nato Tertullo  padre  dis.  Placido,es.Gre- 
gorio  I  nella  bolla  del  5o6  parla  di  que- 
sto allora  castello  gii  esistente,  per  cui  si 
vuole  che  questa  fosse  una  delle  città  de- 
gli equi.  Claudio  imperatore  romano  in 
questo  territorio  vi  costruì  i  3  laghi  delti 
Trimbuini  (o  Simbruini,  e  talvolta  i'A- 
nienefuchiamalocVi'//iirà'/o),cheorasoiio 
spariti,  da'quali  dicesi  traesse  il  suo  nome 
la  terra".  Dice  Nibby,  die  nella  vita  di  S, 
Benedetto  non  si  ricorda  mai  alcun  ca- 
sale o  castello  posto  dove  fu  la  villa  im- 
periale e  dove  oggi  è  la  ci t Là  :  a  quell'e- 
poca apparteneva  il  fondo  a  Tertullo  pa- 
trizio (e  senatore)  romano,  il  quale  nel 
5a8  lo  donò  a  s.  Benedetto,  come  si  trae 
dalla  bolla  di  s.  Gregorio  I  del  5g6,  che 
inserisce  l'allodi  quella  donazione  (prò 
rechili plione  animae).  Ora  mentre  Ter- 
tullo nomina  Siiblacum  senz'alcuna  ag- 
giunta di  casale  o  di  castrimi,  secondo 
l'uso  di  que'tempijS. Gregorio  I  nella  con- 
ferma  lo  dice  espressa  mente  Castrimi  Sub- 
lncwn  ;\uiiiz\o  è  queslo.che  nell'intervalli! 
fra  l'anno  5iS  e  5cj6,  fondatosi  il  mona- 
stero da  s.  Benedetto,  a  poco  a  poco  fot- 


244  s  u  D 

mossi  (la'coltivatot'i  delle  tcrreil  castello; 
ed aggiungerò,pel  concorso de'di voti  ver- 
so il  luogo  abitalo  e  santificato  per  lun- 
go tempo  dall'istitutore  del  monachismo 
d'  occidente,  portentoso  fonte  di  gloria, 
ci i  celebrità  e  di  beneficenze  per  Subiaco. 
11  riferito  dall'avv.  CasteIlauo,è  di  que- 
sto tenore.  »  Le  montagne  che  circon- 
dano Subiaco  lasciano  aperta   una  gola 
nel  lato  orientale,  e  quivi  alla  distanza  di 
roo  passi  circa  dalla  città  erano  antica- 
mente due  laghi  naturali,  ed  uno  artifi- 
ciale formato  mediante  una  solida  mura- 
glia, che  Caligola  v'incominciò  a  erigere, 
e  lerminollo  (il  successore)  Claudio.  Da 
questi  ebbe  il  nome  d\Sublaqueum, e  Pil- 
la Sublacensis  si  appellò  il  luogo  di  de- 
lizia formatovi  da  Nerone  (successore  di 
Claudio),  che  oggi  chiamasi  l'Arcinazzo, 
donde  negli  scavi  nel  i  780  copia  si  estras- 
se di  finissimi  marmi.  I  laghi  naturali  pe- 
lósi diseccarono, e  la  gran  muraglia  pre- 
cipitò nell'inondazione  de'  20  febbraio 
1 3o5.Ivi  presso  avea  Usuo  principio  l'ac- 
quedotto Claudio,  del  quale  si  scorgono 
le  vestigia,  come  anche  d'un  tempio,  di 
una  piscina  lunaria,  e  delle  terme".  Ma- 
rocco, che  come  jVibby  visitò  Subiaco  e 
il  suo  distretto  e  abbazia,  ripete  in  parte 
le  parole  del  Castellano,  aggiungendo, 
che  l'acquedotto  dell'Attiene  Nuovo  in- 
trapreso da  Tiberio,  proseguito  e  compi- 
to da  Claudio,  venne  poi  restaurato  da 
Vespasiano  e  da suofiglio  Tito,  e  lo  atte- 
sta Frontino. Riproduce  quindi  Marocco 
ilseguentebtanodi  Muratori."  Sublacus 
vocabulum  est,  qui  a  romana  Urbe  qua- 
draginta  fere  millibus  distans ,  frigidas 
atque  perspicuas  emanat  aquas,  quae  il- 
lic  videlicet  aquarum  abuntlantia  in  ex- 
tensum  prius  lacum  colligitur  ad  postre- 
iuliu)  veroinomnemderivatur.Quo  dura 
fugiens  pergeret,  monachus  quidam  Ro- 
utanus  nomine  hunceuntem  reperi t,  quo 
tenderet  requisì vit.  Cujus  cimi  deside- 
riutn  cognovisset,   et  secretum  tenuit, 
et  adjutorium   impendit  eique  sanctae 
couversationis  habitum  tiadidit ,  et  in 


SUB 

quantum  licuit  minislravit".  In  tinta  poi 
si  legge.  »  A  pud  nliquos  reperio  Subla- 
quetim,  seti  Sublacus,  vel  Sublaceus  re- 
tinendum  a  siiti,  nani  sub  lacu  posilum 
est  Castrum  Sublacus.  Anio  enim  fluvius 
inter  Simbruinos  montes  in  Aequiculis 
excurrensobstructisa  Nerone,  vel  a  Clau- 
dio angustis  illorum  inonliutn  faueibus 
ad  mille  circiter  passussupra  praedictura 
Castrum,  aquas  in  summo  stagnate  coe- 
git,et  in  lacutu  collegi, atqueextendi, quae 
postea,  ex  praeruptis  cataractis  praecipi- 
tes  cum  fragore  ruebattt.  In  eo  lacu  cu- 
jus superficies  sacelluin  s.  Placidi,  quod 
etiam  nuni  visi  tur  aequabat.  Placidusa 
Mauro  aquarum  voi  ticibus  ereplus  est. 
Nunc  verodisruptis  claustrorum  obicibus 
resides  aquae  pristina m  libertatem  ade- 
ptae  inferi  US  fluunt  factitio  ilio  lacu  ces- 
sante cujus  fossa  tantum,  et  cavitas  nunc 
apparetetc."  Inoltre  Marocco  nell'appen- 
dice alle  notizie  storiche  di  Subiaco,  con 
una  digressione  riporta  la  correzione  che 
fece  l'Olstenio  (Notae  in  Geographiam) 
al  Cluverio  [Italia  antiqua),  intorno  alle 
origini  de' 3  famosi  slagni  o  laghi  Sim- 
bruini,  perchè  ili. "pretese  che  l'Oppi- 
durn  Sublaqueum  ante  Nerouis  tempora 
certissimamente  esistesse  a'  medesimi  ,  i 
quali  dice  formali  artificiosamente  per 
depurare  l'acque  limacciose  dell'Attiene, 
facilissime  a  intorbidarsi;  ma  fondandosi 
sul  silenziodi  Frontino,  afferma  che  non 
furono,  né  poterono  essere  costruiti  pel 
conducimento  dell'  Anicne  Secchio,  né 
dell'  A  nien  e  Nuovo  }a(ì efletto  di  depurate 
le  acque. Narra  poi  con  Frontino,  che  sol- 
tanto sotto  l'imperatore  Traiano  si  trasse 
partito  da'3  laghi  per  completamente  pu- 
rificare l'acque  dell' Anieue  Nuovo  da  o- 
gni  impurità,  non  essendo  perciò  bastata 
la  piscina  fatta  da  Claudio  all'imbocca- 
tura dell'acque  acciò  arrivassero  limpide 
in  Roma.  Dichiara  quindi  che  i  laghi  de- 
rivarono da  Nerone,  fissandone  precisa- 
mente l'epoca  a  lui,  e  ne  deduce  la  con- 
seguenza che  il  vocabolo  Sublaqueum  o 
Sublaccum  non  esisteva  prima  di  esso,  e 


SUB 

neppure  la  via  Sublacensisc\\e  pel  i  ."egli 
aprì.  Dice  che  la  villa  da  lui  formata  si 
nomò  pure  Suòlaqueunt  o  Suòlaceum,  e 
che  la  particella suòdebhn  intendersi  fu- 
jc(a,  piuttosto  che  softo,rimarcandoche  il 
vocnboloSublaceum  significa  sito  vicino  ai 
laghi.  Censura  poscia  l'Olstenio  per  la  sua 
opinione,  per  essersi  troppo  fidato  della 
carta  di  donazione  di  Narsio  patrizio  ad 
una  chiesa  in  Curie  Suolarti;  carta  che 
crede  verosimile  fosse  una  di  quelle  a  i- 
stanza  de'monaci  sublacensi  fatte  brucia- 
re da  s.  Leone  IX  alla  sua  presenza  co- 
me false.  Osserva  poi  che  gli  scrittori  che 
parlano  (MSublaceurti  lo  fecero  unicamen- 
te per  indicare  la  villa  e  i  laghi  di  Nero- 
ne, non  mai  che  fosse  o  divenisse  un  mu- 
nicipio, una  colonia,  un  pago,  un  vico,  un 
luogo  di  popolazione  o  corpocivile.  Nella 
tavola  lJeutingeriana  è  scritto  Suòlalio, 
come  stazione  o  mansione  che  s'incontra 
per  via.  Conclude  Marocco,  che  il  Subla- 
lio  fosse  non  sotto,  ma  presso  i  laghi  ,  e 
forse  ancora  alla  sinistra  dell' Aniene,  e 
non  già  alla  destra  dove  è  l'odierno  Su- 
biaco,  la  cui  postura  fra  le  fauci  di  due 
monti  esclude  una  strada  militare qual  è 
descritta  nella  tavola  Peutingeriana;  né 
dubita  che  si  debba  a'  monaci  l'origine 
di  Subiaco,  come  tante  alti  e  terre  e  cit- 
tà anco  vescovili  di  molte  contrade  d'Eu- 
ropa. Finisce  Marocco  la  digressione  con 
dar  ragionealCluverio  d'aver  scritto  Sub- 
laqueum  P  Ma, e  non  già  Oppidum.  Ma 
di  tutte  queste  e  altre  vere  o  pretese  o- 
rigini  di  Subiaco,  con  critica  e  ragionata 
discussione,  meglio  di  tutti  ne  trattò  di 
recente  l'encomiato  rag.1'  Jannuccelli  con 
l'eruditissima  Dissertazione  sopra  l'ori- 
gine di  Suòiaco,  che  rammentai  in  prin- 
cipio per  giovarmene.  In  essa  dopo  aver 
egli  dato  interessanti  cenni  sopra  tostato 
attuale  di  Subiaco,  de'suoi  pregi  e  glo- 
rie, prende  in  3  capitoli  ad  esaminare  le 
opinioni  che  s'incontrano  negli  scrittori 
circa  l'origine  di  Subiaco.  Lai.  opinione 
ne  suppone  l'edificazione  avanti  l'era  vol- 
gare o  uostra;  la  2.a  fa  risalire  la  sua  fon- 


S  U  B  245 

dazione  al  1  ."secolo  di  detta  era;  la  3.'  in- 
tende a  provare  l'origine  di  Subiaco  nel 
VII  secolo  della  medesima.  Darei  di  buon 
grado  un  sunto  della  bella  dissertazione, 
se  il  compendiarla  non  ne  scemasse  trop- 
po il  valore.  Nondimeno  per  quella  bre- 
vità che  mi  è  indispensabile  ,  pel  molto 
che  mi  resta  a  dire  sopra  l'articolo  im- 
portante di  Subiaco,  mi  limiterò  a  ripro- 
durre i  sommarli  della  dissertazione  stes- 
sa.aggiungendovi  alcuni  opportuni  schia- 
rimenti che  da  essa  ricaverò.  La  [/opi- 
nione abbraccia3  di  verse  epoche,tutte  an- 
teriori all'era  volgare,  e  perciò  3  distinte 
sentenze  contiene.  La  1  .a  di  queste  discu- 
te, se  Subiaco  sia  stato  fondato  da'troia- 
ni,  da'quali  in  parte  ebbero  origine  i  ro- 
mani conquistatori  del  mondo,  volendo- 
si che  dalla  spiaggia  del  Mediterraneo  a- 
scesi  tra  le  gole  degli  Apennini,  su  que- 
sti colli  gettassero  le  fondamenta  di  Su- 
biaco, dopo  averne  cacciati  gli  equicoli, 
che  pure  erano  aspri  e  feroci,  poiché  in- 
tenti a'Iavori  de'loro  campi  erano  insie- 
me armati  e  sempre  pronti  a  guerreggia 
re,  e  difendersi  virilmente  prò  aris  elfo- 
cis.  d'istorici  e  le  antiche  carte  parlando 
in  più  luoghi  de' popoli  equicoli  e  de'loro 
castelli,  non  dannoalcuncennonèdelpo 
polo,  ne  del  borgo  Sublacense  prima  del- 
l'era nostra.  La  2.'1  sentenza  riguarda,  se 
nel  V  secolo  di  Roma  quando  M.  A.  Cu- 
rio Dentato  costruì  l'acquedotto  sotter- 
raneo denominato  Vecchio  Aniene  a  si 
Distra  del  fiume  omonimo  per  la  sua  ac- 
qua, epeli.°la  portò  in  Roma  a  pubblico 
comodo  (e  dopo  l'Appia  fu  la  2/  acqua 
condottata  per  Roma  e  4.0  anni  dopo  l'ai  - 
tra)ecollespoglie  preseaPirrored'Epiro, 
ebbe  principio  Subiaco  cogli  schiavi  epi- 
roti  impiegati  alla  costruzione  dell'acque- 
dotto; meravigliosa  opera  che  principiata 
l'annodi  Roma  480, fu  compita  nel  489. 
Incominciava  ilgrandiosoacquedotto  non 
dal  sito  ove  poi  surse  Subiaco,  ma  più  di 
7  miglia  lungi,  cioè  al  38.°  miglio  da  Ro- 
ma nella  via  cousolare  Sublacense  o  po- 
co distante,  sebbene  l'acquedotto  avesse 


24'3  S  U  B 

quasi  44  miglia  di  lunghezza, attese  le  tor- 
tuose vie  che  dovea  percorrere  per  man 
tenere  il  livello  dell'acqua.  In  tanto  pre- 
gio da'rouiani  si  tenne  l'acqua  dell  Ame- 
ne, che  i  1  7  anni  dopo  la  costruzione  del 
racquedolto,doveudosi  rialtare,e  insieme 
condune  a  Roma  con  altro  acquedotto 
l'acqua  Marzia,  insorta  questione  quale 
delle  due  acque  avesse  da  ascendere  il 
Campidoglio,  dopo  consultati  i  libri  sibil- 
lini si  preferì  l' Arnese,  ma  per  ingegno  del 
pretoreMarcoTizio  fuvvi  condotta  la  Mar- 
zia, ed  ambedue  gli  acquedotti  furono  re- 
staurali da  M.  Agrippa  nel  7  1 3  eli  Roma. 
La  3.1'  sentenza  si  fonda, se  col  monumen- 
to sepolcrale  del  tribuno  Lucio  Menio, 
trovato  nel  i8/l3  un  miglio  da  Subiaco, 
provisi  l'esistenza  di  Subiaco  prima  del- 
l'era corrente,  comechè  fiorito  quel  tribu- 
no forse  nell'ultimo  periodo  della  repub- 
blica romana, creduto  possessoredelle  val- 
li sublacensi,  e  sepolto  in  detto  luogo  alle 
sponde  dell'Amene.  L'autore  confuta  vi- 
rilmente in  primacollellivamente  le  3  e- 
nunciatesentenze,  ed  espone  che  niun  do- 
cumento dimostra  l'esistenza  di  Subiaco 
avanti  la  venuta  di  Gesù  Cristo.  Confer- 
masi dipoi  particolarmente  non  essere 
credibile  che  i  troiani  approdati  in  Italia 
sieno  venuti  fra  i  monti  Simbruini  a  fab- 
bricar Subiaco.  Passa  quindi  ad  accenna- 
re in  quanto  pregio  l'antica  Roma  tenes- 
se l'acqua  del  fiume  Sublacense,  e  come 
fosse  costruito  e  dove  avesse  principio  il 
suddetto  grande  acquedotto  col  nome  di 
Ticchio  Aniene,  colle  indicate  nozioni. 
Sostiene  quindi,  che  soltanto  dopo  la  di- 
vina Incarnazione  i  sovrastanti  3  laghi 
dell'Amene  dierono  il  nome  al  sottoposto 
castello  di  Subiaco,  come  chiaramente  de- 
nota l'etimologia  del  nome,  ed  ove  surse 
la  villa  diiNerone,che  Cappellata  appun- 
to Subiaco  poiché  giaceva  sotto  i  3  su- 
periori laghi  artefatti,  cioè  Sotto  il  Lago, 
i  quali  laghi  non  rimontano  ad  epoca  an- 
teriore dell'  umana  redenzione.  Datale  e- 
sposi/.ione  tratta  dalla  storia,  dall'autore 
si  rigetta  in  ispecie  l'  altra  opinione  che 


SUB 

vuole  fondato  Subiaco  per  mano  degli 
schiavi  epiroti,  Parla  da  ultimo  sullosco- 
primenlo  del  monumento  di  L.  Menio, 
sull'epigrafe  incisa  in  quella  pietra,  e  la 
circostanza  incoi  fu  più  probabilmente  e- 
relto.  Conclude  quindi,  non  potersi  nep- 
pure verosimilmente  provare  con  tal  se- 
polcro l'esistenza  di  Subiaco  prima  del- 
l'era volgare.  Passando  alla  1."  opinione, 
seSubiaco  fu  fondato  nel  1 .  secolo  dell'era 
volgare  o  corrente,  l'autore  ragiona  del- 
le Cronache  dei  monaci  sublacensi  del 
proto-monastero  di  s.  Scolastica,  ove  si 
conservano,  scritte  dal  p.  il.  Wiliehno  Ca- 
pisacchi  del  1 573,  e  dal  p.  d.  Cherubi- 
no Muzio  del  1628,  e  loro  autorità,  per 
dimostrare  gli  antichi  fatti  che  riguar- 
dano Subiaco.  Ragiona  pure  dei  Dialo- 
gìiid'ì  s.  Gregorio  I,  le  cui  testimonian- 
ze soprattutto  debbono  avere  sommo  pe- 
so; e  dell'antico  Registro  o  Regestum  ve- 
tus  mona s ter ii  Sublacensii ,  nel  quale 
si  custodisce  e  scritto  in  pergamena  nel 
1  i3o,  che  pure  porge  autorevoli  docu- 
menti a  provare  le  vicende  storiche  di  Su- 
biaco. Primieramente  l'autore  colla  testi- 
monianza del  p.  Mirzio  e  con  quella  di 
Papa  s.  Gregorio  I  dichiara,  che  la  soli- 
tudine 0  deserto  sublacense  non  è  adatto 
identico  con  Subiaco.  Dimostra  poi  l'e- 
sistenza di  questo  e  come  borgo  molto 
prima  di  s.  Benedetto  colle  cronache  dei 
pp.  Capisacchi  e  Mirzio,  con  l'antico  Re- 
gistro sublacense,  colle  testimonianze  del 
p.  Domenico  Antonio  Pierantonii  gesui- 
ta, i  cui  scritti  conservatisi  nell'archivio 
di  Trevi  nel  Lazio,  di  cui  raccolse  le  me- 
morie, e  principalmente  colle  autorevoli 
attestazioni  di  s.  Gregorio  I.  Dal  p.  Mir- 
zio si  afferma  apertamente  essere  stato 
Subiaco  prima  della  venuta  di  s.  Benedet- 
to una  Corte,  Curtis  (villaggio  o  campo 
fornito  di  edifizi,  di  coloni  e  di  servi,  di 
mulini  e  di  corsi  d'acqua,  e  di  tutto  l'oc- 
corrente per  la  coltivazione  de'terreni  ), 
sottoildominiodel  pioJNarsio  patrizio  ro- 
mano, ed  essere  stato  questo  villaggio  da 
lui  donato  per  dote  della  chiesa  tuttora 


SUB 
esistente  di  s.  Lorenzo  marlire,da  Ini  già 
edificata  nella  stessa  Corte  di  Subiaco,  e 
per  la  salvezza  dell'anima  sua,  con  alto 
tle'4  agosto  379,  sottoscritto  da  loie  da 
5  testimoni,  che  .s'intitolano  da  loro  ma- 
gnifici uomini,  e  col  consenso  di  Papa  s. 
Damasol.  Il  documento  si  riporta  dal  Re- 
gistro sublacense  e  dal  p.  Capisacchi,  e  fu 
scritto  dal  notaro  pubblico  Giovanni,  a- 
bitante  nello  stesso  paese,  da  Narsio  per- 
ciò chiamato  a  stipularlo  nella  chiesa  di 
s. Maria  diStagnano  e  del  Prato, cioè  pres- 
so gli  antichi  stagni, e  diversa  dalla  chie- 
sa di  s.  Maria  della  Valle  già  dedicata  a 
s.  Bartolomeo  apostolo,  e  la  quale  allora 
non  esisteva, venendo  poi  edificata  sul  col- 
le che  ora  si  nomina  l'Olivelo  Piano  ben 
lungi  da'Simbruini  laghi.  Questa  chiesa 
di  s.  Maria  di  Stagnano  e  del  Prato  era 
la  medesima  di  s.  Lorenzo,  poiché  avea 
doppio  titolo,  e  perciò  delta  ancora  la  Ma- 
donna di  s.  Lorenzo  e  s.  Maria  degli  Ac- 
quedotti^ fondata  sulle  rovine  del  palaz- 
zo e  vdla  di  Nerone,  denominata  ezian- 
dio sotto  il  Lago  di  Subiaco  e  ad  A(juas 
alias.  Conclude  l'autore,  che  dopo  la  me- 
tà del  IV  secolo  qui  già  esisteva  un  vero 
popolo  benché  piccolo, distinto  ne'suoi  or- 
dini e  offici,  con  chiesa  parrocchiale  e  de- 
cime, arcipreteealtri  sagri  ministri,  eche 
il  popolo  abitava  sicuramente  il  borgo  di 
Subiaco.  Allora  reggeva  tal  chiesa  il  ve- 
nerabile arciprete  d.  Basile,  con  Bonifa- 
cio e  Dionisio,  ed  altri  sacerdoti.  Dipoi  il 
castello  di  Subiaco  con  tutte  le  sue  per- 
tinenze e  adiacenze  fu  donato  a  s.  Bene- 
detto dal  patrÌ7ÌoTertullo,  donazione  con- 
fermata all'abbate  sublacense  da  s.  Gre- 
gorio I  e  con  bolla  da  moltissimi  pubbli- 
cata. Di  più  l'autore  dichiara,  conferma- 
re lo  stesso  assunto  l'antica  pittura  esi- 
stente a'Iati  della  s.  Spelonca  di  s.  Bene- 
detto, I*  antica  iscrizione  che  leggesi  so- 
pra un  pilone  intorno  al  primo  claustro 
del  proto-monastero,  e  la  famosa  carta  i- 
tineraria  militare  del  IV  secolo  chiama- 
ta Peutingeriana,  nella  quale  Subiaco  col 
nome  di  Sublatio  è  ricordato  3  volte.  Dà 


SUB  247 

ultimo,  oltre  le  testimonianze  di  Tacito, 
per  quelle  specialmente  di  Plinio,  l'auto- 
re rende  certa  la  fondazione  di  Subiaco 
nel  r.°secolo  ili  nostra  era,  e  perciò  assai 
prima  anteriore  all'epoca  in  che  le  adia- 
cenze sue  furono  illustrate  dalle  virtù  e 
da'miracoli  di  s.  Benedetto,  ed  a  lui  do- 
nato con  altre  possessioni.  Quantoalla  3.a 
e  ultima  opinione,  se  Subiaco  ebbe  ori- 
gine nel  secolo  VI  I  della  corrente  era, l'au- 
tore espone  in  prima  i  pregi  de'due  so- 
stenitori di  essa  i  benedettini  p.  d.  Giu- 
seppe Puja  ti  che  pubblicò  nel  18  16  la  Dis- 
sertazione sopra  l'origine  di  Subiaco,  e 
p.  d.  Giuseppe  Macarty  irlaudese,  morto 
nel  declinar  del  passato  secolo  nel  s.  Spe- 
co e  annotatore  della  Cronacat\e\  p.  Mir- 
zio.  Riferisce  l'autore,  che  ambedue  i  mo- 
naci si  studiano  provare  che  Subiaco  a- 
vesse  principio  dopo  la  1. "desolazione  dei 
monasteri  sublacensi,  e  che  ne  fossero  i 
veri  fondatori  que'monaci  da  qui  fuggiti 
in  Roma  nel  monastero  di  s.  Erasmo  al 
Monte  Celio,  a  scansar  lo  sdegno  de'lon- 
gobardi  nel  cominciar  del  secoloVII;dap- 
poichè  essi  narrano,  che  quc'cenobiti  in- 
viassero di  là  gastaldi  e  villici  alla  coltu- 
ra di  questi  campi  spettanti  a'Ioro  mo- 
nasteri. Di  questo  però  non  fanno  paro 
la  le  bolle  pontificie,  i  diplomi  imperiali 
e  regi, né  iIRegistro,  né  le  cronache  e  scrit 
ture  antiche,  ed  ih.°ad  alfermarlo  fu  il 
p.  Macarty,  segui  lo  e  con  più  calore  dal 
p.  Puja  ti.  Dipoi  l'autore  accenna,  che  dal- 
le dimostrazioni  fatte  nel  precedente  ca- 
pitolo, ragionando  della  2.a  opinione,  si 
esclude  a  un  tempo  l'opinione  dell'anno- 
tatore p.  Macarty  e  del  disserente  p.  Pu- 
jati,  e  tutte  lealtre  ipotesi  col  lume  della 
critica  e  della  logica.  Inoltre  con  parti- 
colare argomento  rende  manifesta  la  con- 
traria sentenza.  Poscia  accenna  alcuni  fat- 
ti storici  della  guerra  longobardica,  e  la 
misera  condizione  d'Italia  dopo  la  loro  fe- 
roce invasione;  riportando  le  parole  del 
p.  Mirzio,  intorno  al  tempo  in  cui  ricu- 
peraronsii  fondi  del  monastero  sublacen- 
se, che  fu  riaperto  per  decreto  e  pc'soo- 


248  SUD 

torsi  di  Papa  Giovanni  VII.  Da  questi  flit  • 
ti  e  ragionando,  deduce  l'autore  non  po- 
tersi allatto  credere  quanto  opinanogl'il- 
lustri  a  cui  egli  si  oppose.  Passa  poi  a  ro- 
vesciare il  fondamento  su  cui  si  posa  la 
sentenza  di  tali  monaci,  asserendo  in  pri- 
ma non  aver  essi  mai  fatto  menzione  del- 
la celebre  bolla  di  s.  Gregorio  I,  e  di  aver 
così  dato  non  lieve  motivo  a  sospettare, 
die  ne  abbiano  taciuto  il  contenuto  per 
far  prevalere  la  loro  favorita  opinione. 
Credè  V  autore  ancora  opportuno  di  por 
mente  a  due  passi  del  p.  Pujati  sul  cro- 
nista p.  Muzio,  e  ne  rimarca  la  contrad- 
dizione. Indi  considera  diligentemente  le 
parole  de  Dialoghi  di  s.  Gregorio  l,cou 
che credonogli  oppositori  dimostratoche 
Subiaco  era  un  deserto  al  giungere  di  s. 
Benedetto  nella  regione.  Ne  volle  inter- 
pretare il  vero  senso  ,  e  si  fa  chiaro  che 
quelle  espressioni  ben  concordano  colla 
bolla  di  s.  Gregorio  I  stesso,  atterrando 
così  le  basi  della  contraria  dissertazione. 
Finalmente  1'  autore  riepiloga  i  3  capi- 
toli delle  3  opinioni  e  conclude.  Opinano 
alcuni,  che  Subiaco  abbia  avuto  origine 
nella  costruzione  del  grande  acquedotto 
Amene  Nuovo,  che  fece  eseguire  Caligo- 
la i  -impello  a  Tivoli,  dove  gli  si  apre  l'op- 
portunità di  parlar  brevemente  de'3  fa- 
mosi laghi sublaccnsi.  Imperocché, volen- 
do quell'imperatore  condurre  a  Roma  le 
acque  Aniesi  più  pure  e  più  limpide  le  at- 
tinse più  vicino  alla  sorgente,e  per  costi  in- 
gere  a  ristagnare  il  rapido  fiume  eresse 
3  grandi  muraglie.  Sorgeva  la  i.afra  l'o- 
spedale di  s.  Antonio,  ed  i  moderni  edili- 
fi  zi  della  cartiera,  ferriera  e  de'  mulini; 
l'altra  imprigionava  le  acque  dell'altro 
stagnonelsito  nomato  il  Buco  della  Car- 
tiera, dove  a  sinistra  della  corrente  veg- 
gonsi  ancora  gli  avanzi  di  questo  muro  an- 
tico; la  3/ da  ultimo  innalza  vasi  maggio- 
re delie-altre,  eformata  di  pietre  quadra- 
te, laddove  due  colli  discendono  quasi  per 
incontrarsi  nel  sito  detto  s.  Mauro,  dal 
prodigioso  salvamento  operato  da  quel 
santo  d'ordine  di  s.  Benedetto,  nella  per- 


S  U  C 
gonadi  s.  Placido  che  slava  per  annegar- 
si nelle  acque,  e  dov'era  la  gran  chiusa 
del  i -°  lago;  prodigio  che  narra  la  lapide 
all'issa  all'  edicola  rotonda  sul  banco  del 
summenlovalo  mirabile  ponte, e  ne  fa  me- 
moria il  Chronicon  Sublacensc.  Dal  nuo- 
vo ponte  osservasi  ancora  giù  nel  profon- 
do un  gran  pilastro  caduto  nell'alveo  del 
fiume,  e  secondo  il  Volpi  restò  colaggiù 
sepolta  la  massima  grata  di  ferro,  per  cui 
trapassavano  le  acque  dal  lago  superiore 
all'inferiore.  Questi  3  stagni  servivano  di 
piscine  lunarie  dove  l'Aniene  spesso  in- 
torbidalo dalle  pioggie  si  riposava  a  pu- 
rificarsi. Oltre  questi  laghi  compì  Claudio 
il  nuovo  acquedotto  di  pietre  congegnate 
ad  arco,  che  ingoiava  gran  parte  del  fiu- 
me escorreva  quindi  verso  Tivoli  a  man- 
ca dell'Amene, lungo  la  strada  or  deno- 
minata la  Pila, nella  quale  tuttora  s'incon- 
trano i  ruderi  del  meraviglioso  emissario, 
che  secondo  Plinio  fu  lavoro  d'i  i  anni  e 
di  3o,ooo  schiavi,  colia  spesadi  molti  mi- 
lioni di  scudi  d'oro  (e  coincide  con  quan- 
to narrai  nel  voi.  Lll,  p.  218,  parlando 
dell'  emissario  del  lago  di  Fucino  dello 
stesso  imperatore).  Da  tali  fatti  concludo- 
no i  fautori  di  questa  opinione  che  la  mol- 
titudine di  artefici  per  tauto  tempo  oc- 
cupata in  tali  opere  veramente  romane, 
avranno  scelto  il  sito  più  comodo  da  cui 
potevano  agevolmente  derivar  le  acque 
per  gli  usi  della  vita  e  per  dar  moto  a'Io- 
ro  ruolini;  oltre  a  ciò  presso  di  loro  avran 
poi  amato  abitare  i  custodi  e  gli  artefici, 
chedoveano  vegliare  a  rimediare  qualche 
sconcio  degli  argini,  degli  stagni  e  del  gran 
acquedotto.  Sembra  però  molto  più  ve- 
rosimile, che  il  numero  di  tali  abitazioni 
si  moltiplicassero  nella  fabbrica  della  fa- 
mosa Villa  JXeroniana,  e  che  da  questa 
avesse  propriamente  la  vera  origine  Su- 
biaco. La  villa  dev'essere  slata  assai  ma- 
gnifica, come  lo  attestano  altre  sontuose 
opere  dell'imperatore  Nerone  che  la  co- 
struì per  sua  delizia,  e  per  suo  volere  fu 
aperta  puree  lastricala  di  pietra  una  nuo- 
va strada  consolare  che  divertiva  dalla 


SUD 

Valeria,  secondo  Frontino;  ed  in  seno  al- 
le delizie  di  lai  villa  ,  correva  Nerone  a 
cercai'  la  pace  del  cuore,  che  fugge  sem- 
preda'principi  crudeli. Ma  1 8  secoli  hanno 
quasi   interamente  distrutte  tante  gran- 
dezze, e  cambiato  l'aspetto  di  questi  colli; 
tutta  volta  sono  qualche  memoria  di  tan- 
te magnificenze  le  colonne  di  porfido  e 
di  verde  antico,  e  gli  altri  marmi  prezio- 
si principalmente  trasportali  nel  mona- 
sterodi  s.  Scolastica,  dove  pure  si  ammi- 
rano le  colonnette  binate  e  tortuose  che 
ornano  e  sostengono  il  cortile  ilei  novi- 
ziato. Egualmente  fanno  lede  dell'impe- 
riali grandezze  le  statue  rinvenute  negli 
scavi,  come  la  nota  Pallade,  i  ruderi  di 
muri  reticolali  a  sinistra  del  liumegià  det- 
ti Carceri,  e  una  gran  nicchia  per  l'ara 
d'un  tempio  con  portico  abbellito  di  co- 
lonne,! cui  rottami  trovatisi  pure  nel  fon 
do  degli  acquedotti,  e  l'anticaglie  che  si 
disotterrano  nel   prato  della    celebrata 
chiesa  di  s.  Lorenzo,  eretta  sulle  rovine 
della  villa  Neroniaua  per  testimonianza 
del  ricordato  p.  Pierantonii.  A  destra  poi 
dell'Attiene  sono  sparsi  i  grandiosi  avan- 
zi della  slessa  villa  scoperti  a'nostri  gior- 
ni dal  p.  ab.  Altieri  (zio  del  vivente  car- 
dinale); ed  i  pezzi  di  marmi  preziosi  eco- 
lorati, e  di  muri  reticolali  che  di  quando 
in  quando  si  rinvengono  sul  piano  lungo 
di  Soricella  e  sull'opposto  di  Soripa,  ab- 
bastanza attestano  la  sontuosità  della  vil- 
la. Ferquesta  certamente  si  saranno  mol- 
tiplicali i  custodi  de'parchi,  delle  piscine, 
delle  terme,  de'giardini  ede'palazzi  im- 
periali; come  per  la  nuova  via  natural- 
mente si  sarà  accresciuto  il  concorsodegli 
ammiratori  del  complesso  di  tante  splen- 
didezze, ed  insieme  per  deliziarsi  fra  gli 
alti  mouti  al  nord  di  Subiacoe  le  pittori- 
che e  svariate  rupi,  fra  le  belle  colline  del 
mezzodì  e  dell'occaso, tutte  allora  verdeg- 
gianti di  boschi,  non  che  in  mezzo  all'on- 
de cristalline  del  fiume,  de'laghi  e  delle 
fonti, fra  le  molli  aure  rinfrescate  dal  fia- 
to degli  euri  e  de'  zellìri,  e  fra  le  sor- 
prendenti cadute  spumose  con  indi  del- 


S  U  B  249 

l'A  niene,  sì  dell'uno  che  dell'altro  stagno 
e  de'laghi,  formate  da' raggi  del  sole.  Al- 
lora dunque  indubitatamente  si  forma- 
rono e  riunirono  più  abitazioni,  a  dar  ve- 
ra e  solida  esistenza  al  nascente  borgo  di 
Subiaco,  che  fu  sinonimo  della  villa  Ne- 
roniana  presso  i  laghi  Simbruini,  sotto  i 
quali  giaceva.  Cogli  autori  citati  dal  dis- 
setante concorda  Frontino,  il  quale  dice 
che  Traiano  a  correggere  i  vizi  del  Nuovo 
Aniene}on\\\\ò  che  lasciato  il  fiume,  l'ac- 
qua si  prendesse  sopra  la  villa  Ncronia- 
naSublacense dov'era  limpidissiina;laon- 
de  sorse  Subiaco  o  la  Villa  Sublacense  di 
Nerone  nel  1. "secolo dell'era  volgare,  non 
già  nella  venula  de'troiani  in  Italia,  uè 
al  Vo  VII  secolo  della  repubblica,  né  in 
fine  nel  VII  dell'era  che  corre.  Termina 
l.i  dissertazione, con  accennare  l'autore  i 
sommi  benefizi  che  da'benedettini  ricevè 
non  solo  Subiaco, ma  la  cristianità, dichia- 
rando d'averla  compilala  pel  solo  amore 
del  vero  e  della  patria  (cui  fu  sempre  in- 
teso a  giovare  insegnando  alla  gioventù 
sublacense),  non  già  per  diminuire  ades- 
si e  da  lui  molto  venerati,  siccome  assai 
chiari  e  gloriosi,  le  tao  te  benemerenze  che 
hanno  colla  medesima.  Non  ommise  di 
rammentare  ,  che  mentre  tutta  Italia, 
Francia,  Spagna  e  Africa  tremavano  ai 
lampi  delle  spade  gotiche  e  vandaliche, 
ed  al  suono  delle  bestemmieariane;  men- 
tre lutto  l'oriente  era  involto  nelle  tene- 
bre di  molte  e  deplorabili  eresie,  l'inef- 
fabile provvidenza  fece  risplendere  sui 
monti  di  Subiaco  tale  una  vivida  luce,  a 
cui  si  umiliò  la  barbarica  potenza,  nota- 
bilmente migliorarono  i  costumi  de'cri- 
stiani,  fu  illustrata  e  santificata  la  terra. 
Dagl'instancabili  cenobiti  sublacensi  fu- 
rono conservati  e  moltiplicati  i  classici  mss. 
della  letteratura  greca  e  romana  ,  e  dal 
proto-monastero  uscirono  alla  lucele  pri- 
me stampe  italiche. 

Siccome  la  religione,  le  arti  e  la  storia 
si  uniscono  insieme  a  rendere  frequenta- 
tissimo da' nostri  e  dagli  oltramontani  il 
famigerato  santuario  del  s.  Speco  di  Su- 


2 So  S  U  B  SU  P, 
biaco,  a  fronte  del  disagiato  cammino,  i  renzo  e  Santolo,  vide  pur  nascere  nel48o 
più  per  venerare  l'antro  beato  ove  nel-  da  splendida  prosapia  il  padre  de'mouaci 
l'aurora  degli  anni  si  deliziò  di  soggiorna-  d'occidente  s.  Benedetto.  Uscito  dall'illu- 
re  il  gran  patriarca  de'monaci  d'oceiden-  stre  casa  degli  !  Anici,  ebbe  a  genitori  En- 
te s.  Benedetto  (!'■),  altri  per  vagheggia  probo  e  Abbondanza,  la  quale  nata  dal- 
re  i dipinti  del  tempio,  i  quali  rimontano  la  nobilissima  famiglia  de'Riguardati,  si- 
all'età  che  precedette  il  risorgimento  del-  gnori  della  contea  di  Norcia,  e  ultima  di 
la  pittura  europea,  ed  insieme  ammirare  quella  stirpe, aggiunse  il  suo  cognome  a 
la  struttura  veramente  artificiale  degli  e-  quello  degli  Anici.  Il  padre  l'inviò  a  Ro- 
difizi  del  tempio  stesso  e  del  monastero;  ma  di  7  anni  per  {studiare,  ove  di  1 4  pei 
così  per  questo  monumento  della  religio-  forti  impulsi  della  grazia  e  docile  allachia- 
ne  e  delle  arti  mossero  il  suo  dotto  ab-  mata  del  Signore,  si  determinò  d'abban- 
balep.  d.  Vincenzo  Bini  a  scriverne  e  pub-  donare  il  mondo  e  quegli  onori  che  gli 
blicarne  le  già  rammentale  Memorie  sto-  si  preparavano,  e  ricoverarsi  in  solitario 
lidie,  compilandole  co'  monumenti  esi-  soggiorno  per  non  pensare  che  a  Dio.  Nel 
stenti  negli  archivi  preziosi  dell'ordine,  voi.  LX11I,  p.  1  14,  parlai  dell'antico  pa- 
onde  appagar  a  un  tempo  le  bramede'di-  lazzo  degli  Anici  abitato  dal  santo  inRo- 
voti,  degli  artisti  e  degl'  istorici.  Laonde  ma,  e  della  cappella  dove  orava  innanzi 
io  me  ne  gioverò  per  narrare  la  culla  el'o-  l'irumagineancora  esistente  della  B.  Ver- 
rigine  dell'ordine  celeberrimo  de'  Bene-  giue  col  divin  Figlio,  si  santificò  e  fu  i- 
(lettini  (/".),  da  cui  derivarono  quelle  in-  spirato  a  recarsi  alla  solitudine  per  farsi 
signi  congregazioni  c\\e  pur  descrissi  a'Ioro  comprensore  delle  glorie  celesti,  ed  a  ma- 
articoli,  e  cotanto  eminentemente  bene-  turare  l'istituzione  del  suo  mirabile  or- 
nierilo  della  società;  non  che  per  descri-  dine,  perciò  ridotta  poi  in  chiesa  col  tito- 
vere  la  s.  Grotta,  la  chiesa,  il  monastero,  lo  di  s.  Benedetto  in  Pisci  nula,  e  corona - 
ed  insieme  i  monasteri  fondati  dal  santo  ta  dal  cardinal  York  (F.)  col  Bambino, 
in  questi  fortunati  e  memorabili  luoghi,  come  arciprete  della  basilica  Vaticana. 
eprincipalmentequellocospicuodis.Sco-  Ebbe  a  compagna  nel  ritiro  da  Roma  e 
lastica  proto-cenobio  e  sua  chiesa,  e  quan-  nel  dirigersi  a  Subiaco  la  sua  nutrice  Ci- 
to altro  ha  relazione  colla  storia  di  Su-  lilla,  secondo  il  costume  delle  più  distili- 
biacn.  Fra  i  monti  Simbruini  che  accer-  te  famiglie  che  le  nutrici  non  abbando- 
chiauo  Subiaco,  vi  è  quello  che  ritiene  nassero  mai  i  fanciulli  da  loro  allattati, 
l'aulica  sua  denominazione  di  Talèo,  ove  Nel  viaggio  e  non  molto  lungi  da  Subia- 
l'occhio  vedeinnalzarsi  una  corona  di  sco-  co  nel  castello  d'Enfide  ora  Alile  operò 
gli,  che  formano  vago  contrasto  colle  al-  il  narrato  portento,  riferito  pure  dal  suo 
tre  parti  della  montagna.  Declinano  que-  som  ino  biografi)  Papa  s.  Gregorio  l  afa- 
sìe a  varie  cadute  fino  alla  corrente  del-  gno,\\  quale  distesamente  nel  2. "libro  dei 
l' A  niene,e  danno  da  Ile  loro  altezze  in  gran  Dialoghi descrisse  (ino  alla  beata  sua  mor- 
copialeacque,limpideefresche,ondcque-  te  i  fatti  del  santo.  Dopo  taleavvenimen- 
sto  fiume  ingrossa  nel  suo  avanzarsi.  O-  to  e  per  evitare  le  umane  lodi,  s.  Bene- 
ranella  parte  meridionale  della  scogliera,  detto  si  sottrasse  dagli  occhi  della  nutrì- 
distante  da  Subiaco  per  due  miglia,  fissò  ce,eallasua  insaputa  prosegui  il  cammi- 
la  sua  solitaria  dimora  s.  Benedetto  quan-  no  verso  l'eremo  di  Subiaco.  Quivi  ghin- 
do andava  in  traccia  d'un  romito  ricove-  to,nel salire  la  montagna  incontrò  per  via 
10  a  rendersi  tutto  di  Dio.  L'antica  città  il  monaco  Romano,  il  quale  abitava  un 
i\\Noreia  nel  ducato  di  Spoleti  (/'.), quel-  vicino  monastero  sotto  la  disciplina  del- 
la stessa  che  prima  di  lui  avea  dato  i  na-  l'abbate  Diodato,  e  l' incontro  avvenne 
tali  a'ss.  Speranza  abbate,  Eulichio,  Fio-  precisamente  nel  luogo  ove  fu  poi  eretta 


SUD 
per  memoria  l'esistentecappella  di  s.  Cro- 
ce, or  chiamata  s.  Crocella,  che  sorge  più 
alla  de'famosi  laghi  e  acquedotti  sudde- 
scrilti.  Conosciutosi  da  s.  Romano  il  vir- 
tuoso disegno  del  giovane,  senza  ritardo 
gli  die  in  quel  luogo  stesso,uon  senza  divi- 
na ispirazione, l'abito  monastico  e  religio- 
so, fot  se  formato  d'un  Cilicio[r.)  e  di  pelli 
d'armento,  come  poi  fu  trovato  nella  sua 
grotta  tulio  coperlodaalcuni  pastori. Pri- 
ma di  dividersi  il  s.  giovinetto  dal  virtuo- 
so anacoreta  Romano ,  ricevè  da  lui  certa 
promessa  che  lo  avrebbe  assistito,  secon- 
do la  sua  posizione  nel  monastero,e  vi  cor- 
rispose fedelmente.Salì  dunque  senza  gui» 
da  alcuna  s.  Benedetto  con  disagiato  cam- 
mino e  verso  oriente  alla  dirittura  del 
monte,  e  fino  a  tanto  salì  che  finalmente 
trovò  quella  parte  di  scoglio  ,  che  a  lui 
sembrò  più  acconcia  a  compiere  l'eroico 
suodisegno.  Quindi  in  un  antro  nella  par- 
te superioredclla  discesa  d'unoscoglio,al- 
la  distanza  di  i  miglia  dalle  mura  di  Su- 
biacoe  di  5o  dall'abbandonata  Roma, so- 
vrastante la  corrente  del  fiume  e  rivolto 
al  mezzodì, fissò  la  sua  scelta.  La  penna 
non  può  convenientemente  descrivere  la 
nudità  e  l'orrore  di  questa  oscura  spelon- 
ca oca  verna  posla  al  pendio  d'un  erto  di- 
rupo, e  tanto  bassa  e  angusta  da  presen- 
tare piuttosto  l'idea  d'una  tana  di  fiera 
selvaggia,  che  di  stanza  per  dimora  di  ro- 
mito penitente.  La  naturale  orridezza  di 
sì  tetro  soggiorno  ci  hanno  conservalo  più 
di  i  3  secoli  e  mezzo,  ed  avrebbe  fallo  ma- 
le l'opera  dell'arte  se  ne  avesse  alterate 
le  parti,  poiché  avrebbe  privato  chi  reca- 
si a  venerarla  delle  lenere  impressioni  che 
potentemente  ispira;  giacché  il  pensiero 
che  si  abbandona  a  ricordare  l'incompa- 
rabile giovane  che  ne  fece  la  sua  diletta 
dimora, sol  leva  lo  spirito  religioso  a  gran- 
di concetti  che  onorano  la  fede  che  pro- 
fessiamo, e  innalzano  la  mente  a  sublimi 
idee;  laonde  il  Petrarca  giustamente  po- 
tè dire,  che  nel  penetrarvi  lo  spirito  vi 
rimira  la  soglia  del  paradiso,  per  le  dol- 
ci emozioni  che  desta  la  beata  spelai! - 


SUB  2M 

ci,  ora  santuario  del  s.  Speco.  Tn  questo 
antro  dunque  entrò  il  novello  romito,  uè 
la  ruvidezza  del  suolo,  né  lo  spavento  che 
senza  l'aiuto  del  cieloavrebhe  dovuto  im- 
padronirsi del  suo  cuore  nel  trovarsi  in 
quella  grotta, ove  nel  corso  dell'anno  non 
penetra  raggio  di  "lucè,  e  che  posta  al  fian- 
co di  alpestri  sassosi  dirupi  altro  suono 
non  olire,  che  quello  dell'  armento  o  di 
qualche  vagante  fiera  del  bosco, esposta  ai 
rigori  del  verno  e  a'eocenti  calori  dell'e- 
state, non  valsero  a  rimuovere  il  suo  piede 
e  rivolgerlo  altrove.  Che  anzi  perque'por- 
tenti,  che  derivano  solo  da  Dio,  pieno  dì 
gioia  e  di  superna  dolcezza  di  spirito,  fi- 
no da'primi  istanti  del  suo  soggiorno  in 
siffatto  luogo,  non  sapeva  ringraziare  ab- 
bastanza la  divina  provvidenza  per  aver- 
lo quasi  per  mano  condotto  in  quell'an- 
tro, che  reputava  più  agiato  e  dovizioso 
del  paterno  palazzo  romano  donde  era 
partito,  la  cui  magnificenza  e  splendine 
ne'suoi  avanzi  serbò  il  tempo.  Sino  dal- 
la fanciullezza  avendo  s.  benedetto  dato 
saggio  di  perfezione,  non  leggerezza  di 
mente,  non  pentimento  de'  gustati  beni 
terreni,  né  desolante  condizione  di  stato 
guidarono  a  questa  grotta  il  nobilissimo 
giovane;  ma  solo  ve  locondossequella  lu- 
ce che  lìn  dal  suo  nascere  spuntò  pode- 
rosa a  irradiarne  l'angelico  spirito  senza 
piìi  dileguarsi  da  lui.  Nella  beato  grotta 
e  solo  nota  al  santo  monaco  Romano.que- 
sti  prodigò  le  sue  cure  paterne  con  prov- 
vederlo in  certi  determinati  giorni  di  pli- 
co pane,  che  a  lui  porgeva  dall'altezza  d'u- 
na rupe  con  fune.  Al  suono  d'un  campa- 
nello soleva  il  solitario  conoscere  l'ora  in 
cui  eragli  apprestato  lo  scarso  alimento, 
ed  allora  saliva  più  gradini  intagliati  nel- 
la rupe, giungendo  a  un  angusto  piano, 
ch'era  al  di  sotto  della  parte  del  monte 
donde  Romano  glielo  porgeva,  e  tollolo 
faceva  ritorno  alla  sua  spelonca.  L'infer- 
nale nemico,  invidioso  della  relazione  a- 
perta  tra  due  anime  virtuose,  per  scon- 
certare l'opera  pietosa  di  Romano,  un 
giorno  al  momento  della  discesa  del  pa- 


2  5a  S  U  B 

ne  ruppe  il  campanello  con  un  colpo  di 
sasso;  ma  Romano  senza  sconcertarsi  con 
B I tri  mezzi  supplì  al  caritatevole  ullizio. 
Intanto  a vvenne,che  il  s.  giovane  fu  nella 
solitudine  sorpreso  da  forti  stimoli  della 
concupiscenza,  de'quali  non  polendo  so- 
stener l'ardore  della  tentazione,  uscì  dalla 
spelonca  e  giltossi  nudo  in  suolo  pieno 
di  spine,  di  rovi  e  ortiche,  ed  in  esse  si  rav- 
volse fìnchèestinse  l'impura  fiamma. Vol- 
le Iddio  premiare  sì  gagliarda  pugna  e  il 
generoso  partito  preso  dal  santo,  con  ren- 
derlo in  avvenire  immune  da  qualunque 
movimento  carnale.  Questo  spineto  esi- 
steva dopo  più  di  7  secoli,  quandos.  Fran- 
cesco d'Asisi  percorrendo  nel  12 2 3  il  La- 
zio, ove  si  trovavano  aperti  alcuni  conven- 
ti dell'ordine  minoritico  di  recente  da  lui 
istituito,  recatosi  a  venerare  il  s.  Speco, 
mostrò  desiderio  di  visitare  il  follo  spi- 
nalo santificato  e  reso  celebre  per  l'ope- 
ratovi da  s.  Benedetto.  Gettossiqnel  san- 
to Dell'entrarvi  prostrato  al  suolo,  e  colle 
sue  lagrime  bagnò  quella  terra;  ed  a  mo- 
strare la  sua  tenera  divozione,  volle  in- 
nestarvi due  piantine  di  rose,  le  quali  so- 
no d'allora  cresciute  e  si  conservano  in 
tanta  copia,  die  il  luogo  è  divenuto  un 
giardino  di  rose,  le  cui  polveri  sono  con 
molta  ansietà  ricercate  da'divoti  che  n'e- 
sperimentano  grandi  vantaggi  per  allon- 
tanare la  violenza  de' morbi.  Questo  ro- 
saio è  situalo  al  di  solto  della  s.  grotta, 
e  presso  al  declinar  dello  scoglio.  Fino  al 
compimento  del  triennale  soggiorno  di 
s.  Benedetto  nell'antro,  al  solo  s.  Romano 
era  stata  nota  la  sua  solitaria  dimora;  ma 
piacque  a  Dio  che  incominciasse  a  farsi 
conoscere  agli  uomini,  onde  da  tal  ma- 
nifestazione avesse  principio  la  grande o- 
pera,  alla  quale  era  stato  destinato  dal  cie- 
lo. Volle  dunque  il  Signore,  che  pel  i.° 
avesse  la  bella  sorte  un  sacerdote,  che  di  - 
inorava  lontano  dals.  Speco  e  parroco  di 
Monte  Porcario,  oggi  Monte  Preclaro,  o- 
ve  cretlesi  che  esistesse  uno  de'  1 1  mona- 
steri che  poi  fondò  s.  Benedetto,  sotto  il 
titolo  di  s.  Vittorino.  Mentre  d  virtuoso 


S  U  B 
Romano  era  passato  alla  beata  eternità, 
correndo  il  giorno  di  Pasqua  il  sacerdo- 
te a  vea  apparecchiato  il  suo  desinare, 
(piando  udì  una  voce  che  gli  disse:  Voi 
vi  preparale  delizie,  ed  il  mio  servo  se  ne 
muore  di  fune  in  questo  deserto.  Si  al- 
zò tosto  il  sacerdote, e  preso  l'imbandito 
pasto,  si  pose  in  cammino  per  rinvenire 
il  solitario,  che  potè  finalmente  trovare 
nascosto  nella  sua  grotta.  Dopo  aver  am- 
bedue ringraziato  il  Signore  dell'incontro 
felice,  presero  il  frugale  nutrimeiito,ecoo- 
gedatosi  l'ospite  dal  santo  tornò  alla  sua 
abitazione;  ma  cominciò  ben  presto  per 
tale  incontro  a  risuonar  nelle  vicine  con- 
trade la  fama  delle  virtù  del  penitente  ro- 
mito, e  tanto  più  il  grido  ne  crebbe,  per- 
chè alcuni  pastori  conducendo  l'armento 
nella  spelonca  trovarono  appiattato  l'a- 
nacoreta coperto  di  pelli ,  e  nel  vederlo 
lo  giudicarono  una  hestia  selvaggia.  Av- 
vicinatisi a  lui  ne  conobbero  la  santità,  e 
cambiarono  in  modo  le  loro  ruvide  ma- 
niere, acquistando  un  carattere  di  dolcez- 
zae  di  cristiana  pietà,  per  l'istruzioni  che 
recavansi  a  udire  dalle  sue  labbra,  delle 
quali  aprì  scuola  in  un  antro  dello  sco- 
glio che  trovasi  sotto  al  s.  Speco,  e  al  di 
sopra  del  roseto,  ove  il  pio  romito  avea 
formato  il  suo  oratorio.  Per  queste  due 
circoslanze,della  visita  del  sacerdote  e  del- 
la scoperta  de'pastori,  sembra  che  cessas- 
se nel  santo  lo  stato  di  vero  solitario,  quan- 
do contava  1  7  anni;  e  da  quel  tempo  ap- 
punto l'elogista  s.  Gregorio  I  ci  narra,  che 
per  essersi  il  nome  suo  ripetuto  da  molte 
bocche  nelle  viciue  contrade,  lo  visitasse- 
ro non  pochi  suoi  ammiratori  portando- 
gli il  nutrimento,  ed  egli  li  ricompensava 
col  pane  della  vita.  Così  provvide  Iddio 
al  vuoto  che  alla  sussistenza  del  giovane 
romito  avea  recato  la  morte  di  s.  Roma- 
no. Non  tardò  molto,  che  il  servo  di  Dio 
nel  principio  del  VI  secolo  fu  chiamato 
alla  direzione  d'un  monastero,  ov'era  per 
morte  mancato  l'abbate,.e  posto  nella  via 
che  da  Subiaco  conduce  a  Tivoli  presso 
Vicovaro.  Sebbene  s.  Benedetta  adope- 


SUB 

rasse  ogoi  sforzo  a  sottrarsi  da  tale  inca- 
rico, nondimeno  vi  si  adattò;  ma  divenu- 
to molesto  a  quella  scorretta  famiglia,  gli 
fu  propinato  il  veleno  in  un  vaso  di  vino, 
sul  cpiale  dopo  aver  il  santo  steso  la  ma- 
no per  benedirlo  si  spezzò  ad  un  tratto. 
Perciò  si  allontanò  da  que'monaci,  e  fece 
ritorno  all'amata  solitudine,  da  cui  erasi 
con  pena  allontanalo,  cercando  di  diino- 
rarvi solo  con  se  stesso  alla  presenza  di 
Dio.  Però  la  dimoia  sua  nella  grotta  non 
fu  più  del  tutto  solinga,  poiché  pel  grido 
sorto  nel  pubblico  di  lui  non  andò  guari, 
che  molti  si  raccolsero  in  questo  luogo 
per  servile  Iddio  sotto  il  mio  magistero; 
ed  il  numero  di  coloro  che  vi  concorsero 
crebbe  tanto,  die  nella  periferia  del  suo- 
lo sublacense  vicino  a  questa  spelonca  , 
chiamato  perciò  la  f'alleSanta,  eresse  e- 
gli  verso  il  5o6  1 2  monasteri, in  ciascuno 
de'quali  pose  i  2  monaci,  che  viveanosot- 
to  il  regime  d'un  abbate.  Datosi  egli  in 
tal  modo  a  un  genere  di  vita  del  tutto  at- 
tivo Dell'addestrare  gli  nomini  alla  vita 
cenobitica,  pare  che  s.  Benedetto  si  distac- 
casse sin  d'  allora  dalia  grotta,  ove  il  suo 
spirito  erasi  formalo  a  eminenti  virtù,  e 
che  datosi  tutto  a  stabilire  e  dirigerei  mo- 
nasteri, non  si  occupasse  che  del  grande 
oggetto  di  formare  gli  altri  sotto  la  sua 
scorta  pel  cielo.  In  questa  guisa,  i  luoghi 
montuosi  e  alpestri  divennero  un  paradi- 
so di  spirituali  dolcezze;  il  tetro  soggior- 
no di  bestie  selvagge  si  convertì  nell'abi- 
tazione d'angeli  in  terra;  e  dove  prima  si 
udivano  solo  i  fischi  de'seipenti  egli  u- 
lulati  de'lupi,  le  grate  grida  innalzaron- 
si  di  quelli  che  cantarono  le  lodi  di  Dio. 
Qui  il  p.  Cini  fa  parola  delle  due  questio- 
ni che  si  agitarono  forse  con  soverchio  a- 
niore  di  partito.  La  i /riguarda,  se  s.  Be- 
nedetto Dell'edificare  Ì12  monasteri  uno 
ne  innalzasse  vicino  alla  sua  fortunata  spe- 
lonca, alla  quale  egli  dovè  que'copiosi  be- 
ni, onde  il  Signore  ricolmò  il  suo  spirito; 
sicché  il  monastero,  die  vuoisi  fin  da  quei 
giorni  costrutto  presso  delta  grotta,si  deb- 
ba considerare  come  il i  .°fra  tulli  quelli 


S  L"  B  a53 

ch'ebbero  per  autore  e  immedialo  mae- 
stro il  s.  istitutore.  La  2.''  riguarda,  se  la 
regola  formata  da  s.  Benedetto  per  la  di- 
rezione e  governo  de'monasteri,  venisse 
insieme  col  nascere  di  essi  da  lui  pubbli- 
cata in  Subiaco,  o  piuttosto  a  /Monte  Cas- 
sino (F.)  si  debba  accordare  il  pregio  di 
essersi  ivi  come  novello  Sinai  proclama- 
to il  suo  tenore,  e  fattosi  pubblico  questo 
ss.  codice.  Sul  proposito  della  1. 'ricerca  il 
p.  Bini  ne  parlò  in  ragionando  del  mo- 
nastero del  s.  Speco,  ed  io  che  l'ho  preso 
per  guida  ripelerò  in  breve  a  suo  luogo 
il  detto  da  lui.  Quanto  poi  alla  2.a  que- 
stione, riferisce  il  p.  Bini,  che  non  pochi 
sostennero  e  sostengono,  che  la  s.  regola 
solo  sul  .Monte  Cassino  fu  fatta  conosce- 
re dal  suo  autore  a'  monaci.  Tra  le  sue 
osservazioni  però,  è  di  peso  quella,  che 
autore  s.  Benedetto  nelle  contrade  di  Su- 
biaco di  1  2  monasteri,  non  abbia  fin  d'al- 
lora dato  a'suoi  discepoli  una  norma  di 
vita  regolare;  e  che  quando  piacesse  con- 
cedere a  Monte  Cassino  la  lode  che  da  es- 
so pai  fisse  .la  regola  del  s.  legislatore,  non 
potrà  per  tal  fatto  contrastarsi  al  s.  Spe- 
coavventuiato  il  merito  molto  maggiore, 
che  nel  ritiro  di  esso  meditasse  egli  gl'in- 
segnamenti espressi  nella  sua  regola, pie- 
ni  di  celeste  sapienza,  e  che  questi  pones- 
se in  pratica  nel  dirigere  i  1 2  monasteri, 
i  quali  poi  volle  forse  ridotti  a  un  certo 
sistema  di  leggi  claustrali  donai  e  alla  lu- 
ce del  mondo,  il  quale  ne  profittòam pia- 
mente e  con  que'  molteplici  e  felici  suc- 
cessi che  celebrai  in  tanti  articoli.  Sia  co- 
munque, il  s.  Speco  ha  il  vanto  e  la  glo- 
ria d'aver  dato  al  suo  ospite  l'occasione 
d'innalzarvi  il  1 .°  monastero  dell'ordine, 
la  fonte  de'beni  e  de'lumi  non  mai  abba- 
stanza ammirati,  che  piacque  al  cielo  di 
donare  allo  spirito  di  s.  Benedetto;  che 
se  egli  0  per  la  specchiata  sua  modestia  o 
per  altre  ragioni  non  alzò  qui  il  1 ,°  suo 
monastero,  e  lo  determinarono  a  gettare 
altrove  lai.'1  pietra,  questo  luogo  donde 
partì  hi  magnanima  impresa,  fu  quello  o- 
vclii  meditata  pel  corso  di  più  anni,  e  per- 


2  >4  s  u  u 

ciò  in  questa  selce  beota  i  benedettini  de- 
vono riconoscere  gl'incunnaboli  del  me- 
ra Tiglioso  ordine  loro,  e  la  pietra  che  scol- 
pì il  colosso  del  benefico  monachismo;  Ci- 
nalmenle senza  questo  scoglio  non  sarebbe 
nato  a  sommo  profitto  degli  uomini  quel 
celo  immenso  di  cenobiti,  al  quale  si  mo- 
strò in  ogni  tempo  grata  la  terra,  e  fu  sì 
caro  al  cielo  per  le  grandi  virtù,  de'mede- 
simi.  Lasciò  scritto  s.  Gregorio  1,  che  nel 
sinodo  romano  approvò  la  regola  di  s.  Be- 
nedetto, di  essere  stala  altresì  questa  for- 
tunatissima selce  più  ricca  ne'suoi  prodot- 
ti, che  le  miniere  doviziose  d'oro  e  di  gem- 
me preziose;  selce  che  non  si  rista  dal  ge- 
nerare i  frutti  di  santità  di  vita  e  di  sa- 
pere, come  dall'operaie  gli  antichi  por- 
tenti a  sollievo  dell'  afflitta  umanità.  Il 
Brancadoro  chiama  il  luogo  Monte  Santo 
eh  Dio,  IVI onte  propagatore  citila  santità, 
ed  esclama.»  L'occidente  non  ebbe  più 
ragione  d'invidiare  i  progressi  che  faceva 
(o  meglio  che  avea  latto )  nell'oriente  il 
dogma  e  la  morale  di  Gesù  Cristo  per  o- 
pera  de'Basilii,de'Gi  isostomi  ede'Grego- 
i  ii...  benedetto  e  i  figli  di  Benedetto  fu- 
rono in  luogo  di  tutti;  e  furono  come  la 
sorgente  di  Eden,  da  cui  si  diramavano 
i  reali  fiumi,  che  si  dividevano  a  fecon- 
dare la  terra. ..OhSubiacolbasta  enunciar- 
ti, per  ravvisare  in  te  questa  sorgente  am- 
mirabile di  religione  e  di  pietà...  Tu  ac- 
cogliesti nel  tuo  seno  questo  uomo  straor- 
dinario; ed  egli  ti  rese  fecondo  di  tanti 
frutti  di  benedizione,  che  se  ne  giovò  pre- 
cipuamente la  Chiesa,  se  ne  giovò  lo  sta- 
to, se  ne  giovarono  le  lettere  (si  allude  al 
numero  prodigioso  de' l'api,  cardinali,  ar- 
civescovi, vescovi,  letterati, politici, e  santi 
usciti  dall'inclito  ordine  benedettino  che 
qui  ebbe  isuoi  nata  li). ..Venne  da  tela  gran 
pianta,  che  co'suoi  rami  ingombrò  tutto 
il  mondo;  degno  perciò  che  sorgessi  a  tan- 
to riguardo,  quanto  or  ne  godi  ;  e  che 
all'  ecclesiastica  signoria  riunissi  in  quei 
tempi  la  dominazione  temporale,  per  un 
intero  e  libero  esercizio  della  spirituale 
giurisdizione,  a  vantaggio  de'popoli".  Lo- 


SUB 
co  poi  i  nomi  e  i  cenni  che  il  p.  Bini  dà 

de' 12  monasteri,  che  nelle  vicinanze  del 
s.Speco,per  un  pensiero  ispiratogli  da  Dio 
nel  tacito  soggiorno  che  vi  menò,  furono 
eretti  dallo  stesso  patriarca  s.  Benedetto, 
i  .°Di  s.  Clemente,  sotto  il  vocabolo  di  Vi- 
gna Colombaria,  poco  lungi  dal  mona- 
stero di  s.  Scolastica  alla  ripa  dell'antico 
lago.  Questo  monastero  fu  più  degli  al- 
tri abitato  da  s.  Benedetto,  il  quale  vi  ri- 
cevè i  nobili  giovanetti  i  ss.  Mauro  e  Pia- 
cido(f.)t affidati  allesue  cure  da'loro  ge- 
nitori Eutichio  e  Tertullo.  Qui  si  operò 
il  succennato  miracolo,  che  ili.0 salvò  il 
2.°  dall'annegarsi  (per  ricordare  il  quale 
e  in  onore  de'ss.  Benedetto,  Mauro  e  Pla- 
cido, neh  834  Gregorio  XVI  fece  conia- 
re quella  medaglia  che  descrissi  nel  voi. 
XL1V,  p.  72j  anno  in  cui  volle  divota- 
mente  visitare  ancora  una  volta  questi 
santi  luoghi).  Quivi  pure  avvenne  l'altro 
prodigio  operato  da  s.  Benedetto,  di  riu- 
nire al  manubrio  il  ferro  a  uso  di  falce 
caduto  dalle  mani  del  monaco  goto  nel 
lago.  In  questo  luogo  il  perfido  sacerdo- 
te Lorenzo  tentò  d'uccidere  il  sauto,fa- 
cendogli  porgere  un  pane  avvelenato,  e 
introdusse  nell'orto  7  giovani  uude  per 
porre  a  cimento  la  virtù  de'suoi  monaci. 
Le  colonne  di  porfido  e  altri  marmi  pre- 
ziosi che  sono  nel  monastero  di  s.  Sco- 
lastica, diconsi  avanzi  della  fabbrica  di  s. 
Clemente,  ovvero  della  villa  che  Nerone 
ebbe  nelle  sue  vicinanze.  Bovino  del  tutlo 
questo  monastero  per  lo  spaventevole  ter- 
remoto che  desolò  l'Italia  nel  1216. 2. "Dei 
ss.  Cosma  e  Damiano,  titolo  che  ricevè 
dallo  stesso  s.  BenedettOj  la  cui  chiesa  fu 
convertila  da  s.  Onorato  1. "abbate  dopo 
il  s.  patriarca  nella  sala  capitolare,  e  fi- 
no a' nostri  giorni  ha  questo  medesimo  li- 
so nel  monastero  di  s.  Scolastica.  Fu  al- 
lora edificato  altro  tempio  vicino  all'an- 
tico, e  dedicato  a  s.  Benedetto  ed  a  s.  Sco- 
lastica di  lui  sorella  (gemella  dicono  al- 
cuni), e  si  pretende  consagrato  das.  Gre- 
gorio I  quando  vi  si  recò  colla  madre  s. 
Silvia;  ma  il  p.  Bini,  seguendo  il  parere 


SUB 
de'Maui  ini,  pensa  che  quel  Papa  non  si 
mosse  mai  da  Roma  nel  suo  pontificato. 
Allorché  poi  nel  98 1  fu  portata  a  compi  - 
mento  la  restaurazione  di  questa  chiesa, 
ne  fu  fitta  la  consagrazione  da  Benedet- 
to VII,  e  prese  il  titolo  di  s.  Scolastica, 
abbandonando  l'altro  di  s.  Benedetto, for- 
se perchè  a  lui  già  da  un  secolo  erasi  de- 
dicata la  chiesa  del  s.  Speco.  Devesi  sen- 
za dubbio  considerare  questo  monastero 
Ira  i  primi  dell'ordine,  e  decisamente  il 
1  ."restato  tra  quelli  innalzati  da  s.  Bene- 
detto, che  fu  centro  di  essi,  e  che  venne 
arricchito  esso  solo  di  singolari  grazie  e 
privilegi,  non  che  di  terre  concesse  dalla 
munificenza  de'Papi,  degl'imperatori  e 
de* re. Si  meritò  d'essere  chiamato  proto- 
cenobio,  e  di  esso  e  sua  chiesa  e  appar- 
tenenze parlerò  poi,  per  non  interrompe- 
re le  indicazioni  de' 12  monasteri.  3.' Di 
S.Biagio  vescovoe  mai  tire,compreso  den- 
tro i  confini  della  solitudine  sublacense, 
e  lungi  più  che  due  miglia  dalla  città,  an- 
tico monasleroabitato da  s.  Romano, che 
die  l'abito  religioso  a  s.  Benedetto  e  lo  nu- 
lli. Senza  perdere  il  suo  antico  titolo  gli 
si  è  aggiunto  l'altro  di  s.  Ronia'io,  e  poi- 
ché all'epoca  della  costruzione  de' 1  2  mo- 
nasteri n'era  angusta  la  fàbbrica  per  riu- 
nirci 1 2monaci,  venne  da  s.Benedettoatn- 
pliato.  Attualmente  ridotto  a  eremitag- 
gio, conserva  un  avanzo  sì  grande  del  suo 
antico  edifizio da  offrire  comoda  abitazio- 
ne penai  romito.  In  due  giorni  dell'an- 
no la  comunità  monastica  del  s.  Speco  si 
reca  a  cantar  la  messa  nella  sua  chiesa, 
hi  quale  fu  consagrata  nella  festa  di  s.  Lu- 
ca daManfredo  vescovo  diTivoli  neh  1  10. 
4.°Di  s.  Gio.  Ballista, dello  poi  di  s.  Gio- 
vanni deli acqua  ,0  delle  Tre  fonti,  per- 
chè in  questo  monastero  s.  Benedetto  o- 
però  il  prodigio  di  aver  tratto  l'acqua  da 
una  selce,  delia  qualeaveano  in  quel  luo- 
go gran  bisogno  i  monaci  ne'loro  lavori. 
5.°Di  s.  Maria  di  Mori  ebotta  sopra  il  s. 
Speco,  che  prima  avea  il  vocabolo  di  s. 
Maria  diPrimeranejo  come  altri  voglio- 
no di  s.  Maria  della  Porziuncola,  e  pel 


SUB  :>.  )  5 

cui  esempio  fu  edificato  da'  francescani 
collo  stesso  nome  di  Porziuncola  (/'.)  il 
convento  e  chiesa  di  s.  Maria  degli  An- 
geli presso  Asisi,  come  scrisse  Guglielmo 
di  Narni  nel  Chronicon  Sublacensis.  Ora 
è  più  conosciuto  questo  s.  luogo  sotto  il 
nome  del  b.  Lorenzo  Loricato  da  Fanel- 
lo a  perchè  quivi  abitò  per  molli  anni  il 
celebre  anacoreta  penitente  di  lai  nome, 
nativo  di  Fanello  negli  Abruzzi,  che  vi 
si  recò  neli20()e  vi  morì  nel  1243.  Es- 
sendosi trasferito  il  suo  corpo  nella  chie- 
sa del  s.  Speco,  non  restò  in  quell'antico 
monastero  che  una  chiesuola,  alla  quale 
spesso  si  recano  i  divoti  di  questo  santo 
per  venerare  la  dimora  del  rigido  peni- 
tente (testimoni  ne  sono  i  cilizio  piastredi 
ferro,  di  cui  arroventate  corona vasene  la 
fronte  e  cingevane  le  braccia,  e  la  pesan- 
te maglia  di  ferro,  con  cui  copri  vasi  il  col- 
po, donde  fu  detto  Loricato,  i  quali  si  con- 
servano nella  sagrestia  del  s.  Speco),  od 
altri  per  ammirare  la  posizione  di  quel- 
la eminente  altura  tutta  circondata  da 
monti.  Il  Papa  Gregorio  XVI,  che  da  car- 
dinale ne  avea  visitato  la  chiesa  e  l'ere- 
mo ove  visse  il  sauto,  quando  a'3o  apri- 
le 1  834  si  recò  al  s.  Speco,  volle  risalire 
questo  monte,  e  sostenne  l'aspro  elevato 
cammino  interamente  a  piedi,  e  cosi  fece 
nello  scendere,  offrendo  nella  maestà  del- 
la sua  suprema  dignità  uno  spettacolo, 
che  ricorderanno  per  lunga  serie  d'anni 
l'età  future,  e  di  cui  si  è  registrata  la  me- 
moria nella  seguente  lapide, composta  co- 
me l'altra  del  s. Speco  dal  p.  ab.  bini,  col- 
locata al  fianco  della  chiesuola,  e  pubbli- 
cata dal  Marocco.  Quain  Laurcntio  Lo- 
ricato sacram-Cernis  hospes  aediculam- 
Haec  Gregoriani  A7  1  Pont.  MaX.-lll 
Ca  l.  Mai.  An.S.iÒZ  ^•Sinibruina  fuga  con- 
scensum  -  Ac  pedilemposlridichuc  usque 
progressum-  L  nìverso  populo  laetitia  ge- 
sliente  -  In  Divieni  Anacìioretam  pumi 
excepit.  Avendo  avuto  l'onore  d'accom- 
pagnarvi il  cardinale  e  il  Papa,  fui  promo- 
tore del  marmoreo  monumento,  e  Io  fe- 
ci eseguire  a  mie  spese.  6.° Di  S.  Angelo, 


256  S  U  B 

situato  nelle  vicinanze  di  Subisco,  oltre 
il  lago  detto  de  Balzi*.  Di  questo  mona- 
stero non  ci  restano  neppure  gli  avanzi. 
Quivi  vuoisi  clie  avesse  stanza  quel  mo- 
naco, il  quale  poco  attento  nell'esercizio 
dell'orazione  e  facile  alle  distrazioni,  ne 
Tu  con  verga  punito  da  s.  Benedetto.  7.0 
Di  s.  Fillorino  vescovo  d' A  odierno  e  mar- 
tire,dicui  pure  non  rimangono  memorie. 
Era  questo  monastero  posto  a  pie  del 
Monte  Porcaro  poi  Preclaro,  non  lungi 
da  un  borgo  ovecredesi  che  si  esercitasse 
nel  ministero  di  parroco  quel  sacerdote, 
il  quale  visitò  nel  s.  Speco  s.  Benedetto 
nella  solennità  di  Pasqua.  8.°  Di  s.  An- 
drea di  vita  eterna.  Besta  va  vicino  all'al- 
veo del  fiume,  e  dopo  le  rovine  cagiona- 
te nel  principiare  del  VII  secolo  da'lon- 
gobardi  si  può  credere  die  non  fosse  af- 
fatto restaurato.  g.°Di  s.  Michele  arcan- 
gelo. Pochi  indizi  restano  di  questo  mo- 
nastero, che  s.  Benedetto  fece  costruire 
sotto  il  suo  s.  Speco  in  una  piccola  pia- 
nura sopra  la  ripa  del  lago.  1  o.°Di  s.  An- 
gelo di  Arsa  1100  Ursano  vicino  a  Trevi, 
detto  perciò  s.  Angelo  di  Trevi,  il  quale 
paese  fu  per  qualche  tempo  sede  vesco- 
vile, come  narrai  al  suo  luogo.  Abbaudo- 
to  da'monaci,  venne  convertito  in  un  mo- 
nastero di  monache,  le  quali  vi  soggior- 
narono 2  1  7  anni.  Sisto  IV  neh  47 7  l'u- 
nì al  monastero  di  s.  Scolastica,  e  restano 
tuttora  molti  avanzi  di  sua  fabbrica.  1  i. 
Di  s.  Girolamo.  Questo  mouastero  fu  dei 
primi  ad  essere  abbandonato,  né  fu  mai 
riparato  dalle  solfer te  devastazioni;  sicché 
si  può  dire  che  restasse  diroccato  per  8 
secoli,  finché  nel  1887  ne  fu  rialzata  la 
fabbrica  da  Pietro  Boverio  o  Boeri  bene- 
dettino vescovo  d'  Orvieto,  il  quale  per 
qualche  tempo  dimorò  in  s.Scolastica. Ur- 
bano VI  con  bolla  ne  avea  ordinato  il  re- 
stauro,di  cui  volle  prender  cura  il  prela- 
to che  fu  bersaglio  de' tempi  suoi,  pieni 
di  scismi  e  di  turbolenze,  e  perquantodi- 
chiara  il  p.  Valle  nella  Storia  del  duomo 
di  Orvieto  a  p.  38.  Nelle  antiche  memo- 
rie si  legge,  che  per  mancanza  di  mezzi 


S  U  R 

il  vescovo  non  potè  per  le  nuove  soprag- 
giuntegli sciagure  compire  la  lodevole  im- 
presa, sebbene  vi  spendesse  4.000  fiorini 
d'oro.  Ottenne  perciò  da  detto  Papa  ai 
io  luglio  [387,  un'indulgenza  plenaria 
da  lucrarsi  da  tutti  quelli  che  avessero  per 
due  mesi  prestato  l'opera  nel  compimen- 
to di  questo  lavoro.  1  2.°Di  s.  Andrea  ora 
Rocca  di  Botte.  (Molti  e  non  senza  ragio- 
ne escludono  questo  monastero  dal  nove- 
ro de' 1  2  fondati  da  s.  Benedetto,  ed  in 
vece  vi  pongono  s.  Donato,  nella  contra- 
da che  chiamava»!  Equi,  là  cui  fabbrica, 
sebbene  abbia  avuto  grandi  variazioni, 
sussiste  tuttora,  ed  è  convertita  in  una 
grancìao  grangia  del  monastero  di  s.Sco- 
lastica. Una  convincente  ragione  per  non 
ravvisare  in  questo  luogo  l'esistenza  d'un 
antico  monastero,  si  è  il  non  trovarsi  in- 
dizio  d'  una  casa  monastica  in  Rocca  di 
Botte  fuori  de'confini  dell'abbazia  di  Su- 
biaco,  giacché  si  conosce  che  s.  Benedet- 
to fondò  i  suoi  1  2  monasteri  nella  peri- 
feria di  quel  suolo  sublacense,  ch'ebbe  poi 
il  nome  di  Santa  falle.  Rocca  di  Botte, 
terra  de'Marsi  in  sito  delizioso  incontro 
a  Oricola,  così  nomata  da  una  forte  roc- 
ca che  in  alto  monte  la  custodiva,  fu  pa- 
tria di  s.Pietro  eremita,  uno  de'tanti  san- 
ti che  di  loro  presenza  onorarono  Subia- 
co;  ne  tratta  il  Corsignani  nella  Reggia 
JÌJarsicana,  senza  far  parola  del  mona- 
stero di  s.  Andrea.  Bensì  ricorda  che  vo- 
gliono le  antiche  tradizioni  che  per  la  via 
di  Carsoli  sia  passato  s. Benedetto  quando 
partì  daSubiaco  perMooteCassino,cooie 
più  vicina  a  Subiaco,  e  in  compagnia  dei 
ss.  Mauro  e  Placido,  di  due  angeli,  e  di 
tre  corvi,  i  quali  per  5  miglia  sempre  fu- 
rono loro  scorta  e  guida.  Conviene  pure 
che  s.  Benedetto  dimorò  nel  paese  de'Mar- 
si, e  lo  decorò  con  edificarvi  più  mona- 
steri. Avverte  il  p.  Bini,  che  qualche  pic- 
cola variazione  che  s'incontra  presso  i  cro- 
nisti benedettini  nel  riferire  i  nomi  de'  1  2 
monasteri  sublacensi,  e  particolarmente 
presso  Arnoldo  Wion  nel  suo  Lignum  vi- 
ine,  nel  Commentario  dell' Esleno,  epres- 


SUB 

so  il  p.  della  Noce  abbate  cassinese,  non 
dà  a  sperare  precisione  e  piena  verità  par- 
lando di  edilìzi  innalzati  dai 4 secoli  in- 
dietro, i  quali  soffrirono  ne'piimi  tempi 
di  loro  esistenza  le  longobardiche  deva- 
stazioni, multi  ne  furono  restaurati,  al- 
tri Io  furono  in  parte,  e  quindi  abban- 
donati del  tutto,  restandone  a  noi  scarse 
memorie  nelle  schede  degli  archivi  be- 
nedettini. Nella  biblioteca  Chigiana  vi  è 
il  mss.  del  p.  Costantino  Gaetano  da  Si- 
racusa, colla  descrizione  de' i  2  monaste- 
ri eretti  da  s.  Benedetto  ne' contorni  del 
s.  Speco;  la  quale  si  legge  pure  nel  p.Ma- 
billon,  Annales  Benedictini  t.  i,p.  37. 
La  fece  pure  l'av.  Fea  nella  numerazio- 
ne e  località  de'  1 2  monasteri,  dopo  aver 
provato  che  il  paese  detto  Subiaco  non 
deve  la  sua  origine  a  s.  Benedetto,  con- 
tro l'opinione  del  p.  Pujali,  cioè  a  p.  /{.5 
delle  Considerazioni  istoriche  3  fisiche- 
geologiche,  riproducendo  il  mss.  Chigìa- 
110,  e  altrettanto  praticò  Marocco,  /Mo- 
numenti t.  io,  p.  1  i5.  Ora  fa  d'uopo  di 
parlare  prima  della  chiesa  e  monastero 
dis.  Scolastica,  già  de'ss.  Cosma  a  Damia- 
no, come  anteriori  d'erezione  alla  chiesa 
e  monastero  del  s.  Speco,  e  di  questo  e 
di  quella  lo  farò  poi. 

Uscendo  da  Subiaco  e  leggermente 
scendendo,  dopo  un  mezzo  miglio  la  via 
comincia  a  salire  così  agiatamente,  da  po- 
tervi andare  iu  carrozza;  e  per  questa  si 
gode  una  veduta  amena  della  valle  sol- 
cata dall'Amene,  le  cui  acque  divise  on- 
de muovere  i  ruolini,  e  le  macchine  del- 
le ferriere  e  delle  cartiere,  formano  varie 
cadute.  Si  perviene  poscia  ad  una  cap- 
pella sagra  alla  ss.  Annunziala,  sulla  qua- 
le un'iscrizione  moderna  in  3distici(ripor- 
lali  da  Marocco  in  uno  all'iscrizione  po- 
sta neli655sull'altare)  ricorda  il  suddet- 
to miracolo  operato  da  s.  Mauro  d'ordi- 
nedi  s.  Benedettone!  028, pel  quale s.lMa- 
cido  fu  salvato  dall'onde  dell'Amene  in 
che  era  caduto.  Trovo  nel  n.0y6  del  Dia- 
rio di  Roma  deli  841  ,cheiIsulIodatomg.r 
Antonucci  essendo  vescovo  di  Monte  Fel- 

VOL.   LXX. 


SUB  z57 

tro  si  recò  alla  sua  patria  Subiaco,  e  con 
rito  solenne  benedì  la  1. 'pietra  del  ponte, 
che  il  consorzio  sublacense  e  provinciale 
gettò  sull'Amene  e  per  memoria  di  detto 
prodigio  denominò  s.  Mauro.  Di  piìi  che 
con  annuenza  del  cardinal  Spinola  abba- 
te commendatario  pontificò  nel  dì  del- 
l' Assunta  nella  collegiata,  compartendo 
la  triua  benedizione,  amministrando  gli 
ordini  sagri  e  la  cresima.  All'epoca  dis.  Be- 
nedetto il  (ìume  ritenuto  dalle  chiuse  ne- 
roniane,  secondo  Nibby,  formava  qui  il 
i.°lago  che  lambiva  quasi  il  sito  dell'edi- 
cola: e  questo  lago  ripeterò  che  rimase  fi- 
no a'20  febbraio  1  3o  5,  quando  in  una  pie- 
na del  fiume,  due  monaci  togliendo  im- 
prudentemente de'sasd.apriionoun  var- 
co all'acqua, che  rovesciando  i  ripari  tor- 
nò nello  stato  in  cui  era  prima  che  Ne- 
rone la  ritenesse,  cioè  presso  a  poco  co- 
me oggi  si  vede.  11  diverso  parere  sulla 
formazione  de'laghi  di  mg.r  Januuccelli, 
lo  discorsi  di  sopra.  Soggiunge  Nibby,  a- 
ver  detto  essere  stato  qui  ili. "lago,  cioè 
il  superiore,  giacché  riferisce  Plinio  ch'e- 
rano tre  i  laghi  :  avendo  Nibby  nelle  sue 
investigazioni  seguito  il  corso  del  fiume 
al  di  sopra  di  quoto,  fino  alle  sorgenti 
non  trovò  tracce  degli  altri  due,  ma  men- 
tre qui  sono  visibili  le  tracce  della  chiusa, 
convalidate  dallo  speco  aperto  da  Traia- 
no,edalla  storia  sovraindicata,  crede  che 
da  questo  punto  l'acqua  cadesse  in  due 
ristagni  inferiori, anch'essi  artificiali, fiuo 
a  raggiungere  il  corso  odierno.  Dice  pu- 
re, che  l'abbandono  della  villa  imperiale 
avea  fatto  sparire  uno  di  questi  laghi  fin 
dall'864,come  si  trae  dalla  bolla  di  s.  Ni- 
colò I;  gli  altri  due  laghi  esislevauo  an- 
cora nelio52,  poiché  nella  lapide  inca- 
strata nel  chiostro  di  s.  Scolastica  e  ap- 
partenente a  quell'anno,  fra  l'altre  possi- 
denze si  nominano/7  Lacusj  ma  siccome 
è  ignoto  l'anno  in  che  ili. "lago  sparisse, 
così  è  ignoto  quando  rovesciasse  la  chiu- 
sa del  2.0,  fatto  che  dev'essere  avvenuto 
fra  gli  anniio52  e  1  3o5,  allorché  certa- 
mente pel  documeulo  allegato  uno  solo 
»7 


s5S  S  D  13 

ne  rimaneva.  Appena  passata  la  cappel- 
]j  di  s.  Plàcido  un  sentiero  a  destra  con 
duce  ad  alcuni  ruderi  scoperti  nel  1824 
e  che  evidentemente  sono  avanzi  di  ba- 
rrii fluviali  dipendenti  dalla  villa  impe- 
ria]editSu6&MrK£t//7?,  de'quali  Nibby  pub- 
blicò la  pianta  nel  1828:  fra  que'ruderi 
vedesi  ancora  lo  speco  ([unsi  ostruito  del- 
l'acquedotto dell'Amene  Nuovo  a  perioda 
Traiano  a  sostituzione  di  quello  di  Clau- 
dio, onde  avere  l'acqua  più  pura.  Sulla 
ripa  opposta  del  fiume  a  mezza  falda  del 
monte  Carpineto  sono  rovine  d'una  spe- 
cie di  ninfeo,  composto  d'una  gran  nic- 
chia curvilinea  fra  due  nicchie  lettihnee 
separate  fra  loro  da  anditi.  Il  cammino 
dell'alto  monte,  dal  destro  lato  sempre 
costeggiato  dall'Amene,  è  continuamen- 
te da  spesso  bosso  fiancheggiato,  e  di  cui 
tutto  il  monte  è  quasi  coperto,  che  cogli 
avanzi  della  villa  diNerone  dalla  parte  op- 
posta formano  vedute  assai  pittoriche,  il 
proto-monastero  di  s.  Scolastica,  al  quale 
dopo  le  rovine  de'  bagni  si  perviene,  fu 
fondato  nel  02o  da s.Beuedetto  nella  val- 
le anticamente  detta  l'ueeja,  nelle  tene 
de' genitori  de'ss.  Placido  e  Mauro,  cioè 
TerlnlloedEutichio  nobili  romani, i qua- 
li nel  528  lo  dotai  ono  di  molti  beni,  che 
in  parte  già  notai.  Essi  furono  Subiaco, 
comprese  le  adiacenze  del  sito  del  s.  Spe- 
coli lago  colle  mole  ad  acqua  e  le  peschie- 
re sino  all'Arco  di  Ferrata  (luogo  degli 
equi  e  ruscello,  che  ricordai  come  stazio- 
ne e  parlando  della  massa  Ad  Laminas), 
la  città  di  Tusculo  (come  notai  a  Frasca- 
ti), Gfl///cflno,Donabello,il  lago  Foglia- 
no colla  torre,  s.  Maria  in  Sorriseci  sino 
al  mare,  e  altri  molli  castelli.  Queste  do- 
nazioni in  gran  parte  provenienti  dai  fon- 
di donati  da'padri  de'ss.  Placido  e  Mau- 
ro, con  diploma  de'28  giugno  5g6  con- 
fermò s.  Gregorio  I,  il  quale  col  consenso 
di  sua  madre  s.  Silvia  gli  donò  il  castello 
Apollonioo  Ampiglioneiammentato;con 
molli  latifondi  da  lui  ereditali.  Questi  pos- 
sedimenti in  progresso  si  aumentarono, 
dì  elitre  la  lapide  più  volle  ineuzioData,iu 


S  U  R 

cui  l'abbate  Umberto  ricorda  brevemen- 
le  i  fondi  appartenenti  al  monastero  nel 
io52,  è  del  seguente  tenore,  riferito  da 
Nibby  e  riprodotte  da  Marocco.  Lo  Spe- 
co, i  due  Laglii,  il  corso  del  fiume,  colle 
mole  e  le  pesche,  Genita  o  Jeime,  Puce- 
iurn  0  la  valle  Puceja,  Opinianum,  Au- 
gusta o  Agosta,  Cavaria  oCervara,  Ma- 
ranum  o  Marano,  Anticulum  o  Anticoli, 
Ruvianum  o  Roviano,  Arsala  o  Arsoli, 
Auricola  o  Oricola,  Carsolum  0  Carsoli, 
Canloranuin  o  Canterano,  Rocca  Cono- 
eia  o  Rocca  di  Mezzo,  Trelanum,  Cer- 
relum  o  Cerreto,  Rocca  Sarractnìscurn 
o  Saracinesco,  Sambuculum  o  Saoibuci, 
Bicilianum  o  Ciciliano,  Massa  s.  T  ale- 
vii,  Rocca  de.  Ilice ,  Rocca  luvencianum, 
Auipollionumo  A  in  pigi  ione,  e  Collis  Ma- 
lus.  Altri  aggiungono  a' fondi  posseduti 
nel  1  e  j2dalmonasteio,T uccianetlo, Roc- 
ca di  Rotte,  e  Rocca  dovane;  dappoiché 
oltre  le  rive  dell'Amene  da  sopra  a  Su- 
biaco si  estendevano  le  possidenze  fino 
al  confluente  della  Ferrala  sulla  dritta,  e 
del  Giuvenzano  sulla  sinistra,  e  tutti  i  vil- 
laggi che  coronano  queste  sponde; sulla 
destra  da  Jennefìnoa  Roviano,compren- 
denclo  Oricola  e  Carsoli  che  sono  nel  re- 
gno di  Napoli;  e  sulla  sinistra  da   All'ile 
lino  ad  Ampiglione,  servendole  di  fron- 
tiera Guadagnolo. Quindi  può  riconoscer- 
si quanto  polente  fosse  l'abhate  di  Subia- 
co, ossia  di  s.  Scolastica,  ne'tempi  feuda- 
li, in  cui  ebhe  uà  territorio  di  circa  5o 
miglia  di  circonferenza,  con  giurisdizione 
spirituale  e  temporale,  con  potere  di  me- 
ro e  misto  impero  che  esercitò  per  800 
anui,  i  monaci  eleggendo  l'abbate.  Ma- 
rocco poi  a  p.  1 4- !  riporta  con  ordine  al- 
fabetico l'intiero  contenuto  della  tavola 
marmorea   esistente  nel  destro  Iato  del 
chiostro  di  s.  Scolastica,  in  cui  pure  sono 
notati  i  seguenti  luoghi  che  anticamente 
appartennero  al  monastero  sublacense  e 
come  segue.  Augusta,  Arsulum,  Aurica- 
la,  Anticulum  Corradi ,Anticulum  Cam- 
paniae,  Aprumanum3  Apollonium,  Ale- 
1  animi  t  Aibitretum,  Anangula,  Antonii 


SUB 
monliSj  Castrarti  s.  /tngeli,  Castrimi  Di 
cilianum,  Babavam,  Bubnrannm,  nari 
rumi, Bit  trenitm,  Bucanum ,  Bovaranum, 
Camerata,  Caiitoraniirn,  Castellimi  an 
tiquum,  Campitellnm,  Calicianitm,  Car- 
sogeni Civita1;,  Castellimi  Panine,  Cer- 
caria, Cerretum  ,  Civitella,  Cisternnla, 
Criptttla,  Collemalnm,  Collis  Aitali,  Ca- 
sa Corbnli,  Destanum  majns,  Destarumi 
minus,  Ventilila,  Domns  Pnluliae  Civi- 
ta*, Effide,  Fa1>ianiiin,Floracitiniim,Fe- 
roniannm ,  s .'Felici ta , Foliaiium ,  Flimien 
frigidum  in  Calabria,  G ernia,  drammi, 
Gallicammi ,  Jnbenzannni ,  Intermara- 
nnni,  llicis  fiocca, Lorianitm,Lncianam, 
Marannm ,  ilfallicanuni,  Malliolanam, 
Miniatami, Mestila,, Velati  animi,  Massa 
s.  Falerii,Mncionianam,Mons  Casnlis, 
Nimpha,  Olibanam,  Oriliaiutm,Opinia- 
nnm,  Pisciatami,  Picerammi,  Ponticel- 
liini,  Paternum  alias  Penloma,  Paternel- 
Inm,  Passera num,  Pelvia  Civitas  ,  Po- 
diam,  s.  Pamphilii  castrimi,  Paccejitin, 
Rocca  Canlorana,  Rocca s.  Ste pliant, Ro- 
jatiini,  Rubìanam  majns,  Rnbiannm  mi- 
aas,  Rocca  de  Butte  Jlocca Martini,  Roc- 
ca de  Medio,  Rojannm,  Rocca  de  Sart- 
re,Rocca  Sicca,  Siiblacas,Sambiicalam3 
Sala  Civitas,  Scnrcnla,  Saraciniscam , 
Sinipronianam ,  Sloracianam,  Stornel- 
larli, Sertinianam,  Trebaolim  Trebana 
Civitas,  Tuccia» ellunij  Tnscnlannrn  Ci- 
vitas, Tnrpiniannm ,  Tnrriannm,  Trel- 
lanam,  ZJberanam,  Ursanarn,  f 'esanimi, 
s.  Fitas.Dì  tutti  questi  luoghi,  almeno  di 
quelli  esistenti,  o  di  cui  ci  restano  notizie 
storiche,  o  li  descrissi  o  indicai  di  sopra  o 
altrove,  ovvero  li  riportai  negli  articoli 
Tivoli  eFp.osiNONE.  11  loro  possesso  fu  cori- 
fei inalo  ancora  al  monastero  e  abbate su- 
blaccuseda'Papi  Gregorio  I  V3s.  Nicolò  I, 
Giovanni  Xll,  Benedetto  VII,  Gregorio 
V,  Pasquale  li  e  aldi  Papi,  non  che  da 
imperatori  come  Ottone  I.  Questo  mona- 
steio  fu  denominato  prima  de'ss.  Cosma 
e  Damiano,  indi  dopo  la  devastazione  e 
invasione  de'monasteri  fondati  da  s.  Be- 
nedetto, avvenuta  nel  60 1  per  opera  dei 


S  CB  2^9 

longobardi,  onde  i  monaci  fuggirono  in 
Roma  nel  monastero  di  s.  Erasmo,  e  la 
riedificazione  e  dipintura  fattane  nel  70J 
da  Stefano  abbate  per  le  cure  di  Papa  Gio- 
vanni VII  che  lo  spedì  a  Subiaco,sembr;i 
essere  stato  postosotto  la  protezione  e  de- 
nominazione de'ss.  Benedetto  e  Scolasti- 
ca, ed  anche  di  s.  Silvestro  Jj  in  fatti  che 
lo  fosse  già  circa  la  metà  del  secolo  seguen- 
te, lo  mostra  Anastasio  Bibliotecario  nel- 
la vita  di  s.  Leone  IV,  dicendo  che  quel 
Papa  olfrì  doni  di  arredi  sagri  al  moni 
sterodi  s.  Silvestro,  s.  Benedetto  e  s. Sco- 
lastica, quoti  nancupaliir  Sablaca.  Già 
notai,  che  portata  a  compimento  la  re 
staurazione  della  chiesa  nel  981  e  con 
sagrata  da  Benedetto  VII,  la  chiesa  e  il 
monastero  presero  il  titolo  di  s.  Scolasti- 
ca e  lo  ritiene  tuttora,  abbandonandosi 
l'altro  titolo  di  s.  Benedetto,  perchè  una 
chiesa  e  dedicata  a  lui  già  erasi  costrut- 
ta al  s.  Speco.  Altra  generica  denomina 
zione  di  questo  monastero  fu  il  vocabolo 
Suìdacensc,  ed  in  alcune  memorie  anti- 
che fu  pur  detto  del  s.  Speco,  perchè  e- 
i-agiì  congiunto  anche  nel  titolo,  ed  è  per- 
ciò che  s'intitolò  pure  di  s.  Silvestro  I,  a 
cui  s.  Benedetto  avea  dedicato  l'oratorio 
della  sua  grotta.  L'aspetto  esterno  del  mo- 
nastero somiglia  ad  un  grandioso  palaz- 
zo,con  gran  facciata,  pilastri  binati  e  log- 
gie  simmetriche, guarentitoda  largo  piaz- 
zale e  dalla  cinta  d'alti  muri,  quindi  con- 
tiene tre  spaziosi  chiostri  o  cortili,  alti  e 
lunghi dormitorii.  Il  r. "chiostro  è  moder- 
no:ivi  sonostati  raccolti  alcuni  monumen- 
ti antichi,  cioè  un  sarcofago  con  soggetti 
bacchici  esprimenti  le  feste  dionisiache  o 
il  trionfo  di  Bacco,  con  Arianna,  Sileno  e 
alcuni  Fauni;  nel  corridore  che  gira  in- 
torno, una  colonna  di  marmo  numidicu 
o  giallo  antico,  altra  di  porfido,  ed  una 
testa  bacchica;  oggetti  che  probabilmen- 
te f< irono  rinvenuti  uelle  vicinanze,  oche 
vennero  trasportati  da  altre  delle  tante 
terre  del  monastero.  Da  questo  chiostro 
si  passa  in  quello  più  antico  costruito  nel 
secolo  X,  monumento  importante  per  la 


à6o  SUB 

storio  dell'architettura  di  quel  tempo:  es- 
so è  arcuato  con  archi  a  sesto  acuto,  ed 
il  principale  di  questi  è  di  marmo  orua- 
todi  bassirilievi,  sulla  cui  sommità  vedesi 
la  13.  Vergine  seduta  sopra  un  trono  fra 
due  leoni.  Nel  portico  che  gira  intorno  a 
questo  chiostro  sono  due  monumenti  im- 
portanti de'lempi  bassi.  III."  appartiene 
al  981,  allorché  fu  terminata  la  riedifi- 
cazione della  chiesa  di  s.  Scolastica  e  de- 
dicala nel  dicembre  dal  detto  Benedetto 
VII,  e  vi  sono  espressi  in  marmo  un  lu- 
po e  un  agnello,  ovvero  un  cervo  e  im 
caprio  beventi  a  un  calice  o  vaso,  e  vuoi- 
si idea  di  s.  Benedetto  per  simboleggiare 
la  sicurezza  di  questo  monastero,  essen- 
dovi ancora  un'iscrizione  in  memoria  del 
restauro  e  consagrazione  della    chiesa. 
L'altro  monumento  incontro  è  la  lapide 
più  volle  rammentata  e  descritta  colla  in- 
dicazione de'foudi  spettanti  al  proto-ce- 
nobio neh  o52,dicendo  pure  che  l'abbate 
Umberlo  edificò  la  sublime  torre  o cam- 
panile a  onore  di  s.  Benedetto  e  di  s.  Sco- 
lastica sua  sorella,  di  foggia  quasi  moresca 
e  forse  troppo  ardila,coti  campane  di  mol- 
to pregio.  Da  questo  chiostro  si  entra  in 
un  altro,  simile  per  lo  stile  a  quelli  della 
Chiesa  dis.  Paolo  fuori  delle mura  e  del- 
la Chiesa  dis.  Giovanni  in  Laltrano  (  V\ 
di  Roma,  cioè  opera  del  i  .°periodo  del  se- 
colo XIII,  nel  quale  è  dipinta  l'immagi- 
ne della  ss.  Vergine,  lavoro  del  secolo  XV. 
Riferisce  Marocco  che  intorno  al  chiostro 
furono  dipinti  dal  Manente  que'Papi, im- 
peratori e  altri  sovrani  che  beneficarono 
il  monastero,  e  sotto  a'quali  i  monaci  po- 
sero le  loro  memorie  di  donazioni  e  pri- 
vilegi concessi  al  medesimo,  riportando 
tulle  le  iscrizioni.  Questi  benefattori  so- 
no i  Papi  s.  Gregorio  I,  s.  Leone  IV ,  Gio- 
vanni XII,  Benedetto  VII,  s.  Leone  IX, 
Pasquale  11, Innocenzo  III, Gregorio  IX, 
Alessandro  IV,  Urbano  VI  e  Pio  11:  l'im- 
peratore Ottone  III, l'imperatrice  Agnese, 
e  Giacomo  III  re  cattolico  d'Inghilterra. 
Vi  sono  pure  i  ritratti  di  diversi  santi  del- 
l'ordine, con  analoghi  disliei.  La  chiesa 


SUB 

di  s. Scolastica  è  moderna, maestosa  e  d'or- 
dine ionico,adorna  di  scelli  marmi,  d'or- 
gano e  di  coro  assai  pregievoli.  Oltre  l'al- 
tare maggiore,  si  contano  8  cappelle  la- 
terali con  quadri  mediocri.  La  i.a  a  sini- 
stra esprime  laDiscesa  delloSpirito  santo, 
la  2/s.Martino  che  generosamente  divide 
a'poveri  il  suo  paludamento,  la  3.  l'Ado- 
razione de'Magi  lavoro  del  1640,  la4.ala 
Coronazione  del  la  B.  Vergine.  Nell'oppo- 
sto lato  la  1  ."cappella  ha  per  quadro  i  ss. 
Gervasio  e  Protasio  di  Pompeo  de  Fer- 
rariis,  la  1.3  s.  Anatolia  del  Goncioli,  la 
3.a  i  ss.  Placido  e  Mauro,  la  4-n  «■  Gre- 
gorio I.  Sulla  volta  è  dipinta  s.  Scolastica. 
La  sagrestia  fu  costruita  neliSyS,  come 
attesta  una  lapide:  sulla  volta  Federico 
Zuccari  o  qualche  suo  allievo  vi  dipinse 
i  misteri  gaudiosi,  i  dottori  di  s.  Chiesa, 
gli  evangelisti,  e  l'apostolo  s.  Pietro  sve- 
gliato dall'angelo;  il  quadro  dell'altare 
reputasi  della  scuola  di  Maratta.  I  vi  si  con- 
serva il  cappuccio  di  s.  Basilio  Magno  (di 
cui  feci  parola  nel  voi.  XXVII,  p.  221), 
non  peròdonatoal  monastero  da'mouaci 
basiliani  di  Grolla  Ferrala  (/*.),,  per  gra- 
titudine della  ospitalità  cordiale  loro  ac- 
cordata da'benedettini  sublacensi,  come 
scrissero  Marocco  e  altri ,  allorché  circa 
ili  i63vi  si  rifugiarono  quando  i  norman- 
ni e  i  tedeschi  invasero  il  Lazio;  ma  pel 
narrato  a  quell'articolo,  ove  dissi  le  reli- 
quie insigni  e  gli  arredi  sagri  de'basilia- 
ni  eziandio  pervenuti  in  potere  de'subla- 
censi.  Leggo  nella  Civiltà  cattolica,  1. 1  r, 
p.  589,  che  i  monaci  sublacensi  e  il  p.  ab. 
PielroCasaretto,poi  presidente  della  con- 
gregazione cassinese,  con  zelo  si  adopra- 
rono  per  restituire  all'antico  splendore  la 
chiesa  di  s.  Scolastica,  che  per  le  vicende 
de'tempi  era  decaduta  e  non  più  accon- 
cia a  Vii  vini  uffizi,  e  la  riaprirono  al  divin 
culto,  a  quello  della  santa  e  alla  pietà  del- 
le popolazioni  a'  1 3  ottobre  1 852,  con  di- 
voto giubilo  delle  medesime, che  corsero 
a  venerare  il  tesoro  di  sagre  reliquie  che 
possiede.  Con  più  dettaglio  poi  apprendo 
dal  u.°2  55  del  Giornale  di  Roma  la  bel- 


SUD 
lezza  de'restauri  e  degli  aggiunti  ornati; 
le  statue  de' patroni  ss.  Benedetto  e  Sco- 
lastica eseguite  in  plastica  e  collocate  nel- 
l'ingresso del  tempio;  l'altare  ili  s.  Che- 
lidonia decorato  di  scelti  marmi, e  le  sue 
ossa  rivestite  da  una  figura  al  naturale  e 
con  ricche  vesti;  ed  inoltre  fu  nobilitata 
la  camera  capitolare  con  decorazioni  di 
stile  gotico,  come  quello  che  meglio  ritrae 
l'antico  fervore  della  cristiana  pietà;  non 
che  ridonato  al  suo  lustro  il  claustro  del 
secolo XIII, ricco  d'ornati  e  dipinti, ch'e- 
rano stati  iuj|jiancati,oltre  altri  migliora- 
menti e  cose  aggiunte.  Il  monastero  di  su- 
perba costruzione,  ampio  e  decente,  ha 
per  sala  capitolare  l'antica  chiesa,  come 
già  rilevai.  Il  grandioso  refettorio  è  ador- 
no d'una  buona  pittura  rappresentante 
s.  Gregorio  I,  che  vide  assiso  alla  mensa 
che  imbandiva  a  i  3  poveri  un  angelo.  Sa- 
lendo i  ben  lunghi  corridori,  trovasi  per 
le  scale  una  bella  colonna  di  verde  anti- 
co, indisi  entra  in  un  corridore  dal  qua- 
le si  diramano  due  grandi  corsie.  Presso 
al  giardino  trovasi  la  scelta  biblioteca,  un 
tempo  assai  più  ricca  di  rarissime  edizio- 
ni,ed  il  preziosoarchivio  dovizioso  di  per- 
gamene e  di  codici,  ed  un  tempo  conte- 
neva manoscritti  e  diplomi  di  sommo  pre- 
gio, che  involarono  le  antiche  irruzioni 
de'longobardi  esaraceni, e  le  moderne  in- 
vasioni, gl'incendi  e  altre  funeste  vicen- 
de. Nondimeno  possiede  pure  importan- 
tissimi palimpsesti  e  cronache  antiche,  e 
alcune  famose  e  primitive  edizioni  delia 
iSVrtwJ/Jrt.ImperocchèCoffadoSu'eyuheim 
e  Arnoldo  Pannartz  tedeschi,  si  recarono 
in  questo  monastero  nel  i  4t>5,  ov'erano 
alcuni  monaci  loro  connazionali,e  vi  stam- 
parono il  Donatus  prò puerulis (chiama- 
to ili. "libro  stampato  in  Itali?, altri  di- 
cono il  Lattanzio),  terminarono  l'opera 
di  Lattanzio  Firmiano,  quella  De  Civi- 
tate  Dei  di  s.  Agostino,  ec,  trasportando 
così  la  meravigliosa  invenzione  dalla  Ger- 
mania in  Italia.  Nel  giugno  1 4-^7  '  due  ti- 
pografi passarono  in  Roma  e  v'introdus- 
sero l'  arte  della  stampa,  quindi  ebbero 


SUB  361 

origine  le  stamperie  romane  eia  Stam- 
peria camerale,  al  quale  articolo  parlai 
del  qui  accennato.  Adunque  da  questo  ce- 
lebre monastero,  in  cui  fiorirono  uomi- 
ni sommi  per  santità  e  profonda  dottrina, 
non  solo  uscirono  quelli  che  raccolte  nei 
tempi  barbari  le  scintille  dell'umano  sa- 
pere le  divulgarono  a  comune  vantaggio; 
non  solo  vi  si  esercitò  nel  medio  evo  l'arte 
chirotipografica,  con  ingegno,  pazienza  e 
dispendio,  imprimendo  le  pergamene  con 
caratteri  di  metallo,  avorio  o  legno;  ma 
in  esso  fu  stabilita  lai. 'tipografia  italia- 
na^ per  cura  de'monaci  sublacensisi  pub 
blicarono  le  più  rare  e  utilissime  edizio- 
ni. Si  può  vedere  quanto  ne  lasciò  scritto 
il  p.  La ii e, Specimen  hist.  Typographiae 
Romanae:  De  TypographiaeSublacensi, 
e  riprodusse  Marocco  a  p.  84.  Neh  843 
fu  pubblicato:  //  monastero  di s.  Scola- 
stica in  Subiaco,  lettera  ili  d.  Serafino 
d' Altemp.<t  all'avv.  Gaetano  de  ìì/micis. 
Quanto  all'archi  vio,celebra  quanto  vi  am 
mirò,  la  Cronaca  di  Giovanni  monaco  a 
ragonese,  e  singolarmente  quella  di  Che- 
rubino Muzio;  il  loro  (concittadino,  es- 
sendo essi  di  Fermo)  Lattanzio  Firmiano, 
2.Jstampa  se  è  il  Donato  la  1 .",  di  Sweyn- 
heim  e  Pannartz,  eseguita  nel  rj.fi  >  den- 
tro il  monastero,  in  foglio  ordinario  sen 
za  numeri,  e  colle  note  del  teologo  Rau- 
dense.  Osservò  i  margini  bastantemente 
spaziosi,  le  lettere  iniziali  colorate  a  pen- 
na e  amplificate  con  girigori,  essendo  la 
forma  del  carattere  tutta  romana.  Parla 
dell'altra  delizia  tipografica:  A.  Angusti- 
ai, De  Civilale  Dei, x^Qf,  altra  edizione 
de'ricordati  artelìci  e  impressa  nell'abba- 
zia di  Subiaco,  e  lo  prova  col  codice  di  ta- 
le opera  ivi  custodito,  colle  segnature  del- 
le unghie,  ove  gli  spazi  indicati  delle  me- 
desime corrispondono  perfettamente  ad 
ogni  pagina  dello  stampato;  ed  intorno 
all'interpretazione  delle  lettere  che  sono 
in  fine  dell'opera,  opina  che  sia  il  nome 
di  qualche  operaio  tedesco  restato  in  Su- 
biaco alla  continuazione  della  stampa  De 
Civilale  Dei.  Attesta  inoltre,  esservi  nel- 


a6a  SUB 

l'archivio  codici  e  autografi  pregievolissi- 

ini,  resto  dell'immenso  suo  tesoro,  li  mar- 
ca odo  una  Bibbia  in  pergamena  nitidis- 
sima con  eleganti  miniature  in  varie  tem- 
pere, ed  in  oro  forbitissimo;  egualmente 
in  pergumeuai  Mora  li  di  s.  Girolamo,  con 
lettere  di  bel  capriccio;  un  Messale  con 
qualche  immagine  garbatamente  condot- 
ta per  entro  i  IVegijIeSenlenzediPierLora- 
bardo;  un  codice  diplomatico  del  secolo 
X,  mollo  utile  per  la  storia  del  medio  e- 
vo;  una  miscellanea  pure  di  quel  secolo, 
ec.  11  Muratori,  Rer.  hai.  script,  t.  24, 
t'd  Julia.  Medii  Aevi  t.  4>  pubblicò  il 
Chi '  otricoli  Sublacense ,sive 'ca  talogus  Ab  - 
balani  nwnaslerii  Sublacensi  ab  anno 
circiler  5a5  usque  ad  annuiti  i3c)o,  ali- 
dore ìllonaclioSublaceiisi  anonimo  mine 
pi  inumi  prodil  ex  mss.  Cod.  Roni.  Ma- 
rocco a  p.i23  ci  diede  la  serie  degli  abbati 
claustrali  sublacensi, e  la  continuò  co'com- 
mendalari  sino  al  cardinal  Galletti;  la  ri- 
produrrà poi  e  compirò  con  altre  notizie. 
Imparo  ancora  dulia  Civiltà  cattolica ,2.a 
ser.,l.  7,p.  33  7, che  ora  nel  monastero  su- 
blacense vi  sono  educati  alla  virtù  e  alle 
scolastiche  disci plineGdique' moretti  che  il 
meraviglioso  ab.  Olivieri  trae  dalla  schia- 
vitù e  loro  apre  il  sentiero  della  vita  eter- 
na; di  sua  istituzione  mirabile  con  isplen- 
dide  parole  parlai  aScui.\vo,e  lo  celebrerò 
più  e  a  Trinitari,  come  quelli  che  la  per- 
petueranno. Seri  ve  Ni  bby,cbe  uscendo  da 
s.  Scolastica  e  costeggiando  il  recinto  del 
monastero,  lasciasi  a  destra  presso  una 
cappella  la  piccola  strada  die  conduce  a 
Jenuee  Trevi  presso  le  sorgenti  dell  'Ame- 
ne; e  salendo  sempre  per  un  piano  incli- 
nato molto  agiato,  dopo  circa  3  (piarli  di 
migliaentrasiin  un  viale  ameno  ombreg- 
giato da  vecchi  elei,  avendo  sempre  d'in- 
contro dall'altra  parte  del  fiume  il  monte 
Carpineto, orrido,  dirupato,  imboschito. 
Dopo  detto  viale  si  perviene  ad  un  ripia- 
no, donde  l'occhio  spazia  sui  monli  e  sul- 
la valle  sublacense,e  deliziandosi  di  si  ma- 
gica veduta,  poco  dopo  si  giunge  alla  chie- 
sa e  monastero  di  s.  Benedetto  detto  USa- 


SUB 
grò  Speco,  ch'è  circa  un  miglio  distante 
da  s.  Scolastica  e  3  da  Subiaco.  Questo  dee 
riguardarsi,  come  il  celebrai,  la  culla  del 
monachismo  occidentale,  ed  è  addossato 
al  monte  a  guisa  d'un  nido  di  colombe, 
laonde  in  qualche  parte  fu  d'uopo  regger- 
lo con  sostruzioni  arcuate  enormi,  in  al- 
tre tagliar  la  rupe  che  serve  di  parete  ai 
corridori.  Perciò  mi  occorre  riprendere 
a  guida  il  benemerito  p.  ab.  Bini,  e  com- 
pendiare le  sue  belle  descrizioni  della  chie- 
sa e  del  monastero,  e  come  santuario  do- 
vrò essere  meno  breve;  come  pure  devo 
riparlare  di  quelli  ili  s.  Scolastica  e  suoi 
abbati,  oltre  quanto  dirò  in  progresso  del- 
l'articolo, essendo  la  storia  delle  chiese  e 
de'due  monasteri  collegata  tra  loro. 

Abbandonata  da  s.  Benedetto  la  vita  so- 
litaria, per  dar  mano  alla  grande  opera 
meditata  uels. Speco,  e  molto  più  quando 
partito  da  Subiaco  s'avviò  per  Monte  Cas- 
sino, non  potè  certamente  la  s.  grotta  non 
rendersi  oggetto  di  pubblica  venerazione 
e  di  religioso  ossequio  presso  i  popoli  non 
meno  delle  sublacensi  coutrade,ma  di  tut- 
te ancora  le  vicine  regioni.  11  perchè  non 
andò  guari,  che  l'immediato  successore 
del  s.  patriarca  nel  governo  del  monaste- 
ro de'ss.  Cosma  e  Damiano,  ora  di  s.  Sco- 
lastica, l'abbate  s.  Onoratoci  die  la  divo- 
ta cura  di  formare  una  piccola  chiesa  io 
quella  parte  dello  scoglio,  ch'è  inferiore 
allo  Speco,  la  quale  nel  suo  ritiro  avea  il 
s.  anacoreta  foggiato  a  uso  d'oratorio,  e 
che  pare  dedicasse  egli  fin  d'allora  a  S.Sil- 
vestro l  Papa.  Mirasi  questo  in  quella  par- 
te del  monteche  declina  all'Amene, la  qua- 
le conduce  al  presente  cimiterio,  ove  si 
vede  un'antica  sua  statua,  ed  è  quell'an- 
tro angusto  ove  dissi  che  il  sauto  istruì  va 
alla  pietà  i  poveri  pastori.  Quell'antro  fu 
il  germe  dell'odierno  tempio  Specuense, 
ed  ove  s.  Benedetto  esercitavasi  dì  e  not- 
te nell'orazione  e  nelle  più  aspre  tlagella- 
zioui.  Non  avendo  l'idea  di  chiesa,  restò 
immune  uel  60 1  quando  i  longobardi  in- 
vaseroSubiaco  operaudo  barbarici  guasti; 
una  vera  chiesa, tuttoché  rozza  e  angusta 


SUB 
principiò  qui  vi  a  sorgere  dopo  due  secoli 
e  mezzo  dall'abbandono  che  ne  avea  fat- 
to s.  Benedetto,  a  tutto  inerito  di  Pietro 
6.°abbatedopo  di  lui  nel  governo  ilei  mo- 
nastero suhlacense,  al  quale  s.  Gregorio 
I  avea  aggiunto  alle  altre  sue  concessioni 
quella  del  s.  Speco.  Pietro  dunque  ebbe 
il  pio  pensiero  di  ridurre  a  guisa  d'  una 
chiesa  l'antico  oratorio,  e  si  grande  ne  fu 
il  fervore  che  lo  mosse  a  richiamar  a  que- 
sto luogo  in  gran  numero  i  fedeli  per  in- 
nalzarvi i  loro  voti  al  cielo,  che  potè  egli 
ottenere  da  s.  Leone  IV,  già  benedettino 
nel  monastero  di  s^Martinodi  Roma,  che 
qua  si  recasse  daR.oma  nell'853  evi  con- 
sacrasse due  altari  nel  lo  stesso  luo™o  del- 
l'oratorio,  dedicandone  uno  in  onore  del 
titolare  s.  Silvestro  1,  e  l'altro  de' ss.  Be- 
nedetto e  Scolastica.  Venuto  il  Papa  in 
s.  Scolastica,  nel  dì  seguente  colla  famiglia 
de'monaci  salì  a  questo  sautuario,ovecon- 
sagrò  vicino  all'antico  oratorio  di  s.  Be- 
nedetto i  due  altari,  donando  poi  alcuni 
vasi  e  suppellettili  per  uso  della  chiesa  spe- 
cuense, e  confermò  tutti  i  privilegi  già  ac- 
cordati da'suoi  predecessori  al  monastero 
di  s. Scolastica.  Percirca  duesecoli  losta- 
to  della  chiesa  nulla  guadagnò  nella  sua 
ampiezza  e  spleiulore,sebbene  sotto  la  sua 
povera  forma  non  lasciasse  d'essere  fre- 
quentata dal  popolo  divoto, chiamatovi 
pure  dal  santo  scopo  di  visitare  pili  sopra 
la  sagra  grotta.  Nel  governo  abbaziale  del 
francese  Umberto,  sebbene  in  tempi  pieni 
d'angustie  pe'monaci  del  monastero  su- 
blacense,  quell'abbate  concepì  il  nobiledi- 
segno  di  cuoprire  con  uu  fabbricato  u- 
tramqiie  cryptam,  l'antro  cioè  ove  erasi 
formato  il  suo  oratorio  s.  Benedetto,  e  vi 
erano  stati  innalzati  due  altari,  e  lo  Speco 
ch'era  slata  la  sua  stanza  negli  anni  del- 
la solitariadimora  iuquel  sito;edalla  riu- 
nione delle  due  parti  dello  scoglio  chiu- 
se da  un  muro  nacque  una  chiesa  nuova, 
la  quale  se  non  avea  il  pregio  d'una  elegan- 
te struttura,  offriva  almeno  al  popolo  un 
comodo  maggiore  allo  sfogo  de'suoi  di  vo- 
li esercizi.  Questa  non  avea  l'ingresso  che 


SUB  *63 

dalla  parte  del  monte  Talèo,  cioè  a  dire 
all'estremità  dello  scoglio  posto  al  fianco 
dall'aulico  spineto  poi  roseto  inferiore  al 
presente  cimiterio  ,  donde  per  disagiato 
cammino  salivasi  a  venerare  l'oratorio  e 
ils.  Speco  di  s.  Beuedelto.  L'abbate  Um- 
berto in  quest'opera  e  nella  fabbrica  del 
monastero  specuense,  fu  con  gran  muni- 
ficenza soccorso  da  s. Leone  I X,  da  cui  nel 
io5a  creato  abbate  quando  si  recò  nel 
monastero  di  s.  Scolastica  per  quietarvi 
alcuni  torbidi.  Chiamò  il  Papa  a  se  alcu- 
ni di  Subiaco,  e  fece  loro  acre  rimprove- 
ro per  certe  scritture  ingiuriose  al  mo- 
nastero sublacense,  ordinò  che  fossero  da- 
te ulle  fiamme,  confermando  al  monaste- 
ro il  possesso  di  Subiaco  e  di  tutte  le  ter- 
re che  avea  soggette.  Di  più  concesse  alla 
chiesa  specuense  nel  giorno  di  s.  Grego- 
rio I  l'indulgenza  di  7  auni  e  altrettante 
quarantene;  nel  giorno  di  s.  Nicolò  vesco- 
vo di  Mira,  3  anni  e  altrettante  quaran- 
tene; e  nel  giorno  di  s.  Romano  abbate, 
g  anni  e  altrettante  quarantene.  Di  que- 
sto santuario,  fra'  più  venerandi  del  cri- 
stianesimo, disse  s.  Leone  IX:  Properni- 
rabilis  est  Locus  iste  per  omnipolenlem 
Dciuiì.  Che  se  la  chiesa  non  presentava  al- 
lora nelle  sue  parti,  che  un  oscura  stanza 
in  salita  e  tutta  in  lungo,  non  si  debbono 
minori  lodi  per  questo  al  zelante  abbate, 
poiché  i  suoi  sforzi  furono  slimoli  alle  po- 
steriori ampliazioni  e  abbellimenti.  Non 
passarono  infatti  che  pochi  anni  dall'o- 
pera d'UmbertOjche  il  successore  Giovan- 
ni 5.°  die  mano  a  erigere  nel  luogo  stesso 
un  tempio  quale  si  conveniva  al  ss.  eroe, 
e  la  pietà  richiedeva  del  popolo  a  lui  di- 
voto. L'abbate  Giovanni  5.°  era  un  mo- 
naco del  monastero  di  Farfa  (di  cui  me- 
glio riparlai  a  Sabina  e  Spoleti)  della  no- 
bilissima famiglia  Crescenzi,  e  assai  noto 
al  cardinal  Ildebrando  poi  il  grau  s.  Gre- 
gorio V  II,  che  incaricato  da  Alessandro  li 
della  visita  e  riforma  del  monastero  subla 
cense,seco  l'avea  qua  condotto  nel  r  062; 
sicché  egli  stesso  lo  destinò  allora  al  go- 
verno del  monastero,  e  divenuto  Papa  lo 


264  s  u  B 

creò  cardinale  e  lasciò  abbate  di  s.  Sco- 
lastica, al  quale  era  unito  e  soggetto  il  s. 
Speco.  Si  propose  egli  di  portare  a  com- 
pimento l'opera  cominciala  da'due  pre- 
decessori, e  ne  toccò  felicemente  la  meta. 
Imperciocché  condusse  questo  cardinal 
abbate  la  chiesa  allo  slato  in  cui  trovasi 
presentemente;  e  se  si  considera  il  tempo 
al  quale  appartiene  il  lavoroni!  luogo  del- 
la sua  costruzione,  devesi  annuii  are  l'ec- 
cellenza di  quell'arte,  per  la  quale  al  fianco 
d'una  scogliera,  senza  deviare  dal  suo  an- 
damento per  non  alterare  lo  stato  della 
s.  grotta,  oggetto  dell'antico  e  del  nuovo 
edilizio,  s'innalzò  un  tempio  acconcio  a 
riscuotere  e  nutrire  la  divozione  del  po- 
polo verso  sì  cospicuo  santuario.  Il  car- 
dinal Crescenzi  raggiunse  col  mezzodì  va- 
lenti artefici  l'ideato  disegno,  e  ne  fanno 
fede  gl'intendenf^altamente  encomiando 
l'eccellenza  e  la  singoiar  maestria  d'  un 
tempio  eretto  nel  declinar  del  secolo  XI. 
Fu  nella  costruzione  di  esso  che  si  demo- 
lirono i  due  antichi  altari,  perchè  dan- 
neggiali dall'umido,  a'quali  uno  se  ne  so- 
stituì nella  parte  alquanto  superiore  al 
presente  cimiterio,  lontano  dal  contatto 
del  monte  e  dalla  rupe  adiacente,  il  quale 
tornò  a  dedicarsi  a  Papas.  Silvestro  I  ;  lo 
consagrò  Pietro  vescovo  d'Anagni,  ed  è 
quello  che  oggi  contiene  le  ceneri  del  b. 
Lorenzo  da  Fanello.  L'altro  altare  ven- 
ne poi  costruito  nella  chiesa  superiore,  ed 
in  esso  si  collocarono  i  sagri  avanzi  di  s. 
Anatolia  verginee  martire  (trasportativi 
da  Castel  Vecchio,  per  quanto  dissi  nel 
yoI.  LX,  p.  44)  ed  a  P-  45  riparlai  della 
sorella  s.  Vittoria).  A  questa  santa  il  po- 
polo professò  sempre  tenera  divozione,  e 
innanzi  all'altare  che  consagròAdamo  ve- 
scovo d'Alatri, si  facevano  aulicamente  le 
professioni  monastiche  colla  solenne  pro- 
messa dell'osservanza  de'3  voti,  invocan- 
dosi pure  il  nome  di  s.  Anatolia.  Per  a- 
verdunqueil  zelantissimo  cardinal  abba- 
te formata  di  grosse  pietre  una  scala  per 
salire  dall'antico  oratorio  alla  s.  grotta, 
e  quivi  altre  due,  l'uua  dii2  e  l'altra  di 


SUB 
1 3 gradini, aprì  cos'i  a  tutti  una  comoda 
via  ad  ascendere  al  tempio  superiore,  il 
cui  pavimento  ornò  di  pietre  di  vario  co- 
lore, e  tale  si  mira  tuttora.  Una  sola  era 
la  porta  che  conduceva  il  popolo  alle  di- 
stinte parti  della  chiesa,  edera  appunto 
quella  aperta  con  gran  disagio  a  chi  per 
balze  escoscesi  dirupi  recavasi  fin  da  prin- 
cipio a  venerar  l'oratorio  e  lo  Speco  di  s. 
Benedetto.  S'impegnò  pertanto  il  cardi- 
nale nella  costruzione  d'una  strada  più 
comoda  a  praticarsi,  che  fece  nascere  dal- 
la cappella  di  s.  Croce,  della  quale  non 
restauo  avanzi,  la  cui  struttura  impiegò 
l'opera  di  molle  braccia  e  la  spesa  di  ri- 
levante somma,  onde  adattarvi  un  uni- 
forme strato  di  pietre.  Inoltre  l'abbate  fe- 
ce ornare  di  pitture  la  chiesa,  da  lui  con- 
dotta a  questo  termine,da eccellenti  mae- 
stri di  Roma,  secondo  la  condizione  del 
tempo  e  lo  stato  dell'arte  pittorica,  i  qua- 
li artisti  pare  che  incominciassero  le  loro 
pitture  dalla  volta,  che  sembrano  di  gre- 
co pennello,  ricordando  gli  antichi  mu- 
saici coetanei  romani  le  forme  gigante- 
sche de'  santi  e  degli  angeli  che  rappre- 
sentano. In  questa  chiesa  il  cardinale  ri- 
cevè nel  1077  I'  imperatrice  Agnese  (in 
occasione  che  si  recò  in  Pvoma  a  far  pe- 
nitenza, per  aver  contribuito  all'elezio- 
ne dell'antipapa  Onorio  li  contro  Papa 
Alessandro  II,  e  sotto  la  direzione  del  be- 
nedettino cardinal  s.  Pier  Damiani,  fa- 
cendo la  sua  confessione  generale  avanti 
la  tomba  di  s.  Pietro:  fu  ospitata  onora- 
tamente nel  patriarchio  Laterauense  da 
s.  Gregorio  VII,  ed  in  morte  le  cele- 
brò solenni  funerali  e  la  fece  tumulare 
nella  basilica  Vaticana  )  spogliata  del- 
l' amministrazione  del  regno  dall'  inde- 
gno figlio  Enrico  IV  persecutore  crude» 
le  delia  sanla  Sede,  dopo  aver  con  edi- 
ficante contegno  visitalo  i  monasteri  be- 
nedettini di  Monte  Cassino  e  di  Far  fa,  al- 
loggiandola nel  monastero  di  s.  Scolasti- 
ca. In  questo  vi  accolse  pure  Pasquale  II 
a'28  agosto  1  1 1 7,  che  si  recò  in  Subiaco 
per  richiamare  alla  soggezione  del  mo- 


S  U  B  S  U  B                    a65 

Basterò  i  due  castelli  di  Pon7a  e  di  Adì-  esso,  ed  è  quella  che  ancora  si  pratica  da 
le, de'quali  erasi  impadronito  lldemondo,  taJnno,  e  inferiore  alla  presente  costruita 
e  gliene  confermò  il  possesso.  Salito  poi  neli68cj.  Erasi  aperta  più  tarili  rimpet- 
als.  Speco  vi  consagrò  un  aitare  che  de-  to  alla  s.  gioita  un'entrata  vicino all'an- 
dicòa'ss.  Benedettoe  Maino,  il  quale  re-  tica,  ma  fu  presto  chiusa  e  olire  l'idea  di 
sto  demolito  quando  nel  i  5g5per  amplia-  una  nicchia  nella  chiesa  inferiore  che  con- 
re  la  chiesa  inferiore  si  tolse  la  scala  che  tiene  l'immagine  del  Redentore.  Al  ter- 
l'ingombravae  altra  se  ne  costruì  persa-  mine  della  via  di  detto  abhate,  con  pie- 
lire  alla  parte  superiore  del  tempio.  Que-  cola  gradinata  furono  condotti  i  monaci 
sloabbate,  tanto  benemerito  del  s.  Speco,  al  piano  della  chiesa  superiore.e  dalle  lo- 
assegnò  alla  sagrestia  l'entrate  delle  cine-  ro  celle  al  coro  probabilmente  a  que'dì 
se  di  s.  Giovanni  d' Anticoli,  di  s.  Maria  presso  la  sagrestia  e  nello  spazio  che  di- 
d 'Arsoli  e  della  Madonnad'Oricolajedo-  vide  le  due  parti  snperioree  inferiore  del 
pò  aver  governato  56  anni  il  monastero  tempio  :  però  la  porta  attuale  del  tem- 
sublacense,  morì  in  decrepita  età,  ed  eb-  pio  fu  aperta  nel  secolo  XVI,  quando  si 
be  successoti  che  nulla  operarono  a  de-  chiusela  porta  situata  al  sinistro latodel- 
coro  della  culla  dell'ordine,  sino  a  Gio-  l'aliare  della  chiesa  superiore.  In  tempo 
vauniGAliTagliacozzo.Nel  i  202Papa  In-  di  dello  abbate  fu  diviso  l'ingresso  degli 
nocenzo  111  si  recò aSubiaco  per  riforma-  uoniiuidnqucllodelledonne,pcrchèran- 
re  nella  regolare  osservanza  il  monastero  lieo  ricordato  sentiero  comprendeva  nel- 
dis.  Scolastica, e  salito  al  s.  Speco  e  tutto  l'accesso  alla  chiesa  una  piccola  parte  del 
attentamenteconsiderato,  dipoi  volle  che  monastero,  laonde  perledonnefu  aperta 
una  particolare  famiglia  di  monaci  aves-  altra  porta,  ora  pe'  muli  :  per  questa  le 
se  quivi  fissa  e  slabile  dimora,  assegnali-  donne  ascendevano  lino  ai  la  parte  del- 
do  i  mezzi  pel  suo  mantenimento,  giac-  l'antico  coro,  e  di  là  scendevano  alla  s. 
che  fino  allora  non  se  ne  contavano  che  grotta.  Siccome  poi  restava  sempre  au- 
pochi,  i  quali  di  loro  scelta  vi  prendeva-  the  per  questa  via  l'inconveniente,  che 
no  stanza;  ed  or. lino  altresì,  che  il  pi  io-  una  parte  del  monastero  venisse  prati- 
re  del  s.  Speco  fòsse  distinto  da  quello  cala  dalle  donne,  ordinò  perciò  G rego- 
di s.  Scolastica,  e  dipendessero  ambedue  rio  XI  che  venisse  del  tutto  loro  inibito 
dall'abbate  di  questo  ultimo  monastero,  l'accedere  al  s.  Speco;  e  perchè  non  si  de- 
ll Papa  creò  peli. "priore  del  S.Speco  Gio-  fraudasse  il  loro  bene  spirituale,  traspor- 
vanni  di  Tagliacozzo,  e  concesse  alla  chie-  tò  a  loro  comodo  soltanto  le  indulgenze 
sa  l'indulge  nzadiyanniealtreltantequa-  alla  chiesa  del  s.  Speco  concesse  da'pre- 
rantene  nel  giorno  di  s.  Benedetto.  11  Fer-  decessoli  alla  cappella  di  s.  Crocella.  Ri- 
Ione,  De' viaggi  de  Pontefici,  ritarda  al  conoscente  l'abbateGiovanni  6. "all'ope- 
i  a 1 1  l'andata  d'Innocenzo  III  a  Subia-  rato  da  Innocenzo  III  a  vantaggio  del  s. 
co,  e  narra  che  nel  concilio  generale  di  Speco,  volle  alla  destra  della  scala  che 
Luterano  IP  nel  121  3  con  lungo  rego-  conduce  alla  s.  grotta  effigiarne  l'irumagi- 
lamento  riparò  alla  decaduta  osservali-  ne,cbe  pose  in  fronte  al  diploma  delle  or- 
za de'monaci  sublacensi,  enedà  unsun-  dinate  concessioni,  il  quale  ha  la  data  dei 
lo.  Il  prioreGiovanni  dopo  averi  5  anni  24  giugnoi2i3,  e  alla  destra  di  tal  di- 
in  tal  qualità  soggiornato  al  s.  Speco,  fu  pinto  vi  è  il  ritratto  d'un  monaco,  pro- 
da Onorio  HI  nel  1  2  1  7  creato  abbate  di  Inabilmente  quello  dello  stesso  abbate, 
s.  Scolastica.  Questo  Giovanni  6.°aven-  Questiordinòpurelepiltureafìescoprin- 
do  conosciuto  i  bisogni  e  la  convenienza  cipalmente  nelle  pareti  del  tempio  infe- 
d'accrescere  splendore  esterno  al  s.  Spe-  fiore,  e  vi  pose  il  suo  stemma,  ed  il  p. 
co,  aprì  migliore  strada  da  s. Crocella  ad  Bini  le  crede  eseguite  da  pennelli  Italia- 


266  S  U  B 

ni  cou  erudite  ragioni,  rigettando  l'opi- 
nione che  i  pittori  di  quell'epoca  fossero 
tutti  di  greci  origine.  Più  vicini  a'nostri 
tempi  e  non  lontani  da  quelli  di  Cima- 
buee  di  Giotto,  egli  reputa  i  dipinti  della 
chiesa  superiore,  i  quali  in  gran  parte 
rappresentano  nelle  pareti  la  storia  della 
Passione  e  Ascensione  del  Redentore,  ed 
il  Transito  della  B.  Vergine;  né  manca- 
rono altri  pennelli  che  ne'  tempi  poste- 
riori lavorarono  nella  chiesa,  poiché  nel- 
lo scendere  la  scala  che  conduce  al  giar- 
dino delle  rose,  o*e  le  pareli  sono  tutte 
dipinte,  si  vede  l'elligie  di  s.  Gregorio  F, 
col  nome  del  pittore  greco  Stammalico 
e  l'anno  1 4-^9-  Similmente  alla  litiistra 
di  chi  scende  lai. "scala  che  parte  dalla 
chiesa  di  mezzo,  in  una  nicchia  è  l'im- 
magine della  Madonna  con  due  figure  ai 
fianchi,  ed  il  nome  del  pittore  Magisler 
Coiìxulus  pinxìt  hoc  opus,  e  si  conside- 
ra dipinto  posteriore  agli  altri.  Nelle  pa- 
reti della  scala  clic  conduce  al  cimitero 
vi  sonopilture  coevea  quelle  della  chie- 
sa, edue  monaci  dipinti  nel  i3  i  5.11  com- 
plesso di  luttequeste  pitture  diverse  pre- 
sentando i  progressi  dell'arte,  i  cultori  di 
essa  si  recano  a  studiarle  e  copiarle.  In- 
oltre le  volte  e  le  pareti  hanno  fregi  con 
simboli  usali  per  ornamento  delle  cri- 
stiane basiliche  negli  antichi  tempi,come 
l'Agnello  incarnato,  le  colombe  che  be- 
vono al  vaso  stesso  di  elezione,  e  altre  em- 
blematiche immagini.  Morto  Giovanni 
6.°,  gli  successe  nel  governo  di  s.  Scola- 
stica Landò,  nel  pontificato  di  Gregorio 
JX,  il  quale  atterrito  dalle  spaventevoli 
scosse  di  terra  che  afflissero  tutta  Italia, 
non  meno  che  dall'infuriare  di  desolante 
peste  che  faceva  strage,  specialmente  in 
B.ocua  e  nelle  vicine  provincie  di  Cam- 
pagna, pensò  d'implorare  da  Dio  la  ces- 
sazione di  tali  flagelli  recandosi  a  questo 
santuario,  ove  passò  il  luglio  e  l'agosto 
12  28  nell'esercizio  d'assidua  orazioneedi 
peuitenzasevera.  Vi  consagrò  as.  Grego- 
rio 1  (per  eseguire  il  voto  fitto  in  concia  ve 
dt\Sctttzonio,e  per  singolar  divozione  ver- 


SUB 
sos.  GregorioI  e  per  sua  madre  s.  Silvia) 
l'altare  degli  Angeli  custodi,  e  l'arricchì 
di  doni  e  privilegi  spirituali.  Di  questo 
si  ha  la  memoria  ne'versi  esametri,  che 
in  tal  cappella  si  leggono  sotto  la  sua  fi- 
gura in  atto  di  consagrare  l'altare,  e  ri- 
portati dal  p.  Bini:  altri  versili  cancellò 
il  tempo.  Siccome  sotto  l'immagine  del 
Papa  l'iscrizione  dice  consacravil  eccle- 
■siani,  devesi  però  intendere  la  sola  cap- 
pella, perchè  supplicato  da'monaci  ad  e- 
stendere  a  tutta  la  chiesa  il  rito  solenne 
della  consagrazione,  rispose  che  non  a- 
vrebbe  mai  preleso  di  con«agrare  un  Ino- 
gogiàsantificatodalla  lunga  dimora  fat- 
tavi da  s.  Benedetto  e  dalle  lagrime  che 
vi  avea  versato  di  compunzione  e  di  a- 
rnore  verso  Dio.  Di  tal  fatto  n'è  prova  la 
pittura,  nella  quale  vedesi  il  Papa  colla 
mano  sopra  un  libro  in  cui  è  scritto  :  Flic 
locus  sanctus  es/.Quivi  pure  è  un  saggio 
di  pittura  della  1/  metà  del  secolo  XI  li, 
oltre  l'immagine  di  s.  Francesco  d'Asisi, 
posta  alla  destra  dell'ingresso  della  cap- 
pella, colle  paiole  Fr.  Francìscus,  che 
si  recò  al  s.  Speco  nel  1-2  2  3.  Ad  essoGre- 
gorio  IX  accordò  pe'  visitanti  la  remis- 
sione della  j."  parte  de'peccati  nel  gior- 
nodis.  Benedetto; l'indulgenza  di  g  anni 
e  altrettante  quarantene  nel  giorno  di  s. 
Biagio  e  di  s.  Mauro;  di  5  anni  e  altret- 
tante quarantene  nel  giorno  de'ss.  Pla- 
cido e  Flavia  martiri.  Amorosissimo  Gre- 
gorio IX  co'  benedettini,  con  4  diplomi 
confermò  al  monastero  di  s.  Scolastica  i 
suoi  antichi  privilegi.  Alessandro  IV  a- 
vendo  professato  in  s.  Scolastica  la  rego- 
la benedettina,  neh  260  portatosi  inSu- 
biaco  fece  breve  dimora  nel  medesimo  e 
lo  arricchì  di  molle  grazie,  conferman- 
do pure  l'indulgenze  accordate  da'  suoi 
predecessori  al  s.  Speco,  e  concesse  quel- 
la d'un  anno  nel  giorno  di  s.  Benedetto. 
Xelf2C)4  s-  Celestino  V  concesse  per  tal 
giorno  l'indulgenza  dicjanni  e  altrettan- 
te quarantene.  Urbano  VI  nel  1 3 8  i  fu 
nel  monastero  di  s.Scolastica,ed  al  s. Spe- 
co, ove  si  trovò  pi  escute  alla  professione 


SUB 
d'un  monaco.  Quietò  in  s.  Scolastica  le 
discordie  insorte  nell'elezione  dell'abba- 
te, la  quale  l'eseguì  egli  stesso,  e  decretò 
clie  in  avvenire  la  scelta  dell'abbate  per- 
petuo,la  qualecompeteva  prima  alla  con- 
ventualità,  fosse  soggetta  al  beneplacito 
e  manualità  della  s.  Sede.  Indi  neh 38(3 
accordò  al  s.  Speco  l'indulgenza  d'un  an- 
no e  d'  una  quarantena  nel  giorno  di  s. 
Michele  Arcangelo,  e  di  3  anni  e  allrel- 
tiinte  quarantene  ne'giorni  di  s.  Nicolò  e 
di  s.  Scolastica.  Pioli  recatosi  in  Snbiaco 
nel  i4^'>  sau  026  settembre  al  s.  Speco, 
enei  giorno  stesso  accordò  alle  donne  l'in- 
gresso nella  chiesa,  ch'era  innanzi  per  lo- 
ro vietalo,  aggiungendo  alle  antiche  in- 
dulgenze quella  di  10  anni  e  altrettante 
quarantene  ne'  giorni  delle  tempora  di 
settembre.  11  diploma  porla  la  dato,  in 
nwnasteiio  sac.  Spccus  anno  1 46 1  sexto 
calendas  oetobris.  Gregorio  XIII  a'  28 
settembre  1  583  concesse  1'  indulgenza 
plenaria  dalla  domenica  di  settuagesirna 
lino  alle  Ceneri  inclusivamente,  e  dalla 
domenica  di  Passione  alla  Pasqua,  una 
volta  altresì  nel  mese  di  maggio  e  nel- 
l'8.a  d'Ognissanti,  e  di  più  7  anui  e  altret- 
tante quarantene  per  ogni  volta  diesi  sa- 
lirà la  scala  santa  al  s.  Speco.  Nel  santua- 
rio del  s.  Speco  è  chiamala  Scala  santa 
quella  per  la  quale  s.  Benedetto  vi  scen- 
deva, recandosi  nel  così  detto  oratorio  ad 
istruire  i  pastori,  e  perchè  i  fedeli  soglio- 
no ascendere  piamente  per  essa  in  ginoc- 
chio, orando  sopra  ogni  gradino,  ed  ac- 
quistano così  l'indulgenza.  Di  altre  sca- 
le sante  e  diverse  da  questa,  parlai  al- 
l' articolo  Scala  santa.  Grandi  varia- 
zioni non  incontrò  coll'avanzar  degli  an- 
ni la  fabbrica  di  questo  tempio  nelle  sue 
parti,e  quale  ora  si  mostra,  tale  già  fu  ne- 
gli ultimi  sei  secoli  precedenti.  Avvenne 
solo  nel  1 5y5,  in  cui  esseudone  abbate  il 
p.  d.  Giulio  da  Mantova  vi  fu  operalo  co- 
sa, per  la  quale  nou  è  a  dubitarsi  aver 
egli  meritato  somma  lode.  Siccome  l'an- 
tica via  che  conduceva  al  s.  Speco,  na- 
sceva o  faceva  capo  alla  parte  inferiore 


SUB  i67 

dello  scoglio  sotto  il  presente  cimiterio, 
come  già  dissi, e  non  eravi  rimpetto  alla 
s. grolla  quell'apertura  che  vi  esiste  pre- 
sentemente, perciò  di  là  si  saliva  per  una 
scala  protratta  fino  al  mezzo  della  chiesa 
al  di  sopra  della  stessa  grotta,  e  quindi 
per  altra  piccola  scala  si  scendeva  a  toc- 
care quella  parte  di  scoglio  che  contie- 
ne l'antico  antro  che  formò  il  luogo  di 
dimora  del  glorioso  s.Benedctto,ove  tro- 
vavasi  collocata  la  sua  statua,ed  è  quella 
appunto  che  esiste  nell'antro  del  suo  ora- 
torio. A  togliere  dunque  la  bruttura  di 
quella  scala  che  ingombrava  il  mezzo  del- 
la chiesa  inferiore,  e  per  rendere  più  co- 
modo l'accesso  della  s.  grotta,pensò  prov- 
vidamente l'abbate  p.  Giulio  di  demoli- 
re la  scala  che  conduceva  in  salita  all'al- 
tra per  la  quale  si  discendeva,  e  fatta  una 
esterna  apertura  quale  ora  si  mira,  e  rot- 
ta altresì  una  parte  dello  scoglio  per  in- 
nalzare un  altare  dirimpetto  alla  statua, 
la  quale  prima  era  al  fianco,  ed  ora  tro- 
vasi in  mezzo  dei  s.  Speco,  rese  così  me- 
no disagiato  per  tutti  e  facile  il  visitarlo, 
ed  assistere  alla  celebrazione  de'sagri  mi- 
steri.L'apertura  che  forma  l'ingresso  alla 
s.  grotta  fu  ampliata  nel  1  765,  e  l'aliare 
che  vi  era  stato  eretto,  fu  consagrato  dal 
vescovo  d'Alatri  Giulio  di  Terni.  L'an- 
tica statua  di  niun  pregio,  fu  rinnovata 
nel  1657  dallo  scultore  Antonio  Raggi  di- 
scepolo del  Bernini,  il  quale  la  terminò 
con  talesquisilezzad'arte,  cheonora  que- 
sto artista  e  il  celebrato  maestro.  L'al- 
tare pure  dopo  circa  due  secoli  fu  rico- 
struito di  marmo  di  Carrara  in  modo  da 
non  coprire  la  statua  eh' è  al  di  dietro,  e 
tutto  nel  1783  per  cura  dell'abbate  p.  d. 
AmbrogioMirelIi  poi  arcivescovo  diChie- 
ti,  ed  a'4  agosto  lo  fece  consagrare  dal- 
l'abbate dis.  Scolastica  p.  d.  Antonio  M.a 
de  Cuppis.  Già  Innocenzo  XI  avea  con- 
cessa l'indulgenza  plenaria  ne'giorni  di 
s.  Benedetto,  di  s.  Scolastica,  di  s.  Mau- 
ro, di  s.  Placido  e  compagni  martiri,  di 
tutti  i  ss.  Monaci,  e  di  s.  Gellrude. Altra 
indulgenza  plenaria  a'2 2  novembre  1701 


268  S  U  B 

avea  accordala  Clemente  XI  una  volta 
l'anno  a  tutti  i  fedeli,  che  confessati  e  co- 
municati avessero  visitato  il  s.  Speco,ap- 
plicaljile  in  suffragio  de'defunii,colla  bul- 
la Injunctae  rzoétf,  presso  il  Bull.  llom.  t. 
io, par.  i,p.2Q.Pio  VII  a' 2  jt  luglio 1 8  i  7 
estese  la  concessione  di  Clemente  XI  a 
una  volta  il  mese.  Nel  Bull.  Rom.  cout. 
1. 1  3, p.  42  7,  vi  è  il  breve  di  Pio  V\l,Satis 
supera  uè  t  diretto  al  cardinal  Galleflì  ab- 
bati monasterii  s.  Scolastica?,  Sublacen- 
sis  ordini*  s.  Beuedicli,  nullius  dioece- 
sis  in  dislriclu  Urbis:  Assignatio  bono- 
rum  prò  manutentione  s.  Specus,ubi  s. 
Bensdictus  jtcit  fundamento  ordinis  sui 
in  abbatta  nullius  dioecesis prope  Subla- 
cuni.  Noterò  pure  che  verso  la  metà  del 
secolo  XVI 1 1,  il  celebre  cardinal  Corra- 
dini  di  Sezze,  ove  meglio  ne  parlai, qual 
protettore  della  congregazione  cassinese, 
impetrò  dal  Papa  Clemente  XI 1,  che  un 
numero  di  4  confessori  tuonaci  colle  fa- 
coltà de  Penitenzieri  di  Roma  (nel  quale 
articolo  dissi  ancora  di  quelli  cassinesi 
della  basilica  di  s.  Paolo,  e  dell'  ullizio  da 
loro  eziandioesercitatoins.Ma  ria  inTras- 
tevere  quando  questa  fu  sostituita  all'al- 
tra negli  anni  santi)  e  del  santuario  diLo- 
reto,risiedessero  sempre  nel  s. Speco;  che 
le  medesime  indulgenze  de'  ss.  Limìna 
vi  lucrassero  i  divoli,  e  quanti  al  santua- 
rio peregrinassero;  con  l'arcivescovo  Te- 
deschi,di  cui  riparlerò, ne  restaurò  il  mo- 
nastero, e  non  potendo  egli  solo  bastare 
per  le  beneficenze  che  praticava  con  al- 
tri, invitò  con  caldissime  lettere  a  contri- 
buirvi tutti  gli  abbati  cassinesi  di  Fran- 
cia, Germania,  Spagna  e  Portogallo,  ri- 
servandomi in  progresso  di  riferire  altre 
beneficenze.  Questa  chiesa  e  insigne  san- 
tuario, in  complesso  ecco  come  la  descri- 
ve Nibby.  Nel  i.°  ingresso  di  questo  luo- 
ge  vtdesi  un'  aquila  de'  tempi  bassi  ;  il 
corridoio chesegueèornato di  pitture  del 
secolo  XV,  e  la  parie  sinistra  è  la  rupe 
stessa  del  monte:  l'autore  delle  pitture  è 
incognito,  la  data  però  del  1466, che  por- 
tano quelle  della  cappella  che  precede  il 


s  u  B 

s.  Speco,  e  che  sono  del  medesimo  stile, 
sono  un  documento  positivo  del  tempo 
in  cui  furono  eseguite.  Quelle  del  vesti- 
bolo rappresentano  fatti  della  vita  diGe- 
sù  Cristo.  Si  discende  al  s.  Speco  per  due 
cappelle  dipinte  da  Condolo,  ed  il  Lan- 
zi fa  rimontare  al  i2iq  quella  esprimen- 
te una  eonsagrazione  di  chiesa.  Merita 
particolare  menzione  quella  della  strage 
de'ss.  Innocenti,  pel  modo  con  che  è  rap- 
presentala^ quella  nella  quale  si  vede  di- 
pinto l'antico  lago  Snblacense,  che  allora 
esisteva. Nella  cappella  propria  del  s.Spe- 
co,già  spelonca  naturale  doves.  Benedetto 
si  die  a  vita  contemplativa,  la  sua  statua 
berninesca  Io  rappresenta  in  età  e  sotto 
forme  giovanili  (e  (piale  il  p.  Bini  pose  con 
incisione  in  principio  delle  Memorie). Da 
questa  cappella  si  discende  (traversando 
un  vestibolo  dipinto  circa  il  1  5oo,  come 
si  vede  sotto  quello  del  Giudizio  univer- 
sale) a  quella  di  s.  Silvestro  I  (chiamala 
della  Dottrina)  colla  statua  del  Papa  in 
terra  cotta,  donde  si  passa  in  un  piccolo 
giardinocon  roseto,  che  ricorda  il  vepra- 
io sul  quale  rotolossi  s.  Benedetto.  Nella 
sagrestia  vi  sono  alcuni  buoni  quadri  mo- 
derni, fra 'quali  una  s.  Famiglia  forse  di 
Correggio  o  di  scuola  bolognese  0  de'Ca- 
racci.  Aggiungerò,che  nella  sagrestia,  ol- 
tre i  ricordati  cilizi  del  b.  Lorenzo  (il  cui 
romitorioè  poco  distante),  si  conserva  un 
campanello  di  s.  Benedetto,  cioè  quello 
di  s.  Romano  e  rotto  dal  demonio.  An- 
che il  Marocco  e  con  particolarità  descri- 
ve il  santuario  e  la  strada  che  vi  condu- 
ce, le  vedute  sorprendenti  che  da  qui  si 
godono,  tra  il  fragoroso  mormorio  del- 
l'Aniene,  la  dicontro  folta  selva  di  elei,  e 
che  sopra  V  ingresso  vi  sono  dipinti  dal 
Manente,  la  B.  Vergine  col  divin  Figlio, 
s.  Benedetto  e  s.  Scolastica.  Dice  che  il 
santuario  può  dirsi  veramente  composto 
di  3  templi  io  uno,  sotterranei  che  fauno 
stupire  per  la  solidità,  per  le  antichissime 
pitture  a  fresco,  e  per  l'altre  magnificen- 
ze. Pertanto  ne  fa  la  descrizione  divisa  in 
3  parli,  che  ioacceuuerò  per  evitare  trop- 


SUB 

pe  ripetizioni,  e  riportando  nozioni  non 
riferite  di  sopra, onde  prendere  una  mi- 
gliore idea  di  questo  celeberrimo  santua- 
rio. Nella  i  .a  chiesa  d'architettura  gotica 
rimarca  il  pavimentodi  fini  marmi  trat- 
ti dall' Arcinazzo,  l'unico  altare  di  bellis- 
simi marmi  col  corpo  dis.  Anatolia  so- 
vrastato da  una  tavola  esprimente  la  13. 
Vergi  ne  col  Bambino,co'ss. Giovanni  Bat- 
tista ed  Evangelista,non  che  dallo  stem- 
ma dis.  Benedetto  e  formato  da  un  leone 
lampante  e  da  una  torre,  lateralmente 
essendo  dipinti  i  suoi  genitori.  Al  manco 
lato  vi  è  l'ambone  o  pulpito  di  marmo, 
ornato  di  rosoni  e  coll'aquila  di  s.  Gio- 
vanni Evangelista, che  colle  ali  forma  il 
leggio. Sopra  il  grand'arco  di  fronte  vi  è  e- 
spressa  mirabilmente  la  Crocefissione  del 
Bedentore,  ed  a'iati  gli  Apostoli  e  i  Dot- 
tori. Da  questa  i."  parte  del  tempio  per 
due  laterali  ingressi  si  discende  al  2. "san- 
tuario del  s.  Speco  con  4  cappelle  sagre  a 
s.  Scolastica,  a  s.  Mauro,  a  s.  Orsola,  e  al 
ss.CrocefissOjCon  altari  di  marmi  fini:  alla 
sinistra  vi  è  un  altare  di  bellissima  opera 
alessandrina  con  due  colonne  spirali:  da 
questo  ripiano  trovasi  a  destra  la  sagre- 
stia, ove  tra'quadri  stupendi  sono  nota- 
bili un  quadretto  di  Giulio  Romano  di- 
pinto sul  rame,  e  s.  Sebastiano  di  Guido 
Reni.  Indi  perlina  scala  si  passa  al  3.°  sot- 
terraneo ornatodifìnestregoticheco've- 
tri  dipinti  a  vari  colori,  e  con  figure  di 
Santi  e  Papi  benedettini,  ove  dietro  l'al- 
tare si  venerala  s.  grotta  e  la  statua  mar- 
morea di  s. Benedetto  con  aspetto  ange- 
lico, avente  da  un  lato  il  cauestrino  nel 
quale  s.  Romano  gli  calava  l'alimento. 
Qui  Marocco  riporta  l'elogio  in  versi  fat- 
to al  santo  probabilmente  dal  discepolo 
Marco,  ed  un  sonetto  d'altro  monaco  al- 
lusivo a  s.  Benedetto  quando  si  gettò  e- 
roica niente  sulle  spine,  come  pure  le  la- 
pidi esistenti  sull'ingresso  della  s.  grolla 
e  sulle  pareti  della  scala. Sopra  la  s.  grot- 
ta è  l'altare  privilegiato  da  Clemente  XI 
e  dedicato  a  s.  Gregorio  I.  Finalmente  si 
discende  al  4-°  sotterraneo  o  cappella  di 


SUB  269 

s.  Maria  di  Morrebotta,  nel  cui  altare  ri- 
posano le  ossa  del  b.  Lorenzo  da  Fanel- 
lo, prima  militare  e  poi  monaco  benedet- 
tino. Welle  pareti  della  scala  tra  le  pit- 
ture va  ricordato  il  trionfo  della  morte, 
enei  1  5j3  un  pellegrino  polacco  vi  scrisse 
que' versi  che  riproclusseMarocco,il  quale 
descrisse  ancora  le  altre  pitture  dei  luogo, 
lodando  specialmente  quella  del  Transi- 
to della  B.  Vergine,  che  troppo  hingosa- 
rebbe  il  riferirle. Diqui  si scendealla grot- 
ta detta  della  Dottrina  o  di  s.  Silvestro, 
ov'è  contiguo  il  cirnitei  io  de'monaci  for- 
mato sotto  lo  scoglio  e  abbellito  vaga- 
mente dagli  stallattiti  dell'Aniene.Adun- 
que  sembrache  veramente  3  templi  si  di- 
stinguano nel  s.  Speco:  ili. "comprende 
il  coro,  l'altare  maggiore,  co^li  altari  ad 
esso  vicini  prima  d'entrare  nella  sagre- 
stia; il  2.0  contiene  la  cappella  di  s.  Gre- 
gorio I,eil  prossimo  s.  Speco;  il  Slab- 
bracela la  scala  santa, la  cappella  dove  ri- 
posa il  corpo  del  b.  Lorenzo  Loricato,  ed 
in  fondo  la  spelonca  o  oratorio  ove  s.  Be- 
nedetto istruiva  i  pastori.  Ora  passo  col 
p.  ab.  Bini  a  parlare  del  monastero  spe- 
cuense  di  s.  Benedetto,  col  quale  hanno 
stretta  relazione  le  notizie  riguardanti  il 
vicino  proto-cenobio  dis. Scolastica;  laon- 
de per  unità  d'argomento  le  serbai  per 
qui  ragionarne. 

Incomincia  l'abbate  e  storico  del  suo 
monastero  con  dichiarare  intemperante 
zelo  quello  d'alcuni,  che  pretesero  soste- 
nere avere  s.  Benedetto  nell'erezione  dei 
monasteri  sublacensi  innalzato  questo  che 
giace  a  contatto  del  s.  Speco  avanti  i!5o5, 
e  perciò  doversi  reputarecomecapoe  cen- 
tro di  tutti  gli  altri  fondati  innanzi  al  ">2f), 
in  cui  parti  da  queste  contrade  per  Mon- 
te Cassino;  quindi  prova  insussistente  la 
vantata  primazia,  ripugnante  ma  fedele 
alla  slorica  verità,  solo  al  più  ammetten- 
do che  alcuni  abituri  sursero  in  vicinan- 
za della  s.  grotta  per  ricetto  di  quelli  che 
recavansi  a  visitare  il  santo  e  appagare  il 
fervore  cristiano,  portando  a  lui  cibimi 
co/yjom,  per  averne  a  ricambio  alimeli- 


270  SUB 

la  i'/Me,coni(!  accennai  in  principio.  Che 
è  frequente  il  caso  di  lèggere  ne'diplomi 
pontifìcii  molle  lodi  attribuite  al  luogo  o- 
ve  s.  Benedetto  operò  tanti  portenti,  le 
«piali  con  aperto  equivoco  si  vorrebbero 
adattare  esclusivamente  al  s.  Speco,  e  ta- 
le è  senza  dubbio  il  senso  in  cui  si  han- 
no a  prendere  le  frasi  adoperate  nelle  bol- 
le da'Papi  Gregorio  IV,s.  Nicolò  I,  Pa- 
squale li  e  Urbano  V,  sebbene  in  quella 
di  Pasquale  II  si  soggiunga  cui  Sublacus 
nomea  est.  Anzi  la  prova  più  convincen- 
te è  il  diploma  di  s.  Gregorio  I  del  5q6, 
ài  donazione  e  conferma  delle  possiden- 
ze al  monastero  sublacense,  »'.' a  cum  spe- 
cuj  che  se  presso  il  s.  Speco  fosse  esisti- 
to il  monastero  capo  e  centro  di  tutti  gli 
altri,  certamente  il  Papa  non  l'avrebbe 
confermato  o  donatoal  monastero  subla- 
cense;  mentre  al  s.  Speco  propriamente 
non  incominciò  ad  esistere  una  chiesa  pri- 
ma dell' 853,  o  antro  ove  s.  Leone  IV 
consagrò  due  altari,  che  se  vi  fosse  esisti- 
to un  monastero,  non  poteva  essere  man- 
cante del  luogo  sagro  per  raccogliersi  al- 
la preghiera.  Fu  il  monaco  Palombo  del 
iogo  che  si  può  considerare  come  ib.° 
che  vi  prese  stanza,  pel  permesso  accor- 
dato dal  cardinal  Giovanni  5.°  Crescenzi 
abbate  di  s.  Scolastica,  di  passare  ad  abi- 
tare il  s.  Speco,  e  vi  restò  7.5  anni  fino 
alla  morte  sua  in  ctllulam  quaderni  exi- 
g'ta,  senza  aver  avuto  a  compagno  altro 
monaco,poichè  durava  ancora  a  que' tem- 
pi lostatodi  perfetto  abbandono,e  la  man- 
canza d'una  famiglia  di  monaci  in  que- 
sto luogo,  per  cui  Pasquale  11  1 5  anni  do- 
po il  passaggio  che  vi  fece  il  monaco  Pa- 
lombo, tornò  nel  e  i  i5  a  donarlo  al  mo- 
nastero sublacense  ossia  di  s.  Scolastica, 
cimi  adjacend  sylva  et  monte  loto.  Vero 
è  però  che  l'abbate  Umberto  avea  con- 
cepito il  desiderio  d'innalzarvi  un  mona- 
stero per  custodia  della  chiesa,  di  cui  a- 
vea  dato  forma  nella  parte  dello  scoglio 
che  comprende  la  s.  grotta;  ma  in  quegli 
infelici  tempi  obbligalo  a  dimettersi  dal 
governo  del  suo  monastero,  non  potè  ef- 


S  U  B 

fettuareilsuolodevoledivisamentoepor- 
vi  una  famiglia  di  cenobiti  divoti.  N'eb- 
be quindi  la  gloria  il  successore  e  memo- 
rato cardinal  abbate  Crescenzi,  il  quale 
con  immense  spese  gettò  le  sode  fonda- 
menta a  fianco  del  monte  Talèo,  facen- 
do coll'opera  affaticata  d'industriosi  ar- 
tisti scomparire  ledine  ineguaglianze  del- 
le lupi  adiacenti  alla  scogliera,  costruen 
do  le  volte,  perchè  oltre  le  necessarie  of- 
ficine sorgesse  un  dormitorio  nel  piano 
fornito  di  comode,  sebbene  anguste  came- 
re, donde  potessero  passare  i  monaci  sen- 
za salita  di  scale  dalle  proprie  celle  ad  uf- 
fiziare  nel  coro  della  chiesa  superiore;  nel- 
lequali  opere  ili  ben  inteso  edifizio  quan- 
ta fosse  l'eccellenza  di  chi  l'eseguì,  e  la 
lode  che  seppe  meritarsi  l'abbate  ordi- 
natore, si  può  ravvisare  da  chiunque  vo- 
glia considerare  che  tutto  dovè  operarsi 
nel  tortuoso  giro  d'un  monte,  cheappog- 
gia  la  fabbrica,  rompendo  le  parti  dello 
scoglio  ove  l'uopo  il  richiede  va, e  costruen 
do  meravigliose  soslruzioni  di  pilastri  e 
di  archi  a  grosse  pietre,  che  ne  assicura- 
no la  durata  a  fronte  della  corrente  del- 
l'acqua del  vicinofìume,alla  cui  ripa  s'in- 
nalza questo  artistico  fabbricato.  Però  ad 
onta  di  tantezelanti  cure,  per  dare  lustro 
e  decoro  all'antica  stanza  di  s.  Benedet- 
to, non  potè  il  cardinal  abbate  vedervi 
riunita  una  famiglia  di  monaci.  Piestato 
il  santuario  come  prima  deserto  di  mo- 
naci, alcuni  per  privato  amore  comincia- 
rono spontaneamente  a  prendervi  stanza, 
ma  non  più  di  3  o  4»  che  se  cadevano  in- 
fermi tornavano  in  s.  Scolastica  per  cu- 
rarsi. Presentando  il  monastero  i  mezzi 
acconci  al  disimpegno  delle  monastiche 
incombenze,  quando  nel  i  1 65  per  le  san- 
guinose contese  tra  il  popolo  romano,  e 
gli  albanesi  e  tusculani,  fattasi  troppo  io- 
quieta  la  dimora  de'monaci  basiliani  di 
Grotta  Ferrata,  l'abbandonarono  e  si  ri- 
tirarono a  Subiaco,  implorando  dall'ab- 
bate di  s.  Scolastica  cardinal  Simeoue^o- 
relli  (che  Cardella  vuole  morto  prima),  il 
permesso  di  fissare  il  loro  soggiorno  al  s. 


S  C  D 
Speco:  furono  esauditi, e  vi  abitarono  tan- 
to lungo  tempo,che  ninno  di  essi  potè  ri- 
tornare al  proprio  monastero,  di  che  fe- 
ci già  ricordo.  Finalmente  piacque  a  Dio, 
che  la  romita  stanza  del  gran  padre  del 
monachismo  d'occidente,  culla  di  tutto 
l'ordine  e  monumento  perenne  dell'incli- 
te sue  virtù,  non  istesse  più  priva  di  quei 
figli  da  essa  derivati.  Questa  bell'opera 
era  riservata  al  niagnanimolnnocenzolll, 
che  portatosi  nel  1202  in  s.  Scolastica  pei 
narrati  motivi,  e  salito  al  s.  Speco,  ordi- 
nò che  una  famiglia  di  monaci  vi  avesse 
fìssa  e  stabile  dimora,  pel  mantenimento 
della  qiuile  assegnò  l'annuo  sussidio,  che 
avrebbe  percepito  a  nome  della  camera 
apostolica  dal  cartello  di  Po  rei  a  no  (forse 
caste!  Porziano,  l'antica  Laurealo,  che 
descrissi  a  Lazio,  0  Poivciano  di  Frosiao- 
nf).  Volle  pure  che  per  conservare  intat- 
ta la  disciplina  monastica  avesse  il  mo- 
nastero del  s.  Speco  il  suo  priore  clau- 
strale distinto  da  quello  di  s.  Scolastica, 
e  dipendenti  entrambi  dall'abbate  di  epici 
monasterosublacense;  e  la  scelta  del  prio- 
re,come  rilevai  parlando  della  chiesa,cad- 
de  per  volontà  del  Papa  nella  persona  di 
Giovanni  da  Tagliacozzo,  che  poi  fu  ab- 
bate sublacense.  La  bolla  de'6  settembre 
delle  concessioni  fitte  da  Innocenzo  HI 
al  s.  Speco  si  legge  nella  pittura  posta  al- 
la diritta  di  chi  scende  la  1  ."scala  che  con- 
duce alia  s.  grotta:  questo  è  il  (."diploma 
che  trovò  il  p.  Bini  e  duetto  specialmen- 
te al  monastero  specuense,  né  potè  esser- 
cene altro,  giacché  fino  allora  fu  sempre 
il  santuario  dipendente  dal  monastero  di 
s.  Scolastica,  come  una  sua  proprietà.  Nei 
giorni  che  governava  come  priore  il  mo- 
nastero specuense  Giovanni  da  Taglia- 
cozzo,  il  celebre  penitente  b.  Lorenzo  da 
Fanello  ottenne  dall'  abbate  sublacense 
Romano  di  potere  raccogliersi  in  solita- 
rio ritiro  nell'antico  monastero  fondato 
da  s.  Benedetto,  detto  di  s.  Maria  di  Mor- 
.rebotta, che  sta  sopra  il  s.  Speco,  e  poi  pre- 
se il  uome  del  Bealo  Lorenzo,  pel  lungo 
domicilio  fattovi  da  questo  austerissirao 


S  U  B  271 

penitente:  egli  vi  salì  a'  1  6  dicembre  1  209. 
Altro  illustre  ospite  ebbe  il  priore  Gio- 
vanni, ricevendo  nel  1  22.3  s.  Francesco  ili 
Asisi  quando  si  portò  al  s.  Speco.  Ma  la 
più  bella  e  più  nobile  ospitalità  fu  quel- 
la di  ricevervi  e  albergarvi  per  due  mesi 
Gregorio  IX,  che  nel  1228  stabilì  il  nu- 
mero de' mona  ci  a  6,  e  dal  suo  nipote  A- 
lessandro  IV  nel  1  2  ì6  portati  ai?,,  essen- 
do abbate  di  s.  Scolastica  Enrico  fervi- 
do promotore  della  monastica  disciplina. 
Per  la  stretta  relazione  di  dipendenza  che 
avea  il  monastero  specuense  dal  subla- 
cense, non  poteva  ili.0  non  risentire  al- 
tamente e  di  riverbero  le  sciagure,  dalle 
quali  era  questo  agitato,  e  due  ne  avven- 
nero dopo  la  morte  del  zelantissimo  ab- 
bile Enrico,  ben  gravi  e  funeste.  Lai." 
fu  nel  1274  quando  si  trattò  dare  a  quel- 
l'abbate un  successore,  per  la  fazione  che 
insorse  fra  i  monaci  a  favore  di  Pelagio, 
e  che  adoperossi  con  tutti  i  modi  a  con- 
servarsi l'usurpata  giurisdizione; e  l'altra 
quando  il  monastero  ci i  s.  Scolastica  nel 
1297  fu  nei  suoi  diritti  occupalo  da  fi*. 
Francesco  minorità  bastardo  della  poten- 
te famiglia  Gnetani  0  Cattaui  (la  quale 
vi  possedeva  già  de  beni, come  Falle.  Pie- 
tra, della  (piale  riparlai  nel  voi.  XXVII, 
p.  282)  dell'  allora  regnante  Bonifacio 
Vili.  Xell' uno  e  nell'altro  trambusto 
ne  solili  non  poco  la  quiete  e  la  sussisten- 
za de'  monaci  specuensi,  a'  quali  furo- 
no perfino  negati  i  loro  assegnamenti  pel 
servizio  della  chiesa.  Riparò  a  que'mali  il 
cardinal  Giacomo  Sciarla  Colonna  ,  di 
gran  consiglioeprudeuza,  incaricalo  con 
ottimo  succeso  da  Clemente  Vaiare  ri- 
tornare la  tranquillità  e  l'ordine  ne'due 
monasteri.  Ma  nuove  sciagure  sovrasta- 
vano sulla  monastica  famiglia  custodedel 
solitario  ritirodis. Benedetto, le  quali  tan- 
to si  avvicendarono  da  turbarla  sua  quie- 
te ad  onta  delle  provvide  disposizioni  d'In- 
nocenzo III,  e  delle  cure  de'successori  per 
la  sua  conservazione.  Le  sempre  rinascen- 
ti scissure  fra'  monaci  sublacensi,  fomen- 
tate principalmente  dagli  sforzi  degli  am- 


272  SUB  s  U  B 
bit: osi  per  occupare  que)l'abbftzia,influi-  molilo  aitate  di  s.  Mauro.  Nel  1 36?,  elet- 
rono  poteutemenle  a  danno  della  quie-  lo  abbate  Bartolomeo  3."  sanese,  da  Ur- 
te della  famiglia  specueuse, ottenuta  col-  bano  Velie  avea  professato  la  regola  be- 
l'opera  del  cardinal  Colonna,  e  che  videro  nedettina,  ottenne  che  il  priorato  di  s.Cro- 
ben  presto  alterata.  Dopo  qualche  anno  ce  del  bagnolo  nella  diocesi  di  Perugia, 
Giovanni  XXII, restato m Avignone, ove  da  lui  già  precedentemente  coperto,  ed 
avea  stabilito  la  residenza  pontificia  Cle-  una  volta  appartenuto  all'ordine  agosti- 
mente  V,nel  i  3  i  Bdièeglistessonella  va-  niano,  venisse  unito  al  sagro  Speco.  Inol- 
canza dell'abbazia  di  s.  Scolastica  l'abba-  tre  il  benemerito  Bartolomeo  3.°  a  soste- 
te,  scegliendolo  dalla  famiglia  di  Monte  gno  della  regolaredisciplina  introdusse  nel 
Cassino  nella  persona  di  Bartolomeo  i.°  j  3f>4  ne'  due  monasteri  alcuni  monaci 
Senza  dire  gli  splendidi  beni  da  lui  recati  chiamati  da  Germania,  a'quali  poi  s'uni- 
a  quel  monastero,  va  narrato  com'egli  rono  altri,  chequi  giunsero  da  quella  re- 
trovando  mal  ridotto  quello  specueuse  ,  gione,  e  cos'i  avvenne  che  que' tuonaci  te- 
in  modo  che  i  cronisti  riferiscono,  che  pò-  deschi  fecero  a  s.  Scolastica  e  al  s.  Speco 
tiiis  stabulimi  aniinaliuni,  aitarti  mona-  una  dimora  di  circa  un  secolo  e  mezzo.  Ed 
choriun  pottterit  appellati ,  stabilì  perciò  è  perciò  che  probabilmente  i  due  tipografi 
subito  al  s.  Speco  una  nuova  famiglia  di  connazionali  che  portarono  in  Italia  l'ar- 
inonaci,  che  preseda  varie  parti  d'Italia  te  della  stampa,  si  diressero  e  furono  o- 
e  perfino  d'ollremonte;  la  ripristinò  con  spitatiin  s.  Scolastica  con  aumento  di  sua 
12  individui,  e  separate  dalla  sua  men-  celebrità  per  le  felici  raccontate  conse- 
sa  abbaziale  le  rendite  delle  due  chiese  di  guenze.  Nuovi  aumenti  di  fondi  decretò 
s.  Pietro  di  Cerreto  e  di  s.  Cristoforo  di  Bartolomeo  3.°  e  tolti  dalla  mensa  abba- 
Gerano,  le  applicò  al  s.  Speco,  per  prov-  ziale  sublacense  al  monastero  del  s.  Spe- 
veclere  principalmenleal  trattamento  dei  co,  concessione  che  fece  confermarcela  Ur- 
pellegrini,  che  qua  si  recavano  a  venera-  bano  V  con  bolla  de'  i4  S'L,Sno  '  365.  Ve- 
re la  s.  grotta,  come  risulta  dall'atto  di  nulo  quel  Papaa  Roma,  destinò  Barto- 
donazione  dato  dalla  Fiocca  di  Subiacoai  lomeo  3.°  abbate  di  Monte  Cassino,  ove 
a^settembrei  338.  L'abbate  Bartolomeo  mondi  veleno  nel  i  372.  Per  buona  veli- 
li.0 migliorò  pure  la  fabbrica  del  monaste-  tura  del  monastero  specueuse  l'avea  suc- 
ro,  ottenendo  da  Giovanni  vescovo  di  Ti-  cesso  in  quello  sublacense  l'antico  suo 
voli,  nella  cui  diocesi  si  comprendeva  al-  prioreFrancescodaPadova.  Volendoque- 
lora  il  s.  Speco,  alcune  indulgenze  da  lu-  sii  provvedere  alla  mancanza  dell'acqua, 
crarsi  da  tutti  quelli  che  si  fossero  ado-  la  cui  penuria  teneva  sempre  angustiati 
pernii  coll'opera  loroin  questo  lavoro.  Nel-  i  monaci  specuensi,  fece  costruire  la  ci- 
I'anno8.  del  suo  governo,  Giovanni  ab-  sterna  che  tuttora  si  adopera  per  racco- 
baie  del  monastero  di  s.  Maria  della  Vit-  gliere  l'acque  piovane;  innalzò  purealcu- 
toria  (di  cui  riparlai  nel  voi.  LXV,p.i93),  nestanzeremoteacomodode'monaci,che 
diocesi  de'Marsi,  essendo  stato  delegato  bramato  avessero  menar  vita  più  rilira- 
giudice  apostolico  pel  componimento  di  ta,  delle  quali  però  si  hanno  pochi  avan- 
alcune  questioni  del  monastero  di  s.  Sco-  zi;  fece  edificare  Pinfermeria,stata  poi  rin- 
lastica,  recò  al  s.  Speco  la  reliquia  dell'os-  novata,  e  nell'ultimo  piano  del  mooaste- 
so  d'un  braccio  di  s.  Vittoria  vergine  e  ro  stabilì,  oltre  la  sala  della  meusa  comu- 
marlire,  ricevendone  un'altra  in  cambio  ne,  le  stalle  e  tult'altro  che  può  bisogna- 
di  s.  Anatolia  sua  sorella.  Morì  Bartolo-  re  a  una  monastica  famiglia.  Ottenne  al- 
meo2.°dopo  2.5  anni  di  lodevole  gover-  tresì  daGregorioXI  la  conferma  delle  por- 
no, e  il  corpo  per  sua  disposizione  fu  se-  zioni  così  dette  di  pane  e  vino  a  carico  del- 
polto  nella  chiesa  specueuse,  avanti  il  de-  la  mensa  abbaziale, conosciute  allora  sot- 


SUD 
to  il  vocabolo  di  jtislitiac  pa nis  et  vinij  e 
fece  rinnovale  dallo  stesso  Papa  l'inibi- 
zione suindicata  alle  dotine  d'entrar  nel- 
la chiesa  e  nella  selva,  assoggettandone  il 
permesso  al  prudente  arbitrio  del  priore 
claustrale.  Ma  il  demonio  nemico  della 
religiosa  concordia,  la  turbò  sotto  questo 
egregio  abbate,  e  ruppe  i  nodi  di  quella 
fraterna  amorevolezza  che  univa  gli  ani- 
mi de' monaci  dell'uuo  e  l'altro  monaste- 
ro. Fu  allora  che  Gregorio  XI  ordinò  co- 
me salutare  rimedio  una  visita  apostoli- 
ca, incaricandone  Pietro  veseovod'Orvie- 
to  e  i  due  monaci  Giordano  e  Antonio, 
uno  abbate  di  s.  Nazario  di  Verona,  l'al- 
tro di  s.  Eutizio  di  Norcia.  Benché  questi 
■visitatoti  procedessero  con  ottime  inten- 
zioni, nondimeno  il  risultato  non  poteva 
essere  più  infesto  alla  tranquillità  de'due 
monasteri,  poiché  giudicarono  che  fosse 
utile  mezzo  a  raggiungerei!  bramato  sco- 
po di  riunire  sotto  un'amministrazione 
sola  le  due  separate  rendite,  senza  com- 
prendere che  riusciva  un  fomite  a  con- 
tinue dissensioni,  o  che  almeno  si  rende- 
va più  critica  la  posizione  del  s.  Speco, 
tanto  inferiore  nelle  possidenze  al  mona- 
stero di  s.  Scolastica.  Primo  elfetlo  di  tal 
misura  fu  la  caduta  dall'antica  pontificia 
benevolenza  di  Francesco,  il  quale  fu  de- 
stituito dal  governo  abbaziale,e  dovè  con 
religiosa  rassegnazione  soffrire  tal  mor- 
tificazione; finché  eletto  in  Roma  Papa 
Urbano  VI, riconosciutesi  da  questi  le  im- 
provvide misure  della  visita,  subito  ne 
aflidò  l'incarico  al  cai  dinal  Gentili  vesco- 
vo di  Nocera.  Non  potendo  egli  occupar- 
sene di  persona,  ne  aflidò  l'esecuzione  a 
Pietro  priore  di  s.  Maria  Nuova  di  Roma, 
e  all'abbate  di  s.  Poliziano  di  Lucca  Oli- 
vetani. Tornarono  essi  a  separar  le  ren- 
dite de'due  cenobi  mediante  la  pontificia 
sanzione,  tutto  si  modellò  con  pace,  si  ri- 
conobbe che  l'abbate  Francesco  merita- 
va lode,  e  venne  restituito  al  governo  del- 
l'abbazia sublacense.  Dopo  questi  tempi 
non  si  fecero  variazioni,  e  fu  durevole  la 
dipendenza  del  monastero  specuensedal- 

VOL.  LXX. 


s  i  r,  273 

l'abbatedi  s.  Scolastica,  giacché  nella  nuo 
vamente  decretata  separazione  de'  beni 
nel  1 4o6  fu  pure  ordinalo  che  le  due  co- 
munità non  avessero  a  riunirsi  che  per  l'e- 
lezione dell'abbate,  con  beneplacito  d'In- 
nocenzo VII. Noneraavveuuta  niuna  in- 
no vazione,quandoCalisto  II  Idopo  la  mor- 
te dell'abbate  Guglielmo,  nel  1 4-55  com- 
mendò l'abbazia  al  cardinal  Torrecrema- 
ta.Neli479>''egnando  Sisto  IV,  per  pre- 
mura del  cardinal  Borgia  2.  "commenda- 
tario, e  con  accordo  del  cardinal  Orsini 
abbate  commendatario  di  Farfa,  al  mo 
nastero  di  questa  si  unirono  i  due  cenobi 
sublacensi;  unione  che  presto  si  sciolsenel 
seguente  pontificato  d'  Innocenzo  Vili. 
Come  poi  meglio  dirò,  nel  1  5i49egui  l'u~ 
nione  de' monasteri  sublacensi  all'arci-ce- 
nobio  di  Monte  Cassino,  non  senza  tor- 
bidi e  inquietezze,  principalmente  provo- 
cati ne'monasteri  sublacensi  da'  monaci 
alemanni,  a'quali  si  aggiunsero  non  po- 
chi italiani.  11  malcontento  dell'operala 
unione  spinse  tan t'olire  gli  animi  a  con- 
trariarla, che  formatasi  una  congrega  di 
12  monaci,  questi  audaci  pensarono  di 
avviarsi  a  Trento,  ove  soggiornava  l'im- 
peratore Massimiliano  I,  per  fargli  i  loro 
reclami, e  quindi  dal  nipote  Carlo  V.  Se- 
nonchè  riuscirono  senza  effetto  le  loro 
querele,  per  avere  i  due  principi  rigetta- 
to le  loro  rivoltose  rimostranze.  Vero  è 
che  se  a  qualunque  monastero  tornò  van- 
taggiosa l'unione,  utilissima  sarebbe  do- 
vuta riuscire  a  quello  del  s.  Speco.  Avea 
questo  acquistato  con  autorità  pontificia 
una  propria  fi  miglia  di  monaci,delIa  qua- 
le per  più  secoli  n'era  stato  mancante;  e- 
ransi  ad  esso  fissati  certi  determinati  fou- 
di  per  la  sua  assistenza,  e  con  indipenden- 
te amministrazione;esolo  gli  restava  d'e- 
manciparsi dalla  dipendenza  e  soggezio- 
ne dell'abbate  di  s.  Scolastica,  bene  che 
dovea  attendersi  nell'  unirsi  alla  uuova 
congregazione.  Tultavolta  questa  cosa, 
tauto  favorevolmente  ideata, fallì  ne'suoi 
concepimenti.  Imperciocché  per  colpa  di 
chi  volle  abusare  della  superiorità  della 
18 


a  7  \  SUB  SU  B 

forza, il  monaslerospecuenselornùa  man-  tenore,  prese  il  magnaniniopartilo  «li  vol- 
(.11  «li  monaci,  fn  di  nuovo  assoggettato,  gerle  spalle  a  Roma,  rinunziando  a  quel- 
bencllè  senz'autorità,  ina  per  la  sola  via  l'avvenirelnminosnche  l'altendeva}econ 
di  fatto  all'abbate  di  s.  Scolastica,  ricaden-  licenza  pontificia  si  ricoverò  nel  suo  di- 
t\o  così  nel  suo  antico  languore,  perchè  letto  s.  Speco.  Questo  monastero  era  tor- 
le  sue  rendite  consistevano  in  assegna-  nato  allo  stato  di  languore  e  di  abban- 
menli  chea  varie  rate  percepiva  dal  mo-  dono  de'monaci,  indi  signoreggiato  dal- 
naslero  sublacense.  Sorprende  come  niu-  l'abbate  di  s.  Scolastica,  alla  cui  dipeli- 
no accorresse  al  riparo  di  tanta  ingiusti-  «lenza  di  nuovo  soggiaceva,  ottenne  il  pre- 
zia,  e  a  difendere  dalla  prepotenza  inno-  latod'abitarelestanze  ov'eransi  perqual- 
cenli  vittime.  Sì  strana  condotta  progre-  cbe  tempo  raccolti  il  cardinal  Torrecre- 
dì  per  più  lustri,  non  senza  detrimento  mata  e  altri  personaggi.  Ivi  il  pio  arci- 
sensibile  del  servizio  del  santuario, finché  vescovo  con  edificante  zelo  fu  tutto  inte- 
Clemente  XI  bene  istruito  di  lutto,  per  so  a  migliorare  la  fàbbrica  del  tuonaste- 
quanto  poi  riferirò,  dovè  obbligare  il  mo-  io  danneggiata  per  l'altrui  incuria,  e  so- 
nastero  di  s.  Scolastica  a  mantenere  al  s.  pia  l'antiche  officine  eresse  i  due  dormi- 
Speco  due  monaci,  i  quali  fossero  abili  ad  torii  ancora  esistenti,  soccorso  in  questa 
esercitare  le  funzioni  di  penitenzieri,  on-  spesa  da'  confratelli  benedettini  di  Ger- 
de  i  fedeli  che  non  lasciarono  mai  di  fre-  mania,  Ungheria,  Spagna  e  Portogallo, 
queulare  il  santuario  non  andassero  pri-  e  da  non  pochi  monasteri  d'Italia,  secon- 
vi  de'conforti  spirituali.  L'antica  stanza  dato  pure  in  sì  nobile  impresa  dal  sullo 
romita  di  s.  Benedetto  non  poteva  esse-  dato  card  ina  (Corradi  ni,  che  operò  quanto 
re  per  più  lungo  tempo  il  bersaglio  d'un  celebrai.  Di  più  il  cardinale  cooperando 
lagrimevole  abbandono,  per  cui  quando  alle  mirabili  cure  di  mg. i' Tedeschi,  que- 
il  benedettino  vescovo  diLipari  Nicola  M.  sti  fece  larghe  donazioni  per  provvedere 
Tedeschi  di  Catania,  per  que'motivi  che  a'bisogni  della  chiesa  e  alla  sua  assisten- 
registrai  nel  voi.  LXV,  p.  260  eseg.,ab-  za,  dispose  che  il  monastero  specuensefos 
bandonò  la  sua  diocesi  per  recarsi  in  Pio-  sesempre  indipendente  dall'altro  di  s.Sco- 
ma,  dopo  qualche  tempo  fu  fatto  segre-  Jastica,  ed  autorizzato  ad  affigliare  i  mu- 
tano de'riti  e  dell'esame  de' vescovi,  ed  naci  come  praticasi  ne'cenobi  più  grandi 
arcivescovo  in  partìbus  d'Apamea.  Non  della  congregazione;  che  dalla  sua  fami 
avea  egli  mai  visitato  la  s.  grotta,  e  re-  glia  dovesse  scegliersi  l'abbate  proprio  e 
catovisi  tale  fu  la  profonda  e  teneia  ve-  un  priore,  quando  i  suoi  professi  fossero 
nerazione  da  cui  fu  penetrato,  che  prima  giunti  a  1  2,  disposizioni  tutte  che  fece  sa  li- 
di restituirsi  in  Roma,  nel  monastero  di  ziotiare  da  Clemente  XII.  Assestate  così 
s.  Scolastica  con  atto  del  1724  assegnò  le  cose  e  in  modo  che  il  santuario  non  ri- 
fondi del  suo  privato  patrimonio  per  la  cadesse  nelle  passate  disgustose  vicende, 
manutenzione  di  5  lampade,  che  dovea-  ebbe  mg. r  Tedeschi  la  bella  consolazio- 
110  ardere  continuamente  dì  e  notte  pres-  ne  di  vedere  nella  festa  della  Visitazione 
so  la  s.  grotta.  Questa  pietosa  disposi/io-  della  B.  Vergine  nel  1732  aperto  il  suo 
ne  non  fu  che  il  preludio  di  quel  tanto  di  amalo  monastero,  con  una  famiglia  tli  6 
più,  che  poi  il  benefico  prelato  ordinò  e  monaci  sacerdoti, e  Io  reputò  il  più  fausto 
dispose,  impegnalo  al  progressivo  e  co-  giorno  di  sua  vita. Ma  BenedelloXl  V, che 
stante  splendore  del  santo  luogo.  Ritmo-  faceva  di  lui  altissima  stima,  lo  richiamò 
vandosi  in  lui  le  soavi  impressioni  lice-  in  Roma,  designandolo  al  cardinalato.  Af- 
vute  nell'antro  beato,  raffrenò  i  moti  del  flitlo  il  prelato  per  dipartirsi  dal  santua- 
cucre  finché  polè,  ma  finalmente  a  sfogo  rioche  vagheggiava,  dopo  aver  fatto  nuo- 
di  quella  vampa  che  non  sapeva  più  con-  ve  largizioni  alla  casa  in  un   tempo  che 


SUB 

dovea  incontrare  nuove  spese,  giunto  in 
Roma  vi  rese  l'anima  a  Dio  in  s.  Calisto 
a'sq  selleinbrei  j/^i,  lasciando  erede  u- 
niversale  di  quanto  eragli  rimasto  il  mo- 
nastero specuense,  nella  cui  chiesa  furono 
trasportale  le  sue  ossa  e  per  sua  disposi- 
zione tumulate  innanzi  l'altare  del  s.  Spe- 
co. Nell'invasioni  francesi  del  fine  del  se- 
colo passato  e  del  principio  del  corrente, 
scompigliati  i  domimi  papali,  ebbe  que- 
sto monastero  la  bella  ventura  di  non  es- 
sere stato  chiuso  e  spogliato  de'suoi  be- 
ni e  de'suoi  religiosi,  fino  al  i  8  i  o  in  cui 
partecipò  della  deplorabile  generale  abo- 
lizionede'chiostri;  tuttavolta  chi  potè  re- 
stare alla  custodia  del  santuario  lo  gio- 
vò in  ogni  maniera  per  la  conservazione 
del  cenobio  e  del  culto  del  santuario,  cioè 
)'. esemplare  e  benemerito  p.  abbate  ci. 
Francesco  Cavalli  ravennate,  il  quale  es- 
sendone priore  all'epoca  della  soppressio- 
ne, ebbe  il  buon  animo  di  non  abbando- 
narlo, sebbene  costretto  a  deporre  l'abi- 
to monastico;  sicché  al  termine  delle  vi- 
cende politiche,  restituito  il  cassinese  Pio 
VII  alla  sua  sede,  con  suo  permesso  po- 
tè pel  i  ."riassumerlo,  e  dare  accesso  a  più 
confratelli,  che  furono  solleciti  e  pronti 
a  farne  la  loro  stanza,  fino  a  che  si  ria- 
prirono gli  altri  monasteri  della  congre- 
gazione cassinese.  Il  monastero  conserva- 
si nel  sistema  di  regolare  disciplina  e  di 
attenta  cura  all'assistenza  del  santuario, 
frequentato  dal  popolo  di  voto  delle  vici- 
ne non  meno  che  delle  lontane  regioni. 
Quella  piccola  antica  torre,  che  sovrasta 
appuntino  la  s.  grotta,  o  fu  innalzata  ne- 
gli antichi  tempi  a  sorvegliare  dalle  sue 
muragli  andamenti  e  le  mosse  dell'im- 
petuose soldatesche,  ovvero  servì  a  mo- 
strare al  divoto  pellegrino  il  luogo  ov'e- 
rano  diretti  i  suoi  passi.  Il  monastero  seb- 
bene elevato  a  grande  altezza,  offre  grato 
e  salubre  soggiorno  uella  stagione  estiva, 
e  siccome  la  sua  fronte  è  rivolta  a  mez- 
zodì rende  meno  crudo  il  verno.  Merita 
ricordo  il  superbo  refettorio  pegli  affre- 
schi che  dicousi  di  greco  pennello,  ed  e- 


SUB  27  ~ 

sprimenti  Gesìi  Cristo  e  la  B.  Vergine, 
con  a'Iati  s.  Giovanni  Evangelista  e  s.  Be- 
nedetto con  pastorale  di  singoiar  lavoro, 
la  cui  immagine  è  ripetuta  pressoun  An- 
gelo. Vi  sono  pure  dipinti  s.  Gregorio  I, 
s.  Leone  IV,  s.  Agostino  e  s.  Scolastica. 
Nel  riportare  qui  appresso  alcuni  cenni 
storici  di  Subiaco,  trovo  opportuno  d'in- 
nestarvi la  serie  cronologica  de<di  abbati 
claustrali  sublacensi  che  lo  signoreggia 
rollo,  fìnoa  quella  degli  abbati  commen- 
datari dell'abbazia  nuilius,  de'quali  pu- 
re farò  il  catalogo, edi  quelli  decorati  della 
porpora  si  potino  vedere  le  loro  biogra- 
fie per  le  notizie. 

Per  quanto  già  narrai  sulle  prime  o- 
rigiui  di  Subiaco,  incomincierò  dal  ricor- 
dare, che  s.  Benedetto  recatosi  in  Monte 
Cassino  vi  fondò  il  celebratissimoarci -ce- 
nobio, tuttora  (luridissimo, e  vi  promulgò 
quella  regola  meditata  in  Subiaco,  che 
fu  poi  abbracciata  in  occidente  e  altrove 
da  quelle  congregazioni  monastiche  di 
cui  scrissi  articoli,  e  delle  quali  divenne 
patriarca  al  modo  detto  a  Monaco.  La  so- 
rella s.  Scolastica  si  consagrò  a  Dio  nella 
sua  giovinezza,  e  sebbene  s'ignori  il  luogo 
certo  del  suoi. "monastero,  e  dalla  quale 
e  dal  santo  fratello  derivarono  le  monache 
Benedettine  (F.),  è  indubitato  che  morì 
in  quello  presso  Monte  Cassino,  nella  cui 
chiesa  s.  Benedetto  la  fece  seppellire,  ed 
a  lei  vicino  fu  egli  tumulato.  Nella  bio- 
grafia di  s.  Scolastica,  con  Butler  dissi 
credersi  da  alcuni  essere  state  trasferite 
in  Francia  le  loro  reliquie,  e  che  nella 
chiesa  di  s.  Pietro  di  Le  Mans  si  vene- 
rino,almeno  quelle  della  santa. Forse, co- 
me avvenne  con  altri  santi, si  presero  le 
reliquie  per  l' intero  corpo  che  possiede 
Monte  Cassino.  Pertanto  Urbano  li (F.) 
fulminò  la  scomunica  contro  chi  avesse 
negato  tale  esistenza.  Dopo  la  beata  morte 
di  s.  Benedetto,  avvenuta  nel  543,  fu  2.° 
abbate  del  suo  ordine  s.  Onorato,  ed  a 
questi  successeElia, insigne  per  santità  di 
vita.  Dopo  essere  siala  la  misera  Italia 
inondata  e  desolata  con  uccisioni,  depre 


276  SUB 

dazioni  e  distruzioni  da' goti,  dagli  unni, 
éa'vandaliydagYi  eruli  e  da  altre  barbare 
nazioni,  lo  fu  pure  da'feroci  Longobar- 
di^ V )  contaminati  dall'ariana  eresia,  co- 
me pure  narrai  a  R.oma.  Ivi  ancora  no- 
tai che  s.  Gregorio  I  ne  raffrenò  l'impeto  e 
li  pacificò co'romani:  ma  nel  60  1  riaccesa 
la  guerra  tra  i  longobardi  e  i  romani, toccò 
a  questi  tale  sconfittaglieli  Papa  sebbene 
da  più  anni  assuefatto  a  vivere  tra  ne- 
miche spade,  tuttavia  di  tal  crudele  guer- 
ra più  amaramente  che  delle  altre  si  dol- 
se. Presi  allora  dal  timoredellearmi  bar- 
bariche, i  monaci  sublacensi  fuggirono  iu 
Roma  per  porsi  in  sicuro  nel  monastero 
dis.  Erasmo,  fondato  da  s.  Benedetto  sul 
Monte  Celio,  e  concesso  loro  dal  Papa. 
11  longobardo  re  Agilulfo, fiero  eorgoglio- 
so della  vittoria,  anelando  d'insignorirsi 
di  Roma,  intanto  si  sparse  a  depredarne 
i  dintorni,  e  penetrato  in  Subiaco  e  nei 
monasteri  pose  tutto  a  sacco  e  a  fiamme. 
La  descrizione  che  fa  s.  Gregorio  I  del- 
la generale  desolazione  è  veramente  or- 
ribile. Per  tutta  Italia  s'incontrano  spo- 
polate città,  fortezze  abbattute,  chiese  in- 
cendiate, monasteri  rovinati,  intere  cam- 
pagne abbandonate  dagli  agricoltori.  Di- 
roccati e  spogliati  i  monasteri  sublacensi, 
i  monaci  e  i  loro  successori  restarono  in 
s.  Erasmo  peno4  anni.  In  questo  lungo 
intervallo  di  tempo,  nel  Chronicoti  Su- 
blacense trovasi  un'ampia  lacuna,  e  man- 
cano totalmenlele  notizie  del  paese.  I  mo- 
nasteri e  il  castello  di  Subiaco  per  sì  fie- 
ra devastazione  restarono  abbattuti,  mas- 
sime i  primi,  e  fino  al  705  in  cui  per  le 
cure  di  Papa  Giovanni  VII  il  monastero 
sublacense  venne  riedificato  dall'abbate 
Stefano  1  ."Resi  allora  meno  acerbi  i  costu- 
mi de'longobardi,  molti  de'  quali  eransi 
convertiti  alla  religione  cattolica,  torna- 
ti da  Roma  in  Subiaco  i  monaci,  risuo- 
narouo  tosto  le  claustrali  mura  di  sagri 
cantici,  ed  il  cenobio  ricuperati  i  latifon- 
di in  breve  tempo  gli  accrebbe,  estenden- 
do l'abbate  la  sua  signoria.  Dopo  il  726 
per  ispootanea  dedizione  de'popoli,  il  du- 


S  U  B 
cato  romano  si  assoggettò  al  pieno  domi- 
nio della  Sovranità  de  romani  Pontefici 
e  della  s.  Sede  (F)>  e  della  sua  estensio- 
ne trattai  a  Roma,  comprendendo  ezian- 
dio Tivoli  e  le  adiacenze;  laonde  si  può 
dire  che  anco  Subiaco  e  i  suoi  contorni 
soggiacquero  all'alto  dominio  papale  sot- 
to s.  Gregorio  II.  Dell'anteriorità  del  tem- 
porale dominio  de'Papi  nel  ducato  roma- 
no, della  legittimità  del  loro  principato 
sovrano,  originato  dal  libero  consenso  dei 
popoli,  e  fiorito  assai  prima  moralmente 
innanzi  che  pigliasse  forma  di  potere  ci- 
vile, e  che  Carlo  Magno  fu  piuttosto  un 
autenticatoreeampliatore  di  taldominio, 
che  foudatore,  lo  confessò  lo  stesso  Giober- 
ti, e  mg.r  Jannuccelli  rimarcò  opportu- 
namente a  p.  46-  Indi  Papa  s.  Zaccaria 
del  74'.  e  più  tardi  Carlo  Magno,  con- 
fermarono tutti  i  beui  spettanti  al  mona- 
stero sublacense,  ed  i  suoi  privilegi.  Al- 
l'abbate Stefano  1  ."nel  752SuccedutoSer- 
gio,  dopo  il  governo  di  74  anni  gli  fu  so- 
stituito nell'81  SPietro  i.°,s°tto  il  quale  e 
nell'847  '  saraceni  incendiarono  barba- 
ramente il  monastero  sublacense,  e  gravi 
danni  recarono  pure  aSubiaco.  Verso  que- 
sto tempo  i  monaci  edificarono  Cavedio- 
freddo  e  molte  circostanti  terre  e  castel- 
la. Nell'85y  fu  abbate  Leone i.°,  nell'867 
Azone,  nell'88  i  Leone  2. °,  nell'880  Leo- 
ne 3.°  in  tempo  del  quale  e  circa  i!  q38 
gli  ungati  chiamati  in  Italia  da  Alberico 
conte  del  Tuscolo,  rovinarono  e  devasta- 
rono il  monastero  di  s.  Scolastica  che  restò 
deserto  42  anni.  Solfa  molto  anche  Su- 
biaco, ed  i  confinanti  marsi  patirono  mol- 
tedepredazioni;  tutta  volta  armatisi  i  mar- 
si  li  sconfissero,  particolarmente  contri- 
buendovi i  carsolani  ed  i  tagliacozzani. 
Nel  Registro  sublacense  evvi  un  giudica- 
todiGiovarini  XII,scrittoneI  maggio  cp8, 
incili  Leone 3.°  abbate  di  Subiaco  narra, 
che  essendosi  il  Papa  trasferito  a  Subiaco, 
avea  quivi  ascoltato  e  domandato  conto 
de' pregiudizi,  che  quel  mouastero  avea 
sofferti  dopo  la  morte  d'Alberico  11  coule 
Tusculano  e  padre  suo.  Udite  le  parti,  ed 


SUB 
esaminati  i  privilegi,  condonò  le  peneal- 
la  parte  avversa,  confermò  al  mouastero 
vari  beni  e  gliene  concesse  de'nuovi,  ro- 
gandosene l'alto.  Di  altri  Papi  che  ono- 
rarono di  loro  presenza  Subiaco,  prima 
e  dopo  quest'epoca,  lo  riferii  più  sopra. 
Quanto  a  Giovanni  XI!,conviencdireche 
vi  ritornò,  poiché  leggo  nel  p.  Bini,  che 
nel  963  Papa  Giovanni  XII  si  recò  a  Su- 
biaco per  assoggettare  nuovamente  il  po- 
polo all'abbate  di  s.  Scolastica,  dalla  cui 
soggezione  avea  cercato  sottrarsi.  Voleva 
punirlo  con  gravi  pene,  dalle  quali  potè 
l'abbate  stesso  ottenere  dal  Papa  che  ve- 
nisse liberato.  Nel  963  fu  abbate  Gio- 
vanni i.°chegovernòsolo  6  mesi. Gli  suc- 
cesse nel  964  Gregorio  1  ."già  abbate  di 
s.  Erasmo  di  Roma  e  Secondicero  della 
s.  Sede.  Il  Galletti,  Del  Primicero  della 
s.  Sede,  lo  chiama  anche  Giorgio,  e  per 
un  altofatto contro  Giovanni  XII  gli  con- 
venne deporre  l'uflizio  di  secondicelo,  e 
si  fece  monaco  nel  monastero  di  Subiaco, 
del  quale  ben  presto  divenne  ancora  ab- 
bate. Poi  parlando  d'una  carta  dell'archi- 
vio di  Subiaco  del  967,  lo  chiama  Grego- 
rio e  che  continuava  ad  essere  abbate  del 
monastero. Questo  conferma, che  il  gover- 
no abbaziale  dell'antecessoreGiovanui  1 .° 
fu  assai  breve.  Aggiunge  Galletti,  che  tro- 
vandosi inRoma  l'imperatoreOttone  I  nel 
principio  del  967,  Giorgio  secondicelo  e 
abbate  de'ss.  Benedetto  e  Scolastica  di  Su- 
biaco venne  in  Roma  nella  basilica  di  s. 
Pietro,  ove  Papa  Giovanni  XIII  teneva 
sinodo  coll'intervento  d'Ottone  I  e  altri 
magnati,  e  fece  istanza  che  gli  fossero  con- 
fermali gli  antichi  privilegi  già  consuma- 
ti dal  fuoco,  lo  che  ottenne  conferman- 
dogli il  Papa  il  casale  ov'è  situato  il  mo- 
nastero, lo  Speco,  ubiipse  religiosìssimus 
pater solitariam  vitamduxit,eò  ilcastello 
di  Subiaco,condonandogli  altresì  tuttociò 
elicgli  abitanti  del  medesimo  a  veano  fino 
allora  dovuto  pagare  al  palazzo  aposto- 
lieoLateraneuse.Qui  avverte  Galletti,  che 
la  diversità  del  uome  di  Giorgio  e  di  Gre- 
gorio viene  perchè  il  ^.0  fu  assunto  nel 


SUB  277 

rendersi  monaco.  Avendo  di  sopra  rife- 
ritocol  p.  Bini,  che  il  monaco  Palombo  si 
puòconsiderare  il  i.°che  prese  stanza  pres- 
so il  s.  Speco,  dal  riportato  da  Galletti, 
altro  abbate  benedettino,  sembra chegiù 
altri  l'avessero  preceduto.  Il  Galletti  nel- 
l'opera citata  pubblicò  di  verse  carte  e  mo- 
numenti riguardanti  il  monastero  subla- 
cense.  Nel  793  fu  eletto  abbate  Pietro  a.0, 
nel  973  pure  pare  che  gli  succedesseMajo 
già  abbate  di  s.Erasmo  di  Roma,  nel  975, 
lo  fu  Benedetto  2. °,al  qualeBenedetto  VII 
confermò  Castri  Sublaci  aliaque  multa 
abbati  concessi!.  Nel  986  di  venne  abbate 
sublacense  Martino,e  dopo  4mesi  nel  987 
Gregorio  2.0,  verso  il  qual  tempo  fu  in- 
truso un  Gregorio  vescovo  dall'antipapa 
Bonifacio  VII.  Nel  989  divenne  abbate 
Giovanni  a.°,che  il  Papa  Giovauni  XVI 
creò  cardinale  diacono  di  s.  Maria  in  Do- 
mnica.  Gli  successe  nel  992  s.  Pietro  3.°, 
nel  ioo3  Stefano 2.0  che  accolse  inSubia 
co  l'imperatore  Ottone  HI.  Eletto  nel 
io  1  1  l'abbate  Giovanni  3.°fu  zelante  del 
la  regolare  disciplina,  molti  libri  scrisse 
a  uso  del  monastero,  e  moribondo  si  fece 
trasportare  in  chiesa,  rendendo  l'anima 
a  Dio  a'piedi  del  ss.  Crocefisso.  Verso  il 
1  024fu  abbateDemetrio.e  nel  1029  Be- 
nedetto 3.°,  indi  neho44  Ottone,  a  cui 
successe  Giovanni  4-°  preclarissimo  per 
avere  ristabilito  la  disciplina  monastica, 
ed  eresse  da'fondamenti  la  Rocca  di  Su- 
biaco a  tempo  di  s.  Gregorio  VII;  bisogna 
dire  col  suo  consenso,  perchè  a  tale  Pa- 
pa se  ne  attribuisce  l'edificazione.  Sotto 
questo  abbate  si  registra  la  veuuta  iu  Su- 
biacodeli'imperatrice  Agnese,  et  sacrimi 
Specurn  adieral,  pallìum,  et  alia  obtu- 
leratj  non  che  s.  Chelidonia  nascitur  Ci- 
culis  in  Aprutio.  Nel  io45  trovo  abbate 
sublacense  Oddoo  Addo,  cum  LeoIX  Pa- 
pa Sablacum  venisset  fugam  arrìpuit,  et 
Trebis  latuitaccilus  a  Ponti/ice  venire  re- 
nuitj  itaque  ab  eodetn  Pontificem  insti- 
tutus  est.  Nel  1  o5 1  lo  divenne  il  francese 
Umberto,  che  edificò  quelle  opere  sud- 
descrille.  In  A>xe  Civitdla  traditoseli- 


27S  SUB 

stodiae  inox  dimissus  descivil  in  s.  Sede, 
landemabdicavitsc abballa, et  in  Castro 
Sangrini  reliqucm  vilae.  in  pace  trame- 
sti, rexil  anuis  undecim.  Nel  i  0G0  fu  ab- 
|jateGlovanni5.°6Vc«;enaicardinaIe,che 
aeWaSeries  Abballini  claustralium  subla- 
censium  a  codice  mss.  et  a  synodo  (del 
cardinalCai  lo  Barberini)  fidelità-  desuni- 
pta,  si  dice:  e  Civitate  Castelli  oriundns, 
doclus  et  religiosi^  rexil annisc).  Di  que- 
sto abbate,  come  di  altri,  non  poco  ra- 
gionai superiormente.  Siccome  dopo  di 
lui  non  trovo  successore  fino  ali  121  in 
tale  Series,  forse  tornò  al  governo  Gio- 
vanni 4-°j  del  quale  nella  Series  si  legge: 
praefuit  per  annosSi.  Arx  Suolaci  eri- 
gila/', come  giù  rilevai.  Dico  questo  per 
concordare  il  riferito  da  più  scrittori,  che 
s.Gregorio  VII  eresse  la  Rocca  di  Subiaco, 

0  almeno  permise  che  si  costruisse,  co- 
me notai,  se  pure  non  la  compì.  Certo  è 
che  la  lapide  esistente  nella  Rocca  dice: 
Arx  et  Palatium  ad  ornatimi  Urbis  et 
tutelarli  sub  Gregorio  Tfll  Pont.  Max. 
a  fundamentis  erccla.  Dunque  Giovan- 
ni 4-°  borì  ancora  nel  suo  pontificato.  Nel 

1  1 2  1  venne  destinato  abbate  Pietro  4-°> 
al  cui  tempo  insorsero  da  tutte  le  parti 
guerre  contro  il  monastero,  e  specialmen- 
te dal  canto  de'tibui  tini,  i  quali  come  più 
potenti  s'impadronirono  della  metà  del 
castello  di  s.  Angelo,  oggi  Castel  Mada- 
ma,cheapparteneva  a'monaci  sublacen- 
si.  Indi  cominciarono  ad  assalire  il  ca- 
strimi Apollonensem  o  Ampiglione,  nel 
pontificato  d'Onorio  II,  il  quale  accon- 
sentì che  i  tiburtini  unitisi  con  Grego- 
rio signore  d'Anticoli  lo  attaccassero  con 
maggior  forza,e  se  ne  impadronirono:  fu- 
rono fatti  prigioni  tutti  gli  abitanti,  e  fu- 
rono distrutte  le  mura  del  castello;  tut- 
tavia Innocenzo  II  neh  r  43  ne  ordinò  la 
restituzione  a'monaci.  Neil  1 4-G  fu  abba- 
te Rinaldo  e  resse  l'abbazia  16  anni. Laon- 
de o  è  sbagliato  il  nome,  o  confuso  col  se- 
guente, errarono  Wion,  Panvinio  e  l'CJ- 
ghelli  nel  riferire  che  Eugenio  III  creò 
cardinale  nel  1  1  5o  Silvestro  abbate  di  Su- 


SUB 
biaco.  Bensì  Simone  o  Simeone  Dorelli, 
fatto  abbate  nel  1 1  5i,monaslerium  s.Iìla- 
riae  Magdalenae,alias  s.  Clcridoniae  ex- 
truxisse  credilur ,  certamente  nel  1  1  55 
ebbe  il  cardinalato  da  Adriano  IV.  Al- 
cuni feudatari  di  questo  abbate  gli  mos- 
sero guerra  e  l'imprigionaiono,  ed  egli 
fu  costretto  a  redimersi  con  dare  in  pe 
gno  a'romani  Ampiglione,  e  cou  altri  sa- 
grifizi  che  già  ricordai.  Sotto  di  lui  abbia- 
mo la  seguente  relazione  delle  reliquie  di 
s.  Chelidonia  vergine, patrona  di  Subiaco. 
"Locus  est  ab  oppido  Sublaci,duobus  fe- 
re milliaribus,  ad  borealem  plagam  di- 
slans;  quo  loco  ex.  silice  durissima,  rupes 
altissimae  eriguntur:  quarum  scabris,  e- 
vesisque  laleribus,  versus  castrumSubla- 
cum,  sacellum  divae  Mariae  Magdalenae 
jam  sacrum,  situo)  est.HucCleridona  pa- 
ttern, patri  a  ui  reliquens, mundo,  vale  di- 
cens  aufugit.Hic  per  arduam  vitato  annis 
5qduxit.  Ilic  morlua  est  virtutum  ni  ira - 
culorumque  splendore  conspicua  :  cujus 
ossa  collecta  sub  dominicae  Incarnatio- 
nis  annoi  162;  atque  marmoreo  tumulo 
composita,  populis  lue  usque  in  religio- 
nem  venire  quam  maxime.  Constai  ibi- 
dem loci,  oliuj  extructum  fuisse  sa  era - 
rum  virgi  riunì  Caenobium,  cujus  adhuc 
collapsa,  et  non  spernenda  vestigia  ex- 
tant  eidem  mouasterio".  Da  un'altra  re- 
lazione sulla  morte  di  s.  Chelidonia  pro- 
tettrice di  Subiaco,  rilevo  le  seguenti  no- 
zioni. Nel  1  1  52  governando  laChiesaEu- 
genio  11,  nella  uotte  che  succede  alla  2." 
domenica  d'ottobre,  si  vide  uscire  dallo 
speco  diMoraFerogna  (vasta  rupeal  nord 
di  Subiaco  e  distante  oltre  due  miglia, 
pochi  passi  dalla  quale  vi  è  la  spelonca 
già  abitata  dalla  santa)  una  viva  luce  che 
si  diffuse  per  le  circostanti  contrade,  co 
mechè  elevatasi  in  alto  in  forma  di  ster 
minata  colonna  di  fuoco. Questo  sorpreu 
dente  spettacolo  destò  negli  abitatiti  d 
Subiaco  un  cumulo  di  sensi,  meraviglia 
gioia  e  riverenza:  niuno  però  osava  a v 
vicinarsi  alla  rupe,  che  sembrava  ardeu 
le  come  ilSiuai.I  popoli  couvicini  resta 


sue 

rono  stupefalli  dello  splendore  che  usci- 
va dalle  montagne  sublacensi.  Il  Papa 
benché  lontano,  avendo  veduto  tale  luce 
misteriosa,  invio  sul  più  alto  del  monte 
alcuni  cardinali  e  prelati,  per  conoscerne 
la  derivazione.  Ed  essi  a  lui  tornati  sba- 
lorditi confermarono  l'identicità  del  fe- 
nomeno, che  vibrava  Gamme  ardenti  su 
tutta  la  provincia  di  Campagna.  Euge- 
nici III  meravigliato  da  loro  racconti, dis- 
se che  quella  luce  era  uno  splendore  del 
volto  di  Dio,  per  manifestare  qualche 
gran  prodigioav  venuto  sulle  sponde  del- 
l' Aniene.  Intanto  ne'  primi  albori  del 
giorno  il  cardinal  abbate  Simone  man- 
ilo  il  priore  con  alcuni  monaci  alio  spe- 
co di  Chelidonia,  mentre  la  moltitudine 
colla  stessa  brama,  sia  di  Subiaco  che  dei 
vicini  paesi,  ascesero  la  montagna,  tutti 
certi  ili  dovere  ammirare  qualche  opera 
stupenda  di  Dio,  poiché  a  ciascuno  era- 
no manifesti  i  (divori  da  lui  elargiti  alla 
diletta  sua  serva.  In  fatti,  giunti  presso 
lo  speco,  videro  la  santa  vergiue  dislesa 
morta  sul  suolo,  come  assorta  in  placido 
sonno.  A  tale  spettacolo  tutti  proruppe- 
ro in  dirotto  pianto,  ripetendogli  unta- 
gli altri  le  tante  virtù,  penitenze,  limo- 
si ne  e  altri  eroici  esercizi  co' quali  avea 
vissuto  nell'orrida  spelonca  5o  anni  ;  e- 
sempio  d'angelica  modestia,  conforto  e 
consolazione  d'ogni  ceto  di  persone. Fece- 
ro a  gara  in  prostrarsi  presso  il  beato  suo 
corpo,  e  divotamente  con  fervore  ne  ba- 
ciarono le  mani,i  piedi, le  vesti, i  cilizi, tulli 
quanti  invocandola  valida  protettrice  nel 
cielo,  ove  già  godeva  la  visione  beatifica 
d'Iddio. ludi  per  cura  de'mouaci  procedet- 
te il  suo  trionfile  trasporlo  nel  monaste- 
ro di  s.  Maria  Maddalena,  ed  i  sacerdoti 
e  primari  di  Subiaco  si  reputarono  av- 
venturosi di  portarne  a  vicenda  sulle  lo- 
ro  spai  le  la  preziosa  spoglia,  circondati  da 
gran  copia  di  lumi, e  tra  la  generale  com- 
mozione. Il  cardiual  abbate  compreso  di 
tenera  divozione,  ricevè  il  santo  corpo 
sulla  soglia  del  ceuobio,  e  onoratamen- 
te lo  lece  esporre  nel  mezzo  della  chiesa, 


SUB  279 

e  dopo  i  consueti  riti  lo  collocò  in  sito 
distinto.  Beati  si  tennero  coloro  che  po- 
terono ottenere  qualche  capello  dell'in- 
clita vergine,  0  alcun  brano  di  sue  vesti, 
e  persino  qualche  sasso  della  sua  spelon- 
ca o  qualche  fronda  dell'edera  che  la  ri- 
vesti va,  tutto  venerando  come  insigni  re- 
liquie. Avendo  Dio  glorificato  la  sua  ser- 
\  a  con  non  pochi  miracoli,  non  venne  mai 
meno  al  popolo  di  Subiaco  la  sua  fiducia 
e  divozione  per  essa, e  la  proclamò  sua  prò 
tetti  ire,e  la  vanta  comesua  gloria.  Il  Pe- 
ti ini  nelle  Memorie  Prenestine }  riporta  la 
controversia  insorta  neh  lontra  il  vesco- 
vo di  Paleslrina  cardinal  Scola  ri  ,e  l'abba- 
te di  Subiaco  cardinal  Simeone.  Verteva 
sopra  due  punti  :  sulla  giurisdizione  par- 
rocchiale de'castelli  di  Ponza  e  di  Allìle, 
e  sulla  istituzione  del  curato  nella  rocca 
di  floiale.  Lucio  III  commise  la  causa  al 
cardinal  Graziano,  ed  egli  fece  in  modo 
che  nel  1  182  il"  vescovo  accordò  all'  ab- 
bate e  successori  ambedue  le  pretensio- 
ni colle  seguenti  riserve.  Che  rimanesse 
illesa  a' vescovi preuestini  promiscuamen- 
te cogli  abbati  sublacensi  l'autorità  di 
correggere  gli  abitanti  de'due  castelli  nei 
delitti  criminali, e  punii  li  in  caso  di  con- 
tumacia o  coll'interdelto  o  colla  scomu- 
nica :  Che  la  correzione  e  tutti  gli  altri 
diritti  episcopali  nella  rocca  dilloiate  re- 
star dovessero  intatti  pressoi  vescovi  pre- 
nestini:  Che  gli  abitanti  dique'luoghi  fos 
sero  tenuti  contribuire  ogni  anno  alla 
mensa  vescovile  q  1  ubbia  di  grano  e  q  di 
spelta  per  litolodi  decime  e  mortorii,  co- 
me pure  di  pagare  la  procurazione  a'mi 
Distri  vescovili,  allorché  ivi  fossero  an- 
dati per  causa  ili  correzione  odi  esazio- 
ne: Che  i  chierici  di  detti  paesi  non  tra- 
lasciassero di  portare  alla  cattedrale  nel- 
la festa  di  s.  Agapito  le  solite  offèrte;  giac 
che  per  lodevole  costume,  conservato  fi 
no  al  principio  del  secolo  XVII,  tutto  il 
clero  diocesano  veniva  a  spese  del  vesco- 
vo in  Paleslrina  a  prestare  ubbidienza  al 
la  cattedrale,  e  ad  ascoltare  i  decreti  si 
nodali.  Notai  di  sopra,  che  quando  Li 


280  SUD 

bnno Vili  sottomise  alla  giurisdizione  spi- 
rituale dell'abbazia  di  Subiaco,  Ponza, 
Aflile,  Roiate  e  Civitella,  la  decima  fu  ri 
dotta  ad  annui  scudi  (rj.  Neil  184  fu  ab- 
bate Beraldo,neli  191  Ilomano,nel  1  2  16 
Giovanni  6.°  benemerito  e  di  santa  vita, 
nel  1227  Landò  pure  benemerito.  Indi 
furono  insigniti  di  questa  celebre  e  pos- 
sente abbazia,  nel  1  244  (e  non  ne'  secolo 
passalo  come  mi  dissero  ad  Oricola,  e  ri- 
ferii nel  voi.  LII,  p.  2  1 7)  Enrico  e  HJon- 
taneis  Dominis  Auriculae  orlus,  vide- 
tur prefuisse  annis  32;  nel  i27GGuglieI- 
nio  Burgadum  inox  ab  episcopo  Tuscu- 
lano  benediclum,  destinato  da  Innocen- 
zo V  commosso  dalle  calamità  del  mo- 
nastero; nel  1286  Barlolomeoi.VeA/cm- 
te  Regali j  quindi  Benedetto  4-°5  nel  1 2C)5 
Francesco  f.°Caetani  minorità  intruso  e 
di  cui  già  parlai:  sebbene  vi  restasse  7  an- 
ni, alcuni  cronisti  cbiamano  questo  tem- 
po sede  vacante,  e  lo  era-pure  la  pontifi- 
cia. Sotto  di  lui  accadde  la  narrata  ca- 
tastrofe che  il  Cìironicon  Sublacense  de- 
scrive, e  riprodusse  Marocco  a  p.i74,di- 
cendo  che  a'20  febbraio  1 3 o5  si  disecca- 
rono i  laghi  e  la  gran  muraglia  precipi- 
tò con  tremenda  inondazione:  ventorum 
et  aauarum  diluvio  vaptis  aggeribus  In- 
cus dissipatili-  ponte.s  quoque  cimi  mo- 
lendis,  et  mandris  disruptis.  Di  questo 
gravissimo  infortunio  di  Subiaco  e  altri 
luoghi,  già  e  meglio  tenni  proposito  di 
sopra.  Ne  furono  disastrose  cause  le  tem- 
peste di  pioggia  e  nevi  in  grandissima  co- 
pia; laonde  con  diluvio  fu  inondata  la  Val- 
le Santa.  Due  animosi  monaci  credendo 
di  aprire  uri  varco  al  minaccioso  e  gon- 
fio lago,  con  togliere  alcune  pietre  dal- 
la muraglia  che  gli  faceva  argine,  l'im- 
peto dell'inondazione  si  fece  più  violen- 
to e  veemente,  e  strascinò  e  distrusse  con 
orrendo  fragore  ponti  e  altri  edilìzi,  cam- 
pi, alberi  e  armenti  con  immensi  e  de- 
plorabili danni.  L'eletto  Papa  Clemente 
V,a  rimuovere  l'intruso  abbate  nel  1  307 
commise  la  cura  dell'abbazia  al  cardinal 
Sciarla  Colonna 3  Rector  Abbatiac;  egli 


SIC 

la  resse  nel  temporale, e  nello  spirituale 
fi*.  Nicola  da  Milelo.  Si  legge  nella  Serics 
di  tal  porporato:  valde  sevcrus  erga  su- 
blacianos,  et  monachis  equus.  INI  orto  il 
cardinale  neh  3  18,  Giovanni  XXII  no- 
minò abbate  Bartolomeo  2.0,  multa  lau- 
dabililtr  peregit.  Gli  successero  nel  1  343 
Giovanni  y.°i«  regimine  nulli  secundusj 
nel  1  348  Pietro  4-°}  al  cui  tempo  pestis 
saevissima  loto  orbe  grassala  est}  atque 
edam  in  monasterio,  e  molto  di  più  ne 
soffrì  Subiaco;  neli35i  Angelo  di  Mon- 
reale, abbas Sublaceniis pulsus  a  subla- 
censibus  adiit  Pontificali  Avenionem , 
abdicai  se  abbatia  quam  rexil  annis  3; 
nel  1  353  Ademaro  Avenionem  profectus 
abbatiae  regimai  corani  Papa  rcnun- 
cial;  nel  1  3 60  Corrado  de'marchesi  Ce- 
•va,  s.  Speciali  destruere  nisus  ab  Urba- 
no V  Ponti/ice, et  sacro  collegio  Cardi- 
naliumexpellitur}elmoerore  obiit,  rexit 
annis  5;  neh  362  Bartolomeo  3."  mona- 
co di  s.  Croce  di  Perugia,  prudente  e  be- 
nemerito quale  lo  dichiarai,  risarcendo 
pure  la  chiesa  di  s.  Scolastica.  Neli36g 
Francesco  1°  abbas  eleclus  a  monacliis 
(col  p.  Bini  lo  dissi  destinato  da  Urbano 
V),  vir  pius,  apud  Pontificali  Lrbanuin 
V  conqueslusde  sublacensium  contuma- 
cia petiit  sibi  concedi  coadiutore  in  in  spi- 
ritualibus  Tbomarn  de  Celano  virum  e- 
gregium,  et  in  spiritualibus  vicarium  mo- 
nachimi a  Castro  Girano  sibi  constiluit 
Jacobum  qui  aucloritatcni  spiritualcui 
rcsignavit.  Della  mala  sorte  di  France- 
sco 2. °  e  di  sua  reintegrazióne  già  parlai, 
fatta  daUrbano  VI,ed  eziandio  comeque- 
sto  Papa  decretò  che  l'elezione  dell'ab- 
bate perpetuo  fosse  soggetta  al  benepla- 
cito pontificio.  Tre  furono  gli  stati  del- 
l'abbazia sublacense  o  di  s.  Scolastica.  Il 
l.°  cominciò  dal  PapaBenedetto  VII  fon- 
datore o  consolidatole,  e  durò  sino  a  Ur- 
bano VI  ;  e  questo  i.°stato  si  può  chia- 
mare lo  stato  di  osservanza,  in  cui  1'  ele- 
zione dell'abbate  si  faceva  da'  monaci  e 
si  confermava  dal  Papa.  Il  2.0  stato  co- 
nimelo sotto  Urbano  VI,  che  disgustato 


S  U  B 

della  perpetuità  di  taluni  abbaicene  non 
aveano  unacomloUa  esemplare,  soppres- 
se l'abbazia  permanente,  e  la  volle  ad 
nutitm  Pontifìcia amovibilis ,ma  peraltro 
de  ordine  monaslico.Queslo  2. ° stato  du- 
rò sino  a  Calisto  HI,  e  di  cui  presto  vado 
a  parlare, il  quale  per  mancanza  di  disci- 
plina privò  i  monaci  del  diritto  abbazia- 
le,lasciando  loro  il  claustrale^  vi  sostituì 
gli  abbati  commendatari.  Nel  1  38c>  di- 
venire effettivo  abbate  fr.  Tommaso  da 
Celano,  cessit  esset  primus  abbas  coni- 
inendatarius  Urbano  VI  Pontifi.ee  ap- 
probanle  gnbernavil  abbatiam  per  annos 
3i.  La  disciplina  e  l'osservanza  die  du- 
rava nel  monastero  del  s.  Speco,  sulla  fi- 
ne del  i3oo  e  sul  principio  deli/^oo,  non 
può  meglio  rilevarsi  che  da  un  prezioso 
e  edificante  codice  cartaceo  del  monaste- 
ro di  s.  Ulderico  e  Afra,  che  si  conserva 
nella  biblioteca  di  Vienna,  e  la  cui  copia 
ho  sotto  gli  occhi,  nel  quale  si  narra  una 
minuta  e  curiosa  storia  di  que'lempi  d'un 
monaco  anonimo,  desideroso  della  piena 
osservanza  della  disciplina  prescritta  dal 
glorioso  fondatore,  e  scritta  in  tnonasle- 
rioSpecus  s.  Benedicci anno  Domini  \  4oo, 
8  idus  junìi,  Nel  i4l4  m  abbate  Sagace 
Conti  di  nobilissima  famiglia/ziirtJ  eom- 
maidatarius  secundus.  Fra  i  maggiori 
guai  che  patì  il  monastero  del  s.  Speco, 
e  con  esso  quello  di  s.  Scolastica,  fu  quel- 
lo del  1 4  '  3  che  turbò  immediatamente 
quello  stato  di  pace  e  di  osservanza,  de- 
scritto dal  buon  monaco  anonimo  loda-to, 
e  che  forse  involse  egli  pure. Fu  questa  l'e- 
poca in  cui  ardeva  un'aspra  guerra  tra 
l'ambizioso  e  versipelle  Ladislao  re  di  Si- 
cilia di  qua  daiFaro,e  Luigi  II  duca  d'An- 
giò,  sostenuto  nel  contrastargli  il  regno 
da  Papa  Giovanni  XXIII  eletto  contro  il 
■vivente  Gregorio  XII, che  descrissi  a  R.o- 
MAe  Sicilia. Essendo  stato  vinto  Ladislao 
a  Roccasecca  presso  Sora,  fu  arrestato  e 
fatto  prigione  il  conledi  Celano,  acerri- 
mo nemico  del  Papa  e  gran  fautore  del 
re.  Per  disgrazia  l'abbate  di  Subisco  Sa- 
gace era  della  famiglia  del  conte,  e  segrc- 


SUD  281 

tamente  nemico  del  Papa  (forse  seguace 
ilei  più  legittimo  Gregorio  XII),  per  cui 
fu  immediatamente  rimosso.  E  siccome 
la  maggior  parte  de'monaci  fu  costretta 
di  emigrare  dal  monastero  sublacense  e 
da  quello  del  s.  Speco,conviene  supporre 
che  si  scoprisse  tra  essi  aderenza  coll'ab- 
bale,e  per  conseguenza  una  fazione  con- 
tro Giovanni  XXIII.  Indi  ne  nacque  una 
diserzione  e  rovina  totale  di  questi  mona- 
steri, che  furono  posti  in  discredito  presso 
detto  Papa, laonde  non  tornarono  più  al 
loro  primiero  lustro.  Dipoi  non  fu  per- 
messo di  ritornarvi  a'  monaci  che  emi- 
grarono, ed  essendosi  riuniti  nel  mona- 
stero abbandonato  di  s.  Anna,  Gregorio 
XII  ebbe pietùdi  essi  e  vi  fondò  un  prio- 
rato, dandogli  per  priore  il  rispettabile 
monaco  tedesco  fr. Nicola  deMatzen,ch'e- 
ra  professo  del  monastero  sublacense  o 
del  s.  Speco,  visitatore  e  riformatore  apo- 
stolico ili  quel  priorato  esistente  presso 
Napoli.  Di  tultociò  si  fa  più  estesa  men- 
zione nelle  opere  del  p.  Bernardo  Pez,  e 
se  ne  trova  un  bastevole  squarcio  in  quel- 
la del  p.  Marti  no  Ivi  opp,  f'itae  et  scripta 
inde  a  sexccnti<;  et  co  amplius  dimorimi 
spatio,  Benedietinoruin  Mellicensinrn, 
X'iennaei  747.  Alcuni  de'monaci  subla- 
censie  specuensi  nel  i4i8con  autorità 
di  Martino  V  riformarono  il  monastero 
Mellicense  nel  ducato  d'Austria. Nel  1419 
Matteo  de'  marchesi  del  Carrello  geno- 
vese o  s:\vov\ese, abbas  commendatari us: 
ebbe  a  successori,  nel  1 4^3  1  Antonio  di 
Ravenna,  abbas  commendalaruis j  nel 
i438  Giacomo  Cordoni  di  Narni,  abbas 
cominendalariusj  nel  1 444  Francesco  di 
Padova,  abbas  cominendalarius ,  e  teso- 
riere d'Eugenio  IV,  che  il  Vitale  nelle 
Memorie  de 'tesorieri,  dice  della  famiglia 
Legnani  e  nel  1  44^  vescovo  di  Ferrara, 
poi  di  Fellre.  In  detto  1 44^^-  Gugliel- 
tnits  abbas  et  ullimus  elaustrae  videlnr 
ultra  decennium  praefuisse.  Questo  d. 
Guglielmo  francese  la  Series  Io  dice  54-° 
abbate  di  s.  Scolastica,  ed  il  p.  Bini  Io  re- 
gistra per  6o.° 


282  SUD 

Dopo  la  morte  di  detto  abbate  clau- 
strale, il  Papa  Calisto  II!  pose  al  gover- 
no temporale  di  questa  abbazia,  die  di- 
chiarò commenda  da  conferirsi  dalla  s.Se- 
de,  un  abbate  commendatario  perpetuo 
e  insieme  ordinario  con  giurisdizione  qua- 
si episcopale,  sotto  l'immediata  dipenden- 
za dal  Papa.  Da  quell'epoca  fino  a  Be- 
nedetto  XIV,  gli  abbati  commendatari 
esercitarono  piena  giui  isdizione  e  auto- 
rità spirituale  e  temporale,  tanto  sopra 
Subiaco,  che  sopra  tutte  le  castella  e  ter- 
re dell'abbazia  sublacense.  Calisto  1 1 1  nel- 
lostesso  i455  nominò  i  ."abbate commen- 
datario il  celebre  cardinal  Giovanni  Tor- 
recremala  domenicano  spagnuolo, il  qua- 
le vi  ricevè  L'io  1 1  quando  si  recò  nel  1 46 1 
a'monasteri  di  s.  Scolastica  e  del  s.  Spe- 
co, perchè  come  trovo  in  Petriui,  volen- 
doli Papa  ne'mesi  estivi  da  Subiaco  por- 
tarsi a  Tivoli ,  volle  fare  la  via  di  Cor- 
collo  nella  diocesi  di  Palestrina,  passan- 
do per  Geuaz/ano  e  Cave.  Che  Subiaco 
fu  tenuto  luogo  frequentato  nelP  estate 
da'personaggi  diTioma,  come  luogo  ame- 
no e  fornito  copiosamente  di  fresche  ac- 
que, si  può  leggerlo  in  Cancellieri  nella 
Lettera  sopra  L'aria  di  Roma.  11  cardi- 
nal Torrecremata  nel  1 4t>8  mori ,  e  gli 
successe  nel  1  47  iqual2.°abbalecommen- 
datario  il  cardinal  Roderico  Borgia  spa- 
gnuolo, nipote  di  Calisto  III,  e  resse  l'ab- 
bazia anni  22  finché  divenne  Papa  A- 
lessandro  VI.  Essendo  abbate  nel  1476 
riedificò  la  Rocca  di  Subiaco,  ne  aumen- 
tò le  fortificazioni,  la  munì  di  cannoni, 
costruì  la  cisterna,  e  per  propugnacolo 
da'fondamenti  fabbricò  la  torre  che  dal 
suo  cognome  chiamò  Borgia.  Lo  scopo 
dell'abbate  l'esprime  la  lapide  esistente 
nella  rocca:  A  d  securitate/n  rnonacorum 
Oppìdor  unique  totius  traclusSublaquen. 
proxiinosque  fines  imperli  romanae  ec- 
clesiae  tutandos.  Egualmente  in  tempo 
del  cardinal  Borgia  si  successero  duegran- 
di  avvenimenti  già  indicali,  cioè  l'unio- 
ne dell'abbazia  a  quella  di  Farfa,  ch'ebbe 
corta  durata;  e  l'introduzione  della  slam- 


SUB 

pa  da  do  ve  passò  inRoma,ol  tre  l'invasione 
temporanea  del  duca  di  Calabria  figlio  del 
re  di  Napoli,  con  i5oo  scelti  turchi  da  lui 
assoldali.  Nel  1482  il  re  volendo  combat- 
tere i  veneti  e  i  fiorentini;  perchè  Sisto 
IV  negò  il  passo  nel  suo  stato  all'eserci- 
to, il  duca  di  Calabria  fortemente  sde- 
gnato entrò  nel  Lazio,  ed  accresciute  le 
sue  forze  con  quelle  de'Colonna  eSavelli, 
depredò  quasi  tulle  le  terre  e  castella  che 
gli  opposero  resistenza,  scorrendo  tutta 
la  Campagna  di  Roma,  con  sommo  ter- 
rore anche  dell'  abbazia  sublacense,  te- 
mendo stragi  e  rovine  massime  dagl'in- 
fedeli, come  si  raccoglie  da  alcune  lette- 
re scritte  dal  priore  del  s.Speco  ad  alcu- 
ni abbati  di  Germania,  e  leggesi  nel  Cliro- 
iiicon  Sublacense.  Le  soldatesche  regie 
accampale  a  Grotta  Ferrata,  nelle  depre- 
dazioni arrivarono  fino  a  Trevi  e  Cerre- 
to, terre  dell'abbazia  di  Subiaco.  Però  le 
milizie  papali,  completamente  sbaraglia- 
rono e  fecero  macello  delle  truppe  regie 
nel  sito  perciò  detto  Campo  morto }  di 
che  tornai  a  ragionare  nella  biografia 
di  Sisto  IT.  Nel  i4Q2  eletto  Papa  Ales- 
sandro VI,  fece  abbate  commendatario  il 
cardinaleGiovénnijCo/o/zffiZ  romano,  che 
governò  1  6  anni.  Erasi  frattanto  formata 
in  Italia  una  nuova  congregazione,  che 
dovea  sorgere  dall'unione  de'  monasteri 
de"  benedettini  denominati  neri  dal  co- 
lore delle  loro  vesti,  e  l'unione  si  faceva 
in  Padova (V.)  nel  celebre  mouaslero  di 
s.  Giustina,  che  dovea  essere  il  titolare 
e  il  centro,  componendosi  sotto  gli  au- 
spicii  di  Lodovico  Barbo  vescovo  di  Tre- 
viso e  abbate  commendatario  di  s.  Giu- 
stina, coll'approvazione  di  GregorioXII. 
Non  pochi  monasteri  italiani  si  raccolse- 
ro sotto  la  medesima,  appellata  Congre- 
gazione di  s.  Giustina,  denominazione 
che  si  cambiò  col  titolo  di  Congregazio- 
ne di  Monte  Cassino  o  Cassinese,  ed  i 
monaci  si  dissero  Cassinesi(V.),  quando 
di  questa  unione  e  col  beneplacito  di  Giu- 
lio li  volle  nelr5o4far  parte  il  celeber- 
rimo arci-cenobio  di  Monte  Cassino,  pei 


SUB  SUB                   283 
riguardi  di  venerazione  dovuti  verso  il  sini  per  tenere  a  bada  le  milizie  de'Co- 
luogo  della  tomba  del  patriarca  s.  Bene-  lumia,  che  con  grave  trambusto  occupa- 
dello.  Come  vi  accedettero  nel  1  5  14ÌQ10-  remo  le  vie  di  Subiaco,  e  turbarono  la 
nasteri  sublacense  e  specuense  lo  narrai,  quiete  dello  limitrofe  popolazioni.  Que- 
in  uno  alle  conseguenze.  Neil  00-  Giulio  sta  fatale  guerra  la  descrissi  nel  citato  voi. 
II  dichiarò  abbate  commenda  tarioPom-  LXV,  p.  234  e  seg.,  riferendo  pure,  che 
peo  Colonna  romano,  e  sotto  ili  lui  facla  sebbene  risentirono  tutti  gli  orrori  della 
fuil  /conia  majoris altari*  s.  Scolastica?,  guerra  le  provincie  di  Marittima  e  Cam- 
Pompeo  fu  un  ingrato  e  un   facinoroso,  paglia,  non  si  lasciò  di  trepidare  in  Su- 
imperocchèagonizzanteGiuliolIueli5i3  biaco  e  ne' castelli  dell'abbazia.  Impe- 
si  pose  alla  testa  d'alcuni  nobili  sediziosi,  rocche  i  regi  espugnando  Tivoli  e  Yico- 
e  incitò  il  popolo  romano  a  ricuperare  varo,  onde  aver  libero  il  transito  delle 
l'antica  libertà.  Riavutosi  il  Papa, lo  pri-  vettovaglie  provenienti  dal  regno,  di  cui 
vòdelfcibbazia,  e  gli  sostituì  il  nipote  Sei-  eziandio  era  sovrano  Filippo  II,  di  poi 
pione  Colonna  romano,  che  la  resse  per  il  contedi  Popoli  non  potendosi  soste- 
4nnni,elarestiluìallozioPoojpeoquan-  nere  in  Tivoli,  si  ritirò  in  Oricola  e  Su- 
do Leone  X, avendolo  perdonato  e  rein-  biaeo,  costretto  dalle  milizie  papali  che 
tegrato  negli  onori, nel  1 5 1 7  lo  creò  cu-  ripresero  ancora  Vicovaro,  senza  avan- 
dinale:  Scipione  dopo  la  morte  ili  sepol-  zaisi  e  senza  profittai  e  de'conseguili  van- 
to in  s.  Scolastica.  Nel  02  5  Subiaco  fu  laggi.  Per  buona  ventura,  questa  deso- 
afililta  da  terribile  incendio,  e  nel  1  5  2 7  laute  guerra  ebbe  fine  colla  paceconclu- 
minacciata  Roma  elal  crudele  e  iniquo  e-  sa  nel  settembre!  55y  in  Cave.  Nelt55q 
sercito  di  Borbone  che  poi  l'espugnò,  sic-  fufàltoabbatecommendatariodiSubiaco 
come  il  cardinal  Pompeo  era  nemico  di  Maro'Antonio  Colonna  romano  da  Pio 
Clemente  VII  e  fautore  di  Carlo  V  che  IV,  il  (piale  nel  1  565  lo  creò  cardinale. 
avea  dichiarala  la  guerra  al  Papa,  prò-  Introdusse  le  monache  benedettine  in  Su- 
babilmente sperandosi  che  la  sua  abba-  biaco,  e  trasportò  neila  chiesa  di  s.  Sco- 
zia andasse  immune  da  quegli  eccidi  che  lastica  il  coi  [10  di  s.  Chelidonia  vergine 
si  temevano,  molte  famiglie  di  pacifici  e  martire,  essendo  rovinata  la  chiesa  au- 
romani  co'loro  preziosi  effetti  ripararono  dea  di  s.  Maria  Maddalena,  ove  si  vene- 
in  Subiaco.  Notai  a  Spoleti,  che  gli  spo-  rava,  e  decaduto  il  suo  monastero.  Per 
lctiui  insorsero  control  Colonna  a  eliie-  sua  rassegna  nel  1  585  ebbe  1'  abbaziale 
sa  di  Clemente  VII,  e  peiciò  marciarono  commenda  il  nipote  CamilloColonna  10- 
suSubiacoerovinarouolarocca.iNel  (5^9  mano,  che  dopo  tre  anni  morì  in  Pavia 
Clemente  VII  elesse  abbate  commenda-  (Jve  faceva  gli  studi.  Per  regresso  riprese 
taiio  Francesco  Colonna  romauo  frate!-  la  commenda  il  cardinal  Marc'Antouio, 
lo  del  defunto  Scipione  e  arcivescovo  di  il  quale  nuovamente  la  rassegnò  in  fi- 
Taranto  ,  ed  operò  per  i' avvenuto  di-  \  ore  del  suo  parente  cardinal  Ascanio  Co- 
versi notabili  restauri  alla  Bocca  di  Su-  lonna  romano.  Mancato  questi  a' vi  vi  nel 
biaco.  In  questa  e  in  Subiaco  si  fortifì-  1  608,  Paolo  V  nominò  abbatecomtuen- 
carono  i  Colonna  nella   disastrosa  guer-  datario  il  diletto  nipote  cardinal  Scipio- 
ra  della  Campagna  Romana,  tra  Paolo  ne  Caffarelli  Borghese  romauo.  Dopo  la 
IV  e  Filippo  11  re  di  Spagna;  il  perchè  sua  morte,  Cibano  Vili  gli  sui  rogò  il 
come  nel  1  527,così  nel  1  556  molte  fami-  proprio  nipote  cardinal  Antonio  Barbe- 
re romane  si  rifugiarono  in  Subiaco,  es-  rini  fiorentino,  il  quale  col  pontifìcio  be- 
sendo  i  Colonna  nemici  del  Papa  e  par-  neplaeilo  cede  la  commenda  abbaziale  al 
tigiaui  caldi  del  re.  Perciò  ad  Oricola  pas-  nipote  Maffeo  Barberini  romauo.  Essen- 
do il  valoroso  Camillo  o  Fraucesco  Or-  dosi  poi  dimesse),  Inuocenzo  X  uominò 


aB4  SUB 

il  cardinal  Carlo  Barberini  romano.,  die 
al  precedente  suo  fratello  minore  aveva 
ceciato  i  diritti  di  primogenitura:  zelante 
pastore,  nel  1674  celebrò  il  sinodo  assai 
lodato,  che  fu  stampato  con  questo  ti- 
tolo :  Synodus  dioecesana  insignis  ab- 
baile Sublacensis,  Romaei674-  In  que- 
sto fu  decretata  l'erezione  del  seminario 
abbaziale,  e  ne  effettuò  l'apertura,  isti- 
tuendo il  monte  In uigero.Nel la  visita  della 
diocesi  fu  assistilo  da  rng.r  Gio.  France- 
sco Albani,  e  tale  fu  la  diligenza  di  que- 
sti,che  giunse  a  estirpare  non  pochi  abu- 
si, coli' autorità  di  sinodali  decreti,  che 
stampati  servirono  di  modello  alle  altre 
diocesi.  Divenuto  l'Albani  Clemente  XI, 
siccome  divenissimo  di  s.  Benedetto,  fece 
quanto  narrai.  Nel  1704  per  morte  del 
benemerito  cardinal  Carlo,  Clemente  XI 
Jo  fece  succedere  dal  cardinal  Francesco 
Barberini ,nipote  dell'illustre  defunto  nel- 
lo stesso  annoi  704.  Neil  738  Clemente 
XII  fece  abbate  commendatario  il  car- 
dinal Giambattista  Spinola  genovese,  e 
già  lodato,  il  quale  nel  giugno  iv42  da 
Subiaco  mandò  a  Castel  Gandolfo  in  do- 
no a  benedetto  XIV  tre  bacili  di  trotte, 
come  pubblicò  il  Diario  di  Roma  e  ri- 
portò Cancellieri  nella  riferita  Lettera. 
Sotto  di  lui  ebbe  luogo  la  Decisio  s.  Ro- 
tae  rom.  corani  Elephantutio  in  causa 
JYulliusseu  Subbiceli  confiiiium  rcclora- 
tus  Lunae,  Uomaei  750.  Inolile  successe 
quell'avvenimento  che  con  Novaes  ac- 
cennai nel  voi.  V,  p.  42  (ove  per  errore 
tipografico  Subiaco  è  scritto  con  L) ,  e 
qui  ripeterò  più  circostanziato.  Alcuni  a- 
bi tanti  e  molti  pastori  diSubiaco  nel  t  752 
irritali  per  avere  perduto  nel  tribunale 
della  s.  Rota  una  lite  coi  monaci  di  s. 
Scolastica,  sui  pascoli  d'una  montagna, 
che  credevano  d'uso  comune,  assalirono 
armati  il  monastero,  e  costrinsero  a  fug- 
gire dalle  finestre  l'abbate  e  i  monaci; 
quindi  uccisero  un  bino  e  posero  in  fu- 
ga gli  altri  accorsi  in  difesa  de'religiosi, 
e  colla  slessa  audacia  furiosamente  entras- 
sero dalle  pubbliche  carceri  alcuni  loro 


S  L  B 

compagni.  Venulo  Benedetto  XI V  in  co- 
gnizione dell'accaduto,  per  punire  i  col- 
pevoli sediziosi  e  ristabilir  la  quiete,  spe- 
dì subito  a  Subiaco  un  commissario,  con 
una  compagnia  di  soldati  corsi,  le  coraz- 
ze di  Vellelri  e  5o  birri.  Alla  vista  di  que- 
sta truppa  si  dissipò  il  tumulto,  parte  dei 
capi  si  salvarono  colla  fuga,  parte  degli 
insorti  fu  imprigionata,  e  l'abbate  coglio- 
naci tornarono  al  monastero,  scortati  da 
un  distaccamento  di  milizie,  fra  le  accla- 
mazioni degli  abitanti  di  Evviva  il  Papa. 
Fu  imposto  a  quelli  cheaveanoarmi  di  de- 
portatesi ubbidì  prontamente,tutti  sotto- 
mettendosi alla  pontificia  clemenza.  Par- 
tirono indi  le  soldatesche,  tranne  4o  corsi 
rimasti  per  alcun  tempo  di  presidio  in  Su- 
biaco. Fattosi  in  Roma  il  processo,  1  o  dei 
c&  pi  sediziosi  che  erano  stati  trasportati 
nelle  carceri  della  medesima,  ebbero  l'e- 
silio perpetuo  dallo  stato  papale,  ei  iche 
erano  fuggiti  furono  condannati  a  morte 
per  contumaci.  Intanto  morto  a'2iago- 
stoi753  l'abbate  commendatario  cardi- 
nal Spi  noia,  Benedetto  XIV  prima  di  con- 
ferire la  vacante  abbazia,  per  ovviare  a 
ulteriori  disordini,  ne  separò  la  giurisdi- 
zione spirituale  dalla  temporale,  e  questa 
sottopose  immediatamente  alla  congre- 
gazione della  s.  Consulta,  com'era  riso- 
luto di  fare  con  tulli  i  governi  di  questo 
genere,e  lasciando a'cardinali  abbati  com- 
mendatari, e  agli  abbati  claustrali  di  s. 
Scolastica  e  del  s.  Speco  la  giurisdizione 
spi  rituale  cogli  emolumenti  che  dalla  tem- 
porale loro  provenivano.  NelPistessoi  753 
colla  bolla  Commendatami  de'7  novem- 
bre, Bull.  Bened.  XI F ' ,  t.  4,  p- 1 66,  unì  il 
dominio  temporale  dell'  abbazia  subla- 
cense  alla  camera  apostolica,  dichiaran- 
do in  pari  tempo  col  molo-proprio,  A- 
v endo  noi,  emanalo  nello  stesso  giorno, 
presso  il  Bull.  lUagn.  t.19,  p.  87,  quali 
beni  alla  camera  apostolica  doveano  per 
l'avvenire  appartenere.  La  bolla  fu  stam- 
pata a  parte:  Constitutio  Benedicti XIV 
super  separatone  j  urisdiclioni*  tempo- 
rale monasteriiSublacensis  nullius  dioe- 


SUB 

cesis  in  districtu  £7£i>,Romaei753.  In- 
di Benedetto  XIV  nominò  abbate  com- 
mendatario di  Snbiaco  il  cardinale  Gio. 
Francesco  Banchieri  pistoiese,  che  avea 
curato  qual  tesoriere  del  Papa  il  restau- 
ro della  rocca  nel  1753,  come  apparisce 
dalla  lapide  marmorea  posta  nell'edilìzio. 
Mori  il  cardinale  nel  1  763, e  si  accese  una 
lite  pel  vicario  capitolare  tra'monaci  ed 
i  canonici  :  la  congregazione  dei  vescovi 
e  regolari  con  rescritto  del  24  agosto  deci- 
se spettare  a  lei  l'elezione  del  vicario,  non 
al  capitolo,  né  a'monaci;  quindi  l'abba- 
zia per  circa  tre  anni  fu  governata  dal  vi- 
cario apostolico.  Clemente  XIII  dal  car- 
dinal vicario  Marc'Antonio Colonna, nel- 
la terribile  carestia  del  1764  fece  distri- 
buire maggiori  limosine  a  que'poveri  del- 
l'abbazia, 1  he  cogli  altri  dei  dintorni  di 
Roma  erano  in  questa  città  accorsi.  Indi 
Clemente XI II  nel  1  766 pose  terminealla 
vedovanza  dell'abbazia,  e  nominò  abbate 
commendatario  il  cardinal  Saverio  Ca- 
nale i\\  Terni.  Passato  questi  a  miglior 
vita  nel  1773,  Clemente  XIV  per  somma 
ventura  dell'abbazia  sublacense  ne  fece 
commendatario  il  cardinal  Gio.  Angelo 
Braschi diCesenatche  poi  neh  775  l'ebbe 
a  successore  col  nome  di  Pio  J  I.  Egli  ne 
visitò  subitola  diocesi  personalmente,  ad 
onta  dell'asprezza  de'  monti  e  di  molte 
scoscese  strade,  per  accorrere  a' bisogni 
de'suoi  diocesani  colle  più  minute  solle- 
citudini. Nelle  sue  visite  che  fece  da  car- 
dinale, con  carità  catechizzò  i  fanciulli, 
dirozzò  con  opportuni  discorsi  gli  adulti, 
amministrò  la  confermazione,  promosse 
i  chierici  al  servizio  dell'altare,  e  liberal- 
mente soccorse  le  indigenze  dei  poveri. 
Tuttociò  la  gratitudine  per  memoria  e- 
spresse  nelle  pitture  della  casa  de'signori 
della  missione. Questo  magnanimo  Papa, 
the  tanto  amore  avea  posto  alla  sua  ab- 
bazia3  tutto  compreso  di  divozione  ver- 
so s.  Benedetto  e  il  suo  s.  Speco,  ad  esem- 
pio di  altri  predecessori  con  altre,  volle 
per  tutto  il  suo  lunghissimo  pontificato 
ritenerne  la  giurisdizione  ordinaria,  per 


S  U  B  a85 

colmarla  di  singolari  e  incessanti  bene- 
fizi, secondo  il  suo  munifico  e  generoso 
animo;  avendo  rilevato  nel  voi.  XXIV, 
p.  45  ed  altrove,  che  nel  1785  col  sigillo 
abbaziale  avente  in  giro  l'iscrizione:  Plus 
VI  Ordinarius  Sublacensis,  autenticò 
l'acquisto  della  Mesola.  Laonde  per  con- 
tinuarla a  governare  con  zelo  pastorale 
e  impiegarne  tutte  le  rendite  a  vantag- 
gio della  medesima,  stabilì  che  ne'  mer- 
coledì, ommesso  ogni  altro  affare,intorno 
nd  essa  occupavasi,  ed  in  ciascuna  setti- 
mana dovea  il  suo  vicario  generale  spe- 
dire un  procaccio  a  mg.1*  Giuseppe  Cop- 
pari  suo  cameriere  segreto  e  guardaro- 
ba, il  quale  per  minuto  dovea  riferirgli 
quanto  nella  diocesi  avvenisse.  Fra' vi- 
cari generali  ch'ebbe  Pio  VI  parlerò  di 
mg.r  Carlo  M.s  Fabi,  di  cui  abbiamo  l'E- 
logio storico,  del  conte  Francesco  Fabi 
Montani,  che  siccome  di  San togem ini  nel- 
la delegazione  di  Spoleti,  a  quest'artico- 
lo ne  riparlai.  Nel  17  79  Pio  VI  lo  scelse 
all'uffizio,  e  ricevute  da  lui  le  necessarie 
istruzioni,  nel  dicembre  si  condusse  in  Su- 
bisco, in  cui  costantemente  studiò  di  cor- 
rispondere alla  fiducia  posta  in  lui  dal  Pa- 
pa. In  falli,  si  diportò  con  tale  prudenza, 
zelo  e  integrità,  che  nell'abbazia  si  con- 
serva ancora  la  memoria  dell'universale 
soddisfazione  del  clero  e  del  popolo.  Ze- 
lante nell'esercizio  del  suo  ministero  enei 
predicare,  come  nel  ricondurre  le  anime 
a  Dio,  gli  riuscì  d'  indurre  il  calvinista 
Pietro  Kuinke  a  detestarci  suoi  errori; 
e  Pio  VI,  lieto  di  tale  successo,  non  solo 
gli  concesse  facoltà  di  riceverne  l'abiura, 
ma  eziandio  d'amministrargli  la  confer- 
mazione, ciòchesolennemenleeseguì  nel- 
la chiesa  di  s.  Sebastiano.  11  suo  impegno 
spiccò  principalmente  verso  il  seminario, 
e  concepì  ardentissima  divozione  per  s. Be- 
nedetto e  pel  s.  Speco,  sciogliendosi  in  la- 
grime alla  vista  di  que'luoghi,  per  essere 
stati  collesueausteritàsanlificati.  In  pre- 
mio delle  di  lui  virtùe  fatiche  sostenute, 
Pio  VI  nel  1785  lo  creò  vescovo  di  A- 
nielia,  e  tra  gli  altri  doni  di  cui  fu  lai- 


a86  S  U  B 

go, volle  onorarlo  con  3  paiade'suoi  San- 
dali  (F.)  con  facoltà  d'usarli,  e  riuscì  ot- 
timo e  lodatissimo  pastore,  e  quale  lo  de- 
scrive il  mentovato  Elogio.  Già  celebrai 
le  grandi  beneficenze  elargite  da  Pio  VI 
alla  sua  diletta  Subiaco,  e  le  splendide 
imperiture  memorie  lasciale  a  suo  pe- 
renne vantaggio,  mediante  l'erezione  di 
provvidi  stabilimenti,  onde  offrire  a  nu- 
merosa classe  i  mezzi  di  sussistenza,  e  la 
costruzione  di  grandiose  fabbriche  pel  suo 
nobile  e  decoroso  ornamento,  per  cui  è 
a  vedersi  l'opuscolo:  Monumenti  eretti 
dalla  Santità  di  N.  S.  Pio  ri  nella  cit- 
tà di  Subiaco,  Roma  1  789.  Fra  essi  pri- 
meggiando la  sontuosa  chiesa  collegia- 
ta, il  Papa  si  determinò  nel  1789  a  so- 
lennemente consagrarla,  e  così  consola- 
re di  sua  presenza  gli  amati  figli  e  dioce- 
sani, ed  insieme  appagare  la  sua  propen- 
sione costante  per  loro  e  il  suo  bel  cuo- 
re. La  descrizione  del  viaggio  e  soggior- 
no di  Pio  VI  in  Subiaco,  oltreché  ne'suoi 
molti  biografi,  si  legge  ne'contempora- 
nei  Diaridi Roma, e  particolarmente  nel 
rammentato  Tributo  di  mg.1' Brancado- 
ro,  poi  cardinale  arcivescovo  di  Fermo: 
Pio  VI  in  Subiaco,  del  cjuale  libro  re- 
sero conto  V Effemeridi  letterarie  di  Ho- 
ma  del  1790, 11. °24-  Con  tali  descrittori 
procederò  alla  compendiosa  narrazione 
dell'andata  in  Subiaco  nel  maggio  1  789 
del  suo  abbate  e  munificeniissimo  bene- 
fa  ItorePio  VI.  Partì  da  Roma  lunedì  mat- 
tina 1  8  maggio  verso  le  ore  1  3,  dopo  avere 
orato  nella  basilica  Vaticana,  avendo  se- 
co in  carrozza  i  mg.ri  Bandi  arcivescovo 
d'Edessa  elemosinici  e,  e  Cristiani  vesco- 
vo di  Porfirio  sagrista  :  segui  vaio  nella 
2/  cai  rozza  mg.rDini  prefetto  delle  ce- 
1  emonie,  co' camerièri  segreti  mg."  Cop- 
pari  guardaroba,  Malo  e  Ridolfì  ;  nella 
3.  muta  presero  luogo  i  cappellani  se- 
greti mg."  Spagna  crocifero  e  Allegrini, 
il  chierico  segreto  Dolcibene,  l'aiutante 
di  camera  Giuseppe  Tamberlichi  :  in  al- 
tro legno  incedevano  altri  famigliari  pon- 
tificii, altri  avendolo  preceduto.  I  vesco- 


SU11 
vi  consagranti  erano  anteriormente  par 
tili,ed  i  mg."  Passeri  arcivescovo  di  La- 
lissa  e  vicegerente,  e  Rrancadoro  allora 
cameriere  d'onore  e  storiografo  partiro- 
no nella  notte  seguente.  Scortalo  il  Papa 
da  alcune  corazze  uscì  dalla  porla  s.  Lo- 
renzo, e  circa  le  ore  16  giunse  in  Tivoli. 
Disceso  alla  chiesa  dei  domenicani,  Pio 
VI  dopo  aver  pregalo  Dio  ,  continuò  il 
viaggio  per  Vicovaro,  ove  trovò  un  arco 
trionfale  eretto  dal  feudatario  conte  Bo- 
loguetli,  altro  trovandone  vicino  ad  Arso- 
li innalzato  dal  feudatario  marchese  Mas- 
simo. Sul  primo  ingresso  poi  del  terri- 
torio abbaziale,  Pio  VI  trovò  il  grandio- 
so arco  di  travertino  e  di  sopra  descritto, 
che  la  riconoscenza,  l'ossequio  e  il  giu- 
bilo dell' ordine  de' cittadini  di  Subiaco 
avea  costruito  non  molto  lungidalla  città; 
e  presso  di  esso  giunto  verso  le  ore  2  1  il 
Papa,  fu  ricevuto  dalla  tripudiaste  po- 
polazione, ed  ivi  la  magistratura  muni- 
cipale in  abito  gli  fecel'omaggiodellechia- 
vi.  In  mezzo  a  queste  solenni  dimostra- 
zioni di  filiale  alfet lo  e  di  riverente  gra- 
titudine, Pio  VI  entiò  in  Subiaco  e  si 
diresse  alla  sua  residenza  abbaziale  della 
Fiocca,  che  da  lui  ampliata  e  resa  agiata 
la  via  coH'appianamenlodel  rigido  dorso 
del  monte,  die  comodo  e  conveniente  al- 
loggio, secondo  le  condizioni  de'  perso- 
naggi, a  sopra  1  3o  individui.  Nella  stessa 
sera  non  solo  furono  fatte  le  pubbliche 
generali  illuminazioni  di  gioia  in  Subia- 
co, ma  ancora  io  lutti  gli  alti  i  luoghi  del- 
l'abbazia; distinguendosi  la  famiglia  Ricci 
in  Affile,  con  distribuire  ai  poveri  gran 
quantità  di  pane  e  vino,  acciò  pregasse- 
ro per  la  lunga  conservazione  del  Pon- 
tefice abbate.  Nella  Rocca  Pio  VI  die  li- 
bero accesso  a  tutti  i  suoi  diocesani  colla 
più  affàbile  accoglienza,  temperando  la 
sua  maestà  colla  dolcezza;  ascoltò  i  loro 
bisogni  ,compai  ti  graz  ie  e  dona  ti  vi,e  prov- 
vide con  abbondanti  soccorsi  i  miserabili; 
fu  largo  in  una  parola  di  beneficenze  in- 
numerevoli; tutti  eziandio  edificando  col- 
la sua  pietà  nei  luoghi  più  memorabili 


SUD 
per  santità, che  visitòcon  fervore  religioso. 
.\ella  seguente  maltina,  ascoltata  la  mes- 
sa nella  cappella  secreta  ciel  suo  palaz70 
abbaziale,  accompagnalo  dalla  sua  coi  le 
si  recò  in  portantina  alla  chiesa  delle  mo- 
nache eli  s.  Benedetto;  indi  entralo  nel 
con  liguo  monastero  ammise  paterna  men- 
te al  bacio  del  piede  tulle  le  religiose.  Po- 
scia si  trasferì  alla  casa  della  congrega- 
zione della  missione,  passò  a  vedere  la 
chiesa  collegiata  da  lui  fabbricala  e  il  sol- 
lei  raneo,  donde  ritornò  alla  Bocca.  Nella 
mattina  deÌ2o  si  condusse  al  s.  Speco  colla 
corte,  celebrando  la  messa  al  suo  altare, 
e  poi  ascoltò  quella  del  cappellano  segre- 
to :  nel  monaslero  fu  servilo  dal  p.  ab. 
A  mbrogioMirelli  napoletano,  procurato- 
re generalede'cassinesi(il  quale  col  priore 
p.  d.  Giovanni  Capra oica  romano  pose- 
ro un'iscrizione  marmorea  nel  s.  Speco, 
Cunabtila  gtiilis  nostrae,  di  questo  av- 
venimento, riportala  da  Brancadoro),  e 
lo  ammise  al  bacio  del  piede  colla  mo- 
nastica famiglia.  Disceso  il  monte,  entrò 
nella  chiesa  di  s.  Scolastica,  e  nel  mona- 
stero permise  amorevolmente  che  gli  ba- 
ciassero il  piedegli  abbati  ei  monaci. L'ab- 
bate del  medesimo  p.  d.  Gio.  A n Ionio  de 
Cupis  di  Fano,  e  il  priore  p.  d.  Agatino 
Paterno  di  Catania,  eternarono  questa  vi- 
sita con  lapide  che  riprodusse  iiig/Eiau- 
cadoro.  Giovedì  2 1  maggio,  festa  dell'A- 
scensione, il  Papa  celebrò  la  messa  nella 
della  cappella  Segreta  della  B.occa,  e  col 
suo  corteggio  recossi  in  portantina,  pri- 
ma ali'edihVio  per  lui  costruito  delle  car- 
tiere e  ferriere,  e  poi  nel  seminario  vec- 
chio,ove  in  una  camera  terrena,  formala 
per  camera  de'paratnenti,  assunti  gii  abi- 
ti pontificali  e  il  triregno,  preceduto  dal 
clero  e  canonici  della  collegiata,  da' de- 
latori delle  mitre,  dalla  croce  pontifìcia 
portata  da  mg.r  Brancadoro  in  dalma- 
tica, da'due  abbati  di  s.  Scolastica  e  del 
s.  Speco,  da'  mg,"  Passeii,  Bandi, 'Cri- 
stiani, Speranza  vescovo  d'Ala  tri,  Man- 
ti i  vescovo  di  Tivoli.  Devoti  vescovo  di 
Anagni,  tutti  vestiti  di  piviale  e  mitra; 


SUB  287 

assistilo  Pio  VI  dai  mg.1"' Malo  e  Ridolfi 
come  diaconi  in  dalmatiche  bianche,  a- 
scese  la  loggia  che  a  tal  effetto  era  stata 
nobilmente  eretta  avanti  alla  nuova  col- 
legiata, e  da  essa  comparii  solennemente 
la  papale  benedizione,  colle  consuete  ce- 
remonie  che  in  tal  giorno  si  praticano  in 
Roma, e  l'indulgenza,  in  mezzo  al  gaudio 
spirituale  de'sublacensi,  degli  altri  dio- 
cesani accorsi  e  di  quelli  pure  venuti  per 
divozione  da  limoli  paesi,  formanti  tulli 
una  immensa  popolazione  fesleggiante. 
Stabilitosi  il  seguente  giorno  22  maggio 
per  la  solenne  consagi  azione  della  colle- 
giata (eseguila  con  quel  rituale  che  ripor- 
tai aCmESAjin  tutto  eguale  a  quello  usalo 
da'vescovi,  tranne  l'oslensione  delle  reli- 
quie che  fece  il  Papa  prima  di  collocarle  nel 
sepolcrino),  nella  notte  precedente  in  una 
delle  sue  stanze  o  del  vecchio  seminai  10 
abbigliala  a  cappella  vi  si  esposero  le  sagre 
reliquie  per  l'altare  maggiore  del  nuovo 
tempio  da  mg.1  Cristiani,  che  dopo  il  sal- 
meggio allei  nato  de' cleri  secolare  e  re- 
golare, co'soliti  riti,  furono  chiuse  in  una 
casseltina  sigillata  co'  sigilli  pontifìcii,  e 
collocate  in  un'  urna  coperta  di  velluto 
cremisi.  Nella  mattina  pollatosi  Pio  VI 
nella  della  cappella  accompagnato  dalla 
sua  corte  e  guardia  svizzera, indi  falla  Or 
razione  e  venerale  le  sagre  reliquie,  si  po- 
se a  sedere  sul  faldistorio,  indi  seguì  la 
recita  de'salmi  penitenziali. Questa  com- 
piuta, il  Papa  indossò  le  vesti  sagre,  col- 
l' assistenza  de' nominali  i\ue  camerieri 
segreti,  che  esercitarono  l'uflìzio  di  dia- 
cono e  suddiacono,  e  di  lutti  i  ricordali 
vescovi  in  cappe,  essendo  in  piviali  bian- 
chi e  mitre  i  soli  mg."  Passeri  e  Bandi 
destinali  a  cooperatori  e  coadiutori  nella 
funzione,  come  a'giri  dell'aspersioni.  Vi 
assisterono  ancora  i  pp.  abbati  di  s.  Sco- 
lastica e  del  s.  Speco,  e  1'  ab.  Pellegrini 
abbate  di  Veroli,  tulli  vestili  co'loro abi- 
ti prelatizi  di  man  tei  letta  e  mozzetla  ne- 
ra. Preceduto  Pio  VI  dalla  croce  ponti- 
ficia in  mezzo  a'delalori  delle  lorcie,pro- 
cessionahueule  venivano  appresso  gli  ab- 


288  SUD 

Lati  o  i  re9C0vr,  e  il  Papa  che  pollatosi 
innanzi  la  porta  della  nuova  chiesa  die 
principio  alla  solenne  funzione,  eseguen- 
do la  consagrazione  colle  cercmonie  pre- 
scritte nel  ceremoniale  romano,  colf  in- 
terveuto  di  numerosa  nobiltà  e  d'  una 
moltitudine  di  popolo  venuto  pureda  lon- 
tane parti. Mg. rBrancadoro  spiegò  il  mi- 
stero della  consagrazione  nella  sua  Me- 
ditazione per  la  consagrazione  della  nuo- 
va chiesa  di  Subiaco  fatta  da  N.  S.  Pa- 
pa Pio  FI,  e  la  pubblicò  nel  citato  suo 
libro,  insieme  alla  dotta  e  commovente 
omelia  che  vi  pronunziò  il  Papa:  SS.  D. 
N.  Pii  divina  providenlia  Papae  Vls 
Homilia  habita  in  consecratione  eccle- 
siaeCollegiataeSnblacensis  diexxti  maii 
1789.  Avendo  Pio  VI  colla  chiesa  con- 
sagralo l'altare  maggiore  (il  cui  atto  vie- 
ne rappresentato  nell'incisione  posta  dal 
Brnncadoro  in  fronte  al  suo  libro),  com- 
mise la  consagrazione  degli  altri  minori 
6  altari  a  mg.1  Passeri,  ed  i  3  della  chiesa 
sotterranea  a  mg.1' Speranza,  i  quali  ve- 
scovi l'eseguirono  (tranne  due,perchè  di- 
cesi che  voleva  consagrarli  il  Papa  ritor- 
nandoa  Subiaco,  ma  le  vicende  politiche 
glielo  impedirono)  nel  seguente  sabato, 
in  cui  il  Papa  si  recò  a  venerare  il  b. Tom- 
maso da  Cori  in  Ci  vitella,  al  modo  che 
già  descrissi.  Nella  domenica  poi  il  Pa- 
pa celebrò  solenne  messa  pontificale  nel- 
l'altare principale  da  lui  consagrato, per 
ulteriore  lustro  di  quel  tempio,  e  nel  lu- 
nedì appresso  2 5  maggio  alle  ore  1 6  par- 
tì da  Subiaco,  lasciando  i  subiaciani  nel- 
l'aifeltuoso  contrasto  del  piacere  provato 
in  ammirare  la  presenza  del  loro  aman- 
tissimo benefattore,  e  di  tristezza  e  com- 
mozione per  la  sua  partenza,  mitigata  al- 
quanto dalle  replicate  benedizioni  che  su 
(li  loro  benignamente  compartì. Facendo 
il  Papa  le  stesse  posate  e  vie, che  nella  ve- 
nuta avea  fatto, munse  al  Vaticano  verso 
le  ore  24.  Nel  Bull.  Boni.  cont.  vi  sono  i 
3  seguenti  brevi  di  Pio  VI  riguardanti 
l'abbazia  di  Subiaco.  Nel  t.  g,  p.  348, Ex 
pone  «oi/^de'28  geuuaio  179.4:  Fdeut- 


SUB 
las  ad  ministro  generali  mensac  abha- 
tialiSubliìcensis  ineundi  contraclum  per- 
pcluiun  deciniarum  ejusdem  rnensaej  a 
p.  SGG^xponinobisjde'G  maggio  1  jqi- 
Confiriìiatio  instrumenli  perpetuae  loca- 
tionis  honorum,  ac  proventuum  ad  me  ti- 
sani  abbatialem  Sublacenseni  spcclan- 
tium.Ne\  t.  io,p.  3q,Quod precipuae,(\el 
1 .°  ottobre  1  796:  Unio  abbatiae  ss.  V in- 
callii elAnastasii  de  Urbe  abbatiae  Su- 
blacensi  cimi  applicatione  pensionìs  a- 
lias  solutae  Seminario  romano.  Il  glo- 
riosoPioVI,vide  invaso  e  democratizzato 
lo  stato  pontifìcio  da'repubblicani  fran- 
cesi, e  fu  da  loro  detronizzato  e  strappa- 
to da  Roma  a'20  febbraio  1798  ;  morì 
virtuosamente  e  quale  lo  celebrai  nella 
biografia,  rilegato  in  Valenza  di  Francia, 
la  nottede'28  venendoli  29 agosto  1  799. 
Per  sì  deplorabili  vicende,  anche  Subia- 
co grandemente  ne  soffrì,  e  ('.annalista 
Coppi  registrò  negli  Annali  d'Italia,che 
nel  marzo  1799  furono  da' francesi  pre- 
se e  saccheggiate  Tolfo  e  Subiaco,  per  es- 
sersi dimostrate  divote  e  fedeli  al  Papa, 
e  avere  opposta  resistenza  agi'  invasori. 
Pio  VII  riempì  la  vacante  sede  abba- 
ziale  di  Subiaco  con  nominarne  abbate 
commendatario  eordinario  nel  180 1  l'an- 
tico e  dotto  suo  confratello  cardinal  Mi- 
chelangelo Luchi  benedettino  cassinesedi 
Brescia.  Siccome  morì  poco  dopo  a'28  set- 
tembre 1 802  nella  Rocca  di  Subiaco,  co- 
sì nella  biografia  ne  descrissi  i  funerali  ce- 
lebrali in  s.  Scolastica,  ove  volle  essere  tu- 
mulato, e  le  disposizioni  testamentarie,  ri- 
cavando le  notizie  dalla  descrizione  del- 
la pompa  funebre  pubblicata  dal  Diario 
di  Roma  de'i3  ottobre  1802:  ma  nelle 
Notizie  di  Roma  si  legge  che  morì  a'29 
settembre.  Pio  VII  dipoi  neh8o3  con- 
ferì l'abbazia  al  concittadino  cardinal  Pier 
FvancescoGalle/Jì  à\  Cesena,  il  quale  per 
la  nuova  invasione  degl'imperiali  france- 
si, nel  1 809  fu  deportato  in  Francia,  dou- 
de  ritornò  ueli8i4>  infortunio  che  pro- 
vò ancora  Pio  VII,  onde  in  tal  periodo 
ili  tempo  Subiaco  segueudo  i  destini   di 


SUB 

llonui,  soggiacque  al  dominio  straniero. 
Il  cardinale  in  benefico  e  quale  lo  celebrai 
nella   biografia,  e    morì  compianto  nel 
1837.  Le  opere  più  belle  tlel  cardinalGal- 
leflì  come  abbate  commendatario  di  Su- 
biaco,  furono  la  riapertura  del  seminario 
abbaziale,  cbiuso  e  saccheggiato  nell'  in- 
vasione repubblicana  straniera  del  1799; 
le  larghe  sovvenzioni  che  ogni  anno  da- 
va agli  alunni  e  al  medesimo  luogo  pio; 
la  carità  veramente  singolare  verso  i  po- 
veri, pe'  quali  spendeva  la  maggior  par- 
tedi  sue  rendite. Essendo  egli  abbate  com- 
mendatario il  Papa  Gregorio  XVI  onorò 
Subiaco  di  sua  presenza,  poiché  benedet- 
tino camaldolese  e  veneratore  del  s. Speco, 
da  abbate  e  da  cardinale  con  divozione  e 
tenerezza  Io  avea  visitato,  come  classico 
suolo  santificato  dal  suo  gran  padre  s.  Be- 
nedetto e  da  tanti  antichi  anacoreti,di  cui 
disse  il  p.  Mabillon  quando  vi  si  recò:  II ic 
cunabula  genlis  nostrae.  Come  superior- 
mente accennai,  ebbi  l'onore  d'accompa- 
gnarlo nel  cardinalato  negli  ottobri  1  828 
e  1 83o,  ospitato  cordialmente  per  alcuni 
dì  nella  nobile  casa  Lucidi,  ove  ambedue 
le  volte  celebrò  la  messa  ogni  giorno,ed  io 
ivi  e  come  sempre  assistei  nel  servirla,  nel- 
la memorabile  cappella  domestica, ove  un 
tempo  si  venerava  la  divotissima  imma- 
gine di  s.  Maria  della  Pietà  (ed  al  pre- 
sente una  copia),  che  già  della  pia  Cle- 
menza Catoni  o  Garroni  di  Subiaco,  ora 
è  in  somma  venerazione  in  Roma  nella 
chiesa  de'bergamaschi  che  porta  il  suo  ti- 
tolo, e  perciò  e  della  sua  provenienza  da 
Subiaco,  ne  parlai  ne'vol.  XIV,  p.i54,  e 
XL1X,  p.  3o3,  ove  citai  Bombelli  che  ne 
tratta, e  qui  con  lui  dirò  alcune  altre  pa- 
role. E'  fama  che  la  detta  immagine  par- 
lasse a  Clemenza  vedova  di  molta  pietà 
e  slimata  anche  dal  gran  b.  Leonaido  di 
Porto  Maurizio  (il  quale  essendo  impe- 
gnatissimo  pel  riconoscimento  dogmati- 
co dell'Immacolata  Concezione  della  B. 
Vergine, scrisse  con  di  voto  ardore  quella 
celebre  lettera  che  apre  il  cuore  alle  più 
grandi,  liete  e  consolanti  speranze,  ora 
voi.  LXX. 


SUB  289 

che  con  entusiastico  gaudio  solennissi 
inamente  si  effettuò:  U tinaia  sic  fiat! ). 
Morta  santamente  a'26  novembre  1  7 5  >, 
il  di  voto  quadro  venne  in  retaggio  dei 
Caroni  nipoti  della  defunta,  che  per  ono- 
rare la  Beata  Vergine  lo  collocarono  nel 
proprio  oratorio  domestico,  ove  si  cele 
brava  quotidianamente  la  messa.   Mg.r 
Pietro  Caroni  di  Subiaco  cameriere  extra 
e  sotto-guardaroba  di  Pio  VI  (e  fondatore 
de'canonicati  e  mansionarie Caroni  della 
collegiata, benefizi  che  ricordai  di  sopra), 
trovandosi  un  giorno  inRoma  nella  sagre- 
stia de'bergamaschi, e  ragionando  cou  al- 
cuni sacerdoti  sulle  immagini  miracolo- 
se della  Madonna, con  fervore  parlò  dei 
pregi  della  sua,  onde  fu  pregato  pel  suo 
maggior  culto  a  farla  portare  in  Roma. 
Vi  condiscese  mg.1'  Caroni,  ed  a'24  giù 
gnoi790  vi  giunse;  però  non  senza  pro- 
digio, i  vetturali  non  la  recarono  in  sua 
casa,  secondo  la  spedizione  del  commis- 
sionato, ma  nella  sagrestia  de'bergama- 
schi, ove  sovraggiungeudo  mg.r  Caroni 
con  tale  incidente  vide  chiaramente  ma- 
nifesto il  volere  della  Madonna,  e  meglio 
confermandosi  nel  proponimento  ne  fe- 
ce legale  dono  alla  chiesa  con  istromento 
de'28  giugno  rogato  dal  Lorenzini;  ed  il 
sagrestano  della  chiesa  ammirandone  il 
modesto  e  divoto  atteggiamento,  volle  de- 
nominarla della  Pietà,  titolo  che  si  co- 
municò alla  chiesa  e  prevalse  a  quello  dei 
titolari  i  ss.  Bartolomeo  ed  Alessandro,  o 
per  dir  meglio  si  rinnovò  l'antico  senza 
porvi  mente.  Qiuvi  la  B.  Vergine  diven- 
ne feconda  dispensatrice  di  grazie,  ond'è 
frequentatissima  per  la  tenera  e  profon- 
da divozione  che  le  professa  il  popolo  ro- 
mano. Il  n.°5i  del  Diario  di  Roma  del 
1839,  riferendo  la  celebrazione  del  3." 
centenario  del  sodalizio  cui  appartiene  la 
chiesa,  rimarca  ch'esso  volle  restaurarla 
e  abbellirla,  e  farla  consagrare  a'23  giu- 
gno dal  cardinal  Giacomo  Luigi  Brigno- 
le,  in  considerazioue  che  il  tempio  fu  più 
visitato  in  seguilo  del  prezioso  dono  ri- 
cevuto da  tng.r  Pietro  Caroni  della  por- 

•9 


?9o  SUD 

tentosa  immagine  di  Maria  ss.  della  Pick), 
verso  lo  anale  V inleva  popolazione  di  Ilo 
ma  dimostra  particolarissima  divozione. 
Questa  è  una  gloria  di  Subiaco,che  io  non 
tlovea  om  imi  loie,  per  coi  mi  si  condo- 
ni la  digressione.  Ritornando  alla  venu- 
ta di  Gregorio  XV  1  in  Subloco,  dirò  col- 
la relazione  compilata  in  Subloco  e  pub- 
blicata nel  supplimentoal  n.°38del  Dia- 
rio di  Iìoma  del  i834»  che  a'  29  aprile 
partilo  da  Tivoli,  lungo  la  via  Valeria, 
consolare  e  sublacense  ,  per  ogni  breve 
trailo  venne  salutato  da  innumerevoli 
spari  de'mortari  de 'circostanti  paesi,  e  da 
tutte  quelle  vicine  popolazioni  ch'erano 
discese  dalle  loro  colline  per  tributare  al 
loro  padre  e  sovrano  i  sinceri  sensi  della 
loro  venerazione  profonda  e  fedele  sud- 
ditanza. Cornino  ventissimo  n'era  lo  spet- 
tacolo, ed  io  ne  fui  edificalo  spettatore  e 
ammiratore.  Ogni  popolazione  avea  alla 
testa  il  proprio  clero  e  le  loro  confrater- 
nite, con  bandiere,  stendardi  e  altre  in- 
segne di  religiosa  esultanza.  In  ogni  bre- 
vedistanza  archi  trionfali  d'alloro, di  mir- 
to e  di  fiori,  di  che  era  pure  cospersa  la 
via  adorna  di  damaschi,  con  analoghe  i- 
scrizioni,  testimoniavano  la  gioia  di  quei 
popoli.  Con  queste  veramente  cordiali  di- 
mostrazioni si  distinsero  fra  gli  altri  gli  a- 
bitanti  di  Castel  Madama,  Vicovaro,  Sa- 
racinesco, Licenza,  Anlicoli,Roviano(tut- 
ti  luoghi  del  distretto  di  Tivoli,  che  nel 
suo  articolo  descriverò),  Marano  e  Ago- 
sta.  Il  Papa   corrispondeva  a'vivacissirui 
e  replicali  evviva  e  lieti  augurii,  col  di- 
mostrare d  gradimento  da  cui  era  pene- 
trato il  paterno  suo  cuore,  facendo  amo- 
revolmente di  tratto  in  ti  atto  fermare  la 
sua  carrozza  persoddisfire  alla  divozione 
di  quelle  buone  genli  che  decoravano  il 
suo  passaggio,  che  poteasi  dire  un  conti- 
nuo trionfo,  ammettendo  alcuni  di  quan- 
do in  quando  al  bacio  del  piede.  Non  si 
può  abbastanza  esprimere  le  lagrime  di 
vita  gioia  sparse  da  sì  divote  popolazio- 
ni, nel  poter  da  vicino,  benché  per  brevi 
istanti,  fissale  i  loro  sguardi  nel  supremo 


SUB 
Gerarca,  e  riceverne  con  indicibile  con- 
solazione l'apostolica  benedizione:  dimo- 
strazioni e  incontri  che  rinnovarono  al- 
l'amalo Papa  bel  ritorno  che  fi  ce  a  Ti- 
voli, non  ostante  il  cocente  sole  ili  quel 
giorno.  Giunto  alla  chiesa  di  s.  Cosimalo 
de'minori  riformati,  presso  Vicovaro,  la 
cui  origine  si  fa  ascendere  al  VI  secolo, 
quando  s.  Benedetto  vi  si  ritirò  co' suoi 
monaci  (e  si  mostra  il  luogo  ove  abitò,  la 
cui  volta  è  sostenuta  da  una  colonna  na- 
turale, e  il  refetloi  io  con  pittura  ben  con- 
servata: traversandoli  giardino  si  discen- 
de nelle  grotte  scavate  nelle  petrificazioni 
dell'Amene  che  ne'piimi  tempi  vi  lista 
gna  va;  nel  1074  vi  era  fiorente  il  monaste- 
ro de'benedetlini,  che  già  nell'876  avea 
corso  grave  pericolo  d'  essere  devastato 
da'.saraceni,se Carlo  li  il  Cafro  ne'dinl  or- 
ni  non  li  sconfìggeva;  vittoria  espressa  nel- 
le pitture  delle  lunette  nell'ingresso  della 
chiesa,  ed  eseguite  nel  1670),  discese  il 
Papa  dalla  cai  rozza,  ed  entrato  in  chiesa 
venerò  il  s*.  Sagramenlo,  ammise  nel  co- 
io  al  bacio  del  piede  il  p.  guardiano  e  la 
religiosa  famiglia,  e  dopo  breve  tratte- 
nimento nel  convento,  che  avea  onoralo 
anche  da  cardinale  nelle  suddetteepoche, 
rimontò  in  carrozza  e  si  diresse  alla  vol- 
ta diSubiaco, trovando  verso  l'osteria  del- 
la Spiaggia  un  singolare  arco  trionfile, 
formato  lutto  di  trotte  dell'Amene.  La  cit- 
tà non  seppe  che  12  giorni  innanzi  la  fau- 
sta notizia  dell'imminente  venuta   del 
Pontefice,  ed  all'istante  un  sol  pensiero, 
un  solo  oggetto  formò  l'occupazione  di 
tutti  i  suoi  abitanti  che  ne  tripudiarono. 
Giunse  il  felicissimo  giorno  del  suo  arri- 
vo, affrettalo  da'  voli  universali,  giorno 
memorabilea'subiaciani3poichèmarsi,sa- 
bini,  latini  e  eroici  concorsero  Ira  essi  a 
dividerne  il  giubilo.  Spuntava  la  brama- 
ta aurora  del  29  aprile,  e  piene  già  si  tro- 
vavan  le  vie  da  ogni  parte  di  numerosis 
situo  popolo  in  tutti  i  punti  affollalo  per 
situarsi  ove  meglio  e  più  da  vicino  vene 
rare  il  capo  della  Chiesa.  Ilcaidinal  Gal 
lefìi  abbate  commendatario,  che  di  3  gioì 


sur,  sue              29 1 

ni  avea  preceduto  l'arrivo  del  Papa,  si  tefìce  vicino  al  magnifico  arco  marmoreo 
mosse  a  incontrarlo  a'eonfini  territoriali,  eretto  a  l'io  VI,  volle  discendere  a  piedi, 
e  da  Gregorio  XVI  venne  graziosamen-  ed  allora  più  fragorosi  e  concordi  furo- 
te  ammesso  nella  propria  carrozza.  A  due  no  gli  evviva.  Presso  l'arco  si  trovarono 
miglia  dalla  città  fu  inviata  una  deputa-  mg.r  Francesco  Vici  vicario  generale  di 
zione dal  comune,  alla  quale  fecero  segui-  Subiaco  (poi  dal  Papa  ammesso  in  pre- 
toi5o  de'più  forii  e  giovani  villici  mossi  latura  e  fatto  delegato  di  Spoleti,  oracon- 
dalconcorde  divoto  animo  di  trane  colle  sigliere  di  stato)  con  tutto  il  clero  seco- 
loro  braccia  la  pontificia  carrozza.  Sulle  lare  e  regolare,  il  magistrato  municipa- 
orei5  circa,  i  primi  colpi  di  mortali  di-  le,  il  cav.  Dario  Cali>ti  Ficedola  gover- 
sposti  sopra  vari  punti  delle  circostanti  naloredistrettuale,e  il  gonf  donici  eFran- 
colline,  annunziarono  il  vagheggiato  ino-  cesco  Angelucci ,  il  quale  inginocchioni 
mento  del  di  lui  arrivo.  Gridi  unanimi,  presentò  a  sua  Santità  le  chiavi  della  cit- 
gridi  di  universale  esultanza,  salutarono  tà,  e  gli  omaggi  sincerissimi  di  tutti  i  fe- 
sonoramente  il  fausto  annunzio.  In  quel-  deli  abitanti. Il  Papa  corrispondendocol- 
l'istaute  il  Papa  giunse  ove  l'accennata  le  piìi  allabili  maniere  a  quest'atto  di  di- 
deputazione,  scelta  fra  i  primari  della  cit-  vozione,indi  avendo  a  lato  il  card  ina  IGal- 
tà,  nelle  persone  di  Francesco  Tornino-  leffi ,  preceduto  dalla  croce  pontificia,  e 
lini, Biagio  Tocci,  VincenzoPelrucci,  Pio-  seguito  da  tutta  la  sua  nobile  corte,  si 
bei  toParibeni  eVincenzoEvangelistigiu-  diresse  a  piedi  verso  l'interno,  sempre  a- 
dice  supplente  del  governo,  adempiva  i  morosamente  riguardando  e  benedieen- 
doveri  di  omaggio  e  venerazione,  che  ve-  do  il  popolo,  che  non  cessando  d'applau- 
nivano  accolli  da  Gregorio  XVI  con  ti-  dire  di  mano  in  manosi  raccoglieva  per 
inanità  tutta  sua  propria,  implorò  in  pari  fargli  seguilo.  Giungeva  iutauto  all'arco 
tempo  la  grazia  che  venisse  concesso  ai  trionfale  (che  meritò  d'essere  inciso  in 
genuflessi  villici  di  portar  la  carrozza  fi-  rame),  erettogli  dalla  città  sul  principio 
noalla  città.  Il  Papa  nella  sua  umiltà  non  dell'abitato,  e  quivi  con  particolare  de- 
potè dispensarsi  dall'accousentirvi; e  fra  gnazione  aggradì  questa  dimostrazione, 
i  più  giulm  evviva  mossero  que'giovani  fermandosi  a  riguardarlo  d'ambi  i  lati  e 
lieti  e  vigorosi  verso  la  città,  e  giunsero  lodarlo.  Gotico  n'era  il  disegno,  dell  e- 
sollecili  al  principio  del  rettilineo  ingres-  gregio  ingegnere  pontifìcio  Matteo  Li  vo- 
sodi  essa. Questo  tratto  di  via,lungo  circa  ni,  adattato  sì  alla  località  come  alla  sto- 
mi 3. c  di  iuiglio,era  tulio  cosperso  di  mir-  ria  di  Subiaco,  con  pittura  a  bassi  rilie- 
to e  di  fiori,  e  da  ambi  i  lati  senza  inter-  vi,  con  figure  a  bronzo,  ornati  analoghi 
ruziooe  ornato  di  verzura  simmetrica-  e  oggetti  lumeggiati  in  oro.  Nell'anlerio- 
mente  disposta,  e  distribuita  in  tanti  re-  re  prospetto,  da  un  lato  v'era  effigiato  s. 
golari  festoni  avea  più  l'aspetto  d'un  giar-  Benedetto  fondatore  del  monachismo  di 
dino  che  d'una  stiada  urbana;  opera  fu  occidente,  e  dall'altro  s.  Gregorio  I  pro- 
questa in  parte  dell'affettuose  sollécito-  lettore  del  suo  ordine.  In  mezzo  al  sesto 
dini  delle  giovani  contadine.  Procedeva  dell'arco,  dall'una  e  dall'altra  parte  ele- 
il  Papa  come  in  trionfo,  quasi  sulle  brac-  vaio  ,  miravasi  lo  stemma  di  Gregorio 
eia  dell'immenso  popolo  che  il  circonda-  XVI.  Sull'ultima  cornice  erano  colloca- 
va e  festeggiava,  con  applausi  sempre  più  te  le  statue  delle  r\  v  irtù  cardinali  co  pro- 
vivi. Gli  facevano  giulivo  eco  il  rimbom-  pri  distintivi.  Nell'istessa  linea  e  in  uiez- 
bo  de'rnorlari,  il  suono  di  tulle  le  Cam-  zo  avea  l'arco  il  suo  timpano,  sulla  cui 
paneele  bande  muMcali  sublacense,  edei  sommità  vedeasi  trionfante  la  Religione, 
dragoni  giunti  da  Roma,  che  eseguivano  e  nel  fronte  di  questo  a  caratteri  d'oro 
armoniosi  concerti. Giunto  il  sommoPon-  si  leggeva:  Gregorio  XI' 1  Pont.  Max. 


-?x)i  SUB 

Principi  Munificentissimo  S. P. Q.S. Nel- 
l'opposta facciata  riguardante  1'  interno 
della  città,  e  negli  stessi  punti  dell'altro 
prospetto,  da  un  lato  osserva  vasi  l'imma- 
gine di  S.  Placido  e  dall'altro  quella  di  s. 
Mauro,capi  d'ordine  de'monaci  delIeGal- 
lie  e  di  .Sicilia.  Sull'estremità  superio- 
re della  cornice  si  miravano  due  fame  in 
alto  di  spargere  le  virtù  del  Papa,  e  due 
geni  sublacensi  co'loro  timpani  e  flauti  in 
atto  di  festeggiare  l'epoca  memoranda, 
in  mezzo  a'quali  nel  prospetto  del  tim- 
pano che  li  divideva,  leggevasi  l'epigra- 
fe: Parenti  Oplimo  Sublacenses  Univer- 
si. Continuava  il  santo  Padre  il  suo  cam- 
mino nell'interno  della  città,  e  le  finestre 
e  balconi  delle  abitazioni, tutti  apparatidi 
stoffe,  di  damaschi  e  simili  drappi,  era- 
no pieni  di  persone, e  persino  sui  tetti  ve- 
deasi  a  gruppi  la  gente:  e  chi  stendendo 
le  mani,  chi  battendo  palma  a  palma, chi 
sventolando  fazzoletti,  e  chi  in  altri  e  tan- 
ti e  vari  modi,  erano  tutti  concordi  uel- 
l'espansione  dell'animo,  con  cui  esulta- 
\ano  all'arrivo  del  venerabile  principe  e 
salutavano  l'ottimo  padre.  Egli  con  gran- 
de umanità,  benedicendo  tutti,  tutti  con- 
solava con  un  felicitante  sorriso.  Giunse 
intanto  in  mezzo  a'  festevoli  applausi  il 
Papa  all'insigne  collegiata  di  s.  Andrea 
apostolo,  ov'era  esposto  decorosamente  il 
ss.  Sagt  amento.  Ivi  prostrato  l'adorò  e  ri- 
cevè la  trina  benedizione  da  mg.r  Soglia 
suo  elemosiniere  (che  poi  creò  cardinale). 
Passò  quindi  nella  libreria  Piana,  ed  am- 
mise al  bacio  del  piede  mg.1  Vici,  il  ca- 
pitolo, il  governatore,  il  magistrato,  gli 
alunni  del  seminario,  la  suddetta  depu- 
tazione, gli  ordini  religiosi,  ed  i  notabili 
della  città  ivi  presenti.  Di  là  passò  nel  pa- 
lazzo  della  nobile  famiglia  Lucidi,  e  do- 
po un  breve  riposo  ,  si  degnò  sedervi  a 
mensa  col  cardinal  Galleffi,  ammettendo 
a  questo  segnalato  onore,  oltre  la  nobile 
sua  corte  e  altri  ragguardevoli  personag- 
gi, anche  i  membri  dell'encomiata  fami- 
glia, la  quale  giubilante  d'accoglierlo  per 
la  3,''  vultti,avea  dispostosi  apponesse,  du- 


SUD 
rante  la  mensa,  una  marmorea  iscrizio- 
ne analoga  a  tanta  distinzione  nella  i  ."sa- 
la d'ingresso.  Nel  pomeriggio  e  circa  le 
ore  2  2,  sempre  fra  le  più  rispettose  e  cor- 
diali acclamazioni,  Gregorio  XVI  si  recò 
al  ven.  proto-monastero  di  s.  Scolastica, 
ove  venne  ricevuto  dal  p.  d.  Gio.  Pietro 
Taini  abbate  di  governo,  e  dal  p.  ab.  d. 
Vincenzo  Bini  procuratore  generale  del- 
la congregazione  cassinese,  alla  testa  del- 
la monastica  comunità,  avendo  il  Papa 
ivi  destinato  di  far  la  sua  residenza.  En- 
trato in  chiesa,  tornò  a  prendere  da  mg.r 
Soglia  la  benedizione  col  ss.  Sagrameuto, 
già  esposto  con  gran  copia  di  lumi.  La 
mattina  de'3o  il  Papa  per  tempo  si  por- 
tò als.  Speco,  ricevuto  dal  p.  d.  Sebastia- 
no Piacenti  abbate  di  governo  del  mona- 
stero, e  nella  s.  cappella  di  s.  Benedetto 
celebrò  la  messa,  assistito  da'pp.  abbati 
Bini  e  Piacenti  e  da  alcuni  prelati  della 
corte,  ascollando  poi  quella  di  mg.r  Ar- 
pi  cappellano  segretoecaudatario.il  Pa- 
pa lasciò  in  dono  al  santuario  il  ricco  ca- 
lice col  quale  avea  celebrato.  Ammise  al 
bacio  del  piede  la  monastica  famiglia,  e 
lesse  la  marmorea  iscrizione  ch'essa  avea 
innalzato,  per  ricordanza  di  tanto  onore, 
cheleggesi  nella  relazione  del  viaggio.  Di- 
voto dell'illustre  memoria  del  b.  Loren- 
zo da  Fanello,  Gregorio  XVI  salendo  a 
piedi  l'alpestre  montagna,  recossi  all'an- 
tico monastero  di  Morrebotte  eretto  da 
s.  Benedetto  e  abitalo  da  quel  penitente 
eremita, ene  visitò  l'eremo.  Il  p.  Bini  ch'e- 
ra presente,nelle  sue  Memorie  ancora  una 
volta  celebrò  siffatta  visita  con  queste  pa- 
role. »  Una  lapide  collocata  in  quella  pic- 
cola chiesa  ricorderà  all'  età  avvenire  il 
singolare  avvenimento,  che  noi  tulli  mi- 
rammo edificati  e  sorpresi,  d'un  sommo 
Pontefice,  che  sali  quelle  erte  vie  e  le  di- 
scese senza  prender  riposo,  né  più  i  no- 
stri nipoti  vedranno  in  quelle  dure  selci 
operatosi  meraviglioso  spettacolo".Falto 
ritorno  il  s.  Padre  a  s.  Scolastica,  sedette 
alla  mensa,  della  quale  ebbe  la  degnazio- 
ne di  permettere  che  partecipassero  col- 


SUB 

la  corte  i  monaci  de'due  monasteri  (cioè 
nel  refettorio  ove  già  da  cardinale  ave.» 
pranzato  nell'ottobre  i83o,  essendo  ab- 
bate del  monastero  il  pio  e  zelante  p.  d. 
Benedetto  Cigala  Fulgosisuoainicoe  mio 
amorevole).  Nelle  ore  pomeridiane  il  Pa- 
pa passeggiò  per  una  delle  strade  terri- 
toriali in  quelle  vicinanze,  per  le  quali  è 
fama  cbe  andasse  alla  visita  del  «.  Speco 
la  vergine  s.  Chelidonia  anacoreta  del  se- 
colo XII;  ed  il  popolo  che  dalla  città,  in 
tanta  distanza  meravigliato  il  mirava,  lo 
salutò  con  ripetute  esplosioni  di  morta- 
ri,  non  potendo  fino  all'elevato  monte  far 
giungere  i  suoi  gridi  di  gioia. Nella  seguen- 
te mattina  i  ."maggio,  dopo  aver  celebra- 
to la  messa  nella  chiesa  di  s.  Scolastica 
all'altare  di  s.  Chelidonia,  e  assistito  dal 
p.  ab.Bini  e  dal  p.  Theodoli  ora  abbate,  il 
s.  Padre  discese  in  Subiaco,  e  fra  non  in- 
terrotti evviva  passò  a  riposarsi  in  casa  dei 
conti  Lucidi,  donde  poi  in  compagnia  del 
cardinal  Galleili,  del  card.  Cappelletti  ve- 
scovo diRieti,da  dove  erasi  portato  ad  os- 
sequiarlo, e  della  nobile  corte,  si  recò  sul- 
la loggia  esteriore  che  sovrasta  la  faccia- 
ta della  collegiata,  donde  compartì  al  nu- 
merosissimo popolo  l'apostolica  benedi- 
zione. Ai  successivi  reiterati  applausi  e  vi- 
vissime acclamazioni,  corrispose  il  santo 
Padre  dalla  loggia  con  paterna  compia- 
cenza; quindi  passò  ad  orare  nella  chie- 
sa di  s.  Gio.  Battista  delle  monache  be- 
nedettine, ed  entrato  nel  monastero  per- 
mise che  gli  baciassero  il  piede,  benigna- 
mente volle  visitarlo  tutto,  e  ne  partì  la- 
sciando quelle  sagre  vergini  colla  sua  be- 
nedizione e  ripiene  delle  più  dolci  couso- 
lazioui.  Quindi  co'detti  cardinali  si  recò 
alla  Rocca  residenza  abbaziale,  ove  il  car- 
dinal Galleffi  gli  avea  preparato  un  deco- 
roso pranzo,  al  quale  il  Papa  vi  ammise 
i  porporati,  il  cav.  Amerigo  Galleffi, la  no- 
bile corte  pontificia,  e  molti  altri  distinti 
personaggi,  fra  i  quali  mg.1  Annovazzi  ve- 
scovo di  Leros  e  suifraganeo  di  Civitavec- 
chia pel  cardinal  abbate,  portatosi  a  Su- 
biaco a  veuerare  il  Pontefice.  Il  quale  ver- 


S  U  B  293 

so  le  ore  a  2,  sempre  fra  una  calca  di  pian 
dente  popolo,  ritornò  alla  sua  residenza 
di  s.  Scolastica,  ove  la  mattina  del  1  ce- 
lebrò la  messa  nella  cappella  domestica. 
Ne' 3 giorni  che  il  Papa  dimorò  iu  Subia- 
co, un  continuo  fragore  di  mortari  animò 
il  giubilo  universale.  Nelle  sere  la  città  fe- 
ce generale  e  brillantissima  illuminazio- 
ne, nelle  quali  riccamente  illuminati  a  ce 
ra  si  distinguevano  i  palazzi  dell'  abbate, 
della  residenza  del  suo  vicario  generale, 
de'conti  Lucidi,  della  municipalità,  col- 
l'annessa  residenza  governativa,  ed  i  mo- 
nasteri di  s.  Scolastica  e  del  s.  Speco:  e 
non  meno  illuminato  di  spesse  fiaccole  era 
lo  stradale  dilla  città  al  proto-monaste- 
ro, che  celebrò  l'onorevole  avvenimento 
colle  due  iscrizioni  collocate  alla  porta  del 
suo  recinto  e  pubblicate  dalla  relazione, 
oltre  la  lapide  marmorea  che  pose  sulla 
parte  esterna  dell'appartamento  abitato 
da  sua  Santità,  e  riprodotta  da  Marocco. 
La  pontificia  presenza  fu  altresì  festeggia- 
ta da'casini  .suburbani,  da'con venti  edal- 
le colline  che  fanno  corona  a  Subiaco. L'è 
levazione  di  3  globi  areostatici,  l'iacea- 
dio  d'altrettanti  fuochi  artificiali,  le  me 
lodie  e  concerti  delle  due  bande,  espres- 
sero l'universale  tripudio;  e  le  glorie  del 
pontificato  di  Gregorio  XVI  furono  ce- 
lebrate da  due  accademie  di  musica  e  lei 
terarie  con  poetici  componimenti,  la  2.1 
delle  quali  fu  onorata  dal  cardinal  Cap- 
pelletti e  da  altri  personaggi.  Posseggo  di 
tali  produzioni  3  epigrammi  e  un  Carmen 
mss.  iu  latino;  e  stampati  un'ode  in  simi- 
le idioma,  altra  in  italiano  del  gonfalo- 
niere, ed  un  sonetto  del  governatore.  La 
clemenza  di  Gregorio  XVI  consolò  più 
famiglie,  il  suo  cuore  generoso  fece  di- 
spensare a  sollievo  de'poveri  di  Subiaco 
e  del  resto  dell'abbazia  abbondanti  lituo- 
sine,  donò  medaglie  e  divozionali.  E  fi- 
nalmente, comeesprimesiilp.  Bini:  «Non 
può  con  adeguate  parole  esprimersi  di 
qual  gaudio,  e  diremo  meglio  di  quale 
pubblica  esultanza  ricolmasse  i  cuori  di 
ogui  ordine  di  persone  la  presenza  nello 


'94 


S  U  U 


stiblucciibi  contrade  dell'augusto  Ponte- 
fice, il  quale  uella  maestà  dell'eccelsa  sua 
dignità  usò  col  clero  e  col  popolo  i  modi 
più  affettuosi  e  paterni,  adoperando  il  lin 
guaggio  della  beneficenza  e  dell'amore. 
Fuperciòarnarissimaatutti  l'ora  del  suo 
ullonlanamento,  e  lo  fu  in  modo  partico- 
lare a'rispettosi  suoi  ospiti  e  servi,  dona- 
ti da  lui  pel  servi/io  della  chiesa  abbazia- 
le  di  una  ricca  piaueta,  e  di  un  prezioso 
calice  per  cpiella  del  s.  Speco.  Lungi  dal 
potere  venire  meno  ne'loro  cuori  la  me- 
moria dolcissima  d'un  onore  sì  segnalato, 
formano  incessanti  voti  al  cielo,  perchè 
voglia  a  sì  amoroso  Padre  e  sì  generoso 
Pontefice  ispirare  nuovamente  il  pensie- 
ro di  fare  ritorno  a  questi  luoghi,  i  (piali 
se  furono  santificati  dal  comune  patriarca 
s-.  benedettoci  riempirono  poi  di  conso- 
lazione e  di  gaudio  per  le  dimostrazioni 
date  da  un  figlio  suo  di  amorevolezza  e 
di  patrocinio".  La  bella  relazione  scritta 
ni  Subiaco,  come  avea  colle  più  solenni 
parole,  e  meglio  ancora  di  quanto  io  uè 
ricavai,  celebrato  il  soggiorno  in  esso  di 
Gregorio  X  Vf,co>ì  espose  eloquentemen- 
te i  voti  universali  pel  suo  sospiralo  ri- 
torno. A*2  maggioe  verso  le  12  ore  il  Pa- 
pa partilo  das.  Scolastica,  tornò  nella  ca- 
sa decenti  Lucidi  ad  esternare  il  suo  gra- 
dimento, a  confermare  la  particolare  be- 
nevolenza concilila  riguardava,  ed  oltre 
ad  ammettere  lutti  i  suoi  individui  al  ba- 
cio del  piede,  ricevè  ad  esso  anche  il  ca- 
pitolo, il  governatore,  il  magistrato  e  la 
deputazione, cotnmettendo  al  gonfalonie- 
re d'assicurare  nel  suo  nome  il  fedelissi- 
mo popolo  della  piena  sua  sovrana  sod- 
disfazione e  riconoscente  alletto. Pai  lì  per 
Arsoli  tra  le  benedizioni, gli  augurò  di  fe- 
licità la  più  prospera,  misti  al  pianto  dei 
sublacensi,  ed  il  Papa  benedicendoli  lar- 
gamente coli'  animo  visibilmente  com- 
mosso si  allontanò  da  loro,  i  quali  rin- 
novarono poi  col  pontificio  slemma  l'os- 
sequio e  la  gioia  di  cui  erano  penetrati. 
Alla  morte  del  cardinal  Galletti  la  rev. 
camera  degli  Spogli  assunse  la  consueta 


SUB 

amministrazione  delle  rendite  abbaziali, 
ministerio  juris,  e  fece  rapporto  a  Gre- 
gorio XVI  del  suo  stato  annuo  attivo  e 
passivo, dimostrando  il  decadimento  del- 
le rendite,  con  isperanzadi  ridurle  al  pri- 
miero florido  stato,  e  riportarlo  a  un  red- 
dito di  scudi  5ooo  circa,  previa  tempo- 
ranea, accurata  ed  economica  ammini- 
strazione. Leggo  in  uno  stato  attivo  e  pas- 
sivo dell'abbazia  di  Subiaco  dell'agosto 
1837^  ascendere  l'attivo  a  scudi  6612, 
i  pesi  fissi  a  scudi  21 56,  rimanendo  le 
rendite  abbaziali  a  scudi  44^5,  gravate 
però  da  scudi  i3q5  di  pesi  infìssi,  e  da  scu- 
di 2t)2  di  pesi  precari,  risultando  la  ren- 
dita netta  a  scudi  2767. Contemporanea 
mente  il  tesoriere  generale  fece  relazione 
al  Papa,  sul  credito  che  la  camera  apo- 
stolica avea  verso  l'abbazia  di  Subiaco. 
In  essa  si  dice,  che  Pio  VI  volle  ritenere 
l'abbazia  in  commenda  per  potere  colle 
rendite  ricostruire  la  collegiata,  ampliare 
la  fabbrica  del  seminario, e  riattare  il  pa- 
lazzo della  Fiocca.  Che  l'impresa  essendo 
assai  grandiosa,  dopo  avervi  impiegato 
le  rendite  dell'abbazia  e  somministrati 
de'fondi  particolari  del  suo  peculio,  pri- 
ma di  compiere  tali  opere  si  vide  nella 
necessità  di  provvedere  alla  vistosa  spesa 
cui  era  andato  incontro,  co' 3  chirografi 
del  1  782,1  785  et  788.  Pertanto  con  essi 
ammise  l'abbazia  alla  compartecipazione 
del  Luogo  di  Monte  s.  Paolo  degli  ordini 
religiosi  per  scudi  1 2,000,  corrispondenti 
al  capitale  di  scudi  1 20,000,  da  potersi  li- 
beramente alienare  per  erogarne  il  prez- 
zo nelle  spese  occorrenti.  Però  ad  assicu- 
rare il  Monte  s.  Paolo  e  la  camera  apo- 
stolica del  pagamento  de' frutti  annui  e 
dell'estinzione  del  capitale,  impose  sulle 
rendite  abbaziali  l'annua  pensione  di  scu- 
di 42oo3co'quali  si  pagassero  i  frutti  e  si 
estraesseroognianno  20  Luoghi  di  Mon- 
te sino  alla  totale  estinzione  del  debito. 
Ma  nel  1  790  l'abbazia  era  restata  debi- 
trice del  Monte  e  della  camera  aposto- 
lica di  scudi  1  i,i  16,  ed  abbisognando  di 
altri  fondi  per  1'  ultimazione  della  lab- 


sub 

brica  della  collegiata  e  fornimento  de'sa- 
gri  utensili  e  suppellettili,  come  del  fon 
do  per  la  sua  manutenzione,  l'io  VI  con 
chirografo  si  rivolse  al  patrimonio  ex.  ge- 
suitico, e  giusta  la  mente  di  CleinenteXl  V 
che  le  sue  rendite  doveano  erogarsi  in  u- 
si  sagri  e  in  opere  pie,  ordinò  che  l'ab- 
bazia diSobiaco  fosse  a  ui  messa  ad  un  nuo- 
vo cumulo  di  Luoghi  di  Monte  per  scudi 
3o,ooo  nel  suddetto  Monte  s.  Paolo  e  per 
3o  Luoghi  di  Monte,  e  che  il  patrimonio 
exgesuitico  si  caricasse  dal  i  70  t  in  poi  del 
pagamento  de'frutti  degli  scudi  3o,ooo,e 
di  quegli  altri  Luoghi  di  Monte  creati  coi 
primi  3  chirografi,  soddisfacendo  inoltre 
il  debito  die  avea  l'abbazia  colla  camera 
apostolica  degli  arretrati  scudi  1  1,  1  1  6.Di 
più  volle  il  Papa,  che  il  patrimonio  ex 
gesuitico  ras>egnasse  alla  nuova  chiesa  35 
Luoghi  di  Monte  per  formare  un  reddito 
necessario  alla  sua  manutenzione,  e  pa- 
gasse altri  scudi  35oo  per  altre  soprav- 
venute spese.  In  pari  tempo  Pio  VI  im- 
pose all'  abbazia  di  pagare  alla  camera 
apostolica  l'annua  pensione, limitandola 
a  scudi  2000  fino  all'estinzione  del  suo 
debito  antico  e  di  quello  incontralo  pei 
scudi3o, 000. Siccome  dal  1  70811) poi  non 
fu  mai  pagalo  alla  camera  l'annua  som- 
ministrazione di  scudi  2ooo,eosìil  tesorie- 
re generale  per  tutelare  l'interesse  di  essa 
nel  suo  credilo,  invocò  un  provvedimeli- 
lo  da  Gregorio  XV I. Frattanto  questo  Pa- 
pa nel  i838  nominò  abbate  commenda- 
tario e  ordinario  de'  ss.  Benedetto  e  Sco- 
lastica di  Subiaco,  il  cardinal  Ugo  Pietro 
Spinola  genovese,  che  poi  fece  pro-data- 
rio e  lo  è  ancora.  Di  questo  porporato  il 
p.  Bini  a  p.  60  e  76  delle  sue  Memorie 
rende  distinti  elogi  pel  zelo  a  promuove- 
re il  beue  del  gregge,  per  la  generosità 
verso  la  classe  indigente,  per  prevenir  le 
colpe,  e  con  paterna  misura  punirle,  per 
la  prudenza  nel  diminuirei  disordini, per 
promuovere  i  buoni  studi  con  incessanti 
cure  pel  seminario  a  cui  giovò  molto,  e 
per  la  squisita  bontà  e  gentilezza  che  gli 
sono  connaturali.  Ivi  il  p.  bini  lodò  pure 


SUB  295 

il  clero  sublacense,  che  fiorisce  per  saviez- 
za e  per  singoiar  merito  di  sapere,  spe- 
cialmente nelle  materie  proprie  del  suo 
sagro  ministero.  Avendo  il  cardinal  Spi- 
nola rinunziato  l'abbazia  (piando  fu  latto 
legato  di  Bologna, GregorioX VI  nel  1 8^2 
gli  sostituì  ilcardinalPaolo  PoUdonì, nato 
in  Jesi,  e  oriundo  di  Lorelo.che  nel  1  8  .Lf 
consagrò  in  arcivescovo  di  Tarso  in  parti- 
bus,\\c\ie  rilevai  pure  nel  voi.  XXXVI  11, 
p.  224,  per  esercitare  le  funzioni  episco- 
pali nell'abbazia.  Il  cardinal  Polidori  va 
particolarmente  lodato,  poiché  restaurò 
la  torre  dellecampane  della  collegiata,  fe- 
ce ad  essa  dono  di  preziosi  arredi  sagri, di- 
stribuì ancora  non  poche limosine,edavea 
destinato  nel  suo  bell'animo  di  fare  al- 
tre beneficenze.  Resa  l'anima  a  Dio  da 
Gregorio  XVI  il  i.°  giugno  i84t>,  come 
pervenne  in  Subiaco  l'infausta  nuova  si 
fece  un  lutto  universale,  rammentandosi 
i  cittadini  la  benevolenza  speciale  usata 
da  lui  colla  loro  patria,  e  quanto  egli  fosse 
pio,  giusto  e  magnanimo.  Ad  ulteriore  di- 
mostrazione di  riverente  all'etto  i  subia 
cesi  agli  8  giugno  gli  fecero  nella  chiesa 
collegiata  solenni  funerali,  celebrando  la 
messa  mg/Casanova  vicario generale,con 
musica  a  cappella  eseguita  da'dilettanti 
della  città,  assistendovi  tutto  il  clero,  il 
magistrato,  le  autorità  governative  e  la 
milizia,o!tre  l'att'ollalissimo  popolo,  come 
riporta  il  Supplemento  al  n.°49  del  Dia- 
rio di  Roma,  ove  pur  si  legge:  »  Il  sacer- 
dote d.  Alessandro  Tummolmi  disse  quiu- 
di  un  elogio, nel  quale  con  istile  grave  ed 
eloquente,degno  dell'alto  subbielto,tutte 
richiamò  alla  memoria  le  virtù  sì  pub- 
bliche e  sì  private  dell'  estinto  Pontefice 
sommo:  e  stante  che  fosse  vero  il  suo  dire, 
uiuno  era  che  non  ne  fosse  commosso. 
La  ceremonia  fu  solenne, quanto  sincera 
la  pubblica  mestizia  :  e  certamente  i  su 
biacesi  ricorderanno  sempre  con  aifelto  la 
sa.  me.  di  Gregorio  XVI, utile,  grande,be- 
oefico  sovrano".  Nel  seguente  anno  a'2  3 
aprile  Subiaco  dovè  piangere  la  morte 
del  virtuoso,  dotto  e  amorevole  suo  pa- 


296  SUB 

store  il  cardinal  Polidori.  Per  beneficare 
]'  abbazia  il  regnante  Papa  Pio  IX  con 
singolare  esempio  a  se  la  riservò,  e  ne 
assunse  il  particolare  governo, dichiaran- 
dosi ordinario  della  medesima,  e  per  or- 
gano della  dataria  apostolica  emanò  il 
relativo  moto-proprio  a'5  maggio  1847, 
come  pubblicò  il  n.°38  del  Diano  di  lìo- 
vio.  Ivi  pure  si  dice  che  il  Papa  nella  se- 
ra di  tal  giorno  ricevè  la  deputazione  del 
clero  e  del  popolo  di  Snbiaco,  volata  in 
Roma  per  umiliare  al  benefico  e  amo- 
roso suo  principe  e  padre  i  sentimenti  di 
altissima  venerazione  e  di  profonda  rico- 
noscenza per  un  così  segnalato  tratto  di 
sovrana  clemenza.  Per  prendere  possesso 
dell'illustre  abbazia,  e  insieme  consolare 
di  sua  venerata  presenza  i  diocesani,  Pio 
IX  circa  le  ore  4  antimeridiane  de'  27 
di  detto  mese  partì  da  Roma  per  Subiaco. 
In  questa  città  fu  ossequiato  da  una  de- 
putazione espressamente  spedita  da  Fer- 
dinando li  re  delle dueSicilie,e composta 
del  barone  Ajossa  intendente  della  limi- 
ti ofa  provincia  dell'Aquila, de'marchesi 
Torres  e  Spaventa,  e  del  sottointendente 
del  distretto  d'Avezzano.  Il  santo  Padre 
ricambiò  con  benignissime  parole  la  re- 
gia cortesia,  esternando  a'deputati  il  suo 
grato  animo  per  atto  sì  benevolo.  Alle  ore 
7  ip  pomeridiane  de'3  1  maggio,  reduce 
da  Subiaco,il  Papa  rientrò  in  Roma.  Al- 
tro non  trovo  ne'n.1  44  e  5 1  del  Diario  di 
Roma  del  1847,  e  nel  n.°  2  ideile  Notì- 
zie del  giorno  di  Roma,  che  parlano  del- 
la pontificia  gita  a  Subiaco,  mentre  è  no- 
to che  la  città  non  mancò  di  fare  ogni  di- 
mostrazione di  profonda  riverenza  e  di 
solenne  riconoscenza.  Ne'n.1  60  e  6  1  del 
Diario  di  Roma  si  legge  che  Pio  IX  a- 
vendo  scelto  a  suo  vicario  generale  nel- 
l'abbazia monsignor  PioBighi  romano,  lo 
avea  dichiarato  prelato  domestico  e  pro- 
tonotario  apostolico  soprannumerario  , 
indi  lo  promosse  a  vescovo  di  Li  stri  in 
partibus.  Riferisce  il  n.^G  del  Giornale 
di  Roma  del  1  8  5 1,  dacché  il  sommo  Pon- 
tefice Pio  IX  si  compiacque  serbare  a  se 


SUB 
l'immediato  regime  dell'abbazia  di  Su- 
biaco, mai  mancò  di  spandere  quasi  astro 
benefico  le  sue  influenze  sui  sublacensi. 
Quindi  a  vieppiù  attestare  la  sua  pater- 
na affezione,  con  breve  apostolico  pub- 
blicato nell'  insigne  collegiata  di  s.  An- 
drea, tra  la  messa  solenne  pontificata  da 
mg.r  Bighi  vicario  apostolico  di  sua  San- 
tità, a'2  1  marzo  festa  dell'inclito  prolet- 
tore s.  Benedetto,  della  città  e  abbazia, 
si  degnò  il  Papa  fissare  di  proprio  censo 
due  posti  gratuiti  in  perpetuo  nel  Semi- 
nario Romano  a  due  giovani  di  Subiaco 
ovvero  del  resto  dell'abbazia.  Il  reveren- 
dissimo capitolo  di  delta  collegiata, com- 
preso da'più  vivi  sensi  di  gratitudine, de- 
putò li  3  degnissimi  prelati  subiacesi  di- 
moranti in  Roma  mg.r  Antonucci,  mg.r 
Lucidi  e  mg/  Merosi  Gori,  onde  umilia- 
re al  pontifìcio  soglio  i  sentimenti  della 
loro  più  sincera  riconoscenza,  i  quali  fu- 
rono benignamente  accolti  dal  Pontefice 
abbate.  Indi  il  n.°i  i3  dell'  Osservatore 
Romano  del  1 85  i  pubblicò  un  articolo 
proveniente  da  Subiaco,  in  cui  sono  ce- 
lebrate le  pontificie  beneficenze  di  Pio  IX 
verso  quella  città  eabbazia,  cheper  tratto 
di  somma  benignità  volle  ritenere  sotto 
l'immediata  propria  cura  pastorale  quel- 
le fortunale  popolazioni.  Imperocché  la 
sua  munificenza  e  il  suo  cuore  aprì,  già 
largo  e  pieno  di  beneficenze,  destinando 
ricche  dotazioni  alla   collegiata  e  al  se- 
minario, e  splendidi  donativi  in  favore 
del  comune.  »  E  nel  paterno  desiderio 
di  conoscere  da  vicino  questo  particola- 
re suo  diletto  gregge,  decorsi  appena  20 
giorni  muoveva  da  Roma,  giungeva  fra 
noi,  ed  empiendo  le  nostre  vie  della  di  lui 
maestà  sovrana,  colmava  di  giubilo  tutti 
i  cuori  colla  sua  paterna  affabilità  nell'atto 
che  ad  ogni  passo  a  pieni  cori   salivano 
al  cielo  le  benedizioni  de'poveri  soccorsi 
di  propria  sua  mano  con  generose  elar- 
gizioni.Correvano  penuriose  le  circostan- 
ze di  quella  stagione:  Sua  Santità  ne  face- 
va scomparire  lo  squallore  comandando 
che  venissero  distribuite  abbondanti  som- 


S  U  D 

ministrazioni  di  cereali  :  e  perchè  sopra  i 
poveri  non  venisseagravareildaziodi  ma- 
cinazione, ordinava  che  a  tulio  suo  pro- 
prio conio  venissero  ridotti  in  farine;  men- 
tre dall'altro  canto  ulteriormente  muni- 
ficente assolveva  i  contribuenti  arretrati 
piti  inendici  dalle  imposte  prediali,  che 
non  potevano  corrispondere.  Dispoueva 
che  tulli  i  redditi  abbaziali  venissero  im- 
piegati in  favore  dei  diletti  suoi  figli  :  e 
poiché  la  felicità  dei  popoli  si  stabilisce 
e  dura  colla  morale  e  civile  educazione, 
comandava  che  si  erigesse  un  novello  sta- 
bilimento di  scuole  pie,  al  (piale  elletto 
veniva,  quasi  del  tutto  nuovo,  fabbricato 
un  ampio  locale,  duve  restassero  istruite 
e  nella  cristiana  pietà  e  ne'  lavori  le  ra- 
gazze d'ogni  ceto,  rna  specialmente  l'or- 
fane di  povera  condizione:  onde  però  l'o- 
pera col  tempo  non  avesse  a  venir  meno, la 
provvedeva  di  generosa  dotazione."  Qui 
pure  si  fa  menzione  del  fondo  perpetuo  as- 
segnato pel  mantenimento  di  due  alunni 
nel  seminario  romano,  con  espressioni  ri- 
conoscenti a  tanta  magnanimità;  indisi 
descrive  come  nella  collegiata  i  subiace- 
si  celebrarono  l'onomastico  del  munifico 
Pontefice  abbate,  e  nella  quale  pontifi- 
cando il  suo  vicario  mg/IJighi,  fu  da  que- 
sti pronunziata  dotta  e  commovente  o- 
melia,  di  cui  se  ne  riporta  un  eloquente 
brano.  Notai  a  Seminario  Pio  (ora  degna- 
mente celebrato  da  mg.r  Fabi  Montani, 
col  Ragionamento,  il  Seminario  Pio  a- 
perto  in  Roma),  istituito  in  Roma  dalla 
munificenza  di  Pio  IX,  per  le  diocesi  ar- 
civescovili e  vescovili  dello  stato  ponti- 
fìcio, che  vi  comprese  il  Papa  l'abbazia 
diSubiaco  con  nuovo  tratto  benefico.  A- 
vendo  mg.r  Bighi  rinunziato  il  vicariato, 
il  cardinal  Maltei  sotto-decano  ilei  sagro 
collegio  e  arciprete  della  basilica  Vatica- 
na, di  questa  lo  nominò  suo  vicario  a'22 
aprile  1 853,  indi  il  Papa  a' 23  agosto  lo 
promossead  arcivescovodiFilippi  inpar- 
tibus,come  trovo  registralo  nel  libro  pub- 
blicato nel  i854:  De  viccwiis Bus.  L'ibis. 
IMa  appreiidodal  u.°  20 1  del  Giornate  di 


SUB  297 

Roma  di  fa  le  anno,  che  l'arci  vescovo  mo- 
rì nella  certosa  di  Trisulti  a'3  1  agosto, 
di  ^5  anni,  mentre  il  n.°2o4  fa  l'elogio 
del  suo  sapere  e  virtù,  novera  le  cariche 
da  lui  sostenute,  e  le  diverse  solenni  ese- 
quie che  gli  furono  celebrate.  Prima  di 
questo  tempo  il  Pontefice  Pio  IX, sino  dal 
precedente  anno  essendosi  dimesso  dal 
governo  dell'abbazia  di  Subiaeo,  la  con- 
ferì al  cardinal  Girolamo  de'  marchesi 
D'A  ndrea  napoletano,prefettodellas.  con- 
gregazione dell'indice,  come  pubblicò  il 
Giornale  di  Roma  de'23  maggio  1  853, 
ove  si  aggiunge:  non  cessando  però  ilPa- 
pa  di  riguardare  con  ispecial  protezione 
la  città  di  Subiaeo.  Di  questo  ragguar- 
devole porporato  parl-ii  in  più  luoghi,  a 
Melitene  di  cui  fu  arcivescovo,  e  a  Sviz- 
zera quale  nunzio  della  s. Sede.  Avendo 
di  sopra  rammentato  la  patriarcale  ba- 
silica e  Chiesa  di  s.  Paolo,  in  custodia 
de'benedettini  cassinesi,  ed  essendo  que- 
st'articolo uno  de'tanti  che  li  riguarda- 
no, qui  aggiungo  e  leggendone  gli  slam 
poni,  che  a  Tempio,  con  altre  nozioni  sul- 
lo splendidissimo  edifizio,dirò  di  sua  so- 
lennissima  consacrazione  eseguila  a'  io 
dicembre  18  54  dal  sommo  Pontefice  Pio 
IX,  e  nella  quale  fu  assistito  da  mg. 'Lu- 
cidi qual  diacono  della  cappella  ponti- 
fìcia, e  da  mg.r  Pentirti  come  suddiaco- 
no de\\n  medesima: fra'cardinali  e  vesco- 
vi intervenuti  al  rito,  nominerò  il  cardi- 
nal D'Andrea  abbate  di  Subiaeo,  e  mg.1' 
Antonucci  arcivescovo  vescovo  d'Anco- 
na. Egualmente,  siccome  compreso  da 
inesprimibile  e  dolcissima  consolazione  , 
non  posso  a  meno  contenermi  dal  qui  non 
rimarcare  che  la  sagra  funzione  fu  al- 
tresì decorata  dalla  presenza  eziandio  di 
numerosissimi  cardinali,arci  vescovi  e  ve- 
scovi, recalisi  appositamente  a  Roma  e 
anco  dalle  più  rimote  parli  del  mondo, 
oltre  i  due  encomiati  cardinal  abbate  e 
arcivescovo  vescovo,  per  udire  dall'infal- 
libile oracolo  dello  stesso  supremo  Ge- 
rarca,la  tautoardenlemenle  bramala  dal 
cristianesimo  definizione  dogmatica  del 


2(j8  SUD 

grande  mislerodell'Immacolata  Conce- 
zione di  Maria  sempre  Vergine  ;  augu- 
sta e  autorevole  sanzione  di  nostra  anti- 
ca e  pia  credenza,  pronunziata  nella  pa- 
triarcale basilica  di  s.  Pietro,  due  giorni 
innanzi  la  detta  consagrazione  e  nel  dì 
stesso  della  sua  festa, Ira  la  generale  com- 
mozione di  tenerezza  di  vota.  E  siccome 
le  Teatine  furono  istituite  sotto  tale  av- 
venturosa invocazione  (mentre  a  Teati- 
ni dirò  della  loro  aulica  prerogativa  di 
benedire  gli  scapo/ari  dell'  Immacolata 
Concezione),  nel  loro  articolo  ne  farò  pa- 
rola, come  ili. "che  mi  si  presenta  a  sfo- 
gare il  mio  giubilo  (avendo  però  notato 
a  Sydney,  die  le  primizie  dell'  oro  del- 
l' Oceania  e  Australia  furono  consagrate 
a  celebrare  il  fausto  e  memorabile  avve- 
nimento, il  più  glorioso  del  secolo  XI  X), 
e  far  eco  affettuoso  e  riverente  a  quella 
santa  esultanza  festeggiata  con  mirabile 
e  universale  slancio,  qual  nuovo  religio- 
so trionfi j,  dalla  chiesa  cattolica,  e  come 
suo  veneratore  e  figlio,  per  mia  somma 
fortuna. 

SUBÌ  NTRODOTTE,K  Sott'Intko- 

DOTTE. 

SUDPULMENTARIOoPARACEL- 
LARIO,  Subpubnentarius,  Particella' 
rius.  Antico  uffizio  del  Palazzo  aposto- 
lico e  Patriarchio  Laleraneuse,  il  quale 
avea  cura  della  distribuzione  a'  Poveri 
de'cibi  avanzati  dal  Pranzo  e  mensa  del 
Papa;  e  pare  che  ordinariamente  si  eser- 
citasse da' Suddiaconi  della  chiesa  roma- 
na. Anche  la  dispensa  de'cibi  fu  chiama- 
la da  Anastasio  Bibliotecario  Paracella- 
rium, come  scrive  nella  vita  di  Adriano  I 
del  772:  Capita cenlum exinde occidan- 
tur,  et  in  eodein  Paracellario  reponan- 
tur.  Il  subpulmentario  trovasi  pur  no- 
minato negli  Ordini  romani,  e'uel  con- 
ciliabolo del  g63  contro  Giovanni  XII. 
Delle  dispense  e  officine  palatine  parlo 
ancora  a  Famiglia  pontificia  ed  a  Pa- 
lazzo apostolico. 

SUBIUTA  0  SURRITA.  Sede  vesco- 
vile dell'esarcato  di  Macedonia  nell'isola 


SUC 
di  Creta  o  Candia,  sotto  la  metropoli  di 
Cortina,  diocesi  dell' Illiria  orientale,  e- 
retta  nel  V  secolo.  Ebbe  per  vescovi,  Ci- 
rillo che  assistè  al  concilio  di  Calcedonia  , 
e  Teodoro  che  fu  al  7.0  generale.  Oricn* 
chr.  t.  2,  p.  270. 

SUfJURBICARJ.  fr.  Vescovi  subur- 

13ICARI. 

SUBURBICAR1E.  V.  Vescovi  subur- 
bicari  e  Provincia. 

SUBURRA  (della)  Corrado,  Cardi- 
nale. Romano  e  forse  canonico  regolare, 
dallo  zio  materno  Onorio  11  nelle  tem- 
pora di  dicembre  1  126  fu  creato  cardi- 
nale vescovo diSabina.  Innocenzo  11  fug- 
gendo da  Roma  per  timore  dell'antipa- 
pa Anacleto  II,  lo  destinò  vicario  dell'al- 
ma città,  nel  qual  ministero  perseverò 
con  somma  lode  ne'pontifìcati  di  Celesti- 
no II, di  Lucio  II  e  di  Eugenio  III,  l'ele- 
zione de'  quali  inclusivainente  a  quella 
d'Innocenzo  lì  favorì  col  suo  sulfragio,  e 
sottoscrisse  parecchie  di  loro  bolle.  Fu 
versatissimo nelle  materie  della  curia, os- 
sia del  gius  civile  e  canonico,  e  nelle  con  - 
suetudiui  e  riti  della  chiesa  romana.  Per 
1  egregie  sue  prerogative  di  prudenza,  e- 
rndizionee  santità  di  vita, meritò  nel  1 i53 
d'essere  sublimato  al  pontificato  col  no- 
me d' Anastasio  If-r  (^.). 

SUBURRA  (della)  Gregorio,  Car- 
dinale. Romano  e  nipote  d'Anastasio  IV, 
questi  nel  settembre  o  dicembre  1  1 53  lo 
creò  cardinale  e  vescovo  di  Sabina,  ve- 
scovato ch'egli  slesso  avea  prima  del  pon- 
tificato. Si  mostrò  fedele  e  acerrimo  di- 
fensore di  Alessandro  III  contro  i  furori 
degli  antipapi  che  insorsero  contro  di  lu', 
e  come  decano  del  sagro  collegio  difese 
l'elezionecanonica  di  detto  Papa, scriven- 
do all'  imperatore  Federico  I.  Terminò 
di  vivere  verso  il  1  1 63,  dopo  essere  in- 
tervenuto a'sagri  comizi  di  Adriano  IV 
e  Alessandro  HI. 

S  UC  ARDA.  Sede  vescovile  dellaMau- 
ritiaua  Cesariense  Dell'  Africa  occidenta- 
le, sotto  la  metropoli  di  Giulia  Cesarea. 
Si  conoscono  due  vescovi:  Pompeiano  che 


sue 

nel  4i  i  trovossi  alla  conferenza  di  Car- 
tagine, e  Subdazio  o  Siuldazio  che  fu  esi- 
liato nel  4^4  da  Unnerico  re  de' vandali, 
perchè  si  ricusò  sottoscrivere  gli  errori 
de'donatisti  nella  conferenza  di  Cartagi- 
ne. Morcelli,  Afr.  chr.  t.i. 

SUCCESSIÓNE.  V.  Successore. 

SUCCESSORE,  Successo/'.  Quello 
che  succede  o  l'erede.  Dicesi  successione, 
il  succedere,  successio,  l'entrare  nell'al- 
trui luogo  o  grado  o  dignità  ;  per  segui- 
talo venir  dopo;  per  ereditare, diveni- 
re erede,  venire  nell'eredità;  mentre  l'av- 
verbio successivamente  dicesi  futi  dopo 
l'altro,  successive  ordinale.  Negli  artico- 
li Coadiutoria,  e  Soprannumero  parlai 
della  successione  a  Benefizi  ecclesiastici, 
alle  Dignità, ag\\  Uffìzi,  mentre  per  rap- 
porto alla  successione  a'beni  degli  eccle- 
siastici secolari  e  regolari  ne  ragionai  a 
Spogli;  ed  a  Testamento  dirò  dell'ere- 
dità dell'erede.  Inoltre  notai  a  Coadiu- 
tore, ullìcio e  diguitàdelcoadiulore,cioè 
quello  che  fa  le  veci  d'un  altro  senza  ri- 
ceverne i  profitti,  colla  sola  ricompensa 
ci i  succederlo  nell'ufficio  0  nella  dignità, 
ch'ebbe  origine  negli  affici  e  benefizi  ec- 
clesiastici ne' primordi  della  Chiesa,  e  per 
«piali  motivi  si  credè  in  seguito  più  utile 
che  il  coadiutore  succedesse  al  coadiuto, 
vale  a  dire  a  colui  che  ha  un  coadiutore 
con  futura  successione.  Dissi  a  Regresso 
o  rivocazione  della  Rinunzia  (F-)  fatta 
d'un  beneficio  ecclesiastico,  che  fu  proi- 
bito dal  concilio  diTrento  il  cedere  un  be- 
nefizio riservandosi  di  riprenderlo  (pian- 
do piacesse  al  rinunziante,  o  potesse,  ov- 
vero alla  promozione  o  morte  di  quello 
a  cui  era  stato  ceduto,  perchè  il  concilio 
avea  riprovato  tuttoché  portasse  ombra 
di  successione  in  materia  di  benefizi, seb- 
bene rimettesse  alla  s.  Sede  l'accordare 
le  coadiutore  con  futura  successione.  I 
cattolici  teologi  sostengono  contro  i  pro- 
testanti, che  {'ordinazione  stabilita  fra  i 
pastori  dellaChiesa  è  una  successione  co- 
stante; di  maniera  che  il  carattere, i  po- 
teri, la  giurisdizione  del  predecessore  pas- 


SUC  299 

sano  e  sono  comunicate  senza  alcuna  di- 
minuzione al  successore,  e  che  senza  una 
tal  successione  la  Chiesa  non  potrebbe 
sussistere.  Così  gli  apostoli  trasmisero  ai 
vescovi  e  a'pastori  ch'essi  hanno  ordina- 
to, il  loro  carattere,  il  loro  potere,  la  loro 
giurisdizione  sui  fedeli  che  aveano  riuni- 
ti, o  sulle  chiese  che  aveano  fondato,  e 
di  cui  essi  confidavano  il  governo  a  quei 
medesimi  pastori:  per  conseguenza  s.  Pie- 
tro trasmise  a'suoi  successori  la  giurisdi- 
zione e  l'autorità  che  avea  egli  medesi- 
mo ricevuta  da  Gesù  Cristo  sulla  Chiesa 
universale.  Secondo  la  dottrina  di  Gesù 
Cristo  e  degli  apostoli,  non  avvi  chiesa 
senza  pastore,non  avvi  pastore  senza  mis- 
sione,non  avvi  missione  se  non  per  mez- 
zo della  successione,  e  la  successione  si  fa 
colla  ordinazione:  sopra  questa  catena  in- 
dissolubile è  stabilita  la  perpetuità  della 
Chiesa  (F.).  A  Sorte  parlai  di  quella  che 
si  usò  nel  principio  della  Chiesa  per  e- 
leggeie  i  successori,  poi  condannata  dal 
diritto  canonico,  e  di  altre  specie  di  sorti. 
A  Suffraganeo  farò  la  distinzione, che  i 
Vescovi  suffragane!  in  parlibus  dati  per 
aiuto  agli  ordinari,  alla  morte  di  questi, 
i  successori  sono  tenuti  a  tenerli  finché 
sieno  trasferiti  ad  altra  chiesa  o  muoia- 
no; e  che  i  vescovi  in  parlibus  ausiliari 
concessi  per  le  chiese,  alla  morte  di  que- 
gli ordinari  cui  furono  dati  in  aiuto,  ces- 
seranno in  loro  quelle  facoltà  delle  quali 
erano  investiti.  Il  Nardi,  De parrochi  t. 
i,cap.  1 3, ragiona  de' vari  generi  di  suc- 
cessione, propria,  impropria  e  ad  nor- 
mam.  Egli  dice,  che  la  successione  pro- 
pria è  <|uella  (parlando  in  concreto  dei 
Vescovi  come  successori  degli  Apostoli) 
colla  quale  un  vescovo  che  regge  una  chie- 
sa è  successore  proprio  d'un  apostolo,  che 
fu  ili.°parlicolar  vescovo  della  medesi- 
ma: in  questo  senso  il  solo  vescovo  eli  Peo- 
nia, cioè  il  Papa,  è  in  oggi  successore  de- 
gli apostoli.  Successione  impropria  e  di 
comunicazione  è  quella  colla  quale  i  ve- 
scovi sono  in  1 .°  luogo  successori  degli  a- 
postoii,  in  senso  semplice  e  assoluto,  poi- 


3oo  SUC 

che  ambedue  le  digitila  ordinarie  degli 
apostoli,  cioè  la  vescovile  e  la  presbite- 
rale, sono  passate  e  comunicatea'vescovi; 
ed  in  2.°  luogo  sono  successoti  degli  apo- 
stoli, non  simpliciter  et  absolule,  ma  se- 
cundum  quid,  per  usare  un'espressione 
del  la  scuola,  coloro  che  sono  insigni  ti  del- 
la dignità  presbiterale, cioè  del  Sacerdo- 
zio semplice,  come  dice  ii  concilio  diTren- 
to, e  come  dicesi  comunemente,  la  quale 
seco  porta  la  podestà  di  consagrare  il  cor- 
po e  ii  sangue  del  Signore,  ossia  il  sacer- 
dozio minore  di  2.0  ordine,  come  diceva 
l'antichità.  La  3.a  successione  in  un  senso 
lettissimo  e  improprio,  e  dice  Nardi  an- 
che neppur  vero,  che  I'  antica  e  la  mo- 
derna chiesa  ha  sempre  chiama  lo  ad  for- 
marti, ad  nor inani,  come  vedesi  in  tutti 
i  monumenti  ecclesiastici  di  ciascun  se- 
colo. Questa  è  quella,  la  quale  per  un  cer- 
to modo  di  dire  si  attribuisce  al  prete  ri- 
guardo 3*72  Discepoli,  sia  egli  prete  ca- 
nonico o  parroco,  prete  secolare  0  rego- 
lare: in  somma  si  attribuisce  al  sacerdo- 
te minore.  Nel  t.  2,cap.  24,  discorrendo 
Nardi  de'  Careli unii  di  s.  romana  chiesa 
e  delle  loro  prerogative,  osserva  che  sino 
da'tempi  apostolici  fu  istituito  il  Presbi- 
terio, cioè  i  preti  e  diaconi  formanti  se- 
nato o  capitolo  vescovile,  e  di  quello  di 
Roma  più  espressamente  dichiarò  s.  Mas- 
simo, che  dagli  apostoli  gli  fu  attribuito 
il  comanda  re  a  Ile  al  tre  chiese.  Questa  era 
pure  l'opinione  de' Rostri  maggiori:  pare 
ch'essi  pensassero,  che  come  gli  apostoli 
furono  assistenti  e  ministri  al  divin  Re- 
dentore nella  sua  vita  mortale, e  a  s.  Pie- 
tro loro  principe  assistenti  e  consiglieri 
in  Gerusalemme  prima  della  loro  disper- 
sione pel  mondo;  così  i  cardinali  assisto- 
no e  aiutano  il  Papa  successore  di  s. Pie- 
tro nel  regime  dellaChiesa  universale,ed 
in  questo  succedono  agli  apostoli.  Oltre 
a  ciò  gli  apostoli  furono  vescovi,  e  sta- 
bilirono dopo  la  loro  dispersione  i  loro 
successori  per  tutto  l'orbe,  e  così  in  que- 
sta parte  nell'episcopato  succedono  i  ve- 
scovi. Che  cobi  si  pensasse  da  sommi  uo- 


S  U  C 

mini,  Nardi  lo  prova  co' seguenti  docu- 
menti. Neli23g  si  credevano  i  cardinali 
successori  degli  apostoli.comepuò  veder- 
si nel  contemporaneo  Matteo  Paris:  Fe- 
derico Il  imperatore,che  allora  regnava, 
credeva  altrettanto,  e  niuno  de'due  era- 
no certamente  appassionati  per  la  chiesa 
romana,  verso  la  quale  aveano  del  di- 
spetto, e  il  2.0  aperto  nemico  e  persecuto- 
re.Ciò  prova  che  questa  credenza  era  uni- 
versale.Il  dotto  epiissimoAgostinoTriou- 
fì,che  fiorì  nel  1280,  cioè  in  tempi  non 
sospetti  di  simili  questioni,  £)e/jote.s/.ecG7. 
ix,  art.  4>  p«  7  ',  dice  che  i  cardinali  di  s. 
romana  chiesa  succedonoagli  apostoli  nel 
i.°  indicato  modo,  e  nel  2.0  modo  succe- 
dono agli  apostoli  i  vescovi.  Per  questa 
ragione  Gersone  diceva:  «Status  stirami 
ac  sagri  collegii  dominorumCardinaliuui 
fonda tus  est  in  ecclesiastica  hierarchia 
immedietate  a  Cliristo,  nec  humana  in- 
stitutione  seu  praesumptione  potest  de- 
strui".  La  Sorbona  nel  i4i3  li  chiamò 
Successori  degli  apostoli  nel  t.°  indicato 
modo,  come  a  tale  anno,  m"  5,  e  all'anno 
i449>  n°  8  può  vedersi  Bell'  Annalista 
Punaldi.  Nell'islessoi4'  3  l'accademia  di 
Praga  teneva  la  medesima  dottrina,  e  che 
i  cardinali  fossero  successori  del  collegio 
apostolico.  Nel  concilio  di  Basilea  (di  cui 
riparlerò  a  Svizzera),  incominciato  nel 
l4.3i, si  espressero  nello  stesso  modo  il 
famoso  cardinalPietro  ù'Aylli,e  il  dotto 
Kalteisen  nella  sua  eloquente  orazione 
al  concilio,  il  quale  aggiunge  che  i  car- 
dinali sono  in  uno  stato  più  perfetto  dei 
vescovi,  perchè  la  perfezione  di  questi  sta 
nell*  obbligarsi  alla  cura  delle  pecorelle 
d'una  diocesi,  e  nel  voto  di  dare  anche 
la  vita  per  loro,  occorrendo;  laddove  i 
cardinali  si  obbligano  alla  cura  dellaChie- 
sa uni  versale,e  ad  esporre  la  vita  per  tut- 
ta la  Chiesa,  al  qual  fine  Innocenzo  IV 
die  loro  il  Cappello  rosso  per  rammen- 
tarsene. Così  pure  il  Pontano  disse  pub- 
blicamente in  detto  concilio,  che  i  cardi- 
nali di  s.  Chiesa  vices  tenentApos lolorum. 
Gli  apostoli, dice  egli,  principalmente  as- 


sue 

sistettero  Gesù  Cristo  avanti  la  di  lui  a- 
scensione,ed  in  questo  stato  erano  tra  lo- 
ro eguali:  Gesù  Cristo  esercitava  sola- 
mente in  terra  ogni  potere,  il  sommo  sa- 
cerdozio, edera  l'unico  pastore.  In  2. "luo- 
go gli  apostoli  assistettero  s.  Pietro  co- 
me 1  ."pastore,  avanti  che  tra  di  loro  si  se- 
parassero^ si  dividesseroda  s.  Pietro,clie 
presiedeva  loro.  In  questi  due  stati  i  car- 
dinali rappresentano  gli  apostoli.  Gli  a- 
postoli  poi,  secondo  il  precetto  di  Cristo 
di  andare  per  tutto  il  mondo  a  predica- 
re, sono  rappresentali  da'vescovi,  che  co- 
sì succedono  loro.  Quindi  dopo  aver  di- 
chiarato chiamarsi  Cardinali,  perchè  la 
chiesa  romana  è  cardine  delle  altre,  e  per 
mezzo  de'cardinali  è  governata  dal  Pa- 
pa la  chiesa  universale;  perciò  concluse, 
nella  chiesa  non  vi  è  dignità  maggiore 
della  loro.  Eugenio  IV  nella  bolla  Ad  u- 
nn'ersalis,  diceche  i  cardinali  rappresen- 
tano gli  apostoli  assistenti  a  Gesù  Cristo, 
di  cui  fa  le  veci  il  Papa,  ed  i  vescovi  rap- 
presentano gli  apostoli  dispersi  e  predi- 
cauti  pel  mondo.  E  adunque  naturale, 
che  rappresentando  i  cardinali  il  collegio 
apostolico  in  corpo,  abbiano  la  preceden- 
za per  lutto  il  mondo.  II  dotto  cardinal 
Paleotti,  De  concistorialibus  consulla- 
tionibus,  riconosce  i  cardinali  successori 
degli  apostoli.  La  stessa  opinione  mani- 
festarono Rinaldi,  Tomassini,  Berti  e  al- 
tri molti.  Iddio  istituì  il  Primato  (E.)  d'i 
governo  sopra  tutto  il  mondo:  questo  pri- 
mato non  si  può  esercitare  da  uno  solo 
senza  l'aiuto  di  cooperatori  residenti  ples- 
so il  medesimo,  che  lo  aiutino  e  consi- 
glino. Dunque  questi  cooperatori  da  tra- 
dizione apostolica  debbono  provenire  ;  o 
sia,  ciò  ch'è  anco  più  chiaro,  i  presbiteri! 
vescovilidebbouo  avere  in  genere  questa 
provenienza ,  come  si  vede  da'monumen- 
ti  apostolici,  e  da  s.  Ignazio  marlire,col- 
la  debita  proporzione  che  passa  da'eapi- 
toli  che  assistono  il  vescovo  per  una  par- 
ticolare diocesi,  al  sagro  collegio  che  as- 
siste il  Papa  pel  mondo  intero.  E  come 
i  capitoli  hanuo  la  giurisdizione  vescovi- 


S  IJC  3o  1 

le  mancando  il  vescovo,  i  cardinali  han- 
no la  pontificia,  mancando  il  Papa  (cioè 
al  modo  detto  a  Sede  apostolica  vacan- 
te), giacché  la  sede  apostolica  non  man- 
ca mai.  E  quest'ultima  prerogativa  è  di 
una  grandezza  tale,  che  non  è  possibile 
spiegare  con  parole  la  sublimità  del  sa- 
gro collegio,  al  riflesso  clie  assente  il  Pa- 
pa o  prigioniero,  rappresentano  la  Sede 
apostolica  ('  .),  morto  il  Papa  governa- 
no la  chiesa  universale  (tutto  come  di- 
chiarai a  Sagro  Collegio),  ed  i  cardinali 
sono  quelli  che  procedono  all'  Elezione 
del  successore,  cioè  il  Fica  rio  di  Gesù 
Cristo.  Il  regnante  Papa  Pio  IX,  nell'en- 
ciclica degli  8  dicembre  1  849,  invitò  l'e- 
piscopato cattolico  a  rammentare  a'  cri- 
stiani, che  s.  Pietro  il  principe  degli  apo- 
stoli vive  e  presiede  ne'  suoi  successori, 
la  cui  sublime  dignità  non  vien  meno  in 
suo  erede, avvegnaché  indegno.  Ed  inol- 
tre di  rammentare  ad  essi, che  Cristo  Si - 
gno0nostro  pose  nella  cattedra  aposto- 
lica di  s.  Pietro  I*  inespugnabile  fonda- 
mento della  sua  Chiesa;  che  consegnò  a 
s.  Pietro  le  chiavi  del  regno  de'  cieli;  e 
che  pregò  appunto  perchè  la  fede  di  lui 
non  si  spegnesse,  eche  gli  comandò  di  raf- 
fermare nella  fede  i  suoi  fratelli;  e  come 
perciò  il  romano  Pontefice  abbia  il  pri- 
mato sopra  tuttala  terra,esiail  vero  Vi- 
cario di  Gesù  Cristo,  il  capo  della  Chie- 
sa, e  il  padre  e  il  maestro  di  tutti  i  cri- 
stiani. 

Gesù  Cristo, capo  invisibile  della  Chie- 
sa, elesse  per  suo  vicario  e  capo  visibi- 
le il  principe  degli  apostoli  s.  Pietro,  che 
molti  scrittori  col  Barbosa,  Jur.  eccles, 
unii',  lib.  i,cap.i,  Desum.  Pont.  n.°iG; 
col  cardinal  Petra,  Comment.  in  Const. 
r3  Clementis  J'1,  t.  4>  m  3  e  6;  e  col  Pa- 
pa Clemente  XIII,  const.  Inexhauslum , 
de'3  settembre  1762,  chiamano  non  so- 
lo vicario,  ma  anche  Successore  di  Cri- 
sto. Ecco  le  paiole  di  Clemente  XIII:  E- 
xetnptocjue  suo  (Christus)  edocuit,  quid 
eos,  quos  in  gubernanda  catholica  cecie- 
siae  Successore* }  ac  T'ìcarìos  suos  in  ter- 


3o2  S  li  C 

ria  relinquebat,  in  Domino  facete  opor- 

teret.  Si  può  vedere  il  Ferrari,  Biblioth. 

Con.,  verbo  Papa.  L'irnmetliiitu  succes- 
sore ili  s.  Pietro  e  nell'anno  69 fu  Papa 
s.  Lino,  da  lui  liuto  coadiutore  per  lefuu- 
7Ìoni  delle  chiesedi  Roma,  come  riferisce 
Beda,  Hist.  Abbatum  fflìermutensiumj 
cioè  suo  vicario  nel  tempo  de' viaggi  che 
il  s.  Apostolo  fece  fuori  di  Roma. Gli  suc- 
cesse nell'anno  80  Papa  s.  Cleto,  il  quale 
d'ordì  ne  dis.Pielro  a  vea  ordinalo  2  5  pre- 
ti in  Roma,  onde  alcuni  credono  che  fu 
vescovo  coadiutore  del  medesimo  s.  Apo- 
stolo ne'sobborghi  di  Roma.  Fu  suo  suc- 
cessore nell'anno  q3  Papa  s.  Clemente  I, 
di  cui  alcuni  scrissero  che  il  i.'sommoPon- 
tefìce  s.  Pietro  lo  avea  eletto  a  proprio 
successore,  e  che  ciò  fu  riprovalo  dal  con- 
cilio d'Antiochia,  che  decretò  non  pote- 
re il  vescovo  eleggersi  il  successore,  de- 
creto che  la  Chiesa  poi  sempre  osservò  e 
non  il  (alto  di  s.  Pietro.  Ma  fra  quelli  che 
confutarono  tale  asserzione  vi  è  il  Brtiset- 
ti,  il  quale  nel  Discorso  della  sovranità 
liei  romano  Pontefice,  a  p.  60  la  rigetta 
dichiarando  il  fallo  non  certo,  basando- 
si la  pretensione  sopra  un'epistola  dello 
Messo s. Clemente  1  tenuta  per  apocrifa;  né 
essere  verosimileperchèqueslo  Papa  era 
santo  e  di  grande  umiltà,  e  se  pure  fu  un 
fatto,esso  non  fu  un  decreto  ex  cathedra  j 
opina  che  forse  lo  creò  sommo  peniten- 
ziere, volendo  egli  attendere  all'orazione 
e  alla  predicazione,  come  dichiarò  suoi 
elemosinieri  s.  Lino  e  s.  Cleto;  o  al  più 
non  fu  elezione,  ma  raccomandazione  al- 
la chiesa,  rappresentando  agli  elettori  le 
qualità  di  s.  Clemente  I  (cièche  poi  pra- 
ticarono que'successori  che  riferirò);  ed 
ancorché  l'avesseeletto  successore,  osser- 
va che  il  modo  e  la  forma  dell'Elezione 
del  Papa  (/".),  non  è  materia  concernen- 
te la  fede,  ma  il  governo,  onde  la  Chiesa 
potè  variare,  prima  eleggendolo  il  clero 
1  ornano  col  popolo,  poi  il  clero  solo,  e  fi- 
nalmente non  tutto  il  clero,  ma  i  perso- 
naggi eminentissicui  del  clero  o  sia  i car- 
dinali di  s.  Chiesa.  Abbiamo  poi  dalla  \i- 


suc 

tadi  s.  Clemente  I,  ch'egli  soltanto  fu  con- 
vertito e  battezzato  da  s.  Pietro,  cui  as- 
sistè come  fedele  diacono;  indi  da  esso  or- 
dinalo prete  e  poi  vescovo,  nel  qual  tem- 
po seguì  s.  Paolo  nelle  sin:  fatiche  apo- 
stoliche, il  quale  lo  chiamò  suo  coopera- 
tore. Fu  così  stretto  ai  due  ss.  Apostoli  e 
li  assistè  nel  loro  ministero  con  tanto  ze- 
lo, che  i  padri  gli  dierono  il  titolo  di  uo- 
mo apostolico  e  di  apostolo.  /Menni  con 
Tertulliano  crederono  che  s.  Pietro  lo  fa- 
cesse vescovo  delle  nazioni. per  predicar  il 
vangelo  in  varie  contrade;  altri  con  s.  E- 
pi  fan  io  fi  irono  d'avviso,  che  s.  Pietro  Io  fa- 
cesse suo  vicario  in  Roma, e  gli  conferis- 
se il  carattere  episcopale  a  (finché  potesse 
far  le  sue  veci,  quando  le  sue  molte  mis- 
sioni l'obbligavano  ad  assentirsene;  altri 
finalmente  ritengono,  ch'egli  potesse  es- 
sere vescovo  degli  ebrei  esistenti  in  R.o- 
ma.  Tutta  volta  il  Cenni,  Disserl.  eccles., 
diss.  2,p.  88, dice  che  s.  Clemente  1  ricu- 
sò di  succedere  immediatamente  a  s.  Pie- 
tro mio  maestro,  per  non  dare  occasione 
a'  vescovi  di  destinarsi  il  successore.  Atte- 
sta  s.AgostinOjZsnis/.  1  1  o,§  4e  2  ■  3,chenel 
32 5  il  1  ."concilio  generale  di  Nicea,  fatto 
celebrare  da  s.  Silvestro  1  ,  decretò  che 
niun  vescovo  potesse  eleggersi  il  succes- 
sore da  se  medesimo;  ma  nondimeno  al- 
cuni vescovi  essendosi  eletto  il  successo- 
re, Papa  s.  llaro  nel  concilio  romano  dei 
17  novembre  465  proibì  a'vescovi di e- 
leggcre  il  proprio  successóre,  come  può 
vedersi  nel  Labbé,  Concil.  t.  4>  p.  1060, 
e  già  riportai  nel  voi.  XXI,  p.  200.  Il  ci- 
tato Ferrari  parla  degli  autori  che  sosten- 
gono non  potere  il  Papa  eleggersi  il  suc- 
cessore, anzi  essere  nulla  questa  elezione, 
contro  Vittorio,  Bonaccina,  Suarez,  Va- 
squez  ,Turriano,Ledesma  e  altri.  Papa  s. 
Simmaco,    come  riferisco  nel  citato  voi. 
XXI,p.  200, nel  sinodo  che  celebrò  in  Po- 
ma nel  4o9j  ordinò  col  can.  Si  transilus 
Papae,a\\i:  vivente  il  Pontefice  non  si  po- 
tesse trattare  dell'Elezione  del  successo- 
re, sotto  pena  di  scomunica  e  privazione 
di  tulle  le  dignità.  Parlando  l'annalista 


s  u  e 

Rinaldi  a  tal  anno  n."6  de'canoni  fatti  da 
s.  Simmaco  nel  concilio  intorno  all'elezio- 
ne del  Papa,  per  reprimere  in  avvenire 
gli  ambiziosi,  riferisce  che  fu  severamente 
vietato  a'ehierici,  vi\  etile  il  Papa,  di  dai  e 
senza  suo  consiglio, giuramento  o  promes- 
sa di  voto,  ofue  alino  patto  per  l'elezio- 
ne del  successore;  e  che  a  eguali  pene  do- 
vesse soggiacere  elfi  fosse  convinto  d'aver 
ambilo  il  Pontificalo  (/".)  vivente  il  Pa- 
pa." Ancora  si  fece  decreto,  che  se  la  mor- 
te del  Pontefice  fosse  subitanea,  eh'  egli 
non  avesse  potuto  ordinare  niente  intor- 
no all'elczionedel  suo  successore,  si  doves- 
se coiiMigrare  quegli  che  fosse  stato  elet- 
to da  lutto  il  clero  o  dalla  maggior  parte; 
ma  per  tal  conveniente,  che  fosse  privalo 
del  grado  sacerdotale  chi  si  fosse  mosso  al- 
l'elezione non  con  retto  giudizio,  ma  se- 
dotto colle  promesse.  Ciò  che  si  dice  qui 
dell'elezione  del  futuro  Papa,  non  si  dee 
intendere  in  guisa,  che  i  Pontefici  si  fa- 
cessero i  successori;  ina  che  si  reputava 
per  modestia  essere  cosa  degna  della  se- 
de di  s.  Pietro  ricercare  il  parere  del  mo- 
netile Papa;  il  qual  parere  nondimeno 
si  esaminava  dal  clero,  e  con  voti  si  deci- 
deva sesidovea  ratificare.  Questo  decre- 
lo  si  sottoscrisse  da  72  vescovi  interve- 
nuti al  sinodo,  da  67  preti  di  Roma  e  da 
5  diaconi'.  Malgrado  il  decretato  di  s.  I- 
laro,col  (piale  si  garantisce  che  la  sede  pon- 
tificia non  diventi  mai  ereditaria,  narrai 
nella  biografia  di  Vigilio  e  articoli  rela- 
tivi, che  Papa  Bonifacio  11  goto,  rifletten- 
do che  eleggendosi  il  successore  avreb- 
be impedito  la  prepotenza  denominatili 
re  goti,  i  quali  si  studiavano  di  fere  i  Pa- 
pi a  loro  arbitrio,  nel  sinodo  di  Roma  del 
53o  dichiarò  per  suo  successore  nel  pon- 
tificato il  diacono  Vigilio,  al  quale  decre- 
to si  aggiunse  il  consenso  e  il  giuramento 
del  clero;  ma  ravvedutosi  del  mal  opera- 
to, contrario  alla  provvida  legge  di  s.  I- 
laro,  iu  un  allro  concilio  che  adunò,  alla 
presenza  del  clero  e  del  sena  lo  romano, 
ne  fece  una  solenne  ritrattazione,  per  a- 
ver  egli  violalo  i  s.  canoni,  principalmente 


SUC  3o3 

IStcrni,  e  offesa  la  libertà  de'sagri  comizi, 
colla  suddetta  elezione,  e  in  pari  tempo 
ne  fece  bruciare  il  decreto  che  prima  a- 
vea  sottoscritto  avanti  laconfessionedi  s. 
Pietro.  Narra  il  ricordalo  Rinaldi  all'an- 
no 53  1  ,che  Bonifacio  li  cedendo  alle  bri- 
glie di  Vigilio,  e  col  pretesto  che  i  goti  re 
d'Italia  iniquamente -si  usurpavano  l'ele- 
zione de'Papi,  con  biasimo  di  se  e  di  Vi- 
gilio questi  elevse  per  successore;  ma  poi 
in  allro  sinodo  annullarono  i  sacerdoti  il 
decreto  a  riverenza  della  s.  Sede  e  come 
conlrarioa'canon'nBonifacio  II  si  confes- 
sò reo  di  maestà,  perocché  egli  aveacon 
decreto  soltoscrillo  di  sua  mano  avanti 
la  confessione  di  s.  Pietro,  fitto  suo  suc- 
cessore Vigilio,  e  avvampò  il  medesimo 
decreto  ne!  cospetto  di  tulli  i  sacerdoti, 
del  clero  e  del  senato.  Quanto  alla  colpa 
di  lesa  maestà,  tale  poteva  reputarsi  dai 
goti,  per  essere  ciò  conilo  il  volere  del 
loro  principe,  iniquo  usurpatore  dell'e- 
lezione del  sotnmoPontefice.Nota  inoltre 
Rinaldi,  che  sebbene  Bonifacio  II  si  pur- 
gò da  ogni  difetto  commesso  intorno  al- 
l'elezione del  successore,  nientemeno  Id- 
dio a  esempio  d'altri  prestamente  lo  tol- 
se da  questa  vita,  morendo  nell  islesso  an- 
no. Dipoi  nel  535  Papa  s.  Agapito  I  ri- 
provò e  cassi)  l'atto  di  Bonifacio  II,  per- 
chè erasi  eletto  il  successore  al  pontifica- 
to, come  testifica  Anastasio  Bibliotecario 
nella  sua  vita.  Quando  Vigilio  s'intruse 
nel  pontificalo,  vivendo  Papa  s.  Silverio, 
nella  scomunica  che  questi  pronunziò 
contro  di  lui  gli  disse:  Perchè  ti  sforzasti  a 
tempo  di  Bonifacio  II  di  santa  memoria 
di  farli  eleggere  Pontefice,  vivendo  esso, 
se  non  ti  si  fosse  opposto  l'amplissimo  se- 
nato. Dopo  la  morte  di  s.  Silverio,  il  cle- 
ro romano  pel  desiderio  della  pace  rico- 
nobbe Vigilio,  diesi  cambiò  in  Inll'altro 
da  quello  ch'era  prima.  Ricorderò  anche 
qui,  che  Bonifacio  III  del  607  nel  sinodo 
di  Roma  ordinò  sotlo  pena  di  scomuni- 
ca, che  non  si  convenisse  per  l'elezione  del 
Papa,o  di  qualunque  allro  vescovo,se  non 
passali  3  giorni  dopo  la  morte  del  pie- 


3o4  sue 

decessore,  epoca  die  dipoi  fu  abbreviata 
o  protratta  dagli  elettori  e  da' l'api,  a  se- 
conda delle  circostanze  de'lempi,  diche 
ragionai  a  Elezione,  Conclave  e  nelle  bio- 
grafie de'Papi.  Restando  proibito  a'Papi 
di  creare  il  successore,  è  bensì  accaduto 
qualche  volta,  che  il  Papa  sul  punto  di 
inorile,  nel  raccomandare  a'sagii  eletto- 
ri un'ottima  scelta  del  futuro  Pontefice 
successore,  con  semplice  raccomandazio- 
ne proponesse  o  designasse  qualche  in- 
signe e  sperimentalo  soggetto,  degno  di 
riempile  un  tantoemineuteluogo;ecome 
quello  che  conosceva!  bisogni  de'tempi 
e  della  Chiesa,  e  insieme  i  soggetti  op- 
portuni, propose  quelli  che  giudicava  più 
idonei  a  vantaggio  della  s.  Sede  e  per  la 
maggior  gloria  di  Dio.  Ne  riporterò  di- 
versi esempi,  ed  alcuni  pure  in  cui  si  usò 
da'sagri  elettori  per  formola  d'elezione, 
s.  Pietro  elegge  N.  per  successore,  ossia 
per  acclamazione,  che  fu  uuode'modi  per 
YElezione  del  Papa,  come  dichiarai  in 
quell'articolo.  Nella  biografia  di  s.  Gre- 
gorio fll}e  nel  voi.  XXI,  p.  2 1  8  nar- 
rai, che  nel  i  07  3,senza  che  vacasse  la  se- 
de e  appena  morto  Alessandro  11,  fu  elet- 
to Papa  il  celeberrimo  cardinal  Ildebran- 
do, che  pi  ese  il  nome  di  Gregorio  VII,  per 
la  generale  acclamazione  con  cui  il  clero 
e  popolo  romano  gridava:  S.  Pietro  eleg- 
ge Ildebrando:  s.  Pietro  lo  vuole  suo  sitc- 
re«ore.Questo  gran  Papa  pregato  da'ear- 
diriali  3  giorni  prima  di  morire,  di  sugge- 
rir loro  ne'tempi  calamitosi  in  cui  vivea- 
110  per  le  persecuzioni  d'Enrico  IV, chi 
fosse  degno  di  succederIo,Gregorio  VII  li 
esorlò  ad  eleggere  uno  de'  3  cardinali  che 
designò(LeoneOstiense  vi  aggiunge  s.  An- 
selmo vescovo  di  Lucca,  a  cui  il  Papa  a- 
gonizzante  mandò  in  dono  la  sua  mitra, 
nel  caso  che  i  cardinali  non  accettassero), 
cioè  Cuatitlonom  lardi  Urbano  11,0  Ugo 
di  Die,o  Desiderio ;e  siccome  i  due  primi 
erano  lontani  e  fuori  d'Italia,  così  racco- 
mandò particolarmente  Desiderio  ch'era 
presente,e  benché  per  poco  tempo  avreb- 
be occupalo  la  s.  Sede,  come  si  verificò. 


sue 

I  cardinali  l'ubbidirono,  ma  la  virtuosa 
ripugnanza  di  Desiderio  ne  tardò  un  anno 
reueUuazione.costringendoload  accetta- 
re il  pontificato  (a  Rinunzia  del  fonti 
ficato  parlo  di  quelli  che  la  fecero  e  dei 
renitenti  ad  accettarlo)  a'24  maggio  1086 
e  col  Nome  (V.)  di  nuore  III  òa  loro 
impostogli.  Nelle  indicale  biografie  nar- 
rai l'ambizione  del  cardinal  Ugo  di  Die, 
che  agognando  il  papato  commise  inde- 
gne azioni.  Nel  1087  assalito  Vittore  III 
da  un'infermità, si  recò  a  Monte  Cassino, 
di  cui  aveva  ritenuto  l'abbazia.  Prossimo 
a  morire,  i  cardinali  lo  pregarono  di  ad- 
ditar loro  chi  dovessero  dargli  per  succes- 
sore, ed  egli  propose  il  cardinal  Chatil- 
lon  già  designato  dal  predecessore, dicen- 
do loro:  Eleggetelo  e  ordinatelo  Ponte- 
fice della  chiesa  romana,  e  per  poterlo  fa- 
re vi  do  in  tutto  le  mie  veci.  Tanto  rac- 
conta Leone  Ostiense,  ma  ilsuocommen- 
tatore  p.  della  Noce  riferisce:  Che  Vitto- 
re III  dièa'caidinali  la  facoltà  di  eleggere 
il  successore  agonizzante,  onde  per  quel 
poco  tempo  che  gli  restava  di  vita  si  spo- 
gliò del  pontificalo,  affinchè  fosse  fatta 
la  legittima  elezione  del  successore,  te- 
mendo uno  scisma  imminente(sia  pel  per- 
secutore Enrico  IV,  sia  pel  suo  fautore 
antipapa  Clemente  VII  eletto  contro  il 
predecessore);e  così  spirare  più  tranquillo 
e  più  sicuro  che  non  insorgesse,  con  ve- 
dere esaltato  un  ottimo  successore.  Tut- 
tavoltail  cardinal  Chatillon  per  la  sua  ri- 
pugnanza e  per  gl'impedimenti  frapposti 
da  Enrico  IV  e  da'fautori  dell'antipapa, 
solo  dopo  5  mesi  e  2  5  giorni  di  sede  va- 
cante^' 1  2  marzo  1  088  fu  elettoPapa  Ur- 
bano II  ,g\  usti  ficando  col  suo  glorioso  pon- 
tificato  la  designazione  dis.  Gregorio  VII 
e  di  Vittóre  IN.  Anche  Urbano  II  nel  1099 
prima  di  morire  raccomandò  per  bene  di 
s.  Chiesa  che  fosse  creato  successore  il  car- 
dinalRaniero,il  quale  dopo  1  5  giorni,  con- 
tro sua  voglia  fu  acclamato  Papa,  gridan- 
do tutti  ue'sacri  comizi:  S.  Pietro  lo  vuole 
suo  successore  fi  prese  il  nome  ò\  Pasquale 
//.Indi  Gelasio  11  che  gli  successe,moren- 


sue 

(lo  a'29  gennaio  1 1  19  in  Clugny,  calda- 
mente raccomandò a'cardinali  ivi  presen- 
ti di  dargli  per  successore  il  tedesco  car 
dinal  Conone  d'Urach  vescovo  di  Pale- 
Élrìna  (V.)e  legalo  apostolico.  Ma  il  vir- 
tuoso Conoue  per  sottrarsi  dal  peso  del 
pontificato,  allegò  la  propria  debolezza  e 
il  bisogno  di  spalle  migliori  per  sostene- 
re l'afflitta  Chiesa, ancora  lacerata  per  le 
gravi  differenze  fra  il  sacerdozio  e  l'im- 
pero, consigliando  i  6  cardinali  colleghi 
ch'erano  in  Clugny  ad  eleggere  invece  il 
cardinal  Guido  di  regio  sangue,e  così  con- 
tribuì alla  sua  elezione,onde  assunse  il  no- 
me di  Calisto  II,  dopo  che  la  conferma- 
rono i  cardinali  restati  in  Pioraa.  11  sum- 
mentovato  Brusetti,  parlando  di  s.  Pie- 
tro, e  dicendo  che  quanto  all'operato  per 
s.  Clemente  I  perchè  gli  succedesse,  non  fu 
elezione,ma  raccomandazione  allaChiesa, 
rappresentando  agli  elettori  le  sue  quali- 
tà, aggiunge  che  un  caso  simile  si  veri- 
ficò neh  1  ig  quando  Gelasio  II  co'car- 
dinali  presenti  designò  l'elezione  del  suo 
successore,  che  dopo  la  di  lui  morte  fu  a- 
dempiuta.  Osserverò  quanto  a  Conone  di 
Urach  sì,  non  per  Calisto  II,  che  fu  invece 
propostodal  designato  da  Gelasio  II.  Nel- 
lo scisma  insorto  nel  1  i5c)  nell'elezione 
d' Alessandro  III,  fu  intruso  l'antipapa 
Vittore  Vt  i  cui  fautori  Io  condussero  al 
palazzo  apostolico,  esclamando  secondo  il 
solito:  Papa  fitlore  s.  Pietro  l'elegge.  E 
qui  dirò  che  in  simile  modo  e  colla  stes- 
sa acclamazione  nel  768  era  stato  eletto 
l'antipapa  Filippo, e  che  descrissi  nel  voi. 
XI II,  p.  73.  Neh  198  vicino  Celestino  III 
a  rendere  l'anima  a  Dio,  per  la  somma  e- 
slimazione  che  faceva  del  cardinal  Gio- 
vanni Colonna  prete  di  s.  Prisca,  dichia- 
rò a'cardinali  che  avrebbe  rinunziato  al 
papato,  se  gli  sostituivano  per  successore 
il  cardinal  Colonna;  ma  i  cardinali  non 
\i  acconsentirono,  dicendo:  ch'era  cosa 
inaudita  che  il  Papa  deponesse  se  stesso. 
Dopo  la  sua  morte  invece  gli  dierono  a 
successore  il  magnammo  Innocenzo  III. 
Neh5o3  Alessandro  VI, prossimo  a  pa- 

VOL.  LXX. 


SUC  3o5 

gare  l'umano  tributo,  esortò  i  cardinali 
a  non  eleggere  in  successore  il  cardinal 
della  Rovere  ritiratosi  in  Francia  per  le 
differenze  tra  loro  avvenute.  Ma  il  car- 
dinale ,  nou  ostante  siffatta  Esclusiva 
(del  quale  argomento  riparlai  a  Sagro 
Collegio),  dopo  la  morte  di  Pio  III, che 
visse  soli  26  giorni,  fu  creato  Papa  col 
nome  di  Giulio II.  Egli  fu  grande,  ed  e- 
mauò  una  bolla  contro  !a  Simonia  (V.)t 
annullando  l'elezione  del  Papa,  se  fosse 
seguita  simoniaeameiite,  e  depouendo  t 
cardinali  che  vi  avessero  contribuito.  A- 
dunatosida  alcuui  cardinali  ribelli  il  con 
ciliabolo  di  Pisa  contro  Giulio  II,  questi 
gli  oppose  il  concilio  generale  di  Lacera- 
no Vj  però  caduto  inalato,  adunato  il  s. 
collegio,  dichiarò  spettare  ad  esso  soltan- 
to dare  a  lui  il  successore,  e  non  a'padrj 
del  concilio  di  Lalerano;  poter  esso  ac- 
cordare il  diritto  del  suffragio  a'cardinali 
assenti,  non  agli  scismatici  autori  della 
pseudo-congrega  e  da  lui  deposti,  e  sog- 
giunse: Come  Giuliano  della  Piovere  li 
perdono  colla  sincerità  del  mio  cuore;  co- 
me Giulio  II  capo  della  Chiesa,  io  debbo 
vendicarne  i  diritti,  e  gli  escludo  dall'in 
tervenire  alla  scelta  del  mio  successore. 
Provveduto  all'elezione  delPapa  futuro, 
rese  l'auima  al  Creatore.  Le  rarequalità 
del  cardinal  Farnese,  fecero  esclamare 
Clemente  VII  vicino  a  morire:  Se  il  pon- 
tificato si  conferisse  per  eredità  io  nomi- 
nerei nel  mio  testamento  il  cardinal  Far- 
nese per  mio  successore.  Passati  1 7  giorni 
dalla  sua  morte, i  cardinali  a'i3  ottobre 
i534>  per  ispirazione  e  con  ischedule  a- 
perte,crearono  Papa  il  cardiual  Farnese, 
che  si  chiamò  Paolo  777,  di  gloriosa  ri- 
cordanza. Dipoi  Paolo  III  ricusò  di  cede- 
re a'consigli  e  alle  persuasive  del  cardi- 
nal Francesco  Pisani,  che  Io  stimolava  a 
designare  al  sagro  collegio  il  successore. 
Soltanto  raccomandò  caldamente  all'au 
torevole  suo  nipote  cai  dinal  Alessandro 
Farnese  e  capo  di  molti  cardinali  da 
lui  creali, di  procurare  ad  ogni  costo  che 
alla  sua  morte  fosse  eletto  successore  il 
20 


3o6  SUC 

cardinal  Nicolò  Ridolft,  non  conoscendo 
soggetto  più  degno  di  lui  pel  governo  del- 
la Chiesa;  ma  essendo  in  conclave  morì 
nello  stesso  giorno  in  cui  i  cardinali  avea- 
110  destinato  di  sublimarlo  al  triregno,ed 
in  suo  luogo  elesseroGiulio  III. Nel  i558 
Paolo  IV  emanò  la  bolla  Cum  secundum, 
de'  1 6  dicembre,  Bull,  Rom.  t.  4>  pai'- 1  -a, 
p.347>  amplialiva  del  decreto  di  s.  Sim- 
maco, dichiarando  i  refrattari  rei  di  lesa 
maestà  di  i  /classe:  Contro,  ambientesPa- 
■p alani ,  aut  Papa  vivente, eoque  incon- 
sulto, iractantes  de  eligendo  futuro  Pon- 
tificete corina  complices  et  f autor es.\y\o 
IV  avendo  inteso  vociferarsi,  nella  sua 
grave  malattia, che  nel  concilio  di  Tren- 
to, che  allora  celebra  vasi,  verrebbe  elet- 
to il  successore,colla  bolla  Prudentis, dei 
2.1  settembre 1 56 1 ,  Ballar,  t.  4>  par.  2, 
p.  90,  determinò  che  in  Roma  soltanto  si 
potesse  fare  l'elezione  del  Papa,  e  questa 
da'soli  cardinali.  Quindi  Pio  IV  esponen- 
do a'cardinali  in  concistoro  la  sua  vec- 
chiezza, disse  loro  :  Saper  bene  che  sotto 
1'  antecessore  Paolo  IV  erasi  agitata  la 
questione:  se  ilPontefice  potesse  eleggersi 
coadiutore  con  futura  successione  al  pa- 
pato, e  che  alcuni  avevano  sostenuta  la 
sentenza  affermativa,  la  quale  egli  però 
rigettava  come  falsa,  anzi  voler  dichia- 
rare con  bolla  che  il  Papa  non  lo  poteva 
fare,  neppure  col  consenso  de'cardinali. 
Laonde  l'effettuò  colla  bolla  de' 18  gen- 
naio 1 565,  ch'è  la  63  del  Bull.  Rom.  t.  2, 
del  Cherubini, come  vuole  Novaes;  e  rin- 
novando la  legge  di  s.  Ilaro,  convalidata 
da  Bonifacio  II,  ordinò  che  il  Papa  non 
potesse  eleggersi  il  successore,  né  il  coa- 
diutore,sebbene  in  ciò  convenissero  i  car- 
dinali di  s.  romana  chiesa.  Vedasi  il  Dia- 
na, Oper.  par.  io,tract.  5,Depotest.Pont. 
elig.  subsuccessor.  Prospero  Fagnani  par. 
2,  Primi  decretai,  cap.  Accepimus  ,dePa- 
clis  n.°i6,  e  la  bolla  In  eligendis,  de'g 
ottobrei562,  Bull.  Rom.  t.  4> par.  2>P- 
i45.  Neh  5gr  aggravandosi  l'infermità 
da  cui  era  molestato  Gregorio  XIV, fece 
chiamare  tutti  i  cardinali  al  suo  lettole 


S  U  C 

dopo  aver  procuralo  colle  lagrime  più  che 
con  parole  di  persuaderli  di  sua  inalidi- 
ta pel  governo  della  Chiesa,  accresciuta 
dal  male,  li  pregò  ad  eleggere  il  succes- 
sore mentre  vivea.  Non  acconsentendo  il 
sagro  collegio  a  siffatta  novità,  l'esortò  il 
Papa  a  scegliere  dopo  la  sua  morte  sen  - 
za  indugio  e  senza  contese  un  ottimo  e 
degno  successore,  che  certamente  avi  eb- 
be riparato  gli  errori  ch'erano  nel  cristia- 
nesimo. Di  questa  commovente  allocuzio- 
ne il  cardinalAgostino  Valerio  scrisse  l'e- 
legante opuscolo: De  ultimo  sermoneGre- 
gorii  XIV .  Nel  ricevere  Gregorio  XV  per 
l'ultima  volta  i  ss.Sagramenti.pregò  con 
fervore  gli  astanti  di  aiutarlo  colle  loro 
orazioni  in  quel  punto  estremo;  e  disse  ai 
cardinali  presenti,  che  moriva  consolato 
nella  ferma  speranza, che  il  successore  a- 
vrebbe  riparato  a'bisogni  della  repubbli- 
ca cristiana,  ritenendo  non  potersi  eleg- 
gere alcuno  che  non  fosse  più  degno  di 
lui.  Innocenzo X  nel  1 655  vicino  a  morte 
fece  entrare  nella  sua  stanza  i  cardinali, 
raccomandò  loro  laChiesa  e  la  buona  scel- 
ta del  successore,  ne  lodò  parecchi. e  sopra 
tutti  il  cardinal  Chigi, mostrando  deside- 
rio che  gli  fosse  sostituito,  e  chiese  perdo- 
no a  tutti,  come  leggo  in  Cancellieri,  Mer- 
cato^. 1 14-  11  cardinal  Chigi  fu  di  fatto 
eletto  Papa,  e  prese  il  nome  di  Alessan- 
dro VII.  Neh  689  il  ven.  Innocenzo  XI, 
che  assunse  questo  nome  per  compiacere 
il  cardinal  Alderano  Cibo,  assistito  nel- 
1'  agonia  giusta  il  costume  dal  cardinal 
Penitenziere  maggiore  (V.),  da  questi  fe- 
ce dire  al  sagro  collegio  radunato  nelle 
pontificie  stanze,  che  Io  pregava  con  ar- 
dore a  dargli  un  successore  meglio  di  lui, 
e  che  ne  correggesse  gli  errori,  e  perciò 
credere  opportuno  che  gli  succedesse  il 
cardinal  Cibo  segretario  distato;  ma  iu 
vece  lo  fu  Alessandro  Vili.  A  Orazione 
per  l'elezione  de'  Pohtefici  ragionai  di 
essa,  che  si  fa  al  sagro  collegio  prima  di 
entrare  in  conclave,  per  l'ottima  scella 
del  successore  al  Papa  defunto  ed  a  s. Pie- 
tro. AU'arlicolo  Profeta  parlai  pure  del- 


s  u  e 

le  profezie  sui  Papi  e  de'presagi  di  molti 
cardinali  pel  pontificato,  fra'quali  quelli 
fatti  da'predecessori  per  i  successori.  In 
arabo  il  vocabolo  Califfo  significa  succes- 
sore, erede,  vicario,  ed  è  per  questo  che  il 
successore  di  Maometto  prese  il  nome  di 
Califfo, e  fu  portato  ancora  da'snccessori, 
il  che  rilevai  nel  voi.  LXI,  p.  8g. 

S  UCC  l  NTO  R I 0,Sulcinciorium,Suc- 
cìnctorium.  Ornamento  sagro,  proprio 
del  solo  sommo  Pontefice,  che  adopera 
soltanto  quando  celebra  solennemente  la 
messa;  specie  di  Manipolo  (/".)  che  porta 
sul  Camice (t'.)i\\  fianco  sinistro, cingen- 
dosi sotto  l'altro  Cingolo{F.)  usuale, per 
cui  dicesi  ancora  Sul-Cingulus}ed  è  del 
colore  e  della  specie  di  drappo  degli  al- 
tri paramenti  sagri,  e  co'medesimi  rica- 
mi d'oro. Si  chiama  puvePraecinctorium, 
come  trovo  ne\V  Onomasticon  Rituale  del 
Zaccarìa,il  quale  lo  definisce:  Praecinclo- 
rhtm,  quod  Sub-  Ciri gulum,  si  ve  Subcìn- 
ctorium,  instar  parvi  flJanipuli  est  e  si- 
nistro latere  pendens.  Eo  unus  Romanus 
Ponlifex  utitur,dum  solemniter  celebrat 
praeterquam  in  dieParasceves.  Il  che  av- 
vertì pure  Magri,  Notizia  de 'vocaboli  ec- 
clesiastici, verbo  Cingulum,  con  dirci:  Il 
subei ngulo  o  succintorio,  oggi  appresso 
i  Ialini  non  è  in  uso,  solamente  l'adopra 
il  sommo  Pontefice  romano  celebrando 
solennemente, ed  è  in  forma  d'un  piccolo 
manipolo  attaccato  al  fianco  sinistro,  di 
cui  si  fa  menzione  nel  Ceremonialt  Pa- 
pale con  queste  parole.  Primum  cingu- 
Iocuoj  Succinclorio  in  partesiuistra  pen- 
dente. Quale  non  adopra  nel  venerdì  san- 
to ,  nel  caso  che  celebrasse.  Deinde  per 
diaconum  et  subdiaconum  paratur  con- 
suetis  paramentis  ,  exceptis  sandalis,  et 
Sulcinctorio,  fa  none  e  tchirotecis.il  mae- 
stro delle  ceremouie  pontificie  Chiappo- 
ni, Ada  canonizationis  ss.,  descrivendo 
quella celebratada  Clemente  XI, e  il  mo- 
mento che  assunse  i  paramenti  pontifi- 
cali, a  p.  227  ecco  come  si  esprime.  Por- 
ro diaeonus  Cardinalis  minister,  post  e- 
xutuQi  Poutificem  mitra,  pluviali, etsto- 


S  U  C  3o7 

la,  eundem  praecinx.it  Subcìnclorio  (c\m 
nell'indice  chiama  Succinciorium),  cin- 
gulo  scilieet,  ex  quo  appensus  excurrit, 
vediti  quidem  alter  manipulus,  in  quo  vi- 
situr  Agnus  cum  rubea  crucephrygio  o- 
pere  pictus,  quique  itaaptatur,  ut  sopra, 
sinistrum  defluat  Pontificis  femur.  Ciò 
conferma  Cancellieri  nella    Descrizione 
de' tre  Pontifica li,  che  celebra  il  Papa, di- 
cendo: che  dopo  aver  il  Papa  deposta  la 
stola, il  cardinal  diacono  prende  dalle  ma- 
ni dell'accolito  votautedi  segnatura  il  cin- 
golo col  succintorio,  che  anticamente  ser- 
vi va  per  sostenere  la  borsa  detta  saccone, 
che  portava  perfarelemosina,dacui  pen- 
de come  una  specie  di  manipolo,  nel  qua- 
le è  ricamato  un  Agnello  con  una  croce 
rossa,  e  ne  cinge  il  Papa  sotto  l'altro  cin- 
golo usuale,  io  maniera  che  il  succinto- 
rio resti  alla  di  lui  sinistra.  Perciò  il  Ma- 
gri parlando  del  significato  del  succinto- 
rio, riferisce  simboleggiare  l'alletto  e  ar- 
dente desiderio  di  far  larga  limosina.  Per 
hoc  eleraosynarum  studium  accipitur, 
scrisse  Onorio  Augustodunense  nel  libro 
Gemma  Animae,  cap.  206  :  De  antiq. 
ril.  Miss.  lib.  1,  ove  chiama  questo  sagro 
vestimento  Perizoma.  A  questo  vocabo- 
lo, Magri  lo  dice  voce  greca  e  propriamen- 
te significa  cingolo  intorno  a'iombi  e  an- 
che qualsivoglia  tonaca.  Ne' voi.  V,  p.  72, 
I X,  p.  1 8,  XXI,  p.  1 57,  non  solo  parlai  del 
come  il  Papaassumequest'indumento  so- 
lo a  lui  proprio,  e  detto  pure  Balteoj  ma 
con  Moretti  spiegai  non  meno  che  servi- 
va a  sostenere  la  borsa  o  saccone  che  il 
Papa  portava  per  fare  l'elemosina,  e  di- 
chiarai che  l'azione  che  si  fa  dal  protono' 
lario  di  sostenere  alquanto  alzata  al  Pa- 
pa  una  parte  della  fimbria  sinistra  del 
manto,  nell'atto  che  comparte  la  benedi' 
zione  apostolica,  può  forse  ricordare  l'a- 
zione di  sollevar  la  borsa  o  saccone,  che 
avea  luogoquandoilPapal'usava,  la  qua- 
le probabilmente  recava  qualche  impe- 
dimento col  suo  peso  all'alzamento  delle 
braccia,come  anticamente  pratica  vasi  col- 
la Pianeta^.),  massime  neW  ostensione  o 


3o8  S  U  C 

elevazione r,per  cui  in  tali  e  altre  azioni  tut- 
tora si  usa  pei  memoria. ErròGiacomoVi- 
sconti,  nel  confondere  il  succintorio  col 
Grembiale^.)  de'vescovi,e  lo  rilevarono 
Zaccaria  citato,ed  il  vescovoSarnelIi  nelle 
Lettere  ercles.,  1. 1  o,lett.  1 8:  Che  cosa  sia 
succintorio.  Anch'esso  lo  qualifica  uno 
degli  abiti  sagri  del  Pontefice,e  riporta  le 
parole  di  Durando.  Est  Subcingulum  il- 
lnd,  quod  dependet  a  cingulo,  quo  stola 
Pontificis  cuin  ipso  cingulo  colligatur. 
Laonde  il  succintorio  è  un  sotto  cingolo, 
il  perchè  Gavanto  rimprovera  que'sacer- 
iloti  che  con  portare  il  cingolo  pendente 
da'fianchi,  usurpano  un  paramento  pon- 
tificale. Il  p.  Bonanni,  La  Gerarchia  con- 
siderata nelle  vesti  sagre,  cap.  67  :  Del 
succintorio,  riporta  la  testimonianza  del 
cardinal  Jacopo  Gaetaui  Stefaneschi,mor- 
to  verso  ili  343,  che  nel  suo  ceremonia- 
Je  o  ordine  romano  cap.  48  ne  parla  co- 
me ornamento  usuale  del  Papa  ne'solen- 
fii  pontificali  della  messa:  Cingulum,  cu  in 
Snbcinclorio  quod  habet  similitudinem 
M amputi,  et  dependere  debet  a  cingulo 
in  sinistra  parte  ...elAlanipulum.  Lo  stes- 
so dichiara  il  cardinal  Bona,  Rer.  lilurg. 
rap.  24,  ma  notando  che  anticamente  ta- 
le ornamento  era  comune  a'sacerdoti,  e 
cita  il  Rituale  della  Messa  tradotta  dal- 
la lingua  illirica,  ove  si  chiama  Praecin- 
ctorìutii.  Aggiunge,  che  nel  ricordato  li- 
bro Gemma  animae  è  detto  Sub  cinga- 
lum,siveSubcinctorium;  e  che  s.  Girola- 
mo nella  sua  Theoria  lo  chiamò  Etichi- 
tinnì,  dicendo  significarsi  inquello  losciu- 
gatoio,  zona  linteum,  con  cui  Pilato  a- 
sciugossi  le  mani  quando  non  volle  con- 
dannare Gesù  Cristo.  Oltre  questo  signi- 
ficato, scrisse  Balsaruone,  De  jure  greco 
romano,  lib.  1,  essere  nel  succintorio  fi- 
gurato lo  sciugatoio  con  cui  il  B_edenIo- 
re  si  cinse  nella  Lavanda  de' piedi  (^*.) 
che  fece  agli  apostoli.  Simeone  Tessalo- 
nicense  nel  Rituale  asserì  simboleggiare 
la  spada  evangelica  propria  de' vescovi;  e 
lo  stesso  riconobbe  Cabasilla  nel  Glossa- 
ftum,  dicendo:Figara  rompitene  circum- 


sue 

dat  illum  Genitale  appellatimi,  quod  in 
forma  Gladii  efFormatum  est.  Però  av- 
verte Magri, che  questo  significato  accen- 
na piuttosto  il  luogo  ove  si  porta,  che  la 
figura  di  esso,  poiché  l'usato  da'  greci  è 
di  forma  quadra  d'un  palmo  e  mezzo  cir- 
ca largo  da  ogni  lato,  che  legasi  in  un  an- 
golo e  pende  verso  le  ginocchia  dell'an- 
golo opposto,  e  nella  parte  piana  suole 
esservi  espressa  l'immagine  d'un  serafl- 
no,con  allusione  a  quello  da  cui  e  conispa- 
da  di  fuoco  si  custodiva  il  paradiso  ter- 
restre j  onde  quando  si  adatta  al  fianco 
dal  vescovo  dicesi,  col  salmo  44:  Accin- 
gere gladio  tuo  super  femur  tuum.  Del 
Subgenuale  proprio  de' vescovi  greci  e  da 
loro  ancora  usato,  ed  anche  da'parrochi, 
ec,  e  de'suoi  diversi  significati,  parlai  nel 
voi.  XXXII,  p.  146.  Inoltre  il  p.  Bonanni 
riporta,  che  alcuni  stimarono,  nel  succin- 
torio ricordarsi  la  veste  interiore  del  som- 
mo sacerdote  degli  ebrei ,  detta  nella  s. 
Scrittura  Foemoralia,  e  da  Dio  ordina- 
ta, non  già  perchè  sia  fatto  ad  esempio 
di  quella,  ma  solamente  per  rinnovarne 
la  memoria  come  figura.  Che  nel  succin- 
torio può  riconoscersi  la  veste  del  som- 
mo sacerdote,  l'affermò  eziandio  s.  Ago- 
stino, De  Ch'itale  Dei  lib.  3.  Un  simile 
equivalente  ornamento  usano  i  vescovi 
greci,  facendone  menzione  il  mentovato 
Tessalonicensealcap.7  pressoMorino,De 
sacr.  orditi,  p.  128  (il  quale  rigetta  l'eti- 
mologia su!  succintorio  iu  ventata  dal  pre- 
dicante eretico  Suvcinger  nel  suo  Hido- 
porico  cap.  62, lib.  2),  parlando  dell'or- 
dinazione del  vescovo.  Electus  autem  in 
secretarlo  sese  vestis,  et  Supergeniculare 
sibi  circumponit.  Che  perciò  Balsamone 
dice  ch'era  solamente  conceduto  a'vesco- 
vi,e  condanna  l'abuso  de'greci  per  aver- 
lo lasciato  usare  agli  abbati  e  ad  altri  in- 
fevìori.Sacral\s&ìmorumEpiinaniciorumt 
et  Epigonalionum  amictus  solis  episcopis 
concessus  est  tnmquam  figurato  Domini, 
et  servatoli  nostri  Dei  Jesu  Christi  geren- 
tibus.  Sul  vocabolo  Epimanicion,  notò 
Magri  significarsi  il  manipolo,  e  in  quel- 


sue 

lo  d'Epigonatìon  il  succintorio,  che  pres- 
so i  greci  è  fatto  in  forma  di  borsa  e  da 
essi  chiamato  6iipergeniale}ed  è  adope- 
rato nelle  messe  da'vescovi  e  da  altre  di- 
gnità ecclesiastiche  nel  fianco  destro.  Il 
Sarnelli  lo  dice  della  forma  del  corpora- 
le, e  lo  chiama  con  voce  greca  Hypogno- 
tion,  cioè  Sitpergenuale. 

SUCCOLLETTORE ,  Subcolleclor, 
Collettore  è  colui  che  raccoglie  e  riscuo- 
te, Collectorj  e  Collettoria  dicesi  l'uffizio 
del  collettore.  Il  succollettore  èquelloche 
fa  le  veci  e  dipende  dal  collettore. Morcel- 
li  chiama  il  collettore  degli  spogli,  Adle- 
clorcaducorum  Potili fìcis maxiini.\Si>o- 
gli  ecclesiastici  trattai  del  succollettore 
generale  diessi,de'suoisuccollettori  e  dei 
collettori  che  i  Papi  spedivano  in  Sicilia, 
in  Portogallo,  in  Inghilterra  (^r-)e  m  a'~ 
tri  stati.  A  Dataria  apostolica  ragionai 
del  succollettore  generale  della  medesi- 
ma, per  leAnnateQuindenni e  Tasse  (P.). 
A  Cancelleria  apostolica  parlai  de' Va- 
cabilisti{F.)  collettori  del  Piombo  (F.), 
ed  a  Preside  o  Presidente,  del  loro  pre- 
sidente: altre  paiole  dissi  a  Sigilli  pon- 
tificii, riparlando  delle  Bolle.  Il  p.  Plet- 
temberg,  Notilia  Tribunaliuin  Ctiriae  ro- 
mau/ztv'iporta  a  p.3qg  la  Regtrfa  5."  d'In- 
nocenzo XII  :  Reservatio  bene/lcioruni 
Collectorum ,  et  Subcollecloruni,  per  le 
città  e  diocesi,  officia  exercuerint}  subcol- 
leclorum  fructum,  et  provenutili  carne- 
rae  aposlolicae  debilorutn,  illa  videlicel 
beneficia  duinlaxat,  quae  durante  eorurn 
officio  obtinebant,el  in  quibus,seu  ad  quae 
fus  eis  competebant.  Ora  nella  stampe- 
ria della  s.  congregazione  di  propagan- 
da fide  si  va  compiendo  la  stampa  delle 
Constitutiones  et  Li  terne  apostolicae  quae 
de  Spoliis  ecclesiasticorum  latae  sunt 
chronologico ordine  digestae.  Questa  col- 
lezione, che  sembra  diretta  a' Subcolle- 
ctoribus,  incomincia  colla  lettera  Olitn, 
del  1246  d'Innocenzo  IV,  e  coll'extra- 
vagante  Postulasti. del  1817  di  Giovanni 
XXII,  oltre  la  costituzione  Consuetudi- 
rje/M,di  Bonifacio  Vili. La  uomiuaecoufe- 


S  U  C  309 

rimento  de'  Benefizi  ecclesiastici  (F.)  si 
chiama  pure  collazione,  e  collettori  gli  e- 
lettori  che  ne  godono  il  Padronato  (^.), 
sulle  quali  nomine  talvolta  il  Papa  fa  le 
Riserve  apostoliche  (F.). 

SUCCUBA,  Sede  vescovile  della  pro- 
vincia Cartaginese  procousolare  dell'A- 
frica occidentale,  sotto  l'arcivescovo  di 
Cartagine,  di  cui  trovasi  menzione  nel  1 .° 
concilio  di  Laterano.  Lucanio,uno  de'suoi 
vescovi,  fu  tra'padri  del  concilio  procon- 
solare, che  nel  646  scrissero  una  lettera 
a  Paolo  patriarca  di  Costantinopoli,  con- 
tro l'innovazioni  de'monoteliti.  Morcelli, 
Afr.  chr.  t.  1. 

SUCCURSALE  oSUSSIDI  ARI  A,Au- 
xiliaria,  Subsidiar in. Chiesa  la  qualeser- 
ve  invece  d'una  Parrocchia  {t-)}  eh'  è 
troppo  discosta, e  per  suo  aiuto,  facendosi 
il  servigio  parrocchiale  per  comodità  de- 
gli abitanti  troppo  lontani  dalla  Chiesa 
(/^.)  parrocchiale.  La  chiesa  sussidiale  fi 
da  Morcelli  dichiarata,  y/er/es  Curiae  /  i- 
caria,  A 'edes Curia  in  siibsidium  addicta. 
Fu  usata  la  parola  succursale,  perchè  la 
chiesa  di  questo  nome  è  di  un  gran  soc- 
corso per  la  parrocchia  e  pe' parrocchia  ni 
che  l'abitano  nel  suo  dintorno.  Talvolta 
si  fa  uso  del  vocabolo  annessa,  ma  par- 
ticolarmente quando  trattasi  d'una  nuo- 
va parrocchia,  smembrata  dall'antica.  Di 
ordinario  si  stabilisce  una  chiesa  succur- 
sale, quando  non  avvi  precisamente  il  ca- 
so dell'erezione  d'una  nuova  parrocchia. 
Gli  stessi  canoni,  che  permettono  a'vesco- 
vi  d'erigere  delle  parrocchie,lasciano  loro 
il  diritto  di  giudicare  se  bastano  chiese 
semplicemente  sussidiarie.  Perlo  stabili- 
mento delle  chiese  succursali  non  è  ob- 
bligato il  vescovo  di  osservare  le  forma- 
lità come  per  l'erezione  delle  parrocchie. 
Quanto  a'diritti  sulla  cera,  sulle  oblazio- 
ni e  altro,  nella  chiesa  sussidiaria  appar- 
tengono essi  al  parroco,come  quelli  della 
parrocchia  medesima.  Visonochieseche 
sebbene  non  sono  lontane  da'parrocchia- 
ni,  perla  loro  sontuosità  e  dignità  hanno 
chiese  succursali  e  liliali,  come  esponenti 


3  i  o  SUD 

e  tumulanti,  e  per  amministrare  altresì 
il  battesimo.  Moltissime  chiese  erette  nel- 
le campagne  da'signori  otlal  popolo,  don- 
de derivarono  i  padronati  e  le  nomine  di 
esse,  poi  divennerosuccursali  eanche  par- 
rocchie.Le  parrocchie  liliali  furono  erette 
dopo  iliooo  ingrandissimo  numero,  e 
dipendenti  dalla  Pieve  {V.)  antica  e  vera 
parrocchia.  L'abusiva  usanza  di  pievani, 
ch'erano  ecclesiastici  non  in  sacris,  e  go- 
denti glosse  rendite  ed  emolumenti  delle 
pievi,  siccome  assenti  vi  tenevano  de'vi- 
rari  preti  e  mal  pagati,  il  grande  uso  nei 
secoli  bassi  che  i  canonici  dimorando  in 
città  godessero  una  qualche  pieve  ,  non 
parve  loro  vero  che  i  preti  degli  oratorii 
o  chiese  rurali  con  lieve  compenso  faces- 
sero iu  esse  ogni  fatica  propria  del  mini- 
stero, e  furono  origine  delle  chiese  suc- 
cursali o filiali.  Anche  al  popolo  riuscì  u- 
tiledi  trovare  in  un  oratorio  o  chiesuola 
vicina  que'soccorsi  spirituali  che  avreb- 
bero avuti,  o  anche  stentati,  nella  pieve 
lontana,  onde  insensibilmente  acquista- 
rono la  parrocchialità.  Dopo  la  detta  e- 
poca,  anzi  nel  secolo  XI I,  i  preti  di  molte 
cappelle  rurali,  ora  a  preghiera  de'popo- 
li,ora  per  le  premure  de'magnati,  comin- 
ciarono a  ricevere  da'vescovi  quelle  fa- 
coltà chediconsi  parrocchiali, sai  vola  rin- 
novazione del  battisterio,  e  piùspesso  an- 
che salvo  il  poter  avere  battisterio,o  il  po- 
tere amministrare  il  battesimo.Certe con- 
cessioni furono  personali  ,  e  nondimeno 
molte  si  perpetuarono  a  forza  di  rinno- 
varsi ad  ogni  successore;  altrefurono  tem- 
poranee,e  la  conferma  o  l'uso  le  rese  per- 
petue; altre  veramente  furono  concesse  in 
perpetuo, ed  ecco  l'origine de'parrochi  fi- 
liali, cioè  i  curati  non  pievani.  Vedasi  il 
parroco  d.  Luigi  Nardi,  Dei  parrochi,  o- 
pera  che  dedicò  a' vescovi  della  chiesa  cat- 
tolica. 

SUDA  o  SUNA.  Sede  vescovile  della 
Media, suffraganea  di  Sullania  o  Tigra- 
nocerta,  ebbe  i  seguenti  vescovi.  France- 
sco morto  nel  i  3q8,  Gualtiero  di  Polenta 
francescano  in  detto  auuo  eletto  da  Boni- 


SUD 

ficiolX,Nicolacarmelitanodel  14  19,  Gio- 
vanni diMedina  fiancescano,mortoa  Sens 
nel  1  5^4-  Oriens  chr.  t.  3,  p  1 379. 

SUDARIO,  Suda  riunì.  Pannolino  per 
asciugare  il  sudore  della  faccia,  ed  anche 
dicesi  sciugatoio.il  vocabolo  greco  Soda- 
rio?i,  che  significa  la  medesima  cosa,  non 
trovasi  che  negli  evangelisti,es. Luca  chia- 
ma sudario  il  fazzoletto  nel  quale  il  cat- 
tivo servo  avea  messo  il  denaro  ch'eragli 
stato  confidato:  negli  Aid  degli  apostoli 
sono  delti  sudarli  i  fazzoletti  di  cui  s.  Pao- 
lo servi  vasi  per  asciugarsi,  e  che  portati 
a'malati  subito  guarivano,  e  gli  spiriti  cat- 
tivi ne  uscivano  da  essi  invasati.  Il  Rinal- 
di all'anno  69,  n.°  1 4,  parla  altresì  del  su- 
dario che  s.  Paolo  nel  recarsi  a  subire  la 
decapitazione  domandò  per  bendarsi  al- 
la matrona  romana  Plautilla,come  usan- 
za osservata  anche  dagli  ebrei ,  promet- 
tendotene la  restituzione, la  quale  effettuò 
dopo  morto  neh'  apparirle.  Si  crede  che 
questo  velo  o  sudario  sia  quello  che  do- 
mandato con  grandissima  istanza  da  Co- 
stantina  Augusta  a  s.  Gregorio  I,  questo 
Papa  si  scusò  di  non  poterla  compiacere 
perchè  stava  insieme  col  corpo  del  s.  A- 
poslolo  nel  sepolcro,  che  non  era  lecito  a- 
prire.  L'evangelo  distingue  questi  sudarii, 
dal  lenzuolo  nel  qualefu  involto  Gesù  Cri- 
sto nel  sepolcro  e  dopo  che  fu  imbalsa- 
mato, e  che  chiama  ss.  Sindone  (V\  Per 
ss.Sudariooss.  V olio s cinto (l'.),  s'intende 
quel  pannolino,  nel  quale  restò  effigiata 
l'immagine  del  medesimo  Cristo.  Tutta- 
volta  la  ss.  Sindone  fu  ed  è  chiamata  Su- 
darlo,  e  come  rimarcai  al  suo  articolo,  in 
Roma  fiorisce  il  sodalizio  del  ss.  Sudario 
i  n  onore  del  s.  Lenzuolo.  Il  p.  Piano,  Com- 
mentario sopra  la  ss.  Sindone,  riferisce 
che  tanto  da'sagri  quanto  da'profani  seri  t- 
tori  viene  usato  il  vocabolo  Sindone  per 
denotare  qualunque  pannolino  destinato 
ad  avvolgervi  qualche  cosa  dentro;  ond'è 
che  sindoni  sono  chiamate  le  vesti  pro- 
messe da  Sansone  a'illistei  qualora  aves- 
sero sciolto  l'enimma,  che  avrebbe  loro 
proposto;  sindoni  sono  delle  da  Isaia  ccr- 


SUD 

te  candidissime  e  finissime  vesti  delle  don- 
ue  ebree,  delle  quali  per  castigo  del  Si- 
gnore sarebbero  state  spogliale  da'babi- 
lonesi;  sindoni  sono  altresì  nominate  da 
Strabone,  da  Galeno,  da  Marziale  e  da  al- 
tri scrittori  greci  e  latini,  le  veslimenta 
comunemente  usate  da  vari  popoli;  e  fi- 
nalmente anche  i  pannilini  destinati  a  ri- 
cevere leollerteoOWrtz/o/2/(/~.,)de'fedeli 
pel  s.  Sagrifìzio  venivano  chiamati  sin- 
doni,  come  si  ha  dall'Ordine  romano  per 
l'orazione:  Orano  super  sindonem.  Il  p. 
Cerlendi,  Delle  oblazioni  all'altare,  di- 
ce che  il  pane  si  poneva  sopra  candide  To- 
vaglie (^.)di  lino,  delle  fanoni  dal  2.0 
Ordine  romano;  allreerano  di  seta,  come 
vuole  il  p.  Cerda,  che  chiama  tale  tova- 
glia Sindonem  sericeum,  in  quo  populo- 
rum  oblationes  reponebanlur.  Inoltre  il 
p.  Piano  all'erma  denominarsi  ss. Suda- 
rio il  s.  Lenzuolo  o  ss.  Sindone,  per  due 
ragioni:  lai. "perchè  da  Mallonio,  Boua- 
famiglia  e  altri  fu  confusa  la  ss.  Sindo- 
ne col  cos\  detto  Sudario  del  capo,  del 
quale  scrisse  s.  Giovanni,  che  entrando 
s.  Pietro  nel  s.  Sepolcro  Io  ritrovò  sepa- 
rato dagli  altri  pannilini;la  2. '''perchè qua- 
lunque pannolino  atto  o  destinalo  a  net- 
lare  dalle  lordure  il  corpo,  od  a  rasciu- 
garne il  sudore  veniva  chiamato  sudario  j 
e  veramente  trovasi  questo  nome,  datosi 
alle  pezzuole  collocate  sul  capo  di  s.  Pao- 
lo e  summentovate,  adoprato  da  Amala» 
rio,  da  Alcuni,  dal  Durando  e  da  altri  li- 
turgici per  significare  un  fazzoletto,  che 
il  celebranteanticameutepoi  tavaal  brac- 
cio sinistro  per  rasciugarsi  le  lagrime  o  il 
sudore,  e  che  poi  originò  AilJanipolo{f  .). 
Notai  a  Fanone,  che  i  Papi  usarono  iu- 
torno  al  collo,  Oralium  sive  sudarium, 
specie  di  tovagliolo,  allineile  il  sudore  del 
capo  non  iusucidasse  la  pianeta,  od  anche 


SUD  3i  . 

un  fazzoletto  pel  naso,  ed  in  seguito  fu 
convertito  nell'ornamento  AA  fanone.  O- 
rarkim  o  tovaglia  fu  detta  la  Stola  (/  .) 
diaconale;  e  siccome  Vorarium  o  tovaglio- 
lo suol  tenersi  sulle  spalle  di  chi  ministra 
alla  meusa,  ed  essendo  il  ministrodi  quel- 
la sagra  il  diacono,  cos'i  i  diaconi  si  ac- 
costavano all'altare  con  tali  orarti  o  suda- 
rli sulla  spalla  sinistra,  mentre  nel  brac- 
cio di  tale  lato  il  suddiacono  portava  uu 
fazzoletto  per  nettare  i  vasi  sagri,  ch'e- 
ra pure  chiamato  Mappa  o  Mappula 
(P-),  e  più  recentemente  manille.  Tro- 
vasi pure  usalo  il  termine  di  sudario,  per 
denotare  una  specie  di  velo,  con  cui  gli 
antichi  solevano  cuoprirsi  il  capo:  di  Ne- 
rone narra  Svetonio,  che  uscì  da  Roma 
col  capo  coperto,  e  con  un  sudario  steso 
sopra  la  faccia.  Il  Buonarroti,  Osserva- 
zioni sopra  i  vasi  antichi  di  vetro,  pai  la 
del  sudario  usato  per  cuoprire  la  faccia 
de'morti,  dopo  che  divennero  tali  e  nel 
collocarli  nella  Sepoltura (f^.)j  e  dice  che 
un  sudario  eia  legato  intorno  al  capo  e 
alla  faccia  di  s.  Lazzaro,  allorché  fu  risu- 
scitalo dal  Signore,  e  che  generalmente  i 
morti  erano  vesti  ti  come  il  sudariodi  bian- 
co; rammentando  i  monumenti  in  cui  so- 
no rappresentati  icadaveii  di  Giacobbe 
col  volto  coperto  dal  sudario,  del  profe- 
ta Michea  e  di  s.  Adauto  col  sudario  nel- 
la medesima  guisa,  e  quest'ultimo  come 
s.  Lazzaro  anche  legato  con  instile  o  fa- 
scie. 

SUDDIACONATO  o  SODDIACO- 
NATO.  V.  Suddiacono. 

SUDDIACOiNESSA.  F.  Suddiacono, 
Diaconessa,  Presbiteressa. 

SUDDIACONI  APOSTOLICI.    V. 
Suddiacono. 

SUDDIACONI  DELLA  CHIESA  RO- 
MANA. V.  Suddiacono. 


FINE  DEL  VOLUME  SETTANTESIMO. 


286018 


BX  841  .M67  1840 

sncR 

floron  i ,  Gaetano , 

1802-1883. 
Dizionario  di  erudizione 

storico-ecclesiastica 
AFK-9455  (awsk)