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Full text of "Esperienze intorno a diverse cose natvrali : e particolarmente a qvelle, che ci son portate dall'Indie"

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BURNDY 

LIBRARY 

ChnrurtJ  in  1941 


gift  of 
Bern  Dibner 


The  Dilmer  Library 
of  thè  History  of 
Science  and  Technology 

SMITHSONIAN  INSTITUTION  LIBRARIES 


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ESPERIENZE 

INTORNO 

A  DIVERSE  COSE 

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ESPERIENZE 

INTORNO  A  DIVERSE  COSE 

N  AT  V  R  A  L  I 

E  particolarmente  A  QVELLE, 

CHE  CI  SON  PORTATE  DALLTNDIE 
fatte 

DA  FRANCESCO  REDI 

£  SCRITTE  IN  VNA  LETTERA 
AL  REVERENDISSIMO  padre 


ATANASIO  CHIRCHER 

DELLA  COMVJLGÌUA  DI  GlESy* 


&W  Iktffig  de' Stfeiimi 


SAPIENTIAM  SIBI  ADIMVNT,  QVI SINF. 

VLLO  IVDICIO  INVENTA  MAIORVM 
PROBANT,  ET  AB  ALIIS  PECVDVM  MO. 
RE  DVCVNTVR.  SED  HOC  EOS  FALLIT, 
QVOD  MAIORVM  NOMINE POSITO , NON 
PVTANT  FIERI  POSSE,  VT  AVT  IPSI  PLVS 
SAPIANT,  QVIA  MINORES  VOCANTVR, 
AVT  ILLI DESIPVERINT, QVIA  MAIORES 
NOMINANTVR  Lattanzio  lib.  2.  Dmin.  /njìit. 


Devs  nobis  haec  ogia  fecit  . 

Namqve  erit  ilie  mihi  semfer  Devs  :  illivs  ar am 
Saepe  tener  nostris  ab  ovilibvs  imbvet  agnvs  , 

I'LLE  MEAS  ERRARE  BOVES,  VT  CERNIS  ,  ET  IPSVM 
LvOERE  ?  QVAE  VILIEM  *  CALAMO  PERMISE!  AGRESTI. 


REVERENDISSIMO  PADRE. 


’ONORE  ,  che  mi  avete 
fatto  Rinviarmi  voftre  let¬ 
tere  *  ficcome  da  me  non 
era  mai  Rato  fperato,  co¬ 
sì  arrivandomi  improvvifo  * 
mi  ha  ripieno  f  animo  d* 
una  indicibile  contentezza  ; 
ed  ancorché  io  creda,  che 
quelle  lodi ,  che  mi  date ,  fieno  figliuole  non 
di  merito  mio  alcuno  ,  ma  bensì  de  ila  vofira 
bontà,  e  della  voftra  gentilezza ,  la  quale  ha 
avuta  forfè  un’amorevole  intenzione  di  darmi 
animo,  e  di  farmi  prender  cuore  a  prò  egui- 
re  nello  fcrivere  quelle  naturali  ofìfervazioni , 
ed  efperienze  ,  che  negli  anni  addietro  ho  fat¬ 
te  ,  ed  alla  giornata  ,  per  mio  palfatempo ,  vo 
Facendo;  contuttociò  vi  confefifo  ,  che  ’olce- 

mente  mi  folleticano5  e  mi  Infingano;  e  mo* 
'  “  ^  ^  Rrerrei 


2  ESTERI  E^Z  fi  \ NATURALI 

ft'rerrei  d’  dler  privo  del  bene  dell’  Intelletto  , 
o  per  lo  meno  d’efìerc  un  ruvidifllmo ,  e  quali 
infenfibìlc  Stoico 5  le  granili  me  non  mi  fodero 
quelle  lodi  ,  che  mi  vengono  da  un  par  vo¬ 
lilo,  ciò  è  a  dire  da  un3  uomo  lodatole  per 
tante  opre  famofe  rinominatiflimo . 

Io  ve  ne  refìo  obbligato  5  c  le  fapedi 
trovar  parole  accomodate ,  ve  ne  renderei  di 
buon  cuore  le  debite  grazie  ,  ficcome  ve  ne 
rendo  quella  piccola  particella  ,  che  so,  e  va¬ 
glio  ,  per  Y  avvifo ,  che  vi  è  piaciuto  darmi 
delle  due  falutifere  efperienze  fatte  in  Roma, 
una  da  Voi  in  un  Cane,  l’altra  dai  Signor 
Carlo  Magnini  in  un?uomo  con  quella  Pietra, 
che  nata  nella  tefla  d’  un  certo  velenofìffimo 
serpente  indiano,  dicono  ,  che  Ila  fomma, 
polente,  ed  infallibile  medicina  alle  morfure 
di  tutti  quanti  gli  animali  velenofi.  Ma  perchè 
lo  ‘veggio  ben  9  che  giammai  non  fi  fazia 
*Nofiro  intelletto ,  fi  7  *vit  non  lo  illufira 
e  perchè  so  ancora  quanto  dalla  candidezza 
dell’animo  voftro  amata  fi  a  la  faldezza,  ed  il 
bello  di  quello  vero  ?  mi  prenderò  ardire  di 
dirvi ,  che  fon  già  alcuni  anni ,  che  ho  cogni¬ 
zione  di  quefta  pietra  $  e  delle  fue  virtù  in 
diverfi  tempi  ho  fatto  molti  efperimenti ,  P  efi- 
%o  de’ quali  qui  apprdfig  §on  ogni  fincerità  in- 


di  Francesco  Redi:  $ 

tendo  di  raccontarvi ,  fecondo  che  gli  occhi 
miei  medefimi  più,  e  più  volte  mi  anno  fat¬ 
to  vedere  .  Nè  v’  ingombri  di  maraviglia  il 
fentire  ,  che  d’  altronde  che  da  Voi  io  n’  ab¬ 
bia  avuta  cognizione  ,  perchè  vi  è  noto,  che 
ho  l’onore  di  fervire  in  una  Corte,  alla  quale 
da  tutte  le  parti  del  Mondo  corrono  tutti 
ques  grand1  uomini,  che  con  i  loro  pellegrinag¬ 
gi  van  cercando ,  e  portando  merci  di  virtu- 
de  ;  e  quando  vi  arrivano  ,  fon  con  maniere 
cosi  benigne  accolti ,  che  nella  Città  di  Fi¬ 
renze  confdfano  efTer  rinati  gli  antichi  deli— 
ziofilfimi  Orti  de  Feaci ,  e  nel  Serenifs.  Gran¬ 
duca  Cofano  Terzo,  e  negli  altri  Serenilfimi 
Principi  la  reale  cortefilfima  affabilità  del  Re 
Alcinoo. 

Vi  dico  dunque,  che  fin  nelPanno  1661, 
fui  terminar  dell’  inverno  ,  ritornati  dall'  Indie 
orientali  capitarono  alla  Corte  di  Tofcana, 
che  allora  fi  tratteneva  alle  cacce  di  Pifa,  tre 
Padri  del  venerabile  ordine  di  San  Francefco 
volgarmente  detti  Zoccolanti ,  i  quali  da  que* 
pachi  avendo  portate  molte  curioiità  ,  ebbero 
1’  onore  di  farle  vedere  al  Serenifs.  Granduca 
Ferdinando  Secondo, di  eterna ,  e  glonofa  me¬ 
moria  5  e  fra  V  altre  fecero  pompofa  moftra 
d’ alcune  Pietre,  che  appunto,  come  Voi  mi 

A  a.  feri- 


4  ESTERi&NZE  NATFRALì 

ferirete  5  affermavano  trovavi!  nel  capo  di 
certi  serpenti  deferirti  da  Garzia  da  Orca  , 
e  chiamati  da’  Portughefi  Cobras  de  Cabelo  ; 
e  che  in  tutto  quanto  1*  Indofian  ,  e  nelle 
due  vafiifìime  Penifole  di  qua  ,  e  di  la  dal 
Gange  ,  ma  particulannente  nel  Regno  di 
Quam-sy ,  con  provato  efperimento,  fervivano 
d’ antidoto  ficuriifimo  pofte  fui  morfo  delle 
vipere  ,  degli  afpidi,  delle  cerafte,  e  di  tutti 
gli  altri  animali  ,  che  o  co*  morfi  ,  o  con  le 
punture  avvelenano  ;  e  fu  tutte  quante  le  fe¬ 
rite  ancora  fatte,  o,  con  frecce,  o,  con  al¬ 
tre  armi  avvelenate  :  E  dicevano  di  più  che 
era  tale  e  tanta  ,  e  così  miracolofa  la  fimpa- 
tia  di  quelle  pietre  col  veleno ,  che  fubito, 
che  fi  accodavano  alla  ferita,  fi  appiccavano 
a  quella  tenaciffimamente  a  guifa  di  piccole 
coppette  5  e  non  fi  fiaccavano  fino  a  tanto, 
che  tutto  ’l  veleno  fucciato  non  aveffero  ;  ed 
allora,  da  fe  medefime  fiaccandoli,  cadevano 
a  terra ,  lafciando  1*  animale  fano  e  libero  dalla 
mortifera  malizia,  che  T  opprimeva 5  quindi  per 
purgarle  dall"  imbevuta  velenofità ,  affermavano 
que’  buon  Padri ,  effer  neceffario  lavarle  col 
latte  munto  di  frefeo,  ed  in  quello  tenerle 
in  molle  fino  a  tanto,  che  tutto  *1  veleno  ri¬ 
vomitata  avellerò  nello  ftdfo  latte,  il  quale, 

■  •  »  v  t-fr  1 »  x  -7  '  -rr?2  ^  1  • 


DI  FRANCESCO  REDI .  5 

di  bianco  che  è  ,  diventa  d*  un  certo  colore 
fra  ’1  giallo  ed  il  verde  :  Ed  acciocché  di 
tutto  quello  racconto  più  pronta  fede  lor 
folfe  data,  fi  offrirono  francamente  di  farne 
tante  prove ,  quante  a*  più  curiofi  ,  e  meri 
creduli  folfero  per  effere  a  piacere  5  renden¬ 
doli  certi  3  che  da  quelle  ì  Medici  avrebbon 
toccato  con  mano,  che  non  dille  menzogna 
Galeno  ,  quando  nel  cap.  14.  del  primo  lik 
delle  facult.  natur.  feriffe  ,  che  fi  trovano  al¬ 
cuni  medicamenti,  i  quali  attraggono  il  vele¬ 
no  in  quella  ftelfa  guifa  ,  che  la  calamita  ti¬ 
ra  il  ferro.  Senza  dare  all’opra  alcuno  indu¬ 
gio  fu  incontanente  ordinato,  che  folle  ufata 
diligenza  di  trovar  delle  Vipere  :  ed  in  que¬ 
llo  mentre  il  Signor  Vincenzio  Sandrini,  uno 
degli  efpertilfimi  operatori  della  Spezieria  del 
Sereniamo  Granduca  ,  avendo  più  diligente¬ 
mente  riguardate  quelle  pietre  ,  gli  fovvenne 
di  tenerne  già  lungo  tempo  alcune  in  cullo- 
dia  ,  ed  avendole  trovate  e  moftrate  a  que3 
Religiofi,  confeffarono,  che  quelle  erano  del¬ 
la  ftelfa  generazione  delle  loro,  e  che  forfè, 
anzi  fenza  forfè  ,  avrebbono  avute  le  virtù 
medefime . 

Io  di  quelle  pietre  ne  ho  molte  ,  e  fon 
«di  color  nero  Amile  a  quello  del  paragone, 

. .  ’  '  lifee, 


&  ES'IZ'RIENZÉ  NATURALI 

lifce,  e  luftrc  come  fé  avellerò  la  vernice  ;  al¬ 
cune  anno  da  una  parte  una  macchia  bigia  ; 
alcune  P  anno  da  tutte  due  le  bande  ;  altee  fon  tut¬ 
te  nere  ,  e  fenza  macchia  veruna  5  ed  altre  nel 
mezzo  anno  un  certo  colore  bianco  fudicio, 
ed  all’intorno  fon  tinte  d1  un  mavì  fcolorito  .* 
La  maggior  parte  fon  di  figura  per  appunto  co¬ 
me  quella  delle  lenti,  ve  ne  fono  però  alcune 
bislunghe;  e  delle  prime,  le  maggiori,  che  io 
abbia  vedute,  fon  larghe  quanto  un  grofib,  e 
le  minori  di  poco  non  arrivano  alla  grandezza 
d’un  quattrino.  Ma  grandi,  o  piccole  che  el¬ 
le  fieno,  poco  variano  fra  di  loro  nel  pelo, 
perchè  le  maggiori  per  lo  piu  non  padano  un 
danaio  e  diciotto  grani  ,  e  le  minori  pefano 
un  danaio  e  fei  grani  :  A  quelli  giorni  però 
ne  ho  veduta  e  provata  una ,  che  pefa  fei  gra¬ 
ni  piu  d'un  quarto  d’  oncia,  cd  è  larga  poco 
più  di  un  te  Itone  ;  ed  acciocché  Voi  polliate 
confrontare  la  figura  delle  mie  con  la  voftra, 
ve  ne  mando  qui  alcune  difegnate  nella  Tav. 
Prima  . 

Non  fu  la  fortuna  punto  favorevole  a’  co¬ 
muni  defiderj  ;  imperocché  per  la  flagione  > 
che  fuor  del  folito  molto  era  fredda,  non  aven¬ 
do  per  ancora  cominciato  le  Vipere  a  fcappa r 
fuora  da  que'  fallì  ,  tra*  quali  tutto  1‘  inverno 

Hanno 


DI  FRANCESCO  REDL  7 

Hanno  acquattate  ,  non  fu  potàbile  per  allora, 
che  fe  nc  troyatàe  ne  pure  una  ,  la  quale  fofc 
fe  il  cafo  per  quella  faccenda ,  che  far  fi  volea  ; 
Laonde  fu  determinato,  che  il  giorno  feguen- 
te  fi  nietteffe  la  virtù  delle  pietre  al  cimento 
con  altri  veleni 5  ed  a  quefto  fine  fi  radunaro¬ 
no  molti  de’ più  savi,  e  deJ  più  accreditati  Fi- 
Jofofi,  e  Medici  dello  Studio  eli  Fifa,  defide- 
rofi  di  veder  per  opra  ciò ,  che  quei  Padri  con 
parole  davano  ad  intendere. 

Tra’  veleni,  che  infufi  nelle  ferite  ammaz¬ 
zano,  dettero  cottoro  come  potentitàmo  quel¬ 
lo  dell’  Olio  del  Tabacco  ,  cd  infilato  un5  ago 
con  refe  bianco  addoppiato,  unfero  il  refe  per 
la  lunghezza  di  quattro  dita  a  trauerfos  quin¬ 
di  pungendo  la  cofcia  d’un  galletto  con  quell" 
ago,  fecero  pattarvi  il  refe  inzuppato  di  olio, 
e  fubito  da  uno  di  que5  Religiofi  fu  pofta  io- 
pra  la  ferita  fanguinofa  una  di  quelle  fue  pie- 
trejla  quale,  conforme  che  era  fiato  predetto i 
vi  fi  appiccò  tenacemente,  ma  ciò  non  ottante, 
pattato  che  fu  lo  fpazio  di  un’ottavo  d’ora,  il 
galletto  cafeò  morto ,  del  che  que’  Religiofi  rei 
ttarono  così  pieni  di  maraviglia, 

£ome  ibi  mai  cofa  mcredtUl  nsìde  . 

Ma  non  tenendoli  per  ancora  ne  contea^ 
|ì  5  ne  appagay  ?  anzi  nella  loro  credenza 


8  esperienze  naturali 

oftmatifTimi ,  col  medelimo  refe ,  unto  di  nuo¬ 
vo  col  olio  ,  avvelenarono  di  lor  propria  ma¬ 
no  la  ferita  di  un*  altro  galletto ,  che  come  il 
primo  in  brevififimo  tempo  morì ,  nulla  aven¬ 
dogli  giovato  le  predicate  virtù  della  pietra  ,  il 
die  sì  nuovo  ,  e  sì  flrano  a  loro  parve  ,  che 
vollero  tentare  anco  la  terza  efperienza ,  la 
quale  fu  poi  cagione,  che  molte  altre  il  gior¬ 
no  feguente  fe  ne  facelfero  :  imperciocché  aven¬ 
do  fatto  palfar  dentro  alla  cofcia  delira  del 
terzo  galletto  quello  flelTo  refe  ,  col  quale  era 
(lato  avvelenato  e  morto  il  fecondo ,  e  melfa 
in  opra  la  pietra,  non  folo  ei  non  diede  fegno 
di  futura  morte,  ma  ne  anco  di  preferite  ma¬ 
lattia  .  Il  perchè  fu  giudicato  opportuno  fe¬ 
rirlo  la  feconda  volta  con  una  lancetta  fotto 
l’ala  delira  ;  e  fu  la  ferita  che  fanguinava  li 
(lillarono  alcune  gocciole  di  olio  di  tabacco  y 
e  fubito  appiccatavi  fopra  una  pietra  ,  non  li 
potè  conofcere  ,  che  il  veleno  gli  avelie  por¬ 
tato  un  minimo  detrimento  .  Solamente  tra¬ 
vagliò  molto >  e  parve  che  avelie  molto  male, 
dopoché  per  la  terza  volta  fu  punto  nella  co¬ 
fcia  finiflra  coll’  ago  infilato  di  refe  intinto  ,  e 
bene  inzuppato  in  quel  inortahlfimo  olio,  ma 
con  tutto  ciò  poch*  ore  palarono ,  che  ei  ri- 
tornò  nd  folito  >  e  privino  fuo  vigore ,  e  b 

mattina 


di  Francesco  Redi.  ? 

mattina  Seguente,  faltellaado,  e  cantando)  die¬ 
de  a  divedere)  che  era  piu  volonterofo  di  ci¬ 
barli  )  che  di  morire. 

Di  quello  avvenimento  prefero  grand’  al¬ 
legrezza  ,  e  piacere  i  fautori  deile  pietre  ,  e  sì 
ne  riprefero  animo  tutti  ,  che  baldanzofamen- 
te,  c  con  illantidima  follecitudine  addimanda- 
rono ,  che  fodero  porrati  altri  animali ,  e  di 
diverfe  forte  $  il  che  elfcndo  flato  efeguito,  fu¬ 
rono  fatte  con  la  loro  morte  moltiffime  efpe* 
rienze,  le  quali  tutte  evidentiffimamente  dichia¬ 
rarono  5  che  quelle  pietre  non  aveano  valore , 
ne  virtù  alcuna  medicinale  contro  al  velenofo 
olio  di  tabacco  .  Ma  perchè  non  di  rado  a 
guifa  di  rigogliofo  rampollo  a  piè  del  vero 
uol  pullulare  il  dubbio  $  quindi  avvenne  ,  che 
alcuni  dubitarono  3  fe  per  avventura  tutti  que¬ 
lli  animali  fodero  morti  non  per  mancanza  dì 
virtù  nelle  pietre  ,  ma  piuttoRo  per  edere  Ha¬ 
te  le  membra  loro  padate  da  banda  a  banda 
colf  ago,  e  per  conseguente  avendo  la  ferita 
due  bocche  5  necclfario  era  1*  aver’  appiccato 
due  pietre  *  e  non  una,  come  fempre  fi  era 
'fatto  ,  ma  fu  tolta  via  ben  tollo  quella  diffi- 
cukà  dalla  morte  di  alcuni  galli  piagati  in  pri¬ 
ma  ,  e  pofeia  fovrenuri  ,  e  medicati  con  due 
pietre . 


Non 


i  o  ESnPERlEMZE  KArPRALI 

Non  è  da  dimenticare  il  dirvi,  che  e  {Ten¬ 
do  flati  feriti  in  uno  ftcflo  momento  ,  nella 
fletta  parte  ,  con  ferita  di  ugual  grandezza  , 
due  capponi ,  ed  eflendofi  ad  uno  applicate  le 
pietre  ,  ed  all’altro  no  $  quello  delle  pietre  mo¬ 
rì  alcuni  minuti  prima  dell*  altro  ,  e  quello 
giuoco  avvenne  alcune  altre  volte  in  di  ver  A 
uccelli ,  e  in  diverfl  altri  animaletti  quadrupe¬ 
di  :  e  forfè  non  farebbe  fuor  di  ragione  il 
credere  ,  che  ferrate  dalle  pietre  le  bocche 
della  ferita ,  e  proibito  a  quella  il  far  fangue, 
e  col  far  fangue ,  T  ufeita  di  qualche  particel¬ 
la  di  veleno  ,  era  il  dovere  ,  che  ne  feguifle 
più  prettamente  la  morte. 

Altre  molte,  e  Amili  prove  ho  fatte  vedere 
In  altri  tempi  a  moltifTnni  Valentuomini ,  tra* 
quali  potrei  nominarvi  alcuni  Padri  della  voflra 
Venerabiliflìma  Compagnia  di  Giesù,  ed  in  par- 
ticulare  il  P.  Antonio  Veira  famoAfsimo  Predi- 
cator  Ponughefe ,  il  Padre  Adamo  Adamando 
celebre  proiettore  di  Matematica  ,  il  Padre 
Brafmo  Scales  ,  ed  il  Padre  Anton  Michele 
Vinci  Lettori  di  Teologia ,  e  di  Filofofia  nel 
voftro  Collegio  Fiorentino ,  e  finalmente  il  Si¬ 
gnor  Matteo  Campani  Virtuofo  molto  ben  co¬ 
ri  otti  uro  da  tutti  i  Letterati  del  Mondo  per 
le  fue  aobiliffime,  ed  utihflìme  invenzioni. 

Niente  9 


DI  FRANCECSO  REDI,  1 1 

Niente,  o  poco  infìno  a  qui  provato  avrei 
contro  alle  menzognere  doti  delle  pietre  con  le 
fole  efperienze  dell’olio  del  tabacco,  s’io  non 
avelli  ancora  da  potervi  foggiugnere,  che  an¬ 
co  a  i  mortiferi  morii  delle  vipere  non  por¬ 
tano  giovamento,  ne  follievo;  e  molti  polla¬ 
no  al  mio  dire  vera  e  viva  teftimonianza  ren¬ 
dere  ,  e  particularmente  un  Padre  pur  della 
voftra  venerabililfima  Compagnia,  chiamato  il 
Padre  Marracci,uomo  favio  molto ,  e  delle  co- 
fe  deli1  ìndie  pratico  e  fagace ,  in  prefenza 
del  quale  da  quegli  adirati  serpentelli  furono 
morii  molti  animali,  che  tutti  furono  medi  a 
morte ,  non  avendo  trovato  aiuto  alcuno ,  ne 
rimedio  di  guarire  in  quelle  pietre  medefime, 
nelle  quali  moltidlma  fede  in  quel  tempo  quel 
buon  Padre  avea  :  Ed  ora  mentre  vi  do  fcri- 
veodo  ,  io  ne  ho  di  nuovo  con  vipere  por¬ 
tate  da  Napoli  ,  c  pigliate  nelle  noltre  con- 
yicine  collinette ,  ne  ho ,  dico  ,  piu  e  più  vol¬ 
te  fatte,  e  reiterate  Y  efperienze ,  per  render¬ 
mi  più  certo  di  quello  ,  che  già  mi  era  cer¬ 
ammo  .  E  tra  1’  altre  mi  fov viene  che  il  di 
nove  di  Maggio  alla  prefenza  di  molti  uomi¬ 
ni  dottiflìmi  feci  mordere  da  quattro  vipere 
quattro  piccioni  ,  che  medicati  con  quattro 
pietre  morirono  dieci  minuti  dopo,  che  furo- 

B  a  no 


i*  EFPÉRimZE  HATrRALI 

fio  avvelenati  ;  ed  il  limile  quali  avvenne  a 
quattr’  altri  galletti ,  tre  de' quali  cafcaron  mor¬ 
ti  nello  fpazio  di  venti  minuti  ,  o  poco  più; 
ma  il  quarto,  che  fchiamazzando ,  e  dibatten¬ 
doli  ,  erali  fatta  fiaccar  la  pietra  ,  non  mori 
fe  non  pallate  cinqu’  ore .  E  di  più  dopo 
tante  prove, non  fidandomi  io  della  bontà  del¬ 
le  mie  pietre,  ne  di  quelle  del  Serenifs.Gran- 
duca  ,  ne  milì  in  opera  un’  altra  del  Signor 
Dottor  Giovambatifta  Cheluzzi  celebre  prò- 
felfore  di  Medicina  nella  Città  di  Firenze ,  do-* 
natagli  da  un  Padre  Domenicano  tornato  dali’- 
Indie;  ma  anco  quella  la  trovai,  come  tutte 
quante  Y  altre ,  povera ,  anzi  mendica  di  ogni 
proprietà  ,  e  virtù  contro  il  veleno  delle  vi¬ 
pere,  e  contro  quello  degli  feorpioni  affrica- 
sni .  Io  aveva  ricevuto  di  frefeo  molte  di  que¬ 
lle  belliuole ,  fatte  venire  di  Tunifi,  e  da  me 
già  deferitte  ,  nelle  mie  £ fperienze  intorno  alU^> 
generazione  degli  infetti  :  Onde  nel  mefe  di  Giu¬ 
gno  feci  pugnere  a  quattro  di  elfe  quattro 
piccioni  torraiuoli  nella  parte  più  camola  del 
petto  ,  pofeia  applicai  loro  il  rimedio  delle 
pietre ,  ad  onta  delle  quali  morirono  i  pic¬ 
cioni  tutti  a  quattro  nel  tempo  d’ un’ ora;  ma 
&n  cappone,  dopo  che  fu  ferito  e  medicato, 
indugiò  femore  a  morire,  c  diciotto  ne  in- 


V-. 


31  FRANCESCO  REDI .  1 3 

dugiò  un  porcellino  d’india,  anch’ctto  ferito  da 
uno  fcorpione  di  Tunifi,  e  medicato  con  vna 
pietra  delle  più  belle,  e  delle  più  grandi .  Con 
tutto  ciò  non  è  che  io  non  creda  ;  che  il  ca¬ 
ne  medicato  da  Voi  con  la  vottra  Pietra  ,  e 
P  uomo  ferito  dalla  vipera ,  e  foccorfo  con 
la  metlefima  pietra  dal  Signor  Carlo  Magnini 
non  i (cani patterò  dalla  morte  .  Io  lo  credo  > 
lo  tengo  per  verittìmo,  e  gli  do  tanta  fede, 
quanta  fi  conviene  a  qualunque  verità  più  evi¬ 
dente  :  Ma  non  fia  già  ch’io  voglia  penfare, 
che  il  loro  fcampo  fotte  effetto  della  Pietra; 
ma  ben  sì  fotte  effetto  della  forza  d’  una  ro- 
butta  natura  ,  gagliarda  ,  e  rifentita  ,  che  va- 
lorofamente  combattendo  fuperò  alla  fine  il 
veleno  della  vipera  ,  la  quale  potette  abbat¬ 
terli  a  non  aver  le  folite  forze  ,  ne  il  confit¬ 
to  vivaciffimo  brio  :  Ovvero  quelP avvenimen¬ 
to  fu  uno  fcherzo  ,  per  così  dire ,  del  cafo , 
di  cui  molto  fovente ,  anche  da’  più  fubblintt 
ingegni  comprender  non  fi  pottòno  le  cagioni  ; 
E  pure  talvolta  fi  comprendono ,  fe  diligcntt 
ed  accurata  vi  fi  faccia  fopra  la  riflettìone, 
che  è  valevole  a  fcoprirle  ,  infieme  con  gli 
afeofi  inganni ,  e  con  le  fallaci  apparenze  . 
Laonde  vi  fupplico  a  permettermi  di  raccon¬ 
ta  qui  a  tal  propofito  una  mano  di  colè, 

che, 


14  ESPERIENZE  N ATTRAE! 

che  per  Io  più  da  me  fono  (late  oftervate; 
e  non  faranno  forfè  difaggradcvoli*  ancorché 
fieno  per  eflfer  dette  rozzamente  e  quafi  fenz* 
ordine,  ed  alla  rinfufa  ,  e  con  digrelfioni  fo- 
verchiamente  multiplicate . 

Vi  fon  certuni  ,  che  fin  ne’  noftri  tempi 
tengon  per  veridico  Diofcoride  nel  libro  fe¬ 
condo ,  c  Plinio  nel  libro  ottavo,  e  nel  ven- 
tefimoterzo  della  Storia  naturale ,  quando  fc rif¬ 
fe  ro  ,  che  T  erba  Celidonia  fu  trovata  dalle 
Rondini  »  e  che  con  efla  curano  gli  occhi  la¬ 
cerati  ,  e  guadi  de’  Rondinini  ,  il  che  fu  an¬ 
cora  confermato  da  Tertulliano  nel  fine  del 
fuo  libro  de  pcenitcntia  ,  dicendo,  Hirundo  »  fi 
excticarverit  yullos  >  nonuit  illos  rurfrs  oculare  de 
fra  chelidonia  ?  e  pure  la  guarigione  de’ Ron¬ 
dinini  ,  e:  degli  altri  volatili ,  non  è  cagiona¬ 
ta  dalla  Celidonia  j  che  non  fi  trova  mai  ne’ 
nidi  delle  Rondini,  ma  ben  sì  dalla  fola  na¬ 
tura  ,  e  fenza  aiuto  di  medicamento  ,  come 
potrà  eflfer  manifefto  ad  ogniuno ,  che  voglia 
aver  curiofità  di  forar  gentilmente  o  con  ago , 
o  con  lancetta  da  cavar  fangue,  gli  occhi  al¬ 
le  Rondini  ,  o  a  qual  fi  fia  altro  uccello  „ 
io  n’  ho  fatta  la  prova  ne5  colombi  ,  nelle 
galline  ,  nell’  oche ,  nell’  anitre  ?  e  ne’  galli  dC 
India  ,  e  avendogli  veduti  fpontaneamente  gua- 


DI  FRANCESCO  REDI .  1 5 

rire  in  meno  di  ventiquattr  ore  ,  mi  fon*  ac¬ 
corto  che  è  verace  il  detto  di  Cornelio  Cel¬ 
iò  nel  fello  libro  6 xtrin ficus  noero  inter dum,  fi 
iElus  octtlum  Usditj  *vt  fanguis  in  eo  fuffmdatur: 
NiM  commodws  e  fi  qnam  fimguine  *vd  columbi  » 
njd  palumbi  ,  <~uel  birundinis  mungere  :  Ncque  td 
fine  cau fin  fit  »  cum  barum  actes  extr inficus  Uja* 
inter pofito  tempo  e  ,  in  antiquari  fiatimi  redenti  ce - 
lerrimeque  birundinis  .  Vnde  ettatn  locus  fabuU 
facluf  e  fi  9  aut  per  parente s  ,  aut  id  berla  cheli¬ 
donia  re  (litui  ,  quod  per  fie  faneficit  .  E  forfè 
Cornelio  Celfo  P  imparò  da  Ariftotile  nel 
quarto  libro  della  generazione  degli  animali  , 
e  nel  fello  della  Storia . 

I  Ciarlatani  per  dare  a  vedere  la  poten¬ 
za  ,  ed  il  valore  de3  loro  antidoti  ,  mangiano 
gli  fcorpioni  ,  e  i  capi  delle  vipere  ,  e  fi  be¬ 
vono  delle  medefime  i  fieli 5  onde  il  femplice 
volgo  ,  che  non  fa  ,  che  gli  fcorpioni  ,  e  le 
vipere  mangiate  non  fon  velenofe ,  non  ve¬ 
dendogli  ne  morire,  ne  da  malattia  elfere  fo- 
prapprefi  ,  va  immaginandoli ,  il  tutto  elfere 
effetto  di  quegli  antidoti  :  effetto  de’  quali 
crede  fimilmenre  allora  quando  fi  fan  morde¬ 
re  dalle  vipere  fenza  che  ne  ricevano  danno  5 
ma  ciò  avviene  perchè  avanti  del  farli  mor¬ 
dere  anno  tagliato  a  quelle  tedinole  i  denti, 

e  ri- 


\C  esperienze  naturali 

e  ripulita  ben  bene  la  bocca,  il  palato,  c  la 
gola,  e  lacerate  quelle  guaine  de' denti,  nel¬ 
le  quali  ftagna  un  certo  liquor  giallo,  che  c 
fi  veleno  della  vipera  .  Altri ,  per  far  l’ idei¬ 
le  prove  inghiotrifeono  fenza  molto  pericolo 
il  folimato  ,  r  arfenico  ,  e  Umili  corrofivi  ;  ma 
prima  d|  inghiottirgli  ,  fogliono  fondamente 
colmare  il  Tacco  dello  rtomaco  di  .macchero¬ 
ni,  e  d’altri  partami  conditi  con  grand. (lima 
quantità  di  burro  ,  e  pofeia  appena  prefo  il 
corrofivo  proccurano  con  ogni  prellezza  di  ri¬ 
gettarlo  per  mezzo  del  vomito. 

Più  fattile  è  T  inganno  ,  e  più  fcal trita 
T  artuzia  di  coloro  ,  che  promettono  ,  a  for¬ 
za  di  fughi  d’  erbe  >  o  di  lìgilli  fculti  con 
iftrani,  e  non  conofciuti  caratteri ,  rendere  al¬ 
trui  la  pelle  ,  e  le  carni  cosi  dure  ,  che  non 
pollano  elfer  rotte,  o  falfate  da  qualfifia  fer¬ 
ro,  o  da  qualfirta  colpo  di  piftola,  e  di  mo- 
fchetto.*  Vaa  non  molto  diflìmil  promelfa  lin¬ 
fe  già  1*  Àriofto  ,  che  facclfe  la  carta  Ifàbel/a 
a  Rodomonte  . 

fio  notizia  <$  un  erba ,  e  T  ho  veduta 
Venendo/  &  fo  dove  trovarne  apprejjo» 
[he  bollita  con  oliera ,  e  con  ruta 
un  fuoco  di  legna  di  cipreffo  * 

£  fra  mani  innocenti  indi  premuta 

tJAfania 


l 


di  Francesco  Redi .  17 

IHanda  un  liquor ,  che  chi  fi  bagna  d  effo 
Ere  evolte  il  iorpo  ,  in  tal  modo  l indura» 
Che  dal  ferro ,  e  dal  fuoco  l' a  f cura  . 

E  perchè  così  fatte  medicine  ,  ed  incanta¬ 
menti  per  lo  più  dalle  fate  fi  manipolavano  5 
quindi  è  che  coloro  i  quali  quella  ventura  ave¬ 
vano  incontrata  di  non  poter  rimaner  feriti  , 
erano  detti  fatati,  quali  appunto  negli  antichi, 
e  ne*  moderni  tofeani  romanzi  favoleggiali  ef- 
fere  flati  Ferraù  ed  Orlando  $  >e  nelle  fa¬ 
vole  greche  ,  e  latine  Achille  ,  Cigno  ,  e 
Ceneo  5  ed  oggi  ancora  tra’  popoli  orientali 
va  vagando  così  fatta  fuperftizione  $  ed  io  eb¬ 
bi  per  mano  dei  Signor  Gio:  Michele  VVanf- 
lebio  Erfurtefe  ,  quando  tornò  d’  Egitto  ,  un 
libretto  in  lingua  arabica  ,  nel  quale  fono 
ferine  quelle  e  fomiglianti  vanità  5  eJ  un1  al¬ 
no  libro  in  lingua  abiflìna  n’  ho  veduto  tra 
alcuni  manuferini  Siriaci  ,  Arabici  ,  Egizi  ,  e 
Caldei  appreflo  il  Screniffimo  Granduca  mio 
Signore  .  Sottile  in  vero  ,  ed  ingegnofa  ,  co* 
me  ho  detto  ,  è  V  afluzia  di  quei  truffatori , 
che  promettono  quelle  ,  e  limili  baje  ,  dalle 
quali  più  d*  uno  è  dato  ingannato  ;  onde  mi 
cade  ora  improvvidamente  nell’  animo  di  rac¬ 
contarvi  ,  dove  confida  la  fraudo  :  e  per  po¬ 
ter  meglio  dimollrarla ,  ve  ne  dirò  brevemente 

C  una 


1 8  ES  TERìENZE  ATVRALl 

una  piacevole  iftorietta  ,  la  quale  voi  udirete 
Degna  di  rifa  ,  e  di  compafsione  . 

Egli  non  fono  ancora  molti  anni  palfati  ,  che  ve¬ 
nuto  di  la  da’ monti  abitava,  e  forfè  ancor’ abita 
in  Firenze  un’  onorato  uomo ,  e  valente  mol¬ 
to  nel  fuo  meftiere  di  fabbricare  Orologi  : 
Collui  favellando  un  giorno  col  Sereniamo 
Granduca  fi  lafciò  fcappar  di  bocca  di  cono- 
feere  nel  fuo  paefe  molt’  uomini  3  i  quali  per 
virtù  o  di  parole  ,  o  d’ erbe  ,  o  di  pietre  avea* 
no  la  lor  propria  pelle  temperata  a  botta  di 
pillola  ,  e  d’  archibufo  j  e  ciò  narrava  non 
come  cofa  udita  dire  ,  ma  da  infinite  prove 
e  riprove  fatta  manifdlilfima  agli  occhi  fuoi  . 
Sogghignarono  alcuni  de’  circolanti  a  cosi  va¬ 
na  propofta  ,  e  guardando  1’  un  verfo  T  altro  , 
cominciarono  fra  fe  medefimi  a  ridere  della 
dolcezza  di  quel  buon’  uomo  ,  che  dava  fede 
a  quelle  (implicita  ,  ed  a  quelli 

Sogni  d*  infermi  >  e  fole  di  romanzi . 

S*  accorfe  egli  ben  tollo  *  che  non  folo  non 
era  predato  fede  a  quanto'  detto  avea  5  ma 
che  di  più  tacitamente  ne  veniva  beffato  $  on¬ 
de  a  feorno  grandilfimo  reputandofelo  >  bor¬ 
bottando  5  e  brontolando  un  non  fo  che  fra* 
denti  j  con  un  certo  naturai  fuo  piglio  ,  ri¬ 
marranno  ?  dilfe  ?  in  breve  gli  fchernitori  fchec- 


DI  FRANCESCO  REDI.  19 

niti  i  e  riprovata  la  loro  incredulità  :  Ne  guari 
pafsò  di  tempo  ,  che  fece  venire  a  fue  Ipefe 
in  Italia  un  faldato  ,  che  fi  vantava  d’  eifer  fa¬ 
tato  ed  impenetrabile,  o  (  come  volgarmente 
lo  dicono  )  fi  gloriava  d’  eifer’  indurito  ,  e 
ghiacciato  ,  e  che  fenza  timore  fi  farebbe  po¬ 
llo  per  berfaglio  a  qualfifia  più  brava  ,  e  piu 
orribil  falva  di  mofchettate  ;  e  tanto  inftante- 
mcnte  domandò,  che  ne  fofle  fatta  la  prova , 
e  con  tanta  importunità  ,  e  perfeveranza  che 
alla  per  fine  fu  efaudito  ;  ed  egli  ,  nulla  cu¬ 
rando  il  pericolo ,  con  fronte  ficura  e  difpet- 
tofa  ,  offerfe  il  petto  ignudo  a  Carlo  Colla 
ajutante  di  camera  del  Serenillìmo  Granduca  , 
ed  altieramente  lo  follecitava  ,  che  fparalfe  al¬ 
la  dirittura  di  quello  una  pillola  ,  che  teneva 
in  mano  per  quello  fine  ;  e  già  dava  il  Colla 
per  compiacergli ,  quando  la  generofa  pietà  di 
S.  A.  S.  non  volle  ,  che  pigliale  la  mira  alla 
volta  del  petto  ,  ma  bensì  ,  per  fargli  il  mi¬ 
nor  male  che  folle  polfibile  ,  la  drizzafie  ver- 
fo  la  parte  più  carnofa  delle  natiche ,  le  quali 
dalla  botta  della  pillola  furono  ambedue  per 
traverfo  pallate  da  banda  a  banda  ;  laonde 
quel  valente  foldato  fenza  ne  pur  dii  e  addio, 
col  danno  e  con  la  vergogna  ,  fcampando  fra 
piedi  della  brigata ,  fe  n’  andò  tutto  imbrodo- 

C  2  lato 


IO  ESPERIENZE  NATURALI 

Iato  di  fangue  a  farfi  medicare  ,  ed  il  noflro 
buon  maellro  d’  Orologi  retto  per  allora  con¬ 
futa  sì  ,  ma  però  in  fu  la  Tua  ottinazione  più 
duro  che  mai  ;  E  fcorfe  che  furono  alcune 
fettimane  ,  ritornò  di  nuovo  in  compagnia  di 
due  altri  taldati  y  uno  de’  quali  era  alabardie¬ 
re  della  guardia  a  piede  y  e  T  altro  corazza 
della  guardia  a  cauallo  $  II  primo  diceva  di  edere 
il  fatato  ,  o  il  ghiacciato  $  il  fecondo  d’  elfere 
il  ciurmatore  ,  che  fatta  avea  la  fatatura  . 
Moftrava  1'  alabardiere  la  delira  fua  cofcia  le¬ 
gnata  di  cinque  livide  ammaccature  ,  che  af¬ 
fermava  ettergli  Hate  imprelfe  da  cinque  col¬ 
pi  di  pillola  fcaricata  in  dillanza  conveniente 
dalla  corazza  ,  alla  prelènza  di  alcuni  tetti- 
moni  ,  i  quali  non  folo  confermavano  il  tut¬ 
to  di  veduta- ,  ma  lino  di  loro  più  bonario 
degli  altri ,  e  piu  dolce  9  a  fine  di  pervadere 
la  verità  del  fatto  y  ne  fece  fcommelfa  di  ven¬ 
ticinque  doppie  y  e  trovò  fubito  il  rifeontroy 
e  trovato  anco  1*  avrebbe  fe  maggior  fomrna 
n'aveffe  voluto  giocare  ,  e  la  perdeva  lènza 
fallo  :  imperocché  venendoli  alla  prova  >  ri- 
mafe  il  povero  ed  ingannato  alabardiere  con 
le  natiche  malamente  ferite  dal  colpo  di  un 
piccolo  archibufo  j  il  che  veduto  dallo  fcal- 
Uito  sfactiatiffimo  ciurmatore  volle  Cautamen- 


DI  FRAJtCECSO  REDI,  21 

te  falvarfì ,  ma  dal  Tuo  Capitano  fatto  ferma¬ 
re  ,  e  con  parole  afpre  minacciato  di  fevero 
gaftigo  3  fe  non  palefava  apertamente  la  truf¬ 
feria  ;  per  confezione  da  lui  medefimo  fatta 
s’intefe  ,  che  moltiZimi  altri  egli  ne  avea  in¬ 
gannati  3  e  1’  inganno  confìfteva  nel  modo  di 
caricar  la  pillola  :  c o n c  i  o  ili  e  c  o  fac  h  è  nel  fon¬ 
do  della  canna  di  una  terzetta  di  giuda  mi- 
fura,  metteva  pochi  foli  grani  di  polvere;  fo- 
pra  la  poluere  la  palla  ;  fopra  la  palla  tanta 
fìoppa  che  folle  ballante  a  coprirla;  pofcia 
fopra  la  doppa  metteva  una  conveniente  ca¬ 
ricatura  di  polvere  5  alla  quale  keniifimo  cal¬ 
cata  ,  metteva  addoffo  un  buono  ,  e  ben  fer¬ 
rato  floppacciolo  ;  fìcchè  quando  dava  fuoco 
faceva  la  pillola  un  grandiZìmo  fcoppio  ?  ma 
la  palla  5  che  era  portata  dalla  forza  di  queJ 
foli  pochi  grani  di  polvere  5  non  avea  altra 
pofìfanza  5  che  di  fare  una  leggier’  ammacca¬ 
tura  .  Ne  vi  fla  chi  penfi,  che  per  fortuna 
il  folo  Cielo  di  Tofcana  abbia  qualche  parti- 
cular  priuilegio  di  render  vane  »  ed  inutili 
quelle  magiche  fatture  :  imperocché  ne*  paefi 
eziandio  llranieri  elle  riefcono  inutililfime  y  e 
dagli  uomini  favi  meritamente  fchernite  .  Io 
avea  raccontato  un  giorno  r  quel  che  di  fo¬ 
pra  j  intorno  a  quella  materia  vi  ho  fcritto  ? 

ai 


sa  ESPERIENZE  naturali 

al  dottiamo  Olao  Borch,  o  Borrichio  famo- 
fo  profeffore  neirVniverfìtà  di  Coppenaghen* 
ed  egli  di  buona  voglia  concorrendo  nella 
mia  lentenza ,  fi  compiacque  per  confermar¬ 
la  ,  di  parteciparmi  un’altro  efperimento  facto 
nella  corte  del  Re  di  Danimarca,  e  fon  quell* 
effe  le  fue  parole  ,  che  in  un  vig!  etto  mi 
fcrilfe  .  Seremfiimus  Danu  >  (p  NoruruegU 
liex  *•»  in  ea  mgenij  p  Sfiritus  magnitudine  ,  ut 
re  rum  naturaltum  ferie  omnium  off  idi  fi  ti  dio  (us  e  fi , 
p  caufarum  earumdem  indagai  or  acerrima  >  irà 
non  raro  in  de  cantai  am  ili  am  r  ditone  m  indurar,  di 
cor  fora  human  a  .»  ut  ah  iBu  globi  plumbei  3  (3/ 
ferri  immunia  fnt ,  folliate  in  qui  fu  it  >  càgniturus 
mero  ne  corife ntìr e nt  tot  militar  mm  hominum  <uo- 
ces  »  a  quibus  tot  indurata um  exemfla  pieno  orc^ 
enarrabantur  $  cceterum  exvertus  tandem  eft  *  quod 
ante  diu  mente  ecfnmauérat  »  omnia  illa  falulis 
p  ficulis  gerris  effe  u  ani  or  a  :  Et  licei  quando - 
que  ad  experimenta  in  tei  confrmationem  quidam 
■prouocarent  »  ubi  tamen  ad  rem  uentum  e  fi  9  ef~ 
fugijs  p  exceptiunculis  quibtifdam  ineptis  ,  promifi 
forum  fultitiam  aperte  prodiderunt .  ]uin  p  no - 
bilts  ille  in  Septentrìone  nepottator  Sillws  Jfyfarfiltus 
ut  rei  everitatem  ad  m giu m  feiret,  p  :egi  fio  fi* 
gnifearet ,  fpargi  lufsit  per  uniutrptm  p  noflrum 
p  inimictm  exeremm  *  fipqfiijfi  fi  mille  fatta* 

tos 


Di  FRANCESCO  REDI . 

tos  3  m  eius  tifim  fine  fraudo  ceffiros  >  qui  fe  (ve¬ 
re  induratimi  advcfus  firrttm*  @r  filo  forum  Jcf  ut 
ofìenderet  y  dm  nerno  fe  pecunia  illius  cùpidum  in- 
dicavit  c  tandem  unus  (Bf  alter  fpe  lucri  3  gr  va- 
ws  ne  fio  qui  bus  caraileribus  circa  collum  difpoftis 
armati  >  in  fe  experimenta  provocar  unt  »  fccejju 
rmms  profeto  y  n&m  ubi  Mar  finis  indurai  ornine 
auribus  cultro  fio  im  minerei  iam  ab  fa  furo  fmilts 
(  parti' urum  en  'nn  fe  vita  temeraria  prominenti imi 
innite  bai  )  vani  ofentatores  ne  e  a  qui  de  m  parte. ^ 
cuhri  attaclum  frebant  >  prxtexentes  aures  carmini- 
bus  armari  nequijjf  s  fed  reliquum  corpus  >  nec  us¬ 
to  j  ubi  ad  c  teleras  partes  de  ve  ni  um  >  fifinuerc, a 
iClus  >  fed  pudenda  fuga  cultro  f  fibtraxerunt  . 

Baratteria  di  quefa  non  men  ribalda  è 
quella  5  che  tifano  i  Santoni  ,  o  Dervigi  de’ 
Turchi  ,  allora  quando  voglion  dare  ad  in¬ 
tendere  di  fapere  con  modo  facile  profetizza¬ 
re  qual  di  due  efer.citi  combattenti  fa  per  ri¬ 
maner  vittoriofò  .  Provveggono  quegl’  ingan¬ 
natori  quattro  frecce  ,  ed  incafrano  le  coc¬ 
che  di  effe  r  una  con  1*  altra  ;  e  cosi  inca¬ 
lvate  a  due  a  due  le  difendono  paralelle 
fopra  un  guanciale  ,  ed  in  tal  maniera  difefe 
debbon*  efler  tenute  fortemente  per  le  punte 
con  ambe  le  mani  da  due  uomini  ,  che  fie¬ 
no  1’  uno  all’  altro  oppofi  5  quindi  ad  ogni 

coppia 


24  ESH’ERIE'NZE  % TATVKALI 

coppia  delle  frecce  incaflrate  ,  e  diftefc  poti 
gono  i  nomi  de’  due  eferciti  nemici  ,  e  quel¬ 
la  coppia  ,  la  quale  da  per  fe  medesima  mo- 
vendofi  di  luogo  ,  andrà  a  cavalcar  fopra  1*  al¬ 
tra  coppia  oppolìa ,  farà  il  contralfegno  3  c  he 
r  efercito  di  cui  ella  porta  il  nome  ha  da  r  i- 
portar  la  vittoria  .  Egli  è  però  neccffario  , 
che  da  un  Turco  ,  fedendoli  in  fu  le  calca¬ 
gna  ,  fia  tre  volte  attentamente  letto  tutto 
quel  lungo  capitolo  deli5  Alcorano  ,  che  è  in¬ 
titolato  Jafìn  cioè  o  uomo  ,  I  meno  fcaltri  e 
più  femplici  de5  Maomettani  credono  così  co¬ 
llantemente  tal  frafeheria  ,  che  per  confer¬ 
marla  ardirebbon  di  metter  le  mani  nel  fuo¬ 
co  ,  Onde  per  moftrar  che  eli5  era  una 

grandifìma  faifità  ,  mi  fon  trovato  in  diverf 
tempi  a  farne  tentar  loro  moke  volte  la  pro¬ 
va  ;  e  per  non  elfere  ingannato  ,  ho  Tempre 
voluto  tener  da  per  me  medefimo  le  frecce  s 
ed  il  fuccclfo  fu  ,  che  le  frecce  non  fi  m of¬ 
fe  ro  mai  di  luogo  con  grande  feorno  ,  e  de- 
rifione  di  que’  Turchi  ,  i  quali  fi  trovavano 
prefenti ,  c  con  tutte  le  requifite  circoflanze 
avean  letto  ,  e  riletto  il  capitolo  del  bugiar- 
dilfimo  Alcorano  .  Ma  perchè  vi  erano  alcu¬ 
ni  Ponentini  ?  che  affertivarrrente  dicevano  d*  a- 
yer  veduto  riulcire  .quell5  operazione  in  Le¬ 
vante 


DI  FRANCESCO  REDI  .  2  5 

vante  ,  mi  fecero  follecito  ,  e  attento  a  con- 
fiderare  come  P  inganno  e  *1  giuoco  di  mano 
avelie  potuto  fard  ,  e  prettamente  ne  venni 
in  cognizione  :  imperocché  egli  tta  in  potere 
d’  uno  di  que’  due  ,  che  tengono  le  frecce  , 
il  farle  a  fu  a  voglia  foprapporfi  1’  una  all*  al¬ 
tra  col  folo  ,  e  quad  infenfibile  movimento 
della  mano,  e  del  pollo  ;  ed  in  effetto  adde¬ 
nsandomi  al  giuoco  mi  veniva  pulitamente 
fatto,  come  molti  poterono  evidentemente  ve¬ 
dere  .  Il  perchè  uno  di  que’  Dervigi  ,  men 
furbo  degli  altri ,  fi  rifolvette  francamente  a 
confeffare  ,  che  tutte  quelle  trappole  ,  e  que¬ 
lli  inganni  fono  in  ufo  tra’  Maomettani  ,  per 
un  fine  favio  e  politico  di  rendere  i  foldati 
pm  coràggio!!  ,  c  fprezzatori  de’  perigli ,  con 
la  ben  perfuafa  certezza  di  una  vittoria  pro- 
meffa  dal  loro  falfo  Profeta  ;  che  fe  poi  non 
fi  verifica  ,  come  avvenne  nel  1626.  ad  Af¬ 
fali  Calafat  ,  rinnegato  greco  ,  e  famofiffimo 
ladron  di  mare  ;  il  quale  non  ottante  ,  che 
f  incantagion  delie  frecce  gli  predicele  la  vit¬ 
toria  fopra  le  Galere  del  Papa  ,  del  Re  di 
Spagna,  e  del  Granduca  di  Tofcana  ,  da  lui 
incontrate  verfo  la  punta  di  Sardigna  ,  fu  dal 
valore  di  effe  vinto  e'prefo  ,  con  tutta  la 
fqtiadra  de’  fuoi  vafcelli  :  Che  fe  non  fi  ve¬ 
li)  rifica  , 


t$  esperienze  naturali 

rifica  »  dico  ,  non  mancano  a  coloro  ripieghi 
per  falvar  la  riputazione  a  quel  facrileeo  Se¬ 
duttore  . 

In  fomma  fotto  i  maraviglio!?  preftigi  de5 
Saracini ,  e  degl*  Idolatri  cova  Tempre  qualche 
ingannevole  manifattura  5  e  non  è  mica  ufan- 
za  nuova  ,  ma  molto  bene  antica  ,  come  fi 
può  raccogliere  dal  decimo  quarto  capitolo 
di  Daniele  ,  che  riferifee  la  trufferia  di  que 
buoni  Sacerdoti  di  Belo  ,  i  quali  facevan  cre¬ 
dere  al  Re  Ciro ,  ed  a  tutto  il  popolo  di  Ba¬ 
bilonia  ,  che  il  loro  Idolo  era  un  così  bel 
mangiatore  ,  eh’  ogni  giorno  trangugiava  qua¬ 
ranta  pecore ,  e  traccanava  fei  grandi  anfore 
<di  vino  $  e  pure  con  quella  carne  ,  e  con 
quella  bevanda  trionfavano  fegretamente  ,  e 
facevan  buona  cera  quei  ghiotrifiimi  facerdo- 
ti ,  gozzovigliando  in  brigata  con  le  mogli 
loro,  e  co’  figliuoli  .  E  non  legghiam  noi 
in  Plutarco ,  che  ne’  tempi  d’ Agide  il  giova¬ 
ne  erano  inghiottite  da’  preftigiatori  le  fpade 
fpartane  f  Infin  Apuleo  racconta,  che  un  Ba- 
gattelliere  nel  portico  di  Atene  ingozzò  una 
fpada  appuntatiffima  ,  molto  più  lunga  delle 
fpartane  5  e  che  un  cert*  altro  Giocolare  per 
ghiottornia  di  pochiffimi  quattrini  fi  cacciava 
meli*  anguinaglia  uno  fpiede  da  porci ,  c  con 

tutta 


di  fra^cecso  Redi.  27 

tutta  la  punta  ,  e  con  tutta  1’  afta  fé  lo  fa¬ 
ceva  ufeir  fuori  della  collottola  $  e  quel  che 
era  più  ftupendo,  vedevafì  a  quello  fpiede  av¬ 
viticchiato  un  bel  fanciulletto  tutto  lafcivo , 
moryido  ,  e  ricciutello  ,  il  quale  così  gentil¬ 
mente  ballava  ,  e  trinciava  capriolette,  così 
minute  9  e  così  prefte,  che  e’  non  parea,  eh* 
egli  avefte  nervi ,  ne  offa  .  Nojofo  ,  e  di- 
fpiaceuole  farei  a  me  ftefto  ,  e  a  Voi  pari¬ 
mente ,  dottiflìmo  ,  cd  eruditi  (lìmo  Padre,  fe 
narrar  voleflì  tutti  i  fimigliand  avvenimenti , 
che  giornalmente  veggiamo  per  le  piazze  ne* 
circoli  de’  Cerretani ,  e  quegli  che  mentovati 
furono  dagli  antichi  Scrittori  ,  e  particolar¬ 
mente  da  San  Gio:  Grifoftom-o  nel  libro  con¬ 
tro  i  Gentili  3  e  da  Ni  ce  fero  -C  regora  nell- 
otravo  della  Storia  Bizantina;  onde  rralafcian- 
do  di  favellarne  mi  rimetto  al  giudizio  ,  che 
ne  porta  Rabbi  Moisè  Maimonide  nel  libro 
dell3  Idolatria  al  capitolo  undecimo  ;  e  voglio 
fedamente  feri  ver  vi  quel  che  a’  meli  paflat  i 
avvenne  a  me  con  un  venerabil  uomo  nativo 
di  Mafagam  in  Affrica,  e  pofeia  Cittadino  di 
Goa  ,  il  quale  avea  portato  nella  Corte  di 
)  ofeana  molte  curiofità  pellegrine,  tra  le  qua¬ 
li  il  uedeano  alcuni  pezzi  di  Tauatearè,  che 
Jìpi  è  .chiamato  [  oc  co  ddk  Maidrve  .  Quei 

D  2  parti- 


2  8  esperienze  natvrali 

particulari  che  da  Garzia  da  Orta  ,  da  Chri- 
ftofano  Acoda  ,  da  Carlo  Clulio  ,  da  Marti¬ 
no  Ignazio  ,  da  Augerio  Cluzio  ,  da  France- 
fco  Ernandez  ,  da  Guglielmo  Fifone ,  e  da  al¬ 
tri  fono  (lati  fcritti  intorno  alìe_yirtù  di  que¬ 
llo  Cocco  fono  a  Voi  molto  ben  noti  :  D’urf 
altra  prerogativa  dotavaio  quello  foprammen- 
tovaro  valentuomo  ,  affermando,  che  Eccome 
la  calamita ,  ed  il  ferro  anno  una  certa  fcam- 
bievole  amicizia  tra  di  loro  ;  così  il  Cocco 
delle  Maldive  è  nemico  giurato  del  ferro,  lo 
fcaccia  lontano  da  fe,  e  lo  neceffita  a  fuggi¬ 
re  la  di  lui  vicinanza  :  E  modrandomi  io 
duro  a  crederlo;  con  accigliata  fronte  mi  re¬ 
plicò  ,  che  niuna  cofa  può  edere  impoffibile  s 
e  che,  per  una  cattiva  ,  ed  invecchiata  ufan- 
za,  molte  cofe  foglion  edere  (limate  non  ve¬ 
re,  o  perchè  fono  infolite  ad  udirli  ,  o  diffi¬ 
cili  ai  vederli ,  o  perchè  trapaffano  le  deboli 
forze  dei!  umana  eftimazione  ;  ma  confderate 
poi  attentamente  ,  fi  conofcono  certi  Alme  ,  ed 
agevoli  a  metterli  in  opra,  come  egli  avreb¬ 
be  fatto  ogni  qual  volta  ,  che  a  me  foffe  pia¬ 
ciuto  di  far  efperienza  della  maravigliofa  vir¬ 
tù  di  quel  preziofffimo  Cocco,  che  è  le  de¬ 
lizie,  e  la  parte  più  nobile  de*  tefori  de’ Mo¬ 
narchi  indiani  :  E  perchè  io  gli  rifpofi,  che 

tutto 


DI  FRANCESCO  RE  DE 

tutto  mi  flruggeva  di  voglia  di  veder  una 
volta  con  gli  occhi  miei  un  cotal  fatto,  per¬ 
ciò  gli  porli  immantinente  un  ferro  ,  accioc¬ 
ché  egli  avelie  in  quei!’ (fante  oc  cafone  pron¬ 
ta  di  appagare  la  mia  curiofità  :  Ma  il  buon 
uomo  cominciò  fubito  a  rapprefentarmi  ,  che 
non  ogni  ferro  era  il  cafo  ;  ma  che  fi c come 
a  voler,  che  la  calamita  palefi  più  manife (la¬ 
mento  gli  effetti  faci  col  ferro*  fa  di  nicft:e- 
re,  che-  ella  fa  prima  bene  armata;  così  qui 
è  neceilàrio  ,  che  non  ii  Cocco  delle  Maldi¬ 
ve  ,  ma  il  ferro  armato  fa  ;  e  già  che  io 
moftrava  tanta  frettolofa  premura  di  effer  cer¬ 
tificato  di  quella  verità,  perciò  fi  poteva  far¬ 
ne  la  prova  con  vna  lama  di  fpada  ,  armata 
de’  buoi  fornimenti,  o  come  la  dicono,  mef- 
fa  a  cavallo  :  Venne  fubito  la  fpada,  la  vol¬ 
tò  egli  con  la  punta  ignuda  al  pavimento, 
quindi  alzando  i  due  diti  indici  verfo  1  cielo 
reggeva  nelle  due  eftremità  di  quegli  F  elfa 
della  fpada  ,  e  in  tal  guifa  tenendola  fofpefi 
per  aria  ,  nf  impofe,  che  verfo  il  mezzo  del¬ 
la  lama  io  avvicinai  un  gran  pezzo  di  Coc¬ 
co  ,  perchè  allora  avrei  chiaramente  feorto  * 
che  quel  ferro  fi  farebbe  allontanato  da  elfo 
Cocco;  ed  in  vero  il  allontanava;  ma  la 
gione  di  quell5  allontanaci  era  il  moto  volon¬ 


tario 


SO  esperienze  naturali 

tarìo  delle  due  dita  Tulle  quali  fi  reggeva  Tei- 
fa  5  laonde  rifiolvendomi  a  tener  io  ia  fpada, 
non  uidi  mai  che  fi  moveffe ,  ancorché  con 
gran  paflìone  quel  galantuomo  vi  accollale  il 
Cocco  » 

Quelli  però  fono  inganni  volontari ,  e  , 
come  fi  Tuoi  dire,  giuochi  di  mano:  Ma  tal¬ 
volta  avviene  ancora  ,  che  per  non  comprefi  5 
o  non  ofiervati  citaceli ,  alcune  potentijfime 
cagioni  non  pofiano  produrre  i  Teliti  loro  ef¬ 
fetti  «  Accade  non  di  rado  a  Medici  aver 
data  a  bere  una  medicina  purgante  delle  più 
gagliarde  ,  e  eh’  ella  non  abbia  ne  poco  ,  ne 
punto  moflb  il  corpo . 

Ruberto  Boile  Gentiluomo  inglefe  ,  Lette¬ 
rato  di  alta  fama  ,  dotto  ,  diligente,  e  Tempre 
veridico ,  e  meritevole  d’  ogni  lode  più  fiiblfi 
me  ,  racconta  ,  con  la  Tolita  Tua  commenda- 
bihfiìma  fincerità  ,  che  avendo  letto  nella  Bo¬ 
ria  naturale  del  Verulamio  ,  che  1’  acquavite 
fta  a  galla  fopra  T  olio  di  mandorle  dolci ,  vol¬ 
le  farne  efperienza ,  e  trovò  Tempre  ,  che  i’  ac¬ 
quavite  flava  al  fondo  ,  e  i’  olio  galleggiava 
{opra  d’  effa  5  ma  quando  in  vece  di  acquavi¬ 
te,  usò  acquarzente  fine,  trovò  efìer  vero  quan¬ 
to  fu.  profferito  dal  Verulamio  ,il  quale  o  non 
fi  avyide,  o  non  fi  curò  dj  accennare,  che  era 

'  acce fi 


DI  FRANCESCO  RED! .  3 1 

necefìario  ,  che  ì‘  acquavite  folle  finitima  ,  c 
feparata  da  ogni  minima  particella  d’acquofità. 
Altri  limili  avvenimenti  riferiti  dal  Boile  nel 
trattato  de  experimenùs  j  non  fkccedtmt  ?  fa¬ 
ranno  da  Voi  ?  dottiamo  Padre  3  infallibil¬ 
mente  fiati  letti  5  onde  volentieri  mi  attengo 
dal  rammemorargli . 

Ne’  faggi  di  Naturali  cfperienze  compilati 
nell’  Accademia  del  Cimento  fotto  la  prote¬ 
zione  del  Sereniffimo  Principe  Cardinale  de’ 
Medici  fu  ferino  ;  Che  per  infittone  d’  ac¬ 
qua  ftillata  a  campana  di  piombo  s’intorbida¬ 
no  tutte  1’  altre  acque  di  fiumi  >  di  terme  >  di 
fontane  ,  e  di  pozzi  5  e  che  tra  1’  acque  na¬ 
turali  folamente  quella  del  condotto  di  Fifa 
non  inalba  ,  e  non  perde  punto  la  nativa  fua 
limpidezza  .  Ciò  fincerameate  è  fato  fcritto 
con  verità  5  ed  infiniti  valentuomini  5  che  an¬ 
no  veduto  con  gli  occhi  proprj  quell’  efpe- 
rienza  3  polfono  prettarne  viva  3  e  certa  tetti- 
monianza  .  Ma  da  alcuni  metti  in  qua  io  ho 
©flervato ,  che  anco  1’  acqua  di  Fifa  diventa 
albiccia  3  ed  intorbida  con  grandilttmo  ttupo- 
te  di  tutti  coloro  >  che  tante  3  e  tante  ccnti- 
naja  di  volte  anno  efperimentato  in  contrario  : 
Ne  faprei  darne  la  colpa  ad  altro,  che  a  qual¬ 
che  eftraneo  7  e  non  folito  mifchiamento  di' 


ja  esperienze  natfrali 

cofe  terreftrì ,  che  abbia  cominciato  invifibih 
mente  a  trapelare  colà  dove  forge  ,  fcorre  * 
e  fi  conferva  la  vena  di  quell’  acqua  :  Ovve¬ 
ro  può  efferfi  dato  il  cafo  ,  che  quando  fu- 
ron  fatte  F  efperienze  degl’  inalbamenii  dell’ 
acque  naturali  ,  fojGfero  fempre  (late  pofte  in 
opra  acque  ftillate  a  campana  di  piombo ,  le 
quali  acque  nello  Trillare  avellerò  pigliato  po¬ 
tili  (lìmo  Tale  da  quella  campana  ,  e  per  con- 
fequenza  avellerò  potuto  folamente  rendere 
albe  le  acque  più  impure,  ma  non. già  la  pu- 
rilfima  del  condotto  di  Fifa,  la  quale  accioc¬ 
ché  fi  faccia  albiccla  c  di  medie-re'  mefcolar- 
la  con  acqua,  che  nello  {biliare  fi  fra  ben  be¬ 
ne  arricchita  di  quel  fale  ,  che  fogliono  (pit¬ 
tare  le  campane  di  piombo  »  E  per  dire  il 
vero,  chi  v  oidi  e  diligentemente  far  coca!  pro¬ 
va  fe  tiferà  molte,  e  divede  acque  attillate  in 
campane  differenti,  ne  troverà  alcune -per  in- 
fufione  delle  quali  F  accjua  del  condotto  di 
Pifa  non  intorbida  mai ,  e  ne  troverà  altre , 
che  fubito  fanno  intorbidarla  :  Ed  a  quella 
così  fatta  differenza  può  cooperar  molto  (  co¬ 
me  ho  efperimentato  )  non  folo  la  diverfità 
delle  campane  ,  ma  eziandio  i  gradi  del  fuo¬ 
co,  e  la  diverfa  naturalezza  de’ fiori,  e  dell* 
erbe,  che  fi  diffidano:  Può  cooperarvi  ancora 

fe 


DI  FRANCESCO  REDI.  33 

fc  l'acqua  Ha  la  prima  che  ftilii  dalla  campana,  o 
pure  le  lì  a  l’ultima,  quando  dopo  qualche  gior¬ 
no  di  continuo  lavoro  la  campana  è  ftracca  (per 
così  dire  )  e  sfruttata  :  fa  altresì  alcune  volte 
qualche  fìravagante  differenza  la  maggiore,  o 
minor  quantità  d’acqua  Pillata  in  piombo,  che 
s’infonda  fopra  la  fuddetta  acqua  del  condotto 
di  Pifa  $  la  qual’ acqua  del  condotto  di  Pifa  ancor¬ 
ché  inalbi  ed  intorbidi,  non  inalba  però  mai,  ne 
intorbida  tanto ,  quanto  inalbano  ed  intorbi¬ 
dano  milT  altre  acque  naturali, che  da  me  fo¬ 
no  fiate  fino  a  qui  provate,  eccettuatane  l’ac¬ 
qua  del  fiume  della  Fefcia,  che  fcorre  nella 
vai  di  Nievolc  in  Tofcana  ,  la  quale  nell’ inal¬ 
bare  è  limile  molto  a  quella  di  Pifa  ,  ficco- 
me  le  è  fomigliante  in  gran  parte  1’  acqua 
dolce  d’una  fontanel!a,che  fi  trova  nel  prato 
del  Palazzo  de’  Buonvifi  pollo  ne’  monti  di 
Lucca  non  molti  palli  lontano  dal  famofo  Ba¬ 
gno  della  Villa  .  Del  refto  l’ acque  tanto  ri¬ 
nominate  del  Nilo,  e  Tacque  del  Pozzo  della 
Mecca  nell’  Arabia  ,  tenute  in  tanta  venera¬ 
zione  da’  Marnataci ,  intorbidano  (  come  ho 
potuto  per  esperienza  vedere  )  al  pari  di  qual- 
iisia  acqua  dì  vililfjma  (lima. 

Nelle  fi  elfo  libro  di  Sacci  di  naturali  cf- 

'w'O  . 

perienze  fi  dice,  che  Tacque  filiate  in  vetro. 


34  ESPERIENZE  •EIATVRALÌ 

fé  fieno  mischiare  con  acque  Pillate  in  piom¬ 
bo  ,  non  intorbidino. 

Quella  efperienza  moltiflìme  volte  riefce 
vera  ,  ma  volendo  generalmente  intendere  di 
tutte  quante  1*  acque  Urtiate  in  vafi  eli  vetro4 
non  è  vera  .  Ho  fatto  (biliare  la  vitriuola  , 
o  parietaria  in  orinali  di  vetro  a  bagno  ma¬ 
ria  ,  e  a  rena  $  in  bocce  d’  oro  ,  c  d’  argen¬ 
to  col  cappello  di  vetro  5  e  nel  cartello  del¬ 
la  ftufa  con  orinali  e  di  vetro, e  di  terra  in¬ 
vetriata  5  e  pur  T  acqua, che  n’ è  ufeita,  aven¬ 
dovi  infufo  qualche  poco  d’  acqua  rofa  ,  o 
d’  acqua  di  fiori  di  mortella  diftillate  in  piom¬ 
bo  ,  Tempre  è  intorbidata  ,  e  divenuta  come 
un  latte  .  In  un’  orinale  di  vetro  mifi  un 
giorno  quattro  libbre  di  parietaria  fubito  che 
fu  colta  ,  quindi  ferrato  T  orinale  col  fuo  cap¬ 
pello  roftrato  ,  1*  accomodai  nel  fornello  fo- 
pra  la  rena  ,  e  ne  feci  ftiliar  f  acqua  ,  man¬ 
tenendo  il  fuoco  Tempre  eguale ,  finché  la  pa¬ 
rietaria  forte  totalmente  afeiutta  ,  e  quafi  ab¬ 
bruciata  5  e  per  diftingucre  le  -differenze  delle 
prime  acque ,  che  flirtavano  ,  da  quelle  del  mez¬ 
zo  ,  e  da  quelle  del  fine,  mutai  il  recipiente 
quattordici  volte  5  cd  in  fine  provando  querti 
quattordici  faggi  di  acqua,  con  acqua  rofa  fid¬ 
iaca  a  campana  di  piombo ,  tutti  fubito  inal¬ 
barono  . 


DI  FRANCESCO  REDI.  j  j 

barono  .  Tale  efpericnza  la  feci  del  mele 
di  Aprile,  c  la  reiterai  di  Maggio,  e  di  Giu¬ 
gno  :  Onde  per  far’  un*  altra  prova  ripofi 
il  refiduo  di  quei  quattordici  fàggi  in  una 
boccia  d' argento  col  cappello  di  vetro  ,  e 
g!i  feci  riftillare  a  bagno  maria  ,  mutando  il 
recipiente  otto  volte ,  c  pur  T  acqua  raccolta 
ne*  primi  fette  recipienti  Tempre  inalbò  ,  ma 
non  già  quella  dell’  ottavo ,  ed  ultimo ,  la  qua¬ 
le  non  volle  mai  inalbare,  ancorché  io  la  ci- 
mentaflì  con  diverfe  generazioni  d’  acque  flil- 
late  in  piombo  .  La  melifsa  in  quelli  inal¬ 
bamene  è  quafi  Limile  alla  parictaria  ,  ancor-' 
che  faccia  alle  volte  qualche  llrauaganza  : 

Vi  fono  tali  erbe  ,  che  {filiate  in  vad  di  ve¬ 
tro  a  rena  fanno  (Iravaganzc  grandiffime;  im¬ 
perocché  o  non  inalbano  mai ,  o  fe  pure  inal¬ 
bano,  faranno  foiamente  quelle,  che  nel  prin¬ 
cipio  dell’  opera  flillano  nel  recipiente ,  ma 
non  già  1*  vltime  ,  le  quali  fon  di  tal  natura, 
che  non  foiamente  non  intorbidano  ;  ma  fo¬ 
no  di  tanta  efficacia  ,  e  di  tanta  forza  ,  che 
mifchiate  con  acque  intorbidare  a  bella  pro¬ 
va  ,  le  rifehiarano  ,  e  le  tornano  alla  loro 
primiera  limpidezza  ,  come  appunto  fuol  fare 
il  fugo  di  limone  ,  c  deli’  agrello  ,  e  molto 
più  l'aceto  forte,  e  l'aceto  (libato,  ma  non 

E  2  già 


3*  ErPERlEttZE  WÀTVRAL1 

già  lo  fpirico  di  vitriuolo;  E  quel?  ultime  acque 
tanto  fon  più  gagliarde  nel  produrre  quel  rifchia- 
ramento,  quanto  è  flato  più  gagliardo  il  fuo¬ 
co,  che  le  ha  fatte  flirtare.  Nella  bietola,  c  nel¬ 
la  fai  via  potrà  ogni  uomo  certificarli  di  quella 
verità,  ma  non  nella  paritaria'»  l’acqva  del¬ 
la  quale,  come  ho  riferito  ,  intorbida  Tempre 
egualmente  .  L’ acque  poi ,  che  fi  flirtano  nel 
cartello  della  ftufa  tanto  con  orinali  di  vetro , 
quanto  con  orinali  di  terra  invetriata  col  cap¬ 
pello  di  vetro  ,  quafi  tutte  generalmente  fo- 
gliono  intorbidare,  dico  quafi  tutte ,  perche  ve 
ne  fono  alcune,  che  non  foglion  mai  intorbi¬ 
dare  :  E  di  quelle  che  intorbidano ,  alcune  fon 
le  prime  che  flirtano  ,  akune  fon  quelle  ,  che 
flirtano  al  mezzo  ,  ed  al  fine  dell’  opera  :  al¬ 
tre  fon  di  quelle  che  ftillano  dagli  orinali 
porti  nel  baffo  del  cartello,  altre  fon  di  quel¬ 
le  ,  che  vengono  dagli  orinali  fituati  nell’  al¬ 
to  :  E  fovente  avviene  che  tali  acque  non 
confervino  collantemente  lo  rteffo  ordine  ;  e 
può  darfi  il  cafò  ,  che  1’  acqua  d’  un  erba  in 
una  prova  fia  Tempre  intorbidata  ,  ma  fe  fi 
ridilli  di  nuovo  della  fleffa  Torta  di  erba,  non 
ne  fegua  P  effetto  dell’  intorbidamento  .  Il 
perchè  è  difticiliffimo  1*  affermare  in  generale 
cofa  alcuna  di  certo  intorno  a  quelli  così  fau 

ti 


DI  FRANCESCO  REDI .  37 

ti  intorbidamenti  dell*  acque  fidiate  ,  de’  qua¬ 
li  ,  per  non  allungarmi  di  foverchio  ,  favelle- 
fò  forfè  in  tempo  ,  ed  in  luogo  più  oppor¬ 
tuno  ,  eftendo  materia  curiofa  ,  e  piena  di 
bizzarri,  e  talvolta  non  affettati  avvenimenti. 

L’acqua  di  cannella,  che  fi  a  fiata  ftillata 
In  bocce  d’  oro  ,  o  d’  argento  ,  o  di  rame 
(lagnato,  o  di  vetro, col  loro  cappello  di  ve¬ 
tro  ,  fe  fia  confervata  in  vafi  di  vetro  ,  fi 
manti  en  fempre  chiara  e  limpida  ;  ma  fe  fia 
tenuta  in  vafi  di  criftailo,  intorbida  in  poche 
ore  ,  ingrofta ,  e  diventa  bianca  come  un  lat¬ 
te;  quindi, dopo  qualche  giorno, comincia  ap¬ 
poco  appoco  ad  ingiallire  ,  e  piglia  un  certo 
fapore  limile  all’  anime  de5  noccioli  di  pelea  , 
e  delle  mandorle  amare  :  Quello  cfperimen- 
to  da  me  più  di  cento  volte  reiterato  con 
acqua  di  cannella  ,  ftillata  e  con  vino,  e  fen- 
2. a  vino  ,  farà  trovato  verifiimo  ,  da  chiunque 
vorrà  provarlo  ,  ma  è  neceffario  ,  che  fi  fer¬ 
va  di  vafi  di  criftailo  fabbricati  nella  Città 
di  Pifa ,  altrimenti  riufeirebbe  falfo  fe  non  in 
tutto ,  almeno  in  alcuni  particolari  avveni¬ 
menti  :  Concioffiecofachè  ne’  vafi  di  crifta!- 
lo  di  Roma  5  e  di  Venezia  1’  acqua  di  can¬ 
nella  non  v’  inalba,  ne  v’  intorbida  in  poche 
ore  ,  ma  dopo  che  fon  paflati  due  ,  o  tre 

giorni, 


/ 


j  8  ESPERIENZE  NATURALI 

giorni  s  e  non  v’  ingialla  mai ,  ne  yì  Tuoi  pigliar 
quel  faporc  tanto  faftidiofo  di  noccioli  di  pc- 
fca ,  o  di  mandorle  amare  :  Ma  fé  ne’  cri- 
ftalh  di  Venezia,  c  di  Roma  Tuoi  penare  due, 
o  tre  giorni  ad  intorbidare,  ella  indugia  mol¬ 
to  più  in  que’  bellilfimi  criftalli  ,  che  da  qual¬ 
che  tempo  in  qua  fi  fabbricano  in  Parigi;  an¬ 
zi  fi  potrebbe  quafi  quafi  dire  ,  che  non  v* 
inalbale  punto  ;  tanto  poco  è  1*  inalbamcnto , 
che  ella  vi  piglia  .  Verrà  forfè  tempo  ,  nel 
quale  tal  diverfità  non  fi  troverà  vera, fecon¬ 
do  la  diverfità  dell’arte  ,  e  de’  materiali,  che 
nella  fabbrica  de’  criftalli,  fi  uferà  in  Fifa ,  in 
Venezia ,  in  Parigi  ,  ed  in  Roma  .  Qual  poi 
efter  polla  la  cagione  di  tale  inalbamcnto,  io 
per  me  credo  ,  che  venga  da  quel  faie  ,  che 
fuoi  fiorire  su’  vali  di  criftallo ,  e  che  col 
tempo  gli  rode,  gli  fpczza,  e  fe  gli  mangia; 
e  di  ciò  potrà  accertarli  ognuno,  che  nella 
fuddetta  acqua  di  cannella  ftillata  feioglierà 
con  proporzione  qualche  poco  di  quel  faie  . 
L’intorbidamento  di  queft’ acqua  farà  conofce- 
re  elTer  falfa  la  comune  opinione  di  coloro  , 
che  fino  a  qui  anno  creduto,  e  credono,  che 
i  vali  di  criftallo  non  polfano  cagionar  altera¬ 
zione  in  quei  liquori ,  che  in  elfi  vafi  fi  ripon¬ 
gono;  E  tanto  più  tale  opinione  farà  confet¬ 
ta 


DI  FRANCESCO  REDI • 

ra  falla  ,  quanto  che  alcune  acque  flirtate  a 
campana  di  piombo  inalbano  ne’  vali  di  cri- 
rtallo  di  Pifa  ,  ancorché  non  con  tanta  pre- 
ftezza  ,  con  quanta  fuol'  intorbidarvi  T  acqua 
di  cannella  flirtata. 

Si  fabbrica  vna  poluere  con  tre  parti  di 
falnitro  raffinato ,  due  di  fai  di  tartaro  ,  ed 
una  di  fiori  di  zolfo,  la  quale,  dall’ effetto  che 
produce,  li  clnama  polvere  tonante;  imperoc¬ 
ché  mi  fifone  una  piccola  porzione  o  in  un 
cucchiaio,  o  in  una  paletta  di  rame,  o  di  lat¬ 
ta  ,  o  di  quailifia  altro  metallo  ,  e  porta  la 
palet  a  fopra  il  lume  d’  una  candela  ,  ovvero 
fopra  i  carboni  accefi  ,  quella  polvere  muta 
colore  appoco  appoco  ,  quindi  fa  uno  fcop- 
pio  fim  le  ad  una  botta  di  pillola  ,  o  di  mo- 
fchetro ,  fecondo  che  maggiore  o  minore  fi  è 
la  quantità  della  polvere  :  E  pure  talvolta 
avviene, che  quella  rt tifa  fteflì fisima  polvere  che 
poco  prima  fia  beniflìmo  riufeita  alla  prova  , 
non  voglia  di  nuovo  produrre  lo  rtelfo  effetto 
dello  feoppio  ;  e  pofeia  riprovata  di  nuovo  , 
torni  di  nuovo  a  riprodurlo  ,  come  avvenne 
a  me  quando  volli  farla  vedere  al  Sig.  Loren¬ 
zo  Magalotti  ;  conciolfiecolachè  la  prima  vol¬ 
ta  la  polvere  non  fece  effetto  veruno  ,  anzi 
fi  liquefecc  come  una  cera  ;  ma  riprovata 

poi 


4 o  ESPERIENZE  NATURALI 

poi  per  la  feconda  ,  c  per  la  terza  volta  fi 
portò  beniifmio  . 

A  me  pure  è  intervenuto  piu  d’  una  vol¬ 
ta  durar  fatica  grande  a  far  morir  qualche  ani* 
male  a  forza  di  morfi  di  vipere,  o  a  forza  di 
d*  olio  di  tabacco  .  Si  danno  ,  come  io  di¬ 
ceva  ,  molti  cafi  ,  o  che  la  vipera  abbia  forfè 
poco  prima  mangiato,  o  bevuto  qualche  cola 
afpra ,  ruvida  ,  e  detergente  5  la  quale  le  ab¬ 
bia  ripulito  la  bocca  ,  il  palato  ,  e  le  fauci  ; 
o  che  ella  abbia  di  frefco  mordendo  fchizza- 
to  fuor  delle  guaine  de’  denti  quel  mortifero 
liquor  giallo  ,  che  dentro  vi  fi  conferva;  oche 
quel  liquor  giallo  fa  in  tanta  poca  quantità  * 
che, appena  arrivi  a  toccare  il  (angue;  g pure  ef¬ 
fondo  copiofo  non  abbia  potuto  penetrar  tutto 
infin  colà,  dove  gli  era  di  mcfnerc  per  la  de¬ 
bolezza  del  morfo  dato  aila  sfuggita  ,  e  che 
non  abbia  fe  non  leggiermente  ae-carnato  ,  o 
abbia  accarnato  in  luogo  rado  di  vene  ,  e  di 
arterie  ;  e  tanto  più  fe  51  ferito  animale  fia  di 
datura  grande;  imperocché  la  vipera  non  cosi 
facilmente  ammazza  un’  uomo  ,  una  pecora  , 
una  capra  ,  un  cavallo  ,  un  toro  ,  coni’  dia 
ammazza  un  colombo  ,  un  gallo,  un  coniglio, 
un  gatto  ,  ed  altri  piccoli  animaletti  :  Avvie¬ 
ne  ancora  non  poche  volte  ,  che  fanguinando 

la 


DI  FRANCESCO  REDI .  41 

L  ferirà ,  ritorna  col  fangue  indietro  ,  e  fpiccù 
inora  il  veleno;  al  che  fi  aggiunga  5  che  per  av¬ 
ventura  può  efferc,  che  non  rutte  le  vipere  ab¬ 
biano  tra  di  loro  uguale  poffanza  di  avvelenare  , 
ma  fecondo  i  paefì, ne’ quali  effe  fon  nate, o con- 
verfano,  più  o  meno  fa  attivo,  e  brillante  il  lo¬ 
ro  veleno  .  Ed  il  meaeftmo  adiviene  dell’olio 
del  tabacco  ;  imperocché  non  ogni  animale  con 
elfo  avvelenato  fi  muore ,  o  per  lo  meno  non 
con  tanta  preftezza,  fe  la  ferita  non  arrivi  a  toc¬ 
care  qualche  vena,  o  qualche  arteria  di  quelle, 
che  non  fon  noverare  tra  le  più  fonili .  In  oltre 
non  ogni  olio  di  qualffa  maniera  di  tabacco  è 
mortifero,  anzi  che  ve  n’è  di  quello  ,che  di  qua¬ 
li  niun  detrimento  è  cagione,  e  di  ciò  per  efpe- 
rienza  ne  fon  ccrtilTìmo.  Grandiffima  differenza 
io  trovo  tra  ’1  tabacco  del  Braiil  ,  c  quello 
che  ci  è  portato  dalli  fo  !  a  di  San  Criftofano  : 
poco  differenti  effetti  producono  tra  di  loro 
quello  di  Vanna  ,  e  quello  del  Bradi  ;  ma 
e]uelio  di  Tenanuova,  dell’ Ifola  di  N’eve,di 
San  Martino,  e  dell' Anguilla  non  s’allontana 
molto  dalle  operazioni  di  quello  di  San  Cri¬ 
ftofano  ;  ed  il  noftra'e  produce  ancor’ elfo  gli  f 
effetti  Tuoi  differenti  dagli  altri,  ancorché  tut¬ 
ti  in  c:iafto  concorrano  di  produrre  un'  olio 
. n  pire-ematico, puzzolenti!!! ino,  e  di  quali  im- 

F  pra- 


42  esperienze  NATURALI 

praticabile  fetore  .  Io  fo  che  forfè  ho  parlato 
troppo  ofcuramente  intorno  a  quelle  tante  raz¬ 
ze  di  tabacco,  ma  eifenio  materia  pericolofa 
Intendimi  chi  pub  ,  eh'  i  m  intend'  io 
Ma  udite  di  grazia  ,  che  bizzarra  lira  va¬ 
garla  .  Quell’  olio  melTo  nelle  ferite  in  po¬ 
co  d’  ora  ammazza  ,  o  per  lo  meno  cagiona 
fa  (lidi  oli  Ili  mi  accidenti  i  ed  io  conofco  cere’ 
uomini ,  che  medicano  ,  c  guarifeoao  con  la 
fola  polvere  di  tabacco  i  tagli,  e  tutte  qud 
le  ferite ,  che  ferite  femplici  da’  maeflri  di 
Cirugia  fono  chiamate  .  Ed’  il  fopram men¬ 
tovato  Padre  Antonio  Veira  Giefuita  ,  che 
per  lo  fpazio  di  trentadue  anni  ha  dimorato 
nel  Brafil ,  mi  riferifee,  che  in  quel  paefe,  per 
le  ferite  non  è  medicina  più  ufuale  del  fugo 
del  tabacco  frefeo  ,  e  delle  foglie  di  quell’ 
erba  :  E  di  più  Niccolò  Monardes  racconta, 
che  gl’  Indiani  ,  per  curar  le  piaghe  fatte  dal¬ 
le  frecce  avvelenate  de’  Cannibali,  fi  fervono 
{blamente  di  quello  figo  ,  il  quale  non  iolo 
refifle  al  veleno  ,  ma  ancora  con  preflezza 
rammargina  ,  e  cicatrizza  le  piaghe  ,  c  le  di¬ 
fende  dal  flulfo  del  fangue  .  Sono  parimen¬ 
te  alcuni  altri ,  che  mafticano  ogni  mattina  a 
digiuno  buona  quantità  di  tabacco  ,  e  lo  in- 
ghiottifeono  fenza  un  minimo  pregiudizio  al¬ 
meno 


DI  FRANCESCO  REDI .  43 

meno  apparente  5  e  pure  ogni  fiilla  del  Tuo 
olio,  che  in  bocca  fi  prenda ,  o  nello  fioma- 
co  11  avvalli ,  è  origine,  e  radice  di  nojofe , 
c  di  mortali  feiagure  :  In  quella  guifa  ap¬ 
punto  che  quei  tabacco  in  polvere  ,  che  a 
tutte  I’  ore  da  infiniti  uomini  fi  tira  fu  pel 
nafo  ,  fé  fia  pofio  in  bocca  ad  alcune  be¬ 
ffinole  ,  e  particolarmente  alle  lucertole ,  in  un 
fol  momento  le  fa  bafire  ,  ed  intirizzate  le 
ammazza  .  Direi  che  quella  ftefifa  polvere  di 
tabacco  fa  celle  Io  fi:  e  fio  giuoco  alle  forni ,  ma 
non  voglio  parlarne,  conciofiìecofachè  per  due 
anni  continui  taf  efperienza  ufi  è  riufeira  vera, 
ma  nel  prelente  anno  ,  fenza  ritrovarne  la 
cagione  ,  non  ho  potuto  mai  farne  rnoiiie 
nc  pur  vna  della  fidia  razza  di  quelle  degli 
anni  panati  :  Affermo  bene,  che  le  mignat¬ 
te  fanguifughe  rinvoltate  nel  tabacco  polve¬ 
rizzato  ,  fi  muoj'ono  in  poche  ore  ,  non  per 
cagione  di  quella  polvere,  come  polvere,  ma 
bensì  per  cagione  della  pefianza  del  tabacco. 

Quello  che  è  piti  confiderabile,  a  chi  fa 
il  vero  modo  di  fabbricar  quell’  olio ,  fi  è  , 
che  oggi  in  tutte  le  firaniere  contrade, e  nel¬ 
le  noliie  ancora,  molti  uomini  ficuramenre , 
e  lenza  pericolo  ,  pigliano  per  bocca  il  fum¬ 
mo  dd  tabacco,  di  cui  così  fattamente  il  pa- 

F  2  lato, 


44  ESPERIENZE  NATVRALì 

laro  j  e  tutte  le  circonvicine  parti  s1  imbevo¬ 
no  ,  che  pollo n  madlrcvolmente  refpignerlo 
fuora  c  per  gli  occhi  ,  e  per  gli  orecchi  ,  e 
per  le  narici  ;  ed  in  ciò  il  ludo  tane’  oltre  fi 
è  avanzato  ,  che  anno  rinvenuto  un’in^arnofo 
modo,  e  faciliifimo  di  far  paflar  quel  fummo 
per  alcuni  canaletti  feppelliri  nella  neve,  da' 
quali  egli  dipoi  sbocca  cosi  gelato  ,  che  non 
porta  invidia  alla  più  fredda  tramontana  ;  e 
molti  non  contenti  di  prenderlo  per  bocca  , 
con  novella  arte  ,  e  con  novello  ftromento  , 
in  vece  di  ferviziale  fi  empiono  di  quel  fum¬ 
mo  ,  ma  però  caldo  ,  le  budella,  e  lo  trova¬ 
no  giovevole  a  molte  malattie  più  contumaci , 
cd  in  particularc  alla  doglia  colica . 

Panni  ora  che  Voi  mi  domandiare,  fe  for¬ 
fè  1’  artifizio  ,  che  fi  ufa  in  far  1’  olio  del  ta¬ 
bacco  ,  pofia  produrle  *  ed  inneflare  in  edo 
quella  micidiale  violenti ifi ma  velenosità  ;  o  fe 
pure  gliela  doni  quaichè  lfrana  mefcolanza  di 
cofe  velenofe  ,  che  per  necelficà  entrino  nella 
manipolazione  di  quell’  olio  .  E  quella  vo- 
ilra  illanza  mi  raffembra  ,  che  fia  fondata  fu 
quello  ,  che  intorno  a  ciò  affermativamente 
fcrifle  un  Valentuomo  Franzefe  in  un  fuo  cu- 
riofo ,  ed  elegantifiìmo  trattato  del  tabacco  , 
dedicato  con  molta  ragione  al  nobilitino  ,  e 

dotti  f- 


3 


i 


DI  FRANCESCO  REDI ,  45 


dortilTì irò  Abate  Bourdelot  Signor  di  Condà  , 
e  di  San  Leger,  ed  uno  de’ più  difcreti  ,  de’ 
più  faggi,  c  de' più  cfperim  ntati  Medici  del 
rollio  fecole  ,  e  fon  quell’  effe  le  fnc  parole. 
Efclqttes-un^  nc  annidi;  r  ,  p-.u  •  proti  z>er  qtd  il  ejì  f i  e~ 
tiCì.omx  cbjcaeront  C  ex.  eri  ance  de  certame  qiante-ef 
j.  nce  de  tabi.-,  c  >  qui  fu-t  a  ferree  de  Florence  a  Da- 
temps  >  dont  u 
pi  <1  ve  irre  f ni  fon 
meme  .  EÀIais  camme  le  tabac  en  fan  naturai 
ne  predai t  rie»  de  ftmblahle  »  cette  quinte -ejì a nct^> 
desiali  atre  fifpecle  de  antique  melange  >  cu  dn 
mcws  atc.it  dea.  enne  or  e  nane  u fa  par  les  drzerfs 
pregar attans  cu  elle  arzoit  r aceti  de  la  cimmie  . 
Non  faprei  dirvi  altro  per  rifpofla,  fe  non 
che  con  quello  Hello  magiftero  ,  col  quale  fi 
fa  l’olio  dei  tabacco,  fi  fanno  parimente  di¬ 
vertì  altri  oij  ,  che  per  fervizio  della  Medicina 
riefeono  innoccntiflimi;  e  tanto  prefi  per  boc¬ 
ca  ,  quanto  per  di  fuori  applicati  alle  ferite 
fono  medicamenti  {Iugulari  ,  e  falutiferi  5  per 
la  qual  cola  non  ardirei  affermar  con  certez¬ 
za  ,  che  per  si  fatto  magiftero ,  quell’  olio  fi 
converta  a  natura  di  veleno  .  Pollo  bene  con 
franchezza  afficurarvi,  che  nella  fua  fabbrica, 
o  manipolazione,  non  entra  mefcolamento  di 
cofa  alcuna  ,  che  fia  valevole  ad  avveleni  rio  ; 


ns  d  ya  quelq 
tradiate  dans  u 


ne  feule  geme  in- 
meunr  a  l’  heure 


E  per- 


4 6*  esperienze  natvrali 

E  i  perchè  anno  dubitato  alcuni  ,  e  creduto  , 
che  nelle  parti  dell’  America  ,  il  tabacco  fi  a 
fallato  da’  mercanti  coll’  elleboro  ,  e  coll’  eu- 
forbio  ,  perciò  e  dall’ euforbie ,  e  dall’ ellebo¬ 
ro  ho  fatto  cavar  a  mia  polla  f  olio  ;  e  aven¬ 
dolo  efperimentato  in  cìiverfe  maniere  di  feri¬ 
te  ?  r  ho  Tempre  trovato  privo  di  vek-nofirà  . 
Potrebbe  nuìiadimcno  qualche  per  fona  troppo 
fcrupolofa  replicarmi  ,  che  ciò  può  alleimi 
avvenuto  per  non  aver’  io  fatto  ufar  tutte 
quelle  necdfarie  cirimonie ,  che  nei  coglier 
Y  elleboro  fon  tanto  rammentate  da  eli  Autori 
botanici,  tra’  quali  Plinio  feri  Ile ,  Hoc  (fr  reli- 
giofius  colligjtur  ?;  primutn  enìm  gladio  circmnfnUiur  3 
dein  qui  facci  finis  efl  *  onum  pfccìat  3  (f-  inced¬ 
ine*  -zi  là  lice  ai  fin  concedenti  Ars  D:js  lacere  >  ob- 
ferzoatque  aquile  wolatus  .  Quelle  fon  bagat¬ 
telle  credute  da’  noftri  Antichi,  o  feritte  for¬ 
fè  per  mantenere  in  credito ,  ed  in  venera¬ 
zione  la  virtù  dell’  erbe  .  Ma  quando  pur 
anco  foffer  cofe  vere  ,  e  necdfarie ,  (  il  che 
non  concederei)  elle  fono  feritte  dagli  Auto¬ 
ri  con  tanta  diverfità  ,  che  io  non  faprei  a 
chi  di  loro  doveflero  dar  fede  gli  erbajuoli 
moderni  :  imperocché  Plinio  nel  coglier  1’  el¬ 
leboro  comanda  ,  che  fi  offervi  il  volo  deli¬ 
ri  qui  la  in  quella  maniera  ,  che  nelle  loro  pre¬ 
dizioni 


di  Francesco  Redi.  47 

dizioni  F  ofTervavano  gli  Auguratori  antichi  . 
Teofraho  pel  contrario,  c  Diofcoride  voglio¬ 
no  ,  che  gli  erbaiuoli  fi  guardino  ,  e  lì  ab¬ 
biali  cura,  che  1’  aquila  non  gii  colga,  e  non 
gli  vegga  in  quella  1 accenda  ;  Onde  qui  per 
pah  aggio  oflcrvo  ,  che  Plinio,  avendo  copiato 
quella  dottrina  da' Greci, non  fece  diftinzione, 
che  pur  v*  è  grande  ,  dal  <?vAsltTì&ou  al  qvùwrfuv  ; 
ovvero  come  conhdeiò  il  Sai  inailo  quel  oh  fer¬ 
marne  aquile  mola-.us  li  potrebbe  leggere  fer¬ 
matane  amale  molatus  f\n  quel  fentimento  d’O- 
razio  Eh  rtipes  maxima  ,  ferma,  cd  in  quello 
di  Terenzio  Hem.  ferma,  qem  nabit  nifi  caues . 
e  cosi  farebbon  d’accordo  Teofraho,  Diofco¬ 
ride  ,  e  Plinio  ;  Ma  non  per  quello  ,  chi 
trafeuraffe  quelle  diligenze  pregiudicherebbe  al¬ 
le  virtù  dell'  elleboro  j  avvengachè  gli  Ideili 
Autori  li  dichiarano  *  che  elle  non  fi  fanno 
in  riguardo  di  e  ilo  elleboro  ,  ma  di  colui  che 
dee  coglierlo  ,  acciocché  egli  sfugga  ogni  pe¬ 
ricolo  ,  e  Ria  fenza  temenza  di  cattivo  au¬ 
gurio  ;  il  che  pure  è  una  vana  immaginazio¬ 
ne  . 

E'  cofa  notiflima  tra  gii  Scrittori,  che  quel 
pefee  marino  ,  chiamato  Tremola,  Torpedine, 
ovvero  Torpiglia,  fe  ha  toccato  renda  intor¬ 
mentita,  e  ftupida  la  mano,  ed  il  braccio  di 

colui 


4$  esperienze  naturali 

colui,  che  lo  toccateci  io  ne  ho  fatta  la  pro¬ 
va  più  d’ una  volta,  per  certificarmi  di  tal  ve¬ 
rità  ,  e  per  poterne  favellare  con  certezza  di 
fcienza  ;  e  voglio  raccontarvi ,  che  alcuni  pe¬ 
satori  eifendo,  a  mia  rcquifizione ,  andati  al¬ 
la  pefca  di  quello  pefce ,  ne  pigliarono  uno  , 
e  portatomelo  vivo  poco  dopo  che  1*  ebbero 
prefo  ,  appena  Ip  toccai ,  e  lo  llrinfi  con  la 
mano ,  che  mi  cominciò  ad  informicolare  e 
la  mano ,  e  51  braccio ,  e  tuttta  la  fpalla ,  con 
un  tremore  così  fafiiaiofo  ,  e  con  un  dolore 
così  afflittivo, ed  acuto  nella  punta  del  gomito, 
che  fui  neccfiìtato  a  ritirar  fubito  la  mano  : 

E  lo  (lelfo  mi  avveniva  ogni  qualvolta  io  vo¬ 
leva  oftinatamente  continuar  lungo  tempo  a 
toccarlo  .  Egli  è  ben  vero  ,  che  quanto  piu 
la  torpedine  lì  avvini  ava’  alla  morte  ,  tanto 
meno  io  fentiva  il  dolere,  c  ’l  tremore  ;  anzi 
molte  volte  io  non  lo  fentiva  ;  e  quando  ella 
fu  quali  finita  di  morire  ,  che  pur  campò  an¬ 
cora  tre  ore,  io  poteva  maneggiarla  con  ogni 
fìcurezza  ,  e  fenza  fallidio  veruno  :  che  perciò 
non  è  maraviglia  fe  alcuni  llicno  in  dubbio 
della  verità  di  quello  effetto ,  e  lo  tengano 
per  una  favola  ,  avendone  dfi  per  avventura 
fatta  1’  efperienza  non  con  le  torpedini  vive  s 
ma  con  le  morte  ,  o  vicine  al  morire  . 

Non 


DI  FRANCESCO  REDI.  4 9 

Non  poflb  già  con  la  lìdia  licurczza  affcr- 
mare  ,  o  negare  fé  lìa  il  vero  ,  che  la  virtù 
della  torpedine  operi  ancora  da  lontano  . 

I  pefcatori  tutti  dicono  di  sì  5  ed  affermano 
collantemente  ,  che  per  le  funi  ddla  rete  , 
e  per  V  affa  della  foschia  ella  trapafìa  dal 
corpo  della  torpedine  alla  mano»  ed  al  brac¬ 
cio  del  pefeatore  5  anzi  uno  dì  eiìì  mi  dice¬ 
va,  che  avendo  ineffa  quella  torpedine  in  un 
gran  bariglione  ,  mentre  con  un  vafo  di  ra¬ 
me  vi  veriava  dentro  acqua  marina  per  em¬ 
pierlo,  fentiva,  ancorché  leggiermente,  intor¬ 
mentirli  le  mani  .  Sia  coni’  effer  li  voglia  ; 
non  ardirei  negarlo  ,  anzi  mi  fento  inclinato 
a  crederlo  5  ma  non  poffo  dir’  altro  con  cer¬ 
tezza  ,  Ce  non  che  quando  io  avvicinava  la 
mano  alla  torpedine  lenza  toccarla ,  e  quan¬ 
do  parimente  teneva  le  mani  in  quell’  acqua  , 
nella  quale  ella  nuotava ,  io  non  fentiva  ne 
pure  un  minimo  travaglio  :  E  pure  può  ef¬ 
fe  re  5  che  quando  la  torpedine  è  in  mare,  e 
che  è  vigorofa  ,  e  tutta  piena  della  propria 
virtù,  non  diilipata  dalla  vicinanza  della  mor¬ 
te,  ella  produca  tutti  quegli  effetti,  che  fon 
mentovati  da’  pefcatori. 

Quella  torpedine, della  quale  io  vi  favel¬ 
lo,  fu  prefa  il  giorno  14.  di  Marzo  1 666. 

G  Era 


50  ESPERIENZE  N ATTRAE! 

Era  femmina  ,  e  pefava  intorno  alle  quindici 
libbre  .  Volli  allora  oflervare  l’ interna  fab¬ 
brica  delle  fue  vifcere  ;  ma  per  le  molte  oc¬ 
cupazioni  lo  feci  in  fretta  ,  e  ,  come  lì  fu oi 
dire,  alla  groffolana  :  Ve  ne  fcriverò  non¬ 
dimeno  tutto  quello, che  allora  notai  ne’  mici 
fcartafacci  . 

Gli  occhi  fon  piccoli ,  e  danno  nella  par¬ 
te  fuperiore  ,  vicini  due  dita  traverfe  aif  e- 
ftremo  lembo  anteriore  del  corpo  della  tor¬ 
pedine  ,  Son*  alzati  fuor  della  cada  ,  come 
due  cornetti,  o  gallozzole  malfatte  .  La  pu¬ 
pilla  non  è  tonda  $  imperocché  1’  iride  è  d’¬ 
ima  tal  figura  ,  che  una  metà  di  effa  è  con¬ 
cava  ,  e  1’  altra  è  conveffa  ;  ed  entrando  il 
convello  nel  concavo  ,  fi  chiude  la  pupilla  . 
L’  umor  criftallino  è  rotondo  ,  di  fuftsnza  te¬ 
nera  nell’  ederno  ^  e  di  dura  nell’  interno  . 

I  denti  fono  affai  aguzzi  nella  ellremità 
dell’  altezza  9  e  larghi  nella  bafe . 

II  fegato  fi  divide  in  due  lobi  fomigliam 
ti  a  due  falci  attaccate  infieme  nella  bafe  da 
una  fottilifììma  ,  e  ftrettiffima  drifeia  .  Pesò 
tutto  undici  once . 

La  borfetta  del  fiele  era  affai  grande  at¬ 
taccata  al  lobo  deliro  del  fegato  .  Pesò  fei 
dramme*  Crede  Vliffe  Aldrovando  ,  che  il 

fiele 


DI  FRANCESCO  REDI.  5 1 

fiele  impiaftrato  in  qualche  membro  del  no- 
ftro  corpo  v*  introduca  il  tremito ,  e  la  torpi¬ 
dezza  ;  ma  con  la  prova  m'  accori!  eh’  era 
vano  il  Tuo  timore  .  Vana  Umilmente  crederei 
T  opinione  di  Plinio,  e  di  Ga!eno,i  quali  tenne¬ 
ro  ,  che  lo  fieffo  fiele  avelie  virtù,  di  render  flo¬ 
scio,  e  lenza  forze  quel  corno, col  quale  (come 
dille  il  noftro  Boccaccio  )  cozzano  gli  uomini. 

Tra  i  due  lobi  del  fegato  fon  fituati  di 
mezzo  lo  ftomaco  ,  ed  il  budello. 

Lo  ftomaco  è  così  grande  ,  che  meffa  la 
mano  d’  un’  uomo  per  la  bocca  della  torpedi¬ 
ne  ,  che  parimente  è  affai  larga  ,  può  raggi¬ 
rarli  facilmente  in  effo  fìomaco  ,  il  quale  è 
carnofo,  e  rugofo. 

Tra  lo  ftomaco,  e  ’1  budello  v’ è  vn  pic¬ 
ciolo  tragetto,  che  può  chiamarli  il  piloro,  il 
quale  fa  due  angoli  ,  che  formano  la  figura 
della  lettera  S  . 

Il  budello  appena  arriva  alla  lunghezza  di 
fei  dita  traverfe  ,  internamente  fabbricato  a 
chiocciola  ,  molto  fimile  alla  fabbrica  degfin- 
tefiini  del.  pefee  palombo  ,  e  di  altri  pefei  del¬ 
la  fpezie  de’ cani  ,  e  della  fpezie  delle  razze, 
e  fimile  in  gran  parte  a  i  due  inreftini  ciechi 
dello  ftruzzoio  ,  e  del  coniglio . 

In  un©  degli  angoli  tra  lo  ftomaco ,  e  P  in 
G  z  tellino 


\ 


*  2  ESPERIENZE  NATURALI 

tedino  fi  vede  fintato  il  pancreas ,  e  la  milza. 
La  milza ,  che  pesò  due  dramme ,  era  di  fi¬ 
gura  ellittica  5  ma  la  figura  del  pancreas  era 
affai  irregolare,  poiché  verfo  la  milza  è  grof- 
fo ,  e  largo  5  e  pofcia ,  con  una  lunga  ftrifcia , 
va  avvicinandoli  all’  interino  . 

11  cuore  non  è  diffimile  da  quello  degli 
altri  pefci ,  ed  ha  una  fola  auricula  .  Dopo 
che  T  ebbi  fiaccato  dal  corpo  della  torpedi¬ 
ne  ,  e  feparatolo  da  ogni  vafo  fanguigno  ,con- 
tinuò  ad  effer  vivo  ,  e  a  palpitare  lo  fpazio 
di  fett‘  ore  ;  ed  il  reftante  del  corpo  della 
torpedine  *  dopo  che  fu  fcnza  cuore  ,  durò 
per  tre  ore  continue  a  moftrar  fegni  cviden- 
tiffimi  di  moto,  e  di  fenfo;  c  Tvltimo  mem¬ 
bro,  che  gli  perfe  ,  fu  la  coda  5  il  che  mi  fa 
fovvenire  ,  che  »  in  un’  altra  torpedine  morta 
di  molt*  ore,  e  intirizzata ,  offervaì,  che  la  co¬ 
da  per  ancora  qualche  poco  fi  movea  . 

L’ovaje  fon  due  attaccate  immediatamen¬ 
te  a’  due  lobi  del  fegato  ,  c  fituate  tra  effo 
fegato  ,  e  1  diaframma  .  In  ciafcuna  dell’  o- 
vaje  fi  vedevano  più  di  cinquanta  uova  di  dif¬ 
ferenti  grandezze  :  Dalle  due  ovaje  fi  fpicca- 
no  due  canali ,  che  terminano  ne*  due  ovidutti . 
In  uno  di  quefti  ovidutti  erano  fei  uova  affai 
grandi,  di  pefo  intorno  ad  un  oncia  1’  uno, 

e 


DI  FRANCESCO  REDI.  5  $ 

e  di  colore  verdegiallo  limile  alla  bile  porra¬ 
cea  .  Nell'  altro  ovidutto  fi  contenevano  ot¬ 
to  uova  limili  all*  altre  Tei ,  le  quali  ,  emen¬ 
do  cavate  fuora  di  elfi  ovidutti,  diventavano 
di  figura  piana  circolare  . 

Nella  cavità  degli  ovidutti  intorno  all’uo» 
va,  ondeggiava  un  ceno  umore  limile  al  cri- 
Hallo  liquefatto  ,  libero  ,  e  non  attaccato  ne 
a  gli  ovidutti ,  ne  ali’  uova  ;  e  V  uova  fiche 
erano  altresì  libere  ,  e  lenza  veruno  attacca¬ 
mento  ,  o  legame . 

Le  branchie  fon  quattro  con  una  mezza 
di  più  per  ogni  banda  :  Quelle  quatcro  però , 
che  chiamo  intere,  fon  doppie;  c  quelle  dop¬ 
pie  fon  fra  di  loro  feparate  da  certa  carne 
inulculola  ,  che  ferve  al  loro  moto  :  Sicché 
fi  potrebbe  dire  ,  che  la  torpedine  abbia  no¬ 
ve  branchie  per  ogni  banda  .  I  forami  di  ef¬ 
fe  branchie  nella  pelle  di  fuori  mi  parvero 
quattro  ,  e  quegli  che  rilpondono  dentro  alla 
gola  mi  parvero  cinque  ;  ma  contuttociò  du- 
bitai,fc  eziandio  quegli  della  pelle  folfero  cin¬ 
que  ,  e  che  nel  tagliare  io  ne  avelli  difavvedu- 
temente  guadato  uno  . 

Tutto  lo  Ipazio  del  corpo  della  torpedi¬ 
ne  ,  che  è  fituato  tra  le  branchie,  e  la  teda, 
e  tra  ’i  luogo  dove  fon  collocate  le  pinne  fino 

alle 


/ 


54  ESPERIENZE  NATURALI 

alle  eflremità  anteriori  di  tutto  il  corpo  di 
clfa  torpedine  ,  è  occupato  da  una  fuflanza 
fibrofa , molle,  bianchilfima,  le  fibre  della  qua¬ 
le  fon  groffe  quanto  una  grolla  penna  di  ci¬ 
gno  ,  e  fon  corredate  da’  nervi  ,  e  da’  vafi 
fanguigni  .  I  capi  o  le  eflremità  di  quelle 
libi  e  toccano  la  pelle  del  dorfo  ,  e  del  pet¬ 
to  5  e  tutte  unite  inlìeme  formano  due  corpi, 
o  mufculi,che  fi  fieno, di  figura  falcata ,  i  qua¬ 
li  due  mufculi  pefati  unitamente  arrivarono 
alle  tre  libbre  ,  e  mezza  in  circa  .  Mi  par¬ 
ve  allora  che  in  quelli  due  corpi  ,  o  mufculi 
falcati  rifideffe,  più  che  in  verun5  altra  pane, 
la  virtù  dolorifica  della  torpedine,  ma  non  ar¬ 
dilo  di  raffermarlo  ,  e  forfè  m5  ingannai  : 
Non  credo  già  che  m*  ingannaci  nell’  oiferva» 
re  ,  che  la  fuddetta  virtù  fi  fa  fentir  più  vi- 
gorofa  allora  quando  la  torpedine  prefa  ,  e 
Eretta  con  la  mano  fa  forza  fcontorcendofi 
di  volere  fguizzare. 

Nel  Bradi  nafee  un  frutto  d’ un5  albero, 
chiamato  in  lingua  del  paefe,  Araricù ,  il  qua¬ 
le  è  foavilfimo  al  gullo,  e  di  nutrimento  lo¬ 
devole  :  E  pure  tra  le  fpezie  degli  Araticù 
fe  ne  trova  una,  che  è  di  pellìmo  nutrimen¬ 
to,  e  velenofo,*  onde  chi  in  quel  paefe  ufaf- 
fe  indifferentemente  ?  e  fciua  (Minzione  co¬ 
tali 


DI  FRANCESCO  RED/.  5  5 

cali  frutti  5  potrebbe  con  molto  Tuo  danno  ri¬ 
manere  ingannato  .  Guglielmo  Fifone  men- 
touò,  e  l’albero,  e  il  frutto  nel  libro  quar¬ 
to  ,  e  nel  quinto  della  fioria  naturale  ;  ma 
perchè  le  figure  del  frutto  non  corrifpondono 
cosi  bene  ad  uno  di  elfi  frutti  donatomi  dal¬ 
la  cortefia  del  Signor  Francefco  Antonio  Ma- 
lafpìna  Marchefe  di  Suvero  ,*  perciò  ve  ne 
mando  qui  la  figura  nella  fua  grandezza  na¬ 
turale  ,  infieme  con  la  figura  de’  fiemi  interi, 
e  degli  aperti  con  la  loro  anima  nel  mezzo 
Tav;  6. 

E’  quello  frutto  della  figura,  che  vedrete 
difegnata  ,  di  fcorza  per  altro  lifcia,  ma  tem- 
peflata  d’ alcune  punte  o  fpine  rade  ,  ottufè , 
e  non  pungenti  ,  le  quali  pochiflìmo  fi  folle¬ 
vano  dal  piano  della  fcorza  ,  il  color  della 
quale,  in  quello  frutto  fecco,  pende  a  color 
di  ruggine  mirto  di  nero,  ancorché  quando 
è  maturo  ,  penda  a  un  giallo  fofco  macchia¬ 
to  in  molti  luoghi  di  roflo  .  Entro  è  pieno 
d’  un  numero  così  grande  di  femi ,  che  in 
quello, eh’ io  ui  defcrivo,ne  ho  numerati  fino 
in  cenfcttanta  ,  ciafcuno  de’  quali  femi  è  rin- 
chiufo  nella  fua  propria  ceiletta  fabbricata  di 
fottililf  me  membrane  attaccate  quali  alla  fcor¬ 
za  del  pomo  .  Sono  i  fiemi  della  figura , 

c  del- 


BSTSRtÈKBE  MATURALI 

c  della  grandezza  delle  mandorle  II  gufclo 
di  effi  quanto  alla  foftanza ,  è  come  quello 
de’  Temi  delle  zucche;  Per  di  fuora  è  lifcio, 
luflrato  3  e  di  color  giuggiolino  chiaro  ^  ma 
per  di  dentro  è  bianco  fudicio  ,  afpro ,  e  ru¬ 
vido  per  alcune  inembranuzze  dure,  le  quali  , 
follevandofi  dal  piano  di  elfo  gufeio,  penetra¬ 
no  nella  midolla  del  feme  ,  che  è  bianco  ,  e 
di  figura  ellittica ,  e  da  effe  membranuzzc  ne 
rimane  tutto  regolatamente  intagliato  .  Se  non 
vi  foddisfacefle  interamente  la  deferizion  del 
Pilone,  potrete  leggere  qui  appretto  una  rela¬ 
zione  fattane  da  un  Padre  Portughefe  della  vo- 
ftra  Compagnia  ,  gran  Maeftro  in  Sacra  Scrit¬ 
tura  ,  e  Predicatore  Eccellentittìmo. 

‘Tor  que  ha  tres  c facies  d’  e  fi  e  rPomo  multe 
femelhantes  ,  direy  a  differenza  de  todas  que  conu> 
nome  mirverjal  fe  chaman  Aratici*  ,  A  primeva 
e  fa  eie  »  que  ab  filatamente  fi  eh  ama  com  o  nomc^ 
generico  he  da  mefma  figura,  que  a  qui  fi  mofìra <, 
mas  ordinariamente  de  mudo  mayor  grandezza  corno 
hum  mellam  mediano  .  A  cor  de  fora  he  <-verde 
com  mi  fura  de  amarello  *  quando  efià  maduro  y 
A  cor  por  dentro  he  tra  branco  ,  e  dourado  .  ^As 
fimen'es  da  mefma  forma  »  que  as  pmtadas  dc*> 
cor  de  tamara  madura  mas  naon  ficca  .  Sam~j 
foucas*  e  metidas  fella  carne  do  forno  a  modo  das 

fervides 


DI  FRANCESCO  REDI.  57 

pevides  de  ballanti  a  «  O  cheiro  bom  e  a  ondo ,  com 
algua  a f peretta  *  a  qual  tambem  fe  acha  no  faiw 
entre  dace  *  e  azedo  .  Tem  \mm  tallo  no  meo  * 
corno  traevo»  em  que  fe  fufienta  ,  e  continua  0  pe  3 
e  por  iffo  da  mefma  grojfura  ,  e  duro  3  mas  da  me- 
fma  cor  da  carne  /  a  qual  naon  penetra  multo  . 
As  ar^vorss  faon  grandes  3  e  freftcas  v  folhas  corno 
àe  t  arem]  a  9  mais  grojlas  -  e  efeuras  .  A  madore  a 
do  tronco  le've  >  e  pouco  foli  da  y  e  affi  de  ponto  fer¬ 
mio  .  Nafte  e  fi  a  efpeae  em  todo  0  Eraftl  y  onde 
naon  he  efimada  . 

A  fegunda  efpecie  fe  eh  am  a  Araticà  Pana  com 
figura  femelhante  .  Nafte  iunto  dos  rios  .  A  ar¬ 
bore  pequena  ,  e  de  differente  tronco  3  e  fo.ha  . 

G  fruto  he  tam  naenenofo ,  que  os  far  angue jos  ter¬ 
re  [ics  9  que  dello  fe  fufientan»  mata  . 

A  ter  cetra  efpecie  fe  eh  am  a  Aratici  Ape  .  Pie- 
fa  he  *v erdedaeir amente  comparaci  as  melhores 
jrutas  do  mando  3  pofoque  naon  tenha  femelhanzjs 
cem  nenhua  dellas  .  A  figura  he  corno  a  pintada  » 
e  fol  Ihe  faltam  hunas  pontas  falidas  para  for</-j, 
com  que  as  eficamas  da  pinha  fe  naaon  corno  difìin- 
gmndo ,  mas  todas  em  huna  mefma  cafra  3  ou  pel - 

grandezza  ordina¬ 
ria  he  corno  a  qui  fe  mofìra,  mas  alguas  faon  mili¬ 
to  majores  .  As  fementes  faon  negras  com  algua 
lus  de  douraào  ,  0  chetro  he  pouco  >  e  naon  af- 

H  pero . 


le  uni  da  s  com  que  fe  cobre  .  A 


5  8  ESPERIENZE  NATURALI 

fero  o  JftPadura  he  (oda  amar  ella  com  algimi 
pontos  negros  «  Partefie  e  fi  a  fritta  fello  meo  facil¬ 
mente  com  butta,  f acca  :  E  fica  repar  rida  corno 
em  duas  porzjlanas  de  manjar  branco  multo  bran¬ 
do  *  doce  5  e  frefquifsimo  »  ou  corno  de  nata  com~* 
mejìura  de  azttcar  .  E  afsi  fi  come  as  colheres 
ficando  a  cafica  de  groffura  de  butta  pataca .  De  se 
e  fi  a  finita  em  Fernambuco  (  porque  nunca  a  nji 
na  Bahia)  mas  multo  melhcr  no  Para»  onde  na¬ 
ni  tem  o  me  fimo  nome,  e  [e  eh  ama  Beribà  .  O 
tronco  >  e  fior  3  e  folbas  faon  differente s  da  primei- 
ra  efpecie  3  mas  naon  tam  fermofas  a  . 

Naon  deferito  a  fior  >  pcrque  naon  efiou  bem  lem¬ 
brado  .  Dtgo  que  fi  naon  Je  mudar  »  com  o  ter¬ 
reno  9  be  digni fisima  de  fir  tranfplantada  a  Fiorenza . 
cd  io  fpero  di  vedervi  non  (blamente  quell’ 
albero,  ma  ancora  infinite  altre  nuove  erbe  , 
e  pellegrine;  imperocché  il  Sereniamo  Gran¬ 
duca  Cofimo  Terzo, non  meno  emulatore  che 
figlio  del  gtan  Ferdinando  il  Prudente, numera 
tra  le  azioni  più  care  al  fuo  Reai  Genio  il 
precorrer  con  la  protezione ,  con  le  grazie , 
e  con  la  liberalità  a  i  voti  de5  Profeflori  delle 
feienze  ,  e  delle  buone  Arti  :  E  fé  tra  le 
glorie  di  Ercole  non  fu  la  minore  T  aver  tra¬ 
piantati  i  Cedri  nella  Grecia  dagli  orti  a  Afri¬ 
cani  delle  Elperidi ,  così  tra  le  glorie  del  Se¬ 
re- 


di  Francesco  redi .  $$ 

renifììmo  mio  Signore  rifulge  ancora  quella  di 
far  nobilmente  mantener  provveduti  d’  ogni 
pianta  flraniera  i  giardini  di  Fiienze  ,  c  di  Pi* 
fa  ,  non  già  per  un  vario  ,  e  curiofo  diletto  , 
ma  per  lo  fo!o  benefìzio  di  coloro  ,  che  inve¬ 
iti  gano,  e  fcrivono  le  diverfe  nature  ,  e  pro¬ 
prietà  delle  piante  . 

E'  già  tempo,  che,  tralasciate  così  lunghe 
digrellìoni  ,  io  ritorni  al  primo  ,  c  principal 
filo  del  mio  fcrivere,  e  che  con  ogni  affetto 
io  vi  preghi ,  e  vi  E applichi  a  voler  di  nuo¬ 
vo,  fopra  altre  beflie  ferite  dalle  vipere,  ef- 
perinicntar  la  natura  della  voflra  Pietra  del 
ferpente  Cobra  de  Cabelo  ,  perchè  fe  dopo  mol¬ 
te  prove  accuratamente  fatte,  toccherete  con 
mano,  che  ella  fia  veramente  dotata  di  tanta 
virtù  da  poter  guarire  le  punture  *  e  i  morii 
degli  animali  veleno!!,  farà  necdfario,  che  di 
buon  cuore  io  confeflì  d’  effermi  infino  a  qui 
ingannato,  e  la  voflra  pietra  effer  delle  buo¬ 
ne,  e  delle  legittime  $  e  quelle  ch’io  mi  tro¬ 
vo  appreffo  di  me ,  effer  tutte  falfe ,  e  adul¬ 
terate  :  E  fe  per  lo  contrario  voi  rinverre¬ 
te  ,  che  anco  la  voflra  Pietra  non  abbia  vir¬ 
tù  alcuna ,  godremo  unitamente  della  gloria 
di  aver  ritrovata  una  verità, e  di  avere  (Vela¬ 
ta  una  menzogna ,  che  talvolta  poteva  effer 

H  a  ca- 


6-0  ESPERIENZE  natvrali 

cagione  della  morte  di  qualchè  Galantuomo  9 
che  morfo  dalla  vipera ,  o  dal  cane  rabbiofo* 
o  ferito  da  ferro  avvelenato  ,  ricufando  ogni 
altro  medicamento 5  avefìe  fondata  tutta  la  fpe. 
ranza  di  fua  guarigione  in  quelle  pietre  3  le 
quali,  per  dirla  come  io  l’intendo,  fon  tutte 
adulterate ,  o  fattizie  ,  o  fe  pure  fono  fiate 
generate  nella  teda  di  quel  ferpente  chiamato 
[obra  de  [abelo  ,  ovvero  Serperne  Cappelluto , 
elle  non  anno  potenza  contro  al  veleno  deha 
vipera  ,  dell’  olio  del  tabacco  ,  e  delle  frecce 
del  Bantan  ,  o  di  Mac  affa  r  ;  e  fe  di  quakhè 
forza  d’  aleffifarmaco  fon  dotate  ,  ai  piò  al 
piu  fi  può  concedere  ,  che  vaglia  folarnente 
contro  a  foli  morii  di  quel  ferpente  ,  nella 
teda  del  quale  anno  avuto  il  nafcimcnto,  che, 
così  fenza  giunta  di  favole  ,  drive  nel  capi¬ 
tolo  del  ferpente  Gen-to,  della  fua  Flora  Chi- 
nefe,il  Padre  Michele  Boim  Giefuita,  appred 
fo  del  quale  fia  della  verità  la  fede  $  perchè 
in  quanto  a  me  voglio  credere  ,  come  ho 
detto  di  fopra  ,  che  quede  nodre  pietre  fie¬ 
no  fatte  a  mano  ;  e  ral  credenza  mi  vien 
confermata  da  molti  valentuomini  ,  che  per 
lunga  età  anno  abitato  nell’ Indie  di  qua,  e  di 
là  dal  Gange ,  affermando,  che  elle  fon  lavo¬ 
rate  da  certi  Solitari ,  o  Eremiti  indiani  ido¬ 
latri  , 


DI  FRANCESCO  REDI .  61 


latri  ,  chiamati  logui ,  i  quali  pofcia  le  por” 
tano  a  vendere  in  Dju,  in  Goa  ,  in  Salfetta? 
e  ne  fanno  mercanzia  per  tutti  quanti  i  luo¬ 
ghi  della  colla  di  Malabar  ,  e  p  r  tutte  1*  al¬ 
tre  del  Golfo  di  Bengala,  di  Siam ,  e  di  Coc- 
cincina,  e  per  tutte  le  principali  Ifole  deli1— 
Oceano  Orientale  .  Ma  più  d’  ogni  altra  co- 
fa  ,  che  mi  faccia  Bar  forte  in  quell’  opinio¬ 
ne  lì  è  ,  che  Voi  llelfo  ancora  ^  Fprtuofifisimo 
‘Tadre  ,  non  ne  fete  affatto  lontano  ,  come 
appunto  pochi  giorni  fa  ho  potuto  vedere  nel 
vollro  dottiamo  libro  De  ti  iplict  in  natura  rerum 
magnete  »  dove  mentovando  i  ferpenti  cappel¬ 
luti  ,  e  le  loro  pietre  ,  nella  feguente  manie' 
ra  laggiamente  avere  fcritto  .  Qui  autem  bi¬ 
odi  ferpentes  €  attendi  modum  cjxam  de  xt  eri  mie 
cadenti  funt  Brachmani ,  (fi/  quos  logie  s  <r  o.ant, 
genti  liti  <e  fuper j li  tieni s  evemicoU  :  long  a  fi  qui  de  m  ex- 
per  lentia  dodi  »  <rel  ad  primmn  Jet  penti  s  pileati 
afipectum  ex  certis  fignis  noi  unt  ,  qui  lapide  tm- 
geant  *  qui  non  ,  me  lue  fifiunt  ,  fiquidem  compa¬ 
rata  La  um  lapidimi  copia  ,  contufios  ,  oaque  un 
cum  relìquie  firpentis  partibus  3  addita  nonntbd  ex 
terra  fgillataa  aut  edam ,  quarn  magni  factum ,  ter¬ 
ra  meuter.fi»  in  majjam  reda&os  »  laptdes  riformane 
ar  tifici  ale  s ,  eadem  et  ir  tu te,  qua  naturales  rnlutos , 
quos  dande  magno  qua  fin  aàruenis  rendimi  »  fie- 


creti 


fri  ESPERIENZE  NATURALI 

orti j  lapidi s  confciendi ,  irà  tenaces  9  ut  mllis  dui 
frecibus ,  àui  obfecjHÌjs  2  propoftifque  nummi s  >  id 
aduen.e  exmouere  po flint  .  Vn’ altro  Padre  Gie- 

fnira  così  ne  parla  in  certe  fue  relazioni  . 
Londre  d  qui  la  njinud  de  oira  piede  a  de  coirai 
one  ay  en  la  India:  llamafe  efia3  piede  a  de  cole  a 
de  Uw  :  Ss  pequena  »  e  tiene  algunas  manchas 
blancas  :  es  e  eh  a  de  noarias  confclwnes  3  y  contro. - 
rvenenos  s  h (tieni a  los  logues  »  que  fon  bombres 
genttles  y  penitente s ,  y  los  encantadores  de  culebras  , 
que  moran  en  Diti  .  De  alounas  fi  dite  3  que^» 
nafen  en  la  cabezjt  de  la  cutebra  >  però  efias  fon 
rverdes  *  y  efenras  :  en  rverdad  fon  piedras  dijje- 
rentes  d'  efias  artifciales  *  y  todas  tienen  la  mi  fina 
rvirtud .  Delle  pietre  verdi  io  non  ne  ho  mai 
vedute  ,  ne  provate  j  ma  fe  anno  la  flefìa  virtù 
dell’  artifiziali  mi  fanno  con  molta  ragione  din 
bitar  fortemente  del  1  or  valore  .  Anzi  fio  per 
dire,  che  mi  rifòlvo  quali  quali  a  credere, 
che  quelle ,  e  quelle  fieno  affatto  prive  d’ ogni 
virtù  $  e  che  quei  fogni  fieno  della  lìdia  raz¬ 
za  de’noltri  ciarlatani ,  o  cantanbanchi  :  conciof* 
fiecofachè  vadano  pe'  mercati  dell' Indie,  facen¬ 
do  mollra  de’ferpenti  cappelluti,  e  gli  portino 
avviticchiati  al  collo ,  e  alle  braccia  j  ma  però 
(  come  afferma  Garzia  da  Orto  )  avendo  pri¬ 
ma  cavato  loro  tutti  i  denti ,  e  avendogli  fpo» 

gliati 


Dì  FRANCESCO  REDI,  €3 

gliati  dJ  ogni  veleno  :  E  può  edere  (  ed  è 
mia  immaginazione)  che  da  quelli  ferpenti,  in 
cosi  fatta  guifa  preparati,  il  facciano  poi  mor¬ 
dere,  e  medichino  quelle  morfure  con  ie  pie¬ 
tre,  e  così  dieno  ad  intendere  per  vera  la  falla 
virtù  di  elle  .  Ser penta  cobras  de  cab  e  lo ,  feri  ve 
Garzia  nel  capitolo  del  legno  ferpentino,  circum- 
ferre  folent  Circumforanei  quidam  (  logues  appellane') 
Jìipem  emendicantes  >  (ef  cìnenbus  fe  fi  afpergentes  „ 
m  hac  ratìone  rvenerandos  fe  fe  fanflimm*  ùlulo 
^vulgo  pr<ebeant  .  Circumtunt  ijìi  omnes  regiones  » 
(efi  non  nulli  ex  ijs  circulaiorum  mtmere  fun^untur  » 
geflantque  bos  fe  r pente  s  *  quos  de  mule  ere  fieni  *  (èf 
collo  aptare  (  prius  tamen  exemptis  dentibus  )  njuU 
go  perfuaàentes  eos  fe  incantale  »  ne  nocere  pofsint  . 

Ma  bifogna  pure  ,  potrà  dir  qualcuno,  che 
quelle  pietre  abbiano  una  certa  ,  non  fo  qua¬ 
le,  amicizia,  o  nimicizia  col  veleno;  e  che  tra 
effe  ,  ed  il  veleno  ,  vi  Ila  un  non  fo  che  di 
corrilpondenza  ,  vedendoli  chiaramente  ,  che 
fi  appiccano  tenacemente  a  tutte,  quante  le  fe¬ 
rite  attoscate  .  Non  li  può  negare,  che  non 
fi  attacchino  ,  ma  egli  è  ben  necefiario  di  poi 
jfoggiugnere ,  che  elle  fi  attaccano  alle  ferite 
non  avvelenate  ,  ed  a  tutte  le  parti  del  no¬ 
li  ro  corpo  ,  che  fieno  di  fangue  molli  ,  o  di 
altro  liquore  bagnate  ,  per  quella  fldfa  ragio¬ 
ne  , 


H  ESPERIENZE  NATVRALì 

ne  ,  per  la  quale  fi  appiccano  i  panellini  dt 
terra  figillata  ,  e  turte  quante  1’  altre  maniere 
di  bolo  .  In  fonimi  rimango  fempre  più 
flordito  di  tante  menzogne  ,  che  giornalmen¬ 
te  il  fcrivono  ,  e  fi  narrano  intorno  a  que’ 
medicamenti  ,  che  dalle  terre  d’  oltre  mare  , 
e  dagli  altri  più  lontani  ,  e  men  conofciuti 
paefi  nelle  noftre  contrade  fon  portati,  poco 
importando  fe  ’l  falfo  o  1  vero  fi  racconti  , 
purché  nuove  cofe  inaudite ,  e  quafi  quafi 
miracolofe  fi  rapportino  5,  immaginandoli  ogni 
uomo  per  quella  via  di  renderli  più  cofpi- 
cuo  ,  e  più  ragguardevole ,  e  d*  elfere  flima- 
to  più  dotto  degli  altri  dal  femplice  volgo  , 
che  crede  quelle  baje  con  quella  (Iella  fede, 
con  la  quale  i  rozzi  Callellani  di  Certaldo  cre- 
deron  veri  gli  effetti  della  penna  ,  e  de’  car¬ 
boni  mollrati  loro  da  quel  ribaldillimo  ingan¬ 
natore  mentovato  dal  Boccaccio  nel  Decame- 
ione  »  E  fe  T  Ariollo  ebbe  a  dire  . 

Chi  <z>a  lontan  dalla  fua  patria  suede 
Cofe  da  quel  che  già  credea  lontane  9 
Che  narrandole  poi  non  fe  gli  crede  » 

E  (limato  bugiardo  ne  rimane  : 

Che  ’/  svolgo  fiocco  non  gli  svuoi  dar  fede 
Se  non  le  svede  9  e  tocca  chiare  »  §  pane , 


Mi 


Di  FRANCESCO  REVL  <T5 

Mi  rendo  certo  >  che  fé  da  Storico  ,  e 
non  da  Poeta  avefle  fcritto  ,  o  per  Io  meno 
con  la  fchiettezza  da  lui  nelle  Satire  ufata  , 
avrebbe  chiamati  favi ,  e  non  ifciocchi  colo¬ 
ro  ,  che  van  lenti  a  dar  fede  a  tutto  ciò  , 
che  vien  riferito  delle  cofe  di  que’  paefi ,  ne* 
quali  non  è  cosi  comodo  il  gir  pellegrinando, 
per  rinvenir  delle  cole  raccontate  la  verità  . 
Vi  dico  per  cofa  efperta,  e  vera,  che  molti 
famofì  medicamenti  dall’  Affrica  ,  dall’  Indie 
orientali, e  dalle  occidentali  con  grande  efpetta- 
zione  recati  in  Europa  ,  non  mi  anno  retto 
fra  mano ,  e  di  niun  valore  alla  prova  mi 
fon  riuiciti  .  Per  tal  mio  dire,diverfi  uomi¬ 
ni  zelanti  ,  e  forfè  troppo  creduli  fi  biadino¬ 
la  nno  di  me  ,  e  ne  mormoreranno  ,  efcla- 
mando  ,  che,  con  una  troppo  goffa  ,  e  poco 
politica  fi ncemi  ,  proc  curo  di  fminuire ,  o  di 
togliere  il  credito  a  quelle  droghe  medicinali, 
che  per  invecchiato  confentimento  di  molti 
Autori ,  lo  anno  grandiffimo  j  ma  camminan¬ 
do  io  per  la  via  eh  un’ efperienza  libera,  e 
non  appi  Tuonata,  rifpcnderò  loro,  adattandole 
a!  imo  prcpofìto,  con  le  parole  di  quel  nobili fh 
fìmo  Satirico  Fiorentino  . 


I  Dunque 


i 


6S  ES  TERìEJJZE  'NATURALI 

Di' rati  a  tra  svogli  a  imperierà  chiede  3 
dd  io  metta  od  mio  belletto  le  pafioje , 

! K e  più  la  J corra ,  eh’  il  tuo  occhio  mede  ? 

Chi  fi  da  cjuefii  impacci  >  e  quefie  noje 
La  meerità  non  ha  già  per  oggetto  y 
%Evta  svuoi  tenere  in  prezzo  quelle  gioje , 

€h'  efiendo  f al  fi  >  gli  fa  gran  di  [petto 

Chi  arreca  delle  svere  »  e  le  fina  [macca  > 

Ado flr andò  al  paragone  il  lor  difetto* 

Non  è  però  eh*  io  non  fappia  ,  e  non 
provi  giornalmente  ,  che  1’  efperienze  più  dif¬ 
ficili  ,  e  più  fallaci  fon  quelle  ,  le  quali  intor¬ 
no  alle  cofe  medicinali  fi  fanno:  conciofficco- 
fachè  una  grande  »  e  generale  incertezza  ac- 
compagnia  per  lo  più  tutti  i  medicamenti  ;  c 
fpefle  fiate  avviene  ,  che  uno  (ledo  male  p of¬ 
fa  nafeere  in  corpi  differenti  da  differenti  ca¬ 
gioni  j  e  che  polfan  darfi  molte  circofianze  o 
di-  tempo  ,  o  di  luogo  ,  o  di  preparazione  , 
0  d’  altro ,  le  quali  non  ben*  ofiervate  fien  va¬ 
levoli  ad  impedire,  o  a  mutare  ,  o  a  fin m id¬ 
re  le  virtù  delle  medicine  :  Contusoci  ò  quan¬ 
do  di  certi  medicamenti,  dopo  molte  prove, 
e  riprove,  fatte  con  diligenza,  erifatte,  non 
fi  vede  mai  effetto  alcuno  evidente  ,  bifogna 
pur  ragionevolmente  fofpettare  del  lor  valore. 
Nel  numero  di  quelli  è  quell’  animale  col  gu- 


M  FRANCESCO  REDI.  67 

Scio,  quali  Umile  alla  tefluggine.»  che  nel  Bra- 
hi,  e  nella  nuova  Spagna  è  chiamato  Tarn* 
c  da  gli  Spagnuoli  ZArmadillo  >  deferì tto  dall- 
Oviedo,  da  Pietro  Martire,  dal  Gefnero  ,  da 
Giovanni  Lerio  ,  dal  Giulio  ,  dal  Nierember- 
gio  ,  dal  Vormio  ,  c  dal  Settala  nel  fuo  no¬ 
bile  Mnfco  .  Dicono  alcuni,  che  una  dram¬ 
ma  deila  fua  feorza  ,  o  gufeio  provoca  po¬ 
tentemente  il  fudore  a  coloro  ,  che  anno  il 
mal  franzefe;  e  che  un’  officino  della  fua  co¬ 
da  ridotto  in  polvere  impalpabile,  e  mellone 
quanto  un  capo  di  {pillo  nell’  orecchie  ,  vale 
contro  alla  fordità,  eia  guarifee  infallibilmen¬ 
te  ;  Tutto  è  mera  favola ,  che  conofciuta 
forfè  da  Guglielmo  Fifone  ,  non  diffe  parola 
della  virtù  di  quello  animale,  ma  fe  ne  rimi- 
fe  a  ciò  che  fcritto  ne  aveano  il  Monardes  , 
ed  il  Ximenes,  modeSlamente  confeflando»  che 
egli  non  ne  aveva  giammai  fatta  esperienza. 

Raccontano  alcvni  altri ,  che  un  certo  pe- 
fcc  de’  mari  del  Brafil,  che  per  elfer  fomiglian- 
tc  nella  faccia  alle  donne  ,  da  gli  Spagnuoli  è 
detto  Fe  [ce  Dorma ,  abbia  1*  offa  così  pregne  di 
vii; ù,  che  portate  addolTo  in  maniera  che  toc¬ 
chino  la  carne  viva,  ristagnano  immed'atamente 
ogni  più  rovinofo  flulfo  di  fangue,  che  da  qual- 
fìvoglia  \ena,o  arteria  precipitofamente  trabcc- 

1  2  chi. 


6*  ESPERIENZE  VUrrVRALl 

chi  .  Oltre  il  racconto  eli  coloro ,  lo  Scrivo¬ 
no  ancora  molti  Autori,  fra’  quali  il  Padre  Fi- 
iippo  della  Trinità  Carmelitano  Scalzo  nel  li¬ 
bro  fettimo  de5  Puoi  Viaggi  orientali  lungamen¬ 
te  ne  favella  con  le  feguenti  parole  .  Vi  fo¬ 
no  ancora  alcune  Sirene*  ma/s  ime  vicino  alt  Ifilas 
di  S.  Lorenzp  nella  parte  orientale  dell ’  Affrica»  Ics 
quali  fi  chiamano  da  ‘Tortugbefi  Pefei  Dome  »  per¬ 
che  dalla  cintola  m  giù  fi  terminano  in  pefccs  . 
L'  offa  loro  fervono  in  molte  cofe  „  Sono  firaordi - 
nanamente  fredde  »  ficche  »  fi  qualcheduno  pigli afcs 
uno  di  quejìi  ofsi  »  mentre  fi  gli  cava  /àngue  »  non 
filo  il  / àngue  fi  ferma  pel  freddo *  che  il  braccio  ne 
riceve  »  ma  ancora  fi  gela  nella  fteffa  vena  .  Il 
'Ulcere  dell  Indie  fu  una  'volta  ferito  nel V  arten*s 
dal  cerufico ,  e  quando  non  n?  era  più  rimedio  per 
la  fua  falute  »  gli  f  diede  nelle  mani  un  dente  di 
quefio  pefie  »  ed  il  /àngue  dell  arteria  fi  fermo  /li¬ 
bito  »  e  reftb  libero  dal  pericolo  .  •%/ 

no  molto  per  la  cafiità  »  ed  a  reprimere  i  movimen¬ 
ti  carnali  »  anzj  rendono  gli  uomini  impotenti  *  e  fi,  - 
vono  in  molte  altre  cofe  per  la  falute  del  corpo. 
Varie  corone  lavorate  di  quefV  oda,  in  di¬ 
vertii  tempi  furon  donate  al  Sereniamo  Gran¬ 
duca  mio  Signore,  le  quali  mede  da  me  in 
opera  non  mi  anno  mai  dato  un  minimo  con- 
traflegno  della  mentovata  loro  potenza  di  Sta¬ 
gnare 


di  Francesco  Redi .  6$ 


gnare  il  fangve ,  e  dì  rintuzzare  i  Iibidinofì  vo¬ 
leri  .  E  ’l  medcfimo ,  avendolo  efpcrimenta- 
to  ,  affermo  de’  denti  ,  e  dell’  offa  dell’  Ippo¬ 
potamo  ,  o  Cavai  marino;  e  pure  il  Padre  Mi¬ 
chele  Boim  Giefuita  par  che  voglia  perfuadere 
in  contrario  ,  mentre  cosi  ci  lafciò  fcritto  . 

Remo  Spedale  di  Goa  fi  confèrva  un  gr afidi ' fi- 
fimo  dente  di  (fa  vai  marino»  del  quale  quandi  <~uo- 
glion  fare  fp  e  nenia. ,  tagliano  Li  vena  d  un  uomo* 
e  mentre  il  fanone  ne  fpicaa  »  legano  quel  dente  alt 
intorno  della  mena  aperta»  e  fiotto  il  fan  otte  in  ef 
fa  rìngorga ,  e  fi  ferma  .  Ed  è  nota  la  fona  del 
cadavere  d  un  certo  Principe  di  A4  al  alar  ucci  fi  in 
battaglia  navale  da'  \Por  tughe  fi  »  che  quantunque-» 
fjfe  p affato  forfora  da  molte  palle  di  m fletto  » 
contutioao  non  gli  era  ufeita  ne  pure  una  minime-» 
fida  di  fmgne»  perche  portava  al  collo  un  pezzo*" 
to  d'  ojTo  di  favai  manna  3  il  quale  to fi  oche  d?-» 
quel  cadavere  f  allontanato  »  comincio  il  fangue  a 
Jfgorgar  dalle  ferite  così  dirottamente  *  che  tutti  gli 
aitanti  ebbero  grand'  occ afone  di  riempierfi  di  fiupore. 
Di  quefto  avvenimento»  foggiugne*  non  penfò  » 
che  altra  fa  la  cagione  ,  che  una  certa  qualità  fied - 
dfsima  di  quell  ojja  »  valevole  a  congelar  ne'  cor¬ 
pi  tutto  il  fangue  »  e  a  privarlo  della  fua  nativa 
flufsibilttà  .  Se  un5  uomo  ,  o  qual  fi  voglia 
altro  animale  polla  vivere  col  fangue  rappre- 

fo 


7©  ESPERIENZE  LATERALI 

fo  ne'  laghi  del  cuore,  e  negl’ «irrigati  andiri¬ 
vieni  ,  e  meandri  de*  canali  fanguigni ,  lo  la¬ 
ido  confederare  a  chi  ha  fior  di  ragione  . 
Quanto  poi  all’ aprire  una  vena,  e  far  sì  col 
dente,  o  coll’ offa  d’ippopotamo,  che  il  fan. 
gue  non  ne  poifa  fcaturire ,  è  imprefa,  che 
facilmente  fi  può  far  vedere  ,  e  credere  agl’ 
Indiani,  che  fono  uomini  di  buona  palla,  ma 
non  già  agli  Europei,  fe  però  non  folle  qualche 
femplice  donnicciuola,  la  quale  il  pcnebbe  in¬ 
gannare  coll’ aprir  la  vena,  e  pofeia  due  otre  di¬ 
ta  fotto  quell*  apertura  legare  Uretra  mente  un 
pezzetto  di  quel  dente,  o  di  cucii’  oda,  perchè 
rodo  il  fangue  cederebbe  di  fgorgarucj  ma  tuf¬ 
ferebbe  Umilmente  ,  fe  in  vece  del  dente  di 
Cavai  marino  vi  folle  appoggiato  un  dito  dcl- 
la  mano,  o  fe  legato  vi  folle  qu  alliba  pez- 
zuolo  di  legno,  o  ci  metallo,  purché  Uri gn ef¬ 
fe  il  corpo  della  vena  in  modo  ,  che  il  (àn¬ 
gue  non  poteffe  Correre,  e  penetrare  fino  al¬ 
la  ferita  :  Onde  molti  ih  ma  lode  ,  e  vera  fi 
conviene  a  voi,  Padre  Atanafìo,che  polfeden- 
do  tre  di  quei  denti,  coinè  riferite  nel  nobi¬ 
le  ,  e  magnifico  libro  della  China  iiluftrata  , 
non  avete  affermato  cofa  veruna  delle  proprie¬ 
tà  di  quegli ,  riferbandovi  faggiamente  a  farlp, 
quando  ne  averete  prefa  la  fperienza  .  No$ 


DI  FR£N CESCO  REDL  jt 

dente s  himts  ammali  r  rewos  in  nojtro  Alufeo  exbt' 
lemus  ?  quorum  quidem  qtt  alitati*  experimentum  nec 
dum  fumpfmus  :  quod  uhi  feccrimus  *  tunc  un#-> 
quoque  y  v attorie  m  t&m  mirifica  qu  alitati*  m~iefìtg<x- 
himus  . 

Nell’ Ifoia  di  Cuba,  nel  Mtffico,  nel  Bra- 
fd,ed  in  altre  varie  patri  ce!!’ America  meri- 
dionale,  e  fettentrionale  fi  trovano  certi  Pie r- 
minati,  e  difoncfli  lucertoloni  ,  o  ramarri  a- 
quatici  chiamati  Iguane  ,  de’  quali  Guglielmo 
Fifone  riferifce,  che  anno  una  pietra  non  mol¬ 
to  dura  nello  filomaco ,  e  grolla  per  lo  più 
quanto  un'  uovo  di  gallina  .  Altri  però  af¬ 
fermano  ,  che  la  generino  nel  cervello  5  e  tra 
effi  Francefco  Ximenes  fa  teflimonianza  ,  che 
bevuta  al  pefo  di  una  dramma  in  qualche  li¬ 
quore  conveniente,  lana  mirabilmente  i  dolo^ 
ri  nefritici , avendo  virtù  diuretica,  di  romper 
la  pietra  ,  e  d’  aprir  le  vie  all’  orma  .  Il  Fi¬ 
fone  confeffia  di  non  av  ria  provata.  Il  Nie- 
rembergio,  l’ Oviedo,  il  Gomara,  il  Vormio, 
e  Giovanni  di  Laet  non  ne  fanno  menzione  . 
Io  T  ho  provata  in  molte  occafìoni,  ma  fenza 
verun  frutto  ne  pure  immaginabile  5  E  di  que¬ 
llo  mio  disinganno  ne  debbo  l’ obbligazione  al 
signor  Marchefe  Girolamo  Biffi,  che,  per  fa¬ 
vorire  la  mia  curiofità  nell’  efperienze,  ebbe  a 

grado 


72  ESPERIENZE  NATVRAL1 

grado  di  donarmi  una  di  quelle  pietre  .  Ma 
fé  la  trovai  inutile  ;  inuriliflìma  conobbi  an¬ 
cora  un’ altra  famofa  pietra  prodotta  o  nel 
capo,  o  nel  ventre  di  certi  ferpenti  africani:» 
■che  nafeono  in  Mombazza  ,  paefe  della  colla 
di  Zanguebar  ;  e  pure  vien  riferito,  che  tal 
pietra  fa  gran  di  fumo  ,  e  fperimentato  medi¬ 
camento  per  far  partorir  le  donne  gravide  con 
prodezza ,  e  fenza  dolori  ,  quando  anco  la 
creatura  fede  morta,  legando  la  pietra  ad  una 
delle  cofce  dell  a  parturiente;  con  avvertenza 
però  di  levarla  via  fubito  dopo  il  parto,  per¬ 
chè  continuandoli  a  tenervela  legata,  eli’  è  co¬ 
si  grande  la  forza  di  quella  pietra  ,  che  tire¬ 
rebbe  a  fe  fuor  del  corpo  tutte  quante  le  vi- 
feere  della  donna  :  Vien  creduta  parimente 
miracolola  per  mandar  via  le  febbri  data  a 
bere  nel  tempo  delia  declinazione  del  parof- 
iifmo  $  e  per  guarire  i  dolori  colici,  e  per  if- 
cacciar  via  dall’animo  ogni  malinconia ,  ancor¬ 
ché  fofie  Cagionata  dalla  più  line,  c  più  (bien¬ 
ne  ipocondria  del  Mondo  .  Ne  fu  donata  una 
al  Screniflìmo  Granduca  Ferdinando  Secondo 
mio  Signore,  ed  era  di  ngura  sferica,  e  di  pe¬ 
lo  intorno  a  cinque  once,  la  quale  è  fata  da 
me  provata,  ed  efperimentata  Tempre  in  vano; 
Ed  è  pietra  per  di  fuora  bernoccoluta,  e  coni- 


di  Francesco  Redi.  7$ 

porta  tT  infinite  sfoglie  foprappofte  V  una  all’¬ 
altra  ,  come  fono  le  pietre  della  vefcica  de-» 
gli  uomini,  e  queir  altre,  che  nell*  Indie  orien« 
tali  fi  trovano  negli  ftomacht  de‘gattimammo- 
ni  ,  delle  pecore ,  de’  cervi ,  de*  daini ,  ed  in 
altri  animali  ruminanti  domcftici  ,  e  falvatici  5 
E  nell’  Indie  occidentali  negli  ftomachi  pur  del¬ 
le  vigogne,  delle  tarue,  de’  guanachi ,  e  de0  pa¬ 
chi  ,  le  quali  tutte  fon  da  noi  chiamate  Pie¬ 
tre  Bczaar  .  Colui  che  la  donò  ,  la  teneva 
in  grandiflìma  ftima ,  c  volle  accompagnarla 
con  la  feguente  fcrittura. 

* Tara  que  fe  conofca  efla  piedra  »  y  fè  efìime  > 
dire  a  qui  fu  ^valor  >  fu  <-uirtud  »  y  el  modo  corriti 
fe  der ve  ufar  della  .  En  primero  lugar  llamafc*, 
e  fa  piedra  en  portugues  Fedra  de  Cobra  de 
bazA  .  [ri afe  en  la  cabezjt  >  0  come  otros  di  zen  * 
en  el  ^ventre  de  las  culebras,  que  ay  en  MornbA- 

En  las  Indi  a  s  fon  ejìas  piedras  miti  raras  s  y 
per  ejfo  de  macho  n-alcr  >  y  ejja  no  fe  aliarla  alla 
menos  de  cen  ‘Tardaos  »  que  njden  poco  meno  s,  que 
cen  'Tatacas  .  per  fer  cada  Pardao  »  que  por  otro 
ncmbie  fe  dama  Xerapin  »  fìete  Reale  $  y  medio  de 
piata  :  Otros  piedras  hai  di  e  Ras  mas  ptqmnhas  * 
que  a ’alen  menos  ,  mas  ttenen  la  mifina  njirtud . 
En  Europa  no  fe  que  bay  a  mas  que  duas .»  y  efla 
es  una  dell  a  s  .  K  Elia 


74  ESPERIENZE  NATURALI 

E  fa  pedra  tiene  primevamente  virttid para  ha- 
ver  parir  Us  megere  t  con  facilitad  *  e  fn  dolor  y  e 
baze  qus  la  crianzjt  fi  eAe  aunque  fiea  muerta  en 
el  ventre  .  P  ara  e  fio  fi  debe  hgar  en  una  pier- 
na  ,  o  muslo  *  menos  de  un  palmo  del  collo  para 
cima  de  la  parte  de  dientro  *  però  tanto  que  /</__* 
crianza  teiere  fialido* fi  deve  aiutar  luego *  porque 
fi  aviere  difiuido  en  e  filo*  la  Aladre  tendrd  peltgro 
de  vida  *  porque  le  hard  purgar  todas  Us  entran- 
bas  o 

Sir  ve  mas  e  fi  a  pedra  para  dolores  dej  colica*  y 
es  maravillofid  para  quitar  efia  dolenzja*  la  qual * 
fi  procede  de  calentura  *  fi  deve  tornar  en  agua  s 
fi  procede  de  frio  *  fi  deve  tornar  en  vino  s  e  quan¬ 
do  no  fi  fiabe  la  raiz.  de  la  dolenzja  »  fi  puede  to¬ 
rnar  en  agua,  porque  de  fu  naturalezza  es  cadente  * 
y  fimpre  darà  buen  efifeBoy  dunque  proceda  de  fido . 
El  modo  de  tornarla  es  moliendo  poquito  de  a  que- 
fla  pedra  *  que  facilmente  fi  haze  fi òpra  etra  perire 
tnaiada  con  agua  *  o  vino ,  y  defpues  fie  beve  co¬ 
rno  qualquier  otro  contra-ponzonha  » 

Sirve  mas  para  todos  los  dolores  del  ventre ^ 
procedidcs  de  inàigefiion  *  y  ventofitad *  y  en  e  filo 
fi  iguala  con  la  pedra  de  puerco  efipirn  »  y  fi  to¬ 
ma  del  mifimo  modo  en  agua. 

Sirve  mas  para  quitar  todas  las  febres  tornando  fi 
tome  efia  dicho  en  agua  en  la  declinazjon>y  hazj  mas 
fudar .  Sir- 


DI  FRANCESCO  REDI .  75 

Stime  mas  para  f  aitar  teda  melancolia  ,y  trL 
fteza  de  cvrazpn  lepida  en  <vino  aiguado, 

I  favolof  trovati  ,  che  fi  raccontano  in¬ 
torno  a*  medicamenti  moderni ,  anno  per  lo 
più  avuta  origine  da  qualche  novelletta  feruta , 
e  creduta  da  alcuno  degli  antichi  creduliflìmi 
Scrittori  „  E  chi  non  s’  avvede*  che  quanto 
narra  coftui  della  fua  pietra  di  Mombaza  intor¬ 
no  all’  utilità  ,  che  fuol*  apportare  alle  partu- 
rienti ,  lo  ha  tolto  di  pefo  da  coloro  ,  che 
fognarono ,  e  fenderò  le  virtù  della  Pietra 
aquilina  :  Aetites  ?  dice  il  Vormio,  che  anch’ 
egli  fe  le  crede  ,  parturientibus  dicatum  te  fiatar 
Pltnius ,  Galerns ,  non  refi  alante  e  xper  tentiti  / 

finifiro  namcjue  brachio  alltgatus  factum  in  ijs  reti - 
net  3  f u <c  ad  abortum  funt  procltnjes  oh  uteri  lu- 
bncitate  m  .  Tempore  partits  finifiro  femori  a 
dolor  e  s  mimiti  ac  partum  accelerati  cuius  e  Xpert  en- 
ttam  fiepius  in  bac  urbe  feci  3  adbibita  tertia  fpecié  » 
E  fi  emm  Cjeodes  parnaulus  onji  collimimi  magnitu¬ 
dine  3  cuius  effe  cium  in  cafibus  defperaùs  multa:  ho - 
ne  fi  ce  matrona  feptus  miderunt  .  Sed  ubi  partus 
e x' idem  fiattm  amomendus  :  Ob Cerna anjìt  nam < 
aue  Faleriola  tam  njehementer  trabere ,  ut  una  ute - 
tus  excedat  3  ni  mature  remarne atur  »  cjuod,  co  re¬ 
ferente  3  acctdit  'Valenti*  coniugi  Fon  foni  Joule  ni  j 
et u*  oblivioni  tradens  lapidem  femori  alito atum eia- 
pfa  matrice  cxtincla  e  fi,  K  2  ì 


7*  EÌVÉRlÉttZE  VZÀTVRALI 

ì  Caimani  fon  coccodrilli  dell’  Indie  :  fii- 
ron  deferirti  da  Niccolò  Monardes da  Gu¬ 
glielmo  Pifone ,  da  Giacomo  Bonzio ,  e  da 
molti  altri  .  Nello  ftomaco  di  qucfle  BeTtie 
fi  trova  una  gran  quantità  di  ciottoli  di  fiume 
da  effe  inghiottiti,  de'  quali  9  per  quanto  riferi¬ 
re  il  Monardes  ,  è  tenuto  un  gran  conto  da  gli 
Spaglinoli*  e  da  gl'  Indiani  per  feruizjo  di  coloro *  che 
anno  la  fèbbre  quartana  :  cmciofisiecofachè  »  applican¬ 
do  due  di  que *  ciottoli  all'  una  *  ed  all '  altra  delle 
tempie ,  cejfa  la  quartana  *  o  s  alleggerire  grande¬ 
mente  il  calore  di  ejfia  ,•  e  di  ciò  *  foggiugne  il 
Monardes  ,  ne  anno  grande  efperienzji  ,  perchè  nel 
naviglio  *  do^ve  ^veni-va  chi  me  ne  donò  due  di  e f 
fu  fu  medicato *  un  Monaco ,  il  quale  con  que  fio  ri¬ 
medio  in  tre  »  o  quattro  accezioni  *  rimafe  libero  dal¬ 
la  febbre  s  ed  io  gli  ho  prosati  due  njohe  in  nn<t-j> 
fanciulla  quartanaria  »  e  pare  che  non  futa  tanto 
caldo  mentre  gli  tien  legati  alle  tempie,  ma  noru> 
le  è  cejjata  la  quartana  :  71  on  fi  quello  che  fia 
per  feguire  da  qui  acanti  .  Se  il  Monardes  a- 
veffe  continuato  a  fcrivere  la  fioria  di  quefta 
fanciulla ,  o  avelie  voluto  fcrivere  la  verità  , 
tn'  immagino,  che  avrebbe  potuto  riferire  la 
vanità  di  quello  medicamento  da  me  più  volte 
efperimentato  fenza  profitto  non  folamente  nel¬ 
le  febbri  quartane ,  ma  eziandio  nella  pietra 


di  Francesco  Redi.  77 

delle  reni,  ancorché  Francefco  Ximenes  riferì- 
Tea  effervi  rimedio  fingulare  ;  e  particularmen- 
te  fé  quei  ciottoli  fien  cavati  dagli  domachi  di 
quei  caimani,  che  fon  chiamati  Jacarè  .  Può 
edere  che  io  fa  flato  ingannato  ,  e  che  ,  in 
vece  di  pietre  di  caimani  ,  mi  fieno  flati  dati 
ciottoli  d’Arno,  o  di  Mugnonej  ma  contutto¬ 
ché  non  voglio  mutarmi  di  parere  ,  ne  voglio 
credere  ,  che  ,  per  edere  fiate  inghiottite  le 
pietre  da  que’  Serpenti,  abbiano  acquietate  quel¬ 
le  virtù  .  L’  Autore  della  floria  naturale  ,  e 
morale  delle  Antiglie  ,  fcrivendo  de’  caimani  , 
non  parla  di  cotali  ciottoli  dello  flomaco;ma 
folamente  fa  menzione  di  alcune  pietruzze,  che 
fi  trovano  nelle  loro  tede ,  predicandole  mol¬ 
to  profittevoli  a  coloro  che  patifeono  di  renel¬ 
la  :  Quindi  foggiugne,  che  i  denti  maeflri  de’ 
caimani,  col  loro  toccanrento,  fanano  il  dolor 
de’  denti ,  e  prefervano  effi  denti  dal  guadarli  ; 
Non  voglio  però  dargli  fede  ,  vietandomelo 
Fefperienza,  che  ne  ho  prefa,  non  folamente 
con  i  denti  de5  caimani,  ma  altresì  con  quegli 
de’  coccodrilli  di  Egitto. 

Tra  gli  animali  dranieri,  che  con  antico  > 
e  reai  codume  fi  mantengono  ne’  serragli  del 
Sereniamo  Granduca  mio  Signore,  vi  fi  vede 
un*  uccello  di  rapina  ,  che  di  grandezza ,  di  fi- 


7 8  ESPERIENZE  NATURALI 

gura,  c  di  color  di  penne,  è  firn  ili  fi  uno  al  Boz¬ 
zagro  ,  fé  non  quanto  ha  una  falcia  nera  in 
quella  parte,  nella  quale  il  collo  fi  unifce  al 
capo .  Nafce  nel  Brafil ,  e  fi  chiama  Hanco- 
han ,  e  dicono  elfer  quelli  il  primo,  che  fia 
flato  portato  vivo  in  Europa  .  I  Gentili  di 
America,  e  i  Portughefi,  che  abitano  in  quel*, 
le  parti,  affermano,  che  la  rafchiatura  deli- 
unghie  ,  e  del  becco  bevuta  è  uno  de'  più 
potenti  contravveleni  del  mondo  ;  e  che  le 
penne,  e  la  carne  fleflfa,  e  l’offa  anno  gran 
virtù  per  guarire  molte  e  diverfe  infirmila  , 
Io  non  ne  ho  per  ancora  fatta  la  fpcrienza . 
Contuttociò  fpero  di  poterla  far  quanto  prima, 
E  quanto  prima  ancora  offeruerò  minutamen¬ 
te  un’  altro  animale  quadrupede ,  che  venuto  , 
pochi  giorni  fa,  dal  Brafil,  vive  ne*  medefimi 
serragli  5  ed  è  quello  lidio,  che  da  Gugliel¬ 
mo  Pifone  fu  chiamato  Capybàra  ,  ovvero  Por- 
co  di  fiume  ;  e  1'  offerverò  con  particulare  at¬ 
tenzione  ,  perchè  parmi,  che  Guglielmo  abbia 
tralafciate  molte  cofe  neceffarie  a  dirfi  nel  de¬ 
ferì  ve  rio  , 

Anno  gli  elefanti  nella  piccola  lor  coda 
alcuni  peli,o  per  dir  meglio  fetole  nere^tra- 
fparenti ,  di  materia  quali  oflea ,  ma  pieghe¬ 
voli  .  Se  tra  quelle  ferole  nere  fe  ne  trovi 

qual- 


di  Francesco  Redi .  75» 

qualcheduna  delie  bianche  ,  è  tenuta  in  gran 
pregio  nell’  Indie  orientali,  e  particuiarmente 
nell’  Imperio  di  Siam ,  e  nell’  Ifola  di  Zeilan , 
dove  trovandoli  talvolta  degli  Elefanti  bian¬ 
chi  ,  fi  trova  parimente  maggior  quantità  di 
quelle  fecole  bianche  ,  delle  quali  que1  popoli 
fe  ne  fervono  per  guarire  dalla  fordità,  tenen¬ 
done  un  pezzetto  a  guifii  di  rafia  nel  forame 
dell’  orecchie  .  Credono  eziandio  ,  che  chi 
porta  al  braccio  un  ma  raglio  di  dfe  ferole 
refii  iibero  dalle  vertigini ,  le  quali  più  non 
ritornino;  e  non  polla  ricever  nocumento  dab 
1*  arie  maremmane  ,  infette  ,  e  pcftilenziofe. 
Conofco  alcuni  ,  che  anno  ufato  lungo  tem¬ 
po  quello  medicamento,  fomminiftrato  dal  si¬ 
gnor  Don  Antonio  Morera  Canonico  della 
Cattedrale  di  Goa,  ma  non  anno  mai  racqui¬ 
eta  la  perfezione  dell’  udito  ,  ne  lo  anno 
provato  più  acuto  ;  Laonde  mi  Tento  incli¬ 
nato  a  credere  ,  che  anco  quello  rimedio  fia 
come  gli  altri  foprammentovati  inutile,  e  va¬ 
no  :  Ed  in  vero  Filippo  Pigafetta  nella  fua 
deferizione  del  Congo  *  parlando  degli  Ele¬ 
fanti  di  quel  Regno ,  e  delle  fetole  della  lor 
coda,  fi  contenta  di  affermare,  che  elle  fono 
in  gran  prezzo  apprelfo  a  quegli  AfFricani ,  fo- 
lamente  perchè  fono  ufate  negli  ornamenti 
degli  uomini  ?  e  delle  donne  .  li 


So  es'teKie'hze  NjrrRALi 

Il  fopraddetto  Don  Antonio  Morera  mi 
jjjffermava,  che  nelle  montagne  del  Malabar 
abitano  certi  uccelli  neriflìmi  ,  limili  a’  corvi 
d’  Europa  ,  nel  ventriglio  de*  quali  fi  trovati 
molte  pietruzzoìe  di  diverla  figura,  e  colore, 
che  legate  in  piombo  ,  e  applicate  nel  mez¬ 
zo  della  fronte  fanano  incontanente  ogni  do¬ 
lor  di  tefta ,  nato  da  qual  fi  voglia  cagione, 
che  perciò  dagli  Eremiti  di  quel  paefe ,  che 
ne  fanno  mercanzia  ,  fon  vendute  così  bell’  e 
legate  a  prezzo  rigorofiffimo  ;  ed  egli  ,  che 
ne  avea  due  appreilo  di  fe,  ne  faceva  un  gran 
conto  .  Avvenne  in  capo  a  pochi  giorni , 
che  fui  forprefo  da  una  folita  mia  emicrania  | 
onde  per  termine  di  creanza,  e  di  civiltà, mi 
lafciai  perfuadere  da  elfo  ad  applicarmi  una 
delle  fuddette  pietre 5  ma  l’emicrania  più  odi- 
nata  che  mai  volle  fare  il  fuo  corfo  delle 
ventiquattr’ore  con  maraviglia  grande  di  quel 
buon’  uomo  ,  il  quale  volea  pofeia  indurmi  a 
credere,  o  che  io  era  il  più  sfortunato  di 
tutti  gli  uomini,  o  che  i  dolori  di  tefta  degli 
Europei,  non  erano  della  ftefifa  natura  di  que¬ 
gli  ,  che  tormentano  gli  abitatori  dell*  Afia  : 
Imperocché  (  lòggiugneva  )  fe  quelle  pietre  non 
avellerò  avuta  qualche  mirabil  virtù»  la  Natu¬ 
ra  }  che  non  opera  mai  in  vano  ,  ne  fenza 

qualchè 


di  Francesco  Redi ,  81 

qualche  fine  particulare  ,  non  le  avrebbe  fatte 
nafeere  ne’  ventrigli  di  quegli  uccelli  ,*  quindi 
pafsò  a  rammentarmi  la  virtù  della  Pietra 
Chelidonia,  che  fecondo  Diofcoride,  fecondo 
Apollonio  appreflo  AlefTandro  Tralliano,  e  fe¬ 
condo  ,  che  riferifee  1*  Autor  del  libro  delle 
Incantagioni  attribuito  a  Galeno ,  fi  trova  ne* 
ventrigli  de*  rondinini  5  e  la  virtù  parimente 
della  Pietra  Alettoria  *  che  pur  nafee  negli 
fiomachi  de*  galli  ,  della  quale  Plinio,  Alecto - 
nas  naocant  in  rventriculis  gallinaceorum  indenta* 
cry palli  feerie,  magnitudine  fib<e>  quilus  Milonem 
Craomenjem  ufi-m  in  certamimbus  tn~in£lum  fuijje 
rvideri  njohmt  .  E  Solino  :  Vtclor  cMilo  omnium 
certamimim  »  cytt  obi<vit  leclo-ia  ufis  tradttur  > 
qut  lapis  fpecie  crijì aliina»  fai*  modo »  in  gallina- 
ceorum  njentriculis  incantar  »  aptus  »  ut  die  uni  » 
frtcliantthus  .  Ed  un  Poeta  copiator  di  Solino. 

Efi  Altclorius  galìorum  in  ^ventre  Upilliés 
ZJt  fiaba» cry palli  fpecie > pugnanti  bus  aptiif . 

Io  me  ne  rifi  dentro  il  mio  cuore  ;  e  con 
ogni  piacevolezza  cercai  di  perfuadere  a  lui , 
e  di  fargli  toccar  con  mano  ,  che  quelle  pie¬ 
tre  non  nafeevano  in  que’  ventrigli  ,  ma  che 
elle  vi  fi  Trovavano,  perchè  erano  fiate  in  pri¬ 
ma  inghiottite  da  elfi  uccelli ,  i  quali  non  eran 
foli  ad  aver  quella  naturalezza  d*  inghiottir  le 

'  L  pie- 


$z  ESTERìEJfZB  JFATFRALi 

pietre,  ma  che  1*  ingoiavano  ancora  tutte  quan¬ 
te  F  altre  fpezie  di  uccelli  domeftichi,  e  ùU 
vatichi  ;  Ed  effettivamente  pochi  giorni  appref- 
fo  gliele  feci  vedere  in  molti ,  e  molti  ven¬ 
trigli  di  differenti  generazioni  di  volatili ,  e 
fpezialmente  nelle  Gru,  le  quali  ve  ne  a  verno 
una  grandiilìma  quantità. 

Che  le  Gru  ingozzino  qnefli  fàffofini  ,  lo 
accennò  Ebano,  e  volle  anco  addurne  la  ca¬ 
gione  affermando ,  che  le  Gru  ,  quando  nel 
tempo  dell’Autunno  voglion  paffar  il  mare  per 
àndarfene  in  Affrica,  inghiottono  quelle  pie¬ 
tre  ,  le  quali  fervon  loro  ,  e  per  cibo ,  e 
per  zavorra  contro  1’  impeto  de’  venti  . 

Ft  Ìk£?ìi  xzTrtnrtouffiz,  ai  iteti ^'ei-zrvov , 

‘zrpoc  rct$  s^oÀ-css  raw  d/zuav  ìp(Àsi  ,  TrAptovr au  rrj 
$AlTQtXHttMÌU  . 

E*  frivolo  ,  a  mio  giudizio  ,  il  detto  di 
Eliano,  concioffiecofachè  la  Gru  non  inghiot¬ 
te  una  fola  pictruzza ,  ma  molte  ,  e  molte  : 

E  non  è  credibile, che  ella  le  inghiotra  per  la 
cagione  della  zavorra,  mentre  reggiamo,  che 
ne  anno  continuamente  nel  ventriglio  tutti  gli 
uccelli  domeflichi ,  c  che  non  volano ,  come 
F  anitre,  V  oche,  i  galli ,  le  galline,  ed  in  par- 
oculare  gli  bruzzoli ,  nel  ventriglio  d’ uno  de* 
quali  mi  ricordo  di  averne  trovate  piu  di  tre 
libbre  mefcolate  con  pezzuoli  di  ferro ,  e  di 

rame* 


di  Francesco  Redi .  83 

rame  .  Che  poi  le  Gru  ,  che  fono  animai 
acce  rullimi ,  per  viatico  del  patteggio  del  ma¬ 
re  il  cibino  di  pietre,  delle  quali  non  poilon 
trar  fugo  di  nutrimento 3  parve  cofa  tanto  ftra- 
na  a  Samuel  Bociarto ,  che  nell’  Ierozoico,  du¬ 
bitò  fc  nel  tetto  d'  Eliano  fotte  error  di  fcrit- 
tura,  e  fc  la  voce  ofim  ttgnificante  la  cena» 
e  il  alo  ,  il  dovette  leggere  fi  vvno v ,  che  vale 
per  caoion  del  fonno  ,  come  quello,  che  non  ef- 
fendo  forfè  cacciatore  ,  credeva  che  fotte  ve¬ 
ro  ,  che  quando  alcune  delle  Gru  fanno  la 
fentinella  all’  altre  ,  che  dormono  ,  elle  ttieno 
in  un  fol  piede  ,  e  coll’  altro  follevato  fotte  le¬ 
gano  un  fatto,  acciocché  le  tenga  fvegìiate  : 
hacjtie  curii  Grv.es  ,  fcrive  il  Bociarto  ,  Eltanus 
lapillos  dorare  dicit  dg  kxI  forno?,  xsù  yrpog  rag' 
\,u£o?ag  dvfpcw  if'.ua  ,  midendum  an  ne  prò 
SctTrvov  leoi  debea t  fì  ornerà  propter  femnam  :  La* 
pilics  enwi  Gu.ilvs  cjje  prò  orna  njaldt  abfkvdttm 
e  fi  :  Sed  njcluit  forte  A  Eltanus  lapides  a  Grui - 
bus  moravi  non  folv.m  ut  ‘Tcntum  tranfìzclaturis 
prò  fallir r a  fìnti  fìd  (gr  ut  mari  tr ay ciò»  emo* 
miti  ad  fìmnum  >  cjua  r attorie  diximus  »  ai\endum 
infermiant  .  Che  le  Gru  dimorino  talvolta  in 
un  fol  piede  è  cofa  veriflìma,  e  la  fece  vede¬ 
re  Chicchibio  cuoco  a  Currado  Gianfigliazzi 
cola  nel  pian  di  Peretola  »  fe  non  mente  il 


84  ESPERIENZE  N  AFFRALÌ 

Boccaccio  ;  ma  che  in  quel  tempo  elle  ten¬ 
gano  un  (affo  in  quell5  alno  piede,  i  cacciato¬ 
ri  non  lo  voglion  mai  credere  ,  ancorché  ne 
facciano  teftimonianza  Plinio  ,  Solino  ,  Plutar¬ 
co  ,  File,  e  Zeze  :  E  quando  pur  anco  folle 
vero  veriflìmo  »  a  che  proposto  le  Gru  anno 
a  portare  quel  falfo  nel  ventriglio,  o  nel  goz¬ 
zo  infin  di  la  dal  mare  con  tanto  {comodo  di 
doverlo  pofeia  ri  vomitare  i  quali  che  negli  al¬ 
tri  paefi  non  fodero  per  trovar  pietre  .  E’  in- 
gegnofìflima  nondimeno  la  correzione  del  Bo- 
ciarto,  ma  contuttociò  lafcerci  il  tetto  d' Eba¬ 
no  ne*  Puoi  puri ,  ed  antichi  termini  :  E  fe  io 
avcffi  il  prurito,  com* oggi  foventement  fi  co¬ 
ll:  urna  ,  di  far  dire  agli  Autori  antichi  quello, 
che  ne  meno  fogni arono ,  affermerei  che  Eba¬ 
no  con  molta  ragione  li  feruì  della  v»ce  Mbivw 
lignificante  il  ctbo ,  imperocché  forfè  avea  co- 
nofeiuto ,  che  gli  uccelli  mangiano  le  pietruz- 
ze,  perche  elle  fervon  loro  per  far  ben  dige¬ 
rire  il  cibo  ;  il  che  poi  è  ftato  detto  più  chia¬ 
ramente  da’ Moderni,  e  fpczialmente  da’noftn 
Accademici  del  Cimento,  da  Guglielmo  Àrveo, 
e  da  Tommafo  Cornelio  ,  i  quali  tengono  , 
che  la  digettione  nello  ftomaco  degli  uccelli  fi 
faccia  in  gran  parte,  ovvero  fi  ajuti  per  mez¬ 
zo  della  triturazione  ?  e  che  quelle  pietruzze 


DI  FRANCESCO  REDI.  85 

fieno  come  tante  macinate  raggirare  da  quel 
due  forti,  e  robufd  mufculi  de’  quali  è  com¬ 
pollo  il  ventriglio. 

Ma  già  che  accidentalmente  ho  favellato  di 
queda  correzione  del  teilo  di  Eliano,  per¬ 
mettetemi  ancora,  che  in  propofito  delle  Gru 
io  difenda  il  Greco  Scoliaftc  di  Teocrito  cri¬ 
ticato  a  torto  dal  medefimo  Samuel  Bociarto. 

Lo  Scoliate  fopra  quei  vedi  dell’  Idillio 
decimo  . 

A  ài%  rw  x. ùrico'*  »  ó  A ùzo;  r cty  atyct  Iicó:tu  >  , 
*A  yépavpc  r*  dp.rpov 

hfeio  fcritto  d^yoi  tvov  yap  crópov  ài  jtpuv  (pàirofrtt 
Le  gru  comparirono  quando  comincia  la  flmenta. 
Quoà  non  capto,  foggiugne  il  Bociarto >  quia  Re¬ 
me  mi  s  tempore  non  nceniunt  gruss  *  fed  migrant  s- 
Grmim  tnim  migratio  in  autitmnum  inciditi  qui 
efl  fationis  fole m ne  tempus  *  fflc.  Itaque  nugatur 
Grtculus  a  quo  h.ec  Scholia  /cripta  flint. 

Se  Io  Scoliate  greco  fcriffe  quelle  chioie 
in  quel  paefe ,  dal  quale  di  primo  volo  fi 
partono  le  gru  ,  quando  vogliono  paffare  in 
Affrica,  ancor*  io  confeffo,  che  fla  giuflifììma 
T  accufa  del  Bociarto  :  Ma  ingiufla  mi  par¬ 
rebbe  ,  fe  egli  le  aveffe  fcritte ,  il  che  è  più 
credibile  ,  in  quaBifla  altro  paefe  ,  per  dove 
nel  lor  paflaggio  compariffero  le  gru  nel  tem¬ 
po 


1 


86  £ST ERlEKZE  «NATVRaU 

pò  della  fermenta ,  in  quella  guifa,  cheli  veg- 
gion  comparire  ogni  anno  nelle  campagne  di 
Pila  intorno  a  mezzo  settembre,  ed  intorno 
ali’ ottobre,  ne!  qual  tempo,  che  è  il  princi¬ 
pio  della  fementa  ,  non  farebbe  errore  il  di¬ 
re,  che  le  gru  comparifiero  in  Tofcana,  do¬ 
ve  elle  verificano  il  detto  di  Teocrito  d  y^ctvog 
t  aporpov  cioè  la  gru  feguita  l 1  aratro  :  imperoc¬ 
ché  quand’  elle  vengon  di  settembre ,  e  d*  ot¬ 
tobre  nel  nofiro  paefe ,  come  fanno  molti  al¬ 
tri  uccelli  di  palio;  elle  fi  pofano  per  lo  più 
ne*  campi,  che  fi  lemmario  »  c  razzolando  il 
terreno  ,  e  facendovi  gran  gii  a  fio,  fi  van  nu¬ 
tricando  di  que’ Temi, che  vi  trovano  .  Non 
è  però  che  le  gru  fi  pafeano  di  foie  biade  , 
come  fcrivono  molti ,  e  molti  Autori ,  ma  fi 
pafturano  eziandio  d*  erbe  ,  e  di  bacherozzo¬ 
li  ,  come  1’  efperienza  mi  ha  infognato  .  Ad 
una  di  effe  trovai  il  gozzo  pieno  di  grami¬ 
gna  ;  ad  un*  altra  pieno  di  fave  :  Vn*  altra 
avea  nel  ventriglio  gran  quantità  d’  erba  ma¬ 
cinata  ,  che  mi  parve  trifoglio  :  Due  altre 
s’  eran  pafeiute  di  fcarafaggi  ;  ed  alcune  altre 
di  lombrichi  :  Nel  gozzo  d’  un’  altra  trovai 
quattro  piccole  telline  di  mare,  due  lucertole, 
e  cinque  ghiande  di  leccio  ;  e  nel  ventriglio 
d’  un*  altra  vidi  alcune  chioccioline  >  ed  un 


tur- 


Dì  FRANCESCO  REDI.  87 

turbine  con  moit’  erba  ,  e  tra  effa  tante  pie- 
truzze ,  che  pefate  diligentemente  arrivarono 
alle  due  once  ,  e  di  paifo  ,  non  eden  do  mai 
le  pietre  de*  ventrigli  dell'  altre  fuddette  arri¬ 
vate  al  pefb  di  fette,  o  otto  dramme:  Que¬ 
lle  offervazioni  però  le  feci  del  mefe  di  b eb¬ 
bra  jo  ,  e  di  Marzo ,  nel  qual  tempo  le  gru 
partite  di  Affrica  eomparifeono  in  Tofcana 
per  ritornarfene  in  Tracia,  ed  in  Sciria  :  Ed 
è  cofa  curiofa  il  fapere  con  quanta  puntuali¬ 
tà  quelli  uccelli  oifervino  ogni  anno  i  giorni 
della  loro  comparfa  nel  noftro  paefe  :  L’  an¬ 
no  1 66  j.  nelle  campagne  di  Pifa  fi  videro 
le  prime  gru  a’  20.  di  Febbraio  :  L*  anno 
1 66$.  a*  24.  pur  di  Febbrajo  :  L’  anno 
1669 ,  a’  17.  e  V  anno  1670.  a*  15.  dello 
fleffo  mefe  ;  Dal  che  fi  può  argomentare , 
che  i>  Profèta  ebbe  molta  ragione  a  dire 
H  ir  miào  >  (efr  prus  ctijiodtenmt  tsmpus  aduentm 
fui  at  popuhis  mi us  non  no~vit  jus  Domini .  Non 
fia  però  alcuno  che  penfi,  che  le  rondini  fo» 
lamento,  e  le  gru  oifervino  quella  /labilità  di 
tempo  nella  lor  venuta  ,  ma  V  offervano  an¬ 
cora  turti  gli  altri  uccelli  di  paffo  3  e  fidamen¬ 
te  variano  qualche  poco ,  o  impediti ,  o  af¬ 
frettati  da’  venti,  che  regnano,  o  dal  caldo, 
Q  dal  freddo  della  ilagione  di  que5  paefi,da5 

quali 


88  EFTERlEfìZE  JtJTVRALI 

^luali  (1  partono  .  I  primi  Grotti ,  che  fi  ve- 
d  di  ero  a  Pifa  l’anno  i 66j.  fu  il  giorno  7. 
di  Febbraio  .  L’  anno  1 66$.  comparvero  a’ 
18.  dello  Hello  mefe  .  L’anno  1 669,  a  17, 
e  i*  anno  1570.  a’  15.  pur  di  Fcbbrajo  .  I 
Palettoni,  che  da  Cicerone  furon  detti  Piatele*  » 
e  da  Plinio  ‘Piate*  ^  compariicon  più  tardi  . 
L’  anno  16  6  j.  fi  videro  la  prima  volta  a’ 20. 
di  Marzo  .  L*  anno  i6"ó8.  a’  14.  L’  anno 
1669,  a'  21.  El'  anno  1670.  a’  24.  dello 
fteflfo  mefe  .  M’  accorgo  ,  che  fon  troppo 
lungo  nel  far  menzione  di  quelle  ,  e  limili 
bagattelle  5  onde  le  riferbcrò  ad  occaficne 
più  opportuna ,  nella  quale  favellando  della 
digellione  accennerò  forfè  ,  che  non  tutte  le 
forte  d’  uccelli  anno  il  ventriglio  fabbricato 
della  HelTa  robuftezza,  e  della  lidia  maniera  ; 
anzi  che  ve  ne  fono  alcune  razze ,  che  lo  an¬ 
no  differente  dall’  altre  ;  e  quelle ,  tra  le  quali 
fono  i  Tarabufi,  non  coftutnano  troppo  cl  in¬ 
ghiottir  le  pietre  ,  per  ajutar  la  digellione . 

Non  voglio  ora  trafeurar  di  avvertire  fin» 
ceramentc  a  quello  ptopofito  uno  sbaglio  feor- 
fo  ne’  Saggi  di  Naturali  efperienze  dell’  Acca¬ 
demia  del  Cimento  a  carte  2^5,  Si  trova  qui¬ 
vi  fc ritto  .  girabile  c  la  fbrzjt  con  la  qualts 
$  operai  U  àìgejlme  dille  galline  ?  e  dell’  anitre^  , 


o.C  c: 


DI  FRANCESCO  REDI.  3  9 

le  quali  imbeccate  con  palline  di  cri  (idi  o  majffccc^» 
fp arate  da  noi  in  capo  di  parecchi  o:e  ,  ed  aperti  i 
loro  centrigli  al  fole  ,  parevano  foderati  d'  una^ 
tunica  rilucente  »  la  quale  ^veduta  col,  microfcopio  fi 
conobbe  non  ejfer  altro  che  un  poluerizsjtmento  fnìf 
fimo»  ed  impalpabile  di  crifìalìo  .  Dove  fu  det¬ 
to  ccn  palline  di  crifìalìo  mafie  ce  »  dovea  dirli 
con  palline  di  crifìalìo  <vote  .  Imperocché  le 
palline  di  criltallo  mafiicce  non  fi  macinano  , 
ne  fi  polverizzano  in  parecchi  ore  ,  ma  ci  vuo¬ 
le  il  tempo  di  molti ,  e  molti  giorni  ,  ed  an  ¬ 
co  -di  molte  fettimane  ;  ma  le  vere  ,  e  fab¬ 
bricate  alla  lucerna  fi  (tritolano  in  poche  ore  . 
Mi  fovviene,  che  di  quelle  limili  palline  vote 
ne  feci  inghiottir  quattro  ad  una  gallina,  nel 
ventriglio  della  quale  le  trovai  fei  ore  dopo 
ridotte  tutte  in  minuzzoli.  .  Avendone  fatte 
inghiottir  fei  ad  un  cappone  ,  palfate  che 
furon  cinqu’  ore,  lo  feci  ammazzare,  e  le  tro¬ 
vai  tutte  (tritolate  nel  ventriglio  .  In  un  pie- 
ciongroffo  fe  ne  (tritolarono  quattro  in  meno 
di  qiiattr’  ore  .*  Ma  avendone  io  dare  quat¬ 
tro  altre  per  ciafcheduno  a  due  altri  piccion- 
rofii  ,  dopo  che  T  ebbero  tenute  tre  ore  , 
el  qual  tempo  mangiarono,  ma  non  bevvero, 
gli  feci  (parare,  e  al  primo  piccione  gli  trovai  nel 

M  gozzo 


5?0  ES'TERIE'HZE  MATURALI 

irono  una  pallina  intera  confervatafi  vota  ;  dei¬ 
le  tre  altre  ,  che  erano  calare  nel  ventriglio  , 
due  li  erano  tritolate  ,  e  la  terza  li  era  man¬ 
tenuta  Tana,  e  fi  era  piena  cT  un  liquor  bian¬ 
co  limile  al  latte  liquido,  e  non  rapprefo  con 
fapore  mi  fio  e  di  acido  ,  e  di  amaro  .  Ai 
fecondo  piccione  due  palline  fi  erano  rotte 
nel  ventriglio  in  minuti  pezzetti,  e  1*  altre  due, 
che  erano  rimafe  per  ancora  intere  ,  fi  vede¬ 
vano  piene  di  miglio  macinato ,  e  di  quel 
fuddetto  liquor  bianco  :  Tali  avvenimenti 
verificano  quello, che  fi  racconta  ne’ fopracitati 
Saggi  di  naturali  efperienze,  cioè  che  ne  cen¬ 
trigli  dell'  anitre  »  e  delle  galline  fi  fon  evocate  pal¬ 
le  di  cetro  ripiene  di  certa  materia  bianca  fimile 
al  latte  rapprefo  entrataci  per  un  piccolifsimo  foro  . 
Donde  pofla  fcaturire  quello  cosi  fatto  liquor 
bianco  ,  io  per  me  crederei  ,  che  folfe  fpre- 
nruto  da  quelle  infinite  papille  ,  le  quali  fon 
fituate  in  quella  parte  interna  dell’  efofago  di 
tutti  gli  uccelli ,  la  quale  è  attaccata  alla  boc¬ 
ca  fuperiore  del  ventriglio  $  e  tanto  più  lo 
crederei,  quanto  che  in  altre  limili  efperienze 
ho  pollo  mente,  che  le  palline  piene  folamen- 
te  di  tal  liquore  fenz’  altra  miftura  di  cibo  , 
le  ho  trovate  fempre  nella  bocca  fuperiore  del 
ventriglio  j  e  T  altre  che  eran  piene  ?  e  di  ci* 


DI  FRANCESCO  REDI.  9 1 

bo ,  c  di  liquor  bianco  P  ho  trouace  nell'  in¬ 
terna  cavità  di  eflo  ventriglio  .  Se  poi  a 
quello  liquor  bianco  fé  ne  mefcoli  qualcun 
altro,  che  gli  comunichi  P amarezza,  è  facile 
il  conjetturarlo  5  fictome  è  facile  il  rinvenire 
qual  fa  il  fuo  ufizio  .  Io  tengo  che  la  di- 
geflione  ne*  ventrigli  degli  uccelli  non  fa  fat¬ 
ta,  e  perfezionata  totalmente  dalla  triturazio¬ 
ne,  come  alcuni  anno  voluto,  ma  che  dopo 
di  ella  ci  voglia  ancora  un  meftruo  per  fer¬ 
mentare,  diffolv ere,  alfottigliate ,  e  convertire  il 
cibo,  di  già  macinato, in  chilo  5  e  credo  che 
le  pietruzze  inghiottite  dagli  uccelli,  e  raggi¬ 
rate  dalla  forza  de*  mufculi  non  facciano  altra 
funzione,  che  quella  che  farebbono  i  denti; 
ed  ho  oflervato,  che  ad  alcuni  pefei  ,  e  par¬ 
ticolarmente  alle  Jocufte  marine,  le  quali  f  nu- 
rriicono  di  cofe  dure, e  le  inghiottirono  intere, 
la  natura  ha  fabbricato  i  denti  nella  cavità  del¬ 
lo  ftomaco:  Degno,  e  utiliflìmo  è  da  leggerf 
in  quello  propofito  il  dottilfimo  Progymnafma 
de  nutricatone ,  fcritto  da  Tommalò  Cornelio  . 

Le  palline  dunque  di  criftallo  vote  f  ff Ti¬ 
tolano  in  poche  ore  ne’ ventrigli  degli  uccelli, 
mi  non  già  le  palline  malfece,  le  quali,  coni’ 
io  diceva  ,  vogliono  un  tempo  di  molte  fet- 
tjmane ,  avanti  che  pollano  elìer  totalmente 

M  2  ri- 


P%  BFfBìtìmZB  XUTVRAL1 

ridotte  in  polvere  .  Avendo  dato  ad  un  cap^ 

pone  quattro  palline  dì  criHallo  maflìcce  eia- 
icuna  delle  quali  pelava  otto  grani ,  cd  eran 
di  quelle  di  cui  fe  ne  fuol  far  vezzi,  ovvero 
corone  ;  dopo  dodici  ore  gliele  trovai  nel  ven¬ 
triglio  fané  ,  ed  intere  ,  fenza  che  ne  meno 
avellerò  perduto  il  luflro  5  il  foro  però  pel 
quale  quelle  palline  fi  fogliono  infilare  era  pie¬ 
no  di  cibo  macinato  . 

Lo  Hello  appunto  avvenne  ad  un’  altro 
cappone,  che  ne  avea  tenute  altre  quattro  nel 
ventriglio  lo  fpazio  di  ventiquattr’ore .  In  un’ 
altro  cappone ,  che  avea  ingozzato  quattro  del¬ 
le  fuddettc  palline  mafficcc  ,  e  le  avea  tenute 
otto  giorni ,  le  ritrovai  pure  intere ,  ma  però 
aveano  perduto  il  luflr© ,  e  li  vedeano  fgraf- 
fiate ,  e  fminuite  di  mole  .  Nella  lidia  ma¬ 
niera  fgraffiate  ,  e  fminuite  notabilmente  di 
mole  ne  ritrovai  quatti  altre  pure  in  un  cap¬ 
pone  ammazzato  Tedici  giorni  dopo  ,  che  1’  avea 
inghiottite 5 ed  altre  quattro  in  una  gallina,  che 
le  avea  tenute  nd  ventriglio  trenta  giorni. 

Imbeccai  un  cappone  con  cento  palline  di 
crillallo  madicce,  e  a  dicialfett8  ore  lo  rinchiu- 
fi  in  una  gabbia  »  Su  le  ventiquattr*  ore  of. 
fervai,che  ne  avea  ancora  molte  nel  gozzo • 
Alle  dieci  ore  della  mattina  feguentc  il  go^ 

%Q 


DI  FRANCESCO  REDI.  $3 

zo  era  voto  allatto  $  onde  alle  diciafifette  gli 
feci  tirare  il  collo  ,  e  avendolo  fatto  {parare, 
trovai  ventiquattro  palline  nel  ventriglio, e  no¬ 
ve  negl’  interini  ;  1’  altre  che  mancavano  fino 
in  cento  le  raccolsi  nel  fondo  della  gabbia  tra 
Io  fterco  5  e  lì  conofceva  chiaramente,  che  il 
cappone  non  1'  avea  rigettate  per  vomito,  ma 
per  via  delle  budella  ;  imperocché  tutte  avean 
pien  di  miglio  macinato  quel  forame,  pel  qua¬ 
le  s5  infilano  j  e  tanto  quefte  raccolte,  quanto 
quelle  trovate  nel  ventriglio  ,  e  nelle  budella 
non  fola  non  erano  feemate  di  pefo  ,  ma  nc 
meno  aveano  perduto  il  iufìro  .  Ne  imbec¬ 
cai  un5  altro  pur  con  cento  palline  ,  e  lo  feci 
ammazzale  dopo  dodici  ore.  Sparato  che  fu, 
vidi  che  tre  delle  fuddette  palline  erano  an¬ 
cora  nel  gozzo 5  fei  in  quel  canale,  che  è  tra  5i 
gozzo,  e  51  ventriglio  5  quarantotto  nel  ventri¬ 
glio  fteflo  5  e  quattro  nelle  budella  .  11  re¬ 
cante  lo  avea  gettato  per  di  fotto  ;  e  tutte 
aveano  confèrvato  il  lor  luftro  naturale  .  Lo 
avean  ben  perduto  venticinque  altre  palline 
trovate  nel  ventriglio  dJ  un’  altro  cappone  am¬ 
mazzato  otto  giorni  dopo,  che  io  gnene  avea 
fatte  inghiottir  quaranta  .  Perduto  aveano  il 
luftro  fimilmente  ,  e  feemate  erano  di  pefo 
quattordici  altre,  che  eran  rimafe  nel  ventri- 


5H  ESPERIENZE  NATFRAU 

glio  d’  un  cappone,  dopo  averle  quindici  gior¬ 
ni  prima  ingozzate. 

Prefi  due  di  quelle  gocciole,  o  zuccherre 
di  vetro  temperato  nell’acqua,  le  quali  ronc 
in  qualfifia  minima  lor  parte  vanno  tutte  quan¬ 
te  in  polvere,  o  per  dir  meglio,  fi  (tritolano. 
Tagliai  col  fuoco  le  lor  codette,  e  pofcia  fe¬ 
ci  inghittire  effe  gocciole  a  due  anitre  dome- 
diche  per  veder  1*  effetto ,  che  aveflero  prodot¬ 
to,  fe  per  fortuna  fi  fodero  fintolate  ne’  lor 
ventrigli  •  Pattati  ,  che  furon  dodici  giorni 
feci  ammazzar  una  di  quell' anitre,  e  trovai  la 
gocciola  intera,  e  che  (blamente  avea  perdu¬ 
to  il  luftro  :  onde  indugiai  dodici  altri  giorni 
a  far  morir  la  feconda  anitra  ,  nel  ventriglio 
della  quale  trovai  pur  la  gocciola  intera  nel¬ 
lo  fiefib  modo ,  che  avea  trovato  quella  nel 
ventriglio  della  prima  .  E  venendomi  curio- 
fica  di  provare  fe  quefti  due  vetri  avefiero 
perduto  la  virtù  dello  ftritolarfi ,  ni’  accori! 
con  E  efperienza  ,  che  1'  aveano  confervata  , 
imperocché  avendogli  rotti  con  le  tanaglie  an¬ 
darono  fubito  in  minuzzoli. 

Feci  inghiottire  un’  altra  gocciola  ad  un 
cappone  5  Pattato ,  che  fu  il  termine  di  qua¬ 
ranta  giorni  lo  feci  ammazzare,  e  trovai  il 
vetro  intero,  e  avendolo  poficia  rotto  con  io 

tana- 


DI  FRANCESCO  REDI.  95 

tanaglie  andò  tutto  in  pol  vere  $  ficcome  andò 
parimente  in  polvere  un’  altra,  gocciola  ,  che 
ottanta  giorni  continui  era  data  nel  ventriglio 
di  un  altro  cappone. 

Pelai  due  gocciole  ,  e  pelate  le  min  nel 
gozzo  di  due  capponi  5  quindi  dopo  trenta 
giorni  ,  auendogli  morti  tutt*  a  due  ,  vidi  le 
gocciole  fané  ,  e  spelandole  conobbi  ,  che 
una  di  elle  era  {caduta  due  «rani  c  mezzo 

o 

dal  primo  pefo,  e  1’  altra  era  {ternata  tre  gra¬ 
ni  :  E  tal  prova  1’  ho  fatta,  e  rifatta  molte 
volte  ,  e  Tempre  è  tornato  il  calo  del  pelo 
di  due  grani  e  mezzo  fino  a  tre  ,0  poco  più, 
avendo  ufato  diligenza*  che  le  gocciole  fodero 
quali  tutte  dello  Hello  pefo,  avanti  che  da’ 
capponi  fodero  inghiottite .  Se  Voi  vorrete 
aver  minuta  contezza  di  quelle  gocciole  di 
vetro  temperate,  e  de’  loro  curiofi  effetti  po¬ 
trete  leggere  le  Speculazioni  tìfiche  del  Signor 
Geminiano  Montanari  famofo  Profelfor  Mate¬ 
matico  nello  Studio  di  Bologna*  e  le  Dimo- 
ftrazioni  Fificomatematiche  del  Signor  Canoni¬ 
co  Donato  Roffetci  celebre  Filofofo  nell’  Vni- 
¥erfità  Pifana . 

Avendo  {temperata  col  fuoco  una  delle 
fuddette  gocciole,  la  quale  pefava  tre  danari, 
là  feci  inghiottire  ad  un  cappone  :  Dopo 

quattro 


"V  ...  '  ■  '  ■ 

9*  ESPERIENZE  natvRali 

quattro  giorni  gli  feci  tirare  il  collo,  c  ripe¬ 
sando  la  gocciola  m’  avvidi  ,  che  era  calata 
quattro  grani  $  onde  la  rimili  di  nuovo  rei 
gozzo  d*  un’  altro  cappone  ,  e  ammazzatolo 
fei  giorni  apprclfo ,  la  gocciola  era  (remata 
nove  grani  :  Dal  che  fi  può  in  gran  parte , 
fe  non  in  tutto  ,  argomentare  ,  quanto  fieno 
più  dure  le  gocciole  temperate,  che  le  (tem¬ 
perate  . 

Sei  piccoli  diamanti  grezzi,  che  per  quin¬ 
dici  giorni  continui  erano  Oziti  nel  ventriglio 
d‘  un*  anitra  del  Cairo  non  ibernarono  punto 
di  pefo  .  Due  topazi  in  fei  giorni  non  ca¬ 
larono  quafi  punto  .  Sette  palle  di  piombo 
da  pillola,  che  tutte  in  fi  e  ai  e  pe  fa  vano  otto  da¬ 
nari  e  mezzo,  nel  ventriglio  d’ una  gallina  tre¬ 
marono  in  cinquant*  ore  nove  grani  .  Altre 
fette  palle  di  piombo  di  fimil  pefo  in  ferrami’ 
ore  tremarono  dodici  grani  .  Altre  palle  li¬ 
mili  nel  ventriglio  pure  cf  una  gallina  in  quat¬ 
tro  giorni  tremarono  due  denari,  e  le  me  d  et  me 
rimeffe  di  nuovo  nel  gozzo  d*  un*  altra  galli¬ 
na  in  quattro  giorni  calarono  un  grano  meno 
di  due  danari  .  Vn  pezzetto  di  diafpro  di 
Boemia  ,  che  pefava  un  danaro  e  mezzo,  an¬ 
corché  fa  (lato  lungo  tarnpo  nel  ventriglio  di 
diverte  galline,  anitre,  e  galli  d’india, non  è 

mai 


DI  FRANCESCO  REDI.  97 

nini  {caduto  dal  Tuo  pefo  primiero  .  Vn 
pezzetto  di  porfido  inghiottito  da  una  galli¬ 
na*  e  tenuto  due  mesi  nel  ventriglio  non  re- 
fio  punto  confumato  .  Effondo  morto  uno 
bruzzolo,  che  otto  mefi  prima  era  venuto  di 
Barberia  3  fe  gli  trovarono  nello  (tornato  mol¬ 
te  monete  affricane  di  rame  «  filile  quali  non 
fi  cran  finite  di  confumar  affatto  le  lettere 
arabiche,  che  vi  erano  fiate  coniate  .  Due 
palline  di  legno  rodio,  che  pefavano  in  tutto 
venti  grani ,  feemarono  in  un  cappone  otto 
grani  nel  tempo  di  fei  giorni  .  Quattro  per¬ 
le  fcaramazze  ,  che  tutte  infieme  pefavano 
dodici  grani,  nel  ventriglio  d’unpiccion  grof- 
io  feemaron  di  pefo  quattro  grani  in  vent’  o- 

;  E  otto  altre  perle,  che  pefavan  trenta 
grani, nel  ventriglio  d’ un  altro  piccione  limi¬ 
le?  in  due  giorni  feemarono  venti  grani;  On¬ 
de  fi  può  vedere,  che  bel  guadagno  infogni¬ 
no  coloro  ,  che  danno  ad  intendere  ,  che  le 
perle  inghiottire  da  piccioni  ritornino  all’  an¬ 
tico  loro  fplendorc  ,  e  crefcano  di  prezzo  . 
Ma  palliamo  ad  altro . 

Nell’  America  meridionale  nafeono  ragni  di 
cosi  fierminata  grolfezza,  che  alcuni  di  dii,  per 
rderto  del  Padre  Eufebio  Nierembergio  ,  ag¬ 
guagliano  la  grandezza  dell'  uova  delle  coloni** 

N  be, 


?8  esslèriénze  naturali 

oc,  ed  altri  quella  di  un  mezzo  cedro  .  Al' 
tri  vene  fon  pure  nell’  America  meridionale 
nelle  parti  del  Perù,  del  Cile,  e  mnlìirne  nel 
Rrafil  nelle  Capitarne  di  Fernambuco),  di  Ta- 
maraca,  c  diParaiba,  i  quali  fon  veienolìiìi- 
mi ,  c  paflano  la  groffezza  di  un’  arancia  , 
Quelli  di  Pernambucco  anno  1’  unghie  dure  , 
fofche ,  e  dotate  di  tanta  virtù,  che  legate 
in  oro,  ovvero  in  argento,  coi  folo  tatto gua- 
rifeon  fubito,  quali  per  miracolo,  qual  fi  fa 
più  tormentofo  dolor  di  denti  :  Ed  il  Za- 
cuto  Portughefe  fa  teflimonianza  indubitata  di 
averle  provate  con  feliciffimo  fucceifo  .  Vor¬ 
rei  credere  al  racconto  del  Zacuto;  ma  non 
me  lo  voglion  permettere  P  efperienze  fatte 
con  alcune  di  quell*  unghie  portate  nella  Cor¬ 
te  di  Tofcana  da  Don  Antonio  Morera ,  le 
quali  non  mi  anno  mai  dato  contraflegno  ve¬ 
runo  d’aver  quella  maravigliofa  virtù,  che  ne 
meno  è  da  me  fiata  trovata  ne’  denti  del 
Rinoceronte $  onde  favio  è  da  giudicarli  Olao 
Vormio,  che  nel  fuo  Mufeo  fchiettamente  con. 
fefsò  di  non  averne  fatta  la  prova  .  Fcrum 
dente  m  hmc  dolenti  denti  applicatami  dolor  e  s  Je  da¬ 
re  ,  quvd  tamen  non  dum  expertus  fum  . 

Raccontano  maraviglie  del  fangue  del  fud- 
detto  Rinoceronte  nel  guarire  i  dolor  colici , 

nello 


dj  Francesco  Redi,  99 

nello  fognare  i  flufìi  di  fangue  ,  è  nel  pro¬ 
vocare  i  foliti  ,  e  neccflari  fiori  alle  donne 
(  che  pur  fon  due  virtù  tra  di  loro  contrarie.) 
Dicono  che  la  pelle  di  quello  animale  in  fu  fa 
lungamente  ,  e  bollita  nell’  acqua  «  c  pofeia 
per  tre  giorni  continui  bevutane  la  decozione* 
ha  medicina  ficuriffima  a  coloro ,  che  patifeo- 
no  dolori  d’ emorroidi*  ed  a  coloro*  che  per 
languidezza  di  flomaco  *  o  per  qual  fi  fia  al¬ 
tra  cagione  *  aborrifeono  il  cibo  *  e  fon  tor¬ 
mentati  da  continua  inappetenza  .  Ed  il  vol¬ 
go  >  che  ama  grandemente  d’clfere  ingannato* 
e  che  ha  tutta  la  fua  fperanza  nelle  cofe  pel¬ 
legrine*  e  difficili  ad  ottenerli*  lo  crede  faci- 
ini;  inamente  ;  ma  io  non  fo  indurami,  per¬ 
che  ne  parlo  dopo  averne  fatte  moke  prove: 
E  che  non  li  dice  egli  ,  e  che  non  il  predi¬ 
ca  delle  virtù  del  corno  di  quello  lidio  ani¬ 
male  valevoli  a  difendere  il  cuore  ,  e  la  vita 
da  qual  li  fa  veleno  t  e  pure  io  non  ne  ho 
mai  veduto  un  minimo  effetto,  e  fpecialmen- 
te  contro  ’1  veleno  delle  Vipere,  e  degli  Scor¬ 
pioni  di  Tonili  „  Ne  meno  ho  veduto  effet¬ 
to  alcuno  delle  corna  della  granbeftia  contro  ’l 
mal  caduco,  quantunque  feriva  Olao  Yormio, 
che  Cornuti  infìgni  folloni  ad^erfus  efilevflam  fa- 
calcate  >  mfrimis  fi  circa  kalendas  Septembris  am- 

N  a  mal 


io*  ESTERIBKZE  VUTVRALl 

mal  capi  a:  ttr  *  (gr  mactetur ,  quia  tur»  maxima 
'zegetum  >  (ff  facente  ritma  in  'venererà  ferri  folce . 
Tal  condizione  però,  che  fi  debbano  ufare  Jc 
corna  della  granbeffia  ammazzata  intorno  al 
principio  di  Settembre,  non  vien  comunemen¬ 
te  approvata,  anzi  vi  fon  certuni,  i  quali  vo¬ 
gliono  ,  che  (blamente  fien  buone  quelle  che 
fpontaneamente  ogni  anno  calcano  :  Ed  al¬ 
tri  più  fuperftiziofamente  fi  riftringono  a  dire, 
che  la  virtù  contro  ’l  malcadueo  (blamente 
confida  nel  corno  deliro ,  effendone  affatto 
privo  il  finjftro  . 

Quefta  differenza  tra  ’l  deliro,  e  ’l  finiffro 
corno,  credo  che  fia  fondata  fu  quella  favo¬ 
la  recitata  da  Teofrafto  nel  libro  degli  anima¬ 
li  »  che  fon  creduti  in^vidwji,  dove  fi  dice  ,  che 
il  cervio  quando  gli  cade  il  corno  deliro  Io 
nafeende  (otto  terra  ,  perchè  non  vuole ,  che 
gli  uomini  poffan  godere  delle  fue  maravigliofe 
virtudi  . 

Nelle  mie  Efperienzs  intorno  alla  generazione 
degl’  Infetti ,  accennai  efifer  menzogna  ,  che  il 
cervio  avefle  quefta  invidiofa  naturalezza  d’oc¬ 
cultare  quel  corno;  imperecchè  canto  quello, 
che  il  finiffro  ei  gli  lafcia  in  abbandono  a  be¬ 
nefizio  di  fortuna  ,  la  dove  gli  cafcano  fenza 
prenderfene  altro  penderò  ;  E  me  ne  fon  mol¬ 
to 


101 


DI  FRANCESCO  REDI . 

to  ben  certificato, avendovi  per  molt’ anni  fat¬ 
ta  particulare  ofiervazione,  mentre  col  Sereni  £ 
fimo  Granduca  mi  fon  trovato  alle  cacce  di 
Fifa  abbondantiffimc  di  cervi  5  ed  in  quefio 
rintracciamento  fono  fiato  curiofo  di  ofìerva- 
rc  altre  particularità  intorno  alle  corna  di.  dii 
cervi  ,  alcune  delle  quali  fcriverò  qui  apprefi 
fo  per  compiacer  al  genio  di  coloro,  che  del¬ 
le  cofe  della  fioria  naturale  fi  dilettano  :  E 
parte  fcrviranno  per  confermare  ,  e  parte  per 
confutare  quelle  opinioni  ,  che  intorno  a  que¬ 
lla  materia  fono  fiate  tenute  dagli  Antichi. 

De’  cervi  (blamente  i  mafehi  anno  le  cor¬ 
na  ;  ed  è  cola  notifiima,  e  fcritta  da  Arifioti- 
le  nel  libro  della  fioria  degli  animali  ,  ed  in 
quello  delle  loro  parti  ,  ficcome  ancora  nella 
Poetica  ,  Ed  io  fidamente  lo  accenno,  perchè 
tra’  Poeti  è  cofa  ordinaria  il  deferivere ,  che 
ancora  le  femmine  de’  cervi  fieno  cornute,  con¬ 
forme  fi  può  leggere  in  Sofocle  in  Anacreon- 
te  ,  in  Euripide  ,  in  Pindaro  .  in  Apollcdoro  , 
in  Callimaco  ,  e  tra  i  latini  in  Silio  Italico, 
ed  in  Valerio  Fiacco  ,  il  quale  cantò  ,  che  la 
cervia  di  Friflb  avea  le  corna  d’  oro. 

Fatidica  Frixus  mon; et  agnina  cer tv# 

Jpfa  comes  fètis  fitlgcns ,  (gb  corntbus  aureis 
Ante  aciem  celfi  <vehitur  gettami  ne  centi  > 


ioz  ESPERIENZE  *HATVRALi 

Mafia  necis  few*  luca  reditura  Diati*. 

Quella  parimente  del  Monte  Menalo  fu  pur 
con  le  corna  d’  oro  deferitta  ,  e  da’  Greci  ,  c 
da’  Latini  :  E  mi  ricordo  ,  clic  dal  clottiflì- 
mo ,  ed  eruditismo  Signor  Cammelli  mi  fu 
fatto  vedere  5  tra  le  medaglie  del  Sereniamo 
Granduca  Cofimo ,  un  medaglione  greco  battu¬ 
to  da’  Pergamcni  in  onore  di  Severo,  e  di  Giu¬ 
lia  ,  nel  rovefeio  del  anale  era  un’Èrcole,  che 
teneva  afferrata  una  cervia  per  le"  corna  ;  ed 
un5  altro  Ercole  firn  ile  ho  veduto  nello  Studio 
del  Screniffimo  Principe  Cardinal  Leopoldo  de’ 
Medici  in  una  Medaglia  d’oro  di  Maffimiano, 
cd  in  un’  altra  di  Macrino  battuta  da’  Prufien- 
fi  ,  e  flampata  dal  Trillano  .  Ma  perchè  va¬ 
ri  fempre,  e  diverfi  fono  flati  i  capricci  degli 

Artefici  ;  perciò  nel  rovefeio  d’  un  Medaglie- 
*  «  ^ 

ne  di  Eliogabalo  battuto  da’  Germini  (  che 
pur  è  tra  le  fuddette  Medaglie  antiche  del 
Serenilfimo  Granduca)  fi  yede  coniato  un’Èr¬ 
cole  ,  ehe  ticn  per  le  corna  non  una  cervia, 
ma  un  cervio  ,  che  tale  manifeflamcnte  fi  ri- 
conofce  al  membro  genitale. 

Gli  amichi  Poeti  greci ,  e  latini ,  che  de- 
fcriflero  le  cervie  con  le  corna,  furon  gentil¬ 
mente  imitati  dal  Petrarca  al  Sonetto  1 5  8, 


DI  FRANCESCO  REDI. 


103 


Jdna  candida  cerua  [opra  l  cria 

Jderde  m’  apparse  con  duo  corna  d  oro , 
Fra  due  risiere  alt  ombra  di mi  alloro 
Leuando  7  Scìe  alla  fi  appone  acerba . 

E  dopo  ’l  Petrarca  da  un’  altro  Poeta  to¬ 
rcano  nella  cervia  della  Fata  Falfirena. 

Uien  dopo  7  firn*  che  par ,  che  i  ueliri  a  caccia 
fi  hi  amando  irriti  ,  una  ceruetta  firana , 

Che  fianca  ,  e  come  pur  gli  abbia  alla  traccia  , 
gridando  ricoura  alla  fontana / 

Ada  ut  (io  lui  gli  (alta  entro  le  braccia, 

€Ne  (agendo  formar  f duella  umana 

Con  di  occhi  almen  3  con  di  atti,  e  co ’  musili 

o  ò  J  O 

‘F* epa  3  (he  la  difenda,  e  che.  ì  aiti. 

7V  cn  credei  b  tra  le  pm  uaghe  fere 

Fera  mai  più  gentil  trouar  fi  pojfd , 

Frane  le  ciglia ,  e  le  pupille  ha  nere 
Fianca  U  [foglia ,  e  qualche  macchia  rojjd  : 
Ada  più  d/  altro  mirabili  a  uedere 
Son  della  fronte  in  lei  le  lucidi  offa, 

Son  tutti  i  rami  delle  corna  grandi 
Del  più  fin  or,  che  l  Oriente  mandi . 

Più  di  quello  Poeta  furono  avveduti  il 
Bojardo,  e  7  Berni,  i  quali  fin  fero ,  che  ficaie 
inafehio,  e  non  femmina  il  cervio  di  Morga¬ 
na,  che  avendo  le  corna  d’  oro,  le  mutava  fei 
volte  il  giorno. 


10  4.  esperienze  n attuali 

Ala  morva  copi  gl  interrompe  tl  dire* 

E  V  fin  di  quella  fua  dolce  nocella  , 

‘Tel  rverdc  prato  un  cervo  veggon  ire 
P  apendo  intorno  l' erba  tenere  il  a , 

La  fua  beltà  non  potrei  riferire 

Fiera  non  fu  giammai  fimile  a  quella  y 

Egli  era  della  fa?  a  del  te  fioro 

Grandi  ha  le  corna*  e  belle  »  e  tutte  d' oro . 

Men  conlìdcrato ,  e  meno  accorro  è  (li¬ 
mato  Fazio  degli  Vberti,  che  nel  fecondo  li¬ 
bro  del  Dittamondo,  contro  quel  che  fi  narra 
in  certi  antichi  Atti  di  Sant’  Euflachio ,  s5  im¬ 
maginò  j  che  folle  femmina  quel  cervo,  il  qua¬ 
le  apparve  a  quel  sainiflimo.  uomo . 

In  que(ìo  tempo  divento  cri  filano 

Con  la  pia  donna  *  e  co'  figli  Euflazio 
Per  un  miraeoi  molto  bello ,  e  frano * 

Che  cacciando  una  cervia  *  tra  lo  fioazjo 

Delle  pie  corna  »  vnde  dentro  un  Cri  fio* 

Per  cui  foflenne  poi  martirio  »  e  [ìrazjo . 

Non  è  però  da  tacerli,  che  Giulio  Cela¬ 
re  Scaligero ,  ed  il  Guntero  affermano  clferli 
talvolta  veduta  qualche  cervia  femmina  eoa 
le  corna  :  Ma  ciò  o  fu  favola,  ovvero  fu 
cofa  moflruofa,  e  molto  lontana  dalle  folite, 
e  confuete  leggi  della  natura  .  Nel  numero 
di  quelle  cervie  moflruofe  potè  forfè  elfer 

quella, 


DI  FRANCESCO  REDI.  105; 

quella  ,  (  fe  però  queir  animale  è  una  cervia  ) 
che  fi  vede  con  le  corna  nei  rovescio  d’  una 
Medaglia  di  Salonina  moglie  di  Galieno  ,  la 
qual  medaglia  fu  mentovata  inprima  da  Gio¬ 
vanni  Tridàno  ,  e  pofeia  dal  signor  Ezechie¬ 
le  Spanemio,mio  riveritiiììmo  amico ,  nella  ter¬ 
za  delie  fue  nobiliffime  -,  ed  eruditiifime  Dif- 
fertazioni  de  pr<ejìantia  9  &  ufu  numifmatum  <m~ 
tlquorum  .  Il  giudizio ,  che  di  tal  Medaglia  an¬ 
no  dato  quelli  due  gran  Litterati ,  può  venir 
molto  corroborato  da  una  confìderazione  da 
me  fatta,  che  le  corna  della  cervia  nella  fud- 
detta  Medaglia  di  Salonina  fon  piccole,  e  non 
anno,  che  tre  cortiUimi  rami,  non.  (ìtuati  per 
la  lunghezza  del  tronco  principale  ,  ma  podi 
del  pari  fu  la  cima  di  elfo  tronco  in  foggia 
ds  un  tridente;  ed  in  forum  a  fon  malfatte,  e 
abbozzate,  quali  per  ifcherzo,  da  una  Natu¬ 
ra  errante  dal  proprio  feopo;  e  fon  molto  dif¬ 
ferenti  da  quelle  ,  che  fi  miran  coniate  fu  le 
tede  de’ cervi  marchi,  e  maìTimamente  nel  ro- 
vefeio  di  una  Medaglia  di  Filippo,  cheti  con¬ 
ferva  tra  le  Medaglie  di  bronzo  del  Serenif- 
fimo  Granduca  Colimo  Terzo  ,  e  tra  quelle 
eziandio  dampate  da  Vberto  Golzio  nel  rove- 
fc io  delle  Medaglie  battute  dagli  Velcri  ,  da’ 
Caulonian  ,  e  dagli  Agirinei ,  decome  ancora 

O  tra 


ìo6  ESFPÉRl&RZE  VATVRALI 

tra  quelle  di  Giovanni  T ridano  in  una  barra¬ 
ta  da  i  Daldiani ,  ed  in  un*  altra  dagli  Efesini, 
in  onore  di  Caligula,  e  di  Cefonia  ;  e  tra  quel¬ 
le  del  Duca  d’  Arefcot  in  una  medaglia  di  Ga¬ 
llalo  . 

Suppofto  dunque  per  vero  ,  ebe  i  foli  cer¬ 
vi  ni  afe  hi  abbiano  le  corna  ,  è  ora  da  fa- 
pere  ?  che  quando  c’  nafeono  ,  nafeono  fenz* 
effe  ,  e  pel  prim*  anno  non  le  mettono  ;  ma 
bensì  nel  fecondo  ;  e  mettono  due  corni  fen- 
za  rami  .  Quefti  tali  cervi  in  Tofcana  foh 
chiamati  Fufiniy  ed  in  Francia  ‘Brocurds . 

I  cervi  buttano  le  corna  infallibilmente  o- 
gni  anno  5  e  cominciano  a  gettarle  poco  do¬ 
po  il  principio  di  Marzo  .  I  primi  a  fpo- 
gliarfene  fono  i  graffi  ,  e  ben  pafeiuti  :  impe¬ 
rocché  i  deboli  ,  e  magri  indugiano  talvolta 
fino  a  mezzo  Aprile  :  Giovanni  Gerardo  Vof- 
fìo,nel  terzo  libro  dell’ Idolatria,  vuole  che  ciò 
avvenga  in  tempo  di  Verno;  ma  in  Tofcana 
accade  come  ho  detto. 

Credono  molti  ,  e  tra  effi  il  foprammen- 
tovato  Volfio  ,  che  le  corna  de’  cervi  non  fie¬ 
no  attaccate  all*  olfo  della  teda ,  ma  folamen- 
te  alla  pelle  :  Quanto  s’ ingannino  potrà  fa¬ 
cilmente  conofcerlo  chiunque  avrà  curiofità  di 
olfcrvar  la  teda  di  un  cervo  ,  dove  potrà  ve¬ 
dere  * 


di  Francesco  Redi .  107 

acre  ,  che  il  cranio  s*  innalza  in  due  eminen¬ 
ze  aire  quattro  dita  traverie  ,  Tulle  quali  emi¬ 
nenze  fon  così  tenacemente  unire  ,  ed  attac¬ 
care  le  corna ,  che  fi  rende  quad  imponibile  il 
poternele  fvellere  per  forza  $  e  pure  ,  quando 
è  il  tempo  determinato  della  loro  maturità  9 
fpontaneamente  ne  cafcano. 

Dopo  otto  ,  o  dieci  giorni  ,  che  fon  ca¬ 
dute  le  corna  vecchie,  e  per  così  dir  ,  matu¬ 
re,  cominciano  a  fpunrar  fuora  le  nuove  ;  e 
fpuntano  tenere  ,  c  pelofe  ,  e  fi  mantengon 
pelofe  fino  a  tanto  ,  che  fon  finite  di  creice¬ 
ne  ,  e  che  totalmente  fono  indurite  ,  il  che 
fuccede  in  poco  più  di  tre  mefi  5  £d  allora 
il  cervo  comincia  a  fregar  le  corna  a*  tron¬ 
chi  degli  alberi,  ed  a5  roveti  ,  c  ne  fa  cadcic 
a  diacci  quella  pelle,  che  le  copriva  :  E  per 
lo  più,  tra’l  fine  di  Giugno,  e  la  metà  di  Lu¬ 
glio  ,  tutti  quanti  anno  le  corna  dure ,  e  fpo- 
gliate  :  Ed  in  vero  è  cofa  degna  di  gran¬ 
di  filma  maraviglia,  il  confederare,  come  ogni 
anno  in  sì  breve  tempo  rinafea  ,  e  crefca  sì 
gran  mole  di  rami  fulìa  fronte  di  quelli  ani¬ 
mali  :  Quindi  è  *  che  il  fopraccitaro  Vofiìo 
da  in  dubbio  fe  poffa  eller  vero  ,  che  il  cer¬ 
vo  muti  ogni  anno  le  corna  .»  ed  inclina  alla 
parte  negativa  .  Sed  fi  anno  auolibct  *  dice  il 

O  a  V  offro , 


io$  ESPERIENZE  NAT  FRALI 

Voffio,  primi  fexcmij  ali  quid  accedie  ramis  ,  quo- 
modo  decidmt  >  (epr  renajcuntur  quotannis  ?  Si  id 
prò  compsrto  babent  venatcres  »  ut  audio  >  equidem^j 
cum  ijs  pedo ?n  flrucre  non  aufim  *  ponamqtie  inter 
natura  maxima  admiranda  »  breviculo  adeo  tempo- 
pore  9  tam  folida  duraque  tariti  moli r  corna  a  enafci . 
t^lioqui  magis  eo  inclinet  animus ,  ut  credami  cor- 
ma  i  qu<e  reperiuntur  non  j ponte ,  natura  decidi f- 
fe  »  fed  a  venatoribus  vi  avulfa  s  eoque  ej]e  co¬ 
nicela  :  illa  vero  ramoja  3  qu<e  in  priorum  Iocuy/l-j 
fuccejjermt  non  nifi  annorum  aliquot  intervallo  ad 
eam  magnitudine m  9  durkiem  pervemjf. L»  . 

S’  inganna  però  il  Vcffio  ,  e  tanto  più  s5  in¬ 
ganna  ,  quanto ,  che  fé  le  corna  non  cade  fie¬ 
ro  ogni  anno  a1  cervi  farebbe  imponibile ,  che 
elle  poteflero  crefcere  di  rami*  concioffiecola- 
ehè  quando  elle  fon  di  già  totalmente  induri¬ 
te,  perdendoli  le  vene,  e  1’  arterie  che  per  ef¬ 
fe  feorrevano,  quando  erano  tenere,  non  an¬ 
no  (ufficiente  nutrimento  fanguigno  ,  abile  a 
poterle  far  multiplicare  in  rami  ,  come  potrei 
facilmente  inoltrare  con  evidenza,  ma  Io  rifer- 
fco  ad  occafone  più  opportuna  :  In  tanto  è 
degno  di  leggerfi ,  a  quello  proposto,  Ebano 
nel  libro  dodicefimo  degli  animali  al  capitolo 
diciottdìmo  . 

Il  numero  de’ rami,  o  palchi  varia  fecon¬ 
do 


DI  FRANCESCO  RETO],  rej 

do  r  età  ,  e  fecondo  i  paefi  .  In  Tofcana 
per  lo  più  i  cervi  vecchi  fogliono  avere  feì  , 
o  fette  rami  per  corno  ;  Se  ne  trovano  tal¬ 
volta  di  quegli,  che  ne  anno  otto,  e  nove. 
In  Germania,  e  fpeciahnente  in  Baviera  ,  ma 
più  in  Saffonia ,  dove  i  cervi  fon  molto  mag¬ 
giori  di  quelli  di  Tofcana ,  fi  veggion  corni 
di  quattordici,  e  di  quindici,  e  talvolta  di  più 
palchi  :  Le  più  lunghe  corna,  e  le  più  grofse^ 
che  fi  ficn  mai  vedute,  fe  però  non  fon  fat¬ 
te  artifiziofamente>  fon  quelle,  che  fi  confer¬ 
vano  in  Francia  nella  città  d’  Ambitola  ,  che 
fon  lunghe  dodici  piedi  di  Parigi ,  ed  anno 
undici  palchi  per  corno. 

Quando  i  cervi  Fan  gettato  l’ armadura 
delle  corna  vecchie  ,  e  che  la  nuova  non  è 
per  ancora  /puntata,  o  è  molto  tenera,  proc¬ 
urano  di  ftar  nafeofti ,  e  rimpiattati  più  che 
pofiono  nel  forte  del  bofeo  .  Alcuni  degli 
Scrittori  antichi  anno  creduto,  che  Io  faccia¬ 
no  per  vergogna  d*  aver  perduto  il  lor  più 
belio  ornamento  .  Altri  per  timore,  fenten- 
dofi  men  gagliardi  privati  delie  loro  folite  ar¬ 
mi  .  Certuni,  il  primo  de’  quali  fu  Annoti¬ 
le  ,  vollero  ^  che  ftieno  afeofi  per  isfuggire  il 
tedio  delle  mofche  ,  le  quali  volentieri  fi  po- 
fano  fu  quella  parte  delia  tefla,  di  dove  lon 

ca- 


ir <3  ESPERIENZE  NATURALI 

cadute  le  corna  5  Ed  io  per  riverenza  di  que¬ 
llo  grandiffimo  Filofofo  volentieri  lo  crederei, 
fé  non  avelli  oflervato,  che  anco  nel  più.  for¬ 
te  de’  bofchi,  non  meno  che  nell’  aperto  del¬ 
le  campagne,  abitano  a  duoli,  non  fola-men¬ 
te  le  mofche,  ma  le  zanzare,  i  tafani,  ed  al¬ 
tri  limili  impronuttimi  infetti,  che  volano. 

Le  corna  tenere  fon  dcliziofe  nelle  men¬ 
de  de’  grandi ,  ed  i  cuochi  ne  compongono 
diverd  manicaretti  appetitofi  .  Delle  corna 
dure,  fecche,  e  limate,  ne  fanno  varie  manie¬ 
re  di  gelatine  molto  gudofe  al  palato  .  Non 
fo  fe  gli  antichi  ebbero  quedo  codiane  di 
gola  :  So  bene  (  per  tacer  delle  corna  in¬ 
durite  )  che  le  tenere  furono  in  ufo  per  fcr- 
vizio  della  medicina,  come  fi  può  leggere  ap¬ 
pretto  Galeno  nella  descrizione  di  quel  famo- 
fo  medicamento  colico,  che  da  Afclepiadc  fu 
attribuito  a  Faccio  Antioco  fcolare  di  Fileni- 
de  Catancfe,  e  da  Andromaco  fu  creduto  in¬ 
venzione  di  Scribomo  Largo ,  il  quale  Scri- 
bonio  confefsò  di  averlo  imparato  a  gran 
prezzo  da  una  certa  Medicheffa  Affricaaa  : 
Plinio  ancora  ne  fece  menzione,  fccome  Mar¬ 
cello  Empirico,  e  Niccolò  Aledandrino  . 

Quando  il  cervo  ha  le  corna  tenere  ,  fe 
gli  fieno  tagliate,  e  particolarmente  rafente 

quel- 


DI  FRANCESCO  REDI.  1 1 1 

quella  corona ,  di’  è  alla  bafe ,  o  ceppo  di  effe 
corna,  ne  {piccia  il  fangue  in  zampilli  con  tanta 
orinazione ,  che  l’ animale  il  più  delle  volte  fe 
ne  Tuoi  morire  ;  E  quel  fangue  li  congela,  c 
fi  rappiglia  ,  ficcarne  ogni  altro  {angue  ,  che 
fgorghi  dalle  vene  ,  e  dall’  arterie  de’  cervi  , 
il  che  fu  negato  ,  non  fo  come,  da  Arroti¬ 
le  ,  fecondato  pofeia  da  Galeno  nel  libro , 
cioè  i  co  pumi  dell'  animo  corrifpondcno  al  tempera¬ 
mento  del  corpo  >  e  dall’  Autore  ,  chiunque  fi 
fia  ,  del  libro  dell'  utilità  della  ref pi  razione  j  at¬ 
tribuito  falfamente  a  Galeno. 

Giovanni  Oratone  nell’  Epiftola  feconda 
del  fecondo  libro  riferifee ,  per  racconto  di 
Adamo  Biatrichftein  ,  che  in  poche  ore  fu 
trovato  morto  un  cervo  ferito  nelle  corna  te¬ 
nere  con  una  freccia  avvelenata  dall’  Impera- 
tor  Ridolfo  Secondo  .  Ma  da  quel  che  poi 
foggiugne  Oratone  .  Latteum  emm  bumore'sruj 
iftum  germanum  ejje  fangttini  HipocrMes  nos  docuit  > 
fi  raccoglie ,  che  elfo  Oratone  creddfe  ,  che 
le  corna  tenere  de*  cervi  non  fodero  irrigate 
da’ canali  fanguigni ,  il  che,  come  ho  molla¬ 
to  di  fopra,  è  falfo  falfilfimo;  anzi  molti  ,  e 
molti  fono  i  canali  del  fangue,  che  fi  dirama- 
no  per  le  corna  de'  cervi  quando  fon  tenere  , 
a  fine  di  portarvi  un  nutrimento  (ufficiente  per 

farle 


uà  esperienze  NATURALI 

farle  crefcere  ,  fecondo  il  loro  bifogno  .  E 
ciò  fa  molto  a  proposto  per  1*  opinione  di 
quc’  Valentuomini  ,  i  quali  tengono  trovarli 
nel  fangue  diverfità  di  fuflanzc  abili  a  nutri¬ 
re  le  diverfe  parti  del  corpo  degli  animali  : 
Fa  molto  a  proposto  ancora  per  F  opinione 
del  dottilfimo  Girolamo  Barbati,  il  quale  nel 
libro  de  fangttine ,  (dfr  tius  feroy  a  forza  di  ra« 
gioni  ,  e  di  efperienze  ,  Stima ,  che  le  parti 
fpermatiche  ricevano  il  nutrimento  per  lo  fo¬ 
le  mezzo  de*'  condotti  fanguigni  ;  e  che  tal 
nutrimento  non  fa  altro,  che  il  itero  del  fan¬ 
gue  .  Quelli  condotti  fanguigni*  che  Scorro¬ 
no  per  le  corna  de’ cervi,  vanno  appoco  ap¬ 
poco  perdendoli,  e  feccandofì ,  fecondo,  che 
effe  corna  finifeon  di  crefcere,e  fi  fanno  du¬ 
re»  e  fecche. 

Se  Sì  a  caflrato  un  cervo  giovane,  che  per 
ancora  non  abbia  mede  le  corna,  non  le  met¬ 
te  mai  in  vita  fua  .  Se  Sia  caftrato  un  cer¬ 
vo  armato  di  corna,  perde  fubito  la  virtù  de! 
mutarle  ogni  anno,  e  conferva  Tempre  quelle 
Beffe  corna,  le  quali  avea  quando  fu  caftra¬ 
to;  Ed  in  queflo  furon  più  veridici  Ariflotile, 
Plinio,  e  Solino,  di  quello  che  fi  folle  Op¬ 
piano  nel  fecondo  libro  della  Caccia  verf,  194. 

Baili  fino  a  qui  delle  corna  de’  cervi ,  men¬ 
tre  , 


DI  FRA%TC£5C0  REVL  115 

tre  prima  di  paflfar’  ad  altro  ,  non  poffo  far 
di  meno  di  non  maravigliarmi  della  fcmplice 
credulità  di  quegli  Autori ,  i  quali  fcrivono  , 
che  ne’  contorni  di  Goa  ,  le  corna  de’  buoi  , 
e  de’  caftroni  ,  quando  calcano  in  tèrra  y  met- 
ton  le  radici  a  guifa  di  cavoli ,  e  diventano 
piante  animate  ,  le  quali  con  grandiffima  dif- 
ficultà  fi  fvelgono  dal  terreno  ;  e  fvelte  di 
nuovo  ripullulano  ,  e  multiplicano  :  In  Goa 
indila 3  ficrive  il  Padre  Fufebio  Nierembergio , 
fi  cortina  alienando  jacuerint  »  radices  dcerfium  in. 
terra  de  fi punt  »  meditila  eius  m  plurima  qua  fi  f la¬ 
menta  dijfecla  »  fif  protuberante  3  hoc  modo  m  fo¬ 
lli  m  fiubditum  infittente  .  Jiadix  eius  Tir  «fin  <c  fi- 
milis  ef  .  jTuius  caufic  examen  multe s  fitmm&s 
%r  a! u Tee  myfias  mifiere  torfit  y  (fi  licei  multi  omni 
tempere  fiuermt ,  qui  rem  hanc  ad  fluporem  ufique 
admirati  f  uterini >  qui  tamen  caufiam  njeram  »  fi* 
immotavi  feruti  are  tur  >  nemo  ,  qued  fitam  >  ufique 
adbuc  tomparwt ,  nam  (fi'  Terra  in  omm  ilio  con  fi¬ 
rn  rvaldc  fàxo/aa  fi'  lapidcfit  efly  atque  cum 
c.etens  locis  omnibus  cortina  ad  radìcem  ufque  ex¬ 
tir  pari  9  fi “  detruncari  queant  »  apud  Goams  nullo 
paltò  id  fieri  potè  fi  y  nam  et  fi  illic  fiemel  quidermj 
refècentur  ?  abiecla  tamen  adeb  far  un  da  fiunt ,  ut  li¬ 
tico  repullulare  3  fi"  auge  fiere  imi  pi  ant  .  Io  non 
credeva  quella  fandonia,  ma  contuttociò  voi- 

P  li 


1 


U4  ESPERIENZE  NATVRALl 

li  interrogarne  il  Signor  Don  Antonio  Morera 
Canonico  della  Cattedrale  di  Goa ,  il  quale 
mi  rifpofe,  effer  veramente  una  favola  3  inven¬ 
tata  per  lignificare  l’infaziabile  libidine  di  quel¬ 
le  femmine  orientali ,  che  avendo  una  volta 
piantate  le  corna  fovra  le  tede  deJ  lor  mariti , 
fapevano  continuamente  mantenervele  radicate . 
Vna  fimi!  rifpofta  fu  data  alla  Società  Reale 
di  Londra 3  dal  Cavalier  Filiberto  Vernati  Re- 
fidente  in  Batavia  nella  Giava  maggiore  . 

D.  Quel  fondament  y  a  il  au  rapport  touchant  ce 
que  /’  on  dit  9  que  les  cornes  pmrnent  varine  > 
qui  elles  erricene  aupres  de  Goa  ?  Rep.  En  mi  en~ 
querant  de  cela  0  un  de  mes  amie  fe  prie  a  rirt~>  ? 
(fg  me  die  0  que  c*  ejloie  une  raillerie  qui  on  fan 
aux  ‘Tortugais ,  parco  que  les  femmes  de  Goa  font 
fot  e  adomièes  a  la  luxure  .  E  pure  il  dottili!- 
mo  Pietro  Boi elli  ,  nella  centuria  quarta  delle 
fue  Olfcrvazioni  Medichenaturali  ,  afferma  di 
aver  veduto  in  Europa,  con  gli  occhi  Tuoi  pro- 
prj  ,  diverfe  corna  di  eaftroni,  e  di  buoi  *  o  di 
bufoli,  le  quali  fi  erano  radicate  nel  terreno  . 
C orma  »  dice  c-gli  alfOlfery,  5  2,  edam*  ^vernjmna 
(fy  bubu/a  <uidi  >qu<e  radice  s  in  terra  e  gerani  3  ut  cornu 
piantabile  Un  phot  ti .  Sia  la  verità  della  fede  ap- 
pi  tifo  di  lui,  che  io  non  mi  lento  da  crederlo 
cosi  facilmente  3  ed  intanto  palerò  ad  altro® 


DI  FRANCESCO  REDI.  1 1 5 

Che  i  noflri  antichi  u  fafero  i  nidi  di  al¬ 
cuni  uccelli  per  fervizio  della  Medicina,  è  cofa 
notiffima,  facendone  menzione  Era  di  Cappa- 
docia,  Andromaco,  ed  Afclepiade  appreffo  Ga¬ 
leno  :  Ma  che  fe  ne  ferviftero  per  cibo,  non 
panni  di  averlo  mai  ne  letto  ,  ne  adito  rac¬ 
contare  ;  e  (fimo,  che  fìa  un*  ingegnofa  inven¬ 
zione  della  fola  gola  de’  Moderni ,  avida  Tem¬ 
pre  delle  novità  ,  che  tanto  più  fono  in  pre¬ 
gio  ,  quanto  di  più  lontano  ci  fono  portate  . 
Vi  fono  alcuni  uccelletti  non  molto  diverfi 
dalle  rondini ,  i  quali,  negli  fcogli  lungheiTo  il 
mare  di  Coccincina,  fanno  i  loro  piccoli  nidi, 
di  color  bianchiccio  ,  e  di  maceria  non  dilli- 
mile  molto  dalla  colla  di  pefce  ,  i  quali  nidi 
{frappati  da  quelle  rupi  fon  venduti  a  canditilo 
prezzo  per  nobilitare  i  conviti,  che  vili  fareb- 
bono  ,  e  di  poca  foìennità  reputati ,  fe  non 
fodero  conditi  di  quella  (frana  imbandigione, 
che  veramente  è  appetitola  ,  fe  da  cuoco  in¬ 
tendente  venga  maefircvolmente  condizionata  ; 
E  uno  de’  modi  del  condizionarla  fi  è  ,  che 
mettono  in  molle  cue’nidi,  in  buon  brodo  di 
cappone,  o  di  vitella  ,  fino  a  tanto  che  eglino 
invincidifcano  ,  e  rinvengano  ,  quindi  in  efio 
brodo  gli  cuocono ,  e  pofeia  con  burro ,  con 
formaggio,  e  con  varie  maniere  di  ipezierie  gii 

P  2  tega- 


Ili  MS*PERlE$f££  JtJTFRALI 

regalali©;  Ed  in  fino  a  qui  io  non  avrei  che 
ridire  :  Ma  quando  vogliono  ,  che  quella 
vivanda  fia  un  potentifumo,  e  ncuro  medica¬ 
mento  per  coloro i  quali  coi  Petroniano  Po- 
lieno  ne  qui  pierò ,  ncque  puelU  bona,  fua  rendere 
?  lorotmque  in  aqua  non  mattina  h alene  » 
fon  necefTstato  col  Poeta  Perugino  a  dire , 
jBaU ,  che  arvanza  in  net?  quante  nocelle  * 
Quante  dijfer  mai  favole  *  o  carote 
Stando  al  fuoco  a  flar  le  occhiar  elle . 
Troppo  fi  lufìngano  coloro, che  in  quello  co¬ 
sì  fatto  medicamento  fi  rifidano  ;  c  fe  per 
avventura  non  mi  predano  fede  ,  poffon  far¬ 
ne  la  prova,  come  alcuni  in  limile  occaiione 
T  anno  fatta . 

Ci  vien  portato  dall’  Indie  occidentali  un 
certo  aromato  ,  che  dagli  Spagnuoli  è  chia¬ 
mato  Pìmienta  de  Chapa  ,  perchè  nafee  nelle 
montagne  di  Ciapa,  che  è  una  delle  otto  pio- 
vincie  noverate  fotto  PAudienza  di  Guatima- 
la  nella  nuova  Spagna  .  Alcuni  anno  credu¬ 
to  edere  T  Amorno  di  Diofcoride  ;  ma  Carlo 
Cìulio  con  molta  ragione  pare ,  che  non  vi 
concorra  ;  e  non  fapendo  egli  donde  a  noi 
Venga  ,  va  difeorrendo  fe  per  fortuna  poffa 
edere  il  garofano  di  Plinio  ;  ed  al  Giulio  a- 
derìfee  Giovanni  Parchinfone  nel  fuo  Teatro 

Bota» 


di  Francesco  Redi .  x i 7 

Botanico  inglefie  .  Io  non  fon  lontano  dal 
credere  ,  anzi  tengo  per  fermo  5  che  fi  a 
frutto  di  quell5  albero  ;  che  da  Franccfco  Er- 
nandez  nel  libro  fecondo  della  ftoria  MelTica- 
na  è  deferitto  fotto  nome  di  Xocoxochitd , 
ovvero  di  Pepe  di  Tavafco  ,  provincia  confi¬ 
nante  a  quel  a  di  Ciapa;  c  tanto  più  Io  cre¬ 
do  j  quanto  il  Dottor  Giovanni  de  Barrlos 
nel  fuo  libro  Spagnuolo  del  Cioccolatte  ftam- 
pato  noi  Meflico  P  anno  1609.  dice  .•  El 
ter  zero  fimple  ?  que  fe  e  eh  a  en  el  Choc date  3  dunque 
en  poca  canrìtad*  ILtman  los  AAexicanos  3  y  los  Ef- 
panoles  ini  tenta  de  Chiava >  0  de  Tctbafco  .  Sia 
quel  eh’  elfer  fi  voglia  :  Egli  è  un  frutto 
d’  un*  albero  3  che  produce  alcuni  grappoletti  di 
Coccole  ,  attaccate  con  fiottili  ,  e  non  molto 
lunghi  picciuoli ,  inegualmente  rotonde  5  coronate 
nella  fiommità,  le  quali  eflendo  fiecche  appari» 
ficono  di  color  lionato  fiudici’05  di  ficorza  non 
molto  lifeia  ^  e  facilillìma  ad  dfere  diacciata 
co’  demi  .  Sono  di  varie  grandezze;  impe¬ 
rocché  alcune  al  pepe  nero ,  altre  alle  coc¬ 
cole  dell5  ellera,  ed  altre  alle  più  grolle  bac¬ 
che  del  ginepro  fi  afibmigliano  .  Dentro  non 
anno  polpa  di  fiorta  alcuna  ,  ma  fion  piene  di 
due,  di  tre  ,  o  di  quattro  fiemi  neri  d metti  s 
e  fienza  feorza  5  i  quali  Temi  occupano  tutto 

il 


1 1 8  SS'TBRiEJfZE  WJTFRAL! 

il  vano  della  loro  matrice  ,  dentro  la  quale 
fon  racchiufi  in  alcune  cafelle ,  che  feparan© 
P  uno  dall’  altro  Teme  con  fottiliiììme  mem¬ 
brane  •  Quelli  Temi  ,  ficco  me  ancora  la  lo¬ 
ro  matrice,  al  guflo  fi  fentono  aromatici  con 
mefcolan7a  di  diverfi  fapori;  condolììecofachè 
quando  fi  matlicano  ,  fi  fa  notabilmente  ma- 
nifelto  il  fapor  delle  coccole  del  ginepro  ? 
quindi  quello  de*  garofani,  men  fenfibile  quel¬ 
lo  del  pepe  nero,  e  meno  aliai  del  pepe  ,  fi 
fa  fentire  il  fapore  della  cannella  :  Égli  è 
però  vero  ,  che  ne  ho  appreso  di  me  un’  ah 
tra  fpezie,  e  di  coccole  piu  minute ,  nelle  quali 
non  fi  fente  ne  poco  ,  ne  punto  il  fapor  del, 
ginepro ,  ma  ben  si  in  primo  luogo  quello 
del  garofano  ;  e  quella  feconda  fpezie  mi  fu 
donata  dal  Signor  Dottor  Giovanni  Pagni  Let¬ 
tore  di  medicina  nello  fu  dio  di  Pifa  ;  quindi 
ancora  dopo  qualche  tempo  mi  fu  fatta  vede¬ 
re  dal  Signor  Dottor  Pietro  Nati  diligentùTimo 
invefligatore  della  natura  delie  piante,  e  delle 
loro  virtudi  :  Ma  la  prima  Ipezie  ,  che  ha 
fapor  di  ginepro  fu  portata  in  quella  Corte 
dal  Signor  Don  Francefco  Vria  prefentemente 
tornato  dalla  Nuova  Spagna  ,  dove  ha  lungo 
tempo  abitato  :  Nella  Nuova  Spagna  dun¬ 
que  noverano  quello  pepe  di  Ciapa  fra  gl’  in- 


DI  FRANCESCO  REDI .  119 

predienti  del  Cioccolate  5  e  di  più  Io  celebra¬ 
no  per  medicamento  fpeciale  contro  al  mal 
càduco  ,  e  contro  a  quella  cecità .»  che  da’  Gre¬ 
ci  fu  detta  dpzvpoffis  ,  e  da’  Latini  de’  fecoli  più 
badi  gatta  ferena  .  Che  egli  polla  participarc 
di  tutte  le  proprietà  del  ginepro  ,  del  garofa¬ 
no  ,  del  pepe  ,  e  della  cannella ,  vi  confento 
di  buona  voglia  5  ma  contro  al  malcaduco,  e 
contro  alla  gotta  ferena  non  ardirci  d’  affer¬ 
mare  ,  che  folle  dJ  intero  giovamento  ,  aven¬ 
dolo  in  diverfi  Suggetti  efperimentato  lunga¬ 
mente,  e  fenza  profitto  :  Non  credo  però, 
che  in  quelli  così  fatti  mali  polla  portar  pre- 
giudicio,  anzi  fon  di  parere,  che  vaglia  nota¬ 
bilmente  a  confortar  la  tella ,  e  lo  ilomaco  , 
fe  a  luogo  ,  e  a  tempo  lìa  con  moderazione 
ufato . 

Dalla  China  ci  recano  un  certo  Teme ,  a 
cui  dan  nome  di  finocchio  della  China,  predi¬ 
candolo  opportuno  a  molte  infirmiti ,  ma  io 
trovo  ,  che  di  poco  trapaffa  le  virtù  del  fi  noc¬ 
chio  nofrrale  ,  degli  anici  ,  de"  dauci ,  e  del 
cumino  :  £  perchè  da  poco  tempo  in  qua 

comincia  a  vederli  nelle  noflrc  contrade  5  e  Voi 
sion  ne  auete  fatta  menzione  nel  voftro  libro 
della  China  illuftrata  ,  perciò  ne  mando  qu 
nella  tav.  a,  la  figura  difegnata?  la  quale,  co 


120  ESPERIENZE  NATFRALI 

me  porrete  vedere  è  fatta  in  foggia  dJ  una 
della  di  otto  razzi  di  color  lionato,  ed  ogni 
razzo  racchiude  in  fe  un  Teme  lifeìo ,  e  ludro 
pur  di  color  lionato  ,  nel  qual  Teme  trovali 
una  piccola  anima  ,  che  non  ha  molto  fapo- 
re  ne  efia  *  ne  il  fuo  guferò  :  Ma  i  razzi 
della  della,  che  contengono  i  femi ,  fon  di  fa- 
pore  non  molto  dsifimile  al  nodro  finocchio 
dolce  ,  ancorché  non  tanto  acuto  ,  con  qual¬ 
che  mefcolanza  di  fapore  d’  anici  :  Qual  fia 
la  pianta  che  lo  produca }  non  ho  potuto  per 
ancora  rinvenirla  . 

Olao  Vormio  nel  capitolo  diciottefimo  del 
fecondo  libro  del  fuo  Mufeo  ,  feguitando 
1*  opinione  di  Francefco  Ximenes  ,  raccon¬ 
ta  ,  che  il  legno  del  Saifofrafio  tenuto  in 
molle  per  otto  giorni  nell’  acqua  di  mare  la 
fa  divenire  dolce  ,  e  buona  a  bere  *  Aouam 
màrinam  dulcem  recidere,  dice  il  Vormio  ?  obfer- 
rv&uit  F 'rana feus  Ximenes  .  Affai as  ex  hac  ar¬ 
bore  ver  offidmm  macerar  uni  in  aqua  /alfa  ,  tum 
dulcem  =  (§r  pomi  aptam  okmuemni  .  Quando 
ledi  la  prima  volta  quefta  tal  cofa  ,  io  non 
era  cosi  giovane,  che  mi  fentilfi  da  crederla, 
e  pure,  per  poter  con  più  ficurezza  non  cre¬ 
derla,  mi  mifi  a  farne  la  prova  ,  ed  in  una 
libbra  d’acqua  di  mare  infidi, per  otto  giorni, 

una 


lai 


DI  FRANCESCO  RED/. 

una  mezz  oncia  di  sattafratto  tagliato  fottìi- 
mente;  ma  quell’ acqua  non  volle  perdere  ne 
poco,  nc  punto  della  fua  /attedine,  ancorché 
io  face/11  continuar  pofcia  I1  infusone  fino  a 
venti  giorni ,  ed  in  altre  prove  raddoppiali! 
la  quantità  del  safsafralfo  .  L’  acque  forfè 
del  mar  Oceano  furono  addolcite  ne’  tempi 
del  Ximenes  da  quello  legno  ;  ma  quelle  del 
Mediterraneo  ,  con  le  quali  ne  ho  fatta  la 
prova,  non  vogliono  oggi  giorno  raddolcirli; 
ficcome  ne  meno  li  raddolcifcono  le  iamofe 
acque  falfe  del  Tettuccio  ,  e  del  Bagnuolo. 

Giovanni  Lopez  Pigneiro  Portughefe,  na¬ 
tivo  di  Campomaior  nell’  Alenteco ,  foggici- 
nando  ne*  paefi  di  Mongalo  ,  e  d’  Angos,  che 
fu  nati  nel  Zanguehar  fon  bagnati  dal  fiume 
Guaina  ,  trovò  nelle  rive  di  quello  fiume  quel¬ 
la  radice,  che  dal  nome  deli’ Inventore  fu  poi 
lemprc  chiamata  Raiz^.  de  luan  Lopez.  ‘Tineiro : 
Mi  vicn  riferito,  che  Ha  radice  d’  un5  arbuccl- 
io,  che  fa  le  foglie  nel  colore,  e  nella  figu¬ 
ra  fimililfime  a  quelle  del  Melo  cotogno,  an¬ 
corché  alquanto  più  grandi ,  co’  fiori  bianchi, 
nel  mezzo  de’  quali  rofieggiano  alcuni  fili  co¬ 
me  quegli  del  zafferano  .  Dai  fiore  nafee 
un  bottoncino  grotto  quanto  un  cece ,  che 
maturatoli  al  caldo,  fi  fccca  in  fine ,  e  fcre- 

Q.  pola , 


ita  esperienze  natvrali 

pela  ,  cadendone  ritolti  minutiiTimi  Temi .  La 
radice  è  di  color  citrino  ,  e  a  giudizio  del 
fapore  molto  amara  ,  Vogliono  che  macina¬ 
la  con  acqua  {opra  una  pietra  ,  e  bevuta  al 
pefo  di  una  mezza  dramma  ,  ed  applicata  pa¬ 
rimente  ne*  morfi  ,  c  nelle  punture  degli  ani¬ 
mali  velenofi ,  liberi  infallibilmente  dai  veleno» 
Credono  eziandio  ,  che  macinata  con  vino , 
e  bevutone  il  fuddetto  pefo  nel?  accezione 
delie  febbri  terzane,  e  delle  quartane  cftingua 
totalmente  il  lor  fuoco  ,  e  proibifea  che  mai 
più  non  fi  riaccenda  .  Dicono  ancora  che 
applicata  ad  ogni  maniera  di  ferite  le  faldi  in 
ventiquattr*  ore;  e  che  la  femplice  polvere  fotti- 
liffima  polla  nelle  piaghe  vecchie  le  rifani  con 
gran  facilità  «  Le  fteffe  virtù,  anzi  molto  più 
efficaci,  dicono ,che  abbia  una  certa  altra  radice 
chiamata  Radice  della  Manine ,  la  quale  fi  coglie 
in  Affrica  nel  paefe  del  Chetevi  tra  Marnane , 
e  Sofala  ;  ed  è  una  radice  gialla  ,  e  amaro¬ 
gnola,  d’  un  certo  frutice,  che  non  fa  ne  frut¬ 
to,  ne  fiore,  ma  con  foglie  lunghe,  firette ,  e 
folcili  ,  s*  abbarbica,  ed  inerpica  su  per  le  mu¬ 
raglie,  e  fu  per  gli  alberi  a  guifa  dell’  ellera  j 
e  non  fidamente  fono  in  ufo  le  radici,  ma  an¬ 
cora  i  ramuceili  fleffi  •  Confeffo  la  mia  po¬ 
ca  fortuna,  imperocché  avendo  farsi  con  que- 


DI  FRANCESCO  RETOL  12$ 

fte  due  famofe  radici  molti  ,  e  replicati  et 
perimenti,  non  mi  anno  mai  dato  a  conofce- 
re  un  minimo  effetto  delle  loro  tanto  cele¬ 
brate  proprietà;  Onde  ftimo  uomo  avveduto, 
e  rifervato  ,  il  Padre  Sebafliano  d’  Almeida  , 
il  quale  avendo  donato  alcune  di  quelle  radi¬ 
ci  a  Voftra  Reverenza ,  come  (1  riferifee  nel  vo- 
{Iro  libro  de  trillici  in  natura  rerum  magnete  , 
le  predicò  fidamente  buone  per  le  ferite  ,  il 
che  ancor’  io  contento ,  purché  le  ferite  fie¬ 
no  femplici  ,  e  piccoliffime  ,  perchè  quelle 
grandi  non  ho  mai  trovato  ,  che  Aldino  in 
ventiquattr’  ore,  e  che  perfettamente  ram mar¬ 
ginino  . 

La  radice  di  Queijo,  o  di  Cheggio,  è  una 
radice  bianca,  legnofa,  di  verun’ odore  ,  che 
alfaporata  pugne  ,  e  mordica  la  lingua  ;  e  fu 
cosi  detta  per  effere  (tata  trovata  da  un  tal 
Diego  Cheggio  figliuolo  di  Portughefe,  e  d’¬ 
indiana  ,  poco  prima  ,  che  1  Portughefi  per 
trattamento,  e  per  rigiro  di  coffui  perdeffero 
Malacca  .  Nafce  nel  Regno  di  Camba/a  in¬ 
torno  alla  Città  di  Raffain  lontana  da  Gei 
fc t tanta  leghe  in  circa  per  la  parte  del  Nort: 
Ed  è  radice  di  un  frutice  lattifero  ,  come  il 
titimalo  .  Produce  le  foglie  più  lunghe  ,  e 
più  larghe  dell’  Efula  magna,  verdi  per  la  par- 

Q_  z  tc 


124  ESPERIENZE  NJTVRAU 

te  di  fopra  ,  ma  bianche,  e  pelofc  da  quella 
banda,  che  mira  verfo  la  terra  :  fa  il  fior 
rofìfo  ,  e  quella  razza  è  filmata  la  migliore  ; 
imperocché  quella, che  lo  fa  bianco  non  è  in 
pregio  .  Dicono  per  cofa  certa  ,  che  non 
tutte  le  barbe  di  quello  frutice  fono  in  ufo , 
ma  fidamente  quelle  rivolte  a  tramontana  , 
perchè  quelle, che  guardano  a  mezzo  giorno, 
fon  velenofe,  e  mortifere  .  Le  buone  anno 
una  proprietà  così  ammirabile ,  che  chiunque 
le  porti  addofio,  o  le  beva  con  acqua,  o  con 
vino  al  pefo  di  mezza  dramma  è  Scuro  dal¬ 
le  fiere  velenofe,  e  dalle  loro  morfine*  E  i 
letargici,  e  gli  apoplctici  più  gravi,  e  più  vi¬ 
cini  a  morte  ricuperano  fubito  la  parola  ,  e 
la  fallirà  ,  fe  negli  angoli  degli  occhi  fia  Icr 
melfo  un  poco  d’  acqua*  nella  quale  fia  fiata 
infufa,  e  macerata  la  polvere  di  quelle  radici . 
Co  fe  belle,  in  vero,  nuove,  e  pellegrine,  ma 
che  rìefcon  tutte  falfe ,  quando  fe  ne  viene 
alla  preva,  come  foventemente,  anzi  Tempre, 
mi  è  addivenuto  :  Nuliadimeno  può  effere , 
che  io  abbia  prefo  errore  ;  onde  con  tutto 
F  affetto  prego  Vofira  Reverenza  a  voler  re¬ 
plicarne  gli  efperimenti  per  benefizio  univer- 
f  .le 5  già  che  quella  radice  è  quella  fiefìa  del¬ 
la  quale  avete  fatta  menzione  nel  libro  dc^ 


DI  FRANCESCO  REDI .  125 

triplici  in  natura,  rerum  magnete  ,  chiamandola  > 
Radix  cafi  ,  e&  cjmd  odorem  capi  refirat  *  <~vel  ut 
ahj  a  nomine  in  uentons . 

Sono  ancora  da  fard  nuove  efperienze  in¬ 
torno  alla  radice  di  Calumbe  >  creduta  un 
grandiilìmo  aleififarnuco  ;  intorno  alle  Vaiai- 
glie  ;  ed  intorno  al  legno  di  Laor  *  c  di  So¬ 
ler  j  i  quali  effendo  molto  amari  parrebbe  ra¬ 
gionevole,  che  veramente  avellerò  tutte  quel¬ 
le  Angolari  prerogative,  che  dagli  Scrittori  fon 
loro  attribuite  3  ma  in  fatti  non  fo  vederle 
così  evidenti,  come  ev'idcntiffimi  veggio  fem- 
pre  gli  effetti  della  maràvigliofa  feorza  di  queir- 
albero  Peruano  de’  monti  di  Guajachil,  la  qua¬ 
le  feorza  chiamata  volgarmente  China  China  , 
e  dagli  Spagnuoli  [afe mila  de  la  oja  ;  fi  ufa 
per  interrompere  ,  e  per  debellare  gl’  infiliti 
delle  febbri  quartane,  e  delle  terzane  Templi- 
ci,  doppie,  e  continue;  Ed  in  ciò  grandi/}]- 
mo  obbligo  porta  tutto  il  noflro  Mondo  a 
quei  Padri  della  voflra  venerabili/Tima  Com¬ 
pagnia,  i  quali  prima  di  ogni  altro,  con  tan¬ 
ta  loro  gloria,  la  portarono  in  Europa. 

Voleffe  il  Cielo ,  che  non  minore  a  que¬ 
lla  fofie  la  gloria  di  quegli  Autori  Chine/], 
che  recitano  trovarli  nel  grand’  Imperio  della 
China  quelle  due  flrane,  c  preziofiflime  erbe, 

una 


n6  esperienze  natvRali 

una  delle  quali  chiamata  ‘Tufo  rende  la  vita 
degli  uomini  immortale  ;  e  1’  altra  ,  che  è  det¬ 
ta  Ginfing ,  quantunque  non  abbia  tanto  vi¬ 
gore  da  poter  donare  l’ immortalità  *  elP  è  non 
di  meno  così  valorofa,  che  tutto ’l  tempo  del¬ 
ia  vita  ci  può  fare  ftar  fan i,  e  allegri,  e  fen- 
%%  ribrezzo  di  malattie  »  Forfè  di  così  fatte 
erbe  era  piena  quella  gran  caldaja 
Dove  Medea  il  fuoccro  n  fin  fi 

Per  cacarlo  di  man  della  'vecchi aj a. 

E  forfè  in  quelle  (Ielle  diede  di  morfo  queir 
antico  Glauco  delle  favole,  quando  d’  un  po¬ 
vero,  e  fangofo  pcfcatorello,  ch’egli  era,  di¬ 
venne  improvvifamente,  come  teftimonia  Ovi^ 
dio,  uno  di  quegli  Dij ,  che  abitano  ne’ fon¬ 
di  del  mare  . 

Son  pieni  i  libri  de  Ghindi  di  fimili  bo- 
riofe  novellette,  e  non  fo  intender,  come  il 
Padre  Martino  Martini  nel  fuo  Atlante  ,  vo¬ 
glia  affermare  d’  avergli  quali  che  Tempre  tro¬ 
vati  per  efperienza  veridici  ;  Si  res  ita  fe  fi 
habsat ,  ncque  enim  ipfi  CGram  vidi ,  adeoque  fdes 
fit  penes  hofee  fmuos  aucìores  ,  qms  ,  in  ijs  ,  qu<e 
comperi,  raro  inveni  fall  ace  s ,  così  egli  dice,  do¬ 
po  aver  raccontato  ,  che  -nella  Provincia  di 
JCansì  (i  trovano  certi  pozzi  di  fuoco,  median¬ 
te  i  quali  fenza  fpefa  fi  può  cucinare  ogni  ma» 

niera 


DI  FRANCESCO  REDI .  I27 

ni  era  di  vivanda  ;  e  quel  che  più  importa  fi 
è  ,  che  quel  benedetto  fuoco  non  arde,  e  non 
confuma  i  legni,  e  fi  può  benawenturofamen- 
te  portare  in  qual  fi  fa  paefe  più  lontano  , 
purché  fa  tenuto  ferrato  in  qualche  cannello  „ 
Se  le  poderofe  flotte  d’ Inghilterra  ,  d’  Olan¬ 
da  *  e  di  Portugallo  ,-  caricalfero  di  tal  mer¬ 
canzia  ,  beate  loro;  imperocché  oltre  il  como¬ 
do  ineftimabile  ,  che  ne  ritrarrcbbono  nelle 
lunghilfime  navigazioni,  portandola  in  Europa, 
ogniuno  uorrebbe  provvederfene  imbuondato, 
e  particolarmente  per  i sfuggire  ogni  pericolo 
d'incendio,  la  dove  non  di  pietre ,  ma  di  tut¬ 
to  legname  fi  fanno  le  fabbriche. 

Non  minor  menzogna  è  lo  fcrivcrc  ,  che 
nella  provincia  d’  Gnau  feorre  un  certo  fumé 
in  cui  fi  pefeano  alcuni  pefei  rolli,  col  (angue 
de’  quali  chiunque  s’  ugne,  o  fi  (palma  le  pian¬ 
te  de5  piedi ,  può  francamente  camminar  (opra 
Tacque,  fenza  pericolo  ne  di  bagnarli,  ne  di 
fommergerfi  :  Invenzion  più  feura  n’  ha  ritro¬ 
vato  modernamente  un  cert’  Olle  d’  Inghilter¬ 
ra  ,  il  quale  con  una  machina  di  legno  (ìmile 
ad  un'  ancora  ,  o  ferro  da  galera  di  quattro 
marre,  retta  da  quattro  bariglioni  pieni  d’aria 
contrappefati  in  modo  ,  che  fanno  a  fior  ci’  • 
acqua 5  e  non  fon  veduti,  fa  il  giuoco  di  pai- 


123  esperienze  natvralì 

foggiar  co*  piedi  (opra  il  piccol  Jago  d*  Isling- 
ron  a  due  miglia  da  Londra  ;  e  fcherzando 
fuol  vantarli,  che  in  tempo  di  Maccheria,  ov¬ 
vero  calma  di  mare  fpianato,  e  fmaccathlimo, 
gli  darebbe  il  cuore  di  andarfcne  palio  palio 
da  Dovre  inlino  a  Cales ,  purché  avelie  qual¬ 
che  vafcelletto  di  conferva  ,  in  evento  che  il 
mare  improvvilamcnte  fi  gettalle  a  burrafea» 
Scrivono  ancora  gli  Autori  Chine  li  ,  che 
nella  provincia  di  Xensì  vi  fono  due  fumi  imo 
detto  Chiemo  ,  e  1’  altro  Io  ,  i  quali  menano 
acque  così  pure,  e  leggieri,  che  non  reggono 
a  galla  ne  meno  un  minimo  fufcelluzzo  di  pa¬ 
glia  .  Dio  buono  !  e  chi  vorrà  mai  ridurli  a 
credere  ,  che  nelle  rive  del  lago  nominato 
Taipe  fe  ha  battuto  qualche  tamburo ,  li  foi- 
ievi  incontanente  una  terribil  tempefta  di  fot¬ 
ti  impetuoli  accompagnata  da  tuoni,  da  fulmi¬ 
ni,  e  da  baleni  ;  Io  per  me  lo  lafcerei  crede¬ 
re  a  Guglielmo  Bntone  ,  che  nel  libro  fello 
della  Filippide ,  facendo  menzione  d5  una  cer¬ 
ta  fontana  ebbe  a  dire  . 

EJJè  patens  <-ioLis  pbyfca  qui  di  citi  s  arte 
Qiiis  concurjus  agat  >  rvd  qiu  compie xio  rerum 
jireceliacenfis  monflrum  admir  abile  fontis > 

Cui us  aquA  lapide m ,  ani  proximus  accubat  illi , 
Si  qualunque  le<~vi  qui^'is  affermine  fpargat  s 

Pro- 


DI  FRANCESCO  REDI.  t  2  9 

Protims  in  nimios  commi xta  grandine  nimios 
Sohcitur  >  (fir  fiubitis  mugire  toni  tri  bus  <ether 
Co  gì  tur  3  jfir  c*cis  fi  condenfare  tenebrie  ? 
Quique  adfunt,  teflefiue  rei  pnus  effe  petebant 
lam  m  aliene ,  qtiod  eos  res  ilU  lateret  ut  ante  > 
T antus  corda  ftupor »  tanta  occupat  extafis  artus . 
tsk/iraquidem  res  >  njera  tamen  »  multi  fi;  probata « 
E  Jo  Jafcerei  altresì  credere  a  Franccfco 
des  Rues  ,  che  deferivendo  il  monte  chiama¬ 
to  Dor  9  ci  lafciò  fcritto  nelle  fue  delizie  Fran- 
zeli  ;  CPres  ce  mont  e  fi  la  natile  de  ‘Beffe  »  a-* 
demie  lieue  de  la  quelle  on  <-void  un  lac  de  gran¬ 
de  eflendue  ,  (fi/  pres  qtte  au  fommet  d’  une  mon¬ 
tagne »  dti  quel  on  ria  peti  trowver  le  fonds »  #r 
ejl  fort  admir abile  a  naoir  »  (fir  encore  plus  effroya- 
ble  9  car  fi  t  on  jette  quelque  pietre  de  dati  s  on  fi  peult 
tenir  bien  tojl  affettrè  db  auoir  du  tonnere ,  des  efi 
clairs  »  pluyes  9  (fi/  gresles  .  Non  lem  de  la  e/i 
un  creux  9  ou  abifme  ,  nomine  Soucis  9  ronde  a  fon 
ouverture  fitns  fonds»  qu  on  aye  peu  troupi  er ,  puf 
que  pareli  au  precedent  „ 

Non  molto  didimi!  favola  raccontano  i  ad¬ 
detti  Autori  Chinefi  d’  un  lago  della  Provincia 
di  Peching ,  nel  quale  affermano ,  che  fe  ha 
gettata  alcuna  pietruzza  3  tutta  1'  acqua  del  la¬ 
go  diventa  di  color  di  {angue  5  E  fe  in  elio 
lago  cafchino  le  foglie  di  quegli  alberi  3  che 

R  all* 


s  3  ©  ESPERIENZE  naturali 

a  ir  intorno  verdeggiano  ,  quelle  fi  trafformano 
in  altrettante  rondini  animate  ,  e  volanti ,  in 
quella  guifa  appunto  ,  che  le  navi  di  Enea  fi 
cangiarono  in  ninfe  marine  ,  e  le  frondi  lupar¬ 
ie  da  Adolfo  full*  acque  del  mare  Africano 
furon  convertite  in  navi ,  ed  in  altri  fo migliati¬ 
ti  legni  da  guerra,  conforme  favoleggiò  i’Ario- 
flo  la  dove  dilfe. 

Adendo  %s4Jlolfo  eprciro  infiniti 

T)a  non  gli  far  fett'  Affriche  difefa  i 
E  rammentando ,  come  fu  ammonito 
Dal  santo  Vecchio  *  che  gli  die  /’  imprefa  > 
*Di  tor  Prtruenzjt  *  e  d*  Acquamorta  il  l>to 
Di  man  de'  Saracin ,  che  I  a~vean  prefa  3 
D '  una  gran  turba  fece  nuonja  eletta 
Quella  eh'  al  mar  gli  parafe  manco  inetta  » 
Ed  auendof  piene  ambe  le  palme , 

Quanto  potean  capir  di  uarie  fronde 
A  lami ,  a  cedri  tolte  »  a  olirve  ,  e  a  palme 
Venne  fui  mare  »  e  le  gitto  nell'  onde  ; 

O  felici  dal  del  ben  dilett'  alme  s 
Grazia  che  Dio  raro  a'  mortali  infonde  y 
O  flupendo  miracolo  che  nacque 
Di  quelle  frendi  come  far  nell'  acque  • 

Crebbero  in  quantità  fuor  d’ ogni  Jìima 

Si  feron  curnje  »  e  groffe  9  e  lunghe  >  e  gratis 
Le  <vene  eh 3  a  tranjtrfo  tfveano  prima 

M*« 


DI  FRANCESCO  REDI .  131 

AI  ut  aro  in  dure  fpranghe  ,  e  in  grojjè  traevi  * 
E  rimanendo  acute  tnver  la  cima 
T atte  in  un  tratto  diventar on  Na'vè 
Di  differènti  quali t adì ,  e  tante 
Quante  raccolte  fiur  da  'varie  piante  , 

Adir  acci  fu  'veder  le  fiondi  fparte 

*Trodur  fufle ,  galee ,  na<vi  da  gabbiai 
Fu  mirabil’  ancor»  che  'vele,  e  farte, 

E  remi  a<vean  qttant'  alcun  legno  n  abbia . 
Non  manco  al  Duca  poi  chi  anjefic  l  arte 
Di  go'vernarfi  alla  <ventofa  rabbia , 

Che  di  Sardi,  e  di  forfi  non  remoti 
Nocchier,  padron,  penne  fi  ebbe ,  e  piloti . 

Io  non  mi  curo  ,  anzi  non  voglio ,  ef- 
fer  nel  numero  di  coloro  ,  che  tengon  per 
vera  quella  metamorfofi  di  foglie  d’  alberi  in 
Rondini  ;  Ne  mi  li  dica  etàer  per  avven¬ 
tura  potàbile  in  natura ,  coll’  efemplo  di  qucl- 
1  oche  ,  o  di  quell*  anitre  dette  Bernacle  ,  o 
Brante  ,  le  quali  per  confentimento  d*  infini¬ 
ti  Autori ,  fon  credute  nalcere  dagli  alberi , 
o  da’ lor  frutti,  o  da’  tronchi,  o  dalle  con¬ 
chiglie  neir.Ifole  adiacenti  alla  Scozia,  e  ali" 
Ibernia  ;  Imperocché  a  baftanza  una  così 
fatta  favola  fedamente  fu  confutata  ,  prima, 
da  Carlo  Clufio  ,  c  da  molt*  altri*  e  pofeia 
dal  dottitàmo  Antonio  Deufingio  nel  tratta- 

R  %  cello 


132  ESPERÌ E*NZ E  ttJTV'RALÌ 

fello  de  dnferibm  feotiess  »  E  Iacopo  Warco 
nel  libro  delle  antichità,  d’Ibernia,  dopo  aver 
riferiti  i  fenrimenti  di  certuni  intorno  alla 
generazione  di  quegli  uccelli  ,  prudentemente 
conclude  :  In  reduce  plenius  feruti  ninni  mereri 
‘-itdetur  nihil  de  fimo  :  Laonde  non  farò  mai 
corrivo  a  credere  ,  che  ne’  mari  della  China 
fi  pefchino  certi  pefei  fquammofi  di  color 
di  zafferano  ,  i  quali  rutto  P inverno  abitano 
nell3  acque  $  ma  fopraggiugnendo  la  primave¬ 
ra  ,  gittate  le  fquamine  ,  fi  veflono  di  piu¬ 
ma  5  e  di  penne  ,  c  difpiegando  P  ali  fe  ne 
volano  alle  bofeaglic  de’  monti  ,  dove  con- 
verfano  tutto  ’l  corfo  della  fiate,  e  dell’  au¬ 
tunno  ;  al  fin  del  quale  tornando  di  nuovo 
a  guizzar  nell’  onde  ripigliano  P  antica  figura 
di  pefee  :  E  febbene  Voi,  dottifiìmo  Padre, 
nel  libro  della  voflra  China  illuftrara  ,  mo- 
flrate  apertamente  di  crederlo  ,  io  però  fon 
d*  opinione  ,  che  nell’interno  del  voftro  cuo¬ 
re  non  lo  crediate  ,  e  che  folo  abbiate  in 
mente  di  far  una  nobil  moftra  dell’  altezza 
dell’  ingegno  voftro ,  e  della  profondità  della 
voflra  dottrina  ,  fpeculando  ,  c  recitando  le 
cagioni  di  quella  vicendevole  metamorfofi,  in 
evento  che  ella  foife  vera,  e  non  lontana  dal- 


DI  FRANCESCO  REVL  I  a  | 

Mi  fono  allungato  nello  fcrivere  molto 
più  di  quello  5  che  dal  principio  mi  era  po¬ 
lio  nella  mente  ;  ma  il  diletto  di  comuni¬ 
care  i  miei  penlieri  con  uomini  dottiflimi  5 
qual  liete  Voi,  Padre  Atanalio  »  mi  ha  infen- 
fibilmente  lufingato  a  trapaflar  i  limiti  d’  una 
Lettera  .  Laonde  prego  la  voftra  Lolita  be¬ 
nignità  a  non  ifdegnarfene ,  anzi  a  voler  cor¬ 
reggermi  in  quelle  cole  ,  nelle  quali  io  ayefli 
difettofamente  parlato ,  mentre  vi  afIicuro5  che 
il  mio  Genio  nell’  inchieda  del  Vero 

Altro  diletto  che  imparar  non  trova» 


il  fine; 


*34 

lì  Sig.  Gìufcppc  Ottavio  Attavanti  Cano¬ 
nico  Fiorentino,  fi  compiaccia  di  rivedere,  fé 
nella  prefente  Opera  ci  fono  cofe  contro  la 
S.Fede,  e  buoni  coftumi,  e  referifca  .  Data 
li  x<5.  Luglio  1671. 

Alejfandro  Pucci  Arcip .  e  Vie.  Gen.  Fior, 

Nel  prefente  libro  intitolato  Efperienze  in¬ 
torno  a  dmerfè  cofe  naturali  del  Signor  Frutice- 
feo  Redi  ?  non  ho  trovato  ,  o  letto,  cofa  re¬ 
pugnante  alla  Fede  Cattolica,  o  a’  buoni  coftu¬ 
mi,  che  però  lo  ftimo  degno  della  luce  del¬ 
le  ftampe,  che  è  quanto  pofto  riferire  a  V.  S. 
Illuftriftìma ,  e  Reverendiflima .  Quefto  di 
Agofto  16  ji. 

Giufippe  Ottavio  Attutanti  Canon.  Fior. 

Si  ftampi  offertati  gl'  ordini  filiti  ofter^varft . 

Data  gli  11.  Agofto  I6J1. 

Alejft.  Pucci  Arcip  .e  Vie .  Gen.  Fior „ 

li  Sig.  Avvocato  Agoftino  Coltellini  Con- 
fult.  del  S.Off.  di  Fiorenza,  veda,  e  riferifea, 
&ce  Quefto  di  11.  Agofto  i*7i- 


Fra  Gio :  Paolo  (jiulianem  V .  /#f.  di  Fior ; 


m 

Reucrendifsim»  CPadre  » 

V  Autore  di  quella  Lettera  non  feguitan- 
do  la  ftrada  battuta  da  gli  altri,  ma  la  mae- 
ftra  della  fperienza,  non  è  mai  inciampato  in 
cola  ,  che  poffa  impedirgli  la  {lampa  ;  della 
quale  la  giudico  degna;  fperando  che  non  gli 
fìa  per  apportar  minor  lode  di  quel  che  fi  ab¬ 
biano  fatto  f  altre  fue  erudite;  ed  elaborate 
opere  ,  e  in  fede  ,  &c. 

Agojt.  Coltellini  Confult .  e  Cenf.  del  S,  F'fizjo  , 

Stante  ,  Scc .  Si  (lampi  quello  di  ì  5.  Ago- 
{lo  1671. 

F.  Gio:  Paolo  Giuli  anetti  V*  In^uif,  di  Fior, 

Matteo  Mercati  d’ ordine  del  Screnifs.  Gran 
Duca  di  Tofcana  vedde. 


INDICE 


IPIETFE  "M';i SERPENTI  CIE^MATÌ;|  IGEANE 


.WOLA  J 


. 


; 


•'  ■  ' 


TAVOLA  ■  /• 


■o 


SJ7 

INDICE 

DELLE  COSE  PIV*  NOTABILI, 

E  DIGLI  AV TORI  CITATI» 

A 

"Beute  Bourdelot  carte  45» 

Accademia  del  Cimento  31.  33» 
84*  88*  90. 

Aceto  fa  rifehiarar  t  acque  intorbi¬ 
date  35. 

Acquarzcnte  galleggia  /òpra  l’olio  di 
mandorle  dolci  30. 

Acque  naturali  di~uentan  torbide  per  infnfione  d’ ac¬ 
qua  fi  Hata  a  campana  di  piombo  3  1.  Acquai 
dei  condotto  di  'Tifa  intorbida  aneli  ejja  >  e  per¬ 
che  3  2,  Intorbida  meno  dell  altre  acque  natu¬ 
rali  33. 

Acqua  del  Pozzo  della  Mecca  nell’  Arabia  33» 

Acqua  del  5Y  ilo  ,  del  fumé  della  "Te fa  a  >  della. 
fonte  de  Buonajif  ne *  ^  3  3 . 

^«4  <&/  T ettuccio  ,  e  del  Bagnuolo  12  io  Del 
fumé  Chiemo  »  e  del  fumé  lo  128. 

Acque  filiate  in  campane  di  piombo  non  tutte  ugu  ai- 
mente  fanno  intorbidar  V acque  naturali  32»  33.  Se 
firn  conferivate  in  ^vaf  di  cujtallo)  inalbano  39. 

S  u Acqua 


% 

i  3  8 

di  cannella  fi  Hata  3  fe  fa  confermata  in^> 
rvaf  di  a  i fi  allo  intorbida  3  7.  In  uaf  di  me- 
ira  fi  marétte»  limpida  37. 

Acque  fìillate  a  metro  3  per  inf afone  di  acque  fil¬ 
iate  in  piombo  3  intorbidano  3  ma  non  tutte  33. 
3  4.  Alcune  di  effe  fan  rifchiarar  t  altre  acque 
intorbidate  35.  3 

Acqua  di  paritaria  [dilata  a  mafi  d’ oro  »  d’ argen¬ 
to  3  di  metro  »  per  infufone  di  acque  filiate  inda 
piombo »  intorbida  fempre  34.  35. 

Acqua  di  meli  fa  3  5*  di  bietola  9  di  filmi  a  3  6. 

P.  Adamo  Adamando  io. 

Agrefo  fa  rifchiarar  l'  acque  intorbidate  3  5. 

Alcorano  24* 

Aleffandro  T  valli  am  8 1» 

Amomo  di  Diafonia  1 1 6„ 

Anacreonte  ì  01* 
o Andromaca  no.  ilfe 
^ Anitre  ferite  negli  occhi  14. 

Anitra  del  Cairo  $ 6 „ 

Antonio  Deufmgio  1 3  1  „ 

fP.  sAnton  ^Michele  Vinci  io. 

*P.  Antonio  Zieira  1  e.  42.  56** 
w- Antonio  Morera  79.  So.  98.  114. 

^■ipolloàoro  i©j0 
Apollonio  8r. 

Apule®  %€o 


1 


/ 


Araticù  frutto  del  Brafl  5  4*  E?  dì  tre  Jpezje  5 
Sua  figura  tarv.  6. 

Araticù  pana  *  Araticù  ape  5  7® 

Ariofìo  16.  64.  130. 

Arifìmle  15.  IG£.  in.  1 1 2© 

^Armadiglio  *  e  [ite  njirtù  67. 

Afe  le  piade  no.  1 1  5. 

Affido  4. 

Affati  Calafat  25. 

Augerio  Ciazio  28. 

Autor  del  libro  delle  incantagioni  il© 

B 

BErnacle  1 3  1 . 

'Eoe caccio  64.  84. 

E  oj ardo  103. 

B<  rnchio  »  njedi  Olao  Borch . 

Branchie  della  Torpedine*  e  lor  fabbrica  5 p 
Brante  1 3  I . 

Bracar  ds  106 . 

Budello  della  Torpedine ,  e  fùa  fabbrica  51. 

Buoi  »  e  loro  corna  fe  mettano  le  radici  nel  terreno 

1x3.  114. 


Cai- 


S  2 


C. Ai menili  5  e  loro  -piene  73  « 

Callimaco  101. 

Capibara  78» 

Capponi  aev<*velemti  coll’ olio  di  tabacco  io,  Da¬ 
gli  fc  or  pioni  africani  12. 

Cafcanlla  de  la  oja  125.  Stia  foglia  ta ru.  5. 
Cajìroni  »  e  loro  corna  »  fè  mettano  le  radici  nel 
terreno  113,  114. 

Carlo  Cofa  1 9* 

Carlo  Cltifo  28.  6j.  II 6.  13 1. 

Carlo  Magnini  2.  13» 

Cavai  marmo  69. 

Celidonia  fe  fi  trovi  ne9  nidi  delle  rondini  >  e  fi  fa¬ 
giovevole  a  gli  occhi  14. 

[eiaft a  4, 

Ceravi?  e  loro  pietre  73, 

Cerwi  non  nascondono  il  corno  de  (irò  100. 

Ceraci  ca firati  non  mettono  le  corna  112. 

Ceraie  femmine  non  anno  corna  101. 

[ervie  femmine  mofiruofe  con  le  corna  104. 

Cerati  *  e  Ceraie  nelle  medaglie  di  Serverò  »  e  di 
Giulia :  di  Cddafsimiano  :  di  A4  acri  no  :  d’  Elio- 
gabalo  102,  Di  S alo niti a  :  di  Filippo  105.  Di 
Caligala >  e  di  Ce  fonia:  Di  G alieno  io  6»  T)e« 
gli  Agirmi  :  degli  Meleti  :  de9  [ anioni ati  io 5® 


14* 

De*  Baldi  ani  :  degli  Efefni  io  6. 

Ceravi  mafhi  n  afono  fenza  corna  3  e  le  mettono  il 
fecondi  anno  io6e 

Ceravi  gettano  le  corna  ogni  armo *  ed  in  che  tem¬ 
po  dell'  anno  i  o  6.  Rigando  fon  loro  cadute ,  le 
cominciano  a  rimetter  preflifimo  107. 

Cerici ,  quando  an  gettato  le  corna  fi  nafcondono  9 
e  perchè  109. 

(ferie t  di  Camera*  e  di  Saffonia  109, 
f è  fare  Caporali  1  1 6, 

China  China  125,  Sua  fegha  tai\  5. 

Ciarlatani  mangiano  gli  ' forviavi y  e  le  'Vipere*  e  fi 
fan  mordere  da  effe  Vipere  15.  Inghiottì  fono 

il  folimato  *  e  t  ar fenico  1 6. 

Cicerone  8  8  ; 

Cocco  delle  A4  aldine  e  27.  Sue  latriti  2  8.  u^Icn 
è  nemico  del  ferro  28.  29.  30, 

Colica  *  e  fuo  rimedio  4  4. 

(folombi  feriti  negli  occhi  14. 

Coniglio  3  e  fuo  mtsfiino  cieco  di  qual  fabbrica  5 1, 

Cornelio  Celfi  1  5- 

focone  d' ojf  di  pefe  donna  68, 

Corna  della  gran  beflia  99*  ioo» 

Corno  del  Rinoceronte  99» 

Corna  de*  ceruì  di  quanti  palchi  feno  1 09. 

Corna  di  un  cerno  conferivate  in  Ambuofa  100, 
Corna  tenere  dd  ceravi  uftte  per  cibo  ?  e  per  medicina  rio. 

Corna 


*4' 


q  orna  tenere  >  fi  fiem  tagliate  al  ceravo  ?  fi 
fiiol  morire  III. 

Cerna  tenere  de ’  ceravi  fon  irrigate  da'  canali  fan- 
gnigni  1 1 1. 

Coma  de  buoi  s  e  de  caftroni  fi  mettano  le  radici 
nel  terreno  1 1 3 .  1 1 4. 

Corrado  Gefnero  6j . 

Corte  di  Tofiana  3. 

fofimo  Terzj)  (granduca  di  Tofiana  3.  58.  io?.. 
I°5* 

Crijlofano  a  Cofia  28 . 

Cri  falli  fabbricati  in  Pi  fa  fanno  intorbidar  l  acqua 
di  cannella  fhllata  3  7. 

Cnfialli  fabbricati  in  Roma  ,  in  Tanfi  »  in  Vene¬ 
zia ,  e  loro  effetti  37.  38. 


Enti  del  Rinoceronte  98. 

Denti  del  fefie  donna  6  8» 

Denti  de  caimani  77.* 

Denti  de'  coccodrilli  d  Egitto  77. 

Derruigi  de 8  Turchi  »  e  loro  trufferia  23.  24.  ce¬ 
rne  foperta  2  5 . 

Vige [Hone  nello  flomaco  degli  uccelli  »  come  fi  faccia 
84.  91» 

Diamanti  nel  ^ventriglio  degli  uccelli  9  <5* 

Diafpro 


143 

Diajpro  di  Boemia  nel  ventriglio  degli  uccelli  $6* 
Diego  Cheggio  123. 

Dio  floride  14.  47.  116. 

Dolor  de ’  denti ,  e  fio  rimedio  98. 

Dolor  colico  >  e  fm  rimedio  44, 

Donato  Rojfetti  95® 


E  Limo  82  83.  Spiegato  8 4.  108. 

Elleboro ,  e  cirimonie  nel  coglierlo  46“. 
otto  meffo  nelle  ferite  non  le  avvelena  46® 

P .  Erafmo  Scales  io. 
ìotj  di  Cappadocia  1 1  5. 

.£>£<3  1  2  £> . 

Gmfeng  126. 

Efperienze  intorno  all*  acque  jìillate  3  jr.  fino  afd* 
S  7* 

Efperienze  intorno  alle  eofe  medicinali  firn  fallacifsi ~ 
me  66. 

Efperienze  intorno  alla  dige filone  degli  uccelli  88» 
89.  fino  97» 

Efperienze  intorno  alla  generazione  degl*  Infetti  loo. 
E/perienzs  intorno  alte  corna  de*  ceravi  iol. 

Eufebio  JEmemheygio  6 7»  71®  97.  113® 

Euripide  ioi« 

Ezechiek  §  gammi®  105® 

Fazje 


*44 


FAzjo  degli  Vberti  104. 

Ferdinando  Secondo  Granduca  di  Tofcana  3. 
58.  72* 

Ferite  degli  occho  degli  uccelli  guarifcono  fontane  fo¬ 
rnente  1 4» 

Fiele  della  Torpedine  impiastrato  non  produce  />— * 
torpidezza  51®  INon  ha  virtù  contro  la  libi¬ 
dine  5  1* 

File  84* 

ifP.  Filippo  della  Trinità  68 . 

Filippo  ^Pigafetta  78. 

Filenide  Catane  fi  no. 

Filiberto  Vernati  1 1 4. 

Finocchio  della  (Inina  il  9. 

Foghe  di  alberi  convertite  in  rondini  129.  130. 
Francefco  Frnandez.  28.  1 1  7. 

Francefco  Antonio  Mfala  fpina  Marchese  di  Su  vero  5  5* 
Francefco  taccone  Vcrulamio  30, 

Francefco  ‘Ber ni  103. 

Francefco  Cammelli  io2« 

Francefco  des  Rues  129. 

Francefco  Petrarca  102® 

Fr ance fa  Vria  1 1 8» 

Francefco  Ximenes  6J.  71»  77*  X2os 
Frecce  di  Adacajfar  6  0® 

Fifoni  lo6a 


Galeno 


145 


\ 


G Aleno  5.  51.  75.  iic„  ni. 

(falli  ammazzati  coll 5  olio  di  tabacco  7. 8.  9» 
Galli  morfi  dalle  vipere  12. 

Galline,  e  galli  d' India  feriti  negli  occhi  14. 
Garofano  di  Plinio  1 1 6". 

Garzja  da  Orto  28.  62.  63. 

Gattim ammoni»  e  loro  pietre  73, 

Gemini  ano  Montanari  95. 

Cj  e  fiero  6  7. 

Giacomo  Ronzio  ~}6e 
Gìo~uamb atifa  Cheluzzi  12 . 

Gtouan  Michele  Wanslebio  17. 

Cjiouanni  "Boccaccio  64.  84. 

Giocarmi  Ledo  67.  de  Laet  j  r.  Oratone  in. 
Giovanni  Tri fi  ano  105.  106". 

Giovanni  Gerardo  Vofsio  106.  107.  108. 

Gio<-i' armi  Grifo  [tomo  27. 

Giovanni  Pagri  118.de  Barnos  1 1 7.  P  archi  nfonenS» 
Gionjanni  Lopez ^  Tigneiro  121. 

Girolamo  Barbati  112. 

Girolamo  Biffi  71. 

Giulio  Ce  far  e  Scaligero  104: 

Giocolare ,  che  fi  cacciala  nell'  anguìnaglìa  uno  Jpte°* 
de  da  Porci  26* 

Cornar  a  71. 

T  (Jrtt 


/ 


14  6 

Gru  inghiottono  le  pietre  ,  e  perche  82.  87.  di  che  tem¬ 
po  comparifcono  ne  nojht  pie  fi  85*86'.  8  7.  Offeriva¬ 
no  puntualmente  il  rem 00  della  loro  -venuta  8  7. 
Gru  non  f  pafeono  di  Jole  biade 
Grotti  quando  comparifcono  m  Tofana  8  8. 
Guglielmo 'Tifone  28.  55.  56.  67.  11.  7 6.  78. 
Guglielmo  z^rnaeo  84.  Tritone  128. 

Guanachi ,  t  loro  pietre  7  3* 

G  unterò  104. 

H 

Hancchan  uccello  di  rapina  del  Trafi  78. 

I 

Ideare  77. 

Iacopo  Wareo  132. 

Iguane  71. 

Interino  della  Torpedine  9  e  fu  a  fabbrica  %  1. 

Ime  fino  cieco  del  pefee  palombo,  delle  razze  ideilo 
flruzzplo ,  del  coniglio  ?  e  loro  fabbrica  5  1 . 
Intorbidamenti  deW  acque  naturali»  e  delle  filiate 
31,  fino  in  36. 

Jogui  gremiti  indiani  6l,  63. 

Ipgopmm®  yo* 


i47 

L 


LAgo  dì  Gechi  ng*  e  fue  marami  Aie  129, 
Legno  dì  Solor »  e  di  Laor  125* 

Leopoldo  fard.  de’  Medici  31.  102. 

Limone ,  e  Juo  fugo  fa  rifchiar  are  t  acque  intorbidate  3  5. 
Liquor  bianco ,  acido  ,  e  amaro  nel  goz&o  degli  uc¬ 
ce  Ili  onde  f  aturi fca  90,  91. 

Locufte  manne  anno  i  denti  nello  fomaco  91» 
Lorenzo  Magalotti  39. 


M. Achina  per  camminar  fopra  1  acqua  127. 

^Manfredi  Settala  6-j. 

Mar  celio  Empirico  ire. 

P.  Martino  Martini  126. 

ÓÌPatteo  Campani  1  o . 
diatieo  Maria  Po j ardo  103. 

Medaglia  di  Severo  ,  e  di  Giulia  ,  ài  Mafsimia - 
no,  di  Murrino,  d1  E  l toga  baio  102.  Di  Salonma, 
di  Filippo  105.  Di  Caligala,  e  ài  Ce f  ma,  di  G alie¬ 
no  ,  de*  D  aldi  ani ,  degli  Efefmi  106.  Degli  V e  leu  3 
de'  C emioni ati  ,  degli  Agirinei  105. 

P.  Michele  Pomi  60.  69. 

Moisè  Maimomde  27. 

EMonete  africane  nel  ventriglio  di'  uno  Scruz&plo  97. 

T  2  5V  ice- 


<»  jE''‘  s* 


Ice 


foro 


U re  Por  a 


5V iccolo  Adori Aràes 4 2 .  6~[>~]6*  Alefjandrihono, 
ìlY idi  degli  uccelli  per  ufo  dilla  .Medicina  1  1  5.  Delle 
rondini  della  Goccine  ina ,  e  loro  virtù  1 1 5 .  n  6, 


O 

Che  ferite  negli  occhi  14. 

Olio  di  tabacco  avvelena  le  ferite  7.40.42. 
ogni  olio  di  qual fi  fa  tabacco  e  veleno fo  4 1  «  Prefo  per 
bocca  ammazza 45.  Chi  lo  faccia  vele  no  fo  44.  45. 
Olio  di  mandorle  dolci  più  grave  dell'  acq  ^arzente  30. 
Olio  d' elleboro»  e  dy 
è  veleno  fo  4  6. 

Ciao  ‘Borch  22 .  Formio  67.  71.  75.  98.  pp.  ne9 
Oppiano  112, 

Offa  di  pefee  donna  6 7.  jD/  marino  5p®  70, 

Ovidio  12  6* 

Oviedo  6y.  71® 

Ovaje  della  torpedine  52. 


euforbio  mejjo  nelle  ferite  non^ 


P. Accio  'Antioco  ix  e® 

Tachi»  §  loro  pietre  7J® 

Palei-* 


H9 


P alettoni  quando  r vengono  in  Tofcana  8  8„ 

Paritaria,  e  fiia  acqua  3  4.  3.5. 

Palle  didietro  mafiicce,  e  ~vo:e  inghiottite  da  diuerfi  uc¬ 
celli  8  8  .fino  in  9  3 .  Di  piombo  9  6.  di  legno  rodio  *  di 
pOifdo  97. 

Pecore ,  e  lor  pietre  73. 

Pefce  donna  66.  5"  7.  Palo?nbo  ,  e  fino  budello  5  r . 
Pefci  rofsi  del  fiume  Onan  1  2  7.  cTefit che  di¬ 
na  emano  uccelli  132. 

Pepe  di  fi  iapa  1 1 6.  fia  fio .  fa  71.  1 .  DiT  anca  fico  117. 

‘Perle  nel  ^ventriglio  de'  piccioni  97. 

Petrarca  102. 

Piccioni  finti  dalle  'vipere,  e  dagli  fior  pioni  il.  12. 

Pietre  del  fèr pente  Cobra  de  C abelo  3 .  fina  fìg.  tau.  1 .  Loro 
riàrdi  4.  Plon  0 io -vano  a'  morfi  delle  ^vigere  1 1 .  nc^j 
alle  punture  degli  ficorpioni  affricani  ]  2.59.60.  62.  Si 
appiccano  alle  ferite  arv-iaelenate,  e  non  avvelenate  6 3 . 

pietre  dell'  Iguane  71.  fiafig .  tana.  3.  Del  fier pente  di 
Mombaza  qijiiafig.  ta^.i.De  Caimani  7 6.  Aqui¬ 
lina  7  5 .  Chelidonia,  e  Alettoria  8 1  »  Pietre  Sezaar  de  ’ 
(fatti mammoni,  ceravi, pecore ,  daini ,  vigogne,  tante, 
guanachi,  e  pachi 73»  Degli  uccelli  di  Maialarlo. 
Nel  centri  gito  di  uno  firuzzplo  82. 

"Pietre  mangiate  dagli  uccelli  fervono  per  far  ben 
digerire  il  cibo  84. 

Pietro  Nati  li 8*  Sorelli  114,  Martire  6 7. 

Pindaro  xci» 


Plinio 


15° 

"PUma  14.4tf.47.  fi.  75.81.  84.88.  no.  11 2 .  11 6' 
rT  lutar  co  26»  £4. 
f "Polvere  tonante  39. 

r 'Porcellino  et  India  ferito  da  uno  (carpione  1 3 . 

Forco  di  fumé  78. 

Pozgj  di  fuoco  1 2  (5*.  127. 


Albi  Aioìse  Ad  ai  moni  de  2  7. 

Radice  di  G  io:  Lopez*.  clJtoneiro  I21.  fg. 
tana,  3.  Della  Manicane  122*  fg,  ta~u .  3.  Li 
Diego  Cheggio  123*  £>/  Calumbe  125. 

Ragni  dell  America  97.  98. 

Rinoceronte  )  e  fuoi  denti ,  J angue  y  pelle  >  e  corno  98.99. 
Rondine  14.  Offeriva  i  giorni 
Ruberto  "Bolle  30.  31. 


*&//<*  y«4  tenuta  8  7. 


Acer  doti  di  Belo  s  e  loro  inganni  2tf. 

Saggi  di  natur,Efper.dell Accaà.del  Cimento  3 1. 3  3  8 
■Santoni  de’ Turchine lor trufferi adorne f  aperta  2  3.24.2  5. 
Sale,  che  forfè  fò  nja fi  di  cri  [tallo,  fa  intorbidare  P  acqua 
di  cannella  pillata  »  e  tacque  ( lillate  a  piombo  38.39. 
Salmafìo  47. 

Samuel  Baciari®  83.  84.  85® 


Sangue 


1 5 1 


Sangue  de'  ceravi  f  congela  1 1  1 , 

S  affa f  affo  non  toglie  la  fife  cime  all'  acquamarina  120. 
Scoli  afe  di  Teocrito  dfefo  85. 

Scorpioni  off 'rie  ani  12.  99.  mangiati  da  ciarlatani  15. 
Scribonio  Largo  1  1  o. 

Sebafiano  d1  Almeida  123. 

Serpente  capelluto  60.  61.  Gen-to  60. 

Setole  della  coda  degli  elefanti  78.  79. 

Siilo  italico  I  o  1 . 

Società  Reale  di  Londra  1  14. 

Sofocle  I  c  I . 

Soldato,  che  fi  njanta~oa  ài  effer  fatato  19.  20.  21. 
Solimato  inghiottito  da  Ciarlatani  1 6, 

Solino  8r.  84.  I  1 2. 

Spirito  di  njiiriuolo  7,6. 

1  j 

Strazilo  ,  e  firn  due  inufi  ini  ciechi  51.  82.  9  7» 
Sugo  di  limone  ,  e  d  agrefo  fa  rifehiarar  l'  acjue 
intorbidate  3  5 . 


TAbacco s  e  fio  olio  '} .  40.  41.  42.  Dì  diverfi 
Provincie  4 1 .  Sana  le  ferite  femplicì 4  2 .  Am¬ 
mazzale  lucertole  »  le  [angui fighe  de  ftvpi  4  3 .  In fum¬ 
mo  diacciato  :  In  necce  di  fir •'vizia le  44. 

Talpe  Ugo »  e  fio  maraviglie  128. 

Tar abufi  88® 


{  ■ 

1 5'2 

Tai' are  are  27* 

Teofraflo  47, 

7  crenato  47, 

Tertulliano  1 4. 

Tommafì  fornello  84.  91. 

Topazj  me/si  nel  <• ventriglio  degli  uccelli  9  ó\ 
Torpedine  47,  fino  a  54. 

v 


V  Annoile  1  a  5. lorfig.e  de !  loffie  mi ,  e  foghe  ta~\  4. 
Valerio  Fiacco  ieri. 

Vccelli  inghiotti  fi  on  le  pietre  8  2 .  Offerivano  i  giorni  dciU 
loro  svenuta  8  7.  Cfe  dwentan  pedi  132  .finiti  negli 
occhi  guari  filono  fipont  uricamente  14. 

Verulamio  3  o. 

Vigogne»  e  lor  pietre  73. 

Vincenzio  Sandrini  5 . 

Vipera  4.  d.  99.  Adunghiata  da  filar  Ut  ani  15.  Si  puh 
dare  il  enfiò  3  che  mordendo  non  ammazzi  40» 

P7/jj/£  Aldr orando  50. 

Vnghie  de'  ragni  di  Pernambucco  98. 

Fó/Jw  iod.  107.  io 8. 


Vcchette  di  svetro  temperate  in  acqua  94.95^ 
Z acuto  98. 

F  I  E. 


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