BURNDY
LIBRARY
ChnrurtJ in 1941
gift of
Bern Dibner
The Dilmer Library
of thè History of
Science and Technology
SMITHSONIAN INSTITUTION LIBRARIES
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ESPERIENZE
INTORNO
A DIVERSE COSE
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V.
ESPERIENZE
INTORNO A DIVERSE COSE
N AT V R A L I
E particolarmente A QVELLE,
CHE CI SON PORTATE DALLTNDIE
fatte
DA FRANCESCO REDI
£ SCRITTE IN VNA LETTERA
AL REVERENDISSIMO padre
ATANASIO CHIRCHER
DELLA COMVJLGÌUA DI GlESy*
&W Iktffig de' Stfeiimi
SAPIENTIAM SIBI ADIMVNT, QVI SINF.
VLLO IVDICIO INVENTA MAIORVM
PROBANT, ET AB ALIIS PECVDVM MO.
RE DVCVNTVR. SED HOC EOS FALLIT,
QVOD MAIORVM NOMINE POSITO , NON
PVTANT FIERI POSSE, VT AVT IPSI PLVS
SAPIANT, QVIA MINORES VOCANTVR,
AVT ILLI DESIPVERINT, QVIA MAIORES
NOMINANTVR Lattanzio lib. 2. Dmin. /njìit.
Devs nobis haec ogia fecit .
Namqve erit ilie mihi semfer Devs : illivs ar am
Saepe tener nostris ab ovilibvs imbvet agnvs ,
I'LLE MEAS ERRARE BOVES, VT CERNIS , ET IPSVM
LvOERE ? QVAE VILIEM * CALAMO PERMISE! AGRESTI.
REVERENDISSIMO PADRE.
’ONORE , che mi avete
fatto Rinviarmi voftre let¬
tere * ficcome da me non
era mai Rato fperato, co¬
sì arrivandomi improvvifo *
mi ha ripieno f animo d*
una indicibile contentezza ;
ed ancorché io creda, che
quelle lodi , che mi date , fieno figliuole non
di merito mio alcuno , ma bensì de ila vofira
bontà, e della voftra gentilezza , la quale ha
avuta forfè un’amorevole intenzione di darmi
animo, e di farmi prender cuore a prò egui-
re nello fcrivere quelle naturali ofìfervazioni ,
ed efperienze , che negli anni addietro ho fat¬
te , ed alla giornata , per mio palfatempo , vo
Facendo; contuttociò vi confefifo , che ’olce-
mente mi folleticano5 e mi Infingano; e mo*
' “ ^ ^ Rrerrei
2 ESTERI E^Z fi \ NATURALI
ft'rerrei d’ dler privo del bene dell’ Intelletto ,
o per lo meno d’efìerc un ruvidifllmo , e quali
infenfibìlc Stoico 5 le granili me non mi fodero
quelle lodi , che mi vengono da un par vo¬
lilo, ciò è a dire da un3 uomo lodatole per
tante opre famofe rinominatiflimo .
Io ve ne refìo obbligato 5 c le fapedi
trovar parole accomodate , ve ne renderei di
buon cuore le debite grazie , ficcome ve ne
rendo quella piccola particella , che so, e va¬
glio , per Y avvifo , che vi è piaciuto darmi
delle due falutifere efperienze fatte in Roma,
una da Voi in un Cane, l’altra dai Signor
Carlo Magnini in un?uomo con quella Pietra,
che nata nella tefla d’ un certo velenofìffimo
serpente indiano, dicono , che Ila fomma,
polente, ed infallibile medicina alle morfure
di tutti quanti gli animali velenofi. Ma perchè
lo ‘veggio ben 9 che giammai non fi fazia
*Nofiro intelletto , fi 7 *vit non lo illufira
e perchè so ancora quanto dalla candidezza
dell’animo voftro amata fi a la faldezza, ed il
bello di quello vero ? mi prenderò ardire di
dirvi , che fon già alcuni anni , che ho cogni¬
zione di quefta pietra $ e delle fue virtù in
diverfi tempi ho fatto molti efperimenti , P efi-
%o de’ quali qui apprdfig §on ogni fincerità in-
di Francesco Redi: $
tendo di raccontarvi , fecondo che gli occhi
miei medefimi più, e più volte mi anno fat¬
to vedere . Nè v’ ingombri di maraviglia il
fentire , che d’ altronde che da Voi io n’ ab¬
bia avuta cognizione , perchè vi è noto, che
ho l’onore di fervire in una Corte, alla quale
da tutte le parti del Mondo corrono tutti
ques grand1 uomini, che con i loro pellegrinag¬
gi van cercando , e portando merci di virtu-
de ; e quando vi arrivano , fon con maniere
cosi benigne accolti , che nella Città di Fi¬
renze confdfano efTer rinati gli antichi deli—
ziofilfimi Orti de Feaci , e nel Serenifs. Gran¬
duca Cofano Terzo, e negli altri Serenilfimi
Principi la reale cortefilfima affabilità del Re
Alcinoo.
Vi dico dunque, che fin nelPanno 1661,
fui terminar dell’ inverno , ritornati dall' Indie
orientali capitarono alla Corte di Tofcana,
che allora fi tratteneva alle cacce di Pifa, tre
Padri del venerabile ordine di San Francefco
volgarmente detti Zoccolanti , i quali da que*
pachi avendo portate molte curioiità , ebbero
1’ onore di farle vedere al Serenifs. Granduca
Ferdinando Secondo, di eterna , e glonofa me¬
moria 5 e fra V altre fecero pompofa moftra
d’ alcune Pietre, che appunto, come Voi mi
A a. feri-
4 ESTERi&NZE NATFRALì
ferirete 5 affermavano trovavi! nel capo di
certi serpenti deferirti da Garzia da Orca ,
e chiamati da’ Portughefi Cobras de Cabelo ;
e che in tutto quanto 1* Indofian , e nelle
due vafiifìime Penifole di qua , e di la dal
Gange , ma particulannente nel Regno di
Quam-sy , con provato efperimento, fervivano
d’ antidoto ficuriifimo pofte fui morfo delle
vipere , degli afpidi, delle cerafte, e di tutti
gli altri animali , che o co* morfi , o con le
punture avvelenano ; e fu tutte quante le fe¬
rite ancora fatte, o, con frecce, o, con al¬
tre armi avvelenate : E dicevano di più che
era tale e tanta , e così miracolofa la fimpa-
tia di quelle pietre col veleno , che fubito,
che fi accodavano alla ferita, fi appiccavano
a quella tenaciffimamente a guifa di piccole
coppette 5 e non fi fiaccavano fino a tanto,
che tutto ’l veleno fucciato non aveffero ; ed
allora, da fe medefime fiaccandoli, cadevano
a terra , lafciando 1* animale fano e libero dalla
mortifera malizia, che T opprimeva 5 quindi per
purgarle dall" imbevuta velenofità , affermavano
que’ buon Padri , effer neceffario lavarle col
latte munto di frefeo, ed in quello tenerle
in molle fino a tanto, che tutto *1 veleno ri¬
vomitata avellerò nello ftdfo latte, il quale,
■ • » v t-fr 1 » x -7 ' -rr?2 ^ 1 •
DI FRANCESCO REDI . 5
di bianco che è , diventa d* un certo colore
fra ’1 giallo ed il verde : Ed acciocché di
tutto quello racconto più pronta fede lor
folfe data, fi offrirono francamente di farne
tante prove , quante a* più curiofi , e meri
creduli folfero per effere a piacere 5 renden¬
doli certi 3 che da quelle ì Medici avrebbon
toccato con mano, che non dille menzogna
Galeno , quando nel cap. 14. del primo lik
delle facult. natur. feriffe , che fi trovano al¬
cuni medicamenti, i quali attraggono il vele¬
no in quella ftelfa guifa , che la calamita ti¬
ra il ferro. Senza dare all’opra alcuno indu¬
gio fu incontanente ordinato, che folle ufata
diligenza di trovar delle Vipere : ed in que¬
llo mentre il Signor Vincenzio Sandrini, uno
degli efpertilfimi operatori della Spezieria del
Sereniamo Granduca , avendo più diligente¬
mente riguardate quelle pietre , gli fovvenne
di tenerne già lungo tempo alcune in cullo-
dia , ed avendole trovate e moftrate a que3
Religiofi, confeffarono, che quelle erano del¬
la ftelfa generazione delle loro, e che forfè,
anzi fenza forfè , avrebbono avute le virtù
medefime .
Io di quelle pietre ne ho molte , e fon
«di color nero Amile a quello del paragone,
. . ’ ' lifee,
& ES'IZ'RIENZÉ NATURALI
lifce, e luftrc come fé avellerò la vernice ; al¬
cune anno da una parte una macchia bigia ;
alcune P anno da tutte due le bande ; altee fon tut¬
te nere , e fenza macchia veruna 5 ed altre nel
mezzo anno un certo colore bianco fudicio,
ed all’intorno fon tinte d1 un mavì fcolorito .*
La maggior parte fon di figura per appunto co¬
me quella delle lenti, ve ne fono però alcune
bislunghe; e delle prime, le maggiori, che io
abbia vedute, fon larghe quanto un grofib, e
le minori di poco non arrivano alla grandezza
d’un quattrino. Ma grandi, o piccole che el¬
le fieno, poco variano fra di loro nel pelo,
perchè le maggiori per lo piu non padano un
danaio e diciotto grani , e le minori pefano
un danaio e fei grani : A quelli giorni però
ne ho veduta e provata una , che pefa fei gra¬
ni piu d'un quarto d’ oncia, cd è larga poco
più di un te Itone ; ed acciocché Voi polliate
confrontare la figura delle mie con la voftra,
ve ne mando qui alcune difegnate nella Tav.
Prima .
Non fu la fortuna punto favorevole a’ co¬
muni defiderj ; imperocché per la flagione >
che fuor del folito molto era fredda, non aven¬
do per ancora cominciato le Vipere a fcappa r
fuora da que' fallì , tra* quali tutto 1‘ inverno
Hanno
DI FRANCESCO REDL 7
Hanno acquattate , non fu potàbile per allora,
che fe nc troyatàe ne pure una , la quale fofc
fe il cafo per quella faccenda , che far fi volea ;
Laonde fu determinato, che il giorno feguen-
te fi nietteffe la virtù delle pietre al cimento
con altri veleni 5 ed a quefto fine fi radunaro¬
no molti de’ più savi, e deJ più accreditati Fi-
Jofofi, e Medici dello Studio eli Fifa, defide-
rofi di veder per opra ciò , che quei Padri con
parole davano ad intendere.
Tra’ veleni, che infufi nelle ferite ammaz¬
zano, dettero cottoro come potentitàmo quel¬
lo dell’ Olio del Tabacco , cd infilato un5 ago
con refe bianco addoppiato, unfero il refe per
la lunghezza di quattro dita a trauerfos quin¬
di pungendo la cofcia d’un galletto con quell"
ago, fecero pattarvi il refe inzuppato di olio,
e fubito da uno di que5 Religiofi fu pofta io-
pra la ferita fanguinofa una di quelle fue pie-
trejla quale, conforme che era fiato predetto i
vi fi appiccò tenacemente, ma ciò non ottante,
pattato che fu lo fpazio di un’ottavo d’ora, il
galletto cafeò morto , del che que’ Religiofi rei
ttarono così pieni di maraviglia,
£ome ibi mai cofa mcredtUl nsìde .
Ma non tenendoli per ancora ne contea^
|ì 5 ne appagay ? anzi nella loro credenza
8 esperienze naturali
oftmatifTimi , col medelimo refe , unto di nuo¬
vo col olio , avvelenarono di lor propria ma¬
no la ferita di un* altro galletto , che come il
primo in brevififimo tempo morì , nulla aven¬
dogli giovato le predicate virtù della pietra , il
die sì nuovo , e sì flrano a loro parve , che
vollero tentare anco la terza efperienza , la
quale fu poi cagione, che molte altre il gior¬
no feguente fe ne facelfero : imperciocché aven¬
do fatto palfar dentro alla cofcia delira del
terzo galletto quello flelTo refe , col quale era
(lato avvelenato e morto il fecondo , e melfa
in opra la pietra, non folo ei non diede fegno
di futura morte, ma ne anco di preferite ma¬
lattia . Il perchè fu giudicato opportuno fe¬
rirlo la feconda volta con una lancetta fotto
l’ala delira ; e fu la ferita che fanguinava li
(lillarono alcune gocciole di olio di tabacco y
e fubito appiccatavi fopra una pietra , non li
potè conofcere , che il veleno gli avelie por¬
tato un minimo detrimento . Solamente tra¬
vagliò molto > e parve che avelie molto male,
dopoché per la terza volta fu punto nella co¬
fcia finiflra coll’ ago infilato di refe intinto , e
bene inzuppato in quel inortahlfimo olio, ma
con tutto ciò poch* ore palarono , che ei ri-
tornò nd folito > e privino fuo vigore , e b
mattina
di Francesco Redi. ?
mattina Seguente, faltellaado, e cantando) die¬
de a divedere) che era piu volonterofo di ci¬
barli ) che di morire.
Di quello avvenimento prefero grand’ al¬
legrezza , e piacere i fautori deile pietre , e sì
ne riprefero animo tutti , che baldanzofamen-
te, c con illantidima follecitudine addimanda-
rono , che fodero porrati altri animali , e di
diverfe forte $ il che elfcndo flato efeguito, fu¬
rono fatte con la loro morte moltiffime efpe*
rienze, le quali tutte evidentiffimamente dichia¬
rarono 5 che quelle pietre non aveano valore ,
ne virtù alcuna medicinale contro al velenofo
olio di tabacco . Ma perchè non di rado a
guifa di rigogliofo rampollo a piè del vero
uol pullulare il dubbio $ quindi avvenne , che
alcuni dubitarono 3 fe per avventura tutti que¬
lli animali fodero morti non per mancanza dì
virtù nelle pietre , ma piuttoRo per edere Ha¬
te le membra loro padate da banda a banda
colf ago, e per conseguente avendo la ferita
due bocche 5 necclfario era 1* aver’ appiccato
due pietre * e non una, come fempre fi era
'fatto , ma fu tolta via ben tollo quella diffi-
cukà dalla morte di alcuni galli piagati in pri¬
ma , e pofeia fovrenuri , e medicati con due
pietre .
Non
i o ESnPERlEMZE KArPRALI
Non è da dimenticare il dirvi, che e {Ten¬
do flati feriti in uno ftcflo momento , nella
fletta parte , con ferita di ugual grandezza ,
due capponi , ed eflendofi ad uno applicate le
pietre , ed all’altro no $ quello delle pietre mo¬
rì alcuni minuti prima dell* altro , e quello
giuoco avvenne alcune altre volte in di ver A
uccelli , e in diverfl altri animaletti quadrupe¬
di : e forfè non farebbe fuor di ragione il
credere , che ferrate dalle pietre le bocche
della ferita , e proibito a quella il far fangue,
e col far fangue , T ufeita di qualche particel¬
la di veleno , era il dovere , che ne feguifle
più prettamente la morte.
Altre molte, e Amili prove ho fatte vedere
In altri tempi a moltifTnni Valentuomini , tra*
quali potrei nominarvi alcuni Padri della voflra
Venerabiliflìma Compagnia di Giesù, ed in par-
ticulare il P. Antonio Veira famoAfsimo Predi-
cator Ponughefe , il Padre Adamo Adamando
celebre proiettore di Matematica , il Padre
Brafmo Scales , ed il Padre Anton Michele
Vinci Lettori di Teologia , e di Filofofia nel
voftro Collegio Fiorentino , e finalmente il Si¬
gnor Matteo Campani Virtuofo molto ben co¬
ri otti uro da tutti i Letterati del Mondo per
le fue aobiliffime, ed utihflìme invenzioni.
Niente 9
DI FRANCECSO REDI, 1 1
Niente, o poco infìno a qui provato avrei
contro alle menzognere doti delle pietre con le
fole efperienze dell’olio del tabacco, s’io non
avelli ancora da potervi foggiugnere, che an¬
co a i mortiferi morii delle vipere non por¬
tano giovamento, ne follievo; e molti polla¬
no al mio dire vera e viva teftimonianza ren¬
dere , e particularmente un Padre pur della
voftra venerabililfima Compagnia, chiamato il
Padre Marracci,uomo favio molto , e delle co-
fe deli1 ìndie pratico e fagace , in prefenza
del quale da quegli adirati serpentelli furono
morii molti animali, che tutti furono medi a
morte , non avendo trovato aiuto alcuno , ne
rimedio di guarire in quelle pietre medefime,
nelle quali moltidlma fede in quel tempo quel
buon Padre avea : Ed ora mentre vi do fcri-
veodo , io ne ho di nuovo con vipere por¬
tate da Napoli , c pigliate nelle noltre con-
yicine collinette , ne ho , dico , piu e più vol¬
te fatte, e reiterate Y efperienze , per render¬
mi più certo di quello , che già mi era cer¬
ammo . E tra 1’ altre mi fov viene che il di
nove di Maggio alla prefenza di molti uomi¬
ni dottiflìmi feci mordere da quattro vipere
quattro piccioni , che medicati con quattro
pietre morirono dieci minuti dopo, che furo-
B a no
i* EFPÉRimZE HATrRALI
fio avvelenati ; ed il limile quali avvenne a
quattr’ altri galletti , tre de' quali cafcaron mor¬
ti nello fpazio di venti minuti , o poco più;
ma il quarto, che fchiamazzando , e dibatten¬
doli , erali fatta fiaccar la pietra , non mori
fe non pallate cinqu’ ore . E di più dopo
tante prove, non fidandomi io della bontà del¬
le mie pietre, ne di quelle del Serenifs.Gran-
duca , ne milì in opera un’ altra del Signor
Dottor Giovambatifta Cheluzzi celebre prò-
felfore di Medicina nella Città di Firenze , do-*
natagli da un Padre Domenicano tornato dali’-
Indie; ma anco quella la trovai, come tutte
quante Y altre , povera , anzi mendica di ogni
proprietà , e virtù contro il veleno delle vi¬
pere, e contro quello degli feorpioni affrica-
sni . Io aveva ricevuto di frefeo molte di que¬
lle belliuole , fatte venire di Tunifi, e da me
già deferitte , nelle mie £ fperienze intorno alU^>
generazione degli infetti : Onde nel mefe di Giu¬
gno feci pugnere a quattro di elfe quattro
piccioni torraiuoli nella parte più camola del
petto , pofeia applicai loro il rimedio delle
pietre , ad onta delle quali morirono i pic¬
cioni tutti a quattro nel tempo d’ un’ ora; ma
&n cappone, dopo che fu ferito e medicato,
indugiò femore a morire, c diciotto ne in-
V-.
31 FRANCESCO REDI . 1 3
dugiò un porcellino d’india, anch’ctto ferito da
uno fcorpione di Tunifi, e medicato con vna
pietra delle più belle, e delle più grandi . Con
tutto ciò non è che io non creda ; che il ca¬
ne medicato da Voi con la vottra Pietra , e
P uomo ferito dalla vipera , e foccorfo con
la metlefima pietra dal Signor Carlo Magnini
non i (cani patterò dalla morte . Io lo credo >
lo tengo per verittìmo, e gli do tanta fede,
quanta fi conviene a qualunque verità più evi¬
dente : Ma non fia già ch’io voglia penfare,
che il loro fcampo fotte effetto della Pietra;
ma ben sì fotte effetto della forza d’ una ro-
butta natura , gagliarda , e rifentita , che va-
lorofamente combattendo fuperò alla fine il
veleno della vipera , la quale potette abbat¬
terli a non aver le folite forze , ne il confit¬
to vivaciffimo brio : Ovvero quelP avvenimen¬
to fu uno fcherzo , per così dire , del cafo ,
di cui molto fovente , anche da’ più fubblintt
ingegni comprender non fi pottòno le cagioni ;
E pure talvolta fi comprendono , fe diligcntt
ed accurata vi fi faccia fopra la riflettìone,
che è valevole a fcoprirle , infieme con gli
afeofi inganni , e con le fallaci apparenze .
Laonde vi fupplico a permettermi di raccon¬
ta qui a tal propofito una mano di colè,
che,
14 ESPERIENZE N ATTRAE!
che per Io più da me fono (late oftervate;
e non faranno forfè difaggradcvoli* ancorché
fieno per eflfer dette rozzamente e quafi fenz*
ordine, ed alla rinfufa , e con digrelfioni fo-
verchiamente multiplicate .
Vi fon certuni , che fin ne’ noftri tempi
tengon per veridico Diofcoride nel libro fe¬
condo , c Plinio nel libro ottavo, e nel ven-
tefimoterzo della Storia naturale , quando fc rif¬
fe ro , che T erba Celidonia fu trovata dalle
Rondini » e che con efla curano gli occhi la¬
cerati , e guadi de’ Rondinini , il che fu an¬
cora confermato da Tertulliano nel fine del
fuo libro de pcenitcntia , dicendo, Hirundo » fi
excticarverit yullos > nonuit illos rurfrs oculare de
fra chelidonia ? e pure la guarigione de’ Ron¬
dinini , e: degli altri volatili , non è cagiona¬
ta dalla Celidonia j che non fi trova mai ne’
nidi delle Rondini, ma ben sì dalla fola na¬
tura , e fenza aiuto di medicamento , come
potrà eflfer manifefto ad ogniuno , che voglia
aver curiofità di forar gentilmente o con ago ,
o con lancetta da cavar fangue, gli occhi al¬
le Rondini , o a qual fi fia altro uccello „
io n’ ho fatta la prova ne5 colombi , nelle
galline , nell’ oche , nell’ anitre ? e ne’ galli dC
India , e avendogli veduti fpontaneamente gua-
DI FRANCESCO REDI . 1 5
rire in meno di ventiquattr ore , mi fon* ac¬
corto che è verace il detto di Cornelio Cel¬
iò nel fello libro 6 xtrin ficus noero inter dum, fi
iElus octtlum Usditj *vt fanguis in eo fuffmdatur:
NiM commodws e fi qnam fimguine *vd columbi »
njd palumbi , <~uel birundinis mungere : Ncque td
fine cau fin fit » cum barum actes extr inficus Uja*
inter pofito tempo e , in antiquari fiatimi redenti ce -
lerrimeque birundinis . Vnde ettatn locus fabuU
facluf e fi 9 aut per parente s , aut id berla cheli¬
donia re (litui , quod per fie faneficit . E forfè
Cornelio Celfo P imparò da Ariftotile nel
quarto libro della generazione degli animali ,
e nel fello della Storia .
I Ciarlatani per dare a vedere la poten¬
za , ed il valore de3 loro antidoti , mangiano
gli fcorpioni , e i capi delle vipere , e fi be¬
vono delle medefime i fieli 5 onde il femplice
volgo , che non fa , che gli fcorpioni , e le
vipere mangiate non fon velenofe , non ve¬
dendogli ne morire, ne da malattia elfere fo-
prapprefi , va immaginandoli , il tutto elfere
effetto di quegli antidoti : effetto de’ quali
crede fimilmenre allora quando fi fan morde¬
re dalle vipere fenza che ne ricevano danno 5
ma ciò avviene perchè avanti del farli mor¬
dere anno tagliato a quelle tedinole i denti,
e ri-
\C esperienze naturali
e ripulita ben bene la bocca, il palato, c la
gola, e lacerate quelle guaine de' denti, nel¬
le quali ftagna un certo liquor giallo, che c
fi veleno della vipera . Altri , per far l’ idei¬
le prove inghiotrifeono fenza molto pericolo
il folimato , r arfenico , e Umili corrofivi ; ma
prima d| inghiottirgli , fogliono fondamente
colmare il Tacco dello rtomaco di .macchero¬
ni, e d’altri partami conditi con grand. (lima
quantità di burro , e pofeia appena prefo il
corrofivo proccurano con ogni prellezza di ri¬
gettarlo per mezzo del vomito.
Più fattile è T inganno , e più fcal trita
T artuzia di coloro , che promettono , a for¬
za di fughi d’ erbe > o di lìgilli fculti con
iftrani, e non conofciuti caratteri , rendere al¬
trui la pelle , e le carni cosi dure , che non
pollano elfer rotte, o falfate da qualfifia fer¬
ro, o da qualfirta colpo di piftola, e di mo-
fchetto.* Vaa non molto diflìmil promelfa lin¬
fe già 1* Àriofto , che facclfe la carta Ifàbel/a
a Rodomonte .
fio notizia <$ un erba , e T ho veduta
Venendo/ & fo dove trovarne apprejjo»
[he bollita con oliera , e con ruta
un fuoco di legna di cipreffo *
£ fra mani innocenti indi premuta
tJAfania
l
di Francesco Redi . 17
IHanda un liquor , che chi fi bagna d effo
Ere evolte il iorpo , in tal modo l indura»
Che dal ferro , e dal fuoco l' a f cura .
E perchè così fatte medicine , ed incanta¬
menti per lo più dalle fate fi manipolavano 5
quindi è che coloro i quali quella ventura ave¬
vano incontrata di non poter rimaner feriti ,
erano detti fatati, quali appunto negli antichi,
e ne* moderni tofeani romanzi favoleggiali ef-
fere flati Ferraù ed Orlando $ >e nelle fa¬
vole greche , e latine Achille , Cigno , e
Ceneo 5 ed oggi ancora tra’ popoli orientali
va vagando così fatta fuperftizione $ ed io eb¬
bi per mano dei Signor Gio: Michele VVanf-
lebio Erfurtefe , quando tornò d’ Egitto , un
libretto in lingua arabica , nel quale fono
ferine quelle e fomiglianti vanità 5 eJ un1 al¬
no libro in lingua abiflìna n’ ho veduto tra
alcuni manuferini Siriaci , Arabici , Egizi , e
Caldei appreflo il Screniffimo Granduca mio
Signore . Sottile in vero , ed ingegnofa , co*
me ho detto , è V afluzia di quei truffatori ,
che promettono quelle , e limili baje , dalle
quali più d* uno è dato ingannato ; onde mi
cade ora improvvidamente nell’ animo di rac¬
contarvi , dove confida la fraudo : e per po¬
ter meglio dimollrarla , ve ne dirò brevemente
C una
1 8 ES TERìENZE ATVRALl
una piacevole iftorietta , la quale voi udirete
Degna di rifa , e di compafsione .
Egli non fono ancora molti anni palfati , che ve¬
nuto di la da’ monti abitava, e forfè ancor’ abita
in Firenze un’ onorato uomo , e valente mol¬
to nel fuo meftiere di fabbricare Orologi :
Collui favellando un giorno col Sereniamo
Granduca fi lafciò fcappar di bocca di cono-
feere nel fuo paefe molt’ uomini 3 i quali per
virtù o di parole , o d’ erbe , o di pietre avea*
no la lor propria pelle temperata a botta di
pillola , e d’ archibufo j e ciò narrava non
come cofa udita dire , ma da infinite prove
e riprove fatta manifdlilfima agli occhi fuoi .
Sogghignarono alcuni de’ circolanti a cosi va¬
na propofta , e guardando 1’ un verfo T altro ,
cominciarono fra fe medefimi a ridere della
dolcezza di quel buon’ uomo , che dava fede
a quelle (implicita , ed a quelli
Sogni d* infermi > e fole di romanzi .
S* accorfe egli ben tollo * che non folo non
era predato fede a quanto' detto avea 5 ma
che di più tacitamente ne veniva beffato $ on¬
de a feorno grandilfimo reputandofelo > bor¬
bottando 5 e brontolando un non fo che fra*
denti j con un certo naturai fuo piglio , ri¬
marranno ? dilfe ? in breve gli fchernitori fchec-
DI FRANCESCO REDI. 19
niti i e riprovata la loro incredulità : Ne guari
pafsò di tempo , che fece venire a fue Ipefe
in Italia un faldato , che fi vantava d’ eifer fa¬
tato ed impenetrabile, o ( come volgarmente
lo dicono ) fi gloriava d’ eifer’ indurito , e
ghiacciato , e che fenza timore fi farebbe po¬
llo per berfaglio a qualfifia più brava , e piu
orribil falva di mofchettate ; e tanto inftante-
mcnte domandò, che ne fofle fatta la prova ,
e con tanta importunità , e perfeveranza che
alla per fine fu efaudito ; ed egli , nulla cu¬
rando il pericolo , con fronte ficura e difpet-
tofa , offerfe il petto ignudo a Carlo Colla
ajutante di camera del Serenillìmo Granduca ,
ed altieramente lo follecitava , che fparalfe al¬
la dirittura di quello una pillola , che teneva
in mano per quello fine ; e già dava il Colla
per compiacergli , quando la generofa pietà di
S. A. S. non volle , che pigliale la mira alla
volta del petto , ma bensì , per fargli il mi¬
nor male che folle polfibile , la drizzafie ver-
fo la parte più carnofa delle natiche , le quali
dalla botta della pillola furono ambedue per
traverfo pallate da banda a banda ; laonde
quel valente foldato fenza ne pur dii e addio,
col danno e con la vergogna , fcampando fra
piedi della brigata , fe n’ andò tutto imbrodo-
C 2 lato
IO ESPERIENZE NATURALI
Iato di fangue a farfi medicare , ed il noflro
buon maellro d’ Orologi retto per allora con¬
futa sì , ma però in fu la Tua ottinazione più
duro che mai ; E fcorfe che furono alcune
fettimane , ritornò di nuovo in compagnia di
due altri taldati y uno de’ quali era alabardie¬
re della guardia a piede y e T altro corazza
della guardia a cauallo $ II primo diceva di edere
il fatato , o il ghiacciato $ il fecondo d’ elfere
il ciurmatore , che fatta avea la fatatura .
Moftrava 1' alabardiere la delira fua cofcia le¬
gnata di cinque livide ammaccature , che af¬
fermava ettergli Hate imprelfe da cinque col¬
pi di pillola fcaricata in dillanza conveniente
dalla corazza , alla prelènza di alcuni tetti-
moni , i quali non folo confermavano il tut¬
to di veduta- , ma lino di loro più bonario
degli altri , e piu dolce 9 a fine di pervadere
la verità del fatto y ne fece fcommelfa di ven¬
ticinque doppie y e trovò fubito il rifeontroy
e trovato anco 1* avrebbe fe maggior fomrna
n'aveffe voluto giocare , e la perdeva lènza
fallo : imperocché venendoli alla prova > ri-
mafe il povero ed ingannato alabardiere con
le natiche malamente ferite dal colpo di un
piccolo archibufo j il che veduto dallo fcal-
Uito sfactiatiffimo ciurmatore volle Cautamen-
DI FRAJtCECSO REDI, 21
te falvarfì , ma dal Tuo Capitano fatto ferma¬
re , e con parole afpre minacciato di fevero
gaftigo 3 fe non palefava apertamente la truf¬
feria ; per confezione da lui medefimo fatta
s’intefe , che moltiZimi altri egli ne avea in¬
gannati 3 e 1’ inganno confìfteva nel modo di
caricar la pillola : c o n c i o ili e c o fac h è nel fon¬
do della canna di una terzetta di giuda mi-
fura, metteva pochi foli grani di polvere; fo-
pra la poluere la palla ; fopra la palla tanta
fìoppa che folle ballante a coprirla; pofcia
fopra la doppa metteva una conveniente ca¬
ricatura di polvere 5 alla quale keniifimo cal¬
cata , metteva addoffo un buono , e ben fer¬
rato floppacciolo ; fìcchè quando dava fuoco
faceva la pillola un grandiZìmo fcoppio ? ma
la palla 5 che era portata dalla forza di queJ
foli pochi grani di polvere 5 non avea altra
pofìfanza 5 che di fare una leggier’ ammacca¬
tura . Ne vi fla chi penfi, che per fortuna
il folo Cielo di Tofcana abbia qualche parti-
cular priuilegio di render vane » ed inutili
quelle magiche fatture : imperocché ne* paefi
eziandio llranieri elle riefcono inutililfime y e
dagli uomini favi meritamente fchernite . Io
avea raccontato un giorno r quel che di fo¬
pra j intorno a quella materia vi ho fcritto ?
ai
sa ESPERIENZE naturali
al dottiamo Olao Borch, o Borrichio famo-
fo profeffore neirVniverfìtà di Coppenaghen*
ed egli di buona voglia concorrendo nella
mia lentenza , fi compiacque per confermar¬
la , di parteciparmi un’altro efperimento facto
nella corte del Re di Danimarca, e fon quell*
effe le fue parole , che in un vig! etto mi
fcrilfe . Seremfiimus Danu > (p NoruruegU
liex *•» in ea mgenij p Sfiritus magnitudine , ut
re rum naturaltum ferie omnium off idi fi ti dio (us e fi ,
p caufarum earumdem indagai or acerrima > irà
non raro in de cantai am ili am r ditone m indurar, di
cor fora human a .» ut ah iBu globi plumbei 3 (3/
ferri immunia fnt , folliate in qui fu it > càgniturus
mero ne corife ntìr e nt tot militar mm hominum <uo-
ces » a quibus tot indurata um exemfla pieno orc^
enarrabantur $ cceterum exvertus tandem eft * quod
ante diu mente ecfnmauérat » omnia illa falulis
p ficulis gerris effe u ani or a : Et licei quando -
que ad experimenta in tei confrmationem quidam
■prouocarent » ubi tamen ad rem uentum e fi 9 ef~
fugijs p exceptiunculis quibtifdam ineptis , promifi
forum fultitiam aperte prodiderunt . ]uin p no -
bilts ille in Septentrìone nepottator Sillws Jfyfarfiltus
ut rei everitatem ad m giu m feiret, p :egi fio fi*
gnifearet , fpargi lufsit per uniutrptm p noflrum
p inimictm exeremm * fipqfiijfi fi mille fatta*
tos
Di FRANCESCO REDI .
tos 3 m eius tifim fine fraudo ceffiros > qui fe (ve¬
re induratimi advcfus firrttm* @r filo forum Jcf ut
ofìenderet y dm nerno fe pecunia illius cùpidum in-
dicavit c tandem unus (Bf alter fpe lucri 3 gr va-
ws ne fio qui bus caraileribus circa collum difpoftis
armati > in fe experimenta provocar unt » fccejju
rmms profeto y n&m ubi Mar finis indurai ornine
auribus cultro fio im minerei iam ab fa furo fmilts
( parti' urum en 'nn fe vita temeraria prominenti imi
innite bai ) vani ofentatores ne e a qui de m parte. ^
cuhri attaclum frebant > prxtexentes aures carmini-
bus armari nequijjf s fed reliquum corpus > nec us¬
to j ubi ad c teleras partes de ve ni um > fifinuerc, a
iClus > fed pudenda fuga cultro f fibtraxerunt .
Baratteria di quefa non men ribalda è
quella 5 che tifano i Santoni , o Dervigi de’
Turchi , allora quando voglion dare ad in¬
tendere di fapere con modo facile profetizza¬
re qual di due efer.citi combattenti fa per ri¬
maner vittoriofò . Provveggono quegl’ ingan¬
natori quattro frecce , ed incafrano le coc¬
che di effe r una con 1* altra ; e cosi inca¬
lvate a due a due le difendono paralelle
fopra un guanciale , ed in tal maniera difefe
debbon* efler tenute fortemente per le punte
con ambe le mani da due uomini , che fie¬
no 1’ uno all’ altro oppofi 5 quindi ad ogni
coppia
24 ESH’ERIE'NZE % TATVKALI
coppia delle frecce incaflrate , e diftefc poti
gono i nomi de’ due eferciti nemici , e quel¬
la coppia , la quale da per fe medesima mo-
vendofi di luogo , andrà a cavalcar fopra 1* al¬
tra coppia oppolìa , farà il contralfegno 3 c he
r efercito di cui ella porta il nome ha da r i-
portar la vittoria . Egli è però neccffario ,
che da un Turco , fedendoli in fu le calca¬
gna , fia tre volte attentamente letto tutto
quel lungo capitolo deli5 Alcorano , che è in¬
titolato Jafìn cioè o uomo , I meno fcaltri e
più femplici de5 Maomettani credono così co¬
llantemente tal frafeheria , che per confer¬
marla ardirebbon di metter le mani nel fuo¬
co , Onde per moftrar che eli5 era una
grandifìma faifità , mi fon trovato in diverf
tempi a farne tentar loro moke volte la pro¬
va ; e per non elfere ingannato , ho Tempre
voluto tener da per me medefimo le frecce s
ed il fuccclfo fu , che le frecce non fi m of¬
fe ro mai di luogo con grande feorno , e de-
rifione di que’ Turchi , i quali fi trovavano
prefenti , c con tutte le requifite circoflanze
avean letto , e riletto il capitolo del bugiar-
dilfimo Alcorano . Ma perchè vi erano alcu¬
ni Ponentini ? che affertivarrrente dicevano d* a-
yer veduto riulcire .quell5 operazione in Le¬
vante
DI FRANCESCO REDI . 2 5
vante , mi fecero follecito , e attento a con-
fiderare come P inganno e *1 giuoco di mano
avelie potuto fard , e prettamente ne venni
in cognizione : imperocché egli tta in potere
d’ uno di que’ due , che tengono le frecce ,
il farle a fu a voglia foprapporfi 1’ una all* al¬
tra col folo , e quad infenfibile movimento
della mano, e del pollo ; ed in effetto adde¬
nsandomi al giuoco mi veniva pulitamente
fatto, come molti poterono evidentemente ve¬
dere . Il perchè uno di que’ Dervigi , men
furbo degli altri , fi rifolvette francamente a
confeffare , che tutte quelle trappole , e que¬
lli inganni fono in ufo tra’ Maomettani , per
un fine favio e politico di rendere i foldati
pm coràggio!! , c fprezzatori de’ perigli , con
la ben perfuafa certezza di una vittoria pro-
meffa dal loro falfo Profeta ; che fe poi non
fi verifica , come avvenne nel 1626. ad Af¬
fali Calafat , rinnegato greco , e famofiffimo
ladron di mare ; il quale non ottante , che
f incantagion delie frecce gli predicele la vit¬
toria fopra le Galere del Papa , del Re di
Spagna, e del Granduca di Tofcana , da lui
incontrate verfo la punta di Sardigna , fu dal
valore di effe vinto e'prefo , con tutta la
fqtiadra de’ fuoi vafcelli : Che fe non fi ve¬
li) rifica ,
t$ esperienze naturali
rifica » dico , non mancano a coloro ripieghi
per falvar la riputazione a quel facrileeo Se¬
duttore .
In fomma fotto i maraviglio!? preftigi de5
Saracini , e degl* Idolatri cova Tempre qualche
ingannevole manifattura 5 e non è mica ufan-
za nuova , ma molto bene antica , come fi
può raccogliere dal decimo quarto capitolo
di Daniele , che riferifee la trufferia di que
buoni Sacerdoti di Belo , i quali facevan cre¬
dere al Re Ciro , ed a tutto il popolo di Ba¬
bilonia , che il loro Idolo era un così bel
mangiatore , eh’ ogni giorno trangugiava qua¬
ranta pecore , e traccanava fei grandi anfore
<di vino $ e pure con quella carne , e con
quella bevanda trionfavano fegretamente , e
facevan buona cera quei ghiotrifiimi facerdo-
ti , gozzovigliando in brigata con le mogli
loro, e co’ figliuoli . E non legghiam noi
in Plutarco , che ne’ tempi d’ Agide il giova¬
ne erano inghiottite da’ preftigiatori le fpade
fpartane f Infin Apuleo racconta, che un Ba-
gattelliere nel portico di Atene ingozzò una
fpada appuntatiffima , molto più lunga delle
fpartane 5 e che un cert* altro Giocolare per
ghiottornia di pochiffimi quattrini fi cacciava
meli* anguinaglia uno fpiede da porci , c con
tutta
di fra^cecso Redi. 27
tutta la punta , e con tutta 1’ afta fé lo fa¬
ceva ufeir fuori della collottola $ e quel che
era più ftupendo, vedevafì a quello fpiede av¬
viticchiato un bel fanciulletto tutto lafcivo ,
moryido , e ricciutello , il quale così gentil¬
mente ballava , e trinciava capriolette, così
minute 9 e così prefte, che e’ non parea, eh*
egli avefte nervi , ne offa . Nojofo , e di-
fpiaceuole farei a me ftefto , e a Voi pari¬
mente , dottiflìmo , cd eruditi (lìmo Padre, fe
narrar voleflì tutti i fimigliand avvenimenti ,
che giornalmente veggiamo per le piazze ne*
circoli de’ Cerretani , e quegli che mentovati
furono dagli antichi Scrittori , e particolar¬
mente da San Gio: Grifoftom-o nel libro con¬
tro i Gentili 3 e da Ni ce fero -C regora nell-
otravo della Storia Bizantina; onde rralafcian-
do di favellarne mi rimetto al giudizio , che
ne porta Rabbi Moisè Maimonide nel libro
dell3 Idolatria al capitolo undecimo ; e voglio
fedamente feri ver vi quel che a’ meli paflat i
avvenne a me con un venerabil uomo nativo
di Mafagam in Affrica, e pofeia Cittadino di
Goa , il quale avea portato nella Corte di
) ofeana molte curiofità pellegrine, tra le qua¬
li il uedeano alcuni pezzi di Tauatearè, che
Jìpi è .chiamato [ oc co ddk Maidrve . Quei
D 2 parti-
2 8 esperienze natvrali
particulari che da Garzia da Orta , da Chri-
ftofano Acoda , da Carlo Clulio , da Marti¬
no Ignazio , da Augerio Cluzio , da France-
fco Ernandez , da Guglielmo Fifone , e da al¬
tri fono (lati fcritti intorno alìe_yirtù di que¬
llo Cocco fono a Voi molto ben noti : D’urf
altra prerogativa dotavaio quello foprammen-
tovaro valentuomo , affermando, che Eccome
la calamita , ed il ferro anno una certa fcam-
bievole amicizia tra di loro ; così il Cocco
delle Maldive è nemico giurato del ferro, lo
fcaccia lontano da fe, e lo neceffita a fuggi¬
re la di lui vicinanza : E modrandomi io
duro a crederlo; con accigliata fronte mi re¬
plicò , che niuna cofa può edere impoffibile s
e che, per una cattiva , ed invecchiata ufan-
za, molte cofe foglion edere (limate non ve¬
re, o perchè fono infolite ad udirli , o diffi¬
cili ai vederli , o perchè trapaffano le deboli
forze dei! umana eftimazione ; ma confderate
poi attentamente , fi conofcono certi Alme , ed
agevoli a metterli in opra, come egli avreb¬
be fatto ogni qual volta , che a me foffe pia¬
ciuto di far efperienza della maravigliofa vir¬
tù di quel preziofffimo Cocco, che è le de¬
lizie, e la parte più nobile de* tefori de’ Mo¬
narchi indiani : E perchè io gli rifpofi, che
tutto
DI FRANCESCO RE DE
tutto mi flruggeva di voglia di veder una
volta con gli occhi miei un cotal fatto, per¬
ciò gli porli immantinente un ferro , accioc¬
ché egli avelie in quei!’ (fante oc cafone pron¬
ta di appagare la mia curiofità : Ma il buon
uomo cominciò fubito a rapprefentarmi , che
non ogni ferro era il cafo ; ma che fi c come
a voler, che la calamita palefi più manife (la¬
mento gli effetti faci col ferro* fa di nicft:e-
re, che- ella fa prima bene armata; così qui
è neceilàrio , che non ii Cocco delle Maldi¬
ve , ma il ferro armato fa ; e già che io
moftrava tanta frettolofa premura di effer cer¬
tificato di quella verità, perciò fi poteva far¬
ne la prova con vna lama di fpada , armata
de’ buoi fornimenti, o come la dicono, mef-
fa a cavallo : Venne fubito la fpada, la vol¬
tò egli con la punta ignuda al pavimento,
quindi alzando i due diti indici verfo 1 cielo
reggeva nelle due eftremità di quegli F elfa
della fpada , e in tal guifa tenendola fofpefi
per aria , nf impofe, che verfo il mezzo del¬
la lama io avvicinai un gran pezzo di Coc¬
co , perchè allora avrei chiaramente feorto *
che quel ferro fi farebbe allontanato da elfo
Cocco; ed in vero il allontanava; ma la
gione di quell5 allontanaci era il moto volon¬
tario
SO esperienze naturali
tarìo delle due dita Tulle quali fi reggeva Tei-
fa 5 laonde rifiolvendomi a tener io ia fpada,
non uidi mai che fi moveffe , ancorché con
gran paflìone quel galantuomo vi accollale il
Cocco »
Quelli però fono inganni volontari , e ,
come fi Tuoi dire, giuochi di mano: Ma tal¬
volta avviene ancora , che per non comprefi 5
o non ofiervati citaceli , alcune potentijfime
cagioni non pofiano produrre i Teliti loro ef¬
fetti « Accade non di rado a Medici aver
data a bere una medicina purgante delle più
gagliarde , e eh’ ella non abbia ne poco , ne
punto moflb il corpo .
Ruberto Boile Gentiluomo inglefe , Lette¬
rato di alta fama , dotto , diligente, e Tempre
veridico , e meritevole d’ ogni lode più fiiblfi
me , racconta , con la Tolita Tua commenda-
bihfiìma fincerità , che avendo letto nella Bo¬
ria naturale del Verulamio , che 1’ acquavite
fta a galla fopra T olio di mandorle dolci , vol¬
le farne efperienza , e trovò Tempre , che i’ ac¬
quavite flava al fondo , e i’ olio galleggiava
{opra d’ effa 5 ma quando in vece di acquavi¬
te, usò acquarzente fine, trovò efìer vero quan¬
to fu. profferito dal Verulamio ,il quale o non
fi avyide, o non fi curò dj accennare, che era
' acce fi
DI FRANCESCO RED! . 3 1
necefìario , che ì‘ acquavite folle finitima , c
feparata da ogni minima particella d’acquofità.
Altri limili avvenimenti riferiti dal Boile nel
trattato de experimenùs j non fkccedtmt ? fa¬
ranno da Voi ? dottiamo Padre 3 infallibil¬
mente fiati letti 5 onde volentieri mi attengo
dal rammemorargli .
Ne’ faggi di Naturali cfperienze compilati
nell’ Accademia del Cimento fotto la prote¬
zione del Sereniffimo Principe Cardinale de’
Medici fu ferino ; Che per infittone d’ ac¬
qua ftillata a campana di piombo s’intorbida¬
no tutte 1’ altre acque di fiumi > di terme > di
fontane , e di pozzi 5 e che tra 1’ acque na¬
turali folamente quella del condotto di Fifa
non inalba , e non perde punto la nativa fua
limpidezza . Ciò fincerameate è fato fcritto
con verità 5 ed infiniti valentuomini 5 che an¬
no veduto con gli occhi proprj quell’ efpe-
rienza 3 polfono prettarne viva 3 e certa tetti-
monianza . Ma da alcuni metti in qua io ho
©flervato , che anco 1’ acqua di Fifa diventa
albiccia 3 ed intorbida con grandilttmo ttupo-
te di tutti coloro > che tante 3 e tante ccnti-
naja di volte anno efperimentato in contrario :
Ne faprei darne la colpa ad altro, che a qual¬
che eftraneo 7 e non folito mifchiamento di'
ja esperienze natfrali
cofe terreftrì , che abbia cominciato invifibih
mente a trapelare colà dove forge , fcorre *
e fi conferva la vena di quell’ acqua : Ovve¬
ro può efferfi dato il cafo , che quando fu-
ron fatte F efperienze degl’ inalbamenii dell’
acque naturali , fojGfero fempre (late pofte in
opra acque ftillate a campana di piombo , le
quali acque nello Trillare avellerò pigliato po¬
tili (lìmo Tale da quella campana , e per con-
fequenza avellerò potuto folamente rendere
albe le acque più impure, ma non. già la pu-
rilfima del condotto di Fifa, la quale accioc¬
ché fi faccia albiccla c di medie-re' mefcolar-
la con acqua, che nello {biliare fi fra ben be¬
ne arricchita di quel fale , che fogliono (pit¬
tare le campane di piombo » E per dire il
vero, chi v oidi e diligentemente far coca! pro¬
va fe tiferà molte, e divede acque attillate in
campane differenti, ne troverà alcune -per in-
fufione delle quali F accjua del condotto di
Pifa non intorbida mai , e ne troverà altre ,
che fubito fanno intorbidarla : Ed a quella
così fatta differenza può cooperar molto ( co¬
me ho efperimentato ) non folo la diverfità
delle campane , ma eziandio i gradi del fuo¬
co, e la diverfa naturalezza de’ fiori, e dell*
erbe, che fi diffidano: Può cooperarvi ancora
fe
DI FRANCESCO REDI. 33
fc l'acqua Ha la prima che ftilii dalla campana, o
pure le lì a l’ultima, quando dopo qualche gior¬
no di continuo lavoro la campana è ftracca (per
così dire ) e sfruttata : fa altresì alcune volte
qualche fìravagante differenza la maggiore, o
minor quantità d’acqua Pillata in piombo, che
s’infonda fopra la fuddetta acqua del condotto
di Pifa $ la qual’ acqua del condotto di Pifa ancor¬
ché inalbi ed intorbidi, non inalba però mai, ne
intorbida tanto , quanto inalbano ed intorbi¬
dano milT altre acque naturali, che da me fo¬
no fiate fino a qui provate, eccettuatane l’ac¬
qua del fiume della Fefcia, che fcorre nella
vai di Nievolc in Tofcana , la quale nell’ inal¬
bare è limile molto a quella di Pifa , ficco-
me le è fomigliante in gran parte 1’ acqua
dolce d’una fontanel!a,che fi trova nel prato
del Palazzo de’ Buonvifi pollo ne’ monti di
Lucca non molti palli lontano dal famofo Ba¬
gno della Villa . Del refto l’ acque tanto ri¬
nominate del Nilo, e Tacque del Pozzo della
Mecca nell’ Arabia , tenute in tanta venera¬
zione da’ Marnataci , intorbidano ( come ho
potuto per esperienza vedere ) al pari di qual-
iisia acqua dì vililfjma (lima.
Nelle fi elfo libro di Sacci di naturali cf-
'w'O .
perienze fi dice, che Tacque filiate in vetro.
34 ESPERIENZE •EIATVRALÌ
fé fieno mischiare con acque Pillate in piom¬
bo , non intorbidino.
Quella efperienza moltiflìme volte riefce
vera , ma volendo generalmente intendere di
tutte quante 1* acque Urtiate in vafi eli vetro4
non è vera . Ho fatto (biliare la vitriuola ,
o parietaria in orinali di vetro a bagno ma¬
ria , e a rena $ in bocce d’ oro , c d’ argen¬
to col cappello di vetro 5 e nel cartello del¬
la ftufa con orinali e di vetro, e di terra in¬
vetriata 5 e pur T acqua, che n’ è ufeita, aven¬
dovi infufo qualche poco d’ acqua rofa , o
d’ acqua di fiori di mortella diftillate in piom¬
bo , Tempre è intorbidata , e divenuta come
un latte . In un’ orinale di vetro mifi un
giorno quattro libbre di parietaria fubito che
fu colta , quindi ferrato T orinale col fuo cap¬
pello roftrato , 1* accomodai nel fornello fo-
pra la rena , e ne feci ftiliar f acqua , man¬
tenendo il fuoco Tempre eguale , finché la pa¬
rietaria forte totalmente afeiutta , e quafi ab¬
bruciata 5 e per diftingucre le -differenze delle
prime acque , che flirtavano , da quelle del mez¬
zo , e da quelle del fine, mutai il recipiente
quattordici volte 5 cd in fine provando querti
quattordici faggi di acqua, con acqua rofa fid¬
iaca a campana di piombo , tutti fubito inal¬
barono .
DI FRANCESCO REDI. j j
barono . Tale efpericnza la feci del mele
di Aprile, c la reiterai di Maggio, e di Giu¬
gno : Onde per far’ un* altra prova ripofi
il refiduo di quei quattordici fàggi in una
boccia d' argento col cappello di vetro , e
g!i feci riftillare a bagno maria , mutando il
recipiente otto volte , c pur T acqua raccolta
ne* primi fette recipienti Tempre inalbò , ma
non già quella dell’ ottavo , ed ultimo , la qua¬
le non volle mai inalbare, ancorché io la ci-
mentaflì con diverfe generazioni d’ acque flil-
late in piombo . La melifsa in quelli inal¬
bamene è quafi Limile alla parictaria , ancor-'
che faccia alle volte qualche llrauaganza :
Vi fono tali erbe , che {filiate in vad di ve¬
tro a rena fanno (Iravaganzc grandiffime; im¬
perocché o non inalbano mai , o fe pure inal¬
bano, faranno foiamente quelle, che nel prin¬
cipio dell’ opera flillano nel recipiente , ma
non già 1* vltime , le quali fon di tal natura,
che non foiamente non intorbidano ; ma fo¬
no di tanta efficacia , e di tanta forza , che
mifchiate con acque intorbidare a bella pro¬
va , le rifehiarano , e le tornano alla loro
primiera limpidezza , come appunto fuol fare
il fugo di limone , c deli’ agrello , e molto
più l'aceto forte, e l'aceto (libato, ma non
E 2 già
3* ErPERlEttZE WÀTVRAL1
già lo fpirico di vitriuolo; E quel? ultime acque
tanto fon più gagliarde nel produrre quel rifchia-
ramento, quanto è flato più gagliardo il fuo¬
co, che le ha fatte flirtare. Nella bietola, c nel¬
la fai via potrà ogni uomo certificarli di quella
verità, ma non nella paritaria'» l’acqva del¬
la quale, come ho riferito , intorbida Tempre
egualmente . L’ acque poi , che fi flirtano nel
cartello della ftufa tanto con orinali di vetro ,
quanto con orinali di terra invetriata col cap¬
pello di vetro , quafi tutte generalmente fo-
gliono intorbidare, dico quafi tutte , perche ve
ne fono alcune, che non foglion mai intorbi¬
dare : E di quelle che intorbidano , alcune fon
le prime che flirtano , akune fon quelle , che
flirtano al mezzo , ed al fine dell’ opera : al¬
tre fon di quelle che ftillano dagli orinali
porti nel baffo del cartello, altre fon di quel¬
le , che vengono dagli orinali fituati nell’ al¬
to : E fovente avviene che tali acque non
confervino collantemente lo rteffo ordine ; e
può darfi il cafò , che 1’ acqua d’ un erba in
una prova fia Tempre intorbidata , ma fe fi
ridilli di nuovo della fleffa Torta di erba, non
ne fegua P effetto dell’ intorbidamento . Il
perchè è difticiliffimo 1* affermare in generale
cofa alcuna di certo intorno a quelli così fau
ti
DI FRANCESCO REDI . 37
ti intorbidamenti dell* acque fidiate , de’ qua¬
li , per non allungarmi di foverchio , favelle-
fò forfè in tempo , ed in luogo più oppor¬
tuno , eftendo materia curiofa , e piena di
bizzarri, e talvolta non affettati avvenimenti.
L’acqua di cannella, che fi a fiata ftillata
In bocce d’ oro , o d’ argento , o di rame
(lagnato, o di vetro, col loro cappello di ve¬
tro , fe fia confervata in vafi di vetro , fi
manti en fempre chiara e limpida ; ma fe fia
tenuta in vafi di criftailo, intorbida in poche
ore , ingrofta , e diventa bianca come un lat¬
te; quindi, dopo qualche giorno, comincia ap¬
poco appoco ad ingiallire , e piglia un certo
fapore limile all’ anime de5 noccioli di pelea ,
e delle mandorle amare : Quello cfperimen-
to da me più di cento volte reiterato con
acqua di cannella , ftillata e con vino, e fen-
2. a vino , farà trovato verifiimo , da chiunque
vorrà provarlo , ma è neceffario , che fi fer¬
va di vafi di criftailo fabbricati nella Città
di Pifa , altrimenti riufeirebbe falfo fe non in
tutto , almeno in alcuni particolari avveni¬
menti : Concioffiecofachè ne’ vafi di crifta!-
lo di Roma 5 e di Venezia 1’ acqua di can¬
nella non v’ inalba, ne v’ intorbida in poche
ore , ma dopo che fon paflati due , o tre
giorni,
/
j 8 ESPERIENZE NATURALI
giorni s e non v’ ingialla mai , ne yì Tuoi pigliar
quel faporc tanto faftidiofo di noccioli di pc-
fca , o di mandorle amare : Ma fé ne’ cri-
ftalh di Venezia, c di Roma Tuoi penare due,
o tre giorni ad intorbidare, ella indugia mol¬
to più in que’ bellilfimi criftalli , che da qual¬
che tempo in qua fi fabbricano in Parigi; an¬
zi fi potrebbe quafi quafi dire , che non v*
inalbale punto ; tanto poco è 1* inalbamcnto ,
che ella vi piglia . Verrà forfè tempo , nel
quale tal diverfità non fi troverà vera, fecon¬
do la diverfità dell’arte , e de’ materiali, che
nella fabbrica de’ criftalli, fi uferà in Fifa , in
Venezia , in Parigi , ed in Roma . Qual poi
efter polla la cagione di tale inalbamcnto, io
per me credo , che venga da quel faie , che
fuoi fiorire su’ vali di criftallo , e che col
tempo gli rode, gli fpczza, e fe gli mangia;
e di ciò potrà accertarli ognuno, che nella
fuddetta acqua di cannella ftillata feioglierà
con proporzione qualche poco di quel faie .
L’intorbidamento di queft’ acqua farà conofce-
re elTer falfa la comune opinione di coloro ,
che fino a qui anno creduto, e credono, che
i vali di criftallo non polfano cagionar altera¬
zione in quei liquori , che in elfi vafi fi ripon¬
gono; E tanto più tale opinione farà confet¬
ta
DI FRANCESCO REDI •
ra falla , quanto che alcune acque flirtate a
campana di piombo inalbano ne’ vali di cri-
rtallo di Pifa , ancorché non con tanta pre-
ftezza , con quanta fuol' intorbidarvi T acqua
di cannella flirtata.
Si fabbrica vna poluere con tre parti di
falnitro raffinato , due di fai di tartaro , ed
una di fiori di zolfo, la quale, dall’ effetto che
produce, li clnama polvere tonante; imperoc¬
ché mi fifone una piccola porzione o in un
cucchiaio, o in una paletta di rame, o di lat¬
ta , o di quailifia altro metallo , e porta la
palet a fopra il lume d’ una candela , ovvero
fopra i carboni accefi , quella polvere muta
colore appoco appoco , quindi fa uno fcop-
pio fim le ad una botta di pillola , o di mo-
fchetro , fecondo che maggiore o minore fi è
la quantità della polvere : E pure talvolta
avviene, che quella rt tifa fteflì fisima polvere che
poco prima fia beniflìmo riufeita alla prova ,
non voglia di nuovo produrre lo rtelfo effetto
dello feoppio ; e pofeia riprovata di nuovo ,
torni di nuovo a riprodurlo , come avvenne
a me quando volli farla vedere al Sig. Loren¬
zo Magalotti ; conciolfiecolachè la prima vol¬
ta la polvere non fece effetto veruno , anzi
fi liquefecc come una cera ; ma riprovata
poi
4 o ESPERIENZE NATURALI
poi per la feconda , c per la terza volta fi
portò beniifmio .
A me pure è intervenuto piu d’ una vol¬
ta durar fatica grande a far morir qualche ani*
male a forza di morfi di vipere, o a forza di
d* olio di tabacco . Si danno , come io di¬
ceva , molti cafi , o che la vipera abbia forfè
poco prima mangiato, o bevuto qualche cola
afpra , ruvida , e detergente 5 la quale le ab¬
bia ripulito la bocca , il palato , e le fauci ;
o che ella abbia di frefco mordendo fchizza-
to fuor delle guaine de’ denti quel mortifero
liquor giallo , che dentro vi fi conferva; oche
quel liquor giallo fa in tanta poca quantità *
che, appena arrivi a toccare il (angue; g pure ef¬
fondo copiofo non abbia potuto penetrar tutto
infin colà, dove gli era di mcfnerc per la de¬
bolezza del morfo dato aila sfuggita , e che
non abbia fe non leggiermente ae-carnato , o
abbia accarnato in luogo rado di vene , e di
arterie ; e tanto più fe 51 ferito animale fia di
datura grande; imperocché la vipera non cosi
facilmente ammazza un’ uomo , una pecora ,
una capra , un cavallo , un toro , coni’ dia
ammazza un colombo , un gallo, un coniglio,
un gatto , ed altri piccoli animaletti : Avvie¬
ne ancora non poche volte , che fanguinando
la
DI FRANCESCO REDI . 41
L ferirà , ritorna col fangue indietro , e fpiccù
inora il veleno; al che fi aggiunga 5 che per av¬
ventura può efferc, che non rutte le vipere ab¬
biano tra di loro uguale poffanza di avvelenare ,
ma fecondo i paefì, ne’ quali effe fon nate, o con-
verfano, più o meno fa attivo, e brillante il lo¬
ro veleno . Ed il meaeftmo adiviene dell’olio
del tabacco ; imperocché non ogni animale con
elfo avvelenato fi muore , o per lo meno non
con tanta preftezza, fe la ferita non arrivi a toc¬
care qualche vena, o qualche arteria di quelle,
che non fon noverare tra le più fonili . In oltre
non ogni olio di qualffa maniera di tabacco è
mortifero, anzi che ve n’è di quello ,che di qua¬
li niun detrimento è cagione, e di ciò per efpe-
rienza ne fon ccrtilTìmo. Grandiffima differenza
io trovo tra ’1 tabacco del Braiil , c quello
che ci è portato dalli fo ! a di San Criftofano :
poco differenti effetti producono tra di loro
quello di Vanna , e quello del Bradi ; ma
e]uelio di Tenanuova, dell’ Ifola di N’eve,di
San Martino, e dell' Anguilla non s’allontana
molto dalle operazioni di quello di San Cri¬
ftofano ; ed il noftra'e produce ancor’ elfo gli f
effetti Tuoi differenti dagli altri, ancorché tut¬
ti in c:iafto concorrano di produrre un' olio
. n pire-ematico, puzzolenti!!! ino, e di quali im-
F pra-
42 esperienze NATURALI
praticabile fetore . Io fo che forfè ho parlato
troppo ofcuramente intorno a quelle tante raz¬
ze di tabacco, ma eifenio materia pericolofa
Intendimi chi pub , eh' i m intend' io
Ma udite di grazia , che bizzarra lira va¬
garla . Quell’ olio melTo nelle ferite in po¬
co d’ ora ammazza , o per lo meno cagiona
fa (lidi oli Ili mi accidenti i ed io conofco cere’
uomini , che medicano , c guarifeoao con la
fola polvere di tabacco i tagli, e tutte qud
le ferite , che ferite femplici da’ maeflri di
Cirugia fono chiamate . Ed’ il fopram men¬
tovato Padre Antonio Veira Giefuita , che
per lo fpazio di trentadue anni ha dimorato
nel Brafil , mi riferifee, che in quel paefe, per
le ferite non è medicina più ufuale del fugo
del tabacco frefeo , e delle foglie di quell’
erba : E di più Niccolò Monardes racconta,
che gl’ Indiani , per curar le piaghe fatte dal¬
le frecce avvelenate de’ Cannibali, fi fervono
{blamente di quello figo , il quale non iolo
refifle al veleno , ma ancora con preflezza
rammargina , e cicatrizza le piaghe , c le di¬
fende dal flulfo del fangue . Sono parimen¬
te alcuni altri , che mafticano ogni mattina a
digiuno buona quantità di tabacco , e lo in-
ghiottifeono fenza un minimo pregiudizio al¬
meno
DI FRANCESCO REDI . 43
meno apparente 5 e pure ogni fiilla del Tuo
olio, che in bocca fi prenda , o nello fioma-
co 11 avvalli , è origine, e radice di nojofe ,
c di mortali feiagure : In quella guifa ap¬
punto che quei tabacco in polvere , che a
tutte I’ ore da infiniti uomini fi tira fu pel
nafo , fé fia pofio in bocca ad alcune be¬
ffinole , e particolarmente alle lucertole , in un
fol momento le fa bafire , ed intirizzate le
ammazza . Direi che quella ftefifa polvere di
tabacco fa celle Io fi: e fio giuoco alle forni , ma
non voglio parlarne, conciofiìecofachè per due
anni continui taf efperienza ufi è riufeira vera,
ma nel prelente anno , fenza ritrovarne la
cagione , non ho potuto mai farne rnoiiie
nc pur vna della fidia razza di quelle degli
anni panati : Affermo bene, che le mignat¬
te fanguifughe rinvoltate nel tabacco polve¬
rizzato , fi muoj'ono in poche ore , non per
cagione di quella polvere, come polvere, ma
bensì per cagione della pefianza del tabacco.
Quello che è piti confiderabile, a chi fa
il vero modo di fabbricar quell’ olio , fi è ,
che oggi in tutte le firaniere contrade, e nel¬
le noliie ancora, molti uomini ficuramenre ,
e lenza pericolo , pigliano per bocca il fum¬
mo dd tabacco, di cui così fattamente il pa-
F 2 lato,
44 ESPERIENZE NATVRALì
laro j e tutte le circonvicine parti s1 imbevo¬
no , che pollo n madlrcvolmente refpignerlo
fuora c per gli occhi , e per gli orecchi , e
per le narici ; ed in ciò il ludo tane’ oltre fi
è avanzato , che anno rinvenuto un’in^arnofo
modo, e faciliifimo di far paflar quel fummo
per alcuni canaletti feppelliri nella neve, da'
quali egli dipoi sbocca cosi gelato , che non
porta invidia alla più fredda tramontana ; e
molti non contenti di prenderlo per bocca ,
con novella arte , e con novello ftromento ,
in vece di ferviziale fi empiono di quel fum¬
mo , ma però caldo , le budella, e lo trova¬
no giovevole a molte malattie più contumaci ,
cd in particularc alla doglia colica .
Panni ora che Voi mi domandiare, fe for¬
fè 1’ artifizio , che fi ufa in far 1’ olio del ta¬
bacco , pofia produrle * ed inneflare in edo
quella micidiale violenti ifi ma velenosità ; o fe
pure gliela doni quaichè lfrana mefcolanza di
cofe velenofe , che per necelficà entrino nella
manipolazione di quell’ olio . E quella vo-
ilra illanza mi raffembra , che fia fondata fu
quello , che intorno a ciò affermativamente
fcrifle un Valentuomo Franzefe in un fuo cu-
riofo , ed elegantifiìmo trattato del tabacco ,
dedicato con molta ragione al nobilitino , e
dotti f-
3
i
DI FRANCESCO REDI , 45
dortilTì irò Abate Bourdelot Signor di Condà ,
e di San Leger, ed uno de’ più difcreti , de’
più faggi, c de' più cfperim ntati Medici del
rollio fecole , e fon quell’ effe le fnc parole.
Efclqttes-un^ nc annidi; r , p-.u • proti z>er qtd il ejì f i e~
tiCì.omx cbjcaeront C ex. eri ance de certame qiante-ef
j. nce de tabi.-, c > qui fu-t a ferree de Florence a Da-
temps > dont u
pi <1 ve irre f ni fon
meme . EÀIais camme le tabac en fan naturai
ne predai t rie» de ftmblahle » cette quinte -ejì a nct^>
desiali atre fifpecle de antique melange > cu dn
mcws atc.it dea. enne or e nane u fa par les drzerfs
pregar attans cu elle arzoit r aceti de la cimmie .
Non faprei dirvi altro per rifpofla, fe non
che con quello Hello magiftero , col quale fi
fa l’olio dei tabacco, fi fanno parimente di¬
vertì altri oij , che per fervizio della Medicina
riefeono innoccntiflimi; e tanto prefi per boc¬
ca , quanto per di fuori applicati alle ferite
fono medicamenti {Iugulari , e falutiferi 5 per
la qual cola non ardirei affermar con certez¬
za , che per si fatto magiftero , quell’ olio fi
converta a natura di veleno . Pollo bene con
franchezza afficurarvi, che nella fua fabbrica,
o manipolazione, non entra mefcolamento di
cofa alcuna , che fia valevole ad avveleni rio ;
ns d ya quelq
tradiate dans u
ne feule geme in-
meunr a l’ heure
E per-
4 6* esperienze natvrali
E i perchè anno dubitato alcuni , e creduto ,
che nelle parti dell’ America , il tabacco fi a
fallato da’ mercanti coll’ elleboro , e coll’ eu-
forbio , perciò e dall’ euforbie , e dall’ ellebo¬
ro ho fatto cavar a mia polla f olio ; e aven¬
dolo efperimentato in cìiverfe maniere di feri¬
te ? r ho Tempre trovato privo di vek-nofirà .
Potrebbe nuìiadimcno qualche per fona troppo
fcrupolofa replicarmi , che ciò può alleimi
avvenuto per non aver’ io fatto ufar tutte
quelle necdfarie cirimonie , che nei coglier
Y elleboro fon tanto rammentate da eli Autori
botanici, tra’ quali Plinio feri Ile , Hoc (fr reli-
giofius colligjtur ?; primutn enìm gladio circmnfnUiur 3
dein qui facci finis efl * onum pfccìat 3 (f- inced¬
ine* -zi là lice ai fin concedenti Ars D:js lacere > ob-
ferzoatque aquile wolatus . Quelle fon bagat¬
telle credute da’ noftri Antichi, o feritte for¬
fè per mantenere in credito , ed in venera¬
zione la virtù dell’ erbe . Ma quando pur
anco foffer cofe vere , e necdfarie , ( il che
non concederei) elle fono feritte dagli Auto¬
ri con tanta diverfità , che io non faprei a
chi di loro doveflero dar fede gli erbajuoli
moderni : imperocché Plinio nel coglier 1’ el¬
leboro comanda , che fi offervi il volo deli¬
ri qui la in quella maniera , che nelle loro pre¬
dizioni
di Francesco Redi. 47
dizioni F ofTervavano gli Auguratori antichi .
Teofraho pel contrario, c Diofcoride voglio¬
no , che gli erbaiuoli fi guardino , e lì ab¬
biali cura, che 1’ aquila non gii colga, e non
gli vegga in quella 1 accenda ; Onde qui per
pah aggio oflcrvo , che Plinio, avendo copiato
quella dottrina da' Greci, non fece diftinzione,
che pur v* è grande , dal <?vAsltTì&ou al qvùwrfuv ;
ovvero come conhdeiò il Sai inailo quel oh fer¬
marne aquile mola-.us li potrebbe leggere fer¬
matane amale molatus f\n quel fentimento d’O-
razio Eh rtipes maxima , ferma, cd in quello
di Terenzio Hem. ferma, qem nabit nifi caues .
e cosi farebbon d’accordo Teofraho, Diofco¬
ride , e Plinio ; Ma non per quello , chi
trafeuraffe quelle diligenze pregiudicherebbe al¬
le virtù dell' elleboro j avvengachè gli Ideili
Autori li dichiarano * che elle non fi fanno
in riguardo di e ilo elleboro , ma di colui che
dee coglierlo , acciocché egli sfugga ogni pe¬
ricolo , e Ria fenza temenza di cattivo au¬
gurio ; il che pure è una vana immaginazio¬
ne .
E' cofa notiflima tra gii Scrittori, che quel
pefee marino , chiamato Tremola, Torpedine,
ovvero Torpiglia, fe ha toccato renda intor¬
mentita, e ftupida la mano, ed il braccio di
colui
4$ esperienze naturali
colui, che lo toccateci io ne ho fatta la pro¬
va più d’ una volta, per certificarmi di tal ve¬
rità , e per poterne favellare con certezza di
fcienza ; e voglio raccontarvi , che alcuni pe¬
satori eifendo, a mia rcquifizione , andati al¬
la pefca di quello pefce , ne pigliarono uno ,
e portatomelo vivo poco dopo che 1* ebbero
prefo , appena Ip toccai , e lo llrinfi con la
mano , che mi cominciò ad informicolare e
la mano , e 51 braccio , e tuttta la fpalla , con
un tremore così fafiiaiofo , e con un dolore
così afflittivo, ed acuto nella punta del gomito,
che fui neccfiìtato a ritirar fubito la mano :
E lo (lelfo mi avveniva ogni qualvolta io vo¬
leva oftinatamente continuar lungo tempo a
toccarlo . Egli è ben vero , che quanto piu
la torpedine lì avvini ava’ alla morte , tanto
meno io fentiva il dolere, c ’l tremore ; anzi
molte volte io non lo fentiva ; e quando ella
fu quali finita di morire , che pur campò an¬
cora tre ore, io poteva maneggiarla con ogni
fìcurezza , e fenza fallidio veruno : che perciò
non è maraviglia fe alcuni llicno in dubbio
della verità di quello effetto , e lo tengano
per una favola , avendone dfi per avventura
fatta 1’ efperienza non con le torpedini vive s
ma con le morte , o vicine al morire .
Non
DI FRANCESCO REDI. 4 9
Non poflb già con la lìdia licurczza affcr-
mare , o negare fé lìa il vero , che la virtù
della torpedine operi ancora da lontano .
I pefcatori tutti dicono di sì 5 ed affermano
collantemente , che per le funi ddla rete ,
e per V affa della foschia ella trapafìa dal
corpo della torpedine alla mano» ed al brac¬
cio del pefeatore 5 anzi uno dì eiìì mi dice¬
va, che avendo ineffa quella torpedine in un
gran bariglione , mentre con un vafo di ra¬
me vi veriava dentro acqua marina per em¬
pierlo, fentiva, ancorché leggiermente, intor¬
mentirli le mani . Sia coni’ effer li voglia ;
non ardirei negarlo , anzi mi fento inclinato
a crederlo 5 ma non poffo dir’ altro con cer¬
tezza , Ce non che quando io avvicinava la
mano alla torpedine lenza toccarla , e quan¬
do parimente teneva le mani in quell’ acqua ,
nella quale ella nuotava , io non fentiva ne
pure un minimo travaglio : E pure può ef¬
fe re 5 che quando la torpedine è in mare, e
che è vigorofa , e tutta piena della propria
virtù, non diilipata dalla vicinanza della mor¬
te, ella produca tutti quegli effetti, che fon
mentovati da’ pefcatori.
Quella torpedine, della quale io vi favel¬
lo, fu prefa il giorno 14. di Marzo 1 666.
G Era
50 ESPERIENZE N ATTRAE!
Era femmina , e pefava intorno alle quindici
libbre . Volli allora oflervare l’ interna fab¬
brica delle fue vifcere ; ma per le molte oc¬
cupazioni lo feci in fretta , e , come lì fu oi
dire, alla groffolana : Ve ne fcriverò non¬
dimeno tutto quello, che allora notai ne’ mici
fcartafacci .
Gli occhi fon piccoli , e danno nella par¬
te fuperiore , vicini due dita traverfe aif e-
ftremo lembo anteriore del corpo della tor¬
pedine , Son* alzati fuor della cada , come
due cornetti, o gallozzole malfatte . La pu¬
pilla non è tonda $ imperocché 1’ iride è d’¬
ima tal figura , che una metà di effa è con¬
cava , e 1’ altra è conveffa ; ed entrando il
convello nel concavo , fi chiude la pupilla .
L’ umor criftallino è rotondo , di fuftsnza te¬
nera nell’ ederno ^ e di dura nell’ interno .
I denti fono affai aguzzi nella ellremità
dell’ altezza 9 e larghi nella bafe .
II fegato fi divide in due lobi fomigliam
ti a due falci attaccate infieme nella bafe da
una fottilifììma , e ftrettiffima drifeia . Pesò
tutto undici once .
La borfetta del fiele era affai grande at¬
taccata al lobo deliro del fegato . Pesò fei
dramme* Crede Vliffe Aldrovando , che il
fiele
DI FRANCESCO REDI. 5 1
fiele impiaftrato in qualche membro del no-
ftro corpo v* introduca il tremito , e la torpi¬
dezza ; ma con la prova m' accori! eh’ era
vano il Tuo timore . Vana Umilmente crederei
T opinione di Plinio, e di Ga!eno,i quali tenne¬
ro , che lo fieffo fiele avelie virtù, di render flo¬
scio, e lenza forze quel corno, col quale (come
dille il noftro Boccaccio ) cozzano gli uomini.
Tra i due lobi del fegato fon fituati di
mezzo lo ftomaco , ed il budello.
Lo ftomaco è così grande , che meffa la
mano d’ un’ uomo per la bocca della torpedi¬
ne , che parimente è affai larga , può raggi¬
rarli facilmente in effo fìomaco , il quale è
carnofo, e rugofo.
Tra lo ftomaco, e ’1 budello v’ è vn pic¬
ciolo tragetto, che può chiamarli il piloro, il
quale fa due angoli , che formano la figura
della lettera S .
Il budello appena arriva alla lunghezza di
fei dita traverfe , internamente fabbricato a
chiocciola , molto fimile alla fabbrica degfin-
tefiini del. pefee palombo , e di altri pefei del¬
la fpezie de’ cani , e della fpezie delle razze,
e fimile in gran parte a i due inreftini ciechi
dello ftruzzoio , e del coniglio .
In un© degli angoli tra lo ftomaco , e P in
G z tellino
\
* 2 ESPERIENZE NATURALI
tedino fi vede fintato il pancreas , e la milza.
La milza , che pesò due dramme , era di fi¬
gura ellittica 5 ma la figura del pancreas era
affai irregolare, poiché verfo la milza è grof-
fo , e largo 5 e pofcia , con una lunga ftrifcia ,
va avvicinandoli all’ interino .
11 cuore non è diffimile da quello degli
altri pefci , ed ha una fola auricula . Dopo
che T ebbi fiaccato dal corpo della torpedi¬
ne , e feparatolo da ogni vafo fanguigno ,con-
tinuò ad effer vivo , e a palpitare lo fpazio
di fett‘ ore ; ed il reftante del corpo della
torpedine * dopo che fu fcnza cuore , durò
per tre ore continue a moftrar fegni cviden-
tiffimi di moto, e di fenfo; c Tvltimo mem¬
bro, che gli perfe , fu la coda 5 il che mi fa
fovvenire , che » in un’ altra torpedine morta
di molt* ore, e intirizzata , offervaì, che la co¬
da per ancora qualche poco fi movea .
L’ovaje fon due attaccate immediatamen¬
te a’ due lobi del fegato , c fituate tra effo
fegato , e 1 diaframma . In ciafcuna dell’ o-
vaje fi vedevano più di cinquanta uova di dif¬
ferenti grandezze : Dalle due ovaje fi fpicca-
no due canali , che terminano ne* due ovidutti .
In uno di quefti ovidutti erano fei uova affai
grandi, di pefo intorno ad un oncia 1’ uno,
e
DI FRANCESCO REDI. 5 $
e di colore verdegiallo limile alla bile porra¬
cea . Nell' altro ovidutto fi contenevano ot¬
to uova limili all* altre Tei , le quali , emen¬
do cavate fuora di elfi ovidutti, diventavano
di figura piana circolare .
Nella cavità degli ovidutti intorno all’uo»
va, ondeggiava un ceno umore limile al cri-
Hallo liquefatto , libero , e non attaccato ne
a gli ovidutti , ne ali’ uova ; e V uova fiche
erano altresì libere , e lenza veruno attacca¬
mento , o legame .
Le branchie fon quattro con una mezza
di più per ogni banda : Quelle quatcro però ,
che chiamo intere, fon doppie; c quelle dop¬
pie fon fra di loro feparate da certa carne
inulculola , che ferve al loro moto : Sicché
fi potrebbe dire , che la torpedine abbia no¬
ve branchie per ogni banda . I forami di ef¬
fe branchie nella pelle di fuori mi parvero
quattro , e quegli che rilpondono dentro alla
gola mi parvero cinque ; ma contuttociò du-
bitai,fc eziandio quegli della pelle folfero cin¬
que , e che nel tagliare io ne avelli difavvedu-
temente guadato uno .
Tutto lo Ipazio del corpo della torpedi¬
ne , che è fituato tra le branchie, e la teda,
e tra ’i luogo dove fon collocate le pinne fino
alle
/
54 ESPERIENZE NATURALI
alle eflremità anteriori di tutto il corpo di
clfa torpedine , è occupato da una fuflanza
fibrofa , molle, bianchilfima, le fibre della qua¬
le fon groffe quanto una grolla penna di ci¬
gno , e fon corredate da’ nervi , e da’ vafi
fanguigni . I capi o le eflremità di quelle
libi e toccano la pelle del dorfo , e del pet¬
to 5 e tutte unite inlìeme formano due corpi,
o mufculi,che fi fieno, di figura falcata , i qua¬
li due mufculi pefati unitamente arrivarono
alle tre libbre , e mezza in circa . Mi par¬
ve allora che in quelli due corpi , o mufculi
falcati rifideffe, più che in verun5 altra pane,
la virtù dolorifica della torpedine, ma non ar¬
dilo di raffermarlo , e forfè m5 ingannai :
Non credo già che m* ingannaci nell’ oiferva»
re , che la fuddetta virtù fi fa fentir più vi-
gorofa allora quando la torpedine prefa , e
Eretta con la mano fa forza fcontorcendofi
di volere fguizzare.
Nel Bradi nafee un frutto d’ un5 albero,
chiamato in lingua del paefe, Araricù , il qua¬
le è foavilfimo al gullo, e di nutrimento lo¬
devole : E pure tra le fpezie degli Araticù
fe ne trova una, che è di pellìmo nutrimen¬
to, e velenofo,* onde chi in quel paefe ufaf-
fe indifferentemente ? e fciua (Minzione co¬
tali
DI FRANCESCO RED/. 5 5
cali frutti 5 potrebbe con molto Tuo danno ri¬
manere ingannato . Guglielmo Fifone men-
touò, e l’albero, e il frutto nel libro quar¬
to , e nel quinto della fioria naturale ; ma
perchè le figure del frutto non corrifpondono
cosi bene ad uno di elfi frutti donatomi dal¬
la cortefia del Signor Francefco Antonio Ma-
lafpìna Marchefe di Suvero ,* perciò ve ne
mando qui la figura nella fua grandezza na¬
turale , infieme con la figura de’ fiemi interi,
e degli aperti con la loro anima nel mezzo
Tav; 6.
E’ quello frutto della figura, che vedrete
difegnata , di fcorza per altro lifcia, ma tem-
peflata d’ alcune punte o fpine rade , ottufè ,
e non pungenti , le quali pochiflìmo fi folle¬
vano dal piano della fcorza , il color della
quale, in quello frutto fecco, pende a color
di ruggine mirto di nero, ancorché quando
è maturo , penda a un giallo fofco macchia¬
to in molti luoghi di roflo . Entro è pieno
d’ un numero così grande di femi , che in
quello, eh’ io ui defcrivo,ne ho numerati fino
in cenfcttanta , ciafcuno de’ quali femi è rin-
chiufo nella fua propria ceiletta fabbricata di
fottililf me membrane attaccate quali alla fcor¬
za del pomo . Sono i fiemi della figura ,
c del-
BSTSRtÈKBE MATURALI
c della grandezza delle mandorle II gufclo
di effi quanto alla foftanza , è come quello
de’ Temi delle zucche; Per di fuora è lifcio,
luflrato 3 e di color giuggiolino chiaro ^ ma
per di dentro è bianco fudicio , afpro , e ru¬
vido per alcune inembranuzze dure, le quali ,
follevandofi dal piano di elfo gufeio, penetra¬
no nella midolla del feme , che è bianco , e
di figura ellittica , e da effe membranuzzc ne
rimane tutto regolatamente intagliato . Se non
vi foddisfacefle interamente la deferizion del
Pilone, potrete leggere qui appretto una rela¬
zione fattane da un Padre Portughefe della vo-
ftra Compagnia , gran Maeftro in Sacra Scrit¬
tura , e Predicatore Eccellentittìmo.
‘Tor que ha tres c facies d’ e fi e rPomo multe
femelhantes , direy a differenza de todas que conu>
nome mirverjal fe chaman Aratici* , A primeva
e fa eie » que ab filatamente fi eh ama com o nomc^
generico he da mefma figura, que a qui fi mofìra <,
mas ordinariamente de mudo mayor grandezza corno
hum mellam mediano . A cor de fora he <-verde
com mi fura de amarello * quando efià maduro y
A cor por dentro he tra branco , e dourado . ^As
fimen'es da mefma forma » que as pmtadas dc*>
cor de tamara madura mas naon ficca . Sam~j
foucas* e metidas fella carne do forno a modo das
fervides
DI FRANCESCO REDI. 57
pevides de ballanti a « O cheiro bom e a ondo , com
algua a f peretta * a qual tambem fe acha no faiw
entre dace * e azedo . Tem \mm tallo no meo *
corno traevo» em que fe fufienta , e continua 0 pe 3
e por iffo da mefma grojfura , e duro 3 mas da me-
fma cor da carne / a qual naon penetra multo .
As ar^vorss faon grandes 3 e freftcas v folhas corno
àe t arem] a 9 mais grojlas - e efeuras . A madore a
do tronco le've > e pouco foli da y e affi de ponto fer¬
mio . Nafte e fi a efpeae em todo 0 Eraftl y onde
naon he efimada .
A fegunda efpecie fe eh am a Araticà Pana com
figura femelhante . Nafte iunto dos rios . A ar¬
bore pequena , e de differente tronco 3 e fo.ha .
G fruto he tam naenenofo , que os far angue jos ter¬
re [ics 9 que dello fe fufientan» mata .
A ter cetra efpecie fe eh am a Aratici Ape . Pie-
fa he *v erdedaeir amente comparaci as melhores
jrutas do mando 3 pofoque naon tenha femelhanzjs
cem nenhua dellas . A figura he corno a pintada »
e fol Ihe faltam hunas pontas falidas para for</-j,
com que as eficamas da pinha fe naaon corno difìin-
gmndo , mas todas em huna mefma cafra 3 ou pel -
grandezza ordina¬
ria he corno a qui fe mofìra, mas alguas faon mili¬
to majores . As fementes faon negras com algua
lus de douraào , 0 chetro he pouco > e naon af-
H pero .
le uni da s com que fe cobre . A
5 8 ESPERIENZE NATURALI
fero o JftPadura he (oda amar ella com algimi
pontos negros « Partefie e fi a fritta fello meo facil¬
mente com butta, f acca : E fica repar rida corno
em duas porzjlanas de manjar branco multo bran¬
do * doce 5 e frefquifsimo » ou corno de nata com~*
mejìura de azttcar . E afsi fi come as colheres
ficando a cafica de groffura de butta pataca . De se
e fi a finita em Fernambuco ( porque nunca a nji
na Bahia) mas multo melhcr no Para» onde na¬
ni tem o me fimo nome, e [e eh ama Beribà . O
tronco > e fior 3 e folbas faon differente s da primei-
ra efpecie 3 mas naon tam fermofas a .
Naon deferito a fior > pcrque naon efiou bem lem¬
brado . Dtgo que fi naon Je mudar » com o ter¬
reno 9 be digni fisima de fir tranfplantada a Fiorenza .
cd io fpero di vedervi non (blamente quell’
albero, ma ancora infinite altre nuove erbe ,
e pellegrine; imperocché il Sereniamo Gran¬
duca Cofimo Terzo, non meno emulatore che
figlio del gtan Ferdinando il Prudente, numera
tra le azioni più care al fuo Reai Genio il
precorrer con la protezione , con le grazie ,
e con la liberalità a i voti de5 Profeflori delle
feienze , e delle buone Arti : E fé tra le
glorie di Ercole non fu la minore T aver tra¬
piantati i Cedri nella Grecia dagli orti a Afri¬
cani delle Elperidi , così tra le glorie del Se¬
re-
di Francesco redi . $$
renifììmo mio Signore rifulge ancora quella di
far nobilmente mantener provveduti d’ ogni
pianta flraniera i giardini di Fiienze , c di Pi*
fa , non già per un vario , e curiofo diletto ,
ma per lo fo!o benefìzio di coloro , che inve¬
iti gano, e fcrivono le diverfe nature , e pro¬
prietà delle piante .
E' già tempo, che, tralasciate così lunghe
digrellìoni , io ritorni al primo , c principal
filo del mio fcrivere, e che con ogni affetto
io vi preghi , e vi E applichi a voler di nuo¬
vo, fopra altre beflie ferite dalle vipere, ef-
perinicntar la natura della voflra Pietra del
ferpente Cobra de Cabelo , perchè fe dopo mol¬
te prove accuratamente fatte, toccherete con
mano, che ella fia veramente dotata di tanta
virtù da poter guarire le punture * e i morii
degli animali veleno!!, farà necdfario, che di
buon cuore io confeflì d’ effermi infino a qui
ingannato, e la voflra pietra effer delle buo¬
ne, e delle legittime $ e quelle ch’io mi tro¬
vo appreffo di me , effer tutte falfe , e adul¬
terate : E fe per lo contrario voi rinverre¬
te , che anco la voflra Pietra non abbia vir¬
tù alcuna , godremo unitamente della gloria
di aver ritrovata una verità, e di avere (Vela¬
ta una menzogna , che talvolta poteva effer
H a ca-
6-0 ESPERIENZE natvrali
cagione della morte di qualchè Galantuomo 9
che morfo dalla vipera , o dal cane rabbiofo*
o ferito da ferro avvelenato , ricufando ogni
altro medicamento 5 avefìe fondata tutta la fpe.
ranza di fua guarigione in quelle pietre 3 le
quali, per dirla come io l’intendo, fon tutte
adulterate , o fattizie , o fe pure fono fiate
generate nella teda di quel ferpente chiamato
[obra de [abelo , ovvero Serperne Cappelluto ,
elle non anno potenza contro al veleno deha
vipera , dell’ olio del tabacco , e delle frecce
del Bantan , o di Mac affa r ; e fe di quakhè
forza d’ aleffifarmaco fon dotate , ai piò al
piu fi può concedere , che vaglia folarnente
contro a foli morii di quel ferpente , nella
teda del quale anno avuto il nafcimcnto, che,
così fenza giunta di favole , drive nel capi¬
tolo del ferpente Gen-to, della fua Flora Chi-
nefe,il Padre Michele Boim Giefuita, appred
fo del quale fia della verità la fede $ perchè
in quanto a me voglio credere , come ho
detto di fopra , che quede nodre pietre fie¬
no fatte a mano ; e ral credenza mi vien
confermata da molti valentuomini , che per
lunga età anno abitato nell’ Indie di qua, e di
là dal Gange , affermando, che elle fon lavo¬
rate da certi Solitari , o Eremiti indiani ido¬
latri ,
DI FRANCESCO REDI . 61
latri , chiamati logui , i quali pofcia le por”
tano a vendere in Dju, in Goa , in Salfetta?
e ne fanno mercanzia per tutti quanti i luo¬
ghi della colla di Malabar , e p r tutte 1* al¬
tre del Golfo di Bengala, di Siam , e di Coc-
cincina, e per tutte le principali Ifole deli1—
Oceano Orientale . Ma più d’ ogni altra co-
fa , che mi faccia Bar forte in quell’ opinio¬
ne lì è , che Voi llelfo ancora ^ Fprtuofifisimo
‘Tadre , non ne fete affatto lontano , come
appunto pochi giorni fa ho potuto vedere nel
vollro dottiamo libro De ti iplict in natura rerum
magnete » dove mentovando i ferpenti cappel¬
luti , e le loro pietre , nella feguente manie'
ra laggiamente avere fcritto . Qui autem bi¬
odi ferpentes € attendi modum cjxam de xt eri mie
cadenti funt Brachmani , (fi/ quos logie s <r o.ant,
genti liti <e fuper j li tieni s evemicoU : long a fi qui de m ex-
per lentia dodi » <rel ad primmn Jet penti s pileati
afipectum ex certis fignis noi unt , qui lapide tm-
geant * qui non , me lue fifiunt , fiquidem compa¬
rata La um lapidimi copia , contufios , oaque un
cum relìquie firpentis partibus 3 addita nonntbd ex
terra fgillataa aut edam , quarn magni factum , ter¬
ra meuter.fi» in majjam reda&os » laptdes riformane
ar tifici ale s , eadem et ir tu te, qua naturales rnlutos ,
quos dande magno qua fin aàruenis rendimi » fie-
creti
fri ESPERIENZE NATURALI
orti j lapidi s confciendi , irà tenaces 9 ut mllis dui
frecibus , àui obfecjHÌjs 2 propoftifque nummi s > id
aduen.e exmouere po flint . Vn’ altro Padre Gie-
fnira così ne parla in certe fue relazioni .
Londre d qui la njinud de oira piede a de coirai
one ay en la India: llamafe efia3 piede a de cole a
de Uw : Ss pequena » e tiene algunas manchas
blancas : es e eh a de noarias confclwnes 3 y contro. -
rvenenos s h (tieni a los logues » que fon bombres
genttles y penitente s , y los encantadores de culebras ,
que moran en Diti . De alounas fi dite 3 que^»
nafen en la cabezjt de la cutebra > però efias fon
rverdes * y efenras : en rverdad fon piedras dijje-
rentes d' efias artifciales * y todas tienen la mi fina
rvirtud . Delle pietre verdi io non ne ho mai
vedute , ne provate j ma fe anno la flefìa virtù
dell’ artifiziali mi fanno con molta ragione din
bitar fortemente del 1 or valore . Anzi fio per
dire, che mi rifòlvo quali quali a credere,
che quelle , e quelle fieno affatto prive d’ ogni
virtù $ e che quei fogni fieno della lìdia raz¬
za de’noltri ciarlatani , o cantanbanchi : conciof*
fiecofachè vadano pe' mercati dell' Indie, facen¬
do mollra de’ferpenti cappelluti, e gli portino
avviticchiati al collo , e alle braccia j ma però
( come afferma Garzia da Orto ) avendo pri¬
ma cavato loro tutti i denti , e avendogli fpo»
gliati
Dì FRANCESCO REDI, €3
gliati dJ ogni veleno : E può edere ( ed è
mia immaginazione) che da quelli ferpenti, in
cosi fatta guifa preparati, il facciano poi mor¬
dere, e medichino quelle morfure con ie pie¬
tre, e così dieno ad intendere per vera la falla
virtù di elle . Ser penta cobras de cab e lo , feri ve
Garzia nel capitolo del legno ferpentino, circum-
ferre folent Circumforanei quidam ( logues appellane')
Jìipem emendicantes > (ef cìnenbus fe fi afpergentes „
m hac ratìone rvenerandos fe fe fanflimm* ùlulo
^vulgo pr<ebeant . Circumtunt ijìi omnes regiones »
(efi non nulli ex ijs circulaiorum mtmere fun^untur »
geflantque bos fe r pente s * quos de mule ere fieni * (èf
collo aptare ( prius tamen exemptis dentibus ) njuU
go perfuaàentes eos fe incantale » ne nocere pofsint .
Ma bifogna pure , potrà dir qualcuno, che
quelle pietre abbiano una certa , non fo qua¬
le, amicizia, o nimicizia col veleno; e che tra
effe , ed il veleno , vi Ila un non fo che di
corrilpondenza , vedendoli chiaramente , che
fi appiccano tenacemente a tutte, quante le fe¬
rite attoscate . Non li può negare, che non
fi attacchino , ma egli è ben necefiario di poi
jfoggiugnere , che elle fi attaccano alle ferite
non avvelenate , ed a tutte le parti del no¬
li ro corpo , che fieno di fangue molli , o di
altro liquore bagnate , per quella fldfa ragio¬
ne ,
H ESPERIENZE NATVRALì
ne , per la quale fi appiccano i panellini dt
terra figillata , e turte quante 1’ altre maniere
di bolo . In fonimi rimango fempre più
flordito di tante menzogne , che giornalmen¬
te il fcrivono , e fi narrano intorno a que’
medicamenti , che dalle terre d’ oltre mare ,
e dagli altri più lontani , e men conofciuti
paefi nelle noftre contrade fon portati, poco
importando fe ’l falfo o 1 vero fi racconti ,
purché nuove cofe inaudite , e quafi quafi
miracolofe fi rapportino 5, immaginandoli ogni
uomo per quella via di renderli più cofpi-
cuo , e più ragguardevole , e d* elfere flima-
to più dotto degli altri dal femplice volgo ,
che crede quelle baje con quella (Iella fede,
con la quale i rozzi Callellani di Certaldo cre-
deron veri gli effetti della penna , e de’ car¬
boni mollrati loro da quel ribaldillimo ingan¬
natore mentovato dal Boccaccio nel Decame-
ione » E fe T Ariollo ebbe a dire .
Chi <z>a lontan dalla fua patria suede
Cofe da quel che già credea lontane 9
Che narrandole poi non fe gli crede »
E (limato bugiardo ne rimane :
Che ’/ svolgo fiocco non gli svuoi dar fede
Se non le svede 9 e tocca chiare » § pane ,
Mi
Di FRANCESCO REVL <T5
Mi rendo certo > che fé da Storico , e
non da Poeta avefle fcritto , o per Io meno
con la fchiettezza da lui nelle Satire ufata ,
avrebbe chiamati favi , e non ifciocchi colo¬
ro , che van lenti a dar fede a tutto ciò ,
che vien riferito delle cofe di que’ paefi , ne*
quali non è cosi comodo il gir pellegrinando,
per rinvenir delle cole raccontate la verità .
Vi dico per cofa efperta, e vera, che molti
famofì medicamenti dall’ Affrica , dall’ Indie
orientali, e dalle occidentali con grande efpetta-
zione recati in Europa , non mi anno retto
fra mano , e di niun valore alla prova mi
fon riuiciti . Per tal mio dire,diverfi uomi¬
ni zelanti , e forfè troppo creduli fi biadino¬
la nno di me , e ne mormoreranno , efcla-
mando , che, con una troppo goffa , e poco
politica fi ncemi , proc curo di fminuire , o di
togliere il credito a quelle droghe medicinali,
che per invecchiato confentimento di molti
Autori , lo anno grandiffimo j ma camminan¬
do io per la via eh un’ efperienza libera, e
non appi Tuonata, rifpcnderò loro, adattandole
a! imo prcpofìto, con le parole di quel nobili fh
fìmo Satirico Fiorentino .
I Dunque
i
6S ES TERìEJJZE 'NATURALI
Di' rati a tra svogli a imperierà chiede 3
dd io metta od mio belletto le pafioje ,
! K e più la J corra , eh’ il tuo occhio mede ?
Chi fi da cjuefii impacci > e quefie noje
La meerità non ha già per oggetto y
%Evta svuoi tenere in prezzo quelle gioje ,
€h' efiendo f al fi > gli fa gran di [petto
Chi arreca delle svere » e le fina [macca >
Ado flr andò al paragone il lor difetto*
Non è però eh* io non fappia , e non
provi giornalmente , che 1’ efperienze più dif¬
ficili , e più fallaci fon quelle , le quali intor¬
no alle cofe medicinali fi fanno: conciofficco-
fachè una grande » e generale incertezza ac-
compagnia per lo più tutti i medicamenti ; c
fpefle fiate avviene , che uno (ledo male p of¬
fa nafeere in corpi differenti da differenti ca¬
gioni j e che polfan darfi molte circofianze o
di- tempo , o di luogo , o di preparazione ,
0 d’ altro , le quali non ben* ofiervate fien va¬
levoli ad impedire, o a mutare , o a fin m id¬
re le virtù delle medicine : Contusoci ò quan¬
do di certi medicamenti, dopo molte prove,
e riprove, fatte con diligenza, erifatte, non
fi vede mai effetto alcuno evidente , bifogna
pur ragionevolmente fofpettare del lor valore.
Nel numero di quelli è quell’ animale col gu-
M FRANCESCO REDI. 67
Scio, quali Umile alla tefluggine.» che nel Bra-
hi, e nella nuova Spagna è chiamato Tarn*
c da gli Spagnuoli ZArmadillo > deferì tto dall-
Oviedo, da Pietro Martire, dal Gefnero , da
Giovanni Lerio , dal Giulio , dal Nierember-
gio , dal Vormio , c dal Settala nel fuo no¬
bile Mnfco . Dicono alcuni, che una dram¬
ma deila fua feorza , o gufeio provoca po¬
tentemente il fudore a coloro , che anno il
mal franzefe; e che un’ officino della fua co¬
da ridotto in polvere impalpabile, e mellone
quanto un capo di {pillo nell’ orecchie , vale
contro alla fordità, eia guarifee infallibilmen¬
te ; Tutto è mera favola , che conofciuta
forfè da Guglielmo Fifone , non diffe parola
della virtù di quello animale, ma fe ne rimi-
fe a ciò che fcritto ne aveano il Monardes ,
ed il Ximenes, modeSlamente confeflando» che
egli non ne aveva giammai fatta esperienza.
Raccontano alcvni altri , che un certo pe-
fcc de’ mari del Brafil, che per elfer fomiglian-
tc nella faccia alle donne , da gli Spagnuoli è
detto Fe [ce Dorma , abbia 1* offa così pregne di
vii; ù, che portate addolTo in maniera che toc¬
chino la carne viva, ristagnano immed'atamente
ogni più rovinofo flulfo di fangue, che da qual-
fìvoglia \ena,o arteria precipitofamente trabcc-
1 2 chi.
6* ESPERIENZE VUrrVRALl
chi . Oltre il racconto eli coloro , lo Scrivo¬
no ancora molti Autori, fra’ quali il Padre Fi-
iippo della Trinità Carmelitano Scalzo nel li¬
bro fettimo de5 Puoi Viaggi orientali lungamen¬
te ne favella con le feguenti parole . Vi fo¬
no ancora alcune Sirene* ma/s ime vicino alt Ifilas
di S. Lorenzp nella parte orientale dell ’ Affrica» Ics
quali fi chiamano da ‘Tortugbefi Pefei Dome » per¬
che dalla cintola m giù fi terminano in pefccs .
L' offa loro fervono in molte cofe „ Sono firaordi -
nanamente fredde » ficche » fi qualcheduno pigli afcs
uno di quejìi ofsi » mentre fi gli cava /àngue » non
filo il / àngue fi ferma pel freddo * che il braccio ne
riceve » ma ancora fi gela nella fteffa vena . Il
'Ulcere dell Indie fu una 'volta ferito nel V arten*s
dal cerufico , e quando non n? era più rimedio per
la fua falute » gli f diede nelle mani un dente di
quefio pefie » ed il /àngue dell arteria fi fermo /li¬
bito » e reftb libero dal pericolo . •%/
no molto per la cafiità » ed a reprimere i movimen¬
ti carnali » anzj rendono gli uomini impotenti * e fi, -
vono in molte altre cofe per la falute del corpo.
Varie corone lavorate di quefV oda, in di¬
vertii tempi furon donate al Sereniamo Gran¬
duca mio Signore, le quali mede da me in
opera non mi anno mai dato un minimo con-
traflegno della mentovata loro potenza di Sta¬
gnare
di Francesco Redi . 6$
gnare il fangve , e dì rintuzzare i Iibidinofì vo¬
leri . E ’l medcfimo , avendolo efpcrimenta-
to , affermo de’ denti , e dell’ offa dell’ Ippo¬
potamo , o Cavai marino; e pure il Padre Mi¬
chele Boim Giefuita par che voglia perfuadere
in contrario , mentre cosi ci lafciò fcritto .
Remo Spedale di Goa fi confèrva un gr afidi ' fi-
fimo dente di (fa vai marino» del quale quandi <~uo-
glion fare fp e nenia. , tagliano Li vena d un uomo*
e mentre il fanone ne fpicaa » legano quel dente alt
intorno della mena aperta» e fiotto il fan otte in ef
fa rìngorga , e fi ferma . Ed è nota la fona del
cadavere d un certo Principe di A4 al alar ucci fi in
battaglia navale da' \Por tughe fi » che quantunque-»
fjfe p affato forfora da molte palle di m fletto »
contutioao non gli era ufeita ne pure una minime-»
fida di fmgne» perche portava al collo un pezzo*"
to d' ojTo di favai manna 3 il quale to fi oche d?-»
quel cadavere f allontanato » comincio il fangue a
Jfgorgar dalle ferite così dirottamente * che tutti gli
aitanti ebbero grand' occ afone di riempierfi di fiupore.
Di quefto avvenimento» foggiugne* non penfò »
che altra fa la cagione , che una certa qualità fied -
dfsima di quell ojja » valevole a congelar ne' cor¬
pi tutto il fangue » e a privarlo della fua nativa
flufsibilttà . Se un5 uomo , o qual fi voglia
altro animale polla vivere col fangue rappre-
fo
7© ESPERIENZE LATERALI
fo ne' laghi del cuore, e negl’ «irrigati andiri¬
vieni , e meandri de* canali fanguigni , lo la¬
ido confederare a chi ha fior di ragione .
Quanto poi all’ aprire una vena, e far sì col
dente, o coll’ offa d’ippopotamo, che il fan.
gue non ne poifa fcaturire , è imprefa, che
facilmente fi può far vedere , e credere agl’
Indiani, che fono uomini di buona palla, ma
non già agli Europei, fe però non folle qualche
femplice donnicciuola, la quale il pcnebbe in¬
gannare coll’ aprir la vena, e pofeia due otre di¬
ta fotto quell* apertura legare Uretra mente un
pezzetto di quel dente, o di cucii’ oda, perchè
rodo il fangue cederebbe di fgorgarucj ma tuf¬
ferebbe Umilmente , fe in vece del dente di
Cavai marino vi folle appoggiato un dito dcl-
la mano, o fe legato vi folle qu alliba pez-
zuolo di legno, o ci metallo, purché Uri gn ef¬
fe il corpo della vena in modo , che il (àn¬
gue non poteffe Correre, e penetrare fino al¬
la ferita : Onde molti ih ma lode , e vera fi
conviene a voi, Padre Atanafìo,che polfeden-
do tre di quei denti, coinè riferite nel nobi¬
le , e magnifico libro della China iiluftrata ,
non avete affermato cofa veruna delle proprie¬
tà di quegli , riferbandovi faggiamente a farlp,
quando ne averete prefa la fperienza . No$
DI FR£N CESCO REDL jt
dente s himts ammali r rewos in nojtro Alufeo exbt'
lemus ? quorum quidem qtt alitati* experimentum nec
dum fumpfmus : quod uhi feccrimus * tunc un#->
quoque y v attorie m t&m mirifica qu alitati* m~iefìtg<x-
himus .
Nell’ Ifoia di Cuba, nel Mtffico, nel Bra-
fd,ed in altre varie patri ce!!’ America meri-
dionale, e fettentrionale fi trovano certi Pie r-
minati, e difoncfli lucertoloni , o ramarri a-
quatici chiamati Iguane , de’ quali Guglielmo
Fifone riferifce, che anno una pietra non mol¬
to dura nello filomaco , e grolla per lo più
quanto un' uovo di gallina . Altri però af¬
fermano , che la generino nel cervello 5 e tra
effi Francefco Ximenes fa teflimonianza , che
bevuta al pefo di una dramma in qualche li¬
quore conveniente, lana mirabilmente i dolo^
ri nefritici , avendo virtù diuretica, di romper
la pietra , e d’ aprir le vie all’ orma . Il Fi¬
fone confeffia di non av ria provata. Il Nie-
rembergio, l’ Oviedo, il Gomara, il Vormio,
e Giovanni di Laet non ne fanno menzione .
Io T ho provata in molte occafìoni, ma fenza
verun frutto ne pure immaginabile 5 E di que¬
llo mio disinganno ne debbo l’ obbligazione al
signor Marchefe Girolamo Biffi, che, per fa¬
vorire la mia curiofità nell’ efperienze, ebbe a
grado
72 ESPERIENZE NATVRAL1
grado di donarmi una di quelle pietre . Ma
fé la trovai inutile ; inuriliflìma conobbi an¬
cora un’ altra famofa pietra prodotta o nel
capo, o nel ventre di certi ferpenti africani:»
■che nafeono in Mombazza , paefe della colla
di Zanguebar ; e pure vien riferito, che tal
pietra fa gran di fumo , e fperimentato medi¬
camento per far partorir le donne gravide con
prodezza , e fenza dolori , quando anco la
creatura fede morta, legando la pietra ad una
delle cofce dell a parturiente; con avvertenza
però di levarla via fubito dopo il parto, per¬
chè continuandoli a tenervela legata, eli’ è co¬
si grande la forza di quella pietra , che tire¬
rebbe a fe fuor del corpo tutte quante le vi-
feere della donna : Vien creduta parimente
miracolola per mandar via le febbri data a
bere nel tempo delia declinazione del parof-
iifmo $ e per guarire i dolori colici, e per if-
cacciar via dall’animo ogni malinconia , ancor¬
ché fofie Cagionata dalla più line, c più (bien¬
ne ipocondria del Mondo . Ne fu donata una
al Screniflìmo Granduca Ferdinando Secondo
mio Signore, ed era di ngura sferica, e di pe¬
lo intorno a cinque once, la quale è fata da
me provata, ed efperimentata Tempre in vano;
Ed è pietra per di fuora bernoccoluta, e coni-
di Francesco Redi. 7$
porta tT infinite sfoglie foprappofte V una all’¬
altra , come fono le pietre della vefcica de-»
gli uomini, e queir altre, che nell* Indie orien«
tali fi trovano negli ftomacht de‘gattimammo-
ni , delle pecore , de’ cervi , de* daini , ed in
altri animali ruminanti domcftici , e falvatici 5
E nell’ Indie occidentali negli ftomachi pur del¬
le vigogne, delle tarue, de’ guanachi , e de0 pa¬
chi , le quali tutte fon da noi chiamate Pie¬
tre Bczaar . Colui che la donò , la teneva
in grandiflìma ftima , c volle accompagnarla
con la feguente fcrittura.
* Tara que fe conofca efla piedra » y fè efìime >
dire a qui fu ^valor > fu <-uirtud » y el modo corriti
fe der ve ufar della . En primero lugar llamafc*,
e fa piedra en portugues Fedra de Cobra de
bazA . [ri afe en la cabezjt > 0 come otros di zen *
en el ^ventre de las culebras, que ay en MornbA-
En las Indi a s fon ejìas piedras miti raras s y
per ejfo de macho n-alcr > y ejja no fe aliarla alla
menos de cen ‘Tardaos » que njden poco meno s, que
cen 'Tatacas . per fer cada Pardao » que por otro
ncmbie fe dama Xerapin » fìete Reale $ y medio de
piata : Otros piedras hai di e Ras mas ptqmnhas *
que a ’alen menos , mas ttenen la mifina njirtud .
En Europa no fe que bay a mas que duas .» y efla
es una dell a s . K Elia
74 ESPERIENZE NATURALI
E fa pedra tiene primevamente virttid para ha-
ver parir Us megere t con facilitad * e fn dolor y e
baze qus la crianzjt fi eAe aunque fiea muerta en
el ventre . P ara e fio fi debe hgar en una pier-
na , o muslo * menos de un palmo del collo para
cima de la parte de dientro * però tanto que /</__*
crianza teiere fialido* fi deve aiutar luego * porque
fi aviere difiuido en e filo* la Aladre tendrd peltgro
de vida * porque le hard purgar todas Us entran-
bas o
Sir ve mas e fi a pedra para dolores dej colica* y
es maravillofid para quitar efia dolenzja* la qual *
fi procede de calentura * fi deve tornar en agua s
fi procede de frio * fi deve tornar en vino s e quan¬
do no fi fiabe la raiz. de la dolenzja » fi puede to¬
rnar en agua, porque de fu naturalezza es cadente *
y fimpre darà buen efifeBoy dunque proceda de fido .
El modo de tornarla es moliendo poquito de a que-
fla pedra * que facilmente fi haze fi òpra etra perire
tnaiada con agua * o vino , y defpues fie beve co¬
rno qualquier otro contra-ponzonha »
Sirve mas para todos los dolores del ventre ^
procedidcs de inàigefiion * y ventofitad * y en e filo
fi iguala con la pedra de puerco efipirn » y fi to¬
ma del mifimo modo en agua.
Sirve mas para quitar todas las febres tornando fi
tome efia dicho en agua en la declinazjon>y hazj mas
fudar . Sir-
DI FRANCESCO REDI . 75
Stime mas para f aitar teda melancolia ,y trL
fteza de cvrazpn lepida en <vino aiguado,
I favolof trovati , che fi raccontano in¬
torno a* medicamenti moderni , anno per lo
più avuta origine da qualche novelletta feruta ,
e creduta da alcuno degli antichi creduliflìmi
Scrittori „ E chi non s’ avvede* che quanto
narra coftui della fua pietra di Mombaza intor¬
no all’ utilità , che fuol* apportare alle partu-
rienti , lo ha tolto di pefo da coloro , che
fognarono , e fenderò le virtù della Pietra
aquilina : Aetites ? dice il Vormio, che anch’
egli fe le crede , parturientibus dicatum te fiatar
Pltnius , Galerns , non refi alante e xper tentiti /
finifiro namcjue brachio alltgatus factum in ijs reti -
net 3 f u <c ad abortum funt procltnjes oh uteri lu-
bncitate m . Tempore partits finifiro femori a
dolor e s mimiti ac partum accelerati cuius e Xpert en-
ttam fiepius in bac urbe feci 3 adbibita tertia fpecié »
E fi emm Cjeodes parnaulus onji collimimi magnitu¬
dine 3 cuius effe cium in cafibus defperaùs multa: ho -
ne fi ce matrona feptus miderunt . Sed ubi partus
e x' idem fiattm amomendus : Ob Cerna anjìt nam <
aue Faleriola tam njehementer trabere , ut una ute -
tus excedat 3 ni mature remarne atur » cjuod, co re¬
ferente 3 acctdit 'Valenti* coniugi Fon foni Joule ni j
et u* oblivioni tradens lapidem femori alito atum eia-
pfa matrice cxtincla e fi, K 2 ì
7* EÌVÉRlÉttZE VZÀTVRALI
ì Caimani fon coccodrilli dell’ Indie : fii-
ron deferirti da Niccolò Monardes da Gu¬
glielmo Pifone , da Giacomo Bonzio , e da
molti altri . Nello ftomaco di qucfle BeTtie
fi trova una gran quantità di ciottoli di fiume
da effe inghiottiti, de' quali 9 per quanto riferi¬
re il Monardes , è tenuto un gran conto da gli
Spaglinoli* e da gl' Indiani per feruizjo di coloro * che
anno la fèbbre quartana : cmciofisiecofachè » applican¬
do due di que * ciottoli all' una * ed all ' altra delle
tempie , cejfa la quartana * o s alleggerire grande¬
mente il calore di ejfia ,• e di ciò * foggiugne il
Monardes , ne anno grande efperienzji , perchè nel
naviglio * do^ve ^veni-va chi me ne donò due di e f
fu fu medicato * un Monaco , il quale con que fio ri¬
medio in tre » o quattro accezioni * rimafe libero dal¬
la febbre s ed io gli ho prosati due njohe in nn<t-j>
fanciulla quartanaria » e pare che non futa tanto
caldo mentre gli tien legati alle tempie, ma noru>
le è cejjata la quartana : 71 on fi quello che fia
per feguire da qui acanti . Se il Monardes a-
veffe continuato a fcrivere la fioria di quefta
fanciulla , o avelie voluto fcrivere la verità ,
tn' immagino, che avrebbe potuto riferire la
vanità di quello medicamento da me più volte
efperimentato fenza profitto non folamente nel¬
le febbri quartane , ma eziandio nella pietra
di Francesco Redi. 77
delle reni, ancorché Francefco Ximenes riferì-
Tea effervi rimedio fingulare ; e particularmen-
te fé quei ciottoli fien cavati dagli domachi di
quei caimani, che fon chiamati Jacarè . Può
edere che io fa flato ingannato , e che , in
vece di pietre di caimani , mi fieno flati dati
ciottoli d’Arno, o di Mugnonej ma contutto¬
ché non voglio mutarmi di parere , ne voglio
credere , che , per edere fiate inghiottite le
pietre da que’ Serpenti, abbiano acquietate quel¬
le virtù . L’ Autore della floria naturale , e
morale delle Antiglie , fcrivendo de’ caimani ,
non parla di cotali ciottoli dello flomaco;ma
folamente fa menzione di alcune pietruzze, che
fi trovano nelle loro tede , predicandole mol¬
to profittevoli a coloro che patifeono di renel¬
la : Quindi foggiugne, che i denti maeflri de’
caimani, col loro toccanrento, fanano il dolor
de’ denti , e prefervano effi denti dal guadarli ;
Non voglio però dargli fede , vietandomelo
Fefperienza, che ne ho prefa, non folamente
con i denti de5 caimani, ma altresì con quegli
de’ coccodrilli di Egitto.
Tra gli animali dranieri, che con antico >
e reai codume fi mantengono ne’ serragli del
Sereniamo Granduca mio Signore, vi fi vede
un* uccello di rapina , che di grandezza , di fi-
7 8 ESPERIENZE NATURALI
gura, c di color di penne, è firn ili fi uno al Boz¬
zagro , fé non quanto ha una falcia nera in
quella parte, nella quale il collo fi unifce al
capo . Nafce nel Brafil , e fi chiama Hanco-
han , e dicono elfer quelli il primo, che fia
flato portato vivo in Europa . I Gentili di
America, e i Portughefi, che abitano in quel*,
le parti, affermano, che la rafchiatura deli-
unghie , e del becco bevuta è uno de' più
potenti contravveleni del mondo ; e che le
penne, e la carne fleflfa, e l’offa anno gran
virtù per guarire molte e diverfe infirmila ,
Io non ne ho per ancora fatta la fpcrienza .
Contuttociò fpero di poterla far quanto prima,
E quanto prima ancora offeruerò minutamen¬
te un’ altro animale quadrupede , che venuto ,
pochi giorni fa, dal Brafil, vive ne* medefimi
serragli 5 ed è quello lidio, che da Gugliel¬
mo Pifone fu chiamato Capybàra , ovvero Por-
co di fiume ; e 1' offerverò con particulare at¬
tenzione , perchè parmi, che Guglielmo abbia
tralafciate molte cofe neceffarie a dirfi nel de¬
ferì ve rio ,
Anno gli elefanti nella piccola lor coda
alcuni peli,o per dir meglio fetole nere^tra-
fparenti , di materia quali oflea , ma pieghe¬
voli . Se tra quelle ferole nere fe ne trovi
qual-
di Francesco Redi . 75»
qualcheduna delie bianche , è tenuta in gran
pregio nell’ Indie orientali, e particuiarmente
nell’ Imperio di Siam , e nell’ Ifola di Zeilan ,
dove trovandoli talvolta degli Elefanti bian¬
chi , fi trova parimente maggior quantità di
quelle fecole bianche , delle quali que1 popoli
fe ne fervono per guarire dalla fordità, tenen¬
done un pezzetto a guifii di rafia nel forame
dell’ orecchie . Credono eziandio , che chi
porta al braccio un ma raglio di dfe ferole
refii iibero dalle vertigini , le quali più non
ritornino; e non polla ricever nocumento dab
1* arie maremmane , infette , e pcftilenziofe.
Conofco alcuni , che anno ufato lungo tem¬
po quello medicamento, fomminiftrato dal si¬
gnor Don Antonio Morera Canonico della
Cattedrale di Goa, ma non anno mai racqui¬
eta la perfezione dell’ udito , ne lo anno
provato più acuto ; Laonde mi Tento incli¬
nato a credere , che anco quello rimedio fia
come gli altri foprammentovati inutile, e va¬
no : Ed in vero Filippo Pigafetta nella fua
deferizione del Congo * parlando degli Ele¬
fanti di quel Regno , e delle fetole della lor
coda, fi contenta di affermare, che elle fono
in gran prezzo apprelfo a quegli AfFricani , fo-
lamente perchè fono ufate negli ornamenti
degli uomini ? e delle donne . li
So es'teKie'hze NjrrRALi
Il fopraddetto Don Antonio Morera mi
jjjffermava, che nelle montagne del Malabar
abitano certi uccelli neriflìmi , limili a’ corvi
d’ Europa , nel ventriglio de* quali fi trovati
molte pietruzzoìe di diverla figura, e colore,
che legate in piombo , e applicate nel mez¬
zo della fronte fanano incontanente ogni do¬
lor di tefta , nato da qual fi voglia cagione,
che perciò dagli Eremiti di quel paefe , che
ne fanno mercanzia , fon vendute così bell’ e
legate a prezzo rigorofiffimo ; ed egli , che
ne avea due appreilo di fe, ne faceva un gran
conto . Avvenne in capo a pochi giorni ,
che fui forprefo da una folita mia emicrania |
onde per termine di creanza, e di civiltà, mi
lafciai perfuadere da elfo ad applicarmi una
delle fuddette pietre 5 ma l’emicrania più odi-
nata che mai volle fare il fuo corfo delle
ventiquattr’ore con maraviglia grande di quel
buon’ uomo , il quale volea pofeia indurmi a
credere, o che io era il più sfortunato di
tutti gli uomini, o che i dolori di tefta degli
Europei, non erano della ftefifa natura di que¬
gli , che tormentano gli abitatori dell* Afia :
Imperocché ( lòggiugneva ) fe quelle pietre non
avellerò avuta qualche mirabil virtù» la Natu¬
ra } che non opera mai in vano , ne fenza
qualchè
di Francesco Redi , 81
qualche fine particulare , non le avrebbe fatte
nafeere ne’ ventrigli di quegli uccelli ,* quindi
pafsò a rammentarmi la virtù della Pietra
Chelidonia, che fecondo Diofcoride, fecondo
Apollonio appreflo AlefTandro Tralliano, e fe¬
condo , che riferifee 1* Autor del libro delle
Incantagioni attribuito a Galeno , fi trova ne*
ventrigli de* rondinini 5 e la virtù parimente
della Pietra Alettoria * che pur nafee negli
fiomachi de* galli , della quale Plinio, Alecto -
nas naocant in rventriculis gallinaceorum indenta*
cry palli feerie, magnitudine fib<e> quilus Milonem
Craomenjem ufi-m in certamimbus tn~in£lum fuijje
rvideri njohmt . E Solino : Vtclor cMilo omnium
certamimim » cytt obi<vit leclo-ia ufis tradttur >
qut lapis fpecie crijì aliina» fai* modo » in gallina-
ceorum njentriculis incantar » aptus » ut die uni »
frtcliantthus . Ed un Poeta copiator di Solino.
Efi Altclorius galìorum in ^ventre Upilliés
ZJt fiaba» cry palli fpecie > pugnanti bus aptiif .
Io me ne rifi dentro il mio cuore ; e con
ogni piacevolezza cercai di perfuadere a lui ,
e di fargli toccar con mano , che quelle pie¬
tre non nafeevano in que’ ventrigli , ma che
elle vi fi Trovavano, perchè erano fiate in pri¬
ma inghiottite da elfi uccelli , i quali non eran
foli ad aver quella naturalezza d* inghiottir le
' L pie-
$z ESTERìEJfZB JFATFRALi
pietre, ma che 1* ingoiavano ancora tutte quan¬
te F altre fpezie di uccelli domeftichi, e ùU
vatichi ; Ed effettivamente pochi giorni appref-
fo gliele feci vedere in molti , e molti ven¬
trigli di differenti generazioni di volatili , e
fpezialmente nelle Gru, le quali ve ne a verno
una grandiilìma quantità.
Che le Gru ingozzino qnefli fàffofini , lo
accennò Ebano, e volle anco addurne la ca¬
gione affermando , che le Gru , quando nel
tempo dell’Autunno voglion paffar il mare per
àndarfene in Affrica, inghiottono quelle pie¬
tre , le quali fervon loro , e per cibo , e
per zavorra contro 1’ impeto de’ venti .
Ft Ìk£?ìi xzTrtnrtouffiz, ai iteti ^'ei-zrvov ,
‘zrpoc rct$ s^oÀ-css raw d/zuav ìp(Àsi , TrAptovr au rrj
$AlTQtXHttMÌU .
E* frivolo , a mio giudizio , il detto di
Eliano, concioffiecofachè la Gru non inghiot¬
te una fola pictruzza , ma molte , e molte :
E non è credibile, che ella le inghiotra per la
cagione della zavorra, mentre reggiamo, che
ne anno continuamente nel ventriglio tutti gli
uccelli domeflichi , c che non volano , come
F anitre, V oche, i galli , le galline, ed in par-
oculare gli bruzzoli , nel ventriglio d’ uno de*
quali mi ricordo di averne trovate piu di tre
libbre mefcolate con pezzuoli di ferro , e di
rame*
di Francesco Redi . 83
rame . Che poi le Gru , che fono animai
acce rullimi , per viatico del patteggio del ma¬
re il cibino di pietre, delle quali non poilon
trar fugo di nutrimento 3 parve cofa tanto ftra-
na a Samuel Bociarto , che nell’ Ierozoico, du¬
bitò fc nel tetto d' Eliano fotte error di fcrit-
tura, e fc la voce ofim ttgnificante la cena»
e il alo , il dovette leggere fi vvno v , che vale
per caoion del fonno , come quello, che non ef-
fendo forfè cacciatore , credeva che fotte ve¬
ro , che quando alcune delle Gru fanno la
fentinella all’ altre , che dormono , elle ttieno
in un fol piede , e coll’ altro follevato fotte le¬
gano un fatto, acciocché le tenga fvegìiate :
hacjtie curii Grv.es , fcrive il Bociarto , Eltanus
lapillos dorare dicit dg kxI forno?, xsù yrpog rag'
\,u£o?ag dvfpcw if'.ua , midendum an ne prò
SctTrvov leoi debea t fì ornerà propter femnam : La*
pilics enwi Gu.ilvs cjje prò orna njaldt abfkvdttm
e fi : Sed njcluit forte A Eltanus lapides a Grui -
bus moravi non folv.m ut ‘Tcntum tranfìzclaturis
prò fallir r a fìnti fìd (gr ut mari tr ay ciò» emo*
miti ad fìmnum > cjua r attorie diximus » ai\endum
infermiant . Che le Gru dimorino talvolta in
un fol piede è cofa veriflìma, e la fece vede¬
re Chicchibio cuoco a Currado Gianfigliazzi
cola nel pian di Peretola » fe non mente il
84 ESPERIENZE N AFFRALÌ
Boccaccio ; ma che in quel tempo elle ten¬
gano un (affo in quell5 alno piede, i cacciato¬
ri non lo voglion mai credere , ancorché ne
facciano teftimonianza Plinio , Solino , Plutar¬
co , File, e Zeze : E quando pur anco folle
vero veriflìmo » a che proposto le Gru anno
a portare quel falfo nel ventriglio, o nel goz¬
zo infin di la dal mare con tanto {comodo di
doverlo pofeia ri vomitare i quali che negli al¬
tri paefi non fodero per trovar pietre . E’ in-
gegnofìflima nondimeno la correzione del Bo-
ciarto, ma contuttociò lafcerci il tetto d' Eba¬
no ne* Puoi puri , ed antichi termini : E fe io
avcffi il prurito, com* oggi foventement fi co¬
ll: urna , di far dire agli Autori antichi quello,
che ne meno fogni arono , affermerei che Eba¬
no con molta ragione li feruì della v»ce Mbivw
lignificante il ctbo , imperocché forfè avea co-
nofeiuto , che gli uccelli mangiano le pietruz-
ze, perche elle fervon loro per far ben dige¬
rire il cibo ; il che poi è ftato detto più chia¬
ramente da’ Moderni, e fpczialmente da’noftn
Accademici del Cimento, da Guglielmo Àrveo,
e da Tommafo Cornelio , i quali tengono ,
che la digettione nello ftomaco degli uccelli fi
faccia in gran parte, ovvero fi ajuti per mez¬
zo della triturazione ? e che quelle pietruzze
DI FRANCESCO REDI. 85
fieno come tante macinate raggirare da quel
due forti, e robufd mufculi de’ quali è com¬
pollo il ventriglio.
Ma già che accidentalmente ho favellato di
queda correzione del teilo di Eliano, per¬
mettetemi ancora, che in propofito delle Gru
io difenda il Greco Scoliaftc di Teocrito cri¬
ticato a torto dal medefimo Samuel Bociarto.
Lo Scoliate fopra quei vedi dell’ Idillio
decimo .
A ài% rw x. ùrico'* » ó A ùzo; r cty atyct Iicó:tu > ,
*A yépavpc r* dp.rpov
hfeio fcritto d^yoi tvov yap crópov ài jtpuv (pàirofrtt
Le gru comparirono quando comincia la flmenta.
Quoà non capto, foggiugne il Bociarto > quia Re¬
me mi s tempore non nceniunt gruss * fed migrant s-
Grmim tnim migratio in autitmnum inciditi qui
efl fationis fole m ne tempus * fflc. Itaque nugatur
Grtculus a quo h.ec Scholia /cripta flint.
Se Io Scoliate greco fcriffe quelle chioie
in quel paefe , dal quale di primo volo fi
partono le gru , quando vogliono paffare in
Affrica, ancor* io confeffo, che fla giuflifììma
T accufa del Bociarto : Ma ingiufla mi par¬
rebbe , fe egli le aveffe fcritte , il che è più
credibile , in quaBifla altro paefe , per dove
nel lor paflaggio compariffero le gru nel tem¬
po
1
86 £ST ERlEKZE «NATVRaU
pò della fermenta , in quella guifa, cheli veg-
gion comparire ogni anno nelle campagne di
Pila intorno a mezzo settembre, ed intorno
ali’ ottobre, ne! qual tempo, che è il princi¬
pio della fementa , non farebbe errore il di¬
re, che le gru comparifiero in Tofcana, do¬
ve elle verificano il detto di Teocrito d y^ctvog
t aporpov cioè la gru feguita l 1 aratro : imperoc¬
ché quand’ elle vengon di settembre , e d* ot¬
tobre nel nofiro paefe , come fanno molti al¬
tri uccelli di palio; elle fi pofano per lo più
ne* campi, che fi lemmario » c razzolando il
terreno , e facendovi gran gii a fio, fi van nu¬
tricando di que’ Temi, che vi trovano . Non
è però che le gru fi pafeano di foie biade ,
come fcrivono molti , e molti Autori , ma fi
pafturano eziandio d* erbe , e di bacherozzo¬
li , come 1’ efperienza mi ha infognato . Ad
una di effe trovai il gozzo pieno di grami¬
gna ; ad un* altra pieno di fave : Vn* altra
avea nel ventriglio gran quantità d’ erba ma¬
cinata , che mi parve trifoglio : Due altre
s’ eran pafeiute di fcarafaggi ; ed alcune altre
di lombrichi : Nel gozzo d’ un’ altra trovai
quattro piccole telline di mare, due lucertole,
e cinque ghiande di leccio ; e nel ventriglio
d’ un* altra vidi alcune chioccioline > ed un
tur-
Dì FRANCESCO REDI. 87
turbine con moit’ erba , e tra effa tante pie-
truzze , che pefate diligentemente arrivarono
alle due once , e di paifo , non eden do mai
le pietre de* ventrigli dell' altre fuddette arri¬
vate al pefb di fette, o otto dramme: Que¬
lle offervazioni però le feci del mefe di b eb¬
bra jo , e di Marzo , nel qual tempo le gru
partite di Affrica eomparifeono in Tofcana
per ritornarfene in Tracia, ed in Sciria : Ed
è cofa curiofa il fapere con quanta puntuali¬
tà quelli uccelli oifervino ogni anno i giorni
della loro comparfa nel noftro paefe : L’ an¬
no 1 66 j. nelle campagne di Pifa fi videro
le prime gru a’ 20. di Febbraio : L* anno
1 66$. a* 24. pur di Febbrajo : L’ anno
1669 , a’ 17. e V anno 1670. a* 15. dello
fleffo mefe ; Dal che fi può argomentare ,
che i> Profèta ebbe molta ragione a dire
H ir miào > (efr prus ctijiodtenmt tsmpus aduentm
fui at popuhis mi us non no~vit jus Domini . Non
fia però alcuno che penfi, che le rondini fo»
lamento, e le gru oifervino quella /labilità di
tempo nella lor venuta , ma V offervano an¬
cora turti gli altri uccelli di paffo 3 e fidamen¬
te variano qualche poco , o impediti , o af¬
frettati da’ venti, che regnano, o dal caldo,
Q dal freddo della ilagione di que5 paefi,da5
quali
88 EFTERlEfìZE JtJTVRALI
^luali (1 partono . I primi Grotti , che fi ve-
d di ero a Pifa l’anno i 66j. fu il giorno 7.
di Febbraio . L’ anno 1 66$. comparvero a’
18. dello Hello mefe . L’anno 1 669, a 17,
e i* anno 1570. a’ 15. pur di Fcbbrajo . I
Palettoni, che da Cicerone furon detti Piatele* »
e da Plinio ‘Piate* ^ compariicon più tardi .
L’ anno 16 6 j. fi videro la prima volta a’ 20.
di Marzo . L* anno i6"ó8. a’ 14. L’ anno
1669, a' 21. El' anno 1670. a’ 24. dello
fteflfo mefe . M’ accorgo , che fon troppo
lungo nel far menzione di quelle , e limili
bagattelle 5 onde le riferbcrò ad occaficne
più opportuna , nella quale favellando della
digellione accennerò forfè , che non tutte le
forte d’ uccelli anno il ventriglio fabbricato
della HelTa robuftezza, e della lidia maniera ;
anzi che ve ne fono alcune razze , che lo an¬
no differente dall’ altre ; e quelle , tra le quali
fono i Tarabufi, non coftutnano troppo cl in¬
ghiottir le pietre , per ajutar la digellione .
Non voglio ora trafeurar di avvertire fin»
ceramentc a quello ptopofito uno sbaglio feor-
fo ne’ Saggi di Naturali efperienze dell’ Acca¬
demia del Cimento a carte 2^5, Si trova qui¬
vi fc ritto . girabile c la fbrzjt con la qualts
$ operai U àìgejlme dille galline ? e dell’ anitre^ ,
o.C c:
DI FRANCESCO REDI. 3 9
le quali imbeccate con palline di cri (idi o majffccc^»
fp arate da noi in capo di parecchi o:e , ed aperti i
loro centrigli al fole , parevano foderati d' una^
tunica rilucente » la quale ^veduta col, microfcopio fi
conobbe non ejfer altro che un poluerizsjtmento fnìf
fimo» ed impalpabile di crifìalìo . Dove fu det¬
to ccn palline di crifìalìo mafie ce » dovea dirli
con palline di crifìalìo <vote . Imperocché le
palline di criltallo mafiicce non fi macinano ,
ne fi polverizzano in parecchi ore , ma ci vuo¬
le il tempo di molti , e molti giorni , ed an ¬
co -di molte fettimane ; ma le vere , e fab¬
bricate alla lucerna fi (tritolano in poche ore .
Mi fovviene, che di quelle limili palline vote
ne feci inghiottir quattro ad una gallina, nel
ventriglio della quale le trovai fei ore dopo
ridotte tutte in minuzzoli. . Avendone fatte
inghiottir fei ad un cappone , palfate che
furon cinqu’ ore, lo feci ammazzare, e le tro¬
vai tutte (tritolate nel ventriglio . In un pie-
ciongroffo fe ne (tritolarono quattro in meno
di qiiattr’ ore .* Ma avendone io dare quat¬
tro altre per ciafcheduno a due altri piccion-
rofii , dopo che T ebbero tenute tre ore ,
el qual tempo mangiarono, ma non bevvero,
gli feci (parare, e al primo piccione gli trovai nel
M gozzo
5?0 ES'TERIE'HZE MATURALI
irono una pallina intera confervatafi vota ; dei¬
le tre altre , che erano calare nel ventriglio ,
due li erano tritolate , e la terza li era man¬
tenuta Tana, e fi era piena cT un liquor bian¬
co limile al latte liquido, e non rapprefo con
fapore mi fio e di acido , e di amaro . Ai
fecondo piccione due palline fi erano rotte
nel ventriglio in minuti pezzetti, e 1* altre due,
che erano rimafe per ancora intere , fi vede¬
vano piene di miglio macinato , e di quel
fuddetto liquor bianco : Tali avvenimenti
verificano quello, che fi racconta ne’ fopracitati
Saggi di naturali efperienze, cioè che ne cen¬
trigli dell' anitre » e delle galline fi fon evocate pal¬
le di cetro ripiene di certa materia bianca fimile
al latte rapprefo entrataci per un piccolifsimo foro .
Donde pofla fcaturire quello cosi fatto liquor
bianco , io per me crederei , che folfe fpre-
nruto da quelle infinite papille , le quali fon
fituate in quella parte interna dell’ efofago di
tutti gli uccelli , la quale è attaccata alla boc¬
ca fuperiore del ventriglio $ e tanto più lo
crederei, quanto che in altre limili efperienze
ho pollo mente, che le palline piene folamen-
te di tal liquore fenz’ altra miftura di cibo ,
le ho trovate fempre nella bocca fuperiore del
ventriglio j e T altre che eran piene ? e di ci*
DI FRANCESCO REDI. 9 1
bo , c di liquor bianco P ho trouace nell' in¬
terna cavità di eflo ventriglio . Se poi a
quello liquor bianco fé ne mefcoli qualcun
altro, che gli comunichi P amarezza, è facile
il conjetturarlo 5 fictome è facile il rinvenire
qual fa il fuo ufizio . Io tengo che la di-
geflione ne* ventrigli degli uccelli non fa fat¬
ta, e perfezionata totalmente dalla triturazio¬
ne, come alcuni anno voluto, ma che dopo
di ella ci voglia ancora un meftruo per fer¬
mentare, diffolv ere, alfottigliate , e convertire il
cibo, di già macinato, in chilo 5 e credo che
le pietruzze inghiottite dagli uccelli, e raggi¬
rate dalla forza de* mufculi non facciano altra
funzione, che quella che farebbono i denti;
ed ho oflervato, che ad alcuni pefei , e par¬
ticolarmente alle Jocufte marine, le quali f nu-
rriicono di cofe dure, e le inghiottirono intere,
la natura ha fabbricato i denti nella cavità del¬
lo ftomaco: Degno, e utiliflìmo è da leggerf
in quello propofito il dottilfimo Progymnafma
de nutricatone , fcritto da Tommalò Cornelio .
Le palline dunque di criftallo vote f ff Ti¬
tolano in poche ore ne’ ventrigli degli uccelli,
mi non già le palline malfece, le quali, coni’
io diceva , vogliono un tempo di molte fet-
tjmane , avanti che pollano elìer totalmente
M 2 ri-
P% BFfBìtìmZB XUTVRAL1
ridotte in polvere . Avendo dato ad un cap^
pone quattro palline dì criHallo maflìcce eia-
icuna delle quali pelava otto grani , cd eran
di quelle di cui fe ne fuol far vezzi, ovvero
corone ; dopo dodici ore gliele trovai nel ven¬
triglio fané , ed intere , fenza che ne meno
avellerò perduto il luflro 5 il foro però pel
quale quelle palline fi fogliono infilare era pie¬
no di cibo macinato .
Lo Hello appunto avvenne ad un’ altro
cappone, che ne avea tenute altre quattro nel
ventriglio lo fpazio di ventiquattr’ore . In un’
altro cappone , che avea ingozzato quattro del¬
le fuddettc palline mafficcc , e le avea tenute
otto giorni , le ritrovai pure intere , ma però
aveano perduto il luflr© , e li vedeano fgraf-
fiate , e fminuite di mole . Nella lidia ma¬
niera fgraffiate , e fminuite notabilmente di
mole ne ritrovai quatti altre pure in un cap¬
pone ammazzato Tedici giorni dopo , che 1’ avea
inghiottite 5 ed altre quattro in una gallina, che
le avea tenute nd ventriglio trenta giorni.
Imbeccai un cappone con cento palline di
crillallo madicce, e a dicialfett8 ore lo rinchiu-
fi in una gabbia » Su le ventiquattr* ore of.
fervai,che ne avea ancora molte nel gozzo •
Alle dieci ore della mattina feguentc il go^
%Q
DI FRANCESCO REDI. $3
zo era voto allatto $ onde alle diciafifette gli
feci tirare il collo , e avendolo fatto {parare,
trovai ventiquattro palline nel ventriglio, e no¬
ve negl’ interini ; 1’ altre che mancavano fino
in cento le raccolsi nel fondo della gabbia tra
Io fterco 5 e lì conofceva chiaramente, che il
cappone non 1' avea rigettate per vomito, ma
per via delle budella ; imperocché tutte avean
pien di miglio macinato quel forame, pel qua¬
le s5 infilano j e tanto quefte raccolte, quanto
quelle trovate nel ventriglio , e nelle budella
non fola non erano feemate di pefo , ma nc
meno aveano perduto il iufìro . Ne imbec¬
cai un5 altro pur con cento palline , e lo feci
ammazzale dopo dodici ore. Sparato che fu,
vidi che tre delle fuddette palline erano an¬
cora nel gozzo 5 fei in quel canale, che è tra 5i
gozzo, e 51 ventriglio 5 quarantotto nel ventri¬
glio fteflo 5 e quattro nelle budella . 11 re¬
cante lo avea gettato per di fotto ; e tutte
aveano confèrvato il lor luftro naturale . Lo
avean ben perduto venticinque altre palline
trovate nel ventriglio dJ un’ altro cappone am¬
mazzato otto giorni dopo, che io gnene avea
fatte inghiottir quaranta . Perduto aveano il
luftro fimilmente , e feemate erano di pefo
quattordici altre, che eran rimafe nel ventri-
5H ESPERIENZE NATFRAU
glio d’ un cappone, dopo averle quindici gior¬
ni prima ingozzate.
Prefi due di quelle gocciole, o zuccherre
di vetro temperato nell’acqua, le quali ronc
in qualfifia minima lor parte vanno tutte quan¬
te in polvere, o per dir meglio, fi (tritolano.
Tagliai col fuoco le lor codette, e pofcia fe¬
ci inghittire effe gocciole a due anitre dome-
diche per veder 1* effetto , che aveflero prodot¬
to, fe per fortuna fi fodero fintolate ne’ lor
ventrigli • Pattati , che furon dodici giorni
feci ammazzar una di quell' anitre, e trovai la
gocciola intera, e che (blamente avea perdu¬
to il luftro : onde indugiai dodici altri giorni
a far morir la feconda anitra , nel ventriglio
della quale trovai pur la gocciola intera nel¬
lo fiefib modo , che avea trovato quella nel
ventriglio della prima . E venendomi curio-
fica di provare fe quefti due vetri avefiero
perduto la virtù dello ftritolarfi , ni’ accori!
con E efperienza , che 1' aveano confervata ,
imperocché avendogli rotti con le tanaglie an¬
darono fubito in minuzzoli.
Feci inghiottire un’ altra gocciola ad un
cappone 5 Pattato , che fu il termine di qua¬
ranta giorni lo feci ammazzare, e trovai il
vetro intero, e avendolo poficia rotto con io
tana-
DI FRANCESCO REDI. 95
tanaglie andò tutto in pol vere $ ficcome andò
parimente in polvere un’ altra, gocciola , che
ottanta giorni continui era data nel ventriglio
di un altro cappone.
Pelai due gocciole , e pelate le min nel
gozzo di due capponi 5 quindi dopo trenta
giorni , auendogli morti tutt* a due , vidi le
gocciole fané , e spelandole conobbi , che
una di elle era {caduta due «rani c mezzo
o
dal primo pefo, e 1’ altra era {ternata tre gra¬
ni : E tal prova 1’ ho fatta, e rifatta molte
volte , e Tempre è tornato il calo del pelo
di due grani e mezzo fino a tre ,0 poco più,
avendo ufato diligenza* che le gocciole fodero
quali tutte dello Hello pefo, avanti che da’
capponi fodero inghiottite . Se Voi vorrete
aver minuta contezza di quelle gocciole di
vetro temperate, e de’ loro curiofi effetti po¬
trete leggere le Speculazioni tìfiche del Signor
Geminiano Montanari famofo Profelfor Mate¬
matico nello Studio di Bologna* e le Dimo-
ftrazioni Fificomatematiche del Signor Canoni¬
co Donato Roffetci celebre Filofofo nell’ Vni-
¥erfità Pifana .
Avendo {temperata col fuoco una delle
fuddette gocciole, la quale pefava tre danari,
là feci inghiottire ad un cappone : Dopo
quattro
"V ... ' ■ ' ■
9* ESPERIENZE natvRali
quattro giorni gli feci tirare il collo, c ripe¬
sando la gocciola m’ avvidi , che era calata
quattro grani $ onde la rimili di nuovo rei
gozzo d* un’ altro cappone , e ammazzatolo
fei giorni apprclfo , la gocciola era (remata
nove grani : Dal che fi può in gran parte ,
fe non in tutto , argomentare , quanto fieno
più dure le gocciole temperate, che le (tem¬
perate .
Sei piccoli diamanti grezzi, che per quin¬
dici giorni continui erano Oziti nel ventriglio
d‘ un* anitra del Cairo non ibernarono punto
di pefo . Due topazi in fei giorni non ca¬
larono quafi punto . Sette palle di piombo
da pillola, che tutte in fi e ai e pe fa vano otto da¬
nari e mezzo, nel ventriglio d’ una gallina tre¬
marono in cinquant* ore nove grani . Altre
fette palle di piombo di fimil pefo in ferrami’
ore tremarono dodici grani . Altre palle li¬
mili nel ventriglio pure cf una gallina in quat¬
tro giorni tremarono due denari, e le me d et me
rimeffe di nuovo nel gozzo d* un* altra galli¬
na in quattro giorni calarono un grano meno
di due danari . Vn pezzetto di diafpro di
Boemia , che pefava un danaro e mezzo, an¬
corché fa (lato lungo tarnpo nel ventriglio di
diverte galline, anitre, e galli d’india, non è
mai
DI FRANCESCO REDI. 97
nini {caduto dal Tuo pefo primiero . Vn
pezzetto di porfido inghiottito da una galli¬
na* e tenuto due mesi nel ventriglio non re-
fio punto confumato . Effondo morto uno
bruzzolo, che otto mefi prima era venuto di
Barberia 3 fe gli trovarono nello (tornato mol¬
te monete affricane di rame « filile quali non
fi cran finite di confumar affatto le lettere
arabiche, che vi erano fiate coniate . Due
palline di legno rodio, che pefavano in tutto
venti grani , feemarono in un cappone otto
grani nel tempo di fei giorni . Quattro per¬
le fcaramazze , che tutte infieme pefavano
dodici grani, nel ventriglio d’unpiccion grof-
io feemaron di pefo quattro grani in vent’ o-
; E otto altre perle, che pefavan trenta
grani, nel ventriglio d’ un altro piccione limi¬
le? in due giorni feemarono venti grani; On¬
de fi può vedere, che bel guadagno infogni¬
no coloro , che danno ad intendere , che le
perle inghiottire da piccioni ritornino all’ an¬
tico loro fplendorc , e crefcano di prezzo .
Ma palliamo ad altro .
Nell’ America meridionale nafeono ragni di
cosi fierminata grolfezza, che alcuni di dii, per
rderto del Padre Eufebio Nierembergio , ag¬
guagliano la grandezza dell' uova delle coloni**
N be,
?8 esslèriénze naturali
oc, ed altri quella di un mezzo cedro . Al'
tri vene fon pure nell’ America meridionale
nelle parti del Perù, del Cile, e mnlìirne nel
Rrafil nelle Capitarne di Fernambuco), di Ta-
maraca, c diParaiba, i quali fon veienolìiìi-
mi , c paflano la groffezza di un’ arancia ,
Quelli di Pernambucco anno 1’ unghie dure ,
fofche , e dotate di tanta virtù, che legate
in oro, ovvero in argento, coi folo tatto gua-
rifeon fubito, quali per miracolo, qual fi fa
più tormentofo dolor di denti : Ed il Za-
cuto Portughefe fa teflimonianza indubitata di
averle provate con feliciffimo fucceifo . Vor¬
rei credere al racconto del Zacuto; ma non
me lo voglion permettere P efperienze fatte
con alcune di quell* unghie portate nella Cor¬
te di Tofcana da Don Antonio Morera , le
quali non mi anno mai dato contraflegno ve¬
runo d’aver quella maravigliofa virtù, che ne
meno è da me fiata trovata ne’ denti del
Rinoceronte $ onde favio è da giudicarli Olao
Vormio, che nel fuo Mufeo fchiettamente con.
fefsò di non averne fatta la prova . Fcrum
dente m hmc dolenti denti applicatami dolor e s Je da¬
re , quvd tamen non dum expertus fum .
Raccontano maraviglie del fangue del fud-
detto Rinoceronte nel guarire i dolor colici ,
nello
dj Francesco Redi, 99
nello fognare i flufìi di fangue , è nel pro¬
vocare i foliti , e neccflari fiori alle donne
( che pur fon due virtù tra di loro contrarie.)
Dicono che la pelle di quello animale in fu fa
lungamente , e bollita nell’ acqua « c pofeia
per tre giorni continui bevutane la decozione*
ha medicina ficuriffima a coloro , che patifeo-
no dolori d’ emorroidi* ed a coloro* che per
languidezza di flomaco * o per qual fi fia al¬
tra cagione * aborrifeono il cibo * e fon tor¬
mentati da continua inappetenza . Ed il vol¬
go > che ama grandemente d’clfere ingannato*
e che ha tutta la fua fperanza nelle cofe pel¬
legrine* e difficili ad ottenerli* lo crede faci-
ini; inamente ; ma io non fo indurami, per¬
che ne parlo dopo averne fatte moke prove:
E che non li dice egli , e che non il predi¬
ca delle virtù del corno di quello lidio ani¬
male valevoli a difendere il cuore , e la vita
da qual li fa veleno t e pure io non ne ho
mai veduto un minimo effetto, e fpecialmen-
te contro ’1 veleno delle Vipere, e degli Scor¬
pioni di Tonili „ Ne meno ho veduto effet¬
to alcuno delle corna della granbeftia contro ’l
mal caduco, quantunque feriva Olao Yormio,
che Cornuti infìgni folloni ad^erfus efilevflam fa-
calcate > mfrimis fi circa kalendas Septembris am-
N a mal
io* ESTERIBKZE VUTVRALl
mal capi a: ttr * (gr mactetur , quia tur» maxima
'zegetum > (ff facente ritma in 'venererà ferri folce .
Tal condizione però, che fi debbano ufare Jc
corna della granbeffia ammazzata intorno al
principio di Settembre, non vien comunemen¬
te approvata, anzi vi fon certuni, i quali vo¬
gliono , che (blamente fien buone quelle che
fpontaneamente ogni anno calcano : Ed al¬
tri più fuperftiziofamente fi riftringono a dire,
che la virtù contro ’l malcadueo (blamente
confida nel corno deliro , effendone affatto
privo il finjftro .
Quefta differenza tra ’l deliro, e ’l finiffro
corno, credo che fia fondata fu quella favo¬
la recitata da Teofrafto nel libro degli anima¬
li » che fon creduti in^vidwji, dove fi dice , che
il cervio quando gli cade il corno deliro Io
nafeende (otto terra , perchè non vuole , che
gli uomini poffan godere delle fue maravigliofe
virtudi .
Nelle mie Efperienzs intorno alla generazione
degl’ Infetti , accennai efifer menzogna , che il
cervio avefle quefta invidiofa naturalezza d’oc¬
cultare quel corno; imperecchè canto quello,
che il finiffro ei gli lafcia in abbandono a be¬
nefizio di fortuna , la dove gli cafcano fenza
prenderfene altro penderò ; E me ne fon mol¬
to
101
DI FRANCESCO REDI .
to ben certificato, avendovi per molt’ anni fat¬
ta particulare ofiervazione, mentre col Sereni £
fimo Granduca mi fon trovato alle cacce di
Fifa abbondantiffimc di cervi 5 ed in quefio
rintracciamento fono fiato curiofo di ofìerva-
rc altre particularità intorno alle corna di. dii
cervi , alcune delle quali fcriverò qui apprefi
fo per compiacer al genio di coloro, che del¬
le cofe della fioria naturale fi dilettano : E
parte fcrviranno per confermare , e parte per
confutare quelle opinioni , che intorno a que¬
lla materia fono fiate tenute dagli Antichi.
De’ cervi (blamente i mafehi anno le cor¬
na ; ed è cola notifiima, e fcritta da Arifioti-
le nel libro della fioria degli animali , ed in
quello delle loro parti , ficcome ancora nella
Poetica , Ed io fidamente lo accenno, perchè
tra’ Poeti è cofa ordinaria il deferivere , che
ancora le femmine de’ cervi fieno cornute, con¬
forme fi può leggere in Sofocle in Anacreon-
te , in Euripide , in Pindaro . in Apollcdoro ,
in Callimaco , e tra i latini in Silio Italico,
ed in Valerio Fiacco , il quale cantò , che la
cervia di Friflb avea le corna d’ oro.
Fatidica Frixus mon; et agnina cer tv#
Jpfa comes fètis fitlgcns , (gb corntbus aureis
Ante aciem celfi <vehitur gettami ne centi >
ioz ESPERIENZE *HATVRALi
Mafia necis few* luca reditura Diati*.
Quella parimente del Monte Menalo fu pur
con le corna d’ oro deferitta , e da’ Greci , c
da’ Latini : E mi ricordo , clic dal clottiflì-
mo , ed eruditismo Signor Cammelli mi fu
fatto vedere 5 tra le medaglie del Sereniamo
Granduca Cofimo , un medaglione greco battu¬
to da’ Pergamcni in onore di Severo, e di Giu¬
lia , nel rovefeio del anale era un’Èrcole, che
teneva afferrata una cervia per le" corna ; ed
un5 altro Ercole firn ile ho veduto nello Studio
del Screniffimo Principe Cardinal Leopoldo de’
Medici in una Medaglia d’oro di Maffimiano,
cd in un’ altra di Macrino battuta da’ Prufien-
fi , e flampata dal Trillano . Ma perchè va¬
ri fempre, e diverfi fono flati i capricci degli
Artefici ; perciò nel rovefeio d’ un Medaglie-
* « ^
ne di Eliogabalo battuto da’ Germini ( che
pur è tra le fuddette Medaglie antiche del
Serenilfimo Granduca) fi yede coniato un’Èr¬
cole , ehe ticn per le corna non una cervia,
ma un cervio , che tale manifeflamcnte fi ri-
conofce al membro genitale.
Gli amichi Poeti greci , e latini , che de-
fcriflero le cervie con le corna, furon gentil¬
mente imitati dal Petrarca al Sonetto 1 5 8,
DI FRANCESCO REDI.
103
Jdna candida cerua [opra l cria
Jderde m’ apparse con duo corna d oro ,
Fra due risiere alt ombra di mi alloro
Leuando 7 Scìe alla fi appone acerba .
E dopo ’l Petrarca da un’ altro Poeta to¬
rcano nella cervia della Fata Falfirena.
Uien dopo 7 firn* che par , che i ueliri a caccia
fi hi amando irriti , una ceruetta firana ,
Che fianca , e come pur gli abbia alla traccia ,
gridando ricoura alla fontana /
Ada ut (io lui gli (alta entro le braccia,
€Ne (agendo formar f duella umana
Con di occhi almen 3 con di atti, e co ’ musili
o ò J O
‘F* epa 3 (he la difenda, e che. ì aiti.
7V cn credei b tra le pm uaghe fere
Fera mai più gentil trouar fi pojfd ,
Frane le ciglia , e le pupille ha nere
Fianca U [foglia , e qualche macchia rojjd :
Ada più d/ altro mirabili a uedere
Son della fronte in lei le lucidi offa,
Son tutti i rami delle corna grandi
Del più fin or, che l Oriente mandi .
Più di quello Poeta furono avveduti il
Bojardo, e 7 Berni, i quali fin fero , che ficaie
inafehio, e non femmina il cervio di Morga¬
na, che avendo le corna d’ oro, le mutava fei
volte il giorno.
10 4. esperienze n attuali
Ala morva copi gl interrompe tl dire*
E V fin di quella fua dolce nocella ,
‘Tel rverdc prato un cervo veggon ire
P apendo intorno l' erba tenere il a ,
La fua beltà non potrei riferire
Fiera non fu giammai fimile a quella y
Egli era della fa? a del te fioro
Grandi ha le corna* e belle » e tutte d' oro .
Men conlìdcrato , e meno accorro è (li¬
mato Fazio degli Vberti, che nel fecondo li¬
bro del Dittamondo, contro quel che fi narra
in certi antichi Atti di Sant’ Euflachio , s5 im¬
maginò j che folle femmina quel cervo, il qua¬
le apparve a quel sainiflimo. uomo .
In que(ìo tempo divento cri filano
Con la pia donna * e co' figli Euflazio
Per un miraeoi molto bello , e frano *
Che cacciando una cervia * tra lo fioazjo
Delle pie corna » vnde dentro un Cri fio*
Per cui foflenne poi martirio » e [ìrazjo .
Non è però da tacerli, che Giulio Cela¬
re Scaligero , ed il Guntero affermano clferli
talvolta veduta qualche cervia femmina eoa
le corna : Ma ciò o fu favola, ovvero fu
cofa moflruofa, e molto lontana dalle folite,
e confuete leggi della natura . Nel numero
di quelle cervie moflruofe potè forfè elfer
quella,
DI FRANCESCO REDI. 105;
quella , ( fe però queir animale è una cervia )
che fi vede con le corna nei rovescio d’ una
Medaglia di Salonina moglie di Galieno , la
qual medaglia fu mentovata inprima da Gio¬
vanni Tridàno , e pofeia dal signor Ezechie¬
le Spanemio,mio riveritiiììmo amico , nella ter¬
za delie fue nobiliffime -, ed eruditiifime Dif-
fertazioni de pr<ejìantia 9 & ufu numifmatum <m~
tlquorum . Il giudizio , che di tal Medaglia an¬
no dato quelli due gran Litterati , può venir
molto corroborato da una confìderazione da
me fatta, che le corna della cervia nella fud-
detta Medaglia di Salonina fon piccole, e non
anno, che tre cortiUimi rami, non. (ìtuati per
la lunghezza del tronco principale , ma podi
del pari fu la cima di elfo tronco in foggia
ds un tridente; ed in forum a fon malfatte, e
abbozzate, quali per ifcherzo, da una Natu¬
ra errante dal proprio feopo; e fon molto dif¬
ferenti da quelle , che fi miran coniate fu le
tede de’ cervi marchi, e maìTimamente nel ro-
vefeio di una Medaglia di Filippo, cheti con¬
ferva tra le Medaglie di bronzo del Serenif-
fimo Granduca Colimo Terzo , e tra quelle
eziandio dampate da Vberto Golzio nel rove-
fc io delle Medaglie battute dagli Velcri , da’
Caulonian , e dagli Agirinei , decome ancora
O tra
ìo6 ESFPÉRl&RZE VATVRALI
tra quelle di Giovanni T ridano in una barra¬
ta da i Daldiani , ed in un* altra dagli Efesini,
in onore di Caligula, e di Cefonia ; e tra quel¬
le del Duca d’ Arefcot in una medaglia di Ga¬
llalo .
Suppofto dunque per vero , ebe i foli cer¬
vi ni afe hi abbiano le corna , è ora da fa-
pere ? che quando c’ nafeono , nafeono fenz*
effe , e pel prim* anno non le mettono ; ma
bensì nel fecondo ; e mettono due corni fen-
za rami . Quefti tali cervi in Tofcana foh
chiamati Fufiniy ed in Francia ‘Brocurds .
I cervi buttano le corna infallibilmente o-
gni anno 5 e cominciano a gettarle poco do¬
po il principio di Marzo . I primi a fpo-
gliarfene fono i graffi , e ben pafeiuti : impe¬
rocché i deboli , e magri indugiano talvolta
fino a mezzo Aprile : Giovanni Gerardo Vof-
fìo,nel terzo libro dell’ Idolatria, vuole che ciò
avvenga in tempo di Verno; ma in Tofcana
accade come ho detto.
Credono molti , e tra effi il foprammen-
tovato Volfio , che le corna de’ cervi non fie¬
no attaccate all* olfo della teda , ma folamen-
te alla pelle : Quanto s’ ingannino potrà fa¬
cilmente conofcerlo chiunque avrà curiofità di
olfcrvar la teda di un cervo , dove potrà ve¬
dere *
di Francesco Redi . 107
acre , che il cranio s* innalza in due eminen¬
ze aire quattro dita traverie , Tulle quali emi¬
nenze fon così tenacemente unire , ed attac¬
care le corna , che fi rende quad imponibile il
poternele fvellere per forza $ e pure , quando
è il tempo determinato della loro maturità 9
fpontaneamente ne cafcano.
Dopo otto , o dieci giorni , che fon ca¬
dute le corna vecchie, e per così dir , matu¬
re, cominciano a fpunrar fuora le nuove ; e
fpuntano tenere , c pelofe , e fi mantengon
pelofe fino a tanto , che fon finite di creice¬
ne , e che totalmente fono indurite , il che
fuccede in poco più di tre mefi 5 £d allora
il cervo comincia a fregar le corna a* tron¬
chi degli alberi, ed a5 roveti , c ne fa cadcic
a diacci quella pelle, che le copriva : E per
lo più, tra’l fine di Giugno, e la metà di Lu¬
glio , tutti quanti anno le corna dure , e fpo-
gliate : Ed in vero è cofa degna di gran¬
di filma maraviglia, il confederare, come ogni
anno in sì breve tempo rinafea , e crefca sì
gran mole di rami fulìa fronte di quelli ani¬
mali : Quindi è * che il fopraccitaro Vofiìo
da in dubbio fe poffa eller vero , che il cer¬
vo muti ogni anno le corna .» ed inclina alla
parte negativa . Sed fi anno auolibct * dice il
O a V offro ,
io$ ESPERIENZE NAT FRALI
Voffio, primi fexcmij ali quid accedie ramis , quo-
modo decidmt > (epr renajcuntur quotannis ? Si id
prò compsrto babent venatcres » ut audio > equidem^j
cum ijs pedo ?n flrucre non aufim * ponamqtie inter
natura maxima admiranda » breviculo adeo tempo-
pore 9 tam folida duraque tariti moli r corna a enafci .
t^lioqui magis eo inclinet animus , ut credami cor-
ma i qu<e reperiuntur non j ponte , natura decidi f-
fe » fed a venatoribus vi avulfa s eoque ej]e co¬
nicela : illa vero ramoja 3 qu<e in priorum Iocuy/l-j
fuccejjermt non nifi annorum aliquot intervallo ad
eam magnitudine m 9 durkiem pervemjf. L» .
S’ inganna però il Vcffio , e tanto più s5 in¬
ganna , quanto , che fé le corna non cade fie¬
ro ogni anno a1 cervi farebbe imponibile , che
elle poteflero crefcere di rami* concioffiecola-
ehè quando elle fon di già totalmente induri¬
te, perdendoli le vene, e 1’ arterie che per ef¬
fe feorrevano, quando erano tenere, non an¬
no (ufficiente nutrimento fanguigno , abile a
poterle far multiplicare in rami , come potrei
facilmente inoltrare con evidenza, ma Io rifer-
fco ad occafone più opportuna : In tanto è
degno di leggerfi , a quello proposto, Ebano
nel libro dodicefimo degli animali al capitolo
diciottdìmo .
Il numero de’ rami, o palchi varia fecon¬
do
DI FRANCESCO RETO], rej
do r età , e fecondo i paefi . In Tofcana
per lo più i cervi vecchi fogliono avere feì ,
o fette rami per corno ; Se ne trovano tal¬
volta di quegli, che ne anno otto, e nove.
In Germania, e fpeciahnente in Baviera , ma
più in Saffonia , dove i cervi fon molto mag¬
giori di quelli di Tofcana , fi veggion corni
di quattordici, e di quindici, e talvolta di più
palchi : Le più lunghe corna, e le più grofse^
che fi ficn mai vedute, fe però non fon fat¬
te artifiziofamente> fon quelle, che fi confer¬
vano in Francia nella città d’ Ambitola , che
fon lunghe dodici piedi di Parigi , ed anno
undici palchi per corno.
Quando i cervi Fan gettato l’ armadura
delle corna vecchie , e che la nuova non è
per ancora /puntata, o è molto tenera, proc¬
urano di ftar nafeofti , e rimpiattati più che
pofiono nel forte del bofeo . Alcuni degli
Scrittori antichi anno creduto, che Io faccia¬
no per vergogna d* aver perduto il lor più
belio ornamento . Altri per timore, fenten-
dofi men gagliardi privati delie loro folite ar¬
mi . Certuni, il primo de’ quali fu Annoti¬
le , vollero ^ che ftieno afeofi per isfuggire il
tedio delle mofche , le quali volentieri fi po-
fano fu quella parte delia tefla, di dove lon
ca-
ir <3 ESPERIENZE NATURALI
cadute le corna 5 Ed io per riverenza di que¬
llo grandiffimo Filofofo volentieri lo crederei,
fé non avelli oflervato, che anco nel più. for¬
te de’ bofchi, non meno che nell’ aperto del¬
le campagne, abitano a duoli, non fola-men¬
te le mofche, ma le zanzare, i tafani, ed al¬
tri limili impronuttimi infetti, che volano.
Le corna tenere fon dcliziofe nelle men¬
de de’ grandi , ed i cuochi ne compongono
diverd manicaretti appetitofi . Delle corna
dure, fecche, e limate, ne fanno varie manie¬
re di gelatine molto gudofe al palato . Non
fo fe gli antichi ebbero quedo codiane di
gola : So bene ( per tacer delle corna in¬
durite ) che le tenere furono in ufo per fcr-
vizio della medicina, come fi può leggere ap¬
pretto Galeno nella descrizione di quel famo-
fo medicamento colico, che da Afclepiadc fu
attribuito a Faccio Antioco fcolare di Fileni-
de Catancfe, e da Andromaco fu creduto in¬
venzione di Scribomo Largo , il quale Scri-
bonio confefsò di averlo imparato a gran
prezzo da una certa Medicheffa Affricaaa :
Plinio ancora ne fece menzione, fccome Mar¬
cello Empirico, e Niccolò Aledandrino .
Quando il cervo ha le corna tenere , fe
gli fieno tagliate, e particolarmente rafente
quel-
DI FRANCESCO REDI. 1 1 1
quella corona , di’ è alla bafe , o ceppo di effe
corna, ne {piccia il fangue in zampilli con tanta
orinazione , che l’ animale il più delle volte fe
ne Tuoi morire ; E quel fangue li congela, c
fi rappiglia , ficcarne ogni altro {angue , che
fgorghi dalle vene , e dall’ arterie de’ cervi ,
il che fu negato , non fo come, da Arroti¬
le , fecondato pofeia da Galeno nel libro ,
cioè i co pumi dell' animo corrifpondcno al tempera¬
mento del corpo > e dall’ Autore , chiunque fi
fia , del libro dell' utilità della ref pi razione j at¬
tribuito falfamente a Galeno.
Giovanni Oratone nell’ Epiftola feconda
del fecondo libro riferifee , per racconto di
Adamo Biatrichftein , che in poche ore fu
trovato morto un cervo ferito nelle corna te¬
nere con una freccia avvelenata dall’ Impera-
tor Ridolfo Secondo . Ma da quel che poi
foggiugne Oratone . Latteum emm bumore'sruj
iftum germanum ejje fangttini HipocrMes nos docuit >
fi raccoglie , che elfo Oratone creddfe , che
le corna tenere de* cervi non fodero irrigate
da’ canali fanguigni , il che, come ho molla¬
to di fopra, è falfo falfilfimo; anzi molti , e
molti fono i canali del fangue, che fi dirama-
no per le corna de' cervi quando fon tenere ,
a fine di portarvi un nutrimento (ufficiente per
farle
uà esperienze NATURALI
farle crefcere , fecondo il loro bifogno . E
ciò fa molto a proposto per 1* opinione di
quc’ Valentuomini , i quali tengono trovarli
nel fangue diverfità di fuflanzc abili a nutri¬
re le diverfe parti del corpo degli animali :
Fa molto a proposto ancora per F opinione
del dottilfimo Girolamo Barbati, il quale nel
libro de fangttine , (dfr tius feroy a forza di ra«
gioni , e di efperienze , Stima , che le parti
fpermatiche ricevano il nutrimento per lo fo¬
le mezzo de*' condotti fanguigni ; e che tal
nutrimento non fa altro, che il itero del fan¬
gue . Quelli condotti fanguigni* che Scorro¬
no per le corna de’ cervi, vanno appoco ap¬
poco perdendoli, e feccandofì , fecondo, che
effe corna finifeon di crefcere,e fi fanno du¬
re» e fecche.
Se Sì a caflrato un cervo giovane, che per
ancora non abbia mede le corna, non le met¬
te mai in vita fua . Se Sia caftrato un cer¬
vo armato di corna, perde fubito la virtù de!
mutarle ogni anno, e conferva Tempre quelle
Beffe corna, le quali avea quando fu caftra¬
to; Ed in queflo furon più veridici Ariflotile,
Plinio, e Solino, di quello che fi folle Op¬
piano nel fecondo libro della Caccia verf, 194.
Baili fino a qui delle corna de’ cervi , men¬
tre ,
DI FRA%TC£5C0 REVL 115
tre prima di paflfar’ ad altro , non poffo far
di meno di non maravigliarmi della fcmplice
credulità di quegli Autori , i quali fcrivono ,
che ne’ contorni di Goa , le corna de’ buoi ,
e de’ caftroni , quando calcano in tèrra y met-
ton le radici a guifa di cavoli , e diventano
piante animate , le quali con grandiffima dif-
ficultà fi fvelgono dal terreno ; e fvelte di
nuovo ripullulano , e multiplicano : In Goa
indila 3 ficrive il Padre Fufebio Nierembergio ,
fi cortina alienando jacuerint » radices dcerfium in.
terra de fi punt » meditila eius m plurima qua fi f la¬
menta dijfecla » fif protuberante 3 hoc modo m fo¬
lli m fiubditum infittente . Jiadix eius Tir «fin <c fi-
milis ef . jTuius caufic examen multe s fitmm&s
%r a! u Tee myfias mifiere torfit y (fi licei multi omni
tempere fiuermt , qui rem hanc ad fluporem ufique
admirati f uterini > qui tamen caufiam njeram » fi*
immotavi feruti are tur > nemo , qued fitam > ufique
adbuc tomparwt , nam (fi' Terra in omm ilio con fi¬
rn rvaldc fàxo/aa fi' lapidcfit efly atque cum
c.etens locis omnibus cortina ad radìcem ufque ex¬
tir pari 9 fi “ detruncari queant » apud Goams nullo
paltò id fieri potè fi y nam et fi illic fiemel quidermj
refècentur ? abiecla tamen adeb far un da fiunt , ut li¬
tico repullulare 3 fi" auge fiere imi pi ant . Io non
credeva quella fandonia, ma contuttociò voi-
P li
1
U4 ESPERIENZE NATVRALl
li interrogarne il Signor Don Antonio Morera
Canonico della Cattedrale di Goa , il quale
mi rifpofe, effer veramente una favola 3 inven¬
tata per lignificare l’infaziabile libidine di quel¬
le femmine orientali , che avendo una volta
piantate le corna fovra le tede deJ lor mariti ,
fapevano continuamente mantenervele radicate .
Vna fimi! rifpofta fu data alla Società Reale
di Londra 3 dal Cavalier Filiberto Vernati Re-
fidente in Batavia nella Giava maggiore .
D. Quel fondament y a il au rapport touchant ce
que /’ on dit 9 que les cornes pmrnent varine >
qui elles erricene aupres de Goa ? Rep. En mi en~
querant de cela 0 un de mes amie fe prie a rirt~> ?
(fg me die 0 que c* ejloie une raillerie qui on fan
aux ‘Tortugais , parco que les femmes de Goa font
fot e adomièes a la luxure . E pure il dottili!-
mo Pietro Boi elli , nella centuria quarta delle
fue Olfcrvazioni Medichenaturali , afferma di
aver veduto in Europa, con gli occhi Tuoi pro-
prj , diverfe corna di eaftroni, e di buoi * o di
bufoli, le quali fi erano radicate nel terreno .
C orma » dice c-gli alfOlfery, 5 2, edam* ^vernjmna
(fy bubu/a <uidi >qu<e radice s in terra e gerani 3 ut cornu
piantabile Un phot ti . Sia la verità della fede ap-
pi tifo di lui, che io non mi lento da crederlo
cosi facilmente 3 ed intanto palerò ad altro®
DI FRANCESCO REDI. 1 1 5
Che i noflri antichi u fafero i nidi di al¬
cuni uccelli per fervizio della Medicina, è cofa
notiffima, facendone menzione Era di Cappa-
docia, Andromaco, ed Afclepiade appreffo Ga¬
leno : Ma che fe ne ferviftero per cibo, non
panni di averlo mai ne letto , ne adito rac¬
contare ; e (fimo, che fìa un* ingegnofa inven¬
zione della fola gola de’ Moderni , avida Tem¬
pre delle novità , che tanto più fono in pre¬
gio , quanto di più lontano ci fono portate .
Vi fono alcuni uccelletti non molto diverfi
dalle rondini , i quali, negli fcogli lungheiTo il
mare di Coccincina, fanno i loro piccoli nidi,
di color bianchiccio , e di maceria non dilli-
mile molto dalla colla di pefce , i quali nidi
{frappati da quelle rupi fon venduti a canditilo
prezzo per nobilitare i conviti, che vili fareb-
bono , e di poca foìennità reputati , fe non
fodero conditi di quella (frana imbandigione,
che veramente è appetitola , fe da cuoco in¬
tendente venga maefircvolmente condizionata ;
E uno de’ modi del condizionarla fi è , che
mettono in molle cue’nidi, in buon brodo di
cappone, o di vitella , fino a tanto che eglino
invincidifcano , e rinvengano , quindi in efio
brodo gli cuocono , e pofeia con burro , con
formaggio, e con varie maniere di ipezierie gii
P 2 tega-
Ili MS*PERlE$f££ JtJTFRALI
regalali©; Ed in fino a qui io non avrei che
ridire : Ma quando vogliono , che quella
vivanda fia un potentifumo, e ncuro medica¬
mento per coloro i quali coi Petroniano Po-
lieno ne qui pierò , ncque puelU bona, fua rendere
? lorotmque in aqua non mattina h alene »
fon necefTstato col Poeta Perugino a dire ,
jBaU , che arvanza in net? quante nocelle *
Quante dijfer mai favole * o carote
Stando al fuoco a flar le occhiar elle .
Troppo fi lufìngano coloro, che in quello co¬
sì fatto medicamento fi rifidano ; c fe per
avventura non mi predano fede , poffon far¬
ne la prova, come alcuni in limile occaiione
T anno fatta .
Ci vien portato dall’ Indie occidentali un
certo aromato , che dagli Spagnuoli è chia¬
mato Pìmienta de Chapa , perchè nafee nelle
montagne di Ciapa, che è una delle otto pio-
vincie noverate fotto PAudienza di Guatima-
la nella nuova Spagna . Alcuni anno credu¬
to edere T Amorno di Diofcoride ; ma Carlo
Cìulio con molta ragione pare , che non vi
concorra ; e non fapendo egli donde a noi
Venga , va difeorrendo fe per fortuna poffa
edere il garofano di Plinio ; ed al Giulio a-
derìfee Giovanni Parchinfone nel fuo Teatro
Bota»
di Francesco Redi . x i 7
Botanico inglefie . Io non fon lontano dal
credere , anzi tengo per fermo 5 che fi a
frutto di quell5 albero ; che da Franccfco Er-
nandez nel libro fecondo della ftoria MelTica-
na è deferitto fotto nome di Xocoxochitd ,
ovvero di Pepe di Tavafco , provincia confi¬
nante a quel a di Ciapa; c tanto più Io cre¬
do j quanto il Dottor Giovanni de Barrlos
nel fuo libro Spagnuolo del Cioccolatte ftam-
pato noi Meflico P anno 1609. dice .• El
ter zero fimple ? que fe e eh a en el Choc date 3 dunque
en poca canrìtad* ILtman los AAexicanos 3 y los Ef-
panoles ini tenta de Chiava > 0 de Tctbafco . Sia
quel eh’ elfer fi voglia : Egli è un frutto
d’ un* albero 3 che produce alcuni grappoletti di
Coccole , attaccate con fiottili , e non molto
lunghi picciuoli , inegualmente rotonde 5 coronate
nella fiommità, le quali eflendo fiecche appari»
ficono di color lionato fiudici’05 di ficorza non
molto lifeia ^ e facilillìma ad dfere diacciata
co’ demi . Sono di varie grandezze; impe¬
rocché alcune al pepe nero , altre alle coc¬
cole dell5 ellera, ed altre alle più grolle bac¬
che del ginepro fi afibmigliano . Dentro non
anno polpa di fiorta alcuna , ma fion piene di
due, di tre , o di quattro fiemi neri d metti s
e fienza feorza 5 i quali Temi occupano tutto
il
1 1 8 SS'TBRiEJfZE WJTFRAL!
il vano della loro matrice , dentro la quale
fon racchiufi in alcune cafelle , che feparan©
P uno dall’ altro Teme con fottiliiììme mem¬
brane • Quelli Temi , ficco me ancora la lo¬
ro matrice, al guflo fi fentono aromatici con
mefcolan7a di diverfi fapori; condolììecofachè
quando fi matlicano , fi fa notabilmente ma-
nifelto il fapor delle coccole del ginepro ?
quindi quello de* garofani, men fenfibile quel¬
lo del pepe nero, e meno aliai del pepe , fi
fa fentire il fapore della cannella : Égli è
però vero , che ne ho appreso di me un’ ah
tra fpezie, e di coccole piu minute , nelle quali
non fi fente ne poco , ne punto il fapor del,
ginepro , ma ben si in primo luogo quello
del garofano ; e quella feconda fpezie mi fu
donata dal Signor Dottor Giovanni Pagni Let¬
tore di medicina nello fu dio di Pifa ; quindi
ancora dopo qualche tempo mi fu fatta vede¬
re dal Signor Dottor Pietro Nati diligentùTimo
invefligatore della natura delie piante, e delle
loro virtudi : Ma la prima Ipezie , che ha
fapor di ginepro fu portata in quella Corte
dal Signor Don Francefco Vria prefentemente
tornato dalla Nuova Spagna , dove ha lungo
tempo abitato : Nella Nuova Spagna dun¬
que noverano quello pepe di Ciapa fra gl’ in-
DI FRANCESCO REDI . 119
predienti del Cioccolate 5 e di più Io celebra¬
no per medicamento fpeciale contro al mal
càduco , e contro a quella cecità .» che da’ Gre¬
ci fu detta dpzvpoffis , e da’ Latini de’ fecoli più
badi gatta ferena . Che egli polla participarc
di tutte le proprietà del ginepro , del garofa¬
no , del pepe , e della cannella , vi confento
di buona voglia 5 ma contro al malcaduco, e
contro alla gotta ferena non ardirci d’ affer¬
mare , che folle dJ intero giovamento , aven¬
dolo in diverfi Suggetti efperimentato lunga¬
mente, e fenza profitto : Non credo però,
che in quelli così fatti mali polla portar pre-
giudicio, anzi fon di parere, che vaglia nota¬
bilmente a confortar la tella , e lo ilomaco ,
fe a luogo , e a tempo lìa con moderazione
ufato .
Dalla China ci recano un certo Teme , a
cui dan nome di finocchio della China, predi¬
candolo opportuno a molte infirmiti , ma io
trovo , che di poco trapaffa le virtù del fi noc¬
chio nofrrale , degli anici , de" dauci , e del
cumino : £ perchè da poco tempo in qua
comincia a vederli nelle noflrc contrade 5 e Voi
sion ne auete fatta menzione nel voftro libro
della China illuftrata , perciò ne mando qu
nella tav. a, la figura difegnata? la quale, co
120 ESPERIENZE NATFRALI
me porrete vedere è fatta in foggia dJ una
della di otto razzi di color lionato, ed ogni
razzo racchiude in fe un Teme lifeìo , e ludro
pur di color lionato , nel qual Teme trovali
una piccola anima , che non ha molto fapo-
re ne efia * ne il fuo guferò : Ma i razzi
della della, che contengono i femi , fon di fa-
pore non molto dsifimile al nodro finocchio
dolce , ancorché non tanto acuto , con qual¬
che mefcolanza di fapore d’ anici : Qual fia
la pianta che lo produca } non ho potuto per
ancora rinvenirla .
Olao Vormio nel capitolo diciottefimo del
fecondo libro del fuo Mufeo , feguitando
1* opinione di Francefco Ximenes , raccon¬
ta , che il legno del Saifofrafio tenuto in
molle per otto giorni nell’ acqua di mare la
fa divenire dolce , e buona a bere * Aouam
màrinam dulcem recidere, dice il Vormio ? obfer-
rv&uit F 'rana feus Ximenes . Affai as ex hac ar¬
bore ver offidmm macerar uni in aqua /alfa , tum
dulcem = (§r pomi aptam okmuemni . Quando
ledi la prima volta quefta tal cofa , io non
era cosi giovane, che mi fentilfi da crederla,
e pure, per poter con più ficurezza non cre¬
derla, mi mifi a farne la prova , ed in una
libbra d’acqua di mare infidi, per otto giorni,
una
lai
DI FRANCESCO RED/.
una mezz oncia di sattafratto tagliato fottìi-
mente; ma quell’ acqua non volle perdere ne
poco, nc punto della fua /attedine, ancorché
io face/11 continuar pofcia I1 infusone fino a
venti giorni , ed in altre prove raddoppiali!
la quantità del safsafralfo . L’ acque forfè
del mar Oceano furono addolcite ne’ tempi
del Ximenes da quello legno ; ma quelle del
Mediterraneo , con le quali ne ho fatta la
prova, non vogliono oggi giorno raddolcirli;
ficcome ne meno li raddolcifcono le iamofe
acque falfe del Tettuccio , e del Bagnuolo.
Giovanni Lopez Pigneiro Portughefe, na¬
tivo di Campomaior nell’ Alenteco , foggici-
nando ne* paefi di Mongalo , e d’ Angos, che
fu nati nel Zanguehar fon bagnati dal fiume
Guaina , trovò nelle rive di quello fiume quel¬
la radice, che dal nome deli’ Inventore fu poi
lemprc chiamata Raiz^. de luan Lopez. ‘Tineiro :
Mi vicn riferito, che Ha radice d’ un5 arbuccl-
io, che fa le foglie nel colore, e nella figu¬
ra fimililfime a quelle del Melo cotogno, an¬
corché alquanto più grandi , co’ fiori bianchi,
nel mezzo de’ quali rofieggiano alcuni fili co¬
me quegli del zafferano . Dai fiore nafee
un bottoncino grotto quanto un cece , che
maturatoli al caldo, fi fccca in fine , e fcre-
Q. pola ,
ita esperienze natvrali
pela , cadendone ritolti minutiiTimi Temi . La
radice è di color citrino , e a giudizio del
fapore molto amara , Vogliono che macina¬
la con acqua {opra una pietra , e bevuta al
pefo di una mezza dramma , ed applicata pa¬
rimente ne* morfi , c nelle punture degli ani¬
mali velenofi , liberi infallibilmente dai veleno»
Credono eziandio , che macinata con vino ,
e bevutone il fuddetto pefo nel? accezione
delie febbri terzane, e delle quartane cftingua
totalmente il lor fuoco , e proibifea che mai
più non fi riaccenda . Dicono ancora che
applicata ad ogni maniera di ferite le faldi in
ventiquattr* ore; e che la femplice polvere fotti-
liffima polla nelle piaghe vecchie le rifani con
gran facilità « Le fteffe virtù, anzi molto più
efficaci, dicono ,che abbia una certa altra radice
chiamata Radice della Manine , la quale fi coglie
in Affrica nel paefe del Chetevi tra Marnane ,
e Sofala ; ed è una radice gialla , e amaro¬
gnola, d’ un certo frutice, che non fa ne frut¬
to, ne fiore, ma con foglie lunghe, firette , e
folcili , s* abbarbica, ed inerpica su per le mu¬
raglie, e fu per gli alberi a guifa dell’ ellera j
e non fidamente fono in ufo le radici, ma an¬
cora i ramuceili fleffi • Confeffo la mia po¬
ca fortuna, imperocché avendo farsi con que-
DI FRANCESCO RETOL 12$
fte due famofe radici molti , e replicati et
perimenti, non mi anno mai dato a conofce-
re un minimo effetto delle loro tanto cele¬
brate proprietà; Onde ftimo uomo avveduto,
e rifervato , il Padre Sebafliano d’ Almeida ,
il quale avendo donato alcune di quelle radi¬
ci a Voftra Reverenza , come (1 riferifee nel vo-
{Iro libro de trillici in natura rerum magnete ,
le predicò fidamente buone per le ferite , il
che ancor’ io contento , purché le ferite fie¬
no femplici , e piccoliffime , perchè quelle
grandi non ho mai trovato , che Aldino in
ventiquattr’ ore, e che perfettamente ram mar¬
ginino .
La radice di Queijo, o di Cheggio, è una
radice bianca, legnofa, di verun’ odore , che
alfaporata pugne , e mordica la lingua ; e fu
cosi detta per effere (tata trovata da un tal
Diego Cheggio figliuolo di Portughefe, e d’¬
indiana , poco prima , che 1 Portughefi per
trattamento, e per rigiro di coffui perdeffero
Malacca . Nafce nel Regno di Camba/a in¬
torno alla Città di Raffain lontana da Gei
fc t tanta leghe in circa per la parte del Nort:
Ed è radice di un frutice lattifero , come il
titimalo . Produce le foglie più lunghe , e
più larghe dell’ Efula magna, verdi per la par-
Q_ z tc
124 ESPERIENZE NJTVRAU
te di fopra , ma bianche, e pelofc da quella
banda, che mira verfo la terra : fa il fior
rofìfo , e quella razza è filmata la migliore ;
imperocché quella, che lo fa bianco non è in
pregio . Dicono per cofa certa , che non
tutte le barbe di quello frutice fono in ufo ,
ma fidamente quelle rivolte a tramontana ,
perchè quelle, che guardano a mezzo giorno,
fon velenofe, e mortifere . Le buone anno
una proprietà così ammirabile , che chiunque
le porti addofio, o le beva con acqua, o con
vino al pefo di mezza dramma è Scuro dal¬
le fiere velenofe, e dalle loro morfine* E i
letargici, e gli apoplctici più gravi, e più vi¬
cini a morte ricuperano fubito la parola , e
la fallirà , fe negli angoli degli occhi fia Icr
melfo un poco d’ acqua* nella quale fia fiata
infufa, e macerata la polvere di quelle radici .
Co fe belle, in vero, nuove, e pellegrine, ma
che rìefcon tutte falfe , quando fe ne viene
alla preva, come foventemente, anzi Tempre,
mi è addivenuto : Nuliadimeno può effere ,
che io abbia prefo errore ; onde con tutto
F affetto prego Vofira Reverenza a voler re¬
plicarne gli efperimenti per benefizio univer-
f .le 5 già che quella radice è quella fiefìa del¬
la quale avete fatta menzione nel libro dc^
DI FRANCESCO REDI . 125
triplici in natura, rerum magnete , chiamandola >
Radix cafi , e& cjmd odorem capi refirat * <~vel ut
ahj a nomine in uentons .
Sono ancora da fard nuove efperienze in¬
torno alla radice di Calumbe > creduta un
grandiilìmo aleififarnuco ; intorno alle Vaiai-
glie ; ed intorno al legno di Laor * c di So¬
ler j i quali effendo molto amari parrebbe ra¬
gionevole, che veramente avellerò tutte quel¬
le Angolari prerogative, che dagli Scrittori fon
loro attribuite 3 ma in fatti non fo vederle
così evidenti, come ev'idcntiffimi veggio fem-
pre gli effetti della maràvigliofa feorza di queir-
albero Peruano de’ monti di Guajachil, la qua¬
le feorza chiamata volgarmente China China ,
e dagli Spagnuoli [afe mila de la oja ; fi ufa
per interrompere , e per debellare gl’ infiliti
delle febbri quartane, e delle terzane Templi-
ci, doppie, e continue; Ed in ciò grandi/}]-
mo obbligo porta tutto il noflro Mondo a
quei Padri della voflra venerabili/Tima Com¬
pagnia, i quali prima di ogni altro, con tan¬
ta loro gloria, la portarono in Europa.
Voleffe il Cielo , che non minore a que¬
lla fofie la gloria di quegli Autori Chine/],
che recitano trovarli nel grand’ Imperio della
China quelle due flrane, c preziofiflime erbe,
una
n6 esperienze natvRali
una delle quali chiamata ‘Tufo rende la vita
degli uomini immortale ; e 1’ altra , che è det¬
ta Ginfing , quantunque non abbia tanto vi¬
gore da poter donare l’ immortalità * elP è non
di meno così valorofa, che tutto ’l tempo del¬
ia vita ci può fare ftar fan i, e allegri, e fen-
%% ribrezzo di malattie » Forfè di così fatte
erbe era piena quella gran caldaja
Dove Medea il fuoccro n fin fi
Per cacarlo di man della 'vecchi aj a.
E forfè in quelle (Ielle diede di morfo queir
antico Glauco delle favole, quando d’ un po¬
vero, e fangofo pcfcatorello, ch’egli era, di¬
venne improvvifamente, come teftimonia Ovi^
dio, uno di quegli Dij , che abitano ne’ fon¬
di del mare .
Son pieni i libri de Ghindi di fimili bo-
riofe novellette, e non fo intender, come il
Padre Martino Martini nel fuo Atlante , vo¬
glia affermare d’ avergli quali che Tempre tro¬
vati per efperienza veridici ; Si res ita fe fi
habsat , ncque enim ipfi CGram vidi , adeoque fdes
fit penes hofee fmuos aucìores , qms , in ijs , qu<e
comperi, raro inveni fall ace s , così egli dice, do¬
po aver raccontato , che -nella Provincia di
JCansì (i trovano certi pozzi di fuoco, median¬
te i quali fenza fpefa fi può cucinare ogni ma»
niera
DI FRANCESCO REDI . I27
ni era di vivanda ; e quel che più importa fi
è , che quel benedetto fuoco non arde, e non
confuma i legni, e fi può benawenturofamen-
te portare in qual fi fa paefe più lontano ,
purché fa tenuto ferrato in qualche cannello „
Se le poderofe flotte d’ Inghilterra , d’ Olan¬
da * e di Portugallo ,- caricalfero di tal mer¬
canzia , beate loro; imperocché oltre il como¬
do ineftimabile , che ne ritrarrcbbono nelle
lunghilfime navigazioni, portandola in Europa,
ogniuno uorrebbe provvederfene imbuondato,
e particolarmente per i sfuggire ogni pericolo
d'incendio, la dove non di pietre , ma di tut¬
to legname fi fanno le fabbriche.
Non minor menzogna è lo fcrivcrc , che
nella provincia d’ Gnau feorre un certo fumé
in cui fi pefeano alcuni pefei rolli, col (angue
de’ quali chiunque s’ ugne, o fi (palma le pian¬
te de5 piedi , può francamente camminar (opra
Tacque, fenza pericolo ne di bagnarli, ne di
fommergerfi : Invenzion più feura n’ ha ritro¬
vato modernamente un cert’ Olle d’ Inghilter¬
ra , il quale con una machina di legno (ìmile
ad un' ancora , o ferro da galera di quattro
marre, retta da quattro bariglioni pieni d’aria
contrappefati in modo , che fanno a fior ci’ •
acqua 5 e non fon veduti, fa il giuoco di pai-
123 esperienze natvralì
foggiar co* piedi (opra il piccol Jago d* Isling-
ron a due miglia da Londra ; e fcherzando
fuol vantarli, che in tempo di Maccheria, ov¬
vero calma di mare fpianato, e fmaccathlimo,
gli darebbe il cuore di andarfcne palio palio
da Dovre inlino a Cales , purché avelie qual¬
che vafcelletto di conferva , in evento che il
mare improvvilamcnte fi gettalle a burrafea»
Scrivono ancora gli Autori Chine li , che
nella provincia di Xensì vi fono due fumi imo
detto Chiemo , e 1’ altro Io , i quali menano
acque così pure, e leggieri, che non reggono
a galla ne meno un minimo fufcelluzzo di pa¬
glia . Dio buono ! e chi vorrà mai ridurli a
credere , che nelle rive del lago nominato
Taipe fe ha battuto qualche tamburo , li foi-
ievi incontanente una terribil tempefta di fot¬
ti impetuoli accompagnata da tuoni, da fulmi¬
ni, e da baleni ; Io per me lo lafcerei crede¬
re a Guglielmo Bntone , che nel libro fello
della Filippide , facendo menzione d5 una cer¬
ta fontana ebbe a dire .
EJJè patens <-ioLis pbyfca qui di citi s arte
Qiiis concurjus agat > rvd qiu compie xio rerum
jireceliacenfis monflrum admir abile fontis >
Cui us aquA lapide m , ani proximus accubat illi ,
Si qualunque le<~vi qui^'is affermine fpargat s
Pro-
DI FRANCESCO REDI. t 2 9
Protims in nimios commi xta grandine nimios
Sohcitur > (fir fiubitis mugire toni tri bus <ether
Co gì tur 3 jfir c*cis fi condenfare tenebrie ?
Quique adfunt, teflefiue rei pnus effe petebant
lam m aliene , qtiod eos res ilU lateret ut ante >
T antus corda ftupor » tanta occupat extafis artus .
tsk/iraquidem res > njera tamen » multi fi; probata «
E Jo Jafcerei altresì credere a Franccfco
des Rues , che deferivendo il monte chiama¬
to Dor 9 ci lafciò fcritto nelle fue delizie Fran-
zeli ; CPres ce mont e fi la natile de ‘Beffe » a-*
demie lieue de la quelle on <-void un lac de gran¬
de eflendue , (fi/ pres qtte au fommet d’ une mon¬
tagne » dti quel on ria peti trowver le fonds » #r
ejl fort admir abile a naoir » (fir encore plus effroya-
ble 9 car fi t on jette quelque pietre de dati s on fi peult
tenir bien tojl affettrè db auoir du tonnere , des efi
clairs » pluyes 9 (fi/ gresles . Non lem de la e/i
un creux 9 ou abifme , nomine Soucis 9 ronde a fon
ouverture fitns fonds» qu on aye peu troupi er , puf
que pareli au precedent „
Non molto didimi! favola raccontano i ad¬
detti Autori Chinefi d’ un lago della Provincia
di Peching , nel quale affermano , che fe ha
gettata alcuna pietruzza 3 tutta 1' acqua del la¬
go diventa di color di {angue 5 E fe in elio
lago cafchino le foglie di quegli alberi 3 che
R all*
s 3 © ESPERIENZE naturali
a ir intorno verdeggiano , quelle fi trafformano
in altrettante rondini animate , e volanti , in
quella guifa appunto , che le navi di Enea fi
cangiarono in ninfe marine , e le frondi lupar¬
ie da Adolfo full* acque del mare Africano
furon convertite in navi , ed in altri fo migliati¬
ti legni da guerra, conforme favoleggiò i’Ario-
flo la dove dilfe.
Adendo %s4Jlolfo eprciro infiniti
T)a non gli far fett' Affriche difefa i
E rammentando , come fu ammonito
Dal santo Vecchio * che gli die /’ imprefa >
*Di tor Prtruenzjt * e d* Acquamorta il l>to
Di man de' Saracin , che I a~vean prefa 3
D ' una gran turba fece nuonja eletta
Quella eh' al mar gli parafe manco inetta »
Ed auendof piene ambe le palme ,
Quanto potean capir di uarie fronde
A lami , a cedri tolte » a olirve , e a palme
Venne fui mare » e le gitto nell' onde ;
O felici dal del ben dilett' alme s
Grazia che Dio raro a' mortali infonde y
O flupendo miracolo che nacque
Di quelle frendi come far nell' acque •
Crebbero in quantità fuor d’ ogni Jìima
Si feron curnje » e groffe 9 e lunghe > e gratis
Le <vene eh 3 a tranjtrfo tfveano prima
M*«
DI FRANCESCO REDI . 131
AI ut aro in dure fpranghe , e in grojjè traevi *
E rimanendo acute tnver la cima
T atte in un tratto diventar on Na'vè
Di differènti quali t adì , e tante
Quante raccolte fiur da 'varie piante ,
Adir acci fu 'veder le fiondi fparte
*Trodur fufle , galee , na<vi da gabbiai
Fu mirabil’ ancor» che 'vele, e farte,
E remi a<vean qttant' alcun legno n abbia .
Non manco al Duca poi chi anjefic l arte
Di go'vernarfi alla <ventofa rabbia ,
Che di Sardi, e di forfi non remoti
Nocchier, padron, penne fi ebbe , e piloti .
Io non mi curo , anzi non voglio , ef-
fer nel numero di coloro , che tengon per
vera quella metamorfofi di foglie d’ alberi in
Rondini ; Ne mi li dica etàer per avven¬
tura potàbile in natura , coll’ efemplo di qucl-
1 oche , o di quell* anitre dette Bernacle , o
Brante , le quali per confentimento d* infini¬
ti Autori , fon credute nalcere dagli alberi ,
o da’ lor frutti, o da’ tronchi, o dalle con¬
chiglie neir.Ifole adiacenti alla Scozia, e ali"
Ibernia ; Imperocché a baftanza una così
fatta favola fedamente fu confutata , prima,
da Carlo Clufio , c da molt* altri* e pofeia
dal dottitàmo Antonio Deufingio nel tratta-
R % cello
132 ESPERÌ E*NZ E ttJTV'RALÌ
fello de dnferibm feotiess » E Iacopo Warco
nel libro delle antichità, d’Ibernia, dopo aver
riferiti i fenrimenti di certuni intorno alla
generazione di quegli uccelli , prudentemente
conclude : In reduce plenius feruti ninni mereri
‘-itdetur nihil de fimo : Laonde non farò mai
corrivo a credere , che ne’ mari della China
fi pefchino certi pefei fquammofi di color
di zafferano , i quali rutto P inverno abitano
nell3 acque $ ma fopraggiugnendo la primave¬
ra , gittate le fquamine , fi veflono di piu¬
ma 5 e di penne , c difpiegando P ali fe ne
volano alle bofeaglic de’ monti , dove con-
verfano tutto ’l corfo della fiate, e dell’ au¬
tunno ; al fin del quale tornando di nuovo
a guizzar nell’ onde ripigliano P antica figura
di pefee : E febbene Voi, dottifiìmo Padre,
nel libro della voflra China illuftrara , mo-
flrate apertamente di crederlo , io però fon
d* opinione , che nell’interno del voftro cuo¬
re non lo crediate , e che folo abbiate in
mente di far una nobil moftra dell’ altezza
dell’ ingegno voftro , e della profondità della
voflra dottrina , fpeculando , c recitando le
cagioni di quella vicendevole metamorfofi, in
evento che ella foife vera, e non lontana dal-
DI FRANCESCO REVL I a |
Mi fono allungato nello fcrivere molto
più di quello 5 che dal principio mi era po¬
lio nella mente ; ma il diletto di comuni¬
care i miei penlieri con uomini dottiflimi 5
qual liete Voi, Padre Atanalio » mi ha infen-
fibilmente lufingato a trapaflar i limiti d’ una
Lettera . Laonde prego la voftra Lolita be¬
nignità a non ifdegnarfene , anzi a voler cor¬
reggermi in quelle cole , nelle quali io ayefli
difettofamente parlato , mentre vi afIicuro5 che
il mio Genio nell’ inchieda del Vero
Altro diletto che imparar non trova»
il fine;
*34
lì Sig. Gìufcppc Ottavio Attavanti Cano¬
nico Fiorentino, fi compiaccia di rivedere, fé
nella prefente Opera ci fono cofe contro la
S.Fede, e buoni coftumi, e referifca . Data
li x<5. Luglio 1671.
Alejfandro Pucci Arcip . e Vie. Gen. Fior,
Nel prefente libro intitolato Efperienze in¬
torno a dmerfè cofe naturali del Signor Frutice-
feo Redi ? non ho trovato , o letto, cofa re¬
pugnante alla Fede Cattolica, o a’ buoni coftu¬
mi, che però lo ftimo degno della luce del¬
le ftampe, che è quanto pofto riferire a V. S.
Illuftriftìma , e Reverendiflima . Quefto di
Agofto 16 ji.
Giufippe Ottavio Attutanti Canon. Fior.
Si ftampi offertati gl' ordini filiti ofter^varft .
Data gli 11. Agofto I6J1.
Alejft. Pucci Arcip .e Vie . Gen. Fior „
li Sig. Avvocato Agoftino Coltellini Con-
fult. del S.Off. di Fiorenza, veda, e riferifea,
&ce Quefto di 11. Agofto i*7i-
Fra Gio : Paolo (jiulianem V . /#f. di Fior ;
m
Reucrendifsim» CPadre »
V Autore di quella Lettera non feguitan-
do la ftrada battuta da gli altri, ma la mae-
ftra della fperienza, non è mai inciampato in
cola , che poffa impedirgli la {lampa ; della
quale la giudico degna; fperando che non gli
fìa per apportar minor lode di quel che fi ab¬
biano fatto f altre fue erudite; ed elaborate
opere , e in fede , &c.
Agojt. Coltellini Confult . e Cenf. del S, F'fizjo ,
Stante , Scc . Si (lampi quello di ì 5. Ago-
{lo 1671.
F. Gio: Paolo Giuli anetti V* In^uif, di Fior,
Matteo Mercati d’ ordine del Screnifs. Gran
Duca di Tofcana vedde.
INDICE
IPIETFE "M';i SERPENTI CIE^MATÌ;| IGEANE
.WOLA J
.
;
•' ■ '
TAVOLA ■ /•
■o
SJ7
INDICE
DELLE COSE PIV* NOTABILI,
E DIGLI AV TORI CITATI»
A
"Beute Bourdelot carte 45»
Accademia del Cimento 31. 33»
84* 88* 90.
Aceto fa rifehiarar t acque intorbi¬
date 35.
Acquarzcnte galleggia /òpra l’olio di
mandorle dolci 30.
Acque naturali di~uentan torbide per infnfione d’ ac¬
qua fi Hata a campana di piombo 3 1. Acquai
dei condotto di 'Tifa intorbida aneli ejja > e per¬
che 3 2, Intorbida meno dell altre acque natu¬
rali 33.
Acqua del Pozzo della Mecca nell’ Arabia 33»
Acqua del 5Y ilo , del fumé della "Te fa a > della.
fonte de Buonajif ne * ^ 3 3 .
^«4 <&/ T ettuccio , e del Bagnuolo 12 io Del
fumé Chiemo » e del fumé lo 128.
Acque filiate in campane di piombo non tutte ugu ai-
mente fanno intorbidar V acque naturali 32» 33. Se
firn conferivate in ^vaf di cujtallo) inalbano 39.
S u Acqua
%
i 3 8
di cannella fi Hata 3 fe fa confermata in^>
rvaf di a i fi allo intorbida 3 7. In uaf di me-
ira fi marétte» limpida 37.
Acque fìillate a metro 3 per inf afone di acque fil¬
iate in piombo 3 intorbidano 3 ma non tutte 33.
3 4. Alcune di effe fan rifchiarar t altre acque
intorbidate 35. 3
Acqua di paritaria [dilata a mafi d’ oro » d’ argen¬
to 3 di metro » per infufone di acque filiate inda
piombo » intorbida fempre 34. 35.
Acqua di meli fa 3 5* di bietola 9 di filmi a 3 6.
P. Adamo Adamando io.
Agrefo fa rifchiarar l' acque intorbidate 3 5.
Alcorano 24*
Aleffandro T valli am 8 1»
Amomo di Diafonia 1 1 6„
Anacreonte ì 01*
o Andromaca no. ilfe
^ Anitre ferite negli occhi 14.
Anitra del Cairo $ 6 „
Antonio Deufmgio 1 3 1 „
fP. sAnton ^Michele Vinci io.
*P. Antonio Zieira 1 e. 42. 56**
w- Antonio Morera 79. So. 98. 114.
^■ipolloàoro i©j0
Apollonio 8r.
Apule® %€o
1
/
Araticù frutto del Brafl 5 4* E? dì tre Jpezje 5
Sua figura tarv. 6.
Araticù pana * Araticù ape 5 7®
Ariofìo 16. 64. 130.
Arifìmle 15. IG£. in. 1 1 2©
^Armadiglio * e [ite njirtù 67.
Afe le piade no. 1 1 5.
Affido 4.
Affati Calafat 25.
Augerio Ciazio 28.
Autor del libro delle incantagioni il©
B
BErnacle 1 3 1 .
'Eoe caccio 64. 84.
E oj ardo 103.
B< rnchio » njedi Olao Borch .
Branchie della Torpedine* e lor fabbrica 5 p
Brante 1 3 I .
Bracar ds 106 .
Budello della Torpedine , e fùa fabbrica 51.
Buoi » e loro corna fe mettano le radici nel terreno
1x3. 114.
Cai-
S 2
C. Ai menili 5 e loro -piene 73 «
Callimaco 101.
Capibara 78»
Capponi aev<*velemti coll’ olio di tabacco io, Da¬
gli fc or pioni africani 12.
Cafcanlla de la oja 125. Stia foglia ta ru. 5.
Cajìroni » e loro corna » fè mettano le radici nel
terreno 113, 114.
Carlo Cofa 1 9*
Carlo Cltifo 28. 6j. II 6. 13 1.
Carlo Magnini 2. 13»
Cavai marmo 69.
Celidonia fe fi trovi ne9 nidi delle rondini > e fi fa¬
giovevole a gli occhi 14.
[eiaft a 4,
Ceravi? e loro pietre 73,
Cerwi non nascondono il corno de (irò 100.
Ceraci ca firati non mettono le corna 112.
Ceraie femmine non anno corna 101.
[ervie femmine mofiruofe con le corna 104.
Cerati * e Ceraie nelle medaglie di Serverò » e di
Giulia : di Cddafsimiano : di A4 acri no : d’ Elio-
gabalo 102, Di S alo niti a : di Filippo 105. Di
Caligala > e di Ce fonia: Di G alieno io 6» T)e«
gli Agirmi : degli Meleti : de9 [ anioni ati io 5®
14*
De* Baldi ani : degli Efefni io 6.
Ceravi mafhi n afono fenza corna 3 e le mettono il
fecondi anno io6e
Ceravi gettano le corna ogni armo * ed in che tem¬
po dell' anno i o 6. Rigando fon loro cadute , le
cominciano a rimetter preflifimo 107.
Cerici , quando an gettato le corna fi nafcondono 9
e perchè 109.
(ferie t di Camera* e di Saffonia 109,
f è fare Caporali 1 1 6,
China China 125, Sua fegha tai\ 5.
Ciarlatani mangiano gli ' forviavi y e le 'Vipere* e fi
fan mordere da effe Vipere 15. Inghiottì fono
il folimato * e t ar fenico 1 6.
Cicerone 8 8 ;
Cocco delle A4 aldine e 27. Sue latriti 2 8. u^Icn
è nemico del ferro 28. 29. 30,
Colica * e fuo rimedio 4 4.
(folombi feriti negli occhi 14.
Coniglio 3 e fuo mtsfiino cieco di qual fabbrica 5 1,
Cornelio Celfi 1 5-
focone d' ojf di pefe donna 68,
Corna della gran beflia 99* ioo»
Corno del Rinoceronte 99»
Corna de* ceruì di quanti palchi feno 1 09.
Corna di un cerno conferivate in Ambuofa 100,
Corna tenere dd ceravi uftte per cibo ? e per medicina rio.
Corna
*4'
q orna tenere > fi fiem tagliate al ceravo ? fi
fiiol morire III.
Cerna tenere de ’ ceravi fon irrigate da' canali fan-
gnigni 1 1 1.
Coma de buoi s e de caftroni fi mettano le radici
nel terreno 1 1 3 . 1 1 4.
Corrado Gefnero 6j .
Corte di Tofiana 3.
fofimo Terzj) (granduca di Tofiana 3. 58. io?..
I°5*
Crijlofano a Cofia 28 .
Cri falli fabbricati in Pi fa fanno intorbidar l acqua
di cannella fhllata 3 7.
Cnfialli fabbricati in Roma , in Tanfi » in Vene¬
zia , e loro effetti 37. 38.
Enti del Rinoceronte 98.
Denti del fefie donna 6 8»
Denti de caimani 77.*
Denti de' coccodrilli d Egitto 77.
Derruigi de 8 Turchi » e loro trufferia 23. 24. ce¬
rne foperta 2 5 .
Vige [Hone nello flomaco degli uccelli » come fi faccia
84. 91»
Diamanti nel ^ventriglio degli uccelli 9 <5*
Diafpro
143
Diajpro di Boemia nel ventriglio degli uccelli $6*
Diego Cheggio 123.
Dio floride 14. 47. 116.
Dolor de ’ denti , e fio rimedio 98.
Dolor colico > e fm rimedio 44,
Donato Rojfetti 95®
E Limo 82 83. Spiegato 8 4. 108.
Elleboro , e cirimonie nel coglierlo 46“.
otto meffo nelle ferite non le avvelena 46®
P . Erafmo Scales io.
ìotj di Cappadocia 1 1 5.
.£>£<3 1 2 £> .
Gmfeng 126.
Efperienze intorno all* acque jìillate 3 jr. fino afd*
S 7*
Efperienze intorno alle eofe medicinali firn fallacifsi ~
me 66.
Efperienze intorno alla dige filone degli uccelli 88»
89. fino 97»
Efperienze intorno alla generazione degl* Infetti loo.
E/perienzs intorno alte corna de* ceravi iol.
Eufebio JEmemheygio 6 7» 71® 97. 113®
Euripide ioi«
Ezechiek § gammi® 105®
Fazje
*44
FAzjo degli Vberti 104.
Ferdinando Secondo Granduca di Tofcana 3.
58. 72*
Ferite degli occho degli uccelli guarifcono fontane fo¬
rnente 1 4»
Fiele della Torpedine impiastrato non produce />— *
torpidezza 51® INon ha virtù contro la libi¬
dine 5 1*
File 84*
ifP. Filippo della Trinità 68 .
Filippo ^Pigafetta 78.
Filenide Catane fi no.
Filiberto Vernati 1 1 4.
Finocchio della (Inina il 9.
Foghe di alberi convertite in rondini 129. 130.
Francefco Frnandez. 28. 1 1 7.
Francefco Antonio Mfala fpina Marchese di Su vero 5 5*
Francefco taccone Vcrulamio 30,
Francefco ‘Ber ni 103.
Francefco Cammelli io2«
Francefco des Rues 129.
Francefco Petrarca 102®
Fr ance fa Vria 1 1 8»
Francefco Ximenes 6J. 71» 77* X2os
Frecce di Adacajfar 6 0®
Fifoni lo6a
Galeno
145
\
G Aleno 5. 51. 75. iic„ ni.
(falli ammazzati coll 5 olio di tabacco 7. 8. 9»
Galli morfi dalle vipere 12.
Galline, e galli d' India feriti negli occhi 14.
Garofano di Plinio 1 1 6".
Garzja da Orto 28. 62. 63.
Gattim ammoni» e loro pietre 73,
Gemini ano Montanari 95.
Cj e fiero 6 7.
Giacomo Ronzio ~}6e
Gìo~uamb atifa Cheluzzi 12 .
Gtouan Michele Wanslebio 17.
Cjiouanni "Boccaccio 64. 84.
Giocarmi Ledo 67. de Laet j r. Oratone in.
Giovanni Tri fi ano 105. 106".
Giovanni Gerardo Vofsio 106. 107. 108.
Gio<-i' armi Grifo [tomo 27.
Giovanni Pagri 118.de Barnos 1 1 7. P archi nfonenS»
Gionjanni Lopez ^ Tigneiro 121.
Girolamo Barbati 112.
Girolamo Biffi 71.
Giulio Ce far e Scaligero 104:
Giocolare , che fi cacciala nell' anguìnaglìa uno Jpte°*
de da Porci 26*
Cornar a 71.
T (Jrtt
/
14 6
Gru inghiottono le pietre , e perche 82. 87. di che tem¬
po comparifcono ne nojht pie fi 85*86'. 8 7. Offeriva¬
no puntualmente il rem 00 della loro -venuta 8 7.
Gru non f pafeono di Jole biade
Grotti quando comparifcono m Tofana 8 8.
Guglielmo 'Tifone 28. 55. 56. 67. 11. 7 6. 78.
Guglielmo z^rnaeo 84. Tritone 128.
Guanachi , t loro pietre 7 3*
G unterò 104.
H
Hancchan uccello di rapina del Trafi 78.
I
Ideare 77.
Iacopo Wareo 132.
Iguane 71.
Interino della Torpedine 9 e fu a fabbrica % 1.
Ime fino cieco del pefee palombo, delle razze ideilo
flruzzplo , del coniglio ? e loro fabbrica 5 1 .
Intorbidamenti deW acque naturali» e delle filiate
31, fino in 36.
Jogui gremiti indiani 6l, 63.
Ipgopmm® yo*
i47
L
LAgo dì Gechi ng* e fue marami Aie 129,
Legno dì Solor » e di Laor 125*
Leopoldo fard. de’ Medici 31. 102.
Limone , e Juo fugo fa rifchiar are t acque intorbidate 3 5.
Liquor bianco , acido , e amaro nel goz&o degli uc¬
ce Ili onde f aturi fca 90, 91.
Locufte manne anno i denti nello fomaco 91»
Lorenzo Magalotti 39.
M. Achina per camminar fopra 1 acqua 127.
^Manfredi Settala 6-j.
Mar celio Empirico ire.
P. Martino Martini 126.
ÓÌPatteo Campani 1 o .
diatieo Maria Po j ardo 103.
Medaglia di Severo , e di Giulia , ài Mafsimia -
no, di Murrino, d1 E l toga baio 102. Di Salonma,
di Filippo 105. Di Caligala, e ài Ce f ma, di G alie¬
no , de* D aldi ani , degli Efefmi 106. Degli V e leu 3
de' C emioni ati , degli Agirinei 105.
P. Michele Pomi 60. 69.
Moisè Maimomde 27.
EMonete africane nel ventriglio di' uno Scruz&plo 97.
T 2 5V ice-
<» jE''‘ s*
Ice
foro
U re Por a
5V iccolo Adori Aràes 4 2 . 6~[>~]6* Alefjandrihono,
ìlY idi degli uccelli per ufo dilla .Medicina 1 1 5. Delle
rondini della Goccine ina , e loro virtù 1 1 5 . n 6,
O
Che ferite negli occhi 14.
Olio di tabacco avvelena le ferite 7.40.42.
ogni olio di qual fi fa tabacco e veleno fo 4 1 « Prefo per
bocca ammazza 45. Chi lo faccia vele no fo 44. 45.
Olio di mandorle dolci più grave dell' acq ^arzente 30.
Olio d' elleboro» e dy
è veleno fo 4 6.
Ciao ‘Borch 22 . Formio 67. 71. 75. 98. pp. ne9
Oppiano 112,
Offa di pefee donna 6 7. jD/ marino 5p® 70,
Ovidio 12 6*
Oviedo 6y. 71®
Ovaje della torpedine 52.
euforbio mejjo nelle ferite non^
P. Accio 'Antioco ix e®
Tachi» § loro pietre 7J®
Palei-*
H9
P alettoni quando r vengono in Tofcana 8 8„
Paritaria, e fiia acqua 3 4. 3.5.
Palle didietro mafiicce, e ~vo:e inghiottite da diuerfi uc¬
celli 8 8 .fino in 9 3 . Di piombo 9 6. di legno rodio * di
pOifdo 97.
Pecore , e lor pietre 73.
Pefce donna 66. 5" 7. Palo?nbo , e fino budello 5 r .
Pefci rofsi del fiume Onan 1 2 7. cTefit che di¬
na emano uccelli 132.
Pepe di fi iapa 1 1 6. fia fio . fa 71. 1 . DiT anca fico 117.
‘Perle nel ^ventriglio de' piccioni 97.
Petrarca 102.
Piccioni finti dalle 'vipere, e dagli fior pioni il. 12.
Pietre del fèr pente Cobra de C abelo 3 . fina fìg. tau. 1 . Loro
riàrdi 4. Plon 0 io -vano a' morfi delle ^vigere 1 1 . nc^j
alle punture degli ficorpioni affricani ] 2.59.60. 62. Si
appiccano alle ferite arv-iaelenate, e non avvelenate 6 3 .
pietre dell' Iguane 71. fiafig . tana. 3. Del fier pente di
Mombaza qijiiafig. ta^.i.De Caimani 7 6. Aqui¬
lina 7 5 . Chelidonia, e Alettoria 8 1 » Pietre Sezaar de ’
(fatti mammoni, ceravi, pecore , daini , vigogne, tante,
guanachi, e pachi 73» Degli uccelli di Maialarlo.
Nel centri gito di uno firuzzplo 82.
"Pietre mangiate dagli uccelli fervono per far ben
digerire il cibo 84.
Pietro Nati li 8* Sorelli 114, Martire 6 7.
Pindaro xci»
Plinio
15°
"PUma 14.4tf.47. fi. 75.81. 84.88. no. 11 2 . 11 6'
rT lutar co 26» £4.
f "Polvere tonante 39.
r 'Porcellino et India ferito da uno (carpione 1 3 .
Forco di fumé 78.
Pozgj di fuoco 1 2 (5*. 127.
Albi Aioìse Ad ai moni de 2 7.
Radice di G io: Lopez*. clJtoneiro I21. fg.
tana, 3. Della Manicane 122* fg, ta~u . 3. Li
Diego Cheggio 123* £>/ Calumbe 125.
Ragni dell America 97. 98.
Rinoceronte ) e fuoi denti , J angue y pelle > e corno 98.99.
Rondine 14. Offeriva i giorni
Ruberto "Bolle 30. 31.
*&//<* y«4 tenuta 8 7.
Acer doti di Belo s e loro inganni 2tf.
Saggi di natur,Efper.dell Accaà.del Cimento 3 1. 3 3 8
■Santoni de’ Turchine lor trufferi adorne f aperta 2 3.24.2 5.
Sale, che forfè fò nja fi di cri [tallo, fa intorbidare P acqua
di cannella pillata » e tacque ( lillate a piombo 38.39.
Salmafìo 47.
Samuel Baciari® 83. 84. 85®
Sangue
1 5 1
Sangue de' ceravi f congela 1 1 1 ,
S affa f affo non toglie la fife cime all' acquamarina 120.
Scoli afe di Teocrito dfefo 85.
Scorpioni off 'rie ani 12. 99. mangiati da ciarlatani 15.
Scribonio Largo 1 1 o.
Sebafiano d1 Almeida 123.
Serpente capelluto 60. 61. Gen-to 60.
Setole della coda degli elefanti 78. 79.
Siilo italico I o 1 .
Società Reale di Londra 1 14.
Sofocle I c I .
Soldato, che fi njanta~oa ài effer fatato 19. 20. 21.
Solimato inghiottito da Ciarlatani 1 6,
Solino 8r. 84. I 1 2.
Spirito di njiiriuolo 7,6.
1 j
Strazilo , e firn due inufi ini ciechi 51. 82. 9 7»
Sugo di limone , e d agrefo fa rifehiarar l' acjue
intorbidate 3 5 .
TAbacco s e fio olio '} . 40. 41. 42. Dì diverfi
Provincie 4 1 . Sana le ferite femplicì 4 2 . Am¬
mazzale lucertole » le [angui fighe de ftvpi 4 3 . In fum¬
mo diacciato : In necce di fir •'vizia le 44.
Talpe Ugo » e fio maraviglie 128.
Tar abufi 88®
{ ■
1 5'2
Tai' are are 27*
Teofraflo 47,
7 crenato 47,
Tertulliano 1 4.
Tommafì fornello 84. 91.
Topazj me/si nel <• ventriglio degli uccelli 9 ó\
Torpedine 47, fino a 54.
v
V Annoile 1 a 5. lorfig.e de ! loffie mi , e foghe ta~\ 4.
Valerio Fiacco ieri.
Vccelli inghiotti fi on le pietre 8 2 . Offerivano i giorni dciU
loro svenuta 8 7. Cfe dwentan pedi 132 .finiti negli
occhi guari filono fipont uricamente 14.
Verulamio 3 o.
Vigogne» e lor pietre 73.
Vincenzio Sandrini 5 .
Vipera 4. d. 99. Adunghiata da filar Ut ani 15. Si puh
dare il enfiò 3 che mordendo non ammazzi 40»
P7/jj/£ Aldr orando 50.
Vnghie de' ragni di Pernambucco 98.
Fó/Jw iod. 107. io 8.
Vcchette di svetro temperate in acqua 94.95^
Z acuto 98.
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