Skip to main content

Full text of "Filippo Carcano, pittore. Con introd. di Almerico Ribera"

See other formats


FILIPPO    GARGANO 


FILIPPO 


GARGANO 


PITTORE 


CINQUANTADUE    TAVOLE    CON    INTRODUZIONE 

DI 

ALMERICO    RIBERA 


L'ANNO  MCMXVI 
EDIZIONI    D'ARTE    E.    CELANZA 
TORINO 


TUTTI  I  DIRITTI  RISERVATI  A  NORMA  DI  LEQOE 


COPYRIGHT,  1916  BY  EDIZIONI  D'ARTE  E.  CELANZA 


^ns^ 


■'/ 


Stampato  nella  Tipografia  di  Pietro  Celaiua  &  C.  in  Torino 
Fotografie  dello  Studio  O.  C.  Dall'Armi  -  Torino 


lilippo  Carcano  nacque  a  Milano  nel  1840  —  in  un'ora  di  cor- 
doglio nazionale,  mentre  in  ogni  regione  della  terra  nostra  i  domi- 
natori soffocavano  le  aspirazioni  della  riscossa  —  e  vide  e  conobbe 
nei  primi  tempi  della  sua  esistenza  tutti  gli  agguati  d'una  dominazione 
secolarmente  feroce.  A  otto  anni  il  destino  lo  mise  al  cospetto  della 
rivolta  di  Milano,  che  per  cinque  memorabili  giornate  aveva  tradotta 
in  pratica  la  storica  minaccia  di  Piero  Capponi,  mordendo  la  frusta 
ond'era  stata  piagata  in  un  trentennio  di  percosse:  sicché  egli  ebbe 
l'infanzia  complicata  di  tutte  le  gioie  e  di  tutti  gli  schianti  che  assor- 
bivano allora  gli  spiriti  e  gl'intelletti  della  gente  d'Italia. 

La  tranquillità  relativa  del  portico  dei  Figini,  un  vecchio  ridotto 
abbattuto  più  tardi  dagli  edili  irrequieti,  ove  suo  padre  aveva  bottega, 
il  desiderio  di  sfuggire  alle  costrizioni  della  grammatica  per  il  gusto 
di  dar  figura  a  certe  sue  forme  interiori,  l'ostinata  irreconciliabilità 
del  padre  per  le  arti  in  genere  e  particolarmente  per  la  pittura,  le 
oscure  previsioni   d'un   pedagogo   mediocre  e  molti  e  troppi  altri 


spunti  biografici,  onde  questa  infanzia  è  fatta  simigliante  a  quella  di 
tanti  altri  che  poi  furono  rinomati,  tendono  a  fare  di  Filippo  Carcano 
un  ribelle  precoce,  innamorato  di  grande  idee  ;  ma  sono  e  vanno 
considerati  come  la  cianfrusaglia  romantica  che  non  sappiamo  dis- 
giungere dall'inno  ai  trionfatori,  e  all'anima  di  lui  —  trepidante  e 
incerta  come  è  la  fanciullezza  —  non  aggiungono  un  solo  raggio 
di  luce. 

La  cornice  del  suo  primo  tempo  è  ben  più  ampia  e  va  oltre  il 
breve  confine  della  casa  paterna,  verso  tutte  quelle  manifestazioni 
della  vita  politica  e  artistica,  che  furono  il  lievito  di  quel  periodo 
di  spasimo  e  di  doglia.  Aver  voluto  piuttosto  dipingere  che  smer- 
ciare a  una  clientela  di  donnette  il  filo  pei  loro  rabberci  è  un  fatto 
comune,  è  il  processo  intuitivo  di  ogni  anima  di  fanciullo,  che,  oltre 
le  soglie  della  casa  paterna,  desidera  largure  sconosciute,  e,  come 
il  seme  costretto  tra  le  zolle,  si  aderge  ampio  e  solatìo  con  tutta  la 
festa  del  suo  fogliame.  C'è  ahro  invece  in  quella  immaturità  che 
s'avvia  inconscia  alla  conquista;  altro  che  non  è  nuda  e  abituale 
esaltazione  biografica,  non  superficiale  constatazione  di  "  ambrosia- 
nesimo  „  ;  ma  tumulto  di  coscienza  :  per  quanto  inesperta,  votata 
già  a  colmare  un  suo  baratro  intimo. 

Oli  ambrosiani  non  ridevano  allora,  quando  ogni  loro  sorriso  si 
mutava  in  singhiozzo,  quando  per  ogni  angiporto  incontravano  la 
bestialità  dominatrice  e  tracotante,  quando  le  donne  e  le  loro  figlie 
giovinette  non  avevan  riparo  sicuro  neppure  nelle  proprie  case,  e 
tutto  era  violato  e  tutto  manomesso.  Gli  ambrosiani  passavano  tristi 
e  silenziosi,  ombre  in  attesa  nelle  notti  della  città  insofferente,  né 
l'unico  lumicino,  che  tremolava  in  piazza  del  Duomo,  simbolo  della 
loro  anima  penante,  li  sottraeva  ad  aggressioni  improvvise.  Dopo 
l'epopea  delle  cinque  giornate,  le  porte  vietate  agli  stranieri  si  aper- 
sero ancora  una  volta  alla  triste  oppressione;  il  sangue  non  era 
stato  versato  invano,  ma  la  bestialità  magiara  e  l'incontinenza  croata 
furono  più  efferate  ancora  nel  ricordo  della  cruenta  disfatta. 

Filippo  Carcano  conobbe  in  sedici  anni  tutto  il  dolore  della  sua 
gente  e  assistette  al  fremito  vasto  che  percorreva  la  penisola  urgen- 
dola  verso  la  sollevazione  definitiva;  vide  partire  pei  campi  molti 
dei  suoi  compagni  che  non  dovevano  tornare  più;  sentì  gli  squilli 
di  tutte  le  fanfare  di  guerra;  eppure  non  partecipò  mai  a  moti  di 
folle,  a  cospirazioni  di  gruppi,  a  preparazioni  di  rivolte.  11  suo  amor 
6 


di  patria  ebbe  una  sintesi  ben  diversa  e  non  gii  diede  neppur  per 
un'ora  enfasi  rivoluzionarie  ;  il  suo  orizzonte  di  giovinetto  semplice 
si  limitava  alla  sua  scuola,  dove  i  romantici  appena  usciti  dalla  tutela 
dell'accademismo,  stimavano  di  aiutare  il  popolo  e  il  suo  fervore  di 
libertà  colle  loro  tele  scenografiche:  illustrando  gli  episodi  italiani 
dell'età  di  mezzo  con  tranquillità  troppo  meditata  per  non  essere 
mediocre  indifferenza. 

La  pittura  e  la  scultura  seguivano  con  mite  obbedienza  la  poesia 
romantica:  paghe  dell'illusione  di  contribuire  agl'impulsi  popolari: 
scambiando  spesso  per  gesto  eroico  uno  sbadiglio  pusillanime,  infe- 
stando le  gallerie  di  soggetti  storici  raccattati  ai  manualetti  delle  classi 
primarie.  C'era  nelle  scuole  accademiche  di  quel  tempo  una  specie 
di  regolamento  morale  imprescindibile,  che  imponeva  alla  coscienza 
di  ogni  giovane  artista  il  suo  storico  saggio  neo-romantico:  perchè 
il  Paese  aveva  bisogno  di  tórre  in  prestito  alle  glorie  antiche  il  desi- 
derio di  aggiungerne  delle  nuove.  Colpa  non  dei  migliori,  che  si 
chiamavano  Stefano  Ussi,  Lorenzo  Bartolini,  Francesco  Hayez,  Ber- 
nardo Celentano;  ma  dei  mediocri,  che  credevano  con  troppo  buona 
fede  a  un  loro  mandato  eroico-artistico.  Né  pure  si  accorgevano  che 
mentre  essi  stemperavano  nei  soggetti  romantico -storici  le  ultime 
"  pieghe  „  colorite  degli  accademici,  da  Solferino  a  Marsala,  da 
San  Martino  a  Palermo  schiere  più  numerose  e  più  audaci  dipin- 
gevano col  sangue  il  quadro  più  vasto  della  libertà. 

j^*  ^^'  ^^' 

Filippo  Carcano,  che  pur  doveva  pagare  all'Accademia  il  suo 
tributo  storico,  per  vincere  le  paterne  riluttanze  e  per  attenuare  le 
diffidenze  dei  maestri,  sentì  che  nelle  grandi  sale  della  scuola  non 
vi  erano  per  lui  orizzonti  adatti,  intuì  che  il  romanticismo  era  una 
sovrapposizione  artificiosa  e  scolastica,  intese  che  oltre  la  menzogna 
in  buona  fede  vi  doveva  essere  una  verità  più  limpida,  magari  più 
fredda,  ma  certo  più  viva  e  impellente.  Quando  i  placidi  idilli  del- 
l'Accademia, dove  l'Hayez  signoreggiava,  venivano  interrotti  da  gridi 
cupi  di  popoli  insorti,  da  squilli  di  trombe,  da  secchi  scoppiettìi  di 
fucilate,  Filippo  Carcano  confrontava  le  due  tendenze  nel  vivo  del- 
l'anima e  forse  giudicava  che  la  vita  è  realtà  e  che  solo  nella  realtà 
possono  essere  le  forze  e  gli  impeti  dell'arte. 


Per  queste  cause,  indivisibili  da  coloro  che  sentivano  le  aspira- 
zioni dei  tempi  maturi,  si  iniziò  in  lui  quel  rivolgimento  della  sua 
coscienza  artistica,  che,  con  tante  amarezze  e  con  tanta  povertà, 
doveva  dargli  valida  fama  e  giusta  esaltazione.  In  lui  il  pianto  delle 
folle  reclamanti  una  patria  si  tradusse  in  ribellione  verso  la  scuola; 
quello  che  le  moUitudini  facevano  contro  le  tirannie  statali  egli  fece, 
solo,  contro  la  tirannide  scolastica;  spazzò  via  il  romanticismo  stanco, 
come  il  popolo  spazzava  le  dinastie  esauste;  impose  alla  pittura  una 
visione  più  vasta  della  vita,  come  era  stata  imposta  al  suo  Paese 
una  visione  più  vasta  dei  propri  destini. 

Assente  in  politica,  incapace  di  concezioni  ideologiche  sociali, 
egli  riserbò  tutte  le  lotte  della  sua  esistenza  all'arte:  e  fece  nell'ambito 
della  scuola,  con  volontà  pugnace  e  indomabile,  quello  che  per  cento 
città  d'Italia  facevano  nel  confine  dei  tre  mari  cento  popoli  in  rivolta. 

II  periodo  più  umanamente  profondo  di  Filippo  Carcano  è  questo: 
che  gli  dà  una  coscienza  personale,  che  gli  insinua  negli  spiriti  ardori 
iconoclasti,  che  anima  le  sue  belle  tele  di  una  forza  stupefacente  di 
candore,  di  osservazione  e  di  verità.  Accanto  a  lui  si  agitavano  pa- 
rimenti infervorati  il  Cremona,  il  Ranzoni,  il  Bianchi,  con  molti  altri: 
desiderosi  di  farsi  persone.  11  Barbarossa,  V Incendio  di  Gerusalemme, 
la  Morte  di  Margherita  Posteria,  che  Filippo  Carcano  aveva  dipinti 
per  atto  di  obbedienza  scolastica,  a  lui  stesso  sembravano  lontani  ; 
come  lontana  e  arcigna  gli  appariva  la  folla:  incerta  tra  l'ammira- 
zione per  il  Pagliano,  il  Giuliano  e  il  Formis  e  il  consenso  per  il 
Cremona,  che  velava  di  non  comune  grazia  certe  sue  languide  sen- 
timentalità. Egli  non  si  stupisce  e  non  si  cruccia;  fatto  di  volontà 
e  di  coscienza,  l'una  e  l'altra  piega  ad  uno  studio  sapiente  della 
natura,  con  una  freddezza  meravigliosa,  pari  soltanto  alla  forza  della 
sua  arte;  con  la  sua  timidità  sorridente  e  semplice  va  in  cerca  dei 
piccoli  luoghi,  dei  chiusi  ignorati,  degli  angoli  raccolti;  esamina, 
misura,  intravede,  sfida  le  maggiori  difficoltà,  si  indugia  ad  accarez- 
zarle, le  vince  sorridendo,  a  tappe  meditate,  con  sincerità  di  risultati 
che  meravigliano. 

Non  vuole  andare  oltre  il  vero  neppure  con  una  pennellata: 
l'audacia  lo  sorprenderebbe  come  un  inganno,  perchè  la  verità  nelle 
arti  figurative  gli  si  presenta  coi  suoi  aspetti  geometrici,  perchè  gli 
effetti  del  colore  scaturiscono  per  lui  da  rapporti  intrinseci  tra  le  luci 
e  le  loro  essenze  cromatiche.  Il  suo  occhio  infallibile  coglie  i  più 
8 


piccoli  particolari  con  un  vigore  singolarissimo,  esercita  nella  con- 
figurazione complessa  del  quadro  un  potere  di  analisi  inflessibile, 
si  pretermette  alle  più  accurate  riproduzioni  meccaniche  ricreandole 
colla  genialità  del  suo  intuito.  La  partita  a  bigUardo  e  La  scuola 
di  ballo  sono  gli  esempì  più  puri  della  indomabile  volontà  di  questo 
artista,  che  prepara  nell'intimo  del  suo  pensiero  i  grandi  quadri  di 
paese  attraverso  la  dura  disciplina  della  prospettiva. 

Maestro  di  sé  stesso,  senza  guida  di  scuola,  senza  consigli  di 
lezioni,  non  inteso  dai  compagni,  combattuto  con  armi  ineguali, 
accusato  di  lenocinì  mendaci,  egli  si  trova  solo,  sbattuto  dalle  raf- 
fiche della  vita,  perso  tra  i  suoi  stessi  orizzonti.  Pochi  amici  credono 
alla  meravigliosa  potenza  della  sua  prospettiva,  molti  invece  lo  ac- 
cusano di  servirsi  della  fotografia Povero,  intristito,  incapace  di 

difendersi,  egli  piange  a  trent'anni  per  le  sue  vittorie  come  pochis- 
simi hanno  pianto  per  le  loro  sconfitte Talvolta  gli  pare  di  avere 

errato   e  cerca  altre  forme   più  persuasive,  più  intese  dalla  folla: 

dall'interno  va  verso  il  quadro  di  soggetto,  da  questo  al  ritratto 

La  lotta  tormentosa  molto  spesso  lo  stanca  e  lo  abbatte;  egli  non 
deve  lottare  soltanto  per  la  sua  giornata,  ma  per  la  stessa  sua  rino- 
manza. È  il  primo  dei  divisionisti,  è  il  maggiore  esponente  dei  quadri 
d'interno,  è  il  più  forte  rievocatore  della  natura;  ma  tutto  ciò  gli  si 

muta  in  dolore I  cenacoli  artistici  gii  sono  avversi,  i  giornali  lo 

attaccano  con  impeto;  sicché  egli  è  costretto  a  conoscere  ad  uno 
ad  uno  tutti  gli  scoramenti  dell'arte,  e  deve  sopportare  la  puntura 
di  tutti  gli  strali  e  deve  accogliere  con  sorriso  le  insinuazioni  degli 
ignoranti. 

Ma  lavora  assiduamente,  si  dibatte  contro  il  destino  con  tutte  le 
forze,  avvicenda  vive  speranze  a  profondi  scoraggiamenti,  e  non  trova 
che  un  cuore  di  donna  e  due  deboli  braccia  capaci  di  accogliere 
amorosamente  il  suo  pianto  straziato.  Una  piccola  donna  che  gli  dà 
il  viso  per  le  sue  tele,  le  carezze  per  le  sue  angoscie,  il  coraggio 
per  le  sue  disfatte,  l'amore  per  la  sua  gioventù,  il  sacrificio  per  i 
suoi  digiuni  ;  una  piccola  donna  che  non  è  stata  mai  a  scuola,  ma 
legge  profondamente  nell'anima  di  lui;  che  non  sa  d'arte  e  di  pittura 
ma  avvolge  d'uno  schietto  entusiasmo  ogni  quadro  animato  dal  suo 
compagno;  che  si  tramuta  in  dono  votivo  e  sa  vivere  soltanto  d'una 
grande  vita  riflessa,  umile  ed  obbediente;  una  piccola  donna,  che, 
come  ha  diviso  gli  strazi  della  fame  e  gli  entusiasmi  della  gloria 

9 


con  l'uomo  adorato,  se  ne  andrà  con  lui  nella  stessa  bara,  nel  breve 
giro  del  medesimo  giorno  :  simbolo  ignoto  d'una  fede  grande,  d'un 
olocausto  sicuro,  d'una  bella,  ineffabile  esistenza. 

^*  Jf*  Jf^ 

Egli  era  in  pieno  vigore  di  vita,  quando,  passata  la  raffica  del- 
l'epopea italiana,  s'erano  chetati  gl'impeti  delle  congiure,  il  roman- 
ticismo veniva  gettato  via  come  un  brindello  frusto,  e  qualcuno  più 
consapevole  andava  gridando  attorno  con  voci  inusate  nuove  parole 
di  forza  e  di  dignità. 

Filippo  Carcano,  uscito  oramai  dagli  ambienti  limitati,  fatto  più 
audace  dalla  comunione  dell'amore  che  dalla  sua  stessa  natura,  parve 
porgere  attento  l'orecchio  alle  nuove  tendenze  della  vita.  E  mentre 
nello  studio  di  via  Agnello  continuava  a  segnare  con  indelebile  esat- 
tezza certe  sue  tele  limpide,  fresche  e  piene  d'una  bella  dignità  di 
colore,  il  sole,  che  aveva  visto  con  tenui  riflessi  dai  brevi  fori  delle 
finestrette  cupe,  Io  attrasse  oltre  le  soglie  consuete  :  dove  un  intrico 
di  foglie  e  di  rami,  dove  una  breve  radura,  dove  il  nastro  d'un  rivolo 
fresco  ne  assorbono  i  raggi  ed  il  tepore.  Egli  cominciò  a  intendere 
il  mistero  profondo  delle  cose,  ne  sentì  il  grido  imminente,  fu  prima 
attonito  spettatore  della  vastità,  poi  lo  sorprese  a  un  tratto  e  con 
l'occhio  sicuro  ridusse  nel  limite  d'una  tela  lo  spazio  senza  confine. 

In  quarant'anni,  con  assidua  cura  e  con  costante  preoccupazione, 
aveva  ordinato  il  suo  pensiero  a  distribuire  i  piani  dei  suoi  interni 
con  effetti  prodigiosi;  seppe  poi,  e  in  poco  tempo,  largire  nei  quadri 
di  paese  un  suo  singolare  equilibrio  di  distanze,  un  suo  impeccabile 
rapporto  di  proporzioni,  e  fu  —  appena  volle  —  uno  dei  più  forti 
paesisti  italiani.  Non  gli  sorrideva  l'esistenza  e  da  presso  e  da  lunge 
la  miseria  batteva  alla  sua  porta,  minacciando  la  sua  casa;  ma  di 
lui  si  scriveva  e  si  parlava  con  manifesta  soddisfazione,  né  più  lo 
si  accusava  di  asservire  l'arte  alla  fotografia.  Nel  1877  egli  esponeva 
a  Napoli  Una  passeggiata  amorosa,  Un  mattino  sul  Lago  Maggiore 
e  una  Ridda  di  Ninfe;  tre  anni  dopo,  a  Torino,  stampava  l'orma 
più  profonda  della  sua  maestria  di  paesista.  Erano  già  apparse  due 
mirabili  tele:  Pace  nei  monti  e  Primo  sole,  dipinti  a  Cureglia  sopra 
Lugano,  in  una  delle  consuete  peregrinazioni  dell'artista,  quando  la 
capitalo  del  Piemonte  si  trovò  al  conspetto  d'una  somma  di  opere 
10 


insigne  :  Prime  nevi  in  montagna,  Una  via  di  Oignese,  Pescarenico, 
Impressioni  di  estate.  Molino  e  strada  al  Motterone,  Allegria.  Era 
una  rivelazione;  il  Calderini  e  il  Bianchi,  che  aspiravano  in  quella 
medesima  mostra  al  premio  di  paese,  se  lo  videro  strappato  dal 
Carcano,  ma,  anime  pure  entrambi,  gli  fecero  giusto  omaggio,  e  il 
Pescarenico  trionfò. 

Per  questo  artista,  lo  spazio  non  aveva  segreti  ;  la  grande  sinfonia 
della  natura  gli  svelava  tutti  i  suoi  accordi  e  tutti  i  suoi  motivi;  le 
lagrime  accidiose  d'una  grigia  giornata  sul  verde  incupito,  come 
nella  Pietra  papale;  la  portentosa  maestà  dei  campi  constellata  di 
casette  solitarie,  che  hanno  per  confine  lo  spazio,  l'orizzonte  e  l'az- 
zurro della  lontananza,  come  nella  Pianura  lombarda;  la  dolcezza 
mite  e  invidiata  di  un  gruppo  di  case  che  si  specchiano  nell'onda 
in  cospetto  di  altre  rive  silenziose,  sotto  una  tenue  carezza  di  sole, 
come  neW'Isola  dei  Pescatori. 

Egli  soffuse  d'una  rigida  bellezza  i  suoi  panorami  —  rigida 
perchè  coordinata  ad  una  esatta  osservazione  della  verità  senza  me- 
diazione di  artifici  —  e  si  innamorò  del  silenzio  per  dargli  una  sua 
eloquenza  particolare  ed  immanente.  Nei  suoi  quadri  di  grande  paese 
c'è  un  tumulto  di  genitura:  la  cantica  eterna  delle  cose  che  si  per- 
petuano senza  pausa.  Sdegnando  l'ecloga  che  attrae  gli  altri  pittori 
suoi  contemporanei,  egli  corre  verso  l'epica  e  canta  lo  spazio  e 
l'infinito  nelle  tele. 

Il  quadro  di  soggetto  è  per  lui  una  breve  parentesi  di  ozio  ope- 
roso, segna  un  lieto  ritorno  alla  gioventù  senza  fortuna;  l'artista 
esprime  quasi  sempre  un  intimo  sentimento  nostalgico,  —  vada 
pure  —  lancia  una  allegra  sfida  ai  suoi  antichi  detrattori.  //  dolore, 
il  Vaporino,  VOra  di  riposo  durante  i  lavori  dell'Esposizione  sono 
la  espressione  dei  diversi  momenti  della  sua  anima. 

Ma  oramai  egli  è  salito  verso  la  rinomanza;  è  di  umile  gregario 
divenuto  capo;  ha  imposto  il  suo  nome  e  il  suo  metodo.  In  Lom- 
bardia si  profila  intanto  tutta  una  schiera  di  valorosi  che  vorrebbero 
contendergli  le  vittorie.  Alle  porte  della  gloria  si  affaccia  sicuro  ed 
in  atto  di  balda  contesa  il  Segantini  ;  il  Previati  si  esalta  nella  con- 
cezione vasta  delle  sue  grandi  tele  storiche.  Né  altrove  si  lavora  e 
si  lotta  meno.  Per  tutte  le  regioni  d'Italia  è  un  fervore  di  ricerche 
e  di  innovazioni,  nel  nome  della  verità  assoluta  circonfusa  di  una 
nobile  poesia  di  forme.  Si  insinuano  le  gare  dalle  scuole,  accenna 

11 


i  suoi  primi  impulsi  il  divisionismo,  si  scindono  e  si  frazionano  i 
gruppi,  l'arte  cerca  nuovi  equilibri  e  nuove  stabilità 

Filippo  Carcano  per  venti  anni,  che  sono  gli  ultimi  del  secolo 
scorso,  rimane  saldo  sulle  basi  della  sua  rinomanza,  continuando 
con  opere  insigni  a  dar  limite  agli  spazi Come  il  verde  delle  pia- 
nure ha  cantato  per  lui  strofe  di  suprema  malinconia,  come  i  fulgori 
di  Venezia  gli  susurrano  accesi  ricorsi  di  strofe,  le  impervie  azzurrità 
adriatiche  gli  schiudono  superbe  maestà  di  colori,  i  silenzi  dissepolti 

di  Pompei  gli  affidano  gravità  sincere  di  elegìe Sono  di  questo 

periodo  La  riva  degli  Schiavoni,  le  Impressioni  veneziane,  la  Piazza 
di  San  Marco,  La  chiesa  della  Salute,  In  autunno.  Il  verziere  alla 
vigilia  della  commemorazione  delle  cinque  giornate.  E  un  po'  più 
mature  —  dal  1890  al  1910  —  sono  La  campagna  di  Asiago,  la 
Manica,  il  Venerdì  Santo,  lo  Spoglio  del  melgone,  due  Autoritratti, 
la  Banda  ai  giardini  pubblici,  le  Prealpi  Bergamasche,  il  Ghiacciaio 
di  Cambrenna,  la  Mucca  bianca,  la  Cura  del  latte  e  moltissimi  altri. 
Egli  ha  veduto  tanta  terra  e  tanto  mare,  ha  potuto  lasciare  Milano 
per  Venezia,  Venezia  per  Chioggia,  Chioggia  per  il  Tirolo,  ha  saputo 
cercare  dovunque  e  comunque  i  grandi  motivi  per  le  sue  tele.  E  la 
città  sua  lo  rivede  già  famoso,  già  contento  nella  sua  modestia,  ma 
sempre  desideroso  di  nuove  forme,  di  nuove  vittorie. 

Egli  insegna  l'infinità,  fatto  ogni  giorno  più  ardito  ;  forse  non  sa 
perchè  e  d'onde  tragga  la  magnifica  ispirazione  delle  cose  grandi, 
forse  il  ricordo  della  prima  giovinezza  pensosa  rivendica  a  sé  stesso 
il  diritto  di  vivere  in  comunione  cogli  spazi  solitari.  Ma  ha  imposto 
ad  una  scuola  e  ad  un  periodo  il  suo  nome  ed  è  entrato  tranquil- 
lamente nella  storia. 

f^^  ^^  ^^^ 

Perchè  e  come  ne  esce,  sognatore  volontario  di  chimere,  per 
sostentare  la  sua  vecchiezza  illustre  di  sentimentalità  inadatte  alla  sua 
natura?  Perchè  a  un  tratto  pensa  di  poter  rinchiudere  l'universo  nella 
cornice  angusta  del  suo  studio?  Perchè  ricopre  di  nubi  le  sue  ultime 
tele,  che  prima  aveva  illuminate  di  cieli  profondi? 

Forse  non  si  viaggia  invano  per  le  cupe  vie  delia  vita  senza 
lasciarsi  attrarre  dalle  asserzioni  audaci  di  nuove  formole  e  di  nuovi 
verbi  sociali.  E  la  maturità,  alla  quale  l'esperienza  dovrebbe  aver 
dato  un  più  sicuro  equilibrio,  è  spesso  adombrata  da  pentimenti. 
12 


Allora  l'artista  dubita  di  non  avere  esaurito  il  suo  compito  vasto, 
di  non  aver  profferte  al  mondo  tutte  le  forme  significative  dell'arte 
e  cerca  di  dar  fondo  a  nuove  manifestazioni,  che  sono  quasi  sempre 
il  risultato  di  impressioni  o  di  simpatie  superficiali  ;  allora  l'artista  si 
illude  di  aver  bisogno  anche  del  mediocre  trionfo  che  procede  dalla 
piccola  ammirazione  borghese,  dalle  esaltazioni  delle  demagogie  che 
soffiano  sull'arte  come  sulla  politica. 

Filippo  Carcano  trascorreva  gli  anni  della  sua  vecchiezza  agiata 
ma  sempre  laboriosa  tra  lo  sciamare  insofferente  del  popolo  —  di 
quel  popolo  che  in  sessant'anni  aveva  assistito  a  tanti  rivolgimenti 
e  tanti  ne  aveva  provocati  —  e  ora,  insofferente  di  egemonie  esal- 
tava con  baldi  clamori  le  uguaglianze  delle  classi,  e  sentiva  confusa- 
mente che  qualche  cosa  di  nuovo  e  di  grande  fermentava  nel  mondo 
apparentemente  tranquillo.  Figlio  di  quel  popolo,  in  quel  gridìo 
anelante  gli  si  rinnovavano  più  vivi  i  ricordi  della  giovinezza,  con- 
fondendo il  primo  e  l'uhimo  tempo  in  una  sintesi  a  lui  stesso  sco- 
nosciuta. Il  lievito  romantico  degli  anni  più  freschi  non  s'era  disperso 
del  tutto;  in  fondo  al  suo  cuore  erano  rimasti  sopiti  i  retaggi  della 
scuola,  i  segni  dell'accademia  togata,  i  solchi  delle  insurrezioni  epico- 
romantiche. 

Oli  bastò  di  sognare  e  si  cullò  nel  sogno.  Non  vide  più  le  lar- 
gure solatìe,  non  ritrovò  più  le  magnificenze  delle  primavere  mon- 
tane, non  pensò  alle  albe  sul  mare  tranquillo  e  suffuse  di  nebbie 
tenui:  volle  invece  un'arte  di  riflesso,  escogitata  nel  suo  studio,  nu- 
trita di  impressioni  fuggevoli,  alimentata  dalle  più  mistiche  esaltazioni. 
Gli  parve  a  volte  che  l'arte  dovesse  avere  un  contenuto  etico  e 
concepì  certe  sue  tele  bibliche  con  ingenuità  francescana;  gli  parve 
di  dover  diffondere  la  morale  spicciola  delle  plebi  in  convulsione 
e  s'affaticò  a  stemperare  soggetti  sociali;  gli  parve  infine  di  dover 
dare  il  suo  contributo  di  plauso  alle  conquiste  mirabili  dell'ingegno 
umano  e  si  profuse  a  gettar  nelle  nubi,  atomo  volante,  le  vibrazioni 
invisibili  di  un  velivolo. 

Sono  di  questo  periodo  i  Credenti,  Cristo  che  bacia  VUmanità, 
Vele  azzurre,  Le  Streglte,  L'Ideale  che  fugge,  L'Ar copiano  e  molte 
altre  tele  e  acquarelli  e  pastelli,  che  egli  profondeva,  infaticabile, 
dal  suo  antico  studio  silenzioso  ai  suoi  ammiratori.  Molti  ammiratori 
oramai:  anche  coloro  che  gli  erano  stati  cagione  di  lagrime  e  di 
dolore!  Perchè  non  era  più  povero,  perchè  la  sua  arte  era   stata 

13 


riconosciuta  ufficialmente,  perchè  qualche  notevole  decorazione  —  che 
non  gli  fregiò  mai  il  petto  —  aveva  dato  maggior  lustro  alla  sua  fama. 

Lo  pseudo  spiritualismo  di  cui  si  compiaceva  e  si  compiace  tut- 
tora la  pittura  dei  nostri  giorni  non  era  nell'anima  di  Filippo  Carcano 
che  una  sovrapposizione.  Colui  che  si  era  ribellato  da  solo  e  pel 
primo  al  formulario  romantico  con  la  nobiltà  delle  sue  energie  gio- 
vanili, non  seppe  rimuoversi  dalla  consuetudine  di  accogliere  ciò  che 
la  stagione  mediocre  produceva  e  fu  sottomesso  al  tempo.  Probabil- 
mente le  sue  facoltà  creatrici  s'eran  troppo  consumate  in  una  lotta 
titanica  per  poter  resistere  all'età  che  incombeva.  Età  che  non  giovò 
alla  sua  arte:  ma  non  gli  sottrasse  limpidità  di  giudizio,  chiarezza 
di  analisi  e  confidenza  benevola  nei  giovani.  E  tanti  ne  aveva  attorno 
ogni  séra,  che  gli  facevano  delicato  omaggio,  che  sorridevano  alla 
sua  arguzia  bonaria,  che  approffittavano  di  un  suo  consiglio  fugace. 
Della  prima  e  mirabile  gioventù  egli  aveva  infatti  conservato  un 
dispregio  per  tutte  le  cose  vane  e  per  tutte  le  false  apparenze:  dis- 
pregio che  non  si  estolleva  mai  in  invettive,  ma  si  accontentava  di 
uno  strizzar  d'occhi,  di  qualche  breve  staffilata  verbale.  Poi  la  bontà, 
ch'era  in  lui  la  forza  stessa  della  vita,  spegneva  quei  lampi  rapidi  e 
dava  al  volto  onesto  una  calma  sicura  come  la  coscienza. 

Bella  coscienza  d'artista  !  Anche  nell'ultimo  decennio  della  vita 
operosa,  tra  sonno  e  sonno,  si  ridestava  per  qualche  notevole  con- 
quista e  gli  dava  energie  nuove  per  nuove  opere.  Talvolta  le  vastità 
gli  riparlavano  della  sua  gloria,  gli  ringagliardivano  la  volontà  del 
quadro  di  paese  e  allora  ricomponeva  gli  spiriti  in  un  supremo  sforzo 
artistico.  Da  queste  intermittenze  uscirono  Una  nevicata,  Pascoli  e 
Dolomiti,  La  Campagna  d'Orsenigo,  Visioni  di  Brianza,  e  qualche 
altra  tela,  tra  cui  non  ricorderemo  quel  Giuda  che  getta  la  borsa: 
riproduzione  tardiva  di  un'opera  antecedente,  nella  quale  egli  pro- 
vava per  la  prima  volta  anche  una  certa  disposizione  alla  plastica. 

Certo  nella  sua  stessa  Milano  l'esistenza  gli  fu  variamente  ama- 
reggiata: e  quando  gli  avevano  negato  la  vera  grandezza  e  quando 
—  ben  più  tardi  —  fingendo  di  averlo  dimenticato,  volevano  giu- 
dicarlo alla  stregua  dell'ultimo  suo  periodo.  Né  gli  ultimi  venuti 
avevan  modo  di  alimentare  di  validi  esempì  la  loro  ammirazione, 
perchè  la  grande  opera  del  Maestro  era  troppo  dispersa  e  perchè, 
d'altra  parte,  le  ultime  forme  della  pittura  erano  troppo  violenti  per 
potersi  accostare  a  periodi  recenti  per  quanto  non  sorpassati. 
14 


Ma  egli  non  si  sdegnava  per  questa  irriconoscenza:  quando  par- 
lava di  sé,  delle  prime  angosce,  delle  prime  lotte,  gli  occhi  gli  sì 
empivano  ancora  di  lagrime  e  tutto  il  suo  cuore  di  grande  fanciullo 
fremeva  di  commozione  ;  quando  accennava  al  tempo  più  pugnace 
della  sua  vita  un  sorriso  d'una  dolcezza  soave  spianava  la  sua  fronte 
gagliarda  e  maschia  e  subito  dopo  volgeva  uno  sguardo  a  Colei 
che  era  stata  la  sua  fede  ignota  e  la  seconda  anima  sua:  e  parevano 
entrambi  aspettare  con  immensa  fiducia  la  loro  grande  giornata  di 

riscossa La  grande  giornata  che  fu  l'ultima:  tranquilla,  raccolta, 

silenziosa,  nella  piccola  casa  che  aveva  alimentata  una  immutabile 
castità  di  passione  e  vedeva  uscir  due  bare  insieme,  nella  medesima 
ora,  avviate  allo  stesso  sepolcro. 

E  attorno  alla  duplice  salma  si  raccolsero  antichi  compagni  dalla 
romantica  chioma  canuta  e  scapigliata,  promesse  di  gioventù:  gli 
uni  per  ricordare  la  gloria  scomparsa  gli  altri  per  intenderne  i  ba- 
gliori lontani:  tutti  consapevoli  d'una  gagliarda  affermazione  di  vo- 
lontà e  di  coscienza,  la  cui  traccia  si  andava  facendo  sempre  più 
durevole  nel  solco  della  vita. 


ELENCO    DELLE    TAVOLE 


/ 


Autoritratto 

T«v.  1  Proprietà  del  sig.  P.  Carcano. 

Carcano    Studente    nel    1862    —    Disegno  di  A.  Bacchetta. 

Tav.  2  Filippo  Carcano   —   Schizzo  a  matita  del  pittore  Ettore  Tito. 

Filippo  Carcano   —   iVIaschera  presa  dallo  scultore  O.  Cantìi. 

Filippo  Carcano  sul  letto  di  morte 

Tav.  3  Pastello  del  pittore  Angelo  Landi  e  disegno  di  R.  Galli. 

La  Scuola  da  Ballo 

Tav.  4  '    Proprietà  della  signora  Vittoria  Botta  Ghisio. 

La  Partita  a  Bigliardo 

Tav.  5  Proprietà  del  Cav.  Eugenio  Befana. 

I  confetti  della  Sposa 

Tav.  6  Proprietà  del  Dott.  Giuseppe  Obicini. 

Cortile  rustico 

Tav.  7  Proprietà  dell'Avv.  Ticozzi. 

Interno  della  Chiesa  di  S.  Maria  presso  S.  Celso 
Tav.  8  Proprietà  del  Comune  di  Milano. 

Alla  Preghiera 

Tav.  9  Proprietà  del  sig.  A.  Fossati. 

L'ultima  goccia 

Tav.  10  Proprietà  dell' On.  P.  Baragiola. 

Buon  cuore  di  fanciulli 

Tav.  11  Proprietà  della  Galleria  d'Arte  Moderna  della  R.  Accademia  di  Brera. 


Interno  del  Duomo  di  Milano 

Tav.  12  Proprietà  dell'  On.  P.  Baragiola. 

La  Famiglia  del  Congiurato 
Tav.  13  Proprietà  dell' On.  P.  Baragiola. 

Il  riposo  degli  operai  dell'Esposizione  del  1881 

Tav.  14  Galleria  Civica  del  Castello  Sforzesco. 

L' Isola  dei  Pescatori  -  Lago  Maggiore 
Tav.  15  Proprietà  dell'Avv.  A.  Podreider. 

Interno  del  Duomo  di  Milano 

Tav.  15  Proprietà  dell' On.  Avv.  Giacinto  Gallina. 

La  Banda  ai  Giardini  pubblici 

Tav.  17  Proprietà  degli  Eredi  Carcano. 

Natura  morta 

Tav.  18  Proprietà  degli  Eredi  Carcano. 

Colazione  all'aperto 

Tav.  19  Proprietà  del  sig.  Paolo  Carcano. 

La  passeggiata  amorosa 

Tav.  20  Proprietà  dell' Ing.  Fedele  Borghi. 

La  Piazza  di  S.  Marco  -  Venezia 

Tav.  21  Galleria  d'Arte  Moderna  -  Roma. 

Piazzetta  di  S.  Marco  -  Venezia 

Tav.  22  Proprietà  della  signorina  Gina  Chierichetti. 

Studio  di  Pompei 
Tav.  23  Galleria  d'Arte  Moderna  -  Roma. 

Studio  di  Pompei 

Tav.  24  Galleria  d'Arte  Moderna  -  Roma. 

Studio  di  Pompei 

Tav.  25  Galleria  d'Arte  Moderna  -  Roma. 

Studio  di  Pompei 

Tav.  26  Proprietà  della  signora  Adele  Tomasi  Crudeli. 


Pompei 

Tav.  27  Proprietà  del  sig.  Alessandro  Rossi. 

Bozzetto  a  Chioggia 

Tav.  28  Galleria  d'Arte  Moderna  -  Roma. 

Milano  dalla  mia  finestra 
Tav.  29  Proprietà  del  pubblicista  A.  O.  Bianchi. 

Cesta  con  polli 
Tav.  30  Proprietà  del  Cav.  A.  Centenari. 

Alla  fontana 

Tav.  31  Proprietà  degli  Eredi  Carcano. 

Il  Lago  d'Iseo 

Tav.  32  Proprietà  del  Cav.  O.  Faltrinelli. 

Il  Ghiacciaio  di  Cambrena 

Tav.  33  Proprietà  dell' On.  P.  Baragiola. 

Giuda  che  getta  la  borsa  -  Olio  - 

Tav.  34  Proprietà  del  sig.  Paolo  Carcano. 

Giuda  che  getta  la  borsa  -  Acquarello  - 

Tav.  35  Proprietà  degli  Eredi  Carcano. 

11  Duomo  di  Milano  -  Bozzetto  - 

Tav.  36  Proprietà  della  signora  A.  Carcano  Croci. 

Spiaggia  al  Mare 

Tav.  37  Proprietà  del  Nobile  O.  Riccio  Oddi. 

La  Pianura  lombarda 
Tav.  38  Proprietà  dell' On.  P.  Baragiola. 

I  Credenti  -  Bozzetto  - 

Tav.  39  Proprietà  del  pittore  Renzo  Weiss. 

Le  Prealpi  bergamasche 

Tav.  40  Proprietà  della  signora  A,  Rizzi  ved.  Pisa. 

Marina 

Tav.  41  Proprietà  degli  Eredi  Carcano. 


Il  figlio  naturale 

Tav.  42  Proprietà  del  sig.  A.  Segre. 

Marina 

Tav.  43  Galleria  d'Arte  Moderna  -  Roma. 

Il  Laghetto  dei  Cigni 

Tav.  44  Proprietà  della  signora  Lydia  Brochon. 

Una   lezione   all'aperto 
Tav.  45  Proprietà  della  signora  A.  Carcano  Croci. 

In  tribunale 

Tav.  45  Proprietà  del  sig.  Luigi  Carcano. 

Autoritratto  -  Pastello  - 

Tav.  47  Proprietà  dell' On.  P.  Baragiola. 

L' Umanità 
Tav.  48  Proprietà  dell'  On.  P.  Baragiola. 

Vele  azzurre 

Tav.  49  Proprietà  dell' On.  P.  Baragiola. 

Nel  deserto 

Tav.  50  Proprietà  degli  Eredi  Carcano. 

Animali 
Tav.  51  Dall'acquaforte  di  A.  M.  Oilli. 

Profilo  del  Prof.  A.  Ribera 

(Eseguito  colla  cenere  del  sigaro  in  fondo  a  un  piatto) 

Tav.  52  Proprietà  di  A.  Ribera. 


Tav.  1 


Autoritratto 


Tav.   -2 


^^^^B«ÌK 

■^ 

^^^^^^^^^|r 

^^H 

^^K^ 

,/i  ,^^B 

^^^V/   ' 

'Ì|p  '^H 

^r 

^■B 

; 

Filippo  Carcano 
iMaschera  presa  dallo  scultore  G.  Cantù. 


Carcano  Studente  nel  1862 
Disegno  di  A.  Bacclietta. 


Filippo  Carcano 
Schizzo  a  matita  del  pittore  Ettore  Tito. 


Tav.  3 


't^. 


#v 


^* 


2) 


^-^^     ^1^ 


Filippo  Carcano  sul  Ietto  di  morte 

Disegno  di  R.  Galli. 


Filippo  Carcano  sul  Ietto  di  morte 

Pastello  del  pittore  Angelo  Landi. 


f2 


«O        ) 


^ 


ì 


Tav.  7 


Cortile  rustico 


Tuv.  S 


4 


Wi 


— ^■-•»*  V  > 


Interno  della  Chiesa  di  S.  Maria  presso  S.  Celso 


Tuv.  9 


Alla  Preghiera 


Tav.  10 


L'  ultima  goccia 


Tav.  72 


Interno  del  Duomo  di  Milano 


o 
U 


K- 


o 


lU 


o 


se 


o 
e 


■''♦^ 


s~. 


bJ3 


o 


Tav.  ir, 


Interno  del  Duomo  di  Milano 


(2 


-r/W 


o 
U 


Tiiv.  20 


La  passeggiata  amorosa 


K 


<i  ■ 


Tav.  23 


Stutlio  di  Pompei 


Tuv.  24 


Studio  di  Pompei 


IT) 


(2 


o 

a. 

-5 
_o 
■a 


Tav.  26 


Studio  di  Pompei 


Tav.  2S 


W^ 


Bozzetto  a  Chioggia 


0\ 


t2 


Tav.  30 


Cesta  con  polli 


i 

^ 

>• 

'  / 

MX    : 

■  iSE^'JnMH 

i 

W 

f  i\ 

IME 

e 
o 


PI 


K 


o 


K 


I 


o 

J3 


V 

u 


■o 

3 

o 


t5 


cq 


N. 


a 
S 


co 


o 


1^ 


C5 


K 


IS 


K 


f2 


u 


(S 


Tav.  41 


.Vi 


•w^       -•  '-'     -•■•■' 


Autoritratto  -  Pastello  - 


> 


K, 


Tav.  52 


Profilo  del  Prof.  A.  Ribera 

(Eseguito  colla  cenere  del  sigaro  in  fondo  a  un  piatto) 


0 


ìQ  SECT,  JUL  1 1  1968 


ND  Carcano,    Filippo 

623  Filippo  Carcano 

C263R5 


PLEASE  DO  NOT  REMOVE 
CARDS  OR  SLIPS  FROM  THIS  POCKET 

UNIVERSITY  OF  TORONTO  LIBRARY