FILIPPO GARGANO
FILIPPO
GARGANO
PITTORE
CINQUANTADUE TAVOLE CON INTRODUZIONE
DI
ALMERICO RIBERA
L'ANNO MCMXVI
EDIZIONI D'ARTE E. CELANZA
TORINO
TUTTI I DIRITTI RISERVATI A NORMA DI LEQOE
COPYRIGHT, 1916 BY EDIZIONI D'ARTE E. CELANZA
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Stampato nella Tipografia di Pietro Celaiua & C. in Torino
Fotografie dello Studio O. C. Dall'Armi - Torino
lilippo Carcano nacque a Milano nel 1840 — in un'ora di cor-
doglio nazionale, mentre in ogni regione della terra nostra i domi-
natori soffocavano le aspirazioni della riscossa — e vide e conobbe
nei primi tempi della sua esistenza tutti gli agguati d'una dominazione
secolarmente feroce. A otto anni il destino lo mise al cospetto della
rivolta di Milano, che per cinque memorabili giornate aveva tradotta
in pratica la storica minaccia di Piero Capponi, mordendo la frusta
ond'era stata piagata in un trentennio di percosse: sicché egli ebbe
l'infanzia complicata di tutte le gioie e di tutti gli schianti che assor-
bivano allora gli spiriti e gl'intelletti della gente d'Italia.
La tranquillità relativa del portico dei Figini, un vecchio ridotto
abbattuto più tardi dagli edili irrequieti, ove suo padre aveva bottega,
il desiderio di sfuggire alle costrizioni della grammatica per il gusto
di dar figura a certe sue forme interiori, l'ostinata irreconciliabilità
del padre per le arti in genere e particolarmente per la pittura, le
oscure previsioni d'un pedagogo mediocre e molti e troppi altri
spunti biografici, onde questa infanzia è fatta simigliante a quella di
tanti altri che poi furono rinomati, tendono a fare di Filippo Carcano
un ribelle precoce, innamorato di grande idee ; ma sono e vanno
considerati come la cianfrusaglia romantica che non sappiamo dis-
giungere dall'inno ai trionfatori, e all'anima di lui — trepidante e
incerta come è la fanciullezza — non aggiungono un solo raggio
di luce.
La cornice del suo primo tempo è ben più ampia e va oltre il
breve confine della casa paterna, verso tutte quelle manifestazioni
della vita politica e artistica, che furono il lievito di quel periodo
di spasimo e di doglia. Aver voluto piuttosto dipingere che smer-
ciare a una clientela di donnette il filo pei loro rabberci è un fatto
comune, è il processo intuitivo di ogni anima di fanciullo, che, oltre
le soglie della casa paterna, desidera largure sconosciute, e, come
il seme costretto tra le zolle, si aderge ampio e solatìo con tutta la
festa del suo fogliame. C'è ahro invece in quella immaturità che
s'avvia inconscia alla conquista; altro che non è nuda e abituale
esaltazione biografica, non superficiale constatazione di " ambrosia-
nesimo „ ; ma tumulto di coscienza : per quanto inesperta, votata
già a colmare un suo baratro intimo.
Oli ambrosiani non ridevano allora, quando ogni loro sorriso si
mutava in singhiozzo, quando per ogni angiporto incontravano la
bestialità dominatrice e tracotante, quando le donne e le loro figlie
giovinette non avevan riparo sicuro neppure nelle proprie case, e
tutto era violato e tutto manomesso. Gli ambrosiani passavano tristi
e silenziosi, ombre in attesa nelle notti della città insofferente, né
l'unico lumicino, che tremolava in piazza del Duomo, simbolo della
loro anima penante, li sottraeva ad aggressioni improvvise. Dopo
l'epopea delle cinque giornate, le porte vietate agli stranieri si aper-
sero ancora una volta alla triste oppressione; il sangue non era
stato versato invano, ma la bestialità magiara e l'incontinenza croata
furono più efferate ancora nel ricordo della cruenta disfatta.
Filippo Carcano conobbe in sedici anni tutto il dolore della sua
gente e assistette al fremito vasto che percorreva la penisola urgen-
dola verso la sollevazione definitiva; vide partire pei campi molti
dei suoi compagni che non dovevano tornare più; sentì gli squilli
di tutte le fanfare di guerra; eppure non partecipò mai a moti di
folle, a cospirazioni di gruppi, a preparazioni di rivolte. 11 suo amor
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di patria ebbe una sintesi ben diversa e non gii diede neppur per
un'ora enfasi rivoluzionarie ; il suo orizzonte di giovinetto semplice
si limitava alla sua scuola, dove i romantici appena usciti dalla tutela
dell'accademismo, stimavano di aiutare il popolo e il suo fervore di
libertà colle loro tele scenografiche: illustrando gli episodi italiani
dell'età di mezzo con tranquillità troppo meditata per non essere
mediocre indifferenza.
La pittura e la scultura seguivano con mite obbedienza la poesia
romantica: paghe dell'illusione di contribuire agl'impulsi popolari:
scambiando spesso per gesto eroico uno sbadiglio pusillanime, infe-
stando le gallerie di soggetti storici raccattati ai manualetti delle classi
primarie. C'era nelle scuole accademiche di quel tempo una specie
di regolamento morale imprescindibile, che imponeva alla coscienza
di ogni giovane artista il suo storico saggio neo-romantico: perchè
il Paese aveva bisogno di tórre in prestito alle glorie antiche il desi-
derio di aggiungerne delle nuove. Colpa non dei migliori, che si
chiamavano Stefano Ussi, Lorenzo Bartolini, Francesco Hayez, Ber-
nardo Celentano; ma dei mediocri, che credevano con troppo buona
fede a un loro mandato eroico-artistico. Né pure si accorgevano che
mentre essi stemperavano nei soggetti romantico -storici le ultime
" pieghe „ colorite degli accademici, da Solferino a Marsala, da
San Martino a Palermo schiere più numerose e più audaci dipin-
gevano col sangue il quadro più vasto della libertà.
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Filippo Carcano, che pur doveva pagare all'Accademia il suo
tributo storico, per vincere le paterne riluttanze e per attenuare le
diffidenze dei maestri, sentì che nelle grandi sale della scuola non
vi erano per lui orizzonti adatti, intuì che il romanticismo era una
sovrapposizione artificiosa e scolastica, intese che oltre la menzogna
in buona fede vi doveva essere una verità più limpida, magari più
fredda, ma certo più viva e impellente. Quando i placidi idilli del-
l'Accademia, dove l'Hayez signoreggiava, venivano interrotti da gridi
cupi di popoli insorti, da squilli di trombe, da secchi scoppiettìi di
fucilate, Filippo Carcano confrontava le due tendenze nel vivo del-
l'anima e forse giudicava che la vita è realtà e che solo nella realtà
possono essere le forze e gli impeti dell'arte.
Per queste cause, indivisibili da coloro che sentivano le aspira-
zioni dei tempi maturi, si iniziò in lui quel rivolgimento della sua
coscienza artistica, che, con tante amarezze e con tanta povertà,
doveva dargli valida fama e giusta esaltazione. In lui il pianto delle
folle reclamanti una patria si tradusse in ribellione verso la scuola;
quello che le moUitudini facevano contro le tirannie statali egli fece,
solo, contro la tirannide scolastica; spazzò via il romanticismo stanco,
come il popolo spazzava le dinastie esauste; impose alla pittura una
visione più vasta della vita, come era stata imposta al suo Paese
una visione più vasta dei propri destini.
Assente in politica, incapace di concezioni ideologiche sociali,
egli riserbò tutte le lotte della sua esistenza all'arte: e fece nell'ambito
della scuola, con volontà pugnace e indomabile, quello che per cento
città d'Italia facevano nel confine dei tre mari cento popoli in rivolta.
II periodo più umanamente profondo di Filippo Carcano è questo:
che gli dà una coscienza personale, che gli insinua negli spiriti ardori
iconoclasti, che anima le sue belle tele di una forza stupefacente di
candore, di osservazione e di verità. Accanto a lui si agitavano pa-
rimenti infervorati il Cremona, il Ranzoni, il Bianchi, con molti altri:
desiderosi di farsi persone. 11 Barbarossa, V Incendio di Gerusalemme,
la Morte di Margherita Posteria, che Filippo Carcano aveva dipinti
per atto di obbedienza scolastica, a lui stesso sembravano lontani ;
come lontana e arcigna gli appariva la folla: incerta tra l'ammira-
zione per il Pagliano, il Giuliano e il Formis e il consenso per il
Cremona, che velava di non comune grazia certe sue languide sen-
timentalità. Egli non si stupisce e non si cruccia; fatto di volontà
e di coscienza, l'una e l'altra piega ad uno studio sapiente della
natura, con una freddezza meravigliosa, pari soltanto alla forza della
sua arte; con la sua timidità sorridente e semplice va in cerca dei
piccoli luoghi, dei chiusi ignorati, degli angoli raccolti; esamina,
misura, intravede, sfida le maggiori difficoltà, si indugia ad accarez-
zarle, le vince sorridendo, a tappe meditate, con sincerità di risultati
che meravigliano.
Non vuole andare oltre il vero neppure con una pennellata:
l'audacia lo sorprenderebbe come un inganno, perchè la verità nelle
arti figurative gli si presenta coi suoi aspetti geometrici, perchè gli
effetti del colore scaturiscono per lui da rapporti intrinseci tra le luci
e le loro essenze cromatiche. Il suo occhio infallibile coglie i più
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piccoli particolari con un vigore singolarissimo, esercita nella con-
figurazione complessa del quadro un potere di analisi inflessibile,
si pretermette alle più accurate riproduzioni meccaniche ricreandole
colla genialità del suo intuito. La partita a bigUardo e La scuola
di ballo sono gli esempì più puri della indomabile volontà di questo
artista, che prepara nell'intimo del suo pensiero i grandi quadri di
paese attraverso la dura disciplina della prospettiva.
Maestro di sé stesso, senza guida di scuola, senza consigli di
lezioni, non inteso dai compagni, combattuto con armi ineguali,
accusato di lenocinì mendaci, egli si trova solo, sbattuto dalle raf-
fiche della vita, perso tra i suoi stessi orizzonti. Pochi amici credono
alla meravigliosa potenza della sua prospettiva, molti invece lo ac-
cusano di servirsi della fotografia Povero, intristito, incapace di
difendersi, egli piange a trent'anni per le sue vittorie come pochis-
simi hanno pianto per le loro sconfitte Talvolta gli pare di avere
errato e cerca altre forme più persuasive, più intese dalla folla:
dall'interno va verso il quadro di soggetto, da questo al ritratto
La lotta tormentosa molto spesso lo stanca e lo abbatte; egli non
deve lottare soltanto per la sua giornata, ma per la stessa sua rino-
manza. È il primo dei divisionisti, è il maggiore esponente dei quadri
d'interno, è il più forte rievocatore della natura; ma tutto ciò gli si
muta in dolore I cenacoli artistici gii sono avversi, i giornali lo
attaccano con impeto; sicché egli è costretto a conoscere ad uno
ad uno tutti gli scoramenti dell'arte, e deve sopportare la puntura
di tutti gli strali e deve accogliere con sorriso le insinuazioni degli
ignoranti.
Ma lavora assiduamente, si dibatte contro il destino con tutte le
forze, avvicenda vive speranze a profondi scoraggiamenti, e non trova
che un cuore di donna e due deboli braccia capaci di accogliere
amorosamente il suo pianto straziato. Una piccola donna che gli dà
il viso per le sue tele, le carezze per le sue angoscie, il coraggio
per le sue disfatte, l'amore per la sua gioventù, il sacrificio per i
suoi digiuni ; una piccola donna che non è stata mai a scuola, ma
legge profondamente nell'anima di lui; che non sa d'arte e di pittura
ma avvolge d'uno schietto entusiasmo ogni quadro animato dal suo
compagno; che si tramuta in dono votivo e sa vivere soltanto d'una
grande vita riflessa, umile ed obbediente; una piccola donna, che,
come ha diviso gli strazi della fame e gli entusiasmi della gloria
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con l'uomo adorato, se ne andrà con lui nella stessa bara, nel breve
giro del medesimo giorno : simbolo ignoto d'una fede grande, d'un
olocausto sicuro, d'una bella, ineffabile esistenza.
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Egli era in pieno vigore di vita, quando, passata la raffica del-
l'epopea italiana, s'erano chetati gl'impeti delle congiure, il roman-
ticismo veniva gettato via come un brindello frusto, e qualcuno più
consapevole andava gridando attorno con voci inusate nuove parole
di forza e di dignità.
Filippo Carcano, uscito oramai dagli ambienti limitati, fatto più
audace dalla comunione dell'amore che dalla sua stessa natura, parve
porgere attento l'orecchio alle nuove tendenze della vita. E mentre
nello studio di via Agnello continuava a segnare con indelebile esat-
tezza certe sue tele limpide, fresche e piene d'una bella dignità di
colore, il sole, che aveva visto con tenui riflessi dai brevi fori delle
finestrette cupe, Io attrasse oltre le soglie consuete : dove un intrico
di foglie e di rami, dove una breve radura, dove il nastro d'un rivolo
fresco ne assorbono i raggi ed il tepore. Egli cominciò a intendere
il mistero profondo delle cose, ne sentì il grido imminente, fu prima
attonito spettatore della vastità, poi lo sorprese a un tratto e con
l'occhio sicuro ridusse nel limite d'una tela lo spazio senza confine.
In quarant'anni, con assidua cura e con costante preoccupazione,
aveva ordinato il suo pensiero a distribuire i piani dei suoi interni
con effetti prodigiosi; seppe poi, e in poco tempo, largire nei quadri
di paese un suo singolare equilibrio di distanze, un suo impeccabile
rapporto di proporzioni, e fu — appena volle — uno dei più forti
paesisti italiani. Non gli sorrideva l'esistenza e da presso e da lunge
la miseria batteva alla sua porta, minacciando la sua casa; ma di
lui si scriveva e si parlava con manifesta soddisfazione, né più lo
si accusava di asservire l'arte alla fotografia. Nel 1877 egli esponeva
a Napoli Una passeggiata amorosa, Un mattino sul Lago Maggiore
e una Ridda di Ninfe; tre anni dopo, a Torino, stampava l'orma
più profonda della sua maestria di paesista. Erano già apparse due
mirabili tele: Pace nei monti e Primo sole, dipinti a Cureglia sopra
Lugano, in una delle consuete peregrinazioni dell'artista, quando la
capitalo del Piemonte si trovò al conspetto d'una somma di opere
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insigne : Prime nevi in montagna, Una via di Oignese, Pescarenico,
Impressioni di estate. Molino e strada al Motterone, Allegria. Era
una rivelazione; il Calderini e il Bianchi, che aspiravano in quella
medesima mostra al premio di paese, se lo videro strappato dal
Carcano, ma, anime pure entrambi, gli fecero giusto omaggio, e il
Pescarenico trionfò.
Per questo artista, lo spazio non aveva segreti ; la grande sinfonia
della natura gli svelava tutti i suoi accordi e tutti i suoi motivi; le
lagrime accidiose d'una grigia giornata sul verde incupito, come
nella Pietra papale; la portentosa maestà dei campi constellata di
casette solitarie, che hanno per confine lo spazio, l'orizzonte e l'az-
zurro della lontananza, come nella Pianura lombarda; la dolcezza
mite e invidiata di un gruppo di case che si specchiano nell'onda
in cospetto di altre rive silenziose, sotto una tenue carezza di sole,
come neW'Isola dei Pescatori.
Egli soffuse d'una rigida bellezza i suoi panorami — rigida
perchè coordinata ad una esatta osservazione della verità senza me-
diazione di artifici — e si innamorò del silenzio per dargli una sua
eloquenza particolare ed immanente. Nei suoi quadri di grande paese
c'è un tumulto di genitura: la cantica eterna delle cose che si per-
petuano senza pausa. Sdegnando l'ecloga che attrae gli altri pittori
suoi contemporanei, egli corre verso l'epica e canta lo spazio e
l'infinito nelle tele.
Il quadro di soggetto è per lui una breve parentesi di ozio ope-
roso, segna un lieto ritorno alla gioventù senza fortuna; l'artista
esprime quasi sempre un intimo sentimento nostalgico, — vada
pure — lancia una allegra sfida ai suoi antichi detrattori. // dolore,
il Vaporino, VOra di riposo durante i lavori dell'Esposizione sono
la espressione dei diversi momenti della sua anima.
Ma oramai egli è salito verso la rinomanza; è di umile gregario
divenuto capo; ha imposto il suo nome e il suo metodo. In Lom-
bardia si profila intanto tutta una schiera di valorosi che vorrebbero
contendergli le vittorie. Alle porte della gloria si affaccia sicuro ed
in atto di balda contesa il Segantini ; il Previati si esalta nella con-
cezione vasta delle sue grandi tele storiche. Né altrove si lavora e
si lotta meno. Per tutte le regioni d'Italia è un fervore di ricerche
e di innovazioni, nel nome della verità assoluta circonfusa di una
nobile poesia di forme. Si insinuano le gare dalle scuole, accenna
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i suoi primi impulsi il divisionismo, si scindono e si frazionano i
gruppi, l'arte cerca nuovi equilibri e nuove stabilità
Filippo Carcano per venti anni, che sono gli ultimi del secolo
scorso, rimane saldo sulle basi della sua rinomanza, continuando
con opere insigni a dar limite agli spazi Come il verde delle pia-
nure ha cantato per lui strofe di suprema malinconia, come i fulgori
di Venezia gli susurrano accesi ricorsi di strofe, le impervie azzurrità
adriatiche gli schiudono superbe maestà di colori, i silenzi dissepolti
di Pompei gli affidano gravità sincere di elegìe Sono di questo
periodo La riva degli Schiavoni, le Impressioni veneziane, la Piazza
di San Marco, La chiesa della Salute, In autunno. Il verziere alla
vigilia della commemorazione delle cinque giornate. E un po' più
mature — dal 1890 al 1910 — sono La campagna di Asiago, la
Manica, il Venerdì Santo, lo Spoglio del melgone, due Autoritratti,
la Banda ai giardini pubblici, le Prealpi Bergamasche, il Ghiacciaio
di Cambrenna, la Mucca bianca, la Cura del latte e moltissimi altri.
Egli ha veduto tanta terra e tanto mare, ha potuto lasciare Milano
per Venezia, Venezia per Chioggia, Chioggia per il Tirolo, ha saputo
cercare dovunque e comunque i grandi motivi per le sue tele. E la
città sua lo rivede già famoso, già contento nella sua modestia, ma
sempre desideroso di nuove forme, di nuove vittorie.
Egli insegna l'infinità, fatto ogni giorno più ardito ; forse non sa
perchè e d'onde tragga la magnifica ispirazione delle cose grandi,
forse il ricordo della prima giovinezza pensosa rivendica a sé stesso
il diritto di vivere in comunione cogli spazi solitari. Ma ha imposto
ad una scuola e ad un periodo il suo nome ed è entrato tranquil-
lamente nella storia.
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Perchè e come ne esce, sognatore volontario di chimere, per
sostentare la sua vecchiezza illustre di sentimentalità inadatte alla sua
natura? Perchè a un tratto pensa di poter rinchiudere l'universo nella
cornice angusta del suo studio? Perchè ricopre di nubi le sue ultime
tele, che prima aveva illuminate di cieli profondi?
Forse non si viaggia invano per le cupe vie delia vita senza
lasciarsi attrarre dalle asserzioni audaci di nuove formole e di nuovi
verbi sociali. E la maturità, alla quale l'esperienza dovrebbe aver
dato un più sicuro equilibrio, è spesso adombrata da pentimenti.
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Allora l'artista dubita di non avere esaurito il suo compito vasto,
di non aver profferte al mondo tutte le forme significative dell'arte
e cerca di dar fondo a nuove manifestazioni, che sono quasi sempre
il risultato di impressioni o di simpatie superficiali ; allora l'artista si
illude di aver bisogno anche del mediocre trionfo che procede dalla
piccola ammirazione borghese, dalle esaltazioni delle demagogie che
soffiano sull'arte come sulla politica.
Filippo Carcano trascorreva gli anni della sua vecchiezza agiata
ma sempre laboriosa tra lo sciamare insofferente del popolo — di
quel popolo che in sessant'anni aveva assistito a tanti rivolgimenti
e tanti ne aveva provocati — e ora, insofferente di egemonie esal-
tava con baldi clamori le uguaglianze delle classi, e sentiva confusa-
mente che qualche cosa di nuovo e di grande fermentava nel mondo
apparentemente tranquillo. Figlio di quel popolo, in quel gridìo
anelante gli si rinnovavano più vivi i ricordi della giovinezza, con-
fondendo il primo e l'uhimo tempo in una sintesi a lui stesso sco-
nosciuta. Il lievito romantico degli anni più freschi non s'era disperso
del tutto; in fondo al suo cuore erano rimasti sopiti i retaggi della
scuola, i segni dell'accademia togata, i solchi delle insurrezioni epico-
romantiche.
Oli bastò di sognare e si cullò nel sogno. Non vide più le lar-
gure solatìe, non ritrovò più le magnificenze delle primavere mon-
tane, non pensò alle albe sul mare tranquillo e suffuse di nebbie
tenui: volle invece un'arte di riflesso, escogitata nel suo studio, nu-
trita di impressioni fuggevoli, alimentata dalle più mistiche esaltazioni.
Gli parve a volte che l'arte dovesse avere un contenuto etico e
concepì certe sue tele bibliche con ingenuità francescana; gli parve
di dover diffondere la morale spicciola delle plebi in convulsione
e s'affaticò a stemperare soggetti sociali; gli parve infine di dover
dare il suo contributo di plauso alle conquiste mirabili dell'ingegno
umano e si profuse a gettar nelle nubi, atomo volante, le vibrazioni
invisibili di un velivolo.
Sono di questo periodo i Credenti, Cristo che bacia VUmanità,
Vele azzurre, Le Streglte, L'Ideale che fugge, L'Ar copiano e molte
altre tele e acquarelli e pastelli, che egli profondeva, infaticabile,
dal suo antico studio silenzioso ai suoi ammiratori. Molti ammiratori
oramai: anche coloro che gli erano stati cagione di lagrime e di
dolore! Perchè non era più povero, perchè la sua arte era stata
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riconosciuta ufficialmente, perchè qualche notevole decorazione — che
non gli fregiò mai il petto — aveva dato maggior lustro alla sua fama.
Lo pseudo spiritualismo di cui si compiaceva e si compiace tut-
tora la pittura dei nostri giorni non era nell'anima di Filippo Carcano
che una sovrapposizione. Colui che si era ribellato da solo e pel
primo al formulario romantico con la nobiltà delle sue energie gio-
vanili, non seppe rimuoversi dalla consuetudine di accogliere ciò che
la stagione mediocre produceva e fu sottomesso al tempo. Probabil-
mente le sue facoltà creatrici s'eran troppo consumate in una lotta
titanica per poter resistere all'età che incombeva. Età che non giovò
alla sua arte: ma non gli sottrasse limpidità di giudizio, chiarezza
di analisi e confidenza benevola nei giovani. E tanti ne aveva attorno
ogni séra, che gli facevano delicato omaggio, che sorridevano alla
sua arguzia bonaria, che approffittavano di un suo consiglio fugace.
Della prima e mirabile gioventù egli aveva infatti conservato un
dispregio per tutte le cose vane e per tutte le false apparenze: dis-
pregio che non si estolleva mai in invettive, ma si accontentava di
uno strizzar d'occhi, di qualche breve staffilata verbale. Poi la bontà,
ch'era in lui la forza stessa della vita, spegneva quei lampi rapidi e
dava al volto onesto una calma sicura come la coscienza.
Bella coscienza d'artista ! Anche nell'ultimo decennio della vita
operosa, tra sonno e sonno, si ridestava per qualche notevole con-
quista e gli dava energie nuove per nuove opere. Talvolta le vastità
gli riparlavano della sua gloria, gli ringagliardivano la volontà del
quadro di paese e allora ricomponeva gli spiriti in un supremo sforzo
artistico. Da queste intermittenze uscirono Una nevicata, Pascoli e
Dolomiti, La Campagna d'Orsenigo, Visioni di Brianza, e qualche
altra tela, tra cui non ricorderemo quel Giuda che getta la borsa:
riproduzione tardiva di un'opera antecedente, nella quale egli pro-
vava per la prima volta anche una certa disposizione alla plastica.
Certo nella sua stessa Milano l'esistenza gli fu variamente ama-
reggiata: e quando gli avevano negato la vera grandezza e quando
— ben più tardi — fingendo di averlo dimenticato, volevano giu-
dicarlo alla stregua dell'ultimo suo periodo. Né gli ultimi venuti
avevan modo di alimentare di validi esempì la loro ammirazione,
perchè la grande opera del Maestro era troppo dispersa e perchè,
d'altra parte, le ultime forme della pittura erano troppo violenti per
potersi accostare a periodi recenti per quanto non sorpassati.
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Ma egli non si sdegnava per questa irriconoscenza: quando par-
lava di sé, delle prime angosce, delle prime lotte, gli occhi gli sì
empivano ancora di lagrime e tutto il suo cuore di grande fanciullo
fremeva di commozione ; quando accennava al tempo più pugnace
della sua vita un sorriso d'una dolcezza soave spianava la sua fronte
gagliarda e maschia e subito dopo volgeva uno sguardo a Colei
che era stata la sua fede ignota e la seconda anima sua: e parevano
entrambi aspettare con immensa fiducia la loro grande giornata di
riscossa La grande giornata che fu l'ultima: tranquilla, raccolta,
silenziosa, nella piccola casa che aveva alimentata una immutabile
castità di passione e vedeva uscir due bare insieme, nella medesima
ora, avviate allo stesso sepolcro.
E attorno alla duplice salma si raccolsero antichi compagni dalla
romantica chioma canuta e scapigliata, promesse di gioventù: gli
uni per ricordare la gloria scomparsa gli altri per intenderne i ba-
gliori lontani: tutti consapevoli d'una gagliarda affermazione di vo-
lontà e di coscienza, la cui traccia si andava facendo sempre più
durevole nel solco della vita.
ELENCO DELLE TAVOLE
/
Autoritratto
T«v. 1 Proprietà del sig. P. Carcano.
Carcano Studente nel 1862 — Disegno di A. Bacchetta.
Tav. 2 Filippo Carcano — Schizzo a matita del pittore Ettore Tito.
Filippo Carcano — iVIaschera presa dallo scultore O. Cantìi.
Filippo Carcano sul letto di morte
Tav. 3 Pastello del pittore Angelo Landi e disegno di R. Galli.
La Scuola da Ballo
Tav. 4 ' Proprietà della signora Vittoria Botta Ghisio.
La Partita a Bigliardo
Tav. 5 Proprietà del Cav. Eugenio Befana.
I confetti della Sposa
Tav. 6 Proprietà del Dott. Giuseppe Obicini.
Cortile rustico
Tav. 7 Proprietà dell'Avv. Ticozzi.
Interno della Chiesa di S. Maria presso S. Celso
Tav. 8 Proprietà del Comune di Milano.
Alla Preghiera
Tav. 9 Proprietà del sig. A. Fossati.
L'ultima goccia
Tav. 10 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
Buon cuore di fanciulli
Tav. 11 Proprietà della Galleria d'Arte Moderna della R. Accademia di Brera.
Interno del Duomo di Milano
Tav. 12 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
La Famiglia del Congiurato
Tav. 13 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
Il riposo degli operai dell'Esposizione del 1881
Tav. 14 Galleria Civica del Castello Sforzesco.
L' Isola dei Pescatori - Lago Maggiore
Tav. 15 Proprietà dell'Avv. A. Podreider.
Interno del Duomo di Milano
Tav. 15 Proprietà dell' On. Avv. Giacinto Gallina.
La Banda ai Giardini pubblici
Tav. 17 Proprietà degli Eredi Carcano.
Natura morta
Tav. 18 Proprietà degli Eredi Carcano.
Colazione all'aperto
Tav. 19 Proprietà del sig. Paolo Carcano.
La passeggiata amorosa
Tav. 20 Proprietà dell' Ing. Fedele Borghi.
La Piazza di S. Marco - Venezia
Tav. 21 Galleria d'Arte Moderna - Roma.
Piazzetta di S. Marco - Venezia
Tav. 22 Proprietà della signorina Gina Chierichetti.
Studio di Pompei
Tav. 23 Galleria d'Arte Moderna - Roma.
Studio di Pompei
Tav. 24 Galleria d'Arte Moderna - Roma.
Studio di Pompei
Tav. 25 Galleria d'Arte Moderna - Roma.
Studio di Pompei
Tav. 26 Proprietà della signora Adele Tomasi Crudeli.
Pompei
Tav. 27 Proprietà del sig. Alessandro Rossi.
Bozzetto a Chioggia
Tav. 28 Galleria d'Arte Moderna - Roma.
Milano dalla mia finestra
Tav. 29 Proprietà del pubblicista A. O. Bianchi.
Cesta con polli
Tav. 30 Proprietà del Cav. A. Centenari.
Alla fontana
Tav. 31 Proprietà degli Eredi Carcano.
Il Lago d'Iseo
Tav. 32 Proprietà del Cav. O. Faltrinelli.
Il Ghiacciaio di Cambrena
Tav. 33 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
Giuda che getta la borsa - Olio -
Tav. 34 Proprietà del sig. Paolo Carcano.
Giuda che getta la borsa - Acquarello -
Tav. 35 Proprietà degli Eredi Carcano.
11 Duomo di Milano - Bozzetto -
Tav. 36 Proprietà della signora A. Carcano Croci.
Spiaggia al Mare
Tav. 37 Proprietà del Nobile O. Riccio Oddi.
La Pianura lombarda
Tav. 38 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
I Credenti - Bozzetto -
Tav. 39 Proprietà del pittore Renzo Weiss.
Le Prealpi bergamasche
Tav. 40 Proprietà della signora A, Rizzi ved. Pisa.
Marina
Tav. 41 Proprietà degli Eredi Carcano.
Il figlio naturale
Tav. 42 Proprietà del sig. A. Segre.
Marina
Tav. 43 Galleria d'Arte Moderna - Roma.
Il Laghetto dei Cigni
Tav. 44 Proprietà della signora Lydia Brochon.
Una lezione all'aperto
Tav. 45 Proprietà della signora A. Carcano Croci.
In tribunale
Tav. 45 Proprietà del sig. Luigi Carcano.
Autoritratto - Pastello -
Tav. 47 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
L' Umanità
Tav. 48 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
Vele azzurre
Tav. 49 Proprietà dell' On. P. Baragiola.
Nel deserto
Tav. 50 Proprietà degli Eredi Carcano.
Animali
Tav. 51 Dall'acquaforte di A. M. Oilli.
Profilo del Prof. A. Ribera
(Eseguito colla cenere del sigaro in fondo a un piatto)
Tav. 52 Proprietà di A. Ribera.
Tav. 1
Autoritratto
Tav. -2
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Filippo Carcano
iMaschera presa dallo scultore G. Cantù.
Carcano Studente nel 1862
Disegno di A. Bacclietta.
Filippo Carcano
Schizzo a matita del pittore Ettore Tito.
Tav. 3
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Filippo Carcano sul Ietto di morte
Disegno di R. Galli.
Filippo Carcano sul Ietto di morte
Pastello del pittore Angelo Landi.
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Tav. 7
Cortile rustico
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Interno della Chiesa di S. Maria presso S. Celso
Tuv. 9
Alla Preghiera
Tav. 10
L' ultima goccia
Tav. 72
Interno del Duomo di Milano
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Tav. ir,
Interno del Duomo di Milano
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Tiiv. 20
La passeggiata amorosa
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Tav. 23
Stutlio di Pompei
Tuv. 24
Studio di Pompei
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Tav. 26
Studio di Pompei
Tav. 2S
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Bozzetto a Chioggia
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Tav. 30
Cesta con polli
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Tav. 41
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Autoritratto - Pastello -
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Tav. 52
Profilo del Prof. A. Ribera
(Eseguito colla cenere del sigaro in fondo a un piatto)
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ìQ SECT, JUL 1 1 1968
ND Carcano, Filippo
623 Filippo Carcano
C263R5
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