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Full text of "Fonetica del dialetto moderno della città di Milano ..."

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^/. 7-© T"'-'^ 

; FONETICA 



[ALITO MODER 



^: CITTA DI MILANO 

:', ^ DISSERTAZIONE UNGUISTIC* 
f'.'t rnnlO III FmU li Flmli UfCimnili i Ifù 




CMLO SALVIOM 



r /n vendila pretto 

ERMANNO LOESCHER' 

K MHU • TORINO • num 

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THE HEW YOIUC 
PUBLIC IIC'ARY 

7^^448 A ALTI* POBBLICAZIONI DELLO STESSO EDITORE 







.Ti.--^ r u ^.,..^.. natica della Lingrua Gn 

I R 1««.^' «tflft«0f » CMrflNf. — Nuova ediiiona riveduU e miflioraU 
1 ^ Il ' e f f t P Mì eiiy del Prof. B^&*t%mtHÌm €ir§*9h da €HH»rMm M9k 

Profetsore di Lettera iracha nella R. Univertità di Toriao. Oa voi* 



I 



fraehi 
di paf. VIII-397 . • • Lire 

lUnstrazioni alla Grammatica Gre 



Idi €Hm»*fftm C*NrllM«. — con Prenio, giunte, bibliografla, avvertea 
JS'ftrle* tffitt sul Diodo d'usare delta Gramoialica a diuertaiio 
i €Hmt*ff C*Mrf^Ne sulla Filologia e scieoia del linguaggio per eur 
I Doli. #*«iMef« «Arrsvf •!• #*n smI Prof, alla R. L'oiTersità di Pale < 
1 Un voi. io 8.* grande di pag. CIV-26Ì Uro 4^( 

Delle Istorie di Erodoto d'Alici 

liasOA VolKarinaariito con noi* di Mmlte» Méeei, — Onatlra 
UUaoU lumi io 8.* di paf. 47H-36Ì-396-I6» LI» » 

Grammatica Storico - Comparati 
della Liiigpua Latina ir nir-ltTu Wi . 

pib recenti e brevemente esposta agi* Italiani e specialmento ai Profes.. 
di Lingue classicbe. Un voi. in K* di pag. XV1*41U . Lira t . 

Metrica Greca e Latina tTJn^'^^nTi.ifZ' 

di paline XVI-C8U Lira li. . 

Piccola Enciclopedia Indiai; 

di AHwrtm tt^ C^Mèrrieeillf*— Un volume in 8.* grande di pagine , 

Lira 10 

* 

Grammatica Sanscrita 2I..1 % p'r;;;^'.,',! i 

Un lU, 

Glottoloj^ia Aria Kecentissin' 

di JtoMtrN/e» ^ettt, — Cenni Storico-Critici. Un voi. in 9.* gr* ' 
di pag. XVl-lttt Un 5 ' 

Introduzione allo Studio del, 
Scienza del Linguaggio tZJS'lSrt'- 

•d alia melodica della glottologia comparativa. — Traduilona dal DaIL # s 
irm Jr«>rl« Prof, nella R. Università di Napoli. Un voi. in 8.* gra . 
di pag. Xll*16tf . . ... . . Lira 9,. 

} Studi di Filologia Greca siii'iS'/JJl* *bJÌ' 

n liberi intervalli in faseieoll di eiraa 6 o 7 fogli di stampa eadnnn. ; 

•cieoln L di pagina Vlll-lW Ura 3. -, FaKieolo IL di pag. 100. loira 1, \ 

I Lira S. 



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\.: : *. TtMn*- ERMANIIO LOEtCHER Coloro - Roma-Firtiiio ' 



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BIBLIOGRAFIA. 



v». 



CiiERUBiKi FiiAifCicsco. Vocabolario milanese-italiano , 

1.** ediz. Milano 1814; 2/ cdix. in 5 volumi ^ MilanOi 

'. 1839 -1856. — Il dizionario consta dei primi quattro to- 

^ lumi* (1839-1843). Il 4." voi. contiene già un supplemento 

'; di 140 pagine. Il 5." voi. (Ì85G) contiene 240 pagine 

^ di supplemento, correzioni e giunte in parte lasciafo 

' manoscritte dal Cherubini stesso, in parte contributo del- 

Tab. Giuseppe Villa e di 6. B. do Capitani, e due saggi 

del Cherubini col titolo : « Nozioni filologiche intorno ai 

dialetto milanese * e • Saggio d'osservazioni su V Idioma 

brianzuolOj snddialetto del milanese. » 

BiosDCLLi BEB9ABD11I0. Saggio SUI dialetti gallo-italiei. 
Uiìano, 1853. 
Bavfi Oiusr.ppB. Vocabolario milanese-italiano. 8.* edii. 
i accresciuta e rifusa. Milano, 1870. 

Mascbka I.. Die Conjugation der neu-mailftndischen 
' Mundart. Trovasi nel XVIP rapporto annuale delPi. r» 
\ ginnasio di Feldkirch. Innsbruck, 1870. 



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e. Salviom. 



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• •• • 

• • ••• 



• 1. • 












BihUagraJla» 



• ••' 

• * • 

• • • 

• •• 



••• 



Rài2fA P. Il dialetto milaneso. È un articolo dclU 
^Milano' deir Ottino. 1880. 

HussAPiA Adolfo. Darstellong der aU-mail&ndisehoi» 
Mandart nach Bonvesin* s Schnften. Nei ■ Siizungàbe* 
richU der k. Akademh der Whsenscha/ten zu ÌVien\\ 
philoìogisch-hièforUche Classe^ W Band, Heft I, 1868.\ 

LiDPORss E. Il « tractato dei mesi > di Bonvosin da 
Bira. Bologna, 1872. Porta in appendiee un ■ 8aggio\ 
grammaticale • ed uno « Spoglio >• \ 

Morti Pietro. Vocabolario dei dialetti della città o) 
diocesi di Oomo con esempi e riscontri di lingue antiche \ 
e moderne. Milano, 1845. \ 

Morti Pietro. Saggio di Toeabolario della Qallia Ci- * 
aalpina e celtico e appendice al « Vocah. della città ecc,^ » \ 
Milano, 1856. ! 

BoLZA J. B. Beitrag sum Stadiom der Gallo-italisohen ' 
Mundarten. Wien, 1868. — Dà il paradigroo dei due '. 
Terbi ausiliarii In dialetto comasco. 

Mblcbiori 0. B.. Vocabolario bresciano-italiano. Voi. 2» '^ 
Broscia, 1817. j 

MussAFiA A. Beitrag sur Kundo der norditalienischen \ 
Mundarten im 15*'''* Jahrhundert. Wien, 1873. 

MussAPiA A. Darstellung der romagnolischen Mundart. 
Nei « ÌViener Sitzunsherichte ecc. • , 67*'*' Band, Heft 
III, 1871. 

ScHRBLLER OflRisTiAR. DÌO romanischou Volksmundarton 
in Sildtirol. T' Band. Gera, 1870. 

MossAPiA A. Monumenti antichi di dialetti italiani. 
Nei • Wiener Sitzungeherichte ecc. > W^^ Band, Heft I 
ond II, 1864. 

Abchitio OI.OTTOLOOICO cTAUARO diretto da O. I. Ascoli. 
Voi. 1% 11% 111% IV% VII* puntata 1-, Vili- puntata W 
Pubblicasi in Torino dal 1878. ^ Piti importante pel 
milanese sarà il tot. I* tutto consacrato ai < Saggi ìa* 



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Bibliogroifia, S 



dini > deir Ascoli. Il § 2 (pag. 250-316) che ha par titolo 
^Ladino e Lombardo* sarà per noi in questo Toluno la 
parto di maggior riliero. Nella nota a pag. 250*251 1 A. 
dà un * rapidissimo prospetto * dei rifleui milanesi delle 
Toeall toniche latino. 

Diaz Fa. Grammatik der romanischen Spraehen 4** 
Auflage, 3 Bnd., Bonn, 1876-1877. 

Dna Fa. Etymologisches Worterbuch der romanischen 
•prachen. 4*' Auflage mit einem Anhang Ton Ang. 
leheler. Bonn, 1878. 

Oaix Nàpolboii. Studi di etimologia italiana e ro« 
manza. Osservaxioni ed aggiunte al Toeabolario delle 
lingue romanze di F. Diez. Firenzoi 1878. 
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PREFAZIONE. 



Col titolo stesso che abbiamo posto in fronte a 
pieste pagine ci siamo tracciati nello spazio e nel 
empo i limiti entro i quali intendiamo si muovano 
e nostre investigazioni. Subietto loro non sarà dunque 
he una esposizione piuttosto descrittiva che storica 
i quelle leggi e di quelle tendenze glottologiche per 
mi la parola latina o romanza riesce, nella metro- 
poli lombarda, alla forma che modernamente riveste. 
\bbiamo scritto ^ modenìttmente * o, a meglio pre- 
*:Ì8are il valore di questo vocabolo in ordine al nostro 
!i8sunto, non saranno superflue alcune parole dichia* 
*ative. — La parlata milanese ne occorre ^ lettera- 
lamento documentata, a due epoche Tuna dall'altra 
emota. Per la prima ci sarà d'uopo risalire alla 
^eoonda met& del sec. «XIII a i Pietro Bescapé o da 
tiarsegapé che prima del 12Q4 scrive una storia ri- 
lata del Vecchio e del Nuovo testamento t (c(v^ 



i 



6 Prefazione. > 

Bartoli, Storia della letteratura italiana^ v. II p. G 
e al frate Umiliato Bonresìn da Riva, vissuto a 
ch'egli nella seconda metà dello stesso secolo ci 
in volgar milanese, ci lasciò circa 5000 alessandri 
di assunto in maggior parte religioso. * Un silenz 
tre volte secolare, delle cui cause non ò nostro comj 
pito il dar ragione, divide questa dalla epoca seconda: 



• > 



^ Il poemetto di Bcscapó trovasi in un codice dcllii Brai . 
dense. Fn dito da Bernardino Biondelli nello 'Poesie lom-i 
barde inedite de! secolo XIÌÌ* Milano, 185G, e riprodotto ncgL 
* Studi linguistici^ dello stesso B, Milano, Ì8SG. — Le poesii' 
volgari di Bonvesin da Riva ci sono conservate in ire co^ 
dici: Tano della biblioteca di Berlino cbc si suppone esser* 
lo stesso cbe apparteneva prima alla libreria di S. Maria In 
coronata In Milano e cbe ne spari do|H) il 1847 ; gli altri due 
sono dell* Ambrosiana o contengono riuniti le stesse core cbc 
trovansi nel'cod. berlinese. Il primo di questi codici fii edito 
completamente da Immanuel Bekker nei volumi del 1830-1851 
del « Bericht fihcr die zur Bckanntmachmg geeigneteti Ver- 
handlungen der konig, preussischen Akademie der Wisseni 
schaften zu Berlin. • Degli altri due pubblicò il B., nelle Pnesi 
lombarde ecc., il poemetto profano: ' De le Zinquanta CortexÌK, 
da Tavola^ e una parte del poemetto sacro: ^ de la dignitade^ 
de la gloriosa Vergine 3faria*, — Un altro poemetto di Bon-ì 
vesin il < Trattato de li misi ' non trovasi nei due codici ber*] 
lincse ed ambrosiano; fu invece scoperto dallo svedese Lioforss ) 
nella biblioteca < del reverendissimo Capitolo della Santa» 
Chiesa Cattedrale di Toledo » e da lui edito nella ' Scelta dt^ 
curiosità letterarie inedite e rare^ dispensa GXXVII, Bologna,^ 
Romagnoli, 1872. 

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* Il poemetto ^de le Zinquanta Cortexie^ era realmente gilf 
stato pubblicato dallo stesso Biosidblli nella ^Rivista Europea^ 
Novembre 1847. — Cfr. però quanto di questa edizione dicr 
il E. stesso, Poesie lomb. ecc., pag. 17. \ 

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Prefazione. 



irincipio approssimatÌTo della quale hannosi a ri- 
enere gli ultimi decenni! del sec. XVI. ' Abbraccia 
>unque, in cifra rotondamente espressa , le ultime 
'e centurie e tuttavia continua. Quest* ultima sarà 
;er noi l'epoca moderna e ciò nella sua integrità; che 
* urante sì lungo spazio di tempo la favella milanese 
on ebbe a passare per veruna di quelle essenziali 
edificazioni organiche da cui soglionsi trarre ragione 
norma a dividere ed a suddividere cronologicamente 
a idioma. Il fatto linguistico che è il milanese mo* 
, )rno ebbe sua elaborazione e compimento nei tre 
coli di silenzio letterario di cui fu poc'anzi parola. 
\ con Lomazzo il dialetto è già fatto e tutte le 
:iazioni ch'esso ebbe a subire dappoi, poche in or- . 
.le ai suoni ed alle forme, maggiori in ordine al 
ssico, non furono tali da alterarne sensibilmente 
carattere generale. 

Il qual milanese moderno starà poi all' antico , 
attcsto che come figlio a padre o come fratel mi- 
re a fratel maggiore, come stannò fra di loro due 



Gherubixi (C I** p. 6) indica Tanno iS87 come quello 
la pubblicazioDO del ^ GrotUsehi^ di (iian Paolo Lomazzo 

quali egli cstrasse poi lo poesie del L. inserte nella col- 
ione, ma Biondclli pone la data del 1580 al sonetto del L. 
olto a pag. 112 del suo ^Saggio sui dialeUi eie,* In o^ni 
..0 il Lomazzo non fu certamente il primo che poetasse in 
lanese moderno. — 11 linguaggio che parla il milanese in una 
ia di GiA»-GiOROio Aliohi {Farsa del Braco e del MUaneUio 
morato in Ast nelle ^Opera jueunda^ di G, G. A. Asti, 1521) 
k tutto quel che si vuole, ma non milanese; lombardo s), 
1 milanese sarà il sonetto dì Lancino Gurti riferito dal 
-Gastro a pag. 01 del suo bel lavoro « La etoria nella poe^ 
ìolare milanese (Tempi vecchi) » Blilano, 1870. 



Prcfn zinne. 



fasi direrse nello sviluppo d'uno stesso organismo c^ 
siccome a riscliiarare una di queste fasi rende noif 
ispregierole servizio la conoscenza deiraltrn, così noi; 
rifuggiremo mai dairindicare, quando possa parer utili; 
la fase antico-milanese dello risoluzioni moderne. *-:, 
Confrontate colla parlata d*oggi le scritture diBescapi- 
e di Bonvesin conservano, principalmente per chi r« 
faccia a leggerle senza nessuna prevenzione linguistici! 
una maggior impronta di latinità e quindi, comechò fri 
iTusci siasi conservato più puro il tipo fonetico dell; 
gran madre, di toscaniti!k. E veramente in esse nessun, 
traccia dei suoni ò od te, la vocale d'uscita conservai, 
quasi sempre eccetto che dopo liquida o nasale, ma/ 
tenuti, ciò in opposizione al toscano, i nessi iiX- U- ' 
e talvolta anche ci*. Queste condizioni però sono y^{\ 
soltanto in parte, chò in parte sono affatto illusorie, 
reali in ciò cho la lingua di quelle scritture essen(l 
d'alcuni secoli meno vetusta della nostra dove\ 
necessariamente trovarsi a un momento della si- 
evoluzione storica più prossimo di parecchi gradi al; 
scaturigine, e da ciò dichiarasi p. cs. il vedervi a: 
Cora conservata la vocale d'uscita; illusorie pere/ 
non pochi di quei risultamenti negativi sono il fat 
d*un sistema ortografico difettoso; e cioè: da un la; 
non istava a portata di quegli scrittori e copisti c^ 
l'alfabeto latino tradizionale e venerato, ma non su; 
iiciento ai nuovi bisogni , e dall'altro mancava lo;'^ 
quella coltura o quella indipendenza dello spirito C| 
avrebbe potuto spingerli a rompere colla tradiziot 
ed a cercare o combinare per suoni novi nuovi segr; 
Scartata così la possibilità di accomodare la lette | 



Pre/'$zhnf. 



* 



* 



h1 suono Iti irò noti restava allo scriba elio eli batterò 
la via contraria e, siccoroo le imprese più ardue anzi 
impossibili pnjono sovente le più facili a tradarsi in 
atto, questi via fu realmente battuta. 

Il più cospicuo esempio di questo imporsi della 
lettera al suono sarà T assenna completa dei segni 
per fi ed 6 nelle scritture che qui ci occupano. Di 
questi due suoni antichissimi in territorio cisalpino * 



* liiUu'iia ails (genesi loro non sarà supernuo lo spendere 
due parole tanto piti che esse serviranno parimenti a dinio« 
strare il nessuno romlamcnto d* un pregiudizio inolio comune 
in Ijonibanlia anche frn gente d'una ecrta coltura la quale, 
sedotta dalla coincidenza fonetica, pur non sempre completa 
quando si consideri il loro valore qnantitativo, di parole fran- 
cesi come coenr, ficnf, tlttr, mnr colle nostrali ró>, tfu/, dùr^ 
nihr no suolo conehiudcre malto leggermente che queste von* 
nero a noi dai francesi. Chi ciò crede sicuramente non 8*av« 
vedo del torto che fa a questa nostra patria supponondolo 
una originalità e indipendenza di pensiero tanto nulla, una ser- 
vilità verso colture esotiche tanto grande da mendicarne persino 
vocaboli così elementari, così Importanti nella vita iiitellettoale 
d'un popolo come un semplice numero e la denominazione di 
qifcl viscere in cui da tempi antichissimi i popoli europei sono 
abituati a ravvisare la sedo d*ogni affetto o d'ogni sentimento 
umano. — Ma nemmeno affatto casuale qncsta coincidenza 
non è; che anzi, per mare le parole dell* Ascoli in una sua 
dissertazioncella {Una lettera gloiiologica. Torino, 1881) dalla 
quale ricaviamo quanto ulteriormente esporremo In questa 
nota, trattasi « di effetti identici e fra di loro indipendenti 
' d'ona eausa stessa ». Gallia e Insubria erano, ali* epoca della 
loro conquista per opera de' romani, territorio celta o più 
" opriamente gallo. Quando cogli invasori penetrò in quelle 
ntradc la lingua di Roma essa trovò certamente, presso lo 
polazioni con cui aveva a lottare, tali disposizioni delfor* 
«no orale allo quali doveva ripugnare la schietta pronnncia 



IO Prefazione^ 



il primo era certaiuente ti ai tempi di Bonvesin come 
ai liostrìf il secondo se non o certo uno di quei suoni 
per cui si giunge ad o, forse piuttosto la fase iim 



1 



Ai certi suoni latini; tanto più clic, 8C uno sforzo a ben prò* 
nunciare la lingua de* conquistatori è supponibile in chi im* 
parava la lingua metodicamente, cioè nelle classi sociali più 
^levate, questa supposizione non può valere pel la gran massa 
del popolo che la nuova favella imparava dalla bocca dei 8ol« 
4lato e del colono e alla quale, pur di farsi comprendere, doveva 
importar poco la maggiore o minor esattezza nel riprodurre 
vn dato suono. Fra questi suoni latini che dovevan saper 
ti* ostico aiiialli è certo da annoverarsi quello di u cui sosti- 
tuirono quel snono che nella lor favella gli stava più prossimo, 
cioè «/. Di questa riluttanza dell* org ino orale gallo a rendere 
«sattamentc fi avremo una riprova nell* t (da fi non s'arriva 
«d i che passando per fi > brilone e cimrico che risponde ali* ti 
de'celti d'Ibernia (irlandese dùn rùHf cimrico din rin) e un'al- 
tra conferma Tavremo da regioni in cui la favella germanica 
8* è sovrapposta a fondo gallo come in Olanda dove si ri- 
sponde per kns « cioè quasi eiis » al tedesco knss; e la ri- 
luttanza, aggiungiamo noi, continua tuttodì in casa nostra, 
nelle sue cause e ne*suoi enfctti, che ad altro non è imputn.bilo 
Vii con cui vien reso, principaimrnle dai nostri vecchi presso 
1 quali gli organi più indolenziti meno si prestano ad uno / 
sforzo, Vu di parole latine od italiane come enr, murns^ san* 
€t{fieelur ^ furto, puta^ pronunchite enr^ miirSs, $nntificctnr - 
JArto^ pitta, e chi vuol maggiori esempii vada a sentire la 
messa o la predica da un vecchio curato. — È da questo 
ridursi di fi ih ù che va ripetuta in ultima analisi la ragione 
fonetica di os^; è fenomeno molto antico il frangersi di ó 
io éo il qual *i4ih può degradarsi successivamente in ne uè 
«ome in ispagnuolo (iitr^vo fnégo) e in territorio galloromano; 
« ma poiché in quest'fie (poi uéi era uno schietto fi, o anj 
« un ti schietto e accentato, la piena e specifica pronuncia gt'< 
€ loromaaa ne dovette essere ^. Cosi ninfo diede prìmamen* 
« fiAerip Mivev, forma positivamente attestata, alla quale *oi| 

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Prefazione, Il 



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od poiché uè avrebbe potuto remlera colla com* 
binazione dei segni u^e. — Per n si scrisse costante- 
mente ti spinti a ciò fare, oltre che dalla ragione 
etimologica, dalla maggior somiglianza del suono; ma 
quel suono che dorerà corrispondere ad ò moderno 
non somigliava tanto ad o come ii ad t« e fu certo 
il sentinento viro della sua connivenza etimologica 
che lo fece rendere pel segno o. ^ La stessa difetto- 
sità degli esponenti grafici ci vieta di sapere per 
certo se il dialetto di quelle scritture conoscesse la 
vocale nasale o una qualunque di quelle fasi per cui 
ad esse si giunge ' se possedeva i suoni sex quan- 
tunque l'uso costante di m nelle corrispondenze di 



«appunto miriamo; e To, clic risiiona nel no/ dì pronuncia 
« francese o lombarda, altro non è so non una resultania se- 
« riorc o monottonga di codesto He galloruroano, ottenuta per 
« processo di assimilazione, che si può, in via approssimativa, 
« descrìvere cos): niief uiìmf no/. » 
1 ^ In un analogo imbarazzo di fronte all'alfabeto italiano 

trovasi ancora oggid) il poeta del nostro popolino. Kon solo 
impiega il segno tf a rappresentare « (s;/ Gfr. Gap. I) ed A 
come p. es. in vim » unmvilH risp. ofi, ma è talvolta mal- 
sicuro anche riguardo ad o; che di fronte allo immensamente 
soverchianti grafie francesi oen ed eu che egli imparò dai 
poeti letterati gli scappa talvolta Vo; da poche poesie volanti 
che mi stanno sotto agli occhi ricavo: trova strova^ vor e 
voren = tóV e rorefi e , ciò che è caratteristico, oéé che rima 
con linoeticc, 

' E lo stesso dubbio potrebbe surgere nella mente a chi 
fra alcuni secoli si facesse a esaminare i documenti letterari! 
moderno-milanesi, supposto che nessuna attestazione de* con- 
temporanei nessun* altra riprova estrinseca o intrinseca lo 
rischiarassero sul valore delle desinenze -in, -in, -dii, ecc», in 
quei documenti. — Gfr. però più avanti. 



12 Prrjnzione. 



i 
1 

I 



j 



\ 



j 



moderno s o z potesse farci risolvere pella ne^^ntiva. 
Ma pi' hi- ecc. mantenuti in massima parte accanto 
air uso pili raro di pi- bi* etc. ci rappresenteranno 
per avventura V incertezza che era ancora nelle ri- ^ 
soluzioni loro, prevalente però T integriti latina, cfr. 
N.* 202. — Pnossi però affermare in generale che 
quando la lettera latina, sia nel suo valore primitivo, 
sia in quello che ora venuto acquistando nella pro- 
nuncia generate de' popoli romanzi (ce ci^óe cl)^ 
riusciva a coprire il suono volgare, questo suono 
veniva riprodotto così oZ- = «/- latino, cut- ^ ani- ^ 
•g^S'Ct* quantunque la scrittura latineggiante -cf- 1 
qua e U\ ancora ritorni. 

Ma nessuna difettosità dei mezzi grafici ne varrà 
a apiegare perchè, a mo' d' esempio, 1* attività d* una 
data tendenza fonetica si eserciti nell'epoca antica 
su d'un numero d'esemplari molto più rngj^uardevole, \ 
di quanto non sia il caso oggi<h, oppure perchè allora 
sia stato inflitto a un dato suono od a un dato nesso 
di suoni un trattamento diverso in tutto da quello a 
cui vanno oggidì soggetti per opera nostra; uè vuol 
esser qui parola, occorre appena il dirlo, di quelle este- 
riori differenze implicate nella evoluzione stessa d'un 
suono, ma bensì di differenze intrinseche tali che il risul- 
tamento d'oggi non possa in nessun modo dichiararsi 
della fase di ieri; e nemmeno ci diranno quelle difetto- 
sità perchè una data analogia abbia allora assoggettato 
al proprio influsso un intiero sistema di forme che oggi 
troviamo reintegrate nel tipo fonetico anteriore al 
vittorioso imporsi di quella influenza. Ne sia concesso 
rischiarare con alcuni esempi queste opposizioni e. 



Prefazione, IJ 



\ 



implicitamente, questi diversi modi d* opposizione tra 
vecchio e nuovo; avremo dunque il dilegno di d (t) 
(va vocali odiernamente di gran lunga più raro che 
ai tempi Bonvesin N/ 379, 392, o ristretto a un minor 
numero d'esemplari sarà pure il risolversi di d in 
V sibilante N."* 393; più sicuro nel dialetto moderno 
sarà il II seguito da consonante limitandosi il suo 
dileguo al nesso -ita- mentre Bonvesin procede più 
oltre N.* 249; il nesso -d- risolvesi dagli antichi per 
i 'flf- (/i'/7'«) dai moderni per e- (vléiira). N/ 328% e, 
f finalmente, sull'analogia del gerundio della 1* con- - \ 

i jugazione, cioè su -ando^ modellarono gli antichi anche 
;' quello delle altre conjugnzioni riuscendo così ad un [ 

; tipo unico di gerundio (demandando^ hivanìlo^ ca- 

vrando)^ mentre nel dialetto moderno troviamo ro- , 

stituita la primitiva differenza {dimandando levend). * . 
( Una spiegazione per ogni lato soddisfacente di tali 
contrasti non è ancora stata data e la più plausibile 
resta ancora quella dell' Ascou, Arch. I* 311-312, 
il quale, prendendo ad esempio il maggior dissolversi 
di d nelle antiche scritture, considerato che a d man- 
tenuto in molti casi nel dialetto urbano corrispondo 
il dileguo dello stesso nei medesimi esemplari oltre , 



' Due gerandii in 'Ondo per 'tndo pajonmi però conservali 
anche nel dialetto moderno e sareblioro: vcjffud neiresprcs- 
sione anavqfand cdisavvedatainentc» cioè cnon volendo» 
(Bonv. vojando) e ahiand nella frase andò mnrabiand candnr 
blstcntando la vita» cioè cmal avendo» (cfr. 6iVÌ = avuto, 
Pouv. nbìandOf un pover mal abiando con povero mal in 
arnese»). — Del resto, il vernacolo genuino esprime il ge- 
rundio perifrasticamente, e, per quanto sia invalso, Tuso della 
forma di gerundio in "Ondo 'tndo è oso italianeggianir. 



14 Preja zinne. 



* Del rc8lo 1* incertezza nel Toni missione di n in antico mi- 
lanese no invita ad ammettere, piuttosto che il dileguo fa- 
coltativo, la vocale nasalizzata che certo dovca imbarazzaro 
lo scrivano, e conveniva roven sarebbero da leggersi edveniva 
edven. — Ciò costituirebbe iier avventura una prova anche 
pella pronuncia nasale di i» d* uscita di cui è parola più sopra. 

* g éf del resto, proferito dagli antichi a 6 moclemo anche 
in altre corrispondenze latine; così lo avremo per e/- iniziale: 
giamando geregao moderno éamà eereg, per •//- : vinge venti, 
M$gi moderno àsàS ecc. ecc. 



\ 

{ 



che in altre parti di Lombardia ììqVio stesso milanese i 
rustico, ne conchiude avere i due tipi coesistito Tuno ) 
accanto air altro e die l' aver il poeta medio-evale 
preferito il tipo con d dileguato Sarà da attribuirsi 
air influenza allora predominante della letteratura \ 
franco-provenzale (in francese il dileguo è di regola) j 
! mentre il tipo con d conservato avn\ ripreso a pre- \ 

I * valere nell'uso col prevalere della letteratura italiana. | 

— E anche in ordine al dileguo di n davanti a con- I 
sonante troveremo che questo fenomeno ha tuttora 
forti radici in Lombardia nel dialetto bergamasco 
che ai milanesi donca^ ianty piatìgorenta ^ gent^ ri- 
sponde per doca^ iàt^ pianjsolcta^ zet e che non è 
estraneo, per quanto non generate, agli idiomi di ì 
Provenza e di Francia (prov. efan infante, efern in- < 
; ferno, evcrs inverso, covent frane, coìiveni). ^ Ned è in- \ 

I verosimile che accanto a g = ci abbia avuto diritto di \ 

città la tenue e'; ma a dichiarare il sopravvento ) 
dell*un tipo prima, deiraltro poi, noti ci servirà Tesser ' 
prevalsa questa o quella supremazia letteraria che \ 
•et" si riflette in francese quasi eclusivamente per . 
'it- {fruita faitj nuit)y in provenzale pure generalmente 



* 



i Prejmiont, 15 



per -t7- {lìeiiz petto, dnii dritto, fuU fatto), iu al* 
cunt subdialetti {lerò per eh (6) (fach^ estreeh) che 
TÌen scritto anche g (dreff^ fag)^ Dicz Grani. I 259^ 
e in italiano 8* assimila sempre in -tt: — Le quali 
riduzioni trovansi anche, però in un. minor numero 
d* esemplari, nelle nostro scritture: ddeiti fruite 
traitar; dito^ fato allato a digio^ f^gio^ ^cc 

Premessi questi rapidi raffronti tra le due epoche 
nelle quali ci si manifesta letterariamente la parlata 
milanese, ne si conceda di indicare, ancora più brere- 
mente, in qual senso intendiamo il limite che ci siami» 
imposti nello spazio ; e sia detto addirittura che coU 
Tesserci prefisso di trattare del dialetto urbano non 
abbiamo inteso considerare la cinta daziaria di Milano 
come una muraglia chinese che si erga inriolabile 
alle, nostre ricerche tra la favella rustica e la cit- 
tadina; che anzi alla favella del contadino noi avremo 
sempre ricorso ogniqualvolta da essa possa scaturire 
maggior luce alla parlata urbana non solo, ma anche 
quando essa sensibilmente si scosti dal tipo di que- 
8t' ultima. E in ordine a ciò è altamente da deplo- 
rarsi che troppo scarseggino le fonti a cui attingere. ^ 



^ £ sono : a) le voci citate nel Vocabolario del Ghcr. come 
contadinesche b) il Saggio dello stesso Chbr. sul dialetto brian- 
«iiolo nel voi. V del Voe. e) la Villereeeia in dialetto rostico 
el Laghi che trovasi G. IV, 213 e nel Saggio ecc. del Biok« 
BLU p. US </) le trad. a pag. 283 e 186-187 della Novella 
X della Giornata I del Decanieroue nel libro del Papauti 
r parlari italiani in Certaldo alla futa del Y eentonario 4i 

^s$er Giovanni Boeeaeci* Livorno, 1875 e) Ascoli, Arch. 1^ 

S-S97. — Non ho potuto consultare le opere di cai parla 

IBM. Voc I, p. Vn. n. 



16 Prt'fit zinne. 



Tanto più volontieri poi ricorreremo all' idioma con* 
tadinesco quanto maggiore è la sicurezza con cui da 
non pochi vien affermato esser la favella degli scrittori 
milanesi dei secoli XVI I e XVIII favella rusticale. 
La quale affermazione se per una parte può non essere 
erronea si basa però nel suo complesso su d'una troppo 
superficiale osservazione di certi fatti fra cui quello 
primeggia che molte parole in quelle scritture si tro- 
vano le quali più non odonsi in città mentre vivono 
tuttora nel contado. Questo fatto sarà subito ridotto 
al suo giusto valore dalla considerazione che alla 
città e al contado è comune lo stesso fondo dialet- 
tale ma che quest'ultimo, meno sensibile ad estranee 
influenze e meno vago di innovazioni, come in ogni 
altra cosa così anche nel suo patrimonio lessicale, 
più tenacemente vi si atteneva e vi s'attiene, mentre 
parte n'andava sciupata sulla bocca del cittadino. E 
infatti, più noi risaliremo addietro nei secoli più 
chiara ci apparirà quella comunanza; basti, per con- 
vincersene, r esaminare quell' operetta lessicale, che 
nel suo titolo stesso « Varon milanes de la lengua de 
Milan » replicatamente afferma la propria attinenza 
urbiina; chò non poche delle voci colà registrate 
sono appunto morte in città mentre godono di vita 
ancora rigogliosa alla campagna; valga come illu- 
strazione del fatto dancdd registrato nel V. M., viv<' 
sempre nel contado ma soppiantato nella favella ur-, 
bana dal Natale (feste di Natale) della lingua illustre ^ 
I fatti però per cui quell'affermazione potrebbe 
reggersi, non nel senso tl'una completa appropriaziot/ 
della lingua rustica da parte degli scrittori milanei 



Prefazione, 17 



l)ensl di unMnfluenza di quella 8u questi, sono pa- 
recchi e non privi di valore. In primo luogo non va 
dimenticalo che gli scrittori milanesi sempre consi- 
derarono ed impiegarono come schietto milanese il 
dialetto parlato alle jwrte^ cioè nei quartieri eccen- 
trici che pella loro situazione sono obbligati ad un 
contatto continuo coli' immediato suburbio (i Corjn 
Santi oggi incorporati alla città) e più oltre colla 
campagna; e come fonte di lingua pura va anche 
decantato il rfi*;;^ o mercato delle erbe dove, pella 
natura stessa delle transazioni che vi si compiono, 
è quotidiano il contatto fra gente della città e gente 
del contado. In secondo luogo è noto che i hosin \ 
dei quali molti godettero di grande fama tra i nò- 
stri scrittori letterati *, furono t primi che fecero 
vibrar le corde della lira moderno-milanese e che 
dalla campagna traggono origine alcune maschere 
milanesi. Ora, da una parte il hosin^ pur isforzandost 



^ Bofftn, che vuoisi far risalire ail Amhrofjiiio cioè siuMilo 
ili S. Ambrogio^ dcsi$;iia proprianicute il eontadiiio dell' Alla 
Milanese. E siecoiiic dal coiiludo ci vennero o ci venj^nno quegli 
nomini clic vanno per la città recitando e cantando poesie 
di cui spesso sono anclie gli autori così la parola bosin passò 
a significare poeta in dialetto milanese e bosinada significò 
dapprima quella specie di componimento ch'era propria dei 
PfMÌn poi ogni altra scrittura in dialetto. Gfr. Gher. s 'bosin'. 

' Gfr. Ta!«zi G. IV. 348. In questa poesia < gora V invenzion 
di Bosinad « sono eccellentemente caratterizzate le diverse 
specie di assunti che servono di tema a tali componimenti 
satirici per lo più o didatlico-morali. — Letterariamente no- 
tevolo iu queste Bosinad è 1* occorrere ancora frequente di 
«inelle specie di componimenti così in voga nel M. E, sotto 
i nome di disputa, disputatio, contrasto, débàt, ecc. 

C. SAtTtONl. S 



■ 

l 

V 
18 Prefazione, \ 



di poetare nel dialetto di citti!k, non salili riuscito a 
disfarsi affatto dot proprio idioma natio che qualche 
forma o qualche parola non cittadina gli sar& pur sem- 
pre scappata malgrado la grande somiglianza delle due- ; 
parlate, anzi per avrentura in causa appunto di ciò^: ] 
forme e parole che saranno poi passate nel bagaglio Un- \ 
guistico degli scrittori urbani che seguirono ai hosUty. » 
e d'altra parte questi scrittori arranno creduto di e 
rappresentare più veracemente le maschere originarie 
dalla campagna, col colorire di un pò* di rusticano il 
linguaggio che essi facevano loro parlare. Cosi la lin- 
gua canipagnuola avn\ potuto infiltrarsi, ma per poche 
goccio, nella lingua cittadina. — Un linguaggio con* 
tadinesco fu bensì usato a Milano da scrittori mila- 
nesi, fra i quali dallo stesso Lomazzo, ma trattasi 
di parlate di popolazioni molto distanti da Milano 
e che perciò nulla hanno a che fare coirargomento 
che ci occupa. ^ 

Passiamo ora in rivista quegli scrittori che fino 
ad oggi si occuparono, più o meno ex-professo ^ 



\ 



\ 

\ 



* Vuol essere qnl parola dei parlnri ili Valle di Blcnio nel \ 
Gatiton Ticino o di fntragiia sul Lago Magfi^iore dio servirono 
dì Lingua offìciale a ccrt-e Arcademie o Jìattie di buontemponi 
di una delle quali era presidente o abate il pittore Lomazzo. 
I documenti principali a stampa che di questi linguaggi ci 
rimangono sono i « Rabiseh dra AcademigUn dor eompn Za* 
vargnOf Nabad dra vali d* Bregn ed tuech i 9Ì$ fidigl soghiit » 
ecc. ecc. conservati in dne edii. Tuna del ISSO T altra del 
1627 e gli « SteM dia Gran Sedie antighe di Feehin dot Lagh 
Méjò fondò in Milan^ atnpiijieó in toVann present 1715. Chi 
desiderasse saperne di piìi consulti il Voc. del Ghen s. '/s* 
eAÌM»; polla lingua di quei documenti crr. Ascoli Ardi. It 
S5M57 e 206 267. ] 



Prefazione. 19 



il dialetto milanese premettendo che non c'iui- 

agioìamo punto di riuscire completi. ^ I più antichi 

.vori sul dialetto milanese sono: ' a) El Varoii mi- 

mes ile la Ungila de Milan di Giovanni Capis. Fu 

pubblicato la prima volta in Paria sul principio del 

sec. XVII con note di Giuseppe Milani e la seconda 

volta in Milano, presso Giovanni Giacomo Como, con 

note di Ignazio Albani. Una terza edizione se ne fece 

nel 1750 e su questa si basa Fediz. del Cherubini 

nel I* voi. della sua Collezione. Questo lavoro del 

Capis è una specie di piccolo lessico etimologico per 

parole di diilicile spiegazione. Di molte parole è data 



' Il GiiFR. Voc. V 284-28G parla di molti che per noi sa- 
rebbe Inutile il nicnzioiiarc. 

' Può però venir qui riprodotta la n. a p. 98 della ^Milano* 
di C. Ga:(tC : « Nel 1489 a Milano per Leonardo Gacbel fu 
« stampato El vocahuUsta ecclesiastico . ricolta ed ordinato 
« dal povero sacerdote de Christo frate Joanne Bernardo Sa* 

• voèiese^ clic lo parole del dialetto traduce in italiane: e 
< liebben a quelle dia la terminazione italiana, 8omi(;liano 
« affatto allo odierne, come agneeia, armario, balanza, biava, 

• hoffare, bota, brasca, brazuo, brasare, ealdaro, càmola ^ 

• eancnnoj cognosse, copo, eitsire, dar fora (pubblicare), cf«- 

• creta, dcspresio, desscdare, fiadare, fidigo, fopn, gera, 
« gialdo, la giasa, gozzare, impressa ^ inguaiare, lazzo, lecardo^ 
« lisca (carice), Inmiscllo (gomitolo), medOf messedare^ mezena 

*'lanlone), mocarCf molgere, morone^ mufolcnto^ pagura^ 
ifino, rampegare^ rognoni, sbater le mani, sbadagiare^ 
reare (scatarrare), sgonfio, scovare, sómeso^ $e$a (siepe), 
taro , sugare , temporito , * Iridare , zenevro . . . 



Questo temporito parrai essere una malintesa iVa/iafitssa- 
,^one di tempori che è temporìf N. 275 ma che fu sentito 
temporito sul modello di fenì sfinito. 



20 



Prr/azhne. 



r etimologia per altre molto manca. I suoi scliiar 
menti etimologici non lianno un merito superior* 
ma nemmeno inferiore, a quelli proposti per alti 
lingue e da più celebri scrittori in tempi anteriori & 
nostro Capis Q in quelli che gli susseguirono firno ni 
primi decenni! del nostro secolo o meglio fino ai no- 
stri giorni, elle il sano metodo scientifico, applicato 
alle ricerche etimologiche, non ha ancora trionfato 
nella desiderata pienezza '. Anche il Capis procede 

' Noi N. I, luinnla I (1881) di un pcrioilico iìiciikìIc dio 
)iR per titolo < J/Kf'huhn de mille et une ehoftes • eilito (In 
Mr. PuniT.R n Piirii;i, dopo esser stalo nlTormalo che iicll* eti- 
mologia (ulto V ancora da fare, che si rimaiìc alla superficie 
senza andar al fondo delK* cose, ventanno achitnff al pubblico 
le segnenfi profondissime cIìmioIoi^kìc: « L'arei$i:ii('e règnc dans 
Tair, ar veni dire aire et raiifiire esl synonymc avec rei- 
gnee, — Araignce vcut dire ^fiinn en alleinand, la fileuse, 
el npinu se rapporto à «ii/>f, le sens rn franrais, et le sena 
se rapporto ii nos iicrfs. Gonclusion: Notre sysièmc nerveux, 
qui a Bon centro dans le cervcau, est analoyne ii une arai- 
gnéo et nos réflexions resseinblent a sa lolle. — Mcphi 
se rappartc ìi wéphiliqftc et alcphclvH signi li e rioffe] un 
miasmc eloffc, épaiì), une forte puantenr. Sloph, en grcc, 
veut diro Sloff en allcinand el en ans^lais, et en francaiii 
cela signifìc ntnlìrre, eltff', — S'*ham^ pudenr, en allemand; 
son anagranune natnrcl et non forcò est manch doni on a 
fa il le mot francala wnstjne. Là, où 11 n*y a plus de pud cu r, 
li n*y a plus ni lionnOteté ni bienséancc; le niasqn^ "' 
tombe et rboinme apparai! dnhs tonte sa nudile. Si oi' 
toornc la première syllabc, la principale do piidcur •. 
dttp. Colui qui dopo a jctó tonte bonte, toute pudenr; e « 
altendant qu*il soit dÌMuasqué par Ics uutres, il se démas 
lui-méme. — En rclrancbant se ou 9 de Schnw, on a Jiant ] 
Cham^ un des fila de Noè qui, à la vuc do la nudile de son pÒK 
aecourut près de scs frèrcs Sem et Japbct pour Ics cn avcrtir 



Prffttzionr. li 



senza nonna e senza critica e qualche volta indovina 
come p. es. nel derivare bamai da prunatium, pcU 
gora da pergula, infoici da infarcire. Come la mag- 
gior parto dogli etimologisti suoi contemporanei q 
da non molto trapassati, soprattnto suiresempio dei 
francesi Périon, Enrico Stefano ha la mania di voler 
derivare dal greco e, se rare volte coglie nel segno 
come nel ricondurre s-morfia a (^037/1, ancónna ad 
<i/.('>v, ctimolnrvic confermate o almeno non rigettate 



» N*0(* HO troitvn décoiivert ìi soii insù et de co quc riiiipude lee 
» {f'ttHVcr^chain' ihcii) do sou lils (ìham lui dópIiU benucoiipj 
» il le iiiniidit flans sa posterità. — Ajoittons cticorc qu^tinvers 

• cham'ihcit (I* ctimolo;(ista opera 811I tedesco Vnverseham' 

• Iheit) veut diro rittcers de la piideiu'y cnr itMvers et incers 
» soiit ideuttt|iies'. — Zoro est nyiionyiiio ovec h'tr oii heitre 
» ci tcmpa. ÀHlre n'a pns besuiii de traducliun. XtTonstrc n'é- 

> tait dbiic pas aii prophètc mais un nstre. Ce maleiilendii 
» provieni de ce qu*on dit de aii lieu dn Zoroastre. — Snìene, 
» la iuiic en i;rec, signitìo dans le principe ène $cf, une Amo, 
» cn patois on en vieux allctuand, et les mots hua (latin) et 

> Utile dósignent ìi peu pres In ai<^ine cliose, car dans Tori^inc 

> Oli disait h nim ou lu une, — (trippe vient du mot ycrippe, 
» co qui signific Ics cótcH, eu lillomand. C*est là le niège ou 

> le point do départ de la grippe provenant d*uii rcfroidissc- 
» meni. — Pouon est un mot qui so divise cn poids et son: 

> «01» veut dire soni, declinò d*élre. Poison siguiile dono etra 
j» ioHrdf avoir du poids. Toutc nourritnro qui est lourdc a 
» l'estomac est indigeste; elle Test selon son dcirré de loar- ! 
» dcnr. » Dalla Deutsche Litteralurteitung anno IV Nr 8, 285. 
Veramente gli etimi proposti dal Gapih sono ancor troppo 
ragionevoli comparati a questi che pur osano sortir alla luco 
passati già 75 anni dalla pubblicazione dei ConjugalionBsy" 
9tem, ecc. di Fa. Boi>p e 50 da quella della Grammatica del 

DlKX. 



ì 



> 



* 



» 



t 



2i Prffffzhtff» 

dalla critica moderna non ò diflicile il figurarsi a 
quali aberrazioni dovea condurrò in generale quella 
grecomania. — A dare un idea della stravaganza di 
certe spiegazioni mi basti citare ad esempio retimo- 
logia secondo il V. M. di duo rocaboli dancdd « Na- ; 
tale » e moiys « amante » , la cui attinenza eti- 
mologica 6 pur cosi chiara: cJI/oro5. Inamorato. 
« Prudentissimamente 6 formata questa voce dal greco 
« fjtopoar id. stultus e dal latino morosus quasiché 
« questi tali sint stnlti et morosi. E credo che i no- 
ti stri milanesi deducessero questo nome da quel verso 
«di Plauto che dice: 

Amor iiiorcs lioiniuum tiioros et inorosos cfltcit. » 

« Dancdaa. Giorno di Natale. Pare voce corrottis- 
csima e pure 6 bella e piena di erudizione. E adun- 
c que un composto della voce greca Axvx%e% sire 
« obolus^ sorte di denaro, qual giudicavano (i supcr- 
cstiziosi antichi si donasse a Caronte nel passar le 
« anime la Stigia Palude ; e dal latino Do^ das quasi 
«diciamo Dans ololnm^ perchè in quei giorni si suole 
« dar di mancia. Puossi ancora comodamente dedurre 
«tutto dal latino f e far un composto da Dcnarius^ 
«il, e Do, daSy quasi diciamo Dcnarinin dans per 
« la ragione di sopra accenn:*.ta. n — E però debito 
di giustizia il riconoscere che una gran parte delle-- 
parole di cui il nostro autore cerca la spiegazione 
etimologica sanno d*ostico anche alla critica moderna 
e sono o mal sicuramente dichiarate o non dichia- 
rate del tutto. — Il Varon milancB ha poi, indi- 
pendentemente dair autore, il merito dì conservarci 
un certo numero di parole oggi smarite e d*avrrcene 



Prefazinne, SI 

conservate altre in una forma che più non rifestono 
ai nostri giorni. 

b) El Prissian de Milan de la parnonzia milancsa 
di Giovanni Ambrogio Biffi pubblicato nel 160C uni- 
tamente al Varon milatws. Un' altra edizione se ne 
fece nel 1750 e su questa si basa quella del Cue- 
nuBiNi pubblicata nélV antica ortografia nel 1 toI. 
della sua * Collezione '. Come lo dice il titolo, questo 
lavoro ò consacrato esclusivamente alla pronuncia; 
l'autore vi fa prova di una perspicacia non comune 
•ai suoi tempi mostrando talvolta di saper distinguere 
il suono dalla lettera. Merito non secondario del 
Prissian de 3Iilan è quello d'essere scritto appunto 
nella lingua della cui pronuncia prende a trattare 
costituendo cosi una fonte preziosa sugli studii dia- 
lettologici milanesi che molto hanno a lamentarsi 
della mancanza di scritture in prosa. — Si trova nel 
lavoro del Biffi quel lepore un po' terrc-à-terre^ quella 
bonomia che ancora oggidì contraddistinguono e ren- 
dono caro il vero Ambrosiano. •— L'autore non as- 
sumo un tuono cattedratico, e a ciò si sarebbe cer- 
tamente opposto lo spirito stesso del dialetto, egli 
conversa come uomo del cuor sincero e giovale in 
compagnia di diletti amici; per lui el parla miìanes 
V è el pù Veli che sia al niond .... salv la lengua 
/lorentenna eh' a V e nassuu data nosta^ ma che lor 
ai Van lècd insci on pochin com' es fa ona sposa; 
^ altrove : el tiost lenguag al è el pù pur^ ti pù beli 
e el mio cltt se possa trova. Chi volesse aver un'idea 
del suo metodo d'esposizione legga il seguente squarcio 
"«he si riferisce al n: « se parnonzia la pù part mezza 






> 



• 



» 



24 Prefmione, 



e morta come in la parola toscana consolare^ che 
« no las f^ senti nagott, noma par on cìert son come 
« quel che fa el cordon che bai el bombas, froèh fron^ 

< e intel dila a sto meud, come in con^ son^ hon^ pan^ 
e 5CII, noi se meur la lengua, de roeud che quel ver» 

« Co i brioo de Imseccii, e tugg adrec 

«se porav ano di quel Co con el son del n, che noi 
tcressarà minga el vers. In oltcr parol se proferiss 

< peu come intel non latin, e a sta fusgia se sbat 
«intel parnonziala la poocia de la lengua intel cel 

f ideila bocca, comò vcrnadiy e per desferonzià pan 

« da mangia da pann da vestiss, la preuma che se 
« proferis mezza morta con la vochìi strecia , la 
« scrivarem sempia ; 1* oltra eh' ò gajarda con la 
^ « Tochà larga la scrivarem dobia, insci pann^ pmn^ 

iLamannaman, che in Toscan discnn, or ora^ che el 
« preum a mann se dis come pann^ e V olter come 
tpan.n 

Fello spazio di due secoli dalla pubblicazione di 
queste due operette ben poco fu scritto sul dialetto. 
Menzioneremo solo di passaggio la polemica suscitata 
nel 17G0 dal padre Ukanda col suo Dialogo della 
lingua toscana nel quale si scaglia con grande vee- 
menza contro il dialetto milanese. Gli fu risposta 
dai migliori ingegni nostri di cui basti nominare il 
Parini; ma la polemica staggirò più che su altro, 
sullo spirito generale del dialetto e sui meriti estetici 
dello stesso sfiorando solo leggermente questioni d'or- 
dine grammaticale. — Anche il Balestrikki, nelle Note 

I alla sua rersion milanese della Gerusalemme del Tasso 

che pubblicò nel 1772, inserì varie osservazioni *^' 

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■ !." ♦« ■ 



; Prefazione, JS 

; le voci e sui modi propri del dialetto milanese. Cfr. 
l Chcr. V. 284. Segue, in ordine cronologico, uno studio 
; abbastanza ampio di Fkunow sui dialetti italiani 
;. ( Ueber Miindarten der italienischcn Sprache nel 
' voi. Ili dei suoi Uòmisclie Slndien pag. 211-543. 
'■ Zurigo, 1808). Del milanese vi si tocca a pag. 374- 
382, 472-474 e 442-443. — Vuol vedere tracce di 
i influenza francese nelKu nell'ei nel ji: e nel n nasale 
\' e dì influenza germanica nelle uscite consonantiche 
e nella succintezza dei vocaboli *in maggior parte 
stroppiati'. Del resto nulla di notevole. — Ed ec- 
coci a Francesco Cherubini il gran papà degli studii 
dialettologici milanesi. Nel 1814 pubblicò per la prima 
volta il suo Vocabolario milanese^iialiano « lavoro, 
dice egli, che fa testimonio della solita fretta giova- 
nile 1» voc. y pag. 284. Quadruplicato fu edito di nuovo 
nel 1839 e anni susseguenti v. pag. 7. È questa un'opera 
fondamentale né io mi sento di forza a farne Telogio 
di cui, del resto, non ha nessun bisogno. — Il Che* 
. RUBINI consacrò tutta la sua vita a studii dialetto- 
logici principalmente allo studio del suo dialetto natale. 
Scrisse oltre al vocabolario, un Saggio sul dialetto 
; milanese, uno sul dialetto brianzolo v. pag. 7 e molti 
manoscritti giaciono di lui negli scaffali dell' Am- 
brosiana. Un servizio non piccolo rese il Cherubini 
> alla sua città e ai cultori del dialetto e della lette- 
; ratura milanese col dare alla luce la sua CóUegione 
delle migliori opere in dialetto milanese Voi* 12, Mi- 
lano, 1816-1817. L'intendimento tutt'affatto civile e 
letterario con cui questa pubblicazione fu intrapresa 
/ e condotta a fine gli faranno perdonare dai linguisti 






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M Prefazione. 



* Cosi, |)cr ciliii'c un solo esempio, nel Vttron Miìantfif elio 
per essere nn* opera Icssiciilo nvrcbhc certo nvuto flirilto a 
maggiori rigunnli, il GnERunixi si permeile di registrare il 
nio<lerno rbd invece del riiit (scritto roiiUì rlie realmente è 
la voce registrata dal Varon\ e a nessun può sHiggire T in- 
conveniente d*Hna tale sostituKiono. — Il Gaxtù, Milano, pa- 
gina iOl, rimprovera alla Collezione del fSnKR. d' esser falla 
«senza diligenza e con imperdonabili ommissioni »; e una 
prora di negligenza imperdonabile i»er un Ciicruriiii parci 
la seguente: Nel Priasian è detto a pag. 88 (G. !<*): « I To- 
\ • discli disen ScUloss^r che veur di ciavareù, e Srhinid che 

! • significa fare » ; il Greruri!!! in una nota a questo passo,^ 

soggiunge: « il nostro Bim ha qui preso un granchio. Schmid 
» non 'significa altrimenli fare ma bensì, fabbro, artefice. • 
E il Grerdbini non s'accorge che il granchio lo prende lui 
«he, fuorviato dalla mancanza del segno per Taccento suìVe 
>di fare non sa leggero fari (ferrarlo-) la qual parola significa 
giostamento Schmid € fabbro, artefice» od in tal senso ed 
in tal forma è registrata nello stesso suo Tocabolario. 

• 

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un certo rimoderDaroeuto della lingua degli autori 
Ah lai editi, rimodernamento della lingua che il Cub- 
nuBiNi chiamaTa innocentemente * rimodernamento 
! deirortografia' *. 

f ' II DrEZ consacra al milanese un terzo circa della \ 

pag. 86 della sua Grainmatih^ ecc. 4* ed. E alcune \ 
pagine ri consacra pure Augusto Fuchs nel suo la- 
voro Ueher die sogcnanntcn unregelmàssigcn Zeiitcòrter 
in den romanisclien Sj)rachen. Nebst Audentungen ilber 
die toichtigsienr orna nischm ilundarten. Berlino, 1840. 
^ ) Sono pel dialetto milanese le pagine 112-122 e sono 

f j zeppe, d'errori. Cita i soliti esempi d' influenza fran- 

cese ai quali egli aggiunge per proprio conto anche 
la caduta del r negli infiniti (canta, ecc.). Perini il eh e 



PreJaiioHB. f 7 - 

1 il gli di tahaech fogh di cui a Gap. I rappresentano un*a- 
spirazione (Haucb); i plurali gr^ persònn^ al costitui- 
j scono esempi dell' a di sing. fem. che cade e chiarisce 
l'esempio anteponendo di proprio impulso l'articolo la 
uUiin or; altrove tali feminili divengono maschili come 
' d pareli paroUa^ come feminili sono on acqua o» 
/ espressione ci Ugìon (sic) al qual ultimo esempio l'arti- 
^ colo è stato aggiunto dal Frcns. Ma il colmo della sua 
\ ignoranza del dialetto è raggiunto dove dice che son 
dovute ad influenza francese le doppie forme di pro- 
nome flit ed io (dove l'ha mai pescato quell'io?) ti 
e fc, Iti ed el e che siccome esse sono completamente 
non-italiche (ganz unitalisch) così anche i milanesi, 
a cui restan pur sempre mezzo forestiere, non sanno 
ben adoperarle e adduco come esempi di questa ina- 
bilità liti no poss vess^ m sont vii$i de quij^ mi tue 
ardeva de wiorl, wi no $ne moeuv^ Hi d gV a semjHr 
tutti esempi grammaticalmente corrottissimi e di gè* 
nuino uso milanese e se al Fucns parevano scorretti 
si è perchò egli forse li paragonava a locuzioni francesi 
del tipo di moi je veux^ ecc. Notiamo ancora che 
per il FucBS IH « lui » è anche articolo e che even 
« avevano » ò « hanno » e che V e vien spiegato da 
ai (aiven) guna (gesteigerte Form) di a. 

Il Blanc nella sua Grammatik dcr italienisclien 
Sprache^ Halle, 1844 tocca del milanese a pagi- J 

na 641-645. Copia dal FucHS correggendola per6 u 

«iella maggior parte dei casi. 

Un Vocabolario tascabile milanese^italiano segnar 
tamente per arti e mestieri vide la luce nel 1847 in 
Milano e non porta nome d'autore. È fatto prece* 



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J8 Prcfnzionc. 



dere da alcune osservazioni sulla pronuncia e da pa- 
radigmi. ' 

Il BioxDELU nel suo Saggio^ ecc. (1853) tratta del 
milanese in una cogli altri dialetti lombardi. Dà il 
paradigma della conjugazione, alcune notizie fonolo* 
giche e grammaticali e un riassunto lessicale. 
Il primo lavoro scientificamente concepito, di cui 
I possa vantarsi il dialetto milanese, è il lavoro del 

I Maschka (18Gd) citato nella bibliografia. Va da sé 

che un lavoro simile non poteva privarsi del sussidio 
della fonetica e appunto qui, ad elucidare questioni 
di competenza della morfologia, troviamo trattati 
polla prima volta alcuni punti della fonetica mila- 
nese. 
t, . Un' altra opera lessicale ben fatta e molto pra- 

tica nell'uso ò il Vocabdario del Banfi. ISSO 3" ediz. 
Si basa largamente sul Chrrubini ed 6 preceduta da 
osservazioni generali. 

Nel salano^ Storia del iìojìóIo c pel popolo di 
Cesare CantC, Milano, 1S71, ò detto del dialetto da 
pag. 97 a p. 101. 

Ci resta finalmente da menzionare l'articolo del 
Prof. Raina nel Milano dell' ed. Ottino (pubblicato 
in occasione dell'Esposizione Nazionale ISSI). Sono 



* Una specie di di/iònarietlo italiano colle corrjspomlcuzo 
milanesi è : // piccolo Carena (Ciiacinto Gareka è 1' autore 
d*aa dizionario italiano d*arti, mestieri ed o^^d^etti domestici) 
nomenclatura italiana Mpicgata e illustrata eolle parole 
eorriepondenti dei dialetti: milancee, piemonteee^ veneto^ ge^ 
noveee, napolitano^ eieiliano^Jriulam e eardo per P. Forsiahi» 
Milano, 1878. 



\; 



Prefazione. tO 



: circa una ventina di pagine piene di brio le quali, di- 
rigendosi al gran pubblico, non dovevano oltrepassare 
i limiti d'una certa generalità. Su molti punti per6 
lo esigenze del gran pubblico son fatte conciliare 
ottimamente con quelle della scienza rigorosa, e Tin- 

I tiero articolo lascia cbiaraniente intravedere che se 

' il suo autore si fosso accinto ad un lavoro, come 
quello che noi offriamo timidamente al pubblico nelle 
seguenti pagine, certo la scienza dei dialetti d'Italia 
andrebbe più ricca di una monografia ben altrimenti 
poderosa della nostra per fine perspicacia e larga 
erudizione. 

Vocaboli e anche fenomeni glottologici del dialetto 
milanese sono copiosamente menzionati nelle opere 
di DiEZ, AscoLT, Fleciiia, MussAFiA, Oaix, ScnNEU.RK 
citate nella bibliografia. 

Bibliografie, ben lungi da essere complete, di quanto 
è a stampa in dialetto milanese, occorrono presso 
il Fuciis pag. 472-474 presso il Cherubini C. I pa- 
gine XXXVII-LXXVI e presso il Biondelli Saggi, ecc. 
pag. 171-182. 

Pell'antico milanese mi sono giovato esclusivamente 
o quasi della monografia del Mussafia sopra il dia- 
letto di Bonvesin, pel moderno, oltre che dei lessico- 

^ grafi e degli scrittori (per quelli anteriori al Bale- 
STiERi dell' ediz. del Cherubini), di un certo numero 
di poesie volanti e Bosin&d e della mia personale 
esperienza. Estratti, non troppo abbondanti di poesie 
volanti e Bosindd^ trovansi nei seguenti interessanti 
lavori del De-Castro che formano la continuazione 
dell'opera citata in nota a pag. 9: 






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8a Prtjnzhnt. * 

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a) Milano e la JRepubbliea Cisalpina^ giusta le 
poesie^ le caricature ed altre testimonianMe dei tempii 
Milano, 1879. 

b) Milano duraìUe la dominajfione Napoleonica^ 
giuria le poesie^ ecc. Milano, 1880. 






ABBREVIAZIONI. 



a. a. t. r: antico alto tedesco, 
a. nd. = antico nordico. 

a. a. = antico sassone, 
angs. = i^nglo sassone, 
ant. = antico. 

ar. = arabo. 

basso-lat. s basso-latino. 

b. t. = basso-tedesco, 
liar. = bavarese, 
berg. = bergamasco, 
brcsc. = bresciano, 
brianz. = brianzuolo. 

G indica la * Collezione ' del Gher. 

cfr. = confronta. 

com. = comasco. 

contad. = contadinesco. 

fr. ■ francese* 

got ss gotico, 

ingl. s inglese. 

it Italiano. 



^^^"■^ ' . ■■I j i — »^~l « ■! ■■ I I « ■ M .P.^»— -^1^— .^— ^— ,-^-,-^y^,f^^JH^|^„,^|^,U,^ 



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«Il Abbrevia:Mon$. 



lad. = Indino. 
'; lomb. = lombardo. 

i ni. a. t. = medio alto tedesco. 

^ mil. s: milanese. 

niil. mod. = milanese moderno. 

mod. tcd. = moderno tedesco. 

nd. ss nordico. 
I ol. s olandese. 

] p. V. = poesie volanti. ' 

8. = sub. 

spngn. = spagnuolo. 

Y. a. = voce antiquata.' 

V. M. =2 Varon Mìlanes, 



' Voglionsi qui intese le poesie popoUnesehe che sempre ^ 
escono in fogli volanti. — È qui il caso di cliiedcre al let- 
tore che ci crcìda su parola che il volere citare una ad una \ 
tutte le poesie volanti che abbiamo avute fra le mani an- \ 
drebbe troppo per le lunghe* — Sono stampate quasi tutte \ 
dalle tipografie Tamburini e Ranzini. 

' Sempre però nei limiti del milanese moderno. 



1 

1 



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CAPITOLO I. 



Alfabeto TrascriiionL 



Il dialetto milanese-moderno ha i segoenti saoni: 
I: Vocali: 



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(«) 



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II: Consonanti: 

Queste possono classificarsi: 

a) dal diverso punto dalla bocca in cui esse si 
fermano. 

b) dal diverso modo in cui sorte il fiato nel 
proferirle. 

Le momentanee e le fricative si suddividono poi 
in sorde o sonare. 

e. Saltiomi. i 



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i II "il 



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Capitolo 7. 



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Seguendo questi prtncipii di classificazione arrenio 
pel milanese lo specchio seguente: 











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V. 










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Alfabeto e Tra$erÌ%ionL 33 



Ogni vocale può, in fine di parola però solo se 
accentata, divenir vocale nasalizzata ad eccezione di 
è ò il ed <*• La vocale nasalizzata segneremo sovrap* 
ponendo una tilde (") alla vocale che va soggetta . 
a quella infezione: ^S ti Le tu ^ saranno quelle pa- 
role che generalmente vengon scritte pan vin ben 
vun. Nel mezzo della parola non verr& indicata special- 
mente, prima perchè s'entrerebbe troppo in collisione 
coir uso tiranno, poi perchè realmente la nasalizzazione 
nell'interno d'una parola ò ben lungi dall'esser cosi 
spiccata come all'uscita. Scriveremo dunque padro 
vest ma ciintà seni vint^ ecc. — La vocale nasalizzata 
è sempre lunga, meno lunga però fuori d'accento* : 

a è l'a italiano. ' 

ò è r italiano nelle parole otto porto^ ecc. ^ 

Q è un suono intermediario tra ò ed J 

g che è l'o italiano in lioma. 

è è l'è aperto italiano in sette^ ecc. e trovasi reso 
nelle scritture meno recenti talvolta per <8 p. es. 
fterr. ( 

e ò nn suono intermediario fra il precedente ed 

e che è r e italiano nella parola pena ecc. 

tòri italiano. 

e vuol indicare una vocale indistinta che è tra o ti 
ed è, cfr. N. 60. Non è tutt' affatto, ma vi si avvi- 
eia, l'u francese in un communi ecc.* If 



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L 



' t« segna l' u nasale. 

' Non so se ben mi appongo ma 1* evoluzione di questo suono 
verso 6 parmi compita nei dialetti della Lombardia Orientale: 
bresciano : nomer € numero » nàia € nulla » pota € putta » i f' 

pòh8$ € palcc » parfom^ peròea nastòrzia € nasturzio » lem i 

€lumc» ìòmaga clumnea» iògg ctutti» mil. tCtòè firn efumo» / 



36 



Capitolo L 



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ò 6 il suono francese in feu coeur e trovasi reso 
nelle scritture milanesi per eu oen; nelle scritture 
meno recenti anche per où. 

n è il suono francese in une jJÌus^ ecc. Talvolta questo 
suono si sviluppa ulteriormente in un suono che d 
tra fi ed e suono che noi non designeremo partico* 
larmente ma che è realmente in parole come fortiinna^ 
ecc. cfr. N. 60. 

Lo schietto suono di u non esiste in milanese e 
Vu che trovasi generalmente nelle scritture sta per 
n. Gli ti latini si ripercuotono in milanese parte per 
ii parte per g, Quest' g (che in alcune scritture vien 
reso alla francese per om) 6 per certo molto pro- 
fondo, tanto da essere più vicino ad ti toscano che 
ad ò. ^ Esiste però un ti muto ed ò l' ti semiconso- 



fiòin € fiume » ecc. però fortuna Urna ed fina allato ad òna ; 
bergamasco: hròU «brutto» 9òbet «subito» tòòò «tutti» òmel 
«umile» ecc. 

' Nelle poesie rolanti o nelle bosindl, cioè nella lettera- 
tura del popolino il quale più che a convenzioni ortografiche 
obbedisce al proprio istinto acustico è frequentissima la grafia 
fi per p. Da non molte di questo poesie estraggo: rispund 
«risponde» fuusjfl «faccio» 8urats9ora «sopra» iìincHr 
«discorrere» tieèiuufiia spunia èiuszBip (Isto-) neinri-si^ri 
Julta^fyUa ghuHsg'} «ci ho» una s^ dna ìurs!pr «loro» 
ti» puu s pn pQf 8uU s 9pU « solo » impuil « ampolle » hueul :^ 
= bocol cujona^ suni = ipnt « lo sono » eostus « costoso » fiiM 
« noce » eunl in bueea = epnt in bpeea mutiv « motivo » giur* 
nada bunmereaa aseult, nn puu nusspn pp n'p, spureà, a 
pu»j geluuB^ duu « do » ti»»anetta^ dudea wlur « odore » etilica 
«conca» eomtuf, h^jàsbpJà «latrare» c^im che rima con «imi» 
ss$pva rtmsrjl «vado» a$nun «astnone» viurunsriprpm 
biute «bifolco» muriMMi, amur^ vuiàsvpsàf dul% «dolce» 



Aìfaheto e TragerizhiiL 37 

nantico latino quando segue a gutturale e precede 
ad altra vocale come in sanguis quinque che in mi- 
laoese si riducono a sangu cinqu però con u muta. 
ScriTGndo sang cine non si renderebbe esattamente 
1* uscita di quelle parole e consimili. — Però quando 
venga a trovarsi interno quell* u cessa d* essere muto 
e conserva Io stesso valore che ha in latino — sanguatìd 
cinquanta — cioè 'gu- '^U' u segnando u semicon- 
sonantico. 

k dovrebbe designare il e italiano davanti ad a 
ti, il eh davanti ad t e e il e (con valore guttu- 
rale) all'uscita. Per obbedire all'abitudine ed alla 
tradizione adotteremo però anche noi i segni orto- 
grafici italiani. Dunque cantàl cht^ pòe (con ò lungo). 

e rappresenta il suono del e italiano davanti ad 
t {; e di ii davanti ad a o u. Manteniamo anche noi 
e davanti t ed e scriveremo però e davanti ad a o 
u d ed all'uscita. Dunque: einqu eent^ ecc. ma cétf 
cioè ciaf < chiave » camà < chiamare » éòd {ò lungo) 
«chiodo» ciis «chiuso» teéd «piccolo tetto» laéó 
vece ecc. 

Gli scrittori milanesi cercarono sempre di confor- 
mare la loro ortografia all'uso italiano. Solo all' u- 
scita e deve rappresentare^ specificamente cf: thec ecc. 
mentre c«£ rendesi generalmente per eh: poch ta-. 
baeeh^ ecc. In alcuni scritti trovasi anche eh avente 
valore di k nell'interno della parola, cosi nel Prissian / 

voeha « vocale ». Fino ai primi decennii del nostro / 
secolo k trovasi reso, con vezzo francese o spagnuolo 



euri < cortilo » purBciel, 9ù « sole » re»un « ragione » èegkm 
« secchione » éunadùr ètrviiur mumeniin f^rtètee^ èola che 
rima con tiiulla, ecc., ecc. 



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h 38 Capitolo 1. 



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per qu quando 8Ìa seguito da e in parole in cui 
queir e corrisponde ad italiano o (lat. ti) p. es. iiit- 

r 

( racfjud tabernacquel hacqud sjìetacqucl da leggersi 

(,./ mirdcchd^ ecc. 

^ g ci indicherà nelPalfabeto il suono di g italiano 

davanti ad a o u e di ah davanti aà i e: adotteremo 

^ r , anche qui l'uso ortografico italiano avvertendo che 

'•/ anche all'uscita g avrà valore gutturale. Dunque: 

fi \ gaft^ ghèll^ fóg ecc. 

) \ \ Ò rappresenta il suono di g italiano davanti ad i 

j* 'i 6' e di gì davanti ad a o ti. Scriveremo anche noi 

\ \\ g davanti i e ma g negli altri casi od all' uscita. 

/ j' j Dunque : geni gipjya ma gà « già » gUrà^ g'òg^ gonià ecc. 

|! ^ Scriveremo però^ (e ciò valga pure per e) anche da- 

']| vanti ad e i quando g o e sieno preceduti da 5 e 

f ;>. ciò per evitare confusione colla scrittura italiana sci 

> */ ^ 'Sce: p. es: séètt séincà sgiss. 

f ^r L' uso ortografico milanese procede per g e g pa- 

L é \ 

{ <^ rallelo a quello che vale per e e c^ All' uscita g per 

g e jr/i per g legg « /r^^jf « leggi > /ci//A « /»// « fuoco » 

e anche qui gu « ///* : pri'jner € pericolo > reguela 

j: «regola» da leggersi prijher^ ecc. I gruppi s<5 5^ 

^ vengono generalmente resi separando il 5 dal e o </ 

mediante un'apostrofe: ^ cbtt s' cincà s' giss mas' e 
I \^ cioè masé < maschio » e cosi anche s' ciar{ ^ giandgs^ 

ecc. che noi scriviamo séarQ sffjindQS ecc. 
j ci rappresenta lo stesso suono che in italiano. 
i segnerà il suono eh' è reso in italiano per gli 
H davanti ad altra vocale. Questo suono non ò genuino 

\ milanese e trovasi solo in pi^role importate come in 

) bataglia che noi scriveremmo baiai u 

\ 
\ 

\ 









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Alfabeto € TraèerizionL S9 



t ^ d hanno lo stesso suono che in italiano. 
£ = te, cioè sordo, designeremo per m e avrà il suono 
che ò nella parola paiMO. 

i^di^ cioè sonoro, designeremo per ;; e avrà il 
suono che è nella parola mesMO che noi scriveremmo 

s vuol rappresentare nell'alfabeto il ss italiano 
in esso il s, in sono e in forse. Nella pratica ci 
atterremo però alle regole ortografiche italiane. 

i, la sonora di s, ci indica il suono che ha il s in 
i\7S(i. Nella pratica non impiegheremo però quel segno 
che quando sia reso necessario dal bisogno di non 
ingenerar confusione come p. es. in écln « esebire » 
che, scritto selì^ lascierebbe in dubbio sul valore del 
suo s iniziale. 

i ci rappresenterà il suono che in italiano è reso 
per se davanti ad t e e per sci('¥voc.) negli altri 
casi p. es. sciancato sciocco scimunito che noi seri- 
veremroo suncato socco simunito. Nelle scritture mi- 
lanesi è pure adottato l'uso italiano; all'uscita hanno 
semplicemente "Se come in faladisc da leggersi fàladis. 

z è ÌA sonora di s. £ suono che non esiste in ita- 
liano ma che ci occorrerà in francese nel g di gent 
gigot e nel j di jamuis jour che noi renderemmo 
per zcnt zigot zamiis zour. L'ortografia milanese ha 
qui adottato un metodo di trascrizione che va pa- 
rallelo a quello usato per i. Dunque: sginna sgiii' 
biatiìta^ ecc. da leggersi zinna ziibiamia. AH' uscita . ( 

pesg da leggersi pèz; nelle scritture meno recenti '] 

trovasi anche la grafia se : pese. 

r corrisponde al r italiano, e lo stesso dicasi di I. 



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I 



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i! 

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I ." 



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40 CapUolo L 



i ;), 6 rappresentano Io stesso suono che le corri* 

spondenti lettere italiane. 

/*, V ctìiamansi lubio-dentali perchè tanto le labbra 
qaanto i denti partecipano alla loro formazione. Che 
non si possono chiamare semplicemente labiali, come 
molti fanno, lo provi il fatto che il m - la nasale 
labiale - non regge davanti a /* v. Pronunciamo e 
scriviamo imbridg^ ma dove il & s*è affievolito in v 
invriSg per il cui n, che non intendo già signiS- 

4 .| caro una dentale, leggasi quant' è detto più sotto 



I I delle nasali; f e v staranno poi fra di loro nello stesso 

rapporto come p : b^ t : e/, ecc. 

Abbiamo non solo teoricamente ma anche di fatto 
tante nasali quante sono le serie che risultano dalle 
consonanti classificate secondo il punto della bocca 
in cui vengano formate. In milanese sarebbero sei. 

// ^<y Siccome però la più gran parte non sono graficamente 
^ ^ Tj fissate dall'uso così anche noi non designeremo spe- 

* V\ cialmente che la nasale palatale per n quando essa 

I si trovi fra vocali o all'uscita {montarta pan= montagna 

pagn nell' ortografia generalmente in uso), la nasale 
labiale per m e la dentale per n. N sarà inoltre 
l'esponente comune per ogni altra nasale. La con- 
sonante che immediatamente sussegue ci dirà poi se 
esso n sia dentale, palatale, gutturale, linguale o 
labio-dentale ; in haiica sarà gutturale, in vint den- 

J / tale, in avgcl palatale, in carenza linguale, in in' 

\\ vrìag labio-dentale. Se, come si fa in sancrito, vo- 

; I, lessimo indicare esattamente queste nasali ognuna per 

un segno speciale, come teoricamente sono indicate 

! [ nell'alfabeto, dovremmo scrivere : bciica afgal carenza 



Àìfabcto e TroBerhioni 4i 



>nvridg come scriTiamo anta canip^ ecc. Rimarchisi 
però che siccome in milanese la nasale può fondersi 
colla vocale precederte con cui forma sillaba in una 
vocale nasalizzata cosi sarà lo strascico nasale della 
vocale che sarà palatale, gutturale, ecc. * 

Il segno " indicherà che la vocale a cui sta sopra 
ò lunga, la qual condizione nello scritture ò sempre 
espressa mediante raddoppiamento della vocale mestee 
andaa feniiy ecc. = meste amlA^ ecc. Il segno ' segnerà 
la vocale accentata in generale, il segno ^ invece in- 
dicherà la breve accentata. ' 

Seguendo il metodo dei grammatici indiani adot- 
tato anche dall' illustre Prof. Ascoli' ogni consonante 
sarà da leggersi aggiungendo al suono che ò nella 
consonante stessa un a. La consonante cosi espressa 
sarà sempre considerata di genere mascolino. Scri- 
veremo dunque *t1 p' da leggersi *i7 pa\ ^il r* da 
leggersi ' il ra \ ^il s* da leggersi ' U sa \ ^il m^ da 
leggersi 'ti jsa\ ecc., ecc. 



* E una prova ne è che p. es. tH cioè san (santo) diriene 
sani in composiziono con peder cioè venendo a trovarsi da- 
vanti a labiale sampeder: oppure che ut diviene n quando 
venga a trovarsi davanti a dentalo come in anda da ^am'da 
^amlda amiia in senti da ^gem'iario-, ecc. 

* Circostanze da noi indipendenti ci impediscono di appli- 
care questi segni soprattutto il segno * con quell'esattezza che 
pur sarebbe desiderabile in un lavoro di linguistica. Gonsul- 
tinsi però le osserv. gener. premesso a Gap. IV. 



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I , 



ÉWÉMi 






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P 



I i ' 

f \ 



5' 



1.' 



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I 

t 






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1. . 

I : 



CAPITOLO II 



^ Vocali Toniche. 



! il A. 



li 1. Intanto fuor di posizione : ala^ sa (sale-) * 



ma (male) mar (mare-) cdr, vàr (valet) prcjHira^ 

,', par (palo- e paret) pa (pane-) c2, do-ma (de-niane) 

f^ ma^ ba (sano-) fem. sanna^ ranna, famm (fame-) 

I i. hrasa « bragia > (a. a. t. brasa) ids^ ci ids (tace, 

tacet) nàs^ cà « casa » el stà^ el dà (stat dat) ; pia 

(plano-) inda (placet) édr (darò-) el cappa « piglia, 

prende > N. 197, édf (clave-) ^à (jam). 

-Are: cantàl sònà^ saltà^ riva; reiiionà N. 175, ha* 

^ iiàj insoflàsSy fnojà^ « mettere in molle » N. 1 69\ ecc. 

-àto-, -a<t, -a<ae: si riJ9ettono tutti per -d N 379: 
rivd (arrivato -i, -e) s/a, i;ia/t(7a, ecc. 



, > Suir origine del tipo flcssionalo del nome romanzo con- 

r* frontinsi Disz, Grammatik ecc. Il 5-15, D'Ovidio Frakccsco 

' ^^ SvlV origine dell' unica forma fletsionale del nome italiano^ 

Pisa 1872, Ascoli Arch, II* 416-4S8, dove son dati più ampi 
appanti bibliografici aalio stesso soggetto, e Areh, IV SOS-402* 



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T"~ ' ■"' .""" V. - -_ . 



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Yocnìi Toniche. 43 



-&ta: setada «seduta» (sed'tata) N. 401 , catada 
«colta» (captata); slrd contrd scritti generalmente 
straa coìUraa^ ecc. 

-Abani 'dbas -libat: mi cantava^ ti te manffavetf 
! Ili H baiava. 
f -amus, -^abàmus '^bùrnus ecc., -afrafì^ ecc., 
N. 434. 

-&tl8 (amatis), -a?! -avit (amavi -t) N. 69. 

-lite- (-as -atis) : carità veggitd « vecchiaja » ca- 
aitd « crudeltà » majstd « immagine » (majestate-). 

•ano-: nigntU (montano-) saìvU «incubo» (SilTano-), 
vcìiczia^ mantovU^ brcssa^ ecc. 

-amen: ramni (aeramen) lenamm^ bestiammt le- 
tamm. 

-ale- canà « canale » (Ma « ditale » da^nedd 
«Natale»; animai^ natUrdl^ ecc. 

-ace- stords « storace » fanìds « fornace » tìUrds 
« duracine » albds da albo-; capajsz « capace ». 

-abile- fitavol; Bonv.: stavre «stabile». 

Per le risoluzioni di a in parole nelle quali dietro 
dileguo di consonante mediana, venne a trovarsi in 
collisione con altra vocale cfr. Ne 69. 

3. Intatto in posizione: catia^ barba^ eama^ 
«carne» sant^ canta (canta e cantat) gamba^ satt 
« rospo » (oxapto-) guadàn^ dafl « danno » , scan 
«scranna» N. 173, pann plur. jìan^ ahn plur. aA, 
tana quané^ fané plur. di fant «fanciullo» fcy « fatto » 
faia « faccia » bras e braMM^ cappio « gabbia » (cavea) 
cahbi «nodo corsojo » (cap' lo-) s^ma^ga «mac- 
chia » (mac* Ia)| paja « paglia », ratti « rancido » ecc. 

-alia : canaja^ marmaja, grisaja « canizie ». 






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44 Cftpthh IL 



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'A: ] 



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-aceo-: ^a;V(5 « pagliaccio » f/mcfff 5 «sornacchio» 

V V V 

omiìSy cavahis, mestcras^ ecc. 

^ -atio- : hamazz « pala da fuoco » (prunatio-). . 

^ -antia : crianza, vesinanza^ eonfìdanzia^ hondanzia^ 

i sostavzia 

i -ante- : cantante canianta^ andanta^ ròba andanta^ 

^ « roba andante » noniflant € nonostante < ecc. ecc. 

Z^ -andò: andando cantando ecc. 

l •atto-: (peli' etimologia di questo soffisso cfr. Diez 

^ ^ Grammatik ecc. II 371-372) frlgiM «che patisco di 

;; freddo » spagiiràtt (da pagUra) « timoroso pauroso > 

u patcràti € un biasciapater > gcsnUt « uomo che va 

i molto in chiesa, bigotto » denciUter « dentacci » sm- 

édtt scriciirdU < scrivano e scribacchino > S'Corhdlt 



•. « corvo » ecc. 

In 



-arlo-: contrari^ salari^ nezessari ^ strasordenari ^ 
rari (*rario-) de rari C. Ili 9, 196 e altrove, pari 
Cpario-) 



Ccrchcc pur s' nvii pari 
> ' ; ' Che i trovnrii ben rari C IV 2.S8. 



ari^ Bonv. ar/o, ^)cr ari, fra a Pari « per aria, trarre 
per aria » tviri « vario » desvari < svago » caldàr 
|\\ \ < pentola» (cardano-) para, on j>ara «un pajo » 

j \ / (paria) mìara accanto a Diedra « migliajo > ; per 

.41 ' citgd^ carimà cfr. N. 2 1 1 ; pei casi dei quali l' i è 

'\ attratto nella sillaba precedente N. 69, 

.i -aneo-: montaiia^ campana^ cavedaUa (capi tanca) 

/ «quel lembo di terra nella testata de' campi che 

'*\ si abbandona senz'arare o assolcare onde lasciarvi 

\i libertà di passo e carreggio » ; spontànm eapitdnnij 

li (capitano) straniti « forestiero estraneo » ecc. 






Vocali Toniche, 45 



3. Osa: a) nel nesso AL-: ALT-: coni, e v. a. 
(ir-ott «alto» volta P. 136, alter «altro» molta 
€ maltai calcina » cfr. Diez. W. 383 missolia < mi- 
salta » cama misscUada « carne misaltata » ; ALD- : 
cold € caldo » fdda « falda » (a. a. t. falda) tolderi 
€ danari » se vale la nostra dichiarazione a N. 201 S 
s-mirold cont. milò « sorta di biscia non velenosa detta 
* coluher milo ' dagli ofiologi » e che sarà sicuramente 
il tema che ò nel cont. milò e nel milo della ter- 
minologia scientifica esteso mediante il suffisso -old- ; 
ALO-, ALZ- : magolc « stagno, pantano e, agg., 
mucido » cfr. N. 83 fole « falce » cólxa « calza > ; 
ALP- cont. tòpa < talpa », [scopeti « scalpello »] con 
dilegno di { in ambedue gli esemplari. 

Esempi antico-milanesi sono: ólta oltro salto as- 
salto balda (a. a. t. Imid) [calza >] cfr. Muss. Bonv. G. 

Il fenomeno però è tutt' altro che costante ; non 
solo aU persiste in molte parole accanto ad al" ma 
molti esemplari non vanno in verun modo soggetti 
all' infezione, cosi: fals^ jìalta^ salva^ malba < malva» 
yhinald «astuto, avveduto» zovald^ riifald che am- 
bedue traduconsi per « spavaldo » e in Bonv. alto > 1 
altri discalsi scaltrimento, ' 

Altri esempi di ol = al v. a N. 83. 

Per olmalsau cfr. N. 63 p. 

b): quando a preceda n; il dialetto urbano non ^ | 

ci offrirà però che duo esempi: piònna v. a. « pialla» » 

(plana) e branca « abbrancare » accanto a branca , ' 

el brónca^ brgnchen^ ecc. cfr. Dikz, W. 63 s. 'branca'.' 



> Un it tollero è registralo dal Ghbr. s. * taler'. 

* Non siamo in grado di deeidere se l'infezione in brpncà 



f: 



« 5 



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« 



40 C<i/>i7o/« //. 



Più ampia messe ne offrirà il contado. Menzioniamo 
I avantutto il grhn « orliccio » citato dal Cher. e a cui 

I risponde T urbano grim N. 87 ', poi gli esemplari 

f. addotti dall' Ascoli, Arch. I 29G n. e sono: *da un 

\ saggio che par di Vigerano ' (dunque varcato il Ti- 

^ cino) 1)10%% « piano », qì%o%xiy intontì inonz^ i gigont^ 

^ quandi ecc; nell'Alta Brianssa, a Bosisio ed Oggiono: 

^ poh nigh < pane, mano » ioni qttofU giQnd onc « an- 

ì che»; a Saronno pah^ {a sogna un suono che è tra 

a ed ^ cioè l'o aperto italiano) wdn^ tànty grande 

anca '. 
< e) Un o = a davanti a r avremo in worca 

' « vattene, va via » 2* persona sing, dell'imperai, che 

probabilmente si riconetier& a marca «marciare». 
T — Ma la riduzione ad ò dell' a di natarc (noria nodi) 

ò di certo anteriore alla formazione dei singoli idiomi 
1^ romanzi; cfr. Dirz W. 225;' ned avrii valore alcuno 

l*. l'equazione éòd^davO'. 

>:f..s.^ 4. e = a: a) in alcuni esemplari in cui ad a 

segue j: qnèj < qualche » accanto a qnaj qnèjdxi 



7: « qualchednno » , j>%7 < contesa, guajo » accanto a 



brpnchen abbia avuto luojro conlempornncaroenlc nello voci 
a radicalo Ionica e iu quello a radicale aloiia, oppure so dopo 

i "'^ aver intaccato questo siasi poi estcHa a quello. 

]t ^ £ cerlaiucnto l'o per a in grò/1 risalirà a un tempo in 

\* cui ad a seguiva n scb ietto. 

.'. * Altri esempi di o per a nel contado milanese all'iafuori 

'> di quelli in cui l'alterazione è determinata dalla vicinanza 

\ di fi sono : a Oggiono Va dell'infln ito : purlò tirò comprò (partic. 

') - - - 



puriéf ecc.)» da Saronno, là sale. 



.\ * Lo stesso dicast di fDùjd qualora risalisse veramente a 



^vocito- per ^vacito- (da v.aeao-) N. SS8. 



Varali Toniche, 47 

plajt (pla(c)ito-) paejra cioè i^èjra che rima con 
Cfiira C. Ili 78 nei versi 

Gho mi povera crcini 

No m' intcìid de sti eos, e no gh' hoo paejra 

il qua! paeira sarà parìa con i poi attratto come nel 
paiìo citato a N. 68 b), con cui ha anche comune 
il 8ignificat0| e non avr& a che fare coli' cesa di 
cui ò parola più avanti. 

b) Talvolta nel nesso ANT-: pientà «piantare» 
el piénta < pianta ». Vanno inoltre qui menzionati 
molti aggettivi in ^ent aventi un valore di aggettivo 
participiale non ben definito; vale a dire: la loro 
funzione participiale non va più in là, p. es., di quella 
che 6 nell'i tal. cantante^ una funzione che potrebbe 
benissimo venire esposta anche da altri suffissi come 
in no^o^o (frane, ennuyant) che, ridotto in ispiccioli, 
significa « che annoja ». Non bisogna però dimenti-^ 
care che le forme di participio presente rimasteci 
* con funzione verbale ' sono rarissime nell' uso ita- 
liane e nulle in quello milanese ^ ma che mentre 
l'italiano ha conservati molti aggettivi dalla forma 
participiale in ANT- non uno n' ha conservato il mi* 
lanese (gli esempi che più sopra adducemmo sono 
d'origine letteraria) e che non ò supponibile che un 
I suffisso di tal diffusione ed importanza sia andata 
perduto, senza lasciar traccia di se, (se ne accettui 
i nomi fem. in 'aniia provenienti dal nom.-acc. plur. 
neutro dei participi in -anfe-) in qualunque dialetto 



^ L'esempio *duu oggiam èpiegant Venlu$ia9ma\ addolto 
dal Mascrka, i2, è, e per piii d'nn lato, un pretto italianismo» 






( 

^ 48 Capitolò IL 



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romanzo. Nò va lasciata inosserTuta questa circo- 
i stanza che, cioè, la massima parte di questi agget- 

tivi milanesi in £NT- hanno accanto a sé, a condi- 
videre, nella funzione grammaticale clie a ciascuno 
\t è propria, il significato che è in essi, dei verbi in 

^ -a {-are) mentre ciò non ha luogo, con una tal fre- 

2 quenza per nessun altro suffisso e che sarebbe strana 

^ h . ' ' questa continua coincidenza delle due derivazioni 

ì '^ nello stesso tema. Il Dikz, Grammatik, ecc. II 381-382, 

^ inclina ad ammettere delle derivazioni mediante il 

\ suffisso -ENTUS chò, parlando appunto di questo 

suffisso, afferma goder esso di una grande diffusione 
nel dialetto milanese e ne cita come esempi, fra altri, 
sbrojent baiiscnt; Mussafia, Bonv. 38, ammette pure 
y il suffisso ''jntus in aggettivi antico-milanesi come 

|; cvrente « operosa» sanguinente; nta l'illustre roma- 

^ ^ nologo non ne dice il perchè dell' e d'uscita in ovrente 

che è un sing. fem. e che, se da ^entus dovrebbe 

suonar ovrenta. Nò potrà qui esser parola di influenza 

analogica perchè tanto nel dialetto di Bonvesin che 

]^ nel moderno l'attrazione analogica viene esercitata 

^f dai nomi in -o -a su quelli in -e, atro, consolo^ fiumo^ 

l prencexìo^ celesta^ dolente (Muss. Bonv. 18-19) dolenta 

(Mascuka, 22), attrazione alla quale ha obbedito p. 

es. il plur. fcm. sanguùiente che ci fa presupporre 

un sing. sanguinenta e obbedisce tuttora il sing. fem. 

di tutti quelli esempi che più avanti addurremo il 

j quale avrà la stessa ragione di hiijenta « bollente » 

y cantaìtta^ andanta^ pesa « pece » pèstd < peste > ecc. 

( . Il Maschka, citando gli esemplari someliente Besc., 

tachent tajent li dichiara < formazioni collaterali » 
(Nebenbilduugen) del participio primitivo in ant. 






Vocali Toniche, 49 



E anche a noi pare doversi realmente ammettere 
ENT-«ÀNT pur non volendo negare che in molti 
casi rimano dubbio se piuttosto che di questa ridu- 
zione fonetica nou trattisi realmente del suffisso -cn- 
tus anche della concorrenza del processo fonetico 
e del suffisso nello stesso esemplare. Ecco ora gli 
esempi i quali potrebbero essere ben più numerosi: 
scota € scottare » scotcnt < bollente, rovente » acqua 
scotcnta « acqua che scotta », tira « tirare » tircnt 
« tirato, attilato » carna tireiita < carne tirante » \ 
shrojà < scotterò » sbrojcnt < bollente, che scotta » ', 
tajà tajvnl che concorda con T italiano < tagliente» 
tacà «attaccare» tachent «attaccaticcio», margajà 
€ sornacchiare » margajent « soniacchioso » macarà 
« piagnucolare » macarcnt « piagnoloso » magonass 
« accorarsi » magonent < accorato » hesìjà < pungere 
mordicare » besijent < pungente, niordicante », nii<- 
tegà < rantolare » ranteghetU « rantoloso » ptà « bez- 
zicare » cont. j/icnt € mordace » pàlpinà « lappoleg- 
giare, batter le palpebre» palpificnt < lappoleggiantc», 
* epiteto proprio dell' occhio di uno che abbia il di- 
fetto di batter le palpebre \ iinmilsgtuiss immolriass 
€ imbronciarsi » immiisoneni immotrient « imbron- 
ciato, accipigliato », morisnà «mollificare» morìsnent 
« emolliente », navasà = andò navasut < andar an- 



^ Ma in tiri tirent « tesissimo, tiratissimo » avremo il suf- 
fisso •ento* qual esponente di superlativo N. 15. 

' Questi tre esemplari ritrovansi ^con valore aggettivo' nel 
trentino a Sciikeller, p. 24, li adduce come esempi di -en/- s 
ss-aii^- e conio tali sono riconosciuti anche da Ascoli, Arch. ì 
311'; che ne cita i primi dne. 

C. Salvio:(i. 4 



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^ I 



I 



lì 50 CapUoh II. 

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cajoni» Bcolnxanass «strafelarsi» scaXmantnt « stra- 
felato , ansante» sangnanà «sanguinare» sangua- 
nent «sanguinoso, che va a sangue» oncisà «ugnere, 
untare» oncismt «unto bisunto e, vedasi qui la 
coincidenza di significato attivo e passivo nella stessa 
forma, untuoso » strahocà « traboccare » strabochetit 
C. IV 108, «troppo pieno, traboccante» resi «ag- 

ti grinzare gualcire » rcècnt « raggrinzato, che fa le 

pieghe», scarligà «sdrucciolare» scarlighent «sdruc- 
ciolevole», ìHordim « inorsecchiare » morditlent «mor- 
dicante» ecc. ecc. Si potrebbe citare nnchù stiidivit 
« studente » che s.ircbbe esempio importante se non 
fosse troppo malsicuro che altro n(»n potrebbe essere 
che uno sforzo della lingua vernacola a raccostare 
stUìetit al verbo sliUlià. E esempi antichi sarebbero: 
somdieìilc in Bescapc, ovrentc (operante-) sangui" 

fc iicit/c, le membra sangnincnfe Muss. Bonv. 38, lavo- 

•.! venti Ldfrss. Bonv. p. 28. 

:* e) Ve per a davanti a n in sillaba chiusa è 

.' del resto molto comune in certe parti del contado 

C; e non solo nel nesso -ont-; cosi da Busto-Àrsizio: 

ANT- tento^ intento^ par chento « per quanto », pien- 

.; tan^ marchentì^ cerehmti^ di unenti; ANZ (cioè-antj-) : 

inenzi bondienza patronnnza usenza; ANCT: sento; 

t. ' AND: tnendan dmienian comenda; ANC, ANO: a^- 

meneo^ enehi « anche », senghi « sangue » ; [AMB] : 
in schembio^ % ghenibi: AN: tìen^ chen^ domen^ lonten^ 

]{ nos/rjii, MHen^ gren «gran (grande)» cfr. Arch, 

* I 295 e dalla Novella del Papanti s'aggiungono: 

; piengi « piangere » netichi allato a nen* (cìoò^ nenc) 

èn « hanno i^ fon € fanno » /^ « tanto ». — - Dalla 

•I- 



Voeaii Toniche, 51 



'Villereccia* del Largii! ricavansi: galento quento 
tent; sbarlogcnd sonend; dalla Bassa Brianza liannosi: 
pan càn wan Ardi. I 295; tra Carate e Seregno 
peh ib. 297 n. 2. 

d) Un caso speciale di e^a è. dlor erhor^ T. 
di meccanicai € albero, fuso » cont. elbor « albero e 
castiigno » cioè l'albero per eccellenza. 

e) I soliti eastèfla^ sircsa « ciliegia, grdf^ alegher. 

f) In un piccol numero di parole e alterna sia 
con a che gli sta accanto nello stesso dialetto di 
citiji sia con a italiano; queste parole sono: smar- 
gass « chiasso, rumore » accanto a smargèss e ra- 
ghss le quali voci ci indicano forse nella loro se- 
conda sillaba lo stesso tema che è in it. chiasso 
ant. frane, glas « il suono delle campane » frane, 
mod. € la campana dei morti » e che Dirz W. 97 
fa derivare da classicum « segnale colla trombetta ». 
— L' it. smargiasso « millantatore » potrebbe be- 
nissimo essere un lombardismo. — Scèss «concita- 
mento, commozione interna » poi, con valore d* ag- 
gettivo « pauroso » e' indicherà . esso lo stesso tema 
che ò in smargèss^ ecc.? In questo caso il s iniziale, 
sarebbe elemento ascittizio. 

Gremola »it. «gramola». Diez W. 171 menzio- 
nando la spiegazione di Frisch da carminare ag- 
giunge «non contro le leggi fonetiche «; contro le 
leggi fonetiche ò però la forma milanese; parmi | 

quindi miglior consiglio il riconnettere la parola col { 

tema che è nei bav. gramel graméln citati dallo 
stesso DiRZ e cosi la diversità qualitativa della to- 
iiica potrebbe spiegarsi dalla doppia forma sotto cui 
la parola germanica si presentò in Italia. 

( 



52 Capihh IL 



Sleppa e sffjff «schiaffo»; voci d'origine gè mia- 
ntca in cui la diversità dei dialetti germanici che 
ce le diedero ò anche attestata dal tralignamento 
fonetico (Lautverschiebung) compiuto in 1* unu, oeU 
r altra no. 

Grèpp e yrajìp « la robbia grossamente polveriz- 
zata ». 

Ghenga e ganga < la votatura dei cessi ». 

Mascarptiy «ricotta», 'che anticamente scrivevasi 
fuaschmrpa ' dice il Cher. * 

re/fcn « pif^liano, aggranfiano » P. 72 * « IIoo cojd 
on omm ch'd rcffen minga in trenta it; fi certa- 
mente una voce del verbo rafà « aggrafiare, pren- 
dere » il cui ra- divenne re- nella posiziono di atona 
e si estese poi a tutto le voci del verbo non escluse 
quelle in cui il ra- era accentuato come in reffrn 
per raffan, 

g) Resta ora a menzionare V <B-à fuori di po- 
sizione che occorre cosi sovente nelle scritture mi- 
lanesi fino alla metà del secolo passato; ma qui 
cederemo il posto alla autorevole parola di Ascom 
il quale dopo aver parlato dèlie regioni lombarde 
alle quali e proprio il fenomeno di c = (f aggiunge, 
Arch. I 207, : t forse un giorno si estendeva come le 
< ortografie direbbero alla stessa città di Milano > e 
in una nota, ib. continua: < Dura cioò nelle scritturo 
t milanesi, 1* ae per a in sino alla seconda metà del 
«secolo passato, e trattasi appunto dell' ci che sia 

' -ér- (ter) s ar-^ anche nel conL twkvztw = marzo. 
' Opere completo in dialcllo milanese dì Carlo Porta. Mi- 
lano presso Paolo Carrara. Edix. illustrata. 



Voraìi Toniche. 55 



fuor di posizione e non dinanzi a nasale, con la 
distinzione caratteristica di aversi 1* e (a) nel par- 
ticipio e non ncU* infinito, che ò Tinverso di quello 
che accado nel piemontese. Cosi, per citar due sole 
tra le mille scritture, in un ms. della prima metà 
del XVIII sec. (CIi. E. S. Ili 27, f. 250) : chtera, 
ptcs pac), anrfcera, pietà; tira^ tirato, tuU via" 
gonée; ma ali* inf.: abbandona basa; - e in una 
del 17G0 (Badie di Menegbitt): temporale Vrth 
ronzai^ allato a vian^ Padovan^ ecc.; ptc. andce^ 
informae^ allato agl'infin. mena aìzà^ ecc. Senoncliè 
tacendo dei particolari indizii che in ogni modo 
porterebbero a credere, arer queste ortografie so- 
pravissuto alle pronuncio dalle quali derivavano 
(fr. Cb. voc. V, 253, 291) \ sarà anzi lecito dubi- 
tare se mai quell'e (re) abbia sinceramente rappre- 
sentato la pronuncia milanese. Poiché, a dir bre- 
vemente, nessuna traccia ne vediamo nella più antica 
fonte, cioò nelle scritture di Bonviciko ; nessuna nella 
pronuncia odierna; e nei versi milanesi che sono fra 
le Bi'ne di Gio. Paolo Lomazso (stampa del 1587) 



^ « Ck>l finir dol secolo si spensero affatto varii saoni e 
varìì modi grammaticali. Gessò p. cs. il snono del dittongo 

ae (ntae andae ecc. andato stato) e fnrono so* 

stituiti Va apertissimo rappresentato da due aa (andaa étaà); 

È però probabile altresì che tal suoni e tal modi 

fossero già scomparsi da assai tempo nel parlar popolare 
della città, e si ftiantenessero nelle scritture fino al secolo 
susseguente, o per F abituazionc, comune agli scrittori in 
ogni idioma di seguire nelle scritturo più presto le usarne 
grammaticali già consacrate dai loro anteccessori, anzi che 
r uso vivo e particolare del loro tempo o per la falsa obi* 
tuatczza del più de' poeti vernacoli de* tempi andati in ogni 



u4 CapUoh li. 



1 



«s'incontra esclusivamente lo schietto a: compagn 
€ giura toslor vuh corona. ^ Altro forse non ò mai 
€ stato r e per ti delle scritture vernacole di Milano 
«se non una imitazione del vezzo rusticale, il qual 
«poteva aver qualche propaggine fra il minuto pò- 
« polo della citt&. Comunque, una base reale il fé* 
« nomeno ha avuto di certo, e andava qui ricordato, 
ne non sarebbe indegno di qualche indagine ulte- 
« riore. » ' 



« parte d'Italia di scambiare per parlar popolare cittadinesca 
« r idioma del contado, ove quei modi si conservano tuttora 
« in gran parto anche oggigiorno » Gb. V pag. 258. — « E 
« siccome noi vediamo per le stampe milanesi de' secoli scorsi 
j « che anche nel dialetto milanese dei austri padri quell'a si 

« faceva sentire come un cb, così è da dirsi che quel dialetto 
« tutto egualmente dominasse la Dassa Brianza, la quale, più 
« restia del cittadino milanese, non volle sin qui seguire la 
« moda cittadinesca e immutare la propria pronuncia. » Gh. 
V 290-201. 

* Nel Pri89ian de Milan è notato espressamente « come 
« tue i preterii che i Toscan fciiissen iu alo, come atuato, e 
« nun in a strec (cioè d ), i joo ama, i Joo Jà, i Joo tpar^ 
« Huseià G. I 84. • — n. dell' A. 

* Questo ultimo parole pojuno proprio uua osortaxiouo ri- 
volta a me che mi sono accinto ad un lavoro speciale sul dia- 
letto milanese. £ veramente nessuno sente più di me la la- 
cuna che lascia in questo capitolo il non aver studiato e 
dichiarato un fenomeno così importante. — Spero però che la 
mi verrà perdonata quando avrò detto che questo lavoro l'ho 
intrapreso e compito a Lipsia e che le biblioteche di colà 
nulla posseggono che riguardi il dialetto milanese, tanto poco 
che ho dovuto procurarmi co* miei mozzi tutto il materiale 
necessario. Fui una volta a Milano durante le vacanze ma 
sgraziatamente era vacanza anche peli' Ambrosiana e vacanza 
loDga. Intanto m' è giuocoforza aspettare piò favorevoli elr- 
eostanze onde ritornare, con profitto, sull'argomento. 



YoeaU Toniche. 55 






« 

* ^ U CuKKiiBiNi non ò troppo sicuro e quindi non 

troppo chiaro quando si pone a parlare di questo 
ae. Oltre ai due passi che più sotto citammo, ne fa 
menzione, C. I 98, in una nota al Prìssian con que- 
ste parole: «Altro dittongo assai famigliare ha la 
l . t lingua milanese in cur, e sebbene questa pronunzia 
\ t sia più usata dalla gente minuta, che dalle persone 
, < del miglior ceto, non si debbe però escludere Tuso 
.'> 4 di tale dittongo, percbò unisce assai sensibilmente 
(c r a con r e, come sarebbe stroppix storpio, hurliB 
tf burlato, e simigliane. « Dopo letto questo passo 
ognuno sarebbe in diritto di credere che ae rappre- 
sentasse un suono reale ancora vivente nella bocca 
I del 'popolo minuto' quando quelle linee furono scritte 
cioè negli anni 1816-1817. Leggasi però la nota a 
pag. XXVI del Voc. I : « l'ortografia moderna rifiuta 
« quegli m di tona e di far^ ^ e scrive terra é fcrr^ 
re come lascia solo a qualche contadino, picchte^ ho 
X cerc<e^ ecc. de* versi susseguenti (ò a proposito d'al- 
ffcuni versi del Balestrikri). Questi e simili ar- 
y K eaUwi ortografici sono esclusi dal mio libro. « — 
) Il CuERUBiNi visse in tempi in cui non si vedeva 
' ancor chiaro nei rapporti che passano tra lettera e 
suono ; gli arcaismi ortografici vanno quindi intesi in 
un senso molto largo; riteniamo però l'affermazione, 
contraria a quella più sopra citata che gli arcaismi 



1 



•Il 



i 



^ Queste scritture arcaiche e' informeranno eon sleurezsa 
sul valore del segno w che è certo quello ehe noi segniamo 
per é cioè e molto aperto verso a, lo che ci è confermato 
dalla rima dmvra (oggi dèrva da dèrvì « aprire ») «eiievra 



/* «senape» (oggi $enavra) G. II 14 e IV SSS. 









» 



« 
t 



56 Capitoh lì. 



ortografici sul genere di pi cai ccrcte per |jùa cerca 
I trovansi relegati fra qualche contadino. 

Il qual e contadinesco per a fuori di posizione 
troveremo nella Bassa Brianza: andae guardae sae 
«sale» mae «male» fossae «fossato» e da una 
zona che è tra Carato e Seregno riporta V Ascoli : 
anele (fem. andada), e gl'inKn. matite pnrié. 



E. 



è. 



5. ! = e. Bonv. candirà sira (sera) venia (ve- 
neno-); dial. mod. hotia candirà tila^ vcnt^ C. II 208, 
213, IV 215 e altrove; collateralmente: hotcffa candela 
tela vele esempi dovuti certo ad influenza toscana; 
inoltre: £ila «cera» tanasia «tanaceto» nn «io» 
(me) t) « tu » (te) tri « tre » Bonv. tri niasc. che 
potrebbe però essere 'Irci N. 71. Povitta (plur.) 
« poeti » ha Fabio da Varese C. I 107, ma, siccome 
è plurale, si potrebbe ammettere con ragione l'in- 
fluenza analogica di plurali come omitt sing. omclt 
N. 20, tanto più che i)ovetta (sing.) ne occorre su- 
bito nella pagina susseguente; trombitta che rima 
con vitta C. IV 223. 

•ere-: Bonv. impir (implere) lusir (lucere) rcmanìr^ 
morir « meritare » ('merere) parir tenir; dial. mod. : 
dori « dolere » lUsì^ (lucore) vari « valere » pari 
« parere » tèfà^ escrei. 
i i -èbani -s -t: Bonv. ridiva (ridebat) poivi, ove dial. 



Vocali Toniche. 57 



mod.: timca^ doriva^ te parivct vi jntriva^ coriva «cor- 
rerà » condiz. -ia : ini parlaria^ te sentiriet^ ecc. 

-étift ridiicesi puro ad f ma per altra vìa N. 71. 
Cosi per questo dcgradainento di é in t molti verbi 
della seconda conjug. vengono a coincidiro in non 
poche delle loro forme colle corrispondenti della 
conjng. in -ire. Ne divergono nel partic. pass. (cfr. 
però gli esempi contad. in t N. 48) nel futuro e 
condiz. in cui Vi da {-ère) venuto a trovarsi fuor 
d'accento più non si conserva o forse mai non esi- 
stette : ièilarò pararla ma morirò scniiria^ e nel 
perfetto. 

G. è := e. Subisce questo trattamento quando 
venga a trovarsi airuscita : tre Bonv. tre fem. « tre » 

-ere quando non si riduce ad t: tasè^ savè^ dovè^ 
vorc^ pòdi. 

7. é"e: sempre quando é si riduca a vocale 
nasale : pie sere vele fere € terreno » ecc ; Del re- 
sto : erèd « credere » spéri « spero » sevér « severo » 
seda « seta » rèd « rete » séf « sego » (sebo*). 

•ebani -s -t quando non s'ussottiglia in 'iva N. 5 : 
aveva^ taseva^ meteva^ ìegeva^ ecc. 

-ere quando vi si appoggiano il pron. g (ghe): e 
f (ve) : tòg « avergli » vedif « vedervi » ecc. vedig 
cdr 4 vederci chiaro » ecc. 

8. Bieda «bieta» non sarà esempio di te sé; 
risalirà piuttosto a 'Ueta da ^bet'la N. 197, che pur 
ammettendo in 'bieta' iesSmé ciò non spiegherebbe 
ancora V te milanese. 



m^. i .j . i Mj^L.i.M i 



I r 

I 



58 CapUoio IL 



A 



9. é = é: téved « tiepido » dèe (decein) s-era 
(eram) he (bene) te (tene tenet) va (veni vcnit), ecc. ecc. 

10. è^é: me (meo-) dònuHdè « dominedio » . 
considerinsi inoltre: tè «tè» cafè^ rapè, frane, rapè, 
gilè frane, gilet 

11. ise: mia (mesi) Dia (Deo-); s-trimed « pau- 
roso» (tremere). 

Vi. Come si 6 veduto nessuna traccia 6 nel mi- 
lanese del dittongo -te- per cui rispondono ad é il 
toscano, il francese e lo spagnuolo e jer (beri) sarà 
esempio di j prostetico, cfr. V altr-èr « l' altro ieri ». 

13. In el tnasdrra^ masàrren^ ecc. avremo Va 
f sarto da e neir atona (inasàra < macerare » N. 99) 

che si estende analogicamente alla tonica ; nò va di- 
menticato che, nel caso che ci occupa, Va di rna^ 
Barra ecc. potrebbe anche esser anteriore alla tra- 
sposizione dell* accento e rimontare cioò a ^màsara 
N. 434 X. 

1 , i di posizione. 

m 

A: ^ di posizione latina e romanzo-comune. 

14. è sé pos.: vesta «veste» hèstiat vèrmen 
(vermine-) $èlt < sette » fèsta^ stella^ pcéé (pectus) 
< le mamme della vacca » spècci (expecto) ingèfl (in- 
genio-) vert € aperto » phrd < perdere ». m^' (me- 
lias); vico (vet*lo-) spiéó (specolo-) t^«è&6i «Eusebio». 



Voeaii Tattiche. 59 



•elio-: veiIcH «vitello» aneli «anello» àscU <ac- 
cello » porseli «porco» grèlla «gratella» N. 379, ecc. 

-etto- cavrcit « capretto » paddètta^ ecc» 

15. é = é po8. $è8 (sex) (fesa « tempio » (eccle- 
sia) ; sempre davanti ano m cui segua altra conso- 
nante: cent dtnt seni «senti, sente» verni «vendere» 
rend «rendere» veni «vento» Loreni^ icmp «tempo» 
seniper « sempre » ecc. 

-ens-: w5s pès compésa. ìf. 249, fesa «spicchio» 
(*fensa N. 249) spesa^ ecc. 

-ento- : teHmt « tignoso » ffttzent « ghiacciato » 
riizinent « arrugginito, rugginoso » scarlatent inver- 
nighent « rosso scartato, infocato » ecc. Questo suf- 
fisso funge pure da esponente di superlativo; in 
questo caso però il positivo semplice deve precedere 
raggettivo derivato che in questa specie di redupli- 
cazione del positivo mediante una derivazione in -entih 
cavata da esso stesso ò sita la virtù di esprimere il 
rapporto di superlativo. Gli esempi riduconsi a ben pochi 
pel milanese urbano; ma questa specie di superlativo 
dovea essere un tempo ben più diflfusa se almeno ci 
ò permesso trarre una tale conclusione da altre par- 
late lombarde p. es. dalla Yalmaggese dove questa 
maniera di formare il superlativo può venir estesa 
ad ogni aggettivo. — Es. mil. i. if novent « nuovis- 
Simo » bo boiient « buonissimo » p&r pUrent « puris- 
simo » pi3 pietuml « pienissimo, traboccante » tira 
tirent « tesissimo tiratissimo ». 

-mento- -mente: testament sbalordiinent sacra- 
tnent; naturalmetU spesialinent^ ecc. 

-orlo- moìicsté^ mesti «mestiere» fera «fiera» (e- 



^smammmB .... hi h^ .-. ■• . -^^-j- . i ■■ ' -^-'-ff-j - ^ 



■» ■ - — - 



«0 Capihlq IL 



ria) ccVa «cena » (cerca, Ascom Arch. IV 119-124 n.) 
simtéri (coemontcrio-) lavonrl € gran lavoro » c7ta- 
ro/èri « (liarolio » hordeleri € gran cliiasso » trihiì'- 
Ièri «tribulazione» misteri «mistero» moschcri «mo- 
scajo » gnarnéri « armadio » da guarnii « guardare, 
custodire » versóri « versacelo » temperi « aquazzone, 
temporale senza grandine» ecc. ecc. 

16. a = é pos. — Solo apparentemente nelle voci 
a radicale accentuata dei verbi stantà e sarà^ it. 
stentare e serrare, nello qunli Va san\ da attri- 
buirsi air estensione analogica della radicale allo 
stato di atona N. 99. 

17. o^é pos. Ha luogo ciò in alcuni casi in 
cui la posizione è costituita da cons. ^j. E siccome 
ò è molto frequente in tali posizioni N. 43, cosi non 
parrebbe da escludersi T attrazione analogica. Gli 
esempi sono: Ùsdbbi accanto ad Ùsèbli^ scarlòza 
accanto a scarUza « schiarea » ^ versori accanto a ver- 
seri^ simitori accanto a simitcri^ tempori accanto a 
temperi. " 

18. i^é pos : eanllr « trave da fabbricare » 
(canterio-) meslir C. I, 18 «mestieri» (ministerio ) 
bandir C. I, 13 «bandiere»'; pU «languido, so- 



^ Non e veramente detto clic In questa parola d* etimo 
oseurissimo, cfr. Die2 W. 308, trattisi di posiziono ma Tana- 
logia può essere stata creata dallo / coufiiso collo / che si 
sviluppa da r//- N. 174; l' accordo di tutte le lingue romanze 
ci prova clic l' é in aearìeSn è la vocale primitiva. 

' Attratto dal snfiisso -orto- paro anche mascàri accanto a 
mntòsri parola che scappa detta *a chi si trova con maschi 
o in più numero o più avventati cii'ci non vorrebbe'. 

* Gli ultimi due esempi sono di plurale e potrebbero andar 
registrali s. X. 2(\ ma sarebbero gli unici rsonipi d*uu tale *é* 



mm 



\ . 



Voeaii Toniche. 61 

naccliioso», te qui de Pisa ^ «è qii& il 8onno»; 
derivati : |>J5Òr/7a «soanolenza» pisòcht «sonnerello»* 



che vada so^j^ctto nil* iiillusso di cui è colà parola senza 
coiitaro clic bandir e plur. fcin. G:)ii.<id erisi piuttosto il fatto 
\ che ér tanto da 'crio* che da -ario-j quando venga derivato 
I ulteriormente mediante altri suflissi, soprattnto mediante •o7o- 
' e venga così a trovarsi fuori d*accento, ci si presenta, in una 
' quantitù di casi, come ir p. es. sentirò € piccolo sentiero» 
*' iteud senior f lìòdirZ € strumento di potar lo viti», aqnirT» 
'. €acquajuolo»; MomirZ «mugunino» morné^ hnrchirji €har- 
cajuolo» pr>//r'*i < pollnjiio'o » bosvhirZ (e /ff/<rrrro) € bosca- 
iuolo», rnrnirTt v, a. € crtniìerino» rame e carnèr^ fQns 
nostro o nosaro € specie di fungo che cresce a piò dei noci», 
rasiroia € quella parte di una cascina formale in cui si pone 
il latte all'inverno» enscra, risirT» €risAJuolo», beviro <ab- 
heveratojo » barbirà € Tnr la barba » harlè, testirTt < arma- 
dietto» vcslè «armadio», mestir7t cmesticruzzo» cantiro ean- 
iirèU, eantirada da r^M/lr e gli esempi, almeno per e da 
•firio'j potrebbero crescere di molto. — Cos* è oni Ì' i di questi 
esempi f Vn degradamento di e ridotto ad atona sarebbe 
contro la generalo tendenza milanese secondo la quale e atono 
sempre resta eccetlo che' in date posizioni conio davanti a r 
(e ciò sarebbe il nostro caso) dove si riduce ad ir, però non 
^, costantemente. Foncticnmenlo regolare questo ì non è in 
I nessun modo se non si vuol ammettere che abbiamo a fare 
l con r ir accentuato, che ne rimane ancora In eanlir mestir 
l' bandir^ sparilo dalla Ionica ma conservatoci nell' atona. 
i ^ h cioè non Infrequcnto in milanese elio quando un nome 
j proprio abbia una qualche rassomiglianza esteriore con una 
parola :<el dialetto il senso di questa parola venga espresso 
perifrastica mento prendendo ad ajuto qual uomo proprio; 
così el dojZr de Lena significa € un pezzo di legno» andò a 
Miìsòce «divenir imbronciato» a causa di miiio che signifìca 
«broncio», vvss de JUrissònn « ninngiar sopra qualcuno» a 
va\\9a ài biassà «biasciare» andà a Lèec «adulare» a causa 
di iècà «leccare», vèss de Lotà (Locato) «essere sbadato, 
balordo » a causa di iQee « sbadato » o così via. 



\ 






• J I ■ I I U w » 



m Capitolo II. 



ecc. 8C, come vuole il Gaix Saggi, 71, da petisuin 'pen- 
stilare^ efr. però Scuneller, 100 e N. 281. 

18a. t alterna con e di pos. : nòré e iifVc « scria-' 

tcllo, persona malandata » schirpa e schèrpa « coi^ 

I redo di sposa » ' sghiéc e sghcéc « timore, paura » 

ìparìèffi « viso, muso » e latiif/i « babbuino, faccia 
} brutta » N. 29S. 

B. e di posizione milanese. (ConsuUinsi le osser- 
vazioni generali premesse a Gap. IV.) 
i 19. vcnna « vena » avènna « avena » jnènna 

! «piena» gènncr «genere e genero» ecnncr «di color 

t cener » ré/iim «remo» somma (semel) povhtta^ profètta^ 

f quielt « quieto » quarèlla « querela » rcM « velo » ecc. 

i; -eiiius cantcmm impcrat. (cantemus) jìarlcmm, ecc. 

I 20. Va qui menzionata 1* influenza che esercita 

I ri d'uscita sulFe accentuito di sillaba immediata- 

' mente precedente e cioè: Ve tonica di penultima di- 

viene t al plurale e questa sorte può toccare tanto 
ad é primario che secondario; Es. : Bonv. dinci « denti » 
dischi plur. di dcscOj povcriti quitti quisli comprisi 
defisi pristi plur. di presto fcdhi « fedeli » ; guangii 
« evangeli » lia Bescapé. 
-erro (-ebilis) plur. irrt: nosevre nosivri. 
Es. dalla conjugazione: offindi^ prindi «offendi, 
prendi ». Il fenomeno senz* essere costante, era molto 
più frequente nel milanese antico che nel moderno 
come più frequente è ancora oggidì nel dialetto ru- 
rale e in altri dialetti di Lombardia che in quello 
della metropoli. Gli esempi sono però sempre nur 

* il Cher. vuol derivare questa parola da un latino bar- 
baro seer/a. 

i ' 



Vortffi Tomrh". 0.1 



merosi anclie in questo: guest plur. quist^ quéll piar. 
quf (cioè quij)^ bèli Vt (bij) Cavell catf, capcll cq/)f, 
castcll castl^ fradcìl fraSt^ fornai fornii wrff C. 1, 105, 
ravanìC. I, 15, marti C. II, 108, jwril C. Ili, 184, 
magata C. II, 365, caìastrf C. IV, 112, omètt plur. 
òmtV^, iisélit^ porscUU^ ecc. rccc « vecchio » plur. ticé^ 
pittpitt^ conssitt «concetti » CHI, 52, igdèse plur. 
todise jìianctt «oroscopo » itianitt^ brìanz. cavòzi piar. 
cavizz. — In paricc « parecchi » avremo un plurale 
senza singolare che, esistendo, sarebbe 'jìarcéc come 
parcéé ne è il feni. plur. e come aurìcula dà orcg^a. 

Partecipa a veder nostro, di questo fenomeno il 
numero vint « venti » che altrimenti dovrebbe suo- 
nare vent come da triginta si arriva a trenta. 

Nessun esempio ci fornisce la conjugazione pel mi- 
lanese moderno. 

La desinenza Att plur. di -è//, compresa come espo- 
nente di plurale, fu poi estesa ad altri nomi ma- 
schili il cui plor. in milanese non usci mai per a come 
in povitta N, 6, e nel summenzionato pianitt piar, di 
pianéti opianctta « pianeta ». Passò anche tavolta ad 
esporre dei plurali di femminile come tilt plur. di /è//a, 
donitt plur. di donetta. 

Un bel riscontro antico*milanese di questo feno- 
meno avremo a N. 4G. 



il ■- ^ ^ 



^mmm 



■BOEISaaBB 



t 



64 Cnpiioh ÌL 



L 



i. 



21. Intatto: ti vc>i « vicino » fi « fino » siitll 
« sottile » /*f/ « filo » arnhj^ dls (dicit) dì (clic) Ut « lite » 
iìì'SÌ (sic), tardlf « tardivo » temporlf^ ecc. 

-irò : 5ciift, /ciiì, /.Twì, scori) « scrollare » ecc. 

-ito-: senile feul^ fomida « finita » ecc. 

-ibani -S-t: mi sentiva, ti te scniicct Vi 7 sentiva^ ecc. 
/pr sentiven eco. 

-ice- (-ix -icis) sèrvfs « cervice » naiiò* « narice » ; 
per 'tricfy avremo solo esempii letterarii: matrigz 
imperatrizz Beatrizs direti izz, ecc. 

-ino-: basi «bacio» gariboldt «grimaldello» N. 83 
Pedrt^ Carli j Rosi, Balhofi ^. i}Oc.j ecc. Per l'iia 
cfr. N. 33. 

32. 6 = f: palj[jè «carta» (piipyro-) v. a atono, 
biilér « burro » (butyro-) nei quali due esemplari V i 
proviene da y. — Vedi inoltre brianz. Caribi Roseu. 



ì 
ì 

\ i. 



33. e « t : pél (pilo-) me (minus) se ('sino-) set 
('site-), ricèf (recipere) hèf (bibere) védova (vidua) 
per (pyro-), ecc. 
i 24. » » t : ria, dì (die-), domiaega accanto a cfo- 

I mhnega; per dlt « dito » Cfr. Ascoli Arch. I 22, 23. 



T 






I 
I 






Vocali Toniche. 65 



{ (fi posizione. 

A: I di posizione latina e romanzo-comane. 
25. h=:\ po8 : qn-èll (ilio-) qu-èst (isto-) isl-èss 
(ipso-) mètt «porre» (mittere) strcéc (slrìcto-) ferma 
(firmo-) jìèss (pisce-) sèpp » tronco » (cippo-) icfla 
« tigna » fó/i « legno » pèil (pignas) 8cH (signo-) vèsa 
«feccia» (vicia) pesa (picea) menèster tnenestra' 
«ministro -a» C. Il, 129, 54, sinèstra «sinistra» 
orègtfa sinèstra Cher. s. 'orègga' majcstcr « maestro » 
fricé fem. frè^ffa « freddo » N. 366, rèse « visco » 
■ nè« (nit* do-). 

-1^-: carézza^ straniézz « stranezze » arièzza « al- 
! bagia » maìvèzz^ cavèzz (capitio-) « volume di tela che 
s' ayyolge egualmente da due capi » ecc. 

-lei* (-iti-) : erìngi « orecchia » (auric' la) sèg^a 
« secchia » (sit* la) vèrmicc « vermiglio » (vermicaio-) 
pariéé « parecchie » (parie* lae). 

-ilj-: Bonv.: consejo fameja merevfja; dial. mod.: 
^^ fatnèj « servo di stalla » (famiglio-) famhja^ mèj (mi- 
\ìO')jtèja « filamento della canapa » (tilia) tèj « ti- 
glio » ecc. 

-InJ- : padrèfi^ madrèna « patrigno, ecc. » ordèii 
pluf. « ordigni » stemcna « carta da impannato » 
l (stamlnea) eglmèfia « la parte più alta del tetto » 
l (cnlminea da cumulo-) gremèfla « gramigna » ecc. 
y 26. ec=l pos: zetUa «cinghia» (cincta) tètig « tin- 
v gere » tino « tinto » ztrèng « stringere » strinò 
\\ « stretto » *( strincto- ) lengua « lingua » prenzep 



} . e. Salvioki. 






60 CapUoio ÌL 



« priucipe » tenca « tinca » grcnta^ amia in grenta 
« montare in bestia » la stessa parola clie griiUa 
N. 27 énd'ig «indaco» ciidcs (indice-) «uovo evanido 
o di marmo che si lascia nel covo delle galline quasi 
per dimostrar loro dove hanno da andare a far le 
loro uova, o per divezzarle dal mal abito di mangiarsi 
le uova di covarle a contrattempo » enscd « in- 
nesto» (insito-) vid'jr «vetro» vera «anello» (viria) 
Muss. B. 119 n. vergili, frega, fa irega « innami- 
starsi » cfr. it. tregua e N. 280. 

-Ing- (suffisso d* origino germanica): majeng «di 
maggio » /? mageng « fieno di maggio » liìjeng « di 
luglio » marzeng « di marzo » inverncng « invernale » 
mageng « madornale » da major ('majingo-) fìameng 
C. VI, 71 «fiamingo»; screnga «siringa» da 'sy- 
ringa (syrinx). 

37. i « i pos. : indes insed irlga grinta « muso, 
ceffo » (a. a. t. grimmida) accanto alle gi& adotto 
forme con e, serico « scritto » mdla « mille » tran- 
quill, visi, Balista, fìss « fisso » dtss « dissi, disse » 
trijies « atreplice » (atriplice-) N. 202 a. S, linda 
«benda» (a. a. t. binda), sinbol C. IV, 307 (cym- 
baio-) sjpilla (spie* la) viila « vigna » maliil^ e«o. ^ 

•ItJ- t;ui, sacrifizi, ofizi^ larghisia^ tiè/iWa, ecc. 

-IcJ- massizz « massicio » faladis spiliif ecc. 

-Issimo- bonissem santissem^ ecc. 
I Per rint cfr. N. 20. 

In matster allato a majèster avremo -je* contratto 
in -j»- poi alteriprmente in -f- 



* In Bonv. però btnegno malegno. 



^^ 



Vocali ToMicke. 07 



28. a«l pos.: lamped «limpido» tàinhel «tim- 
ballo » (con accento ritratto forse per influenza di 
timpani) ' ; nò lasciamoci sfuggire che in ambedue 
gli esemplari i trovavasi davanti a in. 

29. = 1 pos.: stohhia «stoppia» (stip* la) e 
cont. Htomhol « pungolo » (stim' lo-) N. 235, in am- 
bedue gli esempi per influenza dell* ti sparito. Ma l'o 
(o) di fjopp «gobbo» fem. (jò^A^a e T o di ciòU «grotta, 
cantina nel masso » saranno risoluzioni latino- Tolgarì 
di u greco (y). 

30. Dileguato dopo esser riuscito fuori d'accento 
sar& t di posiz. in màster « muratore » accanto a 
tràistcr (cioè majèster^ majister^ maister^ tudjster^ 
tìfdstcr). 

B. I di posizione milanese. 

31. Is) pos.: viUa «vita» micea minga «mica» 
simbia « scimmia » N. 225, limma « lima » finna 
« insino » ecc. 

32. Q ■ i pos. : prUnia v. a. « prima » , più volte 
nel Prissian e inoltre C III, 194, 2G5 e altrove. 
— Forse per influenza di m sucessiva. 

33. è mi pos.: in-sèmma (simul) «insieme».' 
•ina- Nei secoli scorsi questo suiBsso riflettevasi 



^ Ambedue qucsli esemplari potrebbero avere ragioni spe- 
ciali; su Va di limpido avrebbe potuto aver influito Va di 
lampada e T a di tàmbel potrebbe essere anteriore ni ritrarsi 
dcir accento N. 434 >, p esser sarto per influenza dell' a in 
iambpr, — Secondo l'etimologia che è nel Vocob. di Diis, SO, 
V a in tambel sarebbe originario (ar. al- * tabi attabi) ma a 
noi paro più prudente 1* attenerci all'i della parola italiana. 

'V. anche ordènna « ordina » che rimonterà ad àrdono* Gfr., 
inf. ordenà e N. 434 X. 



t 






t 



68 Capitolo II. 



generalmente per -è/tiia: quajcossorèniM C. I, 80 
«qualche cosolina» fiorentènna CI, 80, 82, cu-- 
Senna Prissian, doUrènna « dottrina » Maggi, gajènn 
« galline » C. I, 88 ; ancora oggidì tnarènna « cilie- 
j già amarina » tHe:^ènna « mezzina » jier transènna 

« di volo, per transizione » (transina ?)• Del resto 
sempre per -i/ttm. Una eccezione pajono fare i nu- 
merali collettivi derivati dal cardinale mediante il 
suifisso «iita (se pur il suffisso non fosse -fita cfr. 
DiKZ Graìn. II, 447 e Cakrllo Ardi. Ili, 319): don-- 
lènna e dgdesènna^ einquènnat vmtènna^ irentènna^ 
votantènna ecc. ecc. 



ò. 






34. osó:^ vgs « voce » «^ « sole » rogora « re- 
vere » ora vòra « ora » scova « scopa » Igr < essi, 
loro » (illorum) wvf/d nevoda « nipote « ecc. 

•ore- {tot -oris) spuzi} «puzza» (*putidore-) sprendff 
«splendore» sóar^ «chiarore» infrè^f/ «raffreddore» 
sepoUJ} « seppelitore » sarT « sarto » figr « fiore » 
dolor amor vidor «luogo vitato» licor ' «liquore» ecc. 



* Gfir. Gap. I. pelle spesseggiare della scriUura n per p in 
dcenmenti scbiettameiito popolari. 

' In quegli esemplari noi quali -ore- riduccsi ad «pr V p 
è bensì lungo meno però che in quelli dove •ore* si riduce 
ad Q, 



Voenti Toniche. 69 



•atore-: pescai!}^ eai^tÌQ^ imperator ecc. per mag- 
gioii esempli cfr. N. 379. 

-oso- bost^fs « bugiardo » (da hosia « bugia » Die2 
W. 73) sàpcrbiìfs « superbo » Ugrigs « allegro» stre^ 
mizìQs « facile ad impaurirsi » bomìansiys « abbon- 
dante» pegrigiys «pigro» spagtirosa «paurosa» mth 
rQsa « amante » ecc. 

•one- preso « prigione » reso « ragione » casd « ca- 
gione » padfdf pelmò, savo « sapone » fregò < cana- 
vaccio, panno da spolverare da asciugarsi ecc. » da 
f ricare; come suffisso accrescitivo: cavalo eapèld ecc. 

35. ò^S: in $ìò (non) lo (Ms); v. anche N. 45 

36. 6 •6: 8/* « uovo » (oto*) tiil «nodo, artico- 
lazione » Éjwra « spuola » (a. a. t. spolo) ; i quali tre 
esemplari non sono speciali al milanese e vanno con^ 
siderati come entrati nell'analogia di ^ N. 39; ma 
trdja accanto a fròja, Diez W. 329 riterrei piuttosto 
entrato nell'analogia dei numerosi -oj- da *o2; -ocf;, 
N. 43. 

37. ù^6: nu (nos) vu (vos) per cui vedasi però 
N. 74 e iiltt taéé (toto- toti). 



6. 



38. o»6: Sempre davanti a nasale : bd « buono » 
s5 « suono » tro « tuono » N. 215; mòì^ga « monica» 
stòmeg «stomaco» gòtnit «vomito» N. 266. Altri 
esempi vedansi a N. 45. 

39. d s : cova « manella, covone » (cova) Iota 
« spiga, pannocckia » (loba) tir « cuore » (*core-) fig 
< fuoco » ìij (loco-) « luogo, podere campagna ove 



t 

\ 



70 CfìpUoh //. 



sono grani, gelsi e viti in cui si lavora e vanga e 
senza ajuto d'animali» goj «giuoco» fi'9^^ «luuo* 
vere » fòia « rosa » fò fora « fuori » vof « novo e 
nuovo » vola « ruota » mo l « modo » hio l « brodo » 
a. a. t. brod Dikz W. G9, hrd « frutteto » (brolo-) 
$dZa « suola » ^Sf « suolo » 5c&.'a « scuola » pròva 
« prova » e 1' & ò pure in tutte le voci a radicale 
accentata del verbo />ror A, c8.- «cuocere» coj «cuoco» 
i3 « bue e buoi » rS/' (*volet) w/Sr (*morit e *mori) 
mola (molt')) «macina» liniosna (elceniosynn) el droca 
cioè 'dovrà < adopera » nei quali due esemplari V 
è certamente anteriore alla posizione creata dalla 
sincope della vocale susseguente. Coni. a-prSf (prope). 

-Ólo- N, 434 3t: fiisòla « nocciuola » ('nuceóU) fi& 
«Bgliuolo» albiS «truogolo» ('alveolo-) cnjrB «tarma 
tarlo » da carhs^ cari, el cari de cà « il Beniamino 
di casa» da caro-, chiflo «bietta, spicchio» (*cuneòlo-) 
pighiróla T. de' Leg. « stecca, piegatojo d* osso o di 
legno col quale si ripiegano e si lisciano i fogli di 
carta » N. 202 a, &, Luhó Carolò ecc. N. 90 e. 

Per gli esempi di ó di base romanza confrontinst 
i N.'3 e. 36, 53, e qui vuoisi aggiungere còien « ciot- 
tolo » cioè 'cótinO' (cotis) cfr. Caix Saggi ecc. 103-104 
e Muss. B. 48 n. Per ò riflettonsi pure le voci a ra- 
dicale accentata del verbo trova « trovare » parola 
d'etimo assai oscuro per cui cfr. Dikz IV, 331-332. 

40. Use: nelle voci a radicale accentata del verbo 
ffS^à « giuocare », el ^àja jf&ghen ecc., entrate nel- 
r analogia delle voci a radicale disaccontata N. 12d 
Di desuvrà N. 128 non m'è occorsa nessuna voce a 
radicale accentata. 



. « »— — ■ ■ Il I M I I I 



I 
• t 

I 
I 



I 



I 






Y0emU Tomkke. 7i 



ó cf i posigione. 

A. ó di posiziono latina o romanzo comune. 

41. 9^6 po8.: pQtit «ponte» wgnt «monte» 
resfQntl « rispondere » fffrma « forma » gnien « or- 
dine » scond «nascondere» erompa «egli compera» 
pys de pgs (post) de pg$ de l.i cà « dietro la casa » 
intffrna « intorno ». 

-onH- : i!/)f 5 JV2?(?5a (f)s (gsa « ragnzzo -a » che suolsi 
ricondurre a tonso-, 

-orlo*: mes0 «catino» (missorio) resf} «rasojo» 
(rasorio-) méssffra « falce da mietere » (messoria) 
Sisara « forbicione » (caesoria) ordiJQ « orditojo » 
cous. tendavi} « tenditojo, spanditojo, quello stanzone 
d' una cartiera dorè si fa rasciugare la carta » eorav^ 
« colatojo » tnangiatQra « mangiatoja » N. 379 ecc. 
Per altre risoluzioni di •orio^ cfr. N. 42, 43. 

42. ò = ó pos : pòrta^ mòrl^ fòrt^ còma « corno » 
còrp 8Òrt «sorte» vòlt «otto» còU «cotto» ÒS9 «osso» 
p)88a gròss a-dò^s bili «ogni» rò/1 cclòila N. 229 nòst 
vòst còsta còli mòli dòntia sòtd « soldo.» ecc. ecc. 

-onlo- teètifuòfl matrimòfl N.173 7%A «Antonio» 
Ìtf5Ò/i e collateralmente testemòntii matremòntti Tónni; 
codòn pòmm codòH «mela cotogna» (cotoneo-) ecc. ecc. 

•oceo- : barlÒMM « mento » maséÒMg « maschio, in 
senso aTTÌlitivo » fnestiiròsi « miscuglio » fUrSjÒMM 
« parapiglia I rumore » niagròsMer « nn nomo molto 
magro » mendÒMà « rimendare » él mcniòzMn ; cont*. 
mariÒMM « matrimonio ». 



72 Capitoio IL 



\ • 
1 1 



-orlo-: hanloria «baldoria» N. 193 tnannòria «me- 
tnoria » tahalòri « baggeo » mortòri^ itìeòria « cico- 
ria » (cichorea). 

-otto-: cfr. DiKZ W. 373-374: mascòita «donna 
tarchiata, polputa» negròU «nerastro» hrasM «brac- 
ciotto » braSÒtà'SU « abbracciare », risòU « il piatto 
prediletto de' milanesi » varesòU « abitanto di Va- 
rese » ecc. 

43. = pos. Il dittongo nionottongizzatto o 6 
ancora molto frequente quantunque nell' uso vada 
perdendo ogni giorno maggior terreno. Maggi ha an- 
cora coca ideò parpòsl^ vòlta è ancora usato quasi 
unicamente del Porta; ma oggidì queste voci trovansi 
relegate fra i campagnuoli mentre nella citt& si cerca 
di accomodarsi il più possibile all' o delle forme let- 
terarie corrispondenti. Il quale sforzo noi vediamo 
continuamente attiro anche tuttodì nella pena che si 
d& il milanese colto di evitare p. es. 1' 6 eh' è in bcc 
genòcó che sullo sue labbra suonano òcc genocc^ 
e senz' esser profeta nò figlio di profeta si può am- 
mettere che fra alcuni decenni! il nuovo uso sarà 
talmente invalso che queir ò etimologicamente giusto 
invano si cercherà udire dalla bocca cittadina. — Noi 
non abbiamo autorità sufficiente per poter affermare 
in modo reciso che l'occorrerci oggi un solo esem- 
plare di 6 franto in una data posizione ne autorizzi 
ad asserire che altre volte quel frangimento abbia 
avuto luogo sistematicamente per ogni ó che nella 
stessa posizione si trovasse. Da quel poco però che 
abbiamo imparato nelle scuole o dai libri no paro 
assurdo il credere ad un procedimento fonetico che 



l- ■■ - i 



Vocali Toniche. 73 



81 manifesti la un solo esemplare quando questo esem- 
plare non abbia una ragione speciale a sd, assurdo 
6 contrario a quel principio cardinale della lingui- 
stica il quale ne costituisce in pari tempo il più bel 
trionfo cbci cioè, un idioma non procede, nella sua 
evoluzione, capricciosamente ed a sbalzi, ma ordina- 
tamente e per leggi invariabili e che dove queste 
leggi pajano farci difetto piuttosto che d'una ecce- 
zione reale sarà il fatto d*una legge ancora ignorata 
che s* incrocia con quella che a noi pare violata, o 
d'una ragione S|)eciale e a noi sconosciuta d*un dato 
esemplare o di influenze esterne ed inorganiche come 
sarebbero p. es. le assimilazioni analogiche e le in- 
fluenze letterarie. Ora se p. es. noi troviamo che il 
Maggi usava ancora cdàé o se oggidì stesso bdfla ò 
tutfaltro che inusitato accanto a bisòfla sarebbe egli 
proprio improbabile che un tempo 1' o delle posizioni 
-oc<- 'Oiìj' si riducesse per regola generale ad d e 
che, in epoca a noi più vicina, una influenza esterna, 
V influenza letteraria della comun lingua d'Italia, sia 
andata poco à poco assogettando al suo tipo fone- 
tico r 6 di. quelle posizioni ? E se coéé n' d restato 
più a lungo avrà dovuto il suo scampo all'd che 
pj^r una via o per l'altra d in tutte le voci a radi« 
cSale accentata del verbo cui appartiene ciò che del 
resto non ha valso nulla a impedirne il naufragio più 
tardi, e ISHa ci rimane perchè in quella veste non 
era tanto facile sentirne la connivenza col toscano 
bisogna^ connivenza sentita benissimo invece per *6t- 
sd^ ridotto perciò a bisùHa* 
La probabilità che con queste linee noi tendiamo 



■ 1 



^^W» m •^ ■ 



^vrr . 



lì Capitoln lì. 



j a stabilire avrfi poi altro valido sostegno, oltre elio 

I dal poter assistere noi stessi al ritrarsi daU* ò di océ 

\ ffcndcé davanti all' o di occhio ginocchio e dalla ovvia 

I riflessione che chi fra alcuni secoli studiasse il dia- 

letto milanese unicamente su documenti in cui si tro- 
vasse gcnhéé ecc. di fronte ad océ conservato, ^ do- 
cumenti che gi& non mancano e che andranno sempre 
crescendo, riuscirebbe allo stesso quesito nostro con 
non maggior probabilità di risolverlo sicuramente, 
avrà valido sostegno, ripetiamo, anche dal fatto che 
dialetti di popolazioni lombarde pella loro posiziono 
geografia e sociale più restie ad influssi civili e quindi 
alle influenze idiomatiche che da essi decorrono ci 
offrono appunto pel frangimento di quell* o che qui 
ci occupa una serie completa di esemplari ; cosi la 
Val Bregaglia ci offre òig cojg nogg odo cocto^ 
noctc-^ Ascoli Arch. I 277 n., caco e noce sonmi 
noti anche dal Bellinzonese il qual dialetto ci offrirà 
pure una bella serie di esempii per -o/l«-oi};- e sa- 
rebbero, oltre a bisoila^ fSl^ firòa « il locale dove le 
donno del villaggio si radunano le sere d'inverno a 
filare» maròrh «una cativa azione» da malo- gaioiiy 
andà in gaiòu « andare in gattesco » (delP amore) 
Timportanza delle quali serie in ordine al nostro ra- 
gionamento non ò tanto lieve. ' 



* Come pare in realtà volersi conservare nella sola locu- 
zione éà Qn €i6 € dare un' occhiata ». 

* NttmeroKissinil sono nel Ganlon Ticino i nomi propri di 
luoghi uscenti in «dA -o#li che traduconsi in ilaliano per 
•ogno "ogna: Dioii € Bisogno» Àróti €Aro;;no» PitizzóHti 
ChìiaSkn cChiggiogna» ere. 



VocnU ToHirke. 75 



I^ ripetiamo, noi non abbiamo inteso affermar 
nulla che un'afférmazione non può regij^rsi che soste* 
nuta dii incontrovertibili fatti; ma di fronte a que- 
sto fran^imento sporadico di 6 in date posizioni non 
potevansi lasciar passare sotto silenzio V anormalità 
del fatto e non menzionare la probabilità che questo 
stato anormale fosso dor uto ad impulsi estranei all'or* 
ganismo del dialetto. — Ciò premesso, facciamo se- 
guire gli esempii notando come per la maggior parte 
di essi la posizione sia creata da cons.^ji 

a) -olj-: 5fi «olla, olla putrida, specie di mi- 
nestra fatta con moltissimi ingredienti » sOli sdlia 
«liscio -a» vdj «foglio» ròja «voglia sost. e 1% 3* 
pers. cong. pres. » toji (tollo) lo (tollere) fdja « fo- 
glia » a mSj « in molle » bmoJ « ranno » tnoJa « in- 
tinto; le molle da fuoco» N. 199 germdj «germoglio» 
orgoj «orgoglio » regoj « raccogliere e sost raccolto » 
cfr. fr. accueuil^ me condoj « mi condolgo » i ddj « le 
doglie » IqJ « loglio » soja « soglia » sSj « colatojo » 
sc8j «scoglio» oli «olio»; cfr. inoltre tròja N. 35 
cui vuoisi aggiungere, come dovuto alla stessa causa, 
1' di «^ « so » che riducesi talvolta ad Ò quando 
gli vien suffisso il pronome -ja «io» p. es. nelle 'Alter 
desgrazi de Giovannin Bongee ' del Porta, strofa 32 

mi però, ioetija mi, quii dna lisrbis 

cfr. in questo stesso Num. lett. g. 

l>) -Ogf-: rcìojf Chrr. s. 'orelogg*, «orologio». 

e) -odj-: o^ffA «uggia» (odia) nidi « moggio »^ 
(modio-) tramoi i « tramoggia» poi (podio-) « aggra- 
vio ; uomo che difficilmente si muove » cfr. polla tran» | 



76 Capitolo ir. 



I 



I 






t . 

i; 



tizione di significato l'italiano appogiarsi; ìoj «s?o- 
gliataggine, tedio, sonnolenza » loj-à {V 6 dalle voci 
a radicale accentata) « nojare » da *inodio cfr. Flk- 
CHU Arch. II 325 n. e N. inc-i « oggi » (iiodie) odi 
« odio » allato ad òdi, croj allato a cròj « crojo » 
DiEZ W. 3G6 da crudius invece Caix Saggi, 20 da 
corieus. 

d) -orj-: rotori «crepacuore» (ruptorio-) re/ort- 
« orologio » salmoria^ C. II, 74 : 

A mena subct d Sonai me manda 

El cu^già longli in la salmoenria granila ^ 

cioè « salamoja » moriori C. VI, 55 « catafalco, bara 
da morto » martori C. Ili, « martirio, cfr. matoriare » 
iiifirmdria « memoria » dna dv^'a N. 2G9 « avorio » 
(eborea) scori s «scoria» cor «cuojf>» (corio*) htdria 
« stuoja » (storca) in òr^ a vdr a vòr « quasi quasi, 
pressoché » N. 277, cont. in òri « sull'orlo, rasente » 
da *orio- (ora); cont. Gregi « Gregorio ». — cfr. an- 
che N. 41, 42, 17. 

e) •ovj- -obj-: v. a. {jd^Aii «giovedì» (jovia) 
/Òza «foggia» dvLfoveQf DiEZ AV. 372; altri però da 
frane, forge; lòbbia cong. pres. del verbo vorè sul- 
l'analogia di habeam 'S ecc. Cfr. N. 17. 

f) •08j-r Ambi Ss «Ambrogio» (Ambrosio-). 

g) -orj-: òàé «occhio » (oc* lo-) geuòéó «ginoc- 
chio» piòéc «pidocchio» DiEZ AV. 24 G, lòéc «buco» 
che parmi stare all' italiano buco come, p. es. g^an* 
dula sta a glande- sarà, cioè, *bucclo^ DiKZ W. 72, 



^, * Cioè « il senato ini manda a menar 11 remo sai mare i» 

vale a dire t In galera ». 



Voenli Toniche. 77 



crdéé C9'6i « crocchio » (cum- rotolo-) cfr. Canri.ix) Ar* 
chiYio III 405 e DiEZ W. 113 intòj « invoglio » (*in- 
Yolclo-) Flkchia Arch. II, 21-22 inddja «gorbia» 
frane, douille (inductile) Diez W. 508| 563; però /ir- 
nò-éé « finocchio »• 

b) -onj- : un solo esempio ed d loiia « bisogna » ; 
sòfl-smil. citi, sòfl estraggo dalla Novella del Papanti 
per Busto-Arsizio. 

i) -ojt-: voj tojd « vuoto » cfr. Dicz W. 799 s. 
Wide* e 778 o Flechia Arch. IV 370-371 ; cfr. N. 338 
roit « rutto » T. a. mod. rod contad. ròit (*rocto da 
*ructò-) Gambaloifa C. II, 211 nome proprio di luogo 
che oggi suona GamhalòUa. * 

j) -òct-: coca « cotto » G. Ily 14, Idée « tolto » 
Cher. s* ^ toeùcc * formato certamente suir analogia 
di coéé; contad. hescòéé «castagno bislesse, biscotto». 
Ascoli Arch. I 300 dice, parlando di coéé^ essere 
pressoché certo « che vi si abbia, per mera diffusione 
« analogica, l' o di quelle forme in cui sussegue con- 
ce sonante scempia (cò$ cuocere, ecc.) s E potrebbe non 
essere improbabile ma l'occorrerci, come gi& vedemmo, 
in altri dialetti di Lombardia una serie completa di 
esempi di ò per o nella posizione roct non ci rendo 



* In un doeamcnto ehe porta la data del 18 gennaio 1848^ 
eoa isquisita coricala comunicatomi dal mio amico ing. Emi- 
Ho Motta che lo estrasae dal Registro Ducale n.« 81 fol. 178, 
nell'Àreliivio di Stato in Milano, i duchi di Milano concedono 
ai fratelli Giov« Antonio e Giov. Galeaiio de Ga$nbahyii9 di 
separare dai Corpi Santi di Milano < unam eomm sen domnm 
sitam ubi dlcitnr ad Oambàloytam intra corpora sanctorum 
hnjtts urbis nostre Mcdiolani distantem ab ipsa urbe per mt ' 
Ilaria duo vel eircha in conflnibns plcbis sancti donati «^ 



IS Capiioh II. 



«gli più probabile cbe si tratti' qui di un o etimolo* 
gicamentc regolare mentre tale non sarebbe p. es. 
1' (li nbcc olio potrebbe avere la stessa ragione di 
òcc di fronte òcc7 V o di cd$ ecc. avrà avuta la forza di 
far conservare più a lungo Va di loéc mentre un tale 
appoggio mancava a *ndcc, VhU (octi») ò un esem- 
plare cbe in milanese ha ragioni speciali a so come 

I Io prova il W = d. — Cfr. anche ioli più sopra. 

! k) -ost-: nar}ìdst «proposito» C. I, 83 malwòst 

\ «malconcio» C, VI, 40 (malmosso) coni, ^ivst tostr- 

1) -olt-: tolta, girhòlta C. IV, 304, mìsf^olta ac- 
canto a missblta « un nuvolo, una grande quantità » 
C. IV, 304, 11, 07, l\ 70 e altrove. Il Chcr. regi- 

j; stra soltanto * niissolta \ 

m) -odr- -opr-: fo:lp'a « fodera»* Airinfuori del- 
l' italiano la posizione 6 in tutte le lingue romanze, 
DiEZ W. 142; 1)9 dpi «proprio» v. a. «nun disem 

li prtuinj, rimarca il Prissian de JUilan, e ìor (i to- 

IJ tcani) t^^opj » Per dtòva r. N. 38. 

fi n) -ott-: ffalStt « poltrone infingardo » bialOtt 

« bisbetico »• 

o) -08S-: ìloss allato a nòss «svogliato, morti- 
ficato»; cont. gròs «grosso» d5s «poggio, colle» 
(dosso). 

p) Altri d da di dosizione avremo in: galis 
accanto a gaìgs « gallo mal capponato » petis « pet- 
tegolezzo » qitatroia e con una derivazione ulteriore 
quatrSsna « setolone, asperella ; nome d'erba » prosa 
«zolla erbosa, frane, pelouse» /a6a/Si G. IV, 379 «bag- 
;giano, babbeo» nei quali esemplari avremo probabil- 
ioente il suffisso -^€€0' il quale però ci presenta questa 



•f 



i 



I 

I 

•l 



Vocali Toniche, 79 



* » 



difficoltà che, cioè, -r;- in milaneae non dà inai 8 (i) ma 
sempre # o j N. 343. Comunque sia trattasi certa- 
niente d' un o di posizione. Inoltre : in tawìoggn ac« 
canto a tamlòcca « babbunsso » in sii dee C. II« 92 
« busse, percosse » allato a slrbéó registrato dal Cher.i 
in ramiiozer « raperonzolo » Diez W. 264, shròzer 
« bollente » die arra probabilmente a che fare con 
shrojà « scottare » ; in ioss e I5i « chino » aiuìà-giò 
tos8 « andar curvo » forse la stessa parola che Tital. 
toxio. Nel V. M. Iorio (boàrio) « butirro » ; Ustoria 
« lunatico )» {di//ia « bozzima » colla qual parola C. 
Ili, 237 rima j)rd5/iia di cui non sono nemmeno riu- 
scito ad afferrare il significato. Vedi inoltre gopp 
« gobbo » N. 29. 

41.. iì*ó pos. : in alcuni casi davanti a j: lilj 
accanto a pQj « pollo » lUji « bollo», nei quali due 
esempii andrebbe errato chi volesse cercar 1' u pri- 
mitivo latino che era in pullo^ bullio; rUj accanto a 
vOti « voglio » ; inoltre in tUnt « conto » (computo*) 
in ìfiilpp ^ nodo» che alterna con gtQpp Dikz W, 174; 
Use «uscio » (hostio-). 
B. ó di posizione milanese. 

45. hònna hònn « buona buone » padrònna ca^ 
ilrcgònna el sònna (sonai) d trònna « tuona » òiiim 
« uomo » vòlta (volat) ; èffU « solo » el regf'Ua « egli 
regola » N. 434. 

46. Resta ora che facciamo menzione del rii)e- 
tersi in antico-milanese anche riguardo ad 6 di quel 
fenomeno del quale è parola a N. 20. Anche per 6 
avremo esempii non dubbii dell' influenza di • d' u- 
scita sulla vocale tonica di penultima. — Quest'in- 



80 CapUoIo IL 



fluenza in ordine ali* ó non .ancora sospettata dal 
McssAFiA, Bonr. fu egregiamente riconosciuta dal* 
r Ascoli. — Es. besogniusi necessitasi rdlusi '(reli- 
giosi) spagurusi vertnenusi tutti plurali cui stanno 
di fronte i singolari necessitoso glorioso voluntMSO ecc. 
poi: aseusi (ascosi) muìti accanto a molie russi ac- 
canto a rosso^ putti « polli » volti « volti » cfr. Muss. 
Bonv. 10. Nessun esempio pel dialetto moderno. 



u. 



u. 



47. a su: dRiT «^ duro » milr «(muro)*^ sicdr «si- 
curo» tu ' «uno»jp{2 (plus) N. 202 fitacffl/* «maturo» 
sc&r « oscuro » segU (secure-) ed « culo » crii cruf 
« crudo » mU li « io muto » lUi « luce » iìada « pa- 
dule » c/f^u « digiugno ». 

-lira- : pagUra « paura » frigilra « freddo, freddura » 
caldura^ vrgUr p!ur. < sentimi » ecc.. ecc. 

•Qto-: t;c^fl f;e(/f{ vcit;tt1, cosi traduce il Prissiax 
G. Il 82 il * veni ridi vici * di Cesare ; tèwvU mèiù 
vendU^ scondU^ vohU «roluto» podU fem. tnotilla ecc. 
inoltre : fiancU « che ha larghi fianchi » eorpaiU eorp& 
«corpacciuto» botasU «pancione» leterasU «lette- 
rato, in senso spregiativo » eco. 



* Correggasi la nota i a pag. SS: ti segna A nasale non u 
nasale. 



Yoeali Toniche, 81 



-lita- (-U8 «utis): virtu^ servita^ fornitu ecc. 

48. i = tt. Talvolta H s^assottiglia più oltre in <: 
tìivola « nube » (nubila) siili « subbio, subbiello » 
(subUo-) riccola « ruchetta » (erucula eruca) e forse 
anche i partic. brianzuoli in •ì che corrispondono 
agli urbani in • A : dividi vedi ■ dividd vedi, 

49. Osii: scìgper «scrupolo» (sctup.) loffa 
« fiuto » igff^ fa ci iffff « fiutare braccare » accanto a 
inff « tanfo » da tC;»o; (typhus) DiEZ AY. 334. Allo 
stesso tema pare appartenere s-taff « stuccoi sazio » 
Caix Saggi» 163. La dualità della vocale ò anche nel 
frane, ilouffèr di fronte airital. tufo e nel romancio 
tuffar tuffar « puzzare ». Per 9 si risolve pure V ù di 
8um cum che in milanese suonano iQnt tQiit N. 388 
Che V ò anteriore all'epentesi dito bastantemente 
provato dair o ital. in sono con. 






60. o«ii: crQS (cruce-) n{fs (nvicer)g6la (guta) 
hff « lupo » iQa « lupa » foca sQva « t&a si!a » ^ovcn 
(juvinc-) g^f « giogo» (jugo-) tti -cf-yca « dove » (ubi) 
(ffmer «colmo» (cumulo-) ecc. 

51. ò s il : «ò tè « suo tuo » cf ò « duCi fem. » 
Bonv. c7oe cioò * duae. 

52. ùsq: lafra «upupa» (upupa) V. 434 riimes 
N. 63 e solo apparentemente in d& « due» masc. » per 
cui V. N. 74. 

58. i=:tt: in rimcs accanto a nìwes N. 53 «ro- 
cemi » (rumice*)* 

e. Saltioki. 6 



(I 



— H 



83 Capitolo li. 



%. 



« 



54. ò ò entrato nell'analogia di ó N. 39 nei se- 
guenti esemplari: |)}8/' «piovere» spago. Uueve «piove» 
(plaere) f?o/*a «nuora» (*uura nfirus) stil «scuo* 
tare riscuotere » (ex-cutero) hi ti « suoi tuoi ». 

n (li posielonc. 

A. ti ili posiziono latina o romanzo-comune* 

55. o ■ li pos. : spQi g « spungere » ffi^g « ungere» 
Viff'g « mungere » dolg « dolce » Qngj^ « unghia » 
(ung* 111) utQiid « mondo » pQfoer « polvere » Qts (urso ) 
fgrna « forno » tyr « torre » vQlp « volpe » (fflpa^ 
fffiid rQnp « rompere » sftQiìza « fionda » (tundn) ce* 
rffbbia « rigovernatura; il cibo che si dà al porco » 
(colluvies) crg.<;la agpst fQss « tosse » poj « pollo » ecc. 
cfr. N. 44. 

56. ò = tf pos. : iic</ò^/a« niente» (u-nagutta), sbU 
« sotto » rbil (rupto-) pbétjg « pozzo » (puteo-) stozza 
«ricavo di fossa, pattume » (cx-luteft) cròj « crojo » 
N. 43 e. mo^ accanto a fi*g'g ecc. 

57. &«li pos.: gtìst stìcc «asciutto» vUndes «undici» 
i,Urz « acuto » (acutio-) lUs « lucie » gUggi « ago » 
(aguc' la) wuéé « mucchio » N. 4H8 dclUvi « diluvio » 
dùbbi « dubbio » tuai Ubi « marrobbio » (marrubio-) 
•ureo- pniUzz canai Usz «gorgozzule» ecc. Vev ftùtia 
«frutta» tttVta «trotta» cfr. N. 74. 

58. I s H pos. : garht ciod garlij accanto a garlnj 
«garbuglio» Difcz W. 15G, 720 e gi2>pu «giubba» 
per cui V. però Dikz W. 16G. 

50. o :r - H pos. Vedansi i N. 43 e, 43 g, 43 i. 



i 



Vocali Toniche. 83 



B. ti di posizione milanese. 
60. Vedemmo già, trattando deli^alfabetOi che il 
milanese possiede un suono vocalico indistinto il quale 
sta tra co ed ti \ Questo suono d lo stesso o quasi 
lo stesso che odcsi nei francesi un commun ecc. Com- 
pletamente sviluppato non d esso in milanese che 
nella parola la quale corrisponde ad ital. una nella 
funzione di uumerah*. Essa vien scritta in milanese 
talvolta vocunni talvolta iiinna e questa doppia 
grafia nel mentre ci prova da una parte la mal si- 
curezza del suono ci prova dall'altra difesso si muove 
fra o ed ti. Ma anche negli altri casi in cui ti precede 
a quel ti o iii milanese di cui d parola nella pref. a 
Cap. IV r ìi non è, a giudizio del mio udito, cosi puro, 
cosi distinto che in ogni altra occasione; tira sempre 
un pò* ad e. Tuttavia noi scriveremo, uniformandoci 
agli autori milanesi, sempre re. Es. fotitìnna lUnna^ 
fUinn^ 7i7ifiii/, voltVnm^ cosfUnm ecc. Nò va dimen- 
ticato il prUfua di N. 32 che a Busto-Arsizio (Novella 
del Pap.) trovo reso per cu cioè òiprcumnt come vcuna, 
— Del resto niUll « mulo » fiiUU « muto » ecc. 



' A rischiarare un pò* da vicino il rapporto che corre Ira ò R 
e questa vocale indistinta non sarà inalile il ricordare qui 
come talvolta Vù di parole francesi si riduca In milanese 
ad d io che ha certo avuto luogo colla mediazione di f : tpr^ 
fior € brio, galanteria » (tonrnurc) parSr € parure » pverior 
< ouverture » panor e panSr € lo guide di cuojo della mar- 
tingala» (panurcs}; il procediniento contrario cioè o franr. 
che diviene ti in milanese ci occorrerà in pliìros € icconeiatura 
da lutto (plcureuse) e in d,.Simé «le déjeuner»; in ambedue 
gli cseniplari però l' eu è fuori d* accento e pel secondo po- 
trebbe anche trattarci di inflncnza da parie dell* ù di dfgiitiff. 



i 



f. 



*'■' ••'■"-' - - - - I 



m^mam 



\ 



< 1 

I I 



84 Cftpiioh IL 



Dìtlonghi ionici. 

A. Dittonghi latini. 
61. Oe Ae: 

Questi due Dittonghi si riducono ad é e subiscono 
quindi lo stesso trattamento di* questa recale, p. e. 
cèl «cielo» fo «fieno» zbnna «cena» penna «pena» 
Zebedè « Zebcdeo, poi goffo, sciocco » * gii le « giu- 



I deo » ecc. 

[ 63. Etr. 

iOtter « tenterò » rèuma. 
6:). Au: 
a) Osin : óra, ci ira òraY, M., «vento non molto 

[ reemente » ci sòra da sarà « sfiatare, svaporarsi, raf- 

freddarsi, esilararsi» (ex-aurare) sòr « lievito, soffice; 
sviato V. M. pazzerello » (ex*auro da exaurato-} cfr. 
it. svcniaio^ gòd «godere» (*gàudere), òr «oro» pò* 
ver «povero» sfp'òs « frodo contrabbando » (frauso-)* 
^) oì^{ù\)r=:nn:€lvòl8a «osa» (^ausat), sgòlla V. 
M. «guancia» (*gauta *gavMa gavata) Diez W. 170 
ci pensa «sosta, riposa» (pausat) con ti da { N. 193 
In altri esemplari il { d caduto ma ce ne restano in- 
dubbie traccio nel i primitivo sostituito per la tenue 



^ Allri di questi nomi propri desinenti in 9 (-éo-) vengono 
dai milanesi impietrati ad esprimere il signillcato di «sciocco 
baggeo» e consimili; così Tadi (Taddeo) Timòìi (Timoteo); 
brUtt Mn/9 (MaflTeo) significa «bruito muso» Certo quella 
desinenza dovea avere pel popolo dì Milano un'assonanza ideo- 
logica molto caratteristica. 



Vocali Toniche, 



corrispondente, ciò che non avrebbe potato aver 
luogo se r di quegli esemplari rimontasse diretta- 
mente ad aif| e nella tenue conservata mentre tra 
vocali si degrada generalmente nella media (pòvcr = 
• paupero): cassa cioè *colsa (causa, it. cosa) còss 
« luogo dove i pecorai rinchiudono il gregge con una 
rete che lo circonda per passarvi la notte » da * dolse- 
clauso- rijfòss « riposo » nel qual esemplare la pre- 
senza anteriore di { d confermata, se mai fosse ne- 
cessarioi dal pensa addotto più sopra ; poi pòc iìbcca 
(pauco-) òcea (*auca avica) lòtta «piota» (pianta) 
N. 202 Esempi antico-milanesi saranno: gólzo (gau- 
dio-) //oZto «guancie» òldera « allodola > (a-laudula) 
N. 196 ossa (ausa) rcposse cassa. 

y) In parole generalmente d* importazione secon- 
daria gli elementi che compongono il dittongo re- 
stano scindendosi però e costituendo l'elemento vo- 
calico per una nuova sillaba di cui va allungata la 
parola. Queste due vocali indipendenti surte da un 
dittongo per esser vicine V una air altra producono 
iato al quale vien ovviato mediante inserzione di 
un v; in questo caso la parte inaccentata dell' ex- 
dittongo venendo ad esser vocale di sillaba atona va 
soggetta al trattamento che è proprio di u inaccen- 
tato. Es. : cavcd cioò *cavudo « cauto » cavcs cioè 
*cavuse « cause » che rima con plaves ^ plauso » C. 
VI, 108 ìàvor «lauro» San Mavcr «Mauro» C. VI, 
15 restavcr «ristauro» C. Ili, 135 Pavcl «Paolo» 
C. I, XLI. Ciò però non ha sempre luogo, ma la di- 
visione dei due elementi del dittongo rimane tuttavia 
come lo provano i seguenti es.: 



I 



86 Capìtolo ih 



il 



t 






:l 
il 



I 
1. 



per inerita sii plaus o sti lod G. Yf, li 

coi gnadagn e coi plaiui teatral G. Vf, 22 

no gli' è causa iiifatt insci spallada G. VI, 46 ; 



i quali versi vogliono esser tutti endecasillabi. 
B. Dittonghi romanzi. ^ 

I dittonghi specificamente romanzi traggono, in 
generale, la loro orìgine da ciò, che in seguito a 
dileguo di consonante mediana due vocali, prima di* 
sgiunte, vengono a trovarsi insieme oppure dui venir 
una vocale attratta in un* altra sillaba accanto ad 
un' altra vocale. 

64. À-n\ fòlla « latta >► (ta(b)uhi) tròs « tral- 
cio » (tra(d)uce-). Dif.z W. 407 fa però risalire tròs 
direttamente alla forma eh* ò nell' italiano tralcio 
(tralce ■ trance = tranice) con al che si degrada in ol 
N. 3 il cui { va poi perso come in scopèlL A una 
tale dichiarazione si oppone però il i di tròs che 
meglio si ritrova nel diminutivo tròsctt ecc. e al 
! cui posto noi dovremmo avere -^.9- come in cassa ecc. 

I N. 63 8, sonza contaro che -aV doveva darò o^c 

f od oU che, sparendo I, sarebbero riusciti il primo 

nesso ad òé il secondo ad òz o tutt* al più ad òss 
! N. 311 a. 

j 65. .1 - o: cji « capo, testa » ':^.po cavo cao) fò 

; ; « faggio » (fa(g)o-) vj} « cado » ^ « ho » e a *8tago 

1 1 Mago *fago pajonroi rimontare Ut/ sIq ig « do, sto, 

faccio » che in molti dialetti lombardi suonano siSj 
fdff e nel veneto stage fago ecc. 



^ Sullo questo titolo voglionsi comprese anche le contra- 
zioni di dao vocali di cui una porti 1* accento. 



Voenfi Tonhke, 87 



66. A'-ò: tHÒjhcn « mArtguiii, legno mngogane » 
Infonda « hnraonda ». 

•atorc- mr$iì^ « rimeiifLitore » ^^r^cp «pescatore» 
eoniprT^ « compratore » carg^ « quel lavorante d* un 
mulino che fittenilo soltando a caricare e scaricare 
le sacca » masn^^ « inacinatore » ecc. 

•atorlo-: fiaìf/ « finta tojo » ecc. 

67. À-a; slid «strada» conirà «contrada» 
fertd « frittata » iigà « cicala » (cicada) però con 
accanto iìffà. Per altri esempi ▼. N. 379. 

68. i-i: 

>i) èj > iU : lìlèit « contesa, piato » (pla(c)ito-) peira 
N. 4 a. 

b) esàj: a^sè «abbastanza assai» fi «fai» sé 
« sai » rd « vai » d « bai » stè « stai » de « dai » pie 
« piato lite » (fheda « gberone » piem. gajda DiEZ \V. 
376, 7à9. Brera (Biaida) N. 21 fi. 

-atis- : can'd « cantatis » saltè nanjè ecc. Besc. 
fra (frsai Masclika 17.^ 

-avi -t: conii (cantavi -t). 

-arto- -airo-: morni « mugnajo » (molinario-) feri 
«fabbro» (ferrano-) iighera «nebbia» (caecaria) 
lavatid'jra « lavanda ja »; cer (cier) «cbiaro» ò nel 
Prissian C. I, 00 e sarebbe V-anh di claro» entrato 
nell'analogìa di -arto- dunque *clariO' *clairo Arch. 
I, 275 ; pera « pajo » d registrato come milanese e 



' Preziose sono le forme di seconda imperativo plurale: 
iornahi andai a$eoHae iornae che llaschka 17 cita da Be- 
scapè. Bonv. ha mangei e pensò è già in Bescapè; la serie 
sarebbe dunque da stabilirsi còsi : -ae -at •ei -e. Vegià « ve*> 
gliate» sarà vegia(e). 






i 

I 



88 Capitolo IL 



1 . 



:.' 



confrontato col piemontese ^mira dall' Ascoli Ardi. 

I, 275. L'egregio linguista non cita la fonte e noi 
non ci ricordiamo d' avere nò letta nò udita una tal 
forma. Pairo ò nel Prissian nella locuzione s'avrò 
pairo per dire «se avrò tempo e voglia »; era « aja » 
(aren) e, notevole pel diverso colorito della tonicn, 
gòra « gliiaja » (glarea) DiRZ W. 375. Bonv. La cuiu' 
ter^ romer^ jscnerc « gennajo » feorere damr\ però an- 
cora (linairi. 

e) i = àj: cfr. la nota a N. 18 e inoltre fit «/ai tu » 
nella locuzione chi fit che foj « che fai tu che fo io » 
accanto a che félt che fo}\ il qual t però altra ra- 
gione per avventura non avrà di quella che è nel- 
r alternare di t o in pinfeta ponfcta o di t a nella 
locuzione o de riff o de raff N. 218 e nei toscani chic" 
chi bichiacchif ciccheri cia'icheri coi quali il Chbk. 
Voc. II, 77 traduce la locuzione che qui ci occupa. 

69. A-é: grólla «graticola» (cra(t)ella) cfr. 
DiEZ W. 172 8. 'grata'. 

70. E -e: brilla «predella, inginocchiatojo » 
cfr. N. 409, 379. * 

71. É-i\ me «miei» (mei) ìè «tei» DiEZ Grani. 

II, ,83 pè « piedi » (*pedi *pei). 
-eri- -t: mete iaìè ecc, 

I s éi : /ri « tre, masc. » (*trei) cfr. però N. 5. 
-etis: credi tisi vinii « credete ecc. » ( « avete » 
«1 « sapete » ecc. 

72. 1-t: -ìtì 4: sentì fem «sentii finii» 



' PrèUa nello stesso senso di hrèlla o di predella è nel 
dialetto di Bellinxona. 



/ 



Vocali Tonkkt. 89 



•llis: senti faiì « sentite, finite, imperativo e in* 
dicativo presente ». 

73. {/-à: iQle «bifolco» (bu(b)ulco-). 

74. C-i: iìH «due, masc. » (dui) vù tau (vui 
nui) la coni coshì Bonr. Mru «lui colui costui altrui» 
DiKZ Gramm. II, 82 e ss. TnVJa finita per cui cfr. 
N. 328 b p. 

75. Ó- j pare contratto in o nella parola rat 
N. 43 i. di fronte al roit del V. II. 

76. Ne rimane a chiederci in questo numero 
quale san\ il rapporto tra ran^aUs tanzatSs N. 379 
« rimasuglio » (*avanzatuccio) e vanztlij fra trians e 
/r/f7« «tritume» scorajtls e «eoi A^ .« colaticcio, co- 
latura » ; come staranno sptìis sgandolis a sj.ud sgon- 
dddf di cui costituiscono il superlativo nella stessa 
maniera che a N. 14 (-eti/o-), o a $nudms foladi^ 
come stan\ titcnl a tira N. 14. Forme come vanziis 
scorili spile tirent sono esse il risultato d' una con- 
trazione di atl ai aé o, meglio, d* un assorbimento 
dell' elemento inaccentato da parte dell' accentato 
oppure avremo a che fare con ^ni -is "Cnt suffissi di- 
rettamente a dei participii sul tipo di iiìdorment <gns 
scils it compro ecc.^ -fii 'ii •ent sono essi suffissi a 
*€anio *scoro *trio *spuo *tiro od a ramato scorato 
triato spuato tiralo? Poniamo il quesito senza pò* 
torlo risolvere. 



<r: 



i 
I 



V 

f 

I 

\ 
i 



CAPITOLO III. 



Vocali Atone. 



A. 



i 77. Iniziale intatto: ald «ibate» ahièjts «abete» 

li (abietio-) adèss «adesso» ajiiU «ajiito» alegher 

il « allegro » asè « aceto » amli « amico » ara « ara- 

j tro» AnibrSi ecc. e T a iniziale di sillaba accen- 

ti tiiata resterà anche quando questa cessi d' esser 

{ tale: aletta afièll aquètta armella ecc. 

|i 78. Più frequentemente cade: mar «amaro» 

^ ' \, \èrb «acerbo» medinna «zia» (amitina) ran (ara- 

neo-) morf}s «l'innamorato» (amoroso-) litigherà 
N. 211 b. spar^ «asparagi» sassinà «assassinare» 
stróleg «astrologo, indovino poi lunaticoi originale» 
gil^ga «ago» (agucula) lesna «lesina» (a. a. t. alasna) 
seond (abscondere) ransada v. a. « aranciata » sprhlla 
« asperella » Igndanm^ grimònia « acrimonia » bclitd 
« abilità » bòri « aborrire » ctulèinmia » academia » 
rènna «arena» liistòlel C. Ili, 135 «Aristotile» voealt 
«arrocato» rè «avere» vU «avato» tripes «atrepice» 



Vocali Àione. 91 



sQiìZ I « sugna » (axangia) jjiUs « acuto » (acutio*) 
sHla^ sèja N. 199 «ascella» (axilU) sensia^la sensia 
« la festa della AseeiisiOi T Ascensione » tìo^à « ailoc- 
cbiare > daqnà « adacquare » jiità « njutare » dè»s 
allato ad adèss. — Vedi anciie Tòfl « Antonio » i?89 

ì « Ambrogio » biiiitun « alburno >• 

70. Iniziale, sopratutto se formante sillaba con 

« nasale susseguente, d talvolta attratto nel sistema 
del prefisso m- (i/ii-), un fenomeno clie del resto 
non si limita ad a: ingulìla « anguilla » inéòda « ac- 
ciuga» (proT. anclioyo frane, anchois; molti dia- 
letti italiani hanno pure an» cfr. Diez W, 5) mpoHa 
«ampolla» imbassadgr «ambasciatore» tue- 8 «oggi» 
cfr. Diez W. 17 s. *anche\ ingiiria « cocomero » la 
cucumus anguria dei botanici C^^y^'f^o^) inviVopp 
« copertina da lettere » che è il frane, enveloppo 
(ciod anveloppe). Partecipano forse a questo proce- 
dimento un certo numero di verbi ai quali in ita* 
liane va prefisso a- (ad) e che in milanese hanno 
in* (iiH-): p. es. incòrges «accorgersi» imbarbajà 
« abbarbagliare » e maggiori esempi cerchinsi nel 
Clier. alla lettera t (in- im-). — Certa d però que- 
sta participazione per indaquà « adacquare » e cont. 
inderbà « aderbare » cbò il d di queste parole ri- 
monterà certo alla fase in cui troviamo lo corrispon- 
denti parole italiane con a- sostituito poi da tu*. 

80. esa iniziale: èlb.9 T. di Cart. «specie di 
pila con canale che porta 1* acqua alle cannelle » 
(alveolo-) erri cioè *arvì « aprire » (*avrire *arvire) 
èrbicoee « albicocco » Diez W. 10. Cfr. anche elbott 
accanto ad albori « albero, fuso » in cui V e si con- 



93 Capitolo III. 



iioua dalla tonica N. 4 d. Rimarchisi cbo in tutti 
gli esempi trattasi di AL o di AR. 

81. o«a inizialo: pare esscrie in QrQ.:c^ l-ffrgce 
N. 195 « allocco, baggoo ». 

82 a interno intatto: paès sajèlta «saetta» 
cavali ecc. e sempre a che cessi d* essere tonico : 
raderà « ragnatela » piangeva^ hanà^ scaletta sali ecc. 
83. osa interno. Anzitutto nel nesso AL non 
solo come continuazione dalla tonica ma anche in 
esemplari dove al fu sempre atono. ALT-: olfd «al- 
tare» C. Ili 217, salta «saltare» molte «un muc- 
chio di malta » ; ALD- gariholdi « grimaldello » che 
I pare rimontare a un nome proprio garihaldo comò 

j la parola italiana a grimaldo. Lo stesso {strumento 

vien designato mediante un nome proprio anche in 
I ted., Dictcrivh e in oland., PeterJcen. cfr. Muss. Re- 

magli. M. s. *r; colildr «pentola» coldÒ «un gran caldo» 
foldo «fuldone»*; ALC- ALZ-: colcinna «calce» 
infolct «rimpinzare» (infarcire) N. 211 h.magoléà nel 
V. M. « mantrugiare » che sar& Tit. gualcire « bran- 



4 



' GiM* è boldinella accanto a hondinella « bandinciln, spe- 
cie di Ida » ? Ignoriamo 1* etimo di questa parola mn, vo- 
lendo ammettere come primitivo 1' a italiano, 1' o milanese 
potrebbe spegarsi in due maniere cioè: o holdinhlla è primi- 
tivo e allora rimonterebbe a bald inetta e bandinella ci rap- 
presenterebbe la dissimilazione di 1-1 in n*l, o invece ben* 
dinètta è primitivo e allora sarebbe bandinella con a ridotto 
ad davanti a fi, e in boldinetta avremmo n -n dinsimilati in 
1 « n. Possibile è anche che il degradamento di a in o abbia 
avolo luogo a dissimilazione compita (baldinolla bandinella 
bondinella oppure bandinella baldinclla boldinella) ma in que* 
sto caso la dissimilazione dovrebbe essere molto antica* 



t 



I 



Vocali Alme* 03 



cicare, malmenare qualche cosa in modo che prenda 
cattive pieghe»; magolcà dicesi anche secondo il 
CilER. «dell' insalata quando lasciata li senza man- 
giarla dopo eh* ò inoliatai diventa vizza o moscia », 
magdceni « sudicio » ecc. da un verbo germanico 
che in a. a. t. è walzjau in m. a. t. willzen e si- 
gnifica 'rivolgere, Toltolare quii e là senza riguardo, 
imprudentemente' ctV, Diez W. 378 s. 'gualcire' e 
N. 280 ; folccUa folcd; olzà « alzare » e o{ rimane 
in tutto le voci del verbo, hoUo cainpanna a Msd 
« campana che si muove a sbalzi » cioè il contrario 
della catnpanna a rOiìa^ coUd «calzoni»; ALP-: 
topo^ rati topd « talpone » scbpelt « scalpello » con I 
caduto. ALK- ònii ólniia « alno, ontano, » (alnicio-). 
Del resto, palpà^ palperà^ salvà^ albiò ecc. — Per 
olsalsau V. ai 'dittongi atoni'. 

Altri da a, oltre a quelli che continuano sem- 
plicemente r della tonica come in piana « piallare » , 
avremo alcune Tolte davanti a r { t; (f) od a nasale 
sarebbero in sillaba protonica: solass salassa «sa- 
lasso salassare » che 6 un composto di sangue e la' 
sciare Diez W. 397, noroncol accanto a nargncal 
N. 438 e rarioncd «ranoncolo» ; in sillaba postonica : 
cembol «cembalo» scandol «scandalo» sandcl accanto 
a sander «sandalo rosso, una specie di legno tintcrio» 
Barbera «Barbara n. p.» raito/* accanto a càwf «ca- 
nape » teìégigf «telegrafo» p. t.; dal fase. 81 del 
Repertorio del Teatro milanese edito dal Barbini e- 
straggo: seroin «eravamo» (*éramus N. 434 lasso* 
mela «lasciamela» insèilom «insegnami» compàflomela 
«accomp&gnamela» ; — o da a san\ pure in nos^QndÒ 



04 CapUolo IlL 



accanto a na$«QndÒ, de noscondo «di nasco&to» e 
probabilinonto sarà un o da a fuori d'accento estesosi 
poi a tutte le voci del verbo V o di Morcu a N. 3 e. 
Presentemente però non ci resta più clie questa 2^ 
pers. d'imperat. 

81. al = ausa. Ha ciò luogo nella parola palpò 
« carta » (papyro- ant frane, paupier, ladino palperi). 
Cfr. ScHCCOARDT Vuk. II, 320, 49G. 

83. ii=a interno: lUnentass «lamentarsi)» (Bonv. 
lomento accanto a lamentasone) Inserta « lucertola )» 
(lacerta) haìdUiUx « baldacchino » da BagJad it. Bal- 
dacco DiLZ W. 38, ItìjUJ^cnt hìjuto «allampanato, fu- 
seragnolo » da acuto- cfr. N. 105, iilcàsl accanto a 
£aaiH « taccagno » cfr. N. 375 forse ideologicamente 
connesso con siicca lii o clic in Milanese significano 
« testardo ». 

86. c = a interno. 

a) in sillaba protonica; per influenza assimila- 
tiva di consonante palatale o linguale in inesc «pia- 
cere, favore» {QÌoipjash) lìicgrass « Abbia tegrasso n. p. 
di paese » iene v. a. «gennajo, freddo» sccpà «sckiap- 
pare» da una radice sciali- cfr. Muss., Beitr. 55, 
che si riferisce ad Ascoli, Kuhn's Zeitschrift ecc. 
XVI 209; la stessa influenza ci pare manifesta in sie- 
mena gremèfia (stamioea graminea), quantunque tra 
a A vada interposta un* intiera sillaba. Inoltre: 
meneìiU accanto a fnanattiU «man mano» levntìf ac- 
canto a lavatìf negòtta (cioè (u)-nagutta) muìeran 
« museragnolo » mercsall « maresciallo » da^tiedd V. 
M. «Natale» weìuscale «maniscalco» aìcbasler <a- 
liibastro » selari e salari € salario » secrìsia « sacri* 



Vocali ÀioHé, 95 



uino » segrd « sagrato » oresid « orazione, preghiera » 
IrranJ^d « capifuocOi capitone » che alterna con bren- 
dcnd citato quest' ultimo dui Mussafja Beitr. 43 n. 
ma che non ho rinvenuto nei lessici : si riconetto a 
ted. ircniieii brandy Muss. ih. — Bonv. ha perenti 
4 parenti » e riduce tavolta ad -er V nir dell' infinito 
nella composizione di futuro p. es. caleremo rood. 
caiarènm. 

Tra- e atra- divengono talvolta /re- e stremi tra- 
e trevhra «T, do' Maceliaii scannello» tra- o tre- 
lil':ù «traboccare» tra^ e trelUrkèll « trabochetto » 
tra- trefda < trafila » fra- e treiuccé « tramaglio » ; 
stra- e stretajà < frostngliure » strepientà < trapian- 
tare» slresigà «strascicare» DiRZ \V. 407 stra- e stre^ 
mena « armeggiare , battere » (strn ¥ menare). Per 
strepa accanto a strapà però cfr. Duz W. 404 s. 
' strappare ' e 578 s. ' estraper •. 

lìa- diviene in alcuni casi re- certo non senza in- 
ffuenzadel prefisso re- : res^ < ras(»jo » rebcsc accanto 
fi rabcsc « arabesco » rrstcU « rastrello, cancello, ra- 
sta» Unchèlla p. v. «Rachele». 

Per le vien pure reso il pronome enclitico femi- 
nile la quand' ò accusativo: d sur coni TomieU el 
le tnjeva C. IV, 304 ci le passarà nètta C. Ili, 118, 
mai nagòtt le confond C. Ili, 78 la sova dota mai 
nel le molesta ib. sebben eoo eh* el le bev C. Ili, 103 
che V aria glie le robba C. II, 18G, allora ci fgs le 
guarda C. Ili 247, ci par eh' el le ringrasia ib. in 
tutti i quali esempi le d feniinile. -^ La rimane 
però non infrequentemente come nel brutto verso 
E dal eoo ai pve ci la esamina e dia squadra C. 



*9' » » 



00 Capitolo in. 



VI| 63. — Anche la proposizione d'ablativo (/a^o^ 
riflette generalmente per de : veni de cà « vengo da 
casa » g' 9 de fa «ho da fare ». Nei documenti meno 
recenti sopra tutto non ò però infrequente da; p. 
cs. tiassHH da la nosta C. I 80 dai trovasi sette 
volte C. I, 81 no faroo da corna « non farò come 
colui» C. I 83 n' einm da senti C. Ili, 173 «ne ab- 
biamo da sentire» che nassa dal stremizzi C. IV, 
74 dal sit C. VI, 12. 

b) in sillaba postonica: favorito quasi esclusi- 
vamente e: scandal Zcser «Cesare» dispcr «dispare» 
sileba C. I, 91 «sillaba» Steven «Stefano» òrfen 
« orfano » stòmcg « stomaco » Gasper^ òrghen^ trapen 
«trapano» ehen «ebano» fideg « fegato « N. 438 
canef « canape » gamher « granchio » (cammaro-) 
fondeg «fondaco» DiFZ W. 14 sabct «sabato» Car» 
chen n. p. «Carcano» hsies «estasi» P. 153. Ad 
e riducesi pure 1' a d'uscita d'alcune voci verbali 
quando vi si appoggia encliticamente un pronome. 
Queste voci sarebbero: a) la 2* pers. sing. d'impe- 
rativo dei verbi in -are: manda prova ma ntandd 
proven maezet ecc. «mandalo provane ammazzati» 
b) la 3* pers. sing. dell'indicat. pres. a cui però il pro- 
nome non può appoggiarsi encliticamente che quando 
il presente ò impiegato come presente storico cioè 
nella narrazione animata, impetuosa; una sola poe- 
sia del Porta mi fornisce i seguenti esempi: spii^is 
sili dit^ cavczzes % cavi «si sputa sulle dita si or- 
dina i capelli» P. 52 e vòltes e revòltes col dedrè 

51 spiégheg • nsi 52 nèties freghes paregges a la via 

52 e, in un altro passo: ragolzes fina al sedes ci 
paton. 



VncaH A tane. 07 



•anitts •Abamos (-amus -abamiis ctr. N. 434: 434;) 
aintem sónnem mangetn « cantiamo ecc. » cantàvem 
somiccm nnm^avcm « cantavamo mangiavamo ecc. »; 
S'cretn « eravamo » (^éramiis). 

-ani: speren cdntcn mangcn ecc. cantaven spe* 
9'dven Mavjfaven ecc., elèe hevcn «bevano» (bibant). 

87. Isa interno: per influenza di consonante pa- 
latina in: ciéarà « chiaccheraro » (cjccera «ckiac- 
chera »), séincà < schiantare » accanto a ééaucà^ 
fr. DiKZ V. 3G5 s. 'cioncare' e Muss. Beitr. 5.0, 
n. 3, griuS « orliccio » da grano- DiEZ W. C04 s. 
*grignon '; ma iimhiòcc allato al samhiocc di N. 359 
altro non sarà che uno di quei frequenti scherzi 
di parole cho tanto piacciono al volgare ; nel nostro 
caso è motivato lo scherzo dalla assonanza che ò 
tra samhiòcc e iimhiòcc «scimiotto» — Inoltre 
carimà « calamajo » chigà s-chigasà s-chigafà accanto 
a caga < cacare > sghimbià « battersela » sghimbiada 
sost. di sghimbià^ sghimbi^ii < quella volta che fa la 
. lepre per salvarsi dai cani > parolo cho non pnjonci 
potersi staccare da gamba^ e infine, in sillaba posto- 
nica, mi sovviene d' aver letto stòmie « stomaco » 
accanto a stòmeg. 

88. Sincope di a interno ha luogo in fraboIS 
allato a faraboìà K. 410 spar/f < asparagi » srgra 
« segale »« 



e. Salviosvi. 



1 

.i 

« 

i 



— H 



93 CapUoh IH. 



A r<' ìiscitiu 

89. Gcneraitner.to intatto: 

a) nella desinenza sini;olare dei nomi della l* 
declinazione: ròsa dònna f<fsa parolla foUa pìcnua 
hònna questa qndla $fà^ pron. enclitico, < questa » ìà 
artic. e pron. personale «ella» N. 8G ecc.; mascolini: 
povcHa profcl*a ecc. Neil' analogia di questa decli- 
nazione sono entrati inoltre molti nomi della 3^ e 
5*: vesta peata pcs'i «pece» facci grandònna «c- 
gonna ecc. 

b) i* a di plurale neutro ci resta oltre che in 
quei nomi, comuni a tutte lo lingue romanze, che 
ora sono fem. sing. in -a ma che rimontano in ori- 
gine a dei plurali neutri come speranza creanza fója 
nòja ecc. in alcuni plurali di nomi che indicano 
misure : cosi in hrazza plur. di brazz « braccio » 
andàg dent in d' on vestì tante hrazza de rolla Cher. 
8. * brazz ', dida^ tre dida « tre dita », e nell'analogia 
loro lira^ cent lira^ tre lira^ Cher. s. 'lira*, che re- 
golarmente dovrebbe essere lir. Tali plurali sono di 
genere Teminile mentre il loro singolare (meno quello 
di lira^ s' intende,) è mascolino. 

e) in desinenze verbali : nella 3' pers. sing. indie, 
pres. dei verbi in •are: ci canta ci manga^ nella 2* 
Iiers. sing. dell' iinperat. : canta mangj^^ nella 1* e 
3* pers. sing. dell' imperf. deli'indicat.: mi cantava-^ 
lU vi maìigava^ nella 1* e 3* pers. sing. del pres. 
del cong. dei verbi in '^re sul cui ^am -arsi mo- 



à 



VoenU Ahne» W 



dcllnrono poi anche •faiii •ìam ecc. e i verbi in -are: 
che mi bcva^ che hi H beva^ che mi inorai che Iti 'l 
fìiova^ che mi senta , che lU H senta^ che mi canta , 
che la VI canta. — L* ì die risponde ad •as (ainas 
amabas legas) sarà dovuto a spinta analogica. 

d) liei numerali trenta quaranta ecc. 

e) in parole indeclinabili come tgltra (ultra) contra 
(contra) sora (supra). 

00. a d'uscita caduto: 
a) talvolta quando sia preceduto da r: lampeder 
(cioò *lampedr cfr. N. 108) « lampreda » (lampetra) 
gcncsiar N. 108 accanto .a getiésira « ginestra » nia- 
scher « maschera » vesti (ptc.) da mascher ma vcsff 
de maschera « abito da maschera > t tnnipor accanto 
a tempora « Tepoca della tempora » pèttcaver allato | 

a pcttcavra « mal del forcone, malore che viene ai 
bambini» eii/er (intra). Sarebbero anche da menzionare 
legor accanto a legora * lepre » N. 274 rogar e rggher 
accanto a rggora « ni vere » scghcr accanto a segra 
« segale » e fever accanto a fevera « febbre » ina 
questi nomi rimontano alla 3" declinazione latina 
(lepore- robure- secale- fibre-) e più che di a caduto 
potrebbe trattarsi di lepore- rubore- ' ecc. che si 
mantengono (cfr. mes ss mense-) accanto alle forme 
(legora ecc.) entrate nell'analogia dei nomi della 
1* e di più potrebbe anche darsi che queste forme 
collaterali ìeg^r e Icggra ecc. non abbiano mancato ì 

di esercitare di una certa influenza nel determinare 
le doppie forme genèstar genèstra ecc. ( 

* Ghiarisdimo è ciò per fever che può rimontaro soltanto 
a Jlbre" N. 108. 



1' 



■ ■I ■ ■ ■■ « I 



100 Capitolo III. 



b) in alcuni nomi desinenti in -ura nei quali -a 
segue bensì a r ma evidentemente in condizioni di- 
verse cbe pei nomi dei quali fu or ora parola. — 
Sparito Y a resta esposto a cadere anclie il r (che 
qui segue a vocale accentata) e riusciremo cosi a -& 
il qual ti può, alla sua volta, divenir breve riuscendosi 
cosi alla equazione : ti (breve) = t? = ùr = iira s= tira o 
i tre primi membri dell* equazione sono realmente 
documentati pel milanese nelle tre forme collaterali 
tesa (il breve accentuato) tetti te^tìr registrate dal 
Chek. nel significato di «tendella, quel regolo mo- 
bile e uncinato dai due capi col quale il tessitore 
tiene salda e sempre di pari larghezza la tela che 
viene tessendo» (tensurn); gli altri esempi da noi 
raccolti sono s-^csà € quella lastra di ferro o di pie- 
. tra cbe chiude il forno (clausura cfr. N. 150 e) fornii U 
€ fornitura, fornimento » e il contad. olftì che ha 
accanto a se oUiira e che in citt& suona voUiira 
« manfanile, pedale » (vol(u)tura). 

e) Un caso affatto speciale, e che io non m'affido 
a dichiarare dal puro precedimento fonetico della 
caduta di a d'uscita, formano le desinenze -& -t 'bit 
(dunque desinenze specificamente maschili) suffisse a 
nomi proprii femminili : p. es. Ilost^ TerchX^ Marga^ 
ri/r, liulbot%\ Qarol3^ Itoto, LUviéd; Marihtt brianz. 
lioscìu Però dove per quella desinenza il nome pro- 
prio femm. potesse venir confuso con un nome proprio 
masc. vale sembra la desinenza fero : Mariinna Lu" 
visinna ecc. Fa riscontro a quei suffissi di diminut. 
il suffisso accrescitivo •? conservato cosi anche quando 
▼ien suffisso a nomi proprii femm. o ad appellativi 



VocaH ÀioHS. 101 



rirerentisi a donno mentre in generale a masc. -o 
corrisponile femm. -òinm: ìa Mnrgariid accanto a 
MargariihnnQy quella grasso, la MÒ ecc. AI postutto 
si potrebbo qui aniniettere lo sviluppo organico di 
-Olle so non vi si opponessero V *T -S ecc. sovramen - 
zionati cho provano trattarsi qu) d' un procedimento 
speciale; cfr. anche frane. Loinson Jeanneioìi ìlanon 
di fronte a baronnc brabauconm ecc. Dirz Gramm. 
II, 342-344. 

d) Altri esempi di a d'uscita caduto avremo in 
la sès accanto a la sesa < siepe » (caesa), la (és ac- 
cunto a tesa pel cui significato v. Gbek. (tensa), la 
valls « valigia » che però potrebbe essere il frane. 
valise^ DiRZ. W. 337, negòtt « nulla » accanto a ne- 
gótta che certo non rimonterà al masc. gòtt «sorso» 
jnanètt « oroscopo, destino » (pianeta) e infine iifc- 
dèmm femm. < medesima » N. 300 puossi leggere 
P. 102. Per snès in pòrta sués accanto a jm-fa 
snesa «Porta Ticinese» considerisi che S!*és rimonta 
a Ticinese^ e che vale quindi per esso esemplare 
lo stesso ragionamento che più sopra per Icgor ecc. 

Per tMSsU senll e consimili femminili cfr. N. 379. 

e) Anche la nom. fem. del pron. person. di 3* per- 
sona può reccorciarsi in { quando però s* appoggi 
a vocale precedente : p. cs. la donna che V V ha tist | 
« la donna che (la) hi ha visto» e V teU whtt «e {la) \ 
te Io inette » P. 64 e V le tir dà a capi « e (la) j 
lo vuol dar a Capire» P. 86 ecc. però: la le in- 1 
eensa ecc. i 

91. Prostesi di a abbiamo in: asqnàs «quasi» { 

ag^rd «copioso, grosso» DiEZ W. 169-170, alhst 



>•*■ 



••» 



102 Capiioh ///. 






« lesto pronto » ards « colmo, straboccante » aids 
aras « pinzo pinzo » (raso-) afond accanto a fond 
€ profondo ». In questi due ultimi esempi! non ò 
forse inattiva la preposizione a (ad) la cui presenza 
è corta nell' a di mar < caro » nella locuzione avènn 
aedi' (così scrive il Cherubini) < averne a caro », in 
apia avv. « pian piano » andà apiS cioè a pia 
« andar pian piano » e in aji^s « dietro dopo » (ad* 
-post), 

93. a è molto favorito in milanese come vocale 
d* uscita di parole indeclinabili: fora « fuori » volon* 
(era « volentieri » inscmma < assieme » (simul) sema 
V. a. € ora, un pò » (semel) f7o;tca < dunque » anca 
n^fiica ahnanca < anche neanche almanco » intanta' 
finna «intanto» (intanto -f fino) finna «fino» (usque) 
siyUra «sicuramente» franca^ C. IV, 304, « certa- 
mente » aggettivo usato avverbialmente. Questa ten- 
den7.a è gi& in Bonvesin: fora^ unca^ donca^ insema^ 
sema^ imperpetua^ vanterà; Vanno inoltre qui regi- 
strati gli aggettivi cdr^ pòver^ poverett che suonano 
cara pòvera poveretta in certe esclamazioni : fi. es. 
cara ti I cara lui cara el niè $gr! piòverà m\ Peder! 
poverétta mìl pòvera iQrt P. 82 ecc., tutti esempi di 
mascolino. 
Per altri a d' uscita cfr. X. 107. 



Vficnh Aione. 108 



E. 



93. Pochissimi esempi ili e atono iniziale che 
sia intatto* Tutti gli e iniziali atoni che trovansi nel 
CiiER. appartengono a termini dotti, di diritto, di 
medicina ed ecclesiastici o di provenienza letteraria 
divenuti in parte popolari è vero ma la cui impor- 
tazione è di data relativamente recente. Genuini 
pajonci: esempi «novella, racconto» ehrèj N. 183 
< ebreo » esereì < esercitare » non genuini : ccfìpogg^ 
esordì esita etisia e una quantità d'altri. 

04. e inizialo cade generalmente: vangeli < e- 
vangclio » vvria < avorio » (eborea) vhscgf^ liwdsua 
«elemosina» cehnza pisòdi G. Ili, 132 «episodio» 
pataffia e pitaffi « epitafio » minetiza C. IV, 161 
radega «lite» radegà «litigare» (erratico-) cfr. Muss. 
Beitr. 92, scamotor « escamoteur » fetif « effettivo » 
sciupi « martorio, strazio » (exemplo-) riccola « ru- 
chetta» (^erùcula da eruca) s-bòrna «ubbriacamento» 
(ebronea) pittima «^epittima » e fig. pittima cordiala 
« chi fa le cose a mal in corpo con infingardaggine e 
come temendo di scompaginarsi » rddizio G. IV, 298; 

ex-: iamina « egli esamina » C. IV, 108 iUbì «esi* 
bire » straziò « estrazione » sposizid sarà (exaurare) 
N. 63 X spantcgà « spandere » (expanticare) sptià 
(expectare) stremitd; 

extra- siravacà « rovesciare, versare » (extrava- 
cuare) N. 347 strctajà « frastagliare » ecc. 



\ 



104 CmMo in. 

05. ase ini^sialc: alefant «elefante» abrèj ac- 
canto ad ebrcj aspert < esperto ». 

96. Ose iniziale : ociìpn^tf < equipagijio » forse 
per r illusione clic avesse a fare con ocitpà. 

97. Anche e- ed cfi- ponno andar soggetti allo 
scambio con t;t- : invridj e imbriSff « ubbriaco » 
(ebriaco-) iniehì inzUbì « esibire » indivia (endivia) ; 
Bonv. lia inxir « uscire » (exire). 

98. e tonico interno si continua nell' atona scr» 
viss venncuo desnSf tncsada ecc. * 

99. a = e interno: tajatcr «teatro» pidffà^ in 
iìiagà i tU «piegare le viti»; Zabadè « Zebedeo, 
poi baggeo» N. GÌ ; davanti a n m: tampcsia tantpesUi 
« tempesta ecc. » at/rania^ il frane, agrcment, zancvcr 
accanto a tcìvcvcr «ginepro» transilli N. 215 « uten* 
sili» jgandà accanto a zendd «zendado» Dikz W. 316 
lantigg accanto a lentìgg « lenticchie » danè « de- 
nari » dancdà cioò de natale (dies de n.) stantà 
« stentare » Bonv. aiantar ; davanti a t;: saiùs « se- 
gugio» (seusio ) DiEZ W. 290 lavcz «laveggio «le- 
betio-) ragoUà V. M. « rimboccare ecc. » N. 274, il 
cui ra* risale molto probabilmente ali* epoca in cui 
re- veniva a trovarsi davanti a v cioè ^revoUà N. 274 
paveraia pavcrinna accanto a pcveraia jìcvcrinna^ 
nomi d' erbe che si riconettono a pevcr « pepe » 
(pipere-); davanti a {: sahnaìia C. Il, 207 accanto 



I • * Vale a diro e conserva il suo carattere generale; il suo 

colorito speciale va però un pò sciupalo se ridotto ad alena. 
L* e di iervhi non è più tutt* alTatlo 1* è (&) aperto di ierva 
quantunque non si scosti molto. Tali $ noi trascriveremo 
sempre per €. 



» 



\ 



Voena Àhne lOS 



fi seliuatìa «seUimnna» N. 381 Baltroìh «Beltrame» 
fr. Dertrandv pnlpiilinna «una stoffa che viene da 
Perpigiiano » maUdò^ a la matàlò « à la matelot » ; 
datanti a r: carsetU «lievito» (crescente-) uiarcd e 
mcrcà^ sttirniiiìà strana ìà «starnutare» taramòii 
« terremoto » travati intravall cioè *t*irvtdl « inter- 
vallo » sarmzid C. 1, 03 « osservazione » qnaréà 
« coprire » qnarcèH « copercliiello » «la qHcré « co- 
perchio » sarà « serrare » fare « fabhro ». (ferrario-) 
ilari V. a. « ultimo » («Ic-retro) sarnì e semi « sce- 
gliere » (cernere) sargcnt « sergente » niasarà «ma- 
cerare » farnesia « frenesia » carthnza « credenza » 
carvcllte «cervellate»; Ciieu. s. *ciallamaeda\ har» 
tabèll baltravèll « bertovello » (vertovelo-) far^acost 
(feriao augusti) vartì « avvertire » consarvif C. I, 99 
«conservatevi» qnarcìla «lite, querela» sard «siero» 
(sereno-) mariiwria « memoria » N. 2 1 5 vcrnairi V. 
M. cioò venardi^ Barthhl^ tarnegà eternegà «soffocare» 
{inter-necare) scargdà «vergheggiare» (verga «virga) 
«/arili e sterni « Tare lo sterno o il letto delle be- 
stie » (sternere) Arzilla « Ersilia » armvlt « ermel- 
lino» armnfroditt «ermafrodito» argaster «ergastolo» 
arborari «erborarip» arctig «eretico» arbio accanto 
ad erbio « piselli » (ervilione-) Varcij « Vercelli » 
nel titolo deir antichissima boshiada ' la resa de 
Varcij ' citata dal FuCHS R. S. Ili, 473 ecc. ecc. 

par anticamente per pcr^ parchi^ el parche e ti 
parcòmin « il perchè e il percome » parso « perciò » 
parfinna « perfino » inipartinenzi C. II. 55, m- 
jMrtinenl C. Ili, 37. Ad ^ar" riducesi pure V -er- 
d'infinito (légore tacere) nelle composizioni di fu- 



"J^"^^^"**^" •■*,.* 



/ 



106 Cnnlnlo Ut. 



I taro e condizionale : legare «leggerò» tasnr^ «tacerò» 

I metariss « metterei » vedarii « vedcria » ecc. ; e non 

sarebbe impossibile che lo stesso 'or* in cantar^ 
maigaria ecc. piuttosto che V-arc primitivo conser- 
vato altro non fosse che un ^ar^ secondario da cr 
di cui abbiamo esempi in Bonvesin il quale, del resto, 
mantiene sempre intatto 1* e davanti a r non solo 
ma riduce anche non raramente 'ar' ad -er-. ^ 

-nr «-er postonico in gencstar cioè genèster N. 90 
in bazar accanto a bazer e barsoi «specie di bastone» 
(bajulo-). 

I)a trovasi raramente u&ito per de come : el nost 
parla da Milan nel Prissian C. I. 79 ma trattasi 
\ soltanto di scambio tra de e da. 

! 100. = 6 interno: domanda doma «domani» 

j somenà «seminare»; prosjwrQs «prospero» bort 

« capezzolo » che Ferrari vuol trarre da ubcrino-^ 
Cher. 8. *borin', ma che il Mussafia Beitr. 45 n. 
vuol riconnettere al tema molto diffuso bor^ che ac- 
cenna sempre a qualche cosa di rotondo; rovcrs 
«rovescio» carnetd e carnova; angfl «angelo»; 
mofldga « meliaca » (armeniaca) ; dallo stesso fase. 
\\ del R. T. (81) da cui estraemmo gli esempi /às^o- 

I: mela ecc. a N. 83 ricavansi pure: vedéìidom p. 38 

« vedendomi » ertdoni p. 57 « credermi » che gene* 
Talmente suonano vedendem credem e da poesie vo- 
tanti: védom « vediamo » se mèttont « ci mettiamo » 
vorum (cioò vorom cfr. p. 3C n.) « vogliamo » gene* 
ralmente: vcdem mèttenK vorem. — Bonr. ramasi^ 
« riasasi » enintoroso da cuinter. 



' Però tegnari «terrete» efr. Masciiea p. 49. 



VoeaH Aìoh$. 107 



^ Sovvienmi d* aver letto, non mi ricordo dove, dHrtì per 
dercl «aprire». Rimonterà certo quella forma a un'epoca 
nella quale non aveva ancor avuto luogo la metatesi di r 
N. 217 d. e r f? per e fu certamente determinato dal v che 
allora seguiva immediamente a e cioè durtì^ d&rrì^^dewire* 






101. (l ■ e interno : tìAoià accanto a devia « ti- 
gliare» (de ♦vigliare) Diess W. 410* intpHìiHiuanc \( 
C. II 132 e altnive« accanto ad imiUnefìnmc « non \i 
ofttaute, ad ogni modo » (in più uè manco) wHs^gra 
accanto a ffiesfffra « Talee messoria » wUssort « pic- 
colo segolo» 9hiì>HtA accanto a uicsiird «ciò che non 
iscatta d*iin pelo né in più ne in meno a riscontro 
della parte ove 8*ha ad annestare » (misurato) Chkk. 
8. Sisiiraa*; rr/.A /fi/ri «rifare i peduli alla calze» jì 
da 2>c{/t1 « peilule »; gìl'isiViit accanto a gessUm per ' 
cui ci sarà d* uopo risalire ali* it. gelsomino; brianz. / 
^iVficll « gemello »* 

102. fase interno: ha luogo principalmente ncN 
Tinto e nella vicinan/u di palatali o linguali: iijatvr 
« teatro » galiòtt C. VI, 31 «galeotto » niìorà « ani- 
megliorare » b fflla « betulla » tuiQlla t. a. «midolla^ 
erianza « creanza » piocé « pidocchio » Kapolio «Na- 
poleone » ho « leone » viijaf 8 (i secondario) accanto 
a mejaìZ da wiè; (uiilio-) pnji^à «paesano» (*paje- | 
sano-) ìnajsià « immngine » (majestate) Irònem «6e- ! 
rolamo» cìoh^Ironimo^^Jironiino^Jeronimo^ pìtanza '\ 
«pietanza » (pi- pji- pje-) pighirSla «piegatojo d*osso "< 
o di legno per piegare o lisciare i fogli di carta » 

(da pieghiròla) pidria « conca di legno con un ca* 
nello di ferro nel mezzo che si adopera per infondere 
il vino nelle botti » (pletria) linia « linea » s^r cioè 



',1 



■•«^ »■ mmm^^ 



'-<J 



lOS Capitolo llf. 



*sjor *sljor (seniore-) vina (vinea) maj «maglio» (iiial- 
ko- mallio-) rial accanto a redi « leale » era < aja » 
(*aira *aria area) : -j -ja (« eo ego) in sòja ecc. nelle 
condizioni di cui a N. 135 ecc. ecc. 

•aneo -oneo -ineo: stranni strania «forestiero -a» 
(extraneo-) cajùtanni < capitano » (capitaneo-) uio-' 

mentauni istantanni spontanni spontaniament; cani- 
pana cavedana ecc. shòrfla corion ecc. stcmena coU 
mena ecc. 

-aceo- -uceo- -Iceo- -oceo- cfr. N. 2, 27, 42, 57. 
Inoltre: cori «cuojo» (coreo-) siora «stunja» (storea) 
jìlfzz (putco-) Uììzi «lenzuolo» (linteulo-) mnzà «am- 
mazzare » (matearc) ecc. Anche mi ghè ti ve dativi 
proclitici dei pron. personali nn^ /t , ÌH^ le, vijalicr ponno 
divenire (secondariamente) Ufi ghl ti nell* iato, p. es.: 
che mi je lassa accanto a cJie me je lassa « che me 
li lasci » ì me mi ann « i miei me li hanno » da de- 
comporsi in ì me mi f ann e ulteriormente ìnmè f 
ann^ te ghl et «ce li hai» cioè te gìief d/, mif aveva 
« me li aveva » d /f à porìS via = el te f à porta 
> via « te li ha portati via » ecc. ecc. Vanno pure 

J qui registrati leggi accanto a leggei rohammi e ro- 

bimmei per cui cfr. N. 104 e, d.: 

siresa « ciliegia » (cerasea) iìgheza « segolo pel- 
Terba » (secare) iindirola « cenerentola » iinivclla 
N. 214 «cervello» e ulteriori esempi cercliinsi s. te 
atono; viéiira «vettura» giranni «geranio» lifii 
« iegnuolo » (lèft ss ligno-) ; minaotm accanto a tiieti- 
jroftà « menzionare » spizìi « speziale, farmacista » 
Bonv. spÌMÌalniente. 

Altri esempi di j ■ e senza causa apparente saranno: 



Vocali Àhne. iW 



tinivUla € trivello > (tercbello-) T or ora addotto 
sinivclla col suo • nella seconda sillaba N. 214; sifjUra 
styflrà € sicuramente, assicurare» (securo) sigii e 
se(,a «scure» sh^Un «accetta» (secure-) lì vera 
«specie di leva» (levaria) nhlolla «midolla» (cfr. 
più sopra mt^lla) in cui, a dirla coli* Ascoli, Ardi. 
I, 20C, «appare come fuso Tantico tipo ladineggiaute 
(n'óia) col ti|)0 italiano (midóla) ». 

Ih* e Jf-, prefissi, restano sempre e dove li Te- 
diamo alternare con n- di- trattasi, più die d'altro, 
d'influenza letteraria italiana. 

L* ì por e atono deve essere molto comune in 
Brianza e pnjonmi provarlo eloquentemente gli esempi 
di t per e in parole latine citati dal Chrr. V. 202 : water 
dii'olionis^ fuìcris arca (foederis, federis secondo la 
pronuncia italiana) elio solo una carattestica molto 
comune avrebbe potuto venir così facilmente estesa, 
noncbè a parole d'origine letteraria, a vocaboli latini. 
103. Sincope di e ha luogo in: scucirà «cenere» 
(cin' re-) tender «tenero» (tea* ro-) N. 25D cambra 
«camera, ferramento di forma quadra o tonda» e 
talora inginocchiato, che si mette ne* lavori a sai- 
dezza, a ritegno, a guida di alcuna loro parte » 
(cam* ra) N. 234 drovà cioò * dovrà «e adoperare » 
sehhlter «scheletro» prifjher « pericolo» Urrà V. M. 
« finire » (liberare) Dia ne libra « Dio ne liberi » 
incadavn «incadaverire» sprèlla «Asperella» òtìra 
C, IV, 327 «opera di musica» Fedrlg P. 150 «Fe- 
derico Catriut^ diin. di Catarinna, adsedèss C. IV, 36 
« or ora» (adess-adesso) gaslètt ecc. se come vuole il 
Flrchia ' da easlelletto cfr. però N. 316 agher « acero 



H 



• '' 



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f 



110 Capitolo III. 



fico (acero-) cioè *agr *agro nella quale parola la 
sìncope dev' essere antichissima, anteriore airaltera- 
zione generale di k in é davanti ad e i. Sincopi che non 
sono affatto neiruso milanese e rarissime nelle scrit- 
ture sono le seguenti : r'gòj a regoj « raccolgo > nel 
▼erso, C. Ili, 49 n., 'e r' ffòj d scohulìzz de la dot' 
trina* e toj 'n per fojfU « tolgono > se ne tocj 'n i hiz' 
\ jsarij C. I, 19. Aorf} veihj} dovrl» podro per avaro ecc. 

\f non sono del genuino uso milanese quantunque sMu- 

I contrino qua e là nelle scritture. Frequentissima in- 

I vece nei documenti letterarii dei passati secoli è la 

f sincope di -e nei pronomi proclitici ntè té s8 glie né 

vi: e (f t8r C. I, 10, che t' vesti C. I, 9 no m' do- 
mandè C. I, 105 che V pò gratàtt.C. I, 100, no m' 
de temp C. I, 83, che g' guarda adrè C. I, HO, che 
ff diga C. II, 12S, la *' te C. Ili, 337, s' fa C. II, 
128, {a t' somhja C. III, 263, se t' scandalizap-f C. 
II, 132, che s' vòhhia C. Ili, 211, se no s' desmctten 
C. II, 153 no s' guarda C. II, 142, quèll che V m' 
é fd fa C. II, 212 «quello che tu m'hai fatto fare» 
e via n' *' porta i cadenus C. II, 365, noi «' dige- 
rìss C. II, 50, el g' fé tra C. II, 234, ci tf v! incaga 
C. Ili, 221, se m' vorf le C. Ili, 271, el tu' vBr luètt 
G. IV, 236, quant ffanc s^ conossen G. IV, 105 
« quanto meno si conoscono » ecc. E lo stesso valga 
della preposizione de e degli avverbi di modo e di 
luogo come dove N. 435 e precedenti ad altra parola: 



* Di alcune forme de' nomi locali delV Italia Superiore» 
Dissertaziani linguistica di Gi0VA3i.ti Flcgiiia» Torino, 1871. 
— V. pag 81 32 8. «Gtslago*. 



Vocali Àiim$. Ili 



cowf fa Cf I, 8, oAS d' l^r C. I, 9, on pg d' cousèj 
ib., fodra d' sendal C. I, 13, doo" no gV è C. I, 14, 
piena d* goj «piena di gioje» C. I, 16, rfoi^ quanti 
ghe v^ C. I, 105, doì/ no ghe da ib., on j)!/ d' danè 
G. I, 109, pròoa d' faéóa tòsta G. Ili 129, com' ne 
de C. II, 225, coni' s' rSr C. Ili, 225, in log d' sa- 
veven mS C. Ili, 272 ecc. ecc. 

Bonr. Iia adoltro desedrar invtdrisca (<la rctere-) 
weltrix «meretrice» recovrao «ricttperato» sidradha 
« assiderata ». 



E cr uscita. 

104. Caduto : a) nella desinenza romanza dei 
nomi delia 3* e 5* declinazione al singolare: c3 
(cane-) pa (pane-) fior « fiore > * j « sole > caiadgr 
« cacciatore » reso « ragione » set « sete » ecc. fed 
(fides-ei) dì (dies-ei) ecc. 

b) nella desinenza dei plurali femminili della T 
declinazione ^ dònn « donne » rhi « rose » paròll «pa- 
role » £r « ale » bàUì « balie » strànni « estranee 
forestiere» iJ^/ «idee» sing. idcja t. s. ^j* di iato staffff 
« statue » sing. statgva N. 278 viU « vigne » donai 
«donnaccie» ànini «anime» bonisscm «buonissime» 
alegher «allegre» instess «istesse» tender «tenere» ecc. 

e) nella desinenza dell'infinito presente: matfffà 



^ Yonunente tratterebbesi qui di -«10 latino; ma V •€ è 
seni* alcun dubbio romanzo e il suo dileguarsi va classificato 
qui per meglio rischiarare il fenomeno della caduta generale 
di -e. 



112 Capitolo JIL 






I 



/ 






vede sentì = waììffìar veder sentir N. 206 Nei verbi 
in 'ère non sarà caduto soltanto 1* e d'uscita latina 
ma anche l* e d* uscita romanza che rimaneva dopo 
che oltre all' e latino era caduto acche il r che lo 
precedeva avendo cosi pel moderno - milanese Ifff(/=' 
mlcyc=:léi/crslegere. — La fase mavgnr veder sentir 
Ivfjer ecc. è ancora viva nelle combinazioni di futuro 
e condizionale mangir-T^^ sentir {} vedap'-c} hgar-f/ 
X. 98 e la fase lefje vive pure tuttora quando al- 
l' infinito s'appof^gia un pronome enclitico légen in* 
còrges «leggerne, accorgersi». Potrebbe anche am- 
mettersi qui che V e fosse una vocale irrazionale 
introdottasi a rompere il nesso mal pronunciabile 
che sarebbe sorto dall' incontro della consonante 
d' uscita del verbo nella sua quarta fase Irgg fgmp 
incòrg ecc. colla consonante iniziale del pronome: 
dunque *lcga 'romps *incòrgs sciolti in leyen rgmpes 
incònjes mediante inserzione di e irrazionale; e la 
vocale irrazionale è realmente ammessa pel milanese 
dal Maschka ' e anche dal Mussafia pel dialetto ro- 
magnolo (colà u) nel quale si riproduce la stessa 
posizione che in milanese e tnovtun credum sono da 
lui ridotti a cred(er)-m(i) mòv(ere)*m(i) come mcrwn 
a %narm « marmo ». — Un- buon motivo però per 
a*edere che 1' e milanese di quelle combinazioni sia 
un vero e etimologico si ricava dal fatto che quando 
il suiBsso è il pronome i (li gli), nel quale caso, 



* Con/yg, p. 40 d): « dappertutto dove davanti ad un af- 
lisso verrebbe a utare una consonante vicn Inserto un e • e 
riferisce gli esempli: denpèrdes «disperderai» /en^cn stin- 
gerne (tingere a noi) erèsBfff <crescrr(;li» pcntet «pentiti». 



VocftH Àhne. 113 

trattandosi di una vocale cbe va a congiungersi con 
nna consonante (romp^i), non può esser questione 
di nesso impronunciabile, troviamo tuttavia conser- 
vato quell' e e invece di Icffffi rgmpi < leggerli rom- 
perli » che dovrebbero essere il risultato di hgg^i ecc. 
abbiamo Uggti rQmpei cbe solo possono essere il ri- 
sultato di leggeri ecc. Leggi ronijn esistono bensì 
accanto a leggci r^mpti ma quell' i di desinenza altro 
non è cbe una riduzione secondaria di-eicfr. N. 102. 
Nò potrassi asserire che leggci ecc. sia analogicamente 
modellato su mavgài veìlbi « mangiarli vederli » ecc. 
che lo stesso ci e la stessa ulteriore riduzione ad ì ab* 
biamo pure quando il pronome % s' appoggia encliti- 
camente ad altro pronome come in mamìaghei e 
mandaghi « mandarglieli » rohàmmi e robdmei « ru- 
barmeli » i quali esempi non si potrebbero spiegare 
da quell'analogia. 

d) La stessa posizione che peli' infinito sul tipo 
di ìegge si riproduce peli' imperativo tanto dei verbi 
iu •ère che di quelli in -ère e varrà per esso quanto 
fu detto qui sopra; t&$ wSfrgmjì «taci muovi n^ropi» 
(tace move rumpe) ma in unione con un pronome * ; 

enclitico: wocvt «muoviti» r^mpcm no 'l cp «non , 

rompermi il capo » vendei e vendi « vendili » ecc. ^ 

— In Bonv. 1' imperativo ha ancora il suo e d' u- ; 

scita* atende^ e l'infinito -ere si ripercuote in parte 
per 'è in parte per -Sr : conzonze (conjurgere) caze 
(cadere) cognosec reprctide e insieme couzonzer cazer 
cognoscer reprender; anche la fase moderna vi ò rap- 
presentata ma per un sol esempio : sotpon «sottoporre» 
(ponere). 

e. Saltioxi. S 



114 CapUoìo Uh 



e) e cade ali* uscita romanza nella desinenza ver- 
baio 'issi{fn -i) 'assi(fn ^t): caniass «cantassi can- 
tasse » tasèss « tacessi tacesse y> sentiss « sentissi 
sentisse » cantar^iss scnfir-iss « canterei sentirebbe 
ecc.» (-iss « -habuissem -t). Pella 2* persona sing. 
(-asses ecc.) cui va sempre suffisso il pron. ^t {se te 
cantasset « se cantassi ») non possiamo stabilire con 
sicurezza se trattisi di -assi (it. cantassi) o di ^asse 
(-asses) ecc. Parla però per -assi Bonvcsin die ha 
peccassi venissi ecc. e la tendenza generale a far 
sortire in -ì la 2* persona singolare. 

f) Caduto è pure ^e nella 3* pers. sing. dell* in- 
dicativo pres. dei verbi in -ore: ci ids «tace» elpias 
(placet) e anche ih legg « legge » r^mj) (legit rumpit) 
tratterassi, piuttosto che di -i caduto, di •€. 

Il) nei numerali cinqa shtt vif dès. 

i) negli avverbi ma « male » ò? e nella desinenza 
avverbiale -menie: sigUramcni ecc. 

j) nei pronomi enclitici me te se ne ve glie quando 
B* appoggiano ad una voce verbale ; lasscm «lasciami» 
lassati « lasciarti » (lag « dagli » vnlngcn « man- 
giane » ecc. cfr. anche N. 103. Ritrovasi però V -e 
quando a questo pronome ne venga suffisso encliti- 
camente un altro: damm « dammi » ma dammcl 
«dammelo» lassati ma lassditel «lasciartelo» daghen 
« dagliene » mavgjtien « mangiartene » ecc. 

105. e d*u8cita rimane talvolta nei due aggettivi 
ceri qnani quané ai fem. plur. ma solo apparente- 
mente che altro non vi avremo che V-e italiano: se in 
meiM a tance d' óH^r G. IV, 304, tanee parjìSr G. Il, 
108, iance grati C. Ili, 184, tanee voli P. 81, tanee 



Vocali Aione. 115 



piani P. G7f certe còss C. Ili, l8l, ecc. Italiano è 
pure il grazie grazie P. G7. 

106. f per e d'uscita avrcino in: ì «le art, esse 
pron. » $tl «queste»: idònn^ i dU^ «le donne, esse 
dicono » di dòitn « delle donne » sii dònn « queste 
donne » ; qui « quelle * qttf dònn « quelle donne » ; 
ì hcj * dònn «le belle donne» i me cari dònn « le mie 
Offre donne»; tauc^ qnarcsem C. lY, 179, qnaiìc 
baila « quante balie » C. VI, 40, quané catttf nóce 
«quante cattive notti» C. VI, 51, tilcé sii richèzz 
«tutte queste ricchezze» C. II, 214, de lìléc i sari 
«di tutte le soite» C. II, 101; certi rò% «certe 
cose » tanti dònn^ quanti dònn ecc. 1 per e d' uscita 
sta pure in un certo numero di parole d* origine 
letteraria: p. es. affari^ on affari «un affare» inveci 
«invece» ciìitòcli in angiA ctìitòìi «angelo custode»; 
forai di fronte all'it. forse. 

È fenomeno costante nel dialetto di Busto-Arsizio: 
aniiga$Henti^ pasi «pace» mentii gentil de tati i razzi 
«di tutte le razze» da chi rohi «di quelle cose 
(robe) » disi « dice » piengi « piangere » (|>iange(re)) 
vòri « vuole » dossi « darsi » (darse) andaghi « an- 
darci » (andagbe) dighi «dirgli» (dighe) ecc. 

Zi, f, articolo, per le sono già in Bonvesin. Muss. 
Bonv. 18. 



I Tanè ^tantjn tanti \ bèjnbelj^ belìi. In milanese plurale 
mase. e piar. fcmm. foineidono nella stessa forata: hrUtt 
dònn « bratte donne » brùtt àmen « bratti uomini ». Questa 
uniformità fa poi analogicamente estesa anche ad aggettivi il 
eal piar. mase. doveva differire esseniialmenie dal piar, femm* 
facendo servire li mase. per ambedue I generi. 



116 Capiioh lir. 



107. asc iV uscita: a) nel plurale dei nomi ma- 
sellili in -(c: % povètta % profclta i moiétta sing. mo- 
iétta € arrottino » ; t balista sing. balista « sballone 
favolala» ecc. 

b) nel congiuntivo pres. dei verbi in "are 1' e 3* 
pers.: che mi canta^ che hi 'l canta, certo suU* ana- 
gogia di Icgam Icgat ecc. 

e) in una quantiti\ di nomi della 3* declinaz. pas- 
sati neir analogia della 1*: insa « pece » pesta « pe- 
ste » ecc. 

d) nelle desinenze di certi nomi e forme verbali 
in cui caduto l'è sarebbe rimasto all' uscita un nesso 
consonantico di faticosa pronuncia. * Questo nesso 6 
per lo più costituito da liquida cui segua altra liquida 
o una nasale e vien sciolto in altri dialetti coli' in- 
serire una vocale irrazionale fra i due elementi del 
nesso. — Il fenomeno tocca però non solo -e ma 
ogni vocale esposta a cadere all'uscita e per questo 
noi nelle seguenti linee piuttosto cbe di trattarne 
solo in ciò che riguarda e verremo esponendo siste- 
maticamente il procedimento in tutta la sua esten- 
sione. I nessi in questione ponno essere: -ri- -rn- 
-r«i- poi -re;- -J/- -Jr -j'n- -5mi- e solo sporadicamente 
-rr- •/>- -r/- -jr- {gu). Dunque: 

a s e : perla « perle » la crgs de la jìcrla finn « la 
croce di perle fine» P. 96, i perla C. Ili, 77, 



^ Non tanto faticosa però per chi parlava quella specie di 
lingua fbri<1a né italiana, né milanese che ci è così ben ca- 
ratterizzata negli scritti del Maggi o del Porta; cfr. nella 
^Marchesa Paola Travasa* del Porta: ^Anseim esaltarm ra^ 



memorarmi ecc. 



j i iLj iM U — aM^gagìagri^ w.ju i, ^ ., ■ ^— paqpigB^ffp 



Foen/i* Alone. 117 



182 1 t sistèma €\e cisterne» G. IH, 51, i fìamm 
etèma € le fiamme eterne » C. II, à48, i arma e le 
armi » (arme) coi «d ilrna € colle sue urne » C. 
VI, 121, i gnardi notilrna^ «le guardie notturne», 
Chkr. 8. *guardia\ gendarma « gendarme » el scòria 
per '^scòrl da ^corH « scuotere » el dorma « dorme » 
per *dòrntf ci sèma « sceglie » (*cernire cernere) 
il dèrva «apre» (iler?!) cassa serva? «che serve» 
ci scovra « scopre » el soffra « soffre » eontparta C. 
Ili, 233, r it. « comparte » le quali forme potreb* 
bero esser anche tutte forme di 2*" pers. d'imperativo 
e non ne mancano esempi cfr. Maschka, 19d); se- 
£fiia, italianismo, « segue » sangua^ esclamaz. « sangue 
d*un Turco!»; i bajla «le balie» G. HI, 204, i 
lecòjra «gliiottornia» C. Ili, 218, (lecòria lecòjra) qnij 
sajiia C. II, 330, sing. la sajna « nome d* una mi- 
sura, d*un recipiente» DiEZ W. 411. Il singolare 
canta « carne » potrebbe andare registrato più sotto 
(a s i) e allora sarebbe qui al suo posto il plur. carna 
«carni» C. IV, 326, (canta plur. di carnQ)\ lo stesso 
valga di stèrla « sterile » masc. e fem., camp stèrla^ ^ ( 

cfò/ttta stèrla che potrebbe anche rimontare a masc. .i 

slcrlo femin. stèrla: e andar registrato più sotto j 

(o«a).* 

a ts I : I fgma « forni » t cónta « corni » Chbr. s. 

*8Condes\ salma « salmi »C. VI, 142, t plaus etema 

« i plausi eterni » C. Ili, 210, merla « merli » G. 



1 Di iterla non e' è mai occorso 11 plurale ma saonexà 
corto $terh per ambedue i generi rimonti esso a ^sterili 
(•is-es) a masc. UlarUi (2* deci.) femm. Uterihe (i* decL) 



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118 Cffpitoh iir. 



II, 306 gèrla « gerle » (in mil. questa parola è di 
l genere masc. dunque * gerii ' ) ferma « fermi » t 

subalterna^ De-Castro R. C, 14, t inferma G. VI, 
39, conigrna C. VI, 72, 122, milla iufèrna «mille 
inferni » P. 99, t governa C. Ili 134, i modèrna C. 
VI, 115, ì sistema di modèrna «i sistemi dei mo- 
derni » C. IV, 341, t Urla « gli urli », P. 22, i sofi- 
sma^ canta « le carni » qualora non rimontasse al 
plur. * carne \ ▼. più sopra. 

ii^o: gèrla mèrla Carla C. IV, 152, 204, orla 
« orlo » Urla accanto a Urlo « palèo » histórla « lu* 
natico » aìrla e cUrlo « curro » sigma « sordo » sem* 
pitèrna^ igrna « tornio » /onta « forno » cofQrna 
« stivalone » (coturno-) inverna^ intèrna^ SafUrna G. 
IV, 220, el cupstorna « capogiro » G. II, 58, governa^ 
còrna^ modèrna C. II, 14, etèrna^ on piasè eterna C. 
VI, 190, on mecend modèr$ia G. VI, 137, on tèrna 
« un terno » ib. V esterna e V inthixa inn de concert 
« Testerno e Tinterno vanno d'accordo » G. VI, 150, 
cbr matèrna «cuore materno» C. VI, 116, V am^r 
paterna C. VI, 132, qnintèrna «quinterno» elretgrna 
«il ritorno » /erma, inferma C. IV, 128, olma «olmo» 
salma « salmo » battesma « battesimo » G. Ili, 271 e 
IV, 161, harbarisma C. Ili, 43, fanatisma^ Dr-Ga- 
SIRO R. C. 219 despotisma ib. 83, higotisma^ paisà-- 
nesma « contadiname » ciasma accanto a èiasmo 
« chiarore, bagliore » ; inoltre: salva « salvo » in 
salva error^ D£-Castro R. C 85, salva de quand 
vao G. IV, 185, stramba accanto a strambo « imbe- 
cille, sciocco » carpa « corpo » in alcune esclamazioni 
come (arpa d' gn biss G. Ili, 226, gajna agg. di 



Vncnìi Aione. 1 19 

cavalloi czatnoi morello senz* alcan segno bianco» e 
infine metièsira « ministro » C. II| 54. Per sterla t. 
più sopra. ^ 

108. Ci rimane a parlare in questo N. di e che 
funge da vocale irrazionale. Ha ciò luogo nelle stesse 
condizioni in cui a vien sostituito ad altre vocali 
d'uscita N. 106 d). Soltanto qui il procedimento ò 
di natura diversa come diversi sono anche i nessi a 
cui vien applicato. Il gruppo ò sempre di mutagli- 
(juida (più generalmente liq. ♦r) e alla durezza di 
pronuncia che verrebbe ad avere dopo caduta la vo- 
cale finale che gli segue vien ovviato introducendo 
fra la muta e liquida una vocale cosi detta irrazio* 
naie (vale a dire senza ragione organica) che in mi- 
lanese è e ; p. es. : 

c-r: sepolclier «sepolcro -i» mediòcher «medio* 
ere -i » (*sepolcr •niediocr) 

g-r: alegher «allegro -i -e» me ralcgher «mi 
rallegro» C. I, 107, IV, 229, III, 85 e altrove, 
negher « nero •! -e » magher hogher «ragazzaccio» (il 
frane bougre) segJicr «segale» accanto a segra agììcr 
«agro» agher « acero » N. 103. 

b - r . otQher dcsember setember liber «libero» Qmber 
plur. di ombra member « membro *i » f 

T-r: Vaver «Yaprio, località del contado mila- ^ 

nese » liver G. Ili, 192, plur. di I/vra, eaver plur. . ^ 

di eavra « capra » fever « febbre » ; 

-ebile-: Bonv. •evre mod. -erer: morever «amore- 
vole» piasever « piacevole » pieghever serviaiever g^ 
dever rettdever caritatever C. IV, 322. Bonv.: uosevre 
plur. nosivri^ eolpivri easonivri ecc. 



120 Capitoh 211. 



t-r: schèller e scheletro -i > olicr scaltro -i -e» 
rewter, majhter minester cnlcr (intra) uwUer d'anua 
« mnitre d* armcs » ecc. 

d-r: tnedey « niodono, modello» (metro-) jmdcr 
maiìer ìader quader « quadro » tender « tenero » 
(*ten*ro- *tendro *tendr) S'iudcr «cenere» (*cin're- 
*cindre- *cindr-) veder «vetro» Peder^ lampedcr «laui* 
preda » (lampetra) ecc. 

p - r : vhspcr asper sentper ecc. 

b-1: dobel C. IH, 104, IV, 322, plur. di dohh, 
una moneta spagnuola. 

Altre vocali che fungono da vocale irrazionale sono 
a in gencstar accanto a genhstra nel qual esemplare 
trattasi evidentemente di a da davanti a r (*ge- 
nèster *genè3tr cfr. X. 90 a. 99) ed 0, ma solo da- 
vanti a 2, in :;^embol « gemma, pollone » cioò gcm- 
mulo- *gem'lo- *gcmblo- *gcmbl, cfr. N. 234 ed Ascoli 
Arch. I, 303, in supcifol « superfluo » cioò *superflo 
^superfl e nel contad. stomhol Na 29, 234. 

Parole come vedr qnatir setnjyr ecc. non sono poi 
creazioni tanto teoriche quando pajono che esse occor- 
rono non di rado purchò nella frase in cui si trovano 
segua loro una vocale; p. es.: de cristai e vedr e im* 
broj C. I, 19, per la fevr e per la legna C. IV, 217, 
con qnij olir' in ordenanza C. I, 14, procilri legni 
Cììnt de sii qnallr^òss C. IV, 152, sempt^ in pè^ nome 
d' un balocco, i olir' even C. IV, 225, V allrèr « T al- 
tro jerì» 8Ì sempr' a temp C. IV, 313 ma olir* è ci 
retrait olir' è la soa presenza C. VI, 114 quel car 
sur podi'' ci ròr ittsci C. Ili, 1 G6, s* ci padr' eterna 
C. IV, 112, il padr' in del sellass C. IV, 107, dopo 



Voefili Atone. 121 



quattr' orasid ib. 109 ; fnadr^ * innanzi a Yocale per 
mader * registra espressamente il Cher. s. Unadr.^ E 
tale dovea certo essere in origine Fuso generale che 
la difficoltà del nesso venendo tolta dal potersi esso 
appoggiare su vocale susseguente diventava inutile 
in tale posizione, l'inserzione di e^ ma col tempo, 
persa ornai ogni coscienza della ragione fonetica loro, 
le forme del tipo veder semiìer ecc. finirono coll'esser 
usate anche davanti a vocale persistendo però sempre 
anche il tipo aempr aUr ecc. Anche forme come pia* 
severa C. Ili, 228 dagnevera «dannosa» tenderà sendera 
fevcra scheUert « piccolo scheletro » ecc. altro non 
saranno che dei femminili formati direttamente su 
jìiasever dagnever tender sender fever schèlter ecc. o 
delle derivazioni ricavate direttamente da essi e 
hanno del resto accanto a se le forme foneticamente 
più regolari tendra iendra G. Ili, 187, 188, 179, 
fevra G. Ili, 221, itUendevra ib. schèltn ecc. Vedi 
d'altronde: negro magròizer lihrèlt eavrèlt padrèfi 
madrèiVi ecc. 

In due casi i nessi t-r, v-r, e f-r vengono risolti 
come a N. 107 d) e sono: menestra « ministro » 
le voci verbali «còrrà «scopre» e $òfra «soffre». 

Ricordiamo che in .brianzuolo rispondesi per ventre 
sempre altro ecc. ai milanesi vetiter semper elter. 



t22 CapUoh III. 



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0* 

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I. 



109. Iniziale intatto in itìèja « idea » nella prepo* 
V sizione in sola, in cà in casa, e come prefisso : tuorli 

\i «rendere cieco» iuamord, imbonii « brunire » imbibì 

|; «inzuppare» imbaca ivffust ivgoù «inghiottire» tu- 

«: (lilcinà ecc. 

;f Ilo. i iniziale caduto: rondala «rondine» (In- 

j< runduln) sfò « questo » (tato- proclitico) la Igr IS (lo) 

\\ Iff le (ìila Tllo illóruni) hlii «leccio» (*ilicino- da 

1* ilicio- da ilex ilicis) vcrncuf/ «invernale» lerizzia «itte- 

rizia» Talia C. I, 81, 82 «Italia» talia liònein C. IV, 
351, cioè Irònem N. 1 02 pacandria mondizia «iminondi- 
[ zie» iloraniisia «ignoranza» nozent C. II, 214, «in- 

nocente» nesià accanto a contad. tita^ià «improntare»* 
ninzà allato ad ininzà «incignare intaccare» e iuperia 
« vituperio » se da *ituperia N. 2G0 ecc. 
' 111. Anche ì iniziale entra talvolta nell* ana- 

' logia del prefisso tit-: intròprg «idropico» impatèrca 

\ « ipoteca » itirèrna, instcss « stesso ». Per instamatina 

insiann insterà inslesfd rimane dubbio se trattasi di 
quell'analogia o di in proposizione cho stia davanti 
a Biamaiina stann (st' ann) ecc. nella sua schietta 
funzione preposizionale, 
i. 113. Ù>I iniziale: tìslòria ilstrUment e forse 

I anche Viaria G. II, CO, « Ilaria ». ^ 



^ Potrebbe CMerc cioè EuMh e allora vedasi ai dittonghi 
atoni 8. *eu\ 



Voenii Aiane. I2S 



113. i interno. I rifleBsi della tonica si conti- 
nuano generalmente neir atona, e i rimane inoltre 
neiriato: ordff} «orditojo» torniQ ecc.| nella vici- 
nanza di palatale o linguale: sigada ccicala» iivera 
fr. civière S'gòfia «cicogna» eità ecc. e sporadica- 
mente in altri esemplari. 

114. as i interno: davanti a r: mannèlli dld mar- 
meli «dito mignolo» (min' niello- N. 118, 256) 
marmaja « marmaglia » (min* malia) tartts « tralic- 
cio-» (trilicio- DiEZ W. 324) sarixg accanto a serizM 
«selce» (silicio-) inthraiol N. 217 marlèll «bosso» 
(niyrtello-) har^^his* prefisso peggiorativo: harhìm 
harlììseà barkgà ecc. N. 298; cont. gurlanda «ghir- 
landa » ^ ; 

davanti a I: salta «incubo» (Sylvano-) salva' 
deg « selvatico » balansa « bilancia » basalisc « ba- 
silisco » sodappa « cilappa » malfoj « millefoglio ». 
L' al pron. proclitico di 3* pers. singolare cosi fre- 
quente nel Prissian dr Milan: eh' al pariva eh' al 
ve féopass % fahh G. I, 79-80 eom' al va ib. 80 al 
hesogìiarav ib. 81 ecc., altro non ò che el fuso 
con quel pronome di carattere indefinito che suona 
a, che ò tanto commune nelle parlate lombarde e 
può venir preposto ad ogni altro pronome od anche 
star solo davanti al verbo. * La prova che di ciò solo 



^ -^r- (-ire) resta intatto nello eombinaiioni di IVitaro e 
eondix. : sentir^ moririss dormiria eee. 

t (I sont « sono » a vèiU • vengo • a ia mazzi « t'ammai- 
to» a te veni « vieni tu? • a ràrem « vogliamo» a voti • vo- 
lete > eee. Nel milanese però 1* uso di questo pronome è al- 
quanto limitato. 



r 



124 Cnpitolo 111. 



81 tratta l'avremo dal pRissiAN stesso dove quest* a 
vieti congiunto anche con la te V\ ala sarà^ ala se 
parnoHzia C. I, 92 à' ai savèssen ib. 80 ai j)Oini dì 
ib. ai (lirann eh' al uost a V è ib. SO a V è el ver 
ib. a V è ben el ver ib. 81 ecc. — Nel V. M. C. I, 
52 è registrato el sa dal $nasòcc « sa di moscio > 
e non avrà altra cagione quel dal per del che Io 
scambio tra da e de di cui a N. 99 fine* Di vezzo 
spagnuolo parmi Val^ articolo alFaccusat. nel verso 
Unenter al fuond el Dencdaa renoeuva^ C. Ili, 198 
volendosi mediante al significare l'oggetto; 

davanti a i/, m ; sangUtt sajìiiter «singhiozzo singulto» 
franguhll (fringuillo-) zanforfia X. 215, 292;5;aii:(/ità ac- 
canto a :(iìì:(inà «aizzare istigare» N. 295 Mampcll 
«trama insidia» ssampell accanto a simhhll «inciampo» 
:;(imbtlà «zimbellare» (cymbello- Diez W. 34G) :^nn^ 
j^ania accantona :(nì;^ania «zizzania» N. 263 àanior 
« cimurro » andeghè per éiides indcs X. 2G (indica- 
no-) andooe per indQve più volte nel fase. 31 del 
II. T, 37, 51 ecc. ranfiilà accanto a rinfinà v. a. «ag- 
grinzare increspare» e infine addurremo, senza assu- 
merci la responsabilità dell' etimo, alamene accanto 
ad alimene « ' grido di allegrezza con cui altre volte 
i ragazzi e la plebe salutavano le spose novelle al 
loro uscire dalla chiesa, quasi volendo diro all'imeneo 
all'imeneo ' » ; 

inoltre tajo accanto a t jo (semplice tij) « specie 
d' abete » (tilione-) e bassofìo basenfi accanto a be» 
sinfi (bis-inflo-). 

In sillaba postonica: salas accanto a sares «sa- 
lice» i'rjìas e derivato erpasinna e specie d'erpice 



Vocali Atone. 125 



coti (lenti di ferro assai fitti» e loro accanto èrpcs 

115. 0=1 interno: botiimm «bitume, specie di 
mastice » Chrr. IV, 32 ; ol per f7, artic, è talvolta 
nelle scritture : scora ol loci C. I, 64 ; lo si trova nel 
Maggi nel Birago e ancora oggidì in alcune Bosindd. 
Non so se ol per el fu mai detto da bocca urbana 
ma ò oltre che nell'uso basso-briatiteo anche in quello 
d'alcune parti deirimmediato suburbio. — 

In sillaba postonica talvolta davanti a nasale o 
2, I : nltofn minom nespola (mespila) nivoìa «nube» 
(nubiln) daitol « dattero » (dactylo-) ilòdona Modo- 
uSs « Modena » (Mutina), martor « martire » mar" 
torba « un povero scempio » f/aròfol (carriophhylo-). 

116. ft«I interno. Principalmente davanti n v: 
2'tìi'id « piccione » (pipionc-) dìivU accanto a divìs^ 
d ih' é dìlvls «mi pare», da divisO' DiEZ W. 120 
indilviiià « indovinare » (divinare) ptìvid accanto a 
pivid « piviale » Dirz W. 390 jiUvè accant<i a jmè 
« piviere » pilvate ìiivatt « il piever minore » :^p:{h% 
cioè *zen£iln «giuggiola» (zizypho- Diez W. 1G6) 
nel quale esemplare però il potrebbe anche venire 
da di base romanza (cfr. cròtt = crypta), zenzilari 
cioè *senXtìvari »zenzero» (gìngibario-) pùvida « pi- 
pita » (pituita)^ O/Ont. rtìcà «arrivare»; 

davanti a m: éii'hQr «cimurro» hVuasso, T. d'O- 
rolog., il frane, lima^on^ nel qual ti però potrebbe 



* li niilaiiGSc ha anche piicUh piiida (con A accchlalo) «1 
cni rapporto con piivida non è tanto facile a slabilirai ; cfr» 
Diez W. 240 Sch«xeli.rr Hom. Vliism. 09 e ultimamente Pùii 
Kuhn* 8 Zeitschrìft XXVI, i52. 



126 Cfrpiloh IIL 



essersi. maiiifcstAta rinflueiiza di hì'naga che concorre 
con hìmasso a siguificnre le stesso oggetto i cont. 
sil'iià «decimare» (cima); 

nella vicinanza di labiali: iilhi e esibire » pnnid 
« opinione » contad. lucer « bicchiere » piìsiut di 
fronte ad urbano pìsiux (t>iccinin(»). 

Inoltre: /fin «leccio» N. 100 iilcòria «cicoria» 
che in origine altro non sarà che una freddura pò* 
poiana (su zìlcca « zucca ») passata poi, persane gi& 
la coscienza, nellVuso commune. 

117. = i interno è favoritissimo: vest «vicino» 
Test « Ticino » vede fcnì trehUlà trcliìiial vchìpvri P. 
95 variabclitS biìitd «abilità» matremònni tesicwhnni 
Ictigà «litigare» ferfd «frittata» vertuf}s «virtuoso» 
pe ir B « imbuto » da pidria redicol dcseucmts « ne- 
mico » (dis-inimico-) ordenari strasordenari messizia 
« amicizia » C. II, 54 e altrove wcjszidi « omicidio » 
C. IV, 129, melUar vegilia pegritia prencippi « prin- 
cipio » eenzegà ancanto ad ineigà metitcstra G. II, 54 
«ministro» osjmìd «ospitale» semildUlena dnelis* 
sem beliard « bigliardo » bdièU « biglietto » vesibel 
Serenila « Sirena » ecc. Cfr. anche la parola latina 
ti nomcnepairis \ 

\A%^ bestirà «ritirare» besgnc «bisunto» beseatUà 
«cantacchiare» bescòU «biscotto« bescst «bisestile» 
besinfi « enfio, gonfio » besbllli « bisbiglio » ecc. 

dÌ8- desfà desenemls deswentegà desjuatà « sco- 
prire » de$provi$t «sprovvisto» despiash despresi «di- 
spetto noja » , (dis- pretio-) desperà desffrden desin* 
viAt ecc. ecc. 

Per je riflettesi pure talvolta )i <s;Ii) accusativo 



Votnli Ahìte. 127 



plurale proclitico masc. e femm. del pronome per- 
sonale di 3* pere. p. es. Vi U je fa « egli li fa » hr 
je matfifsn e essi li mangiano » a ehi je jmUega « a 
chi li pratica > C. IV, 272, je $a i9éé a menadiil 
« le sa tutte sulla punta delle dita » C. IV, 274, 
ine je diseva tuàé^ d ti e fneteva C. IV, 300 cioè el 
ti je metevasel te je fneteva N. 102 ecc. però mi 
f/he-j dj/ « io glieli do » mi fr} « io li fo » per mi-j 
fj)^ vijaltcr i tori « voi li volete » nii i rorem « noi li 
vogliamo ecc. •— Anche mihi tibi sibi riduconsi per 
fili (f si mi il si a me tè sé: el ine dà « mi dà » ecc. 
In sillaba postonica puossi dire che e per t è 
di regola assoluta; è questa una delle principali 
caratteristiche del milanese e come tale vien estesa 
facilmente a qualunque voce tanto popolare che 
dotta: hrindcs « brindisi » spirct^ Detnocret C. II, 66 
r/ravcdib., lo Fdered «Fileride» FiròHein «Filo- 
timo» Hislotel «Aristotile» G. Ili, 135<iiiem «animo» 
Sm Sater C. Il, 206 «San Satiro» oppòset spnr» 
pòsetf seinilittì lena C. II, 50, 55 paripateiega C. Ili, 
53 salvadeg eomparadeg C. Ili, 93 « la qualità, il 
grado di compare » parnòsteg « pronostico » medeg 
« Q^edico » còdeg C. IL 296 « codice » fahreg plur. 
«fabbriche» G, II, 86 mìnem pòlleg C. II, HO « pol- 
lice » hUsilles P. 1 5 « busillis » tònega pèrtega domènega 
ìUsteg fèinmena Qrden vermen « verme » vergen pèccen 
«pettine» asen òmen plur. «uomini» Aitela «Attila» 
C. IV, 337, t deeeem « le decime » C. VI, 35 Mene^ 
ghin storeg leped eriteg sta in una lìosinada del 
1799, maeelìen plur. « macchine » C. VI, 38 fisega 
ib. 45 aeqjuéla « acquila » C. IV, 309 benefega ib. 



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1 ? 128 Capiloio HI. 

\ ' ^.mmm^^m ■ ■ | I I ■ .1 i .. .1 ^ 

L 230 chimega miisega ib. 301, 302 òUcm scmpleza C. 



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VI, 73 lacrein plur. «lagrime» piramcd «piramidi» 
C. VI, 122 amala «zia» (amila) mantes «mantice» 
ri piìres «pulce» (pulice-) incantesem C. VI, 42, fca- 

»' ^e.9(?m, qnarcsetna; lilstrissein ilmelissem colciidissem 

l fczionatissem C. VI, 42 slcncd o «/è/?/rZ «dicesi di 

Ij carne sfìlacciosa e difficilmente masticabile » lamped 

l'i e lainpid «limpido» N. 28, ' ecc. ecc. Cfr. anche la 

{<{ parola ecclesiastico-latina corpus-domini che in mi- 

!:| lanese 6 corpiìsdhmcn ecc. Bonv.: domenerf a incarcgo 

jjj fernetta vergene fragel polex gomedhe mìrahele e mira" 

i*l bile, novissemo bellisseme ecc. 

i[| Bisogna però riconoscere che nei documenti più 

ij: recenti V i subentra per influenza letteraria princi- 

palmento in quelle parole che coincidono per etimo* 
logia e significato colle corrispondenti della lingua 
illustre come ilmid uìiim nohil ecc, cui stanno ac- 
]\ canto ùmcd ecc. Rimane sempre in facil dificil fazil 

tj difizil e in caliz « calice ». 

118. Abbastanza frequente è la sincope di { 
interno : limdsna « elemosina » tnasnà « macinare » 
carisna « caligine » asna asnada « asina asinata » 



•"! piìrisnà «prurire» (pruriginare N. 202) morisnà 



;i ^ Ad e riducesi pure 1' i dt 2* pera, sìnic* il quale • è pro- 

vato oltre che da Boiir. falii temi indie, prcfl., ingnerrinvi 
ffoiviy peccassi venissi impcrf. indie, e cong. ecc. da parlate 

Il lombarde che usano ofl^giunn^cr nulla alla desinenza. Mo in 

milanese moderno queir i va indissolubilmente unito a -/ (tu) 
enclitlcamento appoggioto: ie parici «parli» ie guardateti te 
saveveff se te credèsset ecc. Le forme in "avi (te cantaci) che 
roramcnte incontronsi nelle srritturc non sono del genuino 
uso niilonese* 



Vocnli Aion$. IS» 



i 



« molliEcare » (^niollicinare) fasnà « affascinare, am- 
maliare» ffhsnn N. 215 accanto a f tossina «fiocina» 
(fuscina) lilsnd « lampo » (^lucinata) desina C. Ili, 
217, 271 «la decima che si paga alla chiesa» e 
numero ordinale , biasnià « biasimare » pisnt C. I, 
6 per jìisinT « piccoliuo » brasca « bragia spenta » 
(brasìca) mscà « raschiare » (rasicare) aseass < az- 
zardarsi, osare » (ausicare- se), cfr. s. ^au atono* piovi» 
$nà «pioTigginare» disnà «desinare» quaresma cresma 
«cresima» vanta «vagliare» (vanni tare) rei ola «rez- 
zuola» (reticiola) sente «sentiero» (seniitario) andeghS 
«zazzerone, uomo che va ali* antica» andeghera « an- 
ticaglia» (amiticaria) N. 378 grinta «ceffo, muso» 
(a. a. t. grimmida) posta « appoggiare » (positare) 
nasla « odorato fiuto » che parmi sostantivo tratto 
da un verbo ^nasitare, strigga « striglia » (striglia 
striglie-) vcg^/a « veglia » fa la vegga de nóce « stare 
fra il dormiveglia» Cher. (^vigila vigile-) mèlga 
«melica» inspirtada C. II, 224 e altrove «spiritata» 
tèiertà «meritare» stòria «sterile» marmaja marmèll 
N« 114 armèUa «grano» (animella) stravolga «ap- 
passire » (varicare Diez W. 409) s^ass « sedersi » 
(seditare- se) erètta^ compra^ verni a erètta «comperare 
Tendere a credenza » (eredita) inzà « incignare » 
(initiare) donmedè «dominedio» eoe, 

-ebile : morever pieghever cioè *inùrevr *pieghevr ecc. 
N. 108 Licenza poetica troppo ardita e d* uso asso- 
lutamente estraneo al milanese sono il gravda «gra- 
vida» descavda (descapita descavida) che occorrono 
nel Maggi G. II, 269. 

e. Saltiomi. 9 



r 



I; 



fi 



190 Ckipihlo HI. 



1 (V nòcita. 



119. Caduto: a) nel plurale dei nomi della 2* de- 
clinaz. (nella analogia della quale sono entrati i nomi 
della 4^ e parte di quella della 3* come i neutri i 
-tts -orìs) : ho « buoni » cariti « carretti » alegher 
« allegri » cfr. N. 108 veder « vetri » carinut « cala- 
mai» cù(/d «cucchiai» spèco «specchi vece «vecchi» 
qidst « questi » capélo « capelloni » g%rd% « giardini » 
assido f « assidui » gènner « s^eneh » (genero-) fio 
«figliuoli» cauo\ ma «mani» còrp «corpi» temp 
« tempi » ecc. 

b) nel plurale dei nomi della 3* declinaz. nei quali 
r -» è sorto da •e (-es) : cu «cani» ho (boves) «buoi» 
d^lz « dolci » ecc. 

e) in hrindes « brindisi » e eorpilsdòmen « la festa 
del Corpus Domini ». 

d) nel numerale vint < vènti » che conserva però 
l'i in composizione con altri numeri: vintidH rm- 
atri ecc. Cfr. N. 20. 

e) nella 3* pers. sing. dell* indicai, pres. dei verbi 
in 'ire "ire dove però trattasi piuttosto di e romanzo 

:| (N. 104 f). 

120. 'i rimane: 

a) quando i di desinenza sia preceduto da -2- -R- 
! cui preceda alla lor volta una vocale; in questo caso 

I { si fonde con i in ^' e ulteriormente in j:^ cavai 



* Curiosa è la grafia -/(/ in aniinam^ la peli di animali/ 
C. I, WL 



rocaìi Aioue. 131 



<ìnitnaj tot « tali » eorai < coralli » fiitV « muli » 50/ 
4( suoli » seeoj « secoli » ;>ò;)o» « popoli » f radei castèj 
hèj 8QJ «9oli» {nI /rar77 hi casti ecc. = ({ti/; fradii btj 
castij N. !?0; e certamente andr& registrato qui quèj» 
'qnaj ■ < qualche » cioè quale con e d' uscita assotti- 
gliato in f : qnej = qnaj - giroT; = quali = geial^-. — 
Quando però la vocale che precede •{• non ò accen- 
tata r i può anche cadere : » seed i pòpcl^ j scrii* 
^^pol ecc. 

' b) t s* ò fuso con -nii- precedente in ad pafi che 
sono i plurali di ann pianti « anno panno >. Il plur. 
paft ha il significato di < abiti ». 

e) t (j) ha pure intaccato t o d precedente nei se- 
guenti esemplari: tanè fané C. VI, 44, con seti fané 
G. III| 239 e in composizione: fancej fanétirt « ra- 
gazzate » C. Ili, 252, dené < denti > tuéé « tutti » 
*grané nel composto graneèj ' quané «quanti» Bout. 
dengi dìngi fangi tangi ttigi grangi e grange tinge 
4cventi» pagi (potui potj) stigi (steti) erigi « credetti » 
da credi{di) credj. 

d) in pd mS « piedi, miei » P i di *pei mei s* è cer- 
tamente fuso con e e in c7il con u (a) N. 74. Il sing. 
di mó è me cioò me{ó). 

' e) Un f di plurale avente nulla a che fare cogli t 
fin qui menzionati e che sarà certo dovuto ad influenza 
letteraria avremo in cari^ i me cari fiS « miei cari fi- 
gliuoli » sQri « signori » cèrti; talvolta viene inoltre 



* Naturalmente grane^ sarebbe formato direttamente so 
arane il cai i per fi è foneticamente regolare trorandosi esso 
ali* uscita. Non è però impossibile cbe granchi rimonti a gran» 
étiee/n •f^rand'cem •grnnrem. 



^K 



■^ 



132 Capitolo IlL 



aggiunto t a tanè qitauó^ tanci cunte P. 61. Alterna 
con 'O nel plurale dei nomi formati col suffisso -09ie- 
nella funzione di accrescitivo: prcpontcnfoni P. II 
porcini id. 43, •! vien inoltre preferito modernamente 
ad -a negli esemplari di cui è parola a N» 107 d. ^ 
Un ì veramente conservato avremo però in sii la 
corrispondjsnza proclitica di quist (isti). 

f ) Per i sparito non senza lasciar tracce della sua 
anteriore presenza cfr. N. 20, 46. 

i rimane nella conjugazìone: 

7.) nella 2" pers. sing. dell'indicat. pres. dei verbi 
dà fa sta tra < trarre » savè ave: te de « dai > te fé 
« fai » te stè ^ stai » te ti è « trai » /e ^e < sai » t' è 
« hai » inoltre in tè « vai » cfr. N. 68 b). 

^) nelle desinenze -atis -etis -itls nelle quali, 
dopo dileguato il / mediano, si fonde con la vocale 
precedente in un dittongo poi in una vocale lunga: vi- 
jalter parìe cantò ecc. < voi parlate, cantate » ecc. 
cfr. N, 68 b), 71, 72, parlavef andavef tasevcfj seti'- 
tissef cantassef avhssef ecc. N. 1 56 b). 

Y) nelle desinenze -avi -evi -Ivi N. 68 b), 7), 72. 
131. a=i d'uscita. Oltre agli esemplari che 
cadono sotto N. 92, 107 d), in carta plur. <i carri», 
» carra trionfand (per trìonfant) De-Castko R. C. 24 
t carra C. II, 47, vera plur. < veri » p. es. inn vera 
€ sono veri » C. IV, 339, * 



* SMntcudo in quelli tìuvc i ò colà sostilutto da a. 

* Siccome vira occorre anche per vero N. 135 la cosa mi 
pare spiegabile partendo dal vern che è nelle frasi asitatis- 
sime /' è vera l' è minga vera « ò vero, non ò vero » e che 
altro originariamenle non è che un femm. rifercutcsi àcòeia. 
Persa la coscienza della condizione gramQiaticale di quel vera 



Vocnli Atime. ISS 



0. 



133. Iniziale intatto : p^or «odore» ofcnd^ Qfizi^ 
^radèll « orlo » (ora) obid « ostia > (oblata) e dalla 
tonica neir atona ostaria ossiti omèit votauia ecc. 

133. fl= iniziale: fuedì < obbedire ». 

134. fts iniziale: aìeandcr «leandro;^ (oleandro). 

135. Aferesi di o iniziale: scilr «oscuro» tag^ 
4d vSff « a bacio, a settentrione » (opaco-) Flccoia 
Arch. II, 2-5 pnnio « opinione » rclògg « orologio » 
4iasò « cagione » (occasione-) fizicd «otììciale» C. IV, 
134 mezidi «omicidio » C. IV, 129. ' 

136. interno. Intatto: cornétta codòfl tegora «le- 
pre » (lepore) marmar còmmod dgfgr « dottore » ; 
poi come continuatore dell' o di tonica : scondii fon" 
tana sjìQsà wQntaila ecc. Quando però 1' o di tonica 
si rifletta per o V atona ci si manifesterà coli' o pri- 
mitivo intatto: scolar ^scò^a^ mcXt-wola foghera-fZg 
ovirS overa-Sffioìt-fiS cordmm^con anavojand-voja 
brólctt'-brdl brodf/s-btol novent-nof piogiria-indcc | 

Ambrosi- AtnbrSs ecc. e nella flessione verbale: mi 
proci ti te 2^'ovet hi 7 prooa ww pròvem vijalter prove ' | 

J(/r pt ooen provava provass prova ; movi movi moveva^ ; 



si ebbe riilasione che esso fosse aggettivo sul geuere dei so- 
stantivi potètta moiétta ecc. i quali, come vedemmo, conser- 
vansl invariati al plurale. 

' Ai quali esempi va aggiunto bpr « danaro » se come vuole 
11 Monti Voc. Gom. risale ad obolo*. Per Taccento cfr. N. 4S4 7). 



134 Capitolo III. 



trovi trova ecc. ecc. — Non di rado però, com' è 
da attendersi, la sillaba tonica estende il suo o al- 
l' atona iojarà ingcnogiàss ecc. e cosi pure nella de* 
rivazione nominale. 

127, a=:0 interno: valilmm < volume» anavojand 
€ involontariamente, disavvedutamente » (a no vojando 
«a non volendo») haltravèll N. 90, 215 Montarobhiy 
il de Montaròbbi «Montorobio» barnès «ubbriaco» 
che non parmi scindibile da s-bòrna N. 94 (ebronense* 
cfr. pavese da Pavia [Papia] ) ; il prefisso fìro^ trovasi 
nelle antiche scritture reso sovente per |>ar- N. 217 b) V 
parponn « proporre » parvonzia « pronuncia « pnr^ 
ponimeiitj sparpòset « sproposito » parciirà parfoiuì 
lìarfìiìhè parnòslcff « pronostico ». — Registriamo 
anche gaìnpp < fannullone, parassita » che il Caix 
Saggi ecc. 200 dichiara da gól{a)^lupOf un etimo 
che per più lati non soddisfa alle esigenze fonetiche 
milanesi e che, supposto giusto, parlerebbe peli' ori* 
gine toscana della parola (ital. lupo = mil. lof.) 

128. fiso : interno: davanti a m: prilmutjr «prò* 
motore» imprilmedà «accattare, prendere in presto» 
(promutuare N. 27G, 141) fUment «fomento» geU 
sUmt giissUm per cui ci sarà d' uopo partire da gel' 
somino^ diimifià V. M. C. I, 41 « domare » (*domi* 
niare) descUmà «snidare» desaVniass «svignarsela» 
(*dis- commeatare Né 379 cfr. it. accommiatare accom* 
miatarsi) cumiato in Bonv. ed. Ldfrss, 14, lamina v. 
a. «nominare» N. 253 (fi;iiò «il mobile detto in 
frane, commode )^; davanti a r 6 e nella vicinanza 



* Ciò potrebbe esser avvenuto però pella trafila di pre' 
per-spro- cfr# N, 99. 



Vocah Aione. 185 



r 



^1 di labiale in generale: gilbta < scempione > (joTiano-) 
fi stupendi idiotismo per stijìendi stipi « sopito » stl^ 
jHfttentf lìUlHl accanto a bofulidra (botello-) biità 
« gettare » ricondotto generalmente a voltare pù' 
Senna accanto a posènna ^{lasigno» (post-coena(ro)) 
pRstèmma « apostema » ìndiivlg accanto a lUAotlg 
nome d* uccello, « mattoluzza » rdhinna « robinia » 
rìlbinètt accanto a robinètt « cfr. robinet » desilvrà V. 
M., « consumare dissipare » (dis- operare) ; 

dopo l : iitomia cioò ViUomia^ nsman cioò ^^tlsntai » 
N. 211 b) (notomia rosmarino) il già adotto hìminà 
che potrebbe andar debitore del proprio ti a { od a 
m a tutt'e due insieme, r. anche il lumicetto a 
pag. 19 nota 2 e cfr. N.130; 

nell'iato o in vicinanza di palatale : jifi1<;fà«giuocare» 
inffemlffass « inginocchiarsi » il cui ti è certamente 
secondario da o cSgà «cucchiajo» (cocbleario-) uina 
« cognato » tiljeva tiijarann /ti/f, liljì Itìjiva con ti se- 
condario dall' che ò ancora in bojent boinietU^ stnirS 
accanto a stoii o N. 437 dimin. di storia « stuoja )» 
mijè <c moglie » da ^iii/i/é con u secondario da o 
che è ancora nel mojer del Lomazzo C. I, 9 (mu- 
liére N. 434 y) lt7Ìo « turacciolo» dal frane. &otic/ion. 

Inoltre: cUsì «cucire» (consuere) ctìst «cugino» 
(consobrino-) cUstnna «cucina» (coquina), tre esem- 
plari nei quali l'ti (ti) ci é commune coli* italiano, 
sciiriada « frusta, sferza » (ex-coriata, DiKZ W. 289) 
dUcUment « documento » in cui l' ti della seconda sil- 
laba si sar& assimilato Vo della prima, prUmiltor 
forse per assimilazione da parte del primo ti, r. più 
sopra ; silrbì « sorbire » probabilmente non senza 






I 

5* 






I 



• I 

I 



• t 



130 Cttpitoh III. 



influenza del h che seguiva mediatamente ad o, scu" 
rilhiza accanto a scorUhUd, 5f sdir Ubi jgà «uova guaste, 
fracide » se, com' è nostro avviso, da conhwies miU 
corobbia^ (conluviciato-); v. all' incontrario Scuneller 
Rom. Volksmd. 170 s. 'scolobi', il quale scolobi ne 
prova trattarsi in ogni caso di o ; infine luchlrà di cui 
a N. 438 n. 

139 1=0 interno. Certo passando per ti nell'iato 
dìj e nella vicinanza di palatina: Isèpp «Giuseppe» 
cioè *Jiscpp (Josepho- r. s. 'j') cicolàtt «ciocolatta» 
sinocà N. 292 «sonnecchiare» certamente da sòn 
e il già menzionato niije N. 128. Nel Prissian tro- 
vasi un pajo dì volte ni davanti a vocale per no: 
se ni avèss biil C. I, 70 « se non avessi avuto » mod. 
se no avèss vU, e ut / oo lìagUra mi ih. 80 per mo« 
derno no g' g pagilra mi « non ho paura io » e in- 
vece davanti a consonante: e nò come dis i jolter 
ih. 81 no s' poraven ib. 86. Trattasi qui di no che 
si degrada in ni nell'iato (e l'iato ci è attestato 
dalla scrittura stessa in uno degli esempii adotti ni 
j 00 = ni 00')^ ciò che io inclino a credere, o di né 
(nec)? 

130. 6 = interno. In sillaba protouica general- 
f : mente per iscambio delle sillabe iniziali ro- e do* e 

del prefisso |7ro- coi prefissi re* Je- prac' (per-?). 
re- s ro- : redQnd « rotondo » rélò^^ « orologio » 



f > Avremo in seùrùbisd duo fi da o. Quello secondario della 

l ' seconda sillaba ((??) = ti «osti cfr. corobbia) motivato dal- 

li i . r immediata vicinanza di labiale e quello della prima sillaba *^ 

nel quale dovremo riconoscere 1* attrazione assimilativa del- 
l'altro. 



» 



VocM Àimìe, 187 



N.* 125, ressikmada accanto a rossflmada «pappa 
iV uoTe dibattute o col brodo o col Tipo o colla li- 
monca » (rossume) resiflà «e rosicchiare » (rosiniare) 
remlsill «gomitolo» ((g) lomicello* romicello-) remateg 
« romatico » C. Ili, 225, lY, 228. 

pre« per-* prò: prefUmm perfilmm^ persiUt «prò* 
scinto» lìremtltor «promotore» deprefondis «il salmo 
De profundis». 

de* s do- in desmèsteg « domestico » il cui de$' 
altro non ci rappresenta che 1* alternare frequente 
di de' con dis^ mil. des^ (cfr. desmentegà desmon^ 
$trà ecc.) ' 

In voUntà voUntera volentari non si può miscono- 
scere l'influenza di volente * volendo; 

noe V08 accus. di pronome proclitico riduconsi a 
ne ve: el $ie ntan^A «ci mangia » él ve manda « vi 
manda » el ne dà « ci dà » ed a fe riducesi pure 
(ìI)/o- accusat. proclitico : el le fa^ el le die « lo fa, lo 
dice» me le sgrafinaróX C. II, 195. 

e = in sillaba postonica : Ugher accanto a Uggr 
« lepre » (lepore-) còrnee? incomcd^ dialeg C. I, LXVil, 
C. Ili, 172 |>r«e^ «prologo» C. IV, 248, III, 115 
ecònem teòleg proUga « proroga » filòsef in tutto il 
* Falso fdosofo ' del Maggi e altrove C. VI, 55 ecc. 
Bèrghem «Bergamo» (Bergomum); inoltre in scalerà 
lèttera C. Ili, 47 hilssera mammél plur. C. Ili 199 
parole il cui 'èra rimonta bensì ad -iila N. 145 ma 
che in milanese pajonci tolte direttamente dagli ita- 
liani: scatola bettola bussoia mammola. 



* Trovasi anche dosmèsteg e sarà uno sfono mai riaseito 
<li raccostare de^mèsteg a domestiro. 



■ I 

♦ ♦" 

è? 



\] 138 Capttoh in. 



ì 



V 

» < 



•.t 



i. 

\ 

\ 

I 



Vanno qui menzionati anche il gerundio in unione 
con un pronome enclitico, vedemlem vedendet vedendei 
accanto a vedendi « vedendoli » per cui cfr. il ra- 
gionaniento a N. 104 e) d), avvertendo che V -o di 
gerundio occorre ancora in Bonvesin, e la 2* pers. 
plur. d'imperat. in unione con enclitici, intendèmes 
« intendiamoci » mangèniniei accanto a mangcmmi 
i' «(mangiamoli», per cui rimandasi pure a N. 104 e) d) 

r facendo notare che se in Bonvesin 1' -o d'uscita non 

é conservato nella 1* plur. d'imperat. Io è però in 
tutte le forme di 1^ plur. a desinenza proparossitona : 
^ predicavamo Hissemo ecc. e nel perfetto, nascemo ecc. 

I* Vedendom R. T. fase. 81 pag. 38 è vcdendem con 

e assordito in o davanti a m. 

131. Sincope di o interno. vien espunto in 
crdizi € briga impiccio » di fronte all' italiano cof^ 
ruccio DiEZ W. 109 e in scrilbiià accanto a scorilhiza 
ir N. 128, fine. In droveinla C. I, 94 trattasi piuttosto 

^ che dell' espunzione di o di quella di e da o (dro- 

vemla ^ drovemela «adoperiamola») 



!- d'ttseita. 

[ 

h 133. Caduto : 

; a) nel singolare dei nomi della 2* declinazione 

\ nella cui analogia sono entrati quelli della 4* e quelli 

f ; della 3* in ^us -orisi asen cavai pel per r&r aUghcr 

bonissem eaprizzi « capriccio » stranni « estraneo » 

ebrèj << ebreo» cioè ebp'cjo contiito f ^cohtinuo» cioè 

{•; eoiriinovo N. 278; temp na «mano» dònun «duo- 

t 

■ 



f 






Vocali Àioné 130 



mo » ecc. * In Body, però : Ioga amìgo ntanego ecc. 

b) nel numerale vòlt « octo ». Ma dtl mAsc. dò 
femni. risalgono a *dui ^dute per cui cfr. N. 51, 74. 

e) Sovente nelle scritture meno recenti trovasi 
caduto Vo della 1* pers. sing. d' indicai, pres,: vcil 
^ vengo » G. II, 89 (venie) indiivinn C. Ili, 219 
predeg « predico » ib. 220 me maravèi G. II, 165 
spicc «aspetto» ib. 190 me congratd C. Ili, 187 
me coìuloj ib. 189 iiòmen « nomino » ib. 206 inoltre 
rid credpens racoinand fui tradiss m' accòtg seni ecc. 
Accanto a tali forme trovansene però che all'o so- 
stituiscono, come in provenzale, un t la cui prove- 
nienza è oscura molto: dighi e disi^ stimi senti parli 
impromhfti vcui Icui indiìvinni me racomamìi devi ecc. ' 



* In Bonvcsin l'tiiflucnza analogica della 2* s' estende mollo 
in lù sui nomi della 3* declinai, come lo provano dohnlo fiumo 
prenccpo ecc. ÌjO slesso avrà avalo luo(;o molto verosìmil- 
mente anche pel dialetto moderno nel qual caso non avrebbe 
fallo che continuare 1* antico. Soltanto V uniforme disparì- 
zione di t ed o finali per cui, a mò d'esempio, fiumm po- 
trebbe parimenti dichiararsi da fiumo e da fiume, ci vietano 
di dar per certo questo fatto reso ancora piti probabile dal 
numeroso passaggio alla i^declinaz. di nomi femminili della 3.* 

^ Ci. sia permesso di avanzare a proposito di questo « mi- 
lanese una timida supposizione. — Non potrebbe queir i 
esser stalo modellato analogicamente sul!' é di quei verbi che 
uscivano alla i* pers. dell' indicat. pres. in -io -eo ? Bonvesiu 
ha debio Servio lenio venie tojo to(/o vallo aeolio ecc. morio 
non è documentato ma moira cong., da moria ci prova che la 
vocale tematica di morior era conservata e ci lascia supporre 
con diritto un ^morio. In moderno milanese, caduto necessa- 
riamente r 0, quelle forme dovevano riuscire, astrazion fatta 
da ogni altra modificazione fonetica, a debi servi tenj venj 
voj lo} mori ecc. e che queste forme hanno realmente esistito 



f 

l 



< 

ì 



r. 






140 Ca/i//o/o 7//. 



6 queste forme finirono poi per ottenere un dominio 
, assoluto. 

d) neir d* uscita romanza della 1* pers. di plu- 
rale: càntcm cantàvem eantèmm imperat., cantassem 
ecc. Bonv. : speram recevevafno^ nascemo perf., canicm 
iroperat., jìassamo cong. pres. fuerissemo^ congiuntivo 
imperfetto ecc. 

f e) neir o d' uscita commune-italinna della 3* pers. 

j^ di plurale : Bonv. : ama$t(o) correvan(o) oditi guardeno 

j prèndano volèsseno Muss. Bonv. 21-22 mod. mil.: 

i canten coreven seniìn perf. che guarà :n vorèssen. 

% f ) nel gerundio : hevend andand ecc. Bonv. : ^ando 

is per ogni coniugazione cfr. pag. 13 n. 

i g) finalmente talvolta nel pronome di 1* persona 

l ego quand'è suflSsso a un verbo nelle condizioni di 



I 8Ì deduce,, oltre che dalla logica dei fatti da forme come veti 

* /èA vifj me mnrnvbj (mori devi tasi non ci valgono gran che 

f e ne vedremo più sotto la cagione). D' altra parte raccomando 

prende penso metto dcvevaiio riuscire a raceomand prcnd 
pcns mctt. E qui, tra forme come debi mori e forme come 
vend racofnand, avrebbe avuto luogo, per quel bisogno d'uni- 
formarc che è fattore potentissimo nelle trasformazioni ìdio- 
niaiichCy un vivace incrociamento di sforzi per ridurre al pro- 
prio il tipo diverso. ?^on più sentita la ragione etimologica 
speciale di debi seroi mori si cerca di estendere quest* • ad 
ogni verbo (e vi avranno aderito subito quei verbi che, 
; sparito r 0, offrivano uno di qnci nessi di cui a N. 107 d). 

** cpntpri parli) e d* altra parte vendpens e compagnia tendono 

t ad imporre il loro modello ai verbi che escono per i; quindi, 

'^ da un canto, parli tendi métti dall'altra dio mor tdì (lacco) 

e poi, secondariamente, ^crj mòri tasi ecc. e tèiii tiHi tóji 

il cui a J da fti li (i</ If) più non rappresentava che un' u- 

4\ scita consonontica qualnnque. Finolmenk; dopo molte vicende 



Vocali Ainne. 141 



cui a N. 135: fòj hòj soj^ eossa $òj mi C. IV, GO 
«cosa 80 io?» 

133. abbiamo ali* uscita in r^ « capo » cioè 
meo Clio cau co e in /o « faggio » cioè fao fau fo 
(fHgo-) ' inoltre in cavo scavo «addio» il saluto di con- 
fidenza fra milanesi che però ha un'origine tutt'altro 
che di confidenza; Tiene cioè da schiavo; bravo 
« bravo » cèrto, un cèrto tal « un tale» vero accanto a 
vera^ Dio^ e in altre voci d' origine letteraria o nella 
quali r è stato restituito per influenza letteraria 
come nelle parole di cui a N. 107 d.) (a=o) che mo* 
dernamente possono sortire anche in o; inoltre in 
vajìo guapo che pajonmi d* origine napoletana o spa* 
gnuola. Resta pure in siò (isto) e, certo per una 
ragione speciale, in hUlo « bravo, bravaccio, spacca- 
monti » termine lombardo genuino che vuoisi ricon* 
durre ni tema che è nel mod. ted. Buhler, Nella 
conjugaz. in v^ iJtj fg si^} q s<^ /r^/ nel cui % comunque 
lo si voglia spiegare, è innegabilmente contenuto un 
di desinenza.' 



e parecchi secoli le forme con i riuscirono ad nn trionfo esclu- 
sivo ajalato forse in ciò dal bisogno di distinguere nei verbi 
della 2* 3* e 4* conjug. la 1* da la 3* persona, che mètt poteva 
essere metto e mettt die, devo e deve. — Lo ripetiamo, qaanto 
esponemmo in questa nota non è che una supposizione, certo 
rimane però per noi che qnell' • di prima pera, non ha, in 
tutti gli esemplari, una causa organica. 

' Gfr. però Ascoli, Una ietterà glottologica pag. 28 nota S, 
dove./' ^ f'B^^c risalire a fdfigu per un procedimento secondo 
il quiHe r u finale della base latina si ripercuote, nella base 
galloromana, dopo la vocale accentata che precedesse ad un 
g primacio o secondario. 

' Se, come noi crediamo, fo ''^ ffi So rimontassero a etago 



142 Capitolo in. 



134. e = d' uscita avremo in un pajo di parole 
contenute in modi di dire d* origine italiana quantun- 
que la corrispondente parola sia anche in milanese: 
cli'él varda el fatte 8Ò de no tocamm P. 16 quante 
mai il). 112. 

135. a«o d'uscita: oltre che negli esemplari 
che cadono sotto N. 92 e 107 d) in: Dia^ vera «vero» 
N. 121 n. quali Ceser minga vera C. VI; 19 « quel 
Cesare non vero » davcra « davvero » nevcra « nev- 
vero » inoltre in -ja « io » che vien suffisso a voci 
verbali d'alcuni verbi in frasi dubitative interroga- 
ti ve o esclamative: ffissia mò dessedà o fama in 
sòn C. I, pag. XLYIII (fuìsia = fu^s^ia «foss'io») 
còssa ghen pòssia mi C. IV, 9G «che ce ne posso io» 
che vedia mai mi G. I, pag. LXXIV « che vedo mai 
io » chi sontia mi C. IV, 330 « chi sono io » cassa 
me sontia andd mai a insonàmm ib. IV. 33G «cosa 
son mai andato a sognare» hòja C. Il, 210, 211 
sbja e soja N. 43 a, fbja. — Avvertiamo però che quello 
•ja non è più sentito da nessuno come pronome, che 
è stereotipato dietro a quel dato numero di voci 
verbali, le quali del resto, ponno anche passarsene; 
finalmente in mia « miglio » on mia dove Va è evi- 
dentemente venuto dal plurale come in dida on dida 
« un dito », nel senso di misura. 



daga fogo vago cfr. la nota precedente, che il g annlogico di 
quelle fone verbali è certo antichiasimo. 



Vocali Afone, 143 



F 

(I 



r 

(. 

I. b alano. 

13ft* Iniziale caduto: in nà urtic. inderminato 
« una » accanto ad f/na^ la sarav na pazzia C. IV, 
202 4^ sarebbe una pazzia)», hnha «upupa» (^upùpa) 
N. 434 y) l/Qn <' capezzolo >» se veramente proviene 
da uberino- N. 100 transilli «utensili)^ N. 99, 215* 

137. Avremo il solito scambio con m- nelle pa- 
role ingneììt <* unguento >» e imhrazàl <* cordone um* 
bilicale » (umbiliciale-) cfr. Flechia Arch. IL 

138. = a in sillaba protonica: Qnà proclitico 
N. 136 Qtnbria «ombra» (umbra) moriffS «piccolo 
topo >» (mure-) hornU « cinigia » (prunicia) borni tiie- 
hornì « brunire, dare il lustro a metalli per lo più 
con brunitoi » governa (guberno-) osord V. M. ac- 
canto ad risarà osiìt'd (isorà « pieno in modo che né 
ve ne manca né ve n' ò di superfluo » V. M. « dicesi 
di due oggetti che combacino perfettamente tra loro» 
Cher. (usurato-) nionizio <' munizione» nodrilmm <<nu- 
tritura, allevatura», lèsti de nodrunim « quegli ani- 
mali bovini che vengono nodriti esclusivamente o 

, per figliare o dar latte» gdesUl accanto ad iidesèU 
«e arnesi del mestiere « orzS « ampolle » (^urceòli) ; 
come continuazione dalla tonica: ondada vgngU «unto» 
spongà « punto » molgtl « munto » orso mgndàs ecc. 

139. u^u: sturid G. IV, 204 « storione » (a. 
a. t. sturio DiEZ W. 309) spagn. esturion francese 

i esturgeon, unto « unione » ùsadèj « utensili » lùverlh 
\ accanto a Igverlls « luppolo » che però cadrà ptutto- 



ni Capiioh in. 



sto sotto N. 128 come Ii'u cioè *lnv% «lupino» e luinera 
«specie d'agguato da caccia» (cfr. ìoff iQva «lupo 
lupa») siigUio «soggezione» siltU «sottile» (subtile-) 
siUlor ritmor hutèr « burro » siìstanzii « sostanze » 
C. Ili, 63; come continuazione dalla tonica: gusta 
purga miidà milras piìrest ecc. ma mofolent accanto 
a tniifolent « ammuffito » da tniiffa « muffa » cfr. Diez 
W. 218 e strmzonà N. 263 «durar fatiche, strug- 
gersi nelle fatiche » accanto a striìgonà strilziass 
sirilga^ forse per antichissima inserzione della nasale, 
da struzzi « travaglio fatica ». 

HO. a « u : barnas « paletta, pala da fuoco » 
(prunatio-) marniera «mormorare» (murmurc-) na- 
strasi) ▼• a. « nasturzio » cioè *nastarsìj nastrasi] 
s-margaj « sornacchio » accanto a wQréa « morchia, 
la feccia dell' olio » (amurc' la) cfr. però Ascoli Ar- 
chivio II, 403, sbragalà «sbraitare» (bragulare). 

HI. e a : seciidì « scuotere » accanto a sUcudi 
(succutere) Diez W. 289 setU accanto a siitìl hernaze 
per barnas N. 140 volentd N. ISO^enot^er «ginepro» 
(junipero) impriimedà N. 128 e Diez W. 182 s. 'em- 
prunter'. 

U3. i-u. Certo passando per u, nell'iato àìj 
e nella vicinanza di palatale o linguale: chiho « co- 
nio bietta » (cuneólo-) briiiòceol accanto a brùltòccola 
«bernoccolo» (prun*)*) &ii*o accanto a lufio «bubbone 
ascesso » Diez W. 73 fotts sprinZ « fungo prugnuolo, 
che cresce fra le spine» fii5o/a «nocciuola» (nu- 
ceóla) gibUà «giubilare» gibilè « giubileo » GhièU 
minna « Guglielmina » cioè Gùjèhn" Ghijèlm» Uolc 
«bifolco» (bubulco-) sisa «succhiare» (suctiare); inol- 



KcPtii// AioHe. 145 



tre pivèU « giovinotto » (poeIIo«) sUt r. a. « sottile » 
bisi accanto a bftso «sciame, alveare»; contad. pU* 
tanghera pittoMea pUtenata^ eufemismi sa puUana^ 
bigatf/ accanto a bilffavf^ «scolatojo del bacato». 

143. Sincope di ti. È frequentissima nel suffisso 
'uUhi bajla (bajula) gèrla (gerolo-) mèrla (menilo-) 
fèria «Terga» (ferula) orla «orlo» (orulo-) Igmbrètt 
dim. di Ignbcr (lumbulo-) deslavrd « colle labbra ta- 
gliate » (tabulo-) spalla (spatula) spilla (spicula) 
sbragà accanto a shragàlà N. 140 Scé « occhio » ge^ 
noéc sere « cerchio » (circulo-) masc Qttga (ungula) 
pabbi « pastura » (pabulo-) ecc. cfr. N. 202 b. y. 

144. = a in sillaba postonica : nel suffisso -iiZo 
dove alterna quasi sempre con e N. 145 essendo 
la cosa cosi che o ci occorre perlopiù là dove il { sus- 
seguente non passa in r mentre e ci occorre princi- 
palmente davanti a r. -Sr od SI = •ulo sono molto più 
frequenti nelle scritture dei secoli passati che oggidì 
dove -ol è stato restituito in una quantità di esem- 
plari : secol lodala « allodola » tavol {fcricol regola fiii- 
racol spetacol diavól caròtola trappola scrùpol ecc. 

o è pure nella desinenza milanese -òf" 'dea da lat. 
'ÙO' con V intercalato ad estirpare Tiato N. 278: 
tridof « triduo » continof contittQva « continuo-a » 
vedgoa statova assidgf «assiduo» cedof «ceduo» 
mùlQf « mutuo » ecc. ; finalmente rQg^r «rovere» (ro* 
bure-) N. 274. 

145. e = a in sillaba postonica: rQjher accanto a 
rQggr; nella desinenza verbale 'unt: rompen veii- 
(7en, ecc. e nel saffisso -uZo, per coi cfr. N. 144: trap^ 
per C. IL 97 « trappole » caroterà ÌQmber piar. 

e. Salviomi. io 



l 

{ 



f 

I 

1 



I 

l ■ 



■ I 

I 



140 Capitolo IIL 



AomhW sonamher «sounainbulo» scroppcr C. II, 139 
«scrapoli» Hcroperosa ib. 18G ìòJera «allodola» tro' 
ver «trave» (trabulo-) accanto a travol C. IV, 168 
scropél ib. 15G taver «tavolo» ib. 307 diaver ib. amera 
« ampolla » (bamala) parler « parto » t pòpel C. IV, 
230 prigher «pericolo» parahera C. II, 205 prighera 
I G. Ili, 42 (pcriculat) vox popel vox Dei « vox po- 

i I puli ecc. » Cber. s. Vox' reghela «regola» tavel diavel^ 

Dk-Castro R. C. 147, miraquél cioò mrachél ib. 254: 
I tilber^ quella specie di veicolo delta lylburi^ lapislaz- 

; eer «lapislazzuli» infine spaeeemlidbete nel modo di 

1 dire fa spaeee^nliehete «sgombrare» cioò spatitun 

' \ habete. Va menzionato anche V e che corrisponde al- 

i r H del dittongo •ai» nelle condizioni di cui a N. 63 y 

I nel qual posto cercbinsi pure gli esempi ai quali 

' ) vuoisi aggiungere, coniechò V u si trovi nelle stesse 

condizioni, dèvcs nella locuzione Ve d so dèves «è il 
suo idolo» (deus) Chbr. 

U d' uscita. 

146. Tutti i nomi della 4* declinaz., cioò della 
' ' declinazione in -u essendo passati nell'analogia della 

2* cioò di quella in -o di meglio non ci resta a faro 
che rimandare il lettore ai N.' che trattano dell' -o 
d'uscita. Menzioneremo però qui, a sgravio di co- 
scienza, spiriliìsant manùserilt e cornucòpia. 
Il pronome di 2* pers. tu trovasi ridotto a < in 
I alcune forme verbali colle quali s'ò stereotipato: te 

j canM te cantavet (canti-tu cantavi«tu). In altre ò 

{ mobile e conserva la propria funzione di pronome 



Voraìi AtoMe, 147 



che quando maDca bisogna preporre il prenome te 
al verbo ciò cbe cessa d^essere necessario quando -t 
dal suo posto; cosi: inJooe veti «Jote vai» ma indgce 
te vSi frequentissimamente però il pronome rien ap- 
plicato contemporaneamente davanti e dietro la voce 
verbale: te cantei « tu canti ». — Tu ci resta anche 
nel 'tu che si appoggia cnclilamente a sis «sii» in 
frase imprecativa: •sista o sitta «che tu sia, tu 
sii ». Per cs. sitta malarhhlt «che tu sia maledetto ». 
Si usa anche assolutamente e a modo d'impreca- 
zione: sitta e che te sitla^ e vi si sottintende Che 
te siila hoìgiraa o simili» Cher.; esempi tratti dagli 
scrittori sono: te sitta maìadhlt C. II 17C, te sitta 
scova ib. 177, che te siila inlardà ib. 227. Tu ò 
anche nel •/(! di imla «possa tu» in frase desi- 
derativa: posta crepa «possa tu crepare» C. II, 97. 
147. Delle vicende di ti semiconsonantico (a) 6 al- 
trove parola N. 27C, 344-350, 372 ; volevasi qui ri- 
cordare come esso passi in t (j) nelle parole garzi 
« tenerume di vite » gario « nome di pianta » da 
earduih Diez W. 575; come la desinenza *uo- possa 
entrare semplicemente nell'analogia della desinenza 
«0- : imprùtnedà da promuto- (promutuo-) coj (coque-), 
che, dopo consonante, può anche rinforzaci in v come 
in fiiaitvél/a accanto a fuanùèlla «maniglia» che po- 
trebbe però anche essere iitaii(o)rcUa o man(i)9èlla. 



I 
♦ 



148 Capitolo III. 



Dittonghi aloni. 



1 està eld 



A. Dittonghi latini. 

148 Ae : 
Iniziale: 



• ! 



Rjuól «eguale» (ae:iu.)« 

Scambio col prefisso xn-\ inguai «eguale». 

Aferesi: reni a^rml «vicino, avv.» (haerente-) redUà 
«ereditare» ramm (aeramen) rtìjina (aerugine-) 
guàlivà «egualire» gnallf «pari piano» rdcg «ere- 
tico» moròid «emorroidi» (Iiaemorr.) Milli «Emilio». 

Interno. 

i « » : dopo consonante linguale : sighera « neb- 
bia» (caecaria) SigoUa (caepuUa) siZQra accanto a 
sécsQra « cesoje » (caesoria) ; inoltre in cuistio «que» 
stione »9 

ft = ie: in tempo meno recenti nella preposizione 
prefissa i)rae-:i)ar£ii7;ii «presumo» partend «preten- 
dere » i>am(7cn{ C. Ili 273 «presidente» parposizio 
C. I, 8G parserva C. IV, 276; del resto: iinprcHlà 
preferì prepolent prepara present ecc. . 

Per -aa d'uscita cfri N. 104 b. n 

U9. Oe: 

Iniziale : 

estrQs «lunatico» (cestro-). 

cònomia (oeconomia). 

Interno: espunto in lilnnsa «Monza» (Modoetia), 
N. 397, la qual parola è, in quella forma, indubita- 
mente d* origine lombarda. 



I' 



Vocali Alone, 140 



130. Aa: 

Iniziale: 

») conserrato: aulti «aatanno». 

b) aferesi: scrina » ascoltare» ostanna ciod *ao- 
stanna^ iija ostaniHi «ara d'agosto» (augustana) 
GììslV € Agostino ». 

e) o = au iniziale : orìy^a « orecchia » (aaricula). 

d)a«aa iniziale: ascass «azzardarsi» (ausicare 
da auso) Mcssafia Beitr. 23 s. 'aldegarse* scQltà che 
rimonta certamente ad ^ascoìià^ far-avgst (feriae aù- 
gnsti) «ferragosto» e il gi& addotto ostanna. 

e) Il = aa iniziale : tlsè», utorild P. 33. 

f) ol = au iniziale: olcHl e orcèll r. a. «uccello» 
(aucelIo*«aT'celIo*) « altre volte questa roce era viva 
anche in citt&, e ne abbiamo tuttavia testimonio 
V Ostarla de V Orcèll a P. Vigentinas Cher. aredatà 
«occhieggiare » Uga orcelinna per A^a Anilina « uva 
selvatica ». Il V. M. registra dchiél da leggersi certa- 
mente oleici ; volsàvohà «osare» (ausare) ra^g^sà 
«rialzare» N. 274 ponsà N. 193. BoNV. ha inoltre: 
ddir (^audire = attdére) e clcir «occidere» (oNaIs 
s au - o). Cfr. anche N. G3 p. 

(1) Scambio di an iniziale col prefisso in- avremo 
in ingilri ingtìrà « augurio augurare ». 

Interno : 

a) o=au: godè «godere» loda $orà (exaurare) 
soregatt sorgati « scapato sventato » soregalà « diver* 
tirsi, spossarsi» Mussafia Beitr. 108 (exanrico-f 
♦ atto-) ecc. 

b) sÀs:%u: polpe «carta» N. 84 

e) (ol s (al) « aa : repossà ecc. N. 63 p* 



\ 



i80 CnpiMo III. 



à) ù = au: Tilrt «Torino» (Taurino-) ctìsà «chiu- 
dere ermeticamente » éiì^ff « lastrone per chiudere il 
forno» dal part clauso-. 

e) e = na: certo passando per ti in séesil N. 90 b 
(chiusura) pure da clauso-. 
151. En: 

Iniziale: 

Europa etìrisma «aneurisma» N. 261. 

Aferesi di en* : Gènni « Eugenio » Fènmia « Eu- 
femia ». 

fl^ea: tJ^scbhi «Eusebbio» Ùsebia C. II , 57 
iffrasia C. II 1G4 «Eufrasia» Ùfèmmia Ùstòrg 
«Eustorgio» C. II, 173 t^roppa e Vilròppa «Euro- 
pa» N. 277 e tUaria G. II, 60 se da Eulalia cfr. 
N. 112. 

Interno : 

romatismi «doglie di freddure» (reumatismi). 
153. Il dittongo greco ci- si riduce ad an in 
atnbnna V. M. «tavola o tela su cui sia dipinto 
qualche immagine » (n/.c«iv). 

B. Dittonghi romanzi. 

153. Per Aa cfr. N. 150. 

154. Osa-o in opì)à accanto ad aoppù^ Verbo 
onomatopeico, «fare il grido a-Qp per chiamare a 
se i compagni di caccia». Chbr. 

155. A-a: sbarfà accanto a sbadata «sbadigliare» 
cioò sba-gà N. 392 desaìinià N. 379 (dis-commea(t) 
are). 

156. Ai. 

a) Resta intatto in : eaird « tarlo » (caries) vati o, 
epiteto dato a parecchi pesci dai colori rariopinti 
(vario-) vairir « vajuolo » scrisse il Balestrieri Chkr., 



YoeaU Àtone 151 



pairò «pajuolo» da pario- (par) Flechia Arck II, 
868 pairi cioò *i)ajirS « torcia di campagna o sia 
corone di paglia acceso » paisà < paesano » cioò 
*pajisS baila «balia» airada «ajata» ^ (area) maistd 
«immagine» (majestate) ecc. 

b) 6 s al : esevrcjtJta C. Ili, 24 «piacere ageToIezza> 
cfr. ita), agio frane, aise Diez W. 8-9 e forse reso 
cioò *raisone- Vasione-; nella 2^ pera. plur. -a/i^ del- 
rimperf. indicat. e del pres. cong. di cai a N. 120 ^) 
eaìttuvef cioè cantdvai (cant&va(t)i cantabatis) con f 
{re) pron. di 2* pers. fuso stereotipamente colla Toce 
verbale andàvef ecc. àhhief hdbeai*Te (habea(t)i ba- 
be&tis) robbief « vogliate » ecc. 

£ di (Scile Io stabilire se il ritraimento dell'accento 
sia anteriore o posteriore al dileguo di { mediano e 
conseguente riduzione di ai ad e. In antico milanese 
non ò documentata nessuna delle forme colle quali 
abbiamo a clie fare in queste linee. 

e) Sincope di e (= ai) in frispcla « favilla » cioò 
*flispola ^fellspola ^ailispola ^favilUspola. 

157. El. Si riduce ad e nelle stesse condizioni 
cbe per ai in cantavef ecc. in cantassef hevèssef sch" 
iissef cioò cantdssei (cant&sse(t)i cantassétis), 

Isei in leggi accanto a leggei^ robammi accanto 
a robamei ecc. Cfr. però N. 102. e 104 e) d). 

158. Ut. (ai). Contratto in H: custio accanto a 
euislid N. 147 eeùpa^g «equipaggio» ecUvalent «equi- 



> Ila come forma collaterale eriada e, a non voler ammcU 
tere neU' a iniziale un degradamento leropliee di a, cosa alla 
fin fine non imposiibile, potrebbe essere una nuova deriva* 
lione da era. 






■ 

I 



.. ' • ' f ^ 



1S2 CapUoh HI. 



Talento » cilvrò T. d' Orolog. il frane, cuivrot cihùà 
Bonr. cuintar «contare, raccontare» da cogn'tare co* 
gnitare, Mussafia Bonr. pag. 9, § 21, ctWè «ramma- 
rico » Bonv. cnhtter da ^cuito (cocto-) con n inserto 
Mussafia ib, nota; runa «franare, smottare», se 
come a noi pare, da minare ; contad. gudaMZ di fronte 
all'urbano gnidazM « padrino ». 

Vi contratto in t ci occorre nella parola sghiralt 
« scojattolo» cioò ^sguiratt da *8Cuiro- sciare-. 



Riassumendo quanto fin qui venemmo esponendo 
in ordine alle Tocali troveremo: 
Pelle toniche : 

a) che a tonico rimane e non resta menomamente 
intaccato dalla vicinanza di suoni palatini. Fanno 
eccezione il nesso al ridotto molto sovente ad -ol- e 
talvolta ant ridotto ad cnt. 

b) cbe è tonico rimane in parte, in parte si de- 
grada in i; e rimane, non si frange in te come in 
italiano in ispagnuolo ed in francese; e di posizione 
rimane pure intatto. Comune a molti e tanto pri- 
marii cbe secondarii ò il fenomeno che t d* uscita in- 
fluisca su e tonico precedente riducendolo ad L 

e) f lungo rimane intatto : < breve si riduce ad e: 
i di posizione si riduce pure ad e. 

d) 6 breve si frange in o (uo) quando non sia se- 
guito da nasale nel qual caso rimane intatto; ò lungo 
intatto; à di posizione rimane in parte, in parte si 
fiiinge, principalmente nella posizione o 4* cons. f j. 



VoeaU Àtone. ISS 



e) ti lungo s*at8ottigHa in fi ; ti brere si riflette per 
1^; ti di posinone per 9 e per A. 

f) dei dittonghi Ai si riduce ad e, àn ad in al- 
cani casi anche ad d (per al). 

g) la posizione nailanese intacca sempre pift meno 
la qualità della Tocale cui essa segue: h per 1 ed f, 
ò per 0, e un suono molto affline per t7. 

Pelle atone: 

a) la TocrJe tonica cui un suflSsso derifatiro qua- 
lunque abbia fatto perdere racconto persiste in ge- 
nerale nella sua qualità anche allo stato di atona. 
Una eccezione è costituita da breve che, accentuato, 
si frange in d, priro d'accento, rimane intatto dan- 
doci così nella flessione e nella derivazione la serie 
alternante ò 0. 

b) il fenomeno d'aferesi di vocale atona iniziale è 
molto frequente senza però essere costante. 

e) anche T espunzione di vocale atona interna ò 
abbastanza frequente, più per t che per ogni altra 
vocale, e nella più parte dei casi quando la vocale 
si trova fra muta e liquida o nasale ovvero fra li- 
quida nasale e muta. 

d) degna d'essere notata ò la frequenza con cui 
il prefisso tit- s'estende a vocale a dittongo atoni 
iniziali. 

e) e ò vocale favoritissima in sillaba atona. Già 
frequentissimo in sillaba protonica diviene la vocale 
quasi esclusiva di sillaba immediatamente postonica 
in parola proparossitona od originariamente propa- 
rossitona. Vedemmo anche che e è la vocale prescelta 
a fungere da vocale irrazionale. 



Capiioìo in. 



f) la vocale d'uscita* eccezion fatta di a, cado quasi 
completamente. 

g) Va rimpiazza la vocalo d'uscita (che sparendo 
lascia dietro di so un gruppo troppo aspro) in certe com- 
binazioni di consonanti come liq. ^ nas. j «f muta ecc. 
nelle quali Y uso milanese non permette d'introdurre 
la vocale irrazionale. Certo a fu prescelto a tale 
funzione per essere esso la recale d'uscita per ec 
cellenza. 

In ordine all'influenza che esercita una data con« 
sonante sulla recale che gli sta ricina è da no- 
tarsi : 

!' oc) r influenza dell' iato di j ; per essa ogni e si 

j degrada in i, o può degradarsi in H e ii tanto pri- 

mario che secondario in i. N. 102, 129, 142. 

^) l'influenza di consonante palatale o linguale. Per 
essa a e il sono esposti a divenir t cfr. N. 8G, 102, 
129, 142, 148. 

y) l'influenza di r che segue a recale in sillaba 
protonica. Per essa tutte le recali ma principalmente 
e ed f, possono essere ridotte ad a N. 99, 114, 127, 
140. 

5) r influenza di iti n I v che seguono a recale in 
sillaba protonica. Per essa ogni recale ò esposta a 
>^ ridursi ad a: N. 99, 114, 127, 140. 

t) V influenza di I m v e talrolta anche di r in sil- 
laba protonica per cui una recale che loro preceda 
può ridursi ad o, ti. N. 83, 100, 101, 116, 128. La 
stessa influenza in sillaba postonica negli stessi Nu- 
meri cui aggiungesi N. 115. 

Menzioniamo finalmente che sorente occorre t) 




Voeaii Attmt. 155 



dopo I inisiale e, senza roler affermare che queìl' A 
eia causato da influenza di 7| Ta tuttavia notato que- 
sto fatto che non sarà assolutamente accidentale. 
Cfr. K. 85, 116, 128. 

Queste sarebbero le principali alterazioni alle quali 
nna vocale atona può andar soggetta per influenza 
della consonante che le sta vicina. Altre alterazioni 
di minor rilievo si cerchino ai capitoli consacrati 
allo singoli vocali. 



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