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Full text of "Giornale Arcadico di Scienze / Lettere ed Arti"

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l-JJJA- 


ARCADICO 

DI  SCIENZE ,  LETTERE ,  ED  ARTI 

TOMO    IV. 

OTTOBRE,  NOVEMBRE,  E  DECEMBRE 
MDCGGXIX. 


ROMA 

ISELLA  STAMPERIA  DE  ROMANIS 

Con  Licenza,  dc^  Sup. 


LETTERATURA 


Dizionario  della  lingua  Italiana:  T.  primo.  Bologna  1819. 
per  le  slampe  de^  fratelli  Masi  e  comp.  (fascicolo  primo) 


I, 


-1  celebre    Letterato   Paolo  Costa  ,   e  il  valente   Francesco 
Cardinali    hanno    intrapreso    nella    dotta    Bologna    una    ri- 
stampa del  Vocabolario:   e  1*  hanno  intitolata   al  Cav.   Vin- 
cenzo  Monti  ,    come  a  colui    che  conoscendo  i  difetti    del~ 
le  passate  impressioni  ,  e  V  arduità  che  porta  seco  il   ri- 
durle   secondo  V  alta    idea    de^ filosofi  ,    dehbe    esser    pago 
delle    ammende  che  in   assai  breve    tempo  gli    Editori    vi 
hanno  fatte ,  instigati  'dalla    impazienza    di    coloro ,    che 
amarono   meglio  di  vedere  incominciata   la    riforma,   che 
di    pascere    V  animo    di    lunga    speranza  (1) .  Veramen- 
te il  consiglio  è  assai    nobile   e    saggio  :    1'  opera    potrà  mol- 
to accostarsi   alla  perfezione  desiderata  :   e  questo  sarà  il  mi- 
gliore  de'  nostri   dizionari    almeno  fino   a  quel  tempo  ,   che 
la  sapienza,  d'  un  concilio  Italico    ad   alto  grado   di  per- 
fezione conduca  un  lavoro ,  che  per  valerci  dell'  espressio- 
ne del   Monti ,  dovrà  essere  la  tavola  rappresentativa  del 
sapere  della  Nazione  .  (2)  Ma    questa    tavola  vuole  troppe 
braccia  ,    e  gran    tempo  ,    e  dottrine   moltissime  ,    e    favore 
di  potenti  ,  perchè  vegga   la  luce  .  Intanto  perchè  i  giovani  , 
e   gli  studiosi  non  trovino  l' errore  là  dove  cercano    1'  istru- 
zione ,    ed    abbiano    il    vocabolario    il   più    ricco    che   possa 
aversi  ,    questa    impressione  sarà    utilissima  ,    come    quella 


(i)  Lett.  dcdic.  p.  V. 
(2)  Pref.  p.  xiu. 


4  Letteratura 

che   al  certo  sarà   la   meno  povera  ,  e  la  meno   dlffettosa  di 
tutte  1'  altre  . 

Non  saremo  dunque  avari  di  lode  a  questa  onorata  im- 
presa :  specialmente  guardando  alla  fatica  improba ,  che  sono 
sempre  astretti  a  durare  i  compilatori  de'  Vocabolari  .  Per 
cui  ricordiamo  quel  leoidissimo  epigramma  del  grande  Sca- 
ligero ,  che  vokva  condannati  i  rei  più  presto  al  lavoro 
d'  un  lessico  che  ai  duri  ergastoli ,  ed  al  metallo  . 
Si  qaem  dura  manet    scntentia  jlkIìcìs  ,  olim 

Damnatrtiii  aerumnis  ,   suppJiciisque   caput, 
Hunc  ncqui»   fabrjli   lassent  ergastula   massa  , 

Ncc  ṛ,iilas  vexent  fossa  inetalla  manus  : 
Lexica  contexat  :  nam  caetera  quid  mofor  ?  omnts 
Poenarum  facies    hic    labor  unus  habet  . 

I  nuovi  compilatori  adunque  senza  sgomentare ,  hanno 
dato  principio  al  lavoro  con  una  bellissima  Prefazione  ,  dal- 
la quale  si  conoscano  gli  ordini  che  terranno  nel  condurlo 
ad  affetto  .  Assai  ci  piace  11  vedere  che  si  fondano  in  quel- 
la dottrina  di  Dante,  il  quale  grida  che  il  volgare  illustre  di- 
vidasi dal  plebeo  :  dottrina  certissima  e  solenne  ,  e  comune 
a  tutte  le  nazioni  :  e  vanamente  combattuta  da  alcuni  de- 
gli antichi,  e  da  pochissimi  de' moderni  .  Imperocché  (be- 
ne ragionano  i  nostri  compilatori  )  contro  la  Jorza  del  tem- 
vo  ,  e  la  volubilità  delle  cose  fa  ordinato  il  Vocahola- 
rio  ,  pel  quale  gli  uomini  potessero  cliiaramente  distingue- 
re gl'ingenui  modi,  che  rendono  la  lingua  pregiata  e  ca- 
ra ad  ogni  secolo  ,  da  quelli  dell'  uso  incondito  e  non  du- 
revole de'  favellatori  e   degli  scrittori  plebei .  (3)  Questo  è 

fondamento   saldissimo  :    e  ne  prendiamo  favorevole    augurio  . 

Poiché  il  buon    fondamento  è    gran    parte  della   bontà  delle 

fabbriche  . 

(3)  l'rcf  p.  XI. 


Djzion.  Italiano  F.  I.  5 

Seguono    gli    autori  regionando  de'  vecchi  Vocabolari  Ita- 
liani ;  e  registrano   quelli    del   Luna  ,    dell' Acan'sio  ,   e   dell' 
Alunno   :   che   sono     veramente     digiuni  ;    e    compilati    senza 
diligenza    ,     e    con    pochissima    cognizione   di     arte.    Qui    ci 
occorre  di    notare  una  lieve  omraissione  ;  ed  è  che  ninna  pa- 
rola si  faccia    del  Memoriale   della    lingua  di  Jacopo  Per- 
gamini  da  Fossomhrone  che  è  un  vocabolario  elegantissimo  : 
pieno   e   metodico  :    tutto    fatto  dalle     voci    del  buon  secolo: 
che  il  /05m//o  Politi  ,  dotto  quant' altri   nelle  cose  di  lingua  , 
anteponeva    al   vocabolario  medesimo    della    Crusca  .    (/{)  Noi 
non    entreremo  campioni  del    Politi   a   combattere  con  alcuno  . 
Ma  diremo  essere   troppa  ingiustizia  questa  si  grande  ed  uni- 
versale dimenticanza  di  quel    valoroso  :    di    lui    che    segreta- 
rio del   patriarca    Gonzaga ,    che    diviso  in  mille  negozi ,  che 
nato    lungi   dalle  benedette  acque  dell'  Arno,  che  solo,  e   qua- 
si primo  ,  seppe   condurre    un  lavoro    che  contrastasse  la    pal- 
ma  alla    sudata  e   clamorosa    opera  di  que'  tanti  valentuomi- 
ni che  scrissero  e  celebrarono   il  Fiorentino  Vocabolario.  Que- 
sto   breve     tributo   di   lode  si  doni    al  merito  del  Pergamino  , 
e   all'  onore    d'  un  cittadino   delle     terre     Ecclesiastiche  ,    che 
ci    è  sembrato  debito  il  vendicare. 

Ma  seguitando  però  l'esame  della  prefizione ,  seguiremo 
il  breve  racconto  delle  edizioni  della  Crusca  ,  1'  una  in  Vene- 
zia del  1612.  l'altra  ivi  nel  i6a3.  la  terza  in  Firenze  del 
1691  accresciuta  ,  ma  non  molto  purgata  :  la  quarta  negli 
anni  1729,  e  1788  in  Firenze  pel  Manni  ,  sopra  l'altre  lodata. 
La  quale  si  ristampò  in  Venezia  l'anno  1741:  e  in  Napoli  nei 
»746.  e  1749.  cor;  una  giunta.  E  finalmente  il  Pitteri  la  ri- 
stampò ponendo  a  luogo  i  vocaboli  registrati  nella  giunta 
Napolitana:  né  con  questo  fece  un  gran  dono  all'Italia  : 
perciocché    que' vocaboli    sono  la   più    parte   arcaismi  o  slor- 

(4)  Adr.  Polit.   diss.   della  lingua,   p.  462.  46J. 


(5  Lette  raturjì. 

pianure  fatte  ne'  testi  manoscritti  :  checché  ne  dica  1'  nutore 
delle  Riflessioni  lette  nella  R.  Accademia  Fiorentina  l'  an- 
no 1793.  Quindi  si  passa  a  ragionare  intorno  le  giunte  dell' 
Alberti,  e  del  Cesari:  e  si  dice  che  anche  le  faliche  di  que- 
sti due  letterati  non  Jccero  conlento  il  desiderio  comune  . 
Imperciocché  l'Alberti  facendo  ricco  il  suo  dizionario  di 
molti  vocaboli  ,  e  specialmente  di  qua''  che  appartengono 
alle  scienze  ed  alle  arti,  diede  senza  leggiti  ima  autorità 
la  cittadinanza  alle  voci  e  «'  modi  de'  parlatori  :  e  mesco- 
lò alla  lingua  illustre  quella  de'  moderni  plebei  :  ed  il  Ce- 
sari per  soverchia  religione  verso  i  trecentisti  ,  ebbe  in  de- 
lizie alcuni  arcaismi  ,  e  registrando  diverse  voci  storpiate 
dal  volgo ,  e  diversi  errori  de'  copisti ,  scomunicò  molti  vo- 
caboli e  modi  compilati  dall'Alberti  ,  forse  perchè  non  eb- 
bero in  sorte  di  nascere  nel  secolo  dell'  oro  .  (5)  Alle 
quali  inapeifezioni  si  aggiunge  come  per  nota  ,  che  quella 
edizione  Veronese  è  arciscorretfissima  .  Per  confermare  la 
qual  cosa  si  dice,  che  confrontate  le  undici  sole  pagine  del- 
la Prefazione  degli  Accademici,  e  le  settanta  pagine  della  ta- 
vola delle  abbreviature  con  qn(;lle  dell'esatta  e  corretta  edi- 
zione del  Manni ,  si  sono  trovati  circa  quattrocento  errori, 
fra  quali  sono  perfino  alcune  mancanze  d' interi  periodi  .  Ag- 
giungasi a  tutto  questo  ,  che  né  V  uno  ne  V  altro  Vocabo- 
larista (  come  dicono  i  nostri  Compilatori  )  s'  accorse  degli 
sconci  non  lievi  pe'  quali  oggi  V  Italia  dimanda  la  rifor- 
ma ;  segnatamente  da  che  il  celebre  Vincenzo  Monti  colla 
sua  proposta  d' alcune  correzioni  ed  aggiunte  al  vocabola- 
rio ,  ha  fatto  conoscere  quanto  sia  necessario  ,  che  molti  let- 
terati Italiani  pongano  mano  a  perfezionare  questa  grand' 
opera  .  Per  cui  ornai  a  tutti  e  palese ,  che  nel  volume  da- 
toci per   norma   dello   scrivere  gentilmente ,  trovansi  molte 

(5)  Prcf.   p.  xn. 


DiZION.   iTALlAr^v/  F.    I.  7 

voci  mal  difinite  :  molte  storpiate ,  perche  furono  m.al  co- 
piate o  mal  lette  «e'  manoscritti  :  moltissime  che  essendo  al 
tutto  spente  tolgono  il  loco  alle  vii'e  :  altre  ancor  vivt  po- 
ste fra  le  morte  :  molte  interpetrate  al  contrario  di  quel- 
lo che  valgono  :  e  diversi  esempj  allegali  fuori  di  luogo  : 
e  molti  sensi  figurati  confusi  co''  proprii  .  Quello  poi  tra  gli 
altri  difetti  i  di  cui  col  Monti  movono  lamento  lutti  i  filo- 
sofi ,  si  è  la  mancanza  grandissima  tJe'  termini  delie  scien- 
ze ,  e  delle  arti,  alle  quali  scarsamente  provide  V^JlLti  ti  . 
Da  tutti  questi  difetti  purgheranno  il  Focabolario  ,  quan- 
do che  sia  ,  gli  uomini  sapienti  d''  Italia  :  ma  di  tanta  mo- 
le si  e  il  compilare  V  opera  desiderata. ,  che  non  e  da  spe- 
rare di'  ella  possa  venire  in  luce  fra  breve  spazio  di  tem- 
po .  E  mentre  questo  gran  lavoro  nel  consiglio  de^  sapienti 
si  va  maturando ,  nessun  frutto  ci  verrà  dato  di  cogliere 
dalle  proposte  del  Cav.  Monti  e  dagli  avvertimenti  de'  suoi 
illustri  colleghi  ?  (6)  Queste  a  noi  pajono  buone  intenzio- 
ni :  e  certo  i  nuovi  compilatori  avranno  ragione  alla  grati- 
tudine di  tutti  coloro  che  intendono  al  bello  ed  emendato 
scrivere:  anzi  otterranno  il  voto  de' Toscani  ,  e  de'  Fiorenti- 
ni medesimi  :  essendo  quella  gentilissima  nazione  tutta  pie- 
na di  buoni  e  veri  fllosofi  ,  che  lasciale  le  vane  dispute  mu- 
nicipali intendono  alla  gloria  ed  all'  incremento  di  questo 
puro  ,  e  dolce  idioma  ;  seguendo  1'  esempio  altissimo  di  quel 
Fiorentino  Alighieri  ,  che  lo  fondò  :  per  cui  siamo  usati 
di  dire  con  Ottavio  Ferrari  ,  e  con  Scipione  Maffei  ,  che 
Firenze  Ipsius  Italice  Italia  est .  Che  se  tra  quel  popolo  si 
cortese  v'  ha  qualche  ritroso  ,  e  fantastico  ,  che  non  s'  ac- 
cheta al  giudizio  universale  de'  savj ,  ciò  poco  monta  :  men- 
tre i  più  gravi  e  sapienti  s'  accostano  a  quel  loro  dottissi- 
mo Salvini  ,    il  quale  applaudiva  a  quelle  severe  censure  che 

(6)  Pref.  p.  xm. 


8  LettehattirA 

il  Tassoni  (  o  per  dir  più  vero  l'OtlonelH  )  scrisse  contro  il 
Toscano  Vocabolario.  Volesse  Iddio  (  gridava  quel  Prin- 
cipe de' Cruscanti  )  volesse  Iddio  che  molti  aK>esscro  fat- 
to quel  che  ha  fallo  il  Tassoni  \  notando  ciascuno  amiche- 
volmente quello  che  fosse  da  correggere  ,  da  migliorare  ,  da 
toglier ,  da  aggiungere  ,  da  mutare  ,  che  come    dice  Omero . 

Certamente  dei  più  V  opra  è  migliore  . 

E  questo  immenso  insigne  lavoro  cha  ha  fatto  per  l'uni- 
verso mondo  dell'  accademia  nostra  volare  la  fama,  sempre 
pili  splendido ,  sempre  più  ricco  ne  diverrebbe  (7).  Così  il 
giudizioso  Salvini  nella  decima  delle  sue  lezioni  :  quel 
Salvini  ciie  usalo  alle  dottrine  de'  Greci ,  entrato  era  nella 
scuola  d'  Eraclito  ,  che  insegnò  come  tutte  le  verità  si 
scuoprono  per  quistioni  o  con  se  medesimi  o  con  altrui.  Quindi 
nella  undeiima  sua  lezione  non  usciva  in  agre  pnrole  contra 
il  Tassoni,  ma  situilmente  intuonava  ,  che  ^er  Ione  alcune 
macchie  al  Vocabolario  ,  e  farlo  per  conscguente  pih  polito 
e  pili  vago,  vi  si  adopiò  il  raro  spirito  del  Ttissnni,  al  quale 
siccome  delle  cose  a  beneficio  di  quello,  e  a  j>rò  nostro  (giusta- 
mente  osservate ,  grado  dobbiam  sempre  immortale  ;  così  ne 
anche  quella  censura  ,  eh'  egli  nelle  altrui  cose  co?ì  ingenua 
libertà  esercitò,  sì  vuole  a  lui  risparmiare.  Comune  è  Marte, 
dice  Omero ,  cosi  ò  comune  la  critica  .  E  questa  è  veramente 
la  via,  per  cui  le  umane  cose  si  conducono  in  perfezione  :  che 
quello  starsi  ne'giudir.j  altrui,  e  quel  gire  dietro  a  chi  ci  me- 
na senza  chiedere  del  cammino,  è  cosa  non  da  uomini  ,  ma  , 
come  dice  Aristotile  ,  da  umani  buoi .  Che  se  in  tutte  le 
scritture  è  necessaria  la  correzione  ,  certo  ella  ò  poi  necessa- 
ria  al   soni'nti    in  f[ueir  opera  da  cui  la  correzione  delle  scrit- 

(7)  Salvini  Pros.   Toscane  Lcz.  x. 


DiziON.  Itìliano  F.  !;■  9 

ture  tutte   dipende  .  E  un  piccolo  errore   nel  maestro  è  fon- 
tana d'  errori  innumerabili  ne'  discepoli  . 

Ma  tornando  noi  a'Bolognesi  Autori  veggiamo  le  regole  da 
loro  seguite  in  questa  intrapresa  .  Prima  di  tntto  dicono  ,  eh' 
essi  hanno  tolto  il  modesto  ufficio  di  compilatori  ,  valendosi 
di  quello  che  i  diligenti  letterati  prepararono  a  vantaggio  del 
Vocabolario.  Poi  soggiungono  d'avere  sopr'ogni  altra  cosa  fatto 
uso  delle  correzioni  del  Monti  ,  le  quali  molto  vagliono  a 
rendere  pregiata  la  nuova  edizione  .  (S)  Promettono  indi  la 
correzione  di  molte  definizioni  ,  e  descrizioni  ,  che  mal  dimo- 
strano le  qunl;Lh  ,  e  le  proprietà  delle  cose  :  fra  le  quali  si  tro- 
veranno quelle  àe^  vocahoW  Argano ,  Lieva,  CaK>a1  leggiere,  Ca- 
vai ckeri  a -,  Lunata,  Pilar.lro  ,  che  nel  primo  tomo  de' recpnll 
Atti  dell'Accademia  della  Crusca  sono  state  biasimate  ,  e  che 
l'Alberti  averia  già  corrette  nel  nio  dizionario.  Hanno  aggiun- 
to le  descrizioni  delle  piante  ,  ove  nel  Vocabolai-ìo  si  legge 
«  specie  d'erbari  albero  noto  ec.  La  quale  maniera  di  notare  le 
piante  non  può  essere  a  grado  agli  scientifici  ,  né  essere  intesa 
da' forestieri .  Ed  hanno  fatto  il  simigliante  intorno  a' termini 
dell'  anatomia,  della  medicina,  della  mattematica,  della  chimi- 
ca ,  e  della  storia  Naturale  .  E  questo  veramente  ci  sembra  la- 
voro gravissimo,  e  pieno  di  bella  utilità  ,  per  ogni  genere  noa 
solamente  di  scrittori ,  ma  ancor  di  lettori  ;  a'  quali  pure  è  bi- 
sogno di  rivolgere  il  pensiero  nella  compilazione  d'  un  nazio- 
nale Vocabolario  . 

Hanno  però  considerato  ancora  che  il  definire  ogni  pa- 
rola con  quella  esattezza  che  la  rigorosa  filosofia  richiede  , 
riuscirebbe  vano  agli  uomini  sapienti,  e  non  recherebbe  alcu- 
na luce  a  coloro  ,  che  nelle  scienze  non  sono  profondati .  E 
questo  vogliono  dire  segnatamente  delle  definizioni  che  riguar- 
dano la  metafisica  e  la  morale:  nelle  quali  discipline  «sse  ri,e- 

(8)  Pref.  p.  XIII. 


IO  Letteratura 

scoao  oscurlssime  alla  più  parte  de'  lettori  ,  come  quelle  ohe 
procedono    da    sottilissima    analisi  .    Questo    provasi    con    uà 
esempio  tratto  dal  dizionario  Inglese  di  Johusoa  :  dove  la  Idea 
si  definisce  fuMo  ciò  che  la  mente  apprende  in  se  stessa  ,  o 
e   immediato  abbietto  della  precezione ,  del  pensiero  ,  dell' 
intelletto  .    La    quale    definizione  dicesi    non    adequata  ,   co- 
mecht>  sia   di  Locke  .  Imperocché  oscuro  è  il  verbo    appren- 
dere  in  significanaa    dì    sentire  le  attinenze  de'  nostri  senti- 
menti :  né   la   frase  essere  objetlo  delle  percezioni  meglio  ri- 
schiara le  precedami   parole:  conciosiachè  il  significato  de'  Vo- 
caboli precezione  ,  pensiero,  intelletto  non  può  essere  inte- 
so da    coloro  ,  che    prima    non  conoscono  quello  del  vocabo- 
lo Idea.  Quindi  richiamando    a    suoi  principii  il    vero  valo- 
re d' es50  vocabolo,  e  fattane  l'analisi  si   conchiude,   che /'*- 
dea  del  corpo  è  quel  complesso    di  reminiscenze  insieme  as- 
sociate nelV  ordine  stesso  ,   in   che  le  sensazioni  relative  al' 
le    dette  reminiscenze  furono  generale  altra   volta  ;  e  si    se- 
gui ta  dicendo  che  Idee    in   generale  sono  tutti  i    complessi 
individuali   di  associate   reminiscenze  .   (y)  E  qui  si  termi- 
na giustamente  dubitando  ,  e  chiedendo  se  queste  definizioni 
auderebbero  scevre  di  controversie  :  se  sarebbero  chiaramen- 
te intese    senza  essere  accompagnate  da  lungo    schiarimento  : 
se  collo  schiarimento  sarebbero    da    tollerarsi    nel     Vocabola- 
rio. Alle  quali   inchieste    noi  rispondiamo  del  nò:  veggendo 
bene  che  saria  un"  opera  piena  di  pericolo  quella  di   entrare 
in  quel  diOicile  regno  de' metafisici  ,  che  il  S.ilvini  direbbe  re- 
gno  battaglieresco .  Queste  lunghe  sposizioni  si  vogliono  la- 
sciare a  chi  riformasse  gli  errori  deli'  Enciclopedia  :  e  non  % 
chi  cura  1'  emendazione  del  Vocabolario  . 

I  vocaboli  mal  conci  o  storpiati  sono  stali  ridotti  a  quel- 
la forma  ,  in  che  si    ritrovano  nelle  più  accreditate  ristam- 

(9}  Pref.  p.    XIV. 


DiziON.  Italiano  F.  I.  1 1 

ve  de^  classici  :  E  sono  stati  tolti  via  specialmente  qiie''  no- 
mi che  intromessi  erano  nella  lingua  per  V  ignoranza  da' 
copisti  .  Tale  si  e  la  voce  Abao  con  due  esempi  di  Gio- 
vani Villani ,  tolti  da  un  antico  manoscritto  -.  la  quale  bar- 
bara voce  in  tutte  le  migliori  edizioni ,  e  segnatamente  in 
quella  sì  pregevole  dataci  colle  stampe  di  Milano  del  Mu- 
ratori ,  è  convertita  nella  conosciuta  ,  e  nostrale  voce  Ba- 
lìa .  Qui  ci  accade  di  notare  d'  un  lieve  fallo  i  chiarissimi 
compilatori  :  il  quale  fallo  noi  non  vogliamo  tacere ,  afGncbè 
le  meritate  lodi  che  loro  tributiamo  ,  non  prendano  faccia  di 
adulazione.  Quella  voce  Abao  none  voce  intromessa  ne' li- 
bri per  la  ignoranza  de'  copiatori  .  E  ne'  buoni  testi  di  Gio- 
vanni Villani  citato  dalla  crusca  si  legge  :  Messere  Adoardo 
Doria  tenne  trattato  coli'  Abao  del  popolo  di  Savona  :  E 
altrove .  :  /  capitani  di  Genova  ,  e  V  Abao  del  popolo  ri- 
nunciarono la  loro  balìa  .  La  correzione  del  Codice  Mura- 
loriano  fu  anzi  intromessa  da  tale  ,  che  non  seppe  come 
VAbao  era  un  vero  magistrato  del  popolo  Ligure  :  del  qual 
nome  sono  pieni  gli  scrittori  delle  cose  di  Genova  .  E  vaglia 
per  tutti  Uberto  Foglietta  ,  primo  degli  storici  Genovesi  :  che 
nel  libro  i,  anno.  i335  ,  apertamente  segna  due  collegi  dì 
magistrati  ,  onde  reggevasi  quella  repubblica  :  de'  quali  il  pri- 
mo: Hes  plebis  agebat ,  Abbatesque  popidi  vocabantur  :  l'al- 
tro :  Nobilitati  praeerat  .1^  all'anno  l'ò'i'j  racconta  che  Raf- 
faello Doria  e  Galeotto  Spinola  fatti  Capitani  della  città  si 
brigavano  con  ogni  lor  arte  ,  onde  eleggere  essi  soli  un  Vi- 
cario per  giudice  ,  e  dare  VAbao  al  popolo:  il  qual  popolo 
finalmente  nel  i33g  scelse  a  suo  talento  V  Abao:  eleggendo 
il  plebeo  Simone  Boccanegra  ,  uomo  di  grande  animo  ,  e  di 
gravi  consigli ,  che  fu  il  primo  Doge  della  Repubblica  sotto 
il  governo  de'  popolari  .  Per  le  quali  testimonianze  a  noi  pa-^ 
re  che  questa  voce  d'  Abao  non  debba  cancellarsi  dalle  sto- 
rie :  perchè  sì  falsificarebbero  :  e   che  non  sì  abbia  da  perde- 


ìa-  Letteratura 

re  la  memoria  d'  un  magistrato  che  ne'  tempi  gloriosi  alla  no- 
bilissima Genova  tenne  nel  suo  popolo  quel  luogo  ,  che  il  Tri- 
buno della  plebe  occupò  fra  Romani  .    Concederassi  non  di- 
meno ,    che  la    Crusca  male  defini  questa  voce  :  dicendo  che 
ella  è  nome    di  dignità  popolare  ,  che  i^ale    capo  in  signi- 
ficato di  Guida  ,   Scorta,  Regolatore  :  mentre  dovea  più  tosto 
dichiararsi  per  dignità  popolare  nella  repubblica  Genovese, 
derixHita  per  corruzione  dal  vocabolo  ABATE  .  E  per  que- 
sto modo  non  solo  saprassi  il  vero  significato  d'esso  vocabo- 
lo, ma  conoscerassi  ancora  la  sua  etimologia  :  poiché  Abateè  vo- 
ce a  noi  venuta  dalla  Siria  ,  che  significa  Padre  .  Né  del  nome 
d' Abati  furono  già  in  antico  onorati  i  soli   sacerdoti,  e  i  pre- 
felli de' Monaci  :   ma  egli  fu  tilolo  di  nobiltà,  e  di  feudo  si- 
mile a  quello  dì  Barone,  e  di  Conte  :   come  si  può  leggere  in 
Cujacio  (io)  e  nella  Cronica  di   Suidegero  ,  che  così  insegna  . 
ylhbates  in  antiquis  Historiis  non    sunt  Monachi  ,  sed  Ba- 
rones ,  magnatesque  ,   quihus  Abbatias  Princeps  dat  ad  tem- 
pus  ,    rei  quoad  vixerint  .    Per  cui  anche  ne'  più    moderni 
tempi    i  Decurioni  di  Brescia  s'  intitolavano  Abati  :  e  Abati 
in   Milano  si   chiamavano  i  prefetti  de'  colleggi  ,  e  delle  com- 
pagnie de'  mercanti  ,  e  dell'  arti  .   (i  i)  Che  se  a  questo  an- 
tico valore  si  porrà  ralente  ,  sembrerà  meno  strana  quella  me- 
tafora dell'  Alighieri  ,    dove  nel  vigesimosesto  del    Purgatorio 
chiama  Cristo    l'  Abate    del  Collegio  .    Perchè    considerando 
come  questa  voce    a'  suoi  tempi  era  sinonima  di  Principe  , 
non    può    più    dirsi    eh'  egli  abbia     abbassata  la   dignità     del 
soggetto  con  un  vocabolo  poco  degno  della  divinità   .  Ritor- 
nando intanto  a  ragionare  del  Vocabolario  ,  crediamo  che  que- 
sta voce  vi  debba  stare  ,  finchò  vi  stia  il  nome  Doge  :  essen- 
do Abao  un  guastamento  d'Abate  a  punto  eome  doge  ò  un 


(io)  Cujac.  de  fciid.  lil>.    i.  Tit.   i. 

(il)  Oitav.  Ferrari.  Orig.  liiig-  Ital.  p.  4- 


DiziON.  Italiano  F.  I.  i3 

guastamento  di  duce  :    e  1'  uno  e    1'  altro  furono  due    titoli 
d'  antichi  magistrati   Italici ,  senza  i  quali  le  storie  de'  secoli 
andati  non  potrebbero  stare  .  Più  tosto  vorremmo    cancellato 
dal  Vocabolario  il    titolo    Peri  messovi  per  significare  i  Pa- 
ri di  Francia  .  Perchè  guai  se  i   Francesi  sapessero  che  noi 
usiamo  quel  brutto  equivoco  .  E  non  par    ella  cosa  incredi- 
bile ,  che  in  Italiano  si  possa  leggere    che  il  Re  di  Francia 
si  mostrò  al  popolo  fra  i  peri  ?  e  che  il  lettore  non  sappia 
s'  egli  si  mostrò  fra  le  piante  del   suo  giardino  ,  o  in  mezzo 
la  corona  de' grandi    di  quella  illustre  nazione  ?  queste    sono 
voci  da  cacciare    senza  pietà  :    questi    sono  aperti    arcaismi  , 
che   ora  movono  il  dispetto    ed  il  riso  .   Ed    abbia   pur  detto 
il  Villani  ,  che  il  He  di  Francia  si  governava  col  consiglio 
dei  Peri  :  (»2)  noi  dobbiamo  scrivere  Pari  :  e  solamente  Pa- 
ri deve  leggersi  nel  dizionario  Italiano  ,  dopo  che  1'  Ariosto 

cantò 

Dall'  altra  parte  fuor  de'  gran  ripari 

Re  Carlo  uscì  colla  saa  gente  d'  arme, 

Cogli  ordini  inedcsmi  .  e  modi  pari  , 

Che  terria  se  venisse  al  fatto  d'  arme  : 

Cingonlo  intorno  i  suoi  famosi  Pari 

E  Rinaldo   è  con  lui  con  tutte  V  arme  .  (i3) 

Diremo  quindi  bellissimo  l'accorgimento  de'  nuovi  Compilato- 
ri ,  i  quali  hanno  lasciate  addietro  tutte  quelle  parole  viete, 
o  deformi ,  che  registrate  con  un  solo  esempio  o  dal  Pitte- 
ri  ,  o  dal  Cesari  non  hanno  né  chiarezza  ,  né  dolcezza  ,  né 
grazia  ,  né  pertegono  al  tesoro  della  lingua  :  purché  questo 
tesoro  non  si  volesse  empiere  di  carboni  ,  Ma  perchè  questi 
valentuomini  si  fanno  coscenza  di  tutto  ,  e  vogliono  farsi 
grati  anche  quelli  ,  che  sono  vaghi  di  queste  merci  ,  essi 
promettono    di   stampare     in    un    foglio    separato    dagli   altri 

(12)  Giov.  Vili.  lib.  8.  cap.  4- 
(i3)  Ariosto,    cant.  58.   st,     79. 


i4  Letteratura 

tutte  le  voci  che  sarauno  tralasciate  .   E  questi  fogli  saranno 
quello  che  il  Munii  chiamava  il  Cimiterio  delle  paiole  .    Si 
dispenseranno  al  fine  d'  ogni  volume  .    E   va  bene    :    poiché 
queste    sono    cose    da    dare    per    gionta    e   non  per    derrata  . 
Che  la  pili  parte  non  sono  già  voci  antiche  ,  ma  troncamen- 
ti e  guastamenti  delle  italiane  voci  :  che  si  leggevano  per  le 
\ecchie  scritture  ,  prima  che  1'  uso  de'  buoni  avesse  determi- 
nata la  vera  forma  ,  e  il  Aero  suono    de'  comuni    vocaboli  . 
La  quale  verità    si  conferma   coli'  esempio  che  i  Compilatori 
qui  mettono  in  nota.  E  in  vero  se  per  esempio  la  voce  Ita- 
liana è  acceso  non    corre    bene  che    nel    Vocabolario    leggasi 
accisa  y  e  lo  dica  pure  Messcr  Polo  JZoppo,  i   nostri  ne  ride- 
ranno sempre  come  d'un  idiotismo  ;  i  Napolitani  diranno  che 
acceso    significa  uccìso  :  e  i  Bolognesi    grideranno    che    se    al 
Sig.  Polo  Zoppo  è  dato  dì  registrare  il    suo     accisa    per  ac- 
ceso, elli  vogliono  che  si  rigistri  il  loro  azeiso  .    Perchè  con- 
cessa a  un  popolo  la  potenza  di  guastare  una  voce  ,  tutti  gli 
altri  vanterebbero    potenza    eguale  :  e  fra    poco    si    tornereb- 
be agli  ordini  della  torre    di    Babilonia  .    Bene  dunque    si    è 
caccialo  dal    dizionario    Bolognese    acidificare  per   edijìcare  , 
adonque    per    adunque  ,  adessa    per    adesso  ,    adoltro    per 
adultero  ,  aff'ritto  per  afflitto  ,  agiudare  per  ajutaie ,  ajuna- 
re     per     adunare   ,     aitano     per    alcuno   ,      allativo      per 
ablativo  ,  apoletico  per   apopletico ,  appipito  per    appettilo  , 
arlogia  per    orologio  ,  ascio  per    agio   ,  ascuso  per    ascoso  , 
asgello  ,  auciello  ,  auzei    per    augello ,  e  augelli  :  ed  altre 
simiìi,  fra  le  quali  quell'  adesato  di  cui  il  compilatore  Lom- 
bardi confessa  di  non    conoscere  la    significazione  .    La  quale 
essendo  parola  usala  dall'  Allegri ,  cioè  da  un  moderno  ,  non 
non  può  credersi  perduta  nella  memoria  degli  uomini  ,  e    si 
dee  più  tosto  sospettare  che  sia  un  errore  di  stampa  :  e  forse 
ivi  debbe  leggersi  non    adesato  ,  ma    adescata  :  nel  senso  in 
che  usollo  r  antico  volgarizzatore  di  Boezio  . 


DiziON.  Italiano  F.  I.  j5 

Si  viene  da  ultimo  ad  avvertire  i  leggitori  di  clie  natura 
sieno  le  giunte  di  questa  nuova  compilazione.  E  si  dà  avviso 
che  adoperale  quelle  dell'  Alberti  ,  del  Cesari  ,  purgandole 
però  come  è  detto  ,  si  sono  scelte  molte  altre  voci  leggiadre 
ed  efficaci  dagl'  indici  già  pubblicati  per  alcuni  vomini  dili- 
genti ,  e  da'  manoscritti  comunicati  da  alcune  persone  cortesi 
che   ajutarono  questa  impresa  .   (i4)  Ma  quel  che   più  vale  i 


(i4)  Queso  è  r  indice  delle  opere  ,  onde  in  gran  parte  i  Com- 
pilatori hanno  tratte  le  giunte  del  nuovo  dizionario  Italiano  . 

Amati  Susitio  .  La  Battaglia  delle  Vecchie  colle  giovani  Canti 
due  di  Franco  Sacchetti  .  J5ologna  Masi  1819.  Alla  pag.  95.  e  se- 
guenti si  legfsc  un  indice  di  vocaboli  raccolti  per  la  prima  volta  dall' 
Amati  :  a  quali  s'  aggiungeranno  moltissimi  altri  non  ancor  pubblica- 
ti dal  medesimo  autore  . 

Bcddusseroni  Ascanìo  .  Dizionario  di  Giurisprudenza  marittima  , 
e  di  comercio  .  Livorno  Masi  i8i3.  Tomi  4 

Bonsi  Francesco.  Dizionario  di  veterinaria  ec     i794-  Tomi  5. 
Bossi  Luigi.   Spiegazione  d'alcuni  vocaboli  Geologici,  Litologici 
Mineralogici  .  Milano  Sonzogno.  1817. 

Buffon.  Storia  IVaturale  giusta  il  sistema  di  Linneo  classificata; 
Prima  traduziene  Italiana.  Piacenza.    1812. 

Cinonio.  Osservazioni  ec.  illustrate  da  Luigi  Lamberti.  Milano. 
Tipogr..   de'    Classici.    1809.    Tom.  4* 

Dizionario  Ericiplop edico  di  Chirurgia  :  tradotto  dal  francese 
ed  accresciuto  da    Cesare   Ruggeri .    Padova  1810.  T.  6 

Dizionario  Enciclopedico  delle  Matematiche  .  Vedova..  Semina- 
rio.   1810  Tomi  6. 

Gagliardo  G.  B.  Vocabolario  agronomico  Italiano.  Napoli  i8i3. 
Gallizioli   Filippo  Dizionario   Botanico  ,    Firenze   Daddi.    1819. 
1812.   Tomi  4- 

Grassi  Giuseppe  Dizionario  Militare  Italiano  .  Torino  Pomba  , 
1817.  Tomi  2. 

Milizia  Francesco  Dizionario  delle  bejle  arti  del  disegno  .  Bas- 
sano   1797.  Tomi  2, 

Munti  Cai'.  Vincenzo  Proposta  di  correzioni  ,  ed  aggiunte  al 
Vocabolario  .  Milano  1817.  e  seg. 

Muzzi  Luigi  Nuovo  spoglio  di  vocaboli  tratti  da  autori  citati 
dagli  Accademici  della  Crusca.  Bologna.  Masi,    i8»3. 

Fino  Ermenegildo  Elementi  di  storia  naturale  degli  animali.  Mji 
lano  .   1808  . 

Rubbi  Andrea  Dizionario  d' antichità  ec.  Venezia .  Stella  ijg!3. 
Tomi  lì. 

Stratico  Cay.  Simone  Vocabolario  di  Marina  .  Milano  i8i5, 
Tomi  5. 


t6  Letteratura 

saggi  Compilatori  hanno  aggiunto  moltissime  miglìaja  di  vo- 
ci pertinenti  alle  scienze  e  alle  arti  :  e  questa  sarà  vera  e 
grande  ricchezza  di  lingua  ,  molto  onorevole  alla  nostra  na- 
zione ,  che  potrà  nel  suo  Vocabolario  mostrare  a'  posteri  in 
in  quanta  luce  di  lettere  e  di  scienze  da  noi  viveasi  nel 
secolo  decimonono  .  E  questa  è  opera  boni  molto  piìi  utile 
e  grave,  che  non  sono  le  vane  fatiche  di  que'  selvatici,  a 
quali  meglio  piacciono  le  ghiancje  che    non  il  frumento  . 

Ma  non  vogliamo  lasciare  il  discorso  di  quest'  aurea  pre- 
fazione ,  sansa  notare  il  nobilo  modo,  ootn  cui  si  risponde  al- 
le mormorazioni  di  quegli  spirili  severi,  che  supponendo  es- 
sere nel  vocabolarista  autorità  di  legislatore  ,  danno  biasimo 
a' nostri  autori,  e  dicono  che  dovevano  lasciare  l' impresa  o  a 
coloro  ,  che  sopra  la  lingua  hanno  leggittima  podestà  ,  o 
a  più  robusti  ingegni  .  Alle  quali  oppos'zioni  sì  oppone  un» 
tloltrina  chiarissima  tolta  dagli  antichi  e  da  moderni  filosofi, 
per  cui  dividasi  la  plebe  de'  parlanti  dallo  scelto  numero  de- 
gli scriventi  .  I  quali  accorgendosi  che  non  tntti  i  modi  dell' 
uso  valgono  a  indurre  ne'  discorsi  chiarezza  ,  e  durevole  ve- 
nustà ,  investigando  la  natura  de'  pensieri  ,  pervengono  a  co- 
noscere le  leggi  ,  con  che  si  dovrebbe  ordinare  la  favella  , 
se  i  fihwoG  ne  potessero  essere  gli  assoluti  monarchi  .  Ma  V 
csjjcfienza  mostra  loro  quanta  sia  la  forzi  dell'  uso ,  e  come 
a  moliissime  consuetudini    non  abbia  contrasto  la    ragione 


A  questi  HizioDarj,  e  a  queste  opere  stimiamo  che  delibasi  aggiun- 
f.v.i-c.  la  raccolta  del  Padre  G.  B.  Bcrgantiiii  iutitolata  Voci  Italia' 
ir:  d'  autori  approvali  dalla  Crusca  ,  nel  7'^ocabolario  et  essa  non 
registrale  ,  cun  altre  molte  appartenenti  per  lo  più  ad  arti  e 
scienze  ,  che  ci  sono  somministrate  similmente  da  hiioni  autori  . 
Venezia  :  Bassaglia  1745.  11  Bergamini  non  era  molto  sottile  nel- 
le arti  della  Critica  ,  e  della  lingua  :  raa  in  quel  suo  elenco  sono 
molle  voci  necessarie  e  bellissime  .  Così  è  nostro  consiglio  ,  che  sì 
cerchi  in  quegli  autori  ,  che  1'  Accademia  della  Crusca  approvò  neii' 
anno  1786  ,  e  in  quegli  altri  che  sono  stati  proposti  dai  eh.  let- 
terati Bariolomco  Gamba  ed  ab.  Colombo  . 


D.iziQN.  Italiano  F.  I.  17 

de^  filosofi  :  per  la  qual  cosa  ogni  accorto  scriliore  ordinan- 
do in  oratoria  ,  e  poetica  armonia  le  naturali  qualità  del- 
la lingua ,  procaccia  sempre  di  conciliare  insieme  con  beW 
arte  i  dettami  della  filosofia  e  P  uso  de'  pw  latori  .  In  que- 
sta forma  dalla  naturale  favella  ha  nascimento  e  stabilisce 
il  suo  nobile  stato  la  lingua  illustre  :  che  altra  signoi'ia  non 
conosce  fuor  quella  dell'  usa  de'  classici  scrittori  :  di  quelli 
cioè  che  rimangono  in  fama  dopo  lo  spazio  del  tempo  cìie 
basta  a  spegnere  gii  amori  e  gli  odj  ,  pe'  quali  talvolta  è 
abbassato ,  e  talvolta  innalzato  immeritamenie  il  nome  de- 
gli uomini  .  Questo  illusti'e  Senato  segue  e  segidrà  per  tutti 
i  tempi  suo  leggitiimo  dominio  ,  indendosi  della  libertà 
de'  parlatori  per  accrescere  la  lingua  ,  frenando  la  licenza 
degli  scrittori  communali  ,  affinché  essa  lingua  non  si  guasti 
e  perisca  .  Il  consentimento  di  tale  Senato  che  ha  V  appro- 
vazione di  tutta  Italia  ,  è  la  suprema ,  ed  unica  legge  :  chi 
questa  segue  è  sicuro  :  chi  da  questa  si  dilunga. ,  si  pone 
in  braccio  alla  ventura,  poiché  certissimo  non  è  chele  sue  no- 
vità sieno  approvate  dalle  genti .  Da  ciò  si  vede  quanto  sia 
necessario  che  i  vocabolarj  mostrino  la  via  battuta  dagli 
autori  eccellenti  ,  acciocché  riessano  per  ignoranza ,  e  senza 
necessità  se  ne  diparta ,  Questo  fine  solamente  deggiono 
proporsi  i  vocabolaristi  ,  e  non  assumere  officio  di  legisla- 
tori .  Così  ragionasi,  e  si  risponde  a  quelle  pedantesche  mor- 
mor.ìzioui  :  né  sappiamo  come  sì  possa  scrivere  con  più  for- 
za di  pensieri  ,  e  di  stile  :  nò  in  qual  prefazione  d'  Italiano 
Vocabolario  siasi  adoperata  migliore  filosofia  .  Per  quello  poi 
che  si  dice  intorno  1'  autorità  de'  vocabolaristi  ,  siamo  anche 
noi  dello  stesso  avYÌso  ,  che  i  nostri  autori  ;  cioè  rhe  o  sie- 
no essi  individui  ,  o  sieno  congregazioni  accademiche  ,  so- 
no seniore  7iella  repubblica  letteraria  private  persone  e  non 
dittatori  ',  quindi  non  posano  arrogarsi  il  potere  di  dare 
sotto  qualsivoglia   colore    leggittimità    alle   parole  .    Nella 


i8  Letteratura 

quale  sentenza  non  solo  convengono  i  più  corretti  e  f  più. 
dotti  degli  scrittori  viventi  ,  '"ma  era  ancora  quel  gravissimo 
Gaspare  Sdoppio,  die  al  tempo  de' nostri  avi  cosi  scriveva,  De- 
cipiunt  id  genus  libri  judicium  non  semel  .  Quam  ob  causam 
viri  dodi  Lexicis  non  veliit  magistris  ,  sed  tamquam  mini- 
stris  in  memorice  subsidium  utuniur  .   (i5) 

Rimane  finalmente  che  noi  ci  rallegriamo  co'  novi  com- 
pilatori ,  anzi  coli'  Italia  ,  perchè  veggiamo  per  la  nostra  bel- 
lissima lingua  posto  in  tutti  gli  animi  tanto  d'  amore  e  di  zelo 
che  in  ogni  luogo  si  attende  alla  sua  vera  ristorazione  ;  E  più 
vi  si  attende  nella  floridissima  Bologna  ,  antica  madre  degl' 
Italici  studii  .  I  valenti  compilatori  avranno  molto  a  com- 
battere non  solo  colla  difficoltà  del  lavoro  ,  ma  ancora  col- 
le varie  passioni  ,  e  pretensioni  degli  uomini  .  Ma  questo 
farh  più  lodata  la  loro  fatica  :  che  come  dice  Epicarmo  : 
Gli  Dei  x^endono  le  belle  cose ,  e  per  conseguente  la  gloria , 
a  prezzo  di  gran  sudore  . 


» miiiirilllllll»  ib>  I  I  «yi'  <llliniilliiiwni 


'9 


La  Legge  Petronia  illustrata  col  mezzo  di  un'  antica 
Lscrizione  rinvenuta  nelV Anfiteatro  di  Pompei  :  Memoria 
distesa  dal  Cavaliei'  Arditi  Sopraintendente  dei  Regj 
Scavi.   Napoli   1817.   Tipografìa  Chianese . 

Olimlamo  nostro  debito  di  noa  ritardare  più  oltre  la  pu- 
blicazione  dell'  estratto  di  questa  dotta  memoria  ,  clie  la  co- 
pia delle  materie  non  ci  ha  permesso  d' inserire  nei  pre- 
cedenti Quaderni  .  Gli  Amatori  della  Giurisprudenza  Anti- 
quaria ci  sapranno  buon  giado  per  le  cure  di  estendere  la 
conoscenza  di  un  marmo ,  e  di  un'  opera ,  che  direttamen- 
te guidano  a  dicifrare  in  gran  parte  1'  antica ,  e  variamen- 
te agitata  questione  intorno  all'  epoca  ,  ed  all'  autore  della 
legge  Petronia.   Entriamo  senza  altro  in    materia. 

Nel  Tom.  11.  delle  Simbole  Piomane  del  Gori  alla 
pag.  121.  si  trova  una  lettera,  che  credesi  scritta  dall'aba- 
te Marlorelli ,  quale  in  data  del  di  io.  Settembre  1749-  tli" 
ceva  cosi  :  Si  è  trovata  una  bellissima  Iscrizione  ,  la 
quale /il  menzione  deliri  Legge  Petronia  ;  e  qui  si  sono 
posti  in  moto  tutti  i  Giuristi  per  illustrarla  .  Si  vedrà 
che  cose  belle  dicono  .  Nulla  però  se  ne  disse  né  allora  , 
né  poi  .  Se  quella  Iscrizione  non  era  diversa  dalla  presen- 
te ,  convien  supporre,  clic  appena  ritrovata  fosse  ricoperta 
di  nuovo  ,  giacché  questa  comparve  fuori  della  terra  sot- 
to gli  occh)  dell' A.  nel  di  1.  Maggio  i8i4-  sull'ingresso 
dell' Antiteatro  di  Pompei.  Questo  edificio  insigne  per  anti- 
chità ,  per  magnificenza  ,  e  per  conservazione ,  ha  la  figu- 
ra Ellitica  .  Nelle  due  estremità  dell'  Asse  maggiore  vi  so- 
no due  grandi  Porle  .  Ota  a  chi  mette  il  piede  in  quella 
delle  due  porle,  che  guarda  fra  occidente,  e  settentrione , 
si    presentano    immediatameate   a  destra ,    e    a    sint£tra   due 

2  * 


ao  Letteratura 

■faicchie  rettangole  ,    le  quali    sembra  che   abbiati   contenuto 
due  statue  ,   che  oggi  però   non  si   veggono  ,   e  solo  a  piede 
di    tali    nicchio    leggousi    scolpite  iu    travertino   due    latine 
Iscrizioni    onorarie.  Quella    di  mano   destra    dice    cosi  : 
C.   Cuspius.   e.   F.   F.  Pausa  Pontif. 
D.   Vir.   J.  D. 
L'  altra    a  sinistra  ,    che  forma    il  soggetto  della  memoria  ,   è 
la  seguente  . 

C.  CUSPIUS.  e.   F.  PANSA.   PATER.  D.  V.  I.  D. 
mi  QUINQ,  PR-EF.  ID.  EX.  D.  D.  LEGE.  PETRON. 
Il    Cavalier  Arditi    francamente  legge. 

Cajus    Cuspius  Caji  Fi\\\isPunsa   Pater,    Duo   Vir  Ju- 
ri  Dicando 

Quartum    QUiNQuennalis  PR^EFectus    IDem  EX  De- 
curionum  Decreto  LEGE  PETROKia 

Dal  confronto  di  queste  due  Iscrizioni  1'  A.  spiega  fe- 
licemente la  ripetizione  della  voce  Filius  nella  prima  linea 
di  quella  a  destra ,  perchè  si  scorge  adoperata  in  contra- 
posizione al  Pater  .  che  si  ha  in  quella  a  sinistra  ,  per  à\- 
slinguerne  li  due  personaggi  dell' istessa  gente  Cuspìam.o\- 
to  chiara  ,  e  benemerita  della  Coluipa  :  quali  portando  li 
lessi  nomi  si  sarebbero  altrimenti  confusi.  La  spiegazione 
delle  sigle  Numeriche  IIII.  vien  difesa  dall' A.  non  solo 
i  ogli  esempli  generali  di  altre  Iscrizioni,  nulle  quali  colli. 
ili,  e  Illl.  si  ricorda  la  seconda,  terza,  e  quarta  volta, 
die  alcuno  avesse  esercitatala  slessa  Magistratura,  ma  be- 
lianche  con  altra  Iscrizione ,  che  riguardalo  stesso  C.  Gu- 
falo Pansa  dell'Anfiteatro.  Fu  essa  scavata  nel  Foro  dì 
i'unipei  li  f).  Maggio  del  1816.,  e  vi  si  legge  in  lettere 
'^juello  stesso  ,  che  nella  Lapide  dell'  Anfiteatro  è  notato 
'  ;  r  mezzo  de'  numeri  .  Ecc  one  il  tenore .  C.  Cti.yno  C.  F. 
r.iasce  II.  I  ir.  I.  D.  qanri.  (piiiuj.  Ex  D.  D.  Pec. 
lab.   Da   ciò  \' \.   argomeril.i,  clic   le    sigle    nuniotielie    UH. 


Della  Legge  Petronia  21 

nell'  Iscrizione  dall'  Anfiteati-o  debbano  sciogliersi  in  quater  , 
o  quatto  ,  o  quartuin  ;  osserva  poi  ;  che  la  parola  qiiart . 
iìi  incisa  nel  Marmo  non  intera,  ma  punteggiata  sull'ul- 
timo ,  parendo  cosi  ,  che  il  Compositore  profittato  avesse 
della  prudente  cautela  suggerita  in  simil  caso  da  Cicerone  . 
Interrogato  il  Romano  Oratore  da  Cu.  Pompeo  se  meglio  in 
buon  latino  conveniva  esprimere  Coìisul  Tertio ,  o  Consid 
Tertium  nell'  Iscrizione  del  Tempio  della  Vittoria  ,  fu  di 
parere,  che  senza  entrare  in  brighe  inutili  colli  Gramma- 
tici discordi  su  questo  punto  ,  si  avesse  a  scrivere  Tert. 
onde  ciascuno  leggesse  ed  interpetrasse  a  suo  talento,  co- 
me narra    Gallio    IVoct.  at.t.  Lib.  io.  Cap.  i. 

Discorre  quindi  1'  A.  molte  cose  erudite  sulla  Magi- 
stratura ,  della  Quinquennalità  ,  di  cui  fu  onorato  il  no- 
stro Caspio  Pansa ,  sul  titolo  di  Prefetto,  che  nella  Colo- 
nia Pompejana  venne  data  al  magistrato  sul!' osservanza  del- 
la legge  Petronia^  ed  altre  copiose  osservazioni  aggiunge 
per  dichiarare  a  quale  Carica  si  riferiscono  le  Sigle  nu- 
meriche ,  se  cioè  abbiano  a  collegarsi  col  Duo  vir  Juri  di- 
cundo ,  da  cui  sono  preceduto  ,  ovvero  col  Quinqnennalis  , 
che   loro    viene    appresso  , 

Premesse  queste  generali  illustraxioni  scende  1'  A  ad 
interpretare  le  ultime  parole  della  seconda  Linea  dell'  Iscri- 
zione P/ref.  Id.  Ex  D.  D.  Le^e  PETBOJY  ;  tanto  più 
interessanti  egli  le  stima  in  quanto  che  Paulo  Merula  tra- 
scurò affatto  la  legge  Petronia  ,  ed  Antonio  Agostino  ne 
parlò  molto  digiunamente,  senza  che  il  di  lui  Commenta- 
tore Fulvio    Orsini    vi   aggiungesse    una    parola  . 

Incomincia  l'Autore  dal  difendere  la  denominazione  del- 
la legge  contro  l'opinione  di  Pietro  Fabro,  che  Pelinia  , 
e  non  Petronia  pretese  ,  che  dovesse  appellarsi ,  Semestr. 
Uh.  2.  Cap.  XI.  Si  era  questo  acuto  Interprete  della  ra- 
gione laivile  impegnato  a   sostenere,  che  soltanto  sotto  l'im- 


23  Letteratura 

-  pero   di  Adriano  fosse   stata     pubblicata    la  Legge ,    per    la 
quale  imponevasi   un  freno   all'  illiinitala  libertà  de'  Padro- 
ni di    consegnare  i    Servi  a   pugnare    colle  Bestie  :   Non  tro- 
vando  in    quell'epoca    vernn  Console    di    nome    Petionio, 
ma  bensì    un     Q.    Arrio    Petinìo  ,    cbe   resse  i  Fasci    nell' 
Anno  876.   di    Roma,  ossia   nell'Anno    laS.    dell'Era    Cri- 
stiana ,    si     permise   di  emendare  capricciosamente  il   Testo 
dì    Modestino     nella    legge    IT.    §.    2.    ff.    ad    Leg.    Cor^ 
nel.    de    Sicar.   contro    la    testimonianza    uniforme  di    tut- 
ti  i    Codici ,  e  trasformò  in  Pctinia  la   legge   Petionia  .  L' 
autorità  del   marmo    Porapcjano   decide  oggi    assolutamente 
la    sincerità  del    Testo  di    Modestino,    e  la  fidsilà  dell'opi- 
nione   di   F.ibro  ,   che  prima    ancora    di   questa  scoperta  non 
piacque    al     Noordkerk  ,    e   fu  egregiamente    confutata    dall' 
Eineccio  .  Viene    altiesì    apertamente    1'  A.   alle    prese     con 
Ermanno    Noordkerk,  'quale  nel    commentario  de  Lege  Pe- 
tronia  impugnò  ,  che    la    medesima    siasi    mai    occupata    de 
Tinn    tradciuUs  areiìCB    servis  ;   Modestino  nella  detta    Le^- 
ge   II.   5.    2,  ff'.  ad  L.    Cornei,    de    Sicar.  lasciò     scritto  , 
che  «  Post   Legcni   Petroiriain ,  et  Senalus  consulta  ad  eam 
Legi'in  pcrlinenlia  ,  dominìs  potestas  ahlata    est  ad  bestias 
dcpugnaiidas  suo  arbitrio  ser\>os  tradere  ;  oblato  tamenju- 
dici  servo  ,  si  justa  sii  Domini  quei  eia   sic  penre  tradetur  . 
Appoggiava    Noordkerk    la    sua    negativa  sopra   le  parole  del 
jiureconsuUo  ,   il    quale   afferma,    che   fu   tolta    questa    po- 
testà   ai     crudeli     Padroni    post    latani   Legem    Petroniani  : 
non   già,   che   Le.r   Pe.tronla   liane  poteslatem    Doininis  sus- 
tuìit  >:>  Mcritameiìte  l'A.  confuta  si  strano  soOsma  sostenendo, 
che  la    frase  post   Legem    Petroniani  secondo  il    linguaggio 
de'  Giurisperiti    vale    quanto    «  dal  tempo  della  legge  Pe- 
tronia  in   poi  a  :  né  lascia    di    osservare  ,  che   la    menzione 
.della    Legge    Pctronia    in   un     marmo   sull'ingresso    dell'An- 
fiteatro CDnferma   colla  stessa  località  il  soggetto  della  Legge: 


Della  Legge  Petronia  23 

poiché  per  quella  Porta  entravaao  nell'  arena  l' infelici  ser- 
vi dal  Prefetto  condannati  ad  bestias  in  pena  de'  loro  de- 
litti . 

S'  inoltra  quindi  1'  A.  ad  esporre  1*  singolare  varietà 
delle  Sentenze  de' Giureconsulti  circa  l'Autore,  e  l'epoca 
della  Legge  Petronia .  Se  si  presta  fede  a  quanto  ne  raccol- 
se il  detto  Noordkerk  nella  sua  Disquisit  .  de  Leg.  Pe- 
troli .  Amsterdam  lySi  Cap.  3.  (  quale  peraltro  non  fu 
sempre  esatto  nelle  sue  Citazioni  )  Ermanno  T^ultejo  fe- 
ccia risalire  al  tempo  della  Repubblica  (i)  :  Jacopo  Cujacio  la 
chiamò  vagamente  parto  delle  Costituzioni  de'  Principi  senza 
darsi  pena  di  pronunciare  a  quale  degl' Imperatori  propria- 
mente si  appartenesse  .  Geraldo  Noodt  la  disse  promul- 
gata dopo  Augusto,  e  prima  di  Adriano.  Francesco  Con- 
nano la  fissò  sotto  Tiberio .  Piacque  ad  Everardo  Ottone  , 
ed  a  Gio  :  irrigo  Cristiano  de  Selchow  assegnarne  l' ori- 
gine dopo  Claudio,  e  prima  di  Domiziano.  Ali' impero  di 
Nerone  indeterminatamente  la  riportò  Cornelio  fan  Bjn- 
Vershoeh.  La  maggior  parte  però  degl'  Interpreti,  fra  li  qua- 
li sono  Otomanno  ,  Gifanio  ,  Pancirolo ,  Suarez  de  Men- 
doza ,  Giano  a  Costa  ,  Éineccio ,  ed  il  nostro  Gravina  , 
si  accordò  in  assegnare  alla  promulgazione  di  questa  Leg- 
ge V  Anno  VII.  dell'Imperio  di  Nerone  ,  che  corrisponde  all' 
Anno  8i4'  di  Roma,  e  6i.  dell'Era  Cristiana  ,  quando 
cioè    con    Gesonio  Peto    fu  Console    Petronio  Turpilliano 


(i)  Potrebbe  qui  aggitingnersi ,  che  anche  l'erudito  Rodolfo 
Eornerio  (  Rer.  Quotidian.  Lib,  2,  Cap.  11.  nelTcsoro  Oitoniano 
T.  ^.  p.  191-  )  riportò  ai  tempi  della  Republica  la  Legge  Peiro- 
iu'a  ,  e  precisamente  qvicl  supposto  Capo  di  essa  ,  che  Fciuhut  ne 
peregrini  Romce  prò  Ciyibus  sese  gererent  -  .  E'  però  manifesto 
eh'  Ej;]]  fu  tratto  in  errore  da  un  passo  scorretto  di  Cicerone  de 
OJfic.  Lib.  3.  11,  ove  nelle  aldine,  ed  altre  edizioni  si  legge  Pe- 
irOnius  in  luogo  di  Pcnmts ,  cioè  di  quel  Tribuno  Giunio  Penno , 
da  cui  eld.e  nome  la  Legu;e  Giiinia  ,  che  precedette  la  Papia  de 
Ciyitcdij  .   (  iYot.  dui  CoinpU.  ) 


^4        Letteratura 

All'  incontro  Ermanno  Cannegieter  nel  Goinmentarìo  ad 
Fraginenla  vet.  Jurisprud.  Cap.  g.  ne  ritarda  Ja  promul- 
gazioue  fino   ai    tempi   di  Antoiiiao    Pio . 

Ma  da  tutti  costoro  si  dipartì  il  detto  Ermanno  JVoord- 
herh'  inteso  a  sostenere  l'  origine  della  legge  Petronia  al 
tempo  di  Augusto  .  Due  sono  le  congetture  ,  alle  quali  si 
appoggiò  .  La  prima  riguarda  1'  occasione  ,  ed  impulso ,  che 
potè  dare  verosimilmente  alla  promulgazione  di  una  legge 
si  umana  il  fatto  crudelissimo  di  Vedio  Pollione  rammen- 
tato da  Seneca  ,  Plinio  ,  e  Dione  Cassio  :  Questo  ricco  Cit- 
tadino Romano  ,  che  viveva  al  tempo  di  Augusto  condan- 
nò un  servo  ad  essere  divorato  dalle  Murene  per  aver  di- 
sgraziatamente  infi'anto  un    vaso    di    cristallo  . 

II  secondo  argomento  lo  trasse  il  Noordkerk  da  due 
medaglie  del  Triumviro  P.  Petronio  Turpiliano,  una  delle 
quali  aveva  da  un  lato  il  volto  di  Augusto  ,  e  dall'  altro 
la  testa  della  Dea  Feronia  ;  la  seconda  aveva  la  testa 
del  medesimo  Augusto  nel  diritto  ,  e  nel  rovescio  un  Uo- 
mo in  piedi  cum  Patera  et  flagro  ,  e  su  queste  monete 
pretese  di  stabilire  la  promulgazione  della  legge  Petronia 
sotto  Augusto  ,  avvertendo  ,  che  Erat  Feronia  scrvorum. 
Dea  :  l'iagrum  porro  erat  insigne  servilis  ,  sed  modica! 
correctLonis  ;  patera  liberaUorcm  dimensum  se/ vis  promit- 
teòat:  Si  accinge  1' A.  valorosamente  a  combattere  questi 
argomenti  ,  e  Noi  riportiamo  volentieri  colle  dì  lui  stesse 
parole  la  dotta  ,  e  franca  confutazione  .  «  Già  prima  sup- 
tc  pone  il  J^ordkork  ,  che  il  Petronio  Turpiliano  fosse  Tri- 
«  univiro  f/fdiu'cndai  colonia^  ;  laddove  al  parere  universa- 
le lo  di  lutti  ,  era  quegli  un  Triumviro  monetale  nell'  an- 
ce no  DCCXXXIUI.  di  Roma  ,  e  venti  anni  prima  della 
et  venuta  di  Cristo  nostro  Signore  .  In  secondo  luogo  la 
«  moneta  ,  che  ha  1'  Uomo  in  piede  cum  patera  et  flagro 
ce  ivA   SVIO   rovescio  ,  ò  portata  dal  solo  Mezzabarba  ,  e   vie- 


Della  LeCxGE  Petronia  a5 

ce  ne  generalmente    ignorata  da  Fulvio  Orsini  ,  dal  Vaillant, 
fc  dal    Morelli  ,  e  dall'  Ab.    Eckliel  :  quando    ogni    critico  sì 
«  vergognerebbe  oggidì  di   trarre   conseguenze  ,  o  di    fondar 
«  sistemi  sopra    monumenti  ,    de'  quali    il    solo   Mezzabaiba 
ce  desse  la    guarentigia  .  Per  terzo  il  Nojordkerk  impasta  due 
ce  monete  in    una ,  per   trarne    quella  consegJienza  ,  che  più 
ce  gli    piace.  E  nel    \ero  la   moneta  ,  che  ha   la  Testa   della 
ce  Dea    Feronia   ,    tanto  è    lontano  ,    che     abbia     nel     rove- 
cc  scio    r  uomo  Clini   patera  ,   et  Jìagio  ;  che  anzi  ora  ha  il 
ce  Parto  inginocchiato  colla  leggenda   signis  receptìs ,   ed  ora 
ce  un'  Ambasciatore  degli  Indiani   tirato  dagli   elefanti,   e  ve- 
ce nulo  in   Roma  per   ottener  conferma  di    Pace  .   Le  quali 
ce  cose  non  avendo  rapporto  dì  sorta  alcuna  co'  servi ,  e  colle 
ce  pene  de' servi  ridotte  a  certa  equità^  han  fatto  comunemen- 
ce  te    opinare  ,    che    la    Dea    Feronia  sì    fosse     da    Petronio 
ce  Turpiliano  messa  nelle    sue  monete  per  indicare  ,  che  egli 
ce  era  Sabino  dì  origine  .  A  vicenda  la  moneta,  che  ha  l'Uo- 
ce  mo  colla    patera  ,  e  collo  staffile    nel    suo    rovescio  ,  noa 
ce  serba  alcun  vestigio  della  Dea  Feronia  ;  avendo  nel  dirìt- 
ce  to   il   solo  volto   di  Augusto  :  e   in   tronseguenza  (suppo- 
cc  sta  anche     sincera  ,  e  ben    conservata  ,  e  ben  descritta  la 
ce  moneta    del    Mezzabarba  )  chi    sa  dirne ,  quel    rovescio    a 
re  che    cosa  abbia  riguardo  ,  e  quale  ìnterpetrazione  si    me- 
cc  riti?   Per    quarto  sarebbe    luogo  a    domandare ,  se  ì  Tri- 
ce  umviri   monetali    facoltà    avessero   da    promulgar    leggi ,  o 
ce  di    dare    alle    leggi  il    proprio    lor     nome  .  Lo  afFermarlo 
«  per    un  momento    sentirebba  della   più   grande  stranezza  ; 
ce  né  lo   stesso  Noordkerk  ha   il    coraggio  da    volerlo  ,  o   da 
ce  poterlo    pretendere  .  Poiché    prevedendo    egli  1'   intoppo  , 
ce  che  alla  sua  conghìettura  vert"ebbe  da  si    falla    diflicoltà  , 
ce  crede    di    sfuggirla    col  dire  ,  che  forse    questo    Petronio 
ce  Turpiliano  potè  essere  stato  Tribuno  della  plebe  al  tem- 
ce  pò  ,  che  Augusto  rimase    faitemente  esacerbalo  dall' aaim© 


26  Letteratura 

«  bestialmente  6ero  di  Vedio  PoHione  .  Non  rido  a  questa 
"  sua  ritirata  piena  à.\  forse  ,  e  di  possibili  ,  e  appogiata  ve- 
ce ramente  nell'  aria  ;  quando  egli  stesso  non  si  ritiene  dal 
«  chiamarla  hariolationem  con    molta    sincerità  » . 

Passa  dopo  di  ciò  l'A.  a  riferire  1'  opinione  di  Gior- 
gio d'  Arnaud  ,  quale  nella  Dissertazione  de  Jiire  servorum 
pubblicata  nel  t']^^.  riporta  similmente  al  tempo  di  Au- 
gusto la  legge  Petronia  ,  ma  con  diversa  congettura  .  Sup- 
pone,  cbe  Augusto  la  promulgasse  eccitato  dall' avventura  di 
Androclo,  di  cui  è  menzione  appresso  Gellio,  ed  Eliano  .  Nar- 
rano costoro,  die  in  una  caccia  alla  presenza  di  Cesare  il  servo 
di  Androclo,  condannato  ad  Bestios  dall'  inumano  Padrone,  fu 
riconosciuto  e  difeso  contro  gli  attacchi  delle  altre  Fiere  da 
un  Leone,  a  cui  aveva  in  Africa  estratta  dal  piede  una  scheg* 
gin  ,  che  fortemente  lo  tormentava  .  Sembra  pertanto  al  Si- 
gnor Arnaud  di  poter  fissare  il  fatto  di  Androclo  nella  celebra- 
zione de' giuochi  Secolari,  e  che  perciò  nell'  anno  ^87.  di  Ro- 
ma fosse  promulgata  la  legge  detta  Petronia,  dal  nome  di  un 
L.  Petronio  ,  il  quale  secondo  una  Lapide  Gruteriana  fu  Tri- 
buno della  plebe  ,  forse  in  quell'  anno  stesso .  A  buon  drit- 
to dall'  A.  vien  rigettata  1'  opinione  del  Signor  Arnaud  : 
poiché  sebbene  fosse  certo  ,  che  il  fatto  di  Androclo  avve- 
nisse sotto  Augusto  ,  tuttavia  nessuno  crederebbe  ,  che  Au- 
gusto ,  il  quale  dall'anno  781.  era  divenuto  perpetuo  Tri- 
buno della  plebe  ,  avesse  permesso  ad  un  altro  Tribuno 
V  onore  di  dare  il  nome  ad  un  Plebiscito  novello  .  La  storia 
non  ne  soministra  più  esempj  dopo  quello  conosciuto  sot- 
to nome  di  legge  Falcidia  venuta  fuori  l'anno  di  Tloraa 
ToS.  Ma  spingendo  l'Autore  più  oltre  l'esame  afferma  con  sodo 
fondamento  ,  che  la  storia  del  servo  Androclo  appartenga 
non  già  all'Imperio  di  Augusto,  ma  a  quello  di  Calligola, 
Da  Gellio  si  ha  ,  che  Appione  autore  del  racconto  fu 
spettatore  egli  stesso    della  scena    meravigliosa  ,  Romce    cuin 


Della  Legge  Petronia  27 

forte  essem  .  Ora  questa  accidentale  presenza  di  Appione 
in  Roma  ben  si  accorda  coli'  ambasceria  ,  che  sostenne  per 
gli  Alessandrini  contro  i  Giudei  appresso  1'  Iniperalor  Ga- 
jo  Calligola  ,  secondo  le  testimonianze  di  Filone  ,  Giuseppe 
Flavio  ,  ed  Eusebio  .  Oltre  di  che  Plinio  di  se  stesso  nar- 
ra di  aver  da  giovinetto  conosciuto  di  persona  Appione 
in  Roma  :  Adolescentibiis  nobis  visus  Apion  .  E  commune 
opinione  ,  che  Plinio  nascesse  nell'  anno  23.  dell'  Era  vol- 
gare :  si  verifica  perciò  che  contava  dicisselte  anni  di  età 
al  tempo  dell'  Ambasceria  di  Apione  ,  quale  secondo  li 
Storici,  aTvenne  circa  l'anno  ^o.  di  Gesù  Cristo  .  Final- 
mente viene  in  maggior  conferma  Seneca  che  nel  lìb.  2. , 
cap.  19.  de  Benejic.  scrisse  3j  Leonem  in  Aniphitheatro 
spectavirnus  ,  qui  unum  e  bestiariis  agnitum  protexit  ab 
impetu  bestiaruni  «  Giusto  Lipsio  ,  ed  i  Commentatori 
di  Gellio  sono  di  accordo  sulP  identità  di  questo  fatto 
con  quello  di  Androclo  .  Se  dunque  Seneca  ne  fu  testimo- 
nio ,  non  potè  succedere  nell'  Imperio  di  Augusto ,  e  pre- 
cisamente nell'anno  787.  di  Roma  ,  quando  si  pretese  ,  che 
vi  fosse  un  Tribuno  della  Plebe  di  nome  Petronio  ,  perchè 
Seneca  in  quell'  anno  non  era  sicuramente  ancor  nato  ,  e 
molto  meno  da  Cordova  sua  Patria  erasi  trasferito  nella 
Città  regina  dell'  universo  :  Ben  però  si  trovava  in  Roma 
sotto  Calligola  ,  il  quale  imperò  dall'anno  790  .  di  Roma 
sino  al  principio  del  794-5  ossia,  dall'anno  37.  al  4i' dell' 
era  Cristiana.  Nell'intervallo  di  questi  quattro  anni  ninno 
saprebbe  additarci  un  qualche  Petronio  ,  sia  Tribuno  del- 
la Plebe ,  sia  Console  (1)  :  Onde  non  solo  rimane  esclusa  la 
pretesa  origine  della  legge  Petronia  sotto  Augusto  ,  come 
vollero  Noordkerk  ,  ed  Arnaud ,  ma  non  si  può  neppure 
ammettere   al  tempo  di  Calligola  . 

(1)   Ci  riserviamo  di  fare  su   questo   proposito  qualche  osserva- 
zione in  appresso  .  {Not.  del  Compii.  ) 


28  Letteratura 

_     In  tanta  discrepanza  di  opinioni,  clic  portano    la    legge 
Pctronia  a  diverse  età  molto  tra  loro  distanti  incominciando 
dai  tempi   della   RepuLlìca  ,  e  proseguendo  fino  ad  Antonino 
Pio,  sorge  oggi  dalle  ruiue  del  Pompejano  Anfiteatro  un  mar- 
mo  scritto  ,  che  gran  parte  decide  della  controversia.  Esisteva 
la  legge  Petronia  peli'  anno  79.  Gesù  Cristo  quando  Pompei 
fu  miseramente  coverta  .  In  conseguenza  esisteva  almeno  qua- 
inniaquattro    anni  avanticliè   secondo  il  Fabro   se  ne  facesse 
nel    Consolato    del    suo  Petinio ,  e  nell'anno    123.  ,  la  pre- 
lesa promulgazione  sotto    Adriano,  ed  esisteva  almeno  59. 
.•mni  avanti     che  le  redini    dell'  Imperio    Romano  cadessero 
nelle  mani   di    Antonino  Pio ,  a  cui  dal     Camiegieter  se    ne 
attribuisce  1'  onore  .Anzi  neppure  colpirono   esattamente  nel 
segno  Everardo    Ottone  ,  e  Sclchow,  quando    stimarono    che 
potesse  esser    nata  dopo  Nerone  sotto  alcuno  degli  Anteces- 
sori   di    Domizl.1110  ., 

Dopo     ristretto    così   il    campo    della     questione    ricerca 
J   A.,,  Sarà  poi    vera   l'opinione  pressoché   generale,  e  co- 
"  mnne,  che  questa  Legge    siasi  promulgata    nell'anno  61. 
"  dell    Era  volgare;  quando  Nerone  contava  l'anno  settimo 
«  del  suo  Imperio  ,  e  insieme    con  Gajo  Cesonìo  Peto  ocoii- 
«  pava  il  Consolalo  C.   Petronio  Turpiliano  ?  ce  E  qui  prende 
a    spargere  delle  dubbiezze  colle    riflessioni   di    Noordkerk   , 
che    tenne  la   negativa  ,  pel  costume  corrotto,  e  vile  del  Con- 
sole Petronio  ,  e    per   lo    sfrenato  trasporto  di  Nerone    verso 
gii    spettacoli  ,•  Vi  aggiunge   poi  le    osservazioni   proprie  ,  e 
chiama    primamente    in   soccorso  le  medaglie  ,  e  quelle   spe- 
cialmente ,  che    hanno  il  nome  di   contornate ,  e  che  la  som- 
ma   tendenza  di   Nerone  addimostrano  per  le  pubbliche  cac- 
tie    anche    di    Fiere   con    Uomini.   Un  argomento   poi  mol- 
to più  stringente  per  la   negativa  crede   1"  A.  di  ric;ivare  da 
qtiel   passo  dì  Tacito  Lib.   XiV.  Gap.    17.  ,   hi  cui    narrando 
la    zuffa    nell'  anno  r»4.   di  nostra  salute  accaduta  fra  i   Poni- 
P'-inni,  ed  i    Nucerini  all' occasione  dello  Spettacolo  di  Già- 


Della  Legge  Petronia  29 

diatoiì  ,   che  diede   Livinejo  Regolo  ,  assiciu-a  ,  che    per  De^ 
crete   del    Senato  iloniano   furono    prohibiti  publice    in  de- 
cem  anrios  ejusmoiìi  ccpfu  Poinpejani  .  Premesse  queste  co- 
se   1'  A.   domanda  «  È  mai   verosimile  ,   che   durante    questo 
ce  decennio  fosse  stato  dai    Decurioni    di    Pompei    eletto   C. 
„  Cuspio  Pansa    a    badare  ,  che    ne'  giuochi     dell'  Anfiteatro 
„  si  fosse  la    legge  Petronia  esattamente    osservata  ?  Ne'  giuo- 
„  chi    dell'  Anfiteatro  ,  i  quali    per    divieto  del    senato    non 
,,   si  potevano    fare  ?   Io   non    credo  ,  che   persona   aver    pos- 
,,   sa    la    frenesia  di  affermarlo  .   In   conseguenza   converrà  di- 
re   una    di   queste    due  cose  :  O   che    la   Iscrizione  fu  po- 
sta a  G.    Cuspio   Pausa   nel   tempo   di    Vespasiano  quando 
„  l'Anfiteatro,   trascorsa  già  la    penalità  del  Decennio  si  eh- 
„  be    a  riaprire  agli  spettacoli   pubblici,  giacché    ne' pochi  , 
,,  e   torbidi    mesi    di  Galba  ,    e   Ottone  ,  e   Vitellio ,   è  vano 
,,  il   supporre  che  si  pensasse  a  spettacoli  :  ovvero  ,   che    po- 
„  sta   fu  prima  dell' anno  54-   dell' Era  Cristiana  ;  eh' è   1' au- 
,,  no,  iii  cui  l'Anfiteatro    per   Decreto  do!  Senato  si  chiuse  „  . 
Non     trova    1'  A.    che    Vespasiano    guardasse    con    oc^ihio    di 
umanità    la   condizione   de' servi.    Per    coutvarìo  dalle    meda- 
glie ,  da  un  passo  di  Sifiliuo ,    dal  Libro  dì  Marziale  sulli  Spet- 
tacoli ,    e  dalla  Fabrica  del  famoso  Antiteatro  ,   detto  Colosseo 
da    lui    incominciata  ,  raccoglie  ,    che   delle  Caccie    anche  fra- 
Uomini  ,  e   fiere    molto  si  dilettasse;  osservando  perciò  ,    che 
,,  non  pare   verosimile  ,    che  sotto  1'  Impero  di  Vespasiano  sia 
,,  stato  il  nostro  C,  Cuspio  Pansa  eletto  dai  Decurioni  di  Poni- 
,,   pei  per  sopraintendere  all'  osservanza  di  una  Legge  ,  la  quale 
,,  era  andata    pressoché    intieramente  in  disuso  «    conchiude  jj 
,,  sarà  necessario^  che    Noi  facciamo   risalire  questa    elezione 
,,   al    di   sopra   dell'anno    5a>   dell'Era    Cristiana,     quando    1' 
,,   Anfiteatro  per  decreto  del   Senato  fu   chiuso  ,,  A  conferma 
dolio  sue    coogetture    1'  A.  aggiunge    il    terribile    flagello    del 
Terremoto  ,  che    secondo  Tacito  soffri  la  Città  di    Pompei  ,   e 
perc'ò  anche  l'Anfiteatro,   nelP  anno  63  ,  e  cosi  durante  la   De- 
Gcnuale  sospensione  de'  spettacoli   ordinata  ncU'  anno  54'  sj    Se 


3o  Letteratura 

«^dunque  (  argomenta  1'  A.  )  allora  rimasero  le   due  Nicchie 
,,  prive  delle    loro  Statue  ,  convien  dire  ,   che  prima  dell'  Au- 
„  no  54.  eransi  già  quelle  Statue  alzale  ad  cuore  de' due  Cuspj  , 
„  e  sotto  le  Statue  medesime  eransi  incisele  due  Iscrizioni  ono- 
„  rarie  ec  :   Ma  in  uua   di  queste    Iscrizioui  ,  e  propriamente 
,,  in    quella  di   Caspio    Padre  ,   occorre    aperta  menzione  del- 
„  la    Legge     Pctionia  :   in    conseguenza    prima    dell"  anno    61. 
j,  di   nostra     salute  ,    anzi    prima    dell'  Anno    54-    dovette    la 
„  Legge   Potronia  essere  stata   già  promulgata  ,   contro  1'  opi- 
„  nione   più  comune  degl'  Literpetri  del   diritto  Romano  „  . 
Del  resto    il    eh.  A.   con  nobile  ,    e   non   commuue  mo- 
destia dichiara  ,  che  abbiano  a  tenersi  in  luogo  di  semplici  con- 
getture  le  cose    da   lui    disputate  contro  i  Scrittori  ,   che    al 
tempo   di  Nerone  riferiscono   l'origine    della  Legge  Pclronia . 
Se   lice    pertanto  a  Noi  di  proporre  alcuno  considerazioni  di- 
remo con  egual  riserva,   che  non  istimeremmo  cosa  prudente  di 
discostarci    per    semplici    congetture   dal    commuue  ,    e    più 
ricevuto    giudizio    degli    Interpreti  -    Ed    in  primo    luogo    os- 
serviamo ,  che  la   Legge  Petronia  non  proibisce  assolutamente 
le  Caccia  di  Uomini  colle  Fiere,  ma  corregge  soltanto  ,  e  fre- 
na   il   capriccio    de'  Padroni  di  esporre  i  servi  ad  bestias  pri- 
ma  die  dal    competente  Magistrato   si    fosse    riconosciuto    nel 
servo  un    delitto  degno  di  cotal  pena  ,   Dunque  vi  poterono  es- 
sere  in  Roma  non  ostante  la  Legge    Petronia    spettacoli    san- 
guinolenti  di    pugne     fra'  Uomini  ,   e    Fiere  ,    che    sodisfaces- 
sero il    genio   crudele    de' feroci  Principi,   sì  perchè    nell'infi- 
nito   numero    de' schiavi  dovevano  alla  giornata  esser  frequen- 
ti ,  e  gravi  le  querele  de'  Padroni  contro  i   dilintpienti  ,    sì  per- 
chè non   mancarono  giammai  de'  sconsigliati  ,    ed  anche  delle 
Feinine  invereconde  ,  e  furenti ,  che  mettessero  a  prezzo   la  vi- 
ta   per  discendere   nell'arena  a    pugnar  colle    Fiere,    come  ne 
fanno  testimonianza   Marziale  nel  Llb.  de.   Spcctacul.  ,  Sveto- 
nio ,  e  Giovenale  in   varj   luoghi  .  Quindi   il  trasporto    di  Ne- 
rone .    e  di  Vespasiano    per    simili    Caccio   non    ci   sembra  ar- 
gf)mcnto  forte  alibastauza  per  escludere  la  promulgazione  della 


Della  Legge  Petronia    '  Zi 

Legge  Petronia  sotto  l' Impero  dell'  imo  ,  e  l' osservanza  della 
medesima  in  Pompei  sotto  l'Impero  dell'altro  colla  deputazione 
di  C.  Cuspio  Pansa  in  Prefetto  ex  Lege  Petronia  .  Si  potrebbe 
commodamente  collocare  tale  di  lui  Magistratura  nell'  intervallo 
di  circa  dieci  anni  ,  clie  decorsero  dalla  cessazione  del  Sena- 
torio divieto  de' Spettacoli  alla  distruzione  della  Città,  cioè 
dall'Anno  68.   all'anno  79.  dell' Era  Cristiana  . 

Né  la  crudeltà  di  Nerone  forma  un  ostacolo  insormontabile 
a  stabilire  sotto  il  di  lui  Impero  una  Legge  dettata  dallo  spirito 
di  umanità  verso  lì  Schiavi.  È  noto,  cheli  primi  anni  del 
di  lui  Regno  ,  ne'  quali  si  lasciò  regolare  dai  consigli  di  Seneca , 
non  macchiarono  la  Storia  Augusta  di  quelle  crudeltà  ,  alle 
quali  in  seguito  si  abbandonò  dopo  aver  sagrificato  il  Maestro 
alle  infami  suggestioni  de' favoriti  .  Ora  appunto  il  Consolato 
dì  Petronio  Turpiliano  ,  che  dai  più  si  disse  Autore  della 
Legge  ,  cade  nell'  anno  62.  dell'Era  Cristiana,  primachè 
Seneca  si  ritirasse  ,  e  quando  suU'  animo  del  discepolo  conser- 
vava ancora  non  poca  parte  dell' antica  influenza  .  Aggiungasi  , 
che  la  commune  sentenza  ritrova  a  nostro  giudizio  un  fermo 
appoggio  negl'  avvenimenti  straordinarj  dell'  anno  stesso  .  Pe- 
danio  Secondo  Prefetto  della  Città  fu  assassinato  da  uno  de' 
suoi  schiavi.  Secondo  un'uso,  che  sussisteva  dai  tempi  della 
Republica  ,  tutti  li  schiavi  ,  che  si  ritrovavano  nella  casa  dell' 
ucciso  Padrone  dovevano  senza  distinzione  di  rei ,  e  d'  innocenti 
essere  inviali  al  supplizio.  Ascendevano  a  quattrocento  il  nu- 
mero de'  schiavi  dì  Pedanio  ;  il  Popolo  si  mosse  a  compassione 
della  sorte  di  tanti  infelici  ,  si  radunò  per  proteggerli  ,  e  prese 
tanto  interesse  nella  dì  loro  difesa  ,  che  nacque  una  solleva- 
zione .  Nel  Senato  medesimo  v'  erano  molti ,  che  biasimavano 
un  tal  rigore  .  Ma  un  discorso  di  Cassio  tenne  ferma  la  maggior 
parte  nell'  osservanza  di  una  Legge  cosi  severa  ,  e  furono  tutti 
condannati .  Racconta  però  Tacito  (Lib.XIF.c.^6.^  che  obtem- 
perari  non  poterai  conglobata  multitudine  saxa  ,  acjaces  mi- 
nitante, talmente  che  per  evitare  ogni  disordine  convenne  dopo 


3a  Letteratura 

a|^  minaccioso  Editto  munire  onine  iter,  quo  damnati  duceban- 
tur,  miìiiaribus  prcesidiis  .  Vi  è  dunrfue  luogo  a  credere ,  che 
colla  Legge  Petronia  molto  favoiovole  alli  schiavi  si  avesse 
ÌBtenzioae  di  acquietare  il  di  loro  spirito  inferocito  da  così 
Iwrbaro  esempio  di  crudeltà  .  E  non  possiamo  tacere  ,  che  il 
Console  Petronio  l'urjyiliano  ad  onta  della  mollezza  ,  di  cui 
vien  rimprover,ito ,  ci  s  nnbra  nn  Personaggio  ben  acconcio  alla 
proposizione  di  quella  L  ^gge  .  Lo  stesso  Tacito  ,  che  rammenta 
ì  dì  lui  difetti,  confessa  però,  che  mo.v  consui  vigentein  se  , 
oc  paretn  negotiis  ostendit  ,  (^  .Iim.  Xf^I.iS.^  .  Nessuno  gli 
ha  contrastato  giammai  l'onore  di  aver  dato  origine  ,  e  nome 
al  Sc'iatiis  Consulto  Tarpiliano  ,  che  molti  Literpreti  col  no- 
stro Gravina  stimarono  come  parte  ,  o  derivazione  della  stessa 
Le^a  Petronia  .  Perchè  duiKjue  non  potè  «ssere  autore  della 
Legge,  subitochè  vion  riconosciuto  autore  del  Senatus-coii- 
sullo  ,  che  slimasi  da  quella  originato  ?  Dipiù  :  Se  Petronio 
Turpillano  Console  dell'anno  Gì.  fu  Io  stesso  Personaggio, 
con  quello,  che  nella  Guerra  Brittauic?  sotto  Claudio  venne 
surrogalo  nel  comaiìdo  al  troppo  severo  Piulino  ,  Tacito  nella 
vita  di  Agricola  Cap.  i6.  lo  chiama  Uomo  pacifico  ,  ragione- 
vole ,  ed  umano ,  clie  le  cose  con  moderazione  riusci  ad  as- 
settare .  Se  fu  poi  lo  stesso  con  quel  Petronio  ,  che  sotto 
Calligola  fu  Prcfelto  della  Siria  ,  gli  reside  Flavio  Giuseppe 
la  più  gloriosa  testimonianza  di  umanilà  ;  scrisse  difatti  nel 
Lìb.  iS.  antiquit.  Judaic,  ,  che  rapito  dal  costante  rifiuto  de' 
Giudei  d'inalzare  la  Sitatila  dell'Imperatore  nel  Tempio  di 
Dio  ,  e  scellini  quoque  ratiis  ,  ut  multa  millia  hominum  per 
ipsuni  daroìitur  in  inortein  ,  si  valtet  CaiiJ^uri(e  ntinistrare , 
volle  piuttosto  esporsi  agli  eQ'etti  dell'  indignazione  del  Prin- 
cipe ,  di  quello  che  macchiarsi  di  tanto  delitto,  poiché  bene 
contentum  esse  judicabat  prò  incliorc  causa ,  et  prò  tanta 
hominum  niultiludine  subire  discriinen  .  In  qualunque  ipo- 
tesi  pertnnlo  le    qualità  personali   di  Petronio  non  escluderei)- 


1)ella  Legge  Petronia  35 

bero  la  verosimiglianza ,  eh'  egli  fosse  1'  autore  dell'  utna- 
tìissima  Legge,  clic  tolse  ai  Padroni  lo  sfrenato  arbitrio  di  tra- 
smettere ad  bestias  li  schiavi  prima  di  provarne  dinnanzi  al 
Magistrato   i  delitti . 

La  repugnanza  però  di  allontanarci  dal  più  comune  giu- 
dizio era  ben    forte,  perchè  ci  pareva  improvido   consìglio   il 
distaccarci  da  un'Epoca  determinata  con  molta  verosimiglianza 
circa  1'  autore    e  1'  occasione  della  Legge  ,  per  gittarsi  in  una 
totale  incertezza    suU'  origine  della   medesima  ,    senza   poterla 
probabilmente  trasferire  ad  un'altro  tempo  indicato  in  qualche 
modo  ,  sia  dalle  circostanze  degli  avvenimenti ,  sia  dal  nome  del 
magistrato  ,  che  la  p'ropose  .  Ma  per  buona   sorte  ci  è  venula 
alle  mani   un'  Iscrizione  riferita  dal  Fabretti  alla  p.  6j;3.  4- 1 
e  ricordata  dal  Muratori  ,  onde  argomento  trarre  si  potrebbe 
per   fermarci  al    primo    anno   dell'  Impero   di   Galligola   ,    e 
cosi  all'  anno  Z'].  dell'Era  Cristiana  .  Quel  C.  Ponzio  Nigrino, 
che    ne'  Fasti  consolari   si    trova   Collega   di   Cn.  Acerronio 
Proculo  ,  in  detto   anno  ,   che  fu  quello  della  morte  di  Ti- 
berio e  della  elezione  di  Caligola,  vien  chiamato  in  detto  mar- 
mo  del  Fabretti  col  nome  di  C.  Petronio  Ponzio  lVigrino> 
Ecco  pertanto  il  magistrato  ,  clie  potè  dare  il  nome  alla  Leg- 
ge .   All'  avventura   di   Androclo    non-  può   assegnarsi   epoca 
[Precisa  ,   perchè  Appione  ,  che  vi  fu  presente  ,  era    capitato 
in   Roma    sotto  Tiberio  ,  e  visse   fino  al  tempo  dì  Claudio . 
Quella    dunque    potè   essere   1'  opportunità    di    proporre    una 
Legge  sì  umana  ,  ne'  primi  mesi  dell'  Impero  di  Caligola,  che 
da  princìpio   affettò    massime   liberali    e  benefiche    .  Non  ri- 
pugnerebbe a  quest'  opinione  il   Testo  di  Modestino  ,  poiché 
facendo  esso  menzione  di  Legge  ,  e  di  Senatusconsultì   suc- 
cessivi ,  converrebbe  al  Consolo  Petronio  Ponzio  Nigrino  T  ono- 
xe   della    Legge   Petronia    promulgata    nell'  anno    .^-j.  ,  ed  al 
Consolo  Petronio  Turpillano  quello  del    Senatusconsulto  Tur- 

piliano ,  che  venne  fuori  l'anno  6i.  sotto  Nerone  .  Cosi  rimar- 
G.  A.  To.  IV.  3 


^4  Letteratura 

rebbe  pur  fissato,  che  l'iscmione  e  la  statua  del  nostro  Prefet- 
to ^uspio  Pansa  fossero  siate  poste  neR' anfiteatro  prima  del 
Terremoto,  che  la  Città  di  Pompei  sofferse  ,  e  prima  ancora 
delia  sospensione  de'  spettacoli  ordinata  l'anno  69.  ,  come  opi- 
na  il    eh.  A.  della    memoria. 

In  questo  conflitto  di  congetture  non  osiamo  deciderci 
piuttosto  per  una  ,  che  per  un'altra  sentenza  .  Ci  basta  aver 
indicato  un  monumento  ,  che  sparge  sulla  materia  una  1 
nuova  ,  e  che  vuoisi  aggiungere  a  que'  tanti  ,  onde  1'  A.  «.- 
ricchi  a  larga  mano  il  suo  Lavoro  .  Che  se  tutti  dirittamen- 
te non  mirano  allo  scopo  principale  ,  che  si  era  proposto 
tuttavia  §h  eruditi  ,  che  amano  in  si  fatti  argomenti  la  do- 
A^izia  piuttosto  ,  che  la  sterilità  ,  sapranno  apprezzare  la  di 
lui  va.ta  erudizione  ,  e  sopra  tutto  la  premura  d'  inserirvi 
molte  Iscrizioni  ancora  inedite  ,  e  di  recente  scoperte  negli 
scavi  Pompeiani  ,  ai    quali  con  indefesso  zelo  presiede.      "^  ' 

Pietro  Avv.  Rvga  . 


uce 
ar- 


35 


■M  -Ht'MiUMUJiUyj 


Perchè  Divina  Commedia    sì  appelli  il  Poema  di  Dante  : 
Dissertazione  di  un  Italiano:  Milano  1819.  8". 

X^  er  correre  forse  migli*  acqua  ,  che  non  tentarono  al- 
tri fin'  ora ,  s'  è  rivolto  a  nuovi  argomenti  il  Dottor  Do- 
menico de'  Rossetti  di  Trieste  ,  onde  spiegare  come  quell' 
umile  titolo  di  Commedia  dall'  Ali^iieri  si  desse  al  Poe- 
ma sacro  ,  al  quale  lian  posto  mano  e  cielo  e  terra  ,  se- 
condo eh'  egli  stesso  per  magnanima  alterezza  cantavs^^Co- 
sicchè  il  De-Rossetti  dilung^andosi  dalla  comune  opinione , 
ragiona  cose  peregrine,  e  quasi  astruse,  le  quali  noi  racco- 
gliendo ed  in  poco  stringendo,  accompagnate  da  qualche 
nostra  considerazione  ,    porgiamo  sollecitamente  a'  lettori . 

Non  può  giudicarsi  ,  dice  1'  A-  ,   che  uomo  di  tanto  in- 
telletto, quale    si  fu  Dante,  casualmente  desse  al  Poema  suo 
un  titolo  ,    che    non  gli  convenisse  ,  o  fosse  ad  altri  comu- 
ne .  Si  può  anzi  credere  che  quello  tra' molti  egli  preferis- 
se, che   più  corrispondeva    al  carattere    della    sostanza  di 
esso   ,    ed     al    collegamento    delle    sue    parti  .     Quinci     che 
il    titolo  di    Commedia  sìa  a  quel  Poema  opportuno  ,  chia- 
ro   sei  vede  chi  ponga  mente  al  poetico    genere,  al  quale 
appartiene,   non.    che    all'  essenza     deW   Ideale    per   es- 
so, rappresentato  ,    e   sopratutto  a    quelV  Ente  ,   che    solo 
e  capace  di  essere    vero  conoscitore  e  spettatore  di    quelle 
scene  ,  delle  quali  Dante  Jìnse  di  essere  stato  per  concessio- 
ne Divina  egli  stesso  e  conoscitore  e  spettatore  ad  un    tempo  . 
Facendosi  però    a    considerare    di  qual    poetico    genere 
sia  quel   Poema   ,  e    sponendo    con    modi  non    volgari    ciò 
che  intendasi    per  epica   poesia  ,  che  ne'  suoi   diversi  aspetti 
si    trattiene  ad    esaminare  ;  discende  1'  A.   a   dire,   del  grafi- 
co ,  cioè  descrittivo  ,     eh'  è  quello    che  ci    presentano  le  tre 
cantiche  .   E  siccome  questo  riguarda  un  oggetto  incorporeo 
ed  intellettuale  ^  conclude    appartenersi  il  Poema  di  Dante 


36  Listteratura 

al'eenere  Epico-gra/ìco-morale  i  il  quale  poi  encomiastico- 
apparisce ,  detestntivo  ,  e  satirico  :  secondo  che  il  vogliono 
le  diverse     materie     in  esso  trattate  . 

Come  però  avviene  (  così  ristringiamo  gli  argomenti 
dell' A.)  che  appartenendosi  principalmente  il  Poema  alla 
classe  Epica,  cioè  fantastica  ,  vogliasi  in  quella  porre  ,  che 
dicesi  icastica  ,cioè  reale  ,  alla  quale  si  addice  la  Dramma- 
tica Poesia  ?  E  perchè  senza  questi  vincoli  ,  e  fuori  di  que- 
sto ricinto  chiamasi  il  fantastico  Poema  Commedia  la 
quale  scenico  drammatico  ti  definisce  un  Poema  ?  Ma  il 
Poema  epico-grafico-morale  ,  risponde  a  se  stesso  1'  A.  ,  è 
misto  nel  caso  di  Dante  coli'  icastico-pratiSo-topico  :  cioè 
il  Poeta  esprime  per  lo  pih  il  suo  sentimento  col  mezztf 
di  scene  ,  nelle  quali  o  agiscono  o  parlano  i  soggetti  del- 
la  Sita  fantasia  ;  e  poiché  ciò  da  lui  si  adopera ,  non 
già  per  via  di  semplice  Dialogo  ,  ma  ccn.  determinata  si- 
tuazione di  luogo  e  di  tempo  ,  di  oggetto  e  di  affetto , 
così  negarsi  non  potrà  una  ,  quantunque  imperfetta  ,  Dram- 
matica qualificazione  ,  crssia  quella  Drammatica  apparis- 
cenza,    che  basta  a  giustificare  il  Drammatico    titolo. 

Spingesi  più  innanzi  il  De  Rossetti  ,  e  ravvisa  nell' 
uomo,  non  come  individuo  ,  ma  come  genere,  il  protago- 
nista :  nelle  scelleragini  ,  nelle  stoltezze  ,  nelle  virtii  di  lui 
legge  la  favola  ,  la  quale  benché  non  abbia  unità  di  fat- 
to ,  gode  frròdclP  unicità  astratta  delle  azioni  delV  uo- 
mo: raccoglie  /' e^iVfl^/ ,  e  ]n  protasi  sparse  ambedue  nel 
poema  ;  giacché  la  singolarità  del  suo  ideale  sparsamente 
e  non  già  sistematicamente  collocale  le  richiede  :  discopre 
la  peripezia  nella  progressiva  depurazione  del  protagoni- 
sta :  e  vede  chiara  la  catastrofe  nella  piena  nobilitazione 
di  esso  .  Mostrato  avendo  cosi  che  il  Poema  entra  nella  schie^ 
ra  de'  drammatici  ;  cerca  il  perchè  non  tragedia  .  mfv 
commedia    siasi    ditlT  Autore  chiamato  .  E  lo  perchè  rinTie- 


Del  TiT.  Di  Commedia  In  Dante  Sj 

uè  nel  dQminante  carattere  della   stoltezza   del  Prolaso- 
nista  ,    il    quale  è  comico  ,  non  tragico  :  comico  del  genere 
sublime  ,  il  quale    mostra  le  imperfezioni  altrui  ,   ma  non 
le  deride ,    come  usa  di  fare   il  comico  basso   .  E  ragionan- 
do ancora  più  oltre  ,  dice;  che  tra'  poemi  Dramraatico-soe- 
nici    ve   n'  ha  di  tal  sorte ,  che  non  1'  ideale   di   un'    azio- 
ne ,  ma  la  serie    inchiudono  delle  azioni  di    un  protagoni- 
sta :  e    questo    genere  egli    chiama  epopedia    :    al   che    ag- 
giugneudo   la    considerazione    ,    che    il    Poema  Dantesco   si 
è    Epico-grajico-morale  nella  più  gran  parte  satirico  ,   come 
disse    in  pridcipio  3  e  che  la  satira  era  dagli  antichi   Dram- 
maticamente  trattala   :    altra    prova    ne  deriva  ,    che    nulla 
siavi  di  più  confacente   al   Poema  ,    che    il  titolo    di    Com- 
media .  Che   se  poi  il  Poema  non  ha  la  forma     scenico-dram- 
matica  ,    ciò    avvenne    per    un  arbitrio  di  Dante  ,   il    quale 
vide  che  non  bene  gli  conveniva  . 

Narriamo  finalmente  ,  che  1'  A.  pensa  e  tien  per  fer- 
mo, che  il  titolo  di  Commedia  deducesi  ancora  dalla  re- 
lazione della  favola  coli'  Ente  ,  che  solo  è  meramente  ca- 
pace di  essere  conoscitore  ,  e  spettatore  della  inerita  di 
ciò ,  che  è  il  tipo  reale  della  favola  medesima  ;  e  questo 
Ente  è  Dio.  Quindi  non  si  rimana  del  dire:  che  Dante  per 
vittore  di  sua  fantasia  ,  di  ardi&iento  ,  di  sublime  inter- 
cessione ,  e  sopratutto  per  grazia  divina  ,  finse  di  porsi 
ove  Dio  siede  ,  per  farsi  spettatore  dell'  uni^>erso  morale  . 
E  di  qui  ,  prosiegue  ,  si  produsse  1'  appellativo  di  Divina  , 
se  non  dall'  Autore  dato  alla  Commedia  ,  come  egli  tiene 
per  certo ,  dagli  antichi  tutti  però  riconosciuto  ,  e  coofer- 
mato  fino  a  noi  :  e  s'  ingegna  di  provare  eoa  molti  passi 
che  se  Dante  non  la  nooiinava  Dìi^ina,  la  caratterizzava  al- 
meno   per  tale  . 

Noi  non  diremo  ,  che  queste   cose  non   potrebbero  esse- 
re ili^^mlabiU,    tì    fii"    lu  J;,'liii^  di      coloro  che  per  lodevole 


38  Letteratura 

eserci:&io  di  sollogismo  adoperano  questa  grand'  arma  della 
ragione  in  un  campo  vuoto  ed  aperto  ,  affinchè  ne 
riceva  danno  .  Anzi  loderemo  1'  Avvocato  de'  Rosset- 
ti per  quella  modestia  ,  che  sì  ravvisa  nello  scritto  di  Lui  , 
e  per  quelle  parole  che  gli  pongono  fine  cosi:  In  caso  di' 
verso  avrò  fatto  quanto  fecero  tanti  altri  riguardo  a  Dan- 
te; ed  al  suo  Poema  :  non  ^li  avrò  fatto  ne  bene  né  male  j 
e  quel  nome  e  quelV  opera  resteranno  tuttavia  veneran- 
di ,  ed  immortali  egualmente  . 

Non  ci  asterremo  però  dal  ragionare  diversamente  da 
Lui  ,  poiché  Dante  medesimo  ne  concede  la  facoltà  .  Ove 
consideriamo  quanto  gran  torto  si  avessero  que'  colali  cui 
punge  di  satira  il  Boccalini:  ì  quali  ,  siccome  egli  racconta, 
(  Ragg.  98.  e.  i.)  assaltarono  travestiti  di  notte  tempo  il  Poeta 
nella  sua  villa  ,  e  lo  maltrattarono  ,  perchè  rivelar  non  volle 
se  Commedia  ,  Tragicommedia  ,  o  eroico  Poema  intitolato 
avesse  il  volume  suo  :  e  lo  avevano  già  sospeso  alla  corda 
del  pozzo  ,  e  lo  dondolavano  con  fermo  animo  d'  affogarlo 
se  non  confessava  ;  quando  accorso  alle  grida  il  Fraii- 
cese  Ronzardo  mise  in  fuga  i  manigoldi  ,  e  sciolse  la  gran 
vittima  di  quella  spietata  curiosità  .  La  quale  anzi  potevasi 
dire  ignoranza  :  perchè  il  sommo  Torquato  tra'  meno  antichi 
avca  già  discorso  intorno  a  questa  materia  nella  Lezione  so- 
pra il  Sonetto  6g.  del  Casa  ,  cui  magnificò  grandemente  ,  e 
pose  nel    grado   più    sublime    della    volgare  Poesia  . 

E  questo  Argomento  avvegnaché  sia  stato  poscia  altre 
volte  da  uomini  chiarissimi  trattato,  tra' quali  Scipione  Maf- 
fei  nella  Verona  illustrata  ,  sarà  pure  ben  fatto  il  rinnuo- 
vare  con  altre  parole  ,  dacché  si  vede  ,  che  in  qualche  luo- 
go non  n'  è  giunta  la  fama  ,  o  giuntavi  , .  la  si  è  ingiusta- 
mente messa    traile  ciance  degne   d'  oblio  . 

Tornaci  intanto  alla  memoria,  che  il  grande  Aligliieritrovan- 
doii    bandito  dalla  patria  ,  e  doloroso  di  vedere  Fiorenza  sua  in 


Del  Tit.  Di  Commedia  In  Dantj:  39 

ìnano  della  parte  contraria  ,  cercò  altro  cielo  di  ìà  dai  mowti  :  e 
passando  per  le  terre  di  Luni  dimandò  la  Pare  alle  porte  di 
un  monistero  sulle  foci  della  Macra  :  ed  à  Frat^;  Ilario  do- 
nò una  parte  dell'opera  sua  .  Il  quale  non  prima  s'  accorse 
che  quel  libro  era  scritto  in  volgare  ,  meravigliandosi  disse 
al  Poeta  :  che  non  sapeva  egli  comprendere  ,  come  una  co- 
si ardua  materia  trattar  si  potesse  col  linguaggio  del  volgo: 
né  gli  parea  conveniente  ,  che  tanta  maestria  comparisse 
vestita  alla  popolana  .  Sondo  che  le  gravi  sor!ttur(;  di  quella 
età  ,  e  le  lingue  de'  dotti  parlavano  ancora  latino  .  Al  che 
Dante  rispose,  che  bene  in  latino  cominciato  aveva  a  scri- 
vere quel  Poema;  e  alcuni  versi  glie  ne  recitò  ;  ce  ma  siccome 
ce  ho  ben  risguardato  ,  soggiunse  ,  alla  condizione  de'  tempi 
ce  nostri^  ne'  quali  niente  si  eslima  il  cantare  degli  illustri 
ce  poeti ,  e  che  per  questo  le  Arti  liberali  sono  state  abban- 
cc  donate  alla  plebe  da  coloro  che  in  di  più  felici  erano 
ce  generosi  loro  proleggitori;  ho  deposto  quella  lira,  che  ave- 
ce  va  io  incominciato  a  toccare  ,  e  ho  pigliata  quell'  altra 
ce  che  dalle  orecchie  de'  moderni  signori  è  ricevuta  ce  .  E 
quando  il  Poeta  nanclò  a  Cangrande  della  Scala  la  terza 
cantica  del  Poema,  il  Paradiso,  stretto  alle  ragioni  già  det- 
te scriveva  ce  II  titolo  del  mio  libro  è  questo  :  Incipit  Comoedia 
ce  Dantis  Allagherà  Fiorentini  nationé  non  moribus  :  il 
ce  qual  titolo  per  conoscere  ,  bisogna  sapere  ,  che  Commedia 
ce  si  dice  da  Comos  villa  ,  e  da  Oda  ,  che  vuol  dire  canto  : 
ce  onde  Commedia  vale  Canto  Villesco  .  E  la  Commedia  è  un 
ce  certo  genere  di  poetica  narrazione  diverso  da  ogni  altro  . 
ce  Differisce  per  materia  dalla  Tragedia  ,  perchè  questa  nel 
ce  suo  con^inciare  è  piacevole  a  vedersi  e  tranquilla  .-fetida 
ce  è  nel  finire  ed  orribile  .  E  per  ciò  questa  ebbe  nome  da 
ce  Tragos  che  b^cco  ,  e  da  Oda  che  significa  canto  ,  quasi 
ce  canto  di  becco  ,  cioè  fetido  come  un  becco  :  quale  ap- 
ce  pfuisce  da   Seneca  nello   tragedie  .    La  commedia-  però  co- 


4o  LETTERATURA' 

«  mincia  ad    essere    aspra  in    alcuna   cosa    ,    ma    poi  finisce 
te- con    allegrezza  ;  come  vedasi   nelle  Commedie  di  Terenzio, 
ce  E  di  qui  ne    v^nne  ,  che  alcuni  gravi   dettatori    ne'  com- 
cc  pliraenti   loro ,  in    vece  di   salute  ,    augurandosi  diceanp  ; 
te    Tragico  principio  ,  e  comico  fine  .  Similmente  variano  tra 
«:  loro  nella  maniera  del  parlare  :  forte  e  sublime  cioè    la  Tra- 
ce gedia  ,   sommessa    ed  umile   la    Commedia   ;    come  Orazio 
tf   insegua    nella  Poetica  ,    ove    dice  :    esser  licenza   ,     che  i 
et  Comedi  parlino  da  Tragedi  ,  e  viceversa  :  Interdum  voces  etc. 
et  E  per  tutto  quésto  si  manifesta  il   perchè  Commedia  si  chia- 
«   mi  quest'  opera  .    Perchè  se  alla   materia   ragguardiamo , 
«  ella   è  in  principio   orribile   e    fetida,  cioè  1'   Inferno:  in 
te  fine  è  allegra  ,  desiderevele  e   grata  ,    qual'  è  il  Paradiso  . 
te  Se    alla  maniera    poi    del  parlare   poniamo  mente    ,    ella    è 
ce  sommessa  ed    umile,   come  esser  deve  la  favella   volgare, 
ce   nella  quale  comunicano  le  donnicciuole  .  ce  Ove   è  a   notar- 
si però ,  che  questo   volgare   si   era    quello,  del   quale    Dante 
parla  nel   Cap.  XIX.   del  primo  libro   intorno  all'  eloquen- 
za ;  cioè  quello  eh'  era  generalmente  sparso  in  tutta   la  nostra 
penisola  ,   non    mica    il    Lombardo  ,    né    il    Cremonese  ,     né 
quello  di    mezza    Italia  .    E    perciò    Dante    il    chiamava   vol- 
gare   Latino  :  cioè  quasi  latino  fatto  volgare  ,    il    quale  s'  in- 
tendeva da  tutti  :  illustre  per  conseguenza  ,  cardinale   ,    aulico 
e  cortigiano  ;  perché  ,  (  siccome  già   fu  detto  di  sopra  )  Dan- 
te avea  pigliata    quella  lira ,  che  dalle  orecchie  de'  moderni 
Signori  era  ricevuta  . 

Ora  noi  trovando  ne'  luoghi  accennati  ,  che  Daat» 
seguia  la  commuue  opinione  intorno  all'  etimologico  signi- 
ficato di  Commedia  ,  e  Tragedia  5  non  muoveremo  dubbio 
se  la  più  giusta  ella  sia  :  e  se  ora  sarebbe  benfatto  il  di- 
fendere co'  particolari  suoni  di  quelle  lettere  i  medesimi 
principi  ,  e  quelli  ancora  ,  che  più  drittamente  se  ne  de- 
durrebbono  :  cioè  che    un  semplice  monologo  pastorale  potes- 


Del  Tit.  Di  Commedia  In  Dante  4» 

se  chiamarsi  commedia  ,  perch'  egli  è  canto  di  fatila  ;  e  il 
canto  pel  sàgrificio  di  un  becco  fosse  lecito  onorare  del  tito- 
lo di  Tragedia  .Le  quali  cose  f  u,rono  da  Giovanni  di  Boccac- 
cio lungamente  discorse  nel  principio  d^l  suo  Cemento  ; 
ove  par  che  preveda  gli  argomenti  del  De  Rossetti  ,  e  li 
combatta . 

Ma  Dante  sapea  bene  d'altronde  ,  che  per  conoscere  aper- 
tamente i    significati    dei    nomi   convien  ricorrere  più     alle 
origini   delle  cose  che  a  quelle  de' nudi    vocaboli;  perchè    il 
secondo  è  de'  pedanti ,   il  primo  è  studio   de'  filosofi  .  In  ci- 
ma   de'   quali  venerava  egli  Aristotele  ,  siccome  il  Maestro     di 
color  che  sanno  :  il  quale  per    esser   discepolo  del  divino  Pla- 
to  ,    che  in  due  grandi  provincie  divideva  il  regno  de'  Poe- 
ti ;   la    Commedia  cioè  nella  quale  risplendeva    Epicarmo  ,  e 
la   Tragedia    nella  quale  Omero  signoreggiava  ;    segui  anch' 
egli    la  medesima  sentenza  ;    e    nella  Poetica  senza  riguardo 
avere  alle   fila   degli  Arboscelli  ,  dietro  le  quali  si  nasconde- 
vano   i  campestri  recitatori ,     né  alle  gare  de'    medesimi  per 
un    capro  scannato    ;    V   altìssimo    canto   dell'    Iliade  e  dell' 
Odissea  assegnò  alla  Tragedia ,   e  alla  Commedia  il  Margite , 
che  fu  poema  del  medesimo  cantore ,  ma  di  assai  men    grave 
argomento  i  e  di  stile  ,  quale  gli  si   convenia  ,     meno  altiero  , 
anzi  giocoso ,  e  familiare  .     Siccome  ancora    non    ristringeva 
Plinio    il    giovine  il    pensiero  a  quelle  etimologie  quando  il 
nome  diede  di  Commedia  ad  una   sua  casa  posta  in  un  luo- 
go basso  del    Laurentino  ;  e  Tragedia    clriamò    quelP    altra  , 
che  s'   innalzava  sopra  di  un  monte  :    umile  quella  come  il 
socco  ,  altiera  questa  come   il  coturno  .    Cosi  parlando  Virgi- 
lio per  bocca   di    Dante  della   sua  Eneide   :  /'  alta  mia  tra- 
gedia odesi  a  dire  :  siccome   già  un  tempo  da  Marziale   avea 
ricevuto  egli  stesso  il  gran  calzare    degli    Eroi   : 

Fonti  cothuniati  grande  Maronis  opus  . 
Ed      anziché    la    tromba   o   la  cetra      in     mano     ad    Omero 


42  Letteratura      ' 

y'iàe  11  vivo  peregriao d'inferno  la  spada  ,che  egualmente  s'im- 
pugna da  chi  per  DniniQii,  o  per  Epopea  canta  1'  ire  de' Regi  , 
i  tradimenti,  eie  guerre  ,  colle  rovine  lagrimevoli  degl'  Iniperi  . 
Né  altrimenti  veggiamo  dall'  Alighieri  insegnato  nel  li- 
bro della  Volgare  eloquenza  ;  ove  alla  Commedia  e  alla 
Tragedia  nggiugne  soltanto  1'  Elegia  ',  per  la  quale  intende 
Io  stile  de'  tniseri  :  cioè  i  versi  del  dolore  ,  e  i  corrotti  de' 
funerali  ,  Nella  Tragedia  egli  vuole  ,  clie  lo  stil  superiore  si 
adoperi  ,  cioè  il  volgare  illustre  ;  1'  inferiore  ,  ossia  il  volga- 
re mediocre  e  qualche  volte  umile  ,  nella  Commedia  .  Quin- 
di nello  stile  di  quella  definisce  «  che  la  Salute,  V  Amore, 
te  la  f^irtìi  sì  cantino,  e  quelle  altre  sole  cose  che  per  ca- 
"  gion  di  esse  sono  nella  mente  nostra  co'.icepute,  purché 
"  per  niuno  accidente  uon  si   avviliscano  .  « 

E  sé  Dante  osservasse  questi  precetti  lo  abbiamo  già 
visto  di  sopra  abbastanza  :  al  che  vogliamo  col  permesso 
de'  lettori  aggiungere ,  che  non  solo  nel  titolo  (  quasi  fosse 
posticcio  )  ,  ma  nel  vigesimo  primo  caino  dell'  Inferno  (  v.  ) .  ), 
ove  secondo i  comedi  cadea  benissimo  in  acconcio  il  Dialo- 
gò tra  il  poeta  e  Virgilio  :  certo  per  contradirvi  dicea  : 
Cosi  di   ponte  in    ponte  altro  parlando 

Che  la  mia  COMMEDIA  cantar  non  cura,  ce.  ec. 
Diremo  anche  di  più  :  che  laddove  solennemente  nomar 
egli  volle  il  suo  lavoro  ,  facendolo  appoggio  di  sacramento 
per  implorar  lu  fede  altrui  all'  evidenza  del  suo  piti  fanta- 
stico,  e  dall'  arte  de'  Comici  lontanissimo  cantare  :  quando 
cioè  racconta  lo  strano  spavento  ,  che  gli  dette  la  meravi- 
gliosa figura  di  Gerionc  ,  il  quale  salivada  quel  profondo  burra- 
io d'  inferno;  giurò  egli  come  sopra  cosa  vera  e  sagrosauta  così  : 
Ma  qui  tacer  non  posso  e  per  le  note 

Di  questa  COMMEDIA  ,  lettor  ,  ti  giuro 

S'  elle  non  sieii  di  lunga  grazia  vote  ; 
Ch'  i'  vidi  per   quel!'  aere  grosso  e  scuro 

Venir    notando  una  figura  in  suso 

JUcravi^liosa  ad    o^ni  cor  sicuro  . 


Del  Tit.  Di  Commedia  In  Dante  L\h 

Tanto  che  e  per  la  storia  e  per  la  ragione  non  posssiamo 
più  dubitare  ,  che  ben  lungi  da  quanto  ne  pensa  1'  Avvoca- 
lo De'  Rossetti  :  il  titolo  di  Poema  si  convenga  al  maggiore 
Italiano  poema,  non  per  la  Drammatica  materia,  ma  per  1'  ar- 
gomento, e  molto  pjìi  per  lo  stile;  secondo  che  i  tempi  e 
i  costumi  imperavano  . 

Né  dalle  cose  fin  qui    discorse  ,    e   p  recipuamente  dallo 
stesso    titolo  che    F   Autore  mise    all'  opera  sua ,  dubbio  alcu- 
no si  partorisce,  che  l'appellativo  Divina  applicato  gli  si  fos- 
se dal  Poeta»    Il  quale  appellativo  noi  non  sapremmo  decidere 
da  chi  prima  ,  e  quando  si  adoperasse  ;  se    una  nota  ,   che  tro- 
vasi nell'   indice  delle  edizioni  di  Dante  nel  4-  voi.  aggiunto  ai  3. 
della   Commedia   per  le  stampe   del  De  Romanìs  non  ci  desse 
motivo  a  poter   dire    ,  che    del  i5i6.  :    cioè  nella  stampa  fat- 
ta   in    Vinegia  di    quell'  anno    ,   trovasi    per   la    prima    volta 
detto  così  :    La  DIVINA    Commedia   col  commento  di  CristO' 
faro   Lanllno   ,   rivisto  da  Pietro  da    Pigino   :     quando  che 
i    codici    altro  non  hanno  che  Incipit  Comoedia  :  ovvero  inci- 
pit infernus  ,  o    cosa  consìmile  ;    come     quello   del     Vaticano 
scritto    dal  Boccaccio  :  Incipit  prima  cantica  Comoedice  ec.   Il 
Cemento  fatto  dal  medesimo  dice  ;Come77fo    sopra  la  Comme- 
dia :  e  i  canti  di  Bosone  da  Gobbio  e  di   Pietro  Figlio  di  Dan- 
te    nuli'  altro    ,    encomiandola    ,  dicono  ;    che   tilta  ,    mara- 
vigliosa   Commedia  .    Nelle   più  antiche   Edizioni  poi   leggesi 
Commedia    semplicemente   .-oppure  Dantis  Capitula  :  Dante 
senz'  altro  :    le   Terze  Rime  di    Dante   ec.   ec.  Al    nome    dell' 
Autore    però   trovasi   qualche  volta    aggiunto  Inclito    e   Divo  : 
Divino  ':  Fenerabile  :    Divinissimo  :    giusta  1'  estimazione  ,  se 
non    vogliamo  dire    venerazione    ,    in    che  gli    Editori  ,    o  gli 
stampatori    tennero  questo  grand'  uomo  ,  ehe  tanto  in  se  mede- 
simo   fece  al  mondo  manifesto,  siccome 
La  gloria  di  Colui  ,che  tutto  muove 
Per  r  universo  ,    penetra  e  risplend» 
In  una  parte  jjìù.  eineno  altrove. 


44 


NoUzie  intoi'ìio  il  Teatro ,  ed  altri  costumi  Cinesi -Lao-Scng- 
eul-Drainma  Cinese  . 


E. 


islìmiatuo  far    cosa  grata    ai    nostri  leggitori    nai    dar    loro 
una  idea  dell'  uso  ,  e  della  coadixione  del  Teatro  nella  Cina  . 
Una  Nazione  fermamente  tenace  de' suoi  antichissimi   modi  di 
legislazione,  di  vita  civile  ,  e  di  constumanze  ,  merita  che  se  ne 
Tenga     meditando    ancora    profondamente    1'  indole    in    que- 
sto genere  d' insti tuzion'e  ,  dalla  quale,  più    che  da  altre  ,   è 
dal(i  conoscere ,  e    fermare  una  opinione   intorno  alle   dome- 
stiche   abitudini  ,  e  alle   passioni    dei    popoli  .   La   storia   non 
ci    fa   conoscere    cIjg    i    grandi    avvenimenti     che    influiscono 
un]   loro  destino  ,   e   tocca  di    rado     e  alle    sfuggita,  per  quan- 
to importa  di    spiegarli ,   i  particolari  della   vita    domestica  . 
Alla  conservazione    delle    antiche    commedie    Greche     e    Ro- 
mane dobbiamo  la  conoscenza  di  tanti    usi  privali  di    queste 
Kazionì  .   La  commedia  ha  un  gran  vantaggio   sopra  la    satira  j 
perchè  mentre  questa  non  è  che  una  narrazione  animata  dei 
vizj  ,   delle  passioni ,    e   delle  virtù  ;  la  prima  è  una  esposi- 
zione concertata,   un  atto  pratico  ed   evidente    di  quelle,  ed 
ogni     interlocutore    oltre  al  carattere  suo  proprio  o  buono    o 
cattivo  serve  a  dare  risalto  al   difello  principale,  che  si   vie- 
ne mordendo . 

Tornando  noi  alla  commedia  Cinese  ,  diremo  che  i  mis- 
siouarj  ci  avevano  già  dato  non  solo  ragguaglio  di  questa  usan- 
za in  quell'Impero;  ma  il  Padre  Prèmnre  tradusse  1' Orfanp 
di  Tchao  estraendolo  da  una  collezione  di  cento  componimen- 
ti Teatrali  Cinesi.  Ora  il  S.  R.  M.  L  F.  Davis,  figliuolo  del  di- 
rettore della  compagnia  Inglese  delle  Indie  a  Ganlon  ha  volto 
Bel  suo  idiouia  il  Dramoi'i  di  ehe  favelliamo  ,  tolto  esso  pu- 


Dramma  e  Costumi  C  in  e  si  45 

re  dalla  stessa  collezione  .  Pare  eh'  egli  Tabbia  però  mutila- 
to o  nei  passaggi  noiosi,  o  negli  indecenti.  Gli  si  può  sa- 
pere buon  grado  della  sua  onestà  in  quanto  agli  ultimi  ;  ma 
non  cosi  per  i  primi  ;  perehè  il  volgarizzamento  di  una  ope- 
ra deve  conservare  interamente  il  colore  dell' origiuale  ,  so- 
pratutto quando  si  tratti  di  far  conoscere  il  gusto  ,  gli  usi  , 
e  le  passioni  di  un  popolo  .  II  Signor  Davis  ha  voluto  dare  a  un 
Dramma  Cinese  1'  aria  e  la  rapidità  di  un  Dramma  Euro- 
peto  ,  e  in  questa  parte  egli  non  ha  realmente  reso  quell'  impor- 
tante servigio,  che  si  poteva  per  lui  ;  perocché  ha  tolto  gran 
parte  di  quelle  nozioni ,  che  maravigliosamente  servivano  a  far 
conoscere  1'  indole  e  la  legislazione  politica  e  religiosa  del 
la  Cina  .  Nullameno  ci  sforzeremo  di  dare,  alla  meglio  che 
potremo  ,  un  estratto  di  quosto  Dramma  ,  ^d  quale  ce  lo  ha 
fatto  conoscere  Davis.  Prima  però  toccheremmo  alcuni  partico- 
lari ,    che    risguardono  il  Teatro  Cinese  in  generale  . 

Il  Teatro  non  è  mai  stato  in  onore  presso  i  Cinesi ,  sen-  ' 
do  risguardato  come  nocivo  al  buon  costume.  Perciò  i  Dot- 
ti l'hanno  sempre  biasimato;  ma  inutilmente ,  perchè  la  Ci- 
na è  ripiena  di  comedianti  vagabondi  ,  eh'  entrano  nelle  ca- 
se di  coloro,  che  gli  desiderano  ,  a  recitarvi  farse  e  tragedie. 
Alla  corte  stessa  dell'Imperatore  esercitano  il  loro  mestiere 
n  concorrenza  colle  Marionette  ,  colle  Ombre ,  e  coi  Saltato- 
ri in  corda  .  Nella  Cina,  come  per  tutto  altrove,  si  è  più 
severi    in  teoria  che  in  pratica  . 

Siccome  però  1  Teatri  pubblici  all'uso  di  Europa  sareb- 
bero in  con  tradizione  colle  leggi ,  cosi  l'arte  non  ha  mai  potu- 
to progredire .  Gli  Autori  di  Commedie  e  di  Tragedie  sono 
tenuti  in  poco  conto,  siccome  tutti  i  Poeti  .«  Le  idee  poli- 
te tiche  della  Cina  intorno  la  Poesia  ,  dice  il  P.  Cibet ,  non 
«  sono  le  stesse  che  quelle  di  Europa  ...  Il  Governo  cura 
ce  poco  chi  fa  bei  versi;  e  si  parla  di  un  letterato  ,  che 
«  ne  faccia  ,  come  si  farebbe  da  noi  di  un  Capitan»  A'  id- 
ee fanteria ,    che  suonasse  bene  il  violino  . 


4^        Letteratura 

^    In  onta    di    questo  dispregio  1'  arte  drammatica  ha    però 
fatti  alcuni  passi  verso  la   perfezione.  La  costruzione  dei  Tea- 
tri   Cinesi   non  costa  molto  .  E'  la  stessa   Compagnia  dei  comi- 
ci ,    che  se  lo  fabbrica  da  se  in    meno    di  due  ore  ,  piantando    in 
terra  dei  legni    di  Bnmbou  ,  che  s'  innalzano  soli  sei    o    set- 
te piedi  :  questi   si   ricuoproiio    con  stuoje  ad  uso    di    tetto ,  e 
da    tre  lati   con    tele    dipinte:   gli    spettatori    si    collocano    in 
faccia  al  quarto  lato,  che  rimane  aperto.  Non  havvi    mai  mu- 
tamento veruno  di  scena  .    Un  Generale   riceve  egli  1'  ordine  di 
recarsi   in    una  Provincia  lontana  ?  Il   commediante    monta    a 
cavallo    di  un  bastone  ;  batte    la    frusta  ;    prende    una  briglia 
in  mano  ,  e  saltando  la    quattro  o  cinque  giri  di  Teatro  al  suo- 
no di    tamburri  ,    e  di    trombe  :    indi  si    ferma  ,   e    annunzia 
agli  spettatori   di    essere  giunto    al  sua  destino  .   Si  vuol  egli 
rappresentare    una  citta  assediata  ?  cinque  o  sei  soldati   si  co- 
ricano per    terra  ,  1'  uno  sull'  altro  per  tener  luogo  delle  niu- 
'  ra  .  Queste  puerili    finzioni   non  tolgono  nulla  però  all'arte  : 
poiché  la  pompa    degli  spettacoli  non  ha   che    fare    con  essa  . 
Allorcliè  la  corte   resiede  a  Pehùig   trovansi     in    quella    cit- 
tà  le    centinaja  di    compagnie   comiche  ,     che    percorrono    in 
altri  tempi   le  Proviiìcie .  Ogni    compagnia  è  connposla    di  ot- 
to   o    dieci    persone   ,  che  possono    chiamarsi    servi  o  schiavi 
del  Capo,  e  viaggiano  in  barche  coperte   pei  canali,    lungo    i 
quali  sono  le  maggiori  città  .  Durante  il  viaggio  il  Capo  eserci- 
ta   i  comici   a  declamare,  e  ad  imparare  a   mente .  Dacché  lo 
l"iperatore  Rhian-Loung   sposò  in  seconde  nozze  un'attrice, 
gli  uomini  recitano  da    donna  . 

Non  è  permesso  il  rappresentare  sulle  scene  Imperatori , 
imperatrici  ,  Principi,  Ministri,  o  Capitani  degli  eserciti  de' 
tempi  antichi,  o  moderni.  Questa  proibizione  è  però  conti- 
nuamente dolnsa  .  È  cosa  singolare  il  vedere  come  nella  Cina 
£^U  spettacoli  sono  più  puerili ,  e  più  insignificanti  a  misu- 
ra che  gli    spettatori  sono   più  nobili    e    distinti   .   Alla  corte 


Dramma  e  Costcmi  Cinesi  47 

p.  e.  «    innanzi    agli   Ambasciatori    i    giocolieri  ,  i  saltatori    ia 
corda ,  e  i  burattini  sono   preferiti   ai  migliori    com?»:^!  . 

I  Drammi  Cinesi  sono  scritti  in  versi  di  metro  irrego- 
lare, e  sono  cantati  «  Il  senso,  dice  il  Davis  ,  è  le  spes- 
cc  se  volte  oscuro,  e  secojido  gli  stessi  Cinesi  non  si  procu- 
re ra  che  di  solleticare  l' oreccliio  sacrificando  il  buon  senso 
ce  all' armonia  ce  ,  Avvi  in  questo  caso  ,  pur  troppo,  una  gran- 
de analogia    tra  noi  Italiani  ,    e  i  Cinesi  ! 

Per  ben  apprezzare  lo    spirito  del  Dramma  ,     di   cui  im» 
preudiamo  a   ragionare  ,  fa  d'  uopo  conoscere  a  fondo    i   legami 
che  le  leggi,    la  morale,  e  la  religione  hanno  stabilito    tra    i 
padri     e    i    figli  nella    Gina:  legami,  che  continuano  dopQ  la 
morte  dei  primi   imponendo  dei  doveri  ai  secondi    .  Tutta  la 
macchina  di  questo  Dramma  si  aggira    su  di    un    vecchio  eh' 
è  vicino   a  morte,  e  uon  ha  figliuoli  maschj  .    Privato  di  que- 
sta coniolazione  ,    il  dolore   1'  opprime  ;   ma   appena  appi'ende 
che   il    cielo  gli  accorda   questa  grazia  ,  si  dona    in    preda  all' 
eccesso  della  gioja  .   In  ogni  parte  del  mondo  è  certamente  una 
disgrazia   il   morire  senza  posterità  j  ma  nella  Cina  essa  è  assai 
maggiore!  Un  Cinese,  che  muore  senza  figliuoli,  risguarda  la  sua 
sorte  come    un    Europeo  ,    che   si  vedesse  privo  degli    onori 
funebri  :    un    tal   uomo    è  in    quel  paese  disonorato  :  la    sua 
famiglia  estinta:    estinto    il  suo  nome ,  giacché  le  femmine  lo 
perdono  entrando  nella  famiglia  del  marito:    ninno  fa    in  suo 
onore   quelle  cerimonie    giornaliere  ,    che    secondo    Confucio 
fanno   sì  che    i    morti  siano  sempre  presenti  tra  i   vivi  :  per 
conseguente  nessuno  verrà  mattina  ,  e  sera  a  prostrarsi  innan- 
zi alla    tavola  sulla  quale  è  inciso  il  suo   nome:   nessuno bru- 
cierà  profumi  ;  nessuno  gli  offrirà  vivande ,  o  terrà  jn  asset- 
to gli  abiti  suoi;  non   gli  sarà  riservato  un  posto  vacante  in 
Inezzo  alla  famiglia ,  siccome  è  raccommaudato  dal  Thoung- 
young  :  nessuno  muoverà  la  terra  sulla  sua  sepoltura  ,  né  col- 
tiverà gli  arbori   che  vi  sono  piantali  .  In  fine  nel  giorno  aa- 


48  Letteratura 

ni  versano  della  sua  morte  non  vi    saranno  né  lagrime  né  la- 
menti sopra  la   sua    torabi^.   Ecco   le  calamità    temute  da   un 
Cinese  ,  il  quale   non    abbia  figliuoli  maschi  .  Queste  notizie 
sono  presso  noi    necessarie  per    inle|idere    la  forza  del    senti- 
mento di  questo  Dramma  ,    mentre  nella  Cina  il    solo     titolo 
«  Il  vecchio  al  quale  nasce  un  Jigliuolo  m  le  risveglia  tutte, 
e  il    protagonista    eccita   la  piiì  alla   compassione ,     e  diven- 
ta oggetto    del!'  universale  interessamento  . 
Comincia  il  Dramma  . 
Un  vecchio  di  Toang-phing-foa  per  nomeLicou-Thsoung-Chen 
à  raccolte  grandi  ricchezze  dal    commercio  :  la  sua  coscienza 
gli    rimprovera  però  i   mezzi  ,  de'  quali  si  è  servito  :  e  il  cie- 
lo lo  h  severamente  punito  negandogli  figliuoli    mascbi  .  Egli 
ha  sessant'  anni ,  e  la  sua  moglie  Li  ne  ha  cinquant'otlo  :    Non 
ha  che  una  figlia  maritata  ,  e  un  nepole  per  parte  di  fratello, 
il  quale  porta    lo    stesso    nome  suo  ;  ma   tutti  in  casa  ,  mo- 
glie ,  figh'a  ,    e    genero  sono    congiurali   a  danno  del  nepote  . 
Anzi  la  moglie  costringe  il  vecchio  a  cacciarlo  ,    e    il   genero 
incaricato  di  dargli   una    somma  di  danaro  ,  gliene  ruba   gran 
parte  .  Il  vecchio  per    istigazione    della  moglie  abbandona  al 
genero  tutte    le    chiavi  di  casa  ,  non    che  1'  amministrazione 
delle    sue    sostanze  .  Tutti    sono  coutenti  ,    tranne  il    nepote 
che  si  vede  ridotto    alla    miseria  .  Il    vecchio  ,  che    sta    per 
andarsene  in  campagna,  dà  la  nuova  a   Li  della  gravidanza  di 
Siao-me'i    sua     seconda    moglie  ,  e  raocommanda    che  si  ab- 
biano   per   essa    tutti  i  riguardi  ,    pregando    instantemente  d' 
essere  tosto  informato  del  sesso   del  parto  ,  che  verrà  in  lu- 
€«  .    Tale  è  1'  argomento  del    Sie-txeu  ,  Prologo  ,  il    quale  è, 
rapido  ,  ed  à  irn    dialogo    ingenuo  ,  e  vivace  .    La   nimicizia 
di  IjÌ   cóntro  il   nepote  j  il  cat'attere  avaro  ,  anzi  sordido  del 
genero  ;  la  gioja  di  Lieong  -Thsoung-Chen  per  il  figliuolo  ma- 
schio ,  che  spera  dorer     nascere  ,  e  la  impazienza  di     Li    di 
qu^ista  gioja,  sono  tutti  particolari   dipinti   con  calore,  e  me- 
scolali di   tratti  e  di  sali    comici  assai  bene  immaginati   . 


Dramma  e  Costumi  Cinesi 

Nel    primo  atto  il  genero  deplara  la  vicina  disgrazia  di 
vedersi  tolta  la  pingue  eredità  ,   sulla  quale  aveva  fondate  le 
sue  speranze  .  ,,  Giammai  ,  dice  egli  a  sua  moglie  ,  vi  avrei 
sposata  se  avessi  preveduto  quello  ,   che  sta  per  accadere  , 
Se   Siao-meì  partorisce  una  J emina    dovrò  cedere  a  vostro 
padre    la  metà   r/e'    beni  :  e  ^e  partorisce  un   maschio    con- 
verrà cederli  tutti  .    La  giovine  sposa  Io  consola  ,  e  suggeri- 
sce   di    fingere    al  padre    che    Siao-mei    sia    fuggita    con    un 
amante  .  Il    proggelto  è   accolto  ,  e  si    commnnica    a  Li  ,  la 
quale  lo  approva  ,  e  parte  cogli    sposi    per  la  campagna   ove 
dimora  il    vecchio  .   Costui    non    vuol    prestare    fede  a    tanta 
disgrazia  ,  e    crede  in  vece    che  gli  si    voglia    fare  una  dolce 
sorpresa  .  Alla  fine  rimane  persuaso  ,  e  si  abbandona  alla  di- 
sperazione .  Indi    per    placare   il  cielo  ,  di   cui  la    collera   Io 
persegue  ,  determina   che   s\   abbiai\o  a  distribuire  abbondanti 
elemosine  .  In    tal    modo    termina    il    primo   atto  ,  che   pare 
assai  abbreviato   dal    traduttore  .   Vedesi    in  esso    trasportata 
la  scena  dalla  città  alla  campagna  ;  ma  non  bisogna  aspettar- 
si la  unità  di  luogo  ,  e  di  tempo  presso  i  Cinesi  . 

Comincia  1'  alto  secondo  colla  distribuzione  delle  elemo- 
sine fatte  dal  genero  nel,  tempio  di  Khai-youan  .  Questa 
scena  di  accattoni  è  assai  rallegrati^  dalle  furberie  comuni  a 
questa  classe  di  gente .  Il  nepote  fatto  mendico,  si  presenta 
anch'  egli  per  aver  parte  alla  elemosina  ;  vm  è  cacciato  bru- 
scamente dal  genero  .  Lo  zio  solo  lo  raccoglie  con  bontà  , 
e  con  tenerezza  ;  ma  p^r  le  istanze  della  moglie  lo  espelle  di 
tìuovo:  nell'accomiatarlo  però  gli  raccomanda  di  essere  scru- 
poloso osservatore  dei  doveri  ,  che  la  religione  prescrive  in- 
torno alle  tombe  degli  Avi  .  La  quale  raccomandazione  fat- 
ta dal  vecchio  prepara  maravigliosamente  la  grande  scena 
del  (erzo  atto  ,  che  viene  trasportato  in  mezzo  ai  sepolcri  . 
La  figlia  di  Lieou-t.hsoun g-chen  vorrebbe  esercitare  la  sua 
pietà  ,  e  fare  cerimonie  di  uso  sulle  tombe  de'  siioi  Pa- 
G.  A.  To.  IV.  4 


5o  Letteratura 

dri  ;  ma  il  marito  la    distorna    per    condurla   a    quelle  della 
sua  "famiglia  .    Questo    modo    di    porre    ia   azione   i  doveri  , 
che    separaao    una   figlia  da'  suoi  genitori  è  assai  ingegnoso . 
Yiene   in  seguito  il  nepote  ,    il  quale  in    un    soliloquio  assai 
tenero  ,  e  patetico   esprime   il  suo  amore  alle  ombre  de'  suoi 
antenati  ,   e   manifesta  il   dolore  ,    che  prova    nel    non   pote- 
re   offrire    molto  ,    e  non   adornare   a    grado    suo    le   loro  se- 
polture a  cagione  della  molta  povertà  ,  che  lo  opprime  .  Dopo 
di  lui    vengono  il    vecchio ,    e   Li   sua  moglie ,     i   quali  cre- 
devano di    trovare    ivi    il   genero  ,    e    la    figlia    sendo   partiti 
di   casa  assai  prima    colle    torte  ,    colle   vittime  ,    e   col   vino 
caldo    destinalo    alle  offerte  ;    ma   tutto  era  stato  pottato  sui 
sepolcri    della    famiglia  del  genero ,  né  la   debolissima   offerta 
fatta  dal   nepots    è  neppur  traveduta  .  Lieou-thsoung-cJien  de- 
plora   1'     abbandono  ,    in   che    «tanno   i   sepolcri  ,    e  queste 
immagine,  che  gli  fa  prevedere    il  destino  della  sua  tomba, 
e  di    quella  della    moglie  ,  raddoppia    il    suo    dolore  .   Lì  S 
commuove  a  poco    a  poco  in    ripensando  al  disastro  di  un; 
famiglia  ,  che  non  ha  maschi ,  i  quali  possano  rendere  gli  ono- 
ri funebri  ai  trapassati  .  L'  effetto  di  questa  scena  assai   bene 
annodata  ,  condotta,  molto  interresante  ,  e  scritta  con  uno  stile 
adatto,  è  che  Li  accoglie  umanissimamente  il  nepote,  il  qua- 
le ritorna  per  compiere  le  cerimonie  da  lui  incominciate.  Una 
tale  riconciliazione  è  dedotta  con  molta  desterilà  ,  e  accompa- 
gnata da  cirrosi  inze  ,  che  onorano  1'  ingegno  del  Poeta  .  «So- 
pravengono il  genero  colla  moglie,  e  sono  tìiale  accolti  da  Li, 
che  gli  scaccia  ,    e  gli  costringe  a  restituire  le  chiavi  a   loro 
affidate  . 

Si  celebra  nel  quarto  atto  il  giorno  della  nascita  di  Lieou- 
ilisoung-chon  ,  e  il  nepote  divenuto  amministratore  della  ca- 
sa ,  ricevo  il  genero  cos;li  stessi  modi  ,  con  che  egli  era 
Stato  da  lui  trattato  ,  e  gli  rende  pan  per  focaccia  ,  Il  vec- 
chio stesso  ricusa  per  lungo  tempo  di  ricevere  le  congralulazi^ 


DiiAMMA  E  Costumi  Cinesi  5i 

ni  del  genero  ,  e  della    figlia  ,  e  protesta  di    non    voler  am- 
mettere altri    parenti    che    il   nepòte,    escludendo,  con   questa 
frase    anche  la  figlia  j  ma   costei   ha.  però,  un   mezzo    sicuro 
di   riconciliarsi   seco  :   essa  gli   presenta   Siao-meì  ,    che  ave- 
va   tenuta   nascosta  durante    tre  anni  ,    unitamente  al  figliuo- 
lo   maschio   da  lei   partorito  .    Il    ragguaglio  ,     eh'  essa    fa    al 
padre  dei  motivi  della  sua  condotta  non  è  mollo  soddisfacente  j 
ma  il  vecchio  inebbriato  dalla  gioja  non  tiene  in,  conto  il  mal 
diportamento  della   figlia  ,  e  manifesta  la  felicith,  eh'  egli  pro- 
va   nel    trovarsi    circondato   dalla    figlia  ,  dal  nepote   ,  e    dal 
suo   proprio  figliuolo ,  ai  quali  distribuisce  in    tre  parti  eguali 
tutti   i    suoi   beni.,,  Le  c/e/noii/ze,  esclama  egli    terminando, 
che   ò  distribuite  ,  sono  state  accette  al  cielo  ,    che  me  ne  à. 
rimunerato  colV  accordarmi  un  figliuolo  nella  mia  vecchiez- 
za ,,  . 


Il  Rev.  Roberto  Morrison  ^a  stampalo  nel  1817.  ia 
Macino  un'  opera  ,  che  serve  di  preliminare  al  gran  Dizio- 
nario Cinese  ,  eh'  egli  sta  compilando  .  Si  raccolgono  in  es- 
sa le  seguenti   curiose   notizie. 

L'  Imperatore  Kang-hi  aveva  un  numero  infinito  di  ca- 
ratteri mobili  incisi  in  rame  ;  né  fu  che  con  grave  dispìaee- 
cere  ,  eh'  egli  li  fece  fondere  in  tempo  ,  che  il  numerario 
scarseggiava  .  EgH  sostituì  a  quelli  altre  aSo,  000  lettere  di  le- 
gno. Durante  la  dinastia  dei  Soung  (dal  X.  al  XI IL  secolo) 
furono  messi  in  opera  caratteri  mobili  di  terra  cotta  .  Mor- 
rison possiede  un  Dizionario  in  24 .  voluira  stampato  con 
caratteri  mobili  j  ma  quest'edizioni  sono  assai  lunge  dalla 
bellezza  delle  crdinririe,  stampate  con  tavole  di  legno.  S'  in- 
gannarono dunque  a  partito  coloro,  che  sostennero  essere  i 
caratteri  mobili  sconosciuti  ai  Cinesi  ,  i  quali  gli  avevano 
in  uso  assai  prima  tli  noi,  né  gli  hanno  esclusi  che  per  averli 
trovati  poco  confacenti    al  genere  della  loro  scrittura  . 

4  '■ 


5a  Letteratura 

Le  storie  Chiesi  parlando  dello  stabilimenlo  degli  Eu- 
ropei   in    Macao  ,    lo    raccontano  in  questo  modo  . 

„  L'anno  Sa".  Kia-thsing  (  i553  )  alcune  straniere 
^,  approdarono  a  Hao-King  ,  raccontando  che  le  tempeste 
,,  gli  avevano  sbattuti  ,  e  che  l'acqua  del  mare  aveva  ba- 
,,  guati  i  tributi  ,  eh'  essi  ci  portavano  .  Chiesero  quindi  il 
„  permesso  di  far  asciugare  le  cose  loro  sulla  costa  di  Hao- 
„  King  .  Il  comandante  JVang-pe  soddisfece  alla  loro  in- 
„  chiesta  .  Sul  principio  si  accontentarono  di  poche  capan- 
„  ne  di  giunchi  ;  ma  nuovi  mercadanti  allettati  dalla  cupi- 
,,  digia  del  guadagno  vennero  a  poco  a  poco  ,  e  fabbricaro- 
„  Ilo  case  dì  mattoni  ,  di  legno  ,  di  pietra  <  I  Fo-lang-U 
„  (Franchi)  ebbero  per  tal  modo  illecito  la  facoltà  di  entra- 
„  re  nell'  Impero ,  e  cosi  gli  stranieri  cominciarono  a  stabi- 
,,   lirsi  in    Macao    al   tempo   di   fFatiQ-pe  . 


La  popolazione  della  Cina  ,  parlando  delle  classi  sotto- 
poste al  censimento  ,  era  composta  nel  22.  anno  del  regno 
di  Kang-hi  di  ic)  ,  ^'Ò2  ,  ^53  .  famiglie  ,  e  nel  5o.  anno 
dello  stesso  regno  di  20,  111  ,  38o  .  Nel  i6'52.  quella 
parte  di  popolo  Cinese  ,  che  obbediva  a  Chun-tchi  ,  era  di 
14.  883,  858  famiglie,  e  89  ,  eoo  ,  000  .  di  persone  .  Nel  iSgS. 
si  numerarono  16  ,  062  ,  8O0  .  famiglie  ,  divise  in  60  ,  545  , 
8i2  .  individui  .  Dalle  note  dei  Missionari  possono  rilevarsi 
le  addizioni  ,  che  si  debbono  fare  a  questi  conteggi  ,  onde 
ottenere  il  resultamealQ  della  totalità  degli  abitanti  di  quelf 
r  Impero  . 


Nel    prespetto  dell'  Impero   dei    Mandchous  ,  che    com- 
prende   le    venti    Provincie    della    Cina  ,  6    della    Tartariii 


Dramma  e  Costumi  CiNEsf  53 

oiìentale  ,  1'  autore  Morrison  dà  il  nome  della  capitale  di 
ogni  Provincia  colle  relative  distanze  in  li,  o  miglia,  da 
Peking  ,  e  parlando  della  popolazione  di  esse  Provincie  ,  ei  ne 
stabilisce  il  numero  a  poco  meno  di  cento  cincjuanta  milioni 
d'  anime  . 

Morrison  dh  in  seguito  la  lista  dei  nomi  ,  e  dei  titoli 
degli  Officiali  del  Governo ,  cosa  la  più  scabrosa  ,  e  difficile 
per  coloro  ,  che  studiano  quella  lingua  .  Annovera  poi  le 
feste  dei  Cinesi  ,  le  costellazioni  ,  e  le  ventiquattro  divi- 
sioni dell'  anno  ,  non  che  le  Divinità  o  Spiriti ,  che  onorane 
le  tre  sette  dominanti  nella  Gina ,  e  parla  in  fine  dei  ma- 
trimoni,  dei  funerali,  e  degli  otto  trigrammi  di  Fou-hi  ec.  ec . 
,  » 

'/ . __^ 

Morrison  ha  pubblicato  anche  una  grammatica  Cinese 
per  uso  degl'  Inglesi ,  nel  tempo  che  il  Sg.  Marsh mann  ne 
pubblicava  dal  canto  suo  un'  altra  .  Quella  del  Morrison  è 
assai  lodata  per  la  sua  chiarezza  ,  e  semplicità  .  Sette  pagine 
di  questa  sono  consacrate  alla  prosodia  di  quella  lingua  ,  ed 
in  esse  trovansi  quattro  saggi  di  Poesia  Cinese  ,  uno  de' 
quali  composto  di  quattro  versi  indiritti  a  un  padre  assente  . 
Noi  li  daremo  qui  tradotti  dalla  traduzione  Inglese ,  onde 
i  nostri  leggitori  abbiano  qualche  idea,  abbenchè  superficiale, 
delle   Muse  Cinesi  i 

,,  Le  foreste  dell' Ou ,  le  nuvole  d' l'ari  si  frappongo- 
„  no    alla  nostra  corrispondenza . 

,,  La  lontananza  di  questi  due  paesi  mi  riduce  alla  dis- 
5,  perazione  . 

,,  Nei  sogni  ,  che  tormentano  1'  anima  mia  ,  essa  di- 
,,   mentica    la     distanza  ,    che     la  divide  da  Tchanq,-An  . 

,,  Sovente  ella  si  slancia  portata  dai  venti  ,  e  già  (  co- 
,,  me  se  io  fossi  giunto  )  chieggo  del  luogo  della  tua  dimora  . 

È    un  peccate)  che    questo    parto  poetico   della   pietà   fi- 


54  Letteratura 

liale  noa  sia  uà  poco  più  lungo  ,  onde  sì  potesse  avere  per 
noi  una  idea  più  giusta  del  Parnaso  del  Fiume  giallo .  Que- 
ste poche  parole  contengono  però  1'  espressione  di  un  gran- 
de affetta,  e  vi  si  ravvisa  al  tempo  stesso  il  carattere  orientale . 


Il  Signor  William  Milne  ha  pubblicato  nel  1817.  a 
Londra  un  libro  di  299,  pagine  intorno  1'  Editto  Sacro  del- 
la Gina.  In  quell'  Impero  è  uso  inveterato,  e  che  rimonta 
all'  epoca  della  sua  fondazione  ,  che  il  Monarca  pubblichi 
di  tempo  in  tempo  alcune  istruzioni  di  morale  ,  di  agricol- 
tura ,  e  d'  industria  .  Egli  ,  oltre  1'  essere  il  Capo  supremo 
dello  Stato  ,  e  il  primo  Legislatore  ,  è  eziandio  il  Principe 
dei  Letterati  ,  e  il  primo  fra  i  Dottori  dell'  Impero .  Secon- 
do i  Cinesi  tutti  i  disordini  ,  e  tutti  i  delitti  hanno  origine 
dalla  ignoranza  .  Quindi  tutti  i  Decreti  sono  istruzioni  :  le 
leggi  ,  e  i  comandamenti  hanno  la  forma,  e  il  titolo  di  lezioni. 

Agli  occhj  dei  Cinesi  1'  Imperatore  è  un  Padre  ,  che 
ammaestrai  figliuoli,  e  qualche  volta  è  costretto  di  punirli. 
I  sudditi  rassomigliano  a  una  riunione  di  scolari  ,  guidata 
da    un  consiglio   di   savj    verso   la    virtù  ,  e   la    felicità  . 

Tra  i  Documenti  Cinesi  mezzo  politici  ,  e  mezzo  mo- 
rali si  novera  il  Santo  Editto  ,  composto  in  sedici  articoli 
dall'  Imperalor  Kang-hi  e  commentato  dal  suo  Successore 
Foung-thing  .  Un  Direttore  delle  Saline  ,  di  Chen-sì  ,  per 
nome  Tf'ang-jeou-po  ha  fatto  una  parafrasi  dell'  Editto ,  e 
del  Commento,  e  1'  opera  sua  si  è  divulgata  in  tutto  1'  Impero  . 

Milne  ha  fatta  una  breve  prefazione  al  suo  volgarizza- 
mento, che  è  curiosa  per  la  notizia  ,  eh'  essa  contiene  in- 
torno al  modo,  con  cui  le  massime  di  Kang-hi  sono  pub- 
blicate ,  e  spiegate  in  tutta  la  Cina  .  Durante  il  regno  dei 
Tcìwou,  eh' è  a  dire  dal  XII.  fino  alili,  secolo  prima  del- 
l'Era  Cristiana  ,  il  primo  giorno  di  ogni  mese  era  destinato 


Dramma  e  Costumi  Cinesi  55 

presso  i  Cinesi  alla  pubblicazione  delle  leggi  ,  Ora  ,  a  imita- 
zione di  quell'uso  antico,  sono  stabiliti  il  primo,  e  il  quin- 
dicesimo giorno  di  ogni  mese  per  le  lezioni  da  darsi  al  Po- 
polo intorno  al  testo  del  Santo  Editto  .  In  ogni  Città,  e  la 
ogni  Villaggio  ,  i  Magistrati  civili ,  e  militari  si  radunano 
in  gran  pompa  in  una  sala  assai  spaziosa  .  Il  Maestro  delle 
cerimonie  ,  personaggio  indispensabile  nelle  adunanze  Cinesi , 
grida  agli  astanti  di  passare  a  rassegna ,  ciascuno  secondo 
il  suo  grado  ,  facendo  innanzi  alla  tavola  Imperiale  le  tre 
genuflessioni  di  uso  ,  e  percuotendo  col  capo  nove  volte  la 
terra  .  Dopo  questa  cerimonia  1'  adunanza  entra  in  un'  altra 
sala,  ed  ivi  Uomini  ,  e  Soldati  stanno  in  piedi  ,  e  osserva- 
no un  rigoroso  silenzio  .  Allora  il  Maestro  delle  cerimonie 
dice  ,,  Cominciate  con  rispetto  ,,  Il  Magistrato  al  quale 
incombe  il  carico  di  Lettore  ,  s*  appressa  all'  altare  ,  ove 
stanno  i  profumi  ,  s'  inginocchia  ,  e  prende  con  gran  rispetto 
la  tavoletta,  in  cui  è  scritta  la  Massima  prescelta  alla  istru- 
zione di  quel  giorno  ;  quindi  monta  sopra  un  palco  eleva- 
to .  Ivi  un  vecchio  riceve  la  Tavoletta  :  la  ripone  sul  pal- 
co in  faccia  al  popolo  ,  e  poscia  con  una  specie  di  campa- 
nello di  legno  ,  eh'  egli  ha  nelle  mani  comanda  il  silenzio  . 
Allora  il  Maestro  delle  cerimonie  grida  ad  alta  voce  ,,  Spie- 
gale questa  Sentenza  del  Santo  Editto  ,,  ,  L'  oratore  a 
queste  parole  si  alza  ,  e  spiega  minutamente  il  senso  del- 
la medesima  . 

Ognuna  delle  sedici  Massime ,  di  che  si  compone  l'Edit- 
to ,  è  scritta  con  soli  sette  caratteri  j  ma  tutte  insieme  non 
Qontengono  nulla  di  nuovo  ,  o  che  valga  1'  apparato  di  tan- 
te cerimonie  .  Esse  sono  nullameno  saggio  giusta  le  idee 
dei  Cinesi  ,  ed  essi  soli  possono  compiacersi  di  vederle  rin- 
novare   sotto  tutti   gli    aspetti ,  e  in  tutte  le  occasioni  , 

Prescrivono  esse  in  sostanza  la  piet^  figliale  :  1'  araor# 
verso  i    consanguinei  :  la    concordia  tra   i  vicini  ;  la  coltiva- 


56  Letteratura 

zióne  della   terra  ,  la  quale  soramiaistra   il    nudrimento    agli 
uomini  :  la  cura  dei    mori   gelsi ,  da  cui  si   traggono  i   modi 
di     vestire  :    V  economia  :    gli   studj     letterarj   :    1'  avversione 
allo    Religioni    straniere  :  indi   si    raccomanda    di    spiegare   le 
leggi  ,  onde    preservare     i    cattivi  ,  e    gì'  ignoranti    da    azioni 
prave  :  di    avere    in  onore  le  cerimonie  ,  clie   sono    il    com- 
plemento   de'  buoni    costumi  :  di    esercitare    con    scrupolosa 
esattezza   la  Magistratura    per  dirigere    al    bene    i    sentimenti 
del    popolo  :  d'  instruire    i    proprj   fìglj  ,  e    i    fratelli     minori 
per   impedir   loro  il    mal   fare  :  di    difendere  le  persone  one- 
ste  dalle    calunnie  :  di    avvisare    coloro  ,   che    occultassero    i 
disertori  ,  dei   pericoli  ,  a'  quali     si    espongono  :  di    pagare  i 
carichi   pubblici    o  con  danaro  ,  o  con  generi  per   non  essere 
esposti   a  gravimi:  di    constituire     mediante  le  dovute    disci- 
pline i   capi  di  dieci,  e  di  cento  Famiglie  responsaliili  vicen- 
devolmente per  lo    sterminio   dei  briganti ,   e    dei   ladri  :  in- 
fine di  rendere  .  per  quanto    è   possibile  ,  meno    frequenti  le 
liti  ,  e  gli   od),  onde    conservare  la  vita  degli   uomini,  eh' è 
ciò,  che   bavvi  al  mondo  di    più  prezioso. 

E^gli  è  certo  che  a  noi  recherebbe  maggior  piacere  il 
conoscere  i  modi  ,  co'  quali  si  eseguiscono  questi  consigli  , 
anziché  le  slesse  massime  generali  ,  che  altro  non  sono  che 
principi   della    morale    universale . 

Il  commentario  dell'  Imperatore  Young-tchin^  intorno 
queste  sentenze  di  suo  Padre  ,  e  la  parafrasi  del  Direttore 
delle  saline  contengono  un  maggiore  interesse  ,  trovandosi  in 
essi  buon  numero  di  casi  applicati  ,  per  cui  si  conoscono 
'  meglio  i  costumi  ,  lo  spirito  del  Governo  ,  e  il  genio  della 
Nazione .  > 

Yìking-tching  nel  suo  commento  insiste  principalment» 
suU'  avversione  alle  false  sette,  e  sopratutto  a  quella  di  Fo, 
che  ò  .stranli;;ra  alla  Cina  .  I  Buddisti  ,  e  gli  altri  settarj  In- 
diani ,  credono    scioccamente  cbe  basti  articolare   alcune  pa- 


Dramma  e  Costumi  Cinesi  bj 

role  ,  o  sillabe ,  che    chiamano  sacre  ,  e  ripeterle    perpetua- 
mente per  essere  lavati  delle  colpe  loro  ,,  Supponete  ,  die'  e- 
„   gli ,  di   aver   violate    le    leggi ,  e  di    essere    presentati     al 
„  Tribunale  per  udire  la  vostra  condanna  .   Credete  voi  che 
„  a  furia  di  gridare  Eccellenza  :  Eccellenza  :  sarete  assoluti 
„  dal    Magistrato  ?   „  E  cosi    egli    prosiegue  a    citare    nuoTÌ 
esempi  ,  che  crediamo  superfluo   di  qui  registrare .   In  gene- 
nerale   le    instruzioni    di  questo  Imperatore    sono    ingenue  , 
e  paterne  .   Parlando  delle  cure  ,  che  i    Genitori    hanno  per  i 
figliuoli  ,  i  quali  debbono  perciò  essere  riponoscenti ,  colloerf 
la  pietà  figliale  in  cima  a  tutte    le  virtù  ,  e  ne  fa    un  qua- 
dro ripieno   dì   grazia  ,  e  di    amore  .   ,,  Il  figlio,   che    non  è 
„  ancora  privato   dei  teneri  abbracciamenti  dei  genitori  ha  fa- 
„  me  :  egli  non  può  da  se  procurare    il  vitto  :  egli  ha  freddo , 
,,   «  non  può  vestirsi  :  ma  suo   Padre  e  sua  Madre  accorro- 
,,  no:  sono  attenti    a'  suoi  gridi  :  consultano  il  tuono  della 
„  sua  voce  :  contemplano  la  «uà  fisonomia  ,  e  il    colore   del 
,,  volto:  s'egli  sorride  il  loro  cuore  nuota  nella  gioja  :  s' e- 
,,  gli  piange  sì  abbandonano  alla  mestizia  :  s'  egli  fa  prova  di 
,,  camminare,    essi    seguotio   ì    suoi    movimenti,  e    non   ne 
,,  perdono  un  passo:  è  egli  malato?  essi  perdono   1'  appetito, 
,,  e   il  sonno.  Lo  alimentano  ,  e  lo  instruiscono    fino   a  che 
,,  sia    divenuto  uomo ,  e    quindi   lo  maritano ,  e    gli    danno 
,,  una  casa.  Essi  si  tormentano  in  mille  modi  per  istabilirlo, 
,,  e  per  assicurargli   una   esistenza  :  tutte   le    forze  del    loro 
„  cuore  si  esauriscono  .  Oh  !  la  virtù   di    un     padre  ,  e    di 
,,  una  madre    è  veramente    infinita  :  essa  è    come    il    Cielo 
„  supremo  . 


58 


Lucce  Holstenii  Epistolce  ad  diversos ,  qiiàs  ex  editìs ,  et 
ineditis  codicibus  collegit  ,  atque  illustravit  Jo.  Frane. 
Boissonade;  accedit  Editoris  commentatio  in  Inscriptio- 
nem  Grcecam  .  Paiisiis  etc.  pag.   538.  in  8." 


D= 


'obbiamo  alle  cure  indefesse  del  celebre  filologo  France- 
se il  Sig.  Boissonade  questa  preziosa  raccolta  delle  lettere 
edite  ed  inedite  dell'  immortale  Olsteuio  ,  luminare  del  se- 
colo XVII.  ,  che  quantunque  straniero  ,  pure  potremo  con- 
siderarlo come  Italiano ,  essendo  rimasto  in  Italia  per  quasi 
quarant'  anni  continui  .  In  una  brève ,  ma  elegante  e  sensata 
prefazione  latina  l'Editore  dà  conto  de' lavori  da  lui  fatti 
onde  formare  questa  raccolta  ,  ed  implorare  nel  tempo  stes- 
so l'indulgenza  de' lettori  ,  se  alcuna  lettera  sia  sfuggita  al- 
le sue  indagini .  Quella  lettera  però  diretta  dall'  Olstenio  al 
Card.  Barberino  ,  de  f^erubus  Diance  Ephesice  è  stata  omes- 
sa espressamente  perche  si  trova  nel  Tomo  VII.  della  Rac- 
colta di  Gronavio ,  e  perchè  piuttosto  che  lettera  dovrebbe 
appellarsi  una  Dissertazione  epistolare .  Circa  poi  quella  let- 
tera,  della  quale  fassi  menzione  nella  Cimbria  di  Mollerò 
Tom.  III.  p.  334  ,  e  che  tratta  dell'  incendio  del  Vesuvio  , 
là  quale  1'  Olstenio  scrisse  ad  Einone  Lambecio  marito  di  sua 
sorella,  questa  non  si  è  potuta  rinvenire  dall'Editore,  mal- 
grado tutte  le  diligenze  da  esso  messe  in  aso  .  Nò  le  lette- 
re sono  state  pubblicate  senza  apporvi  delle  note  opportu- 
ne ,  ma  si  trovano  asperse  di  notizie  importanti  circa  la  sto- 
ria letteraria  di  quel  tempo ,  onde  chi  legge  meglio  possa  co- 
noscere il  significato  di  ciò  che  le  lettere  trattano  ,  e  non 
resù  interrotto  nella  lettura  di  osse  :  cosi  per  ulteriore  dilu- 


L.  HoLSTENii  Epistola  69 

cìdazione  vi  si  trovano  aggiunte  ancora  noberelle  critiche  bre- 
vissime ,  ma  giuste  .  Molto  vantaggio  ha  recato  all'Editore  il 
Codice  di    Buerio  a  lui    commuuicato   dal    Sig.    Prunel,  dal 
quale   ha  tratto  alcune   lettere,  che  si  trovano  npposte   uell' 
appendice  ,  ed  ha  ricavato  importanti  correzioni  e  varianti  che 
sono  state  poste   in  fine  della  opera  .    E  molto  più.  completa 
1'  edizione    sarebbe  riuscita  se    a  tempo  il  Boissonade    avesse 
potuto  ricevere  le   lettere  ,  che  cortesemente   gli  ha  sommini- 
strato il  Conte   Fortia  d'  Urban  ;  ma    queste  quantunque  im- 
portantissime   essendo    sopraggiunte  troppo   tardi  egli    non  le 
ha  per  ofa  potute    nella  sua    raccolta   inserire  ,    e    potranno 
formare  un  supplemento .  E  siccome  nel  titolo  stesso  del  li- 
bro si  legge ,  vi  si   trova  aggiunta  una  dissertazione  del  Bois- 
sonade sopra  una    iscrizione   greca  discoperta  ad    Azio    ,  alla 
quale  egli    volea  unire  un'  altra  sua  memoria    sopra  una  la- 
mina di  bronzo  trovata  nella  Beozia  ;  ma  per  non   ingrossa- 
re di  soverchio  il  volume  pensò  di  rimetterla  ad  altro  tempo. 
Le   lettere    che  trovansi  in    questo    volume  riunite  sono 
tutte   scritte  da   Olstenio  ai  letterati  più  illustri  del  suo  tem- 
po ,    parte  in   latino    elegantissimo  ;  ed  alcune    poche   anche 
in    purgato  volgare  .  Esse    trovansi  comprese  fra  1'  anno  1619 
ed  il    1660  ,    e  tutte   trattano   sopra  obietti  importanti   di  fi- 
lologia ,  di   critica ,  e  di  antiquaria    essendo   relative  special- 
mente ai  lavori   da  Olstenio   assunti  per  la    illustrazione   de' 
Geografi    minori  ,•  e  per  la  publicazione   e   dilucidazione    de' 
Filosofi   Platonici .     Alcune   Ve  n'  ha    che   contengono    ancora 
importanti   notizie   non  solo  per   la  vita   di    Olstenio   stesso  , 
e   per  la    storia    letteraria   del    suo  tempo;  ma    anche  per   la 
storia   politica   specialmente  della  guerra  fra  1'  Imperadore  ed 
i  Protestanti  dell'  Alemagna  . 

E  volentieri   daremmo   l' estratto   dì    ciascuna   lettera  se 
non  temessimo    di   essere   di   soverchio    lunghi  ,   e   d' altroa- 


6o  Letteratura 

de  "molte  di  esse,  ripetendo  sempre  la  stessa  cosa  a  perse- 
ne diverse  potrebbero  facilmente  sembrare  meno  importanti 
di  quello  che  realmente  e^e  siano.  Per  la  qual  cosa  ci  li- 
miteremo ad  indicare  il  numero  di  queste  lettere,  e  le  per- 
Goue  ,  a  cui  vengono  dirette  j  ritenendo  come  più  commodo 
r  ordine  alfabetico  de'  nomi  . 

Centoquattordici^  sono  in  tutto  le  lettere  compresevi 
quelle  dell'  Appendice  :  una  ve  n'  ha  a  Giovanni  Boeclero 
professore  di  Strasburgo  ;  quindici  a  Donio,  e  queste  in  Ita- 
liano; quattro  a  Dormalio  inedile  ;  due  ad  Elmenhorst  ;  una 
ad  Elzevir  ;  una  a  Fiorentino,  nove  a  Niccolò  Heinsioj  ven- 
tiduc  a  Pietro  Lambecio  suo  nipote;  due  a  Liceto  ;  tre  a 
Meursio  ;  una  a  Morino;  due  a  Nihusio  ;  trentasette  a  Peì- 
resc,  e  queste  ,  meno  una,  tutte  iqedite  ;  cinque  a  Pietro  du 
Puy  inedite  anche  esse  ;  una  a  Cristoforo  du  Puy  pure  inedi- 
ta ;  una  a  Giovanni  Rodio  ,  ed  è  la  spiegazione  del  monu- 
mento Maguriano  ;  quattro  a  Sirmondo  ;  e  tre  a  Ternagelio  . 
Inoltre  vi  sono  due  lettere  inedite  scritte  ad  Olstenio  da 
Paganino    Gaudenzio  e   da   Patricio  Junio . 

Ora  passando  alla  Iscrizione  Greca  illustrata  dal  Sig.  Bo- 
issonade,  è  questa  una  importante  lapide  scritta  in  dialetto  do- 
rico e  scavata  1'  anno  18 13  ad  Azio  sulle  coste  dell'  Acarna- 
nia  dal  chiarlss.  Pouqueville  Console  francese  a  Joannina  nell' 
Epiro .  Non  Oa  discaro  ,'che  noi  qui  riportiamo  questa  iscri- 
zione ^er  intiero  insiemie  colla  traduzione  latina  del  Sig.. 
Bojssonade . 


02 
EHI  lEPAnOAOV  TOI  AnOAAONI  TflI  AKTiai    $IAHMONOi:    I  POM^A 

AE   AJHTAPOXOT   KIKIA    AAT2EI0T   SlTMOPOMNAMONaN     AE    NAT 

SIMAXOV  TOT  API2T0KAE02  A2TAK0T    OIAOH^NOT  TOT  HPAKAEI 

TOT    <D01TIAN02  TpAMMATEOX  AE  TAI  BOTAAI  DPOlTOT    TOT   AIO 

REI  eEOS  MATPOnOAITA  KOTPOnOT  H  EAG^E  TAI  BOTAAI  KAI 

Tai  KOINHI  TnN  AKAPNANON  nPOSENOTS   EIMEN    KAI 

ETEPPETAS  TOT   KOINOT  THN    AKAPNANilN    KATA 

TON    NOMON   APASIAN    OATMninNOS    HATPH   9 

GOAION    AETKION  T0T2  nOHAION  AKIAIÓTS  PIIMAIOTS 

KAI    EIMEN  ATTOIS   KAI    EKIONOIS    EN    AKAPNANIAI    A2<I>AAE 

r 
lAN  KAI    ATTOS    KAI    XPHMA2I    KAI    KATA    TAN  KAI    KATA 

©AAASSAN  KAI   nOAEMOT    KAI  EIPANAS    KAI    FA?    ii\l 

0IKIA2   EIKTISIN   KAI   TA  AAAA    TIMIA  KAI  <I>IAAN0PanA 

nANTA  OSA   KAI    T0I2    AAA0I2    OPOEENOIS    KAl 

ETEPrETAI2   TOT   KOINOT    THN    ARAPNANHN 

YOAPXEI 

Hievapolo    Appollinis   Acliaci   Plùleìitone  Pioìiweinone 

auleni    Ji^etasocho  JYìcice  F.  Aljsio  sYmpromnemQnihus  aut^in   iV<»«- 

siniacho    Aristoclis  F.  Astacio ,   Philoxeno  Beracli  - 

ti  F.    Plioeiiane  ;  Ab   actis    autem    Senatui   Prceto    Dio- 

pithìts    F.  Matropolita  ;  Curopi  .   .   .   PlacuU  Senaiui  et 

Communi  Acarnananensium  Hospites  esse  et 

Benefactores  Communis  Acarnancnsium    secundum 

legem    Agasiam  Olympionis  F.   Patrenscm  P- 

ubliiim  LiiQLum  ,    PP.  FF.  Acilios  Romanos  , 

et  esse  ipsis  posterisque  in  Acavnania  securita- 

teni  et  ipsis    et    rebus  ipsorum  ,  terra  atque 

mari  ,  et  in  bello  et  in  pace  ,  et  soli  et 

donucdii   possessionem  ,  et  ccetera  honorijìca  atque  commoda 

omnia  qucecumqiie  ,  et  aliis  hospitibus  ,    et 

benefactoribus  communis  Acamanensium 

contiiigiint  . 


62  Letteratura 

Giuslamonte  il  Boissonade  osserva  essere  questo  l' unico 
decreto,  che  degli  Acarnani  fiaora  si  conosca;  €  coli' autorità 
di  due  iscrizioni  Sicule  crede  ,  che  il  nome  di  Hierapolos 
fosse  il  titolo  distintivo  del  Sacerdote  di  Apollo  Aziaco ,  co- 
me si  trova  quello  di  Hìerothytas  in  due  decreti  degli  Agri- 
gentini ,  e  de'  Melilesi .  Osserva  inoltre ,  che  il  rot ,  che  nella 
prima  linea  si  legge  debba  essere  un  errore  ,  o  del  quadra- 
lario  ,  o  dal  trascrittore  invece  di  THi  ;  e  che  1'  espressione  . 
E:t/  l'ifcLToXovrw  ATroXT^avt  ec.  equivalga  a  quella  Etti  l'i' 
pATToXov  rou  AttoXXuVOì  ,  come  piiì  sotto  J'pet/xjttatTSOS  «Ts  ra 
0ov<f'a,  ,  si  legge  invece  di  j/ps/i/xaTÉO?  ifi  t«?  /6ot;>«?,  o  Aa; 
JsovXxc  ;  e  che  questa  era  una  formola  per  gli  Acarnani  come 
quella  i?n  Ap^ovro^  per  gli  Ateniesi.  Confessa  ignorare  l'of- 
ficio dì  Promnemone  ,  che  dopo  si  legge  ,  e  congettura  che 
invece  di  Ayvrapo^^ov  debba  leggersi  a>«Ta^o;to/  ;  forse  però 
nel  marmo  dice  etyfiTctpxov  ,  ed  il  nome  fu  male  trascritto  . 
Mostra  quindi  che  AXv^siov  ed  A(rTa.nou  derivano  dai  nomi 
di  due  città  dell'  Acarnania  nomate  da  Stefano  A^i/^</a 
ed  ^(rra,KO(;  ,  e  che  invece  di  Actokov  si  debba  leggere  Ar, 
TctKtcv  nome  del  popolo  di  Ao-ra^o?  •  e  quindi  a  maggior 
dilucidazione  della  scienza  epigrafica  riporta  parecchie  iscri- 
zioni ,  e  fa  una  breve  digressione  sopra  queste  inscrizioni 
stesse  .  Anche  il  nome  <l>o/T/avo?  genitivo  dì  ^otrta.ì'  e  gen- 
tile di  ^oiTiat  città  dell'  Acarnania  citata  pure  da  Stefano  , 
come  MaTpo:roA<T«;  di  MurpoTroT^t^  anche  essa  città  Acarnana 
citata  dallo  stesso  autore  .  Anzi  circa  't'onia.voi;  nota  ,  che 
Stefano  cita  come  epiteli  gentili  di  ^onia  ,  to/T/eu? ,  e  $o/- 
T/o?,  onde  vi  si  dee  aggiungere  secondo  questa  iscrizione 
anche  la  forma  *o/T/oty  ,  Suppone,  che  KovpoTrov  sia  il  no- 
me di  un  mese  degli  Acarnani  j  e  che  fra  TroupoTrov  ,  e  la 
seguente  lettera  a  vi  sia  una  laguna.  Si  trattiene  a  ragiona- 
re sulla   TOCP  Trpo^ivovi  ,  che  egli  ha  tradotto  hospifes  ,  pa- 


L.  HoLSTENii  Epistola  63 

rola  latina  ,  che  sembra  propriamente  alla  greca  voce  cor- 
rispondere ,e  che  piuttosto  dovrebbe  latinizzarsi  Proxenus . 
E  molto  si  esstende  ,  onde  provare  non  EKTI21N  doversi  leg- 
gere come  nel  marmo  pare,  ma  EIKTASIN  siccome  egli  ha 
tradotto  ;  e  gli  esempj ,  che  adduce  specialmente  di  tre  iscri- 
zioni  GorciresI   sono  superiori  a  qualunque  difficoltà  . 


Ballate  inedite  di  Fianco  Sacchetti  tratte  dal  Codice 
praticano  che  fu   dell'  Orsino  . 


Q 


Ballata  i'. 
Della   cradeltà   della  sua   fanciulla 

uasta  che  il  cor  m' accende 

Col  cor  mi  fugge  ,  e  cogli  occhi  mi  prende 


Vaga  della  mia  pena 

Ognor  si  fa  ,  perchè  con  dolce  sguardo 

Al  suo  disir  mi  mena , 

Mostrando  darmi  quel  che  sempre  è  tardo 

Sì  mi  consumo  «d  ardo 

Seguendo  chi  mi  guida ,  e  chi  m'  oOende . 


64  Letteratura' 

Ballata  2*. 
Degli  occhi  e  del  volto  della  fanciulla. 

V><hi  vide  più   bel   nero 
Di  questo  nero  mai  ? 
Qual  più  di  questo  bianco  è  bianco  assai  ? 

Intelletto  non   è  che  comprendesse 
Qual  è  nel  suo  colore 
Bianco  ,    vermiglio   e  biondo  ; 
Né  mi   credo  che  alcun  giammai  vedesse 
Rosa  ,  viola  ,  o  fiore 
Si  colorito  al  mondo  , 
Quanto  il    viso  giocondo  , 
O  Amor  ,  che  aipint'  hai 
D'  intorno   agli   occhi,  dove  preso  tu'  hai  i 


l. 


l   //..  /.^ri„^,a^J. 


fi.'.-ó.f 


/" 


65 


Lanci  Michel'  Angelo  .    Lettera  sul  Cufico  Sepolcrale  Mo- 
numento portato  d'' Egitto  in  Roma.  Bontà  Bourlie  1819. 


D. 


'alle  sponde  del  Nilo  giunsero  non  ha  guari  sul  Tevere  più 
monumenti  Egiziani  .  Vi  riconobhe  il  eh.  A.  un  sasso  con 
Epitaffio  Cufico  ,  e  lieto  che  in  Tloma  la  sorte  abbia  comin- 
ciato a  condurre  qualche  Lapide  Sepolcrale  con  prische  epi- 
grafi Maomettane  ,  ne  ha  publicato  1'  illustrazione  in  forma 
di  Lettera  al  eh.  Sig.  Ab.  Reinaud  socio  de'  Biografi  di  Parigi  . 
Riduce  in  primo  luogo  1'  A.  ai  moderni  elementi  le  for- 
me del  carattere  scolpito  sulla  pietra  .  Neil'  annessa  Tavola  si 
ha  l'incisione  eseguita  sul  uisej^no  ,  che  volle  formarne  da  se 
stesso  con  singolare  diligenza  .  Quindi  presenta  la  corrispon- 
dente significazione  in  Italiana  favella,  e  1'  Epitaffio  divide  In 
cinque  parti  ,  che  ordine  di  materia  eXi  sono  nel  descrivere  i 
concetti  ,  ed  esaminar  le  voci,  che  di  schiarimento  abbisogn^ino . 
ce  1.  In  Nome  del  misericordiosissimo  Iddio  , 
ce  2.  Di  :  v'  ha  Dio  solo,  Dio  eterno ,  che  non  generò  ,  e  noa 
«  fu  generato  ,  né  pari  a  Lui  fu    alcuno  . 

ce  3.  O  Dio  ,  sii  tu  propizio  a  Maometto  il  Profeta,  e  al- 
ce la   sua  famiglia  . 

ce  4.  Abbi  misericordia  del  Servo  ,  bisognoso  di  tua  corn- 
ee miserazione  ,  Chalaf  ,  figlio  di  Hossein  ,  figlio  di  Abramo  , 
ce  figlio  di  Ahraed  ,    cognominato  Rum  . 

ce  5.  Morì  nella  fèria  quarta  de'  sette  ondati  del  mese  Sec- 
ce \al  ,  dcjl'  Anno  quattrocento  cinquantaquattro  . 

Comincia  l'Epitaffio  dall'  invocar  il  nome  di  Dio,  con  quel- 
la forma  d'Invocazione  ,  che  gli  Arabi  credono  rivelata  a  Mao- 
metto ;  ne  sono  essi  cosi  superstiziosi ,  che  comincian  da  quella 
ogni  preghiera  ,  le  Coraniche  Sure ,  e  le  Sepolcrali  Iscrizioni  . 
Dopo  l' Invocaziono  siegue  nella  seconda  parte  il  premito 
di  celebrare  l'  unità  di  Dio  ,  che  il  Pseudo-Profeta  lasciò  al 
Capo  Coranico  102.  per  torre  di  sua  Legge  contr»  i  Cattolici 
G.  A.  To.  IV.  5 


66  Letteratura 

il  ^listerò  della  Divina  Trinila  .  Furono  vaghi  gli  Arabi  di 
aver  sott' occlij  questa  Sura  rEppresentata  con  belli  ornamenti 
di  scrittura  :  e  ciò  vien  confermato  dall'  A.  colla  figura  deli- 
neata dall'  interna  parte  d'una  Tavoletta ,  che  ricopriva  un  Co- 
Iranico  manoscritto  nella  Biblioteca  del  Collegio  Urbano  ,  in 
cui  per  circolo  hanno  espressa  1'  unità  ,  ed  eternità  di  Lio  . 
Dichiara  però  s.iggiaraente  1'  A.  ,  che  soltanto  per  ispiegare 
le  parole  dell'arabo  monumento  riportasi  1' ereticale  proposi- 
zione ,  che  D  io  non  generò  ,  e  non  fu  generato  .  La  falsi- 
tà se  ne  conosce  incontanente  da  ogni  Cattolico  ,  clii  la  Fe- 
de insegna  ,  che  Iddio  Padre  intendendo  genera,  e  che  il  Ver- 
bo è    1'  Unigenito  . 

Nella  nostra  Iscil/.ione  ,  come  in  qualche  altra  ,  non  si 
legge  alcuna  delle  morali  sentenze  ,  che  si  trovano  scolpite 
utilla  maggior   parte  di   simili  pietre  sepolcrali  . 

Ravvisa  1'  A.  nella  terza  parte  il  costume  degl'  Arabi  di 
scongiurare  devotamente  il  Nume  a  versare  i  suoi  doni  sopra 
Maometto  ,  e  la  sua  Famiglia  per  accendere  sempre  piìi  il  Pro- 
feta a  soccorrere  con  influssi  benigni  1'  infermità  de'  Moslemi  : 
e  tanto  pili  pregevole  stimasi  dall'  A.  il  nostro  monumento  , 
in  quanto  che  T  invocazione  ,  che  in  altri  somiglianti  Epi- 
tafil  si  scorge  espressa  in  modo  oltalivo  ,  in  questo  si  rico- 
conosce  in  modo  imperativo  ,  che  possiamo  arguire  dall'enfa- 
tico   Allahomina  ,   che    precede  il  verbo  . 

In  quarto  luogo  si  chiedo  noli'  Iscrizione  la  divina  mi- 
sericordia pel  defonto  con  una  formola  non  comniune  negl' 
altri  conosciuti  Epitaffi;  e  quindi  si  esprimono  i  nomi  del 
defonto,  i  quali  possono  commodamente  distinguersi  in  preno- 
me ,  nofne  ,  generazioni ,  e  cognome  .  Sul  prenome  di  Servo  , 
che  ncU'  Epitaffio  venne  dato  al  defonto,  l'  A.  con  filologiche 
osservazioni  rischiara  l'  ommisione  dell'  articolo  il  ,  e  del  pre- 
nome tuo  ,  che  sembrano  richiesti  dalla  regolare  arabesca  co- 
struzione .  Il  nome  proprio  del  defonto  fu  Chalaf ,  che  si 
legge  anche  in  altra  epigrafe  Cufica  di  Verona  ,  la  quale  dal 
eh.  Professor  Padovano  Sig.  Ab.  Simone  Asseruaaui  fu   cor- 


IscRiz.  Cufica  Illustrata  6j 

retta  dagli  errori  del  primo  Interpetre  :  Osserva  qui  l' Auto- 
re, che  sebbene  il  nome  di  dialifa  derivante  dalla  stessa  ra- 
dice fosse  proprio  de' successori  legittind  di  Maometto  ,  po- 
tevano tuttavia  gì'  Individui  appellarsi  Chataf  sl  dinotare  sem- 
plicemente la  successione  paterna .  Secondo  1'  uso  de'  Popoli 
antichi  è  designata  la  Famiglia  del  defonto  colle  generazioni 
ascendentali  ,  poiché  presso  gli  Arabi  i  cognomi  furono  intro- 
dotti nelle  Pistole  da  Fadlil  Ben-sahel  nel  cominciare  del 
Secolo  nono  .  Si  conosce  pertanto  dalla  noia  delle  genera- 
zioni ,  che  Chalaf  era  figlio  di  Hossein  ,  Kipote  di  àbra- 
mo ,  e  pronipote  di  Ahnied  .  Illustre  era  il  nome  del  Geni- 
tore Hossein,  perchè  così  venne  appellato  il  secondogenito  di 
^lì,  che  fu  il  terzo  fra  li  dodici.  Imami,  ne'  quali  por  tradi- 
zione Maomettana  passò  ia  retaggio  la  cognizione  dalle  divi- 
ne cose  e  il  dono  della  Profezia  .  L'  omissione  del  nome  dì 
Ali  ,  che  s'  incontra  di  frequente  nelle  Iscrizioni  arabesche 
della  Setta  Sciita  ,  farebbe  sospettare  ,  che  il  defonto  appar- 
tenesse alla  Setta  Sunnita,  che  riconosce  anche  in  Abuhecher, 
Omar  ,  ed  Otmanno  ì  diritti  di  successione  al  Profeta  .  Non- 
dimeno 1'  A.  inclina  a  riconoscere  e  Padre  ,  e  figlio  della  me- 
desima Setta  Sciita  dal  nome  paterno  di  Hossein  usato  fra, 
li  discendeuti  ,  e    seguaci  di  Ali  . 

Molte  cose  quindi  eruditamente  discorre  sul  cognome 
di  Rum,  che  nell'Epitaffio  al  defonto  si  assegna 5  e  propone 
la  congettura  ,  che  disceso  forse  Chalaf  nell'Egitto  da  famo^ 
sa  Città  di  Roméa  (che  presso  gli  Arabi  sembra  significas- 
se il  Turchesco  Impero  in  Europa,  ed  Asia  Minore)  venis- 
se additato  per  la  voce  Rum  quasi  a  leggiera  beffa  degli 
encomj  del  suolo  nativo,  troppo  sovente  ripetuti  dal  defon- 
to ,  e    spiacevoli    perciò  agli  Egizj  ,   che    l'ascoltavano. 

Roca  in  confern^a  della  sua  opinione  anche  l'  epoca 
della  morte  di  Ciialaf  segnata  nella  quinta  ,  ed  ultima  parte 
col  giorno  ,  mese  ,  ed  anno  .  Facendo  1'  esatto  rapporto  fra 
1'  Era   Cristiana ,  e  quella  de    Musulmani  ,  che   in    Arabesco 

5* 


68  Letteratura 

parlare  Hegira    si  appella  ,  e  che    al    parere  più    sano    ebbe 
principio  li   16.  Luglio  del  622.  ,  ne  inferisce  l'A.  che  il  quar- 
to giorno  della  Setti raana  ,  e  settimo  del  mese  Scerai  ,  deci- 
mo fra  loro  dell'  Anno  454'  j  corri"sponde  ])recisamente  alli  i^. 
Ottobre  dell'Anno  162.  di  nostra  salute  .Or  siccome  quell'Anno 
fu    il    ventesimo  settimo  della  lunga  e  pacifica  dominazione  di 
Mostanser  Billàh  ,  al  di  cui   tempo  era  stata  già  occupata  la 
Romea  da'  nuovi  Dinasti  Selgiuki  ,  forse   fu    questa  1'  occasio- 
ne ,  che  portò  GIxalaf  dalle  sue  sconvolte   provincie  al  tran- 
quillo Egitto  ,    in  cui    col  favor  del    commercio  concorreva- 
no   gli   Stranieri  .   Del    resto  dichiara  1'  A.  ,  che  nulla  di  più. 
si    può  dire    intorno    Chalaf ,    di    cui  s'ignora  la    storia    pel 
silenzio    de'  Scrittori  :  come    sono  egualmente  ignoti  coloro  , 
de'  quali  ne*  più    antichi  marmi  di    Pozzuolo  appena  il    nome 
ci   rimase  .    A  questo  passo  1'  A.    inserisce  P  emendazione  de' 
nomi  incisi  in  que'  sassi  ,  che  finora  furono    letti    scorretta- 
mente ,  ed  in  proposito  del  terzo  ,  ov'  è  il   nome  di  Zainab 
(Zenobia)  moglie  famosa  di  ZeiS  figlio  adottivo  di  Maometto , 
aggiunge  una  dotta  ,  e  nuovissima  scoperta  sulla  differenza  fra 
la  formola  :  questo  e  il  Sepolcro,  che  si  legge  nelle  virili  Iscri- 
zioni ,  e  la  diversa  frase  qui  seppellimmo ,  che  si  vede  usata 
nella  muliebre.  Sembra  dunque  airA.,ohe  siccome  tra 'Maomet- 
tani non  godono  le  donne  di   quel  dominio  ,  di  che  si  vanlan 
fra  noi  ,  disconvenisse  alla  loro  soggezione  V  assoluto  linguag- 
gio ,  che  per  gli  Uomini  si  adoperava  ,  e  volessero  per  ciò  , 
che  con  altra  forma  si  ravvisasse  ,   che  non    già    per  proprio 
diritto  ,  ma  per    officio    soltanto  ,  e  liberalità    dell'  Uomo  ot- 
tennero lonore  del  parlante  sepolcro.  E  spingendo  più  oltre  l'A. 
le  sue  ricerche  scuopre  le  traccie  di  questa  distinzione  anche 
ne'  remotissimi    tenq)i  de'  Fenicj  ;  poiché  nelle  virili  tombe  il 
nome  de'  trapassati  si  legge  senza  menzione  di  chi  là  entro  li 
chiuse  ,  come  in  quello    già    ritrovato  a  Malta  ,  laddove  por 
lo  contrario  sulla    Tomba  della  Figlia  di  Taami  in  Cipro  sco- 


iscRiz.  Cufica  Illustrata  6g 

perla  ,  si    vede  in  primo   luogo  il    nome  di  Abed-Osir  ,  dia 
gli  eresse  il  mouumenlo  . 

Ci  rincresce  di  non  poter  nella  ristrettezza  di  un'  artì- 
colo seguire  1'  A.  in  tutte  1'  erudite  disquisizioni  sul  modo  dì 
computare  gli  Anni  dell'Egira,  ed  i  giorni  del  taese ,  e  sul- 
la Storia  ,  e  variazioni  de'  caratteri  Arabeschi  .  Non  possiamo 
però  tacere  ,  che  egli  ci  adombra  fin  da  ora  quel  sistema  , 
che  suU'  arabe  forme  di  scrivere  ha  ritrovato  dopo  lunghi 
paleografici  Studj  ,  e  che  si  propone  di  svolgere  in  più  di- 
steso lavoro:  AtFerma  dunque,  che  ce  dapprima  si  scrisse 
ce  V  Hornireno  in  distaccate  Lettere  ,  che  unite  Marcir iche 
ce  divennero,  h\à\  Cajiche ,  le  quali  divise  in  Cannaliche  e 
3i  Moclesi  sparse  per  la  Nazione  ad  uso  famigliare  e  cor- 
w  rente,  per  maestà  ed  ornamento  le-  Tanuiree  s' introdas- 
3>  sero  ,  che  annodate  quindi  per  intrecci  e  nessi  furono  Alo- 
33  hasscie  e  Tograne  propriamente  appellate  33  Piiferiice  poi 
il  carattere  della  nostra  Iscrizione  al  Cufico  Tamureo  ,  di- 
cendolo Cufico  ,  perchè  ha  in  se  la  qualità  delle  Cufiche 
Lettere  ,  e  Tamuieo  ,  perchè  non  sono  semplici ,  ma  vagamen- 
te adornate  ,  derivando  la  denominazione  dal  Tamiir  d<egli 
Arabi  ,  che  vale  un  genere  di  Lettere  per  sovrapposti  ,  ó 
sottopposti  tratti  nobilitate.  Per  quanto  siano  celebri  e  la  se- 
conda epigrafe  di  Pozzuolo ,  e  T  Epitaffio  di  S.  Fernando, 
e  1'  Iscrizione  del  Pallio  di  Norimberga  ,  ed  alcuni  Marmi 
Siciliani  ,  nondimeno  TA.  francamente  asserisce,  che  questa 
per  l'uniformità  del  carattere,  perla  conservazione  delle  for- 
me originarie  ,  e  per  la  bellezza  degli  ornamenti  non  la  ce- 
de a  verun'  altra  ,  sebbene  scolpita  si  vegga  in  semplice 
pietra  arenaria  ,  e  di  piccola  dimensione  . 

Assai  prezioso  stima  questo  monumento  ,  poiché  all'  in- 
fnorl  di  quel  di  Messina  ,  il  quale  però  non  porta  ornamea- 
tì ,  e  del  primo  di  Pozzuolo  ,  che  di  pochissimi  anni  lo  av- 
vantaggia, tutti  gli  altri  supera  in  antichità;  degno  perciò  lo 
dichiara  di  un  posto  distinto  nel  Museo  Vaticano . 
Pietro  Avv.  Ruga  . 


70 


SCIENZE 


Alcuni    rtuovi  dettagli  sopra -la   Cometa    del   1819.   (   An- 
nui,  de    Chiin.   et  Plijs.  luillet   1819.) 


N. 


el  precedente  Quaderno  abbiamo  già  inserito  un  articolo 
sopra  questa  cometa  .  Il  Sig.  Bouvard  ci  ha  poscia  indiriz- 
zata la  seguente  lettera  ove  il  Lettore  troverà  le  importan- 
ti rettificazioni  ,  clie  conviene  fare  ai  primi  risultamenti  ot- 
tenuti del  lod.  Astronomo  . 

«  La  cometa  situata  nella  costellazione  della  Lince,  che 
si  è  mostrata  all'  improvviso  ne'  primi  giorni  di  Luglio  ,  è 
presentemente  troppo  dalla  terra  lontana  per  essere  visibile 
ad    occhio  nudo  . 

ce  II  tempo  essendo  statOj  abbastanza  sereno  durante 
il  passato  mese  ,  gli  astronomi  bau  fatto  im  grandissimo 
numero  di  osservazi  oni  sopra  quest'  astro  ,  in  modo  da  po- 
ter determinare  con  molta  esattezza  i  di  lei  parabolici  ele- 
menti j  quelli  che  ora  io  publico  sono  fondati  sopra  le  os- 
servazioni fatte  dal  luglio  sino  al  i.**  di  questo  mese  ;  ecco 
questi  elementi  . 

«  Istante  del  passaggio  della  cometa  al  suo  perielio  : 
il  28.  giugno,  a  5  ore  ij  minuti,  tempo  medio,  contato 
dalla  mezza   notte 

«   Distanza  periclia  ,    presa  essendo    Irt  distanza  della  ter- 
ra al  sole  per  unità  o,  34007 
ce  Longitudine  del  nodo  ascendente               ayi"  4^'  ^4"^ 
<c  Longitudine  del  perielio                                  287       4    ^^ 
te  Inclinazione  dell'orbita                                  80       45      o  j 
«  Movimento  eliocentrico  diretto 


Della  CoiftETA  del    vSig.  71 

«  Cotesti  elemeati  rappresentano  le  osservazioni  con 
bastevole  esattezza^  i  più  grandi  errori  in  longitudine  non 
vanno  oltre  i  26''  ,  e  sono  al  disotto  i  5o"  per  la  lati- 
tudine .  Questi  elementi  medesimi  probabilmente  saranno 
perfezionali  coU'ajuto  di  altre  osservazioni  ,  che  si  fanno  an- 
cora innanzi  la  totale  disparizione  della  cometa  ;  ma  egli  è 
probabile  che  non  si  possa  determinare  né  la  sua  ellissi ,  né 
per  conseguenza  annunziare  il  suo  ritorno .  Sin  da  questo 
momento  si  può  affermare  che  quest'  astro  non  rassomiglia 
ad  alcuna  delle  comete  anticamente  osservate  :  era  dunque 
impossibile    predire  ,  la  sua  apparizione . 

«  Risulta  da  precedenti  elementi  che  nel  momento  del 
passaggio  della  cometa  al  perielio  ,  il  aS  giugno  ,  la  sua  di- 
stanza dal  sole  era  di  circa  12  miglioni  di  leghe.  Il  3  ago- 
sto questa  distanza  era  presso  a  poco  eguale  a  34  |miglioni 
di  leghe.  Finalmente  il  3  luglio,  quando  la  cometa  è  sta- 
ta per  la  prima  volta  osservata  a  Parigi  ,  ella  era  lontana 
dalla    terra  di   circa  28  miglioni  di  leghe  . 

ce  Ne'  primi  giorni  del  passato  luglio  io  avea  calcolato 
in  fretta  gli  elementi  dell'orbita  di  questa  cometa  j  ma  ta- 
li elementi  erano  allora  fondati  sopra  osservazioni  tra  loro 
vicinissime;  deggio  anche  aggi ugnere  che  erano  scorsi  de' gra- 
vi errori  nella  riduzione  di  una  delle  ascensioni  rette ,  non 
che  mancava  un  segno  in  una  delle  equazioni  fondamentali, 
e  per  conseguenza  le  mie  prime  risultanze  ,  che  sono  state 
pubblicate  ne'  giornali ,  ed  altre  periodiche  raccolte  ,  sono  as- 
solutamente erron,ee ,  e  degglono  essere  considerate  siccome 
non   avute  . 

Dall'Osservatorio  reale   il  6  Agosto   i8ig. 


7^ 

rtlMI'l'UBgìqg.»  VdlfM  UMTBT 

Della  morbosa  chiusura  dell'  orijlcio  dell'  utero  nella  oc- 
casione di  parto  imminente  ,  e  di  un  metodo  assai  faci- 
le e  sicuro  per  rimediarvi  .  Memoria  del  Signor  Conte 
P.  Moscati  presentata  alla  Società  Italiana  delle  scienst . 

J\.  ccade  ,  sebLen  di  rado  ,  che  gli  sforzi  della  natura  ten- 
denti ad  escludere  il  feto  dalla  cavità  dell'  utero  riescano 
vani  per  essere  1'  orifìzio  di  questo  viscere  o  totalmente,  o 
in  gran  parte  chiuso  .  Così  quando  1'  utero  per  la  debo- 
le resistenza  de'  muscoli  addominali  si  piega  verso  la  parte 
anteriore,  il  di  lui  collo  ,e  orifizio  si  dirigono  verso  1'  os- 
so sacro  ,  e  si  nascondono  non  solo  alla  mano  dell'  ostetri- 
canle,  m;i  impediscono  ancora  1'  uscita  al  feto  .  In  questa 
pericolosa  circostanza  ,  quando  inutilmente  siasi  tentato  di 
riportare  1'  utero  alla  naturale  situazione  ,  si  è  fatto  un  ta- 
glio nel  di  lui  corpo  sopra  la  parte  più  prominente  in  cor- 
rispondenza al  capo  del  feto,  e  talvolta  questa  operazione  è 
riuscita  salutare  ,  talaltra  ha.  avuto  un  esito  iufeiice  perchè 
seguita  dalla  infiammazione.  Chiuso  poi  in  gran  parte  trova- 
si r  orifizio  dell'  utero,  quando  in  un  parto  antecedente  sia 
stato  da  un  qualche  stromento  maltrattalo,  lacerato,  ed  fìb- 
bia in  cansegnenza  contratta  una  cicatrice  ,  che  ne  ha  ris- 
tretto notabilmente  il  diametro  ,  e  rese  le  fibre  assai  meno 
cedevoli  alla  distensione.  Rimane  in  (juesto  secondo  caso  un 
forellino  ,  il  quale  nel  tempo  che  permette  1'  ingresso  alla 
parte  più  tenue  dell'  umor  prolifico  necessaria  alla  feconda- 
zione del  germe  j  non  permette  poi  al  feto  maturo  di  lil)c- 
rarsi  dal  carcere  senza  l'opportuno  ,  e  pronto  soccorso  dell' 
arte.  V'ha  chi  ha  voluto  rimediare  a  questo  difetto  taglian- 
do r  orifizio  dell'  utero  trasversalmente  con  apposita  cesoja; 
ma  cotesta  operazione  ,  che  1'  A.  ha  veduto  eseguila  dal  suo 
Padre  ,  e  Maestro  ,  porta  seco  1'    inevitabile  sconcerto    dell' 


Chiusura  di  Utero  73 

ingrandimento  ,  e  lacerazione  somma  della  ferita    nel  tempo 
del  passaggio  del  feto    attraverso  1'  orifizio  .     Cotanto  irrita- 
mento poi  in   un   Afiscere  già    per  altre  cagioni  irritalo  suole 
addurre  la  morte  ,  siccome  avvenne  nel  caso    ,  cui  abbiamo 
detto  essere   stato  1'  A.   presente  .     Per  lo  che  Egli  ha  pen- 
sato servirsi    di  un  metodo  più    sicuro   ,  per  il  quale  men- 
tre si  recidono  le  fibre    in    tutta  la  circonferenza  del  piccolo 
foro  ,  si  procura  a  questo    una  dilatazione  uniforme  sotto  §1' 
impulsi  della  testa    del  feto  .   Siffatto  metodo  non  può  dirsi 
assolutamente  nuovo  ^  poiché  è  stato  accennato  dal  cel.  Saba- 
tier  nel  suo  trattato  de  la  Mecleciiie  operatoire  ,  ma  in  un 
modo    imperfetto  ,    ed  insufficiente    a  regolare  1'  operatore    . 
Consiste    adunque  nell'  introdurre  nel     forellino  un  bistouri 
nascosto ,  lungo  dai  cinque  ai  sei  pollici  ,  al  quanto  curvato 
in  arco ,  dirigendolo  col   dito  sin  dentro  il  collo  dell'  utero  . 
Giunto  sin  qui  lo  stromento , . si  apre  ,  e  si   fa  con  esso  una 
piccola   incisione  longitudinale  delle  fibre  dell'  orifizio  inco- 
minciando dalla  parte  sinistra  ;  poscia    girando  lo  stromento 
verso  la  destra  in     vicinanza  della  prima  5Ì  fa  una    seconda 
eguale  incisione ,     e  cosi  successivamente  si  va  facendo  del- 
le altre  sinché  lo  stromento  si  è  riportalo  al  punto  ,  d'  on- 
de è  partito  .   In  siffatto    modo     operando  si    comprende    dì 
leggieri  che  lolla  la  resistenza  della  cicatrice  ,  e   disciolte  le 
fibre  dell'  orifizio  ,  possono  queste  distendersi  ,  può  ampliar- 
si 1'  orifìzio  stesso  uniformemente ,  senza  che  avvenga  alcu- 
na lacerazione  maggiore  delle    altre   .   Kè    le     incisioni    son» 
accompagnate  da  forte  dolore  ,  si  perchè  non  deggiono  esse- 
re molto  profonde  ,   si  perchè   ancora  deggiono    essere    fati;© 
nel  momento ,  in  cui  piìi  gagliardi  sono  i  dolori  del  parto  , 
e    nel  qnal  momento  la  partoriente    poco  o    nulla    sente    le 
impressioni  di  altre  minori  potenze    .  L'    A.    ha    fatto    una 
prova  felicissima  del  suo  metodo  in  una  giovane  di  25.  anni^ 
nella  quale  1'  orifizio  uterino  era  ristretto  a  segno    da   ana- 


74  Scienze 

mettere  soltanto  uno  specillo  ,  appunto  per  essere  stato  ìa 
un  parto  antecedente  lacerato  da  alcuni  stromenti  .  Erano 
già  decorse  48.  ore  d' inutile  travaglio  al  parlo  ,  quando  1'  A. 
intraprendendo  1'  operazione  nel  modo  descritto  poc'  anzi, 
con  dodici  Incisioni  dispose  l' orifizio  ad  aprirsi  al  feto  sot- 
to i  violenti  sforzi  della  natura  .  Compiuto  felicemente  il 
parto  ,  non  apparve  alcun  sintomo  imponente  ,  non  dolore  , 
non  emorragia,  non  febbre  consecutiva  dell'  operazione  ec. 
laonde  bastarono  semplici  lavature  con  acqua  di  malva  per 
allontanare  gli  effetti  della  irritazione  .  Si  ebbe  eziandio  l'av- 
vertenza di  tenere  per  lo  spazio  di  otto  giorni  entro  1' 
oriGzic  una  candela  di  cera  molle  ,  e  di  accrescere  ogni 
giorno  il  diametro  di  essa  per  impedire  un  novello  ristringi- 
mento: ciò  nulla  ostante  non  potò  impedirsi  che  le  piccole 
cicatrici  non  formassero  attorno  1'  orifizio  un  cerchio  duro  , 
insuperabile  in  altro  parto  dalla  testa  del  feto.  Difatto  dopo 
undici  mesi  essendo  la  giovane  divenuta  gravida  di  nuovo  , 
al  primo  indizio  del  parto  imminente  si  recò  all' ospitale ,  e 
dovette  assoggettarsi  alla  stessa  operazione ,  la  quale  in  assen- 
za dell'  A.  fu  eseguita  dall'  esimio  Chirurgo  il  Signor  Pal- 
letta .  Le  incisioni  però  furono  meno  profonde  ,  poiché  1' 
orifizio  era  in  uno  stato  di  dilatazione  assai  maggiore  della 
prima  volta  j  e  non  trascurata  là  medesima  avvertenza  della 
introduzione  della  candela  ,  potè  ottenersi  che  1'  orifizio  re- 
stasse tanto  dilatato  ,  e  cedevole  ,  quanto  presso  a  poco  suo- 
le essere  nello  stato  naturale .  E  che  vi  fosse  restato  lo  con- 
fermò il  terzo  parto  ,  per  il  qHale  la  giovane  non  ebbe  af- 
fatto bisogno  del  soccorso  dell'  arte  .  Noi  invitiamo  i  nostri 
bravi  Ostetricanti  a  fare  esperimento  di  questo  metodo  ,  che 
ci  sembra  avere  tutto  il  pregio  per  essere  adottato  ;  e  gì'  in- 
vitiamo in  un'  epoca ,  in  cui  più  facile  debb'  essere  1'  occa- 
sione d'  incontrare  il  sopra  accennato  difetto  nelle  partorien- 
ti j  dappoithè  disponendo  l' imcaortale  Pio  VII.  «ella  somma 


Chiusura  Di  Utero  75 

sua  saviezza,  e"per  le  insinuazioni  dell'  illustre  syio  Archiatro 
che  in  eiascun  Rione  dalla  Città  presieda  a  casi  difficili  di  Oste- 
tricia uno  degli  Ostrelicanti  detti  Regionavj  ,  mentre  ha 
aperto  loro  un  campo  vastissimo  all'  eserci::io  pratico  ,  ha 
tolto  insieme  da  mani  imperite  la  vita  delle  madri  ,  e  de 
nascenti  cittadini  ,  e  1' ha  affidata  in  quelle  de^li  emuli  degli 
Angelucci  ,  de'  Savetti  ,  e  degli  Asdrubali(i) 


Lettera  al  Signoi'  Gaj-Lussac  sopra  un  nuovo  Alcali  ve- 
getale scoperto  da  Sigg.  Lasseigne  ,  eFeneulleC  Jnnal. 
de  Chim.  et  Phjs.    Juin.  iSi^.  ■ 

L><  i  affrettiamo  a  comunicarvi  una  notizia  sopra  la  sta- 
fisagria,  Delphinium  staphjsagria  ài  Unneo  ,  che  vi  pre- 
ghiamo inserire  nel  prossimo  quaderno  degli  Annali  di  Chi- 
mica . 

Occupandoci  dell'  analisi  della  semenza  di  questa  pian- 
ta siamo  giunti  ad  estrarne  una  materia  bianca  ,  cristal- 
lina,  di  un  sapore  eccessivamente  acre  ,  accompagnato  m 
prindpio  da  un  poco  di  amarezza  :  questa  sostanza  gode 
delle  proprietà  alcaline  5  essa  cangia  in  verde  il  siroppo  di 
viole,  ritorna  al  bleu  la  tintura  di  tornasole  fatta  rossa  da 
un  acido  i  si  diporta  cogli  acidi  in  un  modo  analogo  a 
quello  della  morGna  ,  strychnina  ,  e  picrotoxina  ,  al  Iato 
delle    quali  dobb'  esser  collocata  .   Le  principali    proprietà 

(0  Contribuirà  anche  molto  ai  progressi,d«ir  Ostetricia  in  co- 
testa  Città  queir  altra  utilissima  disposizione,  che  i  Sig.  Ostetncanr 
ti  Regionari  stendano  le  istorie  de'  casi  ^iù  rimarchevoli ,  che  loro 
si  presentano  nel  corso  dcir  anno,  e  che  un  Compilatore  a  (»6 
destinato  raccogliendole  e  ordinandoIe-4e  renda  annualmepte  di 
«ornane  ragione  (L'Estens.  G.F.  ) 


^6  Scienze 

che  aino  al  presente  noi  abbiamo  ravvisate  in  cotesta  sostan- 
za ottenuta  nella  maggior  possibile  purezza  ,  sono  le  seguen- 
ti :  è  una  polvere  bianca  ,  finissima  ,  senza  odore  ,  la  quale 
veduta  dirimpetto  al  sole  sembra  brillante  ;  gittata  sopra 
i  carboni  ardenti  si  fonde  ,  e  brucia  senza  residuo  ,  spar- 
gendo un  fumo  bianco  ,  denso,  e  di  un  particolare  odore  . 
E' poco  solubile  nell'  acqua:  V  alcoole  ,  el'  etere  solforico 
la  sciolgono  con  facilità  . 

Forma  con  gli  acidi  solforico,  nitrico  ,  idroclorico  ,  e 
acetico  de' sali  ,  che  sono  solubilissimi  ;  è  di  un  sapore  es- 
tremamente amaro  ed  acre  j  la  potassa,  la  soda,  l'ammonia- 
ca precipitano  questa  nuova  sostanza  sotto  forma  di  fioc- 
chi,  che  raccolta  sopra  un  filtro  offre  1' aspetto  dell'  allu- 
mina gelatinosa   . 

Questo  corpo  alcalino,  dietro  i  nostri  esperimenti  ,  esi- 
ste nella  semenza  della  stafisagrla  combinato  coli'  acido 
malico  ,  ed  è  siffatta  combinazione  che  éomparte  il  sapor 
acre  al  seme  di  questa  ranuncolacea  ,  il  qual  sapore  si  sente 
solamente  ne'  cotiledoni  . 

Il  metodo  che  noi  abbiamo  seguito  per  eslrarre  que- 
sta materia  è  lo  stesso  che  quello  proposto  dal  Signor  Ro- 
biquet  per  ottenere  la  morfina  ;  abbiamo  fatto  bollire  una 
porzione  dicotiledoni  esausti  dall'etere  in  un  poco  di  acqua  di- 
stillata :  i  liquori  filtrati  furono  meschiati  con  un  poco  di 
magnesia  calcinata  ben  pura  j  si  fecero  bollire  per  breve 
tempo,  e  furono  passati  per  filtro  j  il  residuo  lavato  con  di- 
ligenza fu  sottoposto  all'  azione  dell'  alcoole  a  4o*  Inolien- 
te j  questo  posto  ad  evaporare  all'  aria  libera  lasciò  nella 
Cassola  la  nuova  sostanza  avente  1'  aspetto  che  abbiamo  di 
sopra  descritto  :  siamo  giunti  a  procurarcela  eziandio  con 
altri  due  mezzi  in  un  alto  grado  di  purezza  .  Se  questo 
corpo  alcalino  vegetale  differisce  ,  siccome  noi  la  pensiamo  , 
da  quelli  che  abbìatno  nominati  di  sopra  ,  proponiamo  chia- 


Bi  UN  Nuovo  Alcali  7; 

marlo  delfina  ;  denominazione  clie  richiamerà  ,  siccome  per 
ia  stricliniua  ,  il  nome  del  genere ,  al  quale  appartiene  la 
pianta  ,  d'  onde  si  estrae . 

Faremo  conoscere  in  un  lavoro  più  esteso  1'  istoria 
dì  questo  corpo  alcalino ,  e  la  via  che  abbiamo  battuta  nell' 
analisi  della  stafìsagrla  . 

Parigi  12,  Luglio  1819, 


Memoria  sopra  V  allacciatura  delV  Arterie  del  Dottore 
Andrea  Vacca  Berlinghieri  Professore  di  Clinica  Chi- 
rurgica neir  Imperiale  Università  di  Pisa  ^Cavaliere  ec. 
Pisa  presso  Sebastiano  Nistri    1819. 

P  •    •    -f     •  -,  •  ■ 

J-  roscritti  1  i^tn  roventi  che  prima  si  usavano  per  arre- 
stare 1'  emorrogìe  de'  Vasi  Arteriosi  prodotte  da  eventuali 
lesioni  o  da  salutari  operazioni  ,  i  caposcuola  dell'  Arte 
Chirurgica  si  servirono  delle  compressioni  e  delle  allacciatu- 
re .  Queste  prevalsero  ,  usandole  i  migliori  operatori  :  non 
lutti  convennero  sulli  mezzi  coi  quali  si  dovesse  cirgondare 
il  vaso  Arterioso  e  stringerlo  in  guisa  ,  che  1'  impeto  del 
sangue  non  sormontasse  la  legatura  ,  e  si  formasse  una  cica- 
trice forte  .  Rotondo  cordonetto  ;  nastrino  ;  due  cordonetti; 
cordone  di  sicurezza  ,  cilindretto  di  tela  sottoposto  ai  no- 
di ;  serra  nodi  di  metallo  ;  compressore  delle  Arterie  (  pres- 
se-Artere  )  ,  ed  altre  consimili  cose  furono  commendate  e 
combattute.  Né  su  questo  si  disputò  soltanto,  ma  ancora 
sul  tempo  di  tenere  applicati  questi  mezzi  comprimenti  ,  e 
sul  modo  di  levarli .  I  più  distinti  Chirurgi  Francesi  ed 
Italiani  preferirono  una  allacciatura  futa  con  un  nastrino ,  sot- 
to i  cui  nodi  fosse  interposto  uu  cilindretto  di  tela  ,  e  que- 
sta  allacciatura  lasciavano  cadere  da  se  stessa  quando  il  ca- 
nale  Arterioso   erasi   diviso  .    GÌ'  Inglesi ,  e  Travers  fra  que- 


y8  Scienze 

sti  ,  usarono  il  cordoncino  ,  che  toglievano  poi  il  terao  gior- 
no .  Gramptou  per  altro  senza  lasciarsi  seduri'e  da  spirilo 
dì  na?ionaUtà  fu  contrario  all'  uso  del  Cordoncino  ,  e  gli  fe- 
ce eco  in  Italia  1'  Illustre  Professore  Scarpa ,  ma  senza  con- 
venire sulla  necessità  di  far  cadere  da  se  il  nastrino  ,  che 
anii  con  esperimenti  e  con  ragioni  volle  mostrare  ,  che  do- 
po il   terzo   giorno  conviene  levarlo  . 

Il   Ch.  A    della  memoria  sostiene  al  contrario  ce  Questa 
ce  favorita  idea   degl'  Inglesi ,    e  del  Chiarissimo  Professore   , 
«  che  tanto   onora  1'  Italia  ,  è   quella  che  specialmente    io  mi 
,  te  propongo   di  dimostrare  erronea  «  (  pag.  12,  ) 

Ad  ottenere  questo  intento  riporta  per  esteso  una  serie 
di  venticinque  esperiménti  fatti  sopra  diversi  Cani  di  vario 
sesso ,  di  età  dissimili  ,  e  di  razze  differenti  .  Noi  ne  tras- 
criveremo il  primo  per  far  conoscere  la  precisione  del  suo 
sperimentare  ,  e  poi  scegliendone  sei  li  compileremo  in  un 
quadro  come  quelli  che  servono  d'  appoggio  alle  conclusio- 
ni che  esso   ne  deriva  . 

te  Ad  un  cane  (  pag.  12.  )  di  piccola  statura  ,  di  me- 
cc  dia  età  ,  furono  scoperte  le  due  Arterie  femorali  ,  circa 
«  un  pollice  al  di  sotto  del  ligamento  di  Puparzio  ,  isolando- 
te  le  solamente  nel  punto,  su  cui  doveva  cadere  1'  allaccia- 
te tura  .  L'  arteria  sinistra  fu  allacciala  con  uà  nastrino  lar- 
te  go  circa  una  linea  con  1'  interposizione  del  cilindretto 
te  di  tela  fra  la  parete  anteriore  dell'  Arteria  e  il  nodo  .  La 
te  destra  si  allacciò  senza  interporre  cilindretto  ,  con  un  cor- 
te donciuo  l'otondo  fatto  da  tre  fili  insieme  riuniti  .  Da  am- 
ee  Ix)  le  parli  il  laccio  fu  stretto  precisamente  quanto  ha- 
«  stava  per  opporsi  al  passaggio  del  sangue  per  il  punto  al- 
te lacciato  .  L'  Animale  non  mostrò  di  soffrire  dopo  1'  ope- 
<f  razione  j  le  di  lui  estremità  posteriori  perderono  un  poco 
«  di  calore  nei  primi  momenti  ,  ma  presto  sparve  questo 
et  fenomenft .    Due  ore  dopo   fu   sciolta   1'  allacciatura    fatta 


Allacciatura  Delle  Arterie  79 

ce  col  cordoncino  ,  la  circolazione  si  ristabilì  subito  e  sianaun- 
cc  zio  con  i  battiti  dell'  Arteria  al  disotto  del  punto  stato 
«  allacciato  .  Alla  fine  del  terzo  giorno  ,  al  principio  del 
ce  quarto  si  esaminò  la  ferita  nella  quale  rimaneva  il  Iac- 
ee ciò  ;  si  trovò  questa  in  piena  suppurazione  ,  e  i  dì  lei 
ce  bordi  assai  tumidi  .  Il  sollevare  leggermente  il  nastro  ba- 
ec  sto  perchè  egli  cadesse  ,  e  mostrò  di  aver  recisa  1'  arte- 
te  ria  perchè  il  cappio  dell'  allacciatura  era  intatto  .  La  ca- 
«  dula  di  questo  laccio  non  portò  emorragia  ,  1'  Arteria  sol- 
fe toposta  non  pulsò  ,  il  cane  fu  ucciso  dopo  4-  ore  ,  sì  fece 
«  allora  un'  iniezione  per  1'  aorta  Ventrale  e  in  seguito  1' 
«  esame  delle  parti  sulle  quali  si   era  operato  .  ce 

ce  A  sinistra  era  in  gran  parte  riunita  la  ferita  j  scoper- 
ceta  l' arteria  presentava  nel  luogo  dove  1'  allacciatura  ave- 
ce  va  agito  per  due  ore  una  traccia  di  color  vos-so  che  la 
ee  circondava .  Aperto  il  vaso  longitudinalmente  e  liberato 
ce  dall'  iniezione  si  riscontrò  nella  tunica  dell'  Arterie  la  so 
ce  lita  Macchia  rossa  circolare  come  all'  esterno  j  tutte  le 
ce  tuniche  arteriose  mantenevano  la  loro  perfetta  integrità  . 
te  Dal  lato  destro  si  trovarono  completamente  troncate  tut- 
te te  le  pareti  arteriose  ed  allontanati  dì  circa  due  linee  i 
<c  due  pezzi  resultanti  dalla  divisione  .  Il  pezzo  superiore  con 
ce  teneva  un  grumo  sanguigno  debolmente  aderente  alle  pa- 
t«  reti  del  vaso  j  1'  inferiore  conteneva  un  grume  simile  ma 
te  un  poco  più  sottile  .  Il  grumo  superiore  si  era  solo  cer* 
te  tamente  opposto  al  passaggio  del  sangue  e  dell'  iniezione 
ce  a  traverso  la  rottura  dell'  arteria  ,  giacche  non  sì  vidde 
te  manifesto  principio  di  quel  processo  che  doveva  riuni- 
te re  le  pareti  del  Vaso  nel  punto  stato  troncato  .  I  citati 
te  grumi  avevano  forma  conica  con  base  rivolta  al  laccio  j 
ce  1'  estremità  sottile  era  rivolta  al  cuore  nel  grumo  superio- 
re re  ;  nell'  inferiore    verso  1'  estremità  inferiori  . 

La  seguente  tavola  presenta  compilati  gli  esperimenti  se- 
condo ,  terzo  ,  sesto  ,  seltioio  ,  decintoquinto ,  e  ventesimo  . 


8o 


ESPERIMENTI  FATTI  SOPRA  SEI  CANI 


Arlerùe  Crurali 
Legate  col 


3. 


i5 


Cordonetto 
Nastrino 

Cordonetto 
Nastrino 

Cordonetto 

Nastrino 

Cordonetto 

Nastrino 
Cordonetto 

Nastrino 

Cordonetto 
Nastrino 


per  ore 


54 


60 


60 


60 

giorni 

5 


ore 

48 


Effetti 


Sciolto  il  cor- 
Ione     tornò  la 
circolaziono 

Circolazione 
ibolita 


Torna  la  Cir- 
colazione 
idem 

Torna  la  cir- 
colazione 


Circolazione 


giorni    j  abolita 

5  .    . 


Osservazioni  salii  Cada- 
veri 

Cerchio  rosso  nell'es- 
terna ed  interna  tunica 
arteriosa  largo  una  linea 

Rossore  nella  tunica 
arteriosa  esterna  :  grumi 
nel  cavo  del  vaso  :  tu- 
niche non  riunite  nel 
sito  legato , 

Tunica  arteriosa  tume- 
fatta e  rossa  . 

Tunica  interna  rossa  in 
un  punto 

D"".  esterna  infiamma- 
ta; suppurazione  attorno 
1'  allacciatura  :  tuniche 
interna  e  media  rotte 

Tunica  interna  rossa 
con  alcune  piccole  lace- 
razioni ;  grumi  nel  cana- 
le arterioso  . 

Tunica  interna  e  me- 
dia divise,  e  cicatrizzate 
mediante  cellulare . 

Dette  infiammate  in- 
ternamente .riunite. 

Poca  suppuraz.  tron- 
cate le  tuniche  arteriose 
quasi  per  intero  . 

Aderenza  alla  cellulare 
nel  sito  legato  :  arteria 
rossa  aderente  e  dura  : 
suppurazione  .  Il  nastro 
più  non  stringeva  il  vaso 
Cicatrice  nel  luogo 
operato  . 

Non  cicatrizzato  il  luo- 
go operato;  arteria  tron- 
cata ;  suppu  nazione . 


Allaccsatura  ©elle  Arterie  8i 

Dalli   suoi  espex'imenti    sei  conclusioni  ne  deriva  1'   A.  La 
prima  è  chiai-a  per  se   stessa",  cioè  che  le  allacciature  produco- 
no obliterazióne  del  vaso   arterioso  colla  formazione  dei    gru- 
mi,  o  colla  adesione   delle  pareti  .  La    seconda  dice  ,  che  que- 
sta obliterazione  si  ottiene  tanto  allorché  si  recidono  le  tuni- 
che  media   ed  iut^rna   dell'  arteria  ,  quanto  allorché  le  stesse 
tuniche  sono  tenute  a  contatto  (  esper,  2.  jo.  )  ,  ma  che  ael 
primo  caso  il  vaso  si  oblitera  prima  che  nel  secondo  (esper.  20.). 
La   terza    porta  5  che  1'  obliterazione  di  un  arteria  ,  sia  per  gru- 
mi, sia  per  adesione  non  si  effettua  sempre  in  un  determina- 
tn  numero   ^i    ore  (  esper.   2.     3.    6,  )  .  La  quarta  rileva  , 
che   il  processo  esulcerativo    non  priocipia  e    termina   in  un 
determinato  tempo  (  esper.   20.  )  .  La  quinta  fo  osservare  ,  che 
togliendo  il    quarto  giorno  1'  allacciatura    non    si     arresta     il 
processe  esulcerativo  (  esper,.  i5.  ).  La  sesta  ed  ultima   stabi- 
lisce che  1'  emorragia  secondaria    non  ;è    conseguenza  del  pro- 
cesso esulcerativo  se  non  quando  le  tuniche  arteriose  sono  in 
uno   stato  innormale  . 

Come  la  prima  conclusione  non  ammette  alcuna  dub- 
biezza ,  cosi  la  seconda  abbisogna  di  qualche  schiarimento. 
11  Ch.  Professore  Scarpa  dice  che  1'  obliterazione  delle  arte- 
rie nel  punto  allacciato  si  ottiene  dopo  il  terzo  giorno  tan- 
to servendosi  del  cordonetto  ,  che  del  nastrino  :  le  sue  os- 
servazioni suUi  animali  operati  ,  fatte  a  cicatrice  completa 
gle  r  hanno  conprovato  .  Questa  opinione  sembra  contraria 
alla  suddetta  seconda  conclusione  5  ma  riflettendo  che  il  no- 
stro A  .  esaminava  i  suoi  animali  poche  ore  dopo  aver  loro 
con  i  due  metodi  allacciate  le  arterie  crurali ,  potè  vedere 
che  r  obliterazione  accade  qualche  ora  prima  ,  quando  le  pa- 
reti interne  del  vaso  sono  recise ,  che  quando  stanno  a  con- 
tralto (esper.  7.)  . 

Non   s'  impegna  1'  A.    a  parlare  della  terza  conclusione 
essendo  derivata  da  fatti  ;  e  pare    che    comprenda  la    quarta 
G.  A.  To.  IV-  « 


82  Scienze 

Bella  quinta  .  A  togliere  qualunque  dificoltk  su  questa  si  oc- 
cupa con  ogni  studio  per  mettersi  d'  accordo  con  gli  esperi- 
menti sulle  pecore  fatti  dal  Ch.  Scarpa  ,  su  quelli  del  Prc 
fessore  Mlslei ,  su  quelli  di  Jones  ,  di  Travers  e  di  Bordie  ;  e 
rilevando  le  anomalie  per  differenza  di  Animali  ,  e  per  al- 
tre cause  fisiologiche  conclude  ,  che  1e^>  recisione  del  vaso 
arterioso  è  prodotta  dalla  suppurazione  i<,:;casionata  dalla  com- 
pressione de'  lacci  .  In  egual  maniera  argomenta  1'  A.  per  la 
sesta  ed  ultima  conclusione:  Se  lo  stato  organico  del  sistema 
Arterioso  non  è  alterato,  1'  emorragia  conseguente  non  può 
accadere ,  perchè  prima  si  forma  il  grumo  poi  1'  adesione 
delle  pareti  del  vaso  nel  luogo  circondato  e  stretto  dal  na- 
strino ;  indi  si  tronca  1'  Arteria  per  effetto  del  processo  sup- 
puratorio ,  che  comincia  quando  il  grumo  è  formato  ,  e  le 
pareti  del  vaso  sono  conglutinate  . 

Dopo  queste  conclusioni  si  da  carico  1'  A,  di  ribattere 
tutto  ciò  che  in  contrario  può  dirsi  sulle  sue  osservazioni 
e  conseguenze  dedottene  ,  e  non  tralascia  di  conciliare  le  pro- 
prie esperienze  con  quelle  dei  valenti  professori  che  altrimen- 
ti hanno  opinato  su  questo  punto  di  Arte .  I  suoi  razioci- 
ni appoggiati  a  patologiche  Dottrine  sono  giustissimi  e  noi 
di  buon  animo  conveniamo ,  che  nelle  allacciature  delle  Ar- 
terie debba  preferirsi  il  Nastrino  col  cilindretto  interposto  tra 
il  canale  arterioso  ed  il  nodo  ;  e  che  1'  allacciatura  debba  la- 
sciarsi finche  il  processo  suppurativo  non  abbia  diviso  l'arteria. 

Chiude  la  sua  memoria  col  far  menzione  del  metodo 
del  Signor  Lawerence  che  si  legge  negli  Annali  di  Medici- 
na di  Omodei  quaderno  di  Aprile  i8i 5.  Anche  qui  non  pos- 
siamo che  convenire  interamente  coli'  A.  Servirsi  della  seta, 
ed  appena  annodata  tagliare  i  capi  presso  il  nodo  ,  e  com- 
mettere alla  natura  lo  scioglimente  o  espulsione  di  detta  seta  , 
è  una  IHea  che  non  può  essere  ammessa  a  discussione  ,  finché 
una  serie  di  esperimenti  non  le  diano  quel  peso,  che  pare  non 
possa  per  ora  meritare  .  G.  D,  M. 


83 


Forinole  facili  pel  conteggio  aritmetico  dell'  Aureo  numero  , 
dell'  Epatta  gregoriana  ,  e  giorno  del  marzo  in  cui  cade  5 
della  lettera  domenicale  ,  del  giorno  della  Neomenia  ,  e  de- 
cima quanta  pasquale  ,  e  del  giorno  della  Pasqua  ,  per  qua- 
lunque anno  avvenire  dalla  riforma  Gregoriana  ,  ossia  an- 
no i582  in  poi.  (^Esibite  dall'  Ah.  Gius.  Calandrelli  A- 
stronemo   dell'  Università  Gregoriana  ). 


,    Dk 


'iciannove  sono  gì'  Aurei  numeri ,  e  questi  espressi  dalle 
cifre   numeriche  . 
1,  2,  3,  4.  5,  6,  7,  8,  9,  10,  11,  12,  i3,  14,  i5,  16,  17,  18,  19. 

2.  Sette  sono  le  lettere  domenicali ,  e  queste  sono 

A,  B,  C,  D,  E,  F,  G. 

1,2,3,4,5,6, 7. 

A   queste  medesime  Iettare  corrispondono  i  sottoposti  numeri , 
onde  le  lettere  esprimono  i  numeri,  ed  i  numeri  le  lettere. 

3.  Il  segno  •\-  indica  la  somma  ,   il  —  la   sottrazione  ,    ed  il 
segno  ■=■  esprime  1'  uguaglianza  . 

Esempio  del  calcolo  generale  . 

Diviso  per 
j^.^H-j-i  dell'annodato  ..  19.  ..  N.  Aureo  numero,  residuo  della 

divisione. 
N.  H  dell' anno  dato  ...  4- ••   a-  Residuo  della  divisione. 

N.  H  dell'  anno  dato  ...  7.  ..  b.  Residuo  della  divisione  . 

N.Kde'secoli  dell 'an. dato  K. 

N.Kde'secoli  dell'an.dato  ...  4- ••   e.  Quoto  intero  ,  non  curando  il 

residuo  . 
8  K  -J-  i3.  ..25...  f.   Quoto  intero    ,    non  curando 

il  residuo . 

K— «e  — f.  ..3o...  a'.  Residuo  della  divisione. 

6  * 


84  Scienze 

1 1  N  — 3— a'rf- 3o.   ..3o. ..  q.  Residuo  della  divisione  .  Epat- 
ta gregoriana" , 

3i— q.  n.  Giorno  del  marzo  in  cui  cade  l'e- 

palta  gregoriana,  o  la  Neomenia. 
l--j-2a-j-4b-|-K  — e.  ...  7.  ..  L.  Residuo  della  divis.^  esprime  il 

numero  della  lettera  domenicale 
L  —  n  -|-  33.  ...  7.  ..  ra.  Residuo  della  divisione  . 

4.  I'  giorno  della  Neomenìa  ,  o  Novilunio  pasquale   si    rife- 
nsce  a  diversi  essi  . 

^  ;«;pndo  n  r=  i,  2,  3,  4>  5.  sarà  il  Novilunio  pasquale    nel  gior- 
jo  marxo ,  e  la  decimaquarta   pasquale  nel    marzo  n -|- 

.  Ei^j'^n  'n  n  rr  fì  ;  e  1'  Aiii'eo  numero  non  superando  1'  1 1  ;  sarà 
i}  N.)^''':inìo  pasquale  nel  giorno  n  -}"  3o  marzo  =z  marzo  36  = 
t'orile  à.  e  h  decira^iquarta  pasqu.ile  nell'  aprile  5-|-i3  =  aprile  18. 
}ii.  Hsseudo  n  n:::  6'  .  e  1"  Aureo  numero  maggiore  di  1 1  ,  sarà  il 
I\rviinnìo  pasquale  nel  giorno  n  -|~  29  marzo  =2  marzo  35  =::  a- 
;^,'  '-  /i    G  l?  decimaquar.ta  pasquale  nell'aprile  4  -}~i3  ,  aprile  17. 

x^  .  TI  e  (do  u  z=:  7  ,  e  qualunque  lAuieo  numero  ,  sarà  il  Novilu- 
nio Tatuale  nel  giorno  n  -{-  29  marzo  =  marzo  36.  =z  aprile 
.T  0  h  deni>n  >qinrta  pasquale  nell'aprile  5  -(r-  1  3  n::  aprile  18. 

V.  EssenJ.)  lì  zr:  8,  f),  10  .  .  .  .  3  1  ,  e  qualunque  l'Aureo  numero  , 
sarà  il  N  ^vilunio  pasquale  nel  giorno  n.  marzo  ,  e  la  decima- 
quarta   pasquale    nel  marzo    n  -{-  i3. 

5.  Dal  giornp  primo  ,  ed  incluso  del  raar/.o  numerando  giorni 
n  -|-  i3  -^  m  -|-  35  ,  ovvero  -}-  28  ,  s'olterrh  il  giorno  della  Pa- 
squa . 

6.  Gf^nera] mente  essendo  il  valore  numerico  di  n  espresso 
per  1,  2,  3,  4»  5,  6,  7,  ed  il  valore  di  m  similmente  ripresentato 
di  i,  2,  3,  4»  5,  6,  7,  e  qualunque  1'  Aureo  numero,  ai  giorni 
n  -[-  i3  -|-  m  s'  aggiungeranno  35  giori>i  .  Quando  la  somma  non 
snperi  56,  sarà  dato  il  giorno  della  pasqua.  Allorché  poi  la  som- 
ma superi  56,  si  dovranno   sottrarre  7   giorni,  ossia  alla  sotn^- 


FORMOLE   PER   LE    EpATTE  85 

ina  n  -j-  1 3  -j~  ni  s' aggiungeranna  28  giorni  ,  e  così  s'otterrà  il 
giorno  diella  Pasqua  . 

'j.  Può  questa  redola  generale  soffrire  una  sola  eccezione  . 
Qaando  dunque  n  sia  6,  ed  il  valore  di  m  espresso  da  1,2, 
3,  4>  5,  6,  7,  e  r  Ailreo  numero  maggiore  di  XI ,  ai  giorni  n  -j- 
»3-|-  m  s'  aggiungeranno  3S  giorni  ,  e  la  somma  non  superando 
55,  sarà  dato  il  giorno  della  Pasqua  .  Che  se  poi  la  somma  su- 
peri 55  ,  si  sottraggano  r  g^iorui  ,  ossia  alla  somma  n  -|-  i3  -|~ 
m  s'aggiungano  28.  giorni  ,  e  sarà  dato  il  giorno  della  Pasqua  . 

8.  Quando  sia  n  rr  8,  9,  10  .  ,  .  ,  3i  ,  e  qualunque  1'  Aureo 
numero,  non  s'  aggiunge  né  35  ,  uè  28  giorni ,  e  la  Pasqua  sarà 
data  dalli  giorni  numerati  n  -|-  i3  -j-  !»•  S"  avverta  però  di  pren- 
dere 17  per  m  ,  qnando  m  si  trovi  zero  ;  poiché  in  questo  caso 
la  domenica  cade  nel  giorno  della  decimaquarta  pasquale  . 

Esempio  I.  del  calcolo  numerico  dedotto  dal  generale  . 

Sia  l'anno  dato  yoyS,  onde  70  siano  i    secoli  K 
Diviso  per 

N.  Aureo=8.  Residuo  della  dìvis. 
a=:3.  Res.  divis. 
hr=zS.  Res.  divis. 
K=7o. 

.  €=17.  Quoto  intero 
f  =:a2.  Quoto  intero 
a'=:i.  Res.  divis. 

q=:24.  Res.  divis.  Epatta   gregor. 
n  =^7.  mafzo  giorno  della  Neomen. 

.  L=:3.  Res.    divis.    esprimente   G 

lettera  domenicale  . 
.  m  =  x.  Res.  divis. 
9.    Essendo  a  rs  7  ,   sarà  la   Neomenia   pasquale   nel    giorno 


Anno  dato  ']0'j^-\-i. 

.19. .. 

Anno  dato  7075. 

..  4. .. 

Anno  dato  7075. 

..  7.  .. 

K=:70. 

K=70. 

...  4. .. 

8K-|-i3-56o-j-i3, 

..  25.  .. 

K — e — fzr7o — 17 — 22. 

..  3o.  .. 

iiN— 3— a'-j-3o=88— 

3— i-j-3o=rii4. 

..3o. .. 

Si— .q=:3i — -24=7. 



1  -|-2a4-4b+K^ — c=  1  -\- 

6-I-204-70— 17=80. 

...  7.  ., 

L— n-}-33=3  — 7+33 

=29. 

...  7.  .. 

86  SCIENZ'E 

n-j-2g.  marzo  =  marzo  36  ■=.  aprile  5.  (4-  IV.)  ,  e  la  decimaquarta 
nell'  aprile    i8. 

10.  Alla  somma  n-j-i3-j-m,  s'aggiungano  giorni  35(6),  e 
sarà  il  giorno  della  Pasqua  nel  marzo  ^-J-iS-j-i-j-SS  :=  marzo 
56.  Ma  marzo  contiene  3i  giorni  .  Dunque  saia  la  Pasqua  ne* 
giorno  56— 3i=aprile  aS.  (6)  . 

Esempio  II.  del  calcolo  numerico  dedotto  dal  generale  . 

Sia  1'  anno  dato    1954  >  onde   19  siano  i  secoli  K. 

Diviso  per 
Anno  dato   i954-i-i'       ••  19-  ••  N.  Aureo  numero  ■=.  17.  Residuo 

della  divisione . 
a:=:2.  Res.  divis. 
h-=z\   Res.  divis. 

c=4Q^o^o   intero. 
f=r6.  Quoto  intero. 
a'=9.  Res.  divis. 

q=  25.  Res.  divis.  Epatta   grego. 
n  ==:6  marzo   giorno  della  Neomen 


Addo  dato  1954. 

..  4. .. 

Anno  dato  1954. 

..  7. .. 

K=i9. 

Krrip. 

..  4.  •• 

8R+i3=i52-}-i3. 

.25.  .. 

K— e— f=:  1 9 — 4 — ^• 

.3o.  .. 

i,N— 3— a'+3o=i87 

— 3 — 9-f  3o=:2o5. 

.So... 

3; — q=3i— -25=:6. 

i-|-2a+4b-|-K— .c=i 

+4+4+19-4=24. 

..  7.  .. 

L_n4-33=:3— 6  +  33 

—^0. 

...  7.  .. 

L  =r3.  Res.  divis. esprimente  C  let- 
tera  domenicale  . 
m=2.  Res.  divis. 

11.  Essendo  n=r6,  sarà  la  Neomenia  pasquale  nel  gierno  a 
4-29  marzo=rmarzo  35=  aprile  4- (4-  ^  1^  ^O»  ^  la  decimaquar- 
la  nell'  aprile  17. 

12.  Alla  somma  n-|-i3-|-ra,  s'aggiungano  giorni  35  (6),  e  sarà 
il  giorno  della  Pasqua,  giorni  n-}-i3-{-m-|-35  ,  ossia  6+1 3-4-2 
-|-35  ,  ovvero  56.  numerati  dal  dì  primo  incluso  del  marzo  .  Snr^ 
dunque  marzo  56.  Togliendo  3i  del  mese  intero  marzo,  sarà 
la  Pasqua  nel  giorno    56— 3 1  ,  os.sia  25.  aprile  .  Ma  n=:6,   n-}- 


FORMOLE  PER   LE  EpATTE  87 

i3-|-na+35  maggiore  di    55  ,  e  1' Aureo   numero  supera  1'   XI  ^ 
dunque  il   dì  i8.  Aprile  Pasqua  (y)  . 

Esempio  III,  del  calcolo  numerico  dedotto  dal  generale  . 
Sia  l'anno  dato  2076,  e  quindi  20  siano  i  secoli  K, 

Diviso  per 
Anno  dato  20'j6-\-i.       ..  19.  ..  N.  Aureo  namero=6,  Residuo  del- 
la divisione  . 
arro.  Ras,  divis. 
b=4.  Res. 
K=:20. 

e  =::5. Quoto  intero . 
f  =z6.  Quoto  intero . 
a'=rg.  Res,  divis. 

q=24'^^S'  clivis.  Epatta  gregoria. 
n:=y.  marzo  giorno  della  Neomen. 


Anno  dato  2oy6. 

...4.  .. 

Anno  dato  2076, 

...  7.  .. 

K=20. 

K=20. 

...  4.  .. 

8K+i3=i6o+i3. 

.25... 

K — e — £=:»o — 5—6. 

.  3o,  .. 

1 1  N— 3— a '+3  0=66 

_3_p4.3o=84  i 

„  3o.  .. 

3 1  — q=:  3 1—24=7. 

1  ^2a+4b+K— 0=1 

+  0+16+20—5=32,. 

..  7.  .. 

L_a+3  3=4— 7+33 

=3o. 

..  7.  .. 

L=i4.  Res,  divis.   esprimente  D  let 

tera  domenicale  . 
m=2.  Res.  divis. 
i3.  Essendo  n=7,  sarà  la  Neomenia   pasquale  nel  giorno  n+ 
29  marzo=marzo  36=:aprile  5.  (  4- IV.)  e   la   decimaquarta  pa- 
squale  nell'  aprile   18. 

14.  Alla  somma  n+i3+m  ,  s'  aggiungano  35  giorni  (6)  ,  e 
sarà  il  giorno  della  Pasqua  ,  giorni  n+i3+m+35  ,  ossia  7+ 
i3+2+35  ,  ovvero  $7.  giorni  numerati  dal  di  primo  incluso 
del  marzo  .  Sarà  dunque  marzo  57  ,  osata  aprile  26.  Essendo 
dunque  n+i3  + m  +  35  maggiore  di  56,  sarà  la  Pasqua  il 
di   19.  Aprile  (6)  . 

Esempio  IV.  del  calcolo  numerico  dedotto  dal  generale  . 

Sia  l'anno  dato  1818,  onde  18  siano  i  secoli  K. 


88 


Anno  dato    i8l8-|-l 


Scienze 

Diviso  per 
..  19.  ..  N.  Aureo  numero  r=  14.  Resiclu» 


Anno  dato  i0i8. 

Anno  dato  i8i8. 

K=i8. 

K=:i8. 

8K+1 3=1444-1 3 

K— e— fz3i8— 4— 6 
ixr^_3— a'+3or=i54 
— 3 — ■8-|-3o^=:ij3. 

3l— -C|rr3l — 23=8. 
i-\-2.  a  -|-4'^"i'K^~"cr=  1 
+4+20+18—4=39. 


della  divisione . 

...4. 

.  a  rrs.  Res:  divis. 

...  7. . 

.  b=5.  Res.  di  vis. 



..  K=i8. 

...4. 

.  e  =:4.  Quoto  intéro  . 

.25.   . 

.  f =6,  Quoto  intero  . 

.  3o.. 

.  &'=z  8.  Res.  divis. 

3o.  ..  q  =  23.  Res.  divis.  EpatJft   grego- 
riana . 
..  ..  ...  n=8. marzo  gior.della  Neomenia. 


-n+33=4— 8-1-33. 


j. ..  Lrr4.  Res.  divis.  esprìmente  D  let 

tera  domenicale  . 
1.  ..  m=i.  Res.  divis. 
i5.  Essendo  n=r8,  sarà  la    Neomenia  pasquale    nel   giorno  n 
marzo  =  marzo   8.  (4- V.)  ,    e  la   decima   quarta   pasquale  nel 
marzo  21. 

16.  Essendo  n=:8,  niente  deve  aggiugnersi  (8)  .  Sarà  dunque 
la  Pasqua  giorni  numerati  n+i3+m  dal  dì  primo  incluso  dei 
Biarzo  ,  ossia    marzo  8-|-i3-]-i=  marzo  22. 

17.  La  Chiesa  romana  nel  55o  s'uniformò  al  computo  de' 
greci  ,  ammettendo  i  termini  delle  Neomenie  pasquali  nel!'  8. 
marzo  ,  e  5.  aprile,  ed  i  termini  della  Pasqua  nel  di  22.  marzo 
e  25.  Aprile  ,  S'  assegna  qui  una  formola  generica  per  ritrovare 
1'  Aureo  numero  ,  I'  Epatla  giuliana  o  alessandrina  ,  ed  il  giorno 
del  mirzo  in  cui  cade  .  La  lettera  domenicale  j  il  giorno  della 
Neomenia  pasquale  ,  ed  il  giorno  della  Pasqua  dal  3?.5  epoca 
del  concilio  Niceno   al    i582  anno  della  riforma  Gregoriana  . 

Esempio  V.  del  calcolo  numerico  Alesjandrirao . 


FORMOLE  PER   LE  EPÀTTB  8g 

Sia  r  anno  dato  81 3. 

Diviso  per 
Anno  dato8i3-f-i-  .^ig.-.  N.  Aureo  numeromS.Res.  della  divi». 
Anno  dato  Hr=8i3.  ...  4-  ••   0  =:2o3.  Quoto  intero . 
H-4-o=:8i 3+203.      ...  7.  ,.  p=:i.  Res.  divis. 
io — p^rio— 1=9.     ...  7. ..  L  r=:2.Res.  divis.  espriraejite  B  ìettora 

donienicale . 
iiN— 3=i;6  — 3 
=  173.  ..  3o.  ..  q  =r23.  Res.  divis.  Epatta  giuliana. 

3i— q=r:3i— 23=8 n=8. marzo  giorno  della  Neomenia. 

L— n+33=2— 8+ 
33=6.  ...  7.  ..  m=  6.  Res.  divis. 

18.  Essendo  n=8,  sarà  la  Neomeriia  pasquale  nel  giorno  n 

marzo=ynarzo  8.  (  4-  V.) ,  e  la  decima  quarta  pasquale  nel  mar- 
zo 21. 

19.  Essendo  n=8  niente  s'aggiugne  (8.)  .  Fu  quindi  il  giorno 
della  Pasqua  ,  giorni  n-|-i3-|-m  numerati  dal  di  primo  incluso 
del  marzo,  ossia  marzo  8-|-i3-|-6=marzo  27  .  In  questo  giorno 
è  segnata  la  Pasqua  in  un'  antico  calendario  ,  che  si  conserva 
nell'Opera  della  Cattedrale  di  Firenze  riferito  all'anno  81 3,  e 
riportalo  da  Ximenes  (Gnom.Fior.pag,  (CXIX).  Nel  medesimo 
calendario  sotto  il  dì  8  marzo  viene  indicala  la  Neomenia  pa- 
squale coli'  espressione  usata  dalla  Chiesa  Prima  incensio  lunae 
Se  nei  diversi  anni  necessaria  divenga  l'aggiunta  di  29.0  3o, giorni 
per  la  Neomenia  pasquale  >  o  di  giorni  3.'),  o  28  por  la  Pasqna 
questa  si  farà  come  negl'  esempj  (  I.II.III.)  ,  a  norma  de'  nu- 
meri (4.1.  II.  III.  IV.)  (6.  7.). 

Esempi»  VI.  del  calcolo   numerico  Alessandrino  . 

Sia   1'  anno  dato   536. 

Diviso  per 
Anno  dato  .536+1.    ..  19. ..  N.  Aureo  num.r=5.Res.  della  divis. 


9° 


Scienze 


Anno'dato  II:=536.    ...  4-  ••   o=i34.  Quoto  intero. 
H-|-o=53f>-|-i34 .     •■•  7-  ••  pr^S.Res.  divis. 
IO— p=io — 5=5.     ...  7...  L  =5.Res.divls.esprÌDienteElet.doni. 
ilN-3=55 — 3:^=52,  ..  3o.  ..  q=22,  Res,  dlvis.  Epalta  giuliana  . 
3i— q=:3i — 22=9 n  =9  marzo  giorno  della  Neomenia  . 


n-|-33=i5 — 9+ 
33ir:29.  ...  7...  m=i.  Res.  divis. 

20.  Essendo  n=9,  sarà  la  Neomenia  pasquale  nel  giorno  n 
marzorrmarzo  9(4.V.),  e  la  decima  quarta  pasquale  nel  mar.  22, 

21.  Essendo  r\=:g  niuna  aggiunta  deve  farsi  (8).  Fu  dunque 
la  Pasqua  nel  marzo  n-|-i3-|-ni^=o^iai'zo  g-\-i3-\-iz=marzo  23- 
Il  dotto  Cardinal  Noris  rileva  da  un  Codice  della  Vaticana , 
che  Menna  C.  P.  fu  ordinato  Vescovo  il  di  i3  marzo  an.  536. 
Non  fu  dunque  sempre  costume  della  Chiesa  ordinare  i  Vescovi 
nel  giorno  di  domenica  ,  Menna  fu  ordinato  Vescovo  nel  di  i3. 
marzo  giovedì  di  passione  ,  e  fu  costituito  Patriarca  Costantino- 
politano dal  S.  Pontefice  Agapeto  ,  il  quale  ritrovandosi  in  Co- 
stati linopoli   espulse   Antimo   da   quel   Patriarcato  . 


9« 


Circa  le  deviazioni  della  milza  dalla  sua  naturale  sede  , 
e  le  nuove  aderenze  contratte  da  questo  viscere  con  par- 
ti lontane .  Memoria  di  3Iaria  f^incenzo  Gaetano  Ma- 
lacarne presentata  alla  Società  Italiana  delle  scienze . 

J-J'  A.  pria  di  esporre  il  caso  patologico  ,  che  forma  il 
priacipale  argomento  della  Mem  oria  ,  parla  in  generale  del- 
le deviazioni  de'  visceri ,  e  degli  organi  del  corpo  umano  ,  e 
delle  loro  morbose  adesioni ,  Attribuisce  le  prime  a  fisiche 
cagioni  modificate  nella  loro  azione  da  quelle  tante  forme 
di  agenti  ,  che  distinguono  il  corpo  vivente  dalla  materia 
inorganica,  e  recando  ad  esempio  la  spinabifida ,  1' idroftal- 
mia  ,  le  gibbosità ,  le  lussazioni  secondarie,  le  obliquità  dell' 
utero  ,  le  gravidanze  estrauterlne ,  le  procidenze ,  lo  storci- 
mento de'  piedi  ,  le  contratture  spasmodiche  di  questa  o 
quella  parte  della  macchina  ,  lo  strabismo  ,  ed  altri  simili 
casi  morbosi  ,  mostra  giudiziosamente  come  queste  devia- 
zioni si  debbano  ripetere  da  cagioni  meccaniche  più  o  me- 
no corroborate  ,  o  infievolite  dalle  varie  combinazioni  dipen- 
denti dalla  circolazione  degli  umori  ,  dalla  irritabilità  ,  e 
dalla  robustezza  di  struttura  dell'  organo  affetto  .  Facendo- 
si poscia  ad  investigare  come  i  visceri ,  o  gli  organi  ri- 
mossi dalla  loro  sede  naturale  possano  contrarre  mutua  ade- 
sione ,  prende  per  norma  delle  sue  indagini  ciò  che  acca- 
de nelle  parti  esterne  del  cor{)o  sotto  gli  occhi  del  chirur- 
go osservatore .  Si  osserva  che  quando  in  una  parte  ester- 
na è  tolta  la  continuità  ,  sia  per  ferita  recente ,  sia  per  anti- 
ca ulcera,  si  accresce  evidentemente  nel  luogo  offeso  la  vi- 
talità, e  quindi  le  estremità  de' vasi  allungate,  ed  una  lìn-^ 
fa  coagulabile  ivi   separata   uè   procurano  e  ia  breve  tempo  ^ 


94  Scienze 

o  Iculamente  la  cicatrizzazione  ,  secondo  la  minore  o  mag"- 
gior  perdita  di  sostanza  .  Indarno  si  studia  il  chirurgo  di 
riunire  lembi  inariditi  e  callosi  di  una  piagai  indarno  ci 
pone  a  contatto  i  margini  di  un  labbro  leporino:  fa  d' uo- 
po con  ferro  tagliente  ridurli  alla  condizione  di  una  ferita 
recente ,  perchè  sorga  in  essi  quel  lieve  processo  infiamma- 
torio ,  che  nel  modo  suddetto  ne  procura  1'  unione  .  Ove  poi 
inrominci  cotesto  mirabile  lavoro  di  vegetazione ,  e  di  risar- 
cimento ,  attender  dee  il  chirurgo  che  la  natura  non  operi 
olire  il  bisogno  ,  che  non  chiuda  canali ,  i  quali  deggiono  rima- 
nere aperti ,  non  renda  immobili  partì  destinate  al  movimento  , 
ed  altre  nou  renda  deformi  ,  siccome  è  avvenuto  talvolta  nelle 
palpebre  ,  nella  ficcia,  nelle  dita  ,  nella  agina  ,  ec.  Contempla- 
to siffatto  andamento  della  natura  nella  riunione  delle  parti  ester- 
ne ,  facil  cosa  si  è  il  farne  ì'  applicazione  alle  aderenze  mor- 
bose contratte  dalle  parti  interne  ,  e  il  rendere  ragione  co- 
me nelle  aperture  de' cadaveri  si  (rovi  a  modo  di  esempio  il 
polmone  attaccato  in  varj  punti  alla  plèura  ,  il  cuore  al  pe- 
ricardio ,  i  visceri  addominali  insieme  agglutinali  ^  come  il 
germe  fecondalo  cadendo  nella  cavila  del  ventre  possa  ab- 
barbicarsi in  un  punto  di  esso  ,  ivi  sviluppare  la  sua  pla- 
centa ,  e  trarne  presso  a  poco  lo  stesso  nodrimento,  quasi 
che  stanziasse  nella  sede  naturale  dell'utero;  come  le  stesse 
estremità  delle  ossa  possano  congiungersi  in  un  modo  tena- 
cissimo ,  e  farsi  immobili  nel  luogo  di  loro  articolazione  : 
se  non  che  riguardo  a  queste  sembra  che  la  loro-  adesione  si 
effettui  in  una  guisa  alquanto  diversa  da  quella  delle  parti 
knolii  ,  poiché  la  sinopia  fatta  densa  ,  e  quasi  tofacea  per  il 
lungo  riposo  dell'articolo  par  che  costituisca  quel  glutine  o 
tìemento  ,  che  insieme  congiunge  e  consolida  il  capo  delle 
ossa.  Quanto  adunque  alle  parti  molli  interno,  ò  un  lento 
processo  infiammatorio  della  loro  i;uperfizie  quello  ,  che  a  so- 
mighaaza   delle   parti    esterne    le    fé'  reciprocameutv  aderire  . 


Deviazioni  Della  Milza  93 

Nello   stato  naturale   un  siero  vaporoso  separato  in  tutta  l'am- 
piezza della    membrana  ,  che   riveste   i  visceri  delle  principa- 
li cavità  ,  bagnando    conlinuamente  la  loro  superfizie,  e  man- 
tenendola    lubrica    e    molle,   ne    impedisce     l'aderenza;    ma 
quando    nella   superfizie     slessa    abbia   luogo  il  detto    proces- 
so infiammatorio  ,    allora  in   vece  di   un  siero  tenue    si    sepa- 
ra un    umore  denso  e  gelatinoso ,   del   quale    nulla    piìi  atto 
a  legare  insieme    le  parti   organiche  .    La  superfiziale    infiam- 
mazione poi  ,  di  che  stiamo   parlando,  può  nascere  dalla  con- 
tinua compressione    e  sfregamento    di   un    viscere    cresciuto  di 
mole,  che  ha  oltrepassati  più  o  meno  i  suoi  confini,  sopra  un  al- 
tro viscere  situato  nella  ordinaria  sua  sede  :  può  nascere  altresì 
dalla  erasione  della  tonaca  membranosa  cagionata  dalla  presenza 
di  un  umore  acre  ,  siccome  avviene  negli  idropici  ,  ne'  cadaveri 
de'  quali  frequenti  sono  le  coalizioni  delle  parti  interne  ;  può 
nascere  dall'  irritamento    dì  un  corpo  estraneo  ,  come  appunto 
nel  caso  suddetto  del  germe  fecondato  caduto  nella  cavità  dell' 
addome  :  può  infine  provenire  da  tutte  quelle  molteplici  cagioni, 
che    valevoli  sono  a  suscitare    l'infiammazione    in    qualunque 
parte  del  corpo  .    In  alcuni  casi  ,  e   forse   iu  quelli    di    mag- 
giore infiammazione  ,    la   materia   gelatinosa    separata    alla   su- 
perficie   del    viscere,   o    dell'organo    interno  ,  e    che  coslitui- 
sce  ,   come  si   è    detto  ,    il    mezzo  di    adesione  ,   prende     uni 
forma     veramente     organica  ,    e    sotto    una    minata     indagine 
trovasi    guernita    di    vasi  ,    e    nervi    .   Ha     dimostrato   questa 
sorprendente    fatto  il  cel  .  Bichat   ,  ed   un    luminoso  esenanio 
ne   ha  dato   pure    il    Ch.    Gay.    Brera    nelle  sue  annotazione 
medico- pratiche  ,   presentando  la  figura    di    un  pezzo  di   pol- 
mone umano    infiammato  ,  e  coperto    da    una    membrana    av- 
ventizia   chiamata    da  lui     si  eroso -fibrosa  ,  opera    del    proces- 
so infiammatorio  .  Lo  stesso  accade  al   dire  di  Baillie  nella  mil- 
za ,    ove  ia    detta  condizione     morbosa    produce   costantefaeii- 


^  S  e  I  i:  N  z  E 

te  ^un  ìogrossamento  della  tonaca  esteriore  (a)  ,  versamento 
di  linfa  coagulabile  ,  e  prolungamento  di  vasi  sanguigni  :  co- 
sicché si  potrebbe  asserire  che  quando  il  lavoro  flogistico 
adesivo  si  spiega  sopra  quelle  parti  interne  che  ammettono 
vasi  sanguigni  ,  si  generano  allora  fibre  quasi  carnose  ,  e  pro- 
duzioni arteriose  e  venose  ,  le  quali  estendendosi  verso  le  vi- 
cine parti  vi  si  abbarbicano  ,  e  vi  mettono  maravigliose  e  pro- 
fonde radici  ;  mentre  se  la  parte  membranosa  infiammata 
è  tale ,  i  cui  vasi  non  ricevono  i  globetti  rossi  del  sangue  , 
ne  nascono  soltanto  pseudo-membrane  bianche  legamentose, 
come  a  cagiou  di  esempio  nella  congiuntiva  delle  palpebre . 
Dopo  queste  generali  nozioni  si  apre  1'  A.  la  strada 
alla  narrazione  del  suo  Caso  Patologico  col  rammentare  dap- 
prima altri  casi  consimili  tratti  dalle  opere  di  Morgagni  . 
di  Ruischio  ,  e  di  Vanswieten  ,  di  mil^a  cioè  ingrandita  nel 
volume  ,  deviata  dalla  sua  sede  ,  e  discesa  persino  nella  ca- 
vità del  bacino  ,  colle  aderenze  ivi  contratte  .  Nostra  inten- 
zione non  è  il  riportare  la  minuta  storia  della  malattia  di 
quell'  individuo  ,  ma  accennare  soltanto  quelle  circonstauze 
che  possono  maggiormente  interessare  il  Pratico  per  la  dia- 
gnosi del  vizio  della  milza  scoperto  nell'  apertura  del  cada- 
vere .  Già  varj  accessi  di  febbri  periodiche  sofferte  nel  1810 
avcano  indotta  una  qualche  alterazione  ne'  visceri  addominali , 
quando  nella  malattia  dell'  anno  seguente  ,  che  fu  un  reuma  di 
jelto  complicalo  con  molti  incomodi  di  ventre  ,  apparvero 
alcuni  segni  relativi  allo  stato  patologico  della  milza  ,  vale 
n  dire  un  constante  senso  di  peso  molestissimo  all'  ipocon- 
drio sinistro  ,  coliche  ricorrenti  ,  e  stitichezza  di  ventre  .  Me- 
glio   poi  ,  e    in    maggior    numero  si  appalesarono    nella    terza 

(a)  "Noi  iti  una  milza  ostruita  e  flolcntc  abbiamo  osservato  nella 
esterna  membrana  un  numero  innumerabile  di  minimi  tubercoli  bian- 
chi ,  duri ,  cartilafjioei  con  perfetta  siinigliauza  a  quelli  ,  che  [>re- 
aaiio  le  foglie  dell'  cdoc  marcarci i/crci   (L'  Estens.    G.  F.) 


Deviazioni  Della  Milza  g5 

malattia,  die  avvenne  ai 6  di  Maggio  del  medesimo  anno  1811; 
imperocché   si  osservò    la   soppressione  delle  orine  ,  quantun- 
que sotto  una   diligente   esplorazione   non  si    sentisse   la   ve- 
scica affatto   distesa  ;    persisteva    la   stitichezza  di  ventre  ,  ed 
il   molesto    senso   di    peso    occupava    lo  spazio    compreso    tra 
r  ombelico  ,    e    la    vescica    orinaria    ove    la   mano   discopriva 
un    vasto    tumore  ,  non  molto    dolente  ,  e    mobile  da  destra  a 
sinistra  ,   qualora  si  muoveva  lutto  il  oorpo   dell'  infermo  .  Qui 
è    da    notarsi    che    lo    stesso  segno   ha  ravvisato  Morgagni  nel 
caso    a    lui    presentatosi   ,     e   lo    ha   espresso    dicendo   che   il 
vasto  tumore  nuotava   per    tutta    la    cavila  del  ventre  ,,  natan- 
tem   per   totam    ventris    cavi  tatem ,,.  Agli    accennati    sintomi 
si  aggiungeva    la  gonfiezza    edematosa  delle  cosce  ,  ed  un  sen- 
so  insoffribile   di    formicolaraento  ,  che  spesso  obbligava  l' in- 
fermo   a    coricarsi     sul   letto   per    liberarsi  da    questa    ostina- 
tissima   sensazion   dolorosa  alle  estremità    inferiori  .   Per  ulti- 
mo non   è    da    tralasciarsi    la   circostanza   che    la  vescica    ori- 
naria   non  poteva    menomamente    scaricarsi  ,    se    1'  uomo   non 
si  poneva     orizzontalmente    supino    nel    letto  ,    e    che    le  sca- 
riche alvine   esigevano    sforzi  grandissimi    di    tutti   i    muscoli 
addominali ,  anzi  conveniva  per  lo  piìi  ricorrere  a  clisteri  per- 
chè si    effettuassero  .    In   onta  de  più  efficaci  sussidj  dell'  arte 
spento  cotesto  infelice  dalla   perversità  del    morbo  ,  si    aprì  il 
di  lui  cadavere  ,    ed    oltre    molto    siero  sparso  in  entrambe  le 
cavith  del    torace,  si    rinvenne    la  milza,    chea  prima     giun- 
ta   non     apparve  ,  profondamente    incuneata     nella     capacità 
del   bacino  ,  d'  onde  non    potè   sollevarsi ,  attese  le  forti  ade- 
renze  membranose   e    vascolari  ,  che    ave^^a    contratte  con 
la   vescica  01  inaria ,    e    con  V  intestino  retto  .  Avea  1'  A.  va- 
ghezza di  riempire  col  noto  artifizio  que'  vaseliini  ,  che  si  ve- 
devano serpeggiare  per  le  nuove  membrane  ,  ma  no  fu  distolto 
dal  calore  della    stagione ,     che     già    incominciava    a  corrom- 
pere il  cadavere  -,  laonde   fu  contento  di  estrarre  la  milza  con 


96  Sciente 

!e  parti  annesse  ,  che  fedelmente  delineata  nelle  facce  ante- 
riore e  posteriore  ha  offerto  in  due  Tavole  in  rame  apposte 
alla  Memoria  ,  Noi  giudichiamo  inutile  lo  illustrare  i  segni 
surriferiti  colla  ispezioùé  del  cadavere  ,  siccome  fa  l'A.  nel 
§.  XXIV  ,  persuasi  essere  agevol  cosa  pe'  nostri  esperti  ,  e 
culti  Lteggittori  , 


'^^^fS2"^«.^,' 


97 


ARTI 

BELLE       ARTI 

Scultura  —  D.  Antonio  Cavai  ter  Sola  Spagnuolo  . 

J-Ja  statua  rappresentante  Meleagro ,  di  cui  diamo  qui  un 
disegno  inciso  in  rame  ,  è  opera  allogata  al  Cavaliere  Sola 
da  S.  E.  il  Duca  d' Alba  munificentississmo  tra  proteggitori 
delle  Belle  Arti  .  L'  ingegno  ,  e  la  filosofia  ,  che  adornano 
questo  Artefice  hanno  guidato  il  suo  pensiero,  e  la  sua  ma- 
no .  Il  vincitore  del  Cinghiale  Galedonio  è  argomento  trat- 
tato con  molto  valore  dagli  antichi ,  ed  era  ardua  cosa  il 
porsi  al  cimento  del  confronto  .  Eppure  ,  lo  si  deve  confes- 
sare ingenuamente,  essere  uscito  il  Sola  felicissimo  da  que- 
sto arringo  scabroso  ,  ed  à  corrisposto  con  questo  lavoro 
a   quella   giusta    fama  ,    che    di  lui    suona    tra    gli   artefici  . 

Sta  Meleagro  in  atto  di  riposarsi  dopo  aver  ottenuta  la 
vittoria  della  feroce  belva  ,  alla  cui  uccisione  coneorsero ,  se- 
condo che  racconta  Onaero  ,  gli  Etoli ,  e  i  Cureli  ,  e  fu  ca- 
gione tra  costoro  di  sanguinosa  guerra  ,  perchè  si  disputa- 
rono r  onore  della  spoglia  .  È  questa  posta  ai  piedi  dell' 
Eroe  vicina  ad  un  tronco  ricoperto  della  clamide ,  sul  qua- 
le egli  appoggia  la  sinistra  <  La  mano  diritta  ,  che  posa  sul 
fianco,  serve  di  sostegno  al  braccio  inarcato.  Meleagro  rivol- 
ge la  testa  alla  sinistra  parte  ,  con  nobile  fierezza ,  e  colla 
magnanimità  di  un  vincitore  .  E  certamente  il  carattere,  e  l'a- 
ria di  questa  testa  è  di  buona  scella ,  e  di  stile  grave  e  se- 
vero. Né  dissimili  sono  le  linee,  e  le  parti  di  tutto  l'ignu- 
do, nel  quale  à  l'artefice  dimostrato  il  suo  valere  singolac- 
C.   A.   To.  IV.  n 


q8  BelleArti 

mente  nello  scienza  dell'  Anatomia  ,  facendo  conoscere  a  par- 
te a  parte  quanto  1"  osteologia  concorra  a  fondamento  della 
Scultura  .  Perchè  la  vita  ,  e  il  moto  non  si  possono  impri- 
m^re  alla  statua  ,  ove  non  sia  espresso  con  evidenza  il  giu- 
sti." ,  e  proporzionato  collocamento  delle  ossa .  Allora  è  che 
rimane  ani m  ila  la  terra  ,  il  gesso  ,  e  il  marmo  sotto  le  for- 
me ,  cho  piace  allo  scultore  di  signiGcare  .  E  qui  giova  os- 
servare ,  ^,h^l  i  Greci  ancora  dei  tempi  della  decadenza  dell' 
arte  non  hanno  mai  negletto  i  canoni  osteologie!  :  perlocchè 
ne  addiviene  ,  che  pure  nei  lavori  mediocri  di  quella  nazio- 
ne 1'  occhio  indagatore  ritrova  sempre  qualche  t:osa  di  bel-' 
lo  ,  e  di  sublime  .  Ond'  è  che  il  Solh  presidiato  da  tanta 
famigliarità  coi!"  Anatomia ,  e  dal  meditare  continuo,  ch'egli 
fa,  la  nritura  e  le  cose  antiche,  farà  sempre  opere  degne  di 
molta    e   giustissima  lode  . 


Picara  dì  Storia— ^Ripenhausen  (  Francesco  ,  e  Giovanili  ) 
di  Hannover  . 

V^uesti  due  giovani  fratelli ,  che  lavorano  le  opere  loro  in 
comune,  si  stabilirono  già  da  molti  anni  in  Roma,  e  die- 
dero sovente  notabili  prove  dei  progressi  per  loro  fatti  nella 
dilncìle  arte  del  dipingere  .  È  ora  nostro  divisamente  di  ra- 
gionare di  tre  quadri,  ch'essi  hanno  ultimamente  condotti  con 
molto  studio ,  e  diligenza,  e  dai  quali  si  può  manifestamen- 
te conchiudere  aver  eglino  acquistato  a  buon  diritto  la  ri- 
putazione ,  di  che  godono  tra    gli  orleQci  , 

11  composto  del  primo  è  tolto  da  un  idilio  del  poeta 
Tedesco  Schiller  ;  cosa  assai  semplice  ,  e  gentile  ,  che  si  è 
resa  popolare  in  Germania  ,  si  che  va  per  la  bocca  di  tut^ 
li ,  Dice  dunque  quel  Poeta  nel   suo  canto  te  che  al  ritorna-» 


Pittura:  Ripenhausen  gg 

«  re  della  Primavera  appariva    ogni  anno  in   una  valle  rimo- 
cc  ta  una  misteriosa   fanciulla,  di  bello,  e  maestoso  aspetto  , 
ce  spirante    tutta    soavità,   e  grazia.    Ninno   di  que' semplici 
•e  abitatori  la    conosceva:   nluno    sapeva  donde    venisse,    né 
«  dove  al  partire  suo  n'  andasse  .   La  sua  presenza  spirava  ve- 
ce nerazione  ,   e  il  suo  aspetto  destava  ne'  petti    un  dolce  in- 
cc  canto  .  Recava  essa  in  dono  a'  que'  pastori     frutta  e    fiori 
ce  d'  incognite    terre ,  le  quali    mandavano    una    fragranza     di 
ce  paradiso  .    Quindi    Ella  donava  a  ciascuno    di    loro  o    un 
ce  frutto  ,  o  un  fiore  ,  del  clie  contento   ognuno    sen  tornava 
ce  alla  propria  capanna  ;     ma    allorché  essa    vedeva  una    cop- 
c«  pia  di  leggiadri  amanti  ,  a  questi  fiìceva  presente    del  fio- 
cc  re  ,   e  del  frutto  più  bello  .   La   qual   Fanciulla  piacque  al 
ce  Poeta  chiamar    per  nome    la  Fanciulla  dell'  Estro  m  .    Gli 
artefici   hanno  dunque  rappresentata  la  scena  della  distribu:;io- 
ne  dei  doni:  ond'  è  chevedesi   nel  mezzo  quella  leggiadra  Fan- 
ciulla   incoronata  ,  e  avente    in  braccio    un  canestro    ripieno 
delle  frutta,  e  dei   fiori,   eh' essa  è  intenta  a    dispensare  .  Al- 
la sinistra  è  una  folla   d'  uomini  ,    donne  ,  e  fanciulli  ,   che 
o  hanno  avtilo  il   dono,  o  l'attendono  con  espressione  natu- 
rale   di  diversi  affetti  ,  la  quale  si  mostra    poi  sopramodo  in 
quel  desiderio  baldanzoso  di  alcuni  fanciulli  ,   che  stanno  sul 
davanti    e    che    stendono    importuni    le  braccia  .   Alla  diritta 
del  qundro  è  1'  episodio  di  due  amanti    donati  della  più  bel- 
la rosa  ,  siccome  quelli   eh'  erano  tra  gli  altri  i  più  leggiadri. 
Il  pastorello  vagheggia  con  atto   assai  pronto  la  sua  giovinet- 
ta,   la  quale  tiene  in  mano  la  rosa,  e  fatta  rossa  per  modestia 
abbassa  il  capo  .   Presso  di  loro  un  cacciatore   con  due    cani 
accorre  ansante    ad    ammirare  questo  grazioso    spettacolo  .  Il 
campo  è  tutto  di  paese  bene  immaginato  ,  e  felicemente  ese- 
guilo ,    Le  figure   sono  aggruppate ,  e  disposte  con  grazia  :  e  i 
particolari    toccati  con  prontezza,   e  diligenza  .  Il  quadro  ha 
due  palmi,  e  mezzo    circa  di  larghezza  ,  sopra  due  di  altez- 

7     * 


lOo  Belle  Arti 

xa  ,  ed  è  stato  lavorato   dai  Riepeahausen  a  Mis.  Melllsli* 

L'  argomento  del  secondo  quadro  ,  eh'  è  della  stessa  di- 
mensione del  primo,  è  tolto  esso  pure  da  una  poesia  di  Go- 
ethe intitolata  la  Ballata  del  Bardo  .  jj  In  essa  racconta  il  Poe- 
ta siccome  cantando  un  giorno  un  Bardo  alla  presenza  di 
un  Re,  ne  fu  questi  talmente  commosso  e  rapito,  che  co- 
mandò a  un  suo  paggio  di  porgere  una  collana  d' oro  in 
dono  al  Cantore:  ma  costui,  che  non  era  spinto  da  bas- 
sa avidità  del  guadagno  a  parlare  la  favella  degli  Dei  ricu- 
sò il  presente ,  e  domandò  in  quella  vece  un  nappo  di  vino: 
la  qurile  generosità  fece  ammirare  tutta  la  corte  «  .  Yedesi 
dunr^ue  alla  sinistra  del  Quadro  un  ricchissimo  trono,  e  su 
quello  assisi  il  Re  colla  Moglie .  Sul  davanti  è  un  soldato 
tutto  armalo  di  ferro,  un  paggio ,  e  alcuni  cortigiani:  nell' 
indietro  le  Damigelle  della  Regina  5  e  sui  gradi  del  tro- 
no assisa  una  JNudrice  eoa  un  bambino  in  collo.  Nel  mez- 
zo è  il  paggio  ,  che  tiene  la  catena  d'  oro  nelle  mani  ,  e 
si  mostra  dubbioso.  Presso  di  lui  è  il  Bardo  assiso  coli' ar- 
pa avanti  le  ginocchia.  Egli  fissa  gli  occhj  nel  Re,  e  intan- 
fo colla  mano  dritta  tiene  il  nappo  nel  quale  un'  altro  Pag- 
gio mesce  il  vino  richiesto  .  Dietro  ,  e  dalla  parte  diritta 
sono  i  grandi  del  regno  ,  mossi  tutti  da  stupore ,  e  da  con- 
tento .  La  sala  ,  che  forma  il  campo ,  ha  un'  apertura  nel 
mezzo,  per  la  quale  si  vede  tirato  di  prospettiva  un  corti- 
le reale  di  architettura  gotica  di  buono  stile  ,  e  di  molto 
effetto  di  luce.  11  componimento  è  armonioso,  e  riposato. 
La  figura  del  Bardo ,  e  quella  del  Paggio  che  sta  ac- 
canto al  trono,  ci  sembrano  molto  lodevoli:  siccome  le  al- 
tre ,  e  in  generale  i  particolari  sono  assai  ben  toccati  .  h  n 
degna  pure  di  lode  l' osservanza  rigorosa  dei  costumi  del 
tempo  .  E  questa  opera  hanno  condotta  i  Ripenhausea  per  con- 
to del  Barone   di    Edckarstein  . 

Nel  terzo  quadro ,  allogato  ai  due  Artefici  dal  Generale  KoK 


Pittura  Ripenhausen  loi 

ler ,  è  quella  storia  di  Cori  ola  r.o  quando  riceve  la  Madre, 
che  in  compagnia  di  molte  matrone  Rocjane  va  a  pregarlo 
per  la  salvezza  della  patria .  Vetturia  è  nel  mezzo  inginoc- 
chiala davanti  al  figliuolo  ,•  e  poco  indietro  è  la  moglie  di 
Coriolano  con  un  piccolo  bambino  in  collo  ;  vicino  a  lei 
è  il  figliuoletto  più  grande,  il  quale  riconosciuto  il  padre  fa 
mostra  di  voler  correre  a  lui  colle  braccia  aperte  ;  ma  Vo- 
lumnia  lo  ritiene,  anzi  col  braccio  lo  respinge  indietro:  e 
questo  atto  è  veramente  ripieno  di  molta  considerazione  . 
Poi  segue  sulla  diritta  la  schiera  delle  matrone  ,  che  in 
diversi  modi  esprimono  il  dolore  ,  e  la  speranza  .  Alla  sini- 
stra sta  Coriolano  innanzi  alla  madre ,  manifestando  aperta- 
mente il  dulìbio  dal  quale  è  combattuto  .  Presso  a  lui  sul 
davanti  è  Aufìdio  capitano  de'  Volsci  in  atto  di  sospetto  as- 
sai naturalmente,  ed  espresso  col  portare  ch'egli  fa  una  mano  al 
mento,  e  col  piegare  indietro  del  corpo  .  Indi  veggonsi  mol- 
ti soldati  Volsci  ,  e  un  Sacerdote  ,  che  esce  dalla  tenda  di 
Coriolano  ,  Tutta  questa  parte  del  componimento  è  condot- 
ta con  molta  intelligenza,  sia  per  l'effetto  generale ,  sia  per 
1'  aria  delle  teste  esprimenti  in  diversi  modi  una  sola  passione  , 
cioè  il  sospetto  .  E  qui  ci  permetteremo  un  dubbio  su  quel- 
le foggie  di  vestire  rozze  e  dimesse ,  che  gli  autori  hanno 
dato  ai  soldati  Volsci  ,  mentre  hanno  rivestito  Coriolano  dì 
un'  armadura  nobile  .  Eppure  prima  dei  Romani  i  Volsci 
erano  un  popolo  già  incivilito  ,  e  potente  nell'  armi  .  Nel 
rimanente  questo  quadro  molto  più  grande  dei  precedenti  , 
è  opera  assai  commendevole  ia  tutte  le  sue  parti ,  e  colo- 
rita vigorosamente  . 


102  Belle  Arti 


Basiletti  QLuigi')  :  Bresciano  . 


Gì 


r]i    uomini    del  comune    di    Rodìano  ,   luogo   del    contado 
di    Brescia ,    hanno    allogato    al   Sig:    Luigi    Basiletti   un    qua- 
dro   rappresentante   la    morte    di    S.    Eurosia  ,    martire    Spa- 
gnuola  ,    invocata  dai    devoti    di    quella    nazione    allorché   so- 
no minacciati  da'    turbini  per  esserne  scoppiato  uno  ,    siccome 
narra  la  leggenda  ,  quando  essa    fu  presso   al  morire  .    E  deve 
questo  quadro    essere  posto    in  un  altare    della  pieve  di  quella 
Terra  ;  alla  misura  del  quale  altare  dovendo  attenersi  il  Basiletti, 
è  stato  mestieri    che  desse  una    forma  stretta  e  lunga    alla  tela  . 
e    vi  addattasse    quindi  il    componimento    suo  .    E    in    questo 
egli    ha    superato  la  difficoltà  ,  riducendolo  a    sole  due  figure 
principali,   grandi  quanto  il  vivo ,  che  signoreggiano  con  molta 
grazia  ,  e  valore  il   campo  .   Sul  davanti  è    la  giovinetta  Eu- 
rosia ,   che  anziché  soddisfare  alle  inique   voglie  di  un  soldato 
Vandalo,  preferisce  di  morire  .    Sta  essa  inginocchioui   e  colle 
mani    si  attiene  ad    un   sasso  ,  con   aria  veramente    angelica , 
e    collo    spirito     tutto    assorto  in   Dio   aspetta    il    colpo  ,  che 
la  deve   togliere    di  vita  .  Il   soldato   è   dietro  di  Lei   ,    e  af- 
ferratala pei  lunghi  e  biondissimi    capelli  ,  la  forza   a  piegare 
indietro  la  testa  ,  si  che  la  faccia  rimane    volta  al  cielo  ,  ed  è 
tutta  piena   di   placida    quiete  .    Il   Vandalo  innalza  la   diritta 
mano  ,    armata   di  una  spada  .  e  con   essa  misura  il    colpo  al 
collo  della   santa  vergine .  Il  furore  di  colui  è  in  opposizione 
colla  tranquillità    della    giovine  tta  j  allato,  e    giacenti    uccisi 
per  terra  sono   un  vecchio     venerando  alla  sinistra  ,  e  un  gio- 
vinetto alla  diritta  .   Il  primo  ,    che  giace    in  iscorto  col  capo 
innanzi  ,  è  lo  zio  di  Lei ,  e  l'altro  il  fratello  .  Alla  parte  destra 
l'aria  è    occupata  da  dense  nubi  ,  che  arrivano  fino  alla  terra, 
«  significano    il  temporale  scoppiato   nel  momento  del  marti- 


Pittura  :  Basiletti  io5 

rio  .  la  alto  però  è  una  graa  piazza  di  luce  entro  la  quale 
è  un  angelo  apportatore  delle  paline  del  martirio  .  La  qua- 
le immaginativa  è  assai  bene  considerala  .  Il  campo  dalla 
parte  sinistra  è  tutto  di  paese  con  un  cielo  chiaro  ,  e 
nella  campagna  si  vede  l'esercito  dei  Barbari  in  cainìniao. 
Questa  opera  commendevole  per  1'  inventiva,  pel  disegno, 
e  per  la  semplicità  onora  il  Basiletti  ,  che  giovine  ancora 
dimostra  ne'  primi  suoi  grandi  lavori  un  vlore  maschio  e 
provetto  . 

Opera  sua  è  parimente  un'amorino  di  mezzana  figura, 
il  quale  con  atto  di  pucrih;  crudeltà  ha  rivolta  ccjlla  sinistra 
in  alto  la  face  ,  e  colla  diritta  sulla  fiamma  di  quella  tiene 
tra  le  dita  una  farfalla,  ridendo  del  penoso  tormento,  acni 
condanna  l' infelice  animaletto  .'  Allegoria  sottilmente  inventa- 
ta dal  celebre  Giovanni  Pickler  in  un  suo  carneo.  L'ignudo 
del  corpo  dell'Amore  è  assai  bene  dipinto,  e  il  volto,  in  cui 
l'Artefice  à  ritratta  mia  nobile  fanciulla  Bresciana,  è  ripieno  di 
molta  espressione,  e  vivo  .  11  c;impo  è  tutto  di  vaghissimi 
fiori  ,  e  di  fresco ,  e  grazioso  paese  ;  nel  dipingere  il  quale 
il  Basiletti   dimostra  essere  assai    valente  . 


xw  mtmma  ,«ii  'i.-tMwltr'^srrsi^^vir^'SC^.-vmFtKtKT^jrxa'ininvmaarraBil 


Pittura  dì  Paesi  —  Cattel  Priisìano  . 


T  '     . 

JLi egregio  Cattel   k    ultimamente   condotto  tre  opere,  delle 
quali    desideriamo  ragionare  . 

La  prima,  lavorata  a  Milord  Bristol  è  una  veduta  ia 
grande  del  lago  Albano  ,  presa  dalla  estremità  del  bosco  dei 
Cappuccini  ,  con  diversi  mutamenti  de'  particolari ,  onde  ren- 
dere più  vaga,  e  più  unita  la  scena  .  E  infatti  alia  sinistra 
del  quadro  vedesi  la  parte  estrema  del  bosco  di  foltissimi  alberi 
di  ogni  specie  ,  i  qucli  formano  una  massa  molto  bella  ,  e  ri- 
dente .  Dalla  stessa  parte  è  immaginala  una  cappella  a  foggia 


•lo/f  Belle  Arti 

di  tfempietto  di  buono  siile ,  e  piiì  innanzi  tra  le  roccia  due 
scale  per  le  quali  si  scende  a  un  piano,  eh' è  nel  mezzo,  e  che 
viene  terminato  da  un  muro  ,  che  serve  di  parapetto  al  lago. 
Alcuni  Cappuccini  parte  in  piedi,  e  parie  sedenti  intorno  una  ta- 
vola, danno  anima  al  paese, il  quale  ,  pure  nel  niezzo,ha  sulT  in- 
dietro il  monte  Cavi,  o  Laziale  .  Venendo  poi  verso  la  diritta  in- 
comincia il  lago,  che  si  vede  in  gran  parte,  finché  rimane  chiusa 
la  veduta  con  un  gruppo  di  alberi  ,  che  umidi  ancora  di  ru- 
giada sono  in  armonia  coi  vapori  ,  e  colle  tinte  di  tutto  il 
compouimeuto  ,  e  principalmente  coli' aria  ,  tal  quale  si  vede 
nel  principio  di  un  bel  ninttiiio  .  E  in  questa  parte  di  dipin- 
tura si  dimostra  il  Cattel  assai  vaiente,  e  studioso  imitatore 
della  natura  . 

Le  .'il Ire  due  opere  sono  sopra  tele  più  piccole  della 
precedente  ,  e  rappresentano  ,  1'  una  la  veduta  del  golfo  di  Na- 
poli in  tempo  di  notte,  presa  dalla  strada  nuova,  che  conduce  a 
Posilipo  ,  al  dissopra  del  Palazzo  della  Regina  Giovanna  del 
quale  si  scuoprono  al  basso  i  tetti .  Sul  primo  piano  è  la  detta 
strada  ,  e  la  parte  sinistra  è  tutta  occupata  dal  mare ,  nel  quale 
si  rifrange  la  luce  della  Luna  ,  che  risplendente ,  e  chiarissima 
produce  un  effetto  misterioso ,  e  melanconico .  Nel  fondo  del 
mezzo  è  adombrato  il  Vesuvio  ,  e  sulla  sinistra  si  disegna 
in  una  curva  la  città  di  Napoli  vista  dall'  alto  in  giù  fin- 
ché si  riattacca  alla  strada  laddove  una  casa  ,  eh'  è  sullo 
stesso  primo  piano  viene  a  terminare  il  quadro  .  Vicini  a  quasi' 
ultimo  luogo  sono  raccolti  alcuni  Pescatori  ,  i  quali  stanno 
intorno  ad  un  foco  ,  il  cui  lume  rischiara  debolmente  quella 
parte ,  e  sta  in  opposilo  col  gran  chiarore  della  Luna  ;  non 
può  essere  né  più  vero  né  più  maestrevolmente  toccato  . 
E  a  noi  pare  avere  tratto  1' arlefice  tutto  quel  parlilo  ,  che 
si  può  ottenere  da  un  argomento  così  difficile  per  1'  effetto  ; 
essendoché  1'  arte  ,  che  si  conforta  esprimendo  coi  colori  la 
luce  ,  non  può  riuscire  al  tutto  bene  ,  ove  la  privazion» 
di  quella  essere  debba  il  soggetto   principale  . 


Pittura  :  Cattel  io5 

Per  la  qual  ragione  ,  oltre  modo  viva  ,  e  risplendente 
vedesi  la  scena  rappresentata  nell'altro  quadro,  dove  ha  l'ar- 
tefice ripetuta  quasi  la  stesssa  veduta  ,  ma  presa  dal  basso, 
sulla  riva  del  mare  ,  e  nell'  interno  delle  rovine  del  Palazzo 
di  Giovanna  ,  e  colla  luce  del  pieno  meriggio  .  Un  ampio 
sotteraneo,  che  per  mezzo  di  archi,  e  di  porte  si  prolunga  versola 
parte  destra ,  e  guida  l'  occhio  per  entro  a  cadenti  sostruzioni  è 
il  soggetto  del  quadro  .  Un  grande  arco  apre  sulla  sinistra 
tutta  la  vista  del  mare  ,  eh'  entra  a  bagnare  gran  parte  dell' 
interno  .  Il  sole  caldissimo  illumina  con  diversi  effetti  gagliar- 
di tutto  quanto  il  sotterraneo ,  che  si  vede  rosso  e  debili- 
tato dal  continuo  battere  dei  flutti.  Nel  fondo  del  golfo  si  ve- 
de il  Vesuvio  egregiamente  accennato,  cosicché  l'occhio  ne 
misura  giustamente  la  distanza  .  E  questa  opera  è  veramente 
coadotta  dal  Cattel  con  una  evidenza  singolare  ,  e  con  un 
raro  valore  di  pennello  .  Tra'  particolari  ,  che  ci  hanno  ma- 
ravigliato ,  noteremo  quella  verità  della  transparenza  dell'  ac- 
qua marina  ,  allor  quando  è  penetrata  dai  raggj  del  sole  .  Il 
qual  mirabile  effetto  ha  egli  saputo  ottenere  principalmente  al 
disotto  di  una  barca  di  pescatori  ,  che  sta  sul  davanti  dell' 
apertura  del  grand'  arco  ,  né  crediamo  si  possa  in  simili  co- 
se far  meglio  .  Questi  due  quadri  ha  condotto  il  Cattel  per 
Lady  Actoa 


to6 


f  arictà  scienti flcìia  ,  e  Letterarie  . 


A\  Signor  Cci^ciiicre  Giuseppe  Tainbroni  f^ice-Dircttore    del  Gior- 
nctlc  Arcadico 

ji_4  ssenJosi  desinato  il  Ch.  Signor  Conte  Paoli  di  prendere  in  consi- 
derazione alcune  mie  rilìessioni  critiche  intorno  la  sua  disertazio- 
ne sul  moto  interino  de''  solidi  ,  e  dirigere  contra  di  esse  una  ben 
lunga  risposta  ,  prego  la  S.  V.  d'  inserir  questa  nel  prossimo  qua- 
derno del  Giornale  Arcadico.  Sarà  certamente  per  la  S.  V.,  sicco- 
me lo  è  per  me,  di  grande  comi)iaccnza  il  vedere  che  il  nostro  gior- 
nale dà  motivo  a  scienziati  distinti  di  esercitare  il  loro  ingegno  , 
e  con  nuovi  argomenti  illustrare  e  corroborare  i  loro  concetti  , 
(.Uiestc  amichevoli  dispute  ,  le  quali  hanno  peroggelto  lo  scoprimen- 
to del  vero ,  deggiono  essere  dedotte  a  notizia  del  pubblico  ;  ma  af- 
finchè anch'  esse  non  degeuerino  in  vane  contese,  deggiono  cessare  in 
i)ticl  pvuito ,  ove  esposte  da  entrambe  le  parti  le  necessarie  ragioni, 
rlmirrebbono  soltanto  inutili  ciance  ,  ordinario  irritamento  all'  al- 
trui amor  proprio  .  K'  perciò  che  avendo  io  ne'  miei  articoli  detto 
a'i!)astanza  intorno  1'  opinione  del  Signor  Conte  Paoli  ,  e  giudicando 
che  le  cose  da  me  dette  possano  in  gran  parte  valere  contra  la  di 
lui  risposta  ;  ora  volentieri  mi  taccio  ,  e  lascio  che  il  savio  Leg- 
gitore ne  formi  1'  imparziale  suo  giudizio  .  Pieno  intanto  di  stima 
e  di  ossequio  mi  ripeto  ec. 

11  Compilatore  G.  F 


Risposta    cui  un''    articolo   del   Geonude  Arcadico  intorno  (d  mota 
intestino  delle  parti  de''  solidi  (V.  Quad.  IV.  e  VI.  ) 

ji  oichc  il  compilatore  del  giornale  arcadico  volle  onorarmi  di  nn  det- 
tagliato estratto  della  mia  Memoria  sul  moto  infestino  de'  solidi,  e  di 
prendere  inoltre  ad  esame  alcuni  de'  raziocini  da  me  jiosti  in 
campo  ,  non  chela  mia  o;)inione  ,  la  qual  cosa  anzi  ch'essermi 
dispiaciuta,  me  l'ho  a  onore;  'io  mi  lusingo,  che  il  compilatore 
stesso  vorrà  del  pari  considerare  come  una  prova  del  conto  ,  in 
che  io  tengo  le  sue  riflessioni  ,  e  non  ascrivere  a  poca  docilità  , 
se  qui  ripropongo  alcuue  mie  considerazioni  .  A  ciò  specialmente 
mi  mena  il  vedere  ,  e  con  sommo  mio  rincrescimento,  che  non 
!  0  se  la  poca  perspicuità  delle  mie  espressioni  ,  o  la  poca  ordina- 
ta esposizione  delle  mie  idee  ,  e  forse  ambedue,  mi  hanno  reso 
oscuro  i  si  che  egli  non  ha  potuto  talvolta  afferrare  nel  suo  vero 
senso  ciò,    che    io   intendeva    dire.  Rd     eccone  subito  una  prova  . 

Ove  nella  mia  Memoria  mi  occupai  specialmente  dell' azione  del 
calorico  (  p.  3o.  e.  6.  )  ,  fu  mia  intenzione  il  dimostrare,  ohe  sup- 
jiosti  i  corpi  quali  si  riguardano  dai  miei  oppositori  ,  cioó  in  nno 
btato    di  somma    ristrelter.za  ,  .si  che  le  parli    si  trovino    fortemente 


Varietà'  Scientif.  Letterarie  107 

ristrette  fra  loro  ,  un'  anmenfo  anche  notabile  di  temperatura  non 
verrebbe  a  cagionare  in  essi  ,  che  pirciolo  o  niun  movimento 
di  parti,  anzi  che  degli  effetti  si  grandi,  quali  dagli  oppositori 
istessi  s'immaginano  .All'  opposto  considerando  i  corpi  composti  di 
parti  lontanissime  fra  di  loro,  e  disposte  al  moto,  anche  le  piccole  varia- 
zioni di  temperatura  si  uniranno  a  tenere  le  parti  de'  solidi  in  una  certa 
libertà,  si  eh  '  esse  possono  pront;tmentc  obbedire  a  qualunque  causa  in- 
terna, o  esterna  ,  che  tenda  a  fare  eh'  esse  cangino  di  posizione  .  Quin- 
di nel  darei'  esposizione  dell'  opposta  teoria,  mi  valsi  delle  osservazioni 
tratte  dal  ferro,  e  dal  vetro,  onde  far  vedere  ,the  nella  supposizione,  che 
le  parti  di  questi  corpi  si  trovino  in  assai  ristrettezza  fra  loro,  un  aumento 
in  lunghezza  diySfio  o  (liy"8o.  pel  primo  ,  e  di  /*  1200  pel  secon- 
do, non  potrebbe  avere  che  effetti  picciolissimi  .E  se  da  qnestapicciola 
forza  vediamo  prodursi  grandissimi  effetti^  nò  possiamo  col  pensiere  in 
alcun  modo  aumentare  questa  forza  ;  ragion  vuole  ,  che  si  diminuisca 
la  resistenza,  lo  che  si  ottiene  riguardando  le  parti  de'  solidi  lontane 
fra  loro  ,c  disposte  al  moto .  Per  le  quali  cose  non  mi  sembra  ,  che 
quanto  io  dissi  sull'  azione  del  calorico  ,si  abbia  a  reputare  Jiiori  di 
proposi! u  ^(inzi  di  yanta^gio  agli  aversarj.  IS.  quando  essi  mi  pones- 
sero riscontro,  che  ove  io  attribuisca  si  grandi  effetti  alle  picciole 
variazioni  di  temperatura  ,  tanto  più  converrà  che  da  noi  si  attribuisca 
alle  temperature  elevate  ;tntta  la  forza  di  tale  argomento  sarebbe  tolta, 
solo  che  io  facessi  osservare  ,  che  io  attribuiva  al  calorico  grandissimi 
effetti  ,  supponendo  i  corpi  composti  di  parti  rarissime;  e  che  quindi  un 
tale  raziocinio  non  si  jmò  estendere  supponendoli  composti  di  parti 
ristrette    fra    loro . 

Lo  immaginare  che  la  Icvigatezsa  delle  facce  de'  cubi  di  breccia 
osservati  da  Saussure  sulla  collina  di  S.  Croce  ,  provenga  dall'  essersi 
essi  strisciati  gli  uni  in  su  gli  altri  ,  siccome  mostra  credere  il  com- 
pilatoredeir  Art.  della  Bib.  Ital.  ed  ora  più  chiararamente  si  dice 
neir  art.  del  Giornale  Arcadico  ,  a  me  sembrava  contrario  a  tutto  ciò 
che  continuamente  si  os.cerva  ne'  massi  ,  che  pel  pendio  trascor- 
rono delle  montagne.  Per  lo  che  mentre  (  p.  42.  )  io  mi  feci  a 
trattare  di  questo,  temendo  quasi  di  avere  male  inteso  ciò,  che 
r  A.  voleva  significare  ,  lasciai  d'  occuparmene  .  Ora  poi  il  compila- 
tore del  giornale  romano,  mentre  più  chiaramente  su  di  ciò  si  es- 
prime ,  al  tempo  stesso  egli  mi  somministra  più  che  bastanti 
argomenti  contro  una  tale  supposizione  ,  si  che  1'  aggiungere  nuove 
riflessioni  mi  sembrarcbbe  superfluo  .  Infatti  come  immaginare  che 
que'  cubi  siensi  quasi  arruotati  1'  un  1'  altro  su  tutte  le  loro 
facce  ,  anzi  che  arruotolarsi  ,  e  quindi  smusarsi  ne'  loro  spigoli 
e  ne'  loro  angoli  ? 

11  distacco  di  questi  cubi  si  suppone  dal  giornalista  romano  an- 
teriore al  loro  consolidamento  ,  Io  che  non  è  forse  1'  opinione  dell' 
Autor  dell'articolo  della  Bib.  Ital;  il  quale  attribuisce  un  tale  di- 
stacco ad  un  qualche  cataclismo  del  globo  .  Ciò  però  poco  interessa 
al  nostro  soggetto ,  perché  io  abbia  ad  occuparmene  ;  e  dirò  solo 
«he  fra  le  sue  supposizioni  io  mi  appiglierei  alla  seconda  .  lo  poi 
non  dissi  che  essendo  que'  ciottoli  stranieri  alla  massa    «he  si  crisial- 


io8         Varietà'  SciejNtif.  Letterarie 

lizzava,  essi  dovevano  essere  rigettati ,  poiché  in  vero  se  ciò  é 
incredibile  in  una  massa  molle  ,  stando  alla  supposizione  degli  op- 
positori; esso  è  poi  affatto  impossibile  in  una  m:issa  di  già  con- 
solidata: né  cosa  si  strana  poteva  cadérmi  in  pensiero  .Dissi  soltanìo; 
che  vedendo  ,  che  mentre  le  sostanze  si  cristallizzano  ,  scacciano  ed 
allontanano  i  corpi  estranei  anzi  che  unirvisi  strettamente  ,  un 
aderenza  si  grande  non  doveva  a  mio  credere  manifestarsi  fra  il 
cemento  ed    i    ciottoli  in  esso  compresi  . 

TNelIa  mia  lettera  al  Molina,  ove  (p.  19.  )  per  la  prima  volta 
feci  parola  di  queir  ^  re  a  del  genere /oec/z/ncu/(t5  osservata  dal  Broc- 
chi al  IVIonle  Mario,  e  ohe  oia  pid  esattamente  col  Brocchi  istes- 
so  chi;iramente  uirea  Rumulca  (  Conc.  fos  snb.  t.  2.  p.,  486.  ); 
)o  feci  osservare,  che  il  carbonato  calcario  non  solo  none  solubile nell' 
acqua,  ma  neppure  forma  pasta  con  essa  .  Se  si  trattasse  di  sostan- 
za argillosa  io  non  sarei  lontano  dal  venire  nella  sentenza  del  mio 
oppositore  ,da  cui  si  vuole  che  un  semplice  rammollimento  della  so- 
stanza della  conchiglia  sia  bastante  a  procurarne  la  cristallizzazione, 
e  che  a  tal  fine  sia  bastante  T  acqua  d'  infiltrazione  .  Ma  nin- 
na analogia  ci  mona  a  credere  che  una  picciola  qualità  d'  acqna  val- 
ga ad  ammollire  la  sostanza  di  una  conchiglia ,  se  in  que'  molus  • 
rbf ,  le  spoglie  di  cui  stettero  Uin2;amente  nel  fondo  del  mare  e 
sotto  una  pressione  considerabile  ,  nolla  si  osserva  che  ci  faccia 
credere,  che  1'  acqua  abbia  «ina  qualche  azione  dissolvente  in  su  Ai 
esse .  Se  ciò  fosse  ,  le  conchiglie  che  formano  gli  strati  delle  nostre 
montagne  si  trovarebbero  sempre  compresse  e  sformate ,  anzi  che 
conservare  la  loro  fi<;nra  ad  essere  ridotte  in  frammenti  .  E  suppo- 
ste le  conchiglie  come  tutti  gli  altri  solidi  ,  al  credere  de'  miei 
oppositori  ,  composte  di  parti  ristrettissime  fra  di  loro  ,  una  piccio- 
lissima  quantità  d'acqua,  quanto  può  entrare  tielJa  cavità  occupata  da 
una  conchiglia  ,  senza  che  la  concliiglia  islcssa  ne  sia  rimossa,  non 
potrà  certamente  communicare  alle  parti  della  conchiglia  la  facoltà 
di  cristallizzarsi,  e  di  muoversi  in  modo,  che  nel  suo  interno  si 
formino  delle  cavità,  come  talvolta  si  osserva  ,  e  quindi  le  parti 
di  queste  stesse  cavità  si  rivestano  di  cristalli  .  Al  contrario  am- 
messa la  facile  mobilità  delle  parti  de'  solidi  ,  una  causa  <jualunquc 
esterna  o  interna  può  dL'tiuminare  la  cristallizzazione  della  parte 
calcarla. Eiiw  a  tanto  ohe  il  mioojijiositore  non  farà  conoscere  per  (juali 
forze  ,  per  quali  circostanze  una  picciolissima  quantità  di  a(  qua 
nell'interno  delle  montagne  valga  ad  animollire  il  carbonato  cal- 
cario ,  e  la  intera  sostanza  della  conchiglia  ,  ci  sarà  permesso  il  ri- 
manere neir  opinione  nostra  ,  fondandoci  sulle  proprietà  le  più  con- 
vaL'date   di   tali     sostanze  . 

Intorno  all'  influenza  d<'ir  cva|.orazione  ,  come  in  riguardo  .di' 
f7.  oiic  del  calorico  ,  non  ha  il  compilatore  del  giorn:  le  arcadico 
•  ■istinto  ciò,  che  io  dissi  nella  suj. posizione  della  di  nsitiì  cie'solidi, 
onde  apjiunio  dimostrare  V  erroneità  di  una  tale  <  pinione  ,  e  1' op- 
porsi essa  all'  osservazione  ,  da  ciò  die  io  dissi  ,  onde  esporre  la 
mia  teoria  .  La  crosta  che  io  supjiosi  formarsi  alla  su|  t  rficic  di  un 
»  'sso  di  picira  dopo  esser  tratto  dal  swolo  ,  non  e  già  cliC  io   credit 


-  xixuKTA'   SCIENTIF.    LETTERARIE  I09 

che  essa  realmente  si  formi;  ma  ìiensi  intesi  dire  ,  e  tutt'ora  i 
«redo,  eli'  e^sa  si  formerebbe  quando  il  suo  consolidamento  si  do" 
vesse  attribuire,  anzi  che  ad  altro,  all'  evaporazione  .  Infatti  ap- 
plicando il  mio  ragionare  ai  prismi  di  smeraldo  ,  di  cui  parla  il 
Fatrin  (  Min  t:  2.  p.  33  )  ,  se  il  loro  consolidamento,  che  non 
tarda  ad  effettuarsi  tratti  che  siano  dal  suolo,  dovesse  attribuirsi 
all'  evaporazione,  e  cominciasse  quindi  alla  superficie  ,  in  tal  caso 
da  vero,  che  si  formerebbe  una  crosta,  cui  lo  stesso  mio  oppo- 
sitore non  potrebbe  evitare  d'attribuire  una  assoluta  impermeabilità 
all'aria.  E  quindi  si  realizzarebbe  ,  cbe  l'intera  massa  dello  smeral- 
do non  si  coiisolidarcbbe  giammai.  Ma  questa  opinione,  che  nel 
giornale  arcadico  mi  si  attribuisce  ,  e  mi  si  rimprovera  siccome 
opposta  al  fatto,  non  è  altrimenti  la  mia  opinione;  poiché  anzi  io 
intesi  combatterla,  dimostrando  che  in  tal  guisa  saremmo  condotti  a 
un  punto  ,  in  cui  l'  etiolo^ia  e  1'  osservazione  sarebbero  diametral- 
mente opposte  .  La  mia  opinione  ,  quale  specialmente  viene  espressa 
alla  pag.  4H,  si  è,  che  le  parti  tutte  del  masso  da  me  immaginato 
indipendentemente  dall'  evaporazione  tendono  a  ravvicinarsi,  e  nella 
loro  reciproca  azione  escludono  tutto  ciò  che  si  oppone  al  loro  ruv- 
viciiamento  ;  e  ciò  pel  trovarsi  in  circostanze  diverge  da 
quelle  di  cui  sentiva  1'  azione  mentre  era  ancora  nel  suolo  .  E  qui  ha 
luogo  ,  r  osservazione  di  Breislak  ,  cioè  che  i  minerali  cominciano  a 
consolidar,-,i  dal  centro  ,  anzi  che  dalla  supcrhcie(  Inst.  geo.  §.  120.). 
Dopo  di  ciò  egli  è  chiaro  che  il  compilatore  del  giornale  arcadico 
si  è  unito  meco  a  combattere  la  contraria  opinione  :  né  si  potrebbe 
ritorcere  contro  di  me  V  argomento  eh'  egli  qui  pone  in  mezzo  Solo 
farò  rilevare  che  quand'anche  uix  tale  argomento,  e  qtiale  da  lui  vie- 
ne proposto,  avesse  luogo,  non  si  può  sempre  inferire  che  un  corpo 
debba  essere  impermeabile  all'  acqua,  poiché  esso  non  concede  il 
passaggio  all'  aria  ;  su  di  che  non  sarebbe  qui  luogo  di  trattenersi  , 
come  di  cosa  estranea  al  soggetto ,  e  che  d'  altronde  è  si  ovvia  ,che 
il  dimostrarla  sarebbe  superfluo 

AH'  Autore  del  giornale  romano  sembra  imcompatibile  la  lentez- 
za del  moto  intestino,  che  ne' corpi  si  esercita  dopo  il  primo  loro 
consolidamento  ,  e  colla  distanza  delle  loro  malccole  ,  quale  da  me 
viene  supposta,  e  collaloro  somma  mobilità  .  Io  suppongo ,  é  vero, 
le  molecole  de'  corpi  e  lontanissime  fra  di  loro  ,  e  di  moltissima 
mobilità  fornite:  ma  in  tale  equilibrio  di  forza,  che  a  turbarlo  non 
basta  già  ogni  menoma  forza.  Se,  considerato  un  corpo  qualunque, 
r  equilibrio  in  che  si  trova  dipende  dalla  somma  delle  attrazioni  di 
tutte  ,  o  quasi  tutte  le  sue  parti  fra  loro  ,  mentre  una  o  pochis- 
sime parti  del^corpo  istesso  seguono  ad  agire  ,  perché  non  soddis- 
fatte nelle  loro  affinità,  egli  è  certo  ,  che  quantunque  le  parti  di  co. 
testo  corpo  siano  lontanissime  e  facili  a  moversi  ,  l'  azione  delle 
molecole  ancora  non  soddisfatte  sarà  infinitamente  piccola  ,  e  pro- 
porzionata al  loi-o  numero.  Quindi  qualunque  sia  la  distanza,  e  la 
mobilità  delle  parti  de'  corpi,  1'  azione  di  un  numero  piccolissimo 
di  queste  parti  istesse  sarà  sempre  tenuissima  in  relazione  a  quel- 
la di  tutte  le  altre  parti,  che  già  si  trovano  in  un  certo  stato  d'  equili- 


no         Varietà'  Scientif.  Letterarie 

brìo  r  e  che  perciò  debbono  opporre  utia  certa  resistenza  .1  qua- 
lunque forza  tenda  a  rimoverle  .  Dopo  di  cKe  mi  sembra  ,  che  la 
Ient;zz,a  dell'  azione  di  queste  pochissime  parti  sia  conciliabile  col- 
la rarità  delle  molecilc  de'  corpi,e  colla  loro   mobilità  somma   . 

Neil'  estratto  della  seconda  parte  della  mia  memoria  il  compi- 
latore del  giornale  arcadico  primieramente  osserva,  che  un  ino.'iincn. 
to  intestino  ne'  soiidl  giunti  al  ina.cimuindi  loro  compattezze:  non 
sembra  a  lui  ancora  abbastanza  dimostrato  ,  concedendo  bensì, 
che  ciò  possa  accadere  ove  C  affinità  di  coesione  non  è  pienamente 
soddisfatta;  ma  non  sentesi  disposto  a  concedere  ,  che  ciò  avven- 
ga c/uando  la  massa  è  divenuta  compattissima  ,  a  meno  che  da  ca- 
gioni esterne  non  venga  la  coesione  nnovaniMte  imlebolita  .  E 
qain  li  aggiunge,  che  il  cre<iere  altrimenti  ,  che  il  supporre  un  ta- 
le movimento  ia  corpi  ii  lattaixijnte  compatti  ,  quale  si  è  il  traver- 
tino dell'  Anfiteatro  Flavio ,  porterebbe  all'  assurdo  che  V  affinità 
di  coesione  nelle  particelle  de'  solidi  non  ottiene  mai  il  suo  pieno 
ejfetlo  ,  (juale  e  la  stabile  ,  e  perf-lta  unione  di  esse  -  Né  la 
mollezza  de'  solidi  finclié  si  trovano  nell'  interno  del  suolo  ,  al  cre- 
der suo,  si  debbe  ascrivere  ad  altro  ,  che  alla  umidità  onde  sono 
imbevuti  .  Ecco  in  succinto  la  teoria  del  fisico  romano  .  Nuova- 
mente lo  prego  a  non  attribuire  a  poco  riguardo,  se  non  ostante  il 
giudizio  da  lui  pronunziato  ,  anzi  che  persuadermi  di  revocare  la 
mia  teoria  ,  mi  faccia  a  rispondere  alle  sue  riflessioni  ,  e  nuova- 
mente sottoponga  al  parere  de'  fisici  la  mia  opinione  - 

Primieramente  mi  e  forza  il  dire  di  quel  maximum  di  com- 
pattezza de'  corpi  .  Poiché  ben  si  vede  che  1'  A.  di  quell'  articolo 
non  intende  di  una  solidità  assoluta  ,  come  potrebbe  forse  inter- 
pretarsi dalla  nuda  espressione  maximum  di  compattezza-^  giacché 
in  seguito  (  p.  4+3.  )  egli  fa  vedere  di  parlare  di  un  grado  di  coe- 
sione massimo  relativo  alla  natura  di  ciaschedun  corpo  .  Attenderò 
eh'  egli  mi  determini,  .piesto  massima  grado  di  coesione  ,  imperoc- 
ché da  quanto  egli  dice  non  credo  che  possa  rilevarsi ,  né  la  fisica 
ci  oftre  il  modo  di  stabilire  questo  punto  fisso  ,  in  cui  riconoscere 
il  grado  maggiore  possibile  di  solidità  di  un  corpo  ,  che  però  non 
sia  il  grado  di  solidità  assoluta  .  E  s'  egli  intende  ,  come  io  im- 
magino ,  dello  stato  naturale  de'  corpi  ,  consideran<lo  in  essi  la  coe- 
sione giunta  a  quel  maxim-un  di  cui  é  suscettibile  ciaschedun  cor- 
po in  particolare  :  conviene  osservare  che  anche  questo  stato  natu- 
rale de'  corpi  non  costituisce  altrimenti  un  punto  fisso  ,  ed  invaria- 
bile, com2  dovrebbe  essere  se  la  coesione  fosse  giunta  al  suo  ma- 
ziinum  relativo  .  In  fatti  la  forza  di  attrazione  non  é  mai  piena- 
mente soddisfatta  ,  poiciiè  |a  forza  di  repulsione  ,  e  1'  azione  del 
i:.dorico  vi  si  o.ipongono  mai  sempre  .  E  la  temperatura  de'  corpi 
variando  continuamente  ,  debbano  ancora  ad  ogni  istante  cangiarsi 
;,ii  effetti  dell'  opposta  forza  di  attrazione   ,  come  già  osservai  ncl- 

I  ;  mia  memoria  (  p.  SS.)  :  d'  onde  deriva  quella  oscillazione  continua 

II  die  parti  de'  solidi  .  Per  la  qual  cosa  si  reiirle  manifesto  ciò  che 
dissi  di  sopra  ,  cioè  che  questo  stato  naturale  de'  corpi  non  è  al- 
trimenti un  punto  fesso  relativamente  alli  pro^irla  coesione  ,  ma  un 


Varietà'  Scientif.  Lettlrarje         1 1 1 

punto  continuamente  variabile  .  Cosi  il  Boscovich  allorché  immagi- 
no quella  curva  ,  con  che  rappresentare  il  modo  onde  si  attraggono 
le  molecole  de'  corpi  fra  loro  ,  egli  lo  costruì  in  maniera  ,  che  la 
coesione  non  fosse  altrimenti  rappresentata  da  un  sol  putito  della 
curva  istessa  ,  ma  da  diversi  punti  alternanti  con  quelli  che  rap- 
presentano la  ripulsione  •  K  che  V  equilibrio  in  cui  1'  attrazione  e 
la  ripulsione  si  trovano  ne'  corpi,  non  costituisca  un  punto  invaria- 
bile ,  inoltre  ce  lo  dimostrano  chiaramente  que'  cori>i,  che  essendo 
prima  riscaldati  ,  e  quindi  portali  alla  primitiva  temperatura  ,  non 
perciò  tornano,  o  solo  ahHini  tornano  tardissimo  alle  medesime  di- 
mensioni (  V.  De  Lue.  Bih.  u()!v  t.  i.  p,  lyi.  ,,  Bellani  Lett.  al 
conte   Dandolo   sull'  uso  di  varj   stromenti  ec.  ) 

IVIi  permetterà  poi  il  giornalista  romano  1'  osservare  ,  che  il 
solo  essere  egli  disposto  ad  ammettere  la  facoltà  al  movimento  nel- 
le masse  compattissime  ,  non  basta  ad  escludere  ciò  che  io  asseriva 
appoggiaodomì  ai  fatti,  de'  quali,  a  cagione  di  esempio  ,  rammenterò 
qui  r  alterazione  de' petroselci  di  Siberia  all'aria.  E  se  fondasi  egli 
sul  travertino  dell'  Anfiteatro  Flavio  ,  in  cui  al  dire  di  lui  ninno 
si  farebbe  a  sostenere  che  tutt'  ora  persista  un  movimento  inte- 
stino delle  parti  ,  d'  altronde  io  credo  ,  ed  è  forza  il  crederlo  ,  che 
se  all'  Anfiteatro  Flavio  si  applicassero  le  osservazioni  dal  Cesaris 
istituite  sui  muri  dell' osservatorio  di  ]Vlilano(  Bib.  univ.  JuinTi8i6.) 
analoghe  a  quelle  già  pubblicate  dal  Bougner  ,  nelle  memorie  dell' 
Accad.  des  Sciences  (  i'jSi+.  )  si  scorgerebbe  in  quello  una  conti- 
nua oscillazione  ,  un  continuo  variare  di  dimensione  nelle  sue  parti 
a  seconda  de'  gradi  di  temperatura,  minore  forse,  ma  simili  a  quel, 
lo  osservato  dall'  Astronomo  Italiano.  Ecco  dunque  che  le  parti  de- 
gli edifici  '  P''^  consolidati  ,  cangiano  continuamente  nelle  loro  di- 
mensioni,e  quindi  nella  loro  cocsio:ie  .  E  mentre  le  particelle  on- 
de essi  sono  costruiti  vanno  cosi  oscillando  ,  avvicinandosi  ,  ed  al- 
lontanandosi a  vicenda,  a  mio  credere  ,  se  una  qualche  causa  inter- 
venga a  determinare  un  movimento  intestino  ,  questo  non  tarderà 
in  esse  a  prodursi . 

Eccomi  nuovamente  nella  necessità  di  fare ,  con  mio  dispiacere 
osservare  che  il  fisico  romano  non  ben  m'  intese  .  Non  so  se  il  sup- 
porre un'  incessante  induramento  nel  travertino  dell'  anfiteatro  Fla- 
vio ,  conducesse  ,  come  da  lui  si  crede  ,  necessariamente  ad  un  as- 
surdo ;  egli  e  certo  però ,  che  non  un'  indiftìnito  successivo  aumen- 
to di  coesione  ne'  solidi  ,  ma  un  continuo  movimento  ,  una  conti- 
nua oscillazione  nelle  loro  parti ,  è  ciò ,  che  io  mi  proposi  di  dimo- 
strare nella  mìa  lettera  al  Molina  ,  e  nella  successiva  memoria  .  E 
quando  invero  egli  creda  ,  che  1'  una  causa  conduca  necessariamente 
all'  altra ,  cioè  che  sussista  la  mobilità  nelle  parti  de'  solidi  ,  questa 
debba  portare  ad  un'  induramento  successivo  di  essi ,  non  avrei  che 
a  rammentargli  ,  che  in  natura  v'  ha  certamente  una  forza  ,  da  cui 
r  attrazione  viene  continuamente  controbilanciata  .  Per  la  qual  cosa 
le  parti  tli  uu  corpo  possono  trovarsi  in  un  continuo  movimento, 
possono  essere  non  meno  libere  di  quelle  di  un  liquido ,  senza  che 
perciò  esse  tcndino  ad  avvicinarsi  indefinitamente  ,  al  che  si  oppone 
questa  forza  qualunque  di  ripulsione  .    Infatti    vediamo  che  appunto 


Ì12  VAhIETA'   SCIEMTIF.    LlTTERAHIE 

e'ò  non  accade  ne'  liquidi  ,  ne'  finali  credo  che  il  mio  oppositore 
vorrà  nur  egli  riconoscere  ed  una  suscettibilità  al  moto  ,  ed  un 
reale   movimento  continuo  di  parti  . 

Attribuendo  alla  umidità  la  mollezza  de'  minerali  finché  si  tro- 
vano nel  hiogo  nativo  ,  come  ho  già  detto  dì  sopra  ,  egli  nicga  poi 
di  accordare  alcuna  capacità  al  moto  ai  corpi  giunti  al  loro  massi- 
mo induramento  ;  ed  a  questo  oggetto  egli  riferisce  ciò  che  dissi  io 
stesso  (p.g-i.)  suir  inalterabilità  all'  aria  de'  monumenti  di  granito  .  Io 
.Ktribuii  ai  solidi  tutti,  e  per  la  rarità  delle  loro  parti,  e  per  la  con- 
tinua oscillazione  ,  che  nelle  parti  istesse  deve  cagionare  necessa- 
riamente il  cambiarsi  ad  ogni  istante  la  temperatura  ,  un'  attitudine 
a  concepire  un  moto  intestino;  ma,  riandando  la  mia  memoria,  il  mio 
oppositore  troverebbe  che  alla  p.4o.io  aveva  detto,  chea  produrre 
vm  tal  moto  fa  duopo  che  intervenga  una  causa  qualunque  .  Per  la 
t|ual  cosa  se  nci;li  obeli^clii  ,  e  nelle  colonne  di  granito  non  ac- 
cadono alterazioni  sensibili  ,  ciò  nuli'  altro  varrebbe  a  provare,  se 
non  che  ninna  causa  ancora  intervenne  ;  o  pia  probabilmente  che 
r  azione  di  essa  abbisogna  di  molti  e  molti  secoli  per  rendersi  ma- 
nifesta .  Oltracciò  ove  alla  P.92.Ì0  feci  parola  della  inalterabilità  de' 
monumenti  di  granito,  quantunque  io  dicessi  eh'  essi  sembrano  sfi- 
<lare  le  ingiurie  del  tempo  ,  e  delle  stagioni  ,  non  perciò  io  volli 
alribuire  ad  essi  una  inalterabilità  «ssoluta  :  lo  che  saria  stato  strano, 
sostenendo  in  tal  guisa  ciò  ,  che  io  voleva  combattere  .  Ivi  era  mio 
ogg"tto  l'  escludere  l'  azione  dell'  atmosfera  ,  e  lo  staliilirc  un  con- 
tronto  fra  il  granito  di  già  tratto  dal  suolo,  e  quello  che  tuttora  fa 
j>artc  delle  montagne  .  Quindi  senza  trovarmi  in  contradizione  con 
me  stesso ,  poteva  attribuire  al  granito  fuori  del  suolo  una  quasi  niu- 
jia  alterazione,  allorché  si  trattava  di  stabilire  il  confronto  con  quel- 
lo ancora  attaccato  al  suolo  nativo  ,  e  sottoposto  quindi  alle  altera- 
zioni le  più  profonde  . 

Riguardo  ali'  umidità  ,  cui,  come  ho  detto  dissopra  ,  egli  attri- 
Jiuisce  la  mollezza  de' diamanti ,  delle  acque  marine  ,  e  di  tuW'  altro 
minerale  ,  accennerò  qui  soltanto  che  in  tal  guisa  si  fa  dell'  acqua 
un  varo  j4lkacst  ,  un  dissolvente  universale,  senza  aver  riguardo  alla 
natura  delle  sostanze  ,  e  alla  loro  solubilità  ,  ed  insolubilità  :  su  di 
che  avrò  altrove  occasione  di  occuparmi  più  detagliatamente  .  E 
intorno  a  ciò  che  egli  dice  suU'  indurare  eternampntc  di  questi  mi- 
nerali ,  non  avrò  che  a  ripetere  ciò  ,  che  io  dissi  di  già  ,  parlando 
dei  travertino  dell'anfiteatro  Flavio  ,  cioè  che  un  induramento  eter- 
namente progressivo  ,  non  è  altrimenti  una  conseguenza  inseparabile 
rial    Jnovinicnto  delle   parti  . 

Dopo  di  avere  V  egregio  compilatore  del  giorn.  arcadico  esposto 
ìa  sua  opinione  ,  egli  prende  ad  esaminare  alcuni  de'  fatti  da  me  ri- 
feriti nella  scronda  parte;  su  di  che  non  mi  tralterrò,  che  quanto 
più  brcvemunU;  per  me  si  possa,  rillettendo  che  quando  pur  si  giun- 
gesse a  dimostrare  inconcludente  uno ,  o  più  di  essi  ,  non  perciò  si 
esclu  lercbbc  la  mia  opinione ,  la  quale  non  posa  su  di  alcuna  osser- 
vazione isolata  ,  ma  su  tutte  insieme  .  E  s'  egli  non  trova  ncU'  ef 
floroiccnza  dcl'r;  piriti  un' argoiiienfo  di  njoviiacuto  intestino,  lo  ohe 


Varietà'  Scentif.  Letterarie  ho 

d'  altronde  sarebbe  facile  a  provarsi;  e  ciò  egli  crede  perchè  la  cl- 
florescenza  non  accade,  che  quando  la  pirite  stessa  è  già  franta:  con- 
verrà poi  che  egli  ammetta  che  lo  stesso  frangersi  spontaneamente 
delle  piriti  all'  aria  ,  non  può  essere ,  che  un  effetto  del  moviincuto 
delle  sue  parti  .  Bene  espresso  che  io  intendo  della  naturale  decom- 
posizione delle  piriti,  della  quale  ajìpnnto  intese  di  favellare  il  Bo- 
yle  ,  e  non  della  vitriolizzazione  artitìcialmente  procurata  ,  c.omc  in- 
tende il  giornalista  romano  , 

Se  da  ciò  che  io  dissi  della  turchina  rife-rita  dal  Boyle  ,  egli 
non  potè  formarsi  un  idea  precisa,  e  poiché  iuoltre  egli  trovò  il  mo- 
do di  conciliare  questo  fatto  co'  suoi  principi  ,  immaginando  che 
quelle  maccéiie,  che  io  diceva  portarci  dall'  una  parte  all'  altra  del- 
la pietra  ,  non  fossero  che  una  continuazione  di  macchie  di  già  esi- 
stenti :  s'  egli  nella  incertezza  si  fosse  fatto  a  consultare  1'  opera  del 
Boyle,  egli  sarebbesi  convinto  del  coiitrario;  ed  avrebbe  veduto,  che 
ivi  si  dice  chiaramente  tali  manchie  de  loco  in  locuin  migrare  , 
o  per  servirmi  della  sua  espressione  medesima  ,  eh'  esse  progredi- 
vano isolata  .  Per  la  qual  cesa  la  spiegazione  da  lai  immaginata  non 
può  arer  più  luogo  . 

Fa  rilevare  il  mio  oppositore,  che  se  il  vetro  aumenta  di  volu- 
me nel  raffreddarsi  ,  ciò  accade  mentre  esso  non  ha  ancora  a»q*i- 
stato  una  perfetta  solidità  .  Io  veramente  a  tale  proposito  non  par- 
lai di  solidità  perfetta  ,  e  solo  argomentai  con  Bo\  le  ,  che  nel  vetrD 
che  si  raffredda  si  scorge  tuttavia  un'  effettiva  agitaiione  di  parti  . 
Avrei  però  potuto  da  questa  osservazione  desumere  una  prova  di- 
retta a  favore  del  mio  assunto  ,  poiché  questo  moviinento  seguita 
anche  dopo  che  lo  stato  di  fusione  è  cesselo  ,  cioè  mentre  il  ve- 
tro SI  è  reso  fragile  ,  e  per  questo  soltanto  è  necessario  clic  a'  lavo- 
ri fatti  di  questa  sostanza  si  dia  ciò  che  i  fabbricatori  chiama- 
no la  tempra  .  Sull'  esure  il  retro  più,  o  meno  riscaldato,  purché 
egli  però  non  sia  in  istato  di  fusione ,  mi  riporto  ^  ciò  che  io  dissi 
nella  mia  memoria  (  pag.  35.)  . 

Che  il  vetro  poi  raffreddato  non  si  rompa  che  dietro  i  cambia- 
menti repentini  di  temperatura  ,  attandercmo  che  1'  Aut.  lo  conva- 
lidi con  de'  fatti,  escludend©  perciò  F  osservazione  giornaliera,  non 
che  le  osseervazioni  di  Brevster  ,  e  Secbeck  (  Buls.  Phil.  i8i6.)  di 
Balbi  ,  e  di  Gasali  (Com.  Inst.  Bonon  ),  non  ohe  quelle  più  recen- 
temente presentate  dal  dotissimo  Moscati  all'  Ist.  Ital-  ,  le  quali  avrò 
altrote  occasione  di  ricordare  .  E  converrà  pure  che  egli  ci  provi 
in  qualche  modo  ,  che  i  componenti  del  vetro  non  sono  uniti  in 
guisa  da  formare  un  composto  omogeneo  ;  ed  allora  potrà  applicarvi 
la  dottrina  di  Bertolet . 

Won  starò  qui  a  rispondere  ad  una  ad  una  alle  obiezioni  del  fi- 
sico Komano  ,  per  lo  che  intorno  a  ciò  ,  che  egli  eice  di  conleru- 
cti  nelle  lave  ,  non  farò  che  accennare,  che  io  pure  rimarcai ,  che 
la  loro  formazione  si  faceva  in  una  masaa  non  ancora  saft'reddata  . 
E  lacend»  io  pure  uso  della  stessa  filosofica  ingenuità,  con  che  egli 
si  à  fatto  ad  esaminare  la  mia  opinione  ;  dirò  che  quelle  riilessioni 
•  iif  egfi  mi  oppone  intorno  ai  contenenti  de'  terreni  di  allusione  • 
'■'    H'>i   in  tutti  i  casi ,  in  alcuni    almeno  convengono    pienam<!nte  . 

G.  A.  To.  IV.  8 


I  lA        Varietà'  Scientif.  Letterarie 

Jfclla  porosità  della  sostanza  caloaria ,  che  separa  le  sfere  dì  spa'» 
to  ,  ond'  è  cotrijOsta  la  montagna  d'-s  Uiseaiuv  ,  trova  il  mio  oppo- 
sitore un'  argomento  onde  prorare  che  <(ueLle  sfere  si  formarono  in 
una  mas<a  molle,  mentre  io  argomentai  1'  opposto  .  A  ciò  che  io 
dissi  di  già  su  tale  proiioslto  (  p.  yg.  e  s.  )  aggiungerò  qui ,  che  rir 
presa  ad  esame  la  De=eriz-one  che  di  questa  montagna  ci  ha  dato 
il  Saussure  ,  mi  sembra  di  vedere  chiaramente  ,  eh'  egli  volle  indi- 
care ,  che  la  sostanza  iatepposta  alle  sfere  di  spato  calcare  ,  era  di 
un  tessuto  meno  perfetto ,  e  meno  denso  ;  e  certamente  s'  egli  1' 
avesse  troviita  sjjarsa  di  pori  rotondi  ,  o  dittici  ,  in  somma  di  quel- 
li che  si  osservano  nelle  lave,  e  che  sono  veramente  un'  indizio 
di  svoigimeoto  di  sostanza  gasosa  ,  quel  si  diligente  osservatore 
non  avrebbe  certamente  mancato  di  rilevare  così  rimarchevole  cir-. 
costanza  . 

l\'on  mi  sembra  poi  di  essere  noco  coerente  a  me  stesso,  ove  , 
parlando  di  coleste  sfere  di  spato  calcario , dissi  prima  ,  che  supposta 
la  loro  formazione  mentre  trovasi  la  montagna  in  istato  di  mollezza, 
le  sfere  istesse  ,  e  la  sostanza  ad  esse  interposte  avrebbero  dovuto 
avere  un  eguale,  o  (piasi  eguale  det^^ità  ;  e  poscia  trovai  che  una  coe- 
sione ,  pd  una  densità  mai;giore  nella  sfere  ,  e  minore  nel  restante 
«Iella  roccia  conviene  colla  supposizione  eh'  esse  si  siano  formate 
dopo  il  consolidamento:  nel  qual  modo  attribuii  effetti  diversi  a 
circostaiize  diverse   . 

Riandandolo  squarcio  ila  me  riferito  alla  pag.  loi.  relativo  ai 
piccioli  filoni  di  materia  selciosa  che  si  osservano  nelle  fenditure 
degli  strati  di  creta  presso  Brighthemu-tonc,  il  compilatore  del  gior- 
nale romano  si  avvedrà  che  1'  Englefield  istesso  non  intese  di  dare 
la  spiegazione  del  fenomeno,  ove  rappresentò  la  sostanza  selciosa  qua- 
si per  espulsione  obbligata  a  portarci  nelle  fenditure  .  I\Ta  poiché 
questo  modo  di  considerare  il  fenomeno  che  non  piacque  all'  Kglefi- 
cld  istesso  ,  adendo  egli  avvertito  ,  che  con  ciò  non  intendeva  che 
descrivere  le  apparenze  ,  sembra  all'  Aut.  più  plausibile  di  ciò  che 
io  dissi,  riguardandosi  da  me  que'  piccolissimi  filoni  di  selce  come 
una  sorte  di  trascidazione  ,  desumendone  1'  analogia  dalle  resine  , 
che  vanno  ad  occupare  gli  screpoli  de'  legni,  e  delle  corieccie ,  mi 
permetti^  egli  alcune  brevi  riflessioni  .  F.  primieramente  dirò  che 
non  tutte  le  fenditure  ,  ne'  sempre  sono  I  effetto  del  consolida- 
mento di  una  sostanza  molle  ,  ed  inoltre  che  converebbe  che  egli 
si  facesse  carico  di  ilimostrare  ,  come  h /)o.ùzione  e  molto  più  ^'  i/i- 
dole  d"Ma  imil"ria  stdcuisu  facciano  che  questa  sia  più  tarda  alla 
coesione  ,  che  non  lo  e  la  creta  .  Mi  lusingo  eh'  egli  non  avrà  a 
lagnarsi,  se  non  mi  arrendo  ciecamente  alla  sua  opinione  ,  in  un 
tempo  in  cui  per  buona  ventura  delle  scienze,  i  fatti,  e  la  ragione 
vanno  innanzi  ad  ogni  autorità  la  più  rispettabile  .  Io  non  so  vera- 
mente su  quali  fatti  e;Ii  si  fondi  ,  per  accordarealla  creta  una  ten- 
denza alla  (i.sioue  più  pronta  di  quella  ,  eh'  egli  ascrive  alle  parti 
selciose;  mcitre  a  tutt'  altra  conclusione  dovrebbe  condurci  il  vede- 
re da  un  Iato  la  somma  durezza  de  la  selce  ,  non  che  di  Ixilte  le 
pietre   ad  essa  affini,  e    dall'  altro  che  la    creta  non   giunge  mai  a(^ 


Varietà'  Scientif.  Letterarie         hS 

una  durezza  notabile  ,  e  assai  soveatc  si  trova  o  friabile  ,  o  tene- 
rissima .  Ne'  ciò  si  può  ascrivere  a  diversità  di  circostanze  ,  poiché 
questo  divario,  notabilissimo  di  densità  fra  queste  due  sorti  di  mine- 
rali, appunto  si  osserva  ove  essi  si  trovano  uniti  .  E  •.ertamente  c- 
gli  sareldje  un'  anomalia  opposta  ai  prindpj  i  più  stabiliti  intorno  al- 
l' attrazione,  se  si  vedessero  le  parti  selciose,  capaci  di  unirsi  per  Ja 
coesione  si  strettamente  fra  loro  ,  essere  poi  di  loro  natura  p'ìx  tar- 
de che  le  parti  della  creta  ad  obbedire  a  questa  medesima  forza 
Questa  osservazione  in  somma  del  Sig.  Engleficld  che  il  giornalista 
romano  riguarda  di  niun  valore  a  prò  della  mia  teoria  ,  io  la  credo 
all'  opposto  delle  pia  decisive  . 

Sarebbe  stato    desiderabile   ,  che    egli  non  cosi  di  volo  si  fosse 
trattenuto  a  favellare  del  gres  di  Fontaincbleau  ,e  ciie  non  si  fosse  li- 
mitato ad  accennare  soltanto  ,    che  le  incrostiizìoni  che  appariscono 
alla  sua  superficie  ,  si  debbano  piuttosto  all'  azione  dell'  aria    e  dell' 
umidità,  anziché  ad  un   fluido   che  in   esso  circoli,    siccome    io   vol- 
li credere.  Buffon,  e  Patrin  che  osservavano  questa  cesa    sul  Iuo°-o 
la  pensarono  alla  mia  foggia  .  L'  opinione  di   quel  sommo  oenio  della 
Francia  ha  troppo  valore  per  me,  e  per  tutti  i  fisici,  perchè  io  mi 
pieghi  a  rinnnziarvi    si  tosto  ,    ove    1'  osservaziop'j    tjI   commatidi 
Egli  aveva  un'  occhio  troppo  penelranlc  per  sajiery  leggere  ne'  ''ran- 
di  fenomeni     della  natura  .    Kè  saprei  disprcz/.are   il   credere  di   Pa- 
trin ,  anch'  egli  dottissimo  ,  e  lungamente   abituato  a  contemplare  i 
gran<liosi    fenomeni    del    nostro   pianeta  ,  il,  quale  di  questa  circola- 
zione ci  dice  che  a  lui  sembra  ,  eh'  essa  sia  ivi  perciò  incontestabi- 
le (  Min.   t.  3.  p.  533.  )   E   in    fatti  per  quale  analogia  ,  per  quale 
osservazione  potremo  noi  attribuire    all'  aria  e  all'  acqua    la    forma- 
zione di  una  sostanza  selciosa  ?  Ignoriam  forse  quanto  differenti  sie- 
no  i  principi    di  queste  sostanze  ?  Un  pari  modo   di  ragionare  ci  o^ui- 
derebbe  a  ricercare  nell'  aria  ,  e  nell'  umidità,  la  sorgente  del  natron 
d'  Egitto  ,  dell'  agarico  minerale   ,    e  d'  altre    tali  cose  ,  anziché  as- 
crivere il  primo  alla  soda  ,  onde   è   ricco  il    suolo  su  di  cui    esso    si 
forma  ,    ed  il  secondo  alle  parti  calcane  del  terreno  che  ricuopre 
Perché  dunque   nell'  Atmosfera  andremo  a    trovare    gli    elementi    di 
tale    incrostazione  ,    anzi  che  nella  sostanza  istessa   della  pietra       in 
cui  già  si  contiene  grande  quantità  di  principi  selciosi  "^   Se    all'  umi- 
dità ,  ed  all'  aria  si  dovesse  l'incrostazione  selciosa  del  gres   di  Fon- 
taineblcau  ,  essa  non  si  formereb!:)e  soltanto  su  questa  roccia  mentre 
rcst.T  sul  luogo,  ma  del  pari   si  vedrebbe  su  que'  massi  ,  che  distaccati 
dalla  propria  carriera  ,  non  meno  di  quella  rimangono  esposti  all'  at- 
mosfera .    Ciò  avviene  per  la  ragione  istessa  onde  un  incisione  prati- 
cata su  di  un  abete  o  sudi  un  pino  non  tarda  a  gemere, e  in  abbondanza 
Tumore  resinoso  i  Io  che  non  accade  se  nella  pianta  da  lungo  tempo 
staccata  dal  suolo  ,  siasi  estinta  ogni  vita  ed  ogni  circolazione  . 

Porrò  termine  a  qucst'  art.  coli'  accennare  soltanto  ,  che  V  osser. 
vazioue  relativa  allo  innalsamento  del  suolo  della  Norvegia  non  è 
altrimenti  riguardata  da  me  come  cosa  di  poco  conto  ;  poiché  anzi 
non  può  essere  per  me  che  di  gran  peso  un'  osservazione  che  si  deb- 
ba a  naturalisti  di  tal  sfera,  se  nel  numero  di  essi  vi  si  trovi  il  Lia- 


ji6        Varietà'  Scientif.  Lettekarie 

t»60  .  Dissi  solo  che  io  mi  augurava  di  vedere  questo  fatto  piena- 
mente convalidato  ,  e  per  quella  severità  che  conviene  aver  sempre 
presente  ,  e  specialmente  ove  si  tratti  di  fatti  che  richiedono  molto 
ed  assidue  osservazioni  ,  e  per  evitare  la  taccia  di  aver  fondato  la 
mia  opinione  sa  fatti  non  ancora  registrati  fra  i  canoni  i  più  ricen- 
testabili  della  scienza  .  E  dirò  finalmente  che  non  già  come  opina  il 
fisico  Romano  (p.  44'-)  io  trovai  che  si  doveva  escludere  il  sospetto 
dell'  abbassamento  dell'  acque  ,  innanzi  di  ammettere  1'  inalzamento 
del  suolo  della  Norvegia  ;  ma  in  vece(p.  ioo.)io  dissi  che  per  l'os- 
servazione del  detto  Buch  era  escluso,  che  ciò  provenga  dall'  abbas- 
£arsi  il  livello  del  mare  . 


Varietà'  Scientif.  Letterarie        h^ 

Iscrizioni  Moderne . 

I.  Il  eh.  Sig.  Ab.  Stefano  Antonio  IVIorcelli  ,    del  quale  ab- 
biamo qui  recato   altre  volte  epigrafi  elegantissime,  ha  scritto 
non  ha  guari  la  seguente  ,  mostrando   qual  sia  la  coadizione 
di  sua  fortunata  vecchiezza  ,  che  il  farebbe  ancor  progredire 
in  questa  gloriosa  carriera  ,  se  altro  camp©  gli  restasse  b  tra- 
scorrere .  Ed  è  pur  una  gran  sorto  di  questa  età  nosk-a  1'  es- 
ser tornata  in  iranquillitk  in  giorni  tali  ,    che  per  la  salute 
di   quest'  uomo  sommo  i  suoi  più  singolari  fasti  possano  es- 
sere  tramandati   a'  posteri  in   maniera   degna    di   que'  che   li 
partorirono  ,  e  del  bel   nome   latino  :   siccome  può   vedersi 
qui  appresso  . 

QVOD  .  BONVM  .    FAVSTVM  .  FELIXQVE  .  SIT 

BELLO  .  ANNOR  .  XVII  .  PACATA .  EVROPA  .  CONFECTO 

ET  .  KOMINIS  .  AVSTRIAC^ .  AVCTIS  .  FINIBVS  .  MAIESTATE  .  RECEPT^l 

VTINENSES  .  CVM  .  PROVINCIA .  VNIVERSA 

SIGNVM  .  PACIS  .  QVAM  .  PERPETVAM  .  FVTVRAM: 

REGVM  .  MAXIMORVM  .  SPONDET  .  AVCTORITAS 

LOCO  .  AD  .  MEMORIAM  .  ET  .  DIGNITATEM  .  AMPLISSIMO* 

DEDIfiAVERE 


■Il 8        Varietà'  Scienìtif.  Letterarie 


II."'  Iscrizione  del  dolt:  Gio.  Labas  luminoso  discepolo  del 
Morcelli ,  e  già  provetto  e  chiaro  scrittore  ,  intagliata  sopra  or- 
natisslino  cippo  che  sostiene  la  protome  d'  una  bambina  mae- 
strevolmente eseguita  dall'  egregio  scultore  Sig.  Gaetano  Monti 
dì  Ravenna  .  Nel  destro  lato  del  cippo  vi  ha  il  monogram- 
ma di  Cristo  circondato  da  una  corona  di  ulivo  ,  nel  sini- 
stro si  ha  1'  occhio  raggiante  contornato  da  un  serpe  ch« 
si   morde   la   coda  .  Nel  lato  di    fronte    st   legge  . 

LAETILIAE 

INFANTVLAE.  DVLGISSIMAE 

QVAE  .  NATA  .  A.  I  .  M  .  I  .  D  .  TX  . 

DECESSIT  .  IDIB  .  SEPT  .  A  .  M  .  DCCC  .  XIII. 

IOANNES  LABVSYS  .  I  .  C  . 

ET 
THERESIA .  PELLEGRINIA 

MAERENTES 

FECERVNT  .  FILIOLAE 

DELIGIO  .  SVO 


Vvrieta'  Scientif.  Letterarie  ii^ 


,  Islifiizloni  di  Medicina  profica  del  celebre  Gio:  Battista  Sor- 
sieri  de  Kaiiùfeld  ,  volga  ri  zzai  e  commentate  ,  e  compiute  dal 
ca^'.  Valeria/io  Luigi  Brera  consigliere  di  Goi'erno  di  Si.  M.  1. 
R.  A.,  Prof.  P.  0.  di  Terapia  Speciale  e  di  Clinica  Me- 
dica neW  l.  R.  Vniwersità ,  e  direttore  dello  Spedale  cii>ile  Ai 
Padova  ,  membro  del  Ccsareo-Regio  IstiUilo  ,  uno  de''  Quaran- 
ta della  Società  Italiana  delle  Scienze  ec:  ee:  Volumi  dodici 
che  si  pubblicano  per  associazione  .  In  Padova  dalla    tipogra- 

Jia  ,  e  fonderia  della  Minerà' a  .  1819.  Condizioni  duW  associa- 
zione . 

1.  Saranno  queste  h'fifuzioni  stampate  in  ilodioi  volumi  in  ot- 
ta-o  grande  j  della  carta  ,  forma ,  e  caratteri  sempre  nuovi  delle  già 
piiiWidatè  Lezioni  sui  Contagi  .  Ciascun  volume  potrà  essere  oal- 
cohto  da  5oo  a  600  pagine  all'  incirca  ,  ed  uscirà  intiero  hello  ,  e 
legao  ogni  trimestre  ,  che  avrà  principio  col  Gcntiajo  del  p.  v.  an- 
no   820.   Nel  corso   di   tre   anni   rimarrà  cosi  compiuta  V  edizione  . 

2.  I  Signori  Associaci  alle  Lezioni  sui  contagi  ,  e  registrati  nei 
due  Elenchi  3o  Aprile,  e  3o  Giugno  p.  p.  pagheranno  ogni  volu- 
me n  ragione  di  centesimi  20  per  ogni  foglio  di  stampa,  oltre  cent. 
20  pir  la  legatura,  e  coperta.  11  pagamento  si  effettuarà  all'  atto 
dèlia  ;0Dsegna  del  rispettivo  volume  in  Padova  :  e  coir  aggiunta  di 
altri  C  cent,  per  ogni  foglio  di  stampa  lo  si  darà  franco  di  porto 
e  dazij  in  tutte  le  Città  d'  Italia  .  Per  i  non  associati  alle  Lezioni 
sui  coitaci  ,  la  spesa  sarà  di  24  cent,  per  foglio  ,  oltre  la  legatura  , 
ed  il  porto  quando  fosse  richiesto  . 

5.  Saranno  trattati  quali  associati  alle  Lezioni  sui  contagi  quel- 
li che  non  descritti  negli  accennati  due  Elenchi  \  neir  associarsi  a 
queste  Iscrizioni  acquisteranno  le  Lezioni  sui  contagi  ,  il  di  cui 
prezzo  rimane  ora  fissato  in  Padova  in  ital.  lir.  12  ;  ed  in  ital. 
lir.  lo  5o  comprese  la  franchiggia  del  porto  per  tutte  le  città  di 
Italia  . 

4.  1'  associazione  rimane  aperta  per  tutto  il  p.  v.  mese  di  No- 
Vemhre  ,  sopra  la  quale  epoca  1'  opera  sarà  rilasciata  in  Padova  in 
iragione  tli  25  cent»  per  foglio  oltre  la  legatura  .  Alla  comparsa  del 
Jjrirho  volume  sarà  dato  1'  Elenco  de'  Signori  Associati  onde  ciascano 
«hbia  un  documente  deoli  acquistati  diritti  . 


I20         YAriei'a'  Scentif,  Letterarie 

5.  Col  quarto,  ottavo  ,  e  duodecimo  volume  saranno  ai  soli  SL- 
gnori  Associati  gratuitamente  distribuiti 

(a)  11  ritratto  dell'  immortale  Borsieri  ricarato  dal  monumento 
alla  di    Ini  memoria  eretto   nelTl.   R.    Università    di  F«via  ; 

(b)  li  ritratto  delf  egregio  Proto-Medico,  e  Direttore  degli  Sti- 
dj  Medici  della  Monarchia  Austriaca  Signor  Barone  De  Stift,  Coi- 
sigliere  di  Stato  e  delle  Coiiforenzc  ,  e  Primo  Arrhiatro  delle  L.  L 
I.  1.  M.  M.  ec.  Mecenate  distinto  ed  estimatore  fervidissimo  de* 
le  utili  imprese,  cui  è  dedicata  quest'opera  ; 

(e)  Il  ritratto  del  bcneinerlto  Editore  copiato  dal  quadro,  eh; 
la  benevolenza  dei  proprj  Allii;vi  volle  inalzare  nella  Sala  delle  pu- 
bliche  Lezioni  qual  monumento   di    reciproca  amorevolezza  . 

Questi  tre  ritratti  saranno  disegnati,  ed  incisi  da  valenti  artist, 
ed  tino  singolarmente  avrà  il  merito  di  portare  un  nome  ,  che  ,Ii 
amatori  delie  incisioni  si  pregi  eranno  di  unire  alle  loro  raccolte,  e 
che  si  appnlesarà  tosto  che  ne  sarà  stabilito  il  contratto  ora  ina- 
volato,  o  al  più  tardi  nell'atto,  in  cui  sarà  publicato  il  primo  ro~ 
lume  . 

6.  Arrivando  a  i  ooo  il  numero  degli  Associati,  sarà  in  fine.iell' 
opera  rilasciato  gratuitamente  ai  medesimi  un  volume  XllI,  che  <om- 
prenderà  V  Indice  Alfabetico  delle  materie  sparse  nei  dodici  volimi. 
Frattanto  chi  unirà,  e  presenterà  dieci  Associati  riceverà  gruls  V 
undecima  copia . 

L'associazioni  si  ricevono  dai  principali  Libraj  d'  Italia. 

Padova  li  2 o  Luglio  1819.  ' 


Circolare  del  Si^-.  Consigliere  Brera 
Mcritissimo  Signore  ,  e  Collega  Fregiai issioio  . 

Col  Manifesto  a  stampa  del  giorno  20  p.  p.  Luglio  puLblicato 
da  questa  Tipografa ,  0  Fonderia  delta  Minerva  appartenente  alla 
Nuoi'u  Sociclà  in  Ditta  Nicolò  Zanon  Bettolìi  e  Compagni  ,  e 
dirnmato  dai  suoi  Corrispondenti  -  Libraj  nelle  prineipali  Città  il' 
Italia  ,  Ella  avrà  rilevato,  che  ridotte  a  compimento  in  due  Volumi 
le'  mie   Lezioni  Medico  -  jiraticlie  sul  contagi  e  sulla  cura  de''  lo- 


Varietà'  Scientif.  Letterarie         lai 

ro  effetti  impegnato  mi  sono  ora  in  una  impresa  veramente  grande, 
quale  si  è  quella  di  riprodurre  tradotte  in  Italiano,  commentate»  e 
compiute  le  Istituzioni  di  Medicina  pratica  dell'  immortale  B^C'" 
sieri  ,  gloria  ,  ed  ornamento    della  Medicina  Italiana . 

Un  Professore  distinto  per  esperienza,  intendimento,  solidità^ 
ed  estenzione  di  cognizione  quale  si  è  la  S.  V.  sarà  meco  convin- 
to, che  quest'opera  se  riunisce  tanti  pregi  per  la  ricchezza  di  sin- 
cere dottrine  ,  e  pel  merito  delle  o'^servaiioni  ivi  esposte,  che  sen- 
za far  torto  ai  Trattatisti  posteriori  si  può  asserire  ,  che  tiene  tutt' 
ora  poche  uguali  ,  e  forse  nessuna  supcriore  ;  e  che ,  per  noi  alme- 
no ,  merita  di  essere  perciò  considerata  qual  guida  preziosissima 
nel  difficile  esercizio  clinico  e  nell'  ardua  carriera  dell'  ammaestra- 
mento. L'  unico  difetto  ,  che  vi  s'incontra,  si  è  di  non  essere  que- 
ste Istituzioni  compiute,  giacché  rapitoci  F  Autore  da  incurabile 
malore  ,  anzi  che  dal  peso  dell'  età ,  non  tutte  prese  ad  illustrare  le 
storie  delle   singole  affezioni  . 

Volendo  adunque  trar  profitto  da  una  eredità  cotanto  proficua 
per  r  umanità  languente  ,  e  pel  reale  avanzamento  della  Medicina 
e  ncir  istesso  tempo  riparare  al  vuoto  lasciatovi  dall' Autore ,  l'ope- 
ra mi  riesce  indispensabile  di  esperti,  e  sinceri  Osservatori;  poiché 
scritto  avendo  Borsicri  colle  nor-me ,  e  regole  quali  si  convengeno 
ai  temperamenti  Italiani  ,  le  stesse  tracce  vorrei  pure  seguire  nelle 
illustrazioni  ,  ed  aggiunte  ,  ed  offrire  la  nuova  edizione  ricca  essa 
pure  di  materiali  ,  che  frutti  fossero  dell'esperienza,  e  dell'  osser- 
vazione degl'  illustri  Clinici,  di  cui  si  onora  anco  di  presente  la  nor 
stra  Italia . 

A  tal  uopo  mi  prendo  la  libertà  di  rivolgermi  alla  S.  V.  ,  Me- 
ritissimo  Collega  ,  onde  Ella  voglia  compiacersi  di  assistermi  co'  di 
Lei  lumi  in  si  bella  impresa  ;  e  favorirmi  quelle  importanti  osser- 
vazioni nel  corso  dell'  illnminata  di  Lei  pratica  raccolte ,  che  ser- 
vir potessero  ad  illustrare  le  dottrine  dal  nostro  Autore  trattate  . 
Mia  cura  sarà  d'  inserirle  col  riverito  di  Lei  nome  ne'  respottivì 
Capitoli  ,  unitamente  a  quelle  riflessioui  ,  che  la  di  Lei  saggezza 
crederà  opportuno  di  aggiungervi.  Mi  obbligherebbe  ancora  gran?- 
demente  ,  quando  nello  scorrer  1'  opera  latina  di  questo  sommo  Mae- 
stro volesse  avere  la  cure  di  marcare  ,  e  ricordarmi  poscia,  le  ma- 
lattie da  esso  ommessc,  non  che  le  più  rare  ,  onde  nulla  mi  possa 
sfuggire  per  rendere  possibilmente  compiuta  1'  edizione  ,  che  in-» 
traprendoj. 


jaa        Varietà'  Scientif.  Letterarie 

Era  costume  (iell'  immortale  Eorsicri  di  illustrare  la  storia  del- 
le affezioni  da  esso  trattate  colle  osservazioni  ,/  e  coi  risultamcnti 
dell'esperienza  dei  benemeriti  Clinici  d'Italia  dei  suoi  tempi  .  Vo- 
lesse il  Cielo  ,  che  altrettanto  fare  io  potessi  in  qucst'  incontro  ! 
Cosi  da  un  comjdcsso  di  più  Clinici  "si  travaglierebbc  al  maggior 
bene  dell'  umanità,  e  ad  innalzare  al  grande  Domo  ,  Padre  degnis- 
simo della  Medicina  Italiana  un  moiuimCnto  di  riconoscenza,  e  d' 
interesse  per  parte  dei  veraci  suoi  Nipoti , 

Accolga,  Mcritissimo  Signore,  e  Collega,  i  sentimenti  della 
mia  più  distinta  considerazione 

fadora  li  16  Agosto  1819. 

Valeeiano  Ldigi  Brera 


G 


Belle  Arti    di   Siena  TManiJcsto 


lOVànni  Vanni  Senese  ,  ottenuta  da  S.  A.  I.  ,  e  R.  con  beni- 
gno Rescritto  del  di  27.  Decembre  1818  la  privatila  di  dare  alla 
pubblica  luce  una  Raccolta  dei  più  scelti  Monumenti  di  Belle 
Arti  ,  sì  di  Pittura  ,  e  Scultura  ,  come  di  Architettura  ,  ed  Ornai 
to  ,  che  esistono  nella  Cittft  di  Siena ,  si  fa  un  pregio  di  pub» 
blicarc  col  presente  manifesto  le  condizioni  ,  e  qualit.i  della  in- 
teressantissima Collezione  di  già  annunziata  nella  Gazzetta  Tos- 
cana  df;l   di  22.    Fcbbrajo  prossimo    passato    sotto  num.    24- 

I  Rami  rappresentanti  questi  preziosi  monumenti  per  la  mas- 
sima parte  inediti  ,  e  sconosciuti  ,  saranno  disegnati  da  espertissi- 
mi Artisti  colla  più  scrupolosa  accuratezza,  e  col  più  franco,  e 
vigoroso  tocco  di  bolino  incisi  ,  incominciando  eia  dieci  grandio- 
si Quadri  disegnati  ,  e  in  parte  dipinti  a  fresco  ila  Rafiaello  ,  e  dal 
Pinturicchio ,  esistenti  nella  Libreria  della  Metropolitana  ,  ed  ai 
quali  succederanno  poi  quelli  di  Pietro  Perugino  ,  di  Luca  Signo- 
re Hi ,  del  Gcngn  ,  di  Fra  Bartolommeo  ,  di  Guido  Reni,  e  d'  altri 
Pittori  stranieri,  ciie  fra  noi  bau  lasciato  memoria  di  se,  eoa 
varie  produzioni  del  loro  sublime  ingegno  ;  e  successiianientc  pub- 
Idicate  verranno  con  ordine  cronologico  le  Opere  di  tutti  gli  Arti- 
sti, e  Pittori  di  Siena,  che  dal  1200.  fino  ar  giorni  noftri  vi  fio- 
rirono ,  e  vi  formarono  una   scuola  celebre,  e  distinta  . 


Varietà'  Scientif.  Letterarie         i23 

Ogni  Rame  avrà  in  margine  una  misura,  la  quale  sarà  il  Brac- 
cio Toscano ,  con  cui  si  conosceranno  le  precise  dimensioni  degli 
Originali  medesimi  . 

Per  quello  che  spetta  all'  Architettura  vi  saranno  unite  anco- 
ra ,  ove  il  bisogno  il  richiegga  ,  e  pianta  ,  e  alzato ,  e  profilo  ;  ove 
poi  non  sia  ciò  necessario,  vi  saranno  le  sole  vedute  prospettiche-, 
e  l'apporto  alle  Sculture  ,  ed  Ornati  se  ne  daranno  in  grande  i  det- 
tagli più  importanti   . 

I  Rami  saranno  pur  corredati  d'  analoghe  illustrazioni  in  lin- 
gua Italiana ,  la  stesura  delle  quali  è  stata  affidata  al  Reverendiss, 
Sìlg.  Primicerio  Giuseppe  Poltri  Professore  di  questa  I.  e  K.  Uni- 
versità . 

Ma  ciò,  che  più  di  tutto  dee  conciliare  all'  Opera  estimazio- 
ne ,  ed  applauso  ,  è  la  sollecita  cura  ,  che  ne  assume  il  chiarissi- 
mo Professore  Sig.  Giuseppe  Colignon  Direttore  di  questa  I.  e  R. 
Accademia  di  Belle  Arti  ,  il  quale  accoppiando  alla  più  rara,  e  squi- 
sita perizia  dell'  Arte  Pittorica  lo  zelo  il  più  indefesso,  ed  attivo, 
non  lascia  alcun  dubbio  ,  che  i  Rami  da  Lui  assistiti ,  e  corretti 
non   siano    per    essere  copie  sommamente  accurate  ,  e  fedeli  . 

Tutto  questo  agevolmente  si  potrà  riscontrare  dal  primo  sag- 
gio ,  che  unitamente  al  presente  manifesto  producesi  ,  nonostante 
che  nei  Rami  successivi  vi  saranno  aggiunte  delle  masse  d'  ombre 
più  forti ,  che  in  detto  saggio  non  sono ,  per  ottenere  maggiore  ef- 
fetto ,  specialmente  nei  Quadri  complicatissimi  di  Figure  .  L'  uno 
dei  due  Rami  del  saggio  come  sopra  ,  rappresenta  parte  di  un  Qua- 
dro dei  dieci  surriferiti  che  fregiano  la  superba  Libreria  della  Me- 
tropolitana ,  r  altro  una  Spalletta  del  Coro  della  Metropolitana  me™ 
desima  ,  che  forma  una  bella  Curva  ,  lavoro  complicaiùssimo,  e  be- 
ne inteso  ,  eseguito  da  Maestro  Benedetto  di  Giovanni  da  Montepul- 
ciano ,  e  da  Maestro  Domenico  di  Filippo  Fiorentino  ,  con  disegno 
di  Bartolomeo  Neroni  detto  il  Riccio  , 

Chiuderanno  la  Collezione  tre  grandi  Rami  ,  nei  quali  sarà 
inciso  il  sorprendente  ,  e  singoiar  pavimento  della  Metropolitana  , 
che  al  '^riferire  di  molti  intelligenti  Scrittori  ,  e  specialmente  fra  i 
più  recenti  dell'  Illustre  Sig.  Cavalier  Cicognara  ,  merita  di  essere 
conosciuto  ,  quanto  i  più  bei  monumenti  dell'  antica  Grecia  ,  e  di 
[Roma,  poiché  in  esso  brilla  tutto  il  fuoco  dell'Arte  ,  tutta  la  mae- 
stria   del  Disegno ,  «  tutta  la  profonda    intelligenza  dejli   Artisti  mi- 


ii4        Varietà'  Scikxtif.  Letterarie 

jliori  ;  invenzione  ,  il  di  cui   merito  è  dovuto  eselnsivamente  a  que- 
sta nostra  Città  ,  ed  eseguita  con  raro  ,  e  meraviglioso  lavoro  . 

E'  questo  Pavimento  di  marmi  diversi  ,  rappresentante  va- 
ri fatti  della  Saera  ScritUira  ,  secondo  i  discgrii  di  Domenico  Ber- 
cafumi  detto  Mechcriao  . 

Tali  Rami  ,  sebbene  richiedano  un  lavoro  più  complicato  , 
e  laborioso  ,  saranno  rilasciati  gratis  ai  Signori  Associati  alla  fine 
dell'  Opera  . 

II  prezso  di  associazione  per  ciascun  Rame  ,  la  cui  carta  sa- 
rà velina  all'  uso  Inglese  ,  della  grandezza  istessa  ,  e  qualità  anche 
migliore  ,  nella  qnale  sono  impressi  i  predetti  saggi  ,  compresevi 
le  illustrazioni  ,  che  saranno  stampate  nella  medesima  carta  ,  ed  in 
carattere  nitido  e  corrispondente  ,  non  oltrepasserà  la  somma  di 
Favoli  cinque  moneta  fiercntina  ,  pagabili  al  momento  della  con- 
segna ,  restando  a  carico  dei  Signori  Associati  ,  e  Committenti  le 
spese   di  porto  . 

Sarà  premura  dell'  Editore  di  dar  princi()io  all'  Opera  al  più 
presto  possibile  ,  con  darne  preventivo  avviso  nei  pubblici  fogli  , 
come  pure  di  produrre  più  di  uti  Rame  il  mese  ,  tutte  le  volte  ^ 
che  potrà  farlo  , 

Xe  associazioni  si  prenderanno  a  Siena  dal  Sìg.  Onorato  Porri  , 
dall'  Editore  medesimo  ,  e  per  esso  dal  Sig.  Eernardino  Pianigiani 
e  nelle  altre  Città  dai  principalf  Libraj  ,  Uffizj  di  R.  Poste  ,  e  Di- 
stributori del  presente  . 

L'  importanza  dell'  Opera  ,  e  F  alto  pregio  ,  in  cui  tengonst 
meritamente  dagli  Animi  colti,  e  gentili  le  Belle  Arti,  fanno  spe- 
rare air  Editore  un  generale  aggradimento  ,  ed  una  volonterosa  so- 
scrizione  alla  nobile  sua  ,   e  dispendiosa  intrapresa  . 


AVVERTIMENTO  A'  LETTORI 

Neil  articolo  intitolato  Fopniole  per  le  Epatte  a  pag. 
85,  al  fine  del  N.  6.  si  agfp.iinga 

S'  avverta  però  ,  che  osseiido  n  espresso  da  i,  a,  3,  f\, 
5.  e  qualunque  1'  Aureo  numero  ,  ed  m  maggiore  di  2,  do- 
rranno sempre  aggiungersi  a8  giorni  per  otteneru  il  giorno 
della  Pasqua  . 


IMPRIMATUR 

Si    Videbitur  Rev.  P.   Mag.   Sa<?.   P.  A  Mag. 
Candidus  Maria  Frattini  Archiep. Philipp.  Vicesge, 

I  M  P  R  I  M  A  T  U  R  , 

Fr.  Philjppus  Anfossi  Ord.  Piani.   Sacri  Palatii 
Apost.  Mag, 


Osservnzioni  Meteorologiche,  fatte  alla  Specola  del  Colleg.  Rom. 


Settembre   1819. 


MATTINA 

GIORNO 

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4 

27     1 

Osservazioni  Meteorologi  cAe  faLte  alla  Specola  del  Collegio  Romano 


Settembre   i8ig. 

MATTINA 

GIORNO 

SIR  A 

fileteore 

e 

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del 

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Stato 
dei 

Pioggia 

Vento 

Stato 
dei 

Vento 

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Voierido-.i  da'  eh     Astronomi    abbondare    per    diligenza  ,  pongosi  le  Osservazioni 

Triplici    in    ogni  giorno  ;    e  volendosi    da  noi    ristringere  in    pagina  ,  affinchè 

meno    facilmente    si    disperando  ,  usiamo    alcune   abbreviature  .  Pertanto  nella 

colonna    delle    Meteore    pi    significa    pioggia    1  lampi  t  tuoni  n    nebbia   g    gelo 

L  brina  .  E  nelle  colonne  dtllo  Stato    del    Cielo  s  vuol  dire    sereno  n  nùvolo, 

p    poco  .  Le    altre    abbreviatuie    nelle    colonne   de'  ^^ enti    sono     per    se    stesse 

intolUgibili  .  Quando     segue    un  asterisco  s'  iutenda    ^ran   quantità  ;  ove  tro- 

visi    una    -j-    croce     s'   iutenda    piccola    quantità  ; 

"'-9 


LETTERATURA 


Ricerche  critiche  ed  economiche  sulV  Agostaro  di  Federi- 
go JI.  e  sul  Ducato  detto  del  Senato  :  sul  fiorino  deli' 
oro  di  Firenze  f  sul  ragguaglio  fra  V  Agostaro  e  questi  ; 
e  con  ciò  sulle  monete  di  conto  in  genere  ,  e  sovra  al- 
cuna  in  particolare  in  occasione  d^  illustrare  un  ducuto 
romano  creduto  il  primo  nella  serie  ^  ed  anteriore  ezian- 
dio al  fiorino  dell'  oro  ec.  ec.  ec.  Bologna  1819.  fer 
le  stampe   di  Annesio  Nobili,  con  approvaz. 

T  ' 

M-À  illustrazione  di  un  Ducato  Romano  ,  che  forse  (  benché 
non  di  molto  )  fu  anteriore  al  Fiorino  dell'  oro  di  Firenze  , 
e  che  insieme  con  questo  gareggiò  coli'  Agostaro  di  Federico 
secondo  ,  ha  indotto  il  eh.  Autore  a  scrivere  queste  due  dis- 
sertazioni .  La  prima  propone  le  più  giuste  indagini  sulle  mo- 
nete d'  oro,  che  coniate  furono  dal  Senato  Romano:  e  nella 
seconda  si  fa  ad  esaminare  come  la  moneta  effettiva  vada  poi 
a  converiirsi  in  moneta  di  conto  ,  e  come  questa  pei  vada  a 
cangiarsi  ed  alterarsi  secondo  i  tempi  e  le  circostanze  ,  di- 
venendo misura  di  prezzo  nelle  cose  mercataliili . 

Erulitamonte  parla  nella  prima  sul!'  introduzione  della 
moneta  presso  i  Romani  ,  incerto  se  la  Giunone  Moneta  dasse 
il  nome  all'officina  monetale  ,  o  questa  a  quella  .  Rammenta 
l'avviso  dì  Giunone  ai  Romani  ,  che  non  intraprendessero  che 
guerre  giuste  ,  e  la  moneta  non  sarebbe  loro  mancata  giam- 
mai .  Così  si  facevano  a  qnei  tempi   parlare  i  Numi  . 

La  coniazione    dell*  oro  dopo      che  dell'  impero    Romino 
non  restò,  può  dirsi  ,  che  il  nome  ,  pure  fu  da  chi  lo  puriava 
G.  A.  To.  IV.  9 


i3o  Lette  il  A  TURA 

riguardala  come  un  diritto  esclusivo  dell'  impero  .  Quiudi  non 
fu  a  buon  grado  dell' Imperadore  ,  che  il  Senato  Romano  col 
suo  ducato  ,  i  Fiorentini  col  loro  florhio  ,  e  i  Veneziani  anco- 
ra col  loro  Matapanc  turbassero  questa  sua  privativa  . 

Se  costanti  prove  vi  fossero  ,  che  le  due  lettere  M.  B.  in- 
dicassero  Moneta  Brancaleonis  ,    onde  i    ducati    con     quella 
marca    appartenessero  al  senatore  Brancaleone  degli   Andalò  : 
e  se  potesse  eoa  sicurezza  asserirsi  che  abbia  mai  esistito  un 
Senator  Capizucchi ,  che   abbia  fregiato     delle  sue  insegne  il 
ducato;    potrebbe  con    tranquillità  decidersi  la  precisa  epoca 
in     cui  tali  dùcati  furono  battuti  ,    ed    in  cui  la    Ogura  del 
Senatore  non  quella  dell'  Imperadore  fa  adoperata  nel  tipo  di 
essi  .  Dissipali  i  debolissimi  argoménti ,  coi  quali  si  volle  in- 
trodurre nella  serie  dei  Senatori  Romani  un  Capizucchi  ;  in- 
terpetrato  con  somma  ragionevolezza  il  significato  della  fascia 
che    si  andava  supponendo  lo  stemma  di  quella  famiglia  ;  e 
provata  la  competenza  di  essa  a  chiunque  dai  Sovrano  in  pre- 
mio di  sue  virtù  u'  era  sialo  insignito  :  egli  crede  che  Matteo 
Rosso  Orsino  fosse  quegli  che  fece  battere  il  ducato  del  Sena- 
to .  Ad  esso  oora^ieleva  la  fascia  di  cui  Gregorio  IX  lo  decorò  5 
e  &d  esso  per  propria  arme  geutilizia  spellava  la  rosa  .  Pare 
che  alla  liberazione    deli' Augusta  potessero  alludere  le  lettere 
VOT,  -e  esistessero  realmente  nell'  indicala  moneta,  e  non  do- 
■vessero   leggerai   piuttosto    VDI  :  essendo  la  finale  della    paro- 
la   MVDI  che   in  luogo  di  Mundi   per    abbreviazione  leggesi 
in    più  monete  per  la  solita  epigrafe    Roma    Caput  Mundi . 
E  ben  probabile  che  Matteo  Rosso  precisamente  per  far  con- 
traposlo  a  Federigo ,  eh'  erasi  ridotto  a  Grotta  Ferrata  e  pa- 
gava con  moneta  di   cuojo  ,  coniasse  oro,  se  non  puro  quanto 
l'Agosiaro  moneta  imperiale  ,  non  però  a  quello  molto  infe- 
riore . 

Discifra   r  Autore    gli    equivoci  seguiti  al  Villani  ed  al 
Sansovino  confondendo  i  fatti  dei  due  assedii   di  Roma   sotto 


Di  Alcune  Monete  d'Italia.         joi 

Federigo  Barbarossa  ,  e  sotto  Federigo  secondo  ,  adallando 
all'  uno  le  cose  attenenti  all'  altro  ,  e,  ad  onta  del  divario  di 
molti  anni  ,   confondendole  insieme . 

Espone  le  vendette  imperiali  originate  focilmente  da  que- 
sta usurpazione  di  coniare  1'  oro  ,  e  che  furon  prese  sopra  il 
comun  di  Firenze  ,  e  sopra  il  disgrazialo  figlio  del  Tiepolo  . 
Dà  lumi  non  pochi  sulla  dignità  Senatoria  j  prova  che  i  Papi 
talora  la  perpetuarono  in  loro  stessi  5  e  finalmente  dimostra  , 
che  tutte  le  monete  d'  oro  furono  col  correr  degl'anni  eclis- 
sate dal  fiorino  dell'oro  di  Firenze,  die  però  anch'esso  di- 
venne moneta  di  conto  ,  benché   sussistesse  effettiva  . 

La   precisione,  colla  qnale   1'  A.  fassi  nella  seconda  dis- 
sertazione a  trattare    della    moneta    effettiva   e    di    quella  di 
conto,  della  moneta  pregio  di  prezzo  e  misura  di  prezzo,  mo- 
strando   1'  alterazione  cui  1'  una    e    1'  altra    vanno    soggette  , 
rende  impossibile  il  darne  un  adeguato   estratto  ,  e  bisogna  ri- 
mettere  il  leggitore  all^    lettura  dell*  opera   st<;ssa  .  Stabilisce 
egli   la    valutazione  del  fiorino  ,  distinguendo   il  fiorino  d'  oro 
da   quello  d'  argento,  come  già  fecero  il  Villani  ed  il  Borghi- 
ni ,   e  difendendo    ambedue  dalle    imputazioni    del  Muratori  , 
che  abbiano  essi  voluto  parlare   di   fiorini    d'rro    innanzi  all' 
anno    laSa.  quando  non  parlarono  che  del    fiorino  d' argento  , 
antica  mòaeia  delia   quale  poi  nacquero  i   fiorini  d'oro.   Egli 
pone  per     base  ,    che  1'  unità   monetaria   sia    sempre    formata 
dair  argento  ,  e  prova   che  questo  accadde  presso    tutte  le  na- 
zioni :  trovando  ciò  molto  ragionevole,  perchè  l'argento  forma  la 
specie  media    fra  la  preziosità  dell'  oro  ,   e  la   viltà   del  rame  . 
L'argento  peiò,  <;ome  misura  universale  del  commercio,  si  rende 
misura  dell'oro,  e   non  l'oro  dell'argento.  Siccome    Firenze 
fu   dal  secolo  duodecimo  ai  decimoseslo  la  città  più  commer- 
ciante forse  dell'  Europa  tutta  ,  e  siamo  ad  essa  debitori  delle 
pili   utili  invenzioni    e    prattiche   di  commercio  ;  cosi   é  stato 
necessario  all'  Autore  1'  osservare    in    qual    modo    iu  essa  con 

9* 


i3a  Letteratura 

riatroduzioue  delle  cattive  monete  variasse  li  valore  del  fio- 
riao,"e  come  le  scritture  si  tenessero  a  fiorini  d' oro  in  oro  , 
e  fiorini  a  fiorino  pagabile  in  argento  ,  e  come  non  potè  sus- 
sistere quella  legge  che  alla  denominazione  di  fiorino  ingiun- 
geva l'obbligo  del  pagamento  in  fiorino  dell'oro.  Quattro  spe- 
cie di  fiorini  furono  conosciute  e  nominate,  fiorino  dell'oro  » 
fiorino  d'  oro  ad    oro  ,    fiorino  a  fiorino  ,  e  fiorin  d'  oro  . 

Altra  assai  considerabile  parte  d'  Italia  ,  relativamente  al 
commercio  ,  furono  le  due  Sicilie,  dove  il  corso  dell'  Agostaro 
di  Federigo  fa  comunissimo  :  ma  si  andò  ben  diversamente 
ragguagliando  coli'  oncia  ,  aumentando  e  decrescendo  in  varii 
tempi ,  ed  essendo  però  una  moneta  anche  essa  di  conto ,  e 
come  tale  variando  nelle  variazioni  delle  inferiori  monete  ,  del- 
le quali  era  composta.  Quindi  ora  minori  ora  maggiori  par- 
ti d'  oncia  furono  valuta  dell'  oro  di  Federigo  .  Il  nome  dì 
oncia  restò  in  quel  regno  fisso  alla  cosa  rappresentata  ;  ma 
vario  nella  quantità  della  rappresentante,  e  fu  l'oncia  nella 
bassa  Italia  ciò  ,  che  fu  nell'  alta  la  lira  . 

Una  serie  di  continuate  ricerche  ,  appoggiate  sempre 
all'autorità  degli  scrittori ,  è  esposta  in  questa  dissertazione, 
la  quale  poi  rivolgendosi  fino  qu. .  i  ai  nostri  giorni ,  espone 
ancora  le  variazioni  seguite  in  alcune  monete  nel  secolo  scorso. 

Ha  1'  A.  letti  ed  esaminati  tutti  i  più  profondi  scrittori 
sulla  moneta-,  e  del  pregio  di  essi  va  parlando  all'  occasione 
eoa  verità  e  buon  giudizio  .  Conosce  la  difficoltà  della  mate- 
ria ,  e  dopo  aver  saviamente  riflettuto  ch^  il  sistema  moneta- 
rio gareggia  quasi  col  planetario  nella  profondità  delle  inda- 
gini,  ricorda  ai  leggitori  leggiadramente  che  ad  ambedue  i  si- 
stemi presiede  con   tanto  decoro  il  gran  Neuton. 

Promette  r  Autore  una  terza  dissertazione  che  accrescerà 
lumi  sulla  materia  ,  e  presto  desideriamo  di  vederla  in  luce  ad 
onore  delle  scienze  Italiane  . 


lOD 


Storia  di  Tivoli  Tomo  IL   Roma  Bourlik   1819. 
Lib.  VII. 


I 


1  Regno  di  Adriano  ,  che  nell'  anno  117.  dell'  era  volga- 
re successe  a  Trajano ,  fu  memorabile  per  la  costanza  de' 
martiri  Cittadini ,  che  illustrarono  gli  ann  li  di  Tivoli  e  del- 
la Chiesa  ,  e  per  le  nuove  magnificenze ,  onde  quel  suolo  ven- 
ne adornato.  Li  SS.  Conjugi  Getnlio  e  Sinforosa  colla  schie- 
ra di  sette  figliuoli ,  istruiti  da  qualche  uomo  apostolico  ,  ave- 
vano abbracciata  la  fede  di  Gesù  Cristo .  Soffrì  Getnlio  intre- 
pidamente il  martirio  insieme  ai  SS.  Cereale  ed  Amanzio 
non  lungi  da  Gabio  circa  l'anno  12^7.  secondo  il  computo 
più  verosimile  degli  Scrittori  .  La  Consorte  Sinforosa  diede 
onorevole  sepoltura  alle  spoglie  dello  Sposo  e  dei  compa- 
gni in  un  predio  al  di  là  dell'  Aniene  nel  territorio  Gabino 
presso  la  via  Labicana  ,  e  tornava  sovente  a  venerarle  in  com- 
pagnia dei  figliuoli  ,  e  del  sacerdote  Esuperanzio  .  Monsi- 
gnor Galletti  vescovo  di  Cirene  pretese  di  aver  ritrovata  la 
città  di  Gabio  in  Sabina  nella  tenuta  detta  le  Grotte  di 
Torri  ,  non  lungi  dalla  Fara  e  Corese  ,  e  di  attribuire  al  Ga- 
bio sabino  1'  onore  del  Martirio ,  e  del  culto  di  S.  Getnlio  . 
La  di  lui  opinione  però  fu  sodamente  confutata  dallo  Spe- 
randio  nella  Sabina  Sacra  ,  e  Profana  ,  e  quindi  smentita  dal- 
la recente  scoperta  del  Gabio  tiburtino  nella  tenuta  e  pres- 
so al  Lago  di  Castiglione  . 

Adriano  non  molto  dopo  condusse  sul  suolo  Tiburtino 
a  termine  quella  sontuosa  Villa  ,  in  cui  aveva  riunito  quan- 
to dì  più  raro  e  prezioso  aveva  nei  suoi  viaggi  visto  ,  e  rac- 
colto nell'estensione  dell' Impero.  Ci  attesta  Sparziano  ,  che 
diede  alle  diverse  parti  di  piesto  maravìglioso  edificio  i  no- 
mi delle  Provincie  e  dei  luoghi ,  e  le  chiamava  il  Liceo  ,  l'Ac- 


i34  Letteratura. 

cailenvia  ,  il  Pritaneo  ,  il  Peclle  ,  le  Tempe  :  e  perchè  nulla 
mancasse  ,  -vi  fece  ancora  1'  Inferno  .  Volle  Adriano    consacra- 
re il  suo  nuovo  Palazzo  con  tutta  la    solennità  della  pagana 
liturgia  ,     ed    in  quella  circostanza  circa  1'  anno  l36.  S.  Sia- 
farosa  ,    e  li  sette  di  lei  figliuoli  patirono  generosamente  per 
la   fede  del  Nazzareno  (i).   Dal  prediletto  soggiorno  di  Tivo- 
li Adriano  nell'  anno   i38.  passò  a  Baja  ,  ove  cessò  di  vivere. 
Sotto  il  dì  lui  regno  incominciò  la  sua  luminosa  carriera  quel 
C.  Popilìo  Caro ,  che  seguitò  a  fiorire  sotto  i  successori ,  e  me- 
ritò   dai    Tiburtini    statua    ed    elogio    disotterrato   nell'  anti- 
co Foro  della    città   ,  che  forse  gli    diede  i  natali .  Continuò 
paranco  in    questi  tempi  la    frequenza   dei  filosofi    ,    e    let- 
leiali  nella  Biblioteca  annessa  al  Tempio  di  Ercole  Tiburti- 
no  .   Aulo  Gelilo  contemporaneo   di  Adriano  fu  presente  alla 
disputa  sull'  uso  della  neve  liquefatta  riprovato  da  Aristotile , 
di  cui  fu  arrecato   il  Testo  «  e  Bibliothcca  Tiburti  ,  quce  tunc 
in  Herculis  tempio  satis  commode  instructa  libris  erat  » 

Lib.  Fin. 

Antonino  Pio  successore    di  Adriano  amò    Tivoli ,    ed  il 
soggiorno  della   villa    edificata  dal    padre  :    istituì    un  Colle- 
'         gio  di   giovani  tiburtini  per    istruirlo  nei  studj  ed   altri    pro- 
ficui esercizj  ,  quali  ,  giusta   un'  iscrizione  disolterrata  nel  suo- 
lo di  Tivoli    riportata    dal  Marzi  ,  vennero  appellati  (2)   Ju- 


(1)  Vuoisi  qui  avvenire,  che  F  A.  narra  rliffusamcntc  T  itnlii- 
bitato  Martirio  di  S.  Sinforosa  ,  e  dei  figliuoli  con  tutte  le  cir- 
costanze particolari  riferite  dal  Curdoli  ^  che  non  si  trova  sem- 
pre di  accordo  cogli  atti  pubblicati  dal  Ruinctrf  V.dit.  f^cron  :p.2o. 
INoi  peraltro  rispcttosainnite  lasciamo  l'esame  di  questo  punto 
ai    Critici    Sacri  .  (  Kot.  del    Compii.  ) 

(2)  Nella  scarsezza  delle  Tiburtine  notizie  di  questa  età  non 
saia  discaro  a^li  eruditi  Lettori  ,  che  qui  si  rammenti  la  liberalità 
di  qweir  incognito   cittadino  ,  che  a  carico  degli   er«di   lasciò   1'  us» 


Storia  di  Tivoli  i35 

venes  antoniani .  L'  umaaità  di  questo  Principe  non  valse  ad 
impedire  ,  che  l' importuno  zelo  dei  Magistrati  pagani  abu- 
sando delle  leggi  anteriori  perseguitasse  talvolta  i  seguaci  del 
vangelo  .  Quindi  sulla  Via  Tiburtina  al  XIX  miglio  da  Ro- 
ma soffrì  il  martirio  S.  Vincenzo  ,  cbe  fu  verosimilmente  Ti- 
burtino  se  non   di    nascita  almeno  di  domicilio  . 

Tivoli  vide  sorgere  sotto  l'Impero  di  Commodo  la  de- 
liziosa Villa  del  di  lui  ricco  liberto  Patrono  ,  che  vi  ebbe 
ancora  un  sepolcrale  monumento  .  Circa  l' età  di  Settimio 
Severo  la  famiglia  dei  Claudj  Liberali  (  verosimilmente  Ti- 
burtina )  possedeva  una  villa  in  quel  territorio  ,  e  precisa- 
mente nel  predio  denominato  il  Parco  ,  in  cui  1'  attuale  eru- 
dito possessore  Sig.  Antonio  Petrucci  ha  fatte  nuove  scoper- 
te di  monumenti  eoa  qualche  iscrizione  frammentata.  Parec- 
chie Iscrizioni  della  famiglia  Cesonia  scoperte  nel  suolo  li- 
burtino  dimostrano  ,  che  fioriva  in  quel  torno  per  uomini 
insigni  ,  e  vi  aveva  predj  e  sepolcri  ,  onde  tutti  li  scrittori 
la    stimarono  originaria  di  Tivoli . 

Alla  persecuzione  di  Decio  si  riporta  da  tutti  gli  Scritto- 
ri sacri  il  martirio  di  S.  Vittoria  ;  ma  non  si  può  accerta- 
re che  fosse  Tiburtina  ,  o  in  Tivoli  soffrisse  almeno  la  re- 
legazione e  la  morte  ,  poiché  il  Denatalis  ,  che  a  Tivoli 
volle    dar    questo  onore ,  restò  probabilment'e    ingannato    da 


gratuito  dei  bagni  annessi  alla  sua  casa  per  commorlo  dei  compa- 
triotti  .  il  Giureconsulto  Scevola  ci  conservò  nei  suoi  digesti  il 
tenore  del  codicillo  ,  che  oggi  si  ha  nella  Ls^gc  35.  §.  uU.  ff.  da 
Lag.  Z.  -  Tiburtibus  municipibiis  meis  ,  ainantlssiini.tcjUQ  ,  scltls  , 
balineuin  lulianum  junctum  domai  mecB  ila  ut  publice  suinptu 
hceredu/n  meorum  ,ef  d'digentia  decem  incnsihus  tatius  anni 
prcBbcalur  gratis  -  sembra  ,  che  il  fatto  possa  commodamentc  ripor- 
tarsi a  quest'  Epoca  ,  poiché  Scevola  ,  che  sopravisse  a  Marco  An- 
tonino ,  t\\  consultato  nella  questione  insorta  sulla  spesa  della  manu- 
tenzione dei  bagni,  e  rispose  contro  gli  eredi  :  lùderi  Testatorcm. 
de  his  quoque  sansisse  ,  quce  ad  quotidianain  tiitelum  pertinent  cte. 
(i^of.  del  compii.  ) 


i36  Letteratura 

qualche  fodioc  scorretto  degli  opuscoli  di  S.  Anselmo  ,  e 
lesse  V'ictoria  virgo  in  exilium  Tiburtince  mittitur  urbi ,  ove 
legger  dovevasi  Trcbiilance  ,  cioè  a  Trebula  oggi  Monleleone  ia 
Sabina ,  ove  la  santa  è  stata  ,  ed  è  tuttavia  in  grandissima 
venerazione  .  Nel  tempo  di  Valeriano  ,  che  prese  le  redini 
dell'Impero  l'anno  16^  fu  sepolto  nell'  arenario  di  Ciriaca 
sulla  via  tiburtina  1'  invitto  martire  romano  S.  Lorenzo,  in 
cnore  di  cui  ,  corno  protettore  speciale,  fu  dedicata  la  chie-> 
sa  cottedrale  di  Tivoli  . 

L'  ultitno  de'  Romani  trionfi  ,  nel  quale  Aureliano  me- 
nò sul  campidoglio  la  prigioniera  Zenobia  ,  fu  occasione  che 
a  Tivoli  fosse  edificata  l'ultima  delle  sontuose  ville  dall' 
infelice  Regina  ,  che  colà  rilegata  trovò  nelle  delizie  di  quel 
soggiorno  un   qualche    sollievo    alla    sua    sventura  . 

Costantino,  donando  la  Pace  alla  Chiesa,  inalzò  frale 
altre  la  Basilica  Liberiana  (3)  sulla  via  Tiburtina  sopra 
il  sepolcro  di  S.  Lorenzo.  Il  Nicoderai  fondato  sulla  patria  tra- 
dizione, e  su  qualche  memoria  esistente  ancora  al  suo  tem- 
po ,  opinò  ,  che  lo  stesso  augusto  edificasse  in  Tivoli  la 
chiesa  al  medesimo  invitto  martire  sulle  ruine  dell'  abbattuto 
Tempio  di  Ercole.  Tivoli  ebbe  i  suoi  vescovi  fin  dai  primi 
secoli  della  Chiesa  ,  Stabilisce  1' Ansaloni  con  plausibili  argo- 
menti ,  che  il  primo  vescovo  ne  fosse  quell' Esuperanzio ,  che 
SI  recava  con  S.  Sinforosa  e  suoi  figli  a  venerare  il  sepolcro 
di  S.  Getulio  e  compagni  .  Attenendosi   alla  serie  Ughelliana 


(3j  Avremmo  gradito  ,  cbe  1' A.  ci  avesse  istruiti  del  fonte, 
dal  quale  ha  raccolto  ,  che  la  Basilica  di  S.  Lorenzo  si  appellasse 
hiheriuiui  ,  poiché  candidamente  confessiamo  iV  ignorare,  che  questo 
tilolo  sia  stato  dato  ad  altra  Basilica  ,  clic  a  quella  di  S.  Metrici 
ad  Prftwpe  ,  0  sia  Maggiore ,  edificata  dopo  il  noto  miracolo  della 
neve  siiir  Ksquilino  da  S.  Liherio,  assunto  al  Pontificato  T  anno  352. 
e  cosi  circa  quindici  anni  dopo  la  morte  di  Costantino  avrcnata 
iicir  anno  337.  (  Nola  dd  Compii.  ) 


Istoria  di  Tivoli  iSj 

sì  trova  un  Paolo  vescovo  liburtino  nelP  anno  366  dell'  era 
cristiana  :  varj  scrittori  delle  cose  tiburtine  ,  e  lo  stesso  Ughel- 
li  scrissero  con  troppa  facilità  ,  che  questo  Paolo  consacras- 
se 1'  antipapa  Ursiciiio ,  che  col  favore  di  una  fazione  trava- 
gliò il  Pontefice  S.  Damaso .  Ed  in  vero  né  Sozomeno  ,  né 
Niceforo  ,  né  S.  Girolamo  ,  che  narrano  questa  scena  scan- 
dalosa ,  fanno  alcuna  menzione  di  Paolo  .  Lo  nomiaa  soltanto 
Ammìano  Mai'cellino  storico  sospetto  non  solo  perchè  pagano  , 
ma  molto  più  perchè  deriva  la  taccia  inonorata  dalla  testi- 
monianza anche  più  sospetta  di  Marcellino  prete  e  Mar- 
cellino diacono,  partigiani  dell'antipapa  Ursicino:  deve  pertan- 
to cancellarsi  questa  marca  ignominiosa  dai  fasti  tiburtini .  Cir- 
ca questi  tempi  fiori  in  Tivoli  il  famoso  Grammatico  Nonio 
Marcello ,  che  lasciò  col  titolo  De  proprielate  sermoniim  un 
opera  pieua  di  erudizione ,  stampata  più  volte  ,  e  commenda- 
la da  molti  . 

Sul  principio  del  secolo  V.  i  barbari  del  settentrione 
guidati  dal  Re  Alarico  penetrarono  in  Italia  ,  e  nell'  anno  409 
s'impadronirono  di  Roma,  che  soffri  un  terribile  saccheggio. 
In  mezzo  alle  crudeli  escursioni  di  quelle  truppe  «frenate 
se  la  città  di  Tivoli  schivò  un'  egnal  disgrazia  perchè  for- 
te e  munita  ,  non  potè  andai-e  esente  da  indicibili  guasti 
nel  territorio  ,  e  nelle  ville  già  trascurate  per  1'  assenza  dei 
grandi  di  Roma  dopo  la  traslazione  della  sede  imperiale  a 
Costantinopoli .  L'  invasione  ed  il  saccheggio  di  Roma  sotto 
Genserico  è  verosimile  ,  che  riuscisse  fatale  anche  alle  ville 
tiburtine ,  poiché  la  rapacità  dei  soldati  era  eccitata  dal  com- 
modo della  vicinanza ,  e  dalle  ricchezze  della  preda  .  Vitto- 
re Vitense  nel  libro  della  persecuzione  vandalica  ,  narrando 
il  martirio  di  S.  Servo  .  si  spiega  cosi  :  Servus  quoque  Tibur- 
linee  civitatis  rnnjoris  ,  i^,-^uerosus  et  nobilis  vir  ,  prò  Chri- 
sto  quas  pertulit  quis  explicet  pccnas  ?  Ma  lo  storico  Pietro 
Natali  ingannato  forse  da  qualche  codice  scorretto  di  quel  li- 


i38  Letteratura 

bro -travisò  questo  semplice  fatto,  e  scrisse  :  Majorius  martir  , 
seivus  Generosi  nobilis  vir  tiburtince  civitatis,  passus  est  in 
persecutione  vandalica  sub  Unnerico  :  dal  Marzi  poi  e  dal  Ni- 
codemi  si  riporta  più  stranamente  il  fatto  sotto  Genserico  . 
Ma  in  queste  due  epoche  né  in  Tivoli  nò  in  Italia  trovasi 
alcun  martire  ,  poiché  Genserico  mantenne  la  promessa  fatta 
•  S.  Leone  di  non  inquietare  i  popoli  per  motivi  di  Religio- 
ne ,  ed  Unnerico  di  lui  figlio  non  estese  la  persecuzione  fuo- 
ri dell'  Africa  .  Conviene  dunque  rigettare  la  leggenda  di  un 
S.  Majorio  tiburtino  ,  servo  di  Generoso  ,  di  cui  non  si  tro- 
va menzione  nei  martirologj  ,  nò  si  è  mai  celebrata  memo- 
ria nella  supposta  sua  Patria  :  ed  all'  incontro  seguendo  il  sin- 
cero testo  dì  Vittore  Vitense  bisogna  ammettere  la  storia  del 
S.  Martire  Servo  celebratlssimo  nell'  Africa  ,  e  riconoscerlo 
non  già  tiburtino  ,  ma  tuburbitance  civitatis  majoris  a  distin- 
zione dal  Tuburbum  minus  Castello  del  medesimo  nome  in 
Africa  stessa  non  lungi  da  Cartagine .  Si  trova  bensì  registra- 
to nel  martirologio  Romano  un  S.  Generoso  martire  ;  le  ve- 
nerande spoglie  di  lui  ,  secondo  il  Baronio  ed  altri  patrj  scrit- 
tori,  riposano  sotto  l'altare  maggiore  della  cattedrale  di  Ti- 
voli,  che  lo  ritiene  per  cittadino  e   speciale   protettore, 

Lib.  IX. 

Recò  molto  lustro  a  Tivoli  sua  patria  il  S.  Pontefice 
Siinjìlicio  ,  che  nell'  anno  ^6y  fu  inalzato  alla  Cattedra  di  S. 
Pietro  .  Il  di  lui  genitore  ,  per  nome  Costantino  ,  si  congettura 
che  fosse  quello  stesso  ,  che  nell'  anno  4^4  ^"-  console  con 
Vittore ,  e  condusse  un  esercito  contro  i  Vandali  nelle  Spa- 
gne .  Nel  lungo  Pontificalo  di  quindici  anni  governò  con  fer- 
mezza ,  e  prudenza  singolare  la  Chiesa  agitata  dai  gravi  tor- 
bidi dell'  oriente .  Secondo  la  costante  tradizione  edificò  in 
Tivoli  tre  chiese  dedicate   a    S.   Pietro,   a    S.  Paolo,  e  a   S. 


Istoria  di  Tivoli  139 

Clemente .  Il   Pontefice  Gelasio  un'  altra   ve   ne  fabbricò   ad 
onore  di   S,  Eufemia  martire ,   e   vi    si   portò   a    consacrarla 
assistito  da  Candido    celebre   vescovo  tiburtino .    Cosi  Gela- 
sio fu  il  primo  fra  i  pontefici ,    che  onorasse    dì  sua  presen- 
za la  nostra  patria .   Essendo  il   fatto  contestato  da  Anastasio 
Bibliotecario ,    fa    meraviglia   che  non   resti   in    Tivoli  vesti- 
gio  alcuno    di  detta  Basilica  ,    e  che  nel   cataloghi  più  anti- 
chi delle  chiese   non  si  legga   il   nome  di  S.  Eufemia  giam- 
mai registrato .    Si  cerca  egualmente    indarno  qualche  traccia 
della   chiesa  dì  S.  Severino   monaco ,    al  quale   Onorio  eresse 
nel    secolo    settimo   un    tempio  con   molti    ornamenti  d'  oro 
e  d' argento  ,  di  marmi ,  e  mosaici   apud  urhem  tiburtinam . 
Al  potere  di    Teodorico  Re  dei    Goti    andò  soggetto  col 
resto  dell'  Italia  anche   Tivoli  .   Si  può  congetturare ,  che  il 
gifito  ispiratogli  dal  famoso  Cassiodoro  per  le  arti  e  la  gran- 
dezza ,    inducessero  quel  principe  a  conservare    piuttosto  che 
a    distruggere  le    tiburtine   magnificenze .  Nella    spedizione  di 
Belisario  i  Tiburlini    scossero  il  giogo  dei  Goti   ed   accolsero 
la  guarnigione     Imperiale  :    respinsero  valorosamente    gli   as- 
salti replicati   di   Vitige  ,  e  ne   molestarono  gli  accampamen- 
ti  allorché  sì    rivolse  all'  assedio  di    Roma  .    Totila  succes- 
sore di  Vitige,  disperando  di  poter  soggiogare  la  città  dì  Ti- 
voli colla  forza   delle  armi,  di  notte  vi  penetrò   per  tradimen- 
to dì  alcuni  pazzi    Cittadini  ,  che  furono  la  mina  della  loro 
patria  ;  perchè    entrati    i  Goti   trucidarono   tutti  gli   abitanti . 
Non  fu  risparmiata  la  vita   a  Catelo  ,  che   Procopìo   n«mina 
espressamente  come    cittadino    chiaro    in    tutta    Italia     per  la 
sua    probità  ,    anzi    neppure  allo  stesso  vescovo ,    che  fu  vit- 
tima del  furore    dei   vincitori  .'Da  Tivoli ,  ove  si   era  stabili- 
to con  molte  forze  ,  Totila   scendeva  a   frequenti  scorrerie  sot- 
to  le   mura   di  Roma  ,  di  cui  nt-ll'  anno   346  si  rese   padro- 
ne .   I   tesori   ed    il  quartier  Generale   di  quel   principe  Goto 
furono    in   Tivoli   trasportati    nella    seconda  spedizione     di 


i4o  Letteratura 

Beirsario  in  Italia  .  Fece  allora  Totila  ristorare  il  castello  , 
ed  anche  la  città  ,  per  passarvi  con  sicurezza  1'  inver- 
no ;  e  muovendo  poi  nella  primavera  verso  l' Etruria  vi 
lasciò  un  forte  presidio  .  La  vittoria  di  Narsete  ,  e  la  mor- 
te di  Totila  neU'  anno  554-  pose  fine  alla  guerra  dei  Goti 
discacciati  dal  Lazio  ,  e  da  tutta  l' Italia  .  Tivoli  ,  che  por- 
tava tuttavia  scolpite  sulla  fronte  le  terribili  traccie  del 
sofferto  eccidio  ,  cominciò  alquanto  a  respirare  .  Nella  divi- 
sione dei  Ducati ,  che  in  Italia  fiu  dall'anno  568.  introdus- 
se Longino  primo  Esarca  di  Ravenna  ,  Tivoli  fu  compresa 
sotto  il  Ducato  Romano  ,  e  con  Roma  fedele  si  mantenne 
agi'  Imperatori  d'  oriente  ,  sebbene  altre  città  si  unissero  al 
Regno  dei  Longobardi  .  Dopo  quest'  epoca  si  trova  un  vuo- 
to profondo  nella  storia  patria  ,  di  cui  sono  ignote  le  vicen- 
de fino  al  Pontifi(  lo  di  Gregorio  II.  eletto  nell'anno  yi5. 
Al  riferire  di  Sigonio  i  Tiburtini  furono  tra  quei  popoli 
del  Ducato  Romano  ,  die  neli'  anno  727.  sdegnando  di  ob- 
bedire a  Leone  Isamico  fautore  degli  Eretici  Iconoclasti  , 
si  sottoposero  ali  'bhedienza  del  Romano  Pontefice  ,  e  prò* 
misero  con  giuramento  di  difenderne  in  perpetuo  e  la  vita 
e  lo  slato  .  Assai  dovettero  soffrire  le  terre  e  le  ville  dì 
Tivoli  dall' escursioni  ,  che  fecero  l'anno  729.  nei  contorni 
di  Roma  gli  eserciti  di  Eulichio  comandimte  imperiale  , 
e  di  Luitprando  Re  de'  Longobardi  .  Danni  però  molto 
maggiori  arrecarono  le  armi  di  Astolfo  ,che  investì  il  Du- 
cato Romano  ,  fini  di  dìstrugi^^'re  le  tiburline  magnificen- 
ze ,  e  diroccò  la  Chiesa  di  S.  Sinforosa  ,  che  stava  nel  ter- 
ritorio tiburlino  ,  in  distanza  di  nove  miglia  da  Roma  . 
Gli  storici  Pavesi  ,  il  nostro  Nicodemi  ,  ed  il  Muratori 
all'  anno  556".  scrissero  ,  che  in  tal  circostanza  i  corpi  di 
S.  Sinforosa  ,  e  Compagni  martiri  fossero  trasportati  nella 
chiesa  di  S.  Eusebio  in  Pavia  capitale  de'  Longobardi  .  Sem- 
bra   tuttavia    inverosimile  questo    racconto  ,  perchè    da    altri 


TsTOKiA  DI  Tivoli  r4i 

autori  sappiamo  ,  cho  la  sollecitudine  del  Pontefice  Stefano 
prevedendo  1'  immiaente  procella  fece  in  Roma  trasportare 
quelle  venerande  reliquie  (4)  > 

Teodosio  Vescovo  di  Tivoli  fu  con  quelli  di  Albano 
e  Palestrina  sperlito  nell'anno  778.  da  Papa  Adriano  al  P.e 
Desiderio  per  distoglierlo  dall'invasione  del  Ducato  Roma- 
no .  l  Legati  Poiitiflcj  lo  trovarono  in  Terni  ,  e  riuscirono 
felicemente  nell'  impresa  :  poiché  Desiderio  commosso  dagli 
ordini  minacciosi  di  Adriano ,  con  gran  riverenza  e  confu- 
sione   se  ne  tornò  indietro  . 

Mentre  1'  Italia  e  Roma  erano  sul  fine  del  secolo  x. 
afflitte  da  molte  calamità  ed  agitazioni,  fu  sollevato  alla 
cattedra  di  S.  Pietro  1'  anno  988.  un  altro  cittr.diao  di 
Tivoli  ,  cioè  Giovanni  IX.  figlio  di  Rampoaldo  ,  e  monaco 
benedettino  .  Celebrò  un  concilio  in  Roma  ,  nel  quale  fu- 
rono abrogati  gli  atti  del  conciliabolo  tenuto  contro  il 
Pontefice  Formoso  :  ed  un  altro  a  Ravenna  ,  in  cui  alla 
presenza  dell'  Imperatore  Lamberto  molle  cose  per  cura  di 
Giovanni  furono  trattate  per  la  pace  e  libertà  della  Chiesa, 
e  per  la  ricupera  e  sicurezza  del  di  lei  patrimonio  .  Ri- 
cevette lettere  inleressinti  da  Ottone  Arcivescovo  di  Ma- 
gonza  e  suoi  suffraganei  dopo  la  morte  di  Arnolfo  Re  di 
Germania  ,  ed  altre  ne  scrisse  al  Re  di  Francia  Carlo  il 
semplice  per  impegnarlo  a  sostenere  Vibrino  Vescovo  Lin- 
gonense  ,  al    quale  da  alcuni  faziosi    veniva  impedito     1'  eser- 


(4)  Non  si  può  mettere  in  daiiio  ,  che  Koma  possieda  questo 
prezioso  Tesoro  .  Nel  Pontitìcato  li  Fio  IV.  fu  ritrovato  insieme 
coI['  Iscrizione  sopra  una  lamina  di  Piombo  sotto  1'  aitar  Maggiore 
della  Chiesa  Collegiata  di  S.  Angelo  in  Pescheria  ;  quindi  nel  Mar- 
tirologio Romano  corretto  da  Benedetto  XW.  si  legge  alli  18.  di 
Luglio  -  Tlbure  S.  SyniphoroscB  iixoris  S.  Getulii  Murtiris  cuin 
septern  J'diubus  suis Eorwn  cotpora  posteci  Ro/nain  tran- 
slata .  Pio  If^.  SuMiino  Pontifica  in  D/aconiu  S.  Angali  in  Fisca- 
ria    inventa  Juerunt  „  (N'ota  del  Compii.) 


i4-2       Letteratura 

cizio,  dell'  Episcopale  ministero  .  Neil'  anno  900.  ,  prima  che 
Ludovico  Re  di  Provenza  giungesse  in  Roma  a  prendere 
la  Corona  Imperiale  ,  fu  Giovanni  chiamato  dal  Signore  a 
miglior   vita  dopo  tre   anni  e   più  di  Pontificato    (5). 

Sembra  che  possa  collocarsi  col  Muratori  nell'  anno  916. 
l' insigne  vittoria  ,  che  nella  Diocesi  e  territorio  tiburtino 
sulle  sponde  dell'  xiniene  verso  Vicovaro  riportò  contro  i 
Saraceni  1'  esercito  ,  che  per  le  premure  di  Giovanni  x. 
riunirono  i  Principi  di  Benevento  e  di  Salerno  ,  con  Al- 
berico Marchese  di  Camerino ,  e  generale  di  Berengario  . 
Molti  dei  Saraceni  sfuggiti  alla  strage ,  e  ricovrati  nelle 
selve  e  monti  vicini  ,  ottennero  il  permesso  di  fabricarsi 
un  castello  ,  che  fu  chiamato  Saracinesco  vecchio  in  di- 
stanza di  alcune  miglia  da  Tivoli  .  Dopo  la  morte  di  Ot- 
tone ì  Romani  fecero  un  nuovo  tentativo  per  ristabilire 
l' antica  forma  dì  governo  repubblicano  ,  e  nominarono 
console  il  noto  Crescenzio  .  I  Tiburtini  ,  che  probabilmen- 
te avevano  del  pari  riscaldata  la  testa  dall'  idee  democra- 
tiche ,  fecero  alleanza  coi  Romani  del  partito  di  Crescenzio . 
L'  esercito  di  Ottone  III. ,  dal  quale  implorò  soccorso  il 
pontefice  Gregorio  ,  e  olpì  e  disperse  i  seguaci  del  console  , 
che  dopo  ostinata  difesa  fu  appiccalo  sulle  mura  di  Castel 
S.  Angiolo  ,  in  cui  erasi   fortificato  . 

Lib.  X. 

Ottone   in.  nell'anno    looi.  pose  l'assedio  a    Tivoli  ,  che 
dopo  lunga   resistenza  si  rese  a  discrezione ,  ed   ottenne  per- 


(5)  L'  Elezione  di  Giovanni  IX.  è  fissata  concordemente  alli  12. 
Marzo  dell' 898  ,e  la  morte  di  lui  alli  26.  dello  stesso  mese  1'  anno  900. 
È  dunque  chiaro  ,  che  non  governò  la  Chiesa  se  non  soli  due  anni 
e  giorni  quindici  ,  secondo  il  calcolo  di  tutti  gli  Scrittori  .  (  Nota 
del  Compii.  ) 


Istoria  di  Tivoli  i43 

dono  ,  e  pace  per  la  mediazione  di  S.  Bervardo  vescovo  d'  II- 
desein    maestro   dell'  Imperadore  ,    come    narra    Tangmaro  j 
S.  Pier  Damiani  però  scrisse  che  alle  preghiere  di  S.  Romual- 
do fu   il   principe  distolto  dalla    distruzione  della  città  .   Per 
conciliare   li  due  storici   il   P.  Collina   annalista    camaldolese 
pone   col  Fleury  due    assedj  distinti  della  città  1'  uno  nel  997. 
in  cui   S.  Romualdo    al    dire   del    Damiano  sparmiò  ai    tibur- 
tini  gli   effetti   della     resa,  e  l'altro  nel  1001.  ,  in    cui    San 
Bervardo    addolci    1'  ira   del    vittorioso    regnante    secondo    la 
leggenda   di  Tangmaro  .    La  pace  ,    di    cui  goderono   in   se- 
guilo i  Tiburtini  ,  rende   sterili   gli   annali    fino  all'epoca  del- 
le falnli   dissenzioni  fra  il   pontefice    Gregorio   VII.  ,  ed   Ar- 
rigo IV. ,  e  dello  scisma  ,    che  afflisse  la  Chiesa  .   Neil'  estate 
del    1082.  l'antipapa    Clemente    III.  non    potendo    penetrare 
in  Roma  col   favore  delle    armi  di  Arrigo  ,  si  recò  colle    sue 
genti   in  Tivoli ,    e  vi    ebbe  quartiere    finché  dovette    ritirar- 
si altrove.  Guarniei'i  principe  d'Ancona,  e  (  secondo  il  Mu- 
ratori )  governatore  di   Tivoli     favorì  1'  altro  antipapa    Silve- 
stro IV.  ,    che  in  tempo   del    pontefice   Pasquale   II.  fu   con- 
dotto in     Tivoli  da  una    banda  di  Romani  sollevati  sotto    la 
condotta  di  Bertone  .  Sebbene  quel  pontefice  riuscisse  felice- 
mente a  sottomettere  molti  paesi  del  Lazio ,  e  della  Campa- 
gna ,    trovò    non    pertanto    nei    tiburtini   una    resistenza    osti- 
nata ,  che  molli  danni  cagionò    ad   ambe  le  parti  ,  senza    che 
però  si  sappia  il  come   Tivoli  tornasse   alla   soggezione   della 
chiesa  romana .  Nell'anno  im.  un'esercito  tedesco  ricompar- 
ve nel   territorio   tiburtino ,  poiché  Arrigo   V.  collocò   a  Pon- 
te Lucano  il  suo  campo  ,    e  firmò  presso  il  Ponte  Mammolo 
il  trattato    di   pace   con   Pasquale  II. .    da   cui   fu   in    Roma 
coronato  imperatore  . 

Sul  fine  del  secolo  undecimo  ,  e  principio  del  duode- 
cimo furono  frequenti ,  e  sanguinose  le  guerre  fra  i  tibur- 
tini ,  e  gli  abati  di  Subiaco  ;   colle   armi  alla  maHO  sostene  • 


i44  Letteratitra 

vansi  le  pretensioni  delle  parti  su'  varj  castelli ,  che  col  trat- 
to del  tempo   erano    passati    dal   governo     civile    della    città 
a  quello   del    vescovo  ,  e  da  questo  per  successive  donazioni 
al   monastero  Sublacense  .    Ma  queste  gare  continuale  con  va- 
rio esito  per  molti  anni   cessarono    allora  quando  i   Tiburti- 
ni   spaventati   dalla   minacciosa  spedizione   di  Ruggieri   Re   di 
Sicilia   rivolsero  le  cure  a  difendersi  contro  si  potente  nemi- 
co .    Anche   gli    ecclesiastici    furono  impegnati  a    contribuire 
alla  comune  difesa  :    ed  allora  si    fu,   che  nell' anno  ii4o  fra 
la   cittadinanza    di    Tivoli,  e  l'abate    del    monastero   di   Sant' 
Angelo  in  Valle  Arcese    fu    conchiusa    la   giurata  convenzione, 
per  cui  fu  ceduta    ai  monaci  in    perpetuo  quell'  estenzioae  di 
terre ,  che  rimaneva  sopra   la    porta   de'  prati  presso  il  Ponte 
degl'  Arci  a  condizione ,   che    dovessero  restaurare  gli  edificj  , 
e  porre  in  buono  stato  le  fortificazioni  .  Si  leggono  ancora  nel 
portico   di    S.   Maria  in  Gosmedin  due   Iscrizioni   Marmoree 
che  la    storia    conservano  di   tal   concordato .  Svanito    appena 
questo    nembo    sopravvennero    le    sciagure    della    guerra    coi 
Romani  nel  pontificato  d' Innocenzo  II.  Non  è  noto    se  i  Ti- 
burtiai  si    mostrassero   partigiani  dell'  Antipapa    Anacleto ,    o 
fossero    trascorsi  alle    vie  di  fatto  per  le  discordie    insorte  a 
cagione  di    confini  ,    e    d'  ingiurie   .    Lasciò  scrìtto  Ottone  di 
Frisinga  ,    che  dopo  sperimentate  inutilmente   tutte  le  vie  di 
dolcezza  nell'anno  ii4i-  Innocenzo  scomunicò  i  tiburtini  ;  il 
Baronie  però  ,  ed  il  critico  Pagi   non  ammettono  che  il    buon 
pontefice    s'inducesse  a   far  uso    di  si  fatto    mezzo  .   E' certo 
poi,    che  la    cittk  fu  stretta  d'assedio    dall'esercito  romano. 
Andiede  a   vuoto  in  quella    stagione  1'  impresa,   perchè   i  ti- 
burtini con    uno  stratagemma  disfecero  i    nemici:    raccolsero 
nel    clivo  della  porta    del    colle  ben    chiusa ,   e  bituminala  uà 
volume  abbondante  di  acque  derivate  dall'  Aniene  ,  e  toglien- 
do poi    all'  improviso    i    ripari  fecero  sboccare    contro  gli  as- 
sediami u%  torrente  impetuoso,   che    gli   obbligò   a  fuggire. 


Istoria  di  Tivoli  i43 

ed  a  lasciare  in  balia  de'  Tiburlini    il  campo  ed  il  bagaglio. 
Cosi  nell'anno    seguente    1142.  senza  cimentarsi  a    nuovi,   e 
più  gravi  disastri    poterono    conchiudere   una  pace    onorevole 
prestando  giuramento  di  fedeltà  al  Pontefice  .    H  Muratori  ;>el 
primo  lih  pubblicato  la  formola  di  questo  giuramento  ,     e  le 
giaceva  sconosciuta  in  un  registro  di  Cencio  G\meru-io  .  Qi  ;- 
sta  pace    dispiacque   a'  Romani  ,    che    inaspriti    dilla    soiFerLa 
sconfitta  avrebbero  voluto    veder  duramente  umiliata  ,   ed  an- 
che distrutta  la    città  rivale  .   Il  mansueto  pastore    Innoce?  /.o 
non  volle  aderire  a  pretensioni  così    disumane  ;    quindi  i  ilo- 
mani  eccitarono    una    sedizione  ,  e  correndo    al    Gampido;;!io 
ristabilirono  l'antico  ordine  de' Senatori,  ed    intimarono  n  ìd- 
vamente  la  guerra  agli  abboniti  Tiburtini  .  Il  Pontefice  Euj;e- 
nio  III.  travaigliato  dagli   Arnaldisli  profittò  di  questa  discordia  , 
e  col  soccorso  delle  milizie  Tiburtine   astrinse    i  pertinaci  Ilo- 
mani  a  chieder  pace  .   Ma  non  trovando  in  Romi   ancora  agi- 
tata quella  tranquillità,  che  bramava,  si  ritirò  in  Tivoli  ,  di 
cui  aveva  sperimentato  l'attaccamento,  ed  ivi  rese  lo  spirito 
a  Dio  il  giorno  sette    luglio  del  ii53.  In   questa  città    trova- 
rono riposo  ,   e    sussistenza  Adriano  IV.   colla  sua   corte  ,   e  Fe- 
derico I.  detto  Barbarossa    colle   sue  genti    in  occasione  ,  che 
nel  ii55.  si   ritirarono  da  Roma    nuovamente   sollevata  per  la 
coronazione  dell'Imperatore    avvenuta    senza  il  concorso  del 
la    romana   magistratura  .    In    tale    circostanza  i    Tiburtini    si 
presentarono    colle     chiavi    della    città  all'  Imperatore  ,     che 
volentieri  accettò  P  offerta  ,    ed  il   giuramento  dì   fedeltà  .  Per 
soli  riflessi  polititici ,  e  di  mala  voglia  egli  si   arrese  alle  rimo- 
stranze di  Papa  Adriano ,  e  sciolse    i    cittadini    dal   giuramen- 
to prestatogli  ,    esortandoli    all'  obbedienza  verso  il    Poiit(;lì;;e 
sn/uo  manente    Iure   Imperiali,    conforme  si    rileva    dal    di- 
ploma riportato  dal  Baronie  ,  e  da  altri  .   Tuttavia  in  ricono- 
srenza     verso    quel     Popolo    permise    Federico    ,    che    Tivoli 
potesse    portare  nel   suo  stemma    1'  Aquila  Imperiale  per    pri- 

G.  A.  To.  IV.  10 


i/\6  Letteratura 

vllegio  ,  di  cui  la  città  è  tuttora  in  possesso  :  dilatò  inoltre 
il  riciato  delle  mura  dalia  parte  di  occidente  ,  ed  anche  ver- 
so la  porta  de'  prati ,    e  le   fortificò  con  fossa  ,   e  con  torri  . 

Lib.  XL 

Fedeli  alla  chiesa  romana  si  mantennero  1  Tiburtini  nel 
tempo  dello  scisma ,  che  nel  Pontificato  di  Alessandro  III.  fu 
suscitato  dall'  ambizioso  Cardinal  Ottaviano;  nel  1188.  il  Pon- 
tefice Clemente  III.  ri  usci  a  ristabilire  la  buona  armonia  col 
Senato  ,  e  Popolo  Romano  .  Vien  riferito  dal  Baronio ,  e  dal 
Muratori  il  diploma  di  pacificazione  ,  che  fa  testimonianza 
dell'  astio  inveterato  de'  Promani  contro  i  Tiburtini  e  Tu- 
sculani  di  loro  vicini  .  Poiché  riguardo  a  Tivoli  fu  pattui- 
to,  che  il  Pontefice  non  impedisse  la  guerra  ,  che  il  popolo 
Romano  volesse  muovergli  nuovamente  :  Tibur  non  recipie' 
tis  ad  detrimentum  ,  et  damnum  Urbis  ',  sed  si  Tiburtìnos 
impuziare  voluerimus  ,  non  facietis  nobis  contrarium  .  Il 
Tuscolo  poi  fu  lasciato  in  assoluta  balia  del  Sena  to  anche 
per  atterrarne  le  mura,  e  le  fortificazioni  .  In  questa  circo- 
stanza i  Tiburtini  per  una  singolare  fatalità  unirono  le  lo- 
ro forze  coi  Romani  per  1'  espugnazione  ,  e  distruzione  del 
Tuscolo  .  In  benemerenza  dell'  efficace  soccorso  fu  accordato 
al  Confaloniere  Tiburtino  il  privilegio  di  precedere  su  bian- 
co cavallo  col  vessillo  del  popolo  Romano  le  insegne  de  ' 
tredici  rioni  nella  celebrazione  degP  antichi  spettacoli  di  Te- 
staccio  ;  inoltre  in  segno  di  vittoria  trasportarono  a  Tivoli 
due  famose  statue  di  marmo  Egiziano,  che  sostenevano  l'ar- 
chitrave della  porta  del  Tuscolo  ,  quali  oggi  si  ammirano 
nel  Museo  Pio  dementino  .  Sotto  Celestino  III.  nell'  anno  1 196 
1'  Imperatore  Arrigo  scese  in  Italia  con  forte  esercito  ,  e  per 
essere  in  grado  di  reprimere  i  movimenti  de'  rivoltosi  Regni- 
coli si  trattenne  qualche  tempo  in  Tivoli  ,  che  stimò  un'  ec- 


Istoria  di  Tivoli  147 

celiente    stazione  militare  .  Sul   principio   del  secolo   duode- 
cimo la  città  di  Tivoli    fu  onorata  dalla  presenza  di  San  Do- 
menico ,  di    San    Francesco  d'  Assisi  ,    e    delli    due    Pontefici 
Onorio    III.  ,  e  Gregorio  IX .  ,  che    vi    si    rifugiarono  1'  uno 
per  le  nuove  inquietezze  de'  Ronfani  ,  1'  altro   per  1'  invasio- 
ne di  Federico    II.  La    preponderanza    delle    forze    di    quest' 
Imperadore  costrinse  i  Tiburtini  a  desistere  da  un'  inutile  di- 
fesa :  cedendo  all'  impero  delle  circostanze   ,  dopoché  il  Ponte- 
fice Gregorio  si  ritirò  altrove ,  aprirono  nel  1241.     le  porte  ai 
Tedeschi  .  Si  rinnovarono  cosi  le   antiche  ostilità  fra  i  Tibur- 
tini  soggetti  ai  Tedeschi  ,  ed  i  Romini  partiainui    del  Papa  . 
Fu  dato   reciprocamente    il    guasto  dalle  genti   degli  uni  nel 
territorio   degli  altri  .   Disperando  ì  Romani   di  soggiogare  un 
popolo  cosi  agguerrito ,  interposero  nel  i454  la  mediazione  di 
Alessandro  IV  per  un  trattato  di  pace  ,  Cominciò  a    maneg- 
giarlo Andalò  senatore  di  Roma ,  e  lo  condusse  a  buon  termi- 
ne nel    12  56  Manuelo    de  Magis  ,    che   gli  era    stato  sostitui- 
to .    L' atto    solenne   però    non    venne    firmato   dai    rispettivi 
deputati   se  non  li  y.  Aprile    isSq.  Con  esso  i  Tiburtini  con- 
servarono le  proprie  leggi,  il  dritto  sulla  vita    de' Cittadini 
riservato  al  Magistrato  civico ,  1'  appellazione  in  ultima  istan- 
za  al  capo    milizia  del    popolo  ;  ma  dovettero  cedere    a  Ro- 
ma  la    rettoria   della  città ,    ricevere   un    conte  ,    o   podestà 
nominato    dal    Senato  Romano  ,  ed    obbligarsi  a    pagare    un 
annuo  censo  di  mille  libre  (  scudi  ducento  circa  )  da  ripar- 
tirsi tra  li  Frangipane ,  ed    altri   danneggiati   nelle    frequenti 
scorrerie.    Così  perdetlei'o  i  Tiburtini  l'antica  politica  indi- 
pendenza ,  e  se  non  divennero  sudditi  di  Rpma ,  ne  riconob- 
bero   almeno  la    giurisdizione  ,    mettendola  a  parte    del    Go- 
verno .    Nondimeno   la  sorte    di  Tivoli  fu  meii  dura ,  e    più 
tollerabile  in  confronto  di  tante  altre  città  del  Lazio,  che  per 
effetto    de'  politici    sconvolgiinenti    o    soffrirono  1'  eccidio   to- 
nale ,   o  furono  preda  del  nascente  sistema  feudale  . 

10  * 


j4S  Let  ter  Atura 

■'Cinque    anni    appresso    i    Tiburlini    seppero  coniggiosa- 
mente  resistere  alle  lusinghe,  ed  alle   miiiaccie  di   Manfredi, 
che  si  era  inoltrato  ad  occupare  con  forte  esercito  le  Provin- 
cie  Romane   in    odio  di  Clemente  IV ,  che    aveva    promessa 
rinvestitura    delle    due    sicilie     a    Carlo    d' Angiò    Duca    di 
Provenza  .   Onorio  IV.   eletto  nel   I285.  amò  il  soggiorno  di 
Tivoli ,    lungamente  vi  si   trattenne ,  e    vi  spediva  gli     affari 
più  interessanti  .  Porta    la  data  di  Tivoli    il  breve  di  Onorio  , 
che    toglie  l'interdetto,  al  quale  i  Viterbesi    erano  stati  sot- 
toposti per  gì'  insulti   fatti  ai  Cardinali   nell'  elezione  del  pre- 
decessore Urbano .  Forse  per  ottener  la  grazia  si  valsero  util- 
mente i    Viterbesi  di  quell'  antica  e    costante    alleanza ,    che 
mantennero  a  mutua  difesa  coi  Tiburtini  allora  ospiti  del  Pon- 
tefice Onorio  ,  della  quale  rimangono  ancora  le  memorie  negli 
antichi  statuti  delle  due  città  .    All'  incontro  Tivoli  fu    mol- 
to odiata,  e  travagliata  da  Bonificio  Vili.  ,   poiché  in  essa  tro- 
vò asilo  ,  e  sicurezza  la  famìglia  de'  Colonnesi  dopo  la  distru- 
zione di  Palestrina  .  Ma  1'  irato  Pontefice  non  istimò  cosa  pru- 
dente di  cimentare  l'  esercito  crociato  all'  assedio  di  una  cit- 
tà così  forte ,  e  di  un  popolo  cosi   agguerrito .  Nel  corso  del 
secolo    XIII.    furono    stabiliti    in    Tivoli    i    religiosi    dell'  or- 
dine di  S.  Domenico  e  di  S.   Francesco,  e  fra  questi   ultimi  si 
distinse  quel  Fra  Leonardo  da  Tivoli  ,   che  fu  dichiarato  In- 
quisitor     generale  da  Nicolò    IV.  ,  e  rese    importanti    servigj 
alla  santa  Sede  nelle  legazioni  di    Sicilia  ,  e  di  «Spagna  in  fa- 
Tore  degli  Angioini. 

Lib.  XII. 

Sul  principio  del  Secolo  XIV.  i  Tiburtini  diedero  argo- 
menti dì  prudenza  ,  e  saviezza  nella  compilazione  del  patrio 
sthtuto  ,  che  venne  fuori  l'anno  i3o5.,  e  di  una  Pramma- 
tica contro  il  lusso  rovinoso  delle  donne  emanala    nel   i3o8. 


Istoria  di  Tnou  14^ 

Ma  le  fazioni  furono  la  sorgente  fatale  della  di  loro  decaden- 
za .  Seguirono  insieme  cogli  alleati  viterbesi  ii  pa.-lito  dei 
Colonnesi  Ghibellini  contro  gli  Orsini  di  parte  G  i  .'f:.  Distrus- 
sero circa  l'anno  i3oo.  il  castello  di  Ampigiioni;  ,  che  ap- 
parteneva agli  Orsini  ,  e  che  nel  i3o8  fu  rifabbricato  dai  fi-li 
di  Fortebraccio  nel  luogo  dell'  odierno  Castel  Mad  ima  .  Arri- 
go di  Lucemburgo  dopo  aver  nell'anno  i3i2.  oUeiiiito  in  Ro- 
ma la  corona  Impellale  fu  astretto  a  ricoverarsi  la  Tivoli  dil- 
la fazione  Orsina  sostenuta  da  Roberto  Re  di  Nipoti  ,  e  ne- 
mico dei  Ghibellini  .  Vennero  appresso  ad  Airi\,'i  gli  amba- 
sciatori di  Federico  Re  di  Sicilia,  ed  in  Tivoli  istessa  venne 
firmata  1'  alleanza  offensiva  ,  e  difensiva  fra  li  due  sovrani  . 
Anche  Ludovico  il  bavaro  si  portò  ,  e  si  trattenne  alcuni  gior- 
ni in  Tivoli  nel  1828  mentre  marciava  ad  investire  il  re- 
gno di  Napoli  .  Intanto  1'  esercito  del  re  Roberto  scenden- 
do dagli  Abruzzi  devastava  li  stati  degli  Orsini  :  assediò  An- 
tiboli ,  e  mise  a  ferro  e  a  fuoco  Sambuci  .  (6)  La  pru- 
denza dei  Tiburtini  seppe  evitare  quella  tempesta  ,  ottenen- 
do un  armistizio  colla  semplice  somministrazione  dei  viveri  , 
de'  quali   1'  armata     Napolitana  aveva  estremo  bisogno  . 

Sotto  il   Pontificato  di  Gio.    XU.    (^7)  la  chiesa  di  Tivo- 
li avea  per  vescovo  Giovanni  religioso  minorità  ,   concittadi- 


(6)  Coavicn  qui  supporre  ,  elie  i  Castelli  degli  Orsini  fossero 
oailuti  in  potere  del  Ba\raro  ,  altrimenti  tion  si  potrebbe  concepire 
(•ome le  truppe  di  Roberto  attacoassaro  gli  stati  de'  partigiani  diluì; 
cosi  pare  ,  che  debba  intendersi  Io  storico  dell'Aquila  presso  il  Mura- 
tori Aiitlq.  med  cut'.   Tom.  6. 

„  Et  pochi  di  pò  questo  la  Duca  se  partio 
„  Con  la  sua  Baronia  ad  Alue  se  ne  gio  , 
,,  Et  nui  "ommo  ad   Anticoli   per  lo  commando  sio 
„  Lu   Bavaro  partisse  da  poi  ,  che  lo  scotio 
t,  Granne    paura    hebe    Tivoli  ,    che    loco    non    gessemo  ec. 

(Nola  del  Compii.  ) 

(7)  Deve  leggersi  Giovanni  X/Yil.  in  vece  di  Xll.  come  sta  forse 
per  tipografica  iiiesattezira  (  Nola  d'il  Camp.   ) 


j5o  Letteratura 

no  ,  e  discepolo  del  famoso  Fra  Michele  da  Cesena  gene- 
ralvs  dell'ordine  ,  che  ùell' Episcopio  di  Tivoli  fu  accolto,  e 
si  ln,Tltenne  nel  tempo  ,  che  vi  capitò  Ludovico  il  bavaro  . 
Queste  circostanze  potrebbero  far  sospettare  ,  che  il  vescovo 
Giovanni  avesse  aderito  all'  Imperatore  ,  ed  all'  opinione  del 
maestro  fra  Michele  intorno  alla  celebre  questione  sulla  po- 
vertà di  Gesìi  Cristo.  Ma  l'assoluto  silenzio  delle  bolle  Pa- 
pali contro  fra  Michele  ,  e  suoi  fautori ,  e  quello  di  tutti  li 
istorici  persuadono  ,  che  il  vescovo  Tiburtino  non  si  dipartisse 
dalla  sana  dottrina  e  dall'  obbedienza  al  Romano  PonteGce  . 
Ricevettero  i  Tihurtini  replicati  ,  e  lusinghevoli  inviti  dal 
celebre  Tribuno  Cola  di  Rienzo  ,  perchè  si  unissero  a  soste- 
nerlo (8).  Quando  egli  tornò  in  Italia  come  inviato  Pontifi- 
cio ,  lo  riceverono  ,  e  secondarono  con  tutte  le  forze  nell'at- 
tacco proposto  ,  ma  non  eseguito ,  contro  Palestrina  difesa  da 
Stefimello  Colonna  .  Dopo  la  morte  del  Tribuno  vi  fu  guerra 
per  alcune  terre  fra  i  Tiburtini ,  ed  i  monaci  sublacensi ,  di 
cui  entrambe  le  parli  si  attribuirono  la  vittoria  :  tutto  ri- 
mane nelr  oscurità  ,  ma  non  v'  ha  dubbio  ,  che  fu  sparso  del 
sangue  nelle  pianare  del  così  detto  campo  marzo  presso  Su- 
blaco  .  Nel  i36o.  fu  in  Tivoli  data  stanza  ai  monaci  Olive- 
tani, e  nel  1268 .  venne  istituita  la  benefica  compagnia  dell' 
annunziata.  Altre  sanguinose  risse  vi  furono  circa  il  1872.  fra 
il  conte  Corrado  signore  di  Anticoli ,  e  li  Tiburtini  j  che  ve- 
rosimilmente ebbero  la  peggio  ,  avendovi  perduto  la  vita  il 
di  loro  comandante  Meolo  Andreozzo  Riccardi  . 

Quando  Gregorio  XI .  deliberò  di  venire  in  Roma  per 
riparare  li  tanti  disordini  originali  dalla  lontananza  della  S. 
Sede,  Tivoli   ancora  si  annoverava  fra  le  poche  città    fedeli. 


(8)  Si  tace    qui    ciò  ,   che   frenncnmcntc  scrisse    il    Kicodcnii  ,    cbe 
Tiburtas  ut  ccetcri  popidi  ei  mlliecscruiit .   (  Nola  dal  Compii.  ) 


Istoria  di  tivoli  i5i 

ed  in  armonia  co'  Romani  .  Perciò  li  deputati  Tiburtiai  fu- 
rono invitati ,  ed  intervennero  alli  consigli  secreti ,  che  si  ten- 
nero in  Campidoglio  per  regolare  gli  articoli  delle  domande 
da  proporsi  al  S.  Padre  all'  occasione  della  di  lui  venuta  in 
Roma  .  In  questo  mentre  la  carestia  ,  e  quindi  la  peste  af- 
flissero successivamente  la  città  di  Tivoli  :  dalla  prudenza  ,  e 
zelo  che  in  si  dolorose  circostanze  spiegarono  i  magistrati  Ti- 
burtini  ,  si  dovette  ripetere  la  pronta  cessazione  di  questi  fla- 
gelli .  Dopo  la  morte  di  Gregorio  il  Senato  Romano  nominò 
Filippo  de'  Rufìni  vescovo  di  Tivoli  fra  li  deputati  alla  cu- 
stodia del  conclave ,  in  cui  avvenne  la  contrastata  elezione  di 
Urbano  VI .  ,  onde  ebbe  origine  1'  ultimo  scisma  di  occiden- 
te ,  Per  mantenere  il  buon'  ordine  ,  e  la  sicurezza  i  Tiburti- 
ni  armarono  una  truppa  regolare  di  quattrocento  uomini  ; 
richiamarono  alla  patria  sotto  gravi  pene  que'  cittadini  ,  che 
si  erano  posti  sotto  le  bandiere  delle  diverse  fazioni;  e  quin- 
di per  mezzo  dì  una  deputazione  invitarono  il  Pontefice  Ur- 
bano a  passare  nella  di  loro  città  l'estiva  stagione  del  1378. 
Di  fatti  vi  fu  ricevuto  con  generale  esultanza  nel  giorno  a6. 
di  giugno ,  e  trattato  splendidamente  ;  vi  tenne  altresì  un 
publico  concistoro  ,  in  cui  confermò  1'  elezione  di  Venceslao 
figlio  di  Carlo  IV.  Re  di  Alemagna  ,  e  lo  dichiarò  futuro  Im- 
peratore .  Per  rimpiazzare  li  cardinali  ribelli  ne  fece  una  pro- 
mozione di  ventinove  in  Roma  ,  in  cui  ritornò  li  29.  ago- 
sto ,  e  non  già  in  Tivoli  ,  come  suppone  il  Fleury  (9).  Fra 
li  nuovi  Cardinali  vi   fu  anche  il  vescovo  Tiburtino  Filippo 


(9)  Non  troviamo  ,  che  Fleury  sia  incorso  ia  simile  abbaglio  ^ 
Se  dopo  descritta  V  andata  di  Urbano  a  Tivoli  non  fa  menzione  espres- 
sa del  ritorno  in  Roma  prima  di  narrare  la  promozione  de'  Cardinali, 
non  asserisce  però  ,  che  in  Tivoli  seguisse  :  anzi  enumerando  fra  i 
nuovi  Cardinali  Rinaldo  di  Monteruc  vescovo  di  Sisteron  ,  e  nipote 
del  cardinal  di  Pamplona  amico  di  Urbano,  soggiunge,  che  Rinaldo 
andò  a  Roma  ,  doi'e  il  nuovo  Papa  fece  Cardinale  aacor  lui  .  Lib.  97. 
Jtrt.  55.  (  Not.  del  Cuinpil.  ) 


iBa  LEtteraturX 

do"  Rufini  uomo  di  gran  fermezza  e  facondia  ,  che  percorrendo 
1'  hqjia  come  legalo  di  Urbano  ,  cercò  di  mantenere  nella  di 
lui  obbedienza  le  vacillanti  popolazioni  contro  li  sforzi  di  Cle- 
mente VII.  (i).  Le  schiere  de'Tiburtini  sempre  costanti  in 
sostenere  la  causa  di  Urbano  si  distinsero  nella  battaglia 
sotto  Marino  contro  i  Brettoni  guidati  dall'  ardito  avven- 
turiere Bernardino  della  Sala  ,  che  con  mi  nipote  di  Clemea- 
te  VII.  vi  rimase  prigioniero  .  Con  pari  intrepidezza  tornarono 
aJ  attaccare  quel  Corrado  signore  di  Anticoli  e  partigiano  de- 
gli Orsini  ,  dal  quale  nella  precedente  guerra  avevano  ricevu- 
to un  brusco  trattamento  .  Ne  sbaragliarono  le  genti  ;  e  lo  stes- 
so Corrado  rinchiuso  nel  castello  fu  costretto  ad  arrendersi  ,  ed 
accettare  la  l«gge  dai  vincitori  .  Quindi  marciarono  i  Tibur- 
liiii  contro  gli  stati  degli  Orsini  stessi  ,  e  dopo  aver  superati 
una  quantità  di  castelli  ,  espugnarono  Tagliacozzo  feudo  e 
rocca  pricipale  di  quella  potente  famiglia  j  discesi  nella  pianu- 
ra riportarono  contro  le  truppe  dal  conte  Rinaldo  Orsini  una 
completa  vittoria,  e  sopravenendo  l'iuverno  ritornarono  ai 
loro  quartieri  con  immenso  bottino  .  Si  facevano  già  tutti  i 
preparativi  per  la  nuova  compagna  del  i385.  quando  la  pro- 
videnza  permise  ,  che  fosse  sorpreso  ,  e  fatto  prigione  dalle 
milizie  degli  Orsini  Angelo  Brunelli  de'  Cancellieri  dotto  cano- 
nista Tiburtino ,  ove  erasi  recato  a  diporto  .  Il  Conte  Ri- 
naldo lo  trattò  con  tutti  i  riguardi  ,  e  lo  rimandò  in  pa- 
tria libero  ,  e  munito  di  ampie  facoltà  per  trattare  un'  ac- 
comodamento .  Parlò  questi  in  pubblica  adunanza  con  tan- 
ta   eloquenza  sui  mali  ,  e  pericoli   della  guerra  ,    che    venna 


(i)  Gioi'dìini  Gìuslinicmi  nella  Sforici  </e'  Vescovi^  e  Governato- 
ri (li  Tivoli  assicura  ,  che  nell  archivio  Ej)iscoi)iilc  si  oooservano  ma- 
n()«oritlì  gli  atti  «li  un  Sinodo  cclebr.ifo  nel  1369.  da  questo  zclan- 
ti-sitno  vescovo,  ne'quali  ris|)lenflc  la  saviezza  degli  ecclesiastici  rego- 
Jftnienti  (  Nota  del  Compii.  ) 


Istoria  di  Tivoli  i53 

concili  usa  la  pace  ad  onorevoli  cotidizioni  :  poiché  i  Tibur- 
tini  conservarono  1'  integrità  delle  prede  ,  ed  ebbero  la  ces- 
sione delia  porzione  del  castello  e  territorio  di  Saracinesco, 
che  spettava  agli  Orsini  . 

PiEiao  Av.   Ruga  . 
Fine   del  Tom.   II, 


Ossservazioni    sopra    un     Decreto    Latino   dclV  Accademia 
Pesarese . 

F  ,    ,- 

3-  ra  molti  ornamenti  di  singoiar  eocellenza  ,  che  distin- 
sero mai  sempre  1'  italiana  letteratura  ,  uno  de'  più  nobili 
reputar  si  debbe  quello  pervenutole  dal  celebrato  possesso, 
e  dalla  miglior  cognizione  delle  latine  proprietà  ed  elegan- 
ze ;  il  qual  pruovasi  ancora  ,  a  somma  ventura  ed  onore  del- 
la medesima  ,  esserne  il  piti  durevole  e  permanente  .  Impe- 
rocché da' tempi  stessi  del  risorgimento  de' buoni  studj  ,  e 
dalla  corona  di  que'  grandi  uomini  ,  che  primi  alzarono  una 
sì  bella  face  al  mondo  europeo,  continuala  veggiamo  fino 
a  noi  la  tanto  benemerita  scuola  ,  per  cui  n'  è  dato  ,  a  pre- 
ferenza di  qualunque  altra  nazione  ,  attestarci  nello  scrive- 
re ffgli  prediletti  e  discepoli  veri  dell'  antica  Roma .  Tali 
certamente  si  mostrarono ,  toccando  appunto  1' età  nostra,  ed 
un  Giovenazzi  ,  ed  un  Lanzi  ,  ed  un  Morcelli  ,  non  che  tan- 
ti altri  valenti  filologi  ,  i  t|uali  ,  anche  in  mezzo  alle  remo- 
te occupa/ioni  de'  loro  uffici  >  P'-odur  seppero  all'  opportu- 
nità componimenti  da  non  ritiiuarsi  per  alcuno  de' pili  ter- 
si scrittori  dell'  uUimo  secolo  repubblicano  ,  e  dell'  augu- 
Bteo.  Aggi u§ner- potremmo  il  novero,  non  Umjjhissimo  in  ve- 


j54  Letttratura 

ro  ,  ma  pur  novero ,  de'  ciotti  e  celebri  viventi  ,  che  in  bel- 
le patrie  d'  Italia  calcano  valorosamente  le  orme  de'  mag- 
giori j  e  d'  ogni  piìi  pellegrina  notizia  fatto  spoglio  e  teso- 
ro ,  ne  spargon  poscia  i  fiori  nell'  uso  ,  con  ingegnoso  e  leg- 
giadro accorgimento  .  Nuovo  non  è  agi'  italiani  ,  che  perfino 
nelle  occasioni  più  screditate  per  le  comuni  poetiche  inezie  , 
come  a  cagìou  d'esempio  in  quelle  di  nozze,  traggonsì  lai- 
volta  in  luce  lavori ,  che  otterrebbon  maggior  plauso  ,  e  fa- 
rebbono  assai  più  lungo  strepilo  su'  giornali  ,  presso  popoli 
meno  ricchi  ,  e  che  noi  dimentichiamo  facilmente ,  nel  vol- 
gerci ad  altre  cose ,  o  nella  non  curanza  ,  tutta  propria  del- 
le dovizie  .  Non  ebber  quindi  a  cercar  esempj  lontani  ,  né 
ad  immergersi  in  aliene  od  inusitate  ricerche  ,  gli  eruditi  ac- 
cademici di  Pesaro  ,  i  quali  onorar  volendo  nello  scorso 
maggio  un  loro  concittadino  ,  che  nell'  arte  di  comporre  in 
musica  ollremodo  si  distingue,  racchiusero  acconciamente  le 
deliberazioni  fatte  in  un  ben  concepito  ed  elegante  latino 
decreto.  Sarà  questo,  agli  occhi  de' retti  estimatori  ,  uà  mo- 
numento più  pregevole  e  perenne  di  qualsivoglia  marmo  o 
metallo  j  e  formerà  mai  sempre  il  massimo  vanto  e  dell'  en- 
comiato ,  e  degli  stessi  più  che  saggi  poeti  dell'  encomio . 
Pervenuto  esso  per  mezzo  delle  stampe  a  quanti  coltivano 
le  vetuste  maniere  ,  ed  al  numero  anche  maggiore  di  quelli 
elle  ne  gustano  e  ne  amano  la  lettura  ,  ottenne  meritamen- 
te 1'  universale  approvazione  .  E  fu  perciò  recato  con  molta 
lode  da  varj  fogli  letlerarj  ,  e  dalla  gazzetta  di  Milano,  N. 
iy'2.  de' "il.  giugno  dell'  anno  corrente  .Piacque  tuttavia 
ad  una  persona  d'  alzarsi  a  censurarlo  ,  o  piuttosto  a  malme- 
narlo gravemente  ,  nel  N.  182.  della  stessa  gazzella  del 
1.  luglio  .  Noi  ci  accingiamo  di  buon  animo  a  ribatterne 
gli  ostili  attacchi  ,  e  le  fogge  stesse  delle  armi  principali , 
che  riuscironci  veramente  inaspettate.  Ciò  faremo,  e  per- 
chè   iti  cosa  di  tanto  nazional  decoro  a\  false  dottrine   liba- 


Decreto  Agcad.  Pesarese.  i55 

ro  il  corso  non  dee  permettersi  ,  e  premunir  conviene  contro 
di  esse  1'  inesperta  gioventù  ',  ed  acciocché  gì'  intelligenti  scor- 
gano quanto  sien  solide  le  composizioni  di  coloro  ,  che  su 
antichi  esemplari  le  formano;  quanto,  a  chi  l'ingegno  ap- 
plicar voglia  e  le  fntiche  ,  notissimi  si  presentino  i  più  deli- 
cati modi ,  e  le  minuzie  tutte  di  una  lingua  ,  la  quale  per- 
ciò viva  può  dirsi  ,  a  ritroso  della  erronea  opinione  di  alcu- 
ni moderni  filosofanti  .  —  Per  noi  sarà  questa  solo  una  lie- 
ve zuffa  ,  ed  un  accennar  piuttosto  che  prodiu're  in  opera 
sili  campo  i  tanti  mezzi  di  gloriosa  difesa  ,  de'  quali  abbon- 
dendevolmente  andiam  forniti  da  classici  e  rinomati  arsenali  : 
ma  sarà  nello  stesso  tempo  zuffa  tale  ,  che  ponga  i  lettori  in 
istato  di  giudicar  per  loro  medesimi  ,  da  qual  parte  stieno 
1'  eleganza  ,  il  buon  gusto  ,  e  la  ragione  .  Ecco  il  decreto  , 
di  cui  si  tratta  : 

PISAVRI  .  IN  .  SCUOLA  .  CVLTORVM 
MINERVAE.  APOLLINARIS 

vili  .  KAL  .  IVN  .  CI3  .  13  .  eco  .  XIX  .  SCKIBVNDO  .  ADFVERVNT 
PETRVS  .  PETRVCCTVS  .  PROMAGISTER  .  DOMINICVS  .  PAVLLIVS  .  AB  .  ACTIS 
FRANCISCVS  .  CASSIVS  .  PRAEF  .  TABVLARIO  .  ALOVSIVS  .  CIACCHIVS 
QVAESTOR 

QVOD  .  FRANCISCVS  .  BALD ASSIKIVS  .  ALEXANDER  .  PEROTTIVS  .  XIIVIRt 
CHRI,STOPHORVS  •  FERRIVS  .  SALVATOR  .  BETTIVS  .  DECVRIALES  .  DECV 
RIAE  .  YV  .  FF  .  DE  .  IOACHIMO  .  ROSSINIO  .  MAGISTRO  .  PHILARMONICO 
N  .  TEMPORIS  .  PRIMO  .  QUI  .  GLORIAM  .  NOMINIS  .  PISAVREN  .  VEL  .  APVD 
EXTERAS  .  NATIONES  .  PBOPAGAVIT  .  IDIRCO  .  Q  .  GRATVM  .  ANIMVM 
PRODERE    .    OPVS    .    SIET    .Q.D.E.R.F.P.D.E.R.I.C 

QVOM  .  IOACHIMVS  .  ROSSINlV^S  .  PISAVREN  .  IN  .  MVSICA  .  FACIENDA 
DOCENDA  .  Q  .  LAVDEM  .  OMNEM  .  SVPERGRESSVS  .  SIET  .  PLACERE  .  VI 
RVM  .  SCIENTISSIMVM  .  ABTIS  .  SVAE  .  IMAGINE  .  QVAE  .  VIRIS  .  MAXIMIS 
TANTVM  .  DECERNI  .  SOLET  .  ATQVE  .  EWGRAMMATE  .  IN  .  SCUOLA  .  N 
VIRTVTIS    .    CAVSSA    .    BONARI 

VNIVERSI  •  GENSVERVNT 


1^6  Letteratura 

Incomincia  il  critico  la  stia  diatriba  dal  temere  che  alcun 
indiscreto  potesse  per  avventura  riclii-dere  ,  avanti  la  data 
dell'anno  ,  la  precisa  parola  ANNO  o  AN.  ;  e  potesse  ancora 
disapprovare  quelle  note  numerali  piìi  antiche  ,  derivate  ,  die' 
egli  ,  dalla  colonna  rostrata  di  Duillio  .  — >  Non  apparisce  bene 
se  il  preteso  indiscreto  sia  una  persona  sottointrodotla  ,  quale 
amarono  talvolta  i  vetusti  oratori  ,  o  se  sia  egli  stesso  il  critico  , 
che  quasi  ricuopre  la  propria  vergogna  per  la  debolezza  de' 
primi  assalti.  Comunque  però  no  sia  ,  abbiamo  in  pronto  anche 
su  questo  articolo  degli  ottimi  argomenti  ,  onde  soddisfare  al- 
la i/i^/^C7'esj"o«e  di  qualsivoglia  grammatico  Alessandrino.  — 
Troppo  è  noto  ,  non  aver  contrasegnato  gli  antichi  roma- 
ni i  loro  anni ,  che  co'  nomi  de'  consoli  ;  e  quindi  se  alcu- 
no volesse  pur  trovare  l'era  ah  urbe  condita  con  l'enun- 
ciazione dell' AN.  ,  avrebbe  un  i)ello  e  lungo  rivolgersi,  né 
rinvenir  lo  potrebbe  in  più  di  'junltro  o  cinque  marmi  .  I 
fasti  consolari  capitolini  ,  moiuimento  pubblico  superiore 
ad  ogni  eccezione  ,  notano  costantemente  la  detta  era  ,  sen- 
za mai  premettervi  ANNO.  Di  tante  città  greche  e  lati- 
ne ,  le  quali  segnarono  la  loro  epoca  sulle  medaglie  ,  o  auto- 
nome o  imperiali  ,  che  raccolte  veder  si  ponno  presso  il  la- 
borioso Eckhel  ,  ed  accresciute  presso  il  benemerito  Mion- 
net ,  la  decisamente  mnggior  p^ite  ila  adoperato  i  soli  nu- 
meri ,  ommesso  ogni  L.  (  yyv.'.^f'a.vra^  )  ed  AN .  ,  o  A  .  Da 
ciò  dedurremo  in  conseguenza  ,  essere  stato  arbitrario  e  libe- 
ro agli  antichi  l'uso  e  il  tu.n  uso  della  sigla  aniiale ,  uso 
che  molto  piti  ess^n-  devt;  liberi)  ed  arbitrario  oggidì  ,•  men- 
tre,  la  Dio  mercè,  regnando  tra' popoli  civilizzati  una  sola 
era  ,  non  può  cadere  alcuna  Oicurità  o  dubbiezza  sulla  espres- 
sione   più   laconica  della    medesima  . 

Cerchiamo  poi  con  pena  ,  né  troviamo  ancora  nella  no- 
stra mente,  ])er  qual  ragione  rifiutar  convenga  le  dignitose 
forme  numerirhc  di-iia  (ujluuiia  Diiilliana  .  Ser.nilo  il  pic- 
ciolo  e   comun    pensare  .  fi  m  me  Ut  ad  osi    che  in   simili    acca- 


Decreto  Agcad.  Pesarese.  07 

deniiclie  composizioai  giusto  sia  tenere  in  mira  i  movlelli 
primitivi  della  lingua  presa  ad  imitarsi  ,  avremmo  facilmente 
anteposto  questa  all'altra  maniera  della  M.  e  D.  ,  detta  im- 
periale. Ma  vorrà  forse  il  censore  ,  che  a' positivi  esempi  del 
seool  d'oro  onninamente  ci  atlenghiamo  ,  e  non  imbrattiain 
le  carte  (  ciò  che  tanti  hanno  fatto  ,  e  fanno  tuttora  ) 
con  rancidumi  ,  e  fogge  d'alcun  secolo  anteriori  .  Noi  possia- 
mo tuttavia  assicurare  ,  che  il  cio  ed  i  suoi  connessi  com- 
pariscono assai  bene  anche  nell'  età  di  Augusto  ,  e  dopo 
di  essa  ;  come  ,  a  cagion  d'  esempio  ,  nella  bella  iscrizione 
in  travertino  illustrata  dal  eh.  Marini  ne'  suoi  Monumen  ' 
li  Albani  pag.  i.  Ci  dà  questa  a  conoscere  le  spese  fat- 
te dal  questore  urbano  Q.  Pedio  ,  per  cinger  di  mura  il 
bosco  sagro  di  Giunone  Lucina  ,  essendo  consoli  P.  Ser- 
vilio  e  L.  Antonio  .  Una  memoria  si  pubblica  e  solenne  , 
posta  nella  metropoli ,  l'anno  dopo  la  morte  di  Cicerone  ,  da 
un  magistrato  figlio  dì  valente  oratore  ,  sarà  ella  bastevole 
a  dissipare  ogni  scrupolo  dalla  dilicata  coscienza  del  nostro 
indiscreto  '{ 

Le  macchine  gravi  per  altro  inventate  contro  il  decre- 
to, e  dirette  dall' istesso  critico  ,  non  hanno  principio  che 
alla  linea  ottava  ;  nella  quale  ei  crede  di  colpire  e  stra- 
mazzare quel  deciiriales  docuriae  .  Un  sasso  Gruteriauo 
(  XXXVL  6.  )  sta  nelle  sue  mani  .  Pria  di  scagliarlo  ,  de- 
cide ,  che  in  esso  regge  ottimamente  il  decurialis  decuriae 
luliae  ;  poiché  se  L.  Arazio  Febo  avesse  detto  di  essere  sol- 
tanto decuriale  ,  niuno  avrebbe  capito  di  qual  decuria  :  men- 
tre al  contrario  nello  psefisma  pesarese  .  ciascun  compren- 
de ,  appartenere  i  due  soggetti  nominali  in  ultimo  allo  stes- 
so ceto  coi  primi  .  —  Concediamo  poter  sembrare  questo 
un  gran  fendente^  ma  proveremo  abbastanza  ,  che  va  disgra- 
ziatamente all'  aria  .  Riflettasi  ,  esser  piaciuto  a  que'  signoLÌ 
distinguere   il   loro    collegio  in  due   ordini  di  magistrature  j 


j58  Letteratura 

ahr^  maggiori ,  come  il  quadrumvirato  ;  altre  minori ,  de'  do- 
dici (  XII.    VIRI  )  i  dopo  le  quali   i   restanti   dicoasi  plau- 
sibiimeute  decuriales  ,  e   negli    anliclii  coUegj  assai  più  nu- 
merosi  ,  anche  plehs    ',  cioè  coloio    che    rivestiti    non    sono 
d'  alcuna  carica  ,  o  amministrazione   attuale  .  Pretenderebbe 
forse  il  critico  chieder    conto  di  un    simile   accademico   ar- 
bitrio j  o   vuol  piuttosto    il  decurialis    senza  decuria  ,   e    la 
decuria  senza    decurialis  ?  In  questo   caso  apra  egli  le  gran- 
di raccolte  lapidarie  ,  scorra  diligentemente   quanti  marmi  gli 
cadon  sott' occhio;  e  vedrà    il  decurialis  non    andare  quasi 
mai    disgiunto  dalla    decuria  ,    e  la    decuria   sola  rimanere 
in    costruzioni  ed  incidenze    diflerentissime  dalla   nostra  .. 

Promuove  poscia  ad  attaccar  di  fronte  il  VV.  FF.  ,  cioè 
verba  fccerunt  ;  quasi  che  fosse  un  malvaggio  soldato  di  nuo- 
va  leva  .    Nella  età  erudita  ,  dice   il    censore    (  e    vuol   di- 
re nella  età    più   antica  di    Roma  ),  scriveasi    Cos.,    Ces  . 
per    esprimere    Consulibus  ,  Censoribus  ;  e  ne'  decreti   V.  F. 
per   verba  fecerant  ,  come  nel  Grutero  (  499*   i^-   )  Q"ori^ 
Teiburtes    V .  F.  —  E'  piacevole  cosa  il    vedere    ora    tanto 
zelante  degli  arcaismi  colui,  che   n'era    poc'anzi    si    nimi- 
co. —  Il  documento  però  ,  al  quale  egli  si  appiglia  ,  è    sta- 
to condannato  di  falsità  dal  Maffei  (  Art.  cric.  lap.  pag.    160. 
e    344-  )  •  Ed   un  sì    gran   nome  ,  non  che   le  ragioni     per 
lui  addotte ,  e  facilmente  ampliabili  ,  potrebbero   determinar- 
ci a   seguirne   le  tracce  ,  ed  a  concludere  ,  che  il  V.  F.   per 
verha fccerunt    di    un   solennissimo    impostore,  nulla  pruo- 
va   contro  di   noi   .  Ma  no  :  riconosciamo  quel  monumento 
per   legittimo  .  E   di  fatti    esso  è   stato  abbastanza  ben    di-» 
feso   da' dotti  Fabretti  e  Morcelli  (^de  stilo ,  pag.  3y8.  ).  Sen- 
tiam  di   più,  che  l'esimio  Visconti    ne  abbia  meglio  soste- 
nuto l'autenticità  ,  nella  sua  Iconografìa  Latina  .  In  una  inve- 
terata solitudine  non    essendoci  concesso  vedere  quell'opera  , 
esporrem    liberamente    il   nostro  proprio  giudizio  sul  famor 


Decreto  Accad.  Pesarese  .  169 

so  cosi  detto  Senatus  consulto  ;  e  sarebbe  pure  per  noi  il 
bel  compiacimento  ,  che  le  induzioni  nostre  s'  incontrassero 
con  quelle  del  sommo  interprete  d'  ogni  antico  arcano  .  — 
A  nostro  avviso  vuoisi  riguardare  la  preziosa  tavola  ,  non 
già  come  una  porzione  degli  atti  del  senato  ,  o  un  senatus 
consulto  ,  del  quale  mancano  in  conseguenza  le  forme  ;  ma 
bensì  come  un  transunto  di  essi  atti  ,  ridotto  in  bronzo  ,  a 
maggior  sicurezza  forse  de'  liburtini  stessi ,  e  contenente  so- 
lo la  stretta  risposta  ,  che  il  pretore  portò  loro  da  parte  del 
senato  .  Quantunque  altri  abbiano  spiegato  quel  V.  F.  me- 
no male  in  seconda  persona  per  verba  fecistis  ,  supponen- 
dolo retto  dal  nominativo  Tiburtes,  ciò  tuttavia  rimane  ugual- 
mente assurdo  che  la  spiegazione  verba  fecerunt ,  cui  cre- 
diamo tutta  propria  del  critico  ;  mentre  formerebbe  la  de- 
gna costruzione  l'os  Tiburtes  verba  fecerunt ,  et  pìirgavistis  . 
Niun  uomo  esperto  delle  romane  leggi  e  costumanze  con- 
cederà mai  ,  che  i  tiburtini  abbian  potuto  verba  facere 
in  un  atto  del  senato  .  A  chi  attentamente  consideri ,  di- 
scende per  ciò  molto  chiaro  ,  che  il  nominativo  L.  Corne- 
lius  prcetor  ha  due  verbi ,  senatum  consuluit ,  et  verba  Je- 
cit,  F.  F.  ;  e  che  il  nominativo  Tiburtes  agisce  sul  solo 
vos  purgavlstis  .  La  trasposizione  poi  del  V.  F.  verba  fe- 
di ,  dopo  il  principio  dell'  arringa  Quod  Tiburtes  ,  è  tanto 
conosciuta  e  naturale  a  chiunque  riferisca  le  altrui  paro- 
le ,  che  tralasciamo  di  recarne  esempj  .  D'  altronde  la  rispet- 
tabile antichità  delle  sigle,  o  abbreviature  con  lettere  rad- 
doppiate ,  pel  plurale  ,  era  già  stata  posta  in  sicuro  dall'  istes- 
so  dottissimo  Visconti  (  Monumenti  Gabini ,  pag.  i^3.  e 
segg.  )  .  E  potrebbesi  a  nostro  parere  convalidare  ancora  ,  ed 
accrescere  alquanto  .  Basti  per  ora  1'  avere  accennato  all'  uo- 
po tutto  ciò  succintamente  .  —  In  tal  guisa  il  grande  argo- 
mento murale  ,  che  formidabile  minacciava  quel  tapinello  di 
W.  FF.  ,  cade  sine  ictu  a  terra  . 


;6o       Letteratura 

AJ  impeto  non  minore  veggiam  quindi  esposto  il  phi' 
lannoìiico  ,  qual  gieco  spacciato  ,  non  mal  ammesso  a  ro- 
mana cittadinanza;  e  vorrebbonsi  a  lui  sostituiti  il  syinpho- 
Ilìaco  ed  W  phonasco ,  ascritti  a  quella  ,  credo  per  beneme- 
renza in  verso  i  vincitori  della  loro  patria  ,  fino  da' tempi 
della  guerra  acaica  .  Nulla  qui  vale  la  parità  d'  origine  de' 
tre  vocaboli  :  nulla  gli  esempj  di  Cicerone  ,  del  povero  Vi- 
truvio  ,  e  di  altri  non  pochi  scrittori  dell'  aureo  secolo  ;  ed 
in  conseguenza  meno  del  nulla  le  auloritJ»  e  del  precetto- 
re di  ogni  eleganza  Morcelli  ,  e  dell"  osservatore  di  ogni  ac- 
curatezza Schiassi  .  Esaminiani  dunque  in  vece  1'  abitudine 
de'  novelli  triarj  .  Pel  sYinphoniaco  ,  non  è  a  dubitarsi ,  che 
tanto  il  sig.  Rossini  quanto  ciascun  uomo  anche  di  me- 
diocre latinità  ,  riconoscerebbe  in  esso  piuttosto  uno  di  co- 
loro ,  i  quai  servono  nella  maravigliosa  istromentatura  da  fia- 
to delle  sue  orchestre .  Pel  phonasco  ,  avvertiremo  eh'  egli 
si  ha  soltanto  per  un  maestro  di  declamazione  ,  o  per  un  in- 
tuonatore  degl'  inni  .  Nel  primo  senso  presso  Svetonio  (  in 
augusto ,  cup.  8.[.  )  Pvonunciabat  dulci  et  proprio  quo- 
dain  oris  sono ,  dabatqae  assidue  phonasco  operam  .  Js 
e  nini  vocein  intorqiière  ,  reinittere  ,  leni/e  ,  esasperare  do- 
cebat  .  Nel  secondo  presso  Sidonio  Apollinare  ;  ed  equiva- 
le al  prcecentor  ,  che  noi  spuliamo  tutto  di  e  ne' cori  del- 
la chiesa  e  nelle  turbe  delle  grandi  arie  teatrali  .  Da  ciò 
è  chiaro,  che  ninno  de' due  prediletti  grecoli  potrà  giam- 
mai signi Qcare  colui  qui  niodos  f'ecit  ,  secondo  la  frase  che 
conosciamo   in  Terenzio  . 

Si  vorrebbe  in  seguito  comandare  tra  le  file  degli  avver- 
sari ,  il  che  penso  non  sia  mai  avvenuto  al  mondo  ;  e  fare 
che  il  nostri  teniporis  cedesse  il  posto  al  sui  temporis  pri- 
mo .  Quale  crederemmo  noi  eh'  esser  potesse  la  ragione  'li 
ciò?  Forse  che  il  sig.  Rossini  ,  inoltrato  negli  anni  ,  s'abJiia 
a    riguardare  per  coetaneo  di    Anfossi ,  e  di  PaisioUo  ?  Mai 


Degreto  Accad.  Pesarese  161 

no.  Riconosce  il  critico  la  gioventù  del  m'^estro  pesarese: 
e  la  ragione  del  sui  temporis  si  è  ,  che  tra  gli  accademici 
parlanti  avervene  puote  qualcuno  ,  o  parecchi  anzi  altempati 
che  no  .  Concede  di  più  ,  che  il  sui  temporis  s'  adoperava 
dagli  antichi ,  perchè  gli  elogj  venivan  fatti  a'  defunti  .  Da  que- 
ste premesse  ci  sembrerebbe  conseguirne  unicamente  in  buon 
raziocinio  ,  che  il  maestro  Rossini  ,  se  per  fortuna  non  è  de- 
gli attempati  ,  è  almeno  degli  estinti  ,  degli  onorati  eoa  elo- 
gio .  Comunque  però  la  faccenda  sia  per  andare  da  una  par- 
te ,  le  bizzarrie  minaccian  dall'  altra  di  produrre  le  fedi  del 
battesimo  j  per  le  quali  ed  il  maestro  ed  i  signori  dell' ac- 
cademia tutti  risulterebbouo  al  certo  ,  non  già  nipoti  ,  ma 
bisnipoti  dell'apparente  fresco  e  vegeto  patriarca  sui  temporis^ 
Sull'  apud  exleras  nationes  pronunciasi  sentenza  ,  ch« 
l' iscrizione  sarà  precisa  quando  lo  stesso  maestro  abbia  fatto 
insigni  opere  teatrali  fuori  d'  Jtalia  ,  ed  ivi  abbia  riscossi  plausi 
universali .  Dunque  un  italiano  maestro  non  sarà  cclebie  ,  non 
propagherà  la  gloria  del  nome  patrio  ,  se  non  recossi  a  compor- 
re in  Londra  ?  Dunque  Machiavelli  ,  Galileo  ,  Cìvalie- 
ri,  Tasso,  perchè  non  poser  mai  piede  fuori  d'  Italia  ,  dir 
non  si  potranno  da  noi  né  tenere  per  arapllatori  degl' 
itali  vanti  presso  tutte  le  straniere  nazioni  ?  'Ma  forse  frat- 
tanto il  predoajinio  delle  musiche  di  Rossini  è  ristretto  real- 
mente al  di  qua  delle  A4pi  ?  No  certamente  .  Elle  si  cara- 
tano ,  più  che  altre  di  parecchi  maestri  ,  in  Parigi  ,  in  Vien- 
na ,  in  Pietroburgo,  in  Odessa,  nella  Spagna,  in  Barcel- 
lona .  I  tedeschi  stessi  frattanto,  per  l'estensione  de' molti 
filarmonici  popoli  ,  ne'  quali  sono  divisi  ,  lasciano  le  loro 
vivaci  e  strepitose  sinfonie  ,  onde  sentire  le  vivacissime  e 
strepitose  di  Rossini  .  Non  è  egli  questo  un  raccoglier  plausi 
universali    per  tutto  colà  ? 

Da    cotanta    ferocia  guerresca  ,   e   dalla   sostenutezza    di 
^H  Radamanto  ,  si   discende    ora    ad    u;i.i   isclwiiltà    nlù  che 
G.  A-  To.  iV.  j  i 


ì62  Letteratura 

femnilaile  .  Il  dllicalisslmo  orecchio  del  critico  giudica  du^ 
retto  l' avverbio  idcirco  ,  o  per  congiunzione  lapidaria  id~ 
circoque  ,  e  bramerebbe  1'  altro  più  blando  ideorjue  .  Teme- 
te per  ciò  ,  e  temete  assai  da  organi  siffattamente  leziosi 
ed  irritabili  ,  o  voi  compositori  d'  iscrizioni ,  ed  '  anche 
o  voi  poeti  della  per  altro  soavissima  nostra  favella  ,  se 
mai  v'  accade  di  porre  una  r  avanti  la  e.  Che  per  1' 
orrore  di  quel  de  ,  la  pronuncia  del  sì  ,  che  dolce  suo- 
na ,  ho  provveduto  da  buona  pezza  ,  e  lo  ammollisce  in 
due  e .  Lasciimo  nella  barbara  loro  durezza  quanti  anti- 
chi autori  di  lapidi  ,  quanti  oratori  hanno  detto  id  circo  . 
Non  vennero  costoro  a  parlare  che  per  M.  Grasso  ,  il  quale 
surdaster   erat . 

Proseguendo  ,   richiederebbe  il  censore  un  cenno  ,  versQ 
chi    era  d'  uopo    manifestare  riconoscenza  .    Sarem  costretti  a 
credere  ,    essersi  egli  avvisato  ,    che   11  decreto  fu    steso   a  fa- 
vor   del    bidello  ,    o  di   altra  persona  honoris   caussa  non  no- 
minata .   Ma  per    chiunque   abbia    fior     di    senno,   tutto     il 
contesto  fa  scorger  pure  limpidissimamente  chi  sia    1'  uomo  , 
a  cui  si    professa  gratitudine  ;    e  se   v'ha  una  ellissi    nel  mo- 
do adoperato,    ella  è  una    di  quelle,    che    formano    appunto 
il  principal  vezzo  ,    e  la  proprietà   delle    frasi    lapidarie  ,  ed 
anche    de' testi   migliori.    Un  esempio  gravissi(no    di    questa 
figura  veggasi  presso  il  Visconti  (^Monutn.  Gabini,  png.  88.)  ', 
e  vi    si     ammiri    la    perspicacia  di  ([uel   grande  ingegno.  Pel 
conto  nostro  ,    ciascun  erudito   rispetterà   i     decurioni  di  Ga- 
bio    de'  buoni    tempi    degli    Antonini    ,    come    bastevolmcnte 
instruiti   in  grammatica  e    latinità  .    Del  solo  nostro     critico 
saranno  i    capitali  ,   onde  non   conoscere  l'ottimo  e   moderno 
latino    di     Pesaro  ,    e  di  altri  paesi  . 

Inciampa  eziandio,  non  già  nell'arcaismo,  ma  nella  ret- 
titudine àcW'  opus  sict  ;  polciiò  ,  die' egli  ,  quando  fa  d'  uopo 
eseguire  una   cosa,    cessa   il    merito    della    spontaueiià  .    Gli 


Decreto  Acgad.  Pesarese  i63 

pare    che  qualor  fa  di  mestieri  1'  eseguire  un'  azione  ,  inutile 
sia  deliberare  quid  ea  de  ve  fieri  placcai  ;   giacché  il  placeat 
sembra  ia  contraddizione  coli' o/>»«5  «ef .  Risponderemo  ,  che 
no  j  e  no  sicuramente  ,  o  egli    vuol  mostrarsi  digiuno    affatto 
d'ogni  uman    senso,  e ,   ciò    che    più    forse    gli   dispiacerà, 
d'  ogni    cognizione    degli   antichi  componimenti    di  questo  ge- 
nere ,    a   noi  pervenuti ,    per  somma  fortuna  ,    e  da'  classici  , 
e  da'  marmi  .   Che  1'  opus  est  non  sia  lo    stesso  che  necesse , 
glielo    assicuri  Catone  (  ap.    Senec  .   ep.   g4-   )  •"  Einas  ,   non, 
quod  opus  est ,    sed  quod  necesse   est .    Gliei    ripeta  Tullio 
(  Ep,  fam.   Uh.    I.    ep.   9.  )  ;  Legem  curiatnm    consuli  fer- 
ve opus  esse ,    necesse  non    esse  .  Provien    quindi  ,    che    ne' 
più  celebri  ed  eleganti   decreti  (  cosa  ornai   nota    a'  bamboli  , 
ed  al  critico  nostro  almeno  ,    come  avevam  supposto  finora  )  , 
dopo  la  proposizione  dell'  affare  con  un  oporisrc  ,  fratel  mag- 
giore dell'  opus  siet ,   con  un   debeat  ,   un  rem  venerandain 
esse  ,   argomenti  anche  più  stretti  e    calzanti   ,  si    passa    alla 
formola    interrogativa    Q.    F.    P,    D.    E.    R.     e     simile  ;    da 
cui    e    per  cui  soltanto  ,    si  giugne  al    solenne  placare  ,    alla 
final    deliberazione  ,    o    come  direbbesi    oggidì  ,    alla    risolu- 
zion  consiliare.  (  Marceli,  de  st.  pag.  I95.  ,   id.  pag.  180., 
Cri'ut.    CCCCì^III.    1.   )  A  questo  norme  appunto  sonosi  te- 
nuti  egregiamente   gli  accademici  di  Pesaro  :    e    queste  sole 
norme  a  noi  prefissero  i    maggiori  nostri  ,   tanto  sovranamente 
ricchi  d'  intelligenza     e   di  fino   gusto  ,  quanto  un  moderno  , 
che    contro    di   essi   borbottare  ardisca  ,    è    povero  insieme  e 
petulante  . 

Or  proponga  pure  il  nostro  dittatore  la  sua  formola 
di  mutazione  della  prima  parte  del  decreto:  ma  in  essa, 
oltre  P  eleganza  corrispondente  ,  la  condotta  sia  tale  ,  che 
dopo  un  de  indeterminatissimo  ,  alla  narrazione  di  avere 
il  fonasco  Rossini  propagato  il  nome  pesarese  ,  si  annoili 
immediatamente  la  domanda  :   quid  de  ea  re  (ieri  placar  et  ? 


i64  Letteratura 

Scenda  burbero  ad  esaminare  l'  ulllmo  periodo  del  nostro  , 
cbe  per  grazia  ravvisi  non,  elaborato  come  i  precedenll  ; 
non  permetta  die  una  volta  il  maestro  vi  sia  detto  fiisau- 
ransis  ,  trovandosi  questa  parola  più  sopra  in  altro  caso 
al  nominis  .  Noi  lo  faremmo  disdire  ,  pel  Ptsauro  ,  a'  ter 
stimonj  delie  oneste  missioni  (  Fernazza,  diploma  di  Adria- 
no ,  pag.  55.  e.  segg.  )je  per  la  semplice  ripetizione ,  ad 
un  ruolo  almeno  di  soldati  ;  s'  egli  ha  punto  notizia  di 
tali  monumenti  ,  Condanni  come  omeoteleuto  facienda  do- 
cenda  ,  che  non  lo  è  ,  dovendosi  leggere  docendaque  .  Gi- 
corone  ha  adoperato  spessissimo  desinenze  simili  accoppiata  . 
Cosi  :  Inenntis  cetqtis  inscitia  ponstituenda  et  regenda  pru- 
dentia  est  (^  prò  domo  :>..  ).  Quod  agendum  et  faciendum, 
est  ,  non  r scuso  (  ///.  de  Ze^.  4^-  )  •  ■^^O'-*  ^S^  oratori  ma- 
xima cauendujn  et providendam pulo  (^  de  dar.  orat.  i35.)  . 
Ma  Cicerone  ,  il  ripetiamo  ,  pel  riformatore  d'  ogni  latino 
e  d'  ogni  sillogismo  ,  è  un  barbaro  ,  è  uno  di  coloro  del- 
l' idcirco  .  L'  accademia  evitò  saggiamente  il  mal  suono  fa- 
ciunda  docenda  .  E  lo  scribundo  ,  di  sopra  usato  ,  nulla 
conclude  ;  essendo  ben  molte  le  lapidi  con  una  ortografia 
mista  ed  incostante  ,  fra  le  quali  nobilissima  la  citata  delU 
risposta  senatoria  a'  tiburtini  ,  che  per  questa  quasi  sola 
ragione  fu  ingiustamente  tacciata  di  falso  dal  troppo  in  ciò 
precipitoso  scrittore  Maffei  .  Docere  miisicam  significhi  ,  al- 
la sola  debolezza  di  un  tal  Ercole  Musagete  ,  il  correre  le 
città  per  darvi  lezioni  di  musica  .  Aggiunga  egli  ,  esser 
cosa  non  decorosa  il  trailurre  c©sì  un  tanto  maestro  . 
Addio  ForocHini  :  Addio  Schiassi  :  tu  che  credevi  ,  potersi 
dire  di  un  professore  sedentario  !  Cornelio  Nipote  (  picciolo 
autore  per  alcuni  stolli  )  n'  avea  scritto ,  che  Dionigi  te- 
bano  musicavi  docuit  Epaminondam  (  In  pracfùt.  et  vi' 
ta  )  .  Dionigi  avrà  forse  viaggiato  ,  come  i  nostri  maestri  di 
teatro  ;    ma   non  si   sa  che   trottasse  mai   per   le   città  ,    cq- 


Decreto  Accad.  Pesaresi  i65 

tne  i  ciceroni  ,  o  maestri  di  lingua  ,  detti  antiqtinrj  . 
Schiassi  (  Inscript  .  pag  .  il  .  )  quindi  compose  di  uà 
dottore,  qui  patris  et  avorum  laudem  ,  in  medicina  facien- 
da  docendaque  ,  virtute  sua  cumulavit  ;  dove  attribuito 
rettamente  il  facienda  all'ufficio  clinico  ,  \\  docenda  rima- 
ne al  cattedratico  . 

Non  resti  pago  della  frase  laudem  omnem  suprgres- 
sus  ;  e  nello  stesso  tempo  la  riconosca  di  Oiiintiliano ,  che 
non  é  poco  .  La  giudichi  gonfia  ;  e  s'  ella  è  gonfia  al 
di  lui  tatto  ,  finissimo  quanto  1'  orecchio  ,  saranno  ben  più 
che  gonfie  le  seguenti  ,•  V^eterum  principilm  clementiam  , 
fortiiudinem  ,  magnijicentiam  sUpergresso  (  Grut  .  286  . 
5  .  )  j  flirtate  et  felicitate  omnes  retro  principes  super- 
gresso  (  Grut  .  loaS  .  1  )  ^  Omnes  omnium  ante  se  maxi- 
morum  imperatorum  glorias  supergressus  (  Grut .  260  • 
4  ■  )  •  Si  vogliaa  pur  queste  proprie  d'  iscrizioni  ono- 
rarie :  faccia  egli  ,  che  nulla  comprende  ,  Un  canone  che 
non  regge  .  Ma  il  decreto  aver  non  dovrà  la  sua  parte 
encomiastica  :  e  le  onorarie  non  traevansi  elle  ,  a  ben 
riflettere  ,  da  quella  parte  appunto  degli  atti  del  sena- 
to ,  de'  consigli  municipali  ,  de'  coUegj  ?  //  major  omni 
laude  ,  eh'  ci  sostituirebbe  ,  non  importa  precisamente  lo 
stesso    che     laudem    omnevt     supergressus    ? 

Inserisca  una  moral  dottrina,  vera  e  commendevole  quanto 
le  filologiche  sue  .  Creduto  s'  era  finora  ,  che  se  fra  gli  uomini 
permetlesi  la  lode  verso  di  alcuno  ,  questa  maggiormente  conve- 
nisse a'  buoni  cittadini  dell'  islesso  paese  verso  un  loro 
concittadino.  L'  antesignano  de'  misopatridi  ha  deciso  il  con- 
trarlo .  Secondo  lui ,  coloro  che  stretti  sono  dalla  comunan- 
za delle  cose  piìi  dolci  del  mondo  ,  freddi  attender  deb- 
bono 1'  opinion  pubblica  (  ed  intende  certamente  quella 
delle  altre  città  )  sovra  qualsivoglia  loro  confratello  . 
Manifestatasi  questa  ,  possono     essi    allora    vincere    la    grave 


l66  .     Tj  E  T  T  KR  A  T  U  R  A 

modestia  ;  nggiusucndovi  a  maggior  peso  anco  il  loro  giu- 
driio  .  Pel  bene  dell'  Italia  nostra  ,  a  cui  non  altro  sì  ri- 
serba ,  clie  1'  adornamento  particolare  ,  e  la  emulazione 
universale  di  mille  bellissime  patrie  ,  preghiamo  il  cielo  , 
e  speriamo  ,  che  un  dogma  di  lauto  ferina  insociabilità  noa 
trovi  né  seguaci     aè   ammiratori  . 

Venga  di  nuovo  a  farne  uu  delitto  dello  spezzamento  di 
due  parole  sulla  fine  della  riga  .  —  In  tal  guisa  egli  si  mo- 
stra veramente  Ycrsatissimo  nello  studio  delle  antiche  lapi- 
di .  Sappia  tult'svia,  non  trovarsene  che  beu  poche,  nelle 
quali  siasi  ossorvnta  la  splendidezza,  é  lo  scomparto  proprio 
delle  epigrafi  di  un  tempio,  o  di  altro  opus  publicum .  Le 
sepolcrali  ,  e  le  onorarie  ,  che  costituiscono  1'  infinita  mag- 
gioranza ,  dopo  alcune  lìnee  compassate  (  seppure  le  hanno 
a  pi.icere  del  critico  )  ,  s'  innoltrano  generalmente  ,  quando 
sieiio  un  pò  lunghe  ,  a  riempire  tutto  il  campo  ,  ed  a  taglia- 
re all'  occorrenza  i  vocaboli  in  due  parti  ,  secondo  che  si 
pratica  nelle  scritture  .  Del  genere  di  queste ,  modellate  in 
tutto  alla  foggia  de'  libri  ,  aver  si  debbono  specialmente  i 
decreti,  ed  altre  iscrizioni  di  atti,  od  istoriche  ;  come  la 
legge  repubblicana  su' frumen latori ,  edita  dal  Muratori  (^pag. 
582,  )  ;  il  seìiatus  consulto  contro  i  devastatori  delle  fabbri- 
che ,  già  pubblicato  dal  Reiiiesio  (  CI.  J^II.  6.  )  j  il  testa- 
mento di  Augusto  (  Grut.  23.  )  j  la  celebre  orazione  del- 
l'imperador  Claudio  (  Grut.  5c2.  )j  ed  altre  molte.  Che 
il  nostro  esimneta  ignori  que'preziossimi  monumenti,  det- 
ti oneste  missioni  (  e  sappia  conoscersene  finora  ventiti'è  ); 
gli  altri  detti  tavole  ospitali  ,  meglio  elezioni  di  patroni  ;  i 
tanto  famosi  malamente  nominati  eenotafi  pisani ,  che  sono 
appunto  decreti  dell'evo  augusteo  ?  ch'egli  ignori  persino  le 
ineslimnblli  memorie  degli  arvali  ,  e  le  due  vetuste  leggi 
recate  fra  di  esse  alle  pagg.  'jo.  e  io8.  ;  sulle  quali  for- 
mò le  sole  vere  e  profonde!  istituzioni  di  scienza  epigrafica, 


Decreto  Accad.  Pesarese  167 

ed  il  suo  trionfo  ,  1'  immortai  Marini  ?  Cosi  pare  certamen- 
te ;  e  per  ciò  noi  tralasceremo  d' accender  luce  maggiore 
a  chi    ama    di  vivere  nelle   tenebre  . 

Del    resto   (  sono  precise  parole  del  critico  ),   siccome 
il  genitivo  di  quotìescumqne  \iiole  ,   generalmente    parlando, 
esser   anteposto    al  sustanlivo  ,  così   alla    terza    linea    il    leg- 
gitore   rimane   un    momento     esitante,     prima    di    conoscere 
se    artis  suce  sì    riferisca    al    ìinaguie ,  ovvero    a  scientissi- 
munì  .  —  Confessiamo  ,  -chf   a   qn';sto    passo   essendoci  volti 
e   rivolti  più    fiate    dal!.-    note    ceosuiie    .'».'    iJocreio    censura- 
to ,    e    da    questo  a    quella  ,    abbls^n    tf.uuU>    fortemente    , 
non    forse    il    delirio    comunimt»     i!     las^    anche     a     noi, 
per   un  fatai    contagio,  da    tanti    il.:!Ì£J  ,    a'qa.-u    siamo  di- 
sgraziatamente  intervenuti  .   Lasci;  vmr.o  il   goindivo  di    quo- 
tiescuinqae ,  odi    sua    declinazione,   o  di  caso    da  lui   retto, 
e  l'altro  spauracchio  dello  scieutlssinius ,  come     p?re  ,     su- 
stanlivo ,  a    muover    le    risa   ad    uno    stoico  trafitto  da  atro* 
cissimo   dolor  di  reni  .   Sbalordivaiuo  alla  ima^ine  artis  suce  ^ 
che   per    un   Rossini   altro  non   potrebb' essere  ,  se  non  quat- 
tro righe  delle  più  ardite  biscrome  .   Il  benedetto  quotiescum- 
que   non   ci  compariva    da    alcuna   parte    nel  nostro  decreto . 
Finalmente   dopo    lunga     e     più     volte    ricominciata    medi- 
tazione ,  come  avremmo    fatto    sopra   un   monumento    o  uà 
testo  difficilissimo  ,  scuoprimmo    avere     il   censore    preso    il 
Q.  fra    due  punti  ,  giusta  il  miglior    uso  lapidario ,  dopo   il 
docenda  ,  per  quotìescumque  ;  ed  aver  letto  in  conseguenza  z 
Quoin  Joachiinits  Rossinius  in  musiar  fadenda  ,  docenda  , 
qnotiescumqUe  laudani  omneìn  supere^ressus  sief;  piacere  vi- 
rum   scientissinium    ec.   Ciò    si    av\;ilora    daT' osservare ,  eh.' 
egli    avea  disapprovato  una    pretesa    irjala    consi-nanza   in  /a- 
cienda   docenda  ;  non   sentendo    pr-r  nulla  i  lai  dell'  aggiun- 
to   meschinissimo  que  .   Proponiamo    a'   doni    questa     nostra 
congettura  ,  da   tenersi  j  fiuchè   essi    non   sapranno  trovarne 


tGS  Letteratura 

un'  nltra  migìicie  e  più   ouoiifica   per    lo   Strepsladc  di  Aii- 
stofrine  , 

Ed  un  uomo ,  c^e  dà  saggi  talmente  strani  ed^  incre- 
dibili di  non  veggenza  in  picn  meriggio  ,  e  di  abituai  pa- 
ralogismo in  ogni  cosa,  non  essendo  stato  ancora  efficace- 
mente ammonito  da  alcuno  ,  ardisce  di  condannar  come  su- 
perfluo ,  sull'assertiva  sua,  un  tantum,  avverbio  di  limi- 
tazione, che  forma  l'intera  proprietà  e  decoro  dell'  acca- 
demica onoranza,  e  sotto  l'esclusiva  del  quale  merita  ben 
©gli  di  cadere  presso  tutte  le  eulte  e  gentili  societìi  ?  Ar- 
disce di  biasimare,  qual  non  elegante  e  non  lapidario',  l' ai- 
Otte  epigranimnte  ,  volendovi  piuttosto  cum  epi gr animate  i 
mentre  non  v'  ha  giovinetto  rettamente  incamminato  pe' 
classici  ,  il  quale  non  senta  quel  primo  di  tutto  pura  ed 
alta  origine  ,  ed  il  secondo  di  un  latino  da  trattatisti  Ari- 
stotelici del  secolo  XII.  ,  o  XIII  ?  Ed  ardisce  cotestui  d'  av- 
visarne ,  esser  pretta  latina  la  voce  imagine  (  che  il  ciel 
ne  lo  rimuneri  ),  pel  busto,  aggiugne,  che  taluni  dicono 
Iierm,ani ,  colla  nomenclatura  degli  scarpellini  !  Ardisce  di  giu- 
dicare •  .  . .  ,  di  profanar  qua  e  là  sentenze  latine  ,  ed  i 
precelli  e  il  nome  di  un  Morcelli  !  Ombre  venerate  de'  Vin- 
kelman  ,  de'  Marini  ,  de'  Visconti  ,  degli  Akerblad  .  .  ,  .  ,  voi 
tacete  !  A  che  rivolgerci  non  possiamo  ad  implorar  mag- 
giori effetti  di  lor  giusta  indignazione  da'  sommamente  au- 
torevoli ,  sebben  pochi  pur  troppo  ,  vostri  seguaci  fra  vi- 
genti ? 

Ma  per  noi  si  continui  nella  imitazione  di  quelli ,  che 
ad  esercizio  di  una  sovrumana  virtìi  ,  soglion  pure  ,  in  mez- 
zo alle  turbe  della  insopportabilità  più  decisa  ,  tranquilli 
mostrarsi ,  e  scherzevoli  ancora  .  —  Avventa  il  critico  1"  ul- 
timo colpo  contro  il  nostro  decreto,  proclamandone  la  chiu- 
sa mancante  ,  o  che  almeno  non  esprime  la  sentenza  con 
ogni    chiarezza  ;  poiché  ,   die'  egli  ,  seguendo   gli   esempli  df  • 


Decreto  Accad.  Pesarese  169 

gli  aniiclil  romani  ,  accennnr  si  dovea  ,  aver  gli  aceademi- 
ci  decretato  il  busto  colla  iscrizione  al  maestro  ,  non  gik  da 
maildarglisi  a  casa  ,  ma  da  collocarsi  nel  ricinto  dell'  ac- 
cademia .  E  chi  non  conosce  simili  costumanze  di  tempi  da 
jioi  sì  rimoti  ,  ben  difficilmente  può  rilevare  questa  Jispo* 
sizione  dall'accusato  contesto.  —  Di  non  lieve  stordimen- 
to e  fastidio  è  a  noi  riuscito  anche  questo  paragrafo  ;  so- 
lo per  investigarne  il  significato,  e  la  cervellotica  prnvenien-» 
za  .  Da  una  parte  ci  maravigliavamo  ,  come  mai  l' esamì- 
nator  nostro  ,  sia  pur  egli  o  presbitico  o  miope  di  som- 
mo grado  ,  non  avesse  veduto  quell'  in  schola  nòstra  ,  eh'  i 
tanto  chiaro  e  lampante.  Dall'altra  cercavamo,  donde  mai 
trar  ne  potesse  il  singoiar  concetto  ,  che  1'  immagine  fosse 
da  mandarsi  in  pririsaione  alla  casa  del  maestro  .  Di  que- 
sto costume  ci  pareva  non  esister  vestigio  nelle  istorie  di 
tutti  i  popoli  :  dell'  altro  conoscevamo  la  frequenza  d'  uso 
ed  a' nostri  tempi  ,  ed  agli  antichi  .  Alla  fine,  per  molte 
indagini  e  riflessioni  ,  giugnemmo  a  comprendere  ,  che  il 
sofo  ,  già  dimostrato  gran  professore  di  costruzione  ,  avea  co- 
sì ordinato  il  nostro  mal  concio  perio.lo  :  piacere  in  scho- 
la nostra  ,  viriim  scientìssiinwn  ima^pne  atque  epigram- 
mate  danari  .  L'  arcano  e  sublime  principio  ,  pel  quale  scho^ 
la  intender  si  debba  soltanto  della  raguninza  de'  socj  ,  e 
non  mai  della  sala  ,  in  cui  si  tengono  le  ragunanze  ,  non 
era  certamente  a  noi  noto  ;  e  mollo  meno  era  a  noi  no»- 
to,  che  la  collocazion  delle  parole  ed  il  senso  più  ovvio  e 
naturale,  nulla  conferisse  a  determinare  quali  di  esse  sieno 
indivisibilmente  legate  fra  loro  .  Impariamo  con  istupore 
(  ed  i  posteri  ciò  imparando  trasecoleranno)  chela  distan- 
za di  tredici  vocaboli  nrtn  impedisce  le  operazioni  di  un  co- 
struttore siffatto  .  Dunque  là  dove  Tullio  ,  nella  prima  Cati- 
linaria ( 'Z- )  ,  declama:  Ileic  helc  siint  ,  in  nostro  numero, 
patres  conscripti ,  in  hoc  orbis  terrae  sanctissimo  j^ravissimo- 


170  LETTERATURA 

que  coficilio  ,    qui  de    meo    nostrumque  omnium   inierifu , 
qui  (le  hujus  urbis  ,  atque  adeo  orbis  terraium  exitio  cogi- 
tent  ;    sarebbe   assai    più   agevole   1'  intender    quegli    orrori 
come  delti  de' venerandi   padri   !   Dunque    dove   il    medesi- 
mo scrivendo  al   fratello  Quinto  (  Lib  III.    i  ,  )  ,  lo  assicu- 
ra :  Ad  Telluris  quidem  edam  tuam    statuam  locarli  ;  ciò 
potrà    spiegarsi    benissimo  ,  che  il  grande    oratore     trovavasi 
presso  al  tempio  della  Dea  Terra  allorché  strinse  quel,  contrat- 
to ?    Dunque  dove    T  .  Livio    (    Lib  .    IX  .    cap  .     4"^  •  ) 
narra  del  console    Q.  Marcio  Tremulo,  che  in  pochi  gior- 
ni   soggiogò    gli    ernici   ,   sbaragliò    i   sanniti  ,     qualmente    a 
lui    dal  Senato    statua  equestris    in  foro    decreta  est  ,  ciò 
significherà  ,   che  i   senatori  stavansi  bellamente    in  piazza  , 
nell'atto  di  decretare  un  tale  onore  all'ugregio  condottiero? 
Dopo  tante  e  si  massicce  prove  del  valor  dialettico  e  filo- 
logico  di  un  avversario  da  noi  non  provocato,   e   non     offe- 
so ,  cesserem    ben    volentieri    da'  cenni    di  rapida   ,  e   poco 
particolarizzata   persecuzione  ,   che   n'  abblam  fatto  •   Rimar- 
remo  seco  lui ,  s'  egli  vuole  ,  in    tutta  pace  ,  come    per  lo 
avanti  ;  e    gli  passerem   buona    la     final     protesta  ,    di    non 
essersi   egP  indotto   a   pubblicare  il  suo  scritto  per  ostenta- 
zione .  Aver  vi    potrà    mai    per  avventura     alcuno   fra   no- 
stri   lettori  ,     che    altro    attender     voglia    di     novello     piato 
in  una   di  quello  cause,  le  quali    per    ciascun  uomo  erudito 
e   ragionevole      sono    dichiarate     vincitrici  ,  al   primo    e  so- 
lo  presentarsi  ?  Crederemmo  che  no  .  Solventur  risa  tabu* 
lac  :  tu    missus  ahibis  . 


i7f 


Famiglie  cdebri  italiane.  Fascicolo  primo  .  Milano    1819. 
presso  Paolo  Emilio  Giusti  ,  fol.  (*) 

±\  01  faremo  sempre    buon  viso  a    chiuii(|ue    nell"  età    pre- 
sente  prenda    di   restaurare    la  fama  dell'antica  virtù    italia- 
na: e  insegni  per  quali  arti  i  nostri  padri  vennero  in  voce 
di  valorosi  e  sapienti  .   Perciocché  pel  ricordo  de' buoni  tem- 
pi sogliono  le  più  volte  accendersi  di  spiriti   generosi  coloro 
che  vivono  nell' abblezione  de' vili:   e  l'esempio  de' pruden- 
ti   è  luce    chiarissima  a  chi  vien  dopo  ,   onde  non    abbia    a 
traviarsi  in  errore.   Quindi  non  possiamo  che  lodare    since- 
ramente il  dotto  cavalier    milanese  signor  conte  Pompeo  Lit- 
ta,  il  qnale  con  senno  di  buon'italiano,    e  studio    lunghis- 
simo ,   s'  è  ordinato  di  fare   uu'  opera  istorica  intorno  le  prin- 
cipali famiglie  d' Italia  .  Nobile    ed  util  lavoro  ,  a  cui  pare- 
va non   a  vere  accostato  perfettamente  fin  qui  niuno  fra'  no- 
stri scrittori.  Mentre  i  varii  volumi,  che  ne  sono  al  pubbli- 
co ,  vengono  la  più  parte  da  quelle  età ,  nelle  quali  la    se- 
vera critica  non  aveva  ancor  dichiarate  le  leggi  sue  :   e  mol- 
ti di   quegli  autori ,  per  riverenza  delle  grandi   case  ,  a  cui  o 
toccalo  era  il    regnare   o  non  mancava  alla  perfezione    della 
potenza    altro  che  il  regno  ,    amarono    meglio    di  gradire    a' 
signori ,  che  a  quel   sacro  vero  chiamato  dall'  Alighieri  primo 
bene  d^lV  intelletto  .  Perciò  il  Sansovini .   il  Zazzera  ,  il  Ga- 
murnni,  ed  altri  diesi  praticarono  più  ampiamente  in  que- 
ste scritture    (  tolto  il  solo  Scipione  Ammirato  )  ,    oltre  all' 
èssere  bene  spesso  e  trascurati  ed  a    caso  ,  si   trassero  scaltra- 
mente dal  contarci  ì   fatti  delle  persone  per  altro  modo  ,  ch« 


(       )  Le  associazioni  a  nuest'  opera  si  prcmlono    nella  libreria 
Romanis   via   del   Corso  No.    2 tic  ^ 


iy^  L  E  T  T  E  U  A  T  U  R  A 

per  quello  ond' essi  meritavano  manco  lode;  seguendo  l' ar- 
•viso  di  quel  pittore,  che  dovendo  ritrarre  degnamente  il  re 
Antigono  ,  il  quale  era  cieco  d'  uà  occhio  ,  il  fece  in  profi- 
lo da  quella  parte  dov'  egli  non  pativa  difetto  .  La  qual  co- 
sa però  il  conte  Li  ita  ,  siccome  d'animo  allo,  con  filosofi- 
ca libertà  fugge  d*  imitare  :  bramoso  soltanto  di  soccorrere 
a'  posteri  ,  perchè  non  debbano  avere  cosi  antichissime  le 
preclare  azioni  de'  loro  passati ,  e  conoscano  non  potere  i 
viziosi  fuggir  mai  il  meritato  abbominio ,  Ed  affinchè  V 
opera  sua  pigli  più  degno  motivo  che  non  è  quello  di  tes- 
sere una  semplice  genealogia  ;  si  fa  egli  a  discorrere  con 
sottilità  di  politico  le  diverse  condizioni  d'Italia,  e  i  tri- 
onfi e  le  servitù ,  che  possorto  col  suo  subietto  tener  ris- 
contro .  Talché  doppio  è  il  profitto  che  ne  trae  il  lettore .' 
della  conoscenza  cioè  di  coloro  che  furono  nei  rivolgimen- 
ti civili,  e  di  quell'alta  ragione  che  governa  tulli  i  casi 
degli  uomini  ,  la  quale  più  comunemente  suol  dirsi  filoso- 
fia dell'  istoria  . 

Aggiungi  che  a  fare  ogni  opportuno  rimedio  ,  perché 
ninna  classe  di  dotti  parta  ,  per  dir  cosi  ,  digiuno  dalla  sua 
mensa  :  con  nobilissimo  accorgimento  si  occupa  egli  di  quel- 
le cose,  che  si  fanno  al  piacer  degli  artisti.  Nò  certo  quel 
gentile  animo  potea  tenersi  del  non  essere  anche  in  simi- 
li amenità  ,  che  fino  dall'  uscir  di  fanciullo  siale  sono  le 
sue  delizie  .  Per  questo  chiunque  pregiasi  d' amatore  di 
bello  arti  non  potrà  non  istare  contento  a  quelle  medaglie  , 
a  que'  bassorilievi  ,  a  que'  sepolcri  d' uomini  chiari ,  cui 
ò  per  pratica  eccellente  di  lavoro  ,  o  per  altro  pregio  di 
rarità,  ci  pone  l'A  .  con  accurati  disegni  sotto  degli  occhi . 
Ciò  premesso  ,  può  ben  da  ciascuno  considerarsi  quel- 
lo che  noi  pensiamo  della  prima  fra  le  grandi  famiglie  d' 
Italia  da  lui  descritte,  eh' è  l'Alleudolo  Sforza,  E  di  vero 
non    poteva  ei,'li    narrare    con    modi  più  certi,    e    con  più 


Famiglie  Gel,  Italiane  F.  I.°  ijS 

caldi  spiriti  d'amor  patrio  i  fatti  d'una  casa  (i) ,  la  qua- 
le fu  piena  di  virtù  e  sceleragini .  Perchè  signora  d'  una 
città  delle  più  vaste  e  magnanime  ,  e  d'  un  regno  fiorenlis- 
simo  d'armi  e  di  studi;  lasciò  piuttosto  imboschire  il  bel 
giardino  d' Italia ,  anzicliè  poigergli  una  mano  pietosa  ad  ac- 
conciarlo dal  devastamento  de'  barbari  .  Laonde  se  dall'  uà 
lato  vedi  e  donne  scientifiche,  e  venerandi  ecclesiastici,  e 
fortissimi  capitani:  dall'altro  t'incontrerà  di  mirare  princi- 
pi dissipatori  d' ogni  civiltà  degli  uomini  ,  e  singolarmente 
quel  Lodovico ,  a  cui  non  parve  far  bene  se  non  quando 
aprì  il  camino  delle  alpi  al  re  Carlo,  perchè  ne  fosse  Italia 
tutta  guerreggiata  e  guasta  .  Il  che  non  può  ricordarsi  da' 
generosi  senza  che  corra  all'animo  quello  sdegno  ,  il  quale 
Aristotele  chiamò   virtù. 

Parla  il  conte  Litta  in  questo  stemma  genealogico  pri- 
mamente di  Muzio  Attendolo  capo  della  famiglia  ;  il  quale 
yivea  iiel  iSaS  ,  e  fu  uomo  benestante  di  Cotignola  .  E 
poi  di  Giovanni  figliuolo  di  lui;  onde  venne  quell'altro 
Muzio  ,  eh'  ebbe  da  papa  Giovanni  XXII  titolo  e  pode- 
stà di  conte  di  Cotignola  ,  e  primo  si  disse  Sforza  .  Nacque 
in  costui  la  grandezza  di  casa  Attendolo  :  poiché  essendo  il 
maggior  condottiero  dell'  età  sua  ,  guidò  gloriosamente  gli 
eserciti  de'  potentati  italiani  ,  fu  gran  contestabile  del  regno 
di  Napoli ,  gli  si  girarono  regie  nozze  nella  mente  e  le  ot- 
tenne .  Onde  Francesco ,  il  primogenito  de'  suoi  figliuoli , 
confortato  ^aìlft  riputazione  di  tanto  nome  ,  potè  usare  fe- 
licemente queir  alto  ingegno  guerriero  e  politico  eh'  egli  pos- 
§edea  ,    a  farsi   coronare    del   ducato  di  Milano  .   Del   quale 


(i)  L'istoria  di  casa  Sforza  fu  scritta  dal  Simonetta,  e  più 
recentemente  dal  eh.  Ratti  letterato  romano  .  Questi  autori  soii» 
tsitati  e  lodati  dal  sig.  conte  Litta  siccome  suoi  principali  ma^istrt. 


174  Letteratura 

giudichiamo  non   potersi  piìi  accuratamente  ragionare  dì  quel- 
lo che  fa  il  conte    Litta  con  queste  parole  : 

«  Francesco  Sforza  ,  nato  in  s.  Miniato  ai  aS  Luglio 
«  i4oi.  L'onore  della  milizia  italiana,  e  il  più  gran  poli- 
«  tico  de' suoi  tempi  .  Divenuto  di  aS  anni  capo  delle  ban- 
«  de  del  genitore ,  aprì  la  luminosa  carriera  colla  vittoria  dell' 
ce  Aquila  ,  ove  peri  Braccio  di  Montone  ,  il  competitore  de- 
ce gli  Sforzeschi .  Il  duca  di  Milano  tra  le  angustie  d' una 
ce  guerra  infelice  contro  i  veneziani  ,  sulla  fama  delle  pri- 
cc  me  imprese  ,  lo  chiamò  per  opporlo  al  Carmagnola  .  lu- 
ce dotto  poscia  dal  duca  ad  invadare  la  Marca  d'  Ancona  , 
ce  appena  vi  penetrò ,  Eugenio  IV ,  che  noi  voleva  nemico , 
ce  glie  la  concesse  nel  i434  a'aS  marzo  in  vicariato,  cre- 
cc  andolo  gonfaloniere  di  s.  Chiesa  .  Ricuperò  allora  Bolo- 
ce  gna  ,  e  debellò  i  nemici  d'  Eugenio  ,  che  lo  accolse  trion- 
re  falmente  in  Firenze,  e  gli  donò  i  territorj  di  Cunio  e 
ce  Barbiano  in  Romagna  ,  incorporali  in  seguito  nel  i458 
ce  da  Francesco  alla  contea  di  Cotìgnola  ,  di  cui  dal  i4ii 
ce  era  investito  il  padre  .  Nel  143;  fu  generali;  de' fiorentini 
«-e  e  veneziani  nella  guerra  occasionata  dalla  caduta  della  fami- 
cc  glia  degli  Albizzi ,  e  dal  principio  dellesallazione  de' Medici 
ce  contro  il  duca  di  Milano  .  Mentre  poneva  in  fuga  Niccolò 
ce  Piccinino  e  s' innoltrava  verso  Milano  ,  il  duca  gli  assicu- 
et  rò  le  nozze  di  Bianca  Visconti  unica  sua  prole  ,  ma  fi- 
ce  glia  d'amore:  divenne  egli  stesso  il  mediatore  della  pace  di 
ce  Martincngo  nel  i/]ii,  e  con  tanta  lealtà,  che  riguadagnò 
ce  il  cuor  de'  Visconti  e  la  venerazione  degli  stessi  veneziani  e 
ce  fiorentini.  Un  tanto  beneficio  fu  presto  dimenticalo  dal  duca 
ce  ingrato  e  volubile  .  e  per  intrigo  di  lui  Francesco  fu  assalito 
ce  nel  suo  vicariato  della  Marca ,  ove  si  trovò  solo  contro 
ce  le  forze  d'  Alfonso  re  di  Napoli  ,  d'  Eugenio  IV  ,  e  delle 
ce  agguerrite  truppe  del  Piccinino,  l'unico  rivale  degno  di 
«  lui.  I  tradimenti  operarono  più  della  forza  :  ma  rimane  tut-. 


Famiglie  Gel.   Italiane  F.  I.°  176 

ce  tavia  la  memoria  de'  suoi  campeggiamenti  ,  come  ca- 
et  pò  d'  opera  di  perizia  nell'  arte  militare  .  Intanto  nel 
«  1447  i  duchi  Visconti  si  estinsero  ,  e  Milano  proclamò 
ce  la  sua  indipendenza  .  Minacciata  la  nascente  repubblica  da 
ce  molti  pretendenti  ,  invasone  il  territorio  da' veneziani ,  lu- 
ce vilò  alia  propria  difesa  Francesco  ,  illustre  non  meno 
ce  per  gli  alti  suoi  fatti ,  che  per  la  sua  integrità  .  Più  in 
ce  lui  prevalse  1'  ambizione  che  la  fede  :  e  assistito  dalla  for- 
ce za  ,  pili  che  da'  pretesi  diritti  della  moglie  ,  guadagna- 
cc  ta  Pavia  da  Matteo  Bolognini  ,  cui  in  premio  concesse 
ce  il  cognome  degli  Attendolo  ,  impedite  le  negoziazioni  del- 
ce  la  nuova  repubblica  a  Bergamo  ,  perchè  gli  togliean  la 
ce  speranza  alla  sovranità  :  rivolse  contro  i  milanesi ,  che 
ce  aveano  già  sparso  il  loro  sangue  per  le  vittorie  di  Piacen- 
ec  za  e  di  Caravaggio,  quelle  armi  che  a  lui  erano  sta- 
cc  te  affidate  per  sostenere  i  loro  sacri  diritti.  Francesco  diven- 
ce  tò  l'jilleato  de' veneziani  ,  e  Milano  fu  stretta  d'assedio  . 
ce  La  libertà  si  trasformò  allora  in  anarchia  .  Carlo  Gonzaga 
*f  forse  più  ambizioso  di  Francesco,  certamente  meno  sag- 
ce  gio  ,  si  pose  alla  tosta  della  licenza  popolare  .  Giorgio 
ce  Lampugnani  ,  Teodoro  e  Giacomo  Bossi,  Ambrogio  Cri - 
ce  velli,  Giovanni  Caìmi ,  Marco  Stampa  ,  Giobbe  Orombel- 
<e  li  ,  vittime  delle  fazioni  ,  furono  decapitati  .  Inutili  era- 
ce  no  le  ambasciate  a  Francesco ,  né  altra  vendetta  alla  de- 
ce solata  città  rimise  che  di  predirgli  ,  che  quel  regno  che 
ce  da  lui  si  cominciava  con  inganrlo ,  in  lui  o  ne'  figli  sa- 
ce  rebbe  finito  con  vituperio  .  Ridotta  la  città  ai  più  crude- 
ee,  li  bisogni  ,  dovette  sottoporsi  il  26'  febbrajo  i45o.  » 
ce  conquistatore  ,  che  sulle  porte  della  vinta  capitale  ebbe 
ce  il  rossore  di  ritrovarvi  un  Trivulzio  ,  che  gli  negava  Pin- 
ce gresso  se  non  firmava  ana  coìivenzione .  Padrone  del  du- 
ce calo  di  Milano  ,  ricusò  le  investiture  imperiali  ,  perchè 
te  guadagnato  colle  armi  ;  e   difendendo  quindi   la    bilLi  cr.n- 


i7t>  Letteratura 

«  qflista  contro  l'altrui  gelosia,  giunse  col  trattato  di  Lodi 
«  nel  9  aprile  i454  ^d  assicurarlo  ai  discendenti  .  Chiur 
ce  se  la  scena  delle  sue  imprese  coli' acquisto  di  Genova  nel 
ce  i564.  ,  cacciandone  i  Fregoso  ,  e  della  Corsica  cedutagli 
«  dal  magistrato  di  s.  Giorgio ,  e  morì  in  Milano  agli  8 
«  marzo  1^66.  Un  trattato  di  mancanza  di  fede  assistito 
«  dalla  violenza  delle  armi  lo  avea  portato  sul  trono  ,  e  dal 
ce  popolo ,  che  perdea  la  libertà ,  ebbe  un  atto  di  dedizior 
ce  ne  del  3.  marzo  ,  che  è  anteriore  all'  epoca  del  suo  tri- 
te onfale  ingresso  in  Milano  del  25  marzo  :  ma  non.  egual- 
cc  mente  a  quello  della  sua  couquibta  .  Tali  mezzi  provvi- 
ct  dero  all'  acquisto  della  presente  quiete  dello  stato  ,  sea- 
«  za  riparare  alle  sciagure  dell'avvenire.  L'influenza  del 
«  cattivo  esempio  de' grand'  uomini  sulla  moralità  de' popo- 
cc  li  si  nasconde  tra  le  scerete  ma  rapide  e  potentissime  ca- 
«c  use  della  corruttela,  che  fa  crollare  gl'imperj.  Diffatto 
«  Francesco  in  tal  guisa  disponeva  1'  animo  de'  nuovi  sudditi 
tf  all'indifferenza  del  giuramento,  come  al  calcolo  del  tra- 
ce dimenio,  e  suggeriva  l'ingiuria  delle  scene  d'illusione 
ce  per  abusare  della  volontà  de'  popoli  .  Tutto  si  rinnovò  ii^ 
er  seguito  a  danno  della  sua  casa,  e  quindi  anche  de 'sudditi, 
et  perchè  la  causa  di  questi  nel  raffinamento  delle  prosperità 
«e  come  negli  strabalzi  della  fortuna  è  sempre  associata  a 
«t  quella  de'  loro  principi  .  Gra-ve  è  vero  fu  1'  error  de'  mi- 
te lanesi  dì  esporlo  alle  attrative  ed'un  dominio:  ma  più  gra- 
«  ve  ancora  la  loro  discordia  ,  quando  egli  si  dichiarò  loro 
te  nemico:  le  passioni  private  terminano  col  tradire  gì' iu- 
te leressi  comuni  .  Francesco  fu  un  sovrano  di  più  ,  non  ma^ì 
«  un  eroe  :  ma  tra'  sovrani  il  più  grande  de' suoi  di ,  né  mag- 
tc  gior  elogio  si  può  far  di  lui ,  che  col  dire  che  regnando 
ce  i(S  anni  regnasse  brevissimo  tempo  .  Così  di  tante  belle 
•e  virtù  che  lo  adornavano  non  potè  lasciar  tracce  bastan- 
ct   temente   profonde  ,  poiché  lenta  è  la  propagazione  di  (|ucl- 


Famiglie  Gel.  Italiane  F.  I."         177 

•e  le  ,  né  per  somma  sciagura  giunse  in  tempo  a  presiede- 
te re  allo  sviluppo  delle  passioni  dei  figli .  Neil'  amministrar  lo 
«t  stato  d«gna  di  lui  fu  la  temperanza  ,  che  rese  manifesta 
«  1'  inutilità  delle  convenzioni  dei  popoli  co'  principi  buoni  ; 
«  ma  sar^  sempre  per  lui  un  rimprovero  l'opposizione  al- 
te la  garanzia  ,  che  il  di  della  sua  conquista  i  nuovi  sud- 
€c  diti  imploravano  contro  i  di  lui  successori ,  di  cui  non  po- 
et  tea  preveder  l' indole  ,  Il  canale  della  Martesana ,  Io  spe- 
«  dal  maggiore  sono  monumenti  della  sua  grandezza  :  volle 
«e  riedificato  il  castello  ,  che  servi  soltanto  al  disonore  del- 
«  la  sua  casa  .  Il  concilio  di  Trento  ha  fatto  sparire  dal- 
tc  la  metropolitana  la  sua  tomba  come  quella  de'  suoi 
ce  successori  .  » 

Fratelli  del  duca  Francesco  furono  Alessandro  e  Bosio  . 
Quegli  fu  gran  contestabile  del  regno  di  Napoli ,  e  ten- 
ne co'  suoi  disreii  lenti  la  signoria  di  Pesaro  ;  questi  per  le 
nozze  di  Cecilia  Aldobraadeschi  ebbe  la  sovranità  di  s.  Fio- 
ra in  terra  di  Siena  ,  e  fu  1'  autore  di  una  prosapia  illu- 
strissima ,  dalla  quale  veagono  i  pi-incipi  Sforza  Cesariai  di 
Berna .  Lungo  sarebbe  il  dire  di  tutti  ampiamente  :  né  gli 
Stretti  termini  d'un  giornale  il  comporterebbero  .  Quindi  toc- 
cheremo poche  parole  de'  soli  rami  pesarese  e  romano  :  de' 
quali   per  ouor  nostro  dobbiamo   essere  più  solleciti . 

E  cominciando  dal  pesarese,  siccome  più  antico,  giu- 
dichiamo che  niuna  casa  fiorisse  in  Italia  a  quei  tempi  con 
più  fama  di  cortesia  e  sapienza  .  Perciocché  lasciando  stare 
che  Alessandro  non  ebbe  in  opera  d'  arme  chi  il  superasse , 
se  non  il  proprio  fratello  Francesco  ;  e  che  diremo  di  quel  suo 
pregio  cosi  raro  in  chi  siegue  gli  eserciti ,  cioè  la  coltura 
delle  lettere  ?  La  quale  fu  tanta  in  lui  ,  che  il  condusse  uou 
solo  a  favorire  i  dotti  dell'  età  sua  ,  ed  accogliere  que'  sapien- 
ti che  fuggivano  dalla  Grecia  il  nuovo  imperio  di  Maomet- 
to II  j  ma  a  dettar  versi  italiani   con  quel  giudizio  di  genti- 

Jezra ,  che   potea  sperarsi  nel  secolo   del   quattrocento.    Tal- 
G,  A.  To.  lY.  i^ 


ijS  Letteratura. 

che  lasciò  buona  ricordanza  di  sé  ne'  suoi  popoli  ,  e  negli 
scritti  de"  prudenti,  i  quali  in  lui  venerarono  un  principe, 
che  seppo  us.tr  le  virici  il  meglio  che  le  condizioni  de' lein- 
pi  e  degli  stati  poteano  concedere  :  e  adoperare  le  genti  sue 
a  cose  scieniifiche  e  generose.  Onde  fu  degno  che  al  suo 
sepolcro  si  scrivesse  : 

„  Sfortia  me  genuit  :  nota  es,t  niea  .'.exlera    bello  : 
,,   Picridnm  oultor  ,  jastitiaeqae   fui  . 

Suo  figliuolo  e  successore  nella  signoria  fu  Costanzo  , 
che  gli  nacque  di  Costanza  Varano  dei  principi  di  Came- 
rino ,  donna  lettQvalissima  .  Del  quale  il  signor  conte  Litta  nar- 
ra così  ; 

ce  Costanzo,  nacque  a'  5  luglio  i447  in  Pesaro  .  Profes- 
se so  con  distinzione  la  milizia.  Nel  i566  fu  dal  padre  spe- 
co dito  presso  il  Coleoni  ,  che  comandava  un  esercito  di  fuo- 
co ruscili  fiorentini  contro  i  Medici  .  Nel  1470  ebbe  con- 
ce dotta  d' armi  da  Paolo  II.  Nel  1471  intervenne  in  Pioma  al- 
ce la  solenne  funzione  della  creazione  di  Borso  d' Este  in  duca 
ce  di  Ferrara  ,  e  fu  quegli  che  gli  cinse  gli  speroni .  Nel  1472 
te  ebbe  condotta  dal  duca  di  Milano  :  nel  i47^  •^*'  ^^  ^^ 
t<  Napoli  che  gli  accordaron  il  cognome  aragonese.  Nel  i479 
«e  i  fiorentini  lo  crearono  governatore  del  loro  esercito  nel- 
cc  la  guerra  contro  Sisto  IV  cagionata  dalla  congiura  de'  Paz- 
cc  zi  ;  onde  Sisto  furibondo  lo  dichiarò  decaduto  dal  vica- 
cc  riato:  ma  placate  in  seguito  le  cose,  ottenne  ai  6  ago- 
ce  sto  i48i  l'investitura  del  vicariato  in  conferma  di  quella 
ce  avuta  rei  i474  ^"'^  morte  del  padre  ,  che  comprendea  i  ni- 
cc  poti  oltre  i  figli .  Lodovico  il  moro  lo  chiamò  in  Lombar- 
ce  dia  ,  e  ai  10  geanajo  1482  lo  creò  luogotenente  generale 
ce  delle  armi  ducali  sul  parmigiano  ,  destinandolo  alla  distru- 
ce zione  della  casa  di  Pietro  Rossi  di  s.  Secondo  ,  uomo  insigne 
ce  pe'suoi  meriti  presso  Francesco  Sforza.  Ma  Costanzo  tro- 
cc  vando  la  guerra  ingiusta,  volle  lasciare  l'esercito.  Spedilo 
«  poscia  a  comandar  quello  sul  ferrarese  coutro  i  veneziani  , 


Famiglie  cel.   Italiane  F.  I.»         jjq 

«r  che  sostenevano  i  ribelli  del  parmigiano  ,  passò  al  soldo  ve- 
ce neto  ;  e  vSisto  ,  die  desiderava  i  veneziani  depressi ,  inasprito 
«  contro  di   lui  lo  scomunicò.  Temendo  egli   allora     che  le 
et   truppe   pontificie   invadessero   la   sua  signorìa,  tosto  \i  si 
«  retò  adunando  genti  per  difenderla  :  ma  morì    con  sospetto 
tf  di  veleno    ai  19  luglio  i483   a    Montelabale    sul  pesarese, 
fc  Avea   disposto  di  esser  sepolto  in  s.  Gio\anrii  di  Peraro  :  i 
«  frati  però  che  vi  abiliivano  ,  non  vollero  sepellire    un  cada- 
le vere  sc<jnionicato  ,  che  rimase  insepolto  sino  al   monento 
«  iu  cui  il  pa[  a,  a  richiesta  della  pia  vedova,  lo  permise.  Prin- 
«  cipe  fra'  più  compiti  ,  splendido,  zelante  pel  vantaggio  de' 
«  sudditi ,  amico  delie  lettere  :  e'iificò    la  fortezza  di   Pesaro, 
Di  Costanzo  e  di  Fiore  Boni  di   Pesaro,  donna  d'amo- 
re ,  nacque  Giovanni  :  del  quale  però  ,  malgrado  ciò  che  ne 
«crive    il  signor  conte  Litta  ,  non  diremo  che  dubbia   la  fa- 
ma .   Imperocché   non    sarebbesi  per  avventura    ragionato  di 
lui    con    si  grand'  ira  ,  se  non   si  fosse  macchiato   della  mor- 
te  del    CoUenuccio  ,  celebre   letterato  pesarese  di  quella  età. 
Tanto  è  vero    che  il  nome    de'  principi    non  passa  a' posteri 
o   glorioso  od  infame  ,  che  pel  giudizio  degli  scrittori  .  Eb- 
be   in    moglie    costui    la   Lucrezia  Borgia  ,  sorella    del    du- 
ca  Valentino:  ma  fu  costretto  a  rimandarla  per  la  cagione, 
che   niuna    cosa    è    santa  là   dove  le  leggi    obbediscono   alle 
voglie  di  chi   più  vale  .  Menò   poscia  Ginevra  Tiepolo  ,  no- 
bilissima veneziana,  che  il  fece  padre  di  Giuseppe  Maria  ,  det- 
to Costanzo  II  ;  il  quale  essendo  mancato  a' vivi  poco;  dopo 
la  morte  del    genitore  ,  lasciò  a  reggere  la  signoria  Galeazzo 
suo   zio  .  E    iu  esso  ,  per    la   potenza   di     papa   Giulio  II , 
venne    finalmente    a    fallire    iu  Pesaro    il    principato    degli 
Sforzeschi  . 

Ma  perchè    addietro  abbiamo    fatto   parola    di  Costanza 
"Varano    chiarissima  principessa  ,    che  fu  donna   d'  Alessan- 

12* 


l80  L   E    T    T    E    R    A.   T    U    R    A 

dro  i  non  ci  sa  bene  dì  tralasciare  e  Ginevra  e  Isabella  (z")  , 
le  quali  parimente  fiorirono  per  gentilezEa  di  lettere,  né  ad 
altra  furono  seconde  che  alla  famosa  Battista  Sforza  du- 
chessa d'  Urbino  ,  di  cui  ci  piace  recar  1'  elogio  scritto  dal 
nostro    autore  : 

ce  Battista  :  nata  nel  i\^6  in  Pesaro.  Figlia  d'ima  Co-? 
«  stanza  Varano,  nipote  d'  una  Elisabetta  Malatesta  ,  proai- 
«  potè  d'una  Battista  di  Montefeltro ,  diicendea  dal  sangue 
«  di  tre  «.rnine  insigni  per  la  virtù  e  la  coltura  dello  spirito  . 
te  Esi>a  riuscì  ;.d  emularle  per  non  vantare  indarno  avi  illu- 
tt  stri  .  Fu  l'idolo  del  marito  (3)  ,  della  corte  ,  de' sudditi  ,  e 
«  d'una  degna  prole  che  ne  imitò  la  gloria  .  Sono  celebri  le 
«  orazioni  latine  colle  quali  aringo  il  duca  di  Milano  suo 
«  avo  ,  e  in  Roma  Pio  II.  Morì  in  Gubbio  ai  6  luglio  1472. 
«  Tanta  era  la  fama  di  questa  donna  ,  che  i  principi  itnliani 
«  spedirono  ambasciadori  in  Urbino  per  assistere  alle  sue 
«  esequie.  Venne  il  Gollenuccio  in  nome  del  padre ,  il  Carn- 
ee pano    fu  mandato  da  Sisto   IV  per  recitare  1'  orazione  fu- 

ee  nebre  . 

Sotto    si  grandi    auspicj    andò   preparandosi    a'  pesaresi 

quell'aureo  secolo  ,  in  che  potettero  dare  alle  scienze  ed 
alle  lettere  il  Barlgaano  ,  il  Filomuso  ,  Valerio  Superchi  , 
il  Postumo  ,  Guid' lJb;iido  del  Monte,  e  quel  Camillo  Leo- 
nardi che  fu  il  primo  in  Europa  a  scrivere  di  cose  mi- 
neralogiche . 

Intorno  al  ramo  romano  egli  è  a  sapere,  che  il  primo 
de' conti  dì  s.  Fiora  che  pose  in  Roma  lo  stabile  domi- 
cìlio fu    jNIario  :  il  quale  ,  dopo    aver   governate   con     lode 


(2)  D'  Isabella     abbiamo    un    opera    della    vera  tran(fu/.ll/tà 
deh"  finiino  pubblioata  in   Venezia  da  Aldo  nel  i544- 

(3)  Federico  degli  l^iiaMiiu  della  Carda  duca  d'UrbiucHno  dc']>lti 
(raadi  uomini  che  abbia  prodotti  l' Italia  .   (  Litta  .  ) 


Famiglie  Gel.  Italiane  F.  I.o         181 

dì  valoroso  le  armi  fiancesi  e  pontificie  contro  agli  nj];nnot- 
ti ,  qua  venne  ,  chiamatovi  dal  pontefice  Gregorio  Xll[,  che 
gli  die  stato  di  luogotenente  generale  di  S.  Gljiesa  ,  e  di 
principe  assistente  al  soglio.  Figliuolo  di  lui  fu  Fod^rico  ,  il 
quale  di  Beatrice  Orsini  dei  dachi  di  Santogemin)  ebbe  Ales- 
sandro il  VII  conte  di  s.  Fiora  ,  splendido  e  gentil  signo- 
re ,  cui  Sisto  V  dichiarò  duca  di  Segni  ,  e  il  granJe  Eu- 
rico di  Francia  ,  suo  parente  ,  cavaliere  de'  regj  ordini  . 
D'  Alessandro  e  di  Leouora  Orsini  dei  duchi  di  Brtcriano 
nacquero  più  figliuoli  ;  Mario  che  vendè  la  sovranità  di  s. 
Fiora  ai  granduchi  di  Toscana  ,  ed  ebbe  titolo  da  papa 
Paolo  V  di  duca  d'  Onano  :  Federico  cardinale  e  nrohi- 
tnandrita  di  Messina  ;  Enrico  cavaliere  gerosolimitano  e  ge- 
nerale delle  milizie  ecclesiastiche  nel  ferrarese  :  e  Paolo  ge- 
nerale delle  armi  veneziane,  che  d'Olimpia  Cesi  ,  la  figliuo- 
la del  celebre  fondator  de'  lincei  ,  generò  un  altro  Fede- 
rico ,  il  quale  nel  iGy'ò  sposando  la  duchessa  Liv'a  di 
Giuliano  Cesarini ,  aggiunse  al  suo  il  casato  de'  C^sarini . 
Fu  questo  Federico  uomo  assai  coltivato  di  buone  lettere  ; 
e  tenne  cara  1'  accademia  degli  Umoristi  ,  la  quale  non  ven- 
ne meno  se  non  quando  egli  cessò  della  sua  presidenza . 
Chiarissimi  sempre  furono  ì  suoi  discendenti  in  ogni  ma- 
niera di  prudenza  e  valore  :  e  Gaetano  ,  il  figliuolo ,  fu  al- 
le guerre  che  si  travagliarono  in  Ispagna  per  la  successione  , 
e  ne  tornò  grande  del  regno  di  prima  classe  ;  onorificenza 
che  il  re  Filippo  V  fece  da  poi  perpetua  ne' Cesarini,  in 
benemerenza  di  Sforza  Giuseppe  ,  quel  medesimo  che  nel 
1^32  fondò   in  Roma    il  teatro   di  Torre  Argentina . 

Questo  primo  fascicolo  è  ricco  di  molte  rare  incisioni  : 
fra  le  quali  è  il  sepolcro  del  cardinale  Ascanio  Miria  ,  la- 
voro insigne  del  Sansoviuo  .  Fu  Giulio  U  che  da  inimi- 
co magnanimo  glie  lo  pose  in  Roma  a  s.  Maria  del  Po- 
polo, e  vi  ordinò  un  iscrizione  ,  che  sta  tuttavia  nei  se- 
guenti   termiui  : 


iSi  Letteratura 

D.    O.    M. 

ASCANIO   MARlAE   SF.   VICEGOMITI   FRANCISCI    SFORTIAE 
INSVBR.    DVCJS   F.    DIACONO   CAR.    S.    R.    E.    VICECANCELLAR 
IN   SECVNDIS   REE.   MODERATO   IN   ADVERSIS   SVMMO   VIRO 

VIX.   ANN.   L.   MENS.   II.    D.   XXV 
IVLIVS  II.   PONT.  MAX.  VIRTVTVM  MEMOR .  HONESTISSIMAR 
eONTENTIONVM  OBLITVS   SACELLO   A  FVNDAMENTIS   ERECTO 
POSVIT     MDV 

E  cosi  il  coate  Pompeo  Litta  ha  valuto  con  si  beli'  o- 
pera  mostrare  a' suoi  milanesi  ed  a  noi ,  che  la  nobilissima 
sua  famìglia  sa  rendere  fertilmente  all'  Italia  non  solo  iti 
grandi  dignità  ecclesiastiche  e  secolari  ,  ma  in  sapienza  al- 
tresì ;  nella  quale  ,  chi  ben  consideri  ,  sta  il  vero  viver* 
de' mortali  .  Possa  l'esempio  di  tal  giovane  cavaliere  ricon- 
durre alle  oneste  discipline  coloro  ,  che  posti  in  altezza 
di  stato  sì  traviano  nell'  ozio  :  onde  le  città  nostre  ne  tor- 
nino in  fiore ,  e  chi  ebbe  gloriosi  i  suoi  padri  non  debba 
arrossire  di  sé  nel  guardarne   le  imagini . 


i83 


Z'  Arte  Poetica  ad  uso  degli  studiosi  giouitieiti.  Operetta 
di  Giuseppe  Sallustj  ,  nelP  Accademia  degli  Arcadi 
Eufalte  Ai-gireo  .  Roma  :  Cipicckia   i8iy.  pag.2/ì3.  8". 


1 


n  tre  parti   divisesi  questo  libro  .  Contiene  la  prima  sette 
capitoli   sopra  la    Versificazione    italiana  :  ed    hanne  la  se-» 
tonda    altri   clnqtle    sopra  la   Versificazione  latina  ■   Riem- 
piono la  terza    parte  1'  Arte  Poetica  di    Orazio  tr.idotta    dal 
Sallustj  in  verso  sciolto  volgare,  e  quella  del  Meuxini ,  Che 
cosa  però  sia  la  poesia  epica  ,    la   lirica  ,   la  pastorale  ;  che 
cosa  intendasi    per  satira  ,  per  commedia  ,  per  tragedia  ,  non 
saria  facile  a  sapersi  da  chi  leggesse   quesl'  opera  digiuno  di 
quegli  altri  libri ,  che  insegnano    la  vera  poetica  ,  e  non  so- 
lame&te  1'  arte  di  conchiudere  un  versò  come  diceva  il  Ve- 
ilosino .  Alle  quali  notizie  saria  state  pur  bello  l'udire  uni- 
tamente  parlare  de'  tropi  e    delle    figure  ,  clie  sono  i  nervi 
e  l'anima  della  poesia  più  else  le  sillabe  e  i  metri:  la  scien- 
za de' quali  minutissimi  particolari  non  è  molto  più  astrusa 
di  quella  che  insegna  a  computare  i  numeri  ;  e  tanto  è  vi- 
cina alle  arti  liberali  quanto  la  è  l'  arte  del  fi'gulo  a   quella 
de'  nobilissimi   maestri  statuarj .  Né  acconcia   meno  a   sì   lie- 
te proposito  esser  potea  l'altissima  epigrafe,  che  leggesi  in  fron- 
te a  questo  libro  ,  contenente  que'  due  aurei  versi  di  Orazio  : 
Hoc  opus  ,  hoc  studium  parv^i  properemus  et  ampli  , 
Si  patriae  volumus  ,  si  nobis  vivere  cari  . 
Imperocché  non  commendava  il  poeta  a    Lucio  Floro  1'  arte 
de'  versi,  ma  la  sapienza  delle  lettere  ,  della  quale  si  nutrono 
i  veri  amici  delle  Muse  e  di  Apollo ,  clie  ponno  t'sser  cari  al- 
la patria    ed  utili  a  loro  stessi  , 

Da  tale  difetto  comune  ad  altri  che  insegnano  queste 
discipline,  si  può  ripetere  la  gran  quantità  de' verseggiatori, 
e  il  picciol  numero  de'poeli  che  udiamo  .  Imperocché  la  poe- 


jS/f  Letteratura 

tica  ,  diremo  lo  stesso  che  di  sopra  io  altra  guisa,  è  quinta- 
essenza  della  rettoiioa  eoa  molta  parte  di  filosofia  ;  laonde 
a  quella  non  guida  soltanto  la  natura  ,  ma  T  arte  vi  si  ri- 
cliiede  per  compagna  .  La  quale  arte  però  deve  esser  tale  , 
che  ajuti  la  mMestra  sua  ove  per  condizione  di  umana  fra- 
lezza venga  meno  ;  o  la  trattenga  ove  1'  impeto  dell'  età  la 
trasporti  fuor  de'  conflni  del  verosimile  ,  oltre  i  quali  suol 
rompere  la  piena  orgo^iosa  della  fantasia.  E  quest' arte  sta 
sola  nell'  appressare  al  sublime  ,  come  1'  A.  dice  assai  bene 
nella  epistola  dedicatoria  al  giovine  Pappalettere ,  recando  un 
testo  di  Lon£;ino  :  ove  noi  aggiungiamo  che  anche  il  tenue 
stile  ed  il  mozzano  hanno  gran  vanto  ,  ed  hanno  la  rispet- 
tiva loro  sublimità  .  Onde  non  è  vietato  di  essere  tenuemente , 
mezzanamente  ,  e  sublimemente  sublime  ,  seppure  è  lecito 
dirlo  ;  come  vediamo  in  Marone  ,  il  quale  nella  bucolica 
nella  georgica  e  nell'  eneide  corse  le  tre  vie  che  conducono 
all'  altezza  ,  e  per  tutte  tre  pervenne  a  coglier  la  palma  .  Né 
questo  comento  che  noi  qui  brevemente  facciamo  ci  sembra 
inutile  al  presente  :  anzi  ci  pare  che  dovrebbesi ,  qual'  ora  vi 
fosse  luogo,  allargare.  Conciossiachè  si  è  veduta  a' nostri  gior- 
ni una  lunga  schiera  di  cantori  ,  i  quali  per  ambizione  di  mal 
consigliata  sublimità'  non  si  curarono  del  rezzo  e  delle  chiare 
fontane  di  Pindo,  ma  osarono  di  salire  a  cavalcion  delle  nuvo- 
le .  E  a  tal  proposito  ci  venne  in  mente  la  favola  d'Issionej  del 
cui  strano  e  pazzo  congiungimento  ,  nacquero  que' tanti  mostri 
di  ferine  e  di  umane  forme  ,  che  niente  altro  che  danno  par- 
torirono alla  società  .  Che  diremo  di  que'  tali ,  che  non  rav- 
visano il  sublime  ,  se  non  pria  sentano  rizzarsi  i  capelli  dalle 
terribili  narrazioni  ?  Vizio  si  ò  questo  ,  cui  bisogna  combat- 
tere colla  soavità  di  quegli  esempj  ,  che  toccano  il  cuore  e 
persuadono  la  mente  :  siccome  fanno  i  medici  ragionevoli , 
che  ne'  casi  disperati  soltanto  adoperano  que'  rimeilj  ,  che  non 
rinforzano  ma   sforzano  la  natura  , 


.    Poetica  per  la  Gioventù'  i85 

Queste  cose  che   ahiMamo  dotte  sono   in   qualche   guisa 
trattate  nella  citata   lettera  dedicatoiia ,  che  si   può  chiamare 
la    parte  ragfon;ita  dell' opera  ;  né    vassene  indegna  di   lode. 
E  se   di    tutto   il   libro  ci  ponessimo  a   favellare  .  cosa  che 
niun  prò   farebbe  a'  nostri    lettori  ,    per  essere  quelle  regole 
elementari    di  già    notissime  a  tutti  ,   crediamo  che   di    tanto 
za  tanto  dovremmo  noi  tornare   ad  encomiare  il   Sallustj  ,  e 
qualche    volta   a   notarlo    di   critica  .    Ma    essendo    delle  due 
opere  assai    comune  la   prima  ,   quella  cioè  di  laudare ,  pro- 
seguiremo brevemente  a  trattar  la  seconda  .   noa  con  animo 
di   volerne   insegnare    al    maestro,   ma  per  dovere    dell    arte 
nostra  ,  che  nell'  opporsi   consiste  ,  quand'  è  d'  uopo ,  a   que' 
precetti    che    non   bene   s'  accordano   colle   sentenze  dì    que-' 
che  ci   hanno  insegnalo  . 

Discorrendo  p.  e.  intorno  al  sonetto  ,  1'  A.  dice  :  «  il  so- 
«  netto   ammette  ogni   stile    tanto  serio  che  giocoso  a  diffe- 

-  renza  degli  epigrammi .. .  E  parlando  degli  epigrammi  (ita- 
iianOm  quattro  righe  dice:.,  gli  epigrammi  sono  formni 
«  di  più  versi  ,  che  rimano  a   due  a  due .  Furono   essi   ia- 

-  trodotti  nella  volgar  poesia  dall' Alamanni  ^    ma  sono  stati 

-  poco  adottati .  Eccone  un  esempio  dello  stesso  Alamanni . 

„  Sendo  detto  a  Calon  ,  quando  morie  , 
,,  Tu  non  devi  temer ,  Cesare  è  pio  : 
„  Rispose  :  io  che  romano  e  Caton  sono, 
„  Non  fuggo  r  ira  sua  ,  fuggo  il  perdono  . 
Chi  è  che   non   vegga  in    quanta  oscurità  e  dubbiezza  s' ia- 
volvano  queste   regole  ,    e  quanto  siano   lontane   dal    vero  ? 
Domanderemo  al  Sallustj  :   l'epigramma  dunque  ammette  stile 
seno  ,   oppure   giocoso  ?  Perchè  gli    epigrammi    son   sempre 
di    tal    versi  ,  che  rimano   due  a  due  ?  Gli    altri    epigrammi 
che  furono   scritti   prima   dell' Alamanni  ,  perchè  da  voi  non 
r>i   chiamano  talì  ?  E  qu.l  differenza  è  tra  1'  epigramma  de' 
latini    e  de' greci  ,  e  il  madrigale,  il  sonetto  .  l'epigramma 
degl'  italiani  ?  Se   il   Sallustj    avesse   fatto   a   se    medesimo 


i86  Letteratura 

queste  interrogazioni  avrebbe  certamente  prodotto  uii  pia. 
maturo  lavoro  ,  e  più  degno  del  nome  di  Arcadia  ;  la  quale 
vanta  non  solo  esimj  cantori  ,  ma  precettori  acutissimi  di 
Poetica  ,  quali  furono  ,  per  lacere  di  tanti  altri  ,  un  Gre- 
scimbeni  e  un  Gravina  . 

Egli  è  pure  un  bellissimo  epigramma  ,  e  spogliato  per- 
fino delle  comuni  divise  madrigalesche,  scritto  dall' AUghie- 
ri  duecent'  anni  prima  dell'  AlamaHui  ,  e  poco  fin'  ora  co- 
nosciuto ,  il  seguente  . 

Chi  nella  pelle  d'un  monton  fasciasse 
Un  lupo  ,  e  tra  le  pecore  mettesse , 
Dimmi  ,  ere'  tu  ,  perchè  monton   paresse 
Ch'  egli  però  le  pecore  salvasse  ? 

Infiniti  epigrammi  potremmo  qui  recare  :  alcuni  de'  quali 
sotto  il  nome  di  ballate ,  e  di  ballatette  ,  di  madrigali  ,  e  di 
sonetti  rinvengonsi  nella  volgar  poesia  da' primi  scrittori  fino 
a  noi ,  d'  ogni  stile  ,  d'  ogni  lega  di  verso  ,  e  di  ogni  ricorrenza 
di  rime  :  di  stile  però  intendiamo  dire  o  schietto  o  che 
alla  purità  si  avvicini  ;  come  veggiamo  in  Catullo  ,  in  Mar- 
ziale ,  in  Ausonio  ,  che  di  quante  eleganze  erano  capaci  i 
seculi  rispettivi  articchirono  i  loro  epigrammi  ,  sia  che  fos- 
sero in   versi  elegiaci    o  in   eniecasillabi  o  in  giambi. 

Né  laudevoli  sembreranno  le  regole  ritmiche  dell'  ode 
saffica  italiana,  che  ne  offre  il  Salluslj  w  Ogni  strofa  |[  ne 
33  insegna  )  è  composta  di  tre  endecasillabi,  e  di  un  pen- 
33  tasillabo  ,  i  quali  devono  rimare  nel  modo  che  siegue  ^ 
33  facendo  attenzione  alla  rimalmezzo  ,  che  sta  nel  terzo  ende- 
33  casillabo  ,  della  quale  ne  contrasegnerò  la  parola  nella  prima 
33  stanza  di  questo  esempio  ,  eh'  è  stato  preso  da  Gio;  Bat- 
jj  tlsta  (dicasi  piuttosto  Angelo  )  Costanzo  : 


Poetica  per  la  Gioventù'  187 

,,  Or  che  riscalda  il  sole  lanhc  le  corna 
,,  De  r  Ariete  ,  e  Seffiro  ritorna  , 
„  E  il  mondo  adorna  di  si  bei  colori 
„  D'  erbe  e  di  fiori  . 

Che  non  pare  a  noi  questa  la  sola  maniera  di  comporre  odi 
saffiche  .  Questa  può  anzi  sembrare  a  taluni  essere  di  ma- 
niera illegittima  e  capricciosa  ,  e  quasi  foggiata  a  bisticcio, 
eoa  inutile  sforzo  e  troppo  suono  di  rima  :  pericolosa  in 
mano  degli  inesperti  ,  quando  pare  che  l'ingegno  del  poeta 
richieda  altrui  di  compassione  per  le  difficoltadl  alle  quali 
soggiace  .  E  son  prette  e  bellissime  odi  saffiche  quelle ,  i  versi 
delle  quali  rimano  vicendevolmente  iift  ogni  strofa ,  il  primo 
col  terzo,  il  secondo  col  quarto  ,  eh'  è  di  cinque  sillabe,  come 
1'  adonio  de'  latini  ;  e  rimano  pure  ne'  saffici  il  primo  col 
quarto  ,  ed  il  secondo  col  terzo  .  Delle  quali  ,  "come  dì  al- 
tre maniere  ancora  ,  si  possono  vedere  moltissimi  esempj 
nelle  rime  del  Fantoni ,  e  nelle  versioni  delle  odi  di  Ora- 
zio, dotto  e  faticoso  lavoro  del  eh.  Solari ,  i  quali  esempj  noi 
non  rechiamo  per  non  ci  porre  tra'  copiatori  .  Né  sono  altri- 
menti che  saffiche  quelle  strofe ,  delle  quali  si  fea  grand'  uso 
per  Io  passato  è  sono  antichissime  .  Rimano  cioè  in  esse 
tutti  tre  i  versi  simili  ,  e  1'  adónio  fa  rima  cogli  altri  tre 
endecasillabi  della  strofe  seguente  .  Diciamo  essere  queste 
antichissime ,  perchè  in  un  codice  di  fra  Jaoopone  abbiamo 
letto  una  nenia  in  metro  saffico  sopra  la  vita  monastica  , 
cbe   ci  pare  che  suoni  come  l' inno  de'  morti  . 

Poiché  se'  fatto  frate,  o  caro  amico  , 
Fuggendo  il  mondo  all'  anima  nimico  , 
Or  odi  bene  quello  eh'  io  ti  dico 
Che  Acri    fare  . 
Non  basta  in  rerità  panni  mutare  ; 
Ma  il  tuo  voler  convien  mortificare  , 
%  per  amor  d'  Iddio  bene  osservare 
Quel  eh'  hai  promesso  . 


|88  L    5,    T    T    E    R    A    T    U    R    A 

II  quale  esempio  noi  (juì  abbiarao  recato  al  solo  oggetto  di 
iiie^trare  quanto  siasi  distesa  la  poetica  italiana  ,  e  per  dire 
a  qual'  età  risalga  1'  ode  saffica  ia  nostra  lingua  :  che  que- 
sto per  vero  dire  si  è  un  di  que'raraì,  a' quali  non  si  debbe 
essere  avari  di  un  ben  rinterzato  colpo  d'  accetta  .  Di  che 
non  saria  neppure  malfatto  di  regalare  1'  esempio  recato  dal 
Sallustj  ;  ove  leggiamo  :  m  che  le  cose  alle  e  sublimi  si  devono 
jj  esprimere  con  rime  per  se  stesse  risuonanti  e  non  volgari , 
x>  come   in  queste  del  Minzoni  : 

„  Dove  sono  gli  Scipj  fulminanti 

„  Terror   degl' implacabìTi  An  ai  balli  , 

,,  Che   di  smagliati  usberghi  e  d'  clini  infranti 

„  Sparsero   un  giorno  le  affricane  valli  ? 

Perchè  se  in  quello  di  Jacopone  mincano  le  poetiche  ve- 
nustà :  in  questo  del  Minzoni  è  troppo  rimbombo  di  suono 
con  poca  bellezza  e  nobiltà  nelle  idee  .  E  nel  proporre  a'  gio- 
vinetti gli  esemplari  di  buoni  poesia  conviene  sceglierli  ne' 
veri  classici  ,  che  non  hanno  sofferto  oltraggio  dall' incor- 
r'.ittil)ile  giudizio  de'secoli  .  Né  chi  facesse  al  contrario  sarebbe 
tli.isiniile  da  coloro  ,  che  accenib'ssero,  per  dare  agli  altri  lue*, 
uu;i  sottile  e  tenebrosa    fae.ella   sul    mezzodì  . 

Conviene  parimenti  a  chi  assume  il  venerando  nome  di 
precettore  ,  andar  cauto  di  sopra  a  certe  materie  che  non  sono 
totalmente  di  sua  giurisdizione  .  Perchè  altrimenti  volendo 
Scilla  evitare  ,  troverassi  in  mezzo  ai  vortici  di  Cariddi  . 
Come  pare  che  sia  avvenuto  al  SaJluslj ,  il  quale  ammonir 
volendo  la  gioventù  del  buon  uso  che  si  dee  della  poesia 
fare,  non  s'è  ritenuto  di  reore  ingiuria  al  nobilissimo  can- 
tore dell'  Orlando  j  del  quale  dice  ,  che  non  vince  in  fan- 
tasia il  Frugoni  ,  1  Algorott!  ,  ed  il  Bettinelli  :  e  ha  lordalo 
di  sozze  iraagini  la  poesia  .  Quando  che  parlando  della  sesta 
rima  «chiama  bellissimo  filosofico  e  grande  il  poema  degli 
ariiina/i  jmrluììli  del  Casli  .   Al  quale  ,    benché  di  poi  dif* 


Poetica  per  la  Gioventù.  189 

essere  immorale  e  pericoloso  nelle  mani  della  giovebitù  , 
ai  uno  dubiterà  che  gì'  imberbi  curiosamente  non  corrano  , 
anzi  che  ad  Ariosto ,  colle  orecchie  piene  ed  ingombre  di 
quegli   tre   autori   mentovali  di  sopra  , 

La  poca  famigliarità  del  Sallustj  co' classici  è  stata  origine 
di  alcuni  equivoci  ,  degnissimi  di  scusa  in  altri  scrittori  , 
ma  non  cpsi  nei  maestri  ;  perchè  i  discepoli  quinci  sogliono 
sulle  parole  di  essi  far  sacramento  .  Dire  per  esempio  che 
sia  questo  un  verso  di  Dante  ,  non  è  concesso  neppure  a'  poeti; 

Occhj    miei   oscurato    è    il    nostro   sole  . 
e  che  il  primo  della  Canzone  di  Petrarca  alla  Vergine  suoni  cosi 

,,  O  vestita  rli   sol    vergine    bella  . 
Per  cotesto  difetto  di  famigliarità,  non  pare  ch^  sia  ben  riuscito 
il  medesimo    ad  aggiungere  uu  verso  decente  al  graia  luogo 
dell'  Alighieri ,  che  di    Ugolino  cantando  dice 

onci'  io  ini  diedi  ; 

„  Già  cieco   a   brancolar   sovra  a   ciascuno  , 
,,  E  tre  di   gli  ciiianiai  poiché    e'  tur  morti  ; 
„   Poscia  più  che  il  dolor  potè  il  digiuno , 

ove  il  Sallustj  per  insegnare  come  si  ponga  fine  a'  capitoli 
ponendo  un  verso  in  rima  a  quel  di  mezzo  dell'  ultima  ter- 
zina ,  vi  ha  scritto  : 

„  Miei  sensi  ,  voi  a  ragion  qui  state  assorti  ! 
Del  resto  che  leggesi  nel  libro  del  Sallustj  non  occorre  far 
motto  :  essendovi  le  solite  regole  metriche  della  poesia  lati- 
na ,  con  una  esposizione  italiana  :  la  quale  merita  lode  per 
la  sua  chiarezza  .  Non  potremmo  però  egualmente  lodare  la 
■versione  della  Poetica  di  Orazio  secondo  il  Petrini  ,  in 
saggio  della  quale  rechiamo  qui  alcuni  versi  del  principia  : 
Se  unir  voglia  un  Pittore  a  capo  umano 

Cavallina  cervice .  e  di  diverse  .  ,, 

Piume  la  sparga  ,  e    con   discordi  membra 

\Ja   corpo  formi  ,  che  leggiadra  donna 


i^o     Letteratura 

Rassembri  al   viso  ,  ed  in  deforme  pesce 
Finisca  turpemente  ;  a   simil  vista 
Terreste  voi  ,  quantunque  amici   il  riso  ? 
Credetemi  ,  o  Pisoni  ,  a  tal  pittura 
Pari  sarà    del  tutto  il  libro  ,  in  cui 
Si  fingon  vane  idee    de'  sogni   a  foggia 
D'  Qom  che  vaneggia  nel  calor  febbrile  ; 
Tal  che  a  una  forma  istessa  e  capo  e  piedi 
Non  eorrispondan  mai  ec. 

Chiude  il  volume    una   pretta  ristamp£(  della  Poetica  deli 
Ueo^iini  ia  terza  rima  . 


Rime  del  Ca\>.  p^incertzo  Monti . 


X  ra   i  molti  vantaggi ,  che  viaggiando  si  procacciano,  e  fra. 
i  molti  piaceri,  che  si  godono j  per  me  ho  sempre    csperi- 
mentato  (juello  essere  particolarmente  dolcissimo  ,  che  viene 
dalla  conoscenza  di  uomini  chiari  per    lettere,  e  per  virtù  : 
poiché    come  il  nostro  spirito  trova  in  quelli  dì  che   pasce- 
re le  sue  brame  ,  così  il  nostro  cuore  ancora  trova    in   chi 
posare  i  suoi  affetti  ,  ed  annodare  degne  amicizie  .    Uomini 
dì  si  fatto  genere  ,  e  di  si  belle  qualità  forniti  sono  ,  fra  i 
molti  che  ho  conosciuti  nel  mio  passaggio  per    Milano  ,    il 
marchese   Gioan-Iacopo  Trivulzio ,  ed  il  cavaliere  Vincenzo 
Monti  ,  ai  quali    piacque  di   raccomandarmi     per    lettere    il 
mio  particolare  amico  conte  Giulio  Perticari  .     Pochi    gior- 
ni mi  è  stato  concesso  di  rimanere  in  una    città  ,  che    do- 
po questa  mia  patria  dolcissima  amo  eoa  verace    e  riveren- 
te affetto  >  e  pochi  giorni  ho  potuto  godere  dell'amieizi.i  di 
questi  due  bravi    cavalieri  ;  ma  ho  avuto  campo  in  così  brie- 
vf  spa/.io  di  tempo  di   gustare  tutto  il  prezzo  del  regalo  fat- 


Rime  di  V.  Monti  igi 

tomi  dall'amico  5  e  se  T animo  mio  rimase  giustamente  pe- 
netrato dalle  rare  doti  del  marchese  Trivulzio  uno:  de'mol- 
li  dotti  signori  di  quella  città ,  e  mecenate  generoso  delle 
scienze  e  delle  lettere  ;  non  potè  ancora  non  rimaner  con- 
vinto (quantunque  di  convinzione  non  abbisognasse) ,  che  a 
buon  dritto  Italia  tutta  onora  come  il  primo  fra  i  suoi  vi- 
venti poeti  il  chiarissimo  Vincenzo  Monti  .  Questo  mio 
animo  però  era  dolente  ,  e  seco  stesso  quaai  sdegnavasi  di 
non  poter  dare  pubblica  testimonianza  di  quella  stima  in 
che  io  tengo  questi  miei  novelli  pregiatissimi  amici  ;  quan- 
do fortunatamente  per  me  una  occasione  si  presentò  dì  sod- 
disfare a  questo  mio  desiderio:  occasione  che  tacito  allora 
colsi  favorevole ,  e  che  ora  rendo  pubblica  in  questi  fogli 
colla  speranza  ,  e  di  non  dispiacere  ai  miei  amici ,  e  di 
fàv  cosa  gratìssima  agli  amatori  della  bella  poesia  .  Cele- 
braronsl  in  quei  pochi  giorni  di  mia  dimora  in  Milano 
le  nozze  di  donna  Cristina  Trivulzio  figlia  del  marche- 
se Gioin-Iacopo  col  conte  D.  Giuseppe  Archinto  ,  le  quali 
per  dimestiche  ragioni  Mon  poterono  aver  luogo  prima  di 
quelle  di  donna  Rosina  ,  che  è  la  seconda  delle  quattro  figlie 
di  esso  marchese  ;  e  di  donna  Beatrice  Serbelloni  Trivul- 
zio ,  dama  d'  alto  virtiì  ,  e  di  non  minor  cortesia  .  Aveva 
già  il  cavaliere  Vincenzo  Monti  cantata  una  gentile  ana- 
creontica per  gli  sponsali  di  donna  Rosina  con  D,  Giusep- 
pe Polldi  Pezzoli  d'  Albertone  intitolata  untore  al  cespu- 
glio delle  quattro  rose  :  canzone  che  vide  la  luce  per  mez- 
zo delle  stampe ,  e  che  fu  pregiata  d'assai  per  la  sua  sem- 
plicità ,  e  per  le  molte  grazie ,  delle  quali  essa  è  adorna  .  Il 
chiarissimo  poeta  nel  vedere  giunti  ad  effetto  gli  augurii 
cantali  nella  prima  anacreontica  scritta  per  le  nozze  di 
donna  Rosina  ,  torna  ora  a  cantarne  un'  altra  bellissima  piena 
di  molta  leggiadria  ,  e  fa  tornare  Amore  al  cespuglio  delle 
qualtio    rose  ,   Offro    l' una    ^  1'  altra    canzone    al    giudi  ciò 


iga  Letteratura 

de' dotti  lettori  di  questo  giornale  ^  e  peP  quanto  è  ia  in« 
intendo  con  ciò  di  rendere  un  picciolo  tributD  di  vera  sti- 
ma a  questi  miei  amici  /  dei  quali ,  comechò  lontano  col- 
la   persona ,    pure    non    potrà     1'  animo    mio    dimenticarsi 

giammai  . 

PrETRO  Odescalc«i 


Il  Cespuglio  delle  quattro  Bose  per  le  nozze  di  Donna 
Rosina  Trivulzio  con  Don  Giuseppe  Polidi  Pezzali 
d'  Alberlone . 

X-^immi,  Amore  :  In  questo  eletto 
Giardin  sacro  alla  pudica 
Dea  del  senno  ,  e  tua  nemica  , 
Temerario  fanciul letto  , 
A  che  vieni  ?  O  fuggi  ,  o  l' ali 
Tu  vi  perdi ,  ed  arco  e  strali. 

Al  tiranno  Iddio  de'  cuori 

Ogni  passo  qui  si  chiude  : 
Qui  Minerva  alla  virtud» 
A  lei  sola  educa    i  fiori  ; 
Fuggi  incauto ,  o  preso   al  varco 
Perderai  gli  strali  e  1'  arco  . 

Ride  Amore  :  -^  in  error  vai , 

Mi  risponde ,  amico  io  sono 
A  Minerva  ,  e  ti  perdono 
Se  mi  oltraggi  ,  e  ancor  non  sai 
Che  a  Vi  nude  io  serbo  fede 
Più  che  il  volgo  non  si  crede , 


Rime  di-^V.  Morrt:i  i^Z 

E  per  lei   qua  appunto  or  vegno 
A  spiccar  dal  cespo  uà  raro 
Fior  gentile  ,    un  fior  che  caro 
A   lei  crebbe  e  di  me  degno . 
Cosi  parla  ,  e  con  baldan^^a 
Nella  chiostra  il  passo  avanza  . 

E  di  quattro  inlatte    Rose^ 

Ad  un  cespo  s'  avvicina  : 
Tre  ,  che  aperte    in  sulla  spina  , 
Ma  guardate  e  mezzo  ascose  , 
Riempiean  quel  chiuso  rezzo 
D'un  divino  e  dolce  olezzo  . 

E  la  quarta  il  bel  tesoro  ^  ^ 

Di  sue  foglie  amorosette-. 
All'aperto  ancor  non  metter 
Ma  la  prima  in  suo  decoro 
Dir  parea  :  m-essun  m'  adocchi. 
Ch'io  son  d'altri,  e  non  mi  tocchi  . 

Allor  dissi  ;  ingiusto    cielo  ! 

Perchè  tarda  il  suo  desire  ? 
Perchè  farla  oh  Dio  !  languire  ? 
E  si  vaga  in  su  lo  stelo 
Risplendea  ,  che  m'  era  avviso  , 
Fosse  nata  in  paradiso  . 

Uno  sguardo    che  dicea  , 

W  on  temer ,  le  porse  Amore  , . 
E  bacio]] a  .  In  bel  rossore 
A  quel  bacio  io   la  vedea 
Infiammarsi  ,  e  poi  modesta 
lachiuar  la  rosQa  testa, . 

G.  A.  To.  IV.  i3 


134  Le  TT  ERA  T  URi: 

Lieto   intanto  il  Dio  gentile 

Con  un  dardo  aperse  il  folto 
D«lle  spine  ond'  era  involto 
Del  cespuglio  il  verde  aprile  , 
E  la  man  tra  fronda  e  fronda 
Ratto  stese  alla  seconda  . 

Quella  rosa  ,  che  in  Citerà 
Fu  dal  sangue  colorita 
Di  Ciprigna  il  pie  ferita  , 
Si  vezzosa  ah  !  no  non  era  . 
Questa  ,  il  giuro  ,  (  e  sia  con  pacf 
Della  Diva  )  è  più  vivace  . 

Dolce  l'aura  1'  accarezza  , 

Schietto  il  sol  di  rai  l'indofaj 
Fresca  piove  a  lei  1'  auroi-a 
Le  sue  perle,  e  una  vagherà, 
Uno  spirto  intorno  gira  , 
Che  ti  grida  al  cor  ;  sospira . 

Tale  e  tanta  in  sua  beliate 

Dallo  stelo  ancor  crescente 
La  divìse  quel  potente 
Re  dell'  alme  innamorate  ; 
L'  agitò  ,  le  luci  affisse 
Nel  bel  fiore  ;  e  cosi  disst  : 

Desio  d'  alma   generosa  , 

DI  Minerva  dolce  cura  , 
Dolce  riso  di  natura , 
Cara  al  ci  ci  Trivulzia  Rosa, 
Il  tesor  che  in  te  si  chiude 
Io  consacro  alla  Viriude  . 


Rime  di  V.  Monti 

È  Vinà  che  sola  al  mondo 

Fa  l'uom  chiaro  e  lo  sublima  j 

La  Virtù  che  sola  è  cima 

Di  grandezza  ,  e  il  r^sto  è  fondo , 

Farà  lieta  in  suo  giardino 

La  tua  vita ,  o  fior  divino  . 

Or  tu  ,  Vate ,  (  s^  felice 

Mai  ti  feci  ,  o  mio  cantore) 
Scrivi  il  fatto  che  d'Amore 
Qui  vedesti ,  e  all'  alma  Bice  (a) 
Di  che  saggio  ognor  sarò  , 
Di  che  al  cespo  tornerò  . 

E  corrò   ....  Ma  posto  Ìl  dito 
Alle  labbra ,  il  dir  sostenne  , 
E  disparve.  Allor  mi  venne 
Nella  mente  appien   chiarito, 
Che  a  Virtude  Amor  tien  fede- 
Più  che  il  volgo  non  si  crede . 


195 


//  mtorno  d'amore  al  cespuglio  delle  quattro  Rose  per 
le  nozze  della  signora  Cristina  Triv^lzio  poi  signqr 
conte  D.  Giuseppe  Archinto  . 


xl.l  bel  cespo  delle  Rose 

Ritornar  promise  A,more  , 
E  tornò  .  L' aspro  rigore 
Delle  brine  ai  fior  dannose 
Si  dilegua,-  ed  ecco  ei  coglie 
L'altra  Rosa,  e  sua  fé  scioglie; 


C«)  Si  ^tade  alla  sigaora    marchesa  D.  Beatrfce  Trivulzio  nata 
aerbslloui.  „  « 

IO    ■ 


1^6       Letteratura 

L'  altra  Rosa  che  languente 

Per  timor  di   uà  tardo  Aprile 
Ravvivò  quel  Dio  gentile 
Col  suo  bacio  onnipossente  j 
Onde  fatta  era  si  bella  , 
Che  dt4  di  parea  la  stella  . 

E  sì  dolce  innamorava  , 

Sì  rapìa  ,  che  ,  fermi  e  fissi 
Gli  occhi  in  lei ,  sovente  io  dissi 
Come  il  cor  significava: 
Se  più    tarda  il  suo  desio  , 
Ah  !   1"  iavola  un  altro  Iddio  ^ 

INjU  lo  sguardo  de'  mortali 

Mal  de'  Numi  all'  opre  arriva  t 
E  la  nostra  estimativa 
Dietro  a  quelle  ha  corte  1'  ali  . 
Congiurato  con  Amore 
Custodia  quest'  almo  fiore 

Quel  diritto  Iddio  severo 

Che  suo  trono  sempre  pose- 
Sai   nell'  alme  generose  : 
Quell'Iddio  che,  lieto  o  nero 
Volga   il   tempo  ,  non  cancella 
Mai  decreto  ,  e  Onor  s'  appella  . 

Ed  Amor  ,  che  tolto  avea 

A  compirne  il  giuramento  , 
Alla  sua  beli'  opra  intento 
Degli  stolti  in  sé  ridea  , 
Deqli  stolti  a  cui  segrete 
Soa  le  vie  delie  sue  mete . 


Rime  di  V.  Monti  ,^7 


Ma  segrete  a  te  non  furo  , 

Genio  lasubre  ,  di  leggiadre 
Nobili  alme  antico  padre  , 
Che  presente  all'alto  giuro 
Suonar  festi  i  voti  ardenti 
Del  tuo  petto  in  questi   accenti 

Ì)elle  Grazie  e  di  Minerva 

Dolce  studio  e  caro  orgoglio  , 
Di  bel  ramo  bel  germoglio  , 
Salve  j  e  sempre  arrida  e  serva 
Alla  tua  beltà  pudica 
La  stagioH  de' fiori  amica. 

Sia  perenne  in  su  lo  stelo 
Il  fiorir  delle  tue  foglie  ; 
La  virtù  che  in  te  s*  accoglie 
Mai  non  strìnga  acuto  gelo  , 
E  del  cielo  ingiuste  1'  ire 
Mai  non  faccia  il  tao  languire  . 

Voi  che  morte  saettate 
Alle  piante  tenerelle , 
Vampe  estive  ,   e  voi  procelle  , 
Via  fuggite  ,  non  toccate 
Questo  fior  che  tutto  è  riso  , 
Tutto  fior  di  paradiso  , 

A  blandir  sue  caste  frondì 

Vien  tu  solo  ,  o  carszzante 
V^nticel  di  Glori  amante  ; 
Vieni ,  e  l' aura  lo  fecondi 
Che  dal  verno  resoluta 
Ogni  pianta  al  parlo   ajuta  , 


1^8      Letteratuij^ 

E  se  muove  atro  livore 

All'  offese  i  serpi  infidi  , 

De'  tuoi  strali  ah  tu  gli  uccidi  i 

Della  luce  almo  signore; 

E   sia  sempre  lutto  riso 

Questo  fior  di  paradiso . 

Cosi  dissp  :  e  più  lucente 
Al  finir  delle  parole 
Fiammeggiò  dall'alto  il  sole? 
E  tuonar  s'  udì  repente 
Questa  voce  r   o  mia  diletta  i 
Dell'invidia   avrai  vendetta. 

Si  1'  avrai  :  mia  fede  è  pura  : 
Ed  Amor  felice  appieno 
Ti  farà  su  questo  seno  : 
Ad  Amore  Onor  lo  giura  , 
Quell'  Onor  che  a  mille  prove 
Agl'Insubri  è  più  che  Giove  . 

Qiiale  ia   cielo  è  la  fragranza 
Che  di  Venere  il  vermiglio 
Labbro  spira  e  il  sen  di  giglio 
Fuor  di  tutta  umana  usanza  , 
Si  che  Giove  pon  giù  l' ira , 
E  ogni  Dio  d'  amor  sospira; 

Tale  al  suon  della  nascosa 
Voce  amica  si  dischiuse , 
E  un  divino  odor  diffuso 
La   gentil  Trivulzia  Rosa  . 
Infiammossi  in  vaga  mostra 
Del  color  ch«  il  volto  iaaostra| 


KiME  DI  V.  Monti  199 

E  parca  d'amor  la  Diva 

Quando  intatta  e  vereconda 
Verginetta  uscia  dell'  onda  . 
Cosi  questa  :  e  ardea  sì  viva 
La   sua  porpora  e  si  bella , 
Che  del  di  yincea  la  stella  . 

V.  Monti  . 


K 


D*  una  stemma  arabica  rappresentante  Maometto 
sul  Borac  e  la  testa  d  Ali  ec.  Nota  del  sig, 
professore  D.  Michelangelo  Lanci  . 

JJP  una  gentile  curiosità  letteraria  vogliamo  far  do- 
no   a'  nostri   lessi  lori  ;  e  mostrare  come  alcune   co- 

•  •  •  • 

se  ,  le  quali  sembrano  di  recente  invenzione,  si  scuo- 
prono  per  anlicliissime  :  e  clie  i  più  lievi  oggetti  si 
possono    far  materia  alle   ricerche  degli   eruditi  . 

Tutti  conoscono  que'  disegni  ingegnosi  die 
-guardati  dall'  un  lato  mostrano  una  figura  ,  e  guar- 
dati dall'  altro  non  son  più  quelli  ,  e  ne  presenta- 
no un  altra  .  Talché  al  dritto  vedrassi  per  esem- 
pio la  faccia  d'  una  fanciulla  ,  e  al  rovescio  il  grifo 
d'un  orsa';  qui  un  baccalare  in  laurea  ed  in  paruc- 
ca  ,  e  là  un  capo  di  giumento  non  senza  l' onore 
de'  lunghi  orecchi .  Ora  tutti  stimavamo  ,  che  queste 
pittoriche  fantasie  contassero  pochi  anni ,  e  ci  fos- 
sero venute  dal  secento  ;  quando  gli  uomini  in  tut- 
te l'arti  stanchi  del  bello  e  del  vero  ,  si  posero  in 
cerca  dello  strano  per  allettarci  colla  novità  e  col- 
la meraviglia  .  Ma   noi  eravamo  ingannati  . 

Il  eh.  sig.  ab.  Lanci  ha  scoperto  questo  raro  ar- 
tificio in  un'  antica  gemma  ,  la  cui  impressione  tro- 
vasi in  tutte  le  raccolte  di  solfi  :  gemma  celebra- 
ta e  di  grande  valore  :  ma  che  niuno  avea  saputo  aij- 


200  Letteratura 

Cora  conoscere  .  Perchè  credevasi  clic  vi  fosse  so- 
lamente inciso  un  uomo  a  cavallo  con  quel  bar- 
baro stile  degli  arabi ,  e  i^ulla  più  ;  laddove  in  una 
sola  figura  sono  significate  quattro  diverse  imagi - 
ni  dai  quattro  lati  ;  e  sono  :  dall'  alto  al  basso  Mao- 
metto a  cavallo  del  suo  Borac  ,  del  basso  all'  alto 
la  testa  di  Ali  :  alla  sinistra  il  nome  dell'  uno  :  al- 
la destra  il  nome  dell'  altro  .  Né  ciò  basta  :  ma  tut- 
te queste  figure  non  sono  formate  di  segni  al  mo- 
do de'  pittori  ,  ma  d'  intere  e  chiare  lettere  ara- 
biche ,  con  beli'  arte  intrecciate  ,  le  quali  significa- 
no i  nomi  dei  Xlf  Imami ,  che  furono  i  discepoli 
di  queir  impostore  .  La  qual  cosa  essendo  assai  sin- 
golare ,  pensiamo  che  si  debba  riportarne  la  spie- 
gazione colle  parole  medesime  ,  e  schiarirla  col  di- 
segno pubblicatone  dall' autore  :  dalla  cui  dottrina 
r  Italia  attende  quel  compiuto  lavoro  archeolo- 
gico e  paleografico  intorno  a'  monumenti  orienta- 
li ,  eh'  egli  con  grande  studio  e  spesa  da  molti 
anni    viene  preparando  . 


NOTA 


I 


nomi  de'  dodici  Imami  si  descrivono  di  stilila  mente  ii\ 
questa  dichiarazione  di  ima  gemma  ,  die  incisa  qui  presen- 
tiamo .  Di  qual  materia  ella  fosse  ,  chi  la  rocisse  in  Roma, 
e  chi  ne  facesse  l'acquisto,  s'ignora:  ma  seudone  cavata 
sulfurea  impronta  ,  da  qa«sta  ne  abbiamo  tratto  il  disegno . 
Il  sig.  d'  Italinski  ,  onore  de'  letterati  cavalieri  ,  nelle  dotte 
lingue  peritissimo  ,  che  infiamma  colla  sua  presenza  all' 
amore  di  questi  studj  ,  ci  ha  fatto  gentilmente  conoscere  il 
suo  desiderio  di  vederla  pubblicala  5  ond'  è  ,  che  1'  offriamo 
alla  comune  erudita  curiosità  .  Non  è  maraviglia  ,  che  molti 
antiquarj  possedessero  quest'  impronta  ,  uè  altro  vi  ravvisas- 
sero ,  che  un  male  contornato  cavallo  ,  e  cavaliere.  La  pic- 
ciolezza  della  gemma  ,  che  non  supera  la  circonferenza  de- 
gl' incisi  minori  ovati,  la  imperizia  de' li p^uaggi  d' Oriente , 


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IV 


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'.V^.  Cy,, 


Gemma  Arab.  Illustrata  201 

/u  loro  (1- impedimento  a  penetrare    coli' occhio  nella   qualità 
delle   linee  ,  che  formate    sono   da  soli   cufici    elementi  .   Il 
sig.    ab.     Reinaud    coli'  ajuto    di    convesso    cristallo    vi   sco- 
perse i  nomi  degl-  Imami  ;  e  fattami  comunicazione  ,  mi  porse 
motivo  di  estendere  le  ricerche  .   BI  pria  d'ingrandire  col  di- 
segno  r  oggetto  ,  girandolo   d'  ogni  intorno  ,  guardai   e  vidi  , 
ehe    ne'  quattro    principali    punti  ,    quattro   varietà  presenta- 
va .   I.   Di  prospetto  un   uomo  a  cavallo .    II.  Capovoltandosi 
1'  impronta   ,  venia  una    faccia    con    barba    tripartita  ,    con 
turchesca    maestosa     berretta   ,    dalla    quale    un    fiocco     sui 
dettro    omero  pendeva  .   III.   Locato  il    capo  della   bestia   in 
basso  ,  e  presi  i  nudi  contorni ,  si  offriva  il  nome  di  Maometto 
con    vaghissime  lettere  Tamuvee .  IV.  Aliando  in  alto  la  testa 
dell'  animale ,  si  leggeva   in  eguali    forme    il    nome  di   Ali  . 
Non  ebbi   più  dunque    a  dubitare,  che  il  cavaliero    fosse  il 
pseudoprofeta    Maometto  ,   e    la    testa  coli'  ampio  turbante  , 
la  figura    del  suo  genero  Ali .  La  narrazione  favolosa  de' mao- 
mettani darà  ragion  della  gemma  .   Gelal-eddino   nel  dichia- 
rare il  rapimento  di  Maometto  dal  tempio  della  Mecca  a  quello 
di  Gerusalemme  (  secondo    la  Sura  decimasettima  del  Cora- 
no )  racconta  ,  che  I'  animale  ,  su  cui  fu  rapito  ,    dalla  sua 
bianchezza     e  splendore    si  appellava  Boràk  ;  eh'  era    mag- 
giore   dell'  asino  ,   minore  del  mulo  ,   coli'  orecchie  alquanto 
umiliate,  coli'  unghia  fessa,  di  coloro  bianchissimo,  più  che 
il  vento  correva,   e  di  squisite  cose  nutrivasi  .  Quando  usar 
ne  volle  Maometto  ,  Borak  gli  rispose  ,  che    non   !•  avrebbe 
elevato  ,    se    non   gli    prometteva    un   lauto    governo  ,   e  un 
distinto   luogo  nel    Paradiso  j  gliel  promise  ,   e  su  lui  volando 
il    pseudo-profeta  ,  accompagnato   dall'  arcangelo  Gabriello  , 
(ridicola   narrazione)    i    sette    cieli  penetrò ,  d'  uno    iu  altro 
cogli    antichi  padri  favellando  ,  finché  giunse  al  cospetto  della 
Divinità .   La    gemma   dunque    rappresenta    Maometto ,    che 
s'innalza  ai  cieli  sul  Borak  ,  in   atto  di  porsi  colia  destra  U 


ao2  Letteratura 

corona -sul  capo,  e  colla  sinistra  sostenendo  la  blGda  spada, 
già  famosa  fra  gli  arabi  pel  nome  DhulJ'ehàr  .  V  erano 
inoltre  a  diciferare  i  nomi  de'  dodici  Imami ,  e  per  facilitare 
1'  altrui  iutelligenta  ,  mi  determinai  di  portare  il  disegno  , 
senza  alterarlo  di  nulla,  ad  una  maggiore  grandezza  ,  e  quindi 
staccare  tutte  le  voci  ,  ed  in  ordine  separatamente  collocar- 
le .  Si  vedrà  ,  che  la  lettura  comincia  dalla  testa  del  Bo- 
ra k  ,  -va  poscia  a  quella  di  Maometto  ,  e  passando  pef  la 
schiena  della  bestia  ne  discende  alle  gambe  posteriori,  in- 
di si  volge  al  petto,  e  chiude  col  ventre,*  talché  non  ve- 
donsi  insiguiScanci  linee  ,  che  le  sole  formanti  le  gambe  ante- 
riori j  e  tutte  le  voci  sone  poste ,  come  siegue  ,  a  regola 
d'  intrecciata  scrittura  .  i.  udii  ,  fratello  cugino  di  Maometto  , 
di  cui  sposò  la  figlia  Fatima,  e  fu  il  quarto  Califa  .  2,  Ilas- 
snn  ,  figlio  primogenito  di  Ali  ,  e  quinto  Callfi  ,  che  abdi- 
cò il  califato  .  3.  Hossein  ,  figlio  secondogenito  di  Ali ,  ucci- 
so nella  giornata  di  Kerbelah  .  4-  ^^^  »  cognominato  Zin- 
nlibedin  ,  tìglio  primogenito  di  Hossein  .  5.  Maometto  Ba- 
ker ,  figlio  di  Zinalabedin  .  6.  Giajar  Sadik ,  figlio  di  Mao- 
iiu»lto  Baker  .  7.  Musa  Alkiadem  ,  figlio  di  Ginfar  .  8.  Ali 
Hidha  ,  figlio  di  Musa.  9.  Maometto  Albugiafar  ,  figlio  di 
Ali  Ridha  ,  cognominato  Algiaovad .  1  o  Ali  Askeri ,  figlio  di 
Abugiafar  ,  cognominato  Alzek  .11.  Hassaii  Askeri  ,  figlio 
(li  Ali  Askeri.  12.  Maometto  Abulcassem  ,  il  quale  mori  al 
parere  di  alcuni  nel  333.  dell'  Egira  .  II  maggior  numero 
de' superstiziosi  maomettani  porta  opinione ,  ch'egli  sia  vivo 
ancora,  ia  una  grotta  nascosto,  ove  rifugiossi  ,  quando  spari 
da'  mortali.  Ma  ciascuno  in  ciò  si  conviene,  che  debbe  al- 
la fine  d«l)  mondo  ricomparire  per  la  riunione  di  tutte  le 
jnoslemiche  sette  :  per  la  qual  cosa  di  varj  titoli  si  onora  . 
1.  Mahadi  ,  che  significa  il  direttore  di  tutti  i  fedeli  .  2- 
llogc^iat  ,  perchè  deve  risolvere  tutte  le  religiose  loro  qui- 
stioni  .   3.  ICycm:,  comecché  per  d!  lui  mezzo  stabilir  si  deb- 


Gemma  Arab.  Ili-ustrata  ao5 

bano  le  fondamenta  di  religione  4-  Mondlier ,  come  ap- 
portatore di  luce.  5.  Sàheb-alzaman ,  cioè  signore  de' tem- 
pi ,  perchè  sa  tutto  quello  ,  clie  accader  debb»  nella  rivolu- 
zione de' secoli  .  Avendo  noi  separati  coi  numeri  tutti  i  yo- 
caboli  ,  potrà  ciascheduno  nel  grande  ovato  ritrovarli  ;  e  co- 
tioscerà  ,  che  il  quai-to  gruppo ,  eh'  esprime  un  Ali  ,  fu  ro- 
vesciato dall'artista  nell' incider  la  gemma  ,  per  servire  al 
proposto  disegno.  Si  trovano  moli*  pietre  e  sigilli  co' no- 
mi de'  dodici  Iraami ,  tenuti  in  somma  venerazione  dagli 
Scili  ,  sendo  Ali ,  e  tutti  con  vaghe  scritture  ;  ma  la  com- 
binazione ingegnósa  di  avervi  formato  e  Maometto  ,  ed  Ali , 
tanto  colle  immagini  ,  quanto  co'  loro  proprj  nomi  ,  è  sin- 
golarissima ,  e  ci  fa  dubitare ,  se  noi  d'  Occidente  slamo  gì' 
inventori  di  quelle  figure,  che  portano  più  aspstti  iu  una 
faccia  sola  .  Queste  pietre  imamiche  servono  ad  uso  super- 
stizioso presso  i  maomettani ,  e  credono ,  che  fioriate  indos- 
so difendano  dai  più  gravi  infortuni  la  devota  persona  ,  e 
salvino  poco  men  che  da  morte .  Non  sono  mai  di  prima 
arabesca  antichità  ,  perchè  vi  si  legge  sculto  il  nome  dell' 
ultimo  Imamo  ,  venuto  a  morte ,  o  sparito  circa  la  metà 
del  nostro  mille  .  Per  applicare  intanto  alla  storia  degli 
arabi  questa  nostra  brevissima  dichiarazione ,  facciamo  riflet- 
tere ,  che  non  saremo  più  dubbiosi  ,  che  volessero  mai  si- 
gnificare quelle  figure  a  cavallo,  che  si  veggono  coniate 
ne'  rovesci  delle  cufiche  monete  ,  sulle  quali  non  seppero 
che  dire  né  Adler ,  né  quelli  che  venner  di  poi  .  Si  rincon- 
trino al  primo  tomo  del  Museo  Borgiano  le  monete  Sa. 
«  53.  ,  ed  al  secondo  le  49-  e  ']\.  ',  ed  a  colpo  d'  occhio 
si  ravviserà  in  queste  e  in  quelle  non  già  un  mostro  ,  ed 
un  incerto  guerriero  ,  ma  il  viaggiatore  Maometto  tra  gli 
tisirl ,  cavalcante  il  Borak  . 


a  ©4 

SCIENZE 


Lettera  inedita  del  Redi-^Al  chiarissimo  sig.  conte 
Giulio  Perticari  . 


Pregiatissimo  Signore 


C 


redo  sieno  molli  in  Italia  ,  lì  qaali  avendo  in  venerazio- 
ne i  buoni  studj  provino  forte  brama  di  conoscer  lei  ,  0 
signor  conte  ;  altrettanto  d'  esserle  noti  sentano  ambizione  . 
E  spezialmente  dappoiché  si  sono  divulgati  que'  suoi  libri 
sugli  autori  del  trecento  ,  ne'  quali  è  tanta  la  filologica 
dottrina  ,  e  la  gravità  insieme  di  filosofia  ,  che  meditandoli 
si  è  come  intraddue  a  giudicare,  se  a  questa,  prima  che 
a  quella  il  raro  pregio  della  materia  pertenga  .  Ma  io  te- 
meva di  dover  tuttavia  passarmela  con  essolei  ,  quale  chi  di 
lontano  meravigliando  in  silenzio  riverisce  i  lodati  .  E  dirò 
liberamente  che  anche  il  voleva  ;  perciò  che  da'  ragguarde- 
voli mi  arretrano  le  povertà  dello  intelletto  ,  e  quel  non 
sentirmi  dotato  di  prerogative  che  mi  faccino  degno  della 
loro  conoscenza  .  Pertanto  non  occorre  a  dire  ,  nò  io  il  po- 
trei ,  a  quale  ventura  mi  riputassi  1'  intendere  ,  com'  ella 
fosse  in  desiderio  di  avere  questa  lettera  inedita  del  Re- 
di ,  con  qual  animo  ne  sapessi  grado  al  signor  Gaetano 
Flajani  (anatomico  valentissimo  e  mio  gentilissimo  amico) 
il  quale  permettendomi  di  trarla  da  un  manoscritto  della 
sua  ricca  biblioteca  ,  mi  ha  posto  nella  onorevole  congiun- 
tura di  avvicinarmi  a  lei,  e  farlene  un  presente.  Col  qual  mezzo, 
come  io  ho  fatto  più  cuore,  avrà  ella  altresì  alcun  testimonio 
della    mia  osservanza  .  E  perchè   è   scrittura   di  quell'  uomo 


J 


Lettera  Ined.  del  Redi  2o5 

grandissimo  ,  varrà  a  distrar  la  sua  mente  dalla  nullezza  di 
chi  1'  offre  ,  ritenendola  con  piacere  sopra  1'  offerta  .  E  di- 
co con  piacere  ;  avvegnacchè  io  slimi  ,  eh'  ella  voglia  an- 
che in  questo  imitare  il  gran  padre  Alighieri  ,  che  le 
cose  di  medicina  solca  tenere  in  gran  conto ,  e  funne  ,  al 
dire  del  Varchi  ,  il  dottissimo  .  Certo  io  non  poteva  far- 
mele innanzi  con  nome  che  più  fosse  augusto  ,  e  allo  stato 
delle  lettere  e  delle  scienze  dall'  età  nostra  acconcevole  .  Che 
il  Redi  studiò  anch'  egli  all'  ammenda  del  vocabolario  della 
Crusca  j  come  nelle  epistole  a  Carlo  Dati  ,  e  a  Michele  Er- 
mini  si  legge  :  fatica  venuta  ora  eziandio  tra  i  migliori  ita- 
liani in  onorevolissima  opportunità  .  E  tra  le  scienze,  l'isguar- 
data  quella  nobilissima  facoltà  cui  bella  intenzione  è  ,  per 
quanto  alla  umana  debolezza  si  concede  ,  di  rendere  la  sa- 
lute ,  autore  fu  il  Redi  di  semplice  e  soave  modo  di  me- 
dicare ,  mirabilmente  amico  alla  natura  .  Ma  vanta  anche 
oggi  1'  Italia  molti  bravi  ,  che  intimano  rispetto  alle  ma- 
lattie di  necessario  periodo  ,  e  predicano  nelle  curagioni  di 
serbar  modo  ,  e  dar  tempo  .  Ristoratore  della  medicina  il 
proclamarono  già  vivo  il  Bellini,  il  Delpapa  ,  il  Magalotti, 
il  Salvini  j  ed  altri  suoi  contemporanei  che  andavano  per 
la  maggiore  ;  talché  questo  vero  ,  come  in  ciaschedun  altra 
consultazione  ,  è  oUramodo  espresso  in  questa  lettera  al  car- 
dinale Fachenetti  ;  nella  quale  a  tutta  lena  lo  conforta  a 
non  farsi  tor  su  da  certi  piacentieri ,  i  quali  riescono  all'infermo 
di  secondo  malanno  ,  come  Menandro  li  proverbiò  ;  e  rifrena 
con  ischietta  cordialità  la  bonaria  fidanza  dell'  eminentissi- 
mo  di  ritrarre  guarimento  dalla  copia  di  quei  miscugli  , 
che  senza  posa  gli  apprestavano  altri  malaccorti  ;  per  nul- 
la avvedendosi  che  deliravano  .  Conciosiachè ,  come  non  é  in 
tutto  da  seguitare  Platone  nel  Timeo  ,  il  quale  di  mente  di 
Pittagora  ammoniva  ,  di  tutti  i  motivi  quello  essere  il  mi- 
gliore  che  da  ae   stesso,  e  in   se   stesso  è  cagionalo  j  d' on- 


ao6  S  e  I  E  N  z  R 

de  quella  dirotta  negligenza  in  alcuni  che  tutto  4'  attendono 
da  un  impeto  naturale  medicatore  ;  dannevole  di  pari  mo- 
do è  lo  instigare  con  farmachi  gagliardi  malattie  diuturno 
e  ribelli  ,  che  di  picciole  sogliono  faj-si  grandi  ,  e  di 
pochi  dolori  e  comportevoli,  assai  ne  risurgono  ed  atrocissimi . 

Ho  letto  nel  mentovato  manoscritto  ,  che  il  cardinale 
occupò  intorno  al  suo  patimento  i  primi  medici  d'allora. 
Malpighi  in  Bologna  ,  Angelo  Modio  in  Roma  ,  Redi  in 
Fiorenza  •  E  n'  era  alla  cura  assiduo  Tiburzio  Longo  suo  me- 
dico di  camera  .  Perlocchè  ,  (s' io  mal  non  veggo)  nel  consulto 
che  dopo  i  due  primi,  è  il  venlissettesimo ,  tanto  nella 
edizione  del  Manni  ,  che  in  quelle  degli  Hertz  ,  in  che  il 
Redi  concorre  pienamente  nel  da  fiirsi  dal  signor  Longo 
proposto  j  parmi  si  traiti  delli  stessi  mali  ,  e  dello  slesso 
malato  .  Ma  conviene  avvisarsi  che  1'  eminenlissimo  ,  tut- 
tavia sgomentato  de'  suoi  fastidj  ,  tra  le  mediche  contro- 
versie ne  scrivesse  di  privato  al  suo  Redi,  e  questi  di  privato  e 
con  la  usata  candidezza  gliene  rispondesse  .  Ondecchè  è  minor 
meraviglia  ,  se  tale  risposta  cosi  nascosa  si  celasse  alle  in- 
dagini degli  editori  ;  di  quelchè  sia  stata  da  mano  benigna 
ritolta  alla  facile  dimenticanza  e  perdizione  ,  in  che  so- 
gliono nelle  corti  rovinare  spesso  i  grand'  uomini  ,  e  le  cose  loro  , 

Basterà  ,  o  mio  signore  ,  eh'  ella  un  tratto  vi  ponga 
1'  occhio  sopra  ,  perchè  di  subito  le  torni  a  mente  alcuna 
frase  al  Redi  familiarissima  ;  come  quel  giuntare  ,  il  pò- 
vero  cristianello  ,  modo  che  egli  dopo  il  Boccacci  usò  di 
frequente  :  quello  iterare  qualche  voce  per  vieppiù  affor- 
zare il  consiglio  ;  come  quando  vuole  si  faccia  uso  della'  sola 
sola  polpa  di  cassia  :  e  quel  paragone  di  certi  mali  colla  natu- 
ra della  vipera  ,  la  quale  inizzata  s'indraga,  e  morde,  e  avvele- 
na .  Del  resto  vi  conoscerà  a  prima  giunta  quel  non  so  che  di 
gentile  ,  che  lo  Speroni  chiamava  quasi  raggio  di  solo  discuo- 
pritore  delle  cose  illustri  .  Né  è  dubbio    alcuno    che   que- 


liETTERA   InED.    del   RedI  507 

.-U  p„«,  «sere  notata  d!  „ojevolez.a  :  q„a„d„  ;„  ,i.„,,, 
Afetto  suol  cadete  ia  maggior  parte  delle  Jettete  ,  delle  quali 
te„  poche  souo  quelle  ohe  si  toroauo  a  diseorrere  a  bel  di- 
leuo  .  A„z,  la  s,  veda  tutta  bella  di  qua'  modi  disinvolti  a 
ddceotente  sche.evoli  ,  i„  ohe  si  ,ipo„e  il  pt-ineipale  e- 
n.o  dello  sule  del  Redi:  stile  che  era  t„,.o  suo  p'oprro  . 
o  vogham  d,re  d!  que' suoi  spiriti .  che    prendendo    qualità 

da   una    ragione   rettissima  ;    manteneanlo   sempre    sereno  e 
n.per.„r  ato  di   me.o  alle  cose  di    quaggiù /che    a    me 

Cor.   sogltono    coutinovo    olTorire    o   noje  ,  0    iracondie,  „ 

meJanconie  . 

Ma  più  oltre  noa  istarò    io  a  librarle  colla    mia    hnce 
questa    ettera  .  Poano  incedere  dirò    quasi   eoa  baldanza  co! 
loro  ,  che  trovatori  s'  appalesano  d'  alcua  che  di  classico  pre- 
stant.ss.n,o  .    E    quel    fastidio    di    scusare  la  cosa  prodoua  , 
Phe  è  soveut.  volte  bisogno  a  chi  non  vede  le  menti  altrui 
«e  assuefatte  ,  né  occupate  in  simili  disquisizioni  ;  sarebbe  on- 
toso alla    odevohssima   costumanza  dell'  età  nostra ,  che  de' 
S.gon„,de'Manuzii,  e  degli    Scaligeri  ,li  eruditi   discom.- 
menu  ricorda  .    Onde  ella  ,  o  mio  signor  Perticaci ,  ^ 

Com'  anima  gentil  che  non  fa  scssa  , 
Ma  fa  sua  voglia  della  voglia  altrui  / 
ho  fede  che    per  la  devozione  a  quella  nobilissima  ombra  .   vor- 
rà un.re  anche  questa  alle  altre  lettere  del  Redi   di  già  corse 
a  sta„,p.      Che   non  è  mai    troppo   spesso  il    numero    delle 
scritte   de  b.on.  tempi,    a   perfezionamento   del   bello  idio- 
-a  d    Itaha  .   Ed  a'  savii   è  sempre  paruto  gravemente  f.I- 
lino   certuni  ,    che   stimano  come  chiaro  indizio  di  menti  ti- 
"cuzze   e   non   atte   a   produrre    cose    nuove  ,    quel    com- 
rendevole  di.io    che   tra   i   studiosi    in  certi  tempi  si  mani- 
festa  d.  ritentare   le   antiche  .  Che  non  solamente    le   lettere 
d.    sì    nobil    costume    ardono    talvolta   ,     e  «i    giovano  ,   m, 
*nclie    le  popolazioni   si   sono   richiamate   a    virtù  co.    gU 


2o8  Scienze 

antichi    esempj  .    E  la    storia   ci    mostra   le    genti   dominai©- 
o   da  barbarie    o   da    viltà  ,    quantunque    volte    inabissarono 
questi  nella  obblivione  .  Per  la  qual  cosa  io  son  di  credere  ,  che 
similmente   debba    de'  nostri    studj    avvenire  .    Che  non  è  da 
negarsi    come    abbino   dato  i   cultori    di    essi     argomento    di 
decadenza  ;  ove  siensi  fatti  dimentichevoli ,  o,  che  è  più  tur- 
pe ,    spregiatori    delli  antichi  sapienti  .  I  quali  quando  ven- 
ghino   di    nuovo  innalzati    nella    lóro   maestà  ,    e  si   cerchi    a 
ben    meritare   di    ossi    col  richiamare    gli    animi    alle  lodi  di 
quanto    ei    ci   lasciarono  ,    ed  alla    curiosità     dì    rintracciare 
quello  eziandio  che  di  loro  si    smarrì  ,  o  senza  onore  di  stam- 
pa  si  giacque  j    certa  prova  è  che  gli  spiriti   si    sono  di  bel 
nuovo    elevali   a    quella    pregevolezza  ,    che  fa    conoscere    il 
buono  ,    e    stimarlo  .  Laonde    io    chiamerò  bene  arrivato  an- 
che alla  mia  arte  il  corrente  secolo  ;  finché  lo  vedrò  devoto  di- 
nanzi   alle    immagini    de'  maggiori  ,   e    inspirarsene  .    E    mi 
dorrà    il    cuore    pei    molti  ,    quantocchè    ingegnosi ,  che  tem- 
po fa    passo   passo  seguivano  ammaliati  Colui  della  Scozia  . 
E    fàccia    Iddio  che    basti    alla   severa    posterità  ,   onde    scu- 
sarli   di    loro    mattezza  ,    1'  odierno  ammendare    e  ripentire  ; 
quando   in   filosofia  1'  incostanza  delle  opinioni  1'  autorità  to- 
glie ,   e   non   rende  .     Nulladimeno  da  tai  disinganni  cresce 
di  continuo  più  bella   la  vaghezza    ne'  classici   studj  .  Oh    chi 
avrebbe  osato  qualche  anno  fa,    tra    tanto  scombuglio  , mo- 
strare sacro   frammento   d'  antico   scrittore  ?    Te  lo  avrebbono 
poco   meno   che  lacerato  in  su  gli  occhi  que'  petulanti  :    né 
era    a    fidarsi    degli    stessi    nazionali  ,    veggendoli    fare    onta 
sino     ai    precetti    d'  Ippocrate    padre   .    E    da  quale  fatalità 
vorrem    noi  ,  o  mio   signor    conte  ,    provenienti   le    cagioni 
di  simili   turpitudini   ,    che  mai  non  s'  annientano  j  ma   og- 
gi   s'ascondono,    dimani  si  disvelano  novellamente/' Non  han- 
no   patito    anche   le  lettere  non  ha  guari  il   medesimo  obbro- 
br'o,  e  noi  patirono  innanzi  ,  o  noi  patiranno  nel  tempo  av- 


Lettera  Ined.  del  Redi  209 

Tf  lire  ?   Si  direbbe   quasi   die  il  decadimento  del  sapere   sia 
come  una  di  quelie  necessità  ,    per  le  quali  intervenga      d.e 
esso   riacquisti    novella   vita.   Quindi  con  soprumana  dottri- 
na  i  platomci    queste   ved    eterne,    questa   serie    girevole  di 
cause   e  di  eaTetli  chiamarono  Fato  .  Perocché  se  le  cose  prò- 
cedessero   sempre  in,  là,,  andrebbero  fuor  di  natura  :  e  1'  uma- 
na   sapienza  ,  come  ogni    altra  umana   cosa,    ha  il  suo  fine 
11  quale  è   per  lo   pia  toccato  dalle  fantasie  ,    forse  per  ia, 
fermila    nostra,  o    per  punizione  di    nostro  ardimento:    af, 
iinchè  tra    qudle  dileguandosi  le   verità  ,    sia    forza    riporsi 
sulla  smarrita  via.   A,  questo    termine    però  ,   come    nuove 
Tenta,   cosi  d   aspetta    nuova  gloria,  e    ritornano    in    amo- 
^e    I  chiari  nomi  ddl'  età    rimote,    ed    a  scdti    quaderni    si 
riportano  gli  occhi  e  le  menti  .   I  quali    per  1'  imii^,ne       e 
la  scorta  che  presentano  ,  levano  in  certo  modo  ,. li  animi  nostri 
a  qudla  altezza  ,  d'  onde  si  può  solo  trar  lena  a  contendere  agli 
«ulichi  la  palma  .  Di  vero    questa  corona    è  bdla  :  e  di  chiara 
lama  degnissimo  è  questo  campo  ,  ove    anche  il  restar  vin- 
to  non    è  senza,  onore.    E  qui  rallegrandomi  con  essold    o 
«S-  Conte,  che  di   tale  contesa,  che    Esiodo  chiamava  ot'ti- 
mape' mortali,  abbia  già  riportato  il  trionfo;  io  finirò  coli' 
inchuiarmde  ,  e  raccomandarmi    a    lei  grandemente  . 
Di.  Roma  li  3o  Novembre   1819 

Suo  Servltor  Devotissime 
Fbajxcesco  Puccimotti 

Emo,  e  Rino  Sig.  Padrone  Colmo 

Il  o  fatta  Luna  quella  riflessione,  che  mi  vien  permes^ 
sa  dalla  mia  poca  abilità  ,  intorno  a  quello  che  F.  E. 
si  compiace,  di  scrivermi  de'  suoi  mali  j  sopradichc  replicherò 
alcune  cose  scritte  altre  'volte  ,  ed  alcune 'altre  ne  dirò 
di  nuovo  per  il  buon  servizio  della  sanità  di  V.  E.  , 
e  parlerò  sempre  da  buon  servitore ,  e  da  servitore  obbli'- 
G.  A.  To  IV-  1^ 


aio  Scienze 

gatissimo  e  riverentissimo  .  Tutte  le  cose  che  metteranno  in 
opra-qué'  prudentissind  medici  che  assistono  alla  sua  sanità  , 
debbono    essere   indirizzale  a   due   soli   e   principali  scopi . 
Il  primo    si    e    di    raddolcire  V  urina  ,  acciocché   meno  che 
sia  possibile    mordichi     e  punga  quelle  parti  ,  per  le   quali 
essa  esce  fuora  del   corpo   umano  .   Il  secondo  si  è   opera- 
re in  modo,  che  quei  diversi  fluidi  che  corrono,  e  ricorrono  per 
i  canali  del  corpo  se  ne   stiano  in    quel   naturale  ordine  di 
particelle    componenti  ,    che   e    loro    stato    destinato    dalla 
natura  .   Perchè   ogni  qual  volta    che  questi  fluidi  si  scon- 
certeranno ,  ne  seguirà    sempre  il    maggior    travaglio  deW 
urina    ,  il     maggior    doloie    nel    collo    della    vescica  ;     si 
risentirà  il  cuoi  e  con   la  palpitazione  ,    si  muterà  disordi- 
natamente il    polso  ,    e  si  faranno   sentire  tutti  quegli  al- 
tri J'a.-^tidj  che    da   V-   E.   mi  sono  stati  accennati  .  E  per 
il    contrario  se   questi  fluidi  suddetti  si  staranno   nel  lora 
naturale  ordine   di  particelle  ,  e  non  si  metteranno  in  bol- 
lore ed  in  impeto  ;    io    credo  certo  che  comportabili  saran- 
no  i  faslidj  ,  ed  i  mali  dell'  E.   P^.  Ilo  detto  che  saranr 
no  comporuibili  j  perchè  io  che  amo   V.  E.  in  qualità    di 
buon  servitore  ,  non  varrei    che  qualcheduno   le  i?isinuass& 
gagliardamente     e  con  forza    di  persuasione  a  voler  total- 
mente giinririie ,  ver  via  di  medicamenti    violenti  ed  effi- 
caci .    Qnesti   medicamenti    violenti   le  porteranno    sempre 
detrimento  non   ordinario  ;  dove  i   medicamenti  piacevoli , 
gemili  ,  e  quasi    non    medicamenti  ,  anzi   aliìr\enti  ,  o  con 
forma    di   alimenti  le  saranno  sempre  di  profitto  non  ordi- 
nario .    fi  sono  alcune  malattie  che  hanno  la  natura  della 
vipera  .   In    vipera  se  non   è    stuzzicata  ed  irritata  non   s' 
avventa  mai  a  mo/drre  ;  ma  le  sue  carni  servono    di  un 
gran   rimedio    per  molte  malattie  ,  conforme  credono  i  me- 
dici .  Cosi  i  mali  di  f^.  E.  ,  se  non  saranno  irritati  da  medi- 
carnenti  violenti  non  pqtranno  mai  attaccarla  nella  vita  ;  an-i 
zi  col  farla  vivere  in    riguardo ,   ed  in  cautela    saranno 


Lettera  Ined,  del  Rrdi  21, 

cagioni  ,   che  la  sua  vita  sia  lunghissima  ;  come  io  le  deside- 
ro, e  le  auguro  .  r.  E.  dunque  per  aver  riguardo    a    questi 
due   scopi  so^radetti,  pigli  ogni  mattina  un  gran    brodo  di 
carne  -,  talvolta  questo  brodo  sia  puro  ,  talvolta    vi  sia  boi- 
lira   dell'  endivia  ,  ovvero   della  cicoria ,  ovvero  delle  pru- 
gne ,  ma  una  cosa  sola  per  volta ,  e  non  si  faccino  quelle  me- 
schianze   di  tante  e  tante    cose  ,  che  sogliono   essere    ordi- 
nate e  mescolate   da  noi   altri  medici,  che  non  crediamo  di 
fare  la  ricetta  bella    se   non  la  misuriamo  con  la  canna  ,  e 
se  non  ^i  mettiamo  dentro  tutte  quante  le  drogherie  più  igno- 
te ,  che  dal  ponente  e  dal  levante  ci  sono  mandate  con  nomi 
speciosi  e  vani  ,    i    quali   non  servono  ad  altro  che  ad  in- 
gannare il  povero  cristianello.   Un  certo  medico  grande  so- 
leva dire  in   Roma  ,  quando  trinciava  certe  sue  ricette  che 
tenevano   un  miglio  di    paese,  quotìescumque  populus  iste 
vult   decipì  ,  decipiatur  .    Quel  brodo  insomma  o  sia  puro, 
o    con    una  delle   sudette   cose  bollitavi    dentro   .    E  se  si 
ami   raddolcito  ,   si  raddolcirà  con  giulehbo  di  viole  mam- 
mole ,    o   con   giulebho   di   mele   appiè .  Se  talvolta  venga 
a  noja   il  pigliare  il  brodo  ,  si  usi  in    sua  vece  qualche  ac-  ■ 
qua  dolcificante  ,  ed  in  particolare  l'  acqua  delle  viole  mam- 
mole .  Anzi  ,   quando  verrà  il  tempo  ,    F.  E.  usine  in  gran- 
dissima quantità    nel  tempo    che  sono  fresche  ,  e  ne  faccia 
ancora  conservare  delle  secche  all' ombra  per  P  uso  di  tutto 
V  inverno  ,  e   di  tutto  V  anno  .  Se  il  giorno  fra  giorno  ha 
sete ,  beva  una  buona  giarra  delle  detta  aqua  .  Sopratutto 
si  astenga  quanlo  sa  ,  e  quanto  può  dall'  uso  de'  medica- 
menti pigliati  per  muovere  il   corpo  .  E  dovendo  pure  tal- 
volta   usare   qualche  cosa  ,  si  serva    della  sola  sola   polpa 
di   cassia  ,    senza   mescolarvi  quelle   cose ,  che  da  noi  al- 
tri  medici   sono    chiamate    correttivi;  ma    da  altri   uomi- 
ni ,    che  la   dicono  chiara   e  tonda ,  sono  meglio  appellate 
M-gr rettivi  :  ed  io  voglio  di  questo  assennirla  ,  come  di  veri- 
li  * 


aìi  Scienze 

tà  cJ}-:'  non  lia  contrasto.  Si  faccia  poco  moto  e  particofar'^ 
mente  in  carrozza  .  E  V  esercizio  si  faccia  passeggiando  a, 
piedi  lentamente  ;  e  si  faccia  ogni  giorno  :  e  serva  una 
volta  la  magnificenza  alla  salute  ;  non  questa  a  quella  . 
Quan-^o  si  dà  il  caso  che  V.  E.  deggia  desinare  pia  tar^ 
di  del  solito  ,  o  per  cagione  di  congregazioni  ,  o  di  al-- 
tre  funzioni ,  pigli  semp''e  neW  uscir  di  casa  qualche  poco, 
di  brodo  o  di  acqua ,  e  lo  pigli  ancorché  la  mattina  a 
buon  ora  abbia  bevuto  il  solito  e  consueto  suo  brodo  .  Il 
vitto  nel  pranzo  e  nella  cena  penda  sempre  al l^  umettan- 
te y  e  al  temperato  ,  e  si  fuggano  come  la  peste  gli  aromati  , 
e  tutte  quell'  altre  benedette  cose  ,  che  volgarmente  si  so- 
gliono usare  per  rompere  i  flati ,  ma  finiscono  talora  col 
cacciare  il  fiato  daddovero  .  Io  non  loderò  mai  che  K.  E. 
adoperi  (come  fa)  il  mitridalo  ,  r  acqua  teriacale  ,  e  V  acqua,, 
di  tutto  cedro  avvalorato  con  V  acqua  di  cannella  stillata , 
De'  giulebbi  anzi  detti  ne  pigli  quanto  vuole  ,  e  le  farà 
più  utile  una  giarra  d'  acqua  pura ,  che  quante  acque  teria- 
calì  sono  ntW  unir^erso  mondo  .  Almeno  quell'  acqua  non 
li  porterà  danno  .  Quando  le  urine  sono  piii  copiose  .  allar- 
ghi con  amorevolezza  discreta  la  mano  nel  bere  .  Questo 
è  quanto  ,  Eminentissimo  Signore  ,  posso  dire  all'  E.  f^. 
parlandole  col  cuore  in  mano  ,  ed  assicurandola  ,  che  dal 
consigliato  modo  di  vivere  ella  ne  ricaverà  col  tempo 
non  ordinario  profitto  .  Ho  bene  scritto  io  senza  ordine  ; 
ma  r  ho  fatto  in  prova ,  acciocché  V.  E.  non  creda  che 
per  forza  di  persuadente  scrittura  io  voglia  tirarla  nella 
mia  opinione  ;  ma  bensì  acciocch'  ella  nella  semplicità  del 
mio  scrivere  scorga  la  semplice  candidezza  dell'  animo  mio  ^ 
tutto  intento  a  portarla  quei  giovamenti  che  le  desidero  : 
e  facendole  profondissimo  inchino  le  bacio  il  lembo  della 
sacra    porpora  .  Firenze  22,   Ottobre   1^79- 

Di  F.  E.  Umilissimo  servo 

FnAMCEsco  Redi  . 


210 


uv'tmftf.  gjauMa 


Dell'Eletto  delle  gocciole  di  pioggia,  sulle  piante,  allo- 
ra quando  si  trovano  disposte  in  modo  da  concentrare 
i  raggi  del  sole.   Per  Benedetto  Prevost.   (*) 


X  retendesì  ,  che  cevle  malattìe  delle  piante  (  1'  abbruc- 
ciamento  tra  le  altre)  ce  «iaiio  qualche  volta  prodotte  dalle 
ce  gocciole  di  àcqila  ,  che  fanno  1'  effetto  di  un  vetro  con- 
3>  vesso  ,  e  cagionano  degli  abbrucciamenti  coh  piccole  mac- 
tc  chie  ,  sulla  corteccia,  e  sulle  foglie  degli  alb-^ri  «  Ved, 
Dici,  d' Hist.  nat.  tom.  II.  pag.  332  art.  Arbre  sotto- 
scritto da  Tollard  maggiore,  e  la  medesima  opinione  è  am- 
messa da  molti  altri  Autori  rispettabili  particolarmente  dall' 
Abbate   Rozier ,  nel   suo   Dictionnaire  d' Agriculture. 

ti  da    lungo   tempo  ,  eh'  io  sospettai  ,   che  questa    fosse 
una  di  quelle  asserzioni   ,  che    si    ricevono    senza    esaminar- 
le,   e  che  si    dispensano,  come  si  sono  ricevute;   ma     ave- 
va sino  a  questo  tempo  (  l'estate  del    i8iS.    )    negligentato 
di  sottometterla  alla  prova    del    calcolo  ,    e    della   sperienza  . 
Il  rapporto  del  seno    d'incidenza  al   seno  di   refrazione 
dall'  aria  nell'  acqua  ,   pel  raggio  giallo   della  luce  ,   ciò    che 
presso  a  poco  è  la  refrazione  media  ,    o    quella    della    luce 
bianca  ,   è  di  4  •  3  .  Da    ciò  se  si  calcola  la  distanza  focale 
principale  ,   o  quella   del  foco  principale  dei   raggi    paralleli 
alla  superficie  di  emersione  ,  si  trova  per  una  goccia    sferi- 
ta circa  i  tre  quarti  del  diametro;  per   una  goccia  emisfe- 
rica   tre    volte  la    sua  altezza  ,  o   tre  secondi  del    diametro  , 
al   quale  essa  appartiene  ;  per  una  lente  di  acqua   composta 
di  due  legamenti  sferici  eguali  ,   aventi  ciascuno  per  altezza 
Un  secondo  del  raggio  della  sfera  alla  quale  appartengonsi  , 

(*)  (  Aiitiales  de  Cium,  et  de  Phys.    Juillet  1819.  ) 


aj4  Scienze 

o  per  una  tal  lente  ,  la  di  cui  densi th  è  eguale  al  raggio  di 
qrtesta  sfera  ,  circa  tre  secondi  dal  raggio  ,  o  tre  quarti  del 
diametro  . 

Limitandoci  a  questi  tre  casi ,  e  supponendo  nel  primo 
il  diametro  di  2  linee;  nel  secondo,  l'altezza  dell' emisfe- 
rio .  o  il  raggio  di  una  linea  ,  e  nel  terzo,  la  densità  della 
gocciola  ,  o  il  raggio  della  sfera  di  due -Jinee  noi  avremo; 
Per  il  primo  caso,  il  fuoco  principale  ad  una  linea  , 
e  mezza  della  superficie  di  emersione  ;  Per  il  secondo  ,  ed 
il  terzo  ,  a  tre  linee  . 

Cosi  per  mezzo  della  teorica  ,  non  chiedendo  dalla  spe- 
rienza  ,  che  il  rapporto  di  refrazione  per  1'  acqua  ,  noi  tro- 
\'iamo  la  proposizione  inammisibile  :  ma  senza  avere  ancora 
fatto  ricorso  ad  esperienze  dirette  ,  ed  accordando  ancora  , 
contro  ciò  ,  che  abbiamo  testé  dimostrato  ,  che  il  foco  cioè 
principale  della  maggior  parte  delle  goccie  di  acqua  esposte 
al  sole  ,  cade  egualmente  sulla  foglia  ,  vediamo  se  egli  è 
probabile  ,  che  ne  possa  risultare  qualche  effetto  nuocevole 
per  la  medesima  . 

La  superficie  ,  che  una  goccia  d'  acqua  sferica  di  due 
linee  di  diametro  ,  presenta  al  sole  è  circa  61»-  ,  aS  quadra- 
te ;  ma  : 

1 ."  Egli  è  molto  difTici  le  ,  che  tutti  i  raggi ,  che  tra- 
versano una  goccia  d'  acqua  (  sferica,  o  emisferica  al  più) 
giungano  qu;ist  al  medesimo'  punto,  o  al  foco.  Può  provar- 
si ,  che  questo  non  ne  riceve  che  una  ben  piccola  parte  . 
'2.°  Tutti  quelli,  che  penetrano  il  liquido  non  già  lo 
traversano  ;  una  parte  è  assorbita  ,  e  serve  solamente  ad  ele- 
vare un  poco  la  sua  temperatura  .  Una  parte  ò  riflessa  in 
dietro  ,    o  dai  lati  ,   e  risorte  . 

3.°  La  maggior  parte  dei  raggi  sono  riflessi  ;  e  quelli 
solamente ,  dei  quali  la  incidenza  è  picoolissima  ,  evitano  ii» 
gran  parte  la  riflession*  . 


Delle  Gocgiole  d'Acqua  ec.  ìi5 

4."  Una  parte  della  luce  ,  o  del  calorico ,  che  1'  accom- 
pagna ,  o  che  essa  produce ,  e  che  contribuirebbe  ad  au- 
mentare la  intensità  del  foco  ,  è  impiegata  a  formare  del 
vapore,  che  raffredda  al  contrario  la  piccola  massa  di  acqua  , 
o  piuttosto  le  impedisce  di  scaldarsi  ,  e  di  cagionare  indi 
qualche  danno  alla  foglia.  Vedremo,  che  questa  asserzione 
è  confermata  dalla  sperienza  . 

5.°  Per  poco,  che  l'aria  sia  agitata  ,  il  fuoco  cangerà 
di  luogo  contìnuamente  ;  ciò  che  gì'  impedirà  di  produrre 
qualche  effetto  sensibile  ,  concesso  che  ne  avesse  potuto  pro- 
durre nello  stato  di  quiete*  D'altronde,  quanto  alle  goc- 
eie  all'  incirca  sferiche ,  vi  sono  molte  foglie  sulle  quali  non 
possono  fermarsi  . 

Esperienze  dirette 

1 .  Esperienza .  Ho  pregato  aldini  miei  amici  a  lasciar 
r;ulere  su  giovani  foglie  di  diversi  alberi  o  di  altre  piante , 
delle  goccie  di  acqua  più  o  meno  coìivesse  ed  in  differen- 
ti situazioni  ;  ma  quantunque  il  sole  duranti  questi  esperi- 
menti abbia  avuto  spesso  del  vigore  ,  non  si  è  giammai  os- 
servata alcuna  alterazione,  che  si  potesse  sospettare  provenire 
dall'effetto  dalle  goccie  d'acqua  agenti  a  guisa  di  una  lente. 

2.  Esperienza .  Una  lente  di  sette  in  otto  linee  di  dia- 
metro ,  e  di  quasi  due  pollici  ,  e  mezzo  di  fuoco  ,  che  bru- 
cia istantaneamente  una  buona  esca  ,  e  produce  in  alcuni 
secondi  un'alterazione  considerabile  sulle  foglie  ,  non  vi  pro- 
duce più  effetto  percettibile  allorché  ne  ricuopre  la  su- 
perficie lasciandone  solamente  scoperto  ,  nel  mezzo  ,  uno 
spazio  circolare  di  circa  una  linea  ,  e  mezza  di  diametro  . 
Frattanto  questo  spazio  è  più  grande  di  quello ,  che  presen- 
tano la  maggiore  parte  delie  gocciole  di  pioggia  ,  che  sono 
credute  agire  sulle  foglie  . 

3.  Esperienza.    Ho    collocato   delle    foglie   di    diversa 


ii6  Scienze 

piaote ,  tutte  tenerissime  ,  o  giovanissime  ,  su  molte  doji- 
pie  di  carta  Emporetlca  inzuppata  di  acqui  all'  eccesso ,  ed 
immersa  in  un  poco  di  acqua  versata  nel  fondo  di  un  pial- 
so  di  Jeìence  bianca;  ho  distribuite  su  queste  foglie  delle 
goccie  d'  acqua  quasi  tutte  presso  a  poco  sferiche ,  o  appia- 
nate solamente  dal  loro  peso;  ma  quantunque  questa  espe- 
rienza sia  stala  variata  in  mille  guise  ,  e  ripetuta  spessissi- 
mo ,  e  ad  UH  sole  ardente  ,  non  ho  mai  osservato  alcuna 
alterazione,  che  potesse  ragionevolmente  essere  attribuita 
alla  causa  in  quistione  (i)  .  Potrei  ancora  affermare  coti 
tutta  ingenuità ,  che  non  vi  ho  mai  osservala  alcuna  menia- 
ma  alterazione. 

4.  Esperienza  .  Foglie  cariche  di  goccie  d'acqua  coràe 
le  altre ,  ma  situate  sopra  carte  molto  meno  bagnate  ,  mi 
presentarono  un  risultato  assai  curioso,  e  che  prova  nel 
modo  il  più  chiaro,  che  il  disotto  delle  goccie  ben  lungi 
dall'  essere  alterato  dalla  hice  ,  die  quelle  vi  concentrano  , 
è,  al  contrario,  preservato  dal  raffreddamento,  che  cagiona 
la  evaporazione  dell'  acqua  ,  quando  il  rimanente  della  foglia 
è  alterato  da  un  troppo  forte  calore  ;  perchè  nel  caso  di  cui 
si  tratta;  tutta  la  superiicie  di  ciascuna  foglia  essendo  in- 
giallita ,  il  disotto  delle  goccie  durava  perfettamente  sano  ; 
di  modo  che  si  vedevano  su  quel  fondo  giallo ,  o  rossiccio , 
tante  macchie  verdi ,  inlatte  ,  e  ben  determinate  ,  quante  vi 
erano  state  goccie  sulla  foglia  ,  e  precisamente  nei  medesimi 
luoghi .  Ciascuna  di  queste  macchie  sane  aveva  ancora  un 
diametro  un  poco  più.  grande  di  quello  della  goccia  ,  sotto 
la  quale  essa  si  era  trovata  . 

5.  Esperienza  .  Ciò  che  prova  ancora  ,  che  è  il  raffred- 
damento cagionato  dalla  evaporazione  che  impedisce  lo  scal- 
darsi dell'acqua,  ed  in  conseguenza  la  parte  della  foglia  si- 
tuata al  disotto  ,  si  è  che  il  rovescio  di  alcune  foglie  , 
«he  non  toccavano  affatto  la  carta  inzuppata,  presentava  sui 


Delle  GocciotE  d'  Acqua  ec.  sì  i  7 

luoghi  corrispondenti  alle  goccie  dei  piccoli  ammassi  di 
goccioline  evidèntemente  prodotte  della  condensazione  del 
vapore  ,  che  si  era  elevato  dalla  carta  sopra  questi  punti 
raffreddati  : 

Pertanto  ,  lungi  queste  goccie  d'  acqua  dal  produrre 
alcuna  alterazione  per  un  trx)ppo  gran  calore ,  lo  spazio  , 
in  cui  esse  si  trovano,  è  molto  piìi  raffreddato  dalla  evapo- 
razione,  di  quello  che  sia  riscaldato  dalla  concentrazione 
della   luce,    che   vi  succede. 

Mi  sembra  dunque  ,  che  1'  opinione  dei  Fisici  ,  o  degli 
Agricoltori  ,  che  pensano ,  una  delle  cause  dell'  abbrucia- 
inento  ,  o  delle  macchie,  che  appajono  talvolta  sulle  foglie  , 
o  sopra  altre  parti  delle  piante  ,  essere  la  concentrazione 
della  luce  del  sole  per  mezzo  delle  goccie  di  pioggia  ,  nou 
abbia  alcun   fondamento . 


Sulla  natura  dell'  injiammazione  ,  ricerche  patologiche  leite 
in  Livorno  alV  Accademia  Labronica  de^  28.  Novembre 
1818.  ;  dal  Dottale  Ermenegildo  Pislelli  medico  clinico 
Lucchese ,  ec.  Estratto  del  Dottor  Giuseppe  Tonelli . 

J_J  infiammazione  ,  quantunque  sia  dessa  la  malattia  la  più 
ovvia,,  la  più  insidiosa  per  l'umanità,  e  la  più  scabrosa 
per  ì  medici  ,  non  è  stata  fino  a  questo  punto  (  a  dire  dell' 
erudito  sig.  Pislelli  )  dilucidata  con  chiarezza  non  equivoca 
in  tutta  la  sua  estensione  .  Oscura  si  riman  tuttavia  la  ca- 
glon  prima  ,  da  cui  dipende  ,  e  lo  dimostrano  irrefragabil- 
mente  le  diverse  ,  e  spesso  opposte  opinioni  in  proposito  emes- 
se dai  Patologhi  in  ogni  tempo  .  Neppure  il  lurrte  delle  re- 
eenli   laorìe  Bruuo-Rasoriane  ha  rischiarato  a  sufficienza  sjue.slo 


!ij8  Scienze 

piuito  3  poiché  se  riguardai-  vogliasi  la  flogosi  come  utl'  af- 
fé/Jone costante  di  soverchio  stimolo  ,  riinaii  sempre  centra* 
dittorio ,  e  problematico  il  vederla  sovente  svilupp;irsi  non 
solo  senza  l'addizione  di  stimolo  verni) o  ,  ma  ben'  anche  die- 
tro  l'azione  non  mai  interrotta  di  potenze  risguardate  come 
decisamente  controstimolanti  ,  sottraenti  ,  debilitanti  ,  ed  in 
mezzo  al  più  marcato  languore.  Quindi  con  tale  oscurità  ed  in- 
cet'fezza  inopportuno  si  era  il  più  delle  volte  il  medico  (  a  dir 
suo)  nel  trattamento  di  questa  morbosa  afiezione,  perchè  consi- 
derandola sempre  come  figlia  di  quello  stato ,  che  sotto  no- 
me di  soverchio  vigor  conosciamo ,  la  giudicava  impossibile 
a  legittimamente  svilupparsi  negli  individui  cachettici  ,  de- 
boli ,  e  macerati  dai  disagi ,  e  dalla  tristezza  ;  cosicché  ri- 
guardandola in  vece  come  spuria  ,  di  natura  diversa  dalla 
vera  infiammaEÌone  ,  non  esitava  a  curarla  con  uu  metodo 
indoveroso,  e  micidiale  .  Fu  questo  un  vuoto,  a  cui  riem- 
pire dìrigge  ora  il  sig.  Pislelli  le  sue  nuove  ricerche,  qua- 
li anderemo  partitamcnte  esaminando  con  qualche  esten- 
sione, acciò  possano  inostri  lettori  dar  giudizio  dei  meri- 
ti d'  una  tal  fatica  letteraria  ,  e  far  plauso  al  medesimo ,  qua- 
lora alla  sua  teoria  non  manchino  quelle  condizioni  proprie 
a    farla  salire  al  grado  di   'verità  dimostrata  . 

Dall'esame  dei  fenomeni ,  che  più  comunemente  corteg- 
giino  lo  sviluppo,  l'andamento,  l'esito  ,  e  le  conseguenze 
delia  flogosi  ,  deduce  il  n,  A.  ,  e  stabilisce  ,  che  la  cagion 
prossima  dell'infiammazione  tt  altro  non  sia  in  ultima  anali- 
ct  si,  c\ic.  un  difetto  ,  o  iiisujjicenza  di  conti  allilità  nelle  Ji- 
cc  Z»/e  dei  vasi  sanguini  di  cjualchó  visceie ,  o  parte  del 
ce  corpo  'y  per  cui  diventando  la  lor  resistenza ,  e  reazione 
ce  soccumbentc ,  e  non  corrispondente  all' impulso  del  san' 
»c  gite  circolante  fa  sì  ,  che  questo  ristagni  ,  o  si  soffermi 
te  i?i  essi  in  maggior  copia  .,  e  che  quindi  dia  luogo  a  tut- 
ci  li  quei  fenomeni  ,  e  a  quelle  organiche  alterazioni,   che 


Della  Infiammazione  219 

et  caratterizzano  le  parti  infiammate  ce  Con  questi  pfincipj 
sviluppati  nella  presente  dissertazione  ,  agevolmente  cotnpren- 
donsi  per  sentimento  dell'  A.,  i  fenomeni  di  proceiso  flogi- 
stico,  di  diatesi  di  stimolo,  che  il  Prof.  Tommasini  rife- 
risce nella  nota  \Q.  della  sua  nuova  Dottrina  ec  : ,  Insorti 
in  m*^zzo  al  pili  deciso  vitale  abbattimento ,  e  trattati  col 
metodo  debilitante  ;  laddove  contemplali  sotto  la  spiegazio- 
ne d'ogni  altra  teoria  li  giudica  veri  paradossi  il  Clinico  Luc- 
chese . 

Prima  di    disfendere    il  sig.  Pistelli   a    convalidni'e   con 
argomenti    la    dimostrazione   del   suo    parere    premette,    che 
il    sistema    anginlogico    risulta  in  gran    parte   formato  di   te- 
la   cellulare  ,  la   quale    gode    di    molta   contrattililk  ,    secon- 
do le    più  esatte  anatomiche    osservazioni    di   Caldani  ,  Gai- 
lini  ,  Miiac  'irne  ,  ed  altri  ec.  Quindi  dall'osservarsi  ripristina- 
ta ,   e  rinvigorita    sovente  la  circolazione  del  sangue   in   virtù 
della  sola   detrazione    di    esso  (  come    nella     quarta    annota- 
zione sì   esprime  )    ritiene  per  fermo,  che  la    sistole  del  no- 
minato sistema  è   a   questo  connaturale  ,  e  spontanea  ,  laddo- 
ve la  sua  diastole  evidentemente  dipende  dalla  meccanica  di- 
latazione .   Appoggiato  1'  A.  a  questi    dati  ,  che  egli    chiama 
incontrastabili    sostiene,   che   la   primaria  cagione    della  sisto- 
le   sia  la  contrattilità  ce  ossia  quella  facoltà  della  vita  or- 
ti gatiica  ,  in  grazia  della  quale  essa  tende  di  continuo  al 
ti  mutuo  ravvicinamento   delle  proprie    particelle  com.po~ 
et  nenti  ;  e    quindi    resiste ,  e    reagisce  con  più,  ,  o    meno 
«  forza  a  tuttociò  ,  che    la  distende  tt  Fissata  con   ciò  nel- 
la contrattilità    della  fibra  del   sistema    sanguifero  la    cagione 
del    suo   movimento  sistolico,  ossia  della    dilni    reazione    sul 
fluido    circolante,   viene    alla   contrattilità  medesima  attribui- 
ta la   principal    molla    della  circolazione  istessa  .   Volendo  poi 
il  dotto  Clinico    Lucchese  accordare  alla  contrattilità  un  gra- 
do di    non  problematica  evidenza  ,   si   sforza  di  additarla  pa- 


220  Scienze 

lese  ni  s»nsi  in  tutte  le  Cbie  organiclie  del  corpo  umano  » 
o  provenga  essa  in  loro  dall'organismo,  o  in  lor  d<uÌM 
(  cou'.e  sembra  all' A,  più  probabile  )  dal  tessuto  cellulare  > 
tl.T  cui  tutte  sono  le  fibre  per  lo  meno  intersecate  .  Sou 
per  lui  argomenù  di  prova  dimostrativa  il  restituirsi  ,  che 
fa  la  fibra  al  primiero  suo  stato  ,  appena  viene  a  se  mede- 
sima abbandonata  dopo  la  distrazione  ;  lo  accorciarsi  di  os- 
sa verso  le  sue  estremila,  qualor  sia  trasversai  uienle  recisa  ; 
CO""  0  anche  il  suo  progressivo  ristringersi  nel  cavo  di  va- 
si ,  o  v'so..ri  fino  alh  obliterazione  di  essi,  oVe  manchi  di 
esse.  'ì  dovutamente  distesa  .  Trae  ancor  partito  in  favor 
dt'ii%  natia  contrattilità  della  fibra  dal  riguardar  preva- 
lerne l'attivila  naturale  dei  muscoli  flessori  uella  situ')/,io- 
ue  che  prendono  le  membra  dei  feti  ,  e  dei  dormienti  :  dal- 
la cootiaziooe  di  un  muscolo  verso  il  lato  opposto  a  ciuci- 
lo dell' antagonista  risoluto  ,  o  reciso  j  dall' immobili l;>  ,  che 
accfiista  un  dente  estraneo  inserito  in  nuovo  alveolo  ;  e  fi- 
naimeute  dallo  spontaHeo  restituirsi  ,  che  fanno  al  lor  usa- 
to volume  l'utero,  il  sacco  addominale,  la  vescica  rri-i 
nari»  ,  il  ventricolo,  é  le  vie  enteriche,  dopoché  sono  sla- 
te rimosse ,  od  eliminate  le  cagioni,  che  in  esso  op"ravano 
la  rispettiva  distensione  . 

Sembra  dagli  esposti  ragionamenti,  che  il  n,  A.  voglia 
rlgtìal*dare  soverchiamente  isolata  la  contrattilità  contro  la 
più  sana  Dottrina  fisiologica  .  L'  esimio  Prof.  Gallini  ,  nel- 
la Sila  h'jlla  teoria  sulla  vitalità  con  laute  sue  dotte  proda 
zioni  iUuslrata  ,  considera  la  sensibilità  ,  la  irrital)ililà  ,  la 
contrattilità  ,  e  la  turgescenza  vitale  quali  semplici  grada- 
izioni  di  una  sola  forza,  che  egli  chiama  vitalità  iiioienie 
nei  diversi  tessuti.  Le  dottrine  di  questo  insigne  Itiioraio 
.c'insegnano,  che  le  azioni  dei  nervi  ,  dei  muscoli,  delle 
p,?»ti  contrattili,  e  delle  turgescenti  dipendono  tutte  ,  o  de- 
rivano  da  uu  diverso  grado  di    reciprocji    mobilila  degli  eie- 


Della  Infiammazione  221 

Vnenli  tutti  costituenti  le  laminette,  o  fibrille  dei  tessuti  diversi 
di  quelle  parti  ,  la  c[ual  reciproca  mobilità  è  diversa,  o  regolata 
da  uà  equilibrio  tra  le  reciproclie  loro  azioni .  In  questo  equi- 
librio, in  questa  mobilità  recipcoca  consiste  la  vitalità  di  tut- 
ti i  tessuti  nervosi  ,  muscolari  ,  contrattili  ,  o  turgescenti  , 
per  la  quale  gli  elementi  ,  e  le  laminette  ,  o  fibrille  da  es- 
si composte,  or  più  ,  or  meno  prontamente  cambiano  la  lor 
mutua  positura  ,  e  la  loro  proporzione  ,  ma  con  ugual  pron- 
tezza si  rimettono  alla  positura  ,  e  proporzione  primiera  .  Ora  , 
«io  posto  ,  come  attribuire  alla  sola  contrattilità  la  principal 
causa  della  circolazione  ?  come  separare  dalla  contrattilità 
l'influenza  delle  altre    gradazioni  della   vitalità  stessa? 

Potrà  la  stessa  ragione  applicarsi  alla  sua  teoria  di  con- 
trattilità difettiva  come  cagion  prossima  dell'  infiammazione  j 
teoria  d' altronde  ,  il  dicul  merito  par  che  possa  limitarsi  in 
ultima  analisi  a  quello  ,  che  può  spettare  ad  una  semplice 
opinione  .  Giacché  eoa  i  fitti  desunti  da  una  pratica  im- 
parziale ,  da  una  pratica  scevra  non  solo  di  prestigio  siste- 
matico, ma  libera  altresì  da  ogni  mania  di  novità  illuso- 
ria ,  da  una  pratica  in  somma  filosofica  ,  ed  ippocratica^, 
riesce  oltremodo  agevole  ,  e  (  saremo  per  dire  )  infallibile 
il  riconoscere  per  cagion  prima  della  flogosi  un  esaltamen- 
to della  vitalità  istessa .  Ma  concediamo  per  ipotesi  al  n. 
A.  il  primato  della  sua  teorìa  j  di  grazia,  come  concepir  di- 
fettiva la  contrattilità  senza  esserlo  del  pari  le  altre  gra- 
dazioni della  vitalità  istessa  ?  E  se  lo  fossero  ,  come  spie- 
gar p.  e.  la  sensibilità  aumentata  nelle  parti  infiammate  ? 
Opporre  per  avventura  potrebbesi  ,  che  ,  siccome  la  vitalità 
dei  vfiij  tessuti  dipende  da  una  partlcolar  costituzione  de- 
gli elementi  tutti  ,  che  li  compongono  ;  e  siccome  questa 
costituzione  di  elementi  sebbene  venga  rispettivamente  man- 
tenuta in  un  normale  equilibrio  nello  stato  di  salate  ,  pur 
dev'essere   nei  varj  tessuti    i-elativaraenle    modificata,     onde 


222  Scienze 

emerga  quel  carattere  proprio  di  ciascheduno  dì  essi  ;  co- 
si se  la  contrattilità  predomina  in  alcuni  tessuti  ad  onta 
della  influenza  delle  altre  gradazioni  della  vitalith,  potreb- 
be ancora  separatamente  riguardarsi  la  contrattilità  difettiva  , 
senza  trovarsi  iu  difetto  le  altre  gradazioni  or  nominate  ,  e 
questa  contrattilità  difettiva  riconoscersi  per  cagion  prossi- 
sima  ,  ed  unica  dell'  inflammajione ,  Pronta  si  è  per  altro  la 
risposta  ,•  giacché  non  i  soli  tessuti  contrattili  van  soggetti 
alla  flogosi  ma  s'  infiammano  altresì  gli  altri  tessuti  ,  nei 
quali    la    contrattilità    non  predomina  . 

D.~>po  tale  premesse  assume  il  n.  A.  la  dimostrazione  del-, 
la  stabilita  proposizione  ,  che  la  cagion  prossima  della  in- 
fiammazione consista  in  un  difello, o  insufficienza  della  mente- 
Tata  contrattilità  nelle  fibre  dei  vasi  sanguigni  di  una  qual- 
che parte  del  corpo  .  Precede  l'applicazione  di  alcunni  fatr 
ti,  ed  osservazioni,  siegue  l' esame  del  sintomi ,  che  all' in!, 
fiamniazione  fan  treno  ;  succede  ad  esso  lo  scrutinio  delle  ca- 
use sì  proegumene  ,  che  procatartiche  della  flogosi  ;  e  sì  ana- 
lizza per  fare  il  cattivo  trattamento,  e  la  maniera  di  agi- 
re degli  Ordinari  rimedj  . 

Diretti  vengono  i  fatti  ,  e  le  osservazioni ,  che  1'  A.  ri- 
ferisce ,  a  stabilire ,  che  non  havvi  mai  la  benché  minima 
infiammazione  ,  se  in  qualche  porzione  di  vasi  non  conce- 
pisca remora  ,  e  sì  raduni  il  sangue  ;  o  se  di  questo  inve- 
ce libera  sia,  ed  in  ni  un  luogo  ritardatala  circolazione,  per 
quanto  impetuosa  voglia  dessa  supporsi ,  o  per  quanto  tror 
visi  il  fluido  da  discrasie  alterato  .  Cosi  se  nelle  punture 
d'insetti,  scottature,  contusioni  ,  distrazioni ,  ec.  s'impedi- 
sce lo  sviluppo  della  flogosi  cai  mezzo  di  una  convenevole 
corapressioae  ,  o  coli' applicare  sopra  la  parte  oflesa  una  qualr 
che    sostanza  astringente,  e    specialmente  spiritosa    (a);  egli 


(a)  la    questo   incontro    nella    sesta   annotazione    con    il    fatta 


Della  Infiammazione  2a3 

»? ,  perchè  s' impedisce  ,  e  si  previene  colla  facolth  costrittiva  di 
tni  mezzi  l'afflusso,  ed  arresto  del  sangue  solito  in  tali  circostan- 
ze a  concorrervi  in  maggior   copia  ,  e  soffermarvisi  .   Che  anzi 
nelle  gran  contusioni  ,  e  nelle    commozioni  di    qualche  viscere 
non  insorge  la  flogosi ,  se  prima  nella  parte  offesa  non  si  accu- 
muli  una  certa  quantità  di  san^'ue  ;  mentre  fin' a  quest'epo- 
ca (  come    attesta    Monteggia  Istit.   Chir.    voi.    a.    p.     ix-   ) 
non   vi    hanno,     che    sintomi    di  debolezza    per    alcune    ore, 
o  per  qualche    giorno   ancora  .    Cosi    nella    porzione    strozza- 
ta   <ii    qualche    intestino  sol   vi   nasce    1'  infiammazione    non 
men  pronta  ,  che    fiera  ,  perchè    ivi  è   seguito  un  arresto  del 
sangue  accumulatosi ,  Così  le  risipole  ,  ed    altre  flogistiche  af- 
fezioni    solite    ad  invadere    V  estremità    inferiori  di   chi    lun- 
gamente  ritto  su'  i   piedi    trattengasi,    non    ad    altro    si  de- 
vono ,  che    ad    un     maggior    aflJusso    di    sangue   ivi    da    va- 
rie   cagioni    richiamato  .  Cosi  dietro    le    orme    del    commen- 
tatore di    Boeravve   (    aph.    3g().   )    esaminando    1'  A.     i    fe- 
nomeni   loculi,  che  all' applicazione  delle  coppette  sussieguo- 
no  ,  riconosce   dal   ventosar    prolungato  lo  sviluppo  della  flo- 
gosi per   r  arresto  del  sangue  ivi  favorito  .   Di  questa  mede- 
ma  spiegazione  finalmente  si  vale  per  riguardo    agli     effetti 
dell'  acqua  tiepida  ,  in  cui  lungamente  immergasi  una  qual- 
che parte    del    corpo  ;   giacché    rilasciandosi    con    tale   opera- 
zione le  pareti   dei  vasi  cutanei  di  essa  ,  ricevono  questi  ,  ed 
in    se    trattengono  una   quantità  piìi    abbondante    di  sangui- 
gno fluido ,  dal  che   ne   siegue  una  vera  ,  e   decisa  flogosi . 


dell'  applicazione  vantaggiosa  or  di  stimolanti  ,  ora  di  controsti- 
molanti  sostanze  ,  di  cui  a  vicenda  si  ser\c  il  volgo  in  ogni  tem- 
po ,  si  comliatte  dal  Sig.  Pistelli  il  parere  del  Ch.  Sig.  Prof.  Toin- 
masini  ,  il  quale  alla  nota  19  della  nuova  doti  rimi  spiega  questa 
coutradizione  di  trattamento  col  limitare  il  proficuo  uso  dei  stinio- 
li  al  primo  momento  della  contusione  riservando  la  pratica  dei  se- 
condi   air  epoca  ,  in  cui  non  sono  jìiù  tollerati   i  primi  . 


aa4  Scienze 

Neil' assumer    per    altro  il  Sig.   Pistelli  dei  varj   doctE-. 
menti  onde  corroborare  la  sua  teoria,  avremmo    desiderato. 
in  lui  maggior  maturità  di  giudizio  pria  di  francamente  u  e- 
gare  la  presenza  della  infiammazione,  ove  il  sangue  non  ab- 
bia conceputo  remora  nella  parte  infiammata  •  Ed    in    fatti 
lungi  dal  conibittere  questa  proposizione  con  un  prefisso  con- 
flitto di  ragionamenti ,  sarem  contenti  di    convincere     1'    A. 
con  un  fritto  ,  il  quale  sparge  una  somma  diffidenza    per  la 
di  lui  brillante  opinione.   Non  havvi  nel   corpo    umino  fi- 
bra,  tessuto  ,  sistema  ,  apparata  organico,  che  vada  immu- 
ne dagli  insulti  dal  processo  infiammatorio.  Con  molta  sa- 
.  gacità  ,  ed  evidenza  dimostrò  Murray    in    una     sua    erudita 
memoria  l'infiammazione  ,  a  cui  vanno  soggette  le  parti  più 
dure  ,  e  compatte  dell'  organismo  animale  .   L'  istesso  de  Rit- 
lich  nella  sua  Dissertazione  inaugurale  su  di  una  nuova  teo- 
ria della  infiammazione  ,  accenna  ancor  l'infiammazione  dell*^ 
ossa  ,  per  tacere  di  altri  Scrittori  sopra  questa  soggetto.  Ma, 
e  come  concepire  nelle  ossa  ,  che  s'  infiammano  ,  na    rista- 
gno   di  fluido  sanguigno  ?  Si  potrà  forse  opporre  lo  stato  di 
mollezza,,  a  cui  rlduconsì  le  ossft  affette  da  infiammazione^ 
ma  a  sì  fallace  sostegno  non  farà  certamente  rifugio  il  n.  A. 
Giacché  la  cagion  prossima  di  una  forma  morbosa,     e    gli 
effetti ,  che  da  quella  sviluppali  dan  carattere  a  questa  ,  dif- 
feriscono fra  loro  talmente  ,  come  differisce  1' attivo  dal  pas- 
sivo fra  i    Grammatici  ,  come  differisco  (  per  dirlo  in  una 
parola  )  la  causa  dall'  effetto  .  A  maggiormente  comprender- 
lo, seguiamo  per  un  momento  i  passi  della  nosogeaia  della 
infiammazione  .   Qua!  è  1'  epoca  di  tempo  ,  in  cui  nelle  os- 
sa infiammale  dee  supporsi  seguito  un  ristagno,     una    con- 
gestione di  umori?  Ognun  risponderà,  che  ciò  avvien  nell' 
epoca,  in  cui  la  parte  infiammata- guadagna  maggior    volu- 
me.  Or  questo  aumento  di   mole  non  può  nell'ossa  dimo- 
strarsi   seguito  ,  se  pria  queste  non  slansi    ridotte    ad    un» 


Della  Infiammazione  %ib 

stato  di  loro  organica  alterazione  distinto  col  nome  di  mol- 
lezza .  Ma  questo  stato  suppone  previa  l' azione  del  processo 
flogistico  ,  suppone  1'  aumento  di  projezione  circolatoria  , 
suppone  1'  esaltamento  della  ritalità  j  dunque  la  sostanza  os- 
sea era  già  inOammata  ,  avea  di  già  incominciato  a  subire 
il  primo  stadio  del  processo  flogistico  ,  allorché  passò  allo 
stato  di  mollezza  ,  di  aumento  di  volume  ,  allorché  si  de- 
terminò ,  e  segui  nella  parte  affetta  la  congestione  sangui- 
gna .  Dunque  non  è  il  raduno  ,  la  congestione  di  fluido 
sanguigno  ,  che  produca  ,  e  sviluppi  1'  inflammazione  ',  dun- 
que è  falso,  che  non  possa  darsi  la  benché  minima  infìam- 
mazione  se  prima  non  abbia  una  parte  concepito  ristagno  di 
fluido  sanguigno  . 

Né  può  d' altronde  così  ciccapiente  ammettersi  nella 
contrattilità  difettiva  la  cagion  prossima  della  flogosi ,  senza 
riconoscere  un  precedente  esaltamento  della  vitalità  .  E  che 
sia  cosi  ,  rilevasi  dal  riflettere ,  che  la  congestione  infiamma- 
toria allor  siegue ,  quando  nella  parte  infiamniata  si  é  de- 
terminato un  maggiore  afflusso  di  umor  sanguigno  .  E  sic- 
come questo  maggior  afflusso  non  può  avvenire  ,  se  pri- 
ma-non  venga  un  organo  ,  un  sistema  a  preferenza  di  un 
altro  maggiormente  eccitatoj  così  ne  siegue  evidente  la  dedu- 
zione ,  che  non  yì  era  diietto  di  contrattilità  allorché  il 
sistema  incominciò  ad  infiammarsi  .  1  medesimi  fatti ,  ed 
osservazioni  dell'  A.  bastano  a  comprovare  1'  instabilità  della 
;iua  teoria  ;  ma  fisseremo  unitamente  1'  attenzione  alle  ven- 
tose .  Se  questa  operazione  vada  ad  eseguirsi  in  una  parte 
sana,  qual  difetto  di  contrattilità  possiamo  ivi  supporre  ? 
Wiuno  .  Forse  yorrà  dirsi  che  in  tal  caso  la  contrattilità 
rimane  difettiva  ,  insufficiente  nel  progresso  dell' esperimen- 
to ?  ma  ,  dunque  ,non  è  perciò  questa  la  causa  prossima  . 
jEd  in  vero  non  essendo  più  contrabilanciata  dalla  pressio- 
jUe  dell'  aria  esterna  la  projezione  circolatoria  ,  il  fluido  san- 
,G.  A.  To,  IV.  i5 


526  S   C  I  «   N    E   E 

guigno  .for..  maggiormente  i  vasi:  ed  ecco  in  vece     clie  ii 
pdmo  passo  consiste    in    una    maggiore,    sebben    relativa, 
azione  del  sistema  Irrigatore.  Non  può  negarsi:  che  riman- 
ga quindi  oppressa  la  reazione  dell'ultime  estremità  dei  va- 
si ,  e  difettiva  la  contrattilità  j  ma  questo  è  il  secondo  pas- 
so', che  accade,  mentre  già  ha  preceduto  il  primo  .     Dun- 
la  causa  prossima     non  può  risiedere    nella  contrattilità  di- 
fettiva .  Ma  a  render  piìi  ferma  questa  conchiusione  ci  per- 
metteremo  di  aggiungere  un'altra   valida  prova  .    Non    può 
negarsi  ,  che  non  di  rado  la   superficie  istessa  delle  tonache 
vascolari  .  rèsta  per  essa  indebitamente  eccitata  ,    e    quindi 
assalita  da  uno  stato   infiammatorio   (  leggasi  .Sasse  De    va- 
sorum  Sanguifemm  injlammatione    ec.    V.  Brera    Sylloga 
Opusculorurn    voi.    y\:  Testa  delle  malattie  del  move   ec. 
voi.     i:  Brera  Janotazioni   M.'dico  Pratiche  e=.  )  Or' egli 
è  qui  il  ritardo  del  sangue  ,   il  di  lui  arresto  ?    forse    nella 
sostanza  delle  tonache  ?  ma  questa  è  conseguenza    ,    e    non 
causa  ,  avvenendo  ,  come  ognun  comprende  ,  non     già    nel 
princìpio  della  flogosi  ,  ma  dopo  di  essa  ,  e    nel    prosegui- 
mento del  processo  infiammatorio. 

(  Soì'à  continuato  ) 


427 


Osservazioni  sulla  decomposizione  dell'  amido  alla  tempe- 
ratura atmosferica  per  mezzo  dell'  azione  dell'  aria  ,  e 
dell'  acqua  (*)  .  Memoria  del  Sig:  Teodoro  di  Saussure . 
Estratto  . 


I 


nteressantl  sono  le  sperienze  che  il  Sig.  Teodoro   di  Saus- 
sure ba  istituite  sull'amido,  e  che  ha  esposte  io  questa  sua 
memoria  .  Egli  ha  voluto  esaminare  i  cambiamenti  che  su- 
bisce   1'  amido   esposto  all'  azione  dell'  aria  ,    e   dell'  acqua  , 
ed  alla  temperatura  atmosferica  ,    mentre  ,  come    egli    dotta- 
mente dice   da   principio  ,  1'  esame  dei   cambiamenti   che  le 
sostanze  vegetali  subiscono  esposte    a    questi   agenti  è  il  più 
sicuro  mezzo  di  spiegare   molti   effetti  della  vegetazione  ,  e 
se  non  conduce  a  questo  fine  ,  dà  luogo  a    sperienze  impor- 
tanti  per   la    teoria  della   fermentazione  .   Prima    di    entrare 
nel  dettaglio  delle  sue  esperienze  incomincia  l'A.  ad  esporre 
succintamente  le  ricerche  che  erano  state  fatte  finora  sull'ami- 
do .  Allorché  si  trovò ,  egli  dice ,  che  i  grani  cereali  formavano 
colla  germinazione  dello  zucchero  ,  e  che  questo  prodotto  non 
aveva    luogo  nello  stesso    tempo  alla   temperatura  atmosferi- 
ca   in  grani    privati  del   contatto    del   gas  ossigeno  ,  ed   im- 
pregnati di  acqua  ,  (a)  si  venne  ad  ammettere  che  questo  gas 
il  quale    spariva  nella   germinazione  per  formare  1'  acido  car- 
bonico  col    carbonio   del    seme  ,  era  il  principale  agente   (i) 
della    trasmutazione    della    sostanza     farinacea    in    zucchero  , 
senz'avere  però  alcuna  prova  diretta  di  questa  teoria  ;  d'al- 
tronde 1'  osservazione  che  i   grani  cereali  non  formano  zuc- 


(•)  Annal.  de  chym.  et  phys.  Aoiìt  1819. 
(a)  Some  cxperim.  and  observ.  on  the  nature  of   sugar:  by  W. 
Cruikshauks  . 

(6)  Some  experim  ,  «te.   e  system.,   of  oiiPmistry  by  Thomson. 

j5  * 


128  Scienze 

chetQ  coli'  acqua  senza  il  contatto  dell'  aria  non  era  fon' 
data  che  sul  loro  sapore  ,  o  sopra  dati  troppo  vaghi  perchè 
potesse  essere    ammessa   senza    un'  esame  ulteriore  . 

Il  Sig.  Vogel ,  prosiegue  1'  A.  ,  ha  esaminato  1'  influenza 
del  calore  sul!'  amido  mescolato  all'  acqua  sottoponendolo 
all'  ebullizione  con  questo  liquido  per  lo  spazio  di  quattro 
giorjii  di  seguito  .  Il  miscuglio  divenne  fluidissimo  j  per  mezzo 
del  filtro  si  separò  un  liquido  ,  il  quale  dopo  essere  stato 
svaporato  presentò  una  mucilagine  densa,  ed  amara,  la  quale 
non  aveva  il  più  piccolo  gusto  zuccherino  .  L'  amido  restato 
sul  filtro  resisteva  all'azione  dell'acqua  bollente  e  presentava 
una  massa  cornea   durissima  (a)  . 

Il  Sig.  KirchofF  in  questi  ultimi  tempi  ha  scoperto  che 
aggiungendo   il    glutine  secco   polverizzato  ad   una  quantità 
doppia  di  amido  ridotto  allo  stato  di  colla ,  e  facendoli  di- 
gerire per   10.  o   la.  ore  ad  una  temperatura  di   5o°.  a  yS". 
cent.  ,  quesl'  ultimo   in  parte   si  convertiva  in  zucchero.  Un 
tal  risultato   per   se  stesso  interessantissimo  ,  ma    le  di  cui 
circostanze  non  erano  state  sufficientemente  determinate  ,  por- 
tò questo  chimico  ad  ammettere ,  che  la  trasmutazione  dell' 
^mido  iij   zucchero   nella   germinazione      è    prodotta    unica-; 
mente   dal  glutine  ,    e  per    escludere   la  spiegazione  di  quel- 
li ,  i  quali  prima   delle  sue  osservazioni  avevano   attribuito 
*    questo  cambiamento  all'influenza  del  gas  ossigeno  sulla   ma^ 
teria  farinacea  ,  il  Sig.  Kirchoflf  appoggia  la  si|a  opinione  col 
dire    che    1'  amido   solo   posto  in   circostanze  favorevoli  all^ 
germinazione  non  dh  origine  affatto    allo  zucchero  .  Ben  di- 
versi però  sono  i  risultati  che  il  nostro  A.  ha  ottenuti  dalle 
sue  sperienze  :  esse  provano  che  1'  amido  solo  mescolato  all' 
acqua  ed  abbandonato  a  se  stesso  forma  dopo  un  certo  tempq 


(a)  Ann.   de  china.  LXXXJI. 


Sulla  Decomposiz.  dell'  Amido       229 

una  quantità  considerabile  di  zucchero  ,  e  che  lia  molti  rap- 
porti con  quello  che  il  Sig.  KirchofT  ha  ottenuto  per  mezzo 
dell'acido  solforico.  Questa  decomposizione  spontanea  doli' 
amido  mescolato  all' acqua  somministra  ancora  altri  prodot- 
ti ,  le  di  cui  proporzioni  variano  secondo  molte  circostan- 
ze,  eh' è  ben  difficile  di  poter  determinare.  Egli  ha  istituite 
queste  sperieaze  non  solo  sull'  amido  del  froraento ,  ma  an- 
cora su  quello  dei  pomi  di  terra  ^  noi  tralasciando  il  mi- 
nuto dettaglio  ci  contenteremo  di  esporne  i  risultati  ,  tal 
quali  si   trovano  riuniti   al    fine  della  sua    memoria. 

J3  L'  amido  ridotto  per  mezzo  dell'  acqua  allo  stato  di 
»  colla  ,  ed  abbandonato  alla  sUa  decomposizione  spontanea 
i>  ad  una  temperatura  fra  i  20"  e  2 5*.  produce  tanto  col 
n  contatto  dell'aria  ,   quanto  senza  questa  influenza  , 

i3  1°.  Una  specie  di  zucchero  simile  a  quella  ,  che  si  ottiene 
ìi  colla  stessa  fecola  per  me^zo  dell'acido  solforico  allun- 
»  gato  ,  e   di    temperatura    maggiore  . 

w  2°.  Una  specie  di  gomma ,  che  ha  un  gran  rapporto  Col 
n  principio  gommoso   dell'  amido  torrefatto  . 

3>  3°.  Una  sostanza  che  ho  distinta  sotto  il  nome  di  ami' 
$3  dina,  (a)  e  le  di  cui  proprietà  sono  intermedie  fra  quelle 

(«)  Per  purificare  V  amidiua,  si  lava  con  una  pìccola  quantità 
ili  acqua  fredda  dopo  averla  ridotta  in  polvere  ;  si  fa  quindi  scio- 
gliere iieir  acqua  bollente  ,  e  si  filtra  la  soluzione  dopo  il  suo  raf- 
freddamento .  Disseccata  di  nuovo  1'  amidina  si  presenta  in  fram» 
menti  bianchi  ,  opachi  ,  ed  irregolari  ,  o  sotto  Y  apparenza  d'  una 
sostanza  gialla  pallida  ,  semitrasparente  ,  e  frial)ilissima  .  L'  acqua 
scioglie  r  amidina  in  tutte  le  proporzioni  ad  una  temp.  di  circa  60.0 
La  decozione  può  essere  concentrata  per  mezzo  dell'  evaporazione 
fino  al  punto  di  contenere  il  quarto  del  suo  peso  d'  amidina  in 
Soluzione  senza  intorbidarsi  ,  0  senza  convertirsi  in  pasta  ed  in 
gelatina  col  raffreddamento  i  ciò  che  non  ha  luogo  sull'  amido  . 
Allorché  la  soluzione  d'  amidina  è  più  concentrata  ;  essa  in  parte 
si  precipita  col  raffreddamento  in  una  sostanza  bianca  ed  opaca  ; 
ma  qest'  ultima  si  discioglic  presentando  un  liquido  trasparente  ad 
tma  temp.  di    600:  sotto  questo  rapporto  si  a/iprossima  all'  inulina  - 

La  'soluzione  acquosa  d'  amidina  fatta  a  freddo  si  colora  hi  bli^ 


a3o  Scienze 

s>  dell'  amido  ,  e   della  gomma  precedente  . 

j>  4".  Una  sostanza  che  si  avvicina  al  legno  per  la  sua 
»  insoliibllitk  nell'  acqua  bollente  ed  in  molli  acidi  ;  ma  es- 
s»  sa  partecipa  della  natura  amidacea  colorando  in  porpora 
j»  la  soluzione  acquosa  dì  jodo  . 

3>  La  decomposizione  spontanea  dell'amido    somministra 
»  ancora   altri   prodotti  ;  ma    la  loro   presenza  ,  ed  il   modo 
3>  della  loro   formazione    sono    subordinati    all'  azione  o  alla 
s>  mancanza  dell'aria  atmosferica  nel  tempo  della  fermentazione. 
j>  Allorché   questa  decomposizione  si  fa  col  conlatto  dell' 
»  aria  ,  1'  amido  dà  origine  ad  una  gran  quantità  d'  acqua  , 
33  nella  quale  il  gas  ossigeno  atmosferico  non  entra  come  prin- 
3>  cipio  costitutivo  .  Formasi  del  gas  acido  carbonico  ,  il  di 
3>  cui  ossigene  appartiene  all'aria  atmosferica.  L'amido  de- 
si pone  ancora  in  questa    circostanza    del  carbone  ,  il  quale 
«  non  si  separa  che  imperfettamente  ,  e  che  annerisce  tutti 
j>  i  prodotti  dell'  operazione  .  Il   gns   ossigeno  non  è  assorbito 
33  che  per  formare  il  gas  acido  carbonico,  come  si  è  detto. 
M  II  peso  del  residuo  secco  della  decomposizione   dell'  amido 


col  jodo  ,c  presenta  non  qicsto  rcn^5;ent5  tiUl'  i  caratteri  dell'  ami- 
do :  il  sotto  acetato  di  piombo  la  coagula  in  una  pasta  bianca  ,  ed 
opaca  ;!'  acqua  di  barite  1'  intorbida  abhondaatemente  . 

Le  Soluzioni  acquose  di  [lotassa  sciolgono  1'  amidina  ;  queste 
combinazioni  sono  fluidissime  ,  e  non  si  presentano  nello  stalo  vi- 
scoso ,  e  filante  dell'  amido  .  Gli  acidi  deboli  precipitano  1'  amidina 
con  tutte  le  sue  proprietà  .  L'  alcool  ancora  vi  produce  un  preci- 
pitato abbondante  ;  ma  quest'  ultimo  ritiene  una  certa  proporzione 
d'  àlcali  ,  il  quale  fa  che  1'  amido  precipitato  non  si  colori  in  bliji 
col  jodo  ,  se  non  quando  vi  si  aggiunge  un  acido  . 

L'  amidina  differisce  dunque  principalmente  dall'  amido  in  ciò 
che  r  acqua  fredda  può  scioglierla  ,  in  ciò  che  non  forma  gelatìna 
coli'  acqua  bollente  ,  nò  combitiazioni  viscose  con  le  liscie  di  po- 
tassa -  I  caratteri  che  la  distinguono  dal  principio  gommoso  nominato 
souo  :  I.  di  non  essere  solubile  ncll'  acqua  fredda  in  tutte  le  pro- 
porzioni; 2.  di  colorire  in  blu  la  soluzione  acquosa  di  |odo  ;  3.  di 
formare  coli'  acqua  una  soluzione  ,  la  quale  è  coagulata  d^l  sotto  . 
"acetato     di  piombe  . 


Sulla  Decomposiz.  dell'Amido         a3i 

3»  al  contatto  dell'  aria  pesa  meno  dell'  amido  impiegato  . 
3j  La  sottrazione  del  carbonio  operata  dall'  aria  non  entra 
w  che  per  poco  in  questa  perdita  ,  la  quale  è  dovuta  quasi 
w  unicamente  all'acqua  formata  dall'amido  ,  e  la  quale  sì  di- 
»»  spone  in  vapori. 

»  Allorché  ha  luogo  la  decomposizione  spontanea  senza 
»  il  con  latto  dell' aria  ,  l'amido  non  forma  acqua  ,  sviluppa 
1»  una  piccola  quantità  di  gas  acido  carbonico ,  e  di  gas  idro- 
>i  geno  puro  o  quasi  puro  .  Non  depone  carbonio  .  11  peso 
j»  del  residuo  di  questa  fermentazione  dopo  il  disseccamento 
n  alla  temperatura  dell'  acqua  bollente  si  è  trovalo  nelle  mie 
M'sperienze  eguale  al  peso  dell'amido  impiegato  alla  stessa 
33  temperatura  :  ma  siccome  non  ho  tenuto  conto  né  della 
w  perdita  che  ha  subito  per  lo  sviluppo  del  gas  acido  car- 
w  bonico  ,  né  di  quella  che  ha  provata  per  la  sua  decora- 
3ì  posizione  in  un  lungo  diseccameuto  al  contatto  dell'  aria  , 
w  mi  sembra  probabile  che  1'  amido  nella  sua  fermentazione 
3j  senza  questo  contatto  fissi  o  si  appropri!  in  piccola  quan- 
3ì  tità  gli  elementi    dell'  acqua  , 

"  Le  mie  sperienze  senza  l' influenza  dell'  aria  non  sono 
3j  state  né  abbastanza  prolungate ,  né  abbastanza  ripetute  per 
31  indicare  se  la  sua  presenza  aumenti  la  quautilà  dello  zuc- 
33  chero  ;  i  loro  risultati  a  questo  riguardo  sono  stati  diver- 
33  si  .  E'  probabile  che  1'  aria  la  diminuisca  distriigjjendo  tut- 
33  ti  i  prodotti   dell'  operazione  . 

«  La  conversione  dell'  amido  in  zucchero  coli'  inler- 
«  Tento  del  glutine  nello  spazio  di  alcune  ore  ,  e  per  niez- 
«  zo  dì  una  temperatura  elevala  ,  sommiuistri  dei  prodotti 
«  zuccherini  ,  e  gommosi  ,  i  quali  dilFeriscoiio  d  ille  sostanze 
«  ottenute  nella  precedente  operazione,  in  ciò  eh' essi  danuo 
«  coli'  acqua  soluzioni  nelle  quali  la  decozione  di  noce  di 
«  galla  indica  con  precipitati  abbotidanti  la  presenza  della  so- 
«  stanza  glutinosa.  Questo  principio  dà  al  prodotlo  zuccheri- 
le no  altre  proprietà  distintive  mollo    rimarchevoli .  Si    genera 


a5a  Scienze 

ce  di  ppiù  nella  colla  d'amido  mescolata  al  glutine  un  acido  ^ 
«  che  noa  si  manifesta  affatto  nella  fermentazione  dell'  amido 
«  solo  ,  e  che  sembra  dovuto  esclusivamente  alla  fermen- 
tc  tazioQS  del  glutine  .  D'  altronde  la  decomposizione  spen- 
te tanea  dell'  amido  senza  il  contatto  dell'  aria  ,  e  quella  che 
«  si  fa  coli'  intermezzo  della  sostanza  glutinosa  hanno  in  ge- 
«  nerale  caratteri  simili  .  Il  glutine  unendosi  all'  amido  non 
c<  sembra  che  accelerare  una  decomposizione  ,  che  questo 
ce  avrebbe  subito   più  tardi  senza  tale  influenza  . 

ce  Fourcroy  ha    distinto   alcune   operazioni    chimiche  , 
«  nelle   quali   si   forma  lo    zucchero ,   sotto  il   nome  di  fet'" 
ce  mentaiione  zuccherina  .   Egli  avea  principalmente  fondato 
«e  questa  distinzione   sul    gusto    zuccherino  ,    che    prendono 
te  molli  frutti  colla   cottura  ,   e  sulla    formazione   dello  zuc- 
te  chero  nell'  atto  stesso  della   vegetazione  e  dell'  animalizza> 
ee  zione  ',  ma    il   primo   risultato ,    quello    del    sapore  ,    era 
et  troppo  indeterminato,   ed  il  secondo  non  si  adattava  al  nome 
te    dì   fermentazione    ,  che     suppone  l' atto     di     un     moto 
•e  spontaneo  ,    ed  intestino     in  sostanze   vegetabili  o  animali 
t<  disorganizzate  ,  e  prive  di  vita  :   cosi  una  tale  distinzione 
e«  non  è  stala  adottata  .  Ma   poiché  noi   vediamo  con  effetti 
te  precisi ,  che   la    formazione  dello  zucchero  ha    luogo    nel 
re  senso   il  più    strettamente  attaccato   alla   parola  Jermenta- 
t«  zione  ,  conviene  distinguere    quest'    ultima,    e  porla  pri- 
ce  ma  di  tutte  le  altre  conservandole  il  aome  di  fermenta" 
n  zione  zuccherina  . 


a33 


Estratto  d'  una  lettera  del  Sig.  Liicas  figlio  al  Sìg.  Arago 
da  Messina  li  3i  luglio  i8ig.  (i) 


F. 


ra  gl'incrostamenti  salini  di  diversa  natura,  che    tapai- 
iauo  le  pareti  o  coprono  il  fondo  del  cratere    di   Vulcano, 
ve  n' è  uno  che  per  la  sua  bianchezza  lucente,  e  per  la  sua 
estrema  leggerezza  ha  sopratutto  attirato  la  nostra  atttenzt«- 
ne  .   Si-  trova    più  particolarmente  sul  fondo  e  nelle  parti  pi4 
calde  ,  laddove  da  numerose  fessure  si  sviluppano  quasi  con- 
tinuamente   vapori  acquosi  appena  visibili  .  Quest'  incrosta- 
tnenti  salini    sono   qualche  volta  imbrattati  ,  e  di  rado  me- 
•colati  allo  zolfo  nativo  .  Hanno  ordinariamente  uno  a  due 
Centimetri    di    grossezza ,  e  3.    o  4-  decimetri  di  superficie. 
Il  loro  tessuto  è  piuttosto  scaglioso  che  testaceo ,  e  qualchd- 
volta  fibroso  .  La  finezza  e  la  morbidezza  delle  piccole    la- 
mine perlacee  ,  e  leggere ,  che  li  compongono  unite  al  loro 
tapore  urt  poco  acidetto   mi  avevano  fatto  congetturare  che 
quest'  incrostamenti  fossero    formati   di  acido    borico  .    Utt 
tal  sospetto  si  è  cambiato  in  certezza  dopo    le  prove  ,  alle 
quali    gli  ha  sottoposti  D.  Gioacchino  Arrosto  farmacista   di 
questa    città  (Messina),    il  quale  possiede  cognizioni  mol- 
to estese  in  Fisica  ,  ed    in  Chimica  ,  Fra  i  poco  numerosi 
luoghi  in  cui  si  trova  l' acido  borico  libero  o  nativo  si  può 
dunque  aggiungere  il  cratere  di  Vulcano  . 

(i)  Ànnal.  de  chim.  et  phys  .  Àout  iSig.  } 


254 


ARTI 


BELLE       ARTI 

Ricerche  sullo  stato  delle  Belle  Arti  ai  tempi  d'Omero  ,  del 
cavaliere  conte  Niccolò  Fava  Ghisilieri .  Bologna  dalle 
stampe  di  Annesio  Nobili   i8i8.  (*). 

JLl  Fraguier  nel  1709.  lesse  nella  R.  Accademia  di  Parigi  una 
Dissertazione ,  nella  quale  cercò  se  le  Belle  Arti  fossero  o  no 
precedute  dalla  Poesia.  Toglie  l' A,  a  dilucidare ,  per  quanto 
egli  afferma  ,  la  detta  Dissertazione  .  Vuole  il  Fraguier  die 
la  Pittura  fosse  la  primogenita  ,  indotto  a  ciò  dallo  scudo 
d'  Achille  ,  dai  tela]  d'  Elena  ,  e  di  Andromaca  ,  dal  peplo 
lavoro  delle  Fanciulle  Sidonie  presentato  dalle  Trojane  a  Mi- 
nerva ,  dal  cinto  di  Venere  ,  e  da  altre  descrizioni  imita- 
trici della  Pittura  ,  la  quale  perciò  è  da  credere  che  esi- 
stesse innanzi  Omero  ,  e  fors'anche  innunzi  l'eccidio  di  Troia  . 
Il  Goguet ,  che  sta  per  la  contraria  sentenza  ,  risponde  5  non 
esservi  alcuna  prova  ,  che  i  mentovali  ricami  avessero  de- 
gradazione di  colori  ;  e  quanto  allo  scudo  d'Achille,  risponde 
che  la  diversità  de'  colori  egiegiamenle  si  spiega  o  per  mezzo 
dell' azione  del  fuoco  sopra  i  metalli,  o  per  mezzo  della  loro 
mescolanza  ,  L'  A.  prima  di  trattare  1'  argomento  si  butln  su- 
bito al  partito  del  Fraguier  ,  non  tanto  per  elezione  ,  quanto 
per  necessità  ;  giacché  egli  tiene  per  fermo  che  =  Non  era 
33  possibile  (  è  questo  il  suo  linguaggio)  a  Omero  ,  benché  do- 


(•)  Fascicoli  Letterarj  Bolognesi .  Fascicolo  I.  Opuscolo  111.  Fa- 
scicolo Illi  Opuscolo    II. 


BELLit  Arti  235 

3>  tato  della  iuimaginazione  la  più  viva,  e  la  più  pittoresca 
»  il  descrivere  ,  com'  ei  fece  ,  le  produzioni  varie  delle  Ar- 
„  lì ,  ove  non  ne  avesse  avuto  soli'  occhio  un  qualche  non  igno- 
»  bile  modello  =.  Come  se  ignobile  fosse  il  modello  ,  o  a 
parlar  propriamente  ,  1'  esemplare  che  al  nostro  sguardo  pre- 
senta tutto  di  la  bellissima  natura  ,  e  l'animo  nostro  riem- 
pie di  diletto  .  Lascio  volentieri  di  dire  che  l' A.  non  prova 
l' impossibilità  che  afferma,  e  la  quale  sciorrebbe  certamente 
il  nodo  .  Avvertirò  piuttosto  che  essendo  egli  convinto  dell' 
impossibiltà  anzidetta  ,  era  inutile  che  disputasse  poscia  ,  se 
le  Belle  Arti  esistevano  innanzi  Omero  .  Ni  uno  metterà  in 
contrasto  che  il  tutto  sia  maggiore  di  ciascheduna  sua  parte  ,  - 
e  che  due  quantità  uguali  ad  una  terza  ,  uguali  siano  an- 
che tra  loro  .  L'  A.  ciò  non  pertanto  s'  intromette  nella  di- 
sputa ;  ma  per  vero  dire  ,  senza  aggiunger  nulla  agli  argo- 
menti del  Fraguier  ,  e  senza  farsi  incontro  con  nuove  rispo- 
ste a  quelli  del  Goguet . 

Quando  egli  poi  in  progresso  delle  Ricerche,  introdu- 
cendo ,  per  così  esprimermi  ,  una  sentenza  media  concilia- 
trice di  pace  ,  conchiude  di  questo  modo  =r  o  è  gioco  forza 
»  il  negar  tutto  ,  o  per  poco  che  ammettasi  ,  è  indispensa- 
«  bile  il  confessare  che  un  qualche  genere  di  Pittura  si  pra- 
"  ticasse  anche  prima  di  Omero  =:  eccita  una  nuova  conte- 
sa ,  lasciando  intatta  la  prima.  La  nuova  contesa  è:  qual 
genere  dì  pittura  esistesse  ai  tempi  d' Omero  ?  Dove  ben  si 
comprende  »  che  1'  A.  co'  vocaboli  qualche  genere  ha  inteso 
di  significare,  comechò  non  esattamente,  una  pittura  imper- 
fetta ,  la  quale  non  lascia  perciò  d'  essere  pittura  ;  essendo 
evidente  che  V  imperfezione  delle  cose  non  cangia  il  loro 
genere  .  11  gobbo  ,  a  cagion  d'  esempio  non  lascia  d'  esser 
uomo  per  la  sua  deformità  .  È  da  commendarsi  l'A.  che  cer- 
chi ,  siccome  fam.o  tutte  le  persone  dabbene  ,  di  unire  iu 
buona  armonia  i  dijcordanti  parliti  ;  ma  diflScilmenta  potrà 
ottenere  questa  volta  l'intento  s  ^jiercUò  egli  alla  fin  fine  ac-' 


*tZ6  Nei  Tempi  di  Omero 

corda  il  trionfo  alla  pittura ,    e  le  toglie  soltanto  1'  avvenen- 
za ,  di  che  né  essa  ,   né  i  suoi  partigiani   saranno    lieti  . 

Dopo  le  cose  scritte  intorno  a  questo  argomento  dai 
sopra  mentovati  due  Autori  ,.e  dal  Blakvell  ,  e  da  Madama 
Dacier  ,  e  forse  da  quanti  hanno  parlato  di  Omero  ,  mi  si 
permetterà  di  usare  del  mio  diritto  manifestando  io  pure  il 
parer  mio  .  Non  isciorrò  io  gih  la  contesa  ,  perciocché  noa 
sono  da  tanto ,  ma  dimostrerò  che  Omero  non  ebbe  d'  uo- 
po della  Pittura  per  divenir  si  gran  poeta  .  L'  immagine  degli 
oggetti  riflettuti  si  dall'  acqua  ,  che  dallo  spechio  sembra  di 
rilievo  uè  più  né  meno  degli  oggetti  medesimi ,  quantun- 
que rappresentati  in  piana  superficie.  Da  ciò  é  probabile  che  gli 
uomini  5'  invogliasseso  di  ottenere  lo  stesso  effetto  da  un  pia- 
no opaco  per  mezzo  dell'  arte  che  distribuisse  sopra  di  es- 
so i  colori  e  il  chiaro-scuro  ,  prendendo  regola  dalla  diver- 
sa quantità  della  luce  ,  che  per  le  diverse  forme  de'  corpi 
«gli  occhi  nostri  perviene  .  Ma  se  tanto  immaginar  potea 
ogni  uomo  prima  di  pingere  ,  perchè  non  potè  immaginar- 
lo Omero  prima  di  descrivere  coli'  ajulo  massimamente  de- 
gli specchj  ;  essendo  fuor  d'ogni  dubbio  che  questi  v'erano 
ai  suoi  tempi  ;  anzi  pure  ai  tempi  di  Mosè  ,  il  quale  ne 
fa  menzione  al  Cap.  38.  i'.  8.  dell'  Esodo  ,  ragionando  dei 
regali  fatti  dalle  pie  donne  all'  Arca  di  Dio  :  Fecit  et  laba- 
«  rum  ceneum,  cum  basi  sua  de  speculis  inulierunif  quce  excu* 
babant    in    ostia    Tabernaculi  « 

Siami  qui  permessa  una  breve  ,  ma  forse  non  al  tut- 
to inutile  digressione  .  Tanl' è  :  un'idea  risveglia  1'  altra  . 
Qualunque  oggetto  riflettuto  dallo  specchio  non  è  che  una 
grandezza  lunga  e  larga  ;  che  è  quanto  dire  una  superfi- 
cie .  Tale  è  anche  1'  ombra  accanto  alla  luce .  Il  confine  fra 
questa  e  quella  non  è  né  ombra  ,  né  luce  ;  é  dunque  una 
lunghezza  priva  di  larghezza,  ossia  una  linea  .  La  lungliez- 
M   ha    il  suo  termine  privo  di  qu.ilunque  dimensione,  eppu- 


Belle  Arti  237 

re  esistente ,  e  questo  è  il  punto  .  Le  idee  pertanto  della 
superficie  ,  della  linea  e  del  punto  ,  che  sono  astratte ,  pos- 
sono agevolmente .  spiegarsi  agli  studenti  in  concreto  per  age- 
volar  loro  1'  intelligenza   de'  principi  della  geometria  . 

Nell'ombra,  come  pure   nella  luce  confinante  coli' om- 
bra ,  abbiamo  l'idea  della  semplice  superficie  ,  ma  nell'  acqua , 
e  negli  specchj  1' abbiamo  della   superficie   unitamente   a  tut- 
te  le   qualità   estrinseche    degli    oggetti  rappresentati .  E  nel- 
le  camere   ottiche  ancora  non   si   veggono  forse  le  forme  de' 
corpi  ,   ì    colori  ,  e    la  loro  degradazione  ?  Quanto  è  bello  il 
mirare    uno    spazio     immense   di  mare  ,  di    terra  ,    di    cielo 
impicciolire    all'  impero   dell'  arte ,  e   raccogliersi   talvolta    in 
un    palmo    di   cristallo   renduto  opaco  con   si    esalta  propor- 
zione   da    non    esservene  altra  che   possa    uguagliarla  !  Ed   a 
cui  non  farà    sorpresa    che  la  sola    superficie  tutta  abbia  l'ap- 
parenza  de'  solidi  ?  Come   per  1'  esempio   dell'  infelice  Nar- 
ciso  si    fa    manifesto  ,  il    quale   arse   di   una    bellezza  ,  che 
priva    di    corpo  potè    ingannarlo   e    trarlo  di    senno  ,  e    con- 
yertirlo  in   fiore  ,  ma    non    corrispondergli  . 

,,   Dumque  bibit  visae  correptus  imaglne  fermas 

„  Spem  sine  corpore  amat  :  corpus  putat  esse  quod  umbra  estr 

„   Obstupet  ipse  sibi ,  vultuque  immotus  eodem 

„  Hxret  ,  ut  e  patio  formatum  marmore  signum  ! 

Ov.  Mefciin  L.  3.  f.  4ig 
Che   pili  ?  nell'  acqua  ,  non   meno   che  negli   specchj  ,  e  nel- 
le   camere  ottiche    si  vede   il   moto  della  sola  superficie  ;  il 
passaggio  di   uomini ,  e  di   bestie  ,  il  ballo ,  gli  arbori    agi- 
tati dai   venti  ,  ec. 

Torno  per  poco  alle  ricerche  noti  senza  rincrescimento 
di  abbandonare  Narciso  ,  ed  il  suo  pietosissimo  Cantore  .  Ci- 
cerone alla  quinta  delle  Tuscplane  quistioni  ha  così  «  Tradì- 
ditum  est  Homerum  coecum  fuisse  :  et  ejus  pìcturam  ,  non 
paesini  videmus  .  Quce  regio  ,  quce  ora  ,  qui  tocus  Grce- 
fice  ,  quce  species  fornice  ,  quce  acies  ,  quod  rernìgium ,  cui 


jt38  Nei  Tempi  di  Omero 

tnotus    animorum ,  qui  ferarum  non  ita   expictus    est  ,  ut 
quce   ipsc  non   viderit  ,  ut   videremus  ejficeret  „  Il  Yolga- 
rizzameiito  dell'  A.  (fatto ,  penso  io ,  per  comodo  di  que'  let 
teraii     che  ignorassero   la  lingua  latina)  è  questo  .  Più    che 
te  i    versi,  dice   il  gran  Tullio,    noi    ne  vediamo  la    pi  tia- 
ra «  No ,  non  è  il  gran  Tullio  che  favellasse   in   tal  guisa  . 
Egli    disse  «  at  ejus  picturam  ,   non  poesim  videraus  «    sa- 
blime    mauiera     di    esprimersi   per   significare  ,  essere   a  tal 
segno    viva    la    pittura    che  si  vede  ,    da    non   lasciare    che 
si  ponga  mente    alla  Poesia   che  si  ascolta .   La  particella  at 
per  lo  siile  di  Tullio  divenne  un  sentìmaato .  Aggiunge  1'  A. 
al  restante  della    traduzione  1'  avverbio   imperciocché  «  Im- 
«  perciocché  qual  regione ,  quali  spiagge  ec.w  ,  senza   accor- 
gersi che  l'avverbio  fu  giudiziosamente  taciuto  per   non  aver 
intoppo  che  il   rattenesse  dalla   spedila  interrogazione  degna 
di  lui  ,   perchè    non  aspetta  ,    ma    contiene  la   risposta  . 

La  quistione  qual  fosse  la  prima  a  nascere,  se  la  Poe- 
sia o  la  pittura  ,  suppone  essere  infallibile  che  nascessero 
in  tempi  diversi  j  ma  quale  sicurezza  abbiam  noi  di  ciòi'  E' 
forse  impossibile  che  siano  gemelle  ?  massimamente  se  si 
consideri  che  bellissime  sono  ambedue ,  che  ambedue  produ- 
ducono  gli  stessi  elFt-tti ,  che  ambedue  si  amano  ardentemente , 
e  che  tanta  somiglianza  passa  fra  loro  ,  come  appunto  fra 
due  figli  dello  slesso  parto  ?  Io  non  dimostrerò  già  che  la 
cosa  sia  cosi  ;  ma  né  anche  vi  sarà  alcuno  che  dimostri  il 
contrario .  Ciò  essendo  :  perchè  delle  due  ipotesi  non  dovrà 
accarezzarsi  quella  che  toglie  per  sempre  o^ni  occasione  di 
rivalità  ,  e  dissidio  fra  due  sì  care  sorelle  ,  ed  anche  fra 
partigiani  delle  medesime  ,  i  quali  potrano  determinare  il 
lodevole  loro  ozio  a  pili  utili  indagini  ?  Sarei  quasi  per  dire 
che  il  bisogno  in  cui  sono  le  due  sorelle  di  soccorrersi  a 
vicenda  ,  fa  loro  una  necessità  di  esser  gemelle  .  Potrebbe 
credersi  che  Orazio    accordasse    la    preesistenza    alla    pittura 


Belle  Arti  aSg 

quando  disse  «  ut  pictura  poesis  erit  «  e  che  Plutarco  ex 
Sìmonide  fosse  del  mio  parere  allorché  scrisse  ce  Picturam  esse 
ce  Poesim  loquentem  ;  poesim  autem  tacitam  picturam  ce  ^ 
il  che  pure  lasciarono  scritto  Platone,  ed  Aristotile  .  Se  In 
pittura  è  una  poesia  che  parla  ;  e  se  la  poesia  è  una  pittura 
che  tace  ,  non  si  potrà  mai  dubitare  che  non  ricevessero  am- 
bedue l'esistenza  nel  punto  stesso  . 

Se  nelle  RicercJie  non  posso  lodare  né  1*  ordine  né  Io 
stile  ,  né  la  critica  ,  né  alcuna  nuova  scoperta  ,  non  é  per- 
ciò eh'  io  non  reputi  lodevole  in  esse ,  e  nelle  Note  «he  ne 
formano  il  corredo  ,  la  molta  erudizione  del  nobile  A.  ,  e 
la  sua  fatica,  ed  i  sudori  da  lui  sparsi  nello  svolgere  non 
pochi  volumi  .  Rimarrebbe  alcuna  cosa  da  dire  intorno  ad 
alquanti  altri  punti  delle  Ricerche  ;  ma  nel  momento  ,  tale 
mi  prende  un  languore  ,  che  mi  fa  cadere  dalle  dita  la 
penna  .  Forse  di  nuovo  la  stringerò  u»  .giorno  a  miglior 
agio  ,    ed    a  forze  riprese. 

Porrò  flne  con  due  avvertimenti  pe'  giovani  ,  ad  istru- 
zione de'  quali  singolarmente  vuoisi  diriggere  la  Critica  :  di 
astenersi  dal  mettere  in  campo  le  antiche  ,  né  mai  sciolte 
quistioni  ,  senza  sciorle  ,•  e  dall'  aggiunger  dubbj  alle  qui- 
stioni  stesse  .  Nel  primo  caso  non  si  fa  che  replicare  iu 
altri  termini  le  cose  già  dette  .  Nel  secondo  non  si  fa  che 
avanzare   vie  più  nella  scienza  funesta   deil' ignoranza  , 

Vincenzo  Avv.  Degli  Antoni 


a?Jo 


Pittura  —  Basiletti  (  Luigi  )  Bresciano  .    (i) 


Ri 


.itorniamo  a  ragionare  volonterosamente  di  questo  Ma<r 
atro,  il  quale  ha  condotto  col  suo  solito  valore  il  ritratto  di 
Cesare  Arici  illustre  poeta  italiano  e  professore  di  belle  let- 
tere nel  Liceo  di  Brescia  sua  patria,  e  lo  ha  al  vivo  espresso 
in  mezza  figura  ,  che  non  sì  può  certamente  far  meglio  . 
V edesi  aver  voluto  egli  imitare  lo  stile  del  Morene  ,  il  qua- 
le senza  sforzo  di  contraposti  ,  oltre  la  facilità  di  pennel- 
lo e  verità  di  colorito  ,  diede  a'  suoi  ritratti  mossa  na- 
turale ed  espressibne  cosi  propria  ,  che  vivi  e  non  dipinti 
rassembrano  .  Ed  in  ciò  pare  aver  egli  fortunatamente  riu- 
scito .  Perchè  la  incarnazione  è  tanto  naturale  ,  e  sapientemen- 
te condotta  ,  che  si  direbbe  come  vera  :  oltre  a  ciò  il  dise- 
gno è  puro;  e  nel  vestirlo  ha  tratto  profitto  l'Artefice  dal- 
la tega  ,  che  indossano  i  professori  in  sulle  cattedre  ,  tale 
che  coprendo  questa  nostra  meschina  foggia  di  vestire  mo- 
derno ,  la  quale  riesce  cosi  ingrata  e  ridicola  in  tutte  le 
arti  del  disegno  ,  ha  donato  il  ritratto  di  molta  dignità  .  E 
avesse  egli  potuto  lassare  da  b^nda  le  biancherie  del  collo, 
e  mostrare  questo  ignudo  ,  come  T  opera  avrebbe  acquistato 
assai  più  di  bellezza  !  Ma  tale  è  la  condizione  dei  presentì 
artefici  ;  che  dovendo  servire  alle  costumanze  dei  tempi  , 
ne'quali  le  foggie  degli  abiti  sono  povere,  anzi   miserabili. 


(i)  Nel  precedente  quaderno,  ove  si  parla  del  quadro  della  S. 
Earosia  condotto  da  questo  Artefice  ,  e  o»c  si  dice  che  il  soldato 
misura  il  colpo  al  collo  della  sunta  viirgi'  e  ,  leggasi  alle  mani 
di  lei ,  tale  essendo  stata  la  natura  del  suo  martirio  ,  che  le  fu- 
rono troncate  le  mani . 


Pittura--Basiletti  «41 

non  sì  possono  essi  prevalere  della  nobilA  ,  che  aggiunge  a 
uà  ritratto  la  gravità  del  vestire .  Quiadi  è ,  che  debba  dirsi 
degno  di  molta  lode  il  Basiletti  per  avere  almeno  in  part« 
nobilitato  il  suo  lavoro  ,  e  nascosto  Ìl  difetto  ,  di  che  ab- 
biamo parlato. 

Né  tale  merito  suo  è  nuovo  tra  noi  ?  giacché  appua- 
to  pel  ritratto  del  celebre  incisore  Omelia  ,  che  si  conser- 
va nella  raccolta  de' quadri  in  S.  Martina,  e  per  altre  su, 
grandi  opere  di  storia, fu  egli  nomioat»focio  di  merito  dell' 
intigne  accademia  di  S»  Luca. 


G.  A.  To.  IV.  ,6 


,4,  Varietà' 


De  AqD«aacta    Facini  Elcijia  Via.entii  uncini  , 

E,t  lucili  ausonie»,  sacro  qui  nomine  dictut 

Fucinus   (0  ,  et  .ilreas  syha  coronat  a^juas . 
Gurgite  par  pelago  (.)  contermina  prcedia  ruptis 

Occupat  ag^eribus  fiucìibus  undimgis  - 
Quis  numerare  queat  tristisùma  ,  qua:  tuht  «f«*. 

Aurea  (3) ,  q:i(^qu^  no^«  *«'<'"^"  progenie 
Damma  pati  cogit  crudclior  Ennosiga^o  (4) 

Fucinus  ,  ut  sc^'it  turbidus  onbre  notus  ? 
Vlurima  subm.rsit  ,  rapuitque  Ucentia  sce.a 

Oppida,  cibili   sanguine  cum  maduit 

.^     Mancane   '5").  ct   mcBniu  iraxit;  _ 

Roma  ;  virosque  ,  deosque  ^o; , 

Miscuit  et  tumolos,  miscuit  unda  lares  . 
Fluctus  crai  ,  quo  culla  seges .  quo  compila  ,  et  ara  , 

Hostia  qua  ceoidit  naufraga  et  ipsa  Dei  i 
Cumque  Iris  fruges  ,  pecus  ,  ar.aque  ,  tectaque  mer.a  , 

T^auibus  et  deerant    litlora  Jluctimgis  . 
Clnudius  (6)  -.'frodlt  montem.qua  ^-ertere  pronas 

In  Lirim  (7)  ^ceco  iranùt.  posset  aqua. ^ 
tnpete  sed  magno  prò  telo  cmi.^us  ab  antro 

Fucinus,  a.ersa  fronte,  rccurrUaquu..   (8) 

Pernia  contremwl  rupcs  (9)  ,  ^<'f'"7"«  ''''^''''  ' 
Et  g^mait  trepidis  proxu»«  sjl^ci  comis  . 

Vuclusque  occlusi  c.no  ,  puteique  ,  foresque  , 
Mque  alia  mternis  strenua  forniabus  , 

neslLt  Trajanus  opus  (.0)-  Tum,  gurgite  sicco  . 
Vronior  emissus  ,  qua  data  porla  ,  lacus  ■ 

Atque  ubi  nabatanas,  ubi  Unire  secabat  et  iindas 

mmta  ,  ^isa  no^>o  pabuLa  letta  solo  ; 
Visaque  in  opricis  pubescere  .inm  campis . 

Fundique  oppleto  mar  sica  must  a  lacu  - 
Torrcxlt,u.  uUnus  ramos  ,  quo  fluctus  aquai , 

Explicuitque  noms  annua  terra  comus  . 


Varietà'  a43 

Ordine  sic  verso  farias  natura  Jtguras  , 

Formascfue  oppositas  induit ,  et  specie»  . 
Sed  quid  non  perìmit  senium ,  compage  soluta  ? 

Vertitur  in  nihUum  ^  (fuodfuit  ante  nikil  !  (ii) 
Mortale  est  totttnt ,  tfuod  vivimus  !  obruit  tetat 

Prasteriens  urhes  ,  e*  monumenta  trahit  ! 
Longa  dias  obstruxit  opus  ,  Remeavit  in  oras  , 

Ati^ue  alias  segetes  Fucinus^  afque  alia 
Oppida  demersit^  redeuntihus  in  caput  undis  ^ 

Ruris  et  in  medio  gurgite  traxit  opes  ! 
Quo  prius  Archippei  (ss),  Pennesque  (i3)  ,  et  condita  tecta, 

Aedesque  Angìtim  (i4)  «  piscibus  esca  natat  ! 
linda  tegit  turres ,  ruptisque  electra  columnis  , 

Et  ludunt  fidicce ,  quo  stetit  ara  Jovis . 
Quid  queror  hcec  ?  quo  nostra  rosaria  (i6)  ,  nuper  et  kortus . 

Et  sala  lesta  solo  piscibus  esca  natat 
Tempestate  nova  Jìxique  in  vitibus  hami  , 

Prafaque  ,  pellito  remìge  (i6)  ,  cjmha  terit  . 
Al  mihi  nec  linter ^  cassesque  ,  et  retia  stagni. 

Fallare  nec  pisces  docta  munus  calamo  . 
Nec  tcunen  invideam  cupido ,  qui  morte  parata 

QuiiKjuc  miser  digiti s  ^  quinque  remotus  aquis*.   (17) 
Ali  !  demcns  brcvibus  tcedis  confisus  et  euro  , 

;Vec  vcrilus  liquidum  Jindere  remigibus  \ 
it'.'  igilur  lintres  ,  cymbaique  ,  omnesque  carina  , 

Quas  super  alta  vehit  Fucinus  ,  ile  rates  . 
Ite  procul  :  juga  summa  pctam  ,  quo  nulla  latebit 

Syrlis,  ino^ensum  nec  gru^et  unda  caput; 
Nec  vllcs  florentibus  ufis  ,  mersaque  sasvo 

Gramina  conspiciam  ,  qute  mode  nata  ,  lacu  . 
,'.i.(;  inajorum  quos  merserit  unda,  quotannis 
Maclabo  pecudes  manibus  indigenas  .  (18) 
illia  deductis  nutneris  sub  tegmine  cali 

Matnia  Marsorum  ,  tutus  et  arma  canam  ; 
Nomen  et  unde  venii  populis  (29)  ,  qua  pralia  parte  (i»)  , 
Quove  ducfi  (21),  et  coesa  fotdcra  fucta  sue.  (at) 


244  Varietà' 

Re^esquc  auratix  per  barbara  colla  catenis  , 

Dctenfo.<que  Duces  tiirribus ,  Alba  (aS)  ,  tuis  ; 
Atoìie  alias  ttrbes  memorcm  ,  quas  hausit  hiatii 

Terra,  vd  in  cineres  verterit  ignis  edax  . 
Carta  canam .  Nec  me  monumenta  aliena  morantur  . 

Finibus  in  nosfris  sudet  ,  anhclet  equus  . 
Nec  majora  dubit ,  corrupto  marmare  ,  mendax 

Graecia  ,  t'cl  sacris  ruderibus  Latiwn . 
Vicam  AetcB  prolem ,  quce  mala  ^ramina  primum 

Mostrava  Marsts  ,  anguibus  ut  domitis 
Servarci  tactu ,  vel  cannine  *  .  Sedulus  addam 

QucB  soliti  Jano  menstrua  ,  quoeijiie  Jovi 
Thuru  dare  ;  et  mores  ,  oedesque  ,  et  strata  viarum ,  (24) 

Et  nemus  Angitioe  {ih)  ,  fanaque  Marrubii .  (26) 
iVec  sìleam  ductum  ,  quo  Marsia  fluxit  ad  Urbem 

Frigidinr  giade  lympha  petita  lacu . 
At  prim  is  celebranda  camcenis  ardua  monte 

Altius  c/jTosso   (28)  semita  qua;  patuit  . 
Dicain   commisso    crudeliu  ,  nave  cruenta  , 

Prcdia  nawnachiis  (29) ,  cinctaque  stagna  trabe  ,   (3o) 
Ne  forcf  effugium  miseris  .  Data  pcena  labori 

Sanguine  (3i),  nec  fundo  Fucinus  eluere  (32) 
Tarn  dira  ,  et  rapido  potuerunt  /lumina  (33)  cursu  , 

Tristia  quas  rauco  murmurc  stagna  petunt  . 
Anne  parum  liquidi  ?  misceri  sanguine  gurgcs 

Dibuit ,  ut   tepido  curreret  effluvio  ? 
Reslitit  at  sanie  ,  densoquc  cadavere  primum 

Fucinus  (34)  ;  hinc  Jluxit  ccede  cruentus  aefuis  . 
Mirum  ,  quod  Ccesar  rejìuas   absolverit    undas  , 
Nec    scKvil  Xf'rses  ut  ferus  in  pelagum  .  (36) 
At  tandem  lacrimcB ,  fibrcequc  (36)  ,  et  publica  jussis 

Vicerunt  undis  vota  ,  precesque  Deos . 
Oh*,  utinam  vincunt  hodie .  Tum  thurc  littibo  ^ 
Sertaque  prò  lauro  spicea  fronte  geram . 

N.  B.  Le  illustrazioni  Istoriche  ed  antiquarie  si   darann*  nel 
prossimo    quaderno  . 


Varietà'  a45 


Antonio  (  March.  )  Bolognini  Amorini  :  Dissertazione  intofno  la 
leg%e  Ea  QUA!  3.  del  Cod.  sulle  Allusioni  del  Sig\  Avv.  con- 
cistoricdc  Giuseppe  Alberghini  tradotta  dal  lutino  :  Bologna 
Tipografia  de'  Franceschi  1819. 


oi  nel  I.  Volume  del  nostro  Giornale  pag.  4' 6.  fummo  solle- 
citi d'  inserire  V  Estratto  dell'  erudito  ,  ed  utilissimo  Commentario 
Latino-  Il  Sig.  Marchese  Bolognini  Amorini  già  cognito  per  vari 
gaggi  di  amena  Letteratura  ne  ha  publicata  la  fedele  vorsione ,  per- 
chè le  interessanti  dottrine  ,  ed  istruzioni,  che  vi  si  ammirano,  più 
facilmente  nell'  idioma  volgare  si  diffondano  fra  coloro  ,  che  hanno 
bisogno  di  profittarne  pel  publico  ,  e  privato  vantaggi»  , 


J.I  Ch.  Sig.  Dottor  Gio.  Labus  ha  dato  un  nuovo  Saggio  della 
sua  singoiar  perizia  nell' Aatìqaaria .  Poiché  dalla  Tipografia  di  Gio. 
Giuseppe  de  Stefanis ,  in  Milano ,  ha  te»té  pubblicata ,  e  spiegata 
un'  Epigrafi  antica  nuovamente  scoperta  in  Padoi^a  ,  che  ha  di- 
retta al  suo  prestantissimo  amico  Sig.  Abate  Francesco  Cnnocllieri. 
Essa  fu  eretta  circa  l'anno  288  ,  in  onore  dell'  Imperador  Massi- 
miano da  Attio  Instejo  Tertullo  ,  Correttore  della  Venezia  ,  e  dell' 
Istria .  Non  potea  certamente  illustrarsi  con  maggior  apparato  di 
erudizioue  ,  né  con  critica  più  fina,  ed  esatta.  Gli  esempli  pro- 
dotti della  Lettera  S  elisa;  l'Iscrizione  quasi  gemella,  eretta  a  Dio- 
cleziano nella  stesSa  Città  di  Padova;  un' altra  Jpistografa;  una  più 
lunga  oéienje  ,  con  una  nuora  spiegazione  delle  voci  Corpus  Ma- 
gnarhtrwn ,  indicanti  il  Corpo  di  que'  grossi,  e  ricchi  Mercadanti; 
la  serie  de'  Correttori  della  Venezia,  e  dell'Itali*  corretta  ;  le  pelle- 
grine notizie  intorno  alla  Famiglia  Insteja  ,  e  suU'  uso  della  rasura 
de'  nomi  dalle  Iscrizioni  ,  e  dell'  atterramento  de'  Busti  ,  «  delle 
Statue,  ne'  cambiamenti  de'  Governi  ;  e  finalmente  l'  eleganza  dell» 
stile  ,  renderanuo  quest'  Opuscolo  pregievolissimo  ;  che  quantun- 
que di  sole  23  Pagine,  noi  crediam  sufficiente  a  dare  ogni  diritto 
:il['  Illustre  Autore  di  essere  annoverato  nel  Corpo  degli  Antiquarj 
veramente  Magnarioruin  .  Onoreremo  il  prossimo  quaderno  di  una 
ni  '.noria  Orij^ijalo  ,  che  qvieitd  ilIusCre  ArcheolOjjo  «i  ha  nobil- 
nieuie  coiniautiicata  . 


a46  Varietà' 


La  Divina  Commedia  di  Dante  Alighieri  :  ristampa  della  seconda  Edi' 
zione  Romana  del  P.  Lombardi  :  con  nuove  lezioni  e  note  aggiunte . 
Lo  stampatore  de  Romanis  . 


Vo 


olge  appena  il  secondo  anno  dacché  ponemmo  buon  termine  alla 
Edizione  della  divina  Commedia  ,  la  quilc  sena'  altro  dire  ,  dicesi  del  Pa- 
dre Lombardi  :  e  più  non  ci  è  dato  di  soddisfare  al  desiderio  degli  stu- 
diosi ,  che  mercè  di  quel  famoso  commento  si  molteplicano  di  giorno 
in  giorno  con  molto  onore  della  italiana  letteratura.  Lungi  perciò  dal 
credere,  che  al  rapidissimo  di  lei  andare  per  ogni  dove  del  mondo  ab- 
bia contribuito  la  tipografica  nostra  fatica ,  altro  non  vogliamo  ora  ce- 
lebrare che  il  sommo  Commentatore  ,  e  la  diligenza  degli  Editori ,  i  qua- 
li empirono  la  ristampa  nostra  di  belle  varianti ,  e  di  utili  chiose  ;  al- 
le quali  precipuamente  aperse  campo  il  celebrato  Codice  Caetani ,  che 
dal  suo  Signore  fu  tratto  dalla  oscurità  ,  e  a  noi  concesso  ,  che  metter 
lo  facemmo  in  quella  luce ,  che  meritava . 

E  qui  ci  sia  lecito  di  ringraziare  gì'  illustri  ed  onorati  Socj  della  Ti- 
pografia di  Minerva  in  Padova  ;  che  annunciando  una  ristampa  della 
nostra  Edizione ,  arricchita  anch' essa  di  begli  ed  utili  lavori  ,  ci  degna- 
rono di  lodi  :  alle  quali  corrispondiamo  di  buon  grado  ;  non  perche 
$1  debbano  particolarmente  a  noi  ;  ma  alla  cosa  ,  che  procurammo  con 
tutto  lo  sforzo  della  nostra  fralezza. 

Compiacquersi  gli  uomini  eruditi  di  veder  cadere  per  la  sua  stessa 
mole  queir  edifizio  di  argomenti ,  co'  quali  voleasi  torre  a  Dante  il  pri- 
vilegio della  invenzione  nella  Divina  Commedia  ;  su  di  che  ci  è  parso 
già  vano  ogni  altro  discorso  :  t  assai  nojosa  la  questione  qualora  si 
prolungasse  .  ^ 

Veniamo  ora  dunque  a  far  palese  che  il  Dante  del  Pédre^Lombardi 
abbiamo  divisato  di  ristampare .  E  con  esso  non  solamente  tutìo  quello 
che  ne'  nostri  tre  volumi  si  contiene ,  ma  siamo  ancor  preparati  a  pub- 
blicare le  Piananti ,  che  abbiamo  di  già  tratto  in  gran  parte  dal  famoso 
Codice  Vaticano ,  il  quale  vogliono  che  scrivesse  Messer  Giovanni  da 
Certaldo  di  suo  proprio  pugno  :  Cosa  meravigliosa  a  dirsi  ,  la  quale 
non  dicesi  a  vóto  jNbenchè  i  nostri  Editori  nel  4-<>  volume  della  cita- 
ta stampa  ne  dissentissero.  E  questo  dubbio,  il  quale  va  rampollan- 
do e  si  tien  basso  ,  è  tempo  ornai  ,  che  in  prò  della  Letteratura  o  dia 
frutto  ,  siccome  noi  vivamente  desideriamo  ,  o  sia  schiantato  dalle  radi- 
ci :  il  che  però  vuoisi  che  si  faccia  dal  voto  generale  de'  letterati ,  to- 
sto che  le  varianti  di   quello  Sctittor»   avranno    eglin»   meditata  ,  nun 


Varietà'  1^7 

the  il  sàggio  del  Carattere  ,  e  dell'  Ortografia  -,  che  daremo  fedelmen- 
te in  rame ,  e  le  notizie  isteriche  e  critiche  ,  che  iu  una  Conclusione 
brevemente  si  leggeranno  . 

Usammo  in  altre  imprese  d' invocare  1*  djuto  de'  dotti  :  fi  di  lor  prote- 
zioie  e  di  favore  parecchie  umanissime  persone  ci  furono  larghe .  Ora 
buOTamente  lo  imploriamo  con  più  certa  speranza  ,  perchè  alcuna 
trallt  più  chiare  e  gentili ,  sia  che  prevedesse  il  nostro  bisogno  :  sia  che 
abbia  voluto  vincerci  di  cortesia  :  sia  in  fine,  che  l'Amore  per  l'Ali- 
ghieri la  scaldi  tanto ,  che  tutta  si  volge  ovunque  egli  la  chiami  ,  ci  ha 
porto  h.raano  per  drittamente  condurci  .  Laonde  noi  promettiamo  , 
che  oltre  tutto  il  Lombardi ,  e  le  altre  note  degli  ultimi  Editori  altre 
ne  pubblicheremo  assai  scelte  e  peregrine  :  ed  oltre  alle  varianti  del  Co- 
dice Valicano  sopraddetto  altre  pur  ne  daremo  di  non  piccolo  peso 
colla  indicazione  del  Manoscritto  dal  quale  si  toglieranno  ,  quantunque 
volte  da'  benemeriti  posseditori  ce  nej  sia  concessa  la  facoltà  i  Cosi. fin 
d'  ora  si  è  compiacciuto  di  fare  il  Marchese  Antaldo  Anlaldi  chiarissi- 
mo Gentiluomo  Peisarese  ,  per  quel  suo  prezioso  Codice  da'  buoni  ésti- 
inatori  veduto  ed  encomiato  d'  assai  . 

Osserveremo  eziandio  quelle  edizioni  della  Divina  Commedia  -,  che 
dopo  la  nostra  vennero  in  luce  :  e  quelle  note  i  che  ci  donarono  lo  Stroc- 
fchj  e  il  Lampredi  da  noi  aggiunte  nel  f\.°  volume  ,  ristringeremo  ora  ne' 
tonfmi  dei  luoghi  opportuni  .  Si  parlerà  eziandio  di  quelle  osserva- 
zioni ,  che  trovansi  nel  i ."  volume  degli  Atti  dell'  Actademià  della  Cru- 
sca; non  si  tacerà  all'uopo  di  quelle  che  si  rinvengono  ne'  Commenti 
del  Magalotti  ai  primi  Cinque  Canti  dell'  Inferno  or  or  pùblicati  ;  ho 
di  quelle  che  leggonsi  altrove  :  che  in  tal  guisa  operando  studieremo 
che  siano  seguite  le  orme  del  Lombardi  ,  il  quale  vide  tutti  i  Commen- 
tatori ,  e  ne  abbracciò  le  sentenze  ,  o  le  combattè  colle  sue  ragioni  ; 
onde  pervenne  a  compir  quelle  chiose ,  delle  quali  pur  anco  non  si  co- 
nobbero le  migliori  .  Né  dopo  il  generale  consentimenio  de'  dotti  ose- 
remo dir  troppo  dicendo  ^  che  se  alcuno  invidioso  le  avesse  in  dispet- 
to ,  sarebbe  egli  pieghevole  a  cose  strane  :  e  anziché  aguzzar  gli  occhj 
al  vero ,  al  vero  medesimo  rivolgerebbe  le  spalle 

Si  porrà  quella  stessa  Vita  del  Poeta  ,  che  leggesi  nel  4.°  nostro  vo- 
lume :  per  le  note  della  quale ,  oltre  a  parecchie  jparticolarità  ricorda- 
te ,  riveudicossi  a  questa  nostra  alma  Città  1'  onore  di  aVer  prodotto 
l'antico  e  nobil  tronco  della  famiglia  di  Dante;  cosa  che  si  narrò  da 
Messer  Giovanni ,  e  poi  fu  messa  in  oblio  .  Né  altrimenti  ,  siccome  è 
fama  ,  è  piacciuto  dire  con  eleganti  e  gravi  parole  a  Paolo  Costa,  uno 
de'  più  chiari  lumi  dMtaìia  ,  nella  jVita  del  massimo  Poeta,  ch'Egli 
in  Bologna  ha  di  già  mandato  alle  stampe . 

Consisterà  1'  «dition«  in  5  grossi  Volumi  iu  8.»  di  gran  facciata  ,  in 


a48  Varietà* 

tutta  carta  Reale  velina  ,  al  prezzo  di  Scudi  r.  2o.  il  tomo  per  gli  As- 
sociati :  e  sarà  compita  entro  i5  mesi  dalla  data  del  presente  manife- 
sto .  Chiamasi  tra  noi  lettura ,  o  cicero  da'  Francesi  il  nuovo  caratte- 
re, che  verrà  adoperato  pel  Testo;  e  piccolo  garamone  quello  nuovis- 
simo delle  note,  alle  quali  succedono  altre  in  altro  più  piccolo  .  che 
dicono  testino  .  Vi  saranno  i  3  Rami  ,  che  rendon  figura  de'  5  R?gni  ; 
ed  in  principio  le  figure  di  Dante,  e  di  Beatrice  in  una  sola  avola 
disegnata  da  valentissimo  Pittore,  ed  incisa  da  magistrale  bulinc  . 

Le  varianti  nuove ,  e  le  nuove  chiose  ,  che  illustreranno  questa  etìi- 
zione,  saranno  impresse  anco  separatamente  in  forma  di  (\."  tome  le 
due  antiche  stampe  ;  e  verranno  rilasciate  a  tenue  prezzo  per  servigio 
di  quelli  ,  che  ne  possiedono  gli  esemplari .  E  con  ciò  vogliamo  in 
qualche  modo  appalesare  ,  che  ci  è  grata  la  rimembranza  di  quelle 
gentili  persone  ,  che  non   diffidarono  delle  cose  nostre  . 

Roma  questo  di  14.  di  Agosto  1819. 


Annunzio  Tipografico  ,  «  Letterario  di  una  nuova  edizione  delle 
Rime  di  Francesco  Petrarca  ; 


D. 


"opo  lungo  stadio,  grari  cura  ed  instancabile  diligenza  del  sig. ab. 
Marsand  pubblico  Professore  in  questa  I.  R.  Università  ,  uscirà 
alla  luce  da'  torchi  di  questa  Tipografia,  noi  di  sesto  d'  aprile  dell* 
anno  prossimo  1820,  ed  a  tutte  spese  dell*  Editore,  una  nuova edl* 
zione  delle  poesie  rolgarijdi  Francisco  Pitrarca  .  Sembra  ch'essa 
francamente  presentarsi  possa  al  pubblico  come  superiore  per  mol- 
ti rigaardi  a  tutte  quelle  che  finora  furono  pubblicate  ,  le  quali 
ascendono  a  circa  trecento  .  Ma  il  pubblico  stesso  ne  sarà  il  giu- 
dioe;  L'Editore  nella  tua  prefazione  dichiara  per  esteso  tutto  l'or- 
dine del  suo  lavoro ,  i  fondamenti  de'  suoi  studj  ,  ed  il  loro  risulta* 
mento  .  Qui  non  si  darà  se  non  che  in  succinto  un  brcrc  pro- 
spetto de'  pregi  principali  ,  di  cui  va  adorna  1*  edizione  medesima  , 
non  meno  per  ciò  che  concerne  la  parte  1  etteraria ,  che  per  ciò 
pure  ch«  risguarda  la  bibliografica  ,  la  calcografica  e  la  tipografica  . 

PARTE  LETTERARI! 

I.  Testo  riscontrato  verso  per  verso,  da    capo  a  fondo  ,   no» 
solo  tu  lutte  e  tr«  le  edizioni  che  furono  Ulte  sopra  gli  autografi 


Varietà'  %^^ 

iel  Poeta,  cioè  1472,  i5»i,  i5i2.  lavoro,  che  certamente  non  S 
stato  cernito ,  ma  col  confronto  eziandio  di  altre  edizioni  riputai» 
tissime,  e  di  codici  preziosi;;  sicché  nuli*  abbia  più  a  desiderarsi 
intorno  al  testo  ridotto  ormai  alla  sua  originale  integrità  ,  ed  emen* 
dato  da  tutti  gli  errori  e  nei ,  occorsi  nelle  antecedenti  edizioni  , 
non  esclusa  quella  del  Cornino    1732  . 

ì.  Brevi  e  ben  meditati  argomenti  anteposti  a  ciascun  Sonetto 
ed  a  ciascuna  Canzone,  i  quali  servendo  in  parte  anche  di  cemen- 
to, mostrano  lo  scopo  ch'ebbe  il  Poeta  in  tutti  que' 'suoi  si  dili- 
cati  lavori . 

3.  Memorie  della  vita  di  Francesco  Petrarca  scrìtte  da  lui  me- 
desimo ,  o  veramente  notizie  che  della  sua  origine  ,  passioni  ,  stu- 
di ,  viaggi ,  onori  ,  costumi  e  carattere  ci  lasciò  scritte  il  Poeta 
stesso  nelle  sue  opere  latine  ,  e  dall'  Editore  cou  somma  pazienza 
di  qua  o  di  Ih  raccolte  ,  ridotte  In  uno  ,  e  diligentemente  traspor- 
tate  in  lingua  italiana  . 

4-  Descrizioni  ed  illustrazisni  storico-critiche  de'  ritratti  ,  ve- 
dute ed  altre  incisioni  che  nella  presente  edizione  «  contengono  , 
e  che  si  trovano  indicate  nella  parte  calcogran«a  di  questo  an- 
nunzio . 

5.  Circa  air  ortografia  non  volendo  l'Editore  discostarsi  affatto 
dall'antica  ,  né  seguire  in  lutto  la  moderna,  scelse  quella  che  gli 
scrittori  più  accreditati  in  fatto  di  stile  giudicaroso  la  più  conre- 
niente  , 

6.  Fu  diviso  in  questa  edizione  il  Canzoniere  in  quattro  par- 
ti ,  ponendosi  nella  prima  i  Sonetti  e  le  Canzoni  in  vita  di  M.  Lau 
ra  ,  nella  seconda  i  Sonetti  e  le  Canzoni  in  morte  di  lei»  nella  ter- 
za i  Trior  fi,  e  nell'  ultima  que'  Sonetti  ,  e  Canzoni  che  nelle  due 
prime  parti  s'  incontrano  sparsi  qua  e  l;t  sopra  varj  argomenti  eh* 

non  riguarda  no  Laura  . 

PARTI  BIBLIOGRAFICA 

1.  Quadro  cronologi,  o  di  tutte  1'  edizioni  che  del  Cantoi»ier« 
eomparvero  sino  a' nostri  giorni  ,  notandosi  soltanto  l'anno  ,  il  luo- 
go ,  lo  stampatore  ,  la  forma ,  il  carattere ,  ed  il  coiaento  . 

2.  Descrizione  bibliografica  e  ragionata  di  tutte  le  iuddatte  eii- 
Tiiuni ,  indisandosene  i  pregi  a  i  difetti . 


a5o  Varietà' 

?.  Serie  di  quegli  spotitori  che  comeutarono  (gualche  parte* 
soltanto  del  Ganecmiere  ,  essendo  già  indicati  nelle  descritte  edizio- 
ni quelli  che  Io  comentarono  tatto  . 

4-  Catalogo  delle  opere  di  rarj    autori ,  nelle  quali    si    parla 
éel  Petrarca  o  d'  intorno   alla  «uà  vita ,  o  circa  al  suo   Canzoniere . 

5.  Notizia  delle  tradazioni  in  varie  lingue  di  tutto  il  Can- 
xoniere  ,  o  di  qualche  sua  parte  . 

PARTE  CALCOGRAPICA 

1.  Ritratto  del  Poeta  tolto  da  un' antica  pittui'a  esistente  in 
Padova,  ed  attribuita  al  Guariento,  ed  ora  per  la  prima  volta  in- 
tagliato a  bulino  dal  sig.  Mauro  Gandolii  ■ 

2,  Ritratto  di  Laura  da  un  originale  di  Simone  Mcmmi  posse- 
duto dal  march.  Piccolomini  Sellanti  di  Siena  ,  e  per  la  prima  vol- 
ta intagliato  a  bulino  dal  sig.  Raffaello  Morghcn  .  Le  proue  de'  so- 
praddetti due  ritratti  non  si  avranno  a  lettere  aperte  se  non  ohe 
dai  posseditori  degli  esemplari  della  presente  edizione. 

?.  Tcduta  della  solitudine  di  Valchiusa  sopra  disegno  fatto  sul 
luogo  dal  sig.  Epinate  pittore  Lionese  ,  ed  inciso  all'  acqua-tini  a 
dal  sig.  Tederico  Lose  di  Milano  . 

4'  Di  Arquà.  Disegno,  come  sopra,  del  lig.  Vincenzo  Zabco» 
Padovano,  ed  intaglio  del  sig.  Giuseppe  Castellini  Milanese. 

5-  Di  Selvapiana  .  Disegno ,  come  sopra  del  Big.  Jacopo  Litizzi 
4i  Reggio ,  ed  intaglio  del  sig.  Lose  . 

*^  6-  Di  Linterno  .  Disegno ,  come  sopra  ,  del  sig.  Giovanni  Mi- 
gliara  pittore  in  Milano,  ed  intaglio  del  sig-  Giuseppe  Bigatti  Pìe- 
Monteie  . 

7.  Monumento  cretto  al  Poeta  in  Arqnà  nel  iZ-]k-  Disegno  del 
lig.  Zabeo .  Intaglio  del  sig.  Lose . 

8.  Simile  erette  nella  Cattedrale  di  Padova  d«l  1818.  Disegno 
Zabeo .   Intaglio  Castellini  . 

9.  Fac  simile  della  famosa  nota  del  codice  virgiliano  dell' Am- 
brosiana, dove  il  Poeta  di  propria  mano  scrisse  in  òtto  linee  tut- 
ta la  storia  del  suo  amore  .  L'  incisione  iu  ram«  fu  eseguita  dal 
*ig.  Tran«cs«tt  Scotti  Genovese  . 


Varietà'  a5i 

PARTE  TIPOGRAFICA 

1.  Va.  posta  in  opra  osni  cara  ,  onde  la  carta  sia  della  fua- 
iit»  pia  perfetta ,  e  lavorata  con  latta  la  diligenza  ;  i  caratteri  di 
ottimo  disegno,  e  varj  secondo  le  materie;  I*  impressioue  esatta, 
uniforme  e    nitida  . 

3.  La  correzione  fa  eseguita  con  tale  stadio  ed  accuratezza  , 
che  r  Editore ,  il  quale  assistette  indefesso  alla  stampa ,  si  lusinga 
di  veder  collocato  anch«^qaest*  uno  fra  i  pochìssiitii  libri,  ai  qua- 
li applicar  non  si  debba  il  detto  del  Cavalieri  t  A  mendis  omnibus 
expurgare  typos  humanant  supefut  sedulitatem  . 

3  L'opei^a  é  divisa  iu  due  volumi  in  quarto  reale;  e  gli  esem- 
plari di    essa   sono   tatti  in  carta  velina . 

4-  L*  edizione  é  composta  di  4Bo  esemplari ,  i  quali  furono 
scelti  fra  un  numero  copioso  d*  impressi  ,  di  cui  Io  scarto  più 
non  esiste  . 

i.  Sì  daranno  tutti  cilindrati ,  e  legati  con  molta  decenza . 

E  siccome  è  desiderio  dell'  Editore  di  porre  in  fine  del  secon- 
do volume  i  nomi  de'  posseditori  della  presente  edizione ,  cosi  per 
ogni  buon  ordine  si  avrà  cura  di  registrarti  seguendo  V  epoca  delhi 
commissione  ricevuta  . 

Il  prezzo  di  ciascheduno  esemplare  è  di  lire  cericinquanta 
italiane  ,  le  quali  non  s  i  esborseranno  ,  che  alla  consegna  di  tutti 
«  doe  i  volumi , 

Padova  dalla  Direzione  della  Tipografia  del  Seminario  il  di 
frimo    di  settembre   1819. 

Le  eommissiont  ti  ricavoiio  dal  $ig.  de  Romanis  in  ria  d*l 
Corto  y.  a5o. 


i5a  Varietà' 


Monumenti  Antichi  inediti  Descritti   da  Giovanni  Winckctmann 
già  Prefetto  deW  Antichità  Romane  . 

MANIFESTO  DI  ASSOCIAZIONE  . 

'uesta  nuova  edizione  de'  Monumenti  antichi  inediti  descritti  da 
Giovanni  Winekelmanu  ,  non  ha  bisogno  dell'elogio  dell'Autore, 
né  della  raccomandazione  dell'  Opera  :  perchè  sì  1'  uno  che  V  altra 
sono  tanto  celebri  presso  gli  Antiquari  »  Eruditi  ,  ed  Artisti  ,  che 
di  lui  non  si  parla ,  che  come  di  un  Genio  raro  ,  e  sublime  j  que- 
sto suo  lavoro  poi  viene  riputato  generalmente  il  suo  capo  d'  ope- 
ra ,  anzi  come  una  di  quelle  poche  opere  classiche ,  che  hanno  inalza- 
to una  qualche  scienza  alla  sua  possibile  perfezione  .  L'  Antiquaria  , 
già  un  tempo,  quanto  erudita  altrettanto  incerta  riconosce  da  Win- 
ikelmann  principj  sicuri ,  e  un  metodo  stabile  con  cui  ridurre  ad  evi- 
denza le  sue  dimostrazioni  ,  e  mediante  la  via  piana  ,  e  sicura  da  lui 
aperta  e  dimostrata,  questa  scienza  si  è  remluta  rispettabile,  utile,  e 
ililettevole  .  E  benché  le  Opere  di  Winckelmann  siano  state  in  qual- 
che parte  contradette  da  molti  Antiquarj ,  ed  abbiano  procurato  di  at- 
taccarlo ,  e  dimostrarne  gli  abbagli ,  ciò  non  ostante  è  tale  la  sodezza  e 
r  aggiustatezza  del  metodo  da  lui  proposto  e  seguito,  che  le  stesse  con- 
tradizioni altro  non  hanno  fatto  ,  che  aumentarne  la  gloria  ,  e  ren- 
dere sempre  più  stabile  la  perfezione  del  suo  sistema  , 

Questa  opera  dunque  dei  Monumenti  Antichi  Inediti  ,  la  quale 
per  la  sua  eocellenza  avidamente  ricercata,  si  è  renduta  in  oggi  assai 
rara  è  quella  a  cui  si  è  dato  principio  colla  nuova  stampa- 

Avendo  l'esperienza  fatto  conoscere,  che  non  è  stato  molto  gra- 
ffito lo  stile  di  contraddire  ad  ogni  momento  i  sentimenti  dell'  Autore, 
o  di  affogare  il  testo  originale  in  un  ammasso  di  note  ,  è  stato  staLi- 
Ito  in  questa  nuova  edizione  di  restringersi  al  solo  testo  dell'Autore, 
f.  di  soltanto  indicare  a  suo  luogo ,  o  la  traslazione  di  un  monumen- 
to ,  o  la  scoperta  posteriore  all'  Autore  di  un  qualche  pezzo  interes- 
sante i  sentimenti  del  medesimo  ,  o  finalmente  la  più  felice  inter- 
pretazione di  un  soggetto ,  fatta  posteriormente  da  un  qualche  ce- 
lebre Antiquario  . 

T,'  Opera  sarà  divisa  in  riue  Tomi  in  foglio  come  In  prima  -  T,ì 
Kami  saranno  quei  medesimi    che  dall'  Autore   furono  fatti  disegna- 


Varietà'  253 

re,  ed  incidere;  vi  saranno  però  de'  rantaggj  ;  uno  sulla  qualità  della 
carta  ,  che  nella  prima  edizione  era  troppo  sottile  ,  1'  altro  prove- 
niente dall'  arte  di  stamparli ,  che  in  quel  tempo  non  era  giunta  all' 
odierna  perfezione .  Onde  queste  nuore  stampe  presenteranno  tutto 
quel  bello,  che  la  mano  inesperta  del  Calcografo  aveva  nella  prima 
edizione  trascurata  : 

Il  primo  Tomo  conterrà  la  Prefazione  dell'  Autore  ,  il  Tratta- 
to preliminare  ,  e  le  figure  dei  Monumenti  Illustrati  nelle  quattro 
parti  dell'  Opera  . 

Nel  Tomo  secoindo  saranno  comprese  le  spiegazioni  delle  quattro 
parti  dell'  Opera  consistenti  la  mitologia  sacra  nella  prima  parte  :  la 
mitologia  storica  la  seconda  parte  :  la  terza  la  Storia  Greca  e  Ro- 
mana ,  e  li  Riti  ,  Costumi  ed  Arti  che  formano  la  quarta  ed  ulti- 
ma parte  dell'  Opera  . 

Finalmente  si  publicheranno  le  Dissertazioni  del  P.  Raffei  I« 
quali  hanno  sempre  fatto  seguito  alla  sudetta  Opera  ,  e  ne  forme- 
ranno un  Tomo  di  supplemento  . 

Per  comodo  de'  Signori  Associali  sarà  pubhlieata  1'  Opera  in  fa- 
scicoli ,  ognuno  dei  quali  conterrà  quattro  fogli  di  carattere  e  otto 
figure  in  Rame,  ed  in  questi  nulla  sarà  risparmiato  perchè  riesca  della 
maggior  correzzione  e  bellezza  ;  ed  a  tale  effetto  oltre  la  carta  so- 
prafina ,  sarà  ,  posto  in  opera  un  nuovo  carattere  . 

Il  prezzo  di  ogni  fascicolo  sarà  di  paoli  otto  in  carta  comune , 
e  paoli  dieci  in  carta  velina  ,  e  sarà  premura  di  pubblicarne  uno 
o  due  al  MQse  . 

I  Sigg.Associati  non  pagheranno  anticipazione  veruna,  sborzeran- 
no  soltanto  il  valore  d'  ogni  fascielo  nel  riceverlo;  godranno  essi  il  van- 
taggio di  avere  le  prove  dei  Rami  più  fresche  ;  ed  il  loro  nome  sarà  in- 
serito alla  nota  degli  Associati  che  si  darà  nella  fine  dell'  ultimo  Tomo. 

Le  sottoscrizioni  si  prenderanno  al  Negozio  de  Roinanis  in  via 
i^l  Corso  presso  S.  Marcello  N.  aSo. 


Osserifazioni  Meteorologiche  fatte  alla  Specola  del  Colleg.  Jìom. 


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Ottobre  1819. 


MATTINA 


Baioinetio    Term.     Igro. 


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Osseriìazioni  Meteorologiche  fatte  alla  Speeola  del  Collegio  Romano 


Ottobre    1819. 


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pi.ft.l. 

Volendosi  da'  eh  Astronomi  abbondare  per  diligenza  ,  pongosi  le  Osservaiioni 
Triplici  in  ogni  giorno  ;  e  volendosi  da  noi  ristringere  in  pagina  ,  aftincbè 
meno  facilmente  si  disperando  ,  usiamo  alcune  abbicviature  .  Pertanto  nella 
colonna  delle  Meteore  pi  signiiica  pioggia  1  lampi  t  tuoni  n  nebbia  g  gelo 
L  brina  .  E  nelle  colonne  dtllo  Stato  del  Cielo  %  vuol  dire  sereno  a  nuvolo  , 
p  poco  .  Le  altre  abbreviature  nslle  colonne  de'  vevti  sono  per  $e  stesse 
inteiligibiii  .  Quando  segue  un  asterisco  5*  iutenda  gran  quantità  ;  ove  tro- 
visi    una    ■{■    croce     s'  iutenda    piccola    quantità  ; 


IMPRIMATUR 
Si  Videbitur  Rev.  P.  Mag.  SaG.  P.  A  Mag. 
Candidus  Maria  Frattini  Archiep.  Philipp.  Vicesger. 

IMPRIMATUR, 

Fr.  Philippus  Anfossi  Ord.  Praed.  Sacri  Palatii 
x\post,  Mag. 


267 

LETTERATURA 


Intorno  un  antico  epitaffio  conservato  in  Manerhn  presso 
il  Benaco  .  Lettera  del  doti:  Gio:  Labus  al  eh.  sì§.  ah. 
Giuseppe  Furlanetlo  p.  p.  della  I.  R.  Universilà  di  Pa- 
dova :  pubblicata  per  la  prima  volta  in  questo  giornale. 


K 


el  terzodecimo  tomo,  seconda  serie,  del  Giornale  de]la  Ita- 
liana Letteratura  di  Padova  (i)  si  sono  esaminate  con  diligenza 
due  vetuste  iscrizioni  che  il  doti,  Ciro  Pollini  avea  pubblicale 
per  inedite  (2).  "Nei  qual  esame  avendo  ammiraJo  molta 
perizia  e  somma  saviezza ,  mosjio  dal  desiderio  manifestato- 
mi da  voi  ,  mio  ottimo  amico  ,  di  avere  di  quelle  ,  per- 
ciocché sono  assai  guaste  ,  la  genuina  lezione  ,  non  ho  dubi- 
tato di  prontamente  obbedirvi ,  se  non  per  entrambe  ,  al- 
meno per  ciucila  che  ho  reputalo  la  più  notabile  .  Ciò  che 
non  dee  dispiacere  a  niuno  ,  si  perchè  la  richiesta  ini  vie- 
ne da  voi  letterato  di  quella  vaglia  che  il  mondo  sa  j  si 
perchè  la  copia  che  vi  trasmetto  fu  da  me  tratta  ,  or  fanno 
cinque  anni ,  dal  marmo  che  ho  riveduto  e  raffrontato  di 
nuovo  anche  a'  dì  passati  ,  che  dalla  ordinaria  mia  dimora 
in  Milano  ho  fatto  una  scorsa  alla  patria  :  onde  non  si  può 
sospettare  d' inesattezza  .  Che  se  a  quella  unisco  alcuni  ca- 
pricci che  rivedendo  il  marmo  mi  vennero  in  capo  ,  dì  gra- 
zia sgusateiai  .    Io  non  intendo    né    riprendere   né    istruire 


(0  pag,  i45.  i46- 

(2)   f^iaggio  intorno  il  Lago  di  Garda  «  pag,   9. 


G.  A.  To.  IV.    ,  17 


a58  Letteratura 

nessuno  :  ma  proponendo  i  mei  dubbj  a  un  sapiente  quale 
voi  siete  ,  è  mìo  peusiere  istruire  ,  mercè  i  vostri  lumi  e 
la  bontà  vostra,  me  stesso  . 

Premetto  che  forse  non  male  avvisò  chi  affermò  fran- 
camente ,  avere  il  dott.  Pollini  occhj  e  mani  di  geologo  ,  di 
mineralogo  ,  di  botanico  ,  chimico  ,  e  non  già  di  antiquario  (l); 
poiché  se  ha  veduto,  com'egli  afferma  ,  la  lapide;  affò  che 
in  Manerba  la  vide  ,  e  sui  libri  cercolla  con  occhi  che  non 
vedeano  .  E  cosi  bella  ,  chiara  ,  e  di  ottima  conservazione  ; 
così  luminosa  è  la  situazione  in  cui  giace  ;  che  veduta  colle 
pupille  di  un  povero  idiota  è  ancor  mò  impossibile  di  sba- 
gliare .  Oltre  di  che  ha  scolpita  nel  fianco  una  moderna 
iscrizione,  che  il  luogo  e  il  tempo  della  scoperta  ,  e  da  chi 
"  perchè  fosse  quivi  allogata  fa  manifesto  (2)  ;  notizie  tut- 
te che  un  viaggiatore  non  lippo  non  tace  mai  .  Finalmente 
la  epigrafe ,  eh'  ei  crede  inedita  ,  fu  stampata  parecchie  vol- 
te (3)  ;  e ,  ciò  che  piti  è ,  da  quello  stesso  Bongianni  Grat- 
tarolo  ch'egli  si  gloria  di  aver  veduto  (4).  Ma  sia  di  lui , 
e  di  tutti  que'  naturali  che  vogliono  mettere  le  falce  nelle 
altrui  messi,  come  si  vuole  ;  eccovi  la  copia  di  questa  la- 
pide che  a  mio  senno  si  può  leggere  cosi  ; 


(i)   Giorn.  della  Leit.  Ifal.  Padova  1.  e. 

(2)  Eccola  per  disteso  .  EX  .  AreTIQutS  .  MONVMRrtTrS  . 
KOMAiVORVm  .  HIC  .  ADEMPTVS  .  A  .  MICHELE  .  P ASINO  . 
ARCHI PreSB/Zero  .  IN  .  ANGVLO  .  GO/LOGATVS  .  MDXXXXV^IJ. 
DIE  .  Vhtiino  .  MAI  ;  cosi  mercè  questa  lapide  sappiamo  anche 
quando  la  vecchia  parocchiale  e  la  torre  di  Manerba  sono  state 
costrutte . 

(3)  Aragon.  Mon.  Ant.  n.  117  ;  Grut.  p.  422.  "3.  Rossi.  Mem. 
Bresc.  cdiz;  i6i6.  p.  272;  Vinaccesi  Mem.  Bresc.  ci.  XII.  n.  12; 
Gagliardi  Parere  pag.  29;  Sambuca  Mem,  Cenoni  p.  8tJi  Donali 
p.  95.  6. 

(4)  Stor.  della  Riviera  p.  110. 


Epitaffio  di  Manerea  269 

Cajiis  .  LVCRETIVS 

Caj  .  Uhertas  .  ERASMVS 

SEX  .  VIR  .  kVGnstalis  .  BKlXiae 

ET  .  TRIDENT/  .  GWkTuitus  .  SIBI 

ET  .  COMMIK/«e  .  ONESIME 

VXORI  .  GARISSÌMAE 

Co/o  .  LVCRETIO  .  HERMETI 

AI.VMNO  .  PIISSIMO 

LIBERTIS  .  LIBERTABVSQVE  .  ET 

Dissi  potersi  leggere  dì  qnesta  guisa  ;  poiché  incomin- 
ciando dalle  prime  tre  linee  ,  parmi  che  le  sigle  assni  facili 
si  debbano  interpretare  SEX  .  VIR  .  ANGustalis  .  BRlX/ae  - 
ET  .  TRIDENTE  più  presto  che  BRIXie/^orKm  .  ET  . 
TRIDENTmo/'uw  ,  come  piacque  all' autor  dell' esame  (i)  ; 
conciosiachè  il  sevirato ,  sìa  magistrato  sia  sacerdozio  ,  non 
era  .  io  credo  ,  impiego  carica  od  uQìcio  attribuito  indistinta- 
mente ai  bresciani  e  ai  trentini  ,  coinè  «ano  in  -varie  cit-- 
tài  i  sodalizi  e  i  collegj  (2)  5  ma  sì  ììeìi?!  particolare  classe  , 
tin  ceto  distìnto,  un  ordine  dì  mezzo  fra  i  decnrioni  e  la 
plebe  (3) ,  al  quale  in  ogni  municipio  ,  e  in  ogni  colonia 
■veniva  ascrìtto  un  privilegiato  numero  dì  persone  ,  comecché 
prese  fra  i  nativi  e  gli  estranei,  i  cittadini  e  i  liberti,  per  dritto 
o  per  grazia ,  con  prezzo  o  senza  (4)«  E  avvegnaché  i  canonici 
e  i  nobili  nella  repubblica  veneta  furono  un  ceto  religioso  e 
civile  che  qualiGcava  una  speciale  condizione  di  sacerdoti 
e  di  cittadini,  niuno  avrebbe  detto  quegli  è  un  canonico 
de'  veronesi ,  questi  è  un  nobile  de'  bresciani ,  né    tampoco 


(1)  Giorn.  di  Pad.   1.  e. 

(2)  Fabr.  e.  H.  n.    261;    Grut.  p.  S76.6.;    Mar.    p.    624.    2; 
2016.  3. 

(óì  Noris  Ccnol.   Fis.  ed.  Vcron.  dlss.  I.  e.   6.  p,    i25. 
(4)  ?abr.  p.  4o'-  4t>3.  4o6.  740" 

»7* 


Q.6o  Letteratura 

un  canonico  o  un  nobile  degli  unì  e  degli  altri  ;  così  a'  tem- 
pi romani  non  costumavasi  qualificare  i  seviri  cogli  aggiun- 
tivi collettivi  de'  popoli  ,  ma  si  collo  esprìmere  1  luoghi  al- 
la civiltà  de'  quali  appartenevano  . 

Difatti  Quinto  Colio  Nicomede  si  dice  SEX  .  VIR  . 
COLoiiiac  .  1\ Liete  .  FANESTRIS  (i)j  Cajo  Fabio  Er- 
mete limi  .  \1R  •  AYGustalis  .  Coloniae  .  luliae  .  Viae  . 
AKF.Latcnsis  (^)  j  Cajo  Ottavio  Zosimo  VI  .  VIRO  .  Mu- 
Tiicipii.  Ilarennatis  (3);  Lucio  Giunio  VI  .  VIR  .  AVGV- 
STALIS  .  IN  .  MVNICIPIO  .  SVELITANO  (4).  Né  mi 
si  oppong.i  qualche  raro  esempio  in  contrario  j  poiché  oltre 
il  dubitar  degli  apografi  ,  il  più  generale  uso  ci  persuade  do- 
versi preferire  la  interpretazione  anzidetta  convalidata  dagli 
esempli  di  Massimo  Massimino  che  si  dice  VI  .  VIR  .  ME- 
DIOLANI  (5)  ;  Cajo  Cassio  Tallo  VI  .  VIR  .  ET  .  AV- 
Giistalis  .  COMI  (6)  ;  3Tarco  Cupellio  Capitone  VI  .  VIR.  . 
SENIOR  .  LAVDE  (7)  ;  Lucio  Arrio  SEX  .  VIR  .  OPI- 
TERGI  .  (8)  ;  Lucio  Pituanio  VI  .  VIR  .  AVGustalis . 
REATE  (9)  ,•  anzi  con  identici  esempli  vediam  Capitone 
limi  .  VIR  .  kYGiistalis  .LVGDVNI  .  ET  .  PVTEOLIS 
(10)^  Cajo  Fajicio  Geniale  Vili  .  VIR  .  ANGastalis  . 
FIRMI  .  ET  .  FALERONE  (11)  j  Marco  Armonio  A  stura 
SEX  .  VIR  .  FORO  .  CORNELI  .  ET  .  SEX  .  VIR  .  IV- 


(1)  Ursin.   Imng.    pg.    lOO. 

(2)  Panali  p.   84-  4- 

(3)  W'v.  Mann.  Pis.   p.    178. 

(4)  Reiiics.   CI.  1.   n.  99. 
(B^i   Griit.   p.  437-  3. 

(6)  J5iaiicl)i  Marini  Crc-m.   Tav.  XIII.   n,    i. 

(7)  FaLr.  e.   V.   n.  339. 

(!^')   fr^at.  Mon.  Fulav.  p.   67,  n.  37. 
(9)   Fabr,  e.   VI.   n:   ó-'i. 
(io)  Maff.   Gfill.  Aiitiij.  cp.  IV.  pg.  24. 
(11)  Mar.  p.  io47-  *• 


Epitaffio  di  Manerba.  261 

LIA  .  CONCORDIA  (1)  ,-  Lucio  Cornelio  Prosodico  VI  . 
YIR  .  K^Gustalis  .  BRIXIAE  .  ET  .  VERONae  (2)  j  e  per 
fine  Quinto  Curzio  Vittore  ,  e  Quinto  Curzio  Primo,  che 
in  un  marmo  da  me  veduto  si  dicono  sei^irì  giuniori  di 
Milano  (3)  ,  in  un  altro  conservato  a  Saluzzo  chiaman&i 
VI  .  VIRI  ,  IVNIORES  .  ITERVM  .  AVGVSTAE  .  PRAE- 
TORIAE  (4)  .  Vedete  di  grazia  anche  questa  che  dico  ine- 
dita, benché  stampata  più  volte,  ma  sempre  in  modo  che 
non  par  dessa  (5)  : 

^ivus  .  Vecit  .  ms  .  MAMBus 

Cajus  .  ATILIVS  .  MOCELIVS 

\ETERanus  .  LEGionìs  .  VIII  .  AYGustae 

VI  .  VIR  .  DEGVRIO  .  SIRI  .  ET 

Cajo.  ATILIO  .  MAGIO  .  FRATRI 

VETERa»o  .  LEGionis  .  EIVSDEM 

VI  .  VIRo  .  COMI  .  ET 

SVRAE  .  MESSORIA  .  Filiac  .  ET 

Cajo  .  VETVRIO  .  SERVANDO  .  ET 

Cajo  .  VETVRIO   .  MAXIMO 

NEPOTIBVS  .  SVIS  .  ET 


ITEM  .  FVTVRIS  -  LIBERTIS 
IN  .  AGRo    .  ^edes  .   LX  .  IN  .    FKonle  .   Pedes  .   L 


CO  Grut.  p.  365  i. 

(2)  Gyrìac.  iVot'.  Frao^tn.  pg.  67.  n.  196  che  per  vero  non 
legge  BRIXIAE.  ma  BRIXIA  .  La  qual  voce  esser  per  altro  un  er- 
rore del  copista  mi  chiariscono  appieno  le  schede  inedite  del  Fer- 
rarmi f.  i6i;  del  Volpato  n.  ii4;  del  Corsini  f.  189.  del  Tolti  p. 
25,  tutte  presso  di  me  ;  oltre  le  edite  dell'  Appiano  f  LIX  ,  dell' 
Aragonese  Man.  Ant .  n.  120;  del  Panvinio  an.  i'cron.  1.  2. 'p  6»- 
»lel  Grut.   p.  397.    1.   e  del  Ko.-isi  Mcin.  Bresc.  p.  112.  ' 

(o)  V.  Gratiol.  de  PraccL  Mal.  A^d    p     14.7 
<4)   Mar.  p.    io3i.   1.  ^'      • 

(5)     Si    confrontino    gli    apografi     datici     dal    Grut.    585.    3j 


aGa  Letteratura 

Cajo  Atilio  Magio  veterano  della  legione  ottava  atigust* 
è  dufiffue  sevii'o  di  Como  non  dei  comaschi  ,  sulla  dodi- 
cesima e  decimaterza  linea  del  di  cai  monumento  fatta 
espugnere  anticamente  dall'  autore  di  esso  ,  veirammi  a  ta- 
glio favellarvi    più  innanzi . 

lutante  fermata  la  spiegazione  dei  primi  tre  versi , 
proseguo  a  leggere  nella  quarta  linea  GRAT(t//zi5 ,  perchè 
sebbene  sia  'ottima  interpretazione  anche  GRAlTu/^o  sotto- 
intendendovi HONORE  (i)  ,  non  meno  che  GRATi.y  (2) 
cioè  GRATIS  FAGTVS  (3)  ,  GRATIS  CREATVS  (4)  , 
GRATIS  ADLEGTVS  ;  tuttavia  preferisco  la  mia  più  ge- 
ncralmeute  adottata  ,  e  comprovata  dal  Reinesio  (5) ,  dal 
Maffei  (6)  ,  dai  Marini  (7)  con  moltiplici  esempb',  che  si 
possono  appo  di   .loro    vedere . 

Finalmente  omesso  1'  alunno  Cajo  Lucrezio  Ermete, 
della  cui  condizione  si  è  tanto  ed  ultimamente  anche  dal 
Lucidi  (8)  ,  e  dal  Verraiglioli  discorso  (9)  ;  e  notato  che 
della  sua  molta  pietà  fa  sicurezza  l'ara  votiva  da  lui  me- 
desimo eretta  alla  dea  litolare  del  luogo,  che  dice  (io): 


Merala  Gand.  Gali.  Cisalp.  Antiq.  1.  t.  e.  4;  PaccincU.  p.  02. 
e  43.  Croce  Att.  della  Società  Patriot,  di  Milano  T.  III.  p. 
092.  Rorelli  Sto.  di  Como  P.  l.  pg.  26  Bianchi  Gente  Magia 
p.  l^■2.  lo  r  ho  trascritto  dal  marmo  ri[)aratosi  non  ha  guari  nella 
Collezione  antiquaria  della  I.   R.     AccaJ.    di    Belle  arti  in  Milano. 

(1)  Della  Tribù  e  dei  decur.  deW  antico  Munir,.  Brcsc.  p.    i5. 

(2)  Maff.  Mas.   ver.   p.   354-  4i 

(3)  Mar.  pg:   199.    2. 

(4)  Fabr.  e.  X.  4.  3o. 

(5)  Inscript.  ci.  I.  n.  99. 

(6)  Mus.  ver.  p.  80  n.   00. 

(7)  Frat.  arv.  p.  4' 9-  v-   Morcel.  de  stylo  p.  20. 

(8)  Storia  deW  Ariccia  p.   i35. 

(9)  Iscriz.  Feru^.  p.  317. 

(10)  Capriol.  Chron.  Brix.  fol.  X.  Nazari  Brcsc.  antica  p. 
46.  dell'  ediz.  i5G2  ;  Grut.  p.  81.  11  e  vuoisi  correggere  il  Rossi 
Mem,  Brcsc.  p.  67.  e  il  Vinaccesi  p.  72. 


Epitaffio  di  Manerba.  265 

MINERVAE 
Cajus  LVCRETIVS 
HERMES 

Yotum  Solvit  hibens  Merito 

passo  a  parlare  dell'ultima  linea  ,  sulla  quale,  dappoiché  l'au- 
tor dell'  esame  trovò  più  probabile  la  mutazione  in  EORVM 
dell'  ET  finale  che  sta  nel  marmo  chiarissimo  e  sicurissi- 
mo (1)  ,  ardisco  proporre  un  mio  pensamento  affatto  diverso  , 
il  quale  da  voi  sic  accipi  volo ,  non  tamquam  assecutum 
me  cvedam  j  sed  tamquam   assequi  laborantem  (2)  . 

Rilevantissimo  presso  il  superbo  romano  popolo  ,  e 
dalle  sue  civili  e  reli^^iose  leggi  regolato  e  protetto,  era 
1' aso ,  il  diritto,  il  possesso,  la  santità  e  la  inviolabili- 
tà dei  sepolcri  .  I  quali  chi  saper  brama  dove  e  da  chi  si 
erigessero  ,  e  con  quali  cerimonie  solenni  si  dedicassero  e 
frequentassero ,  e  come  si  niantenesstro  studiosamente  si 
rivolga  alle  fatìcatissime  opere  dei  Kirchmanni  (3)  ,  Que- 
stedii  (4)  ,  Meursii  (5),  Panvinii  (6),  Gutheri  (7),  e  di 
tanti  e  tanti  altri  (8)  che  lungamente,  e,  se  a  Dio  piace, 
anche  di  soverchio  ne  favellarono.  Ciò  che  a  quesl'  uopo 
si  vuol  notare  si  è  ,  che  ne'  famigliari  o  ereditar)  sepolcri 
niuno  estraneo  si  potea  collocare  senza  il  beneplacito  del 
possessore  ,  il  quale  se  per  ciò  in  vita  o  per  donazione  o 
vendita  il  terreno  puro  e  vergine  non  concedea  ,  tanto 
importava  concedere  in   morte  il  sepolcro  ,  quanto  costituir 


(1)  Giorn.  di  Padova  I.  e. 

(2)  Pilli.  1.  I.  epist.  5. 

(3)  De  funerib.  Roin.   Luòecae.  i63j. 

(4)  -De  Scpuif.  vater.  cip.    Gronov.  uà:  GG.  T,  XI. 

(5)  De  funere  ap.    eiuid.  T.    IX. 

(6)  De  ritii    sepellendl     inortuos,  Rornae    i58i 

(7)  De  Iure  Munlwn   ap.    Grae^.  AA.  RR.    T.    XII. 

(!i)  Gucbel  de  Scpidehror.  qù  sepidtor.  religione.  Bremlsi-it^Q. 
Guasco,   Atti  funebri  di  Roma  Pagana  .   Lucca   i-j'ói. 


2^4       Letteratura 

r  estraneo  suo  erede .  Le  leggi  romane  su  tal  proposilo  son 
palesi^ /u5  J amili ai'ium  sepulchroruni  ad  afjlties  seti  prò- 
xitnos  cognatoi  NON  HEREDES  INSTITVTOS  MINIME 
PERT2NET  (i)  :  jus  sepulchri  tam  familiari s  quam  lic- 
rcditarii  ad  extraneos  etiam  hercdes  ;  Jamiliaris  autetn 
adjìamiliani^  etiam  si  nullus  ex  ea  Jieres  sit,  NON  ETIAM 
AD  ALIVM  QYEMQVAM  QVI  NON  EST  HERES ,  peni- 
nera  potest  (2)  .  Gli  slessi  liberti  ,  che  pure  da  reputati 
scrittori  nella  famiglia  si  comprendono  ,  NEC  SEPELIRI 
NEC  ALIOS  INFERRE  POTERVNT  NISI  HEREDES 
EXTITERINT  PATRONO,  quamvis  quidam  inscripserint 
monumejitum  sibi  libertisque  siiis  fecisse   (3) . 

Ciò  posto,  siccome  segnatamente  tra  il  primo  e  il  se- 
coado  secolo  frequentissimi  erauo  *  captores  ereditatum  , 
qui  superbas  potentiorum  portas  pulsahant  (4)>  qui  K'iduas 
venebantur  avaras  (5)  coli'  avido  intento  di  succedeie  nei  lo- 
ro beni;  cosi  non  pochi  eran  quelli  che  o  li  favoriv-Tuo  o 
li  deludevano  .  Perchè  Tacilo  fa  rimembranza  di  Pomponio 
Silvano  che  querelato  di  aver  depredata  la  provincia  Afri- 
ca, fu  nondimeno  assoluto  ,  perchè  senza  eredi  e  grave  di 
eth  quam  ultra  errum  vita  produxit  quorum  ambila  eva- 
serat  (6)  .  Marziale  ricorda  un  Mario  che,  più  scaltrito  dell' 
eredipeta,  lasciogli  un  mondo  di  ciance,  e  cinque  sole  h'bre 
d'argento  (7);  cosi  di  Corano  favella  Orazio  (8),  di  Eu- 
molpo    Petronio  (9)  ,  e    diversi    autori   di    parecchj    altri   i 


(1)  Cod.  Lib.   III.   tit:  44.  1.    8. 

(2)  Cod.   Lib.  IH.  tit.  44.  1.    iZ. 

(S)  Dig.  Id.  XI.  tit.  7.  I.  6.  sul  qual  luogo  anziché  ammettere 
i  dubbi  del  Gottofredo  seguiti  dal  Fabretti  pg.  i48  ;  e  dalli  Aa- 
duzzi  Mon.  Mullcj  T.  ITI.  p.  i49-  mi  attengo  al  Morcelli  de  sljl. 
p.    120,  e  al  Marini  Fr.   Arv.   p*  696. 

(4)  Seneca  Fp.  68. 

(5)  Horat.  /:    1.  cp    1.    v.   78, 

(6)  Annui  L  Xlll.  n.  62. 

(7)  Lib.  2.    apii^r.   76 

(8)  Lib.    2-  sut.     V.   V.  57, 

(9)  Sutjric.    e.  117. 


Epitaffio  di  Manerba  .  266 

quali  recocti  corvum  deludebant  hiantem  (i)  .  Ma  per 
lusingarli ,  ma  per  deluderli  vie  maggiormente ,  qual  ma- 
niera più  acconcia  e  spedita  di  quella  d'  imprimere  sul 
proprio  epitaffio  un  segno,  che  dimostrasse  per  cosi  dire  ia 
iscorcio  la  estrema  lor  volontà  ?  E  manifesto  che  non  avea 
niun  effetto  legale  ;  ma  era  grandissima  la  sua  morale  effica- 
cia ;  perciocché  gli  uomini  sono  cosi  fatti ,  né  mutare  si 
possono ,  che  alle  apparenze  di  leggeri  si  appigliono  ,  e  di 
ciò  che  più  bramano  più  facilmente  si  persuadono .  Laon- 
de chi  volea  tener  celali  ì  proprj  legati  ,  e  allettar  gli 
eredipetì,  e  gl'iirportuni  attutire,  facea  porre  nella  epigra- 
fe sepolcrale  una  formula  che  di  speranza  pascendoli,  muo- 
vevali  a  credere  d'essere,  comportandosi  amicamente  ,  chia- 
mati ad  aggiugnere,  quando  che  fosse,  al  monumento  i 
loro  nomi  ,  ossia  a  conseguire  una  porzione  di  eredità  .  La 
qual  formula  o  pania  o  zimbello  che  dir  si  voglia  ,  io  cre- 
do appunto  che  sia  la  particola  copulativa  ET  del  sasso 
erudito  che  esaminiamo j  avvegnaché  cosi  scabra  e  ignuda, 
com'  ella  è ,  mi  ha  sembianza  di  addentellato  lasciatovi 
espressamente  da  Erasmo  a  chiarir  gli  eredipetì  della  sua 
volontà  .  Certo  che  1'  epigrafe  non  è  finita  ,  e  che  per 
compierla  non  vi  bisogna  che  il  nome  di  qualche  erede 
non  necessario  » 

Alla  qual  congettura  ,  di  cui  desidero  che  siate  giudi- 
dice  ,  più  ragioni  mi  muovono  .  E  primieramente  la  qua- 
lità e  quantità  degli  esempj  .  Gonciosiachè  senza  uscire  del- 
la Colonia  Civica  Augusta  Bresciana  ,  oltre  il  marmo  di 
Erasmo  parecchie  altre  lapilli  abbiamo  che  finiscono  VI  . 
VIRi    .    PiSGustalis   .    AED/7/5  .  SIBI  .  ET    (2)  ;  FIR- 


(i)    Hoi-at.  I.  e.  luv^eii.   Sul:  X.  v.    ioi;  Martial.  1.  4-  cp/^r. 
56.  1.  à.  Gpigr.  1^1.    ec. 

(2)   Vinacc.  Mera.  Brcsc.  pg.  024» 


a66  Letteratura 

MIA.E  .  FIRMAE  .  VXORE  .  ET  (i)  ;  GAECILIAE  . 
ALENTINAE  .  ET  (2)  ;  PARENTIBVS  .  PiENTIS- 
SIMIS  .  ET  (3);  MATRl  .  CARISSIMAE  .  ET  (4); 
VESCASSONI  .  FRATR[  .  ET  .  PRIMO  .  ET  (5)  :  ET  . 
MVCIAE  .  C  .  L  .  (  Caiae  Libertae.  )  RESTITVTAE  . 
ET  (6)  ;  NVRIBVS  .  ET  .  NEP0TIBV3  .  ET  .  PRO- 
NEPOTIBVS  .  ET  (7)  ;  e  quest'  altre  ,  la  prima  Inedita 
nel  giardino  del  co.   Lechi  ; 


¥\Uo  .  CARISSIMO  .   ET 

VALERIO  .  RESTVTO  .  QVONDAM 

MARITO  .  ET 

SIBI  .  ET    .  SKXto  .  RETILIO  .  TITIANO 

BENE  .   MERENTI  .  ET 

la     seconda  pul)blicata  dal  Grattarolo  (8)  ,  dal    Rossi    (9) 
e  dal  Vinaccesi  (io)   con  poca  esattezza  : 

Lucio  .  CLODTO 

STRATONI  .  ET 

CLoDiae  .  SECVNDAE 

Lucius  .  CLodius   .  CRESGENS 

PARENTIBiw 

ET  .  LAETILme  .   SEGVNDAE 

VXORI   .   ET 


(i)  Grut.  p.  409-  6. 

(2)  Donati  p.  90.  6. 

(3)  Gratarol.  Sfor.   della  Rii-iera.   p.  107. 

(4)  Arngon.  Moti.    Aiit.   n.   ■jS. 

(5)  Murai,  p.    1276.  4;   Donati  p.    3>?i.  7. 

(fj)  Della  Tribù  e  deìDccur.  dell'  antico  Manie.  Bresc.  p.  "So: 

(7)  TNlafl".  Mus.  ver.  p.  i55;  Grut.  p.  767.  3;  e  fece  male  il 
Mnrat.  p.  1028.  1.  a  scambiare  1'  ET  in  EIVS  contro  la  fede  del 
marmo  . 

(8)  Star,  della  Riviera  p.   107. 

(9)  Meni.  Bresc.  p.  280. 

(io)  Mern.  Bresc.  p.  278.  n.  3i. 


Epitaffio  di  Manerba  .  nGj 

la  terza  è  in  un  podere  non  molto  lungi  di  Brescia  d>et- 
to  i  Fenili  .  Io  1'  ho  divulgata  la  prima  volta  in  altra  oc- 
casione (i)  .  ma  ora  n«  do,  perciocché  importa  ,  1'  esatto 
riscontro  (2)  : 

PRIMO  .  VALERIO 
MAGIRRAE 
COLLEGI  .  FABrum  .  ET  .  CFJSiT onariorum  .  QVI .  VIXIT 
ANN«rum .  XXXIII  .  MENSmm  .  II  .  DIERVM  .  XXIII 

PLENVS  .  PROBITATE  .  QVO  .  DEFVNCTO 
AMICI  .  DOLENT  .  Marcus  .  PVBL/m5  .  VALENTìNVì 
AMIGVS  .  LOCVM  .  SEPVLTVRaE  .  DEDIT 
MAGIYS  .  VALERIVS  .  SYRIO  .  ARAM  .  POSVIT 
NEPOTI  .  SVO  .  PIENTISSIMO  .  INFELICISSIMO 
ET 

nelle  quali  tutte  non  posso  credere  che  sia  la    copula     iia 
fallo  del  lapicida  fjui  spatUim  non  mensuvaverat ,  come  ha 


(1)  Della  Tribù  e   dei  Decitr.  p.  47- 

(2)  Vm/nus  VALERIVS. VITALIS  è  in  un  marmo  Capitolino 
(  Hiiasco  e.  IF.  n.  142  )  ;  PRIMI  .  PAMPHILI  .  SECVNDI  è  in 
un  altro  Bresciano  edito  dal  Maffei  (  Mus.  Ver.  p.  i34-)  e  PRI- 
MA .  VALKRIA  in  FaLretti  (  cap.  H.  n.  47-  )  se  non  ò  cognome 
premesso  al  nome  . 

II.  Lo  stesso  prenome  scritto  non  in  compendio  ma  distesamen- 
te come  MARCO  (FaLr.  e.  IV.  n,  45o  )  ,  TITO  (  Fabr.  C.  I.  n. 
i4i  )   PVBLIO   (  Grnt.  96.  8.  )  ,  IVLIO   (Donati  369.    12.)- 

III.  Il  cognome  MAGIRRA  .  Magirus  cocus  dixit  e  nel  testa- 
mento di  Porcellio  citato  da  I.  Girolamo  {Proein.  In  Isaiam  j  e 
illustrato  dal  Lambccio  (Bibl.  Vintlobon.  l.  3.  p.  060  )  ;  e  in  Fron- 
tone sfatuas  posifux  Ocliae  aique  Dionysidoro  ejfeininalis  cjui 
MAGIRjiS  faccrcnt   {De    Per.    jilsiens.   p      176). 

IV.  La  formula  PLENVS  PROBITATE  di  meno  elegante  latini- 
tà del  pleiìus  Jìdei ,  plcnus  iiìgenii  di  Livio  e  di  Cicerone  . 

V.  Il  luogo  del  sepolcro  ,  come  nel  Passione!  LOCVM  SEPVL- 
TVRAE  DEDIT  (  ci.  V.  n.  ").)  ,  e  in  Fabretti  LOCVM  SEPVL- 
TVRAE  DONAVIT  (  cap.   \\ì.  n.  24.)  , 

VI.  Finalmente  V  ARAIN't  POSVIT  ,  cioè  il  cippo  sepolcrale.  V. 
il  Grut.  p.  729.   1;  e  il  Maffei  M.   V.  p.  286.   10. 


268  L  E  T  CERATURA 

stimato  ilMaffel  (i)  ,  dipoichò  finiscono  e  in  principio  ,  e  nel 
mezzt)  e  nel  fine  del  v-jrso  ,  lasciatovi  quasi  sempre  lo  spazio 
per  aggiugnervi  qualche  altra  linea  ,  volea  dife  la  vocazio- 
ne di  qualche  estraneo  .  Perchè  avrete  osservato  che  anche 
negli  epitaffi  completi  ,  dopo  gli  eredi  necessarj  ,  vi  si  ag- 
giugne  la  fornUa  ET  .  QVIBVS  .  CAVERÒ  (2)  ;  ET  . 
QVIBVS  .  IN  .  TESTAMENTO  .  MEO  .  HONOREM 
RELIQVERO  (3)j  ET  .  QVOS  .  TESTAMENTO  .  NO- 
MINARO  (4)  ;  ET  .  QVOS  .  TESTAMENTO  .  MONO- 
RAVERIT  (5)  ;  ET  .  QVIBVS  .  DONAVI  .  DONAVE- 
RO  (6)  ;  ET  .  QVOS  .  MANVMISI  .  MANVMISERO  (7)  j 
e  in  modo  chiarissimo  ET  .  QVORVM  .  NOMINA  .  PO- 
STEA  .  IN  .  TITVLO  .  INSCRIBI  .  VOLVERO  .  IN  . 
HOC  .  MONVMENTO  .  TESTAMENTO  .  SIGNIFICA- 
B0(8)  .  Le  quali  formule,  che  T  intendimento  spiegano  del  no- 
stro ET  ,  niuno  dubita  non  esser  lusinghe  e  speranze  date  ai 
famigliari  e  agli  amici  di  chiamarli  a  dividersi  nella  morie  dei 
testatori  le  loro  facoltà  ,  ed  a  partecipare  del  loro  sepolcro  . 
Avrete  altresì  notati  piìi  altri  sassi ,  che  i  nomi  e  la 
condizione  di  celesta  specie  di  eredi  chiarissimamente  pale- 
sano ,  Perchè  dopo  chiamato  il  padre ,  la  madre  ,  i  figli  ,  ì 
fratelli  ,  i  maggiori,  e  persino  i  liberti  e  le  liberle  e  ì 
loro  posteri  ,  ci  presentano  quasi  in  aria  d' incogniti  parecchie 
altre  persone  della  cui  comparsa  non  sapremmo  adurre  , 
fuor  che  1'  anzidetto  ,  niun  plausibile  motivo  .  Infatti  chi 
altri  è  mai  Claudio  Mercurio  scolpito  nella  cornice  di    un 


(1)  Mas,  var.  p.  iSa.  3. 

(2)  Grut.  p.  816.  8. 

(3)  Fab.  C.  III.  II.  221. 

(4)  Spoa  Miscel.    E.  yl.  set:  IX.    p.   ì2Z3. 

(5)  Morcel.  de  Styl.   p.    ij-o;  Maflci  M.  f^.  p.  Z^o  4- 

(6)  Murat.  p.   127S.  6;  Fabr.   p.  70  n.  43- 
(■7)   Grut.  p.  975.    11. 

(8)  Mus.   Capital,  e.  Vili.  4.  ggS. 


Epitaffio  di  Manerba.  269 

bel  marmo    dell'Olivieri    (i)  ?  Clii  Puhlicio   Magno  in  Fa- 
bretti  (2)?  Chi  Primitivo  nel  Muratori  (3)  ?  Cognati  ,  affi- 
ni ,  o  amii'i  legatari  ,  secondo  me   ,  egualmente  che  questi 
alili  fattici   manifesti    da    sincerissime    lapidi    che    finiscono 
LIBERTISQ«e    .    LTBERTABVSQwe    .  POSTERISQVE    . 
EOR\  M  .  ET  .  COMINIAE  .  IA.NVARIAE  .  ET  .  MIRAE- 
BOMIO  .  HESPERO  .  AMICIS  (4)   ;    U^ertis    .   LIBER- 
TABm5  .  POSTERISQwe  .  EORz/m  .  ET    .    AERARIO    . 
SOTERl  .  ET  .  SETRIAE  .  IVLIANAE  .  AMICIS  .  BE- 
rsEMERENTIBVS(5);  LIBERTIS  .  LIBERTABVSQwe  .  ET. 
POSTERISQ'te  .  EORVM  .  ET  .  SOPHRONENIO  .  DE- 
LICIO  .  SVO  .  (6);  LIBERTIS  .    LIBERTABVS  .    POS- 
TERISQVE .  EORVM  .  ET .  Vuhlio  .  AELIO  .  NATALI  . 
AMICO  .  CARISSIMO  .  ET  .  AELIAE  .  RESTITVTAE  . 
LIBERTAE  .  EIVS  (7)  ;  URertis  .    LIBSRTABVSQVE  . 
POSTERISQVE  .  EORVM  .  ET  .  ONESIMO  .  COGNATO . 
SVO    .    ET    .    FLAVIAE  .  ARETVSAE    .    CONIVGI    . 
SVAE  (8)  ;  LIBERTIS  .  LIBERTABVSQhc   .   POSTERI- 
SQVE .  EORVM  .  ET  .  VIBIO  .  FELICI  .  AMICO  .  (9); 
SIBI  .  ET  .  SVIS  .  ET  .   Q«m«o  .  FAVIO  .  MAXIMO  . 
AMICO  .   OPTIMO  .  (io)  ;  LIBERTIS  .  LIBERTABVS  . 
POSTERISQVE  .  EORVM  .  ET  .  PACCIO  .  TROPHIMO  . 
COGNATO  .   SVO(ii)jLIBer«w  .  lA^ertabus  .  POSTE- 
Viisque  .  EORum    .    ET  .  Ca;o    .    VIRIO   .    ARGALO  . 


(1)  Marm.  Pisuur.   11.  LXXXII.  p.  ^y. 

(2)  Gap.  X.  n.    614. 

(3)  />«g.   1279.  7: 

(4)  Grut.  p.   1039.    1. 

(5)  Mwi.  Capitoì.  e.    III.   n.    106, 

(6)  Fabr.  C.  I.  n.  247. 

(7)  Fabr.   D.  I.    n.  2H3. 

(i$)  Verrnigl.  Iscr.    Fcru<^.    ci.  X.   n.   XXIV. 

(9)  Fabr.    G.  X,    n.  74- 

(10)  Mario.  Fr.  Arvuli   p.  368. 

(11)  Paision-  ci.    VI.  n,    49- 


270  Letteratura 

AMICO  .  OPTIMO  (1)  ;  LIBERTIS  .  LIBERTABYSQ«e  . 
POSTERISQue  .  ET  .  Marco  .  ANTONIO .  DAPHNO  (a)^ 
LIBERTIS  .  VTRIVSQVE  .  SRXSVS  .  POSTERiSQVE  . 
EORVM  .  ET  .  VubUo  .  DECIMO  .  CHRESTO   (3)  j    e 

in  quest'altra  inedita  copiata  nella  villa  Giraud  presso  porta 
Salara  d^ll'  egregio  mio  amico  Borghesi  :, 

Thìs  .  Manibus 
Tiius  .  MASCLIVS  .  MITHRES  .  VIBVS 

FECIT  .  SIBI  .  ET  .  GAECILIVE 

EVRIAE  .  CONIVGI  .  ET  .  MAÌCLIaE 

EVTICHIAE  .  FILIAE  .  LIBERTIS 

LlBEllTABVSQVE  .  POS 

TEUISQVE  .  EORVM 

ET  .  FIRMIO  .  CRESCENTI 

NEPOTI  .  SVO  .    Bene  .  ferenti  .  FECIT 

dove  Firmio  Crescente  coi  nome  diverso  si  fa  conoscei?e 
figliuolo  di  Eutichia  menata  sposa  da  un  Firmio ,  scrivendo 
Paolo  giureconsulto  che  nepos  quoque  dupliciter  intelligi- 
tur,  ex  Jilio  vel  Jilia  natus  (4)  •  Ma  se  dopo  i  liberti  le 
liberle  e  i  lor  posteri  vediamo  chiamati  e  in  genere  e  nomina- 
tivamente gli  affini,  i  cognati,  e  gli  estranei^  perchè  non  dire- 
mo che  altresì  nel  marmo  di  Erasmo  dopo  i  liberti  e  liberle,. 
la  copula  ET  ci  stia  per  esprimere  il  medesimo  intento  ? 

Oltre  di  che  vuol  notarsi  lo  stile:  cliè  quasi  tutti  que- 
sti epitaffi  sono  del  genere  che  direbbesi  istorico,  e  recano 
in  primo  caso  l'autore  del  monumento,  ciò  che  diniostra  P 
.ìtliva  sua  volontà  .  Onde  il  nostro  intattissimo  in  ogni  sua 
parte  che  ha  nel  fine  l'addentellato,  più  presto  che  dir  ciò 
un-  errore  del  marmorario  ,  vorrei  giudicarlo  prudente  caUf 


(►;  Nov.    Letter.  di  Firenze.  T.   Xlll.  p.  66ft. 

(2)  Bonada  Curin.  etc.    aa.  Lapid.   T.    2.  ci.  6.   p.  9^7. 

(3)  Fabr.   C.  X.  n.    434- 

(4)  Digest.  Id:    38.    tlt:    io.  l.  6.  n.   i3» 


Epitaffio  di  Manerba.  371 

tela  o  sottile  malizia  dell'autore  di  esso,  il  quale  previde 
r  incomode  e  il  danno  cui  sarebbe  soggiaciuto,  sia  di  dover 
rinnovare  il  testamento ,  sia  d' intimare  eccezioni  e  divieti, 
sia  di  fare  abradere  i  nomi  dei  legatarj  ,  ove  che  questi 
indegnamente  si  comportassero  o  egli  mutasse  di  volontà  ; 
ciò  che  solea  non  di  rado  succedere  .  La  qual  malizia  o 
cautela  cprlamt;nte  non  ebbe  Tiberio  Claudio  Biolieo  ,  il 
quale  avendo  nel  suo  testamento  manomessa  e  fatta  erede 
e  partecipe  del  sepolcro  la  sua  fantesca  chiamata  Ninfa  , 
rendulasi  ella  di  tal  benefizio  indegna  ,  Claudio  per  non 
rinnovare  le  tavole  testamentarie  dovette  scrivere  suU'  epi- 
taffio la  formula  che  direi  quasi  codicillare  LIBERTIS  . 
LlBiiRTABVbQVE  .  FOaTERlSQ^p  .  EORVM  .  PRAETLR  . 
INYMPHEN  (1);  egualmente  Lelio  Mappalio  che  haSIBI.POSTE- 
BI^QVE.  SVORum.  EXGEPTO  .  EVTYCHO  (l);  Marco  Emilio 
Ji  lema  che  ha  LIBERTI^  .LlBERTABVS  .  POSTERISQae  .  EO- 
BVM.  EXGEPTO  .  HERMETE  .  LlBer/o.QvEM.VETO.PRO- 
PTER  .  DELICTA  .  SVA  .  ADITA^M  .  IME  .  VLLVM  .  AC- 
CESSVM  .  HaBEaT  .  IN  .  HOC  .  M0N\MENTO  (3)  ;  Be- 
lia  Trophime  che  ha  LlBERTlvy  .  L1BERTAB\\SQE  .  SVIS  . 
POSTERISQVE  .  EORVM  .  PRAETER  .  rPYTiNCHANVM  . 
ET  .  FORTEM  (4)  ;  Cecdio  Feroce  che  scrisse  LIBERTIS  . 
LIBERTABVSQYE  .  POó'TERI^^QVE  .  EORVM  .  EXCEPTA  . 
i!?ECV]SDlNA  .  LIBERTA  .  IMPL\  .  ADVER5VÒ.CAECILIVM  . 
FELICEM  .  PATRONVM  .  SVVM  (5).  All' incontro  Cajo 
Atilio  Mocelio  che  avea  fatto  anche  incidere  i  nomi  dei 
legatari  nell'  epitaffio  ,  o  perchè  siasene  poscia  pentito  ,  o 
perché  quelli  avessero  demeritato  ,  mule  il  testamento  e  ne 
fece  abradere  i  nomi  :  come  si  può  vedere  e  in  questa  la- 
pida ,  e  in  quella  di  Fczzia  in  Fabretti  (6) ,  e  specialmen- 

(i)  Fabr.  C.   III.   n.    191. 

(2)  Fabr.   G.  111.   n.    11)2. 

(3)  Grut.    p.   «44.    4- 

(4)  Marin   Fr.  Arv»   p.    690. 

(5)  Grut.  p.  862  6. 
^6)  cap.   II.  n.  21. 


272  Letteratura 

te  in  quella  di  Adjecto  ,  di  Annia  ,  e  di  Cajo  Walerio 
Mirismo  nel  Gori    (1)  . 

Ma  ciò  che  reca  le  esposta  opinione  alla  evidenza  mag- 
giore di  cui  sieno  capevoli  questi  studj  ,  parrai  1'  avviso 
datoci  dai  legatarj  medesimi ,  allorché  alla  morte  dei  loro 
benefattori,  consegniti  la  eredità  e  1' ammissione  al  sepol- 
cro, sollecilaronsi  di  far  compiere  1'  epigrafi  ,  e  di  aggiugne- 
re  all' ET  isolato  il  loro  nome  .  Date  un  occhiata  all' epi- 
tafEo  di  Manlia  Artemide  (2) ,  e  di  Eudossia  in  Fabrel- 
tì  (3)  j  così  a  quello  di  Tizio  Marziale  nel  Gori  (4)  , 
e  per  la  più  breve  compiacetevi  di  esaminare  il  seguente 
tuttora  inedito  ,  da  me  copiato  una  volta  nel  giardino  del 
bresciano  pittore  Yantini  ,  e  raffrontato  non  ha  guari  an- 
che in  quello  del  co.  Lechi  che  lo  acquistò  .  O  io  ho  per- 
duto affatto  il  senso  per  questi  studj,  o  parmi  che  sgombri 
qualunque    dubbiezza  (5)  : 

yivus  .  Fecit 

Lucius  .  LAVDONIV^" 

HERMES" 

^1  .  VIPv  .  A\Gusialis  .  BRIXIAE 

SIBI  .  ET 

LA.VD0N1\E  .   FIRMAE 

VXORI 

LÀVDONIAE  .  FIRMVLAE 

LAVUONII^  .  PRIMITIVO 

QVARTIONi  .  Uìiertls  .  ET 

ET  .  LaudòNio  .  DIOGENI  .   LOCVM  .  DONAVIT 

Basta  osservare  querta  lapide  per  convenire  che  l'ultima  linea 
e  per  Io  rozzo  carattere,  e  per  la  replicazione  della  particella 
copulativa ,  e   per  1'  accorciato   LiaudoNio  ,  che  intero   nou 


(ì)   laser.   Elrur.  T.    1     4-    »83.   p.    098;  n.  f>7.  o.  438;    n. 
sGo.  p.  4i6. 

(2)  Fabrct.  Cop.  ITT.  4-  2o4,  e  di  nuovo   C.    X.    n.   4^3; 

(3)  Gap.  IV.  II.   Ì02. 

(4)  Inscr.    Efr.  T.  I.  p.  4i6.  comcchc    qnivi   non     si  avrcr- 
ta  che   r  ultima    k'ttera  vi    fu  aggiunta  posteriormente  . 

ero    V.    La  Tav.  II.  n.  5. 


Epitaffio  di  Manerba.  273 

•apiva  nello  spazio,  vi  fu  aggiunta  posteriormente.  Della  qua- 
le novità  non  saprei  quale  altra  migliore  spiegazione  si 
possa  dare  fuori  di  questa  ,  cioè  che  avendo  il  seviro  Er- 
mete promesso  in  vita  al  servo  Diogene  }a  libertà  e  con 
essa  un  legato,  e  l'ammissione  nel  proprio  sepolcro,  di 
che  lusii;igatolo  anche  colla  particella  copulativa  ET,  venu- 
to finalmente  a  morire  ,  e  mantenutagli  la  data  fede  ,  il 
buon  Diogene  fece  compiere  la  epigrafe  collo  aggiugnervi 
ET  Laudoi^io  DIOGENI  LOGVM  DON  VVIT  ^  dove  all'In- 
contro nell'  epitaffio  di  Cajo  Lucrezio  Erasmo  ,  o  per 
non  aver  lui  nel  testamento  mantenuta  la  sua  parola  ,  o  per 
essersene  rendu  li  indegni  coloro  cui  data  1' avea ,  rimasela 
copula  così  incompleta  nel  sasso  .  Di  che  sia  suggello  il 
curioso  marmo  di  Cajo  Bruzzo  Telenforione  ;  il  qual 
poveretto  non  dandogli  il  cuore  di  bruttamente  beffar  gli 
eredipeti  ,  s.tlutatili  amorosamente  ,  se  ne  scusa  colla  sua 
povertà,  dicendo  loro:  HOC  .  MONVMENTVM  .  EX  .  MEA.  . 
FRVG ALITATE  .  FECI  .  ET  .  EIS  .  QVI  .  SVPRA  . 
SGRIPTI  .  SVNT  .  CETERI  .  AMICI  .  IGNOSGKTIS  . 
HOC  .  MONVMENTVM  .  HOSPITEM  .  NoN  .  REGI- 
PET  .  VENE  .  VALETIS  (i)  . 

Dopo  le  quali  parole,  che  diremo  dell'ufficio  sostenu- 
to da  Erasmo  in  Brescia  ed  in  Trento  ?  Diremo  che 
appresso  le  undici  conclusioni  sapientemente  esposte  dall'in- 
signe Morcelli  ,  non  è  più  perniesso  favellare  del  sevirato 
augustale  senza  uojare  i  prudenti  (2)  :  sicché  a  quell'ope- 
ra lodatissima  rimettendomi  ,  la  quale  con  vostro  plauso 
infinito  state  costà  riproducendo  ,  vi  pregherò  di  scusare 
il  mio  ardire  ,  e  di  continuarmi  la  cara  vostra  benevo- 
lenza . 


(1)  Marin    Fr.    Arv.  pg.    691. 

(2)  De  Styl.  laser,  p.    21 

G.  A.  To.  lY.  i§ 


374 


Callitnachi  hymni  in  latina  carmina  conversi  et  selectis 
varioriim  interpretutn  enarraiionibas  illustrati  a  Josg' 
pho  Peiruccio  S.    J.  etc.    Rornae ,  in  l\.    Gr.  et   Lat. 

Jlj  questa  la  seconda  edizione  ,  che  il  Rev.  P.  Petrucci 
della  Compagnia  di  Gesù  ,  già  professore  di  eloquenza  e  di 
liogua  greca  nel  collegio  romano  ,  ha  non  ha  guari  dato 
alla  luce  della  sua  versione  in  versi  lati«i  degl"  inni  di  Cal- 
limaco .  Voler  mostrare  1  pregi  di  questo  lavoro  ,  sarebbe 
lo  stesso  che  ripetere  gli  elogj  ,  che  per  tutta  1'  Europa  ne 
sono  slati  fatti  ,  dapoichè  esso  vide  la  prima  luce  ;  elogj 
che  non  sono  mai  iti  soggetti  a  dubbiezza  ,  ed  ai  quali  noi 
non  possiamo  se  non  applaudire  .  Laonde  speriamo  ottenere 
iudulgenza  se  per  non  ripetere  ciò  che  altri  hanno  detto  , 
noi  in  questi  fogli  ci  limitiamo  a  dare  un  brevissimo  cen- 
no di  questa  nuova  edizione  ,  mostrando  soltanto  ciò  ,  che 
la  faccia  distinguere  dalla  precedente  . 

Comincia  il  Petrucci  con  una  dedica  in  versi  esametri 
all'  Emo  Litla  prefetto  degli  studj  ,  ne'  quali  con  istile  fa- 
miliare e  quasi  catulliano  gli  dirige  1'  opera  ;  ed  a  questa 
siegue  una  brieve  prefazione  al  lettore  che  dà  cmito  come 
questa  nuova  edizione  di  due  cose  egli  abbia  fornite  ;  e 
primieramente  di  avere  emendato  i  versi  ,  che  nella  edizio- 
ne del  1795  trovò  riprovabili  ;  ed  in  secondo  luogo  di  ave- 
re apposto  alla  versione  il  testo ,  onde  potesse  meglio  farsi 
il  confronto  della  sua  fedeltà  nel  triJurre.  E  quindi  altre 
cose  aggiunge  a  maggiore  schiarimento  della  opera  sua  ,  ed 
avverte  avere,  per  quanto  gli  fu  possibile,  procurato  d'  imi- 
tare non  solo  il  metro  del  greco  originale .  ma  ancora  lo 
stile  di  esso  :  il  che  si  era  trascurato  da  altri   traduttori  la- 


Callbiaco  del  Petrucci,  275 

tini ,  per  non  parlare  delle  versioni  italiane,  cioè  del  Frischli- 
no  ,  di  Enrico  Stefano  ,  di  Florido  Sabino,  e    di  Buonaven- 
tura  Vulcano  ,  i  quali  secondo  il  Petrucci  pivi  a  fare  inten- 
dere il  poeta  studiaronsi  ,  che  a  farlo  leggere     con    piacere 
in  lingua  latina  .  Egli  però  segueaJo  l'   insegnamento    Tul- 
liano, volle  piuttosto  che  interprete  mostrarsi   poeta  ,  dicendo: 
eadem   eoriim    ratio  esse  debet  qui   s^rcecum   poetarti    lati- 
nis    versibus    exprinteìidum    sumuiit  ;    ut   lìimiruni    poetce 
magis  quain    interpretes  videantur  ;    auctoiis    verba    non 
tain   adnumerent  quain  appendaiit ,   enque  ita    conuertaiit, 
ut  non  modo  ipsa  latina   sint  ,  sed  latina  eiiam  eorumdein 
copulatio  ,  ncque  latina  modo  sed   etiain  poetica.   E  quin- 
di seguendo  la  slessa   dottrina    si    fa    a  biasimare    que'   tra- 
duttori ,  i  quali    troppo   scrupolosi   sono  nel  seguire  l' origi- 
nale ,  e  per  non  incontrare  la    taccia  d'  infedeltà   divengono 
di  soverchio  minuti    e  servili  ,   Alhi  quale  dottrina  noi  aon 
possiamo  che  fare  eco:   ma   nello  stesso  tempo  non  vorrwnio 
che  essa  fosse  troppo  l.irgamente    presa  ,     specialmente    per 
coloro  ,  che   tradussero    scrittori   in    prosa  ;  e  quelli  soprat- 
tutto ,  che  pubblicarono  versioni  di    autori  ,  i    quali    fanno 
sovente  uso  di   termini   tecnici  ,  che  non  possono  nella    tra- 
duzione trascurarsi  .  Dalla  (jual  taccia    va    certamente  esen- 
te il    Petrucci  ;  ma  ciò  volo;inino    osservare    perchè    la    sua 
dottrina  non  sia  troppo  ampiamente  seguita  .  Dopo  avere   il 
nostro  traduttore  soggiunto  altri  esempj  od  altre    prove  per 
sostenere  ,  che  non  debbasi   sarvilmenle    interpretare  un  au- 
tore si  fa  strada  a  parlare  di   altri  particolari   dflla   sua    tra- 
duzione ,  e  primieramente    dichiara  essersi   servito  nel    fme 
la    versione  del  testo  greco  pubblicato  da   Ernesto  nella  edi- 
izione  del    1761J  dalla  quale  edizione  egli  pur  trasse  le    no- 
te di  che    arricchisce  il  suo  lavoro  a    maggiore    intelligenza 
del    testo  stesso  ,   non  pe'  dotti  ,  come  egli  protesta  ,  ma  per 
la  studiosa  gioventù  j  pel  cui  uso  egli  pure    premise  le  no- 

18  * 


276  Letteratura 

tizie,  che  sopra  la  vita  e  gli  scritti  di  Callimaco  raccolse  il 
celebre  Gio:  Alberto  Fabbricio  nella  sua  biblioteca  greca . 
fiè  di  ciò  pago  il  Petrucci  aggiunse  le  varie  lezioni  appo- 
ste dal  Bandini  alla  sua  edizione  fiorentina  del  1763,  e  se- 
condo il  testo  dallo  stesso  Bandini  dato  alla  luce  ,  chiude 
il  volume  colla  versione  degli  epigrammi  a  Callimaco  at- 
tribuiti .  W.  G. 


De'  secrni  numerici  desìi  antichi  Esiziani . 


r. 


aremo  conoscere  di  buon  animo  alcune  delle  molte 
erudite  cose  ,  che  ha  dette  il  Sig.  Giomard  nell'  accademia 
reale  delle  scienze  di  Francia  (1)  intorno  a  queste  letterate 
curiosità  . 

Gli    egizj    scriveano    i    lor   numeri    come    i    romani  ,    e 
come  i   greci  allorquando  v'  impiegavano  le  capitali  del  ca- 
rattere loro.   Gli  egizj  aveano  segni  per  esprimere  l'unità, 
pel  5,  pel   10  ,  pel   100,  pel   1000  ;  e  il  Giomard  lo  prova 
co'  monumenti  .  Perciò  egli  dice  ,  che  attentamente  esaminando 
quel  lato  ,  che  fuor  dell' ordinario  è  tutto  costrutto  di  gra- 
nito nel  palazzo  di  Karnak  in  Tebe  ,  vi  si   scorge    una  fac- 
ciata   tutta  scolpita  e  pitturata  .   Ove  ,  in    vece    di    religiosi 
dipinti  ,  traile    colonne  di  verticali  ed  orizontali   geroglifici 
hannovi  gli  artisti    significato  stendardi  ,  vasi  preziosi  ,  mo- 
bili riccamente  ornati ,  collane  dì  coralli ,  di  perle  e  di  pie- 
tre ,  addobbi  messi  a  oro  ,  e  molte  cose  di  valore  l'una  ac- 
canto all'altra,  in  più  guise  disposte  e  senza  ordine  alcuno. 
Questa  disposizione  d'  apparato    rara    in    siffatti     monumenti 


(1)  Extrait   de?   Séances    de  Y  Accademie    royale   dcs  Sciences 
dn  6  Septemhre  liiiQ- 


De' Numeri  Egiziani  .  277 

appartiene  al  genere  di  rappresentanze  in  che  s'  oc.;upa  il 
Giomard  :  ed  in  questa  a  lui  parve  che  tutti  questi  oggetti 
fossero  in  tal  guisa  disposti  al  solo  fine  di  poterli  enume- 
rare .  Trovansi  difftitti  al  disotto  in  fascie  orizzontali  ,  che 
alle  colonne  corrispondono  degli  ordinarj  geroglifici  ,  alcuni 
segni  particolari  uniti  fra  di  loro  in  molte  maniere  ;  cioè 
2a2,3a3,4'T4'5a5  Uno  di  essi  ha  la  figura  di 
uno  strettissimo  rettangolo  ,  e  giace  verticalmente;  un'altro 
somiglia  quasi  un  ferro  di  cavallo  ;  qualche  volta  pare  un 
n  greco  .  Vegg'on sì  agevolmente  non  dissimili  segni  in  altre 
pitture  del  Karnak  in  Tebe  ,  rinchiusi  in  caselle ,  quasi  per- 
chè non  sì  confondessero  con  altre  note  della  geroglifica  scrit- 
tura .  Ed  esaminando  questi  caratteri,  e  l'ordine  dì  lor  di- 
sposizione ,  e  il  posto  che  hanno  ,  convìen  decìdere  che  vi 
stanno  per  un  fine  assai  diverso  da  quello  degli  ordinar)  ge- 
roglifici ;  né  alcuno  v'  ha  che  tosto  non  concepisca  poter 
esser  cifre  codesti  segni ,  le  quali  esprimano  la  quantità  de- 
gli oggetti  figurati  dì  sopra  :  ({uindi  pensa  il  Giomard  che 
di  que' due  segni  il  primo  rappresenti  l'unità  ,  il  secondo 
la  diecina  . 

Che  il  primo  segno  ,  il  rettangolo  ,  indichi  unith  ,  par 
chiaro  all'  A.  e  senza  contesa  ;  uè  trova  buona  ragif^ne  in 
quegli  scrittori,  i  quali  bizzarramente  crederono  che  l'I.  (uno) 
degli  egizj  rappresentavasi  con  due  linee  separate  ;  cosa  che 
sembra  essere  stata  suggerita  da  OrapoUine  ,  che  forse  però  fu 
male  ascoltato  .  Il  quale  parlando  delle  significanze  dell'  av- 
vollojo  ,  ne  accerta  che  adoperavasi  per  denotare  due  dram- 
me ,  e  lo'  mperchè  ne  rinviene  nell' adoperarsi  da  que' dell' 
Egitto  due  lìnee  per  esprìmere  1'  unità  :  ma  io  penso  ,  dice 
il  Giomard,  che  queste  due  linee  altro  non  siano  che  i  hti 
più  lunghi  del  rettangolo  ;  mentre  gì'  interpreti  e  i  chiosa- 
tori di  questo  luogo  di  OrapoUine  niuna  soddisfacente  di- 
ehiarazione  ci  hanuo  lasciato  finora  . 


278  L  E  r  T  E  K  A  T  U  11  A 

Prova  in  appresso  il  Giomard  col  vero  sigul^cato  che 
si  ha  nell'  originale  greco  della  iscrizione  geroglifica  detta 
il  mar  ino  o  la  pietra  di  Basetta  ,  come  quella  stella  con  5 
raggi  di  sopra  un  cerchio ,  che  a  lui  par  chiaro  essere  il  so- 
le ,  significhi  cinque  giorni  ;  essendosi  ingegnato  lo  scrittore 
di  porre  le  cinque  unità  in  quelU  figura  che  può  esprimere 
1'  astro  del  giórno  :  poiché  corrispondente  a  quel  segno  trovasi 
in  greco  HMEPAS  RENTE  (  fig,  3.)  .  Prova  dappoi  che  n 
significava  dieci  presso  gli  egizj  ,  non  solo  perchè  quella  fi- 
gura trovasi  appresso  all'  unità  ,  ma  perchè  ne'  Geroglifici 
Mosetiiani  trovasi  il  n  di  sopra  ad  un  ssgno  circolare  eh' 
esprime  corona  ,  mentre  il  greco  dice  BA2IAEIA2  AEXA  . 
(fig.  1.).  E  ne  trova  conforto  nelP  altro  significato  TPIAKAAV 
MESOPI  (  fig.  2.)  ove  il  primo  segno  circolare  che  trovasi  ; 
ed  è  1'  ultimo  secondo  gli  cgizj  ,  significa  giorno,  come  nel 
primo  caso  pur  lo  significava  ;  gli  altri  due  che  seguono 
tendono  a  descrivere  il  mesoii  ,  e  i  tré  simili  finalmente  le 
3  decine  de'  giorni  decorsi  .  Anche  Orapolline  lib,  II.  e.  3o 
è  citato  dall'  A.  ove  disse  che  una  linea  dritta  accoppiala 
,'il  altra  ,  curvata  verso  di  lei  ,  equivaleva  a  10  line©  piane; 
il  ([ual  passo  non  bene  dai  coraentatori  inteso  ci  dà  se- 
condo l'autore  ad  intendere  questa  figura  della  diecina.  So- 
pra queste  basi  spie^'i  il  Giomard  che  nella  (fig.  40  dicasi  di 
sotto  un  trentacinijiie  per  le  3  diecine  a  ferro  di  cavallo  , 
e  per  le  5  unità  rettangolari  ,  che  vengono  appresso  :  ag- 
giungendo che  sonovi  esempj  ne'  quali  promiscuamente  si 
vede  la  forma  della  nota  di  diecina  ora  come  il  n  greco, 
ed  (jra    come  un   ferro  di  cavallo  . 

Passa  di  qui  a  trattare  della  nota  esprimente  il  centinajo 
e  la  dice  formata  di  una  linea  che  termina  ia  una  spira  , 
la  quale  sembra  a  noi  quasi  un  lituo  dogli  antichi  sacer- 
doti ,  ed  un  pastorale  accorciato  de'  vescovi  ;  come  nella  no- 
stra tt'vola  (fig.5.)  si  può  verificare,  e  leggere,  secondo  queste 
'nr.fosi  ,   seicento  fessnnfotto  . 


De' Numeri  Egiziani.  279 

Curiosa  ed  ingegnosa  assai  è  la  spiegazione  della  figura 
significante  il  nùgliajo  ,  che  parrebbe  a  prima  vista  un  fio- 
re di  Loto  giacente  sopra  un  lato  ,  con  di  sotto  una  linea 
verticale,  ciie  s'  incrocia  verso  la  base  con  una  linea  orizzonta- 
le ;  e  a  noi  desta  l'idea  di  una  spada  dritta  sull'elsa  (fig.6.)  .  Il 
veder  questo  segno  meschiato  ai  numerici,  dice  l'A.  ,  è  argo- 
mento che  egli  sia  numerica  figura  ;  oltre  di  che  trovasi 
ripetuto  spessissimo  e  senz' altra  interposizióne  :  lo  che  non 
accade  ne'  geroglifici  .  E  v'  è  argomento  che  valga  mi/le  ,  i". 
perchè  questo  segno  vedesi  precedere  il  centinajo ,  come 
questo  la  diecina  ,  e  questa  1'  unità  :  i°.  perchè  pare  che 
tenga  assolutamente  luogo  del  X  de' greci  ,  e  dell' M  de' 
latini  :  3**  perchè  trovasi  sempre  dopo  di  quel  segno 
la  figura  caratteristica  della  cosa  che  vuol  numerarsi  :  4'* 
perchè  ha  rassomigl lancia  col  m///«  de' cinesi  come  può  ve- 
dersi nella  (  Gg.  8.  )  sotto  la  colonna  del  niigliajo  .  Non  pe- 
rò il  fiore  ordinario  della  nyniphaea  lotiis  ,  ma  la  nym- 
pliaea  caerulea  riconoscesi  nella  figura  dal  Giomard  ,  il  fiut- 
to  della  quale  allor  che  si  apre  partorisce  granellini  a  mi- 
gliajo  ,  per  così  direj  e  sa  il  medesimo  esser  vero  che 
quelli  sono  minuti  come  il  miglio  nostrale  ed  lianno  pres- 
so gli  Egizj  il  nome  stesso  cori'ispondento .  Così  il  Delille 
nulla  sua  eccellente  descrizione  dei  Loti  significò  il  nome 
di  quei  grani  in  dokhn  el  hacJic.nyn  ,  cioè  miglio  di  ba- 
clienyn  (  ovvero  di  Lotus  )  (*)  .  Ed  a  ciò  ag<>iunge  il 
nostro  A.  che  il  nome  arabo  di  questa  pianta  è  noiifar  ,  e 
che  il  nàf ,  che  sembrala  sua  radicale  ,  significa  chi  s'in- 
nalza ,  e  signoreggia  ;  significansi  poi  con  nyf  ì  numeri 
superiori  a  dieci  come  il  cento  e  il  mille  :  uè  manca  il 
medesimo    A-   di   recar    molti    esempj    di    numeri    alti   d'as- 


C*)  U&!cription  de  l'Egypt.  Hist.  nat.  U,  p.  64-  et   3o5. 


'-i^*o      Letteratura 

sai  letti  ne' monumenti  di  Karnak  ,  e  lutti  nelle  medesime 
giaciture  e  collegamenti  ;  senio  sempre  le  delta  quantità  scrit- 
te dfi  dritta  a  sinistra,  ovvero  dall'alto  in  basso  ;  cioè  mi- 
gliajo  ,  centinaio,  diecina,  unità  .  In  principio  di  queste  ci- 
fre numeriche  trovansi  poi  espresse  le  cose  numerate  con 
dne  o  tre  segni  ordinar] ,  che  voglion  dire  certamente  sem- 
plici nomi  ,  e  stannovi  isolali   e  distinti  . 

\olgesi  di  poi  ad  indagare  1'  A.  se  gli  Egizj  avessero 
il  IO  ,  000  ,  e  il  loo,  ooo  ;  e  suppone  che  la  prima  di 
dette  quantità  si  esprimesse  collocando  il  segno  della  Diecina 
alla  dritta  del  mille,  e  cosi  quello  del  centinajo  per  la  secon- 
da .  Sopra  questa  congettura  nella  (  fig.6.)  si  potrebbe  leg- 
gere a^6  ,  ODO  in  vece  di  i  ,  276  prendendosi  dal  segno  di 
mille  la  denominazione  della  quantità  :  il  che  ,  noi  osservia- 
mo, don  essere  strano  a'nostri  usi  europei  ,  quando  aggiungen- 
do un  mille  fuor  della  serie  de'  numeri  ,  innalziamo  al  miglia- 
io quelle  che  non  sarebbero,  che  semplici  unità  secondo  l'arit- 
metica .  I  cinesi  ,  dire  il  Giomard  ,  usano  di  porre  tré  unità 
avanti  al  segno  di  loo.  per  darne  a  significare  il  3oo  ;  e 
lusingasi  che  nel  monumento  di  Mtdynet-Abou  possano  tro- 
varsi altre  numeriche,  che  definiscano  la  questione:  non 
senza  sospettare  che  de'  segni  di  unità  più  piccoli  degli  al- 
tri ,  ed  alcuni  cerchietti  rinvenuti  appresso  le  unità ,  opre- 
cedenti  le  figure  delle  cose  nnmerate  ,  tenessero  luogo  di  fra- 
zioni ;  come  altresì  che  possan  trovarsi  le  cifre  corrispon- 
denti alle  note  Romane  che  formano  il  5o  il  5oo  ec.  il  qua- 
le sistema  quinario  non  è  solo  de'  Romani  ,  ma  il  fu  de' 
Greci   ezi. indio  . 

Crede  finalmente  1'  Autore  che  questo  palazzo  te- 
bano  sia  certamente  un  luogo  ove  i  sacerdoti  d'  Egitto  an- 
noverarono a  Germanico  i  tributi  e  le  spoglie  che  Rahmsè 
ritratte  avpa  ne'  suoi  trionfi  :  cose  che  al  dir  di  Taci- 
to (  Ann, XI. 56  )  vedevansi  significate  in  Tebe  .  Legcbantur 


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De' Numeri  Egiziani.  -    281 

et  indicta  gerttibus  tributa  ,  pondus  argenti  et  auri  ,  nu- 
merus  armorum  equórwnqne ,  et  dona  templis  ,  ehur  atqiie 
odores  ,  quasque  copias  frumenti  et  omnium  utensilium 
quaeque  natio  pender  et.  E  chiude  la  sua  menioria  parlando 
de' pesi  di  quelle  genti  ;  ove  reca  la  figura  (  fig.  y  .  )  trat- 
ta dal  monumento  di  Elethya  ,  ch'esprime  i  pesi  in  manie- 
ra diversa  da  quella  creduta  altrove  .  Sono  questi  piesi  in  for- 
ma di  anella  e  precisamente  come  quelli  detti  di  rotte  ;  che 
s'adoperano  anch'  ora  nel  Cairo  ed  in  tutto  1'  Egitto.  Co- 
sì fatti  possono  essere  sovrapposti  fino  a  grandi  altezze,  e 
sollevarsi  cotriodarriente  da  basso:  trasportànsi  purè  facilmen- 
te da' mercadanti ,  come  piij  volte  ha  visto  1' A.  ,  cose  che 
a  maggiore  stento  s'otterrebbero  se  fossero  d'altra  forma. 

C.   S. 


Storia    di  Tivoli   ec.   Tomo   IH.  ed   ultimo   Roma  Bour- 
lie    1819. 

Lib   XIJL 


I 


1  Pontefice  Urbano  VI-  ritornò  ,  e  si  trattenne  in  Tivoli 
nell'estate  dell'  anno  i383.  per  fuggire  il  pericolo  de'  mali 
contagiosi  ,  che  serpeggiavano  anche  in  Roma  .  N^ll'  anno 
poi  1387.  pernottò  a  Ponte  Lucano  ,  (1)  ove  si  era  fatto 
trasferire  in    lettica  dopo  la  fatale    caduta    del    mulo  ,     che 


(1)  Merita  qui  di  essere  rammentato  I'  incontro  che  elibe  il 
Pontefice  al  detto  Ponte  Lucano  colla  deputazione  He'  Romani  , 
«he  lo  pregavano  caldamente  di  ritornare  alla  sua  residenza  .  T^o- 
ilorico  di  Niaiii,  che  ce  ne  conservò  la  IMem^^ria,  aigiunge  ,  che 
le  preghiere  riuscirono  inutili ,  perchè  il  Pontefice  sebbene  mal 
concio  nella  persona  volle  proseguire  il  viaggio  fino  a  Ferentino  « 
4onde  però  gh  convenne  di  retrocedere  • 


aSa  Letteratura 

cavalcava  nell'  uscire  da  Perugia  colle  sue  genti  alla  volta 
del  Regno  di  Napoli  ,  che  disegnava  di  ricuperare  .  In  quel- 
la stagione  dì  turbolenze  i  Tiburtini  si  tennero  coli'  agguer- 
rite milizie  sempre  in  guardia  dalle  scorrerie  degli  avventa 
rieri  ^  che  desolavano  le  contrade  d'Italia.  Così  mandarono 
a  voto  gli  ostili  disegni  di  Giovanni  Augud  capitano  di 
una  banda  d' Inglesi  ,  che  non  osò  di  attaccarli  ;  e  nel  i38t). 
con  una  sortita  notturna  disfecero  intieramente  i  Brettoni 
e  Guasconi  condotti  dal  noto  Bernardo  della  Saìa  fautore 
dell'  Antipapa  Clemente  ,  che  occupava  già  le  pianure  ,  ed 
aveva  sorprese  le  guìrdie  di  Ponte  Lucano  .  In  tale  occa- 
sione si  fuse  una  grande  campana  della  cattedrale  con  iscri- 
zione relativa  alla  vittoria  . 

Nel  Pontificato  di  Bonifacio  IX.  l'anno  iSgi.  la  città 
di  Tivoli  vendette  alla  famiglia  Cocconari  il  castello  di  Sa- 
racinesco,  e  gli  abitanti  disgustati  de'  novelli  padroni  emi- 
grarono con  tutte  le  robe  loro  ;  e  valicato  1'  Aniene  ,  si 
portarono  sulla  vetta  di  uu  monte  degli  Equicoli  lontano 
dodici  miglia  da  Tivoli,  ove  fabricarono  l'odierno  Saraci- 
nesco nuovo  .  Molti  ebrei  si  erano  stabiliti  in  Tivoli,  e  per- 
ciò con  regolamento  del  i386.  furono  obligati  a  portare  il 
distintivo  di  un  mantelletto  rosso  .  Si  distinse  fra  di  essi  mi 
tal  Salomone  medico  Fisico,  di  cui  si  trova  menzione  in 
un'  antico  istromento  ,  ed  in  una  lapide  con  caratteri  ebrai- 
ci disotterrata  l'anno  l'J^y-  sulla  via  Tlburtina  .  Il  celebre 
cardinal  Filippo  d' Alencon  ,  che  amava  molto  il  soggiorno 
di  Tivoli  ,  ottenne  da  Bonifacio  IX.  un  Breve  ,  che  nella 
Festa  ed  ottava  della  Nativith  di  Maria  Vergine  accordava 
ai  Fedeli  ,  che  visitassero  la  chiesa  de  Francescani  ,  le  stesso 
indulgenze,  che  si  lucravano  nella  chiesa  di  Santa  Maria 
degli  Angeli  in  Assisi  .  Il  concorso  delle  vicine  popolazioni 
suggerì  lo  stabilimento  dì  una  fiera  generale  in  quella  so- 
Jeaaità  .  I  Tiburtini  ne  otteQaejo  il    diploma  di  coocessio- 


Storia  di  Tivoli  .  j83 

ne  dai  Conservatori  del  Popolo  Romano  ia  data  de'  21. 
Agosto  i3(.)5.  Il  commercio  di  Tivoli  mollo  vantaggio  ri- 
traeva da  sì  bella  istituzione;  ma  rincresce  il  ravvisane ,  die 
fu  di  breve  durata  .  Ni  uno  degli  Storici  patrj  accenna  il  mo- 
tivo ,  o  il  tempo  della  decadenza  :  (1)  il  solo  Nicodemi  , 
die  scriveva  circa  la  metà  del  secolo  XVI.  avverte  ,  die 
da' suoi  tempi  era  già  tutto  sparito.  L' annuo  censo  di  mil- 
le libre,  che  i  Tiburtini  in  forza  dell'antico  trattato  dove- 
vano pagare  al  Popolo  Romano ,  era  stato  abusivamente  ac- 
cresciuto lino  a  mille  fiorini  .  Un  breve  di  Bonifacio  IX. 
5.  Febraro  i4oo.  corresse  1'  abuso  ,  e  ridusse  il  tributo  a 
termini  del  trattato  ,  ma  senza  pregiudicare  ai  diritti  del 
Popolo  Romano  per  qualunque  altro  censo  ,  e  prestazione 
dovuta  .  I  Tiburtini  all'  incontro  colle  loro  milizie  sosten- 
nero le  parti  di  Bonifacio,  allorché  scoperta  la  congiura  or- 
dita contro  di  lui  fece  marciare  le  truppe  per  abbattere  i 
Colonnesi  ,  die  vi  erano  mischiati  ,  e  che  poi  furono  col 
trattato  de' 2^  Gennaro  i4oi.  ricoiiciJiali  colla.  S.inta  Sede. 
Nella  prima  invasione  di  Roma  fatta  dal  Re  Ladislao 
dì  Napoli  nel  i4o8.  i  Tiburtini  si  mantennero  fedeli  al 
Pontefice  Gregorio  Xlf.  e  si  può  argomentare  ,  che  in 
quella  incertezza  di  cose  rimaìiessero  costanti  nella  di  lui 
obbedienza  anche  dopo  la  creazione  di  Alessandro  V.  e 
Gio.  XXIII.  poiché  sappiamo  dagli  annali  di  Bonincontro  , 
che  convenne  ridurli  all'obbedienza  dì  Giovanni  colle  mili- 


ti) Sembra  che  in  questo  luogo  V  A.  abbia  perduto  di  vista 
quanto  ei^Ii  medesimo  narra  circa  il  fine  del  Lib.  XVI.  ,  che  cioè 
nel  i4%.  Paolo  II.  dalla  pericolo»,^  effervescenza  de'  Tiburtini  fu. 
costretto  a  sospendere  la  celebrazione  della  fiera  .  Se  la  causa  della 
sospensione  durò  ancora  in  progresso,  ed  il  Nicodemi  circa  un 
secolo  dopo  non  vide  alcun  vestigio  di  questo  solenne  mercato,  ben 
verisimile  è  la  congettura  ,  che  da  quella  sospensione  in  poi  noi* 
fosse  pia.  ristabilito  . 


i84  Letteratura 

zie  di  Paolo  Orsini  ,  e  Malatesta  capitano  de'  Fiorentini  .  Ma 
dopoché  Ladislao  nella  seconda  invasione  del  i4i3.  rientrando 
in  Roma  obligò  il  Pontefice  a  fuggirne  ,  ed  invitò  i  Ti- 
burtini  a  collegarsi  con  lettere  minacciose  ;  questi  cedendo 
alle  circostanze  vennero  a  trattato,  e  gli  promisero  obbe- 
dienza ,  e  soccorsi  .  Furono  subito  intimati  ad  unirsi  coli' 
esercito  napolitano  per  togliere  gli  stati  agli  Orsini  Conti 
di  Tagliacozzo  .  Si  scusarono  i  Tiburlini  ,  e  chiesero  di 
restarsi  neutrali  per  l'amicizia,  ed  i  trattati  ,  che  avevano 
cogli  Orsini .  Sdegnato  Ladislao  si  vendicò  del  rifiuto  con 
ogni  sorta  di  oppressione  .  Fece  occupare  la  Città  ,  ed  il 
passo  di  Ponte  Lucano  da  truppe  indisciplinate  ,  e  rapaci: 
impose  gravissime  contribuzioni  :  confiscò  i  beni  de'  parti- 
giani degli  Orsini  :  e  dispose  a  suo  talento  delle  Magistra- 
ture civiche  ,  quali  vendeva  a  caro  prezzo  senza  riguardo 
di  merito  ,  e  di  persone  .  Queste  avanìe  non  cessarono  che 
colla  morte  di  lui  avvenuta  in  Napoli  li  7.  Agosto   i4i4' 

Lib.  XIV. 

Dopo  le  morte  di  Ladislao  si  divise  Tivoli  in  due  fa- 
zioni, una  delle  quali  tenea  per  la  Fuegina  Giovanni  11.  di 
lui  sorella,  l'altra  pel  ristabilimento  del  regime  antico.  A 
piantenere  la  quiete  ,  e  riordinare  il  governo  fu  spedito  da 
Roma  in  qualità  di  Conte  Nicolò  Porcio  che  con  molta  sa- 
viezza ricompose  gli  animi  ,  e  fece  rendere  i  beni  confisca- 
li agli  antichi  proprietarj  .  Collo  sborso  di  5oo.  fiorini  d'oro 
fu  ricuperato  il  forte  di  Ponte  Lucano  dalle  mani  de' Co- 
lonnesi  ,  e  furono  amichevolmente  conciliate  le  differenze 
cogli  Orsini  ,  Goetani  ,  e  Francesco  di  Polombara  ,  alli  ([ua- 
li  i  Tiburtini  comandati  dall'  esperto  capitano  Giovanni 
Cenci  Romano  avevano  dichiarato  guerra  per  vendicare  gli 
affronti  ,  e  i  danni  da  essi  arrecali  nel  territorio  durante 
1  invasione  di  Ladislao. 


Storia  Ci  Tivoli  .  285^ 

Nel  tempo,  che  si  teneva  il  celebre  Concilio  di  Co- 
stanza Braccio  Forlebraccio  da  Perugia  p^r  farsi  strada  al- 
la  meditata  conquista  di  Roma  tentò  di  rendersi  padrone 
di  Tivoli  prima  con  inviti  artificiosi,  e  quindi  coli' appara- 
to di  un'  assedio  .  Ma  i  Tiburtini  incoraggiti  da  una  bella 
arringa  dì  Bartolomeo  Falasconi  Pelrucci  rigettarono  le  lu- 
singhe, e  resisterono  coraggiosamente  all' assedio  ,  che  For- 
lebraccio danneggiato  dalle  sortite  degli  assediali  dovette  in 
fine  abbandonare  . 

Martino  V.  passò  in    Tivoli    la    estate  del    142S.  .    ed 
esaltò  agli  onori  dell'  Episcopato  due   cittadini    dell'   ordine 
de' Minori    conventuali,  cioè  Fr.  Antonio,   che  fu  Vescovo 
di  Nizza  ,  e  Fr.    Niccolò ,  che  da    cappellano  del  Papa    fu 
eletto  Vescovo  di  Tivoli  sua  patria  ,  ed   anche  amministra- 
tore  delle   sedi  unite  di    Ostia    e  Velletri .  Questo  rispetta- 
bile Prelato  soffri  un'  affronto    non    meritato  in    tempo  del 
successore  Eugenio  IV.  Credevasi  ,  che   il  Vescovo  Niccolò 
sapesse  il  luogo    de'  tesori  lasciati  da  Martino  V.  Stefano  Co- 
lonna  di    Sciarra    ebbe    ordine    di    condurlo    alla    residenza 
Pontificia  :    eseguì    la    commissione  in   un   modo    scandaloso; 
sorprese   il    Vescovo  nella   propria   abitazione  con   una  squa- 
dra   di  armati  ,  e  legato  per  le  vìe    dì   Roma   come  un  reo 
di   capitale  delitto  lo  condusse    al    cospetto  del    Papa  .    Per 
questa  biasimevole  condotta  fu  Stefano  scacciato  dalla  corte, 
e  d.d  servìzio  del  Pontefice  Eugenio  ,  di  cui  perciò  divenne 
nemico   ,  Nell'anno     1432.    fu   sanzionato  ,    e    publicato  il 
nuovo  Statuto  municipale,  alla  compilazione    di    cui    erano 
stati  deputati  dieci  distinti    Legisti  ,  e    fra   questi   Giovanni 
Sebastiani  di  famiglia  Patrizia ,  e  Giovanni  de'  Grassi  ,  che 
fu  Avvocato  Concistoriale  .   Lo  spirito  di    partito  ,  che  agi- 
tava Roma  fra  le  fazioni  de'  Golonnesi  ,   e  degli    Orsini  ,  si 
era   esteso  anche  a  Tivoli,  ove  la   potente  fnmigiia  de' Min- 
«i  favoriva  i  primi  ,  e  1'  altra  degli  Alberini  era  attaccata  ai 


286  Letteratura 

secondi  .  Queste  interne  discordie  furono  la  cngione  ,  die 
Niccolò  Fortebraccio  della  Stella  nemico  di  Papa  Eugenio 
IV,  assediando  Tivoli  riuscisse  li  9.  di  Ottobre  dell'  anno 
1433.  ad  impadronirsi  della  Cìtth  mediante  le  intelligenze 
de' fuorusciti  Tiburtini ,  che  militavano  sotto  le  di  lui  in- 
segue coi  partigiani ,  che  si  sollevarono  contro  i  proprj  con- 
cittadini .  Furono  orribili  le  crudeltà  usate  dai  vincitori  . 
Le  genti  di  Micheletto  Attendolo  generale  della  Chiesa 
non  giunsero  a  discacciar  Fortebraccio  ,  che  avea  ridotto 
Tivoli  in  formidabile  stato  di  difesa  .  Ma  riuscì  finalmeate 
nell'aprile  del  i436.  al  Vitelleschi  vescovo  di  Recanati  ,  ed 
insigne  guerriero ,  di  ricuperare  la  fortezza  di  Ponte  Luca- 
no, ed  in  seguito  sconfisse,  e  fece  prigioniere  il  conte  An- 
tonio di  Pontadera  ,  che  avendo  occupato  tutti  i  ponti  sull' 
Aniene  teneva  Tivoli  ,  e  gran  parte  della  campagna  in  ser- 
vitù ,  ed  angustie .  Le  differenze  coi  monaci  di  Subiaco  , 
che  duranti  li  torbidi  avevano  ricusato  di  prestare  ai 
Tiburtini  l'antico  censo,  furono  pacificamente  sopite  con 
solenne  atto  del  primo  Novembre  i44i'  .  '»  cui  1'  abat« 
promise  ogni  anno  libre  quindici  di  cera  per  la  festa  del 
protettore  S.   Lorenzo. 

Alfonso  d'Aragona,  dopo  aver  discacciati  gli  Angioini 
dal  regno  di  Napoli,  si  portò  in  Tivoli  nel  principio  del 
i447'  ove  fu  albergato  con  tutta  1'  onorificonza  ,  e  vi  si 
trattenne  fino  al  mese  di  agosto  per  maturare  la  spedizio- 
ne contro  i  Fiorentini  ,  da  cui  il  Pontefice  Nicolò  V.  non 
lo  potè  distogliere  .  La  licenza  militare  delle  truppe  reali  ar- 
recò non  lieve  inquietezza  ai  cittadini:  ma  riportarono  da 
i|uesta  visita  il  vantaggio  di  avere  a  spese  del  re  ristorate  ,  ed 
ì)i  parte  edificate  di  nuovo  le  mura  della  città  ,  alle  quali  fu- 
rano di  tratto  in  tratto  aggiunti  de' fortini .  Nella  permanenza 
del  re  Alfonso  protettore  de'letterati  si  trovarono  in  Tivoli  con 
Ini   Antonio  Beccadelli  detto  i!  panormita  segretario,  e  Bar- 


*  Storia  di  Tivoli  .  287 

tolomeo  Fazio  intimo  coofideate  j  furono  ad  ossequiarlo  Fla- 
vio Biontlo  ,  e  Lorenzo  Valla  ,  e  per  affari  importanti  vi  si 
recò  anche  S,  Gio,  da  Capistrano .  INiccolò  V.  con  due  bre- 
\i  del  i447-  6  ^44^  riordinò  ,  e  confermò  il  dritto  de' 
pedaggi  ,  che  formavano  il  maggior  nerbo  delle  rendite  de' 
Tiburtini  ,  ed  accomodò  le  differenze  ,  per  le  quali  si  ve- 
niva già  alle  armi  contro  i  vicini  baroni ,  che  con  pre- 
potenza li  defraudavano  .  Dai  flagelli  del  terremoto  ,  e  del- 
la peste  nell'  anno  i449'  >  ^  ^^^  terremoto  nuovamente 
nel  i456.  furono  in  Tivoli  ruinate  molte  abitazioni  ,  e 
spente  molte  famiglie  .  Niccolò  V.  nell'estate  del  i454-  si 
recò  a  respirare  le  fresche  aure  dei  colli  Tiburtini  ;  e  il 
di  lui  successore  Calisto  Ili.  confermò  i  privilegi  della 
libera  introduzione  delle  pannina  ,  e  dell'  elezione  del 
giudice  sediale  anche  fra  i  cittadini  a  forma  de  patrj 
statuti  . 

Lio.   XV. 

Alfonso  re  dì  Napoli  venne  a  rottura  con  Calisto  III; 
e  fece  marciare  alla  testa  dell'esercito  Giacomo  Piccinino, 
che  domandò  1'  ingresso  nella  città  di  Tivoli  fortemente 
travagliata  dalle  interne  fazioni  delle  due  famiglie  ,  Ilperi- 
ni  ,  e  Brigante  Colonna  .  Fu  per  allora  negato  1'  ingresso 
al  Piccinino ,  e  le  discordie  furono  sedate  da  Pietro  Bona- 
fede  vescovo  di  Siracusa  commissario  del  papa  con  nuove 
ordinazioni  aggiunte  allo  statuto  ,  che  perciò  furono  ap- 
pellate Siracusane .  Pio  II.  successore  di  Calisto  inviò  il 
duca  di  Urbino  contro  il  Piccinino  ,  che  si  era  accampato 
sotto  Monticelli  .  Per  non  attirarsi  1'  odio  di  un  si  peri- 
coloso vicino  i  Tiburtini  negarono  similmente  1'  ingresso 
alle  truppe  del  papa  .  L'  accomodamento  ,  che  nel  i45S. 
seguì    fra  Pio    II,  ed  il  re    Ferdinando   figlio    naturale  del 


288  Letteratura 

morto  Alfonso ,  fece  retrocedere  il  Piccinino  .  Ma  questo  ca- 
pitanp  ricomparve  bea  presto  nel  u^Go.  nel  territorio  Ti- 
burtino  alla  testa  dell'  armata  francese,  e  segretamente  fa- 
vorito da  Toccio  Ilpariiìi  e  Clemente  Briganti  ebbe  libero 
il  passo  delle  montagne  ,  e  de'  pomi  ,  ed  anche  1'  ingresso 
nella  città.  Alessandro  Sforza,  e  il  duca  di  Urbino  lo  for- 
zarono alla  ritirata  verso  gli  Abruzzi  :  ed  allora  il  Ponte- 
fice Pio  dopo  avere  riparati  i  disordini  della  città  per  mez- 
zo del  prudente  commissirio  Monsignor  Cesarini  deliberò  dì 
recarsi  in  Tivoli  personalmente  non  ostanti  le  politiche  ri- 
inosti:anze  del  duca  di  Urbino  ,  e  di  molti  Cardinali  ,  alll 
quali  con  dignità,  e  fermezza  rispose  :yac/ZiU5  cum  Tibu" 
re  Romani  perdilain  ,  qaain  Tibuv  cum  Roma  recupera' 
\feris  . 

All'  arrivo  del  Pontefice  nel  i46i  ,  i  più  torbidi  fra 
li  cittadini  o  si  allontanarono  ,  o  si  sottomisero  .  Per  dife- 
sa della  città  ,  e  freno  de'  faziosi  espose  Pio  con  eloquente 
discorso  in  un'adunanza  generale  del  popolo  la  necessità  di 
costruire  una  fortezza  ,  e  il  progetto  fu  approvato  .  Nello 
spazio  di  iia'antio  furono  elevate  le  quattro  torri  ,  che  la 
compongono ,  irapiegaijdovi  i  materiali  di  un'  antico  diruto 
Anfiteatro  ,  che  esistevano  ancora  presso  porta  S.  Croce  ; 
vi  si  legge  tuttora  sulla  porta  d' ingresso  la  metrica  iscrizio- 
ne dettata  da  Antonio  Campano  vescovo  di  Teramo  ,  che 
si  trovava    nella  corte  Pontificia  ; 

Grata  bonis  ,  invisa  malis  ,  inimica  superbis 
Sum  libi ,  Tibur ,  enim  sic  Pius  instituit . 
Questo  Papa  ,  che  trovava  molto  sollievo  nell'  amene  cam- 
pagne lungo  r  Aniene  ,  vi  ritornò  nell'estate  del  \^(ìì.  se- 
condo il  Gobellino  :  ed  anzi  ogn'  anno  ,  secondo  le  memo- 
rie di  Giacomo  Briganti  ,  fino  alla  morte  accaduta  l'ann» 
1-464  .  Sotto  il  Pontefice  Paolo  11.  ripullularono  gli  anti- 
chi domestici   disordini,   e  Paolo   fu  costretto    nel  i\Q)).  a 


Storia  di  Tivoli.  289 

prendere  misure  così  forti ,  che  sospese  anche  la  celebr%- 
Ttone  della  solita  fiera  per  la  festa  della  Natività  di  Ma- 
ria .  Sisto  IV  che  gli  successe  vi  spedi  per  commissario 
il  Cardinale  Nardini  :  ma  si  condusse  con  tanta  asprezza , 
che  fu  richiamato  .  Gli  venne  sostituito  Saldone  de'  Saldo- 
ni  uomo  istruito,  e  prudente  ,  che  eoa  riforme  analoghe 
al  genio  dei  cittadini ,  ed  alle  circostanze  ottenne  di  ricon- 
durre la  tranquillità  .  Intanto  colla  mediazione  del  Ponte- 
fice Sisto  in  una  concordia  fatta  in  Campidoglio  li  2  giù 
gno  1478.  fu  ristabilita  la  buona  armonia  fra  la  città,  ed 
il  popolo  Romano  pericolosamente  alterata  a  cagione  del- 
la gabella  del  passo . 

Lih.  XFL 

Tornò    Tivoli   a   respirare   Tn  istato   di  calma    sotto    i 
Pontefici  Sisto  IV.   ,  ed  Innocenzo   Vili.  Da  Sisto  fu  crea- 
lo vescovo  della  sua  stessa  patria   Angelo  Lupi    Tiburlino  , 
che  dopo   aver   prestati   in  varie    commissioni    per  1'   Italia 
segnalati  servigi   alla   Santa  Sede  ,  tornò  in  Tivoli  ,  e  coli' 
ajuto   di    probi  Magistrati  riparò  gli  abusi  ,    rianimò  I'  indu- 
stria ,  e  moltiplicò  la   popolazione  invitando  i  forastieri  con 
privilegi    ,  ed   esenzioni.  Innocenzo   Vili,    condonò   ai    Ti- 
burtini    un    grosso   debito    verso  la    camera  per   prezzo   del 
sale ,   e   confermò  le  nuove  ordinazioni   statutarie  decretate 
per    cura,  del  zelante  pastore  Angelo   Lupi  .   L' inondazione 
del  fiume  Aniene  sopravenuta  nell'  anno    1489.    e   qualche 
germe  degl'antichi  sconcerti  nell'amministrazione  della  giu- 
stizia ,  mossero    Innocenzo  a    spedirvi    in   qualità   di    com- 
missario apostolico  Io   stesso  suo  nepote  Matteo    Cibo  ,  che 
sì   comportò  egregiamente ,    e  ad  accordare  sussidj    per  ripa- 
rare   il  parapetto  della    caduta  ,  che    minacciava  ruiua  con 
danno  incalcolabile  degli  opific)  .  Dal    Gesnero  ,  e  dal   Vol- 
G.  A.  To.  IV.  ,9 


290  LETTEllATUnA. 

pi  vien  riconoscuito  per  tiburlino  quel  Platone  versatissi- 
mo  nelle  lingue  orientali  ,  che  dall'  arabo  tradusse  in  lati- 
no l' opera  Astronomica  dell' Almansor  e  stampò  la  sua  ver- 
sione in  Venezia  nel  i^gS.  unitamente  alle  opere  di  To- 
lomeo.  (1) 

Ma   nuovi  disastri    soffrirono    i    Tiburtini    nel   Pontifi- 
cato   di   Alessandro  VI.  ,  che  nel    i^g(^-   transitò    due   volte 
per    Tivoli    nell'andare,  e  tornare   da  Vicovaro  ,  ove    con 
Alfonso  II.  re    di  Napoli   concertò  i  mezzi  di    difesa     contro 
la   spedizione  di  Carlo  Vili,   re  di  Francia.  Virginio  Orsini  , 
che  sì  era  staccato  dalla  lega  del  Papa  e  di    Alfonso  ,  spedi 
in  qualità  di  ambasciatorte  a  quel   Monarca  Francesco   Gia- 
como Tobaldi     Patrizio    tiburtino  per   offerirgli  le    sue  mi- 
lizie^ ed    il    passaggio   per  Vicovaro  .    Carlo     fece    marciare 
V  esercito  a  quella  volta  ,  e  si   trattenne  un    giorno  in     Ti- 
voli ,   in    cui   fu  ricevuto    dal  Mrigistrato  con    sole    trecento 
guardie  .   Si    riaccese  allor.ì   fra    i    cittadini    1'  incendio   fata- 
le delle  antiche   fazioni  j   non   valsero  ad  estìnguerlo  due  di- 
staccamenti  di   cavalleria   spedili  da  Alessandro  ,    quali    do- 
vettero ritornarsene  mal   conci  ,    ed    inseguiti  dalle  genti   de' 
Fornari  ,  e   Moroni  fortificati    alla   porta    del   colle  ,    mentre 
il  contrario    partito  dei  Leonini  ,    Tobaldi ,  e  Zacfoni  occu- 
pavano  le   altre  porte    di   S.   Angelo  ,    S.    Giovanni  ,    e    S. 
Croce .   Filippo  Malvezzi   nobile   Bolognese    indusse  le    due 
fazioni  ad  un'accommodamento  firmato  li  4-  magg'o    i495-  ' 
ma  fu  di  breve  durala  :   perciò    con  diploma   delli     24.  ot- 
tobre di  detto  anno  Alessandro  vi  spedì  Giovanni  arcivesco- 
vo di  Kagusi  5  e  Mario  Salomone  degli  Albertcschi  uno  de' 


(1)  Come  Tiburtino  lo  riconosce  anche  il  Fabricio  nella  Bi- 
blioteca greca  ,  ed  aggiunge ,  che  in  latino  voltò  anche  il  trattato 
de  pulsiòus  ,  et  urini s  del  greco  Medico  Enea  .  (  Nota  del 
Comp.  ) 


Storia  di  Tivoli.  291 

conservatori  del  Seuato  con  liicollà  esiesis^ii  me  per  ricondur- 
re la  quiete  .  Li  commissari   Pontificj    bandirono    gV  indivi- 
dni  faziosi    del'e  famiglie  Sforza  ,    Fornari  ,   Moroni ,  Tobal- 
di  ,   e  Leonini  ,  e  pene  rigorose  publicarono  contro  gli  omi- 
cidi  .  Dopo  la  ritirata  di  Carlo    "Vili    nel   i^^6.  Alessandro 
ordinò  ai  Tiburtini  ,  che  invadessero     le    terre    degli  Orsini 
inpegnati  nel  partito  Francese  .   Obbedirò  no  prontamente  ,  e 
depredarono  una    quantità    di    bestiame   di   Giordano    conte 
di    Vlanupello  .   Profittarono  delle  turbolenze  i    tiburtini  ban- 
diti   :  raccolsero  nel   1496-      un    piccolo  esercito  negli    stati 
degli    Orsini  ,  forzarono  le  porte  ,    ed    in     seno    della    stessa 
patria  fu  fatta  un'orribile  carneficina  .     Camparono  dal  mi- 
cidiale   conflitto   alcuni  soltanto  delle    famiglie    Tobaìdi   ,     e 
Leonini  ,  che  rimanendo   senza  competitori   la    facevano  qua- 
si da  dominatori    assoluti  della  città   ,   Frattanto   Alessandro 
si  accomodò  cogli    Orsir>i  ,  e  fra  le  convenzioni   di     pace  \i 
fu  quella  ,  che  venisse  loro  restituito    quanto  era  stato    tol- 
to durante  la  guerra  .      Rimasero  sorpresi  i  Tiburtini  all' ar- 
rivo   di   un  diploma  Papale  ,    che     ordinava    la    restituzione 
del  bestiame  depredato  .  Furono  però    inutili   le  rimostranze 
presso  Alessandro  ,  che  fermo   trovarono  sul  preciso  adempi- 
mento del  trattato;  onde  i  tiburtini   costretti  piuttosto   che 
di  buon  grado  si   uniformarono  alle  Pontificie    disposizioni. 
Nel    giorno   3o.   marzo  del    ligy.    Tivoli   fu  spettatrice 
della  sanguinosa  battaglia  ,  che  nelle   pianure    fra  il     fossato 
de  prati  e  casal  Batista   accadde   fra   le  truppe  degl'  Orsini  , 
e  de  Golonnesi  ,  quali   rimasero  vittoriosi,  e    sacchegiarono 
varie  castella    de'  primi  .  Gli    ospedali  ,  e  le  case    di   Tivo- 
li ,  furono  riempite  di  feriti ,  e  vi  perirono  in  ambedue  gli  eser- 
citi molti  patrizi  tiburtini  ,  che  secondo  la  rispettiva  fazione  eb< 
1  c;-o  la  pazza  voglia  di  battersi  sotto  la  bandiere  dell'una,  e  dell' 
nllr.i  famiglia  belligerante.  Gli    Orsini  ebbero   de'  rinforzi  ,   e 
s.;.tìbbes)   rinnovato  lo  spargimento  di  sangue  in  .-illra  batti- 


«92       Lettehatura 

glia  fia  Tivoli  ,  8  Palorabara ,  se  li  capi  delle  due  famiglie 
insospettiti  degli  arnumenti ,  che  faceva  Alessandro  fuori  di 
porta  S.  Lorenzo  di  Roma  ,  non  avessero  stimato  meglio  di 
unirsi  mediante  un  trattato,  clie  fu  coachiuso  nogli  ameni 
orti  di  Pietro  Mattei  liburtino  presso  il  Ponte  Celio  sulla 
sponda  dell'acqua  aurea  detta  volgarmente  ^c'corm .  Cessati 
i  bellici  rumori  Alessandro  in  luglio  del  i^gS.  spedi  a  Ti- 
Toli  in  qualità  di  commissario  apostolico  Ludovico  Agnello 
arcivescovo  di  Cosenza,  che  con  molta  prudenza  riusci  a 
troncare  le  inimicizie,  e  dissenzioni ,  dalle  quali  la  città, 
e  le  famiglie  erano  state  per  tanti  anni  agitate  .  Fiorirono 
in  questi  tempi  due  insigni  Prelati  tiburtini  .  L'  uno  fu 
Pietro  Lupi  vescovo  di  Sora ,  che  dopo  aver  per  24.  anni 
governata  lodevolmente  la  sua  Chiesa  vi  rinunciò  ,  e  volle 
passare  nella  città  nativa  il  rimanente  de'  suoi  giorni  . 
L'altro  fu  Angelo  Leonini  inalzato  alla  cattedra  episcopale 
della  sua  stessa  patria  il  1.  ottobre  1  499-  Fra  le  varie  com- 
missioni ,  delle  quali  fu  subito  dal  Pontefice  incaricalo  ,  la 
più  luminosa  fu  quella  presso  la  Republica  di  Venezia  per 
la  liberazione  del  cardinal  Ascanio  Sforza  ,  e  per  1'  apparec- 
chio delle  quindici  galee,  che  il  Papa  contribuiva  nella 
spedizione  contro  il  Turco  . 

Lib.  xni. 

Si  valse  de'  talenti  ,  ed  attività  del  vescovo  Leonini 
anchp  Giulio  II  per  la  ricupera  dì  Faenza  occupata  da 
veneziani,  e  surressi  va  mente  in  Fano ,  Viterbo,  e  Perugia 
per  consolid.uvi  la  tranquillità,  e  1' autorità  pontificia  .  Fu 
poscia  tiisferito  all'  arcivescovato  di  Cagliari  in  Sardegna  , 
e  gli  successe  nella  cattedra  episcopale  di  Tivoli  il  nipote 
C'iriiillo  Leonino  .  Ebbe  questi  nel  i5io.  1'  ardua  legazio- 
ne di  placare  Ludovico  Xil.    Re   di   Francia  fortemente  ir- 


Storia  di  Tivoli  .  293 

ritato  per  essersi  distaccato  il  Pontefice  dalla  famosa  Lega 
di  Cambrai  ,  né  potè  riuscire  aell' iuteato  .  Tivoli  eoa  tat- 
to  il  Lazio  sperimentò  il  fenomeno  di  una  funesta  sterilità  , 
e  carestia  nel  i5o5.  ,  e  di  una  straordinaria  tiert  litk ,  ed 
abbondanza  nel  seguente  anno  i5o6.  Antonio  Viscmti  Pa- 
trizio tiburtino  ne  fece  scolpire  in  marmo  la  memoria  an- 
cora esistente  sulle  Pareti  della  sua  casa  .  La  prima  iscri- 
zione  è  cosi   concepita  . 

MDf^.  Sedente  Julia  IT.  Pontijice  max.  himia  Anno- 
ne caritaLe  rubruni  grani  emptum  XII,  aureis  hujusque 
forma  panis  hononenò  ^*,  Antonius  de  Viscantis  jìeri  fecit. 
Nella  seconda  si  legge    cosi 

MDVI.  Sedente  Julio  li.  Pont.  Max.  himia  frumen- 
ti abiindantia  ob  siderum  et  Pont,  providentiani  Ruhrum 
Carolenis  octo  empiimi  est  hujusque  forma  panis  qua- 
drante  )J^ . 

A  reprimere  i  sìntomi  di  nuovi  disordini  Giulio  man- 
dò in  Tivoli  Pietro  Isaullies  Arcivescovo  di  Reggio  in  Cala- 
bria ,  che  in  grazia  di  que'  cittadini  pretese  di  abullre  tut- 
ti i  privilegi  ,  che  sulla  cittk  aveva  il  Senato  Romano  in 
forza  del  trattato  del  laSp.  Ma  con  breve  (i)  Pontificio  del 
1.  Aprile  i5i2.  il  Senato  Romano  venne  reìntregrato  al  pos- 
sesso di  quelle  giurisdisioni  ,  che  fin  dal  Secolo  XIII.  avea 
esercitate  .  Trovarono  li  liburtini  la  maniera  di  far  sospen- 
dere l'esecuzione  del  breve  finché  Giulio  fìi  in  vita.  Il  suc- 
cessore Leone  X.  con  chirografo  del  primo  Aprile  i5i3.  pre- 
scrisse in  favore  del  Senato  Romano  1'  esecuzione  del  breve 
di  Giulio  ,  ma  poi  con  nuovi  ordini  pronuciò  ,  che  i  punti 
giurisdizionali  su  Tivoli  dal  senato  reclamati  in  forza  de'trat- 


(i)  O  ])initosto  Bolla   del  di  27.  Marzo     ,come  &ì  1)9  nell' Ap- 
pendice Statutoruin  Urbis  impressa  nel  ihh%. 


294  Letteratura 

tati  antichi  dovessero  iu  avvenire  considerarsi  alla  S.  Sede 
devol-uti .  Ragioni  politiche  ostarono ,  perchè  i  ricorii  del 
senato  avessero  miglior  sorte  presso  Adriano  sesto  .  La 
commissione  de' quattro  cardinali  deputata  ad  esaminare  le 
ragioni  delle  parti  nell'  alto  di  presentare  al  Pontefice  la 
relrizione  della  causa  gli  fecero  osservare  dalle  loggie  del 
vaticano  Tivoli  situata  sopra  un  colle  ,  tanto  a  Roma  vicina 
che  la  rendeva  non  men  dilettevole  ,  che  forte  ,  e  capace 
di  difendere  la  capitale .  Tanto  bastò ,  perchè  Adriano  de- 
liberasse di  conservarla  per  la  santa  Sede  ;  e  chiamati  a 
se  li  Conservatori  di  Roma  ,  e  ìa  deputazione  de'  tiburtinl 
gli  dichiarò  ,  che  per  le  ragioni  della  santa  Sede  inten- 
deva di  ritenerla,  ed  aggiunse,  si  niimquarn  hujus  sedts 
esset  ,  audita  importantia  ,  anicenitate  ,  et  ubcrtale  ejns- 
dein  ,  conaremur  totis  virihus  prò  ipsa  sede  adipisci  :  id- 
circo  conservatores  magnijici  ,  una  curri  tato  Pojndo  , 
estote  patientes ,  et  de  ccetero  nullutn  fìat  verbiim  ,  et 
iinponimus  perpetuuin  silentium  .  Cosi  rimase  1'  affare  fino 
all'  esaltazione  di  Paolo  IV.  Proseguiva  Leone  X.  la  gran 
fabrica  del  nuovo  tempio  Vaticano  ,  e  li  travertini  ,  ed  al- 
tre pietre  venivano  dai  tiburtini  somministrate  :  perciò  con 
breve  del  l'iig.  donò  alla  città  cinquanta  rubbia  di  sale 
all'  anno  finché  fosse  ultimato  il  lavoro  .  Antonio  di  Simon 
Petrarca  esperto  cittadino  di  Tivoli  confortato  dal  Vescovo 
Camillo  Leonini  riunì ,  corresse  ,  ed  ordinò  gli  antichi  di- 
versi statuti  in  un  solo  volume,  che  fu  nell'anno  i522. 
publicato  colle  stampe.  Quindi  l'anno  1524.  fu  approva- 
to lo  statuto  dell'  università  agraria  disleso  da  Giovanni 
Croce  giureconsulto  ,  e  vicario  del  d.  vescovo  Leonini  ,  L' 
uno,  e  l'altro  si  rifugiarono  con  Clemente  VII.  nel  Ca- 
stel sani'  angelo  di  Roma  quando  nel  iSa^.  1'  esercito  di 
Carlo  V.  la  pose  a  sacco  .  Si  risvegliò  allora  in  Tivoli  lo 
spirilo   di   parlilo.   I   Zacconi ,    ed  i  Cuccatili    urauo    uniti 


Storia  di  Tivoli  .  2g5 

coi' Colonnesi    della    fazione    Imperiale,    mentre  i    Leoniai , 
ed    i    Tobaldi  favorivano   le    p;uii    di  Clemente   in    unione 
cogli  Orsini ,    fra   i  quali    primeggiava    Napoleone    abbate  di 
Far  fa  .  Chiusero  dunque    ì    tiburtini   le    porte  alle  truppe  ce- 
saree accampate    ne'  contorni    ,   ma    cominciarono     a    massa- 
crarsi   fra   loro  :    Nella   prima    baruffa    i  Goccanari  ,    e  Zacco- 
ni  del  partito  Imperiale   oppressero  i  Tobaldi  ;    Questi  chia- 
marono   in  ajuto    Napoleone    Abbate  di   Farfa  ,  che    mise   a 
soqquadro    la    città  con   varj  battaglioni    delle  sue   truppe  ,  e 
malmernò  i  Coccanarì  ,  e  Zacconi  .  Giunse  in  soccorso  di  que- 
sti   r  esercito  de'   Co  lonnesi  ,    dal   quale    fu   reso    il    conlra- 
cambìo    ai  Tobaldi ,   e  riempita   la    città  di   spavento ,   e    di 
stragi  .    In  mezzo   a    questi    disordini    arrivarono    le    vicine 
truppe    di    Carlo     V,  che    diedero  alla    città     un    fierìssimo 
saccheggio  .    Cosi  in   men  di   un'  anno   Tivoli   restò  saccheg- 
giata   tre  volte  ,  e    ridotta   all'  ultima    desolazione .    Il   buon 
vescovo  Leonini    ne    mori   di    dolore  j    Clemente    gli    surro- 
gò   Marco    Antonio  Croce ,    e     mandò    a    governare    la    città 
il     cardinal    Pompeo    Colonna.   L'abuso     di     autorità,    e   1' 
attaccamento    al     partito    cesareo,    che    spiegò   il    cardinale, 
gli    attirarono    l'odio  del    Popolo,    e  la  disgrazia    del  Papa  , 
che   contro   di    lui    spedi  il  detto  Napoleone  Orsini   Abate  di 
Farfa  colle   truppe  della    chiesa    rinforzate    dalle    milizie  de' 
tiburtini  attaccati    al    partito  papale  .    Scipione  Colonna  ni- 
pote  del    cardinal  Pompeo  ,    e    di    lui     luogotenente    per     1' 
abbazia    di  Subiaco ,   era  alla    testa    del   le    truppe  colonnesi , 
o   imperiali  per    sostenere    lo    zio .     Una    micidiale   battaglia 
seguì  fra  li   due  eserciti    nel    giorno     28.  Giugno   del    i528. 
nelle  vicinanze  di    Subiaco  :    l' abate    Napoleone  fu  posto   in 
fuga    lasciando    in    preda    ai    nemici   le     pontificie    insegne  , 
e    molti  prodi   tiburtini  vi    perdettero    la    vita  .    I    colonnesi 
vittoriosi    penetrarono  nella    città,  che  finirono  dispogliare, 
e  di    rovinare  ,  massacraroao  i  partigiani  degl'  Orsini ,  e  tol- 


2^6      Letteratura 

sero  l' artiglieria  dalla  rocca  :  rinforzato  però  l' abate  Na- 
poleone con  nuove  truppe  diede  ai  Colonnesi  la  pariglia  ia 
tiua  seconda  battaglia  più  fiera  della  prima  fra  Migliano, 
e  la  Sgurgola,  in  cui  rimase  estinto  snl  campo  lo  stesso 
Scipione  Colonna ,  e  delle  sue  milizie  parte  fu  trucidata 
e  parte  fugata.  Ptofittando  della  vittoria  maroi(\  Napoleo- 
ne rapidamente  a  Subiaco ,  che  dopo  essere  stato  SHCcheg- 
giato  fa  quasi  intieramente  dal  fuoco  distrutto  .  Il  car- 
dinal Pompeo  origine  di  tutti  i  mali  si  ritirò  nel  regno 
di  Napoli ,  e  cosi  pare  dal  silenzio  de'scrittori ,  che  ritor- 
tiasse  nel  La7Jo  la  quiete . 

Fino  all'  anno  iSap.  niuno  de' Castelli  vicini  aveva 
ricusato  dì  pagare  la  Gabella  del  Passo  ,  che  Tivoli  esi- 
geva da  moki  secoli.  Gli  abitanti  di  Castel  S  Angelo  pro- 
tetti dalla  casa  Medici  feudataria  osarono  di  negarlo  .  I 
tiburtini  si  fecero  ragione  colle  armi  ,  ed  avendo  commes- 
se delle  rappresaglie  conti-o  gli  arditi  vicini  li  ridussero  ali 
dovere  .  Col  pretesto  dì  un  Breve  di  Leone  X.  fecero  i  ca- 
stellani nel  1535  un  altro  tentativo  per  sottrarsi  al  Dazio. 
Ma  Paolo  IH.  a  favore  dei  tiburtini  ne  confermò  il  dritto  . 
Più  clamorosa  si  risvegliò  la  contesa  nel  i53R  quando  il 
castello  per  restituzione  di  dote  fu  dato  a  Margherita  di  Au- 
stria figlia  di  Carlo  V.  vedova  di  Alesandro  Medici  duca 
di  Firenze  ,  e  di  poi  sposa  di  Ottavio  Farnese  .  Comincia- 
rono i  castellani  a  transitar  di  notte  lungo  le  mura  di  Ti- 
voli ,  e  cosi  defraudavano  la  gabella  del  passo  .  Ripararo- 
no i  tiburtini  colla  edificazione  di  un  altra  porta  ,  per  la  qua- 
le era  iaevitabile  il  passaggio  .  Fu  delusa  questa  cautela  dai 
castellani  ,  che  col  favore  dei  nuovi  padroni  costruirono  un 
ponte  sull'  Aoiene  .  I  tiburtini  di  fatto  Io  demolirono  ,  ed 
all'  incontro  i  castellani  di  notte  incendiarono  la  nuova  por- 
ta di  Tivoli  .  Si  era  incominciato  a  snnrgere  del  sangue 
quando   uà  commissario  di   Paolo  III.  fece    sosprendere  sot- 


Storia  di  Tivoli.  297 

to  gravi  peae  ,  e  pecuniarie  cauzioni  le  ostilità  ,  Lo  zelo 
del  vescovo  Croce,  e  de' Magistrati  sì  segnalò  nel  i53o; 
quaado  1'  Aùiene  coli' impeto  delle  acque  straordinariamente 
cresciute  danneggiò  malto  il  muro  di  sOslrU/.ìone  alla 
caduta;  eoa  fortissimi  Castelli  di  legname  ripieni  di  fasci- 
ne ,  e  dì  terra  fu  ripristinato  quest'  argine  ,  -e  così  le  acque 
sollevate  nuovamente  all'  antico  livello  ritornarono  pe'  cana- 
li artificiali  a  dar  moto  alle  fabriche  ,  che  por  l'abbassamen- 
to dell'  alveo  erano  rimaste  inoperose  .  In  quel  torno  il  car- 
dinal Enrico  Gonzaga  governava  Tivoli  per  mezzo  di  un  cer- 
to Brigotto  suo  luogotenente  ,  che  abusando  con  aspre  ,  ed 
insultanti  maniere  della  troppa  fiducia  del  porporato  ridus- 
se il  popolo  tiburtino  a  sollevarsi  ,  e  minacciargli  la  morte  . 
La  sfuggì  colla  fuga,  ma  la  caduta  del  luogotenente  seco 
trasse  la  disgrazia  del  cardinale  di  lui  padrone ,  che  non 
potè     ricuperare  il    governo   della  città  . 

Le  milizie  Tiburtine  sì  distinsero  tìelt'  esercito  Ponti- 
ficio spedito  dal  Paolo  111.  cotitro  Ridolfo  Baglioui  ,  che  si- 
gnoreggiava in  Perugia  .  In  occasione  delle  rassegne  insor- 
se in  Tivoli  una  gara  fatale  fra  i  Patrizj  ,  ed  i  Plebei  . 
Furono  questi  riscaldati  dall'  arringhe  d'  Ippolito  Tobaldi  par- 
tigiano degli  Orsini ,  che  sebbene  patrizio  la  faceva  da  Tribu- 
no del  popolo  dopo  aver  incontrato  l'odio  de' nobili  ,  molti 
de' quali  aveva  sagrificati  in  vendetta  della  morte  data  ad  un 
suo  zio.  Avevano  i  Patrizi  deliberato  di  ucciderlo  .  L'ese- 
cuzione era  difficile  a  danno  di  un'  uomo  sempre  seguito 
da  una  guardia  popolare  .  Inutilmente  lo  attaccarono  allu 
scoperta  nella  chiesa  di  s.  Francesco  :  Egli  si  salvò  cont- 
lìattendo  fra  li  cancelli  dell'  aitar  maggiore  :  ma  non  potè 
sottrarsi  dal  ferro  di  alcuni  sicarj  ,  che  proditoriamente  gli 
tolsero  la  vita  .  Della  di  lui  numerosa  figliuolanza  Annibale, 
Guido,  e  Francesco  si  recarono  a  militare  in  Germania  sol* 
to  le  bandiere  di  Carlo  V.  ,  Guido  entrò  nella  corte  degli 
Orsini  di  Bracciano  . 


298  Letteratiìra 

Nel  carnevale  del  iSSg.  Paolo  III.  fece  rinuovare  in  Ro- 
ma lo  spettacolo  de'  giuochi  di  Testacelo  :  otto  Patrizj  ti  bur- 
li ni ,  fra  quali  lo  storico  Zappi  ,  intervennero  ad  esercita- 
re gli  antichi  onorevoli  ofEcj  .  Nella  estate  del  detto  An- 
no si  portò  in  Tivoli  a  respirare  lo  stesso  Paolo  IH.  e  nella 
Rocca  Piana  consegnò  a  sant' Ignazio  di  Lojola  il  breve  della 
conferma  della  compagnia  ,  che  vi  fu  stanziata  da  prima 
presso  la  chiesa  di  santa  Maria  del  passo  ,  e  poi  nell'  altra 
di  san  Salvatore  ,  oggi  di  santa  Sinforosa  edificata ,  e  dotata 
sotto  Gregorio  XIII.  dalla  liberalità  del  cardinal  Ganlarini 
colla  spesa  di  scudi  ventimila  .  Nel  seguente  Anno  i54o. 
{ù  in  Tivoli  ricevuta  Margarita  d'  Austria  ,  e  spesso  uogli 
anni  successivi  vi  si  recò  ,  e  trattenne  il  libéralissimo  Car- 
dinal della  Gueva  Vescovo  di  Cordova  .  Dalle  ccinmuni  cu- 
re del  Lojola,  della  principessa,  e  del  porporato  ripetono  i  ti- 
burtini  li  tré  segnalati  vantaggi  della  riconciliazione  interna 
fra  tutte  le  classi  de' cittadini ,  della  buona  armonia  ristabi- 
lita eogli  Abitanti  del  vicino  castello  di  sant'  Angelo  ,  che 
quindi  innanzi  cominciò  a  chiamarsi  Castel  Madama  ,  e  del 
canale  artefatto  ,  pel  quale  scorrono  oggi  dalla  sorgente  fino 
all' Aniene  le  A  eque  Albule ,  che  pria  con  danno,  ed  inco- 
modo   si    diflbndevano   per  le  sottoposte    campagne . 

Lib.  X.VIII.  ,  ed  ultimo  , 

Preceduto  da  sfaraosa  cavalcata  di  Tiburli;!Ì  ,  eseguito 
da  nobilissima  corte  il  cardinal  Ippolito  di  Este  f.ce  nel  i55o. 
il  solenne  ingresso  in  Tivoli ,  di  cui  ebbe  da  Giulio  HI.  il 
governo  con  potere  assoluto  .  Ma  dopo  due  anni  gli  ordini 
pressanti  di  Enrico  H.  rò  di  Francia  obligarono  il  cardinale 
ad  unirsi  col  di  Thormes  all'  assedio  di  Siena  ,  che  fu  con- 
quistata .  Allora  Carlo  \.  fece  avanzare  da  Napoli  a  grandi 
marcie  verso    il    Senese    un'  armata   numerosa  di  snaeimoli 


Storia  di  Tivoli.  299 

e  d'  italiani  sotto  il  comando  di  D.  Garzia  figlio  del  vice- 
rè  D.  Pietro  di  Toledo  ,  Nel  gennaro  del  1 553.  transitarono , 
e  pernottarono  in  Tivoli  il  comandante  con  tulli  gli  officiali 
di  stato  maggiore  ,  mentre  le  truppe  traversavano  il  terri- 
torio .  Fra  questi  movimenti  si  ridestarono  le  antiche  ani- 
mosità fra  gli  Abitanti  di  Tivoli  ,  e  quelli  di  castel  mada- 
ma .  Un  buon  numero  di  castellani  affidali  sulle  cauzioni 
già  date  nel  i553.  tornava  un  giorno  da  Roma  alla  volta 
della  patria  ,  quando  una  turba  di  faziosi  guidati  da  un  certo 
scacciadiavoli  li  trucidò  tutti  su  quella  Porla  ,  che  fii  già 
da  essi  castellani  incendiata  .  Per  eternar  la  memoria  della 
vendetta  volevano  seppellire  i  cadaveri  sotto  la  soglia  ,  se 
il  cardinal  d'  Elste  ,  eh'  era  già  di  ritorno  dalla  spedizione 
di  Siena  non  avesse  fatta  dare  agli  uccisi  ecclesiastica  sepol- 
tura tollerando  ,  che  invece  fosse  scolpita  sulla  porta  1'  epi- 
grafe :  Ignitas  portas  extinxit  sanguine  Tibue  :  Il  bene- 
merito vescovo  Marc' Antonio  Croce  rassegnò  nel  i554.  la 
chiesa  di  Tivoli  al  nipote  Gio:  Andrea  Croce;  questi  si  fu  il  pro- 
motore zelante  del  compromesso  ,  che  per  terminare  de- 
finitivamente ogni  questione  fecero  le  due  popolazioni  di  Ti- 
voli ,  e  di  Castel  Madama  in  persona  di  Camillo  Orsini  si- 
gnore di  Mentana  ,  e  principe  di  probità  ,  e  discernimento 
singolare  .  Fu  pubblicato  11  i^.  marzo  i555.il  di  lui  cele- 
bre laudo  ,  che  ridonò  una  volta  per  sempre  la  pace  <  e  col 
quale  mentre  confermò  ai  liburtiui  il  dritto  della  gabella 
del  passo  ordinò  per  equitativo  compenso  una  nuova  linea 
di  confine  fra  li  due  terrltorj  in  modo  ,  che  quello  di  Ca- 
stel Madama  venne   a   ricevere   un   aumento  . 

Le  rappresentanze  del  Senato  Romano  sull'articolo  delia 
giurisdizione  tiburlina  ebbero  presso  il  pontefice  Paolo  IV. 
favorevole  accoglienza.  Un  moto-proprio  del  primo  decem- 
bre  i555.  rimosse  dal  governo  di  Tivoli  il  cardinale  di  Fer- 
rara ,  e   dichiarò   reiulenjjrati    li  Conservatori   di   Roma  nel 


3oo  Letteratura 

possesso  dell'antico  dominio ,  e  giurisdiwone .  Non  tard.nrrno 
questi  di  profittarne  ,  e  nel  principio  del  i5òfi  mandarono 
in  Tfvoli  per  governatore  Angelo  Palazzi  degli  Albertoni  , 
quindi  (Jjirolamo  Altieri  Patrizio  romano  ,  e  così  continua- 
rono a  pratticare  sino  al  iSSg.  ,  in  cui  Paolo  marirò  di  vi- 
ta .  Allora  li  cardinali  capi  d'  ordine  decretarono  la  reinte- 
grazione del  cardinal  di  Ferrara  in  governatore  della  città 
in  nome  della  santa  sede ,  e  da  quell'  epoca  le  cose  rima- 
sfero  sullo  stesso  piede  .  Nella  guerra  di  Paolo  IV.  col  rè 
di  Spagna  Filippo  II.  i  tiburtini  tecf.ro  tutti  i  possibili  pre- 
parativi di  difesa  contro  l'esercito  del  duca  d'Alba  -viceré 
di  Napoli  ,  che  si  avanzava  ad  invadere  il  Lazio  .  Ma  sco- 
raggiti non  tanto  dal  numero  superiore  de'  henaici  ,  qiianto 
dalla  nuova  artiglieria  ,  contro  la  quale  nulla  più  valeva 
r  antica  intrepidezr.a  ,  ed  abbandonali  da  Giulio  Orsini  coman- 
dante pontificio  ,  che  dichiarò  inutile  ogni  resistenza  ,  dovet- 
tero aprire  anche  a  segreta  insinuazione  dei  Papa  le  porte 
ai  spagnoli;  Il  duca  d'Alba  fece  osservare  una  severa  disci- 
plina :  disarmò  ì  cittadini  ,  prese  degli  ostaggi ,  che  rinchiuse 
nella  rocca  di  Vicovaro  ,  e  lasciando  un  piccolo  presidio 
nella  primavera  del  i5Sy.  marciò  ad  espugnare  Ostia  ,  Allora 
.si  presentarono  a  Tivoli  le  truppe  papali  commandate  da 
Pietro  Strozzi  ,  ed  accresciute  dai  fanti  guasconi  guidati  dal 
cavaliero  di  Ceury  .  Il  presidio  spagnolo  si  ritirò  a  Santo 
Polo  ,  ed  a  Vicovaro  ,  e  Tivoli  fìi  ricuperata  senza  fatica  . 
Li  spagnoli  pei'ò  si  difesero  ostinatamente  in  Vicovaro,  che 
dopo  lungo  bombardamento  si  rese  a  discrezione .  Furono  in 
tal  circostanza  liberali  gli  ostaggi  tibu'tini  ,  e  trucidali 
tutti  li  spagnoli  ,  che  s'  incontrarono  ,  I^iversi  battaglioni 
guasconi  dopo  aver  manomessi  molti  paesi  della  campagna 
tornarono  in  Tivoli  ,  ove  commisero  mille  ribalderie  .  il  fe- 
roce conduttiero  Ceury  aveva  deciso  di  permettere  ai  suoi 
il  sacco   della  ciltà  :  e  sarebbe  avveauto  ,  se  li  strattageiu- 


Storia  di  Tivoli  .  3oi 

mi  ,  e   r  intrepidezza  di    Torquato  Conti  duca    di  Poli  ,  ed 
officiai  suDeriore  dell'  esercito  francese  ,    non  avessero  sbalor- 
dita ,  e  repressa   qiiella  ciurma  sitibonda  di  preda .  Col  trat- 
tato de'  i4    selle. obre    iSSj.  firmato  dal  cardinal  Carafa  ,  e 
dal  duca  di    \lba   fi!i  posto  fine  alla  guerra  .  Così  Paolo  IV. 
nell'estate  del   i558.  potè  recarsi   in  Tivoli  a  prendere  qual- 
che ristoro  dalle    affannose  cure  ,  che  1'  avevano  agitato  .  11 
vescovo  tìburtino  Gio:  Andrea  Croce  fu  scelto  nel  i562.a  fai" 
nella  chiesa  di  santo  Spirito  in  Sassia  di  Pioma  l'orazione  fu- 
nebre nelle  solenni    esequie  di  Federico   Bororaeo  nipote  di 
Pio    IV.  ,  e  fratello   di  s.  Carlo  ;  intervenne    poscia  al   con- 
cilio  tridentino  ,  e  ritornato  quinili   alla  chiesa  dovette  lun- 
gamente lottare  colla    potenza    degli  abbati  commendatarj  di 
Subiaco    per  la  giurisdizione  episcopale    sopra   undici    terre 
dell'  abbazia  :  durarono  simili  controversie  oltre  cinquanta  an- 
ni :  poiché    sebbene  sopite  con  due  concordie  del   i564'  i   e 
1622.  ,  tuttavia   non   terminarono   che  colla   transazione  del 
i638.  confermata   da    un   chirografo   di  Urbano   Vili.  Molli 
prodi    tiburtini  si  distinsero   sotto   pio  V,  tanto  nella  disfatta 
degU    ugonotti  a   Moncontur  nel  1569.  ,  quanto  nella  batta- 
glia   navale   del   iSyx.    contro  i    turchi  alle  isole  curzolari , 
e  riportarono  avanzamenti  ,  e  decorazioni  dal  conte  di  s.  Fiora 
generale  della  chiesa  in  Francia  ,  e  da  Marc' Antonio  Colonna 
ammiraglio   delle   galere  pontificie  . 

Venne  a  morte  nel  i5j2.  il  cardinal  Ippolito  d'Este  det- 
to di  Ferrara,  che  tuttavia  si  manteneva  nel  governo  di  Ti- 
voli .  Molte  memorie  conservava  ancora  la  città  della  sua  mu- 
nificenza :  e  quantunque  ueiredificare  la  sontuosa  villa  Esten- 
se facesse  con  dispiacere  di  alcuni  dernolire  varie  chiese  , 
l'ospedale  di  sant'Antonio  Viennese,  iì  palazzo  municipale , 
molte  case  di  privati  ,  e  strade  e  piazze  publiche  :  altri  tut- 
tavia ritrovarono  un  compenso  di  tali  perdite  nella  libera- 
lità di   questo   riccliissimo   porporato ,   nella   regale  magnifi- 


5oa  Letteratura 

cenza  di  quelle  delizie  ,  che  richiamano  i  viaggiatori  ad 
ammirarla  da  tutte  le  parti  di  Europa  ,  e  nella  numerosa 
e  splendidissima  corte  ,  che  fìi  solito  di  mantenervi  .  Fra  i 
letterati  insigni  ,  che  v  i  soggiornarono  ,  si  contano  Celio  Cal- 
cagnini ,  Paolo  Manuzio  ,  Marc' Antonio  Mureto,  ed  Uberto 
Foglietta.  Secondo  la  tradizione  costante  de' Tibùrtini  Lu- 
dovico Ariosto  vi  compose  parte  del  poema  dell'  Orlando  fu- 
vioso .  Luigi  d'Este  cardinale,  e  nipote  d'Ippolito  gli  suc- 
cesse nel  governo  della  città  ,  e  nel  possesso  della  celebre 
villa,  in  cui  nel  1576.  ricevette  nobilmente  il  pontefice 
Gregorio  XII  [.  Sotto  gli  auspicj  di  quelli  porporati  ,  e  col- 
la protezione  di  monsignor  Francesco  Baudini  de'  Piccolo- 
mini  arcivescovo  di  Siena ,  e  prelato  principale  della  sua 
corte  ,  fu  in  Tivoli  istituita  1'  accademia  letteraria  degli  Age- 
voli (i) 

Neil'  adunanza  municipale  delli  trenta  agosto  mille  cin- 
quecento settantasei  deliberarono  i  tibùrtini  d'introdurre  una 
scuola  di  Giurisprudenza  aumentando  P  onorario  al  giusdi- 
cente Silvestro  Goccanari  ,  che  fu  destinato  ad  insegnarla  (2)  . 


(i)  Di  quest'  accademia  restò  il  nome  appena  dopo  la  morte 
de'  mecenati  .  Peraltro  nel  nostro  Giornale  non  dobbiamo  passar  sot- 
to silenzio,  che  nel  iyi6.  venne  in  Tivoli  stabilita  una  colonia  ar- 
cadicci  colla  denominazione  di  sibillina  .  Le  fu  assegnato  per  impre- 
ca il  tempio  dilla  Sibilla  col  motto  ^'cifi  nane  vaiibus  ,  e  cinque 
furono  li  primi  vice  custodi  ,  cioè  Teone  (  Gio  :  Carlo  Crocchian- 
te  canonico  nella  cattedrale),  Lisippo  (  Fran  cico  Antonio  Lolli  )  , 
Liseno  (  abitate  Fulvio  Breganti  Colonna  )  ,  Falccsco  (  arci|>rete 
Domenico  de  Saactis  )  ,  e  Arainialo  (  Domenico  de  Angelis  )  ; 
(  noia   del  compilat  .   ) 

(2)  Fa  di  breve  durata  un  t:ile  stabilimento  ,  nò  dobbiamo 
dolerci ,  che  simili  istivuzioiii  abbiano  anche  in  altre  città  subita 
la  medesima  sorte  .  Nelle  sole  grandi  università  si  può  ottenere  , 
che  le  publiche  scuole  siano  costantemente  frcquent.itc  ,  che  si  ri- 
svegli r  emulazione  fra  gli  allievi  ,  e  che  le  cattedre  siano  coperte 
da  professori  degai  di  questo  nome  ,  e  congruamente  rimunerati  . 
K'  una  verità  di'ujitrata  dall'  esperienza,  che  la  moltiplicazione  del- 


Storia  di  Tivoli.  So3 

Alla  morte  del  cardinal  Luigi  d' Este  accaduta  nel  di- 
cembre del  i582.  Sisto  V.  s'interpose  a  conciliare  le  que- 
stioni insorte  su  la  di  lui  successione:  Tivoli  in  questa  circo- 
stanza ricuperò  il  parco  presso  le  mura  castellane,  eia  tor- 
re di  Ponte  Lucano  occupata  dagli  estensi ,  ed  ottenne  dal 
■pa\^■A  per  la  residenza  municipale  il  palaz250  Modara  pagan- 
done la  sola  metà  del  prezzo. 

Memorabile  ne' fasti  ecclesiastici  di  Tivoli  fu  l'anno  1587. 
Era  stato  terminato  il  nuovo  tempio  di  santa  Sinfarosa  da 
Virgilio  Grescenzi  nobile  romano  erede  del  cardinal  Cdp- 
tarini  .  Dalla  chiesa  collegiata  di  sant'Angelo  in  pescaria  di 
Roma  furono  con  permesso  pontificio  estratte  insigni  reliquie 
della  santa  matrona,  e  degl'invitti  figli.  Nel  giorno  17.  lu- 
glio ne  fu  celebrata  la  sol  enne  traslazione  con  apparato  ma- 
gnifico,  e  commovente  all'aitar  maggiore  della  nuova  chie- 
sa .  Una  straordinaria  escrescenza  dell'Aniene  nell'anno  iSgS. 
finì  di  rovinare  il  riparo  della  caduta  danneggiato  dalle  pre- 
cedenti alluvioni  .  Era  in  somma  angustia  il  popolo  tiburtino 
per  la  mancanza  de  mezzi  di  ricostruirlo  ,  poiché  le  gran- 
dini ,  e  le  nevi  avevano  devastate  le  campagne ,  e  cagionato 
mortalità ,  e  carestia .  Ma  la  notte  precedente  la  Festa  di 
s.  Giacinto  uno  smisurato  macigno  rovesciandosi  jmprovisa- 
mente  sulla  caduta  s'incastrò  in  modo  fra  le  ruine  delle  so- 
struzioni ,  che  il  fiume  si  elevò  al  suo  livello  antico  ,  e  le 
acque  rientrando  nelle  forme  degl'  edificj  andarono  a  rido- 
nar loro  1'  attività  consueta  .  I  cittadini  tennero  il  fatto  per 
prodigioso  ,  e  ripetendolo  dall'  intercessione  di  S,  Giacinto, 
che  avevano  ne'  loro  bisogni  implorata  ,   lo  dichiararono  cora- 


le scuole  scieij tifiche  in  una  piccola  estenzJone  Ai  stato  mentre  ac- 
cresce le  pnhlirhc  spese  senza  reale  vanlaggi.7,  tliminniscc  il  con- 
corso asli  stadi  generali,  che  rimaiisono  privi  della  celchrità,  e  do. 
tazione  cuii veniente  .   (nota  del  compila t.  ") 


3o4  Letteratura 

protettore  della  città  .  Iiitauto  molti  tiburtini  prosegtiivano 
a  dare  per  mare  ,  e  per  terra  lodevoli  prove  dell' aatico  va- 
lore marziale  .  Li  due  capitaai  Enea  Croce ,  e  Trajaua  Ciac* 
eia  militarona  sulle  galere  ,  che  Sisto  V.  fece  allestire  per 
reprtmere  le  esulila  de'  corsari r  e  nelle  truppe^  che  Clemen- 
te Vili,  spedì  ili  soccorso  dell'  imperatore  Rodolfo  coatra  gli 
ottomaai  >  militarono  con  gloria  tré  fratelli  Brigante  Colon- 
na ,  Giacomo  Cocconari  ,  Mauro  Macera  ,  ed  altri  parecchi 
tiburtini  venturieri  sotto  il  comando  di  Gio:  Francesco  iU- 
dobr?^ndino  nipote  del  Pontefice . 

Qui  r  A.  dà  compimento  alla  storia  di  Tivoli  condotta 
secondo  la  promessa  a  tutto  il  secolo  XVI.  Nella  continua» 
zìone  dell'  opera  si  scorge  la  stessa  diligenza  nel  rintracciare 
tutte  le  patrie  memorie  ,  e  la  medesima  fedeltà  nella  nar- 
razione de'  falli  ,  che  da  noi  furono  comujiendate  nel  primo 
articolo.  Non  l'abbiamo  seguito  in  tutte  le  particolarità, 
delle  quali  è  stato  liberale  ,  anziché  avaro  ,  sì  perchè  noi 
consenlivano  i  confini  di  un'estratto,  si  perchè  avevamo 
dinnanzi  agi'  occhj  il  tratto  dì  Tacito  ,  che  nel,  libro  XIV. 
fu  d'  avviso  di  trascurare  le  minute  descrizioni  nisi  cui  lu^ 
beat . .  ►  volumina  implere ,  eum  ex  dignitate  populi  Roma" 
ni  repertum  sìt  ,  res  illustres  Annalihus  ,  tedia  diurnis 
Urbis  actis  mandare  :  del  resto  coll'^ajuto  di  una  tavola, 
che  manca  all'  opera  ,  riuscirebbe  pii\  facile  il  rinvenire  li 
più  notabili  avvenimenti  intessutti  con  tanti  altri  oggetti  di 
minor  interesse,  ed  i  suoi  concittadini  avrebbono  per  dilet- 
tevole istruzione  senz'  incomodo  rintracciati  i  nomi  ,  e  le  ge- 
sta de'  loro  maggiori ,  che  souo  sparse  in  tutto  il  corso  del- 
la storia . 

Pietro  Avv.  Ruga  . 


3o5 


Della  volgare  eloquenza  libri  due  del  cavaliere  Ange- 
lo Maria  Ricci  .  Napoli  stamperia  del  Giornale  1819. 
p.  200.  8°. 


Pe 


aolo  Costa  fece  un  libro  della  elocuzione  ,  ed  in  esso 
un  elegantissimo  trattato  di  quella  eccellente  parte  della  ret- 
torica  .  (i  )  '}ra  questo  novello  e  quasi  contemporaneo  au- 
tore scrive  due  libri  della  Eloquenza  i'olgare  quanti  appunto 
tìe  creava  in  latino  il  gran  padre  Alighieri  .  Ma  quelli  si  vol- 
sero a  dar  giovamento  al  parlare  de  le  genti  volgari  (2) 
e  ad  insegnare  precipuamente  la  lingua  che  s'  adoperava  ne' 
versi  :  mentre  questi  del  Ricci  si  allargano  sopra  ogni  ma- 
niera di  parlare  sciolto  e  di  poetare  ,  che  comprendesi  nel 
vasto  regno  della  rettorica  . 

Discorre  il  eh.  sig.  cavaliere  dal  bel  principio  sovra 
i'  origine  delle  lingue  volgari  facendosi  meta  di  quella  d'fta- 
Jia  ,  ove,  come  a  noi  è  dato  di  seguitarlo  nel  suo  dritto  e  rapido 
corso  ,  accenneremo  dì  volo  le  principali  cose  ch'egli  ha  toc- 
cate ',  e  sono  :  che  1'  idioma  latino  dopo  la  sua  corruzio- 
ne si  confuse  con  quello  de'  goti  e  de'  longobardi  ,  i  qua- 
li occuparono  questa  penisola  :  ed  in  mezzo  all'  ignoranza 
ed  alla  barbarie  ,  nella  carestia  del  papiro  che  pria  veni- 
va d'  Egitto  invaso  allora  da'  saraceni  ,  s'  insegnava  nelle 
scuole  la  Bibbia  con  quel  linguaggio  bastardo  .  11  quale  chia- 
jnossi  al  dir  dell' A.  romanzo  o  romanico  ,  onde  venne  la 
lingua  romanza  italiana  altrimenti  detta  lingua  comune,  e 
lingua  volgare  .  Dalla  piìi  o  meno  lunga  dimora  ,  che  fece- 


(i)  Giorn.  Are.   To  ,  I.  p.   iì--ì!. 
(■1)  Cip.  I. 

G.  A.  Te.    IV.  a^ 


3o{>  Letteratura 

ro  gli  armenti  stranieri  sopra  1'  una  o  T  altra  delle  nostre 
Provincie  ,  corruppesi  più  o  meno  il  primo  seme  ,  e  na- 
cquero que'  dialetti  ,  de'  quali  parla  Dante  nell'  opera  sud- 
detta .  E  siccome  gli  eroi  del  Lazio  avevano ,  conquistan- 
do il  mondo,  sparso  per  esso  la  lingua  loro,  avvenne  che 
fuori  d'  Italia  dopo  la  mescolanza  del  latino  con  1'  idio- 
ma delle  rispettive  nazioni  ,  e  dopo  1'  infarcimento  di  quel- 
lo che  parlarono  i  conquistatori  novelli  ,  si  ebbero  belgi, 
franchi  ,  e  germani   romanici  linguaggi , 

Ma   i  monaci  de!    secolo    Vili   cominciarono  a    racco- 
gliere   le  reliquie    del    vero  latino   gi^   spento  ,  il   quale    nel 
IX  e  nel  X  si  adoperava  dai  sacerdoti  ,  dai  diplomatici  ,  dai 
notar)-:  benché    il   giuramento  di   Lodovico  I    a    Carlo   Cal- 
vo  leggasi   in   romanico  italiano  ,    ed    il    medesimo   scrivea- 
si   da    papa    Gregorio  V,  come     rapporta   1'  A.  ,  tra   le    altre 
lingue    romanze  :   mentre     correvano    in     ogni    città    d'  Ita- 
lia due    diversi    idiomi  ,   cioè    il   latino   e    il    romanico    vol- 
gare   modijìcato    .sotto    dii^ersa  forma    di    pronunzia    ,    e 
fluttuante   tra  diversi    dialetti  ,  fra'  quali  Dante    annovera 
e  loda    quello  della    Sicilia   .   Intanto    il    romanico    italiano 
sapea  di  latino   più  d'  ogni    altra    lingua    romanza  ,  e    dalle 
barbare  infusevi   avea   ricevuta   chiarezza    nell^  ordine  logi- 
co delle  idee  ,  che  si  osserva  nelle  lingue  jìiìi  povere  :  fin- 
ché trasmigrando   i    popoli    verso   la   valle    di   Giosafu    con- 
dotti   dalle  profezie  di  Pietro  V  eremita  ,  e    mussi  i  principi 
italiani  da  papa  Silvestro  II  verso  quelle  contrade  ,   vende- 
rono  per  la   pietosa  libertà  di   terra   santa  i    dominj   loro   a 
qqjg'che  yi  rimasero  a  governarsi  da  se  .  D"  onde  poi  avvenne, 
che  quandi  ritornarono  alla  patria   alcuni  di  loro,  recando  di 
colà  gli    avanzi'  <lelle  scienze    e   delle  lettere   greche   in    un 
col  lusso  d'oriente,  trovarono  nelle  cittk  e    negli    stati    di- 
steso   col    republicano    reggimento    il    romanico    ,    che   ac- 
quistò  facondia   e  splendore  dalle  novelle  ricchezze , 


Della  Vulgare  Eloquenza  .    Soj 

D'  altra  parte  gli  arabi  ,  eredi  di    molte  dottrine  ,  av,e- 
anle  diffuse  nella  Spagna  ,  e  nel  romanico  di  quella  ,    che  ia 
Francia  le  fece  trascorrere  ,  e  spezialmente  in  Provenza  ;  ove 
i  poeti   primi  coltivatori  delle  lingue   cantando   a  tutta  vo- 
ce   le  armi  e  gli   amori  poetarono  romanzi ,  cosi   forse   det- 
ti dalla   lingua   che  vi   adoperavano  .    E  sendo  ì    gliibellini 
di   Firenze  stati  rotti  in    1260  a  Monlaperto  ,   rifuggitisi  co- 
là ,  si   compiacquero    di    que'  provenzali    romanzi  j    d'  onde 
venne  ,  che  Dante   seppe  quella  lingua  ,  nella  quale    il  ma- 
estro suo  Brunetto  avea    scritto    il    tesoro ,  e  il  Petrarca  e 
il  Boccacci    pure  dappoi    si  giovarono   di    quelle   storie   e  di 
quelle   rime  d'amore  .  Ma  di  là  ricorsi  al  dolce  nido  gì'  ita- 
liani rinvennero  il    romanico  di    prima    assai    pieghevole ,  e 
disc;iolto   da   quella    tanta  affinità  col   latino  da   non   potere 
più  sostenere  il  verso  secondo    le   regole  di   quello  ;   perciò 
si  convenne  di   porre  i  confini   del   metro  ,  e  misurarlo  col- 
le  sillabe  ,  ove   insieme   ad  altre  norme  s'  interpose  il  suo- 
no della  rimaj  la  quale  il  Ricci  riferisce ,  che  lungi  datV  es- 
sere un    invenzione    de^  monaci   de'  bassi  tempi  ,   come  al- 
cuni credettero,  trovasi  adoperata    da'"  poeti  settentrionali 
ne' secoli  più    rimoti.    E  quasi    in   prova  di   quel  che    as- 
serisce ,  si  appoggia  il  Ricci  all'  Alighieri ,  il  quale  disse  ,  che 
avanti    di    lui   non   erano  cose   scritte  in  volgare   oltre   i5o 
anni  j  ed  al  Latini  ,  che,  al  recitar  del  Villani  ,  cominciò  a 
digrossare  i  fiorentini ,  e  fecegli  scorti  in  bel  parlare  :  a 
tale  che  quando   fu  eletto  papa   Bonifazio  Vili  tra  gl'italia- 
ni  oratori    arringarono  dieciolto     fiorentini  .  Ma    poiché   le 
lingue  viventi  ,  secondo  la  dottrina  di  Dante ,  cangiano  ogni 
5o  anni,    Dante  medesimo,  e   gli    altri  sommi     che   lo   se- 
guirono sino  al  Fortunio  ,  innalzarono  in  sublime  grado  la  ila- 
liana   favella  . 

Potrebbesi    ora   da    noi   annotare    un   nonnulla   sopra  il 
fin  qui  detto  dal    nostro  cavaliere  j  il  quale  uon  ci  fare  che 

20  • 


3©8  Letteratura'  » 

sempre  abbia  detto  il  meglio  nella  storia  di  nostra  lingua  ;  né 
tanfpoco  abbia  chiaramente  diviso  il  volgare  de' secoli  avan- 
ti al  mille  da  quello  del  quale  parla  Dante  .  E  la  stessa  car- 
ta di  Lodovico  ,  e  1'  epigramma  sulle  ceneri  di  Gregorio 
ci  presterebbero  argomenti  per  mostrare  cosa  debbasi  inten- 
dere pel  volgare  di  allora  :  e  quinci  muovei'  dubbio  sul 
preteso  tesoro  ,  che  i  fiorentini  riportarono  dalla  Proven- 
za,  e  sulla  vera  etk  della  rima  italiana  in  un  co'  versi  che 
gl'italiani  giudici  dell'armonia  si  fabbricarono  senza  altro 
esempio  straniero  .  Ma  siccome  il  Ricci  cosi  parlando  siegue 
in  gran  parte  1'  opinione  di  uomini  assai  reputati  finora  ; 
e  che  ad  essa  da  parecchj  lati  si  oppongono  altre  piìi  su- 
date opere  de'  moderni  ,  lascieremo  questa  messe  in  sul!'  aja 
per  pochi  dì ,  finché  il  nostro  conte  Perticari ,  il  quale  si 
è  meritato  presso  di  noi  il  privilegio  di  parlare  fondata- 
mente su  queste  materie ,  definisca  ogni  piato  e  colle  ragio- 
ni e  co' monumenti  ;  non  senza  congratularci  col  Ricci  che 
anch'esso  mostrisi  non  lievemente  erudito  di  queste  cose 
assai  piacevoli  e  leggiadre ,  e  in  quella  guisa  l'esponga  che 
ad  un    libro   elementare  giustamente    si  conviene  . 

Lasciata  da  un  canto  la  lingua,  passa  il  Ricci  a  parlate 
della  eloquenza  italiana  ;  ove  nella  definizione  si  è  giovato 
di  Tullio  (Or.  XXXII),  ma  con  qualche  libertà  ,  che  rendela 
alquanto  diversa  da  quella  che  dal  medesimo  si  dichiara  in 
più  luoghi  .  «  L'  eloquenza»  ,  cosi  il  Ricci,  è  l'arte  di  muo- 
53  vere  e  di  persuadere  in  ntodo  da  conseguire  il  fine  per 
M  cui  si  parla  jj  .  Questa  è  una  virtù  di  quell'  arte  ,  che  in 
poche  parole  dicesi  caput  arlis  decere  ,  ma  non  è  l'essenza 
sua  .'della  quale  Cicerone  ampiamente  disse:  niìiil  aliud  est 
eloquentia  quam  copiose  loquens  sapientia  .  Di  fiat  ti  può  be- 
nissimo accadere  che  un  oratore  non  consegua  il  fine  per 
cui  parla  ;  anzi  ciò  accade  lutto  dì  ;  e  spesso  addiviene 
per  colpa   dell'  oratore  ,   spesso  per  quella  di   chi  1'  ascolla  . 


Della  Vulgare  Eloquenza.    309 

Quale  poi  debba  essere  la  sapientia  detta  di  sopra,  veggasi  nel 
primo    libro    dell' Oratore  :  ove  si  conosce   apertamente  la  ra- 
gione dello  scarsissimo  numero  de' veri  eloquenti  .  «  E'  diversa 
3>  (  segue    r  A.)    dalP  arte  di   ragionare    che  dicesi   logica 
»  e  rettorica    in    quanto    agli  ornamenti  ,  ma    tutte    in    se 
33  le   riunisce  e  trasforma  «  .  Ammetteremo  con  Tullio  ,  che 
disputandi  ratio  et  loquendi  dialecticorum  sii  ,  cioè  sì  può 
essere    dialettici  senza   essere    eloquenti  ,  e  (  più   largamente 
ancora  )  si   può  ragionare  senza  eleganza  ,  come  fanno  spesso 
i    metafisici  e  i  matematici  :  ma   siccome   la    dialettica   non 
è  strana  a    quella   sapientia  di  prima  ,  che  anzi  un  regolato 
e   compiuto  discorso  ,  precipuamente  quando  trattisi  di   vin- 
cere   o    prevedere  le  difFicoltà  ,  ha  la  sua  gran  parte   dialet- 
tica ,  cioè  arte  del  7'«^io«a/-e  (  adoperiamo   le    medesime  pa- 
role dell'  A.)  che  dicesi  logica  unita  alla  rettorica  in  quanto 
agli  ornati;  concluderemo  con  Tullio  medesimo:   esse  igitur 
perfecte  eloquentis  pulo  non  eam   solum  facultatem  habere 
quce  sit  eius  propria  fuse  lateque  dicendi ,  sed  etiam  vici- 
nam  ejus  atqiie Jinitimaiìi  dialecticormn  scientiam  assumere. 
CI  perdoni  il  eh.  autore  questo  comento  ,  che  a  noi  è  parso 
necessario  per  una  maggior  dichiarazione  della  splendida  ma- 
teria che  tratta  ;  dacché   per  lo   soverchio    peso  de'  periodi  e 
delle   parole  ,  e  per  la  poca    vlrtìi  di  persuadere  ,  che  scor- 
gesì   in  molti  de'  moderni    oratori  ,  si    è    introdotto  V  -abuso 
di   cbian^are   ciarloni  e    mercadantì  di  chiacchiere    i   cultori 
delle  amene  lettere  ,  che   tengono   viva    la   rettorica ,  se  non 
sempre    nelle    forme  ,  nella   vera   sostanza  .  Né   vogliamo    in 
alcuna  guisa    conchiudere  ,  che  la    eloquenza     deggia   aprirsi 
la  strada  del  cuore  a  punta  di    sillogismi  ,  perchè  allora  si 
potrebbe  veramente  dire  ,  che  ella  è  un'  arte  di   ragionare  a 
pugno  chiuso  ,     come  figuratamente  la   defioia  1'  Arpinate  j 
e  ci    troveremo  lontani   dnl  nostro    autore  ,  e  pili  da  Quin- 
tiliano ,  che  insegua  :  la    dialettica  doversi  dall'  oratóre  ado- 


3io  Lette  li  ATURA 

perare  di  rado  :  altrimenti  ci  pare  eh'  ella  ne  venga  a  semi- 
nare d»    triboli    il  fiorito  giardino  dell'  eloquenza  . 

Ed  un    altra   breve  annotazione   ci  permettereme  sopra 
quello  che  segue  35 .  Quando  1'  eloquenza  si  propone  in  primo 
M  luogo  di  persuadere ,  prende  un   abito  più  modesto  in  ciò 
15  che  dicesi  prosa  ,  quando  poi    si   propone  di  dilettare  ,  e 
«  si  abbandona  al  calore   della  passione    che   vuole    in  altri 
j>  trasfondere ,  diviea  poesia  ,  e  segue   le  leggi  della  misura 
«  e  delle  cadenze  »  .  Imperocché  trovandosi  entro  questo  pe- 
riodo le  definizioni   delle   differenze  che  corrono  tra    1'  ora- 
tore   e   il  poeta  ,  molto  sarebbe    a   vedersi   col  lume  della 
filosofia   se  più  questo  che  quello  ahhia  facoltà  di  per  lumie- 
re :  se   qual    de'  due   vesta    abito    più    modesto }    se  (j^uando 
trattisi   di  recar  diletto  ,  si  abbandoni   più   1'  uno  che  1'  altro 
al  calore  delle   passioni  :  dacché  vediamo  il  più   grande  au- 
tore di  prose  italiane  scrivere  per  diletto  altrui  le  dieci  gior- 
nate ,  e  Dante  occuparsi  nell'  arte  perigliosa  della  politica  in 
tre  cantiche ,  e  il  Petrarca  fondere  la   filosofia  in   una   scuola 
d'  amore  .   Che  se  agli  antichi  esemplari  vogliam  risguardare , 
vedremo    le    opere    didattiche    di    Esiodo  ,  di    Teocrito  ,    di 
Tito  Caro  ,  di  Maronc  ,  e  specialmante  i  comedi  e  i  satirici 
dell'  una  e  dell'  altra  lingua  ,  lasciarsi  molti  prosatori  addie- 
tro   nel   grande   arringo   dell'  insegnare     e  del    persuadere  . 
Delle  quali  cose  ci  pare  ,  che  sapientemente  parlasse  Orazio 
nella  Poetica  oltre  il  delectandi  pariterque  monendi  ,  e  le 
provasse  cogli  esempj  non  direm  della   favola   ma  dell'  isto- 
ria   eziandio  .   Né   questa   eccezione  meno  dell'  altra  ci  vien 
dettata  dalla  fatale  esperienza  de'  giorni  nostri  ;  ne'  quali  di 
mille   poeti   non  ti  persuade  pur  uno  :  e  si  hanno   versi   vóli 
di   senno  ,  che  han    fatto    cadere    nel    disprezzo  de'  saggi    la 
nobilissima   arte   della   poesia  :  ma  tanto  andrli  forse  in  lungo 
questo  difetto  ,   se  i    maestri  della    retlonca  non    vi  ripare- 
ranno ,  che  que'   verseggiatori  saraii  cacciatL  per  ogni   villa 


Della  Vulgate  Eloque^^za.  uh 

aui  blanda    scribnnt  potius  quam  salubria  (V\\xl.^  . 

E  qui  sapientemente  il  eh  Ricci  ,  come  pria  della  lin- 
gua ,  lesse  la  storia  della  italiana  eloquenza  .  E  dice  come 
dallo  studio  de' libri  santi  tolse  ne'  secoli  avanti  al  duodecimo 
il  sapore  delle  orientali  mani-re  :  ma  poi  siccome  la  eloquenza 
cresce  colle  cose  ,  né  colle  parole  va  più  innanzi  di  un  suono 
di  corda  o  di  martello  ,  al  venir  della  sai>ienza  nel  XH 
mise  co'  gran<li  rami  le  froii-ii  ed  i  fiori  ;  le  scuole  di  Bolo- 
gna e  di  Padova  ebbero  da  essft  splendore  ;  e  nel  XUI.  se- 
colo i  conci))  di  Ferrara  e  -di  Firenze  quanta  riceverono  da 
lei  fama  altrettanto  a  lei  dettero  di  forza  ;  mentre  per  lo- 
devole costumanza  venuta  di  Francia  i  letterfiti  erano  sti- 
mali  quai  cavalieri  ;  mentre  i  collegi  e  i  seminar]  alimen- 
tavano le  speranze  della  nazione .  Del  trecento  non  occorre 
far  motto  ,  sendo  tanto  famoso  per  quel  sommo  triumvira- 
to ,  che  la  storia  letteraria  non  taceranne  giammai  .  Circa 
al  quattrocento  concliiude  benissimo  il  Ricci  dopo  quel  che 
ne  racconta  in  favore  :  «  che  il  soverchio  amore  delle  lingue  e 
ce  delle  lettere  antiche  ritardò  in  questo  secolo  i  progressi  della 
et  italiana  eloquenza  «.  Vide  però  salire  in  sui  pergami  sacri  la 
tettorica  ,  ossia  la  ragionata  e  maschia  eloquenza,  senza  sofismi  j 
a  tale  che  non  ritornavano  più  dal  pas  olo  !e  pecorelle  pas- 
ciute di  vento  j  come  1' Alighieri  complangea  che  a'  tempi 
suoi  succedesse.  Loderemo  pure  il  Ricci  per  quanto  ra- 
giona d«l  cinquecento  assistilo  da  que'  principi  gloriosi  , 
Estensi  ,  Gonzaghi ,  e  Medici  ;  e  da  que'  sommi  pontefici  av- 
valorato che  fecero  questa  sede  risplendere  colla  dottrina  , 
e  la  cinsero  di  filosofi  e  di  oratori  ,  che  col  fulmine  delU 
lingua  e  colie  armi  potentissime  della  ragione  la  difen- 
devano oltre  le  alpi  ed  il  mare .  Converremo  ancora  col 
Zlicci  che  alia  poesia  fu  quel  secolo  più  propizio  che  all'  elo- 
queuza  :  nò  rifuggiamo  dal  ripetere  ,  con  <^ualche  eccezione 
però  ,  Qhe  «  ^U  autori  diversi  dt;lle  Prose  Fioreatiae  aitr* 


3i2  Letteratura 

te  merito  nou  hanuo  che  d'  a\er  conlate  molte  parole  e  rac<- 
ce  cohi  molti  riboboli  a  beneflcio  della  lingua  «.  Parleremo  pu- 
re eoa  piti  rispetto  del  Castiglione,  e  del  Guicciardino  , 
volgendoci  a  lodare  il  gran  Segretario  ;  loderemo  pur  lo  Spe- 
roni insieme  con  lui  ;  non  toglieremo  nondimeno  a  Tor:[ua- 
to  un  gran  posto  fra'  prosatori ,  nò  al  Bembo,  né  al  Trissino: 
né  porremo  il  Musso  al  par'o  del  Casa  ;  il  quale  ci  pare  il 
più  grande  oratore  non  solo  del  cinquecento,  ma  de'  secoli 
che  lo  seguirono  .  La  solita  lamentazione  del  Secento  chiu- 
de neir  opera  del  Ricci  la  storia  della  nostra  eloquenza  :  e 
godiamo  di  veder  divisi  da  quel  ribelle  popolo  di  letterali  gì' 
illustri  accademici  del  Cimento  con  Galileo  ,  Magalotti,  e  Re- 
di ;  e  con  Bentivoglio  e  con  Davila  il  Sarpi  ed  il  Segneri  (.-«r- 
tificioso  forse  oltre  il  bisogno  )  :  e  ci  piace  il  ridire  coli' 
autore  ,  che  da  costoro  ci  fu  insegnato  ad  aver  cura  delle 
cose  con  maggiore  utilità  che  non  provenne  dallo  studio  di 
qup'  del  cinquecento  ,  che  troppo  ci  volevano  occupali  nel- 
le parole  . 

Quinci  sale  1'  A.  a  parlar  del  sublime  con  filosofìa*:  e 
considera  quale  debba  essere  negli  oggetti  ,  nelle  azioni  ,  e 
nello  scrivere  ;  ad  ottenere  gli  effetti  del  quale  si  oppon 
gono  i".  la  prolissità,  che  fa  giungere  l'idea  sine  ictu  negli  ani- 
mi degli  ascollanti;  2.°  la  freddezza  cagionala  dal  oercaic  le  mi- 
nuzie delle  azioni:  3°.  l'ampolloso,  che  spinge  il  sublime  fuori  de' 
confini  della  ragione  .  Passando  al  òeUo  ne  insegna  tra  le  al- 
tre ceche  differisce  dal  sublime,  perchè  invece  di  una  rapi- 
te da  e  profonda  impressione  induce  in  noi  la  sensazione  per- 
tc  manente  di  una  piacevole  serenila,  e  ci  trattiene  in  un 
ce  temperato  e  tranquillo  ondeggiamento  ce .  E  ad  esso  op- 
nesi  quel  gentilissimo  vizio  dell'  affettazione  ,  che  ora  è  nel- 
le cose  ,  ora  nelle  parole  :  in  quelle  paroline  cioè  viete  e 
preziose,  e  in  quelle  amenissime  frasche  che  soglionsi  dagli  sdol- 
cinati scrittori    spargere    a  man   piena    per   s  r,  orohio    amor 


Della  Vulgare  Eloquenza  .    3i3 

di  chiareaza  .  E  dopo  aver  discorso  del  gusto  ,  ossia  judi' 
cium  di  Quintiliano  ;  e  del  genio  ,  vocabolo  nuovo  nel  sen- 
so che  ora  gli  si  dk  nelle  lettere ,  diverso  dal  gusto  ,  ia 
quanto  che  quello  sente,  e  questo  produce;  quello  è  fi- 
glio di  un  arte  sottile ,  la  critica  ,  questo  della  natura]; 
discende  a  trattare  degli  ornamenti  del  discorso  ossia  del- 
le Jìgure  con  ottimi  e  ben  collocali  esempi  di  Dante  :  quia- 
di  dello  stile ,  ove  si  nota ,  oh'  esser  dee  sempre  propor- 
zionato al  soggetto ,  alle  circostanze  ed  alle  persone  al- 
le quali  si  parla:  e  che  v' è  il  conciso,  e  v' è  il  diffusa 
e  poi  v'è  il  secco  senza  ornamenti ,  il  piano  che  ne  ha  po- 
chi, il  semvlice ,  il  nitido  ,  V  elegante  ,  il  Jiorito  ,  il  vec 
mente  .  In  questo  capitolo  dello  stile  troviamo  dette  alcu- 
ne utili  parole  circa  1' imitazione  :«  la  troppo  servile  imita- 
te zione  di  qualche  autore  estingue  la  generosa  confidenza  , 
«  che  deve  avere  ciascuno  nel  seguire  il  proprio  genio ,  e 
«  senza  la  quale  niuno  potrà  mai  divenire  buon  parlatore 
ce  o  scrittore  .  L'  inzeppamento  di  alcune  frasette  ,  di  al- 
ce cuni  passi  di  classici  o  mediocri  autori  scopre  la  pover- 
cc  tà  del  nostro  ingegno,  comunica  al  lavoro  1' apparenza  di 
ce  un  musaico  o  d'  un  ricamo  con  la  mostruosa  cucitura  del- 
cc  la  porpora  al  canavaccio  ce ,  Né  altrimenti  in  questo  che  ne- 
gli antecedenti  capitoli  vedesi  quell'  ordine  lucido  ,  e  quel- 
la didallica  franchezza  che  sempre  farà  il  sig.  Ricci  apprez- 
zare per  un  saggio  e  non   comune  maestro . 

Apresi  la  seconda  parte  del  i.  libro  collo  stile  epistolare 
nel  quale  1'  A.  conviene  che  più  d'ogni  altra  cosa  debba  cer- 
carsi la  verità  ,  la  semplicità  ,  1'  ingenuità;  e  con  Andrea 
piange  la  scarsezza  dei  modelli  di  lettere  italiane  .  Difet- 
tano quale  in  una,  quale  in  altra  parte  ,  secondo  P  A. ,  il  Bem- 
bo ,  il  Casa,  il  Caro,  il  Magalotti  ,  il  Redi,  lo  Zeno. 
L'  Algarolti  però  ,  il  Metastasio ,  il  Bianconi  ,  che  son  più  mo- 
derni ,  non  gli  dispiacciono  ;  e  scevrando   ogni  altra  ragion*  , 


5i4  Letteratura 


k 


e  noi  pare  che  questo  duro  giudizio  sia  stato  all'  autore  ii- 
^rato  dalla  lingua  e  dallo  stile ,  che  negli  scritti  familiari 
principalmente  si  reputa  da  tal  uno ,  che  debbano  essere  vici- 
nissioii  a  quello  che    si    parla   ne'  circoli  e   ne'  caffè  . 

E  per  questa  medesirtia  ragione  nou  piacciono  al  Ricci  i 
^i.iloghi  del  Bembo  e  del  Varchi  :  animati  e  spiritosi  però 
appella  quelli  de'  Castiglione  ;  ed  al  Galilei  mette  di  sopra 
il  Zanetti  e  1' Algarottf ,  perchè  »  il  primo  agitando  la  qui- 
j»  stioue  delle  forze  vive  ,  ha  una  lepidezza  seria  e  compo- 
3>  sta  come  quella  di  Cicerone  :  il  secondo  trattando  delk 
j»  luce  e  de' colori,  par  che  prenda  un  lume  ancor  più  bril- 
li laute  dal  suo  argomento . 

Nel  capitolo  dello  stile  didattico  parla  1' A.  del  discorso 
istruttivo  ,  quale  rifugge  dagli  ornamenti  :  ma  nelle  prefa- 
troni  de'  libri  e  nelle  dediche  non  disconviene  qualche  volta 
da   quelli  . 

Tessendo  un  capitolo  circa  lo  stile  istorico  non  rin- 
viene il  Rìcci  alcun  italiano  ,  che  abbia  scritto  perfettamen- 
te la  storia ,  perchè  in  tutti  con  occhio  linceo  ,  che  a  noi 
non  è  dato  ,  discopre  un  qualche  neo  ,  Ci  rallegriamo  però 
che  dica  ,  aversi  gì' italiani  dopo  i  greci  e  i  latini  acquista- 
ta i  primi  gloria  e  lode  distinta  in  questo  genere  istorico  . 
E  cosa  dovrem  noi  pensare  degl'  istorici  delle  altre  nazioni  ? 
Le  memorie  ,  le  cronache  ,  gli  annali  sono  dal  Ricci  dis- 
pensati dalla  storica  gravità  :  uè  le  iscrizioni  fuggono  dalle 
sue  indagini  ,  benché  gì'  italiani  abbiano  con  poca  fortu- 
na tentato  finora  di  applicare  il  gusto  lapidario  latino 
alla  loro  lingua  :  uè  tralascia  di  toccare  le  vite,  i  ritratti,  gli 
clogj  :   e  chiude  il  capitolo  colla   storia    letteraria  . 

Lo  stile  oratorio  ci  viene  insegnalo  con  molta  cliiarez» 
%&  e  concisione  nel  cap.  XII  ,  ove  dell'  eloquenza  politica  in 
brevissime  noie  ,  eh'  *;  quella  della  quale  abbisognamo  da  gr;\ii 
pezza  ;  quindi  delle)  forense,  della  quale  accenna  le  frodi  j  quin  • 


Della.  Volgare  Eloquenza.  5iS 

di  della  sacra  ,  che  vuoisi   ingenua  .   semplice  ,  e  piana  . 

Le  novelle  e  ì  romanzi  ,  quasi  anello  chela  prosa  con- 
giunga  e  la  poesia  ,  hanno  anch'  esse  un  loro  siile,  il  quale 
esser  vuole  elegante  e  quasi  ardito.  Discorre  brevemente  l'au- 
tore delle  vicende  di  questi  scritti  ,  cagionate  da'  costumi _ 
e  quinci  ne  corre  al  libro  II.  che  tutto  si  volge  alla  poe- 
tica   eloquenza  . 

Fiualmeute  direroo  ,  clie  di  poesia  parla  molto  saggia- 
mente r  autore  ,  e  con  molta  chiarezza  ,  la  qurile  risplea- 
de  ancora  [in  ogni  altra  parte  ,  che  abbiamo  riferita  .  Trat- 
ta della  poesia  descrittiva,  della  pastorale,  della  lirica,  della 
drammatica ,  della  tragedia  ,  della  commedia  ,  del  dram- 
ma musicale  ec.  ec.  storicamente  ,  precettivamente  ,  critica- 
mente ,  che  troppo  lungo  a  sarebbe  raccontare  .  Di  maniera 
che  raccomandasi  questo  libro  ad  ogni  eulta  e  gentile  per- 
sona ,  che  in  poche  carte  brami  di  ricordarsi  alcune  par- 
ticolarità ;  e  si  compiaccia  di  ascoltare  un  giudizio  ,  che 
se  non  va  sempre  sull'orme  del  più  dominante  partito,  non  ai 
allontana  però  mai  da  quel  mezzo  ,  nel  quale  consiste  la  giu- 
4ta  misura  delle  cose  umane.  Dopo  aver,  per  esempio,  del- 
la poesia  epica  con  molto  d'  erudizione  e  più  di  filosofia  ra- 
gionato ,  dà  r  autore  un  assennato  giudizio  della  Gerusa- 
lemme e  dell'Orlando;  e  quinci  lo  stesso  fa  negli  altri  ge- 
neri del  cantare  .  Né  Alfieri  nella  tragedia  ,  né  Goldoni  nel- 
la commedia  ,  abbenchè  siano  sovra  ogni  altro  nella  sfera 
loro  laudati  ,  vanno  esenti  da  lieve  critica:  la  quale  però  non 
sembraci  ben  meditata  intorno  alle  satire  di  jnesset  Lodovi- 
co ;  né  troppo  vereconda  sopra  ad  alcune  minuzie  del  Pe- 
trarca .  Ove  noi  diremo  che  è  comendevole  questa  fantasia 
di  criticare;  quando  però  si  congiunga  a' paragoni ,  edagli 
esempi  ^^'  migliori  ,  altrimenti  non  denota  che  sinistra  vo- 
lontà i  e  si  disprezza ,  o  si  rinfaccia .  Noi  però  che  il  Rio  - 
•i  conosciamo  per  iia  dotto  e  probo  CKValiere ,  lo  scusereoi'^ 


3i6  Letteratura 

da  ogni  colpa  per  quell'  amore  di  brevità  ,  che  pur  si  de- 
sidera, e  forse  a  lui  fu  comandata,  in  un  libro  di  precetti  . 
Prenderemo  anzi  argomento  di  grande  speranza  per  le  ope- 
re di  genio  ch'egli  ha  promesso  all'Italia  (i)  ,  nelle  qua- 
li non  ci  aspetteremo  di  vederlo  simile  alla  pietra  da  rasojo 
exors  ipsa  secandi.  Invitando  dunque  la  gioventù  a  legge- 
re quest'  opera  che  in  se  racchiude  molti  e  nobili  pregj ,  le 
raccomanderemo  di  non  prendere  da  essa  esempio  di  sen- 
tenziare sì  facilmente  i  grandi  uomini  :  perchè  ciò  che  tal- 
volta si  può  da  un  maestro  fare  ,  e  suole  acquistar  fede 
per  le  forze  di  lui  ',  ò  vietato  a'  giovanetti  ,  che  ridicoli  si 
renderebbero  e  prosuntuosi  .  E  debbesi  pur  considerare  che 
la  critica  è  opera  che  vuole  maturi  tà  e  fatica  ;  ed  è 
quella  lima  ,  che  se  logora  il  metallo  Io  fa  rìsplendere  più 
assai  di  prima  ,  mentre  si  stancano  le  braccia  ,  e  consumasi 
la  vita  di  chi  1'  adopera  .  Dopo  Ietto  però  il  libro  del  llicci 
avranno  i  giovani  chiara  contezza  di  molte  belle  cose  ;  e 
vedrannosi  aperta  la  strada  della  rettorica  ,  e  ne  conosceran- 
no 1'  ampiezza  ,  e  ne  scorgeranno  il  fine  ;  e  vedran  da  lungi 
i  pericoli  che  per  essa  s'  incontrano^  e  saranno  vaghi  di  lode 
nel  correrla  :  né  con  siffatta  guida  non  1'  otterranno  . 


(i)  L' Italiade:  Poema. 


017 


LcUere  del  card.  Pietro  Bembo  e  di  Bernardino  Baldi  ora 
per  la  prima  volta  date  in  luce  da  Sal^^atore  Betti  ,  e 
intitolate   a  S.  E.  il  signor  don  Pietro  de''  principi  Ode- 


scalchi   direttore  del  giornale 


Gì 


iacciono  nella  biblioteca  oliveriana  dì  Pesaro  ,  senza  l'onor 
delia  stampa  ,  molte  belle  scritture  d'  autori  lodati  ,  le  qua- 
li ,  se  V.  E.  me  ne  compiace  ,  torrò  volotitieri  a  pubblica- 
re noi  giornale  arcadico  .  E  stimo  dov  er  gradire  con  ciò 
a  quanti  amano  di  leggere  nelle  opere  de'  nostri  antichi  : 
avendovi  parecchie  cose  e  d'  Erasmo  e  del  Castiglione  e  del 
Bembo  e  del  Tasso  e  del  Baldi  e  dell' Eustacchio  e  del  Zuc- 
cari  e  d'  altri  tali  .  II  che  se  prez  iose  le  renda ,  quantunque 
di  poca  mole ,  può  ella  bene  considerarlo  .  Imperciocché  non  è 
a  dubitare  ,  che  quelle  altissime  fantasie,  le  quali  tengono  del 
continuo  a  cose  gra  ndi  ed  eccellenti ,  non  serbino  anche  ne' 
fatti  piccioli  e  famigliari  una  parte  di  quella  bonlà  ,  che  le 
rende  a  tutti  ma  ravigliose  .  Kè  ciò  stimando  credo  di  er- 
rare per  soverchio  d'  affetto  e  di  riverenza  verso  de'  sommi 
uomini  :  parendomi  non  possibil  e  ,  che  quegli  il  quale  è 
usato  ,  dirò  così  ,  a  discorrere  colle  intelli  genze  celesti  ,  possa 
mai  dimenticare    se  stesso  ne'  colloquil  diniestici  . 

Confido  eh'  ella  mi  consentirà  questa  grazia  :  ella  eh' 
è  si  gentile  quanto  esperta  di  buone  lettere  ,  e  che  degna 
onorarmi  di  singolare  protezione  e  benevolenza  .  Onde  ,  qua- 
si le  vedessi  l'animo,  prendendone  sicurtà,  le  offro  due 
lettere  di  Pietro  Bembo  (i)  ,  ed  una  di  Bernardino  Baldi 
cc'lcbte     ibale    di   Guastalla    (2^,  la    quale  è  fra  le   trenta  che 


(1)  Sono  ne]  CO'!,  oliv.  4^7-   P-  4"'-  ^^'3- 

(2)  È  iitlroil.  oliv.  43o.  p.    20. 


3j8  Letteratura 

si  baauo  di  lui  nella  ricca  raccolta  dell' Olivieri .  Le  pntr>e 
sono  abbastanza  raccomandate  dal  nome  di  quel  chiarissi, 
ma  «ardiuale  ,  a  cui  dopo  il  guasto  del  quattrocento  si  deve 
io  parte  ciò  che  abbiamo  di  ben  parlare  ;  e  direi  il  me- 
desimo della  terza  ,  se  la  narrazione  d' un  irist»  caso  del 
gran  Torquato  ,  brevemente  e  oscuramente  additato  dal  Seras- 
ù    (i)  ,  non    la  rendesse  anche  di    maggior  prezzo  . 

Ed  in   fine  a   V.  E.  con   ogni   ossequio   mi   raccoman- 
do. Di  Roma  a' 23.  dicembre   1819. 

Di  Pietro   Bembo 
I. 
A  Francesco  Maria  I    duca  d'  Urbind 
e  signore    di  Pesaro  » 

r 

M.  llustrissimo  signor  min  colendissimo  .  V^ostra  cccellen- 
zìa  per  una  sua  di  XX fX  di  marzo  mi  fa  intenderle  , 
Pierpaolo  di  Marcato  da  s.  Angelo  a\>er  querelato  di- 
nanzi a  lei ,  che  '/  mio  Coir  (2)  gli  usurpa  una  cap- 
pella in  Casteldiirante  ,  che  dice  essere  juspatronato  suo  : 
0  mi  conforta  vostra  signoria  eh''  io  operi  eh'  esso  gli  la 
consenta  :  perciocché  così  porla  il  debito  di  giustizia  .  Ris- 
pondo a  vostra  illustrissima  signoria  ,  che  V  debito  della 
servitìi  mia  antica  verso  lei  e  slato  di  voler  intendere 
con  qiial  titolo  Cola  possiede  quel  bene^zio  :  per  fare  , 
se  avessi  trovato  che  lo  tiene  indebitamente  ,  che  incou' 
tinente  se  ne  fosse   spogliato  ,  lasciandolo  a  chi  ne  aves- 


(o)  Vita   di  Torquato  Tas^o  p.    5o6. 

(4)  Nicola  Bruno  veneziano,  iloua  e  gia.iziosa  pc^^0Qa,  che  ris- 
se la  più  parte  de'  suci  giorni    coi    Bembo,  e    ae  diTwe  k •infoiare 
Amicizia    col  celebre  fanese   Carlo   Guailciuaai  . 


Lettkre  Ined.  dkl  Bembo.  5 19 

Si  miglior  ragione.  Ed  invero  io   trovo  eh' esso  io  impe- 
trò insieme   con  la  prepositura   di  Casteldurante  :  e  (Juan- 
lo   al  juspatronatus  della  cappella ,  il  papa   lo   derogò  ia 
totum  prò  illa  vice  tantum  con    (jiieste  parole  ,  che   io   ho 
letto  nella   sua   bolla  :  non  obstante  eliam    jure  patronatus 
Jaicorum  hujusmodi  ,  cui  hac  vice  specialiler  et  expresse  de- 
rogarnus  :  la  qual  derogazione  de'  patronati  di  laici  ,  tut^ 
to  che  si(l  cosa  che  la  sede  apostolica  suol  fare  rade  vol- 
te ,  pure  non  è  da  dire  qhe  U  papa  non  potea  farlo  .  Per 
la  qual  cosa  è  da  meravigliarsi  di  quella   querela  di  Pier- 
paolo,  che  per  essere  stato  due  volte  a  Roma  insieme  con 
un  suo  prete  ,  intese  della  ragion  di  Cola  j  e  fatto  chiaro 
del  tarto  suo,  se  ne  tornò  a  casa  senza  far  altro,    yllli^ 
qual  ragione  della  derogazione  del  juspatronatus  si  aggiun- 
gè  quesV  altra  ancora  :  che  per  le  constituzioni  ecclesiasti- 
che chi  vacificamente  possiede  tre  anni  un  benefìzio  ,  pas- 
sati quelli  ,  pili  non  può  esser  molestato  :  e  Cola  non  pu- 
re è  pacifico  possessore  triennale ,  ma  e  di  otto  anni  pas- 
sati .   Mi  ricorda  Cola  ,   eh'  io  a  contemplazione  di  vostra 
eccellenzia  gli  feci  cedere  lo  archidiaconato  di  Urbino    e 
due  altri  benefizj  vacati  per  la  morte  di  messer  Jer animo  , 
eh'  era  cappellano  della  illustrissima  signora  duchessci  sua 
madre  '.  eh'  erano  per  il  valore  di  ducati  ottanta  :  e    mo- 
itrarnf  una  lettera  di  vostra  eccellenzia,  pei    Iq,  qual  ella, 
si  obbliga  su  la  fede  di  leal  signore  di  ricornpensarlo  di  altri 
tanti   benefizj ,    che  primamente   vacassero    sul    suo    stato  : 
riè  però  esso  ne  ebbe  altro  (non  mica  coIpa}.di  vostra  eccellen- 
zia, ma  del  mutamento  (i)  della  fortuna  di  lei)  che  un  bene- 


(1)  Il  (ittca  Francesco  Maria  fa  coitretto  a  fuggire  da'  proprj 
stati  per  gli  sdegni  che  corsero  con  Leone  X  ,  apparentemente  a 
motivo  deir  viccìsioiie  del  card.  Alido'*!,  m«'pìà  veramente  perchè  il 
l>.tpa    volle  disporre   del  ducato   a  favore  di   Lorenzino   de'  Medici  : 


3ao  I^  E  T  T  E  R  A  T  e  11  A 

fiziuolo  (li  ducati  dieci  nella  diocesi  di  Ogobbio  :  la  qual 
promessa  dì  i^ostra  signoria  non  vuoIq  perii  che  li  vaglia 
ad  altra  grazia  ,  se  non  clV  ella  non  permetta  ehe  nel  pre- 
sente negozio  sia  indebitamente  molestato  .  Di  che  io  quan- 
to posso  ne  presso  vostra  eccellenzia  ,  e  nella  sua  buona  gra- 
zia mi  raccomando,  pregandole  lunghi  anni  felici  . 

Scrissi  già  alcuni  di  sono  a  vostra  illustrissima  signo- 
ria rallegrandomi  con  lei  del  prospero  successo  delle  co- 
se sue  (i)  :  ed  ora  di  novo  me  ne  allegro  quanto  di  po- 
che altre  cose  potria  avere  allegrezza  maggiore.  Di  Fé- 
nezia  alli  XIX  d'  aprile  M.  D.  XXII. 

U  antico  servo  di  /^.  E. 
Pietro   Bembo 

Del  medesimo 


11. 

A  Iiinocenzio  Siaibaldo  preposto  di  Pesaro  (2) 


JR. 


everendo  messer  Innocenzio  mio ,  Dio  vi  salvi  .  Io 
aveva  inteso  che  eravate  indisposto  .  Ma  io  non  credetti 
già  che  ai'este  tanto  male  ,  quanto  mi  scrivete  avere  avU' 
to  .  Piacemi  che  siate  migliorato  .  N.  S.  Dio  vi  risani  e 
torni  alla  vostra  pristina  sanità  .  Ricevo  la  escusazione  del 


Mentre  di  qr.el  delitto  era  già  stato  il  ^ac-.i  Francesco  Maria 
solennemente  nssoliito  da  Giulio  11  con  un  breve,  al  quale  si 
sottoscrisse    lo   stcsio  Leone  X  quanil'era  cardinale  . 

(6)  Il  duca  t-ra  tornato  uz'  snoi  stali  iu  qucst' anne  per  li  faro- 
ri  di  papa  Adriano  VI  . 

(7)  Gcntiluom)  pesarese,  e  successore  nella  prcpositura  al  ce- 
lebre (giovane  Francesco  Superchi,  detto  Filomuso  ,  suo  zio.  Fiori  ne' 
huoni  studj  e  nell'amicizia  de'  principi  e  letterali,  vivendo  in  cor- 
te di  papa  Leon  X,  e  poi  di  Federico  Fregosi  arcivescovo  di  Sa- 
lerno ,  che  fu  cardinale  e  gran  protettore  dei  dotti  .  Altre  quat- 
tro lettere  del  15embo  a  lui  scritte  si  trovano  nel  t.  III.  p.  256.  del- 
l' edizione    vcaeziana  dell'  Hcrtzhauscr. 


Lettere  Ined.  del  Bembo  ec.  3ai 

vostro  silenzio  .  Benché  tra  noi  non  fanno  bisogno  le  esui- 
sazioni  .  Fate  bene  a  rallegrarvi  del  cardinalato  di  ^mon- 
signor reverendissimo  Frpgoso  meco  .  Però  che  non  cedo  a 
persona  che  lo  ami  .  JVè  persona  del  mondo  vederò  in 
Moma  pih  volontieri  di  lui .  Se  anderete  a  Venezia  ,  sti- 
mo vi  gioverà  assai  :  ma  non  vi  scordate  poi  di  riveder 
messer  Cola  ,  e  staivi  con  lui  parecchi  giorni.  Attendete 
a  star  sano  .  Alti  XXIX,  di  gennaro  MDXL.  di  Eoma  . 

P.   Card.   Bembo 
Di  Bernardino  Baldi    d'  Urbino 
A  Pier  Matteo  Giordani  pesarese  (i). 

M 

J.fJ_  olto  magnifico  signor  mio  osservandissim,o.Ehbi  la  sua 
prima  ,  ed  ho  avuto  la  seconda  in  Genova  :  a  la  prima  non 
risposi  per  essermi  partito  subito  ,  a  la  seconda  rispondo 
con  questa  .  Il  suo  parere  sopra  quella  bagattella  eh'  io  le 
mandai  ,  mi  piacque  di  maniera ,  che  in  gran  parte  sono 
andato  raccomodando  la  cosa  secondo  il  suo  giudizio  :  l' al- 
tre undici  e  quella  ,  ciò  è  tutte  insieme  ,  le  hojatte  tra- 
scrivare  da  buona  mano  per  presentarle  al  principe  Ra- 
nuccio ,  al  quale  di  già  V  ho  offerte  .  Le  presento  scritte 
a  mano  ,  perchè  non  intendo  di  lasciar  vedere  in  stampa 
cosa  che  non  sia  passata  per  la  trafila  del  giudizio  di  mol- 
ti valentuomini  ,  il  che  non  mi  sarà  vietato  ,  finché  la  co- 
sa non  esce  dalle  stampe  .  Io  attendo  adesso  a  le  cose  mo- 
rali ,  e  mi  son  fatto  piii  che  mezzo  passione  de^  libi  i  ove 
Aristotile  ne  tratta .  Adesso  attendo  alla  politica ,  e  get- 
to a  terra  le  repubbliche  di   Platone  di  laica  d'  Ippoda- 


(i)  TSTobilissirno   cavaliere  e  matematico ,  il  quale  nulla  ponctulo 
alle  stampe,  fece  dire  al  medesimo   ahate  BaMi  in   uti  epigramma: 
Jordani  ,  tu   multa    sciens  ,  nil  scrivere  cnras  : 
Qaid  si  te  similem  dixero  Pythagoras  ? 

G.  A.  To.  IV.  21 


02::       Letteratura 

Ilio  e  tutte  lineile  altre  :  e  per  fare  die  quel  poco  di  stu- 
dio che  f'  ho  fatto  mi  passasse  in  abito  ,  ho  scritto  un  dia  - 
lego  intorno  la  cortesia  ,  il  quale  divido  in  due  giornate  ; 
ne  la  prima ,  tenendo  il  metodo  compositivo  ,  la  dijjfìrii- 
sco  :  nella  seconda  tratto  de^suoi  estremi  e  d'  altre  cose  che 
fanno  proposito  a  quel  discorso  ,  La  diffìnizion  poi  del 
cortese  e  tale  :  cortese  e  colui  che  per  abito  fa  cosa  grata 
altrui  ,  senza  obbligo  legittimo  ,  per  fine  onesto  e  mezzi 
onesti  ,  che  opera  come  tale,  e  sa  ed  elegge  d'esser  tale. 
Se  le  paresse  cosa  di  superfluo  o  di  manco  in  questa  dif- 
finizione  ,  la  prego  a  scrivermi  ,  perchè  io  accetterò  sem- 
pre il  suo  parere  in  quella  buona  parte  che  si  devono 
accettar  le  cose  ,  che  vendono  da  persone  {virtuose  ed  amo- 
revoli ,  coni'  e  V.  S.  Desidero  d'  intender  qualche  cosa  del 
signor  Guibodaldo  (^i")  ,  perchh  io  ho  grandissimo  timore, 
che  la  lontananza  m' abbia  reso  men  vivo  ne  la  memoria 
sua  ,  di  quello  che  doverci  essere  per  V  amore  ed  osser- 
vanza eh'  io  porto  a  la  nobiltà  e  alle  virtìi  sue  .  Prego 
V.  S.  che  mi  favorisca  a  baciarli  le  mani  a  mio  nome  , 
e  far  si  che  io  non  sia  privo  de  la  soddisfazione  eh'  io 
sento  in  saper  solamente  eh'  egli  mi  ama  ,  e  mi  connu- 
mera fra   i  suoi  servitori  . 

Io  addi  mandai  con  istanza  del  discorso  del  Tasso 
intorno  al  poema  eroico  ,  di  cui  V.  S.  mi  scriveva  ,  e  mai 
ne  ho  inteso  nulla  ;  se  pure  non  fosse  quel  discorso  che 
uà  innanzi  al  suo  poema  sotto  nome  d'  argomento.  Il  po- 
vero Tasso  aveva  ultimamente  ,  come    V.  S.  deve  sapere  , 


(i)  Il  marnhese  Guidobaldo  del  Monte,  famosissimo  matemati- 
co pesarese  ,  discepolo  del  Comandino,  amico  e  protettore  del  Ga- 
lilei e  del  Tasso  .  IN'e  ha  scritto  la  vita  con  giudizio  ed  eleganza  il 
signor  conte  Giuseppe  Mamiani  di  Pesaro  ,  colto  e  gentil  cavaliere 
e  molto  amorevole  mio;  della  quale  ogni  dotto  desidera  prontissi- 
ma la  pubhlicazione  . 


Lettere  Ined.  del  Baldi.  323 

impetrato  dal  duca    ad  istanza  de  la  duchessa  nostra  di 
uscire  due  o  tre  volte  la  settimana  fuori  delVospitale  ,  ac- 
compagnato da    alcuni   gentiluomini  :  ma  finalmente  sendo 
andati  due  gentiluomini  a    visitarlo -^  cioè   un  signor  Tor- 
quato  Rangoni    ed   un    tale    Roviglia  ,    egli  ,  sospettando 
secondo  il   solito  ,  pose  le  mani  su  la  spada  d^un  di  loro  , 
e  trattala  fuori  ,  era  per  far  del  male  :  ma  però  essi  due 
ajutundosi  V  un   V  altro  gli  uscirono  pur    de  le  inani  con 
poco   danno  .   Dal  che  si  scoperse  di  nuovo  che  veramente 
il  suo  cervello  e  pili   atto  a  la  sapienza   che  a  la  pruden- 
za ;  e  che   non    basta  per  esser    savio    il    discorreic   de    le 
cose  d'  Aristotile  ,  e  ''l  far  de'  sonetti  .  Non  sarò  piìi.  lungo 
per  non  aver  che  dire  :  perche  credo  che  V^.  S,  sappia  gran 
pezzo  e  che  il   signor  Curzio  (i)  non    sta  piii   a  i  serviz] 
del  duca  di  Mantova  .  Però  faccio  fine ,  e    le  prego  ogni 
contento.  Di  Mantova  a   dì   ii.  ottobre   i5f)3. 

Servitore   Affezionatissim.o 
Bernardino  Baldi 


(i)  Curzio  Ardizj  gentiluomo   e  letterato  pesarese:  per  opera  <li 
cui  l'abate   Baldi  andò  a'  servigi   di   Ferrand»  Gonzaga   principe    di 
Guastalla  .  Bello  è   un  epigramma  che  gì'  intitolò  il  Baldi  medesimo; 
Dilexti  thuscos,  Cvrti  dilecte  ,  poetas  : 

Quam  bene  te  in  latios  par  rapuisset  amor  ! 


3a4 


tir,'  iiruumÈf  "  —  " MiiML<M»iiMa 


Della  vera  definizione  del  Romanticismo  ,  del  sig.  S.  S., 
traduzione  dal  francese  di  D.  M.  Milano  presso  Paolo 
Cavalletti  e   comp.    1819. 

U  na  delle  quistionì  ,  che  lia  in  questi  nostri  giorni  di- 
■viso  in  due  partiti  la  letteratura  italiana  ,  quella  si  è  appunto 
del  romanticismo  :  e  si  sarebbero  essi  certamente  rimasti 
sempre  al  di  là  delle  Alpi ,  ove  ebbero  la  loro  origine,  se  noi , 
forse  troppo  ciechi  am«iiratori  delle  straniere  cose  ,  non 
avesMmo  fatto  superar  loi-o  quegM  altissimi  gioghi,  che  il  no- 
stro bel  paese  dividono  dal  rimanente  di  Europa .  Venuti 
fra  noi,  hanno  alzato  vessillo  ,  e  parecchi  trovato  che  col- 
piti dalla  novità  si  sono  posti  sotto  le  loro  insegne  ,  e  prese 
le  divise  romintiche  ,  romantici  si  fanno  (diiainare  .  Sde- 
gnano i  roìiiantiti  quelle  regole  che  dai  nostri  padri  so- 
no state  poste  ,  e  con  1'  esempio  seguile  ;  onde  regolare 
così  e  condurre  il  nostro  genio  ,  e  non  lasciarlo  pazzamente 
sfrenare  in  balia  di  se  stesso  .  Ma  essi  miserameate  pensando 
credono  quelle  regole  dettate  dalla  tirannia  e  dal  dispotis- 
mo letterario  ,  e  non  si  avvedono  che  le  ha  volute  la  na- 
tura stessa  ,  servendosi  per  sua  ministra  della  pili  saggia 
filosofia  .  Da  ciò  chiaramente  si  vede  che  il  romanticis- 
mo ha  per  suo  contrario  il  classico  ,  per  cui  tutti  co- 
loro che  saggiamente  si  dedicano  allo  studio  dei  nostri 
classici  ,  e  riverenti  sieguono  i  precetti  dei  greci  e  dei  la- 
tini ,  sono  dai  romantici  tenuti  per  pedanti  ,  e  li  spregiano , 
e  ne  formano  oggetto  di  risa  e  di  scherni  .  Che  la  volubile 
moda  a'  di  nostri  soffra  e  permetta  ,  che  giovani  di  bel  tempo 
alla  foggia  inglese  vestiti  dileggino  e  di  coloro  si  ridano  , 
che  non  hanno  per  anco  abbandonate  quelle  antiche  ma 
comode  vestiraenta  che  usavansi  dai  nostri  padri ,  può  pu- 
re menarsi  buono  ;  mn   che  a  quella  stffssa  moda  quasi  ven- 


Del  Romanticismo  .  SaS 

gano  pareggiale  le  lettei-e  ,  e  eoa  novelli  sistemi  ,  con  latra- 
ne idee   si    cerchi  di   atterrar    quelle    leggi    sulle    quali    so- 
no   fondati  i   belli    studi  ,  oh  !   questo  sì  che  noi   non    sap- 
piamo   patire  ,  e   sembra    indegno  d'  uomini    che  si    dicono 
lettei'ati .  Venuti  i  lomantici  nella  impresa  di  scuotere  il  gio» 
go   di    questi    precetti  ,    e    tratto  ,  come   sì  crede  y  dai  fra- 
telli  Schlegel  il  nome  dì  romantico  ,   incominciarono  a  con- 
fondersi ed  a   smarrirsi    in    mezzo  a  mille  idee  vaghe  e  con- 
fuse ,  che    nulla   significavano  ,     e    con    ciò    dettero    chiara- 
mente  a  conoscere  ,  che  essi    stessi    ignoravano     cosa    vera- 
mente volessero.  E' sembrato  ai  romantici  d' uscire  da  que- 
ste   foltissime    tenebre  ,  e  di  .trovare    un    lume    che    rischia* 
ti   il    loro    sistema   ,   producendo    uno  squarcio    di    un  opera; 
dì  nobile  e  chiaro  ingegno  ,  che  ha  per   ti  (ole  :   Coi  so  della 
letteratura  dei  popoli  meridionali  di  Europa.  Questo  trailo 
di   opera   è  presentato  al    pubblico   in    un    piccolo  opuscolo 
che    viene   intitolato  ;  f^era  definizione   del    romanticismo  . 
Noi  ne  daremo  un  brevissimo  estratto  per    tenere  di   tutto  al 
giorno    i    gentili    nostri    lettori  ,  e    per    istruirli  dì    «na    qui- 
stione   a   scioglier  la  quale  han  più    giovato  fino  al  presente 
le  risa  ed  il  ridicolo,  di  quello  che  la   ragione  e  la  verità  . 
Chiuderemo   questo  nostro  articolo  cercando  colla  sola  scorta 
della   filosofia  e  del  buon  senso  di  ribattere,   per  quanto   po- 
tremo, quelle  massime  dal  eh.  A.  nel  suo  opuscolo  prodotte . 
Quella  definizione  del  romanticismo  ,   che  dai  roman- 
tici  pomposamente  è  stata  pubblicata  por  appropriarsi    forse 
ad   ogni  ramo  della  bella  letteratura  ,  è  dall' A.  ristretta  alla 
sola    letteratura    diammatica  ;    e    da  esso    portata    per    di- 
fendersi dalle  imputazioni  ,    che  souoglì  state  apposte    dalle 
diverse    nazioni   intorno  le   opinioni  da   lui  avanzate  sopra  i 
loro  principali  autori    drammatici  ,  Protestasi  egli    di    avere 
scritto  a  seconda  di  quanto  aveva  interuameute  sentito  nell* 
esame  di  questi  autori  :  e  dioe  soleaaemenie  di  non  seguir» 


3a6  Letteratura  ' 

nella  sua  critica  partito  alcuno  ,  quando  nel  processo  del 
suo  ojiuscolo  si  mostra  (  a  nostro  parere  )  più  romantico 
che  classico  . 

Dà  r  A.  in  seguito  ,  prima  la  definizione  della  Poesia 
classica  ,  e  quindi  la  deflnizione  della  Poesia  romanza  ,  o 
romantica  ,  come  vogliam  dire .  Classici  ,  dice  l'A.,  furono 
detti  dagV  Italiani  e  dai  Francesi  quegli  antichi  scrittori 
di  cui  citano  V  autorità  :  classici  quegli  scrittori  che  pre- 
sero a  modello  gli  antichi  ,  e  classico  quel  gusto  che  essi 
reputano    il  più   puro  . 

La  poesia  romanza  poi  ,  secondo  lui  ,  è  quella  che 
appoggiandosi  alle  rimembranze  dei  secoli  di  mezzo,  ha  pi-e- 
teso  di  rinvenire  più  del  poetico  nelle  loro  antichità  ,  an- 
ziché in  quelle  di  estranea  nazione  ;  e  per  siffatto  modo 
la  immaginazione  nel  contemplare  le  antiche  popolari  tra- 
dizioni gettò  le  fondamenta  di  una  poesia  cavalleresca,  che 
d'  altro  non  si  pasce  se  non  di  patrie  emozioni  ,  e  che  a 
noi  rappresenta  colossale  la  immagine  dei  nostri'  antenati , 

Data  dall'  Autore  questa  definizione  di  classico  e  ro- 
mantico ,  abbandona  la  mira  dei  critici  Tedeschi  che  vo- 
levano applicare  una  tale  distinzione  ad  ogni  ramo  di  let- 
teratura ,  e  si  arresta  a  considerarne  la  opposizione  solo  ia 
ciò  che  si  riferisce  al  teatro  ,  ed  al  teatro  soltanto  Qon* 
▼iene  con  i  Francesi  che  debba  applicarsi . 

Divide  quindi  il  eh.  A.  in  classica  quella  teatrale  pro- 
duzione che  alle  regole  si  attiene  ;  in  romantica  quella  che 
alcuna    non   ne  riconosce  . 

Fatta  dal  nostro  Autore  questa  divisione ,  dà  la  defi- 
nizione dell'  arte  drammatica  ;  e  come  a  noi  piace  di  es- 
sere scrupolosi  nel  riferire  quello  clie  dagli  altri  si  dice  , 
onde  in  nulla  essere  imputati  ,  perciò  crediamo  di  non  dis- 
piacere ai  nostri  lettori  ,  se  riportiamo  letleralmeutc  quan- 
to esso   dice   ia  proposito  di    tale  definiziune  . 


Del  Romaìnticismo  .  027 

Presso  tutte  le  nazioni  (^^  l'Autore  che  parla  )/' arfe 
drammatica  vien  considerata  una  imitazione  della  na- 
tura ,  che  ci  richiama  alla  nostra  vista  il  passato ,  e  quanto 
può  essere  accaduto  senza  che  alcuno  vi  fosse  presente  , 
in  tempi  e  luoghi  a  noi  remoti  :  essa  é  per  noi  istruttiva 
e  piacevole ,  rendendoci  testimonj  del  contrasto  delle  umane 
passioni  .  Yi  chiude  questa  definizione  dicendo  ;  c/ie  m  tutti 
i  sistemi  Jn  mai  sempre  il  teatro  una  specie  d'  incante- 
simo :  sì  tosto  che  noi  abbiamo  riconosciuto  la  possanza 
di  (jueir  incantatore  ,  che  ci  trasporta  e  ad  Atene  e  a  Ito- 
ma  ,  non  si  ha  più.  il  diritto  di  esser  difficoltosi  tanto  in 
arrendersi  ai    nuovi  effetti  del  sito  potere . 

Con  questa  definizione  viene  a  dire  l' Autore  essere  la 
rappresentanza  teatrale  uria  imitaìziorie  di  ciò  che  vediamo 
nella  vita  reale  .  L'  arte  è  quella  che  imita  ,  ma  con  una 
illusione  noni  dissimulata  . 

Va  osservando  appresso  ,  che  i  greci  hnnno  seguito 
nelle  loro  tragedie  alcune  regole,  come  sarebbero  quelle 
che  1'  azione  sia  circoscritta  in  aiìgusto  spazio  ,  e  non  com- 
prenda che  poche  ore  ;  ma  dice  altresì,  che  i  greci  furono 
lontani  dall'  osservare  simili  confini  con  tanto  rigore  eoa 
quanto  1'  osservano   i  moderni  . 

Passa  quindi  a  parlare  del  tragico  francese  Racine:  e 
dice  di  lui  ,  che  fu  quegli  che  al  secolo  di  Luigi  XIV.  ri- 
chiamò la  tragedia  a  regole  più  esalte  e  più  strette,  come 
sarebbero  quella  delle  ventiquattro  ore  ,  e  1'  altra  della 
scena  fissa  ,  stabilite  già  prima  di  lui  :  che  gli  Spagnuoli 
gì'  Inglesi  ed  i  Tedeschi  furono  costretti  a  gettare  a  terra 
siniili  regole  ,  perchè  gli  argomenti  che  essi  volevano  ,  o 
di  una  novella  orientale,  o  dì  nua  rivoluzione,  o  di  un 
punto  d'istoria,  non  potevano  esser  ristretti  in  cosi  brevi 
confini  :  e  che  per  ciò  dovevano  accordare  al  Poeta  ogni 
libertà  ,  ed  esentarlo  da  ogni  legge  . 


5a8  Letteratura 

Li  questa    prima  parte    del  suo  opuscolo  il    nostro    A. 
non  è  quasi    che    uà    semplice  istorico  delle  diverse  vicis- 
situdini avvenute  nella  Letteratura  Drammatica  .  Nella  se- 
conda parte  fino    all'ultimo,  palesali  i  suoi  sentimenti,  si  fa 
conoscere    decisamente  per    romantico  :  sostenitore    cioè    di 
coloro  ,  ì  quali  dicono  che  ad  ottenere  1'  effetto  teatrale  non 
vuoisi  soggiacere  a  leggi,  ma  seguire  soltanto  la  nntura  nella 
esposizione  del  fatto  ,  che  deve  rappresentarsi .  |E    dopo    di 
essersi  permesso  alcune    critiche    e    mal  ponderate  riflessio- 
ni contro  1'  autoritJi  di  Aristotele  ,  il  quale   insegna  che  siamo 
esatti  nell' osservare  quelle  leggi  volute  dai  classici  nell' arte 
drammatica  ,  contro  quell'  Aristotele  ,  eh'  egli  chiama  (  né  si 
sa  il  perchè  )  spirito  arido  ,   melodico  ,  calcolatore  :  pone  ia 
bocca    dei    critici    roinantici    in  difesa    della  loro    opinione 
le  seguenti  ragioni,  che  sanno  tutte  il  più  puro  romanticismo: 
Che    (juando    in  una  sala  chiusa  d'  ogni  intorno  ed  aper- 
ta da    un    solo     lato  :    che    quando  gli   attori    si    volgono 
verso    noi  per   favellare  ;    che   parlano  la   nostra  lingua  ; 
die  individui   di  varj  paesi   rion  abbiano   che  un  solo   lin- 
guaggio ;  che  il  teatro  rappresenti  a  piacimento  delV  au- 
tore  il  paese  ove  è   accaduto   il  fatto:   quando  (  è  sempre 
1'  autore  che    parla  )  ammettiamo    tutto    questo    che   è  fal- 
so ,    che  altro  non  è  che   illusione ,  potremmo  ancora  am- 
mettere ,  specialmente   nei  fatti   tratti   dalla   istoria  ,    che 
questi  accadano    in   un  lungo    spazio  di  tempo,  e  che  ab- 
biano luogo  in  diversi  paesi  .    In   questa  guisa  l'autore  non 
costringerà    i   personaggi   ad  unirsi   in    un   salone  a  com- 
piere  le   loro    operazioni   nel  corto    spazio    della   furata 
della    recita  ,    a  ordire  una  congiura  ,  per  esempio  ,  nella 
sala  stessa  del  trono,  e  ad  unire,  disperdere,  e  di  nuo- 
vo raccogliere  i  complici  entro  tre    ore  ,    non  già   confro 
il  vero   e  probabile ,  ma   per  sino   contro    al  posiibi/c  .   E 
conclude  finalmente  ,   che  da  questa  liba/  là  ne  risulterebbe 


Del  Romanticismo  .  329 

che  tutte  le  scene  interressanti  potrebbero  esser  messe  ut 
azione  anziché  esser  freddamente  narrate,  ì  costumi  sa- 
rebbero con  maggior  verità  dipinti ,  il  poeta  più,  agevol- 
mente 5'  introdurrebbe  nei  segreti    del   cuore  *. 

E  eoa  queste  massime  dall'  A.  si  dà  fine  allo  scritto 
Sulla  vera   dejinizione   del    romanticismo  . 

A  dire  il  vero ,  a  noi  sembra  che  un  ben  picciolo  tri- 
oufo  menar  possano  i  difensori  del  romanticismo  per  la  de- 
finizione datane  da  questo  chiarissimo  sapiente,  poiché  ris- 
guardando  ella  la  cosa  drammatica  soltanto  ,  lascia  la  stes- 
sa dubbiezza  e  la  stessa  oscurità  su  tutti  gli  altri  rami  del- 
la bella  letteratura  . 

Noi  però  in  questo  nostro  articolo  ci  siamo  proposti  di 
ribattere  ,  colla  sola  scorta  della  ragione  e  della  filosofia,  quelle 
massime  ,  che  da  quel  dotto  sono  state  avanzate  sulla  lette- 
ratura drammatica ,  ed  eccoci  a    mantenere  la  nostra  parola  . 

Vuol  egli  provare  ,  che  ad  ottenere  un  maggior  efTetlo 
nel  teatro  si  debba  lasciare  più  libero  il  campo  alla  immagi- 
nazione, e  quindi  siano  di  uu  gran  danno  all'effetto  mede- 
simo quelle  regole  che  dai  classici  sono  state  dettato,  tanto  pii'i 
che  la  illusione  è  già  bastantemente  alterata  anche  in  quelle 
tragedie  nelle  quali  le  regole  più    rigorose  sono  osservate . 

Noi  non  neghiamo  mai  ,  che  andando  ai  teatro  possa 
ottenersi  che  la  illusione  sia  perfettamente  sostenuta  :  ed  in- 
fatti come  supporlo  ?  Non  siamo  forse  convinti  ,  che,  seden- 
doci allo  spettacolo  ,  noi  assistiamo  ad  una  rappresenta- 
zione e  non  certamente  ad  una  azione  reale  !  Non  sappia-ii 
mo  noi  forse  che  quegli  attori  che  rappresenteranno  Ce- 
sare ed  Alessandro  ,  non  sono  né  Cesare  né  Alessandro  ? 
Non  vediamo  noi  forse  che  il  luogo  ,  ove  si  rappresenta 
il  fatto  ,  è  un  semplice  palco  da  terra  per  pochi  pal- 
mi elevato ,  e  non  mai  Roma  od  Atene ,  come  mi  voglio- 
no ricordare  ìe  tele  dipinte  ?  Non  concepiamo  noi  benissi- 
mo ,    che    quelle    due   ore     di  spettacolo    racchiudono    •in'"- 


33o  Lettera  tura 

spazio  molto  maggiore  ?  Tutto  ciò  ben  sappiamo  :  e  la  il- 
lusione non  è  al  certo  perfettamente  sostenuta  .  Ma  aven- 
do questa  illusione  dei  gradi  maggiori  ,  o  minori  ,  da' 
quali  suol  essere  generata  ,  dipenderà  dal  regolamento  di 
questi  gradi  medesimi  la  sua  maggiore  ,  o  minor  forza  , 
ed  in  conseguenza  il  maggiore  ,  o  minore  effetto  .  E  certo 
ed  indubitato  ,  a  chiara  prova  di  quanto  da  noi  si  asseri- 
sce, che  quell' iaterao  commovimento  ,  il  quale  sentiamo 
alla  rappresentazione  di  un  fatto  che  sappiamo  essere 
l'ealmente  accaduto  ,  è  molto  maggiore  di  quello  che  provia- 
mo alla  rappresentazione  di  un  fatto  meramenie  favolo- 
so. E  ciò  perchè  ?  perchè  del  primo  fatto  ne  abbiamo  co- 
noscenza, e  del  secondo  nò  j  perchè  la  illusione  è  meno 
forzata  nel  primo  caso  che  nel  secondo.  Comprendiamo  es- 
sere uno  sforzo  ben  grande  voluto  dalla  illusione  ,  il  do- 
ver supporre  che  passino  intere  ore  in  quei  momentanei 
l'iposi  ,  che  fra  gli  atti  della  tragedia  si  prendono  gli  at- 
tori e  gli  spettatori  ;  conveniamo  benissimo  essere  uin.; 
sforzo  ben  grande  voluto  dalla  illusions  il  dover  crederi- 
che  i  personaggi  s'  incontrino  alla  opportunità  sempre  nella 
medesima  camera  ,  e  così  regolatamente  e  soUecitamenUa 
diano  lo  sciogli.'nento  di  una  tragica  azione  .  Ma  questa 
stessa  nostra  illusione  sarà  sempre  meno  alterata  ne'  casi 
da  noi  contemplati  ,  di  quello  che  se  debba  immaginarsi  e 
credersi  che  non  due  o  tre  ore  passino  nel  riposo  fra  gli 
atti  ,  ma  tre  o  quattro  anni  :  e  die  1'  azione  si  divida 
parte  nel  palagio  di  un  Re  ,  parte  nell'abitazione  di  un  sem- 
plice privalo  ,  parte  in  una  città  e  parte  in  un  altra  ?  E 
d'  onde  ciò  nasce  ?  Da  questo  :  che  ad  ottenere  nelle  sce- 
niche rappresentanze  il  massimo  effetto  ,  è  necessario  fis- 
sare per  mezzo  del  possibile  e  del  vorosìmile  1'  atlen- 
zione  dello  spettatore  ,  ed  eccitare  in  lui  i  più  interni 
atfelli  dell'  animo  .  Qucst'  attenzione  sarà  fissala  ,  (quan- 
do  sarà    rjftreiu  ad   un  solo   punto  :    e    questo   punto    mii 


Del  Romanticismo.  33 1 

si  otterrJt  ,  che  ia  quella  unità  di  tempo  ,  di  luogo  ,  di 
azione  voluta  dai  classici  .  Ed  infatti  non  si  curino  queste 
unità  ,  e  non  si  avrà  più  il  punto  m  cui  restringere 
l'attenzione  dello  spettatole;  divisa  l'attenzione ,  sono  di- 
visi gl'interni  commovimenti  del  cuore:  e  divisi  gì' inter- 
ni commovimenti  del  cuore ,  il  maggiore  effetto  della  rap- 
presentazione,  che  da  quelli  si  attendeva,  è  indebolito  e  mol- 
te e  molte  volte  diviene  nullo  .  La  grande  e  difficilissima 
arte  dell'  autore  drammatico  consiste  nell'  ingannare  cosi 
piacevolmente  lo  spettatore ,  da  fargli  provare  la  magia  del 
mirabile  effetto  senza  che  punto  appariscano  le  macchine 
«olle  quali  1'  ottiene:  e  nel  snper  egli  ridurre  colla  sua  arte  a 
tal  condizione  lo  spettatore  che  senta  la  necessità  ohe  lo  scio- 
glimento dell'  azione  accnda  piuttosto  in  quel  luogo  che 
in  un  altro  3  che  sia  eseguito  da  quei  parsonaggi  e  non  da 
altri  :  e  ciò  perchè  se  cangiasse  il  luogo  ,  e  si  moltiplicasse- 
ro i  persoiuiggi  ,  sarebbe  diviso  quell'  interno  commovimento 
che  prova  ;  e  piìi  non  lo  otterrebbe  in  quel  grado  di  effet- 
to per  lui  tanto  soddisfacente  .  Ma  a  convincersi  con  gli 
esempi ,  si  esaminino  i  classici  e  vedasi  se  quelle  regole  nelle 
loro  tragedie  osservate  riescono  penose  ,  se  1'  effetto  che 
producono  è  un  effetto  stentato  ,  o  che  forse  potevasi  otte- 
nere maggiore  se  dalle  regole  volute  si  dipartivano  .  Gftrneille 
nel  suo  Polliuto ,  Voltaire  nella  sua  Zaira ,  AlGeri  nel  suo 
Saulle ,  nella  Virginia  ,  nel  Filippo ,  senza  parlare  di  tutte 
le  altre  sue  tragedie  ,  non  hanno  forse  prodotto  un  effetto 
mirabile  benché  esposte  colle  regole  stesse  de'  classici  ?  Ec» 
co  tutte  tragedie  di  soggetto  romantico,  scritte  però  con  quelle 
regole  che  ora  si  vogliono  far  passare  per  ceppi .  Ci  rimane 
egli  nulla  a  desiderare  quando  attentamente  le  meditiamo  ?  E 
forse  1'  animo  nostro  non  bastantemente  commosso  quan- 
do le  vediamo  rappresentare  ?  Per  vincere  però  decisamen- 
te dobbiamo  entrare  nel  campo  nemico  ,  ed  atlnrcare    ì  rf*- 


332  Letteratura 

tnantici  colle  armi  loro  medesime  e  con  gli  stessi  loro  esem- 
plari .  Credono  forse  essi  che  Shakespeare  fra  gP  Inglesi  , 
Calderon  fra  gli  Spagnuoli  ,  e  Schiller  fra  i  Tedeschi  abbia- 
no ottenuto  l'ammirazione  generale  solo  perchè  lianno  scrit- 
to tragedie  da  ogni  legge  libere  e  sciolte  ?  Piacerh  forse 
Schiller  perchè  nel  suo  D,  Carlos  (  tragedia  ,  che  il  tra- 
duttore Francese  (i)  dice  ,  che  deve  essere  considerata 
piuttosto  come  un  poema  storico  sopra  la  corte  di  Filip- 
po II.  ,  di  q^uello  che  un'  opera  destinata  pel  teatro  )  po- 
ne trenta  personaggi  ,  e  trasporta  1'  azione  da  Aranjiiez  a 
Madrid  ,  entra  nel  convento  della  Certosa  ,  senza  altri  tre- 
dici cambiamenti  di  scena  e  di  gabinetti  e  di  gallerie  ,  e  da 
gallerie  a  sale  di  udienza  ?  Piacerà  forse  Shakespeare  perchè 
nel  suo  Otello  trasporta  l'azione  da  Venezia  a  Cipro,  perchè 
in  tragedia  pone  tutta  la  vita  del  Re  Giovanni  ,  tutta  la  vita 
del  Re  Riccardo  li.  fino  alla  loro  morte?  Ovvero  perchè  nella 
sua  tragedia  di  Antonio  e  Cleopatra  pone  trenta  personaggi  , 
e  trasporta  l'azione  da  Alessandria  a  Roma  ,  da  Roma  in  Si- 
cilia ,  da  Sicilia  a  Miseno  ,  da  Miseno  sul  bordo  di  una  galera 
di  Pompeo  ,  e  dalla  galera  di  Pompeo  in  una  contrada  delia 
Siria,  e  dalla  Siria  a  Roma  ,  e  da  Roma  in  Alessandria  ,  e  da 
Alessandria  in  Atene  ,  e  da  Atene  per  la  terza  volta  a  Ro- 
ma ,  e  da  Roma  nel  promontorio  d'Azio  ,  e  dal  promon- 
torio d'  Azio  (  perchè  Shakespeare  non  sapea  più  ove 
andare)  entra  nella  tomba  di  Tolomeo/'  Piacer^Tio  ,  di- 
ciam  noi  ,  questi  autori  per  simili  cambiamenti  di  luogo  , 
per  tutti  quegli  anni  ,  che  nelle  toro  tragedie  fanno  cor- 
rere ?  No  certamente  .  Piacciono  e  jùaceianno  sempre  le 
loro  tragedie  per  la  sublimità  dsi  concetti  ,  per  la  vn-i- 
tà   e    naturalezza   dei    caratteri     che    ci     hanno    introdotti   , 


(i)   M.  Laiuarticlicre  cdi>cioae  di  Parigi  di  Aut.Agos.  Kenoinnl 
anno  Vili. 


Del  Robianticismo  .  355 

pel  maneggio  mirabile  delle  passioni ,  per  la  fedele  dipin- 
tura del  cuore  umano  .  Ecco  ciò  che  ha  servito  a  stabilire 
la  loro  celebrità  ,  non  le  stranezze  ,  che  dai  romantici  si 
voijlion  prendere  per  modelli  del  bello  ,  e  del  vero  .  Sono 
stati  essi  all'  eia  loro  mirabili  uomini  ,  noi  noi  nieghiamo  : 
ma  debbon  ben  sapere  i  romantici  ,  che  le  cose  mirabili 
sogliono  piuttosto  venerarsi  da  lungi  ,  che  Imitarsi;  e  noi  siam 
d'  avviso  che  se  il  sublime  ,  il  quale  nelle  loro  tragiche  rap- 
presentanze con  tanto  piacere  gustiamo  ,  fosse  stato  dalle 
leggi  dei.  classici  regolato  ,  si  avrebbero  certamente  nelle 
loro  tragedie  si  alti  modelli  da  far  dimenticare  gli  antichi 
esemplari  .  E  bene  alludeva  a  ciò  il  Tragico  d'  Asti  (  ve- 
neratore ed  ammiratore  delle  leggi  dei  classici  )  quando 
nelle  sue  prose  ,  parlando  di  Shakespeare  ,  disse  che  nelle 
sue  tragedie  lusingavasi  di  essersi  accostato  per  quanto 
poteva   al  Tragico    Inglese  . 

Sembra  dal  fin  qui  detto  che  la  causa  da  noi  presa 
a  difendere  colla  sola  scoria  della  ragione  e  della  filosofìa  , 
debba  essere  decisa  a  nostro  favore  ;  e  ci  avrà  certamente 
per  iscusalì  il  chiarissimo  Autore ,  se  nelle  massime  esposte 
nell'  opuscolo  ,  del  quale  abbiamo  parlato ,  dal  suo  avviso 
cotanto   dissentiamo  . 

Ed  è  pur  da  compiangersi  la  trista  sorte  ,  che  soffro- 
no le  lettere  in  questo  nostro  secolo  ;  sorte  che  minaccia 
ancora  le  arti ,  se  si  ha  da  giudicare  dall'  opera  del  Vene- 
ziano Sig.  Andrea  Mayer  ,  che  vorrebbe  introdurre  il  roman- 
ticismo ancora  in  pittvira  j  e  sarebbe  a  desiderarsi,  éhe  la 
.studiosa  gioventù  non  s'  invaghisse  di  tali  novità  ,  anzi  si 
allontaiìasse  sollecitamente  da  quei  principj  ,  che  ponen- 
do in  ridicolo  quelle  regole  ,  le  quali  servono  di  argi- 
ne alla  immaginazione  ed  al  vivissimo  nostro  ingegno  , 
sembra  quasi  che  voglino  gettare  e  terra  quelP  ordine  det- 
tato dalla  ragione ,  ammesso  dal   buon  senso  ,  e  che   forma 


334  Letteratura 

il    più    beir  ornameuto    della   umana    filosofiì  .    Impieiicllno 
pure    a    trattare   di  soggetti     che    appartengano    alla   isluria 
dei  secoli  di  mezzo  ,  siano  con  ciò  puri  romantici ,  noi   noi 
dissentiamo  ;  ma  adattino  questi    soggetti    a  quelle    regole  , 
si  prevalgaao    di    quelle  forme  ,  di  quei  modi  di  dire  ,   chi 
dettati    dai   Greci    maestri    a    tutti    ,    ed  imitati    dai   Latini 
e   dagl'  Italiani   ,    han   fatto    si    che   dividesser    questi    con 
quelli    la   gloria     e    la     celebrità  .   Ed    in     fatti   a    chi    mai 
deve    Sallustio    quella    dignità    di  sermone  ,  se   non    a    Tu- 
cidide ?  A  chi  deve  Giub'o  Cesare  quello    splendore  ,  quel- 
la soavità ,  quella    sua  bellissima    semplicità   di    orazione ,  se 
non  a  Senofonte  ?  A  chi  deve   Marco   Tullio  quel   suo  dir 
pieno    e    magnifico  ,    se    non   a  Demostene    ed   a  Platone  ? 
Senza  Tacito  (  a    passar    dai    Latini    agi'  Italiani  )  non    sa- 
rebbe  stato    il    Segretario    Fiorentino  ,    uè    senza    Livio    il 
Guicciardino  .     Se    non    era    Cicerone  ,  dove  sarebbe  il  Bem- 
bo ,  dove  1'  Aonio  ,  dove  il  Sadoleto  ?  Chi  fu  che  ispirò  a  Dan- 
te la   sua  Divina   Commedia  se  non    Virgilio  ?  Infine   e   ad 
Omero  ,  e  a  Pindaro  ,  e  ad  Orazio  ,  e    a  tutta  quella    schie- 
ra di   poeti    sommi    e    greci   e   latini   dobbiamo    il    Tasso  , 
1'  Ariosto  ,  il  Fracastoro  ,  il  Chiabrera  ,  il  Caro  !  Ah  !  .  .  . 
si   persuadano   una    volta  per   sempre  i    romantici   (  chiu- 
deremo con    uno   scquarcio  molto  erudito   di   uno    scrittore 
Francese ,  e  che   sembra  dettato    a    bella    posta   per  la  qni- 
stìone  di   cui    trattiamo)  si  persuadano  (i)  ,  CAp  non   viso- 
no   due    teorie   nelV  arte  dì  scrivere  ;    quest''  arte   non  si 
e   ristabilita  presso   le  moderne    nazioni   se   non   quando 
hanno  abbandonato  gli  esenipj  e  le  tradizioni  delle  età  di 
mezzo   per    istudinrle    negli   antichi  modelli  ',  non   perchè 
questi   modelli   erano  antichi  ,  ma    perché    la  loro  bellez- 
za ,    il  loro  sistema  ,    e  le   loro   regole  sono    quelle  della 
natura  medesima  .  Pietro    Odescalchi 

(i)  11  sig.  Daunau  nel  Journal  (ics  Savuns  Ottolire  iSig.p.SgiS. 


535 


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f^ersi  latini  de'  cavalieri  Dionigi  Stracchi ,  e  Vincenzo  Ber- 
ni  degli  Antonj . 


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no  de'  più  chiari  maestri  del  bello  scrìvere  ,  onde  si  ono- 
ri presentemente  l'Italia  ,  è  per  comune  avviso  il  cavaliere 
Dionigi  Strocchi  di  Faenza  membro  del  regio  cesareo  insti- 
tuto,  e  della  romana  accademia  di  archeologia  ;  Il  quale  ha  tan- 
to in  sua  balia  le  grazie  italiane  e  latine,  quanto  pochi  altri  le 
ebbero  dopo  l'età  dell'oro,  E  ne  rendono  aperta  fede  la  versione 
ch'egli  ne  ha  dato  degl'inni  di  Callimaco,  e  l'elogio,  del 
cardinale  Alessandro  Albani  ,  e  tante  squisite  poesie  ,  le  qua- 
li non  è  amatore  di  tali  studi  che  non  serbi  carissime  .  Noi 
reputeremo  sempre  a  grata  ventura  di  poter  fregiare  il  nostro 
giornale  cogli  scritti  di  si  celebre  autore;  slimando  far  cosa 
dolcissima  e  a' dotti  associati  ,  e  a  quanti  sono  bramosi  di 
buon  profitto  in  amendue  gì'  idiomi  .  Perchè  essendoci  ve- 
nuti a  mano  alcuni  suoi  leggiadri  esametri  in  onore  del  eh. 
professore  Iacopo  Tommaslni  ,  pubblicati  in  Bologna  da- 
gli scolari  di  clinica  dell'università,  con  tutto  il  piacete  noi 
qui  li    riportiamo  ; 

Dloiiys'd  Strocchi  E(fuitis  corona  ftirrea  ce.    Exwnetron. 

V^ualls    ad    Alphaei   memoratur  tlumina  Phoebus 
Jgnotos  latices  vati  ostendisse  Melampo  , 
Insuelasque  artes  ,  per  quas  raortalibus  aegris 
Ferret  opein  ,   letique  gradam  causasque   moraudo 
Possel  ad  extremam  producere  fata  seaectam  , 
Sic  sua  tempia  ,  suasque  vias  reserasse  putamus  , 
Tommasine  ,  tibi  ,  veras  post    saecula  longa 
Qui    reddis  nobis  artes ,   Àmitaone  natum 
Augur  ad  Alphaei  docuit  quas  flumina  numen  . 

Parta  bies  coell   vitio  saevire  per  oras 

Camperai  Ausoniae  ,  quam  tu  compescere  certis 
Indiciis ,  caeptisque  novis  ,  medicoque  labore 


336  Letteratura 

Ingrederis ,  facile  quod  peclus  liiix-e  legeHlum 
Optsftamqiie  diu  miseris  properare   saluterà  , 
Et  queat  intactis  animo  depellere  curam  , 
Dum  fera  per  teneras  manabal  flamma  meduUas, 
Et  penitus  caeco  pascebat  viscera  morsu 
Pallebas  nalae  pater  :  at  seoura  puella 
Attollens  ociilos  et  spem  ;  te  nempe  medente 
Cur  dubitemus  ?  ait.  Falsa  sub  imagine  Proteus 
Interea  formas  se  se  \ertebat  in  omnes 
Contendens  carae  praecidere   licia  vitae  . 
Quo  furit  ille  raagis  ,  tu  contra  obsistis ,  et  acri 
ludicio  mactas  ,  magnis  nec  deficis  ausis  . 
Expectata  salus  fulsit,  risere  Penates 
Candidala  cincti   tunica  ,  roseisque  coronis  , 
Quoruni  nectebat  capiti  servata  puella 
Munere  divorum  ,    genitoris  munere  cari  . 
Sanguine  de  nostro  quot  Jupiter  aequus  amavU  , 
Qui  medica  induti  palla  potuere  per  ora 
"Victores  volitare  virum  ,  tu  divite  lingua  , 
ludicìoque  bone  memoras  ab  origine  prima  . 
Ea  erit  ,  ut  numero  accedant  tua  nomina  pulcro  , 
Victricesque  hederae    libi  circum  tempora  serpant. 
Singula  quid  referr^n  ?  claro  quae  fama  per  urbes 
Vulgavit   sonitu  ,    quae  neclongaeva  vetustas  , 
JXéc  poterit  delere  usu  experientia  longo  . 
Haud  riovitalis  inanis  amor  laudumque  cupido 
Diclat  enim ,  puro    Uraniae  mitissima  coelo  , 
Cui  licet  obscilras  rerum  cognosoere  causas  , 
Mortales    miserata  vices    praecepta  reclusit . 
Ingenii    proferre  boni   nova  munera  perge  ; 
Adsideat  semper  libi  sic  deus  incola  Deli , 
Qui  ,  cum  delatus   Delphos  descenderet  ar«e  , 
Explicuit  saevum  certis  Pythona  sagittis  . 
Castaliae  valles  laetnm  Paeana  canebant  , 
Cephisi   fontes,     Plndi    nemus  ingeminabant  . 
Né  meno  gentile  è  un  epigramma  del  eh.   signor  cav.  Vin- 
cenzo Berni  degli  Antoaj  .  E  di  buon    grado    lo  riferia- 
mo ,  sì  perchè  va   unito  a' versi  dello   Strocchi,    che  per 
l'alta  stima  dovuta  all'  autore  . 

Munei'a  natorum  cari  qua  mente  parentes, 

Tommasine ,  boni  hos  consule   versiculos  ; 
Scilicet   haud  unquam   caros  coluere  parentes 
Sic  nati  ;    ut  te   qos  t%  animo  coUmus  . 


337 


SCIENZE 


Sopra  un  metodo  proposto  da  Sir  TVilUani  Cons^reve  per 
ridurre  a  metà  il  consumo  del  combustibile  nella  mag- 
gior parte    delle  operazioni  delle  arti  , 

X  rà  le  utili  applicazioni,  che  della  teoria  del  Calorico  so- 
no slate  fatte  all'  economia  domestica  ,  ed  alle  arti  ,  non  è 
certamente  di  minor  interesse  quella  ,  che  ha  recentemente 
proposta  Sir  William  Gongreve  uno  degli  ajutanti  di  cam- 
po del  Principe  Reggente  d'Inghilterra.  Egli  ha  immagina- 
to un  metodo  ,  col  quale  si  può  ottenere  un'  effetto  calo- 
rifico determinato  con  la  metà  del  combustibile  necessa- 
rio. Questo  metodo  quanto  semplice  altrettanto  vantaggio- 
so consiste  nell'  Impiegare  la  calce  ,  la  i)ielra  da  calce  ,  o 
qualunque  altra  sostanza  suscettibile  di  esser  convertita  ia 
calce  per  1'  azione  del  fuoco  ,  come  un  ausiliario  del  com- 
bustibile ,  che  s'  impiega  .  Per  mettere  m  uso  questo  suo 
progetto  egti  rammenta  in  un  piccolo  opuscolo  i  diversi  ap- 
parati necessari  per  quelle  operazioni  ,  che  si  fumo  col  fuoco, 
ed  avverte  che  in  essi  due  sono  le  parti  principali  ,  neces- 
sarie a  mettere  in  opera  il  suo  ritrovato  cioè  i.  un  fornello 
ordinario  destinato  a  ricevere  il  carbon  di  terra  ,  la  torba  , 
o  la  legna  ,  e  2.  una  camera  posta  immediatamente  al  di- 
sopra ,  e  separata  dal  precedente  per  mezzo  d'  una  graticcia 
destinata  a  contenere  la  pietra  da  calce  ;  in  quest'ultima  deve 
poggiare  la  parte  inferiore  del  recipiente  ,  o  delia  caldaja  , 
che  racchiude  la  sostanza  ,  che  si  vuol  riscaldare  .  Il  prin- 
ripio  su  cui  è  fondato  questo  metodo  è  dedotto  dalla  pro- 
prietà che  ha  la  calce  di  ritenere  fortemente  i!  calorico  i 
G.  A.  To.   IV.  22 


353  Scienze 

per  cui  una  volta  riscaldata  ,  essa  slessa  può  seguitare  per 
lungo  tempo  a  comunicarlo  a  quel  recipiente,  a  cui  è  sot- 
toposta,  e  cosi  risparmiare  per  metà  la  quantità  del  com- 
bustibile .  Esperienze  fatte  per  verificare  questo  progetto 
proposto  dal  Sig.  Gongrève  sono  state  coronate  dal  più  fe- 
lice successo  ,  per  cui  egli  ne  ha  ottenuto  dal  Governo  Brit- 
lanniro  un  brevetto  d'  invenzione  .  Noi  non  dubitiamo  , 
che  la  sua  applicazione  sarà  di  un  grandissimo  vantaggio 
pariifolarmente  per  quelle  arti  ,  che  consumano  molto  com- 
bustibile ;  il  cui  risparmio  non  è  la  sola  cosa  da  calcolar» 
sì  in  questo  metodo  ,  ma  la  calce  viva  ancora  che  si  ottie- 
ne, e  la  dirninuzipne  dei  due  terzi  del  fumo  del  Carbone, 
i  quali  secondo  l'A.  vengono  consumati  nel  loro  passaggio 
attraverso  la  calge  ,  cosa  ancor'  essa  di  non  plocola  utilità 
particolarmente  per  quei  luoghi,  ne' quali  si  fa  uso  del  car-r 
bon  fossile  ,  come  in  Inghilterra  . 


339 


Lettera  di  Francesco  Puccinotti  al  chiarissimo  professor 
di  chimica  Domenico  Morichini  sopra  l' azione  dina- 
mica de'  veleni 


V. 


Mio  signore 


resento  a  lei  ,  ornatissimo  signor  Professore  ,  una  mia  co- 
niettura  intorno  alla  azione  primitiva  che  destano  i  ve- 
leni sulla  fibra  organica.  'Antivedo  però  com'  ella  avrà  mera- 
viglia che  senza  sperimento  io  mi  ardisca  proporle  sopra  mate- 
ria si  grave  e  nascosta,  pensiero  forse  troppo  vanamente  ambi- 
zioso ,  tanto  più  che  quelli  eccellenti  scienziati  che  latto  veg- 
gono con  le  sperienze  ,  per  le  quali  anch'  ella  in  Italia  e  fuo- 
ri è  chiarissimo  ,  sembra  non  debbano  ascoltare  di  buon  gra- 
do certi  immaginosi  concetti  non  mai  sottoposti  alle  fati- 
chevoli  prove  ,  e  nati  appena  per  induzione  tra  la  placida 
quiete  di  coloro  che  solamente  leggono  ,  e  pensano .  Ma  co- 
me qon  è  da  tutti  l'aver  agio  a  sperimentare  ;  egualmente 
rado  è  chi  sia  a  cotest' arte  malagevolissima  da  natura  dis- 
posto .  Altronde  ciascheduno  ne'  studj  è  pur  vago  della  par- 
te sua  :  e  mentre  molti  della  verità  de'  fatti  zelatori  intor- 
no a  questi  soltanto  trafelano  ,  altri  pur  v'ha  che  gli  altrui 
ritrovamenti  riunendo  adequando  e  gradatamente  locando 
prova  a  statiiirvi  corollarj  più  o  meno  ingegnosi  ,  onde  il 
proprio  metodo  o  1'  alieno  si  regga  e  sostenti  .  Le  quali 
cose  ella  troppo  sapendo  vorrà  condonarmi  ,  e  non  avrà  for- 
se discara  questa  mia  diceria  comunque  a  forma  di  ipo- 
tesi   totalmente    atteggiata  . 

A  me  pare  che  quanti  modi  d'  infezione  sui  corpi  vivi 
nelle  sostanze  venefiche,  per  varie  guise  i  medici  im:nagì- 
n.irouo  ,  perciocché  diversisimi  ,  non  sieno  veraaiente  i  pri- 
mitivi  assoluti  ,  ma  a  ben  guardarli  altrettante  potenze  su- 

22    * 


34o  S  e  I  E  N  r  r. 

balterne  ,  o  conseguenti  modi   iisico-chimlci   che  cliiamare  si 
vogliano  ,   Perlocchè  immai^ino  che  i  veleni  dei)bono  ritener 
sempre  una  loro  facoltà  prima  dinamica  costante  :  quantunque 
nelle  loro  manifeste  proprietà  ((uali  acri  e  qmli   rubefacienti 
e  quali   corrosivi   e    quali   iiifìne  astringenti   e  irritanti   appa- 
riscano .   Di  molto   a    tale  da    me  immaginata   facoltà   può   nel 
vero  adeguarsi   la  controslimolante  ;   ma   'o  non  ho  potuto  a 
questa  acquietarmi  ,  conciossiacliè  non   mi  conseiiton  i  i   mo- 
derni  di   appropriarla  a  tutti   i   veleni  ,   molli  de'  quali  hanno 
contraria  potenza  come  ora  generalmente    si   estima  .    Invece 
a  me  è  paruto  che  un    altra    proj)rietà    la  <jude  il    Darwin 
chiamò  invertenie  e  che  egli   accordò  a  qualche  veleno    sol- 
lanto(i)  possa  a  tutti  come  primitiva  edinamica  convenire  .  So 
bene  che  ricercando  ora  qual  debhasi  considerare  sitratta  anio- 
ne essenziale  non   tanto  ne' veleni  quanto  ancora     ne'  farma- 
chi s'  udrebbono  sulle  bocche  di   molti  ripetuti   incontanente 
>  nomi  e  i   significati  di   sliraolo  di  controstimolo  ed  irrita- 
zione .  E  a  t.into   io  vò  far  prova  d'  oppormi  ,  negando  che  na' 
veleni  cotesto   pot'^re  primitivo  sia  irritante  o  stimolante  ,  e 
mostrando  che  quando  bene  gì'  invertenti  del  Darwin  si  pos- 
sine locare    a    livello  co'  deprimenti  del  Rasori   non    varreb- 
bono  però  questi  come  acconcevoli  a  spiegare  gli  effetti  prin- 
cipali dinamici  di   tutti    i    veleni  .   Che    tanto  si  noccia    alla 
vita  abbattendo  le  sue  forze  o  soltraeudole  quelli    elementi 
di  stimolo  interni  ond'  ella  si  mantiene  ,  quanto  invertendo  i 
movimenti  abituali  fibrosi  ond'  ella   nelle  sue  funzioni   natu- 
rali e  salutevoli  si  vale  ,  il  convegno  ;  però  i  modi  con  che 
a  tai  conseguenti  si  arriva  sono  tra  di  loro  diversi  ,  e  perchè 
questi  depeudono    essenzialmente  dalla  varietà  d'  azione  pri- 
mitiva di   quelle  straordinarie  potenze    che    gli    organi  inva- 
dono ,  debbono  essere  perciò  separatamente  considerati  . 

(*i)  Darwin  Zoonom.    T.    6.  p.  269. 


Azione  Dinamica  de'  Veleni  .         34 1 

Mentre  aduiKjue  la  proprietà  iuverteute  comunicasi  im- 
mediata di  fibra  in  fibra  e  sì  porta  dal  punto  d'-lla  sua  in- 
versione a  tutti  gli  ordigni  consensu.ili  d(;lia  aiMcliina  aiii- 
maie  vivente  ,  può  mutarsi  anche  in  rimedio  ,  può  essere  an- 
che annientata  quando  l'attuale  stato  del  sistema  organico 
tollerare  la  sappia  ,  o  quando  le  si  opponga  un  altra  sostanza 
di  proprietà  dinamica  di  contraria  natura  ;  le  proprietà  chi- 
miche al  contrario  o  secondarie  sarebbono  sempre  e  assolu- 
tamente nimìche  alla  vita  e  altererebbono  sempre  la  compage 
organica  se  non  riunissero  altre  proprietà  primitive  colle  qua- 
li acconciarsi  alle  condizioiii  morbose  e  disperdere  in  queste 
le  loro  inferiori  potenze  .  Ed  è  certamente  per  la  facoltà  pri- 
ma invertente  e  per  il  confacevole  stato  organico  che  molti 
veleni  si  mutano  in  farmachi  oltre  mirabili  .  Né  sarebbe  fa- 
cile intendere  né  immaginare  quale  mutazione  ne'  modi  uni- 
versali della  vita  esigerebbe  un  veleno  irritante  per  diven- 
tare medicamento  .  NuUadimeno  accordo  volentieri  che  il  ker- 
mes il  tartaro  stibiato  il  calomelano  a  lunghi  intervalli  pos- 
sine essere  ancora  localmente  irritanti;  ma  la  prima  facoltà 
loro  dinamica  è  quella  di  invertere  i  movimenti  abituali  del- 
la fibra  organizzata.  Ora  non  hanno  più  in  mente  i  segua- 
ci della  teoria  dell'irritazione  che  l'effetto  degl'irritanti  è 
d'aggravare  tuttedue  le  diatesi,  di  generare  debolezza  e  non 
rimediare  alla  condizione  infiammatoria  ?  Eppure  cotesti  ve- 
leni salini  e  metallici  che  secondo  i  precetti  del  Guani  (i) 
sarebbono  a  riputarsi  irritanti  hanno  curato  e  curano  le  pneu- 
moniti  ed  altre  ardenlissime  febbri  con  topiche  infiammazio- 
ni .  Ed  è  certo  che  come  le  curano  ora  ,  se  gli  uomini  non 
mutano  ,  le  cureranno  sempre  ,  e  come  le  hanno  curate  nelle 
cliniche  di  Milano  di  Pavia  di  Bologna  e  di  Roma  le  cure- 


(i)  Saggio  teorico  e  iJtalico    sulle    malattie    contagiose    ,   ossia 
rillciiione  suir  azione  d?'  coutagj  e  miasmi  in  generale.  Geuova.i8i8. 


"ò^i  Scienze 

ranno  eziandio  in  tulle  le  cliniclie  Jell'  universo  mondo  Chj'- 
mici  quidam  celebves  ,  annotava  il  Willis  due  secoli  fa,  Aug. 
Sala  ,  lirtmanniis  ,  Rolandus  carri  inultis  aliis  vomiloiia  sty- 
heata  pleurilicis  qaibusque  audacter'  exhibent  et  pi'Q  remedio 
optimo  prcedicant .   (i) 

NuUadimeno  è  forte  opponimento  e  dalle  cadaveriche  au- 
tossìe  avvalorato  quel  trovarsi  inGammate  le  parli  su  cui 
cotesti  veleni  hanno  agito.  Siegue  la  flogosi  anche  all' in- 
versione parziale  de'  moti  di  qualche  organico  sistema  o  per 
una  contrannitenza  ne'  sistemi  stessi ,  o  per  una  parziale  rea- 
zione dell'  impeto  conservative  ;  ma  più  naturale  è  che  sia 
elFetto  d'una  irritazione  .  E  nel  vero  forti  dosi  di  tartaro  eme- 
tico generano  non  di  rado  una  gastritide  .  A  ciò  io  rispondo 
di  questa  guisa,  togliendomi  il  vomito  come  il  fenomeno  pal- 
mare dalla  mia  immaginata  inversione  :  il  vomito  mal  si  con- 
sidera da  certuni  come  un  movimento  reattivo  ;  né  la  flo- 
gosi prodotta  ò  I'  effetto  di  questa  reazione  .  Desso  è  invece 
un  moto  retrogrado  non  diverso  da  quello  de' linfatici  prov- 
veniente  anzi  dall'  inattività  del  movimeulo  abituale  peris- 
taltico .  Cosi  Bayl  Chirac  Duvcrney  Darwin  Magendie  Ri- 
cherand  contro  Hallero  ,  e  i  suoi  seguaci  .  (2)  Ma  perchè  con- 
trazioni fibroso  non  successive  non  abituali  sono  accompa- 
gnate da  sensazione  in  quella  guisa  che  movimenti  fibrosi 
successivi  e  abituali  ove  avvanzino  in  eccesso  sono  del  pari 
accompagnate  da  sensazione  :  in  ambedue  i  casi  abbiamo  ele- 
menti di  flogosi  ncll' accresciuta  potenza  senziente.  I  movi- 
menti sensitivi  del  primo  caso  ove  non  si  ritornino  alle  loro 
abitudini  inverse  con  elementi  contrarii  d'  azione  cresceran- 
no in  potere  sino  ad  infiammare  :  per  egual  modo  lo  stesso 
effetto  si  produrrà  da  quelli  del  secondo    caso   quando    con 


(0  Willis.  De  pleurit.   Scrt.  I.   C   IX. 
(2)   Kicheraiv*'  nsiolojia.  T-   1.  p.    iZu. 


Azione   Dinamica  de' Veleni,        343 

elementi  contrarii  d'  azione  non  si  abbassino  sino  alle  loro 
abitudini  normali.  Quando  la  fibra  è  in  istato  di  stùnolo  mor- 
boso la  potenza  invertente  è  appunto  tollerata  ,  quantocchè 
tendendo  a  stabilire  contrazioni  inverse  non  abituali  dee  pri- 
ma ricondurre  le  abituali  eccessive  al  loro  stato  normale  . 
Tanto  adunque  sulla  sensazione  non  abituale  quanto  sulla 
abituale  eccessiva  può  aver  essa  un  processo  flogistico  .  Ma 
trattandosi  poi  di  veleni  di  doppia  azione  ,  invertente  cioè 
e  chimica  ;  quando  questa  uon  venga  consumata  con  quel- 
la da  un  forte  stato  di  stimolo  ,  più  prossimo  è  anche 
il  pericolo  de'  mentovati  processi  flogistici  .  Avveghaechè 
quando  sieno  le  fibre  in  ribbassamerito  in  allora  oltre  i  per- 
niciosi elFetti  dell'  inversione  fibrosa  non  tollerati  si  hanno 
quei  chimici  Jil  sopiappiìi  ,  i  quali  potranno  pur  ,  se  si  vuole, 
essere  irritanti  e  stabilire  un  centro  di  operazione  chimica 
contro  alla  quale  insorga  la  potenza  vitale  con  nuove  arte» 
riosé  secrezioni  per  somministrare  o  nuova  potenza  sensoriaì 
o  nuovi  elementi  organico-chimici  compensatori  di  quelli 
che  si  vanno  nel  chimico  lavoro  consumando  .  Ondècchè 
tanto  per  la  nuova  maniera  di  sensazione  quanto  per  que- 
sta funzione  riparatrice  sì  può  ordire  e  si  ordisce  ferma- 
mente talvolta  linai  vera  flogosi  e  la  slessa  gaslrltide  .  Così 
è  che  alcuni  veleni  metallici  e  salini  generano  infiammazio- 
ni .  Ma  non  per  questo  lasseranno  d'  essere  essenzialmente 
invertenti  .  Avvegnacchè  gli  effetti  di  essi  vogliono  essei-e 
cctisiderati  ne'  primi  mementi  delle  loro  fazioni  micidiali  , 
àOìncliè  le  varie  catenaziorti  delle  potenze  vitali  che  o  per 
essi  od  anche  per  altre  cause  si  pongono  iri  moto  non  li 
oscurino  né  li  trasformino  sin(>  a  farceli  apparire  di  azione 
Svariata  e  contraria  .  Resteranno  a  mio  avviso  per  tal  mo- 
do spiegate  le  osservazioni  de' Morgagni  Sproegel  Henkei 
kraraer  Dacci  Kundmun  Gerbez  MuUer  Hammer  Swediaur 
Alexander  Scliwiìquò ,  e  se    ve   a'  ha  altri  oggigiorno  ,  sull<? 


344  S   e   I   E   iN[   Z   E 

infiammazioni    tojtidie    dal     vetro    d'  antimonio    dal    tartaro 
emetico  e  dall'  arsersico  generate  .   (i) 

Che    la    potenza  dinamica  primitiva  d'alcuni   veleni  sia 
il    moto  d'inversione  destato  nella  fibrii  animale  vi\«i)le  ne 
somministra  anche   una    prova  il   Morgagni  tratta  dalle  storie 
di   Livio  .    Capuanis    quoque  Senalovibus  fenne   ducdctii- 
giììla  ideo  serius  mois  accidit ,   quia  ivijdeti  cibis  vinoque 
cani    venenum    sumpsissent  ;    sic  viinus   efficacem  in  ma- 
liiranda    morte   vim    venani  fecerunt  (2).  Se  il  veleno   fos- 
se stato    un    irritante   secondochè  trovavasi   il    tubo  alimen- 
tare già  baslevolmente    irritato   dalla  copia  de'  cibi,  eccitato 
dallo    stimolo    delle    bevande    doveva    issofatto    amazzarli    . 
Ma  secondo  me  la    vitalità    elevata    di    quelle    inclite    ven- 
traglie    rendette   minore  la    forza  invertente  venefica  .    Però 
non    bastò    a     soperchiarla  ,    uè  potettero    i    meschini     sot- 
trarsi   alla    proprietà    chimica  ,     la  quale    appunto    per  ciò 
che    come    1'  irritazione    opera  a  rilente ,   ritardò    in    essi  il 
suo  effetto  mortale  .  Un  simil  fatto  si  legge  in  Wepfero  di 
tre  giovinetti ,  1'  uno  de  quali    ingojò  forte  dose  d'  arsenico 
a  stomaco  digiuno,  gli  altri  due  sanissimi  a  stomaco  eccita^ 
to  ne  trancugiarono    altrettanta   quantità  ;  il  primo  incontrò 
tosto  la  morte   gli   altri  due  la  camparono  (3)  .  Ritengo  per- 
tanto che  i  veleni  possono  nuocere  in   varii  modi    colle  lo- 
ro   facoltà  chimiche  secondarie,   ma   uno  è  forse  il    loro   po- 
tere   essenziale  principalissimo  .  Né  v'ha   antica  sentenza  che 
pili    sia   adattevole    a  questo    mio   modo   di    pensare    quanto 
quella  del    vecchio   Dioscoride  .   ncnu^a.  {nv  7«f  ta  JkXvt»' 
Dia,    9a.ùf/.a.Kx  ,     Kcivai    J'e    Ktti    cv   77oAAot/    5^    ctvruv   yivofit- 


(1)  Vedi  Morgagni.  Epist.  De  morbis  a  veneno  induct.  Irjstit.  de 
mcdcc.   pratique  n.   177.  e  Pharmacop.   ohlinique  T.   2,  p.  268. 

(2)  ^Morgagni  .  Kpist.  citata . 

(3)  Sepulcrct.   oliscrv.  XH. 


Azione  Dinamica  de' Veleni.         345 

vat    éHtiioiti   (i)  ,  Non  risguarda  adunque  1'  essenza  anche 
a  parere    del    celebre    Emmeret    la    divisione  dei    veleni    io 
acri  ,  irritanti  ,    escarotici  ,  astringenti  ,  stupefacenti  ,  e   che 
nò  ,  ed   almeno  nel   classificarli  si  è  permischiala  la   loro  po- 
tenza dinamica  colla  secondaria  .   La  quale  che  sia  da  man- 
co ne  dà   chiaro  indizio  il    sai  di  saturno  eziandio  .  La  sua 
facoltà    invertente    è    poco   meno   che    certa  ,   sebbene   sot- 
to altre   viste  interpretata  .   Ve  la  riconobbero  Callisen  Stork 
Horn  HufFelaiid  Hildebrand  Hegewish  :   e    il  Gaubio  diceva  : 
llabet    quidem    mirabilem    virtutem    femperandì    sedandì 
turèas  nervosi  sisthematis  (a)  .  Oltre  a  questa   egli  è  da  tut- 
ti  tenuto  per  astrigente  e  tra    i  veleni  astrigeuti  è  locato    . 
Ma  all'Ambri   toccò  di  vedere  che  questa  facoltà  ei  la  per- 
deva semprechè  il  sistema  non  avesse  tollerato    la  sua    fa- 
coltà primitiva  invertente  .  In  quel  suo  tisico  eh'  egli  avea 
sottoposto    all'  azione  di  questo  farmaco    fu  più    volte    co- 
stretto a   sospenderlo ,  avvegnacchè  anzi  promotore  del  moto 
inverso   de'   linfatici   intestinali   di  quellochè  astringente    gli 
riuscisse  .  Dalche  si  ravvisa  come  i  soli  fenomeni  di  inversio- 
ne debtiano  aversi  per  gli  essenziali ,  e  come  quasi  sempre  ab- 
biano un  predominio   sugli    altri    cambiamenti  di  composi- 
zione di     tessitura     chimicamente    prodotti  .    E    dissi  quasi 
sempre  ;  imperocché  gli  effetti  dell'  azion   dinamica  sostenu- 
ti coli'  arte   sono  evitabili  ;    ma   non  per    questo  sempre    si 
arriva  come  parve  al  Brodie  ad  impedire  la  morte,  a  cui  la 
qualità  del  veleno,  esiziale  che  sia,  può  per    la  sua  azione 
ira  chimica  e  invertente  condurre  (3)  .  Si  toglie  cioò  per  lo 
piti    la    forza    invertente  senza  poter   rimediare  alla  chimica 


(i)  AX»^/(pap)a.  399- 

(2)  V.   Giorn.  medie,  chirurg.  eli  Panna  anno    IV.  N.«    45.  p. 
lo.   11.   24-   22. 

(3)  V.  Brera  Giorn.  fase.  00     1816  p.   4^5 


3/(6  Scienze 

azione.  Oltracciò  talvolta  avviene  che  quel  farmaco  clii  va- 
le conie^  reagente  clumico  ,  avendo  anch' egli  una  forza  di- 
na.lica  invertente,  non  sa  rimediare  alle  secon'Ja  senza  ag- 
gravare la  prima  e  viceversa.  Cosi  mentre  il  fegato  di  zol- 
lo ,  .'rccondo  Navier,  turba  gli  eiletti  veueGci  delle  sostan- 
ze saturnine  i  non  si  oppone  però  alla  loro  forza  invertente  . 
Del  pan  <juando  il  principio  astringente  àe'  Vegetabili  decom- 
pone al  parére  di  Starck  1'  acetato  di  piombo  o  il  tartaro 
emetico  non  toglie  pero  loro  la  facoltà  sopraramentovata  (i)  • 
Vj  in  ciò  principalmente,  a  mio  pensiero^  è  il  carattere  de' 
veleni  e  la  diver.sità  tra  essi  e  la  altre  comuni  potenze  no- 
cive: pluttrisLorhò  nello  scuotere  il  sistema  linfatico-glando- 
lare  :  nel  produrre  eretismo:  ne  gli  altri  caratteri  attribuiti 
ai  metallici  e  salini  dal  Guani ,  che  veramente  coinpetono  a 
molti  ordiilatii  agenti   eziandio  . 

Si  ponga  mente  oltre  a  tanto  alla  sentenza  d'  Emmort , 
che  qualunque  neutralizzazione  tìoti  distrugge  totalmente  in 
proprietà  del  veleno  mentre  l'arsenico  anche  nella  conbina- 
zinne  colla  terra  calcare ,  conserva  nondimeno  la  sua  venelj- 
ca  facoltà  (2)  .  Che  è  quanto  dire  che  sebbene  gli  si  tol- 
ga la  propiielà  chimica  agisco  nocetolmente  colla  dinamica. 
La  quale  por  canone  tossicologico  opera  sempre  iu  ragion 
diretta  della  quantità  e  qualità  del  Yel«.;rio  .  Mi  dichiaro.  Qnan- 
to  è  più  consideVcvole  la  quantità  del  veleno  aramiuisirato 
tanto  è  maggiore  e  più  pronto  1'  efl'etto  che  produce  ,  e  tan- 
to è  minore  l'organica  alterazione  che  lascia  .  Così  all'in- 
contro quanto  è  meno  forte  la  quanlit'i  del  veleno  tanto 
è  più  lardo  l' effetto  che  produce  e  tanto  è  maggiore  1'  or- 
ganica alterazione  che  apporta  .  Ora  chi  non  vede  che  la  pre- 
potente di  ({ueste    forze  ,  tuttoché  si  avvicendino   gli  edelli  , 


(i)   Gioni.    iri'-.I,   ciiir.  di  Parma   n.    cit.   p.    2i. 
(a)   liror.i   Giuni.   e   fase.   cit. 


Azione  Dinamica  de' Veleni.         3^7 

è  sempre  la  forza  di  retroversione  de'movimenti  vitali  ?  Quan- 
do questa  è  esorbitante  per  atterrare  chi  le  capili  nun  ha 
duopo  di  distruggere  1' integrith  automatica  :  ed  aperti  i  ca- 
daveri non  se  ne  trova  orma  .  Ma  quando  è  debole  lascia 
che  operino  i  suoi  sottotipi,  i  quali  mano  mano  vanno  corroden- 
do gli  stami  della  vita  e  nei  morti  ci  si  fanno  manifeste  le 
tr£)cce  del  tardo  micidiale  lavoro  .  Etmullero  riferiste  d'una 
fanciulla  che  dopo  avere  ingojato  buona  dose  d' arsenico  tra 
breve  mori  né  il  cadavere  mostrò  veruna  organica  lesione  . 
Nel  Morgagni  e  in  altri  autori  si  trovano  a  mille  di  tali 
esempj  (t)  ,  Per  lo  contrario  Saiinders  ha  osservato  che  in  un 
uomo  che  sopravvisse  sei  giorni  a  non  forte  quantità  di  su- 
blimato corrosivo  manifestossi  nel  cadavere  versamento  seroso 
e  sanguigno  e  guasto  infiammatorio  allo  stomaco  (2).  Il  Bar- 
zellotti  asserisce  fermamente  che  innumerevoli  sono  i  casi  di 
veneficio  operato  dalle  preparazioni  mercuriali  da  quelle  ar- 
senicali e  di  rame  e  di  piombo  senzacliè  lesione  alcuna  sia- 
si manifestata  nello  stomaco  e  negli  intestini  non  ostnnte 
che  il  veneficio  avesse  avuto  effetto  e  succeduta  ne  fosse 
istantaneamente  la  morte  (3)  .  E  cotesti  veleni  sono  pur 
quelli  a'  quali  si  vuol  ora  tribuire  un  potere  irritante  .  Mi 
chi  richiamando  alla  memoria  i  resultali  dell'  azione  irrita- 
tiva potrà  presupporre  che  ne'  rapidi  veneficii  operò  dessa. 
anziché  la  invertente  ?  La  potenza  irritante  non  opera  che 
localmente,  e  non  si  diffonde  che  in  modi  progressivi  e  len- 
ii o  per  la  flogosi  o  pe'  consensi  .  Come  idearsi  una  facoltìt 
irritante  in  un  decimo  di  grano  del  veleno  della  vipera  da 
occasionare  lì  per  il  la  morte  ad  Un  grosso  animale  ?  Serpens 
caudisonus    iiecavit    canem    non    integro    minuti    tcmporis 


(i)  Morgagni  .  Epist.  cit. 

(2)  Brera  Giorn.   fase.  So,  {)■  471 

(3)  Qucst.   di  medie.   !eg;al.  T.   ?. 


348  Scienze 

quadrante  (i)  .  Agi  irritando  quel  veleno    che  tolse  in   mi' 
attimo    Vibuleno  Agrippa  ai  Romani  (2)  ?  ^Pcr    l'acido  prus- 
sico  vide  in  otto   minuti   morì  re  un  uomo  il  celebre  H'jtrL'- 
land  (3)  .    Fu  dessa  la  flogosi  che    diffuse  rapidissimamente 
l'azione    ven*»fica  ?    Ma    noi    vedemmo  fermato  clic   tanto    è 
maggiore  e   più   pronto  l'effetto  del    veleno  tanto  ò   minore 
l'organica  lesione.   Esaminiamo  se   ciò    possa  essere  avvenu- 
to  in  questo  ed   in  altri    simili   casi  per  opera  de' consensi  . 
Cerio  è  che  la    compressione  o    la   puntura  al  cervello  met- 
te  di    subito  in  convulsioni  gli  animali:  la  sciringa  ,  il  calcolo 
nella  pelvi  de' reni  e  nella  vessica  ,   ed' altri    agenti   irritanti 
manifestano  tosto   coaseusnal monte   una  ratenazione   di   sinto- 
mi  irritativi.  Ma  questi  nou  sono  che  orgasmi,  disgusti,  o  schi- 
filtà del   sistema  fibro-nervco  ,   e  non  affettano  il  fondo  della 
vitalità  .   Se  a   lungo  andare  il   possano  nun  è  della  mia  que- 
stione .   Ne'  consensi   irritativi   pertanto  non  può  stare  il  ra- 
pido  veneficio  .  Già  il    dissi  che  (juesto   ove    non   accada  per 
forza  di    inversioni   ne'  movimenti    naturali   fibrosi  ,  non  po- 
trebbe produrre  la   morte  die  scommettendo  l'organica  coe- 
sione ;  ed  in    tal   caso  non  v'avrebbe  piti   mestieri  di     con- 
sensi .   Ma  qui    ritornerebbono    in    campo   la   stesse  difTicoltà 
ch'io    mossi   innanzi  contro  la  diffusione  irritativa  mi'dimte 
la  flogosi  .    Perchè  I'  irritazione  produca  propagandosi   feno- 
meni morbosi   fuori  della  sua  prima  sede  è  di  necessità  che 
arrivi   in  qualche    parte  ad  un  dato  grado  di  fot  va  ;     ma  il 
maggiore  che  possa   resultare  da    una   potenaa   irritante  è  la 
disorganizzazione  ,   dunque  non   trovandosi    questa    sempre  , 
convien  dire   che  non    sempre   agi  il    veleno  e  spezialmente 


(i)  Mcad.  F.xposit.  mechaii.  Vcnen. 

(2)  Morgagn.  F.pist.  cit 

(3)  V.  J:rcra  Giorn    V-  Zo.    ì'i\G .    Prospetto    clinico   del    Bu- 
«■.;IIiii  j>.  3;P'. 


Azione  Dir,A:':iCA  de'  Veleni  .         340 

ne' rnsJ  di   morti   istantanee  inhaudo  .  .4rurH  sartoriani  slne 
noxa  per  intestinorum  tmctum  transiisse  non    sine  exeni- 
plo  est,  dice  lo  Sprenger ,    Arsenici  vero  grana  duo  nun~ 
qttnin  (i)  , 

Hanno  anco  i  veleni   la   proprietà    di     eleggersi     alcune 
sedi   parziali ,  nella    nostra   macchina,   ed  in   osse  più   che  al- 
trove muovere  le  loro  micidiali   fazioni   .  Numerevoli  speri- 
menti  provano  cotesto   vero,  in  essi   non    lauto    quanto     ne' 
farmachi  ,  e  in  tutte  qu^le  sostanze  czÌmikIÌo  ,    che     hanno 
parte  nella  nutrizione  .   Ella  .   o  sig.  Professore  ornatissimo  , 
«ugularraente  grazioso  alla   fortuna   medica  di    mirabili   ten- 
tativi ,  ci  ha  dimostrato  quasi  ad  occhi  veggenti  come  alcune 
sostanze  medicamentose  passino  dallo  stomaco  ai  reni   inde- 
composte  e  così  promuovano  la  diuresi   (2)    ,    Ninno  a   mio 
credere  si  sarebbe  oso  di   negare  siffatte  elettive  facoltà  ,  già 
smo  ab  antico  da  Asclepiade  verificate  :  donde  i  suoi    cho- 
lagoghi  ,    flecxmagoghi   .    h idragoghi    (3)  ;    quando    innanzi 
agh  occhi  s.   riconduca  l' anatripsologia  del   sig.     Brera       la 
memoria  del   Fanzago  sulla  Digitale  ,  del     Brugnateili     sulle 
cantaridi  ,  del  Mascagni  sul  carbonato  di  potassa  ,    del    Se- 
mentini sul   muriato  di  calce,  del   Rubini  sulla    china    fi) 
Il  tartaro  emetico  secondo  Magendie  anche    iniettato    nelle 
vene  produce  vomito  :  ed  osservò  Emmert    che  1'   a. 
comechè  per  ferita  introdotto  nella  cute    manifesta    L 
azione  micidiale  nulla   ostante    allo  stomaco  (5)   :   il    veleno 
idrofobico  invade  direttamente  gli  organi  biliari,  e  l' itterizia 


arsenico 

'a    sua 
eoo 


(1)    Patl.ol  special.  Art.  De  rcnenis 
ne  .  U ':;:■:  tlT  TT\:\^'''''''''  inclecomposte  nelle  ori- 
società  luiiana    lene   ;d,.".e  ""    """'"^    "^'    ^^  ^^'"  ^<^''' 

ryò  °"   '^'^'^^'"«"f-'^r.   Kfsposfa  dia  crftfca  r(d  p.  Fou- 

(5;  Bufalirif  .  Prospett.   citai 


S5o  Scienze 

prodotta  .poco  stante  dopo  il  morso  avvelenato  fu  notata  dal 
Mead  dal   iMorgagni  e  da  altri  (i):  e  lo  scorbuto  il  più  fe- 
rale si  è  veduto  al  dire  del  Broussais  immediataaieate  suc- 
cedere dopo     r  azione  sullo  stomaco  d'  alcuni  cibi  avvele- 
nati (2)  .   Quindi  molli  tra  i-quali    son  primi  il  nostro  Fon- 
tana e  il  sig.  Emmert  dissero  che  alcuni  veleni ,  e  i  poten- 
tissimi ,  come  pognam  caso  quello  della  vipera  ,  il  Ticunas 
ii  Lauro  ceraso  poco  o  nulla  nuocendo  a  nervi    ,    solo  in- 
trodotti nel   sangue    manifestino  i  loro  effetti  mortiferi   (3)  : 
e  già  ben  prima  di  questi  illustri  Tuano  ,  Vepfero,    Redi  , 
Celso,   Lucano,  Brogiani   tennero    la  stessa     senteuza     (4)   • 
II  chimico  cambiamento  poro  che  nel  fluido  sanguigno  per 
siffatti  veleni   si  effettua   non  è  ancor  noto  ;    poco    o    nulla 
sapendosi  della  natura  chimica  delli  stessi    veleni   .     Perloc- 
io  stimo  doversi    meglio  le     mentovate    opinioni    modificare 
affermando  ,   che  non  nel  sangue  agisca  il  veleno  ,    ma    sui 
movimenti   tonici  abituali  de'  vasi  sanguigni  invertendoli    a 
opposte  oscillazioni  .   In  falli  saranno  questi   i    veleni  i  più 
potenti  ;  avvegnaché  d'  un  sol  poco  che  cambino    a   ritroso 
ì  moti  del  sistema  sanguifero  il  cìrcolo  del  fluido  animatore 
o  si  devia  o  s'  arresta  e  la  vita  è  incontanente  troncata  .  Al 
contrario  que'  veleni  che  agiscono  sui   nervi   saranno  i    più 
tardi   a   nuocere  ;  perocché    a'  nervi  è  quasi  naturale  la  ri- 
concenti  azione  o  la  retroversione  de'  loro    moli    ondulatori 
dalle  estremità  al  centro  animale.    /Vervi  bifariam  tnoveri' 
tur  aut    a    cerebro   in   pai'tes  ,   aut   a   partibns    in    cere- 
bntm   (5)  .  Moltissimi   fenomeni  della   umana  fantasia  offro- 


(1)  Morgagni  Epist.   cit.  Mead.   Fxposit.  cit. 

(2)  Broussais.   Exantien.  etc.  p.  278 
(ò)  Barzellolti  .   0[).  cit.   T.    2. 

(4)  Brogian  .  De  liydroph    p.  12, 

(5)  Nicol.  Valentia.  De  Ort.  Gymnastic.  Diatrib.  Mechanieo- 
meilic.  Part.  2.  C.  V.  Liiig  liti.  rv!cer.;hc  sopra  le  alicnaz.  della  rnci»- 
ic   uir);u;a  .   T.    1.   G.  ò. 


Azione  Dìnamica  de'  Veleni  .  55 1 

no  questo  esèmpio  .  Sino  lo  slesso  amore  :  perloccliè  gli  aa- 
tìchi  sapienti  favoleggiarono  eh' e' fosse  bendato;  e  vollero 
con  «jueslo  significarci  che  in  quel  dolcissimo  delirio  i  sen- 
si per  loco  contrario  moto  più  non  badavano  alle  esterne 
impressioni  .  Quindi  è  che  ai  veleni  narcotici  e  stupefacienti 
tianto  niirjibili  abitudini  si   raccontano  . 

A  chi  volesse  credere  tuttavia  la  maggiore  parte  de' 
veleni  stimolanti  basterà  eh'  io  opponga  le  sperienze  ,  onde 
i  seguaci  della  nuova  Teoria  medica  Italiana  stabilirono  coa- 
trostimolante  l'azione  dell'acido  prussico  ,  del  veleno  vipe- 
rino ,  del  lauroceraso  ,  ed  altri  veleni  animali  e  vegetabili 
che  furono  anche  fondamento  d' analogia  per  reputare  d' 
eguale  efficacia  que'  veleni  salini  e  metallici,  che  il  Brera 
ed  il  Guani  ritengono  per  irritanti  (i).  Come  non  si  val^ 
a  negare  al  Rasori  al  Trinchinetti  al  Mangili  ,  e  a  moUi 
altri  sperimentatissimi  Italiani  la  trovata  fiicoltà  emiaeate-; 
mente  controstimolante  del  veleno  vipereo  ;  tanto  meno  sì 
contrastò  al  Borda  ai  Tomassinl  quella  eguale  nel  lauro- 
ceraso (2)  verificata  dal  Mcad  prima  che  noi  vi  pensassimo. 
Dediiniis  pan>  cani  dice  questo  medico  insigne  unciam 
civciter  lauro  cerasi  .  Mox  correptus  ex  violeiifis  con- 
VLilsionibus  citoque  omnium  membrorum  usus  inter- 
ceptiis  est .  Quum  in  eo  esse  t'ideretur  ut  exspirar^t ,  ad 
narps  applicuimus  phialam  repletam  spirita  salis  ammo- 
niaci fortior  e  atque  ejiis  paulluni  in  ventriculiim  adegimus  . 
Momento  vim  canis  sensit,  et  continuato  aliquando  ejus 
usii  recuperavit  vim  niovendi  membra  ,  post  binas  horas 
satis  firmiter  incessit  et  deinde  onjn ino  habuit  bene  (3i). 
Crichton  Zimermana  Canavcri  aveanlo  anch'  essi  per  de- 
primente .    E    tale    lo   manifestano  gli  sperimenti   rapportati 


(i)   Guani.  Saggio  cit.  BreraLezionì  svucóntagi.  T.  i.  Avi.  4- 
(2)  Tomassia.  Prolusioni  .  nota  47- 


552  Scienze 

nelle  Ti-nusazloai  Filosofiche  di  Lenirà  dal  Fontaaa  .  Harl- 
maaa  e  Pleak  lo  consigliano  nelle  angine  infiammatorie  (i)  . 
E  fiiialaisate  le  curagioai  di  molle,  mal  a  li  e  flogistiche  colle 
sopramraentovate  sostanze  saline  e  minerali  vieterebbono  del 
pari  di  accordare  a  queste  ultime  altra  facoltà  dinamica  che 
la   controsti  molante    . 

Ora  queste  cose  avvertendo  mi  si  richiamerh  per  av- 
Yentura  come  troppo  vago  d'  arguzie  in  quanto  non  mi  ap- 
paghi di  nominare  cotesta  azione  specifica  de'  veleni  con- 
trostimalante  ,  e  vada  tormentandomi  lo  spirito  onde  ricer- 
care se  sia  piuttosto  che  altro  invertente  .  Se  ben  mi  ricordo 
io  ho  notato  innanzi  che  i  veleni  agiscono  sulla  fibra  or- 
ganica .  Quindi  se  volessi  stare  agli  effetti  tanto  potrei  dirli 
deprimenti  ,  come  irritanti  ,  e  anzi  meglio  mortiferi  .  Dico 
adunque  che  i  loro  afflitti  apparvero  contrastimolanti  :  per- 
ciocché tendendo  essi  coi  loro  modi  dinamici  a  invadere  i 
movimeiii  tonici  morbosi  ritornaronli  quanto  era  duopo  ai 
loro  gradi  naturali  ,  InnoUre  avuto  riguardo  alla  vita  e  alla 
salute  nel  difetto  de'  stimoli  ,  e  nel  predominio  de'  contro- 
stimoli io  non  veggo  che  sia  mestieri  supporre  un  moto  iu- 
verso  nelle  fibre  ,  le  quali  ponno  essere  deboli  flaccide  e  ri- 
lassate morbosamente  e  non  essere  in  moto  retrogrado  .  Quia- 
di  il  contro  stimolo  può  affievolire  disgiungere  le  coesioni 
orgmiche  senza  invertere  .  Adunque  è  tra  di  loro  una  varie- 
tà ;  e  se  alcuni  veleni  (  ripeterò  )  sono  stati  detti  contro- 
stimolanti  perchè  hanno  tolto  l'orgasmo  morboso  d'alcune 
fleoinìsie  ;  citesta  loro  asione  emulata  in  tali  congiunture 
dall'  acqua  fredda  o  dal  saalasso  che  non  sono  veleni  ,  non 
fu  ohe  relativa  e  sempre  1'  effetto  della  forza  invertente  di 
essi.   Li  quale   forza   io    considero  anche   nell' opio  ,    che   è 


(i)  xVl:al.  E)ipoiit.  rit. 


Azione  Dinamica  de'  Veleni  .        353 

^.VLve  uu  veleno  :  loccUè  noD  fauno  i  moderul  ;  teneinlolo 
pei-  il  principe  degli  stimoli  .  ImperoccUi  io  peaso  eh'  egli 
vada  diritto  a'  nervi  e  che  durante  la  sanità  i  nervi  della 
vita  animale  debbano  avere  un  movimento  intestino  moleco- 
lare o  filiforme  dal  centro  all'  esireniitct  sensienti  ,  per  la 
necessità  di  mantenersi  in  relazione  con  gli  oggetti  che  li 
circondano  .  Quindi  congetturo  che  il  dolore  possa  essere  , 
piuttosto  che  sempre  uno  stato  di  controstimolo  ,  talora  anche 
un  aumento  preternaturale  di  questi  stessi  moti  ,  nel  quale 
aumeato  colloco  ancora  il  piacere  j  quando  però  di  poco  e 
con  modo  pacato  e  gentile  avvanzi  l'andamento  abituale  delle 
nervose  oscillazioni  .  E  penso  ancora  che  lo  stato  naturale 
d' indifferenza  sensuale  si  dia  ;  comunque  negato  con  mi- 
rabile ingegno  dal  Verri  (i)  ,  e  credo  che  lo  costituisca 
lo  stato  di  sensuale  assuetudine  alle  ordinario  impressioni. 
Che  poi  11  dolore  possa  seguitare  il  piacere  e  questo  quello, 
pare  a  me  che  ciò  solo  avvenga  dove  che  1  nervi  oltrepassati 
i  limiti  del  piacere  e  giunti  a  quelli  del  dolore ,  per  riedere 
allo  stato  loro  consueto  debbono  di  nuovo  toccare  quelli  in 
che  le  sensazioni  furono  prima  dilettose  .  La  quale  operazione 
lanno  alle  volte  da  se  j  altrettante  si  procura  con  arte  .  E 
qui  entra  in  campo  la  mia  opinione  sull'azione  dell' opio, 
e  qualunque  altro  veleno  detto  narcotico  .  31  quale  è  in- 
vertente in  quanto  trovando  i  nervi  nello  stato  loro  monoto- 
no e  riconcentrando  il  loro  moto  dalle  estremità  sensienti  al 
centro  animale  distoglie  molti  sensi  dalle  esterne  impressioni 
e  così  procura  in  prima  la  quiete  con  quella  stupida  con- 
tentezza che  finisce  poi  col  sopore  :  al  di  là  di  questo  avvelena. 
Ma  se  dessi  erano  elevati  fino  alla  doglia  ,  tendendo  l' opio 
sempre  ad  inverterne  i  moti  abbassa  quel  loro  aumento  os- 


(0   Verri:  Dell'  indole  del  piacere  e  del  dolore 
G.    A.  To.  IV.  2  3 


334  Scienze 

ci  lalorio  talmentechè  dovendo  essi  obbedire  a  questa  novella 
forza  che  tende  a  riconcentrarli  sen  calano  come  per  gradi  , 
e  toccando  nella  loro  discesa  quelli  in  che  sta  la  sensazif)ne 
piacevole  dilettano:  più  inchinati  nella  loro  monotona  quieta 
si  riposano.  Ecco  come  fu  detto  meramente  sedativo  ed  ecco 
secondo  me  come  all' opib  eziandio  compete  la  proprietà  degli 
altri  veleni  di  invertere  cioè  i  movimenti  naturali  fibrosi  della 
machina  umana  che  su  qu^'sta  bassa  terra  hanno  vita. 

Cessi  però  da  me,  o  signor  Professore  ornatissimo,  che 
io  p\v[  dì  quel  valore  che  abbino  unquanco  le  ipotesi  me- 
ritato voglia  ora  accordare  a  questa  mia  .  La  quale  se  nou 
giungerà  nemmeno  a  quella  pregevolezza  onde  solea  dire 
Cartesio  che  quando  molti  fenomeni  naturali  con  essa  fa- 
cilmente si  spieghino  acquisti  alcun  dritto  per  esser  riposta 
tra  i  veri  j  varranno  i  miei  pensamenti  per  lo  meno  a  mo- 
strare la  necessità  di  riconoscere  ne'  veleni  oltre  le  mani- 
feste azioni  e  volgari  ,  anche  un'  altra  essenziale  e  pelh- 
grina ,  la  quale  se  non  è  la  invertente  ,  tuttavia  occulta  alle 
nostre  indagini  si   mantiene  . 

Me  le  raccomando  . 


Ù3D 


Sulla   natura  dell'  infiammazione    ec.  Continuazione  dell' 
Estratto  del  D.  G.  T. 


Oi  rivolge  quindi  il  Clinico  Lucchese  alla  disamiaa  dei 
Siatomi  proprj  dell' iafiamniazioae ,  e  trae  da  quella  partito 
per  convalidare  la  sua  opinione  .  Il  rossore  in  fatti  ,  il  ca- 
lore ,  r  aumentata  sensibilità  ,  e  1'  accresciuta  secrezione  dell'" 
organo  affetto  sono  i  più  ordinar)  fenomeni  morbosi  ,  che 
alla  infiammazione  fan  treno.  Non  han  bisogno  però  di  di- 
mostrazione i  primi  due  ,  il  rossore  cioè ,  ed  il  <;alore  ;  onde 
evidentemente  ripetere  la  loro  comparsa  da  copia  maggiore 
di  sangue  nelle  parti  infiammate  raccolto:  né  gran  pena  esi- 
ge il  dimostrarlo  coli' aumentala  sensibilità  della  parte.  Im- 
perciocché richiamando  a  mente  il  gran  numero  di  arterie , 
da  che  risulta  penetrato  un  nervo  giusta  le  più  recenti  co- 
gnizioni anatomiche  ,  e  la  sensibilità  maggiore ,  di  cui  gode 
un  membro  ,  quanto  più  è  ingorgalo  di  sangue  ,  e  viceversa  ; 
ne  forma  il  Sig.  Pistelli  argomento  ,  che  la  tensione  prodotta 
dal  sangue  nell'  estremità  dei  nervi  deve  essere  mia  condi- 
zione necessaria  per  la  sensibilità,  e  che  questa  sia  ,  per  cosi 
dire  ,  in  ragion  diretta  dell'  afflusso  del  sangue  nella  parte  . 
Maggior  impegno  egli  usa  nello  spiegare  col  medesimo  ar- 
resto di  sangue  la  secrezione  accresciuta  dell'organo  affetto. 
Favorevole  sostegno  son  per  lui  i  novi  vasi ,  e  membrane  , 
le  adesioni ,  ingrossamenti  ,  ed  altre  patologiche  alterazioni  ^ 
cKe  negli  organi  infiammati  si  ravvisano  j  ma  si  diffonde  nulla 
di  manco  nell'  enumerare  una  lunga  serie  di  morbose  alftz- 
zioni ,  nelle  quali  aumentata  riscontrasi  l'escrezione  degli  umo- 
ri separati  :  tali  sono  la  coriza  nella  flogosi  della  membmna 
schneideriana  ,  la  lagrimazione  nella  oftalmia  ,  la  salivazione 
uell'  angina  ,    il  catarro  nell'i    logistiche    affezioni  dei  bron- 

23* 


356  Scienze 

chi  ,  e  del  polmone  ;  ed  ihn;  simili  ,  che  per  brcvith  om- 
nietto  -.^  Afjgiutige  all'  esposte  cnnsid.Tazioiii  i  vant;ij^-i  della 
secrezione  assai  inoglio  favoiitn  da  un  lento  corso  del  san- 
gue ,  come  ne  fanno  fede  la  nutrizione  ,  e  la  riproduzione 
delle  parti  organiche,  maggidre  ravvisandosi  la  prima  di  c^tie- 
Ste  nel  sonno  ,  nel  feto  ,  e  negli  individui  inattivi  ,  ed 
apatisti  ;  non  che  più  attiva  la  seconda  negli  animali  di  san- 
gue freddo  di  quello  sia  iieali  aliri  detti  dì  sangue  caldo. 
Onde  poi  evitare  il  rimprovero,  che  incontrar  poteva  1' A., 
se  non  avesse  fatto  menzione  della  cotenna  ,  e  della  fehbre  , 
mercè  due  apposite  annotazioni  avverte  in  riguardo  alla  prima 
che  sebbene  da  varie  osservazioni  sembri  doversi  dedurre, 
che  la  cotenna  del  sangue  sia  una  conseguenza  di  cìrcolo 
ritardato  ,  pure  ha  crednto  egli  usarne  silenzio  per  non  essere 
ancora  ben  certo,  da  che  dipenda,  ed  in  ciie  dessa  <  cnsi- 
sta  .  D'altronde  la  febbre  ,  come  aumento  della  circolazione 
generale,  non  si  deve  riguardare  in  opposizione  colla  sua 
Dottrina  ,  sostenendo  Egli  ,  che  il  circolo  del  sangue  soifre 
ritardo    nei    vasi    della   parte  infiammata  . 

Malgrado  per  altro  1'  erudita  diligenza  del  sig.  Pistelli 
nell'  esame  dei  sintomi  nosologici  ,  non  possiamo  dissimula- 
re ,  che  egli  sembra  specialmente  aver  confuso  1'  aumentata 
Secrezione  dell'organo  infiammato  con  quello  stato,  che  noa 
appartiene  mai  al  primo  stadio  dell'  infiammazione  ;  stalo  ,  il 
quale  altro  non  è  salvo  che  un  cangiamento,  che  accade  nella 
Condizione  patologica  dei  tessuti  già  alFetti  dalla  flogosi  .  Cosi 
nell'  epatilide  p.  e.  potrà  chiamarsi  aumentata  secrezione  una 
maggior  separazione  di  bile,  ma  non  già  qualunque  produzione 
morbosamente  operata  da' vasi  piisiiei  ,  come  le  formazioni  di 
nuovi  vasi  ,  di  nuove  membrane,  adesioni,  e  simili  preternatu- 
rali vegetazioni  ,  quali  essendo  invece  il  risultamento  di  un  nuo- 
vo processo  organico-vitale  operato  dalla  forza  dell' arterlosità 
accresciuta,  spettano  non  già  al  primo  stadio  dell'infiammazione. 


Della  Infiammazione  357 

ma  sibbene  al  cangiameuto,  che  subisrc  quindi  nel  tessuto  iu- 
Camniato  la  coodizione  patologica  .  i)c1  pari  considerar  dobbia- 
mo, come  un'  alterazione  delle  consnele  separazioni  nei  tessuti 
affetti  cioccliè  egli  ritiene  per  ^uraeni.iia  escrezione  di  umori 
separati  iicll'  organo  infìinitnato  .  Cosi  a  cagion  di  esempio 
nel  flusso  dissenterico  ,  leiirnrrdico  ,  blcnnmggico  preiuls  quello 
stato  di  alterazione  indisjicnsabile  nell'organo  affetto  per  dar 
luogo  alla  forma  morbosa  ora  enunciata  :  Dunque  non  bawi 
un  sem]>]ice  aumento  di  escrezione  degli  umori  separati  :  dun- 
que non  (^  dessa  una  semplice  conseguenza  del  maggioi'' af- 
flusso,  0  ristagno  del  fluido  sanguigno,  come  immagina  1' A., 
ma  ben'  anebe  della  resistenza  dei  capillari  ,  cbe  il  sangue 
ha  superato  nel  farsi  strada  per  essi  in  virtù  dell'esaltamento 
dell' arteriosi  là  ,  e  quindi  dell'azione  plastica,  che  ha  do- 
vuto subirvi  ,  quantunque  indecomposto  .  Pria  dunque  pre- 
cede l'esaltamento  dell' arteriosità,  quindi  l'afflusso  esube- 
rante di  fluido  sanguigno,  e  consecutivamente  il  di  lui  ri- 
stagno perla  non  corrisponthente  reazione;  cosicché  partendo 
da  questi  dati  conchiuder  si  puote  cbe  non  è  la  contrattilità 
diminuita  la    cagion    prima  della  infiammazione  . 

Dnir  esame  dei  sintomi  nosologici  passa  a  quello  delle 
cause  si  occasionali  ,  che  predisponenti  alla  flogosi  ,  quali  tutte 
riguarda  il  n.  A.  più  ,  o  meno  idonee  a  favorire  1' afflusso  , 
ed  il  trattenimento  del  sangue  in  una  data  parte  .  La  prima  , 
che  fra  le  occasionali  cagioni  Egli  considera,  si  è  lo  slimolo, 
o  1'  irritazìor.e  ,  avvertendo  ,  che  sotto  In  voce  slimolo  intende 
qui  tuttociò  ,  che  punge  ,  irrita  ,  vellica  ec.  I  piccoli  invisi- 
bili vasellini  soliti  appena  a  dare  il  varco  a  qualche  esile 
globetto  di  sangue  ,  divengono  pronunziati  ,  e  turgidi  coli' 
ammettere  nella  loro  capacità  maggior  copia  del  nominato 
fluido  in  virtù  della  proprietri  che  ha  lo  stimolo  di  richia- 
marlo in  più  abbondante  quantità  nella  parte  ,  ove  esso  agi- 
sce ,  Or  questo  esuberante  afflusso  non  può    prodursi   dallo 


358  Scienze 

siimelo,^  se  non  coli' indurre  dilatazione ,  e  siccome  siffatta 
dilatnzione  dei  vasi  nel  favorire  un  maggiore  afflusso  v'  in- 
duce un  rallentamento  dì  cìrcolo,  cosi  ne  conchìude  VA., 
che  1'  effetto  dallo  stimolo  ,  e  dell'  irritazione  si  è  di  richia- 
mare ,  e  di  trattenere  nelle  parti  affette  una  copia  più  ab- 
bondante di  sangue.  Lo  stesso  rileva  il  sig.  Pistelli  avvenire 
in  virtù  di  altre  cause  occasionali  della  flogosi  ,  cioè  del  freddo  , 
della  corapresione  meccanica ,  degli  astrigenti ,  e  simili ,  quan- 
tunque siano  questi  (come  egli  dice)  mezzi  piuttosto  an- 
tiflogistici . 

Questa  medesima  maggior'  affluenza  di  sangue  nei  vasi , 
e  ristagno  ancor  di  quello  in  essi ,  spetta  alle  cagioni  pre- 
disponenti alla  llogosi  .  C'invita  perciò  1'  A.  a  riflettere  dietro 
1'  avvertimento  del  Borsieri  ,  che  le  paini  più  lasse ,  e  più  de- 
boli sono  le  più  soggette  all'infiammazione.  Né  in  altro  modo 
ad  essa  predispone  la  meccanica  dilatnzione  di  una  qualche 
parte  ,  o  viscere,  come  il  confermano  le  flogosi  ,  da  cui  ven- 
gono spesso  attaccate  le  parti  edematose,  enfiseraatiche  ,  idro- 
piche j  la  vescica  soverchiamente  distratta  dall' orina  j  le  vie 
gastro-enteriche  troppo  distese  dai  cibi  ,  dall'aria,  dalle  fecce, 
le  poppe  oltremodo  distese  dal  latte  ,  per  tacer  dell'  utero  , 
che  in  istato  di  lenta  flogosi  il  fanno  riconoscere  i  fenomeni , 
che  la  gestazione  accompagnano .  Innanzi  però  ,  di  perder  di 
vista  1'  esame  delle  cagioni  predisponenti  ,  sembra  questo  il 
luogo  più  acconcio  di  riguardar  coli' A.  quanto  egli  altrove 
dice  in  proposito  delle  predisposizioni  ,  che  hanno  alla  flo- 
gosi quelle  parti  ,  le  quali  abbiano  già  sofferta  altra  infiain- 
mazioue  .  Ammessa  sotto  questo  processo  la  dilatazione  della 
libra  ,  ne  siegue  in  virtù  di  essa  lo  snervamento  della  con- 
Uattilità  ,  la  quale  perciò  diminuita  rende  più  alt(;  le  fibre 
n  <;ubire  l'ingorgo  della  recidiva  infiammazione  .  Trova  l'A, 
h  conferma  dì  ciò  nel  parere  di  Montoggiì,  il  (juale  si  esprime 
rije  la    fnciliti  di  contrarre  nuove  infiainiuaziuui  nelle  parli 


Della  Infiammazione  35^ 

già  state  infiammate  ,  nasce  forse  da  una  certa  debolezza  , 
e  disposizione  ad  ulteriormente  dilatarsi  ,  che  i  vasi  acqui- 
stano dopo  aver  già  sofferto  in  altra  flogosi  siffatta  dilata- 
zione .  E  per  maggiormente  corroborare  1'  esposta  dottrina 
aggiunge  il  sig.  Pistelli  aver  egli  le  otto  ,  e  le  dieci  volte 
veduto  assalire  da  pleuritidi  alcuni  istessi  indivi'lu'i  ,  ed 
averli  altrettante  volte  perfettamente  sanati  col  replicato 
salasso,  e  con  un' interno  metodo  antiflogistico.  Finalìiiente 
non  da  altra  cagione,  se  non  che  da  contrattilità  difettiva  , 
asserisce  il  nos-tro  Clinico  doversi  ripetere  il  carattere  pia 
lento  ,  più  ostinato  ,  e  refrattario  della  infiammazione  n^  gli 
individui  di  fibra  floscia  ,  e  rilasciata  ,  quali  sono  i  molli 
cittadini  ,  gli  scorbutici  ,  gli  idropici  ,  gli  scrofolosi  ,  ec.  di 
quello  sia  l' infiammazione  ,  quantunque  più  imponente,  ed 
orgogliosa  ,  che  nei  giovani ,  nelle  persone  molto  attive  ,  nei 
contadini  sviluppasi  ,  in  tutti  quelli  in  somma  di  fibra  mol- 
to contrattile  . 

Non  pago  il  nostro  ingegnoso  A.  di  aver  creduto  col  fiqj 
qui  espost©  riconoscere  la  cagion  prossima  della  flogosi  in 
un  difetto  di  contrattilità  ,  si  sfor/.a  di  accumular  nuove 
prove  ,  onde  chiuder  1'  adito  a  qualunque  opposizione  ,  e  sì 
impegna  a  trarne  argomento  nell'  esame  dello  stato  patologi- 
co,  in  cui  trovasi  la  parte  affetta  da  infiammazione.  Una 
dei  le  circostanze  annesse  a  questo  stito  si  è  la  somma  dif- 
ficoltà ,  che  hanno  le  parti  infiammate  a  contrarsi  ,  come 
il  conferma  la  vescica  orinarla  ,  ed  il  cuore  nella  cistilide  , 
e  nella  carditide  ,  la  niuna  ,  o  assai  debole  contrazione  di  un 
muscolo  infiammato,  sebbene  incitata  ad  agire,  il  maggior  volu- 
me degli  intestini  infiammati.  Siffatta  dilataziouo  ,  ed  ingran- 
dimento di  volume  nelle  parti,  o  visceri  infiammati  venne' 
già  colla  scorta  delle  anatomiche  dissezioni  enunciata  da  Wan' 
iàwieten  ,  da  Stgll  ,  e  da  Mascagni ,  l'ultimo  dei  quali  de- 
pone aver  nelle  sue  injezionl  rinvenuto  maggiori  del  duplo,- 


36o  Scienze 

triplo,  e  quadruplo  ancora  delle  altre  parli  i  vasi  sanguiyoi 
delle  parti  infiammale  ;  di  modocliò  in  tal  foggia  dilatale  ve- 
nivano ad  ammettere  quattro  linee  ,  e  più  .incora  di  globelli  , 
laddove  nello  slato  di  salute  non  ne  riceveano,  che  una  so- 
la linea  . 

Si  rivolge  quindi  il  sig.   Pislelli  alla  esuberanza,  e  raduno 
degli   umori  segregati  nelle  parti   infiammate    per    dichiarare 
dillettiva  su  queste  la  contrattilità.  Riflette  a  tal  uopo,  che 
ia   maggior  dilatazione  dei  pori  inorganici  dei  vasi  sanguigni 
nelle  parti  afFelle  da  flogosi  accusa  un  rilasciamento  ,  e  tor- 
pidezza   nei    sorbenti ,    Aderendo    alle    osservazioni   di    Crni- 
kshank,   di  Assali  ni ,  des  Jenettes  ,   Mascagni,  ec.  riflette  al- 
tresì, che  siccome  l'azione  dei    linfatici  si  appalesa  più  ;:t- 
tiva  sotto  qaelle  cirscostanze  ,   che  o  direttaments  o  indiret- 
tamenle  favoriscono  nella  fibra  il  mutuo  ravvicinamento  del- 
le sue  componenti   molecole,  ossia  la  sua  contrattilità ,   quali 
sono  p.  e.   la  pressione    meccanica,   l'azione    del    freddo,   e 
degli  astringenti  ,    la  sincope  ,  il  timore  ,  e  tutti  i  patemi  de- 
primenti ,  come  anche  1'  inedia  ,  ed  ogni    sorte    di    evacua- 
zione ;  cosi  ,  ravvisandosi  essa    difettiva  nelle  parti    attaccate 
da  flogosi  ,  dimostra    in  queste  un   opposto  stato  della   fibra. 
Questo  istesso  difetto  di   facoltà  contrattile  comprova  egli  col- 
la gangrena,  a  cui  talvolta   soggiacciono  i  luoghi  infiammali, 
ed  in  cui    ravvisar    gli  sembra  i  caratteri    della    total   ninn- 
can/.a  di  reazione  della  fibra  ,  e  della    sua  somma  incontrat- 
tilltà  . 

Egli  è  però  assai  difficile  (  come  già  scrisse  n  buon  di- 
ritto uno  dei  più  valenti  letterati  dei  nostri  tempi  )  ,  per 
non  dire  impossibile  ,  che  le  mediche  teorie  siano  sempre 
sostenute  da  una  scrupolosa  analisi ,  e  e  da  un  ragionamen- 
to logico  esattissimo.  Coli' appoggio  dì  tal  verilà  ci  auguria- 
mo ,  che  voglia  l'illustre  A.  prendere  ia  buon  senso  le  obje- 
lioni  sparse    ia  quesl'  esame  della    sua    fatica    itin.-raiia  ,.   la 


Della  Infiammazione.  36 1 

cjnale  ,  s<>])berie  a  basi  mal  ferme  appoggiata ,  e  necessitosa 
di  più  irrefragabiìi  prove  onde  ve<itii-o  la  forma  d'inaltera- 
bilità decorsa  non  cessa  perciò  di  lìiostrar'  al  pari  dell'  altre 
opere  del  medesimo  una  non  ordiii.uia  erudizione  ,  e  solti- 
gliezza  d'ingegno.  Onde  poi  attribuir  uon  ci  si  voglia  a  de- 
merito lo  scjniflinar  con  soverchio  rigore  il  merito  di  cias- 
chedaua  proposizione  ;  senza  perder  di  vista  I'  oggetto  prin- 
cipale di  ((uesta  teoria,  ci  asterremo  dall' aggiungere  molte 
riflessioiii  riguardo  alle  ragioni  ,  cbe  1'  A.  desume  dallo  scru- 
tinio delie  cause  più  ovvie  dell' infiammazione  ,  e  dall' esa- 
me  di  alcune  circostanze  annesse  allo  stato  patologico  delle 
parti  infiammate.  Lungi  perciò  dall' esporre  i  nostri  dubbj 
snll'  uniformità  di  anione,  e  di  efPcjito  ,  cbe  sembra  il  sig. 
Pistelli  accordare  allo  slimolo  ,  all'  irritazione  egualmente 
che  al  freddo  ,  alla  compressione  meccanica  ,  ed  agli  astrm- 
geuli  :  invece  di  consigliare  la  necessità  di  distinguere  Io 
stimolo  dalla  irritazione  ,  argomento  con  tanta  lode  trattato 
dal  eh.  Fanzago  nelle  sue  Ist'tuzioni  Patologiche,  senza  com- 
bettere  1'  altra  conchiusione  dello  stesso  sig.  Pistelli  ,  che 
l'effetto  cioè  dello  stimolo,  e  dall'irritazione  si  è  di  richia- 
mare ,  e  di  ritardire  nelle  parli  afì'ette  una  maggior  copia 
di  sangue  ;  ci  permetteremo  di  soggi iiugere  unicamente  ,  elle 
dalle  ragioni  dall'  A.  esposte  in  questi  due  ultimi  articoli 
ravvisiamo  la  contrattilità  diminuita  come  un'  effetto  ,  come 
una  conseguenza  della  flogosi  invece  di  poterla  riconoscere 
qual  cagione  prossima  di  questa  ,  come  vorrebbe  Egli  tener 
per  dimostrato.  Vagliano  in  confermi  di  ciò  le  sue  istes- 
se  parole  .  Leggiamo  alla  pig.  3o,  del  nom\i\:\lo  fascicoli)  3o. 
degli  annali  uni\'ersali  del  sig.  Oinodeì  la  proposizione 
del  n.A  che  l<t  flogosi  più  ardita  ,  più  precipitosa  ,  più  im- 
ponente sviluppasi  negli  individui  di  fibra  molto  contrattile 
come  i  giovani  ,  le  persone  esercitate  ,  e  simili  ,  aggiun- 
gendo nella  noia    3J,    in  grazia  del    maggiore  sforzo ,  cito 


362  Scienze 

soffre  la  fibra  :  .  .  Dunque  lo  sforzo  precede  al  difetto  di  eoa-' 
trattililS,    la  quale  va  poi  a  dimiiiHÌrsi    dopo  lo  sforzo  :  dun- 
que   procede  l'esaltamento    della    vitalità,   1'  aumento    della 
proiezione  circolatoria  ,  dunque  la  contrattilità  difettiva  (  fe- 
nomeno ,    che    posterioramente    sussiegue  )    non    ò    la   cagion 
prima  ,  la    cagion    prossima  della  fiogosi  .    Vagliano  altresì  le 
riflessioni  già    di   sopra  esposte,  alle  quali   rimettiamo   ino- 
stri   Leggitori  ,   potendosi    quelle    agevolmente    applicare    al 
caso  presente  .   Ed    in    infatti  ,   se    conceder   togliamo  ,    clic 
r  aumento  ,    ed  il    raduno  degli   umori  segregati   nelle   parti 
infiammate   dipender  possa  da   contrattilità     difettiva  per   un 
rilasciamento  dei  sorbenti  ,  non   ridonda  ciò  nort  ostante   qne- 
to  fatto  in   favore  della  contrattilità     difettiva     come    cagion 
prossima    della   fiogosi  j  giacché  1'  insufficenza  ,   o  difetto    di 
questa  contratlilìlà   viene  ad    aver   lungo    dopo    lo    sviluppo 
già   incominciato  della  fiogosi  di  cui  va  ad  esporre  un' elK;llo  ^ 
il  quale  essendo  dalla  causa  diversissimo  ,    non  dee   con    que- 
sta  confondersi  .  «  In  proxiuiis  vf;ro  (  cioè  nella  cagioni  pros- 
sime ,    son    parole   del  prelodalo  Prof.  Fnnzago  1.    clt.    voi    ii. 
c<^  pag.    i5.  5.    46-  )  coiiditiones  illre   omnes  numerantur  ,  quse' 
"  (jnotios  coeunt,  totiea  morlem  stalim  gignunt,  qusnque  num- 
cc   •.^naiii  prò  morljosis  elfectibus  h;ib<.'od;i'^  suut ,  ncque  cum  iis 
«  coni'undendje .   « 

Adduconsi  finalmente  jjfr  più  coiivenientc  conl'erma  della 
verità  dell'esposta  teoria  i  vantaggi  del  salasso,  come  ri- 
Hiedio  il  più  opportuno  per  vincere  la  fiogosi  ,  e  se  ne  ri- 
chiama dall'  A.  contemporaneamente  ad  esame  la  cagione 
dei  profitto  .  Giova  infatti  (  Egli  dice  )  nel  primo  caso  col 
diminuire  ,  o  divertire  il  concorso  del  smgue  dalla  parte 
minacciata  di  flognsi  in  occasione  di  lerite  ,  contusioni  ,  di- 
strazioni ,  punline  ,  pc,  non  piacendo  all'  A.  soscriversi 
al  parere  dì  ■[•v-i  ,  cIh;  giudicano  proficuo  il  salasso  in  grazia 
soltanto  della  uiiuiuuiione  delio  stimolo  ,  e  dell'  abbassamento, 


Della  Infla.mmazione  .  563 

elle    ne  deriva    all'eccitamento,   e  diatesi    stenica  .   Laddove 
nella  cura    de'U  flogosi    ritiene    egli  giovevole   il  salasso    ia 
virtù  dello  Svuotamento  meccanico  della  parte  infiammata , 
e  dove    noa  possa  quello    direttamente    celebrarsi    né    essere 
da  altre  locali  detrazioni  supplito  ,  non  esita  punio  a    spin- 
ger tant' oltre  1' esuberanza  ,  ed   il    numero  dei   salassi,  cosic- 
ché a  ridur  venyasi  la  macchina  in  uno  stato  non    salo  di   rea- 
le spossatezza  ,    ma  d'  inaaÌ7.ione  ancora  appoggiando    il   suo 
parere  alla   grave  autorità  di   Monleggia  ,    il    quale    con  tali 
condizioni  li  consiglia   nelle   tramantiche  infiammazioni  della 
testa  ,  del  petto,  dell'addome  .    Né  dubita  ancora  (  sebbene, 
per  quanto  ci  sembra  ,   senza  molta  necessità   per  il   suo  as- 
sunto   )  dichiarare  indispensabile  il   salasso    nel   trattamento 
delle  infiammazioni  sviluppale  in  soggetti  deboli  ,    cachettici  , 
o  insorte  perfino    in  quegli   i stessi  individui  che  per  prece- 
dute    evacuazioni ,  e  perdite   profusissime  furono   per    in- 
nanzi  ridotti    a^li  estremi  della    vita   avvalorando    nuova- 
mente queste    sue    espressioni    colla  testimonianza    di     Mon- 
teggia ,    e   colla    sua  propria    esperienza.   Ma   in  proposito  di 
quest'ultima    sarebbesi  bramato,    che   il  sig.    Pistdli  in    tal' 
incontro     si  fosse   diffusamente    impegnato  nel  descriverci  al- 
meno in  parte    quel  suo  copioso  drappello   di  pleuritici  al- 
tronde cachettici  ,  decrepiti,  consunti  dalle  faticJie,   e  dal- 
ia stento   guariti  con  replicati  salassi  .   Giacché  se  grande  fu  1' 
ammirazione  di  quel  suo  volgo  ignorante  ,   che  paventava  im- 
minente la  morte  dei  suoi  infermi   alla  prima  apertura  della 
vena  5    maggiore  sarebbe   stata   la  istruzione  di  alcuni   Pirro- 
nisti ,  i   quali  objettano  tuttavia  il   funesto   drappello  di  con- 
seguenze che    sogliono  d' ordinario  in  tali    casi  svilupparsi  , 
ove  pronta   non  succeda  la  morte  ,    ma    bensì  un'apparente, 
imperfetta,   e    fugace  guarigione.    Né  basta   il   ragionar  del 
n.    A.    sulla  identità    della  cagion    prossima    della  flogosi    all' 
epoca   del    suo  primo    «vilupp»)  .   e  dei  suecessivi  ai.i:<GcJti  i» 


364  Scienze 

uno  stesso  individuo;  non  essendo,  la  malattìa,  ma  il  ma- 
lato, che  deve  determinare  le  condizioni  de!  medicare  .  E 
perciò  chiunque  abbia  attinta  (  come  s.iviameute  dice  il  i^ro- 
fondo,  e  sagace  scrittore  Alibert  )  tutta  la  dignità  delh  sin 
professione  non  sarà  mai  per  trattare  in  un  modo  «iss  -iti- 
tamente  identico  due  individui  colpiti  dalla  medesima  aiie- 
zione,  né  mai  sarà  per  obliare  che  le  forze  vitali  dell'  orga- 
nismo animale  non  sono  soggette  all»^  leggi  delle  mediche 
teorie  . 

Formo  altresì  l'A.  nella  sue  ipotesi  è  di  parere  ,  che 
la  cagione  immediala  del  proQtto  ,  che  il  salasso  arreca  nella 
cura  delle  infiammazioni  debba  riporsi  nel  mutuo  ravvici- 
namento ,  che  si  viene  a  procurare  colle  sottrazioni  sanguigne 
nelle  molecole  della  fibra  ,  e  nel  favorirsi  perciò  il  rinvi- 
gorimento della  contrattilità  istessa  .  Varie  sono  le  prove  ,  col- 
le quali  intende  dichiarar  dimostrata  la  sua  opinione  ,  e  tut- 
te riduconsi  specialmente  a  consigliar  (  nelle  circostanze, 
in  cui  non  possono  le  parti  infiammate  salassarsi  diretta- 
mente come  nelle  forti  inHammazioni  interne  )  abbondanti 
deplezioni  ,  ed  a  preferirle  piuttosto  (  coli'  appoggio  della 
sua  esperienza  )  protratte  fino  al  deliquio  an/.icliè  istituir- 
le a  riprese,  e  dove  il  sangue  esca  a  stento.  Inoltre  secon- 
do i  principi  stabiliti  dall'A.  si  viene  a  fissare  dietro  l'au- 
torità di  Frank  il  vSeuiore  per  misura  del  salasso  nella  cu- 
ra delle  infiammazioni  il  carattere  grave  ,  ed  i  tsistcnte  dei 
sintomi  organici  ,  o  nosologico  ,  i  quali  dipendono  dall'in- 
gorgo del  sangue  nei  vasi  delle  parti  effelte  j  non  dovea* 
dosi ,  all'  incontro  prender  norma  dalle  forze  del  polso  ,  dal- 
lo stato  cioò  della  costituzione  universale  .  Sotto  il  medesimo 
punto  di  vista  ,  di  favorire  cioè  la  contrattilità  nei  vasi  del- 
la parte  infiammata  ,  considera  egli  al  pari  dei  salassi  1'  azio- 
ne di  altri  mezzi  soliti  comunemente  a  prescriversi  in  ta- 
li emergenze,  come  la  rigorosa  dieta  ,  gli  emetici  ,  i  pTirganti, 


Dilla  Infiammazione  .  5(55 

i   cUafoteiici,  i    bagni,  le    tiepide  ferineatazionì  ,  gli    epis- 
pastici  . 

Ma  innanzi  di  progredir  più  oltre  non  possiamo  a  meno 
di  non  rilevare  che  siffatta  opinione  dell' A.  decorata  dal- 
la «unzione  di  un  uomo,  la  di  cui  autorità  è  così  po- 
terne in  materia  di  clinica  osservazione  ,  qual  si  è  il  eh. 
Cousi-liere  Frank ,  soffre  un  fortissimo  ostacolo  per  parte 
del  medesimo  Frank ,  il  quale  nel!'  istesso  paragrafo  (j)  , 
donde  il  Sig.  Pistelli  ha  tratto  per  se  il  documento,  av- 
verte: Pa/z/,/i  interest,  quo  denium  ex  bracino  cruor  mit- 
tatar ,  dumniodo  hic  ipse  cani  linpetu  sai  mullus ,  non  ta- 
nien  ad  Lypotimiam  usque  prosiliat  .  .  .  Vencesectionum 
numerus,  sanguinisque  detrahendi  quantitas  violentice  ijior- 
hl,  epidemie  nalurcB ,  tempori ,  quo  instimi  illcB  ceperunt , 
temperamento ,  estati  ,  sexui  ,  viribus  ,  ac  demum  ipsi  1m~ 
jus  auxilii  cjectui  correspondeant  oportet .  Paucce  sub  ipso 
morbi  principio  institutce  vencesectiones  non  raro  morbum 
promptissime  divertunt  ;  sed  (  ed  ecco  come  sembra  do- 
versi conciliare  ,  ed  intendere  il  passo  riferito  dal  Sig.  Pi- 
stelli )  plurimum  jam  infurcto  pulmone  (  cioè  ,  ove  1'  in- 
gorgo nella  parte  affetta  sia  oltremodo  accresciuto;  ove  il 
salasso  o  salassi  non  siansi  a  tempo  debito  istituiti,  ma  siasi  di- 
sprezzata nel  suo  principio  la  cura  della  infiammazione  :  allora 
egli  è  ,  che  )  nisi  plurimus  sanguis  andacter  mittatur ,  cer- 
te vel  mortis,  vel  non  fere  minus  lethalis  suppurationis 
exitus  pericula  instant.  „  £  per  tal  ragione  conviene  op- 
portunamente ciocché  qui  appresso  soggiunse  Frank,  e  che 
dal  Sig.  Pistelli  riferito  senza  le  antecedenti  parole  variava 
assai  molto  di  peso,  cioè  Djspna^ce ,  anhelationis  ,  angu- 
sti fa  ,'dolo-isque:  non  pulsus ,  hic  potissimum  habenda  est 
ratio  .  .   .   con  quei  che  siegue   .   Che  se  poi  alla    sperienzà 


(i)  §.  198.  Tom.   IL  F.pit. 


566  Scienze 

del  Sìg.  PislelH  sul  merito  del  salasso  ari  animi  deli(]uium 
giovasse  1'  opporre  la  voce  di  altra  esperienza  ;  qual  più  in- 
genua ,  filosofica  ,  ippocratici  potrei  conlraporne  di  quella  del 
Gelmetti  confermata  dal  Moscati ,  e  seguita  con  sempre  co- 
stanti,  e  felici  risultanze  da  Brera  (i),  di  quella  del  eh.  de 
Mattheys  saggiamente  descrittaci  alla  X.  Istoria  del  ce  Ra- 
ce tio  Instiluiti  clinici  Romani ,  ec.  »  di  valersi  cioè  delle  leg- 
gere emissioni  di  sangue  da  ripetersi  fra  lo  spazio  di  po- 
che ore  qualora  il  bisugoo  Io  richiegga  ?  Al  favore  di  que- 
ste testimonianze  luminose  concorrono  ancora  le  circostaa- 
ze  svantaggiose  ,  e  spesso  funeste  ,  che  disgiunte  non  so- 
gliono andare  dalla  pratica  dei  salassi  ad  animi  deliquium  , 
quali  sono  la  trasmigrazione  di  dialesi,  o  il  difetto  delle 
opportune  forze  ,  o  la  seguela  di  nuove  forme  morbose  , 
come  idropisie  ,  cachessie  ,   itterizie    ec. 

Onde  poi  non  accordare  una  maggior  estensione  a  que- 
st'  Articolo  già  divenuto  prolisso  ,  lascieremo  di  rilevare  la 
convenienza  maggiore  degli  emetici ,  o  purganti  nella  cura 
delle  infiammazioni  ,  allorquando  siano  queste  associate  a 
gastriche  irritazioni  :  1'  opport\mità  piìi  lodevole  dell'  uso  de- 
gli epispaslici  dopo  I'  abbassamento  della  diatesi  per  evita- 
re il  danno  dell' anmento  della  flogosi ,  e  del  maggior  esal- 
tamento della  dialesi  universale ,  e  per  conseguire  il  van- 
taggio di  rimuovere  allora  la  condizione  degli  effetti  del- 
la flogosi  ,  di  favorire  1'  assorbimento  ,  o  di  perturbare  ezian- 
dio con  un'artificiale  antagonismo  il  processo  morboso  della 
parte  affetta  ,  e  cosi  togliere  le  reliquie  della  morbosa  con- 
dizione locale  .  E  qui  a  torlo  sembra  querriirsi  1'  A.  dei 
moderni,  i  quali  a  par  di  lui  ripiijudano  vantaggiosi  ì  ve- 
scicatorj    nelle  infiammazioni  ,    come   fra    gli  altri   lo  depone 


(i)  Annetazioni  Medico  -pratiche  Voi.  II.  §  CXLIV    pag.  5+. 
net.  z. 


Della  Infiammazione.  267 

Tribcrtì  (i),  e  non  già  nocivi  come  egli  asserisce  .  Ma  su 
di  ciò  merita  di  esser  letta  la  sesta  nota  assai  giudiziosa  dell' 
abile  dottor  Puccinotli  annessa  ad  un'  epistola  medica  ine- 
dita dì  Baglivi  ,  che  forma  il  soggetto  di  una  lettera  diretta 
all'eruditissimo  Sig.  Acerbi  Direttore  della  Biblioteca  Italia- 
na ,  ed  inserita  nel  Fascicolo  ^i  dì  questa  per  il  mese  di 
mriggio  del  corrente  Anno.  Lascieremo  altresì  di  rilevare, 
se  realmente  convengano  nel  trattamento  curativo  della  in- 
fiammazione tutti  gli  altri  agenti  ,  che  1'  A.  in  virtìi  della 
propria  ,  ed  altrui  esperienza  riguarda  utili  nella  cura  del- 
le flogosi  di  qualsiasi  genere  ,  e  grado  ,  come  il  freddo  ,  e 
le  sostanze  saline,  e  gli  acidi  di  ogni  specie,  e  gli  ossi- 
di ,  e  la  graduala  compressione  meccanica  ,  e  gli  spiritosi , 
ed  altri  .  Sostanze  tutte  son  desse  ,  che  secondo  il  Sig. 
Pistelli ,  posseggono  più  o  meno  o  univer.salmentte  o  spe- 
cificamente la  facoltà  di  ravvicinare  i  mutui  contatti  del- 
la fibra  ,  ossia  la  facoltà  astringente  ,  in  grazia  della  qua- 
le esclusivamente  ,  e  non  di  altra  qualsiasi  ritiene  e%li 
per  fermo  ,  che  vincasi  da  esse  la  flogosi  non  essendove- 
ne  a  dir  suo  veruna  fra  quelle  sostanze  ,  che  tal  facoltà 
non  goda  ,  o  che  possieda  una  virtù  costantemente  op- 
posta .  Invitiamo  bensì  i  nostri  leggitori  a  gustare  1'  origi- 
nale ubertoso  complesso  di  prove  ,  che  il  n.  A.  riunisce 
a  fin  di  corroborare  questa  sua  ultima  testé  enunciata  pro- 
posizione non  essendo  quelle  suscettibili  di  esser  compen- 
diate senza  letteralmente  riferirle  per  intiero  e  senza  ag- 
£^i ungervi  qualche  ragionevole  opposizione  ,  da  cui  se  non 
jjQssono  andare  immuni  tutte  le  produzioni  degli  uomini  , 
assai  meno  lo  possono  alcuni  medici-argomenti  soliti  ad 
esser'  invasi  e  dibattuti  dal  rapido ,  e  tumultoso  avvicen- 
darsi   delle    teorie . 

(i)  Bibl.  Ital.  di  Milano  fascic.  So.  pag.  3^3. 


568  Scienze 

Tale  si  è  lo  spirito  di  f|iiosta  disserta/.tone  dell'  ac- 
curato ,  ed  illustre  Si^.  Pistelli  ,  colla  qnale  intende  Egli 
aver  dimostrato  ,  clie  nel  difetto  di  contrattilità  in  qualche 
parte  del  sistema  sanguifero  consiste  V  essenza  ,  e  la  ca- 
gion  prima  delV infiammazione  medesima,,. 

Auguriamo  poi  al  prelod.  Autore  che  voglia  ciascu- 
no dimeuticarsì  di  aver  già  gustate  le  idee  della  sua  teo- 
ria presso  qualche  altro  scrittore  ,  e  che  tutti  perciò  tra- 
vinsi in  grado  di  usare  seco  lui  un  atto  di  generosa  con- 
discendenza nel!'  accordargli  il  merito  di  quella  novilh , 
che  nel  proemio  della  sua  Dissertazione  sembra  aver  es- 
presso con  piacere  asserendo ,  tentar  nuovi  passi  ,  istituir 
nuove  ricerche  onde  riempire ,  se  jia  possibile  ,  questo 
t'oto  nella  scienza  patologica  . 


3GC, 


analisi  di  alcuni  minerali.  Memoria  del  Sig.  BerTelius  (l), 
Estratto  . 


L 


e  analisi  che  il  Sig.  Berzelius  va  «onlinuamente  istittien- 
do  sopra  diverse  sostanze  minerali  ,  e  delle  quali  ha  di  già 
fanto  arricchito  la  mineralogìa  ,  non  possono  non  risvegliare 
r  attenzione  di  quelli  che  coltivano  questa  scienza  .  Ci  af- 
frettiamo perciò  a  riportare  i  risultati  di  quelle  che  ha  ul- 
timamente intrapreso  sulla  Tfawellite,  sul  piombo  gomma, 
sulla  Cretonite  ,  sulV  Euclasia ,  sulla  Giallamina  della  mon- 
tagna vecchia  presso  Limbourg  ,  sulla  pirite  bianca ,  sulV 
Uranite  d'  Autun  ,  e  sul  fosfato  di  manganese  di  Limoges  . 

/.    Wawellite . 

Il  celebre  Onofrio  Davy  fu  il  primo  ad  esaminare  que- 
to  mineiale  .  Egli  vi  trovò  ^o.  p.  e.  d' alumina  ,  e  3o  p.  e. 
d'  acqua  ,  che  conteneva  le  tracce  di  un'  acido  ,  il  quale 
non  aveva  caratteri  ben  distinti  degli  altri  acidi  conosciuti. 
Qn.dche  tempo  dopo  fu  annunziato  che  nella  Wawellite  si 
trovavano  qualche  volta  i  segui  dell'  acido  fluorico  che  vi  era 
però  accidentalmente  mescolato  .  In  seguito  di  alcune  spe- 
rienze  fatte  dall'  A.  divenne  sempre  più  probabile  la  pre- 
senza di  quest'  acido  .  Ma  avendosi  egli  procurato  V  anno 
scorso,  mentre  era  in  Inghilterra ,  una  maggior  quantità  di 
Wawellite ,  ne  intraprese  un'analisi  esatta  ,  la  quale  non 
s;)lo  gli  confermò  l'esistenza  dell'acido  fluorico,  ma  gli  fe- 
re scoprire  anche  quella  dell'  acido  fosforico  oltre  una  pic- 
cola   quantità  di  calce  ,  e  di  ossidi  di  manganese,  e  di  fer- 


ri)  (  .uiriaJ.  (!e  cliim.  et  pliys.)  Settembre  li^tij. 
G.    A.  To    IV.  24 


570  Scienze 

ro  .   Le^  proporzioni  di  tutte  (queste  sostanze  sono  coma  sìe- 
gue. 

Aliimina 35  .    35   • 

Acido    fosforico 33  .  4°  • 

Acido  fluorico ,     .     .  2  .  o6  . 

Calce o  .   5o  . 

Ossidi   di   ferro  e   di    manganese     .     ,     .     .     .  i  .  5o  . 

Acqua       .      .      , ,     .     .  26  .  80  . 

99  .  36  , 
Dietro  questi  risultati  conchiude  1'  A.  ce  t,a  Wawel- 
cc  lite  dcv'  eSsere  considerata  come  uà  s.'^le  doppio  con  una 
ce  base  ,  e  due  acidi  ?  Sarebbe  dunque  probabilmente  cont- 
ee posta  di  12,  atonù  di  sotto  fosfato  sopra  uno  di  fluato  . 
ce  AJa  nello  stato  attuale  delle  nostre  cognizioni  si  farà  for- 
ce se  meglio  di  considerarla  Come  un  miscuglio  dei  due  sa- 
ee  li  ,  lantoplvi  che  si  sa  che  piccole  quantità  di  fluato  di 
ce  calce  accompagnano  il  fosfato  di  questa  base  tanto  nel 
ce  regno  minerale  ,  che  nei  due  regni  organici  ,  e  che  per 
ce  una  ragione  analoga  questi  due  acidi  possono- trovarsi  me- 
<c  scolati  anche  nella  loro  conibinazione  coli'  alumina  . 

//.  Piombo  goniììia 
Analoga  alla  Wawellite  è  slata  considerata  questa  so- 
stanza ,  nella  quale  si  era  trovalo  alumina ,  actjua  ,  e  os- 
sido di  piombo  .  La  medesima  fu  rinvenuta  a  Huelgoaet  ,  e 
per  la  sua  somiglianza  colla  gomma  t;bbe  il  nome  dì  piombo 
gomma  ,  Secondo  un'  analisi  fatta  da  un  incognito  essa  con- 
teneva : 

Acqua  e  acido  solforoso 16.   7. 

Silice 1.0. 

Ossido  di  piombo \     .   ' .     y     .      34  .  3  . 

Alumiaa     .      .     :      .      , ^B  .   o  » 

Qualche  traccia  di  ferro  e  di  fosfato  di  piombo  . 


Analisi  di  alc.  Minerali.  371 

Berzelìus  per  altro  avendone  ricevuto  in  dono  da  Gil- 
let  Laumont  una  piccola  quantità  ,  ed  avendola  sottoposta 
all'  analisi ,  ne  ha  ottenuto  i  seguenti  risultati . 

Ossido   di    piombo 4^  *    ^4  - 

Alumina 3j  .  00  . 

Acqua      .      , I     •      •       i8    .   80  . 

Acido  solforoso     , .     .     o  .   20  . 

Calce,  ossidi    di   ferro  e  dì  manganese        .      '     •      1   .   80  . 
Silice     .     .     .     .     # ,      .     o  .  60  . 

98   .  54  . 

Questo  minerale  presenta  il  primo  esempio  ,  dice  1'  A, 
d'  un  solfìto  in  un  terreno  non  vulcanico  ,  Sembra  che  nel- 
la formazione  di  questa  combinazione  abbia  avuto  luogo 
uno  sviluppo  di  gas  acido  solforoso ,  il  quale  sia  stato  as- 
sorbito dalle  due  basi  a  diverse  epoche  in  quantità  varia- 
bili j  perchè  se  si  metta  il  piombo  gomma  nell'  acido  ni- 
trico caldo  ,  si  vede  sulla  sua  frattura  transversale  eh'  esso 
è  formato  di  strati  concentrici,  il  di  cui  colore  volge  al 
bianco  di  latte  con  un'jnteqsità  ineguale  per  la  quantit^i 
variabile  di    solfato  di    piombo    che  si  forma  . 

Il  piombo  gomuia  è  dunque  un  aluminiato  di  piom- 
bo con  acqua  di  combinazione ,  e  la  sua  composizione  non 
è  punto  analoga  a  quella  della  Wawellito  .  Esso  deve  ave- 
re il  suo  luogo  nel  sistema  chimico  di  mineralogia  fra 
quelle  sostanze,  che  formano  la  famiglia  del  piombo  j 
ed  il  suo  nome  sistematico  sar^  ,  secondo  lo  spirito  della 
nomenclatura  di   Hauy  piombo  aluminiato  . 

III.   Cietonite 

Questo  minerale  è  stato  descritto  per  la  prima  volta 
dal  G.  di  Bournon  .  Cordìer  l'  ha  sottoposto  ad  un'  esaoie 
particolare ,  ed  in  uno  degli  ultimi  numeri  degli  annali  delie 

24* 


372  S  e  I  E  N  Z  K 

miniere  ha  pubblicalo  la  descrizione  de"  suoi  caratteri  esterni  . 
Credevasi  ,  che  questo  minerale  contenesse  la  circonia  .  Gii- 
let  de  Laumont  ne  donò  alcuni  saggi  all' A.  perchè  verificasse 
quest'  opinione  .  Nel  fondere  egli  la  cretonile  col  sale  mi- 
crocosmico alla  lampada  fino  a  tanto  che  la  massa  fosse  con- 
vertita in  un  globetto  trasparente  ,  osservò  che  mentre  si 
raffreddava  ,  dopo  avere  quasi  interan>ente  perduto  il  color 
verde  ,  ne  prese  un'  altro  rosso  di  sangue  tendente  al  giallo  , 
il  quale  giunse  al  suo  massimo  allorché  il  globetto  fu  intera- 
mente raffreddato  .  Questo  è  un  carattere  proprio  dei  mine- 
rali ,  che  contengono  il  ferro  combinato  coli' acido  tungstico  , 
o  coli'  ossido  di  titano  ,  Aggiungendovi  una  particella  di 
stagno  metallico  ,  e  fondendo  di  nuovo  il  globetto  ,  esso  prese 
il  colore  di  porpora,  che  caratterizza  1' ossidulo  di  titano. 
Dopo  questi  saggi  passò  1'  A.  all'  analisi  .  Ridotta  la  cre- 
tonitein  polvere  ,  la  fece  stare  per  24-  ore  in  digestione  nell' 
acido  muriatico  ,  e  con  questo  mezzo  ne  separò  la  silice  . 
Il  liquido  dopo  essere  stato  neutralizzato  dall'  ammoniaca  ,  fiì 
trattato  coli' ossalato  di  quest'alcali:  il  precipitato  ottenuto  la- 
vato ed  asciugato  era  bianco  ,  e  presentava  tutt'  i  caratteri 
dell'ossido  di  titano  .  Siccome  si  era  1'  A.  avveduto  che  il 
liquido  conteneva  del  ferro  allo  stato  di  ossidulo  ,  lo  me- 
scolò coli'  acido  nitrico  ,  e  lo  fece  bollire  alcuni  momenti  ; 
dopo  di  che  Io  precipitò  coli'  ammoniaca  .  Il  precipitato  ave- 
va tutt  i  caratteri  dell'  ossido  di  ferro ,  sebbene  contenesse  an- 
cora qualche  traccia  di  ossido  di  titano  .  Un  accidente  sopiav- 
venuto  impedì  all'  A.  di  continuare  le  sperienze  ,  che  ave- 
va incominciato  per  esaminare  la  purezza  delle  sostanze  ot- 
tenute ;  e  siccome  questo  minerale  è  talmente  raro  ,  che 
non  se  n'  è  potuto  procurare  una  nuova  porzione  ,  ha  cre- 
duto di  pubblicare  queste  sperienze  malgrado  lo  stato  d'im- 
perfezione in  cui  si  trovano  ,  poiché  serviranno  sempre  , 
cosi  egli  dice  ,    ad   indicare  ,  che    la    Cretonite  deve    avere 


Analisi  di  Alc.  Minerali  .  373 

il  suo    posto  nel  sistema  di  mineralogia  fra  i  ferri   titanatì. 

//^.   Euclasia 

Avendo  1'  autore  ricevuto  un  saggio  di  questa  pietra 
rara  dal  Sig.  de  Souza  antico  incaricato  della  corte  di  Li- 
sbona ,  lo  ha  sagrificalo  ad  una  sperienza  analìtica  ,  la  qua- 
le gli  ha  fatto  conoscere  essere  1'  Euclasia  composta  di  sili- 
ce ,  alumina,  glucina  ,  ossido  di  ferro,  e  ossido  di  stagno" 
in  queste  proporzioni  ,  cioè  , 

Silice        43  .  2ÌÌ   . 

Alumina ,      .      .      ,      .    3o  .    55   . 

Glucina 21.   78. 

Ossido  di  ferro a  .   22  . 

Ossido    di    stagno 0.00. 

98  .  47  . 
/^.   Giallamina  della  montagna    vecchia 
presso    Limbourg 
Smithson    ci    ha    fatto    conoscere  la  composizione    del- 
le diverse  specie    di   giallamina  ;  ma  non  avendo  égli  deter- 
minato con  bastante  precisione  la  quantità  d'  acqua  nel    si- 
licato   di  zinco  ,  1' A.   ne  ha  intrapreso  di    nuovo  l'esame, 
di  cui  eccone  il  risultato  . 

Silice 24  .   894 

Ossido  di  zinco     ••....'....     66  .   836 

Acqua       ...,..., 7    .   460 

Acido    carbonico     . o  .   45o 

Ossidi    di    piombo ,  e  di  stagno o  .  3oo 


99  •  940 


VI.  pirite    bianca 


II  cel.  Haiiys  avendo  donato  all'  S .  un  saggio  di  que- 
sto minerale  ben  cristallizzato  ,  egli  lo  ha  sottoposto  all' 
analisi  ,  dalla  qmle  ha   ottenuto  le  seguenti    sostanze: 


o    . 

5Gi  . 

53  , 

.  35o  . 

o 

.  800  . 

574  Scienze 

Ferro       .      .     .     , 4^   1  3i4  • 

Manganese ,     .     .     .      . 

Zolfo 

Silice     . 

100  .  027  * 
A  questi  risultati  aggiunge  1'  A.  le  seguenti  osserva- 
zioni .  Ora  ,  egli  dice  ,  il  rapporto  del  ferro,  e  dello  zolfo 
in  questa  pirite  è  talmente  d'  accordo  col  risultato  calcola- 
lo per  la  pirite  ordinaria  ,  o  il  bisolfuro  di  ferro  (  ferro 
45  .  74  •  zolfo  54  .  a6  .  )  che  non  v'  è  alcuna  ragione  di 
considerarli  come  diversi  .  La  presenza  d'  una  traccia  di  bi- 
solfuro di  manganése  non  basterà  probabilmente  a  spiega- 
re la  differenza  della  forma  primitiva  fra  le  piriti  bianca  e 
gialla.  Il  risultato  dell'  analisi  della  pirite  bianca  dà  ,  è  vero  , 
quasi  uno  per  cento  di  zolfo  di  meno  del  risultato  calco- 
lato ;  ma  oltreché  ciò  accade  anche  colla  pirite  gialla  ,  que- 
sta circostanza  è  dovuta  alla  presenza  d'  una  certa  quanti- 
tà d'  ossido  di  ferro  mescolato  alla  pirite ,  come  si  trova 
in  quasi  tutti  i  minerali.  Eccone  la  prova  .  Ha  fatto  Egli  di- 
gerire la  pirite  neil'  acido  muriatico  coli' idea  di  scoprire  per 
mezzo  dell', odore  epatico  la  presenza  del  solfuro  al  mini- 
mum ,  ma  non  si  manifesiò  alcun' odore  j  al  contrario  l'aci- 
do si  colorì  fortemente  in  giallo  ,  e  dopo  averlo  decantato 
e  soprassaturato  di  Ammoniaca  lasciò  precipitare  un  poco  d' 
ossido  di  ferro  . 

Le  due  piriti  in  questione  presentano  dunque,  per  quan- 
to sembra  all'  A.  ,  una  nuova  eccezione  analoga  a  quella 
delle  due  forme  primitive  del  carbonato  di  calce  ,  la  di  cui 
causa  sia  chimica  sia  fisica  sarà  piìi  interessante  a  misura 
-ehe  sarà  difEcile  a  scoprirsi  , 

/Y/.   Uranile  d'  y4ulun 

Questo    minerale  è  stato    considerato  per  un  puro    os- 


Analisi  di  Alg.  Minerali  .  5;  5 

sìdo  giallo  di  Urano  .  Da  alcuae  sperienze  fatte  alla  latti- 
pada  si  era  avveduto  1'  A.  eh'  esso  conteneva  deli'  acqua  ;  e 
volendone  determinare  la  sua  quantità  ,  trovò  una  mancanza 
di  rapporto  fra  la  parte  non  volatile  ,  e  Y  acqua  .  Que- 
sta circostanza  lo  impegnò  ad  esaminare  con  attenzione  que- 
Sto  minerale:  trovò  allora,  ch'esso  era  una  combinazione 
di  calce  coli' ossido  giallo  d' Urano  e  col P  acqua  ,  ossia  un 
vero  uranato  di^  calce    con    acqua  di    combinazione  . 

L'  analisi   di  questa   sostanza   presentò    alP  A.    delle  dif- 
ficoltà   inaspettate  ,   poiché   i    mezzi  ordinarj    di  separarne  la 
calco  non  furono   sufficienti.    Dopo  molti    saggi,  nei    quali 
fece    uso  dell'  ammoniaca    caustica  ,    che  precipita    una   gran 
parte   della    c^lce    coli'  ossido  di  urano  ,    dell'  ossalato  e    del 
carbonaio   di    ammoniaca  ,    che   formano    un    ossalato    ed    utì. 
cdrbotìato  doppio  di    calce     e    d'  ossido  d'  Urano  ,  trovò  che 
questa  minerale  si  può    deconiporre  facilmente  tìeila  maniera 
seguente .   Si    tratta    al    fuoco   finché  divenga    rosso    per  scac- 
ciarne l'acqua;    si  scioglie  in    seguito    nell'acido    muriatica 
a   freddo  ;    si    diluisce    ÌI    liquida   concentrato   coli'  alcool  ,   si 
separa    la  soluzione   dalla   matrice  non  disclolta  ,   e  vi  si  ag- 
gninge    un  miscuglio   d'alcool    con    un   poco   d'acido    solfo- 
rico   concentrato.    Si    forma   del   gesso    che    si   precipita,   e 
che   si  lava  coli' alcool .   I    liquidi  spiritosi  si  mespolauo  col- 
r  acqua  ,  se  ne  svapora  1'  alcoo|  ,    e  si  prsqipita  1'  ossido  d'ura- 
no    coli' ammoniaca  .   Jl   liquido  che  resta  si  svapora  a  siccità  , 
si   riscalda    il  sale,   il  quale    lascia    per   residuo    Un  poco   di 
silice,   di  magnesia,   e  d'ossido  di    manganese  .  L'ossido  di 
Urano  precipitato  contiene  dell' ossido  di  stagna.    Ecco  il  ri- 
sultato di  Urta   delle  analisi   di  questo  minerale.- 


576  Scienze 

Calce 

Ossido    d' urano     .     .     , 

Acqua     

Ossido    di    stagno ,     , 

Silice    magnesia ,    ossido   di    manganese 
Matrice    insolubile 


.      6. 

78. 

72. 

i5. 

i5. 

70- 

0. 

75- 

.     0. 

8(». 

2. 

5o. 

98.  77- 


Vili.   Fosforo  di  manganese 
di  Limoges 

Noi  dobbiamo  la  conoscenza  della  qualità  dei  princìpi 
costitutivi  di  questo  minerale  alle  ricerche  del  signor  Vau- 
quelin  ;  ma  siccome  all'  epoca  ,  in  cui  iù  fatta  la  sua  ana- 
lisi ,  non  si  conosceva  ancora  1'  uso  del  succinato  di  am- 
moniaca per  separare  i  due  ossidi  metallici ,  il  risultato  che 
aveva  ottennio  non  era  d'accordo  colle  proporzioni  chimiche  , 
Per  questa  ragione  ha  voluto  l' A,  intraprenderne  di  nuovo 
1'  analisi  sopra  un  saggio  di  questo  minerale  ,  dovuto  alla 
generosità  del  signore  Haiiy .  Da  quest'  analisi  risulta,  eh" 
esso  è   composto  delle   seguenti   sostanze  : 

Acido    fosforico ,     .       32,   78. 

Ossidulo   di  manganese 32.  60. 

Ossidulo  di   ferro • 3i.   90. 

."Sotto -fosfato   di  calce 3.   20. 

100.   4^' 

Questi  due  ossiduli  ,  conchiude  1'  A.  ,  contengono  la 
stessa  quantità  di  ossigeno  ;  essi  formano  dunque  un  sale 
doppio  la  cui  base  è  la  medesima  della  Tantalite  di  Ki- 
mito  ,  e  della  Pyrosmalite  .  La  quantità  d'  acido  fosforico 
ottenuta  basterà  per  dare  un  fosfato  neutro  con  uno  degli 
ossidi  .  Il  sale  doppio  è  dunque  un  sotto  fosfato ,  in  cui 
1'  acido  è  combinato  con  una  qti.-mlità  dnppia  di  base  del 
sale  neutro ,  siccome   ha    luogo  nella    \Va\vellite  .    Vauquelin 


Analisi  di  Alc.  Minerali  .  377 

aveva  già  supposto  ,  che  questo  minerale  si  doveva  consi- 
derare per  un  fosfato  doppio.  Alcune  sperienze  fatte  da  d'  Ar- 
cet  figlio  sembravano  al  contrario  provare  ,  che  la  quan- 
tità del  ferro  vi  era  variabile  ,  e  che  i  saggi  d'  un  co- 
lore più  chiaro  ne  contenevano  solamente  delle  tracce .  L'A. 
ha  ripetuto  la  sua  analisi  sopra  un  saggio  di  un  colore  me- 
no scuro  del  primo  ;  ma  ha  trovato  che  il  rapporto  dei  prin- 
cipi costitutivi,  era  lo  stesso.  Le  sperienze  dunque  di  d'Ar- 
cet  ,  cosi  termina  1'  A.  ,  lasciano  presumere  ,  che  nel  me* 
desimo  luogo  vi  sia  tanto  il  sotto  -  fosfato  doppio  ,  che  il 
50tto- fosfato  di  manganese  senza  ferro,  o  «on  miscugli  poco 
considerabili  di  sotto  -  fosfato  doppio  . 


378 


mmtÈmà 


ARTI 


BELLE      ARTI 

L'  Eneide  di  f^irigilio  recata  in  versi  italiani  da  ^nni' 
baie  Caro  :  Tomo  I.  Roma  nella  Stamperia  De  Ro^ 
manis   1819.  fai.  figurato. 

Il  volgai-iziamentoi  della  Eneide  fatto  dal  Commendatore 
Annibale  Caro  ,  vissuto  in  Roma  nella  corte  magnifica  del 
Cardinal  Farnese  ,  è  una  delle  più  grandi  opere  di  cai  si 
dia  vanto  1'  italiana  letticratura  ,  Ed  è  gih  collocata  in  tale 
altezza  di  onore  ,  che  1'  uomo  non  può  più  lodarla  senza 
fare  cosa  soverchia  .  Ma  nel  mentre  che  tanti  libri  indegni 
d'  ogni  lode  sono  comparsi  al  mondo  in  belle  mostre  di 
pompe  tipografiche  ,  questo  solo  desiderava  ancora  chi  ac- 
compagnasse la  intrinseca  bellezza  con  quella  di  una  splen- 
dida e  vaga  edizione  .  Talché  può  dirsi  che  l'opera  del  Cara 
paresse  una  fanciulla  Vaghissima  ,  che  unta  per  aver  gale  da 
regina  ,  si  fosse  finora  coperta  d'umili  panni  ,  e  più  spesso 
ancora   di    poverissimi   cenci  . 

Ma  in  Roma  si  è  finalmente  vendicato  I'  onore  del  Card 
sotto  gli  auspici  di  S.  E.  la  Sig,  Duchessa  Elisabetta  di  De- 
vonshire  nata  Hervey ,  la  quale  ha  immaginato  e  fatto  ese- 
guire nella  tipografia  De  Roraanis  questo  nobile  lavoro  in 
modo  cos\  magnifico  ,  che  gli  amatori  delle  arti  ,  e  della 
lettere  italiane  hanno  a  rallegrarsi  d'  assai  ,  che  questa  ba- 
nemerita  ,  e  eulta  protcggitrice  degli  Artisti  ,  e  de'  Letterali 
abbia  lasciato    pec  alcun   tempo   il  Tarexi^'i  ,  e  le    giovi  e  le 


L'  Eneide  di  Virgilio  Fig.  079 

piaccia  il  beato  oliala  d'  Italia  :  e  qui  nutra  1'  amor  suo  , 
e  la  sua  doltriua  nelle  arti  ,  ed  ajuti  gli  studj  ,  e  u,V  inge- 
gni   con   ogni  genere  di   munificenza  . 

Non  loderemo  la  caria  ,  i  caratteri  ,  e  1'  esecuzione  ti- 
pografica j  poiché  la  stamperia  d*l  Signor  De  Ronianìsha  dato 
altri  esempi  di  splendide  edizioni  ,  le  quali  già  raccomandano 
ai  posteri  il  ixome  di  questo  nostro  tipografo  .  Ma  due  qualità 
sovra  le  altre  rendono  preziosa  questa  edizione  ;  perciò  di  qué- 
8te    faremo   brevemente  parola  . 

La  prima  sia  l'emendazione:  la  quale  ognuno  sa  quanto 
nel  libro  del  Caro  fosse  desiderata:  e  sempre  inutilmente. 
Perchè  non  v'  ebbe  ancora  uno  stampatore  che  or  più  ed 
or  meno  non  lo  avesse  lacerato  ,  e  lordo  con  guastamenti  , 
e  brutture  d'  ogni  ragione.  Sicché  l'aver  posta  mano  a  Panar- 
lo ,  ed  a  purgarlo,  sì  vuole  numerare  tra  gli  atti  che  vengono 
da  spirito  di  carità  .  11  che  non  può  non  essere  grandemente 
lodato  da  lutti  i  generosi  animi  ,  e  da  quanti  Italiani  sono 
grati  alla  memoria  de'  loro  maestri  ;  veggendo  che  dopo 
duecento  quarant'  anni  (i)  non  si  è  negato  al  fine  a  questo 
Classico  il  suo  onore  ,  e  il  suo  diritto  :  l'onore  cioè  di  una 
ricca  edizione  ,  e  il  diritto  dì  una  lezione  emendata  ;  alla 
quale  per  le  premure  prese  anche  in  questo  dalla  chiarissima 
editrice  hanno  inteso  alcuni  de'  nostri  Letterati  .  Ma  cer- 
tamente chi  vorrà  per  1'  avvenire  curare  le  ristampe  del 
Caro  ,  dovrà  seguire  la  Romana  edizione  :  e  questa  dovrà 
citarsi  da  chi  ampliando  il  nostro  vocabolario  noterà  final- 
mente 1'  Eneide  tra  P  opere  di  colui  ,  onde  1'  Accademia 
della  crusca  ha  notato  l' epistole  famigliari  ,  e  1'  altre  cose 
eh'  egli    scrisse  da   scherjo  . 


(i)  La    prima    ediiione   del   Caro    fu  in    Veaezia   per  Bernard» 
Giuriti   lòiSi.  iu  4' 


38o  Belle    Arti 

La^  seconda  qualità  ,  onde  poi  questa  edizione  si  farà 
singolarissima  dalle  altre  ,  è  quella  de'  Rami  ,  rappresen- 
tanti !  luoghi  nominati  nel  poema  :  e  mostrali  in  quel!'  as- 
petto in  che  si  trovano  a'  giorni  nostri  .  Concetto  veramente 
leggiadro,  né  mosso  da  sola  vaghe/./.a  di  nuvìlà  ,  ma  ben* 
anche  da  grave  senno  :  percliè  il  leggitore  con  quel  libro 
in  mano  vive  con  molti  secoli  :  cioè  cogli  antichi  ne'  versi 
del  divino  poema  ,  e  co'  moderni  nelle  tavole  che  1'  ador- 
nano ;  ond'  è  che  congiunge  idee  fra  loro  lontanissime  : 
e  le  andate  grindezze  di  Cartagine  e  di  Troja  paragonan- 
do colle  lor  presenti  rovine  ,  vede  e  tocca  in  un  libro 
stesso  il  girare  de' casi  umani  ,  e  !a  misera  fine  delle  più 
potenti  nazioni    dell'  universo  . 

La  prima  tavola  è  d'  invenzione  ,  e  disegno  del  Cav. 
Carauccini  :  pittore  di  quel  raro  merito  che  già  sa  tutta 
Italia  .  Vi  si  rappresenta  Virgilio  che  legge  V  Eneide  avanti 
la  famiglia  d'  Augusto  .  L'  odono  sedendo  Livia  ,  Ottavia- 
no ,  ed  Ottavia  ;  Mecenate  è  in  piedi  .  E  l'atto  delle  fi- 
gure segna  il  momento  in  cui  il  tenero  poeta  toccò  della 
molte  de!  giovinetto  Marcello  .  E  la  madre  (  come  narra 
Donato  )  (0  svenne  per  lo  dolore  della  memoria  :  e  gli 
altri  tutti  ne  piansero  .  il  valente  artefice  ha  finto  il 
caso  di  notte  ;  ed  un  candelabro  acceso  riscliiara  d' mia 
bella  m?ssa  di  luce  la  Donna  abbandonata  fri  le  braccia 
d'Augusto.  L'altre  figure  sono  in  giuste  d(';;radazioni  di 
ombre  ,  quasi  secondo  la  dignità  loro  .  Nel  ohe  il  Romano 
artefice    ha    mostralo  assai  ingegnoso  accorgimento  . 

L' incisione  è  del  signor  Pietro  Beltelini ,  uno  de'  pri- 
mi maestii  eh'  abbia    1'  Italia  . 

Segue  la  tavola,  ove  ò  Cartagine  ;  non  come  al  tempo  di 


(0    Don.  in    Vit.  Vjr; 


L'Eneide  di  Vìroilio  Fig.  3')1 

Ditlooe ,  ma  come  al  nostro .  E'  ana  bella  piaggia  di  mare 
con  un  castello  nell'  acqua  ,  e  liete  colline  d'  appresso  :  e  pog- 
gi in  fondo  :  e  forse  in  quello  stato  medesimo  ,  in  che  la 
trovarono i  Fenici  prima  che  vi  fondassero  la  colonia.  Il 
disegno  è  stato  fatto  nella  stessa  Cartagine  da  un  valoroso 
della  marina  inglese  ,  che  agli  studj  della  guerra  accoppia 
quelli  delle  arti  ;  e   con  valore    non  dissimile . 

L'  incisione  di  questa  tavola  .  e  le  seguenti  sono  del  si- 
gnor Guglielmo  Federico  Gmelin  Prussiano  che  nell' incidere 
marine  ,  boschi  ,  e  paesi  forse  non  ha  chi  lo  avanzi  ;  e  special- 
mente le  nuvole  ,  e  1'  acque  non  ponno  trattarsi  né  più  leg- 
gere ,    né   più   lucenti  . 

Il  primo  libro  è  chiuso  da  una  gentile  imagine  di  Venere 
con  Ascauio  che  le  dorme  sulle  ginocchia  :  invenzione  ed  opera 
della  eulta  e  gentil  Dama  Lady  Carolina  Stuart  Voilley  ,  nepoto 
della  prelodata  signora  Duchessa .  E  questo  disegno  si  può  sicu- 
ramente celebrare  come  uno  de'  più  squisiti  ornamenti  del  li- 
bro .  La  Venere  siede  sopra  alcune  nuvole  che  pare  che 
s'abbiano  a  muovere  coli' alito  ,  ed  è  cosi  cara,  e  vestita 
di  tanta  grazia  ;  e  così  soave  è  il  fanciullino  eh'  ella  ab- 
braccia che  nulla  si  può  vedere  ■  né  di  più  amabile  ,  né 
di    più  finito  . 

Il  signore  Battei  ini  ha  inciso  questo  gruppo  con  mae- 
stria  tutta  degna  di  lui . 

Il  signor  Federico  Guglielmo  Geli  si  è  recato  sul!' in- 
felice terra  ,  dove  Troja  già  fu  .  E  con  grandi  e  semplici 
linee  ci  ha  mostrata  quella  immensa  pianura ,  che  servì  di 
campo  all'  Asia  ,  e  all'  Europa  ivi  condotte  in  guerra  .  Vi 
serpeggiano  ancora  que'  due  celebrati  ruscelli  che  vincono 
la  gloria  di  molti  gran  fiutai  .  E  quella  vasta  solitudine 
\'h  così  bene  ritratta  ,  che  1'  uomo  non  la  guarda  senza  un 
efi'etto  di  pietà  mescolato  a  molta    venerazione  . 

^  Col  Laocoonte  del    Vaticano   è  chiuso  il  secondo  libro. 


38a  Belle  Arti 

E  per  conoscerne  la  bellezza  basii  a  dire  ,  che  il  disegno 
è  del  signore  Minardi  ,  e  la  incisione  del  signore  Pietro 
Fontana  ,  nomi  cosi  chiari  ,  che  ci  scusano  ogni  elogio  . 
Solamente  non  vogliamo  lasciar  di  osservare  che  sarebbe 
grande  utilità  ,  se  tali  maestri  disegnassero  a  questo  modo 
tu4ti  i  capi  lavori  degl'  antichi  ,  e  de'  moderni  scarpelli .  Per- 
chè in  questo  esempio  del  Laocoonte  ravvisiamo  una  tale 
maniera  cosi  franca  ,  così  corretta  ,  e  contornata  con  taglio 
cosi  sicuro ,  che  i  giovani  artisti  ritrarrebbero  indubitatamen- 
te un  salutare  nutrimento  ai  loro  studj  ,  quando  avessero 
le  buone  statue  disegnate  dal  signor  Minardi  ,  ed  incise 
dal   signor  Fontana  . 

Al  canto  terzo  è  un  bel  mare  colla  lontana  vista  de' 
lidi  d'Italia  :  che  ancor  sono  eguali  a  que'  medesimi  che 
vide  il  pellegrino  di  Troja  :  perchè  ì  Regni  ,  e  le  Città  si 
sfasciano  ,  e  muojono  :  ma  la  terra  slh  .  M.  Eastlae  1'  ha 
cosi  disegnata  dalla  sua  nave  .  Ed  è  a  notare  eh'  egli  ha 
vinta  coli'  arte  la  povertà  del  soggetto  :  in  cui  non  aveva 
a  ritrarre  che  un  mare  in  bonaccia  ,  un  cielo  sereno,  e  un 
lido  che  si  perde  nella  lontananza  .  Tutte  cose  che  sono 
contrarie  a  quella  verità  ed  a  qiiel  movere  d'  oggetti  di 
cui  priiirìpalmente  compiacesi  la  pittura.  Ma  la  diflìcoltà 
eh' è    vinta  cresce   il    merito  di   chi    la  vince. 

Del  signor  Francesco  Gate  11  parlammo  altre  volte  ia 
questo  giornale  :  né  per  ciò  ripeteremo  le  cose  già  dette  iu 
onore  di  lui  ;  essendogli  gran  pregio  il  dire  ,  eh'  egli  è  sem- 
pre uguale  a  se  stesfo  .  Quindi  quesl'  opera  ornandosi  di 
molti  lavori  del  Cateti  ,  vogliamo  credere  ,  che  anche  il  no- 
me di  tale  artista  le  acquisterà  molla  grazia  presso  gì'  in- 
telligenti . 

Recatosi  egli  a}  monte  Agragaqte  ne  ha  dipìnto  1'  aspetto 
vero  ,  e  specialmente  quella  cima  da  cui  si  vede  a  sinistra 
il   mare  ,  e  a  destra  dalla  lungi  la  nuova  città  di  Girgenti  . 


L'  Eneide  di  Virgilio  Fig,  383 

Nel  mezzo  tengono  il  campo  quelle  colonne,  che  ancor  ri- 
mangono del  tempio  di  Giunone  Lucina  ,  La  cui  vista  sa- 
rà gradita  anche  agli  archeologi  ,  che  da  questa  tavola  co- 
nosceranno il  presente  stato  di  quel  tempio  che  fu  già  si  so- 
lenne . 

Il  quinto  libro  è  chiuso  coU'  incisione  di  una  bellis- 
sima gemma  greca  di  S.  A.  il  Signor  Principe  Poniatowski, 
dotto  ,  e  splendido  mecenate  dell'  arti  ,  In  essa  gemma  è  si- 
gnificata una  Venere  vincitrice,  che  s' appoggia  ad  uno  scu- 
do rotondo  ;  e  stringe  coli'  una  mano  il  balteo  ,  e  1'  asta 
coli'  altra  :  mentre  un  amorino  che  si  regge  nelle  punte  de' 
pie  ,  le  presenta  un  cimiero  ,  ma  non  la  giunge  :  1'  a^trt  è 
verissimo  ,  e  puerile ,  e  tutto  traente  a  quelle  carissime 
fantasie  de' Greci . 

Il  sigqor  Riepenhausen  la  dissegnò  •*  e  il  signor  Mai'- 
chetti  r  incise  :   ambedue  felicemente  . 

M^  Montgomery  viaggiatore  inglese ,  e  buon  cultore 
della  pittura  ha  fregiato  il  Y.  libro  colla  vista  del  giogo 
Ercinio .  Le  montagne  fuggono  assai  lontane  ;  e  la  marina 
è  tenuta  assai  bella:  specialmente  per  un  lustro  di  sole 
che  vi  stampa  un,a  riga  nel  mezzo  ,  e  la  fa  assai  mobile 
e  trasparente  . 

Dopo  la  quale  il  bravo  Catell  ritorna  con  quella  sua 
poetica  maniera  ,  e  ci  dipinge  gli  scogli  delle  sirene  .  Ove 
il  mare  è  in  quel  moto  nel  quale  si  vede  quando  ò  rot- 
to da  grandi  sassi  .  Pare  che  tremi  tutto  :  e  più  si  fa  ne- 
ro ,  dov'è  più  cheto:  e  dove  più  si  rompe,  ivi  più  si 
fa  bianco.  Le  nuvole,  die  si  strascinano  sovra  le  punte 
di  que'  sassi  ,  volano  assai  leggiere ,  e  si  cangiano  con  lu- 
ce cosi  varia ,  che  accompagnano  d'  ogni  parte  il  tremante 
lume  dell'   acqua    sottoposta  . 

Lasciando  il    mare,    io  stesso   arteGce   ha  dipinta  la  ri- 
viera di  Clima  con  uu   cielo  allegrissimo ,   e  uua  Lelia  bo- 


384  Belle  Arti 

scaglia  dimnzì ,  e  monti  clie  indietro  si  allontanino  ,  co- 
me direbbe  Dante  ^  quanto  può  mietere  un  occhio  Poscia 
in  un'  altra  tavola  dì  fino  intaglio  è  fii^iirnta  la  rocca  do- 
ve in  alto  sorgea  di  Febo  il  Tempio ,  ed  or  vi  sorgono 
sterpi  ,  ed  elei  ,  e  vi  si  veggono  pochi  tufi  in  arco  ,  i 
quali  con  tal  forza  furono  finiti  nel  rame,  che  pajono  ve- 
ramente incavati  .  Ma  il  tempio  ora  non  è  più:  come  la 
grotta  della  Sibilla  non  è  più  colle  cento  vie,  e  le  cento 
porte ,  e  le  cf^nto  voci  ,  ond'  ella  intonava  le  sue  risposte  . 
Ma  in  una  terza  tavola  è  l' arco  principale  della  spelon- 
ca, che  ora  non  pare  a  noi  tanto  orrenda,  quanto  pareva 
a' nostri  padri  per  Io  prestigio  delle  più  orrende  loro  su- 
perstizioni .  E  qui  il  Sig  Gatell  ha  quasi  vinto  se  stesso  : 
specialmente  pel  contrapposto  dello  scuro  del  sasso  colla 
chiarezza  del  cielo  che  splende  ,  dove  si  squarcia  1'  antro  . 
Né  forse  potea  seguirsi  consiglio  più  pittorico  di  questo, 
dovendosi  ritrarre  una  grotta  angusta  e  uniforme  come 
quella   di    Cuma  . 

Il  Sig.  Villiams  Pittore  Scozzese  ci  ha  data  1'  imagi- 
ne  del  lago  d'  Averno  ,  dove  con  assai  cura  ha  effigiato 
alberi  cosi  gentili,  erbe  cosi  vivaci  ,  un'acqua  sì  limpi- 
da ,  un  antico  tempietto  che  vi  si  specchia  ,•  e  tutto  con 
tanta  grazia  ,  che  pare  la  leggiadria  del  loco  faccia  un  pò 
di  guerra  con  quel  suo  nome  infernale  :  ma  il  Sig.  Villi- 
ams ha  cercato  dipingere  quelle  cose  come  ivi  stanno:  né 
ha  voluto  forse  accommodarle  alle  trisli  fantasie  de'  Poe- 
ti .  Quindi  è  da  dargli  una  nuova  lode  ,  perchè  ei  abbia 
consolati    ancora    coli' imtgine   dell' Averno  .  ^ 

Dopo  1'  opere  di  questi  nobili  stranieri  viene  quella 
del  nostro  Bassi  ,  Pittore  che  sostiene  in  lì  orna  gran  par- 
te dell'  onore  de' Paesisti  Italiani.  Né  questo  suo  disegno 
è  minore  alla  fama  che  di  lui  corre  .  Dovendo  egli  mo- 
strare il   Capo  Alisene    lo    ha  figurato  ponendosi  suH'  oppo- 


L'  Eneide  di  Virgilio  Fid.  385 

sia  riva  di  Pozzuolo  :  e  vi  ha  empiuto  quel  nudo  campo  di 
frasche  ,  e  di  piante  così  ben  condotte  ,  e  così  ai'tifìciosa- 
Diente  disposte  ,  che  bene  segnano  il  Pittore  allevato  alle 
scuole  di    Domenichino  ,  e  di  Claudio  . 

Seguita  finalmente  un'  ultima  tavola  del  Gatell,  che  rap- 
presenta  il  capo  di  Palinuro  :  tre  miglia  lontano  dall'  an- 
tica p^elia  .  La  scena  è  quivi  si  opaca  e  funesta  ,  che  fa 
opposizione  bellissima  alle  ridenti  campagne  già  mostrate  di 
sopra .  Per  cui  è  nuovamente  da  lodare  1'  alto  ingegno  ,  e 
la  fina  conoscenza  d'  arte  della  Signora  Duchessa ,  che  pen- 
sò ,  e  distribuì  questi  lavori  ,  a'  quali  tanto  nuovo  merito 
deriva  della  loro  disposizione ,  e  temperanza  delle  varie  im>- 
magini  .  Il  sasso  qui  disegnato  sta  sotto  alcuni  nuvoloni  che 
pajono  pregni  di  tempesta  e  sopra  un  mare  che  già  si  fa  bru- 
no per  la  pioggia  che  prende  .  Sul  lido  sono  pochi  alberi  , 
e  questi  cominciano  a  secondare  il  vento  ,  e  si  piegano^  e  le 
barche  tornano  ,  e  gli  uomini  corrono  a  ripararsi  . 

Così  il  Sig.  Catell  ha  disegnato  lo  scoglio  che  ancor  si 
chiama  dal  cadavere  di  Palinuro  .  E  in  questo  proposito 
vogliamo  notare  un  caso  non  indegno  di  osservazione  .  Ed 
è  :  che  Virgilio  ha  qui  adempiuto  due  volte  1'  uffizio  di  f^a- 
le  ,  cioè  di  yaticinantG  .  Perchè  parlando  del  Capo  Miseno 
disse  . 

Miseno  è  detto  e  si  dirà   MAI  SEMPRE 

E  del  Palinuro  ridisse  ,,   .   .   .  avrà   quel  loco 

Di  Palinuro  ETERNAMENTE  il  nome  . 

E  di  fatto  que'  due  luoghi  si  chiamano  anche  al  presente 
Palinuro  e  Miseno  .  E  mentre  grandi  regni ,  e  città  gran- 
dissime hanno  cangiato  nome  ,  que"  due  poveri  sassi  tengo- 
no ancora  il  nome  di  que'  due  Trojaui  ;  e  Virgilio  è  anco- 
ra indovino  . 
G.  h.  To.  IV.  «5 


386  Belle  Arti 

Termina  questo  primo  tomo  col  dissegno  d'  un  basso- 
rilievo^ del  Museo  Vaticano  in  cui  sono  Issione  ,  Sisifo ,  e 
Tantalo  con  molta  diligenza  ritratto  dal  Sig.  Riepenhausen , 
ed  inciso   dal  Sig.  Fontana . 

Al  nome  di  tanti  Artefici  che  illustrano  il  primo  tomo , 
e  degli  altri  che  illustreranno  il  secondo,  sarebbe  gran  pregio 
dell'  opera  ,  se  si  agi,iungesse  il  nome  del  Cav-  Tomaso  Lau- 
rence  primo  Pittore  di  S.  M.  Brittanica  .  Il  quale  ,  secon- 
doche  sappiamo,  ha  fatto  in  bellissimo  dissegno  il  ritrat- 
to di  S.  E.  la  Signora  Duchessa .  Per  tal  guisa  i  Pit- 
tori avrebbero  ad  un  tempo  stesso  «  e  l' imagine  d'una 
si  benemerita  proteggi trice  d'  ogni  sorta  di  buoni  studj , 
e  di  belle  arti ,  ed  il  lavoro  d'  uno  de'  più  rinomati  fra 
ì  viventi  Pittori  d'  Europa  . 


387 


Descrizione  della   Villa  di  Papa   Giulio  III.  Lettera  ine" 
dita   di  Bartolomeo  ^marinati    Architetto 


De 


'ella  sontuosità  vaghezza  e  splendore  della  villa  ,  che 
il  Papa  Giulio  III.'  si  era  fatta  murare  per  suo  diporto  fuo- 
ri di  Roma  ,  lungo  la  via  Flaminia  ,  fauno  fede  ,  oltre  gii 
avanzi  grandissimi  che  di  lei  si  veggono  ancora  ,  il  Bois- 
sardo  che  nella  sua  opera  ce  ne  ha  lasciate  incise  le  statue 
i  bassorilievi  e  le  lapidi  ;  e  Giovanni  Sterni  il  quale  ne 
pubblicò  nel  iy84.  perle  stampe  del  Fulgoni  le  piante  ar- 
chitettoniche . 

Michelangelo,  il  Vignola,  il  Vasari ,  e  1'  Amannati  furo- 
no gli  arteflci ,  de' quali  si  servi  principalmente  Papa  Giu- 
lio per  abbellire  quella  sua  deliziosa  campagna  .  Il  costoro 
valore  e  la  magai  licenza  del  Pontefice  gareggiarono  a  vicen- 
da nel  renderla  ornata  e  ricchissima  di  pitture  ,  di  mar- 
mi ,  di  stucchi  ,  di  acque  ,  di  giardini  ,  e  di  preziose  antica- 
glie .  E  starebbe  tuttora  questo  monumento  della  grandez- 
za degli  animi  Italiani,  se  quella  fatalità,  che  troppo  soven- 
te guidò  le  armi  straniere  a  nuocere  alla  bellezza  di  questo 
beato  paese ,  non  lo  avesse  distrutto  .  E  come  addiviene  del- 
le cose  manomesse  ,  tutto  ,  tranne  porzione  del  fabbricato 
ed  alcune  pitture  ,  tutto  è  andato  disperso    o    perduto  . 

H  Sig.  Salvatore  Betti  dotto  ed  indefesso  coltivatore 
de'  buoni  studj  ci  è  stato  cortese  di  una  lettera  inedita  ,  per 
lui  tratta  da  un  codice  Oliveriano  di  Pesaro  ,  scritta  da 
Bartolomeo  Amannati  ,  uno  di  quegli  stessi  architettori  a- 
doperati  da  Giulio  III. ,  e  indiretta  a  certo  Messer  Marco  .  Nella 
quale  l'artefice  viene  descrivendo  tutte  le  bellezze  di  quella  vil- 
la maravigliosa  tanto  ch'ei  la  credette  argomento  bastevole  per 
intrattenere  il  suo  mecenate .  Imperocché  quel  Messer  Marco  altri 
non  potè  essere  che  Marco  Mantova  Bonavides  Padovano ,  uomo 

25    * 


388  Belle  Arti 

dottissimo ,  il  quale  visse  nella  prima  metà  del  secolo  XVI,  ,  e 
protesse  grandemente  rAmannati ,  e  molto  l' operò  ad  abbel- 
lire la  propria  abitazione  ,  siccome  ci  attesta  Jacopo  Morel- 
li nelle  sue  Notizie  d'  opere  di  disegno  esistenti  in  Padova , 
Cremona  ,  Milano  ec.  pag.  i48.  Del  qual  Mcsser  Marco  Man- 
tova Bonavides  si   parla  ancora   ne'  din  logli!  dello  Speroni  , 

In  pubblicando  questa  lettera  dell'  Ainaumti  è  nostro 
intendimento  di  rendere  doppio  servigio  alla  Repubblica  del- 
le lettere.  Il  primo,  col  perpetuare  la  memoria  di  uno  splen- 
didissimo edificio  caro  alle  Belle  Arti  ;  memoria  al  tutto 
perduta  per  la  posterità  ,  e  tanto  più  pregevole  in  quanto 
che  ci  viene  tramandala  da  un  valente  nriefice  ,  che  ebbe 
moltissima  parte  iiell' abelli  mento  di  quello.  Il  secondo  poi, 
col  donare  alla  lingua  Italiana  un  nuovo  monumento  della 
sua  ricchezza  ,  in  questo  testo  inedito  .  Il  eh.  Gaetano  Pog- 
giali nella  parte  HI,  pag.  c)8.  della  sua  Seria  dei  testi  di 
lingua  parlando  di  yarie  opere  scritte  in  buona  lingua  , 
ma  non  citate  dalla  Crusca,  annoverò  due  altre  lettere  del 
nostro  Amannati  ,  alle  quali  si  potrà  ora  aggiungere  la  pre- 
sente ,    che  perciò    riescirà    non  meno  dilettevole   che  utile. 

Lettera  di  Bartolomeo   j4mannati  (i) 

VJonoscendo  il  bellissimo  animo  vostro  ,  eccellentissimo  mes- 
ser  Marco ,  dilettarsi  di  vedere  ed  intendere  cose  nuove  e 
virtuose,  sarei  molto  mancato  del  mio  debito  se  non  vi  a- 
vessi  particolarmente  con  una  mia  dato  avviso,  in  quel  più 
breve  modo  a  me  possibile  ,  della  bellissima  e  ricchissima 
fabbrica  fatta  nella  villa  Giulia  dalla  santissima  riiemoria  di 
Giulio  Terzo  pontefice  massimo  ,  E  perchè  Vostra  Eccellea- 


{i)  Oliv.  574.  p.  91. 


Villa  Giulia  dell'  Amannati  389 

za    la    veggia   prima  con    1'  imagi  nati  va    che  col  senso  ,    cer- 
cherò a  parte  per  parte  fargliela  vedere  ,    ma   non  cosi  bene 
e  per  ordine  colla  penna  ,  come  farei  col  disegno  .  Beach'  io 
spero  tra    pochi    giorni    mandarle   ancor  questo  :  e  tanto  piii 
che  già   ho  la   maggior   parte   dei    disegni   fatti ,  secondo  che 
alla  giornata  facevo  mettere  in  opera  .   Intanto  ve  la  figure- 
rete   in    questa   maniera  .   E  prima  comincierò  dal  tempio   di 
santo  Andrea  posto  su  la  strada  Flaminia  ,   fatto  in  forma  o- 
\ale  ,  d' opera  corintia,  molto  ben  ornato  dentro  e  di  fuori. 
Nella  tavola  dell'  altare  vi   è  dipinta  1'  Assunzione  della  Ma- 
donna ;  e  nelli  nicchi  San  Pietro  e    Santo  Andrea  ,  San  Pao- 
lo e  San  Giovanni  con  molti  e  vari   ornamenti   .     Uscito  di 
chiesa  per  una  porta  che  risponde  in  un  cortile  ,  ornato   di 
loggette  tutte  a  verdure,   vi   troverete  un  boschetto  di  lauri 
molto  bello  e  dilettevole  .  Tornato  nella  strada  Flaminia ,  e 
caminato  ben  ducento  canne  ,  vi   è  una  croce  di  strada ,  che 
una  porta  al    palazzo  principal  di    villa  Giulia  ,    fatta  tutta 
di  nuovo  5  e  '1  principio  di  detta  strada  fa  due  facciate,  do- 
ve è  una    bella     fontana  ,    nella    quale  condusse    1'  acqua  la 
felicissima   memoria  di  papa    Giulio  ,    senza  aver  mai  avuto 
luce  che  in  tal  luogo  vi  si  potesse  trovar  acqua  .   Ma  aven- 
do anticamente  in  pratica  la  sua  villa  ,    fece  cavare  profon- 
damente e  con  diligenza  ,    non  perdonando  a  spesa ,  per  fa- 
re questo  ben  pubblico  ;  di  dove  è  oggi  il  suo  palazzo  insi- 
no  a   questo  principio  di  strada  .   E  vedendo  che  questo  suo 
desiderio  riusciva,  con  ogni  studio  si  deliberò  fargli   l'orna- 
mento ,  che  ora    se   gli    è   fatto  ,  d'  opera  corintia  ,  con  co* 
lonne  e  pilastri  ,   e  nel  mezzo   una   gran   pietra  di  palmi  do- 
dici per  ogni  versoi  con  una  iscrizione  che  dice  :  JULIUS  III. 
PONT.  MAX.  PUBLICAE  COMMODITATI  ANÌ\0    )!   Con 
dae  nicchi  per  banda  ,  a  i  qu^li   vi   son  dentro  due  statue, 
la  Felicith  e  l'Abbondanza.   Sotto    l'epitaffio  vi  è  una  gran 
testa  antica  e  bellissima  d'  un  Apollo  ,  che  getta  detta  acqua 


Z^ò  Belle  Arti 

in  un    vaso   grande    e  bello   di   granito  ;  sul  fine    vi     sono 
quattro  acrolterie  ;  in  uno  dei    lati  vi  è  la  statua  di  Roma, 
e  nell'al'ro  quella  di  Minerva;  e  negli  altri   due,  due   pi- 
ramidi di  granito  ;    e  nel  mezzo  un   Nettuno  ;  tutte  antiche 
e  bellissime  .  Dalla  parte  di  dentro  di  detta  facciata  si  vol- 
se accomodar  sua  Santità  ,  senza  incomodar  il  pubblico  ,  di 
fontane  e  di  peschiere  con   molti    giuochi  d'acque;  dove  sou 
tre  loggie  con   colonne   di    marmo ,  e  molti   altri  ornamenti 
di  pitture  e  di  stucchi  .  E  queste  logge  sboccano  nei  viali 
di  ducente  canne  di  lunghezza  ,  con  bellissimo  ordine  .  All' 
incontro  di  questa  fontana  nella  strada  vi  è  un  comodo  ca- 
samento ,  con  un  portone  alto  ben  trenta  palmi ,  e  tutto  di 
pietra  molto  ricco  .    E  vi    è    una  pergola  in  volta  ,    o  vero 
arco  ,  che  va    in   sino    al  fiume  ,  coperta  di   verdura  ,  lun- 
ga ottanta  canne  .  Nel  fine   vi  è  il   porto  fatto   comodamen- 
te per  smontar  di  barca,  quando  papa  Giulio  veniva  a  spas- 
so   a    cosi   bella   villa  .    Partito  da  questi    primi    luoghi  per 
andar    al    palazzo  ,  al    qual  si  può   pervenire   e  per   la  stra- 
da   pubblica    e    per    i    viali    ornati   di  vari  frutti  ,     si    trova 
dinanzi  al  detto  palazzo  fatta  in  semicircolo  una  piazza  ,  in 
questa  forma    per    accomodar    le    strade   eh'  arrivassero   con 
bellezza  in  quel  luogo  ;  perchè  col  palazzo  si  è  voluto  ob- 
bedire  ad  una    bella   ed    amena  valle  •    La   facciata  dunque 
dal  palazzo    è   d'  opera    toscana  sino  al  primo  piano  ,    ed    a 
bozze  .  Alla  porta  principale  vi    sono   colonne    rustiche   con 
finestre  di  qua  e  di   là  di    travertini  ,  di   poi  al  second'  or- 
dine   una    ringhiera    di   sopra    alla  porta  ,  di    balaustri  con 
molte  finestre  e  nicchie  .  Al   fine  del   palazzo    vi   è  un  cor* 
tiigione  che  lo    ricinge    intorno  ,    e  due  risalti    dalle    bande  ; 
dove  vi  sono  accomodate  due  belle   scale  lumache  .  In  som- 
ma  il   tutto  benissimo  accompagnalo  ,    con  due  portoni  dai 
Imi  ,  che  imboccano    ne  i  viali  ,  che  son   da  i  Inti  de  i  giar- 
dini .    Neil"  inCrata  del  palazzo  vi    è  un  ornamenio   d'  opera 


Villa  Giulia  dell'  Amannati        391 

corintia  con  molte  nicchie,  tutte  piene  di  statue  antiche  in 
abito  di  consoli  .  Da  i  lati  poi  vi  sono  due  cameroni  con 
molto  ornamento  di  stucchi  e  pittura  ,  con  partimenti  bel- 
lissimi e  bene  inteii  :  e  sopra  le  porte  \i  sono  i  ritratti 
degl'  imperadori  antichi  ,  di  marmo  mollo  belli  .  Nel  mezzo 
di  detti  cameroni  vi  son  due  gran  tavole  di  marmo  lun- 
ghe palmi  diecisette  ,  e  larghe  sei  ,  con  fregi  intorno  di  va- 
ri misti  ;  ed  i  piedi  accompagnati  ed  ornati  di  misti  come 
le  tavole  .  E  vi  sono  tre  piedi  per  tavola  ,  per  rispetto  del- 
la lunghezza  e  sottigliezza  loro  :  cosa  molto  rara  e  bella  . 
Dietro  a  queste  vi  sono  molte  camerette  ,  come  ricerca  la 
commodità  .  All'  incontro  de  1*  intrata  vi  è  un  arco  grande 
simile  alla  porta:  per  il  qual  s'  entra  in  una  loggia  circolare, 
tutta  dipinta  e  ricinta  di  stucchi  ,  con  pilastri  e  colonne,  che 
corrisponde  l' una  parte  a  l' altra  ,  e  fa  facciata  a  un  cortile  con 
due  ordini  di  forma  di  semicircolo ,  bene  e  con  diligenza  com- 
partito, che  rende  gran  vaghezza  a  chi  lo  vede  ,  si  per  la  varietà, 
come  per  la  buona  proporzione  .  Finito  il  mezzo  tondo  se- 
gue tanto  di  diritto  ,  che  fa  una  crociera  per  imboccar  due 
grandissimi  viali  ;  e  distendendosi  poi  due  braccia  ,  come  fa- 
rebbe un  uomo  a  far  una  croce  di  quindici  canne  per  ogni 
banda  ,  trovano  un  bellissimo  bosco  ,  che  delli  suoi  luoghi 
ameni  e  dilettevoli  sarebbe  troppo  lungo  lo  scriverne  .  E 
queste  braccia  son  tutte  piene  di  stanzie  sotto  e  sopra  :  ed 
al  principio  di  queste  vi  è  una  bellissima  cappella  :  e  so- 
pra le  porte  delle  stanzio  di  sopra  vi  sono  teste  antiche  di 
marmo,  molto  belle  ;  e  tutti  li  palchi  intagliati  con  ricchi 
sfondati  d'  oro  (  che  in  un  solo  vi  è  entrato  dieci  milia 
pezze  d'oro  )  co'  suoi  fregi  intorno  j  e  dipinto  in  uno  i 
sette  colli,  in  un'altra  villa  Giulia,  ne  gli  altri  d  verse 
e  belle  istorie.  Il  fin  poi  del  palazzo  è  terminalo  da  un 
viale:  eseguita  un' altr' opera  non  disegnai  da  questa  ,  per- 
chè il  viale,  per  farne    comparazione  ,  fa    il    proscenio:    ed 


Zq-1  Belle  Arti 

il  semlcircolo  del  palazzo  fa  teatro  :  e  quest'  altra  eh'  io  vi 
descriverò  fa  scena .  E  serve  per  cortile ,  il  quul  ha  ire 
facciate  ornate  di  colonne  e  pilastri  e  cornigioni  di  mar- 
mo ,  come  ricerca  1'  ordine  jonico  ;  essendo  quest'  opera  jo- 
nica  .  E  fra  i  colonnati  vi  sono  accomodate  quattordeci  nic- 
chie ,  sette  nella  faccia  a  man  destra  ,  e  sette  alla  sinistra  : 
ed  in  ciascuna  nicchia  vi  è  nna  statua  antica  .  Nella  fac- 
cia a  man  dritta  nel  mezzo  vi  son  due  figure  in  un  pez- 
zo di  marmo ,  Marte  ,  e  Venere  in  atto  di  far  carezze  a 
Marte ,  che  con  estrema  dolcezza  e  pietà  cerchi  ritenerlo  se- 
co :  nientr'  egli  intento  a  terribile  impresa  ,  tutto  sollecito 
cerca  partirsi  da  lei  .  L'altra  nicchia  che  segue  a  questa  , 
dalla  destra  mano  vi  è  nn  Ercole  tutto  ignudo  appoggiato 
sulla  clava,  qual  tiene  sotto  il  braccio  sinistro:  ed  ha  nella  des- 
tra mano  tre  pomi  .  Seguita  1'  altra  nicchia  ,  nella  quale  ò 
dentro  il  dio  Pan  con  le  sue  zampogno  ,  ed  una  pelle  in 
mano:  del  resto  è  tutto  ignudo.  Nell'altra  nicchia  vi  è 
la  statua  di  Lavinia  figlia  del  re  Latino  .  L'  altre  tre  da  si- 
nistra,  a  quella  dì  mezzo:  in  una  ,  Venere  ,  e  Cupido  che 
scherza  con  1'  arme  di  Marte,-  nell'  altra  ,  un  dio  Selvano  : 
e  nell'altra,  una  femina  vestita  d'  abito  longo  .  All'incontro 
\i  sono  1'  altre  sette  statue  della  medesima  grandezza  delle 
dette  .  In  quella  di  mezzo  vi  è  un  Bacco  che  s' appoggia 
ad  un  Fauno  ,  e  nell'altre  una  sol  figura  per  nicchia  :  e 
son  queste  ,  Verlunno  ,  Pomona  ,  ed  Ercole  ;  Dejanira  ,  ed 
un  Comodo  in  abito  d'  Ercole  ,  e  un  dio  Silvano  .  Nella 
faccia  in  fronte  ,  dove  si  può  dire  che  incominci  la  ricchez- 
za ,  si  vedono  quattro  colonne  di  misti  ,  due  nere  ,  e  due 
di  verde  mischiate  d'altri  colori  ,  tanto  belle  quanto  si  pos- 
sa vedere  :  e  quattro  colonne  di  marmi  venati  .  E  fra  le  co- 
lonne e  i  pilastri  vi  sono  alcuni  ornamenti  di  misti  di  va- 
rie .sorli ,  e  nel  mezzo  come  carnei .  E  vi  sono  scolpite  le 
due  imprese  eh' erano  di  Papa  Giulio:  la  Giusii/.ia,  e  la  Pa- 


ViixA  GiruA  dell'  Amannati        ZqS 

ce ,  e  la  Fortuna   presa    dalla    Virtù    per  i  capelli  ;  negli  al- 
tri due  la  Carità  e  la  Religione  :   e  nel    vano  di  mezzo  una 
bellissima  porta    di  misti  gialli  tnnto  lucidi  e  belli  ,  che  pa- 
jono  di  fino  metallo  .  L'  ordine  di   sopra;   per  non  aver    pie- 
tre simili  a  quelle  di   sotto  sì   longhe  ,   e  per   la  loro  rarità  , 
e    volendo    far  colonne ,  ci  siamo  accomodati  per  sostegno  al 
diritto  d'  ogni     colonna  di  terminoni  awolli  in  panni  ,  con  le 
teste  simili  ai   pregioni  che  già  scolpivano  gli  antichi.  Quali  so- 
no d'un  misto  verdone  con  alcune  macchie  simili  agli  abiti  tur- 
cheschi  .   ti    sono  posti  per  reggere    il  cornigion  di  sopra  :  e 
ne  i  vani    fra  1'  uno  e  1'  altro  vi  sono  cinque  quadri  con  fre- 
getti   ed  altri    ornamenti  di     diverse    invenzioni  .   In  quel  di 
mezzo  vi  è  un  Ercole  assiso  in  atto    di    fiume,  ed  una    fe- 
mina  appressso  in  abito  di    vergine  che  fugge.   Che    dinota 
r  acqua  della  fontana  secreta  ,  de  la    quale    ancora    non    ho 
scritto  :   e  chiamasi  quest'  acqua  Vergine,  perchè  correndo  col 
fiume  Ercole  ,  non  si  mescola  con  lui  .   Gli  altri  quattro  so- 
no i  quattro  elementi  :  per   la  terra    è  posta  Eva  e  suoi  fi- 
gliuoli :  per  1'  acqua  Venere   e  Dei  marini  :  per  il  fuoco  Giu- 
none ed  altri  venti  e  cose  d'  aria  per  far  ricca  1'  istoria .  Per 
il  fuoco  è  posto  il  modo  che  dicono    che  fu    trovato  il  pri- 
mo fuoco:  ed  è    questo  ;   un    bosco    d'alberi    sbattuto    dal 
vento  ,  intorno  al  quale  si  vedono  gente  far  sagrificj  ,  ed  al- 
tre cose  che  vi   s'  opera  il  fuoco  .  In    questa    facciata    vi    si 
vedono    ancora  due    altri    quadri  .  E    così    seguitano    1'  altre 
tutte  d'un  ordine  medesimo,  salvo  che  i  termini  ,  quali  so- 
no variati ,  per  mostrar  che  col  disegno  si   trovano  varie  in- 
venzioni .  E  per  ogni  faccia  vi  son  sette  vani  :  quel  di    mez- 
zo è  un   tondo  ben'  ornato  ,  d'  entro  vi    è  il  ritratto  di  Tra- 
iano imperatore  ,    coronato     di    quercia  :  e  in    due    altri    vji 
ovato  per  ciascuno  ,  e  in   uno  il  ritratto    di    Vespasiano  ,  e 
in  1'  altro  di  Tito  imperatori  ,   leste  antiche  e  bellissime  .  Ne- 
gli altri  quattro  quadri ,    in  ciascuno  vi  è  una  istoria  di  raez- 


394  Belle  Arti 

zo  rilievo  •'  e  il  medesimo  si  vede  nella  facciata  a  questa  rin- 
contro :  salvo  che  le  leste  ,  quali  sono  variate  .  E  in  quella 
di  mezzo  vi  ò  il  ritratto  di  Ottaviano  Augusto  ,  e  di  Tiberio, 
e  di  Claudio,  con  quattro  altre  istorie,  come  le  dette.  Di  sopra 
il  cornigion  ultimo ,  quale  è  di  marmo  e  che  ricinge  il  detto 
cortile  di  ogn'  intorno  ,  vi  sono  1'  acrotterie  ad  ogni  riscontro 
di  colonna  e  pilastro  ,  e  sono  trenta  .  E  a  ciascuna  \i  è 
sopra  una  statua  ,  quasi  tutte  feminette,  belle  ,  e  moder- 
ne ,  e  fanno  fine  e  come  ballo  al  detto  cortile  .  Cosa  tanto 
ricca  quanto  bella  a  vedere  .  Ancora  nel  mezzo  di  questo 
cortile  vi  è  una  pila  di  porfido  di  palmi  dieci  di  diame- 
tro ;  COR  una  statua  d'  una  Venere  in  mezzo,  che  tiene  un 
cigno  in  mano  ,  il  qual  getta  per  la  bocca  acqua  .  Cosa  bella 
e  rarissima  .  Ancora  vi  sono  due  vasi  di  mistio  verde  ,  che 
in  molti  luoghi  pajono  di  smeraldo  finissimo  .  Seguiterò  il 
darvi  avviso  della  fontana  secreta  e  della  loggia  tanto  ricca 
quanto  bella  :  eh'  entrando  per  la  porta  di  misti  gialli  (qual 
di  sopra  ho  scritto)  si  vede,  ed  ivi  per  la  lucidezza  dei 
misti  vi  si  specchia  chiunqne  v'  arriva  .  Vi  sono  adunque 
quattordici  colonne  ,  quattro  di  mistio  verde,  l'altre  di  varj  co- 
lori :  ma  sempre  due  compagne.  I  loro  capitelli  sono  tutti  inta- 
gliati e  d' ordine  jouico  ,  per  rispondere  al  cortile  eh'  è  nel  me- 
desimo piano.  Tra  una  colonna  e  1'  altra  vi  son  quattro  porte 
di  marmo  doppie,  e  per  due  s'entra  in  due  caraerolle  fatte  per 
comodità  di  delta  loggia  :  ed  hanno  i  loro  palfhi  intagliati  , 
ed  i  pavimenti  di  mattoni  intagliali  che  rispondono  a' pal- 
chi .  In  ciascuna  camera  vi  è  una  tavola  di  mislio  verde, 
con  un  fregio  di  m^rmo  bianco  ,  piene  di  vari  misti  .  L'  al- 
tre due  porte  conducono  a  due  scale  che  vanno  da  basso 
ad  un  altro  piano  verso  la  fontana  .  Pur  in  della  loggia 
vi  si  vede  un  parapetto  di  balaustri  di  marmo  mistio  fallo 
per  comodità  di  chi  vuole  veder  da  basso  ,  si  bene  acco- 
modalo che  n'  impedisce  le  bellissime  colonne  di  misti  verdi . 


Villa  Giulia  dell'  Amannati        SgS 

La  volta  è  di  stucchi  e  di  pittura  con   oro  ,  tanto  ricca  ,  e 
di   figura   e   di    rilegamento   tanto    bella  ,    quanto    si   possa 
vedere  :  ed   è  accompagnata   la  pianta  le  colonne  ed  i  vani 
delle  porte  insieme  con  ogni  altra   cosa  .  Nelle  lunette  verso 
i  muri  vi  son  sette  ritratti  d' imperadori  ,  di   bronzo  ,  anti- 
chi ,    e  bellissimi  .   Il  pavimento  è  di  misti  di  tutte  le  sorti 
eh'  è  stato  possibile  trovare  ,  e  le  sue  rilegature  ovvero  guide 
sono  di    marmi    venati  ,  Uscito  dalla  loggia  e  scendendo  per 
le  due   scale   dette  di   sopra  ,  s'  arriva    in   uno    spazioso   e 
comodo    piano  lastricato  di    travertini  ,    nel    quale    vi   sono 
quattro  platani  dalla  banda  circolare  ,  che    fanno  un  bellis- 
simo   vedere  ,  e  molto    rallegra     la     vista    il   verde    fra  quel 
bianco  :  ed  è   utile  per  P  ombra  al  mezzo  giorno  .  Su  questo 
medesimo   piano    vi  è  un  parapetto  di   pilastri  ,   e  cartelle  , 
e  balaustri    rilegati  ,  che    fanno    sponda   ad    un  altro  piano 
pili   abasso  ,    dove  è  un  acqua  continua  e  bella  .  All'  incontro 
dei   detti   pilastri  del  parapetto  vi    sono    altri   pilastri    pieni 
d'  intaglio  :  in  alcuni  trofei  al  modo  antico  ,  in  altri  ellere  , 
in   altri  viti  ,  e  in  altri  foglie  d'  oliva  :  ciascuno  al   propo- 
sito della  figura  che  è  nel  nicchio  ivi  a  canto  .  E  sostengono 
un  cornigione  d'  opera  dorica  ,   tutto  intagliato  ,  con  le  sue 
metope  e  tri  gli  fé  :  e  son    dieci   nicchi  ornati   di  stucclu  ,  e 
pieni  di   statue  antiche  :  i  nomi  son  questi ,  la  Fede,  À.iner- 
va  ,  la  Concordia,  due   Muse ,  e   due  Fauni  e  Bacco  .   E  in 
due  grandi ,  nell'  uno  1'  Arno  ,  nell'  altro  il  Tevere  .  In  que- 
sto medesimo    piano   vi   son  due   belle  loggctte  ,  1'  una  ali 
incontro  dell'  altra  ,  e  riccamente  ornate  di    stucclii  con   fi- 
gure e  festoni  a    bellissime  foggie  :  con    cinque    quadri  :    in 
quel  di  mezzo  vi  è  1'  istoria  dell'acqua  vergine  in  quel  modo 
che  la  recita  Frontino  :  negli  altri    le   quattro  stagioni  dell' 
anno  .  Ed  in  ciascuna  facciata  di  dotta  loggia  vi  è  un  nic- 
chio grande    in  mezzo    a  due    piccoli  :   nel   grande,  Ercole  j 
negli  altri ,  Mercurio  e  Perseo  .  Vi  sono  all'incontro  tre  altri 


Z^G  Belle  Arti 

nicchi   simili    a  questi  :  nel  maggiore  ,  Cerere  :  negli   altri  , 
Apollo  e  Giacinto  .   All'  incontro  dell'  entrata  ,  nel   grande  vi 
è  Venere  ,   ne'  piccoli   Adone  e  Cupido  .    I  pavimenti  di  dette 
logge  sono    d' invetriati   di  vari  colori  ;  e  con  gruppi  rilegati  : 
e   per  due    scale  ,  eh'  hanno  principio   sotto    una    di    queste 
loggelte  ,  si   scende  nell'  altro  ultimo  piano  ,  dal  qual  si  vede 
1'  estremo   della    bellezza   di    tutta   questa    fabbrica    ,   si    per 
la    quantità    dì    marmi    e    statue  antiche  e   misti  ,  si    per    la 
bellissima  Acqua  Vergine.   Questo  piano  se  io  non  lo  dise- 
gnassi in  caria ,  con  parole  non  lo  potrei  cosi  bene  esprimere 
come  si    omverrebbe  alla  sua  bellezza  :  e  tanto  più   essendo 
pianta    variata    e  nuova  invenzione  .  Fra  1'  altre  cose   vi   so- 
no quattro   putti   di    marmo  ,  antichi  ,    con    urne  in    spalla  , 
che  versano  acqua  :  cosa    molto  bella   e    rara  .   Ma  il    pavi- 
mento assai   più  ricco  degli  altri  ,  e  i   nìcchi  molto  più  ador- 
ni ,  e    le  figure  assai   più  belle   e  in  magi^ior  copia  rendono 
maraviglia  e    vcghezza   a  chi    le    vede  insieme    con    1'  orna- 
mento e  risalti   assai  più  che  in  alcuna  altra  parte  ,  per  es- 
ser questo    il  luogo  principale ,  e  di  quivi  vedersi  il   tutto; 
e  ben    si   può  dire  che  questo  sia  il  punto  della  prospettiva . 
Neil'  uscire  vi  son  due  uccelliere  .  Le  quali  rispondono  nella 
fronte  j  e  un  bellissimo    cortile  ,  del    quale    brevemente    vi 
descriverò    la    forma  .   Questo    dunque   è    lungo    canne   cin- 
quanta ,    e  largo  quindici  :  e    nelle    teste    vi   son     tre    por- 
toni di  pietra  rustica  e  d'opera   r usti -a   ,  quali     entrano    in 
certe    gotte  sotto  d'  un  monte  ,    dove    vi    sono    accomodati 
luoghi      freschi    e    dilettevoli   ,     con    fontane  :    che    si    son 
fatti    acciò    vi    sia    d'    ogni    cosa    variata   .    Nel    mezzo    di 
questo  cortile  vi  ò  una  gran  pila  di   porfido  ,  antica   ,  del- 
le   maravigliose    cose    che    siano    in    Roma  .    L'  ornamento 
non  è  finito  perchè  andava  con  grandissima  spesa   ,    e  tem- 
po e    morte    ne    ha    interrotti   questi    ed    altri    dis'giii    belli 
ed  onorevoli ,  de' quali  non  scrivo  per  non  aver  avuto  efletto 


Villa  Giulia'  dell  Amannati        697 

Ancora  vi  sono  due  bellissimi  giardini  di  narancì  ,  clie  met- 
tono in  mezzo  questo  cortile  e   la  fontana  .   In  uno  dei  det- 
ti  giardini    yÌ    è  uu  porco  cignale  tanto    bello  e   ben  fatto  , 
che    chiunque   Io   vede    si    maraviglia    quanto   bene    con    Io 
scarpello    si   può    imitarla  natura  e  dar  vivacità    ai  marmi: 
e    nell'  altro   un  leone    che  tiea  sotto  una  fiera  ,  cosa    molto 
farà  e  bella.   Dell'agricoltura  non  dirò    in    lungo,    piantan- 
dosi    per     tutto  degli   alberi,     e  di    tutte    le  sorli:  ma  di- 
rò che  ve  ne  sono  piantati   trentasei   mila  ,  e  di  poi    spallie- 
re granlissÌ!n«  e   di   tutte    le  sorli  .   E    per  la    villa    ad  ogni 
tanti    passi    vi    son   luoghi  da    riposare  e   far  tavole  all'  om- 
bra ,  o    logge    di   verdure    o   di    muro,  cornodissinrje  ;    e    fra 
gli   altri    in  cima  d'  un  colletlQ  molto  ameno   vi    è  una   fab- 
brica tanto  bella  e  comoda  ,  e   con  tanti  ornamenti  ,  che  sa- 
rebbe questa    sola  bastante  ad   ogni    gran    principe  ,    si    per 
le  statue   e    molte  pitture  ,  come  per  i  belli    giardini  orna- 
ti di  spalliere  e  bellissimi  viali,   una  casa  per  il  castaido,  e    co- 
moda per  tutte  le  sorti  d'animali.  Vi  è  uu  dilettevole  boschetto 
da   uccellare  a'tordì,  che  per  tutto  si  camina  sotto  la   verdura  ; 
acciò  il  sole  non  impedisca  d'  uccellare.    La  veduta  di   questo 
mouticello  è  tanto  bella  quanto  si  possa  desiderare:  perchè  ve- 
de tutta  Roma  ,  il  Tevere,  e   la  bella  strada  Flaminia ,  con 
tutti    i  sette  colli ,    e    il    Vaticano   con   la    gran    fabbrica    di 
S.    Pietro,  e  il  paLi7,zo   del    Papa:  ed  è  scoperto  alle  quat- 
tro regioni  ,  e  pli!i   a    qn«>lla   di   levante  .    Tutto    il    sito    di 
questa    amena  e    bella   villa  si    può   dire  che    sia   con    tutte 
quelle    qualità  che    si  ricercano  ,   perchè   vi    sono  monticel- 
li  ,  vallette  ,    piano  ,   acqua    ed  aria  buonissima  :  talché  ben 
Sì   può    dire  che   la  santissima   memoria  dì  papa  Giulio  aves- 
se  perfetto   giudizio    a    farci   si   degna    ed  onorevole  opera  ; 
la    quale  ne   porta    tutte  le  principali    parti  dell'  architettu- 
ra ,   region    sana  ,  comodità,  bellezza  ,  e    perpetuità  .   Vera- 
mente perpetua   memoria  e  spasso  a   tutto   il   mondo  si  può 


3q8  Belle    Arti 

dire  ,  si  per  ragionarlo  ,  come  ancora  per  goderla  ;  perchè 
la  somma  cortesia  e  bontk  dall'  illustrissimo  signor  Baldo- 
vino fratello  ed  erede  di  tanta  memoria ,  con  tutte  quel- 
le cortesie  che  si  possono  desiderare  ,  fa  fare  e  mostrare  da- 
gli  uomini ,  che  per  questo  vi  sono  salariati  ,  quanto  di 
bello  vi  ho  descritto.  Si  che  V.  E.  venendo  a  Roma  ,  sic- 
come ella  mi  scrive  ed  io  desidero  ,  la  potrà  veramente 
vedere  che  di  quanto  vi  ho  scritto  ho  detto  il  vero  .  la- 
tanto  mi  tenga  nella  sua  buona  grazia  :  ed  io  restando  suo 
amorevol  servitore  ,  di  cuore  me  le  raccomando  .  di  R  orna 
alli  ij  di    maggio  del   LV. 

Di  V.  E. 

Ser.  Bartolcmeo      Amannati  , 


^99 


varietà' 


NofQ   erudite  dell'  Autore  alV  Elegia   intorno  al  Lago   di  Fucino 
stampata   neW  ultimo  quaderno  . 

(j)  Lacus  Inter  Apennini  jaga  apud  Marsos  ita  dictus  a  Furco 
ducta  ethymologia  ab  igne  ,  seu  a  fuco,  i.  e.  nitore  aquarum  ,  aat 
dcnique  a  qualitate  nonnullaram  hcrbarum ,  qua  prosìliunt  e  fundo, 
Sed  haec  opinio  minus  placet, .ut  fatear  ,  quia  herbae  illae  comunes 
sunt  aliis  stagnis  .  Quid  quid  sit  de  nomine,  exploratum  videtur  Fu- 
cinum  ,  ut  alia  pleraquc  stagna,  originem  habuisse  a  Vulcano  jam 
extincto  ,  cujus  inditia  tuta  sunt  arenae  ferrugineae  ,  et  puipices  , 
quae  aliquando  in  littore  reperiuntur .  Montes  ipsi  vicini  vulcanii 
sunt,  ut  illc  Turchius  ;  nec  nisi  a  congerie  vulcania  ,  deductis  spa- 
tiis  ,  originem  sortiuntur  plurcs  ductus  naturales  aquarum  Fucini 
orientem  versus .  Ex  eadem  causa  vulcania  olim  productus  non  in- 
ftcete  dicitur  in  Ephaemeridibus  Romanis  politicis,  et  reputatur  du- 
ctus quidam  etiam  naturalis  apud  lacum  Ferentini  ,  qui  ampio  re- 
pente hausto  nupcr  absorbuit  totum  Lacum  .  Desiderio  quaerenda 
foret  bistorta  horum  vulcanorum ,  sed  nulla  est ,  nisi  naturalis ,  qu» 
patet  oculis  ex  mutis  reliquiis  vulcanlis   sine  indictione  . 

(2)  Par  pelago  .  His  verbis  Strabo  lib.  5.  hist.  describit  exten- 
sionem  Fucini  .  et  vicibus  dlcit  crescere  ,  et  subsidère  solitum. 

(3)  Dictatore  Sylla,  et  ineunte  aevo  C.  Julio  Caesare,  qui  primuB 
consulere  volens  sapplicibus  Marsis  Fucinum  emittendum  concepit. 
Plin.  lib.  36  e.  i5.  Svet.  cap.  44-  Q«is  ignoret  civiles  clades  ,  et 
funas   acerbum  reipublicse  Dictatoribus  illis  Sylla,  et  Caesare? 

(4)  Intellige  neptunnm  prò  mari  .  Juven    sat.   10.  v.  182. 

(5)  Commnnis  erat  turba  Deorum  Romanis,  et  Marsis  .  Hinc 
frequens  occurrit  diverso  marmore  inscriptio:  Dis  Deabus-Jovì-Opi- 
et  Jano,  a  cujus  nomine  arcessitum  fcrtnr  Aveanum.  Deniquc,  ne  mo- 
rcr,  notatu  digna  votiva,  quae  legitur  in  Oppido.  .  .  .  Mena- 
ti Bona:,  trepidantibus  ,  ut  pnto  ,  Romanis,  cum  P  ceni  ad  Urbem 
hostes    adventarent. 

(6)  Coss.  D.  Junio  ,  et   Q.  Haterio  .  De    hoc    opere   a    Claudio 


4oo  Varietà' 

patrato  iioii    minas  nompcnrlil   spc ,   qunin  glori ae  ,  ita  Svct.  in    Cla- 
ud    e.   i(J.  Per  tria  autem  passaum  millia  partim  effosso  monte  («tZ 
viuno  )  partim  cxciso  ,  canalem  absolv-it  aegre,  et  post  undecim  an- 
nos  q  lanivis  continuis   trlginta    honninum  minibus  sine  intermissio- 
ne operaiitibus V-    Plin.   d.    1 

(7)  Flumen  ,  qaod  orìginem  ducit  ab  oppido  Cappadociae  ,  et 
coraflucntibus  undis  per  vallem  Roseti  Gampaniam  petit.  Alio  no- 
mine dlnit«r    Glanicus .   Plin.   lib.   o.   e.    5.   Italicc    Garigliano . 

(tf)  Ob  incuriam ,  nisi  fraudem  ,  ut  oredidit  Agrippina  TNfareis- 
si  operii  ministri.  Sic  Taoit.  lib,  12  annal  e.  By.  Sed  perfcclo  spe- 
ctcìculo  apertuin  acjuarum  iter,  et  incuria  operis  man' festa  fiiit 
hauti  slalis  depressi  ad  Lacus  ima,  vel  media  .  Eorjue  tempore 
ìnter]ecfQ  alfius  effbssi  specus  ,  et  contrahendcB  rursus  multitu' 
dini  gladiatorium  spectaculum  edctur  inditis  ponti6us  pcdcstrem 
ad  pu^nam .  Quinci  comù^'ium  effluvio  Lacus  appositwn  ìnagna 
formuline  cuncfos  affecit  ,  quia  vis  aquarum  prorumpens  proxi- 
ma  fraliebat ,  convulsis  ulterioribus ,  aut  fragore,  et  sonitu  exter- 
ritis.  Ex  hÌ3  eruitur  bis  a  Claudio  Fucinum  aggressum  ,  qui  pri- 
mo   restiterit,  secundo  rcfluxerit  irrito  opere  tam  longo  . 

(9)  Pro  monte  Salviano  .  Procul  dubio  excussa  tellus  ,  et  tre- 
muere  cavarnae,  et  mons  ipse  totus  ,  rcfluentibus  undis  Fucini,  se- 
Qundam  ea  ,  quae  testatur  Tacitus  d.  I.  Dicitur  abortassc  Agrippi- 
na, quae  aderat  induta  paludamento  aureo  textili  sine  alia  ma- 
teria pertcrrita  fragore  summo  .  Episc.  Vcnusinus  Corsign.  in  sua 
officina  refert  mutilam  de  hoc  abortu  ,  et  mancam  inscriptionem 
jam  relatam  a  Phaeb  lib.  2.  cap.  10. 
NOBILIS  PR0GEN1£S 
AUGUSTI 

me  TUMULATUS  .  .  .  EST 
Sed  pace  tautorum  Virorum  liccat  quaercndo  cxpungerc  corra* 
pta  verba  .  Quo  loco,  quovc  Con-ule  [latuit  monumcntum  ?  Ubi 
nane?  Uniciiiquc  nota  doinus  sua.  Marito  l'abrett.  de  Emiss,  ol- 
fiiicta  primo  commcntitiam  arguii  ,  nec  mihi  nisi  quae  oculis  subjc- 
cta  et  rationi  congrua,  riJcnt  omnia.  An  Fucinus  tristem  proge- 
nicm,  et  cippum  condidit  sinu  vasto?  Mirum  quidem  Svetonium  , 
et  Plinium,  qui  sìgiliatim  tradiderunt  Vestimcnta  illa  aurea  Agrip- 
pinae  nihil  de  ejus  abortu  dixiise  tcstes  historicos  !  Aut  ijjitur  nul- 
lus   abortus   et  falsus  titulus ,  aut   putitiduli    historici  • 


Varietà*  4oi 

(io)  Phaeb.  hist.  lib.  2.   cap.  9.  Reines.  d.  o.  inscript.  81.  AW 
V«ro  Hadrfaa.in,    non  Trajanum    restitaisse    dicunt    aqu^ductar»  , 
«t  emisisse  Pucinum.  Et  vere  Spartian.  cap.  22.  in  Hadr.  sic  scri- 
t.t  :  Fucinwn  eminf.  Nos  atrum.(uc  crcdimus  matias  adseruisse  tan- 
to open  .  Sic  conciliantur  advcrsi  historici,  et  duo   potissima  mo- 
numenta, unam  relatum  a  Camarra  in  Theat.  antiq.    Uh.   ,     «    5 
in  quo  recuperati  dicuntur  sub  Trajano   agri  ,  et  possessione-,' ,  quaJ 
Fucinus  inunda^erat  :  alterum   cmortuale  M.  Marcii  sub  Hadrlano  . 
a  quo  datus  curator  aquaeductui .  In  calce  elegiae  «trumque  refere- 
mus  titulum.  Ut.  B    C.  pag.   ,3.   ,4.  Nunc  paucis  expedienda  te.. 
Sub  Claudio  Fucinus  aggressus  ,  et  perfectum  opus  cmissarii ,  quam- 
ris  destitutnm  successoris  odio;  Sub  Trajanp  restitutum.  Sub  Hadria^ 
no  absolutum  ,  secuto  effluvio  . 

(11)  Inte'ligendum  de  forma,  non  de    seminibus    rerum    qu» 
numquam  desinunt.   Lucret.   lib.   1     v.  117. 

Dissolvet  natura,  ne,ue  ad  nJhilum  interimat  res  . 

(12)   Archippe  hiatu  terrae  hau.ta,  et  in  Fucimim  dissoluta,  quo 

ex  nomine  vfrg.  Archipp.  Rcgis  nomen  finxit .  Vid.  Plin.  lib.S.  eia. 

(i3)  Penne  posila  orientem  versus  prope  Lucum  ,  et  ut   «re 

dam  ,  ruinis  condita  Angitia  .  Brevi  extitit  et  fato  cessit  aliarum  ei- 

Vitatum  »  ut  infr.  n.   26 

(i4)  De  Angitia.  V.  in  calce  lit    A.  pag.    12. 

(15)  Locus,  in  quo  educantur  flores  . 

(16)  Pellito,  qui  pellibus  tectus  ,  qualis  piscator  omnis  accola  . 

(17)  Quam  belle  Juv.  sat.  XII.  v.   195. 

„  2  nunc  ,  et  vcntis  animam  commìlte  doluto 

„  Conjisus  Ugno  ,  digitis  a  morte  remolis 

,^  Quatuor  ,  ac  septem  ,  si  sit  latisxima  /ceda  . 

(18)  Sol^bant  veteres  mactare  pecudes  nigras  solvendis  inferiis 
Divis  manìbus  .  Lucret.  lib.  3.  v.  Sa. 

(19)  A  Marso  Cyreis  filio  ,  aut  a  Marsya  Phrygio  lydorura 
rege  ,  seu  potius  a  Marro  Marsorum  Duce  .  Plin.  lib.  7.  e.  2.  «t 
lib.  3    e.    12.  Geli.  lib.   16.  e.   n. 

(20)  Praecipna  apud  Fucinum  ,  et  flumen  Tholoni  ,  aliaque  in 
alas  locis.  S,I.  Ital.  lib.  4.  Uv.  ^3.  C«s .  Comment.  lib.  ,.  Apud 
Tholonum  Consul  Romanus  Rutilius  sagitta  cecidit,  de  quo  sic 
Orid.  Fast.  lib.  6. 

G.  A.  To.   IV.  ag 


4ca  Varietà' 

JiaiiSfibi,  quo  prop':ras  nwmorant  dixiss&  ,  HutiU  ^ 
Luca  iio^a  morso    consul  ab   hoslc   ccidcs  . 

Qui  olim  Tholonus ,  nane  dicitur  sub  novo  nomine  saltus  fju- 
men  Taleac  >tìi  nostrae  patriae,  nostraqiie  maenia  lambii,  et  agros 
rigat  fri§:idulis  undis  ,  ortu  proximo  .  Phaeb.  lib.i.  e.  9.  Inde  pro- 
no alveo  flectit  per  Aequos  aliorura  fluminum  tumidus  snppetiis  . 
De  bello  Marsicano  fnse  Strabo  lib.  5.  ubi  Marsicanura  ideo  no- 
minatum  esse  dicit,  quoniam  a  Marsis  defectionis  auctoribus  su-  / 
scitatam  fuerit  .  'Oietam  est  etiam  sociale  concurrentibus  Pelignis 
Pitene,  Campania,  tota  Hetruria  ,  aliìsque  populis  . 

(21)  Inter  alios  Marno  ,  inde  Popcdius  non  Pompedius  ,  ut 
dicit  .   Corsign. ,  Sfrabo  lib.  5  annal. 

(22)  ITsus  erat  ,  im'to  faderc ,  cadendi  suem  ictu  lapidis  ante 
aram  Jovis  .  de  quo  Virg.  Eti.  Lib.  8.  Inolevit  etiam  usus  ille  ridiculus 
offerendi  tomacula  porci  in  rebus  uxoriis.  Juven.   sat.    10.  v.  355. 

(20)  Mba  Fucensis  sive  Fucentia  dicebatur  ,  ut  distingueretur 
ab  Alba  Loiii;a  .  Erat  municipinm  Romanorum  inter  Equicolas  ex 
Strab.  Lib.  5  ,  inter  Wlarsos  recensitum  ex  Plinio  Lib.  3.  e.  12  » 
et  ApuiaM  Ci»-.  Bell  Lib.  3-  et  adhuo  pendet  lis.  Cicero  Phil. 
Legio  marnca  Albce  conatitcrat  in  municipio  Jìdelissimo  .  .  Di- 
eta est  etiam  Colonia.  T.  Liv.  lil)  7.  dee.  3.  Nec  mirum.  Siquidem 
tnnnicipia  in  colonias  et  centra  colonias;' mutato  statu,  jura  saepe  mu- 
nici|>ii  ob  meritiim  obtìnuisse  exemplo  Praenestis  docct  Geli.  XVL 
i3.  n.  a.  Inter  a!ios  illic  detentos  fuisse  Syphacem,  et  Bituitum  Rc- 
gcm  Alvernorum,  et  Perseum  cum  Alexandre  filio  narrai  Liv.  lib.  3o. 
et  lib.   4-5    Valer.  Maxim,  lib.  9.  e.  6. 

(♦)  V.   LuciI    Sai.  20.  ,  Solin,  cap.  8.  ,  Sii.  Ital.  lib.  8. 

(24)  Celebris  erat  via  Valeria  ,  qwae  a  Tibure  ad  Marsos  et 
Corfìnium  decurrcbat  .  Strabo  d.  I.  llujus  viae  plura  extant  vesti- 
pia  npud  Carseolim  ,  Taleacotium  ,  aliaque  oppida  marsica  .  Nomen 
habuil  a   IVI.  Valerio  Maximo  ,  qui  eam  cxtruxil  . 

(25)  Praeler  nemus  urbs  erat  proxima,  sub  nomine  Angitiae  , 
qiiac  illi  iiomen  dedil.  Andreas  Baco.  lib.  5.  de  vin.  ital.  De  ne- 
iiiure  occurrit  mentio  apud  Virg.  En.  VII.  r.  759.  De  civitate  ha- 
Lctar  Lapis,  quem  rcferam  in  fine  Lit.  A  pag.  12. 

(2^)  .Marruhium  Caput  TNlarsorum.  Sii.  Ital.  lib.V.  v.  607.  M«r- 
rubium  vetcris  calebraticin  nomina  Marri  Urbibus  est  illis  caput  . 


V    A   II    I   E    T    a'  4^3 

Quaerend'jm  caligine  densa  antiquitaiis  ,  quo  loco  consederit  caput 
istu'l  Marsjrum,  aut  ferro  obscissum ,  aut  igne  perustum  .  Maenia, 
qu«  videmus  prope  Lucum  strata  solo,  Angitiae  sunt.  Lit.  ut  supra. 
Quae  sur^unt  illinc  Albac,  quae  licct  prope  diruta  extaut  et  hodift 
habitata  nepotibus  primorutn  Alarsorum;  quorum  aritiis  tremuere 
Kornulida ,  nd;  caia  illis,  nec  sine  illis  pugnare  ausi  .  Archippe 
de  qua  supra  nuin.  12  ex  consensu,  et  quasi  traditione  populorum, 
erat  posita  orìentcm  versus,  ubi  dicitur  ,  corrupt.i  voce  Arciprete^ 
nec  vestig'a,  si  quae  sunt,  referri  possunt  ad  Marrubiam.  Milonia, 
Plistia,  Fresilia  ,  ut  veteres  nostra?  urbes  cito  percurram  ,  additis 
calcaribus  ,  crani  in  confiniis  Samnitum  ,  et  Pelignorum  .  Cerfìnia 
ubi  nunc  Collis  Armenus  tal),  itinerariae  Antonini  .  Quo  igitur  Marru- 
bium  ?  Cluer  lib.  2  cap.  i4  de  Peliguis,  et  C.  Ruaeus  ad  Virg.  d. 
1.  illud  ponunt  ubi  nunc  opi^idulum  Morrea  juxta  Lirim;  non.  •alia, 
ut  puto  ,  ratione  quam  affinitate  nomìnum  ,  Marrubiwn  Mor- 
rea .  Camarra,  Phaelionius  ,  alique  in  aliis  locis  .  Nos  nostra» 
etiaiu  merces  patrias  exponentes  Wlarrubium  ,  sivc  Maruvium  fa- 
cile dicimus  occuluisse  caput  in  eo  situ  ,  in  quo  villa  rustica  S. 
Beuedicti  ,  majori  tamen  ambitu,  tcstibus  vetustissimis  rcliquiis, 
Amphitheatro ,  Thermis,  maenibus  Urbis  antiquissimis  ,  et  ampia 
via  silicibus  itrata  nuper  detecta  ,  dcficientibus  aliiijuantulum  undis 
siccitate  summa  ,  praeter  aliam  viam  post  Capitolium  ,  de  qua  men* 
tio  in  Lapide  reperto  in  agro  dictae  villas,  qui  servatur  ab  inju- 
ria  aevi  in  proxirna  Civitate  Piscinae  .  Siquidem  praeclara  illa  ruta 
coesa  monumenta,  quibus  addimus  quam  plurima  signa  exculta- 
que  sepulcra  continuo  illic  cffossa,  qnae  partim  sunt  adasita  terra  par- 
tim  ilissita  Fucino  untlisque  lacustribus  pene  submcrsa,  reicrri  ncquc- 
unt  nisi  ad  caput  Marsorum  non  adillas  civitates,  de  quibus  supra  egi- 
KiiLis,  nec  ad  alias  obicuri  nominis,  et  ad  ea,  quae  numero  tantum  ca- 
slcllu  vulebunt ,  ut  dicit  Sii.  Ital.  lib.  8,  v.  Si»,  et  5ii.  Multo  minus 
referri  possunt  ad  Valeriam  Bonifacii  IV.  patriam  ;  nam  procul  om- 
ni  dubio  civitas  illa  Latina  posita  erat  extra  fines  Luoenses  ,  et 
Fucenses  ,  et  quidcm  ubi  hodie  f'icovuro  apud  Anienem ,  non  Fu- 
cinum  .  Pitisc.  Lex.  antiq.  Rom.  v.  Valeria.  Antiquitus  dicebatur 
Vuria.  Oua'fiicL  inde  Valeria  ,  corrupto  nomine  al>  excriptoribus 
lib.  V.  Strabonis  ,  scillcet  quod  id  oppidum  posìtum  erat  in  via 
Valeria  .  Revera  nomen  ,  et  intcrvall  um  probe  convcniunt ,  et  ma- 
fis  magisque   cruitur     vcritas  ex  loto   contenta,  et    ordine   Straho- 


4oi 


Varietà' 


nis   qui  primo  Variatiji,  sive  Valeriain,  inde  progrcdicodo  Carscolirti, 
atrtue  inde   Mhain  ,  inde  Cuculum,  quas  duas  ultimas  Civitates  fals» 
namsrat  inter  civitates  Latina»  ,  ut  bene  notat   Cluer.    d.    1    Wec 
officit  q'Aod  ille   Pontifex  dicatur  de  natìoue  Marsorum;  nomen  euinf 
Marsorum  co  fevo  snmebatur  latius  . 

Mrror  autem  patrinni  histQricum  Phaebonium  ,  postqu^m  plu- 
ra  de  "Vlarrubio  retnlcrit ,  editie  titulis  ,  inconsulto  ppsaisse  maeniii 
prope  Issarn  (  ortucchio  )  in  eo  loco  ,  qui  dicitur  piano,  di'l  Mar- 
cio ,  et  in  vero  sita  Wlarrubii  Valeria^ ,  ad  cujus  prnatum  censet 
transkta  fuisse  monumenta  archetypa  de  Marrubio  ,  quae  ipsp  met 
testatur  reperta  in  ambita  Villas  S.  Benedirti.  Quid  ineptius  ?  Quid 
«ì  reponam  ,  cxulare  Valeriam  Tabulis  Cosmovraphorum  P  Bcrtii, 
Sanson  ,  Cluerii ,  et  ab  ipso  itinerario  Antonini?  Oraisit  Phasbonius 
qilQ  tempore  ,  et  qua  vecta  rate  monumenta  ,  ut  tota  noctc  som- 
niasse  credcretar  homo  caeterqquin  intégrae  existimationjs ,  qualis  il- 
le  Mariocus,  cujus  edi4it  titulum  . 

(27)  Clarior,  et  in  deliciis  habita  apud  Ronianos  crat  aqua  Marr 
tia,  uti  verità  iq  rebus  pro^aais  .  Plin.  lib.  Si  cap.  3  ,  Strabo  lib. 
V-.  ,  quoruni  te:timonio  a  Mar^i^  i:^o  »  dubie  Urbein  petebat,  adsci- 
pnlantihus  recentioribus  histqricis  Contar,  p.  m.  62.  ^(yniiq.  ^  De 
Rc^.  lib.  5.  p.  2.,  Corsign.  lib.  1.  cap.  8.,  Fac.Jol.  Lex.  lai.  y. 
Martìa  ,  qui  omnes  a  Fucino  originerr\  aatuniiat  ;  et  no5  ita  ctian^ 
in  Carmine  deduxiraus  ,  indice  nom'smate  in  littore  nuper  inventq 
cujaji^  iascriptio  ab  una  ,  et  altera  parte  sic, 

Ancus  Pb  lippus  (  sig  lum  equi  ) 

aqna  1S\ 

Eamdem  refert  Fabret.  de  aijuaeduct.  V.  Martia  .  At  vesti^ii^ 
ductllia  ,  (]nre  supersunt  ,  ea  sunt ,  qu.e  adhuc  visentur  a  Sublacu 
ad  Vicunrum  ;  nulla  a  Fucino  .  F,t  |ir.)fectQ  impossibile  videtur 
tam  longe  perdaci  potuisse ,  interjectis  moiitII>us  altissimi^,  ()ui- 
bus  undìqiie  stagnami  vallatur  .  Pro!>abiIc  tamcn  est,  ne  iqnulnri.'^ 
scrips!s«e  putemas  Plinium,  et  Strabonem  ,  foiitom  in  agro  Snbfa- 
ccn<!Ì ,  a  quo  ducti  altissimi  fornices  opere  ae terno  .  ut  ait  Pro- 
pertìn*  Hb.  3.  el.  21  ,  originps  habuisse  3  Fucino  per  vcn.^s  terra 
absconditas  ;  et  sic  dici  poterai  aqua  IVlartia  Fucini  esse  .  p-tito  no- 
mine a  Regione  ,  aut  potius  ab  Anco  Marlio  ,  qui  eam  ducere 
auspicatus  .  Plin.  d.  1.;  et  ut  docci  ipsa  litera  in   numism^te  regio. 

(2^)  Sub  Claudio.  Vid.  adnot  n.  S 


V  A  R    I  E   T   A*  4o5 

(29)  Duo  edita  spectacula  a  Claudio,  ut  magnificèrìtia  operi» 
li  pluribus  viserctur  ,  Naumachia  ,  et  pugna  gladiatorum  .  Illai  cora- 
inissa  fuit  concurrentibus  undeviginta  millia  Naumacharijs  Kho- 
diis ,  et  Siculis;  ,  cxciente  buccina  tritone  argenteo ,  qui  e  medio 
lacu  per  machinam  etiierserat .  Syet,  d.  I.  Haec  smi  pugna  gladiar- 
torum  facla  ipso  etiam  lacn  inditis  pontibus  :  Tacit.  d.  1,  Nauma- 
chia primo  edita  ante  tentatam  emissioncm,  cincto  ratibus  ambitu, 
ne  vaga  forent  effugia .  Alterum  spectaculum  pedestris  pugnae  lo- 
«tum  habuit  contrahcndse  rursns  multitudini  ,  post(^am  altias  fuii 
specus  effossns  prò  sécniida  perperani  tentata  emissione  Fucini;., 
qui  refluxit   operis   iiicurih   ut   Supra   n.  8. 

(3q)   Pro  navibris^  quibus  undique  cìnctUm  stajfium.  Tacit,  d.  h 

(ói)  Eoruni  qui  opiis  confccerant  ut  vulgd  dicitar  et  inde  ad 
pugriani  inipulsi  a  Claudio,  Rhòdii  ,  et  Siculi  . 

(02)  Idcst  cxpiare,  Credebant  qniderri  Romani  undis  flumi* 
iinm  ,  aut  maris  expiari  tantum  posse  scelerà ,  et  ostenta  tristia  . 
l-égimns  apud  Seri.  Trag- 

Quls  eluet   me   Tancih ,  eiut   quce   harharis 

Mceofis  ulnis  ponfico     incumbcm;  muri  ! 

N'm  ipse  foto  magnus  oceano  Pater 

Tantum   e.vpiurit  sceleris 
(SZ)  Inter  varia  flaminà  ,  quae  ex  summà  corona     montiurri 
profluant  in  sinum  patris  Pucini  ,  duo  singularia  ,  uni;m  sub    no- 
mine Pictonii  caeco  tramite  a  monte  Velino    per    occultos    meatas 
labitnr,  et  inglorius     ctìrrit  Invisìs    undis,    tcstibus  veteribus  ,    et 
recentiorìbus  historicis  .  Alterara  ,  qnod  Plinius  nommat  Inveetura, 
Vibius  alio  nomine  ,  a  Pelignis  raontibus  ita   decurrebat  ,    ut    aqua 
èjus  non  miscebatur  stagno  .    Aetas  perdidit  nomina    etiam    flumi- 
num  !  Invectus  nunc  dicitur  G^o^enso  .   Tholonius  ,  de  quo    sup. 
Salto .  Pictonii  latet  unda  cum  ipso   nomine"  ;    nullaqué    hodie    in 
aquis  nostris  miracnla  a  Plinio  ,  et  Vibio  relata  ,  quae  condicìit  Fu- 
cinus  undo?o  siuii  . 

(34)  Non  cadavere  ,  ut  dlctum  odio,  sed  incuria  operis  . 

(35)  Id  est  nec  damnasset  flagellis  rcttuum  Facinum  ,  ut  fé- 
cit  Xerscs  iti  pelagum  ,  et  ventos  superatos  a  Themistocle  in  angH- 
ifiis  freti  Salamini!.  Juvcn.  Sat.    10.  r.   179.  et  scq. 

Ille  taralen  qualis  rediit ,  Salamiue  relieta  ,• 

Ih  corum ,  atqa«  euwum  stlitu»  ixvlts  Ila gelU»  .v 


4o6  Varietà' 

(36)  latelligc  animili  un  ,  ijoae  solita  sacrificar!  ,  et  sic  intellij. 
Pers.  sat.   ii.  v.  45-  Mcrcurinmqne  arcessis  fibra. 

(3-j)  Juss»,  ut  flucrent  ,  cffosso  jain  monte,  unda:  . 


m.  O  a   U  M  E  INT  T  A 


LlT.  A 


SEX  .  PACCIVSTI 
ET  .  SEX  .  PACCIVS  lA 
QVINQ  -  MV^RVM  .  VET 
OONSVMTVai  ,  A  .  SOLO  .  REST 
EX  .   P   .   P   .  ANGITIAE 


Repertuni  in  Ruderibus ,  ubi  Vul^o  Corno  di  penna,  ab  Oppido 
Luci  circiter  000  pas.  prope  Fucin.  Long.  pai.  4-  lat-  pai-  8  et 
1/5  Nunc  in  Ecclesia  SS-  Joannis  Ba^t.  et  Evaug.  intra 
msenia. 


Ex  PP.   AnGitiae  .  i.   e.    publica    pecunia    civitatis    Angitise; 
nec  opus  est  Oedipo  conjectore  in  re  perspicua  .   Ubi  erant    muri  , 
ubi  Duumviri  qùinquennalcs  ,    sìve  qulnqueviri ,   (  ut   lubeat    rupto 
marmore    ir.'terprctari  )  ,  et    Eerarinm  ,    rcsqiie     aliae    publicae ,    nc- 
mo    iiisi'  ca-cior    hypsaea    negaverit    fnisse  Civitatem  .    Ridcudi   pu- 
silli Scholastici  ,  qui  contendunt  nemus  fnisse  ,    et  fanum  Dea;  Angi- 
tiae  non   civitatcm  ,  referentes  totlsidibus  Virg.    En.  7.  v.   759 
Te  nemus  Angitia  ,  vitrea  te  Fucinus  uiula 
Te    liquidi  tlevere  lacus  ... 
<    Anne    Duumviri»  ;    sive  Quinqucviris     commissa    nemora,    et 
muri   a  solo    restituendi   Urbe  nulla  ?   Tutius    dicendum  Civitatem 
habuisse  nemus,  quod  diccretur  Angitiae .  Sic  intelligcndus  Virg.   de 
nemore,  quod  flevjsse  dicit  in  morie  Umbronis- 

Si  conjectnrae  aliquando  locus  est  ,  ubi  nunc  Lucus  oppidum  , 
forlasse  olim  nitro  cifroque  nemus  Angitiae  .  Ruseus ,  et  Abbas 
de  Fontaine  ad  Virg.  d.  1.  Proiocto  lucus  ,  et  nemus  idea»  so- 
nant  .  Coiijecturam  fulcit  situs  ipse  montauus ,  undique  pjoxima 
iruticante  Sylva. 

Deniqac  ,  ut  finem  faciarrfu;    de  Angitia  ,  ciiiuain  adscribanius 
ni8e:ii,-\  illa    lapidibus  qaadran^ulis  ,   exagonis,    et  pcntagonis  ,  quae 


Varietà'  ^  4^7 

ptope  lucum,  et  antiquam  aream  monumenti  visentar  pomloribus 
temporum  pene  diruta  ?  An  Penne,  ut  plures  ceu;ent,  in  eo  loco 
condita,  cujus  Incoloe  ollm  a  serpentlbus  propulsi  dlcuntur  velati  a 
gruibus  Pygmea  choors  ?  anpotius  Angitiae  ,  cujus  innotevit  ti- 
tulus  ?  Qaod  si  credulus  admittam  ea  esse  maenia  Hennes  ,  re- 
ete  dixerim  oppidum  illud,  quod  breirem  aetatem  habuit  ,  obscci- 
rum    ortum  habuisse  in  ipsius  ruinis  Angitiae  . 


LiT.    B 


D.  M.  S. 
m.  MARCIO  M.  F.  FAB 
JV^-TO  .  VET.   DIV.   HAD 
EQ7ITÌCH0  V.  II.  P.  R 
iniVIR.   AEDjm.   VIRI.    D. 
CURATORI  .    ANNO  .   II 
CURATORI.  AQVEDVGTV 
VIXIT  .  A.  LX7 
M.   MARCIUS.  EVTYCHES 
ET  M.   MARCIA  .  RESTITVTA 
PATRONO  .    OPTIMO  .  SVIS 
AMANTISSIMO  B.    M. 
ET  SIBI .  SVISQVE  .    POS 
TERIS  .  EORVM 
HVIC  .  MONVMENTO 
TERRA.  CEDIT 

Vet.  Veterano  .  CI.  Minicucci  in  disertatione  nupcr  edita  A- 
quilae  super  hoc  monumento  refert  VE.  T,  interjecto  pu  icto  » 
damnatque,  objurgatque  somnoleutos  quadratarios,  quod  illud  con- 
jecerint ,  cam  tamen  nuUum  sit  .  Concordai  tamen  interpretatio  ,  nec 
concordare^  divisim  ,    cum  lit.  T.  indicci  plerumque  Tribunatum  . 

Div.  Had.  Eqviticho  .  Delio  opus  est  natatore.  iMinicucci 
refert  disjunctim  .  Equiti ,  Cho.  ut  attribueret  equitatum  VII.  Co- 
hortis  ad  M.  Marcium ,  Hic  et  ego  irascerer  quadratariis  ^  sed  quod 
omiserint  punctuin ,  non  quod  conjecerint,  ul  assenlia»'  optimo  in- 
terpreti, eo  tamen  mota;,  quod  plures  fuerint  Cohortes  Marsae  , 
de  quibus  Csesar  de  bello  •  civ.  lib.  i  .  Quid  enim  illud  equili- 
cho  ?  Nec  si  omnia  syrmata  volvam  a  Pyrrha;  inveniam  exem- 
pla  barbara. 


4o8  Varietà' 

CoRATORl  ÀQtrA^DucTn  ,  Supplc  Fucini  ,  ad  cnjus  ripas  et  qi#' 
dom  in  «o  loco,  qui  dicìtnr  cerrete  exaratus  feto  bono  integer 
crppus  ab   emissario   Claudii  distans   spatio    pass.    1800. 

Errant  qui  suspicantur  M.  Marcium  fuisse  caratorcm  aqua- 
rnm  Albas  ,  quoe  triplo  ,  et  ampìius  distai .  Nec  credibile  est  In- 
ter Fuccnses  patrono  posuisse  monumentum  amantissimos  libertos 
tam  longe  ab  Alba,  cnjus  aquarum  fuisset  curator  Marclus  magno 
dignus  titulo  curatela  parv^a  .  Utique  parcerem  ,  sì  dixissent  An- 
gitiae,  aut  Pennes,  ant  alius  proximioris  civitatis.  At  vero  inutile  est 
alios  quaerere  aqna?ductus,  quuin  pateat,et  vicinus  sit  ille  Fucini. 

Kx  mufjere,  ifto,  quod  gessit  M.  Marcius  ,  non  obscure  dedu- 
cltnr  Facinnm  in  Lirim  fluxisse.  Equidem  caritor  dari  non  potuis* 
sei  ,  nisi  absoluto opere  .  Celerà   patent  . 


LiT.    C 


IMP.   CAF.?ARI  nvi 

WERVAF.  TIL.  WERVAE 

TRAJANO  .  OPTJIVrO 

AVGVSTO  .   GERMANICO 

DACICO  .  P\KTHICO 

PONT.  MAX.  TRIB.  POT.    XXHI 

COS.  VI.    PATRI  .  P\TRTAE 

SFNATUS  .    POPULU>QUE.  R0MA1VUS 

OB.  RECIPERATOS  .  AGROS  .  ET  POSSESS. 

QVAS  .  LACVS  .  FUCINI  .  ViOLENT. 
Multnnn    de  hac    inscriptione  disertum  .    Fabreltus  ,     et    Scip^ 
MafT.  art.   crii,  pag    4^6,  aliique  comentitiam  esse  dlcunt  .  Camar- 
ra  ,  et    Reines  .    et    Corsìgn.    veram  .   Minicucci  Eucarisficatn  pro- 
clamai .   Phaeb    pu,;nans    prò  aris ,  et  focis  veram  eiiam  dicit  ,  nar- 
ratque   pauloante,  quibus  scripsil ,  tempora  cxtitissc  monumentum 
in    ecclesia  sub   tit.  Div.   Bartholomsei  Aveani  ejus  patriae  ;    idemquc 
rcfert  Camarra  ,  imo  a  se  ipso   testalur  Icctam   fideliter  inscriptio- 
nem  in  marmorea  basi  cujusdam  signl  in  ipsa  Ecclesia  positi  .  Nee 
plura ,  ut   credam  postilla  Dis   aversis  sub  marra    sepultum   monu- 
mcntnm  ,  et  fato   dcperditum  .   Error  deprehen.sus ,  quo  improbatur 
titulas    in    compulatione     anilorum    Tribunitlae   Fotestatis  ,    arguii 
mendum  quadratarij  ,  nec  de  fide   ambigendum  ,  qunm    celerà  acque 
rcspondeant  ,  VINCENTI  US  MANCINI 

Ac.  TiB. 


4o9 

INDICE 

1l>E*  PRINCIPALI  CAPITOLI  CONTENUTI  NEL  IV*  VOLUME 
DEL    GIORNALE    ARCADICO  . 

OTTOBRE»  NOVEMBRE,  DÉCEMBRE  1819. 

LETTERATURA. 

Dizionario  della  lingua  Italiana:  T.  primo, 

Bologna   iSig.  (fascicolo  primo)     ...        3     —     — * 

La  Legge  Petronia  illustrata  col  mezzo  di 
Un'  antica  Iscrizione  rinvenuta  nelP  An- 
fiteatro di  Pompei  :  Memoria  distesa  dal 
Cavalier  Arditi  Sopr aintendente  dei  Re-^ 
gj  Scavi  .   IVapoli  1819.     .      .     .     .     *     *      ig     — .     — 

Perchè  Divina  Commedia  si  appelli  il  Poe- 
ma di  Dante  :  Dissertazione  di  un  Ita- 
liano  :  Milano  1819 35     —     — 

Notizie  intorno  il  Teatro  ,  ed  altri   costumi 

Cinesi— —Laa-Sen-géul-Dì'amma  Cinese.     -44     —     ^ 

Lucce  Holstenii  Epistolce  ad  diversos  ,  quas 
ex  editis ,  et  inediti s  codicibas  collegit  , 
atque  illustravit  Jo,  Frane.  Buissonade  : 
accedii  Editoris  commentatio  in  Inscriptio- 
ném  Grcecam  .   Paiisiis     .     .     4     ^     .     ,     58     —     — 

Ballate  inedite  di  Fianco    Sacchetti    tratte 

dal  Còdice  Vaticano   che  fu  dell' Orsino  .     63     —     — 

Lanci  Michel'  Angelo  .  Lettera  sul  Cufico 
Sepolcrale  Monumento  portato  d' Egitto  . 
in  Roma.   Roma    1819.      .      .      .      .      .      .     65      — *     — 

Ricerche  critiche  ed  economiche  suW  Agos- 
tavo  di  Federico  II.  e  sul  Ducato  detto 
del  Senato:  sul  fiorino  dall'  oro  di  Firen- 
ze .  ec.   ec.   ec.    Bologna    1819.        .      .      ,     —   120     — 

Storia  di  Tivoli  Tomo  II.    e  III.     .     .     .     •—   i33  aSi 

Osservazioni  sopra  un  decreto    Latino   delV 

Accademia  Pesarese —   i53     -~- 

Fàmiglie  celebri  italiane  ,  Fascicolo  pri- 
mo .   Milano  18^19.    .      ; —  ini      ■-^. 

V  Arte  poetica  ad'  usò  degli  studiosi  giovi- 
netti ,  Operetta  di  Giuseppe  Stdhistj  ,  nelP 
Accademia  degli  Arcadi  Eufalte  Argireo  < 
Roma:    1819.        .     ,      ,      , —  i83     — 

Rim»  del  Cav.   P^incgnzo   Monti —   loo     -*- 


4io 

Z)'  una  gemma  arabica  rappresentante  MaO" 
metto  sul  Boiac  ,  e  la  testa  d'  AH  ec. 
Nota  del  sig.  prof  D.  Michel an gel  ì  Lanci     .—   ino     — 

Intorno  un    antico    enitajjio    conservnto    in 

,  Manerba  presso  il  Benaco  .  Lettera  àp\  dott. 
Gio.  Labus  al  eh,  sig.  ab.  Giuseppe  l'^ur- 
lanetto  pubblicata  per  la  prima  volta  in 
questo  giornale __—  aS? 

Callimachi  hjmni  in  latina  carmina  con- 
versi et  selectis  variorum  interpretum 
enarrationibus  illustrati  a  Josenho  Petruc- 
cio  S.   J.   etc.    Romae ,  in  4-    Grr.   et   Lat.     ——     —  2^4 

De'  segni  numerici  degli  antichi  Egiziani     .     —     —  i'jG 

Della  vulgare  eloquenza  libri  due  del  ca- 
valiere Angelo  Maria  Ricci,  IVapoli  in  8.°     —     —  3o5 

Lettere  del  card.  Pietro  Bembo  e  di  Ber- 
nardino Baldi  ora  per  la  prima  volta 
date  in  luce  da  Salvatore  Bi'tti  ec.      .      .      —     —   817 

Della  vera  definizione  del  Romanticismo  ,  del 
sig.  S.  S-  ,  traduzione  dal  francese  di  D. 
M.  Milano   1819 —    —  3^4 

V^ersi  latini  de''  cavalieri  Dionigi  Strocchi  , 

e  Vincenzo  Ber  ni  degli  Antonj  .     .     .     .     —     —  335 

SCIENZE 

Nuovi  dettagli  sopra  la  Cometa  del   1S19.  .     yi     —     — 

Della  morbosa  chiusura  dell'  orificio  dell' 
utero  nella  occasione  di  parto  imminente, 
e  di  un  metodo  assai  facile  e  sicuro  per 
rimediarvi.  Memoria  del  Sig.  C.  P.  Miscati     72     —     — 

Lettera  al  Sig.   Gay-T^ussac  sopra  un  nuovo 

alcali  vegetale ^5     -—     — 

Memoria  sopra  V  allacciatura  dell'  Arterie 
del  D.  Andrea  fiacca  Berlinghieri  .  Pisa 
»8i9.      •      •     :     :  •     • 77     —     — 

Circa  le  deviazioni  della  milza  dalla  sua 
naturale  sede  ,e  le  nuove  aderenze  con- 
tratte da  questo  viscere  con  parti  lontane: 
Memoria  di  M.    f^.    Cx.   Mulacnrne  .      .  91      —     — 

Lettera   inedita  del  Radi  pubblicata  dal  D. 

Puccinofii         —  9-<'  i     — 


4ii 


—    2l3       — 


Dell'  Effetto  delle  gocciole  di  pioggia ,  sulle 
piante  allora  quando  si  trovano  dispo- 
ste in  modo  da  concentrare  i  raggi  del  so- 
le :  per  Benedetto  Prevost 

Sulla  natura  delP  infiammazione  ,  ricerche 
patologiche  del  Dottore  Ermenegildo  Pi- 
stelli  medico  clinico  Lucchese,  ec.  Estrat- 
to del  Dottor  Giuseppe  Tonelli .  .  ,  ^  217  355 
Osser^^azioni  sulla  decomposizione  dell'ami^ 
do  alla  temperatura  atmosferica  per  mez- 
zo dcir  azione  dell'  aria  ,  e  delV  acqua  . 
Memoria  del  Sig.  Teodoro  di  Saussure  . 
Estratto  d-una  lettera  del  Sig.  Lucas  figlio 
al  Sig.   Arago  da   Messina    li    3i.    luslio 

J8i9 , f    _ 

Sopra  un  metodo  proposto  da  Sir.  PVHHani 

Congreve  per  ridurre  a  metà  il    consumo 

wdei  combusti  bile  nella  maggior  parte  delle 

operazioni   delle  arti 

Intera  di  Francesco  Pucc inotti  al  chiaris- 
simo professor  di  chimica  Domenico  Mori- 
chini  sopra  V  azione  dinamica  de\eleni  .     33q 

Analisi  di  alcuni  minerali  .  Memoria  del 
Sig.   Berzelius.  Estratto .     , 


—  227     — 
=  233     — 

—  —  337 


369 


ARTI  —  Belle  Arti  . 


97     - 


Scultura- D.  Antonio  Cav.  Sola  Svagnuolo  . 

Pittura  di^  Storia  —  JHipenhausen  (Frances- 
co ,  e  Giovanni  )  di  Hannover  .      •      .      .      q8     

Basiletti  (Luigia  :  Bresciano.      ...  *    102   aio 

Pittura  di  Paesi Ùnteli  Prussiano  .     .     ".    io3     L 

Jti  cerche  sullo  stato  delle  Belle  Arti  ai  tem- 
pi d'  Omero  ,  del  cavaliere  conte  lYiccolò 
Fava  Ghiiilieri .  Bologna   i8i8.     -.      .:   . 

V  Eneide  di  FirigiUo  recata  in  versi  italia- 
ni da  Annibale  Caro  :   Tomo    I.     Boma 
nella  Stamperia  De  Romanis    iBiq.    fol 
figurato '..'__   3^3' 

Descrizione  della  Villa  di  Papa  Giulio  UT. 
Lettera  inedita  di  Bartolomeo  Amannati 
Architetto  . 


—  234     — 


'1' 


'->.«- 


osservazioni  Meteorologiche  fatte  alla  Specola  del  Colleg.  JiòHix 


jSovenibre    1819. 


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Q^Karvnzioni  Meteorologiche  f alte  all<^  Specola  del  Collegio  Romano 


ulendosi  da'  eh  Astronomi  abbondare  per  diligenza  ,  poiigosi  le  Osservaiiuni 
rrfpLtcl  in  ogni  giorno  ;  e  volendosi  da  noi  ristringere  ir»  pagina  ,  aftin.cbò 
ini?iio  facilmente  si  disperando  ,  usiamo  alcune  abbieviature  .Pertanto  nella 
coioiitja  dalle  Meteore  pi  sif^nifica  pioggia  1  lampi  t  tuoni  n  nebbia  e  gelo 
Ij  brina  .  E  nelle  colonne  dtUo  Slitto  del  Cielo  s  vuol  dire  sereno  n  nuvolo, 
p  poco  Le  altre  abbreviature  nelle  colonne  de'  feiiti  sono  per  se  stpsse 
inlelligibili  .  Quando  segue  un  asterisco  s'  intenda  gran  quantità  ;  ove  tro- 
visi   una    f    croce     s'  intenda    piccoU    (quantità  ; 


(  ■  sc'r\> azioni  3fe'f"^roIo£;iche  fatto,  olla  Snccnla  del  Colleg.  Rom. 


Decembre   18 

19- 

MATTINA 

GIORNO 

SERA 

9 

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Barometro 

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Barometro 

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Osservazioni  Meteorologiche  fatte  alla  Specola  del  Collegio  Romano 


Decemhre   1819. 


MATTINA 


Stiitv 

del 

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s.y.n. 


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GIORNO 


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\  olendosi  da'  eh  Astronomi  abbondare  per  diligcft2a  ,  poiigosi  le  Osicrvaiioni 
Friplici  in  ogni  giorno  ;  e  volendosi  da  noi  ristringere  in  pagina  ,  affinchè 
meno  facilmente  si  disperando  ,  usiamo  alcune  abbreviature  .  Pertanto  nella 
colonna  delle  Meteore  pi  significa  pioggia  1  laxnpi  t  tuoni  n  nebbia  g  gel» 
b  brina  .  E  nelle  colonne  dello  Stato  del  Ciclo  s  vuol  dire  sereno  n  nuvolo  , 
p  poco  .  Le  altre  abbreviature  nelle  colonne  de'  ceiUi.  sono  per  se  stesse 
intelligibili  .  Quando  segue  un  asterisco  s'  intenda  gran  quantità  ;  ove  tro- 
visi   Bna    -j-    croce     s'  iutenda    piccola    quantità  : 


IMPRIMATUR 

Si  Videbitur  Rev,  P.  Mag.  Sac.  P.  A   Mag. 
Candidus  Maria  Frattini  Archiep. Philipp.  Vicesger. 


IMPRIMATUR, 

Fr.  Phllippus  Anfossi  Ord.  Praed,  Sacri  Palatii 
Apost.  Mag. 


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