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Full text of "Giornale Arcadico di Scienze / Lettere ed Arti"

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GIORNALE 


ARCADICO 


DI  SCIENZE  ,  LETTERE  ,  ED  ARTI 


TOMO  XXX  X. 


OTTOBRE  ,  NOVEMBRE  ,  E  DICEMBRE  , 


MDCGCXXVIII. 


ROMA 


KELLA    STAMPERIA    DEL    GIORNALE 
PRESSO    ANTONIO    BOULZALER 

Con  licenza  de'  Superiori. 
1828. 


SCIENZE 


Della   elettricità   eccitata   dal   contatto.  Memoria 

di  G.  B.    Pian  ciani  della    Compagnia  di  Gesù 

Prof,  nel    Coli.   Romano. 


A, 


Uorchè  l'evidenza  de' fatti ,  e  in  particolare  Fim- 
mortal  ritrovato  della  pila  ,  ebbe  persuaso  a'  fisici 
che  l'elettricità,  era  il  solo  agente  ne' cosi  detti  ef- 
fetti galvanici ,  una  nuova  specie  di  opposizioni  e 
di  oppositori  insorse  contro  fa  teorica  del  Volta  ,  e 
si  pretese  che  gli  effetti  chimici ,  ed  in  ispecie  l'os- 
sidazione de*  metalli ,  fossero  la  vera  causa  de'feno- 
meni  galvanici  ,  ossia  che  quelli  e  non  il  semplice 
contatto  de'  conduttori  eterogenei ,  svolgessero  l'elet- 
tricità. Questa  dottrina  del  Fabroni  ,  di  Salvatore 
dei-Negro  ,  del  Vassalli  ,  del  Wollaston  e  di  altri 
fu  confutata  da  esso  Volta  7  e  posteriormente  da  due 
sommi  chimici  Davj  e  Berzelius.  Di  questa  ha  pre- 
so recentemente  la  difesa  il  eh.  sig.  prof.  A.  de  La  Rive 
in  una  Memoria  inserita  negli  armali  di  C/timi- 
ca   e  Fisica   di   Parigi    (a). 

Io  non  voglio  negare  che  l'ossidazione  o  altre 
sintesi  chimiche  producano  elettricità  ,  e  che  perciò 
possano   influire   sulla   intensità  e  anche    sulla  dire- 


(a)  T.  XXXVII.  p.   2^5    Mars    tBi». 


4  Scienze 

done  della  corrente  elettrica.  Invero  non  sembra  gran- 
de questo  influsso  ne'  fenomeni  elettrostatici  o  di 
tensione.  L'  inventor  della  pila  vide  a.  un  dipresso 
gli  stessi  segni  nell'  elettrometro  o  poca  fosse  o  mol- 
ta l'ossidazione  dello  zinco  ,  e  Singer  attesta  di  averli 
veduti  maggiori  ,  allorché  armava  la  pila  con  acqua 
pura  :  il  che  mi  pare  potersi  spiegare  in  parte  pel 
contatto  delle  sostanze  che  si  generano  ,  mentre  la 
pila  è  in  azione  ,  e  forse  in  parte  coli'  ajnto  del 
principio  (scoperto  dall'egregio  sig.  prof.  Maria- 
nini  (a)  )  che  la  tensione  dell'  elettro-motore  va  sce- 
mando ,  a  eguali  circostanze  ,  tanto  più  quanto  più 
deferente  è  il  condnttor  liquido  ,  e  ciò  non  pure 
se  il  circolo  voltaico  è  stato  chiuso  alcun  tempo  , 
ma  ancora  alcun  poco,  se  è  stalo  sempre  aperto. 
Nel  caso  però  del  circolo  chiuso,  o  vogliam  dire  ne' 
fenomeni  elettro-dinamici  dell'  elettromotore  ,  sembra 
che  l'aziou  chimica  debba  pure  aver  la  sua  parte» 
Se  gli  eiFetti  elettrici  soltanto  crescessero  in  ragio- 
ne delle  azioni  chimiche  ,  potrebbe  ciò  spiegarsi  col 
dire  che  quelli  debbono  crescere  colla  facoltà  de- 
ferente del  liquore  interposto  tra  i  metalli  ,  e  che 
tal  facoltà  suol  esser  maggiore  ne'  liquori  ossidan- 
ti ,  e  inoltre  che  dee  tenersi  in  conto  la  facoltà 
conduttrice  relativa  ,  giacché  meglio  passa  1'  elet- 
tricità da  un  conduttore  di  prima  classe  a  uno  di 
seconda  classe,  e  reciprocamente  ,  se  fra  l'uno  e  l'al- 
tro v'ha  azione  chimica  ,  o  almeno  non  debole  af- 
finità :  cosa  che  il  Volta  avea  da  gran  tempo  so- 
spettata ,  e  che  poi  hanno  dimostralo  le  sperien- 
xe  dello  stesso  de  La  Rive,  e  de'celebri  Davy  e  Bec- 
querel,   Ma   allorché  si    vede  ,  invertendosi  tla   dire- 


fa)    Gion:,   di    Fi.u  ce.  Pavia.    1827.   p.  299. 


Elettricità'  .r> 

zione  della  corrente,  passare  l'elettricità  dall' alca- 
li ,  o  dal  metallo  all'acido  ,  se  v'ha  combinazione  ,  (a) 
mentre  l'opposto  avviene  se  v'ha  solo  contatto  ,  sem- 
bra difficile  non  riconoscere  l'effetto  elettrico  dei- 
la  combinazione.  Inoltre  le  già  vecchie  sperienze  del 
Saussure  e  del  Volta  ,  e  specialmente  le  più  recen- 
ti del  sig.  Pouillet,  sembrano  insegnarci  che  l'e- 
lettricità si  svolge  per  le  chimiche  azioni  (  benché 
l'ultimo  de'iodati  fisici  abbia  a  parer  mio  troppo 
esteso  le  conseguenze  (b)  )  ;  onde  pare  che  possa 
Stabilirsi  in  certo  modo  a  priori  l'influenza  di  ta- 
li azioni  nella  elettricità  dell'elettromotore.  Ma  da 
tnttociò  non  discende  ,  che  il  solo  contatto  di  cor- 
pi eterogenei  non  sia  motore  dell'elettricità  ,  astra- 
zion   fatta    da    qualunque    chimica     azione. 

Il  sig.  De  La  Rive  fa  gran  conto  della  cor- 
rente elettrica  che  si  osserva  ,  se  si  immergono  in 
uno  stesso  liquore  due  porzioni  d'uno  stesso  me- 
tallo capace  di  essere  da  quello  alterato:  ma  se  egli 
parla  d'una  immersion  successiva  ,  il  metallo  im- 
merso il  primo  non  è  più  lo  stesso  dell'altro  ,  mi 
la  sua  superfìcie  è  trasformata  in  solfuro  ,  a  cagion 
d'esempio  ,  o  in  ossido  ,  come  il  sig.  Davy  ha  bene 
osservato.  Se  poi  i  pezzi  di  metallo  sono  immer- 
si a  un  tempo  ,  ma  la  superficie  dell'uno  è  più  am- 
pia ,  può  darsi  che  ,  se  si  svolge  elettricità  ,  sia 
questa  da  ripetersi  in  tal  cn'so  unicamente  dalia  mag- 
giore azion  chimica  :  un  altri  potrebbe  forse  aggiu- 
dicarla al  più  ampio  contatto  del  metallo  col  con- 
duttore  di    seconda    classe 

Le  inversioni  della  direzione  della  corrente  elet- 
trica, allorché  due  metalli  ,  per  esempio  rame  e  piom- 

(a)  dnn.  de   Ch.   et  Phys.   T.  XXX.  p.   u3.   ecc. 
{b)   Giorn.  arcnd.    ?'.    XXX-f^l.  p.  ò'òj. 


G  Scienze 

bo  ,  sono  immersi  a  vicenda  in  due  diversi  liquo- 
ri,  come  sarebbero  l'acqua  salata  e  l'ammoniaca,  <> 
anche  in  uno  stesso  acido  ora  allungato  ,  ora  con- 
centrato  ,  sono  le  armi  che  usa  principalmente  il  sig. 
de  La  Rive.  Simili  inversioni  sono  stale  osservate  da 
gran  tempo  dal  sig.  Davy  (a):  non  le  ha  però  egli 
tribuite  all'  azion  chimica.  Ma  quando  queste  inver- 
sioni sieno  dovute  a  tale  azione  ,  ne  consegue  forse 
che  alla  stessa  debbano  tribuirsi  lutti  gli  elìelti  ,  an- 
co i  più  semplici  ,  anco  quelli  che  hanno  luogo  ser- 
vendosi di  acqua  pura?  Se  un  sistema  di  due  lami- 
ne ,  l'una  di  ferro  ,  l'altra  di  rame  o  di  argento  , 
si  immerge  in  certi  liquori,  il  ferro  riceve  dall'alt!') 
metallo  ossia  fa  officio  di  elettromotore  negativo  ,  al 
contrario  di  ciò  che  ha  luogo  in  un'  acqua  salata  o 
acidula  :  prima  però  dell'  immersione  il  ferro  era  po- 
sitivo ,  e  lo  era  ,  mi  pare,  pel  contatto,  ossia  per 
la  natura  relativa,  dedite  metalli,  considerata  as- 
solutamente ,  astrazion  fatta  dal  liquido  benché 
l'A.  creda  di  non  dovere  ciò  ammettere. 

„  Un  fatto,  dice  il  sig.  de  La  Rive  ,  che  dimo- 
,,  stra  esser  l'azion  chimica  quella  che  determina  nel 
,,  metallo  il  più  alterato  l'elettricità  positiva  ,  si  è 
„  che  immergendo  ferro  e  piombo  nelf  acido  (  ni- 
„  trico)  concentrato,  il  ferro  è  nel  primo  momento 
„  negativo  ,  perchè  non  v'ha  ancora  azion  chimica  ; 
„  ma  se  l'azione  energica  incomincia  ,  il  ferro  che 
„  era  negativo  ,  diviene  fortemente  positivo.  Cosi  il 
„  rame  è  negativo  nel  primo  istante  nell'  acido  ni- 
„  trico  concentrato  rapporto  al  piombo,  e,  tostochè 
„  Vazion  chimica  comincia  ,  diviene  fortemente  po- 
„  sitivo.  ,,  Se    il  piombo  è  positivo  ,  ne'  due    casi  , 


{aftBibl.  lìrìi.  T.  XIX.  p.  272.  (  1S02) 


Elettricità'  7 

prima  che  l'azion  chimica  cominci ,  a  questa  non  può 
tribuirsi  tal  suo   stato   elettrico. 

Possono  ancora  tali  inversioni  da  altri  spiegar- 
si o  almeno  molte  tra  esse,  non  dirò  pel  calore  e 
per  l'evaporazione  ,  ma  sì  pel  contatto  dell'  un  de' 
metalli  con  qualche  nuova  sostanza  generata  per  mez- 
zo o  della  sintesi  o  dell'  analisi  ,  o  veramente  col 
liquore  frapposto.  Il  sig.  de  La  Rive  crede  che  que- 
sto caso  non  possa  spiegare  le  inversioni  ,  che  os- 
servò ,  cambiando  l'acido  nitrico  o  solforico  concen- 
trato nello  stesso  allungato,  perciocché,  dice,  il  li- 
quore è  lo  stesso  né"  due  casi.  Ma  giacché  gli  effet- 
ti chimici  d'uno  stesso  acido  concentrato  e  allun- 
gato sono  differenti  ,  onde  l'acido  nitrico  allungalo 
esercita  più  forte  azione  sul  piombo  che  sul  rame 
o  sul  ferro  ,  e  l'opposto  fa  l'acido  stesso  concentra- 
to ,  convien  pur  dire  die  l'un  liquore  non  è  lo  stes- 
so dell'  altro;  e  si  sa  die  piccole  differenze  chimi- 
che e  anco  soltanto  fisiche  ne  producono  delle  non 
piccole  ne'  fenomeni  elettrici. 

Ma  per  istabilire  che  nulla  al  solo  contatto,  ma 
tutto  si  dee  alle  azioni  chimiche  ,  converrebbe  alme- 
no far  vedere  come  a  questa  ipotesi  si  adattino  qne' 
fatti  ,  ne'  quali  l'elettricità  sembra  eccitarsi  senza  il 
soccorso  dell'  azion  chimica,  o  ancora  ,  per  così  di- 
re ,  a  dispetto  di  essa.  Ciò  è  che  mi  sembra  ben  dif- 
fìcile ,  per  non  dire  impossibile.  Come  spiegare  ,  a 
cagion  d'esempio,  l'elettricità  che  manifestasi  fra  due 
corpi  a  contatto  ,  prima  che  v'abbia  tra  essi  azion 
chimica,  e  la  quale  al  momento  della  combinazione 
o  svanisce,  come  osservò  il  sig.  Davy  col  mezzo  dell' 
elettometro  condensatore  ,  o  si  inverte  ,  come  vide  il 
Sig.  Becquerel  coll'ajuto  del  moltiplicatore  galva- 
nico ?  come  spiegare  le  contrazioni  delle  rane  pro- 
dotte  dal    contatto    di   due   metalli   nobili  ?    La   va- 


§  Scienze 

na  ,  ha  scritto  il  sig.  Michelotti  (a)  ,,  manifesta  le 
„  solite  contrazioni  ,  quando  si  pone  debitamente 
„  a  contatto  coll'oro,  col  platino,  coll'argento  :  i  qua- 
„  li  metalli  dall'  altro  canto  non  comunichino  che 
„  con  acqua  o  solnzioni  saline.  „  Più  volte  ho  ve- 
duto eccitarsi  le  contrazioni  nella  rana  toccando  i 
nervi  e  i  muscoli  con  oro  e  platino  ,  o  eziandio 
stringendo  fra  questi  due  metalli  non  più  che  una 
porzioncella  di  nervo  ;  e  per  tor  via  il  più  lieve 
sospetto  che  tali  contrazioni  procedessero  da  mec- 
canica irritazione  ,  parecchie  volte  fu  posta  la  ra- 
na sur  una  moneta  d'oro  e  un  pezzo  di  platino, 
i  quali  metalli  si  adducevano  poi  a  mediato  conta- 
to ,  toccandoli  ambedue  con  altra  moneta  d'oro.  Fino 
da'  primi  giorni  ,  in  cui  si  ebbe  in  Berlino  noti- 
zia delle  sperienze  del  Galvani  e  del  Valli ,  fu  os- 
servato dall'  A.chard  prodursi  contrazioni  fortissime 
in  una  coscia  di  rana,  se  l'armatura  era  di  oro 
o  di  argento  e  X eccitatore  di  platino  ;  forti  anco- 
ra ,  se  l 'armatura  era  di  platino  e  V eccitatore  di 
argento  o   d'oro  (b). 

Riporto  qui  una  bella  sperienza  del  celebre 
Berzelius  ,  che  sembra  decisiva  e  che  non  vedo  ci- 
tata ne'  più  recenti  scritti  su  questo  argomento  :  e 
pure  dovrebbe  essere  nota,  avendola  dagli  atti  dell' 
accademia  di  Stokolm  trasferita  G.  Singer  ne' suoi 
Elementi  di  Elettricità,  che  sono  stati  dall'idioma 
inglese  tradotti  nel  francese  e  nell'italiane  „  Pre- 
„  si  dodici  tubi  di  vetro  e  chiusa  perfettamente  una 
„  delle  loro  estremità ,  li  empii  per  meta  di  una  for- 
„  te  soluzione  di  sottomuri  a  to  di  calce  :  sopra  qne- 


(a)  Accetti:  di    Torino    T.    XXVll.  p.  21. 
(A)  AL  it.  d-  Vacaci:  R.  Berlin  (  Ì790-179ÌÌ 


E.  L    E    T    T    R    I    C    I    I    A'  9 

•„  sta  foci  cadere  dell'acido  nitrico  allungato  ,  aven- 
„  do  diligente  cura  che  i  liquori  non  si  mescolas- 
„  sere.  Presi  dodici  fili  di  rame  ,  alle  cui  estre- 
„  mita  aderiva  un  globettino  di  zinco  ;  li  posi 
„  ne'tubi  in  modo  che  l'estremità,  ove  era  lo  zinco, 
„  pescasse  nel  sottomuriato  ,  e  l'altra  estremità  toc- 
,,  casse  soltanto  l'acido  del  tubo  vicino  :  cosi  ot- 
„  tenni  questa  serie  ,  rame  ,  zinco  ,  sottomuriato 
„  di  calce  ,  acido  nitrico  ,  rame  ,  zinco  ec.  E  ma- 
„  nifesto  che  all'ordinaria  temperatura  il  solo  ra- 
„  me  immerso  nell'acido  poteva  ossidarsi  ,  e  se  l'os- 
„  sidazione  fosse  stata  la  prima  causa  dell'  elettri- 
„  cita  nell'apparato,  il  polo  rame  avrebbe  mostra- 
„  ta  quella  elettricità  che  il  zinco  mostra  nella  pi- 
„  la  comune  ,  cioè  la  positiva.  Finché  non  si  sta- 
„  bili  comunicazione  tra  i  poli  ,  il  rame  si  sciol- 
,,  se  nell'acido  ,  il  quale  prese  un  color  ceruleo  , 
„  e  il  zinco  serbò  lo  splendore  metallico.  Feci  co- 
„  inimicare  i  due  poli  per  mezzo  di  fili  di  argen- 
„  to ,  le  cui  estremità  pescavano  in  un  tubo  con- 
„  tenente  del  muriato  di  soda.  Non  senza  grande 
„  ammirazione  vidi  un  effetto  al  tutto  contrario  al- 
,,  la  teorica  che  attribuisce  all'ossidazione  Pelettri- 
,,  cita  della  pila.  Il  rame  cessò  dallo  sciogliersi  , 
„  ed  il  zinco  cuoprissi  di  ossido  bianco.  Sul  filo 
„  che  comunicava  col  rame  si  accumulò  ,  secondo 
„  il  consueto  ,  il  gas  idrogeue  ,  e  sull'  altro  una 
,,  buona  quantità  di  muriato  d'argento.  Lo  stato 
„  dunque  dell'apparato  generò  due  effetti  ,  eccitò 
„  un'  affinità  che  alla  temperatura  ordinaria  dell'at- 
„  mosfera  è  inerte,  e  sospese  una  forza  chimica  , 
„  che  era  si  forte  ,  primache  il  circolo  fosse  chiu- 
„  so.  Questi  effetti  ad  altra  causa  non  ponno  attri- 
„  buirsi,  se  non  alla  elettricità  di  contatto,  dal  qua- 
„  le    quella   viene    eccitata   e   caricata   la  pila    ec.  „ 


io  Scienze 

II    sig.   do    La    Rive    dico    clic    il   metallo    alte- 
rato dal  liquore  (  o  il  più  alterato  )   si   mostra   sem- 
pre  positivo.    In    primo   luogo   l'A.  stesso    ci  avver- 
te ,  che  allorché   dice  ,  il   metallo  più  alterato    pren- 
dere   sempre    l'elettricità  positiva  ,    e    il    meno  alte- 
rato la  negativa  ,   questa   non    è  che  una    ipotesi  ■ 
perciocché  cosa  pub  farci  giudicare  esattamente  del- 
la   intensità  d'una  azion   chimica  ?    Del    resto     egli 
è   di  fatto   che  la    regola   il    più    delle   volte    si  tro- 
va   vera ,    perocché   i    corpi    più   atti    a    venire    al- 
terati dall'ossigene  e  dagli  acidi  sono  appunto   i   più 
disposti  a  mostrar   pel   contatto  elettricità    positiva  , 
anche    allorché    non    si    osserva   vestigio    di    chimica 
operazione  :   ciò   che   ottimamente  si  spiega  nella  te- 
orica elettro-chimica.  Dipoi  nel  riportato  esperimen- 
to   del   Berzelius  è   positivo    il  metallo    che    si    ossi- 
da in    virtù   della  corrente   elettrica  ,  ma  non  quel- 
lo   che   prima  della    circolazione    di   questa    si    ossi- 
clava  e  che  solo    avria  dovuto    ossidarsi  ,  secondo    le 
ordinarie   leggi    chimiche  :   e    una    ossidazione   che    è 
prodotta  da    una  corrente  elettrica  ,  certamente  non 
è    la    causa   di    quella.    Se    poi    suole    rinvenirsi    po- 
sitivo  il    metallo    più  alterato  ,    allorché    l'alterazio- 
ne consiste   nell'ossidazione  ,  avviene  egli  sempre   lo 
stesso    quando    l'azion    chimica  è  d'altro    genere  ?    Il 
sig.  Davy  osservò  che  se  immergonsi    successivamen- 
la    in    una    soluzione    d'idrosulfuro    di    potassa    due 
porzioni    di   uno    stesso    metallo    capace  di   esser    da 
quella  alterato  ,  la   parte  che   dopo   l'altra    s'  immer- 
ge (  e  meno   essendo    stata    alterata  ,  più  lo  é    attu- 
almente)   si  mostra    positiva,  se   il  metallo  é   rame, 
piombo  ecc.  ma  se  é    argento   o  palladio  ,  sui  quali 
imballi    la    soluzione    opera    validamente  ,   l'effetto  è 


Elettricità1  m 

l'opposto  ,  cioè   la  parte  immersa  dopo   l'altra  è  ne- 
gativa (a). 

Esplorando  col  mezzo  del  moltiplicatore  l'effet- 
to del  contatto  di  piccoli  pezzi  di  rame  e  zinco  , 
e  servendomi  di  acqua  pura  o  di  una  soluzione  sa- 
lina ,  vidi  tale  effetto  (  ossia  la  direzione  dell'  ago 
calamitato  )  esser  sempre  lo  stesso  ,  quantunque  al- 
cune volte  si  facesse  cadere  nel  rame  qualche  goc- 
cia d'acido  nitrico-  Cos'i  il  sapore  acido  7  che  si  sen- 
te toccando  l'apice  della  lingua  con  un  pezzo  di  sta- 
gno o  zinco  e  la  inferiore  col  rame  in  contatto 
con  quello  ,  resta  lo  stesso  ,  se  il  rame  è  stato  toc- 
cato dal  detto  acido  nella  superficie  che  non  toc- 
ca   la    lingua. 

Il  Volta  vide  divenire  negativi  argento  ,  otto- 
ne ,  stagno  e  zinco  pel  contatto  della  carta  ,  del 
cuojo  ,  del  legno  ,  del  panno  ,  dell'  avorio  ec.  :  pu- 
re se  ir;  tale  operazione  si  ossidava  qualche  corpo, 
quello  era  il  metallo.  Può  pensarsi  tali  effetti  es- 
ser dovuti  ad  una  abbastanza  forte  pressione  ,  che 
equivale  alle  percosse  e  all'  attrito  :  ma  assicura  il 
Volta  che  ,  se  que'  corpi  erano  bastantemente  umi- 
di per  esser  buoni  deferenti ,  una  forte  pressione  , 
la  percossa  ,  o  l'attrito  appena  facevano  effetto  mag- 
giore del  solo  contatto  ,  o  d'una  dolce  pressione , 
spesso  necessaria  ,  onde  i  deferenti  di  seconda  clas- 
se si  applichino  bene  a'metalli  :  se  poi  erano  più 
secchi ,  il  metallo  riceveva  da  essi  elettricità  per 
attrito  ,  e  talora  anco  (  in  ispecie,  se  il  metallo  era 
zinco)  per  forte  pressione  o  percossa,  al  contrario  di 
ciò  che   avveniva    pel   contatto    (b).  Egli   avea    cura 


(a)  Ann.   de    Chini,   et   Phys.    T.  XXXIII.  p.   291. 

(b)  Opere   T.    II.  part.  II.  p.  63-68.  71. 


12  Scienze 

che  le  superficie  de'  metalli  fossero    asciuttissime  ,  e 

più   facilmente  vedeva  gli  effetti ,  se  l'aria  era  secca. 

Sembra  al  sig.  de  La  Rive  che  possa  spiegarsi  coli' 
azione  dell' ossigene  o  de' vapori  spaisi  per  l'atmosfe- 
ra la  tensione  elettrica,  che  si  manifesta  nel  contat- 
to di  due  metalli  (  o  altri  corpi  )  eterogenei;  ma  su 
questo  punto  importante  ei  si  propone  di  ritornare, 
quando  abbia  raccolto  un  numero  di  fatti  sufficien- 
te a  decidere  in  u,n  modo  o  nell'  altro  la  questione. 
Questi  fatti  saranno  senza  fallo  importanti  ,  special- 
mente venendo  dalle  mani  di  sì  abile  sperimentatore. 
I  fatti  però  che  conosciamo  finora  mi  pare  che  con- 
fermino egregiamente  la  teorica  del  Volta  ,  cioè  che 
il  solo  contatto  basti  senz'  altro  a  produrre  sensi- 
bile elettricità.  JNon  ricorderò  di  nuovo  le  sperien- 
ze  di  questo  fisico  ,  che  pur  ora  ho  mentovate. 

Ho  fatto  cadere  alcune  gocce  di  acido  nitrico  sul 
piattello  di  rame  che  si  cimentava  collo  zinco  ,  e  que- 
sto ha  seguitato  a  dare  all' elettrometro-condensatore 
elettricità  positiva.  Se  lo  zinco  da  tale  elettricità  or- 
dinariamente ,  perchè  si  ossida  più  ;  in  questo  caso 
dovea  dare  elettricità  negativa  ,  perchè  si  ossidava 
meno. 

Qual  chimica  azione  si  esercita  allorché  il  pla- 
tino ,  l'oro  ,  il  rodio  o  l'iridio  toccano  un  acido  e 
divengono  positivi  ?  o  un  alcali  e  si  mostrano  nega- 
tivi? come  vide  il  sig.  Davy  coll'ajuto  dell' elettro- 
metro-condensatore. Lo  stesso  osservò  la  calce  sec- 
ca divenir  positivamente  elettrica  toccata  da  cristalli 
di  acido  ossalico  (a).  G.  Singera  nche  esso  vide  non 
solo  il  rame  ma  eziandio  l'argento  divenire  elettrico 


(a)  Eleni,    dì  Jllos.    clùmìca-Ann.    de    eh.    et    phys. 
T.  XXXlll.  P.  -><fj. 


Elettricità'  i  3 

pel  contatlo  delle  polveri  secche  degli  alcali  fissi.  Lo 
stesso  attesta  il  rame  divenir  negativo  al  contatto  di 
una  terra  alcalina  ,  del  carbonato  di  potassa  o  so- 
da ecc.  minutissimamente  triti  (si  noti  che  non  allu- 
do alle  spericnzo  nelle  quali  questo  fisico  faceva  pas- 
sare le  sostanze  polverizzate  per  un  crivello  ,  poten- 
dosi allora  l'effetto  attribuire  ad  attrito).  Come  spie- 
gare lutti  questi  fatti,  ponendo  che  i  segni  elettro- 
metrici che  osservatisi  ad  occasione  del  contatto  sien 
dovuti  sempre  all'  azion  chimica  ,  come  già  opinò  il 
dal-Negro  citato  dal  Poli  ,  che  sembra  adagiarsi  nel- 
la sua  sentenza  ? 

Al  più  volte  nominato  prof,  de  la  Rive  non  è 
paruto  impossibile  che  le  correnti  termo-elettriche  sie- 
no  cagionate  dall'ossidazione  de'metalli.  Il  dott.  d'Ye- 
lin  e  il  cav.  Nobili  (a)  hanno  veduto  deviar  l'ago  ca- 
lamitato in  un  circolo  termo-elettrico  composto  di 
solo  oro  o  di  solo  platino.  Il  sig.  Becquerel  osser- 
vò (b)  lo  slesso  ne'  circoli  termo-elettrici  composti 
di  platino  e  oro  ,  platino  e  argento  ,  platino  e  pal- 
ladio ecc.  e  ciò  alla  temperatura  di  1200,  8o°  e  an- 
che 4°°  del  termometro  centigrado. 

Il  mentovato  cav.  Nobili  applicò  alle  estremità 
del  galvanometro  due  lamine  di  platino  ,  che  collo- 
cò negli  opposti  lati  d'uno  stesso  vaso  vuoto  :  ra- 
sente un  lato  versò  dell'acqua  fredda,  e  rasente  l'al- 
tro acqua  bollente  ,  e  l'ago  indicò  una  corrente  che 
andava  da  questa  acqua  a  quella.  Lo  stesso  vide  im- 
mergendo in  un  vaso  pieno  di  acqua  fredda  due  la- 
mine di  platino,  una  delle  quali  era  stala  nell'acqua 
bollente.,,  Dopo  queste  esperienze,    dice  l'A.  ,   le  la- 


to) Btbl.  univ.  T.  XXIF.  P.  ifà-XXXFlL  p.  120. 
[b]  Ann.  de    eh,  et  phys.    T.   XXXI.  p.   383. 


i4  Scienze 

„  mine  restano  omogenee  come  per  Io  innanzi:  que- 
,,  sta  circostanza  sembra  escludere  ogni  azion  chimi- 
„  ca  tra  il  metallo  e  il  liquore;  giacché  per  tale  azio- 
„  ne  le  lamine  divengono  meno  omogenee  e  scam- 
„    bievolmcnte  elettro-motrici.  „ 

Se  il  circolo  è  d'un  sol  metallo,  di  cui  una  par- 
te soltanto  è  scaldata  ,  si  osservano  effetti  maggiori 
nel  platino,  che  nel  rame  o  nell'ottone,  se  crediamo 
ai  dolt.  d'Yelin.  Lo  slesso  fisico  e  il  lodato  sig.  No- 
tili hanno  osservato  maggiori  effetti  nell'  oro  e  nel 
platino  ,  che  nello  stagno  e  nel  piombo.  Niuno  dira 
che  la  differenza  di  ossidazione  tra  le  parti  calde  e 
le  fredde  del  platino  sia  maggiore  che  tra  le  parti 
fredde  e  calde  del  piombo  o  dello  stagno.  Non  sem- 
bra dunque  che  le  correnti  termo-elettriche  o  le  altre 
correnti  elettriche  possano  universalmente  ed  esclu- 
sivamente tribuirsi  a  chimiche  operazioni. 

Aggiungo  per  ultimo  una  riflessione  riguardante 
le  correnti  degli  ordinar]  elettromotori  o  semplici  o 
composti.  Niuno  essendo  o  appena  sensibile  l'inflns- 
so  dell*  azion  chimica  sulla  natura  e  intensità  de'  se- 
gni elettrometrici  ,  che  si  osservano  ,  allorché  non  è 
chiuso  il  circolo  voltaico  ,  se  questo  influsso  diviene 
notabile  ,  allorquando  il  circolo  è  chiuso  t  ciò  dee 
tribuirsi  alle  chimiche  operazioni  eccitate  o  aumen- 
tate dalla  corrente  voltaica  :  dunque  tali  operazioni 
non  sono  vera  causa  di  essa  corrente  ,  ma  si  bene 
effetto  ,  effetto  però  che  reagisce  sulla  sua  causa  , 
l'aumenta  o   la  modifica. 

Vedo  ora  nella  Bibl.  Univ. ,  aoust  1828,  che  il 
sig.  A.  de  La  Rive  ha  osservato  ,  che  l'azione  della 
pila  cessa  affatto  ,  se  è  collocata  nel  vuoto  o  in 
un  mezzo  che  non  ha  azion  chimica  sopra  i  suoi 
elementi.  Ciò  fu  opposto  al  Volta  gran  tempo  fa , 
ed  egli  rispose  nella  Bibliot.  Britann.  T.  XIX.  p.  348 


jC    L    E    T    T    K    I    C    I    T     A*  1^ 

(  mars  1802).  Egli  avea  prevenuta  questa  obie- 
zione descrivendo  (  insieme-  colla  prima  descrizione 
del  suo  apparato  )  delle  sperienze,  che  consisteva- 
no in  coprire  d'olio  o  di  cera  tutta  la  pila,  che 
continuava  ad  agir  bravamente  per  più  settimane. 
Il  dott.  Van-Marum  provò  ancora  che  la  pila  agi- 
sce nel  vuoto  boileano.  E  che  diremo  delle  pile  zam- 
boniane  ,  le  quale  mantengono  le  loro  attività  per 
parecchi  anni  ,  comechè  involte  in  grosso  strato  di 
pece  o  d'altra  sostanza  coibente  ?  Io  non  oso  spie- 
gare queste  ultime  sperienze  ,  ignorandone  i  parti- 
colari :  ma  dirò  che  la  pila  può  operare  senza  il 
contatto  dell'  aria  esterna  ,  perchè  è  un  fatto  che 
in    tal    caso    ha    agito   ed   agisce. 

Un  valente  fisico  ha  proposto  l'ipotesi  che  tut- 
te le  correnti  elettriche  sieno  termo-elettriche  ,  cioè 
sieno  dovute  alla  diversità  di  temperatura  ,  e  che  per 
avventura  alla  cagione  medesima  debbano  attribuirsi 
tutti  gli  altri  fenomeni  elettrici  (a).  Mi  ristringo  ad 
esaminar  questa  ipotesi  riguardo  alle  correnti  voltai- 
che, e  a'rispondenti  fenomeni  elettrometrici.  Qual  di- 
versità di  temperatura  può  immaginarsi,  allorché  ven- 
gono a  contatto  due  metalli,  come  rame  e  zinco,  oro 
e  platino?  quale  ne' sopraccitati  cimenti  elettrometri- 
ci del  sig.  Davy  e  di  altri  ?  E  pure  divenendo  in 
queste  sperienze  un  corpo  positivo,  l'altro  negativo, 
è  manifesto  che  ,  se  vengono  uniti  per  mezzo  di  un 
conduttore,  vi  avrà  una  corrente  elettrica  :  onde  ret- 
tamente non  posson  dirsi  i  segni  elettrometrici  non 
avere  relazione  cogli  effetti  del  circolo  elettrico.  Qual 
calore  si  svolge,  allorché  corre  l'elettricità  per  l'oro, 
il  platino  e  il  corpo  della  rana?  o  allorquando  que- 


(a)  Bibl.  unw.  T.  XXXV U.  p.  118.  Fèvr.  1828, 


iG  Scienze 

sta  si  scuote  per  contatto  di  due  estremità  di  un  filo 
di  ferro  ,  delle  quali  una  soltanto  sia  stata  temprata? 
fatto  osservato  ne'primi  tempi  dal  Volta.  V'ha  calore, 
allorché  chiudesi  il  circolo  colle  sole  membra  della 
rana  ?  o  quando  ,  come  ha  sperimentato  il  cav.  No- 
bili (a)  ,  pescando  in  due  vaselli  pieni  di  acqua  o 
piuttosto  d'una  soluzione  salina,  nell'uno  i  piedi  del- 
la rana  ,  nell'  altro  il  midollo  spinale,  si  genera  una 
corrente  ,  se  i  vaselli  congiungonsi  per  mezzo  de'  fili 
metallici  del  moltiplicatore,  o  anche  solo  con  amian- 
to o  cotone  inzuppati  ?  Nella  pila  voltaica  si  eccita 
il  calore  dalle  chimiche  operazioni  ;  ma  se  il  calore 
fosse  la  causa  sola  della  sua  elettricità  ,  sarebbe  o 
maggiore  o  certamente  non  minore  che  altrove  a'due 
poli  ove  è  maggiore  la  tensione  :  e  pure  il  sig. 
Murray  ,  che  ha  fatte  su  questo  punto  delle  di- 
ligenti indagini  ,  attesta  averlo  trovato  per  [lo  più 
maggiore  nelle  parti  centrali  della  pila  ,  comechè 
più    dappresso    al    polo    positivo   (b). 

Spesso  nelle  correnti  elettriche  il  calore  è  as- 
sai piccolo  o  insensibile  ,  e  minore  è  la  diversità 
di  temperatura  ,  dalla  quale  soltanto  con  qualche 
apparenza  di  probabilità  può  ripetersi  la  corrente 
elettrica.  Possono  servire  d'esempio  le  pile  a  secco 
del  prof.  ab.  Zamboni,  nelle  quali  la  covrente,  ben- 
ché interrotta  ,  dura  per  più  anni  ;  la  pila  del  Vol- 
ta armata  di  acqua  pura;  un  semplice  e  piccolo  ele- 
mento voltaico  ,  che  immerso  nell'  acqua  pura  fa  de- 
viare l'ago  calamitato  del  moltiplicatore;  due  lastre 
a  contatto  ,  per  esempio  di  rame  e  di  zinco  ,  che 
amendue  tocchino  la   rana,  o  la  lingua  dell'uomo, 


(a)  Ivi  p.   12.  Janv.   1828. 
(6)  Ivi  T.  XXXll  p.  186. 


Elettricità'  17 

o  una  la  li  tigna  e  l'altra  un  occhio  ovvero  siano 
tenute  in  mano  da  due  persone  ,  le  qnali  coli'  altra 
mano  sostengano,  la  rana  ;  gli  elettromotori  semplici 
o  composti  formati  di  sostanze  animali  o  vegeta- 
bili   ecc. 

Ma ,  si  dice  ,  il  calore  non  solo  aumenta  le 
correnti  ,  ma  sembra  determinarne  eziandio  la  dire- 
zione :  perciocché  sempre  la  corrente  passa  dal  cor- 
po più  caldo  al  meno  caldo  ,  se  si  eccettui  il  ca- 
so di  alcuni  metalli  ,  co'  quali  se  formisi  il  circo- 
lo termo-elettrico  semplice  (  d'un  sol  metallo  )  la 
corrente  segue  opposta  direzione.  Pare  dunque  che 
tutte  le  correnti  debbano  attribuirsi  al  calore.  Nel 
comune  elettromotore  lo  zinco  è  più  caldo  del  ra- 
me (  come  ha  provato  con  dirette  sperienze  il  ci- 
tato sig.  Nobili  (a)  )  ,  e  lo  zinco  da  elettricità  al  li- 
quore. Così  sempre  avviene  nelle  correnti  di  secon- 
da classe  ,  nelle  correnti  cioè  che  passano  per  con- 
duttori  di   seconda   classe. 

Più  cose  son  qui  da  osservare  :  1.  Se  fosse  leg- 
ge universale  ,  che  il  corpo  più  caldo  dia  al  meno 
caldo  ,  ossia  se  il  calore  facesse  passale  l'elettricil 
dal  primo  corpo  al  secondo  ,  ciò  si  osserverebbe  i  : 
tutti  i  circoli  termo-elettrici  semplici  ,  e  non  si  ve- 
drebbe in  alcuni  metalli  il  contrario;  2.  Essendo  neli' 
ordinario  elettromotore  il  liquore  più  caldo  del  rame 
(come  ha  sperimentato  il  nominato  fisico)  ed  essen- 
do il  rame  assai  miglior  conduttore  del  liquore  ,  non 
è  agevole  intendere  perche  1'  elettricità  vada  dallo 
zinco  piuttosto  al  liquore  che  al  rame  ;  3  la  molli 
de'casi  sopraccitati  è  impossibile  definire  qual  corpo 
sia  più  caldo  ,  anzi  niun  sensibil  calore  si  osserva  , 


{a)  Ivi   T.  XXX ni.  /> 
G.A.T.XX.XX. 


i8  Scienze 

almeno  prima  che  svolgasi  l'elettricità;  4*  Nel  trascrit- 
to esperimento  del  Berzelius  il  rame  doveva  esser 
più  caldo ,  in  virtù  dell'ossidazione  ,  allorché  il  cir- 
colo si  chiuse  :  nondimeno  fu  lo  zinco  ,  .secondo  il 
consueto  ,  questo  che  diede  elettricità  al  liquore  , 
e  da  questa  corrente  fu  prodotta  l'ossidazione  di 
questo  metallo  ,  e  certamente  coli*  ossidazione  il  ca- 
lore. 11  eh.  sig.  prof.  Marianini  riscaldando  alter- 
namente il  rame  e  lo  zinco  ,  o  l'ottone  e  l'argento  , 
vide  sempre  crescer  l'effetto  nel  galvanometro  ,  ma 
non  mai  rovesciarsi  la  corrente  ,  come  sembra  che 
dovesse  accadere  scaldandosi  il  rame  nel  primo  ca- 
so ,  l'argento  nel  secondo.  Si  vede  dunque  la  espo- 
sta legge  soggetta  ad  eccezioni  eziandio  nelle  cor- 
i-enti di  seconda  classe.  Aggiungo  che  i  Lei  cimen- 
ti del  lodato  prof,  di  Venezia  provano  che  il  ca- 
lore influisce  spesso  nelle  correnti  elettriche  ,  piut- 
tosto facendo  circolare  più  rapidamente  l'elettricità 
che  alterando  V  eletlromot  i  icità  relativa  de'metalli  (a); 
talché  senza  le  sperienze  fatte  col  circolo  termo-elet- 
trico d'un  sol  metallo  ,  potrebbe  dubitarsi  se  il  ca- 
lore abbia    mai    prodotte    correnti    elettriche. 

Sperimentando  il  sapore  che  si  prova,  chiuden- 
do la  lingua  fra  due  pezzi  di  zinco  ,  e  l'altro  di 
argento  o  di  oro  ,  e  adducendo  i  due  metalli  a  con- 
tatto ,  non  mi  è  riuscito  accorgermi  di  mutazione 
di  sapore  ,  (  che  esser  doveva  immancabile  indizio 
della  mutata  direzione  della  corrente  )  allorché  l'oro 
o  l'argento  erano  più  riscaldati  dello  zinco  per  più 
lunga  dimora  nella  bocca  ,  o  erano  questi  stati  scal- 
dati   col  fuoco. 

Non  intendo  io  già  d'impugnare  la  dottrina  ,  che 
da  un   sol    fluido  imponderabile  o    etere  deduce  tan- 

*■■ — - -  —     -■—       ■  ..»»■    ■—»■■■  -    i  ■■  *  mt 

(«)  Saggio  di  esperienze  clettrornetriche*  art*  2  sez.  4* 


Elettricità'  iq 

to  i  fenomeni  del  calore  quanto  gli  elettrici  ,  ma 
da  tal  dottrina  non  discende  doversi  questi  tribù- 
ire  tutti  al  calorico  ,  alle  vibrazioni  calorifiche  ,  al- 
la temperatura.  Questo  conseguente  dovrebbe  appog- 
giarsi ad  una  accurata  analisi  delle  circostanze  che 
accompagnano  i  fenomeni  elettrici  ,  e  questa  non 
pare   che   ci    conduca    finora   a  tal  conseguenza. 

Possiamo  dunque  concludere  ,  che  qualunque  fia 
l'influsso  delle  chimiche  operazioni  e  del  calore  ne' 
fenomeni  detti  galvanici ,  resta  ancora  intatta  la  bel- 
la scoperta  del  grande  ìnventor  della  pila  ,  cioè  che 
prescidendo  da  ogni  altra  causa  ,  il  solo  contatto  di 
due  corpi  eterogenei ,  specialmente  conduttori  di  pri- 
ma classe  ,  eccita  l'elettricità  e  la  fa  passare  da  uno 
in   altro  corpo. 


Intorno   ad  un  passo  di  Euclide  sulla  teorica 
delle   parallele. 

Al  ch.  sig.  Salvator  Betti 

U.  Lampredi  ,  Salute. 


N. 


on  è  molto  tempo  passato  ,  mio  gentilissimo  ami- 
co ,  eh'  io  vi  minacciai  un  articoletto  intorno  ad 
un  mio  lavoro  sugli  elementi  d'Euclide  ,  cui  per- 
ciò ho  apposto  l'epigrafe  virgiliana  -in  tenui  labor. 
Mi  risolvo  ,  per  quanto  le  mie  forze  il  comporte- 
ranno ,  a  tenervi  la  parola.  Si  tratta  di  togliere 
in  essi  un  difetto  ,  o  imperfezione  generalmente  ri- 
conosciuta nella  teorica  delle  parallele.  Il  lamento 
de'  più  riputati  geometri  è  antichissimo  ,  e  non  mai 
interrotto    fino    ai    nostri   tempi. 

2* 


20  Scienze 

Il  celebre  P.  Clavio  ne'  suoi  elementi  l'Euclide 
dopo  aver  riportato  quel  postulato  ,  o  ,  com'  ci  lo 
chiama  ,  assioma  ,  sul  quale  il  geometra  greco  ap- 
poggia la  sua  dimostrazione  delle  principali  pro- 
prietà delle  parallele  (a)  ,  appone  uno  scolio  ,  che 
in  italiano  suona  cosi:,,  Ma  poiché  questo  assioma 
vuol  comparire  alquanto  oscuro  ai  principianti  ,  per- 
ciò vien  rigettato  dal  numero  dei  principii  del  geo- 
metra Gemino,  da  Proclo  ,  e  da  altri.  Il  perchè  non 
facilmente  ognuno  gli  presterà  il  suo  assenso  ;  mas- 
simamente perche  s'incontrano  certe  altre  linee  ,  le 
quali  benché  lo  spazio  fra  esse  interposto  vada  con- 
tinuamente divenendo  più  augusto  pel  loro  avvici- 
namento ,  pure  non  si  uniscono  mai  o  s'  incontra- 
no verso  una  parte  ,  benchà  si  prolunghino  all'  in- 
finito ,  come  consta  dagli  elementi  conici  d'Apollonio 
Pergèo  ,  e  dalla  concoide  di  Nicomede.  Per  la  qual 
cosa  io  differisco  una  più  piena  spiegazione  di  quest* 
assioma  per  lo  .scolio  alla  propos.  28,  dove  lo  di- 
mostrerò geometricamente  secondo  il  metodo  e  la 
mente  di  Proclo  ,  acciocché  possa  francamente  e 
senza  alcuna  dubitazione  ammettersi  primieramente 
per  la  dimostrazione  della  2().ma  di  questo  libro  ,  do- 
ve il  bisoguo  d'usarne  comincia  ad  apparire  ,  e  po- 
scia per  la  dimostrazione  d'altre  proposizioni,  tal- 
mentechè  ogni  dubbiela  venga  dissipata.  „  Ed  infatti 
egli  spiega  si  ,  anzi  dimostra  il  principio  di  Proclo  : 
ma    questa    dimostrazione    include    pure   l'idea    dell' 


(a)  Il  postulato  è  il  seguente  :  Si  in  duas  rectas  li- 
neas  altera  recto,  incid&ns  internos  ad  easdemqne  par- 
te* angui»  s  /luobus  rccti>i  minnres  faciat  ,  Iute  duae  li- 
none in  infhiìLum  productae  ,  sibi  mutuo  incident  ad  eas 
partesy    ubi   sunt  anguli  duolnis  rectis   uiinores. 


Elementi  d'Eucliui:  21 

infinito  ,  che  negli  elementi  si  vuole  evitare  ,  e  por- 
ciò  non  è  stata  abbracciata  ne  dal  D'  Alembert ,  uè 
dal    Le  Gondre  ,  ne  da  altri  per  quanto   mi    è  noto. 

E  ,  quanto  al  primo  ,  ecco  ciò  eh'  egli  propo- 
ne ne'  suoi  preziosi  Eclaircissenicns  sur  la  grktme- 
trie  per  migliorare  la  teorica  delle  parallele.  „  Se 
„  io  volessi  descrivere  le  parallele  ,  ecco  ,  parmi  , 
„  come  dovrei  regolarmi  per  non  inchiudere  in  qué- 
„  sta  definizione  se  non  ciò  eh'  ella  deve  assoluta- 
„  mente  contenere.  Io  supporrò  primieramente  una 
,,  retta  qualunque  :  su  questa  retta  alzerò  due  per- 
„  pellicolari  ,  che  supporrò  uguali  ,  e  per  l'estre- 
„  mita  di  queste  perpendicolari  immaginerò  una  li- 
„  nea  retta,  eh1  io  chiamerò  parallela  alla  linea  sup- 
„  posta.  Bisognerà  poi  dedurre  da  questa  supposi- 
,,  zione  (o  costruzione)  tutte  le  proprietà  delle  pa- 
„  rallele.  Esse  vi  sono  essenzialmente  contenute.  Bi- 
„  sognerà  fra  le  altre  cose  dimostrare  ,  che  la  pa- 
,,  rallela  alla  linea  supposta,  e  che  n'è  ugualmen- 
„  te  distante  in  due  de'  suoi  punti,  ha  tutti  gli  al- 
„  tri  suoi  punti  ugualmente  distanti  da  questa  li- 
,,  nea  ,  cioè  che  le  perpendicolari  elevale  da  un  qual- 
„  sivoglia  punto  dalla  parallela  alla  linea  supposta 
„  sono  uguali  alle  due  prime.  Supporre  questa  ve- 
„  rità  senza  dimostrarla  è  un  supporre  ciò  che  la 
„  definizione  non  include  ,  e  non  deve  includere  se 
„  non  implicitamente.  Perocché  ec.  ec.  „  Finalmen- 
te  conchiude   con  la  seguente  gravissima   sentenza. 

„  La  definizione  e  le  proprietà  della  linea  ret- 
„  ta  ,  come  ancora  delle  linee  parallele  ,  sono  lo  sco- 
„  glio  ,  e  per  così  dire  lo  scandalo  degli  elemen- 
„  ti  di  geometria.  Io  non  temo  che  i  matematici  filo- 
„  sofi  sieno  per  riguardare  come  puerili  queste  mie 
„  riflessioni  ,  perocché  essi  hanno  per  iscopo  non  s  >- 
,,  lamenle    d'indurre    la    massima   precisione    in    una 


22  Scienze 

„  scienza  ,  di  cui  la  precisione  è  l'anima  ,  ma  di  di- 
„  mostrare  ancora  con  chiarissimi  esempi  la  neces- 
„  sita    e  la    rarità   delle    buone  definizioni.  ,, 

Quanto  poi  all'  altro  insigne  geometra  de'  no- 
stri tempi ,  il  sig.  La  Gendre  ,  reca  certamente  qual- 
che maraviglia  ,  che  essendosi  egli  accinto  a  com- 
pilare un  corso  elementare  di  geometria  per  l'uso  del- 
le scuole  e  de'  lincei  di  Francia  ,  e  propostosi  di  to- 
gliere dagli  elementi  quello  che  il  D'Alembert  ap- 
pellò scoglio, e  quasi  scandalo  dei  medesimi,  non  ricor- 
resse non  solo  al  principio  di  Proclo  ,  illustrato  dal 
Glavio  ,  ma  neppure  alla  definizione  e  costruzione 
proposta  dal  D'Alembert ,  che  qui  sopra  abbiamo  ri- 
portata. Egli  preferì  un'  altra  via ,  che  più  diretta 
sembrava  e  magistrale .  Imprese  cioè  a  dimostrare 
senza  il  soccorso  delle  parallele  la  aoma  d'Euclide , 
cioè  che  i  tre  angoli  d'un  triangolo  qualunque  for- 
mano una  somma  equivalente  a  due  retti  ,  e  con  que- 
sto teorema  alla  mano  si  tolse  d'ogn'  impaccio  ,  e 
dimostrò  benissimo  e  rigorosamente  le  loro  proprie- 
tà. Dimostrò  dunque  in  un  teorema  ,  che  i  tre  an- 
goli non  possono  esser  minori  di  due  retti  ,  in  un 
altro  che  non  possono  esser  maggiori  ,  e  quindi  ne 
concluse  l'eguaglianza.  Ma  comparvero  appena  ver- 
so il  principio  del  corrente  secolo  questi  suoi  ele- 
menti ,  che  si  levò  fra  i  geometri  francesi  un  grido  una- 
nime ,  che  queste  due  dimostrazioni  erano  soggette 
a  molte  difficolta  assai  complicate  ,  che  non  erano  ab- 
bastanza semplici  ed  elementari  pe*  giovani  alun- 
ni ,  e  che  s'appoggiavano  anch'  esse  all'  idea  dell' 
infinito  ,  la  quale  deve  escludersi  da  un  corso  ele- 
mentare. Malgrado  per  altro  di  questi  richiami  (  for- 
se de'  più  rigidi  geometri  ,  e  forse  anche  invidio- 
si) ,  il  magistrato  della  pubblica  istruzione  di  quel 
governo    dichiarò  quel  corso  il  solo  ,  che  si  spiegas- 


Elkmenti  d'Euclide  s3 

se  e  s'insegnasse  nelle  pubbliche  scuole  <li  rfuel  re- 
gno :  e  adottato  essendo  per  conseguenza  anche  dal- 
le private  ,  ne  furono  fatte  in  venti  e  più  anni  quasi 
altrettante  edizioni  ,  le  quali  è  fama  che  abbiano 
procacciato  ali1  autore  un  vistosissimo  interesse,  coni' 
è  verosimile.  Certo  ,  se  l'illustre  autore  avesse  pub- 
blicato il  suo  lavoro  in  un  altro  paese,  dove  i  pro- 
dotti dell'ingegno  si  nelle  scienze  come  nelle  lettere, 
non  sono  proprietà  inalienabile  dell'  autore  ,  o  avreb- 
be dovuto  cercarsi  un  mecenate  che  facesse  la  spe- 
sa della  prima  edizione  ,  o  avrebbe  dovuto  farle  egli 
stesso  ,  e  i  varii  stampatori  poi  delle  diverse  pro- 
vincie  si  sarebbero  diviso  il  risultante  profitto.  Io  , 
che  mi  trovava  in  quel  torno  di  tempo  professore  di 
geomatria  nella  celebre  e  numerosa  scuola  di  Son- 
ze  in  Linguadoca,  dovei  per  alcuni  anni  condurre  mol- 
ti giovani  ne1  campi  dt-lla  geometria  pel  sentiero  trac- 
ciato dal  sig.  Le  Gendre  ;  e  per  vero  dire,  non  tro- 
vai che  quelli  ,  dotati  anche  di  mediocre  talento  , 
non  giungessero  a  comprenderle  ,  ed  a  convincersi 
della  verità  del  teorema  ;  ma  faceva  per  altro  lo- 
ro osservare,  che  nella  costruzione  della  figura  era- 
no mascherate  o  velate  le  parallele  ,  cioè  certe  loro 
proprietà  ,  che  poi  per  mezzo  del  teorema  mede- 
simo egli  dimostrava  ,  come  ognun  può  vedere  di 
per  se  stesso  ,  e  molti  altri  avranno  pur  veduto.  Co- 
munque ciò  sia  ,  per  quanto  felice  fosse  per  più  an- 
ni la  voga  del  menzionato  corso  ,  i  clamori  e  i  la- 
menti dei  professori  francesi  non  cessarono  :  e  dopo 
un  certo  numero  d'edizioni  il  sig.  Le  Gendre  fu 
costretto  a  togliere  que'  due  teoremi  ,  ed  a  cambia- 
re strada  ,  tornando  a  quella  d'Euclide.  Infatti  mi 
capitò  anni  sono  fra  le  mani  la  rr."'a  edizione,  e 
lessi  con  mia  maraviglia  nell'  Avant-propos  queste  pa- 
role del  sig.  Le  Gendre  :  „  La  proposition  20  du  1  li- 


24  Scienze 

vie  n'est  qu' un  cas  particulier  du  postulatimi,  sul- 
le quel  Euclide  a  etabli  la  tlieorie  des  parallelcs,  Stinsi 
que  le  theorcme  de  la  somme  des  trois  àrigles  du  trian- 
gle.  Ce  postulatimi  n'a  ete  point  demontrè  d'une  ma- 
niere entierement  geometrique  ,  et  independanle  ép 
rinfittì  :  ce  quii  faut  sans  doute  attribuer  a  l'imperfe- 
ction  de  la  difinilion  de  la  ligne  droite,  qui  sert  de  base 
aux  éléments.  „  Dopo  queste  parole  propone  un  suo  ra- 
gionamento analitico  per  dimostrar  la  proposizione  de' 
tre  angoli,  ed  aggiunge:  „  D'après  l'avis  de  plusicurs 
professeurs  distinguès  on  s'  est  determinè  a  rcbellir 
dans  cette  nouvelle  edition  la  theorie  des  paralleles 
a  peu  près  sur  la  mème  base  qu'  Euclide.  Il  en  re- 
sulterà plus  de  facilitò  pour  les  ètudians  ,  et  ceti»: 
raison  a  para  preponderante  d'autant  que  les  obje- 
ctions  aux  quelles  est  encore  asujeltie  la  theorie  dei 
parallelcs  ne  pufettt  ótre  entierement  resolues  que 
par  des    considerations    analytiques  etc.  „ 

Questa  sentenza  d'un'  insigne  geometria  ,  avva- 
lorata da  quanto  ho  discorso  qui  sopra  da'  geome- 
tri antichi  ,  e  da  un  d'Alembert,  dovrebbe  distorna- 
re i  geometri  minori  dall'  affrontare  il  difficilissimo 
problema.  Io  però  ,  l'ultimo  ancor  di  questi  ,  nella  te- 
muta delle  mie  forze  ho  avuto  l'audacia  d'affrontar- 
lo :  a  se  l'amor  proprio  non  m'inganna  ,  credo  d'aver 
trovato  qualche  cosa,  che  possa  condurre  a  buon 
risultamento. 

Né  crediate  già  ,  che  malgrado  degli  sforzi  già 
fatti  da  sommi  geometri  ,  e  dall'  importanza  che  han- 
no data  alla  soluzione  di  questo  problema ,  io  sia 
d'opinione  ,  essere  un  sifatto  lavoro  d'indispensabile 
necessita  per  lo  studio  della  geometria  ,  e  pel  pro- 
fitto che  i  giovani  studenti  debbono  ricavarne.  Si  fa 
una  felice  navigazione  in  un  mare  dove  s'incontra 
uuo  scoglio  ,  purché  si  riconosca  e   si  sappia    evita- 


Elementi  d'Euclide  25 

re ,  anzi  questo  medesimo  aguzza  l'ingegno  ,  e  lo 
prefeziona.  Ho  fatto  dunque  negli  anni  addietro  , 
quando  gogedeva  d'una  intera  sanità,  una  specie  d'ana- 
lisi ,  non  con  idee  astratte  ,  né  con  quella  dell'infinito  , 
o  con  simboli  algebrici  ,  ma  con  idee  puramente  geo- 
metriche ed  elementari  senza  cercar  di  trovare  la 
vera  e  la  più  rigorosa  definizione  della  linea  ret- 
ta. Così  son  risalito  a  un  principio  o  canone  gene- 
rale ,  dalla  modificazione  del  quale  dipende  ,  al  cre- 
der mio  ,  la  primitiva  definizione  e  costruzione  non 
solo  delie  linee  parallele ,  ma  delle  perpendicolari 
e  delle  oblique,  dalle  quali  bisogna  pur  comincia- 
re. Ed  in  questo  lavoro  ho  preso  massimamente  co- 
raggio ,  perchè  ho  veduto  chiaramente  dalla  sopra- 
indicata costruzione  delle  parallele,  proposta  dal 
D'Alembert  ,  che  non  è  se  non  un  caso  particolare  di 
quella  ,  a  cui  conduce  il  principio  generale  da  me 
stabilito  :  ed  inoltre  questo  mi  conduce  a  tal  de- 
finizione e  costruzione  delle  perpendicolari  e  del- 
le oblique  ,  che  ho  potuto  stabilire  una  semplicis- 
sima elementare  dimostrazione  del  postulato  d'Eu- 
clide senza  ricorrere  all'idea  dell'  infinito.  Io  vi  espor- 
rò,  se  lo  gradirete,  questo  mio  principio  in  altra 
mia  ,  della  quale  questa  non  è  che  il  proemio  :  e  poi 
passerei  ancora  ad  ordinar  molti  materiali  che  ho 
raccolti  in  differenti  tempi  per  esporre  la  teorica  del- 
le perpendicolari  ,  delle  oblique  e  delle  parallele  di- 
pendente da  un  medesimo  principio  generale.  Ma 
per  quest'ultimo  lavoro  mi  fa  d'uopo  ritornare  all'an- 
tica sanila  (i),  o  che  almeno  una  persona  intelligente  e 


(i)  Preghiamo  il  cielo  affinchè  il  chiarissimo  mate- 
matico riacquisti  presto  la  preziosa  sua  sanità  ,  onde  non 
debba    ritardarci  più  un  dono  così  gradito. 


26  S    C    I    E    N    Z    E 

perita  della  scienza  eseguisca  ciò  che  mi  gira  per 
la  mente  ,  e  che  potrei  accennare  con  sufficiente  chia- 
rezza. Basti  dunque  ciò  per  adesso  ,  ed  aggradite 
intanto  le  sincere  proteste  della  mia  stima  ed  ami- 
cizia ,  poiché  sono 

Il  V.  affmo  e  demo  ser.  ed  amico 
Ab.  Urbano  Lampreda 


Sulla  infiammazione.  Trattato  diviso  in  .tre  parti  del 
dott.  Antonio  Goldoni  prof,  di  materia  medica 
nella  lì.  università  di  Modena.  Parte  I.  -  Mo- 
dena ,    1825. 


N, 


el  render  conto  delle  lettere  polemiche  del  chiar. 
prof.  Meli  nel  fascicolo  di  ottobre  del  perduto  anno, 
facemmo  promessa  di  favellare  di  un  sì  celebre  trat- 
tato sulla  infiammazione.  Egli  è  questo  lavoro  una 
di  quelle  poche  opere  ,  che  intorno  ad  un  cotanto 
discusso  oggetto  abbiano  veduto  la  luce  con  aspet- 
to di  soddisfacenza.  Ma  ciò  non  è  tutto  ;  egli  è  que- 
sto un  lavoro  ,  che  sovra  gli  altri  distinguesi  pel 
complesso  dei  pregi  ,  che  lo  adornano.  L'argomen- 
to infatti  vi  è  trattato  maestrevolmente  ;  vi  sono  di- 
scusse importanti  quistioni  ;  vi  si  rimarcano  novità 
apprezzabilissime  sullo  sviluppo  della  malattia  ,  sul- 
la genesi  ed  etiologia  di  essa.  Distinto  e  chiaro  n'è 
il  linguaggio  ,  fermi  i  raziocini  ,  robuste  le  argomen- 
tazioni ,  ingenuità  vi  figura  nelle  conghietture  ;  ma 
sovra  ogni  altro  è  da  ravvisarvisi  quella  norma  as- 
sidua di  verace  spirito  analitico  ,  che  dichiara  aMì 
nostri  assai  prezioso  questo  sublime  trattato  ,  il  qua- 


Sulla  infiammazioni:  27 

le  si  ha  di  già  meritato  i  giusti  elogi  dei  dotti.  Fra 
questi  ancor  l'esimio  Bufalini  nella  sua  risposta  al- 
la ottava  delle  lettere  polemiche  del  cav.  Meli  enco- 
miò le  gloriose  fatiche  del  Goldoni  intorno  alla  flo- 
gosi.  N'  esporremo  un  rapido  cenno  ,  ma  non  cessia- 
mo di  raccomandarne  la  originale  lettura  ai  cultori  dell' 
arte. 

Si  avvisa  il  prof.  Goldoni  di  esaminare  nella 
dottrina  delle  flogosi  tre  punti  ,  che  formano  altret- 
tante parti  ,  nelle  quali  intende  l'À.  dividere  il  suo 
lavoro .  „  Prima  parte.  Come  si  formi  la  infiam- 
,,  inazione,  quale  sia  la  sua  natura  ,  e  quali  le  cause 
„  che  la  producono  ;  ossia  patogenia ,  essenza  ed  etio- 
,,  logia  della  flogosi.  Seconda  parte.  Andamento  del 
„  la  flogosi  e  sue  terminazioni.  Cura  si  della  loca- 
„  lita  inferma ,  si  della  universalità.  Terza  parte.  Per- 
„  che  si  vincano  generalmente  più  infiammazioni  acu- 
„  te  che  lente  ?  perchè  la  sanazione  di  queste  sia 
„  quasi  insperabile  dall'  arte  ?  e  nel  caso  pure  che 
„  sieno  sanabili  ,  quando  e  come  lo  possano  essere?  „ 

Parte  prima.  —  Patogenia  ,  natura ,  ed  etiolo' 
già  dell'  infiammazione. 

Capo  1. —  Patogenia  dell'  infiammazione.  —  In- 
cominciamento  prende  il  N.  A.  dalla  definizione  ;  ma 
la  difficolta  di  definirla  per  la  sua  essenza  ,  non  che 
per  quei  caratteri  ed  attributi  che  le  sono  propri  al- 
lorché attacca  parti  esterne ,  conduce  alla  bisogna  di 
prevalersi  dell'  ultimo  mezzo  avvertito  dai  logici 
per  definire  una  cosa ,  cioè  dell'  insieme  degli  at- 
tributi o  caratteri  che  le  competono  ,  e  la  cui  mer- 
cè circoscritto  viene  il  suo  modo  speciale  di  esse- 
re. A  ritroso  quindi  di  quei  progressi  molti  che  nel- 
la  scienza  si  vantano  ,  continua  pure  oggidì  per  ar- 


28  Scienze 

fomentare  la  infiammazione  a  valersi  di  quei  carat- 
teri che  dopo  gì'  insegnamenti  d'Ippocrate  consen- 
tirono quasi  tutte  le  scuole  mediche  in  riconoscere, 
quali  sono  il  calore  accresciuto  più  dell'  usato  ,  il 
turgore,  rossore,  dolore,  pulsazione,  ed  i!  più  del- 
le volte  il  leso  esercizio  della  funzione  della  parte 
aggredita.  In  questa  definizione  per  altro  si  ravvisa 
vieppiù  l'imperfezione  della  scienza,  poiché  oltre  al- 
cune obiezioni  ,  che  muover  le  si  possono  ,  havvi  pur 
l'inconveniente  di  non  costantemente  rimarcarla  al  suo 
fine  corrispondere  ,  a  dare  cioè  fedelmente  una  idea 
chiara  e  distinta  della  malattia  in  proposito.  Vi  si 
oppone  pur  la  presenza  di  alcune  flogosi  ,  che  a  sen- 
tenza di  Stoll  ,  Morgagni  ,  ed  altri  sommi  pratici ,  si 
ordiscono  all'  insaputa  dell*  individuo  e  senza  l'ap- 
parizione degli  enunciati  fenomeni  esprimenti  la  in- 
fiammazione ;  non  che  l'assoluta  deficienza  della  flo- 
gosi talvolta,  abbenchè  molti  ve  n'esistano  tlegl'  in- 
dicati caratteri  Per  lo  che  meditazioni  varie  con  ca- 
lore si  fecero  ,  e  si  pervenne  a  credere  ,  che  i  feno- 
meni della  flogosi  ,  allorché  ingannevoli  sieno  ,  di- 
stinguer si  possano  dai  veri  fenomeni  della  malattia 
con  la  scorta  di  certi  attributi  propri  di  questi  e 
non  di  quelli.  Ne  surse  cosi  il  criterio  di  ritenere 
come  subdoli  fenomeni  quegli  effetti  immediati  del- 
le cause  estrinseche,  quei  che  con  esso  loro  serbas- 
sero un  certo  rapporto  di  aumento  sussistenza  de- 
cremento e  cessazione,  senza  lasciare  dietro  di  se  nel- 
le fibre  alcun  vestigio  almeno  sensibile.  Laddove  genui- 
ni fenomeni  si  dissero  esprimenti  la  flogosi  quei  che  im- 
mediatamente risultano  da  un  intrinseco  lavorio  ,  or- 
ganico ,  vitale  nella  fibra  ,  senza  relazione  alle  cause 
operose  estrinseche  ;  quei  che  ragion  sufficiente  dello 
sviluppo  loro,  aumento,  e  terminazione  includono  nel 
segreto  dell'  organismo;  quei  che  con  terapia  autillo 


Sulla  infiammazione  -ì() 

«astica  convenevolmente  investili  o  assolutamente  sce- 
mano  o  con  quella  violenza  non  progrediscono  ,  né 
a  quel  grado  giungono  ,  cui  perverrebbero  abbando- 
nati a  se  stessi  ;  quei  che  cessando  lasciano  quasi 
costantemente  dietro  di  se  alterazioni  quasi  indele- 
bili nella  fibra  con  disposizione  a  recidire  in  gra- 
zia pur  di  cagioni  di  lievissimo  momento.  Tali  es- 
sendo le  proprietà  e  le  condizioni  che  addiconsi  agli 
attributi  genuini  della  infiammazione ,  emerge  che 
non  potrà  una  parte  giammai  ritenersi  infiammata  , 
ove  in  essa  o  manchino  i  fenomeni  esprimenti  la  ma- 
lattia in  proposito  ,  o  le  condizioni  manchino  di  que- 
sti fenomeni  teste  contemplate. 

Questo  per  altro  ,  sebbene  men  difficile  diagno- 
stico della  infiammazione  ,  riesce  pur  talvolta  mala- 
gevole assai  ,  e  quasi  impossibile  a  potersi  rettamen- 
te instituire  ,  ove  specialmente  si  tratti  di  certe  infiam- 
mazioni. E  qui  con  somma  perspicacia  rispinge  il 
divisamento  di  moderno  scrittore  (celandone  il  nome) 
che  avvisò  con  progressione  di  aumento  mantenersi 
la  infiammazione  ;  e  con  sode  riflessioni  fa  conosce- 
re quanto  ingannevole  sia  il  criterio  di  potersi  col 
progressivo  aumento  dei  sintomi  flogistici  esatta- 
mente distinguere  la  infiammazione  dalle  altre  mor- 
bose affezioni   che  la  somigliano. 

La  dipendenza  di  cotali  caratteri  da  un  intrin- 
seco processo  indusse  i  medici  a  rivolgere  le  loro 
cure  allo  scuoprimento  della  natura  ,  della  qualità  , 
del  genio  di  questo  lavorio  ,  del  modo  con  cui  si 
eseguisce  ;  e  ciò  o  per  apprendere  la  causa  pros- 
sima di  tali  fenomeni  esprimenti  la  in  fermila  ,  o  per 
avvicinarsi  a  conoscere  la  essenza  medesima  della  in- 
fiammazione. A  due  riducendo  il  N.  A.  le  princi- 
pali opinioni  in  proposito  ,  eh'  ebbero  miglior  ven- 
tura ,    rammenta   essersi    nella    prima    stabilito  ,   che 


3o  S    C    I    E    N    Z    K 

l'afflusso  di  umori  alla  parte  comunque  avveuuto  co- 
stituisca per  alcuni  la  essenza  della  infiammazione  , 
per  altri  la  causa  prossima  di  essa  ,  per  altri  infine 
la  sola  cagione  dei  mentovati  fenomeni ,  annoveran- 
do appartenere  a  questa  classe  le  opinioni  del  som- 
mo Ippocrate  ,  di  Gelso  ,  Galeno  ,  Aezio  ,  Paolo  Egi- 
neta  ,  Tralliano  ,  Riverio  ,  Silvio  ,  Boeraave,  Swieten, 
Hoffmann  ,  e  molti  altri  fra'  quali  l'erudito  Pistelli. 
Nella  seconda  opinione  viene  precipuamente  consi- 
derata T  alterazione  del  movimento  ,  la  quale  per 
alcuni  costituisce  l'essenza  della  flogosi  ,  per  altri  ne 
forma  la  causa  prossima  ,  e  per  altri  in  fine  la  sola 
cagione  dei  fenomeni  esprimenti  la  malattia.  Com- 
prendonsi  nel  novero  di  questi  Etmullero  ,  Senac  , 
De-Gorter  ,  Whytt ,  Bordeu  ,  Fabre  ,  Richter  ,  Fio- 
rani  ,  Cullen  ,  Thompson,  Marandel ,  e  Tomraasini. 
Di  tali  sentenze  in  varie  epoche  emesse  non  pago 
il  N.  A.,  rimprovera  ai  primi  l'aver  data  soverchia 
importanza  all'  alterazione  del  circolo  nella  genesi 
della  flogosi  contro  V  alterazione  del  movimento  ,  e 
rampogna  ai  secondi  il  troppo  valore  accordato  a 
quest'  ultima  a  scapito  di  quella.  Se  non  che  rende 
meritamente  lode  alla  penetrazione  del  rispettabilis- 
simo Bufalini  ,  che  nella  sua  Patologia  considerò  la 
infiammazione  come  malattia  composta  di  flussio- 
ne e  d'irritazione.  Ritiene  in  vece  però  ,  che  i 
fenomeni  e  le  prime  condizioni  della  flogosi  sia- 
no ,,  effetti?  dell'  alterazione  combinata  della  vi- 
„  tal  ita  e  della  materia  ,  ossia  del  movimento  e 
,,  delio  strumento  ,  effetti  cioè  di  quel  lavorio  in- 
„  terno  organico  dinamico  che  ha  luogo  nella  flo- 
„  gosi  ,  la  quale  prossimamente  si  compone  di  due 
,,  elementi  o  fattori  ,  che  io  chiamo  dinamico  l'uno  , 
„  idraulico  l'altro.  „  Squittinar  poi  volendo  ,  se  l'al- 
terazione della    vitalità   sia  causa  od   effetto    dell'ai- 


Sulla  infiammazione  3i 

terazione  materiale  ,  è  condotto  ad  indagare  „  se  la 
„  proprietà  eccitabile  ,  e  quindi  il  prodotto  degli 
„  stimoli  su  di  essolei  ,  ossia  I*  eccitamento  ,  deb- 
„  ba  essere  l'ultimo  termine  delle  nostre  investiga- 
„  zioni  intorno  ai  corpi  vivi  ,  siccome  comandò 
,,  Brown  senza  provarlo  ;  oppure  se  nella  fina  or- 
„  ganizzazione  abbiano  ad  esser  portate  le  nostre 
„  ricerche  analitiche.  „  Intorno  alla  qual  disquisizione 
altamente  commendando  la  perspicacia  di  quel  chiaro 
ingegno  italiano  il  patologo  di  Cesena  ,  fa  eco  alle 
vittoriose  argomentazioni  del  medesimo  ,  che  dimo- 
star  seppe  dipendere  sustanzialmente  le  malattie  da 
alterazione  di  materia  ,  e  tante  quindi  poter  essere 
quanti  sono  i  cambiamenti  ai  quali  può  andar  sog- 
getta la  materia  animale  e  viva.  Ed  a  quelli  già 
ben  convincenti  del  celebratissìmo  Bufalini  altro  ra- 
ziocinio aggiugne  il  prof.  Goldoni  a  maggior  con- 
ferma ,  che  nella  organizzazione  cercar  dobbiamo  la 
ragione  come  della  salute  cosi  della  malattia  ,  pren- 
dendo argomento  da  quegli  stessi  ,  che  la  vitalità 
vogliono  unica  ed  indipendente  dalla  organizzazio- 
ne. Pon  egli  mente  alla  riparazione  dei  nuovi  ma- 
teriali che  rimpiazzo  formano  a  quelli  che  la  nostra  ma- 
china perde  ad  ogni  istante  ;  e  mirando  al  compiersi 
di  questa  funzione  importantissima  mercè  della  sangui- 
gna irrigazione  ,  che  in  se  fusi  tenendo  gli  elementi 
proprj  alla  nutrizione  di  ciascuna  parte  lascia  ovun- 
que quelle  nutritive  particelle  ,  che  alla  rispettiva 
natura  di  ogni  viscere  e  di  ogni  parte  si  addicono 
colla  ripulsa  delle  altre  non  proprie  ,  ne  desume 
esercitarsi  la  forza  di  affinità  o  che  che  altro  di 
simile  in  ogni  parte  del  nostro  corpo  su  di  una  mo- 
lecola specialmente  modificata  dalla  propria  organiz- 
zazione ,  ma  non  esercitarsi  su  di  un1  altra  ,  e  cosi 
esservi  azione  ed  inazione.  Ma  l'agire  ed  il  non  agi- 


3a  Scienze 

re  (  soggiugne  )    non    costituiscono   già   differenza  di 
grado    o    quantità  ,  ma   sibbene    differenza  di  natura 
o  essenziale  ;  e  siccome    per   gì'  insegnamenti   di  Ba- 
cone effetti  essenzialmente  diversi  suppongono  cause 
sustanzialmente   diverse  :   così  (  conchiude  )   la  causa 
di  tale   diversità   non  è  già    imputabile    alla  vitalità 
per  se,  ma  sibbene  alla  vitalità  temprata  variamente 
nella  organizzazione.  In  questa  dunque  sta    nascosta 
la  causa  di  si  diversi    effetti  ;  gli  organi    tutti   dun- 
que e  le  parti    della    nostra    macchina   hanno   la   ra- 
gion   sufficiente  del   proprio    essere   in   quel    partico- 
lare e  forse  specifico  aggregamento  di  particelle  ma- 
teriali e  loro   forze   primitive  ,   che    noi  diciamo  sta- 
to di  organizzazione.  Cosi  essendo,  aver  denno  in  que- 
sto  stato   medesimo  la   ragione   della  propria    salute 
e  malattia  ;  stati  ,  i  quali   in    somma    non   sono    che 
modi  diversi  di  esistere  dei  corpi  vivi.  Dovrem  quin- 
di in  questa  organizzazione  rintracciare  la  causa  co- 
me della    salute   di    ogni   parte  ,    così    della  malattia. 
Spingendo    però   il   medico    i   suoi   pensieri    non 
più  allo  stato  della  eccitabilità,  ma  sibbene  allo  sta- 
to della   organizzazione,  deve    avvisarsi,   che  i  varj 
cambiamenti    materiali   della    macchina    possono  mol- 
tiplicarsi secondo    la   lunga   serie   delle   combinazioni 
di  cui  sono  suscettibili   gli  elementi  ,  dai  quali  pro- 
cedono   siffatte    materiali  mutazioni  ,  senza  che  ven- 
gano   agli    occhi    del    medico    espresse    o    rappresen- 
tate  rispetto    all'energia  vitale  che  sotto  due  forme, 
di    accresciuto   cioè  o  di  scemato  momento  della  vita- 
lità. Ma    di  siffatta    illusione  resi    accorti    in   oggi   i 
particolaristi ,  rivolgonsi  nella  pratica  non  solo  a  que- 
sta   parte    visibile    della   infermità  t  ma  sibbene    alla 
natura    delle    alterazioni    nell'  impasto    organico.    A 
questa   pur    mirarono    nei    loro    dettati    (  siccome    il 
Goldoni  lo  esamina  )  e  Ippocrate  ,  e  Celso  ,  e  Galeno  , 


Sulla  infiammazione  33 

ed  i  meccanici  ed  i  metodici  :  al  dottissimo  Bufali- 
ni  però  era  riservato  il  rischiararne  con  tanta  saga- 
ci la  e  penetrazione  le  tenebre.  Alle  quali  specifiche 
alterazioni  materiali  ,  che  propriamente  costituiscono 
la  malattia  ,  avverte  il  Goldoni  dirigersi  ogni  più 
attenta  cura  dal  medico  ,  il  quale  dovrà  eziandio  te- 
ner di  mira  in  pari  tempo  l'effetto  di  esse,  cioè  l'ec- 
citamento  morboso. 

E  qui,  dopo  esaminato  le  opinioni  del  Tomma- 
sini  sul  conto  delle  dottrine  del  Bufalini ,  fa  chia- 
ramente conoscere  ,  che  il  primo  ha  posto  già  la  san- 
zione alle  dottrine  del  secondo  ,  e  che  non  a  sola 
differenza  di  linguaggio  riduconsi  le  discrepanze 
eh'  esistevano  tra  i  principii  professati  dai  medesimi. 
Quantunque  infatti  nella  massima  parte  dei  morbi 
agi'  intimi  ad  invisibili  cambiamenti  che  li  costitui- 
scono congiunti  vadano  effetti  visibili  comuni  ,  non 
sono  questi  però  l'espressione  sempre  fedele  di  quei 
reconditi  e  specifici  cambiamenti  materiali  ,  dai  qua- 
li provengono  ,  né  quindi  ritener  si  possono  sempre 
idonei  a  mostrarci  l'indole  della  malattia.  Coloro  quin- 
di ,  che  a  curare  intendano  la  parte  visibile  e  co- 
mune della  infermità  senza  occuparsi  della  parte  se- 
greta, e  colla  sola  intenzione  di  occuparsene,  cura- 
no razionalmente  la  parte  meno  importante  ,  ed  all' 
azzardo  espongono  la  parte  più  essenziale  dei  mor- 
bi; laddove  chi  a  curare  assuma  le  alterazioni  del  mi- 
sto qual  causa  della  parte  visibile  della  malattia  , 
ben  intende  a  trattare  razionalmente  e  l'una  parte 
e  laltra  dell'affezione.  Né  giovi  l'opporre,  che  essendo 
affatto  ascose  ai  purtroppo  ristretti  poteri  del  medi- 
co siffatte  materiali  alterazioni,  torna  inutile  l'andarne 
in  traccia  ;  siccome  ridicolo  egli  è  il  pretendere  di 
curare  le  incoguite  con  mezzi  che  sotto  tale  aspetto 
sono  essi  pure  altrettanto  incogniti.  Giacché  se  le 
G-A.T.XL.  3 


34  S    C     I    E    IN     'A    E 

intime  alterazioni  meccaniche  della  materia  animale 
inferma  sventuratamente  sfuggono  alle  più  acute  len- 
ti ed  alla  portata  dei  nostri  mezzi  analitici  ,  non  può 
già  tenersi  egual  linguaggio  delle  chimiche  altera- 
zioni ,  dalle  quali  tene  spesso  manifeste  traggon- 
si  le  curative  indicazioni  molto  più  utili  di  quelle 
dedotte  dal  comune  regolatore.  Tali  sono  ,  a  mò  di 
esempio  ,  le  acidita  delle  prime  vie,  le  litiasi,  le  ra- 
chitidi ,  gli  scirri ,  il  gozzo ,  e  tante  altre  morbosità 
sanabili  con  potenze  dirette  a  rimuovere  le  altera- 
zioni del  misto  organico  ,  anziché  cogl'  indici  dell* 
eccitamento.  Non  è  dunque  la  parte  visibile  del  mor- 
bo l'espression  fedele  della  parte  occulta  ;  non  cor- 
rispondono dunque  alle  condizioni  manifeste  dei  ma- 
li le  condizioni  segrete  di  questi  ,  sebbene  chi  pre- 
stigio abbia  di  prevenzione  ^)er  favoreggiata  teoria 
s'immagina  piegare  a  questa  l'azione  del  farmaco  , 
ed   intenderne   il  modo    di  azione. 

Riconosciute  per  tal  modo  come  materiali  le  ma- 
lattie ,  si  propone  il  N.  A.  d'investigare,  se  le  altera- 
zioni sieno  degli  strumenti  ed  organi  dei  quali  si 
compone  la  macchina  ,  oppure  delle  molecole  finis- 
sime che  formano  i  tessuti.  E  distinti  in  tale  incon- 
tro col  sommo  Bufalini  i  tre  ordini  di  tessuti  or- 
ganici ,  e  segnati  altresì  tre  relativi  ordini  di  orga- 
niche combinazioni  ,  dopo  varie  riflessioni  desume  es- 
sere tult'  i  morbi  non  solo  materiali  ,  ma  eziandio 
strumentali  ,  né  potersi  chiamare  dinamiche  alterazio- 
ni che  quei  semplici  scostamenti  dalla  normalità  ,  i 
quali  assolutamente  non  costituiscono  la  malattia. 
Differiscono  perciò  i  morbi  giusta  il  modo  di  nasci- 
mento loro  ,  conchiude  il. Goldoni  ,  traendo  alcuni  im- 
mediata origine  da  alterazione  dello  strumento  ,  la 
quale  poi  eccita  il  cambiamento  nello  stato  del  mU 
sto  ;  ed   altri   primitivamente   movendo    dalla    modi- 


Sulla  infiammazione  35 

fìcazionc  del  misto  ,  la  quale  poi  concentrandosi  in 
una  parte  arriva  ad  offendere  lo  strumento  ,  e  quin- 
di a  costituirlo    in  malattia. 

Discende  dopo  tali  premesse  a  discorrerla  ,  se- 
condo il  suo  modo  di  pensare ,  intorno  alla  infiam- 
mazione più  davvicino  ,  risguardandola  essenzialmen- 
te comporsi  fin  dal  suo  primo  nascere  di  due  fat- 
tori, come  di  due  elementi  prossimi ,  da  esso  deno- 
minati fattore  dinamico  il  primo  ,  e  fattore  idrauli- 
co il  secondo.  „  Il  fattore  dinamico  ,  primo  elemen- 
„  to  prossimo  dell'infiammazione,  consiste  in  un  dato 
„  incremento  di  eccitamento  ,  o  sia  in  una  tale  mo- 
„  dificazione  delle  particelle  organiche  ,  per  cui  in 
„  esse  aumentasi  il  momento  della  energia  della  vi- 
„  ta.  Concorre  alla  formazione  del  morbo  in  discor- 
„  so  perciò  che  riguarda  l'alterazione  del  movimen- 
„  to  vitale ,  e  quindi  entro  certi  limiti  porta  dei 
„  sintomi  esprimenti  appunto  eccitamento  accresciu- 
„  to.-§.  ai.  L'elemento  idraulico,  i attor  prossimo  del- 
,,  la  infiammazione  ,  consiste  in  un  preternaturale  , 
„  durevole  ,  e  rilevante  accumulamento  di  sangue 
,,  e  di  umori  ad  una  parte  ,  per  cui  formasi  un 
„  vero  turgore  vascolare.  Concorre  alla  forma- 
„  zione  della  flogosi  perciò  che  riguarda  il  turba- 
„  mento  idraulico  ,  e  quindi  porta  dei  sintomi  espri- 
„  menti  appunto  quest*  alterazione.  „  Onde  poi  si 
risguardino  come  ben  distinti  fra  loro  questi  fat- 
tori, né  si  ritengano  l'uno  come  necessario  effetto 
dell'  altro  ,  fiancheggia  la  sua  affermazione  con  ri- 
flettere ,  che  la  flogosi  or  per  l'uno  or  per  l'altro  fat- 
tore incomincia  ;  che  tale  non  è  finché  insieme  asso- 
ciati non  siausi  nello  stesso  tempo  e  nella  medesi- 
ma parte  del  corpo  gì'  indicali  fattori  ;  che  survon- 
si  l'uu  l'altro  di  scambievole  incitamento  ;  che  vi- 
ceadevole    alimento   entro    certi  confini    si    prestano  j 

3* 


36  Scienze 

che  or  Fun  or  l'altro  eccede  ,  non  essendo  sempre 
ed  in  ogn'  infiammazione  in  eguai  quantità  i  fat- 
tori ;  che  da  cause  diverse  promanano  e  l'idraulico 
ed    il    dinamico. 

A  dimostrare  paratamente  le  verità  di  tali  pro- 
posizioni ,  varie  maniere  impiega  e  di  raziocini  e  di 
esempi  ,  «he  in  chiarissima  luce  pongono  le  origi- 
nali idee  del  N.  A.,  e  perducono  a  contemplare  il 
lavorìo  della  flogosi  nella  parte  ,  non  che  a  svolge- 
re l'appariscente  quadro  fenomenologico  ,  che  l'ac- 
compagna e  le  tien  dietro.  Al  qual  uopo  appale- 
sando l'insufficienza  delle  precedute  teorie  di  colo- 
ro che  nella  insolita  azione  di  una  stimolante  po- 
tenza riponevano  la  infiammazione  ,  e  di  coloro  che 
al  semplice  afflusso  di  umori  ad  una  parte  l'adde- 
bitavano ,  si  dichiara  altresì  non  pago  delle  idee  del 
rinomato  Fiorani  ,  delle  opinioni  di  Wilson,  Philip 
ed  Hastings  ,  che  iti  fondo  poi  son  quelle  del  sig.  Pi- 
stelli  preceduto  nel  suo  pensamento  dal  cel.  Vacca. 
Rinunziando  però  a  questa  non  molto  felice  ricchez- 
za d'ipotesi  ,  a  lui  sembra  ,  che  come  per  lo  stimo- 
lo havvi  sufficiente  ragione  dell'  afflusso  di  umori  , 
così  nella  peculiare  organizzazione  delle  arterie  non 
eguale  a  quella  delle  vene  ,  nella  varia  capacita  di 
questi  due  sistemi  al  movimento  ,  e  nella  diversità 
che  passa  tra  il  sangue  arterioso  ed  il  venoso  ab- 
biasi bastevole  argomento  per  dimostrare  che  le  ar- 
terie ,  le  quali  eccedono  di  movimento  vitale  ,  deb- 
bono richiamare  al  luogo  solleticato  dallo  stimolo 
una  quantità  di  sangue  maggiore  di  quella  che  aspor- 
tar possano  le  vene  ,  avvalorandolo  e  con  la  scor- 
ta dell'  anatomia  ,  e  con  la  somma  delle  belle  os- 
servazioni dello  stesso  Hastings.  Agendo  pertanto  uno 
stimolo  egualmente  su  di  una  parte  qualunque  ,  ac- 
crescerà l'energia  delle  arterie  del   doppio  di  quello 


Sulla  infiammazione  'Sj 

aumenterà   l'energia  delle  vene;  siccome  varia  l'ope- 
rosità   dello  stimolo  su  questi  due   ordini  di  vasi ,  per 
essere  il  sangue  arterioso  più  stimolante  del  venoso  t 
quindi  ne  viene,  che  l'incremento  dell'  azione  vitale 
delle  vene  non  potrà  seguire  con  pari  rapporto  quel- 
la delle  arterie.  ,,  Soperchiate  pertanto  le  prime  dall' 
,,  energia    delle  seconde  ,   ragion  vuole  che  asportar 
,,  non    possano  tutto    quell'  umore  di  che  ridondano 
„  le    arterie   sotto    la    condizione  di  stimolo  :  ma  sic- 
,,  come   le  prime   sono    per  loro  particolare   struttu- 
,,  ra   assai  più  dilatabili   delle  seconde  ,  così    ai  pri~ 
„  mi  assalti  della  piena  esse  convenientemente  accre- 
„  sceranno    la    loro   capacità,  e  quindi  si  mostreran- 
„   no    pronte   a  ricevere  quel  sangue  che  loro   arriva 
„  dalle    arterie.  E  questa  è  una  delle  ragioni   per    le 
„  quali    non  sempre  l'aumento  dello    stimolo    chiama 
,,  in  iscena  il  turgore  idraulico  :  proseguendo  però  il 
„  concorso  perenne  di    umori    alla     parte  ,     i    canali 
„   venosi    giugneranno     a    quel    punto     di    distensio- 
,,   ne  ,  oltre   cui  non  è  permesso  l'andare.   Onde   resi 
„  cos'i  sempre    più  inetti    a  liberarsi  di  quel    sangue 
„  che  gli    opprime,  alla  perfine  gonferanno  a   riboc- 
„  co    di    umore  ,  non  prestandosi    in    pari   tempo    ad 
„  ammettere  nuovo  liquido  ;  e   così  in  grazia  del  di- 
,,  sequilibrio   di    azione   tra   le   arterie  e  le  vene,    si 
„  stabilirà   pur  anche    il  disequilibrio   nelle  condizio- 
„  ni    idrauliche.  Quindi    i   vasi    arteriosi  minimi   spe- 
„  cialmente  comincieranno  a  dilatarsi  ,  costretti   dall' 
„  alìlusso    dell'  umore  medesimo  ,  il    quale    non   tro- 
„  vando    sufficiente  sfogo  per  le   vene,  si    farà  stra- 
„   da   e    pei    capillari   sierosi  ,  e  pei   canali  secernen- 
„  ti  ed  esalanti  .  .  .  Per    tal   modo  si    stabilirà   grado 
„  grado  un  vero  ingorgo  e  turgore  nelle  vene  e  nelle 
,,  arterie,   specialmente    capillari;    secondo    e    neces- 
„  sario  elemeuto   della  ilogosi  ,  da  cui  poi  .  .  .  muo- 


38  Scienze 

„  vono  per  la  più  parte    le   condizioni   ed  i  fenome- 

„  ni    esprimenti  la    infiammazione  medesima.  ;, 

Intorno  alla  infiammazione  di  questo  idraulico 
disequilibrio  muover  si  possono  delle  obiezioni  ;  ma 
il  prof,  modenese  prevenendole  con  somma  felicità 
le  rispinge  ,  e  si  conferma  in  ripetere  ,  che  le  arte- 
rie abbiano  ad  inviare  alla  parte  stimolata  quella 
quantità  di  sangue ,  che  dalle  vene  non  possa  es- 
sere corrispondentemente  asportata.  Pari  accuratezza 
egli  adopera  in  dilucidare  con  esempio  ,  come  re- 
ciprocamente possa  dall'  elemento  idraulico  eccitarsi 
lo  sviluppo  del  dinamico  ;  come  per  la  maggior  ce- 
devolezza delle  vene  ad  espandersi  per  ricevere  vie 
meglio  il  perenne  concorso  di  umori  ,  vadano  quin- 
di a  manifestarsi  quei  fenomeni ,  i  quali  esprimono 
il  turgor  vascolare ,  e  stabiliscasi  cosi  l'altro  ele- 
mento prossimo  della  fiogosi  ,  l'idraulico  cioè  ,  il  qua- 
le però  per  se  solo  non  costituisce  infiammazione. 
Può  bensì  questo  primitivamente  formarsi  ed  in- 
dipendentemente dall'  azione  dello  slimolo  ;  e  può 
avere  una  certa  durazione  senza  eccitare  il  dinami- 
co ,  almeno  in  quel  grado  opportuno  allo  sviluppo 
della  malattia  :  lo  che  pur  conferma  che  questo  non 
è  necessaria  e  costante  conseguenza  di  quello.  In 
qual  modo  poi  accendasi  in  tale  incontro  il  pro- 
cesso flogistico  ,  sentiamolo  dall'  A.  istesso.  „  Ab- 
„  biam  detto  ,  che  l'eccitamento  si  accresce  sotto 
„  l'azione  nello  stimolo.  Ora  quale  stimolo  vi  ha 
„  più  efficace  e  più  operoso  del  sangue  ,  ove  spe- 
„  cialmente  trascenda  misura  ?  Ma  allora  appunto 
,,  questo  umore  trascende  misura  e  nelle  vene  e  nel- 
„  le  arterie  ,  quando  per  la  pressione  del  laccio  , 
„  o  per  altra  simil  causa,  la  parte  non  può  vuo- 
„  tarsi  di  quel  liquido  che  ad  ogni  istante  le  ar- 
„  riva:  dunque   ivi    aumento    di   eccitamento.  Ma    i 


Sulla  infiammazione  3q 

„  minimi  vaserelli  arteriosi ,  che  nello  stato  norma- 
,,  le  non  danno  passaggio  che  al  solo  siero  od  al- 
„  tro  simile  umore,  in  grazia  dell'  ingorgo  vasco- 
,,  lare  vengono  visitali  pur  anco  dalla  fibrina  e  dal- 
„  la  parte  rossa  del  sangue  ,  principii  i  quali  sono 
,,  più  stimolanti  del  siero  :  dunque  aumento  di  ec- 
„  citamento  nei  minimi  vaserelli.  Ma  in  grazia  dell' 
„  afflusso  sanguigno  e  per  altre  ragioni  ancora  ,  la 
„  temperatura  locale  si  aumenta  :  dunque  ancora  au- 
,,  mento  di  eccitamento.  Insomma  ...  il  turgore  idrau- 
,t  lieo  ,  ove  durevole  ei  sia  per  certo  tempo  ,  può 
„  far  passare  la  parte  alla  condizione  di  stimolo.  Au- 
„  mentato  cosi  l'eccitamento  vitale  del  membro  ,  e 
,,  congiunto  al  preesistente  turgore  idraulico  ,  si  le- 
„  vi  pure  per  quanto  presto  si  vuole  il  laccio  ,  ma 
„  non  per  questo  si  eviterà  la  infiammazione  ,  in 
,,  quanto  l'eccitamento  accresciuto  ,  siccome  fu  da 
„  principio  effetto  dell'  idraulica  alterazione  ,  ora  ve- 
,,  ste  l'abito  di  causa  ,  e  serve  anzi  per  eonferma- 
,,  re  e  vie  maggiormente  accrescere  il  turgore  va- 
„  scolare  ;  e  cosi   reciprocamente  .  .  .  ,, 

Cap.  IL  • —  Natura  della  infiammazione.  —  Av- 
vegnaché per  altro  la  flogosi  promossa  venga  dai 
due  più  volte  nominati  fattori  ,  ed  avvegnaché  sen- 
za il  loro  intervento  non  possa  né  cominciare  uè 
crescere  ,  l'essenza  però  di  lei  non  è  in  essi  risposta, 
e  considerar  quei  si  debbono  quali  circostanze  in- 
dispensabili sine  quibus  non,  ,  o  tutt'  al  più  quali 
cause  prossime  della  flogosi.  Questa  essenza  per  al- 
tro della  infiammazione  ,  su  di  cui  già  praticaronsi 
meditazioni  assaissime  nel  lungo  corso  di  23  seco- 
li ,  è  pur  coperta  dal  velo  il  più  tenebroso.  Ad  es- 
sa dirige  ora  il  N.  A.  le  sue  ricerche  ,  se  non  per 
istrappare  alla  natura  un  tanto  segreto  ,  almcn  per 
investigare  cosa  è  ,  e   cosa  si  operi  nell'  impasto   or- 


4o  Scienze 

ganico  durante  il  processo  flogistico.  Dai  lavori  di 
cotal  processo  alterate  ravvisa  le  condizioni  mecca- 
niche e  vitali  non  solo  del  misto  organico  sempli- 
cissimo ,  ma  eziandio  dei  tessuti  ;  e  queste  altera- 
zioni cospirando  a  reciprocamente  sorreggersi  ed 
aumentarsi  ,  appalesano  il  reciproco  alimento  de' 
fattori  della  flogosi.  Bello  si  è  in  tale  incontro  il 
sentire  coni'  ei  la  pensa  intorno  alla  maniera  con 
cui  avviene  siffatto  pervertimento  di  condizioni.  Bel- 
lo si  è  il  conoscere  la  ingegnosa  maniera  con  cui 
egli  ne  svolge  il  meccanismo.  Alla  rappresentanza 
eh'  egli  ne  offre  ,  diresti  quasi  ,  che  l'A.  fornito  di 
occhio  linceo  abbia  saputo  penetrare  in  quei  recon- 
dili e  conoscervi  segnatamente  ciocché  vi  si  opera- 
va. Tanta  è  la  precisione  del  linguaggio  :  tanta  è 
pur  la  verisimiglianza  della  conghiettura  ,  che  non 
esiteresti  a  dargli  titolo  di  verità  dimostrata.  Che 
direm  poi  della  coordinazione  delle  idee  sì  retta,  e  dei 
mezzi  orato  ri  i  che  usa  per  abbellire  il  suo  discorso 
ed  ornare  i  conati  della  sua  ingegnosa  immaginazio- 
ne? Vede  infatti  affollarsi  il  sangue  nella  parte  in- 
fiammata ,  chiamato  ivi  dall'  accresciuta  arteriosita  o 
altra  cagione  ,  ed  ivi  trattenuto  dalla  veuosita  non 
operante  in  proporzione  di  essa.  Lo  vede  agitato 
da  insoliti  movimenti  alla  imboccatura  delle  vene 
e  nei  minimi  vaserelli  sì  per  l'impulso  meccanico 
esercitato  dalle  molecole  sanguigne  ,  come  per  lo  sti- 
molo insolido  che  su  di  essi  porta  l'ospite  stranie- 
ro ;  sicché  alla  fin  fine  il  contenuto  determini  sul 
continente  una  serie  di  perturbati  ed  insoliti  moti 
siccome  il  continente  se  ne  rivendichi  sul  contenu- 
to. E  così  ,  e  per  lo  distendimento  cui  soggiaccio- 
no le  pareti  dei  vasi  in  grazia  dell'  ingorgo  san- 
guigno ,  e  pel  preternaturale  strofinìo  avente  luo- 
go fra  le  molecole    del    sangue    non   che   fra  queste 


Sulla  infiammazione  4l 

e  le  pareti  vascolari  ,  e  pe'  bruschi  movimen- 
ti ai  quali  queste  van  soggette ,  è  d'uopo  conve- 
nire di  oscurissima  non  solo  ma  pur  di  visibile  al- 
terazione delle  condizioni  meccaniche  dei  tessuti  or- 
ganici per  la  operazione  del  flogistico  processo.  Sot- 
to la  influenza  imperiosa  di  questo  vede  egli  tra- 
lignare il  sangue  dalla  normale  sua  composizione 
per  un  immenso  numero  di  cagioni ,  fra  le  quali 
contemplare  è  merito  i  tumultuari  e  disgustosi  mo- 
vimenti or  menzionati  ,  l'aumento  di  temperatura  ,  la 
introduzione  in  esso  di  particelle  innanzi  tempo  invo- 
late ai  solidi  in  virtù  dell'aumentato  soffregamento  ,  il 
pervertimento  delle  secrezioni,  la  sanguificazione  inor- 
male per  mezzo  della  febbre.  Da  queste  e  da  tante  al- 
tre alterazioni  sorgendo  nuove  affinila  ,  non  può 
negarsi  sproporzione  di  elementi  ,  e  soggiorno  di 
stranieri  principii  nel  sangue  ,  il  quale  vieppiù  tra- 
lignerà pe'  nuovi  prodotti  della  nutrizione  figli  spu- 
ri, a  foggia  di  esprimersi,  di  una  creazione  ille- 
gittima ,  e  per  la  preparazione  d'  impropri  mate- 
riali ad  uso  dei  solidi  e  degli  umori  tutti  della 
macchina.  E  dal  pervertimento  di  queste  moleco- 
lari e  chimiche  condizioni  chi  non  si  avvede  do- 
verne conseguitare  il  pervertimento  delle  vitali  del 
misto  semplice  non  solo ,  ma  dei  tessuti  organici 
eziandio ,  donde  i  rapporti  strumentali  delle  par- 
ti ,  anche  di  primo  grado  flogosate  ,  vengono  alte- 
rati  e   modificati  ? 

Ne  si  creda  ,  che  in  questo  caso  le  leggi  dell* 
abitudine  ,  o  quelle  dell'  esaustione  browniana  del- 
la eccitabilità  ,  opporre  si  possano  al  perenne  pro- 
gresso della  malattia.  Poiché  il  fatto  giornaliero  di- 
mostra ,  che  la  proprietà  eccitabile  viene  sorretta 
da  quegl'  istessi  atti  di  vita  ,  che  servono  a  soste- 
nere  la   materia  medesima  :   lo   che  con    vari    razio- 


S 


42  Scienze 

cini  comprova.  Frattanto  ,  in  questo  gran  circolo 
di  operazioni ,  ognuna  delle  quali  puossi  conside- 
rare in  certo  modo  come  causa  ed  effetto  di  se  me- 
desima, consisterebbe  egli  per  avventura  la  essen- 
za della  infiammazione  legittima  ?  Sarebbe  esili  nel- 
le  anzidette  alterazioni  chimiche  e  meccaniche  ,  e 
nei  prodotti  di  essoloro  ,  che  dovessimo  rintrac- 
ciare ciò  eh'  è  infiammazione  non  solo  ,  ma  il  per- 
che ella  è  ?  Tali  sono  i  pensieri  ,  tali  sono  le  mo- 
deste conghietture  ,  che  il  perspicace  N.  A.  propo- 
ne all'  altrui  considerazione-  Ma  comunque  intorno 
a  questi  pensamenti  corra  la  bisogna  ,  fatto  è  che 
dall'  unione  dei  due  fattori  della  flogosi  ,  e  quin- 
di da  quel!'  interno  lavorio  che  ne  conseguita  ,  na- 
scono i  sintomi  esprimenti  la  infiammazione  mede- 
sima. 

Con  la  scorta  di  tali  principii  sviluppata  la  ori- 
gine dei  sintomi  locali  della  flogosi  ,  rimane  a  ve- 
dersi ,  se  mentre  una  porzione  del  tutto  organico 
travaglisi  di  tale  e  tanta  maniera  ,  sia  l'universale 
un  indifferente  spettatore  ;  se  l'incendio  vitale  cioè  , 
che  si  apprese  ad  una  parte,  per  legge  affatto  nuo- 
va rispetti  quei  confini  ,  ai  quali  si  limitò  nei  pri- 
mi momenti  ,  senza  comunicarsi  al  restante  della  mac- 
china. Argomento  ben  degno  di  essere  sottoposto  ad 
imparziale  e  severo  esame  ,  poiché  stabilitosi  che  la 
flogosi  sia  locale  ovvero  universale  ,  ne  siegue  ,  che 
nella  cura  di  essa  o  il  locale  soltanto  o  anche  l'univer- 
sale abbiasi  con  mezzi  curativi  ad  investire.  Non  ve- 
drebbe l'A.  difficolta  in  ammettere  universale  la  flogosi, 
ove  da  un  solo  elemento  ,  dal  dinamico  cioè, risultasse; 
poiché  in  ogni  punto  della  macchina  può  morbo- 
samente elevarsi  l'eccitamento  della  macchina  ,  e  se 
non  all' istesso  grado,  almen  prossi  inamente  ad  esso 
siccome  il  fatto   giornaliero  ci  mostra.  Componendo- 


Sulla  infiamma ziok e  43 

si  però  la  flogosi  pur  del  fattore  idraulico  ,  e  non 
potendo  questo  giammai  essere  nel  vero  senso  uni- 
versale (lo  che  viene  dall' A.  con  raziocini  confer- 
mato )  ,  nemmeno  universale  potrà  essere  la  infiam- 
mazione. Ai  ragionamenti  fa  subentrare  il  fatto  t 
il  quale  ci  dice  apertamente  non  trovarsi  giammai 
nell'  universale  insieme  riuniti  quei  sintomi  dinami- 
ci ed  idraulici  co'  loro  attributi  propri  della  flo- 
gosi ,  né  a  verun  medico  essere  avvenuto  di  vede- 
re una  macchina  costituita  per  intiero  in  istato  più 
o  meno  di  flemmone.  Di  tal  maniera  ,  e  con  tali  ar- 
gomenti ,  che  consentanei  nella  maggior  parte  sem- 
brano alla  buona  ragione  ed  al  fatto  ,  puossi  sta- 
bilire per  principio  non  essere  giammai  la  flogosi 
malattia  universale.  Amò  un  recente  scrittore  fian- 
cheggiare la  natura  locale  della  flogosi  con  ragio- 
ni tratte  dalla  qualità  delle  cause  che  P infiamma- 
zione producono  ,  dai  rimedi  in  ogni  tempo  usati 
ed  alla  località  diretti  ,  dai  sintomi  morbosi ,  e  dai 
ritrovamenti  necroscopici.  Partitamente  però  esami- 
nando l'A.  siffatti  argomenti,  non  li  ritrova  di  pe- 
so onde  incontrar  possano  il  suffragio  dei  dotti  , 
chiara  emergendo  per  altri  inconcussi  argomenti  e 
considerazioni   la   natura    locale    delia   flogosi. 

Non  credasi  per  altro  ,  che  sempre  e  costan- 
temente locale  sia  questa.  È  anzi  proprietà  della  flo- 
gosi il  diffondersi  e  propagarsi  ad  un'  area  più  o 
men  grande  fino  \ad  occupare  talvolta  per  intiero 
uno  di  quei  sistemi  ,  die  sparsi  trovansi  più  o  me- 
no in  ogni  parte  della  macchina  ;  ed  in  allora  può 
essere  riguardata  come  malattia  universalmente  lo- 
cale. E  quand'anche  dalla  flogosi  si  rispettino  i  din- 
torni del  luogo  primitivamente  attaccato  ,  propagasi 
però  molte  volte  all'  universale  un  fattore  di  lei  , 
il  dinamico   cioè  ,    il    quale   merita    di    essere    molto 


44  Scienze 

bene  avvertito  dal  medico  per  varie  opportune  ra- 
gioni. Prestano  a  questa  proposizione  sostegno  i  fat- 
ti con  brevità  enumerati  dall'  A.  ,  il  quale  volendo 
addimostrare  come  presumibilmente  accader  possa  la 
diffusione  di  cotal  malattia  ,  si  appiglia  all'esempio 
della  combustione  di  un  rogo  di  varie  legna  com- 
posto. Al  pari  di  quanto  in  questo  addiviene,  sem- 
bra che  la  flogosi  accesa  appena  in  qualche  punto 
della  macchina  stabilisca  ivi  un  centro  di  emana- 
zioni,  le  quali  spargendosi  tutt' attorno  formano  un 
atmosfera  più  o  meno  estesa  e  più  o  meno  mor- 
bosa ,  in  ragione  della  intensità  del  fuoco  flogisti- 
co e  conforme  l'area  da  esso  occupata.  Presenteremo 
in  parte  la  descrizione  di  cotal  meccanismo  ,  di  cui 
sì  preziosamente    FA.    favella. 

Declinano  dallo  stato  normale  le  molecole  del 
misto  organico  ,  tostochè  alterazioni  subiscono  nelle 
proporzioni  loro,  principi ,  forma,  gravita,  e  tosto- 
chè turbata  venga  la  ordinaria  relazione  loro  colle 
vicine.  Ma  se  l'alterazione  delle  une  sia  tale  ,  che 
in  essoloro  cresciuto  sia  il  momento  della  vitali- 
tà, per  siffatta  influenza  e  per  la  ragione  dei  simili 
deve  pur  aver  luogo  nelle  altre  simile  incremento 
sino  a  propagarsi  ai  più  lontani  strati  le  primiti- 
ve alterazioni  delle  prime  molecole.  Alla  diffusione 
del  flogistico  eccitamento  ,  al  di  la  del  luogo  affetto 
vi  concorre  pure  il  calorico  ,  il  quale  accrescendosi 
nella  parte  malata  ,  e  per  leggi  di  equilibrio  spar- 
gendosi all'intorno,  aumenterà  progressivamente  la 
temperatura  delle  parti  sane  ;  vi  concorre  altresì 
quel!'  incremento  di  azione  che  ha  luogo  nella  par- 
te infiammata  ,  movimento  il  quale  può  e  deve  co- 
municarsi alle  contigue  fibre.  Ai  quali  avvenimenti 
conseguita  l'invito  dell'altro  elemento  della  infiam- 
mazione ,  donde    l'estensione   di   questa    oltre    i   con- 


Sulla  infiammazione  4^ 

fini  del  centro  ;  e  vi  conseguita  la  condizione  nor- 
male del  sangue ,  ma  grandemente  alterata  e  ca- 
pace di  eccitare  primitivamente  e  per  se  il  turgore 
non  solo  ,  ma  anche  il  fattore  dinamico  ,  e  quindi 
di  servire  di  mezzo  potissimo  all'ingrandimento  ed 
alla  diffusione  della  flogosi.  Né  volendo  lasciare  al- 
cun asserto  senza  prove ,  allin  di  dimostrare  ,  che 
la  qualità  del  sangue  ,  reso  per  cosi  dire  morboso 
nel  luogo  flogisticato  ,  serva  di  mezzo  efficace  pel 
diffondimento  del  processo  flogistico  locale  ,  dopo 
aver  dimostrato  la  natura  di  siffatti  cambiamenti  , 
ai  quali  va  il  sangue  soggetto ,  si  appoggia  non  solo 
al  dettato  del  Morgagni  :  Sanguis  est  ad  faciendas 
injlaniinationes  valde  idoneus  ;  ma  pur  anco  agli 
insegnamenti  del  Gallini  ,  ed  ad  alcune  riflessioni 
sulla  propagabilità  di  questa  malattia  ,  che  argini 
non  trova  a  diffondersi  ove  continuo  sia  il  sistema 
angiologico;  laddove  a  ritroso  della  irradiazione  per 
dir  così  virtuale  ,  la  flogosi  si  arresta  il  più  delle 
volte  prontamente,  ove  appunto  il  circolo  non  offre 
questo  passaggio  ,  e  rispetta  i  confini  di  quelle  par- 
ti ,  che  irrorate  non  sono  da  quello  stesso  sangue , 
da   cui    è    bagnato    il    luogo    infermo. 

Ancorché  per  altro  la  infiammazione  compia  il 
corso  in  quel  luogo  che  primitivamente  attaccò ,  iso- 
landosi così  in  un  solo  organo  o  parte  qualunque  , 
non  per  questo  si  potrà  tenere  assolutamente  lo- 
cale ,  cosicché  esiga  unicamente  quel  governo  ,  eh' è 
bastevole  per  vincere  le  affezioni  locali.  Poiché  ,  se 
un  elemento  della  flogosi  ,  qual  è  il  fattor  dinami- 
co ,  diffondesi  all'  universale  ,  tanto  più  se  nel  si- 
stema irrigatore  accolgasi  un  sangue  già  reso  mor- 
boso dal  processo  infiammatorio  ,  è  chiaro  come  posv 
sa  il  momento  della  vitalità  aumentarsi  nell'univer- 
sale della  macchina.  Con  impegno   perciò   nella  cura, 


/\6  Scienze 

raccomanda  ,     che    il,    fattoi'    dinamico    anche    nella 
sua  parte    visibile    venga   considerato    e   nella    pato- 
genia  e  nella  cura  dei  morbi  ,   allineile  ,  se  permesso 
non  ci  è  d'investire   direttamente  la    flogosi  con  far- 
machi atti  a  rimuovere  quelle  materiali  alterazioni  che 
la  parte  propria  ne   formano  ,   d'investire    almeno  si 
cerchi  la  parte  comune    per    inibire    l'aumento  della 
prima- 
Propagato   cosi    il    fattore   dinamico    all'  univer- 
sale ,   e   resa  per  tal  modo   più   operosa   l'azione  del 
sistema    nervoso    ed    angiologico  ;    si    aumenta    pur 
l'esercizio  di  altre  funzioni,  donde  sorgono  poi  quei 
fenomeni  dell'universale  che  le  infiammazioni  di  qual- 
che momento  accompagnano.  Tali  sono  a  mo'  di  esem- 
pio  l'accresciuto    circolo    al    polmone ,   l'azione    pol- 
monale   più   energica  e  profittevole  ,  ossigenazione  e 
sanguificazione   più    pronta   ed    abbondante  ,    sangue 
più   elaborato   e   maggiormente   animalizzato  ,  secre- 
zioni  ed   escrezioni   diminuite ,    aumento   di    attività 
degli  assorbenti.  Con  questi  fenomeni  ,   elio  recipro- 
co   alimento   si   prestano  ,   e   che  incominciati  si  au- 
mentano ,   cade   perfine  la  intiera  macchina  in  quel- 
lo stato    morboso    che    dicesi    febbre  ;    e    lutto   così 
viene   a    confermare   il   comporsi   la   flogosi    dai    due 
più  volte   nominati   fattori ,  ed   il   prestarsi   ambidue 
vicendevole    nutrimento.   Se   non   che  non  sono   sem- 
pre   essi    nella    flogosi    in    egual    proporzione  ,    ma 
sibbene   in   alcuni   casi  tenta  l'elemento   idraulico   di 
soperchiare    il   dinamico ,  ed  ora    da   questi    vien  so- 
perchiato il  primo  ;  di  sorta  che  sembra  all' A.  ,  che 
le  flogosi  risipelatose  di  genio   tanto    volubile  costi- 
no, per  la  massima    parte    dell'elemento    dinamico    e 
di  pochissimo   elemento   idraulico  ,   siccome   con   va- 
rie   riflessioni    il    dimostra.  „    Di    egual    tempra    non 
„  pare  che   abbiano   ad   essere   le   volubili    miositi  7 


Sulla  infiammazione  47 

„  le  quali,  come  a  tutti  è  noto,  incrudeliscono  quan- 
„  to  mai  dir  si  può  all'  un'ora  ,  per  infralire  all'|al- 
„  tra  ,  ed  attaccano  a  capriccio  quando  l'ima  par- 
„  te  del  corpo  ,  quando  l'altra  ?  Le  pretese  ed  in- 
„  sieme  famose  flogosi  intermittenti  .  .  .  non  potreb- 
„  bero  per  avventura  constare  di  un  solo  elemen- 
„  to ,  e  quindi  non  esser  vere  flogosi,  oppure  esser 
„  di  quelle  a  lievissimo  sconcerto  idraulico?  Che  per 
„  fermo,  ove  questo  consentisse  col  vero,  né  rie- 
„  scirebbe  tanto  misteriosa  la  subita  loro  scompar- 
,,  sa  col  terminar  della  febbre,  né  fuor  d'ogni  spie- 
,,  gamento  sarebbe  il  ricomparire  a  dati  intervalli.,, 
Laddove  ravvisa  probabile ,  che  le  flemmonose  in- 
fiammazioni e  varie  altre  riconoscano  specialmente 
nei  primordj  un  fondo  idraulico  cospicuo  assai  e 
maggiore  del  dinamico  ,  sebben  questo  col  lungo 
andar  del  tempo  cresce  altresì ,  e  fassi  orgoglioso  in 
grazia  del  perenne  alimento  che  l'un  fattore  presta 
all'  altro. 

Cap.  III.  —  Etiologia  della  infiammazione.  — 
Maggior  fondamento  intende  il  prof.  Goldoni  di  som- 
ministrare ai  suoi  pensamenti  intorno  al  costituirsi 
la  flogosi  dei  due  fattori  ,  contemplando  il  duplice 
genere  di  cause  ,  quali  atte  a  produrre  primitiva- 
mente il  fattore  dinamico  ,  e  quali  l'idraulico.  Ma 
quanto  è  ardua  la  dottrina  delle  cause  ,  special- 
mente in  fatto  di  fisica  animale  !  A  conoscere  pie- 
namente ed  a  calcolare  quella  pressoché  immensa 
moltiplicita  di  efFetti  e  la  ragione  di  essi  ,  uopo  sa- 
rebbe conoscere  intrinsecamente  la  natura  delle  cau- 
se operanti  ed  i  poteri  diversi  eh'  elleno  esercitar 
possono  o  chimici  o  meccanici  sulla  materia  ani- 
male ;  uopo  sarebbe  aver  di  esse  disvelata  per  in- 
tiero l'anatomia  ,  e  conoscere  non  solo  tutte  le  pro- 
prietà,  chimiche    e    meccaniche    che   ad    essa   compe- 


48  S    C    I    E    N    Z    K 

tono  ,  ma  pur  anco  la  natura  delle  conseguenti  pro- 
prietà vitali  e  loro  gradi  ;  uopo  sarebbe  penetrare 
nelP  intima  natura  delle  cose  per  rilevare  che  ne 
possa  accadere  per  la  combinazione  di  si  svariati 
clementi  .  Qual  mente  umana  può  di  tanto  lusin- 
garsi ?  Prendiamone  per  esempio  col  N.  A.  il  ca- 
lorico. Mille  fatti  si  uniscono  a  persuaderci,  ch'esso 
rianimi  la  natura  ,  e  che  parimenti  stimoli  la  mac- 
china animale  ,  la  riconforti  ,  ed  accresca  la  lati- 
tudine di  sua  esistenza.  Se  vero  è  però  ,  che  il  ca- 
lorico produci  per  primo  suo  effetto  nella  missio- 
ne organica  quel  tale  cambiamento  onde  si  accre- 
sce nella  fibra  l'energia  vitale  ;  ragion  vuole  altre- 
sì ,  che  per  quella  proprietà  che  hanno  gli  stimoli 
di  consumare  la  vitalità  nel  mentre  che  la  eserci- 
tano ,  producasi  ancor  dal  calorico  un  effetto  con- 
trario al  primo.  Ma  in  questo  mentre  ,  prendendo 
aumento  le  funzioni  ,  perchè  cresciuto  un  fattore  di 
essoloro  ,  sembra  pure  aversi  ad  aumentare  1'  assi- 
milazione organica  ,  la  quale  rimetterà  la  vitalità 
dispersa  dal  calorico  ;  ecco  dunque  un  altro  effet- 
to contrario  al  secondo.  Siccome  poi  coli'  accresci- 
mento delle  funzioni  viene  pur  favoreggiata  la  tra- 
spirazione ,  cosi  deve  questa  portare  infallibilmente 
un  effetto  opposto  al  precedente.  La  materia  frat- 
tanto del  calore  intromettendosi  fra  molecola  e  mo- 
lecola del  corpo  animale  ,  le  allontana  ,  le  disgiun- 
ge ,  ne  scema  la  forza  di  coesione  ;  ed  ecco  anche 
per  questo  lato  prodursi  dal  calorico  un  effetto  con- 
trario al  primo^  Quindi  è  chiaro  esercitarsi  dal  ca- 
lorico nella  macchina  varie  azioni  ,  alcune  di  ^ra- 
gione della  meccanica  ,  altre  della  chimica  ,  altre 
della  vitalità  ;  le  quali  azioni  ,  o  tutte  si  bilancia- 
no e  si  equilibrano  ,  ed  allora  la  macchina  per  ri- 
guardo alla  vitalità  rimane  imperlurbata  ed  in  quel- 


SuTXA    INFIAMMAZIONE  4') 

lo  stato  medesimo  nel  quale  dianzi  trovavasi  :  op- 
pure l'una  soperchia  l'altra  ,  ed  allora  abbiamo  dai 
calorico  o  gli  eiìetti  di  stimolo  ,  o  quelli  di  con- 
trostimolo :  siccome  lungamente  1\\.  con  varie  ri- 
flessioni avvalora.  Il  freddo  altresì  porta  colla  sua 
prima  azione  quel  tale  cambiamento  nella  missione 
organica  ,  onde  scemata  venga  nella  fibra  il  mo- 
mento della  proprietà  vitale:  ma  non  manca  in  pari 
tempo  lo  svilupparsi  (siccome  rispetto  al  calorico  no- 
tammo) una  serie  di  azioni  e  di  effetti  ,  l'uno  dei 
quali  si  oppone  all'altro.  Allorché  questi  si  bilan- 
ciano,  il  momento  della  vitalità  rimane  inalterato; 
ed  ove  poi  gli  uni  agli  altri  prevalgano  ,  o  mo- 
strasi il  freddo  sotto  l'aspetto  di  stimolo  ,  ovver 
sotto   quello    di   deprimente. 

Da  tali  premesse  discende  a  contemplare  in  qual 
modo  la  sottrazione  del  calorico  concorrer  possa  alla 
formazione  della  flogosi ,  e  ne  couchiude  non  de- 
rivare dal  freddo  la  flogosi  o  l'elemento  di  essa  , 
ma  sibbene  dal  sopravvegnente  stimolo  calorico.  E 
quand'  anche  il  freddo  ,  in  vece  di  convellere  la 
fibra  ,  la  rilassasse  ,  e  servisse  così  di  causa  alla 
formazione  del  turgore  idraulico  ,  dal  quale  poi  na- 
scer può  la  infiammazione  ;  nemmeno  in  tal  caso 
bassi  a  dire  ,  che  questa  .surta  sia  per  l'azione  del 
freddo.  Da  queste  e  molle  altre  squittinate  ragioni 
chiaramente  scorgesi  quanto  difìicil  riesca  non  solo 
il  conoscere  la  verace  azione  delle  potenze  sulla  mi- 
stione organica  ,  ma  diilicile  eziandio  il  penetrarne 
l'azione  dinamica  ,  quella  che  cade  sì  agevolmente 
sotto  ai  sensi  di  tutti  ;  lo  che  più  apertamente  ap-r 
palesa  la  malagevolezza  somma  di  ragionare  dalle 
cause  agli  effetti ,  e  così  da  questi  a  quelle.  Coll'ap- 
poggio  però  dell'enunciate  riflessioni  si  da  qualche 
plausibile  ragione  del  non  avvenuto  nocumento  ed 
G.A.T.XL.  4 


5o  Scienze 

anzi  dello  sperimentato  profitto  por  opera  di  alcu- 
ne potenze  stimolanti  in  alcuni  mali  flogistici  ;  ap- 
punto perche  cogli  efletti  loro  secondi  riuscirono 
a  diminuire  il  fatlor  dinamico,  il  quale  ,  siccome  si 
disse,  anclie  nella  sua  parte  visibile  dev'essere  te- 
nuto a  conto  nella  cura  dei  morbi.  Nò.  v'ha  biso- 
gno con  ciò  d'intrudere  nella  scienza  cotanto  perni- 
ciosi errori  ,  quali  ne  promanano  dall'  incongrua- 
mente negare  alle  potenze  eccitanti  la  virtù  loro  di 
stimolo  ,  o  dal  dichiarare  ipostenica  una  malattia  per- 
chè in  essa  giovarono  potenze  stimolanti.  Quindi  la 
utilità  dei  riferiti  dettati,  e  perciò  che  risguarda  le 
cause  morbose ,  e  perciò  che  risguarda  i  mezzi  cu- 
rativi ,  e  quindi  per  dirittamente  giovarsi  del  cri- 
terio   invocato    da   ciò   che   giova    o    nuoce. 

Discussa  per  tal  modo  la  etiologia  del  fattore 
dinamico  ,  s'inoltra  a  quella  dell'idraulico  ,  richiaman- 
do la  idea  della  formazione  del  turgore  flogistico, 
il  quale  può  nella  macchina  primitivamente  ordir- 
si ,  ed  indipendentemente  dal  fattore  dinamico  del- 
la flogosi.  Tre  generi  di  cause  vengono  dall'  A.  esa- 
minati come  atti  a  creare  primieramente  l'elemento 
idraulico  della  flogosi  ;  cioè  ostacoli  meccanici,  co- 
stringimento  spasmodico  dei  capillari  o  di  porzio- 
ne di  essi ,  ed  atonia  o  depotenziamento  vascolare 
di  una  parte  ,  talché  il  sangue  ad  essa  corra  e  vi 
si  fermi  quasi  come  in  una  spugna.  Questo  tripli- 
ce ordine  di  cagioni  è  dal  N.  A.  sagacissimamente 
contemplato  in  tutta  la  sua  estensione  ,  conceden- 
do fra  quelle  della  prima  maniera  il  posto  a  quei 
vizi  del  sangue  troppo  negletti  da  alcuni  maderni 
nella  etiologia  dei  mali  ,  a  quelle  presso  che  innu- 
merevoli cagioni  per  le  quali  può  rimaner  com- 
presso un  vase  arterioso  o  in  una  porzione  del  si- 
stema venoso   diminuirsi  la  portata  del   sangue.  Di- 


SuLL\  INFIAMMAZIONE  5l 

scorrendola  delle  cause  della  seconda  maniera  di  tur- 
gore ,  a  lui  sembra  che  in  seguito  di  alcune  azio- 
ni sulla  macchina  insorga  uno  spasmodico  costrin- 
gimento dei  vaserelli  minimi  specialmente  ,  per  cui 
perdendo  essi  quasi  del  tutto  la  sezione  loro  ,  co- 
stretto viene  il  sangue  a  portarsi  ai  tronchi  se  non 
anche  al  centro  :  donde  poi  il  turgore.  In  grazia  co- 
si del  terrore  può  accendersi  l'angioitide,  non  già 
perchè  al  terrore  abbiasi  ad  accordar  posto  tra  i 
frigidi  o  tra  i  rilassanti  o  gli  astringenti  e  simili  ; 
ma  sibbene  perchè  l'angioitide  muove  primitivamen- 
te dal  turgor  vascolare  ;  perchè  il  turgore  riconosce 
per  cagione  efficiente  il  disequilibrio  idraulico  che 
si  forma  tra  la  periferia  ed  il  centro  ;  e  perchè  in- 
fine il  disequilibrio  riconosce  per  causa  il  patema. 
Con  molte  prove  dimostra  la  verità  di  questa  pro- 
posizione ,  conoscer  facendo  in  qual  modo  all'  ele- 
mento idraulico  della  infiammazione  conseguitar  pos- 
sa il  secondo  ,  cioè  il  dinamico  ,  fino  allo  scoppio 
della  flogosfr,  confutando  insieme  il  dettato  di  ce- 
lebrato scrittore  ,  che  l'angioite  per  terrore  sia  ma- 
lattia di  stimolo ,  dal  che  si  trasse  conferma  per  ri- 
tenere che  la  flogosi  ingenerarsi  possa  ancora  die- 
tro manifesta  azione  controstimolante  e  senza  inter- 
media azione  di  stimolo  alcuno.  Da  ultimo  ,  per  non 
tutto  tacere  ,  rammenteremo  col  N.  A. ,  potersi  del 
pari  da  alcuni  patimenti  nervosi  ,  che  mal  si  addi- 
cono alle  finora  conosciute  affezioni  ,  muover  talvol- 
ta la  flogosi ,  inducendo  appunto  uno  spasmodico  co- 
stringimento nei  capillari ,  per  cui  rendendosi  im- 
pervie le  loro  vie  il  sangue  va  ad  aggravio  di  al- 
tre parti. 

Accennando  finalmente  all'  atonia  o  depotenzia- 
mento dei  vasi  come  causa  del  turgore  idraulico  ,  spie- 
ga ivi  l'A.  vieppiù  belle  vedute,  e  con  fermi  «**io- 

4" 


5a  S  e  1  t  n  »  e 

cini  dilucida  il  .subietto.  Ne  istruisce  ivi  singoiar* 
mente  come  insorga  per  atonia  ,  per  una  certa  qua- 
si paralisi  dei  minimi  vaserelli  ,  per  un  depotenzia- 
mento avvenuto  nelle  pareti  vascolari,  l'elemento  idrau- 
lico della  flogosi  senza  essere  effetto  o  dello  stimo- 
lo o  di  cause  meccaniche  alteranti  il  lume  delle  ar- 
terie o  delle  vene  ,  o  del  costringimento  dei  capil- 
lari. Risponder  volendo  alla  inchiesta  in  che  debba 
farsi  consistere  siffatta  atonìa  ,  siffatto  stato  r  che  dir 
si  volle  impropriamente  dai  moderni  ipostenie©  o  di 
controstimolo  ,  avverte  precipuamente  a  quella  forza 
insita  nella  fibra  animale  e  vivente  ,  detta  di  ria- 
zione da  Testa  ,  conati  delia  natura  da  Gallini  ,  e 
resistenza  organica  dal  patologo  cesellate.  Questa  for- 
za „  originariamente  dipende  da  una  data  natura  '} 
„  proporzione  ,  e  forma  delle  molecole  animali  ,  e 
„  forse  più  di  tutto  da  quella  forza  di  coesione  col* 
,,  la  anale  le  molecole  medesime  si  trovano  vicen- 
,,  devolmente  congiunte  :  perchè  generalmente  le  per- 
„  sone  di  fibra  lassa  ,  molle  ,  floscia  e  che  presto  av- 
,,  vizzisce  ,  sono  quelle  appunto  che  più  presto  ce- 
„  dono  alle  cause  morbose  ed  infermano.  Né  si  cre- 
,,  da  questa  forza ,  eh'  è  una  delle  più  essenziali 
,,  proprietà  della  vita  .potersi  confondere  colla  sem- 
„  plice  eccitabilità  ;  giacché  abbiamo  talvolta  iperste- 
,,  nia  ossia  aumento  di  vitalità  nelle  indicate  per- 
„  sone  ,  nelle  quali  certamente  trovasi  difettiva  o  man- 
„  chevole  l'organica  resistenza.  Egli  è  però  a  ere- 
„  dersi  ,  che  come  l'assimilazione  organica  serve  per 
„  riparare  la  vitalità  ,  cosi  serva  egualmente  per  ri- 
„  mettere  ed  accrescere  ezianzio  l'indicato  potere  di 
„  riazione.  Ciò  posto  ,  parmi  che  la  vera  -atonia  si 
„  componga  principalmente  o  risulti  da  scarsezza  di 
„  questa  forza  ,  alla  quale  poi  si  unisca  o  la  ipo- 
VI  stenu  browniana ,  il   difetto    cioè  di  movimento  , 


Sulla.  infiammazione  53 

„  o  il  difetto  di  assimilazione  organico~vitale  ,  o 
,,  l'uno  e  l'altro  ad  un  tempo  ;  nel  qual  caso  l'ato- 
„  nìa   patrassi    dire   completa.  ,, 

Dichiarate   di    tal  maniera  le  cose  ,  sembra  all' A.., 
che    formandosi    l'elemento    idraulico    per  atonìa  del- 
le fibre   conseguitar    possa    taluno    dei    seguenti    av- 
venimenti. Se    l'ingorgo    accade   in   parti  ,  nelle  qua- 
li   l'atonìa   sia    completa  ,    il    sangue   non    potrà    ge- 
neralmente   operar   tanto    da    ingenerare  il   fattor  di- 
namico   della    flogosi  ;   e    perciò    il   turgore  continue- 
rà   nello   stato   di    atonìa.  Siffatte   affezioni    manche- 
voli   dei   sintomi  dell'  altro  fattore,  e  manchevoli  de- 
gli   attributi  delle   flogosi  ,  delle   quali    costituiscono 
soltanto   una   parte  ,    non    possono    essere  considera- 
te  assolutamente    (logistiche  ;  debellate  esse  vengono 
coli'  esterno  ed    interno   uso  dei  tonici  e  corroboran- 
ti ,  lo   che  fece  credere  talvolta  essersi  espugnate  del- 
le  flogosi    cogli   stimoli.  Il   sangue    altresì    radunalo 
in    copia    maggiore   nel    luogo    in    istato    di    atonìa  , 
usando    del    poter    suo  ,    può   coli'  andar  del    tempo 
rialzare    l'eccitamento    vitale    di    quello  ,  e  può    coli' 
accrescere  a  poco  a  poco    il    processo    di    assimilazione 
cooperare    eziandio    sì  che   le  condizioni    molecolari  e 
chimiche   della  fibra  allo  stato  naturale   ritornino.  Ciò 
avvenir   può  ,  dove    trattisi  di  una  sola  porzione  del- 
la   macchina  caduta    in    atonìa  ,  o    quando    sia  questa 
incompleta  e   di    poca   rilevanzì  ,  siccome    nella  boz- 
za   che  si    eleva  nel  cavo  della  ventosa  lasciata  a  lun- 
ga   dimora   sulla   cute    d'uomo    sano.  Ma  -e  (ed   ecco 
il  terzo  dei  casi,  che  l'A.  contempla  ne!  turgore  idrau- 
lico   per  atonìa   delle  fibre)  lo   stimolo  sia  soperchio 
ai    bisogni  almeno  locali   della    fibra  ,  l'eccitamento  si 
può   accrescere    tanto    da  costituire   l'elemento    dina- 
mico ,  e   quindi  unendosi  al  preesistente  idraulico  da- 
re  sviluppo    alla    infiammazione.    Si    avvera   tuttociò 


54  Scienze 

nelle  infermità  dette  dagli  antichi  infiammazioni  spu- 
rie,  note,  passive,  illegittime,  cangrenose ,  mali- 
gne ,  ec.  che  aggrediscono  macchine  costituite  in  ista- 
to  di  atonìa  ,  che  invadono  individui  di  cattivo  im- 
pasto organico  o  congenito  o  acquisito  ;  che  attac- 
cano chi  soggiacque  a  lunghe  privazione,  ad  enormi 
perdite  ec. ,  o  chi  evase  appena  da  morbo  che  per 
la  sua  qualità  i>tcssa  o  per  l'intemperanza  del  cu- 
rativo regime  esaurì  gran  parte  della  vita.  Cotali 
flogosi  (da  dirsi  pur  passive  a  scanzo  di  creazio- 
ne di  novelli  vocaboli)  sebben  composte  d'ambo  i 
fattori  e  quindi  considerale  in  loro  stesse  siano  egua- 
li alle  altre  ,  non  lo  sono  né  considerate  nelle  fibre 
che  attaccano  e  meno  poi  in  relazione  alla  univer- 
salità :  in  esse  si  effettuano  lavorìi  non  totalmente 
eguali  a  quelli  delle  flogosi  legittime  od  attive  che 
nascono  su  fibra  sana  o  robusta  :  e  richieggono  un 
piano  di  cura  per  molti  lati  diverso  da  quello  che 
alle  attive  infiammazioni  conviensi.  Intorno  a  que- 
sto interessante  argomento  diffonde  viva  luce  il  N.  A., 
e  ragionandovi  col  suo  solito  spirito  di  pretta  ana- 
lisi rimuover  tenta  quella  esitazione  negli  animi  ,  e 
discrepanza  di  opinioni  che  vi  ha  lungamente  im- 
perato ,  massime  per  quanto  concerne  la  terapìa  di 
simili  flogosi.  A  dirla  in  brevi  linee  ;  dopo  le  tan- 
te sagaci  riflessioni  è  guidato  a  conchiudere  giusta- 
mente che  non  debbano  in  tutt'  i  casi  proscriversi 
le  cure  miste  ,  né  condannarsi  mai  sempre  l'inope- 
rosità di  alcuni  medici  antichi  in  alcuni  momenti 
della    infiammazione. 

Che  anzi  dalle  cose  per  esso  con  tanta  aggiu- 
statezza discorse  ne  discende,  che  l'oziare  coi  tem- 
peranti, rinfrescanti,  o  deprimenti  in  date  epoche  del 
morbo  ,  o  l'agire  in  vece  in  senso  affatto  opposto , 
guardando   però  le  più   grandi  cautele  ,  appunto  per 


Sulla  infiammazione  55 

soddisfare   quando  ai  bisogni  dell'  un i vessale  ,    quan- 
do  a    quei    del   locale  (  secondo   che    l'uno  o    l'altro 
più  davviciuo   minaccia   la   vita),  torni    assai    ragio- 
nevole  e  consentaneo    alla   sana    pratica.    Delle    qua- 
li   asserzioni    per  addurre  qualche  argomento    di  pro- 
va ,  recheremo  l'utile   avvertenza  che   il  prof.  Goldo- 
ni   invita   farsi    per  certe  fatali  complicazioni  di  mor- 
bi  opposti  ,  che    pur  talvolta   scorgonsi   non  solo  nel 
caso   di  flogosi  accese  in  macchine    deboli  ,  ma  ezian- 
dio   in   flogosi    attive,  come  sembra  addimostrarlo  il 
nitro,  il   kermes,  la    digitale  cotanto  richiesti    dai  bi- 
sogni  del    polmone    nel   corso    di    acuta  ed  indomita 
flogosi    attiva  di    questo  viscere  ,  ma    pur  non    sop- 
portati  dal   ventricolo  :    come    sembra    addimostrarlo 
specialmente  nelle  croniche   infermità  quel  si  frequen- 
te non  prestarsi  dello  stomaco  agli  antimoniali,  ai  mer- 
curiali, all'  idroclorato  di    barila  o  di  calce,  alla   ci- 
cuta   ec,     avvegnaché    comandati    dalla  località   offe- 
sa ,  e    quelli    voluti    dalle  affezioni    cutanee  ,    questi 
dalla    sifilide,  tali    dalle  ostruzioni  ed  ingorghi  glan- 
dulari  ,  quelli    dalla    lenta    flogosi    epatica  o    spleni- 
ca    ec.  Nò    manca    di    avvalorare    cotali    dettati    con 
richiamare  a    memoria   il  pregio  delle   felici   osserva- 
zioni  tratte    dalle  cure   miste    tenute   dal  gran  Sytle- 
nham  ,  gli    aurei  precetti  del  Cotunnio  ,  ed  i  memo- 
randi   insegnamenti    del    Testa.  E   ciò  con  buon   sen- 
no ,  onde  rendere  utilmente  avvertiti  ,,  i  giovani   in- 
„  chinevoli    pur  troppo  ad  ogni  maniera  di  novità  , 
„  che    le  mentovate  isole  flogistiche  le  quali    divam- 
„  pano   in   un  mare    di   ghiaccio  ,  e  tutte  quelle   al- 
„  tre    infermità    nelle  quali    il  locale  trovasi  in    op- 
„  posizione    all'universale,  meritano    le  più    grandi 
„  cautele  ;  sia    perchè  la  cura   del   locale  va  a   gran- 
„  de  aggravio    dell'  universale  ;  sia  perchè  torna  ol- 
„  tre   modo  difficile  lo  scuoprire  non  solo   l'esistente 


56  Scienza 

„  dissidio   tra   il   tutto   e   la    parte  ,    ma   ben    anche 
„  e    più  scabroso    ancora   il  soddisfare  per  rata  ,    di- 
„  rò    cosi  ,  ed    in    giusta  proporzione  i  bisogni  dell' 
„  uno    e    quelli    dell'  altro  ;  sia   perchè    le    anzidette 
„  località  flogistiche  correndo  sugli  stadi  passano  fa- 
„  cilmente  alla    cancrena  ,    e   molte  volte  quasi    air 
„  insaputa    del    medico  ,  appunto    perchè    subdole    e 
„  mascherate  ;  sia  infine  perchè  questa  tendenza  del- 
„  la   fibra   a   sciogliersi   dalla  vita  ,  non    può    essere 
„  che  accresciuta  da    quelle    intemperanti  sottrazioni 
„  sanguigne  ,  che  il  locale  pare  dimandi  ,  e  che  con- 
„  verrebbero    ove  la  flogosi  avesse  iscoppiato  in  parli 
„  di    buona   tempra    provvedute.  Nel  qual    proposito 
„  tacer  non    posso.  .  .  .  che    questo    fatale  dissidio, 
„  questi    fuochi  parziali  in    seno  dell'  atonia  ,  questo 
,,  pericolosissimo  stato    di   cose  ,  in  cui  il  locale  non 
„  può    essere  soccorso  che  a  discapito  dell'  universa- 
„  le,    ancorché    non    esista   da  principio,  può  essere 
„  però  di   leggieri  promosso  da  quella  operosità  con- 
„  trostimolante  ,   che  oggigiorno  salutata  viene  da  al- 
„  cuoi    qual  ancora  sacra  ed    unica    per  gì'  infermi 
„  d'infiammazione.  „  Ove   però   queste    flogosi    siano 
di    non    molta  importanza  ,  e  si  apprendano    a    mac- 
china ,  in  cui   l'atonia  si  limiti  ad  una    parte    o  non 
sia  completa  o  non  ragguardevole  ,  né  da  molto  pree- 
sistente ,  sogliono  in  breve  aver  terminazione  ,  e  tan- 
te  volte   senza   soccorsi  dell'  arte.  Da    questi  parziali 
e  lievi  morbi  avvisa    il  N.  A.,  che  la  macchina  ritrae 
un    salutevole  effetto  ,    perciò    che  ,  mentre  il  difetto 
dell'  universale    serve   in   certo  modo  per    trattenere 
entro   certi    limiti    l'incendio    locale  ,  e  per    determi- 
narne   presto   la   estinzione  ;  l'eccesso   di  questo    gio- 
va  al   difetto  di  quello  ,    siccome  con  ben    numerosi 
esempi   si   studia  comprovare. 


Sulla  infiammazione  5j 

Usando    della  qual   maniera   nello    investigare  la 
genesi   la  natura    e    la   etiologia   della    infiammazione 
risguarda    il  Goldoni   circoscritte    entro  i  loro    giusti 
confini  sì   l'opinione  di   quelli    che    tengono    ingene- 
rarsi  mai  sempre   la  flogosi    per  difetto  di   contratti- 
lità o   di  azione  di  vasi ,  come  l'altra  che  pone  l'esi- 
stenza   di    flogosi    asteniche.  Fidando    anzi    sulla  so- 
lidita   degli  esposti   principii  lusingasi   potersi    meglio 
con    essi   intendere  ,  come   in    seguito    di    cause  con- 
trostimolanti   ordiscasi    alla    muta    una    flogosi    senza 
aver  ricorso   a  quel  quid  ,  che  in  difetto   di  espres- 
sione migliore  ,  disse  il   prof.  Tommasini  ,  siano  so- 
liti  chiamare  movimento  di  reazione  ,  e  senz'  aver  ri- 
corso a  (pie'  famosi  risalti  flogistici.  Togliesi  pur  con 
gli    esposti   principii    l'abbaglio    di  accomunare  la  in- 
fermità  in    discorso  colla    irritazione  dei  moderni  ben 
distinta    dal   senso   in   cui    era  presso  gli  antichi    ri- 
cevuta. Singolare   industria  e  sagacita    poi  usa  in  av- 
vertire ,  che  dalla  sola    natura    all'insaputa    dell'ar- 
te   si    conduce  a  salvamento    la  massima    parte  di  co- 
tali   infermi  ,  aggiugnendo    che    la    flogosi    pervenuta 
ad   un   certo  estremo  (che  fino    ad    ora    non    è    dell' 
uomo    il    potere    con    sicurezza  a    ogni  caso    determi- 
nare) non    più  sia    di    nuovo    stimolo    creatrice,  ma 
che  anzi    nella  parte  flogosata  s'ingenerino  delle  con- 
dizioni   ed    abbiano    luogo    dei  lavori    diametralmente 
opposti    ai    primi.    Non   ripugnerebbe     infatti  a  tutte 
quante   le  leggi    dell'  animale   economia  ,  che  il  pro- 
cesso flogistico   dopo    i   sette ,  nove  ,    undici ,  o    più 
giorni   voltasse  in   bene  ,  se   ivi   non   si  operasse    un 
lavoro    interamente   contrario    a   quello    la    cui     mer- 
cè   egli    nacque  ,  crebbe  ,  e    giunse  al  massimo  rela- 
tivo   della   violenza  ?  Che  se   desioso   fosse   taluno  di 
penetrare   quali    mai  esser  possano    le  cagioni  di   un 
tanto   cambiamento  ,  ingenuamente   risponde  ,    cha  ir 


58  Scienze 

medico  sapere  si  smarrisce  non  venendo  soccorso  dal- 
la rapion  fisiologica  né  dalla  patologica  ,  e  eh'  è  giuo- 
co-forza proporre  delle  conghielture.  Opina  egli  quin- 
di ,  che  „  arrivata  la  malattia  ad  un  certo  punto  , 
„  cominci  nella  parte  (infiammata  a  venir  meno  la 
„  nutrizione,  e  con  questa  la  riproduzione  del  prin- 
„  cipio  vitale.  Pertanto  scemato  da  una  parte  il  mo- 
„  mento  della  vitalità  ,  e  per  l'altra  diminuita  l'azio- 
„  ne  stimolante  del  sangue  ...  ne  deve  risultare 
,,  il  difetto  dell'  eccitamento  vitale;  e  perciò  da  que- 
,T  sto  momento  la  flogosi  non  potrà  più  essere  ec- 
„  citatrice  di  nuovo  stimolo.  Minorato  cosi  o  tolto 
„  ben  anche  l'elemento  dinamico  della  infermità,  necon- 
,,  segue  che  scemi  pure  l'idraulico  ,  e  che  perciò  gra- 
„  datamente  vengano  meno  quei  fenomeni  che  la  in- 
„  fiammazione  accompagnavano,  e  che  finalmente  po- 
,,  co    a  poco   la   parte  rieda    alla  salute.  „ 

Quantunque  poi  a  centinaja  di  flogosi  tra  loro 
diverse  per  sede,  per  forma,  per  sintomi  convenir  pos- 
sa lo  stesso  regime,  come  salassi,  nitro,  freddo,  non 
per  questo  hassi  a  credere,  che  a  tutte  competa  uno 
stesso  cambiamento  di  organica  miscella  ,  siccome  il 
prof.  Tommasini  pretese.  E  così  lungi  dal  credersi  , 
che  vinconsi  col  mezzo  dei  controstimoli  le  in- 
fiammazioni attive,  opina  giustamente  il  N.  A.,  che 
vuoisi  coi  controstimoli  giovare  e  nulla  più.  Giac- 
ché il  medico  anziché  nulla  operare  ,  non  potendo 
specificamente  agire  ,  si  accontenta  di  giovarsi  della 
parte  visibile  e  comune  delle  flogosi  onde  entro  cer- 
ti limiti  circoscriverle  ;  memore  mai  sempre  ,  che 
trattenute  per  tal  modo  dall'arte  vengono  poi  dalla 
natura  rimosse  e  dissipate. 

Riassumendo  finalmente  il  valente  sig.  Goldoni 
i  principj  da  esso  lui  in  queste  pagine  svolti  e  di- 
lucidati ,  vede  dimostrato  il  perche  più  che  da  qual- 


Sulla  infiammazione  5r; 

siasi  altra  venga  da  cotale  infermità  bersagliato  l'uman 
genere.    Se   non   che   giustamente    rivendica    i   vene- 
randi  padri    della  medicina    dalle   mende  oggidì  im- 
putate loro  di  non  aver  conosciuto  la  importanza  e  la 
prevalenza  di  questo   morbo  ,  e   di  non  averla  trat- 
tata  con  efficacia   di   metodo  e  necessaria  costanza  a 
prevenirne   le   infauste   terminazioni.  Con  zelo  quin- 
di fa  conoscere  ,  con   quale   aggiustatezza  ne  abbia- 
no  scritto    Ippocrate  ,    Galeno  ,    Aezio  ,    Alessandro 
Tralliano,  Paolo  d'Egina,  Biolano,  Mercuriale,  Ba- 
glivi,  e  mille  altri;  e  quanto  pochi  fosser  quelli  che 
seguirono  un  Grisippo  ,  un  Erasistrato  ,  un  Elmon- 
zio  ,  un  Silvio  ,   un  Brown  ,   ed  i  pochi   altri.  „  Ma 
„  accordato  pure  ,  che  gli   antichi   meno   di    noi  ve- 
,,  dessero   nei    morbi    accesa   la   flogosi  ,  sappiasi  ad 
„  onore    del   vero  che  oggi    giorno    l'uomo    soggiace 
„  a  maggiori  cause  di  essa  non  solo,  ma  che  a  que- 
„  ste    è   più    cedevole.  „    A    dimostrazione   di   cotale 
asserto   con    sagace   accuratezza  e   con    robusta    elo- 
quenza  chiama    a   rassegna  le  cause   tutte    possibili , 
•    per   opera    delle   quali    un  tal  morbo    primariamente 
o  secondariamente    spesseggia    più   tra    noi  che  nelle 
passate  età.  Rimira  l'enorme  abuso  dei  liquori  e  del 
vino  ;  Io  sciupo  degli   americani    liquori  ;    l'introdu- 
zione di  mordenti  aromi   nella  cucina   italiana  ;  l'in- 
temperanza dell'uomo    nella   perigliosa  età  delle  pas- 
sioni  immaturo    ancora    dell'essere    suo  ;  l'ardimento 
nell'uso  di  certi  mezzi   con   che   forse    si   violenta  la 
natura   ad    appagare  quegli  sfrenati  desiderj,  la  soddi- 
sfazione   dei    quali   tanto   fa  costar   cara    all'uomo  la 
età   serotina  ;    l'imprudenza    di    lieve  vestiario    o    la 
bizzarra   sua    forma  ;    i    tanti    e  si   varj    patemi    che 
più  d'altra  fiata  crucciarono  gli  uomini.  Quindi,,  la 
„  stirpe    umana   e   per    le   innumerevoli   vicissitudini 
„  cui  soggiacque  ,  e  per  la   mollezza   cui   sta   sven- 


6o  Scienze 

„  turatamente  io  preda  (triste  ma  pur  troppo  ve-, 
„  ro  effetto  eli  civilizzazione  pregiudicata  )  ,  e  per 
„  infinite  altre  cause  che  qui  nou  leva  il  rammeu- 
,,  tare  ,  perchè  di  troppo  dolorosa  ricordanza  ,  va 
„  mano  mano  perdendo  di  sua  natia  robustezza  ; 
,,  onde  riesce  cedevole  all'assalto  delle  cause  mor- 
„  bose  anche  di  lieve  momento  ,  e  di  quelle  stesse  , 
„  diciamolo  pure  a  nostro  grave  cordoglio  ,  che  un 
,,  giorno    disprezzava    e    prendeva    a    giuoco.  „ 

Qui   ha   compimento    la    prima   parte   di    questo 
celeberrimo  trattato  del  prof.  Goldoni    sulla    infiam- 
mazione.   Cotanto    utili   dettati    intorno  a  sì  interes- 
sante   argomento    meritavano    essere    estesamante   co- 
nosciuti a  lode    del    eh.    autore    che    ha    saputo    con 
tanta  distinzione  occuparsene  ;    ad  avanzamento  della 
terapia  di  cosi  imponente  morbosità  ,  ed   a  conferma 
giustissima  di  quei  pregj    che  il  verace  metodo  ana- 
litico   accompagnano    sotto   la    penna    degli    scrittori 
usi  a  rettamente  valersene.  Siffatta   verità  c'impegnò 
già    altrove   a   rendere   i    ben    dovuti    elogi     al    prof. 
Goldoni  ,  allorché  negli  Annali  di  medicina  del   chiar. 
Omodei  dovemmo  render  conto     (a)    degli    Elementi 
di  medicina  analitica  del  pr.    Lanza  di    Napoli  ,  di 
cui  le  mal  ferme  e  contraddittorie  teoriche  trovammo 
in  opposizione  col  retto  spirito  di  analisi  dal  prof,  na- 
poletano  negletta  e  non  osservata  ;   e  cola  rimandia- 
mo i  nostri  leggitori  avidi  di  conoscere  gli  erramen- 
ti  ,  nei    quali   ci    parve  ,   che    fosse    quest'ultimo    in- 
corso. A  sostegno    poi    dell'  avanzamento  ,  che  dietro 
le    analitiche     vedute    del    Goldoni   far    può    la   tera- 
pia della  flogosi  ,   basti   imprimere   nella  mente   l'im- 
portanza   di    distinguere   la    infiammazione    dai    suoi 


{a)  Fascio,  di  maggio  e  giugno   1828. 


Sulla,   infiammazione  Gì 

fattori  ,  l'ina  portanza  di  sapere  per  quale  dei  due 
fattoli  incominci  la  malattia,  e  quale  di  essi  pre- 
valga ;  T  importanza  di  non  negligere  la  cura  cau- 
sale ;  l'importanza  di  vegliare  sui  bisogni  dell'uni- 
versale e  del  locale  anche  nel  dissidio  di  questi;  l'im- 
portanza di  differenziare  le  flogosi  legittime  dalle  spu- 
rie o  passive  ;  e  simiti  altre  non  poche  circostanze 
che  fin  porle  del  subjetto  ,  di  cui  fin  qui  abbiamo 
tenuto  discorso. 

ToNELLI. 


Elementi  di  corichi  filologi  a  Unneana  dei  sig.  E.  P. 
Burrow  A.  M.  Opera  volgarizzata  sulla  secon- 
da edizione  inglese  dal  nobile  sig.  marchese  Fran- 
cesco Baidassini  di  Pesaro,  còli"  aggiunta  di  co- 
piose  ed   erudite    note.   Milano    presso   G.   Pietro 

dealer   1828.  labium,  uno  in  ottavo  con  XXVllI 

h  1 

tavole  incise  in  rame. 

\_jionvengono  i  savi  d'Europa  in  questo  nobilissime 
sentenze  :  essere  la  scienza  il  patrimonio  di  tutte  le 
nazioni;  avervi  perciò  diritto  ciascheduna  di  loro; 
non  darsi  differenza  alcuna  di  suolo  ,  o  privilegio 
di  proprietà;  doversi  ogni  ramo  dello  scibile  esten- 
dere e  dilatarsi  su  la  terra  ,  perchè  a  tutti  comu- 
ne sia  per  ricscire  il  beneficio  delle  lettere  e  del- 
le arti.  Resi  a  cotali  divisamenti  più  franchi  e  più 
liberali  i  dotti  de'  nostri  giorni,  non  isdegnano  di  ac- 
cogliere le  utili  cognizioni  da  qualunque  paese  ne 
vengano  ;  e  ciascuno  trasportando  nell'  idioma  nati- 


Ga  Scienze 

vo  le  opere  più  belle  ch'escono  in  luce  ,  forniscono 
i  loro  concittadini  di  ogni  più  sana  istituzione  scien- 
tifica. La  nostra  Italia  (che  pur  vorrebbesi  da  ta- 
luno in  fatto  di  moderno  sapere  denigrare)  non  si 
è  ristata  a  così  nobile  impresa  :  ha  risentiti  gli  ef- 
fetti di  una  civiltà  sempre  crescente  ;  ha  visti  gì' 
immensi  passi  fatti  a'nostri  giorni  nella  carriera  de- 
gli studi  ,  e  dove  non  ha  potuto  per  se  medesima 
contribuire  all'  utile  progresso  dei  medesimi  ?  ha  col- 
to il  più  bel  fiore  de'  lavori  stranieri  ,  ora  volgariz- 
zandoli alla  distesa  ,  ora  compendiandoli  con  istu- 
dio  ,  sempre  migliorandoli  sia  col  far  uso  di  quella 
critica  severa  che  è  propria  dell'  ingegno  italiano  , 
sia  corredando  le  opere  altrui  di  quelle  giunte  e  di 
quei  commenti ,  che  appianano  la  via  ,  e  menano  spe- 
cialmente i  giovani  con  facil  modo  a  percorrerla.  Cer- 
to che  se  dobbiamo  lodarci  dei  tanti  volgarizzamen- 
ti che  ai  nostri  giorni  appariscono  ,  con  più  ragio- 
ne ci  debbono  partorir  gioia  que*  tali  che  sono  at- 
ti a  diffondere  le  scienze  esatte ,  o  naturali  ,  e  che 
valgono  ad  empire  per  dir  cosi  qualche  vuoto  del- 
la nostra  letteratura.  E  sono  del  numero  tutti  i  li- 
bri che  ad  una  primaria  elementare  istruzione  con- 
secrati  forniscono  il  mezzo  più  facile  per  introdur- 
ci in  quelle  tali  discipline  che  riescono  specialmen- 
te giovevoli  alla  umana  società  ,  o  che  sembrano  ve- 
ramente proprie  del  bellissimo  suolo  nel  quale  abi- 
tiamo. E  fra  queste  quale  più  utile  ,  quale  più  bel- 
la ,  quale  più  adattata  agli  abitatori  istruiti  di  una 
penisola  ,  della  scienza  conchigliologica  ?  Dove  sono 
due  mari  così  vicini  e  fra  loro  così  diversi  ;  dove 
è  una  serie  di  monti  tanto  ricca  di  fossili  marini  ; 
dove  sono  tanti  mezzi  di  confronto  e  di  studio  per 
questo  ramo  di  storie  naturali  ?  Se  havvi  popolo  che 
debba  studiare  le  proprietà  ,  gli  usi  e  le  infinite  spe- 


CONCHIGLIOLOCIA  G3 

eie  de'  molluschi  ,  egli  è  sicuramente  quello  d'Italia. 
E   tale  ei  mostrossi  :  che,    per   tacere  de' sommi  no- 
stri conchigliografi  antichi ,    basterai  nominare  le  ulti- 
me   classiche  fatiche  di  un  Poli    e    di    un  Brocchi  , 
perchè    si    abbia    a    decidere    che    noi    non    siamo    a 
nessun'  altro    popolo    secondi.    Pur    tuttavia    man- 
cavano   (  e    mancano    forse    a    qualche     altra    dot- 
ta   nazione  )    elementi    chiari  ,    facili  ,    compendiosi 
di    codesta    scienza  ;    e  tra  per  la  dura    occupazione 
di  scrivere   cose    già   bea    intese   e   minute  ;  tra    per 
la    ignavia   o   la  cupidigia    degli    editori    su    quelle 
opere    che    vogliono    corredo   di  molti    e    dilicati  ra- 
mi ;  tra    per   la   invalsa  erronea  opinione  ,  che  alcu- 
ni  studi  non    giovino ,  e  alcuni   non   prosperino    fra 
noi  ;  certo   è  che  non  avevamo  di  sorta  elementi  con- 
chigliograflci.  È   dunque    da    rendersi  molte  ,  anzi  in- 
finite  grazie   al   sig.  marchese  Baldassini   di  Pesaro  , 
il    quale    volto    l'animo    ai  nostri   scientifici   interes- 
si ,  piucchè  alla  sua  prospera  fortuna  ,  ha  voluto  con 
bello    esempio    di   zelo    e   di    paziente    assiduita   re- 
galarci   di    questo    aureo    libretto  ,  che   già    vede   in 
Londra    per    una  terza  volta  la   luce  ,  e  che   ha  fat- 
to   benedire    il    nome  del   dottissimo  autore  sig.  Bur- 
row  membro    della   società  linneana  ,  e  di  molte  al- 
tre  illustri    accademie.   Il   volgarizzamento    del    Bal- 
dassini ha  sortito   bellissima   edizione,  si    pei  caratte- 
ri   come  per  le  copiose  e  lucidissime  tavole  ,  in  Mi- 
lano ;  dove   agli   eredi  Giegler   non  è  spiaciuto  d'in- 
contrare  una  vistosissima   spesa   per  assecondare  gli 
sforzi   del   nobile   traduttore   e    per    procacciare   alla 
nazione   il    bene   di    un'  opera  che  non  avea  :  del  che 
siamo    ad    essi  oltre  ogni  dire  tenuti  ,  e  vogliamo  qui 
rendere    pubblica   testimonianza   di    lode    e    di    gra- 
titudine. D'altronde   essendo   il  sig.  marchese  Baldas- 
sini uno  dei  più  colti  ingegni  di  Pesaro  ,  e  però  van- 


G4  Scienze 

tandoci  di  possedere  nello  stato  pontificio  anime  co- 
si gentili  ed  operose  che  intendono  al  profitto  del- 
la studiosa  gioventù  ,  abbiamo  creduto  di  dar  con- 
to nel  nostro  giornale  di  questa  classica  operetta,  ac- 
cennando da  prima  tutto  ciò  che  riguarda  il  lavo- 
ro originale,  e  favellando  dappoi  di  quello  che  spet- 
ta   al    nobile  ed    erudito  volgarizzatore. 

Il  sig.  Burrow  ,  coni'  egli  stesso  ne  accenna  nel- 
la sua  prefazione,  ha  creduto  d'offrire  al  pubblico 
una  introduzione  elementare  che  serva  ,  come  suol 
dirsi  ,  di  chiave  per  l'intelligenza  del  catalogo  lin- 
neano  delle  conchiglie  ,  e  come  di  manuale  ad  un 
tempo,  e  di  epitome  abbastanza  esatta  di  quella 
parte  dello  scibile  chiamata  testaceologia.  E  qui  al- 
tri farebbe  un  lungo  discorso  sul  perchè  siasi  ti  ali* 
autore  trascelto  il  sistema  linneano  ,  e  non  piutto- 
sto quello  de'  moderni  francesi  generalmente  abbrac- 
ciato e  seguito  .  Noi  non  ardiremo  tanto  :  sap- 
piamo che  nella  Inghilterra  è  tuttora  vivo  il  desi- 
derio di  seguir  passo  passo  nelle  scienze  naturali  quel 
genio  della  Svezia:  pensiamo  che  i  suoi  metodi  sem- 
plici e  precisi  sono  e  saranno  sempre  da  adottarsi 
per  coloro  che  s'introducono  nello  studio  della  na- 
tura ,  e  specialmente  in  quello  dei  testacei  :  cono- 
sciamo che  que'  metodi  possono  ora  utilmente  modi- 
ficarsi sia  nel!'  uso  de'  vocaboli  ,  sia  nel  numero  del- 
le suddivisioni  de'  generi ,  sia  nelle  descrizioni  del- 
le specie,  e  che  a  tutto  ciò  provvide  il  chiarissi- 
mo autore.  Rispettiamo  adunque  la  sua  scelta  ,  e  la 
lodiamo  pur'  anco;  tanto  più  che  per  opera  del  no- 
stro volgarizzatore  si  è  supplito  bastantemente  a  qua- 
lunque difetto  si  volesse  per  questa  parte  addossa- 
re   al    Burrow ,  come    vedremo   in    appresso. 

In    una    bellissima  introduzione    l'autore    spiega 
chiaramente  l'oggetto  della  scienza;  l'ordine  naturale  a 


G  O  N  C  II  I  G  L  l  O  L  o  a  I  A  65 

cui  si  riferiscono  i  testacei  e  la  loro  differenza  essenzia- 
le coi  crostacei  ;  la  mirabile  formazione  dell'involucro 
nata  di  quella  progressiva  juxta-apposizione  di  ma- 
teria calcarea  ;  e  quindi  l'uso  veramente  stupendo 
delle  glandole  ,  de'  pori  del  colletto  ,  de'  palpi  o  de' 
tentacoli ,  che  ogni  specie  distingue  nella  classe  de' 
molluschi  costruttori.  Poscia  fassi  a  prevenir  gli  stu- 
diosi della  tanto  diversa  maniera  in  che  rinvengou- 
si  le  adulte  dalle  giovani  conchiglie  ;  e  la  quasi  niu- 
na  rassomiglianza  che  le  prime  hanno  con  le  secon- 
de (per  alcuni  casi),  tanto  risguardo  a'colori,  quan- 
to alla  distribuzione  delle  parti.  Le  differenze  essen- 
ziali proprie  delle  cipree  ,  de'  buccini  ,  degli  strom- 
bi e  de'  murici  ;  i  caratteri  precisi  coi  quali  l'esper- 
to conchigliologo  deve  dar  giudizio  del  loro  più  pro- 
babile avanzamento  ,  sono  argomenti  di  si  fatta  im- 
portanza perchè  non  dovessero  dal  chiarissimo  au- 
tore lasciarsi  dimenticati.  Sieguono  i  nomi  dei  ge- 
neri pei  molluschi  costruttori  delle  conchiglie  ;  e 
sulle  prime  a  lato  dei  Doris  linneano  figura  il  Lo- 
phyrus  dell'  italiano  Poli  7  accennandosi  poscia  la  og- 
gimai  trista  e  risoluta  quistione  sul  vero  costrut- 
tore   dell'  Argonauta  Argo. 

Trapassa  il  Burrow  ad  una  esattissima  nomen- 
clatura de'  termini  destinati  ad  esprimere  le  forme 
e  i  caratteri  delle  conchiglie  univalvi  e  bivalvi  , 
giovandosi  per  le  prime  dell'ordine  adottato  dall'au- 
tore delle  Fundamenta  testaceologiae  nelle  Amoenita- 
tes  academicae  di  Linneo.  Quindi  ci  regala  di  un 
distinto  raguaglio  del  sistema  generico  ,  e  delle  ra- 
gioni per  le  quali  al  Linneo  sembrò  confacente  l'in- 
cominciare dalle  mollivalvi;  non  che  dei  caratteri  ge- 
nerici di  tutte  e  tre  le  divisioni  ,  e  di  quelli  che  al- 
le specie  o  alle  varietà  sono  propri.  Distingue  le  mol- 
tivalvi  in  libere  ed  in  aderenti  j  quelle  (  ad  esem- 
G.A.T.XL.  5 


OC  Scienze 

pio)  clie  pertengono  al  genere  Lepade  ,  o  al  gene- 
re Folade  ;  le  bivalvi  fornite  di  denti  inseriti  o  non 
inseriti ,  come  ne'  cardi  ,  nelle  mattre  ,  nelle  veneri  , 
negli  spondili ,  nelle  carne ,  nelle  arche  per  le  prime; 
nelle  m/e  ,  ne'  solerli  ,  nelle  telline  ,  nelle  donaci  ce. 
per  le  seconde  ;  ovvero  le  bivalvi  sdentate  quali  so- 
no le  ostriche  ,  le  anomie  ,  i  mitili  ,  le  pinne  ;  fi- 
nalmente le  univalvi  a  spira  regolare  o  irregolare,  co- 
me sarebbero  per  le  une  i  coni ,  le  cipree  ,  le  bulle  ec. 
e  per  le  ultime  le  patelle  ,  i  dentali  ,  le  serpule  e 
le  sabelle.  Offre  poscia  l'autore  in  un  bel  quadro  di- 
sposti i  trentasei  generi  linneani  con  a  fronte  il  numero 
delle  specie  conosciute  che  ammontano  al  riguarde- 
vole novero  di  244^,  delle  quali  il  regno  britanno 
conta  55o. 

Vengono  in  appresso  le  definizioni  e  le  descri- 
zioni de'  generi  ,  dove  è  da  ammirarsi  il  lucidissimo 
ordine  ,  la  precisione  de'  termini  ,  la  nitidezza  delle 
figure  che  accompagnano  ciascuna  descrizione  con 
indicarci  e  l'esempio  e  la  vera  fisonomia  del  gene- 
re. Da  prima  vedi  il  nome  linneano  ;  quindi  la  rap- 
presentazione in  figura  tratta  sempre  dal  vero  ,  poi 
i  caratteri  precisi  del  genere  e  del  testaceo  ;  in  se- 
guito quelli  di  alcuna  specie  più  rimarchevoli  ;  fi- 
nalmente i  costumi  e  gli  usi  di  quelle.  A.d  ogni  ge- 
nere scorgi  nitidamente  tribuite  le  peculiari  proprie- 
tà ,  distinte  le  qualità  più  rimarchevoli  ,  reso  aper- 
to il  meccanismo  de'  loro  accrescimenti  e  del  loro 
muoversi  ,  fissate  le  norme  per  non  confondere  mai 
un  genere  coli*  altro  ;  ma  tutto  ciò  facilmente  ,  con 
poche  parole ,  con  tutta  chiarezza  ,  con  amore  veris- 
simo della  scienza  e  degli  Studiosi.  In  appendice,  e 
per  avvertenza  generale  circa  le  specie  de' testacei ,  fa 
mostra  di  un  buon  numero  di  quelle  dichiarando  al- 
la   distesa    il   significato  delle  ventotto   tavole  figu-* 


CONCUIGLIOLOGIA  Gj 

rate  ,  due  delle  quali  sono  destinate  a  imprimere  be- 
ne in  mente  le  parti  che  compongono  le  conchi- 
glie univalve  ,  bivalve  ,  moltivalve  ;  e  le  altre  tutte  a 
rappresentare  le  specie  particolari  trascelte  fra  le 
più  belle  e  meglio  caratterizzate ,  contrasegnandone 
e  figurandone  sopra  cento  quattordici  individui.  Tut- 
ti de'  più  chiari ,  in  gran  parte  tratti  dal  Listerò  , 
classificati  per  caratteri  esterni  e  per  quelli  di  do- 
micilio ,  di  abitudini  ;  delineati  poi  a  contorno  tan- 
to bellamente  e  nitidamente  ,  che  ti  pare  averli  fra  ma- 
ni,  e  colle  dita  insinuarti  nella  lor  cavita  ,  palpa- 
re le  loro  protuberanze ,  cogli  occhi  ammirarne  la  ra- 
ra disposizione  delle  parti ,  e  la  svariata  forma  di 
que'  loro  solidissimi  involucri.  Sono  le  ultime  tavo- 
le date  a  questi  importantissimi  uffici,  i.°  di  far  di- 
stinguere le  conchiglie  giovani  dalle  adulte,  2.°  rap- 
presentare lo  spaccato  o  il  taglio  in  diversi  generi 
di  univalve  ,  3.°  descrivere  alcune  specie  non  descrit- 
te fino  ad  ora  ,  o  per  circostanze  particolari  rese  dif- 
formi dai  tipi  generali.  Dottissimo  e  stupendo  mo- 
do d'insegnare  quello  di  colpire  i  nostri  sensi ,  e  far 
eh'  essi  soli  siano  i  giudici  della  realla  nelle  scienze 
tutte  d'osservazione.  In  ciò  veramente  il  Burrow  ha 
riportata  lode  grandissima  ,  sicché  anzi  furono  supe- 
rate le  speranze  destate  all'  aspetto  di  un'  opera  pu- 
ramente elementare  ,  e  gli  editori  italiani  hanno  se 
non  vinto,  certamente  rivalizzato  coli'  originale.  Fi- 
nalmente il  chiarissimo  autore  ha  creduto  di  corre- 
dar l'operetta  di  un  lungo  catalogo  sistematico  di 
conchiglie  disposte  per  generi  e  per  ispecie  co'  loro 
nomi  linneani  ,  a  fronte  de'  quali  sono  posti  i  cor- 
rispondenti nomi  vernacoli  inglesi.  Catalogo  niente 
meno  confacente  allo  scopo  propostosi  dall'  autore  , 
cioè  di  volere  agli  studiosi  del  suo  paese  rendere 
più  facile   l'acquisto  e  il  conoscimento   delle  conchi- 

5* 


68  Sciente 

glie  ;  catalogo  saviamente  redatto  da  un  inglese  per 
gl'inglesi ,  e  che  si  poteva  tralasciare  nel  volgariz- 
zamento ogni  qualvolta  la  nostra  lingua  e  sempre  e 
giustamente  non  avesse  somministrato  i  nomi  trivia- 
li corrispondenti.  E  a  questo  catalogo  tien  dietro  l'al- 
tro copiosissimo  di  quasi  tutti  gli  scrittori  in  con- 
chigliologia  ,  i  quali  si  distinguono  per  undici  clas- 
si ,  cioè  di  coloro  che  scrissero  genericamente  del- 
la scienza  o  di  un  solo  genere  e  famiglia  o  delle 
conchiglie  appartenenti  ad  alcune  parli  del  globo  ; 
di  quelli  che  parlarono  de'musei  e  delle  collezioni  con- 
chigliologiche  ;  degli  individui  microscopici  ;  de1  mi- 
steri della  scienza  ;  dell'  anatomia  de'  molluschi  ;  del- 
la loro  fisiologia  ;  infine  di  coloro  che  inventarono 
nuove  distribuzioni  ,  che  commentarono  opere  ori- 
ginali ,  che  pubblicarono  tavole,  disegni  e  figure  spet- 
tanti a  generi  ,  specie  o  individui  particolari  alla 
scienza. 

Questo  fece  il  Burrow;  ed  era  appena  venuta  al- 
le mani  del  nostro  Baldassini  tale  opera  bellissi- 
ma ,  che  già  la  si  diede  a  meditare  ed  a  tradurre. 
Parevagli  che  ne  più  dotta ,  né  più  utile,  né  più  ne- 
cessaria potesse  esisterne  per  noi  :  sapeva  non  es- 
sere che  poco  o  quasi  niente  conosciuta  :  ardeva  di 
diffonderla  presso  i  giovani  italiani  ;  e  però  la  sot- 
topose al  giudizio  di  un  Ratizani  e  di  un  Broc- 
chi. Ambidue  ne  furono  presi  ;  ambidue  lodaronla  a 
cielo;  l'ultimo  volle  tutto  scorrerne  il  volgarizzamento, 
e  di  suo  pugno  corredarlo  d'alcune  emendazioni  lie- 
vissime. E  tuttora  si  leggono  dal  Baldassini  lagri- 
mando  quelle  cifre,  che  pur  rammentano  l'uomo  in- 
signe non  ha  guari  perduto  !  Datosi  dunque  a  pro- 
curarne l'edizione,  gli  venne  fatto  di  statuirla:  ed  ec- 
co a  nuova  luce  italiana  per  sua  amorosa  cura  quest' 
opera  eccellente.  Dalle  mani  del  Burrow  ricevendo- 


C  O  tt  C  H   1  G  L  I  O  L  0  G   I  A  C)Q 

la  ,  egli  non  volle  nulla  mutare  al  testo  ,  all'  ordi- 
ne ,  ed  alla  frase  dell'  autore  ;  però  tutto  lasciando 
al  suo  posto,  ebbe  in  cura  di  voltarne  (  per  quanto 
potevasi  il  meglio)  ad  italiana  guisa  la  dicitura;  e 
lasciò  libero  il  corso  alle  idee  originali  ,  facendovi 
poi  proemio  note  e  giunte  giudiziosissime.  Breve- 
mente diremo  di  tutte  e  tre  queste  cose  ,  onde  ven- 
ga al  nostro  illustre  sig.  marchese  quell'onore  che  gli  è 
dovuto,  e  che  la  nazione  è  tenuta  di  riferire  a  chiun- 
que si  studia  di   farla  nelle  scienze   avanzare. 

Era  necessario  d'innamorare  gl'italiani  allo  stu- 
dio della  conchigliologia  :  dovevasi  dunque  farne  pa- 
lese l'importanza  ;  e  ciò  viene  da  lui  diffusamente  con- 
testato nel  proemio  col  dimostrare  di  quanto  aju- 
to  ella  sia  alla  scienza  geologica,  ed  allo  studio  de' 
corpi  fossili ,  sicché  valga  a  dar  ragione  col  La- 
marcie  della  prodigiosa  quantità  di  calcarea  marina , 
e  coli'  Ulloa  ,  coli'  Domboy  ,  coli'  Humboldt  de' 
fossili  corpi  trovati  sull'altissima  Cordiglicra,  e  del- 
la roccia  libica  ,  onde  furono  e  sono  le  famose  pi- 
ramidi d'Egitto.  E  qui  riporta  gli  usi  che  delle  con- 
chiglie fanno  gli  olandesi  in  Harlem  ,  e  gli  abita- 
tori delle  Ebridi  alle  Antille  per  la  costruzione  de- 
gli edificj  ;  non  che  i  popoli  tutti  del  globo  pel  co- 
sì detto  terriccio  de*  campi.  Rammemora  altresì  le  in- 
finite specie  de'  molluschi  che  a  nutrimento  sono  con- 
versi,  e  quelle  che  somministrano  alla  pittura  ed 
alle  arti  tintòrie  i  colori  ,  agli  uomini  di  Sicilia  va- 
ri oggetti  di  lusso  ,  a  quelli  della  China  e  delle  Fi- 
lippine riparo  alle  intemperie  della  stagione .  Che 
se  altra  utilità  non  partorisse  lo  studio  conchigliologi- 
co  ,  quella  sempre  ne  verrebbe  di  far  conoscere  una 
immensità  di  esseri  bellissimi  ed  ammirabili  ,  che 
formano  poi  quell'  anello  di  continuità  nella  scala 
progressiva  e  stupenda  dd  regno  animale.  Quindi  il 


7°  Scienze 

Baldassini  si  diede  a  ricercare  la  vera  origine  della 
coacliigliologia  come  scienza; e  lasciando  quello  che  al- 
la spicciolata  ne  scrissero  Plinio  e  Aristotele  ,  venne 
ai  tempi  di  Gessner  ,  di  Johston  ,  d'  Aldrovandi  , 
di  Wormio  per  vedere  in  qualche  modo  abbozzato 
un  sistema  ,  che  meglio  si  organizzò  con  l'opera  di 
Giovanni  Daniele  Maggiore ,  del  Listerò  ,  del  Klein, 
del  D'Argenville ,  ma  che  a  maggior  perfezione  si 
addusse  per  quella  dell'  immortale  Linneo.  Né  dove- 
va in  lui  solo  arrestarsi  :  però  le  illustri  fatiche  so- 
no accennate  di  Adanson  ,  primo  a  mostrare  i  som- 
mi viaggi  ehe  la  scienza  potea  ritrarre  dallo  stu- 
dio interno  de'  molluschi  medesimi  ;  e  quegli  altri 
lavori  di  Geoffroy  ,  di  Muller ,  di  Martini  ,  di  Ghem- 
nitz  e  finalmente  del  Brughiere  ,  del  Lamark  e  del 
Cuvier  ,  nomi  troppo  celebri  perchè  non  fossero  da- 
gli studiosi  e  conosciuti  ed  ammirati.  Non  sono  tac- 
ciutc  le  opere  quanto  illustri  ,  altrettanto  utili  dei 
Poli,  dei  Megerle,  dei  Ferussac,  dei  Blainville,  ul- 
timi scrittori  di  siffatta  materia  ,  celebrando  in  spe- 
cial guisa  il  Blainville  pel  nobilissimo  trattato  di  Ma- 
lacologia  pubblicato  nel  i8"25.  Parlando  agli  studiosi 
italiani  dovevansi  le  glorie  proporre  de'  nostri  som- 
mi ;  e  cosi  dal  Baldassini  non  sono  preteriti  i  no- 
mi degli  Aldrovandi  ,  de'  Marsigli  ,  di  Fabio  Colon- 
na, d'un  Donati,  di  un  Bonanni ,  o  veramente  quel- 
li di  Soliani  ,  d'Olivi  ,  di  Cavolini  ,  di  Jano  Plan- 
co  ,  de' Ginanni  ,  del  Soli,  del  Renieri  e  del  Broc- 
chi .  Bellissimo  stuolo  di  nazionali  conchigliografi 
da  contrapporre  a  quanti  altri  mai  dalle  estere  na- 
zioni venissero  allacciati.  Quindi  animata  la  studio- 
sa gioventù  a  mantenere  viva  la  gloria  di  questi  scien- 
tifici esercizi  ,  è  dichiarato  perdio  venga  in  lingua 
nostra  pubblicato  questo  egregio  lavoro  boi  Burrow, 


CONCHIGLIOLOGIA  7I 

e  quali  note  e  quali  giunte  siansi  credute  opportu- 
ne a  migliore  intendimento  del  testo  e  della  materia. 
Passando  alle  note  dirò,  che  esse  sono  piene  di 
erudizione  nou  solo  ,  ma  con  somma  perspicacia  e 
con  sanissimo  intendimento  distese  ;  cioè  per  rende- 
re il  testo  più  acconcio  all'  istruzione  moderna ,  e 
meglio  proporzionato  alla  sfera  delle  cognizioni  in 
proposito  successivamente  acquistate.  Così  oltre  al- 
le prime  dieci  ,  che  vertono  sulla  vera  etimologia  del- 
la parola  scientifica,  sull'  esatta  analisi  fatta  dal  Vau- 
quelin  dell'  involucro  dei  testacei  ,  sulle  conchiglie 
fossili  nei  loro  diversi  stati  ,  e  nelle  varie  epoche 
de'  loro  depositi ,  sulla  varietà  dei  colori  derivante 
da  quella  de'  climi  ,  del  nutrimento  ec. ,  sullo  svilup- 
po progressivo  e  sull'  accrescimento  dei  testacei  , 
sulla  quistione  del  vero  costruttore  dell'  Argonau- 
ta Argo  ,  e  sopra  varie  denominazioni  delle  parti  re- 
lative a  codesti  viventi  ;  il  nobile  volgarizzatore  ha 
voluto  che  ogni  genere  descritto  dall'  autore  fosse 
rischiarato  ed  ampliato  da  una  nota  ora  più  ,  ed 
ora  meno  ricca  di  bellissime  cose  ,  tutte  desunte  dai 
migliori  fonti  che  a' nostri  giorni  menino  acque  co- 
piose e  limpidissime.  Sopra  le  altre  a  me  sembra- 
no distinguersi  quelle,  che  trattano  della  maniera 
con  cui  i  diversi  molluschi  o  venni  litofagi  riesco- 
no a  bucare  le  pietre;  del  bisso  e  delle  perle;  de' 
nautili ,  e  delle  loro  celebri  concamerazioni  ;  delle  eli- 
ci ,  delle  aliotidi  ,  delle  patelle:  sebbene  in  tutte  ab- 
bia fatto  uso  di  vero  criterio  scientifico  ,  ed  abbia 
saputo  unire  alla  curiosa  ricerca  la  facile  e  più  com- 
pleta illustrazione  del  genere.  In  somma  se  debbo- 
no annotarsi  gli  autori  di  storie  naturali  ,  certa  co- 
sa ella  è  che  come  fece  il  Baldassini  deviassi  al  leg- 
gitore appianare  la  via  non  solo  ,  ma  porlo  a  co- 
gnizione   de'  progressi    scientifici  ,  e  risparmiargli   la 


72  Scienze 

cura  di  riscontrare  altre  voluminose  onere,  le  qua- 
li mancano  per  lo  più  ,  e  sono  d'altronde  oppor- 
tune  a   dichiarare   i  sensi    dell'  autor   principale. 

Per  dire  poi  alcun  che  sulle  giunte  fatte  al  Bur- 
row  dal  sig.  marchese  Baldassini,  aggiungeremo  che  a 
noi  sembrano  libere  da  ogni  sospetto  di  presunzione  , 
fornite  anzi  d'ogni  pregio  più  bello  e  più  lodevole.  So- 
no difFatti  aumenti  alla  terminologia  ,  che  si  volevano 
per  la  chiarezza,  e  per  non  lasciare  inesplicati  quei  tan- 
ti   vocaboli  che  i  moderni    sistematori    adoperano    e 
che  il   giovane    studente    deve   prendere   nel  proprio 
e  giusto    loro    significato.  E   qui     il   Baldassini    si    è 
giovato    delle   stesse   opere  loro  ,  che  con    molta   di- 
ligenza ha   svolte   e  poste    a    contributo  ;    talché    la 
nomenclatura  cosi  ridotta  (come    vedesi  in  fronte  all' 
edizione    italiana)  potrebbe  ad  altri    sembrare  un  ve- 
ro  dizionario  terminologico    della  scienza.  Onde  poi 
ne    raccomandiamo    caldamente    ai    giovani    lo    stu- 
dio; mentre  è  base  e  fondamento  di  tutte  le  descri- 
zioni tecniche  di  testaceologia  ,  ed  essi  vedranno  che 
una    volta    apparato,  sarà  facile  di  comprendere  gli 
autori    meno  concisi  ,  e  forse  Ulora  per  copia  di  si- 
nonimi o  di  difinizioni  soverchiamente   prolisse.    Ol- 
tre   a    ciò  ha    il  Baldassini    arricchita    la  letteratura 
conchigliologica  dei  nomi  di  vari  autori,  che  il  Bur- 
row  forse  per  inavvertenza    ommise  ,  non    senza   di- 
scapito dell'altrui  rinomanza,  e  specialmente  della  Ita- 
lia nostra.  Egli  è  perciò  che  dal  volgarizzatore  si  è  sup- 
plito al  difetto,  annettendovi  specialmente  quelle  ope- 
re che  furono  e  sono   originariamente   nostre  ,  e  che 
pur  troppo    si    veggono    dagli   esteri  (per  poca  no- 
stra   cura  in   diffonderle)  dimenticate. 

Ma  quello  che  fa  più  onore  in  merito  d'aggiun- 
te a  questo  aureo  libro  dell'  inglese  egli  è  l'iiidustie 
fatica  del  nobile  traduttore  per  dare  in  poche  pagi- 


CONCHIGLIOLOGIA  jS 

ne  l'idea    succinta    del   sistema   di  Lamarck.  Bellissi- 
mo   accorgimento  fu  questo  .    Se    il  metodo    seguito 
dal    Burrow    si  potesse  o  si    volesse  risguardare  co- 
me non  bastantemente  idoneo  a  portare  le  menti  dei 
giovani   a  livello    delle    moderne    distribuzioni   con- 
chigliografiche,  ecco  dal  traduttore  a  tale  mancanza 
fatto  riparo  coi  Cenni  generali  sulla  storia  natura- 
le desìi  animali  invertebrati  di  Lamarck  ,  e  coli'  ar- 
ticolo    de'  conchiferi   e  de'  molluschi  magistralmente 
desunto  dalle  opere  estesissime  di  quel  sommo  natu- 
ralista. Perchè  poi  alla  memoria   degli    studiosi   fos- 
se ognora    presente  la   metodica  classificazione    adot- 
tata   quasi   come  in  una   reale    ben    acconcia    dipin- 
tura ,  volle  il  Lamarck  fornire  la  sua  opera  degli  in- 
vertebrati di  alcuni   quadri  sinotticci ,  che  il  Baldas- 
sini   ha  fedelmente  riportati  colle  viste   medesime  del 
francese  zoologo.  Ecco  dunque  per  questa  parte  com- 
pletati gli  elementi  del  Burrow  ,  ed  eccoli    accomo- 
dati   ad   ambidue  i  sistemi  ;  talché  se  pei  giovani  co- 
minciatiti sarà  sempre  più.  facile  e  più  proficuo   lo  stu- 
diare  col    Linneo    reso    piano    dal  Burrow  ,  sarà  per 
loro   facilissimo  il  conoscere  le  idee  novelle   de'  con- 
chigliologisti  ,  imparando  il  metodo  di  Lamarck   bel- 
lamente compendiato  dal  Baldassini. 

Dopo  il  fin  qui  detto  ,  ogni  lode  che  per  noi  si 
volesse  tributare  al  chiarissimo  volgarizzatore  sareb- 
be a  mio  parere  inutile.  Il  suffragio  dei  dotti ,  la 
gratitudine  della  nazione  ,  ed  il  profitto  dei  giova- 
ni saranno  per  lui  i  soli  e  degni  guiderdoni.  In- 
tanto siagli  caro  l'averci  per  ogni  titolo  obbligati 
a  questi  pubblici  e  leali  ringraziamenti  ,  con  la  dol- 
ce speranza  che  un'  opera  tanto  lodevole  verrà  pre- 
sto diffusa  ed  istudiata  per  le  scuole  di  tutta  la  pe- 
nisola. 

M. 


74 


Osservazioni  medico-pratiche  sulle  febbri  periodiche ', 


del  dottor  angelo  Sorgoni. 


u, 


no  do'  fenomeni  più  sorprendenti  della  natura  è 
certamente  la  periodicità.  Quel  costante  riproduci- 
mento  d'un  effetto  e  quella  sua  costante  cessazione 
con  certi  dati  intervalli  formano  ora,  e  forse  lo  for- 
meran  sempre  ,  un  oggetto  incomprensibile  per  .quan- 
te meditazioni  e  per  quante  ricerche  siansi  rivolte 
sopra  a  questo  ammirabile  fenomeno  da'  cultori  del- 
la natura.  Si  contemplò  la  periodicità  nello  stalo  fi- 
siologico dell'  uomo  ,  e  credè  taluno  aver  data  plau- 
sibile spiegazione ,  se  non  della  periodicità  in  ge- 
nere,  almeno  di  qualche  funzione  del  nostro  fisico 
avente  il  suo  ritorno  ed  il  cessar  periodico  :  ma  a 
Len  considerare  siffatta  spiegazione  altro  non  trova- 
si che  l'espressione  del  solo  fatto,  cioè  in  altri  ter- 
mini si  dice  „  che  la  funzion  periodica  è  la  funzion 
periodica.  ,,  Non  solo  il  fisiologo  tentò  di  spie- 
gare la  periodicità  ,  ma  anche  il  patologo  cercò  di 
trovare  il  perchè  ancora  in  istato  patologico  avven- 
gono de'  fenomeni  con  periodo  deciso.  Le  febbri  pe- 
riodiche specialmente  furono  oggetto  di  molte  indagi- 
ni ,  onde  scoprire  il  come  del  loro  periodo  :  e  lo  stes- 
so svilupparsi  della  febbre  periodica  ne'  luoghi ,  ove 
le  acque  sono  stagnanti ,  pareva  esser  un  dato  rile- 
vantissimo per  venire  in  cognizione  della  causa  d'un 
si  sorprendente  fenomeno.  Ma  con  tutto  ciò  ben  lun- 
gi è  da  noi  il  conoscimento  della  periodicità  :  fin 
qui  si  sono  resi  inutili  gli  sforzi  de'  fisiologi  e  de' 
patologi  su  tal  materia:  la  periodicità  è  per  noi  ora 


Febbri  periodiche  j% 

un  mistero,  nei  modo  stesso  che  lo  fu  quando  tirò  a 
se  per  la  prima  volta  l'attenzione  del  filosofo.  Per  la 
qual  cosa  io  credo  ,  che  considerando  la  periodicità 
come  oggetto  medico  ,  possa  qui  limitarmi  a  calco- 
lar questo  fenomeno  come  un  fatto  ;  ad  esaminarlo 
ne'  suoi  veri  rapporti  ;  distinguerlo  esaltamente  dal- 
le affezioni  con  cui  si  associa  ;  e  dare  il  giusto  va- 
lore al  periodo  ed  alla  affezione  associata.  Colle  qua- 
li idee  penso,  che  sebbene  non  s'intendala  causa  del- 
la periodicità  ,  pure  possano  essere  analizzate  le  feb- 
bri periodiche  ,  e  restare  giustificata  la  loro  cura.  Si 
considererà  perciò  il  periodo,  sia  o  no  febbrile,  distin- 
to  dalla  condizione  patologica  (*)  e  dalla  causa  irri- 


(*)  Intorno  la  nominata  condizione  patologica  nelle 
febbri  periodiche  è  a  notare  in  modo  particolare  quan- 
to si  trova  di  essenziale  nelle  mediche  dottrine  ,  che  in 
questi  tempi  sono  in  grande  reputazione.  Due ,  a  mio 
avviso  ,  sono  i  complessi  di  dottrine  oggi  predominan- 
ti ;  uno  è  quello  che  vien  seguito  dai  diatesisti  ,  V  altro 
è  quello  che  si  sostiene  da'  seguaci  del  particolarismo . 
Nel  sistema  dei  diatesisti  trattandosi  di  febbri  perio- 
diche si  rinviene  i.°  che  la  periodicità  e  sempre  con- 
seguenza d'un  certo  stato  delV  organismo  prodotto  da 
potenze  morbose  esterne.  2°  Che  il  periodo  morboso  si 
presenta  ora  con  sintomi  febbrili  ,  ed  ora  senza  di  que- 
sti con  particolare  periodica  affezione.  3.°  Che  la  feb- 
bre periodica  ,  od  il  periodo  morboso  non  febbrile  ,  si 
presenta  talvolta  semplice  ,  e  talvolta  associata  a  cau- 
se irritanti ,  o  ad  un  altra  alterazione  dell'  organismo 
detta  diatesica  :  la  quale  può  essere  di  diversa  Tintura  , 
cioè  o  di  stimolo  o  di  controstimolo.  4-°  Che  iìi  conse- 
guenza di  tale  divisione  il  metodo  di  cura  diversifico 
secondo   che   il  periodo  morboso  non  febbrile  ,  o    la  feb- 


76  Scienze 

tante ,  con  cui  le  molte  volte  si  associa  :  si  vedrà 
else  la  cura  diretta  a  troncare  la  morbosa  periodi- 
cità è  diversa  da  quella  ,  che  deve  farsi  per  vince- 
re la  suddetta  coedizione  ,  o  per  espellere  la  causa 
irritante  congiunta  talora  alia  febbre  periodica.  Con 
tal  divisamente  intrapresi  la  cura  delle  febbri  perio- 
diche ,  che  in  gran  numero  ed  in  varie  forme  mi 
si  son  presentate  nel  mio  clinico  esercizio  fatto  in 
Roma  ed  in  vari   luoghi  delle  Marche. 


bre  periodica  si  presenta  semplice  od  associata  ad  al- 
tra affezione.  Ed  è  perciò,  die  se  il  periodo  morboso  , 
o  la  febbre  periodica  ,  è  semplice  ,  si  cura  essenzialmen- 
te colla  eluna  :  se  tali  affezioni  sono  associate  a  cause 
irritanti  ,  si  fa  uso  di  que"  rimedi  capaci  ad  espellere 
siffatte  cagioni,  e  quindi  si  passa  alV  uso  della  china  : 
se  il  periodo  morboso  e  la  febbre  periodica  si  con  giun- 
gono ad  affezion  diatesica  ,  si  unisce  alla  china  il  sa- 
lasso o  i 'oppio  ,  secondo  che  la  diatesi  è  di  stimolo  o  di 
conlrostimolo  :  e  secondo  che  la  condizione  diatesica  af- 
fetta un  sistema  piuttosto  che  un  altro  ,  uno  piuttosto  che 
un  altro  viscere  ,  si  uniscono  alla  china  que"  rimedi , 
che  hanno  azione  elettiva  sulle  parti  affette  dalla  stes- 
sa   condizion  diatesica. 

I  seguaci  del  particolarismo  trovano  nelV  opera  sul- 
le perniciose  del  celebre  dott.  Puccinotti  una  perfetta 
applicazione  delle  dottrine  da  loro  sostenute  ;  in  con- 
seguenza accennandoci  i  principii  del  dott.  Puccinotti 
si  verrà  in  cognizione  della  dottrina  ,  che  nel  partico- 
larismo si  riscontra  relativamente  alle  febbri  periodiche. 
Egli  stabilisce  1  °  nelle  febbri  periodiche  due  sorti  di 
affezioni,  una  da  lui  detta  protopatia  ,  V altra  omopatia: 
la  prima  è  quel  processo  specifico  da  cause  particolari 
prodotto  ,  che  forma   la   condizione  essenziale  di  tutte  le 


Febbri  periodiche  77 

Nella  mia  pratica  osservai  in  primo  luogo  ,  che 
la  febbre  periodica  sviluppatasi  in  molti  soggetti  d'al- 
tronde sani  ,  non  mai  affetti  da  considerabile  altera- 
zione ne'  loro  tessuti  od  organi  ,  si  presentava  co'so- 
li  propri  sintomi  caratteristici  ;  ne  si  osservava  sot- 
to l'accesso  impegnato  particolarmente  il  capo  od 
altra  cavila  ,  e  né  addolorato  in  modo  particolare  si 
presentava  qualche  tratto  del  sistema  nervoso.  In  que- 
sti soggetti  trovava  una  certa  proporzione  tra  la 
durata   e  l'intensità   del  fredddo   col  caldo  e  col  su- 


periodiche ,  e  che  ha  per  immediato  effetto  la  periodici- 
tà :  la  seconda  è  quella  condizione  accessoria  o  conco- 
mitante il  periodo  morboso ,  che  rende  la  febbre  inter- 
mittente d'una  natura  composta.  2.0  Afferma  esser  quat~ 
tro  le  omopatie  ,  e  sotto  la  flogistica  ,  la  biliosa  ,  l  ato- 
nica ,  e  la  scorbutica  ,  così  distinte  per  le  qualità  diver- 
se delle  cause  ,  pey  sintomi  co"  quali  si  presentano  ,  e 
per  la  diversità  de1  mezzi  curativi,  co?  quali  si  combat- 
tono. 3."  Stabilisce  doversi  considerare  la  cura  delle  feb- 
bri periodiche  sotto  due  aspetti  ,  uno  in  relazione  alla  pro- 
topatia  ,  V altro  relativamente  alla  omopatia  :  pel  pri- 
mo si  esige  la  china  ;  pel  secondo  sono  necessari  que 
mezzi  ,  che  si  riconoscono  efficaci  nel  vincere  quelle  al- 
terazioni ,  alle   quali  si  è  dato  il  nome  di  omopatia. 

Tali  in  succinto  sono  i  principii  essenziali  ,  che  re- 
lativamente alle  febbri  periodiche  trovatisi  nelle  mediche 
dottrine  oggi  predominanti.  Intorno  acquali  principii  è 
a  desiderare  ,  che  i  dotti  medici  imparziali ,  amanti  so- 
lo del  vero  ,  giudichino  se  ambidue  i  suddetti  metodi  com- 
prendano ugualmente  tutti  que''  fatti  ,  da"  quali  si  credo- 
no desunti;  se  non  vi  sia  tra  loro  altra  differenza  che 
quella  risultante  dal\  linguaggio  ,  e  se  ugualmente  sieno. 
vantaggiosi  alla  pratica  medicina  « 


yS  Scienze 

dorè  ,  e  sino  ad  un  certo  segno  regolari  erano  i 
periodi.  Questi  erano  i  casi  ,  ne'  quali  il  soggetto 
era  veramente  apirettico  nell'  intervallo  degli  acces- 
si. In  tali  individui  io  mi  serviva  generalmente  del 
solo  solfato  di  chinina  ,  e  mediante  questo  rimedio 
otteneva  la  perfetta  cessazione  di  qualunque  sinto- 
mo morboso.  Però  non  sono  questi  i  casi  di  febbre 
periodica  ,  in  cui  necessariamente  si  richieda  la  chi- 
na od  il  solfato  di  chinina  per  vincerli  :  cedono  es- 
si anche  ad  altri  aiuti  :  ed  in  generale  tutto  quel- 
lo ,  che  è  capace  di  produrre  nella  macchina  anima* 
le  una  considerevole  impressione  ,  di  qualunque  na- 
tura ella  sia  ,  ho  veduto  riuscir  vantaggioso  ed  at- 
to a  dissipare  siffatte  febbri  periodiche.  Ed  è  per- 
ciò che  in  tali  casi  più  volte  ho  veduto  troncarsi 
gli  accessi  febbrili  coli'  emetico.  Quando  per  esisten- 
za di  gastricismo  ordinava  l'emetico  ,  osservava  che 
in  seguito  del  vomito  non  si  presentava  più  il  pe- 
riodo morboso,  in  que'  soggetti  però  sopraccennati  , 
ed  allorché  la  febbre  compariva  colle  sole  proprie 
qualità  essenziali.  Cosi  la  genziana  ,  ed  altri  suc- 
cedanei alla  china,  ho  trovato  in  questi  casi  pro- 
durre   vantaggioso    effetto. 

Siccome  però  non  sempre  si  trovano  soggetti 
abbastanza  docili  da  sottomettersi  ad  una  cura  ra- 
gionevole ;  anzi  vi  sono  di  quelli ,  che  interamente 
si  ricusano  di  prendere  qualunque  sostanza  medica- 
mentosa ;  perciò  ho  cercato  ancora  di  calcolare  que- 
gli effetti  ,  che  risultano  dal  ripetersi  il  periodico 
febbrile  accesso    senza   essere    dall'  arte  troncato. 

Ho  veduto  in  alcuni  soggetti  troncarsi  spenta- 
mente gli  accessi  febbrili  dopo  essersi  ripetuti  le  tre, 
le  cinque,  le  sette  volte,  senza  che  la  costituzione  dell' 
individuo  ne  sìa  rimasta  di  molto  alterata.  E  dilat- 
ti  un  esani';   accurato    fatto    sullo    stato    de'  visceri 


Febbri  periodiche  ng 

e  sulle  loro  funzioni,  non  mi  fece  scoprire  alcuna  al- 
terazione ne'  tessuti  componenti  i  visceri  medesimi. 
In  questi  casi  la  febbre  si  presentava  co'  propri  se- 
gni caratteristici,  senza  essere  accompagnata  da  par- 
ticolare impegno  in  alcuna  cavità  od  in  altra  par- 
te :  e  rimarchevolmente  osservavasi ,  che  il  secondo 
accesso  era  più  mite  del  primo  ,  il  terzo  del  secon- 
do ,  e  via  discorrendo  :  infine  dissipata  naturalmen- 
te dopo  un  dato  corso  quella  qualunque  condizio- 
ne od  alterazione  dell'  organismo  atta  a  produrre  sin- 
tomi con  deciso  e  determinato  intervallo  ,  il  sogget- 
to   rimaneva  libero. 

Ma  non  sempre  ho  trovato  così  fortunati  quegl* 
individui  ,  che  non  si  vollero  sottomettere  ad  una  cu- 
ra :  gli  accessi  febbrili  si  troncarono  è  vero  le  mol- 
te volte  naturalmente  dopo  un  certo  corso  anche 
in  questi  ;  ma  una  decisa  alterazione  in  qualche  vi- 
scere ,  specialmente  al  fegato  ed  alla  milza,  si  pro- 
dusse in  seguito  de'  ripetuti  febbrili  accessi.  In  ta- 
li casi  la  febbre  non  progrediva  sempre,  diminuen- 
do in  intensità  come  negl'  individui  sopranominati  , 
ma  anzi  talora  progrediva  con  maggior  forza  ,  e  ta- 
lora in  modo  irregolare.  Gli  accessi  ancora  non  era- 
no sì  limitati  come  negli  anzidetti  individui  ,  ma  a 
maggior  numero  si  estendevano.  Per  la  quale  esten- 
sione nel  numero  degli  accessi  ,  e  per  la  loro  inten- 
sità, trovo  ragionevole  il  pensare  ,  che  la  fibra  deb- 
ba rimanerne  necessariamente  alterata.  Potrà  esser  nel 
principio  limitata  l'alterazione  a'  soli  movimenti  ani- 
mali ;  ma  la  ripetizione  a  lungo  protratta  d'un  ac« 
censione  febbrile,  oltreché  è  corrispondente  al  fatto, 
è  pure  ragionevolissimo  che  debba  produrre  un'  al* 
terazione  dello  stato  della  funzione  assimilatrice  ,  e 
quindi  nella  disposizione  meccanica  e  chimica  com- 
posizione di    qualche  tessuto  od  organo.  Perchè  pai 


8o  Scienze 

siffatta  alterazione  il  più  delle  volte  trovasi  al  fe- 
gato ed  alla  milza  ,  non  altra  ragion  sufficiente  cre- 
do potersi  addurre  se  non  l'azione  elettiva  in  que- 
sti visceri  di  quella  esterna  causa  ,  da  cui  vuoisi  ri- 
petere il  fenomeno  della  periodicità  ;  o  l'attitudine 
maggiore  che  hanno  il  fegato  e  la  milza  a  preferen- 
za degli  altri  visceri  a  risentire  in  un  coli'  azione 
della   nominata    causa   quella  de'  febbrili    accessi. 

In  secondo  luogo  osservai ,  che  la  febbre  perio- 
dica non  si  presentava  semplicemente  co'  propri  se- 
gni caratteristici  in  que'  soggetti  ,  che  i.°  o  già  fu- 
rono affetti  da  vari  accessi  febbrili  e  ne  rimase  al- 
terato qualche  loro  viscere  ,  o  soggiacquero  ad  altre 
malattie  :  a.°  o  che  per  particolare  disposizione  ave- 
vano suscettivo  qualche  viscere  ad  essere  più  degli 
altri  particolarmente  affetto   da'  febbrili    accessi. 

Rilevai  in  molti  casi  ,  che  la  febbre  periodica 
prendeva  varie  forme  a  tenore  dell'  alterazione  già 
accaduta  piuttosto  in  uno  che  in  altro  viscere,  in 
una  piuttosto  che  in  altra  parte.  Così  osservai  ,  che 
in  quegl'  individui  per  lo  innanzi  affetti  da  pneu- 
monite  ,  il  febbrile  accesso  si  presentava  con  difficol- 
ta di  respiro  ,  con  dolore  o  gravativo  o  puntorio  al 
petto  ,  con  tosse  :  e  perciò  avevasi  in  questi  casi  la 
febbre  periodica  detta  pneumonica.  In  que'  sogget- 
ti ,  che  già  soffersero  gastrodinie  e  coliche  ,  osservai 
gli  accessi  febbrili  essere  accompagnati  da  dolore 
al  ventricolo  ,  o  particolarmente  da  vomito  ,  o  da  do- 
lore in  qualche  tratto  del  tubo  intestinale  ;  e  così 
mi  si  presentarono  le  febbri  periodiche  nominate  eme- 
tiche, cardialgiche ,  enteriche.  Rilevai  in  un  conta- 
dino ,  che  per  lo  innanzi  soffrì  più  volte  dolori  ischia- 
tici nella  sola  destra  inferiore  estremità  ,  presentar- 
si  l'accesso    febbrile  accompagnato    appunto    da   sif- 


Febbri  periodiche  8i 

fatto   ischiatico  dolore:  e  perciò  vidi  in  questo  caso 
la    febbre  periodica   detta    ischiatica. 

Trovata  in  casi  molti  questa  corrispondenza  di 
forma  morbosa  della  febbre  periodica  coli'  alterazio- 
ne una  o  più  volte  accaduta  in  un  qualche  viscere, 
di  grave  conseguenza  io  riputava  l'aceesso  febbrile 
in  que'  soggetti  ,  che  soffrirono  alterazione  ne'  visce- 
ri più  importanti  al  mantenimento  della  vita.  Per 
la  qual  cosa  molto  temetti  quando  vidi  preso  da 
febbrile  accesso  il  sig.  Serafino  Fedeli  di  Petritoli , 
già  da  più  anni  emiplegico.  Dopo  la  più  volte  os- 
servata corrispondenza  della  suddetta  forma  morbo- 
sa colle  qualità  dell'  individuo  ,  si  poteva  facilmente 
determinare  ,  che  sarebbe  stata  di  grave  entità  la  ri- 
petizione degli  accessi  febbrili  in  questo  soggetto. 
E  già  il  primo  accesso  lo  indicava.  Un  continuo 
tacito  delirio  ;  un  continuo  e  forte  torpore  nella  par- 
te affetta  ,  un'  alterazione  notabile  nello  stato  della 
respirazione  ,  accompagnarono  sempre  1'  accensione 
■febbrile.  Non  perdei  questo  soggetto  :  però  troncai 
prontamente  il  periodo  morboso  col  solfato  di  chini- 
na ,  feci  eseguire  sanguigne  deplezioni  ,  ed  ammini- 
strare purganti   ed  acqua   di  lauro   ceraso. 

Gì'  individui ,  che  soffrirono  alterazione  al  capo  , 
mi  fecero  sempre  temere  quando  venivano  presi  da' 
febbrili  accessi.  E  sebbene  quando  si  tratta  di  per- 
sone già  affette  da  alterazione  al  capo  non  si  pos- 
sa determinare  quale  delle  tante  forme  morbose  aven- 
ti per  base  una  condizione  in  qualche  parte  dell'  en- 
cefalo possa  svilupparsi  ,  e  credo  che  né  intender  si 
saprebbe  come  e  per  quale  influenza  una  data  alte- 
razione nella  nominata  parte  abbia  a  produrre  piut- 
tosto alcuni  che  altri  sintomi  ;  pure  non  vidi  mai  es- 
ser di  poco  momento  quel  febbrile  accesso ,  che  si 
associava  a'  sintomi  cefalici.  E  se  non  sarà,  di  gran- 
G.A.T.XL.  6 


82  Scienze 

de  imponenza  il  primo  accesso  febbrile  ,  lo  sono  cer- 
tamente quelli  ,  che  al  primo  od  al  secondo  succe- 
dono. In  proposito  di  ciò  ben  sovvienimi  di  Dome- 
nica Sannini  di  Petritoli  sin  da  molti  anni  affetta  da 
dolore  al  capo  ,  la  quale  per  impotenza  soffri  la  ri- 
petizione degli  accessi  febbrili  ,  dopo  alcuni  de'qua- 
li  divenne  durante  l'accesso  assolutamente  letargica. 
Ed  in  modo  particolare  notai  un  altro  caso  terribi- 
le osservato  nella  persona  di  Rosa  Mandolesi  di  Pe- 
tritoli, Questa  donna,  di  gracile  costituzione  ,  di  an- 
ni quarantacinque ,  sin  dalla  sua  fanciullezza  sog- 
getta a  dolore  di  capo  più  volte  accompagnato  da 
febbre,  e  curata  perciò  con  metodo  deprimente ,  nel- 
la stagione  estiva  del  1825  si  ammalò  di  dolore  al 
capo  con  febbre  continua.  La  curai  con  deplezioni 
sanguigne  generali  e  locali  ,  con  purganti  ,  e  con  al- 
tri rimedi  antiflogistici  :  con  tutto  ciò  seguitava  tut- 
tavia la  febbre  col  dolore  al  capo,  specialmente  all'oc- 
cipite. Insistei  nella  cura  deprimente  ,  che  sempre 
trovai  ragionevole  ;  ma  non  potei  impedire  lo  svi- 
luppo di  sintomi  terribili ,  che  dopo  otto  giorni  di 
febbre  continua  comparvero  con  determinati  interval- 
li ,  voglio  dire  l'esser  divenuta  questa  donna  le- 
targica nel  primo  aecesso  periodico  ,  e  quindi  teta- 
nica con  decisa  contrazione  in  tutti  i  muscoli  sog- 
getti alla  volontà.  Appena  marcato  il  periodo  ,  som- 
ministrai all'  inferma  il  solfato  di  chinina  ;  ma  solo 
non  fu  sufficiente  a  prevenire  un  nuovo  accesso  ,  quan- 
tunque per  lo  innanzi  avessi  tenuto  in  questo  sog- 
getto un  metodo  di  cura  in  qualunque  senso  depri- 
mente. Per  la  qual  cosa  considerando  l'indole  della 
malattia  anteriore  al  periodo  morboso  ,  consideran- 
do lo  stato  dell*  inferma  ,  la  molta  frequenza  e  la 
vibrazion  de'  polsi,  unii  al  solfato  di  chinina  rime- 
di deprimenti.  Feci   iniettare  de'  clisteri   antiflogisti- 


Feheiu  periodiche  83 

ci  ,  feci  fare  delle  bagnature  fredde  al  capo  ,  ed  or- 
dinai il  bagno  tiepido  negli  accessi  :  uell'  intervallo 
de'  cjuali  ,  in  cui  potevasi  introdurre  anche  per  boc- 
ca qualche  sostanza  medicamentosa  ,  le  feci  da- 
re per  bevanda  un'  acqua  cremorizzata  ,  e  sommi- 
nistrare di  quando  in  quando  qualche  cucchiaio  di 
una  breve  soluzione  di  pochi  grani  di  tartaro  sti- 
llato. Coli'  aiuto  de'  quali  mezzi  si  troncò  il  morbo- 
so periodo  ,  e  quindi  gradatamente  restò  dissipato  il 
tetano. 

Ma  l'associarsi  alla  febbre  periodica  sintomi  o 
cefalini  ,  o  pneumonici  ,  o  gastrici  ec.  non  rilevai 
aver  sempre  per  causa  un'  alterazione  già  per  lo  in- 
nanzi avvenuta  in  un  dato  viscere  ;  e  né  vidi  po- 
tersi dedurre  questa  causa  da'  ripetuti  febbrili  ac- 
cessi capaci  ad  alterare  l'organica  composizione  di 
qualche  tessuto.  Imperocché  in  certi  casi  colla  feb- 
bre periodica  si  manifestavano  sintomi  pneumonici  , 
gastrici  ec.  in  soggetti ,  che  mai  non  furono  aflel- 
li  da  malattie  di  petto  ,  o  di  basso  ventre  ec  ,  ed 
in  certi  altri  casi  comparivano  questi  sintomi  anco- 
ra nel  primo  accesso  febbrile.  In  conseguenza  se  è 
vero  ,  come  è  verissimo  ,  che  la  febbre  periodica 
prende  varie  forme  a  tenore  dell'  alterazione  acca- 
duta piuttosto  in  uno  che  in  altro  viscere  ,  in  una 
piuttosto  che  in  altra  parte  ,  è  altrettanto  vero  ,  che 
anche  senza  questa  alterazione  si  ha  la  febbre  pe- 
riodica cefalagica  ,  pneumonica  ec.  Di  che  potei  an- 
cora vieraaggiormente  assicurarmi  osservando  la  dif- 
ferenza ,  che  si  nota  tra  le  stesse  febbri  intermit- 
tenti manifestantisi  con  sintomi  per  esempio  pneu- 
monici. E  difatti  in  alcuni  casi  osservai  non  dile- 
guarsi unitamente  al  febbrile  accesso  i  sintomi  ri- 
feribili all'  alterazione  di  un  dato  viscere,  ma  per- 
sistere  questi   stessi   sintomi ,  sebbene  con  minore  in- 

G* 


84  Scienze 

lensitk  ,  anche  nell'  intervallo  degli  accessi  :  al  con- 
trario in  altri  casi  osservai  cessare  l'accesso  febbrile 
unitamente  a'  particolari  sintomi.  E  di  vero  mi  so- 
no incontrato  in  vari  casi  ,  in  cui  potei  verificare 
la  nominata  differenza  :  tra  i  quali  la  febbre  perio- 
dica pneumonica  con  tipo  di  terzana  ,  da  cui  fu  af- 
fetto Felice  Monaldi  di  Petritoli  ,  e  quella  pur  ter- 
zana pneumonica  ,  che  soffri  Domenico  Jervicelli  pa- 
rimenti di  Petritoli ,  mostrarono  tra  loro  decisa  di- 
versificazione. Felice  Monaldi,  che  mai  non  soggiacque 
a  malattia  di  petto  ,  venne  preso  da  febbre  perio- 
dica accompagnata  da  tosse,  da  dolore  puntorio  al 
petto  ,  e  da  affanno  di  respiro  :  il  quale  affanno  nel 
secondo  accesso  ,  e  pròpriamente  nell'  acume  del  ca- 
lor  febbrile,  giunse  a  tal  segno  ,  che  presentò  vera 
orlopnea.  Mentre  l'infermo  si  trovava  in  questo  sta- 
to, fui  chiamato  a  visitarlo  :  e  trovato  indicato  il  sa- 
lasso ,  gli  feci  cavare  dieci  once  di  sangue  dal  brac- 
cio ,  e  consolante  cosa  era  il  vedere  a  tenore  che 
usciva  il  sangue  andarsi  diminuendo  la  difficolta  di 
respiro.  Quindi  col  cessare  dell'  accesso  febbrile  non 
più  si  marcava  alcun  sintomo  pneumonico.  Al  con- 
trario in  Domenico  Jervicelli  ,  che  più  volte  aveva 
sofferto  malattie  di  petto  ,  e  che  senza  aiuto  dell' 
arte  fecesi  ripetere  più  volte  il  febbrile  accesso,  rin- 
venni affanno  di  respiro  ,  tosse  non  molto  molesta  , 
dolore  gravativo  al  petto  nell'  intervallo  degli  ac- 
cessi ,  in  cui  fui  chiamato.  Seppi  poi  ,  ed  era  ragio- 
nevolissimo il  pensarlo  ,  che  i  sintomi  pneumonici 
con  maggiore  intensità  si  presentarono  sotto  gli  ac- 
cessi febbrili.  Nel  primo  caso  io  non  so  supporre  un' 
alterazione  nell'  organica  composizione  della  sostan- 
za polmonale  ;  poiché  alterazioni  di  tale  indole  ,  d:  t- 
te  diatesiche,  non  possono  essere  che  costanti:  in  con- 
seguenza  non   possono    render    ragione  di    sintomi  » 


Febbri  periodiche  85 

che  si  manifestano  ad  intervalli.  Nel  secondo  caso 
poi  ,  in  cui  i  sintomi  pneumonici  si  presentarono  an- 
che nell'  intervallo  degli  accessi  febbrili  ,  è  ragione- 
vole l'ammettere  nel  polmone  la  nominata  alterazio- 
ne. Quel  che  dicesi  della  febbre  periodica  pneumo- 
nica  può  riferirsi  alla  febbre  periodica  di  qualunque 
forma;  in  conseguenza  non  v'ha  dubbio  alcuno,  che 
si  diano  febbri  periodiche  cefalalgiche  ,  pneumoni- 
che  ec  tanto  associate  ad  un'alterazione  costante, 
che  chiamerò  congiunte  ad  affezion  diatesica  ,  quan- 
to senza  di  questa  ,  e  che  nominerò  febbri  periodi- 
che   non    associate   a   diatesi  ,   o    adiatesiche. 

La  differenza  sopranuominata  ,  cioè  la  diver- 
sità che  passa  tra  la  febbre  periodica  congiunta  a 
diatesi  e  la  adiatesica  ,  ambedue  manifestantisi  con 
sintomi  per  esempio  pneumonici  ,  non  solo  la  rin- 
venni tra  que' soggetti  ,  alcuni  -de' quali  già  ebbero 
alterato  un  qualche  viscere,  ed  altri  che  non  soffri- 
rono alcuna  alterazione;  ma  la  vidi  ancora  tra  que- 
gli stessi  ,  che  furono  affetti  da  processi  diatesici  già 
vinti.  E  veramente  ho  trovato  febbre  periodica  in 
individui,  quali  già  affetti  da  pneumonite  ,  quali  da 
febbre  tifoidea ,  quali  da  febbre  gastrica  così  det- 
ta ec.  ,  ed  ho  notato  in  molti  di  questi  casi  è  vero 
la  febbre  periodica  pneurnonica  ,  cefalalgica,  cardial- 
gia ;  ma  non  sempre  ho  veduto  la  costanza  de' sin- 
tomi relativi  al  viscere  già  affetto  nell'  intervallo 
de'  febbrili  accessi.  Gostanza  è  questa  ,  che  credo  so- 
la poter  esser  criterio  della  stabilita  diatesi  ;  sen- 
za di  cui  tu  invano  cerchi  trovare  un  fondamento 
per    giudicar   diatesica   una   data    alterazione. 

Ai  risultati  generali  fin  qui  espressi  ,  dall'  os- 
servazione desunti,  aggiungerò  pur  anche  i  seguenti. 
Vidi  casi  molti  di  febbre  periodica  venuta  in  segui- 
to d'un'  affezione  continua,  e    per  contrario  ad  una 


86  Scienze 

febbre  periodica  vidi  più  volte  succedere  una  con- 
tinua affezione.  E  veramente  in  seguito  d'una  pneu- 
monite  ,  nel  tempo  in  cui  si  avevano  tutti  gì'  irr- 
dizj  della  risoluzione  della  flogosi  ,  si  manifestava- 
no accessi  febbrili  con  marcato  e  deciso  periodo  :  il 
primo  accesso  de'  qnali  l'avresti  detto  una  riaccen- 
sione di  quella  flogosi  ,  da  cui  fu  affetto  il  polmo- 
ne ;  e  credo  che  questo  giudizio  allora  soltanto  po- 
teva correggersi ,  quando  si  manifestava  l'intervallo 
anche  di  un  giorno  tra  il  primo  ed  il  secondo  ac- 
cesso. Imperocché  si  potrà  concepire  ,  che  un  tur- 
gore vascolare  sia  periodico  ,  e  quindi  causa  di  sin- 
tomi manifestantisi  ad  intervallo  ;  ma  non  s'inten- 
derà certamente  come  una  flogosi  ,  un'  alterazione 
per  sua  natura  costante,  sia  causa  ,  e  possa  render 
ragione  di  sintomi  che  intermettono  per  conside- 
revoli e  determinati  spazj  di  tempo.  Oltre  di  che 
ho  trovato  soggetti  molti  presi  da  febbre  ,  che  si 
sarebbe  detta  pe'  sintomi  ,  con  cui  si  manifesta- 
va ,  in  alcuni  catarrale  ,  in  altri  reumatica  ;  e  che 
durava  i  cinque  o  i  sette  giorni  fino  a  tanto  che 
con  sanguigne  deplezioni  ,  e  con  rimedj  deprimenti 
non  si  dissipava  quel  che  di  continuo  si  unisce  so- 
vente ad  una  periodica  affezione.  In  seguito  di  ciò 
si  manifestava  decisamente  la  febbre  periodica  ,  che 
non  con  altro  mezzo  polevasi  vincere  con  prontez- 
za   se  non    colla   china    o    col   solfato    di   chinina. 

In  proposito  della  febbre  periodica,  che  le  mol- 
te volte  succede  ad  una  continua  affezione  ,  stimo 
opportuno  il  riferire  qui  un  caso  di  febbre  inter- 
mittente perniciosa  emiplegie!  presentatasi  in  segui- 
to d'una  febbre  continua.  Un  tal  caso  avvenne  nel- 
la persona  di  Anna  Mazzarini  di  Castelplanio.  Que- 
sta donna  di  anni  3o,  contadina  ,  di  robusta  costi- 
tuzione ,  si  ammalò  di  febbre  gastrica  con  forte  do- 


Febbri  periodiche  87 

lore  al  capo  ,  all'  epigastrio  ;  e  fu  curata  perciò  col 
salasso  ,  con  varj  purganti  ,  con  clisterj  ,  e  con  be- 
vande diluenti.  Nel  corso  della  qual  febbre  non  si 
marcava  quella  regolarità  di  remissioni  e  di  esaeer- 
bazioni  ,  che  la  maggior  parte  delle  volte  si  riscon- 
tra in  febbri  di  tal  carattere  ;  ma  si  presentava  nel 
corso  febbrile  un  andamento  irregolarissimo.  Poiché 
l'esacerbazione,  non  sempre  preceduta  da  brividi,  ol- 
tre non  esser  costante  avveniva  in  qualche  giorno 
nelle  ore  della  sera ,  ed  in  qualche  altro  in  quel- 
le del  mattino  :  di  pari  passo  succedevano  le  remis- 
sioni ,  che  solamente  qualche  volta  venivano  pre- 
cedute da  sudore.  Si  notava  ancora  varietà  nell'an- 
damento febbrile  col  variar  de'giorni  medesimi  ;  poi- 
ché v'era  una  giornata  ,  nella  quale  si  aveva  pic- 
colissima esacerbazione  febbrile  ,  ed  in  un'  altra  la 
esacerbazione  era  assai  forte  :  tutto  ciò  però  acca- 
deva sempre  in  un  modo  irregolare.  Finalmente  nel 
duodecimo  giorno  di  malattia  dissipati  i  sintomi  di 
gastricismo  ,  come  potè  rilevarsi  dalla  cessazione  del 
dolore  all'epigastrio  ,  dall' esser  divenuta  pulita  la 
lingua  ,  dalle  evacuazioni  naturali  ,  dall'  esser  na- 
turalissimo il  basso  ventre ,  si  presentò  la  febbre 
con  decisa  intermittenza.  Nel  primo  accesso  di  que- 
sta febbre  si  manifestò  impegno  particolare  al  ca- 
po ,  mentre  un  certo  grado  di  stupidità  si  manten- 
ne costante  durante  l'intero  accesso  febbrile.  Nel  se- 
condo si  ebbe  a  marcare  una  serie  di  sintomi  sin- 
golarissimi :  poiché  nello  sviluppo  medesimo  della 
febbre  tutto  ad  un  tratto  l'inferma  soffri  dolore  e 
semi  paralisi  nell'  inferiore  e  superiore  estremità  si- 
nistra ,  ed  in  pari  tempo  vien  presa  da  moti  con- 
vulsivi ne'  muscoli  della  faccia  ,  specialmente  dalla 
sinistra  parte,  in  modo  da  rendere  l'angolo  sinistro 
della  bocca    declive    verso  la  parte    semiparalizzata  : 


88  Scienze 

anche  la  lingua  era  presa  da  semiparalisi  ,  per  cui 
l'inferma,  oltre  il  soffrire  impedimento  al  moto  nel- 
le sinistre  estremità  ,  non  poteva  proferire  ancora 
che  con  sommo  stento  un  qualche  vocabolo.  La  qual 
serie  di  sintomi  si  mostrava  con  forza  nelF  acume 
del  calor  febbrile  ,  e  quindi  a  poco  a  poco  si  dis- 
sipava. Nel  terzo  accesso  febbrile  ricomparvero  i  sin- 
tomi medesimi,  che  si  presentarono  nel  secondo.  Per 
siffatta  ricomparsa  di  sintomi  non  si  potè  dubita- 
re che  si  trattasse  di  una  periodica  perniciosa  emi- 
plegia; per  cui  si  amministrò  il  solfato  di  chinina, 
e  con  questo  rimedio  restò  dissipata  la  febbre  pe- 
riodica con  qualche  sintomo  emiplegico  ,  e  fu  re- 
stituita   perfettamente   la    salute    all'  inferma. 

Varj  pure  furono  que'  casi  ,  ne'  quali  vidi  suc- 
cedere un'  affezion  continua  alla  febbre  periodica. 
Ciò  accadde  in  que' soggetti ,  che  o  d'altronde  sani 
non  vollero  sottomettersi  ad  una  cura  ,  e  permet- 
teano  che  i  febbrili  accessi  di  molto  si  replicas- 
sero per  modo  tale,  che  da  siffatta  ripetizione  alte- 
rato nella  sua  organica  composizione  rimase  qual- 
che viscere  :  oppure  accadeva  in  quegl'  individui  , 
che  già  per  altre  sofferte  malattie  soggiacquero  me- 
diante i  febbrili  accessi  alla  recidiva  di  quell'  alte- 
razione medesima,  che  già  si  sviluppò  in  un  dato 
viscere,  e  che  pur  si  vinse.  Si  vedeva  in  questi  ca- 
si il  periodo  non  esser  più  decisamente  marcato  , 
allorché  l'alterazione  in  quel  parlicolar  viscere  an- 
davasi  stabilendo  :  e  quindi  questa  stessa  alterazio- 
ne giunta  ad  un  certo  punto  ,  che  l'arte  ,  credo  , 
non  arriva  a  dimostrare  ,  non  si  scorgeva  allatto  il 
morboso  periodo.  La  flogosi  del  fegato  e  della  mil- 
za in  modo  particolare  mi  fece  rilevare  esempj  del- 
la nominata  successione:  e  tra  i  molti  casi  osservai 
in  un  contadino  la  successione  di  una  febbre   perio- 


Febbri  pemodiche  89 

dica  in  una  fortissima  epatite  ,  che  ad  onta  del  più 
rigoroso  metodo  antiflogistico  passò  fatalmente  a  can- 
crena ,  come  potè  esser  ciò  confermato  colla  sezion 
cadaverica.  Questo  succeder  d'affezion  continua  al 
periodo  morboso  minutamente  ed  in  tutti  i  suoi  pas- 
si si  scorgeva  in  quegl'  individui  ,  che  si  ricusavano 
di  assoggettarsi  all'uso  delle  sostanze  medicamentose  : 
non  così  però  esattamente  si  osservava  in  quelli  , 
ne'  quali  l'arte  poteva  disturbare  i  passi  dell'alte- 
razione d'un  dato  viscere  ,  e  ne'quali  pure  riusci- 
va di  vincere  mediante  opportuno  metodo  di  cura 
quella  condizione  associata  alla  febbre  periodica  ,  e 
causa  prossima  dell'  affezion  continua.  In  seguito  di 
che  7  cioè  dopo  vinta  la  nominata  condizione  ,  vidi 
pur  più  volte  tornar  di  nuovo  a  presentarsi  marca- 
tamente e  con  varj  tipi  i  febbrili  accessi  ,  i  quali 
cedevano  allora  alla  sola  china  ed  al  solfato  di 
chinina. 

La  continua  affezione  succeduta  alla  febbre  pe- 
riodica si  presentava  talora  anche  senza  alterazion 
febbrile  :  e  veramente  in  alcuni  soggetti  in  seguito 
di  febbre  periodica  rimase  costante  dolore  al  capo  , 
che  cede  all'applicazione  delle  sanguisughe  nelle  tem- 
pie :  in  altri  rimase  costante  dolore  allo  stomaco  , 
che  si  vinse  co' purganti  e  colle  frizioni  di  pomata 
stibiata  fatte  nella  regione  epigastrica  :  in  altri  suc- 
cedeva alla  febbre  periodica  dolore  costante  in  qual- 
che tratto  della  spina  dorsale  ,  che  si  dissipava  coli' 
applicazione  delle  sanguisughe  ,  ed  anche  colle  fri- 
zioni di  pomata  stibiata  fatte  nel  luogo  dolente  : 
infine  molti  erano  i  casi  di  fisconie  ,  che  succede- 
vano alle  febbri  periodiche  senza  essere  accompa- 
gnate da  febbre  ,  e  che  cedevano  a'  cosi  detti  rime- 
dj  insolventi. 


QO  S    G    I    K    N    Z    E 

Alle  citate  distinzioni  osservate  nelle  febbri  pe- 
riodiche   credo    essere   opportuna    cosa    qui    aggiun- 
gere il  predominio  di  alcune    di  loro  ,    che    osservai 
costantemente  nel  mio  clinico  esercizio.  Un  tal  pre- 
dominio  venne   presentato   da  quelle   febbri   periodi- 
che ,   che    sono    congiunte   a    condizion    diatesica.    Il 
che    facilmente    poteva    rilevarsi  ;    imperoechè    nella 
maggior  parte   de'  casi  si  scorgevano  le  fisionomiche 
impronte   dell'  alterazione  di   un   dato    viscere    anche 
nell'  intervallo    degli  accessi   febbrili.  Esattamente  si 
rilevavano   in    questo  tempo   la   tinta   subitterica  ,  la 
tensione  ,  il  dolore   sebbene  non  molto  forte  all'  ipo- 
condrio   destro    in   que'  soggetti  ,  che  furon    presi  da 
febbre  periodica    associata    a   condizion   diatesica  nel 
fegato.   Nella    periodica  tetanica  ,   che  sopra   ho    nar- 
rato ,  distinto  marcatissimamente   era   l'uno   dall'altro 
accesso  ,   ma   non  era   libero   il  soggetto    nell'  inter- 
vallo   di    essi    febbrili    accessi  :    nel    primo    de'  quali 
certo   grado   di    sopore   distintamente   si    notava  ;    ed 
in  seguito    negli    altri   intervalli    la    nominata    donna 
era  ancor    tetanica,  sebbene   in    un   grado    assai    mite 
a  confronto   di   quello  ,  in  cui   si   trovava   nell'acces- 
so medesimo.  In  molti   casi   di   febbre   periodica  car- 
dialgia  ho  notato  il  dolore   nella   regione  epigastri- 
ca ,    un   senso   d'interno    ardore  proseguire,  non    con 
molta    forza   però,    anche    tra    l'uno    e   l'altro  accesso 
febbrile.    Ancora    quegl'  individui  ,  che  furono  affetti 
da  febbre  periodica    cefalalgica  ,   seguitavano    ad    ac- 
cusare dolore  al  capo  anche  nell'  intervallo  degli  ac- 
cessi. Ne'  quali  casi  tutti  mai  non  rinvenni  il  polso  nor- 
male fra  un  accesso  e  l'altro  di  febbre  periodica  ma- 
nifestantesi    con    qualunque  tipo  ;  e  neppure  trovava 
proporzione  tra  lo  stato  del  freddo  e  quello  del  cal- 
do e  del  sudore.  In  somma  nella  maggior  parte  de'ca- 
si  si  manifestavano    que*  sintomi  ,  pe'  quali  si  rileva 


Febbri  periodiche  91 

che   un'  alterazioni    diatesica   è    associata    alla   febbre 
periodica. 

Riassumendo  ora  le  osservazioni  fatte  sulle  feb- 
bri periodiche  ,  che  si  presentarono  nel  mio  clinico 
esercizio  in  Roma  ed  in  varj  luoghi  delle  Marche  , 
affermo:  i°  Che  ebbi  a  notare  febbri  periodiche  sem- 
plici ,  manifestantisi  cioè  co'  soli  proprj  segni  ca- 
ratteristici :  20  Che  mi  si  dettero  febbri  periodiche  , 
le  quali,  oltre  i  proprj  segni  caratteristici,  mi  si  pre- 
sentarono con  altri  sintomi  riferibili  all'  alterazione 
di  qualche  viscere  ,  o  di  qualche  altra  parte.  In- 
torno a  queste  ultime  notai  in  primo  luogo  ,  che  le 
febbri  periodiche  prendono  sovente  una  data  forma 
a  tenor  dell'alterazione  già  accaduta  in  un  qualche 
viscere.  In  secondo  luogo  osservai  ,  che  negl'  indi- 
vidui per  lo  innanzi  affetti  da  alterazione  diatesica 
la  febbre  periodica  della  forma  relativa  alla  detta 
alterazione  sì  associa  in  alcuni  casi  a  quest'affezion 
diatesica ,  ed  in  altri  casi  è  della  stessa  forma  sen- 
za essere  associata  a  diatesica  affezione.  In  terzo 
luogo  rimarcai  ,  che  si  ha  la  febbre  di  una  data 
forma  senza  essere  associata  ad  una  diatesi  in  sog- 
getti, che  mai  non  soggiacquero  a  diatesica  alterazione. 
Oltre  di  che  osservai  ,  che  succede  febbre  periodi- 
ca ad  affezion  continua,  e  per  contrario  da  una  feb- 
bre periodica  avviene  una  continua  affezione  ,  la 
quale  talvolta  si  presenta  anche  senza  alterazion  feb- 
brile. Per  ultimo  ho  notato,  che  tra  le  febbri  perio- 
diche predominano  quelle  ,  che  sono  congiunte  a  con- 
dizione diatesica. 


92 


Sopra  un  nuovo  fenomeno  geologico  al  gran  sasso 
d'Italia.  Discorso  di  agostino  Cappello  letto  alV 
accademia   de  lincei   nel    dì    29  settembre  1828. 


I 


1  di  11  agosto  nell'anno  1808,  spinto  più  da  sem- 
plice curiosità  che  da  scientifico  zelo  ,  mi  condussi 
dall'Aquila  al  gran  sasso  d'Italia.  Ma  se  più  fiate 
ed  in  più  punti  io  vidi  da  lungi  questa  montagna, 
questa  volta  giunto  appena  alla  cima  delle  sue  fore- 
ste ,  ingombre  di  vapori  ,  vie  più  addensati  sulla  su- 
blime sua  vetta  ,  dovetti  tosto  partirne  :  dappoiché  , 
ad  un  andirivieni  di  lampi  e  di  saette,  sciolsersi  le 
medesime  in  dirotta  e  durevole  pioggia.  Neil'  aprile 
dell'  anno  182G  il  nostro  laborioso  ascolano  Anto- 
nio Orsini  diemmi  notizia  di  uno  sfaldamento  acca- 
duto nell'  anno  1821  al  N.  E.  di  questa  montagna 
dalla  parte  di  Teramo  ,  sopra  il  bosco  chiamato  di 
s.  Niccola.  Perlocchè  a  pie  di  quello  sfaldamento  nel 
luglio  1825  aveva  esso  raccolta  una  roccia  non  mai 
più   veduta  cola    da'  precedenti    naturalisti. 

Nel  luglio  di  quell'  anno  (1826),  dopo  due  me- 
si di  pericoloso  morbo  febbrile  ,  andai  io  in  Abruz- 
zo per  respirarvi  l'aere  natio  ;  e  nacquemi  desi- 
derio vivissimo  di  portarmi  a  Monte  Corno  ,  tosto- 
chè  le  mie  abbattute  forze  fossero  restaurate.  Ma  al- 
la febbril  malattia  successe  topico  ,  crudo  ,  e  pro- 
teiforme malore  ,  che  a  tutt'  altro  ,  che  a  montani- 
stiche  peregrinazioni  ,   fece  volgere  i  miei    tristissimi 


Fenomeno  geologico  q3 

pensieri  (i).  Tutlavolta  ,  innanzi  di  tornare  in  Ro- 
ma ,  scrissi  al  Nestore  degl'  illustri  abruzzesi ,  Mel- 
chiorre Delfico  ,  come  a  colui  ,  che  io  divisava  ,  do- 
vesse più  d'ogni  altro  conoscere  questo  geognostico 
avvenimento.  Ma  egli  con  gentil  cortesia  risposemi  , 
che  ogni  dì  dalla  sua  fenestra  salutava  con  venera- 
zione questa  montagna  non  mai  da  esso  avvicinata. 
Aggiungeva  che  il  Delfico  scrittore  della  medesima 
era  Orazio  suo  nipote  ,  ora  dimorante  in  Napoli  : 
esortavano  in  fine  di  rivolgermi  per  l'obbietto  al  sul- 
lodato  ascolano  ,  il  quale  appunto  in  fra  quel  tem- 
po regalavami  il  piccolo  saggio  della  desiderata  roc- 
cia ,  che  io  sottopongo  oggi    ai  vostri  sguardi  lincei. 

Nessuno  avendo  fatto  di  pubblica  ragione  quest' 
interessante  fenomeno  geologico  ,  ho  io  creduto,  mal- 
grado della  non  perfetta  conoscenza  di  quella  località  , 
di  congiungere  le  mie  colle  altrui  notizie  qua  e  la 
sparse  ;  onde  coordinarne  un  insieme,  che  degno  fos- 
se della  vostra  e  della  pubblica  attenzione  ;  corre- 
dandolo ,  in  tanta  copia  di  geologici  lumi  ,  di  tutti 
quegli  schiarimenti  e  riflessioni  ,  che  le  mie  poche 
cognizioni    mi  hanno    somministrato  (2). 

Dal  Col  di  Tenda  fino  a  Capo  delV Armi  per  6/{o 
miglia  italiane  estendesi  dal  N.  O.  al  S.  E.  la  cate- 


(1)  La  cagione  essenziale  de1  miei  inali  fu  da  me  ri- 
ferita in  una  nota  nella  mia  prima  mem.  sull"  idrofo- 
bìa pag.    4°?  4r>  e  §i°rn-  arcad.  torà.  XX pag.  3o5,  307. 

(2)  //  eh.  Tenore  nel  cenno  sulla  geografia  fisica  e 
botanica  del  regno  di  Napoli  testé  pubblicata  al  cap.  I 
pag.  8  scrive  :  „  In  un  solo  luogo  del  gran  sasso ,  e  pre- 
„  cisamente  a  Fano  di  corno  sopra  s.  Nicola  ,  il  signor 
„  Orsini  dotto  naturalista  di  Ascoli ,  ha  trovato  uno  stia.* 
„  lo   ertissimo   di  gneiss  „  . 


<)4  S    C    I    E    Bl    Z    E 

na  degli  appennini  ,  dividendo  per  lungo  l'Italia  Lei- 
la. E  quasi  nel  di  lei  centro  ,  che  sopratutti  gli  ap- 
pennini  erge  nell'  Abruzzo  Ulteriore  sublime  la  sua 
cresta  Monte  Corno  ,  appositamente  distinto  col  no- 
me di  Gran  Sasso  a" Italia.  Da  un'  istessa  base  ,  in 
cui  prende  origine  una  giogaia  di  alti  monti  ,  in- 
nalzasi il  gran  sasso  ,  diviso  dai  medesimi  per  ope- 
ra de'  secoli  ,  delle  acque  ,  e  delle  meteore.  Percioc- 
ché vi  si  veggono  frapposte  grandi  e  profonde  val- 
li ,  ritenendo  ogni  montagna  il  parziale  suo  nome  , 
derivato  generalmente  dai  sottostanti  castelli  e  vil- 
laggi (r).  La  identità  delle  rocce  ,  l'altezza  e  la  giu- 
stezza di  livello  ,  in  che  corrispondono  i  loro  stra- 
ti ,  confermano  l'origine  comune  di  questi  monti  , 
che  or  quasi  eguagliano  ,  or  umile  corona  fanno  al 
padre  degli  appennini. 

Né  io  discredo  ,  ma  tengo  certo ,  che  più  nu- 
merosi di  oggidì  fossero  un  tempo  gli  abitatori  del- 
le falde  di  questa  montagna  ;  e  che  un  oggetto  di 
culto  da  loro  si  prestasse  alla  medesima  (2).  In  al- 
tro mio  discorso   sugli  appennini   provai   con  istori- 


ti) /  nomi  più  distinti  delle  medesime  sono,  monta- 
gna di  Fano  Adriano  ,  montagna  «Tlntermesoli  ,  Corno 
piccolo  ,  o  montagna  della  Pietra  ,  Corno  grande ,  o  Mon- 
tecorno  (gra?i  sasso  d'Italia)  ,  montagna  delle  Tre  tor- 
ri ,  montagna  di  Vado  ,  montagna  di  Pagliari ,  monta' 
gna  dai  Castelli ,  montagna  della  Portella  ,  montagna  dì 
Cefalone  etc. 

(2)  Il  chiar.  cav.  Fossombroni ,  per  tacere  di  tanti 
altri  ,  scrive  :  La  population  de  l'antique  Italie  ne  demeu- 
roit  pas  dans  les  plaines  ,  mais  sur  les  montagnes  ainsi 
que  1'  attestent  les  ruiues  et  l\histoire.  Bibl.  u/iiv.  art. 
agric.   toni.  2.0  pag.  7. 


Fenomeno  geologico  q5 

ci  documenti  ,  dimostrati  da  geologico  ragionamen- 
to ,  die  ivi  stanziarono  i  primi  italiani  (i).  Al  che 
arroge  la  maggior  coltivazione  ne1  primitivi  tempi  del- 
le terre  ,  trascinate  poscia  incessantemente  dalle  al- 
luvioni alle  più  inferiori  pianure.  In  onta  però  che 
queste  a  spese  de'  montani  terreni  ogni  di  arricchi- 
scano ,  tuttavia  ,  stante  le  estese  foreste,  formansi  di 
continuo  gì'  ingrassi  vegetali ,  in  ispecie  dalle  foglie 
macerate  e  decomposte  dalle  acque  superiori  ,  e  da- 
gli scoli  perenni  delle  nevi ,  che  in  un  colle  scioltevi 
particelle  terrose  ,  inaffiano  le  tasi  de'  più  alti  ap- 
pennini.  Vigorosa  difatto  osservasi  la  vegetazione  al- 
le falde  de'  medesimi.  Ed  è  cosa  veramente  vaga  e 
sorprendente  il  vedere  ,  come  fra  l'asprezza  de'  mon- 
ti in  discorso  ,  rigogliose  mostrinsi  le  piante  cerea- 
li di  ogni  specie  ,  e  la  vite  carica  de'  suoi  doni.  Suc- 
cedon  indi  amene  praterie  ,  cui  soprastano  folti  bo- 
schi di  alto  fusto  ,  dopo  i  quali  nudo  presentasi  il 
gran  sasso  ,  e  spoglio  di  ogni  vegetazione.  Risveglia 
nullostante  la  sna  presenza  stupendo  spettacolo  ,  mi- 
sto insieme  di  orrore  e  di  ammirazione.  Lacerati  pro- 
fondamente veggonsi  i  suoi  fianchi  ,  tagliate  sono  a 
perpendicolo  ,  od  a  picco,  non  poco  delle  sue  parti  : 
e  tuttociò  per  opera  delle  alluvioni  ,  delle  meteore 
e  di  tanti  altri  elettrici  fenomeni  nella  moltiplicità 
de'  secoli  avvenuti  .  PiccioJ  piano  inclinato  forma 
l'estremo  suo  vertice ,  che  innalzasi  sopra  il  livel- 
lo   del  mare   9377  piedi  parigini    (2).  D'ordinario   è 


(0  Osservai,  geolog.  ,  e  memor.  stor.  di  Accumuli 
pag.  5«,  giom.  are.  toni.   28.  pag.   292. 

(2)  Osservazioni  di  Orazio  Delfico  su  di  una  pie* 
ciola  parte  degli  appennini  1796.  Il  signor  Schouw  di 
Coppenaglien   lo  trovò   alto  9000.  piedi  insieme  coli"  Or» 


qQ  S  c  i  e  z  n  e 

desso  coperto  di  neve ,  la  quale  rimane  perpetua 
nelle  cupe  valli.  In  una  di  queste  offresi  allo  sguar- 
do una  maestosa  conca  circondata  da  aite  rocce , 
e  sulla  congelata  neve  limpido  e  perenne  discorre 
un    ruscelletto   decantato   dal  cel.  Fontano  (i). 

Se  la  cima  del  G.  S.  sgombra  sia  dalle  nubi , 
che  per  lo  più  la  circondano  ,  ne  gode  sommamen- 
te l'animo.  Imperocché  guardansi  da  cola  i  due  ma- 
ri che  bagnano  l'Italia  ,  e  le  sponde  della  Dalma- 
zia ;  e  tutto  quello  insomma  vi  si  ammira  che  oc- 
chio ,  precipuamente  armato  ,  possa  mai  vagheggiare 
in  sito  cotanto  montano.  Né  l'occhio  né  la  mente  è 
quivi  mai  sazia  in  contemplare  questi  e  tanti  altri 
maravigliosi   fenomeni. 

Qua  sorge  il  Vomano  ,  chiamato  inumano  per 
le  vittime  che  divora   (2)  ;  la  il  rinomato  fiume  Ater- 


si ni  ,  il  quale  in  4  anni  consecutivi  lo  ha  trovato  sem- 
pre neW  altezza  di  9494  piedi.  Il  sig.  Reuss  dice  in- 
nalzarsi non  più  di  8255  piedi  (  bibl,  ital.  toni.  XIV 
pag.  363  )  .  G.  Bernardino  Delfico  nella  prefaz.  di  una 
sua  opera ,  in  cui  è  annesso  il  lavoro  del  suddetto  Ora- 
zio suo  figlio  ,  rivendica  V  errore  del  Reuss  ,  il  quale  né 
visitò  ,  né  pur  da  lungi  mai  vide  il  G.  S.  Era  ciò  ne- 
cessario di  avvertire  ,  poiché  la  sua  tavola  metrica  delV 
altezza  delle  montagne  fu  inserita  ancora  dal  cel.  Breislak 
nel    1°   voi.   della    sua  geologia. 

(1)  De  fontibus  et  fluminibus  pag.  i3  -  Più  sorpren- 
dente è  il  fenomeno  registrato  nei  viaggi  di  Kotzbue  di 
una  montagna  di  ghiaccio  sopra  cui  vegetava  V  erba. 
Bibl.   univ.   tom.    ic\.   pag.     186. 

(2)  Il  chiar.  Ab.   Fortis    scrive  : 

Si   dileguaro  al/in   l'orride  brume  , 
E  diffidò   l'oscuro    vaio  il  sole. 


Fenomeno  geologico  97 

no  (1).  Qnìt  improvvisamente  spiccia  un  fìumicello 
dal  monte  :  in  quella  parte  un  torrente  precipita  iu 
profonda  voragine  ,  formando  scherzevoli  ,  e  vagan- 
tissime cascate  di  acqua.  Romantico  e  venerando  è 
l'aspetto  di  una  cascata  ,  che  spiccandosi  dalla  ru- 
pe ,  a  guisa  di  trasparente  ventaglio  cuopre  l'ingres- 
so di  cupo  antro.  Più  profonda  è  una  voragine  in 
altra  parte  ,  e  più  rilevante  è  lo  squarcio  del  mon- 
te fatto  dalla  violenza  delle  acque  :  sì  celere  poi  è 
la  caduta  de'  loro  getti ,  che  alcuno  di  essi  ,  in  ve- 
ce di  giugnere  al  suolo  ,  disperdesi  in  minutissimi 
spruzzi  per  l'aere.  In  questa  voragine  ,  distinta  col 
nome  d'inferno  di  s.  Colomba  ,  odesi  ed  osservasi 
all'  opportunità  altro  spettacolo  orrendo.  Valanghe 
di  neve  ivi  preci  pi  tansi  di  repente  ,  ingrossan  per 
via;  e  cotanto  è  l'empito  loro,  che  schiantano  e  de- 
vastano con  orribile  fragore  ,  non  solo  le  sottostan- 
ti  foreste  ,  ma  spingendo  le  colonne  d'aria  con    tan- 

Io  varcai  i  monti ,  e  di  Voraano  il  Jiume  , 
Che   i  peregria    sovente   ingojar   suole  , 
E  poggiai  del   vetusto  Atri  al    cacume 
Per  vie   voraginose  ,   alpestri  e   sole.  - 

Dopo  Somiglia  di  corso  ,  in  cui  mettono  foce  nume- 
rosi \nfluenti  ,  tra  Monte  Pagano  e  Mutignano  sit  get- 
ta il    Vomano    nelV  Adriatico . 

(1)  Questo  fiume  bagna  le  rovine  di  Amiterno  ,  in- 
grossa presso  V Aquila  ,  dopo  aver  percorse  i5  miglia. 
Discorre  presso  Vantico  Corfinio  ,  e  quindi  a  Popoli ,  do- 
po il  camino  di  circa  4<>  miglia  ,  prende  V  A  terno  il  no- 
me di  fiume  Pescara.  Ha  questo  un  letto  più  largo 
e  più  profondo  ,  e  dopo  ?4  miglia  tra  i  fiumi  Salino 
e  Lenta  gettasi  nelV  Adriatico. 

G.A.T.XL.  7 


98  Scienze 

ta  forza  nell'  opposta  parte  ,  vi  producono  lo  stes- 
so devastamento.  Questo  fenomeno  ,  chiamato  grava- 
re dagli  abitanti  convicini  ,  è  stato  osservato  anco- 
ra da  Saussurre  nelle  Alpi  (i). 

Se  piuttosto  piacevole  sembra  finora  quest'escur- 
sione ,  vuoisi  dire  che  al  diletto  congiungesi  la  tri- 
stizia ,  che  diviene  talora  spavento  ,  onde  rimovere 
pericolosi  ed  indispensabili  ostacoli.  E  fa  duopo  in- 
vero ,  per  incontrarli  e  superarli  ,  di  essere  domina- 
ti o  da  un' eccessiva  curiosità,  o  da  forte  passio- 
ne per  la  scienza  ,  ovvero  dall'  ardente  sete  di  rin- 
venirvi nobili  sognati  metalli.  Imperciocché  balze  al- 
pestri,  scoscese  ed  inaccessibili;  ripide  rocce,  spaven- 
tevoli dirupi  ,  cupe  voragini  ;  sdrucciolevoli  frane  ren- 
dono ad  ogni  passo  straripevole  e  pericoloso  il  cam- 
mino a  misura  che  giungersi  voglia  alla  sublime  sua 
vetta.  Ne  minori  di  quei  della  montata  ,  sono  i  pe- 
ricoli   della  discesa» 

Questa  breve-grafica  descrizione  premessa  ,  lad- 
dove il  prefisso  scopo  più  mi  chiama ,  vuoisi  ora 
discorrere. 

Ed  in  primo  luogo  considerarsi  dee  ,  che  negli 
appennini  ,  dopo  avere  l' universale  oceano  soper- 
chiate le  sue  vette  ,  e  succedute  per  ogni  dove  pre- 
cipitazioni chimiche  di  carbonato  calcareo  ,  nel  ri- 
tiro delle  acque  marine  ,  e  nelle  loro  dimore  a  pie 
de'  medesimi  ,  furono  ammassati  i  materiali  delle  col- 
line ,  o  col  sedimento  delle  acque  fluenti  ,  o  col  me- 
teorico disfacimento    delle  montagne.  I  ciottoli    are- 


(i)  Assai  di  rado  ,  ma  più  terribile  per  le  conse- 
guenze ,  è  consimile  il  fenomeno  da  me  descritto.  Osserv. 
geolog.  cit.  pag.  27  ,  2g  ,  29,  e  qiurn.  arcaci,  toni,  id, 
pag,  3i4  ?  3iS. 


Fenomeno  geologico  99 

narii  ,  calcarei  e  silicei  ,  la  ghiaia  calcarea  ,  e  tutte 
le  terziarie  formazioni  comprovano  queste  ,  or  assai 
minorate,  ma  incessanti  verità:  rimanendo  manife- 
stissime le  accennate  precipitazioni  di  calce  carbo- 
nata (i). 

Di  tal  natura  fu,  a  un  dipresso  ,  considerato  il 
suolo  ,  di  cui  si  discorre  ,  dal  sig.  marchese  Delfico* 
Di  tal  natura  lo  rinvenne  nell'  anno  1819  un  gran- 
de italiano  ,  un  nostro  linceo,  l'ottimo  amico  nostro, 
il  defonto  Brocchi  ,  vittima  non  ha  guari  delle  natu- 
rali scienze  in  clima  inospitale  e  deserto  ,  e  perdi- 
ta  lagrimevole  per    l'Italia    (2).    Ma   lo  sfaldamento 


(1)  Quando  Brocchi  pubblicava  la  sua  dottissima  Con- 
chiologia  fossile  subappennina  ,  la  geologia  era  poco  meri 
che  bambina  •  pure  intorno  all'  argomento  in  quìslione 
dice  ...  „  Si  può  francamente  asserire  ,  che  la  scienza 
,,  geologica  non  vanta  finora  che  una  sola  ed  unica  ve- 
„  rità  dimostrata  ,  oltre  alla  quale  tutto  è  dubbio  ,  in- 
,,  certezza  e  problema.  Questa  verità  è  ,  che  fuvvi  un 
„  tempo  ,  in  cui  il  mare  tutta  allagava  la  superficie 
,,  della  terra ,  e  giungeva  a  tanta  altezza  da  sover- 
„  chiare  la  cima  delle   montagne.  „    Tom.  1    pag.   io  ,  ir. 

(2)  Una  compagnia  di  circa  20  persone  note  in  Bo- 
ntà per  fama  e  dottrina  ,  a  sollievo  delle  fatiche  del  gior- 
no ,  si  riunisce  in  un  pubblico  cnjfè  dalle  ore  i\  in- 
sino  alle  due  della  notte.  Dotti  viaggiatori  stranieri  e 
nazionali  intervengono  di  sovente  al  loro  piacevole  ,  one- 
sto ,  e  d'ordinario  scientifico  inlertenimento.  Il  Brocchi  , 
cotanto  benemerito  di  Boma  ,  nelle  sue  lunghe  dimore 
in  questa  capitale  ,  era  la  delizia  di  questa  compagnia. 
Formando  io  l'ultimo  numero  della  medesima  ,  ben  mi 
rammento  ,  non  esservi  stata  settimana  ,  per  non  dir 
giorno ,  in  che  non  si  ricordasse  onorevolmente   ed  ajfct- 


ioo  Scienze 

del  1821,  di  sopra  accennato,  avendo  messo  allo  sco- 
perto una  roccia  assai  ben  differente  da  quelle  dian- 
zi ivi  note  ,  ha  palesato  di  diversa  indole  la  base 
di  questa  montagna,  ricoperta  poscia  da  chimiche  pre- 
cipitazioni di  carbonato  di  calce  dalle  acque  mari- 
ne   deposto. 

Esaminate  di  grazia  il  picciolo  saggio,  che  visi 
presenta.  Quella  lucentezza  propria  delle  rocce  primor- 
diali proveniente  dalla  gran  copia  di  mica ,  i  suoi  strati 
di  fogliosa  tessitura  dalla  stessa  mica  prodotti ,  la  pre- 
senza del  quarzo  riconosciuta  per  le  vive  scintille  che 
ne  da  l'acciarino ,  la  nessuna  effervescenza  cogli  acidi  i 
più  concentrati,  l'odore  argilloso  inline  ,  sono  caratteri 
che  cel  suppongono  per  uno  gneiss.  Volgete  ora  il  pen- 
siero al  giacimento ,  in  cui  fu  dal  nostro  Orsini  trova- 
to. Alle  radici  del  monte  ;  buoni  tre  mila  piedi  al 
di  sotto  del  suo  vertice  pervenne  il  detto  sfalda- 
mento :  a  pie  di  questo  vide  egli  uno  strato  di  que- 
sta roccia  dell'  altezza  circa  di  un  piede  ,  che  pro- 
seguiva internantesi  sotterra  ,  e  soggiacente  imme- 
diatamente alla  roccia    calcarea. 

Ciò  posto  ,  prima  di  definire  ,  se  il  nostro  sag- 
gio sia  parte  integrante  di  primitiva  roccia,  o  possa 


tuosamente  il  nome  del  Brocchi.  Né  questi  dalla  Nubia 
dimenticava  gli  amici  suoi,  lndiriite  erano  le  sue  lette- 
re al  nostro  chiar.  De  Mattheis.  Assai  di  rado  ,  per  la 
lontananza ,  esse  giungevano  :  ma  il  gioi'no  ,  in  cui  ciò 
avveniva  ,  era  per  tutti  un  giorno  di  festa  ,  e  di  viva 
gioia.  Anelava  il  Brocchi  il  momento  di  tornare  fra  noi. 
Quanto  dolente  dunque  sia  stata  per  lutti  la  notizia 
della  sua  morte  ,    ognuno   sei    vede. 

Chi  desidera   conoscere  un  succinto   ragguaglio  degli 
ultimi  dì  di  guest'  illustre  italiano  'vegga  la  hibl.  ital>  18^.8. 


Fenomeno  geologico  ioi 

essere  d'intermediaria  o  secondaria  natura  ,  ovvero 
nel  luogo ,  di  cui  si  parla  ,  siavi  stato  trasporta- 
to,  è  duopo  porre  in  seria  discussione  siffatte  con- 
siderazioni, onde  vedere  alla  meglio  il  posto,  in  che 
debb'  essere  collocato  ,  per  trarne  poscia  quelle  de- 
duzioni ,  che  rischiarino  io  qualche  modo  la  geo- 
gnosia   del    padre    degli  appennini. 

Gli  odierni  progressi  nelle  geologiche  discipline 
hanno  certamente  resi  cauti  i  più  oculati  geologi 
nello  spacciare  alcune  rocce  credute  finora  primi- 
tive ,  e  che  sottili  indagini  fecero  riconoscere  di 
seconda  e  di  terza  formazione. 

Fin  dall'anno  1772  Ferber  aveva  beli' Trnpru- 
neta  osservato  ofiolitici  terreni  sovrapposti  al  cal- 
care alpino:  ma  la  culla  ,  in  che  stava  allora  la 
scienza  ,  non  permise  di  ritrarne  profittevole  giova- 
mento. Un  consimile  giacimento  fu  osservato  da  Pa- 
lassoic  nei  pirenei.  De  BucJi  è  stato  il  primo  che  ha 
messo  in  chiaro  un  fatto  di  cotanta  importanza  per 
la  scienza  ,  dopo  le  sue  osservazioni  fatte  in  Norve- 
gia nell'anno  i8iG.  Ei  vide,  che  rocce  reputate  fino 
a  quest'  epoca  primitive  ,  erano  sopravvenute  dopo 
l'esistenza  di  corpi  organizzali  ;  laonde  furono  da 
esso  annoverate  fra  le  rocce  di  seconda  formazio- 
ne (1).  Dopo  De  Buch  vari  illustri  stranieri  confer- 
marono in  altri  luoghi  le  medesime  osservazioni  (2). 

(1)  Bibl.  ital.   tom.   XXIV  pag.   3~c). 

(?.)  Brochant  (  lourn.  des  mìnes  t.  v>3  )  nella  Ta- 
rèntasia  in  Savoja  osservò  due  sistemi  di  terreni ,  luno 
di  Jillade  pudinghe ,  e  schisto  antracìloso  con  impres- 
sioni di  piante  ,  /'  altro  calcarlo  ,  in  cui  s*  è  trovata 
qualche  conchiglia.  Questi  sistemi  alternano  col  gneis 
benché  scarso  ,  collo  schisto  micaceo  contenente  un  poco 
di  fclspato  ,  col  quarzo  ,  e  altre   rocce. 


102  Scienze 

In  Italia  vietarsi  chiarite  dal  cel.  Brongniart  ,  che 
confermò  ampiamente  quanto  aveva  isolatamente  avan- 
zato Ferber.  Nel  'vicentino  suolo  il  defunto  e  dot- 
to abate  Maraschini  rinvenne  rocce  ,  credute  pri- 
mitive, soprastare  alla  calce  carbonata  (i).  Di  mag- 
gior peso  ,  e  più  distesamente  sono  le  scoperte  fat- 
te nel  Tirolo  dal  consigliere  montanistico  signor  con- 
te Marzari- Pencati  (2).  Ragion  vuole  ,  che  deliba- 
si dare  un  cenno  di  queste  interessanti  scoperte  per 
farne  mi  giusto  confronto  colla  nostra  roccia,  onde 
vedere  ,  se  ,  consimili  a  quei  de'  celebrati  autori  , 
ne   siano   i  geologici    risultamene. 

Per  non  dilungarmi ,  delle  rocce  dell'  italiano 
suolo  farò  io  brevemente  parola.  Sul  genovesato  , 
e  sulla  Toscana  cadono  le  osservazioni  del  geologo 
francese.  Estendonsi  esse  in  tre  località,  l'ima  100 
miglia  distante  dall'  altra.  Nel  genovese  ,  ed  assai 
meglio  in  Toscana,  rinvenne  egli  ofiolilici  terreni  so- 
prapposti a  rocce  di  sedimento  inferiore  ,  con  lenen- 
ti corpi  organizzati.  Dopo  diligenti  perlustrazioni  , 
ofiolitici  filoni  vide  il  Maraschini  sovrapposti  al  cal- 
care del   Jura. 

Io  ignoro  ciò  che  fu  detto  da  qualche  stranie- 
ro intorno  alle  scoperte  del  Marzari  :  sembrami  ben- 
sì ,  che  isviluppate  abbastanza  siano  state  dal  pro- 
fessor   Malacarne. 

Nel  Tirolo  presso  VJvisìo  osservò  il  Marzari 
un  porfido  euritico  di  transizione ,  cui  soggiaceva 
lo  gneiss  ;  nello  stesso  modo  ,  col  quale  in  altri 
punti  era  questo  ricoperto  dal  grawake.  Al  porfi- 
do transitorio    soprastava   un   grès   (  arenaria  )  7    che 


(1)  Bill.   hai.  id.  ib.  ,  e  tom.    XII.   pag.    a53. 

(2)  Id.    Ioni,  XXI  pag.   370. 


Fenomeno  geologico  io3 

esso  con  buone  ragioni  ripete  dallo  stritolamento  . 
dello  stesso  porfido  ,  dandogli  perciò  il  nome  di  por- 
fido ricomposto  ,  che  distingue  eziandio  col  nome 
di  transizione  moderna.  A  questi  precipitati  mec- 
canici successelo  i  noti  e  grandi  precipitati  chi- 
mici di  calcare  alpino  fatti  dalle  acque  marine  ,  le 
quali  poscia  ritirate  ,  mercè  delle  erosioni  meteori- 
che ,  precipuamente  fluviatili  ,  scavossi  fino  a  900 
piedi  parigini  il  suolo  calcareo  ,  e  mercè  di  esse 
vi  si  accumularono  grandi  massi  di  quo'  materiali 
componenti  le  rocce  ,  eh'  ei  considera  come  terzia- 
rie (ma  di  origine,  come  ei  dice,  plutonica).  Que- 
ste contengono  varie  rocce  augitiche  (  pirosseniche) 
cristallizzate  ,  porfiriche  o  granitoidee  ,  supposte  co- 
munemente primitive  ,  e  che  il  Marzari  ha  giudi- 
ziosamente collocate  nel  novero  delle  rocce  terzia- 
rie. E  di  vero  ,  il  trovarsi  le  medesime  sovrapposte 
immediatamente  ai  fianchi  ,  ed  al  fondo  delle  pre- 
esistenti valli  calcaree  ;  Tamigdaloide  agatifera  an- 
zi ,  che  in  varii  punti  ,  a  guisa  di  cunei  colossali  , 
colle  sue  punte  conficcate  nel  calcare  suddetto  ,  lo 
attraversa  per  intero  ,  penetrando  fino  al  grès  ,  os- 
sia alla  moderna  transizione  ,  sanziona  solennemente 
le  scoperte  del  nostro  autore  (1). 

Diasi  ora  un'  occhiata  alla  nostra  montagna  , 
innanzichè  vi  si  discoprisse  la  nuova  roccia  ;  volgasi 
eziandio  lo  sguardo  sui  principali  appennini  ,  che 
rivalizzano  colla  medesima.  Scorgerassi  subito  che, 
eccetto  la  pietra  serena  dei  toscani  ,  qual  interme- 
diaria roccia  riputata,  grandi  massi  di  calcarla  stra- 
tificata ed  attraversata  da  strati  di  quarzo  piro- 
maco  ,  costituiscono  il  Gran  Sasso  ,  non  meno  che 
il   Felino  ,  la  Sibilla  ,  e  la  Majella  ,  montagne  ,  che 

(1)   LI.  ibid. 


104  S    C    I   E    M    Z    C 

sopra  tutte  in  Italia  lo  ravvicinano.  Ne  viene  quin- 
di la  giusta  conseguenza  ,  che  la  intera  formazione 
di  queste  montagne  pertenga  alle  rocce  di  seconda 
formazione. 

La  nuova  roccia  per  altro  di  presente  trova- 
ta in  Monte  conio  ,  ne  varia  Yinterna  sua  geognos/a. 
Ho  io  di  sopra  appositamente  riferite  le  circo- 
stanze essenziali  su  di  quelle  rocce  secondarie  ,  che 
non  ha  guari  erano  collocate  nel  rango  primitivo , onde 
qui  confrontarle  colle  circostanze  ,  colle  quali  fu  di- 
scoperta  la  roccia  in    quistione. 

Dacché  i   cultori   delle  scienze  naturali   si    vol- 
sero allo  studio  della  geologia ,  abbiam  veduto ,  che 
le  suddette  rocce,  del   Tiralo  cioè,  del  genovesato  , 
e  della   Toscana  ec.    furono    credute   primitive  ,    fino 
a  che  un  accurato   esame  di  accorti  geologi  fece  re- 
centemente riporle  fra  le  rocce  secondarie.  Ora  niu- 
na  roccia  primitiva  ,  né    di   quelle    primitive   per  lo 
avanti    riputate  ,  e  riportate    poscia    fra  le  seconda- 
rie ,  fu  nel  Gran  Sasso  rinvenuta  ,   innanzi   lo   sco- 
primento   dello   gneiss.   Gli  anzidetti    geologi   per   lo 
giacimento  delle  credute  rocce  primitive  sopra  quel- 
le di    sedimento   inferiore  ,    e    sopra  altre   rocce    di 
aggregazione   ,    ne    ripeterono    soprattutto    la     loro 
secondaria  formazione.  Il  giacimento  d'altronde  della 
nostra  roccia  ,    si  è  veduto    sotto  il  carbonato   cal- 
careo. I  caratteri  fisico-chimici  ,  de'quali  abbiam  pro- 
vato   costare  la  medesima  ,    ce  la  fanno   credere  una 
roccia  primitiva  ;  il  che  sarebbe  indubbiamente  con- 
fermato ,  se  si  fosse  fin  qui  potuto   osservare   che  il 
terreno  sottostante  alla   medesima     fosse    primordia- 
le (i).  Nessun   dubbio  avvi    peraltro  ,    che  il  nostro 

1  Hill!  III»!       I  I  ' 

(i)  //  titolo    dato   a    questo   mio    tenue  lavoro  ,   mo~ 
isra  che  ognuno  può   scegliere  ,  dopo  l'istituito  esame  ,  ciò 


Fenomeno  geologico  ro5 

gneiss  non  sia  stato  ivi  trasportato  in  qualche  gran 
cataclismo  del  globo.  Obiettarsi  forse  potrebbe  che 
avendo  io  in  principio  provato  ,  che  la  giogaja  di 
alti  monti  circostanti  il  Gran  Sasso  ,  ha  mia  base 
comune  col  medesimo  ,  sarebbesi  dovuto  rinvenire 
la  nostra  roccia  in  quelle  cupe  valli  ,  che  interse- 
cano le  dette  montagne.  Puossi  però  a  mio  giudi- 
zio francamente  rispondere  ,  che  quelle  cupe  valli 
secondarie  soprastanno  al  luogo  ,  in  che  ebbe  fine 
il  noto  sfaldamento.  Aggiungersi  potrebbe  che  non 
ovunque  estendonsi  i  depositi  ,  o  filoni  di  una  roc- 
cia qualunque.  In  fine  calcolarsi  debbono  le  ter- 
ziarie formazioni  sopravvenute  alle  meteoriche  ero- 
sioni, come  meglio  si  dirà  in  appresso.  Al  eh.  mon- 
signor Bellenghi.  venne  obbjettato  l'originale  loca- 
lità di  alcuni  pezzi  di  gneiss  e  di  graniti  arro- 
tonditi e  mescolati  con  rocce  di  terza  formazione 
da  esso  trovati  nelle  falde  del  monte  Catria  nell'ur- 


ea più  gli  aggrada  ,  voglia  o  no  crederla  una  roccia 
primitiva ,  al  che  propende  la  mia  opinione  ,  quella 
dell'Orsini,  e  del  Tenore.  Ma  sia  pure  la  nostra  roc- 
cia uno  gn.eis  della  terza  varietà  descritta  da  D* Au- 
buisson  (  Geognosie  t.  2  pag-  66  )  ,  o  sia  ancora  secon- 
do il  sullodato  De  Buch  (  Voyage  en  Norvege  t.  \  pag.  178) 
uno  schisto  micaceo  per  la  presenza  della  mica  con  super- 
fice  continuata  ,  sarà  sempre  vero  il  dire  ,  quanto  seri  - 
verni  su  questo  proposito  il  dotto  professore  P.  Pian" 
ciani  :  „  Che  in  ogni  caso  il  fatto  di  imo  gneiss  ,  o 
„  schisto  micaceo  (  primitivo  o  no  )  negli  apj>cnnini 
,7  d  Ahhruzzo  è  nuovo  e  importante  ;  forse  anche  è  più 
„  curioso  e  inaspettato  ,  se  è  secondario  ,  o  di  tran- 
Il  sizione.   ,, 


I06  S    C    I    E    N    Z   E 

binate  (i).  Quest' obbjezione  non  ha  luogo  nel  caso 
nostro,  poiché  né  smussata,  ne  arrotondila,  ma  re- 
golarmente stratificata  fu  trovata  la  nostra  roccia  ; 
e  ciò  che  più  monta,  dopo  considerevole  sfaldamen- 
to ,  prima  del  quale  non  più  veduta  ;  soggiacente 
inoltre  immediatamente  alla  calce  carbonata  ,  e  pri- 
va si  fisicamente  ,  come  chimicamente  ,  di  ogni  so- 
stanza estranea  alla  sua  natura  ;  ne  segue  perciò 
non  essere  di  trasporto,  ma  locale  la  derivazione  sua. 

Dal  complesso  quindi  delle  narrate  cose,  ognu- 
no vede  l'importanza  del  fatto  per  la  nuova  luce  , 
in  che  appare  l'interna  geognostica  base  del  più 
alto  degli  appennini  ,  bastevolmente  rischiarala  do- 
po il  geologico  fenomeno  finora  discusso  ,  e  pel  qua- 
le ho  io  amalo  d'intitolare  l'odierno  mio  ragiona- 
mento .  Nessuno  /però  ,  io  penso  ,  malgrado  che 
primitiva  fosse  la  roccia  suddetta  ,  vorrebbe  nove- 
rare il  Gran  Sasso  fra  le  montagne  primordiali.  Im- 
perocché è  apertamente  dimostrato  la  secondaria  na- 
tura sua  pel  gigantesco  masso  di  calcarla  stratifi- 
cata ,   dalla    quale    vien    formato. 

Di  questa  secondaria  roccia  dunque  ,  e  delle 
altre  diverse  ,  e  di  differente  formazione  ,  che  in 
questa  montagna  e  ne'  circonvicini  luoghi  rincon- 
transi  ,   mi    rimane  ora    di   ragionare. 

Onde  procedere  con  geologico  ordinamento  ,  è 
duopo  ,  che  ,  inuanzi  della  calcaria  ,  io  dica  breve- 
mente   del    suolo    arenario. 

L'argilla  ,  cemento  essenziale  dei  terreni  psam- 
mitici ,  e  terra   soprammodo    abbondante    nella    To- 


(i)  Fossili  del  Catria  ,  e  monti  adj'a  centi  ,pag>  Q  - 
Artìcolo  su  di  alcuni  oggetti  mineralogici  rinvenuti  al 
Catria ,  pag.   5. 


Fenomeno  geologico  107 

scana  ,  nell'  Umbria  ,  e  negli  Abruzzi  ,  comincia  a 
manifestarsi  ampiamente  in  qualità  di  cemento  nelle 
radici  di  Monte  Corno.  Osservasi  quivi  la  pietra 
serena  dei  toscani  generalmente  considerata  qual  roc- 
cia intermediaria.  Vedesi  questa  sottoposta  alla  cal- 
ce carbonata  ,  ed  accompagnata  da  lucidi  e  nera- 
stri schisti  argillosi.  Non  iscorgesi  peraltro  nel  luo- 
go ,  ove  si  raccolse  lo  gneiss  su  descritto.  Abbon- 
dante si  trova  in  altri  punti  dei  più  alti  dintorni 
di  questa  montagna  ,  alternando  cogli  strati  di  cal- 
ce carbonata,  come  a  Pietra  camela ,  ove  in  un  vi- 
cino torrente  ,  che  spiccia  da  Corno  piccolo  ,  vi  si 
veggono  da  un  lato  gli  strati  calcarei  ,  dall'  altro 
quelli  di  arenaria.  Le  erosioni  meteoriche  ,  sembra- 
mi certo,  co' principi  costitutivi  la  delta  arenaria 
di  transizione  ,  diedero  luogo  alla  formazione  delle 
diverse  nostre  arenarie.  In  altro  mio  lavoro  ,  do- 
po accurate  indagini  locali  sopra  queste  rocce  ,  io 
distinsi  le  medesime  in  arenaria  sovrapposta  ,  in  se- 
condaria ,  e  nelle  note  e  differenti  varietà  terzia- 
rie (1).  Se  non  che  la  mia  varietà  secondaria  rien- 
trerebbe fra  le  rocce  terziarie  ,  qualora  la  psammite 
calcareo-micacea  (  pietra  serena  )  pertenesse  alle  roc- 
ce d'inferiore  sedimento  (  secondaria  )  ,  come  pensa 
il  dottissimo  Brongniart.  E  veramente  se  rocce  in- 
termediarie ,  con  certezza  riputate,  trovatisi  vicino 
ad  orittognostiche  sostanze  differenti  da  quelle  che 
accompagnano  la  nostra  pietra  serena  ;  e  più  se  in 
quelle  manca  interamente  la  presenza  della  calce  , 
che  in  picciola  quantità  trovasi  nella  nostra  roccia 
di  transizione  ,  ne  consegue  che  la  nostra  intermedia- 
ria   roccia  dovrebbe   riporsi    fra   le   rocce  secondarie 


(1)  Osservaz.  geol.  cit.  ,  e  giom.   arcad.  id.  ih. 


108  Scienze 

di  sedimento  inferiore.  Qual  roccia  intermediaria  tut- 
tavia io  terrò  sempre  la  nostra  psammite  micacea  , 
non  solamente  pei  l'autorità  de'  dotti  ,  ma  perchè 
poggiata  nelle  seguenti  ragioni  ,  superiori  per  mio 
avviso  a  quelle   del  geologo  francese. 

Opposta  è  la  direzione  degli  strati  arenarti  a 
quelli  della  calcaria  secondaria.  Eccetto  picciola  do- 
se di  calce  ,  differenti  ,  come  è  noto  ,  sono  gli  ele- 
menti clie  costituiscono  l'ammasso  arenario  :  sono  i 
detti  elementi ,  che  concorrono  integralmente  alla  for- 
mazione delle  rocce  primitive  ,  dallo  stritolamento 
delle  quali  affermasi  provernirne  la  nostra  grawa- 
ke.  Certo  poi  si  è  ,  che  quest'  intermediaria  roccia 
nel  Gran  Sasso  è  sottoposta  al  calcare  :  il  che  déh- 
be  assai  valutarsi  a  seconda  ancora  de'  principi  del 
su  lodato  geologo.  Finalmente  chiudo  quest'  artico- 
lo con  una  riflessione  da  me  localmente  fatta  ,  che 
le  nostre  psammiti  transitorie  de'  monti  simbruini  , 
dell'  Umbria  ,  e  dell'  Abruzzo  ,  oltre  la  medesima 
natura  ,  corrispondono  presso  a  poco  in  altezza  con 
quelle  del  Gran  Sasso  ,  e  come  sue  diramazioni  deb- 
bon  esse   considerarsi. 

Siccome  di  cosa  notissima,  più  brevemente  dirò 
della  calcaria  ,  sebbene  da  questa  sia  formata  qua- 
si  interamente   la  nostra  montagna. 

Superiormente  vedemmo  comune  l'origine  dei 
circostanti  monti  calcarei  col  gran  sasso  ,  ed  eceet- 
to  leggera  modificazione  ,  comune  parimenti  è  la  lo- 
ro stratificazione.  I  più  bassi  strati  di  calce  carbo- 
nata di  Monte  Corno  sono  inclinati  all'  orizzonte  cir- 
ca 45  gradi  ,  seguono  strati  perfettamente  orizzon- 
tali ,  ai  quali  .soprastano  i  perpendicolari  ,  tornano 
poi  quasi  orizzontali  per  indi  terminare  in  un  pia- 
no inclinato  ,  che  fu  sopra  veduto  formare  l'estre- 
mo   vertice  di  questa  montagna.  Un  cotanto    aranns- 


Fenomeno  geologico  ioq 

.so   di  carbonato  calcarlo  ,  che  per  le  meteoriche  ero- 
sioni presenta  e  geometriche  ed  informi  svariate  for- 
me, conserva  per  tutto  un  candido  colore  :  compat- 
ta ed  omogenea  è  la  sua   massa  ,  ma  di   grana    roz- 
za ,  né    suscettiva  di  pulimento  :  nicchi  fossili  mari- 
ni   vi    si   osservano  in  varii  punti  :  molti   globi  sili- 
cei   contiene  innoltre  èssa  rinchiusi  ,    che  per  le  det- 
te erosioni   meteoriche  si  fanno  manifesti.  Nello  sfal- 
damento ,  a  pie  del  quale   fu  raccolto  lo  gneiss  ,  vi- 
de l'Orsini  essere  in  questo  luogo  attraversata  la  mas- 
sa calcaria  da  vari   strati  di  quarzo  piromaco  di  co- 
lori diversi  ,  prevalente  il  fulvo  ,  che  in  alcuni  pun- 
ti   mentiva  l'aspetto  di   bella  calcedonia.    Dopo    inu- 
tili sforzi  non  fu  ad  esso  dato  ,  per  la  difficile  e  pe- 
ricolosa situazione,  di  raccoglierne  un  qualche  saggio. 
Quantunque  assai  note ,  ho   io  in  animo  d'inter- 
tenermi  più  a  lungo  sulle  terziarie  formazioni.  Sono 
desse  che   molti    e   maggiori    vantaggi    somministrar 
ponno  all'  uomo   coli'  industre   attività  sua  :  è   mer- 
ce   di    questa    che    può    esso   schivare   ora  i  lievi  ,  e 
talora    i  funesti  effetti    dalle  medesime  cagionati    nei 
soggiacenti    luoghi  della  nostra  montagna  ,  ed  in  tut- 
ti   quelli    che    presso    a  poco   conservano   la   medesi- 
ma geognosia  ,  e  la  stessa  grafica  posizione.  In  prin- 
cipio di  questo  discorso  ho  io   accennato  che  dal  mo- 
mento ,  in   cui    il  mare  ritirossi,   successero  tosto  le 
suddette  formazioni  ,  le  quali,  minorate  bensì,  con- 
tinuano   e    continueranno    incessantemente.   Percioc- 
ché non    potendosi  in  questa   parte  stabilire  la   pre- 
cisa determinazione  geologica  ,  incomincerò  io  a  par- 
lare   di    quelle    terziarie    rocce ,    che  trovansi    nella 
maggiore  altura   della    montagna  ,    per    indi  scendere 
nelle  più  umili    falde,   facendone  talvolta  gli  oppor- 
tuni   confronti. 


i  io  Scienze 

Laddove  Je  acque  dolci  più  energicamente  eser- 
citarono la  fisicochimica  influenza  ,  ivi  più  chiari  sen 
veggono  i  risultati.  Gli  antri  e  le  spelonche  ,  i  di- 
rupamenti e  le  voragini  furono  già  accennate.  È 
appunto  in  tali  luoghi  ,  che  quasi  sulle  maggiori  al- 
ture del  monte  incominciano  ad  osservarsi  i  terzia- 
ri! depositi.  Nella  montagna  Nf/itermesoli  ,  clic  più 
avvicinasi  nell'  altezza  a  Monte  Corno  ,  da  cui  ri- 
mane divisa  per  la  picciola  acuminata  montagna  det- 
ta Como  piccolo  ,  le  acque  ,  più  che  iu  ogni  altro 
punto  di  queste  alture ,  spiegarono  la  loro  forza. 
Maggiori  difatto  vi  appariscono  gli  sfasciamenti  ,  le 
rovine  ,  e  le  frane.  Qui  ancora  doviziosamente  si 
trovano  sulfuri  metallici  dovuti  a  chimiche  combina- 
zioni de'  loro  principii  constituenti ,  che  così  in  ab- 
bondanza (soprattutto  il  ferro)  trovatisi  sparsi  sulla 
superficie  terrestre.  Il  lucido  giallo  ,  e  risplendente 
colore  de'  medesimi  inganna  il  volgo  ,  che  vi  crede 
la  presenza  dell'  oro  :  e  col  nome  di  grotta  della  ve- 
na d'oro  vien  questo    luogo    distinto. 

È  l'acqua  ancora  ,  che  scolando  dall'  alto  ,  e 
contenendo  chimicamente  disciolte  le  particelle  cal- 
caree ,  depone  queste  piuttosto  celeremente  s  onde  è, 
che  i  deposisi  calcarii  non  vi  si  veggono  compatti  ; 
e  celeremente  ,  io  credo  ,  isviluppasi  in  tale  formazio- 
ne il  gas  acido  carbonico  ,  che  teneva  in  dissoluzio- 
ne la  calce  :  essendo  dovuto,  a  mio  avviso  ,  alle  bol- 
le di  questo  gas  le  cavita  globulose  ,  delle  quali  ri- 
sulta una  pietra  tartarosa  ,  che  trovasi  in  alcuni  an- 
tri della  nostra  montagna.  In  istrali  concentrici  si 
mostrano  alcune  stalattitiche ,  stalammitiche  ,  e  bion- 
de alabastrine  concrezioni,  che  qua  e  la  veggonsi  in 
alcuni  fori  di  quelle  voragini  e  serbatoi.  Proven- 
gono esse  da'  medesimi  principii  ,  senonchè  ,  per 
un   processo  chimico   diverso ,  l'acqua  a  misura   che 


FENOMENO    GEOLOGICO  III 

lentamente  evaporasi,  più  compatte  e  più  o]meno  pu- 
re ne  risultano  le  dette  concrezioni.  Per  lo  stesso 
lentissimo  processo  ,  benché  risultanti  di  varie  so- 
stanze ,  si  formano  piccioli  e  limpidissimi  cristalli 
di  monte  che  vi  si  raccolgano  (i).  Se  scendesi  al- 
le falde  di  queste  montagne  insino  alle  più  umili 
pianure ,  copiosi  e  svariati  vi  sono  i  terziarii  de- 
positi ;  cliè  anzi  ,  se  mal  non  mi  appongo  ,  alcuni 
reputati  secondari!  pertengono  a  rocce  di  terza  for- 
mazione. L'immortale  Brocchi  fu  sorpreso  di  vede- 
re ,  in  mezzo  al  gruppo  di  dette  montagne  ,  i  ter- 
reni saLbionosi  e  marnosi  sì  frequenti  alle  basi  de' 
più  bassi  appennini  (2).  Presso  le  sorgenti  del  Ve- 
lino e  del  Tronto  ,  corrispondenti  più  o  meno  al 
livello  dei  luoghi  di  cui  si  parla  ,  vi  furono  da 
me  notate  ristesse  deposizioni  (3).  Nella  vasta  pia- 
nura aquilana  ,  a  Civita  dì  Bagni  (F/irconium)  , 
vide  il  Brocchi  quelle  colline  vestine  formate  di 
marna  turchiniccia  si  abbondante  in  Toscana;  vide 
altresì  nelle  convicine  eminenze  mi  sabbione  giallo- 
gnolo calcareo-siliceo  soprapposto  d'ordinario  alla 
marna.  Nessun  nicchio  fossile  marino  fu  ad  esso  da- 
to di  scorgervi  :  verificò  bensì  gli  annunciati  ossami 
di  giganteschi  quadrupedi  ,  in  ispecie  alle  Paglia- 
re vetusto  suolo  sabino  ,  tre  miglia  distanti  dall' 
Aquila  sulla  strada  d'Introdoco ,  e  vicino  l'antico 
Amiterno  (4)-  Comuni    sono   i  detti    terziarii    depo- 

(1)  ha  compattezza  ed  il  limpido  cristallino  deb- 
bono forse  eziandio  ripetersi  dall'  oscurità  ,  nella  qua- 
le formaronsi  questi  cristalli  ,  e  dalla  compressione  del- 
le  acque. 

(2)  Bibl.   ital.  toni.  XIV.   pqg.    ^i  ,   3?5. 

(3)  Qsserv.  geolog.   id.  ib. ,  e  giom.  arcad.  id.  ib. 

(4)  Bibl.  ital.  id.  ib. 


ii2  Scienze 

siti  nel  Teramano  :  più  copiosi  ravvisarci  alla  sinistra 
del  fiume  Magone  ;  variano  però  nel  colorito  ,  men- 
tre cenerognola  è  qui  la  marna  ,  e  sudicio-bianco 
il  sabbione.  Ricche  sono  queste  terre  di  spoglie  or- 
ganiche marine,  che  abbiam  dianzi  detto  non  adoc- 
chiarsi punto  neir  aquilano  ,  e  che  neppure  fu  da- 
to a  me  di  scorgerle  nell'  accumulese  territorio  (i). 
Altre  varietà  terziarie  di  arenaria  ,  che  io  qui  no- 
tai ,  trovansi  abbondantemente  per  tutto  ,  ed  isti— 
mo  superfluo  descriverle  nuovamente.  Vuoisi  però 
dire  ,  che  in  molti  subappennini  ,  fra  gli  strati  di 
argilla  e  di  arenaria  vi  si  intersecano  quei  di  car- 
bon  fossile  ,  e  talora  quella  terra  e  inzuppata  di  pe- 
trolio. In  Abruzzo  osservatisi  abbondevolrnente  que- 
sti materiali,  e  in  abbondanza  trovansi  presso  Te- 
ramo. Il  signor  Delfico  ne  descrive  un  grosso  filo- 
ne vicino  al  torrente  Vizola  (a).  E  siccome  il  Te- 
ramano abbonda  di  terre  selenitose  ,  così  nelle  fen- 
diture vi  si  trovano  sovente  regolari  cristalli  lim- 
pidi   di  calce  solfata. 

Avanti  di  por   fine   ai   terziarii    depositi  ,   deve- 
si  attentamente  riflettere  ,  che    se    nel  Tirolo  ,  mer- 


(i)  Osserv.  geo  log.  cir.  ,  o  giom.  id. 
(a)  Delfico  op.  cit.  -  II  signor  De  Saussurre  è  giun- 
to con  chimico  processo  a  spogliare  il  petrolio  dell'  odo- 
re nauseante.  Mescola  egli  col  petrolio  l'acido  solfori- 
co agitato  all'  aria  ,  e  quindi  una  soluzione  di  potassa. 
L'  autore  avendo  accompagnato  il  suo  lavoro  con  due 
assaggi  di  petrolio  ,  prosegue  a  dire  :  „  L"  un  tei  qu  on 
„  Vextrait  de  la  distillatiou  de  Vasphalte  ,  et  dont  Vodeur 
„  est  tres-  dèsagrèable  ;  Vautre  parifiè  (  col  detto  prò- 
„  cesso  )  :  Vodeur  faible  de  celui-ci  est  plutot  agréable  , 
.  „  et  a  quelque  analogie  avcc  celle  des  éthers.  Bibl.  uni- 
vers.  toni.  6  pag.    118. 


Fenomeno  geologico  i  i3 

re  delle  meteoriche  erosioni ,  precipuamente  fluvia- 
tili ,  scavossi  900  piedi  il  calcareo  suolo  ,  su  cui 
si  deposero  terziarie  rocce  più  o  meno  compatte  ,  a 
me  sembra  essere  le  istesse  geologiche  fasi  accadu- 
te fra  i  nostri  monti.  Né  con  altra  ragione  puossi 
spiegarne  il  fenomeno  dopo  il  confronto  già  fatto 
della  giustezza  e  medesimezza  di  livello  ,  e  della 
stratificazione  ,  e  delle  nostre  intermediarie  psam- 
miti  ,  e  delle  calcarie  secondarie.  Se  non  che  più 
violenta  esercitassi  nelle  nostre  montagne  l'azione 
fluviatile,  perchè  più  alla  rinfusa  veggonsi  depositati  i 
nostri  terreni  terziarii.  Friabilissima  generalmente  è 
la  loro  natura  ,  e  se  orizzontalmente  veggonsi  stra- 
tificati nella  pianura  ,  verticale  è  la  loro  posizione 
nelle   subappennine    vette. 

Ma  per  tornare  in  sentiero,  nelle  vicinanze  di  Te- 
ramo, mercè  dei  chimici  reagenti,  vi  si  trova  in  copia 
il  muriato  di  soda  :  frequente  manifestasi  il  solfato  di 
soda  in  forma  di  lanugine  o  di  polvere  bianca.  Nei 
colli  superiori  di  questa  citta  soprabbondante  è  il  sol- 
fato di  calce  ,  che  alcuni  pretendono  estendersene  la 
continuazione  sino  ad  Ancona.  Esso  però  non  è  puro  , 
tenendo  in  miscela  l'argilla,  e  cenerino  è  il  suo  colore. 
Assai  candido  è  il  gesso  di  Bussi,  nel  distretto  aquila- 
no. Ve  ne  ha  una  cava  ricchissima  ,  e  divengono 
bianche  al  par  della  neve  le  muraglie  che  ne  sono 
intonacate.  Candidissimi  parimenti  e  di  friabile  frat- 
tura raccolgonsi  abbondevolmente  in  poca  distanza 
dall'Aquila  piccioli  framenti  di  calce  carbonata,  che 
stante  la  località  e  di  descritti  fisici  caratteri  ,  dif- 
ferenti dalla  calcaria  secondaria,  io  li  reputo  di  ter- 
ziaria formazione.  Questi  frammenti  passati  per  cri- 
vello ,  e  mescolati  colla  calce  spenta,  formano  uno 
smalto ,  che  lisciato  ,  e  bene  strofinato  ,  acquista  la 
lucentezza  del  marmo.  Di  alluvione  io  credo  au- 
G.A.T.XL.  8 


i  *4  Scienze 

cora  alcune  calcaree  brecce ,  che  si  trovano  negli 
aquilani  contorni  di  un  colore  nerocupo  di  fuligi- 
ne  ,  sparse  di  bianche  venature  ,  e  capaci  di  un 
superbo    lustro   (i). 

La  quantità  delle  acque,  ed  i  perenni  scoli  del- 
le nevi  ,  e  discorrenti  all'aperto  ,  e  filtranti  ne'sot- 
terranei  meati  ,  in  mezzo  alle  descritte  sostanze  mi- 
neralogiche ,  producono  soprattutto  nel  teramano  ric- 
che scaturigini  ,  e  fonti  di  acque  minerali  ,  preci- 
puamente sulfuree.  La  gran  copia  della  calce  sol- 
fata ,  della  quale  si  è  parlato  ,  da  il  color  di  cal- 
ce al  fiume  Viziala  (antica  albula) ,  col  quale  con- 
fluisce il  Tronfino,  ossia  il  Botino  di  Plinio.  Pel  det- 
to colore  fu  per  avventura  scritto  da  Livio  ,,  Nun- 
„  ciatum  est  Interamniae  lac  fluxisse ,,  (2).  A  Ci- 
vitella  del  Tronto  ,  a  Civita  s.  Angelo  ,  presso  Te- 
ramo ,  iti  Germigniano,  in  Calvano,  ed  in  altri  luo- 
ghi vi  sono  più  o  meno  copiose  sorgenti  di  dette 
acque  minerali.  Celebrata  fu  un  tempo  l'acqua  ven- 
tina presso  citta  di  Penna  ,  e  nella  stessa  celebri- 
la è  di  guari  tornata.  Nel  prossimo  passato  luglio 
ne  è  stata  istituita  accurata  analisi  chimica  dai  va- 
lenti  Covelli  ed   Orsini  suddetto   (3). 


(i  )  ///.  Lucoli  vicino  F  donila  vi  e  un  gran  masso  cal- 
careo suscettivo  di  pulimento  ,  come  il  così  detto  mar- 
mo  luniachella. 

(2)  Decad.    IV  lib.  XXXIV  cap.  46  pag.   188, 

(3)  Un  opuscolo  recente  del  signor  dottor  Gentili, 
aln  ttzze.se  dimorante  il  Napoli  ,  parla  dei  salutevoli  effet- 
ti di  qrtest'  acqua  ,  riportando  ancora  due  analisi  ,  isti- 
tuite per  altro  fuori  del  luogo  ,  e  la  seconda  per  com- 
missione del  governo  neW  istessa  Napoli.  In  breve  sarà 
pubblicato    il    lavoro   del   Coltelli  e   dell'  Orsini.  1  sc~ 


FENOMENO    GEOLOGICO  Il5 

Un  più  diligente  e  reiterato  esame  locale  avreb- 
be senza  dubbio  somministrato  maggiori  materiali  a 
questa  mia  tenue  fatica.  Ma  se  le  dolorose  circo- 
stanze mie  a  voi  ben  note  ,  o  Lincei  ,  non  mi  han- 
no ciò  conceduto,  sarebbe  per  me  assai  gradevole, 
se  potesse  la  medesima  destare  qualche  scintilla  ne'pet- 
ti  degli  arditi  viaggiatori,  onde  co' lumi  della  scien- 


guenti  sono  stali  i  principii  costitutivi  ,  che  questi  dotti 
naturalisti  vi  hanno  trovati  ed  a  me  teste  comunicati.  L'aci- 
cido  carbonico  libero  ,  e  combinato  ,  l'acido  solforico  , 
Y  acido  nitrico  ,  1'  acido  idroclorico  ,  è  Y  acido  silicico  : 
il  gasazoto  ,  l'ossigeno  (vestigia)  ,  lo  jodio  (id)  ,  la  cal- 
ce ,  la  magnesia  ,  il  ferro  ,  la  soda ,  la  materia  orga- 
nica etc.  Torno  io  a  fare  fervidi  voti  perchè  siano  ri- 
pristinate i  bagni  di  Cutilia  assai  più  rinomati  in  tem- 
po dei  Valentiniani.  Oso  anzi  dire  non  esservi  località 
in  Italia  più  sacra  ad  Igea  ,  quanto  le  rovine  di  Cu- 
tilia ,  ove  dentro  il  raggio  di  un  mìglio  si  vedono 
acque  abbondanti ,  e  di  cinque  differenti  qualità.  Sa- 
lubre ne  è  la  posizione  ,  e  nel  centro  d"  Italia  ,  detta 
perciò  Italiae  umbilicum  .  Quattro  grandi  strade  inol- 
tre vi  mettono  ,  dal  Piceno  Vuna  (  antica  salaria  )  da 
Roma  V altra  (  la  detta  strada  )  ;  la  terza  dalV  Umbria  , 
che  da  Terni  per  la  caduta  delle  marmore  va  a  Rie' 
ti  lontano  cinque  in  sei  miglia  da  Cutilia.  La  quarta 
finalmente  dall'  interno  del  regno  che  va  a  comunicare 
colla  salaria  in  Introdoco,  quattro  miglia  distante  dalle 
rovine  emiliane .  E  vuoisi  qui  ricordare,  che  in  Introdo- 
doco  esistono  ancora  antiche  terme  ,  e  vi  son  anche  oggi 
praticati  utilmente  i  bagni  ,  ma  di  gran  lunga  inferiori 
agli  abbandonati  bagni  di  Cutilia.  Ved.  osservaz.  geol. 
e  meni.  stor.  cit.  parte  I  pag.  54,  5.{  ,  e  giorn.  arcad. 
toni.  XXIX  pag.  gii  ,  93. 

8* 


i  i  Ci  Scienze 

za  tutlo  dì  incessantemente  crescenti ,  mercè  delle 
loro  dotte  investigazioni  ,  fosse  meglio  chiarita  la 
geognosia  del  nostro  appennino  (i).  Io  pertanto  nel 
dar  fine  a  questo  lavoro  ,  m'interterrò  ancora  so- 
pra alcune  utilità  che  ritraggonsi  ,  e  ritrarsi  pon- 
ilo dal  suolo,  di  cui  vi  ho  discorso:  ne  ometterò  di 
farne  talora  alcun    confronto. 

Se  nella  fine  del  prossimo-passato  secolo,  e  nel 
presente,  a  bellissime  parole  scelleratissimi  per  ogni 
verso  corrisposero  i  fatti  ,  è  di  grandissimo  confor- 
to il  vedere  ,  che  rapidissimi  e  sommamente  im- 
portanti essendo  stati  gli  avanzamenti  in  ogni  scien- 
za ,  ne  refluirono  dall'una  all'altra  parte  del  mon- 
do infiniti   vantaggi    alla    società. 

Nella  scienza  economica  vanta  l'Italia  ,  sopra 
ogni  altra  nazione  ,  celehratissirai  nomi.  Perspicaci 
ed  utilissime  furono  le  applicazioni  fatte  dagli  stra- 
nieri colle  dottrine  di  quelli  :  di  sovente  però  nes- 
suna onorevole  menzione  fecero  essi  de'  nostri  ,  ri- 
vendicati quindi  a  buon  diritto  dal  sommo  degli  eco- 
nomisti   viventi    Melchiorre    Gìoja. 

La  patria  dei  Genovesi  ,  de' Filati geri  ec.  atten- 
der doveva  con  ragione  un  qualche  sviluppo  dal- 
le loro  immortali  opere.  Gli  abruzzesi  non  sono 
stati  gli  ultimi  a  profittarne.  Il  lodevolissimo  uso  di 
conservare  ora  i  boschi  ,  l'alternamento  dei  diversi 
generi  di  sementi  i  più  confacenti  alla  natura  del 
suolo  ,  ed  al  temporaneo  stato  commerciale ,  il  ri- 
poso talvolta  di  alcune  terre,  i  nuovi  strumenti  ru- 
rali ,  gì'  ingrassi    ed    appositi   concimi   dalla  sperien- 


(i)  Ciò  avverrebbe,  se  acccuratc  indagini  locali  mo- 
strassero ,  dove  posa  la  nuova  roccia ,  di  cui  abbiamo  ra* 
gioitalo. 


Feeomeno  geologico  117 

za  ,  e  da'  principii  di  chimica  agraria  i  più  pro- 
fìcui ritrovati  ,  la  coltura  de1  prati  artificiali  cotan- 
to giovevole  ,  non  mai  più  per  lo  innanzi  prati- 
cata ,  l'uso  opportuno  delle  abbondanti  acque  ,  so- 
no i  frutti  delle  società  economiche  quivi  stabilite. 
È  mercè  di  siffatta  istituzione,  e  delle  veglianti  leg- 
gi ,  che  represse  le  usurpazioni  ,  e  prevenuti  i  di- 
sordini ,  la  natura  per  secoli  avvilita  ed  oppres- 
sa riprende  il  suo  vigore  ,  e  l'agricoltura  sorge  , 
slontanandosi  gradatamente  dallo  stato  di  rozzezza  , 
in    cui  per  lungo  tempo  si  giiojue. 

Uno  scrittore,  in  parlando  delle  arti  e  mani- 
fatture degli  Abruzzi  ,  dopo  aver  fatta  la  rassegna 
delle  varie  ,  utili ,  ed  ingegnose  ivi  praticate  ,  disse 
tuttavia  ,  che  le  belle  disposizioni  della  natura  non 
erano  pienamente  secondate  dagli  abitanti.  Risposi 
io  a  quest'  autore  ciò  elio  a  un  dipresso  non  isti— 
mo  inutile  di  ripetere  (1).  È  una  chimera  ,  a  mio 
credere,  che  un  popolo  qualunque,  senza  l'interven- 
to del  potere  sociale,  divenga  artista  e  manifattu- 
riere (cosa  la  più  difficile  della  legislazione  econo- 
mica); molto  più  è  chimera  per  un  popolo,  come 
l'abruzzese  ,  che  oltre  i  prodotti  del  proprio  sudo  , 
colla  laboriosa  industria  sua  ,  esercita  al  di  fuori  in 
isvariati  modi  un  commercio  ,  ora  più  ora  meno  , 
ma  sempre  attivo.  Fintantoché  dunque  la  nostra  Ro- 
ma non  sarà  popolosa  ,  e  diserta  sarà  la  sua  cam- 
pagna ,  fintantoché  il  genio  di  qualche  sommo  re- 
girante  pontefice  ,  per  gì'  accennati  scientifici  progres- 
si ,  senza  ledere  le  altrui  proprietà  ,  non  giunga  con 
apposite  leggi  a  suddividere  i  grandi  averi  ,  riducen- 
doli ,  a  poco  a  poco  ,  dalla    periferia    al   centro    del 


(1)   Gioiti,  arcad .  toni.   Fr.  pag.  42,  4& 


i  j  8  Scienze 

suolo  romano  ,  in  picciole  colonie  ;  giammai  le  arti 
e  manifatture  non  prenderanno  energico  vigore  ,  pre- 
cipuamente nel  secondo  Abruzzo  ulteriore.  Non  mai 
gli  abitanti  di  questa  provincia  vi  si  volgeranno  di 
cuore  ,  avendo  essi  una  strada  aperta  per  satisfare 
le  più  urgenti  bisogne  ,  accumulandone  talora  ezian- 
dio ricchezze.  Non  è  piccolo  quindi  il  profitto  che 
ne  risente  il  regno  napolitano  ,  nel  quale  uon  si  ad- 
dolteranno  conseguentemente  misure  tali  da  promo- 
vere cola  le  manifatture  e  le  arti.  Oltreché  gene- 
ralmente parlando  ,  le  campagne  italiane  offrono  so- 
prattutto ,  ed  offriranno  mai  sempre  ,  le  sicure  ed 
inesauribili  sorgenti  di  ricchezza,  in  ispezialita  quan- 
do ,  sradicati  a  gradi  a  gradi  i  volgari  pregiudizi  , 
messi  siano  a  profitto  con  saggie  e  ben  dirette  isti- 
tuzioni i  lumi,  che  le  scienze  copiosamente  ci  por- 
gono (i). 


(r)  //  nostro  supremo  governo  ,  intento  a  rialzare 
e  promovere  viemaggiormente  V  industria  dello  stalo 
pontificio  ,  nel  novembre  1827  con  suo  venerato  dispac- 
cio ordinò  ,  che  dal  seno  della  nostra  accademia  (  lin- 
cei )  fosse  formata  un  apposita  commissione.  Ebbi  io 
r onore  di  esservi  incluso.  Due  sole  volte  ho  potuto  star 
presente  alle  dotte  sue  discussioni  ;  e  due  sole  relazio- 
ni ,  all'  uopo ,  sono  state  da  me  udite  in  tale  circostan- 
za. Nella  prima  ,  se  io  mal  non  veggio  ,  seguì  vansi  dal 
dotto  relatore  ,  in  certa  maniera  ,  le  massime  del  cel.  Si- 
smoudi ,  appoggiandole  con  una  risposta  di  rinomatissimo 
ministro  di   Francia    (Chaptal)  :    11  faut   laisser   faire. 

-  Dove  è  passività  ,  come  succede  presso  di  noi  , 
non  solo  deve  lasciarsi  Jare  ,  ma  diventar  dee  il  go- 
verno energico  promotore.  Se  non  che  ,  da  alcune  pa- 
role del  rispettabile    Linceo,  mi  è   partito,    che  ciò   in- 


Fenomeno  geologico  i  19 

Ma  per  tornare  laddove  mi  sono  per  poco  di- 
partito ,  oltre  quanto  si  è  qua  e  la  superiormente 
accennato  sull'  argomento  in  quislione  ,  senza  ricor- 
rere al  difficilissimo  ,  per  non  dire  chimerico  cana- 
le naviglio  di  recente  progettato  (bibl.  itil.  totn.  4/)i» 
assicura  il  signor  marchese  Delfico  ,  che  il  fiume  Inu- 
mano può  rendersi  navigabile  ,  dal  che  profitto  non 
poco  si  trarrebbe.  Minori  sarebbero  le  annuali  ro- 
vine dal  medesimo  fiume  cagionate.  La  comunica- 
zione ,  renduta  più  facile  al  presente  negli  Abruz- 
zi per  le  nuove  strade   ivi  aperte,  sarebbe    vieppiù 


tendersi    doveva  per   non  poter    noi  sì    tosto    (  come    sa- 
rebbe   stato    il  desiderio   e  lo  scopo   del  governo  )    equi- 
librarci  coi  giganteschi  progressi  ,   che    nelle    manifattu- 
re ed  arti  {eccetto   le  arti  belle  che  sono  nostro  patrimonio 
esclusivo  )  si  fecero  oltremonte    ed   oltremare     in   questi 
ultimi  tempi.  A   me  d 'altronde  par  certo  ,    che  i    nostri 
^relativamente)  si  livellerebbero  e  sorpasserebbero^  in  quel- 
lo   di  cui    si  parla  ,   i  forestieri.    Ma  forz   è   confessa- 
re ,  che   può   ciò   conseguirsi  soltanto   a  gradi  a  gradi  , 
e  dappoiché   ne  siano  stabilite  solide  basi.  Fondare  nuo- 
vi ,  e  migliorare  gli  attuali  stabilimenti ,  attivare   ed  ac- 
crescere la  popolazione  ,  conservare    ed  accrescere   i  bo- 
schi ,  formare  nuove,  e  facilitare  le  attuali  comunicazio- 
ni, fondare  scuole   per  le  arti  e  mestieri  ,  aprire  le  mi- 
niere di  carbon  fossile  ,  adoperare   il  vapore  ,  continua- 
re ed   accrescete   con  imponente    apparato  le  premiazio- 
ni ec.  Una   statistica    comparata  dei  paesi  stranieri  sarà 
ottima  ,  onde  vedere  i  bisogni  de*  lontani  ,  quei  de    vicini 
per  confrontarli  coi'  nostri.   Una    statistica  nostra,  più    mi- 
nutamente  comparata  ,  per  iscerre  questa    o  quella   pro- 
vincia ,  questa   o   quella    porzione   di  suolo  ,    che   più  rie- 
sca    ai    disegni     del   legislatore    economico    (  rimanendo 


120  Scienze 

migliorata.  Il  commercio  passivo  ,  che  sperimentasi 
pel  mancamento  eie'  legnami  di  costruzione  nei  can- 
tieri del  regno  ,  diverrebbe  attivissimo  per  Teste* 
se  e  folle  foreste  delle  suddette  montagne.  Se  il  si- 
gnor Delfico  nel  1796  riputava  come  un  ricco  teso- 
ro la  scoperta  delle  abbondevoli  miniere  di  car- 
bon  fossile  ivi  esistenti  ,  ognun  vede  di  quanta 
utilità  diverrebbero  le  medesime  ora  che  il  vapo- 
re die  nuovo  ed  incredibile  impulso  al  commer- 
cio. E  per  siffatte  circostanze ,  che  vuoisi  conve- 
nire ,  che  in  onta  de*  profitti  che  ritraggonsi  dall' 
agricoltura  e  dalla  pastorizia  nelle  falde  della  de- 
scritta montagna  ,  di  gran  lunga  maggiori  compen- 
si  trarrebbonsi  ,  se  promosse  vi  fossero    le    manifat- 


Jisso  per  me  ,  quanto  si  è  detto  sopra  sulla,  ricchezza 
delle,  terre).  È  con  siffatte ,  o  consimili  istituzioni ,  che 
si  eguaglieranno  a  poco  a  poco  le  straniere  produzioni  ; 
e  quando  ciò  sia  avvenuto  ,  ognun  vede  ,  cader  queste 
nelV  obblio  senza  bisogno  di  assoluti  divieti.  {Valgane 
in  Roma  il  luminoso  esempio  della  manifattura  dei  cap- 
pelli ,  il  cui  commercio  di  guari  passivo  ,  è  ora  attivis- 
simo )  .  Il  die  nella  seconda  relazione  sostenevasi  da 
altro  rispettabile  Linceo.  Non  è  mio  scopo,  né  della  capa- 
cità mia  d'isviluppare  in  una  nota  ornai  troppo  lunga  que- 
sto ,  che  par  sì  facile  ,  ma  difficilissimo  e  paradossico  ar- 
gomento. Mi  farò  lecito  però  di  dire  ,  che  nello  stato  in  cui 
siamo,  oltre  i  generi  coloniali ,  avrem  noi  sempre  bisogno 
di  alcuni  esteri  prodotti:  maggiori  però  ,  e  di  maggiore  mo- 
mento sono  i  bisogni  ,  che  i  forestieri  hanno  delle  cose 
nostre.  Ciò  che  in  fine  mi  sembra  si  è ,  che  coi  divieti 
assoluti  si  moltiplicheranno  i  monopolisti,  e  veri/icheras- 
si  quella  sentenza  del  gran  Genovesi  ,  che  per  arricchi- 
re il  mercante  rovinasi  lo  stato. 


Fenomeno  geologico  121 

ture  e  le  arti.  Imperocché,  se  eccellenti  manifattu- 
rieri sono  gli  abitanti  dell'  alpestre  Elvezia  ,  a  buo- 
na ragione  lo  diverrebbero  i  nostri  montanari  con 
tutti  gli  altri  d'Italia  ,  presso  de'  quali  concorresse 
la  stessa  geognostica  e  idro-grafica  posizione  (1)  . 
Ma  giova  qui  ripeterlo  ,  che  laddove  le  terre  sono 
fecondissime  ,  ivi  più  all'  agricoltura  ed  alla  pasto- 
rizia debbono  a  mio  avviso  volgersi  le  mire  legi- 
slative ,  onde  trarne  i  prodotti  più  confacenti  all' 
indole  de'  tempi  per  concambiarli  poi  colle  manifat- 
ture de'  luoghi  montuosi,  e  vendere  il  superfluo  agli 
stranieri  ,  in  cambio  di  quelle  merci  ,  che  l'incivili- 
mento e  l'abitudine  han  rendute  necessarie. 

Se  le  acque  e  foreste  per  la  locale  geognosia  co- 
siffatti vantaggi  arrecherebbero ,  più  giovevoli  van- 
taggi ,  di  qnelli  che  or  sono  ,  si  ritrarrebbero  anco- 
ra da  quell'  abbondante  argilla  ,  di  cui  abbiamo  di 
sopra  parlato.  Questa  riesce  oltremodo  eccellente  ai 
lavori  del  vasaio  :  ma  picciolo  è  il  profitto  che  sen 
tragge.  A  perfezione  potrebbero  certamente  ridursi 
le  nostre  maioliche  ,  se  abbelliti  i  loro  contorni  ,  mi- 
gliorati fossero  i  modelli,  e  di  buona  qualità  le  ver- 
nici. Plinio,  nel  parlare  dei  vasi  di  creta,  dice:  Cois 
laus  maxima  ,  Hadrianis  Jirmitas  (2):  è  colla  stes- 
sa argilla  che  dovrebbonsi  moltiplicare  le  fabbriche 
de'  mattoni  ,  onde  non  volendo  fabbricare  colla  pie- 
tra calcarea  ,  perchè    generalmente  poco  si   presta  al 

(1)  Popolose,  come  un  tempo,  diverrebbero  le  mon- 
tuose contrade  ,  e  se  in  allora  per  la  vita  pastorale  po- 
chissime erano  le  loro  bisogne,  arricchite  ora  per  l'in- 
dustria ,  satisfar  potrebbero  a  quanto  è  mancante  per 
la   natura   del  suolo. 

(a)  Lib.  35  cap.  fò. 


122  Scienze 

lavoro  dello  scalpello  ,  con  quelli  soltanto  si  co- 
struisse. Di  che  furono  da  me  addotte  in  altro  luo- 
go le  più  evidenti  fisico-chimiche  ragioni  (  osserv. 
geolog.  cit.,  e  giorn.  arcad.  tom.  28).  Ottimo  quin- 
di sarebbe  un  senatusconsulto  ,  che  vietasse  di  fab- 
bricare colle  nostre  diverse  arenarie,  conforme  in  To- 
scana ,  nell'  Umbria ,  nell'  Abruzzo  ec.  comunemen- 
te si   pratica. 

È  quest'  istessa  argilla ,  che  mescolata  colla  cal- 
ce ,  forma  le  marnose  terre  di  sopra  descritte.  Per- 
ciocché verticale  essendo  la  loro  posizione  nelle  su- 
bappennine  vette  ,  ne  avvengono  que'  disastri  ,  pe' 
quali  ,  o  illustri  accademici  ,  io  vi  tenni  ,  sono  già 
tre  anni,  apposito  ragionamento  (1).  Sotto  differen- 
ti cagioni  fu  da  me  riandato  si  triste  argomento  nell' 
anno  decorso  in  occasione  della  rotta  del  fiume  Ame- 
ne (2).  Or  dunque,  se  col  lodevole  uso  di  conserva- 
re i  boschi  ,  si  desse  scolo  alle  montane  acque  mer- 
cè di  calcolate  leggi  idrauliche  :  e  meglio  ,  se  s'im- 
pedisse severamente  di  fabbricare  ,  o  di  ricostrui- 
re abitazioni  qualsivogliano  nelle  dette  terre  ,  o  al- 
le radici  de'  monti  intersecati  dalle  medesime  ;  oltre 
i  vantaggi  ,  che  ne  trarrebbe  la  rurale  economia  ,  non 
vedrebbonsi  più  seppelliti  castelli  e  villaggi  non  so- 
lo negli  Abruzzi  ,  ma  in  tanti  altri  lnoghi  ,  che  tro- 
vansi  nella  stessa  fisica  posizione  (3). 


(1)  Osserv.  geol.  cit.,   e  giorn.  are.  id.   16. 

(2)  Riflessioni  geologiche  sugli  avvenimenti  recentemen- 
te accaduti  nel  corso  dell'  Aniene;  e  giorn.  arcad.  tom.  35. 
Il  nostro  infaticabile  naturalista  signor  Riccioli  ha  ora 
riunite  doppie  collezioni  dei  pezzi  geologici  di  Tivoli 
e  de'suoi  dintorni. 

(3)  Nelle  più   volte  citate  osservaz.  geolog.,  e  mem. 
stor.,  dietro  l'esame  di  alcuni  pezzi  geologici ,  io  opinai , 


Fenomeno  geologico  123 

Assai  più  in  lungo  potrei  ragionare  intorno  a 
quest'  importantissimo  subbietto  ;  ma  bastami  ,  colla 
geognosia  del  padre  degli  appennini  e  suoi  dintor- 
ni,  di  avervi  accennate,  o  lincei,  alcAine  utilità  che 
traggonsi ,  e  trar  si  potrebbero   dal  suo  suolo. 


Stor>'n  di  singolari  vicende  morbose,  nelle  quali  fu 
necessaria  ed  utile  una  profusione  di  sangue  , 
coti  alcune  considerazioni  suW abuso  del  salasso; 
del  dottor  Francesco  de  Rossi,  socio  corrispon- 
dente dell'accademia  de' lincei  di  Roma  e  me- 
dico condotto  della  città  di  Velletri,  letta  nella 
medesima  accademia  nell'adunanza  del  giorno  18 
agosto    1828. 


u, 


na  signora  appartenente  ad  un  ragguardevole 
impiegato  della  citta  di  Velletri  ,  legata  ad  estesi 
rapporti  ,  cui  nelF  ordinario  periodo  di  sua  gravi- 
danza furono  estratte  oltre  libbre  trenta  di  sangue  t 
ed  a  cui  immediatamente  dopo  il  parto  nel  corso  di 
una  gravissima  malattia  furono  tolte  più  di  venti 
libbre  dell'umor  vitale  ,  dovea  necessariamente  destar 


che  gli  sfraceli  della  città  di  Todi  erano  cagionali  dal- 
la presenza  del  carbon  fossile ,  che  andava  in  isfaci- 
mento.  Potrebbe  quindi  accadere  che  alcune  delle  con- 
tinue frane ,  che  hanno  luogo  nelle  italiane  subappenni- 
ne  vette ,  in  ispecie  in  Abruzzo ,  provenissero  dalla  stes- 
sa cagione.  Perlochè  ,  se  inutili  sarebbero  le  riparazio- 
ni ,  giovevole  certamente  riuscirebbe  ,  se  con  sovrano  or' 
dinamento  se  ne  slontanassero  gli  abitanti. 


124  Scienze 

maraviglia  ed  attirare  l'attenzione  degli  uomini  illu- 
minati ,  e  dar  nel  tempo  istesso  origine  a  censure 
ed  a  sospetto  d'inconsiderata  adesione  a'  sistemi.  In 
un'epoca,  in  cui  le  gravi  discordie  in  medicina  prin- 
cipalmente sull'uso  della  flebotomia  sonosi  rese  pub- 
bliche e  clamorose  anco  fra  il  volgo  ,  facile  era 
l'opinare  ,  che  tanta  profusione  di  sangue  fosse  la 
conseguenza  di  troppo  stretta  osservanza  o  d'  ine- 
satta interpretazione  di  alcune  dottrine  mediche,  le 
quali  dominano  specialmente  in  Italia  ,  ed  il  pro- 
dotto di  quel  fanatismo  ,  con  cui  tali  dottrine  ven- 
gono da  alcune  fervide  menti  ricevute.  Avvenne  in- 
fatti (e  ciò  appunto  avvenir  doveva  in  un  tempo  , 
in  cui  la  divina  arte  del  guarire  per  l'imprudenza  e 
pel  continuo  garrire  degl'  istessi  cultori  di  quella  è  di- 
venuta il  bersaglio  dell'altrui  maldicenza)  avvenne, 
dissi,  che  voci  allarmanti  s'innalzarono  contro  il  me- 
dico curante  e  si  diffusero  presso  le  varie  classi  di 
persone.  Io  ,  che  ne  diressi  appunto  la  cura  ,  allie- 
vo della  scuola  medica  di  Roma  ,  in  cui  ,  a  gloria 
dell'università  ,  rinunciandosi  costantemente  ai  siste- 
mi vacillanti  ,  si  è  sempre  professata  e  si  professa 
tuttora  l'ippocratica  salutare  dottrina  mista  al  più 
savio  e  ben  ponderato  ecleticismo  ;  io,  che  nello  spa- 
zio di  circa  venti  anni  ,  nel  quale  incessantemente 
ho  esercitata  ,  siccome  esercito  attualmente,  la  me- 
dica arte  ,  ho  sempre  procurato  di  evitare  la  tac- 
cia di  medico  sistematico  ,  mi  vidi  in  quella  circo- 
stanza in  pericolo  di  esser  tale  considerato  ,  e  di 
essere  annoverato  nella  classe  de'  medici  sitibondi 
del  sangue  umano.  La  perfetta  guarigione  dell'  in- 
ferma ,  che  seguì  in  meno  di  un  mese  dopo  il  par- 
to ,  impose  silenzio  ,  come  accader  suole  ,  alle  sa- 
tiriche dicerie  ;  ma  io  non  dovea  per  ciò  rimanermi 
tranquillo  ,  ne  credermi  assoluto  dal   tribunale  della 


Singolari  vicende  morbose  125 

severa  critica.  La  sana  ragione  e  la  sperienza  ne 
insegnano  ,  che  la  guarigione  del  malato  non  può 
sola  essere  una  sicura  prova  del  retto  operare  del 
medico  ,  né  può  stabilirsi  per  un  criterio  infallibi- 
le: dappoiché  la  natura  può  talora  resistere  e  trion- 
fare sopra  i  colpi  vibrati  contro  di  essa  e  dal  mor- 
bo e  dal  medico  istesso.  Mal  potendo  tollerare  una 
imputazione,  anche  al  semplice  grado  di  sospetto  , 
la  quale  è  ripugnante  al  mio  intimo  senso  ,  conob- 
bi essere  della  più  alta  importanza  di  redigere  e 
rendere  manifesta  la  storia  di  una  gravidanza  e  di 
una  malattia  a  quella  succeduta  ,  in  cui  non  fu 
amor  di  sistema  ,  non  cieco  entusiasmo  ,  ma  neces- 
sita ,  che  indusse  a  profondere  il  latice  vitale  :  ed 
è  appunto  quella  ,  che  oggi  ,  o  dotti  accademici  , 
presento  al  vostro  alto  intendimento  ,  e  che  forse 
potrà  meritare  una  qualche  vostra  attenzione  ;  sto- 
ria che  mi  ha  dato  occasione  di  accennare  alcune 
considerazioni   siili'  abuso    del   salasso. 

Una  signora  di  circa  anni  32  ,  già  madre  di 
numerosi  figli  ,  di  forte  costituzione  e  di  tempera- 
mento al  sommo  grado  eccitabile  ,  nel  principio  di 
sua  gravidanza  ,  ch'ebbe  luogo  nel  mese  di  marzo 
del  cessato  anno  1827,  mentre  godeva  la  più  perfet- 
ta salute,  venne  improvvisamente  assalita  da  veemen- 
te asma  ,  del  grado  di  ortopnèa.  I  polsi  turgidi  ed 
il  rubore  intenso  della  faccia  e  del  petto  ,  che  si 
estendeva  fino  alla  estremità  della  mano  ,  furono 
sufficienti  senz'  altro  esame  a  farmi  evidentemente 
conoscere  ,  che  quell'asma  soffocativo  era  il  prodot- 
to di  un'impulsione  di  sangue  al  polmone;  sconcer- 
to patologico  ,  che  può  o  lentamente  o  repentina- 
mente accadere  no  n  solo  ne'  visceri  toracici  ,  ma  an- 
co in  altre  parti  esterne  ed  interne  del  corpo  ,  cui 
il  eh.  dottor  Brofferio   pose  il   nome  di   emormèsi  e 


i36  Scienze 

che  l'ili,  prof.  Tomraasini  più.  generalmente  nominò 
angioidèsi  sanguigna.  Un  pronto  ed  abbondante  sa- 
lasso ,  il  quale  dovè  ripetersi  nell'istesso  giorno,  fe- 
ce immediatamente  cessare  l'ortopnèa  ,  e  la  paziente 
ritornò  nella  sua  perfetta  calma.  Tale  angioidèsi  san- 
guigna polmonale  molte  volte  si  riprodusse  nel  pe- 
riodo della  gravidanza  ,  cioè  non  senza  mia  gran- 
de sorpresa  due  e  tre  volte  in  ciascun  mese  ,  e  sem- 
pre si  manifestò  coi  medesimi  sintomi  di  sopra  no- 
tati ,  ai  quali  qualche  volta  si  associò  la  febbre. 
Fu  d'uopo  per  conseguenza  due  e  tre  volte  in  cia- 
scun mese  ricorrere  ad  un  sollecito  salasso  ,  talora 
ripetuto  ,  mentre  il  ritardo  di  questo  soccorso  ren- 
dea  più  violento  il  parosismo  ,  e  la  inferma  veniva 
minacciata  da  soffocamento.  Una  quasi  istantanea 
cessazione  degli  assalti  ortopnoici  succedeva  costan- 
temente alle  sottrazioni  sanguigne  ,  e  la  donna  tor- 
nava alle  sue  domestiche  occupazioni  senza  punto 
sperimentare  sensibile  debolezza  per  le  grandi  per- 
dite di  sangue.  Nel  fine  della  gravidanza  erano  sta- 
te estratte  oltre  libbre  trenta  del  fluido  vitale  ,  ed 
intanto  godeva  la  medesima  uno  stato  di  salute  com- 
patibile cogli  ordinarj  incomodi  di  una  gravidanza 
eli'  era    giunta    al   suo    termine. 

Siffatta  enorme  quantità  di  sangue,  sottratta  nell' 
ordinario  periodo  di  una  gravidanza,  non  dee  certa- 
mente riputarsi  eccedente,  ne  credersi  per  conseguen- 
za che  siasi  fatto  abuso  del  salasso ,  se  si  consideri 
in  rapporto  alle  vicende  morbose  ,  che  in  quella  si 
svilupparono,  ed  a  tutte  le  altre  circostanze  indivi- 
duali favorevoli  alla  flebotomia.  I  pronti  effetti  van- 
taggiosi, che  da  questa  derivarono,  la  inalterata  ener- 
gia costituzionale  dopo  tanta  perdita  di  sangue  ,  il 
parto  felice  poco  dopo  accaduto  ,  e  la  prospera  vi- 
ta del  neonato  4  il  quale  tuttora   è  ben  costituito  e 


Singolari  vicende  morbose  12-7 

gode  perfetta  salute  ,  concorrono  a  sanzionare  la  con- 
venienza di  sì  abbondanti  emissioni  sanguigne  ,  ed  a 
liberarmi    dalla  taccia   di   medico  ematomanìaco. 

Progredendo   nella  storia  ,  guari  non  andò  ,  che 
un  naturale  e  facile  parto  fu  il  termine  di  una  gra- 
vidanza tanto  perturbata  da  vicende  morbose,  e  die 
principio  ad  altra  serie  di  maggiori  avvenimenti  pa- 
tologici. Il  nonimestre  bambino  era  ben  nutrito  e  sce- 
vro da  ogni  infermità.  Non  cosi  fu  dell'infelice  puer- 
pera ,  la  quale  appena  liberata   dal  malaugurato  pon- 
do del  feto,  venne  sorpresa   da  improvvisa  e  crudele 
malattia.  Clùamato  per  prestarle   soccorso  ,  la  trovai 
già   assalita  da  acuta    pneumonitide  ,   il    cui  sinto- 
mo più  grave   era  la   dispnea  soffocativa.   Ne  potea 
ingannarmi  sulla  natura  e  grado  della  malattia,  men- 
tre gli  sputi   cruenti   espulsi  da  tosse  veemente  ,  un 
senso  di  grave  peso  nel  torace  ,  la    dispnèa  ,  il  co- 
lor   rosso   della  faccia  ,   la   violenta   febbre  ,  i  polsi 
duri  e  pieni,  e  l'alta  e  densa  cotenna,  che  costante- 
mente formava  gran  parte  del  sangue  estratto,  chia- 
ramente la  manifestavano.  Intanto  con  maraviglia  os- 
servavo ,  che  turgide   di   latte  erano  le   mammelle  , 
e  con  maggior    maraviglia    vedea  che   lochj   sangui- 
gni fluivano    copiosamente.   Niun'  alterazione    appa- 
riva nell'utero   o  in  altri  visceri  contigui  ,  in  guisa 
che  potea  decidersi    essere  il  polmone  la  sede  esclu- 
siva del  morbo  ,  perche  scevro   fino  a  quel  momen- 
to da  sensibile  complicazione.  Eseguiti  senza  dimora 
in  breve  spazio  di  tempo   quatro   eopiosi  salassi ,  i 
quali  furono    necessari    per   frenare   prontamente  la 
violenza  dell'infiammazione,  che  minacciava  rovina, 
cederono  ,  mercè  ancora  dell'azione  di  altri  mezzi  te- 
rapeutici,  i  gravissimi   sintomi    flogistici.  Ma    essen- 
dosi questi    nuovamente  riprodotti  ne' giorni  seguen- 
ti ,    altri  salassi  forono  praticati  e  nelle   braccia  e 


ia8  Scienze 

nei   piedi    e   negl'  inguini,  e  per    mezzo    di  lancetta 
e  per  mezzo  di  mignatte,  seguendo    la   varietà    delle 
indicazioni.  Nel   giorno   settimo  apparvero  chiari  se- 
gni di   risoluzione  della   infiammazione,    mentre  alla 
progressiva    diminuzione    de'  fenomeni    patologici    si 
uni   una  facile   separazione   dall'organo  póìmonico  di 
quelle   materie  ,  che  il   clinico   esercitato   sa   ricono- 
scere  per    critiche.   Da   tutto   ciò   sembrava  manife- 
sto  esser   la   malattia  ridotta  al    suo   termine,  ed  es- 
ser soddisfatti  i  voti  del  medico  e  della  natura.  Ma 
che  ?   Neil'  ottavo    giorno    apparve   nuovo    apparato 
fenomenologico  ,  il  quale  portò  a   stabilire   l'idea  di 
una     febbre     gastrico  -  biliosa ,    le    cui     cause   eran 
forse  di  già  latenti  nell'  inferma.    Questa  nuova  ma- 
lattia, se  è  lecito  tah;  considerarla,  pose  nuovamen- 
te in  pericolo   la    puerpera.    Ma    ciò    che    costituì    il 
massimo   del  morbo,  e  formò   un'  insigne  irregolarità 
nel  suo  andamento  ,  fu  l'intercorrenza  di  alcuni  vio- 
lenti parosismi  asmatici,  i  quali  improvvisamente  l'as- 
salirono   con   minaccia   di   soffocazione  ,    e  (la  ridus- 
sero all'estremo  pericolo.  Siffatti  parosismi  erano  ac- 
compagnati da  quei  sintomi ,  che  caratterizzano  l'an- 
gioidèsi   sanguigna   polmonale  ,    specie   di    malattia  , 
che  ,  siccome  vedemmo ,  fu   causa  di  tanta  profusio- 
ne di  sangue    fatta   nella    di    lei   gravidanza  ,    e   che 
intromettendosi   nel  corso   di   una   più   grave   malat- 
tia  doveva  indurre  lo    spavento  della  morte.  Il  fisi- 
co considerabile    abbattimento  dell'  inferma  ,  percos- 
sa si  crudelmente  da    ostinati    malori  ;   l'esaurimento 
delle    sue    forze  ;   il  di  lei  marcato    emaciamento  ;  il 
lurido    suo   volto  ,  che  presentava  un   pallore  mor- 
tale ;  e  l'idea   della   quantità   di   sangue  a  larga  co- 
pia di  già  versato,  mi   tennero    in    un    bivio   il    più 
penoso    sulla    prescrizione   di   nuova   flebotomia.  Ma 
il  crescente   asma  ,  che  sempre   più  minacciava  jof- 


Singolari  vicende  morbose  129 

focamento  e  ch'era  riluttante  ad  altri  medici  sussi- 
sidj  ;  il  naturale  coraggio,  che  non  era  ancora  spen- 
to nell'animosa  donna  ,  nel  sostenere  le  perdite  di 
sangue  ;  gli  esempj  di  cure  eseguite  ,  e  di  ottenute 
guarigioni  per  mezzo  di  strabocchevoli  emissioni  san- 
guigne in  ostinate  malattie  ,  furono  circostanze  irn- 
pouentissime,  che  mi  derisero  a  rinnovare  le  sangui- 
gne evacuazioni  ,  dalle  quali  ottenne  i  più  manife- 
sti vantaggi.  Ed  infatti  eseguito  in  ciascun  paro- 
sismo  un  salasso,  e  non  molto  tempo  dopo  il  secon- 
do per  l'insufficienza  del  primo,  tutti  costantemen- 
te cessavano  gli  assalti  soffocativi,  e  la  malattia  de- 
clinò nel  vigesimo  giorno ,  previe  alcune  critiche  eva- 
cuazioni. Se  gV  immediati  favorevoli  risultamene  ot- 
tenuti dalla  nuova  effusione  di  sangue  indussero 
maraviglia  ,  maggiore  stupore  arrecò  la  qualità  del 
sangue  estratto  in  quest'ultimo  cimento  ;  mentre  pre- 
sentò sempre  una  profonda  e  vasta  cotenna  con  pic- 
cola   proporzione  di   siero. 

Ma  non  erano  ancor  compiute  tutte  le  vicende 
patologiche.  Quando  l'infelice  puerpera  credeasi  giun- 
ta al  termine  di  tanti  variati  insulti  morbosi  ,  ven- 
ne dopo  l'intervallo  di  poche  ore,  previo  un  inten- 
so rigore  di  freddo  ,  di  repente  assalita  da  violen- 
tissima febbre  ,  la  quale  si  manifestò  d'indole  acces- 
sionale.  Questa  però  fu  completamente  distrutta  dalla 
prodigiosa  attività  della  chinina.  A  tanta  e  si  lunga 
malattia,  sostenuta  sempre  da  gravissimi  sintomi,  suc- 
cesse una  breve  convalescenza  ,  in  fine  della  quale 
si  riprodusse  la  secrezione  del  latte,  e  la  malata  ri- 
acquistò il  perfetto  stato  di  salute. 

Dopo  un  calcolo  per  approssimazione  della  quan- 
tità  di  sangue   estratta  nella  malattia   dopo   il  parto 
sviluppata  ,   vidi  aver  quella  superata    il   peso   di  li- 
bre venti ,    senza  tener  conto   della  quantità    di  san- 
G.A.T.XL.  9 


1 3o  Scienze 

gue ,  die  fluì  in  gran  copia  u"lF  epoca  del  par- 
to e  nei  primi  giorni  del  puerperio.  All'  idea  di 
siffatta  abbondanza  di  sangue  sottratta  immediatamen- 
te dopo  l'altra  maggiore  di  libbre  trenta  ,  che  fu 
tolta  nel  periodo  della  gravidanza,  non  può  certa- 
mente non  inoi ridire  l'umana  natura.  Ma  questa  nuo- 
va profusione  dì  sangue  cesserà  dall'  arrecare  sorpre- 
sa ,  se  si  riguardi  sotto  tutti  i  punti  di  vista  ,  che 
sono  stati  ,  seppur  mal  non  mi  avviso  ,  beantemen- 
te precisati  nella  storia.  Io  nell'  ordinazione  de'  sa- 
lassi non  feci  che  seguire  fedelmente  la  generale  in- 
dicazione di  quelli.  Desunsi  principalmente  l'indica- 
zione dall'  essenza  delle  affezioni  patologiche,  dal  tem- 
peramento dell'  inferma,  e  dalla  sua  somma  tolleran- 
za del  salasso  sperimentata  costantemente  tale  in  tan- 
te altre  malattie  dalla  medesima  in  varie  altre  epo- 
che sofferte.  Fui  poi  incoraggiato  ad  insistere  nella 
profusione  del  sangue  in  mezzo  ad  un  bivio  perico- 
loso ,  ed  anco  nell'  apparente  controindicazione  del- 
la flebotomia  ,  dai  numerosi  esempi  ,  come  di  sopra 
accennai  ,  di  strabocchevoli  perdite  sanguigne  e  na- 
turali ed  artificiali  ,  senza  die  ne  sia  seguita  la 
morte  ,  o  siasi  veduto  superstite  un  considerabi- 
le e  ben  provato  nocumento  all'  economia  ani- 
male. Il  eh.  dottor  Palazzini  nel  secondo  discor- 
ro sulP  abuso  del  salasso,  inserito  nel  voi.  IV  degli 
opuscoli  della  società  medico-chirurgica  di  Bologna, 
riporta  molti  casi  di  eccessive  effusioni  di  sangue 
riferiti  da  sommi  scrittori  e  degni  di  tutta  la  fe- 
de, fra' quali  annovera  un  Lancisi,  un  Lieutaud  , 
un  Brera  ed  altri  illustri  autori.  Ancor  io  sono  sta- 
to più  volte  spettatore  di  casi  orrendi  relativi  a 
perdite  sanguigne  naturali ,  principalmente  in  donne 
sorprese  da  impetuose  emorragie  uterine  ,  nei  qua- 
li casi    il    sangue   uscito  a  larghi  rivi  in  breve  tera- 


Singolari  vicende  morbosi:  i3i 

pò  superava  il  peso  di  venti  libbre.  Da  tali  enor- 
mi jatture  di  sangue  non  solo  non  accadde  la  mor- 
te degl'  individui  ,  che  ne  furono  lo  scempio  ,  ma 
iti  seguito  riacquistarono  queste  il  perfetto  stato  di 
salute  senz'  alcun  sensibile  incomodo.  Dopo  tutti 
questi  fatti,  e  tanti  altri  simili  che  trovansi  regi- 
strati nelle  opere  di  medicina,  sembra  che  si  possa 
essere  in  diritto  di  concludere  che  molti  individui 
(mentre  non  tutti  godono  di  tanto  estesa  capacita 
di  tollerare  le  perdite  di  sangue  strabocchevoli  ,  sic- 
come risulta  da  funesti  esempi  di  vittime  di  tali 
perdite  prodigiose)  molti  individui,  dissi,  possono 
sostenere  abbondantissime  effusioni  sanguigne,  e  che 
per  conseguenza  può  la  flebotomia  nei  casi  urgen- 
ti ,  come  si  esprime  il  eh.  Palazzi  ni  ,  essere  spinta 
a  termini  molto  più  alti  di  quanto  comunemente  si 
vuole  e  si  crede  :  e  sembra  ancora  restar  conferma- 
ta la  sentenza  d'  insigni  patologi  ,  che  la  riprodu- 
zione del  sangue  (almeno  in  molti  individui  per  va- 
rie favorevoli  circostanze  anco  indeterminate  ed  in- 
cognite) è  facile  ,  abbondevole  e  prestissima.  Ritor- 
nando ora  alla  mia  inferma  ,  a  me  pare  ,  che  l'esi- 
to felice  ottenuto  ,  e  la  breve  convalescenza,  siano 
una  conferma  della  convenienza  del  sistema  di  cu- 
ra in  lei  praticato.  Pare  dunque  che  resti  piena- 
mente provata  la  necessita  ed  insieme  l'utilità  del- 
le enormi  sottrazioni  sanguigne  fatte  in  una  gravi- 
danza ed  in  una  malattia  a  quella  succeduta  ,  che 
furono  distinte  pei  frequenti  e  pericolosi  esaltamen- 
te vitali  del  viscere  importante  della  respirazione  : 
sembrami  per  conseguenza  essere  in  tutta  l'estensio- 
ne giustificato  il  metodo  curativo  eseguito  nelle  de- 
scritte singolari  vicende  morbose.  Prima  di  dar  ter- 
mine a  questo  mio  tenue  lavoro  permettetemi  ,  o  dot- 
ti e  benigni  accademici  ,  che  per  altro  breve  tempo 

9* 


i32  Scienze 

v'iutertenga  in  qualche  considerazione  suli'  abuso  del 
salasso  ,  contro  cai  giustamente  sonosi  a'  dì  nostri 
innalzati   alti    clamori   da   medici    celebratissimi. 

Ponendo  mente  in  primo  luogo  sul  significato 
della  voce  abuso,  e  conoscendosi  che  questo  vocabo- 
lo vuole  esprimere  mal*  uso  ,  uso  contrario  ,  uso  im- 
proprio, uso  non  conveniente,  si  rileva  all'istante,  che 
sotto  l'espressione  di  abuso  di  salasso  dee  intendersi  un 
uso  del  medesimo  contrario  all'  oggetto  ,  per  cui  si 
dee  impiegare.  Si  comprende  altresì,  che  quest'abu- 
so può  essere  assoluto  e  relativo  :  assoluto  ,  quando 
venga  usato  il  salasso  in  un  caso  ,  in  cui  affatto 
non  convenga  ;  relativo  poi ,  se  pel  salasso  ,  in- 
dicato d'altronde  dall'  indole  della  malattia  ,  venga 
estratta  una  quantità  di  sangue,  la  quale  non  sia 
proporzionale  a'  veri  bisogni  della  natura.  Dunque 
l'abuso  relativo  del  salasso  può  consistere  tanto  nclP 
eccesso,  quanto  nel  difetto  del  sangue  estratto.  Se,  a  ca- 
gion  d'esempio  ,  in  una  grave  pleuritide  venga  tol- 
ta una  copia  di  sangue  ,  la  quale  non  sia  stata  suf- 
ficiente a  frenare  l'impeto  dell'  infiammazione  ,  onde 
condurla  ad  una  felice  risoluzione  ,  vi  sarà  stato  al- 
lora abuso  relativo  di  salasso  per  difetto ,  o  più  bre- 
vemente abuso  tiagativo  di  salasso.  Avrà  avuto  luo- 
go abuso  relativo  di  salasso  per  eccesso  ,  o  in  più 
brevi  parole  abuso  positivo  di  salasso  ,  se  la  quan- 
tità di  sangue  sottratta  avrà  indotto  nel  malato  un 
grado  tale  di  debolezza  ,  per  la  quale  non  possa- 
no affettuarsi,  o  vengano  sensibilmente  ritardati  i 
tanto  salutari  critici  movimenti  ,  per  mezzo  de'  qua- 
li vuole  risolversi  l'infiammazione.  A  me  pare  ,  che 
simili  distinzioni  siano  giuste  ed  importanti  ,  e  che 
non  bebbano  essere  disprezzate  anche  per  l'esattez- 
za del  linguaggio  medico  ,  e  per  evitare  qualunque 
equivoco   che  sotto   questo  rapporto  potrebbe   nasce- 


Singolari  vicende  morbose  i33 

re  nelle  questioni  di  medicina.  Debbono 'dunque  es- 
servi dei  limiti  per  la  retta  pratica  del  salasso.  Se 
a  questi  limiti  non  si  giunga,  o  vengano  essi  trasce- 
si ,  ne  verrà  tosto  abuso  di  salasso.  Non  dee  per  al- 
tro omettersi  di  riflettere  ,  che  siffatti  limiti  godono 
di  una  latitudine  maggiore  o  minore  ,  entro  la  qua- 
le o  non  vi  sarà  abuso  di  salasso  ì  o  sarà  questo  in- 
-sensibile.  Quanto  più.  poi  questo  mezzo  terapeutico  si 
allontanerà  da  tali  limiti  ,  tanto  maggiore  ne  sarà 
l'abuso  ;  e  tanto  maggiori  1  danni  che  sovrasteranno 
all'  infermo.  Dee  dippiù  considerarsi  die  quel  termi- 
ne più  o  meno  esteso  ,  fino  al  quale  dee  giugnere  il 
medico  nella  giusta  ordinazione  del  salasso  ,  ossia  la 
necessaria  quantità  di  sangue  da  estrarsi  in  una  da- 
ta malattia,  dipende  da  una  serie  di  circostanze,  die 
debbano  valutarsi  quali  elementi  di  calcolo  ,  i  qua- 
li sarebbe  difficile  di  poter  tutti  conoscere  e  sotto- 
porre a  severo  esame.  Dalla  maggiore  o  minore  co- 
gnizione di  questi  elementi  ,  e  dalla  maggiore  o  mi- 
nore esattezza  del  calcolo,  deriva  il  più  o  meno  ret- 
to uso  del  salasso.  Se  dunque  il  numero  de'  salassi  , 
la  quantità  di  sangue  da  estrarsi  in  ciascuno  ,  e  lo 
spazio  di  tempo  da  interporsi  fra  l'uno  e  l'altro  sa- 
lasso debbono  avere  limiti  determinati  ,  questi  non 
potranno  fissarsi  se  non  colla  contemplazione  di  mol- 
ti dati  che  si  presentano  nelle  malattie  ,  nelle  quali 
si  esigono  sottrazioni  sanguigne.  Neil'  enumerare 
questi  dati,  che  sono  suscettibili  di  esame  ,  e  che  deb- 
bono aversi  in  vista  per  istabilire  un  limite  ai  sa- 
lassi principalmente  nelle  malattie  infiammatorie ,  io 
non  intendo  introdurre  per  elemento  la  questione 
recentemente  riprodotta  sul!'  essenza  dell'  infiamma- 
zione ,  ritenendo  per  ferma ,  giusta  il  parere  di  tan- 
ti insigni  scrittori  f  consistere  la  medesima  in  un  pro- 
cesso di    accresciuto    eccitamento    indotto    da    stimo- 


i34  Scienze 

lo  eccessivo.  Tali  dati  pertanto  ,  o  principali  elemen- 
ti di  calcolo,  sono  l'importanza  maggiore  o  minore 
della  parte  affetta  ,  l'età,  il  sesso  ,  il  temperamento 
e  l'individuale  costituzione,  il  clima,  la  stagione,  e 
l'atmosferica  costituzione,  le  cause  pregresse  ,  il  me- 
todo di  vita  praticato  ,  il  grado  della  malattia  ,  la 
sua  semplicità  o  unione  ad  altri  principi!  morbosi  , 
la  fisica  tolleranza  assoluta  e  relativa  de'  salassi  di- 
versissima nei  diversi  individui  ,  finalmente  la  con- 
dizione diversa  dei  sistema  generale  ,  che  dal  mas- 
simo fino  al  minimo  grado  può  partecipare  della  con- 
dizione della  parte  infiammata  ,  ed  essare  anche  di 
quella  in  opposizione.  Queste  essenziali  ricerche  deb- 
bono applicarsi  a  qualunque  altro  oggetto  tera- 
peutico ,  nel  cui  uso  debbono  prendersi  a  calcolo 
quegli  elementi  ,  che  sono  ad  esso  relativi.  Il  cel. 
prof.  Alibert  ne'  suoi  —  Nuovi  elementi  di  terapeu* 
tica  e  di  materia  medica  —  ha  posto  nel  più  chia- 
ro aspetto  simili  interessanti  vedute,  che  debbono 
essere  la  scorta  fedele  di  un  clinico  pel  retto  eser- 
cizio della  medicina.  Da  ciò  nasce  una  delle  massi- 
me difficoltà  di  quest'  arte  salutale.  Quindi  la  ne- 
cessità di  una  lunga  pratica  non  mai  interrotta;  men- 
tre questa  può  sola  rendere  facile  al  medico  il  cal- 
colo di  tanti  diversi  elementi  da  instituirsi  al  letto 
del  malato.  Nel  lungo  ,  continuo  ed  attento  esame  di 
quelli  formasi  nel  medico  un'abitudine,  e  viene  ad 
acquistare  il  così  detto  occhio  e  tatto  medico,  che  lo 
rendono  pronto  a  decidere  nei  casi  i  più  ardui  e  pe- 
ricolosi. Il  giovine  medico  ,  benché  fornito  di  molta 
dottrina  e  d'ingegno  sublime  ,  allorché  comincia  ad 
osservare  le  malattie,  come  si  presentano  in  natura, 
non  può  non  restare  altamente  sorpreso  alla  vista  di 
tanti  ostacoli  ,  eh'  egli  necessariamente  dee  incontra- 
re nell'  applicazione    delle    mediche    dottrine  ,  e   nel 


Singolari   vicende  morbose  i3> 

vedére  spesso  elusa  nella  cura  de'  morbi  l'azione  dei 
più  energici  rimedi.  Ma  torniamo  dopo  questa  di- 
gressione a  ragionare  stili'  abuso  del  salasso.  Se  av- 
verrà che  in  una  malattia  infiammatoria  tutti  i  da- 
ti concorrano  a  reclamare  sollecite  e  copiose  emissio- 
ni sanguigne,  abbondante  dovrà  essere  la  quantità 
di  sangue  da  estrarsi  ,  e  dopo  brevi  intervalli  dovran- 
no succedersi  i  salassi.  Se  lente  e  scarse  saranno  in 
questo  caso  le  sottrazioni  di  sangue,  si  cadrà  dell 
abuso  negativo  di  salasso  ,  il  quale  è  più  funesto  pel- 
le luttuose  conseguenze  ,  che  molto  più  facilmente 
possono  derivarne,  in  ispecie  quando  uno  o  più  vi- 
sceri sono  da  infiammazione  assaliti.  Se  viceversa  in 
una  medesima  malattia  infiammatoria  le  circostanze 
che  l'accompagnano  saranno  contrarie  al  salasso  , 
piccole  dovranno  essere  le  sottrazioni  di  sangue  ed 
a  lunghi  intervalli  ripetute,  per  non  incorrere  nell' 
abuso  positivo  del  salasso.  Sembra  dunqne  potersi 
stabilire ,  che  l'abuso  positivo  del  salasso  ,  contro 
cui  appunto  hanno  giustamente  declamato  sapienti 
medici,  non  consiste  nel  numero  più  o  meno  ecce- 
dente delle  sanguigne  ,  e  nel  breve  spazio  interpo- 
sto fra  l'una  e  l'altra  sanguigna:  ma  consiste  bensì 
nell'  inconvenienza  di  questa  operazione  ,  ossia  nel- 
la sua  impropria  o  superflua  applicazione  ,  e  con- 
siste in  quel  di  più  di  sangue  che  si  estrae  oltre 
i  limiti  che  debbono  ben  determinarsi  ,  e  che  di- 
pendono da  molteplici  combinazioni:  in  quel  di  più 
di  sangue  cioè  ,  ebe  portato  troppo  oltre,  ed  oppo- 
nendosi perciò  ai  benefici  conati  della  natura  inten- 
ta a  liberarsi  dalle  potenze  morbose  ,  può  talora  de- 
cidere la  morte  dell'  infermo.  Quindi  si  comprende  , 
che  i  quindici  ,  i  venti  e  i  trenta  salassi  pratica- 
ti in  una  malattia  ,  e  la  ripetizione  del  salasso  per 
quattro    e   cinque  volte  in  ore  ventiquattro,  non  por- 


3  36  S    C    I    E    K    Vi    E 

teranno  abuso  del  medesimo  ,  se  l'essenza  della  ma- 
lattia e  le  individuali  circostanze  hanno  richiesto  un' 
abbondante  e  sellecita  sottrazione  di  sangue  :  al  con- 
trario pochi  salassi  ,  ed  eseguiti  anco  a  lunghi  in- 
tervalli, potranno  costituirne  un  abuso  positivo  ,  se 
nella  malattia  indicante  le  sanguigne  sottrazioni  il 
controindicante  sia  di  tanta  importanza  ,  che  appe- 
na una  sanguigna  permetteva.  Cosi  dall'  applicazione 
di  un  solo  salasso,  qualora  questo  non  convenga  nella 
malattia  ,  potrà  emergerne  un  abuso.  Da  queste  po- 
che considerazioni  può  dedursi  quanto  ingiustamente 
il  eh.  cav.  Angeli ,  scrivendo  contro  l'abuso  del  sa- 
lasso ,  dichiari  senz'alcuna  riserva  barbaro  il  costu- 
me di  cavar  sangue  le  quattro  e  le  cinque  volte  nel 
giro  di  ventiquattr'  ore  ,  senz'  attendere  ,  come  egli 
dice ,  di  vedere  il  risultato  della  prima  e  della  se- 
conda emissione.  Io  non  intendo  di  ledere  nella  mi- 
nima parte  la  gloria  ,  che  quel  dotto  e  venerando 
Nestore  de' medici  col  suo  magnanimo  zelo  ha  avuto 
diritto  di  acquistare  presso  la  sofferente  umanità  : 
lo  prego  soltanto  a  riflettere  per  un  momento  ,  che 
un  tal  costume  non  potrà  mai  chiamarsi  barbaro  , 
allorché  tenda  a  frenare  una  violentissima  infiam- 
mazione ,  che  ha  invaso  un  viscere  importante  e 
delicato  ,  e  che  ne  minaccia  la  rovina.  Ni  un  cli- 
nico provetto  vi  sarà  ,  il  quale  spinto  da  urgenti 
indicazioni  ,  benché  nemico  de'  sistemi  ,  e  cauto  e 
moderato  nella  prescrizione  delle  sanguigne,  non  sia 
stato  obbligato  in  casi  non  rari  di  fare  estrar  san- 
gue le  quattro  e  le  cinque  volte  nello  spazio  di  ore 
ventiquattro,  per  liberare  i  malati  dalle  orrende  con- 
seguenze di  rapide  ed  estese  infiammazioni.  L'in- 
glese Thomas  ,  non  controstimolista  e  non  prodigo 
di  sangue,  nella  sua  egregia  opera  delle  malattie  di 
varj  climi  e  paesi    si    dichiara   soddisfatto    e    conten- 


Singolari  yicende  morbose  187 

to  in  siffatte  urgenze  di  fare  estrar  sangue  agi'  in- 
fermi ogni  tre  o  quattr'ore  d'intervallo.  Io  posso  in- 
genuamente asserire  ,  che  nel  mio  esercizio  medico  , 
in  cui  pe'  climi  ne'  quali  mi  sono  trovato  ho  avu- 
to occasione  di  curare  delle  centinaja  di  acute  in- 
fiammazioni principalmente  di  visceri  toracici  in  in- 
dividui per  lo  più  giovani  e  robusti  ,  ho  costan- 
temente osservato  ,  che  la  maggior  parte  di  tali 
gravissime  malattie  curate  nel  loro  principio  ed 
incremento  con  pronti  ed  abbondanti  salassi,  ripe- 
tuti le  quattro  e  le  cinque  volte  in  ore  ventiquattro, 
terminò  colla  felice  risoluzione  ;  mentre  all'opposto 
ho  sempre  sperimentato  che  le  stesse  violenti  ma- 
lattie ,  accompagnate  da  simili  circostanze  ,  trattale 
o  per  colpa  di  malati  ,  o  per  oscitanza  degli  assi- 
stenti con  iscarsi  salassi ,  e  ripetuti  a  lunghi  interval- 
li ,  e  perciò  insufficienti  anche  per  la  tarda  loro  ap- 
plicazione a  moderare  il  furore  delle  celeri  infiam- 
mazioni ,  o  sono  terminate  colla  morte,  o  hanno  con- 
dotto i  malati  all'estremo  pericolo  ,  o  qualche  sen- 
sibile alterazione  organica  hanno  lasciata  nei  visce- 
ri attaccati  da  infiammazione  :  e  sono  state  per  con- 
seguenza seguite  da  miserando  cronicismo  per  lo  più 
letale ,  pel  quale  gì'  infelici  malati  hanuo  condot- 
to una  vita,  che  avrebbero  voluto  scambiare  colla 
morte. 

Riepilogando  ora  le  poche  idee  emesse  suil'ab  li- 
so del  salasso  ,  sembra  che  possa  stabilirsi  ,  seppur 
non    erro  , 

i°  Che  l'abuso  del  salasso  consiste  nell'uso  di 
questo  non  concorde  coi  bisogni  della  natura ,  os- 
sia  nella   sua  mal' applicazione; 

3°  Che  tanto  il  difetto,  quanto  l'eccesso  di  san- 
gue estratto  in  malattie,  nelle  quali  convengono  emis- 
sioni sanguigne,  possono  costituire  abuso  di  salasso; 


1 38  Scienze 

3°  Che  l'abuso  negativo  del  salasso  può  essere 
più  funesto  e  micidiale  all'  infermo  ,  di  quello  clic 
possa    esserlo  l'abuso    positivo  ; 

4°  Che  i  danni,  che  possono  sovrastare  per  l'ima 
o  l'altra  specie  di  abuso  del  salasso,  saranno  in  un 
medesimo  individuo  tanto  maggiori  quanto  più  la 
quantità  di  sangue  estratto  si  allontanerà  dai  limi- 
ti ,  ai  quali  dovea  giugnere  relativamente  all'essen- 
za  della  malattia  e  a  tanti  altri  dati  accessorj  ; 

5°  Che  questi  limiti  possono  essere  tanto  varia- 
bili e  di  tanto  varia  estensione  ,  quanto  diverse  nei 
diversi  malati  possono  essere  le  circostanze  che  ac- 
compagnano una  medesima  malattia,  non  che  gì' istos- 
si  infermi  ; 

6°  Che  l'abuso  positivo  o  negativo  del  salasso 
consiste  solo  nel  di  più  o  di  meno  di  sangue  estrat- 
to in  relazione  di  quella  quantità  di  sangue,  che  la 
essenza  della  malattia  e  tante  altre  combinazioni 
esigevano  che  si  estraesse  per  ottenere  un  felice 
risultato  ; 

7°  Che  la  cifra  rappresentante  quel  più  o  quel 
meno  di  sangue  estratto  in  una  malattia,  potrà  sola 
dare  idea  del  grado,  a  cui  è  giunto  l'abuso  del  sa- 
lasso ,  e  non  mai  l'assoluta  quantità  di  sangue  sot- 
tratta ,  per  quanto  quella  apparisca  eccedente  o  di- 
fettiva. 


i39 


Sinossi  delle  varie  specie  di  difficoltà  del  parto  , 
con  osservazioni  pratiche  sul  trattamento  dei  par- 
ti, del  prof.  Samuele  Mer  ri  man  ec.  (Continuazio- 
ne ,  e  fine.  Ved.  il  voi.  CU  di  questo  giornale 
a  facce  3o()) 

i  1  ella  seconda  parte  di  questo  eccellente  lavoro 
del  dott.  Merrimari  si  parla  ,  siccome  accennammo  , 
dell'  uso  degli  strumenti  in  ostetricia  ,  e  perciò  nel 
primo  articolo  si  fa  menzione  dell'  uso  del  laccio 
escluso  nella  moderna  pratica  ,  e  ben  se  ne  rimar- 
cano gì'  inconvenienti  :  si  discorre  quindi  dei  casi 
che  ammettono  l'applicazione  del  forcipe  o  della  le- 
va ,  e  da  ultimo  dei  casi  che  l'uso  addimandano 
del  perforatore.  Interessanti  annotazioni  e  precotti  vi 
si  aggiungono  per  parte  dell'  egregio  traduttore  :  il 
che  accresce  di  gran  lunga  il  pregio  dell'  opera.  Nel 
secondo  articolo  ,  in  cui  si  tien  ragionamento  della 
operazione  cesarea  ,  mostrasi  il  prof.  Merriman  a  tor- 
to mal  pago  degli  esili  di  cotale  operazione  in  In- 
ghilterra ,  e  dichiara  pur  inesatte  le  relazioni  in  pro- 
posito degli  scrittori  del  continente  :  ma  il  traduttor 
Grottanelli  giustamente  oppone  luminosi  ragionamen- 
ti e  fatti  ,  che  il  divisamento  infringono  dello  scritto- 
re  inglese. 

Lo  spaventevole  sagrifizio  (  prosiegue  Merriman  ) 
delle  vite  ,  che  necessariamente  porta  l'uso  del  per- 
foratore ,  o  l'operazione  cesarea  ,  ha  dato  luogo  a 
molte  lodevoli  ricerche  per  trovare  un  qualche  mez- 
zo ,  onde  impedire  la  frequenza  di  queste  operazio- 
ni nei  casi  di  deformità  della  pelvi.  Vennero    perciò 


i4o  Scienze 

suggeriti  in  diversi  tempi  tre  altri  metodi ,  onde  in- 
vitare gli  ostetrici  a  determinarsi  a  qualcuno  dei  me- 
desimi, dietro  matura  considerazione  delle  circostan- 
ze che  le  indicassero.  Tali  sono,  i.°  la  divisione  del- 
la sinfisi  del  pube  ,  per  rendere  maggiore  la  capa- 
cita della  pelvi;  2.0  l'impedire  il  pieno  sviluppo  del 
feto  nell'  utero  ,  mediante  l'astinenza  ,  e  con  qualun- 
que altro  mezzo  depletorio  ;  3.°  il  procurare  il  par- 
to prematuro.  Parla  di  siffatti  metodi  con  molto  sen- 
no l'A.  ,  e  con  più  fino  criterio  ne  ragiona  il  tra- 
duttore modificando  alcune  espressoni  del  primo  ,  ed 
ampliandone  altre  con  somma  aggiustatezza.  Sani  e 
morali  precetti  singolarmente  abbiamo  intorno  al  tem- 
po ,  al  modo  ,  e  alle  cautele  relative  alla  proposi- 
zione del  terzo    metodo. 

La  terza  parte  dell'  opera  di  Merriman  abbrac- 
cia 35  appendici  ,  nelle  quali  una  doviziosa  serie  ri- 
marcasi di  casi  illustrativi  la  precedente  sinossi  con 
pregevoli  annotazioni  dell'  eruditissimo  traduttore  . 
Lungi  dal  referire  quanto  in  esse  discorresi  ,  alcun 
che  accenneremo  delle  più  notevoli  cose.  Discutonsi 
nella  terza  appendice  gli  effetti  prodigiosi  della  se- 
gala cornuta,  rimedio  di  deciso  effetto  per  eccitare 
ed  avvalorare  l'azione  dell'  utero  durante  il  parto. 
Sul  qual  proposito  ,  non  essendosi  finqui  giammai  fa- 
vellato di  tal  farmaco  nel  nostro  giornale  ad  istru- 
zione di  alcuno  che  altre  nozioni  non  possedesse 
di  questo  vegetabile,  abbiam  creduto  qui  riferire 
l'annotazione  del  prof.  Grottanelli.  „  Le  osservazio- 
„  ni  .  .  .  hanno  arricciato  l'arte  di  fatti  abbastanza 
„  convincenti  per  provare,  che  l'uso  prudente  ed  op- 
„  portuno  della  segala  cornuta  è  utilissimo.  Il  dott. 
„  Bigeschi  ,  ostetrico  nell'  ospizio  di  maternità  di  Fi- 
,,  renze ,  poco  dopo  comparsa  la  memoria  del  sig.  Bor- 
,,  dot,  e  le    osservazioni  di   Villeneuve  e  Serrurier  , 


Difficoltà.'  de'  pakti  ec.  i/^i 

„  ha  pubblicato  sedici  casi ,  dai  quali  risulta  non 
„  solo  la  utilità  dell'  amministazione  di  questo  ri- 
„  medio  :  ma  ancora  le  rarità  dei  casi  nei  quali  si 
„  sia  trovato  inefficace  o  dannoso,  tutte  le  volte  che 
,,  sia  stato  amministrato  con  le  dovute  cautele  (Fi- 
„  renze  ,  1822).  Il  vomito  che  talvolta  è  occorso  , 
„  come  fa  rilevare  il  sig.  Merriman  ,  è  stato  osser- 
„  vato  ancora  da  Bordot  :  ma  in  quelle  donne  sol- 
,,  tanto  che  hanno  lo  stomaco  molto  irritabile,  e  che 
„  sono  state  soggette  al  vomito  durante  la  gravi- 
„  danza. 

„  11  modo  di  amministrare  la  segala  cornuta  è 
„  non  solamente  quello  d'infusione ,  ma  ancora  in 
„  estratto  acquoso  ,  alcoolico  ;  sotto  la  forma  di  si- 
„  roppo,  di  tintura;  e  finalmente  in  polvere,  il  quale 
„  ultimo  sembra  preferibile  ai  due  precedenti ,  onde 
„  poter  meglio  calcolare  la  dose  che  si  fa  prendere. 
„  La  polvere  involta  in  una  cialda  è  ancora  più 
„  comoda  per  chi  dee  trangugiarla  ,  e  ,  secondo  al- 
,,  cuni  pratici  ,  di  una  più  pronta  e  sicura  attivi— 
,,  ta.  Dice  Bigeschi  ,  eh'  esso  ha  portalo  le  prime 
„  dosi  della  segala  cornuta  a  trenta  grani  e  più , 
„  perchè  ebbe  luogo  di  assicurarsi  ,  che  le  piccole 
„  dosi  defatigavano  l'autore  inutilmente  ;  pure  io  mi 
„  sono  trovato  presente  all'  amministrazione  di  so- 
„  li  otto  grani  di  segala  fatta  dal  sig.  Angeloni  ad 
„  una  signora  ,  di  pelvi  ottimamente  conformata  , 
„  sopra  parto  da  tre  giorni,  e  che  a  capo  di  tre  quar- 
„  ti  d'ora  messe  alla  luce  il  figlio  ,  il  quale  gode 
„  perfetta  salute  al  pari  della  madre.  Potendosi  adun- 
,.  que  ripetere  la  dose  ogni  dieci  o  quindici  minu- 
„  ti ,  ed  accrescerla  sucessivamente  ,  non  sarà  il  par- 
„  tito  il  più  sicuro  quello  di  cominciare  da  forti 
„  dosi  ;  né  prudenziale  sarà  il  ripeterla  così  per  fret- 
„  ta,  quando   datane  circa  mezza   dramma   in  prin- 


i/\2  Scienze 

,,  cipio  ,  non  se  ne  veda  alcun  effetto  :  poiché  vi 
„  è  qualche  esempio  della  inefficacia  del  detto  ri- 
,,  medio  ,  indipendentemente  dagli  ostacoli  che  può 
„  presentare  la  durezza  dei  collo  dell'  utero ,  il  par- 
,,  to  poco  avanzato  ,  e  qualunque  altra  di  quelle 
,,  circostanze  che  ne  contraddicano  l'uso  ,  e  ne  tol- 
,,  gono  l'efficacia  ;  nei  quali  casi  sarebbe  pericolo- 
„  so   l'insistere. 

„  É  nell'ordine  della  Provvidenza  che  questo  ri- 
„  medio  non  abbia  alcun  effetto  ,  se  non  quando 
„  il  parto  è  avanzato  ,  e  che  sia  un'  arme  inutile 
,,  per  la  malizia  di  chi  potrebbe  abusarne.  La  se- 
„  gala  cornuta  è  conosciuta  in  commercio  ancora  col 
,,  nome  di  grano  sprone ,  grano  ghiotto,  chiodo,  ec. 
.,  e  consiste  in  una  malattia  (seme  imbozzacchito) 
„  per  la  quale  diviene  il  seme  talvolta  lungo  più 
,,  di  un  pollice  ,  e  di  un  colore  violaceo  fosco.  A 
,,  questa  segala ,  allorché  è  panizzata  ,  sono  state  at- 
,,  tribuite  da  alcuni  varie  affezioni  nervose  e  la 
„  gangrena.  „ 

Moltissime  sono  ancora  le  pratiche  osservazio- 
ni ,  che  nelle  menzionate  appendici  figurano  ,  rela- 
tive a  certe  anomalie  ,  a  mostruose  conformazioni 
del  feto ,  a  morbosità  delle  parti  genitali  esterne  ed 
interne,  fra  le  quali  è  riflessibile  la  callosità  o  du- 
rezza insuperabile  intorno  ali y  orifizio  dell'utero  ,  di 
cui  si  trascrive  l'osservazione  singolare  del  eh.  pr. 
Dongiovanni  registrata  già  nel  voi.  XVI  degli  An- 
nali di  medicina  del  sig.  Omodei.  Istorie  non  si  om- 
mettono  di  esempj  di  retroversione  dell'utero  ,  di 
ernia  ventrale  formata  dall'utero  gravido  ,  di  utero 
fuori  di  sito  per  lacerazione  dei  legamenti  ,  e  di 
azione  violenta  o  impetuosa  dell'utero.  Nell'appen- 
dice XX ,  in  cui  sì  fa  menzione  di  nascite  di  pili 
feti  ad  un  parto  ,  troviamo  ,  che  lo  scrittore  ingle- 


Di  FFICOLT.V'     DE'    PAUTI    EC.  1^3 

so  intende   presentare  un  caso  autentico    della  nasci- 
la di  tre  li <»li  che   fossero   suscettibili    di    essere    al- 
levati.  „  E  stato  calcolato  ,   che    una    donna    soltan- 
,,  to  in  settemila  abbia  tre  feti  ad  un   parto  ,  e  che 
„   non   vi  sia  un  caso   tra  settantamila  nascite  di   tre 
,,  figli  ad    un   parto  ,  che  sieno   cresciuti   tutti  ,  for- 
„  ti  e  robusti  sino  alla  età    di    venti  anni.  Un  caso 
„  rimarcabile   nuovo    in    ambidue  i  rapporti  è  quel- 
„  lo  recentemente  comunicato.  Maria,  moglie  di  Ro- 
„  berto  Baker    vetturale    a    Streatham    nella    contea 
,,  di  Surrey  ,    partorì    nell'i  i    dicembre    179G    nello 
,,  stesso    tempo  un  bambino  e  due  bambine.    Questi 
„  figli    crebbero    assai    bene  ,    hanno    acquistato  for- 
,,  za    e    vigore  ,    e    sono   attualmente    tutti    viventi  , 
,,  avendo   nello    scorso    giovedì    compito    il    ventesi- 
„  mo  primo  anno.   Il  padre  e  la  madre  sono  egual- 
„  mente  viventi  ed  in  ottimo  stato  di  salute.  „  (Mor- 
ning  Clironicle  ,   december   i3  ,   1817  )  A  cotale  au- 
tentica   notizia    altri    casi    aggiugne   il   Merriman    di 
straordinaria  fecondità  umana,  estratti  da  alcuni  gior- 
nali :  casi  però  ,  che,   a  somiglianza  di  quello  di  365 
figli   registrato    nelle    opere   di   Mauriceau  ,    non   es- 
sendo  persuasivi  valgono  a  divertire  il  lettore  ,  sic- 
come  l'istesso  Merriman  si   esprime.  Un   solo  ne  of- 
friremo qui  in  rimembranza  ,  cioè  quello  di  un  mi- 
rabile russo,  Foeder  Wassilief  ,  contadino  in  età  di 
anni  ^5  ,  che  scrivesi    aver    avuto    dalla    prima  mo- 
glie  quattro    volte    quattro    figli  ad  un    parto  ,  set- 
te volte  tre  ,  sedici   volte    due  ,    cosicché    in    venti- 
sette nascite    ebbe    sessantanove    figliuoli  ;  dalla  se- 
conda   moglie  sei  volte  due  ,    e  due  volte  tre  ,  cioè 
diciotto    figli   in  otto    parti.    Dunque  87  figli  iu  35 
nascite.    Di   questi    (  ecco    il   mirabile    della    relazio- 
ne) 84  sono  viventi,  e  tre  soli  nella  tomba.  „  La  so- 
,,  praesposta    relazione  ,  quantunque   capace  di  sba- 


1 44  Scienze 

„  lordire  ,  venne  rimessa  ancora  da  un  mercante 
,,  inglese  dimorante  in  Pietroburgo  ai  suoi  paren- 
„  ti  in  Inghilterra  ,  aggiungendo  che  il  contadino 
„  era  stato  presentato  all'  imperatrice  ,  e  la  lettera 
,,  è  del  i3  agosto  1-782  ,  epoca  in  cui  il  contadino 
,,  viveva  nel  governo  di  Mosca.  „ 

Soglionsi  talvolta  incautamente  amministrare  gli 
oppiati    nell'emorragie  uterine    delle    donne   in  par- 
to o  in  puerperio  :    ma   contro    questa    il    più    delle 
volte  mal  augurata  pratica   rappresenta  il  N.  A.  gli 
eiFetti   nocivi    delle    oppiate    preparazioni  ,    fiancheg- 
giandoli   con  la  istoria   di  qualche   caso  ivi  trascrit- 
to. Accennando    poi  alle    deformità  del   bacino  ,  esi- 
bisce  in   compendiato    quadro    le    sette    specie ,    alle 
quali  secondo  Stein  e  Plenk  possono  ridursi   le   va- 
rietà   delle    dimensioni  del  corto    diametro  della  pel- 
vi, distinguendo  così  quali  siano   gl'incontri  che  un 
soccorso   esigano    ovvero    un   altro    dell'  ostetricante. 
La  serie   altresì    ben  numerosa  di   casi    pratici  ,    che 
in  queste   diverse  appendici   rimarcasi  ,  fornisce   pur 
degli    esempj    relativi    all'  astinenza    nelle    pregnanti. 
Desume    da    siffatti    esempj    il   N.    A.  ,   che    la    par- 
chissima dieta  non  sempre  giunge  a  prevenire  il  pie- 
no   sviluppo    del    feto  ,    e   dietro    alcuni   istorici    av- 
venimenti  ritiene   assurda  la    volgare   opinione  ,  che 
le   pregnanti   debbono   essere  secondate  nei  loro    ca- 
pricciosi  appetiti  ,   perchè    se   alcuni   possono   venire 
senza  pericolo  appagati ,   non   mancano   altri  di  tor- 
nar molto    dannosi    o    alla   madre   o    al    feto. 

Avendo  il  prof.  Merriman  parlato  nella  sua  ope- 
ra come  per  incidenza  delle  gravidanze  estrauteri- 
ne  ,  e  come  di  cosa  poco  probabile  di  quelle  spe- 
cialmente ventrali  ,  ha  creduto  l'egregio  traduttore 
prof.  Grottanelli  aggiugnere  qui  un  lungo  appen- 
dice in  proposilo  ,  riportando  singolarmente  la  isto- 


Difficoltà'  de'  parti  ec.  i4^> 

ria  pregevolissima  di  due  casi  da  esso  osservali.  Il 
primo  di  questi  venne  già  pubblicato  ih  Pisa  nel  1818 
(  Storia  ragionata  di  una  gravidanza  della  tuba 
falloppiana  destra  )  ;  è  l'altro  formò  il  soggetto  di 
una  memoria  da  esso  presentata  all'  accademia  dei 
fìsiocritici  di  Siena,  in  cui  trattasi  di  un  feto  ,  che 
ha  dimorato  nel  ventre  della  madre  circa  cinque 
anni ,  durante  il  guai  tempo  questa  fu  nuovamen- 
te gravida  ,  e  le  ossa  di  quello  furono  finalmente 
espulse  in  frammenti  per  Vano.  Gotesta  appendice 
può  riguardarsi  come  un  breve  ma  compiuto  trat- 
tato delle  gravidanze  estrauterine.  Premessa  infatti 
la  definizione  di  essa  ,  non  che  l'interesse  dell'arte 
e  della  umanità  per  la  medesima  ,  si  parla  delle  va- 
rie specie,  cause,  e  frequenza  delle  gravidanze  estra- 
uterine ,  come  della  gravidanza  tubale  ,  della  estra- 
uterina  ventrale,  di  quella  dell' ovaja  ,  della  gra- 
vidanza estrauterina  simultanea  alla  gravidanza  dell' 
utero  ,  non  che  delia  gravidanza  estrauterina  com- 
plicata all'ascite.  E  sebbene  la  gravidanza  ordinaria 
come  la  estrauterina  corteggiate  sieno  da  fenomeni 
o  forme  comuni  ,  il  che  rende  assai  malagevole  il 
congetturare  la  esistenza  di  questa  ultima  e  molto 
più  la  sua  sede,  innanzi  almeno  il  quarantesimo  gior- 
no ;  pur  non  si  omette  di  stabilire  fino  ad  un  cer- 
to punto  quali  sieno  i  segni  più  comuni  ad  ogni 
gravidanza  estrauterina  ;  e  per  quali  sintomi  venga 
annunziata  più  specialmente  ìa  gravidanza  tubale , 
o  la  ventrale,  o  quella  dell'ovajo.  La  dovizia  di  sif- 
fatte cognizioni',  per  quanto  estesamente  esposte,  non 
manca  pur  di  essere  da  certi  limiti  circoscritta  ed 
oscurata  ,  cosicché  difficolta  ben  possono  incontrar- 
si sia  nello  stabilirne  la  diagnosi  come  nel  fissarne 
la  curativa  indicazione  ed  il  tempo  conveniente  del- 
la medesima.  Ad  onta  però  di  si  malagevoli  oppo- 
G.A.T.XL.  10 


i46  Scienze 

sizioni  risplende  la  perspicacia  ed  accuratezza  del 
prof.  Grottanelli  nel  prescrivere  quel  tanto  che  far 
dovrebbesi  in  somiglievoli  emergenze  per  la  salvez- 
za della  madre  e  del  feto  insieme.  E  perchè  l'esito  di 
queste  miserabili  gravidanze  estrauterine  suol  esse- 
re deplorabile,  essendoché  in  ciascuna  specie  di  que- 
sti casi  siavi  moltissimo  da  temere  sotto  qualunque 
punto  di  vista  ed  in  qualunque  epoca  si  prendano 
a  considerare:  perciò  con  la  più  riservata  prudenza  ne 
conchiude  il  saggio  autore  „  che  la  natura  non  da 
„  alcuna  cosa  a  sperare  per  la  salvezza  del  feto  ; 
„  che  si  può  attendere  con  sufficiente  fondamento 
„  qualche  sforzo  della  medesima  per  salvare  la  ma- 
„  dre ,  ma  non  avere  la  stessa  confidenza  nel  re- 
„  sultamento  del  medesimo;  che  l'intervallo  dell' ar- 
„  te  è  costantemente  indispensabile  per  salvare  il 
„  feto;  e  cbe  senza  di  questa  ,  la  natura  spesso  al- 
„  tro  non  avrebbe  fatto,  fuorché  prolungare  l'atro- 
„  ce  martirio  delle  madri .  ,,  Nel  proporre  poi  il 
trattamento  in  somiglievoli  circostanze  richiesto,  spar- 
ge abbondevole  la  sua  erudizione  e  fino  criterio  in 
richiamare  ad  esame  checché  è  stato  da  varj  au- 
tori prescritto  ,  ed  in  avvalorare  i  suoi  savj  consi- 
gli con  la  esposizione  non  solo  delle  sue  pregevo- 
lissime osservazioni,  ma  pur  anco  con  quella  di  mol- 
ti casi  pratici  estratti  dalle  opere  di  varj  scrittori , 
che   con  celebrità    nell'  argomento   si   distinsero. 

Tonelli. 


'•17 


I 


Curiosità  subacquee. 


lago  di  Bolsena  ,  che  agli  antichi  naturalisti  forni 
già  tanti  fenomeni  di  maraviglia  ,  è  pure  ai  di  no- 
stri soggetto  di  studio  e  di  ammirazione  ai  geo- 
logi ,  che  ravvisano  in  esso  ,  come  nel  prossimo  lago 
di  Vico,  le  vestigie  parlanti  e  le  cavita  di  due  vul- 
cani estinti  in  esso  ed  anteriori  alla  storia.  Una  cu- 
curiosita  però  di  nuovo  genere  si  è  i'  esistenza  d'una 
croce  subacquea  impiantata  nel  fondo  del  lago  ,  cioè 
alla  profondita  di  circa  sei  o  sette  metri  ,  ed  alla 
distanza  di  circa  metri  4°°  dall'  isola  Bisentina  verso 
la  sponda  di  Capo-di-monte.  Questa  croce  scorgesi 
assai  bene  ,  attesa  la  limpidezza  delle  acque,  quando 
esse  sono  tranquille ,  ed  il  cielo  è  sereno  ;  ma  i  rei- 
terati tentativi  per  isvellerla  nulla  più  ottennero  , 
che  il  distacco  della  spranga  orizzontale.  Alcuni  vi 
han  creduto  discernere  ancor  due  tronchi  di  più 
piccole  croci  laterali.  La  posizione  della  grande  è 
alquanto  obliqua  ,  e  la  sostanza  durissima  sebbene 
legnosa. 

Varie  e  vaghe  sono  le  congetture  sulP  origi- 
ne di  questa  croce  ,  poiché  il  piano  ed  il  suolo  dell' 
emissario  del  lago  ,  che  costituisce  il  fiume  Marta  , 
non  può  facilmente  indurre  a  credere  ,  che  le  acque 
siano  giammai  state  sì  basse  da  lasciar  all'asciutto 
la  superficie  ove  è  impiantata  la  croce.  Meno  ve- 
rosimile si  è  l'immaginare  ,  che  essa  siasi  voluta  col- 
locare stabilmente  nel  bacino  coperto  dalle  acque. 
Ne'  passati  tempi  hanno  in  vero  alcuni  credulo  che 
sotto  le  acque  del  lago  ,  dalla  parte  che  riguarda 
Bolsena,   esistessero    i    ruderi   d'una   città    de' tempi 

io* 


1 4S  Scienze 

cristiani  designata  col  nome  di  Tiro  :  ma  in  oggi 
saria  inutile  fatica  l'imprendere  a  confutare  tal  cre- 
denza ,  che  non  ha  ormai  più  sostenitori  ragionevoli. 
Il  lago  di  Vico  fra  i  monti  cimini  ,  il  qua- 
le può  dirsi  germano  del  bolsenese  ,  presenta  un'ana- 
loga ma  forse  più  sorprendente  curiosità.  Poco  lun- 
gi dal  centro  del  lago  ,  ossia  circa  un  miglio  lungi 
dalla  sponda  meridionale,  in  un  punto  in  cui  l'ac- 
qua ha  circa  i/j.  metri  di  profondita,  sorgono  dal 
fondo  del  bacino  a  poca  distanza  fra  loro  tre  gran- 
di alberi  di  cerro  (  quercus  cerris  L.  )  ,  le  cui 
sommità  giungono  appunto  a  fior  d'acqua  ,  onde  i 
battellieri  sono  cauti  nell'evitarli  per  prevenire  ogni 
infortunio.  Il  sig.  Domenico  Molajoni  ,  che  trovasi 
a  poche  miglia  lontano  dal  luogo  a  respirare  l'a- 
ria salubre  de'cimini,  ha  impegnato  alcuni  barcaio- 
li a  troncare  un  brano  di  quegli  alberi  :  lo  che  ha 
potuto  ottenere  come  un  più  autentico  testimonio 
del  fatto.  Il  frammento  presenta  un  legno  durissi- 
mo, rivestito  di  alga,  ed  ostenta  l'età  di  più  se- 
coli. Ora  in  qual  mai  epoca  può  supporsi  che  si- 
ano nati  e  vissuti  quegli  alberi  ,  mentre  il  lago  esi- 
ste ab  immemorabili ,  rammentando  lo  stesso  Virgilio 

Et    Cimini  cum  monte  lacus    ec.  ? 

O  qual  circostanza  mai  può  supporsi  aver  esposta 
all'asciutto  una  parte  così  bassa  del  cratere  cimi- 
no ,  che  altronde  ha  sì  poca  profondita  in  riguar- 
do all'  imo  lago  bolsenese  ?  Si  sa  ,  è  vero  ,  che  al- 
lorché la  casa  Farnese  dominava  in  Ronciglione,  cioè 
nei  secoli  XVI  e  XVII,  fu  stabilito  l'emissario  del 
lago  di  Vico  coll'apposizionc  della  soglia  di  pietra 
che  tuttora  vi  esiste  :  ma  ciò  non  alterò  ,  che  di 
qualche  palmo  al   più,   il  livello   del   lago  stesso. 


Curiosità'   subacquee  ìfy) 

Ma  questi  problemi  non  si  propongono  per  soci- 
disfare  la  curiosità  degli  intelligenti  ,  sibbene  per 
eccitarla  a  rinnovare  più  minute  ed  accessorie  os- 
servazioni ,  ed  a  somministrare  una  ragionata  e 
perentoria  spiegazione  delle  origini  e  cause  di  ta- 
li   fatti. 

2     K 


Sull'applicabilità    del    vapore    delle   acque    termali 
al  movimento  di  macelline  opificiarie. 

Jl  in  dall'  anno  1825  in  cui  difFondevasi  ampia- 
mente fra  noi  la  celebrità  degli  effetti  e  dell'  uso 
estesissimo  degli  steam  -  engines  ,  o  macchine  a  va- 
pore degli  inglesi  Watt  e  Woolf  ,  già  poste  in 
uso  da  circa  35  anni  indietro  ,  riconobbi  che  ma- 
lagevole sarebbe  riuscito  allo  stato  pontificio  par- 
tecipare a  que'tanti  vantaggi,  specialmente  attesa  la 
scarsezza  del  carbon  fossile,  che  nella  combustione 
sviluppa  una  quantità  di  calorico  ben  più  inten- 
so e  permanente  della  legna  ,  nostro  abituale  com- 
bustibile. Questo  suolo  in  ispecie  della  provincia 
del  Patrimonio,  costituito  in  massima  parte  da  so- 
stanze vulcaniche,  non  somministrava  neppur  lusin- 
ga di  potervi  rivenire  il  litantrace  inglese  ;  ma  al- 
tronde mi  sembrò,  che  pur  potesse  la  stessa  natu- 
ra geologica  del  terreno  compensarci  di  tale  priva- 
zione colle  copiose  sue  acque  termali.  Queste  in  fat- 
ti sviluppano  costantemente  un  vapore  senza  che 
1  opera  umana  in  alcuna  guisa  vi  concorra  ,  e  sen- 
za che  si  esiga  perciò  alcun  dispendio  di  combu- 
stibili :    e   quindi   si  presentano    pronte    ad  imprime- 


i5o  Scienze 

re  economico  movimento  ad  ogni  meccanismo  ,  che 
congruamente  vi  si  apponga.  In  tal  guisa  sempre 
più  conosciamo  ,  che  quell'  ammirabile  provvidenza  , 
di  cui  mai  non  giungeremo  a  comprendere  tutti  i 
beneficj  ,  ha  profuso  in  ogni  luogo  stupende  risor- 
se e  compensi  al  genio  filosofico  che  sappia  pro- 
fittarne. Che  anzi  quegli  stessi  vulcani,  la  cui  poten- 
za formidabile  cangia  la  superficie  della  terra  e 
le  posizioni  de'mari  ,  e  comprende  di  terrore  l'ani- 
ma umana,  quegli  slessi  vulcani  esibiscono  una  fon- 
te incalcolabile  di  forza  motrice  superiore  d'ordina- 
rio ad  ogni  artificiale  conlegno.  Furono  gli  oceani 
barriera  di  divisione  fra  nazione  e  nazione  ,  ed  in 
oggi  sono  resi  di  più  agevole  comunicazione.  Che 
se  possibile  pur  fosse  alle  ignivome  foci  applica- 
re in  qualche  guisa  moli  idonee  ,  potremmo  per  av- 
ventura conseguirne  effetti  immensamente  più  ener- 
gici di  quelli  prodotti  nelle  nostre  macchine  dal 
peso  delle  acque  ,  dall'impulso  de'venti,  e  dall'azio- 
ne degli  animali.  Cosi  quegli  oggetti  che  in  oggi 
inspirano  spavento ,  potrebbero  esser  interpretati  per 
beneficj ,  e  convertirsi  in  sussidio  ,ai  bisogni  dell'uo- 
mo. Ma  tali  idee  sono  ora  trascendentali  ,  e  può 
appena  supporsi  nella  età  futura  il  sublime  con- 
cetto di  determinarne  il  fondamento  co'fatti.  Le  sca- 
tebre  delle  termali  però  ,  che  pur  si  annoverano 
nella  categoria  de'  vulcani  ,  si  mostrano  più  doci- 
li a  subire  il  dominio  e  la  direzione  dell'  uomo  , 
ed  a  secondare  il  volere  di  lui  ;  ma  anch'esse  so- 
no immuni  da  tale  servitù  ,  addette  solo  a  quel- 
la  che    loro   impose  la   medicina. 

Le  fonti  termali  pullulano  numerose  noli'  eslesa 
pianura  del  viterbese  ,  ma  fra  esse  primeggiano  per 
la  copia  il  cosi  (letto  Naviso  ,  o  Bagnacelo  ,  che 
con  molti  altri  eruditi   il  nostro  Orioli  profes.   in  I3o- 


Del  vapore  i5i 

legna  sostenne  esser  l'antico  Lacus  Vadimoìds  degli 
etrusci  (bibL  ital.  T.  II  p.  189,  e  T.  XIV  p.  35), 
e  quelle  del  Bollicarne  celebrate  fin  dagli  antichi 
tempi  da  Dante ,  da  Fazio  degli  Uberti  ec.  ,  ed  an- 
che ai  di  nostri  dai  naturalisti.  Le  acque  del  Na- 
viso  sebbene  siano  più  copiose  ,  pure  essendo  poco 
accessibili  sul  loro  margine  flaltuante  e  compres- 
sibile sotto  i  piedi  ,  non  sembrano  opportune  co- 
me le  seconde  all'oggetto  di  trarne  profitto  dal  va- 
pore. Rivolto  pertanto  il  pensiero  all'  utilità  ,  che 
sotto  tal  rapporto  potrebbe  trarsi  dal  Bollicarne,  ri- 
marcai ,  che  la  superficie  alla  sorgente  può  calco- 
larsi a  circa  25  metri  quadrati  ,  e  che  la  fonte  som- 
ministri circa  17  barili  ,  ossia  un  kilolitro  di  li- 
quido per  minuto.  Il  grado  normale  della  tempera- 
tura dell'  acqua  alla  superficie  verso  la  sponda  è 
di  gr.  49  Reaura. ,  e  molto  gas  in  ispecie  solfo- 
roso   si    sviluppa  misto   al   vapore. 

La  temperatura  dell*  acqua  in  vero  ,  comeche 
di  molto  inferiore  all'  ebullizione  che  impiegasi  nelle 
macchine  a  vapore  ,  non  sembra  a  prima  vista  atta 
a  produrre  un  effetto  analogo  a  quelle.  Ma  due 
compensi  si  presentano  per  esser  calcolati  alla  cir- 
costanza :  l'uno  esibito  già  dalla  natura,  l'altro  da 
prodursi  coli'  arte.  Il  primo  sono  i  gas  elastici  , 
che  svolgendosi  unitamente  al  vapore  debbono  pro- 
durre un  aumento  di  forza  espansile.  La  teoria  deli' 
esplosione  della  polvere  da  cannone  mi  dimostra  che 
la  portentosa  potenza  di  essa  devesi  in  massima  parte 
alla  gassificazione  dello  zolfo  ,  o  gas  solforoso  ana- 
logo a  quello  delle  nostre  termali.  Su  tal  proposito 
scrissi  alcun  che  al  prefato  prof.  Orioli  ,  il  quale 
fu  di  avviso  ,  che  enormi  vantaggi  si  avrebbero  dall' 
applicazione  del  calore  dell'  acqua  termali;  al  gas  con- 
densalo col  metodo  di  Faraday:  d<jl  che  crasi  già  oecu- 


i5a  Scienze 

pato  il  sig.  Brunel  inventore  ed  architetto  della  famo- 
sa galleria  sotto  il  Tamigi.  Ma  niuna  più  precisa  no- 
tizia ho  potuto  ottenere  sulP  oggetto  :  e  forse  lo  stes- 
so Brunel,  distratto  dalle  successive  sventure  della 
sua  impresa,  ha  dovuto  tralasciare  le  osservazioni  ,  che 
erano  ad  essa  estranee. 

Altro  compenso  artificiale  poi  si  è  quello  di  cir- 
coscrivere la  superficie  dell'acqua  del  bacino  della  sor- 
gente riducendola  ad  area  molto  minore:  col  qual  mez- 
zo deve  naturalmente  accumularsi  ,  e  concentrarsi  il 
vapore  che  elevasi  da  tutta  l'attuale  superfìcie.  For- 
se anche  indipendentemente  o  cumulativamente  a  que- 
ste misure  potrebbesi  concentrare  il  vapore  colla  di- 
minuzione dello  spazio,  ossia  coli'  apposizione  d'una 
volta  ,  o  duomo  a  forma  di  cono-tronco  di  maggio- 
re o  minore  convergenza  ,  basato  su  i  margini  del 
cratere.  Alla  minore  apertura,  ossia  alla  superior  par- 
te del  cono,  potrebbe  applicarsi  la  calotta  ,  e  l'intero 
meccanismo  delle  macchine  a  vapore  modificato  oppor- 
tunamente, ed  in  guisa  che  allo  schiudersi  fosse  infe- 
riormente procurato  altresì  l'efflusso  dell'  acqua  sor- 
gente. Il  margine  del  cratere  è  formato  di  concrezio- 
ne calcare  solidissima,  resultante  dai  principii  mine- 
ralizzanti dell'acqua:  atta  perciò  a  resistere  alla  pres- 
sione di  moltissime  atmosfere,  non  che  al  peso  dell'  in- 
tero duomo,  che  pur  dovria  formarsi  solidissimo. 

Su  questi  principi  lessi  una  mia  memoria  a  que- 
sta accademia  viterbese  nell'  adunanza  della  classe  ar- 
ti ed  industria  il  giorno  i3  giuguo  i8a5,  e  coeren- 
temente agli  iuviti  ricevuti  ne  somministrai  qualche 
cenno  al  governo.  Io  non  riporterò  qui  le  difficolta 
che  accennai,  ed  i  mezzi  che  proposi  a  superarle,  né 
ripeterò  i  calcoli  in  allora  formati  :  poiché  erano 
essi  in  gran  parte  approssimativi ,  anzi  ipotetici  ,  per- 
chè non  fondati  su    resultati  di  sperienze    perentorie 


Del  vapore  i53 

ed  esatte.    Neppur   posteriormente    potei  impegnarmi 
ad  intraprenderle  in  questo  paese,  in  cui  naturalmen- 
te mancano  a  tal  uopo  apparati  e  mezzi  ,  ed  è  altron- 
de ben  noto  quanti  tentativi  ,  spese,  e  costanza  co- 
stasse a  Watt  il  perfezionamento  delle  sue  macchine. 
Ciò  però    che  mi  sembra   potersi  almeno  dedur- 
re da  quelle  mie  osservazioni  si  è,  che  ridotta  e  cal- 
colata la  superficie  del  bacino  del  Bollicarne  a  dieci 
metri  quadrati  di  liquido    alla    temperatura   di  gra- 
di 80  Reaum.  ,  potrebbe  ottenersi,  analogamente  alle 
osservazioni  teorico-pratiche   pubblicate   dal    Prediti 
negli  annali  dell'instituto  politecnico  di  Vienna,  potreb- 
be ottenersi,  dissi,  un'azione  motrice  eguale  alla  forza 
di  circa  600  cavalli,  ovvero  36oo  operaj  !  Di  più,  in 
tale  somma  non  è  in  alcun    modo    compresa  la  forza 
addizionale  de'  gas  elastici  che    dall'  acqua  stessa    si 
sviluppano,  forza  di  cui  non  si  può  che  indetermina- 
tamente menzionare  e  supporre  la  quantità  d'energia. 
Che  se  troppo  esteso  si  credesse  il  vigore    dell' 
intera  superficie,  potrebbe  profittarsi  soltanto  di  por- 
zione di  essa.  Anzi  sorgenti  analoghe,  sebbene  molto 
meno  copiose  ,  si  osservano  diffuse  in  moltissimi  pun- 
ti di  questo    territorio    e    dello    stato  pontificio  ,    e 
sopra   queste  più  in  piccolo   potrebbero    imprendersi 
esperimerenti,  e  costruire  opilìcj.  Una  favorevole  cir- 
costanza accessoria  da  non  trascurarsi  nel  calcolo  sa- 
rebbe l'ubicazione  delle  termali  d'ordinario  lungi  dal- 
le citta,  e  perciò  sommamente  preferibile  nello  stabi- 
limento di  manifatture,  di  lavori  ec.  a  quelle  degli  opi- 
ficj  posti  nel  seno  di  grandi  popolazioni    dedite    agli 
agi  ed  al  lusso  civico.    In  fine  ,   se  da  alcuni  econo- 
misti venne  condannata  in  Inghilterra  la  moltiplicazio- 
ne delle  macchine ,  le  quali  rendono  inoperosi  fino  a 
due  milioni  d'operaj  ,  è  ben  chiaro  ,  che  siffatti  sus- 
sidj  sarebbero  sommamente   proficui  alla  meridionale 


1 54'  Scienze  v 

parte  dello  stato  pontificio  ove  si  deplora  universal- 
mente la  scarsezza  delle  braccia. 

Questi  riflessi  però  altro  scopo  non  hanno  ,  che 
indicare  i  vantaggi  dell'applicazione  meccanica  del  va- 
pore delle  termali  ,  e  determinare  qualche  volontà  effi- 
cace a  sperimentarlo ,  e  a  trarne  profitto.  Dubito  però 
che  sia  per  esser  questa  una  lusinga  ,  poiché  oggimai 
è  dimostrato  lo  spirito  di  associazione  esser  langui- 
dissimo in  questi  paesi  ,  e  nullo  poi  ,  allorché  den- 
tasi dirigere  a  speculazioni  straordinarie  e  nuove  , 
e  che  siffatte  associazioni  sono  il  sistema  più  certo 
per  le    vaste    imprese. 

È  riserbato  alla  ricca  ed  intraprendente  In- 
ghilterra con  tali  mezzi  tentare  ed  eseguire  In  im- 
mense vie  rotaje  di  ferro  ,  le  imponenti  illumi  na- 
zioni a  gas  ,  l'escavazioni  di  canali  ,  l'immenso  com- 
mercio delle  Indie  ,  e  le  macchine  grandiose  ed  inge- 
gnose d'ogni   sorta  ,    mentre 

„  A  noi  fervide  ardite  itale  menti 
„  D'ogni  dottrina  insegnatori  altrui  , 

resta  la  facoltà  di  somministrare  sovente  agli  este- 
ri i  lumi  ond'  eglino  ci  si  mostrino  più  grandi  ,  e 
d'indicar  loro  i  mezzi  ed  i  luoghi  a  conseguir  glo- 
ria e  vantaggi  ,  de'  quali  qualche  brano  appena  ci 
si  ridona  in  compenso  !  Il  vapore  delle  nostre  ter- 
mali pertanto  ,  non  sorgendo  in  un  suolo  in  cui  si 
voglia  o  si  possa  procurarne  il  vantaggio  ,  prose- 
guirà ,  come  sempre  in  addietro  ,  a  disperdersi  li- 
li  eramente  per  1'  atmosfera. 

S.  Camilli. 


[55 


=se 


Slato  del  commercio  di  Canton  colle  nazioni  este- 
re .  (  Vedi  anche  giornale  arcadico  tomo  38 
ann.   1828). 


Commercio  inglese  con   Canton  nella  stagione 
fra  Vanno    181 7  e    1818. 


A, 


ammontare  delle  mercanzie  d'importazione  a  Can- 
ton per  conto  della  compagnia  delle  Indie  orienta- 
li inglese  ,  in  16  bastimenti ,  la  portata  de'  quali  fu 
di  21000  tonnellate  (1): 

147,090  Pezze   di  panni   di  lana 
16,042  Dette  di  cammellotti 
16,778  Cantara  cinesi  (2)  di  piombo 

77.35  Dette  di  stagno  \r=%  5,o45,ioo 

5o2  2   Dette  di  ferro 

1227  Dette  di  legno  sandalo 
32449  Balle  di  cottoni  sodi  delie  Indie 

Ammontare  delle  mercanzie  d'importazione  a  Can- 
ton ,  per  conto  del  commercio  privato  inglese  delle 
Indie  orientali  (3),  in  3q  bastimenti  la  portata  de* 
quali  fu    di   2/4000  tonnellate. 

(1)  Una  tonnellata  inglese  ,  di  peso  ,  contiene  20  can- 
tara ,  ognuna  di  112  libre,  o  libre  i-xfo  di  16  onde  la 
tonnellata.  La  tonnellata  di  misura  estensiva  contiene  ^1 
piedi  cubici. 

(■>)  Un  cantaro  cinese  chiamato  Picul  corrisponde 
a   libre    178  di  Roma. 

(3)  Questo  è  il  commercio  diretto  fra  le  Indie  orien- 
tali   e    la   Cina   ,    che    la   compagnia    inglese   permette 


i56  Scienze 

i55,434  Balle  di  cottoni  sodi  delle  Indie]" 

6,oG8  Cantava  cinesi  di  stagno  f 

ao,5Go  Dette  di   pepe  t 

G,  184  Dette  di  giunchi  d'India  I 

11,340  Dette  di  Betelnut  (1) 


agli  abitanti  delle  Indie  suoi  sudditi,  ed  agV  inglesi  sta- 
biliti in  India ,  sotto  certe  restrizioni ,   e  con  bastimenti 
chiamati  Countrag  Ships ,  vale  a  dire  costruiti  in  India. 
(1)  Betelnut.   Questa   è    una    denominazione   abusiva 
in  commercio  ,  composta  dalle  voci  inglesi  betel  nut.  Betel 
foglia    d'  una   pianta    rassomigliante    quella    del  pesca  , 
e   cresce   rampante   come    l'  edera  ,   avviticchiandosi    in- 
torno agli  alberi  ;    e   nut    noce.   Ma  per  betelnut    non   se 
deve  intendere  che  la  noce   o  il  frutto   delV  areca  ,  ge- 
nere di  palma  della  classe  palma  monoecia  enneandria  : 
la  qual  noce  0  frutto  ,  in  grandezza  ed  in  apparenza   in- 
teriore  ed  esteriore  ,    si  prenderebbe  per   una   noce   mo- 
scata.   Questo    è    l'articolo   d'importazione  a   Cantori  ,  il 
quale  ,    a   chiamarlo   propriamente    pel  suo  vero  nome  , 
si  dovrebbe  dire  areca  ,  ed  in  inglese  areca  nut  ,  cioè  no- 
ce  di  areca  ,  e  non   betelnut  ,   perchè  betel  è  una  pianta 
che   non  produce    noce  ,   ed   areca    una  palma  :    e   mag- 
gior   differenza  non  saprebbe  esistere  fra    un  albero  c'.i 
palma  ,  ed   una  pianta    rampante. 

Gì  inglesi  ,  americani  ,  o  altre  nazioni  nel  loro 
viaggio  per  la  Cina  ,  passando  gli  stretti  della  Sonda  ,  ove 
la  noce  areca  si  produce  ,  ne  fanno  acquisto  ,  e  la  ven- 
don  poi   sul    mercato  a    Cantori. 

La  foglia  betel,  la  quale  ha  qualche  rassomiglianza 
colla  foglia  dell'edera  ,  ma  più  allungata  ,  morbida  ,  polpu- 
ta ,  e  piena  d'  un  sugo  color  di  rosa  ,  ha  la   virtù  ,  credo- 


Note  in.tou.xo  la.  Cina 


107 


3,121 

1,296 

»»974 

3,977 

3,945 

369 

7,892 
63 1 

3,795 
1,913 

'79 
i35 

2,435 


Dette  di  pinne  di  pesce  cane   . 

Dette  di  ventri  di  pesce 

Dette  di   mirra 

Dette  d'incenso 

Dette  d'ebano 

Dette  di  legno   sandalo 

Dette  d'avorio 

Dette    di  nitro 

Dette  d'argentovivo 

Dette  di  piombo 

Dette  di  chiodi  di  ferro 

Dette   di  bleu  di  Prussia 

Dette  di  smalti 

Casse  d'oppio  (1)  delle  Indie 

orientali 
Perle  orientali 
Manifatture  di  cottone 


11,081,600 


Totale  „  16,126,700 


no  gV  indiani  ed  i  cinesi ,  di  fortificare  i  denti  ,  e  di 
rendere  V  alito  odoroso  :  per  cui  fra  i  medesimi  e  la  fo- 
glia betel  generalmente  in  uso  ,  masticandola  come  fra 
gli  europei  ed  americani  il  tabacco.  Ma  dentro  alla 
Joglia  quasi  sempre  s*  involge  della'  calcina  viva  , 
e  pezzetti  della  noce  areca  :  e  questo  boccone  allora  , 
oltre  che  fortifica  i  denti  e  le  gengie  ,  rende  Z1 alito  fra- 
grante. È  creduto  parimenti  efficace  per  confortare  i  ner- 
vi o  il  cervello  ;  per  espellere  la  bile  ;  e  per  preservar 
dall'  asma. 

(1)  L'oppio  entra  in  Cina  tutto  in  contrabbando  ,  es- 
sendone dalle  leggi  di  quel  paese  rigorosamente  proi- 
bita la  introduzione .  L 'ammontare  dell 'oppio  ,  che  procede 
dalle  Indie  orientali ,  è  di  sei  a  otte  milioni  di  scudi  air 
anno  ,  come  in  altra  occasione  ho  notato.  Oltre  di  quest''  op- 
pio ,  che  è  prodotto  dall'Indie  orientali  ,  ve  né  circa  una 


I 58  S    C    I    K    N     Z    £ 

Ammontare    delle   mercanzie    d'esportazione    da 
Canton ,  per   conto   della  compagnia    inglese. 

i2  4?484  Cantara  cinesi  di  tè  nero 
36,ìo8  Dette  di  tè   verde 
417  Balle  di   seta   grezza 
aio,ooo  Pezze  di    nankin  p?Oi'$'»479 

Diversi  altri  articoli  di  lungo 
dettaglio. 

Spese  in  Canton. 

Per  sondare  il  mar  della  Ci- 
na (1) 

Ancoraggio  di  Canton  ,  pi- 
lotaggio ,  ed    altre  spese 

Sbarco,  e  spese  della  fattoria  S     „   4o3,i2i 

Provvisioni  pel  viaggio  di 
ritorno    in  Europa 

Disborsi  dei  comandanti  de' 
bastimenti 


„  G,534,6oo 


metà  del  suddetto  quantitativo  ,  il  quale  gli  americani  e 
gl'inglesi  annualmente  portano  dalla  Turchia  in  Cina  , 
essendo  questo  prodotto  delV  Asia  minore.  Questa  droga  , 
come  già  fu  detto ,  sì  vende  in  Cina  a  pronti  contanti  , 
dove  poi  si  fuma  ,  e  questo  vizio  trascina  molta  gerite  a 
prematura   morte.  \ 

(1)  La  compagnia  ,  a  quelV  epoca  ,  aveva  mandati 
dalle  Indie  orientali  due  suoi  bastimenti  fra  il  Giappo- 
ne ,  la  Cina  ,  e  le  isole  della  Sonda  espressamente  per 
sondare  quei  mari  ;  e  le  mercanzie  della  Cina  ne  dove- 
vano  pagare  le  spese. 


Note  intorno  la  Cina  i5<j 

Ammontare  delle  mercanzie  d'  esportazione  da 
Canton  ,  per  conto  di  commercio  privato  inglese  delle 
Indie    orientali. 


55o,ooo  Cantara  cinesi   di   zingo  (i)     ? 

1,700  Dette   di  seta   grezza  ^ 

7q4  Casse  di  manifatture   di  seta 

433,ooo  Pezze   di    nankin 

ao,a5o  Cantara    cinesi    di    zucchero 

candito 
1 3,ooo  Dette    di  zucchero  in  polvere 
io,  148  Dette   di  tè  nero 
8,548  Dette  di  tè   verde 
5,ooo  Dette   di  cassia  lignea 
1,810  Dette  di  canfora 
i2,5oo  Dette  eli   allume 

726  Dette  di  anisi  stellato 
200  Dette   di  ottone  in    foglio 
100  Dette  di   fior  di  cassia 
92   Dette  di   gommagutta 
3„45  Dette  di   muschio 
i,5 00  Dette   di  contane 
3,4oo  Dette  di  radice    cina 
2,600  Dette  di    gallangal 
128  Dette  di    vermiglione, 
720  Dette  bi   rabarbaro 

Porcellana,  tartaruga,  madre- 
perla ,  ed  altro. 


„  3,C42,ioo 


Spese  in  Canton. 

Ancoraggio  di  Canton  ,  pilo- 
taggio ,  ed   altro 


(i)  È  proibita  V 'esportazione  d'ogni  sorte  di  metallo 
dalla  Cina  ;  il  zingo  dunque  tutto  ciò  eli  è  metallo 
esce  dalla  Cina  in  contrabbando. 


160  Scienze 

Sbarco  ,  e    spese    d'alloggio 

Provvisioni  pel  viaggio  di  ri-  à  ,\      3 18,000 

torno   in    India 
Disborsi    de'  comandanti    de' 

bastimenti. 


Totale  „   io,494'700 
Bilancio   a  favore  degl'  inglesi  „     5,632,oo<> 


•7^  16,126,700 


Questa  passività  di  77  5,632,ooo  dei  cinesi  col 
commercio  che  fanno  cogl'  inglesi  ,  non  origina  dal 
commercio  diretto  colla  compagnia  inglese  ,  ma  è  il 
risultato  del  commercio  privato  inglese  ,  o  l'impor- 
tazione principalmente  di  cottoni  sodi  ,  e  di  oppio 
delle  Indie  orientali,  di  recente  accresciuta  ad  una 
quantità   immensa. 

Il  commercio  cogli  americani  e  coli'  Inghilterra 
proprio  ,  ossia  colla  compagnia  delle  Indie  orientali 
inglese ,  è  tuttavia  attivo  per  la  Cina  :  ma  quello 
cogli  abitanti  delle  Indie  orientali ,  cioè  il  commercio 
privato  inglese,  è  divenuto  d'un  enorme  annuale  sbi- 
lancio per  la  Cina  a  favore  della  Gran  Brettagna  , 
essendo  gli  abitanti  delle  Indie  orientali  sudditi  del- 
la compagnia  o  sudditi  inglesi ,  che  in  questo  caso 
è    l'istessa  cosa. 

Commercio  coli'  Inghilterra  proprio  ,  ossia  col- 
la  compagnia  inglese  : 

Importazione  a  Canton  77  5,o45,ioo 
Esportazione  da  Canton    „  6,1 3 1,479 


Attività    a    favore   de'  cinesi  v?  1,086,379 
Il  commercio    cogli  americani   è  proporzionata- 
mente  più    attivo    per    la  Cina  ,  come  si  vedrà  qui 
appresso  ,    di  quello    coll'Inghilterra  proprio  ,   ossia 


Note   intorbo  la  Cina  iGi 

colla  compagnia  inglese.  Come  parimenti  lo  è  il 
minor  commercio  che  i  cinesi  fanno  coi  portoghesi  , 
olandesi  ,    spagnuoli  ,  francesi  ,   e   danesi. 

la  complesso  si  può  calcolare  che  fin  ad  ora 
l'ammontare  delle  mercanzie  T  che  i  cinesi  comprano 
in  Canton  dalle  nazioni  estere  ,  eguagli  quello  del- 
le mercanzie  che  essi  alle  medesime  vendono.  Ma 
la  Cina  ha  deviato  considerala] mente  dal  suo  sen- 
tiere  ,  e  si  è  di  già  resa  troppo  dipendente  da  uà 
commercio,  che  più  non  può  arrestare  senza  cau- 
sare la  ruma  di  circa  una  terza  parte  della  sua 
popolazione  ,  e  che  provera  se'iza  dubbio  d'essergli 
fatale   un    giorno. 

Il  previlegio  che  la  compagnia  delle  Indie  orien- 
tali inglese  ha  di  fare  il  monopolio  esclusivo  colle  In- 
die e  colla  Cina,  cesserà  nell'  anno  1 834*  Se  il  con-» 
tratto  di  questo  privilegio  non  si  rinnova  ,  in  se- 
guito, dopo  l'anno  1 834?  ogni  suddito  inglese  sa- 
rà libero  di  commerciare  a  sua  volontà  colle  In- 
die e  colla  Cina.  Quando  1'  intera  nazione  ingle- 
se potrà  liberamente  trafficare  col  porto  di  Canton  , 
non  passera  molto  tempo  senza  che  la  Cina  s'im- 
brogli coli'  Inghilterra  ,  perchè  il  capitano  e  V  e- 
quipaggio  d'una  nave  inglese  non  più  così  come 
ora  ,  a  torto  o  a  ragione  ,  tanto  obbligati  e  vi- 
gilati da'  sopraccarichi  della  compagnia  nel  porto  di 
Canton  a  tenere  ,  verso  de'cinesi  ,  quell'  istessa  con- 
dotta che  ora  la  compagnia  impone  a'  suoi  basti- 
menti ed  impiegati  ,  per  tema  di  qualche  svan- 
taggioso interrompimento  al  suo  lucrativo  commer- 
cio con  (pie!  paese  ;  allora ,  ogni  qual  volta  avrà 
luogo  una  di  quelle  dispute  di  facile  occorrenza 
fra  marinaj  inglesi  e  cinesi  ,  gì'  inglesi  credendosi 
più  liberi  a  reprimere  un'  ingiuria ,  o  un  vero  o 
supposto  affronto  nazionale  ,  la  romperanno  coi  ci- 
G.A.T.XL.  ii 


1G2  Scienze 

nesi  ;  e  coli'  andar  del  tempo  ,  servendo  ciò  di  pre- 
testo all'  insana  avidità  di  conquista  ,  potrà  ,  quell' 
istessa  sorte  che  attese  le  Indie  orientali  o  70  mi- 
lioni d'individui ,  attendere  le  provincie  meridionali 
della   Cina. 

Lo  scrittore  di  queste  righe  nell'  anno  i8f9 
era  uno  de'  convitati  al  pranzo  che  la  fattoria  in- 
glese in  Cantori  da  all'apertura  del  commercio,  il  qua- 
le ha  luogo  tutti  gli  anni  nel  mese  di  settembre. 
La  stagione  essendo  ancor  calda  ,  la  mensa  fu  ap- 
parecchiata nella  bellissima  loggia  della  fattoria.  I 
cinesi  ,  mentre  si  desinava  ,  dalla  strada  tirarono 
varie  sassate  alla  comitiva.  Il  capitano  Thomas  La- 
rhinges,  comandante  d'una  delle  navi  della  compa- 
gnia inglese  ,  nominata  il  Marchese  Camdem ,  ricevè 
una  sassata  nelle  spalle  ;  ed  a  Onurato  Martucci,  che 
riferisce  il  fatto  ,  glie  ne  toccò  una  di  sbalzo  al- 
la  fronte    della   gamba   dritta. 

Nel  susseguente  anno  1820  ,  otto  o  nove  dei 
scritturali  o  sopracarichi  della  compagnia  ,  passeg- 
giando in  campagna  a  piccola  distanza  dalla  citta 
di  Cantori  ,  furono  presi  a  sassate  da'  cinesi  ,  e  qual- 
cuno della  compagnia  ritornò  alla  fattoria  colla  te- 
sta  rotta. 

Neil' istess' anno ,  giù  a  Macao,  il  segretario  ed 
il  credenziere  della  fattoria  inglese  furono  ,  nella 
propria  residenza  ,  attaccati  da'cinesi  ,  ed  il  creden- 
ziere ne   rimase  ferito    da  un'  arme  da  taglio. 

Questi  avvenimenti  ,  e  la  maniera  inoltre  col- 
la quale  fu  rimandata  indietro  l'ultima  ambasciata 
inglese  da  Pekin  ,  in  altre  circostanze  sarebbero  sta- 
ti più.  che  sufficienti  e  plausibili  molivi  per  doman- 
darne ragione  e    risarcimento. 


NoTK    INTORNO    LA    ClNA 


iG3 


Commercio  degli   americani  con    Cantori  nella 
stagione  fra  Vanno   1818  e   18 19. 

.Ammontare  delle  mercanzie  d'esportazione  da  Can- 
ton  ,  in  4(3  bastimenti  americani  ,  la  portata  de'qua- 
li   fu    di    16022   tonnellate. 

i5i,of)7  Cassa  di  tè  di  digerenti  qua-  % 
Illa 
5,o38  Cantara   cinesi  di  cassia  li- 
gnea 
3,^47  Dette    di    porcellana 
999  Dette    di    sluoje 
483  Dette   di    rabarbaro 
5G9  Dette   di    canfora  l  7=7  9,041, 755 

437  Dette   di    vermiglione 
4 i,j)53  Dette  di  zucchero  in  polvere 
709  Dette   di    zucchero    candito 
1,076  Dette    di    gallangal 
823  Dette    di    seta    da    cucire 
291,396  Pezze  di  manifatture  di  seta 
2,290,400  Dette    di    nankin 


Ammontare  delle  mercanzie  d'importazione  a  Can« 
loti  ,   co'  medesimi  4^   bastimenti    americani. 

i,4 1 4  Cantara  cinesi  di  ginseng  (1)  ? 
818  Dette  di  oppio  di  Turchia       § 


(1)  Ginseng  ,  parola  cinese  composta  da  Gin  uomo  ,  e 
Song  figura.  Quest*  è  una  pianta  ,  i  cui  rami  colla  ra- 
dice ai  cinesi  sembra  die  rassomigli  alla  figura  dell' 
uomo.  La  radice  è  una  delle  principali  medicine  dei 
cinesi  e  tartari  ,  la  quale  cura  tutti  i  mali  ,  e  come  fra 
gli  europei  alcuni  altri  ingredienti  ,    è  fra  i  cinesi  e  i  tar- 

II* 


i64  Scienze 

9,345  Dette  di  argento viyo 

1  3,248  Dette  di  piombo 

8,596  Dette  di  ferro 

i4,402  Dette  di  rame 

3,954  Dette  di  stagno 

8,391   Dette  di  betelnut 

84  Dette  di  cocciniglia  It^  2,8o3,i5i 

Ci  1 4  Dette  di  ebano 

114  Dette  di  garofani 

10,02  Dette  di  legno  sandalo 

84  Dette  di  corallo 
l36, 188  Pelli  per  pelliccerie 

1,788   Pezze  di  cammellotto 

Colonnati  di  Spagna,  bilancio  a 

favor  de'cinesi  „  6,"a38,Go4 


oT  9'04'»755 


tari  la  loro  panacea.  Cresce  questa  pianta  presso  a  poco 
fra  il  4o"J0  e  5owo  grado  di  latitudine  settentrionale  , 
e  fra  il  io»»"  e  ao'»o  grado  di  longitudine  orientale 
dal  meridiano  di  Pekin.  Nel  principio  del  i^mo  secolo 
si  scoprì  crescere  questa  pianta  anche  neW America  set- 
tentrionale ,  in  Virginia  ,  Pensilvania  ,  e  Canada.  E  gli 
americani  la  portano  ora  a  vendere  ai  cinesi.  Il  Gin- 
seng della  Cina  ,  o  Tarlarla  Cinese ,  considerato  da 
cinesi  di  qualità  soprafinissima ,  si  vende  in  Cina  al 
minuto  a  peso  d'oro  ,  e  ad  assai  più  caro  prezzo  quel- 
lo più  scelto.  Ma  il  Ginseng  americano  ,  riputato  di  qua- 
lità assai  inferiore  ,  si  vende  proporzionatamente  mollo 
più   a    buon   mercato. 

Il  nome  botanico  di  questa  pianta  è  Pinax  Quin- 
quefolium  ,  famiglia  delle  Amilacee.-  Pedi  Giornale  Ar- 
cadico nella  -  jSota  seconda  spettante  la  Cina  -  Tradu- 
zione dalla  gazzetta  di  Pckin  ,  i^  aprila  1819  ,  ove  si 
J'a  intuizione  di  queòla  pianta. 


Note  intorno  la  Cina  iG5 

L'ammontare  del  commercio  che  Cantori  fa  ogni 
stagiona,  ossia  ogni  anno  ,  coile  altre  nazioni  estere  , 
si  può  calcolare  approssimativamente  a  circa  io  mi- 
lioni di  scudi:  ciò  che  unito  ai  milioni  dogli  ameri- 
cani, e  a'  i0  milioni  degl'inglesi,  fa  ascendere  l'annua! 
commercio  che  il  porto  di  Canto n  fa  colle  nazioni 
estere,  non  includendovi  il  Giappone,  le  isole  Fi- 
lippine, le  isole  della  Sonda,  Siam,  Camboja,  Coc- 
cincìna,  Tonchio,  ed  altri  convirini  stati,  dove  i  ci- 
nesi slessi  ,  colla  licenza  dell'  imperatore  ,  vanno 
a  trafficare  coi  proprj  bastimenti  ,  alla  somma  di  3:> 
milioni  di  scudi.  Tutto  questo  commercio  si  maneg- 
gia in  Canton  con  un  tal  buon  metodo  ed  ordine  , 
e  con  una  facilita  che  fa  ben  conoscere  essere  i  ci- 
nesi molto  più  avanzati  di  qualunque  altro  popò  lo 
della  terra  nel  modo  di  far  affari  coi  forestieri  in 
Canton  o  nel  loro  paese.  Perchè  i  cinesi  giustamen- 
te supponendo  i  forestieri  poco  o  punto  esperti  o 
istruiti  dei  loro  usi,  costumi  ,  lingua  del  paese,  e 
soprattutto  dei  loro  regolamenti  e  diritti  di  do- 
gana ,  i  mercanti  o  negozianti  cinesi  sono  dalle  lo- 
ro leggi  obbligati  a  pagare  i  ci  a  z  j  tanto  delle  merci 
d'importazione,  quanto  di  quelle  d'esportazione.  Co- 
me altresì  sono  obbligati  a  pagare  ,  e  far  tutt'  al- 
tro che  riguardar  possa  lo  scaricare  ed  il  rica- 
ricare delle  navi  forestiere  .  Solamente  i  battelli  ci- 
nesi che  scaricano  le  merci  d'importnzione  seno  ne- 
gati dal  forestiere,  a  nolo  fìsso  e  stabilito  dall'*  l"g- 
gi  ,  e  nulla  più.  Di  maniera  che  a  un  forestiere  in 
Cina  ,  dopo  di  avere  stabiliti  i  prezzi  della  vendita 
del  suo  carico  d'andata  ,  ed  i  prezzi  della  compra 
del  suo  carico  di  ritorno  ,  sull'altro  rimane  a  fare, 
mandato  che  gli  hanno  i  cinesi  tutte  le  sue  mer- 
canzie a  bordo  ,  franche    d'ogni    sorte    di    spese  ,  che 


iG6  S  e  i  e  n  z  r. 

di  ritornarsene  via  tranquillamente  dalla  Gina  pè' fat- 
ti  suoi. 

Ha  dato  più  da  fare  allo  scrittore  di  questo 
righe  lo  scaricare  una  sola  cassa  di  mercanzie  a 
Londra  ,  o  di  caricarla  per  l'estero  ,  di  quel  che 
gli  diede  da  fare  in  Cina  lo  scaricare  e  ricari- 
care la  sua  nave  che  portava  i4oo  tonnellate  di  pe- 
so ,  corrispondenti  a  libre  4t*8i,333  di  Roma. 

Onorato  Martucci 


ìG'j 


LETTERATURA 


Piaggi  di  Marco  Polo  illustrati  e  commentati  dal 
conte  Gio.  Battista  Baldelli  Boni,  preceduti  dal- 
la storia  delle  relazioni  vicendevoli  dell'  Euro- 
pa e  dell'  Asia.  Firenze  da  torchi  di  Giuseppe 
Pagani  1827.  Voi.  quattro  in  4-°  con  un  atlan- 
te  di    due   carte    geografiche. 

Oul  declinare  del  secolo  XIII ,  allorquando  la  re- 
pubblica di  Venezia  aveva  grande  potenza  ed  un 
commercio  vastissimo  ,  Marco  Polo  d'illustre  famiglia 
veneziana  viaggiò  per  ventiquattro  anni  in  Asia.  Vi- 
de la  Palestina  ,  l'Armenia  ,  la  Persia  ,  la  Tartarìa  , 
e  specialmente  il  Catajo  ,  la  Gina  ,  e  l'India.  Co- 
nobbe varie  corti  ,  e  fu  in  grande  onore  presso  di- 
versi sovrani.  Ritornò  in  patria  nel  1295  ricco  di 
gioje  e  di  cognizioni  ,  e  fu  eletto  membro  del  gran- 
consiglio.  Raccontando  le  cose  vedute,  e  specialmente 
quelle  del  gran  can  del  Catajo  ,  nominava  spesse 
volte  le  migliaja  e  i  milioni  ,  e  cosi  acquistò  a  se 
stesso  il   soprannome  di  Milione. 

Nel  1298  i  genovesi  avendo  spedito  Lampa  Bo- 
ria con  settanta  galere  nell'Adriatico  per  danneggiare 
i  veneziani  ,  questi  gli  mandarono  incontro  Andrea 
Dandolo  con  novanta  galere  ,  una  delle  quali  era 
capitanala  dall'animoso  viaggiatore  Marco  Polo.  A  dì  8 
settembre    si  venne    a  battaglia    presso    Ciuzola  :    i 


iGS  Letteratura 

veneziani   furono    disfatti   ,    e    Marco    Polo    fu    fallo 

prigioniero. 

Condotto  a  Genova,  concorsero  tanti  per  cono- 
scere un  uomo  cos'i  celebre  e  per  udire  le  cose  raaravi- 
gliose  da  lui  vedute,  che  ne  fu  in  breve  tempo  anno- 
iato. Da  ciò  ne  venne,  che  da  un  nobile  genovese  suo 
amico  fu  consigliato  a  porre  in  iscritto  la  relazione 
del  suo  viaggio  ;  ed  avuto  agio  di  far  venire  da  Vene- 
zia i  suoi  memoriali  e  le  sue  scritture ,  la  dettò  in  fran- 
cese ad  un  pisano  detto  Rustichello  suo  compagno  d'in- 
fortunio. Liberato  poco  dopo  dalla  prigionia  per  la 
pace  seguita  fra  le  due  repubbliche  ,  ritoccò  ed  am- 
pliò (  forse  in  dialetto  veneziano  )  il  suo  libro  ,  il 
quale  dal  soprannome  dell'autore  fu  di  poi  denomi- 
nato Milione.  In  breve  tempo  il  medesimo  si  di- 
vulgò ,    e   ne    fu    di   copie    tutta   Italia   ripiena. 

Gioverà  intanto  accennare  che  il  Boccaccio  tras- 
se da  quest'opera  la  novella  del  Veglio  della  Mon- 
tagna (a)  :  e  che  nel  beato  Catajo  finse  il  cantore 
dell'Orlando  Innamorato  che  avesse  cuna  quella  va- 
ghissima Angelica  che  diede  al  ferrarese  Omero  ar- 
gomento   di    magnifici    episodj. 

Ma  ciò  che  più  interessa  è  ,  che  la  relazione  del 
Polo  somministrò  molti  lumi  al  celebre  cosmogra- 
fo fra  Mauro  ,  ed  ebbe  molta  influenza  nelle  gran- 
di scoperte  geografiche  del  Capo  di  buona  speran- 
za   e    dell'America. 

Sappiamo  di  fatti  dal  Ramusio  ,  che  l'infante 
D.  Pietro  di  Portogallo  venuto  a  Venezia  nel  14.28 
portò  all'infante  D.  Enrico  suo  fratello  molti  li- 
bri ,  e  fra  gli  altri  ,,  quello  del  magnifico  messer 
„  Marco    Polo   viniziano  ,   che   da   lui  fu    portato    a 


(a)  Mann,  lllustr.  del  Decani,  p.  :i3o. 


Viaggi  del  Polo  i(x) 

„  Lisbona  ,  che  gli  fu  donato  come  un  singoiar  pre- 
„  sente  ,  e  il  detto  di  poi  tradotto  nella  loro  lin- 
„  gua  fu  gran  causa  che  tutti  quelli  serenissimi  s'in- 
„  rianimassero  a  voler  far  scoprire  l'India  ,  e  so- 
,,  prattutto  il  re  D.  Giovanni   (a).  „ 

A  questo  racconto  del  Ramusio  soggiunge  il 
nostro  A.  „  D.  Enrico  dava  stipendio  a  Patrizio 
,  de'Conti  ,  console  di  Venezia  in  Portogallo  ,  uo- 
,  rao  celebre  per  lo  suo  valore  in  geografia.  E  que- 
,  sto  Conti  rendè  un  segnalalo  servigio  a  D.  En- 
,  rico,  fattosi  mediatore  di  porre  ai  suoi  stipen- 
,  dj  il  celebre  Alvise  da  Ca  da  Mosto  ,  che  tan- 
,  to  inoltrò  congiuntamente  ad  Antonietto  Uso  di 
,  Mare  genovese  gli  scuoprimenti  affricani  dei  por- 
,  toghesi.  Morto  l'infante  D.  Enrico,  nel  re  Alfon- 
,  so  si  trasfuse  il  genio  delle  scoperte  ,  ed  esso 
,  per  mezzo  di  Stefano  Trevisan  mantenevasi  in  re- 
,  lazione  con  Venezia.  Giunta  alle  orecchie  del  re 
,  la  voce  della  celebrila  del  cosmografo  fra  Ma- 
,  uro  ,  commessegli  un  mappamondo  ,  che  egli  ese- 
,  guì  ,  ove  notò  tutti  gli  scuoprimenti  fatti  sino  a 
,  quei  tempi  ,  ed  anche  vi  espresse  la  possibilità 
,  di  fare  per  mare  il  giro  dell'  Affrica  ,  e  di  giun- 
,  gere  all'India  per  quella  via.  Di  quel  celebre 
,  lavoro  ebbero  copia  il  Coviglian  ed  il  Pavia,  che 
,  furono  inviati  nel  i4^7  ad  esplorare  le  cose  in- 
,  diche  ed  abissiniche.  Finalmente  Vasco  di  Gama 
,  condusse  a  termine  il  sospirato  passaggio  alle  In- 
,  die    (b).   „ 

Ed  a  proposito  di  queste  scoperte  de' portoghesi  il 
N.  A.  pubblica  una  interessante  lettera   inedita  scritta 


{a)  Barn.  nov.  voi.  /,  pag.   194  A. 

{b)  Storia  del  Milione  $.  LXV  e  LITI. 


170  Lette   r  a  t  u  r  a 

sotto  li  4  giugno  i5ot  dall'isola  di  Capo  Verde  da  Ame- 
rigo Vespucci  a  Lorenzo  di  Pier  Francesco  de'Medici. 
Essa  è  tratta  da  un  celebre  manoscritto  di  Pier 
Voglienti ,  che  conservasi  nella  biblioteca  riccardia- 
na  niirn.  19  io  pag.  /\8  ,  e  contiene  notizie  interessan- 
tissime (a). 

In  quanto  allo  scuoprimento  dell'America  av- 
verte l'A.  ,  die  nel  secolo  XV  fioriva  in  Firenze  un  uo- 
mo insigne  detto  Paolo  Toscanelli  ,il  quale  era  astrono- 
mo, medico,  e  geografo.  Egli  pensava  che  a  risultamen- 
ti  utilissimi  si  potessero  -rivolgere  gli  scuoprimenli 
del  Polo  ;  e  che  stante  la  forma  sferica  della  ter- 
ra ,  non  solo  per  oriente  e  mezzogiorno  si  potes- 
se giungere  alle  felici  regioni  ove  nascono  le  spe- 
zierie ,  ma  anche  per  occidente  :  cammino  eh'  egli 
stimava    più   breve. 

Contemporaneamente  al  Toscanelli  Cristofano 
Colombo  volgeva  nell'  animo  di  tentare  quella  via 
per  giungere  alla  terra  delle  spezierie  :  e  come  ac- 
cadesse ch'ei  concepì  tale  disegno  è  da  udirlo  dal- 
lo storico  Giovanni  di  Barros  :  „  Vedendo  (  il  Co- 
„  lombo  )  che  il  re  D.  Giovanni  ordinariamente  man- 
,,  dava  a  scuoprire  la  costa  d'Affrica  coll'intenzio- 
„  ne  d'andare  per  questa  via  all'India  ,  perciocché 
,,  era  letterato,  e  sapeva  nelle  cose  della  geogra- 
„  fìa  ,  e  leggeva  Marco  Polo  che  modernamente  fa- 
„  vellava  delle  cose  orientali  del  regno  del  Cata- 
,,  jo  ,  e  parimente  della  grande  isola  di  [Cipango 
„  (cioè  del  Giappone)  ,  venne  a  fantasticare  che  per 
„  questo  mare  Oceano  occidentale  si  poteva  navi- 
„  gare  tanto  ,  infin  che  si  andasse  a  quest'  isola  di 
„  Cipango  e  ad    altre   terre   incognite   (b) .  „ 


(a)  lbid.  S.  LXFI.  not.  2. 
{b)  Asia.  dee.  I  pag.  55. 


Viaggi  del  Polo  171 

Sentendo  il  Colombo  celebrare  la  dottrina  del 
Toscauelli  ,  lo  interrogò  intorno  alla  possibilità  del 
viaggio  dell'India  per  la  via  occidentale  ,  e  n'  eb- 
be in  risposta  ,  che  non  solo  era  possibile  ,  ma  ve- 
ro e  certo  ,  e  che  sarebbe  di  fama  ,  di  onore ,  e 
di  guadagno  inestimabile.  Il  Toscanelli  gli  mandò 
eziandio  una  carta  nautica  ,  nella  quale  disegnò  da 
una  parte  le  coste  dall'Irlanda  alla  Guinea  ,  e  dall'al- 
tra il  principio  delle  Indie  ,  il  Catajo  ,  e  Cipan- 
go  (a).  Allora  il  Colombo  ad  altro  più  non  pen- 
sò che  ad  eseguire  la  sua  impresa  ,  sebbene  ,  al  di- 
re del  citato  storico  Barros  „  tutti  stimavano  scioc- 
„  chezze  la  di  lui  parola  di  giungere  all'India  per 
„  ponente,  per  essere  tutta  '  fondata  sulle  immagina- 
„  zioni  e  cose  dell'isola  di  J^ipango  di  Marco  Po- 
,,  lo  (b) .  „  L'  efletto  dimostrò  che  il  Polo  ed  il 
Colombo  non  erano  punto  ne  sciocchi  ne  fantastici. 
Le  grandi  scoperte  geografiche  del  Gama  e  del 
Colombo  avendo  accresciuto  la  fama  del  Polo  ,  il 
Ramusio  segretario  della  signoria  di  Venezia  inco- 
minciò a  pubblicare  e  ad  illustrare  il  Milione  :  e 
quest'opera  insigne  fu  di  poi  tradotta  in  tutte  le 
lingue  dell'Europa.  Ultimamente  la  illustrarono  in 
Italia  il  chiarissimo  Zurla  (  ora  eminentissimo  cardi- 
nale )  (e)  ,  ed  in  Inghilterra  il  Marsden.  E  men- 
tre queste  due  opere  uscivano  alla  luce  ,  incomin- 
ciava   appunto  a   stampare   la    sua    l'ili,  sig.  Baldclli. 


(a)  Ferri.  Coloinb.  L.  C.  p.  55. 

(b)  Asia   L.  C. 

(e)  Di  Marco  Polo  ,  e  degli  altri  viaggiatori  più  il- 
lustri. Dissertazioni  del  P.  ab.  D.  Placido  Zurla  con  ap- 
pendice sulle  antiche  mappe  idro-geografiche  ,  lavorate 
in  re  ne  zia;  2  voi.  in  4.0   Venezia  Picotli  18 18. 


1^2  L    E    T    T    E    H    A    T    U    11    A 

Il  Milione  del  Polo  sul  principio  del  secolo 
XVI  ,  cioè  pochi  anni  dopo  che  era  stato  compo- 
sto ,  fu  voltato  in  volgar  fiorentino:  ed  un  testo 
a  penna  del  medesimo  ebbe  l'alto  pregio  di  esse- 
re una  delle  pure  sorgenti  ,  alla  quale  attinsero  i 
compilatori  del  vocabolario  della  crusca  non  poche 
voci  che  si  cercherebbero  vanamente  in  altro  scrit- 
tore del  secol  d'oro  della  favella.  Il  legislatore  del- 
la medesima  ,  il  Salviati  ,  pose  come  trigesimaprima 
in  grado  di  tempo  questa  prosa.  Ma  non  solo  per 
antichità  ,  all'avviso  dello  stesso  Salviati  ,  merita  lo- 
de grandissima  il  Milione  del  Polo, ma  eziandio  pei  pre- 
gi della  favella.  „  Accanto  alle  pistole  di  messer 
„  Pietro  delle  Vigne  (  ei  dice  )  per  antichità  di  fa- 
„  velia  ,  e  per  purità  e  bellezza  di  parole  e  di 
„  modi,  il  Milione  di  messer  Marco  Polo  dettato  l'an- 
„  no  1298  per  nostro  avviso  si  conviene  allogare, 
„  e  havvene  una  copia  che  fu  già  dello  Stradino  an- 
„  tica   e    corretta    oltremodo    (a).  „ 

Il  Baldelli  ,  accademico  della  crusca  ,  maraviglia- 
vasi  non  poco  nel  riflettere  che  avevano  veduto 
la  luce  alcuni  lesti  di  lingua  di  poco  o  niun  con- 
to ,  e  che  tuttora  restasse  inedito  il  Milione  ,  quel 
testo  appunto  dagli  accademici  della  crusca  citato. 
Parvegli  pertanto  di  recare  un  servigio  alle  lette- 
re   ed    alla    lingua    coli'  addossarsi    un    tale    lavoro. 

,,  Per  condurre  a  termine  il  mio  disegno  (scri- 
„  ve  l'A.)  faceva  d'uopo  imbattersi  nel  testo  che 
„  rammenta  il  Salviati  ,  ossivvero  in  copia  di  pre- 
,;  gio  a  quella  non  inferiore.  E  i  benemeriti  compi- 
„  latori  dell'  ultima  ristampa  del  vocabolario  furonmi 
„  in    tale   inchiesta    utilissimi.     Notarono    quei    dot- 


fi?)  Salv.arivert.  della  ling.  Napoli  17  f2  v.  IT  p.  r  <{. 


Viaggi  del  Polo  i^3 

„  ti  uomini  di  essersi  valuti  di  un  testo  a  penna 
,,  che  fu  già  di  Pietro  del  Nero  ,  passato  poscia 
,,  fra'  manoscritti  Guadagni  ,  indi  dell'  accademia  , 
„  scritto  da  Michele  Ormarmi  morto  nel  i3o<),  co- 
„  me  ve  lo  aveva  notato  Pietro  del  Riccio.  Dietro 
„  cotali  indicazioni  feci  ricerca  di  questo  prezioso 
,,  codice  ,  che  avventurosamente  trovai  fra*  mano- 
„  scritti  della  doviziosa  biblioteca  magliabecchiana  , 
„  ove  passarono   quelli  dell'  accademia  (a).   „ 

Nel  pubblicare  il  testo  di  lingua  ,  volle  an- 
che il  Baldelli  giovare  alla  storia  ed  alia  geogra- 
fìa. Quindi  incominciò  dal  premettere  una  „  Storia 
,,  delle  relazioni  vicendevoli  dell'  Europa  e  dell* 
,,  Asia  dalla  decadenza  di  Roma  fino  alla  distra- 
„  zione  del  califato  :  „  cioè  sino  al  1258.  È  que- 
sta divisa  due  parti  ,  ed  in  sedici  libri  ,  ed  occu- 
pa 974  pagine  in  4-°  Siegue  un  copioso  indice  del- 
le materie  in  pagine  27.  Incomincia  l'A.  dall'  os- 
servare che  „  la  storia  dell'  Asia ,  o  della  più  ii- 
„  lustre  parte  del  mondo  ,  è  per  ogni  rispetto  de- 
„  gna  di  studio.  Ivi  fa  d'  uopo  cercare  i'  origine 
„  della  legislazione  ,  delle  scienze  ,  delle  lettere  ,  del- 
„  le  arti.  L'Asia  ora  dominatrice,  ora  serva,  in  tan- 
„  te  vicende  ebbe  la  più  grande  influenza  sulle  li- 
„  mitrofe  parti  del  mondo  (pag.  4)-«  Prosiegue  quin- 
di il  suo  lavoro  indicando  sempre  i  fonti  dai  qua- 
li trasse  le  cose  che  narra.  Eccone  alcuni  tratti  : 
„  Regnando  Giustiniano  e  Giustino  II  (cioè  nella 
„  meta  del  secolo  VI)  nuove  barbare  genti  si  ap- 
„  pressarono  ai  confini  dell'  imperio.  I  bulgari  e 
„  gli  ugri ,  dalle  rive  orientali  del  Volga  e  dai  mon- 
„  ti   urali  che  abitavano  ,  si  accostarono  al  Danubio, 


(a)  Storia  del  Milione  §.  Ili, 


I74  LETTERATURA 

„  assaltarono   le   terre  dei  greci  ,  e  riuscirono  a  sta- 

„  bilirsi    lungo    il    fiume Si  renderono    noti 

„  anche  a  quei  tempi  gli  abari  ed  i  turchi ,  po- 
,,  poli  di  unnica  origine.  Dopo  l'avanzamento  ver- 
„  so  l'occidente  degli  unni ,  le  genti  che  abitava- 
„  no  la  parte  boreale  dell'  Asia  ,  nell'  infortunio  del- 
,,  la  guerra  si  volgevano  a  quella  parte  ...  I  tur- 
„  chi  furono  vassalli  degli  abari  .  .  .  Tu-muen  lo- 
„  ro  capo  si  ribellò  ,  e  riportate  alcune  vittorie  rie- 
„  sci  ad  insignorirsi  del  paese  ,  che  è  a  settentrio- 
„  ne  e  ad  oriente  della  catena  dell'  Imaus.  Il  pae- 
„  se  da  loro  abitato  fu  detto  dagli  orientali  Tur- 
„  kestan  ,  e  dai  viaggiatori  europei  la  gran  Tur- 
„  chia  .  .  .  Furono  i  turchi  di  gran  travaglio  ai  lo- 
„  ro  vicini,  i  persiani  ed  i  cinesi,  e  s'impadronirono 
„  della  Transossiana  e  della  Sogdiana  .  .  .  Erano  i 
„  sogdiani  i  vettori  delle  merci  cinesi  nell'  occiden- 
„  te  ...  Il  can  de  turchi  trattò  (nel  58o)  con  Giu- 
„  stino  per  fermare  pace  seco  lui  ,  e  gli  ofìrì  di  far 
„  con  esso  il  diritto  traffico  della  seta.  Da  indi  in 
„  poi  frequenti  furono  le  relazioni  del  greco  impe- 
„  rio  col  turco  (  pag.  96  98).  Decac  ,  uno  dei  va- 
„  lenti  condottieri  di  quella  feroce  nazione,  fecesi  mao- 
„  mettano  ,  e  i  suoi  ne  seguiron  l'esempio  ,  e  diven- 
,,  nero  austeri  e  saldi  osservatori  del  Corano.  Esso 
„  ebbe  un  figlio  detto  Selguk  ,  che  giunse  ai  primi 
,,  uffizi  della  corte  di  Bega  can  della  gran  Turchia  ; 
„  ma  per  ignote  cagioni  abbandonato  il  suo  signo- 
„  re  ,  colle  sue  genti  si  riparò  nel  territorio  di  Boc- 
„  cara  :  e  quegli  avventizi ,  per  distinguerli  dai  tur- 
„  chi  ,    furono    dai    persiani    turco-manni    appellati 

»  (Pag-  493  499)-  » 

„  Gengiscan",  gran  can  dei  tartari  e  dei  mogol- 
„  li  ,  fu  (sul  principio  del  secolo  XIII)  il  terrore  dell' 
„  Asia.  Tutte   le  popolazioni   fuggivano    all'  appres- 


Vjaggi  del  Polo  170 

„  sarsi  dei  mogolli.  Allora  avveane  che  una  tribù  tui- 
„  co-manna  detta  di  Cayi  Klianli  ,  composta  di  quat- 
.,  trocento  quaranta  famiglie  ,  risolse  di  abbandona- 
„  re  il  territorio  di  Mahon  per  cercare  asilo  nell' 
„  Armenia  vicino  a  Kelat.  Anche  ivi  perseguitato 
„  dai  mogolli ,  otto  anni  dopo  guidata  da  Ertogul 
,,  passò  nell'  Asia  minore  :  ivi  quel  condottiero  ot- 
„  tenne  ,  col  titolo  di  capitan  di  confine  ,  un  lerrito- 
„  rio  vicino  ad  Angora  dal  sultano  d'Iconio  ,  ove 
„  si  fermò  colle  sue  genti.  Giovandosi  della  debo- 
„  lezza  de'  greci  in  Asia  ,  si  usurpò  varie  terre  ,  e 
„  l'ingrandita  signoria  trapassò  ad  Ottomano  suo 
„  figlio.  Distrutti  nel  mille  trecento  i  selgiudichi  di 
„  Rum  ,  il  feudo  permutassi  in  assoluta  sovranità  , 
,,  che  passò  ai  discendenti  di  Ottomano,  i  quali  s'in- 
„  titolarono  sultani  :  e  così  ebbe  vita  a  nome  la  for- 
„  midabile  potenza  dei  turchi  ottomani  (p.488,  4^9)'  » 
Premessi  questi  due  volumi  sulla  storia  delle 
relazioni  vicendevoli  dell'  Europa  e  dell'  Asia  ,  si 
accosta  l'A.  a  Marco  Polo.  In  altro  volume  ,  che  è 
il  tomo  primo  dell'opera,  narra  la  vita  del  viaggia- 
tore in  3a  pagine,  e  fra  le  altre  cose  scrive:  „  Di- 
„  rimpetto  alle  peregrinazioni  del  Polo  fauciullesche 
„  sono  quelle  dei  celebrati  argonauti.  Ei  solo  ar- 
„  ricchi  di  più  lumi  l'Europa  ,  che  la  dotta  Grecia  , 
,,  la  potente  Roma  :  ed  i  posteri  hanno  allogato  il 
,.  Polo  fra'  più  rari  ed  illustri  figli  della  nostra  pe- 
„  nisola.  Ed  a  mio  avviso  merita  di  essere  l'Ero- 
„  doto  italiano  appellato  .  .  .  Narrarono  ambedue 
,,  cose  non  più  vedute  ,  né  udite  ,  e  n'ebbero  fama 
,,  di  menzogneri  ;  quantunque  dichiarassero  di  nar- 
„  rare  non  solo  ciò  che  videro  ,  ma  ciò  cho  udi- 
„  rono  ,  in  etadi  nelle  quali  non  era  argomento  di 
,,  vanita  il  non  credere  ,  anzi  gli  uomini  per  natu- 
„  ral   lealtà   erano   creduli   di   soverchio  ;  per   le  fa- 


176  Letteratura 

,,  vole  udite  e  narrate  molti  gli  biasimarono  ,  al- 
„  tri  più  accorti  gli  escusarono  ,  e  perciò  furono 
,,  ambedue  acremente  assaliti  e  difesi  (  pag.  XXII 
„  XXIII).  „ 

Alla  vita  del  Polo  succede  la  Storia  del  Milio- 
jie  in  CXXXII  pagine.  L'A.  descrive  i  pregi  di  quest* 
opera  ,  le  illustrazioni  della  stessa  ,  ed  in  quanto  al 
suo  lavoro  ci  avverte  :  „  Se  per  molti  lati  il  testo 
„  che  vede  la  luce  è  pregievole  ,  deve  considerarsi 
„  come  l'abbozzo  d'una  dipintura.  Credei  perciò  che 
„  la  piena  trattazione  dell'  argomento  chiedesse  la  ri- 
„  stampa  del  testo  rarausiano  ,  e  che  questo  con  i 
,,  nuovi  lumi  tratti  da  altri  codici  convenisse  cor- 
„  reggere.  La  copia  delle  materie  mi  mosse  a  divi— 
„  dere  in  due  volumi  l'illustrazione  del  Milione.  Gon- 
„  tiene  il  primo  il  testo  della  crusca  ,  con  le  va- 
„  rianti  di  sei  pregievoli  manoscritti.  Mi  sono  aste- 
„  nuto  dal  registrarvi  le  errate  o  inutili  varianti  , 
„  ed  ho  solo  prescelte  quelle  spettanti  a  nomi  geo- 
„  grafici  o  storici  ,  o  alle  date  cronologiche  ,  o  che 
„  raddrizzano  o  che  schiariscono  l'intelligenza  del 
„  testo  ,  e  vi  ho  dichiarato  ciò  che  spetta  alla  fa- 
„  velia  ;  e  ,  quanto  comportacela  mia  tenuità  ,  ho  il- 
,,  lustrale  le  cose  relative  alla  storia  naturale  ed 
,>  alla  botanica.  Non  intesi  giovare  agli  scienziati  t 
„  ma  ai  leggitori  che  non  si  volsero  allo  studio  di 
„  quelle  discipline.  Gli  ultimi  capi  del  testo  della 
,,  crusca,  che  non  leggonsi  nel  Ramusio,  ho  per  lo 
„  intiero  commentali.  Il  volume  secondo  comprende 
„  le  illustrazioni  storiche  ,  le  geografiche  e  di  vario 
„  argomento.  Alcune  note  hanno  sembianza  piutto- 
„  sto  di  dissertazioni  ;  ma  per  istudio  di  brevità  non 
„  volli  lasciar  dubbie  o  intatte  molte  questioni  re- 
„  lative  al  Milione,  che  dierono  occasione  a  inter- 
„  minabili    controversie.    D'    altronde  chi  non   vuole 


Viaggi  del  Polo  177 

„  in  tali  studj  internarsi  ,  scelga  a  sua  posta  ciò 
„  che  gli  aggrada.  La  carta  geografica  ,  ove  sono 
„  segnati  gì*  itinerari  dei  Poli  ,  e  le  dichiarazioni 
„  che  corredano  il  testo  ramusiano  ,  ammaestrano 
,,  bastantemente  ,  perchè  ivi  siano  delineati  quali 
„  vi  si  vedono.  Quelle  dichiarazioni  dilucidano  an- 
„  che  i  viaggi  che  fece  Marco  per  servigio  del  can: 
„  nuovo   argomento  finora  intatto    (pag.  XGVIII).  „ 

Siegue  l'elenco  delle  Voci  del  Milione  di  Mar- 
co Polo  citate  dal  vocabolario  della  crusca  ;  e 
queste  sono  68. 

Aggiunge  quindi  l'A.  Le  voci  tratte  dal  testo 
del  Polo  da  citarsi  dal  vocabolario  della  crusca, 
e  sono  ii4«  Fra  queste  vi  è  carriera  per  cassa  di 
fossili  ,  voce  usata  nel  dialetto  siciliano  ,  e  quine  per 
qui  ,    vocabolo    del   volgo    di    Roma. 

Dopo  incomincia  il  testo  citato  dalla  Crusca  , 
ed  occupa  228  pagine  comprese  le  annotazioni.  Co- 
si   termina   il    primo    tomo. 

Il  secondo  tomo  ,  che  contiene  il  testo  ramu- 
siano colle  annotazioni  ,  è  di  pagine  480.  Seguono 
alcune  aggiunte  e  correzioni  ,  ed  in  fine  è  un 
indice  delle  materie  contenute  nei  due  volumi  del 
Milione. 

Sembra  che  in  niun  altro  modo  si  possa  me- 
glio dare  ai  nostri  lettori  un'idea  del  testo  del  Mi- 
lione e  delle  annotazioni  del  Baldclli  ,  che  col  tra- 
scriverne alcuni  tratti.  Eccone  uno  venutoci  a  caso 
sotto  gli  occhi  all'apertura  del  libro  (  tom.  1  pag. 
89).-  Della  moneta  del  gran  cane.-,,  Egli  è  vero,  che 
„  in  questa  citta  di  Camblau  è  la  tavola  del  grau 
„  sire,  e  è  ordinata  in  tal  maniera  che  l'uomo 
„  puote  ben  dire  che  il  gran  sire  hae  l'archimia... 
„  Fa  fare  carte  come  di  bambagia  ....  e  tutte  que- 
,,  ste  carte  sono  sugicllale  col  sugiello  del  gran  si- 
G.A.T.XL.  13 


Letteratura 
„  re  ,  e  lianne  fatte  tante  che  tutto  il  suo  tesoro 
„  ne  pagherebbe.  E  quando  queste  carte  sono  fat- 
»>  te ,  egli  ne  fa  fare  tutti  gli  pagamenti  ,  e  fagli 
„  ispandere  per  tutte  le  provincie  ,  e  regni  ,  e  ter- 
„  re ,  dove  egli  hae  signoria  ,  e  nessuno  gli  osa 
„  rifiutare  a  pena  della  vita  ....  Ancora  sappiate 
„  che  se  alcuno  vuol  fare  vasellamenta  d'  ariento  , 
„  o  cinture  ,  egli  va  alla  tavola  del  gran  sire  ,  ed 
„  egli  dato  per  queste  carte  ariento  per  quant'  e' 
„  ne  vuole,  contandosi  le  carte  secondo  che  s'ispen- 
,,  dono.  „  A  questo  testo  il  Baldelli  fa  la  seguen- 
te annotazione  :  „  Magaellanes  (  p.  1G8  )  all'erma 
„  non  esservi  memoria  che  i  cinesi  usasser  moneta 
„  di  carta.  Ma  siccome  ei  reputa  il  Polo  scrittore 
„  degno  di  fede  ,  suppone  che  lo  inducesse  in  er- 
„  rore  una  consuetudine  dei  cinesi  ,  i  quali  usano 
„  d'imitare  in  carta  la  moneta  ,  e  sovrattutto  quel- 
„  la  di  rame  che  abbruciano  ai  funerali  per  uso 
„  del  defunto.  Ma  questo  per  tanti  capi  rispetta- 
„  bile  scrittore  cade  ei  stesso  in  abbaglio  intorno 
,,  a  ciò.  Non  havvi  fatto  meglio  accertato  che  i  cine- 
„  si  usarono  ai  tempi  del  Polo  moneta  di  carta. 
„  Ciò  affermano  tutti  i  viaggiatori  del  secolo  XIV, 
„  Rubriques  ,  Aitone  armeno  ,  il  B.  Otlorico  da  Por- 
„  denone  ,  il  Balducci  che  chiama  detta  moneta  ba- 
„  lisci.  Gli  ambasciatori  di  schah  Rokh  parlano  di 
„  balisci  d' drgento.  Continuava  1'  uso  della  mone- 
„  ta  di  carta  anche  verso  la  meta  del  secolo  XVI. 
„  Narra  Giasafa  Barbaro  nel  suo  viaggio  alla  Ta- 
„  na  ,  che  anche  ai  suoi  tempi  i  cataini  facevano 
„  uso  di  moneta  di  carta  (  Ram.  Nav.  tom  n  pag. 
„  107,  A.  );  talché  la  Cina  toglie  al  secolo  passato 
„  la  gloria    di    questa   memorabile   scoperta.  „ 

Alla    pagina    91   dello  stesso  tomo,  nel   testo  si 
legge  :  -  Come   da   Cambiati    si    pai  tono   molti   mes- 


Viaggi  del  Polo  179 

saggi  ,  per  andare  in  molle  parti.  -  „  Sappiate  che 
,,  quando  si  partono  da  Cambiali  questi  messaggi  , 
„  per  tutte  le  vie,  ov'egli  vanno  ,  di  capo  delle  ven< 
„  ticinque  miglia  ch'egli  trovano  una  posta  ,  ove  in 
,,  ciascuna  hae  un  grandissimo  palagio  e  hello  ,  ove 
„  albergano  i  messaggi  ....  e  sappiate  che  a  que- 
„  ste  poste  trovano  gli  messaggi  del  gran  sire  be- 
„  ne  quattrocento  cavalli  ,  che  il  gran  sire  ha  01- 
„  dinato  che  tuttavia  dimorino  quivi  ,  e  sieno  ap- 
„  parecchiati  per  li  messaggi.  ,,  L'annotazione  che 
il  Baldelli  fa  a  questo  testo  è  la  seguente  :  ,,  Dell' 
„  esistenza  delle  poste  nella  Cina  parla  la  seconda 
„  relazione  pubblicata  dal  Renaudot  (  p.  111  ).  Il 
„  musulmano  viaggiatore  narra  che  i  dispacci  im- 
„  periali  erano  recati  nelle  provincie  da  cavalli  di 
„  posta  con  coda  tagliata  e  disposti  nel  modo  stesso 
„  d'Arabia.  L'uso  delle  poste  è  un  ritrovato  asiati- 
„  co  antichissimo  ,  rammentato  da  Senofonte  nella 
,,  Ciropedia.  Erano  riservate  per  l'uso  solo  del  mo- 
„  narca.  Augusto  le  introdusse  nell'impero  ,  e  Adri- 
,,  ano  migliorò  lo  stabilimento  col  renderlo  d'uso 
„  pubblico.  Decadde  e  fu  abolito  in  occidente  in 
,,  occasione  delle  incursioni  dei  barbari.  Pare  che 
tl  facesse  rivivere  questa  utilissima  istituzione  ap- 
„  pò  noi  Omodeo  Tassi ,  uno  degli  antenati  dello 
,,  sfortunato  e  celebre  cantore  della  Gerusalemme 
„  Liberata.  Esso  fioriva  sul  declinare  del  secolo  XIII 
„  (  Serass.  vit.  del  Tasso  tom  I  pag.  8.  )  :  talché 
,,  non  è  congettura  inverisimile  ,  che  ne  traesse  l'i- 
,,  dea  dalla  relazione  del  Polo  suo  contemporaneo  , 
,,  ch'era  allora  nelle  mani  di  tutti.  Le  case  posta- 
,,  li  per  albergare  gl'impiegati  sono  nella  Cina,  se- 
,,  condo  il  padre  Martini,  disposte  a  ottanta  li  di 
„  distanza    l'una  dall'altra  ,    ossiano    a   venliquatlm 

12* 


i8o  Letteratura 

„  miglia  d'Italia.  E  detta  distanza  corrisponde  a  quel- 

„  la    già   accennata  dal  Polo.   „ 


G. 


Osservazioni  numismatiche  di  Bartolomeo  Borghesi. 

DECADE    XVI. 

Osservazione    I. 

\_i  ogni  rissimo  è  un  tetradramma  della  Macedonia 
Romana  rappresentante  una  testa  giovanile  nuda  con 
lunga  e  sparsa  capigliatura  ,  e  colla  leggenda  MA- 
KEAONQN,  cui  spesso  aggiungesi  un'altra  lettera  die- 
tro la  nuca  ,  la  quale  è  più  frequentemente  un  0  t 
più  rare  volte  un  B.  Nel  rovescio  entro  una  coro- 
na d'alloro  coli'  epigrafe  AESILLAS.  Quaestor  scor- 
gasi una  clava  fra  due  arnesi,  che  sonosi  delti  fino- 
ra una  cesta  ,  ed  una  mensa  quadrata.  Crini  egual- 
mente lunghi  e  disciolti  veggonsi  pure  attribuiti  alla 
testa  del  celebre  T.  Quinzio  Flaminino  nell'  insigne 
medaglia  d'oro  edita  dal  cav.  Mionuet  ,  e  battuta 
anch'  essa  senza  alcun  dubbio  nella  Grecia  ,  la  qua- 
le sembrerebbe  provarci  ,  che  non  fu  senza  esem- 
pio in  quei  paesi  l'incidere  sullo  monete  i  ritratti 
dei  proconsoli  Romani  ,  e  il  mostrarli  eziandio  con 
capelli  alquanto  più  prolissi  di  quello  ,  che  costu- 
mavasi  a  Roma.  Per  la  qual  cosa  potrebbe  taluno 
sospettare  ,  che  questa  fosse  l'immagine  o  del  pre- 
side della  Macedonia  ,  sotto  cui  fu  impressa  la  mo- 
neta ,    o  pure  dt  Q.  Cecilio    Metello  ,    che   debellato 


Osservazioni  NtwisiwA.TiciiE  18 f 

il  Psendofilippo  ricuperò  quella  provincia  ,  onde  ne 
acquistò  il  sopranome  di  Macedonico.  E  una  tale  sen- 
tenza troverebbe  un  appoggio  nelP  iscrizione  CAE  . 
PR  ,  che  alle  volte  vi  comparisce  d'appresso  ,  co- 
me in  altra  osservazione  vedremo.  Ma  il  primo  sup- 
posto ,  già  per  se  stesso  troppo  avverso  agli  usi  ed 
alle  leaai  Romane  ,  è  contradetto  da  un  novello  te- 
tradramma  colla  medesima  testa  fatto  coniare  da  Sti- 
ra Pro-Questore  ,  il  quale  non  ebbe  certamente  in 
Proconsole  o  in  Pretore  un  Cecilio  ;  ed  anche  i!  se- 
condo viene  escluso  da  un  terzo  di  loro  ,  su  cui  in 
luogo  di  GAE  .  PR  leggesi  SI.  Ad  alcun'altro  è  sem- 
brata questa  l'effigie  di  Alessandro  Magno  ,  ma  dis- 
se l'Eckhel  T.  2  p.  Gì  ,  ch'era  difficile  l'affermarlo 
non  avendosene  alcun  certo  indizio.  Tuttavolta  saia 
da  osservarsi  ,  che  colla  medesima  chioma  prolissa 
ed  agitata  viene  scolpito  il  medesimo  eroe  in  altre 
medaglie  ,  fra  le  quali  basterà  citare  le  due  ripor- 
tate dal  Visconti  nell'iconografia  Greca,  cioè  la  IV 
e  la  VII  della  tavola  II.  B.  Nò  fa  difficoltà  se  que- 
sta testa  vedesi  priva  del  diadema  ,  perdìo  ne  va 
senza  anche  nella  prima  delle  citate  medaglie  ,  e 
nelP  erma  trovato  a  Tivoli  riferito  dal  lodato  Vi- 
sconti :  oltre  di  che  si  conosce  bene  che  quel  re- 
gio ornamento  non  era  molto  acconcio  per  essere 
rappresentato  sui  nummi  dei  liberi  Romani.  Felice 
è  poi  la  spiegazione  data  dal  eh.  sig.  Sestini  al  0 
solitario  ,  che  ho  detto  trovarsi  fréquert temente  su 
questo  diritto  ,  e  eh'  egli  ha  creduto  indicare  la  cit- 
ta di  Tessalonica;  in  cui  fu  stampata  la  moneta.  Lo 
che  essendo  il  B,  che  alle  volte  vi  è  sostituito,  vor- 
rà significare  Bottiaea  ,  che  fu  il  nome  di  una  re- 
gione di  quella  provincia  ,  la  quale  anche  sotto  il 
dominio  Romano  godè  il  diritto  della  zecca  ,  sicco- 
ma  ci  provano   le  medaglie  dell'altro    questore   Caio 


i$2  Letteratura 

Poblilio  (  Mioutiet  T.  i  p.  4'5  ,  e  Suppl.  T.  3  p.  5l)i. 
La  clava  del  rovescio  è  il  solito  tipo  dei  teledram- 
mi Macedonici  ,  dopo  che  quel  regno  fu  diviso  dai 
Romani  in  quattro  porzioni  ,  e  quel  simbolo  d'Er- 
cole troppo  Lene  competerà  ad  un  paese  illustrato 
da  una  monarchia  fondata  da  Garano  ,  discendente 
in  sedicesimo  grado. da  quel  Dio.  L'Eckhel  nell' illu- 
strare questa  medaglia  niente  disse  della  mensa  qua- 
drata ,  che  se  le  vede  d'appresso  ;  ma  ne  intese  be- 
ne il  significato  nel  T.  V  pag.  3«^,  in  cui  si  accor- 
se ch'ella  era  il  subsellio  dei  minori  magistrati,  ot- 
timamente conveniente  al  questore  Esilia.  E  disse  poi 
che  la  cesta  indicava  il  culto  di  Bacco  ,  che  si  co- 
nosce essere  stato  molto  diffuso  nella  Macedonia  , 
nel  che  certamente  s'ingannò  ,  perchè  quella  non  è 
cesta  mistica  ,  ma  lo  scrinium  definito  da  Isidoro 
arcula ,  si  ve  capsa  ,  in  qua  libri  ,  scriptaque  alia 
secreta  reponuntur  ,  come  si  fa  manifesto  dal  ma- 
nico assai  apparente  ,  di  cui  è  provveduto  ad  uso 
di  portarlo.  Per  non  dubitarne  basta  istituirne  il 
confronto  colle  rappresentazioni  dello  scrigno  ,  che 
furono  date  dal  Marini  nell'opera  dei  papiri  ,  e  dal 
Montfaucon  T.  3  tav.  3  n.  3,  5,  e  6;  colle  pitture 
Ercolanesi  ,  in  cui  vedesi  a  piedi  della  Musa  Clio  ; 
e  cogli  altri  antichi  monumenti  delineati  dallo  Spon 
nella  sezione  VI  e  IX.  della  sua  miscellanea  eru- 
ditae  antiquitatis  alla  voce  scriniarius  ,  ove  eru- 
ditamente ne  ragiona.  Si  sa  ch'egli  era  propio  dei 
magistrati  ,  siccome  soggetti  più  degli  altri  a  ri- 
cevere libelli  e  memoriali  ,  onde  sono  notissimi  i 
quattro  scrigni  libcllui  uni ,  memoriae  1dispositionum , 
epislolarum ,  oltre  i  quali  anche  lo  scrinium  priva- 
larum  ,  lo  scrinium  sacrarurn  largitiouum  ,  ed  al- 
tri sono  celebri  nelle  leggi.  E  scriniarius  si  disse 
poi  colui ,   che  ne  aveva  cura  ,  come  spiega  il  vec- 


Osservazioni  numismatiche  i 83 

chio  glossario  :  scriniarius  chartularius  praefecti  , 
qui  tvllit  et  suscipit  scrini  uni.  In  cosa  cosi  cono- 
sciuta ini  limiterò  a  ricordare  soltanto  ,  che  non  è 
raro  il  vederlo  vicino  alle  antiche  statue  togate  ,  per 
denotare  appunto  che  rappresentavano  magistrati  , 
e  quindi  egregiamente  sarà  qui  unito  al  subsellio  , 
onde  indicasse  la  questura  di  Esilia  ;  al  quale  in- 
tendimento lo  troveremo  altre  volte  ripetuto  sulle 
medaglie  dei  Questori  ,  siccome  in  appresso  non  mi 
mancheranno    occasioni   di   nuovamente   avvertire. 

Osservazione     II* 

Siamo  debitori  al  sig.  Sestini  d'averci  nella  de- 
scr.  N(im.  vet.  p.85  n.  12  fatto  conoscere  il  tetradram- 
ma  di  Sura  qui  sopra  citato  ,  che  conserva  vasi  nel 
museo  Ainslie  ,  coniato  anch'esso  in  Tessalomca, 
come  dimostra  l'iniziale  @  ,  e  somigliantissimo  in 
tutto  a  quello  di  Esilia  ,  se  non  che  nel  luogo  , 
in  cui  nell'altro  leggesi  AESILLAS  .  Q  ,  trovasi  in 
questo  SVVRA  .  LEG  .  PROQ  .  Ognuno  vede  che 
SVVRA  non  è  che  un'antica  ortografia  invece  di 
SVRA  ,  imparandosi  da  Quintiliano  1.  i.c  8  :  se~ 
mivocales  non  geminare  din  futi  usitatissimi  mo- 
ris  ,  atque  e  contrario  usque  ad  Accium  et  ultra 
porrectas  syllabas  geminis  ,  ut  diri  ,  <vocalibus 
scripsere.  Ed  anzi  il  grammatico  Scauro  ci  fa  sa- 
pere nell'ortografìa  ,  che  l'uso  di  raddoppiare  le  vo- 
cali nelle!  sillabe  lunghe  fu  insegnato  da  Accio  ;  e 
infatti  questo  costume  non  vedesi  ancora  introdot- 
to nelle  iscrizioni  del  sesto  secolo  di  Roma  ,  come 
sarebbe  il  senatusconsulto  dei  Baccanali  ,  ed  alcu- 
na delle  iscrizioni  dei  Scipioni  ;  mentre  al  contra- 
rio trovasi  frequentemente  seguito  in  quelle  del  set- 
timo ,   cioè    nella  tavola  della  così  detta  legge    To- 


i84  Letteratura 

ria  ,  nell'altra  legge  pubblicata  dal  Marini  Fr.  Arv. 
p.  56()  ,  nel  marmo  di  Betilieno  Varo  ,  ed  in  al- 
tri citati  dal  Reinesio  Synt.  laser,  p.  aG5.  E  du- 
rò poi  questa  costumanza  presso  alcuni  fino  al  ca- 
dere della  repubblica  ,  onde  FEEL1X  vedesi  ne- 
gl'impronti di  Fausto  figlio  di  Siila  ,  e  VAALA 
in  quelli  di  Numonio  Vaia.  Per  la  concordanza 
adunque  dei  tempi  non  cadrà  dubbio  che  il  magi- 
strato di  questa  medaglia  sia  Biuzzio  Sura  Lega- 
to di  Senzio  Saturnino  Proconsole  per  l'appunto  della 
Macedonia  ,  del  quale  fa  menzione  Plutarco  nella 
vita  di  Siila.  Narra  egli  che  nel  GG7  ,  cioè  nel  se- 
cond'anno  della  guerra  di  Mitridate  ,  Archelao  uno 
dei  suoi  generali  avendo  avuto  l'incarico  d'invade- 
re la  Grecia  ,  circa  Chaeroneam  paulum  quiddam 
est  nactus  obstaculì .  Hic  namque  Bruttius  Sura 
Sentii  praetoris  Macedoniae  legatus  se  se  tulit  ad- 
<versum  ,  <t)ir  Jortitudine  et  sapientia  singulari  . 
Ille  Archelao  torrentis  instar  per  Boeotiam  ruen- 
ti  vehementius  occurrens  ,  tribus  apud  Chaerone- 
am praeliis  decertans  eum  repulit  ,  et  ad  mare  de- 
nuo  repressiti  L.  deinde  Lucullo  imperante  ut 
adventanti  Sjllae  cederet  ,  et  decretimi  dli  bellum 
permitteret  ,  statini  ad  Sentium  relieta  Boeotia  co- 
pias  reduxit  ,  quanquam  res  UH  super  vota  secun- 
dae  Jluerent  ,  et  Graecia  propter  hominis  bonita- 
tem  ac  modestiam  Jamiliarius  se  se  ad  permuta- 
tionem  haberet.  Hae  quidem  res  a  Brut  fio  prae- 
clarissime  gestae  sunt.  Alquanto  diversamente  que- 
sti suoi  fatti  vengono  raccontati  da  Appiano  bel.  mi- 
thr.  e.  39.  Eodem  tempore  Metrophanes  submissus 
a  Mithridate  cum  alia  manie  militum  ,  Euboeam  et 
agros  Demetriadis  Magnesiaeque  ,  quae  ciwitates  a 
factione  regia  abherrebant  ,  populabatur.  Quem 
Bruttius  e    Macedonia    cum    exiguis   copiis  ad  ve- 


Osservazioni  numismatiche  i85 

n iens  , pugna  navali  adgressus  est;  demersaque  una 
navi  magna,  et  una  hemiolia  ,  omnes  socios  na- 
vale.? ,  qui  in  eis  fuerant  ,  inspectante  Metropha- 
ne  interfecit.  Ille  territus  fugit  :  et  B rutti us  ,  quia 
secundo  vento  na-vigantem  consequi  non  poterat  , 
Sciathum  expugnavit  ,  quae  praedonum  barbaro- 
rum  erat  receptaculum  :  quos  in  potestatem  redac- 
tos  ,  servos  in  crucem  egit  ,  liberos  mutilavit 
manibus.  Inde  Boeotiam  petiit ,  auctusque  aliis  mil- 
le equitibus  ,  pedilibusque  ex  Macedonia  ,  circa 
Chaeroneam  cum  Aristione  et  Archelao  per  con* 
tintinni  triduum  dubio  marte  conjlictatus  est.  Sed 
postquam  ad  hostès  supervenerunt  Lacedaemoniorum 
et  Achaeorum  auxilia  ,  Bruttius  ,  imparem  se  iam 
ratus  simul  omnibus  ,  castra  movit  ad  Piraeum  : 
quem  et  ipsum  paulo  post  Archelaus  classe  adve- 
ctus  occupavit.  Di  questo  Bruzzio  Sura  non  so  che 
rimangano  altre  notizie  ,  ma  le  poche  fin  qui  ri- 
portate bastano  a  farci  conoscere  il  tempo  in  cui 
fu  coniata  la  nostra  medaglia  ,  che  non  potrà  esse- 
re posteriore  al  667  ,  perchè  nell'anno  appresso  la  Ma- 
cedonia fu  interamente  occupata  dalle  armi  di  Mitridate. 
Al  contrario  scrive  Orosio  1.  V.  e.  18:  Iisdem  tem- 
poribus rex  Sothimus  cum  magnis  Thracurn  au- 
xiliis ,  Graeciam  ingressus  cunctos  Macedoniae  fines 
depopulatus  est  ;  tandemque  a  C.  Sentio  Praetore 
superatus  redire  in  regnum  coactus  est.  E  ciò  po- 
ne immediatamente  avanti  l'anno  ab  urbe  condita 
sexcentesimo  sexagesimo  secundo  ,  in  cui  dice  es- 
sere incomineiata  la  guerra  Mitridatica  sotto  il  con- 
solato di  Siila  ,  ond'  è  evidente  che  qui  il  suo  com- 
puto corrisponde  all'anno  Varroniano  666.  Nel  tri- 
ennio adunque  della  propretura  di  C.  Senzio  Sa- 
turnino dal  665  al  667  sarà  stato  impresso  questo 
nummo,  dal  quale  impariamo   che  Sura  fu  non  solo 


i86  Letteratura 

Legato,  ma  anche  Pro-Questore  di  quel  preside.  Egli 
gioverà  altresì  a  darci  qualche  lume  sull'età  di  al- 
tre simili  monete  ,  e  accrescerà  poi  alla  serie  nu- 
mismatica delle  famiglie  una  nuova  gente,  che  quan- 
tunque poco  nota  nei  secoli  della  liberta ,  venne  po- 
scia in  molta  onoranza  ,  fino  a  dare  al  soglio  im- 
periale una  principessa  nella  persona  di  Crispina 
moglie  dell'Augusto  Commodo  ,  e  figlia  del  console 
C.  Bruzzio   Presente. 

Osservazione    III. 

Il  secondo  tetradramma  di  Esiila  ,  di  cui  si  è 
fatto  cenno  poco  fa,  fu  pubblicato  dal  Pellerin  (Re- 
cueil  T.  i  ,  tav.  29  n.  3  )  ,  e  diversifica  da  quello 
che  abbiamo  descritto  in  questo  solo  ,  che  dietro 
la  testa  di  Alessandro  aggiunge  l'epigrafe  GAE  .  PR. 
colle  due  ultime  lettere  della  prima  sillaba  unite 
in  monogramma.  Facile  fu  all'editore  d'intendere, 
che  le  iniziali  della  seconda  parola  significavano  PR/ir— 
tor ,  e  quindi  notò  che  quelle  della  prima  dove- 
vano indicare  il  nome  del  Pretore  della  Macedonia, 
di  cui  Esilia  fu  Questore.  Ma  egli  non  si  curò  d'in- 
dagare chi  fosse  ,  ed  anche  l'Eckhel  non  se  ne  die- 
de pensiero  ,  tuttoché  le  avesse  interpretate  CAE- 
cilius.  Nella  mia  seconda  dissertazione  sui  fram- 
menti Capitolini  pag.  5o  m'immaginai  di  trovarvi 
mentovato  il  celebre  Q.  Cecilio  Metello  ,  che  andò 
pretore  di  quella  provincia  l'anno  60G  per  vendi- 
care l'uccisione  del  suo  antecessore  P.  Giuvenzio  , 
e  la  rotta  data  ai  Romani  dal  Pseudofilippo  ,  onde 
avendolo  debellato  e  fatto  prigioniero  meritò  poi 
il  sopranome  di  Macedonico  ,  e  gli  onori  del  trion- 
fo da  lui  conseguito,  per  quanto  si  crede,  nel  608. 
Ma  contro  questa  sentenza  viene  ora   ad   elevare  un 


Osservazioni  numismatiche  187 

gravissimo  ostacolo  la  medaglia  di  Bruzzio  Sura  , 
potendo  ognuno  agevolmente  conoscere  che  la  trop- 
pa loro  somiglianza  richiede  che  siano  state  battu- 
te quasi  contemporaneamente;  per  lo  che  se  una  di 
esse  fu  impressa  circa  Tanno  G67  ,  non  potè  l'altra 
improntarsi  sessant'  anni  prima.  Minor  difficolta  s'in- 
contrebbe  per  questa  parte  attribuendola  a  C.  Ce- 
cilio  Metello  Caprario  console  nei  641  ,  che  venne 
nello  stesso  anno  in  Macedonia  per  guerreggiare  coi 
Traci  ;  e  che  ne  ritornò  trionfante  nel  6/\ò  ,  siccome 
abbiamo  imparato  dai  nuovi  frammenti  trionfali  Ca- 
pitolini. Ma  con  tale  opinione  si  urterebbe  nell'al- 
tro scoglio  ,  che  quella  fu  la  sua  provincia  conso- 
lare, onde  non  poteva  chiamarsi  VRaetor  ,  ma  Con- 
sul  ,  0  Proconsul.  Fuori  di  questi  due  la  serie  dei 
presidi  fin  qui  conosciuti  di  quel  paese  non  som- 
ministra alcun' altro  ,  il  cui  nome  o  cognome  si  pre- 
sti a  compiere  la  prima  sillaba  della  nostra  meda- 
glia. Ma  per  buona  sorte  il  silenzio  della  storia  vie- 
ne questa  volta  abbastanza  compensato  dalla  seguen- 
te lapide  riferita  prima  dall' Apiano,  e  dallo  Smezio  , 
e  ripetuta  poscia  dal  Grutero  p.  377.  5,  dai  quali 
tutti  si  colloca  apud  Argos  in  campis  Macedoni- 
czr,  ed  alla  cui  fede  tentò  indarno  di  detrarre  il  Fre- 
insemio  Suppl.  Liv.  1.  73  e.  65,  quando  volle  cam- 
biarci il  prenome  di  Quinto  in  quello  di  Cajo. 

q  .  caicilio 
c  .  f  .  metello 

imperatori 

Italici  .  qvei 

argeis  .  negoci 

ANTVR 

Appiano  nel  libro  de  rebus  Sjriacis  e.  03  avendo 
motivo    di  ricordare   tutte   le    città  ,    che    portavano 


i 88  Letteratura 

il  nome  di  Argo  ,  ne  numera  quattro  :  Pclnpoiine- 
siacum  Argos ,  et  Amphilochicum ,  et  illud  quod  in 
Orcstea  est ,  unde  Argeadae  Macedones ,  et  quod  ad 
Jonium  mare  condidit  prqf'ugus  Diomedes.  Ma  il 
primo  e  l'ultimo  non  ponno  movere  pretese  sopra 
questa  iscrizione ,  perchè  quello  fu  mediterraneo  , 
e  quindi  mal  proprio  ad  attirarsi  un  copioso  nu- 
mero di  negozianti  stranieri  ,  e  perchè  questo  chia- 
mato anche  Argyripa,  e  più  comunemente  Arpi\,  ap- 
partenne alla  Puglia  ,  onde  sarebbe  stato  ridicolo 
il  dire  ,  che  gì1  Italiani  negoziavano  in  Italia.  Ri- 
mangono'gli  altri  due  entrambo  opportuni  al  com- 
mercio colla  sponda  opposta  dell'Adriatico,  cioè  l'Am- 
fìlochio  vantaggiosamente  situato  nel  golfo  d'  Am- 
bracia  sull'estremo  confine  dell'Acarnania  ,  e  l'Ore- 
stino  posto  sulla  costa  occidentale  della  Macedonia, 
non  molto  lungi  da  Apollonia  ,  memorato  da  Stra- 
tone L.  Vili  p.  326,  e  da  Stefano  Bizantino  vi  A'^709, 
il  cui  passo  corrotto  è  stato  l'istaurato  dallo  Schwei- 
ghaeuser  nelle  note  al  citato  luogo  di  Appiano.  A 
quest'  ultimo  dunque  sembra  assicurata  la  preferen- 
za del  possesso  ,  in  cui  era  del  marmo,  secondo  l'ubi- 
cazione datane  dagli  editori  ,  quantunque  la  scelta 
fra  questi  due  poco  importi  al  nostro  intendimen- 
to, attesoché  tanto  l'Argo  AmPilochio,  quanto  l'Ore- 
stino  erano  compresi  entro  i  limiti  del  proconso- 
lato della  Macedonia.  Ciò  premesso  farò  osservare  , 
che  la  nostra  lapide  spetta  senza  meno  ai  tempi  re- 
pubblicani ,  primieramente  perchè  i  ripetuti  suoi  ar- 
caismi ce  ne  danno  buon'  indizio  ;  dipoi  perchè  la 
nobilissima  famiglia  dei  Metelli  nelle  turbolenze  ci- 
vili ,  che  precedettero  la  fondazione  della  monar- 
chia venne  declinando  ,  finché  si  estinse  in  colui  , 
che  addotto  Q.  Metello  Gretico  Silano  console  nel  7G0; 
e  finalmente  per  la  qualificazione  d'imperadore  ,  che 


Osservazioni  numismatiche  189 

da  lei  si  attribuisce  ad  un  semplice  magistrato.  Im- 
perocché dopo  eh'  ella  fu  conceduta  con  un  senso 
molto  più  esteso  ad  Augusto  ,  e  dopo  che  tutte  le 
guerre  furono  fatte  cogli  auspici  del  prencipe,  niun 
generale  quantunque  vittorioso  e  trionfale  ebbe  più 
diritto  di  cosi  denominarsi.  E  questo  titolo  ci  di- 
mostra di  più  ,  che  quel  Metello  ebbe  infallantemen- 
te una  provincia  o  consolare  o  pretoria,  non  poten- 
dosi essere  salutato  imperadore  se  non  da  un'  esercito  , 
di  cui  si  avesse  il  supremo  comando  in  testa  pro- 
pria ;  per  lo  che  dai  fasti  non  essendo  egli  annove- 
rato fra  i  consoli ,  resterà  unicamente  che  fosse  un 
pretore.  Ne  reca  alcuna  difficolta  se  nel  marmo  non 
si  fa  memoria  di  questa  sua  dignità  ;  essendo  d'or- 
dinario stile  ,  che  al  sopra  venire  della  più  gloriosa 
appellazione  d'nnperadore,  si  cessasse  dal  far  uso  del- 
le altre  di  pretore  ,  di  proconsole ,  di  propretore  , 
che  venivano  sottointese,  attesoché  senza  alcuna  del- 
le seconde  non  si  sarebbe  potuto  conseguire  la  pri- 
ma. E  cosi  vediamo  difatti  praticato  tanto  da  Cice- 
rone nelle  sue  lettere  scritte  dalla  Cilicia  ,  quanto 
nelle  medaglie  di  Bruto  ,  di  Cassio  ,  e  di  Munazio 
Planco  ,  nei  cistofori  di  Appio  Pulcro  ,  ed  in  altri 
monumenti.  Che  se  adunque  questo  Metello  fu  sicu- 
ramente il  pretore  di  una  proviuci.i,  tutte  le  proba- 
bilità si  uniranno  per  far  credere  ,  eh'ei  lo  fosse  di 
quel  paese  ,  ove  stanziavano  i  negozianti  ,  che 
l'onorarono  ,  ed  ove  esisteva  l'epigrafe ,  che  gli  fu 
dedicata.  Rinvenuto  per  tal  modo  un'altro  Cecilio 
Pretore  della  Macedonia  ,  nulla  vi  sarà  di  più  ac- 
concio per  conchiuderne  la  sua  identità  con  quello 
della  medaglia  ,  quanto  l'investigare  l'età  ,  che  al  pri- 
mo può  giustamente  assegnarsi.  Egli  dicesi  Caii  Fi- 
lius ,  onde  nacque  per  certo  da  uno  di  quei  due 
soli  ,  che   usarono   il    prenome    di   Cajo    nella   cogui- 


190  Letteratura 

tissiraa  casa  dei  Metelli,  e  che  sono  il  già  ricordato 
C.  Cecilio  Metello  Caprario  console  nel  64 1  ,  e  suo 
figlio  C.  Metello  detto  giuniore  da  Plutarco  nella 
vita  di  Siila  ,  che  fu  Pretore  della  Gal  Ha  Narbone- 
se  nel  664»  ove  vinse  i  Salvj ,  o  Salluvj ,  secondo  l'epi- 
tome Liviana  del  1.  "73.  Ora  se  si  giudicasse  nato  da 
quest'  ultimo  saremmo  sommamente  imbarazzati  a  ri- 
trovargli nella  serie  pretoria  una  nicchia  ,  die  cor- 
rispondesse ad  un  vacuo  in  quella  dei  rettori  della 
Macedonia  ,  la  quale  da  Siila  fino  alla  battaglia  di 
Filippi  può  quasi  dirsi  completa  ,  mentre  all'oppo- 
sto ci  si  presenta  una  comodissima  stanza  ove  al- 
loggiarlo ,  reputandolo  generato  dal  primo.  Per  lo 
che  il  tempo  ,  in  cui  fiorì  il  Pretore  della  Gallia  ci 
mostrerà  come  l'età  di  questo  suo  fratello  egregia- 
mente corrisponde  a  quella  che  si  richiede  dalla  me- 
daglia. E  veramente  i  figli  del  Caprario  trovatisi  ri- 
cordati da  Cicerone  nell'orazione  post  redilum  in 
sen.  cap.  i5,  ove  ci  dice  che  nel  654  supplicavano 
anch'essi  pel  richiamo  dall' esiglio  di  Metello  Nu- 
midico.  Non  ,  ut  prò  Q.  Metello  summo  et  duris- 
simo viro  ,  spedata  iam  adolescentia  filius ,  non 
Z,.  et  C  Metelli  consulares ,  non  eorum  LIBERI, 
non  Q.  Metellus  Nepos  ,  qui  funi  consitlatum  pe- 
tebat ,  non  Luculli ,  Servila ,  Scipiones  Meteltarwn 
Jilii  flentes  ac  sordidati  populo  Romano  supplica- 
vcrunt  ?  Però  non  vi  è  alcuno  che  ci  abbia  lasciato 
memoria  del  governo  della  Macedonia  sostenuto  dal 
nostro  Quinto  ,  e  della  ragione  per  cui  acquistovvi 
il  titolo  d'imperadore  ,  del  che  non  sarà  da  prendersi 
meraviglia,  non  essendosi  salvato  alcun  frammento  del 
libro  di  Appiano  De  rebus  Macedonicis ,  che  a  questo 
tempo  si  riferisca.  Tuttavolta  quella  provincia  fu  cosi 
opportuna  a  conseguire  vittoria,  che  sarebbe  piuttosto 
da  stupirsi,  come  ciò  non  fossegli  riuscito.  Imperocché 


Osservazioni  numismatiche  191 

scrive  Tullio  nella  pisoniana  e.  iG:  Tantam  vero  pro- 
vinciam  cum  tanto  exercitu  ,  Macedonìam  praescr- 
tlm  ,  quae  tantis  barbarorum  gentibus  attingitur  , 
ut  semper  Macedonicis  imperatoribus  iidem  /Ines 
provinciae  fuerint ,  qui  gladi  orimi  atque  pilorum  : 
ex  quo  aliquot  praetorio  imperio ,  consularium  qui- 
dam nemo  rediit  ,  qui  incolumi s  fuerit  ,  qui  non 
triumpharit.  E  di  nuovo  nel  cap.  a5:  ex  qua  provin- 
cia T>  Flamininus ,  Z.  Paulus ,  Q.  Metellus ,  T>  Di- 
dius ,  innumerabiles  alii  levi  cupiditate  commoti  , 
triumpharunt.  Ma  venendo  ad  indagare  più  da  pres- 
so il  tempo  preciso  ,  in  cui  avrà  amministrato  que- 
sta regione  ,  ricorderò  essersi  detto  di  sopra ,  che 
stante  la  quasi  identità  delle  loro  medaglie  Sura  ed 
Esilia  debbono  essere  stati  due  questori  consecuti- 
vi, il  che  porta  di  conseguenza,  che  lo  siano  sta- 
ti anche  i  loro  pretori  Senzio  Saturnino  e  Gecilio 
Pdetelio.  Ora  il  secondo  non  può  essere  succeduto 
al  primo  ,  perchè  nell'  osservazione  precedente  ve- 
demmo intimato  al  Questore  di  Senzio  ,  ut  adven- 
tanti  Sj  llae  cederei  ,  et  decretimi  UH  bellum  per- 
muterete Il  successore  di  Senzio  fu  dunque  Corne- 
lio Siila  ,  che  arrivò  in  Grecia  sulla  fine  dell'  esta- 
te del  G67;  che  dopo  la  battaglia  di  Orcomeno  nel  GG8 
ricuperò  la  Macedonia  ,  eh'  era  stata  invasa  dalle  ar- 
mi di  Mitridate  ,  e  che  non  ritornò  in  Italia  se  non 
nel  671.  Resta  pertanto  che  Metello  Io  precedesse; 
il  che  essendo  avvertilo  ,  che  dall'epitome  del  L.  70 
di  Tito  Livio  si  racconta,  che  il  Pretore  della  Ma- 
cedonia G.  Gemi  ilio  contra  Thraces  infeliciter  pu- 
gnavit ,  e  che  ciò  avvenne  avanti  che  M.  Livio  Dru- 
so  portasse  la  celebre  legge ,  che  trasferì  i  giudizi 
dai  cavalieri  al  senato  ,  il  che  è  noto  essere  succes- 
so nel  6G3.  L'infelice  guerra  di  Geminio  va  dunque 
stabilita  nell'  anno  superiore  ,    nel  quale  infatti  si  no- 


iq2  Letteratura 

ta  da  Obsequente  e.  n3:  Me  do  rum  in  Macedonia 
gens  provinciam  cruente  vastavit .  Ignoravasi  chi 
l'avesse  rimpiazzato  ;  onde  questa  lacuna  sarà  mol- 
to bene  riempiuta  dal  nostro  Metello  ,  che  si  avrà 
da  aggiungere  al  collegio  dei  pretori  del  662  man- 
cante interamente  presso  il  Pigino  di  certe  autori- 
tà ,  e  il  di  cui  governo  secondo  queste  congettu- 
re dovrà  fissarsi  al  663,  ed  anche  al  664  se  'a  pro- 
vincia gli  fu  prorogata,  essendosi  veduto  che  nel  665 
il  di  lui  posto  era  già  occupato  da  Senzio  Saturni- 
no. E  da  ciò  conosceremo  del  pari  qual  fu  la  ca- 
gione ,  che  gli  partorì  il  titolo  d'imperatore  ,  e  sarà 
quella  di  aver  cacciato  dalla  Macedonia  i  Medi  ,  che 
dopo  la  sconfitta  di  Geminio  la  devastavano  ,  il  che 
può  aver  dato  un  giusto  motivo  ai  negozianti  Ita- 
liani d'ergergli  una  statua  in  benemerenza  della  si- 
curezza  restituita  al  loro  commercio. 

Osservazione    IV. 

Al  tetradramma  di  cui  si  è  discorso  fin  qui  ,  il 
medesimo  Pellerin  lece  nella  stessa  tavola  succeder- 
ne un'  altro,  che  ho  parimenti  accennato  ,  con  iden- 
tico rovescio  ,  colla  stessa  testa  di  Alessandro  ,  col- 
la stessa  epigrafe  MAKEAONfìN  ,  e  collo  stesso  0  nel 
diritto,  ma  colla  differenza  che  dove' quello  mostra- 
va scritto  dietro  la  nuca  CAE  .  PR,  questo  vicever- 
sa offre  sotto  il  mento  le  due  lettere  SI.  Il  numi- 
smatico francese  avendo  rettamente  veduto ,  che  le 
prime  iniziali  apparteneveno  ad  un  Pretore  ,  giudicò 
che  ancora  le  seconde  c'indicassero  il  nome  di  un 
consimile  magistrato  ,  e  conchiuse  esservi  luogo  a  cre- 
dere ,  che  l'uno  e  l'altro  avesse  retta  la  Macedonia 
durante  la  questura  di  Esilia.  Il  che  se  fosse,  non 
converrebbe  già  tenere,  come   si   è  detto    di  sopra, 


Osservazioni  numismatiche  io3 

che   Cecilio    Metello  avesse  governato  quel   paese  nei 
due    anni   consecutivi    (5(53    e    G<54,  ma  bisognerebbe 
assegnare  quest'  ultimo  al  novo   preside  da  interpola- 
si fra  lo  stesso    Metello  e  Senzio  Saturnino.  Peraltro 
dalle    medesime  medaglie  si   trae  bastevole  argomen- 
to per  mostrare  l'insussistenza  dell'  opinione  di  quel!' 
antiquario.  Taccio    che  essendo   stato  aggiunto    nell' 
altro    nummo    il    titolo  di  Praetor  a  Cecilio  ,  non  si 
vedrebbe   la   ragione,   per  cui   ne  fosse  stato    priva- 
to   il    suo    successore;  ed  osserverò  solo  che  se  Esil- 
ia   improntò   le   sue   medaglie  col    nome  di  due  Pre- 
tori ,  sarebbe   di  tutta  evidenza  ,  che  avesse  fatto  co- 
niarle  in   due   anni  diversi.  Ma  se  ciò  fosse,    in  una 
delle  due    monete  dovrebbe   dirsi  Questore,   nell'  al- 
tra Pro-Questore,    perchè    come    ognun   sa  la   Que- 
stura  sia   urbana  ,  sia    peregrina  ,    era    magistratura 
di   un*  anno    solo  ,  e  quando    veniva   protratta  cam- 
biavasi  denominazione  ,  e  assumevasi  quella  di  Pro- 
Questore.    La   cosa   è    notissima  a  tutti  i  conoscitori 
delle  forme  del  governo   romano  :  tuttavolta  non  om- 
metterò   di    recarne    due  esempi  ,  l'uno    risguardanle 
la  questura  urbana  ,  l'altro  la  provinciale.   P.  Sestio 
fu  il   questore   urbano  di  C.  Antonio  console  nel  Gqi, 
e  nell'  anno  appresso  lo  seguì  nella  Macedonia  ,  che! 
fu   la   di    lui  provincia   consolare  per  cessione  fatta- 
gliene  da   Cicerone  ,  cui  era  toccata.  Ciò   chiaramen- 
te   apparisce  dalle  testimonianze  dello  stesso  Tullio  , 
che  nell'  orazione  in  sua  difesa  scrive  al  cap.  3.   Quae- 
stur  hic  C.  Antonii  collegae  mei ,  judices  ,  fuit  sor- 
te ,  sed  societate  consiliorum  ,    meus  ;  e  non   molto 
dopo  :  Hunc   igitur  animum  ad  tribunatum   attuiti 
P.  Sextius  ,  ut  quaesturam  Macedoniae  relinquam. 
Questo  Sest.o  desiderò   che  gli  fosse  prolungato  l'of- 
ficio  questono   anche  nel  terzo  anno ,  e  fece  pregar- 
ne  Cicerone,  il  quale  gli  risponde  coli' ep.  G  del  li- 
O.A.l.XL.  l3 


if)i  Letteratura 

bro  V  ad  fnm.  scrittagli   sulla   fine  del  693,  come  si 
prova  dal   chiamarvisi   tribuno  della  plebe  Q.  Fufio  , 
che   aveva   assunta  quella  carica  ai    i4  di  decerabre , 
e  dal  dirsi  che  res  tota  iti  rnensem  januarium  reje- 
cta    erat.  Ora  Tullio  indirizza  quella  lettera  P.  Se- 
xtio  L.  F.  non  Quaestori ,  ma  Pro-Quaestori-  Simil- 
mente  tutti    gli    storici    convengono   che    C.  Cassio  , 
il  quale  congiurò  contro  Cesare,  fu  nel  700  il  Que- 
store   provinciale  di  Crasso  ,  a  cui   era   stata    decre- 
tata  la  Siria  per  un  quinquennio  ,  ed  ognuno  sa  co- 
me essendo  stato  sconfitto  ed  ucciso  dai  Parti  il  suo 
proconsole  ,  egli  subentrò  per  tutto  il  resto  del  tem- 
po  assegnato    nell'  amministrazione   della    provincia  , 
che   valorosamente    difese    dalle    incursioni    del    ne- 
mico. Però    scrivendogli   Cicerone    nel   704?    quando 
era  già  in  procinto  di  ritornarsene    a  Roma  ,'  intito- 
la la  lettera  eh'  è  la  XIV  del  libro  XV  ad  Fani.  C. 
Cassio  Pro   Quaestori.  Se  dunque  Esilia  in  ambedue 
i   tetradrammi  chiamasi  egualmente  Questore,  è  chia- 
ro  che   furono   coniati   entrambe  entro  l'anno  mede- 
simo ;    e  se   per    l'autorità  del  primo   il  suo  Pretore 
era  allora  Cecilio ,  non  resterà  luogo  in  quel   tempo 
a  poterne    sostituire   alcun*  altro.   Lo  die  essendo  sa- 
rà  dimostrata  la  falsità  della  sentenza    del  Pellerin  , 
ed  il  bisogno  di   cercare    un'  altra  interpretazione  a 
quelle  iniziali.  Intanto  è  da  osservarsi  che  la  leggen- 
da di   questi  nummi  è  bilingue  ,  e  che  tutto  ciò  che 
appartiene  alla   loro   patria  è  scritto  in    greco  ,    on- 
de   queste  lettere  latine  non  possono  spettare  se  non 
che   ai  magistrati    romani  che  fecero  improntarli.    La 
(]ual  cosa  osservando,  vengo  volentieri  nell'opinione, 
che   indichino  il  nome  gentilizio  di  Esilia.  E  vero  che 
più  frequentemente  nelle  medaglie  Ialine  il   nome  tro- 
vasi nel  rovescio  ,  e   il  cognome  nel  dritto;  ma  è  ve- 
ro  egualmente  che  altre  volte  vedesi  praticato  il  con- 


Osservazioni  numismatiche  iq5 

trario  ,  del  che  ci  sono  testimoni  il  denaro  di  M.  Ai- 
rio  Secondo  da  me  illustrato,  e  quelli  di  L.  Roscio 
Fabato  ,  di  M.  Furio  Filo  ,  di  M.  Aurelio  Scauro  ; 
mentre  dall'  altra  parte  la  medagliuccia  di  Pupio  Ru- 
fof Questore  della  Cirenaica*,  pubblicata  fra  gli  altri 
dal  Morelli  nella  gente  Pupia  n.  Ili,  ci  farà  fede,  che 
quest'  uso  non  fu  incognito  ai  greci.  Avendo  io  im- 
parato da  Cicerone  nell'  Oratore  cap.  45  che  dall' 
antico  cognome  Axilla  col  progresso  del  tempo  fe- 
cesi  Ahala  e  poi  Ala  ,  per  l'affinità  di  questa  voce 
con  Aesillas  sospettai  nella  mia  seconda  dissertazio- 
ne sui  frammenti  capitolini  pag.  5o,  che  fosse  que- 
sta la  prima  alterazione  subila  da  Axilla ,  nel  qua! 
caso  il  nostro  Questore  avrebbe  appartenuto  alla 
gente  Servilia.  Nò  mi  oppose  difficoltà  la  differenza 
della  terminazione  in  S  ,  perche  sapeva  da  Piscia- 
no apud  Putsch,  p.  G£i.  Propria  apud  latinos  in 
A  terminantia  apud  graecos  assumimi  S,  ut  Ca- 
ldina ,  Sfila  ,  Fimbria  ,  Aquila  ,  KotTitfvxs  ,  ZvAAflt?  , 
Qipfifiots  ,  Aki/A<xj  ,  onde  mi  accorsi  che  il  greco  in- 
cisore aveva  per  verità  scolpito  il  nome  di  Esilia 
con  lettere  latine  ,  ma  nel  modo  peraltro  ,  con  cui 
usava  di  pronunziarlo.  La  presente  medaglia  venen- 
do adunque  ad  insegnarmi  ,  che  il  nome  gentilizio 
del  Questore ,  di  cui  si  parla  ,  incominciava  per 
SI,  mi  obbliga  a  ritrattare  il  mio  sospetto  ,  e  ve- 
ramente doveva  fare  maggior  caso  del  dittongo  che 
si  trova  alla  testa  di  Aesillas,  e  che  manca  in  Axil- 
la ,  il  quale  era  più  che  bastevole  per  mostrare , 
che  quelle  due  voci  provenivano  da  radici  diver- 
se. Intanto  per  quante  ricerche  abbie  fatte,  non  mi 
è  riuscito  di  trovare  alcun'  altra  memoria  degli  Esil- 
ia ,  nò  sulle  lapidi  ,  né  presso  gli  scrittori  ;  onde  col 
solo  piccol  lume  che  da  questo  nummo  si  sommi- 
nistra,   sarebbe   cosa   troppo   temeraria  il   voler    de- 

i3* 


jyQ  h  E  T  t  f.  i\  a  t  u  n  a 

terminare  quale  fu  la  gente  cui  essi  appartennero, 
fra  la  Sicinia  ,  la  Sitia  ,  la  Silia  ,  la  Sicilia  ,  e  la 
Sisinnia,  tutte  conosciute  ai  tempi  di  Roma  libera, 
e    tutte   principianti    egualmente  colle  stesse  iniziali* 

Osservazione    V. 

Le  tavole  morelliane  ci  mettono  avanti  al  n.  I 
e  II  della  gente  Vipsania  due  medaglie  d'argento ,  che 
si  trovano  anche  in  oro  ,  uniformi  nel  rovescio  ,  nel 
quale  apparisce  ia  semplice  leggenda  M.  AGRIPPA  . 
COS  .  DESIG  .  scritta  in  mezzo  del  campo  ,  ma  di- 
verse dall'  altro  lato  ,  perchè  la  prima  ci  mostra  la 
testa  laureata  di  Giulio  Cesare  a  fronte  di  quella 
nuda  di  Ottaviano,  coli'  epigrafe  a  sinistra  DIVOS  . 
IVLIVS,  a  destra  DIVI  .  F,  mentre  al  contrario  la 
seconda  si  contenta  del  ritratto  del  solo  Ottaviano 
con  corta  barba  ,  e  colle  lettere  intorno  IMP,  CAE- 
SAR  .  DIVI  .  F.  A  questa  se  ne  debbono  aggiun- 
gere due  altre  ,  ma  del  più.  nobile  metallo  ,  dissimi- 
li anch'  esse  nel  solo  diritto  ,  sul  quale  quella  che 
fu  pubblicata  dal  Baldini  nelle  giunte  al  secondo  to- 
mo delle  nwnismata  praestantiora  del  Vaillant  p.  a 
offre  l'immagine  laureata  del  dittatore  coli1  astro  Giu- 
lio dietro  la  nuca  ,  e  l'iscrizione  DIVOS  .  IVLIVS. 
Neil*  altra  poi  si  rappresenta  una  faccia  giovanile  , 
inghirlandata  anch'  essa  di  alloro  ,  col  medesimo  astro 
incontro  la  fronte,  e  coli'  epigrafe  IMP  .  DIVI .  IVLI  . 
F.  ITER  .  Ili  VIR  .  R.  P.  C,  ov'  e  da  avvertire  , 
che  i  due  primi  caratteri  della  voce  ITER  sono  con- 
giunti in  nesso.  Quantunque  quest*  ultima  sia  sfug- 
gita a  tutti  i  grandi  illustratori  della  serie  consola- 
re ,  ciò  non  dimeno  è  cognita  da  un  pezzo  ,  citan- 
dola l'Arduino  nel  t.  i  di  Plinio  p.  2a5,  il  quale 
ingannato  dal  monogramma  lesse  PER  invece  di  ITER* 


Osservazioni  numismatiche  107 

dandone   al   suo  solito   una   stranissima  spiegazione  , 
ed  avendola  eziandio  trovata  il  MontfaiU.on  sappi,  p,  137 
e   seg.    nel  ripostiglio  scoperto  a  Brescello.    Tre   ri- 
petizioni   di  lei  furono  quindi  incise  o  descritte   nei 
cataloghi    dei    musei   Tiepolo  t.   1   p.   106,  Pembroch 
p.  I  tav.    XIII*   Hedervanano  t.  2  p.  54,  tal.   sup* 
pieni,  aur,  n.  3,  e  una  quarta    serbata   ora  nel   ga- 
binetto  estense  fu  con  una  lettera  tratta  in   luce  dal 
Caronni.  Io  ne   feci   alquante  parole   nella   disserta- 
zione   sulla    gente  Arria   p.  h8>  onde   appoggiare    il 
mio   avviso  ,  che  l'immagine  rappresentatavi  non  fos- 
se già   di    Ottaviano,   ma  sibbene  di    Giulio  Cesare 
già   divinizzato  ,  e  quindi   fatto    partecipe    dall'  eter- 
na  gioventù  degli  dei»  L'argomento  che  trattava  non 
mi    permise   allora   di    dirne  di  più  ,  e  mi  tacqui  per 
conseguenza  sul  precipuo  merito  di  questa  medaglia, 
eh'  è   quello   d'impor  line  ad  Una  questione    cn  nolo- 
gica  non  ben  decisa    dall'  Eckhel.  Il    che  si    ottiene 
paragonando    l'iscrizione   del  suo  rovescio  con   quel- 
la  del   diritto  ,  in  cui  abbiamo  detto   scorgersi    IM- 
Verator  .  DIVI  >  IVLI  ♦  Yilius  .  ITERwm  .  IIIVIR  . 
IW  ♦  Vublicae  .  Constìtnendae.  Quest'  epigrafe  cor- 
risponde all'  IMP  .  CAESAR  ,  DIVI  .  F  .  IIIVIR  . 
ITER  ,  R.  p,  C,  che  osservasi   in  altri  nummi  dello 
stesso    Ottaviano  ,  e   specialmente  nei  due  colla  sedia 
curule  e  col  tempio  tetrastilo  ,  delineati  nel  tesoro  Mo- 
relliano  G.  Giulia  t.  VII  n.  VI  e  B,  in  un  terzo  co- 
gli strumenti    pontificali    ed    augurali    descritto    dall' 
Eckhel  D.  N.  V.  t.  VI  p.  75,    e   in    un   quarto    col 
tripode  disegnato  dal  Begero  Thes.  Brand,  t.  2  p.  GoO. 
Tutti   e*  insegnano  ,   che   quando  furono    impressi    il 
giovine  Cesare  aveva  già  preso  il  secondo    triumvi- 
rato ,  di   cui   fecero    pure  menzione   le  tavole  trion- 
fali capitoline  ,  allorché  registrarono  la  sua  seconda 
ovazione   dopo  la   vittoria  sopra  Sesto   Pompeo. 


ìgS  Letteratura 

IMP.CAESAR.DIYl  .  F  .C  .N  •  II  •  IUVIR  .  R  .  P  .  C  .  II .  A  .  DCCXVII 
OVANS  .  EX  .  .SICILIA  IDIBVS  .  NOVEMFR 

Ognuno  sa  clic  nel  711  venuti  ad  accordo  M.  An- 
tonio ,  Lepido  ed  Ottaviano,  arrogaronsi  per  cinque 
anni  il  supremo  reggimento  della  repubblica  sotto 
la  modesta  denominazione  di  Triumviri  Reipublicae 
constituendae  consiliari  potè  state  ,  il  cominciamento  e 
la  durata  del  quale  officio  sono  determinati  dalla  ce- 
lebre tavola  Coloziaua  EX.  Ante  Y)iem  V.  KALétz- 
das  .  DÌLCembres  .  AD  .  PR/<7/e  .  Kalendas  IANw- 
arias  .  $EX.tas  ,  cioè  a  dire  dai  27  Novembre  del 
711  fino  ai  3r  Decembre  del  71G.  Si  sa  egualmen- 
te che  in  seguito  si  prorogarono  quella  straordina- 
ria magistratura  per  un'altro  quinquennio  ;  onde  Sve- 
tonio  ci  narra  di  Augusto  nella  sua  vita  ,  trium- 
vìratum  reipublicae  constituendae  per  decem  annos 
àdministravit  ;  dopo  la  qual  prorogazione  cambiarono 
il  titolo  in  HIV  IR  .  ITERmw  .  R<?*  .  P ' ubitene  .  Con- 
stituendae ,  che  abbiamo  fin  qui  veduto  usarsi  più 
volte  da  Ottaviano  ,  senza  che  sulle  monete  dei  suoi 
colleghi  sia  comparso  finora.  Ma  vi  è  gran  discre- 
panza sul  tempo  ,  in  cui  fu  assunto  da  loro  que- 
sto secondo  triumvirato.  Appiano  bel.  cu>.  1.  v,  e. 
95  attesta  chiaramente ,  che  ciò  fu  nella  congiun- 
tura della  riconciliazione  di  Taranto  fra  M.  Anto- 
nio e  il  giovane  Cesare,  seguita  nel  717,  ineunte  ve- 
re ,  siccome  ha  dimostrato  il  Sanclemente  de  vulg. 
aerae  emend.  p.  35(5.  Et  quoniam  triumviratus  tem- 
pus  senatus  consulto  praescriptum  exierat  ,  proro- 
garunt  sibi  ipsi  potestatem  in  aliud  quinquennium , 
nihil  morati  plebis  suffragio.  D'altro  avviso  peral- 
tro sembra  mostrarsi  Appiano  nel  libro  de  rebus  llly 


OsSEHVAZIONI    NUMISMATICHE  IflQ 

r/'cis  cap.  27  e  28.  nel  quale  scrive  :  Caesar  Ro- 
mani reversus  est,  consulatum  collega  Vulcatio  T'iti- 
lo gesturus  .  .  .  Calendis  jaimariis  consulatum  in~ 
gressus  ,  eodem  die  Autronium  Paetnm  sibi  in  magi- 
strata suffècit ,  in  Dalmatiamque  recurrit ,  triumvi- 
ratum  etiam  tane  constituendae  reipublicae  gerens. 
Duo  enim  anni  deerant  de  altero  quinquennio  hujus 
imperii  ,  quod  in  idem  tempus  post  expletum  pri- 
us  quinquenni  uni  ipsi  triumviri  sibi  prorogaverant , 
populusque  conjirmaverat.  Imperocché  le  calende  di 
Gennaro,  delle  quali  in  questo  luogo  si  parla,  sono  in- 
dubitatamente quelle  del  721  ;  onde  se  a  quel  tem- 
po rimanevano  ancora  ad  Ottaviano  due  anni  del 
secondo  quinquennio,  è  indubitato  ,  che  ne  desu- 
meva il  principio  dalle  calende  del  718.  Ma  è  fa- 
cile il  conciliare  quest'  apparente  differenza  ,  seguen- 
do le  traccie  che  ne  addita  il  medesimo  storico  , 
e  dicendo  che  nel  primo  luogo  ha  favellato  chi  tem- 
po ,  in  cui  i  triumviri  di  propria  autorità  ,  nihil 
morati  plebi s  suffragia  ,  protrassero  la  loro  carica; 
e  che  nel  secondo  ha  avuto  di  vista  i  termini  cer- 
ti e  legali  ,  che  ne  furono  stabiliti  dal  popolo  nel 
suo  decreto  di  conferma  ,  populusque  eonjìrmave- 
rat. Alla  prima  sua  testimonianza  si  conforma  egre- 
giamente Dione,  il  quale  forse  non  ha  qui  fatt' al- 
tro che  ricopiarlo  ,  e  da  cui  si  racconta  nel  1.  ^S. 
e.  54  che  nella  pace  Tareutina  ha.ee  ita  pacti  sunt  ;  ac 
praeterea  Sexto  Pompeio  consulatum  et  sac<  rdot'iu.m 
quae  ci  adsignata  fuerant  ,  ademerunt  ,  silique  in 
alimi  quinquenmum  ,  cum  prius  illud  eoepirasset.  , 
principatum  prorogarunt.  Infatti  sta  Jbepe  ciò  che 
da  ambedue  si  dice  ,  cioè  che  nella  primavera  del 
717  fosse  gta  terminato  il  primo  quinquennio  del- 
la podestà  triumvirale  ,  avendoci  di  sopra  insegna- 
to   la  tavola    Coloziaua  ,   ch'egli    spirava  coi  3i    De- 


200  LET    TIRATURA. 

cambre  del  71G.  Ma  questa  concorde  loro  lestimo- 
niauza  incontra  uu  gravissimo  avversario  nelle  ta- 
vole Capitoline  ,  le  quali  quantunque  mutile  in  que- 
sto luogo  ,  pure  apertamente  premettono  i  nomi  dei 
secondi  triumviri  al  consolalo  di  M.  Agrippa  ,  che 
aperse  l'anno  717  ,  con  che  danno  abbastanza  a 
divedere  ,  ch'essi  appartengono  all'anno  precedente. 
E  veramente  non  poteva  cagionare  se  non  che  meravi- 
glia ,  come  i  triumviri  avessero  lasciato  decorrere 
il  termine  della  loro  magistratura  senza  farsela  con- 
fermare  ,  dando  con  ciò  tanta  ragione  al  loro  ne- 
mico Sesto  Pompeo  di  accusarli  d'usurpatori.  Que- 
sta discordanza  fra  gli  storici  ,  e  un  monumento  co- 
sì insigne  di  cronologia,  ha  recato  non  lieve  imba- 
razzo ai  fastografi  ,  molti  de'quali  ,  e  fra  questi  il 
Sigouio  e  il  Panvinio  ,  hanno  creduto  di  toglier- 
la ,  opinando  che  i  triumviri  ,  e  i  consoli  spettas- 
sero allo  stesso  anno  717  ,  e  che  i  primi  fossero 
poi  anteposti  ai  secondi  a  motivo  non  della  pre- 
cedenza nell'elezione  ,  ma  della  maggioranza  nella 
dignità  ,  secondo  l'esempio  che  diedero  in  appresso 
le  stesse  tavole  ,  quando  preselo  ad  incominciar  l'an- 
no colla  tribunizia  podestà  degl'  imperadori  ,  e  ad 
essa  sottoposero  la  memoria  del  consolato.  Ma  giu- 
stamente si  risponde,  che  gli  usi  imperiali  mal  si  ap- 
plicano a'  tempi  nei  quali  il  principato  non  era  an- 
cora bene  stabilito  ,  e  quando  almeno  nell'  apparen- 
za serbavansi  tuttora  le  forme  del  governo  repub- 
blicano ,  talché  le  tavole  medesime  continuarono  a 
premettere  pochi  anni  prima  il  consolato  eponimo 
alle  dittature  di  Giulio  Cesare,  che  niuno  affermerà 
essere  state  inferiori  in  lustro  ed  in  potenza  al  trium- 
virato. Laonde  il  Pigino  coi  più  moderni  rigettan- 
do quest'  infelice  concordanza,  non  ha  potuto  a  me- 
no   di  confessare   la  realtà   del  dissenso.    Ora  la  no- 


OsSSriVAZIONI    NUMISMATICHE  201 

stia  medaglia  ,  come  ha  ben  veduto  il  citato  Sancle- 
mentc  p.  9  non  solo  viene  a  pienamente  confermar- 
lo ,  ma  ci  fa  chiaro  eziandio  che  tutta  la  ragione  sta, 
coro'  era  presumibile ,  in  favore  del  marmo.  Imperoc- 
ché M.  Agrippa  da  lei  appellasi  nel  rovescio  con- 
sole designato ,  titolo  che  non  poteva  più  convenir- 
gli dopo  che  al  primo  gennaio  del  717  era  proce- 
duto console  effettivamente  ;  per  lo  che  rimane  fuo- 
ri di  questione  ,  eh'  ella  fu  coniata  avanti  quel  gior- 
no. E  se  ciò  è  ,  sarà  egualmente  dimostrato  ,  che  da 
un'  epoca  anteriore  al  medesimo  giorno  prese  ori- 
gine altresì  il  secondo  triumvirato  ,  eh'  ella  dall'  al- 
tra parte  attribuisce  ad  Ottaviano.  Né  si  opponga 
seguendo  le  dottrine  dell'  Eckhel  ,  eli'  ei  non  dovè 
entrarne  in  possesso  ,  finche  ai  3 1  di  decembre  del  71G 
non  fu  spirato  il  primo  quinquennio  ,  non  essendo 
nuovo  a  questi  tempi  di  veder  messa  in  conto  la 
nuova  dignità  prima  che  fosse  terminata  l'antica  ;  on- 
de Giulio  Cesare  ,  quantunque  creato  Dictator  III. 
per  un  decennio  nel  secondo  semestre  del  70B,  ciò 
non  ostante  principiò  a  denominarsi  Dictator  IV  to- 
sto che  nel  settembre  dell'  anno  successivo  questo 
medesimo  onore  gli  fu  decretato  a  vita.  Ma  se  per 
la  concordia  di  questi  due  pubblici  monumenti  non 
potrà  più  dubitarsi  che  il  cardine  cronologico  del  se- 
condo triumvirato  sia  da  fissarsi  al  di  la  delle  ca- 
lende  del  717,  resterà  ora  a  vedersi  quanto  si  abbia 
da  portare  più  oltre.  Sappiamo  da  Appiano  1.  4  cap.  2, 
che  fino  dagli  esordi  del  loro  potere  nel  711  trium- 
viri in  quinquennium  urbanos  magistratus  annuos 
designarunt  ,  e  impariamo  poi  da  Dione  1.  48  e*  35, 
che  nel  71$  innanzi  la  pace  di  Pozzuoli  con  Sesto 
Pompeo  ,  il  che  è  a  dire  sul  cominciare  di  quell'  an- 
no, consules  in  ipsos  odo  annos  ordinaverunt.  A  grip- 
pa  adunque  eh'  esercitò  i  fasci  nel  717  fu   uno    dei 


203  Letteratura 

compresi  nella  seconda  elezione  ,  e  per  conseguenza 
fino  dal  principio  del  -yi5  potè  chiamarsi  console  de- 
signato. Egli  però  circa  quel  tempo  fu  mandato  a 
guerreggiare  nell'  Aquitania  ,  di  dove  ritornò  l'anno 
appresso  richiamato  da  Ottaviano  ,  onde  presiedesse 
alla  ricostruzione  delle  navi  ,  quas  duplici  naufra- 
gio ,  et  quidein  per  aestatem  ami  se  rat ,  come  rac- 
conta Svetonio  e.  iG.  Le  nostre  medaglie  hanno  tut- 
ti gì'  indizi  di  fabbrica  romana  ,  e  quindi  saranno  sla- 
te impresse  in  autunno  dopo  il  suo  ritorno,  per  sod- 
disfare alle  gravi  spese  marittime  che  gli  erano  com- 
messe. Non  vi  è  dunque  per  parte  loro  alcuna  ra- 
gione ,  per  cui  l'origine  del  titolo  che  ricerchiamo 
abbia  molto  a  scostarsi  dalla  fine  del  716,  secondo 
ciò  che  dall'  altro  lato  chiaramente  richiedesi  dal  fram- 
mento capitolino.  Imperocché  da  lui  emerge  aperta- 
mente ,  che  la  memoria  del  triumvirato  non  solo  era 
posteriore  a  quella  dei  consoli  ordinari  Claudio  Ful- 
cro ,  e  Norbano  Fiacco  ,  ma  ben'  anche  ai  suffetti 
Cornelio  Scipione  e  Marcio  Filippo  ,  che  in  grazia 
unicamente  di  un  brano  marmoreo  di  fasti  possedu- 
to dal  mio  chiarissimo  amico  marchese  Biondi,  si  co- 
nosce aver  occupato  una  parte  di  quelF  anno.  Stan- 
do all'  uso  più  comune  ,  dovrebbero  essi  procedere 
alle  calende  di  luglio  ;  per  lo  che  il  secondo  trium- 
virato ricadendo  nell'  ultimo  semestre  sarà  assai  pro- 
babile che  datasse  dallo  stesso  giorno  V^.  Kalendas 
decembris  ,  da  cui  aveva  avuto  la  nascita  il  primo. 
E  per  riguardo  poi  alla  discorde  opinione  di  Ap- 
piano e  del  suo  seguace  Dione,  io  ho  gran  sospetto 
eh'  ella  non  derivi  se  non  da  un'  equivoco  preso  dal- 
lo storico  Alessandrino,  di  aver  tenuto  per  un'  effet- 
to del  posteriore  rappacificamento  di  Taranto  ciò  che 
piuttosto  fu  concordato  nell'  anteriore  di  Brindisi,  av- 
venuto   innanzi   la  fine  del  714*  Si  sa  che  in  seque- 


Osservazioni  numismatiche  2o3 

la  di  esso  ambedue  i  triumviri  vennero  a  Roma  , 
nel  qual  tempo  ausimi  multitudini  eorum  ,  qui  in 
senatum  allegerentur  ,  ectpeditio  Anton iì  ,  quam  in 
Parthos  parabat ,  praebuit\  un  de  et  magistratus  alias 
in  plures  annos  ,  et  consules  ipsos  in  octo  annos 
tunc  ordinaverunt  :  siccome  ci  avverte  il  già  enun- 
ciato passo  di  Dione  1.  49  c>  35.  Chi  potrà  crede- 
re che  M.  Antonio  ,  il  quale  preparavasi  ad  una 
lunga  lontananza  ,  si  prendesse  tutta  la  cura  onde 
assicurare  per  tanto  tempo  ai  suoi  fidi  la  porzione 
che  gli  era  riserbata  dei  pubblici  uffizi  ,  e  ommettes- 
se  poi  di  provvedere  a  se  stesso  ,  onde  non  gli  ve- 
nisse a  mancare  nel  fervore  della  guerra  l'autori- 
tà necessaria  ,  della  quale  gli  restavano  appena  due 
anni  ?  E  che  vi  pensasse  veramente  lo  dimostra  un' 
articolo  della  pace  di  Pozzuoli  ,  avvenuta  di  lì  a 
poco,  innanzi  che  si  mettesse  in  cammino  verso  l'Orien- 
te ,  con  cui  si  stipulò  secondo  Appiano  1.  V  e.  j2. 
Ut  idem  Pompeius  imperlimi  Siclllae  ,  Sardlniae  , 
Corsicae  .  .  .  in  tot  annos  teneret  t  in  quot  Antonio 
Caesarique  prorogatum  fuerlt  imperium  ;  e  secondo 
Dione  1.  48  e.  36:  quinquennale  ei  esse  imperium  in 
Siciliani ,  Sardiniam ,  et  Achaiam.  Se  dunque  i  trium- 
viri ,  i  quali  erano  allora  nel  quarto  anno  della  ca- 
rica ,  promisero  a  Sesto  Pompeo  un'  impero  di  cin- 
que anni  ,  quanto  sarebbe  stato  il  loro  ,  è  manife- 
sto ,  che  se  non  prima ,  con  questo  trattato  alme- 
no essi  se  lo  prolungarono  per  un'  altro  quinquen- 
nio. Né  importa  poi  se  le  tavole  capitoline  non  lo 
registrarono  se  non  verso  la  fine  dell'  anno  seguen- 
te ,  o  ciò  fosse  perchè  si  tardasse  a  domandarne  la 
conferma  del  popolo  ,  come  sembra  ricavarsi  da  Ap- 
piano ;  o  piuttosto  perchè  secondo  il  loro  istituto  es- 
se  non  dovevano  aver  riguardo  alla  data  ,   qualun- 


204  Letteratura 

que  fosse  ,  del  plebiscito  ,  ma  solo  all'  epoca  eh'  era 

da  lui  statuita  al  principio  della  nova  magistratura. 

(Sarà  continuata) 

Borghesi 


SS.  episcoporum  Nicetae  et  Paidini  scripta  ex  va- 
ticanis  codicibus  edita.  Accedit  ejusdem  s.  JVi- 
cetae  opusculum  aliud  chisiani  codicis  ope  emen- 
datimi. Item  episcopologii  aquileiensis  antiqui  un 
fragmentum  ex  codice  vaticano  editum.  4«  Romae 
tjpis  vaticani s    1828. 


G, 


li  scritti  che  abbiamo  a  stampa  di  s.  Niceta  pa- 
triarca di  Aquilea  ,  contemporaneo  e  corrispondente 
per  lettere  con  s.  Leone  i°  papa ,  sono  tutti  do- 
vuti ai  codici  dell'eterna  Roma.  Perocché  ili  quat- 
tro soli  che  esistono  ,  il  primo  intitolato  Explana-' 
tio  symboli  ,  fu  scoperto  nella  biblioteca  romana  dei 
sigg.  principi  Chigi  ,  e  divolgatane  la  notizia  l'anno 
1790  dal  chiarissimo  Fea  nelle  Miscellanee  p.  7;  ben- 
ché poi  l'onore  della  prima  stampa  sia  toccato  a  stra- 
nieri tipi  ,  atteso  che  il  card.  Borgia  trovandosi  in 
Padova  ne  accordò  ivi  il  mss.  per  l'impressione.  Gli 
altri  tre  scritti ,  cioè  uno  De  ratione  /idei  ;  l'altro 
De  Spiritus  Sancti  potentia  ;  il  terzo  De  diversis 
appellationibus  D.  N.  lesa  Christo  convenientibus , 
furono  scoperti  in  un  codice  della  biblioteca  vati- 
cana dal  celebratissimo  monsig.  Angelo  Mai  prefet- 
to della   medesima  ,  e   pubblicati  poc'anzi    in   Roma 


Opere  inedite  di  s.  Niceta  ec.  ao5 

a  fine  di  presentarli  alla  santità  di  N.  S.  Papa  Leo- 
ne XII  nel  quarto  felicissimo  compleanno  del  suo 
glorioso  pontificato.  La  verità  di  questi  tre  opu- 
scoli è  dimostrata  con  piena  evidenza  dall'  editore 
nella  sua  prefazione;  i.  perchè  Cassiodoro  li  lesse, 
e  ci  disse  che  solevano  unirsi  agli  scritti  di  s.  Am- 
brogio. Ora  gli  opuscoli  vaticani  ed  il  loro  ti- 
tolo consentono  con  la  materia  e  col  titolo  ricor- 
dati da  Cassiodoro  ,  e  trovansi  appunto  uniti  da  un 
solo  codice  con  le  opere  di  s.  Ambrogio,  a.  Il  chie- 
rico Enrico  ,  come  intendiamo  dal  diario  italico  del 
Montfaucon  ,  descrivendo  nell'undecimo  secolo  la  li- 
breria del  monastero  della  Pomposa  ,  riferisce  i  ti- 
toli di  questi  stessi  ti  e  opuscoli  ,  come  esistenti  in 
un  codice  d'essa  libreria.  ò°  Un  antico  catalogo  mss. 
de'  libri  del  celebre  monastero  di  s.  Nazario  in  Lau- 
rescham  dimostra  parimenti  che  ivi  esistevano  que- 
sti opuscoli.  4°  Finalmente  conferma  le  anzidette 
testimonianze,  e,  ciò  che  più  importa,  fa  dono  alla 
ecclesiastica  letteratura  di  questi  tre  scritti  di  s. 
Niceta. 

Nel  primo  di  essi  scritti  si  combatte  la  be- 
stemmia degli  ariani  ,  i  quali  con  varie  sottigliez- 
ze ,  e  con  falsa  interpretazione  de' testi  evangelici, 
volevano  togliere  alla  seconda  persona  dell'augusta 
Triade  l'eterna  natività  dal  Padre ,  la  sua  ugua- 
glianza e  consustanzialità  con  esso  ,  e  finalmente  la 
sua  vera  divinità.  Questi  pestiferi  errori  serpeggia- 
vano tuttavia  in  Italia  e  altrove  ai  tempi  di  s.  Ni- 
ceta ,  il  quale  li  confuta  con  passi  evidenti  della 
divina  scrittura  ,  con  l'autorità  del  concilio  nice- 
no  ,   con   la    sacra   tradizione ,  e    col  raziocinio. 

Il  secondo  opuscolo  è  in  difesa  e  onore  del  s. 
Spirito  ,  la  cui  divinità  era  parimenti  negata  non 
solo  dagli  ariani ,  ma  più  precisamente   dai  macedo-» 


2o6  Letteratura 

niani.  S.  Niceta  chiama  potentia  (  secondo  l'uso  di 
qualche  altro  padre  ,  e  secondo  la  greca  dizione 
c/luWft/?  )  la  salatissima  persona  dello  Spirito  Sau- 
to :  ed  il  suo  trattalo  in  difesa  e  prova  di  que- 
sto domma  è  cosi  convincente,  che  Eugenio  prima- 
te di  Cartagine ,  vivendo  ancora  come  pare  s.  Ni- 
ceta ,  volle  farne  uso  nella  confessione  di  fede,  che 
la  chiesa  affricana  presentò  all'  ariano  persecutore 
Unerico.  Di  questo  scritto  adunque  di  s.  Niceta  un 
buono  squarcio  leggevasi  presso  Eugenio  ,  che  n'e- 
ra falsamente  creduto  autore  ;  ed  ora  finalmente  si 
rende  all'  aquilejese  ciò  che  è  suo  proprio  ,  e  si 
acquista  ancora  la  rimanente  parte  di  cui  non  si 
era  servito  Eugenio.  Amendue  questi  scritti  in  di- 
fesa della  seconda  e  terza  persona  appajono  vera- 
mente degni  dell'  elogio  di  Cassiodoro  che  li  pro- 
pone a  modello  di  breve  insieme  e  di  plenaria  spo- 
sizione   della   cattolica    fede. 

Del  terzo  opuscolo  ,  di  cui  abbiamo  già  reci- 
tato il  titolo  ,  non  faremo  quasi  parola  ,  non  tan- 
to per  la  sua  brevità  :  quanto  perchè  a  fine  di  gu- 
starne l'eleganza  ,  e  la  cristiana  unzione  ,  è  d'uopo 
anzi  leggerlo  che  udirne  la  relazione.  Lo  stile  di 
s.  Niceta  è  puro  ,  chiaro  ,  robusto  ,  e  degno  del- 
la età  di  s.  Leone.  La  cattolica  dottrina  vi  si  espo- 
ne con  libera  semplicità  ,  con  precisione,  e  con  l'au- 
torità di  un  pastore  che  istruisce  il  suo  gregge 
spiegando  le  scritture  sacre  a  norma  dell'apostolica 
tradizione. 

E  stato  poi  buon  consiglio  del  eh.  editore  l'uni- 
re in  questa  edizione  romana  anche  l'altro  opuscolo 
di  s.  Niceta,  stampato  bensì  tre  volte  in  Padova, 
in  Venezia  ,  e  in  Udine  ,  ma  sempre  sulla  unica  fe- 
de del  borgiano  apografo  ,  che  non  era  scevro  da 
mende.  Monsiguor  Mai,  secondalo  dal  favore  del  dot- 


Opere   inkditk  di  s.  Niceta  ec.  207 

to  bibliotecario  cbigiano  sig.  avv.  Carlo  Fea  ,  ba 
collazionato  novellamente  quell'unico  codice  onde  fu 
tratto  ,  e  ne  ha  riportate  belle  e  importanti  emen- 
dazioni. Cosi  tutti  gli  scritti  superstiti  di  s.  Niceta 
(non  esclusi  nemmeno  certi  pochi  frammenti  pubbli- 
cati in  Vienna  dal  Bonis) ,  compresi  sono  nei  volu- 
metto romano  di  monsig.  Mai,  che  non  ha  tralascia- 
to di  corredarlo  d'idonea  prefazione  e  di  dottissime 
note. 

Le  ricerche  intorno  alla  vita  di  s.  Niceta  pra- 
ticate dall'  insigne  editore,  lo  portarono  all'  esame  di 
una  preziosa  cronaca  inedita  aquilejese,  conservata  in 
antico  codice  ,  della  quale  esso  ci  da  un  saggio  di 
cinque  pagine  contenente  un  largo  brano  di  episco- 
pologio  aquilejese  ;  la  notizia  di  una  legazione  del- 
le isole  venete  a  papa  Benedetto  I  ;  di  un  concilio 
romano  incognito  ;  di  un  Paolo  ordinato  dal  papa, 
e  patriarca  cattolico  ,  che  altri  confondeva  con  uno 
scismatico  ;  di  un  Mauro  ,  che  il  De  Rubeis  a  torto 
escluse  dal  ruolo  de' patria!  chi  ;  di  una  epoca  diver- 
sa dello  scisma  di  Aquilea  ;  della  ^istituzione  di  se- 
dici episcopati  veneti  ;  di  un  testamento  scritto  nel 
sesto  secolo  con  legato  di  messe  perpetue  pe'  defun- 
ti ;  e  finalmente  d'una  lettera,  ora  smarrita,  di  papa 
Bonifazio  IV. 

INon  abbiamo  ancora  esaurita  la  descrizione  del 
volume  di  cui  trattiamo  ;  perocché  l'editore ,  oltre  le 
dette  cose  aquilejesi  ,  ha  in  esso  pubblicati  due  ine- 
diti poemetti  elegiaci  di  s.  Paolino  vescovo  di  Nola , 
tratti  anch'essi  per  la  prima  volta  da  un  codice  va- 
ticano. Cosi  veggiamo  ricalcate  le  orme  del  Mura- 
tori, che  da  un  codice  milanese  divulgò  diversi  poe- 
metti del  medesimo  santo  padre;  e  del  Mingarelli , 
che  cinquanta  altri  versi  rinvenne  in  un  codice  bo- 
lognese. Gli  argomenti   che   confermano  a  s.  Paolino 


2o8  Letteratura 

la  proprietà  di  questi  due  poemetti  ,  sono,  i°  Che 
esistono  iti  un  codice  in  cui  altro  non  si  contiene  che 
opere  di  s.  Paolino,  a0  Che  s.  Paolino  ricorda  in  una 
di  queste  elegie  la  sua  conversione  e  battesimo  in 
adulta  età,  ed  anche  il  suo  consolato;  nell'altra  poi 
discorre  di  un  suo  fratello  e  di  una  sorella  ,  noti 
amendue  da  altri  scritti  di  s.  Paolino  ,  e  d'altre  co- 
gnite circostanze  della  famiglia  sua.  3°  Lo  stile  e  i 
sentimenti  sono  affatto  conformi  alle  altre  produzio- 
ni di  s.  Paolino.  L'editore,  nel  suo  breve  prolego- 
meno  a  s.  Paolino,  coarguisce  un  errore  del  dotto 
Becchetti ,  che  negli  Annedoti  dell'Amaduzzi  divulgò 
come  inedita  una  lettera  di  s.  Paolino  ,  la  quale  già 
leggevasi  in  tutte  le  edizioni  di  questo  s.  padre, 
ed  anzi  più  corretta  che  non  la  diede  il  Becchetti. 
Da  lutto  ciò  sempre  più  si  comprende  di  qual 
giovamento  alle  lettere,  non  pur  profane  ma  eziandio 
ecclesiastiche  ,  sia  stata  la  scelta  che  Pio  VII  d'im- 
mortale memoria  fece  di  monsig.  Mai  in  prefetto  della 
vaticana.  Perciocché  lutti  questi  ed  altri  preziosi 
tesori  sarebbero  senza  lui  rimasi  tuttavia  nascosti 
alle  buone  dottrine  :  e  i  letterati  avrebbero  ancor 
creduto  ciò  che  il  celebre  Noris  ,  il  quale  prima  di 
essere  cardinale  fu  prefetto  della  vaticana  ,  scriveva 
al  Magliabechi  :  Vi  sono  nella  biblioteca  molti  fram- 
menti greci  da  supplire  varii  autori  :  ma  de' lati- 
ni non  vi  è  cosa  rara,  e  che  non  sia  di  già  stam- 
pata (a).  Ed  ecco  il  Mai  che  con  quo'  suoi  acutissi- 
mi occhi  trova  a  gran  dovizia  ciò  che  riè  il  gran 
Noris ,  ne  gli  altri  suoi  famosi  antecessori  sepper  tro- 
vare :  meritevole  ognor  più  del  titolo  di  Colombo 
della  letteratura,  con  cui  fu  egli  chiamato  da  un  leg- 
giadro ingegno  di  questi   tempi. 

(a)   V»  il  libro  Clarorum   venetorum  ad  Aat.  Maglia- 
ia **hium  nonnollosque    alios    epistolae  ctc.  T.  I  pag.  1 56. 


20f) 


Le  Georgiche  di  Virgilio  in  ottava  rima  tradotte 
dalV  autore    dell'  Iliade    Italiana. 

n 

V>on  questo  titolo  in  fronte  comparve  giorni  sono 
un  libro  nitidamente  stampato  in  Firenze  dall'accu- 
rato tipografo  Molini  all'insegna  di  Dante.  Or  tro- 
vandosi qui  un  culto  giovane  straniero  ,  perito  ab- 
bastanza della  nostra  lingua  ,  fu  egli  il  primo  a 
legger  questo  titolo  ,  e  voltosi  a  me  disse:  Chi  è 
questo  autore  dell'  Iliade  italiana  ?  che  cosa  vuol 
dire  Iliade  italiana  ,  e  perchè  si  contenta  a  questa 
indicazione  della  sua  persona  ?  Io  sorrisi  a  queste 
parole  ,  e  gli  risposi  :  L'autore  di  quest'opera  è  un 
gentiluomo  fiorentino  appellato  Lorenzo  Mancini  , 
non  mediocre  letterato  ,  il  quale  ha  tradotto  ancora  in 
ottava  rima  italiana  l'Iliade.  Bene,  replicò  egli  ,  ma  è 
forse  egli  il  solo  che  abbia  tradotto  l'Iliade  in  italiana 
favella  ?  Mi  pare  che  un  certo  appellato  Vincenzo 
Monti  ...  E  non  solo  il  Monti  ,  io  l'interruppi  ; 
molti  altri  hanno  fatta  la  copia  di  quel  magnifico  qua- 
dro dell'Iliade  ;  ma  il  Mancini  pretende  che  la  sua  sia 
superiore  a  tutte  le  altre  ,  e  debba  dirsi  italiana 
per  eccellenza  ,  o  per  antonomasia  ,  perch'egli  ha 
usato  per  copiarla  la  forma  o  il  metro  dell'  ot- 
tava rima ,  di  modo  che  sono  maravigliato  ,  che 
non  abbia  dato  anche  a  questo  suo  lavoro  il  ti- 
tolo di  Geogica  italiana.  E  va  bene  ancor  questo  , 
mi  soggiuns'egli  ;  ma  tutti  i  letterati  d'Italia  so- 
no eglino  convenuti  nel  concedere  questa  preten- 
sione del  sig.  Mancini  ?  Non  ancora  ,  cred'io  ,  .  .  . 
Ma  converranno  un  giorno  ?  .  .  .  Non  lo  credo  .  .  . 
G.A.T.XL.  a 


2  io  Letteratura 

E  perchè  ?  .  .  .  Perchè  la  più  parte  de'fiorenti  let- 
terati d'Italia  non  lo  crede ,  e  non  lo  credo  nep- 
pnr  io  ,  perchè  trovo  giuste  le  ragioni  che  addu- 
cono .  .  .  Quali  sono  ?  .  .  .  Multe  ,  ma  tutte  qua- 
si derivanti  da  una  sola  .  .  .  Cioè  ?  .  .  .  Dalla  ri- 
ma .  .  .  Ma  i  francesi  ancora  e  gì'  inglesi  e  i  te- 
deschi traducono  con  rima  ...  Sì ,  ma  con  rime  a 
due  a  due  ,  e  gl'italiani  a  due  e  a  tre  a  tre  nel 
giro  d'otto  versi  in  grazia  dei  siciliani  primi  no- 
stri rimatori  :  e  quest'obbligo  che  un  poeta  s'impo- 
ne ,  oltre  al  travagliarlo  penosamente  ,  fa  sì  che  il 
lavoro  riesca  più,  imperfetto  di  quello  ,  che  non 
s'impone  quest'obbligo  .  .  Ma  perchè  se  lo  impon'egli  ? 
Quando  in  tal  guisa  soffre  un  doppio  incomodo  , 
cioè  dura  maggior  fatica  d'un  altro,  e  fa  un  la- 
voro inferiore  di  pregio  ?  ...  Perchè  egli  giudica  che 
il  lenocinlo  della  rima  alletterà  di  più  i  leggitori  , 
e  perciò  lo  preferiranno  anche  a  quelli  ,  che  scel- 
gono il  metro  eroico  del  verso  sciolto  per  quan- 
to sia  ben  lavorato  e  condotto  ...  A  me  pare  che 
giudichi  rettamente  ,  e  con  buon  successo  ...  Sì 
se  intendete  del  comune  dei  leggitori  ,  dei  giova- 
netti ec.  ec.  ,  ma  i  più  provetti  o  segnalali  nell'ar- 
te ,  che  amano  passionatamente  i  classici  ,  e  spe- 
cialmente Omero  ,  gustano  sì  del  suono  della  rima  ; 
ma  non  restano  perciò  meno  offesi  dai  moltiplici 
difetti  assoluti  ,  o  relativi  ,  nei  quali  ella  forza 
l'autore  di  cadere  .  .  .  Ma  come  ciò  ?  .  .  .  Ho  di- 
chiarato questa  mia  opinione  in  un  altro  scritto 
per  mero  accidente  (a)  ;  ma  per  compiacervi  m'in- 
gegnerò   ripeterle  .    Supponete     che    un    pittore    si 

(a)  V.  Lett.  d"U.  Latnpredi  a  V.  Monti  intorno  alla  sua 
traduzione  dell'  Ilìade.  Milano  pel  Silvestri  ec. 


Georgica  di  Virgilio  tradotta.  ali 

proponesse  di  fare  una  copia  della  trasfigurazione 
di  Raffaello  o  del  giudizio  di  Buonarroti  ,  e  clie 
perciò  prendesse  una  tavola  o  tela  aspra  e  bi- 
tozzoluta  di  superficie  in  modo  ,  che  quasi  ad  ogni 
punto  delle  diverse  linee  che  deve  tirare  incontri 
un  bitozzolo  o  prominenza  di  base  più  o  meno  gran- 
de ;  ditemi  un  poco,  nel  condurre  i  piccoli  tratti  quan- 
ta attenzione  dovrà  egli  usare  per  condurli  con  tut- 
ta la  precisione,  come  sarebbe  se  la  superficie  fosse 
piana  e  levigata? Non  si  troverà  egli  ad  ogni  momen- 
to imbarazzato  ,  e  tratto  fuori  dalla  sua  vera  dire- 
zione? Inoltre  fatto  un  pezzetto  di  lavoro,  la  luce  ri- 
flessa da  quei  tratti  ora  saglienti  ora  scendenti  ,  e 
perciò  riflessa  per  angoli  diversi,  non  dev'essa  gene- 
rare nell'occhio  diversa  sensazione  secondo  la  teoria 
newtoniana  ?  Cioè  non  rifletteranno  essi  una  diver- 
sa specie  di  luce  diversa  d'un  grado  per  quanto  pic- 
colo volete  ,  ma  nella  totalità  di  sensibile  differenza? 
E  quei  tratti  piccolissimi  medesimi  ,  che  per  certi 
loro  precisi  gradi  di  curvatura  formavano  insieme  un 
grazioso  contorno  d'occhio  ,  o  d'altra  parte  delle  fi- 
gure ,  avranno  eglino  o  potranno  mai  avere  lo  stes- 
so andamento ,  per  quanto  abbiavi  fissato  attentamen- 
te l'occhio  e  l'ingegno  il  malaccorto  pittore  ?  In  som- 
ma finita  l'opera  le  faranno  plauso  coloro  che  guar- 
dano coll'occhio  del  corpo ,  ma  non  coloro  certamen- 
te die  la  guarderanno  con  l'occhio  dell'  arte.  Questi 
cioè  ammireranno  l'ingegno  e  la  pazienza  del  pitto- 
re ,  ma  non  il  sno  lavoro  in  quanto  che  si  è  propo- 
sto di  dare  una  copia  ,  e  non  un  originale  :  benché 
anche  in  questo  avrebbe  incontrate  le  stesse  difficol- 
ta :  ma  allora  sarebbe  stato  in  suo  potere  il  cangia- 
re il  tratto  ,  il  colore,  e  la  figura  ancora  della  par- 
te elio  voleva  dipingere  ,  e  così  rimediare  a  tutto  ; 
ma  .  .  .  Intendo  bene  ,  credo  ,  ripigliò   il    mio    giù- 

14* 


312  Letteratura 

vane  straniero  :  quei  bitozzoli  sono  le  rime.  Ma  cre- 
dete voi  che  il  vostro  pittore  non  possa  trarre  una 
copia  abbastanza  fedele  dalla  sua  superficie?  ...  Tutto 
dipende,  risposi,  dall'idea  che  vi  formate  dalla  sua 
scabrosità  o  rozzezza,  se  v'immaginate  che  in  certi 
punti  il  pittore  non  possa  passar  sopra  col  pennello, 
o  passandovi  non  possa  applicarvi  o  nessuno  o  un 
certo  colore  ,  ma  si  un  diverso:  allora  avrete  aggiun- 
te di  pensieri,  che  non  sono  nell'originale,  e  sottrazio- 
ne di  altri  che  vi  sono  ,  o  cambiamenti  inconvene- 
voli ec.  ec.  .  .  .  E  così  credeie  che  sia  nell'Iliade 
italiana?  ...  Così  credo,  anzi  l'ho  in  parte  dimostrato, 
ed  altri  ancora  ...  E  cosi  dunque  sarà  in  questa 
traduzione  delle  Georgiche  ?...  Senza  dubbio;  anzi  il 
male  qui  sarà  maggiore  ,  perchè  come  poema  dida- 
scalico vi  hanno  pensieri  e  modi  più  propri  della 
lingua  latina  ,  e  più  comuni  o  sia  meno  elevati  fra' 
primi  ,  e  più  ordinarli  fra  i  secondi.  Or  quauto  più 
le  figure  sono  grandi  ,  e  i  tratti  più  grossolani  ,  tan- 
to più  si  scorgono  i  difetti  dell'une  e  degli  altri.  Per 
esempio  osservate,  dagli  undici  primi  versi  e  con  mez- 
zo poi  il  traduttore  ha  fatto  tre  ottave  ,  cioè  i^  ver- 
si. Che  conseguenza  dedurrete  da  ciò  ?  .  .  .  O  che 
vi  ha  incastrati  molti  eie'  suoi  tratti  e  pensieri  ,  o 
che  ha  fatto  della  materia  virgiliana  ciò  che  fa  un  ar- 
tefice quando  lavora  il  cuojo  ...  Si,  ma  voi  ben  sapete 
che  il  cuojo  s'indebolisce  nella  consistenza  delle  sue  par- 
ti . .  Se  adunque  è  cosi,  bisognerà  concludere  che  questi 
lavóri  del  sig.  Mancini  sieno  detestabili  in  lettera- 
tura .  .  .  No,  non  tirate,  vi  prego,  questa  conclu- 
sione ,  ma  una  tutta  contraria.  Questi  lavori  del 
sig.  Mancini  sono  anzi  utili  e  pregevoli.  Perocché  ha 
egli  molto  ing-gno,  calda  abbastanza  e  vivace  ima- 
ginazione per  un  poeta  ,  inoltre  egli  è  ben  nudrilo 
non    solo    nel    pai-colo    dei     nostri    classici  ,    ma    i; 


Georgica.  di  Virgilio  tradotta  2i3 

quello  ancora  della  letteratura  inglese  e  francese  :  in 
somma  egli  è  del  Lei  numer  uno  de'  molti  genti- 
luomini e  cittadini  di  Firenze  ,  i  quali  con  l'ingegno 
e  con  l'opera  onorano  ai  nostri  tempi  quella  mia  fe- 
lice patria  ,  che  tanti  sommi  uomini  illustrarono  nei 
trapassati  ...  Io  nel  mio  ritorno  voglio  passar  per 
Firenze  ,  e  fermarmivi  per  qualche  tempo  ,  ed  allo- 
ra ..  .  Ben  volentieri  ,  signore.  Io  vi  darò  una  no- 
ta di  alcuni  eh'  io  conosco  e  stimo  particolarmente. 
Ed  anche  senza  questa  posso  dirvi  che  cerchiate  de- 
gli accademici  georgofili  ,  di  quelli  che  presiedono  al- 
le scuole  di  mutuo  insegnamento  :  e  poi  se  ,  com'  è 
probabile  ,  vi  recherete  nel  gabinetto  letterario  del 
sig.  Vieusseux,  molti  fra  i  migliori  ne  incontrerete  .  .  . 
In  tal  caso  non  v'incomodate  a  far  la  nota.  Piutto- 
sto se  devo  recapitare  una  vostra  lettera  a  taluno 
di  essi  .  .  .  No  ,  perdonate  ,  ia  nota  è  necessaria  ,  per- 
chè in  un  caffè  o  altrove  potreste  incontrarvi  con 
uno  di  quei  gentiluomini  ,  che  si  darà  forse,  le  gran- 
di arie,  e  potreste  ingannarvi  :  perchè  malgrado  dell' 
apparenza  egli  non  ha  in  sostanza  la  mente  ,  e 
molto  meno  il  cuore  di  quelli  dei  quali  parlo  :  ed 
io  più  ch'altri  mei  so.  Ma  in  tempo  più  opportuno 
faremo  i  conti  insieme ,  spero  ;  perchè  come  deve 
onorarsi  con  fatti  e  con  grate  parole  la  bontà  e  li 
generosità  del  vero  amico  ,  così  deve  manifestarsi  con 
vera  rampogna  la  durezza  e  la  crudele  inse  isibilita 
del  falso  che  abbandona  l'altro  nell'  infortunio  ,  o 
nelle  disgrazie  ordinarie  della  vita  ...  E  chi  è  que- 
sti ?  ...  Lo  vedrete  nella  nota  con  una  croce  appo- 
sta accanto  ;  ma  in  Firenze  non  comunicate  con  al- 
cuno queste  mie  parole  ,  perchè  non  ho  che  un  te- 
stimonio solo  del  fatto  di  cui  parlo  ,  benché  questo 
solo  valga  per  cento.  Ma  non  voglio  mettere  il  cam- 
po a  romore  senza  necessita  ,  e  senza  i  debiti  svilup- 


-2 1  4  Letteratura 

pi  del  fatto  ...  A'  queste  mie  parole  ,  alle  quali  non 
parve  ,  ne  doveva  molto  interessarsi  il  mio  giovane 
straniero  ,  riprese  egli  il  libro  in  mano  ,  e  mi  dis- 
se :  Dunque  voi  dite  che  questa  è  buona  poesia?  Cer- 
tamente tale  io  la.  reputo  ,  risposi  ,  perchè  le  ottave 
sono  sostenute  con  buono  stile  ,  e  ben  condotte  ;  an- 
zi vi  dirò  di  più  ,  che  la  leggo  con  maggior  piacere 
di  quello  che  provai  un  giorno  leggendo  certe  otta- 
ve originali  d'un  poema  del  Monti  ,  e  che  io  per 
una  certa  allusione  appellai  poesia  sbandellata.  Ma , 
come  sapete,  si  può  riuscire  perfetto  in  un  genere  di 
poesia  ,  ed  imperfetto  in  un  altro.  Monti  era  sommo 
nella  lirica  ,  e  in  generale  nel  colorito  de'  suoi  qua- 
dri. Io  soleva  in  Milano  peragonarlo  al  pittore  Ap- 
piani ,  del  quale  potrete  vedere  gli  a  freschi  nel 
palazzo  regio  ,  e  altrove.  Quegli  a  freschi  saranno  eter- 
ni e  inarrivabili  come  certe  odi  liriche  di  Monti  ,  la 
sua  versione  dell'Iliade  .  .  .  Ora  capisco  quale  sia  la 
vostra  quistione  col  sig.  Mancini  .  .  .  Sì.  Io  sosten- 
go che  la  copia  dell'Iliade  del  Monti  è  più  fedele  , 
perchè  non  era  tiranneggiato  dalla  rima  ,  e  sostengo 
ancora  ,  che  il  suo  colorito  è  generalmente  più  fran- 
co ,  vivace  ,  e  naturale  :  il  che  non  prova  che  quello 
del  sig.  Mancini  sia  cattivo  e  debba  dispiacere  ,  e 
molto  meno  a  chi  non  guarda  tanto  del  sottile.  Pe- 
rocché noi  altri  italiani  siamo  non  poco  schifiltosi  e 
difficili  quando  si  tratta  di  traduzioni  di  classici  ,  e 
specialmente  d'Omero.  Mi  dicono  che  lo  stesso  Man- 
cini abbia  tradotto  (  forse  in  ottava  )  anche  il  Sag- 
gio dell'uomo  del  vostro  Pope.  Leggetelo  ,  e  confron- 
tateli insieme.  Se  lo   legffo     io    e    mi  metto  a    notare 

no 

le  diffesenze  fra  la  copia  e  l'originale  ,  non  ne  farò 
gran  caso  :  ma  quando  si  tratta  d'Omero  ,  e  veggo 
tanti  peccados  e  peccadlllos  d'infedeltà  per  aggiun- 


Geokgica  i>i  Virgilio  tradotta  21 5 

te  ,  sottrazioni    ec.    in  grazia  della  rima  ,  allora  gri- 
do col  nostro  Menzini  : 

Su  queste  del  Parnaso  alpestri  cime 
Chi  ti  forza  a  salir  ?  forse  il  Parnaso 
Andra  in  rovina  senza  le  tue  rime  ?  .  .  . 

Da  tutto  questo  ,  dissemi  finalmente  il  mio  stra- 
niero ,  io  concludo  che  il  sig.  Mancini  è  un  uomo 
di  merito  ,  e  passando  per  Firenze  procurerò  di  co- 
noscerlo ...  E  bene  ,  io  conclusi  ,  salutatelo  da  par- 
te mia,  e  ditegli  pure  ,  che  ho  da  fare  ancora  quattro 
parole  con  lui  sopra  certe  sue  rappresaglie  sull'Iliade 
del  Monti  ch'io  ve^po  espresse  ne'suoi  versi  sciolti 
della  lettera  indiritta  a  Virgilio.  Io  lo  farò  con 
Lei  garbo  :  ma  s'egli  si  ostina  nella  sua  opinione,  al- 
zerò la  voce  ,  e  forse  .  .  .  Insomma  sappia  ch'io  so- 
no irascibile  alquanto  per  natura  ,  ed  ora  più  per  que- 
sta disgustosa  più  che  dolorosa  agitazione  del  mio  si- 
stema nervoso. -Così  ci  separammo,  ed  io  me  ne  an- 
dai a  scrivere  un  articoletto ,  e  lo  invierò  a  suo 
tempo. 

Ab.  Urbano  Lampredi. 


Lettere  di  etnisca  erudizione  ,  pubblicate  dal  cav. 
Francesco  Inghirami.  Poligrafìa  Fiesolana  ,  1828. 
8°  di  pagine  47  »  con   tre  tavole    in   rame. 


otto  questo  frontispizio  recate  ci  vengono  in 
vago  presente  due  lettere  del  eh.  sig.  cavaliere  Zanno- 
ni  ,   tutte    fiorite    di    quella    solida    e    nou   comune 


2i<3  Letteratura 

dottrina  ,  che  tratta  in  luce  da'  principali  letterati 
dTtalia  ,  formò  sempre  la  delizia  nostra.  Per  più 
bello  incontro  ,  vediamo  essere  promotore  delle  me- 
desime l'altro  uomo  celeberrimo  in  questi  istudj  ,  il 
eh.  sig.  conte  Vermiglioli  ;  cosicché  convien  dire 
clie  i  monumenti  novelli  non  poteano  capitare  in 
mani  migliori. 

Tiene  il  primo  luogo  una  delle  già  cosi  dette  pa- 
tere di  bronzo  ;  delle  quali  ora  per  alcuno  che  ne 
abbia  vedute  parecchie  ,  o  sappia  le  circostanze  del- 
le rinvenute  in  questi  paesi  a'tempi  de1  maestri  no- 
stri ,  dubitar  non  si  può  mai  ,  che  non  sieno  puri 
usuali  specchj.  Nella  faccia  lavorata  ,  opposta  sem- 
pre alla  brunita  ,  rappresenta  essa  alla  sinistra  di 
chi  guarda  ,  Ercole  che  trae  il  can  cerbero  ,  ed  ha 
scritto  accanto  il  suo  nome  HERGLE.  In  mezzo  havvi 
bella  donna  diademata  ,  con  torque  o  collana  ,  tutta 
nuda  nella  parte  superiore  del  corpo  ,  e  coperta  da 
basso  con  peplo  ,  o  mauto  solo  ,  rigettato  sul  brac- 
cio sinistro.  Con  la  mano  destra  ella  pone  una  co- 
rona sul  capo  di  Ercole  ;  e  tiene  un'  altra  corona 
nella  manca.  La  sua  leggenda  è  MIEAN  ,  o  MV- 
EAN.  Le  sta  al  fianco  un'altra  persona  ,  che  sembra 
donna  ,  con  diadema  e  torque  anch'essa  ,  ma  tutta 
vestita,  o  stolata  ,  e  di  più  col  braccio  destro  en- 
tro   il    peplo.    Accanto    è   il    suo    nome    LEIN0. 

Entrando  il  sig.  cav.  Zannoni  a  chiarire  que- 
sta mitografla  ,  ci  regala  di  una  bellissima  osser- 
vazione da  un  luogo  di  Apollodoro  ,  in  cui  ,  dando- 
si al  Cerbero  tre  teste  di  cane  t  e  sulla  schiena 
altre  teste  di  ogni  generazione  di  serpenti  ,  vengo- 
no tolte  le  contraddizioni  apparenti  di  Esiodo  ,  che 
il  disse  di  cinquanta  teste  ,  e  di  Orazio  ,  che  dopo 
averlo  nomato  bellua  centiceps  ,  ritorna  in  altra 
ode   a  dirlo    trilingue ,  perche   di  tre  sole  teste   ca- 


Lingua  etrusco  317 

nine  ,  com'è  qui  rappresentato.  Passa  quindi  a  trat- 
tare con  tutta  maestria  de'misteri  Eleusinii  ,  e  di 
antiche  rappresentazioni  credule  falsamente  appar- 
tenere a' detti  misteri.  Ci  avverte  autorevolmente  del- 
la H  aspirazione  ,  formata  come  un  parallelogram- 
mo tagliato  per  mezzo  ,  ch'è  lettera  e  forma  tan- 
to   fenicia  ,   quanto  greca    propria. 

Toccata  la  consuetudine  ,  che  faceva  le  donne 
iniziatrici  degli  Eleusinii  (  al  che  basta  la  famosa 
iscrizione  di  colei  ch'iniziò  l'imperadore  Adriano; 
Sclww  ,  Papyr.  Borgiana  pag.  78  )  ,  dubita  se  la 
femmina  incoronatrice  del  nostro  bronzo  sia  Giu- 
none o  Venere  ;  mostra  che  queste  due  dee  in  an- 
tichissima mitologia  teneansi  per  una  sola  ;  e  per 
ciò  con  belle  ragioni  di  scienza  sostiene^,  essere  la 
detta  femmina  onninamente  Giunone  ,  placata  ,  ed 
anzi   espiatrice   con    l'eroe. 

Né  osta  il  nome  allatto  nuovo  MVEAN  ,  quan- 
tunque sappiamo  Giunone  essere  stata  detta  da'  tir- 
reni ,  e  dagli  umbri  certamente  ,  CVPRÀ  ;  poiché 
abbiam  pure  ,  in  tanta  scarsezza  di  documenti ,  Ve- 
nere ora  detta  TVRAN  ,  ora  ©ALNA.  Deduce  il  no- 
me MVEAN  dal  verbo  uva  ,  ed  anche  dal  suo  figu- 
ralo yivist  ;  il  primo  importante  claudo  ,  ed  il  secon- 
do initio  sacris.  Nota  la  N  finale  in  un  caso  ret- 
to ,  come  in  MVRAN  ,  Mofya  ,  la  Parca  ;  lettera  ri- 
dondante al  certo  ,  se  in  que'tempi  non  confondeasi 
talora  il  nominativo  con  l'accusativo. 

Sul  nome  dell'altra  figura  LEIN©  ,  osserva  eru- 
ditamente ,  che  1'  EI  ,  per  E  lunga  ,  o  per  H  ,  età  , 
era  usitatissimo  dagli  eoli  ,  o  greci  primitivi  dell' 
Italia  nostra  ;  che  data  alla  ©  l'ausiliare  A  ,  come 
porta  l'indole  della  etrusca  lingua,  leggesi  Leintha; 
tolta  la  N  di  mezzo  ,  che  spesso  ridonda  in  etrusco  ,  il 
nome  verrebbe  dal  verbo  Kn'ia  ,pe  lasciatavela,  verreb- 


3 1 8  Letteratura 

he  meglio  dal  verbo  ?>.oìv8xw  ;  e  quindi  Letha,  o  Ze- 
intha  sarebbe  certamente  la  greca  Av8t>  ,  la  dea  del- 
la oblivione.  Gli  antichi  autori  aveano  rammentato 
questa  dimenticanza  ,  o  riconciliazione  di  Giunone 
con  Ercole  ;  ma  non  iscrissero  che  appartenesse  agli 
arcani  di  Elcusi  ;  né  che  avvenuta  fosse  più  in  ter- 
ra che  su  l'Olimpo.  La  figura  della  nostra  Latha  , 
come  diceano  i  dori  ,  ha  un  non  so  che  di  singola- 
re. Mostra  una  dea  o  ninfa  non  lieta.  Ella  tiensi  tut- 
ta appoggiata  ,  o  aderente  alla  figura  di  Giunone  ; 
contro  l'uso  di  queste  incisioni  etrusche  a  contorni  , 
le  quali  voglion  le  figure  alquanto  distanti  fra  loro. 
Inclina  essa  il  capo  a  sinistra  ;  alza  verso  il  capo  l'in- 
dice della  mano  destra  :  e  questi  sono  contrassegni  di 
pensiero  ,  e  di  profondo  pensiero.  In  somma  ,  una 
tale  eloquentissima  invenzione  delle  felici  fantasie 
greco-italiche  ,  resta  uguagliata  solamente  dalla  na- 
turalezza e  dall'acume  della  spiegazione  datane  dal 
nostro  autore  ,  che  non  possiamo  non  ammirare. 

Nella  seconda  lettera  il  sig.  Zannoni  si  fa  da 
principio  a  descriverci  un  erma  con  leggenda  etni- 
sca ,  discoperto  l'anno  scorso  su'  confini  dell'  Elru- 
ria  co'  liguri  ,  vicino  alla  Macra.  Somma  è  la  roz- 
zezza di  questo  monumento  ;  non  consistendo  esso 
che  in  un  cippo  ,  o  stola  sottile  alquanto  rastre- 
mata da  basso  ,  e  terminata  sull*  alto  in  semicer- 
chio piano  ,  sotto  il  quale  è  stato  operato  un  in- 
cavo rettilineo  ,  come  a  denotare  il  collo  ,  e  sovra 
il  piano  semicerchio  è  stato  ancora  inciso  un  volto 
umano  ,  quale  delineare  il  saprebbe  il  più  grosso- 
lano bifolco.  Nei  corpo  della  stela  ,  o  cippo  ,  scor- 
gesi  la  seguente  iscrizione  ,  in  bellissimi  caratteri 
etruschi ,  o  ciò  eh'  è  lo  stesso  ,  greco-italici  pri- 
mitivi ,  collocati  perpendicolarmente  ,  non  già  l'uno 
dopo   l'altro    in  piedi  ,  come  in  alcuni   cimeli  noti  , 


Lingua  etruscà  319 

ma  in  linea  seguita  da  destra  a  sinistra  ,  per  leg- 
ger la  quale  convien  volgere  l'occhio  ,  e  prender 
principio  dall'  alto  :  MEXVNE  MVNIVS.  Con  gra- 
vi autorità  qui  parla  il  sig.  Zannoni  de'  termini  ,  o 
cippi  finali  agrari  ,  e  di  altre  forme  di  numi  an- 
tichissimi ,  si  mal  fatti  ,  che  non  aveano  di  umana 
figura  altro  presso  a  poco  se  non  la  intenzione  ; 
e  tuttavia  da'  superstiziosi  gentili  erano  abbelliti  a 
colori  ,  unti  ,  incoronati  ,  adorati.  Di  simili  ermi 
con  la  testa  formata  a  cono  più  o  meno  acuto  e 
ritondato  ,  fra  le  rovine  di  Roma  noi  ne  abbiamo 
veduto  parecchi  ,  ne'  quali  rendevasi  ancora  visibi- 
le il   colore   sul   cono  ,  reso    più  fisso  per  le  tinture; 

Divide  la  leggenda  in  ME  XVNE  MVNIVS;  e 
provata  con  esempi  di  altissima  età  l'usanza  d'incomin- 
ciare col  ME  ,  come  se  la  pietra  stessa  favellasse , 
deriva  XVNE  ,  perfetto  certissimo  per  le  analogie 
che  abbiamo  ,  dal  verbo  %vvóto  ,  %yv£  ;  onde  spiega- 
si :  me  consociavit  {aliis)  Mi.uiius.  Munio  adunque, 
splendido  uomo  di  remotissimi  tempi  ,  pose  quest' 
erma  in  serie  con  altri  somiglianti.  Non  ignoto  in 
marmi  latini  è  il  gentilizio  MVNIVS  ;  e  della  ter- 
minazione in  VS  fra  gli  etruschi  ,  abbiamo  esempio 
di  APP1VS  in  gemma  nobilissima  ,  ed  altri  in  V, 
rilevati  dal  dottissimo  Lanzi  ,  per  l'aferesi  della  S 
finale. 

Alcuno  forse  potrebbe  proporre  ,  che  lo  XVNE 
si  derivasse  piuttosto  dal  verbo  £1/0  ,  scalpo  ;  co- 
sicché ,  per  quella  N,  una  delle  lettere  epentetiche  , 
proprie  di  siffatti  abnormi  dialetti,  le  quali  Lan- 
zi appellò  non  benissimo  epilettiche  ,  XVNE  fosse 
in  vece  di  £u's  ,  o  £u<rs  ,  che  per  ciò,  con  senso  na- 
turalissimo ed  ovvio  f  dovesse  tradursi  ;  me  sculpsit 
Munius.  Ma  questa  minuzia  sia  tramandata  solamen- 
te  per  un    dubbio    nostro    passaggiero. 


220  L    E    T   T    E    R    A    T    U    E.    A 

Imprende  poscia  il  sig.  Zannoni  l'illustrazione 
di  un  altro  specchio  di  bronzo,  esistente  in  un  mu- 
seo di  Arezzo.  È  questo  molto  inferiore  al  primo 
in  merito  di  arte  ,  ossia  in  disegno  ;  ma  ugualmen- 
te prezioso  per  un  nome  ignoto,  e  per  notizie  nuo- 
ve. Rappresenta  un  guerriero  nudo  ,  con  semplice 
clamide  gettata  sul  braccio  sinistro  ,  con  cui  impu-7 
gna  Tasta.  Dalla  di  lui  mano  destra  sporge  un  non 
so  che  ,  forse  ;il  capulo  del  gladio  ,  nascosto  alla 
vista  dal  braccio.  Il  nome  apposto  è  ACVN,  AVVN  , 
o  AFVN.  Gli  si  rivolge  contra  ,  come  avventando- 
si ,  una  donna  diademata  f  tutta  nuda  ,  che  appog- 
gia sull'  anca  la  mano  ed  il  braccio  sinistro  in  an- 
golo ,  e  con  la  destra  dirige  ,  a  ciò  che  ne  sembra  , 
un  arnese  ,  o  ferro  di  due  barre  decussate  ,  verso 
il   guerriero.  Il  nome    di   costei   è  TVRAN. 

L'autor  nostro  confessando  ,  che  per  essere  in 
quella  parte  il  bronzo  un  po'  consunto  ,  non  si  può 
definir  bene  che  mai  faccia  la  detta  donna  con  la 
destra  ;  inclina  a  credere  ,  eh'  ella  stringa  il  nastro  , 
da  cui  si  suppone  legata  in  alto  la  ghirlanda  di  mir- 
to ,  la  quale  al  solito  ricorre  per  tutta  la  perife- 
ria del  disco.  Anche  per  questo  indizio  del  mirto  , 
la  donna  è  frattanto  certissimamente  la  dea  Vene- 
re. Non  v'ha  quindi  ad  esitare  in  riconoscer  Mar- 
te Dell'  opposto  guerriero.  Dell'  inaudito  nome  suo 
AVVN  ,  o  AFVN,  trovasi  tosto  la  derivazione  dal 
verbo  àuto  ,  clamo  ,  reboo-  La  seconda  lettera  fatta 
sul  bronzo  come  unjsigma  greco  a  due  angoli  ret- 
ti ,  la  quale  per  altri  ,  e  certo  in  altri  dialetti  gre- 
canici d'Italia  ,  sarebbe  una  C,  o  un  K,  dimostrasi 
pel  nostro  autore  essere  aspirazione,  o  digamma  det- 
to eolico  ,  tal  quale  in  AFIAS  per  AIAS  ,  Ajax  , 
ed  in  altri  vocaboli.  Bellissimo  è  il  discorso  ,  che 
continua   sovra   un    luogo    del   grande   Alicarnassese 


Lingua  etrusca  221 

(  Antiqua.  Rom.  lib.  1.  i4)>  ia  cui  questo  digara- 
ma  vendicasi  proprio  degli  antichissimi  greci  d'Ita- 
lia ,  quanti  mai  furono  ,  anche  indipendentemente 
dagli  eoli  ;  sentenza  ch'c  stata  mai  sempre  la  nostra. 

Addita  eruditissimamente  ,  per  Omero  ,  e  per 
altri  classici  ,  quanto  mai  un  appellativo  dal  cla- 
more e  dall'urlo  sia  proprio  e  conveniente  al  nu- 
me della  guerra.  Corregge  l'errore  degl'interpreti  di 
Sofocle  ,  i  quali  nell'Edipo  Goloneo  resero  l'epite- 
to ,  divenuto  nome  proprio  di  Marte  ,  yjx.hv.o^ooLV  per 
armis  aereis  strepentem  ,  o  per  ferristrepum  ,  quan- 
doché doveano  esprimere  colui  di  voce  pia  rintruo- 
n  tinte  che  quella  di  un  ampio  e  duro  vaso  di  me- 
tallo :  qual  si  fu  appunto  la  voce  di  Stentore  ;  o 
come  dette  furono  yjx.Kv.à 'ttos/Iss  le  cerve  dalla  gagliar- 
dia  di  lor  gambe  ,  il  che  Ausonio  spiegò  ottima- 
mente per  aeripedes.  Confessiamo  ,  che  ignorandosi 
finora  qual  fosse  il  nome  di  Marte  presso  gli  etru- 
schi ,  e  sapendo  noi  bene  che  tutta  l'antichità  creò 
molti  e  molti  appellativi  de'numi  dagli  epiteti  lo- 
ro ,  le  dotte  induzioni  dell'autor  nostro  sono  invin- 
cibili ,  e  felicemente  dimostrative  di  particolari  sco- 
nosciute   verità. 

Frattanto  ci  giova  osservare  ,  che  questo  se- 
condo specchio  non  ha  la  menoma  relazione  con  mi- 
steri ,  o  congreghe  di  arcani  riti.  Nella  prima  lette- 
ra il  sig.  Zannoni  confutò  vittoriosamente  il  Millin  , 
ed  altri  visionar]  di  occulte  rappresentanze  ;  facen- 
do chiaro  ,  che  ramuscelli  di  mirto  ,  donne  che  pre. 
sentino  vitte  ,  o  corone  sciolte  ,  e  somiglianti  arnesi 
della  vita  comune  ,  nulla  importano  di  misterj.  A 
tal  proposito  riferir  dobbiamo  ciò  ch'è  stato  frappo- 
sto nell'  opuscolo  presente  dal  sig.  Inghirami.  Egli 
scrive  =  che  1'  opera  sua  de'  Monumenti  Etruschi 
„  era  stata  encomiata  sovra  ogni  propria   aspettativa 


232  Letteratura 

„  dal  sig.  Orioli.  *s  Leggete  l'estratto  ;  e  troverete 
„  in  un  tal  paragrafo  ,  aver  egli  dichiarata  per  sua 
,,  l'opinione  ,  che  le  nostre  lamine  debban  tenersi  per 
,,  una  parte  come  rappresentative  di  specchi  ,  per 
„  l'altra  come  un  genere  particolare  di  patere  ne'ri- 
„  ti  sepolcrali.  Dunque  fu  pur  bello  ed  opportuno  , 
„  che  il  sangue  ,  il  latte  ,  le  sacre  mole  si  ponesse- 
„  ro  sui  nostri  dischi  ;  facendo  con  ciò  quasi  diret- 
„  ta  oblazione  all'ombra  che  v'  abitava  dentro  ,  ed 
„  all'anima  che  dall'altra  faccia  v'era  simboleggiata. 
,,  Le  anime  beono  sangue  e  latte  ,  che  loro  si  offre 
„  nei  sagrifizj.  Ora  in  tutto  ciò  (soggiunge  il  sig.  In- 
„  giurami) ,  chi  potrà  contraddire  al  dotto  Orioli  ?  Io 
„  stesso  l'ammetto  nella  mia  opera  ,  ove  dico  ,  par- 
„  landò  di  uno  specchio  mistico.  =  I  recipienti  ,  coi 
„  quali  versavasi  latte  sui  depositi  sepolcrali  ,  per- 
„  che  le  anime  ne  fosser  nutrite  ,  avean  figura  di 
„  quelle  barche  ,  dette  cimbe  ;  onde  rammentare  , 
„  cred'io  ,  che  le  anime  tornavano  in  esse  a  varca- 
,,  re  i  cieli  fra  gli  astri  ,  secondando  il  corso  del 
„  sole  ;  da  dove  eran  partite  quando  scesero  a  ci- 
„  baisene  ,  venendo  sulla  terra  a  vestirsi  di  corpi 
„  umani  :  né  il  nostro  bronzo  sembra  in  tutto  alie- 
„  no  dalla  forma  di  navicella.  —  Se  l'Orioli  avesse 
„  fissata  la  mente  in  questa  mia  opinione  ,  non  di- 
„  stratto  da  mille  altre  ,  che  in  quell'opera  s'incon- 
„  trano  ,  forse  poteva  esprimersi  diversamente.  „ 

Ma  ,  per  abbassare  al  cospetto  di  tante  e  sì 
alte  cose  una  o  due  coserelle  sole  ;  ardiremmo  d'in- 
vitare que'signori  ad  una  esperienza  ,  per  vedere  se 
i  dischi  sieno  alti  a  contenere  e  porgere  ,  non  dire- 
mo latte  ,  o  altri  liquidi  ,  ma  solo  granellini  di  sa- 
le ,  d'incenso  ,  od  anche  frutta.  Siamo  sicuri  ,  che 
tenendo  i  dischi  pel  manubrio  verso  l'estremità  ,  la 
superficie    piana    del    disco  barcollerebbe   fuori    dell' 


Lingua  etrusca  aa3 

orizzontale  livello  ,  piegherebbe  da  un  lato  ,  ed  i 
granellila  ,  le  frutta  cadrebbero.  Ma  conoscendo  noi 
tante  arche  da  morti  ,  tutte  adorne  di  emblemi  o 
simboli  bacchici  ,  vorremo  per  ciò  chiamarle  sepol- 
ture mistiche  ?  Ma  il  eh.  sig.  Vermiglioli  ,  gran- 
de maestro  certamente  in  siffatte  materie  ,  ha  pu- 
re scritto  nella  lettera  prefissa  a  quest'  opuscolo  , 
che  voi  dovreste  appellare  gli  arnesi  ,  de'quali  trat- 
tiamo ,  =  non  sempre  specchi  mistici  ,  piuttosto 
„  almeno    sempre  specchi   usuali    e   domestici.   „ 

Esortiamo  i  signori  Orioli  ed  Inghirami  a  vo- 
ler volgere  di  nuovo  i  passi  loro  verso  la  maesto- 
sa regia  via  del  positivo  e  tutto  dimostrabile  sa- 
pere. Non  veggono  forse  ,  che  dopo  avere  speso  una 
infinita  di  parole,  accumulando  congetture  ,  specu- 
lazioni ,  allegorie  ,  le  une  sopra  le  altre  ,  non  giun- 
gono a  trovar  puro  e  schietto  il  vero  ?  La  veri- 
tà è  una  sola  ;  e  se  questa  v'ha  pure  fra  le  mol- 
te proposizioni  loro  ,  le  altre  proposizioni  non  pos- 
sono mai  essere  verità.  Su  quella  regia  via  eglino 
s'incontreranno  ,  ed  oh  !  l'incontro  fortunato  ,  co'pri- 
mi  che  vider  chiaro  in  una  scienza  tutta  propria 
degl'italiani  ;  s'incontreranno  con  un  Gori  ,  un  La- 
mi ,  un  Annibale  Olivieri,  un  Lanzi  ,  e  con  cen- 
to   altri   valentuomini. 

Sentiamo  col  più  vivo  piacere  ,  che  il  eh.  sig. 
cavaliere  Zannoni  ,  nel  secondo  volume  delle  gem- 
me della  real  Galleria  per  lui  illustrate ,  produr- 
ra con  suo  commentario  le  etnische  epigrafi  ,  sco- 
perte anni  sono  in  Chiusi.  Ad  estendere  sempre  più 
le  cognizioni  nostre  sulla  lingua  de'tirreni ,  non  al- 
tro certamente  richiedesi  ,  se  non  che  il  novero  de'ma- 
numenti  si  accresca  ,  e  questi  assoggettati  venga- 
no alio  studio  di  dotti  ,  possessori  dell'unico  vero 
metodo  ,    da    noi    cotanto    encomiato.    Attenderemo 


2a4  Letteratura 

adunque  di  vedere  fra  non  molto  assicurato  ma»- 
giormente  all'Italia  l'onore  di  essere  stata  la  mag- 
giore delle  due  Grecie  :  cosa  che  ad  alcuni  pochi , 
non  sappiamo  perchè  ,  dispiace  quale  ignominia  ,  ed 
è  pure  dell'Italia  nostra  il  più  bello  e  principalis- 
simo  vanto. 

Girolamo  Amati. 


Di  alcuni  scritti  inediti  di  Lodovico  Carbone  fer- 
rarese. A  S.  E.  Riha  monsig.  Carlo  Emmanuele 
Muzzarelli ,   lettera  di  Gio.  Battista  Vermigliali. 


0 


uanto  in  ogni  ragione  cfi  studio  si  distinse  ed 
in  ciascun  tempo  l'illustre  sua  patria  Ferrara  ,  la 
quale  anche  oggi  la  stessa  Eccellenza  Sua  fa  gran- 
demente risplendere,  basta  a  ben  conoscerlo  i  fa- 
sti delle  italiane  lettere.  Mentre  codesta  di  lei  pa- 
tria pertanto  diede  il  nascimento  e  la  cuna  al  pro- 
digioso Ariosto  ,  e  mentre  prestava  ora  dolce  ed 
ora  funesto  ospizio  al  gran  Torquato  ,  alimentava 
noli'  ubertoso  suo  seno  ed  all'ombra  lietissima!  del- 
la estense  protezione  molti  altri  letterati  valorosis- 
simi. 

Fra  questi  non  vuole  dimenticarsi  Lodovico  Car- 
bone filosofo  ,  oratore ,  e  poeta  chiarissimo  del  se- 
colo XV,  siccome  il  disse  Antonio  Tibaldeo  suo  con- 
cittadino ed  amico  nell'  elogio  funebre  che  ne-  fe- 
ce (i).   Di   Lodovico     e    delle  opere    sue  pertanto  , 


(i)  Barotti  :  Memorie  isteriche  di  letterati  ferraresi  I. 
pag.  62.  E  poiché  mi  cade  in  acconcio  rammentare  il  Ti- 


Scritti  inediti  di  L.  C.ìubone  225 

siccome  ella   conosce ,  ci    diede   buone    notizie   Gian 

baldeo  ,  illustre  poeta  del  secolo  XV  e  XVI ,  giovi  far  co* 
noscere  alcune  sue  poesie  latine  ,  nelle  quali  valse  as- 
sai più  che  nelle  italiane ,  e  forse  ,  se  non  tutte  y  pei 
la  maggior  parte  inedite.  Si  leggono  le  medesime  in  un. 
codice  cartaceo  in  foglio ,  cha  a  me  donò  nel  1820  il 
mio  chiaro  e  dottissimo  amico  conte  Perticari  ;  presso 
cui  avendolo  osservato  ,  mi  sorse  desiderio  ardentissimo 
di  possederlo  :  imperciocché  ,  oltrecchè  ivi  si  serbano  va- 
rie poesie  latine  inedite  di  Francesco  Maturanzio  dot- 
tissimo letterato  perugino  de*  secoli  XV  e  XVI ,  e  di 
cui  io  stesso  pubblicai  una  vita  nel  1 806 ,  lo  riconobbi 
certamente  di  sua  mano.  Il  Maturanzio  potè  forse  tra- 
scrivere quella  Miscellanea  copiosissima  in  Ferrara ,  ove 
io  mostrai  che  si  tratteneva  nel  j^S^pag.  i3.  Le  varif 
poesie  latine  del  Tebaldeo  sono  le  seguenti ,  che  porta 
no  in  fronte  il  suo  nome  ,  potendovene  essere  altre  r  che 
anonime  si  leggono  nel  codice  frammischiate  a  quelle  del 
suo  nome  medesimo  segnate.  Intanto  io  ebbi  agio  di 
confrontarle  con  le  poche  poesie  del  Tebaldeo  ,  che  si 
leggono  edite  nelle  raccolte  dell'  Ubaldini ,  del  Fosca- 
ri ,  del  Grillerò  ,  ed  in  altri  libri  ,  senza  che  di  queste 
sne  poesie  latine  se  ne  pubblicasse  una  separata  colle 
zìone  ,  siccome  delle  volgari  si  fece  ,  che  forse  meno  i, 
meritavano  : 

1.  Fabula  aesopica  a  Gallio  recitata  sic  per  Autonium  The 

baldeum  carmiuibus   mandata, 
a.   Ad  venetos. 
3.  Ad  Herculem  Estensem. 
4-  rimo  cardinali  Francisco   Gonragae. 

5.  Alphonso  duci  Galabriae. 

6.  Io.  Pirro   protbonotario    mirandulensi. 

7.  Ad  Io.  Rufluru  forlivensem. 

G.A.T.XL.  i5 


22Q  Letteratura 

Andrea  Barotti  fra  gli  scrittori  ferraresi  (i),  e  sag- 
giamente mostrò  ,  come  altri  per  errore  lo  disse  da 
Reggio  f  e  come  altri  il  confuse  eoa  Lodovico  Car- 
bone dell'  Umbria  ,  che  similmente  ai  buoni  studi 
fiori  nel  secolo  posteriore  XVI,  in  cui  fu  anche  pro- 
fessore di  umane  lettere  in  Perugia  (2).  Il  Barotti  , 
ed  il  Mazzucchelli  prima  di  lui  ,  che  pure  un  buon 
articolo  del  Carbone  distese  ne*  suoi  scrittori  italia- 
ni ,  e  quanti  altri  scrissero  di  lui  ,  sembra  che  non 
conoscessero  alcuni  suoi  scritti  italiani ,  de'  quali  so- 
no per  darle  contezza  ,  i  soli  quasi  che  rimangono 
del  Carbone  in  questo  idioma  ;  imperciocché  gli  al- 
tri ,  ricordatici  da' suoi  biografi  ,  non  sono  che  nell* 
idioma  del  Lazio  (3)  ed  interamente  inediti. 

Io   gli  ho   discoperti  nel  codice  cartaceo  in  8.° 
segnato  XCV  della  pubblica  biblioteca  di   Perugia, 


Segue  un  altro  carme  allo  stesso  Alfonso  d'  Ara- 
gona duca  di  Calabria  , preceduto  da  una  lettera  delV au- 
tore ,  nella  quale  r  come  ne"  versi ,  il  Tebaldeo  gli  espo- 
ne le  molte  calamità  dell'Italia  ,  e  l'indolenza  de' prìn- 
cipi e  popoli  suoi  di  non  prestarle  soccorso.  A  questi 
suoi  versi  latini  il  Tebaldeo  fa  seguire  su  lo  stesso  ar- 
gomento  un  sonetto  inedito ,  che  non  si  trova  nelle  va- 

7       •  •     • 

rie  edizioni  delle  sue  rime  ,  e  che  incomincia  : 

Che  fai  !  Che  parli  !  A  che  stai  pigra  e  lenta  ! 

(1)  P'oL  II  pag.   5o. 

(a)  Biografia  dagli  scrittori  perugini  1  pag.   222, 
(3)  Pare   che  gli  stessi  suoi  biografi   ignorassero   la 
versione  italiana ,  die  il  Carbone  fece  di  una  orazione 
del  cardinal  Bessarione  :  A  tutti  gli  signori  d'Italia  con- 
fortandogli a  pigliar  guerra  contro  il  turco  1471;  4  varissimo. 


Scritti  inediti  di  L.  Carbone  297 

e  sembra  certamente  codice  del  secolo  XV  ,  e  coevo 
dell'  autore. 

Viene  in  primo  luogo  :  Traduzione  di  Sallustio 
historiograplio  per  Ludovico  Carbone  allo  illustre 
e  grazioso  signore  M.  Alberto  da  Este.  Et  prima  il 
proemio*  In  questo  proemio  cosi  Lodovico  espone 
il  motivo  ,  che  lo  ha  condotto  a  tradurre  Sallu- 
stio (1)  :  Ragionando  pochi  dì  innanzi  cum  Nico* 
lo  Bene  de  Dio  vostro  fedel  servitore  t  et  mio  ca- 
ro discipolo  ,  lui  mebbe  a  dire  quanto  volentiere 
la  S.  V.  leggeva  la  bistorta  :  e  quanto  piacere  pren* 
deva  in  sapere  la  vita  e  costumi  di  quegli  anti- 
chi romani ,  che  in  ogTii  laude  ,  et  gentilezza  for- 
no tanto  gloriosi  etc,  ...  e  sopratutto  intesi  che 
molto  vi  gustava  il  parlar  di  Crispo  Sallustio  cum 
quella  sua  gravissima  brevitate  :  et  anche  in  que- 
sto havetti  buon  judicio ,  perciocché  ninno  altro  ali- 
dore latino  fu  mai  ,  che  in  sì  poche  parole  com- 
prendesse tante  altre  ,  et  profonde  sentenze  ,  in 
modo  che  ognuno  ha  che  dire  ,  e  stupire  di  que- 
sta divina  brevitate  sallustiana.  E  veramente  que- 
sto è  il  giudizio  ,  che  in  ogni  qualunque  tempo  si 
pronunciò  delle   istorie   di    quel  classico. 

Il  sig.  Barotti ,  da  un  epitalamio  inedito  del  Car- 
bone ,  estrasse  la  semplice  notizia  che  Lodovico  orò 
ne'  funerali  di  Bertoldo  da  Este  generale  de'  vene- 
ziani ,  morto  in  battaglia  sotto  Corinto  nel  i4G3; 
ma  da  questo  proemio  suo  a  Sallustio   ne  veniamo  in 


(1)  Questa  versione  inedita  è  certamente  la  'prima 
che  si  facesse  ài  quel  classico  romano ,  e  dovè  prece- 
dere quella  di  Agostino  Ortica  dalla  Porta  genovese  , 
la  prima  die  si  conoscesse  fin  qui ,  e  che  si  pubblicò  fino 
dal  i5i8.  Per  Zorzi   di   Rusconi   milanese. 

i5* 


.228  Letteratura 

miglior  modo  accertati.  Imperocché  ivi  soggiugne  ad 
Alberto  :  Maxime  dapoichè  retornassemo  da  Este ,  do- 
ve dal  sapientissimo  nostro  duca  fosti  mandato  ,  e 
io  insieme  cum  viri,  a  celebrare  ,  et  onorare  i'exc- 
quie  di  Bertoldo  vostro  morto  nella  Morea  in  ser- 
vizio de*  signori  venetiani  in  sì  laudabile  spedizio- 
ne per  la  fede  Christiana  ;  et  io  feci  quella  orazio- 
ne funebre  di  che  ancora  tutti  quegli  montanari  ne 
parlano. 

Segue  la  versione  di  Sallustio  ,  che  ha  un  fo- 
glio lacero  nel  mezzo  del  codice  ,  e  che  sembran- 
domi condotta  con  non  ispiacevole  maniera  ,  a  buon 
seggio  di  essa,  le  soggiungo  questo  principio  del  pro- 
logo   sallustiano. 

Qualunque  homo  desidera  essere  avantaggiato 
sopra  gli  altri  animali  ,  con  tutte  le  forze  conden- 
si adoperare  di  non  trapassare  la  vita  sua  con  si- 
lenzio ,  e  senza  fama  ,  come  le  pecore  ,  che  natu- 
ralmente sono  inclinate  alla  terra  ,  e  formate  a  obe- 
dire  il  ventre-  Ma  ogni  nostra  possanza  parte  nel 
corpo  ,  parte  nell'animo  è  riposta,  l'animo  a  coman- 
dare ,  il  corpo  a  servire  dovemo  usare  :  l'uno  con  le 
bestie  abbiamo  comune  :  nel  altro  cum  epso  Idio 
partecipamo  :  onde  mi  par  megli» ,  e  più  dritto  con 
t aiuto  de  l'ingegno  ,  che  della  forza  corporale  cer- 
care fama  ,  et  acquistare  gloria.  E  perchè  la  vi- 
ta istessa  che  goderemo  è  molto  breve ,  lasciar  di  noi 
memòria  long/rissima.  Perochè  l'honore  della  ricchez- 
za ,  e  della  bellezza  è  debole  e  fallace  :  e  presto  ci 
abbandona  ;  la  virtù  de  l'animo  chiara  e  forte  ri- 
mane. 

Ma  il  dotto  Carbone  avea  già  prevenuto  il  suo 
Alberto  siccome  era  egli  già  occupato  in  tradurre  dw 
opere  pellegrine  composte  da  due  greci  :  l'uria  co- 
me  debba  esser  fatto  il  buon  capotatilo  ;  l'alt/ a  u 


SCMTTI    INEDITI    DI    L.    CAI\BONE  23Q 

tutte  le  fanne  e  modi  di  ordinare  le  schiera  in 
campo  ;  proponendosi  ó"  inviarlo  ad  Ercole  I  da  Est»* 
fratello  di  Alberto  ,  e  secondo  duca  di  Ferrara.  Ercole 
essendo  invaghito  pertanto  di  meglio  conoscere  le  anti- 
che istorie,  e  particolarmente  quelle  degli  illustri  capi- 
tani, perciò  il  sig.  Barotti  (i)  ci  ricordò  le  italiane  ver- 
sioni ,  che  dal  greco  e  dal  latino  intrapresero  al- 
cuni letterati  italiani  ,  ora  per  ordine  di  quel  prin- 
cipe ,  ora  per  soddisfare  al  suo  altissimo  genio  ;  ma 
fra  quelle  versioni  medesime  non  si  noverano  he 
la  sallustiana  ,  ne  le  altre  due  ,  che  a  questa  suc- 
cedono. E  la  prima    di  esse  : 

Traduzione  di  Onoxandro  greco  de  Voflicio  del 
capitanio  fatta  per  Ludovico  Carbone.  Allo  ili.  sig. 
miser   Hercole  da  Este. 

Dal  breve  proemio  ,  che  Lodovico  vi  antepone , 
sappiamo  come  egli  av<;a  già  scritto  e  scriveva  in- 
torno all'  arte  militare,  onde  compiacere  Ercole  suo 
signore  ,  a  cui  quanto  Lodovico  fosse  stretto  di  amo- 
re e  di  stima  lo  avea  già  manifestato  nel  suo  proe- 
mio a  Sallustio.  Sembra  certo  frattanto,  che  questa 
versione  di  Lodovico  precedesse  l'altra  di  Fabio  Cot- 
ta pubblicata  in  Venezia  pe*  Gioliti  ,  gli  anni  i54G 
e  i548. 

Più  interessante  per  l' istoria  dell'  illustre  sua 
patria  potrebbe  sembrarle  ,  chiarissimo  monsignore  , 
ciò  che  immediatamente  segue  all'operetta  di  Ono- 
sandro  ;  imperciocché    ivi   si    ha  : 

Dialogo  de  Ludovico  Carbone  ,  dove  se  intro- 
duce a  parlare  Ferrara  e  Bologna  dela  partita 
soa  et  dasse  materia  de  vari  ragionamenti.  E  per- 
chè ivi  dandosi  molte  lodi  a  Borso  Estense,  e  anche 


(i)  Op.  cit.  pag.  io5. 


a3o  Letteratura 

detto  duca],  bisogna  credere  che  quel  dialogo  si  scri- 
vesse da  Lodovico  nel  i4? i,  nel  quale  anno  Borso 
fu  salutato   duca   da  Pio  II,  e  morì  (i). 

Il  sig.  Barotti  muove  qualche  dubbio  che  il  Car- 
bone abbandonasse  la  cattedra  ferrarese  per  recarsi 
a  cuoprirne  altra  in  Bologna  ,  come  scrivono  il  Bor- 
setti e  il  Guarini  nelle  storie  della  ferrarese  uni- 
versità ,  e  l'Àlidosi  ;  ma  il  presente  dialogo  n'è  una 
conferma  maggiore;  imperciocché  ivi  Ferrara  dolce- 
mente querelasi  con  l'amica  e  vicina  Bologna  t  che 
le  avea  rapito  il  suo  Lodovico  |,  onde  renderlo 
bello  ornamento  della  bolognese  accademia  .  Que- 
sto dialogo  divien  pure  interessante  ,  e  piacevole 
eziandio  ,  non  tanto  per  qualche  annedoto  della 
vita  di  Lodovico  ,  ma  per  le  amichevoli  sue  eru- 
dite questioni  instituite  fra  quelle  due  illustri  citta  t 
che  scambievolmente  interloquiscono  ciascuna  intor- 
no a'  meriti  propri  ,  sulla  miglior  qualità  de*  due 
governi  :  perchè  mentre  Ferrara  dai  propri  duchi 
reggevasi  t  Bologna  si  governava  a  comune  sotto  i 
Bentivogli  ,  de'  quali  molti  encomi  si  leggono  ,  non 
meno  che  amare  invettive  contro  gli  uccisori  di  An- 
nibale Bentivogli.  Vi  si  leggono  pure  le  lodi  di 
Virgilio  Malvezzi  ,  di  Galeazzo  Marescotti  ,  di  Ja- 
copo Grato  ,  di  Alberto  Parisi  ,  e  di  Benedetto  Mo- 
rando bolognesi.  Bologna  pon  fine  al  dialogo  ,  ed 
unitamente  a  Ferrara  ,  per  accrescere  lode  al  Car- 
bone ,  si  auguravano  di  averlo  ciascuna  a  proprio 
pastore  ,  quante  volte  poteasi  egli  dimenticare  la  sua 
bella  Fontanina  ,  o  Francesca  Fontana  giovane  fer- 
rarese ,   che  egli   amava   teneramente  (2). 


(1)  Op.  cit.  pag.  49. 

(2)  Op.  cit.  pag.  47. 


Scritti  inediti  di  L.  Carbone  a3i 

A  più  liete  e  piacevoli  trattazioni  si  avanza- 
no gli  inediti  scritti  del  Carbone  nel  codice  stes- 
so ,    ove  a   quei  dialogo   stesso    succedono   (i)  : 

Cento  trenta  novelle  o  facezie  de  Ludovico  Car- 
bone  allo  illustrissimo  principe  et  excellentissimo  du- 
ca Borso  .  E  così  nel  proemio  adduce  il  motivo  , 
che  lo  indusse  a  trattare  questo  nuovo  e  piacevo- 
le modo  di  scrivere  :  Molti  vedendomi  ne  le  Orazio- 
ne  mie  tanto  volentieri  piacevole  zzi  are  ,  si  danno  a 
intendere  ,  che  io  abbia  una  natura  tutta  zoiosu  et 
iùcunda,  onde  cum  sui  preghi  et  persuasioni  me  han- 
no indutto  a  questo  che  debba  componere  qualche 
libro  de1  facezie.  Ve  ne  ha  pertanto  ,  che  tengono 
luogo  fra  le  geste  di  gravissimi  ed  illustri  sogget- 
ti ;  siccome  sarebbero  ,  a  modo  di  esempio ,  Nicco- 
lò V,  Eugenio  IV ,  Pio  II,  Borso  ,  Ercole,  e  Ni- 
colò Estensi  ;  Sigismondo  Malatesta  ,  Tito  Vespasia- 
no Strozzi,  Biagio  Pelacani  da  Parma,  Guarino  ve- 
ronese ,  il  cardinale  Bessarione  ,  Bernabò  Visconti  , 
Cosmo  de'  Medici  ,  Franco  Foscari  principe  di  Ve- 
nezia, Francesco  Sforza  ,  e  Dante  Alighieri.  Tre  no- 
vellette riguardano  le  geste  di  quel  sommo  italiano: 
e  per  render  cosa  grata  all'  Eccellenza  Vostra  ,  vo- 
glio farle  conoscere  ,  riferendole  tutte  tre  ,  in  qual 
modo  vengano  esposte  da  Lodovico. 

Danti  Aldigieri  poeta  fiorentino  fo  molto  prom- 
pto  a  rispondere  t  siando  molto  speculativo  e  con- 
templativo un  dì  udendo  la  messa,  o  che l  facesse  per 
esser  troppo  abstracto  a  qualche  sottil  fantasia  :  s 
forsi  a  studio  per  delegiare  gli  nemici  suoi  :  non 
si  ingenochiò  né  si  levò  il  capuzzo  levandosi  el  cor" 

(i)  Nel  codice  non   sono   che  io5  per  mancanza  dì 
alcuni  fogli ,  forse   tolti. 


a3a  Letteratura 

pò  de  Christo.  Gli  emuli  die  molti  avea ,  perche  era 
valenthuomo  ,  subito  corsero  al  vescovo  accusando 
Danti  che  era  heretico  et  non  avea  facto  reveren- 
tia  al  sacramento.  Il  vescovo  fece  chiamare  mes- 
ser  Danti  riprendendolo  de  lacto  suo  e  dimandan- 
dolo che  avea  facto  quando  si  levava  Vhostia.  Lui 
rispose  :  In  verità  io  havea  la  mente  mia  si  a  Dio  , 
che  non  mi  ricordo  che  acto  facesse  col  corpo  :  ma 
questi  cativi  homini  che  aveano  Vanimo  e  gli  oc- 
chi più  a  mi  cita  Dio  vel  saper ieno  dire  :  e  se  lo- 
ro avessero  avuta  la  mente  a  Dio  non  sariano  sta- 
ti a  guardare  quel  che  mi  facesse.  Il  vescovo  ac- 
ceptb  la  scusa  ,  e  conoscettc  Danti  per  savio  huomo 
scorgendo   questi    invidiosi  per  bestioni. 

Siando  anche  a  mensa  con  messer  Cane  da  la 
Scala  che  fo  un  graziosissimo  signore,  e  volendo  lui 
trescare  un  pocho  cum  Danti  (i)  et  incitarlo  a  qual- 
che motto  ,  ordinò  cum  gli  servitori  che  adunassero 
tutte  le  osse  e  occultamente  le  ponessero  all'i  pie- 
di di  Danti.  Levate  le  tavole  vedendo  la  brigata 
tante  osse  così  adunate  agli  piedi  di  Danti,  comin- 
cia/o a  ridere  domandandolo  se  fosse  maestro  de  .  .  . 
Lui  subito  rispose:  non  è  meraviglia  se  gli  cani  han- 
no mangiato  le  o»se  soe  :  ma  io  non  son  cane  ,  pe- 


(i)  La  dimestichezza  che  Dante  tenne  con  Cari  Gran- 
de può  meglio  confermarsi  da  una  lettera  dal  poeta  a 
quel  principe  ,  recentemente  pubblicata  dal  sig.  Carlo 
TVitte  ,  Padova  1827  ;  rimanendo  sorpreso  il  dotto  editore 
come  tanti  laboriosi  commentatori  di  Dante  non  i  ab- 
biano osservata  ,  aggiungendo  come  eglino  avrebbe- 
ro trovata  la  chiave  per  meglio  interpretare  ,  e  con 
maggior  sicurezza  ,più  luoghi  difficili  della  Divina  Com- 
media. 


Scritti  Inediti  di  L.  Carbone  a33 

rò  non  li  ho  potuti  mangiare.    E  questo  disse  per- 
chè quel  signore  havea  nome  messer  Cane. 

Un  altro  buffine  per  istigarlo  gli  disse  (i)  :  Che 
vuol  dire  questo ,  messer  Danti ,  che  vui  si  gran  va- 
lenthuomo  e  savie  setti  cusì povero*;,  et  io  matto  et  igno- 
rante son  sta  fatto  richo  da  questo  mio  signore  ? 
Danti  rispose  degnamente  :  Se  tu  sé"  richo  non  me 
meraviglio ,  perchè  hai  trovato  un  signore  simile  a 
te  :  quando  io  ancora  troverò  un  signore  simile  a  me  , 
lui  me  farà  richo. 

Il  sig.  Barotti  inoltre  recò  due  documenti  fri 
cui  si  favella  di  una  certa  Lucia  promessa  sposa  di 
Lodovico  ;  ma  da  tre  di  queste  novellette  assai  ben 
si  comprende  che  divenne  sua  sposa  ,  come  egli  la 
chiama. 

Nel  proemio  *  Sallustio  aveaci  già  prevenuto  il 
Carbone ,  come  egli  era  occupato  in  due  versioni 
dal  greco.  Una  di  esse  l'abbiamo  già  vista  in  Ono- 
sandro  ;  l'altra  fu  : 

Tradutione  di  Heliano  greco  del  modo  di  or- 
dinar le  schiere  volgarizzato  per  Ludovico  Carbo- 
ne allo  illustrissimo  e  magnanimo  signore  e  valo- 
roso capitanio  M.  Hercule  da  Este.  Ella  s' incontra 
subito  dopo  quelle  facezie.  L'inedita  versione  di  quel 
greco  procurataci  da  Lodovico  fu  forse  la  prima 
che  si  intraprendesse  ,  e  fu  certamente  anteriore  a 
quella  di  Francesco  Ferrosi  già  pubblicata  in  Ve- 
nezia nel  i55i.  Anche  qui  il  traduttore  fa  pre- 
cedere un  alquanto  erudito  proemio ,  rendendoci  av- 
vertiti come  già  dal  testo  greco  l'avea  nel  latino  ri- 
dotto  il   celebre   ellenista    Teodoro    Gaza    di    Lodo- 


(i)  È  forse  quel  medesimo  fatto  riferito    dal  Petrar- 
ca ,  Mirabil.  lib.    IF. 


a34  Letteratura 

vico  medesimo  precettore  (i).  Ma  il  codice  manca 
in  tilt  imo  di  qualche  foglio  ,  e  questo  mancamen- 
to ci  privò  forse  di  qualche  bibliografica  nota  ;  che 
potea  divenire  anche  interessante  per  la  storia  del 
codice    stesso. 

Se  piccola  e  lieve  è  l'offerta  ,  che[  devotamen- 
te le  umilio ,  anche  minore  le  sembrerà  se  venga 
paragonata  alla  immensità  de'  suoi  favori  ;  ma  la 
bontà  e  generosità  sua  sapranno  accoglierla  ,  come 
se  fosse  ben  proporzionata  alla  gratitudine  che  le 
debbo  ,  ed  ai  grandi  meriti  suoi.  Pieno  di  stima  le 
bacio  le  mani  ,  e  mi  offro  ai  suoi  preziosi  e  rive- 
riti   comandi. 

Perugia  3o  novembre   1828. 


Seguita  Pesame  critico  di  alcune  recenti  poesie  ita' 
liane.  Vedi  i  volumi  CXII,  CXIII,  CXIV. 


Oono  caduto  in  errore,  né  so  io  come,  attribuen- 
do al  sig.  Missiroli  la  canzonettina  — -  O  gazza  silve- 
stre;—  perchè  altri  mi  disse  essere  stata  da  lui  im- 
provvisata in  juna  conversazione  di  questo  mondo. 
Fatto  sta  che  la  è  del  sig.  prof.  Grilli,  e  già  stam- 
pata molt'  anni  sono  passati.  Confesso  adunque  que- 
sto inganno  mio  ,  perchè  altri  non  pensi  aver  io  a 
bella  posta  cosi  adoperato.  Dirà  taluno  :  Perchè  in- 
serirla ,  se  non  era  stampata  col  nome  del  Missiro- 
li ?  Perchè  tanto  era  in   me  il  desiderio  di  mostra- 


ci) Federici,  degli  scrittori   greci  pag.   264. 


Esame  chitico  bc.  a35 

re  che  io  non  ho  amarezza  alcuna  con  lui  ,  che  a 
confermazione  voleva  dargli  un  pò  di  lode  in  fine  ; 
sicché  parendomi  garbata  assai  quella  canzoncina,  ten- 
ni che  mi  servisse  a  maraviglia.  Or  se  non  è  sua  , 
converrà  che  io  consigli  francamente  questo  dotto 
riminese  a  darsi  tutto  a  Giustiniano  ,  poiché  le  mu- 
se noi  vogliono  a  mano  per  conto  alcuno.  E  se  ne 
mancassero  prove  maggiori  ,  basti  vedere  la  canzo- 
netta —  L'abbigliamento  pastorale  —  che  ha  stampa- 
ta non  ha  guari  :  alla  quale  ,  perchè  nulla  mancas- 
se a  far  ridere  le  brigate ,  ha  posta  innanzi  una 
letteruzza  francese  nelle  sole  parole ,  se  pure  è  sem- 
pre vero  ,  e  italiana  in  tutto  il  resto.  Sicché  si  può 
dire  che  ov'egli  ha  voluto  essere  italiano  è  riuscito  fran- 
cese ,  e  ove  voleva  farla  da  francese  si  è  rimasto 
italiano.  È  una  grande  follia  quella  che  va  pel  ca- 
po a  taluni  di  scriverci  le  cose  nostre  in  francese. 
Peggiore  è  poi  quella  di  darci  versi  alla  maniera 
d'oltremonte.  PofFar  Bacco  !  Non  siam  noi  abbastan- 
za stranieri  alle  foggie  del  vestire  ,  che  il  dobbiamo 
pur  essere  alle  foggie  del  favellare  e  dello  scrivere  ?  Né 
mi  pare  poi  lecito  lo  stancarci  le  orecchie  perpetua- 
mente con  cantafere  d'amore,  che  poca  s'addicono  a' 
giovani  :  degli  altri  non  dico  nulla.  Dopo  il  Meta- 
stasio  ,  il  Rolli,  il  Savioli ,  per  tacer  degli  antichi, 
sembra  impossibile  che  pur  vi  sia  chi  voglia  darci 
versi  erotici.  E  poi  de'  vecchi  innamorati  non  si  leg- 
ge volentieri  ,  che  Anacreonte  ;  e  quelli  che  senza 
la  gentilezza  di  colui  vogliono  fare  i  galanti ,  oh  la 
sbagliano  davvero.  Dirò  ancora  che  a  nulla  giovano 
queste  ciance  amorose.  Ma  senza  avvedermene  sono 
escito  di  seminato  :  e  però  e  1*  error  mio  e  questa 
digressione  mi  perdonino  i  cortesi  miei  leggitori  ,  a* 
quali  me  e   le  cos$  mie  senza   fine  raccomando. 


a36  Letteratura 

Vengo  ora  a  dire  tli  alcuni  sonetti  ilei  conto 
Carlo  Pepoli  stampati  in  Bologna  in  occasione  di 
nozze. 

Pare  che  questo  coltissimo  giovane  abbia  ora- 
mai attinta  quella  bella  semplicità  che  noi  ammiria- 
mo ne'  padri  della  lingua  nostra.  Imperciocché  l'an- 
damento de*  sonetti  è  sempre  facile  e  piano  ,  e  una  lo- 
devole nitidezza  fa  bello  accordo  cogli  ingenui  pen- 
sieri. Non  voglio  però  dissimulare  ciò  che  mi  è  av- 
venuto di  osservare  leggendo  que'  sonetti  ,  cioè  una 
non  so  qual  negligenza  di  verso  che  spiace.  Anche  i 
pensieri  mi  parvero  qualche  volta  un  pò  troppo  di- 
stemperati ;  ho  talora  desiderato  novità  di  concetti; 
quantunque  in  tali  argomenti  sia  molto  difficile.  Tut- 
\/\.  questi  piccoli  difetti  non  fanno  che  parecchie  poe- 
sie di  lui  non  sieno  degne  di  commendazione.  A  pro- 
va del  vero  ecco  un  sonetto  che  a  me  pare  bello 
sopra  gli  altri  per  molti  conti  ,  come  potrà  di  leg- 
gieri  conoscere   chi   si   farà  a  leggere  queste  cose. 

Deh  voi  ,  che  andate  dove  amor  v'invita 
Bramosi  in  traccia   di   fidato   core  , 
Tenete  i    pie  !  se   no  ,  follia  e  dolore 
Governeranno  il  fren  di   vostra   vita. 

Amor  dal    cor   di  donne  fé'  partita  : 

E  il    parlar  dolce  e    il   sospirar    d'amore  , 
E  gli    atti    onesti   son    fallace  fiore  , 
Che    frutta   pena  orribile  ,    infinita. 

Chi  è  preso  e  vinto  ,  e  lor  fedel  s'atterra  , 
Premon  col  pie  ,  clan  mano  in  forma  nova 
Cui  le  inganna,  o  le  abborre,  o  non  vuol  guerra. 

Deh  ,  se  pace  da  voi  mai  non  sia  in  bando  , 
Tenete  i  pie  !  vel  dice   un    che  per  prova 
Miseramente  vive   lacrimando  ! 


Esame  cmrico  ec  ^37 

Io  credo  clic  tranne  quel  governare  il  freno  ,  che 
tjon  mi  pare  bel  modo  a  cagione  delle  due  metafore 
troppo  disparate  fra  loro  e  qui  unite  ,<  nulla  pos- 
sa dirsi  in  contrario  ;  e  quolla  stessa  espressione  po- 
trebbe cangiarsi  di  leggieri  dicendo  —  Correggeranno 
il  fren  di  vostra  vita. —  Mi  si  potrà  per  avventura 
portare  innanzi  un  esempio  classico  a  difesa  del  go~ 
v  erti  ara  il  freno  :  ma  io  risponderò  che  quando  i  clas- 
sici hanno  dette  cose  contra  la  ragione  stessa  della 
parola  ,  0  contra  le  leggi  stesse  di  analogia  (  che 
pure  ha  luogo  ,  se  non  sempre  ,  il  più  delle  volte  , 
anco  in  fatto  di  lingua),  essi  non  fanno  punto  au- 
torità ,  0  a  meglio  dire  non  iscusano  bastantemen- 
te. Ed  io  certa  per  autorità  di  classici  non  m'  in- 
durrei a  dire  —  che  il  figliuol  di  Dio  vesti  spoglia 
mortale  —  poiché  è  aperta  contraddizione  tra  l'idea 
del  vestirsi  e  quella  dello  spogliarsi  ,  e  spoglia  e 
la  veste  di  cui  altri  si  è  dispogliato.  Né  per  dire —  un 
brano  del  poema  del  Tasso  —  direi  col  Magalotti  — 11 
mio  signor  principe  ebbe  la  bontà  di  farmi  sen- 
tire alcuni  squarci  del  poema  del  Tasso  ;  —  poiché 
ista  bene  dir  brano  ,  sendoclié  chi  sbrana  se  ne 
porta  una  parte  della  cosa  sbranata  ,  non  cosi  chi 
squarcia  ,  che  non  fa  altro  che  lacerare  ,  e  chi  la- 
cera o  squarcia  divide  violentemente  l'ima  parte  dall' 
altra  senza  portarne  via  alcuna.  E  se  io  dirò  —  vedi 
questo  squarcio  della  mia  veste  —  l'uomo  si  affisse- 
rà alla  fenditura  della  veste  ;  ma  se  io  dirò  in- 
vece brano,  egli  intenderà  solo  di  quel  pezzo  che 
è  stato  staccato  dalla  mia  vesta.  Sicché  in  fatto  d'esem- 
pj  si  conviene  andar  cauti  ,  perché  la  prima  auto- 
rità é  quella  della  sana  critica,  la  seconda  è  quella 
degli  scrittori  i  quali  per  grandi  che  siano  posso- 
no avere  i  loro  difetti  ,  se  egli  é  vero  che  —  ali- 
quando    buuus   dormi tat    Homerus.  — 


a38  Letteratura 

Abbiamo  anche  dello  stesso  conte  Pepoli  un'ode 
e  una  canzone  in  morte  della  gentilissima  donzella 
Livia  Strocchi  faentina.  Nell'ode  molto  mi  piace  la 
stanza  ove   si  dice   che   quella    benedetta  : 

Chiuse  le  Inci  e  volò  in  grembo  a  Dio. 

4 

Volava  :  e  a  l'alme  che  le  deano  via  t 
La.  dimandando  dell'  antiqua  soglia 
Ove  lasciò  la  vesta  , 
La  fanciulletta  pia  , 

Poiché  non  cape  in  ciel  Voce  di  doglia  , 
Tacitamente  dechinò  la  testa. 

Felice  mi  pare  anche  la  chiusa  della  canzone  : 

Canzon',  tu  nata  in  solitaria  parte 

Da  un'  alma  chiusamente  afflitta  ed  egra 
La  qual  tra  selve  di  spirar  disia  , 
Non  ti  maravigliar  s'orba  d'ogni  arte 
Disfatta   scapigliata  e  in  veste  negra 
T'è  concesso  l'andare   in   tua  balìa. 
Sol  fuggi  per  la   via 
Gli    spirti   sordi  e   di   pietà  digiuni  : 
E  al  venerando   degl'  iddii   cantore 
E    a  sua   donna   in    dolore 
Mostra  tue   luci  e  i  vestimenti   bruni  ; 
Poi   di  :  Largite  venia   all'  umil  canto  , 
E  mirate  a  quest'  occhi  s' hanno   pianto. 

Avvertirò  in  generale  sull'  ode  ,  che  ella  mi  sa 
alquanto  povera  di  concetti  ,  né  i  modi  mi  sem- 
brano sempre  degni  di  quel  genere   di  poesia  ,   che 


Esame  critico  kc»  i3q 

vuole  stil  franco  ed  energico  ,  maniere  evidenti  ed 
ardite.  Troppo  diffuse  mi  pajono  le  similitudini  dello 
stanco  pellegrino  r  e  della  colomba  innamorata  ,  che 
riempiono  le  due  prime  stanze  ,  e  troppa  fredda  la 
strofa   che   chiude  l'ode.  | 

Osserverò  di  più,  che  non  mi  piace  il  dire  —  un 
peregrino  incede.  —  Incedere  (  loco  non  cedere  )  e 
il  peregrinati  (  progredì  ,  pergere  ,  ultra  ire  )  non 
fanno  bell'accordo.  Aggiungasi  che  l'incedere  è  pro- 
prio degli  dei  o  di  tali  persone  che  loro  si  av- 
vicinino ,  valendo  non  solo  andare  con  maestà  ,  ma 
quasi  andare  senza  moversi  o  scomporsi.  |Ed  Elio- 
doro insegna  che  gli  dei  non  carainano  movendosi , 
e  mettendo  l'un  pie  innanzi  l'altro  ,  ma  sono  por- 
tati dall'aria  stessa  senza  che  facciano  passo.  E  però 
gli  egizi  facevano  i  loro  iddìi  retti  a  pie  pari  ed  uniti. 
E  Teocrito  nell'iddio  17  li  chiama  nepodi  :  A*  Sàvocroi 
c/le  ncthevvTxt  Seoi  ve7ro«/!es  y&yxcbTts  -  Immortales  vero 
dii  sine  pedum  usufacti.  JDifFatti  abbiamo  in  Omero 
al  libro  i3  ,  die  Nettuno  è  riconosciuto  da  Ajace 
all'  incesso  : 

Agevolmente 
Si  riconosce  un  nume  ,  ed  io  da  tergo 
Lui  conobbi   all'  incesso. 

(Trad.  del  Monti.) 

E  in  Virgilio  abbiamo   che  Venere  si  manifesta  dea 
al  modo    d'incedere   (Eneide  lib.  I  )  ;  ' 

Incessu  patuit  dea* 

E  Giunone  dice  (nel  lib.  I  dell'En.)  1 

Ast  ego  que  divutn  incedo  regina ,  Iovisque 
Et  soror  et  coii[ux. 


^4°  Lettkràturà 

M'è  poi  parso  di  vedere  ne*  classici  che  l'incesso 
si  dia  solo  agli  dei  quando  vengono  amici ,  e  quan- 
do vengono  irati  vadano  a  gran  passi  ,  e  prendano 
forma   smisurata.  Cosi    Apolline  presso    Omero  : 

Mettean  le  frecce 
Sugli  omeri   all'  irato   un  tintinnio 
Al   mutar    de'  gran   passi. 

E  Nettuno  in  tre  passi  giunge  a  dar  soccorso  a*  gre- 
ci. Stazio  dice  : 

Tamen  aspera  protlunt 
Ora   deam   nimìique    gradus. 

E  Callimaco  nell'inno  a  Cerere  : 

Nemesi   registrò    l'empio    parlare , 
Arse  la  diva  e  Cerere  mostrossi  t 
E  dalla  terra  al  ciel  parve  arrivare. 

(Trad.  dello  Strocchi) 

Ma  per  tornare  all'  incedere ,  egli  significa  ancora  an- 
dare con  pompa  e  fasto.  Cosi  Virgilio  nel  lib.  IV 
dell'  Eneide  s 

Regina  ad  templum  fgrma  pulcherrima  Dido 
Incessit. 

E  Sallustio  ha  il  laurea  coronatus  incessiti  II  toro 
che  —  incede  colle  corna  alte  e  superbe  —  del  Sa- 
nazzaro  ,  spiega  ottimamente  il  concetto  ,  e  confer- 
ma la  sentenza  ,  per  cui  disapprovo  il  peregrino  che 
incede. 

Nella   canzone  non  mi  piace  il  dire  ,  che  l'arco 
di  morte    incenerisce  e    fa   in    polve  : 


Esame  critico  ec.  a4f 

Se  mai  non  posi  da  quel  tuo  trar  d'arco 
Che  i  tuoi  più  cari  subito  fa  polve  : 

perchè  prima  del  diventar  polvere  molte  altre  idee 
vi  sono.  Così  pure  non  mi  pare  lodevole  : 

Il  poco  e  il  peggio  è  in  fossa  , 
Il  meglio  no  ,  che  mai  non  tocca  riva  : 

poiché  non  vi  è  relazione  alcuna  tra  il  toccar  riva 
e  l'essere  in  fossa  ,  che  qui  vale  quanto  tomba.  Ve- 
stire in  duolo  il  pensiero ,  mi  sa  d'arditezza  :  e  quan- 
to questo  modo  mi  avrebbe  avuto  bellezza  nell'ode, 
tanto  mi  disgrada  in  questa  canzone  petrarchesca.  La 
frase  poi    usata    per   dire  fuggi  la  vita  , 

Cacciò  dal  labbro  il   nappo   della   vita , 

mi  sembra  al  tutto  orientale  ,  e  non  acconcia  per 
veruna  guisa  alla  nostra  poesia.  E  vero  che  abbia- 
mo—  bere  il  calice  delle  amarezze  —  ma  questo  non 
iscusa  punto  ,  perchè  le  amarezze  possono  bene  con- 
tenersi nel  calice  ,  ma  la  vita  no.  Si  aggiunga  che 
più  sconcia  diviene  la  metafora  per  la  parola  lab- 
bro ;  perchè  l'idea  di  cacciare  dal  labbro  un  nap- 
po fa  si  ,  che  io  sia  costretto  ad  intendere  l'atto  e 
il  nappo  quali  sono  ,  non  quali  si  vogliano  mostra- 
re sotto  il  velo  della  metafora.  Così  è  bello  il  dire 
—  le  assetate  erbette  ,  —  ma  brutto  sarebbe  il  ripe- 
tere   col   Marini  : 

L'assetata  erbetta 
Apre  l'avido    labbro    alla  rugiada  9 

G.A.T.XL.  16 


242  LiETT    I    R    A    T    U    R    A. 

poiché  fintantoché  consideriamo  nell'  erba  l'arsura 
eguale  a  quella  d'uomo  che  asseta  ,  non  raffiguria- 
mo alla  mente  alcuna  forma  sensibile  di  oggetto  de- 
terminato :  ma  quando  aggiungiamo  il  labbro,  le  pre- 
sentiamo una  forma  sensibile  che  deturpa  l'immagi- 
ne principale,  e  ne  forma  un  mostro,  come  è  ap- 
punto l'erba  che  ha  le  labbra.  Né  so  approvare  il 
verso  : 

Se  la  membranza  di  quaggiù  ti  Meda  : 

essendo  il  Jiedere  alto  troppo  doloroso,  sconveniente 
a  persona  che  è  in  luogo  ove  non  si  sente  dolore 
e  non  si  piange  ,  ma  solo  si  sente  compassione  del- 
le miserie  altrui.  E  forse  non  troveremo  scrittore  che 
usi  il  modo  pietà  mi  fiede  ,  anziché  mi  punge  ,  mi 
tocca  ,  mi  stringe. 

Vengo  ora  al  poemetto  V Eremo  ,  che  il  conte 
Pepoli  indirizza  al  chiarissimo  conte  Giacomo  Leo- 
pardi :  e  prima  di  entrare  a  parlare  della  poesia  , 
dirò  alcuna   cosa   sul  soggetto   di   que'  versi. 

- — L'Eremo  (dice  l'autore)  è  una  montagnuola 
piena  di  fontane,  di  giardini,  e  di  riposte  vallet- 
te ,  talché  ti  pare  ora  lieta  ,  ora  dolcemente  me- 
sta, e  sempre  bellissima. —  Quivi  si  presenta  la  Ma- 
linconia in  apparenza*  di  dea  al  poeta  che  coglie 
fiori  e  gì'  inserta  ,  e  gli  dice  che  voglia  seguitar- 
la :  e  lo  condurrà  in  luogo  ove  appenderà  le  ghirlan- 
de ,  e  spargerà  i  fiori  raccolti  sopra  la  tomba  d'una 
verginella  che  passò  poc'anzi  di  vita.  Alle  parole 
oneste  della  donna  il  poeta  si  reca  a'desiderj  di  lei , 
onde  termina  il  primo  canto  col  verso  dell'Alighieri  : 

Colei  si  mosse  ,  ed  io  le  tenni  dietro. 


Esame  critico  ec.  3/3 
Al  cominciare  del  secondo  canto  si  parte  da  Bo- 
logna a  notte   avanzata  e  si  pone   per    la  via  Emi- 
lia ,  seguendo   la   sua   fida   scorta.  Passano  le   terre  , 
le  castella,  e  le  città,   die    s'incontrano    per   quella 
via  sino  a  Faenza:  e  di  mano  in  mano  che  in  quel- 
le ferma  lo  sguardo,  gli  tornano  a  mente  mille  care 
memorie.  Ricorda  i  vanti  di  ciascuna  ,    e    gli  uomini 
perche  fu  distinta  nelle  armi  e  nelle  lettere.  Indi  se- 
guitando  giunge  a  Faenza  :  che   è   la   meta    del    suo 
cammino.  Narra  ,  e  canta  le  antiche  lodi  di  quella  ; 
poi  si   conduce  —  al  venerando  degli  dei  cantore  — 
che  piange    ancora  la    morte   della    figliuola   sua.  Il 
poeta  gli  fa  onore ,  descrive  la  mestizia  in  cui  quel- 
la famiglia  è  posta   per   la  perdita  di   si   cara  vita  , 
e  pon  fine  al  secondo   canto.  All'  albeggiare  si  reca 
alla  chiesa  di  s.   Francesco  in  Faenza  ,  ov'è  la  tom- 
ba della  morta  giovinetta.   Qui    appende   la    corona, 
e  sparge    fiori   e  lacrime.    Descrive   la   pompa   fune- 
bre ,  i  sacri   cantici  ,  e  il  modo   con  cui  quella  for- 
tunata  salì  al  cielo.  Pervenuto  a  questo   passo  ,   ca- 
de esterrefatto    fuor  de'  sensi  ,   e    allo    svegliarsi   si 
ritrova   nel   luogo   ove  era    quando   gli   apparve   la 
Malinconia.  Chiude  il  terzo  canto  volgendosi  al  con- 
te Giacomo  Leopardi  ,  e  lo  prega  a  cantare  e  a  pian- 
gere  egli   pure  la  bella  angioletti  —  Che  ne  fé'  sce- 
mi di  sua  dolce   vista 

Questo  poemetto,  come  ognun  vede,  è  abbastan- 
za ben  concepito  :  e  se  non  è  nuovo  il  pensiero  , 
nulladimeno  piace.  Vaghi  sono  gli  episodj ,  e  lode- 
voli que'  luoghi  ,  ove  il  poeta  ,  posta  la  tenuità  del 
soggetto  ,  sorge  a  dire  di  forti  cose  :  se  non  che 
forse,  a  chi  giudica  secondo  le  regole  d'Aristotile  ,  po- 
trebbe sembrare  che  il  poema  non  bene  rispondes- 
se al  titolo  ,  perchè  troppo  poco  si  parla  dell'Ere- 
mo ;  e  potrebbe  facilmente   affermarsi  ,  che  il  poema 

iG* 


^44  Letteratura 

ha  il  titolo  più  presto  da  un  episodio  ,  che  dal  sog- 
getto principale.  Anche  questi  episodj  potrebbero 
parer  troppi.  Noi  però,  che  non  vogliamo  farla  da 
severi  ,  lasceremo  ad  altri  discorrere  queste  cose. 
Osserveremo  solo  che  quantunque  la  frase  ci  suoni 
sempre  italiana  ,  pure  alle  volte  potrebbe  essere  più 
trascelta.  È  questo  e  quello  ove  mancano  il  più 
delle  scritture  :  credo  io  ,  perchè  si  confondono  in- 
sieme due  cose  ben  separate  ,  quali  sono  la  bontà 
dello  stile  ,  e  la  bontà  della  lingua.  Conciossiacchè  , 
se  io  non  erro  ,  parli  bene  colui  che  espone  i  suoi 
concetti  in  acconce  parole  ,  approvate  dall'  autori- 
tà e  dall'uso  :  adopera  buono  stile  colui  ,  il  quale 
mostra  i  suoi  concetti  in  quel  modo  ,  che  richiede 
il  carattere  della  scrittura.  Sicché  potrà  avvenire  che 
uno  scrittore  non  dia  mai  pie  in  fallo  in  quanto 
alla  lingua  ,  manchi  poi  nelle  qualità  necessarie 
allo  stile.  Sono  italiani  ,  a  cagion  d'  esempio  ,  al- 
cuni modi  usati  dal  Davanzati  nel  volgarizzamen- 
to degli  annali  di  Tacito  (  i  più  però  sono  pretti 
iìorentini),  ma  non  è  italiano  lo  stile,  perchè  que'mo- 
di  per  la  bassezza  loro  tolgono  alla  scrittura  quel 
carattere  di  dignità  che  è  proprio  della  storia.  E  lo 
stesso  maraviglioso  e  tremendissimo  Bartoli  ,  del 
quale  tanto  a  ragione  noi  lodiamo  le  scritture  ,  è 
infallibile  in  fatto  di  lingua  ,  non  così  in  fatto 
di  stile  ,  spezialmente  nelle  opere  minori.  E  se  al- 
cun difetto  (  che  tutte  le  umane  cose  per  proprietà 
«.Iella  natura  loro  debbono  essere  notate  di  qualche 
macchia  )  può  trovarsi  nelle  istorie  del  Bartoli  ,  egli 
mi  par  questo  ,  che  non  vi  sia  sempre  il  vero  ca- 
rattere dello  stile  istorico  ,  il  quale  rigetta  i  fioret- 
ti e  le  soverchie  descrizioni.  E  coloro  i  quali  più 
vanno  dietro  alle  parole  che  alle  cose  ,  si  trovano 
spesso  caduti  in  questo  errore.  Non  vuò  dire  io  che 


Esame  critico   ec.  a{"> 

nel  poemetto  del  conte  Pepoli  manchi  la  decenza , 
a  cui  si  riducono  tutte  quante  le  virtù  dello  stile  , 
se  egli  è  vero  che  —  caput  artis  est  decere ,  —  ma  so- 
lo che  ella  alcune  volte  si  fa  desiderare  più  Leila. 
Ma  lasciate  queste  cose  ,  ecco  alcuni  luoghi  del 
poemetto  che  io  do  come  un  saggio  :  e  da  questi 
il  discreto  lettore  potrà  conoscere  quale  e  quanta 
lode    debba    darsi    a  questo    novello   poeta. 

CANTO     I. 

Un  monticel  si  specchia  al  picciol  Reno, 
E    il   vago    monticel    eh'  Ermo    s'appella , 
Bellissimo    fiorito    erge    '1    suo    dorso 
Alteramente   umil.  —  Sul    dorso    aprico 
Ov'  è    più   l'aer   sano   e    dilettoso  , 
E    l'acqua    salutifera    trascorre, 
Ridon    lieti    verzieri  ,   opimi   colti  , 
Verdeggian    prati    pianamente    ameni 
Cui    fan    bella   corona    in   ordinanza 
Schietti   indiani   filari   d'arborelli 
Odoriferi    in    fiore,    e   allegri    in    ombra; 
Meraviglie   a   veder  !    Quivi   tu   assiso  , 
Mentre  vaporerà    soavemente 
Moltissima  fragranza   degli   aranci , 
Tu  potrai ,  quanto  ha  l'occhio  il  suo  trar  d'ale , 
Libero    spaziar    ec. 

CANTO    IL 

Cosi    giungemmo    al   pian    dell*  ampia  via 
A  cui  die  nome  il  condottici-   romano  , 
Posciachè   terzo    tra   que'  due    famosi 
Partì  l'imperio   universal   del  mondo. 


i,\C)  Letteratura 

Qui  il  poeta  attribuisce  la  fondazione  della  via 
Emilia  ad  Emilio  il  triumviro  :  ma  io  sono  costret- 
to a  far  osservare  essere  egli  caduto  in  errore.  Im* 
perciocché  lasciando  a  parte  Strabone  ,  che  ne  par- 
la al  libro  I,  se  osserviamo  in  Livio  lib.  3q  cap.  2  , 
troveremo  che  egli  nell'  anno  varroniano  567  posi 
scrive  :  M.  Aemilius  alter  consul  ....  pacatis  Ifgù' 
ribus  in  agrum  gallicum  exercitum  duxit  ,  vìam- 
que  ab  Placentia ,  ut  Flaminiae  committeret ,  Arl- 
minum  per  duxit.  La  quale  testimonianza  se  non  ba- 
stasse ,  quantunque  basti  oltra  il  bisogno  ,  veggan- 
si  le  colonne  migliari  ,  che  furono  allora  poste  in 
su  questa  via  medesima  ,  alcune  delle  quali  esisto- 
no ancora  dopo  207$  anni ,  conservandosene  due  nel 
museo  dell'  università  di  Bologna  ,  e  trovandosene 
di  più  una  terza  a  suo  luogo  ,  come  può  vedere 
chiunque  passi  per  Castel  s.  Pietro  ,  e  guardi  all' 
angolo  dell'  ultima  casa  a  destra  verso  Bologna.  Le 
prime  due  furono  pubblicate  dal  chiarissimo  profes- 
sore sig.  canonico  Schiassi  nella  sua  guida  del  fo- 
restiere pag.  38,  e  la  più  integra  porta  questa  iscri- 
zione : 

M  .  AEMILIVS  .  M  .  F  . 

LEPID  .  COS  . 

CCXCVI 

Quella  di  Castel  s.  Pietro  mostra  il  numero 
CCLX1I,  ed  è  insegna  che  era  discosta  da  Roma  262 
miglia.  Questo  M.  Emilio  Lepido  poi  era  bisavolo 
del  collega  di  M.  Antonio  e  di  Ottaviano  nel  trium- 
virato ,  siccome  attesta  anche  Cicerone  nella  Filip- 
pica XIII.  È  anche  questo  Emilio  celebratissimo  nel- 
le istorie  ,  essendo  stato  console  due  volte  nel  5G7 
e  nel  679  ,  pontefice  massimo  ,   censore  ,   tutore   del 


Esame  critico  ec.  247 

re  d'Egitto  ,  e  sei  volte  principe  del  senato.  Ne  que- 
sto Emilio  va  confuso  con  Emilio  Scauro  ,  che  fe- 
ce un'  altra  via  pur  nominata  Emilia  dal  suo  no- 
me ,  la  quale  per  Pisa  e  Luni  conduceva  a  Tor- 
tona ,  come  Livio  e  Vittore  affermano.  Conviensi 
dunque  correggere  levando  i  versi  —  Poscia  che  ter- 
zo ec  —  ,e  l'altro  —  Partia  lo  scettro  universal  del 
mondo  —  ec.  Ma  seguitiamo  il  poemetto  del  con- 
te Pepoli  : 

Oh  Emilia  Emilia  ,   o   via   di    gloria  e  lutto 
E  di  pianto   e  di    sangue  !    Oh  qual  sovente 
Ti   calco    in   mio  pensier  !   (  qui ,   sospirando 
Forte  ,  la  mesta   donna  a  parlar    prese  ) 
Oh    quante   volte   e  quante   io    ti  fei    segno 
Al   meditar  !    non  ha   ventura   umana 
Che   tu    vista   non   aggia  !    A    quante  genti 
Latine  e  strane  ,   e    amicamente   e   in  guerra 
Tu  desti  passo  !   Quanti  casi  orrendi , 
E   quanta  mai   barbarica   ruina 
Tu   a   noi  nascondi  di  che  fama  suona  ! 

Sallo  Cliterna  ben  ,    che  qui  si   giace 

Strutta  e  sepulta  ,  e   che  a  dar  fede   intera 
Di  sua  vetusta    nominanza  ,   spesso 
Vome  de  le    profonde   orbe   latebre 
De   la   madre   comune  e   marmi  e   bronzi  , 
Onde   a    mezzo   lo    solco    inciampa  '1  vomere 
E  s'empie  l'arator    di   meraviglia  , 
Che   mira   ad   occhi   spalancati   e  stupidi 
Colonne,  cippi,  magni  scudi,    ed    elmi, 
E   armille ,    e    i   simulacri    di    quegl'  idoli 
In  che  si  mal  Cliterna   ebbe  fidanza  , 
Poiché  non   fur   valenti    alla    meschina 
Da  la   destruz'ion  farla   secura. 


248  Letteratura 

Cosi   parlava  :  e  tutta   sospirosa 

Novellamente  ,  chiusa  in  suo   silenzio  , 
Studiava  il  passo  ec. 

CANTO    III. 


S'è  tutta  umil  la  stanza   ove   si  schiude 
Queir  angioletta  :  intorno   de  l'avello 
Innocenza   piangendo   non  s'aggira 
Co  le  palme    velandosi   le  gote 
Rosse   di  pentimento   e  di  vergogna. 

Qui   non   dimanda  l'orfano    infelice 

L'avito  censo  ,  e  impreca    all'  ombra  perfida 
Del  rio   tutor  congiunto.  E   qui    non  giace 
Svergognato  garzon  rotto  a    lussuria , 
Ai  ludi  ,  a  l'ire ,  e  brutto  d'ogni  vizio  , 
Cui  lo   compagno   reo   fendea  le   schiene 
Co  l'affilato   traditor  coltello  , 
Scemando  la  caterva   disbrigliata 
Ch' e  vile   a   fronte   e   coraggiosa    a    tergo; 
Ne  madre   scarmigliata   lacerando 
Le  negre  vesti  in   furibondi  pianti 
Dimanda  sul   sepolcro    al  garzon  spento 
I  figli  i  figli   che  dal  dritto   calle 
Per  lui   torceano  '1  pie.  Qui  non  l'avaro 
Tien  le  sue  membra,  che  nel  freddo  avello 
Hanno   quel    sonno  alfin    che   le  fuggia , 
Vivo    il  loro  signor  ;  nò  il    poverello  , 
Né   la  vedova    attrita   dal   digiuno  , 
Ne  il   veglio  affranto    pallido   cadente  , 
Qui   a  l'avarizia  invocano   vendetta. 

Qui  non  è  il   sasso   che  protegga  il  cenere 
Di  colui    che   tenea  lance  di   Temi  , 
E  ponea  da  l'un  lato  il  giusto  e  il  dritto, 
Da  l'altro   l'auro  ;  e  l'auro  avea  vittoria. 


Esame  critico  ec.  a4o 

Ma  pei  tenere  il  modo  consueto  farò  qui  alcune  os- 
servazioncelle  ,  le  quali  presso  l'autore  mi  saranno 
in  luogo  d'ogni  altro  argomento  della  stima  che  ho 
per  lui  e  per   le  cose    sue. 

Avvertirò  adunque  in  prima  che  i  versi  del  poe- 
metto sono  alquanto  monotoni  ,  ne  hanno  quella  for- 
za e  quella  varietà  d'  armonia  che  all'  uopo  si  ri- 
chiede. Ho  trovato  nel  fine  del  secondo  canto  i5  ver- 
si che  hanno  la  stessa  accentatura  ,  meno  due  ,  e 
qua  e  la  i  cinque  i  sei  e  più.  Ho  sovente  deside- 
rato quella  spezzatura  di  verso  che  fa  sì  grave  il 
verseggiare  del  Caro  ,  si  piacevole  quello  del  Parini , 
si  animoso  quello  del  Monti-,  si  delicato  quello  dell' 
Arici.  In  alcuni  luoghi  ho  traveduto  un  pò  di  negli- 
genza di  superfluità  ,  ed  ho  notato  qualche  soprabbon- 
danza d'epiteti.  Non  ho  potuto  lodare  l'uso  delle  paro- 
le plaga,  verbo  ,  responso ,  dimando  come  latinismi 
senza  garbo  ,  e  che  a  nulla  giovano.  Avrei  voluto  più 
parcamente  si  usassero  le  metafore  prese  dal  verbo 
frenare,  giacché  abbiamo  —  Guidare  a  stretto  freno  — 
Disfrenare  le  saette  —  Grondar  lacrime  sfrenatamen- 
te—  Infrenare  il  talento  lacrimoso  —  Son  la  dea  che 
ha  il  tuo  freno  — .  Cosi  pure  troppo  frequente  è 
l'uso  del  verbo  roteare  :  —  Il  pieno  rotear  d'un  sole 
intero  —  Il  roteare  delle  cose  umane  —  Il  rotear  de' 
secoli  — .  E  ripetuto  più  del  debito  mi  pare  il  mo« 
do  —  Vaporar  fragranza —  li  giglio  che  gode  vapo- 
rar l'aure  —  L'aer  beatamente  si  vapora  —  I  vapori 
eterei  di  paradiso. —  Né  approverei  l'espressione  —  Un 
oceano  immenso  di  verzura  —  che  mi  pare  metafo- 
ra non  bene  appropriata  ,  poiché  non  si  mostra  fa- 
cile relazione  tra  un  campo  verde  ,  e  un  mare  in 
calma.  Ferecunda  debet  esse  translatio,  osserva  Tul- 
lio ,  ut  deducta  in  alienimi  locum  non  irrnisse  ,  al- 
que  voluntarie    non    vi  venisse  videatur.  Un  «Vi- 


250  L    E    T    T    E    H    A    T    U    R    A 

scello  che  rimbalza  di  Sasso  in  sasso  per  la  via  mon- 
tana ,  è  modo  che  e  non  bene  mi  suona  ;  e  vorrei  si 
dicesse  per  via  scoscesa ,  perchè  la  parola  montana  mi 
desta  più  presto  idea  di  salita  che  di  discesa.  —  Il 
pino  non  dà  crollo  e  ride  i  venti.  Qui  se  ben  miro 
è  troppa  arditezza  ,  e  troppo  è  scoperto  lo  studio 
della  parola  :  sicché  quel  ride  mi  tiene  un  poco  del 
leccato,  tanto  più  che  è  ripetuto  poco  presso,  quan- 
tunque in  altro  significato — Da  valle  a  monte  ride 
la  foresta.  — 

Con  riverenza  de'molti  esempj  classici  che  ab- 
biamo ,  non  approverò  mai  la  metafora  tolta  dalla 
lucerna  a  significare  il  sole ,  la  difenda  pur  anche 
il  Monti.  Qui  poi  molto  meno  che  è  troppo  innan- 
zi portata  ,  perchè  non  solo  è  lucerna  astrattamen- 
te detta  ,  come  il  Phoebeae  lampadis  instar  di  Vir- 
gilio ;  ma  è  lucerna  — che  disfavilla  V ultima  favil- 
la— ,  sicché  questa  circostanza  allontana  la  mente 
mia  dall'  idea  principale  che  è  il  sole  che  tramon- 
ta ,  e  la  porta  ad  una  lucerna  che  si  spegne  ,  per- 
chè le  viene  meno  l'alimento.  E  il  Casa  con  finis- 
simo giudizio  rimproverò  a  Dante  l'uso  di  questa 
metafora  ,  perchè,  dic'egli  ,  rappresenta  altrui  il  puz- 
zo dell'olio  e  della  cucina;  quantunque  Dante  l'ab- 
bia collocata  in  modo  ,  che  ,  secondo  mi  pare  ,  non 
si  può  certamente  quella  sua  lucerna  confondere  col- 
le comuni ,  avendola   detta  lucerna  del  mondo  : 

Sorge  a'  mortali  per   diverse  foci 
La  lucerna  del  mondo. 

E  si  potrebbe  anche  dire  a  difesa  dell'  Ali- 
ghieri*, che  la  parola  lucerna  dapprima  non  ha  si- 
gnificato solo  la  lucerna  da  olio  ,  ma  si  bene  tut- 
to  ciò  che   ha   o   porta   luce  :   la    quale    scusa    non 


Esame  critico  ec.  a5i 

vale  per  noi,  perchè  la  parola  ha  ristretto  la  sua  si- 
gnificazione .  A  me  varrebbe  meglio  imitar  Dante 
nelle  altre  sue  belle  descrizioni  della  notte,  dell'au- 
rora, della  sera,  e  la  bellissima  del  Petrarca,  in  cui 
si  dice,  che  il  sole  parte  da  noi  per  portare  il  gior- 
no —  A  gente  che  di  la  forse  l'aspetta.  — 

Un  circonfuso  lame  di  mestizia  —  La  men- 
te ombrata  di  tetra  mestizia  —  Bever  V  assenzio 
del  dolore  —  Rombar  col  vento  delle  ciance  — 
JSevigare  un  nuvolo  di  rose  —  mi  sembrano  tutte 
guise  di  parlare  non  lodevoli  e  che  assai  putono 
di  romantico  ;  e  forse  il  difetto  è  nella  metafora  , 
che  ora  esce  troppo  dei  confini  ,  ora  è  troppo  spie- 
gata ,  ora  troppo  lontana.  Vi  è  anche  un'  altra  ragio- 
ne ,  perchè  certe  guise  di  parlare  ed  ardimentose 
non  suonino  bene  nelle  orecchie  nostre  :  ed  è ,  al  di- 
re del  cav.  Pindemonte  ,  che  gì'  italiani  non  accostu- 
marono per  avventura  a  tanta  animosità  poetica  la 
lingua  loro.  Ho  per  errore  di  stampa  il — presi  di 
pianto  —  parendomi  che  debba  dire  pregni  di  pian- 
to. Mi  è  oscura  poi  la  sentenza  di  questi  due  versi 
—  Piange  ogni  spirto  che  la  vide  viva  — •  Chi  non 
la  vide  non  l'aver  mai  vista  ;  —  e  ciò  perchè  nel  pri- 
mo luogo  il  verbo  piangere  è  usato  intransitivamen- 
te in  senso  di  lacrimare,  dolersi,  nel  secondo  è  usa- 
to transitivamente  in  senso  di  lamentare.  Non  so  lo- 
dare il  modo — testor  d'armonia  —  poiché  non  mi  pa- 
re che  il  suono  si  possa  concepire  come  una  tela  di 
armonie  concordanti.  Testor  di  carmi  sì  ,  perchè  le 
parole  unite  insieme  formano  dirò  quasi  un  tessuto; 
onde  i  latini  chiamavano  exordium  ,  cioè  orditura  ,  il 
principio  del  discorso.  Oscuro  pure  è  il  verso  —  For- 
se lungi  non  è  nostra  veduta  — ,  per  dire  forse  pre- 
sto ci  rivedremo  ,  e  l'oscurità  nasce  dai  varj  sensi 
della   parola   veduta. 


a52  Letteratura., 

. .  .  Ed  ora  non  resta — Sasso  di  te  che  estolla 
la  sua  cima  —  Pungendo  il  cor  del  peregria — •  • 
Tutto  al  più  la  punta  d'un  sasso  pungerà  lo  scalzo 
piede  dal  passaggiero ,  non  mai  il  core  ;  e  questo  mo- 
do sa  troppo  di  raffinato  ,  e  un  pò  del  seicento.  Il 
Filicaja  espresse  un  concetto  smagliante  nel  seguen- 
te sonetto  ,  sopra   i  tremuoti  di   Sicilia. 

Qui  pur  foste  ,  o  citta  :  né  in  voi  qui  resta 
Testinion  di  voi  stesse  un  sasso  solo  , 
In  cui  si  scriva  :  Qui  s'aperse  il  suolo  , 
Qui  fu  Catania ,  e  Siracusa  è  questa. 

In  sull'  arena  solitaria  e  mesta 

Voi  sovente  in  voi  cerco  ,  e  trovo  solo 
Un  silenzio  ,  un  orror  ,  che  d'alto  duolo 
M'empie,  e  gli  occhi  mi  bagna,  e  il  pie  m'arresta  : 

E  dico  :  Oh  formidabile  ,  oh  tremendo 
Divin  giudizio  !  pur  ti  veggio  e  sento  , 
E  non  ti  temo  ancor  ,  né  ancor  t' intendo  ? 

Deh  sorgete  a  mostrar  l'alto  portento, 
Subissate  cittadi  ,  e  fia  l'orrendo 
Scheletro  vostro  a  i  secoli  spavento. 

Devo  io  qui  rendere  grazie  infinite  alla  gentilezza 
del  conte  Carlo  Pepoli  che  con  lode  citandomi  ab- 
bia ricordata  la  vita  del  conte  Alessando  Biancoli 
da  me  scritta,  sono  già  passati  alcuni  anni:  ma  non 
posso  né  scusare  ne  nascondere  (che  non  mei  consen- 
te l'amore  della  dolce  mia  terra  natale)  l'errore  in 
cui  egli  è  caduto  facendo  il  Biancoli  faentino  ,  quan- 
do io  l'ho  detto  bagnacavallese.  E  se  egli  volesse  di- 
re che  in  Faenza  —  Dava  italica  veste  all'immortale  — 
Cantico  per  lo  qual  Maro  si  parve —  Ammaestrando 
l'opre  rusticane; —  vuò  che  sappia,  che  il  Biancoli 
scrisse  quella    traduzione  in    una  sua  villa  che  è  nel 


Esamk  Giunco  lic.  a53 

contado  di  Bagnacavallo  a  poche  miglie  dalla  citta  , 
nella  parocchia  di  Villanova.  Forse  avrà  preso  ab- 
baglio leggendo  nel  Mittarelli  De.  litter attira  /aventi- 
norum  che  lo  dice — patriciusfaventinus: — ma  questo 
significa,  come  ognun  vede,  che  egli  era  ascritto  alla 
nobiltà  faentina.  Non  so  anche  dissimulare  che  non 
mi  par  bella  la  maniera  con  cui  ha  descritto  il  ba- 
rometro chiamandolo — La  fiumana — D'argenteo  liquor 
entro  ad  esile — -Lunghissimo  cristallo.  —  E  come  una 
fiumana  ,  se  è  un  filo  sottilissimo  ?  E  poi  non  fa  egli 
brutto  contrastro  il  descrivere  una  fiumana  in  un  ca- 
naletto di  cristallo  ? 

Nel  canto  terzo  trovo  usato  due  volte  il  verbo 
distringere,  l'uria  in  senso  di  costringere  ,  l'altra  di 
legare  intorno:  —  Nostra  nequizia — Lo  distringe  a 
partir;  —  Il  cinghio  che  ne^lombi  li  distringe.  —  L'uso 
del  primo  luogo  non  mi  sa  buono,  e  quantunque  la 
Crusca  e  il  vocabolario  di  Bologna  facciano  corri- 
spondere al  distrili gere  italiano  il  costringere  de'  la- 
tini ,  mi  si  permetta  non  acquietarmi  all'autorità  lo- 
ro ,  e  dichiarare  apertamente  che  al  distringere  ita- 
liano corrispende  il  distringere  latino,  che  vale,  come 
ben  deffinisce  il  Gesnero,  —  stringere  strettamente  ,  le- 
gare intorno  ,  o  in  diverse  parti  —  ;  e  il  distringere 
negotiis  vaie  quanto  essere  stretto  da  tutte  le  parti 
dagli  affari.  E  molto  meno  vorrei  affermare  che  il 
distringere  abbia  significazione  di  premere,  allegan- 
done col  vocabolario  di  Bologna  l'esempio  del  Vil- 
lani:—  Tuttavia  dalla  grande  paura,  che  comunal- 
mente le  dislringea,  non  usavano  di  motto  sonare; — poi- 
ché qui  vale  stringere  strettamente ,  e  ne'  classici  è 
comune  il  modo  —  essere  stretto  da  paura.  —  In  sen- 
so poi  di  costringere  ho'  perj  fermo  che  non  se  ne  ab- 
biano esempi,  se  non  si  prende  per  esempio  l'accen- 
nato  errore  del    vocabolario.    E    lo  stesso    conte  P*j- 


^54  Letteratura. 

poli  poteva  avvedersene  ,  quando  ho  usato  distrin- 
gere  per  legare  intorno  nel  citato  verso  —  Il  cin- 
ghio   che    ne'  lombi    li  distringe. — 

Parlate  queste  cose  del  poemetto ,  resterebbe  ora 
a  dire  di  alcuni  versi  —  La  Miosotide  Palustre — ; 
ma  mi  si  conceda  di  passarmene ,  conciossiacchè  non 
mi  sembrino  troppo  lodevoli  tenendo  essi  più.  del 
romantico 'che  del  classico  ,  ed  essendo  cosi  sprezzati 
da  accostarsi  più  presto  ad  una  semplice  prosa  che 
ad  una  elegante  poesia.  E  se  alcuno  volesse  dire 
che  il  Pepoli  ha  tenuta  sì  fatta  guisa  per  servire 
ad  un  tempo  a'  classici  ed  a'  romantici  ,  noi  di 
questo  anziché  lode  gli  faremmo  rimprovero  ,  ri- 
cordandogli che  in  fatto  di  lettere  non  si  può  ser- 
vire a  due  padroni  .  E  come  vediamo  che  dall' 
unione  di  animali  di  specie  diversa  nascono  brut- 
tissimi mostri  ,  così  dall'  unione  de'  classici  e  de' 
romantici  deve  nascere  uno  stile  con  tutte  le  defor- 
mità de'  romantici  ,  e  senza  alcuna  bellezza  de'  clas- 
sici. E  possa  io  ingannarmi  ;  ma  se  non  si  combat- 
te a  pie  fermo  quest'  idra  ,  noi  torneremo  presto  a 
stravaganze  peggiori  di  quelle  che  ^deridiamo  ne'  se- 
centisti. 

(  Sarà   continuato  ) 

G.  I.  Montanari 


255 


Delle  lodi  di  Giuseppe  Doma  dottore  in  fisica  e 
in  matematica.  Discorso  letto  dal  prof.  Domenico 
Vaccolini  nella  solenne  distribuzione  de  premj 
agli  scolari  del  ginnasio  di  Bagnacavallo  il{  21 
settembre   1828. 

J_-Jegno  subbietto  di  canto  nelle  vittorie  d'Olimpia 
parvero  un  tempo  a  quel  senno  de' greci  le  lodi  de- 
gli eroi  e  delle  citta.  Più  degno  subbietto  di  ra- 
gionare nella  letizia  di  questo  giorno  parranno  a 
voi,  o  signori,  le  lodi  di  un  savio  e  cortese  ,  già  no- 
stra gloria  e  confronto  ne'  buoni  studi  ,  ora  desi- 
derio. Qui  a  vincere  l'ingnavia  ,  quell'  eterna  nemica 
dell'umano  sapere,  fece  ancora  fanciullo  i  primi  pas- 
si :  qui  meglio  che  trionfali  corone,  use  donarsi  alla 
forza  od  alla  fortuna  ,  ebbesi  più  volte  que*  premj  , 
che  la  sapienza  del  magistrato  oggi  stesso  concede 
all'  ingegno  ed  alla  virtù  :  qui  più  che  altrove  po- 
;e  il  suo  amore  :  qui  le  sue  cure  :  qui  la  sua  vita 
medesima.  Che  se  di  questa  né  d'altro  fosse  stato  a 
noi  liberale,  vorrebbesi  pure  sapergliene  grado;  vor- 
rebbesi  in  qualche  modo  lodarlo.  Ma  agli  provvide 
eziandio  ,  che  i  suoi  beneficj  al  suo  mancare  non 
ci  mancassero  :  bellissimi  documenti  fra  le  altre  co- 
se ei  ne  lasciò  ,  che  dureranno  finche  il  ginnasio  , 
finché  la  patria  stara.  Ed  il  ginnasio  e  la  patria  ri- 
corderanno mai  sempre  con  compiacenza  tutto  che 
fecero  per  lui  ,  e  più  quel  moltissimo  che  in  ri- 
compensa ne  ricevettero.  Se  non  che  come  pubblici 
furono  i  beneficj  ,  pubblica  conviene  che  sia  la  lau- 
dazione  :    ed    oggi   singolarmente    che   di    quelli   uà 


250  Letteratura 

dolce  frutto  si  ammira  in  questa  gioventù  genero- 
sa ,  che  le  comuni  speranze  viene  adempiendo  feli- 
cemente. Di  questo  mi  duole  ,  che  l'ufficio  non  men 
pietoso  che  giusto  di  parlare  pubicamente  di  queir 
egregio  sia  imposto  a  me  ,  che  lui  amai  tanto  ;  a 
me  ,  che  pensando  come  dianzi  ci  fu  rapito ,  più  sa- 
rei atto  a  piagnerlo,  che  a  commendarlo.  Ma  poi 
che  tanto  si  vuole  da  chi  ben  può  volerlo  ,  io  farò 
forza  al  mio  cuore  si  che  non  esca  in  lamenti;  e  di- 
rò semplice  e  schietto  ciò  che  sovente  (  assai  meglio 
che  io  non  saprei  )  di  quel  savio  e  cortese  Giusep- 
pe Doma  già  detto  m'hanno  quanti  qui  si  conosco- 
no di  gentilezza.  E  sì  la  loro  presenza  mi  sarà  di 
conforto  :  che  potrò  leggere  in  ciascun  volto  i  pen« 
sieri  ,  che  al  solo  ripetere  quel  caro  nome  in  ogni 
anima  già  si  ridestano.  Così  a  me  fosse  dato  tdi 
esprimerli    degnamente  ! 

Di  Trento,  dond' era  natio  ,  e  propriamente  di 
Pergiue  ,  dov'era  stanziato  ,  sen  venne  in  Romagna 
sul  finire  del  secolo  trapassato  l'onoratissimo  signor 
Luigi  Doma.  Stato  sei  anni  in  Ravenna  ,  passò  a 
Russi  ragioniere  di  quel  comune  :  né  quivi  si  fer- 
mò lungo  tempo,  preferendo  condursi  nel  i8o3  all'uf- 
ficio sì  d'ingegnere  ,  sì  di  computista  del  nostro  pub- 
blico. Accolto  assai  lietamente  fra  noi  ,  volle  presto 
aver  seco  la  benamata  consorte  signora  Marianna 
Leporini  ,  ed  i  figliuoli  carissimi  Giuseppe  ,  di  cui 
parliamo,  e  Teresa.  Il  primo,  perocché  natogli  in  Per- 
gine  gli  zi  ottobre  1793  ,  sendo  allora  molto  più  in- 
nanzi coli'  ingegno  che  coli'  età  dava  non  lievi  spe- 
ranze di  riuscire  negli  studi  del  padre,  ai  quali  mo- 
stravasi  apertamente  inclinato.  Così  bella  propensio- 
ne non  volevasi  contrariare  ;  ma  né  pur  tanto  da 
prima  fu  secondata  ,  che  mancasse  al  fanciullo  e  mo- 
do e  tempo   di  frequentare  il  ginnasio.    Vi    fu  teuu- 


Lodi  del  Dorna.  257 

to  qualche  anno  ,  e  corsa  rapidamente  quella  prima 
palestra  del  nuovo  e  del  vecchio  latino,  e  riportati  con 
molta  lode  i  premi  annuali ,  fu  messo  per  la  ret- 
torica  sotto  quel  valentissimo  don  Vincenzo  Fabbri , 
che  mi  glorio  pur  io  di  avere  avuto  maestro  di  uma- 
ne lettere.  Qui  non  è  a  dire,  come  l'uno  dell'altro, 
l'institutore  e  il  discepolo  ,  si  fossero  contenti  :  ba- 
sti ,  che  ingegno  e  bontà  fu  pari  in  entrambi  ;  nell' 
uno  a  dare  ,  nell'  altro  a  ricevere  gì'  insegnamenti. 
Non  era  giunto  qucst'  ultimo  a  pubertà  ,  e  sapeva 
già  tanto  di  quelle  cose  che  ad  istoria  a  geografia 
e  ad  eloquenza  pertengono  ,  che  parve  maturo  alla 
filosofia  ed  alle  arti  compagne.  Perlocchè  restituito 
al  ginnasio  ,  nella  scuola  del  disegno  apparò  i  prin- 
cipj  di  ornato  e  di  architettura:  nelle  filosofiche  poi, 
oltre  la  logica  la  metafìsica  e  l'etica  ,  conobbe  l'alge- 
bra la  geometria  e  la  fisica  :  e  tutte  queste  cose  in 
poco  più  di  due  anni  :  con  quanto  profitto  ,  videsi 
allora  e  poi.  Il  pronto  ingegno  ,  massime  in  ciò  che 
era  di  matematica  ,  la  docilità  ,  la  soavità  ,  la  mo- 
destia facevanlo  a  tutti  raccomandato  :  corto  ninna 
virtù  di  quelle  che  adornano  la  giovinezza  a  lui 
non  mancò  ;  molte  n'  ebbe  di  quelle  ,  onde  ha  pre- 
gio l'età  matura.  Di  che  io  posso  rendere  buon  te- 
stimonio ,  che  fui  tra  quelli  i  quali  allora  giudica- 
vano degli  studiosi  ,  e  co'  professori  e  cogl'  illustri 
colleghi  mi  piacqui  assai  di  quell'esempio  di  bon- 
tà e  di  sapere.  Né  tanta  eccellenza  di  meriti  fu  sen- 
za premio  :  ebbelo  in  questo  luogo  medesimo  ,  eb- 
belo  distinto  più  che  mai  fosse ,  ebbelo  dalle  mani 
del  magistrato.  Il  quale  rivolto  al  giovinetto  par- 
mi  così  gli  dicesse:  Ecco  alle  belle  fatiche  il  gui- 
derdone: vi  sia  sempre  neW animo  perchè  e  dove  lo 
riceveste  ,  e  qual  debito  indi  abbiate  con  voi  e  coi 
vostri  e  colla  patria  ,  che  è  ben  vostra  per  elezio- 
G.A.T.XL,  i7 


a58  Letteratura 

ne.  Queste  parole  non  furono   indarno  :    elle  posero 
in   cuore  al  giovinetto  più  calda  brama  di  farsi  ad- 
dentro  nelle  matematiche  pure  non   meno  che  nelle 
miste  :   ed   essendo  già   tanto  innanzi  negli   elementi 
di    quelle  ,    e    per    soprappiù    avendone    continuo    la 
pratica   in    casa  ,    gli    bastò    di    venire   pei  più   su- 
blimi  misteri  della  teorica   al  bolognese  archiginna- 
sio. Tre  anni  di  seguito   frequentò   quelle   scuole  ri- 
putatissime  ,  e  degne  di  esserlo  ,    tornando   poi   sem- 
pre  a  casa    nelle   vacanze  maggiori  ;    tanto   che   pa- 
reva ,  lui   non  potersi  slaccare   dalla  novella  sua  pa- 
tria: e  si  ei  l'amava  di  molto  amore,  perocché  ci  tro- 
vava   e   quella    pace    che    tanto    giova    allo    studio  , 
e  copia   bastante   di   buoni   libri    nella   pubblica   bi- 
blioteca: né  gli  ajuti  del  padre,  né  i  conforti  de'raae- 
stri   (  che  ben  presto   lo  ebbero   per   amico  e  colle- 
ga)  non  gli   mancavano.   Passò    con    onore  pe'  gradi 
accademici  della  università  in  fìsica  e  in  matematica,  e 
dall'  unanime  collegio  ai  4  di  giugno  i8i5  fu  salutato 
con  lode   dottore  ;  anzi    (  perchè  fosse   chiaro  a  tutti 
codesta    lode   esser   data  non  ad   altro   che  all'  inge- 
gno   ed  alla   virtù  )  fu  con  ispeciali  ulficj  raccoman- 
dato  al  governo.   E  mi   è   bello  notare  ,  che  scriven- 
do  di   lui    qual  chiaro  spirito   del   professor   Ventu- 
roli  ,  non  dubitò   designarlo   pel    migliore  degli   allie- 
vi non  pure   della  sua    scuola  ,    ma  della  università  ; 
e   quel  fiore  di   giudizio  del  professor  Magistrini  e  gli 
altri  di   quella   schiera  ,    che  io    (  comunque    l'ultimo 
degli    allievi  )   venero    siccome   è  debito  ,    non    senti- 
vano   altramente    del    nostro    Doma  :    uè]    altramente 
quante    mai   sono    le   savie  e  gentili    persone   che  lui 
conobbero  ,   e  molte  furono  che  di  conoscerlo  si  pro- 
cacciarono,  Tra  le    quali    siami   conceduto   di   ricor- 
dare   quel   mio    e    suo    carissimo  ,    che    della    scien- 
za   del    calcolo    e    della    natun?     gli     ivea    qui    di- 


/ 


Lodi  del  Dokna  25q 

scoperte   le   prime   Illa  :   né  uopo   mi   è   nominarlo  ; 
che   voi    tutti   sapete   chi   sia    quel    nostro  ,    che  noi 
bolognese  archiginnasio    viene   dappresso    agli   ottimi 
con   tanta  lode.  Ma  seguitiamo   del    Doma  :   eccolo  di 
nuovo   col   padre   molto    Lene   giovarsi    della  teorica 
per  avanzare  nella  pratica  ,  e  non   istaccarsi  dal  fian- 
co di  lui  se  non  due  mesi  per  gire   a   Forlì  da  quel 
lume  chiarissimo    del    Brandolini  ,    che    alle    cose    di 
acque  e  di  strade  sopiaintondeva   nella    provincia.  E 
sendo   già    bene    addentro    così   nell'  arte   come   nella 
scienza  degl'ingegneri;  non   varcò  molto  tempo,  che 
dato  di  se  Jmon  saggio  in  Ferrara   dinanzi  a  giudici 
di  queste    cose  maestri  ,  ebbesi  facoltà   si  d'insegnare 
la  teorica  ,  sì  di  esercitare  la  pratica  liberamente.  In 
questo  mezzo  fu  il  concorso  alla  cattedra  di  fisica  in 
Lugo  :  ed  egli,  comechè  avesse  fermato  di  non  divider- 
si dalla  famiglia,   tuttavia  pensando  la  gran  vicinan- 
za sì  che  avrebbe  potuto  il  più  del  tempo  esser  qui, 
si  mosse  a  cercarla,  ed  a  fronte  di  valentissimi  il  6  ài 
settembre   1-81-7  la  conseguì  co' pieni  suffragj  di  quel 
consiglio.    Tre  anni  la  tenne:  nei  quarto    spontanea- 
mente   la   rinunziò  ;    se   non   che    ripigliarla   dovette 
poi  qualche  mese,  sretto  dalle   istanze   di   que'signo- 
11.  E  fu  sua   gloria   principalmente   di   aver    formato 
alle  scienze,   che  diconsi  esalte  ,   ben  molli  giovani: 
tra  i  quali   voglio    mi  basti  di  nominare    il   Gherar- 
di,clie  di  meccanica  e  idraulica  è   da  due  anni  pro- 
fessore in  Bologna  ,  e  il  Dal  Vecchio  ,  che  nelle  co- 
se di  astronomia  in  Padova    viene   sì    presso    ai    più 
lodati.  Essi  diranno  a  tutti  quale  si.  fosse  il  maestro, 
che  posi  loro  nel  cuore  le  prime  faville  di  quel  no- 
bile fuoco  ,   di  che  oggi   accesi   risplendono.    Ma  co- 
me, si  chiederà,  come  si  consigliò  di  lasciare  la  cat- 
tedra quel  sì  fortunato    di    tai    discepoli  ?  Il  moltis- 
simo ,   che   egli  diceva    dovere  a  questa  sua  pallia  , 


17* 


360  Letteratura. 

lo  tolse  di  là  ,  dove  a  ritenerlo  non  valsero  ne  /e 
grandi  proferte  ,  né  le  preghiere.  Gli  parve  meglio 
tornarsi  qui  ,  dove  era  non  men  caldamente  desi- 
derato :  e  vi  rimase  ben  sette  anni  ,  per  l'appunto 
insino  che  visse,  ingegnere  della  congregazione,  che  ha 
cura  del  torrente  Fosso  Vecchio  e  de' suoi  influenti  den- 

.Q 

tro  quel  tratto  di  —  e   più    edometri   quadrati  ,    il 
m 

quale  si  giace  tra  i  fiumi  Senio  ed  Anione  e  la  via 
Emilia.  Nel  quale  ufficio  difficilissimo  come  si  di- 
portasse ,  lo  sanno  tutti  :  lo  giudicò  ,  coiti'  era  da 
lei,  l'eccelsa  commissione  del  Reno,  la  quale  nel  1823 
scriveva  :  lui  avere  meritato  molta  lode  perocché 
il  solo  ,  che  avesse  bene  studiate  e  comprese  le 
massime  adottate  per  la  formazione  de  nitori  cam- 
pioni di  contribuenza -.  e  l'anno  appresso,  coni' eb- 
be visto  al  prudente  consiglio  seguire  l'effetto  ,  del- 
la gravissima  operazione  si  ben  condotta  da  lui  pie- 
mente  si  dichiarò  soddisfatta.  Di  che  senza  manca- 
re a  modestia  egli  si  piacque  ,  e  più  di  aver  colta 
quella  occasione  di  giovare  in  qualche  modo  la  pa- 
tria: alla  quale  per  verità  diede  tutto  se  stesso  con 
amore  e  con  fede  più  che  di  figliuolo.  Che  se  al- 
cnn'ozio  gli  rimaneva  dall'  uflìcio  ,  a  cui  era  obbli- 
gato ,  spendevalo  nella  lettura  de'  più  degni  clas- 
sici ed  italiani  e  latini  ,  onde  più  e  più  avanzava 
in  eloquenza  ;  spendevalo  intorno  alle  opere  di  fisi- 
ca e  di  matematica  ,  che  vanno  per  la  maggiore  ,  on- 
de più  e  più  guadagnava  in  iscieuza  :  e  il  frutto  di 
tali  studi  metteva  a  prò  del  ginnasio  ,  dove  pre- 
siedendo gli  piacque  l' insegnamento  veliere  ordi- 
nato cosi  ,  che  in  tutte  le  scuole  dal  nolo  all'  igno- 
to, dal  facile  al  difficile  si  procedesse:  e  che  la  fiac- 
cola della  vera  filosofìa  illuminasse  tutta  la  strada  , 
che  di   nudi  precetti  (  quasi  di  s p i uè  .senza  mai  cou- 


Lodi  del  ]);,n\A.  sTn 

forto    di   roso)   era  già  in  qualche   tratto    ingombra* 
ta.  Ed   ebbe  moltissima  cura  ,    che  non   solo    quelli 
che   studiano    alle  lettere  ,  ma  <|uelli    altresì    che  in- 
tendono alle  arti,  ai  mestieri  (  e  sono   forse  la  mag- 
gior   parte)    potessero    apprendere    col    perchè    delle 
cose  ciò  che  nella    propria   condizione    di    vita   esser 
dovesse    a   ciascuno  di    uso    continuo    e    di    profitto. 
Con  questo  divisamente  s'era  fatto  a  dettare  gli  ele- 
menti di  geometria    pratica  :   e  già    ne   avea   condot- 
ta a  termine  la  prima  parte  ,  che  tratta  delle  linee  , 
o  preparati  assai  materiali  per  la  seconda,  che  trat- 
tar dovea    delle    superficie:    era  poi  suo  costumo  di 
fare  mai  sempre  da  cosa  nascer  cosa  con  si  bell'or- 
dine,  e    con    tanto    di    chiarezza  e  di   precisione    da 
disgradarne   quel   sì    rinomato    Carlo  Dnpin  non  che 
gli    altri  ,    i    quali    lasciano    generalmente    desiderare 
maggior  uso    di   buona  logica  ,  quasi  gli  artisti   non 
sieno  uomini  ,  e  come  tali  non   abbiano  almeno  pra- 
tica di   ragionare.  Cosi  o  modestia   o   diffidenza  di  so 
o  l'una  e  l'altra  cosa  ad  un  tempo    non    lo  avessero 
tenuto  di  porro  in   luce  le  sue    degne    fatiche  !    E  sì 
lo    incoravano   gii    amici  ;    e    più    lo    incorava    l'ot- 
timo magistrato,  che  ben  poteva  aspettarne  non  me- 
no lode  di  quella    elio  si  acquistò    confortando  ,   sic- 
come fece  assai    nobilmente,    quel    maestro    degl'  in- 
gegneri ,  Giuseppe  Antonio  Alberti  ,  il  quale  trovati' 
dosi  agli  stipeiidj   del   nostro  pubblico  potè  dar  fuori 
nel    17J7   il    Trattato  della    misura    delle   fabbriche. 
Ed  esso  il  Doma   poteva  al  certo    aver    lode    singo- 
larmente di  un   ingegnoso  trovato  per  la  grafica  tri- 
sezione dell' angolo  ,  e  di  una  forinola   circa  le  volte 
piane  o  piattabande  ,  alla  quale  si   avvenne   stud. an- 
dò a  pio  degli  artisti  in  quell'aureo  libro  della  JA  c- 
canica  del   Ventinoli:    dal  quale  come  ria  ricca    mi- 
niera   ben    molte   gemme    veniva    traendo   anche  pn- 


2G2  Letteratura 

ma  che  la  terza  e  più  compila  edizione  apparisse  , 
e  prima  che  l'Oddi  e  il  Masotti  diligentissimi  das- 
sero  fuori  tutte  le  loro  fatiche.  Ma  iti  quanto  a 
noi  ,  che  non  potevamo  aspettarci  da  tale  ,  in  cui 
la  mente  era  qui  tutta  intesa  agli  studi  ,  il  cuore 
tutto  rivolto  alla  patria  ?  Certo  se  gli  durava  la 
vita  tanto  da  porre  ad  effetto  quello  che  avea  pen- 
sato più  caramente  ,  noi  avremmo  avuto  da  lui  un 
corso  di  fisica  che  fosse  compiuto  ed  a  tutti  ac- 
cessibile, senza  mancare  ne  in  ciò  che  è  di  chimica, 
né  in  ciò  che  è  di  matematica.  E  già  egli  aveva  or- 
dinato con  buon  giudizio  un  quadro  sistematico  delle 
scienze  naturali  ,  un  prospetto  di  chimica  ,  le  teorie 
dinamiche  della  composizione  e  risoluzione  delle  for- 
ze e  dell'  urto  e  delle  macchine  ,  ed  un  compendio 
di  astronomia  ;  per  tacere  di  molte  e  belle  illustra- 
zioni sull'  ottica  e  su  varj  punti  de'  più  difficili  sin- 
golarmente di  fisica  generale.  E  perchè  teneva  ,  la 
matematica  essere  meglio  che  il  filo  d'Arianna  nel 
labeiinto  della  natura  ;  aveva  già  in  pronto  un  trat- 
tato Aanalitico  delle  ragioni  e  proporzioni,  ed  era 
in  sul  dettare  gli  elementi  di  aritmetica  ,  imitando 
colui  che  a  ben  condurre  un  edificio  fassi  dai  fon- 
damenti ,  e  di  quelli  prima  di  ogni  altra  cosa  ben 
si  assicura.  E  sapendo  come  il  far  presto  è  nemico 
al  far  bene ,  egli  senza  mai  perder  tempo  guaida- 
vasi  assai  dalla  fretta  :  e  voleva  che  non  solo  il 
pensiero  all'  opera  dello  scrivere  precedesse  ;  ma  di 
quello  che  aveva  nell'  animo  far  voleva  esperimen- 
to ne'  suoi  allievi,  istruendo  i  quali  con  amore  più 
che  di  padre  vie  meglio  istruiva  se  slesso.  Felice 
chiunque  potò  vantarsi  di  tal  maestro  !  E  voi  fe- 
lici ,  o  giovani  ,  che  cosi  spesso  lui  giudice  aveste 
del  vostro  profitto  !  Più  felici  d'assai  ,  se  aveste 
potuto    udirlo   venire  svolgendo  ,    com'  era   disposto 


Lodi  del  Dorna.  2<"'3 

di  fare  ,  le  verità  della  fisica  !  Se  non  che  felicità 
di  quaggiù  quando  è  durevole  ?  Ponetevi  in  mon- 
te quel  giorno  dell' ultimo  di  febbrajo  allorché  insie- 
me co' suoi  illustri  col  leghi  ,  che  curano  sì  degna- 
mente le  cose  degli  studi  ,  egli  era  tutu»  in  cono- 
scere di  quello  che  in  tre  mesi  aveste  appreso  de- 
gli elementi  di  Euclide  :  quale  e  quanto  vi  par- 
ve !  Ma  il  giorno  appresso  a  pena  sedutosi  per  vo- 
ler continuare  gì'  incominciati  esercizj  ,  ahi  !  lo  ve- 
deste d' improviso  mancare  ,  e  a  terra  come  morto 
cadere.  Quello  in  vero  non  fu  che  breve  deliquio  , 
ed  egli  ,  quasi  niente  si  fosse  ,  tornava  tranquillo  ad 
occuparsi  di  voi  e  per  voi,  che  ebbe  cari  più  della 
vita;  ma  quello  slesso  fu  quasi  l'annunzio  della  vi- 
cina sua  morte  ,  e  pur  troppo  fu  vero.  Inferma- 
tosi gravemente,  non  gli  pesava  di  se  ,  che  sul  fio- 
rire cadeva  :  pesavagli  de*  genitori  ,  e  degli  amici  , 
e  della  patria  carissima  ,  che  lo  piangevano  ;  pur 
nel  volere  di  Dio  sé  e  gli  altri  acquietava.  E  quan- 
to penasse  insino  all'  agonia  studiavasi  che  fosse  a 
tutti  celato  ,  perchè  troppo  grande  do|ore  non  ne 
prendesse  :  solo  da  ultimo  si  confidò  nella,  sorella 
amatissima,  la  quale  mai  noi  lasciava  ,  e  tra  i  so- 
spiri le  disse  :  sé  esser  venuto  al  fermine  'del  suo 
patire  ì  ella  guardasse  di  conservarsi  alla  povera 
madre  ,  al  padre  infelice  ,  ai  quali  non  rimaneva 
che  lei.  Disse,  e  tutto  vólto  al  Signore  d'ogni  con- 
forto ,  nel  sabato  dopo  le  ceneri  (  che  fu  a'  iZ  di 
febbrajo  )  rese  in  pace  lo  spirito.  Ma  chi  di  noi 
tenne  allora  le  lagrime  ?  Chi  può  tenerle  oggi  stes- 
so ,  rammemorando  ciò  che  in  lui  abbiamo  perduto  ? 
Ahi  cruda  morte,  di  quanto  bene  tu  ci  privasti,  to- 
gliendone sì  cara  vita  !  E  fosse  giunta  al  termine  , 
che  da    natura   comunemente   è   prescritti/  agli   urna- 


2&\  Lette»  a  tura 

ih  !  Ma  no  ;  clic  nel  Lei  mezzo  del  suo  cammino  la 
sorprendevi ,  tante  e  tanto  dolci  speranze  troncati- 
ci© in  erba.  Oh  !  la  ingorda  :  oh  !  la  invidiosa  che 
sei:  e  noi  lassi ,  e  noi  sconsolati,  cui  non  resta  quag- 
giù che  piangere  col  desiderio  di  quel  cortese  !  Ben- 
ché il  pianto  non  cel  racquista  ,  e  i  savi  e  buoni 
vogliono  essere  meglio  imitati  che  pianti.  E  vera- 
mente che  varrebbe  a  noi  miseri  mortali  ,  che  la 
virtù,  quel  caro  dono  del  cielo,  bellissima  al  mondo 
si  dimostrasse  in  taluno  a  guisa  di  fuoco  che  splen- 
de e  passa  ,  se  non  ci  studiassimo  a  tutto  potere 
di  raccorne  e  conservarne  in  noi  stessi  l'esempio  ? 
Guardiamo  come  fu  buono  ,  come  prudente  ,  come 
studioso  il  nostro  Doma  :  come  non  a  se  ,  ma  agli 
altri  ed  al  cielo  visse  continuo  :  come  fu  la  gio- 
ja  de'  suoi  ,  1'  onore  detla  patria  ,  l'amore  di  tutti. 
E  voi  singolarmente  ,  o  giovani ,  per  cui  già 
tanto  fece ,  abbiatelo  mai  sempre  nel  cuore  sicco- 
me specchio  e  conforto  al  bene  operare.  Cosi  vi 
parrà  di  averlo  ancora  vivo  e  presente  ,  né  di  altri 
stimoli  vi  sari  d'uopo  per  farvi  sempre  più  innanzi 
nella  bella  carriera  ,  in  cui  dietro  la  scorta  di  lui 
medesimo  poneste  già  il  piede.  Di  che  non  so  dirvi 
quanta  consolazione  vi  verrà  all'  animo.  Quella  che 
oggi  gustate  per  questi  premi  non  è  che  un  prin- 
cipio :  ora  pensate  che  sarà  poi  quella  che  avrete 
un  giorno  ,  se  all'  ottimo  esempio  di  lui  componen- 
do tutta  la  vita  render  potrete  anche  voi  ai  pa- 
renti e  alla  patria  degno  compenso  di  tanti  e  tanto 
grandi  beneficii  ,  che  tutto  dì  ricevete.  E  quando 
vena  pei-  voi,  che  tardi  pur  sia,  il  giorno  di  do- 
vervi partire  di  questa  vita  mortale  ,  oh  !  come  vi 
troverete  contenti  di  avere  seguito  esempio  degnis- 
simo   d'imitazione.   No    che    allora  non    vi  parrà    di 


Lodi  del  Dorna  3^5 

morire  :  certo  vivrete  ancora  in  futuro  nella  me- 
moria delle  buone  opere ,  che  mancare  non  può 
„  Se  l'universo  pria  non  si  dissolve.  „  Anzi  per  quel- 
le salir  potrete  a  mercede  colà  ,  dove  mai  non  si 
muore  :    che   Dio    Ottimo   Massimo   lo    vi    conceda. 


Orazione  funebre  detta  da  Pericle  nel  primo  anno 
della  guerra  del  Peloponneso  in  lode  di  colo- 
ro cK  erano  morti  in  battaglia.  Tradotta  dal 
cav.  Pietro   Manzi  (*). 


M. 


.olti  di  coloro  ,  le  cui  voci  furono  già  in  que- 
sto luogo  ascoltate  ,  levarono  a  cielo  colui  che  fe- 
ce   legge    di    questa    spezie    di    lodi  :    parendo    no- 


(*)  Questa  orazione  ,  una  delle  più  famose,  dell'an- 
tichità ,  è  qui  posta  per  saggio  del  volgarizzamento  che 
il  sig.  cav.  Manzi  ci  darà  di  Tucidide ,  il  quale  la  ri- 
ferisce nel  libro  secondo  della  sua  storia.  Ritornato  in 
Atene  (  dice  Plutarco  nella  vita  dì  Pericle)  fece  Pericle 
solenni  esequie  a  coloro  ch'erano  morti  nell'arme  :  e  re- 
citò a  loro  lode  (  come  si  usa  pur  anche  )  una  orazio- 
ne funerale,  per  cui  fu  sommamente  ammirato:  perchè, 
sceso  lui  dalla  ringhiera ,  le  donne  gli  furono  intorno , 
e  gli  fecero  festa  stringendolo  per  mano  ,  e  incoronan- 
dolo di  ghirlande  e  di  bende  ,  siccome  ad  atleta  che 
tornasse  dalla  vittoria.  JYoi  stimiamo  dover  dunque  riu- 
scire a  tutti  carissima  ,  e  perche  opera  ,  sia  di  Pericle 
sia  di  Tucidide  ,  di  un  grande  ateniese  :  e  perchè  vol- 
garizzamento di  uno  scrittore  già  reso  illustre  nella  re- 
pubblica delle  lettere  per  altri  suoi  lodali   lavori. 


a66  Letteratura 

bilissimo  ,  che  quelli  i  quali  caddero  in  guerra  , 
sieno  in  siffatta  guisa  encomiati.  Ma  i  valorosi  ,  io 
così  giudico  ,  i  valorosi  hanno  la  lode  loro  nei  fat- 
ti ,  dei  quali  questi  monumenti  del  pubblico  cor- 
doglio farebbero  da  se  soli  assai  ampia  testimonianza. 
E  perchè  porre  a  rischio  la  lode  di  tanti  nella  boc- 
ca di  un  solo  ,  che  potrebbe  o  non  aver  fede  ,  o 
non  dirle  con  la  dignità  che  richiedesi  !  Impe- 
rocché qual  si  terrebbe  modo  nel  ragionare  di  co- 
se ,  le  quali  soggiacciono  a  pareri  assai  tra  loro  di- 
scordi ?  Chi  conosce  i  fatti  ,  ed  ama  chi  gli  operò  , 
affermerà  che  men  si  disse  di  ciò  che  fu  e  eh'  es- 
so vorrebbe;  chi  no,  nell'udir  quello  a  cui  egli 
non  aggiungerebbe  ,  griderà  per  invidia  ,  che  si  so- 
vrabbondò ;  perchè  viltà  di  cuore  ritrae  altrui  dal 
credere  quelle  sovrane  virtù  che  mai  non  potè  con- 
seguire. Ma  poiché  gli  avi  nostri  giudicarono  che 
questo  sia  ottimo  instituto  ,  io  non  debbo  tacere  ,  e 
mi  apparecchio  a  ritrarne  effetti  corrispondenti  all' 
opinione  di  ciascuno.  E  gli  avi  stessi  daranno  a 
questa  mia  orazione  principio  ,  perchè  giusta  co- 
sa e  decorosa  è  che  si  tragga  tosto  il  pensiero  al- 
la onorevole  memoria  di  coloro  ,  che  abitando  que- 
sta nobile  patria ,  elevaronla  con  le  loro  virtù  a 
quella  libertà,  che  è  fino  a  noi  pervenuta.  Ma  se 
di  pregio  eterno  a  lei  sono  gli  avi  ,  con  quali 
parole  encomieremo  noi  i  padri  nostri  ,  i  qua- 
li all'  avito  retaggio  aggiunsero  con  più  possenti 
virtù  quell'  imperio  ,  i  cui  freni  oggi  reggiamo  ? 
E  noi  ,  noi  pure  demmo  mano  ad  ampliarlo  ,  noi 
in  ispecie  che  nell'  età  provetta  siamo  più  che  gli 
altri  inoltrati.  Noi  lo  fornimmo  di  quelle  cose  tut- 
te ,  che  o  alla  guerra  o  alla  pace  abbisognano  :  e 
sì  fattamente  ,  che  di  ogni  cosa  sovrabbondando  , 
non   ha   duopo  agli   altrui    aiuti   ricorrere.  Ma    e  le 


Orazione  di  Pericle  2G7 

nobili  imprese  della  guerra  ,  e  le  vittorie  che  noi 
e  gli  avi  nostri  ai  barbari  ed  ai  greci  vincem- 
mo ,  io  tacerolle  ;  che  un  piccol  cenno  per  chi  le 
conosce  è  grande  rimembranza.  Dirò  sì  ,  e  il  di- 
rò per  nobilitare  la  mia  orazione  ,  e  per  renderla  utile 
ed  ai  cittadini  ed  agli  stranieri ,  dirò  per  quali  pro- 
dezze e  per  quali  discipline  a  tale  grandezza  sa- 
limmo :  e  indi  passerò  alle  lodi  di  coloro  che  io 
debbo  celebrare.  Le  nostra  repubblica  non  imita  le 
altrui  leggi  ,  ma  gli  altri  imitano  quelle  di  lei  ;  lo 
stato  nostro  detto  è  popolare  ,  perchè  non  ha  per 
fine  1'  util  di  pochi  ,  ma  quello  di  tutti.  In  esso 
non  è  cittadino  che  all'altro  cittadino  non  si  pa- 
reggi :  ma  chi  giunge  ai  magistrati ,  vi  giunge  per 
la  vera  e  sola  eccellenza  della  mano  e  del  senno  ; 
che  la  povertà  non  si  attraversa  fra  gli  onori  e 
l'uomo  ,  e  non  vieta  ad  alcuno  il  giovare  di  se  la 
patria.  E  quella  stessa  liberta  ,  con  che  reggiamo  lo 
stato  ,  ci  fa  lieti  nella  vita  privata  ,  da  cui  ban- 
dimmo i  sospetti  in  modo,  che  ognuno  fa  come  più. 
gli  è  in  grado  ,  senza  sofferire  i  biasimi  di  quell'au- 
stera virtù  ,  che ,  se  non  nuoce  ,  si  fa  sempre  mo- 
lesta. E  non  è  già  la  tema  che  ci  ritragga  dal 
violare  le  leggi  :  ma  noi  le  obbediamo  perchè  son 
leggi ,  e  leggi  aiutatrici  dell'uomo  :  e  se  ve  ne  ha 
di  tali  che  non  sieno  scritte  ,  chi  di  noi  non  si 
terrebbe  a  vergogna  il  violarle  ?  Molte  cose  poi 
ritrovammo  per  ricreare  gli  animi  nostri  ,  e  giuochi 
e  sagrificii  che  tutto  empiono  l'anno  :  i  quali  cele- 
brati da  cittadini  con  pompe  belle  e  decorose ,  re- 
cano a  noi  gioia  e  sollievo.  E  qui  ,  per  esser  que- 
sta patria  nostra  e  grande  e  doviziosa  ,  qui  tutto  il 
mondo  concorre  ;  e  qui  rimanendo  noi  ,  ci  beamo 
di  quanto  e  qui  ed  altrove  può  trovarsi  di  più  ec- 
cellente. La  città  uostra  non  è  chiusa  ad  alcuno,  an- 


2()8  Letteratura 

zi  e  comune  ed  aperta  ad  ogni  generazione  di  gen- 
ti anche  mimiche  :  e  queste  pure,  se  il  vogliono  (che 
noi  non  temiamo  di  chichessia  )  possono  esamina- 
re le  nostre  discipline  ,  o  far  di  quelle  tesoro.  Clio 
Atene  non  confida  già  nei  grandi  alloggiamenti  ,  e 
nelle  segrete  pratiche  e  nelle  (insidie  ,  ma  solo  nella 
grandezza  e  nella  forza  degli  animi  e  delle  brac- 
cia. La  in  Isparta  cresce  la  gioventù  nella  virile 
fortezza  ,  qui  tra  noi  a  più  miti  discipline  :  ma  tu  n 
eguale  audacia  e  con  maggiore  affronta  i  pericoli. 
E  bastò  mai  il  cuore  agli  spartani  di  assalir  soli  un' 
Atene  !  Gli  ateniesi  si  ,  e  soli  e  senza  altri  com- 
pagni ,  gli  ateniesi  si  stesero  ai  piedi  coloro  ,  clip 
difendevansi  nel  chiuso  delle  proprie  case.  Ne  In 
tra  i  nostri  nemici  chi  potesse  far  petto  alle  no- 
stre forze  congiunte,  perchè,  invigorite  di  cittadini  e  di 
sudditi  ,  e  in  mare  e  in  terra  elle  si  allargano.  E 
perciò  se  accade  loro  di  vincere  un  pugno  di  noi , 
levan  grida  di  vittoria  :  se  perdono  ,  tutta  Atene  li 
vinse.  Ma  benché  noi  anteponiamo  la  pace  alla  guer- 
ra, e  seguitiamo  più  il  valor  delle  leggi,  che  quel- 
lo delle  spade  ,  mai  non  avvenne  die  paventassi- 
mo pericoli  :  ed  allorché  ci  trovammo  fra  essi  ,  sa- 
pemmo affrontarli  al  par  di  coloro ,  che  tutta  la  vi- 
ta vi  hanno  spesa.  Altre  cose  ancora  dirò  ,  che  ren- 
dono maravigliosa  questa  nobile  patria.  Splendida- 
mente vivendo  usiamo  continenza  ,  e  saggi  siamo  sen- 
za ostentazione  :  spendiamo  le  ricchezze  ne'  bisogni 
e  non  per  ventoso  animo  e  per  vile  :  e  niuno  ha  in 
onta  povertà  ,  si  colui  che  non  è  atto  a  schivarla. 
Ciascuno  ha  cura  dei  negozi  comuni  e  privati  ,  e 
quegli  che  intende  alle  bisogne  domestiche,  non  per 
questo  perde  la  scienza  del  governare  le  pubbliche. 
Imperocché  c'è  avviso  che  colui,  il  quale  non  ne  ha 
cognizione ,  reputarsi  debba  uomo  infingardo  ed  imi- 


Orazione  i>i  Pericle  2G9 

tile.  Sempre  rotli  sono  inoltre  i  nostri  giudizii  ,  e  mai 
non  ci  demmo  a  credere  che  il  ragionare  noccia  alle 
cose  :  piuttosto  l'eseguirle  senza  averle  prima  ben 
ponderate.  Imperocché  noi  abbiamo  questo  di  singo- 
lare ,  che  l'ardir  nostro  è  un  ardir  ben  pesato  ,  un 
ardire  che  ai  nemici  nostri  nocerebbe,  perchè  l'igno- 
ranza li  fa  temerari ,  la  ponderazione  vigliacchi.  For- 
tissimi sì  son  coloro,  che  ritraendo  nella  mente  loro 
ciò  che  porge  la  vita  di  dolce  o  di  acerbo  ,  non  si 
astengon  perciò  dell'affrontare  i  maggiori  pericoli.  Ma 
in  quelle  cose  ancora  che  danno  pregio  di  cortesia 
noi  ci  dipartiamo  dagli  usi  comuni  ;  perchè  a  noi 
sa  più  buono  rendere  altrui  i  benefìcii ,  che  rimaner- 
ne obbl'g iti  :  con  che  rendiamo  eterna,  se  può  dirsi 
cosi ,  l'amicizia.  Conciossiachè  chi  die  di  buon  animo  , 
si  guarda  dal  far  cosa  che  gli  rapisca  il  grato  cuore  di 
colui  che  egli  heneficò;  mentre  quegli  che  fu  benefica- 
lo, intorpidisce,  sapendo  che  non  fa  cortesia,  ma  la 
rende.  Noi  soli  ,  senza  che  a  ciò  ne  tragga  una  vii 
cupidigia  ,  per  solo  fine  di  porre  in  opera  la  virtù 
di  un  animo  liberale,  noi  soli  gioviamo  altrui  magni- 
iìcamente,  E  per  conchiudere  dirò,  che  Atene  è  nor- 
ma di  tutta'  Grecia  ,  e  che  i  suoi  cittadini  hanno  gli 
animi  disposti  ad  ogni  spezie  di  discipline  ,  e  le  perso- 
ne loro  piene  sono  di  bel  garbo  e  di  leggiadria.  Che  poi 
queste  lodi  non  derivino  da  gloria  vana  ma  da  solo 
vero  ,  il  dimostra  la  potenza  sua  per  tali  modi  ac- 
quistata. Imperocché  ella  andò  assai  innanzi  alla  fa- 
ina che  suona  di  lei.  Atene  sola  può  dire,  che  i  ne- 
mici cui  vinse  ,  non  abbiano  onta  di  essere  stati  vin- 
ti da  lei  ,  perchè  vinti  furono  da  tal  citta  ,  che  le 
citta  tutte  primeggia  e  per  possanza  e  per  nobiltà  ; 
ed  Atene  sola  può  dire,  che  i  popoli  a  lei  soggetti  non 
si  adontano  di  obbedirla  ,  perchè  essi  non  ignorano 
quaulo  degna   sia  di    signoreggiarli.   Laonde    non   le 


270  Letteratura 

fauno  bisogno ,  per  muovere  maraviglia  ai  presenti  e 
ai  futuri ,  i  versi  del  cantore  di  Troia  o  d'altro  poe- 
ta piaggiatore ,  che  allettando  gli  animi  tolga  fede 
alla  verità  t  ma  le  basta  il  suo  valore  ;  che  già  si  è 
aperta  una  via  per  ogni  mare  e  per  ogni  terra  ,  e  vi 
ha  lasciato  la  stampa  dei  beni  resi  agli  amici,  e  dei 
inali  fatti  ai  nemici:  sicché  il  popolo  che  non  l'ama, 
già  la  paventa.  Per  cotale  citta  combattendo  adunque 
costoro  sono  morti  da  generosi  :  per  cotale  città  :  e  il 
fecero  perchè  ella  non  gisse  in  ruina  :  e  per  tal  fine 
ognuno  di  voi  dee  sudare  e  perire.  E  la  ragione  per  cui 
spesi  tante  parole  a  encomiarla,  è  quella  di  dimostrarvi 
che  noi,  echi  tai  pregi  non  ha,  non  corriamo  egua- 
le arringo  nei  combattimenti  :  e  per  iscolpire  in  un 
tempo  nelle  menti  nostre  una  indelebile  memoria  di 
quelle  lodi  ,  che  io  ho  già  in  gran  parte  rammenta- 
te. Imperocché  queste  encomiate  virtù  ,  e  quelle  di 
chi  si  fece  degno  d'imitarle,  rendettero  più  che  altra 
mai  questa  nobil  patria  gloriosa  :  e  fra  quanti  vi  ha 
greci  ,  un  solo  non  solo  non  si  rinverrebbe  ,  che  a 
tanta  gloria  potesse  emulare.  E  qual  cosa  più  che  tal 
morte  avrebbe  potuto  far  chiari  costoro  !  Nobil  mor- 
te che  fa  prima  palese  la  virtù  dei  prodi ,  e  poi  la  sug- 
gella. Certo  quella  morte  che  s' incontrò  per  la  patria 
dilegua  ogni  macchia  che  possa  adombrare  la  virtù  : 
perchè  ella  assai  più  le  giova  ,  che  non  le  nocciano 
offese  private.  Ma  fra  costoro  non  fu  neppur  uno  che 
non  anteponesse  a  ogni  cosa  la  virtù  ,  perchè  uè  cu- 
pidigia di  ricchezze  li  fece  codardi,  ne  timore  di  po- 
vertà cupidi  di  migliorar  condizione  ;  ma  un  nobi- 
le desiderio  di  vendetta  li  sospinse  ad  affrontare  1 
nemici  :  ed  avendo  per  fermo  ,  che  questa  fosse  la 
più  bella  di  tutte  le  prove  ed  il  rischio  più  glorioso, 
vollero  essi  subirlo  ,  onde  ottenere  una  sì  nobi- 
le palma.    E  beuchè    dubbio  parer  potesse  l'evento  , 


Okazione  di  Pericle  271 

rivolsero    ogni   loro    speranza    nelle    proprie    destre  ; 
ed  essendo  loro  stato  avviso  ,  che  fosse  più  onorevo- 
le il    morir   combattendo ,    che   V  avere  in    dono   da' 
nemici  la  vita ,   amarono   meglio  di   dare  i   corpi  lo- 
ro  alla  morte  per   non   incorrer   tal  biasimo  :  e  co- 
si nei  pochi   istanti  che   contra   loro   inchinò    fortu- 
na ,  ebbero  il   vanto  di  cadere  nobilissimamente.  Co- 
storo   dunque    sono    stati    quali    loro    si    conveniva 
essere  secondo   la   dignità   di    una   patria  sì  grande  ; 
«li  maniera  che  si  vorrebbe  sì  che  voi  foste  più  cau- 
ti ,  ma  che  non    meno    di  loro  affrontar    doveste   da 
geuerosi   la    morte.    E    che  varrebbero  le  lusinghiere 
parole    di   un    oratore   a    muover   virtù   negli    animi 
vostri  ,  i    quali   non   ignorano   che   bella   cosa   sia  la 
vittoria  ,  se  non  vi  stessero  innanzi  gli  occhi  le  for- 
ti   imprese  della   repubblica  che   tanto   innamoran  di 
lei?  Di   lei    che    fatta   fu   grande   da    uomini   prodi, 
i    quali    mai    non    allettarono   nel    loro    cuore    viltà  , 
e   tanto  furou    modesti  ,  che   sempre  con  fronte   ver- 
gognosa  alle  più   belle   opere  si  accinsero  :  e  se  for- 
tuna contra   loro    volgevasi  ,   assai   più    animosi  sor- 
gevano   a   sagrificare    lietamente   per  la    patria   loro 
una  vita  ,   che    tante    virtù   avevano    sì   grandemen- 
te nobilitata.  E   così  hanno   essi  acquistato  una  lun- 
ghissima gloria  e  questi  onorati  sepolcri.  Né  già  so- 
lo   questi    in    che    si    pongono    le    ceneri    e   le    ossa 
loro  ,    ma   quelli   onde   il    loro    nome    si    farà   lonta- 
no ,   finche   durerà   l' imitazione    e   la   ricordanza   dei 
buoni.  Perchè  ogni   terra   è   buon  sepolcro  agli  eroi. 
Né    la    virtù   loro   si  dimostra    dai    titoli  delle  dime- 
stiche pietre ,  ma  dalla  memoria   che   ne   rimane  per 
ogni  luogo    senza    essere    scritta  :    e    meglio    si  scol- 
pisce  ella    negli    animi    che  ne'  sassi.  Voi  tutti    dun- 
que  proponetevi   un   sì    nobile  esempio  :  ed    avendo 
per   fermo  che    felicita  e    liberta    non   possono  and  a- 


272  Letteratura 

re  disgiunte ,  e  che  son  retaggio  de'  cuori  nobili 
e  generosi  ,  non  isgomentate  mai  all'infierir  dei  ne- 
mici. Anche  ogni  agiato  cittadino,  che  potrebbe  pa- 
ventare i  grandi  rovesci  della  fortuna  ,  esponendo 
se  stesso  debbe  al  pari  di  chi  nulla  teme  avere  in 
ispregio  la  vita  :  perchè  il  sofferir  per  villa  è  assai 
più  acerbo  a  un  cuor  magnanimo  di  una  morte  , 
la  qual  non  duole  perchè  gloriosa  ed  utile  alla  pa- 
tria. E  qui  mi  volgerò  ai  padri  degli  estinti  ,  per- 
chè voglio  che  non  si  dolgano  ma  si  rallegrino  ;  po- 
nendo mente  per  quale  tempestoso  pelago  correr  deb- 
ba la  umana  natura  ,  e  quanto  beato  sia  colui  a  cui 
dato  è  dal  cielo  di  cadere  gloriosamente  ,  e  di  finir  fe- 
lice in  mezzo  al  conforto  del  pubblico  pianto  ;  e  beato 
anche  più  per  aver  soggiagiuto  a  una  morte ,  che  ha 
posto,  se  può  dirsi,  il  suggello  a  quelle  virtù  le  quali 
ne  avevano  nobilitato  la  via!  Io  so  bene  però  quan- 
to sia  malagevole  il  confortarci ,  quando  le  altrui 
già  godute  felicita  fanno  sovvenir  delle  proprie:  per- 
chè non  duole  già  la  perdita  di  non  mai  gustata  bea- 
titudine, si  bene  la  perdita  di  quella  che  già  ti  rendette 
dolce  la  vita.  Comunque  sia  e  gli  atti  alla  prole  , 
e  quei  che  noi  sono  ,  tutti  ,  si  tutti  debbono  confor- 
tarsi :  gli  atti  alla  prole  ,  nella  speranza  che  i  nuovi 
figli  faranno  loro  dimenticare  gli  estinti  coli'  invigo- 
rire la  patria  di  cittadini  e  di  difensori  ,  e  col  por- 
re essi  in  istato  di  aiutarla  di  quei  provvidi  consigli 
che  non  potrebbe  ritrarre  da  coloro  che  non  pos- 
ilo a  lei  offerire  questi  nobili  pegni.  Coloro  poi  che 
più  noi  sono  ,  si  faccian  lieti  degli  anni  ridenti  e 
felici  che  hanno  vissuto  per  essa:  e  conoscendo  quan- 
to di  giorno  in  giorno  si  abbrevino  quelli  che  ri- 
marranno loro  da  vivere  ,  temperino  il  dolor  che  li 
preme  col  por  mente  alla  gloria  che  coronò  queste 
tombe.    Imperocché    la    sola   magnanimità    non    si   fa 


Orazione  di  Pericle  3^3 

vecdiia  giammai  :  e  ne'  tardi  anni  da  minor  gioia 
il  guadagno  ,  che  non  ne~  da  la  vita  magnifica  dell* 
onore.  Ma  grande  io  ben  veggo  e  difficile  è  l'esem- 
pio che  gli  estinti  propongono  ai  fratelli  loro  ed 
ai  figli  :  perchè  i  fatti  trascorsi  hanno  sempre  fama 
d'impareggiabili  ,  e  per  quanto  costoro  anelino  di 
farsi  emulatori  di  tanta  gloria,  reputeranno  sempre 
gran  pregio  ,  se  stimali  saranno  non  indegni  di  lei. 
E  quando  mai  tacque  invidia  ai  viventi  ?  Ella  è 
la  sola  morte  ,  la  morte  sola  che  pone  in  luce  e 
nobilita  la  virtù.  E  qui  con  brevi  parole  loderò 
la  virtù  di  quelle  donne  che  durano  la  vedovanza 
per  la  patria  loro  ,  e  che  non  mettendo  vani  lamenti  , 
si  coronano  sul  loro  sesso.  Ma  già  io  sono  al  fine 
della  mia  orazione  :  obbedii  alla  legge  ,  ragionan- 
do in  quel  più  nobil  modo  che  ho  potuto  dei  tra- 
passati :  ed  ora  debbo  manifestare  che  la  patria  ri- 
conoscente non  da  solo  agli  eroi  l'onore  di  questi 
sepolcri  ,  ma  vuole  che  i  figli  loro  si  nodriscauo 
a  sue  spese  in  premio  della  virtù  de'  padri  ej  in 
vantaggio  di  tutto  il  popolo:  perchè  la  ove  sono  po- 
sti grandi  premi  alla  virtù  ,  ivi  sono  i  valorosi.  Ora 
cui  piace,  segua  pure  a  piangere  sui  sepolcri  de' tra- 
passati :  e  quindi   volendo  potrà  ciascuno  partirsi. 


G.A.T.XL.  iS 


274 


Descrizione  di  un  piccolo  viaggio  a  Frascati, 

LETTERA 

AL  SIC   CONTE    FRANCESCO    CASSI 


V, 


oi  mi  avete ,  Cassi  mio  ,  domandato  cosi  pre- 
murosamente le  nuove  della  sanità  del  nostro  Bion- 
di ,  che  io  avrei  creduto  mancare  non  solamente  ad 
una  dimostrazione  di  verace  amicizia  ,  ma  dirò  qua- 
si ad  un  certo  sentimento  di  umanità  ,  se  non  mi  fossi 
dato  cura  di  contentarvi  quanto  più  poteva  sollecita- 
mente. Or  leggendo  la  vostra  lettera  mi  tornò  subito  più 
vivo  alla  mente  un  pensiero,  che  già  da  prima  vi  si  era 
intromesso  ,  quello  cioè  di  visitar  di  persona  nella 
real  villa  della  Rufiìnella  il  dolcissimo  amico  nostro. 
Non  volli  quindi  frapporre  più  indugi  ;  ed  ecco  che 
mi  propóngo  narrarvi  distesamente  ogni  particolare  , 
tanto  della  mia  corsa  al  colle  Tusculano  ,  quanto  del- 
la infermità  e  della  guarigione  del  Biondi  :  ed  ho  fer- 
ma speranza  ,  che  troverete  di  che  poter  ben  sod- 
disfare le  vostre  brame ,  e  forse  forse  alcuna  cosa 
più  in  la  di  ciò  che  potreste    attendervi. 

Io  noli  volli  esser  solo  nel  piccol  viaggio  da 
Roma  a  Frascati  :  ma  per  fare  che  il  mio  giunger 
cola  improvviso  fosse  più  gradevole  all'amico  (dico 
più  gradevole,  perchè  non  e  mai  a  pensare  che  uno 
giunga  importuno  a'suoi  veri  amici)  risolsi  di  con- 
dur  meco  D.  Loreto  Santucci  ,  Salvator  Betti  ,  e  quel 
solenne  filosofo  pratico  di  Girolamo  Amati  :  tre  vere 
coppe  d'oro  ,  come  gli  avrebbe  nominati  il  buon  Ce» 


Viaggio  a  Frascati  275 

sari  ;  e  tutti  e  tre  a  me  carissimi  ,  ed  al  nostro  Bion- 
di  non   meno  che    a   voi    amicissimi. 

Fui  da  essi  per  aprir  loro  il  mio  pensiero  ;  non 
mi  diedero  però  campo  di  farne  intiera  la  proffer- 
ta ,  perchè  ad  una  voce  per  esultanza  gridaron  tut- 
ti ,  che  sarebbero  venuti  meco  vie  più  che  volen- 
tieri. Anzi  furono  presi  per  modo  del  mio  divisa- 
merito  ,  fino  a  volere  da  me  un  giuramento  solen- 
ne, che  quando  si  fosse  Ira  noi  convenuto  del  giorno, 
non  avevasi  a  mancar  dal  partire  ,  nò  a  ristare  o 
per  pioggia  ,  o  per  vento  ,  o  per  qualunque  più 
grande   tempesta. 

Il  dì  24  elei  passato  settembre  fu  il  giorno 
posto  alla  nostra  corsa.  Il  cielo  arrise  graziosamen- 
te alla  nostra  deliberazione,  e  ci  consolò  di  una  gior» 
nata  tutta  serena  e  ridente  ,  e  di  uno  fresco  tem- 
peratissimo;  e  ciò  fu  certamente  uno  di  quelli  che  si  di- 
con  miracoli  ,  perche  la  pioggia  dirottissima  che  cad- 
de la  sera  innanzi  purtroppo  davaci  a  credere  che 
avremmo  avuto  ben  altro  ,  che  uno  splendentissimo 
sole  !       1 

Nella  mia  casa  radunatisi  dunque  i  miei  com- 
pagni ,  ne  partimmo  in  sul  far  dell'alba  pieni  tutti 
dell'idea  di  quel  caro  pellegrinaggio  dell'  amicizia. 
I  nostri  ragionamenti ,  cammin  facendo  ,  come  potete 
bene  immaginarvi  ,  non  furono  che  de'nostri  studii 
e  del  gran  diletto  che  avremmo  provato  nel  riab- 
bracciarci col  nostro  Biondi,  uscito  salvo  da  una  in- 
fermità ,  la  quale  così  crudelmente  avevalo  afflitto 
non  senza  qualche  giusto  timore  de'giomi  suoi.  Ma  il 
Betti  ed  io  non  lasciammo  passar  queir  incontro  sen- 
za stimolare  fortemente  il  Santucci ,  affinchè  s' induces- 
se pure  una  volta  a  pubblicare  la  sua  bella  traduzio- 
ne delle  odi  di  Orazio  ,  della  quale  a  quando  a  quan- 
do ,  vinto  dalle  nostre  istanze  ,  ci  venne  per  via  di- 

18* 


27G  Letteratura 

cencio  alcun  saggio  ,  che  veramente  ci  parve  in  tut- 
to degno  del  cedro  ;  e  fra  esse  ci  recitò  principal- 
mente la  ode  sesta  del  libro  terzo  ,  la  quale  il  Belli 
volle  poi  stampare  con  suo  proemio  nel  volume  del  pas- 
sato trimestre  di  questo  Giornale  Arcadico.  Oh  sì 
Cassi  mio  ,  che  se  un  giorno  quelF  egregio  amico  , 
vincendo  la  sua  troppa  e  ritrosìa  e  modestia,  si 
piegherà  a  render  pubblico  un  tal  suo  poetico  vol- 
garizzamento ,  oh  sì  ,  vi  dico  io  ,  che  l'Italia  avrà 
Qualmente  una  tale  versione  di  Orazio  da  non  dover- 
ne più  desiderare  una  seconda  !  Questi  lieti  tratte- 
nimenti ci  erano  anche  di  tempo  in  tempo  interrot- 
ti dalle  gravi  e  spesso  astruse  sentenze  del  nostro 
Amati  ,  il  quale  ama  traile  da1  più  reconditi  pene- 
trali della  greca  erudizione  ,  di  cui  non  so  (piai 
maggiore  maestro  vanti  non  dirò  Italia  ,  ma  Euro- 
pa. E  così  di  un  discorso  in  un  altro  passando  , 
facemmo  allegramente  quasi  senza  avvedercene  le 
quattordici  miglia  che  corrono  da  Roma  alla  villa 
della   liullinella. 

Con  grandissimo  nostro  compiacimento  giungem- 
mo all'amico  senza  ch'egli  affatto  ci  aspettasse:  il  qua- 
le trovammo  che  allora  appunto  tutto  solo  usciva 
della  sua  camera  di  studio  per  andarne  a  diporto  nel 
contiguo  giardino ,  a  tale  invitandolo  la  dolce  aria  di 
quel  bel  mattino  di  autunno.  Appena  udissi  egli 
chiamar  da  noi  dal  fondo  del  corridoio  ,  il  qual 
conduce  ad  esso  giardino  ,  e  rivoltosi  ci  ebbe  da 
lungi  riconosciuti ,  tornossene  indietro  a  grandi  pas- 
si e  venneci  a  braccia  aperte  a  incontrare  ,  stringen- 
doci affettuosamente  l'un  dopo  l'altro  ni  suo  petto 
con  quella  schiettezza  d'animo  che  è  tutta  propria 
di  lui.  Reiterate  tre  e  quattro  volte  le  liete  acco- 
glienze e  gli  amichevoli  abbracciamenti  ,  ci  facemmo 
quasi   tutti  ad   un  tempo  a  chiedergli  della  sua  sani- 


Viaggio  a  Frascati  277 

ti.  Egli  disseci  subito  ,  come  solo  da  due  o  tre 
giorni  chiamavasi  contento  di  se;  perchè  incomin- 
ciava a  gustare  il  cibo  con  qualche  piacere  ,  nnn 
provava  più  dolori  allo  stomaco  nelle  ore  della  di- 
gestione, ed  aveva  riacquistato  il  sonno.  E  quin- 
di restringendosi  alle  nostre  persone  ,  assai  graziosa- 
mente ci  disse  :  che  quella  nostra  venuta  sarebbe 
stata  più  giovevole  farmaco  al  suo  malore  ,  di 
quanti  al^ri  gliene  avesse  mai  potuti  fino  allora  ap- 
prestare tutta  la  scienza  del  gran  vecchio  di  Coo. 
A  dirvi  tutto  aperto  ,  io  Io  trovai  essere  del  cor- 
po assai  dimagrito  ,  e  coti  voce  debole  e  alquanto 
(loca  ;  ma  gli  occhi  che  aveva  vivacissimi  e  da  uo- 
mo sano  ,  e  qualche  poco  d'incarnato  che  scorgeva- 
si  sulle  sue  gote  ,  davano  una  chiara  dimostrazio- 
ne ch'egli  era  venuto  già  innanzi  nella  convalescen- 
za, e  che  trovavasi  perciò  molto  prossimo  ad  una  intie- 
ra guarigione.  Con  amichevole  e  premurosa  urbanità 
egli  ci  proierse  rinfreschi  di  ogni  maniera  ;  ma  noi 
di  tutto  lo  ringraziammo  ,  perciocché  di  nuli'  altro 
calevaci  in  que' momenti  ,  che  di  godere  senza  veru- 
no interrompimento  la  cara  e  desiderata  sua  con- 
versazione. 

Cosi  passo  passo  accompagnatici  con  lui  entram- 
mo al  giardino  ;  dove  giunti  ,  sedutici  tutti  alla 
fresca  ombra  di  pochi  alberi  ,  invitammo  1'  ami- 
co a  narrarci  ristoria  tutta  della  sua  infermità.  Ed 
egli  por  soddisfare  a'  desiderii  nostri  così  prese  a  di- 
re :  Oli  miei  buoni  amici  ,  sapendo  io  (pianto  voi 
naturalmente  siate  pietosi  ,  son  certo  che  prende- 
rete somma  compassione  di  me  udendo  la  narrazio- 
ne de'mali  miei.  Deh  Dio  qual  tenibile  malattia  ho 
io  sofferto  per  ben  quattro  mesi  !  Ella  a  tal  termi- 
ne mi  aveva  posto  ,  che  per  me  poco  più  era  la 
morte.   Ebbe   principio    il   mio    male    da    uno    nule- 


278  Letteratura 

bolimento  di  stomaco  ,  il  quale  vietavamo  quasi  af- 
fatto di  prendere  alcun  nutrimento  :  ed  in  poco  tem- 
po cominciò  cosi  fieramente  ed  in  cosi  strana  ma- 
niera a  dimostrare  i  suoi  dolorosi  effetti  ,  che  non 
solamente  non  poteva  esso  stomaco  patire  alcun 
cibo  ,  ancorché  preso  in  piccolissima  quantità  ,  ma 
per  fino  il  veder  le  vivande  ,  ed  il  sentirne  l'odo- 
re mi  travagliava  con  noia  fastidiosissima.  Il  bat- 
ter de'polsi  erasi  fatto  tardo  e  debolissimo,  come- 
chè  non  vi  apparisse  mai  segno  di  febbre  :  la  men- 
te era  al  tutto  svanita  ,  sebbene  non  fossi  io  tormen- 
tato dai  dolori  del  capo  :  il  sonno  aveva  fatto  inte- 
ra partenza  dagli  occhi  miei  :  e  passava  io  le  not- 
ti o  a  contare  le  lunghe  sue  ore  ,  o  in  mezzo  all' 
ambascia  che  mi  causavano  i  dolorosi  conati  dello 
stomaco  .  La  voce  poi  erasi  illanguidita  per  modo  , 
che  più  spesso  co'segni  ,  che  colla  favella  mi  faceva 
intendere  da  coloro  ,  che  pietosamente  mi  erano  in- 
torno .  In  fine  tutte  le  spirituali  qualità  ,  come  po- 
tete ben  credere  ,  erano  afflitte  da  malinconia  e  da 
gravezza  tale  ,  che  non  poteva  trovar  modo  di  aleg- 
giarle o  di  passarle.  Ed  oh  quante  volte,  quando  era 
chiuso  solo  nella  mia  cameretta  ,  in  su  quel  letto  di 
veglia  ,  oh  quante  volte  chiamava  a  nome  or  1'  uno 
or  l'altro  di  voi  ,  miei  cari ,  e  con  tutta  la  effusio- 
ne dell'anima  vi  desiderava  a  me  d'appresso  !  Perchè 
ciascuno  di  voi  ,  siccome  tutti  voi  amo  ugualmente , 
sarebbe  stato  di  dolcissimo  conforto  all'abbattuto  e 
languente  mio  spirito.  Ecco  a  quali  termini  era  giun- 
ta* la  mia  infermità  !  I  moltiplici  e  svariati  medicamen- 
ti ,  che  mi  apprestavano  chiarissimi  professori  ,  non 
producevano  alcun  buon  efietto  ;  tantoché  io  teneva 
per  fermo  di  dover  chiudere  fra  non  molto  i  miei 
giorni  per  totale  isfinimento.  E  ,  quasi  più  non  do- 
vessi vivere  ,  aveva   già    me   e  le  mie  cose  messe  in 


Viaggio  a  Frascati  wq 

abbandono.  I  poveri  medici ,  per  noti  sapere  che  me- 
glio dirsi  ,  mi  consigliarono  di  andare  a  respirar  l'a- 
ria d'Albano.  Mi  vi  portarono  all'  istante  :  ma  ini 
fu  forza  partirne  dopo  pochissimi  giorni:  tanto  il  mio 
male  aveva  cresciuto  la  sua  violenza  Allora,  -segui- 
tando piuttosto  un  interno  mio  movimento  che  il 
consiglio  di  alcuna  persona  dell'arte  ,  mi  feci  ,  com 
com'era  quasi  all'estremo  d'ogni  forza  vitale  ,  tra- 
sportare in  quest'  amenissima  villa.  Credereste  voi 
mai?  O  fosse  virtù  di  quest'aria  ,  la  quale  altre  vol- 
te aveva  io  sperimentata  giovevolissima  alla  mia 
complessione  (  ne  sia  benedetta  sempre  la  benignila 
del  mio  clementissimo  re  Carlo  Felice  ,  che  degnò 
eleggermi  a  quest*  amministrazione  !  )  ,  o  fosse  il 
male  che  avesse  già  esaurita  tutta  la  forza  sua  , 
e  che  per  questo  da  se  medesimo  tendesse  a  dimi- 
nuire :  o  fosse  ,  ed  è  ciò  che  più  facilmente  cre- 
do,  che  scritto  era  negl'immutabili  decreti  della  Prov- 
videnza ,  non  dovere  io  ai  presente  partire  di  que- 
sta vita  ;  sentii  che  se  la  mia  infermità  non  dava 
subito  una  chiara  remissione,  non  procedeva  però 
più  oltre  di  quello  che  già  avesse  fatto  in  Alba- 
no. Infastidito  ed  annoiato  di  tutti  i  medicamenti 
apprestatimi  ,  tutti  gli  abbandonai,  e  mi  posi  sola- 
mente ad  usare  queVibi  che  l'indebolito  mio  sto- 
maco non  solo  poteva  sopportare  ,  ma  appetiva  :  e 
vidi  con  grande  maraviglia  che  appetendo  le  uova, 
io  le  reggeva  anche  assai  bene  ,  e  elle  quei  cona- 
ti ,  che  tanto  mi  straziavano  in  sul  formarsi  la  di- 
gestione ,  mi  si  calmavano  prendendo  a  quando  a 
quando  pochi  cannellini  di  confettura.  Vedete  da 
quanto  semplici  cose  si  può  ricevere  il  più  d felle 
volte  la  sanila  !  Ma  io  nondimeno  ho  per  fermo  che 
in  quest'oggi  del  tutto  mi  guarirò  mercè  della  gra- 
ziosa visita  ,  che  voi  ,   miei  buoni   amici  ,  avete  vo- 


a8o  Letteratura 

luto  farmi  ;  perchè  niente  è  più  capace  di  ricrear- 
ci e  di  ristorarci  da  ogni  male ,  che  sia  il  piace- 
vole conversare  con  persone  che  ci  sono  carissime  per 
affetto  ,  ed  a  cui  ci  leghi  una  uguale  conformità  di 
pensare,  ed  un  ugual  genere  di  virtuose  abitudini. 
Qui  l'Amati  ,  che  stato  era  attentissimo  al  fa- 
vellare del  Biondi  ,  interrompendolo  all'improvviso]: 
Or  come  diascolo ,  gli  disse ,  si  nominerà  dunque  que- 
sto  tuo  male  ?  E  il  Biondi  :  Già  tu  vorrai  ,  rispo- 
se] ,  che  io  tei  dica  alla  maniera  de'  greci  :  altri- 
menti tu, più  greco  di  Calcondila  e  di  Bessarione,  non 
sapresti  darti  pace ,  e  quasi  non  presteresti  creden- 
za all'  infermità  mia.  Sappi  adunque  ,  mio  buon  Gi- 
rolamo ,  che  questo  mio  male  è  chiamato  da  al- 
cuni barbassori  di  Esculapio  ,  i  quali  eruditissima- 
mente ci  ammazzano  in  lingua  greca  ,  è  chiamato 
dissi  una  debolezza  per  anoresìa.  Ti  va  bene  cosi  ? 
Oh  sì  ,   ora  intendo  bene  ,  rispose  l'Amali  nostro  : 

„  Non  comincia  fortuna  mai  per  poco 

„  Quando  un  mortai  si  piglia  a  scherno  e  a  gioco  ! 

E  ,  carezzandosi    il   mento  ,  com'  egli    usa   fare  ,    si 
tacque. 

Ma  io  stimo  ,  o  amici  ,  riprese  il  Biondi  ,  che 
da  ben'altra  cagione  che  non  dalle  semplici  uova 
e  dai  cannellini  sia  proceduto  il  mio  migliora- 
mento. E  da  quale  ?  interruppe  subitamente  il 
Santucci.  Dalle  lettere ,  rispose  il  Biondi .  E  co- 
me dalle  lettere  ?  soggiunse  il  Betti.  Sì  dalle  let- 
tere ,  continuò  il  ragionare  1'  amico  nostro.  La  fiera 
malinconìa  ,  che  ,  come  vi  ho  narrato  ,  tutto  mi  ave? 
va  vinto,  era  venuta  in  me  non  tanto  forse  dalla  in- 
fermità ,  la  quale  così  orribilmente  mi  tormentava  , 
quanto  dal  sentirmi  la  mente   non   reggere   al  medi- 


Viaggio  a  Frascati  28 r 

tarp.  E  vi  fo  fede  che  positiv.imente  mi  lacerava  den- 
tro dal  dispetto  ogni  qual  volta  all'aprire  un  libro 
mi  avvedeva  che,  scorse  poche  righe,  subito  inco- 
minciava il  capo  ad  aggravarmisi ,  la  vista  illangui- 
divasi  e  mi  si  oscurava  ,  e  le  forze  a  poco  a  poco 
venivano  mancando  ;  sicché  doveva  abbandonare  ogni 
occupazione  ,  se  non  voleva  lasciarmi  cadere  in  un  to- 
tale svenimento.  Certo  è  verissimo  che  un  filosofo  dee 
con  pazienza  passare  la  grandezza  de'mali  ;  ma  questo 
del  non  poter  vacare  liberamente  a'  miei  studi  era  co- 
sa troppo  maggiore  delle  mie  forze,  anzi  tale  che  a  sop- 
portarla non  poteva  bastarmi  ogni  virtù  dell'animo. 
Ed  infatti  ,  ditemi  di  grazia  ,  che  mai  noi  siamo  al- 
lorché nella  vita  ci  vieti  meno  la  graziosa  compa- 
gnia di  que'  dolcissimi  studi ,  ai  quali  fin  dalla  pri- 
ma età  ci  siam  consecrati  !  Noi  più  non  siamo  ,  duo- 
po  è  confessarlo  ,  che  una  meta  di  noi  stessi,  riè  più 
riteniamo  che  la  men  nobile  parte.  Mentre  che  tro- 
vavano in  questi  termini  ,  e  che  il  vivere  mi  si  era 
fatto  di  molto  peso  ,  qual  fu  mai  la  maraviglia  e  la 
gioia  mia  una  mattina  ,  nella  quale  essendomi  leva- 
to dal  letto ,  immerso  al  solito  nella  mia  tristezza  ,  e 
messomi,  più  per  una  certa  naturai  consuetudine  che 
per  volontà  o  proponimento  di  studiare  ,  a  leggere  il 
mio  caro  Virgilio  (autore  che  voi  tutti  sapete  quan- 
to io  mai  abbia  in  amore),  qual  fu  ,  dissi  ,  la  mia  gio- 
ia e  maraviglia  in  vedere  la  lunga  lettura  di  quel 
sommo  classico  non  pure  non  mi  avere  punto  stan- 
cato ,  ma  in  contrario  avermi  e  rallegrato  lo  spi- 
rito ,  ed  infuso  nell'animo  una  bella  quiete  e  una 
pace  ,  cose  da  gran  tempo  non  più  gustate  ?  Oh  si 
che  io  ricorderò  quel  giorno  ,  sempre  eh'  io  viva  , 
con  vero  trasporto  di  allegrezza  !  Se  il  mio  male  ave- 
va incominciato  fin  allora  a  dare  alcun  segno  di  vo- 
ler cessare  ,  non  mi  aveva  fitto  però    travedere   che 


282  L    E    T     T    K    11    A    T    XI    R    A 

ben  da  lungi  il  suo  fine  ;  ma  il  convincimento  di 
potere  con  alcuna  regola  riprendere  i  cari  miei  stu- 
di ,  fu  per  me  come  un  tenermi  sano  del  tutto.  Mi 
proposi  allora  ,  per  non  affaticar  di  soverchio  la  mia 
debole  mente,  di  ritornar  sopra  la  traduzione  della 
Buccolica  virgiliana  ,  che  già  da  varii  mesi  aveva 
io  condotta  a  compimento  :  e  con  questa  intenzione 
scrissi  a  te,  mio  Betti,  affinchè  al  più  presto  mi  fi- 
cessi  tenere  il  volgarizzamento  ,  che  di  quelle  egl  >- 
glie  ci  ha  lasciato  Prospero  Manara  ,  essendo  io  ve- 
nuto in  pensiero  di  affrontarlo  al  mio.  Or  meni; e 
cha  io  stava  in  aspettazione  di  quel  libro  più  per  di- 
letto di  vedere  l'altrui  lavoro  ,  che  per  voglia  che 
avessi  di  pormi  ad  una  novella  fatica  ,  mi  feci  a  ri- 
leggere attentamente  la  Georgica  del  divin  mantova- 
no ;  poiché  in  questa  campagna  ,  e  cosi  infermo  coni' 
era  ,  non  pensai  a  portar  meco  altri  libri  che  il  mìo 
Virgilio,  il  quale  dovunque  io  vada  mi  è  sempre  fido 
compagno.  Preso  da  maraviglioso  e  nuovo  piacere  a 
quella  lettura  ,  ebbi  subito  gran  desiderio  di  provar- 
mi a  vestire  di  veste  italiana  tutto  il  poema  ;  la  qual 
fantasia  venutami  in  capo  ,  dirò  ,  in  un  attimo  ,  vi 
si  fermò  dentro  cosi  fortemente  ,  che  non  mi  pone- 
va a  leggere  e  della  lettura  non  mi  rimaneva  ,  che 
continuo  ed  in  ogni  luogo  non  mi  accompagnasse. 
Standomi  pertanto  una  notte  tutto  in  questo  pensa- 
mento ,  incominciai  fra  me  a  meditare  quale  sareb- 
be stata  la  maniera  più  convenevole  di  tradurre  li' 
Georgiche:  e  dopo  avere  or  in  una  or  in  altra  idea 
vagato  ,  mi  determinai  fra  tutti  i  metri  a  scegliere 
la  terza  rima.  Fermato  questo  proponimento  ,  sorgeva 
dall'altra  parte  il  timore  non  troppo  tedioso  dovesse 
ciò  tornare  nel  rendere  in  italiano  cosi  lunghi  libri. 
Fissandomi  però  ognor  più  in  quella  conside- 
razione, vidi  che  se  avessi  potuto  con   certa  ragio- 


Viaggio  a  Frascati  283 

ne  dividere  ciascun  libro  in  tanti  canti ,  della  lun- 
ghezza ciascuno  per  se  più  o  meno  de'  canti  dell'Ali- 
ghieri ,  la  mia  opera  sarebbe  riuscita  senza  peso  e 
con  giusti  e  convenienti  riposi.  Non  era  appena  com- 
parso il  nuovo  sole  ,  che  io  corsi  al  mio  Virgilio  , 
e  tutto  considerandolo,  osservai  con  mio  grande  con- 
tento tanti  essere  gli  episodii  ,  tante  le  varie  cose 
delle  quali  è  cantato  in  quegli  aurei  versi  ,  che  il 
poema  si  lasciava  dividere  facilissimamente  ,  e  che  cia- 
scun libro  sarebbe  stato  giustamente  partito  in  ven- 
ti o  al  più  in  ventiquattro  canti.  Fu  la  mattina  dei 
sette  di  questo  mese  che  posi  mano  all'  opera  :  e 
già  |son  pervenuto  al  fine  del  secondo  libro.  La 
mia  fatica  (  se  il  giudicio  mio  non  è  avuto  dà  voi 
troppo  in  sospetto  )  parmi  esser  venuta  meno  in- 
felicemente che  io  dubitassi  ;  e  fin  qui  non  ho  io 
trovato  in  che  dovermi  arrestare.  E  sì,  che  quando 
poco  fa  vidi  giungervi  ,  mi  sentii  subito  confor- 
tare, poiché  dissi  fra  me:  Oh  ecco  coloro  a' quali 
potrò  leggere  liberamente  alcuna  parte  di  questa  mia 
traduzione  :  ecco  coloro  nella  sentenza  de'  quali  po- 
trò interamente  quietarmi  !  È  la  serenità  del  mat- 
tino che  io  consacro  al  mio  Virgilio  ,  con  lui  io 
mi  sto  allora  parecchie  ore,  e  a  lui  più  che  ad  altri 
è  infine  eh'  io  debbo  la  mia  guarigione.  Ora  neghi- 
mi, se  alcuno  il  può,  neghimi  che  le  lettere  non  sie- 
no  a  chi  le  coltiva  un  farmaco  salutare  a  procac- 
ciare  la  sanità  ? 

Lascio  a  voi  l'immaginare  ,  o  mio  Cassi  ,  le 
grandi  feste  che  noi  tutti  facemmo  al  Biondi  per 
una  così  chiara  dimostrazione  che  davaci  del  suo  be- 
ne stare  :  e  le  congratulazioni  altresì  che  interna- 
mente facemmo  e  con  noi  medesimi  e  con  l'Italia  , 
udendo  quale  volgarizzamento  preparavasi  alla  let- 
teratura.  Ma  la  carità   nostra   verso   l'amico  ci  mos- 


284  Letteratura 

se  a  consigliarlo  e  a  pregarlo  con  molto  affetto  ,  per- 
chè tenesse  modo  allo  studio  ,  onde  non  dovesse  ac- 
cadere (in  quello  stato  di  debolezza  in  cni  trova- 
vasi  pur  tuttavia  )  che  ciò  che  a  principio  eraglt 
venuto  in  bene,  avesse  poi  in  processo  di  tempo, 
col  troppo  durare  intensamente  nel  travaglio,  a  con- 
vertitegli in  nocumento.  Conciossiachè  ci  dimostri 
troppo  chiaramente  la  esperienza  ,  che  niuna  cosa 
con  maggior  forza  e  più  facilmente  abbatte  il  no- 
stro fisico  (  massime  se  usciti  siamo  d'alcuna  infor- 
mità), quanto  la  soverchia  attenzion  dello  spirito.  Ala 
egli  più  volte  ci  assicurò  non  dover  noi  stare  <li 
ciò  in  timore,  poiché  ordinava  per  modo  il  suo  stu- 
dio da  non  potergliene  venire  sicuramente  niuu  dan- 
no; che  se  per  caso  durando  in  quella  fatica ,  comi- 
che a  lui  carissima  e  di  sommo  diletto,  sentivasi  pur 
menomamente  ed  alla  lontana  o  aggravare  il  capo 
o  affaticare  la  mente  ,  levavasene  subito,  e  distrae- 
vasi   in   qualche    altra   più    leggera   occupazione. 

Appresso  queste  parole  del  nostro  Biondi ,  poco 
più  ci  rimanemmo  nel  delizioso  giardino  ;  e  soddi- 
sfattissimi tutti  di  tal  ragionare ,  ci  riducemmo  al  pa- 
lagio :  dove  entrati  nella  camera  dello  studio  ,  egli 
ci  si  fece  cortesemente  a  recitare  alcuni  canti  della 
Georgica  :  e  questi  furono  i  principali  ,  che  io  al 
presente  ricordi  :  //  proemio  :  La  descrizione  della 
vita  campestre:  I  lavori  campagnuoli  nelV  autunno: 
Il  travaglio  ed  il  governo  delle  api  :  e  finalmente 
quel  maraviglioso  episodio  della  morte  di  Cesare. 
E  qui  ,  caro  Cassi  ,  vorrei  saper  trovare  parole 
convenevoli  a  meritamente  lodare  questa  bellissima 
e  nobilissima  versione.  Ma  voi  che  ben  conoscete  , 
siccome  oggimai  tutta  Italia  conosce  ,  quanto  sia  il 
valor  di  Luigi  Biondi  nelle  cose  poetiche,  saprete  assai 
meglio  da  voi  stesso  pensarlo  ,   che,  io  possa  riuscire 


Viaggio  a  Frascati  285 

a*  clirvene  alcun  che  nei  termini  di  una  lettera.  Noi 
tutti  ne  restammo  in  guisa  presi  d'ammirazione  e  di 
piacere ,  che  se  non  fosse  stata  una  cara  attenzione 
per  la  mal  ferma  sanità  del  celebre  traduttore  ed  ami- 
co (  la  quale  attenzione  ci  consigliava  di  non  la- 
sciarlo troppo  lungamente  stancare  nella  recitazio- 
ne di  quegli  altissimi  canti  )  ,  avremmo  voluto  tut- 
to ascoltare  ciò  ch'egli  fino  a  tal  giorno  avea  fat- 
to di  quel  virgiliano  volgarizzamento.  Oh  certo  bellis- 
simo volgarizzamento  ,  e  quale  già  Italia  da  lungo 
tempo  desidera  !  Fedeltà  somma  al  testo  latino  :  pu- 
ra, facile  e  magnifica  locuzione:  un  verseggiare  sem- 
pre nobile  ,  e  numeroso  :  una  lingua  tutta  grazie  e 
tutt'  oro  :  e  le  più  difficili  cose  vi  sono  traslatate  in 
maniera  nella  nostra  favella  ,  che  ti  sembrano  anzi  crea- 
le che  tradotte.  E  chi  non  vede  che  questa  poesia  è  pro- 
priamente venuta  giù  dalla  penna  del  Biondi  tutta  spon- 
tanea e  come  di  getto  ?  E  dovete  considerare  ,  o  amico  , 
che  i  canti  ch'egli  ci  lesse  non  sono,  dirò  cosi,  che 
la  prima  bozza  :  una  bozza  però  della  mano  del  Bion- 
di ;  cioè  un  quadro  che  per  molti  altri  già  sarebbe  per- 
fetto. Or  pensate  quanto  grandi  e  quanto  vere  fos- 
sero le  congratulazioni  ,  che  noi  ne  facemmo  all' 
amico  ;  e  quanto  calde  altresì  le  istanze  affinchè  non 
si  rimanesse  dal-  condurre  sì  bel  lavoro  al  suo  termi- 
ne ,  tanto  per  onor  suo  ,  quanto  per  onore  dell'  ita- 
liana  poesia. 

Lo  credereste?  Mentre  che  il  Biondi  ci  recitava 
quo'  versi ,  tornavami  sempre  alla  memoria  la  infermi- 
la della  quale  usciva  ;  e  come  eravamo  in  villa  , 
cosi  paragonava  fra  me  la  mente  dell'amico  nostro  a 
una  pianta  ,  che  per  molti  rami  cresciuti  senza  cer- 
ta disposizione  ed  attraversantisi  per  ogni  lato  ,  sia- 
si a  poco  a  poco  fatta  sterile  ,  né  quasi  più  dia  spe- 
ranza alcuna  di  frullo.  Ma  venuta  essa  sotlo  le  ma- 


a8G  Letteratura 

ni  del  provvido  agricoltore,  che  prendala  a  dispoglia- 
re e  di  quelle  inutili  foglie  ,  e  di  quo'  troppi  ramu- 
scelli  che  le  impedivano  il  fruttificare  ,  si  rende  gra- 
do grado  più  bella  :  sicché  alla  debita  stagione  tor- 
na nuovamente  a  vestirsi  di  fiori ,  per  rendere  poi 
al  suo  tempo  copiosissime  frutta.  Pensate  ,  che  il  so- 
migliante è  stato  del  Biondi  appresso  il  male  che  ha 
sofferto  :  tanto  ho  io  trovato  di  freschezza  nella  sua 
mente,  tanto  di  bontà  nella  sua  poesia:  e  quando  voi 
leggerete  il  suo  volgarizzamento  della  Georgica  ,  voi 
stesso  non  mi  negherete  ragione  di  ciò  eh'  io  dico. 

In  mezzo  a  tali  piaceri  dell'  amicizia  ,  delle  let- 
tere e  della  villa  ,  giunse  l'ora  del  desinare.  Laonde 
ci  sedemmo  tutti  all'  abbondantissima  e  dilicatissima 
mensa  , 

„  Dove  il  manco  piacer  fur  le  vivande  „ 

tanto  lietissimi  e  pieni  di  amichevoli  sollazzi  furono  i  ra- 
gionamenti che  s'intromisero  per  ognuno;  specialmente 
vedendo  con  quanto  piacere  e  buono  appetito  gustasse 
del  cibo  l'amico  nostro.  E  la  sig.  Marianna  ,  affettuo- 
sa sorella  sua  ,  donna  gentile  e  di  amorevoli  manie- 
re ,  ne  maravigliava  in  guisa  ,  che  a  noi  rivolta 
assai  cortesemente  prese  a  dirci  :  In  verità  io  non 
debbo  che  a  voi  il  gran  contento  che  provo  nel  ve- 
dere questa  mattina  il  fratel  mio  gustare  cosi  sapo- 
ritamente d'ogni  vivanda.  Alle  quali  parole  il  Bion- 
di rispose  ,  che  non  vi  ha  miglior  salsa  ne'  cibi  ;  che 
l'esser  presi  nella  dolce  compagnia  de'  buoni  amici 
E  da  questo  giorno  (sono  suoi  proprii  delti)  da  que- 
sto giorno  e  non  da  altro  io  voglio  assolutamente 
contare  il  mio  intero  ritorno  a  guarigione.  A  tanto 
graziose   e  cordiali  espressioni   noi   rispondemmo  col 


Viaggio  a  Frascati  387 

bere  a  inviti  per  la  felicita  dell'amico  nostro  di  un 
vino  ,  che  Orazio  avrebbe  anteposto  al  suo  dolce 
Falerno  ,  ma  che  l'Amati  rassomigliò  ingegnosamente  a 
quello  che  Ulisse  ebbe  in  dono  dai  buon  Marone 
sacerdote  d'Apollo  :  recitando  cosi  tutto  quel  bel  pas- 
so del  lib.  IX  dell'Odissea.  Levate  le  mense,  e  cre- 
sciute le  risa  e  le  allegre  parole  ,  costringemmo  lo 
stesso  Amati ,  caldo  cos'i  coni'  era  di  quel  lieto  con- 
vito ,  ad  improvvisarci  alcun  verso  sulla  sanità  del 
Biondi.  Egli ,  che  è  di  quella  cortesia  la  quale  più 
mostrasi  cou  le  belle  opere  che  con  le  belle  parole  , 
non  si  negò  al  nostro  invito  :  e  sians  pede  in  uno , 
colle  rime  dategli  da'circostanti  ,  schiccherò  tre  so- 
netti alla  maniera  ch'egli  schernevolmente  suol  chia- 
mar ciclopea  ,  che,  vi  giuro  io,  ci  apparvero  ispirati 
da  un  verissimo  furor  poetico:  i  quali  poi  l'un  dopo 
l'altro  ci  recitò,  trattosi  in  mezzo,  con  una  voce  co- 
sì sonora  e  direi  quasi  tremenda  ,  che  potevasi  mol- 
to bene  rassomigliare  al  terribil  suono  che  usciva 
dal    fatato    corno    d'Astolfo. 

Ci  trattenemmo  ancora  piccolo  spazio  di  tempo, 
che  venne  trascorso  nell'udir  pure  uno  o  due  altri 
canti  del  volgarizzamento  delle  Georgiche  ,  i  quali 
ci  parvero  in  tutto  rispondere  alla  bellezza  de'pri- 
mi  ;  e  fatta  intanto  l'ora  della  partenza  ,  ci  sepa- 
rammo dal  dolcissimo  amico  nostro  in  mezzo  gli  ab- 
bracciamenti e  le  significazioni  le  più  sincere  di 
giubilo  e  per  la  sua  miglior  sanità  ,  e  pel  nobile 
«  veramente  classico  lavoro  ch'egli  prepara  all'  Ita- 
lia. Così  ,  pieni  tutti  di  una  cara  soddisfazione  ,  be- 
nedicendo l'amicizia  e  le  muse  ci  riducemmo  a  Ro- 
ma, dove  io  non  senza  rammarico  mi  divisi  dal  mio 
Amati  ,  dal  mio  Betti,  dal  mio  Santucci ,  che  tanta 
parte  sono    dell'  anima   mia. 


288  Letteratura 

Eccovi  date  le  novelle  della  sanità  del  Biondi  , 
che  voi  attendevate  con  sì  gran  desiderio.  Troverete 
forse  che  io  mi  sia  troppo  allargato  nello  scriver- 
vi :  ma  dovete  scusarmene  per  questa  ragione  ,  che 
quando  io  ho  a  parlare  degli  amici  miei,  ed  in  ispe- 
zialtà  del  mio  Biondi  (  il  quale  amo  di  un  amor 
sì  parziale  che  non  cesserà  se  non  per  la  morte  ) 
non  so  facilmente  ridurmi  a  depor  la  penna.  Inoltre  ho 
voluto  anziché  indirizzarvi  una  semplice  lettera,  dar- 
vi tutta  per  disteso  la  descrizione  di  un  piccolo  viag- 
gio fatto  in  compagnia  di  persone  ,  che  anche  voi 
ed  amate  e  pregiate  secondo  il  gran  merito  loro  ; 
riè  lieve  compenso  alla  noia  ,  che  potrebbe  arrecar- 
vi la  lunga  mia  diceria ,  deve  esservi  infine  l'inten- 
dere ,  oltre  al  bene  stare  dell'amico  ,  le  novelle  dell' 
insigne  lavoro  ch'egli  ha  per  mano.  Ed  ora  poiché 
siamo  su  questo  discorso  ,  tornami  bene  a  mente  (il 
vostro  Lucano.  E  quanto  mai  ,  Cassi  amatissimo  , 
ne  compirete  la  traduzione  ?  Pensate  che  ogni  libro 
che  n'esce  in  luce  ci  mette  nelle  vere  smanie  di  aver 
l'altro  che  seguita  :  tanto  troviamo  tutti  elegantissi- 
ma e  nobilissima  quell'opera  vostra.  E  poi,  mio  buon 
amico  ,  io  non  posso  aver  pace  finché  non  vegga  le 
ceneri  del  vostro  impareggiabil  cugino,  e  maestro 
mio  dilettissimo  Giulio  Perticari  ,  riposte  in  un  mo- 
mento degno  dell'  alto  suo  nome  e  della  nazione  : 
fine  generosissimo  ,  a  cui  sa  tutta  Italia ,  la  quale  ve  ne 
rimenta  colle  lodi  più  schiette,  essere  consecrato  il 
letterario  vostro  lavoro.  Or  su  dunque  ,  non  vi  ar- 
restate di  un  punto  ,  procedete  pur  francamente  ;  né  più 
del  dovere  vi  distraggano  da  questa  pietosa  e  magnani- 
ma impresa  le  cure  che  vi  apporta  il  reggere  con  tan- 
to decoro  e  con  tanta  pubblica  utilità,  come  fate, 
il  gonfalone  di    codesta    vostra    nobile  Pesaro. 


Viaggio  a  Frascati  289 

A  Dio  ,  mio  caro  ed  illustro  amico  ;  amatemi 
sempre,  e  come  a  vostra  cosa  ogni  vostro  piacere 
imponete  sicuramente. 

Di    Roma    l'ottobre    del    1828. 

Pietro  Odescalchi. 


Properzia  de  Rossi,  rappresentazione  tragica.  4.0  Bo- 
logna, tipografia  Cardinali  e  Frulli  1828.  (Sono 
P<*g-  59  ,  col  ritratto  di  Properzia  de* Rossi.  ) 


icevami  un  giorno  il  divino  Canova  ,  che  fra  le 
più  gravi  disavventure  ,  le  quali  toccato  abbiano  in 
Italia  le  belle  arti,  deve  assolutamente  porsi  la  mor- 
te sì  acerba    di    Properzia   de'  Rossi  :    tanto   fu    egli 
preso   all'eccellenza    che    mirò    nelle    poche    scultu- 
re ,  che  tuttora   ci    rimangono    di    quell'  alto   spirito 
bolognese.  Ed  oh  con  che  affettuosa  sollecitudine  egli 
ora  leggerebbe   quest'  opera   del  celebre   prof.  Paolo 
Costa,  nella  quale  è  rappresentato  come  quella  gran 
donna   giacque  vittima  volontaria    d'una   troppo'  ae- 
cesa   passione  d'amore  !  Egli   cerio  ,  che   aveva  bel- 
lissimo  il   cuore   come   la   mente  ,    non    terrebbesi   di 
spargere   quelle    lacrime  ,    che  noi  pure  in   larga  co- 
pia  abbiamo    versate    in    mezzo    una    onesta    brigata 
di  giovani  e  di  donne    gentili  a  cui  la  leggemmo. 

L'opera  non  è  di  assoluta  invenzione  italiana  , 
ma  sì  di  tedesca  :  intorno  a  che  giovi  qui  riferire 
un  bel  passo  della  prefazione  dell'  autore  :  „  Uno 
„  de'  più  chiari  poeti  della  Francia  nella  prefazio- 
„  ne  alla  Sofonisba  di  Mairel  ,  opera  da  lui  cor- 
G.A.T.XT  1;> 


3<)0  L    E    T    T    E    R    A.    TURA 

,,  retta,  consiglia  gli  uomini  di  lettere  a  riforma- 
.,  re  quelle  tragedie  che  ,  adorne  di  molte  bellezze, 
„  o  sono  in  qualche  parte  difettose  ,  o  hanno  qua- 
„  lita  sconvenienti  ai  costumi  e  alle  opinioni  no- 
,,  velie  ;  e  rispetto  diverse  tragedie  di  Cornelio  af- 
„  ferma  ,  che  se  taluno  si  facesse  a  correggerle  , 
,,  non  solo  renderebbe  servigio  alla  memoria  di  quel 
,,  poeta  e  al  teatro  francese  ,  ma  si  farebbe  degno 
„  della  prolezione  de'  principi.  Animato  io  da  sì  au- 
,,  torevole  consiglio,  mi  sono  posto  in  cuore  di  ri- 
„  fare  ,  secondo  le  regole  del  nostro  teatro  ,  ma  iti 
,,  una  maniera  liberissima,  alcune  pregevoli  rappre- 
„  sentazioni  tedesche.  Ho  ristretto  in  picciolo  nu- 
,,  mero  i  molti  personaggi  ,  semplificata  e  ridotta 
„  a  tempo  più  breve  l'azione  ,  posposto  o  antepo- 
„  ste  alcune  scene  ,  aggiuntene  altre  ,  tralasciatene 
„  molte  ;  ho  mutati  in  parte  i  caratteri  e  la  cata- 
„  strofe  ,  ho  aggiunto  notizie  storiche  acconce  ad 
,,  illuminare  l'evento  :  e  finalmente  ,  secondo  il  gè- 
„  nio  di  nostra  lingua  ,  ho  vestita  di  altre  forme, 
„  e  adornata  di  altre  sentenze  relocuzione.  Per  co- 
„  tal  modo  le  mie  poesie  vengono  a  rassomigliare 
,,  alle  tedesche  forse  poco  più  di  quello  che  la  Me- 
,,  dea  di  Racine  rassomigli  alla  Medea  di  Seneca, 
„  e  le  Mero  pi  del  Voltaire  e  dell'  Alfieri  rassomi- 
„  glino  a  quella  di  Scipione  Maffei.  Come  io  sia 
,,  riuscito  in  questa  impresa  sei  vedranno  coloro  , 
„  cui  piacerà  di  leggere  la  tragedia  che  ha  per  ti- 
„  tolo  D.  Carlo  di  Filippo  TI,  quando  mi  sarà  con- 
„  ceduto  di  pubblicarla.  Ora  do  fuori  la  Proper- 
„  zia  de'  Rossi  ,  la  l'avola  della  quale,  tolta  dalla 
„  Stella  di  Goethe ,  è  a  questa  assai  meno  simile 
„  che  non  sono  le  due  seconde  Mcropi  a  quella  del 
„  poeta  veronese  ,  perciocché  gli  eventi  per  la  mag- 
,,  gior  parte   sono    di    mia   invenzione,  e  di  mia  in- 


Properzia  de'  Rossi  291 

„  venzione  i  dialoghi  tulti  ,  le  sentenze  ,  le  espres- 
„  sioni  d'alletto,  il  costume  de' personaggi  e  lo  scio- 
„  glimento  del  nodo  :  per  la  qual  cosa  se  la  Pro- 
,,  perzia  non  riesce  a  buon  fine  ,  tornerà  in  mio 
,,  biasimo  solamente.  Queste  cose  ho  voluto  dire  per 
„  coloro  ,  che  liberalmente  dispensano  il  titolo  di 
,,  plagiario  a  chi  toglie  da  altri  le  favole  de'  poemi. 
„  Virgilio  ,  l'Ariosto  ,  il  Tasso  ,  La-Fontaine  ,  Ra- 
„  cine  e  moltissimi  altri  e  in  Ilalia  e  fuori  tolsero 
„  spesso  dagli  altrui  poemi  a  materia  de'  loro  versi 
„  le  narrazioni  intere  e  gli  eventi  ,  e  ne  andarono 
„  lodati. ,, 

Fin  qui  il  prof.  Costa  :  il  quale  troverà  certo 
molti  seguaci,  ed  eziandio  molti  contraddittori  ne' let- 
terati italiani  ,  secondo  che  essi  tengono  0  no  ne- 
cessario di  seguitare  l'istoria  in  una  rappresentazio- 
ne drammatica  :  cioè  a  dire  ,  secondo  che  concedono 
o  no  al  poeta  il  privilegio  d'esser  poeta.  In  quanto 
a  me  ,  che  stimo  non  chiedere  il  popolo  in  alcun 
dramma  se  il  fatto  è  vero,  si  bene  se  è  verosimile: 
non  chiedere  d'imparare  ,  si  bene  di  essere  illuso  e 
commosso  ;  sono  pienamente  dell'avviso  suo.  Il  qua- 
le avviso  ,  se  egli  ne  avesse  mestieri  ,  potrà  ezian- 
dio confortare  coli'  approvazione  solenne  del  Goethe, 
principe  de' romantici  d'Allemagna,  che  malgrado  di 
tutti  gl'insegnamenti  della  sua  scuola  (tanto  la  for- 
za della  ragione  è  potente  )  ebbe  a  dire  ,  parlan- 
do della  divisione  che  al  sig.  conte  Manzoni  piacque 
fare  di  personaggi  istorici  ed  ideali  nel  suo  Carma- 
gnola :  //  n  y  a  poìnt  ,  à  propremefìt  parler  ,  de 
persomiage  historique  en  poesie;  séulement ,  quand 
le  poète  •veni  reprcsenter  le  monde  inorai  qu  il  a 
cohcu,  il  fait  à  certains  indiindus ,  qu  il  recontre 
dam  Vhistoire  ,  Vhonneur  de  leur  emprunter  leurs 
ìioms  ,  pour   Ics   appliquer   aux   ctres    de   sa  crea- 

'9* 


aga  Lette  k  a  tura 

ti  ori  (i).  Attenderò  che  a  questa  sentenza  si  compiac- 
ciano i  sottili  nostri  romantici  di  dare  a  lor  como- 
do  una   qualche   buona    risposta. 

La  Properzia  de'Kossi  recitata  in  una  delle  più 
dotte  e  popoloso  nostre  città  ,  in  quella  Bologna 
che  ora  tien  cos'i  vivo  l'onore  d'Italia,  fu  accolta  con 
singolarissimi  applausi  ;  e  l'autore  fu  chiamato  due 
volte  a  mostrarsi  sul  palco  scenico  dalle  vive  ,  una- 
nimi, ed  iterate  acclamazioni  degli  spettatori.  E  a  dir 
v*vq  questo  dramma  ha  una  sì  cara  semplicità  ,  una 
e  tastrofe  cosi  verosimile  e  pietosa  ,  una  concatena- 
zione di  scene  cosi  facile  e  naturale  ,  una  scelta  in- 
fine di  personaggi  òi  tale  generosità  e  gentilezza  , 
c'ie  ad  ogni  tratto  ti  senti  soavemente  toccar  il  cuore , 
uè  puoi  non  compiangere  i  casi  dell'infelice  donzel- 
la. Quanta  similitudine  tra  la  persona  che  patisce 
e  noi  che  la  vediamo  patire  !  In  che  un  gran  segre- 
to è  riposto  ,  segreto  infallibile  ,  dell'  ottimo  effetto 
di  qualsiasi  dramma.  Lungi  perciò  dal  libro  del  Co- 
sta chi  no  a  è  cotmnto  (come  oggimai  lo  sono  tut- 
ti e  doro  i  quali  ben  si  conoscono  della  filosofia 
dell'arte)  ,  che  un  troppo  complicato  intreccio  non 
lascia  alle  pus 'ioni  il  tempo  convenevole  a  svilup- 
parsi. Sentenza  d'oro  lasciataci  da  Voltaire,  e  pur 
troppo  mal  conosciuta  da  certi  nostri  dottori  ,  che 
oggimai   hanno    fatto   bordello   dell'italiano  teatro. 

Nobilissimo  n'è  poi  lo  stile  ,  e  quasi  lo  pro- 
porrei ad  esempio  di  quel  perfetto  che  adoperar  si 
deve  ne'drammi:  comedi  è  alcuni,  nati  e  cresciuti  in  una 
gran  rustichezza  di  lettere  ,  abbiano  trovato  di  che 
mordere   tanta  italiana   semplicità  e  gentilezza.  Ma  il 


(i)    Goethe  ,  E sanie  della   tragedia    del  conte   Man- 
zoni \\  coutu  di  Carmagnola. 


PiiOPF.nziA  ce1  Rossi  293 

Costa ,  uomo    di    alto    animo    e    di    prò  volta    riputa- 
zione,   non  muovasi  alle  ciance  de'novelli  Patitili  :  e 
scrittore  com'egli   è    de'più   solenni    e  benemeriti   che 
ci  fioriscono  ,  guardi  costoro  ,  e  sorrida  ,  e  passi    ol- 
tre.  Ch'egli   è   nato    a   guerreggiar  grandi  guerre  ,  e 
ad   essere   cavaliere   in   illustri    contese  ,  non    ad  usa- 
re una  nobile  spada  in  miserabili  zuffe  dove   il  vin- 
cere   è  senza    gloria.    Vestasi    adunque    d'una    onore- 
voi  superbia,  superhiam  quaesitam  meritisi  ed  ascol- 
ti    all'uopo    il    suo    Petrarca    che   sdegnosamente    gli 
grida   di    seguitare    i    pochi   e    non   la  gente  del  vol- 
go.  Ma  intorno   alle  ragioni    del   proprio   stile    odasi 
il    Costa  medesimo  ragionare    magistralmente  ,,  Stet- 
„  ti  (  die'  egli  )  da  prima  dubitando  se  questo  dram- 
,,  ma   fosse  da    mettere  in    versi  :  ma    avendo  p<>s  ia 
,,  considerato  ,    che    la    troppa    armonia    gli    avrebbe 
,,  dato  quella  nobiltà,  che    pare  conveniente  alla   sola 
„  tragedia  ,   mi    deliberai    di    scriverlo    in     prosa  ;   e 
„  in   una   prosa  ,  la  quale  tenesse  il   mezzo  fra  lo  sli- 
„  le  grandioso  della  tragedia  ed  il  rimesso  della  com- 
,,  media.    Ma  d'onde  trarne  l'esempio  ?  Le  commedie 
,7  antiche    sono    dettate    in    imo    stile  ,    che    non    so- 
,,   lo  ha    molti    modi    fuor    d'  uso  ,    ma  è    ordinaria- 
„  mente    di    tale   bassezza    che   solo    alla    gente    dell' 
,,  l'infima   condizione   pare  che   si  convenga.    Le  mo- 
,,  dome  poi  usano  il   linguaggio  che  fra    noi    è  spes- 
,,  so    in    bocca    alla  moltitudine  :    la  quale  ,  sforz-.n- 
„  dosi    di   parlar   bene  ,   traduce    in   parole  ire&    tron- 
,,  che    le   frasi    de'noslri    dialetti  ,  -ed  a  q nelle    mesce 
,,  equivoci    e    sollecismi.   In    questo    barbaro    parlare 
„  scrissero    (tranne    il    Gigli    ed    altri    potili)   i    co- 
„  mici   moderni  ,  i  quali   così   adoperando  avvisarono 
„  di  trovare    scrupolosamente  la  verità  :   e    non   no 
,,  sero    mente    che    il    poeta  ,    non    essendo    co j > i s r  1  , 
,,  ma  giudizioso  imitatore  della   natura  e  maestro    del 


2f)|  L    E    T    T    E    I\    A    T    U    R    A 

„  popolo  ,  non  solo  e  tenuto  a  far  sì  che  il  vero  , 
„  che  è  det'ornie  ,  non  apparisca  ,  ma  ad  insegna- 
„  re  a  Lene  e  correttamente  parlare.  Ne  dalle  com- 
„  medie  antiche  né  dalle  moderne  erami  dunque  da- 
,,  lo  di  togliere  un  buono  esempio  dello  stile  dram- 
„  matico  ;  laonde  mi  fu  duopo  cercarne  l'idea  nel- 
„  la  mia  mente.  Se  quella  che  scelsi  troverà  gra- 
„  zia  appo  coloro  ,  che  hanno  vera  1'  intelligenza 
,,  nelP  arte  ,  io  non  mi  darò  cura  o  pensiero  del 
„  gracchiare  di  coloro  che  confondendo  il  parlar 
„  plebeo  coll'illustre  ,  il  decoro  tragico  e  il  lirico  , 
„  fanno  di  tutti  gli  stili  uno  stile ,  e  la  sfrenata 
„  licenza    chiamano   libertà.   „ 

Il  libro  è  intitolato  ad  uno  de'personaggi  che 
più  onorano  lo  stato  e  la  chiesa,  a  S.  Em.  il  sig. 
card.  Giuseppe  Albani  ,  segretario  de'brevi  di  Sua 
Santità  ,   e    legalo    di    Bologna. 

Salvatore  Betti 


Le  prime   quattro  odi   di    Orazio   volgarizzate 
daW  ab.  D.  Loreto  Santucci. 


c 


L-Josi  a  tutti  grazioso  giunse  il  volgarizzamento 
dell'  ode  IV  del  libro  III  di  Orazio  ,  del  quale  il 
chiarissimo  sig.  ab.  D.  Loreto  Santucci  ci  permise 
di  ornare  l'antecedente  volume  ,  che  abbiamo  nuova- 
mente dovuto  fargli  istanza  ,  perchè  gli  piacesse  ezian- 
dio concederci  di  pubblicarne  alcun'  altra.  Avrebbe 
egli  voluto  per  la  sua  molta  modestia  non  condisceu- 
re  a  tal  desiderio  ;  ma  ,  vinto  in  line  dalle  nostre 
diremo  quasi  importunità,  non  ha  saputo  anche  que- 


Traduzione    d'Orazio  296 

sta  volta  rifiutarsi  di  essere  eou  cssonoi  cortesissimo. 
Non  dubitiamo  che  i  dotti  associati  di  questo  gior- 
nale non  debbano  sapercene  grado  :  parendoci  chi» 
le  cose,  le  quali  già  notammo  intorno  al  riferito  vol- 
garizzamento dell* .ode  VI  del  lib.  Ili,  si  verifichino 
strettamente  anche  nel  volgarizzamento  di  queste  quat- 
tro :  e  che  perciò  possa  dirsi  senza  tema  di  errare, 
aver  colto  il  sig.  ab.  Santucci  nel  nostro  Parnaso 
un  alloro  ,  a  cui  molti  Cui  qui  stesero  inutilmen- 
te la  mano.  E  di  grazia  sei  portino  in  pace  coloro  , 
benché  uomini  di  egregia  dotti  ina,  i  quali  finora  han- 
no posto  il  loro  nobile  ingegno  a  tradurre  Orazio. 
Noi  non  faremo  niun  odioso  confronto  fra'  tra- 
duttori viventi  :  ben  sapendo  qual  vespaio  stuzzi- 
cheremmo ,  e  forse  di  quale  discortpsia  saremmo  da 
molti  ,  né  del  tutto  a  torto  ,  accusati  :  ma  sì  para- 
goneremo il  novello  traduttore  con  due  de'princi- 
pali  che  più  non  vivono  ,  cioè  con  St  fano  Palla- 
vicini e  col  conte  Giovanni  Paradisi.  Chi  non  li  tie- 
ne ambidue  per  letterati  e  poeti  di  chiarissimo  no- 
me ?  Eppure  si  pongano  le  loro  traduzioni  a  con- 
fronto con  queste  delle  quali  parliamo  ;  e  apparirà 
mirabile  differenza  in  tutte  le  parti  che  fanno  bel- 
la la  poesia  |,  e  bellissima  poi  la  poesia  del  gran 
venosino.  Ecco  ,  per  esempio  ,  la  prima  ode  del  li- 
bro   primo. 

O  D  E     I. 


Maecenas  atm'is  edite    resibus* 


Del  Pallavicini. 

D'  atavi   re  degna  progenie  ,  e  mio 
Dolce  sostegno  ,   Mecenate  ,   e   pregio  , 


i()6  Letteratura 

Pei    olimpica   lizza   e   chi    coperto 
Andar   gode  di    polvere  ,   e  schivata 
Colle   fervide  rote    aver ,  la   mela  , 
E   lo   solleva   al   ciel   la   nobil    palma. 
CJom    dall'  aura   del    popolo    leggera 
A   gara   assunto    ai   più   sublimi  onori  , 
Né   chi   dentro    a'  granai    riposta   ha  quauto 
Yagliar  l'aie    affricane  ,   o    i    patrii   campi 
Vago    è  di    coltivar ,   per    un    tesoro 
Non   oUerrai   che   s'avventuri   al   mare. 
Quel   nocchier  ,    che  smarrito    Affrico   vide 
Lottar    coi   flutti  ,   e   sospiroso    udissi 
Lodar   il   dolce   nido  ,   e    di    sua    villa 
Gli    ozi   che   abbandonò  ,    non   resta   poi , 
(  Tanto    è    di   povertà   ribrezzo   e   sdegno  !  ) 
Di    risarcir   la   conquassata   nave. 
Altri  d'  un   vino  ,  a  cui  concilian  grido 
Patria   ed    età  ,  coline   le  tazze  al  labbro 
Accostar    non   abborre  :    altri  del   giorno 

o 

Ruba  gran  parte  alle  f reseli'  ombre    steso 
D'  un  ameno    boschetto  ,   e    presso    un    fonte 
Che    gorgogliando  i  molli  sonni  alletti. 

A    molti  giova  il  trar  lor  vita  in  campo  , 
E  '1   fragor   delle  trombe  ,  e  detestato 
Dalle    madri  amorose  il  fero   Marte. 
Irto  di  brine  il  cacciatore  oblia 
La  cara  sposa  ,  o  cerva  il  cati  levata  , 
O  rotte  abbia  il  cignal  le  debol  maglie. 

Belle  conteste  d'  edera    ghirlande  , 

Ond'  han   premio  ed  onor  le  dotte  fronti , 

Te   appagan  sì  ,  che  non  invidii  i  numi  ; 

Io   cantando  le  selve  ,  e  delle  ninfe 

E  de'  leggieri  satiri  le  danze  , 

Non  pavento  col  volgo  irne  confuso. 


Traduzione  d'Orazio  397 

Basta  ,  clic  i  flauti  suoi  ritrosa  Euterpe 
A  tacer  non  condanni  ,  e  non   ricusi 
Pulitini  a  a  me  temprar  di  Lesbo  cetra  : 
Che  se  tu  poscia  all'  onorata  schiera 
De'  lirici  cantor  m'  ascrivi  ,  andranne 
Il  vanto  mio  fino  alle  stelle  altero. 

Del   Paradisi. 

Prole  d'antichi  re  ,  decoro  amabile 
E  mio  presidio  ,  o  Mecenate  ,  godono 
Alcuni  di  raccor  la  polve  olimpica  , 
Che  per  la  meta  dalle  rote  fervide 
Schivata  ,  e  il  fregio  della  palma  nobile  , 
Splendon  come  gli  dei  che  all'orbe  imperano. 

Per  tutto  il  prezzo  de'  tesori  attalici 

Non  otterresti  mai  ,  che  i  gorghi  solchino 
Di  Mirto  paurosi   in  cipria  zattera 
Né  costui  rigonfiato  all'  aura  mobile 
Del  volgo  de'  quiriti  ,  che  parteggiano 
Per  sollevarlo  all'  onoranza  triplice  , 
Né  l'altro  cui  talenta  i  patrii   iugeri 
Fender  col  sarchio  ,  ancor  eh'  ei  già  ricoveri 
Più  biada  ne'  granai  che  non  s'accumula 
Da  tutte  l'aie  della  Libia  fertile. 

Si  sbigottisce  se  la  furia  d'Affrico 
Sorge  a  contrasto  cogl'  icarii  vortici 
Il  merendante  ,  e  invoca  gli  ozii  placidi 
Del  suo  rustico  borgo  ,  e  poscia  indocile 
Di  povertade  la  sdrucita  gondola 
Ristora  ,  e  parte.   Altri  di  vecchio  Massico 
Pregia  le  tazze  ;  ed  ora  d'un  corbezzolo 
S'adagia  all'  ombra  ,  or  dove  ha  sacra  origine 
Un  ruscel  molle  ,  e  sonneggiando  menoma 
L'interezza  de' giorni.  A  molti  piacciono 


29S  L  e   t   t    f.   NATURA 

Campi  di  Marte  ,  e  frammischiato   fremere 
Di  litui  e  tube  ,  e  pugne  detestabili 
Da'  cor  materni.  Dorme  sotto  gelido 
Sereno  il  cacciatoi'  ,  renduto  immemore 
Della  tenera  sposa,  se  latrarono 
Alla  cerva  i  segugi  ,  ovver  se  l'apulo 
Cinghiai  campossi  dalle  reti  lacere. 
Premio  di  dotte  fronti  un  serto  d'ellera 

Te  mesce  a'  sommi  idii  :  me  fuor  del  popolo 
Tengon  l'aure  de'  boschi  ,  e  ninfe,  e  satiri 
Snelli  alla1  danza  ,  or  che  alle  tibie  facile 
Suono  Euterpe  mi  spira  ,  e  a  tender  mostrami 
Polinnia  i  nervi  della  lesbia  cetera. 
Che  se  tu  fra'  dircei  vati  m'annumeri  , 
Sublime  gli  astri  ferirò  col  vertice. 

Del  Santucci. 

Mecena  ,  o  d'atavi  -  regi  progenie  , 
O  mio  presidio  -  delizia  e  gloria  , 
V'ha  chi  su  rapido  -  carro  dilettasi 
Di  polve  olimpica  -  fra  un  nembo  avvolgersi  , 
E  con  le  fervide  -  ruote  trascorrere) 
La  meta  ,  e  cogliere  -  palma  che  nobile 
A'  divi  innalzalo  -  de  le  terre  arbitri. 
Quegli  compiacesi  ,  -  se  de'  romulidi 
La  turba  mobile  -  gareggi  a  sceglierlo 
A  gli  onor  triplici  ;  -  quei  ,  se  nel  proprio 
Granaio  accumuli  -  quanto  da  libiche 
Aie  raccogliesi  :  -  tal  ,  eh'  ami  i  fertili 
Paterni   iugeri  -  col   sarchio   fendere  , 
Non  cura  attaliche  -  ricchezze  ,  e  inutile 
Fai  sforzo  a  moverlo  -  sì  eh'  egli  valichi 
Nocchiero  pavido  -  su  nave  cipria 
Di  Mirto  il  pelago.  -  Chi  dassi  al  traffico , 


Traduzione  d'  Orazio 
Se  Garbili  d'Icaro  -  l'onde  rimescola  , 
Richiama  il  rustico  -  borgo  pacifico  , 
Che  il  vide  nascere;-  ma  tosto  il  lacero 
Legno  redintegra  ,  -  d' inopia  indocile. 
Altri  vuol  calici  -  di  vecchio   Massico  , 
E  parte  separa  -  del  giorno  a  spenderla 
O  a  l'ombra  corico  -  di  verde  arbuscolo  , 
O  dove  ha  un  rivolo  -  la  sacra  origine. 
A  molti  piacciono  -  schierati  eserciti  , 
E  misto  a'  litui  -  di  trombe  strepito  i 
E  pugne  ,  eh'  animo  -  di  madre  abhomiua. 
Chi  a  cacce  è  dedito  ,  -  sotto  ciel  frigido 
Giace  ,  e  la  tenera  -  sposa  dimentica  , 
O  se  i  can  vigili  -  cervetta  occhiarono  , 
O  s'apro  marsico  -  poteo  le  fragili 
Maglie  dirompere.  -  Te  un  serto  d'edera  , 
Che  a'  dotti  in  premio  -  la  fronte  intornia  , 
Fa   pari   a'  superi  ;  -  me  un  bosco  gelido  , 
E    carole   agili  -  di  ninfe  e  satiri 
Dal   vulgo  scevrano  ,  -  se  né  le  tibie 
Euterpe    affienami  ,  -  né    Poliinnia 
Recusa  tendermi  -  le  corde  lesbiche. 
Che    se   fra'  lirici  -  vati    m'annumeri, 
Ferirò    l'ardue  -  stelle  col   vertice. 

ODE    II. 

Iam  satis  terris  nivis  ec. 

Del  Pallavicini. 

Con  portentose  grandini  abbastanza 
Minacciata  la    terra 
Ha  il  padre    Giove,  e  con   fiammante  destra 


309 


3oo  Letteratura 

Le    sacre    torri    ardendo 

Di  spavento  ripieni   ha  Roma  e  '1  mondo 
Quasi   che    fosse    a   ritornar   vicino 

Di    Pirra    inorridita 

Il    secolo   funesto ,    allor  che   tratta 

Su  pe'  gioghi    de*  monti 

Di   Proteo  si  mirò   l'umida    greggia: 
Ed    usurpando    alle  colombe  il  nido  , 

Ai    verdi   faggi   in   vetta 

Posaro    i   pasci  ;   e  per  la   piena    immensa  , 

Ov'era   il  suolo   assorto  f 

I   daini   erraron  paurosi   a   nuoto. 
E   già   torcendo   il   biondo    Tebro    a    forza 

Dal  tosco    lito    il   corno 

Correr   vedemmo  ,    onde    crollar   la   reggia 

Venerabil    di    Numa  , 

Ed   al    piano   adeguar   di   Vesta    i  templi. 
Mentre   guasto    marito   il   lutto    acerbo 

D'  Ilia   sua    crucciosa 

Di   vendicar    si    vanta  ,   e   delle  leggi 

Non    curante   di    Giove 

Tutto   trabocca   dalla   manca   riva. 
Come   aguzzaro    i   cittadin    le   spade  , 

Che   volte   in    miglior   uso 

Aprir   doveano    ai   persi    infesti   il  seno  , 

Udranno ,    udran    le   stragi 

Radi    per    colpa    nostra    i   discendenti. 
Or    qual   de'numi  fia  che   Roma    invochi, 

Per   cui    sostegno  impetri 

Al  vacillante   impero  ?   E    con    quai  preci 

Le   vergini    di    Vesta 

Assordoran    la   mal    placabil   diva  ! 
A    chi  commetterà  Giove  la  cura 

D'espiar    la   gran    colpa  ? 

Deh  ,   vieni   alfin   di    bianca    nube    avvolto  , 


Traduzione  d'  Orazio  ^    3oi 

Vaticinante    Apollo  ; 

O  tu  ,  cui  scherza  intorno  Amore  e  '1  Riso  ; 
O   tu  ,  se   cura   de'  nipoti   alcuna 

Ti   resta  ,   Marte  ,  e   sazio 

Se'  della  tresca  ,    ahi  !    troppo    lunga  »  in  cui 

Le   grida  ,   e    i   lucid'  elmi 

Piacciono  ,    e    atroci    i    fanti   marsi  in  volto. 
O  d'  augusto   garzon   sotto   i  sembianti 

Se   per   sorte   nascoso  , 

Almo   vivi   di   Maia  alato    figlio  , 

Né  t'  è  grave   che  il   volgo 

Vendicator  di    Cesare   ti   nomi  ; 
Di    cosi    tosto   riveder   il  Olimpo 

Non  sia   che   amor    ti    prenda  , 

Sì   che   sdegni   di   te   far  lieto   un  tempo 

Il    popol   di    Quirino  ; 

Nò    il    fallir    nostro    il    tuo    sparire   affretti. 
Anzi    godi   qua   giù    di    nobil  fronda 

Cingerti   in   bel   trioufo  , 

Ed   udirti    acclamar    principe    e   padre; 

Ne    soffrir  ,    mentre   imperi  , 

Che  scorra  impune  i  confiti  nostri  il  parto. 

Del  Paiudisi. 

Assai   versò    di   nevi  ,  assai  di    dura 

Grandine  il  padre  ,   assai   di    templi   scosse 
Colla   fulminea   destra  ,  e  a   gran    paura 
Roma   commosse  , 

E    minacciò   di    ricondur    le   genti 

Al    secol  grave ,   in   cui    Pirra    si    dolse 
Di  nuovi   mostri  ,  e  Proteo    i   salsi   armenti 
Sull'  alpi   accolse  ; 

E    ai  rami  ,  che  fur  già  noto  ricetto 

D'  argentee    piume  ,  si    strisciar   le   squame  « 


302  L    15    TTEH    ATURA 

Ed  oppresse    dal    flutto  in  gran  sospetto 
Nuotar    le    dame. 
Vedemmo   il  biondo    Tevere  ,   travolte 
Dal    Tirren    1'  ire ,    colla   gonfia    spuma 
Di   Vesta    il    tempio   abbattere  ,  e   le  volte 
Del  prisco    Numa  ; 
Mentre    ligio    marito    agita    1'  onda  , 
E   troppo   d'  Ilia    vendicando    il   lutto  t 
In    onta    a  Giove  dalla  manca  sponda 
Rovescia   il  flutto. 
Rari   pel   fallir   nostro    i   figli   udranno 
Gli    odi   fraterni ,  e   contra   noi   conversi 
Da  noi    gli    acciari    da    brandirsi  a  danno 
De'  gravi  persi. 
Qual    nume  invocheran    nelle    procelle 

Dell'  impero    i    quiriti  ?    E    di  quai    preghi 
Te  ,  Vesta  ,  stancheran  le    tue  donzelle  , 
Se   d'  udir   neghi? 
A  cui    Giove   espiar    darà  l'orrendo 

Parricidio  ?    Deh   scendi   ornai    dal    cielo  , 
Di  nube   i    candid'  omeri    vestendo  t 
Vate   di    Delo. 
O    vieni   tu   se   '1   vuoi  ,  Cipri ,  che    insieme 
Seguon  battendo  l'ali  Amore  e  il  Gioco. 
Ma  se  ai  nepoti  e  allo  scaduto  seme 
Riguardi  un  poco  , 
Padre  ,  cui  giovan  la  feroce  mostra 

Del  mauro  in  campo ,  e  il  suon  clie  i  forti  chiama , 
E  i  lucid'  elmi  ,  di  più  lunga  giostra 
Poni  la  brama. 
Cillenio  ,  e  tu  ,  s'  è  ver  che  nelle  membra 
D'un  garzone  quaggiù  soggiorni  avvinto  , 
Né  di  te  indegno  il  vendicar  ti  sembra 
Cesare  estinto  j 


Traduzione  d'  Orazio  3o3 

Tardo  ritorna  al  ciel  :  facil  t'arresta 
A  lunga  aita  de'  quiriti  tuoi , 
Né  subii'  aura  a'  vizi  nostri  infesta 
Ti  tolga  a  noi. 
Padre  piuttosto  e  prence  esser  nomato 
Qui  godi  ,  e  trionfar  di  palme  onusto  ; 
INè  più  cavalchi  il  modo  invendicato 
Te  duce  ,  o  Augusto. 

Del  Santucci. 

Già  il  sommo  Padre  riversò  gran  soma 
Di  neve  e  grandin  su  la  terra  ,  e  tocche' 
Con  la  rovente  man  le  sacre  rocche 
Tremar  fé'  Roma  : 
Tremar  fé'  il  mondo  ,  che  temeo  vicini 
Di  Pirra  i  giorni  mostruósi ,  quando 
Proteo  su  i  monti  ricovrò  ,  guidando 
Orche  e  delfini  ; 
E  i  pesci  ,  tolto  a  le  colombe  il  nido  , 

Strisciaro  in  cima  a'  verdi  olmi  la  squamma  , 
E  sul  trasceso  mar  notò  la  damma 
Con  pie  mal  fido. 
Vedemmo  il  Tebro  con  la  bionda  spuma 
Retrogradar  dal  lido  etrusco  ,  e  urtare 
Con  fero  guasto  i  monumenti  e  l'are 
Di  Vesta  e  Nun.a  ; 
Mentre  di  Rea  ,  eh'  alto   lamento    scioglie  , 
Ultor  si  vanta  ,  e  da  la  manca  sponda , 
Non   curando   di    Giove  ,    incalza   l'onda 
Ligio  a  la  moglie. 
Colpa    de'  padri  ,    i   pochi    figli    udranno 
Pugne   pugnate   per    domestich'  ire 
Col  ferro  ,    eh'  anzi   si   dovea    brandire 
De'  persi  a  danno. 


3o4  Letteratura 

Qual   de'  superni   invocherà    la   mesta 
Citta   che  crolla  ?    E    le   vergini    pure 
Con  qual  pio  carme   stancherai!  le  dure 
Soglie  di  Vesta  ? 
A    cui   dark   Giove   espiar    la    greve 
Scelleratezza  ?   Augure   dio    di    Delo , 
Deh  !  alfìu  ne  vieni  ,  avvolto  in  sottil  velo 
L'omer  di  neve  ; 
O  tu  ,  Ciprigna  ,  intorno  a  cui  ridente 
Vola  il  Gioco  e  l'Amore;  o  tu,  Mavorte  , 
Se  pur  riguardi  a  la  scaduta   sorte 
De  la  tua  gente  , 
Sazio  una  volta  del  fìer  ludo  ,  ahi  !   tante 
Volte  ripreso,  in  cui  t'è  grato  il  lampo 
De  gli  elmi  ,  e  l'urlo  ,  e  la  ferocia  in  campo 
Del    mauro  fante; 
O  tu  ,  se  in  terra  de  le  membra  il  fiore 
Muti  col  giovin  prode  ,  araldo   alato  , 
E   consenti    di    Giulio   esser   nomato 
Vendicatore  ; 
Tardi   risali    a   le   stellanti   chiostre  , 

Sta  lunga    etade    al   ben    di    Roma   inteso  , 
Né   repentina   aura    t'  involi    offeso 
Da   colpe  nostre. 
Anzi    qui    gir   d'alti   trionfi   carco  , 

Qui   gradisci  esser   detto  e  prence  e   padre  , 
JNè  inulte ,   duce    te ,   le    mede   squadre 
Escan    del    varco. 

Dopo  questo  saggio  non  è  a  dire  se  noi  sem- 
pre più  prendiamo  animo  a  confortare  il  sig.  abate 
Santucci  ,  perchè  ponga  fine  all'  opera  sua  ,  la  qua- 
le darà  certo  all'  Italia  ciò  eh'  ella  invano  da  tan- 
ti anni  desidera. 


Traduzione  d'Orazio  3o5 

Ecco  le  altre   due   odi   volgarizzate  ,    alle   quali 
stimiamo  inutile  il   contrapporre  verun   confronto. 

ODE     III. 

Sic  te  diva  potens   Cypri  ec 

Se  scoria  al  tuo  viaggio 
Sia  la  possente  Cipride, 
E  de'  ledei  gemelli  il  vivo  raggio  ; 
S'Eolo  ogni  altr' aura  incarceri, 
Iapige  sol  lasciando  in  liberta  ; 

Nave  ,  eh'  hai  tanto  debito 
E  che  altera  puoi  dir  :  Porto  un  Virgilio  ; 
Deh  !  salvo  ,  o  nave  ,  portalo 
Ai  confini  de   l'Attica  , 
E  serba  di  me  stesso   una  meta. 

Rovere  dura  al  petto 
Certo  ebbe  e  bronzo  triplice 
Colui  ,  che  sovra  fragil  battelletto 
Al  forni idabil  pelago 
La  cara  vita  osò  primo  affidar  : 

Né  paventò  la  furia 
Ch'  Affrico  ed  Aquilon  lottando  sfrenano  , 
Non  l'i'adi  minaccevoli  , 
E  non  l'Austro  che  d'Adria 
A  voglia  sua  turba  e  raccheta  il  mar. 

Qual  mai  temè  periglio 
Chi  natar  mostri ,  e  turgide 
L'onde  alzarsi  mirò  con   fermo  ciglio  , 
E  de  gli    acrocerauui 
Infami  sassi  ebbe  ogni   rischio  a  vii  ? 

Invan  pose  Dio  provvido 
Fra    terra   e    terra    un    mar    non  valicabile , 
Se   poi    nocchiero    cupido 
G.A.T.XL.  ao 


3o6  Letteratura. 

Oltra  i  prefissi  limiti 
Con  temeraria  man  spigne  il  navil. 

Audace  a    tutte   prove 
L'uora  non  misura  ostacoli 
E  incontro   al  mal  precipitando  move. 
Fiamma  mal  tolta  a  l'etere 
Di  Prometeo  l'ardir  quaggiù  recò  : 

E  allor  coorte    squallida 
Di  morbi  ,  e  felibri  d'ignorata  origine 
Piombò  le  terre  a  opprimere  , 
E   il   fato   inevitabile  , 
Ch'  era   lontano   in   pria  ,    morte    affrettò, 

Pe'  campi  aerei   impresse 
Solco   intentato   Dedalo 

Con  penne   che    non   furo    a   l'uom  concesse  ; 
E    rovesciò    da'  cardini 
La  porta    acherontea   d'Ercol    la  man. 

Nulla   ornai    di  tropp'  arduo 
Resta  al  mortai  :   tenta  con  rea  stoltizia. 
Scalar  anco  d'Empireo; 
E    di    Giove   le  folgori 
Solo    per   colpa  sua  posa  non  han. 

ODE    IV. 

Solvitur  acris  hiems  etc. 

Già  la  molle  aura  d'aprile 
Dolce  tempra   al   verno    apporta  , 
Già  il  forzoso  argan  riporta 
Le  carene  aride  in  mar: 

Più  il  villan  non  gode  al  foco  , 
Ne  l'armento  a  lo  steccato  ; 
E    non  più    si    vede   il  prato 
Di  pruine  biancheggiar. 


Traduzione  r>'  Orazio  So^ 

Con  le  ninfe  Vener  bella 
Le  decenti  Grazie  aduna  : 
E  al  bel  raggio  de  la  luna 
Alternando  i  balli  van  : 

Mentre  il   nume   ignipotente 
Infra  mantici  ed  incudi 
Le  officine  accende ,  e    ai  nudi 
Fabbri  etnei  stanca    la  man. 

Ora  è  bello  al  crin  lucente 
Serto  far  d'idalio  mirto  , 
O  dei  fior  ,  che  il  lieto  spirto 
Di  Favonio  suscitò  : 

Or  su  l'ara  a  Fauno    sacra 
In  ombrifero  boschetto 
Svenar    vuoisi    agna   o  capretto  , 
Come  al  dio    grato  fia  più. 

Sparsa  tutta  di  pallore 
Con  egual  piede  la  Morte 
Dei  re  batte  a  l'auree  porte  , 
E  a'tugurii  de'  pastor. 

La  stagion  ,  che  or  sì   ne  alletta  , 
Passa  anch'  ella,  o  Sestio,  e  dice: 
Lunga  speme  ordir  non  lice  : 
Corto  è  il  filo  de  l'età. 

Te  fra  i  mani  decantati , 
Presto  fatto  ombra  leggera  , 
Coprirà  perpetua  sera  , 
Stanza  angusta  premera  : 

Cola  sceso ,  un'  altra  volta 
Non   rivarchi  i  neri  guadi , 
Né  potrai ,  gittando  i  dadi , 
Esser  più  de'  vini  il  re. 

* ? 

20* 


3o3 


ARTI 

BELLE-ARTI 


Intorno  ad  una  tavola  rappresentante  la  sacra  fami* 

glia ,  dipinta  da  Filippo  Agricola  consigliere 

delV  insigne  accademia  di  s.  JLuca  ec* 


benedetto  Varchi  e  l'abate  Lanzi  fra  le  cose  fatte 
da  Michel  Agnolo  nella  prima  giovinezza  in  Firenze 
segnano  due  tondi  di  basso  rilievo  in  marmo  ,  uno 
de'quali  ce  lo  dicono  abbozzato  per  Taddeo  Taddei ,  e 
Tallio  per  Bartolomeo  Pitti.  In  amendue  gli  abbozzi 
evvi  ellìgiata  una  Nostra  Donna  con  questo  divario, che 
in  quello  fatio  per  la  famiglia  Pitti  la  Madonna  è  se- 
duta su  di  uno  scanno  col  bambino,  che  per  istare  in 
piedi  appoggia  il  gomito  destro  al  libro  che  ella  tie- 
ne in  su  le  ginocchia  apertp.  J)ì  questo  basti  qui  un 
cenno.  Sull'  altro  si  veggioqo  scolpite  tre  amabili  fi- 
gure ,  cioè  la  Madonna  ,  il  suo  bambolo  ,  ed  il  gar- 
zoncello Battista.  Anni  sono  era  qui  ,  ora  di  qua  è 
passato  a  Londra.  Della  ragiona  di  questi  suoi  viag- 
gi nou  ista  a  me  il  favellare.  Dirò  bensì  che  per  mol- 
tissimi gradi  di  probabilità  ,  se  non  di  certezza  ,  ho 
motivo  di  crederlo  quello  identico  che  fu  già  in  ma- 
no di  Taddeo  Taddei.  Ecco  ciò  che  addur  posso  in 
sostegno  di  questa  mia  asserzione,  Fra  i  disegni  ori- 


B    li    L    L    E    -  A    ft    f    I  3oQ 

ginali  di  Michel  Angiolo  esistenti  ,  a  detta  del  sig.  Pel- 
li  (a)  ,  nella  reale    galleria  di  Firenze  evvi  uno  stu- 
dio tratto  dal  vero  del  s.  Giovannino,  di  cui  il  sig.  Fi- 
lippo Agricola  ,    noto    abbastanza    pel  sito  valore  in 
dipingere  ,  si  procurò    non   ha    guari  un  Incido  ,  co- 
me dicono  i  pittori  ,   che    in  tutto  è  simile    allo    in- 
taglio dell'incisore  Stefano  Mulinari.  Questi,  dacché 
la  morte  v^nne  nel    177  t    ad    islrappare  di  mano  di 
Andrea  Alciati  il  bulino  ,  assunse  sopra  di  se  l'inca- 
rico di  proseguire  a  pubblicarne  i  disegni  con  piena  ras- 
somiglianza nelle  stampe  agli  originali  Così  nella  gran- 
dezza ,  come  nella  esecuzione»  Mi  riconferma  in  tal  pen- 
siero il  sapere  esservene  copia  in  disegno  originalis- 
simo di  Raffaello,  che  io  inclino  a  credere  eseguito  da 
lui  allorquando  sull'  Arno  godeva  in  casa  Taddei  di 
una   benevola    ospitai. fa.    Di   questa    preziosa  notizia 
l'Agricola,  di  animo  schietto  a  riconoscente,  se  ne  pro- 
testa debitore  al  rinomato  cav.  Wicar  ,  cui   pure  deb- 
ile una  carta  da   lui  stesso  lucidata  sopra  l'originale 
del  sommo  urbinate.   Mi    resta  a  dire  che  nel    tondo 
suddetto   per  non  essere  totalmente  finito  ,  forse  a  di- 
fetto   del    marmo  ,   l'atteggiamento    delle  braccia    del 
s.   Giovannino  ne   può    piacere,  ne    corrisponde  alla 
grandiosa  maniera  di  Michel  Angiolo   nel  disegnare; 
perciò  ,  credo    io  ,  Raffaello  si  limitò  a  copiare    sol- 
tanto la  Madonna  e    il    Bambino.    Ammirasi    in    tal 
gruppo  ,  cosi  come  è    mancante  degli    ultimi  tocchi  , 
un'eleganza,  ed  una  espressione  si  naturale,  che  ba- 
sterebbe di  per    se    sola  a  dare  una  solenne  mentila 
a  chi  scrisse   V Arte  di  vedere  con  le  traveggole   agli 
occhi  ,   trasformando  in  ridicola   foggia  i   capi  d'ope- 


(a)  Pelli  ,  Saggio  storico    della  real  galleria  di  Firenze 
voi.   1   pag.  327. 


3 1  o  ellk-Arti 

ra  del  Buonarroti.  Ora  il  sig.  Agricola,  afferrandone 
l'idea  coli'  averne  sott'  occhio  un  calco  di  gesso,  si  è 
fatto  a  rappresentare  lo  stesso  soggetto  ,  contrasse- 
gnato però  da  molte  varietà,  come  è  proprio  dissoni- 
mi, nel  quadro  commessogli  da  S.  A.  Caterina  Gugliel- 
mina  duchessa  di  Saghan  nata  principessa  di  Guilandia. 
Il  dipinto  è  un  quadrato  perfetto.  Entro  di 
esso  contiensi  un  cerchio  che  sottopone  al  senso 
della  vista  una  camera,  ove  sono  a  maraviglia  espres- 
se le  tre  figure  che  Michel  Angiolo  scolpì  nel  mar- 
mo. Nel  colorito  delle  carni  diversificano  alquanto  , 
essendo  proprio  in  tutte  e  tre  del  loro  rispettivo  ca- 
rattere ideale.  Quello  del  Bambino  sul  labbro  di  un 
poeta  direbbesi  impastato  di  gigli  e  di  rose.  Più  for- 
ti sono  le  tinte  del  volto  della  Vergine  ,  e  meno  de- 
licate nel  Battista,  per  essersi  egli,  sebbene  sulla  pri- 
missima adoloscenza  ,  alimentato  di  locuste  e  di  fa- 
vi stillanti  gocce  di  mele  ,  nulla  curante  il  morder 
dell'  aria  ,  e  la  sferza  del  sole.  Ricciuta  ed  incolta  è 
la  di  lui  capellatura  di  colore  castagnolo  scuro  ,  e 
bionda  quella  del  Bambino.  La  chioma  della  Vergine 
viene  coperta  da  un  pannolino  finissimo  di  colore 
cangiante ,  da  cui  scappa  fuori  una  ciocca  di  capelli  di 
colore  castagno  più  chiaro.  Il  detto  panno  con  bel 
garbo  le  cinge  la  fronte,  passa  al  disopra  dell'  orec- 
chio ,  e  scende  su  gli  omeri  ,  con  una  negligenza  in 
che  l'arte  è  ascosa  ,  e  piace.  Il  tono  ,  per  servirmi 
de'  termini  adottati  dagli  artisti  ,  declina  al  verde 
chiaro  :  i  lumi  delle  pieghe  si  approssimano  al  co- 
lore carnicino  ,  e  le  mezze  tinte  sono  di  colore  lo- 
cale ,  eh'  è  quanto  dire  modificato  da  cause  estrin- 
seche. Gli  scuri  danno  risalto  al  lume  ,  di  guisa 
che  vengono  a  legare  bellamente  col  tono  generale 
del  quadro.  Ogni  minina  parte  del  volto  di  lei  è 
delineata  stupendamente.  Il  sopracciglio  è   castagno- 


Belle-Arti  3  i  i 

lo,  il  na?o  ha  le  narici  parcamente  ristrette,  l'oc- 
chio è  di  persona  che  ama.  Traluce  in  esso  quella 
vivacità  che  dona  vaghezza  alla  morbida  gota  tin- 
ta a  vermiglio  colore.  Dalla  faccia  ingenua -e  grazio- 
sa traspira  quella  tenerezza  maggiore  ,  di  cui  non  so- 
lo è  capace  ogni  madre  bennata  ,  ma  è  tutta  propria 
della  madre  dell'  uomo-Dio.  11  labbro  ,  le  mani  ,  le 
braccia  presentano  castigatezza  di  disegno  ,  e  colori- 
to armonioso.  Il  bel  tornito  collo  è  privo  di  quegli 
ornamenti  ,  co' quali  gì'  ingegni  mediocri  si  studiano 
di  far  risaltare  una  mezzana  bellezza.  Ora  mi  fo  a 
dire  in  qual  vaga  maniera  sia  ella  vestita.  Ricco  man- 
to azzurro  se  le  rannoda  sopra  la  spalla  sinistra  ,  se 
le  adatta  all'  andamento  della  vita  ,  si  stende  sin  a 
terra  ,  e  le  copre  amendue  le  piante  de'  piedi.  Ella 
sta  in  atto  di  raccoglierne  un  lembo  colla  sinistra. 
Le  tunica,  o  vogliam  dire  sotto  -  veste ,  è  di  quel 
colore  rosso  lacca  rilucente  che  si  appella  di  por- 
pora. Spaziose  souo  le  pieghe  ,  e  tutte  varie ,  e 
gentili.  Il  pargoletto  Gesù  è  di  una  venusta  che 
ferma  e  diletta.  Panie  scosso  da  leggiero  sonno  , 
rivolta  la  faccia  tra  placido  e  corrucciato  al  so- 
prav vegnente  Kattista  ,  e  fa  mostra  di  volersi  riz- 
zare sul  momento.  Già  posa  il  piede  sinistro  nel 
piano  ,  tiene  la  destra  gambuccia  elevata  nel  grem- 
bo della  madre  ,  allunga  le  ben  contornate  brac- 
cia ,  colla  destra  striglie  il  braccio  di  lei  sinistro, 
ed  apre  a  poco  a  poco  le  dita  della  manca.  È  ve- 
stito di  un  panno  che  se  gli  ravvolge  intorno  alla 
coscia  sinistra  ,  e  il  copre  sin  dove  ama  il  pudore 
di  stendere  un  velo.  La  scelta  delle  sue  forme  è 
esatta,  e,  per  dir  tutto  in  breve,  di  un'avvenenza 
di    origine    celeste. 

Diamo    uno    sguardo     al    garzoncello    che  vie- 
ne   dal  deserto.   È  ritto    in   piedi   e    piega    indentro 


3  «  3  B    E    L    L    E  -  A.    R    T    I 

ìc  dita    perchè    non    gii    abbia   ad   isfuggire    di   ma- 
no   un  cardello  ,  voglioso  che   il    Bambino    lo     veg- 
ga ,  e  se  ne  trastulli.   Ma  dolcemente  respinto  dalla 
Madonna    con    mettergli    una    mano    al    seno  ,    che 
in   linguaggio  poetico   direbbesi   con   fargli  delia  pal- 
raa   puntello  ,  viene    impedito    dal   farsi  più  oltre.  Un 
ruvidetto  panno,   avente  attaccato   una  ciotola  di  le- 
gno ,  gli    copre   una    parte  del  corpo  ,  lasciando  l'al- 
tra   interamente    nuda.    Così    dice    il    critico     Ayala 
nella  sua  opera   che   ha  scritto  in    fronte  -  Christìa- 
nus  pictor   eruditus  -  lib.    VI    cap.     12  ,  -  debbesi 
dipingere    il    Battista    con    veste   di    peli    di    camel- 
lo :   essendo    errore  ,  segue  a  dire  ,   il   porgli  in  dos- 
so  una    pelle   di   agnello    in  sì   verde   età    a   lato  del 
Bambino.  Il  fondo    del   quadro  di  lati   uguali  ,   della 
grandezza    di   cinque  palmi    e    mezzo   di  passetto  ro- 
mano ,    il   cui  lume   viene   dalla    parte   destra  ,   è  di 
un    verde    scuro    qua    e    la    più    o     meno     caricato 
per   dar   lustro    agli    oggetti  ,   onde   quello  che  i  pit- 
tori   chiamano  assieme    venga    a    formare   una    giusta 
armonia.  La  semplicità  di  questa   rappresentanza  toc- 
ca   i!   cuore  ,    e    compone    l'animo    a    divozione    con 
fargli  vedere  assai   più    di   quello  che  gli  mostri  il  di- 
pinto.  Per    non    lasciare   voti    i  quattro    angoli  ,  che 
necessariamente  restano  fuori  del  circolo,  vi  ha  il  bravo 
artista   lavorato  de*  fregi   sul   gusto    del   buon  secolo. 
Fo  qui  fine   con   dire  ,   che    del   modesto    sapere    di 
lui   fanno    aperta    fede  Giuseppe  Garpani   di   chiaris- 
sima  fama  ,    e   Ferdinando    Malvica.    Chi   può    tace- 
re ,    così   scriveva    il  primo  ,   del    surgente    Agricola 
che    del    gran    Raffaello    ci   rimena     lo   stile  ?  L'  al- 
tro   il  pone   nel  breve    numero    di    coloro    che    man- 
tengono   dentro    e  fuori  d' Italia   V  onore   del   nome 
italiano. 


Belle- Arti  3 1 3 

Proverbio  antico  ,  piotava  muta  poesis  :  ma  il 
sig.  Agricola  ,  dietro  a'  sommi  ,  ha  l'arte  di  far  parla- 
re lo  sue  figure.  A  ine  non  pittore  non  debbesi  fe- 
de ;  ma  non  può  negarsi  a  quei  dotti  che  ne  in- 
tendono il  linguaggio,  e  che  nel  far  menzione  de' ritrat- 
ti de'  quattro  poeti  classici  italiani,  inventati  e  di- 
pinti da  lui  ,  cel  dissero  sperassimo  osservatore  sì 
del  gusto  antico  come  della  ingentilita  natura.  E 
con  quanta  ragione  ciò  dissero  nel  danno  a  dive- 
dere tre  degli  accennati  ritratti ,  che  presentamente 
in  Vienna  d'  Austria  a  se  attraggono  il  guardo  degl' 
intelligenti  ,  e  formano  la  delizia  e  1'  amore  della 
sullodata  magnanima  principessa  che  glieli  aveva  or- 
dinati. Sia  primo  di  età  ,  e  non  secondo  ad  alcu- 
no di  merito  ,  Dante  avente  accanto  quella  Bice  che 
gli  fu  tolta  iunanzi  sera.  Dal  suo  volto  tra-;pira  quell' 
ingegno  bollente  ,  per  cui  siede  signore  dell'altissimo 
canto.  Questo  bel  dipinto  è  stato  con  penna  elegante 
esattamente  descritto  dal  chiariss.  sig.  Salvatore  Betti, 
dando  ad  esso  per  cosi  dire  un'  altra  specie  di  vita  , 
come  può  vedersi  nel  tomo  XIII  p.  Ili  del  giornale 
arcadico. 

Frodar  non  si  deve  della  debita  lode  il  sig.  ab. 
Melchior  Misurini  che  ha  saputo  in  pochi  tratti  de- 
scrivere il  quadro  ,  sopra  la  superfìcie  del  quale  si  am- 
mira effigiato  il  Petrarca  e  madonna  Laura  ,  sul  cui 
tumulo  il  sensitivo  poeta  sino  allo  estremo  dì  sparse 
lacrime  e  fiori.  Il  di  lui  articolo  è  inserito  nel  dia- 
rio di  Roma  dell*  anno  1817  mese  di  settembre.  Il  ri- 
tratto di  Laura  è  copiato  da  quello  in  miniatura  , 
esistente  su  di  un  codice  della  Laurenziana  in  Firenze 
di  mano  di  Simone  Memmi  sanese.  Questi  è  quel  des- 
so alla  cui  memoria  consecrò  il  Petrarca  due  famosi  so- 
netti e  un  distico  latino,  che  ancora  sussiste  a  pie  di 
pagina  del  Virgilio  manoscritto  in  pergamena  ,  che  si 


3i4  Belle-Arti 

conserva  nell'Ambrosiana  in  Milano  con  dipintura  del 
sullodato  dipintore  sanese.  Un  allro  di  lei  ritratto  , 
che  vuoisi  attribuire  allo  stesso  Simone  ,  possiede 
S.  A.  il  sig.  principe  Stanislao  Poniatowschi  grande 
favoreggiatore  delle  arti  imitatrici. 

Con  quel  calore  che  anima  le  descrizioni  li  anno 
ragionato  del  quadro  ,  su  cui  sono  impresse  le  im- 
magini di  Lodovico  Ariosto  e  della  sua  donna  Ales- 
sandra Benucci,  i  chiarissimi  sigg.  marchese  Luigi  Bion- 
di (*)  e  cav.  Luigi  Cardinali  versati  amendue  in  ogni 
maniera  di  buona  letteratura. 

Il  sullodato  sig.  Cardinali  è  di  parere  che  l'Ario- 
sto desse  in  luce  il  Furioso  dopo  di  avere  riveduta  in 
Firenze  Alessandra  Benucci  nel  i5i3  in  maggio.  Ciò 
concorda  appieno  con  la  seguente  notizia  da  me  trat- 
ta nell'  archivio  di  governo  in  Mantova  dal  libro  delle 
indicazioni  degli  ordini  ducali.- Ariosto  Ludovico.  De- 
creto del  marchese  Francesco  Gongaga  i5  mag.  i5i0 
proibitivo  di  stampare  vivente  il  suddetto  l'opera  in- 
titolata Orlando  furioso.  N.  B.  ,  si  enunzia  nobilissi- 
mo e  dottissimo  gentiluomo  ferrarese.  -  È  però  noto 
cbe  la  prima  edizione  del  Furioso  venne  in  luce 
nel  i5 r 5  in  Ferrara  pe'  torchi  del  Mazzocco.  Il  ci- 
tato chirografo  è  del  tenore    seguente. 

„  Franciscus  II  Marchio  Mantuae. 

„  Havendo  lo  nobilissimo  et  doctissimo  ms.  Lu- 
,,  dovico  Ariosto  ferrarese  famigliar  del  Rino  et  Illmo 
„  cardinale  da  Este  nostro  cog.  et  fratello  honoran- 
„  dissimo  novamente  fatto  imprimer  una  elegantissima 
„  opera  volgar  di  battaglia  composta  per  lui  intito- 
,,  lata  Orlaudo  furioso.  Amando  noi  esso  ms.  ludo- 
„  vico  singolarmente  per   le  sue   rare    virtù   et    per 


O  Giornale  Arcadico  ,  febbraio    1827. 


B    E    L    L    E-A    11    T    I  3  »  5 

„  la  observantia  sua  verso  noi  et  per  l'honor  chene  in 
„  li  suoi  nobilissimi  scritti,  disposti  sempre  a  gra- 
„  tiflcarlo  in  molto  magior  cose  per  la  parte  nostra 
„  gli.  concederao  che  in  tutto  il  tempo  di  sua  vita 
„  niuna  persona  possa  imprimere  la  soprascripta  opera 
„  ne  in  la  città  ne  in  lo  dominio  nostro  di  Man- 
„  tova  et  questo  acciocché  lui  più  comodamente  pos- 
,,  si  far  vender  gli  volumi  che  a  fatto  imprimere. 
„  Comandiamo  adunque  in  virtù  dela  presente  nostra 
„  a  qualunque  nostro  offitiale  cosi  in  la  citta  di 
„  Mantova  che  nel  resto  del  dominio  nostro  a  cui 
„  la  presente  sera  mostrata  ad  instantia  del  p.  ras.  Lu- 
„  dovico  faciano  observar  quanto  in  essa  se  ne  con- 
„  tiene  prohibendo  ad  ognuno  lo  cominciar  ad  im- 
„  primere  la  ditta  opera  et  a  perficerla  quando  che 
„  1  havessero  incominciata  ad  imprimere  che  cosi  e 
„  di    nostra    volontà  et  intentione. 

„  Dat.  Mantuae  sub  fide  nostri  majoris  sigilli 
die  XXV.    MDXVI. 

Non  è  però  mio  scopo  il  tener  dietro  alle  edi- 
zioni anteriori  all'  anno  i53a  ,  ma  di  produrre  una 
lettera  parimenti  .inedita  da  me  in  detto  luogo  tra- 
scritta ,  che  farebbe  molto  onore  al  nome  di  Lo- 
dovico se  men    alta  di    lui  sonasse  la  fama.  Eccola. 

„  Federico  Gonzaga  primo  duca  di  Mantova 
„  al  magnifico  Ludovico  Ariosto.  Magri.  L.  non  have- 
,,  rei  potuto  havere  da  voi  cosa  che  mi  fosse  stata 
„  più  grata  di  quella  che  è  stato  il  vostro  Orlando 
„  furioso  ,  che  mi  avete  mandato  ristampato  di  nuovo 
„  con  le  additioni  che  gli  havete  fate  ,  il  quale  mi 
.,  è  stato  gratissimo  si  perchè  leggendolo  come  farò 
„  spero  trovarvi  cose  che  mi  riabbiano  a  dilettar  , 
,,  si  per  esser  uno  de'  primi  che  habbiato  dato  fuori 
„  però  ve  ne  ringrazio  infinitamente  ca  dove  pos- 
„  so  farvi  piacere  son  sempre  per  farlo  volentieri  co- 


3*6  Belle-Arti 

„  me  ricercano  le  virtù  vostre  et  l'amititia  che  tetìe- 
„  te  meco  benché  non  vi  possa  compiacer  in  la  rac- 
„  comandation  fata  dal  portator  del  dito  libro  per 
„  che  ricercava  un  offitio  che  già  alcuni  di  havevo  dato 
„  a  un  mio  servitor  anticho  di  casa  et  benemerito  pe- 
,,  rò  vi  prego  che  in  questo  me  habbiate  per  scu- 
„  salo  tenendo  per  fermo  di  havermi  sempre  paratis- 
„  simo  alli  piaceri    vostri  ,   et   cosi    me    vi   offero. 

„  Da  Manttia  a  li  XVII   octobris  MDXXXII. 

Non  colse  egli  è  vero  questo  gran  poeta  il  frut- 
to che  a  si  squisito  lavoro  convenivasi  :  non  fu  pe- 
rò senza  premio  ,  come  è  slato  detto  e  ridetto  senza 
fine.  Da  lettera  latina  di  Paolo  Manuzio  ,  con  data 
di  Venezia  i557  primo  febbraio  ,  inedita  ,  dal  profes- 
sore Sante  Fattori  comunicata  agli  autori  del  Poli- 
grafo ,  viensi  a  sapere  ,  che  il  suddetto  cardinale  donò 
all'  Ariosto  una  collana  d'oro  del  valore  di  cinque- 
cento   scudi. 

Il  ritratto  del  cantor  di  Goffredo  e  di  una  ma- 
trona di  alto  lignaggio,  e  non  anco  si  e  messo  in  viag- 
gio. Non  è  adubitarsi  che  giunto  al  suo  destino  , 
pareggiando  gli  altri  in  vaghezza  ,  non  abbia  ad  es- 
sere cola  lodatissimo.  Per  dir  molto  in  breve  ripe- 
terò l'elogio  che  in  una  canzone  fa  dell'  Agricola 
Vincenzo  Monti  d" immortai  nome,  nel  dirgli  :  Spi- 
rito gentile,  che  ravvivi  dell'  Angelo  di  Urbino.  .  . 
il  pennello   divino. 

P.  Luigi  Pungileoni  Min.  Con. 


B    S    L    U-All    T    I 

PITTURA   A    FRESCO. 

Pietro    Pauletti 


A 


vendo  1*  egregio  Paoletti  condotti  a  fine  gli  al- 
tri tre  quadri  ,  che  mancavano  a  compire  il  coro 
della  cattedrale  di  Rieti  ,  ci  affrettiamo  a  pubblica- 
re anche  di  questi  l'esatta  descrizione  ,  che  solo  di 
per  se  stessa  significherà,  che  valente  artista  sia  que- 
sto giovine  ,  e  che  nove  bellezze  abbia  per  lui  acqui- 
stato l'illustre  e  antica  capitale  della  Sabina. 

Esprime  il  terzo  quadro  la  presentazione  della 
Vergine  al  tempio.  Nove  figure  vi  son  collocate.  Sor- 
ge con  maestosa  architettura  l'edifizio  sorretto  da  gran- 
diose colonne  scannellate  (  come  si  vede  ne'  fabbri- 
cati di  più  sublime  decorazione).  Lungo  una  di  que- 
ste si  eleva  un  nugolo  sottile  di  fumo  procedente 
dall'  altare  de'  sagriflcj  (  supposto  indietro  )  ,  e  che 
fa  vaghissimo  contrasto  coli'  azzurro  lontano  del  cie- 
lo in  cui  si  perde.  Presso  a  questa  colouna  sta  in 
piedi  il  sommo  sacerdote  coli'  efod  al  petto  ,  vesti- 
to secondo  il  costume  ,  con  maestria  di  panni  e  di 
pieghe  ben  intese.  Ha  sul  volto  arridente  e  presago 
la  luce  della  speranza  ;  muove  alquanto  elevata  e 
tutta  sporgente  dal  quadro  la  sinistra  verso  il  cielo, 
cui  chiama  in  testimonio  al  grande  atto  ;  stende  la 
destra  paternamente  alla  fanciulla  che  si  presenta.  El- 
la è  in  piedi  con  le  braccia  incrocicchiate  al  petto  , 
inchinando  con  soave  modestia  il  volto  angelico  ,  e 
la  cara  sembianza  ,  in  cui  nulla  traspare  d'  uma- 
no, fuorché  il  pensiero  del  distacco  dai  genitori  :  dal 
che  risulta  un  misto  che  li  compunge  e  li  tocca  di 
un  patetico  religioso  e  sublime.  Ed  infatti  Gioacchi- 
no ,  che  tiene  rivolta  la  faccia  verso  il  sacerdote  a 
pronunciare  la  generosa  offerta  al  signore  (  in  modo 


3i8  Belle- Arti 

che  quasi  la  parola  ne  ascolti  )  ,  spinge  nel  tempo 
istesso  e  rincora  con  beli'  atto  la  figlia  ;  passionata 
movenza  a  cui  s'accorda  l'atteggiamento  di  s.  An- 
na ,  la  quale  divotamente  genuflessa ,  e  ascoltando 
e  annuendo  alle  parole  dello  sposo  ,  ed  animando 
la  figlia  ,  tien  sulle  spalle  di  lei  con  affettuosa  ma- 
niera la  falange  delle  sue  dita  per  modo,  che  non 
saprei  ,  se  più  l'affretti  al  generoso  distacco  ,  o  la 
richiami ,  o  l'accarezzi ,  o  la  conforti  in  quel  tene- 
ro momento.  Dietro  a  lei  in  lontananza  si  veggono 
tre  figure  muliebri,  una  in  ginocchio  orante  di  lon- 
tano ;  due  ritte  in  piedi  ,  ed  una  con  un  fanciul- 
lo al  petto  ,  che  fra  loro  ragionano  tocche  di  te- 
nerezza (  per  quanto  da'  lor  sembianti  appare  )  per 
l'atto  generoso  della  fanciulla ,  e  de'  fortunati  suoi 
genitori  :  dalla  parte  opposta  ed  alle  spalle  del  sa- 
cerdote v'ha  un  ministro  minore  del  tempio  che  gli 
regge  la  tiara  ,  ed  una  persona  ben  disegnata  ,  e 
con  bei  panni  vestita  che  viene  al  tempio  recando 
alcuna  offerta  ,  e  nel  misterioso  momento  ,  atteggia- 
ta anch'  ella    di   presaga  maraviglia ,   s'imbatte. 

Nel  quarto  di  questi  dipinti  siegue  l'annunzia- 
zione  della  Vergine  ,  soggetto  ,  che  sembra  non  po- 
tersi dilungare  dal  tipo  ricevuto.  In  sito  men  fre- 
quentato e  più  adattato  a  devoto  raccoglimento  si 
da  luogo  al  gran  mistero.  Maestosa  e  nuda  n'è  l'ar- 
chitettura ,  e  come  ne'  grandi  edifici  de'  primi  tem- 
pi :  spaziosa  tenda  ne  forma  il  compartimento  ap- 
partato ,  la  quale  però  nulla  impedisce  che  al  di 
sopra  si  scorga  quasi  amplissima  nicchia  (  che  di- 
resti incavata  nel  masso  della  parete  )  rimpetto  a 
grande  apertura  ,  d'onde  s'immette  la  luce  del  cie- 
lo aperto.  Si  presenta  l'angiolo  bellissimo  della  per- 
sona celeste  ,  non  già  sospeso  a  volo  e  quasi  fug- 
gente (  come  altri   han  fatto  )   nel  recare  messaggio 


Bell  e-A  r  t  i  3i() 

di  tanto  momento  ,  cui  la  maturità  de'  secoli  e  delle 
speranze  de'  padri  ha  condotto  al  termine  prefisso 
della  divina  misericordia  ;  non  già  come  lento  mes- 
saggiero  di  novella  cui  si  rimanga  indifferente ,  ma  co- 
me nunzio  sollecito,  o  pur  sicuro  e  contento  dell'  al- 
tissima novella  che  reca.  Egli  è  nell'  atto  ,  che  fìgge 
appena  a  terra  le  divine  sue  piante  ,  all'  aspetto  ,  al 
volto,  al  gesto  sereno  ,  tranquillo  e  posalo  qual  con- 
viensi  alla  gioia  de'celesti.  Le  sue  ali  si  tingono  deco- 
lori deli'  iride  della  pace  ,  come  usò  con  fino  accor- 
gimento il  Sanzio  :  colla  destra  accenna  imperiosamen- 
te il  cielo  ,  levando  un  dito  in  alto;  il  suo  volto  sfa- 
villa dell' eterna  giovinezza  (  come  Virgilio  dipinse  il 
messapgiero  di  Giove),  il  suo  corpo  di  luce  è  cinto 
d'un  panno  sottilissimo  e  quasi  aeieo,  che  nulla  cela 
d  4le  belle  forme,  e  che  in  quella  calma  dell'  univer- 
so non  sembra  d'alcuna  aura  agitato,  come  nel  secen- 
to  si  sarebbe  avvisato  in  que'  panni  ,  ed  in  quelle  fi- 
gure sempre  tormentate  dal  vento  ,  qual  nella  bolgia 
di  Dante.  Così  Gabriello  sotto  umane  forme,  che  ten- 
gono però  ben  più  del  divino,  presenta  il  giglio  nel- 
la destra  alla  donzella  santissima  ;  e  tanta  riverenza, 
tanto  decaro  ,  tanta  ammirazione  gì*  irradia  il  volto  T 
gli  muove  il  labbro ,  che  già  ti  pare  intendere  YAve, 
come  Dante  il  dipinse  nel  X  del  Purgatorio.  La  Ver- 
gine atteggiata  d'altissima  umiltà,  con  le  mani  giunte 
divotamente  al  petto  ,  sembra  in  profonda  riflessione 
raccolta  pria  di  pronunziar  l'assenso  ammirabile  ,  su 
cui  pende  e  cielo  e  terra  stupefatta  in  quel  riposo  che 
campeggia  nella  luce  e  nel  colorito  di  tutto  il  qua- 
dro. Ella  è  genuflessa  ,  come  era  in  profonda  orazio- 
ne concentrata  ,  senza  manto  e  della  semplice  tunica 
ornata  (  quale  a  donzella  si  convenia  )  ,  che  in  lie- 
vissime ,  ma  più  consistenti  pieghe  in  paragone  dell' 
angelica  veste  ,  posatamente  la  circonda.  Poco  distan- 


3ìo  Belle-Arti 

te  da  lei  empie  lo  spazio  per  non  inutile  accessorio 
(  a  distinzione  d'altri  pittori ,  che  domestici  attrezzi  , 
e  stoviglie  ,  e  stromenti  di  femmineo  lavoro  per  capric- 
cio d'arte  v'aggiunsero  )  un  sopporto  ben  disegnato  , 
su  cui  si  vede  un  bel  vase  di  freschissimi  fiori  ,  qua- 
si che  annunzino  già  concetto  ,  al  proferir  della  pa- 
rola desiderata,  nel  sen  di  quella  vergine  il  fiore 
aspettato  di  Jesse. 

Nel  quinto  quadro  rappresentante  la  Visitazione 
a  me  sembra  rivedere  un  quadro  poco  in  Italia  co- 
nosciuto sullo  stesso  soggetto  ,  e  che  condotto  con 
amore  singolare  dal  massimo  Raffaello  ,  fu  da  lui 
dipinto  pel  suo  mecenate  Gio.  Battista  dell'  Aquila 
(  della  famiglia  Branconi  )  ,  ed  a  lui  donato  ;  poscia 
venduto  dagli  eredi  Branconi  alla  maestà  di  Carlo  III 
re  delle  Spagne,  ed  infine  dalla  maestà  di  Ferdinan- 
do VII  donato  al  duca  di  V^  ellington.  Il  Paoletti 
non  ha  veduto  certamente  questo  capo  lavoro  di  Raf- 
faello ,  di  cui  pur  tacciano  molti  scrittori  della  vita 
del  Sanzio  :  ma  taluni  ingegni  si  rincontrano  nel  pen- 
siero ,  e  direm  quasi  s'indovinano  fra  loro  anche  a 
traverso  la  distanza  de'  secoli.  Tale  è  la  somiglianza 
che  io  scorgo  nelle  figure  della  Vergine  e  di  s.  Eli- 
sabetta ,  tanto  nelle  celesti  fisonomie  ,  una  piena  di 
dolcezza  e  di  carila  ,  e  l'altra  di  tripudio  e  di  spe- 
me ;  quanto  nell'  atto  del  soavissimo  amplesso,  ne'par- 
titi  delle  pieghe  del  loro  manto  ,  nella  forza  e  nella 
luce  de' colori.  Vi  sono  di  più  in  questo  quadro  le 
due  distinte  figure  di  Giuseppe  e  di  Zaccaria  ,  che 
gioiscono  di  vicendevole  consolazione,  come  due  ani- 
me per  lungo  tempo  affannate,  e  giunte  iti  porto  nell' 
abbondanza  e  nel  riposo  della  pace  ,  che  prende  un 
lume  diverso  nel  carattere  posato  dell'età  loro  matu- 
ra. In  tutti  i  volti  è  l'impronta  della  gioja  tranquil- 
la :  ma  in  quelle  balena  d'una  luce  angelica,  in  que- 


Belle-Arti  3ai 

sii  si  compone  ad  mi  soave  riflesso.  Uà  incontro  cos'i 
fortunato  in  che  la  grazia  previene  la  natura  ,  che 
per  lei  si  sublima  al  prodigio,  è  circoscritto  nell'  atrio 
di  una  semplice  e  modesta  casa,  ove  i  coniugi  santi 
si  veggon  discesi  ad  accogliere  gli  ospiti  portatori  dell' 
altissimo  mistero.  Fa  pur  maraviglioso  contrasto  all' 
idee  sublimi  che  sorgono  a  tal  vista  (  affaticando  in 
certo  modo  l'acume  d'ogni  umano  intelletto)  la  sem- 
plice e  pur  bella  verità  de'compartimenti  interni  del 
cortile  con  archivolti  e  scale  ,  per  le  quali  ascende 
leggiadramente  una  donna  portante  sul  capo  un  vase 
d'acqua  ,  come  al  giunger  de'  viandanti  soleasi  tosto 
praticare  per  la  lavanda  de'  piedi.  Un  pilastro  qua- 
drato di  buona  architettura  ,  e  che  lutto  è  rilevato 
dal  quadro  ,  ne  termina  vagamente  il  prospetto.  Col 
quadro  ,  che  rappresenta  la  purificazione  della  Ver- 
gine ,  compie  il  Paoletti  il  suo  lavoro.  Una  tenda  ric- 
ca di  belle  e  scelte  pieghe  circoscrive  il  sito  ove  si 
compie  il  mistero.  Scorgesi  dall'  alto  da  un  lato  l'ar- 
chitettura del  tempio  per  molte  colonne  di  semplice 
e  maestosa  struttura ,  quali  ai  tempi  d'Hyram  sa- 
natisi disegnati  ,  e  dall'  altro  un  bello  archivolto  , 
che  offre  uno  sfondo  assai  marcato  ,  ed  una  colon- 
na di  que'  marmi  ,  che  secondo  la  descrizione  de- 
gli antichi  aver  doveano  l'apparenza  d'una  pasta  ve- 
trosa ,  come  le  colonne  di  Menfi.  Innanzi  alla  me- 
desima vedesi  pendente  una  specie  di  lampada  a  più 
braccioli.  Sporge  sulla  tela  il  fronte  dell'  arca  nella 
forma  descritta  ne'  libri  santi  ,  e  il  candelabro  ,  quale 
il  veggiamo  espresso  ne'  monumenti  di  Tito.  Pare 
che  il  sacerdote  al  giungere  della  Vergine  fosse  noli' 
atto  di  offrire  un  olocausto  :  onde  è  presso  ad  un'ara 
che  sorge  dal  lato  sinistro.  Egli  è  velato  ,  secon- 
do la  circostanza,  d'un  candissimo  lino  da  capo  a 
G.A.T.XL.  21 


->^2  Belle-Arti 

piede  con  sottoveste  ,  che  accenna  maestrevolmente 
1  movimenti  della  persona  ;  tien  sulle  braccia  il  fan- 
ciullo aspettato,  il  desiderio  de' secoli  ,  bello,  co- 
me la  natura  suol  fare  di  rado  ,  in  tanta  elegan- 
za di  forme  infantili  ,  tranquillamente  arridente  e 
con  la  tenera  manina  quasi  sporta  verso  il  popolo  , 
sia  in  atto  di  benedirlo  ,  sia  di  chiamarlo  ad  impa- 
rar da  lui  mansuetudine  ed  umiltà.  Il  sacerdote,  cui 
folta  barba  scende  dal  mento ,  erge  in  atto  di  tenera 
gratitudine  le  luci  al  cielo  ,  e  tal  che  ne  sembra 
quasi  ascoltare  dalle  sue  labbra  parole  di  benedi- 
zione e  di  riconoscimento.  A  destra  s.  Giuseppe 
vestito  in  rozzi  panni  ,  come  lo  attesta  la  diver- 
sità delle  pieghe  ,  offre  il  dono  de'  poveri  in  due 
colombe  che  sembrano  anch'  esse  sentir  l'influsso  del 
gì  an  momento  :  ed  egli  atteggiato  tra  speranza  e  stu- 
pore si  sta  ...  Dietro  a  lui  biondo  giovinetto,  che 
fa  gradazione  piacevole  alla  canizie  del  sacerdote  , 
alla  matura  età  di  Giuseppe  ,  con  .un  ginocchio  a 
terra  leggiadramente  atteggialo  ,  e  che  modestamente 
presenta  in  alcune  parti  della  persona  un  bel  nu- 
do ,  tiene  un  vase  assai  ben  disegnalo  ,  e  nel  qua- 
le è  forse  riposto  l'olio  per  le  libazioni  sulP  ara.  , 
che  arder  ti  sembra  di  vivacissima  fiamma.  Due  per- 
sone del  carattere  raffaellesco,  vestite  in  maniera  as- 
sai semplice  e  vaga  ,  con  fisouomie  giovanili  assai 
pronunziate,  figurano  due  servienti  al  tempio,  che, 
fra  loro  modestamante  favellando  ,  alcuna  cosa  ar- 
gomentano del  celeste  fanciullo  ,  e  poco  addietro 
si  stanno  alla  sinistra  del  sacerdote.  La  Vergine  in- 
nanzi a  lui  con  un  ginocchio  a  terra  ,  ricoperta  di 
bellissimo  manto  azzurro  ,  le  cui  grandiose  pieghe 
fan  conoscere  men  rozzo  drappo  di  quello  che  in- 
dossa  lo  sposo  ,  ha  le  mani  e  la  faccia  divotamente 


UELLE-ÀKTI  323 

rivolta  tra  il  sacerdote  ed  il  figlio  ,  e  par  che  tutto 
.siili'  angelico  volto  erri  il  pensiero  presago  in  quel 
misto  di  soave  amarezza  (  come  i  greci  diceano  ) 
che   divinizza  il   dolore    e  la    gioia. 

Cosi  il  bravo  Paoletti  ci  fa  sentire  fino  all' 
anima  coli'  eloquenza  de'  colori  la  profonda  emozio- 
ne che  egli  ha  certamente  sentita.  Non  mancheran- 
no critiche  sinistre  sul  suo  lavoro  ,  perche  nelle 
arti  del  bello  tutti  giudicano  secondo  le  disposizio- 
ni de' propri  organi:  giacche  ognun  vede  e  sente 
a  suo  grado  ,  né  sarebbe  possibile  indovinare  e  ser- 
vire il  gusto  di  tutti.  Ebbe  Raffaello  ,  ebbe  Do- 
menichino  ,  ha  avuti  Canova  i  suoi  detrattori.  Noi 
ci  appelleremo  alla  sentenza  de' più  ,  nella  quale  è 
riposto  il  giudizio  della  natura  :  tanto  maggiormen- 
te ,  che  i  suddetti  quadri  saranno  incisi  e  pubbli- 
cati in  bei  contorni  dallo  stesso  sig.  Paoletti  ,  che 
ad  imitazione  de'  Garacci  può  con  egual  felicita  ri- 
produrre col  bulino  ,  e  far  di  pubblico  diritto  i 
suoi  dipinti.  Ciò  basterà  a  far  distinguere  qual  sia 
in  essi  unita  di  composizione  ,  purità  di  disegno  , 
espressione  e  dignità  nelle  figure  ,  elegante  ordine 
negli  scorci  ,  avvedutezza  e  maestà  nel  partito  dei 
panni  e  delle  pieghe.  In  fine  ognuno  potrà  rilevare 
co'  propri  occhi  quanto  merito  sia  nel  colorito  per 
certo  tuono  ,  per  certo  riposo  ,  per  una  tal  forza 
che  prossimo  ci  annunzia  ,  per  opera  del  sig.  Pao- 
letti ,  il  ritorno  di  quel  genere  nobilissimo  di  pit- 
tura ,  di  storia  ,  e  d'ogni  maniera  ,  denominato  a 
buon  fresco  ,  che  tanto  piacque  a  Raffaello  ed  agli 
altri  sommi,  i  quali  ne  arricchirono  il  Vaticano,  dove 
tentò  di  richiamarlo  in  tempi,  che  per  altro  genere  dir 
si  potrebbero  antichi,  l'immortale  pontefice  Pio  VII 
protettore   insigne    delle    belle    arti.    Così    dalla    nie- 

22* 


334  B    E    L    L    E-  A.    il    T    I 

daglia  coniata  dai  Grechetto  argomentava  Michelan- 
gelo la  vicina  perfezione  delle  arti  :  e  noi  vorrem- 
mo con  pari  auspicj  (  benché  distanti  per  lunghis- 
simo intervallo  da  quel  sommo  )  vaticinar  lo  stesso 
delle  pitture  dell'  egregio  Paoletti  ,  a  cui  ne  rendia- 
mo   giusto    tributo    di    lode. 

A.  M.  R. 


3a5 


VARIETÀ' 


Canzone  di  Gabriele  Chìabrera  in  lode  di  Urbano  f'IU^ 
tratta  da  un  mss.  originale  ed  ora  la  prima  volta 
pubblicata  per  le  stampe  con  brevi  annotazioni  ,  nella 
fausta  occorrenza  della  promozione  al  cardinalato  di 
S.  R.  C.  di  Sua  EiTia  reverendissima  il  sig.  card, 
benedetto  Barberini ,  da  Luigi  Maria  Rezzi  consul- 
tore delle  SS.  CC.  de""  riti  e  dell'  ìndice  de"1  libri  proi- 
biti ,  professore  di  eloquenza  latina  e  italiana  e  storia 
romana  nella  università  di  Roma  ,  e  bibliotecario  della. 
Barberiniana.  L\.°  Roma  presso  Vincenzo  Poggioli  1828. 
(  Sono    pao.   XV.  ) 

V/uesta  bella  canzone  del  principi'  rie*  nostri  lirici  fu  scrit- 
ta al  sommo  pontefice  Urbano  Vili  nel!*  anno  ifv>9  ,  sic- 
come crede  il  chiarissimo  sig.  prof.  Rezzi  :  nel  qua l  an- 
no (  son  sue  parole  l  e  sì  celebrarono  le  nozze,  di  D.  Tad- 
deo Barberini  con  D.  Anna  Colonna  ,  e  per  lo  trat- 
tato di  Susa  fu  tolto  V assedio  di  Casale  ]>osto  sul  Po  , 
cessò  la  guerra,  tra  Francia  e  Savoia  ,  ed  apparve  spe- 
ranza che  i  principi  d  Italia  ,  di  Spagna  ,  di  Francie 
e  d1  Allemagna.  potessero  indursi  a  posare  pacificamente 
le  armi ',  impugnate  j>er  la  contraddetta  successione  de' Goti- 
zaghi  ai  ducati  di  Mantova  e  del  Monferrato.  Nel  che 
crasi  adoperato  e  adoperatasi  tuttavìa  lo  zelo  paterno 
e  rav\'edimento  d'Urbano  Vili  per  opera  de'  suoi  le- 
gali ,  e   massime  di   quel   destrissimo    Giulio  Mazza/ini  , 


3u6  Varietà' 

il  (/itale  s'aperse  indivia  a  salire  tant' alto  ,  da  diven- 
tare ,  non  molti  anni  dappoi  ,  cardinale  e  poco  meno 
che   supremo  disponitore   della  Francia. 

Noi  qui  la  riferiremo  intera  :  perciocché  preziose  e 
classiche  sono  sempre  le  poesie  di  quel  gran  concorrente 
di  Pindaro  :  intorno  al  quale,  se  talora  non  ci  facesse  paura 
qualche  ardir  del  secento,  per  poco  non  ripeteremmo  ciò  che 
il  cardinale  Pallavicino  diceva  a  Stefano  Pignatelli:  Che  pei- 
iicorgere  se  uno  ha  buon  ingegno ,  bisogna  veder  se  gli 
piace  il  Chiabrera.  Tralasceremo  però  in  parte  le  note  , 
comechè  eruditissime  ,  delle  quali  l'illustre  bibliotecario 
barberiniano  con  molta  sagaeità  d'ingegno  ed  eleganza  di 
stile   ha  stimato   bene  qua  e  là   di   adornarla. 

CANZONE. 

Al   cheto   suon    de   la   soave    fonte , 

Che  '1    Qnirinal  riversa 

Disfidando   di    Tempe  ogni  rivera  ; 

Ovver  del   Vatican  sul    verde  monte  , 

11   cui    fresco   ricrea 

Gli   acerbi   ardor   de  l'erigouia   fera  , 

Per    qual   dolce  disio 

Fia   commosso  ,    cantando  ,    oggi   il    cor   mio  ? 
Altra   certo   con    me   non   è    vaghezza  , 

Salvo    tesser   ghirlanda 

Di  non    caduche  rose  a'ior    pastori  ; 

Ma  solo   a    quei    che  d'iimnorlal  ricchezza 

Crebber  l'inclita  sposa   (i) 

A    ciò    fra    noi  più   forte  ella    s'adori  : 

Che    qualunque  possanza 

S'estolle  ,  ove    per  oro  ella  s'avanza. 


(i)   L<i    santa  Chiesa 


V   À   n  1    E    T    a'  3.T 

Or,   bella    Urania,    che  ne   l'aureo    lume 

Del    fiammeggiante  Olimpo 

Hai   fra   l'alme  sorelle   alta  corona, 

Deh    con    celerà    d'or    spiega   le    piume  ; 

E    fervida   discendi 

A   dirne  il   grande    de   l'umil  Savona  (i). 

Egli    altero   e   sublime 

Tra'  nostri    canti   aggia   le    glorie   prime. 
Lieta    Perugia  il  costui  nome  impenna  , 

Perchè    lungi    da    Stige 

Sorvoli,    oltra   salendo  ,    in  bel    sereno; 

Né    men   lieta    di   lei   gode   Piavenna  ; 

E   par  che  per  Bologna 

Sì   chiara    alma    tacer  non   possa   il    Reno  ; 

Né    che   obbliar  seri  debbia  , 

Singrata    esser   non  ama,    e   Parma    e  Trebbia. 
Al    sacro  regno   ascese   indi    Clemente   (■>), 
Quasi    aerea    cipresso   (5) 


(i)  Giulio  II,  primh  Giuliano  della  Rovere ,  nato 
non  in  Savona  ,  ma  in  Albizola  ,  piccola  industre  terra 
vicina  a  quella  città.  Fu  ponte/ice  d'alti  pensieri  e  d'ani- 
mo grande  ,  il  quale  e  co'  trattati  e  colle  armi  da  lui 
condotte  seppe  ricoverare  allo  stato  della  chiesa  gran 
parte  della  Romagna  ,  e  le  ricche  e  popolate  città  di 
Perugia  ,  di  Bologna  ,  di  Parma  e  di  Piacenza.  {L'editore) 

(a)  Clemente  Vili ,  prima  Ippolito  Aldobrandini  , 
di  fiorentina  origine  ,  ma  nato  in  Fano  :  il  quale  ,  ve- 
nuta meno  per  la  morte  di  Alfonso  li ,  la.  discenden- 
za legittima  degli  Estensi ,  ricongiunse  e  incorporò  al 
dominio  pontificio  la  città  e  il  ducalo  di  Ferrala.  (  Il 
medesimo  ) 

(3)  Aerea  cipresso,  di  genere  femminile  alla  latina  , 
unico  esempio  usato   da   classico   autore  ,  se  la    memoria 


3*8  Varietà' 

Che    di  Sion    sul   monte   alza   le    chiome  : 

A  cosa   di  quaggiù  non    pose  mente , 

Ma    giunse    al    santo    impero 

La  città    che   dal    ferro    oggi    si  noma; 

Né    le  belle   orme    invano  , 

O  fra  noi    grande,  rimirasti  ,  Urbano   (i); 
Anzi  movesti  ,   e  per  sì   bel    cammino 

Sterpo   non  fu    né  bronco 

Presuntuoso    ad  arrestarti    il    piede; 

Onde   vedrassi   di  buon    grado    Urbino 

Tributario    piegarsi 

A  lo    splendor    de  la  romana    sedr  , 

E  stimarsi   beato  , 

Dando    baci    dimessi   al   pie   sacrato. 
Così   virtute  ,    a    vilipendersi   usa  , 

Per   la    tua    man   raccolta  , 

Alza    la  fronte    e    fa    vedersi    altiera. 

Deh   che    tentiamo  ?   E    dove   sferzi ,    o    musa  ? 

Correr   d'Urbano  i    merli , 

Se    dritto    guardi , 'é    troppo  gran    carriera: 

Verranuo    i    destrier    meno  : 

Bionda    Talia ,  togli  lor    tosto  il    freno. 


non  e  inganni  (Nota  comunicataci  posteiùormente  all'  edi- 
zione   dallo    stesso  eli.    Piezzi.  ) 

(i  )  Urbano  FUI,  prima  Mejfeo  Barberini,  nato  in 
Firenze  ,  il  quale  battendo  le  orme  .segnate  da  Giu- 
lio li  e  da  Clemeute  Vili ,  suoi  antecessori  :  e  ver- 
gendo che  andava  a  spegnersi  per  difetto  di  prole  la 
famiglia  dei  duchi  d?  Urbino  ;  provvide  fin  dal  princi- 
pio del  suo  pontificato  ,  e  con  sagace  accorgimento  ot- 
tenne ,  che  quella  signoria  venisse  per  amichevole  trat- 
tato restituita  alla  chiesa  ,  anche  avanti  alla  morte  dell' 
ultimo   duca    Francesco  II  della    Rovere.  (Il  medesimo) 


Varietà'  3?.t) 

Ma   se    dir  giuste   lodi   anco    t'invogli 

A  l'adorato  nome  , 

Su    l'auree   corde   fa   l'amabil   arte  ; 

Racconta  lungo  il   Po   gli  aspri  cordogli  , 

Mentre    da    la  rapina 

Dianzi   il   trascorse    accompagnato    Marte; 

E  ,   scacciando   le    cetre  , 

in  regno  ivi  poneva    archi    e    faretre. 
Quinci    spargeano   scapigliate    spose 

Ognor    vedovi   gridi  , 

Battendo   i   petti    e  lacerando  i   visi  t 

E    canutezze   si   vedean ,    dogliose 

Dietro   funesta   bara  , 

Dar  l'ultimo  saluto  ai   figli   ancisi, 

E   fra  miseri   pianti 

A   brun  vestirsi   abbandonati  infanti. 
Ahi   lassi  !    ahi  lassi  noi  !    ciascun    dicea  ; 

Onde  chiamare  aita  ? 

Da  qual  parte  conforto   ornai   sì   spera  ? 

Ma  quando    più    dolente    altri    piangea , 

Rettor   sommo   del  Tebro  , 

Pesti    co'  grandi  altissima  preghiera  ; 

E   con    l'antico   stile 

Ecco  al    nostro  anno   ti   ci    rendi    aprile. 
Qual  vien    manco    gioir    nei  nostri  cori  ? 

I    seminati   solchi  , 

Nemica  del    diginn  ,    Cerere  indora  ; 

E ,    posti  in  bando    i   condannati    amori  , 

Disiato    Imeneo  , 

Schermendone    da'  guai ,  l'alme   innamora  , 

E    seco    Atropo   impara 

A.    non  del  caro   stame   esserne    avara. 
E    ben   dunque  ragion  ,  che  per  tuoi  pregi 

Unque    non    taccia   lira 

Maestra    di  dolcissima  armonia. 


33o  Varietà' 

Or  mentre  cigni  d'Elicona   egregi 
Sciolgono   aeree  voci  , 
Nov' arte   apprende   di  cantar  la   mia; 
E   se    rassembro   lento  , 
Colosso    non    s'innalza  in    un  momento. 


S.  B. 


11  sig.  Federico  Quillier  francese  mise  alle  stampe,  non 
ha  molto  tempo  ,  un'  opera  col  titolo  :  Le  arti  italiane 
in  lspagna  ;  della  quale  la  pontificia  accademia  di  s.  Luca 
accettò  di  buon  grado  la  dedica  ,  ed  il  giornale  arcadi- 
co pur  di  buon  grado  fece  l'elogio.  Ora  il  sig.  don  Gioac- 
chino Mugnoz  ci  fa  saper  da  Firenze  ,  essere  quelF  ope- 
ra un  intero  plagio  di  un'  altra  opera  spagnuola  del  chia- 
rissimo Bermudez  ,  pubblicata  in  Madrid  per  cura  della 
reale  accademia  di  s.  Ferdinando  nel  1800  col  titolo  : 
Dizionario  istorico  de1  più  illustri  professori  di  belle  arti 
in  lspagna.  Noi  non  entreremo  giudici  in  si  dilicata  qui- 
stione  fra  i  signori  Quillier  e  Mugnoz,  che  ugualmente  pregia- 
mo: benché  assai  gravi  ed  importanti  ci  sembrino  forse  gli  ar- 
gomenti che  dal  secondo  ci  sono  recati  ;  e  solo  diremo  ,  clic 
non  essendo  il  libro  del  Bermudez  conosciuto  aueora  in  Ita- 
lia, non  dee  farsi  accusa  all'  accadamia  di  s.  Luca  se  ha  cor- 
tesemente accettato  la  dedica  di  quella  del  sig-  Quillier,  la 
quale  trattando  di  cose  italiane  doveva  esserle  molto  cara  ; 
e  neppure  deve  accusarsi  il  collaboratore  del  giornale  ar- 
cadico ,  se  non  pensando  all' ignoto  libro  di  esso  Bermu- 
dez ,  lodò  un'  opera  ,  di  chiunque  ella  siasi  ,  piena  di  bel- 
le notizie  per  le  arti  nostre,  e,  quel  eh' è  più  ,  col  no- 
me dell'  accademia  di  s.  Luca  in  fronte.  Dovevamo  que 
ste  parole  sincere  non  pure  al  prelodato  sig.  Mugnoz , 
ma  eziandio    alla   eulta   nazione    spagnuola  ,  la   quale  non 


Varietà'  33  r 

crede  il  giornale  arcadico  d'avere  minimamente  offesa  nell' 
articolo  sull'  opera  stampata   dal  sig.  Quillier. 


Esame  della  questione:  Se  i  latini  avessero  veri  poeti  im- 
provvisatori .  Lezione  del  marchese  Cesare  Lucchesi  ni 
detta  ai  »5  di  dicembre  1827  (  nella  R.  accademia  luc- 
chese ) .  8.°  Lucca  presso  Francesco  Bertini  i8a8.  (  So- 
no  carte  3o.  ) 

Il  sig.   Raoul-Rochette,  dell'  instituto  di  Francia,    nella 
sue  Rscherclies  sur  l'improvisation    poetique  chez  les  10- 
mains ,  ha  preteso   provare  che  Roma  ed   il  Lazio  in  tutti 
i  tempi  ,  fino  da'principii  di  Romolo  ,  ehbe  poeti  improv- 
visatori.   La   qual  sentenza  ,  non  del  tutto   nuova   ne'  let- 
terati di   là   dall'  alpe  ,  ha    trovato   subito   un   oppositore 
gravissimo  nel  marchese  Cesare  Lucchesini  :  il  quale  po- 
nendo   acutamente    ad   esame  tutte  le  testimonianze  degli 
antichi  scrittori  qua  e  là  recate,  e  talvolta  a   suo  modo,  dal 
francese  accademico,  ha  con  piena  evidenza  mostrato,  che 
il  pregio  del  poetare  improvviso  è  tutto  ed  esclusivamen- 
te   proprio   di    chi   parla   il    nuovo    latino ,  cioè    a   dire   la 
lingua  italiana  :   se  egli  è   vero  ,    com*  è    verissimo  ,     che 
improvvisatore  ,    secondo  il  prelodato  sig.  Lucchesini  ,   è 
colui    che  sopra    determinati   argomenti  ,  scelti  da  altri , 
dice  parecchi  versi  alV  improvviso  ,  cioè  senz'  esser  pri- 
ma apparecchiato  ,  ne   aver  tempo  da  pensarvi  ,  se  non 
quanto    basti  per  raccoglier  la   mente. 

Qual  tesoro  dì  giudizio  e  d' erudizione  in  uno  scrit- 
to di  sì  piccola  mole  !  E  sì  che  niuno  quind'inuanzi  pre- 
tenderà più  concedere  gratuitamente  agli  antichi,  già  ric- 
chi di  tante  glorie  ,  un  merito  che  non  ebbero  :  quello 
cioè    di    dire    all'improvviso  i   lor  versi. 


S.  B. 


33a  Varietà' 

Elogio  di  Giuseppe  Calandre  Hi  matematico  ed  astrono- 
mo ,  dettato  da  Melchiorre  Missirini.  8."  Roma,  tipo- 
grafia virgiliana  1828.  (  Sono  carte    a3.  ) 

T  ' 

JLi  elogio  del  prof.  Calandrelli  da  doversi  recitare  in  Ar- 
cadia si  sta  ora  scrivendo  con  grande  amore  dal  cele- 
bre sig.  principe  D.  Pietro  Odescalchi  :  e  i  nostri  as- 
sociati lo  leggeranno  a  suo  tempo  distesamente  iu  que- 
sto giornale  .  Giovi  intanto  annunciar  questo  ,  che  il  sig. 
ab.  Melchior  Missirini  disse  all'accademia  de'tiberini.  Mai 
non  si  lodano  abbastanza  gli  uomini  dotti  e  dabbene  : 
e  dotto  veramente  e  dabbene  fu  il  Calandrelli  ,  e  de- 
gnissimo d"  esser  dato  in  esempio  a  tutti  coloro  che  cor- 
rer vogliono  la  carriera  delle  lettere.  Il  sig.  Missirini  ha 
con  molta  erudizione  ed  eziandio  con  affetto  discorse  le 
opere  e  la  vita  del  chiarissimo  matematico  :  e  noi  ^li  da- 
remmo qui  una  lode  anche  maggiore  ,  s'egli  si  fosse  aste- 
nuto dell'  usare  parecchie  frasi  e  parole  ,  che  tengono  del- 
lo strano  e  dell"  affettato  piuttosto  che  della  semplicità  e 
leggiadria    del  buono  scrivere   italico. 

Il  libretto  è  intitolato  ad  uno  de'  più  illustri  prelati 
che  per  senno  e  per  virtù  onorino  presentemente  la  roma- 
na magistratura  ,  a  monsig.  Pietro  Marini  uditore  della 
sacra  rota. 

E.  P. 


Della  natura  degli  dei  ,  libri  tre  di  Marco  Tullio  Cice- 
rone ,  volgarizzati  da  Teresa  Carniani  Malvezzi.  8° 
Bologna  182H  presso  Riccardo  Masi.  (Un  voi.  di  pag.  ijo) 

M 

-i-Tlancava   ali    italiana    letteratura    un    volgarizzamento  di 
questo  eccellente   trattato  :  ed  eccolo  da  quella  stessa   pen- 


V  x  n  i  e  t  a'  333 

na  ,  che  ci  diede  ultimamente  tradotta  la  repubblica  di 
Cicerone.  Tal  nuovo  lavoro  è  ben  degno  del  nome  ce- 
lebre della  sig.  contessa  Malvezzi  :  imperocché  veramen- 
te d'oro  n'è  la  favella  ,  numeroso  n'è  il  periodo  ,  e  un 
incom parabil  giudizio  vi  si  ravvisa  nell'  adottare  qua  e 
là  le  varianti  lezioni  ,  che  di  questo  difficilissimo  libro 
abbondano  in  tutti  i  codici.  Il  che  ben  mostra  di  quale 
acume  sia  dotato  1'  ingegno  della  chiarissima  donna  ,  e 
qual  pratica  altresì  ella  abbia  di  tutte  le  più  astruse  dot- 
trine che  toccano  la  Glosofia  degli  antichi.  Certo  ITtalia 
e  le  lettere  di  questa  egregia  opera  sommamente  la  rin- 
grazieranno. 

Il  libro  ,  ornato  pure  di  una  dottissima  prefazione, 
è  dedicato  dalla  sig.  Malvezzi  all'  insigne  amico  suo  ,  e 
generoso  emulo  nel  volgarizzamento  della  repubblica  di 
Cicerone  ,   sig.  principe   D.  Pietro  Odescalchi. 

S.  B. 


Chefs  d'oeuvre  du  thbatre  indiai  ,  traduit  de  l'originai 
sanscrit  en  avglais  par  M.  H.  II.  Wilson  secretaire  de 
la  societè  asiatique  du  Bengale  ec.  ,  et  de  Uanglais  en 
francais  par  M.  A.  Langlois  memore  de  la  societè 
asiatique  de  Paris  ec.  -  Paris  1828,  Dondey  -  Duprè 
pere  et  fds  ;  a.  voi.  in  8.°  de  LXXF1I ',  776  e  4§o 
pages. 


X  anto  diversi  sono  i  nostri  costumi  ,  le  nostre  idee  re- 
ligiose ,  gli  ordini  nostri  sociali  da  quelli  de' popoli  delle 
Indie  ,  che  possiamo  quasi  esser  certi  non  dover  questi 
drammi  riescire  all'Europa  se  non  di  semplice  curiosità  let- 


334  V   A   R   1    ii   T   A* 

teraria.  Noi  non  ne  abbiamo  ancor  cognizione ,  se  non  in 
quanto  ne  parla  la  Revue  Encyclopcdique  del  mese  di 
novembre  p.  485,  48*\  Il  loro  stile  ,  come  ben  può  suppor- 
si,  è  affatto  romantico,  cioè  gonfio,  esagerato,  strano,  e  fuor 
di  tutta  natura  :  imperocché  disse  spiritosamente  Voltaire  : 
En  general  le  bon  goùt  ria  gite  re  èie  le  partage  des 
orientaux  :  leurs  ouvrages  ressemblent  aux  titrcs  de  leurs 
souverains  ,  dans  lesqnels  il  est  som>ent  question  du  so- 
ldi et  de  la  lune  (*).  Gli  atti  sono  quattro  ,  cinque  ,  set- 
te ,  e  talor  dieci  :  nondimeno  le  unità  di  tempo  e  di  luogo 
vi  si  scorgono,  in  generale,  fedelmente  osservate:  tanto 
sono  elle  sembrate  sempre  in  tutte  le  età  e  in  tutti  i 
paesi  del  mondo  necessarissime,  solo  che  non  si  rifiuti  il 
puro  lume  della  ragione, 

E.  P. 


Nella  Biblioteca  Italiana  ,  fascicolo  di  agosto  1827 
è  riportata  questa   iscrizione. 

C  .  IVLIO 

INGENVO 

C  .  I 

TRIB  .  LEG  .  III.  ITAL 

TIB  .  CL  .  VICTOR  .  VE 

INFANTI  .  BENIG 

PLVRA  .  DE  .  SE 

MERENTI 


(*)  Essai  des  moeurs  ec.   tom.  IF  cap.   82. 


V   A   11   1    E   T   A.'  335 

Z'  interpretazione  die  ivi  le  si  dà  è  la  seguente  : 

CAIO  .  IVLfO 

INGENVO 

CLARISSIMO  .  IVVENI 

TRIBVNO  .  LEGIONIS  .  Ili  .  ITALICAE 

TlBERf  VS.GL A  VDIVS.  VICTOR.  VIR.EGREGIVS 

INFANTI  .  BENIGNO 

PLVRA  .  DE  .  SE  .  MERENTI 


v/uest'  epigrafe  ,  del  genere  delle  onorarie  ,  non  è  del  buon 
secolo  ,  ma  ci  pare  certamente  anteriore  ai  tempi  de'Gor- 
dìani  ,  non  essendo  aggiunto  alla  terza  legione  italica  il 
(itolo  di  -  Fìdelis  -  di  cui  quelli  le  furono  cortesi.  Se  non 
che  la  interpi'etazione  ,  che  le  ha  data  il  eh.  sig.  dott.  La- 
bus  (  e  questo  intendiamo  dire  con  tutto  quel  rispetto  7 
che  si  addice  a  tanto  nome)  non  ci  pare  legittima.  E 
abbiamo  detto  -  non  ci  pare  -  dacché  siamo  lontani  dall' 
essere  certi  di  aver  noi  sciolto  il  nodo  ,  e  ne  trattiamo 
solo  per  avviso.  Oltre  a  che  non  esiste  ,  per  quanto  è  a 
nostra  cognizione,  alcuna  autorità  di  classico  latino  per 
cui  apparisca  che  promiscuamente  fossero  state  usate  le 
parole  -  Infans  -  e  -  Juvenis  ,  per  denotare  una  stessa  età. 
L'ingenuo  e  l'infanti ,  aggiùnti  di  Caio  lidio,  non  sola- 
mente fan  supporre  ,  ma  ne  rendono  sicuri  ,  che  qui  si 
tratti  di  fanciullo  :  dal  che  viene  ,  che  non  può  conve- 
nirgli il  Clarissimo  Inverti  (  e  meno  il  grado  di  tribuno  ) 
appiccatogli  dalla  interpretazione  data  alle,  lettere  G.  I. 
Senza  che  vi  ha  altra  ragione  per  cui  non  vuoisi  credere 
che  queste  due  lettere  rechino  il  -  Clarissimo  luveni  -  ,  ed 


33G  Varietà' 

è  che  nelle  antiche  epigrafi  W-luvenis  -  non  mai  col  solo  / 
ma  è  sempre  scritto  con  le  tre  prime  lettere  di  questo 
nome. 

E  procediamo.  11  fanciullo,  a  cui  è  intitolata  quella  iscri- 
zione, doveva  essere  in  alcun  modo  distinto  da  ogni  altro, 
che  avesse  potuto  avere  lo  stesso  nome  e  prenome.  Que- 
sto è  quello  che  dobbiamo  cercare  se  siasi  fatto  nella 
due  lettere  G.  I.  Il  padre  del  ragazzo  ,  fatto  di  recente 
libero  ,  doveva  essere  uomo  oscuro.  Voleasi  dunque  dal 
nome  del  patrono  farlo  conoscere ,  da  quello  che  aveva 
messo  in  libertà  il  padre  ,  da  quello  presso  il  quale  egli 
dimorava  in  qualità  d'  ingenuo  ,  da  quello  finalmente 
che  aveagli  costituito  il  nome  di  famiglia.  E  questi  dove- 
va essere  un  Caius  Julius  ,  il  quale  appunto  negli  antichi 
monumenti  non  altrimenti  si  sarebbe  scritto  ,  che  con  1» 
lettere  G«  I  :  e  tanto  più  Caius  Iulius,  quanto  che  V Ingenuo, 
che  il  nome  suo  ebbe  da  lui  ,  è  Caius  Julius  :  e  così  non 
l'Ingenuo  ,  ma  questo  suo  patrono  è  il  tribuno  della  ter- 
za  legione    italiana. 

Sonerebbe  pertanto  fin  qui  1'  iscrizione  -  Caio-Iu- 
lio-Ingenuo-Cai  -  lulii  •  tribuni -legionis  -tertiae  -  italicae  . 
Ora  chi  è  che  pone  quest'  epigrafe  ?  E  Tiberius  Claudius 
Victor.  Ma  egli  al  certo  ,  parlando  di  se,  non  si  avvisò  di 
chiamarsi  Vir  egregius  ,  come  vorrebbe  l'interpretazione 
data  alle  lettere  VE  ,  e  non  fece  ;  che  altrimenti  queste 
due  lettere  ,  nello  stile  delle  iscrizioni  ,  sarebbero  disgiunte 
da  un  punto  t  non  unite  come  sono  :  ed  unite  esseudo  , 
e  l'iscrizione  essendo  posta  in  onore  di  un  ingenuo  di  un 
tribuno  di  legione  ,  e  però  da  persona  addetta  a  questo 
tribuno  ,  e  per  abbreviazione  nelle  antiche  lapidi  ri- 
trovandosi scritto  Veteranus  colle  due  lettere  VE  ;  ne 
par  chiaro  essere  stato  un  veterano  quell'  epigrafista , 
e  cosi  doversi  leggere  -  Tiberius  .  Claudius.  Victor.  Ve- 
teranus. 


Varietà'  337 

Ma  come  questo  fanciullo  ,  che  nella  iscrizione  è  detto 
Infante,  potè  così  infante  rendersi  benemerito  di  questo  vete- 
rnno  ?  Se  questo  vocabolo  potesse  suonare  il  -  Sordo  mu- 
to -  potremmo  forse  senza  difficoltà  solvere  la  questione. 
Ma  pur  troviamo  che  anche  -  infante  -potè  giovargli.  Amo- 
revole il  veterano  di  questo  fanciullo  ,  prestandogli  la  sua 
opera,  la  sua  cura  (  come  pur  ora  vediamo  fare  da'  gre- 
garj  ai  Ggli  de*  lor  capi),  potè  egli  aver  perciò  ricevuto 
dal  tribuno  e  rimunerazioni  e  grazie  ,  e  gradi  e  favori  spe- 
ciali :  ed  egli  di  tali  cose  riconoscersi  appunto  bebitoro 
verso  l'infante ,  siccome  quegli  la  cui  mercè  gli  era  venuto 
fatto  di  ottenerle.  E  pare  anche  averle  ottenute  cogli  uf- 
fizj  del  fanciullo  medesimo  ,  il  quale  intanto  fosse  detto 
infante,  in  quanto  che  non  avesse  anche  valicato  il  7  an- 
no ,  nel  quale  ,  siccome  c'insegna  Ulpiano  Dig.  26.  7.  r, 
terminava  quella  età  dell'  uomo  ,  che  dagli  antichi  era  det- 
ta -  infantia. 

Io  leggo  pertanto. 

GAIO  .  IVLIO 

INGENVO 

CAII  .  IVLII 

TRIBVNI  .  LEGIONIS  .  Ili  .  ITALIGAE 

TIBERIVS  .  CLAVDI VS  .  VICTOR .  VETERAN VS 

INFANTI  .  BENIGNO 

PLVRA  .  DE  .  SE 

MERENTI 

Biagio  Stulli. 


G.A.T.XL.  aa 


338  Varie  t  a.' 

Alla  figlia  della  sig.  duchessa  Lomellini  Litta  era  stata 
regalata  nella  villeggiatura  del  conte  Lomellini  una 
gabbietta  con  un  passero.  Fuggì  il  passero  ,  ed  alla  do- 
lente bambina  così  rivolse  improvviso  il  canto  il  cele- 
bre professore    Gagliuffi. 

JT  lebat  parva  Nice  ,  suaeque  raatri 

Monstrabat  caveam  ,  unde  passer  ,  eheu  ! 
Dura  secura  fero  propinat  escarn  , 
Oblata  subitus  fuga  evolarat. 
Cui  raater  placide:  Tibi  id  molestum  estf 
At  gaudet  profugus  suam  repente  , 
Cui  raptus  fuerat ,  videre  matrem. 
Quid  tu  ,  cara  Nice  ,  mihi  dolenti 
Si  qui*  te   raperet  ,  quid  ipsa  velles  ? 
Risit  parva  Nice  ,  immemorque  damni 
Materno  gremio  tcnax  adhaeret  t 
Maternis  cupit  osculis  beari. 

TRADUZIONE 

Piangea  la  bambola 
Nice  vrzosa  ; 
E  all'  amorosa 
Madre  segnava  il  carcere, 
Dove  il  passere  all'  esca  richiamato 
Dallo  mal  chiuso  ostel  s'era  involato. 
Ne'  detti  affabile 

La  madre  allora  : 

So  ,  che  t*accoi;a 
Vederlo  errar  per  l'aere  ; 

Ma  pure  ei  gode  in  riveder  colei  , 

Cui  desso  è  caro  ,  come  a  me  tu  sei. 


V   a   a    1    E    T    A'  33() 

Da  mano  barbara 

Tolto  al  suo  nido  , 

Materno  grido 

Fa  eh'  egli    il    volo    acceleri. 

Eli  !    tu ,  se    fosti    a    me    rapita  ,    0   Nice  , 

Che   faresti  per   me    madre    infelice  ? 
Rise;  ed  immemore 

Del   largo    pianto  , 

Le    gote    accanto 

Del   sen  materno  appoggia  , 

Aspettando    da   lei ,    che   de'  suoi    duoli 

Qualche   bacio  gentil  più  la    consoli. 

Cohte   Alessandro   Sclopis  di  Salerano 


Cenni  intorno  alla  vita  ed  alle  opere  del  cav.  Vincen- 
zo Monti ,  scritti  da  Giovanni  Antonio  Maggi.  8."  Mi- 
lano presso  Antonio  Fortunato  Stella  e  figli  i8a3.  (So- 
no   cart.  32.  ) 

Al  Maggi  fiorì  molto  ,  come  ognun  sa,  nell'  amicizia  del 
Monti  :  il  quale ,  preso  alla  rara  dottrina  e  cortesia  di 
lui,  se  lo  aggiunse  compagno  negli  ultimi  lavori  intorno 
al  Convito  di  Dante  ed  alla  Proposta.  Sicché  questi  Cen- 
ni ,  venutici  da  tal  uomo  ,  vogliono  aversi  per  preziosis- 
simi. Altre  notizie,  non  meno  importanti  sulla  vita  del  gran 
poeta  ,  abbiamo  pur  lette  nella  Biblioteca  Italiana  ,  scrit- 
te ,  come  chiaramente  mostra  il  nobile  e  leggiadro  sti- 
le ,  dall'illustre  sig.  Zaiotti  :  ed  altre  pure  nell'Antolo- 
gia di  Firenze,  segnate  con  le  lettere  K.  Y.  Z.  Non  resta  ora, 
se  non  che  il  Giordani  ,  il  Coita  ,  il  Biondi ,  il  Niccolini , 
il  Botta  ,  ne*  quali  principalmente  vive  oggidì  l'italiana  elo- 
quenza ,   scrivano     per     comune    specchio     la   vita    di   un 

22+ 


34<5  V    A.    R    I    E    T    A' 

uomo  ,    che   onorò   tanto    l'Italia  ,   le    lettere ,   e  1'  umano 
ingegno. 

E  qui ,  poiché  me  ne  cade  il  destro  ,  giovimi  l'av- 
vertire uno  sbaglio  in  che  io  sono  incorso  nella  breve 
necrologia  del  Monti ,  la  quale  pubblicai  nell'  antecedente 
volume  :  sbaglio  ,  di  cui  tanto  più  mi  accuso  ,  quanto 
che  me  ne  viene  l'avviso  da  una  dama  ,  che  io  som- 
mamente e  giustamente  venero  per  le  alte  sue  doti  della 
mente  e  del  cuore  ,  cioè  dalla  signora  marchesa  Ginevra 
Canonici  Facilini  di  Ferrara.  Lo  sbaglio  è  d'aver  detto 
che  Vincenzo  Monti  ,  nato  alle  Alionsine  ,  fu  ravignano 
anziché  ferrarese  :  quando  è  certo  (  così  mi  scrive  la  chia- 
rissima donna  )  che  le  Alfonsitie  ,  dov  ebbe  i  natali  il 
Monti  ,  erano  sottoposte  a  doppio  reggimento ,  siccome 
lo  è  oggi  la  villa  di  Casumaro  :  ed  il  Monti  venne  alla 
luce  in  una  casa  sottoposta  alla  provincia  ferrarese  : 
il  Monti  si  tenne  sempre  ferrarese  :  il  Monti  si  dichia- 
rò sempre  ferrarese.  E  perchè  si  vorrà  contraddirlo  , 
offendendo  nel  più  vivo  dell'  anima  gli  amati  suoi  con- 
cittadini ,  a  gran  diritto  fastosi  di  poterlo  annoverare 
fra  loro  ?  lo  me  ne  appello  all'  animo  vostro  ,  a  chiun- 
que me  ne  appello  che  abbia  vero  amore  di  patria.  Betti 
mio  ,  l'errore  non  è  vostro  :  abbiate  il  generoso  orgo- 
glio di  emendarlo  pubblicamente  ,  dandone  la  colpa  a 
chi  è  di  ragione.  Ma  io  non  ne  darò  colpa  a  nessuno  : 
bastandomi  solo  il  dire  ,  che  non  fu  giammai  mio  pen- 
siero il  togliere  a  veruna  città  o  provincia  le  glorie  che 
lor  si  convengono. 

S.  Betti. 


Varietà.'  3;{i 

Sonetto   di  Urbano  Lampredi  alla  gentilissima  donzella 

Irene  Ricciardi ,   che  lo  invita  ad  assidersi 

per  fargli  il   ritratto. 


N 


o  ,  non  saria  questo  mio  volto  deguo 
Del  tuo  pennello  industre  ,   o   bella    Irene  ; 
Ma    il  tuo    desio    far  pago   or    si   conviene 
Perchè  più    splenda  il   tuo    felice  ingegno. 


A    te    dotta    nel    canto  e  nel    disegno 
E   in  rime   d'ogni   leggiadria    ripiene 
Preparar  liete  l'itale    camene 
Triplice  serto  nel   castalio   regno. 

Oh   potess*  io    del   par  con   carmi  eletti 

Pingere  un    culto    spirto   e   un    nobil    core  , 
Quel   sacro    all'arti,  e  questo  ai  dolci   affetti! 

Giunse  il  cantor    di  Laura  all'  alta   meta  ; 
Ed    io   subietto    avrei    d'ugual   valore  7 
Ma   non  lo   stile  del   divin    poeta. 


Volgarizzamento  del  trattato  della  coscienza  di  s.  Ber' 
nardo  ;  testo  di  lingua  delV  aureo  secolo  ,  tratto  la  pri- 
ma volta  da  ottimi  mss .  -  Verona  presso  Giuseppe  Bos- 
si  i8a8.  (  Un    voi.  di   cart.    Vili  ,   igi.  ) 

V^Juest*  operetta ,  che  s.  Bernardo  intitolò  De  interiori 
domo  sive  de  conscientia ,  è  tradotta  da  scrittore  ano- 
nimo colla  lingua  più  gentile  e  soave  del  bel  trecen- 
to :  talché  può  veramente  dirsi  oro  in  oro.  Gli  accade- 
mici  della    crusca  ne   trasser  voci   pel    loro   vocabolario  , 


342  Varietà' 

giovandosi  di  un  testo  a  penna  che  fu  di  monsig.  Pie- 
tro Dini.  //  che  mi  fa  credere  (  dice  il  eh.  editore  sig.  al). 
Paolo  Zanotti  )  ,  che  la  vecchia  stampa  di  Bologna  pel 
Rubiera  senz  anno  ,  rammentata  dall'  Haim  ,  contenente 
questo  trattato  in  volgare ,  o  sia  altro  volgarizzamen- 
to ,  ovvero  se  è  questo  ,  che  debba  essere  molto  maltrat  - 
tato  e  guasto  ,  quali  esser  óogliano  le  stampe  di  que'  tem- 
pi; poiché  gli  accademici  non  ne  hanno  fatto  alcun  conto. 
Il  testo  del  Dini  non  si  ritrova  più  :  ed  intanto  il  sig.  Za- 
notti si  è  servito  per  questa  diligentissima  stampa  di  due 
antichi  codici,  l'uno  copiato  da  lui  in  non  so  qual  luo- 
go ,  l'altro  della  ricca  libreria    Gianfilippi  di  Verona. 

S.   B. 


Dell'  acquedotto  e  della  fontana  maggiore  di  Perugia  , 
onnta  delle  sculture  di  Niccola  e  Giovanni  Pisani  e 
di  -Inzolfo fiorentino  ,  ragionamento  accademico  con  no- 
te ,  illustrazioni  ed  un  appendice  di  documento  inedi- 
ti ec.  di  Gio.  Battista  Vermigliali.  4."  Perugia,  tipo- 
grafia di  Francesco  Baduel  1827.  (Sono  pag.  62.) 

Hi  un  ragionamento  pieno  tutto  di  notizie  d'arti  e  d'ar- 
tisti ,  il  quale  onora  del  pari  e  la  gentile  Perugia  e  il  ce- 
lebre Vermiglioli,  che  non  lascia  niuu  bel  monumento  della 
sua  patria  ,  com'  è  veramente  questa  splendidissima  fonte 
maggiore  ,  senza  il  pregio  delle  sue  dotti  illustrazioni. 

S.  B. 


Variòta*  343 

Per  Lodovico  ÌJpparini  pittore  bolognese  ,  stanze  del  dott. 
Ignazio  Barzaghi.  Seconda  edizione  con  aggiunte  dell' 
autore.  4-°  Bologna,  tipografìa  di  Emidio  dell' Olmo  1828. 
(Sono    pag.    14.) 

Ì3i  è  colla  debita  lode  parlato  altra  volta  del  sig.  Bor- 
zaglii  nel  nostro  giornale.  Ora  di  queste  stanze  non  diremo 
altro  ,  se  non  eh'  elle  pienamente  confermano  quel  nostro 
favorevol  giudizio  :  ed  una  prova  ne  sia  la  descrizione  del 
quadro  del  combattimento  degli  Orazi  e  de'  Curiazi  dipinto 
dal  Lipparini. 

Ve'  qui  di  Roma  i  tre  forti  germani  , 

A  cui  traluce  da  l'acceso  sguardo 

L'impaziente  ardor  di  por  le  mani 

Su  i  nemici  fratelli ,  e  lor  pir  tardo 

Di  render  fede  a'suoi  ,  non  che  agli  albani  , 

Come  si  prostri   il  fior  d'ogni  gagliardo  , 

Quando  per  lor  si  deano  far  sicuri 

Gli  alti  destin  di  Roma  e  de'  futuri. 
Vien  seco  (*)  il  padre  ,  e  in  vista  aggiunge  sprone 

Con    magnanimi  accenti  a  l'alta  impresa  , 

Come  dicesse  :  In  voi  la  patria   pone 

Ogni  speme,   ogni  vanto,  ogni  difesa. 

Ite,  o  figli,  e  mostrate  al  paragone 

Che  il   forte  in  suo  valor   non  teme  offesa  , 

E  innanzi  a  l'ara,  ove  Quirino  ha   gloria, 

Giurate  di  voler  morte  o  vittoria. 
Son  dardo  e  fiamma  i  detti  ai  generosi  t 

A  cui  l'indugio  è  pena  più  che  morte. 


(*)  Non  sappiamo  se  tutti  potranno  approvar  qui  que- 
sto   seco  invece   di  con   essoloro. 


344  Varietà' 

Già  stan  col  ferro  in  alto  ,  e  baldanzosi 
Quasi  gli  odi  gridar  :  Vittoria  o  morte. 
Come  lion  magnanimi  e  sdegnosi  , 
Da'  torvi  occhi  spirando  e  strage  e  morte  , 
Rugghian  ,  scuotono  i  velli  e  spiegan  l'ugna  , 
Se  belva  di  gran  cor  gli  sfida  a  pugna. 

Quinci  la  madre  in  atto  di   dolente  , 

Giunte  le  palme  ,  e  le  ginocchia  inchine  , 
Manda  dall'  imo  cor  prece  fervente 
Che  la  pugna  temuta  esca  a  buon  fine. 
Gradivo  invoca  ,  e  lui  che  primamente 
Fondò  le  eccelse  rocche  tiberine  (*)  ; 
Che  s'ei  die  vita  e  nome  a  tanto  impero  , 
Serbi  l'onor  de  la  sua  gente  intero. 

Presso,  in  pie  stante  e  il  guardo  in  se  raccolto  , 
De'  guerrier  valorosi  è  la  sorella  ; 
Qual  chi  smarrito  e  in  gran  dubbiezza  avvolto 
E  manco  di  consiglio  e  di  favella. 
in  essa  è  il  fior  di  giovinezza  accolto  , 
Via    diffusa  ha  di  duol  la  guancia  bella  : 
Mille  affetti  le  danno  acerba  guerra  , 
E  per  mille  pensier  si  sparge  ed  erra. 

Qual  cor  ,  meschina  ,  è  in  te  \   qual  sentimento  ! 
E  Curiazio  il  tuo  amor  :  se  i  fratelli  hanno 
Di  lui  vittoria  ,  e  eh'  ei    rimanga  spento  , 
Come  durar  potrai  sì  crudo  affanno  ? 
Se  fortuna  è  lor  contra  nel  cimento  , 
Scorno  t'avanza  e  disperato   danno. 
Sorella  ,  amante  ,  cittadina  ,  figlia  , 
Infelice  che  far  !  chi  ti  consiglia  ! 


(*)  E  fors"  anche  pochi  approveranno  queste    rocche 
del  Tevere  ,  invece   di   rocche   di    Roma. 


Varietà'  3{' 

Sì  ferocia  ed  ardir  ,  sdegno  ed  onore  , 
Maternale  pietà  ,  tema  ,  speranza  , 
Incertezza  affannosa  ,  aspro  dolore 
Si  paiono  a  ciascun  ne  la  sembianza. 
Tanto   può  l'arte  nel  suo  dolce  errore  , 
Ch'  ogni  favella  immaginando  avanza  , 
E  spira  audacemente  ai   muti  obbietti 
Col  forte  colorar  voce  ed  affetti  ! 


Collezione  di  poesie  sacre  per  la  maggior  parte  inedita 
di  rinomati  autori.  8."  Roma  presso  Vincenzo  Poggio- 
li 1828.  (Un  voi.  di  pag.  254.  ) 


Oi  vuole  dar  lode  all'  egregio  sig.  conte  Luigi  Easpi  di 
Ferrara  ,  perchè  abbia  in  un  sol  volume  riunite  queste 
poesie  sacre  ,  le  quali  in  parte  erano  inedite  ,  in  parte 
andavano  qua  e  là  disperse  in  piccole  raccolte  ed  in  fo- 
gli volanti.  Noi  diremmo  cosa  non  vera  annunciandole  per 
tutt'  oro  :  no  ,  v'è  ancora  di  molto  orpello  ,  e  fors'  anche 
alcun  poco  di  scoria.  Ma  un  libro  di  rime  è  -ià  da  se 
stesso  bastantemente  raccomandalo  ad  ogni  buono  italia- 
no quando  vi  si  trovino  ,  siccome  in  questo  ,  i  nomi  del 
Monti,  del  Perticari,  del  Costa,  del  Biondi  ,  del  Mar- 
chetti ,  del  Bagnoli ,  del  Tambroni ,  del  Santucci ,  del  Vit- 
torelli ,  del  Salvagnoli ,  del  Muzzarelli  ,  dell'  Antinori  ,  del 
Ricci,  del  Zappi ,  del  Pepoli  ,  della  Orfei  e  di  tali  altri 
che  vanno  giustamente  lodati  fra  noi  sia  come  maestri  , 
sia  come  valorosi  seguitatori  de'  maestri  della  nostra 
poesia. 


346  Varietà' 

Parafrasi  del  salmo  Coeli  enarrant  gloiiam  dei,  e  dei  set- 
te penitenziali.  8."  Napoli  ,  tipografia  nella  Pietà  de' tur- 
chini ,  1828.  (  Sono  pag.  5i  ,  col  tato  latino  a  fronte.  ) 

JL/i  questo  bel  saggio  di  sacra  poesia  non  sapremmo  di- 
scorrere meglio  ,  che  ha  fatto  il  sig.  abate  Urbano  Lam- 
predi  in  una  lettera  a  S.  E.  il  sig.  principe  D.  Pietro  Ode- 
scalchi  nostro  amatissimo  direttore.  Non  dispiacerà  certo 
al  celebre  e  cortese  letterato  toscano  t  che  noi  qui  la  re- 
chiamo a  giovarne  e  a  dilettarne  i  lettori  di  questo  gior- 
nale. 

„  Eccellenza. 
,,  Io  non  dubito  ,  stimatissimo  signor  D.  Pietro  ,  che 
,,  ella  non  sia  per  sapermi  buon  grado  dell'  averle  io  in- 
„  viato  con  questa  mia  lettera  la  traduzione  in  versi  li- 
„  rici  italiani  de*  sette  salmi  detti  Penitenziali ,  cui  è 
„  premessa  pur  quella  del  bellissimo  inno  Coeli  enarrant. 
,,  Il  modesto  autore  non  ha  voluto  apporvi  il  suo  nome. 
„  Quando  ella  però  fosse  vago  di  saperlo  ,  le  dirò  in  con- 
„  fidenza  esser  egli  il  sig.  cav.  D.  Giuseppe  de-Thoma- 
„  sis  ,  noto  a  tutti  i  suoi  compatrioti  non  già  sotto  l'aspetto 
„  0  fama  di  poeta  ,  ma  di  solerte  ed  illuminato  ammi- 
„  nistratore  ,  di  profondo  giurisperito  ,  e  d'integerrimo  ma- 
„  gistrato.  Egli  appella  tenue  questo  suo  lavoro  intrapre- 
„  so  per  procurargli  una  qualche  gradevole  distrazione 
„  in  mezzo  agi'  incomodi  che  circonvengono  pur  troppo 
,,  l'età  che  si  avanza,  e  per  un  altro  ancor  più  sacro 
„  motivo   eh'  egli  adduce  nella  sua   breve   prefazione   (*). 


(*)  Quello  cioè  (  dice  il  sig.  cai'.  De-Thomasis  )  di 
lasciare  una  memoria  di  me  alla  mia  dilettissima  mo- 
glie che  lo  ha  voluto  ,  e  cui  lo  consacro  come  monumen- 
to del  mio  amore   e  della  mia  stima.  (Nota  del  compii.) 


V  a  a  i  e  l  i.'  S47 

„  Ancor  noi  ,  quanto  almeno  alla  mole  ,  diremo  tenue 
,,  il  suo  lavoro,  ma  non  tenue  la  gloria  che  a  lui  ne  de- 
„  riva,  se  si  abbia  riguardo  al  grado  di  perfezione,  a  cui 
„  mi  sembra  che  sia  giunto  quanto  allo  stile  in  ciò  che 
„  s'appartiene  al  colorito  de*  pensieri  e  delle  sentenze 
„  davidiche  ,  e  alla  poetica  dizione  italiana.  Sono  parec- 
„  chi  anni  che  si  grida  da  per  tutto  doversi  ritornare  la 
„  lingua  alle  primitive  e  naturali  sue  forme  ,  viziate  e  cor- 
„  rotte  per  diverse  cause  dalle  straniere.  A  questo  sco- 
„  pò  si  vanno  disotterrando  e  pubblicando  scritture  in 
,1  prosa  e  in  verso  di  trecentisti  ,  quattrocentisti  ec.  ,  che 
,,  si  propongono  per  modelli  alla  studiosa  gioventù.  Lode- 
„  vole  certamente  ne  è  il  divisamento  :  ma  in  questo  ea- 
„  so  specialmente  può  ripetersi  la  notissima  sentenza  del 
,,  buon  venosino  :  In  vìtium  ducit  ;  e  1*  altro  ancora  : 
„  Dum  vitant  stiliti  vitia.  Questo  scoglio  ,  in  cui  molti  van- 
„  no  ad  urtare  ,  parmi  che  sia  stato  evitato  maestrevol- 
„  mente  dal  sig.  De-Tliomasis  ,  e  che  il  suo  stile  sia  chia- 
,,  ro  ,  limpido,  e  naturale,  senza  cader  mai  in  bassezza 
,,  o  affettazione.  Si  scorge  non  rare  volte  essere  egli  na- 
ti drito  del  buon  latte  de'  nostri  classici  :  ma  quelle  an- 
„  tiche  e  semplici  forme  si  mostrano  così  naturali  ,  e 
„  spontaneamente  applicate  ,  che  sembrano  avere  tutta  la 
„  freschezza  del  culto  stile  moderno.  La  perspicuità  par- 
„  mi  il  suo  principale  carattere  ,  e  parmi  ancora  che  egli 
„  siasi  primamente  fatto  un'  idea  chiara  e  precisa  dello 
„  spirito  dominante  nel  corso  di  un  salmo  ,  e  clie  poi  con 
„  franco  pennello  siasi  posto  a  delinearne  le  forme  e  i 
„  pensieri  principali,  quali  all'  avveduta  sua  mente  si  so- 
„  no  presentati  dopo  matura  riflessione.  Altro  non  ag- 
„  giungo  a  questi  tratti  generali  dell' opera ,  lasciando  a 
„  lei  o  ad  alcuno  de'  suoi  degni  e  valenti  collaboratoli 
„  la   cura   di    rilevarne  i  pregi  0  meriti  particolari  ,    spe- 


348  Varietà' 

„  cialmente  quelli   che  possono  risultare  dal  confronto  di 
„  questo  saggio    con  altri    di    siffatti    lavori. 
„  Sono  ec.   ec. 

,,  Urbano   Lampredi 

Perchè  ora  si  conoscano  con  un  esempio  i  modi  che 
il  sig.  cav.  De-Thomasis  ha  tenuti  nel  verseggiare,  e  sl 
aggiunga  questa  nuova  autorità  alle  parole  già  per  se  stes- 
se autorevolissime  del  sig.  Lampredi  ,  ecco  la  parafrasi 
del    salmo  De  profundis. 

Signor,  dal  fondo  del   mio   cor    partìo 

La   dolorosa   voce 

Che  infino  a  te  levossi ,   e   pietà  chiede  : 

Deh  se  alcuna  mercede 

Dovuta   è    al  pianto  ,   al  mio   pregar  t'inchina  \ 

E   la   pietà   d'un   Dio 

Infine  a  me  discenda  ,  e  al  dolor  mio. 
Se    a    riguardar  tu    avessi   ai    falli   miei 

Come  ,  come  ,   o    Signore  , 

D'un  Dio  lo   sdegno   io    sostener   potrei  ? 

Ma   una  legge  d'amore 

E    la  tua   legge  ,  e  in  lei 

Veggo  a   un  tempo   il  mio  schermo  e  la  mia  guida  , 

Ed  ogni  mia  speranza  in  lei  si  affida. 
Né  solo  io  già  ,  ma  d'Israello  intero 

Stan  le  speranze  in  sulle  tue  promesse  ; 

E  o  sia  che  spunti  o  sia  che  muoia  il  sole  , 

Le  divine  parole 

A  te  ripete  ,  e  dice  , 

Che  d'ogni  merto  ,  al  par  che  d'ogni  errore  , 

È    tua   bontà   maggiore; 

E   lieto   va   della   superba  spene 

Che  un  giorno  infrangerai  le    sue   catene. 


Varietà'  3^9 


Oi  parla  molto  in  Pietroburgo  di  due  nuove  tradu- 
zioni russe  della  Gerusalemme  Liberata  ,  clie  già  sono 
sotto  il  torchio.  Una  è  del  sig.  S.  E.  Raitch  7  l'altra  del 
sig.  A.  Merzliakof. 


N. 


el  Repertorio  di  Beck  si  annuncia  un'  opera  che 
moverà  molto  la  curiosità  de'  letterati  italiani.  Ella  è  del 
sig.  Odofredo  Muller ,  e  tratterà  degli  etruschi-  Sarà  di- 
visa in  due  volumi ,  e  dicesi  che  debba  esser  cosa  dot- 
tissima   ed  importantissima. 


Opere  di    Giorgio  Washington. 

Il  celebre  Washington  (secondo  che  ci  dice  la  Revue 
Encyclopedique  )  fino  dall'  età  sua  di  venti  anni  usò  tener 
copia  di  tutto  ciò  eh'  egli  scriveva ,  anche  delle  semplici 
lettere  che  trattavano  de'  suoi  domestici  altari.  Questo 
carteggio  forma  una  collezione  di  ben  60  volumi  ,  ne'  quali 
non  è  n  dire  quante  cose  si  trovino  della  più,  alta  im- 
portanza e  curiosità.  E  chi  oserebbe  metterlo  in  dub- 
bio ,  riguardando  essi  la  persona  ed  i  fatti  di  uno  de'più 
grandi  uomini  di  che  si  onori  l'umana  specie  ?  Ora  il 
sig.  [ared  Sparks  ,  giudice  della  corte  suprema  degli  Sta- 
ti-Uniti ,  è  sul  punto  di  pubblicare  parecchi  di  questi  scrit- 
ti preziosi ,  i  quali  divide  in  sei  parti ,  cioè  :  1*  Lettere  e  car- 
te spettanti  alle  sue  prime  campagne  nella  guerra  di  Fran- 
cia, e  al  suo  comando  degli  eserciti  della  Virginia  ;  2*  Let- 
tere ed  altre  carte  sulla  rivoluzione  d'America  ;  3°  Carteg- 


>55o  Varietà' 

gio   privato  sugli    affari    pubblici  :  4°  Messaggi    e   indirizza; 

5"  Lettere  particolari  ;    6*  Carte  sull'  agricoltura. 


Aja  mano  destra  del  gran  Canova,  che  tagliata  al  ca- 
davere rimasa  era  in  deposito  presso  il  signor  dott.  Paolo 
Zannini  di  Venezia,  è  stata  data  in  dono  da  monsig.  Ca- 
nova vescovo  di  Mindo  all'  I.  e  R.  accademia  delle  belle 
arti  di  Venezia,  ponendo  nell'atto  solenne  che  ne  fu  di- 
steso questa  sola  condizione  :  Che  qualora  l accademia  ve- 
nisse soppressa  o  traslocata  ,  la  mano  destra  del  fratel- 
lo s'abbia  a  consegnare  all'  arciprete  di  Possagno  ,  ac- 
ciò la  riunisca  ai  resti  mortali  del  Canova  ,  i  quali  fra 
non  molto  dall'  antica  chiesa  di  quella  terra  passeran- 
no a  ricoverarsi  sotto  l'augusta  volta  del  tempio.  -  Il 
cuore  dell' immortale  scultore ,  ch'era  conservato  nella 
sala  delle  sedute  di  essa  I.  e  R.  accademia  ,  fu  traspor- 
tato nel  gran  monumento  erettogli  col  denaro  di  tutta 
Europa  nella    chiesa   de'  Frari. 


Dubbj  intorno  ad  alcune  voci  che  sono  usate  nella  la- 
pidaria iscrizione  eretta  in  Paliano  ,  e  riferita  nel  se- 
condo trimestre  del  Giornale  Arcadico  i8a8  a  fac- 
ce 368.  Lettera  responsiva  del  dott.  Giuseppe  Tonelli 
compilatore  ad  un  anonimo. 

Lì  on  sono  per  mia  fé  di  lieve  momento  gli  oggetti  delle 
inchieste  ,  che  tu  mi  avanzi  intorno  alla  iscrizione  lapi- 
daria qui  eretta  :  mi  accingo  a  risponderti  ,  tacendo  ,  per- 
chè me  lo  imponi ,  il  tuo  nome.  Alcune  di  quelle  dub- 
bietà  ,  che   promover  vorresti ,   son  quelle  stesse  ,  eh'  eran« 


Va  r  i  e  t  a'  35i 

si  già  presentate  al  mio  corto  intendimento  ,  siccome  ram- 
menterai averti  io  scritto  nella  mia  ultima  lettera  :  ma 
non  osava  ,  ti  scrissi,  in  allora  permettermi  di  pubblicamen- 
te pronunziarle  per  tema  di  equivoco  Mi  avvisavo  d'altron- 
de ,  che  non  potesse  essere  soggetto  ad  erra  mento  l'eru- 
dito personaggio  che  autore  dicesi  della  composizione.  Con 
la  tua  lettera  per  altro  mi  hai  tu  ispirato  qualche  co- 
raggio a  cinguettarne ,  poiché  colla  tua  cortesia  mi  ob- 
blighi a  brevemente  discorrerla  teco  sul  proposito.  Onta 
(  mi  lusingo  )  in  ciò  non  faremo  né  tu  né  io  al  dotto  au- 
tore ,  i  meriti  scientifici  del  quale  tu  veneri  al  par  di 
me  con  rispettosa  sincerità  ;  ma  nel  caso  sinistro  ,  ab- 
biasi egli  in  pace    l'ossequiosa  avvertenza  di  queste  mende. 

Voglio  però  dirti  pria  d'ogni  altro  ,  che  non  amo  , 
o  mio  buon  amico  ì  entrare  a  discutere  se  la  qualifica 
di  -  Divinarum  Litleruruin  Intevprelis  -  convenga  al  così 
detto  canonico  teologo  ,  incaricato  semplicemente  delle 
scritturali  lezioni  al  popolo  ,  e  della  maestrevole  risolu- 
zione dei  casi  morali  nelle  adunanze  mensili  del  clero. 
So  che  multi  multa  dicunl  :  siccome  per  altro  membri 
non  siamo  della  gerarchia  ecclesiastica  ,  ignoro  cosi  al 
par  di  te  la  convenienza  di  quella  qualifica  ,  non  essen- 
do  cotesto  un  subietto    della   mia   sfera. 

La  voce  simulacrum  ,  per  cui  mi  addimandi  schia- 
rimento ,  è  dessa  veracemente  una  ben  oscura  espressio- 
ne ;  e  rifletti  a  senno  7  che  alla  pretta  lettura  della  iscri- 
zione comprender  non  puossi  qual  sia  precisamente  la 
forma  del  simulacrum  ,  di  cui  si  favella.  Poiché  ,  se  ri- 
corso facciamo  alla  etimologia  della  voce  ,  scorgeremo 
derivarsi  essa  dal  verbo  simulo  :  imperò  intender  vuoisi 
per  simulacrum  una  immagine  ,  una  effigie  ,  una  forma  , 
che  finga  ,  che  rappresenti  il  subjetto  che  bassi  in  mira. 
Vedi  adunque  ,  che  alludendosi  albi  rappresentanza  di 
un  corpo  umano  ,  varia  esser  può  cotesta  immagine  , 
effigie  ,    o  forma  ,    potendo  fra  le    altre   di]  vario   genere  , 


35a  Varietà.' 

precisamente  simulare  o  una  intiera  statua  naturale  ,  o 
una  statua  colossale ,  o  un  bassorilievo  scolpito  su  di  uà 
campo  di  qualsiasi  materia  ;  ovvero  rappresentar  può 
la  figura  sola  di  una  testa  col  principio  del  tronco  , 
siccome  passa  appunto  la  cosa  nel  nostro  caso.  Quindi  alla 
idea  di  questa  ultima  forma  piacciati ,  nella  oscurità  tenuta 
dal  compositore,  riferire  il  simulacrum  della  nota  iscrizione. 
Ad  altri  poi  lasciamo  il  pensiero  di  liberamente  decide- 
re ,  se  ad  oggetti  dei  nostri  santuarj  adattar  si  possa  una 
voce  ,  che    in    tanta    stima  presso   i    gentili   suonava. 

Ignoro  qual  valore  possedesse  la  preziosa  moneta  di 
oro  denominata  Philippeus  nummus  da  Filippo  re  dei 
macedoni  ;  nulla  quindi  posso  dirti  ,  salvo  che  la  lar- 
gizione del  defunto  testatore  si  precisò  nella  somma  di 
scudi  5oo  romani  per  l' aumento  della  decorazione  del 
santuario  (  e  qui  avverti ,  che  ti  dico  aumento  ,  per  in- 
dicarti ,  che  già  porzion  ?'  era  di  altri  apparati  ,  dei 
quali  il  vocabolo  veslìendos  sembrerebbe  escludere  l'esi- 
stenza )  .  Volentieri  pertanto  a  te  cedo  la  cura  di  co- 
noscere se  la  nostra  pontificia  moneta  dello  scudo  roma- 
no ,  che  il  subjetto  costituisce  dell'  atto  gratuito  nella  iscri- 
zione contemplato ,  equivalga  in  valore  alla  moneta  di 
oro ,  che'  si  disse  Philippeus  nummus  in  quei  tempi 
vetusti. 

Accusi  finalmente  l'autore  di  soverchia  prolissità  ,  che 
non  conviensi  al  buon  gusto  delle  lapidarie  iscrizioni  ;  ed 
intorno  a  questa  menda  ti  farei  pur  eco.  Eh  ,  mio  buon 
amico  ,  non  possono  già  tutti  livellarsi  col  celebratis- 
simo  Schiassi  1  Rammenta  per  altro,  che  in  cotesta  dif- 
fusa leggenda  pure  studiossi  il  compositore  di  esser  bre- 
ve ,  fino  ad  omettere  il  verbo  nella  esposizione  ,  che  nar- 
rasi del  legato  della  S.  Messa  quotidiana  alle  linee  i5  , 
a  17-  Multos  praeterea  alios  unde  sacrum  quotidie  fieret 
animabus  mortuorum  piandis.  -Del  che  poi  non^potrem- 
mo    con   cristiana    carità    scusare  il  compositore  ,    imma- 


Var    1   E  T  A.'  353 

ginando  ,    che  a  tal    uffizio  dì  sorreggere    questo   periodo 
possa    chiamarsi   in    vicario  soccorso  il  precedente    verbo 
Adtribuit.  Giacché    né    sembrami  conveniente   d'incastrar 
nel   mezzo   di  un  periodo  un   verbo  ,   imponendogli    sotto 
pena    di    reato ,    che  serva   di   fulcro  e   d'intelligenza    in- 
sieme per  le   precedenti   e   per  le   susseguenti   espressio- 
ni   del   periodo  ;    ne    vedo   che  quel   periodo   di  -  Multo s 
praeterea    alios    linde   sacrimi   quotidie  Jieret   animabus 
mortuorum  piandis  -  possa    dirsi    un    inciso     riunito    col 
precedente.  Che   anzi  lo   mi   sembra   un   periodo    intera- 
mente diviso  per  mezzo   dell'  avverbio  praeterea  :  il  quale 
avverbio  parrebbe   meglio    destinato  (  se  non    erro  )  a  di- 
chiarare aperto   un  altro  ben  distinto  ed   isolato    periodo 
dal  primo.  Tornando   poi  all'  asiaticismo   della  iscrizione 
(  che  più  breve   e    pili   soda  avrebbe  meglio    figurato  )   di 
cui   tenevamo   non   ha    guari   discorso  ,    ti  aggiungo  ,  che 
nella  osservata   prolissità  ,   nella  quale  si   mirò   a   render 
conto  di  tutte  le  maggiori  generosità  del  defunto  ,  si  om- 
mise   menzione   di  un  dono   di  altri   scudi  cento    in  favo- 
re della  medesima  collegiata   (  se  mal  non  mi  appongo  ) 
da    erogarsi    nell*  acquisto    di   vasi   sagri   di  argento    per 
uso    della    celebrazione    del   sagrifizio    incruento  :   legato 
già   adempiuto  dal    sollecito   e    riconoscente    erede    nella 
più   vaga   e   dignitosa    forma. 

Ecco  quanto   io   ti  doveva  in  replica   alla  tua   lette- 
ra :  sta    sano  ,    e   riama 

Di   Paliano  il  20    settembre   1828. 

Il  Tuo  V««0  Amico  Towittr 


G.A.TX.L.  *3 


354  V    A    R    I    E    T    A' 

Di    alcune    voci  replicate    in    rima. 
Lettera  ad  un  amico. 

li  on  per  ragione  d'identità  ma  di  somiglianza,  poesia  fa 
comparata  a  pittura  dal  Venosino  :  e  già  tra  l'una  e  l'altra 
è  pur  questa  differenza  ,  che  pittura  propriamente  ci  rap- 
presenta gli  oggetti  nello  spazio  ,  poesia  nel  tempo.  E  se 
non  potrebbe  il  pittore  in  un  quadro  replicare  la  me- 
desima figura  senza  mancare  sovente  al  principio  di  con- 
taddizione  ;  può  bene  replicarla  il  poeta ,  anzi  lo  deve, 
ogni  qual  volta  bisogni  far  più  e  più  campeggiare  l'idea 
principale  :  e  lungi  dall'  offendere  il  buon  senso  ,  avrà  lo- 
de di  evidenza  quanto  più  si  accosti  al  vero  imitando. 
Così ,  a  cagione  d'esempio  ,  potè  bene  il  Petrarca  al  primo 
e  al  nono  verso  di  ogni  strofa  replicare  la  voce  Vergine  , 
laddove  appunto  della  Vergine  madre  cantava  le  glorie  : 
e  chiudere   quella  magnifica    canzone  all'  Italia  così  : 

„  1'  vo   gridando  :  pace  ,  pace  ,   pace. 
Potè  il   Tasso    nel   Goffredo    (Vili.  71  )   cantare: 

„  Arme  arme  freme  il  forsennato  ,    e  insieme 
„  La  gioventù  superba  arme  arme  freme. 

Potè    il   Poliiiaoo   (  I.   69  )    invocare   la  musa    con    questi 


versi 


„  Or  canta  meco  un  pò  del  dolce  regno  , 
„  Erato  bella  ,  che  il  nome  hai  d'amore. 
.,,  Tu  sola,  benché  casta  ,  puoi  nel  regno 
„  Sicura  entrar  di  Venere  e  d'Amore. 
„  Tu    de'  versi    amorosi    hai    sola   il   regno  ; 
,,  Teco  sovente  a  cantar  viensi  Amore  . . , 


Varietà'  355 

Dove    però  se   lodi  la  stessa  voce  Amore   ripetuta    tre  vol- 
te ,    noti   puoi   in  tutto    lodare  la  voce  regno    ripetuta  essa 
pure  ;  ma   in   due  sensi.  E    giuoco  di    parole   più    che  al- 
tro  ti   parrà  quello    del  Poliziano  medesimo   (II.  4  )  dove 
Lucrezia  e  Lauro  ti  tornano  in   rima    tre    volte  ,    e  due  la 
voce   ocelli,   ciò   non    convenendosi    a  grave  poesia  ;  come 
conviensi    alla    scherzevole  in  quel    sonetto    assai  noto  del 
Berni ,   dove    la    Corte  e    ser    Cecco  vengono    alternativa- 
mente   alla   fine   d'ogni  verso.    Che    se   a    rappresentare  il 
Caos    lodasi    dai   più    quella  stanza  dell'  Anguillaia  ,   dove 
Foco  ,    Mare  ,    Cielo    sono    le    rime  ,    e    per   entro    vi    è 
Terra  ,  quarto    elemento    cogli   altri  rimescolato  ,  ciò  non 
rileva  ;    perocché    ivi    si   tratta    di    pingere    estrema    con- 
fusione e   disordine   senza    esempio  ,    e  le  parole    bene  ri- 
spondono   al   concetto.    Si    potrà    dunque ,   mi    chiedi  ,    o 
non    si    potrà    usare    in    rima   le    stesse    voci    ?     Qualche 
rara    volta  ,    rispondo    .     e     non    sempre  ,    sarà    permes- 
so. Vedi  Dante  ben  replicare    la   voce  Cristo   nel   paradi- 
so (XII  71,  XIV    104,   XIX     104,   XXXII    83),  e    be- 
ne   ancora    la   voce    vidi  (   XXX   ()5  )   :    e   bene    anche  , 
per  certa  amarissima  satira  che  vi  si  appalesa  ,  la  voce  am- 
menda   nel  purgatorio  (  XX  55  )  .   E  tra  i  moderni  vedi 
lo    Strocchi  nell'  inno    a  Giove    replicare    a    proposito    la 
voce    Neda ,  e    meglio    assai   la    voce   Gior'P    nell'   inno   a 
Pallade  :  ed   a  proposito   ancora   la    voce   regi     nell'  eglo- 
ga  IV    di  Virgilio  ,  almeno  pel  fine  a  cui  mirò  rendendo 
in   volgare    quel   genetliaco.    E    questo  li   basti  ,     o   caris- 
simo ,  a  farti   accorto  per    via  di    esempli  antichi  e  nuovi 
del  come   e  del  quando   usare   le   medesime  parole  rimate 
in   un    componimento.    Del  resto   abbi   sempre    l'occhio  a 
natura  e   porgi   orecchio    a    ragione  ,  nò    porrai  piede   iti 
fallo.  Né    altro    vo'  dirti  ;    che  a    lo  ,  fior    di  giudizio  ,  au- 
dio  il    già  detto  è   soverchio.   Addio. 

I).   Vaccolini, 
23* 


356  V    A    li    I    E    T    A' 

T 

Ih   un    codice   della   biblioteca    di    Monte -Cassino  ,    ove 

stanno  per  intero  le  opere  di  Virgilio,  si  sono  trovati  com- 
piti i  versi  66,  6i5  ,  6^0  ,  e  767  del  libro  secondo  dell' 
Eneide  ,  ebe  in  tutti  gli  altri  codici  ed  edizioni  sari 
monelli.  A  noi  pare  ,  ebe  queste  giunte  non  siano  di  grau 
peso  ,  e  ebe  non  debbano  punto  recarsi  a  Virgilio  ,  tran- 
ne quella  del  verso  66  ,  che  ci  sembra  la  migliore  ,  per- 
chè più  conviene  e  risponde  al  compimento  dell'  idea  da 
Virgilio  innanzi  espressa.  Comunque  sia  ,  noi  trascriviamo 
qui  questi  versi  a  titolo  di  semplice  notizia.  Le  parole 
in  carattere  corsivo   son   quelle    del    codice  cassinense. 

V.  66  :  Disce  onmes  quam  sint  animis  verbisque  do- 
losi. 

V.    61 S  :    Ferro   accincta    vocat  ,    saevasque    acccndit 
ad  iras. 

V.  Q>\o  :    Vos    agitate   fugam  ,    et    rebus    sensale    se- 
cundis. 

V.  ^67  :    Stant   cijcum  ,  et   tacitis  iivplent  mugitibus 


aras. 


G.  S. 


Oopra  un  monte  ,  ebe  siede  a  specchio  del  Turano  pres- 
so il  paese  di  Belmonte  vicino  di  Rieti  circa  dieci  miglia 
all'  ovest ,  è  stato  scoperto  un  lungo  muro  ciclopeo  Con 
sua  porta.  Secondo  che  hanno  lasciato  scritto  gli  autiebi  , 
pare  che  sieno  queste  le  mura  della  città  detta  Trebu- 
l  1  SiifTetinst  e  l'essere  a  io  miglia  da  Monte  Leone,  che 
da  tutti  gli  antiquari  è  riconosciuto  come  il  sito  di  Tre- 
buia  munisca  ,  conforta  e  avvalora  questa  opinione  del 
chiarissimo  inglese  signor  Dodwel  ,  che  amantissimo   fino 


V  A  II  I   E   r   a'  3~7 

anche  all'  eccesso  delle  antichità  ,  e  dei  muri  petaxghi  , 
ha  scoperto  questo  muro  ed  altre  cose  importantissime 
nei  contorni   di   Rieti. 

G.  S. 


Lettere  del  prof.  Maurizio  Brigbenti  al  conte  Francesco 
Cassi  gonfaloniere  ,  intorno  al  Belvedere  di  s.  Bene- 
detto in  Pesaro.  Pesaro  1828  dai  tipi  d' Vanesio 
Nobili. 

J 1  Brigbenti  è  uno  di  quei  pochi  ,  che  han  saputo  sa  - 
criticare  alle  grazie  soli'  ara  stessa  di  Minerva  ;  sicché 
ad  un  tempo  gli  è  dato  di  cogliere  maturi  frutti  nel  cam- 
po delle  scienze  esatte ,  e  bellissimi  fiori  in  quello  dell* 
amena  letteratura.  Ahhiamo  voluto  rendergli  questa  pub- 
blica testimonianza  di  onore  e  di  lode  ,  ben  dovuta  ad 
ogni  suo  scritto  ,  e  perchè  almeno  in  qualche  piccola  par- 
te per  noi  sia  sciolto  l'obbligo  gravissimo  che  avea  il 
nostro  giornale  di  far  parola  della  sua  opera  intorno 
l'arco  di  Augusto  in  Rimino.  Davvero  che  in  quel  lavoro 
non  so  che  debba  più.  lodarsi  0  la  scienza  architettoni- 
ca del  Brighenti ,  o  la  sua  perizia  nell'antiquaria,  o  il 
suo  gusto  in  fatto  di  belle  arti.  Possano  i  suoi  desideri 
e  i  suoi  progetti  esser  pienamente  condotti  ad  elFetlo  , 
e  quel  superbo  monumento  sia  reso  una  volta  alla  sua 
prima    bellezza! 

La  lettera  ,  che  abbiamo  annunziato  ,  è  una  grazio- 
sissima  descrizione  del  Baluardo  già  del  Carmine  ,  oggi 
Belvedere  di  s.  Benedetto  ,  che  domina  la  città  e  le 
campagne  di  Pesaro  :  luogo  una  volta  dirupato  ed  incolto  , 
e  che  ora  per  cura  del  conte  Cassi  gonfaloniere  e  di  altri 
cittadini    è  tornato  in    luogo  di 'delizie    e    amenissimo.  La 


358  Varietà' 

descrizione  è  veramente  pittorica:  e  se  sapesti  dipign^  - 
re ,  io  penso  che  al  solo  leggere  le  parole  del  Brunen- 
ti potresti  ritrarre  con  vivi  colori  il  Belvedere  di  s.  Bene- 
detto. Con  buono  accorgimento  il  Brighenti  ha  saputo  uni- 
re alla  pittura  del  luogo  molte  piacevoli  notizie  e  lette- 
rarie e  istoriche  ,  che  tengono  in  gran  parte  alla  gloria 
di  Pesaro  ,  città  non  meno  delle  altre  italiche  celebre 
negli  antichi  tempi  e  a'  dì  nostri  :  e  così  questa  lettera 
riesce  più.  grave  ,  e  più  gradita  di  qu-llo  ,  che  il  sog- 
getto addimandasse.  La  lingua  con  cui  e  scritta  è  (pu- 
rissima, e  ancora  lo  stile  sarebbe  perfetto  se  non  lasciasse 
trasparire  un  non  so  che  di  non  troppo  facile  ,  che  ti  an- 
nunzia lasciare  il  Brighenti  per  lungo  tempo  in  ozio  la 
sua  penna.  Ti  è  però  di  assai  doluto  che  fra  tanta  pu- 
rezza d'idee  e  di  parole  abbia  detto  il  Brighenti  con 
modo  tutto  strano  e  romantico  :  La  chiara  tromba  do  me- 
riti. Lasciamo  lasciamo  ai  soli  romantici  queste  stram- 
palate metafore. 


G.  S. 


Le  tre  descrizioni  del  terremoto  di  Ragusa  del  \6fc  ,  di 
Gradi,  Rogacci  ,  Stay ,  versione  dal  latino.  Vene- 
zia 1828  tipografia  di  Giuseppe  si  Mone  Ili ,  Simone 
Ocelli  ec. 

T 

lo  non  saprei  come  meglio  riferire  le  debite  grazie  al 
chiarissimo  dottor  Luca  Stulli  di  Ragusa  per  la  corte- 
sia usatemi  di  mandarmi  questo  leggiadro  libretto  ,  che 
col  farne  una  qualche  parola  in  questo  giornale  ,  il  qua- 
le tante  volte  si  è  recato  a  bene  di  esaminare  e  lodare 
gli  scritti  dei  dotti  ragusei  ,  non  solo  mosso  dall'  amore 
del   vero,  ma  anche  dal  desiderio   di   far   conoscere,  che 


Varietà.'  35q 

i  suoi  collaboratori  non  sono  animati  da  sdegni  e  gare 
municipali ,  e  che  lodano  quel  bello  ancora  ,  il  quale  dagli 
stranieri  ne  move  ,  purché  sia  di  quella  tinta  italiana  , 
che  ci  han  lasciato  gli  antichi  nostri  maestri.  Il  dottor 
Luca  Stulli  è  del  bel  numero  di  coloro  ,  che  nella  dotta 
Ragusa  tengono  ancor  viva  la  gloria  degli  Stay  ,  dei  Bo- 
scovich  ,  e  dei  Gunich  ,  avendo  con  sano  accorgimento  , 
come  ce  ne  fa  avvertiti  nella  erudita  prefazione,  sacri- 
ficato ad  Jpollo  quadrumano,  che  si  venerava  presso  gli 
spartani.  „  Sotto  questo  simbolo  la  sapienza  di  quelle  ge- 
„  nerazioni  adombrava  il  gemino  ufizio  del  nume  ,  che 
„  adoperava  in  solido  le  quattro  mani  sì  per  applicare 
„  i  salutiferi  succhi  alle  inferme  membra  dei  mortali  , 
„  sì  per  trattare  la  lira  ,  del  cui  suono  non  andavano  mai 
„  disgiunti  gl'inni,  ch'egli  innalzava  al  suo  gran  genito- 
„  re.  „  E  Apollo  quadrumano  davvero  ha  avuto  in  buon 
grado  i  sacrifici  dello  Stulli  :  che  la  scienza  di  questo 
nell'  arte  medica  è  pari  al  valor  suo  nella  bella  lette- 
ratura, sicché  già  egli  va  per  la  maggiore  anche  qui  in 
Italia  presso  coloro  ,  che  non  disgustati  delle  classiche 
nostre  bellezze  non  hanno  torto  le  loro  cure  ai  gelidi  or- 
rori del  nord.  Tre  belle  descrizioni  del  terremoto  ,  che  de- 
solò Ragusa  nel  i6(  7  ,  scritte  in  ottimo  latino  dai  valenti 
ragusei  Gradi,  Kogacri  ,  e  Stay,  escono  ora  per  opera 
dello  Stulli  con  quella  veste  italiana  ,  che  a  si  ottima 
latinità  convenivasi.  Eleganza  di  parole  e  di  stile  italia- 
no ,  variato  a  norma  dei  pensieri  e  delle  parole  che  do- 
vea  ritrarre  ,  e  buona  struttura  ,  e  non  unisona  armonia 
di  versi  ,  sono  i  pregi  di  questi  volgarizzamenti  dello  Stul- 
li ;  il  quale  farà  assai  meglio  se  vorrà  usare  del  suo  in- 
gegno ,  della  sua  immaginazione  e  della  sua  dottrina  a 
scriver  cose  da  lui  medesimo  pensate  :  che  in  generale 
la  fatica  di  volgarizzare  le  Mirili  cose  dee  si  lasciare  a 
coloro  ,  cui  natura  non  diede  ali  \i^orose  d'  alzarsi  .fi 
per  se    da    terra  ,   e     lasciare    le    alimi    orme.    E    quanto 


3Go  Varietà' 

egli  valga  nello  scrivere  egregiamente  in  versi  i  suoi  pen- 
sieri ,  ce  ne  ha  data  un'  ultima  e  non  equivoca  testimo- 
nianza lo  Stulli  nel  carme  che  va  unito  a  queste  tre  de- 
scrizioni in  morte  di  quella  cara  e  bella  gioia  di  Tom- 
maso Chersa.  Io  non  so  ben  dire  se  in  questo  carme 
più  sia  la  forza  e  l'espressione  dell'  affetto  ,  che  la  bel- 
lezza della  poesia  :  so  che  è  bellissimo  ,  e  degno  dei 
migliori  nostri  poeti.  E  col  più  rivo  piacere  abbiamo  ve- 
duto ,  che  in  questo  e  nelle  tre  descrizioni  lo  Stulli 
non  ha  usato  quella  troppo  affettata  ricercatezza  di  modi , 
che  un  poco  ti  spiace  nella  prefazione ,  e  di  che  certa- 
mente si  correggerà  ,  valente  come  egli  è  ,  se  vuole  an- 
che scrivendo  in  prosa  ottenere  quella  lode  di  puro  ma 
elegante ,   che  gli   hanno    acquistata  i  suoi  versi. 

G.  S. 


Di'glì   illusiti    toscani    stali  in  diversi    tempi  a  Ragusa  , 
commentario  di  Tommaso  Chersa.  In  Padova 
coi  tipi   della    Minerva    iHafl. 

il.  me  ,  che  sempre  in  questo  giornale  ho  parlato  del 
chiarissimo  letlerato  raguseo  Tommaso  Chersa ,  e  degli 
egregi  suoi  scritti  ,  a  me ,  cui  fu  cuna  il  bel  suolo  tosca- 
no ,  spettava  il  far  parola  di  un'  operetta  del  Chersa  scrit- 
ta in  lode  di  tanti  illustri  toscani  stati  a  Ragusa  ,  e  de- 
dicata a  uu  celebre  toscano  ,  l'abate;  Lainpredi.  Con  tutta 
alacrità  di  animo  adempio  questo  mio  debito  ,  e  vedranno 
i  ragusei  ,  che  se  essi  „  coltivando  ,  come  fauno  ,  le  lettere  , 
„  sono  in  grado  di  onorare  coloro  ,  che  per  esse  sono  ec- 
,,  celienti  :  „  anche  i  toscani  sanno  esser  grati  e  ventrare 
la  memoria  di  coloro,  da' quali  ebbero  generosa  lode  e 
onoranza.  Questo  comentario,  siccome  gli  altri  scritti  del 


V   A   R    1    8   L    A'  36 1 

valentissimo  Tommaso  Chersa  ,  che  tutti  i  buoni  ancor 
piangono  ,  è  scritto  con  bontà  di  lingua  e  di  stile  italia- 
no ,  con  somma  diligenza  ,  con  accurata  erudizione  ,  e  con 
sana  critica.  Con  questo  il  Chersa  ha  voluto  onorare  la 
memoria  degli  illustri  toscani  stati  in  diversi  tempi  in 
B.agusa%  e  de' quali  non  pochi  „  siccome  questa  scrittura 
„  dimostra  (  dice  l' autore  )  dopo  il  risorgimento  degli 
„  studi  in  Italia  ,  vennero  tra  noi  ad  insegnare  le  ar- 
„  ti  ,  per  le  quali  i  popoli  culti  distinguonsi  dai  barbari  , 
„  e  che  traggon  Tuoni  dal  sepolcro  ,  e  il  fanno  eterno.,, 
I  nomi  di  tali  illustri  toscani  son  questi  : 

Filippo  de  Diversi  de'  Quartigiani ,  che  ha  lasciato  mol- 
ti scritti  latini  intorno  Ragusa. 

Francesco  Serdonati  ,noto  principalmente  per  la  tradu- 
zione italiana  della  storia  delle  Indie  del  p.  MafFei ,  citata 
dagli  accademici  della  crusca    siccome  testo  di    lingua. 

Domenico  Tatti  ,  che  succedette  al  Serdonati  nell'  in- 
segnar belle  lettere  in  Ragusa. 

Pier  Filippo  Assillili  ,  segretario  di  un  ambasciatore 
del  gran  duca  di  Toscana  al  gran  signore  nel    1578. 

Camillo  Camilli,  noto  per  molti  scritti,  e  sopra  tutto  per 
l'icario  ardimento  ,  che  ebbe  di  continuare  di  cinque  canti 
alla  materia    della  divina     Gerusalemme. 

Serafino  Razzi,  superiore  della  congregazione  domeni- 
cana in  Ragusa. 

Gio.  Batista  Tolomei  gesuita  professò  lettere  in  Ragu- 
sa ,  e  nel  1712  fu    creato  cardinale  da  Clem.  XI. 

Pietro  Lazeri  gesuita ,  uomo  profondamente  versato  nel- 
la cognizione  delle  lingue  greca  e  latina  e  nella  storia  ec- 
clesiastica. 

Piero  Soderini  celebre  gonfaloniere  di  Firenze  ,  che 
deposto  dal  suo  ufficio  ,  in  Ragusa  ebbe  ozio  e  tran- 
quillità. 

Lorenzino  de  Medici,  l'uccisore  del  duca  Alessandro 
suo  cugino. 


362  Varietà' 

Dopo  questi  annovera  il  Chersa  cinque  illustri  to- 
scani arcivescovi  di  Ragusa  ,  e  chiude  un  si  bel  novero 
col  nome  del  chiarissimo  Urbano  Lampredi  ,  nome  caio 
all'  Italia  ed  ai  veraci  amatori  delle  lettere  e  delle  scienze. 


G.  S. 


Nuova  biblioteca  di  componimenti  drammatici  d 'origina- 
le italiano ,  ovvero  tradotti  ec.  ec.  ec.  follane  /  1. 
Roma   1828  presso  Antonio  Boulzaler. 

.Tarlammo  nel  tomo  37  pag.  384  del  nostro  giornale  di 
questa  Nuova  Biblioteca  ,  e  lodammo  di  assai  le  molte  cure 
e  le  gravi  sollecitudini  dell'  editore  ,  perchè  1*  intrapresa 
uscisse  a  utile  delle  lettere  :  ma  non  ci  facemmo  a  giu- 
dicare il  inerito  dei  componimenti  ,  contentandoci  di  far 
osservare  ,  che  uno  dei  più  sicuri  giudizi  de*  teatrali  com- 
ponimenti è  quello,  che  si  pronuncia  dopo  la  loro  rap- 
presentanza. Vediamo  in  questo  VI  volume  con  gran  pia- 
cere accettato  il  nostro  consiglio  :  ma  ci  duole  ,  che  fra 
le  tante  commedie  rappresentate  siasi  scelta  ad  essere  in- 
serita per  prima  in  questa  raccolta  la  Malvina  del  signor 
barone  Cosenza,  la  quale  non  ha  di  commedia  ,  che  l'es- 
ser commedia  intitolata  ,per  quanto  ne  dica  il  sig.  G.  S-  M. 
nelle  sue  critiche  osservazioni.  A  questo  proposito  dob- 
biamo prevenire  i  nostri  lettori  ,  e  quelli  della  Nuova 
Biblioteca  ,  che  questo  signor  G.  S.  M.  non  è  punto  il 
collaboratore  del  giornale  arcadico  ,  che  così  firma  i  suoi 
articoli ,  e  che  questi  non  ha  alcuna  parte  in  quella  Nuova 
Biblioteca  ,  che  non  vi  ha  scritto  ,  e  non  vi  scriverà  mai 
alcuna  critica  osservazione  0  giudizio  :  e  ciò  diciamo  per- 
chè   l'identità   delle  iniziali  non  tragga    alcuno  in  .  inganno. 

G.  S.  M. 


Varie  t  a'  3G3 

JVcl  connubio  felice  del  nobil  uomo  signor  conte  Tomma- 
so Gnoli  ferrarese  ,  in  Roma  avvocato  concistoriale  , 
coli"  egregia  donzella  signora  Maddalena  Dini  di  Pe- 
rugia ,  canzone.  Ferrara  per  Gaetano  Bresciani  1828. 

A  ropriamente  scapperebbe  la"'pazienza  anche  a  Giob  , 
dissi  l'altro  giorno  tutto  arrabbiato  nel  vedermi  portare 
venticinque  o  trenta  libri  ,  libretti  ,  libriccini  ,  e  libric- 
ciuoli  di  sonetti  ,  di  odi  ,  di  canzoni  e  di  simili  sciocchezze 
in  occasione  di  nozze  :  e  dato  loro  di  piglio  ,  era  per  get- 
tarli tutti  nel  fuoco  ,  quando  per  caso  a  tergo  di  una 
pagina  vidi  il  nome  dello  Sgricci*  Per  bacco  !  Una  canzone 
di  Tommaso  Sgricci  !  Procul  esto  ^profane  !  Vediamo  un 
poco?  Apro  ,  leggo  ,  rileggo  ,  e  tutto  considerato  trovo  una 
canzone  scritta  davvero  sullo  stile  degli  antichi  nostri  mae- 
stri ,  piena  di  care  immagini ,  tutta  armoniosa  per  dol- 
cissimi versi  ,  in  una  parola  degna  dello  Sgricci  e  della 
sua  fama.  Ma  non  mi  sapea  persuadere  ,  come  nello  Sgric- 
ci tutto  dovesse  esser  classico  ,  e  nulla  vi  fosse  di  ro- 
mantico. Leggo  per  la  terza  volta  la  canzone  ,  e  final- 
mente mi  avvedo  ,  che  se  classiche  son  le  parole  e  i 
versi  ,  romantico  è  l'ordine  della  canzone  ,  e  romantici 
i  pensieri  tanto  da  restar  dubbio  ancora ,  anzi  un'  enim- 
ma  ,  chi  sia  quella  donna  ,  che  allo  Sgricci  apparve  , 
e  di  cui  parla  tutta  la  canzone.  E  romantica  stranezza 
veramente  trovai  in  quel  dire  all'  apparizione*  di  una  donna  : 

„  Stava,  com'  uom,  cui  nuova  vista  offende,, 

Quasiché  lo  Sgriccì ,  o  il  vero  poeta  ,  non  abbia  mai 
veduto  ,  o  non  debba  mai  vedere  una  donna  in  viso  ,  e  lui 
debba  soltanto  cacciare  in  corpo  la  fatidica  ispirazione 
il  biondo  Apollo  ,  e  non  il  riso  delle  pudiche  verginelle 
del  bicipite  Parnaso.  Ma  aliquando  bonus  dormitat   Ho- 


364  Varietà.' 

mérus  ,  e  tatti  dobbiam  pagare  una  piceni  a  tassa  al  gu- 
sto del  tempo  ,  e  alle  nostre  inclinazioni.  Questi  pero 
sono   piccolissimi   nei  ,   e    la  canzone   è  bellissima. 

G.  S.  M. 


Versione  nelV  italiana  favella  delle  orazioni  di  Marco 
Tallio  Cicerone  fatta  dalV  avvocato  Spiridionc  Sicuro 
con  insieme  l'analisi  ec.  ec.  ec.  Tolume  2.  Bologna  ples- 
so Romano   Turchi  e  compagno   1828.  % 


A 


nnunziammo  con  la  debita  lode  il  primo  volume  di 
questa  dotta  versione  ,  e  ne  dicemmo  ebe  le  analisi  , 
le  note  ,  e  le  dissertazioni  del  signor  avvocato  Sicuro 
intorno  a  ciascuna  orazione  di  Cicerone  ,  erano  veramen- 
te commendabilissime  per  dottrina  ,  per  erudizione ,  e 
per  sana  critica.  Lo  stesso  diremo  di  questo  secondo  vo- 
lume ,  ebe  contiene  le  orazioni  prò  Lucio  Cornelio  Bal- 
bo ,  e  prò  Archici  poeta.  Se  il  chiarissimo  autore  avesse 
saputo  bene  volgarizzare  ,  e  bene  scrivere  la  nostra  lin- 
gua ,  come  bene  ha  saputo  chiosare  e  commentare  ,  cer- 
to la  sua  versione  avrebbe  tenuto  il  primo  luogo  fra  le 
tante  traduzioni  che  si  hanno  di  Cicerone  ,  e  il  nome 
del  Sicuro  sarebbe  stato  annoverato  fra  i  classici  traduttori. 
Tuttavia  ogni  amatore  di  Cicerone  e  delle  antiche, cose 
romane  ,  e  ogni  studioso  e  cultore  ideile  scienze  legali 
farà  cosa  a  se  utilissima,  se  questa  versione  vorrà  acqui- 
stare. 


G.  S.  M. 


V    A    K    l    E    T    A*  3(33 

Caino    cantica  di  Iacopo   Crescinì.  Padova 
per  talentino  Crescinì. 

Q 

Ufi  non  fossimo    stanchi    di    leggere    versi  ,    che   a  ninna 

utilità  del  popolo  riescono  ,  mi  sarebbe  forte  piaciuto  di 
porre  a  severo  e  lungo  esame  questa  cantica  in  terza  ri- 
ma ,  a  in  tre  canti  divisa.  Ma  propriamente  siam  pieni  d'inu- 
tili parole  dalla  punta  de*  pie  sino  a'  capelli!  e  l'Italia  ab- 
bisogna di  cose  e  di  pensieri.  Non  ostante  a  lode  del  vero 
dirò]  essere  in  questa  cantica  assai  di  buono  e  di  bello. 
Il  Crescini  ,  a  ciò  che  ne  pare  ,  dee  esser  un  giovine  tutto 
caldo  d'immaginazione  ,  e  tutto  imbevuto  della  buona  scuo- 
la italiana  ,  ma  non  di  un  gusto  ancor  fermo  ,  né  di  un 
giudizio  così  fino  da  scerner  sempre  dalle  buone  spighe  le 
ree.  Per  mezzo  una  quantità  innumerabile  di  belle  e  sem- 
plici imagini  e  di  leggiadre  parole  e  di  dolci  versi  ,  ti  sen- 
ti strappar  L'anima  e  gli  orecchi  da  non  poche  stranezze 
ossianesche  e  romantiche  :  ora  ascolti  i  venti  che  stupidi 
mugghiano  ,  ora  che  urlano  pei  deserti  dei  cieli;  ora  ascol- 
ti il  suono  delle  onde  rabbuffate  ,  ora  ascolli  la  natura 
mandare  un  verso  ,  a  cui  risponda  Vun  polo  e  V altro  :  e 
vedi  che  la  colpa  gigante J'r a  l'abisso  e  l'Olimpo  s'interpose; 
come  nell'  inno  //  cinque  maggio  ,  fra  due  secoli  armati 
Vini  contro  V altro  un  tale  arbitro  s'asside  in  mezzo  :  or 
leggi  ,  che  la  soglia  del  paradiso  terrestre  dopo  il  peccato 
di  Adamo  è  il  limitar  del  pentimento  ;  or  che  il  pollice 
dell'  Eterno  è  il  cardine  su  cui  il  mondo  si  aggira  ;  e  si- 
mili altre  strampalatagini ,  a  noi  venule  dal  nord  ,  e  avute 
come  care  gioie  da  que'  poveretti  italiani  ,  che  si  son  fitti 
in  testa  di  trovare  un  nuovo  bello  ,  e  un  nuovo  vero  , 
e  di  supplire  ai  bisogni  della  società  dicendo  ,  che  il  ven- 
to urla  ;  che  il  bosco  mareggia  ;  la  gioia  trepida  ;  il  gior- 
no inerte  ;  il  bianco  aspetto  rorido  di  morte  ,  quasi  che 
la    morte  fosse  la  rugiada   dell'  aurora  ;    la   caccia  affac- 


36ti  Varietà' 

cenciata;  e  uà  infinità  di  tali  errori  madornali,  e  di  tali 
strane  parole  ,  che  non  sono  intese  da  chi  le  scrive  ,  né 
da  chi  le  legge.  Segua  dunque  il  Crescini  a  scrivere  ,  ma 
si  formi  pria  un  buon  gusto  e  stabile  con  la  lettura  di 
Dante  ,  di  Poliziano  ,  e  di  Ariosto  :  volga  a  più  utili  ar- 
gomenti i  suoi  pensieri  ,  e  le  sue  parole  ;  e  lasci  ai  ro- 
mantici il  battere  una  strada  dagli  antichi  nostri  padri 
non  conosciuta  ,  e  lo  scrivere  in  poesia  con  quell'  effica- 
cia e  con  quella  bellezza  con  cui  rifanno  e  correggono  in 
romanzi  moderni  le  storie  antiche. 


G.  S.  M. 


I 


1  chiarissimo  signor  Giuseppe  Manuzzi  ,  uno  dei  po- 
chi ,  che  senza  affettazione  di  parole  e  contorcimenti  di 
periodi  han  mostrato  ,  che  si  può  anche  nella  nostra  lin- 
gua eternare  con  iscrizioni  e  il  nostro  dolore  e  la  me- 
moria degli  uomini  grandi ,  ci  mandò  l'altro  giorno  al- 
cune iscrizioni  ,  le  quali  stimiamo  bene  di  pubblicare  , 
e  perchè  ne  sembrano  assai  belle  ,  semplici  ,  ed  af- 
fettuose T  è  perchè  furono  dettate  in  lode  del  P.  Cesari  , 
a   cui   pur  dee   molto  la  italica  letteratura. 

G.  S.  M. 


Per  V arrivo  del  P.  Cesari  in  Faenza. 

AD    ANTONIO    CESARI 

PRETE      VERONESE 

POETA     ORATORE     FILOLOGO 

E    SCRITTORE     PRUfClTALISSlMO    DI    QVESTA    ETÀ' 

MAESTRO    E     SPECCHIO    DI     OGNI    VIllTv' 


V    A    11    I    12    T    A'  3G7 

ORNAMENTO    ED     AMMIRAZIONE    d'  ITALIA 

PEL    DI     FAVSTO     FELICE 

DI    SVA    VENVTA     IN    FAENZA 

QVESTA    MEMORIA 

COME   AD  AMICO  OTTIMO  CARISSIMO 

OFFRE     CONSACRA    AFFETT  VOSAMENTE 

GIVSEPPE     MANVZZI 

MDccexxvm 

In    morte    del    P.    Cesari. 

Sulla  porta  della  chiesa. 

ENTRATE 

O     POPOLANI    CITTADINI     FORESTIERI 

CHE    LA     PERDITA    E     COMVjVTE   : 

NOI     AMICI      ED      AMMIRATORI     MESTISSIMI 

DIAMO    CON    VFIZIO    DEL    DI*    TRIGESIMO 

PVBBLICA     DIMOSTRAZIONE    DI     PIETÀ'     V    DI    RIVERENZA 

AL    PRIMO    SCRITTORE    E    FILOLOGO     CHE    VANTI     A    Di'    NOSTRI 

LA     LINGVA     ITALIANA 

ANTONIO    CESARI: 

VOI     CON     PREGHIERE     VOTI    E     VITTIME 

RENDETEGLI    VOLENTEROSI    IL    CAMBIO 

DI     SVE     SFOLGORATE     BENEMERENZE 


Intorno  al  catafalco. 


1. 


L    ITALIA 

ALLA    QVALE     FV     VIVO     SPECCHIO 

DELLE     PIV'     AMABILI     VIRTV* 


308  Varietà' 

BENEDIRÀ*    CON   AMMIRAZIONE     E     RICONOSCENZA 

PER     OGNI     SECOLO 

II.     POTENTE     E     FELICB     SVO     INGEGNO 

K    LE     GLORIOSE     SVB    FATICHE 


IX    RELIGIONE     Ne'  SVOI     BASTI 

TERRA'     MAI    SEMPRE     VIVO    COI»    AFFETTO 

L'ONORANDO    E     FAMOSO     TVO     NOME 

O    CVSTODE    0    ACERRIMO     SVO     PROPVGNATORB 


3. 


GLI    AMICI     CHE    GLI     DVRARoNO    FEDELI 

RAMMEMORERANNO    SPESSO    LE     LODI     SVE 

E    PORTERANNO    CoNTINVO    ACCESA     E      VIVA 

LA  MEMORIA    DI    LVI 

CHB    TANTO   OflORE    ACCREBBI    ALLE    BVONB    LETTERE 


4- 


VIVI    BK.NB 

O      OTTIMO      ANTONIO 

SPECCHIO    INCOMPABABILE    DI   MANSVETCDINl 

O    RENDVTO   CELESTE    VIVI    OMAI 

IMMORTAL   VITA   CON   DIO 

DILLA  CVI    BENEFICENZA    VBHSO    TVTTI 

FOSTI    CON   KOI    ESEMPIO   RARISSIMO 


Varietà*  36$ 


O   DOLCISSIMO   DEGLI    AMICtl 
ANTONIO    GESARI 

VISSVTO'cOX    ISPECHIATE    E    RARE     VIRTv' 

68    ANNI    E    8   MESI    E    MEZZO 

BINO    ALLA   NOTTE    INNANZI    AL    PRIMO    DI    OTTOBRE    l8a{ 

ABBITI    QVESTA    MEMORIA 

DEL   TVO    AMATISSIMO    GIVSBPPE    MANUZZI 

CHE    NON    SA    DARSI    PACE    DI    TVA    PERDITA 

O    ANIMA    GRANDE 

O    RISTORATORE    GLORIOSO   DELl/lTALICO    IDIOMA 

O    DECORO      O    AMMIRAZIONE    DEL    SECOL   N0STR0. 


Giuseppe    Ignazio     Montanari 
agli  amatori  delle  lettere. 

ì^i  usa  nelle  nostre  scuole  ,  non  so  per  qual  mala  ven- 
tura ,  un  libro  De  viris  illustribus  urbis  Romae  scritto  dal 
Lhomond  ,  quasicchè  non  avessimo  noi  dovizia  di  miglio- 
ri scritture  latine  che  ci  parlino  degli  antichi  prodi  ro- 
mani ,  senza  ricorrere  ad  uno  straniero  ,  a  un  fraucese. 
E  questo  non  sarebbe  il  peggior  male  del  mondo  ,  se  quel- 
la scrittura  tenesse  veramente  abito  di  buona  latinità  , 
e  non  fosse  piuttosto  un  centone,  un  accozzamento  di 
frasi  senza  bellezza  e  decenza  dì  stile.  L'uomo  in  fatto 
che  si  farà  a  considerare  quel  libro ,  vi  troverà  dentro 
questo  [e  quel  brano  or  di  Livio  or  di  Sallustio  or  di  Cor- 
nelio ,  sicché  lì  pare  udire  un  discorso  a  mille  voci  isva- 
riate ,  e  talora  discordanti  fra  loro.  Aggiungasi  che  per 
quanto  lo  scrittore  s'ingegni  di  spogliare  fraseggiando  i 
latini ,  non  sa  mentire  l'indole  della  favella  nativa ,  e  dir 
sì  può  con  verità  ,  eli'  egli  ha  fatto  latino  un  libro  fran- 
cese. Ciò  nulla  meno  si   usa  per  non    avere    (  come  sem- 

G.A.T.XL.  a4 


3^o  Varietà' 

bra  a  coloro  cui  pare  bello  soltanto  ciò  che  vieti  d'ol- 
tremente )  un  compendio  migliore  di  storia  romana  adat- 
tato all'  intelligenza  de'  giovinetti  ,  che  colla  forza  del  pro- 
prio ingegno  non  possono  in  sulle  prime  andar  molto  in- 
nanzi. 

Per  cessare  adunque  un  poco  il  lamento  di  costoro 
che  si  trovano  poveri  in  mezzo  le  casalinghe  ricchezze,  ho 
divisato  di  ristampare  le  vite  degli  uomini  illustri  di  Ro- 
ma attribuite  ora  a  Plinio  ,  ora  a  Cornelio  ,  quando  ad 
Aurelio  Vittore ,  quando  ad  altri  :  le  quali  se  debbesi  giu- 
dicare dalla  bontà  dello  stile  in  che  sono  dettate ,  sono 
certo  degli  ultimi  tempi  d'Augusto  ,  o  di  non  molto  dopo, 
come  giudicarono  molti  chiari  e  dottissimi  uomini  ,  l'au- 
torità de'  quali  assai  mi  conforta  a  pubblicarle.  E  per- 
chè la  gioventù,  che  poco  o  nulla  sa  di  latino  ,  ne  abbia 
il  buon  prò  ,  io  le  ho  volgarizzate  tenendo  modo  assai 
semplice  e  piano  ,  e  quale  mi  pareva  convenirsi  e  alla 
scrittura  ,  e  a  coloro  per  conforto  de*  quali  io  mi  aveva 
presa  questa  fatica,  E  se  le  savie  e  discrete  persone  vor- 
ranno darmi  alcuna  lode  dell'  intendimento  che  io  m'eb- 
bi di  giovare  agli  studi  della  prima  età  ,  io  sarò  pago 
abbastanza  :  mi  stimerò  poi  oltremodo  soddisfatto  se  i 
pubblici  professori  di  latinità  vorranno  porre  questo  li- 
bro  in    mano    a'  giovinetti ,   in    luogo    del    Lhomond- 

Ecco  intanto  il  modo  che  terrò  nella  stampa.  Il  te- 
sto latino  con  a  fronte  il  volgarizzamento  :  qualche  no- 
terella  che  serva  principalmente  alla  cronologia  :  un*  ag- 
giunta di  alcune  vite  tratte  da  aurei  monumenti  antichi  : 
buona  carta  ,  buoni  caratteri  ;  e  correzione  la  più  accu- 
rata che  si  possa.  La  forma  del  libro  manesca ,  il  prez- 
zo tre  paoli.  Le  associazioni  finalmente  si  riceveranno 
dallo  stampatore  e  librajo  Costantino  Bisazia  a  Cesena  ,  e 
da'  principali  libraj   di   Romagna, 


Varietà'  371 

sfjace  tragedia  di  Ugo  Foscolo  con  osservazioni  critiche 

dell'  ab.   Urbano  Lampredi.  Napoli  presso 

Borei    e  compagni    i8»3. 

JL/  la  tragedia  e  le  osservazioni  erano  da  lungo  tempo  cono- 
sciute nella  repubblica  delle  lettere  italiane;  e  da  lungo  tem- 
po   tutt'  uomo  sapea  ,  ebe   non  ispirito    di   parte  né  invi- 
dia ,     ma     verità  e    sana    critica    dettarono    al    chiarissi- 
mo   Lampredi    quelle     argute    osserv'azioni  ,   e   ebe    tutto 
l'ingegno  e   il  nome  di  Ugo  Foscolo  non  erano  stati  ba- 
stanti   a    difender    Ydjace  ,   ed    a  far  si    ebe    la    meschi- 
na tragedia   non  morisse  prima  dello  scrittore.  Sembrerà, 
pertanto    a  taluno  ,  ebe    fosse    ora    inutile    opera   il  pub- 
blicare  nuovamente   questi    due    scritti  ,    e  ebe    più    sano 
consiglio  sarebbe  stato  il  fare  scrivere  al  dotto    Lampredi 
altre  osservazioni   intorno    altre    tragedie  ,  le   quali  forse 
valgono  di   assai  meno    dell'  Jjace  ,    e    più  romore  di    se 
han    levato.    Ma    per    disgrazia   delle    nostre   lettere  ,    le 
quali   certo    non   potino    avere  una  miglior  sorte  delle  al- 
tre umane   cose  ,   soventi  volte   non   è   dato    agli   scrittori 
di  esaminare  le  opere   e  le  opinioni  letterarie  ;    e  le  pic- 
cole   gare   municipali  ,    e    l'amore   di   parte  ,    e  il   fanati- 
smo ,  e  la  ignoranza  ,  e  altre   simili   potenti  cagioni  ,  tol- 
gono a  quei  pochi  ,  nel   cui  animo  e  nel  cui  petto  è   ancora 
rettitudine   di  pensieri    e    di  afFetti ,  di   dire  a   viso  aperto 
il    vero  ,   e    d'insegnarlo    utilmente    a    chi   per    mala  isti- 
tuzione   ha    abitudine   e    necessità    il    pensare    con    la    te- 
sta altrui   in  fatto    di    letteratura.    Senza    dubbio    era    as- 
sai   meglio  ,    che    1'  ab.  Lampredi  ,    siccome    colui    che  a 
bontà   d'ingegno    e    di  volere  unisce  bontà  di  scienza  e    di 
giudizio  ,  ci  avesse  mostrato  in  che  depravatone  di  gusto  , 
e  in  che  puerilità  sono  caduti  anche    i   più    belli    ingégni 
in  fatto  di  tragedie  ,  e  in  che  vile  fanatismo  e  misera  ce- 
cità i  nostri  se  dicenti  letterati  :  ma  poiché  ciò  non  ci  è  da- 

A* 


373  V    R    1    E    T   A' 

to  ,  ringraziamo  l'editore  napoletano  ,  che  ha  voluto  com- 
pensarci con  la  ristampa  dell'  Ajace ,  e  delle  osservazioni 
dottissime  e  verissime  dell'  ab.  Lampredi  :  che  anche  que- 
ste basteranno  per  chi  non  é  del   tutto  cieco  della  mente 


a  distinguere  il  vero  dal  falso  bene. 


G.  S. 


Annali  d'Italia  dal  x'jZo  compilati  da  A.  Coppi- Roma  1828 
presso  la  libreria  moderna ,  via  del  corso  n."  3o8  incontro 
al  palazzo  Bonaccorsi. 

U  tile  opera  è  stata  la  ristampa  di  questi  Annali  si  pre- 
gevoli per  la  verità  e  per  l'imparzialità  con  cui  sono  scritti  : 
sicché  un  giorno  saranno  la  più.  sicura  guida  per  chi 
avrà  buon  ingegno  e  buon  volere  da  scrivere  una  ve- 
race storia  delle  cose  d'Italia  ,  cessate  le  ire  ,  gli  odi  , 
i  pregiudizi  ,  i  partiti.  L'edizione  è  bellissima  per  niti- 
dezza   di  carta   e  di   caratteri ,    e   per  somma  correzione. 

G.  S. 


l_i  uscita  in  Vienna  un'  opera  postuma  del  celebre  Eckel 
intitolata  Addenda  ad  doctrinam  nummomm  veterani  : 
opera,  come  ognun  vede,  importantissima ,  specialmente 
j  er  quelli  che  già  possiedono  l'altra  famosa  dell'  Eckel  me- 
desimo De  doclrina  nummorum  veterum.  Essa  è  g'à  per- 
venuta in  Roma  al  negozio  librario  de'  sigg.  Giuseppe  e 
Niccola  de  Bomanis  ,  dove  si  trovano  pure  vendibili  al 
prezzo   di  46   scudi  romani   alcune  copie   complete    dell* 


Varietà'  3^3 

opera  suddetta  De  doclrina  nummorum  ,  divenuta  raris- 
sima in  tutta  Europa  ;  avendone  egregiamente  il  sig.  Fe- 
derico Volke  di  Vienna  ristampati  più  volumi  affatto  eguali 
per  carta  ,  per  caratteri  e  per  formato  a  quelli  dell'  edi- 
zione in  corso. 


Dimostrazione  geometrica  della    distanza 
del  sole  dalla   terra. 

JL/a  terra,  nel  compiere  in  24  ore  il  giro  intorno  al  pro- 
prio asse  ,  fa  comparire  a  noi  ,  che  il  sole  nello  stesso 
spazio  di  tempo  formi  un  circolo  intorno  di  essa.  Ora  ri- 
levandosi il  numero  di  quanti  deschi  solari  ,  accostati 
l'un  l'altro  ,  come  alla  figura  lett.  //  ,  riempirebbero  il 
circolo  suddetto,  si  avrebhe  il  numero  di  quanti  deschi  so- 
lari è  discosta  la  terra  dal  sole.  Dapoichè  la  terza  parte 
di  un  circolo  formando  all'  incirca  il  diametro  del  circolo 
stesso ,  ne  verrà  ,  che  la  terza  parte  dei  deschi  del  cir- 
colo riempiono  il  di  lui  diametro  ;  in  mezzo  del  quale 
essendo  situata  la  terra  ,  come  alla  detta  fig.  lett.  A.  n.  1, 
metà  dei  deschi  del  diametro  sarà  la  distanza  della  terra 
dal  sole  :  e  se  sussiste  il  numero  de'  migli  ,  che  si  attri- 
buisce al  diametro  del  sole'  ,  si  potrà  calcolare  a  migli 
anche  la   distanza    della   terra. 

Sarà  cosa  facile  di  rilevare  quanti  deschi  entrino  nel 
divisato  circolo  ,  tsmdo  la  scala  segnata  lett-  lì.  ,  i  cui 
vani  siano  perfettamente  eguali  fra  loro  ,  e  adattati  alla 
grandezza  apparente  a  occhio  nudo  del  desco  solare  ,  ve- 
duto ,  con  ordigno  ,  spoglialo  da"  raggi  ,  che  potrà  es- 
sere di  circa  un'  oncia  di  passetto  ;  mentre  con  orologio 
alla  mano,  contando  quanti  vani  di  essa  scala  vengono  tra- 
scorsi dal  sole  in  una  mezz'  ora  ,  «i  calcolerà  quanti  ne 
trapasserebbe  nell'  intero    spazio    delle    24    ort*  ì    e    voni- 


3^4  Varietà* 

spondendo   ogni   spazio    ad  un    desco  ,   accostato  all'  altro  , 

si   avrà  il    numero    di  essi ,    che   riempie    tutto   il  circolo. 

Questa  scala  deve  essere  formata  con  piccola  tavola 
ben  piana  ,  e  larga  circa  il  palmo  ,  nel  cui  mezzo  siano 
piantati  due  pezzi  di  bacchette  da  ombrello  ,  ed  in  que- 
sti fisse  le  bollette  a  eguale  perfetta  distanza ,  ove  si  fer- 
meranno i  cordoncini  negri ,  che  devono  formare  i  vani 
della  scala.  Venendosi  all'operazione,  va  questa  situata 
a  giusta  distanza  dall'  occhio ,  accostandola  ,  o  allonta- 
nandola finché  il  desco  del  sole  ne  riempia  esattamente 
ciascun  vano.  Il  sole  va  osservato  esente  dalle  esalazioni 
dell'  atmosfera. 

Deve  traguardarsi  il  livello  della  tavola  della  scala, 
finché  apparisca  come  un  cordoncino  ;  e  questa  forma  la 
base  ed  il  punto  dell'  operazione  ;  cosicché  movendosi 
l'osservatore,  non  potrà  riconoscerei  vani  trascorsi,  se 
non  tornando  col  traguardo  a  riprendere  questo  pun- 
to ;  tanto  se  1'  operazione  s'  incominci  dal  primo  vano  , 
quanto    se  s' incominci  dagli  altri    superiori. 

Non  avendosi  pratica  dell'  ordigno ,  che  spoglia  il 
sole  de'  raggi,  si  duhita  ,  che  questo  possa  impedire  la 
veduta  della  scala  suddetta,  e  se  nel  caso  possa  rimediarsi , 
mettendo  la  scala  avanti  di  esso  ;  ovvero  usarsi  altro  mez- 
zo ,  che  diminuendo  i  raggi  ,  lasci  visibile  l'aspetto  del 
desco    a    occhio   socchiuso. 

Se  qualche  professore  si  degnerà  di  venire  all'  espe- 
rimento,   potrà  presciegliere  il   modo. 

N.  B.  Essendo  noi  lontani  dall'  equatore  e  dai  tropici  , 
per  cui  vediamo  il  sole  di  fianco  ,  ne  deve  nascere  che  la 
di  lui  elevazione  formerà  nella  scala  non  una  linea  retta 
ma  obliqua,  ed  i  vani  così  trascorsi  possono  corrispon- 
dere alla  grandezza  del  desco  solare»  11  rimedio  sarà 
di  prendere  un*  esatta  misura  di  delta  linea  obliqua  ,  e 
ponendola  in  linea  retta  contare  i  vani  che  occuperà  in 
questa    forma. 

Domenico  Calandieiii. 


Varietà'  875 

Supplimento  alV  articolo   sulle    longitudini    inserito 
nel  tomo  antecedente  di  questo  giornale  ,  pag.  3. 


N« 


011  sarà  forse  inutile  il  notare  che  la  formola 
data  nell'  articolo  precedente  concorda  perfettamente 
con  quella  consegnata  nel  supplimento  alle  Effeme- 
ridi astronomiche  di  Parigi  (Gonnaissance  des  teras  ) 
per  l'anno  i8a5  ,  p.  345.  Ma»  in  questa  ,  la  diffe- 
renza di  longitudine  si  trova  espressa  in  tempo  so- 
lare ,  e  in  quella  in  tempo  sidereo.  E  in  fatti  nella 
nostra  formola  : 


i-ii£zs 


Se  si  moltiplichi  la  differenza  de'  passaggi  d ,  otte- 
nuta dall'osservazione  in  tempo  sidereo,  per  il  rap- 
porto 7'  del  tempo  solare  al  sidereo  ,  si  otterrà  la 
medesima  in  tempo  solare,  =*dr  :  poi  ,  in  vece  del 
moto  orario  del  meridiano  terrestre  ,=  r5°,  intra  1 
ora  siderea,  se  pongasi  i5°f  h  ,  valore  del  mede- 
simo intra  1  ora  solare  (  designando  per  h  il  moto 
orario  della  terra  nella  sua  orluta  annua  intorno  al 
sole  )  ,  avremo  : 


.     i5fh  —  m 

dr , 

m 


Finalmente  ,  siccome  le  quantità  che  noi  designate 
abbiamo  per  t ,  d  ,  m  ,  h  ,  sono  nella  Comi,  des 
tems  rappresentante  per  d,  a,  h,  m,  respetti  vamen- 
te  ,  dopo   questa    ultima  trasformazione  ,    sarà  : 


3^G  Varietà* 

i  5  f  m  —  h 

d  =  ar. : . 


Formola  dell'  articolo  citato  (Connaissance 
des  tems  ,  182  5  ,  p.  345). 

Adesso ,  per  formare  un  giusto  giudizio  sopra 
l'accuratezza  di  questo  metodo  ,  vediamo  pure  qual 
errore  At  introdurrebbono  nella  longitudine  relati- 
va t  alcune  piccole  inesattezze  commesse  sì  nella  de- 
terminazione della  differenza  de' passaggi  ci  come  nel 
calcolo  del  moto  orario  m ,  le  quali  designeremo  per 
Ad  ,  -ini. 

Dalla  formola  : 


i5  —  m  ,        „  d 

t= d=i5. d  , 

m  m 


o  anche 


df  t=  i5. —  , 
m 


pigliando    soltanto   le   prime    potenze    delle    picciole 
quantità  Ad  .  At ,  Ani  ,  si  ricava  : 


H  /  m  Ad  —  ci  Ara  \ 
Aclf  At=  i5| 1 

=^(Ad_i^y 

m  \  m    / 

Già  si  vede  che  Ad  avrà  molto   più  d'influenza 


Varietà.'  377 

che  aiti  sull'  errore  At  :  e  questo  verrà  ancor  più 
sensibile,  se  diamo  a  d ,  m  ,  de'  valori  particolari. 
Ora  ,  tra  Roma  e  Parigi  la  differenza  de'  passaggi 
d  è  circa  oh  \    3o"  :  tra  Roma  e  Milano 3o\ 

Sia   dunque  d=  oh  t'   e  prendiamo  m~oQ  3o*=  — ." 

i5°         p       i°  2 

Avremo  allora:  —  =  i5°  :  --  =  30 

m  2 

e:  Adf  At  =  3o(Ad —  o]l  1'      -,  J 

\  o  3o  / 

O:  At=»29Acl  —  Airi. 

(n.a  Adesso ,  anche  Ani  è  tempo  sidereo ,  come  Acl  e  Atl) 

Noi  contrasteremo  ,  alla  prima  vista  di  questo 
ultimo  risultato  ,  si  potrebbe  giudicare  la  formola 
proposta  niente  vantaggiosa  per  determinare  t  con 
accuratezza  ,  giacche  un  errore  soltanto  di  2",  sulla 
differenza  osservata  d ,  produrra  subito  un  errore 
di  circa  i\  per  la  differenza  t  delle  longitudini.  Ora 
l'incertezza  sulle  nostre  longitudini  respettive  ,  già 
a  poco  presso  determinate  ,  non  eccede  alcuni  mi- 
nuti secondi  ;  sicché  questo  metodo  non  ci  giove- 
rebbe nulla. 

Ma  molto  a  proposito  accade  che  ,  con  questo 
metodo  più  che  con  verun  altro  si  può  determinare 
la  differenza  de' passaggi  d  (cioè  l'elemento  critico) 
con  una  stupenda  precisione  ,  e  insieme  con  altret- 
tanta  facilita   e   sicurezza. 

Imperocché  l'istante  del  passaggio  al  meridiano 
non  solo  è  iudepeudente  dalla  reflazione  ,  dalla  pa- 
rallassi ,  dalla  forza  del  cannocchiale  ,  come  anche 
dalla  vista  dell'  osservatore  ,  e  dalla  maggiore  o  mi- 
nore purità  dell'  aria  ;  ma  eziandio  ,  si  ricava  per 
un  mezzo    termine    da  cinque    o    sette    passaggi  ,   il 


3^8  Varietà' 

cui   errore  singolare   e   certamente  minore   di  — ;  e 

2 

la  loro   regolarità   può    assicurare   contra    ogni    sba- 
glio   o    distrazione. 

Già  si  è  notato  di  sopra  ;  che  spariscono  dalla 
differenza  d  sì  l'ascensione  retta  delle  stelle  da  com- 
pararsi colla  luna  ,  come  Terrore  del  pendolo  ,  e  , 
quel  che  sopra  lutto  giova  ,  una  qualche  piccola 
deviazione  del  cannocchiale  meridiamo  ,  sempre  dif- 
fìcile ,  e  spesso  ancora  impossibile  ,  a  schivare  o  a 
determinare  con  sicurezza  ;  giacché  non  di  rado  ac- 
cade ,  che  poco  prima  e  poco  dopo  il  passaggio 
della  luna  ,  lo  stato  del  cielo  non  permette  l'osser- 
vazione delle  stelle  convenienti  per  questa  deter- 
minazione ;  e  ,  mentre  si  aspetta  ,  già  il  difetto  da 
determinarsi  non  è  più  il  medesimo.  In  questo  me- 
todo però ,  con  una  buona  e  giudiziosa  scelta  di 
stelle,  poco  differenti  dalla  luna  in  declinazione 
principalmente  ,  basta  che  '1  cannocchiale  sia  stato 
regolato  da  poco  tempo  sulla  mira,  e  colla  livella; 
i  piccoli  difetti  sopraggiunli  poi  possono  sicuramen- 
te trascurarsi. 

Dopo  lutto  questo  si  vede  che  potrà  bene  ot- 
tenersi ogni  valore  particolare  di  d  scevro  di  o",  i 
d'errore;  e  se  siansi  osservate  4  stelle  colla  luna  , 
gli  errori  di  segno  contrario  distruggendosi  in  par- 
te ,  e  nel  resto  essendo  ancora  attenuati  dalla  di- 
visione ,    non   sarà  esaggerazione  il  dire  che  l'errore 

del  medio  termine   sia   per  riuscire    minore  di  — di 

3o 

minuto  secondo.  Dunque  il  valore  di  At  che  si  ri- 
cavava dalla  forinola  precedente  :  At=2rjAd —  Arci, 
non  sarà  maggiore  di  iu  di  tempo  ,  e  potrà  essere 
molto    minore  ,   poiché    Arci  ,  attesa  l'odierna   perfe- 


V  A   R    I    B    T    A'  379 

zione  delle  tavole  lunari ,  deve  essere  anch'  essa  pic- 
colissima* 

E  siccome  questa  medesima  operazione  ,  facen- 
dosi nell'  interiore  della  specola ,  da  uno  solo  os- 
servatore, ec. .  .  .  ec. . .  .  si  può  facilmente  ripetere  io 
volte  ogni  mese  ,  e  per  conseguenza ,  ogni  anno  più 
di  100  volte,  quanta  precisione  e  sicurezza  pro- 
durra alla  fine  un  lavoro  così  facile  ,  e  già  per  se 
stesso  utile  a  determinare  con  maggiore  esattezza  la 
posizione  della  luna  e  delle  stelle  pigliate  per  com- 
parazione, e  di  molte  altre  che,  nel  medesimo  tem- 
po possano   offerirsi? 


33o 


NECROLOGIA 


Luigi  Valerianì  Mulinavi. 

.I.inigi  Valeriani  nacque  in  Imola  il  2  agosto  1758. 
Suo  padre  Domenico  fu  imolese  ,  sua  madre  Fran- 
cesca Molinari  bagnacavallese  :  ambi  di  assai  civile 
condizione.  Mancatogli  il  padre ,  rimase  nella  pri- 
ma fanciullezza  in  cura  alla  madre  ,  la  quale  pe- 
rocché ereditato  avea  da'  suoi  maggiori  pingui  sostan- 
ze in  Bagnacavallo,  ivi  stimò  ridursi  ,  siccome  fece, 
coli'  unico  figliuolo.  Egli  poi  mostrando  ingegno  vi- 
vace sopra  l'età  ,  presto  fu  messo  alle  scuole  del 
pubblico  ,  dove  studiò  la  grammatica  :  indi  fu  man- 
dato al  collegio  de'  nobili  di  Ravenna  ,  né  molto 
dopo  al  seminario  di  Faenza  ,  dove  studiò  assai 
bene  la  rettorica  :  da  ultimo  a  Roma  ,  dove  fon- 
datosi prima  nelle  matematiche  applicò  al  gius  ci- 
vile e  canonico,  ed  ebbe  laurea  nella  Sapienza.  In- 
tanto non  tralasciò  di  erudirsi  nelle  cose  di  anti- 
chità, e  massime  nelle  lingue  greca  ed  ebraica.  Tor- 
nato a  casa  pei  richiami  della  madre  ,  che  già  si 
sentiva  mancare  ,  prestò  al  comune  di  Bagnacavallo 
l'opera  sua  presiedendo  più  volte  agli  esami  annuali 
de'  giovani  del  ginnasio  ,  i  quali  colle  parole  e  più 
coli'  esempio  incuorava  ad  ornarsi  di  belle  virtù  e 
di  dottrina.  Ed  essendo  già  io  fama  di  savio,  ai  i3 
di  dicembre  1797  ^u  cniaraato  a  Milano  nel  corpo  le- 


Necrologia  38 i 

gislativo  per  rappresentarvi  il  comune  medesimo  : 
ivi  fatto  del  numero  degli  oratori  procurò,  per  quanu 
to  potevasi  in  tanta  difficolta  di  tempi  ,  di  giovare 
alla  patria  carissima  ;  che  tale  soleva  chiamare  Ba- 
gnacavallo  ,  avendo  per  fino  voluto  aggiugnere  il 
cognome  della  madre  a  quello  dei  padre.  Fu  anche 
a  Lione  per  que'  comizj  ;  ma  più  che  ad  altro  , 
parve  fatto  alla  quiete  degli  studi  :  laonde  con  de- 
creto dei  a5  di  dicembre  1802  fu  eletto  professore  di 
economia  pubblica  nell'  università  di  Bologna  :  indi 
ascritto  al  collegio  elettorale  dei  dotti  pel  dipar- 
timento del  Reno.  Ma  sopra  lutto  ebbe  a  cuore  la 
cattedra  ,  la  quale  egli  sostenne  con  molto  onore 
cinque  e  più  lustri  :  né  volle  lasciare  Bologna  co- 
mecché invitato  a  Roma  più  volte  dallo  stesso  pon- 
tefice Pio  VII  di  gloriosa  memoria.  Le  opere  da  lui 
poste  in  luce  ,  per  quanto  è  a  nostra  notizia  ,  sono 
le  seguenti  : 

1  Opuscolo  di  Plutar- 

co sul  vero  amico,     in     8°    Roma     1796. 

2  Avvertimenti  a  De- 

monico d'Isocrate,     in     8°  Bologna  i8o4« 

3  Lezione  inaugurale 

di    pubblica    eco- 
nomia     ....     in     8°       ivi        jSozJ. 

4  Del  prezzo  delle  co- 

se   tutte    mercata- 
bili 

5  Delle  misure  d'ogni 

sorta       .... 

6  Discorsi  di  pubbli- 

ca economia      .     . 

7  Discorsi   degli  ora- 

tori consiglieri  di 


in     8° 

ivi 

1806. 

in  iG° 

ivi 

1807. 

in    8° 

ivi 

1809. 

38a  Necrologia 

stato  sul  codice  di 
commercio    .     .     ♦     in     8°       ivi       1810. 

8  Dell'    indole    della 

speranza  e  del  ti- 
more     in     8°       ivi       1810. 

9  Operette  concernen- 

ti la  pubblica  eco- 
nomia ,  Tomo  I.  .     in     8°      ivi       i8i5. 
io  Apologia  della  for- 
mula   p=- — .      .    in     8°       ivi       1816. 
o 

1 1  Discorso  apologeti- 

co ec.  ec.     .     .     .     in     8°       ivi       18 17. 

12  Ragionamento    sul- 

la giustizia  distri- 
butiva e  sulla  com- 
mutativa    ...     in     8°   Firenze  18 17. 

i3  Sull*  agostaro  di  Fe- 
derico II  ec.  ec. 
Voi.  3 in     4°  Bologna  1819-21-22. 

14  Dei  cambi.  Trattato,     in     8°       ivi       1823. 

j5  Operette.  Tomo  II.     in     8°       ivi       1824. 

16  Saggio  di  erotemi 
su  quella  parte  del 
gius  delle  genti  e 
pubblico  che  dice- 
si pubblica  econo- 
mia ec.  Parte  I,  II, 
e  III in     8°       ivi       1825-2G-27. 

La  parenesi  d'Isocrate  a  Demonico  fu  ristampata  in 
Lugo ,  non  ha  molti  anni  ,  per  cura  dell'  egregio 
avvocato  Luigi  Ferrucci  ,  che  ai  costumati  giovani 
raccomandandola  la  disse  „  renduta  in  italiano  non 
„  men  proprio   che  elegante  da   uno    de'  più    chiari 


Necrologia  383 

„  spiriti  non  pur  di  Romagna  ,  ma  d'Italia  e  del 
,,  mondo.  „  Como  nell'edizione  di  Bologna,  che  ab- 
biamo citata  ,  vi  è  posto  innanzi  l'avvertimento  cri- 
tico del  traduttore ,  dove  si  tocca  per  incidenza  , 
ma  con  fino  giudizio,  del  miglior  metodo  d'istru- 
zione nelle  prime  scuole.  Negli  erotemi  poi,  cioè  in 
que'  dialoghi  ,  dove  il  dotto  professore  veniva  svol- 
gendo a'  suoi  uditori  le  lezioni  di  pubblica  econo- 
mia ,  e  prima  nel  tomo  II  delle  operette  ,  è  bello 
vedere  tradotti  da  lui  alcuni  salmi  col  fine  „  di  far 
,,  gustare  i  ritmi  degli  stessi  originali  ,  tessuti  di 
„  versi  affatto  consimili  a'  nostri  ritmici  ,  e  di  tan- 
,,  te  altre  nazioni  non  che  moderne  ,  ma  antichissi- 
„  me,  fra  i  quali  (egli  dice)  avvi  per  fino  il  verso 
,,  politico  de' greci  ,  l'alessandrino  francese  od  ingle- 
„  se  ,  e  martellano  nostro  ;  che  anzi  questo  ,  che 
„  qualunque  altro  minore  endecasillabo  ,  decasi  Ila- 
„  bo  ,  novenario  ,  ottonario  ,  settenario  ec.  che  per 
„  lo  più  servono  di  versi  epodici  allo  stesso  mag- 
,,  giore  ,,  (Erot.  P.  I  pag.  63).  Cosi  lo  studio  de' sal- 
mi fu  tra  i  più  cari  ricreamenli  di  quel  grad"' uomo; 
ma  nelle  cose  di  pubblica  economia  potè  giovare 
singolarmente  l'universale.  La  Biblioteca  Italiana  ben 
diretta  dall'Acerbi  toccò  già  l'apologia  della  formu- 
la p  =5  — .  sostenuta  dal  Valeriani  Molinari  contro 
o 

gli  attacchi  del  Gioja  :  e  non  sapendo  come  deci- 
dersi a  favore  di  quest'ultimo,  stimò  di  lasciare  la 
questione  indecisa.  Anche  il  Giornale  Arcadico  toccò 
alcuna  cosa  del  Valeriani  Molinari  verso  il  fine  del 
Prospetto  delle  scienze  economiche  offerto  dal  Bo- 
sellini.  Ma  mentre  di  tante  cose  di  minore  impor- 
tanza parlano  tutto  giorno  i  fogli  letterarj  e  scien- 
tifici ,  di  molte  e  gravissime  del  Valeriani  Molinari 
si  tacquero  :  di  che  le  ragioni    sono    due    principale 


384  Necrologia. 

mente  :  la  prima  ,  che  il  degno  autore  facendo  delle 
sue  produzioni  tirar   solo   poche   copie  per  suo  con- 
to, e  pochissime  dispensandone,   alle   mani   de' gior- 
nalisti o  non  venivano  o  venivano  troppo   tardi  :  la 
seconda  ,  che  se   qualcuno   giungeva   pure    alla   luce 
di  pieno   giorno  ,  niuno    stimava  si   da   tanto   di   fis- 
sarvi per  entro  sicuramente  lo  sguardo.  Cosi  al  Va- 
leriani  Molinari  toccò  finora  la  sorte  del  Vico  ,  pro- 
fondo  ingegno  ,   che  nelle  cose  di   metafisica  noi  ita- 
liani  dimentichiamo    per   correr    dietro   a'  sistemi    di 
ollremonte  forse    più    speciosi    che  solidi  ,  i  quali  a 
guisa    di   fuochi    fatui    sorgono    e    sono    spenti.    Del 
resto  le  cose   edite  del  Valeri  ani   Molinari  tratte  dal 
seno    si    delle    matematiche    si    della    giurisprudenza  , 
e  piene   in   tutto    di    quella   filosofia  ,    che  per  varia- 
re di  tempi  o   di  opinioni   non  cade,  dureranno;  an- 
zi cogli  anni   più  e  più    splenderanno  ,  e  certamente 
quando    delle   scienze    economiche    vorrà    fermarsi  la 
lingua  ,   e   venire    di    esse    non    alla    scorza  ,    al  mi- 
dollo. Quanto  alle  inedite   si   può   sperare  ,    che  non 
saranno  defraudate  della  luce  della  stampa.  Ad  ogni 
modo   la    memoria    dell'  uomo    egregio    nella    schiera 
degli   economisti  in   Italia  e  fuori  vivrà:  e,  più  che 
in  altre  citta  ,  in  Imola  in  Bagnacavallo  e  nella  dot- 
ta Bologna.  Le  due  prime   ricorderanno    egualmente 
il  beneficio  di  mille  e  più  scudi    disposti  dall'ottimo 
cittadino    per   la    scuola    comunale    di    aritmetica   di 
algebra   e    geometria  :    l'ultima    ricorderà    dippiù    il 
titolo    di    erede    universale ,    di    che    fu    onorata  ;   e 
quindi   la    scuola    del    disegno    in    quanto    serve    più 
dappresso  alle  arti  meccaniche   arricchita  di  un  fon- 
do di  quattro  mila  e  più  scudi  ;  e  cosi  nuovi    archi 
nella    via    della  Certosa   mediante  un  altro  fondo  di 
diecimila  e  più  scudi  :  ricorderà  poi  sempre  i  consi- 
gli di  un  savio  ,    che    sedette   assai   degnamente   per 


Necrologia  3 85 

tanti  anni  nel  suo  senato,  Quanto  agli  altri  molti 
beneficati  da  lui  ,  non  sarà  mai  che  lo  dimentichi- 
no; certo  lo  avrà  sempre  in  mente  ed  in  cuore  quel 
giovine  di  buono  ingegno  e  di  belle  speranze,  Giam- 
matteo  Annidimi  di  Bagnacavallo  ,  suo  congiunto  , 
al  quale  sotto  vincolo  di  fideicommisso  il  lodato  pro- 
fessore legò  tutto  che  in  fondi  teneva  di  materno 
retaggio  in  quel  comune.  Quanto  ai  degnissimi  col- 
leghi ed  amici  di  lui  (  tra  i  quali  quel  chiaro  spi- 
rito del  professor  Magistrini  merita  la  prima  lode  ) 
avranno  sempre  Cara  ed  onorata  la  memoria  di  un 
uomo  |  che  con  dolore  videro  mancare  alla  univer- 
sità di  Bologua  ,  anzi  ali*  Italia  ,  il  giorno  27  set- 
tembre di  quest*anno  1828:  in  cui,  ricevuti  tutti  i 
conforti  della  cattolica  religione  ,]  nel  bacio  del  Si- 
gnore spirò.  E  quell'ottimo  cuore  dell* avvocato  Fi- 
lippo Leone  de'  conti  Ercolani  di  Bagnacavallo  ,  il 
quale  in  quegli  estremi  e  dopo  fu  tanto  pietoso 
all'  illustre  concittadino  e  maestro ,  avrà  sempre  pre- 
sente 1'  immagine  di  lui  ,  e  nel  petto  a'  suoi  degni 
figliuoli  depositandola  la  manderà  ai  futuri  per  ac- 
cendere il  freddo  secolo  nelF  amore  della  verace  sa- 
pienza. 

Domenico  Vaccolini. 


G.A.T.X.L. 


Errata  Corrige  del  tomo  XXXIX. 
NelV articolo  del  Lainpredi. 

pag.  a5y.  lin.  32.    prestò presti. 

a58.  lin.  8.     Pozzo  di  Borgo  .....  Pozza  Sorgo. 

NeW  articolo  del   Betti. 

pag.  268.  lin.  24-  abbreviatare      ....  abbreviature 

268.  lin.  8.      grand'  ella quand'  ella. 

272.  lin.  14.     questa  altra     ....  quest'    altra 

2j4«  lin-  i5.     da  assai     .....  d'assai. 

IVeir  articolo  del  Vaccolìni. 

pag.  3 1  a.  lin.    12.  i3.  in  ciascuno  numero .  in  ciascuno. 

317.  lin.    25.  26,  aggiungeremo  ....  aggiungeremmo. 

lin.    26.         già     ......     già. 

3«8.  lin.    17.        suole scuole. 

Errata  Corrige  del  tomo  XL. 

Neil''  articolo    del  dott.  Cappelli 

pag.  rij^nota lin.  8.       ripristinate  ripristinati 

id.  id.    in  un 

id.      9.  Valentiniani  Ventiniani 


387 

INDICE 


DEGLI    ARTICOLI    CONTENUTI   NEL    TOM.    XL 
DEL    GIORNALE    ARCADICO. 

SCIENZE 

Pian  ci  ani  ,  Della  elettricità  eccitata  dal  con" 

tatto p.       3 

Lampredi  ,  Teorica  delle  parallele  d'Euclide,  p*     19 
Goldoni ,  $«//'  infiammazione    »     •     •     .     9    p.     2G 
Burrow  ,  Elementi   di   conchigliologia    volga- 
rizzati  dal  Baldassini   .      .     .     .     .     .     ^?.     61 

Sorgoni ,  Osservazioni  sulle  febbri  periodiche,  p.     74 
Cappello  ,  Nuovo  fenomeno  geologico  al  Gran 

Sasso  d'Italia P-     92 

De-Rossì  ,  Vicende  morbose  nelle  quali  fu 
necessaria  ed  utile  una  profusione  di  san- 
gue ec p.   123 

Merriman  •,  Varie  specie  di  difficoltà  del  par- 
to  ec p.  i39 

Curiosità  subacquee •     .     .    p.  i47 

Camilli  ,  applicabilità  del  vapore  delle  acque 
termali   al   movimento   di   macchine  opifi- 

ciarie p.   ifa 

Martucci  ,  Stato  del  commercio  di  Cantori  col- 
le nazioni   estere. p.   i55 

LETTERATURA 

Balde  Ili  ,  Viaggi  di  Marco   Polo   illustrati,  p.  1G7 
Borghesi  ,    Osservazioni   numismatiche  (  deca- 
de XVI.) p.  180 


3B8 

SS.  Niceta  et  Paulinus  ,  seri  pia  ex   vaticani s 

codicibus   edita  ab   A.   Mano  ec>     .     .    p.  204 

Mancini ,   Georgiche  di    Virgilio  tradotte,    p.  209 

Inghirami ,  Lettere  di   etnisca  erudizione»    p.  21 5 

Vermiglioli ,  /?*'  alcuni  scritti  inediti  di  Lo- 
dovico   Carbone  ferrarese p.  224 

Montanari ,    Esame   critico   di   alcune  recenti 

poesie  italiane   {continuazione)    .../;.  234 

Vaccolini  ,  Delle  lodi  di   Giuseppe  Doma.  p.  255 

Manzi  ,  Volgarizzamento  dell*  orazione  di  Pe- 
ricle recata  da    Tucidide />.  265 

Odescalchi ,   Descrizione   di   un  piccolo   viag- 

gio  a    Frascati p.  274 

Costa  ,    Properzia    de*  Rossi   rappresentazione 

tragica p»  280 

Santucci ,  Le  prime  quattro  odi  di  Orazio  tra- 
dotte     p.  ag4 

ARTI.    BELLE    ARTI 

Pingileoni,  /ritorno  una  sacra  Jami glia  dipin- 
ta da   Filippo  Agricola p.  3o8 

Pittura  a  fresco  -  Pietro  Paolotti  *     .     .     .    p.  3 17 

Varietà. 

Necrologia  di  Luigi  Valeriani   Molinari  .    p>  38o 

l'avole   meteorologiche. 


NIHIL  OBSTAT 
Abb.  D.  Paulus  Delsignore  Cens.  Theol. 

NIHIL  OBSTAT 

Petrus  Lupi   Med.  Golleg. 

NIHIL  OBSTAT 
Lauretus  Santucci  Cens.  Philolog. 


IMPRIMATUR 
Fr.  Dom.  Buttaoni  Orci.  Prasd.   Rev.   Mag. 
S.  P-  A.  Socius. 


IMPRIMATUR 

Joseph  Della  Porta    Patr.  Constantinop» 
Vicesgerens. 


Osservazioni 

Meteorologiche 

.  ){  Collegio  Romano   Ottobi 

•e  1828. 

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