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Full text of "Giornale di scienze naturali ed economiche"

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\SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE 


| GIORNALE 


DI 


PUBBLICATO 


PER CURA DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE 
x DI 


PALERMO 


(VOL. XXXI — ANNI 1915-1916-1917) 


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GIORNALE 


DI 


SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE 


PUBBLICATO 


PER CURA DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE 


DI 


PALERMO 


(VOL. XXXI — ANNI 1915-1916-1917) 


PALERMO 
OFFiCINA SCUOLA TIPOGRAFICA 
Colonia Agricola di S. Martino 
Telefono 6-93 
1918 


GIORNALE 


SCIENZE NATURALI ED ECONOMICHE 


jo 


È SER 


PARTE PRIMA 


Per n morte di Adolfo Venturi, Presidente della Società È i ò È È 
x P. Merenda — Dinauzi il feretro di Adolfo Venturi n 

C. Mineo — Commemorazione di Adolfo Venturi 6 È È 

_ G. Di Stefano — Per la memoria del Prof. A. Venturi . ° 
Commemorazioni lette il 20 giugno 1914 ed il 26 ginguo 1915. : c 

) G. Di Stefano — Edoardo Suess Si ° 5 È i A 

G. Di Stefano — Giovanni Struever ; ; 3 . È 

G. Stefano — Emerico Carapezza È ; SSA er 

G. Eerera — Michele Filetì.. ; È : - É 6 

L. Albeggiani — Giov. Battista Guecia .//.°. 0.0. 

G. Pagano -. Arturo Marcacci . Ds 3 ; SR 

' TT. De Stefani — Giuseppe Riggio . ; - E . o 

S. Pagiiani — Carlo Piutacuda , ; ; ; ; . 


PARTE SECONDA 
M. Gemmteliaro — Le doline nella formazione gessosa a N.-E. di Santa- 
ninfa (Trapani). SRO o SER i AU ; è i È 
Merenda — Lo stato economico della Polonia i 5 7 ò % 
M. La Rosae Y. De Luca — Sopra l'influenza che la natura degli elettrodi 
secondari può avere nelia misuve di effetto Hall 5 . c ù 
M. La Rosa e U. De Luca — Sulla dipendenza dell’effetto Hall dalla 
natura del metallo degli elettrodi secondari È i n 3 PRE R 
M. La Rosa — Intorno a le cause da cui può dipendere l'influenza che la 
matura degli elettrodi secondarì ha salt'effeto Hall. È : È i 
Mi. La Rosa e U, De Luca — Intorno alle canse da cui dipende l'influenza 
che la natura degli elettrodi secondari ha sull’effetto -Hall. . c : 
M. La Rosa — Sopra un eventuale mutamento delle f. e. m. di contatto in 
uu sistema di conduttori soggetto ad unioni tendenti per alterare la di- 
stribizione degli elettrodi liberi... .. ESE, 
M. La Rosa — Sul modo di accertare l'eventuale cambiamento delle f. e. 


m. di contatto in un sisteina di coudntitori soggetto ad azioui tendentiad < 


alterare la distribuzione degli elettrodi iiberi . > ; ò . È 
Mi. La Rosa — Intorno alla pretesa fusione del carbonio nel cratere posi- 


tivo dell'arco elettrico . ] A osa ; ; iii î ; 


xV 
XVII 
XIX 
XXXIII 
XYXV 
XXXVII 
i XLI 
XLull 
XLV 
XLVII 
LUI 
LV 
LVII 


223 


ELENCO DEI SOGI 


della Società di Scienze Naturali ed Economiche 


di 


Palermo 


= a: 


e ei 


UnbicCIOnDINERESIDENZA 


1O17-191S 


Presidente — DI-STEFANO PROF. GIOVANNI 


Vice-Presidente — MERENDA PROF. PIETRO 


Tesoriere — LA Rosa PROF. MicHeLE 


Segretario — LAZZARO PROF. CARMELO 


Vice- Segretario — GEMMELLARO prof. MARIANO 


SOCI ORDINARI 


d’ordine 


Cognome e nome 


N. 


Data di nomina 
a corrispondente 


(1) 


Data di nomina 


ad ordinario 


Domicilio 


1 | Angelitti prof. Filippo 

2 Rage prof. Giuseppe 

3 |Borzì prof. Antonino 

4 | Bresciani prof. Costantino 

5 | Cervello prof. Vincenzo 

6 | Di-Stefano prof. Giovauni 
7 | Di-Stefauo prof, Teodosio 
8 | Ecrera prof. Giorgio 


9 | Gemmellaro prof. Mariano 


(1) Siccome l’antico volume dei verbali della Società di Scienze Naturali ed Economiche di 
più non esiste, non si può indicare con esattezza la data della nomina dei Soci 
eletti prima del 1892. 


Anteriore al 1892 
11 Gennaio 1913 

Anteriore al 1892 
11 Gennaio 1913 

Avteriore al 1892 
Anteriore al 1892 
Anteriore al 1892 
3 Febbraio 1910 


3 Febbraio 1910 


8 Maggio 1899 
21 Marzo 1917 
16 Dicembre 1893 
21 Marzo 1917 
Anteriore al 1892 
:22 Dicembre 1904 
3 Febbraio 1910 
2 Dicembre 1911 


21 Marzo 1917 


R. Osservatorio Astronomico, a 
Palazzo Reale. 
Via Stabile, 103. 


R. Orto Botanico. 


Via Nicolò Cervello, 38. 
Via Felice Cavallotti, 15. 


Via Alloro. 


Via Bentivegna, 55. 


Palermo 
ordinari e corrispondenti 


Cognome e nome 


Giardina prof. Andrea 
Lanza prof. Domenico 
La Rosa prof. Michele 
Lazzaro prof. Carmelo 
Macaluso prof. Damiano 
Manfredi prof. Luigi 

16 | Merenda prof. Pietro 

17 | Pagano prof. Giuseppe 


18 | Pagliani prof. Stefano 


19 | Spallitta prof. Francesco 


20 | Whitaker comm. Giuseppe 


DI 


sd) 


| Data di nomina 


a corrispondente 


22 Dicembre 1904 |21 Marzo 1917. 


22 Dicembre 1904 [21 Marzo 1917 


6 Feboraio 1911 | 4 Marzo 1913 


18 Febbraio 1892 | 3 Febbraio 1910 
Anteriore al 1892 |Anteriore al 1892 
1 Maggio 1894 |20 Giugno 1907 
24 Maggio 1894 |22 Dicembre 1904 
8 Maggio 1899 | 3 Febbraio 1910 
13 Febbraio 1892 
27 Aprile 1894 3 Febbraio 1910 


3 Febbraio 1910 |20 Luglio 1912 


Data di nomina ||| 


ad ordinario | 


Via 


Via Divisi, 109. . 


, Via P. Paternostro. 


16 Dicembre 1893 | 


Via Butera. | 


DI 


Cavour, 79,31. 


Via Francesco Criapi, ADITO 


Via Rosolino Pilo. 


Corso Pietro Pisani, 112. 


/ 
Via Notarbartolo, 16. 
Via Macqueda, 7. 


Villa Malfidano. 


I soci o:dinari dovranno risiedere in Palermo e il loro numero è fissato in 21. (art. 8 del Regolamento). 


SOCI CORRISPONDENTI RESIDENTI 0° 


1 | Albeggiani prof. Michele 
2 | Basile prof. Ernesto 

3 | Caliri prof. Filippo 

4 | Dina prof. Alberto 


5 | Dionisi prof. Antonino 
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D 

i 

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5 Cognome e nome 
Le) 

Zi 


Data di nomina 


Anteriore al 1892 
Anteriore al 1892 
Anteriore al 1892 
11 Gennaio 1913 


4 Marzo 1913 


Salita Banditore, 4. i A ; 


' Domicilio 


Via Siracusa — Villino Basile. 


VINCI <a 


LLÀ SOCIBTÀ DI S 


OIENZE NATURALI ED ECONOMICHE DI PALRRMO IX 


Cognome e nome Data di nomina. Domicilio 


Fo co prof. Ho n 3 Febbraio 1910 Piazza Campo, 20. 
Levi prof. Mario Giacomo Ei dI Gennaio 1913 i 


Anteriore al 1892 
8 Febbraio 1910 
10 | tineo prof. Corradino 20 Luglio 1912 
“ Naioli prof. Fabrizio ci | 4 Marzo 1913 
19 Oliveri prof. Emanuele SIAE il Geinaio 1913 Arce dei Cartari, 12, 
i 18. Oliveri nali Vincenzo Auteriore al 1892 Arco dei Cartari, 12. Ù 
Va Pellini Lor Giovanni Lo .|17 Marzo 1914 | 
15 Pitini i Andrea 2 Dei. 1911 
16 Sali Pace prof. Giovan Batista Anteriore al 1892 Via Lincoln, 90. ) : 
D17 sia dott. Luigi \ |Anteriore al 1892 Piazza Castelnuovo, 15. "w 
19|- 
10% . 
23 3 È ; 
È; 5. 
25 


I soci corrispondenti residenti non potranno super? re il numero di 25. (art. 8 del regolamento). 0. 


ELENCO DEI SOCI DELLA SOCIETÀ DI SCIE 


= 


| SOCI CORRISPONDEN 


Cognome e nome 


IS 


Albertoni prof. Pietro | Bologna. 3 


DI Ampola prof. Gaspare Roma. 


3| Angelico prof. Francesco | Messina. 


tu 
Buenos-A yres. 


ui: 3 Ly: Arata prof. P. N. A 


5 | Briosi prof. Giovanni 


6 Bianchi prof. Leonardo | Napoli. = 


7 Bucca prof. Lorenzo è E Catania. 
3 Cantone prof. Michele Napoli. 


9 Capellini prof. Giovanni 


Bologna:Miosg EE 1403 E Be dei 


10 Checchia-Rispoli prof. Giuseppe 


Roma. 


SAI Ceradini prof. Cesare 


Roma. Ù 


12 {( iofalo prof. Saverio. Termini-Imeress. 


È 13 Corbino prof. Orso Mario Roma. 

ESSERI De Mattei prof. Eugenio i Cia SI 
15 Emery prof. Carlo Bisi : 

È 16 Foderà prof. Filippo Catania. IT Z se 
; 17 Gerbaldi prof. Francesco Pavia. | 3 si # SE 
; 18 {Grassi prof. G. Battista Roma. | i Da È ; 

i 19 Koerner prof. Craliatae Milano. — 3 

È 20 Moudino prof. Casimiro - Puvia. 

5 DI Minunni prof. Gaetano Catania. 


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d) ve 


A 80 


Ù P3 


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fatti 


| —Cognome e nome | 


Mosca prof. Gaetano Gi Ri 


Naccari prof. Andrea 


E Oglialoro prof. Agostino 


| Palazzo LE Francesco Carlo 
Rattone prof. Giorgio 
‘co sor ran 
Righi prof. Augusto 
Roiti prof. Antonio 
Ross prof. Ermanno 


32 Salvioli prof. Giuseppe 


38 | Scacchi prof. Eugenio 

34 Santa ad Luigi E 

35 . Soler prof. Emanuele pro 

; 36 Spica prof. ui 
37 Tanzi prof. nia S 1 

38, Tonelli prof. Alberto . 

39 | Torelli prof. Coluicio 

40/0 Trambusti a Lamon 


Al Zambonini prof. Ferruccio 


Orlando prof. Vittorio Emanuele 


CIRTÀ DI SOTENZE NATURALI ED ECONOM 


Torino. 


Catania. 
Napoli. 
Roma. 
Firenze. 
Modena. 
Catania. 
Pol gna. 
rino 
Monaco (Baviera) 
Napoli. È 
Napoli. 
Messina, 
Padova. 
Padova 
Firenze. 
Foen. 
Spino 
Genova. 


Torino, 


soci corrispondenti non residenti è illimitato. (art. 8 del Regolamento). 


ICH DI PALERMO Xx 


Residenza e domicilio. bela 2a 


XII ELENCO DEI SOCI DELLA SOCIETÀ DI SCIENZE NATUFALI ED ECONOMICHE DI PALERMO 


SOCI EER 


® 

ES; 

È 

o Cognome e nome Residenza edomicilio 

a; 

i Allery Di Maria Tonimaso Palermo Via Gregorio, Ugdulena, 2. 

Marchese di Monterosato 
Roma, Istituto Fisico della R. Università, a 

2 Blaserna prof. Pietro Panisperna. 

3 Caldarera prof. Francesco Palcogo 

2 Paternò prof. Emanuele Roma, Istituto Chimico della R. Università, a 
Panisperna. 

S PELlonor pio Aborto Roma, Istituto di Chimica Farmaceutica della 
R. Università, a Panisperna. 

ù Raffable prot Hederieo Roma, Istituto di Zoologia della R. Università, 
alla Sapienza. 

7 Ruggieri avv. Leonardo Palermo, Via Alloro. 5 


ori 
Ki da n 
RO 
Lal 


, 


PER LA MORTE 


DI 


ADOLFO VENTURI 


Presidente della Società 


da ind 


Dinanzi il fetetto di Adolfo Ventuti 


paroledette il 30 dicembrel91z, in Piazza Indipendenze. 


da! Vice-Presidente della Sotietà 


‘ Pror. Pirtro MERENDA 


Adolfo Venturi, l’uomo raro del quale quanti siam 


qui piangiamo amaramente la perdita inaspettata, lascia 
nella desolazione i colleghi della Società di scienze natu— 


rali ed economiche. 

Egli assunse il non facile compito di rialzare le 
sorti depresse di questa Istituzione, accettando di pre- 
siederla. Scienziato eminente in Astronomia, e nella Geo- 
desia che professava nell’Atenèo, aveva l'autorità neces- 
saria a reggere l’ufficio ragguardevole. Vi portò le doti 
che adornavano la sua intelligenza: ingegno pronto, giu- 
dizio sieuro, buonsenso, facile parola; e il suo carattere 
di gentiluomo perfetto e simpatico: amore della verità, 
cortesia di modi, rettitudine, franchezza, abborrimento 
da tutto ciò che non fosse onesto, devozione negli amici, 
benevolenza pei giovani faticanti a salire la malagevole 
erta, che mena alle cime degli scientifici studi. 

Nella Società infuse vita nuova, e ne fanno fede 


I 
| 
| 


| 
j 


RVIII i P. MERENDA 


i volumi degli atti pubblicati negli ultimi move anni, 
non ostante la scarsità dei mezzi, i quali pure attestano 
le cure indefesse di Lui nel procacciarli, Egli che per sè 
nulla chiedeva mai. 

Ma a Lui stava a cuore la nostra Istituzione, ch 
è non ultima fra quelle che tencono alta la reputazione 
della vecchia capitale dell’Isola come centro di coltura 
della nostra città, che ci è tanto cara, e la quale Adolfo. 
Venturi, quantunque nato nella gentile Toscana, vissuto 
fanciullo sotto questo cielo, dilesse pur Lui, e come sua. 

Egli però non era pago, e, coi soci più zelanti, a 
nuovi incrementi mirava del nostro Istituto, e gli studi 
necessari caldeggiava. 

Amico buono e benedetto, noi non ti vedremo più 
mai; morte bieca spezzò i vincoli soavi che t’univano al- 
la tenera consorte ed al figlio diletto, e che Ti rendevano. 
beato; e piombò nel lutto Palermo, che t'apprezzava e 
t'amava; ma a Te è serbato altrove il premio di tue vir- 
tù, e l’imagine tua, per volger di tempo, non si cancel- 
lerà dai nostri cuori, ed il nobile tuo spirito aleggerà 
sopra di noi, che ti fammo compagni dilavoro, e l’opera 
tua a vantaggio della. Società di scienze naturali ed eco— 
nomiche non morrà con la tua spoglia mortale! 


__—T 


Tornata del 29 gennaio 1915 


Commemorazione di Adolfo Venturi 


Con profonda commozione adempio al mesto ufficio di commemorare que- 
st'oggi l’amato Maestro, col quale convissi, modesto collaboratore, per ben do- 
dici anni, in affettuosa giornaliera dimestichezza; testimone della saa varia 
prodigiosa attività di scienziato e di uomo; partecipe, con filiale devozione, dei 
suoi dolori, dei snoi entusiasmi, della sua fede. 

Non avrei accettato quest’'onorevole e triste incarico, affidatomi dall’uf- 
ficio di presidenza, se non avessi sentito l’indeclinabile dovere di venir qui a 
fare opera d’amore: sorretto dalla speranza che questo mio sentimento valga 
a meritarmi la vostra indulgenza per la pochezza delle mie forze. 

Adolfo Venturi nacque a Firenze, il 22 settembre 1852, da Ottavio e da 
Marianna Tarli. In questa nostra città, che doveva divenire una sna seconda 
patria, egli fu, adolescente, dal. 1862 al 1867. Più tardi, nel 1871, con- 
seguita la licenza liceale, si iscrisse nella facoltà di scienze dell’università di 
Pisa, dove frequentò pure la scuola normale superiore, allora diretta dal- 
l’illustre Betti. 

Nel 1875 conseguì la laurea in scienze fisiche e matematiche e il diploma 
di abilitazione all’insegnamento. 

Sabito dopo entrò nell’insegnamento secondario, docente di matematica nel 
liceo e incaricato di scienze naturali nella scuola tecnica di Como, dovestette 
dal 1876 al 1887. 


XX C. MINEO 


Fn certamente questo il peri>do più intenso e più fecondo della sna at- 
tività scientifica, nel quale compì quegli studi e quelle ricerche astronomiche 
che ben presto gli assegnarono un posto ragguardevole nella scienza. 

Erano oggetto di questi studi le perturbazioni dei piccoli pianeti. È noto 
che gii sviluppi occorrenti a determinare codeste perturbazioni sono di gran 
lunga più laboriosi che non per i piaueti maggiori: e ciò per varie circostanze, 
ma soprattutto per le forti eccentricità (che vanno persino a 0.38) delle orbite 
di questi asteroidi. Eppur9, dato il numero stragrande di pianetini, che si 
veuivano scopre1do, si rendeva assolutamente necessario di calcolarne a quando 
a quando le perturbazioni, per evitare che andassero perduti. i 

Ora appunto l’Hansen escogitò un metodo col quale si riusciva, almeno 
uella maggior parte dei casi, ad applicare il calcolo anco al moto degli aste- 
roidi; ma l’esposizione prolissa, artifiziosa, contenente, parti non essenziali 
che l’autore ne fece, non valse a diffondere il suo trovato; il quale, con grande 
cruccio dell'Hansen stesso, rimase per Inngo tempo sconosciuto. 

Al difficile e lungo lavoro di studiare e moditare le dottrine dell’Hansen 
per rifonderle e riesporle, si accinse il Venturi. 

Nella tranquilla solitudine di Como--poichè egli fu sempre un solitario 
e fece da sè la propria educazione scientifica—egli non ebbe altro incorag- 
giamento che quello d’un sommo: di Giovauni Schiaparelli. Il Venturi lo an- 
dava a trovare di quando in quando all’osservatorio di Brera, in Milano: 
(era quanto bastasse; poichè quel grande lo avvalorava di fede è di costanza, 
in modo che il giovane studioso, al suo ritorno in Como, sentiva centuplicate 
le sue forze e vedeva il suo lavoro accumularsi prodigiosameate. 

Il metodo dell’Hansen fu dal Venturi interamente rifuso ed esposto in 
modo tutto suo. Egli tralasciò il superfluo; e, introducendo altre variabili, fun- 
zioni di quelle adoperate dall’Hansen, riuscì a svolgere la materia in modo 
naturale, chiaro e rigoroso. Inoltre, l’uso opportuno delle nuove variabili e 
frequenti riscontri istituiti, tanto indispensabili nei grandi calcoli, resero più 
agevolmente applicabile il metodo. E il Venturi stesso ne fece felicissima pro- 
va, applicando il metodo dell'Hansen, così da lui perfezionato, al calcolo delle 
perturbazioni assolute di Feronia (72), dovute all’attrazione di Giove: l'accordo 
tra osservazioni e calcolo riuscì maravigliosamente perfetto, dimostrando tra 
l’altro tutta l’utilità delle modificazioni apportate dal Veuturi al metodo. I due 
lavori monzionati — che furono i maggicri da Ini scritti in quel fecondo periodo 
— gli valsero il gran premio reale dell’Accademia dei Lincei perl Astronoinia, 
nel 1884. 


COMMEMORAZIONE Di ADOLFO VENTURI XXE 


Nel 1886, altri contributi egli portò a quelle questioni, escogitando una 
muova importante semplificazione al calcolo delle perturbazioni dei piccoli 
pianeti. 

Sul finire del 1887, veniva bandito il concorso per la cattedra di Geode- 
sia teoretica della nostra Università. A tutt'altro pensava il Venturi, piena la 
mente dei suoi studi prediletti; e non senza sorpresa si sentì consigliare dal- 
lo Schiaparelli di pren:ler parte al concorso. 

Seguendo tuttavia il consiglio del grande astronomo, egli si presentò e 
‘vinse la cattedra. Venuto, il 6 gennaio del 1888, nella nostra città — che da 
quel momento lo ebbe suo fino alla morte — egli, dotato com'era del più squi- 
sito amor proprio e della più grande versatilità, sentì il bisogno di segnalarsi 


‘anco nel nuovo campo di studi, e volle mettersi subito all’opera. 


Qui tutto mancava: gabinetto, strumenti, luogo per le osservazioni. Il Ven- 
turi seppe crear tutto: e ora il Gabinetto di Geodesia della nostra Università 
è nno dei meglio dotati d’Italia. 

Coadiuvato validamente dal Soler, che fu suo assistente fino: al 1902, il 
Venturi potè dare principio ai snoi lavori geodetici. Legò il nostro Osservato- 
rio astronomico e la Specola della Martorana del Gabinetto di Geodesia alla 
rete geodetica di 1° ordine, che trae la sua origine astronomica da Castanea, 
presso Messina; e pertanto, poichè dell’Osservatorio erau già note le coordi- 
nate astronomiche, potè determinare per questo punto le deviazioni locali in 
latitudine e longitadine. 

Nel 1891, per conto della Commissione geodetica italiana, determinò V’a- 
zimut di Monta Alfano sull’orizzonte della Martorana; e negli anni 1892-93-95, 
la latitudine astronomica della Martorana stessa; sicchè anco per questo secondo 
punto, avendosi le deviazioni in latitudine e azimut, si poteron dedurre la de- 
viazione totale della verticale e l’orientazione del suo piano. Così i due punti, 
Osservatorio astronomico e Martorana, restarono geodeticamente determina‘i. 
con tutta l’esattezza che si conviene a punti di 1° ordine. 

Non potendo il segnale di M. Alfano servire da mira notturna, il Venturi, 
nel 1899, determinò ancora un altro azimut sull’orizzonte della Martorana, 
quello, cioè, della lanterna del Faro. Queste nuove misure confermarono il 
valore dell’azimut. di M. Alfano, precedentemente determinato. 

Un altro ordine di ricerche riguarda ilcoefficiente di rifrazione geodetica. 
Su questo importante argomento non c'era che un unico lavoro italiano, ese- 


guito, nel 1877, dal Pucci, in Liguria. Il Venturi e il Soler eseguirono negli 


% 


SRXII G. MINEO 


anni 1891-92 una serie di osservazioni zenitali, reciproche e contemporanee, 
‘agli estremi della traiettoria Acclimazioni-Capo Gallo, che è iu ottime con-— 
dizioni, correndo in piena campagna per circa 12 chilometri e mezzo, con un 
dislivello di circa 489 metri. Per questa traiettoria le osservazioni mostrarono: 
piccole oscillazioni del coefficiente di rifrazioni terrestre, e confermarono il 
risultato avntosi in Liguria, vale a dire che in Italia esso coefficiente sia da 
ritenere più piccolo che negli altri paesi d’Europa continentale. 

Alle osservazioni terrestri se ne aggiunsero altre marine; e da queste ul- 
time.si dedusse nu coefficiente di rifrazione più variabile e in media più pic- 
colo di quello terrestre. 

Un nuovo contributo sull'argomento venne portato, nel 1895, dal Venturi 
in collaborazione con il Loperfido; e altri studi sulla rifrazione sono stati com-. 
piuti dal Gabinetto di Geodesia, non ancora venuti alla luce. 

Tanta mole di lavoro, faticoso per osservazioni e per calcolo, che occupa 


il Venturi per un dodicennio, dal 1888 al 1900, non riesce a stancare la sua 


fibra; chè egli trova modo, in quello stesso periodo di tempo, di calcolare. 


l’orbita definitiva della cometa, 1890 (IV), scoperta della Zona; di scrivere 
tre pregevoli lavori teorici: di pronunziare, per la solenne inangurazione del- 
l’anno accademico 1397-98, un magnifico discorso su le deftrine positive neî 
dinamismi del cielo, 

Dei tre lavori teorici, uno riguarda un caso generale di compensazione: 
degli angoli misurati in un puuto, per il qual caso si stabiliscono delle formole 
che in particolare comprendono quelle dello Schreiber. 

In un secondo lavoro, si propone nu metodo di courpensazione (definitiva), 
dei risultati nelle misure di gravità terrestre; il quale consiste essenzialmente 
nel tener. conto delle note condizioni rigorose, che legano le durate d’oscilla- 
zione d’uno stesso pendolo nei vari luoghi con i valori della gravità nei luo- 
ghi medesimi. Questo metodo, seguito dagli sperimentatori italiani, è il solo 
che permetta didedurre, in modo razionale, l’error medio che compete a una 
serie di misure di gravità relativa. 

Il terzo lavoro tratta delle proprietà angolari nel caso della rappresenta, 
zione, punto per puvto, d’una superficie qualuaque su di ua’altra. Queste pro-. 
prietà, molto elegaati, non erano state studiate, e dànno occasione, tra l’altro, 
all'autore di considerare due interessanti rappresentazioni, da lui chiamate 
merisogona Vuna e Isodromica Valtra 


Nè gli studi prediletti d’Astronomia vennero abbandonati dal Venturi: chè= 


COMMEMORAZIONE DI ADOLFO VENTURI XXIJI 


«se non ebbe modo di proseguire altre ricerche personali, egli incaricato fio 
dall’auno accademico 1888-89, del corso di Meccanica celeste, divuloò dalla 
-cattedra le più importanti e più moderne teorie sui corpi celesti e snlla Terra. 
Nei suoi vari e numerosi corsi egli svolse le teorie sulla forma e sul moto dei 
pianeti, sulle maree, sul problema dei tre corpi, sul problema meccanico della 
configurazione terrestre, esponendo i risultati del Poincaré, del Gyldén. dello 
Stokes, dell’Helmert. 

Codesti studi restarono in fondo la sua passione dominante, e negli ultimi 
anni di sua vita ne sentì tanto Ja nostalgia, che più volte fece proponimento a 
sè stesso di dedicavisi intero. Ma troppi altri impegni ne lo impedivano. E 
solo a quando a quando egli mostrava quanto ancora potesse l’ antico a- 
more: come p. es. col discorso inaugurale già ricordato, e in un articolo 
prbblicato un anno prima della sua morte, dal titolo Uro sguardo alla teoria 
delle orbite: articolo poderoso per dottrina e per critica, nel quale l’autore mostra 
quanta padronanza avesse della materia e come egli sapesse anco mettere una 
nota giusta in nn recente acre dibattito tra due campi, a capo dei quali stavano 
da una parte il Poincaré e dall’altra il Gyldén. 


Nel 1899, il Venturi intraprese un altro ciclo d'importantissimi lavori, che 
lo occuparono, si può dire, fino ai suoi ultimi giorni: voglio dire le determi- 
nazioni di gravità relativa, che tanta parte hanno oggidì nelle investigazioni 
sul problema meccanico della forma della Terra. La conoscenza, infatti, def 
valore della gravità in tutta la superficie, solida o liquida, della Terra—alla 
quale con vasta collaborazione attende quasi tutto il mondo civile — mette iu 
grado, per un celebre teorema di Stokes (posto poi in più viva luce dal Poin- 
caré) di determinare urna cosiddetta superficie di equilibrio, esteriore alla 
massa terrestre; nella qual determinazione si può dire appunto che consista 
il problema capitale della Geodesia. 

Ma c’è dippiù. Queste misure posson gettare qualche po’ di luce—sia 
pure in via probabile—sulla distribuzione delle masse nell’interno della terra 
problema che, come una sfinge, sfida l’nomo, scrutatore audace e fortunato di 
ciò che avviene nelle plaghe infinite del cielo, eppure ignarc di ciò che si 
nasconde a poca profondità sotto i suoi piedi! 

Giova, però, avvertire che, nota l’azione esterna d’un pianeta—e le mi- 
sure di gravità non fanno conoscere che quest’azione combinata con l’effetto 


della rotazione terrestre—resta purtroppo la più grande indeterminazione circa, 


XXIV G. MINEO 


la densità nel suo interno. Le belle ricerchs del Pizzstti e del Lauricella hanno: 
mostrato appunto il grado di questa indeterminazione. Nulladimeno, la cono— 
scenza della superficie esterna d’equ'librio in qualcosa vincola le ipotesi, che si 
posson fare sulla interna distribuzione della massa terrestre. E appunto una 

ipotesi, compatibilissima con la data azione esterna, si è venuta facendo strada, 

ricevendo numerose e brillanti conferme, sicchè ormai sembra la più bella 

conquista delia Geodesia moderna: voglio dire l’ipotesi (Faye, Pratt) che oggi 
va sotto il nome di rsostasi lerrestre. 

Una conseguerza importante di questa ipotesi è che in generale sotto i 
massicci con‘inentali debbano esistere, in certa maniera, dei vuoti, e invece 
sotto il fondo dei mari vi debba essere un addensamento di materia. Or be- 
ne; le misure di gravità, eseguite in terra e in mare, hanno corfermato questa. 
ipotesi in modo sorprendente. i 

Ognun vede, da questi cenni, la necessità che studi così importanti, già 
incominciati nell'Italia continentale, si estendessero alla Sicilia. E difatti il 
Venturi e il Riecò stabilirono di istituire un sistema di misure gravimwetriche 
nell'isola e nelle isolette vicine, riserbandosi il Riccò la regione orientale e il 
Venturi quella occidentale. i 

Acquistato sui fondi del consorzio universitario l'apparecchio di Sterneck 
per le determinazioni differenziali di gravità, il Venturi eseguì la prima sere 
delle sue osservazioni nell’estate del 1899; le proseguì l’anno appresso 1900; 
le ripre.e-dopo un’involontaria parentesi dovuta alle cure del sno Rettorato — 
nel quinquennio 1904=1908; e le conchinse nel 1910: ! 

La Sicilia è ormai l’unica grande iscla esplorata sisteaaricamente dal 
punto di vista gravimetrico. Le misure confermano l'ipotesi isostatica. Nel- 
l'interno dell’isola, e precisamente nel triangolo Villalba=Caltanissetta=0a -- 
strogiovanni, risultò luminosamente provata la deficienza di gravità, come la 
teoria prevedeva. Ma i risultati più notevoli furon quelli dedotti dalle osser- 
vazioni eseguite lungo la costa sud, da Mazzara a Vittoria, e dalle altre com — 
piute sull'altra sponda del mare siculo-africano, cioè sulla costa tunisina. 

Queste osservazioni, invero, posson dare qualche lnme sulla celebre con- 
troversia geologica, riguardante la possibile remota continuità della Sicilia con 
l'Africa; inquantochè, mentre le osservazioni graviwetriche, sulle coste setten- 
trionali e orientali dell’isola, dimostrarono, come vnole .l’ipotesi isostatica 
più forti eccessi di gravità, lungo la costa sud, invece, e sull’opposta sponda 


tuvisina, furon riscontrati eccessi di gravità assai più deboli. Orbene, questo» 


COMMEMORAZIONE DI ADOLFO VENTURI XXV 


interessante risultato non'avvalora la teoria catastrofica del Suess, del lento 
inabissarsi della Sicilia; ma può invece far pensare, con maggior probabilità, alla 
teoria opposta, avanzata da altri geologi, d'un lento sollevarsi del fondo del 


mare tra Mazzara e Tunisi. 


Le misure di gravità relativa richiedono le più scrupolose cautele, es- 
sendo soggette. a gravi canse d’errore. Ma quanta cura e sagacità vi met- 
tesse il Venturi è provato dai ripetuti e severi cimenti, cui l’opera suna fu sot- 
toposta, da lui stesso e da altri. Già l'apparato di Sterneck, da lui adoperato, 
aveva subito una prima campionatura a Vienna, nel 1899, dallo stesso inven- 
tore; ma il Vertari collegò ancora, nel 1905, le sne osservazioni gravimetri- 
che con le magistrali determinazioni eseguite a Padova dal compiarto Prof. 
Lorenzoni, autorevolissimo in materia, che s’incaricò della nuova campionatura 
dei pendoli; e mel 1906, infine, effettnò il collegamento con le altre misure 
eseguite dal Riccò nella partie orientale della Sicilia. 

Da questi cimenti l’opera del Venturi riescì brillantemente confortata. 
poichè i risultati di confronto furon sempré concordantissimi. 

Nè sembra che le recenti obiezioni, mosse contro la mensola a wnro, 
che si adopera nell’apparato di Sterneck, valgano a scuotere quello che si 
può chiamare il sistema gravimetrico siciliano. 

Contro la causa d’errore derivante dall’oscillazione del supporto (il Mrzsek- 
vigen dei Tedeschi) si può dire che il Venturi si sia garantito adoperando sempre 
muri maestri, in luoghi a terreno, e qualche volta in cantina: a questi la mensola 
veniva fissata rigidamente con robuste chiavarde, e la sua trascurabile flessione 
era messa in chiaro per mezzo d’un dinamometro. 

Fatto sta che il Borrass, nel sno esteso e poderoso rapporto, pubblicato nel 
1911 (') sulle misure di gravità relative eseguite in tutto il mondo, non solo, 
a proposito delle osservazioni del Venturi, scioglie ogni riserva precedente- 
mente fatta intorno alla questione del IMr/selinger, ma, sottoponendo le misure 
siciliane a nn rigoroso calcolo di compensazione, trova per le stazioni di rife- 
rimento di Palermo e Catania dei valori di g perfettamente concordanti con 
quelli dedotti nel sistema di Potsdam, e una correzione di appena + 0.001 cm. 
per la stazione intermediaria di Milazzo: il tutto con cn error medio contenuto 


nei limiti della tolleranza ammessa in siffatto genere di misure. 


(1) Comptes rendus des séances de la Seiziome Conference génirale de Association géodé- 


sique internattonale—Berlino—II Volume—1911. 


XXXVI C. MINEO 


Questo importantissimo confronto mostra ‘ancora una volta quanto sicura . 
sia la base sulla quale poggiano le misure gravimetriche siciliane. 

Non è, però, a stupirsi se negli altimi anni di sua vita il Venturi, di fronte 
a nuovi apparecchi che si venivano escogitàndo, si facesse strenuo difensore 
della mensola a muro di Sterneck, che risultati così belli aveva saputo dare 
nelle sue mani. 

Nel 1908, il fisico ungherese Rolando Eòtvis comunicò le sue prime os-. 
servazioni fatte con una bilancia di torsioni da lni ideata, la quale serve a 
determinare, non già direttamente il valore della gravità, ma i valori delle 
derivate seconde del potenziale terrestre, nel punto di stazione preso come 
origine di coordinate cartesiane. 

I valori di queste derivate seconde sono in generale di poche unità della 
nona cifra decimale del centimetro, e la sensihilissima bilancia dell’Ebtvos le 
dà con grande esattezza: sicchè potè sembrare che altrettanta esattezza si 
potesse ottenere nella determinazione della gravità col nnovo sensibilissimo stru- 
mento. Il Ventnri s'impadronì della questione,-e vi consacrò una lunga e lu- 
cissima memoria, in cni la teoria della bilancia di Hotvòs è esposta sistema- 
ticamente e compiutamente, come non aveva fatto neppure l’autore. Essa fu 
tanto ricercata in Italia e fuori che presto se ne esaurirono le copie, e non 
fu più possibile all’autore di socisfare alle richieste che ancora gliene ven- 
nero fatte. Ma quel che più importa è che il Venturi, con un'analisi minuta 
e acutissima — che in fondo !fn poi accettata dall’Eòtvòs medesimo (i) — 
stabilì il vero grado di sicurezza dei risultati, che erano da aspettarsi dalla bi- 
lancia, e dimostrò che, quanto a differenze di gravità — e in genere di compo- 
nenti d’attrazioni — la bilancia dell’Eòtvòs non supera la precisione delle Ces 
terminazioni pendolari; ma che essa è invece preziosissima come graviscopio 
per svelare le variazioni nell’assetto di masse vicine alla stazione o situate a 


piccola profondità, specialmente p. es. in regioni sismiche. 


In appresso il Venturi passò a esaminare davvicino le due più recenti 
obiezioni mosse alla mensola a muro: l’una riguardante la presunta non uni- 
formità di temperatura, a cagion del muro, nella camera d’aria contenente il 


pendolo; l’altra, l'oscillazione del supporto. Accurate esperienze, fatte nell’Isti- 


(1) Bericht iiber Geodatische Arbeiten in Ungarn, besonderes ber Beobachtungen mit der Drehwa- 


ge (Comptes rendus, per volume, 1910). 


COMMEMORAZIONE DI ADOLFO VENTURI XXVII 


quto di Geodesia, per mezzo d'una pila termoelettrica, dimostrarono la prima. 
obiezione affatto insussistente. 

Alla seconda più ardua questione il Venturi dedicò una memoria di ben 
120 pagine, trattando, nel modo più completo e più razionale ch’era possibile, 
il moto d’un bipendolo con riguardo all’elasticità del sostegno e all’effetto di 
eventuali forze esterne. i 

La cosiddetta correzione a supporto rigico fu messa nei suoi veri termini; 
e fn fatto vedere quali metodi e quali formole siano da seguire nei casi più 
generali, e a quali ipotesi le formole stesse sian legate. Restò provato, poi, che 
le formole in uso di Haasemaun, di Furtwaengler, di Borrass, non escono da 
un empirismo ristretto a un dato caso particolare, e sono in generale arbitra- 
rie o illusorie. A ogai modo, se una correzione a supporto rigico si ha da fa- 
re, è preferibile farla per nna mensola a muro, anzichè per un bipendolo o- 
scillante sopra un pilastro isolato; giacchè per la mensola a mnro la correzione 
sarà o trascurabile o confinata in limiti assai più ristretti che non negli altri 
casi: e l’analisi del Venturi prova che una correzione a supporto rigido tanto 
più è meritevole di fiducia quanto più essa è piccola. 

Quanto poi agli effetti dovati all’azione di eventuali forze esterne, che il 
Venturi studia in un lungo capitolo, non è in generale possibile tenerne conto; è 
in ogui caso il bipendolo, sotto questo punto di vista, non ha alcun vantag- 
gio salla mensola a muro. 

Ma il Venturi non si contentò della sua analisi matematica, nella quale, 
per necessità, qualche ipotesi s'era dovuta introdurre. È in fatti abbastanza 
arduo sottoporre a calcolo le reazioni elastiche, per poco che ci si scosti dai 
classici schematici esempi trattati dalla Fisica matematica. Egli pensò allora 
di porre la questione sul solido terreno sperimentale, e, fatto costruire un in- 
terferometro, cominciò per mezzo di esso a sindiare la flessione della mensola 
a muro, mettendo, in questa nuova ricerca, come soleva, tutta la sua vigoria 
sempre giovanile. E chi mai, vedendolo con tanta lena all’opera, avrebbe potuto 
pensare che egli non l'avrebbe condotta a fine? 


Purtroppo fu così. Nel triste. pomeriggio del 28 dicembre scorso, la no- 
tizia della sua morte si sparse per la città, destando ii più doloroso stupore 
e il più vivo rammarico, 

Professori, studenti, ammiratori, semplici conoscenti che avevano avuto l’oc- 


casione di avvicinarlo qualche volta, o che lo conoscevan soltanto di saluto, 


XXVIII C. MINEO 


percossi dalla notizia, avevano parule di compiauto, rievocatrici della figura 
simpatica e dei tratti gentili dell’nomo, ch'era scomparso. j 

Poichè egli era amato nella nostra città: non soltanto perchè vi aveva in- 
segnato per ventisei anni ininterrotti, non soltanto per la sua fama di scien- 
‘ziato è per le numerose cariche ch'egli rivestiva, ma anco perchè Adolfo Venturi, 
così ricco di vita interiore, aveva delle squisite qualità d’intelletto, che lo ren- 
devano caro e ammirato in una cerchia assai più ampia di quella che gli 
gotevan consentire i suoi studi speciali. 

Egli aveva una larga coltura letteraria e storica; possedeva una delicata 
anima d’artista, sì ch'era qualche volta un godimento sentirgli dire un canto 
di Virgilio, o recitare nun sonetto del Belli, o un altro del Fucini, ch'egli reudeva 
con maravigliosa arguzia, nel vernacolo pisano. Della musica era nu appassionato 
e da giuvinetto uon gliene fu estrauea la tecnica. Cou quauta anima egli sapeva 
commentare una pagina di Verdi o di Beethoven! 

Era auco nn inteudente di pittura e d'architettura: qualità che gli furono 
riconosciute con la nomina a membro della Commissione couservatrice dei 
monumenti per la nostra provincia. 

Era, in una parola, aperto a tutte le manifestazioni del bello, e la suna 
conversazione era non soltanto densa di pensiero, ma piena di fascino. 

Così nelle sue lezioni egli non solo metteva tutta la sua valentìa di scieu- 
ziato, ma anco tutta la sua anima d'artista. Una vera corrente di simpatia si 


stabiliva tra lui e i suoi ascoltatori, ciascuno dei quali egli scratava a quando 


a quando col suo occhio penetrante, per vedere so ne fosse seguito e inteso. 


Non c’è ingegnere, che sia stato suo allievo, che non ricordi le sue indimen- 
ticabili lezioui. Egli, con mano sicura, riesciva a mettere nella più viva Ince 
il vero ufficio, che alla Geodesia destinava l’ordiramento scolastico testè abolito? 
Questa scienza segnava come il trapasso tra l'indirizzo forse troppo rigida- 
mente teorico del primo biennio universitario è quello qualche volta troppo pra- 
fico delle scuole d’applicazione: e nessuno meglio del Veuturi sapeva far sen- 
tire con vero spirito filosofiro, la necessità del doppio pmito di vista per il 
quale la teoria deve uscire: dal suo rigido schematismo e cercare il contatto 
fecondo coi fatti, se non vnole rimanere semplice specnlazione; mentre questi 
ultimi non dànno Juogo che a un arbitrario pluralistico empirismo, senza la 
viva luce e ja potenza nnificatrice della teoria. 
Lo lezioni, piene di fuoco, del Venturi avevan la virtà d’infiammare. Sé 


vi trascurava qualche volta quello stretto rigore formale, proprio della mate 


COMMEMORAZIONE DI ADOLFO VENTURI XXIX 


‘matica, vi metteva però sempre quella potenza di sintesi, che ha il pregio di 
«dar più vivo risalto ed espressione più efficace alle parti più fondamentali rim- 
petto alle secondarie: ed egli sapeva distinguere, cou giusta misura, Inci e 
ombre nel quadro, che, con tavolozza smagliante, veniva componendo davanti 
‘al suoi ascoltatori. 

Così si spiega che la fama di un suo corso di Calcolo infinitesimalo, dato 
nella nostra Università negli anni 1894 e ’95, andasse oltre di qui; e che le 
sne belle lezioni di Meccanica celeste fossero frequentatissime e apprezzate 
anco dagli studenti di matematica pura. 

Dei suoi allievi il Venturi si ricordava sempre: incontrandoli, li fosteg- 
giava, e, anco dopo tanti anni, li chiamava confidenzialmente per nome, 

E i suoi allievi lo ricambiavano di pari amore; e quanti, dei suoi più an- 


ti! non vennero a rendergli l’estromo tributo d’affetto nel giorno dei funeralil 


Adolfo Venturi possedette ancora il più alto sentimento del dovere, la co- 
scienziosità più scrupolosa. 

Citerò un fatto. A Como, come ho ricordato, egli ebbe l’incarico d’inse- 
gnare le scienze naturali in quella scuola tecnica. Il Ventari, invece di cavar- 
sela alla meglio, come è corrente costume in simili casi, si mise a studiare 
sul serio, a fare delle escursioni, a erborizzare; e divenne presto un perfetto 
conoscitore della flora alpina e un cultore appassionato di mineralogia e geo- 
logia: passione che non lo lasciò più, tantochè riuscì persino a formarsi una 
collezione assai pregevole di minerali. 

U suo grande amor proprio non gli lasciò, qualche volta, negli ultimi suoi 
anni, la serena coscienza dell’alto valore, che. ebbe sempre l'opera sua di 
scienziato e d’insegnante. Gli sembrò di decadere, sol perchè ricordevole della 
gagliarda esuberante energia dei suoi primi auni, non sapeva adattarsi all’ine- 
sorabile legge del tempo, mal riconoscendo che sulle sudate carze, come cantò 
il Leopardi, il meglio si spende della giovinezza e di se stessi | 

Eppure, a sessantadne anni, egli possedeva tanta pieghevolezza Gi mente 
da assoggettarsi all’improba giovanile fatica di rifare da cima a fondo il corso 
di Geodesia, per meglio adattarlo a un uditorio orinai composto quasi esclu- 
sivamente di studenti di matematica pura. 

La morte lo colse sulla breccia, intento a nuovi studi e a nuove espe- 
rienze, occupato nelle sne molteplici cariche | 


Egli—perchè non dirlo?—-ambì le pubbliche cariche; ma le ambì per 


XXX C. MINEO 


darvi poi tutto sè stesso, sicchè esse divenivano il sno costante pensiero, il 
sno tormento, la sua vita stessa. 

E non c'è carica per la quale egli sia passato senza lasciarvi tracce pro- 
fonde e indelebili dell’opera sna. i : 

Lo dica il suo lungo Rettorato, durante il quale, a tacer d’altro, egli, 
con la sna opera instancabile, contribuì validamente a ottenere dal Governo i 
sei milioni largiti da Garibaldi alle università siciliane: non esitando per 
questo scopo a scendere — tribuno improvvisato — in pubblico comizio. 

Al Circolo di cultura egli dedicò pèr tanti anni i suoi nobili sforzi, 
per dargli il fiorente sviluppo ormai acquistato, e per conservargli, con. gelo- 
sa e ferma cnra, il carattere di purissimo centro intellettuale della nostra 
città. 

Nell’ultimo triennio fu Presidente della Giuvta di vigilanza per il nostro 
istituto tecnico, e col suo solito zelo ne prese fortemente a cuore le sorti. 
In momenti difficili, egli, come pià da Rettore, fn visto scendere in mezzo 
agli studenti e arringarli con la sna parola severa, ma calda e affettuosa. 
E gli studenti lo ascoltaron sempre cou reverenza, poichè egli, giovane di 
spiriti, s:peva stare tra i giovani, dei quali sapeva far vibrare le corde più 
sensibili, e li conduceva dove volesse. 

Non tocca a me dire delle benemerenze di lui come Vice-Presidente 
della R. Accademia di Palermo, nè descrivere qual parte vivissima egli pren- 
desse alla nostra vita universitaria. 

Nè a voi ho bisogno di ricordare l’opera, che come Presidente, egli de- 
dicò. a questa Società, in cui hu l'onore di parlare. Altri l’ha fatto più auto-- 
revolmente. 

Ora, l’uomo da cni s'irradiavano tanta luce di scienza e tante vibrazioni 
d’entusiasmo operoso e fecondo, ha cessato di vivere la suna vita fisica. Ma 
Adolfo Venturi appartiene a quella cetegoria d’nomini che durano assai più. 
della loro esistenza materiale. ; 

Egli vive dentro noi. Noi non potremo muovere per i Inoghi ch’egli riempì 
della sua fervida opera, non potremo salire in quella sua specola della Mar- 
torana, senza che la sna figura ci si disegni viva nella mente. 

Egli vive e vivrà dentro noi come una forza operosa: e se stanchezza o sgo-- 
mento ci fermerà qualche volta a mezzo del nostro arduo e faticoso lavoro, ci. 
parrà di sentir sonare nell’anirra nostra la sua voce incitatrice; « Innanzi. 


innanzi sempre! ». 


1889. 


COMMEMMORAZIONE DI ADOLFO VENTISRI XXXE 


Elenco delle pubblicazioni di ADOLFO VENTURI. 


. Teoria del moto della Terra attorno al suo centro di gravità (Como, Tipografia munici- 


pale di A. Giorgetti). 


. Sul moto perturbato delle comete. Tesi di abilitazione (Pisa, Tip. Nistri). 


. Metodo di Hansen per calcolare le perturbazioni dei piccoli pianeti, interamente rifuso 


ed originalmente esposto (Pubblicazioni del Reale Osservatorio di Brera in Milano 
ING SOUS 


. Le perturbazioni assolute di Feronia (72) prodotte dall’attrazione di Giove (Accademia 


dei Lincei). 

Di una notevole semplificazione nel calcolo delle perturbazioni dei piccoli pianeti (Pub- 
blicazione del r. Oss. di Brera in Milano, N. XXVIII). 

Sulla formazione delle immagini di oggetti celesti o terrestri sulle grandi snperficii li- 
quide della Terra (Memorie della Società degli Spettroscopisti italiani). 

Dell’influenza che la rifrazione astronomico-geodetica esercita sulla formazione dell’im- 


magine del Sole nascente riflesso sul mare (Lincei). 


. Nuova determinazione della deviazione locale in latitudine e in longitudiue dell’Ossere 


vatorio di Palermo (Giornale di Scienze naturali ed economiche di Palermo). 


Sopra un caso generale di compensazione angolare (Circolo Matematico d Palermo). 


. Azimut di Monte Alfano sull’orizzonte della specola geodetica della Martorana in Pa- 


lermo (R. Commissione geodetica italiana). 

Relazione sul nuovo istromento universale costruito dall’ing. Salmoiraghi, appartenente 
al Gabinetto di Geodesia della r. Università di Palermo (Il Politecnico. Gior. dell'Ing. 
Arch. Civil. ed Ind.) 

Sulla ricerca del coefficiente di rifrazione in Sicilia (Relazione letta nella R. Accade- 


mia di Palermo). 


. Prime ricerche sul coefficivute di rifrazione in Sicilia. In collaborazione con E. Soler 


(R. Accademia di Palermo). 


. Sul coefficiente di rifrazione in Sicilia. Secondo contributo in collaborazione con A. 


Loperfido, (Rivista di Topografia e Catasto, Torino). 


. Orbita definitiva della cometa 1890, IV (Zona) [Giornale di Se. nat. ed econ. di Palermo]. 
. Sulla latitudine della specola geodetica della Martorana in Palermo (Lincei). 


. Sopra alcune proprietà rappreseutative degli angoli e sulla proiezione isodromica (Ri- 


vista geografica italiana). 
Le dottrine positive nei dinamismi del cielo. Discorso inaugurale dell’anno accademico 
TÀ 


nella r. Università di Palermo. 


XXX_L. SI NRIOMINO Neto 


1899. Azimut della lanterna del Faro sull'orizzonte della specola geodetica della Martorana» 


— ' È 


(Giornale di Sc. nat. ed econ. di Palermo). pets En 3 Ea ha o 
1900. Sulla compensazione dei risultati nelle misure di gravità relativa torrestre (Nuovo Cimento)... | | | Da der 
1901. Determinazioni di gravità relativa nella regione occidentale della Sicilia (R. Accade- 


mia di Palermo). ) s io 


1908. L'università di Palermo e i crediti che vanta verso lo Stato (Stab. Tip. Giannitrapani: 
in Palermo). ; dati - 5 qui i 
1904.. Sulla compensazione delle misure di gravità relativa in rapporto alla possibile varia- e 


| bilità dei pendoli (Società degli Spettroscopisti italiani). 


+ 


ca 


1905. Nuove determinazioni di gravità relativa in Sicilia (Lincei). 
1906. Riassunto dei lavori di collegamento e: di verifica del valore della gravità in Falerito. 
ve (Lincei). | I 
i 1907. Terza campagna gravimotriea in Sicilia nel 1905 (Lincei). Bac "SoS SE 
» Relazione sulle misure di gravità relativa eseguite in Sicilia nel triennio 1904-06 (R. 
Accademia di Palermo). Pte I ® HE SI 


sui 1908. Teoria della bilancia di forsione di Eéitrés (R. Accademia di Palerwa). | Me. 


SA 1909. Quarta compagna gravimetrica in Sicilia nel 1906 (Lincei). 
1910. Determinazioni complemeutari di gravità in Sicilia nel 1907 (Lipeei}. | 2 RR 


» Corca d’oro. Dati fisico-geodetici (Stab. Tip. Virzì in Palermo). ci NECA] apr 


1911. Gl’integrali generali del woto del bipendolo in relaziohe a movimenti intrinseci ed e- SR 

strinseci del supporto (R. Accademia di Palermo), G i > ” n 
è 1912. Determinazione di gravità relativa in Tunisia e a Malta nel 1908 (Lincei). _ pa 
; 1915. Uno sguardo alla Teoria delle orbite (Rivista di Astronomia e scienze affini). 


41914. Determinaziori complementari di gravità in Sicilia eseguite nel 1910 (Lincei). ; Not 


1915. Lezioni di Geodesia teoretica (Libreria scientifica Donato Capozzi, Palermo}. 


Per la memoria del prof. A. Venturi 


(parole pronunziate del prof, G. Di Steseno il 29 geonaio 


1915, dcpo la commemorazione letta dal Prof, Mineo) 


. Le importanti Commemorazioni che del Prof. Venturi havno fatto il Prof. 
Mineo, oggi in seno alla nostra Società, e il Prof. Bagnera al Circolo di 
Coliura, esanriscono l'argomento, sicchè non credo che si possa aggiungere 
altro per mettere in rilievo la figura dell’eminente scienziato. Nondimeno, per 
sfogo del mio anitro. addolorato, mi si permetta ancora di mandare un estre- 
mo saluto alla me.roria del venerato nostro Presidente. del carissimo collega 
ed amico. 

Il Prof. Venturi è stato uno dei Presidenti più ntili pel nostro sodalizio. 
Tegato a lni da’ miei doveri di ufficio, come bibliotecario. eda un'amicizia sin 
cera e cordiale, sono stato quotidianamente testimone ‘del sno. vivo, costante 
interessamento per la Società di Scienze Naturali ed Economiche, in pro’ della 
quale egli spese buona parte della sna eccezionale attività, rilevandone le cen- 
dizioni finanziarie elavorando sempre con grande cura per accrescerne il decoro. 

Il Prof. Venturi, per agilità di mente e vastità di cultura, per innata ur- 
banità di modi, misura e giusta estimazione degli nomiui e delle cose, era ib 
Presidente nato, Si assimilava tutti gli argomenti, e in qualunque ufficio stes- 
se, Rettore, Preside di Facoltà, capo di Accademie di società e di Giunie, fa - 


ceva spiccare le sue elette qualità di spirito, la suna equità è la grande retti - 


RAXIV G. DI-STEFANO 


tudine. Astronomo e geodeta, era auche nn appassionato naturalista. Nell’Uni- 
versità di Pisa aveva frequentate le lezioni del Meneghini e del D’Achiardi,e 
da questi studi era nato il suo grande amore per le Scienze naturali e l'intenso 
affetto per la nostra Società. 

Sno vivo desiderio fu sempre quello di trovare un decoroso collocamento 
per la ricca e importante biblioteca che la Società ha costituito con i 
cambi affluenti da ogni regione civile; e quando a questo era pervenuto, 
mercè la generosa concessione del Prof. Raffaele, direttore dell’Istituto Zoo- 
logia e Anatomia comparata della nostra Università; quando egli voleva 
riunirci per inaugurare quel nuovo ordinamento dei libri, la morte lo colse: 
amarezza del destino. i 

Il mio dolore per la suna perdita trova certamente corrispondenza nei vo- 
stri cnori. Io credo di potermi rendere interprete di tutta la Società di Scienze 
Naturali ed Economiche mandando oggi un altro saluto alla memoria dell’in- 
comparabile Presidente e dell'amico affettuoso, un saluto che sia l’espressione 
ciel nostro cordoglio e della nostra gratitudine! 


Giov. Di Stefano 


ua AS 


| GOMMEMORAZIONI | 


Jette il 20 giugno 1914 ed il 26 giugno 1915 


Eduardo Suess 


Il 26 Aprile 1914 cessava di vivere, a 82 anni Eduardo Sness, l’eminen te 
professore di Goologia dell’Università di Vienna. capo indiscusso della mo- 
derna scnola geologica. La nostra Società di Scienze Naturali ed Economiche 
sente il dovere di reudere il dovuto omaggio alia memoria di chi aprì nuove 
vie alla scienza e, tra gli Austriaci, fu uno dei pochiamici e giusti estimatori 
dell’Italia. 

Riesce difficile di potere compendiare in nn breve quadro tutto il sno 
lavoro scientifico, che fu assai esteso, profondo e multilaterale; basterà qui 
d’illustrare suecintamente le partì più importanti della sna vasta opera. 

Jdnardo Suess nacque a Londra, il 20 Agosto 1831, da una famiglia vien- 
nose di religione protestante, oriunda della Sassonia; studiò ingegneria industriale 
principalmente a Praga e nel 1887 entrò come custode aggiunto, nello A6f-Mf- 
neralien-Kabinett di Vieuna. cioè in quello che ora è il Museo di Storia Natu- 
rale di Corte. Nel 1857 Haidinger, bnon conoscitore. degli nomini, lo feci 
nominare professore staordinario di Paleontologia nell'università di Vienna, 
cattedra che nel 1862 il sSness cambiò con quella di Geologia, divenendone 
ordinario nel 1867. 

11Suess cominciò a farsi assai favore rolmente conoscere perilavoriimportanti 
sui graptoliti, sui brachiopodi, sugli ainmoniti e sui mammiferi ‘terziari. Di 
speciale valore per la scienza sono le sne osservazioni sull’apparecchio bra- 


chiale, sulle sistematica, sullo /ubilaf e sulla distribuzione geologica dei bra- 


XXXVIII G. DI-STEFANO 


chiopodi, nonchè quelli sui rapporti degli ammoniti col vivente geuere Nautilus ©- 
sulla loro sistematica. 

Con l’occupazione della cattedra di Geologia, il Suess rivolse i suoi studi 
sul campo geologico, seguendo essenzialmente l’indirizzo stratigrafico. Così. 
pubblicò gli scritti sullo smembramento dei terreni terziari dell’Anstria (1866) 
e del Vicentino (1868); sul Trias e sul Giura delle Alpi occidentali (1867, 
1868); sulla esistenza del Rothhegende nelle Alpi meridionali (1868,: 1869) 
sulla stratigrafia dei monti del gruppo dello Osterhorn (1866), ecc. Il terre- 
moto di Neulenbach uella Bassa Austria lo attrasse sullo studio dell’origine dei 
terremoti, che mise inrelazione con la tettonica delle regioni. ConilJavoro Die Er- 
dbeberr Niederoesterreichs (1873) e l’altro Die Erdbeben des siùllichen Italiens 
(1874), preceduto dalla Mamoria Uber den Ban der italienischen Halbinsel (1872), 
il Sness aprì nuove vie alla scienza. 

Da allora in poi egli sviluppò i snoi studi di tettonica. che lo resero 
meritamente celebre in tutto il mondo. Nella piccola sna importantissima 
Memoria Die Entstehung der Alpen (1375) iniziò l’esame del più grande pro- 
blema della tettonica terrestre, cioè del modo di formazione delle montagne 
pouendo le basidi nnedificio scientificoche diede la spinta a fecondi risultati 

Allora predominavauo le idee di L. vy. Buch e di E. de Beaumont; secondo 
l'uno, le montagne erano formate da una spinta da sotto in su, per opera di 
una forza sconosciuta o per pressioni laterali lungo un asse vulcanico catene di 
dovute alla peuetrazione di roccie eruttive; secondo l’altro, la direzione delle 
montagne dipendeva da leggi geometriche. Il Suess, sostenne che le Alpi erano 
invece originate da una spinta tangenziale, unilaterale, proveniente dal Sud. 

Poste tali idee, il Suess intese la necessità di dovere studiar tutta la terra. 
È qui dove si manifestò tutta la grandezza del suo iugegno e l’utilità del suo 
metodo. Egli ricercò e raggruppò tutti i fatti conosciuti da un punto di vista 
generale, e li paragonò, facendo mostra di nua erudizione meravigliosa. Così 


creò la Geologia comparata, nella quale tutte le osservazioni sulla crosta ter- 


restre, piccole o grandi, furono tenute in conto e messe nel loro vero signifi-- 


cato, e furono dedotte le risoluzioni dei problemi, senza ipotesi di principio. Nella 


poderosa opera Das Antitz der Erde, la cui pubblicazione in varie parti durò.. 


Et e AI 


G. DI-STEFANO - XXXIX 


dal 1883 al 1909, con forma classica e scultoria furono esposte tutte le osser, 
vazioni di un secolo, e mostrato che sui tratti principali della fisonomia del- 
la terra può leggersi la sua storia. 

Chi scrive ebbe il bene di seguire, negli anni 1884 e 1885, nell’università 


di Vienna. il corso delle lezioni del Suess snll’origine delle Alpi e sulla in- 


‘terpetrazione fisica dal Diluvio. L’uditorio. rimaneva stupefatto davanti a quella 


calda e suggestiva parola e a quella vasta sintesi, mentre il waestro, spessò 
senza giacca, armato di un lungo indicatore andava rapidamente da un’esiremità 
all’altra della grande tavola dimostrativa, accompagnando non di raro l'esposizione 
Celle sne idee con istrnttivi disegni improvvisati sulla grande javagna. 

Ii riassunto, il Suess riguarda le catene montagnose, che descrisse splen- 
didainente tutte, come originate per opera di uua spinta laterale proveriente da 
Sud in Europa, e dal Nord in Asia, per la quale le masse rocciose si muovono 
sulla loro base e sono spinte contro degli ostacoli preesistenti, cioè contro i resti- 
di antiche catene divenute stabili. Così ne risultano catene a corso arcnato, 
il cui lato esterno, convesso, è costituito da pieghe inclinate e rovesciate nel 
senso della spinta, e l’interno, eoncavo, è spezzato da sprofondamenti. Per lui 
gl’inabissamenti formano l’elemento essenziale del rilievo della crosta terrestre: 

Die Binbriiche sind es welche die Wisser in tiefen Weltmeeren gesammelt ha- 
ben; hiedurch erst sind Continente enistanden und sind Wesen inbglich. gewor- 
den, velche durch Lungen athmen (Das Antntlte der Erde, I, pag. 178). 

La messe dei fatti raccolti e illustrati dal Suess è inaudita; egli diede l’a- 
nalisi delle dislocazioni terrestri, introducendo nella scienza delle parole nuove 
prese dal linguaggio dei minatori boemi; fece rilevare la molteplicità, l’esten-' 
sione, il significato e l’importanza delle trasgressioni delle regressioni degli oceani 
nella storia della terra;la differenza di tipo tra le coste del Pacifico e quelle del- 
l'Atlantico; mise bene in chiaro l’esistenza delle varie fasi di corrugamente 
terrestre e dei cinque grandi continenti antichi, che denominò: Lazreriza, 
Fennoscandia, Angaraland, Gondwahaland, Antarklis; trattò, in modo originale, le 
relazioni tra la posizione dei vulcani e la struttura dei monti ecc. Nello svi- 
luppare lentamente le sne idee trovò anche la necessità di doverle modificare 


‘0 estendere, assimilandosi molti fatti nuovi. 


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G. DI-STEFANO 


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Le opinion del Sness sollevarono vivi eutusiasmi ed accanite contraddi- 
zioni. Si obbiettò che l'importanza data agli sprofondamenti nella formazione 
del rilievo terrestre è esagerata; che lo stadio della distribuzione dei mari nelle. 
epoche geologiche mostra invoce che l'accrescimento delle terre è stato su- 
periore alle perdite; che spesso le montagne sembrano di esser nate per l'a-. 
zione di forze bilaterali; che la cansa dell’unilateralità di certe ‘catene mon- 
tuose e del loro corso arcuato rimase sempre oscura, e che in non pochi casi 
forse la fantasia avanzò il ragionamento. Però dalle approvazioni o dalle com 
traddizioni la sna personalità scientifica non rimase accrescinta, nè dimi- 
nuita, nè fn menomata la graudezza dell’opera sua, che segna un nuovo e fe 
condo movimento d'idee in Geologia. i 

Per l'impulso dato dal Suess, l’indirizzo della Geologla è ora prevalente 
mente tettonico: ma a lni, che è il fondatore della teoria delle sopraspinte o- 
rizzontali di montagne antiche sn altre giovani, la quale trova spesso fondamen- 
to nei fatti, non si può far colpa delle esagerazioni in cui sono iucorsi an-. 
tori posteriori francesi e. svizzeri. i 

Il Suess non rimos cheinso nel giro della sola speculazione scientifica, per 
quanto vasta ed importante; ma, dotato di. spirito pratico, sì eccnpò con sne-. 
cesso delle applicazioni della Geologia. Egli scrisse sui materiali costruttivi. 
di Vieuna (1851-1262); sulla costitnzione del sottosnolo di questa città in rap- 
porto alla vita cittadina (1862); sulle acque sotterranee della regione danubiana 
(1865); sulle sorgenti salutifore della Boemia (1879); sul salgemma di Weliczka 
(1868); sull'avvenire dell'oro (1877)'e dell'argento (1392), con le quali due ultime 
note prese posto trai bimetallisti, ecc. Egli fu l’antore del progetto dell’alimenta-. 
ziono idrica di Vienna (1863), che, eseguito nel 1873 con la derivazione delle 
acque dello Schneeberg, gli meritò la nomina a cittadino onorario di quella città. 

Il Snoss fu operoso consigliere comunale di Vienna, membro del Zard/ag e 
deputato al Parlamento austriaco, nel quale per l’alta mente e per l’arte oratoria, 
occupò un posto molto elevato. La vita di questo amico dell'Italia fu così uobilmente 
e utilmente spesa, che ‘il suo nome resterà scritto a caratteri indelebili nella: 
storia della scienza, accanto a quello dei riformatori, come Werner, Hutton e I yellk. 


(20 Gingno 1914) G. Di Stefano, 


Giovanni Struever 


La lista dei nostri cari consoci che recentemente hanuo lasciato la vita 
è purtroppo lunga! Il 21 febbraio 1915 improvvisamente cessava di vivere 
il comm. Giovanni Struever, professore ordinario di Mineralogia nell’Uni- 
versità di Roma, socio della R. Accademia dei Lincei e della Società Italiana 
dei XL. Egli era socio corrispondente della Società di Scienze Naturali ed Eco- 
nomiche di Palerwo sin dal 1890. La sua memoria va oggi specialmente ri- 
cordata, perchè lo Struever è stato il creatore della Sciola mineralogica mo- 
derna in Italia e uno scienzato insigne in tntti i rami della Mineralogia. 
Giovanni Strnever nacque il 25 gennaio 1342 a Branschwcig. A 19 anni 
s'inserisse nella Facoltà di Filosofia dell’Università di Gottinga, come studente 
di matematiche e scienze vaturali. Egli ebbe maestri insigni nelle singole di- 
scipline naturali, come Sartorius von Waltershausen per la Mineralogia; von 
Seebach per la Geologia e la Palecntologia; Keferstein per la Zoologia e l’Ana- 
tomia comparata: Henle per l’Anatomia umana; Griesbah per la Botanica; Woh- 
ler perla Chimica, ecc., e dailoroinsegnamenti derivò, non solo il suo grande 
amore per le scienze fisiche e chimiche, ma anche quello per le biologiche. 
Lo Struever ottenne la laara il 19 agosto 1864, presentando una importante, 
tesi di Paleontologia, ottimamente esegnita, dal titolo: Die fossile Fische aus dem 
obern Keupersandstein von Coburg (Zeitschr. d. deutsch. geol. Ges., XVI, 1864). 
Di già, sin dal secondo anno di Università, era divenuto assistente di Sar- 


torius von Waltershausen. Pochi mesi dopo la laurea fu cliamata in Italia, 


XLII G. DI-STEFANO 


per opera di Quintino Sella, e nominato assistente del prof. B. Gastaldi alla 
Cattedra di Geologia e Mineralogia della Scuola di Applicazione degl’inge- 
gneri di Torino (30 dicembre 1864). Egli rimase in questo ufficio sino al 1870, 
e così ebbe occasione di utilmente coadiuvare il Gastaldi nella formazione della 
Carta geologica delle Alpi. Il 26 febbraio 1868 fu nominato professore di Geo- 
logia e Mineralogia nel Museo industriale di Torino, e nel 1871 straordinario 
presso quella Università, dove stette fino al 1875, anno in fu cui chiamato, quale 
professore ordinario di Mineralogia, nell'Università di Roma, in base all’ar- 
ticolo 69 della legge Casati. 

Giovanni Struever fn uno dei massimi cultori della Mineralogia. Egli trattò 
i problemi della cristallografia con grande larghezza di vedute e profondo 
spirito critico. Le sne monografie sulla pirite del Piemonte a dell'Elba e sui 
giacimenti minerali della Val d’Ala sono oramai classiche. Nelle ricerche di 
Cristallografia chimica lasciò tracce imperiture, cor lo stadio dei derivati della 
Santonina, preparatagli dal prof. Caunizzaro. 

Lo Struever fu anche in Italia nno dei primi cultori della Petrografia 
Nel suo Contributo allo studio dei graniti della Bassa Valsesia, 1890, mostrò 
il sno notevole valore anche come geologo. 

Oltre che all'insegnamento e alte ricerche scientifiche, l’illustre studioso 
dedicò la sua vita all’incremeato del Museo di Minerologia dell’Università 
di Roma, il quale è ormai il più corupleto e il più importante in Italia. Egli 
vi raccolse circa 23000 campioni di minerali, di cui quasi 10000 fnrono da 
dui donati. 

È già stato rilevato dal Millosevch e dal Rosati che lo Struever poteva 
sembrare a prima vista un misantropo, mentre invece era molto affabile, di 
cuore generoso e pieno di delicatezza. Posso attestarlo anche io, che nella 
mia lunga dimora a Roma ebbi il bene di godere la sua stima e la sua 
benevolenza. Carattere retto, sincero e aperto, lascia un lutto grave, non sol- 
tanto nella scienza, ma anche nel cuore di quanti lo avvicinarono. 

(26 Giugno 1915) 


Giov. Di Stefano. 


Fmerico Carapezza 


La perdita dell'ing. Emerico Carapezza, avvenuta improvvisamente a Pa- 
lermoil 1° febbraio 1915, è tanto dolorosa per la Società di Scienze Naturali 
ed Economiche, quanto per l’Istituto universitario di Geologia. 

Egli nacque a Petralia Sottana, a 27 Gennaio 1861, dal cav. Luigi e dalla signora 
Rosa Rampolla del Tindaro; ottenne la laurea d’ingegnere civile il5 dicembre 1887, 
e fu al 1° marzo 1887 nominato assistente presso la cattedra di Geologia appli- 
cato della R. Scuola d’Applicazione degl’ingegueri in Palermo, quando quel- 
l’insegnamento era impartito dell’insigne prof. G. G. Gemmellaro. Fu eletto socio 
corrispondente della nostra Società nel 1892, ed ebbe sempre per essa il più 
grande interesse. Divenuto Vice-bibliotecario nel 1905, lavorò molto al rior- 
dinamento della importante biblioteca sociale, e tenne inoltre costantemente con 
cura la corrispondenza della Società. 

Al 23 marzo 1908 ottenne, per esami, la libera docenza in Geologia e 
Paleontologia. Il Carapezza fu del prof. Gemmellaro coadiatore zelante ed 
affettuoso, a lui legato da una amicizia vivissina, e tale fu anche per me. Egli 
nutrì per la preziosa collezione dell’Istitnto geologico un amore profondo, poi- 
chè ben conosceva quanto studio, quante ricerche e quanta spesa costava! I 
nostri successori, che godranno di quell’ingente materiale scientifico, potranno 


avere per esso la stessa nostra ammirazione, ma non un affetto eguale! 


XLIV G. DI-STEFANO 


La salute del Caparezza era da gran tempo minata dagravi malattie, sic- 
chè egli non potè riuscire un produttore fecondo di lavori scientifici; tut- 
tavia fece importanti pubblicazioni, una, incollaborazione con l’ing. F. P. Ta- 
glierini, Sopra talune specie fossili provententi dal calcare bianco cristallino della 
montagna del: Casale presso Busambra, im prov. di Palermo (Boll. d. Soc. di Se. 
nat. e con. di Palermo, N. ili, 1894) e un’altra, in collaborazione col dott. L. 
Schopen, Sopra alcune nuove Bhynchonelline della Sicilta. Il Carapezza scrisse 
anche la parte geologica della Nota: V. OLIVERI ed K. CARAPEZZA. Lefà 
geologica e l’analisi chimica di talune rocce calcaree sterliane (Gior. di Se. nat. 
ed econ., XXV, 1906). 

Egli aveva di già preparato uno studio molto interessante di Geologia ap- 
plicata, ma prima che potesse rivederlo, correggerlo e compirlo, fu colto dalla 
morte. Il Collegio degli ingegneri ed Architetti di Palermo volle però stamparlo 
ne suoi atti, così incompleto come era, ed io presento oggi una copia di quel 
lavoro postumo dal titolo: Sfrdio delle condizioni geologiche delle sorgenti di 
Scillato (Atti del Collegio degli ingegneri ed Architetti in Palermo, anno 1914, 
Palermo, 1915). 

Fui sempre legato col Carapezza da un'intima amicizia, sin da quando lo 
ebbi collega nelle scuole elementari dell’Istituto diretto dall’indimenticabile 
Prof. Camillo Randazzo. La mitezza della sua indole, la sua bontà ela eccezio- 
nale modestia, le sventure e le malattie che lo percossero, lo fecero da tutti 
stimare ed amare. 

La sna fine improvvisa, in età ancor fresca, la pietà per i suoi due orfani 
bambini, privi del padre e della madre, ci fanno maggiormente sentire il do- 


Jore della perdita del caro consocio ed amico. 
Giov. Di Stefano 


(26. giugno 1916) 


Michele Fileti 


i È con uusenso di tristezza, e insieme di compiacimento che aderisco 
all'invito fattomi da questa illustre Società di commentorare il socio . Michele 
Fileti, testè mancaio ai viventi; di tristezza per la irreparabile perdita sofferta, 
di compiacenza poichè mi si presenta la occasione di offrire il mio modesto 
tributo alla memoria di chi mi fu amato maestro. 

Nacque il Fileti in Palermo, il 3 ottobre 1851, da Domenico, nomodi fama, 
integerrima, eda Coucettina Ramondetta, che a quello della famigliaseppe unire 
l’amore delle arti, tanto che lasciò nome di non mediocre poetessa; dopo alenni 
ondeggiamenti nella scelta della carriera, si avviò a quella scientifica, e, 
compiuti gli studi chimici nella Università di Palermo, sotto la sapiente e 
geniale guida del Paternò, si laureò nell’anno 1874; fn poi aiuto del Canizzaro 
a Roma, e giovanissimo conquistò prima la cattedra di Catania, poi quella di 
Torino, dalla quale dettò chimica generale dal 1881 alla fine del 1914, quando 
cioò il male, di cui da qualche tempo soffriva, improvvisamente aggravatosi, 
doveva rapirlo, il 26 dicembre, all’affetto dei parenti, degli amici, degli allievi 

Fu il Fileti nomo di onestà a tutta prova, di carattere abitualmente 
serio, benchè, sapesse all’occasione rivelare il suo spirito fine ed arguto; come 
insegnante, le sue doti principali furono l'ordine e la chiarezza cristallina, 
come ricercatore, la profondità e la rigorosa probità scientifica. per la quale 


egli non pubblicò mai una esperienza della quale, per averla provata eripro- 


XLVÌ G. ERRERA 


vata, non fosse assolutamente sicuro; come maestre, egli ebbe la soddisfazione 
di vedere più di un suo allievo salire all’oncre di una cattedra universie- 
taria; delle sue attitudini di organizzatore fa fede lo splendido laboratorio da 
lui fondato in Torino. 

L'attività scientifica del Fileti si estende per oltre cinque lustri; i suoi 
numerosi lavori sono quasi tutti di chimica organica, tra i quali i più im- 
portanti sono: Primo in ordine cronologico, un gruppo di ricerche su derivati 
del cimene è dell'acido cuminico, ricerche che condussero al primo metodo 
sintetico di preparazione dello scatolo, sostanza interessante, sia per le sue. 
relazioni coll’indaco, sia dal purto di vista fisiologico. Secondo, i lavori sngli 
stereoisomeri dell’acido isopropilfenilglisolico e sulle isomerie di alcuni acidi 
non saturi della serie grassa. Terzo, gli studi sull’azione dell’acido nitrico sui 
chetoni, studi che condussero alla scoperta di un metodo generale di pre- 
parazione c-dichetoni. Tra i Javori di chimica inorganica merita specia- 
le menzione nun interessante contribnto alla tanto dibattuta, e solo recen- 
temente risolta questione della grandezza molecolare da attribnire al cloruro 
mercuroso. 

Nè al Fileti mancarono gli onori accademici: la nostra Società lo ebbe tra i 
suoi; la Reale Accademia delle scienze di Torino lo annoverò tra i suoi soci,.. 
come Rettore egli resse con mano ferma e sicura le sorti dell’Ateneo torinese 
dal 1900 al 1903. 

Sia reso il dovuto onore alla memoria di chi cousaerò tutta la sua vita. 
alla scuola ed alla scienza. 

(26 giugno 1915) 


Giorgio Errera 


Giovan Battista Guccia 


Signori, 


L'uomo che oggi vogliamo ricordare, non è solamente il Collega stimato 


‘in questa insigne Società di Scienze Naturali ed Economiche, il quale ha portato 


un valido contributo, con studi propri ed interessanti, a talune importanti 
questioni di geometria superiore, ma è per vero Colui che passer> certamente 
alla storia come nuo dei più eminenti fondatori di Società scientifiche. 

GIOVAN BAnTISTA GUOOTA nacque in Palermo il 21 ottobre 1855, da GIusEPPE 
MARIA Gucora e da CHIARA Guccra e CippoNERi. Egli fu oriundo da famiglia 
nobile siciliana, alla quale, nel 1812, il re di Sicilia conferì il titolo di 
Marchese di Ganzaria, mentre al Nostro venne, nel settembre del 1901, rico- 
nosciuto il titolo di Nobile dei Marchesi di Ganzaria. 

Seguì da prima l’istruzione privata; fu ammesso poi, nel 1870, nell'Istituto 
tecnico di Palermo, dal quale si licenziò, nella sezione fisico-matematica, nel 
1873. Nel 1874 s'iscrisse al 1° anno della Facolià di scienze dell’Università di 
Palermo, e nel 1875, attratto dalla affascinante parola del prof. CREMONA, 


qui venuto per prendere parte ai lavoridel Congresso della Società per il progres- 


-so delle Scienze, passò all’Università di Roma, dove, il 20dicembre 1389, conseguì 


lalaureain matematica,col massimo dei punti ed il voto per lastampa della disserta_ 


zione, dal titolo « Sopra una classe di superficie rappresentabili, punto per punto. ir 


XLVII PROF. M, L. ALBEGGIANEI $ 


un piano >. Fu questo il primo lavoro che rilevò in Luiil futoro geometra, per 
il quale il grande SyLvesTER, aleuti mesi prima avanti il dicembre 1880,. 
aveva avuto parole di plauso; quando, nel Congresso di Reims, tenuto dalla 
Società francese per il progresso delle Scienze, il Nostro comunicava ; 
principali risultati ai quali era pervenuto in quel suo scritto. 

Nel 1886, eletto. Consigliere provinciale del Mandamento Molo, addi- 
mostrò, in altro campo, la sua attività di saggio ed integro amministratore ; 
ma ben presto si avvide che quello non era ambiente adatto per Lui, che vi 
sarebbe rimasto isolato, e, per fortona della Scienza, se ne ritrasse, nè si ri- 
presentò alle elezioni del 1889. In questo stesso anno 1839 fu nominato, per 
concorso, frofessore straordinario di Geometria superiore nell’Ateneo di Pa- 
lermo, e nel 1894 vi fu promosso ordinario. 

Egli, già allievo del Prof. CREMONA, innamorato, oltre ogni dire, dei 
netodi e della parola di tanto Maestro, nelle sne lezioni, dopo aver po- 
sto le generalità necessarie a conoscersi sulla teoria delie curve. e 
delle superficie, prendeva argomento dai propri studi per riprodurre l’eleganza 
dell'esposizione e dei metodi del Cremona, da potersi ben dire il continnatore 
di quella Scuola. 

Il Suo poderoso ingegno e la Sua meravigliosa potenza d’intuizione si 
rilevano nei Snoi 43 lavori matematici. note e memorie, pubblicati in diversi 
periodici scientifici, i quali in generale portano interessante contributo: alle 
trasformazioni cremoniane nel piano; alla classificazione dei sistemi lineari 
di curve piane; alle singolarità delle curve e delle superficie algebriche; 
alla ricerca delle proprietà projettive delle curve e delle superficie, con unovo 
motodo fondato su la felice sostituzione di alcuni luoghi geometrici, da Lui 
definiti e studiati, alle curve e superficie polari. 

Ma l’opera di Lui, che costituisce. perenne monumento eretto a sè stesso, 
è il CircoLo MATEMATICO DI PALERMO, sono i 37 volumi del periodico REN- | 
DICONTI DEL CircoLo MarEMATICO DI PALERMO», pubblicati sotto la sapiente ed 
illuminata direzione di Lui. Egli infaiti, rinunziando adaltre soddisfazioni cui 
Sua origine facevagli diritto, dotato di talento organizzatore, votò tutto sè 


stesso alla salda fondazione ed al progresso di tale Società, esercitando, con. 


A re 


PROF. M. L. ALBEGGIANI XLIX 


le sue alte doti d’intelletto, di volontà e dì energia, un'azione decisiva sullo 
sviluppo tanto notevole preso dal Circolo. 

Nel febbraio del 1884 concepì Egli l’idea della fondazione di un Circolo ma- 
tematico in Palermo senza grardi pretese, senza intempestive promesse è, nel 
2 marzo 1884, per opera di Luni coadiuvato da altri amici della Scienza ne venne 
approvato e sottoscritto da 27 soci, residenti ir Palermo, lo Statuto provvisorio. 

‘ Fn così fondato il Circolo Matematico di Palermo, che, sin dall’ora, ebbe 
sempre sede in locali propri del Fondatore, e da Ini offerti. 

E poichè lo scambio delle idee è il mezzo più efficace a rinvigorire le 
menti degli individui ed a rendere grandi le istituzioni, si rese ben presto 
necessaria, per la più completa affermazione della nuova Società, la pubblica- 
zione di un ergano prorio a far conoscere, fuori dell'ambiente del Circolo 
i risultati delle ricerche dei snoi Soci. 

Quindi il Dr. Guecia, Fondatore del Circolo, ne fondò pure, con la coo- 
perazione dei Proff. GIusEPPE ALBEGGIANI, FRANCESCO CALDARERA, ALFREDO 
CAPELLI, il periodico dal titolo « /erdiconti del Circolo matematico di Pa- 
lermo» il cui I volume fu completo nel seitembre del 1387. Fin dal I vo- 
lume fu manifesta la serietà del nuovo periodico, e rilevanti ne furono i frutti 
nell'interesse dell'avvenire del Circolo: a tanto non fu estranea lazione 
efficace del Fondatore, in quanto che Egli, il quale sewpre curò le personali 
ed amichevoli relazioni con i più rinomati matematici d’Italia e dell’Estero 
seppe, per virtù di quella fede che incondizionata in Lui si riponeva, attrarre 
nella sua orbita i prù celebri matematici italiani e stranieri; e, nel 7 novembre 
1887, l’illustre BERTRAND, Segretario perpetuo dell’Accademia delle Scienze 
di Parigi, segnalando, fra le pubblicazioni ricevute iu dono dell’ Accademia 
il tomo I dei Rendiconti del Circolo matematico di Palermo, ebbe parole 
molto lusinghiere ed incoraggianti per la nascente istituzione palermitana. 

Pertanto lo Statuto provvisorio; del 1884 era divenuto impari alla ac- 
cresciuta importanza della Società; onde fu necessario procedere ad una più 
conveniente sistemazione di essa, il che fu conseguito con lo Statuto definitivo 
del 1888, opera in buona parte del Prof. Gucecia, anzi tutto. di Lui nelle 


grandi linee © nei caposaldi, e col quale si provvide alla separazione del. 


L PROF. M. L. ALBEGGIANI. 


‘governo rappresentativo ed amministrativo della Società, dal governo scienti— 
fico di essa. Nel 1384 aveva già il Guccora pubblicato. l'Annuario biografico 
del Circolo, e nel 1906 fondò pure il ‘Supplemento air Rendiconti”. 

In tal modo, per 30 anni, il cammino del Circolo fu segnato da continuo 
rilevante progresso, e ciò per opera di Lui, che, non badando a spese, volle 
sempre associare il Circolo a tutte le più importanti manifestazioni dell’at- 
tività scientifica: onde Egli impiantò, con capitali propri, una importante tipo- 
grafia matematica, solo a servizio delle pubblicazioni edite dal Circolo, tra le 
quali fra breve vedrà la luce il 1° volume delle opere matematiche del cele- 
bre PAoLO RUFFINI; e volle Egli ancora che il Circolo prendesse parte attiva , 
alla formazione del Keperiorio matematico, e alla organizzazione del IV Congresso inj 
ternazionale dei matematici, tenutosi in Roma nel 1908, nel quale Congresso venne 
conferito, a nome de)Circolo ma a spese delGuccia, un premio, consistente in lire 
3000 in oro ed in una medaglia d’oro, aggiudicato, su parere dei Professori Max 
NOETAER, HENRI PoINcaRÈ e CorRADO SEGRE, ad uno dei più valenti matema- 
tici italiani, il Dr. FRANCESCO SEVERI, Prof. ordinario dell’Università di Padova. 

Il Circolo, che nel 1884 contava solo 27 soci residenti in Palermo, oggi, 
mwercè l’attività disinteressata di Lui. ne conta circa 900sparsisu tutta la super= 
ficie del globo, e fra i quali si annoverano i nomi dei più eminenti matema- 
tici italiani e stranieri. 

Potrà forse parere che troppo a lungo io vi abbia intrattenuto dei fasti 
del Circolo matematico di Palermo, ma non è possibile fare altrimenti volen- 
do dire degnamente di lui, poiche Egli, anche dopo la Sna fulminea sparizione, 
resta tanto intimamente legato al Circolo come causa ad effetto, come l'Autore 
all'opera sua, onde nen può commemorarsi quello senza parlare di questa. 

Dopo avere potentemente contribuito, con tutte le sue forze morali e ma- 
teriali ed anche con la salute, a raggiungere tanta fulgida grandezza, non 
cercò Egli ricompense, non cercò onori; la ricompensa fu la potenza stessa 
dell’opera Sua, gli onori furono il plauso della sua coscienza intemerata pel 
dovere compiuto rispetto al progresso uinano. 

L’opera Sua fu da prima, e per non breve tempo, solo apprezzata dai 


cultori delle matematiche discipline, e da essi, anche dai maggiori, ebbe, privata- 


PROF. M. L. ALBEGGIANI IE 


mente parole di plauso e di ammirazione, che, per virtù dei fatti compiuti 
ineluttabilmente s'imponevane; nel 1905, divenuto il Circolo di fatto Società 
internazionale, il Sno merito venne riconosciuto anche da altre persone colte, 
e unmerose importanti Accademie lo vollero fra iloro Soci, e per ultimo, non 
più possibile a contenersi, prornppe grande la manifestazione di stima nell’a- 
duvanza solenne dial 14 aprile 1914, quando, con numeroso intervento di indi- 
vidui edi sodalizi scientifici, nell’anla Magna dell'Ateneo palermitano gli venne 
offerta, per sottoscrizione internazionale, una medaglia d’oro, a Lui consegnata 
dal Senatore Prof. Viro VOLTERRA. | 

Nato in Palermo, si mostrò il Guocra . palermitano nell'opera sua ed 

amante del Inogo natio, infatti Egli, che sapeva opportunamente proporre 
modifiche allo Statuto della Società in riguardo ai bisogni derivanti dallo 
. incremento di essa, divenuta la Società di fatto internazionale, mai volle pro- 
porre, ed ebbe occasione di dichiararsi su ciò in maniera recisa, l’abbandono 
del titolo « Crrcolo matematico di Palermo; » e quaudo.vedeva negli altri perio- 
dici scientifici citati i nostri Rendiconti, il che capita, da più tempo, assai di 
frequente, spesso l’ho sentito compiacersi, quasi con allegrezza di fancinllo, 
del fatto che non i Rendiconti solamente ma il nome di Palermo venisse così 
conosciuto e bene apprezzato in tutto il mondo scientifico. 

Colpito da inesorabile subdolo male, che da più tempo ne minava Vesi- 
stenza, Egli volle tuttavia assistere alla solenne adunanza del 14 aprile 1914; 
noi, rattristati, contemplavamo la Sua rovina, pur lusinvgandoci che nella bellezza, 
nella grandezza dell’opera Sua stessero racchiuse le fonti stesse della Sua vita, 
e che Egli in esse avesse dovuto trovare la forza di provta guarigione: di tal 
che attoniti siamo rimasti all’annunzio, dopo breve tempo, della Sua fineimmatura. 

Andato nel senatorio di Valmont per cercarvi la salute, nell’ottobre del 
1914, ritornava moribondo nelia Sua Palermo, dove, nelle prime ore del 29 
ottobre, spirava. 

Unanime fu il compianto per tanta dipartita; commoventi, degne di Lni, 
le vive manifestazioni di cordoglio, che, malgrado 11 momento politico, si le- 
varono da ogni parte nel mondo della Scienza, con telegrammi, con lettere, 


con commemorazioni nelle varie Accademie, Società e periodici scientifici 


RATA Pr BC PITTI JIA 


LII PROF. M. L. ALBEGGIANI 


La mortel’ha rapito nell'ora tragica in cui la forza bruta, la prepoten- 
za, la sete di egemonia, prevalendo sul diritto delle genti e sulla forza dei 
trattati, hanno scatenato sul mondo la più immane e selvaggia catastrofe, dimo- 
strando mal cementata la fratellanza dei popoli; l’ha rapito nel momento in 
cui le sperauze di tutti i matematici, capaci d’ apprezzare il gran valore dei 
rapporti internazionali per lo sviluppo della scienza, dovevano convergere 
sul Circolo Matematico di Palermo. certamente, mentre spegnevasi, nel cre- 
puscolo dei sensi, ebbe Egli ad avere la visione dell’ avvenire di quei rapporti, 
onde, presso all’ ultimo soffio della vita, Egli, pensando al Circolo matemati- 
co, vi accennava forse con frasi monche da nessuno comprese. 

Ad assicurare alla Sua città natale l’esistenza della nobile e grande istitu- 
zione, provvide con Suo testamento, iegando al Circolo Matematico una ren- 
dita perpetua di lire 5000, la Sua biblioteca privata, l’uso gratuito, per due 
anni, dei locali in cui il Circolo ha sede. Il R.D. che ha elevato il Circolo ad 
ente morale, lo mette così im grado di accettare, con veste giuridica, il co- 
spicuo lega o del suo munifico FonpaATORE, il quale però non ha. potuto le- 
garci il Suo entusiasino, la Sua fede sincera e profonda, la Sua volontà ferma 
È chiara, la Sna energia, la Sua attività ineravigliosa, il Sno taleito organiz- 
zatore. Che la memoria di Luni sorregga e conforti quanti sono segnaci della 
Scienza, amanti della grandezza della Patria, a mantenere salda e prosperosa 
la grande Istituzione! Auguriamoci che la stessa bellezza, la stessa srandezza 
dell’opera di Lui, tutte ideali, non maseriate nella forma. varrauno a salvarla 
dalla furia della barbarie che ha travolto, ed ancora travolge, nella rovina 
taute insigni opere d’ artel 

(20 giugno 1915) 


Prof. M. L. Albeggiani 


Arturo Marcacci 


TI 19 del mese digennaio, per un attacco d’appendicite, si spegneva, non ancora 
sessantenne, a Pavia, Arturo Marcacci. i i 

Sembra quasi incredibile, a chi lo conobbe, che tanta vigoria di persona e 
tanta nobiltà di pensiero e di sentimeuto siano state distrutte nel volgere di po- 
chi giorni | 

Il Marcacci, che fu allievo prediletto deli’ Albertoni, di P. Bart e di A. Dasire, 


il quale ebbe per lui un affetto fraterno, insegnò, all’inizio della sua carriera, 


-a Perugia, e da Perugia venne, per concorso, è Palermo dove rimase dodici auni 


per passare infine a Pavia. 

Dare, in un cenno necrologico, un'idea, sia pure approssimativa e superfi- 
ciale, dell’attività scientifica di Lui, nov è possibile. 

Non basta il citare i risultati molto interessanti ottenuti nelle ricerche sulla 
funzione delle radici spinali, sulla formazione degli idrati di carbonio nelle pian- 
te e negli animali, sul meccanismo della morte per ossido di carbonio, sul- 
la zona eccitabiie del cervello pecorino, sulla tossicità del sangue di tonno, 
e via dicendo. L'opera del Marcacci dev'essere considerata da un diverso punto 
di vista. 

Essa fu dominata, e questo ne formò ad un tempo il pregio grandissimo, e, 
per qualche riguardo, nua inevitabile ragione di debolezza, dal desiderio 
intenso di dire cose originali, di battere vie nuove, di suscitare l'attrito lumi- 
noso delle idee. 

E non è facile dire che cosa Egli abbia fatto: buona parte della sua attività, 
che in certi periodi fu addirittura prodigiosa, si consumò in un intenso lavoro di 


orientazione, che non lasciò una traccia adeguata. 


LIV G. PAGANO 


Ecco anche perchè, nella sua maturità, convinto dell’inanità dello sforzo: 
sin’allora compiuto egli vagheggiò e difese ilritorno ai classici metodi descrittivi, 
necessariamente sorpassati, dei nostri più puri genii nazionali. 

Comunque si vogliano giudicare questi tentativi, la sincerità, la fede, l’en- 
tusiasmo del Marcacci non possono non destare ammirazione. 

Chi scrive queste righe lo seguì fedele per più di un decennio, vivendone, si 
può dire, la stessa vita, e traendo da quello spettacolo di lealtà, di operosità e di 
religioso amore per Ja scienza, i motivi diuna stima profonda e di un attaccamento 
filiale: sentimenti rinforzati dalla quotidiana constatazione delle non meno rare 
yirtù del Marcacci nella vita domestica e nella vita sociale. 

Perchè Egli fu buono e così leale e sincero da passar per ingenuo: i suoi scatti, 
le sue ribellichi erano sempre determinati da una molla ideale, la cui tempra 
era di un'assoluta purezza. | 

Ora Felice non è più, ma il sno spirito entusiasta ed avido di nuove e 
più pure idealità, fonti di vita, è sempre presente a chi seppe comprenderlo,. 
e il suo ricordo resterà invancellabile nel cnore di quelli, e furon molti, che 


sinceramente, disinteressatamente lo amarono. 
G. Pagano 


(20 Giugno 1915) 


= == ===; 


HOLDEN tr 


Giuseppe Riggio 


La morte del P."° G. Riggio, da lungo tempo nostro collega, avvenuta il 
1.° nov. 1914, merita di essere r:cordata con sincero compianto. 

Egli per 20 anni, cioè dal 1875 al 1895, fu assistente nell'Istituto univer- 
sitario di Zoologia e di Anat. Comp. Zelante collaboratore .del prof. Doder- 
lein, contribuì grandemente alla formazione del Museo di Zoologia e di Anat. 


Comp. Quasi tutte le preparazioni splacnologiche ed osteologiche sono dovnte 


: alla attiva sua opera, ed esse rendono testimonianza delle sue speciali atti- 


tudini. Il Pr. Riggio forse esagerò nel numero delle preparazioni, ma il suo 


amore per l’Istituto, al quale era addetto, fu verameute grande, e bisogna oggi 
rammentarlo mentre ne lamentiamo la perdita prematura. 

Il Dr. Riggio fu anche insegnante di Scienze nell'Istituto tecnico 
Filippo Parlatore e nel Liceo Vitt. Emanuele di Palermo. Quivi mostrò note- 
voli attitudini didattiche e lodevole zelo per l'insegnamento, sicchè in quegli 
Istituti è stata vivamente compianta la sua perdita. 

Egli pubblicò parecchi lavori zoologici che dimostrano il suo valore 
scientifico. Le moltiplici ocenpazioni non gli permisero di sceriver molto, ma 
le pubblicazioni che io qui enumero dimostrano tutta la sua grande accura- 
tezza e la serupolosità dell’osservatore. 

La sua opera scientifiica fu modesta ma, utile. La modestia fu una delle 
sue qualità più spiccate. 

To, che gli fui lungamente compagno ed amico e nv conobbi la bontà e 
la mitezza dell'animo, sento il dovere di fare qui affettuosa ricordanza del 


galantnomo e dall’appassionato cultore delle Scienze uaturali. 


LVI T. DE-STEFANI 


Elenco delle pubblicazioni di GIUSEPPE RIGGIO 


1881. — Sul Globicephalus wnielas. 
1882. — Sull’Oryctes. grypus. 


1882. — Protozoi e Protofiti — Differenze ed affinità. 


1852. — Grampus griseus nel mar di Palermo. 
1883. — Una nuova fase della questione delle piante carnivore. 


1883. — Su di un teschio anomalo di Delphinus delphis. 

1884. --- Contribuzione alla fanna lepidotterologica della Sicilia. 

1885. — Appunti di carcinologia siciliana. 

1886. — Materiali per una fauna entomologica dell'Isola di Ustica (1* Contr.) 
1887. — Dei Dermatteri ed Ortotteri della Sicilia, 

1887. — Primo saggio di un catalogo metodico degli Ortotteri osservati in Sicilia. 
1887. — Appunti e note di ortotterologia siciliana. 

1888. — Sopra alcuni Imenotteri dell’isola d’Ustica. 

1888. — Materiali per una fanua entomologica dell’isola d’Ustica (2% contr.) 
1889. — Alcune notizie sui progressi attuali dell’Entomologia in Sicilia 

1891. — Sopra alcuai Ortotteri nuovi o rari per la Sicilia 

1891. — Notizie di Ortotterologia. 


1891. — Ortotteri di Lipari. 


1892. — Corrispoudenze scientifiche moderne degli animali figurati nel Pamhyton Siculun 
del Cupani.- i e 
1893. — Alc ine osservazioni alla nota del Marchese Ant. D> Gregorio «Intorno a taluni Ce- 


lenterati mediterranei viventi. » 
1893. — Arenamento di sette Capidogli Physeter macrocephalus, nel mar di Marsala. 3 
4894. — Cattura di Carcharodon Rondelztir nelle acque di Capo Gallo e Isola delle Femmina 
1894. — Sopra un caso di notevole ramificazione dei ciechi pilorici di Centrolophus pompilus. 
1895. — Appunti e note di ornitologia siciliana. i 
1895. — Sul rinvenimento di nuovi Crostacei macruri nei mari della Sicilia. 


1905. — Contributo alla Carcinologia del Mediterraneo. 


pra 


20 Giugno 1915) 


Teodosio De Stefani 


Carlo Pintacuda 


Egregi Colleghi, 


Dovendo assolvere l’onorevole còmpito di commemorare il compianto no- 
stro socio Carlo Pintacuda, alla presenza di cultori insigni di Seienze naturali ed 
economiche, dirò di Carlo Pintacuda, quale nomo che fu altamente benemerito 
della industria siciliana, benemerito dell’insegnamento industriale, e per conse- 


guenza anche degli studi scientifici. Commemorando Carlo Pintacnda ricorde- 


d 
rò una pagina di storia delle industrie in Sicilia, forse non a tutti nota. 


Carlo Pintacnda nacque in Palermo 18 dicembre 1837. A 19 ansi era in- 
gegnere; nel 1859 entrò nel Corpo dei Ponti e Strade. Ma in quel tempo si sta- 
vano compiendo i destini della Sicilia colla sna liberazione ed unione alla 


grande Madre Patria; il Pintacuda volle questa servire anche col braccio, e 


si arruolò, nel giugno 1860, nella valorosa schiera dei Garibaldini, dove fu su- 


bito nominato luogotenente del Genio, e addetto alla Direziune del Genio mi- 
litare di Palermo. Però egli, insofferente di rimanere negli uffici. mentre gli al- 
tri combattevano, chiese ed ottenne di raggiungere il Comando superiore del 
Genio al campo del Faro, dove attese alla istallazione delle batterie da costa 
a Torre di Faro ed ai Ganzirri. Nominato quindi nella Direzione del Genio 


di Messina, prese parte ai lavori di preparazione dell'assedio della cittadella di 


i AVA LO RANE S. PAGLIANI 


Messina, quindi all’assedio stesso, e vi consegnì la medaglia di bronzo al va- 
lore militare. 

Alla fine del 1861 fu nominato Capitano del Genio nell’Esercito regolare, 
e vi rimase fino al 1873. 

È degno di nota che, durante tale periodo, fu nel 1868 addetto ai lavori 
pron della Provincia di Palermo, sotto la prefettura di Giacomo Medici, 
per lo studio della rete delle strade comunali obbligatorie. | 

Ed ancora, durante o sua carriera militare, il Pintacuda veniva nel 1870 
nominato Professore di Meccanica applicata alle macchine ‘nella nostra R® 
Scuola di Applicazione per gli Ingegneri, cattedra che tenne, prima come 
incaricato, pgi come straordinario, fino al 1899, mentre contemporaneamente 


aveva lo incarico dello insegnamento delle costruzioni stradali. Fu durante la 


sua carriera didattica anche Professore reggente di Costruzioni e disegno re- 


lativo nel K. Istituto Tecnico, ed incaricato di Meccanica applicata alla la-. 


yorazicne delle miniere nella R. Scuola delle Miniere di Zolfo. 


Nel 1399 egli si ritirò a vita privata, per potersi dedicare interamente al- 


la amministrazione del suo cospicuo patrimonio. E qui incomincia il periodo - 


della sua vita in cui egli si acquistò alte benemerenze verso le industrie si- 
ciliane. Riaprì alla lavorazione la importante miniera di Cozzo Disi, nel ba- 
cino di Casteltermini, dove ritrovarono lavoro centinaia di operai, de- 
dicandovi tutta la sna intelligente attività. Indirizzò la coltivazione di 
quella miniera con metodi razionali e moderni, sempre sollecito del benessere 
degli operai, adottando tutte le misure di sicurezza, atte a garentiruo la sa- 
lute e la vita, e istituendo nel 1893 una Cassa privata di assicurazione cou- 
tro gli infortuni del lavoro, a norma della provvida legge 17 marzo 1898. 
Ma altri meriti doveva acquistarsi Carlo Pin'acuda a favore delle in- 
dustrie siciliane. Verso il 1910, convinto degl’ immensi vantaggi e del grande 


vigore, che l’agricoltura siciliana aveva già tratto dall’ applicazione dei 


NENTI SERIUS LG (INTE 
GOA ei PELSTRRAI O SCARPE ul 


S. PAGLIANI LIX 


‘concimi chimici, egli volle seguire l'esempio della fiorente Socielà Pro- 
dotti chimici, Colla e concimi, la quale fin dal 1901, auspice la potente Casa 

‘industriale Florio, che accoglieva favorevolmente gl’iacitamenti di chi vi” 
parla, aveva impiantata, con capitali inieramente italiani, la grande in- 

dustria chimica anche in Sicilia, con nuo stabilimento per la fabbricazione 

dell’ acido solforico e dei perfostati, fra i più importanti d’ Italia. Il Pintacuda, 

fondando la Società Siciliana di prodotti e concimi chimici, diede vita ad uu 

grande stabilimento analogo, nelle vicinanze della detta miniera Cozzo Disi, 

proponendosi anche un altro scopo importante: quello di abbinare la grande 

industria chimica colla sna sorella più affine, l'industria mineraria della estra - 

zicus dello zolfo. All’idea, però, di utilizzare i rosticci della fusione a vapore 

. per la fabbricazione dello acido solforico, purtroppo non corrisposero i risul 

tati pratici. Dopo qualche anno la Società Siciliana aderiva ad una combina- 

zione colla Soczetd Prodotti chimici, ed i risultati economici e tecnici, finora 

ottenuti, hanno dimostrato i vantaggi, che l’istituto della associazione fra le 

fabbriche può sempre arrecare tanto ai produttori che ai covsumatori. E 

così il Pintacuda si è reso anche benemerito dell’industria chimica e dell’in- 

dustria agricola del suo paese. 

A queste becemerenze altre egli ne aggiunse verso l’insegnamento in- 
dustriale. Quando nel 1907 la nostra Scuola d'applicazione venne dotata d’una 
Sezione industriale, pia dei maggiori fattori di questa conquista del nostro 
paese, fu il cortributo, offerto da Carlo Pintacuda, in L 30000 (non superato 
per importanza che da quello della Provincia di Palermo). Egli lo destinò alla 
istituzione di una cattedra di elettrotecnica, che è ora illustrata da nu no- 
stro socio, Alberto Dina. L'esempio del Pintacuda e della Provincia di Paler- 
mo servì anche d’incitamento per altri, e così potè ‘sorgere quella Seziono 
industriale, che chiamava alla nostra Scuola di Applicazione, per coprire altre 


cattedre importanti, valenti maestri, fra i quali i nostri soci Carlo Folco e 


XL S. PAGLIANI 


Mario Levi. E così Carlo Pintacuda si rendeva altamente benemerito dell’inse- 
gonamento industriale non solo, ma anche degli studi scentifici del nostro 
paese. 


Il Pintacada fu pure dotato di ottime qualità di amministratore, e coprì 


molte cariche pubbliche. Fn Consigliere provinciale, Consigliere comunale ed: 


Assessore del Risanamento. Sotto la sua direzione furcno portati a compimen- 
to nuovi progetti di risanamento e di ampliamento della Città di Palermo; 
fu risoluto l’annoso problema della alimentazione idrica della città, mediante 


la costruzione del grandioso acquedotto di Scillato, le cui acque ci sono invi- 


diate da altre importanti città d’Italia, opera che dall’illustre Brioschi fa giu- 


dicata opera Romana. Fece parte della Commissione, che diede i snoi con- 
sigli al Comune, quando si volle dotare la Città della prima grande Centrale 
elettrica, delle prime linee tranviarie elettriche e della estesa illuminazione 
pubblica fino alle più lontane borgate. Fu inoltre Consigliere di Amministrazione 


della Società delle strade Ferrate della Sicilia, membro del Comitato comparti- 


mentale pel traffiico delle Ferrovie dello Stato, ed infine Consigliere di Am-- 


ministrazione del Consorzio obbligatorio per gli zolfi. In tutti questi Consessi 
egli portò il contributo della sua speciale competenza tecnica ed ammini- 
strativa e della suna imparzialità di criterii. 

Delle pubblicazioni del Pintacuda accennerò soltanto queste: Sul lavoro 
regolato delle macchine d'estrazione delle miniere (Palermo - 1877); Sulle acque 
det corsi solterraner e mezzi d'utrlizzarle, e su! modo di accrescere le acque po- 
tabili d' Palermo (1848); Sul progetto di Consorzio Obbligatorio jra i produttori 
di zolfo (Palermo 1905). 

Carlo Pintacuda si spense serenamente, sul finire del giorno 23 gennaio 
ultimo scorso, in mezzo al compianto della famiglia, Gegli amici, dei colleghi, dei sui 
impiegati e dei suoi operai. 


Delle onorificenze, di cni in taluni casi sono larghi, anche a sproposito,i 


3 S. PAGLIANI LXI 


poteri politici, nulla rimane oltre la tomba; dell’uomo, che scompare dalla 
scena dell'umanità, restano soltanto le tracce, che egli ha saputo lasciare 
nei campi della sua attività in vita, ed il ricordo imperituro nell'animo dei 
parenti e degli amici. Carlo Pintacuda ebbe meritate onoreficenze; fu tra i 
primi Cavalieri del Lavoro. Del suo. lavoro resteranno però più durature 
le vestigia, che egli ha lasciato nella vita industriale del suo paese, e le 


sue benemerenze verso l’insegnamento industriale 


(26 Giugno 1915) 


S. Pagliani 


(PARTE. I 


o si 
Ret 


ROC 
LI 


b 


MARIANO GEMMELLARO 


Le doline nella formazione gessosa 
a N.-E. di Santaninfa (Trapani) 


Introduzione 


JÌ presente studio mi fu consigliato dal mio maestro prof. Giovanni Di- 
Stefano, che ha ben ‘studiato il territorio di Santaniufa, in provincia di Tra- 
pani. Egli volle inoltre agevolare in tutti i modi il mio compito, procuran - 
domi ospitalità sui luoghi nella incantevole “Villa Fata,, in regione Rampin- 
zeri. Quivi, dal suo congiunto cav. Gaetano De-Stefani T'agliavia, proprietario di 
quella importante fattoria, e della sua gentile famiglia, fui colmato di tante 
cortesie che è mio gradito dovere di renderne pubblici e vivissimi ringrazia- 
menti. Solamente mercè la prolungata permanenza sui luoghi potei compiere 


agevolmente le osservazioni necessarie per l’esecuzione di questo studio. 


Ho eseguito alla bussola i rilievi occorrenti per le fignre intercalate nel 
testo del mio lavoro. Per la determinazione delle altitudini mi sono avvalso 
degli ottimi barometri aneroidi dell'Istituto geologico dell’Università di Palermo 
controllandone le indicazioni con le quote della carta topografica e con i se- 
gvali trigonometrici. Molte misure ho preso direttamente, sicchè ho fatto quarto 
ho potuto per raggiungere una sufficiente esattezza. 

Nelle figure ho nsato la scala di 1: 10.000, per le Innghezze, e quella Ci 
1: 5.000, per le ‘altezze, perchè la prima è qui più adatta alla chiara rappre- 
sentazione dei fenomeni studiati e la seconda più acconcia per mettere in e- 


2 LH DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSa A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


videnza le depressioni e i rilievi. Ho creduto necessario ed utile di pubbli- 
care anche una sezione geologica della regione studiata. Le fotografie qui an- 
nesse, valgono infine a rendere più evidenti ie mie osservazioni e a docu-: 
mentare molti dei fatti che ho potuto rilevare. 

Mi è sembrato non inutile di citare nel presente scritto i libri dei quali 
potei-giovarmi per uno studio sui fenomeni carsici, senza punto credere di 
avere esaminato una bibliografia compiuta o quasi. 

i 

La complessità delle discussioni cui ha dato luogo la definizione ela clas— 
sificazione delle doline in genere mi induce a riassumere brevemente quanto fino 
ad oggi è stato scritto sull’argomento. 

Il prof. Michele Gortani, con i. suoi lavori Memomenr carsici nei. dintorni 
di Perugia e di Assisi e Appunli per una classificazione delle doline, ha fornito 
recentemente agli studiosi due classificazioni di questi fenomeni, luna fondata 
sulla forma e l’altra sul modo di origine. Di già il prof. Carlo Viola aveva 
fatto rilevare nel suo pregevole scritto Za struttura carsica osservata in alcunî 
monti calcarei della provincia Romana, la confusione e l'incertezza che si ave 
vano sulla definizione delle doline. 

Precedentemente a questi autori, il prof. Cvijie, nel suo classico. lavoro 
Das Karsiphinomen, tentò lodevolmente di nuificare la nomenclatura, e propo- 
se uno schema di classificazione fondato sulla forma. i 

Il prof. O. Marinelli poi, nei suoi vari lavori (v. Bibliografia), distinse le 
dolne semplici da quelle con inghuottitoto e di queste ultime indicò schematica- 
mente la forma caratteristica. Il Toniolo, infine (// colle del Montello) separò 
dalle doline a piatto (schiisse/formige) del Ovijic le sue doline a scodella. 

Occorreva però, anche prima di procedere ad una semplice classificazio - 
ne di forma, di stabiliro un accerdo sulla definizione delle doline, separandole 
nettamente dagli altri molteplici fenomeni affini, dovuti alla erosione e corro; 
sione delle acque superficiali e sotterranee. {l Gortani nel 1908 ha dato la 
seguente definizione: 

«Per dolina s'intende. ogni cavità di qualsiasi forma, purchè abbia l’asse 
«verticale, la maggior larghezza alla bocca, la minima al fondo e profondità 
«non maggiore del diametro, originata iu via mediata o immediata, della ero- 
«sione e corrosione delle acque e nel cui fondo l’acqua soglia trovare una 


«via di sfogo.» 


M. GEMMELLARO 3 


Definito il fenomeno, il Gortani hastabilito una classificazione morfologica, 
nella quale compeudia il frutto delle proprie osservazioni e quello degli studi 
precedenti di vari autori. 

Il quadro morfologico del Gortani è troppo noto perchè io debba trascri- 
verlo; mi servirò di esso nel corso di questo scritto. Tale classificazione, come no- 
ta lo stesso antore, e come avviene per tutte qualle fondate solamente sulla forma, 
è ben lungi però dal darci una distinzicne razionale delle doline, la quale nou 
può essere stabilita che sul modo di origine. 

Trascurando le teorie antiche, noi sappiamo che le varie scnole hanno, fino a 
poco tempo addietro, spiegato in modo quasi assoluto l'origine del e doline per 
mezzo dell'una e dell’altra delle seguonti ipotesi principali: 

1° Per erosione e corrosione superficiale intorno ad una o più spac- 
cature preesistenti. 

2° Per erosione e corrosione sotterranea, che produce il erollo di volte 
di caverne e di canali sotterranei. 

5° Fer erosione e corrosione interna, in quanto riguarda lo scavo del'e 
cavità sotteranee; per degradazione e conseguente abbassamento di livello, in 
quanto riguarda la loro apparizione alla superficie del terreno (Viola). 

Le osservazioai moderne, esegnite da gran numero di studiosi, hanno ormai 
dimostrato che nessuna di queste ipotesi ha valore generale ed assoluto perla 
spiegazione delle origini del fenomeno. Rimane oggi assodato che bisogna esa- 
ininare caso per caso il problema delle origini di ogni cavità carsica, senza 
escludere per principio alcuna delle teorie accennate. 

Per questo io mi avvalgo dello schema di classificazione razionale propo- 
sto dal Gortani, il quale riassume e distingue le varie ipotesi e le varie os- 
servazioni. Tale classificazione comprendo: 

a) Doline di erosione superficiale. 
6) Doline di sprofondamento. 

c) Doline alluvionali. (Cvijio) 

a) Doline di dislocazione. 

e) Doline di reliquato. (Viola) 

Tra le doline di sprofondamento e tra quelle alluvionali, il Gortani di- 
stingue poi due sottoclassi: doline di cedzzierto (abbassamento graduale del 
fondo per avvallamento di strati) e doline di cro/lo (sprofondamento di volta. 
di una cavità sotterranea). 

La suddivisione del Gortani è fondata sulle osse1vazioni fatte sopra alenne: 


4 LH DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-H. DI SANTANINFA (TRAPANI). 


doline dell'Umbria (Mortari del Subasio e Fossa del Monte Civitelle) per quanto ri- 

guarda le doline di sprofondamento, e su quelle. eseguite nelle zone marnoso- 

gessifere delle Alpi orientali, per quanto concerne le doline alluvionali. 
Questo premesso, passo ad occuparmi dello esame delle doline nei gessi 


di Santaninfa, iu provincia di Trapani. 


ADAMS and others 
‘ 
Azzi G. 


BALDACCI L. 


BoEcan E. 


Bou A. 


» 


BROECK (van den) E. 


CACCIAMALI G. B. 


CAPELLINI G. 


M. GEMMELLARO 5 


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12 LE DOLINH NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


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M. GEMMELLARO 15 


1. Osservazioni precedenti sulle doline 
nei gessi di Sicilia 


L’ing. Luigi Baldacci, cra Ispettore superiore capo del R. Corpo delle 
Miniere, fu il primo a indicare le doline nei gessi di Sicilia, del tutto ana- 
loghe a quelle che si riscontrano. nei calcari delle regioni carsiche. Egli, a 
pag. 237 della suna Descrizione geologica dell'Isola di Sicilia, scrisse che nei 
dintorni di S. Angelo Muxaro, alla contrada Mortillaro, si presenta un feno- 
meno caratteristico e assai frequente alia superficie degli strati di gesso, cioè 
i così detti Zrb0 (1): « Sono cavità imbutiformi, interamente analoghe alle 
« doline così comuni sulle pendici dei monti calcarei, e credo possano at- 
-« tribuirsi a frane interne di grotte praticate dall’azione dissoivente delle 
«acque sotterranee. Tali Zu00? si riscontrano a ogni passo sulle colline ges- 
« sose della Sicilia ». 

Sopra questa interessante indicazione del Baldacci, confermata dallo esame 
delle tavolette dello Istituto geografico militare, il prof. O. Marinelli intraprese 
lo studio di alcune delle doline esistenti nella regione comwpresa tra S. Angelo 
Muxaro e S.'# Elisabetta. Frutto di questo studio fu la memoria dal titolo: 
Fenomeni analoghi a quelli carsici nei gessi di Sicilia. In questo importante lavoro, 
il Marinelli descrive i fenomeni carsici delle regioni a N. E.di S.!* Elisabetta 
tra la valle di Spartiparenti è quella di 504; a S. di S. Angelo, tra la 
valle di £uba e la valle Grovello, e a N.-O., nella valle Grovello. Tut- 
te queste regioni furono accuramente visitate e descritte dall’auntore. Egli 


poi, sulla sola indicazione della carta topografica, indica anche, sempre 


(1) Con la voce 245012, masch., o z4bbia, femm., sono indicate ie doline nella zona gessoso — zol- 
fifera della Sicilia centrale, meridionale e occidentale. Questo nome è usato al maschile nella 
Sicilia centrale e in quella meridionale; al femminile in quella occidentale. Nel territorio esa- 
minato in questo scritto, il name è dato sempre al femminile (7a 24004, sing., li zubbii, plur.) 


Nelle regioni calcaree deile Madorie le doline souo chiamate quarari 0 quadari, cioè caldaie 


14 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


nei monti agrigentini occidentali, altre località nelle quali si manifestano feuo- 
meni di tipo carsico ed altre ancora ne fa conoscere negli agrigentini orien- 
tali. Nella Sicilia occidentale il Marinelli accenna iufine, sempre nei gessi, a 
cavità doliniformi ed a regioni senza scolo superficiale a N.-E. di Santa Ninfa 
e ad E. di Vita, presso lo stradale che conginnge Salemi con Calatafimi. 
Riassumendo, calcola quindi in Kmq. 24,64 quella parte della superficie della 
Sicilia le cni acque non hanno scolo diretto, ma solo sotterraneo, per mezzo di 
grotte e canali scavati nei gessi. 

Il prof. Marinelli, senza che dia nu valore generale alle sue conclusioni, li-- 
mitatamente alle regioni visitate, esprime l’opiuione che l'origine quasi gene- 
rale delle doline studiate sia dovuta all’erosione interna: « Nelle regioni’car- 
« siche, nel determinare le forme superficiali è maggiore l’azioae esterua che 
«nou quella interna, al contrario avviene nella regione esaminata » 

Con un altro lavoro (lonche lacustri dovute a suberostoni net gessi di Sicilra 
pag. 283, in nota) .il Marinelli aggiuige alle notizie già date, l’indicazione di 
altre aree con fenomeni di tipo carsico nei gessi di Sicilia; ma anche queste 
nuove indicazioni, come scrive lo stesso autore, sono date soltanto sulla guida . 
della carta topografica. I i 

Un terzo contributo alla conoscenza dei fenomeni carsici nei gessi siciliani 
dà il Marinelli a pag. 5 del suo lavoro; Nuove osservazioni su fenomeni di tipo 
cusico ner gessi appenninici. Ivi l’antore cita, riguardo alle eu2bie siciliane, una 
indicazione fornita dall'ing. Spataro (/gieze delle abitazioni, vol. II. Igiene delle 
acque) il quale, dopo di avere accennato alle doline dei dintorni di S. Angelo 
Muxaro, aggiunge di averne osservato nelle colline vicino Gibellina, in relazioni 
« con una sorgente che sgorga a piè della collina, come anche nel vicino comune 
« di S. Ninfa < ove è notissima la comunicazione delle zubbie con alcune sorgenti 
« poichè il popolo si diverte a gettare in quelle delle materie, che vengono fuori. 
«da dette sorgenti ». 

Nelio stesso scritto il Marinelli complatail calcolo della superficie dei gessi 
di Sicilia che non presentano scolo esterno, aggiungendovi l'estensione delle 
nuove regioni indicate, ed ottiene la cifra di Kmq. 26,23. Questo valore, scrive 
l’autore, deve essere considerato come un minimo, poichè è probabile che siano: 
state trascurate regioni più o meno estose. 

Infine il prof. Marinelli, a pag. 36 del suo scritto, Muove osservazioni sui 
fenomeni di tipo carsico nei gessi appenninici, dice di dover avvertire che quanto» 
giù scrisse sull'origine delle cavità carsiche dei gessi, nella sua memoria- 


M. GEMMELLARO 15 


relativa alla Sicilia, va in parte corretto per ciò che riguarda l’idea, che ha 
oggi abbandonata e che in ogni modo allora espresse iu forma poco chiara, 
accennata con le parole: L'origine di queste cavità st deve ricercare unicamente 
nella erosione interna. Secondo quaato ora ritiene, nou ha ragione di essere 
stabilito un distacco tra erosione interna ed erosione esterna e tanto meno di 
venire basata su tale presunia differenza una distinzione genetica tra i feno- 
mini carsici dei calcari e quelli dei gessi. 

Quanto sopra ho esposto è quello che finora si conosce sni fenomeni di 
tipocarsico nei gessi di Sicilia. In sostanza non possediamo che la illustrazione 
delle poche regioni descritte dal prof. Marinelli, mentre per le altre località 
indicate dallo stesso autore, manca, non dico una completa illustrazione, ma 
auche la più semplice descrizione. Se si considera poi, chela superficie gessosa a 
scolo sotteraneo, calcolata dal Marmelli in Kmq. 26,36, deve ritenersi come 
un z2/2imum, si desume chiaramente quanto ancora vi sia da studiare sopra 
tale importante argomento. 

Per questo, mi lusingo di aver fatto opera utile iniziando col presente 
studio la illustrazione dei fenomeni carsici del territorio di S. Ninfa, fiducioso 
di poterla in seguito coutinnare per le altre regioni dello stesso territorio e 
per quelle di altri luoghi della Sicilia. 

Ho già detto avanti che è necessario di esaminare il modo di origine 
delle varie doline caso per caso, anche se molti di qnesti fenomeni si pre- 
sentino aggruppati, come di consueto, in una unica regione. Quindi s'intende 
che sono limitate solo alle cavità esaminate nel presente scritto le mie deduzioni 


intoruo alle cause e al iodo di formazione delle’ doline. 


1) LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-£. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


II — Costituzione geologica 
della regione studiata. 


Il terreno esaminato si estende in gran parte nel territorio di Santaninfa. 
ed in piccola in que'lo di Gibellina (prov. di Trapani), tra l’abitato della pri- 
ma cittadina e la montagna delle Penne, ed è limitato a N.-O. dalle dirupate 
balze della montagna della Menta e a S.-E. dalla rotabile che conduce da 
Santaninfa a Gibellina. Questo territorio montuoso, che degrada lentamente. 
verso Castelvetrano e il mare Africano, è la continuazione dell’importante gruppo 
di monti gessosi di Poggioreale, Salaparuta e Gibellina. 

Inomidelle varie regioni comprese nel rilievo suddetto sono: Monte Castel- 
lazzo, La Mostra, La Montagna, la Magione, Le Fenestrelle, che costituisce la mas-. 
sima altura di quei luoghi (1.663), l’ex-fendo Rampinzeri e le contrade Sgar- . 
lata, Grotta, Sepolture, Beviere, Carpita e Fontanelle. L’ex-fenudo Rampinzeri,. 
nel senso proprio, comprende le regioni Lavina, Merlocco, Guardiola, Fossa 
della Neve, Montagna della Fata, Quadararo, Pezzenti e Scalabrino. 

Il gruppo montuoso, è formato quasi esclusivamente di gesso. Vi abbonda 
quello a grandi e a piccoli cristalli che costituisce ingenti masse; quello a 
struttura saccaroide (marmorigno) bianco o grigiastro, e quello sottilmente stra-- 
tificato (ba/atino). In qualche luogo ho anche osservato quella varietà di gesso 
ad elementi grannlari tenuti insieme da argilla, nota nella zona zolfifera della 
Sicilia centrale e meridionale col nome di gessezto. 

Gli strati gessosi pendono in generale al massimo di circa 30° a S. e 
presentano spesso ondulazioni e talvolta delle inversioni di pendenza. 

Molto frequente nel gruppo montuoso è la esistenza di frane, di grotte 
e di crepacci prodotti dall'azione degli atmosferili. 

I gessi sono dappertutto allo scoperto e costituiscono unterreno brallo, 
adatto solo in pochi Inoghi alla cultura del sommacco e nel resto a pascolo. In fondo. 
alle vallecole e alle cavità di origine carsica si scorge una migliore vegetazione, pel 
terriccio che vi si accumula, trasportato dalle acque, e per la umidità che 


più a lango vi si conserva nella stagione estiva. Solo in questi luoghi cre-- 


M. GEMMELLARO 17 


scono i mandoli, gli ulivi, abbondano i fichi ed è praticata la cultura delfru- 
mento. 

Da N. a S., il rilievo montuoso scende dolcemente verso l’ampia de- 
pressione che lo separa dell’altura su cui sorge l’abitato di Santaninfa, men- 
tre dal lato N.e N.-O. bruschi appicchi lo limitano della sottostante vallata 
del finme Freddo, attraversata dalla linea ferroviaria Palermo-Trapani. 

Di raro e molto limitamente, i gessi sono associati, alla paite superio- 
re, con lenti di un calcare gialliccio, ora. tenace ora piuttosto grossolano e 
friabile, il quale sui luoghi è prezioso, perchè adoperato come pietra .da calce 
e talvolta come materiale da costruzione. ‘ 

In alcune cave di questo calcare, aperte nelle contrade Quadararo e 
Pezzenti, sullo stradale di Santaninfa-Gibelliva, si raccolgono esemplari di 
Pecten aduncus Eichw. Altre lenti calcaree con rari individui di P. aduncus e 
qualche altra specie sì presentano, fra i gessi. in altri Inoghi del territorio di 
Santaninfa, cioè nelle regioni Salinella e Pontilio. Con la presenza di questi 
calcari si spiega l'origine di alcuni banchi di travertino che qua e là s’in- 
contrano in posto, o sparsi sulla superficie della massa gessosa.. Da essi le 
acque trassero gli elementi per la formazione dei travertini. 

La formazione gessosa di Sautaninfa è parte della Serie gessoso-zolfi- 
fera di Sicilia. Raro, minerale di zolfo si è trovato tra questi monti, esso snol 
presentarsi in piccoli nidi inclusi nei gessi, (1) Rinvenimenti di maggior impor- 
tanza sono stati fatti nel limitrofo territorio di Gibellina, ove hanno dato luogo 
a qualche coltivazione, con poco tornaconto. 

I gessi a N.-E. del territorio di Santaninfa riposano in concordanza sopra 
una formazione costituita da molasse, altermanti con argille sabbiose, salate, 
contenenti cristalli di gesso, le quali sono ben visibile sotto gli appicchi della 
Montagna delle Penne, delle Fenestrelle, della Magione, della Menta e in tutta 


la vallata del fiume Freddo. Sotto le Fenestrelle, in queste argille con molasse 


(1) Nella regione esaminata, su consiglio del prof. G. Di-Stefano fnrono eseguite, iu 
ex— fendo Rampinseri, regione Quadararo, :telle ricerche per rinvenimento di minerale zol- 
fifero. Si eseguirono delle gallerie alla base dei gessi e si rinvenne raro zolfo contenuto nella 
ganga gessosa a guisa di mandorle p.ù 0 meno grosse. I lavori sono oggi . abbandonati. È possi= 
bile che ricerche più estese fatte nella regione possano forse portare a risultati più positivi 
e soddisfacenti. È probabile nella massa gessosa, l’inclusione di lenti zolfifere, come avviene 
per esempio nel Bacino di Campofranco (Girgenti) ove, come è noto, esistono in simili condi-. 


zioni geologiche, molte e fiorenti miniere di zolfo. 


18 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-H. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


fu raccolta una piccola fanna tortoniana, composta essenzialmente di gaste= 
ropodi. 

La formazione gessosa s'immerge a S. sotto le marne bianche con fora- 
miniferi ed esemplari di Gryphaea navicularis Br. sp., passanti lateralmente 
ad argille, che occupano, con le marne, la parte più bassa della vallata, tra 
la regione in esame e l’abitato di Santaninfa. Tali marne con argille stanno 
in chiara discordanza sni gessi, come è specialmente visibile nella regione 
Molo e lungo la rotabile Santauinfa-Gibellina. 

Il brusco contatto delle marne passanti ad argille con i sottostanti gessi, 
non è dovuto a spostamenti, che ivi non esistono, sibbene ad una trasgressione. 
Infatti la superficie dei gessi, che lungo la rotabile Santaninfa-Gibellina in- 
vertono la loro pendenza, è erosa variamente dal Pliocene inferiore e, sn questa 
superficie erosa, stanno spesso degli importauti lembi di uu conglomerato plio- 
cenico di trasgressione, costituito da abbondanti elementi gessosì, tra i quali 
non mancano però quelli silicei, come si osserva nelle regioni Sgalarta e 
Scalabrino. Le marne bianche cou argille plioceniche sono state osservate in 
altre regioni di Sicilia certamente in concordanza sui gessi; ma qui invece, la 
loro scoucordanza trasgressiva è sicura. 

In contatto dei gessi con le marne bianche e Le argille del Pliocene è segnato 
da alcune piccole sorgenti di acque selenitose. Le maggiori in questo livello 
sono quelle della Grotta e di Scalabrino. La regione non però è ricca di 
acque; vi manca qualunque finme e qualunque corso d’acqua sotterranea che 
abbia importanza di portata. Le sorgenti leggermente più abbondanti, cioè 
quella della Menta e del Capo=dell’acqua, (al contatto tra le argille con mo- 
lasse e i soprastanti gessi), non hanno alcuna relazione con le. doline in 
‘esame e ne sono lontane. 

Le marne bianche plioceniche ricevono il nome locale di dazala (= rubi 
della Sicilia centrale e meridionale), e costituiscono per lo più dei poggioli 
coltivati a vigne e adoliveti. La daraa e le argille, che lateralmente la sostitui- 
scono, passano in perfetta concordarza ad altre argille sabbiose, giallastre o 
tarchine, ben stratificato, con alternanzo di strati di sabbie gialle, contenenti 
una fauna pliocenica (Ostrea lamellosa Br., Gryph rea (Pynodonta) navicularis 
Br. sp., Cllmys opercularis L. sp., Chi. scabrelius Lmk. sp., Nucula placentina 
Lmk., Leda commutata Ph., Venus multilamella Luk., Natica(Naticina) fusca de 
Blainv., Massa musiva Br. sp., N. (Amycla) semistriata Br. sp., Turritella lor= 
4xa'a Br. sp., Dentalium sexanulum Schr.). 


M. GEMMELLARO 119; 


Queste argille con sabbie salgono fin sotto l’abitato di Santaninfa e scen- 

dono verso il S. della cittadina, a costituire le regioni denominate Molinello, 

- Acquanova, San Francesco, Crispella etc. Affiorano anche nella parte più bassa 
dell’abitato. 

Su tali argille sta in concordanza una breccia conchigliare calcareo-sab- 
biosa, passante a tufi calcarei teneri, che sostiene buona parte delle case di 
Santaninfa e mostra il sno massimo ‘spessore nello regione Magazzinazzi e 
Molo, ove è cavata come pietra da taglio. La breccia conchigliare è anch'essa 
fossilifera (Osfrea lumellesa Br., Spondylus gaederopus L., Pecten jacobaeas L., 
Chlamys opercularis L. sp.) e; per la sna posizione e pel carattere paleontolo- 
gico, rappresenta un livello più elevato di quelle argille, certamente plioceniche. 
Nella Carta geologica di Sicilia furono riferite al Quaternario tutte le argille e le 
breccie conchigliari fino alla guota di m. 75, attribnendo al Pliocene molte di quelle 
che si trovano a maggiore altezza. Però, dovrà appresso essere oggetto di stiidio la 
esatta determinazione cronologica di nou poche argille e breccie che.si trovano 
assai più in alto e non hanno, come queste, i caratteri paleontolugici del Plio- 
cene classico. Io pertanto, conformandomi a quello che si è fatto nella Cart?, 
lascio provvisoriamente le breccie nel Pliocene superiore. 

Su tutta la formazione pliocenica si scorgono quae là frequenti lembi di 
conglomerati e ghiaie sabbiose alluvionali in cui sono stati rinvenuti molari e 
zanne della varietà nana di Sicilia dell’E/ephas antiguus Falc. 


L’unita sezione geologica, tra Santaninfa e il Monte Fenestrelle, illustra 


la descrizione della regicne studiata. 


Monte Fenestrell (m.063). 


E Brea cnehiigliare sallosa EG Reno Prlico) Miccene 
PIG sable alionaati con calbiegiali PRrcene Claglitar robe Broad 
EIWomne bianche con feraminifirieargillt associate Scala 125000. 

r==at@nglimerato di tasguasine 


Fig. 1% Sezione geologica tra S. Ninfa e MU. Fenestrelle. 


20 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A. N.-E, DI SANTANINFA (TRAPANI) 


La collina di Santaninfa presenta la forina tipica delle altre plioceniche 
della Sicilia centrale. La parte terminale, costituita da brecce conchigliari 
sabbiose, difende dall’ercsione le sottostanti argille ed emergein forma di pie- 
colo altipiano, leggermente pendente a S. L’identità geologica e litologica nella 
cosvituzione, tra la regione descritta e le altre ben note della Serie zolfifera 
e del Pliocene della Sicilia centrale, porta con sè, come necessaria conseguenza, 
l’idertità morfologica dei rilievi e dei paesaggi. 


M. GEMMELLARO 21 


III. — Fenomeni carsici 


Procedendo da E. ad O. nell’esame delle regioni costituenti il territorio 
‘in istudio, io seguirò nella mia descrizione il percorso che mi è imposto dal- 
la ubicazione dei vari gruppi di dvline. Indicherò queste cavità col nome che 
localmente hanno, cioè con quello di Zubbra. 


a) ZUBBIA DELLA FAA (dietro la Fossa della Neve) (tav. I., fig. 1,2). 
Si osserva sul fianco settentrionale della montagna detta La Fata, iu ex- 
feudo Rampinzeri. Essa ha forma oval», allungata e ristretta verso S. Il suo 


maggiore diametro, diretto da N. a S., raggiunge circa m. 420, la sua larghe z- 


Scala 
î Lungfzzze 110.000 
} CPlozae 1. 2000. 


F.2* — Zaubbia della Fata 


‘za non oltrepassa i m. 300. La sna profondità raggiunge quasi i m. 60, misu- 
rata dall’ orlo settentrionale, e, per causa del pendio, si riduce a circa m. 20, 
se si misura dal margine S. L’inclinazione delle pareti, dolce a N., è più ri- 
pida sui margini E. ed O.; il margine S., che pure è il più basso, diviene quasi 


verticale. Scarso terreno alluvionale occupa parte del fondo; esso è coltivato 


292. LE DOLINENELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-H. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


a grano e coutrasta cou le pareti gessose, une, sulle quali è solo possibile, e 
non dappertutto, la coltivazione del sommacco. 

Un ambio e profondo inghiottitoio, nel quale sparisce l’aqua piovana che 
la dolina raccoglie in un piccolo torrente, si apre a S., sotto la ripida e bassa 
parete che limita ivi la cavità carsica. Gli strati gessosi nei quali è scavata 
la 2ubbia pendono di circa 20° a S. 

La dolina della Fata appartiene alla categoria Galle doline con. inqriot'itoro 
delle quali. è un tipico esempio. La sna sezione verticale è simile a quella. 
schematica che ha dato il Marine!li per tali cavità di origine carsica. 

‘ Nella dolina ia esame non esistono sorgenti, come avviene in altre 
della regione qui presa in istudio. Riesco impossibile di poter mettere in rap-. 
porto l’inghiottitoio di questa 2u0bia con la piccola sorgente perenne che si os- 
serva sotto la wontagna della Fata, in un luogo distinto e relativamente lon'ano. Non 
siè potuta provare alcuna relazione tra la portata di questa sorgente e le acque 
superficiali, convogliate dal piccolo torrente che scorre sul fondo della dolina. 
Non si può dimostrare che questa 240%ia sia stata originata dal ‘lavorio 
di acque sotierranee, dalle quali, ripeto, non si osserva traccia, nò nella cavità, 
nè nei luoghi vicini. 

Sarebbe ingiustificato l ammettere che ivi esistessero un tempo delle sor-- 
genti e che ora siano sparite. Ho già detto che tutta la regione è povera di 
acque e che le poche sorgenti che vi si trovano sono esigue. A settentrione 
del piccolo territorio descritto non vi è alcun massiccio montuoso, grande 0 
piccolo, che possa raccogliere acque. Vi si trova invece la brusca, grande e 
profonda depressione che separa le alture in esame dai monti molto lontani 
di Calatafimi, Alcamo, Camporeale e S. Giuseppe Jato. Ho anche già detto che 
nella regiene in esame non si rilevano notevoli disturbi di tettonica, che in- 
vece è molto semplice. Dacchè si è costituita la presente orografia, quei luo- 
ghi non hanno mai potuto essere abbondanti di acque. Quanto ho scritto ora 
valga anche per tutti gli altri casi simili, che sono rilevati qui appresso. 

Le acque scorrenti superficiali dovettero, scendendo lungo il pendio, 
incontrare uno dei tanti crepacci di quel gesso che, inghiottendole, ne a- 
gevolava lo sfugo. Il lento lavorio reccanico e chimico di quest'acqua super- 
ficiale aumentò poco a poco le dimensioni di quella via sotterranea, in modo 
da formaro il presente inghiottitoio. Intorno ad essa, per degradazione, si formò 
la dolina, nelle proporzioni e nella forma che oggi si osservano. Con ragione 
ritongo quindi che l'origine della 22004 della Fata debba attribuirsì all’azione: 


M. GBRMMELLARO 25 


«delle acque scorrenti superficiuli, giarchè è impossibile di attribuiria a quella 
di corsi sotterranei. \ 

Noto che il maggior diametro della dolina si osserva nel sonso della pen- 
denza della superficie, che è quello della inclinazione degli stati gessosi, e che 
nella stessa difezione, verso S., è situato l’inghiottitoio. Questo avviene perchè 
le acque superficiali esercitano la loro azione di erosione e trasporto sul mar- 
gine a monte della cavità più energicamente che altrove, e perchè il torrente 
da esse prodotto trova, naturalmente, nel senso della pendenza degli strati la 
sua via di sfogo. 


Db) ZUBBIE DELLA GUARDIOLA (tav. I, fig. 3). 

Presso la Guardiola (vedetta), in ex-fendo Rampinzeri, a S.-0. della do- 
lina della Fata, si osservano due doline in diretta relazione tra di loro. 
La maggiore è a monte e la minore a valle, secondo un asse diretto da N. a S. 

La più grande è di forma irregolarmente ovale, ristretta ed allungata 


verso S. Il suo asse maggiore raggiunge m. 400; la sua larghezza non su- 


SLA 


Lurnghozze 1:1&000 
Qbezze 1 3000 


Fig. 3* — Zubbie della Guardiola 


24 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSCSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI), 


pera m. 250. La sna profondità, per cansa del declivio nel quale è scavata, 
è di m. 50, se si misura dal margine a N., di m. 20 se] si misura da quello a 
S. Questo si mostra ripido, meutre il resto del contorno, specialmente verso. 
N., ha nn pendio piuttosto dolce. Il fondo, coperto da elementi alluvionali, in- 
clina a S. ed è solcato da torrentelli che immettono în un largo inghiottitoio, si- 
tuato sotto la ripida parete S. della cavità. Frumento e wandorli prosperano 
nell’#27:2s del fondo, mentre le pareti si mostrano quasi spoglie di vegetazio-. 
ne. L’inclinazione degli ctrati gessosi è di circa 35° a S. Si osserya bene, 
lungo il contorno, la rottura degli strati, prodotta dalle frane che. conti- 
nuamente si verificano sui margini. 

Nella dolina iu esame non esistono sorgenti, nè alenna se ne osserva so- 
pra o sotto di essa, sia anche lontano; la sua formazione non può quindi at-- 
tribuirsi al lavorio di corsi d’acqua sotterranea. È perciò naturale ammettere 
che sia stata originata dall’azione erosiva e corrosiva delle acque scorrenti 
superficiali che si inabissavano in qualcuna delle spaccature dei gessi, tanto 
frequenti nella regione. Queste acque superficiali che diedero origine alla ca- 
vità, continnano anche oggi il loro lavorio di erosione, soluzione e trasporto, 
ampliando e modificando la forma, tanto della dolina, quanto del suo inghiot-.. 
titoio. 

La dolina più piccola della Gnardiola si trova a 4-5 metri di distanza 
dal margine S. della cavità studiata. Essa è di forma irregolarmente circolare; 
il suo diametro si approssima ai n. 250, la sua profondità è di circa m. 18. 

Il fondo è coperto da fertile alluvione, nel quale vegetano fiorenti vari 
alberi fruttiferi. Lungo il contorno della cavità, la quale non mostra inghiot- 
titoio. si vedeno le fratture dagli strati gessosi, i quali pendono a S. 

Questa dolina sta sul canale sotterraneo che riceve le acque della con- 
tigua zubbia grande, ora descritta. È evidente quindi, che questa cavità si è 
formata per sprofondamento del snolo, dovuto a frane interne della volta e 
delle pareti di tal canale sotterraneo. Non vi è sul luogo alcuna inflessione 
degli strati gessosi, i quali invece all’intorno sono evidentemente spezzati. 
Continuando l'abbassamento del fondo di questa dolina, dovrà col tempo 
apparire il canale sotterraneo dal quale è stata originata e, per conseguenza, 
la 2ubbia in esame dovrà trasformarsi in dolina cor mnghiotlitoro. 

Osservo infine che la forma delle dne doline, massime quella della gran-. 
de, è allungata nel senso della pendenza della superficie e degli strati, e che 
nello stesso senso esse sono allineate. Noto poi che l’ inghiottitoio della cavità 


M. GEMMELLARO i 25 


maggiore si apre verso il S., secondo il percorso delle acque e l’ inclinazione 
degli strati. i 

c) ZuBBIA E Lavina pI MeRLOCCO (tav. II, fig, 1, e 2; tav. II, fig. 1 
e tav. V, fig. 3). 

Nella regione Merlocco, ad O. della Guardiola, si osserva un interessante 
gruppo di fenomeni carsici. Una dolina è assai ben distinta e definita, ed è qui 
sotto descritta; dall’altra, più piccola, che è evidentemente una antica 2ubbia 
divenuta oggi vallecola, sarà detto appresso. A N. di esse, nota col nome di 
Zavina, è una dolina in via di formazione, il cui studio è oltremodo interes- 
sante, poichè fornisce la prova del processo di formazione per sprofondamento 
di alcune delle cavità carsiche studiate. 

La zubbia erande di Merlocco è forse la più caratteristica cavità carsica 
osservata nel territorio. Ampia profonda, con fianchi dirupati e scoscesi, è fornita 
di un largo inghiottitoio. Ha forma irregolarmente ovale, ristretta a S. Il suo 
maggior diametro, seconde N.-S., ha una lunghezza di circa m. 450, la sua larghez- 
za raggiunge i m. 300, la profondità massima, misurata dall’orlo a monte (lato 
N.), è di circa m. 60, la minima, misurata dall’orlo a valle (lato S.), è di m. 20. 


Lungfrzze 1102909 


CUS RISO 


Fig. 4°%— Zubbia grande di Merlocco 
Salvo la parete settentrionale, il cui pendio è stato raddolcito dall’azione 
degli agenti esterni, il resto del contorno della dolina mostra gli orli ripidi e 
scoscesi, in cui si osservano, fratturati, gli strati gessosi; che pendono a S. di circa. 


26 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


30°. Il terreno ocenpato dalla dulina è brullo; solo nel fondo un po’ di terricio 
trasportato dalle acque piovane, offre nn magro campo coltivato a frumento. 

L’inghiottitoio, imbutiforme e di grandi dimensioni, si apreaS. della cavità, 
ai piedi della parete quasi verticale che la limita da quel lato, su cui sorge 
la casa di Merlocco. Solo sulle pareti dell’inghiottitoio prosperano begli alberi 
di fico e di terebinto. 

Dentro la cavità in esame non esistono sorgenti, nè se ne osservano a monte 
o a valle di essa; non posso quindi ammettere con fondamento che la dolina 
sia stata originata dal lavorio di acque sotteranee. La piccola sorgente che si 
nota nella vallecola della stessa regione, della quale parlerò appresso, non ha 
avuto azione su questa grande cavità; essa sgorga e scorre in direzione distinta, 
esercitando la sna opera sul burrorcello vicino. Bisogna, per consegnenza, ritenere 
che la grande dolina in esame sia stata prodotta dall’azione delle acque scorrenti 
superficiali. Queste, come abbiamo visto in casi precedenti, introdncendosi in 
qualche crepaccio, o soluzione di continnità tra le superfici di separazione degli 
strati gessosi, ne provocarono l'allargamento per mezzo della loro azione mec- 
canica e chimica e quindi, per degradazione, diedero origine alla cavità car- 
sica. 

Lavina di Merlocco.— La cosidetta Lavina di Merlocco si osserva, come ho 
detto, a N., sopra la 2ubbia precedertemente descritta, discosto da essa. È una 
dolina in via di formazione. Una porzione di strati gessosi, per l’estensione di 
circa 5.000 mq,, ha ribassato di quasi m. 20 il sno livello medio rispetto a 
quello delle circostanti rocce in posto, per cansa di uno sprofondamento. 

Ne è risultata, sul pendio del monte una depressione di forma irregolare, 


e51 fondo costituito da grossi blocchi gessosi, irregolarmente disposti, i quali 


Fig. 5% — Lavina di Merlocco. Sez. verticale. 


presentano l’aspetto caotico di un grande scoscendimento. Le acque scorrenti 
tra gli interstizi dei blocchi, spariscono a valle nelle spaccature originate dalla 
frana. Sotto la Larina, a settentrione della vallecola di Merlocco, già ricordata 
avan.i, spunta nna piccola sorgente salenitosa che può, nel sno corso sotteraneo 
aver dato origine a questa depressione in concomitanza al lavorio delle acque 


superficiali, che si insinuano nei crepacci. 


M. GEMMELLARO 27 


Quando in seguito, l’azione di erosione e corrosione interna ed esterna avrà 
attaccato le pareti, provocando piccole ma continue frane, per causa della quali 
rimarrà ampliata la depressione; quando questa sarà approfondita e saranno 
disgregati i blocchi giacenti sul fondo, la Zavira assumerà i caratteri morfo- 
logici di una 2ubbdra. 

Ancho per le cavità di Merlocco valgono le stesse relazioni di coiucidenza 
già rilevate negli altri casi studiati, tra la forma della cavità, la posizione degli 


inghiottitoi e la pendenza della superficie del suolo e degli strati. 


d) ZUBBIE DELLA REGIONE SGARLATA (tav. I, fig 4 e tav. III, fig. 2). 

. Nella regione Sgarlata, a S.-O di Merlocco, limitata da questa regione 
e da quelle denominate Beviere, Sepolture e Grotta, vi è un importante gruppo 
di doline delle quali quattro, si osservano sopra lo stradale Santaninfa-Gibel- 
lina ed una, sotto di questo. La più grande tra le prime quattro è la più ele- 
vata e la indico col nome di /* 22bbia della Sgarlata sopra lo stradale; descrivo 
le altre tre, procedendo da E. ad O.; con i nomi di 2% 3% e 4% 2ubbia della 
Sgarlata, sopra lo stradale; l’ultima del gruppo la distinguo infine colncme di 
5° eubbia della Sgarlata, sotto lo stradale. 

La 1% zubbia della Sgarlata, si apre in un tratto di terreno poco declive alla 
superficie compreso, tra le regioni Merlocco e Beviere. Essa è scavata nei gessi, 


sm» 


“sE 


Laglezze 1. ta0og 
Qva nz 1. L006 


Fig. 6. — 1° Zubbia della Sgarlata, sopra lo stradale. 


28 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


x 


i cuni strati pendono ivi di circa 20° a S.- k, ed ha forma irregolarmente cir- 
colare, con un diametro di m. 350. Le pareti rocciose, quasi spoglie di ve- 
getazione, hanno una pendenza verso il fondo, da ogni lato quasi uniforme: 
ne risulta che la cavità assume la forma di un imbuto. 

Il fondo, ristretto, è coperto da poco materiale detritico sul quale vegetano 
alcuni mandorli, pochi alberelli di fico e delle viti. Un grande inghiottitoio si 
apre fra gli strati gessosi del fondo; esso è eccentrico e mostra il suo largo 
orifizio sotto la parete S.-E. della dolina. 

Anche in questa cavità si osservano gli strati gessosi, pendenti a S.-E.g 
fratturati all’intorno; le loro testate formano una serie di scaglioni concentrici, 
degradanti verso il fondo. 

Nella cavità non si osservauo sorgenti, nè vi sono indizi di corsi di acqua 
sotterranea a monte e a valle di essa. Le frane interne per le quali si formò. 
la dolina debbono quindi la loro origine all’opera delle precipitazioni atmosferiche 
che, scorrendo sul suolo, hanno incontrato nella loro discesa delle spaccature 
che ne hanno favorito lo scarico. L’opera di tali precipitazioni atmosferiche 
mi crepacci, ha lentamente formato il presente inghiottitoio. Intorno a tale via 
di scarico si sistemò lo scorrimento delle acque superficiali, e, per degradazione, 
si formò la dolina presente. È 

Nei casi finora descritti, gli strati gessosi pendevano a S., e nella stessa 
direzione furono riscontrati gli inghiottitoi; in quello in esame gli strati pen- 
dono a S.-E., ed in quel senso è spostato anche l’inghiottitoio. Questo avviene 
perchè le acque, naturalmente, nel loro corso seguono l’inclinazione degli strati. 
Quando questa varia, muta pure la posizione dell’inghiottitoio. 

Nelle doline originatesi sopra superfici inclinate, il maggior diametro cor- 
risponde alla direzione di massima pendenza di queste. Nella dolina ora 
studiata la forma è grossolanat ente circolare, perchè essa si formò sopra una 
superficie quasi pianeggiante, nonostante che gli strati gessosi pendano a S.-E: 
Infatti, l’azione delle acque superficiali in questo caso, si esercita in modo sen- 
sibilmente ugnale su tutto il contorao della cavità e questa si allarga in modo 
alquanto uniforme. Quando invece la superficie sulla quale si è formata la do- 
lina, è in pendio, le acque scorrenti superficiali esercitano più intensamente 
laloro aziore sulla parte più elevata di tal contorno, e quindi questo si allunga, 
indietreggiando principalmente a mente. Tutto ciò, beninteso, quando le cavità 
carsiche si formano in terveni sensibilmente omogenei e quando le doline non 
risultano dalla fusione di due o più cavità (doline multiple). In tal caso, la 


forma della cavità risultante risente di quella delle doline originarie. 


M. GEMMELLARO : 29 


La 2% Zubbia della Sgarlata si osserva a S., sotto di quella grande ora de- 
‘scritta, con la quale è in istretta dipendenza idrografica. Di forma irregolarmen- 
te circolare, con diametro di circa m. 200, ha una profondità di m. 20. Essa 
non ha inghiottitoio. Sulle sue pareti si osserva una serie di scaglioni dovati 
alfranamento degli strati gessosi per causa dell’azione erosiva e corrosiva 
delle acque sul corso dell’inghiottitoio della grande 2ubbia ora descritta, che 


è immediatamente superiore. 


\ 
PSI Lunghezza Î i0008 
Clorre 1. 5000 


Fig. 7% — 2% cubbia della Sgarlata, sopra lo stradale. 


A. S. O. di questa cavità, sopra la rotabile Santaninfa-Gibellina, alla qua» 
le è contigua si apre un’altra dolina, fornita di inghiottitoio (che chiamo 5% 
zubbia della Sgarlata), la quale salvo le minori dimensioni, riproduce quasi e- 
sattamente la forma di quella grande, più elevata, che ho precedentemente 
descritta. i 
Questa cavità si trova al contatto tra i gessi e la parte inferiore della 
formazione pliocenica, rappresentata da argille sabbiose con strati di ciottoli 
e ghiaie di varia natura, ma specialmente gessosi. È perciò una delle doline 


della regione, la quale si mostra non interamente scavata nei gessi. 


: Scala 


; Lungfezze I t0000 
| QAerne 1. 5.000. 


N Fig 8° — 3% zubbia della Sgarlata, sopra lo stradale. 


30 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-H. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


Questi, nel lnogo, invertono la loro pendevza a N. di circa 20°, e pure 
in questa direzione si osserva il largo inghiottitoio, il quale, data la sua di- 
rezione, evidentemente va a sboccare nel vicino canale sotterraneo che, come 
dirò appresso, scorre dalla 2u00:a del Beviere alla sorgente della Grotta. La. 
dolina in esame ha forma grossolanamente circolare, con un diametro di circa 
m. 250 ed uua profondità di 30. Non ripeterò per essa quando ho già scritto 
riguardo alla relazione tra la pendenza degli stratie la posizione dell’inghiot- 
titoio; quest'altro esempio conferma quanto avanti ho detto. 

In questa dolina non vi sono sorgenti; è vero che il canale del suo. in- 
ghiottitoio è in relazione con quello del Beviere in cui versa le acque che si 
raccolgono nella sua cavità, ma l’origine della 22004 non può attribuirsi diret- 
tamente al lavoro compiuto dal decorso sotterraneo di nna sorgente. Piutto- 
sto è naturale ammettere, come varie volte ho già detto, che le acque scor- 
renti superficiali, immergendosi in uno dei crepacci, così frequenti in quei 
gessi, incontrato nel loro percorso da monte a valle, abbiano, con la loro 
azione meccanica e di soluzione, formato l’inghiottitoio intorno al quale, per 
frane, si sia originata la cavità in esame. La frana dei gessi fu seguita da 
quella delle rocce plioceniche, che su di essi stanno in trasgressione; su queste 
rocce ha pci lavorato l’acqua scorrente superficiale; infatti sul lato S. della 
dolina si osservano frequenti frane dei conglomerati, i cui ciottoli sono sparsi. 
con abbondanza sul fondo della 2ubbra. 

La 4* zubbra della Sgarlata sopra lo stradale, si osserva nella regione omonima 
a S. delle grande cavità del Beviere, di cui dirò appresso. Essa ha, forma irre- 
golamente trapezoidale, con la maggiore lunghezza di circa m. 250, e profon- 
dità di m. 20. I gessi, nei quali è scavata la 2400:a, mostrano una leggiera pen- 
denza a N.-0.; i loro strati sono spezzati sul contorno. 


Scala 


Lungforza V 10000 
Alora 1. 3000 


Fig. 9°-4% 2ubbia della Sgarlata, sopra lo stradale 


M. GEMMELLARO SI 


Questa dolina non ha inghiottitoio; essa è situata snl ‘corso sotterraneo 


dello acque provienienti dal Beviere, le quali, come vecremo in seguito, prima di 


affiorare alla Grotta, passano nel sottosuolo della regione in esame. È perciò 
giustificato attribuire al lavoro di tali acque sotterranee lo sprofondamento, per 
frane di volta di canali o di cavità, col quale si iniziò la 24bbra. 

La 5° 2eubbia della Sgarlata, sotto lo stradale, è una magnifica dolina con 
inghiottitoio che si osserva a valle della rotabile Santaninfa-Gibellina, a 
S.-E. del Beviere. 

Questa cavità è aperta al contatto tra i gessi, (i quali pendono ivi di circa 
20° a N.-0.) e il sovrastante conglomerato pliocenico di trasgressione. É una dolina 
la cni massima lunghezza raggiunge i m. 350 la cui larghezza non oltrepassa 
i 250, la quale si mostra ristretta verso N.-O., ove si apre il suo profondo 


inghiottitoio. La sna maggiore profondità, misurata dal margine S.-K., è di 


fi 
v 


[PES fE ERO) 


Fig. 10%—5® 2ubbia della Sgarlata, sotto lo stradale. 


circa m. 50. Sul contorno della 2udbra, tauto nei gessi, quando nei conglomerati 
pliocenici, si osservano i segni delle frane per le quali si formò la dolina. 
Anche in questa cavità non esistono sorgenti alle quali poter riferire la 
cansa della sua origine; questa perciò non può che attribuirsi all’azione delle 
acque scorrenti superficiali, il cni scarico fu favorito da qualche crepaccio 
dovuto all’azione degli ‘atmosferili, incontrato nel loro cammino a valle, o 
da qualche soluzione di continuità tra le superfici di separazione degli strati. 
In tal modo le precipitazioni atmosferiche poterono raggiungere il corso sotterra- 
neo del capale di sfogo del Beviere, contribuendo, nella stagione piovosa, ‘ad in- 


grossare le acque della sorgente della Grotta. Intorno all’inghiottitoio così e- 


32 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


riginato, si formò poi lentamente, per piccole frane, la cavità, quale oggi si. 


osserva, Essa è allungata nel senso della pendenza della superficie, e la po- 
sizione del suo inghiottitoio è in relazione alla inclinazione degli strati. 


€) ZUBBIE DELLE FONTANELLE E DEL BEvIERE(tav.III, fig.3e tav.IV.fig.Le 2). 


Descrivo in unico paragrafo queste cavità che è utile di considerare in -- 


sieme, date le evidenti relazioni idrografiche dalle quali sono legate. 
Fontanelle.—La grande dolina delle Fontanelle è la più settentrionale e la più 
elevata di esse. Questa cavità, la quale propabilmente risulla dalla fusione 


di più doline iniziali, ha forma trapezoidale, allungata nella direzione N.-S. 


Lunghezze N 1v.00L 
AQdllerre 1. 2000 


N S30EE DIRO EA CARS n (SI 


Fig.11° — Zubbie delle Fontanelle 


M. GEMMELLARO 35 


Il suo asse maggiore è lungo circa m. 850, il minore raggiungo m. 500. 
La sua profondità massima è di m. 100, se misurata dall’orlo a monte e di 
60, se misurata da quello a valle. Gli strati di gesso, pendenti a S. di circa 
30°, si mostrano sul sontorno spezzati a scaglioni, per causa delle frane interne 
ed esterne che formarono la cavità. Enormi blocchi, giacenti sul fondo, proven - 
gono dalle frane che oggi si producono sni lati. Il largo fondo della dolina 
è per intero occupato da fertile terreno alinvionale, ottimo per la coltivazione 
del grano. Sul lato 0. spicca verdeggiante il piccolo giardino di agrumi di 
proprietà della famiglia Mauro. | 

Varie piccole sorgenti, che affiorano al piede della parete settentrionale, 
danno origine a piccoli corsi d’acqua selenitosa, i quali si uniscono in un corso 
nnico che dal N. si dirige a S. Quivi la parete della dolina è interrotta da 
una profonda e stretta gola, nella quale finiscono le acque. Questa gola, iu- 
cassata aegli strati gessosi, continua per circa due chilometri, sboccando 
nella sottostante dolina del Beviere. In essa sotto i gessi, si osservano le ar 
gille sabbiose e salate del Tortoniano, che costituiscono nella regione il livello 
di base delle acque sotterranee. 

Questo stretto cazza/e, (1) che convoglia le acque di sorgente e quelle su- 
perficiali della grande dolina delle Fontanelle, incavato nall’alta parete che na- 
turalmente chiudeva a S. il contorno della cavità, rappresenta il resto dell’an- 
tico inghiottitoio, che le frane e l’azione delle acque superficiali e sotterranee 
demolirono e misero allo scoperto. 

A monte di Fontanelle si osserva una depressione, nota col nome di Piano 
della Montagna. la quale è un bacino di ricezione delle acque piovane che, 
assorbite dal sno fondo coperto di alluvione, affiorano in picccle sorgenti a S., 
lungo la parete settentrionale della dolina delle Fontanelle. Probabilmente il Pra- 
no della Montagna è il resto di nna o più antiche doline; gli appicchi gessosi che 
lo circondano, rimarrebbero a rappresentarne il contorno. 

Il Beviere.-- A S. della dolina delle Fontanelle, ad essa collegata dallo stretto 
canale sopra descritto, si osserva il Beviere, che fra le cavità ben determina- 
te, è la più bella e la più vasta. Ampio, profondo e nettamente delimita- 
to da ripide pareti, può considerarsi come uno dei più tipici esempi dei 
Fenomeni carsici della regione. Esso ha forma irregolarmente ovale, un poco 
ristretta © prolungata a S. La sna maggior dimensione, secondo N.-S., è di 


(1) Nel vernacolo locale, nno stretto torrente, più o 1meno profondamente incrssato, è in- 


«dicato col nome di canale. 


34 LE DOLIN® NELLA FORMAZIONE GESSOSA AN,.-E. DI SANTANINFA (T 


circa m. 750; la larghezza è vicina ai m. 600, e la profondità è di m. 80 dal- 
l'orlo superiore, di 40 da quello inferiore, essendo la cavità incassata in pendio.. 
Le pareti della dolina, più o meno inclinate sni lati N., N.-0., ed O., sono 
verticali e spesso strapiombanti, in vari puuti del lato S. Ivi, i grossi blocchi. 


Sorgenti + 


Lungferze 110.000 
Aberze 4: 9000 


Co 
LE E a 


Fig. 12%— Zubbia del Beviere. 


P 


staccati dalle frane odierne, lianno formato una rampa che scende con forte 
inclinazione verso il fondo della cavità. Grandi massi di gesso, già separate 
per ampi crepacci verticali dalla parete, si mostrano in equilibrio instabile 
e costituiscono un permanente pericolo. 

Il fondo della cavità è occupato da terreno alluvionale; esso costituisce e- 
un campo verdeggiante, coltivato a frumento e ad ortaggi. Sul pendio sotto- 
stante al margine O., si ammira nu vigneto e frutteto di proprietà dei fratelli 
Barbara, da S. Ninfa; altre vigne e alberi fruttiferi si osservano sul lato N.-E:- 


M. GEMMELLARO 19) 


Dentro la grande dolina in esame, sul lato settentrionale, vi sono delle 
piccole sorgenti selenitose le cui acque sono anche raccolte dal corso prove 
niente dal caza/e delle Fontanelle, dianzi descritto. Si forma così wvn disereto 
ruscello di acqua perenne, segnato nella cavità da due filari di pioppi, il qua- 
le solca da N. a S. la dolina del Beviere. Le acque gessose di questo corso 
scompaiono, presso la parete S. della depressione, in un ampio inghiottitoio, e, 
dopo un percorso sotterraneo di più che due chilometri, scaturiscono a valle, 
dando luogo alla sorgente della Grotta, di cui tratterò appresso. 

Non può mettersi in dubbio che sia proprio il corso di acqua del Bevie- 
re a dare origine, insieme ad altre acque che convoglia nel suo decorso 
sotterraneo, alla sorgente della Grotta. Varie volte sono state buttate materie 
coloranti nelle acque del Beviere e, poco dopo, colorata è apparsa l’acqua 
della Grotta. Inoltre è accaduto, nella stagione piovosa. che si è spesso ostruito 
l’inghiottitoio, per cansa degli abbondanti detriti trasportati dalle acque; si è 
osservato allora che, mentre il Beviere, intorno l’inghiottitoio, si trasformava 
temporaneamente in un laghetto, la portata della sorgente della Grotta si 
riduceva di molto. i 

| Debbo anche notare un altro fatto importante che mi è stato assicurato da 
persone del luogo, delle quali non posso mettere in dubbio la veridicità: Ten - 
pi or sono il Beviere non aveva l’odierno inghiottitoio. ne possedeva un altro, 
sempre ai piedi della parete S., un centinaio di metri più ad O. di quello attua- 
le. Un inverno, in seguito a pioggie dirotte che trasportarono ingenti quantità 
di detriti, l’antico inghiottitoio veune completamente ostruito e il fondo della 
dolina si trasformò, temporaneamente, in un piccolo lago, mentre la sorgente 
della Grotta dimivuiva di molto la sua portata. Dopo certo tempo però, il lago 
si ynotò bruscamente ed apparve un nuovo inghiottitoio poco discosto, l’odier- 
no, mentre la sorgente della Grotta aumentava repentinamente e furiosamen- 
te la sna portata, tanto da inondare i campi sottostanti. È evidente che 
le acque in questo caso, profittando dei meati e delle cavità sotterranee comuni 
in quei gessi, o di qualche larga soluzione di continuità tra le superfici dgli 
strati, si aprirono nna nuova via per pervenire all’antico sbocco della Grotta. 
L'esistenza di un antico inghiottitoio nel Beviere, ad O. dell’attuale, agevola, come 
vedremo appresso, la spiegazione dell'origine di un’altra importante cavità car- 


sica, cioè di una delle doline delle Sepolture, che si osserva a S.-0. del Beviere. 


86 LE DOLINE NELLA F. RMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


L'esistenza delle sorgenti delle Foutanelle e del Beviere che producono il 
corso d’acqua perenne che solca le due cavità, mostra quale fa il modo di 
origine di queste. 

Manifestamente, la formazione delle due grandi doline descritte è dovuta 
al lavorio di tali acque-sotterranee che scavarono i canali e le grotte dai 
quali, per frane, si costituirono le dne cavità. Naturalmente, le acque scor- 
renti superficiali agirono poi, con energia, in concomitanza alle sotterranee, 
dando alle doline la forma e l'ampiezza con le quali si osservano. 

Tanto nella dolina delle Fentanelle, quando nel Beviere, la posizione del- 
l’inghiottitoio (che oggi nella 2200/a delle Fontanelle è ridotto a. canale 
scoperto) segue la pendenza degli strati, e la forma delle cavità è allungata 


nel senso della inclinazione della superficie. 


7) ZuBBiE DELLE SEPOLTURE tav. III, fig. 4). 

Sono due cavità carsiche ben definite, le quali rientrano nella catego- 
ria delle doline semplici. Esse si aprono, a ben poca distanza, a S. e a S.-0. 
deile regioni Beviere sotto cui stanno, tra questa e la strada rotsbile Santa: 
ninfa-Gibellina. 

La più piccola delle due doline delle Sepoltare è cordiforme, con un 
diametro di circa 300 m. ed nua profondità di 30. Essa è posta tra il Bevie-_ 
re e la 4 eubbia della Sgarlata, sopra lo stradale, nella regione attraversata. 
dal corso d’acqua sotterraneo che, come ho detto, sbocca alla sorgente della . 


N 


Scala 

È Lunghezze 110000 
” Qierze di 9.000 
Ss 


Pig. 13%— 7% 2ubbia delle Sepolture. 


Grotta. Gli strati gessosi, nei qualisi apre. mostrano una pendenza di circa 20° a. 
N.-0.; vi si osservano tutto intorno le fratture causate dal suo modo di forma- 
zione iniziatosi per sprofondamento causato dall’azione erosiva e corrosiva delle 


acque sotterranee del Beviere, sul cui corso si trova la cavità. 


9) 


M. GRMMELLARO } 


T 


DI 


La seconda 24000 delle Sepoltnre, nn po’ più grande della precedente, è 
la più ben determinata e regolare tra le doline semplici della regione. 

Scavata in un dolce pendio, a S.-0. del Beviere. è contigna alla strada 
rotabile Sautaniufa-Gibellina, ed ha forma ovale quasi perfetta, col maggior 
diametro, diretto da N. a S., di circa m. 350 e col minore di m. 300. La sna 
profondità è di m. 40, se misurata dal margine più elevato; di m. 20, dal mar- 
gine più basso. 

La pendenza dei gessi nei quali è scavata la 2u0bia è di circa 20° N.-0.; 


sui fianchi della cavità si osservano gli strati spezzati dallo sprofondamento 


Fig. 14% — 2% 2ubbia delle Sepoltur e. 


che diede origine ad essa. Le acque sotterranee che causarono lo scoscendiment 
iniziale, furono evidentemente quelle del Beviere. Probabilwente, data la po- 
sizione di tale grande dolina rispetto alla cavità in esame, (v. fig. 15%) fu prin- 
cipalmente il corso di acqua dipendente dal vecchio inghiottitoio, cuni ho 
precedentemente accennato, quello che direttamente lavorò a formare]a eu0bia 
studiata. Naturalmente, sulla cavità così iniziata agirono in seguito le acque 
scorrenti superficiali, modellandone la forma ed aumentandone la capacità. 
Nella fig. 15%, pubblico uno schizzo che comprende la 220b:a delle Fonta- 
velle, il Beviere, le due 2u00ie delle Sepolture, la 4% eubbia della Sgarlata, 
sopra lo stradale e la 5% della Sgarlata, sotto lo stradale. Questo schizzo chia 


SIND EL 
ai LI vi 


38 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


risce la posizione relativa di tal gruppo di 2vbbre rispetto al canale sotterraneo 
delle acque che sboccano alla Grotta. Hosegnato con linee punteggiate il cam- 
mino dell’odierno corso sotterraneo che da Baviere giunge alla Grotta e rac= 


i o © LaSrotta 
NE a Wi Grotta 


Fig. 15* — Zabbie delle Fontanelle, del Beviere e delle Sepolture; 4% eubbia della Sgarlata, 


sopra lo stradale; e 5%, sotto lo stradale; sorgente della Grotta. 


coglie le acque piovane delle doline interposte; ho indicato con lo stesso segno © 
il probabile corso del canale dipendente dall'antico inghiottitoio del Beviere, 


che, molto verosimilmente, diede origine alla 2* dolina delle Sepolture. 


M. GEMMELLARO 39 


Sorgente della : Gro*ta.— Parecchie volte in queste pagine, ho menzionato la 
sorgeute della Grotta, che sgorga ai piedi della massa gessosa in esame. Da- 
e le jmportanti relazioni che ne legano il corso tanto al Beviere, quarto alle 
contigue doline della Sgarlata e delle Sepolture, credo qui utile di darne una 
particolareggiata descrizione: 

La sorgente della Grotta (tav. V, fig. 2) si trova ai piedi di una parete 
gessoza abbastanza ripida, al contatto tra i gessi e le soprastanti argille del 
Pliocene inferiore. La sorgente è saltuariamenteabbondante, nelle st:gioni piovose. 


E Geri (Portico) 


oe ente della G 
(a 


Fig. 16% — Sorgente della Grotta. 


e il suo corso, dopo di aver solcato la pianura immediatamente a valle, va & 
formare il torrente dei Molinello e poi del Molinazzo che, più in giù, ricevendo 
vari affluenti, assume il nome di Modioue, il quale sbocca al mare a Selinunte. 
L'acqua della sorgente della Grotta è gessosa, come quella di tutte le altre sor- 
genti della regione. 

Dieci metri circa sopra la sergente, si osserva una larga buca, indicata 
semplivemente col nome di Groffa. (tav. V, fig. 1) Quando, nei periodi di pie- 
na, il meato di sbocco della sorgente della Grotta non basta più a scaricare 
le acque provenenti dal sottosuolo gessoso e dalle numeress cavità carsiche 
che divengono altrettanti piecoli bacini di ricezione, l’acqua compare e tra- 
bocca dalla Grotta, la quale così serve da sfogo. 

Questo fatto basta a provare l’esistenza di una comunicazione interna tra 
la Grotta e le. vie sotterranee che mettono capo alla sorgente. Tale comunicazio- 


40 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


ne è confermata dalla osservazione diretta, poichè non poche persone, tra le 
quali il prof. G. Di-Stefano, hanno potuto esplorare la Grotta, la quale è or- 
dinariamente accessibile. Io non potei disgraziatamente visitarla, perchè essa, 
nei giorni nei quali mi recai sui luoghi, era ostruita da una frana del tetto a 
pochi metri dal suo imbocco; ma varie persone e tra esse il prof. Di-Stefano, 
mi hanno gentilmente riferito quanto appresso: 

Dopo alcune rupi assai fortemente inclinate di difficile discesa per la lun- 
ghezza dì circa m., 8 dalla Grotta si perviene al livello di una spaziosa gal- 
eria nella quale scorrono le acque normalmente sgorganti dalla sorgente della 
 IGrotta. Questa galleria rimontante, seguendo l’inclinazione dei gessi, s'interna 
in direzione del N. e presenta, da un lato e dall’altro, dei cunicoli e delle spac- 
cature trasversali. La galleria è così ampia da permettere agevolmente 
il passaggio in piedi. Tali visitatori percorsero per oltre 50 m. il canale in 
parola che, manifestamente, mette capo allo inghiottitoio del Beviere. 

La figura 16° illustra schematicamente, in sezione verticale, la sorgente e 
la Grotta. 

9) ZUBBIA DELLA REGIONE MostRA,. 

A N.-0. del Beviere, nella {regione Mostra, si osserva un interessante 
gruppo di cinque cavità carsiche. Le due più a N..(1%, 2), di posizione più 


43 ‘A 
480 È È 

Ò < ) 
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Circ alaNiona SU È ne 


3 


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Lungherne {10006 


Ù 


B Qorre f. 5.000 


Te --—-----------..-------=--.--. e 


460 1 
480 25 
pros 
di 
860 


Fig. 172— Zubbie della regio ne Mostra. 


M. GEMMELLARO ZLI 


elevata, sono delle piccole depressioni subcircolari con orli scoscesi e fra— 
nosi, per cansa delle fratture che tutto intorno interrompono gli strati gessosi. 

La minore (1°) ha un diametro di i. 60 ed una profondità di m. 10, la 
maggiore (2°) ha un diametro di circa mm. 70 ed una profondità di 10. Que- 
ste dne doline non mostrano inghiottitoio. 

Al di sotto di esse si osservano altre due cavità, riù importanti, di cui 
luna più piccola, posta ad O, (53°), ha forme irregolarmenie triangolare, Val- 
tra più graude, posta ad E. (4*), ha forma molto irregolare, ristretta. a valle. 
Il maggior diametro della dolina 3* non supera i nm. 160, la maggior dimen 
sione della dolina 4% raggiunge i m. 200. La profondità di esse è di m. 20, 
dall’orlo a monte, di 10, da quello a valle. Queste due cavità presentano! de- 
gli ampi inghiottitoi, ai piedi delle loro pareti meridionali. 

A S. delle due doline descritte, si osserva una alira grande 2ubbia (5°) 
di forma irregolarmente ellittica, ristretta nel mezzo, molto allungata da E. ad 
O. In questa direzione la sua misura è di circa m. 400, mentre in direziono 
N.-S. raggiunge al massimo m. 200. Là, dove si restringe, non supera, nello 
stesso senso, i m. 120. La profonditg di questa dolina raggiunge m. 30.” 

La grande 2ubbia della Mostra (5) non presenta inghiottitoio; il suo for- 
do, ristretto, pemle verso S. ed è coperto di alluvione. La parete merdiona- 
le è ripida, il resto del contorno è dolcemente declive; il suo profilo verticale 
si presenta quindi iu forma di V. i 

A monte di queste ciuque doline, ma a beu poca distanza da esse, si os- 
serva un piccolo bacino lievemente .concavo, coperto di alluvione compreso 
tra lu regioni Fontana di Brandina, Cappellazzo e Passo Murato, quà e là 
limitato da appicchi gessosi. Tale depressione, di origine probabilmente car- 
sica risultante forse dalla fusione di parecchie antiche doline, è simile al 
Piano della Montagna, già descritto avanti. Essa è un bacino di ricezione delle 
acque piovane che, per infiltrazione, scendono secondo il pendio, verso S. 

Tutto il gruppo delle doline' della Mostra sta sotto, immediatamente, a tale 
bacino e le cavità sono tra di loro in intima relazione idrografica. Le acque 
di infiltrazione del bacino superiore, che ho descritto, passano naturalmente al 
di sotto di queste doline, contigne e sullo stesso pendio. Infatti, che sotto di 
queste cavità ci siano dei corsi di acqua selenitosi; è dimostrato da quello che 
si presenta presso le case della Mostra. Le acque sotterranee, passando al di 
sotto di queste doline, sono quindi la causa comune della loro formazione. Hl 
lavorio di erosione, e corrosione scavando il loro corso, dovette produrre le frane 
interne che diedero origine alle ubbie in esame. , 


42 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA (TRAPANI) 


Nelle dune piccole doline più alte (1° e 2%) non si è ancora formato l’in- 
ghiottitoio; ma nelle due medie (3% e 4%) le cavità sotterranee sono già com- 
parse e l’acqua scorrente superficiale ne ha ingrandito il contorno e formato 
i due presenti inghiottitoi. I i 

Per quando r guarda la dolina più bassa, che è anche la più grande, cioè 
la dolina 5°, essa si trova sul corso dei dne canali degli inghiottitoi delle due supe- 
riori e quindi si è formata per franamento di terreno su di questi cavali. 
Essa ha una forma a lemniscate che deve essere stata prodotta dalla fusione 
di due doline semplici, le quali si formarono ognuna rispettivamente, sui cana- 
li degli inghiottitoi delle doline 3* e 4°. | 

Riguardo alla posizione degli inghiottitoi delle subbie medie (3° e 4%) del- 
la Mostra, noto che essi, come negli altri casi studiati, sono spostati verso S., in 
rapporto alla direzione di pendenze degli strati di gesso. Riguardo alla 
forma delle cavità osservoche le quattro superiori mostrano il loro maggior dia- 
metro nel senso della pendenza della superficie, fatto rilevato costantemente in tutte 
le altre osservate, quando si mostrano in pendio. La grande dolina inferiore, che 
sembraa prima vista fare eccezione a tale norma, non è,co me ho detto, che il 
risultato della fusione di dune doline contigue, le quali obbediscono anch’esse 


alla comune legge di forma. 


li) ZUBBIA DELLA REGIONE CARPITA) tav. db, fig. 4). 


È la più occidentale della regione ed ha la forma tipica delle doline con° 


inghiottitoio. Scavata in un pendio N.-S., ha in questa direzione il sno maggior 


cala 


Lungfezxze 110.900 
QIsrro 


Fig. 15* — Zubbia di Carpita. 


n ARR Le TANI 
FIS pe x 


M. GEMMELLARO 43 


diametro di circa m. 360; la sua larghezza raggiunge i m. 300, la profondita 
è di m. 60 a monte, di 30 a valle. 

L’inghiottitoio, i cui margini mostrano delle frane, è spostato verso S. e 
si osserva ai piedi della parete gessosa che limita da quel lato la cavità. L’in- 
clinazione degli strati di gesso è di circa 30° a S.; nua piccola sorgente di 
acqua gessosa si trova sul lato N. di questa 2u00e. Questo lato è inciso da 
uno stretto e incassato torrente, di forte pendenza, con pareti quasi verticali, nel 
quale fluiscono le acque superficiali che solcando il fondo in uno stretto ca- 
nale, scompaiono nell’iughiottitoio della dolina, scendendo poi verso la valle 
nterposta tra i monti gessosi e l’abitato di Santaninfa. i 

Tutto intorno, lungo le pareti della cavità, si vedonoletestate degli stra- 
ti, spezzati e disposti a scaglioni dalle fratture che hanno prodotto la doliva. 

L'origine prima della 2u00/a è dovuta all’azione delle acque sotterranee, 
come è provato dalla esistenza della sorgente, per quanto piccola; Wa, per 
l'ingrandimento della cavità deve attribuirsi una parte importante al lavoro 
delle acque superficiali che, nei mesi piovosi, scendono violentemente dello 
regioni Mostra e Montagna ed hanno scavato il profondo canale che incide la 
parete N. della dolina. i 

La forma della 240b:a e la posizione del suo inghiottitoio, obbediscono alle 
leggi di relazione con l’inclinazione della superficie e cou quella degli struti, 


già constatate durante l'esame delle altre doline della regione. 


Î) PICCOLI BURRONI DI ORIGINE CARSICA. (tav.II fig. 1). 

Nella regione Quadararo (1), dipendende dallo ex-feudo Rampiuzeri, e nel- 
la regione Merlocco, di cui avanti mi sono occupato, si osservano due piccoli 
burroni, con asse diretto da N. a S., la cui origine è manifestamente dovuta 
al fenomeno carsico. Sono i residui di antiche doline, oggi trasformate in val- 
loncelli. 

Il burrone del Quadararo, lungo circa m. 500, largo 300, ha nua profondità 
di quasi m, 60, misurata dalle alture che ad E. e ad O, lo delimitàno. La sua 
china è abbastanza ripida; si mostra scavata esclusivamente nei gessi, i «cui 
strati pendono a S., con una inclinazione di circa 25°. Le pareti gessose sono 
. nude, mentre il fondo costituisce un buon terreno vegetale, coltivato a gra- 
no. Esse scendono ripide dai lati E. ed .0., e leggermente declivi del lato 


(1) Quadararn e quarararu in dialletto siciliane significa “calderaio,,. 


44 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-D. DISANTANINFA (TRAPANI) 


N. Al S. più non esiste l’antica parete della cavità carsica originaria; ivi, solo 
rimane in parte, un leggiero ed ottuso rilievo, pel quale il fondo della valle 


assume un profilo verticale leggermente concavo. 


Fig. 19%. — Burrone del Quadararo 


Tale rilievo, largamente aperto a S.-S.-0., lascia libero il corso alle acque 
piovane che formano un piccolo ma profondo torrente, il quale si volge a S., 
costeggiando il limitrofo giardino di Rampinzeri. Parte delle pioggie è natu- 
ralmento assorbita dal fondo alluvionale della valletta, e deve perciò contri- 
buire all’alimentazione della sorgente salenitosa di scalabrino, che affiora a 
valle, sulla rotabile Santaninfa-Gibellina, e le cui acqae irrigano i giardini e 
gli orti di quella contrada. 

La forma posteriore del burrone, che è proprio quella dì rna dolina, e la 
bassa barriera che si osserva a S., ora incisa dal torrevtello, ne dimostrano l’o- 
rigine carsica. Ivi si dovette formare una dolina prodotta dall'azione erosiva e 
corrosiva delle acque superficiali che agirono sopra un crepaccio o sopra una 
soluzione di continuità tra le superfici di stratificazione, incontrata sul loro 
percorso; col tempo l’azione degli agenti esterni trasformò in burrone la dolina 


originaria. 


Pi e PI: 
È CND 


Nr 
i 


M. GEMMELLARO A 


Simile alla vallecola del Quadararo si mostra quella della regione Mer- 
locco, presso la grande 2u0bia con inghiottitoio. precedentemente descritta 
(v. pag. 29). 

Con asse diretto da N. a S., il valloncello di Merlocco ha nna lunghezza 
di m.400circa;è largo m.200 e limitato, ad E. ead O., da ripide pareti gessose, i eni 


strati, pendenti a S. di 20°, mostrano le tracce delle fratture, cansate dalle 


.coutinne frane. La parete settentrionale è leggermente declive; al S. si osserva 


CAV NRE SAS BI GANVART 


un basso gradino, che in parte sbarra la piccola valle, rendendo concavo il 


sno profilo verticale. 


14450 


Scala 
Lungfezre +.10.000 


- Qbierre 4. ©1000, 


Fig.20% — Vallecola di Merlocco. 


Una piccola sorgente sta alla base del declivio settentrionale col quale si 
inizia la valletta, e dà Inogo ad un ruscello il yuale, dopo averne solcato il 
fondo, ne intaglia ii gradino meridionale. Il corso della sorgente di questa 
vallecola non ha relazioni con la prossima grande dolina con inghiottitoio; esso è la - 
terale e. ben distinto e la sua azione si è esercitata soltanto sulla presente valletta . 

Nel valloncello di Meriocco vediamo in sostanza ripetersi le stesse cond i- 
zioni già rilevate per il burrone del Quadararo, ma il suo antico carattere di 
dolina, della quale è nn evidente residuo, è assai più manifesto. Qne- 
sto è provato calla esistenza del gradino aS.,che indica la lenta demolizione. 


della relativa parete dagli stati fratturati delle altre pareti esistenti, e dalla 


46 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI EANTANINFA (TRAPANI) 


» 
preseaza della sorgente e del corso d’acqua che dovette essere la causa del-- 
lo sprofondamento iniziale. Nel caso del vallcucello di .Merlocco abbiamo, 
come ho detto, uno stadio del fenomeno carsico uu po’ meno avanzato di quello già. 
studiato al Quadararo. Maggiore a Merlocco è la concavità del fondo, più e- 
vidente e meno interrotto è lo sbarramento a S. L’intaglio pel quale fluiscono 
le acque del ruscello, segna probabilmente il posto dell’ inghiottitoio dell’antica 
eubbia, divenuta oggi vallecola per l’opera concomitante delle acque sotter—- 
ranee e superficiali. 


M. GEMMELLARO i 47 


IV. — Riassunto e conelusioni 


Dallo studio dei fenomeni carsici osservati nella regione a N.-E. del terri- 
‘torio di Santaninfa, si possono trarre le seguenti conclusioni: 
1° — Le doline ben definite sono diciannove; esse si presentano nelle 
regioni Fontanelle; Rampinzeri (Fata, Guardiola, Merlocco); Sgarlata; Beviere; 
Sepolture; Mostra e Carpita. 
2° — Le cavità sono scavate quasi tutte nei gessi; solo due di esse 
(5° 2ubbia della Sgarlata, sopra lo stradale, e 5* eubbia della Sgarlata sotto lo stra- 
dale) incidono oltre i gessi, in parte anche la soprastaute formazione plioce- 
nica, aprendosi al contatto tra igessi e il trasgressivo conglomerato pliocenico. 
3° — Otto delle cavità studiate non hanno inghiottitoio e quindi sono 
 dovine semplici (2ubbia piccola della Guardiola; 2% e 4% della Sgarlata, sopra st ra- 
dale; 1% e 2% 2eubbia delle Sepolture; eubbie 1%, 2% e 5° della regione Mostra). 
Undici sono doline con iInghioftitoto (cubbia della Fata; 2ubbia grande della Guar- 
diolu; zubbia grande di Merlocco; 1% e 5° <ubbiadella Sgarlata, sopra stradale; 5* 
della Sgarlata, sotto stradale; z<ubbia delle Fontanelle; del Beviere; 3% e 4% 
della regione Mostra; cubbia di Carpita). i 
Tra queste ultime comprendo anche la dolina delle Fontanelle, la qua- 
le ne presenta tutti i caratteri, sebbene il sno inghiottitoio sia ora ridotto 
allo stato di canale scoperto. i 
4° La Zavina di Merlocco è nna depressione dovuta a un abbassamento 
di terreno per sprofondamento di volte di cavità. sotterranee e rappresenta 
l’inizio di una dolina. 
5° — Il burrone del Quadararo e il valloncello di Merlocco sono i resti 
di antiche doline, Ja cui parete a valle oggi quasi più non esiste. 
6° — Cinque fra le dolzine con inghiottitoio (Fontanelle; Beviere; Carpita; 3* e 4° 
della Mostra) sono certamente in relazione con corsi d’acqua sotterranei ed ori- 
ginate per sprofondamento di volta di cavità dovute all’azione erosiva e corrusiva 
di tali acque. Ho già detto avanti che questi corsi di acqua sotterranei sono 
pochi ed esigui; la loro intensa opera di escavazione è dovuta alla lunghezza del 


tempo trascorso, al pendio degli strati i quali scorrono e alla nota facile 


Wool lic E \ 
TERA IRTREE TIME MAMA COMI GDR gi Ù 


43 LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GE 330SA A N.-E. DI SANIA NINFA (TRAPANI) 


solubilità del gesso. Come è scritto più estesamente anche al N. 12, le doline 
così originate hanno subito in seguito la forte azione concomitante delle acque 
scorrenti superficiali, cui prevalentemente debbono la loro forma e l’ampiez- 
za odierna. d 

7° — Le sei rimanenti dolire per inghiottitoto (ubbia della Puta; 2ubbia 
grande della Guardiola; 2ubbia grande di Merlocco; 1% e 3% de la Sgarlata, sopra 
stradale; 5* della Sgarlata, sotto stradale) non hanno rapporti con corsi d’acqua 
sotterranea. La loro origine è da attribuirsi all’azione meccanica e chimica delle 
acque scorrenti superficiali che s'immettono in uno di quei crepacci, i quali. 
come ho detto, sono frequenti nella regione, o in più o meno larghe solu- 
zioni di continuità tra le superfici di separazione degli strati. 

8° Tra le doline semplici si distinguono: 

a) Doline semplici poste lungo il corso sotterraneo dell’inghiottitoio di 
cavità soprastanti ad esse (2u0bia piccola della Guardiola; 2% e 4% 2ubbra della 
Sgarlata, sopra stradale; 1% e 2% 2ubbia delle Sepolture; enbbia 5° della re- 
gione Mostra). 


0) Doline semplici sitnate invece a monte di altre che hanno l’inghiot- 


titoio. (2ubbie 1% e 2" della regione Mostra). 

Per quanto riguarda le prime (a), è evidente che bisogna attribuirne la 
formazione a sprofondamenti dovuti all’azione esercitata su canali sotterranei 
da acque sotterranee e superficiali, oppure a quella esercitata su tati canali 
dalle sole acque superficiali. 

Per le seconde (0), deve invocarsi come causa della loro origine lo spro- 
fondamento prodotto dall'azione di corsi d’acqua sotterranea, essendosi costa- 
tata nella regione l’esistenza di nn corso d’acqua nel sottosuolo. 

Quando, col tempo, sarà progredita l’opera delle acque sotterranee e 
superficiali, probabilmente compariranno i canali sotterranei che hanno ori- 
ginato le doline semplici, le quali saranno così trasformate iu doline con in- 
ghioltitoto. 

9° — La posizione degli inghiottitoi sta, naturalmente, in relazione con 
la pendenza degli strati. 

10° — Il contorno delle dolive si allunga principalmente da valle a monte, 
e, in misura minore, da monte a valie, per causa del crollo e della demolizione 


lenta dell’imboccatura dello inghiottitoio. Essendo l’opera delle acque più intensa a. 


IL CAVTALIT 
1) 


M. GEMMELLARO 49 


monte che a valle, ivi, più che altrove, si raddolcisce la péndenza del margine, 
inentre il perinzetro della dolina aumenta per piccole e continue frane esterne. 
Nei terreni pianeggianti predominano le forme grossolanamente circeo lari, poi- 
chè l’azione delle acque superficiali si esercita in modo sensibilmente uguale 
su tutto il contorno. L’unica dolina (5° del'a regione Mostra) che, a prima vi- 
sta, sembra fare eccezione a questa legge, è il risultato della fusione di due 
cavità contigue (dolzza multipla). 

11° -— L’allineamento delle cavità contigue, in relazione tra di esse, è 
legato alla direzione dei canali sotterranei nei puali scorrono acque sotterranse, 
o acque superficiali, oppure le une e le altre insieme. 

12° — Da quanto ho detto nei paragrafi precedenti risulta che, mentre 
l’origine prima di alcune delle doline della regione è riferibile all’aziono ero- 
siva e corrosiva di acqne sotterranee, quella di altre è iuvece dovuta solo 
al lavorio delle acque scorrenti superficiali. 

I corsi d’acqua sotterranea quando ci sono, per i vuo i cheproducono, sono 
la causa delle frane interne iniziali, che danno luogo ad nua cavità sulla quale 
lavorano poi intensamente le acque superficiali. Quindi l’azione di queste ta, 
nella regione studiata, per l’izizio delle doline, uva importanza quasi uguale 2) 
quella delle acque sotterranee. 

Se però si considera la compiuta formazione di tutte le doline del ter- 
ritorio esaniinato in questo scritto, cioè, non soltanto il loro modo iniziale di 
origine, ma tutta l’evoluzione che le ha portate allo stato presente, si può 
trarre che nella regione l’opera delle acque scorrenti superficiali è, nello in- 


sieme, prevalente su quella delle acque sotterranee. 


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LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA 


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Fig. 1. — ZUBBIA E VALLONCELLO DI MERLOCCO 


Fig. 2. — ZUBBIA DI MERLOCCO (1— l'inghiottitoio) 
Gemmellaro fot. Cl. R. Huber 


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GEMMEPPAROB: Tav. IV. 
LE DOLINE NELLA FORMAZIONE GESSOSA A N.-E. DI SANTANINFA 


Fig. 1.— ZUBBIA DI FONTANELLE (lato N.) 


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Fig. 2. — ZUBBIA DEL BEVIERE (lato S.) 
Gemmellaro Fot. (L'inghiottitoio è nascosto dai pioppi) CI. R, Huber 


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, 


Lo stato economico della Polonia 


Post fala resurgo. 


CAPITOLO T. 
Le sventure d'una nazione 


Non perchè re se sei tn, sì orande sei; 
Ma per te ‘cresce e in maggior pregio sale 


La maestà regale. 


Così comincia la magnifica ode del Filicaja a Giovanni Sobieski, re di 
Polonia, che, il 12 settembre 1685, aveva liberato Vienna dall’assedio dei Tar- 
chi. Noi vecchi eravamo sulle scnole, allorchè imparaimmo quella poesia -a me- 
moria. Da allora i Polacchi ci furon simpatici. come altre volte avevano 
salvato l'Europa dai Mougoli e dai Tartari, così essi, nel 1685, avevano com- 
piuto un’eroica impresa, che campò l’alleata dalla ruina e impedì che la 
Cristianità soggiacesse: solo più tardi comprendewmwo che, per opera loro, si 
evitò che l’Europa cadesse sotto il fatalista giogo musulmano, con il conquasso 

e ivi ilei. Eravamo adole; i quau nel 1865, al grido di Gesù e 
della civiltà dilei. Br o adolescent nudo, nel 1863, Q 
arta, insorse Varsavia, e i Polacchi, alore ch'è insito nella. razza 
Marta, insorse Varsavia, i Polacchi, col valo } t Il 
io iarono una lotta disper or liberarsi dai ISSIRtca filet 
loro, ingaggiarono una lotta disperata per libei dai R t l favore 


platonico del mondo civile (1). Palermo, calda ancora degli entusiasmi del 


(1) Un manipolo di Garibaldini, nel quale c'erano cinque che avevano fatto parte dei Mille, 
ed era fra essi Francesco Nullo, dor capo, portò il soccorso del braccio alla Polonia; ma, il 5 
maggio 1865, fu sgominato. Nullo, nel combattimento, perdette la vita. 

Non va taciuto che fu anche giudicato che la rivoluzione polacca ginngesse in mal purto, 
cioè mentre lo ezar Alessandro procedeva alla grand’opera della emancipazione dei servi della gle— 
ba; ma di quest’argomento favelleremo più tardi. 


62 LO STATO ECONOMICO DELLA POLONIA - 


1860, gl’insorti ammirava, e le sventure loro compiangeva, quasi come si fosse 
trattato di compatriotti: era sentimento pubblico irresistibile, che tutti ci av- 
volgeva. (1) Apprendemino allora che, profittando delle intestine discordie, anzi 
con perfide arti fomentandole e della corruzione di parte non piccola della 
nobiltà giovandosi, Russia, Austria e Prussia, nel 1772, avevano, di accordo, 
ciascuna dal suo lato, fatte proprie importantissime provincie polacche (primo 
smembramento); di altre s’erano impadronite nel 1795. S’era levata in alto 
la spada di Kosciusszko, ultimo eroico difensore della patria, nel 1794, 
contro Russie Prussiani: vinto, si vuole esclamasse: Finis Poloniae! Ma 
egli più tardi smenti che quelle parole fossero uscite dal suo labbro: misero 
chi dispera delle sorti della sna nazione ! (2) Il resto del paese fu sbra- 
nato dai tre lupi nel 1795. 

Nè poteva essere diversamente, se politica è l’arte di abusare del- 
la debolezza altrui per utilità propria, senza contare per nulla gratitudine, 
trattati, giustizia. La Polonia, esempio classico degl’ inconvenienti della mo- 
narchia elettiva, aveva ana pessima costituzione: per essa i nobili, rinniti a Dieta, 
eleggevano i re; e perchè si approvassero le leggi, occorreva il eousenso nna- 
nime, ciascun membro della Dieta potendo esercitare il /berzm veto. Quan- 
do l’aristocrazia, come classe, si corruppe al punto di vendere il sno voto 
alle Potenze finitime, lo Stato non ebbe più forza, e cadde nell’impotenza; la 
mazione fu preda dello straniero. Ma la morale è una, ed nno è il diritto, co- 
sì per gl’individui come per gli Stati, e l’opera della tre Potenze fu nna 
volgare rapina. Eppure il trattato del 1772, comincia /n nome della Santissi- 


ma Trinità, e, con Maria Teresa, lo firmarono Federico II e Caterina II, due prin- 


(1) Il Comune battezzò col nome di Via Polacchi nua strada aperta nel nuovo ricne Ca- 
rella, a ricordo che vi abitarono alcuni profughi scampati alla terribile repressione della Russia. 

(2) In Manciuria i prigionieri polacchi, fatti dal Giappone nella guerra contro i Russi, 
<antavano l’inno nazionale: La Polonia non è ancora morta ! 

La patria vive: questo è il convincimeuto indistruttibile di tutte le anime di quel popolo 
anartire. 


Bi: 


P. MERENDA NOIE 3 


cipi riformaturi, che arieggiavano a filosofi (1)! Fu detto a ragione cle l’An- 


stria sorprese il mondo con la sua ingratitudine. (2) 


CAPITOLO II. 


L'economia della Polonia 
a tutta la prima metà del XIX secolo. 


Tutti abbiamo tenuto per certo che la Polonia fosse soltanio una nazione 
agricola, che vi prevalesse la cultura dei cereali, che mancasse d’industrie e- 
strattive, manifattnriere, commerciali. Tutti lo credemmo sino ad ora; ma è 
nopo intendersi: quando d’un paese si dice ciò che s'è affermato della Polo- 
nia, non s'intende punto esciudere del tutto l’esistenza in esso d’industrie ma- 
nifatturiere: l’uomo nou può vivere di soli prodotti agrarii; e basta la neces- 
sità di provvedere ai bisogni dell’alloggiare, del vestire, dell’adornarsi per 
provocare la nascita d’indastrie correlative: nè un popolo come il polacco, 
che ha avuto i suoi artisti, e che per gloria militare neu è secondo a_ nis- 
suno, può essere vissuto senza arti e mestieri: ma si tratta di produzione limi- 
tata, e rispondente a parte dei bisogni locali, non d’industrie poderose e che larga- 
mente lavorino anche per l'esportazione. Che se alla fino del 1700 si poteva 
dire: “Se leviamo di dosso a un cavaliere polacco tutto ciò cle gli viene 
dall’estero, resta nudo » , (3) ciò, anche preso alla lettera, va inteso cu grarzo 
salis, nel senso cioè che le merci di lusso provenivano dall'estero. Del pari non 
s'intendono escluse assolutamente le industrie estrattive ed il commercio. 

Ora il concetto, così chiarito, di nazione esclusivamente agricola, con 


prevalenza della cultura dei cereali, era legato a quello della scarsa ricchezza, 


(1) Voltaire osò compiacersi del reato con Federico II e Caterina Il (la Semiramide 
del Nord, come la chiamava il grande scrittore francese) e cantò Les rois qui partagent le giteau? 

Cantù, Sforza Universale, vol. X, pag. 202, in nota. 

(2) Il trattato porta la data del 14 luglio 1772. Quella Maria Teresa, a tutela della qaale 
gli Ungheresi erano pronti a dare la vita (Mariamur pro rege nostro Maria Theresia)prima di 
firmarlo, dolevasich'essa “prostituiva il proprio onore e la propria riputazione per un miserabile- 
pezzo di terra.,, Ma Federico II ebbe a dire: “Colei piglia sempre, piangendo sempre.,, 

(3) Ricchieri Giuseppe, Le dusi geografiche della nazione polacca. Estratto ‘dal BOLLETTINO 
DELLA REALE SocIETÀ GEOGRAFICA, Roma, Unione Editrice, 1916, pag. 30. 


64 LO STATO ECONOMICO DELLA POLONIA 


x 


e la connessione dei due concetti è generalmente ammessa, come quella che 
deriva, più che da un teorema dottrinale, da un dato di esperienza. Fertanto 
si giudicava che il cavalleresco e sventurato popolo polacco, e fosse degno 
di compianto per essere divenuto servo dello. straniero, e ci lasciasse 
col desiderio di vederlo assurgere a maggiore prosperità. 

Ma i due concetti e la deduzione eran semplicemente cosa comune, a dir 
così opinione volgare, ovvero anche suffragati dalle indagini dei dotti, e mas- 
sime di quelli che dei fenomeni ecouomici fanno particolare studio? 

Come in altre scienze, così la Polonia ha avnto figli suoi che son saliti 


in fama di cnltori delle economiche discipline (1); ma essi sventuratamen- 


(1) Ecco quanto si legge n I Cossa sugli economisti polacchi: « HI Conte Federico Skair- 
belk (1792-1869) professore a Varsavia, fu autore di buoni compendii di ecoromzia (1820), . di. 
amministrazione (1821), di finanza (1824), ai quali tentero dietro nn dizionario (1828) e due 
trattati d'ecoromia pura ed applicata (1359-60). La traduzione francese del primo degli accen- 
nati compendii (Z2éorie des richesses sociales, 1529. Dne volumilsi cita spesso per una buona a- 
malisi del fenomeno della circolazione. Nou oltrepassarono i confini della Polonia il narzale 
del negoziaute Sigismondo Dangel (Q0y0/ne zsasedy ekonomii polityeznii. 1862) e le opere 
economico-sociali molto pregiate di Giuseppe Supinski (Lembera, 1872. Cinque volumi). A 
Withold Zaleski, egli pure professore a Varsavia, siamo debitori di opere sfalis/ichee di monogra- 
fiesui rapporti tra l'economia ela morale (186:),sulle società operate(1873), ece. Giuseppe Oczapowski 
collaboratore della Ré04e d'Éronomie poliligne, e già professore a Varsavia ed a Cracovia, 
scrisse parecchi lavori storici, critici e dogmatici, conformi alle dottrine della sezola germanica, 
riuniti in un volume pubblicato nel 1889. Superiore nell’operosità e fantore dello stesso 
indirizzo, è l’attuale professore di Lemberg, Leone Bilinski (vato nel 1546), che serisse, iu 
tedesco, circa alle 2uposte sul lasso (1875), sulle furiffe ferroviarie (1875), sulla riforma 
delle finanze comunali (1878), e dettò nella lingua patria aleuni studii s2///mnposta sul red- 
cito (1870), un mannale di sesenza finanziaria (1876) ed uu diffuso trattato d'ecoromin (1S50- 
2p. Due vol.). 

« Sull’economia agraria scrissero Soldraczinski, Rembowski, Skarzynsky, Stawinsky; sul 
commercio e sulle barche Vattivissimo Falkenbagen-Zaleski; sulle «ssienrazioni il Mayzel; 
sulle finanze il principe Lubomirski, il Nagorny, ecc. Le opere del Dengoborski, del Cieszko- 
wski, del v. Miaskowslki, dell'Ochenkowski, ser tte in francese ed in tedesco, sono general- 
mente conosciute. » Introduzione allo studio dell'E:onomia Politica, pag. 467. 

Il Tengoborski scrisse salle 4orces prodnetives de la Rissie; lo Cieszkosvski è autore di pa- 
recchi lavori. priucipali dei quati è il Da credit et de la cirenlation (Paris, Guillaumin, 1847): ha 
pubb'icazioni su la quistione agraria v. Miaskowski; si occupò degti antichi economisti ivglesi 
1Ochenkovrski (Ey/ands wirtschifilliche Bitwiekelun) am Ansgarnge des Mitlelalters Jena, 1879). 

A questi nomi non si può aggiuugere quello di Lonis Wolowski, che sinaturalizzò Fran- 
cese nel 1884, e fu professore di legislazione inlastrialo al Qyrservatoire impiriale des arts et 
méliers, e direttore del Credit foncier de France. Fondò, vel 1834, la Récne de legislation et de juri- 
sprudence. e diede alla luse parecchi lavori, tra i quali notissimi quelli intitolati de 
la mobilisation du credit foncier (Paris, 1839) e De lorganisalion du cerédit foncier (Paris 
Guillaumio, 1848), Chi scrive esaminò il sistema di Wolowski, nel suo libro Zusioni e realtà 


del credito fondiario. Palermo, Clausen, 1895. 


P. MERENDA 65 


te non si valsero della loro dottrina per illustrare le condizioni della patria, 
ovvero gli scritti loro su questo soggetto sono rimasti ignoti all’occidente 
d’Enropa. Occorre, dunque, ricorrere agli scrittori d’altre nazioni. 

Scrisse il nostro abate Galiani: « Un popolo che sia puramente agricolo 
è il più sventurato dei popoli: abbandouato alla schiavitù, alla superstizione 
e all’indigenza, esso malamente coltiva, dacchè l'agricoltura è la sola occu- 
‘pazione sua, e soffre tanto più gli anni della earestia, in quanto tutti i beni 
suoi consistono rei prodotti della terra. Tali sono la Tarchia, la Polonia 
eben altri paesi d'Europa che per noi non è necessario sien nominati » (1) 

Altrove ci fa sapere che gli Olandesi, ai tempi suoi, compravano del grano in Po- 
lonia, perrivenderloin paesi che ne abbisognavano. (2) Comegli Clandesi esercitava-: 
noquestotraffico, co ne chiarisce Ermanno Scherer, nella sna Storza del commercio di 
inte le nazioni, da° tempi antichi fino a° di nostri: «L'Olanda faceva pure gran- 
dissimi affari colla Polonia, che, per la gran via fluviale della Vistola e per 
Danzica, maudava tutto il sovra più della sua produzione agricola. Essa vi 
trovava la materia di nuo fra i più vantaggiosi snoi traffici, quello delle 
granaglie. 

« I snoi negozianti avevano impegnato grande capitalein queste operazio- 
ni, e speculavano sulle disuguaglianze delle raccolte. Quando le raccolte erano 
abbondanti e i grani a basso prezzo, facevano vasti approvigiouamenti, che poi 


(1) Dialogues sur le commerce des blés. ECONOMISTI CLASSICI ITALIANI, collezione Custodi, 
parte moderna, vol. V., 1803, pag. 189. 

A pag. 247 mette la Polonia a livello della Tuuisia, dell’Egitto, delle coste d’Algeria, del 
Marocco, e d’altri paesi poveri. spopolati e disgraziati, ch’eran venditori di frumento. 

Iu Francia, quando il Galiani scriveva, era in auge la scuola dei Fisiocrati, la quale so- 
steneva esser produttive di ricchezze le sole industria che operano sulla terra, le altre es- 
sendo sterili; sicchè produttive erzn l'agricoltura e le industrie estrattive, s/erili le marifat- 
ture ed il commercio. 

L'autore nostro fu tra i critici della scuola, tanto vero che il confutò l'abate Bourdeau, 
nno dei caji di essa, nelle ÉPHÒÈMERIDES DU CITOYEN, OU CHRONIQUE DE L’ESPRIT NATIONAL, 
con la sua. Lel/lre a MU. l’abbé G. (Galiani) sur ses Dialogues aniifconomigqres (1769). 

Oggi queste coutroversie noa si fanno più, poichè nesseno mette in dubbio che le ma- 
nifattnre e il commercio danno od accrescon valore ai materiali che ci offce la natura; però 
il ricordo delle circostanze fra le quali scriveva Galiani chiarisce il tono di lui nei passi 


che abbiano citati, e perciò vi abbiamo accennato. 
Quant'è alle carestie, eran possibili anelie ln Polonia; ma not.zia di esse, che sappiamo, 
_gli storici non ce n’han tramandate. 


(2) L. c., p. 87. > 


66 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


mettevano a disposizione di tutti nei tempi di carestia. Quantunque sovente: 
sollecitato a vietare l’esportazione, il governo in questa materia si era sag-. 
giamente astenuto da ogni intervento. Ne risultò che l’Olanda fu per lungo 
temp> il primo emporio di grani in Europa, e che, dopo aver provveduto ai. 
propri bisogni, provvide tutti gli altri paesi, facendo splendidi guadagni. Gli 


Olandesi, dal canto loro, importavano in grandi proporzioni a Danzica, il cui 


raggio mercantile comprendeva non solamente la Polonia ma anche tutta la. 


Prussia, manifatture, zucchero, spezie, olio, vino, e carta. l trattati assicura— 
vano loro particolari vantaggi, di cni restarono in possesso fino alla rivolu- 
zione della Polonia; (1) il che in parte li compensò delle perdite che aveva- 
no subite nelle altre parti del Baltico. » (2) 


In mezzo a quali grandi difficoltà si esercitassero gli scambii con gli 


Olandesi cel dice lo Chevalier: « Per molti riguardi il commercio di esporta- - 
zione di cotesto frumento si fa con metodi barbari, che cagionano assa; 


grandi spese. In quel paese sprovveduto di strade, si raduna il grano peno-- 


samente lunghesso i fiumi. Gli si fa discendere la Vistola, allorchè la sta- 
gione delle pioggie la gonfia, i1 rozze barche nelle quali nulla lo protegge 
contro l’intemperie e contro l’azione combinata dell'umidità e del sole, che lo 


fa germinare. Arriva così, dopo interi mesi, per Varsavia fino a Danzica... Que- 


sto frumento di Danzica ha fortunatamente una bella qualità, che gli per-- 


mette di trovare compratori a Londra, a prezzi più vantaggiosi di quelli che 


ottenga il grano di Odessa » (5). Cievalier scriveva nel 1351, dopo 60 auni 


(1) L'opera dello .Scherer, scritta in tedesco (agli nacque a Stoccarda) fu pubblicata, in 
due volumi, negli anni 1852-53: pare ch'egli alluda alla rivoluzione del 1830. 

Può darsi tuttavia che si riferisca agli avvenimenti del 1794. Le Potenze predatrici-an- 
davano stringendo sempre più il nodo scorsoio che doveva strangolar la Polonia: adunata u- 


na Dieta a Grodno, era stata costretta a ratificare il secondo spartimento e a ridurre a 15.000.» 


soldati l’esercito; Re Stanislao ed il governo polacco esistevano da burla; il paese doveva 
salvare se stesso, o tentarlo. Fu preparara una rivoluzione, ed eletto generalissimo Taddeo 
Kosciuszko (72 Garibaldi polacco), assistito da un Consiglio nazionale di sua elezione. Il gene- 
rale Madalinski, avuto l'ordine della riduzione, negò diminuire la sua brigata, e marciò so- 
pra Cracovia, dove il 21 marzo lo raggiunse Kosciuszko, dando principio all’ultima guerra 
polacca, che salvò l’onore della nazione. 

(2) BIBLIOTECA DELL’ECONOMISTA, 2% serie, vol. IV, pag. 539. 

(5) Esame del sistema protettore. Nella BiBLIOTEGA DELL’ EconoMISTA, 2% serie, volume:- 
VIII, pag. 276. 

Perchè il frumento di Danzica fosse ancora di bella qualità e tale da essere preferito a.. 


3 P. MERENDA 67 


di filantropica e civile dominazione russa, austriaca, prussiana (1); se allora 
la Polonia mancava di strade, che doveva esser prima? (2). 

Bisogua però avvertire che, se non c'erano strade nè ferrate nò a ruote, 
dovevano ssistere vie mulattiere, senza delle quali è inconcepibile come mai 
il frumento si avviasse ai fiumi, e le merci degli Olandesi si spargessero in 
Polonia e Prussia. Vedremo più oltre che la Polonia aveva rapporti commer- 
‘ciali anche più estesi; il che conferma questa osservazione. 

Adamo Smith afferma: « In Polonia si dice difettare ogui genere di ma- 
nifattura, eccetto poche, delle.più grossolane, di famiglia, senza delle quali 
contrada veruna potrebbe sussistere.» (3) E soggiunnge: « La Polonia, ove il si- 
stema fendale ancora continua, è paese tanto povero al dì d’oggi, quauto lo 
era prima della scoperta dell'America » (4) 

Poche manifatture e poco commercio hanno, secondo lo Storch, lUnghe- 


ria, il regno di Polonia, le montagne della Scozia. (5) 


quello di Odessa, nou doveva essere germogliato tutto. Nella quale ipotesi razionale, tra ‘gli 
altri fatti che cita un autore che già conosciamo, ci conferma questo: “ Nella Lucania, provin- 
‘cia un tempo floridissima, oggi detta Basilicata, usano condurre alla marina il grano, dove le 
pioggie alle quali l’espongono, col far crescere e poi marcir le nuove spighe che spuntano 
da’ granelli della superficie, formano quella ‘scorza istessa di cui parli il signor Reneaume, 
e difendono l’interno midollo di: questi mouti di grano; e così aspettano, che si venga a 
comprare e adimbarcare.,, (Vedi, a pag. 255, Galiani, Estratto del discorso sulla perfetta con- 
servazione del grano, nel vol. VI, parte moderna, della collezione Custodi, SCRITTORI CLASSICI 
ITALIANI DI Economia PoLiTica). Ricordiamo d’altronde di aver letto, ma non sapremmo in- 
dicar dove, che a Danzica esistevano magazzini grandi, razionalmente costruiti, nei quali il 
grano giuuto si conservava fino al momento dell’imbarco, 

(L) Il trattato del 25 luglio (4 agosto) 1772 ha quest’ipocrita preambolo: « Lo spirito di fa- 
zione, le turbolenze e la gnerra intestina oud’è da più anni abbaruffato il regno di Polonia, 
e l’anarchia che ogni giorno peggio invigorisce al punto d’annichilarvi ogni autorità di go- 
verno regolato, dàuno troppo a temere il totale scompaginamento dello Stato, stravolti gl’in- 
teressi dei vicini, e accesa nna guerra generale, come già ne derivò quella di Russia con- 
tro la Porta. Le potenze finitime hanno sopra la Polonia pretensioni e diritti antichi quan- 
to legittimi, dei quali non poterono mai aver ragione, e che rischiano di perdere se nou se 
gli assicurano, ristabilendo -auche la tranquillità e il buon ordine nell'interno di questa repub- 
blica, e procuranlole un'esistenza politica più conforme agl’interessi di lor vicinanze ,, 

Non par egli di leggere le ragioni del lupo contro l'agnello? 

(2) La domanda viene spontanea, ma suppene perfettamente rispondente al vero il qua- 
«dro dipinto dallo Chevalier, e ch’esso si riferisca al 1851. Sopra questi due punti e’ intrattere- 
mo in appresso. 

(3) An inquiry into the nature and causes of the wealth off nations, by Mac Culloch. Edin- 
burgh, Black, /870, p. 4. 

(4) Id., p. 110. ; 

(5) Corso di Economia Politica, nella BIBLIOTECA DELL'’ECONOMISTA, 1% serie, vol.1V, pag. 610. 


ae 1 I LETTE Pe ESSI 


68 LE CONDIZìONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Per Eisdell, il commercio forestiero della Polonia è piccolissimo. (1) 


Favellando delle circostanze che contrappesano gl’inconvenieuti delle mac- 


? 


chine, il Garnier scrisse: « Ai nostri giorni gli operai non sono in alcun Inogo 
tanto disgraziati, quanto nei paesi dove ancora non si sono introdotti i mezzi 
speditivi: essi muoiono di fame in Polonia, in Irlanda e nella Cina.» (2) 

“In Polonia, iu Russia, in Ungheria, in Ispagna, Vacerescimento del ca- 
capitale è lentissimo ,, Così lo Stuart Mill (5) 

“Il popolo della Polouvia, scrisse il Carey, da ilgrano, prodotto con molti 
mesi di travaglio, in cambio di abiti prodotti cou pochi giorni di lavoro.,, (4) 

Lo Scherer, come si era occupato di proposito degli Olandesi, così fa per- 
i Polacchi nella succitata opera di lui. 

Sentiaino le sne parole: 

“L'ufficio della Polonia nella storia delcommercio è interamente passivo. 
Nessun'altra nazione in Enropa si è mostrata così poco atta e chiamata al 
traffico e alle industrie. Anche ai tempi della sua grandezza, quando confinava 
al sud col Mar Nero ed a nord col Baltico, quando perciò riuniva le più favo- 
revoli condizioni per l'esercizio del commercio internazionale, la Polonia non 
seppe trarre alcuu partito da simili vantaggi. Non ebbe mai una navigazione; 
non seppe neanche giovarsi, nell’interesse del sno dominio, del commercio ma- 
rittimo dell'Asia, che la conquista della Russia occidentale nel 1460, e quella 
della Livonia nel 1583, avevano messo in sto potere, o per lo meno crearsi 
nel Baltico una posizione uguale a quella degli altri paesi di riviera. Che cosa 
non sarebbero divenuti in altre mani i porti di Riga e di Danzica come em- 
porio di un paese simile a quello che si estendeva dietro a loro! Col suo mi- 
rabile sisteria di corsi d’acqua, e con la varietà delle sne naturali ricchezze, 
la Polonia fu ai tempi del sno splendore uno dei paesi più felicemente col- 
locati per isvolgere un attivo commercio. Ma la suna deplorevole costituzione, 


l’amore delle conquiste, l’indole bellicosa, il poco gustp per le arti pacifiche, 


(1) Trattato sull'indusiria delle nazioni. L. e., vol. VIII, pag. 510. 

(2) Eiementi dell'Economia Politica. Li. e., vol. XII, pag. 275. 

(3) Principii di Economia | olitica, con alcune delle sue applicazioni alla filosofia sociale. L 
c, pag., 250. i 


(4) /rincipii di Economia Politica. L. e., vol. XIII, pag. 838. 


P. MERENDA 69 


per il lavoro, ridussero i Polacchi ad un ufficio molto subalterno come popolo 
commerciante. 

« Fu il Cristianesimo che arrecò in Polonia, nel 965, i primi elementi della 
civiltà. Si avvezzarono alla vita sedentaria, alla coltura del snolo, e poco a 
poco entrarono in contatto coi loro più colti vicini, gli abitanti della Boemia; 
- la Silesia era allora una provincia polacca. Ma ciò non fu sufficiente per 
innestare fra loro il commercio e le arti. Vi volle l’iinmnigrazioue degli Ebrei, 
espulsi dalla Germania verso la fine del secolo XII. Questi ottennero dai re 
di Polonia varii privilegii, e quantunque più tardi fossero stati perseguitati, 
pure il proficuo commercio proprio, e sopratutto il commercio di trasporto 
che fece la Polonia, è rimasto sino ad oggi fra le loro mani. 

«Fu sotto il regno di Casimiro III, soprannominato il Grande, asceso al 
trono nel 1333, che gl’interessi materiali della Polonia divennero oggetto del- 
le cnre più illuminate. Essa gli fu debitrice del suo ordinamento politico; fu 
egli che volle indirizzare la nazione verso le arti utili ed il commercio, onde 
produrre e propugnare l’agiatezza del paese. A tal nopo, ttirò molti coloni 
dalla Boemia e dalla Germania, e li stabilì a grandi spese in varie città nuo- 
vamente fondate. Cedette, è vero, la Silesia alla Boemia, ma ciò giovò al 
commercio. Breslavia divenne l’emporio dei prodotti polacchi, bestiame, legno, 
cera, piombo e sale, destinati alla Germauia, ed al tempo medesimo quello dei 
prodotti germanici e levantini destinati alla Polonia. 

« L'industria silesiana trovava in Polonia una grandissima clientela, per le 
sue tele, i suoi panni, e i suoi lavori di ferro; così, per mezzo di Cracovia, 
provvedeva le contrade danubiane del snd-est. Tl centro del commercio po- 
lacco era Cracovia, la più popolata e la più ricca città del paese, animata da 
una splendida corte, e dal Insso della nobiltà. La suna posizione fra il nord e 
il sud era favorevolissima al traffico, che poteva insieme abbracciarvi i paesi 
del Danubio e del Mar Nero, quelli della Vistola e del Baltico. Il commercio 
colla Moldavia e con la Valacchia passava per Lemberg, che godeva del di- 
ritto di sosta per il transito. All’epoca in cui fioriva Caffa, grandi spedizioni 
di merci indiane prendevano questa via. La Polonia possedeva allora le boc- 


che del Dniester, ed il porto di Hagibey, vicino al sito dell’attuale Odessa. Da 


70 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


questo porto, che ha dietro a sè l’Ucrania e la Podolia, navi cariche di grana- 
glie si portavano, di tempo in tempo, nei porti bizantini ed italiani, del Mar 
Nero e del Levante. Se un punto così importante, che avrebbe potuto diven- 
are una seconda Danzica, fu negletto e lasciato indifeso contro i Turchi e i 
Tartari, ciò prova luminosamente l’ignoranza e l’indifferenza del governo 
polacco in materia di commercio. 

«Un altro tratto caratteristico si è che la Polonia, allorchè possedeva estese 
coste, non pensò mai a crearsi una marina. Fn con la medesima trascuraggine 
che si abbandonarono ai Turchi, senza tirare un sol colpo, la Moldavia e la 
Valacchia, e quindi si cessò di poter comunicare liberamente col basso Danubio. 
Dopo che Costantinopoli fu caduta in potere dei Turchi, la Polonia più non 
mandò in quel paese fuorchè cera, miele, burro, sale, pellicce, coperture, gros- 
se lane, in cambio di cui riceveva vini, cavalli, selle, tabacco, olio, tessuti di 
seta e di cotone. - i 

« È con l'Ungheria che la Polonia, da tempiremotissimi, aveva mantennto 
le più attive relazioni. 

« Le importazioni di questa fertile contrada eccedevano di molto le sue e- 
sportazioni. Consistevano in vini, frutti secchi, lana, canape, noci di ‘galla, sal- 
nitro, potassa, piccole e grandi pelli, metalli e soprattutto rame, legname da 
costruzione, acquavite di prugne detta «Dbowrtz, ecc. Il principale articolo che la 
Polonia desse in cambio era il sale delle miniere di Wieliczka. (1) 

“La via commerciale dirigevasi, pr» le città montane del contado di Lips, 
su Cracovia, emporio di tntti.i prodotti 1.ngheresi. Di là queste derrate pene- 
travano per Breslavia in Alemagna, ovvero scendevano sulla Vistola fino a Dan- 
zica, e colà s'imbarcavano per ulteriore destino. La Polonia e la Russia traf- 
ficavano insieme fin dall'epoca in cui i grandi principi risiedevano ancora a 


Kief. L'invasione doi Mongoli e la ruina di Kief interruppera queste relazioni, 


(2) Le saîine di Bochnia e di Wie iczka costituivano la principale entrata dei re polacchi. 
Nel trattato iniquo del 1772. il territorio dov’eranle saline fu assegaato all’Austria, riducendo 
la Polonia dipendente da questa in una merce Ci prima necessità. L'art. 3 del trattato di Vien- 
na del 9 giugno 1815, dispose: « S. M. I. et R. possèderà, en toute proprietè et souverainetè, 
les salines de Wieliczka, ainsi que le territoire y appartenant. > 


PERS 


P. MERENDA (È 


che d’altronde sarebbero state paralizzate dall’assoluto monopolio che l’Ansa (1) 
esercitò ben presto nel nord per mezzo della sna fattoria di Novogorod. Nondimeno 
si ristabilirono dopo che lo czar Ivan III ebbe infranto il giogo dell’Ansa e 
schiuso al commercio di altre nazioni il suo impero rigenerato. 

“I Polacchi, o più propriamente gli Ebrei di Polonia, facevano il commer- 
cio terrestre. Mosca era il loro mercato; vi andavano in persona e come a ca- 
rovane, ed andavano pure alle fiere di Lipsia per comperarvi manifatture, 
Del resto, aspettavano che gli stranieri venissero da loro, ed abitualmente la- 
sciavano da questi esportare i prodotti dal territorio polacco. Così principalmente: 
avveniva per il più ragguardevole di tutti nel commercio iucernazionale, il grano. 
Lo spedizioni di grano per il Mar Nero erauo insignificanti, e cessarono 
quasi del tutto sotto la dominazione dei Turchi; non se ne facevano spedi- 
zioni regolari ed in grande fuorchè in Danzica, ed un poco pure in Riga.» (2) 

«La Polonia era un paese puramente agricolo; se si eccettnano .i più 
semplici mestieri, e poche fabbriche di panni, essa propriamente non aveva 
alcuna manifattura. » (3) ; 

Da tutto questo insieme di testimonianze autorevoli si deduce che la Po- 
lonia esportava i prodotti della sna agricoltura, specialmente il grano, e quelli 
dell’allevamento del bestiame e della silvicultura; ch’essa non aveva indu- 
strie manifatturiere; che dei tesori ascosi nelle viscere della terra, met- 
teva a profitto per l’esportazione soltanto il sale ed il piombo; che man- 
cava di strade a ruota, di marina mercantile; che non usava macchine e 
aveva scarsi capitali. Pertaato il concetto comune dello stato economìco della 
Polonia, e la deduzione ch’essa fosse un paese di scarsa prosperità, avevano 


buon fondamento. 


(1) È noto chel’Ansa (la quale in basso tedesco significa società) era costituita da una lega, la 
quale, cominciata tra Amburgo, Brema e Lubecca nel secolo XII, più tardi stendevasi dalle rive- 
della Schelda e del Reno al fondo della Livonia, comprendendo pure mo Ifecittà dell'interno. Ebbe 
in principio soltanto intenti commerciali, fra i quali la sieurezza dei mari. Divenuta poten- 
tissima e prepotente, nella lotta cei principi dei vari Stati, decadde. Napoleone.I le die’ l’ul. 


timo colpo. Il congresso di Vienua (trattato 9 giuguo 1915, art. 46 e 56) riconobbe “come città. 


libere Amburgo, Brema, Lubecca e Francoforte sul Meno, e loro accordò un voto sui 17 che 
godevano i 17 Stati costituenti la Confederazione Germanica, 
(2) L. c., pag. 742 
(3) Id., 1. c., pag. 744. 


LI 


| 


72 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


CAPITOLO III. 


Lio stato economico della Polonia 


negli ultimi sessant'anni 
| $ 1 — La buona novella 


La lettura di un lavoro di Georges Bienaimé, intitolato Za Pologne écono- 
mique, ha aperto a chi scrive nuovi consolanti orizzonti. Giova notare che le 
notizie date da quest’autore furon comprese in una conferenza, tenuta il 20 giu- 
gno 1914, e pubblicata nel Bulletin de la Societè de Gèographie commerciale de 
Paris; vale a dire in piena pace, sicchè nessuna passione derivaute dalla 
guerra fa velo all’intelletto dello scrittore, nemmeno quella così istintiva di e- 
saltare o scagionare gli alleati, deprimere od incolpare i nemici del proprio 
paese. 

Egli ci da la Quona novella, imperocchè ci parla della Polonia negli ultimi 
sessaut’anni, e ci dimostra ch’essa ha progredito sotto l’aspetto economico, 
gode d’una maggiore prosperità, ed assai prom tte per l'avvenire. 

Fu detto che nessuno meglio dei Frances. sa scrivere un libro, ed è ve- 
ro; ma talora l’arte dello scrivere nuoce al contenuto. Ora il Bienaimò schi- 
va qualsiasi lenocinio della forma, non declama, è sobrio, succoso: porta fatti 
e cifre. 

l’autore comincia col chiedersi: C'è nr'economia nazionale della Polonia, 
divisa fra tre Stati, sottomessa a tre governi? Esso si propone favellare del- 
lo sviluppo economico preserie delle tre Polonie, e cercar di coglierne i ca- 


ratleri comuni. 


P. MERENDA 73 


Eprima di tutto,che cosa deve intendersi per Polonia ? Non la istoricadel 1600, 
‘che a levante s’estendeva di là del Dnieper e della Dwina del sud (Duna) e 
mentre da un lato toccava Odessa, dal lato opposto giungeva sino al golfo 
| di Riga e rasentava l’Estonia. E nemmeno la Polonia tornata ai limiti del 
1772 (quand’era in agonia la Feale repubblica polacca) la quale rappresente- 
rebbe adesso uno Stato la cui superficie sarebbe una volta e mezzo più grande 
della Francia, (1) popolato da 45 milioni d’abitanti (2). 

Egli vnol fermarsi alla nazione polacca, ridotta ar Uumiti etnografici suoi 
attuali, limiti più ristretti di quel che furono 145 anni addietro, e così ridot- 
ti a meno per gli sforzi ostili dei tre Stati compartecipi dell’altrui. Presenta 
quindi un blocco compatto, vivente in un territorio pressochè quadrato, del quale 
quello nord tocca il Baltico, quello sudi Carpazi, l’ovest la Germania, l’est le po- 
popolazioni miste della Lituania, Volinia, Ukrania, e Podolia, presso le quali si 
esercita un’opera veemente di russificazione. (3) 

Così delimitato, il blocco etnografico polacco occupa approsimativamente 


270.000 chilometri quadrati (4), con una popolazione di ultre 25.000.000 di 


(1) Al principio del 1772 il territorio polacco abbracciava più di 730 mila chilometri 
quadrati. 

Riccheri, I. c., pag. 8. 

(2) Certe conseguenze dei delitti non trovano più rimedio, anche quando il reo lo cer- 
chi. Un masnadiere assassina un povero viandante, e lo spoglia dell’oro ohe porta addosso; se 
un dì si pente, può restituire il danaro, mai la vita che spense. 

(3) Lasciando fuori del blocco polacco le popolazioni polacche della Lituania e dell'Ukrania, 
nota l’autore che tuttora esse ascendono a due milioni d’uomini, e l’attività economica loro è 
considerevole, come grandi proprietari, industriali, commereianti, ingegueri, banchieri; ma, 
tale attività non si lega sempre direttamente a quella dei Polacchi della Polonia etnografica. 

Le popolazioni polacche della Lituania occupano specialmente i distretti vicini alla Po- 
lonia russa, e Wilna, capitale di quella, conta 70.000 Polacchi sopra 170.000 abitanti, dei 
quali 40 °< Ebrei. i 

Nelle rivoluzioni del 1830 e 1863, si è avuta anche la tendenza, per quanto non generale, 
di ricostituire la graude Polonia storica; ma fu purtroppo vano pensiero. 

(4) La Francia, compresa l’Alsazia e la Lorena, conta 547009) Kmgqg.: l’Italia, esclusi il 
Trentino e l’Istria, 286.000. 

Avvertiamo che il Riccheri, L. c., p. 11, nou è d’accordo col Bienaimè nel caleolo della su- 
perficie occupata dal blocco etnografico polacco, alla quale in complesso non assegna più di 
240.000 Kmq. La differeuza, 30.000 Kmgq., proviene da una diversità di criterii, e principalmente 
sta in questo: il primo esclude la parte orientale della Galizia, ch’è in assoluta maggioranza 
rutena; il secondo l’include. 


74 LE CONDIZIONI ECONUMICHE DELLA POLONIA 


abitanti, (1) dei quali 17 milioni son Polacchi, 2.700.000 Ebrei, 2 milioni Te- 


deschi, 4 milioni Ruteni: i Russi, infima minoranza d’impiegati e di coloni, 


non si contano —: in complesso più di °/, Polacchi, menoci !/, non Polacchi. . 


13 


Questi 17 milioni, per lingua, carattere, costume, religione, tendenze poli- 


tiche continuano a formare una sola e medesima nazione. 

L'autore divide poi, come portava la materia, in tre parti il lavoro suo:. 
ciò facciamo pur noi, variando un po’ l'ordine: lui segniremo, occorrendo,. 
anche alla lettera, perchè scopo nostro, vergando queste pagine, non è di dare 
alla Ince una pubblicazione scientifica, ma di giovare ad vna nazione oppres- 


sa, col diffondere la buona novella; se in questo avremo la fortuna di riusci-- 


ci terremo paghì. 


$2 — Polopia prussiana. 


Nella prima si occupa della Polonia prassiana. Andiamo insieme a lui 


salvo ad aggiungere quello che sarà opportuno, dividendo sotto rubriche i varii_ 


aspetti economici. 


A) AMMINISTRAZIONE. 


Non ostante la germanizzazione intensa, aggressiva, brutale, la provin- 
cia di Prussia conta 4 milioni di Polacchi, 5 milioni e mezzo dei quali sono. 
ammassati sopra la frontiera orientale del Regno di Prussia, da Danzica 
sino al fondo dell’Alta Slesia. 

L’Alta Slesia (reggenza d’Oppeln) che si credeva divenuta tedesca, rac-- 
ckinde una maggioranza di Polacchi (61 °/,). Son più di 1.700.000, appoggia- 
ti alle provincia di Posnania, alla Polonia russa, alla Slesia austriaca. 


(1) Il Regno d’Italia, che oggi ha 39 milioni di abitanti, era abitato da 25 milioni a 1° gennaio» 
1862, integrando i dati del consimeato del 1861 coll'aggiunta della popolazione calcolata del: 
Veneto e del Lazio. 


P. MERENDA 75 


La provincia di Posen è la foriezzza più attaccata della Polonia prussia- 
na. Contiene 2 milioni d’abitanti, dei quali due terzi son di nazionalità po- 
lacca (la capitale, Posen, ha 58 °/, di Polacchi sopra 170.000 abitanti); la me-. 
tà dei distretti rurali ha tutt'ora pochissimi Tedeschi (appena il 10°/,). Pur 
troppo non si può dir lo stesso dell'altra metal i 

Le due regioni della provincia di Prussia (1) contano più di 900.000 Po- 
lacchi, non già dispersi, sebbene ammassati in taluni circondarii, sui quali essi 
sono in maggioranza, sicchè eleggono i deputati del Landtag e del Reichstag. 
Attorno a Danzica e sulle rive della bassa Vistola il paese è polacco dal lato 
fondiario; un densissimo blocco polacco separa quindi la Pomerania dalla re- 
gione di Koenigsberg. 

Il re di Prussia Federico Guglielmo I, riprendendo il possesso della 
Posnania, con suo ploclama emanato da Vienna il 15 maggio 1815, prometteva: 
«Voi sarete incorporati nella mia Monarchia senza avere bisogno di rinunziare 
alla vostra esistenza nazionale. Voi prenderete parte alla costituzione che ho 
intenzione di dare ai miei fedeli sudditi, e riceverete, come le altro provincie 
del mio reguo, una costituzione provinciale. La vostra, religione sarà rispettata, 
e misure sarauno prese affinchè una dotazione conveniente sia assegnata ai 
suoi ministri. / vostri diritti personali e la vostra proprietà ritornano solto la 
protezione delle leggi. Voi stessi sarete d’ora innanzi ammessi a deliberare su 
queste leggi. La vostra lingua sarà impiegata iusieme a quella tedesca 17 Zulli 
gli atti pubblici, e ciascuno di voi, secondo le sue facoltà, avrà adito a tutt 
glimpieghi, a tutti gli onori e dignità del mio regno. >» 

Giusta il trattato di Vienna, 9 giugno 1915, anche î Posnani avrebbero 


dovuto conseguire una rappresentanza ed istituzioni nazionali, regolati secondo 


(1) Il Regno di Prussia, fra il Baltico, l'Annover, l’Austria e la Russia, è noto che costi- 
tnisce il più forte degli Stati del nuovo Impero germanico, ed ha oltre 45.000.000 di abitanti. 

Esso è costituito dalle seguenti otto provincie: Prussia, Posen, Pomerania, Braudeburgo, 
Silesia, Sassonia, Westfalia e Reno. Nel Brandeburgo, ch'è cone il cuore della Monarchia, 
trovasi Berlino. 

Prussia duuque è detta una delle provincie del Regno, e si divide in orientalz, che come 
prende i duo distretti di K6nigsberg e di Gumbinuen, ed occidentile, ch'è composta dei due 
distretti di Danzica e di Marienwerder. 


76 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


il modo d’esistenza politica che il governo avesse creduto ntile e conveniente 
d’accordar. loro. 

Nei primi anni, pur non rappresentando il prussiano un governo nazio- 
nale, esso tuttavia non riuscì pesante, ed il Posen godette pressochè dall’auto— 
nomia; ma col tempo l’amministrazione prussiana andò invadendo, sino a de- 
star nei Polacchi sete ardente d’indipendenza. Essi, nel 1830, vanno a com- 
battere coi loro fratelli contro la Russia; tentan d'insorgere nel 1846; combat- 
tono contro i Prussiani nel 1848; ingrossano le file degl’insorti della Polonia. 
russa nel 1863. 

Lo Stato considera la Polonia prussiana come parte integrante della mo- 
narchia; sicchè i polacchi partecipano di iutti i beneficii e vantaggi che dal- 
l'ordinamento amministrativo dei dominatori loro sono offerti ai sudditi. 

Perciò l’attività giaridica e la sociale dello Stato si fanno sentire anche qui 
tali e quali cone in Prussia: se non che entrambe han pure di mira la ger- 
manizzazione, sia nell’applicare le leggi fatte per tutto il Regno, sia nel met- 
tere in atto quelle speciali intese a quello scopo; al quale si tende così ga- 
gliardamente, che il Bienaimé s’esprime con queste parole: “Il polonismo- 
stenta a tenersi a galla nell'oceano del germanismo. ,, 

Abbiamo creduto di far precedere queste nozioni, perchè ‘esse spiegano 


molte cose che verranno appresso. 
B) AGRICOLTURA (1) — UOLONIZZAZIONE PRUSSIANA; RESISTENZA DEI POLACCHI 


Nell’A/{a Slesia i Polacchi vivono sopra tutto nelle campagne, dove rap-- 
presentano il 90°/, della popolazione. Questa contrada è senza dubbio la più, 
ricca della Polonia. Il suolo, principalmente nella vallata dell’Oder, è una ter-- 
ra grigiastra fertilissima, eccellente pei cereali e per la barbabietola. I vil- 


laggi, è uopo riconoscerlo, sono ben tenuti, e vi regna l'ordine prussiano. Le - 


(1) Gli economisti chiamano industria l’esercizio dell’azione combinata dei tre elementi 
della produzione: natura, lavoro e capitale. Dividon poi l'industria in a) territoriale, che si sud- 
divide in estrattiva (caccia, pesca, foreste, miniere) ed agraria (agricoltura, allevamento del bestia-- 
me); d) manifatturiera; c) commerciale. 

Noi, anzichè seguire questa classificazione scientifica, ci atteniamo a quella del Bienaimè,. 
e per seguirlo, e perchè essa è generalmente intesa. Crea però degl’imbarazzi. 


P. MERENDA GT 


case son generalmente di pietre e mattoni, vaste e comode; niente della mi- 
seria e della noncuranza che si riscontra nelle capanne della Rassia e della 
Galizia. 

Alla scenola tedesca i Polacchi hanno acquistato qualità nuove d’ordine e 
di metodo, 

Il Posen e la parte occidentale della provincia di Prussia, costituiscono una 
vasta regione, dove giacciono le città di Posen, Bromberg, Thorn (patria di Co- 
pernico) e Danzica. I Polaccai vi son quasi del tutto dedicati all’agricoltura, 
nella quale han fatto i massimi progressi; abbonda il bestiame. I nuovi metodi 
di cultura, i concimi chimici, gli ammendamenti han trasformato un terreno 
da lungo tempo noto per la sna ingratitudine: paludi sono state disseccate, 
laghi riuniti mediante canali e destinati alla navigazione: le ferrovie -son pene- 
trate dappertutto, (1) e l'emulazione economica risultante da questi sforzi ha 
stimolato i Polacchi, grandi e: piccoli coltivatori, ; quali non restano più in- 
dietro dei Tedeschi. 

Un grande ministro, il Bismarck, assunse il potere il 24 settembre 1362, 
alla vigilia dell’insurrezione della Polonia prussiana. Scoppiata quella, la Prus- 
sia aveva due vie dinanzi a sè, a sno avviso: « o presentarsi, soffocando pron- 
tamente l’insurrezione d’accordo con la Russia, alle potenze occidentali con un 
fatto compiuto; o, attendendo che la sitnazione si sviluppasse e si aggravasse 
fino a che i Russi fossero cacciati dal reguo o ridotti ad invocare soccorsi, 
procedere arditamente all’occupazione del regno in nome della Prussia: IN TRE 
ANNI gutto laggiù sarebbe germanizzato >. 

Quando intravide il pericolo d’una ‘Polonia autonoma per volontà delle 
altre Potenze, mobilizzò l’esercito; impose all'Austria lo stato d’assedio in Ga- 
lizia; fece condannare tutti i Posnani, arrnolatisi nelle file degl’insorti, per 
alto tradimento; restituì alla Russia, come iutenzionalmente colpevoli, i Var- 


saviani in fuga scoperti nelle fsrrovie prussiane: così veniva attuato l'accordo 


(1) A Posenconvergonole ferrovi che partono da Stettino, Dauzica, K6nisberg, Cracovia, Bre- 
slavia e Berlino. La Polonia prussiana aveva nel 1890 chilom. 1717 di linee, ossia 59 per 1000 chi- 
lom. quadrati, 98 per 100.000 abitanti. Marinelli, La Zerra: trattato popolare di Geografiia Uni— 
versale, vol. III, pag. 344 (Milano, Vallardi). 


78 LE CONDIZIONI ECONOMIOHE DELLA POLONIA 


preso uel 1832, dalle tre Potenze colpevoli, di aiutarsi a vicenda qualora la 
Polonia tentasse di spezzare le sue catene. 

Spento il fuoco della rivoluzione, egli, che aveva professato in Parlamento: 
<la nazionalità non ha diritti: solo la corona ha dei diritti, e il vecchio api- 
rito prussiano non conosce che questi », comiuciò ad operare onde raggiungere 
il fine di far dei Polacchi del Posen e della Prussia buoni Tedeschi. Ma. 
trovò gente non facile a ridursi ai suoi voleri: la qual cosa lo irritava profonda- 
mente, e questo stato d’animo veniva acnito allorchè pensava che dei Tedeschi 
potessero sostenere le aspirazioni polacche; laonde, portato dalla natura sua 
non a superare ma a spezzare gli ostacoli, si lanciò con ardore crescente nella 
lotta, dichiarando questione di vita o di morte, per il regno di Prussia, l’e- 
stirpare per sempre dalle terre un dì polacche ogni gerine di rivendicazione: 
in vero temeva come una disgrazia, il risorgere, nelle vicinanze della sna 
patria, com’ei pensava, d’un nemico irrequieto, che si sarebbe sforzato sempre 
a trasformare in guerra le sue agitazioni febbrili interne, e che sarebbe 
piombato sulla schiena della Prussia ad ogni complicazione che questa avesse 
all’ovest. Ciò pel risorgere del Regno del 1815; in quanto ai territorii di malo 
acquisto (Posnania e Prussia occidentale) l’unione loro al resto della nazione 
polacca era da respingersi a maggior ragione, perchè, incuneandosi quelli trà 
la Prussia orientale e il resto della Monarchia, ravvicinavano ed accrescavano 
il pericolo. (1) | 

Dato questo convincimento, bisognava estirpare la nazionalità polacca se 
‘non altro dalla Posnania; ond’ei prese di mira la terra, la lingua, la religione 
dei Polacchi. Per la terra non si poteva giovare dellaleva dell’emarcipazione dei servi, 
come avevano fatto Austria e Russia, poichè tale abolizione era tutta fatta in 
Posnania fino dal 1823; d’altronde dividere era troppo poco. 

Il Principe di Bismarck, nel suo intento di germanizzarele provincie del- 


l’Est, trovò l’uomo che faceva per lui, il De Tiedemann, prosidente del Cistret- 


(1) È in fondo la dottrina, così cara ai Tedeschi, delle guaranzigie territoriali, la. quale 
può essere vera in certi casi e limitatamente. La sua applicazione verso la Francia, con lo 
stabilire i Vosgi come barriera tra lei e la Germania, è noto quali frutti abbia prodotti. 
Essa costringe a guerre nuove per creare ulteriori guarentigie a tutela delle già acquistate. 
E poiche gli altri non sono stupidi, é vorranno fare altrettanto, dottrina siffatta, generalmente 
ed illimitatamente intesa, porta alla perpetua guerra di tutti contro di tutti. Noi la confutammo 
a p. 96 del libro Vita e apostolato di Schulze-Delitesch (Palermo, Luigi Pedone Lauriel, 1887). 


Li 


P. MERENDA 19 


to di Bromberg, il quale in un suo rapporto dell’8 gennaio 1876 sulla colonnizza- 
zione tedesca delle terre polacche, gli scriveva così: «Lo Stato potrebbe. profittan- 
do della deplorevole situazione dei proprietarii pelacchi, acquistare dei terre- 
ni, sia in via amichevole, sia nelle vendite giudiziarie, a dai prezzi che nom 
si verificheranno forse mai più, e, senza grandi rischi, consolidare la sua au- 
torità e la sua influenza politica, creando molti nuovi demanii; potrebbe, quo- 
tizzando i beni comprati e istillandovi dei contadini, dare una proponderanza 
durevole ai Tedeschi della provincia. » 

Di qui l’idea, che poi germogliò, della .colonnizzazione. (1) 

Bisogna andar cauti di questi tempi ad ammettere come detto da Bismarck. 
quel che riportano gazzette e libri di Francia: troppo viva è la passione 
patriottica, e troppo difficile è sindacare quanto si afferma. (2) Si attribnisco- 
no a Bismarck queste parole inique e ciniche: «I Polacchi m'ispirano ‘vera 
pietà; ma è colpa mia se ho bisogno delle terre loro? È legge naturale che 
il lupo mangia l'agnello, e i più forti, in tutti i tempi, han sottomesso i più 
deboli uvvero li hanno esterminati.» (3) Però siffatte parole debbono essere 
state veramente dette, perchè sono avaloghe a quest'altra: < Noi non consen- 
tiremo mai alla ricostituzione della Polonia, Si uniranno più facilmente il cielo 
e la terra che non Tedeschi e Polacchi. L'acquisto della proprietà mediante 
massarie tedesche, la scuola, il servizio militare correggeranno l'ostilità fra 
i due paesi (4)». Scrive il Bienaimé: « Un Prussiano », diceva non è guari 
‘Guglielmo II, festeggiando a Marienbourg . il ricordo dei Cavalieri feutonici, 
«un Prussiano dell’Est è una sentinella tedesca di fronte al Polonismo mi- 


«nacciante; egli non deve abbandonare giammai il suo posto d’onore. » (5) E 


(1) Giorgio D’Acandia., Za quistione polacca: raccolta di documenti, con introduzione  stori- 
ca dell’autore e memoria geografica del Prof. Ricchieri. Pubblicata a Catania, Battiati, 1916, 
sotto gli auspici del Coinitato Milanese Pro Polonia. Introduzione, ‘pag. XLI, passim. 

(2) Sarà eccessiva la sentenza del Botta che gli stampatori sono più j)orti dei re (Storia 
d’Italic continuato da quella del Gucciardini fino al 1789, ultima pagina‘, ina è innegabile pure: 
la stampa essere uno strumento potente di guerra,(fJed in questa guerra. 

(8) La Nation Thèque, révue bimensuelle, 1°" aoùt 1916, N.7, pag. 102. Se ne fa larga di 
stribuzione gratuita. 

(4) Discorso al Landtag, del 28 gennaio 1886. 

(5) I funzionari prussiani in Posuania godono del beneficio del quarzo colontale. Giubilati 
dove servono, debbono mangiare in Pesnania ia pensione loro, e morirvi. Posen s'è ingrandi- 
ta per opera loro; tutto il nuovo quartiere tedesco, affettato, però magnifico a giudizio del Bienaimé, 
è popolato da impiegati ed ufficiali prussiani. 


80 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


‘il cancelliere Biillow diceva parimente: ‘‘ La frontiera dell’Est è più impor- 
tante della linea dei Vosgi.,, (1) 

L'indirizzo seguito dai pubblici poteri nel regno di Prussia è stato piena- 
mente conforme a questi concetti. Con una legge del 26 aprile 1886 fu creata 
aina Commissione, con l’incarico di acquistare terre nella parte occidentale 
della provincia di Prussia e nella Posnania, e distribuirle a coloni tedeschi. 
Come espone il Bienaimé$, ,, la Commissione fa venire operai e contadini te- 
deschi (anche della Russia e della Transilvania), e distribuisce loro le terre com- 
prate. A questo modo ciascun anno, secondo gli stanziamenti del bilancio, mi- 
gliaia d’ettari son divisi; vengono edificati villaggi modello; coloni felici son 
messi in possesso di poderi dove tutto è pronto per riceverli.,, (2) | 

Dopo il 1887, la Commissione ha speso un miliardo di marchi per que- 
st’opera di lenta distruzione della nazionalità polacca. (3) 

La grande proprietà, che per l’autore è quella che supera le 100 ettari, 
‘occupa ancora il 48 °/, del territorio, proporzione che in Piucsù è superata 
dalla Pomerania soltanto. Però il lavorìo di germanizzazione è dal governo prus- 
ssîano aiutato con la quotizzazione di grandi foreste, e di certi beni, prove- 
mienti da mazoraschi, la cui proprietà, per marcanza d’eredi, è passata al- 
do Stato. 

Quest'opera formidabile, aiutata dalla preferenza che lo Stato accorda ne’ 


lavori pubblici ai lavoranti tedeschi, produce anche un fatto doloroso: i 


(1) Pag. 16. 

(2) Lezione pei propugnatori della colonnizzazione interna fra noi! 

(3) «Il lavoro compiuto di questa Commissione, composta di questa 600 funzionarii (con- 
siglieri governativi, consiglieri tecnici, impiegati subalterni) è degno dal massimo interesse... 
In vent'anni (1886 a 1906) essa ha comprato 590 grandi possedimenti, per un totale di 305.986 
ettari e 398 piccole proprietà di contadini, per un totale di 20 mila ettari. Su questi terrem ha 
speso 10 milioni e mezzo di marchi in prosciugamenti, bonifiche, ecc; 1.372.000. per 166 chi- 
lometri di strade; più di 8 milioni per concimi. Ogni villaggio diventa autonomo, e riceve 
in dottazione il 10°/, della superficie totale, per la costruzione della casa comonuale, della 
chiesa, dell’ospizio, del cimitero, dell’abbeveratoio, ecc. Stato a coloni han costruito pei 100 
milioni di marchi.» 

D'Acandia, L. c., pag. XLVII. 

La Commissione, cou tattica sapiente ma atroce, preferisce la creazione di colonie lungo 
da frontiera, tra i Polacchi rassi e quella dalla Posnania. 

Id, L. c., pag. XLVI 


P. MERENDA 81 


Poliechi, non trovando lavoro nel paese che Dio fece per loro, (1) emigra- 
no verso i centri industriali, (2) sicchè talora avviene che quei che restano 
non bastano per la mietitura, e adesegnir questa, nel 1910, i grandi proprietà- 
ri della Posnania dovettero impiegare più di 21.000 contadini della Polonia 
“russa | 

I Polacchi resistono come possono. Essi comprano quante più terre si 
mettono in vendita, e le lavorano a cultura intensiva; il valore delle terre 
- essendo pressochè triplicato negli ultimi trent'anni, profittano degli alti prezzi 
che la Commissione è costretta a pagare, ed accrescono il loro capitale de- 
‘stinato all’agricoltura; mediante sindacati e cooperative agricole, rinniscono 
le forze, raggruppano gl’interessi. (3) 

Ma la Commissione, non sentendosi abbastanza forte, ha invocato aiuto. 
Fin lì gli acquisti erano liberamente consentiti dai proprietarìî; venne quindi 
la legge del 20 marzo 1908, per la quale, nei distretti in cui la difesa del- 
l'elemento tedesco minacciato non apparisca possibile altrimenti che col raffor- 
zamento o coll’arrotondamento delle Colonie tedesche, il governo è autorizzato 
ad acquistare i fondi necessari a questo scopo, fino all’estensione di 70 mila 


ettare, OCCORRENDO PER VIA DI ESPROPRIAZIONE FORZATA (art. 13). 


(1) Il Bienaimé,-fra le cause del flusso migratorio dalla Posnania e dalla provincia po- 
lacca di Prussia, tien conto di questa, che la forte natalità dei Polacchi dà un eccesso di po- 
‘polazioue, sicchè vi sono braccia che l’agricoltura del paese non puo impiegare (pag. 63); ma è evi- 
dente che la terra occupata dai coloni tedeschi toglie il pane di bocca ai contadini polacchi, 
ed egli stesso vi accenna (p. 17). Un governo nazionale potrebbe fare a lor favore la stessa opera 
colonizzatrice che i Prussiani fanno pei Tedeschi. 

(2) Vanno pure a mietere Je raccolte della Pomerania e del Brandebourg, oppure si 
stabiliscono nelle vicinanzo delle miniere di Westfalia, dove essi son circa 400.000, costituen- 
ti della città quasi del tutto polacche, come Herne e Gelsenkirchen. 

Si trovano anche in Francia, a Barlin specialmente ed a Lallaig, nel bacino della Lens, 
parecchie centinaia difamiglie polacche, venute per lavorare nello miniere di carbone. Così di 
Bienaimé, a pag. 15. 

Con quali aspirazioni lascino la patria, si vedrò in appresso. 

(3) Non sono rare le rivendite, da parte dei Tedeschi, di terreni affidati loro. 

La mano d’opera tedesca è troppo cara perchè i proprietari non s’inducano ad assumare 
quella polacca. Nel 1889, ad esempio, in sette colonie, accanto a 141 famiglie tedesche, ve n’erano 
63 polacche, con 354 individui! “Questo sciame di vespe, diceva Federico, cacciato da una 
. parte, riappare dell’altra.,., Dal 1897 col 1990 i Tedeschi, in Posnania e nella Prussia occi- 
“dentale, furono in perdita di 30.627 Ett. 

D’Acandia, L. c., pag. XLVIII. 


(9 0) 
DO 


LE CONDIZIONI ECONOMICRE DELLA POLONIA 


Se il fondo è dato in affitto, lo Stato ha il diritto di sostituirsi all’affit-: 


tuario (art.17). 


Questa legge, unita a quella del 1886 e ad altre secondarie (1), sarà fu-. 


nesta all’elemento polacco. 

Mentre il parlamento prussiano discuteva questa legge, Enrico Sienkie-.- 
wicz promuoveva nu'inchiesta sopra la medesima. Ricevette 300 risposte, che 
furono raccolte in un volume (2). e che tutte (salvo pochissime eccezioni d’o-. 


rigine tedesca) snonano aperta e spesso veemente riprovazione contro gli 


escogitati provvedimenti. La legge passè; ma per quattr’anui si fece silenzio 
intorno ad essa, forse per non urtare la pubblica opinione dell'Europa. Se non che, 


scorsi questi, scoppiata la guerra balcanica, nell’ottobre 1912, la Prussia cre- 


dette d’essere venuto il momanto favorevole di dar mano all’esecuzione di 


quelle disposizioni, e la Commissione procedeva alla espropriazione forzata. 


di quattro poderi dei dintorni di Posen (83). 


Il fatto spaventò i Polacchi, e indignò in tutti i paesi gli uomini di cuore (4). 


(1) Una legge promulgata in Prussia per le provincie polacche, stabilisce che non si 
possano costruire sui fondi case Q'abitazione senza permesso della polizia. In pratica il per- 


messo è sempre negato ai proprietari polacchi, mentre a quelli tedeschi è sempre concesso. - 


Un contadino polacco, avendo comperato un piccolo podere, non potè ottenere di co- 
strnirvi una capanna. Allora ricorse ad un espediente molto ingegnoso: comperò un carro da 
saltibanchi, e vi s'insediò con la sua famiglia. Ma i gendarmi prussiani lo espulsero anche 
di Jà. Agenzia polacca di stampa, periodico mensile, Roma, 9 maggio 1913. 


Un altro contadino, in condizione simile, avuto analogo rifiuto, ridotto alla disperazione, 


scavò una fossa nella terra, la ricoprì di frasche, e vi si stabilì con la famiglia. Agencia po-- 
lacca di stampa, 24 dicembre 1913. 

(2) Prusse et Pologne—Enquete internazionale organisée par Henryk Sienkiewicz. Paris, 1909. 

(3) Tra i quali ee n’era uno appartenente alla famiglia Tcinski, benemerita del Regno di 
Prussia. Un Valentino Tcinski, nonno dell’attuale espropriato, partecipò alla battaglia diSa- 
dowa con tal valore, che ne ebbe il grado di colonnello sul campo di battaglia e una de- 
corazione cavalleresca, e partacipò alla guerra del 1870, con tale fedeltà, da rimaner ferito 
alla battaglia di Mars-la-Tour, e morirne poco dopo. 

Corriere d'Italia, 22 novembre 1912. N 

Degli espropriati nessuno si mosse. La Commissione minacciò di farli espellere marz mi- 
litari. 


(4) Sparsasi la notizia che si cominciava ad attuare la legge iniqua, il Consiglio Nazionale - 


della Galizia, per mezzo dell'Agenzia di Stampa da esso istituita in Roma, organizzava una 


nuova inchiesta sull’argomento, fra giuristi, economisti, e storici d’Italia. L’ Agenzia le risposte, 


e quello che sul. fatto scrissero i giornali italiani, pubblicava, nel 1913, in nn volumetto 


intitolato: L’espropriazione forzata dalle terre polacche in Prussia— Giudizi italiani. Roma, tipo-- 
grafia Ulpiano. 


P. MERENDA 83 


La legge 1886 violava essa un principio di diritto? Si ammette, ed è un 
estremo, che lo Stato, per fini di carattere sociale, possa, onde promuovere 
l’estendersi della piccola proprietà, acquistare dei terreni, e poi concederli, ad 
enfiteusi o sott’altra forma, ai contadini, per quanto resti a vedere in che 
guisa ordinar le cose affinchè d’un nullatenente si faccia un proprietario. Ma 
è antigiuridico procedere ad un'operazione di questo genere, con lo scopo 
di distruggere una nazionalità, perchè nna legge concernente l’azione sociale 
dello Stato, in tanto è giuridica, in quanto non contraddice ai fini della 
tutela del dirittto; ora il diritto d’esistere, come individuo, famiglia, popolo 


è primordiale oggetto di tutela dello Stato. 


LI 


È antigiuridica due volte la legge del 1908. L’espropriazione per causa 
di pubblica utilità è ammessa perchè le opere pubbliche non possono es- 
sere arrestate dal diritto di proprietà individuale che si ostina a non voler 
cedere il passo al diritto pubblico: si sostituisce ad una giusta vendita consen- 
suale di quel terreno o fabbricato, necessario alla società organizzata per il 
bene collettivo, nna vendita forzata contro il proprietario nolente. 

Ma qui la pretesa utilità pubblica non è altro se non la sanzione d’un’of- 
fesa a un diritto primordiale, ch'è un oggetto dalla tutela dello Stato. 

È triste vedere, in pieno secolo XX, da un popolo risorto in nome del 
principio di nazionalità, calpestato questo medesimo principio (1) e vio- 
lato il diritto, a danno d’una nazione gloriosa, ma disgraziata, e alla cui di- 


sgrazia concorse quello Stato medesimo che ora calpesta e viola! 


(1) O Stranieri! sui vostri stendardi 
Sta l’obbrobrio d’un giuro tradito; 
Un giudizio da voi proferito 
V’accompagna. . ....... 
Voi che a stormo gridaste in quei giorni; 
Dio rigetta la forza straniera; 
Ogni gente sia libera, e pera 
Della spada l’iniqua ragion. 


Questo rimprovero, che Alessandro Manzoni rivolge all'Austria nella sua ode Marzo 1827, 
dedicata a Teodoro Koerner, poeta e soldato dell’indipeudenza germanica contro la Francia 
conquistatrice, morto sul campo Gi Lipsia, questo rimprovero si può rivolgere alla Germania 
e particolarmente alla Prussia. 

Ma pur troppo tante volte l’oppresso di ieri si muta nell’oppressore di oggi! 

Che l’Austria tenesse sotto il giogo la Boemia, come avversava l’italianità de' suoi sudditi 

: italiani, sapevameelo. Ma chel’Ungheria, l’oppressa d’una volta, così simpatica pel suo eroismo e le 


S4 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Nè solo il Ragno di Prussia violava i prinsipii dal diritto, mr offande va 
e la sua Costituzione (31 gennaio 1850) e quella della Confederazione germa- 
nica (16 aprile 1871). 


La prima, all'art. 4 dice: « Tatti i Prussiani sono ngnali dinanzi alla leg- 


x 


ge, > e all’art. 9 dichiara: « La proprietà è inviolabile. L’espropriazione totale 
o parziale non può aver luogo fuorchè per causa di utilità pubblica legalmente 
constatata, e previo, nei casi urgenti, lo stanziamento almeno in via provvisoria 
di un'indennità giusta la legge. » 

La Costituzione dell’Impero all’art. 3 prescrive: « Esiste per tutta l’e- 
stensione del territorio federale nn indigenato comune. L'effetto di questo 
indigenato è di dare a chiunque appartiene, come suddito o come cittadino, 
ad uno degli Stati della Confederazione ia facoltà di comportarsi in qualun- 
que altro Stato federale come gli abitanti di quello Stato; quindi potervi. 
stabilire il suo domicilio, esercitarvi una professione od un pubblico ufficio 
acquisiarvi degl'immobili, ottenervi i diritvi di cittadinanza, esservi investito di tutti 
gli altri diritti analoghi, alle stesse condizioni dei membri di quello Stato; infine 
di esservi trattato come loro per la rivendicazione e la protezione dei suoi 
diritti. ; 

« L'esercizio di tali facoltà accordate a tutti i cittadini Tedeschi, non può 
essere limiteto nè dar pubblici poteri dello Stato al quale appartengono, nè da- 


quelli di un altro Stato federale. » 


sue sventure, opprimesse Serbi (Jugo-Slavi) e Rumeni della Transilvania, ben pochi pensava- 
no. I metodi, più o meno, son sempre gii stessi: quelli russi e tedeschi: sostituire l’elemento pre- 
dominante al nazionale, e di questo perseguitare ogni manifestazione. Del resto non abbiamo. 
veduto noi la Repubblica Francese fremere pei tentativi di germanizzazioue in Alsazia ed in 
Lorena, ed intanto, a Nizza, italiana. geograficamente ed etnograficamente, cancellare ogni 
traccia d’italianità, e, in omaggio alla libertà di stampa, sopprimervi // pensiero di Nizza? I 
Pessimisti direbbero che l’uomo vuole che g/i altri siano giusti e morali! 

Conseguenze per l’Austria Ungheria: 1° la Russia ha soldati Boemi (Zechi) i quali le han 
reso eminenti servizi nella guerra attuale, i soldati Boemi s’arreudono in massa ai Russi, gli 
Zechi vogliono lo smembramento dell’ Austria e la ricostituzione del Regno di Boemia; 2° i 
Serbi (Jugo-Slavi) vogliono anch'essi lo smembramento dell’Austria, ed aspirano ad unirsi ai‘ 
loro fratelli del Regno, e costituire la Grande Serbia. 

Organo ‘di tutte queste aspirazioni, che giovauo all’Intesa, è la rivista quindicinale La 
Nation Thèque, che abbiamo citata. 

Certo l’Austria-Ungheria, così ordinata com'è giusta l’accentramento amministrativo i- 
niziato da Giuseppe II, e modificato dal compromesso del 1867 con l'Ungheria, non soddisfa i 
diversi gruppi nazionali che compongono la mouarchia degli Absburgo; ma lo smembramento 


P. MERENDA €5 


Ora reca grande sorpresa che, per quel che si conosce, nessuna voce 
tra i cultori del Diritto siasi levata in Germania a difesa dei principii del gin- 
re e degli stessi ordini costituzionali. Oh! che i grandi maestri, dinanzi & 
quali c’inchinavamo, siano tutti morti, e non abbiano avuto successori? 

Intanto il governo prussiano s’'apparecchiava, prima della guerra, a com- 
battere anche con altri mezzi contro l’elemento rurale della Polonia. 

Nelle provincie polacche soggette alla Prussia, a vrentralizzare un poco 
l’opera deleseria della colonizzazione tedesca, s'era ricorso all’espediente patriot- 
tico di convertire in piccoli poderi, da vendere ai contadini, tenute d’una certa 
importanza. Parecchie agenzie si occupavano di questo genere d’operazioni, e 
l’azione loro era sussidiata da aicune banche polacche appositamente costi- 
tuite. I piccoli poderi risultanti dalla parcellazione, trovavano agevolmente 
contadini ed operai polacchi, che li conquistassero. Invero, molti di essi 
emigrano nelle provincie occidentali della Prussia, e per anni ed anni si 
assoggettano a gravosi lavori nelle miniere di Vestfalia e negli stabili- 
menti siderurgici delle provincie renane, e vivono con la massima parsimonia, 
allo scopo di mettere insieme un piccolo peculio, il quale, tornati che siano vella 
patria cara, lor permetterà di diventare proprietari d'un po’ di terra, aspirazio- 


ne suprema del contadino polacco. 


renderebbe più d’un piccolo popolo, che non si può riunire ai suoi fratelli di razza, e costi- 
tuire con essi uno Stato forte, polvere di sovranità politico, facil preda del Pangermanismo 
o del Panslavismo. 

Dove poi, in uno stesso territorio, convivono più popoli diversi, il dividere questo secon- 
do la nazionalità sar:bbe assurdo. E il caso non è raro; ben 10 razze diverse, osserva il Re- 
clus (Nouvelle géographie universelle: la Terre et les hommes. Paris, Hachette, 1878, vol. III, 
p. 399) si confondono nelle valli superiori del Pruth e del Sereth(sigmo in piena Rumevia 
Adunque perchè no la trasformazione, anzichè lo smembramento dell'Austria ? La Confede- 
azione Svizzera (dove convivono tre popoli, l’italiano, il francese e il tedesco) e magari 
‘attuale Impero Tedesco o gli Stati Uniti d'America, non ci forniscono esempii del come si 
possa mettere.in armonia la struttura d'uno Stato con la covservazione di reali autonomie 
particolari? E queste reali autonomie non potretbero godere gli stessi diritti che il compro- 
messo del 1867 concesse all’Ungheria ? 

Poichè lo studioso dev’essere sempre sereno, è uopo dire che nemmeno una confedera- 
zione, che arrivasse a lasciare, salvo certi intenti comuni, la sovranità a ciascun gruppo etni- 
co, basterebbe a far cessare tutti i Jamenti. Sarà sempre necessaria una delimitazione netta: 
che faccia capo a fiumi od a catene di monti (il che pare non intenda la Rumenia, sorpas- 
sando i Carpazii della Transilvania); or le razze non sempre han seguito, nella loro espansio- 
ne, siffatti termini. Di più, nello stesso territorio, e fin nelle stesse città e nei medesimi vil= 
laggi, v'è un groviglio di persone appartenenti a popoli diversi; e poichè governo europeo 


86 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Onde arrestare questo movimento, il governo elaborò uu disegno di legge 
pel quale: 1° la suddivisione d’un fondo in piccoli poderi, per opera d’un com- 
merciante od intermediario di professione, sarebbe subordinata ad un per- 
messo dell’autorità politica; (1) 2°il diritto di prelazione, da parte dello Sta- 
to, in ogui caso di vendita a Polacchi di terre appartenenti così a Polacchi 
come a Tedeschi. (2) 

| Per pudore il disegno di legge presentato al parlamento estese la por- 
tata di esso a tutto il Regno di Prussia; ma ciò è stato peggio, poichè così 
riusciva impossibile ai Polacchi di acquistare terre, non solo nelle provincie 
natìe, ma eziandio nel territorio prussiano tutto. (3) Giova sperare che la 


guerra abbia arrestato le consumazione di quest'altro nero proposito! 
G) INDUSTRIA 


In Posnania l’industria prende ua incremento che va crescendo tutti 
gli anni. Spasso, sopra terre di povera apparenza, nelle. quali dice il Bie- 
naimé, noi faremmo magre coltivazioni, i Tedeschi creano culture di legname 
e scavi di minerali, aprono fabbriche ed usine. 

. Così la popolazione industriale, ch'era di 278.000 operai mel 18382, 


passò a 450.000 nel 1907, quando si contavano 10.225 imprese industriali po- 


non si concepisce nei tempi moderni senza rappresentanza, questa sarà eletta secondo il nu- 
mero maggiore; ed anche quando s’introdacesse il sistema proporzionale, la minorità sarebbe 
rappresentata da un numero correlativo nel consesso che fale leggi: da ciò la realtà od il so- 
spetto che il governo informi gli atti suoi agl’interessi della nazionalità più forte. 

(1) Se la Commissione è sostennia dalla Zandbank di Berlino, i Polucchi sono aiutati dalla 
Bank Ziemski e da altre istituzioni consimili, tutte economicamente prospere. 

D’ Acandia, I. c., pag. XLUVIII. 

Naturalmente, allorchè la quotizzazione fosse a favore di contadini polacchi, il permesso 
sarebbe”negato sempre. 

(2) A questo modo il governo avrebbe potuto ad labitum entrare compratore, e alle 
condizioni fissate nel contratto. 

(3) Agenzia Polacca di Stampa, anuo IV, N. 1,39 aprile 1914. 

Il fatto dei Polacchi, i quali emigrano dalla Polonia prussiana per lavorare altrove, e 
che, tornati con dei risparmi, acquistano un piccolo podere, è confermato dal Bienaimé a 
pag. 16. Egli però soggiunge: « Son costoro uomini del progresso, che dànno esempio ai com- 
patriotti loro.» 


P. MERENDA 87 


lacche, di fronte a 13.911 alemanne. I progressi dei Polacchi sono stati più 
rapidi che non fossero quelli dei Tedeschi. 
La qual cosa desta V’ammirazione nostra, daccnò essi in Posnania e nel- 


la parte occidentale della provincia di Prussia son troppo fortemente rin- 


serrati dall’organizzazione amministrativa prussiana, e la nazione loro è 


iroppo commwista a Tedeschi, e da troppo tempo, perchè essi del tutto si e- 


mancipino economicamente. Sin dell’evo medio i coloui, e sopra tutto gli ar- 


tioiaui tedeschi, si stabilirono in Posnania, invitati dalla Polonia uedesima, che 


ne difettava. Oogi un governo autoritario aggiunge il suo peso agli altri ele 
menti germanizzatori, e il giogo preme più gravemente sopra la nazione po- 
lacca. 

Quant'è all’Alta Slesia, Vautore nota che alla scnola tedesca anche in 
essa i Polacchi hanno acquistato qualiti nuove d'ordine e di metodo, ed essi 
nelle industrie che non esigono ingenti capitali, si fanno ogni giorno nun po- 
sto più grande; mentre nelle altre capitale e direzione sono in mano ale- 
manna, edi Polacchi forniscono la mano d’opera nelle miniere di carbone e nelle of- 
ficine metallurgiche. 

« Per ciò che riguarda la regione carbonifera e metallurgica di Kattowice 
che si estende in Russia (Sosnowice) ed in Austria, regione d’nn’attività enor- 
me, essa tuttavia può servir soltanto alla economica educazione dei Polacchi: 
i Tedeschi vi scono signori. » 

Si cava la torba, che in grandi ammassi trovasi nel bacino della Netze; 
qua e là sono miniere di lignite; vi sono despositi d’ambra; fioriscono le indu 
strie dell’acquavite, della birra, delle pelli, delle tele, del cotone, dei drappi. (1) 

Ma, prima d’andare oltre, è uopo indendersi sopra l’azione economica 
degli Alemanni in Polonia. Noi non aderiamo punto ai pregiudizi economici 
le mille volte combattuti e dimostrati assurdi, 6 sempre rinascenti, pei quali 


il commercio con ‘gli stranieri, se le importazioni superano le esportazioni, 


(1) Marinelli, L. c., pag. 348 


I ET 


88 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


si reputa una perdita per la nazione; (1) l'acquisto di estere merci vien 


(1) I Mercantilisti credevano che l'abbondanza della moneta arricchisse la nazione, o, in al- 
tri termini, che la ricchezza delle nazioni fosse in ragion diretta dalla quantità di danaro 
in essa circolante; stavano quindi attenti alla bilancia del commercio, onde ottenere che numerario 
‘entrasse nello Stato, anzichè uscirne; convenivano che /e importazioni si saldano con le espor- 
fazioni, ma ritenevano che, se le prime superavano le seconde, lo Stato doveva con denaro 
saldare la differenza, e il commercio era vantaggioso per gli stranieri, e dannoso per 
noi, che, dando moneta, impoverivamo: viceversa, se le esportazioni superavano le importazio- 
ni, era l’estero che doveva saldare la differenza coll’oro suo, il commercio era vantaggioso pet 
nazionali, e la nazione arricchiva. A questi concetti teorici rispondeva l’arte economica, 0, se 
meglio piace, la politica economica. ; 

Dice il citato Galiani, nei suoi. Dia/ognes (vol. II, pag. 132 ): « Dopo il gran Colbert si 
conosce la natura dell'imposta; si distingue fra l’imposta di profitto (quella che serve a far 
le pubbliche spese), e l'imposta d’incoraggiamento. Si eonosce la virtù, l’efficacia della tariffa (do- 
ganale). Si sa che, pel mezzo di talune imposte, che sono delle vere saracinesche politiche, si 
dirige il livello dei canali del commercio. E° noto che bisogna imporre sopra le importazioni 
le manifatture straniere, se voglionsi incoraggiare le nazionali. È conosciuto che debbonsi 
gravare d’un dazio d’uscita le materie grezze nazionali per il bene delle manifatture interne». 

Per quanto il Galiani appartenga, con le sue dottrine, alla fase che va verso il profezioni- 
smo industriale, i provvedimenli indicati da Jui sono appuuto quelli che da ultimo erano ge- 
nera]mente ammessi col fine di metter la nazione del lato del venditore più che da quello del 
‘compratore. 

Giova però notare ch’egli è pure un pioniere del profezionismo agrario; di fatti combatte la 
libertà del commercio dei grani, e propugna un dazio d'entrata sopra questa merce, a 
protezione dell’agricoltura: vero si è che caldeggia eziandio un dazio d'uscita sul frumento, 
.onde difendere i consumatori dalle carestie, che allora, data la povertà dei mezzi di trasporto, 
«eran temibili. 

Il suo è un libro verso del quale s'ha da stare in guardia, essendo scritto col 
«calore che dà la convinzione profonda, e con garbo, spigliatezza, brio e spirito, non comuni 
anche a scrittori francesi; sicchè Voltaire na scriveva a Diderot: O%! le plaisant livre, le charmant 
livre, que les Dialogues sur le commerce des blès! 
| Teoricamente il Mercantilismo è ormai dottrina tramontata: ma ‘poichè il pubblico, 
‘anche dotto, ne patrocina tuttavia le opinioni, e ne vorrebbe la pratica, è necessario, quando 
ne capita il destro, di non dargli requie, e ciò faremo qui brevemente. 

Il Giornale degli Economisti pubblica ogni mese la situazione del mercato finanziario; or 
‘bene dai dati vien fnori costantemente questo, che le importazioni superano le esportazioni 
nei paesi più ricchi fra quelli studiati nella detta rivista: Inghilterra, Francia, Germania, I- 
talia, Austria-Ungheria e Belgio; viceversa il valore delle esportazioni supera quello delle 
importazioni nella Russia, che in confronto ai detti paesi è il più povero! Ciò prova che il. 
fatto è contrario alle supposizioni mercantilistiche. 

Come dette nazioni più ricche saldano la differenza, che per loro costituisce un debito? 
Con danaro? Ma, trattandosi di centinaia di milioni anuuali, le differenze in pochi anni a- 
vrebbero eseurito tutta la moneta circolante all’interno: basta il semplice buon senso a capirlo. 

Dunque il concetto della bilancia del commercio è errato sotto tutti gli aspetti. 

In verità, a rendersi ragione degli scambi internazionali, non è sufficiente seguire i 
wovimenti delle merci, ma occorre tener dietro alle operazioni di credito, ai noli e ad altri 
simili fatti economici, che costituiscono, insieme ai prodotti che si scambiano, il dare e l’a- 
vere di ciascun paese verso tutti gli altri. 

Alla massima non vera poi che l'abbondanza della moneta arricchisce una nazione, va 80- 
stituita quest'altra: si arricchisce producendo più che si consumi. 


P. MERENDA 89 


‘giudicato un tributo che paghiamo allo straniero; (1) i capitali esteri che o- 


perano nel territorio nazionale, e la industria che gli stranieri vi esercitano, 


sono un asservimento. 


E fermandoci a quest’ultimo argomento, gli è chiaro che se i capitali del- 
la nazione son deficienti, e vengono ad aiutarli quelli dell’estero, l’industria e 
li commercio nostro se ne avvantaggeranno; se noi non abbiamo talune industrie, 
e gli altri le introducono, avremo un progresso industriale, tanto se le ma- 
terie prime vengano dall’esterno, quanto se esse esistevano in paese, e noi non 
le cnuravamo, o non Je trasformavamo, e le mandavamo fuori tali e quali, la- 


sciando che ci tornassero come consumabili merci. 


(1) È ovvio che, caso mai, il commercio internazionale costituisce tanto un tributo nostro 
verso gli stranieri, quanto un tributo degli stranieri verso di noi. 

Ma la faccenda del tributo è erronea. Provvederci di quel che non abbiamo, o perchè 
natura ci fa avara, o perchè non sappiamo o vogliamo produrlo, e ciò dando in cambio le 
merci nostre, non è pagare un tributo, ma commerciare. 

Che più ? Nel commercio internazionale certe volte si fanno venire dall’estero merci che 
noi potremino produrre a costo minore; eppure non è un atto antieconomico, quando noi man- 
diamo allo straniero merci nostre, che comparativamente ci costano ancor meno. 

Che se mandiamo materie prime, e lo straniero ce le rimanda sotto forma di merci, o ci 
dà in cambio altre merci, non è neppur questo il pagamento d’un tributo. A. noi può costar 
meno la trasformazione della materia grezza in prodotto consumabile, fatta all’estero anzi- 
chè in paese; possiamo anche non saperla o non volerla trasformare, ein questo caso ci con- 
viene meglio avere il prodotto che soddisfa il nostro bisogno, anzichè perdere la materia 
prima o lasciarla, inutile per noi, nel seno della terra ad aspettare un popolo operoso. La 
natura può esserci stata generosa di certe materie trasformabili, ed avara di cert’altre. Non 
è atto strambo mandare le materie prime, delle quali sovrabbondiamo,e ricevere in cambio 
manufatti che ci servono, e dei quali le materie prime mancano o scarseggiano. 

Nèl’esportare prodotti agrarii ed importare manufatti è un asservimento. OsservabeneilMen- 
ger:“ Dus nazioni, delle quali una esercita principalmente l’agricoltura e l’altra è prevalentemente 
industriale, saranno in grado di soddisfare in misura molto maggiore i bisogni, scambiando una 
parte dei loro prodotti {la prima una parte dei suoi prodotti agricoli, la seconda una parte dei 
suoi prodotti industriali).,, Prinezpit fondamentali di Economia, con prefazione di Maffeo Pantaleoni, 
pag. 147, in nota. (Roma, cooperativa tipografica editrice Paolo Galeati, 1909). 

Oggi da tutti i lati risuonano eccitamenti patriottici ad emanciparci economicamente dal- 
la Germania. Or la produzione tedesca ha specialmente questi caratteri: ardire riflessivo e 
costante nella speculazione; preparazione remota, oltre che nella teoria, nelle applicazioni 
scientifiche, in corrispondenza all'ordinamento nniversitario; febbrile attuazione d'ogni pro- 
gresso meccanico, e ricerca d’incrementi novelli; accaparramento delle materie prime più a- 
datte; organizzazione e coordinamento; ricerca o creazione dei mercati. A parità di capitali 
e di produttività dal lavoro, chi, non possedendo questi caratteri, vuole in certe industrie ri- 
valeggiare coi Tedeschi, deve necessariameate soccombere, non potendo sostenere la concorrenza. 

In corso di stampa, troviamo esposte su per giù le idee iedesima sopra quest’ultimo ar- 
gomento, in un articolo di Attilio Cabiati, Problemi finanziari della guerra, nel Giornale degli 
economisti, agosto 1916. 


90 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLON!A 


Ma lo straniero si arricchisce fra noi! Certamente, poichè, se ciò far 
non potesse, resterebbe a casa sua: nou si accumula, non si specula, non si 
lavora per filantropia. Intanto nello stesso tempo ci arricchiamo noi, e si a- 

. . . 5] 
prono nuove fonti di ricchezze, o per lo menola nostra mano d’opera trova la- 
voro e la nostra razza permane; 6 noi ci educhiamo a fare quel che prima 
non sapevamo: senza contare che, col tempo, generalmente parlando, lo stra- 
niero finisce per pigliare la nostra lingua, i nostri costumi, e, dopo una è 


due generazioni, diventa carne della nostra carne. 


Le quali cose accenniawo, non per i maestri nè per gl’intendenti, ma pèr: 


gl’inesperti di cose economiche, fra le cui mani può, per avventura, capitare que- 


sto scritto: imperiti che nondimeno assai conferiscono a formare Îa pubblica o-- 


pinione. 


Ma tornando a noi, il caso della Polonia è del tutto diverso: il Tedesco 


ha dietro di sè nu governo che lo protegge, e rompe l’equilibrio che forme-. 


rebbe la libera concorrenza; e lo straniero mira all’asservimento economico 
e allo sfruttamento della nazione soggetta politicamente. Eppure, anche in 
queste condizioni disastrose, come abbiamo esposto col nostro autore, l’azione 


economica dei Tedeschi è stata vantaggiosal 


D) Commercio. 


Centro del commercio della provincia è Posen, dove come s'è detto, con-- 


vergono tante linee ferroviarie; Posen illustre; che fu culla della monar- 
chia polacca, ch’è ricca di tanti monnmenti degni d’ammirazione, tra i quali la cat 
tedrale magnifica; Posen vicino alla quale è la sacra Gnesen, dove risiede l’arcive- 
scoyo primate della Polonia, fervente patriotta. 

Un tempo gli Ebrei, scrivel’autore, in Posen come nel resto della Polo- 


nia, avevano in mano il commercio; un regime di relativa libertà, un’ammi- 


nistrazione legata all'idea del progresso, han reso possibile ai Polacchi di Po- 


snania di scuotere il giogo economico degli Ebrei. Costoro son ridotti all’1 
!/» °/o della popolazione; è ben vero che, divenuti Prussiani dopo il 1815, 
hanno essi trovato un più largo terreno di sfruttamento nelle città di Ger- 
mania, anzichè nelle magre campagne polacche, le quali essi hanno di buon 


grado abbandonate. Gli Ebrei rimasti nella Polonia prussiana sono diventati 


ei. 


ATae 


P. MERENDA 91 


prestissimo Tedeschi; e da questo lato i Polacchi li considerano. come av- 
versarii. : 

I Polacchi, a mano a mano, esercitano più largamente il commercio: essi, 
nel 1907, rappresentavano il 49, 2°/, del ceto commerciale, che numerava 14.702 
Polacchi contro 15.183 Tedeschi. (1) Si può trovare scarso il numero di quelli, 
considerandoche gl’indigeni costituisconoi due terzi della popolazione; ma è noto 
-che gli Alemanni dimorano priucipalmente nelle città, e queste son preferite dal 
commercio. D'altronde i progressi costanti dei Polacchi nel commerciare dan 


luogo a credere ch’essi prenderanno bentosto il rango che compete loro. (2) 
E) CrEDITO E BANCHE. 


Il Bienaimé non s’intrattiene delle istituzioni di credito, mentre sarebbe 
stato interessante sapere qual ne sialo sviluppo e quale sia il campo della loro a- 
zione. Sappiamo invero che i Tedeschi a casa loro hanno organizzato un si- 
stema bancario che giova immensa mente all’incremeuto della industria e del 
commercio. S'è tacciato d’artificiale l'ordinamento bancario alemanno, e quin- 
di pericoloso; certo è che ha resistito alle scosse terribili di questa guer- 
ra. Or non è possibile che le banche tedesche se ne siano restate con Ie brac- 
cia conserte nella Polonia prussiana. D'altronde sarebbe stato prezzo dell’o- 
pera sapere quel che operano i Polacchi. Dal canto nostro già abbiamo ac- 
cennato alla creazione di banche, le quali aiutano la formazione della picco- 
la proprietà polacca, e alla Landbank che sostiene l’opera colonizzatrice del- 
la Commissione. Qui soggiungiamo cke, non ostante l’astersione - delle au- 


torità prussiane e dei grandi istituti finanziarii tedeschi, nel 1911 si contava- 


(1) Queste cifre non dicono abbastanza. Si tratta del grande o del piccolo commerciante? 
Vi son compresi i negozianti soltanto? Comunque non si può pretendere per la Polonia prus- 
siana ciò che statistiche di paesi indipendenti non dicono ovvero dicono male. 

(2) Occorre però guardarsi dal supporre dannoso ai Polacchi se, data l'astensione loro, il 
commercio è esercitato da Ebrei e Tedeschi. 

“ Uno scambio economico porta ad una migliore soddisfazione dei bisogni umanijed all'aumento 
della ricchezza degli scambisti, tanto quauto l'aumento fisico dei beni economici; e tutte quelle 
persone che fanno da intermediarie nel traffico sono quindi —pre:ness0 però sempre che le osperazio- 
ni di scambio siaro economiche —altrettanto produttive, chs i coltivatori e i fabbricanti, poichò 
lo scopo di ogni economia non è l’aumenty fisico dei beni, ma il soddisfacimento dei bisogni 
nella misura più grande possibile, ed al raggiungimento di questo scopo contribuiscono i 
commevciauti non meno di quelle parsone, che per lungo tempo furono dette da un punto di 
‘vista troppo unilaterale le sole prolutérici.,, Menger, L. c., p. 149. 


Brit vi a i i a 


92 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


no 338 Banche Popolari, con 133.000 soci, 25.767.233 marchi di capitale e 23, 


milioni di depositi. (1) i 
F) RELIGIONE. 


L'autore non si occupa di quest'argomento; però, nel caso della Polonia. 


non siamo dello stesso avviso, poichè la religione professatahaiuquel paese im- 
portanza grandissima, nelle tre parti in cui la nazione è divisa, e spiega 


certi fenomini sociali, che si risolvono in economici. La Polonia è cattolica, 


apostolica, romana, e fn baluardo contro il dilagare del Protestantesimo; i 


Prussiani son Protestanti, ed il Re è capo dei Luterani. Ciò costituisce fra le 


due razze, e più fra Stato e Polacchi, una causa d’incompatibilità indistruttibile;. 


nondimeno i Polacchi legalmente potrebbero adorare Iddio come vogliono. 


È noto che la guerra dei trenf'anni fra i Protestanti ed i Cattolici di Ger- 


mania, si chinse nel 1648 con la pace di Vestfalia; ne venne la tolleranza 
religiosa. 


L'art. 12 deila costituzione prussiana dice: « La libertà di culto è garen- 


tita, come pure il ciritto di forma delle società religiose, e di celebrare le- 


cerimonie del culto in edifici pubblici e privati. 


«Il godimento dei diritti politici e civili è indipendente dalla professione 


religiosa. L'esercizio della libertà religiosa non può esimere dall’adempimen-- 


to dei doveri politici e civili.» 


Ma questo stato giuridico parve essere travolto all’epoca del Au/turkampf, 


(lotta della scienza contro la fede), che corrisponde ad uno stato d’animo in Ger- 


mania, il quale divenne mira dell’azione dello Stato per opera di Bismarch. 


Certamente egli si lanciò nell’agone anche perchè, professando di crederein Dio 


ma di odiere preti e Papa tanto quanto amava la scienza, ritenne che il 


Concilio vaticano e l’infallibilità in fatto di dommi e di morale fossero una sfi-- 


da al governo prussiano e all’onnipotenza dallo Stato; tuttavia egli, nelle sue 


Memorie, confessa: « ciò che per me determinò l’inizio del Kultukampf fn s0-. 


pratutto #7 suo lato polacco ». (2) 


La persecuzione, avvivata dal ministro Falk, infierì a nome della libertà. 


di coscienza, con leggi rigorose, tiranniche restrizioni, e carcere, esilio, ammen-- 


(1) Agenzia polacca di stampa, N. 38. Roma, 12 ottobre 1913. 
2) D’Acandia, L. c., pag. XII. 


P. MERENDA 93. 


de, confische; motà dei vescovi espulsi, 140) parrocchie senza uffici, vacanti le 
cattedre di teologia, iuterdetta l’assistenza agli atti civili e al letto dei mo- 
ribondi. (1) Per verità anche rigori toccarono ai Protestanti, più che altro 
volendo il terribile cancelliere sottomessa la Chiesa allo Stato. Ma egli si ac- 
canì ferocemente contro i Gesuiti ed il clero polacco. Ledochowski, arcive- 
scovo di Posen, fu carcerato e destituito, e trovò ricovero in Vaticano; gli al 
tri ecclesiastici ed i fedeli ebbero grossi guai: pare che il Principe confidasse 
iu un’annessione morale ottenuta con la violenza, pensa il D'Acandia. Noudime- 
no, quando si accorse che l’opera sua favoriva la rivoluzione, e che il Centro, 
costituitosi in Parlamento, con a capo il Windhorst, era diventato potente, 
Bismarck, se non andò a Canossa, come si disse, tuttavia diede. un indi- 
rizzo diverso alla politica interna, e la Germania gode la pace religiosa, cui 
a ragione tiene moltissimo. 

Ma se da questo lato i Polacchi non sono più perseguitati, lo Stato non- 
dimeno non è imparziale. Nel 1911 furono importati nelle provincie polacche 
18.912 coloni protestanti (?°/,,) e soltanto 613 cattolici (*/,,); (2) mentre in Prus- 
sia i Cattolici sono !/, della popolazione (‘°/,,). 1l clero polacco è guardato bie- 
camente e tenuto a vile. 

G) EDUCAZIONE PUBBLICA. 

In Prussia le cure dello Stato per la pubblica istruzione son di molto ante- 
riori al secolo XIX. Crebbero d’intensità dopo i rovesci militari del 1807, dei 
quali si credette auche causa la scarsa educazione del popolo. Federico Gu- 
glielmo III, nel 1817, creò un apposito ministero degli affari ecclesiastici, del- 
l’istrazione e della medicina, al quale prepose l’Altenstein, che per anni ven- 
tiquattro resse questo dicastero, dando opera feconda ed efficace. A lui si 
deve l’ordinanza del 1819, tuttora in vigore, con la quale fa precisato l’ob- 
bligo scolastico dai 7 ai 14 anni, e furono stabilite pene ai contravveutori; (3) 


bene inteso che i mezzi erano proporzionati ai fini. 


(1) Cantù, Sforza universale, vol. XII, pag. 211. 

(2) Agenzia polacca di stampa, N. 38. Roma, 12 ottobre, 19,3. 

(3) Namias, Zrattalo di legislazione scolastica comparata. Tormo, Unione tipografico -editrice 
1908, pag. 56. 


94 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


» 


I concetti dell’Altenstein erano rispettosi del diritto dei Polacchi, che i fi- 
glinoli Joro fossero educati secondo la propria nazionalità. Agli, nella suna or- 
dinanza del 13 dicembre 1822, scriveva: « Quanto alla propaganda della lingua 
tedesca nel paese, conviene innanzi tutto rendersi un’idea esatta del fine che 
si vuole raggiungere. Bisogna cercare che i Polacchi della provincia riescano 
a parlare, in generale, anche il tedesco, o si vuole invece che la nazione, a gradi, 
con una transizione insensibile, ma completa, se ciò è possibile, si germanizzi ?,, 

Secondo l’Altenstein solo il primo fine era ragionevole. “ La religione e la 
lingua materna d’un popolo, egli prosegue, sono il suo tesoro più intimo, più 
sacro: sopra di esse riposa la sua concezione stessa della vita. Basta rispettarle 
per meritare la sua fiducia. Sarebbe criminoso portare su di esse una mauo sa- 
crilega. Il minimo attentato contro queste basi essenziali dell'anima nazionale, 
solleva l’indignazione, provoca l’odio.,, (1) Ne veane, di conseguenza, una scuola 
conforme sì alla perfezione raggiunta dalla Prussia, ma nella quale nessuna 
offesa si portava alla vita morale polacca. Se quest’indirizzo così savio e giusto non 
fosse stato abbandonato, i Polacchi godrebbero dell'ordinamento scolasti- 
co che vige nel Regno, senza detrimento della nazionalità loro; potrebbero eziando 
maudare a scuola i proprii figlinoli, senza timore che nesoffral’educazionereligiosa: 
invero Ja legge prussiana del 28 luglio 1906 risolve nel miglior modo la qui— 
stione dell’insegnamento religioso nei paesiin cui v’hanno confessioni diverse. Es- 
sa in massima separa i fancinlli seconcola religione che professano i genitori, e 
le scuole sono ordinate in modo che l'insegnamento a fanciulli protestanti sia 
impartito da insegnanti protestanti, e quello a fanciulli cattolici venga di- 
spensato da maestri cattolici: ciò senza tener conto di altre guarentigie. In- 
vece, costituito che fu l'Impero Germanico, prevalse il sistema che l’'Altenstein 
aveva condannato. 

La legge scolastica dell’11 marzo 1872, ponendo le scuole private e fin 
l'insegnamento religioso sotto la sorveglianza dello Stato, sottraendo l’ispezione 
delle scnole primarie al clero ed affidandolo ad impiegati governativi, elimi- 


nava dal campo della lotta il nemico più temibile, la Chiesa: il decreto del 


(1) Citato ‘dal D’Acandia, L. c, pag. XXXVI. 


P. MERENDA 95 


15 giuguo 1872 completò la legge, proibendo a qualsiasi religi)so d’insegnare 
nelle scuole pubbliche. 

Frattanto un altro decreto dello stesso anno (26 ottobre) imponeva che 
nelle scuole medie l’insegnamento della religione venisse impartito in tedesco. 
Lo studio del polacco ostacolato, limitato alle scuole primarie, fu abolito defi- 
uitivamente nel 1887. Un anno prima, un’altra leggo di eccezione (15 luglio 
1886) riservava al governo la nomina degli istitutori delle provincie di Posen 
e della Prussia occidentale, assimilandone i maestri elementari ai funzionari 
politici, assoggentandoli quindi ai traslochi, alle destituzioni per ragioni di 
servizio. Mell'89 Vinsegnamento religioso in polacco venne soppresso anche nella 
scuola primaria. (1) 

I vrimi anni del regno di Guglielmo II segnano una sosta nella lotta an- 
tipolacca. Il Conte Caprivi, salito al governo dopo Bismarck, era aliero dai 
mezzi violenti: onesto, liberale; riuscì, a costo d’inimicarsi gli agrariied i con- 
servatori, a ravvicinare, con alcune concessioni, la Posnania al governo. (2) 
Si formò auzi un partito favorevole all'accordo, che fu detto Partito della 
Corte; ma non resse a lungo, gli animi s’inasprirono di nuovo, e Guglielmo, il 
22 settembre 1894, fece seutire il suo primo grido di guerra: “I Polacchi se lo 
stampino bene in mente. Essi non potranno, alla stregua dei Tedeschi, contare 
sul mio favore, sulla mia simpatia reale, che in quanto si sentiranno assolz- 
tamente sudditi tedeschi,,. Sorgeva una grande associazione prussiana (0smar- 
kenverein), che venne detta degli Hakatisti. Suo scopo, d’un lato la propagan- 
da orale e scritta contro il pericolo polacco, dall'altro il collocamento di arti- 
giani, di medici, di avvocati tedeschi nelle marche dell’est, ove la guardia. 
coutro il nemico aveva maggior valore che non nello stesso Reno. Così l’azione 
contro i Polacchi riprese vigore e diventò più accanita. 

Soppresso oramai nelle scuole lo studio della lingua polacca, nel 1912 si 


ordina che s’insegui con l’alfabeto tedesco; intanto si trascura la costruzione 


(1) D’Acandia., L. c, pag. XLIV. 

(2) Nell'aprile 1891 il ministro dell’istruzione pubblica autorizzava gl’insegnanti di 
Posnania a dare lezioni private in polacco, e adjimpartire l'insegnamento religiuso in polacco; 
concessioni che furono ritirate alla caduta di Caprivi. Pare che il cancelliere avesse fin pen- 
sato all’autonomia della Polonia. In una commissione militare al Reichstag aveva dichiarato» 
che sarebbe stato necessario un piccolo Stato-cuscinetto tra la Germania e la Russia. 

D’Acandia, L.c; pag. XLVI, 


96 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA PCLONIA 


di nuovi edifici scolastici, nou ostante la cresciuta popolazione, sicchè i maestri 
son costretti a fare lezione a 130, 160 e fino 235 aluuni. Pare che non ci sia 
da far altro; eppure c'è! S'ha da strappar la patria dal cuore e dalle labbra 
dei bimbi polacchi, non ostante ch’essi resistano, affrontando il martirio. 

Questa nobile cura è riserbata ai maestri prussiani. Vediamoli all'opera, 
riportando alcuni esempii. 

Wrzesnia. In una scuola 14 bimbi, dai 12 ai 14 anni, si erano rifiutati di 
prendere parte all'insegnamento religioso in tedesco e di toccare i catechismi 
tedecchi che erano stati distribuiti iu classe. Trattenuti in iscuola dopo l’ora 
della lezione, l’istitutore si abbandonò ad una esecuzione in massa, fustigandoli 
con una verga. Le grida dei poveri bambini erano sì strazianti che i parenti, 
‘accorsi sul luogo del supplizio, penetrarono a forza nella classe, salvando le vitti- 
me dalle mani di quel bruto che coprirono d’insulti, Per simile misfatto, nel processo 
di Torun, venti bambini furono condannati dai 3 ai 5 anni di carcere. Delle sot- 
toscrizioni pubbliche fruttarono, in pochi giorui, più di 100.000 marchi, che ven- 
nero distribuiti ai fanciulli colpiti, alcuni dei quali fuggirono in Galizia. Se- 
condo i documenti presentati al processo Palinski, i maestri di Wrzesnia 
distribuirono ai loro allievi, dal 20 maggio 1900 al 20 maggio 1901, più di 
mille punizioni, e più di 740 dal 20 maggio ai 9 settembre 1901. 

Sobiesiernia. Il maestro di scuola inflisse ai suoi deboli alunni 14 ore:di 
arresto per settimana, e fra quelli ve n'erano che avevano la casa sei chi- 
lometri lontana. 

Koronowo. Un alunno di 14 anni messo agli arresti per aver parlato in 
polacco duragte la ricreazione. 

Taszewskie Pole. Il maestro battè per tntto il corpo una piccina di 8 
anni; le diede un pugno sulla faccia, e poichè colava il sangue, le ordinò, 
perchè non fosse sporcato il pavimento, di starsene fuori della scuola, non 
ostante il freddo intenso. 

Waplewo. Il maestro percosse una piccina di 8 anni, alla quale poi il 
medico riscontrò sulla spalla sinistra lividure grandi come nno sendo. La 
bambina rimase a letto una quindicina di giorni, priva di conoscenza. 


Chojno. Il maestro strappò parzialmente l'orecchio ad un alunno, sul cui 


P. MERENDA 97 


corpo furon trovate ferite diverse, delle quali una larga 7 centimetri e 1/,. 

Zalemzer — Halde. Sul collo di cinque alunni furon trovate bruciature i- 
dentiche, fatte loro con un attizzatoio arrossato nel fuoco. 

Gniewkow. Fustigato diverse volte nn alunno di 11 anni, perchè non 
voleva rispondere in tedesco, ad ogni lezione di religione; in una di queste 
volte al fanciullo, disteso sul banco, furon somministrati trenta forti colpi, ed 
essendo il poverino caduto a terra, il maestro lo rialzò, e continuò a batterlo 
con la mano sul viso e sulla testa. | 

Ojrzanow. Due maestri vattono violentemente gli alunni della terza classe, 
tanto che questi, tornando a casa, van colando sangue dalle ferite, e se ne 
posson seguire le tracce. Ad uno furono strappati i capelli, e sulla testa gli 
si formarono piaghe sanguinose. 

Kedzierzyn. La levatrice Piasecka,, perdette il posto nel distretto perchè i 
suoi bambini parteciparono allo sciopero scolastico, (6 nobembre 1906). 

Kamicnnek. Intentato un processo al sindaco, perchè il sno bambino non 
volle rispondere in tedesco a scuola; ad un altro figlio, allievo della scuola 
agricola di Erzcian, soppressa la borsa di studio. 

Dall’alto suo scanno in Parlamento il principe di Biilow aveva dovuto pren- 
der le difese del progressivo imbarbarimento dello spirito tedesco nelle 
Università, nei tribunali, nella stampa, nelle scuole. Egli disse: « Non vivia» 
mo a Nefelokoccygi, nè disgraziatamente abitiamo più il paradiso: viviamo su 
questa dura terra, ove bisogua essere il martello o l’incudine | » 

Ma l’incudiue è d’acciaio durissimo. « Benchè tu faccia tremare la terra 
o Bismark, dicevano le donne polacche, tu non pvoi vincere me, madre po- 
lacca. Io insegno al mio bimbo a parlare, a leggere, a cantare in polacco. Così 


Dio ha comandato, così voglio, così sarà!» (1) 

(1) D’Acandia, L. c., pag. XLIV, XLVI, XLIX, L, LI., passim. 

Nel ginnasio di Kluezbork, piccola città della Slesia prussiana, un giovane tedesco ubbria- 
cò un suo ex-condiscepolo polacco, e ne ottenne la confessione che due alunni di quel ginna= 
sio erano polacchi anch'essi: denunziò la cosa alla direzione del ginnasio. 

Il Direttore, assistito da due professori, fece una perquisizione nel domicilio dei giovani. 
Nulla fu trovato di compromettente; ma uno di essi si lasciò sfuggire ia confessione che nel 
passato, tanto lui quanto il suo compagno, avevano tenuto presso di loro dei libri polacchi, 
che adoperavano per lo studio della loro lingua materna: di entrambi fu decretata l'espulsione ! 

Agenzia polacca di stampa, N. 40, 24 dicembre 1913. 


"TTT AZIONISTI VAGINAVI LMR ICAO ION CIV UAAR) pe (ATTESTI CNRDAGA 


28 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Il Bienaimé ci fa sapere che 710.000 ragazzi polacchi frequentano le. 
scuole elementari, Essi avranno buona memoria! 

Quantunque nella provincia non abbia sede un istituto d’alti studi(1), vi 
sono 14 ginnasii, 2 proginnasii, 4 ginnasi reali, 1 senola di pedagogia, 6 scuole 


magistrali, 3 istituti di sordo-muti e 1 di ciechi. (2) 
H) L’ANIMA NAZIONALE 


L’opera di germanizzazione, pazieutemente segnita dal governo prussiano, 
mira risolutamente a snazionalizzare queste regioni. I 

Governo, amministrazione, stampa, tutto è ostile sni Polacchi. Considerare e 
far consiterare le provincie polacche come semplici provincie prussiane, ecco il 
secreto della politica prussiana nei paesi polacchi. 

Siffatta politica ha avuto, nondimeno, questo buon risultamento pei Polac- 
chi: essa è valsa a far loro compiere notevoli progressi nel demanio economico. 

Non è a dubitare che, se la Polon'a fosse restata indipendente, avrebbe 
ella compinto da sè simili passi avanti; ma nel presente stato delle cose deve 
riconoscersi che /a Poloria prussiana gole d’uno sviluppo economico che sorpas- 
sa quello del regno (Polonia russa) e più ancora quello della Galizia. 

La scuola alemanna è rude, grossolana, brutale, ma è utile. I Polacchi 
non devono arrossire d’esservi passati; essi, al contrario, debboro inorgoglire 
d'aver profittato dal suo insegnariento, e d'avere, dalla forte impronia sua, urica- 
mente fatte proprie le qualità utili ch'essa poteva dar loro, conservando le virtù 
nazionali della razza 

Tuttavia, uniti, e in qualche Inogo mescolati persino ad una popolazio- 
ne specialmente ardita nelle economiche gare, i Polacchi di Prussia non han. 


potuto, a guisa di quelli della Galizia e del reame, dare all’azione economi- 


(1) Eppure, in un libro non recente che a suo tempo era diffuso in Napoli e Sicilia, si 
dà Posen come sede d’Università! Vedi Nuovo dizionario geografico, storico, statistico e commer- 
ciale, di Vosgien, ecc. 2% edizione napolitana, riscontrata su l’ultima edizione di Parigi, e cor- 
retta di molti lucghi del Regno delle Due Sicilie. Napoli, S. Starita, 1841. 

Ultimamente il Governo prussiano ha istituito un corso di studi superiori, che esso chia- 
ma Accademia, e che non ha altro scopo se non quallo di agevolare la germanizzazione del paese. 

(2) Marinelli, L. c. 


P. MERENDA 99 


ca loro un carattere spiccato; essi debbon limitarsi a partecipare, più o meno, 
al movimento economico tedesco che li strascina per forza. 

Contro tutto ciò che esprime l’esistenza nel paess del prpolo polacco, si 
fa guerra ad oltranza. Leggiamo nel D’Acandia (L. c., pag XLIV); “Cacciata 
la lingua dalla scuola, venne la volta della pubblica amministrazione. Prima 
del 70 i Posnani potevano usare la loro lingua nei tribunali e nelle pratiche 
coi varii nfficii amministrativi, che rispondevano pure in polacco: nel 1876 
questa tolleranza venne meno: il governo si accanì fin contro i nomi delle 
strade, delle città, dei villaggi; 2266 paesi furono ribattezzati in tedesco!,, 

« Ogni manifsstazione dello spirito polacco soffocata, punita. Cartoline, o0g- 
etti coi colori nazionali, per ordine della polizia e del tribunale sequestragti, 
distrutti; i bimbi sorpresi a parlare in polacco per istrada, denunziati ai mae- 
stri, e puniti; i passauti fermi davanti il monnmento Michiewicz a Posen, im- 
prigionati come perturbatori dell’ordine pubblico: e d’altra parte tutto è lecito 
alla schiera avversaria: distrutti, asportati gli stemmi, le lapidi degli antichi 
palazzi, sostituiti con scritti e con stemmi tedeschi; cancellate, come nei ci- 
miteri di Alsazia, le iscrizioni sepolcrali in lingua polacca, respinte negli nffi- 
ci postali le lettere in cui il paese di destinazione è indicato col vecchio nome 
polacco, caldeggiato il concorso a premi dell’Osmarkerverein per romanzi 0- 
stili ai Polacchi. 

« Nelle amministrazioni, negli uffici postali ogni scritto in polacco è canu- 
sa d’un incidente; nei tribunali chi non conosce il tedesco deve servirsi d’un 
interprete; le discussioni in seno alle riunioni pubbliche devono farsi in lin- 
gua tedesca. Ma ciò che veniva ucciso nelle piazze e all'ombra delle statu- 
imperiali, rimaneva nel segreto delle case e della chiesa, all'ombra delle 
Croce. » (1) 

Gli sforzi erculei che si fanno per intedescare la Polonia Prussiana, rag- 
giungeranno Îo scopo loro, chiedesi il Bienaimé? 

Pare impossibile, per quanto la Prussia vi si arrovelli, e sia particolar- 


mente inquieta pel blocco polacco, che s’'intrapone fra il Brandebourg e la 


(1) D’Acandia, L.c ,. pag. LIII e pag. XLIX. 


nd 
MI RN 


100 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Prussia di Koenigsbergo, co npatto attorno a Dauzica, a Pos:n e Kattowice, 
sbarrarte, dice il Bienaimé, la frontiera dell’est. 

Si, è vero, i Polacchi trovansi di fronte ad una razza conquistatrice, 
perseverante andacemente vel sno Drang nach osten (Pressione verso oriente,) 
d’una razza egregiamente armata, anche del lato scientifico, per tutte le lotte 
politiche ed economiche. 

Questi Tedeschi han dietro loro l’Alemagna tutta quanta, sempre in grado 
d’inviare loro dei rinforzi, e sotto quest’aspetto essi costitniscono un grave 
danno per la nazione polacca. I 

Ma lo spirito nazionale dei Polacchi è incoercibile. Ed anzitutto è la fa- 
miglia cne presenta la maggiore resistenza. Nelle pure anime polacche non 
han fatto presa certe pratiche di civiltà decadente, le quali prendono lor no-- 
me del povero Mathus, che viceversa, se tornasse al mondo, ‘protesterebbe alta- 
mente. //numero dei Polacchi, nella provincia di Prussia, è raddoppiato, dopo 
la formazione dell'Impero Germanico. (1) Nell’A/ta Stesia il popolo polacco. 
si è separato dagli elementi corruttori che volevan distruggerlo, e le perse- 
euzioni bismarchiane hanno ottenuto ch’esso s'è ricordato di non essere Te- 
desco, e di non dover essere Tedesco. I Polacchi (1.300.000) vivono sopra 
tutto nelle campagne, dove rappresentano il 90°/, della popolazione; nelle città. 
raggiungono il 50 °/,, non ostante l’influsso secolare alemanno. Essi, abban-. 
donati dai nobili e dalla borghesia fatti tedeschi da quarant'anni, guidati da 
alcuni patriotti, resistono, e i borghesi adesso non arrossiscono più dell'origine 
loro, sen mostrano anzi superbi, e lottano pei diritti della Polonia. 

Crescono di uumero medici, avvocati. commercianti polacchi; i giornali,. 
i libri, i teatri polacchi anmentano. 

In Posnania, a dispetto dell’immigrazione tedesca e dell’emigrazione po-. 
lacca, la proporzione dei Polacchi non muta. La stampa polacca, coraggiosissima, 
tutta patriottismo, è assai diffusa: basta dire che la Gazzetta popolare è tirata in più. 
di 100.000 esemplari; che gli almanacchi, i messali si vendono a milioni, anche 


nella Slesia; le edizioni cella Caffolica di Beuthen rappresentano un commer- 


(1) Può darsi che di questo fatto demografico sia concausa l’agiatezza maggiore e più lar-- 
gamente diffusa. 


P. MERENDA 101 


cio librario ragguardevole, di libri, opuscoli, giornali. Così la nazione polac- 
ca in Prussia si sforza di rafforzare, non solo il sno stato economico, ma an- 
che quello morale, ed è riuscita a salvaguardare la sua nazionalità minac- 
ciata. « Se si pensa, scrive l’autore, che per la Polonia vi sono scuole 
tedesche soltanto, che gli avvocati, i medici, gl’impiegati e tutti i Polacchi 
istruiti escono dalle scuole tedesche, si comprenderà lo sforzo che s'è im- 
posto questo popolo per conservare il genio suo nazionale, e la fatica ch'esso 
dura a costituire un aggruppamento particolare ed originale frammezzo 
all'elemento germanico, che lo circonda e si sforza di penetrarlo da tutte le 
parti.... I Polacchi sou poi difesi da. una natalità formidabile, superiore, ed è 
tutto dire, a quella tedesca, e da uno zelo patriottico sorprendente, esteso 
a tutte le classi della società, e del quale le madri di famiglia (che Dio le 


benedica!) dànno l'esempio, impartendo educazione polacca ai figlinoli loro. » 


$3— Polonia austriaca. 


Il Bienaimé, in una seconda parte, si occupa della Polonia Austriaca. (1) 


Anche qui cammineremo sulle sne tracce, seguendolo stesso sistema delle ru- 
briche. 


A) AMMINISTRAZIONE. 


Siamo in più spirabil aere: nella Galizia i Polacchi sono in casa propria. 
La Polcnia austriaca confina: ad est con la Volinia e la Podolia (provin- 


cié russe); a sud con la Bakovina (2) (dalla quale è separata dal Prut), col 


(1) « Tutti i territori dell’antico regno di Polonia, che, dopo l’ultima spartizione, vennero it 
possesso dell'Austria, non conservarono il nome dello Stato al quale‘appartenevano, ma furono 
battezzati col nome nuovissimo di Galizia, del quale non è traccia nella storia. » Kulezycki, Ora- 
covîia, antica capitale della Polonia. Milano, frate'li Treves, 1914, pag. 3. Secondo il Giannini, 
(Storia della Polonia e delle sue relazioni con l’Italia. Milano, fratelli Treves, 1916, pag. 383), dalla 
città di Halicz ilnome di Galizia fu dato dall’Anstria alle terre da lei malamente acquistate. 

(2) La Galizia e la Bucovina giacciono fuori del baluardo dei Carpazi, ed appartengono al- 
l’Austria per una violazione della geografia. Nel 1772, prima divisione della Polonia, V'Au- 
stria ebbe il bel dono della Galizia. Qualche anno più tardi essa gli fece aggiungere una 
parte dei territorii strappati alla Turchia dai Russi, ed il paese ruteno e rumeno di Bucovi- 
na fu annesso alla Galizia rutena e poacca. Faceva parte della Moldavia (oggi Ruwenia). 
Reclus, L. c., pag. 388 e 399. 


-102 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


l'Ungheria confini: i (Carpazî) e colla Moravia (separazione: i Beschidi); a. nord 
con la Polonia russa; ad ovest con la Slesia prussiana. 

Conta 8 miliovi d’abitanti, ed ha per capitale Leopoli. Cracovia. l’antica 
capitale della Polonia, città illustre, sede dell’antico governo polacco fino al 
1609, e dove, anche dopo di quell’anno, i re venivano a prender la corona, 
si trova all’estremità occidentale della Galizia. 

Fra gli altri monumenti storici, notevole il duomo meraviglioso, fondato 
in istile gotico da Casimiro il Grande nel 1589: contiene i sepolcri dei re po- 
lacchi, e là dormon le ceneri di Kosciuszko, fra le tombe di Giovanni Sobia- 


ski e di Giuseppe Poniatowski (1): a quei marmi gloriosi vengono i Polacchi 


ad ispirarsi, come noi in Santa Croce. Peccato che Copernico sia sepolto in- 


altro tempio! (2) 


(1) Per Kosciuszko, vedi pag. 2. e la nota (1) a pag. 6. La sua sconfitta avvenne l’infansto 
giorno 4 ottobre 1794. Morta Caterina II nel 1796, Paolo I, nel 1798, gli offerse d’aprirgli la 
prigione e di fargli dono d’una terra di 1500 servi, a patto che facesse atto d’obbedienza. Quel 
grande accettò la libertà, rifiutò il regalo e la condizione; chiese di recarsi a conbattere per 
l’indiperdenza americana. Gli fu concesso, e, povero esseudo, ebbe danaro pel viaggio. 

È meglio credere ad una generosità di Paolo I, anzichè fosse d’imbarazzo Kosciuszko nei 
ceppi. i 

In Padova, nel doppio recinto della ellisse del Prato della Valle, fra le 73 statue che vi 
s'ammirano, e che rappresentano Padovani illustri o personaggi saliti in gran faina e che 
insegnarono o studiarono in quell’Università, ce n'è una di Giovanni Sobieski, e sotto vi si 
legge: “ Re di Polonia, liberò Vienna dai Turchi, studiò a Padova ( # 1699). ,, 

Poniatowski fu prode generale al servizio di Napoleone I, dal quale sperava (sperò ahimè 
invano!) la resurrezione della sua patria. 

Annegò miseramente nell’Elster dopo la battaglia di Lipsia (1813). 

Nè i soli Polacchi s’illusero. Vincenzo Monti cantò rel 1806: 

Ecco poscia nn diadema in tre spezzato 
(Se non inganna dello sguardo il volo) 
Saldarsi, e ratto del gran Sire al fiato < 
Quei tre brani animarsi e farne un solo. 
Rompe al nuovo prodigio il vendicato 
Polono i ceppi, e dell’artico polo 
Alle barbare torme oppon più saggio - 
Saldi schermi di ferro e di coraggio. 

(Za spada di Federico II di Prussia). > Toe 

(2) Nicolò Copernico (1473-1543) sostituì l’attnale concezione del sistema planetario a 
quella di Tolomeo. Percorrendo la via aperta da lui, acquistarono nome imperituro Keplero, 
Galilei e Newton. 

Chi amasse di possedere maggior copia di notizie sopra l'antica capitale della Polonia, 
potrebbe leggere la già citata riemoria del Kulezycki, Cracoria, lavoro adorno di sedici bellis- 
sime fototipie. 

In appendice vi troverà uno scritto di Ugo Ojetti, Per ; monumenti di Cracovia, che fu 
già pubblicato nel Corriere della sera: contiene alla fine quest’inivocazione: “... chi dirige l’e- 


P., MERENDA 103. 


L'art. 6 del trattato di Vienna, 9 giuguo 1915, dispose: « La ville de Cra- 
covie, avec son territoire, est dsclaré, à perpeluité, cité libre indipendante, 
strictemente neutre, sous la protection de la Russie, de l’Austriche et de la 
Prusse. » 

Ma nel 1846 l’Austria, « stracciando un trattato ch’essa siessa aveva det- 
tato, sopprimeva la piccola repubblica, debole avanzo di ciò che fu la Polo- 
nia, per incorporarla al suo vasto impero » (1) 

L’ordinamento amministrativo austriaco, pur avendo i pregi snoi, è infe- 
riore a quello prussiano; ma in Galizia assume fisonomia speciale. 

Il governo austriaco, sotto i lunghi ministeri di Metternich e Bach 
(1815 - 1860) considerava la Galizia a guisa d’un campo da sfruttare; il 
sale costituiva monopolio di Stato; dalle foreste demaniali si tagliava legname sen- 
za aver riguardo al mantenimento loro. Si tentò anche qui di germarizzare: 
nei tribunali, negli uffici pubblici, nelle scuole permessa la sola lingua tede 
sca. La Chiesa sottoposta al governo; al clero proibito di corrispondere con 
Roma. La classe dei propretarii, la sola adatta a diffondere l’economico pro- 
gresso, era guardata con sospetto, a ragione del suo amor di patria. 

Ma guardarla con diffidenza non bastava, perchè, se la casta nobiliare 
(shalachta) fosse rimasta unita ai contadini, l’Austria avrebbe avuto contro di sè, 
in Galizia, l’intero popolo polacco disgustato; così venne concepito a Vienna l’infer- 


nale disegno di separare i nobili dalla massa popolare, seminando in questa la 


sercito russo pensi che qualehe altra cosa è vivaa a Cracolvia accalnto es’ercito austriaco 
raccolto in armi nel castello sul Vavel di Cracovia, qualcosa viva da. secoli, qualcosa de- 
gna di vivere ancora per secoli, qualcosa che uccisa non dà gloria e fcrza a chi l'uccide, ma 
debolezza e vergogna.. Ecco pei Russi un nobile modo di vincere, a migliaia di chilometri di 
distanza, nel giudizio almeno degli uomini liberi, i Tedeschi di Reims. » 

(1) Parole di Eliseo Reclus, L. c.. vol. I, pag. 389. 

Cracovia, come nel 1836 e nel 1838, fu temporaneamente occupata, nel 1846, dalle milizie 
delle tre Potenze. L'occupazione diventò definitiva da parte dell’Austria, e letre corti affer- 
marono ciò essere indispensabile per assicurare ne’ loro Stati l'ordine e la pace, turbati di 
continuo da cospirazioni ed insurrezioni, delle quali la città era focolare. 


104 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


sfiducia è l’odio contro Ci quelli, e fu scritta una pagina nera di storia, che 
‘costituisce la vergogna dell’amministrazione austriaca. 

Sotto Metternich, regnando Ferdinando I, (1) alle tendenze riformatrici, 
ai movimenti rivoluzionari preparati dalla nobiltà polacca, si oppose l’eccidio 
e la controrivoluzione, predisposti sobillando i contadini, con astuzia .volpina 
e delittnosa sapienza. 

Un vero abisso era mantenuto di proposito fra la nobillà ed i contadini. 

Questi, classificati nelle liste delle prestazioni e delle servitù, non pote- 
vano, anche avendone i mezzi, acquistar terreni; legati alla terra nella quale 
dimoravano, dovevan tributo al sno proprietario, per quella parte ch’era 


lor conceduto di lavorare a conto proprio: il quale tributo poteva esser mu- 


‘ 


(1) I regnanti di casa d'Austria avevano anche il titolo d’imperatore romano. A Maria 
Teresa era succeduto Giuseppe II (1780); a costui Leopoldo II (1790), seguito da Francesco IL 
1792), il quale (conseguenza delle battaglie di Austerlitz e della pace di Presburgo) rinunziò 
. quel titolo, e assunse l’altro di Francesco I, imperatore d'Austria; onde la dissoluzione del= 
l’impero germanico, e la fine, per allora, dell’egemonia dell'Austria in Alemagna. A lui sua- 
cesse Ferdinando I (1835), cui si accenna nel testo. Dopo l’abdicazione di Ferdinando I, il 2 
dicembre 1:48 salì sul trono Francesco Giuseppe. 

Francesco I fu pure odiato dai patriotti italiani: aveva consolidato il dispotismo nella 
Penisola, e s'era accanito contro i Confalonieri, i Pallavicini, i Pellico. Alla sua morte Giu- 


seppe Giusti scrisse il Dies irae, ch'è un'orazione funebre alla rovescia: giova riportarne una 


parte, la-qualo si riferisce allo strazio della Polonia. 


Dies iraz! è mtoro Cec:0; 


Gli è venuto il tiro secco: 


Ci levò l’ineomodo. 
Un ribelle mal di petto 
Te lo messe al cataletto: 
Sia landato il medoci 
È di moda: fino il male 
La pretende a liberale: 
Vanità del secolo! 
Tutti i principi reali 
E l’altezze imperiali, 
L’eccellenze, eccetara 
Abbruniscono i cappelli: 
Il balì Samminiatelli 
Bela il panegirico. 


Già la Corte, il Ministero, 

Il soldato, il birro, il clero, 
Manda il morto al diavolo 

Liberali del momento, 

Per un altro giuramento 
Tutti sono all'ordine. 

Alle cene, ai desinari, 

(Oh che birbe!) i Carbonari 
Ruttan inni e brindisi. 

Godi. o povero Polacca 

Un amico de} Cosacco 
Sconta le tue lacrime. 

Quest'è ito, al vimanente 

Toccherà qualche accidente: 
Dio non paga il sabato. 


SARI 


LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 105 


‘tato in giornate di lavoro, sui campi che il signore avea riserbati a sè, gior- 


nate stabilite dall’arbitrio di luni. Ciò dava luogo ad abusi, ed era sorgente 
d’odio (1). Invano molti nobili domandavano al Consiglio aulico che si po- 
nesse rimedio a coteste ingiustizie, con la soppressione di questo sistema. 
Il Consiglio proponeva di sostituire le giornate di lavoro con pagamento 
in danaro; ma non era questo appunto il tributo che i contadini pagar non 
potevano, e che veniva sostituito da prestazioni d’opera? La libertà del lavoro, 
che conduce necessariamente al salariato, avrebbe avuto i suoi inconvenienti: 
il contadino dove avrebbe abitato con la sua famiglia, e come avrebbe prov- 
veduto ai primi bisogni sorgenti della nuova posizione economica sua? L’en- 
fitensi avrebbe forse tutto conciliato; ma, per attuarla, ci volevano da parte 
del governo buona volontà, cure amorose. Le mire austriache erano ben diversel 

I contadini, abbandonati in una profonda ignoranza, ingannati dai funzio- 


narî tedeschi, che avevano interesse ad aizzarli contro la nobiltà, non vede- 


iN 


‘vano altra causa dei mali loro da quella all’infuori del sionore che li domi- 
n t_) 


nava; gli abusi di taluni proprietarî venivan citati come regola generale, e i 
villani, troppo semplici per sospettare il giuoco del governo, sempre più s’in- 
velenivano contro la nobiltà. 

Oltre a ciò i proprietarî erano incaricati di ripartire le imposte, e per- 
sino di assicurarne l’esazione. Or le imposte erano state considerevolmente 
accresciute: già sotto Giuseppe II, succeduto a Maria Teresa, avevano sorpassato 
di 50 milioni le cifre precedenti; nè dappoi eran scemate, I tributi d'ogni ge- 
nere provenivano dal governo, e sembravano alla plebe rurale opera del- 
la nobiltà. 


Era l’anno 1846, e gli emigrati polacchi di Parigi preparavano nelle tre 


(1) A parlar francamente non abbiamo a disposizione elementi che ci diano con precisione 
l'ordinamento della servitù della gleba in Galizia, e ne parliamo secondo il concetto che siam 
riusciti a formarcene studiando il D’Acandia (L. c., Introduzione, pag. LVI e seg) che qui 
-seguiamo. Ma quel concetto per avventura potrebbe non essere intero. 


106 . P. MERENDA 


Polonie una insurrezione, che doveva divampare nello stesso tempo: capo Mie- 
rolawski (1); se non cha l’Austria, dal canto sno, corse ai ripari, facendo. 
scoppiarele mine che avea preparate. Ne vennero le orrende giornate, nelle quali i 
contadini fecero eccidio dei nobili, e ne saccheggiarono e brueiarono i castelli. . 
I galeotti, riapparsi dalle carceri nelle città e nelle campagne, tra questi tri- 
stamente famoso il contadino Szela; le meno palesi di alcnni impiegati go- 
vernativi, segnatamente del barone Krieg e del capitano distrettuale di Tar-. 
now, Breindl von Valleriten;la propaganda «viva fra gli osti ebrei, che alla 
nobiltà dovevano pagare le tasse per il diritto di rivendita delle bevande; la 
proibizione del goveltno di soccorrere, dopo l’eccidio, le vedove e gli orfani 
dei numerosi. trucidati, confermano la dolosa connivenza del governo di 
Metternich nei fatti orrendi. (2) Con tre giornate sanguinose, aveva detto il 


ministro, 2cquisto cent'anni di tranquillità. 


Cent'anni! invece due anni dopo le popolazioni soggette all’Austria si sollevano - 


o 
(1) Mieroslawski venne fatto prigioniero presso Gnesno, prima che la sollevazione scop- 


piasse, e rinchiuso, con gli altri capi dell’abortita rivoluzione posnana, relle carceri di Morv. . 


Amuistiato, quando nel 1848 le promesse riforme mancarono, e i Prussiani ebbero ricorso 
alla forza, egli, alla testa di torme di contadini, armate di forconi e di falci, battò i generali prus- 
siani Von Blumen e Von Vedel. Ma il generale Pfuel, fornito dei pieni poteri e di numero- 
se truppe, proclamò lo stato d'assedio, disperse gl’insorti e compresse l’insurrezione, Mierola- 


wski, preso una seconda volta, fu rinchiuso nella prigione di Moabit; poi venne del pari gra- 


ziato. 

Questo prode, nel 1849, comandò in Sicilia le armi dell’Isola, che fronteggiavano l’eser- 
cito borbonico, alla testa del quale era il Principe di Satriano. Non ebbe fortuna. 

(2) Il D’Acandia (L. c., pag. LVIII) ha la seguente nota: « Un foglietto pubblicato in Francia, 
con il titolo Hodie mihi, cras tibi, nel maggio 1846, a Strasburgo, dalla stamperia Silbermann, e 
venduto a favore degli orfani e delle vedove delle vittime, reca una lista di più di 160 nomi 


di persone delle quali era stata accertata la morte {nel solo distretto di Tarnow furono mas-- 


sacrati 1458 proprietari, con tutta la famiglia). Accanto ad alcuni di essi vi sono brevi notizie 
che danno il senso di tutta la ferocia dell’eccidio. Ad er.: Horodinski A., affettato a colpidi 
scure; Kepinska, nata contessa Dembicka, incinta di due gemelli, venne trafitta da un colpo 
di forca; Syra Morska, iu età di 60 anui, fu soffocata da una vecchia; Nidecki L., paralitica, 
sgozzata nel suo letto; Ruzycki, ebbe rotte le braccia e le gambe, quindi la testa divelta dal 
busto, giacchè i carnefici andavano vociferando che un premio di 10 fiorini era stato promesso,.. 


par quel teschio, dal capitauo del circolo; Setkowska, nata Klodzinska, costretta a tracaunare- 


una quantità d’acquavite, spirò tra convulsioni orribili, ecc. » 


LE COND:ZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 107 


tutte, e Metternich è costretto a fuggire. La Galizia reclamala sua autonomia. (1) 
Ma il luogotenente Francesco Stadion ginocò d’astuzia: mentre da un canto 
largiva promesse ai nobili e ai membri del Comitato nazionale che chiedevano 
l'autonomia e l’uso della lingua nazionale nelle scuole e negli uffici, dall’al- 
tro cercava di attirare a sè il popolo per valersene contro i nobili. Questi a- 
. vevano chiesto invano l'abolizione della servitù della gleba; quando procedet- 
ro ad emancipare i contadini e a distribuir loro le terre nelle quali abita- 
vano, il luogotenente lo itupedì, sicchè mancò poco che non si rinnovassero 
gli eccidii del 1846. D'altro canto sosteneva: gli elementi conservatori rinaiti in 
Asemblea rurale;i Ruteni, che l’Austria considerava come Z7rolesi orientali, i quali 
giunsero a chiedere nelîe proprie scenole e negli ufficii pubblici l’uso del tedesco; 
gli Uniati, che, innome della religione Greco — Unita costituendo un Consiglio 
naziouale (di S. Iura), la spartizione propaguavano dalla Galizia in due: polac- 
ca l’occidentale, rutena l’orientale (2). Così, essendo il paese diviso, il governo 
concesse esso l’abolizione della servitù, per averne il merito di fronte alle 
plebi ignare, e col bombardamento di Cracovia e di Leopoli. ebbe ragione 
dell'autonomia polacca, e il giogo scosso fu ancora più fortemente assodato. 
In che modo avvenne l’abolizione della servitù della gleba, e la conces- 
sione ai contaflini delle terre dai nobili, come pure gli effetti che ne segui- 
rono pei villani e pei proprietarii, ignoriamo. I primi, passato il tempo ne- 
cessario a sistemarsi nella nuova posizione, si saran trovati meglio; (3) pel re- 
sto può illumivarci quel che successe contemporaneamente in Ungheria, Qui la 


piccola nobiltà si aggruppava sotto l'ombra grassa dei primati magiari, come 


(1) Forse, ispirandosi a questi avvenimenti, Goffredo Mameli, nell’ultima strofa del suo Zuzo 
nazionale, cantò: ; 
Già l'aquila d'Austria 

Le penne ha perdute; 

Il sangue d’Italia 

Bevèò, col Cosacco 

Il sangue polacco, 

Ma il cor le bruciò. 


(2) La maggior parte di queste notizie dobbiamo al D'Acandia, L. e, pag. XUIX. 
(3) Il D’Acandia, L. c., pag. CIX scrive: « In Galizia la piccola proprietà, che copre circa 
la metà delle terre, si trova ancora in condizioni penose » 


108 P. MERENDA 


la schalacta polacca attorno ai maguati. Nnmerosissima, trovavasi già in cattiva. 


condizione alla vigilia della rivoluzione del 1848, che compì la sua ruina. Le 
indennità che pagarono i contadini per il riscatto delle feudali servitù, furon 
considerevoli, ma esse audarovo sopra tutto alle famiglie ricche; oltre a ciò 
essi pagarono a rate, e lentissimamente. Aspettando, i nobili furon costretti a 
vivere d’espedienti e di rantui. Gli antichi servi loro rifintavano di lavo- 


rare sulla terra dei padroni d'un dì; la mano d’opera era scarsa e cara. (1) 


Qualcosa di simile accadde in Russia e nella Polonia russa, come vedre-- 


mo più tardi. 


Ma è tempo oramai di seguire quel ch’espone il Bienaimé sull’ammini-- 


strazione aastriaca attuale in Galizia. 


Lo Statuto dato alla Galizia nel 1868 e le idee federaliste di taluni mi- 


nistri viennesi, furon causa d’un miglioramento notevole nella vita politica 


ed economica della Polonia austriaca. 


La Dieta locale, composta di Polacchi e di Ruteni (e quelli. e questi. 


parlanti la propria lingua) possiede adesso autorità sopra le scuole elemen- 


tari, sopra le strade, sui demanii provinciali; essa può contrarre prestiti per 


taluni pubblici lavori. Le ferrovie, le dogane, i grandi lavori d’utilità gene- 


rale, le imposte son di competenza dello Stato; la proviucia non ha imposizioni. 


sne, ma soltanto centesimi addizionali alle iruposte goveruative. Non si po- 
trebbe, adunque, parlar d’antonomia della Galizia; la provincia dipende da 


Vienna per la maggior parte delle istituzioni e dei servizi che possono con- 


ferire alla sua economia nazionale. Poco, adunque, ma è meglio di niente. Or < 


l’amministrazione vienness s’interessa piuttosto delle antiche provincie dell’Au- 
stria e delle provincie semitedesche, come la Boemia (2), anzichè delle terre 
puramente slave della Galizia, (3) così lontane d'altronde. 


(1) Za Nation Thégne, articolo di E. Denis.: Zes Slovaques. N. 12,15 ottobre 1916. 
(2) Non pare che la popolazione della Boemia sia semitedesca, stando a quel che dicoro 
gli Zechi; cioè che il paese è boemo. Quant'è poi all'interesse che spiegherebbe l’Austria per 


la Boemia, da quest'altro lato si dice. “Oggi gli Zechi pagano più di 400 milioni di corone - 


al governo, e tntto questo denaro, pagato mercè le imposte, rimane a Vienna, serve a colma- 
ro la deficienza «elle province improduttive delle Alpi austriache, e rZenle rientra in Boemia 
pei bisogni del paese.., Za Nation Tehéque, 2% année, N. 6, 15 juillet 1916. 


(3) Che i Polacchi appartengano al ceppo slavo, sta bene: ma, se non erriamo, il tempo ha . 


dato a questo popolo caratteristiche speciali, che lo individuano sino al punto di separarlo da- 
gli Slavi moderni. i ; 


i + fan 


P. MERENDA 109 


Epperò a buon diritto la Dieta si lagna della scarsità dei lavori pub- 
blici intrapresi dallo Stato nel territorio di lei: le imposte d’una provio- 
cia rimasta indietro come la Galizia dovrebbero del tutto essere a lei con- 
sacrate, (1) e non concorrere invece alla costruzione di costose ferrovie nel 
Tirolo e nell’Austria del Sud. (2) 

Checchè ne sia, oltre i 960 chilometri di vie fluviali, la Galizia ha chilo— 
metri 12.593 di strade carreggiabili e 2259 di ferrovie (3). 

Se noi ammettiamo come perfettamente esatto ilquadro che ci fa lo Che- 
valier dei mezzi di comunicazione esistenti in Polonia, e sino al 1850, allora 
strade e ferrovie della Galizia, sufficienti o no che siano, son dovute all’am- 
ministrazione austriaca della seconda metà del secolo XIX. 

Da lungo tempo, dice il Benaimé, sono stati approvati dei progetti per la 
costruzione di canali che debbono unire l'alto Oder all’alta Vistola, (4) e rag- 
giungere il Duniester. (5) Tutta la Galizia, nella lunghezza sua, sarebbe attra- 
versata da un canale, il quale permetterebbe facile acceszo, in Alemagna e 
nel mar Nero, al petrolio, ai cereali, al legname della Galizia. 

Il governo austriaco, avvisa il Benaimé, senza dubbio finirà col compiere 
questa grand’opera, i primi lavori della. quale son d’altronde intrapresi: Vien- 
na non è più nemica della nazione polacca. 

L'indirizzo seguito dall'Austria in Galizia ha dato buoni frutti per quella. 

Nota a questo proposito l’autore che «i Polacchi da lungo tempo compren- 
dono essere loro impossibile di lottare contro di tre padroni, e d'altronde non 
convenire loro ravvisare soltanto dei nemici fra quanti li attorniamo; sicchè 
potrebbero quindi non più voltare le spalle a chi ha cessato di mostrare ad 
essi il pugno. L'affezione sincera che i Galiziani mostrano verso l'Austria prova 
intto ciò. > 


(1) Zatte le entrate della Galizia non possono dedicarsi a lei. E le spese comuni a tutte le 


parti dello Stato? 

(2) Adesso s’e visto che queste ferrovie avevano in gran parte carattere strategico. 

(3) Marinelli, L. c, pag. 592. Si badi sempre che i dati son vecchi di almeno tre decennii. 

(4) Certamente col concorso della Prussia, se il fiume Netz deve servire a mettere. in co- 
mupicazione l’alto Oder con l’alta Vistola. 

(5) La Vistola ci sembra che potrebbe mettersi in comunicazione col Duiester unicamente: 
per mezzo del San, con un canale al disopra di Przemysl, resa famosa dalla guerra attuale. 


L’opera sarebbe gigantesca. 


110 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


B) AGRICOLTURA. 


L'abbattimento delle foreste nei Carpazi e nei contrafforti loro, (1) 
e la coltivazione del frumento e delle patate nelle terre grigie o 
nere, spesso tagliate da sabbiosi affioramenti, nei quali si affollano magri- 
pini, furono, sino a quest'ultimi anni, le occupazioni principali dei Galiziani. 
Lo foreste occupano un quarto della superficie della Galizia: di esse fu di- 
sboscato il 42 °I,, dal 1902 al 1910, con un prodotte di più di 53 milioni. (2) 
Non ce ne dobbiamo rallegrar soverchiameute, soggiunge l’autore, perchè il 
disboscamento intenso rovina i contadini che vivono della foresta, ed è causa 
di recrudescenza delle periodiche inondazioni che generalmente tutti gli an- 
ui desolano più di 500 villaggi. Tutto questo, osserviamo noi, non fa onore 
all’amministrazione austriaca, per quanto anche in altri paesi, che non sono 
la Galizia, sia avvenuto press’a poco lo stesso fatto, ed ora si cerchi di rime- 
diare con la sistemazione dei bacini montani e col rimboschimento (3). 

In una nota l’autore ci dà incidentemente una notizia, che parrebbe stra- 
na, ed è che, dal 1907, contadini galiziani vanno in Francia a prestar le brac- 
cia loro all’agricoltura francese del Nord e dell’Est. Che la Galizia non bas ti 


a nutrire i figli suoi ? Che la scarsa natalità francese siasi estesa alle campagne ? 


(1) A che appartengono siffatte foreste? V. pag. 43 

(2) Propabilmente di franchi. 

« Le foreste della Polonia, teatro delle attuali ostilità, sono state talirente devastate, da 
diventare appena sufficienti per il consumo locale ». 

Giornale degli economisti, ottobre 1916, pag. 345. 

(3) L'Italia non è immune da questa menda. 

“L'industria forestale dovrebbe dare in Ispagna buoni risultati, ma sfortunatamente è col- 
pita anche qui dal fenomeno dell’eccessivo disboscamento; tra il. 1820 e il 1840 larghe esten- 
sioni di foreste vennero abbattute, cagionando terribili inondazioni; si cercò poi di riparare 
quest’errore con leggi successive nel 1863, 1888, specie nel 1912, in cuisi regolarizzò lo sfrut- 
tamento delle foreste dello Stato e si concedettero gratuitamente ai privati semi di specie e- 
stere, per ripopolare le loro foreste. La questione dei boschi dovrebbe essere studiata con at- 
tenzione: su di una superficie totale di 5) milioni di ettari, circa 22 sono coltivati, 5 sono im- 
prodottivi per lo sboscamento e la devastazione degli aniìnali. 11 sono ricoperti da foreste; ma 
i rimanenti 12 milioni di ettari, su cui i torrenti cotpiouo un'azione distruttiva, potrebbero 
essere facilmente rimboscati, e si accrescerebbe così l’esportazione di legname, che ora non. 
raggiunge 65 milioni di pesetas.,, 

Giornale degli Economisti, settembre 1916, pag. 272. 


P. MERENDA 11 


Ai tempi cuni il Marinelli si riferisce nella sua opera, la terra in Galizia 


si lavorava pessi mamente, e con metodi primitivi. Abbondava il bestiame. (1) 
C) INDUSTRIA. 


Nel X[X secolo l'industria, segue il nostro, sarebba progredita rapidamente 
se il governo austriaco l’avesse aiutata, s'esso si fosse men dato pensiero d’inco- 
raggiare le rivalità fra Polacchi e Ruteni, se avesse creduto la sna domina- 
zione più solida in questa provincia eccentrica, strappata alla Polonia, e del- 
la cui conservazione l’Austria non sentivasi sicura. 

Dopo il 1870, da quando il governo di Vienna si decise a praticare una 
politica di decentramento, la Galizia ha goduto d’una certa libertà, e le cure 
economiche per lei han trovato maggior favore presso i goveruanti. (2) 

Industria del petrolio. Il petrolio, che d’ogni tempo era stato conosciuto 
e più o meno posto a profitto iu Galizia, divenne l'oggetto d’attive ricerche. 

L’economista Szczepanowski (3) fu uno dei promotori dell’industria petroli- 
fera. Un altro polacco, Lukasiewiez, inventò il procedimento razionale di raffi- 
namento del petrolio grezzo, quattr’anni prima che la medesima invenzione 
fsse stata fatta dagli Americani. Nel 1889 ingegneri americani apportarono i 
perfezionamenti ultimi all'arte del foramento dei pozzi, e nel 1900 venne fon- 
daia la prima grande società anonima, Karpathen Petroleum. 

Può dirsiche da vent'anni l’industria del petrolio ha dato vita novella ad u- 
cia parte della Galizia, e che, da dieci anni, i beneficii suoi s’estendano a 
tatta l’Austria, dacchè parecchie città della monarchia posseggono depositi 
e raffinerie (4) 


(1) L.. c., pag. 591. 

(2) Nondimeno, a giudizio del Marinelli, un trent'anni addietro l'industria era meschinis- 
sima. 

L. c., vol. II, pag. 591. 

(3) È un nome che incontriamo per la prima volta. 

(4) È noto che il petrolio greggio non è direttamente utilizzabile, e dev’esser sottopo- 
sto al raffinamento, che lo separa in parti, le quali han proprietà ed usi distinti: il che si fa. 
distillando, e raccogliendo separatamente i prodotti che distillano entro determinati interval- 
li successivi di temperatura. 

Si hanno così: l’etere di petrolio, la gassolina, l’olio per pulire, il petrolio per illumina—- 
zione e riscaldamento, gli olii lubrificanti, la vasellina, la paraffina. 


112 LH CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


La produzione, ch’era di 71.600 tonnellate nel 1889, raggiunse 2.094.000 
tonnellate nel 1910, e dopo è costantemente aumentata. (1) Il petrolio sgorga 
in abbondanza tale, che si resta presi alla sprovvista, e si sono verificate. 
perdite notevoli. (2) Ma, nel 1908, avendo il governo di Vienna regolato lo scavo 
dei pozzi, e costituita un’Associazione del produttori del petrolio grezzo (3), sono 
stati costruiti serbatoi capaci di raccogliere 1.200.000 tonnellate. 

Il governo non si fermò qui. Esso fondò, nel 1909, a Drokobyce, un’usina 
capace di distillare 450.000 tonnellate di nafta; ne tira grandi quantità di wa- 
zont per il riscaldamento delle locomotive. 

Quest’in tervento dello Stato ha avuto per oggetto evitare le speculazioni 
dei compratori di nafta, obbligando l'Associazione dei produttori di petrolio 
grezzo a fornire alla distillazione del governo una gran parte della sua pro- 
duzione. I 

La città di Boryslaw (tra i Carpazi e l'alto Dniester) è stata dal prin- 
cipio il centro della produzione petrolifera in Galizia. La popolazione, e qui 
ad a Brohobycz, s'è più che raddoppiata in vent'anni. 

Intanto, nel 1903, il Szyscki aperse dei pozzi a Tusfanowice, e questa 
borgata divenne a sua volta importantissima come centro petrolifero. La pro- 
fondità dei pozzi è per lo più dai 30) ai 600 metri (per passaggio di soli 200 
metri) e nella maggior parte dei pozzi, forando più innanzi, s'incontra sempre 


nafta. Un pozzo è già profondo sino a 1820 metri, e dà ancora prodotti sod- 


(i) La produzione della nafta (petrolio greggio, detto altrimenti petrolio minerale) ch’era 
di 400.000 tounellate nel 1901, adesso rappresenta /a ventesima parte della’ produzione mondiale. 

(2) In generale, traforato il terreno, dal pozzo viene fuori uno zampillo così copioso, che pare 
prodigio. Nel febbraio 1893, a Romany presso Baku (Russia) da -n0 pozzo sgorgò un getto 
che per parecchie settimane diede 10.00) tonnellate di petrolio al giorno; esso all’inizio uscì 
con tale violenza, che l’aria tutt'intorno ne rimase scossa così da sfondare le finestre delle 
abitazioni vicine, e per ben cinque settimane non si riuscì ad incanalare quella immensa e 
meravigliosa. fontana, producendo così la perdita di oltre 250.000 tonnellate di petrolio. 

(3) A dire il vero ci occorrerebbero lumi maggiori per formarci un’adeguato concetto del- 
l’azione dello Stato e del bene prodotto da essa al paese; ciò che si dice. e qui ed in appresso, non 
ci lascia soddisfatti appieno. 

Quant'è all’evitare le speculazioni dei compratori di nafta, oggetto cui si accenna più 
sotto, non sapremmo dire se il semi-monopolio dello Stato costituisca uninconveniente minore. 


P. MERENDA 5 


disfacenti. La Galizia, possedendo giacimenti riconosciuti sopra una lunghez- 
za di 450 chilometri all’orlo dei Carpazi, e la superficie dei terreni petroliferi 
essendo valutata 18.000 chilometri quadrati, si può affermare, secondo la re- 


sa che han dato le poche centinaia di chilometri quadrati sin quì emunti, 


-che questa provincia racchiuda nel suo seno enormi ricchezze di nafta, le qua- 


li si dovrebbero contare a miliardi. 

Tuttavia Ja provincia non ha approfittato abbastanza di ricchezze siffatto, 
Straniero, e sopratutto tedesco, è il capitale che più largamente ha parteci- 
pato dei profitti delle escavazioni di nafta. I capitali inglesi, belghi e francesi se- 
guono alla loro volta. Le intraprese che suscita questo capitale pigliano lar= 
gamente dalla Galizia operai, capomaestri, ingegneri, ragionieri. I Polacchi 
profittano dei numeresi posti. 

L’intevento dello Stato nell'industria petrolifera è stato piuttosto utile ai 
Polacchi. Una Scuola superiore delle miniere è stata fondata a Cracovia, una Borsa 
ufficiale dei petrolii s'è aperta a Leopoli. D'altro canto lo stesso governo di 
Galizia, sotto l'ispirazione della Dieta provinciale, ha fondato serbatoi di nafta 
della capacità di 100.000 tonnellate. 

Da alcuni anni Polacchi, Ebrei, Tedeschi rivaleggiano d’attività nei campi 
petroliferi della Galizia. Molte azioni del capitale di 350 milioni di corone 
impiegato in quest'industria, vengono giornalmente in mani galiziane; i capita- 
listi francesi hanno attualmente una partecipazione di 40 milioni, ch’essi po- 
trebbero accrescere. 

Poichè l’autore è francese, egli soggiunge: « La Francia, priva di miniere 
di petrolio, non può disinteressarsi della produzione petrolifera più vicina 
alle sue frontiere. Lamentiamo che verun console francese rappresenti gli 
interessi nostri. Tedeschi e Russi hanno a Lemberg. un console generale, 
agente politico e di commercio. Di là da Buda-Pest, la Francia non ha nè 
un console nè un vice-console. Noi ne nominiamo allorchè un vasto movimento 
d’affari attira i connazionali nostri: gli altri Stati fanno una politica inversa: i 
consoli loro han per missione di creare, di provocare. di sviluppare il movi- 
mento degli affari. » Che dobbiamo dir noi Italiani? 


L’Alemagna è particolarmente attenta all’industria del petrolio in Gali- 


114 LE CONDIZIONI ECONOMIOHE DELLA POLONIA 


zia; il sno &rdoelgesellschaft (1) di Bevlino. mira nientemeno al monopolio del 
petrolio della Galizia, a scopi politici e militari; e questa società ha già acqui” 
stato un numero enorme di azioni in molteplici imprese. Altrettanto. potrebber-- 
fare i capitali francesi; ad essi sarebbero assicurate le simpatie polacche. 
Industria del sale. Secondo un articolo recente del sig. Seczepanski, (2) di-. 
rettore dell'Ufficio di statistica industriale in Galizia, la produzione del sale: 
sorpassa 155.000 tonnellate per anno, del valore di 18 milioni. (3) 

Il sale si presenta, in istato di pietra (4) o di dissoluzione, in più di 500: 
località; ma lo Stato ha stabilito un monopolio sopra la maggior parte delle 
saline (specialmente di Wreliczka e Bochnia, così famose per le città sotterra- 
nee (5) che vi si trovano). Nondimeno la Dieta di Galizia ha ottenuto per la. 
provincia il diritto di costituire una società per lo sfruttamento delle saline 
potassiche di Kalusz. Metà dei 6 milioni di capitale di questa società sono. 


stati forniti dal governo locale della Galizia (Comitato permanente della. 
Dieta). 

Nuove escavazioni di sale possono essere intraviste, (6) a breve scadenza, 
in Galizia, e si potrebbero sviluppare ancora così l’industria estrattiva come 
le industrie chimiche che derivano da questo prodotto. 


Industria del carbone. Abbondantissimo è questo minerale in Galizia, 
9 


(1) Forse il nome è Dexfsch Erdbel Aktiengeselleschaft. 

Sul monopolio del petrolio iu Germania, v. un articolo di ordinando Nobili Massuero,.- 
nel Giornale degli economisti, agosto 1913. 

(2) Za Galicie et son developpement économique, nella Revue Politigue et Parlameniaire, 
juin 1914. 

(3) Di franchi? di corone? di fiorini? 

(4) Salgemma è il sale in istato solido. Esso è misto a gesso, che bisogna, con un proces-- 
so chimico, separare dal sale puro. 

Del monopolio austriaco non ci dobbiamo meravigliare poi Italiani: con grave dauno del--. 
l’industria e dell'igiene, l’Italia, col suo monopolio (dal quale va esente la sola Sicilia) è l’ultima 
delle nazioni civili per la bassezza del consumo e per l’alto prezzo del sale. 

(5) Quelle di Wieliczka costituiscono un ammasso, lungo 3000 metri, largo 1140, profendo 586... 
Gli scavi, a guisa d'i catacombe, sono traforati da un laberinto di strade, tali che dànno una; 
complessiva lunghezza di 600 chilometri. 

Marinelli, L. 0., pag. 592. 

Si dice che questa miniera potrebbe dare tanto sale, da bastare al consumo del monde» 
per parecchi secoli. 


(6) La Galizia, nel 1883, dava i “[;, del sale prodotto da tutte le provincie austriache. 
Marinelli, L. c., vol. III, pag. 591. 


P. MERENDA i 115 


“specialmente nella regione vicina alla Slesia: i geologi calcolano che la massa 


«carbonifera della Galizia ascenda alla quantità enorme di 25 miliardi di ton- 


\nellate. Adesso lo sfruttamento è incominciato appena, e muon sorpassa 


1.400.000 (1) tonnellate (‘/,, della produzione austriaca): occupa non più di 6500 


“Operai. 


Industria del ferro. In parecchi luoghi si trova ferro; ma tuttavia non se 


no trae profitto. Il minerale scavato contiene dal 21 al 51°/, di metallo. Non 


‘abbiamo notizia sulle miniere di piombo e di zivco, delle quali il Marinelli (2) 


.attesta l’esistenza. 


A Cracovia ed a Leopoli le industrie si moltiplicano. 
Un’indnstria. che potrebbe farne sviluppare delle altre, sarebbe /’7dr0- 


dinamica. Le cascate d’acqua son numerose sui torrenti che discendono dai 


“Carpazi, e sono stati studiati progetti di centrali elettriche, le quali si riferi- 


‘scono ai fiumi Dunajeo e Dniester. 


-La prima darebbe luce e forza a Cracovia e ai suoi dintorni, che s’al- 


largano costantemente, e ad altre città; la seconda alimenterabbe Lemberg e 


molte città, fino a Czernovitz in Bucovina. 


D) CoMMEROIO 


L’antore nostro si limita a dirci che Lemberg (8) e Cracovia han fatto, ne- 


«gli ultimi trent'anni, sorprendenti progressi nel commercio; ma non entra in 


particolari. 
Pel Marinelli, fino al 1884, tutto il commercio era in mano degli Ebrei. 


Il grande emporio commerciale era Brody. (4) 


(1) Nel 1888 davano un valore di 700.000 fiorini. 

Marinelli, L. c. 

(2) L. c. 

(3) Lueopoli, così ricca di monumenti storici, prende suo nome dal fondatore, Leone Halicz 
(1259). I Tedeschi la dicono Lamberg, onde il corrotto Lemberg. 

(4) L. e., vol. II., pag. 592. 

Questa città è vicinissima al confine russo, verso la Volinia, e quindi il commercio con 
la Russia naturalmente fluisce da Cracovia a Leopoli, e poi a Brody. 


116 LE CONDIZIONI ECONOMICHE BELLA POLONIA 


E) CREDITO E BaNCHE. 


L’antore accenna a banche esistenti a Leopoli ed a Cracovia, ma non 


entra in particolari. 


Soggiunnge che, limitata per quanto sia nei suoi poteri politici ed ammi-. 


nistrativi, la Dieta di Galizia s'è sforzata d’esiendere il suo còmpito e l’azio- 


ne sua nelle cose economiche. Da trent'anni essa fondò una Commissione per- 


manente d’incoraggiamento all'industria, che dapprincipio pensò alla pic- 


cola industria degli artigiani, per la quale fu stabilito nn fondo d’incoraggia- 


mento, adoperato a far dei prestiti a lieve interesse. 
La Banca del paese, d'altro canto, rende dei servizi alla grande industria: il 


capitale suo è stato portato a 50 milioni di corone. 


In fine è stata crecata, nel 1910, la Banca industriale di Galizia, co) con-- 


corso della Dieta e delle città di Cracovia e di Leopoli, per la somma di 7 mi-. 


lioni di corone, sopra 20 milioni di capitale. 
F). RELIGIONE 


La Legge costituzionale dell'Impero austriaco, sut diritti generali dei cittadi- 
ni per i regni e paesi rappresentati al Feichsrath (21 dicembre 1867) ha la 
seguente disposizione: 

«È guarentità ad ogunno la piena libertà di culto e di coscienza. Il go- 
dimeuto dei diritti civili e; politici è indipendente dalla confessione religiosa; 
però la confessione religiosa non deve recare alcuna offesa agli obblighi civili. 
Nessuno può essere costretto e compiere un atto religioso o ad intervenire a 
funzioni ecclesiastiche, a meno che non sia soggetto all’autorità di un terzo 
che abbia per legge il diritto di costringerlo.» (art. 14). 

< Ogni Chiesa ed egni associazione religiosa riconosciuta dalla legge ha, il 
diritto di esercitare pubblicamente ed in comnne la propria religione, regola 


ed amministra da sò i propri affari interni, rimane in possesso ed in godi- 


Ò 


mento delle proprie istituzioni, fondazioni e fondi destinati a scopo di cnulto,.. 


d'istruzione e di beneficenza, ma è soggetta, come ogni altra società, alle leggi.. 


generali dello Stato. » (art. 15) 


P. MERENDA 117 


« A coloro che professano una confessione religiosa non riconosciuta dalla 
legge, è permesso l’esercizio domestico della loro religione, purchè tale eser- 
cizio non sia contrario alla legge ed ai bnoni costumi. » (art. 16.) 

Date queste disposizioni di carattere costituzionale, e poichè cattolica è 
l’Austria e cattolici sono i Polacchi, (1) e la politica governativa non segue 
più un indirizzo oppressivo, dal lato religioso la Galizia è lasciata tranquilla: 


almeno non s’è mai inteso che fosse molestata. 
G) EDUCAZIONE PUBBLICA. 


La /egge costituzionale, or ora citata, dice all'art. 17: «Lascienza ed il suo 
insegnamento sono liberi. Ogni cittadino ha il diritto di fondare istituti d’istru- 
zione e d’impartirvi l'istruzione, quando abbia provato la sua capacità nei mo- 
di prescritti dalla legge. L'istruzione domestica non soggiace a questa re- 
strizione. Per l'istruzione religiosa nelle scnole provvederà la rispettiva Chiesa 
o società religiosa. Allo Stato spetta il diritto di suprema direzione e sorve- 
glianza su tutta l'istruzione e educazione impartita pubblicamente.» 

E all’art. 19 ha: «Tutti i popoli dello Stato appartenenti a razze diverse 
sono eguali nei diritti, ed ogni singola razza ha l’inviolabile diritto di con- 
servare e di coltivare la propria nazionalità ed il proprio idioma. La parità 
di diritto di tutti gl’idiomi del paese nelle scuole, negli uffici e nella vita 
pubblica è ricouosciuta dallo Stato. Nei paesi in cui abitano popolazioni ap- 
partenentî a razze diverse, gl’istituti di pubblica istruzione devono essere rego- 
ati in modo, che ognunno trovi i mezzi necessari per istruirsi nel proprio idio- 
ma, senza l’obbligo d’imparare un’altra lingua.» i 

La legge, adunque, permette ai Polacchi di dare, nelle scuole, educazione 
polacca ai figliuoli loro. 

Bienaimé non ci dà nessuna notizia sulla istruzione in Galizia, eccetto que- 
sta, che a Cracovia le scuole si sono moltiplicate. Suppliamo come si può, 


quantunque le notizie sieno vecchie Gi trent'anni. 


(1) I Cattolici della Galizia costituiscono 1’87, 7°[, della popolazione. 
Marinelli, L. c., pag. 690. 


È 
N Il E REI ART] 


118 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


L'istruzione, dice il Marinelli, (1) in Gallio fu assai trascurata, ed oggi 
stesso i progressi sono lentissimi, specialmente fra i Ruteni. Vi sono due Uni- 
versità, una in Cracovia, l’altra a Leopoli. Leopoli ha un’accademia tecnica 
(Politecnico). Vi sono 3 scuole cattoliche latine di teologia, frequentate da soli 
Polacchi; 1 di rito greco, dove vanno Ruteni soltanto; 25 ginnasii (22 po- 
lacchi, 1 ruteno, 2 tedeschi); 6 scuole reali polacche, 9 scuole magistrali, 2 
agrarie, 1 forestale, 17 professionali. Nel 1884 s’avevano 3174 scuole elemen- 
tari, delle quali 2998 pubbliche: in 1284s'insegnava in lingua polacca, in 1564 
in ruteno; 41 erano tedesche; 109 poliglotte. Le3174scuoleavevano 413.483 scolari. 

Le ultime notizie sono assai confortanti. Allorqnando, nel 1871, il Consiglio 
scolastico riordinò le scuole, non trovò in Galizia se non 902 scuole polacche, 
572 rutene, 787 poliglotte (con sezioni per ogni lingua). Nell'anno scolastico, 
1906-907, le scuole polacche erano 2564, quelle rutene 2296. Da ciò n'è ve- 
nuto che fra i Ruteni, mentre nell'età da’ 42 ai 5I anni si trovano analfabeti 81 °/, 
dei maschi e 94°/, delle femmine, nell’età dai 12 ai 21 gli analfabeti son di- 
scesi rispettivamente al 56 e al 69 °/,. Le Università di Leopoli e di Cracovia, 
negli anni dal 1861 al 1865, avevano 193 Rateni iscritti in teologia e 143 nelle 
altre facoltà; adesso la media dei primi sale a 250, quella dei secondi a 600. 
Nel Politecnico di Leopoli, da una media di 9 studenti ruteni (1876-80) si passa 
agli 86 nel 1904. I ginnasii e le scuole reali, che dal 1871 al 1875 contavano 
1426 alunni ruteni, n’avevano 5600 nell’anno scolastico 1906-907; le scuole nor- 


mali, che contavano 257 Ruteni, adesso ne hanno 957. (2) 


(1) L. c. pag., 591. 

(2) D’Acandia, L. c., pag. LXXI. 

“ Vi sono pochi re dell’antica Polonia — scriveva, a guerra scoppiata, l’on. Stanislao Smolka 
— ai quali la Polonia dovrebbe esser grata per il suo sviluppo nazionale come, a Francesco 
Giuseppe I. Fu Franceseo Giuseppe che fondò l'Accademia delle scienze e delle lettere di 
Cracovia (1873),’che liberò l'Università di Cracovia, esistente dal 1364, e quella di Leopoli, dal 
giogo della lingua straniera, la tedesca, restituendo entrambe all'insegnamento nazionale; fu 
lui che lasciò il suo nome unito, in qualità di fondatore, a numerose scuole speciali e ginnasi del. 
la Galizia; fu sotto il suo regno che si sviluppò in Galizia quella gran rete di scuole  pri- 
marie, veramente imponente di fronte a quella che esisteva quando questo sovrano salì al 
trono. E fu in queste scuole che il contadino polacco cessò di essere analfabeta, e imparò ad 
essere patriota polacco, pur restando affezionato alla dinastia reguante... ,, 

D’'Acandia, L. c., pag. XC. 

Perchè Francesco Giuseppe non ta seguito la stessa politica nelle altre provincie del= 
J’Impero, e specialmente in quelle italiane ? 


P. MERENDA 119 
G) L'ANIMA NAZIONALE. 


Ma se i Galiziani, dacchè è migliorato il trattamento loro, quasi amano 
l’Austria, e i più restii la preferiscono alla Prussia ed alla Russia, ciò non can- 
cella dalla loro memoria le glorie e le sventure della Polonia, nè strappa 
dal cuor loro le saute aspiraz'oni nazionali; anzi da quella terra semilibera 
parte intensa la propaganda patriottica, che commuove l'Europa civile a fa 
vore dei Polacchi, propaganda alla quale presiede nu illustre letterato, sim- 
patico a tutto il mondo, Enrico Sienkiewicz, autore del Quo vadis 2 

Il che ci commuove: gli è come se il nostro Alessandro Manzoni, quando 
l’Italia era serva dello straniero, ne avesse propugnato la liberazione. (1) 

Ma i Polacchi della Galizia, non solo dsbbon lottare per ottenere dall’Au- 
stria più di quel ch’essa misura con avara mano, ma debbono contrastare coi 
Euteni e con gli Ebrei. 

Lia Galizia, sopra un territorio di 79.000 chilometri quadrati, ha 8 mi- 
lioni d’abitanti (102 per chilometro quadrato, (2) mentre la Francia ne ha 73 
soltanto). Gli Ebrei sono 830.000, i Tedeschi 200.000; il resto della popola- 
zione dividesi fra Polacchi e Ruteni. Pertanto il paese nutre due popoli, che 
sventuratamente tendono a distinguersi fra loro ogvora più: 1° la parte occi- 
dentale, quella che tocca la Slesia, e dove si trovano Cracovia, Tarnow, le 
saline di Wieliczka, il gruppo splendido dei monti Tatra, è popolata sol- 
tanto da Polacchi (2 milioni e *[,), e da Ebrei (7 °[;); 2° la parte orientale 
è pertinenza dei azeri (3.200.000): ma questa parte di levante del paese, che 
ha uva superficie doppia dell’altra, è abitata altresì da 1.400.000 Polacchi, e 


dal 15°, di Ebrei. I Polacchi sovo in maggioranza nelle città (Leopoli spe- 


(1) Ai 16 di novembre uu colpo apoplettico spegneva la vita di Enrico Sienkiewicz. 
“ Provo immenso dolore di morire, senza vedere la Polonia indipendente ,,, furono le sue pa- 
role estreme. 

Da Posen a Varsavia e a Cracovia un popolo benedicente, prosternato sn la polve dinan- 
zi a Dio, ha pianto per questa nuova sventura nazionale. 

(2) Il Marinelli, e certo si riferisce al 1883, assegna alla Galizia una popolazione relativa 
ai 76 abitanti per Km. quadrato. 

L. c., p. 690. 


a ri ate Riti; SR 


120 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


cialmente, che conta 210.000 abitanti), e in grande minoranza nella metà dei 
distretti. I Ruteni, o Russi Rossi, si distinguono nettamente dai Moscoviti, o Grandi 
Russi, pel dialetto, e pel genere di vita; appartengono al gruppo russo delle 
nazioni slave; a cagione della differenza di lingua e di costumi, sono stati 
sempre in abbastanza cattiva intelligenza coi Polacchi (1). 

I Polacchi sou la razza conquistatrice, la conquistata i Ruteni. L’ari- 
stocrazia rutena è divenuta polacca. 

Le professioni liberali, i grandi possessi, le industrie, souo quasi intera- 
mene nelle mani dei Polacchi (e degli Ebrei);i Ruteni, per lo più contadini, 
avendo una situazione economica inferiore. L'attività economica dei Polacchi 
s’'estende adunque sopra tutta la provincia. 

Nè questo solo. Le istituzioni politiche riconoscono la perfetta eguaglianza 
fra Ruteni e Polacchi, per ciò che concerne giustizia, istruzione, religione; ed 
in ciò l’Austria ha fatto bene: ma i Pclacchi, essendo più ricchi e più 
colti, esercitano un'azione politica, amministrativa e sociale molto più larga, 
di quella dei Rutemi. Per ciò che concerne la religione, fortunatamente 
i Ruteni professano la Greco-Unita; quindi vha soltanto una diversità di rito.. 

I Ruteni di Galizia, dice Bienaimé, son dei gelosi rivali, suscitati ai Polac- 
chi dalle circostanze, dall'evoluzione dei fatti, e senza dubbio altresì da una 
certa politica occulta, che trova vantaggio nel volgere l’una contro l’altra le 
due famiglie slave del paese: divide ei impera! 

La quistione rutena è anzitutto una quistione sociale; non ostante le ap- 
parenze nazionali ch’essa sovente riveste, riducesi essenzialmente nella lotta 
dei Ruteni, proletarii rurali, contro i Polacchi, padroni della terra. 

l'oppressione politica ed amministrativa di certi magnati pesa. ancora 
sovr’essi, ma più ancora si fa sentire la soggezione economica, nella quale 
son tennti dall’ignoranza, dal difetto di capitali, dalle abitudini d’impreviden- 
za contratte durante secoli di servitù. Si possono prevedere i risultamenti 


economici di questa lotta fra Polacchi e Ruteni: consisteranno in progressi 


(1) Reclus, L. c., p. 397. 


P. MERENDA 121 


sicuri delle classi inferiori, così polacche come rutene. (1) L'economia nazio- 
nale polacca ha poco da perdervi; potrebbe anche guadagrarvi. 

Per conto nostro desideremmo un lavorìo fraterno dei Polacchi, il quale 
tendesse a rialzare lo stato economico e morale dei Ruteni, in guisa da av- 
vincerli alle sorti della Polonia, ed allontanarli dalla funesta piega panslavi- 
sta, nella quale per loro molto c'è da perdere e nulla da guadagnare. 

Non si può dire che questo lavorìo fraterno manchi, ma potrebb’esser più 
intenso. Che ci sia, è provato dallo sviluppo conseguito nel ramo deil’educazione 
pubblica. È provato altresì dal fatto che, avendo, nel 1869, una decisione im- 
periale introdotto il polacco come lingua nfiiciale in Galizia, tuttavia, in pra- 
tica, la legislazione interna ha accordato alla seconda lingua, al ruteno, tuttii 
diritti che le eran necessari: la lingua rutena, nella Galizia orientale, vige nei 
rapporti interni delle amministrazioni e dei tribunali con le parti, i comuni 
ed il pubblico; gli atti gindiziarì son compilati in ruteno; ruteni sono il 40°/, 
dei magistrati; in ruteno è stabilito il catasto, e tutti i proclami, le istruzioni, 
i formularì amministrativi e postali sono bilingui; nell'Università di Leopoli si 
fanno dei corsi inruteno; nelle scnole mediei Ruteni possono studiare secondo 
il proprio linguaggio. Se la stampa periodica è anch’essa indice della cresciuta 
cultura, quest’'indice è favorevole: i giornali ruteni, ch’eran 8 nel 1875, diventa- 
rono 38 nel 1906. La Dieta sussidia largamente le istituzioni scientifiche, letterarie, 
e persinoil teatroambulante ruteno ele cassi rurali Raiffeisen. Gran parte delle 
sommedestinate alla costruzione e alla manutenzione delle strade grava sulle città, 
sui fondi del paese, sui distretti e sui grandi proprietari. La divisione delle 
grandi proprietà, sopratutto polacche, ha contribnito a migliorare la condi- 
zione dei contadini: la graude proprietà fondiaria della Galizia orientale, nel 
1901, costituiva il 40°, della totale superficie coltivabile, e comprendeva a 
preferenza regioni montuose e boschive. 


I Ruteni si lagnano che nella Dieta i rappresentanti della campagna sono in 


(1) Ma nota il Marinelli che i Ruteni sentono meglio l’attrazione verso la massa dei 
Russi, e la influenza delle idee panslaviste. 
L. c., pag. 690 È 


122 LE CONDIZIONI ECONOMICAHN DELLA POLONIA 


minoranza; (1) che, mentre lescuole polacche sono a classi multiple, quelle rutene- 
hanno quasi sempre una classe sola; che nelle scuole rntene c'è un numero in-. 
ginstificabile di maestri polacchi; che gl’impiegati ruteni difficilmente salgono in 
alto, e quasi tutti vengono iuviati, per rmecessit4 di servizio, nella Galizia oc-- 
cidentale; che i magistrati ruteni,i quali avevan raggiunto il 60°],, a poco alla volta 
vengon trasferiti nella Galizia occidentale, mentre nella orientale son ridotti 
al 26 °[;; che i sussidii per istituti di cultura son più larghi verso quelli polac-- 
chi; che per il bnon andamento dei finmi si spenda assai più nell’occidente; 
che la graude proprietà diminuisca più lentamente nella parte orientale. 

Or si potrebbe esaminare dai Polacchi dirigenti quali di siffatte lagnanze 
sieno ben fondate, e darvi soddisfazione. Noi non siamo d’accordo col DA 
candia (2) che, a risolvere il conflitto, converrebbe separare politicamente la 
Galizia oriantale dall’occidentale. Non possono 1.400.000 Polacchi più civili 
diventare soggetti ai Ruteni; i Ruteni sarebbero inghiottiti dalla Russia, della 
quale d’altronde, nella presente guerra, hanno sperimentato i sentimenti fra- 
terni; sarebbe una fortuna pei Polacchi schiavi della Prussia e della Russia 
se venissero trattati come sono i Ruteni in Galizia. Può darsi che c’inganniamo, . 
però siam convinti che il maggior bene dei Ruteni consista nell'unione 
coi Polacchi, e viceversa il maggior bene di questi vada trovato nel massimo 
possibile interessamento loro per quelli. Ma c'è una condizione necessaria da 
parte dei Ruteni, perchè avvenga questo felice . connubio, ed è che la 
maggioranza amante dell’ordine e del giusto, raffreni la minorità faziosa.. 
La violenta propaganda greco-unita contro i latini, che pur essi sono 
Cattolici, dovrebbs cessare; il veleno, le accuse ingiuste, l’odio feroce infine 
andrebbero smessi, e insieme le manifestazioni antipolacche, i rapporticon gli 
oppressori della Posnania, i propositi biechi di rendere impossibile l’antonomia 
galiziana; onde muti, per dir così l’ambiente morale che si manifestò violentemente 
con gli scioperi agrari, coi torbidi studenteschi, col clamoroso ed orrendo 
assassinio del governatore polacco Andrea Potocki (12 aprile 1908). Occorre. 
che d’ambo le parti predominino la ragione, la giustizia, la carità. 

(1) Non ci pare che ben s’oppongano. Che ci guadagnerebbe la cosa pubblica dalla pre-- 


valenza dell’elemento non civile, dalla brutalità del numero? 
(2) Dal quale caviamo tutte queste notizie. V. L. c., pag. LXVIII e seg. 


P. MERENDA 123 


L’attività economica dei Polacchi trabocca dalla Galizia nella Slesia au- 


-striaca, dove più della metà della popolazione è costituita da Polacchi, i 


quali ascendono a 240.000, sopra 450.000 abitanti; mentre gli altri gruppi 
principali son rappresentati da 125.000 Zechi e da 80.000 Tedeschi. L’ele- 
mento slavo-zeco-polacco rappresenta più dei ‘/, della popolazione di que- 
sta ricca provincia; ciò non ostante i capitali e le situazioni importanti re- 
stano in mano dei Tedeschi; i Polacchi sono per lo più semplici contadini od 
operai, ed al Reichstag hanno un solo deputato. Così il Bienaimg. 


« Di tutti gli elementi di popolazione, è l'ebreo quello che s’accresce più 


rapidamente in Bukovina ed in Galizia, ed eziandio nei paesi zechi e in tut‘e 


le provincie austriache ed ungheresi. Prima del 1348, allorchè gli Ebrei op- 
pressi erano per la forza dei costumi e delle leggi, essi crescevan di nume- 
ro; adesso le famiglie loro, ricchissime di prole, e protette contro il malcostu- 
me da una morale severa, anmeutano più velocemente ancora, e diventano 
gradatamente i padroni del paese. 

<« Quasi la metà degli Ebrei austriaci abitano la Galizia e la Bukovina; or 
siccome la maggior parte dei correligionarii loro di Polonia e di Russia si 
trovano precisamente ammassati nei distretti limitrofi, questa regione centrale 
dell'Europa può essere veramente considerata, assai più della Palestina, e di 
qualsiasi contrada del mondo, come il paese ebreo per eccellenza. È il centro 
della tela dal quale il ragno tende la rete fine sovra tutto il continente. 

« Si comprende facilmente che queste multitudini d’Israeliti, senza patria 
senza legame diretto col suolo e con le popolazioni indigene, d’altronde di- 
sposte sempre a professar l'opinione che giova, cioè quella dei padroni poli- 
tici, sono una grande causa di debolezza per il partito dell’autonomia polacca 
e rutena... Anche colà dove sono relativamente poco numerosi, essi riesco- 
no a monopolizzare tutto il movimento degli scambii, più per lo spirito loro 
di solidarietà che per la finezza e intelligenza degli affari » (1) 

Questo quadro, che ci presenta l'illustre geografo francese, ci pare monco 
di qualche particolare. In duemila anni gli Ebrei hauno acquistato qualità che 


non sono ordinarie negli altri popoli: operosità, spinta talora all’eccesso; se- 


(1) Reclus, L. c., vol. III, pag. 400. 


124 LE CONDIZIONI ECON_MICHE DELLA POLONIA 


conomia; perseveranza; e spesso studii ostinati. Certamente poi non li rende 
ripugnanti il pensiero ch’essi costituiscono un popolo disperso, di frequente 
perseguitato, che attraverso i secoli conserva Ja sua unità e gl’ideali suoi. 

D'altronde l’azione antica degli Ebrei in Poloria fu benefica e voluta. 

Il Reclus poi non penetra nei motivi profondi che rendono impossibile la 
fusione degli Ebrei coi Polacchi. La razza cosmopolita, come Emilio Morpurgo 
chiamò elegantemente i figli di Giacobbe, (1) è Monoteista, nel senso di non 
ammettere che nua sola persona divina; i Cr/sfiani son quasi tutti Trinitarii” 


il che per gli Ebrei costituisce bassa idolatria; i Cristiani tengono gli 


Ebrei per Deicidi. (2) Gli nui professano una religione per la quale tutti gli no-- 


mini sono fratelli; gli altri si ritengono Popolo eletto, aspettano il Messia che 
li faccia dominatori dei popoli tutti, che ‘frattanto si possono accortamente 
sfruttare, sicchè scambiano la missione temporanea con la diffinitiva, chiu- 


dendo gli occhi ai veri insegnamenti della Bibbia, che a questa missione  fi- 


(1) Za statistica e le scienze sociali, pag. 221. Firenze, successori Le Monnier, 1872. 
(2) O per lo meno giustamente puniti per il delitto cominesso dai padri loro, secondo la 


di costoro volontà. In vero leggesi in Matteo (XXVII), 24 e 25: Videns autem Pilatus qui” 


nihil proficeret, sed magis tumultus fieret, accepta aqua, lavit manum coram populo, dicens: In- 
nocens ego sum a sanguine justi huius: vos videretis. Et respondens muniversas populus, dixit: 
Sanguis ejus super nos, et super filios nostros. 

Manzoni, nell’inno Za passivne, cantò: 


Disse lddio: Quel chiedete sarà. 

E quel Sangue da’ padri imprecato 

Sulla misera prole ancor cade, 
Che, mutata d’etade in etade, 
Scosso ancor dal suo capo non l’ha. 


Quando cesserà il tremendo castigo? Sentiamo lo stesso poeta cristiano mitissimo 


O prole d’Israello, o nell’estreino Deh! alfin nosco invocate il suo gran nome,.. 
Caduta, o da sì lunga ira contrita, Salve, dicendo, o degli afflitti scampo; 
Non è Costei che in onor tanto avemo Inclita come il sol, terribil come 
Da vostra gente uscita? Oste schierata in campo. 
Non è Davidde il ceppo suo? con Lei (Il nome di Maria). 


Era il pensier de’ vostri antiqui Vati, 
Quando annunziaro i verginal trofei 
Sovra l’inferno alzati. i 


P. MERENDA 125 


nale accenna chiarissimamente. Da ciò il disprezzo reciproco tra Ebrei e 
Cristiani, che talvolta si traduce in odio. I più intelligeuti fanno naturalmen- 
te eccezione: se Ebrei, possono essare filantropi o tolleranti; se Cristiani, in- 
terpretare megliola dottrina del Divino Masstro: ma le cose, nell'insieme, stanno 
così, e non è probabile che mutino. 

In Galizia, dice il Bionaimé, la maggior parte degli Ebrei parla polacco; 
ma ciò non toglie che la situazione economica nascente dalla concorrenza loro 
sia tanto difficile quant’'ella è nella Polonia russa. Il governo di Vienna, 
inflnenzato dai banchieri israeliti, non è stato giammai severo verso gli Ebrei 
come il goveruo russo; sovente anche, sotto Metternich e gl'imitatori snoi, gli 
Ebrei di Galizia furono ausiliari dell'amministrazione austriaca contro gli ele- 
menti slavi della provincia. Il taglio delle foreste, il cavamento dei petrolii, 
l’acquisto delle grandi tenute furon permessi, e adesso il 20 °/, della proprietà 
tavolare (grande proprietà in Galizia) appartiene a ricchi Ebrei. 

Nelle città di Leopoli edi Cracovia, ragguardoveli Israeliti assai conferiscono 
alla politica ed all’amministrazione; (1) molti, d’ altronde, mottono innanzi 
l'interesse generale all’ivteresse di casta e di razza. (2) Ma in Galizia l'immensa 
maggioranza degli Ebrei—spesso poverissima—educata nella X/24ery (scnole 


rabbiniche ebree assai particolariste) chiasa alle idee ed ai costumi enropei, 


(1) A nome degli Ebrei di Cracovia, il 9 agosto 1914, venne pubblicato un proclama, 
che si legge a pag. 655 del D’Acandia. In esso troviamo « La Polonia entra in lotta con lo 
tzarismo, per rompere le sue catene e ottenere, lottando, una sorte migliore, ua più felice av- 
venire... In questo momento storico, noi Ebrei della terra polacca, con inalterabile fedeltà 
civica verso lo stato costituzionale austriaco, rendiamo omaggio agl’imprescrittibili diritti ed 
ideali polacchi... Tuiti, a qualsiasi partito apparteniamo, siamo pronti ai sacrificii che il mo- 
mento attnale da noi esige!» 

(2) Però sono eccezioni, per quanto lodevoli, ed i Polacchi, in tutta Polonia, nov hanno a 
lodarsi degli Ebrei, anche d’alto bordo. l 

La provincia di Galizia, la città di Leopoli tentarono di contrarre dei prestiti in Francia, 
naturalmente per îrovare condizioni non usuraie; questi mutui eran così giustificati quanto 
quelli fattì ad una ignota provincia del Brasile o ad una qualsiasi città della Russia; non- 


dimeno le pratiche non riuscirono. 

Del pari, nel 1909 (l’anno posteriore alla nuova legge di colonizzazione, emanata per la 
Polonia prussiana) i commercianti polacchi del reame e della Galizia, narra sempre l’autore 
nostro, volevano boicottare i prodotti tedeschi: inviarono perciò delegati a Parigi ed a Londra, 
per maggiormente stringere i rapporti economici con la Francia e l’Inghilterra.Questo ten- 
tativo fallì come quelli dei prostiti. Anche stavolta i grandi banchieri viennesi, quasi tutti 


Ebrei, s'eran mostrati ostili. 


126 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


dai quali la si allontana, annullata in pratiche religiose arcaiche, sopra le 
quali essa si mostra intollerante, costituisce un elemento isolato ed ostile nella 
provincia. 

Là dove i Polacchi sono i più forti,i più civili,i più ricchi, gli Ebrei so 
no in apparenza alleati loro; i Ruteni diventano allora per essi il campo dello 
sfruttamento. Si è notato, in effetto, che nella Galizia dell'ovest, puramente 
polacca, la proporzione degli Ebrei è caduta al 7 ®,,, mentre essa sorpassa il 
15 °/, nella Galizia rutena. 

Le cooperative, le intraprese polacche, sempre più numerose grazie a- 
gl’incoraggiamenti della Dieta, han provocato concorrenza tale agli Ebrei, che 
molti fra loro hanno abbandonato il paese polacco. 

I preti in diversi luoghi (ad Albigow specialmente) sono alla testa delle 
intraprese economiche polacche. Checchè ne sia, la rivalità economica con l’e- 
lemento ebreo resta per i Polacchi una causa di vivissima emulazione e di pre- 


LTeSso. 
$4— La Polonia russa 


Da ultimo il Bienaimé6 si occupa della Polonia russa, ch'egli chiama cex- 
tro e cuore della nazione. 

Essa confina: a nord e ad ovest con la Polonia prussiana, ad est con la 
Russia, a sud con la Galizia. Ha una superficie di 127.000 chilometri quadrati 
ed è popolata da 12 milioni e mezzo d’abitanti (100 per Kmg.). Circa tre 
quarti di essi sono Polacchi (9.350.000); 15 °/, Ebrei (1.900.000) ; 5 °/, Tedeschi, 
3°/ Lituani; 4°/ Ruteni e Russi. 

Salvo che nel governo di Suwalki, del quale lafwetà settentrionale è lituana, 
ell’è fortemente dominata dall’elemento polacco, il quale qui è più bellicoso 
che nelle altre parti della smembrata nazione, Gli Ebrei son numerosi nelle 
citià, dove il numero loro talvolta elevasi a 40, 50 e persino a 60°/, della 


popolazione. 


P. MERWNDA TY7o 


Varsavia è la capitale di questa parte della Polonia, men're dal 1609 fino 


alla completa rapina e alla terza divisiene dellapreda, il fu di tutto il Regno 


(1795). Era residenza dei Re, luogo dell’elezione loro (1) e della convocazione 


delle Diete. Bella d’edifizi, fra i quali il Arasimki, palazzo della reale repub- 
blica, ha una popolazione di 900 mila abitanti, dei quali 270.000 (il 36 °/) 
sono Ebrei. 

È dominata dai cannoni della fortezza di Alessandro. Il 4 ottobre 179f 
Taddeo Kosciuszko fu sconfitto a Maciejowice; (2) l'anno dopo si procedette 
alla terza divisione di ciò che restava della Polonia, e la Russia fu appagata 
nei suoi desiderî delittuosi. 

Col trattato di Tilsit, del 7 luglio 1807, fra Ini ed Alessandro I, Napo- 
leone aveva ridotto il regno di Prussia pressochè qual era il 1° gennaio 1792, 
e delle provincie che a quel tempo facevano parte del regno antico di Polonia, 
e che in diverse volte passarono sotto la dominazione prussiana, aveva formato 
il ducato di Varsavia, dando]o al re di Sassonia. Nel 1812, quando fece la 
famosa sfortunata campagna di Russia, per mezzo della Polonia s’aperse il 
varco fino alla frontiera russa; e dalla nazione polacca, che in lui sperava, 
ebbe prodi soldati; ma deluse le aspettative, e non ricostituù il Regno, per 
non recar nocumento al suocero. (5) 


Pel trattato di Vienna, 9 giugno 1815, parte del ducato fu riunita all’Im- 


(1) La elezione si faceva fuori della città, nel Xo/o, campo rilevato da ogni parte, coper- 
to di un tetto, e sostenuto da colonne, a guisa di padiglione. 
(2) V. pag. 42 in nota. Varsavia dopo la disfatta del generalissimo, non si arrese subito, e- 
Suwarow dovette prenderns d’assalto Parga, sobborgo ch'è unito alla città per un ponte. 
Di 26.000 Polacchi combattenti, perirono 12.000, e 10.000 furono presi; gli altri si ritirarono» 
di là dal fiume, ma, passandolo, 2000 aunegarono. i i 
(3) Tutti sanno che Bouaparte, non avendo avuto figli da Giuseppina Beanharnais, e vo- 
lendo acquistare rango fra le corti d'Europa, divorziò, nel 1810, e prese in moglie Maria 
Luigia, figlia di Francesco I, imperatore d’Austria, la quale finì duchessa di Parma e Piaceu- 
za, dopo la caduta del marito. 
Il Giusti non risparmiò 
Lei che l’esilio consolò del Corso 
D’Austriache corna. 
(L’incoronazione). 
Va detto che la duchessa non fu esosa ai sudditi, i quali la piansero dopo morta. 


128 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


pero moscovita, (1) e lo Czar Alessandro I assunse il titolo di re di 
Polonia (2). Così n'è venuto che la Polonia russa è dagli scrittori russi chiamata il 
Regno del congresso di Vienna, e generalmente appellasi Regno di Poloniarotondo 
Polonia propria, in senso stretto, per quanto forzato. 

In conformità alle prescrizioni del detto art. 1 del trattato, lo Czar dotò 
il regno d’una costituzione; ma essa subì diminuzione e restrizione progressiva; 
onde, regnando Nicolò I, la rivoluzione del 1330-31, (3) nella qualei più illustri 
e generosi Polacchi finirono in battaglia o sul palco o deportati iv Siberia; molti 
e anche di gran fama, i profughi. Alla costituzione del 1815 fu sostituito un 
vano sfaluto organico (14 febbraio 1832); i beni confiscati ai patriotti, eretti 
in maggiorasco e concessi ai Russi, ereditari se il beneficiato di religione orto- 
dossa; obbligatorio il russo nello scuole; chi nol sapesse bene, escluso dall’Univer- 
sità e dagl’impieghi; oppresso il clero cattolico, colmo di favori l’ortodosso, molti 
cattolici costretti ad abbracciare l’Ortodossia. 

Sacceduto, nel 1855, Alessandro II, le cose non mutarono. Nel 1861 cominciò 


un movimento pacifico: indirizzi allo Czar, anche da Posen; dimostrazioni 


(1) Art. 1. Le duché de Varsovie, à l’exception des provinces et districts dont il a eté 
autremeut disposé dans les articles suivants, est réuni a l’'empire de Russie. Il sera liè ir- 
révocablement par sa Constitution, pour ètre possédé par S. M. lempereur de toutes les 
Russies, ses héritieres et ses successeurs, à perpétuité. S. M. I. se réserve de donnerà cet Htat, 
juissant d'une administration distincte, extension intérienre quelle jugera couvenable. Elle 
prendra avec ses autres titres celui de ezar, roi de Pologne, conformement au protocol usité 
et consacré pour les autres titres attaches a ses autres possessions. 

« Les Polorais, sujets respeetifs de la Russie, de VAutriche et de la Prusse, obfiendront 
une représentation et des institutions nationales, réglées d’après le. mode d’existence politique 
que chacun des gouvernements, auxquels ils appartieunen:, jugera utile et convenable de lenr 
accorder. 

(2) L'art. 3 costituiva il granducato di Posen; il 5 assegnava all’ A ustria certi distretti ch'erazo 
stati distaccati dalla Galizia orientale, in virtà del trattatto di Vienna del 14 ottobre 1809. 

(3) V'ha chi accusa la mala volontà della Russia, chi la scarsa maturità politica dei 
Polacchi. Se fosse lecito un paragone volgare, diremmo che della. costituzione avvenne quel 
che suole avvenire quando dne dormono coperti da wn lenzuolo stretto: ciascuno lo tira dal 
suo lato, e, se manca la discrezione, e oguuuo monta in collera, il lenzuolo finisce lacerandosi, 
eidue veugono alle mani. Similmente lo Czar voleva far servire la costituzione per l’assorbimen- 
to dei Polacchi, i quali dal canto loro volevaa giovarsene per l’indipendenza; di qui la fine 
della costituzione, e la lotta. 

Nessuno seppe consigliare ad Alessandro I l’unione personale, che forse: era buon rime- 
dio, conforme d’altroude a quanto fu stabilito nel trattato di Vieuna. 


P., MERENDA 129 


‘religiose. Si mandò, l’8 giugno 1862, sperando di quietarli, ilgranduca Costantino, 
assai ben visto, come governatore, coadiuvato dal polacco marchese di Wielopolski, 
qual Presidente dell’amministrazione civile, inaugurando un più mite regime. 
Ma era poco e tardi: non si voleva carezze e miglioramenti, ma l’indipen- 
denza (1). Obligati, nel 1863, i Polacchi alla coscrizione, e portati via a forza i gio- 
vani più notevoli, l’insurrezione scoppiò. Il Governo nazionale provvisorio of- 
ferse la dittatura a Mariano Langiewicz, che aveva fatto con Garibaldi, nel 
1860, la campagna dell’Italia meridionale. Però la rivoluzione è una cosa, il 
combattere in campo contro un esercito organizzato è un’altra cosa, anche 
non tenendo conto delle forze rispettive, e quelle russe erano strabocchevoli. 
I Polacchi, non ostante il solito valore, fur vinti pure questa volta. (2) La 
repressione giunse alla ferocia: i soli deportati ascesero a 27.500. 

La rivoluzione era stata fatta principalmente dai nobili, dal clero, dal 
democratici delle città: ai nobili furono tolte le terre; ogni polacco cattolico 
escluso dai pubblici impieghi; proibito ai Polacchi di acquistare terreni, anche 
nelle provincie russe, ma soggette un dì al Regno antico di Polonia; tolte le 
scuole al clero cattolico, e sottoposte all’ortodosso. Varsavia perdette il titolo 
di capitale, nulla rimase delle patrie istituzioni; finalmente, nel 1870, il bilancio 
polacco e l’amministrazione del Governo generale di Varsavia furono incorpo- 
rati nella finanza e nell’amministrazione russa. 

Quale nazione non sarebbe stata annientata da nn regime come questo? 


Ma la Polonia no: essa, cui veramente toccherebbe il litotolo di Terra der 


morti, rimase lì, e sempre quella! 


A) AMMINISTRAZIONE 


E lo stato attnale qual è esso mai ? 


I Polacchi sopportano mali politici ed amministrativi. Specialmente sof- 


(1) Si può supporre che i Polacchi avrebbero accettato recno separato, con la semplice u- 
nione personale. Ma la Russia, al solito, non ci pensò! 

(2) Crediamo che potè nuocer loro appunto che sin li non avevano avuto coscrizione, 
sicchè fra essi non c'erano molti uomini educati agli ordinamenti militari ed alla militar 
disciplina, Questa fu anche la principale causa per la quale, nel 1849, noi Siciliani, dopo 
una rivoluzione vittoriosa, restammo in campo aperto soccombenti di fronte alle armi bor- 


boniche guidate da Satriano. 


150 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


frono perla politica, spesso i retta, del Governo. (1) Amministrativamento parlando. 
la Russia è inferiore, i: casa propria, alla Germania e all'Austria. Che dire 
in casa altrui? 

Nessun progresso, che sappiamo, indotto dai Russi; nessun esempio d’or- 
ganizzazione. Come la Germania vuole intedescare, così la Russia vnol inesi 
fioare, combattendo nella scnola contro la lingua polacca; perseguitando, ora 
brutalmente, or di soppiatto e per vie indirette, il clero polacco, ad esaltazione 
del Panslavismo (2) e della Chiesa ortodossa. i 

Nello stesso tempo la Polonia è bnona preda, che si cerca di sfruttare 
quanto più è possibile. Questi metodi rinfocolano l’odio, sicchè l’aria che si. 
respira è tale che i Russi non desiderano di vivere nei dieci governi fra i 
quali è diviso l’ex-ducato. i 

La Vistola, il Bug, il Narew sono spesso interrotti da banchi di sabbia. 
Non ostante l’enormità del letto sno, la Vistola assicura malissimo il servi- 
zio dei battelli che solcano le acque tra Varsavia e Plock. 


Se è vero che le strade ferrate son più numerose qui anzichè nelle al- 


tre parti della Russia, è vero altresì che esse sono insufficientissime. I 3500- 


chilometri di ferrovia, in nu territorio vasto quanto la quarta parte della 
Francia, rappresentano una quantità quattro volte minore (3). In rapporto al- 


la sua popolazione, il regno ha appena chilometri 2,76, di strade ferrate per 


10000 abitanti, la Francia n°ha 12 chilometri, l’Italia 5,06, il resto dell’impero- 


russo chilom. 3,96. 1 : 
- Non ostante, continua l’autore, la sua situazione strategica eccezionale 


fra l’Austria e la Prussia, quantunque la sna popolazione sia densissima, 


(1) Basta dire che Varsavia, con 800 mila abitanti, ha un solo deputato alla Duma; il 
secondo deputato della città deve essere eletto dai soli Russi. 

(2) Oh se la nazione russa provvedesse al sno sviluppo interno, e si attenesse soltanto a 
compiere le due missioni affidatele dalla Provvidenza: la liberazione dei Cristiani d'Oriente 
dal giogo turco, e l’incivilimento dell’Asia barbara! 

(3) Ciò s'ha da intendere nel senso che, per pareggiare quelle esistenti mella quarta parte: 


della Francia, le ferroviedella Polonia dovrebbero avere unosviluppo di chilom. 3300X4=13200# 


Nell’effermativa, la lunghezza delle strade ferrate francesi dovrebb’essere di chil. 52800, lun 


ghezza che, se nonandiamo errati, porterebbe il repporto a 14 chilometri per 10000 abitanti.. 


L'Italia ha 18,039 chilometri di sviluppo ferroviario. 


P. MERENDA 1531 


pur essendo sviluppatissima l’industria sua, la Polonia russa è assai scarsa- 
mente provvista di ferrovie. 

Si aggiunga che le linee sono di due tipi diversi: il tipo europeo, con 
via della medesima larghezza di quella d’Alemagna e di Francia, ed il tipo 
russo con l’intervallo fra i binarii più largo di 9 centimetri, la qual cosa. ob- 
bliga a costosi trasbordi. (1) 

La più parte di queste linee sono ad unico binario, (2) con rotaie de- 
boli e fiacche locomotive, che non consentono una velocità maggiore di 36 
chilometri all’ora per viaggiatori e di 22 per le merci. (3) 

Quant'è alle vie selciate (routes empierrées ou ferrées) sono esse più numerose 
nella vecchia Polonia, anzichè nell’Impero russo. Tanto come in Russia, vedon- 
si queste strade, or polverose, or fangose, sicchè rappresentano una serie di 
solchi. I municipii, che non possiedono antonomia veruna, sono impossibilitati ad 
assicurare strade vicinali dicevoli, e la recente legge sopra l’amministrazione 
dei comuni, così ristretta, così meschina, così vessatoria pei Polacchi, non promette 
punto felici risultati dall’aspetto economico. 

Il regno possiede appena 8400 chilometri di strade selciate: esse son'para- 
gonabili, non già alle strade vicinali francesi di grande comunicazione (delle quali 
la Francia possiede circa 200.000 chilom.), sibbene alle vie vicinali ordinarie. (4) 

(1) Il governo russo, nota l’autore, ha riscattato, nel 1911, la linea Varsavia-Vieuna, che 
apparteneva ad. una società polacca. La maggior parte degl'impiegati polacchi, fino ai semplici fac- 
chini delle stazioni, sono stati rimpiazzati da Russi. Le altre linee polacche a scartamento europeo 
(come la Varsavia-Thorn) saranno anch’esse riscattate tra non guari, e poste a scartamento 
russo (del quale giova dire ch'è più comodo di quello enropeo). 

(2) Ma così sono anche le nostre italiane. 

(3) I treni rapidi Mosca-Pietroburgo, scrive il Bienaimé, percorrono 604 verste in 10 ore: 
poichè, diciamo noi, una versata è m. 1067,13, verste 604 fanno m. 644546,52, cioò chil. 644; 
onde una velocità di 64 chilometri. Gli espressi, su qualche grande. linea, fanno 50 chilom. 
all’ora. Le pendenze, spesso forti, sono impedimento alle grandi velocità. Le linee seguono 
gli accidenti del terreno; per economia, s'indietreggiò dinanzi alle trincee, alle ghiaiate e alle 
curve, capaci a diminnir le pendenze. 

(4) Occorre dire che, per quel che ci è noto, l’Italia non ha strade di questo genere; 
poichè le sne strade a ruota sono sopra fondo di brecciame, con coperture direnaccio ovvero 
di tritume di pietra tufacea (s/errz in dialetto siciliano): è il sistema inglese alla Mac-Adam, 
oggi, nel paese originario, iu via di trasformazione a catrame, per esser adatto alla traziona 
automobilistica, divenuta comune iu Inghilterra. L'Italia possiede Kw. 5527 di tramvie a 
trazione meccanica, e 148,380 Km. di strade carreggiabili, secondo l’Anzuario statistico del 1914 


Inrapporto alla popolazione, la Polonia ha km. 7 di strade ordinarie per 10009 ab.; l’Italia 42, 
non computando le tramvie, 


TERI td arco nt PIET da ra 


132 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Ma, a dispetto di queste comunicazioni difficili, l’industria s’è conside- 
revolmente svolta in Polonia. Dove in Francia basterebbe nun cavallo, i Polac- 
chi ne mettono tre, e passano... 

Qui lo scrittore fa nna considerazione, che forse spiega talune delle fasi 
per le quali è passata la guerra anstro-tedesca e russa. «Dal punto di ve-. 
duta strategico, egli dice, conviene di ricordare che le ferrovie della Polonia 
e della Litnania sarebbero formidabilmevte caricate in tempo di guerra; si può 
dubitare ch’esse bastino al còmpito loro, in Lituania sopra tutto, dov’esse sono 
più rare che in Polonia. » (1) 

« D'altro canto la Polonia continua ad avere strettissimi rapporti conla Ga- 
lizia. Nemmeno una sola via ferrata passa la frontiera per Granica e Rad- 
ziwlcow, sopra una Inoghezza di 400 chilometri.» 

Adesso possiamo tornar di nuovo sopra quanto srisse lo Chevalier, e che 
abbiamo trascrito a pag. 6. Per lui la Polonia era sprovvista di strade. Ammet- 
tendo ch'egli riferivasi a prima del 1851, ne viene la consegnenza che le 
tre Potenze rapaci lasciarono quel paese in siffatto stato fino a tutta la prima 
metà del XIX secolo: (2) la qual cosa ci sembra assai difficile; e poi si può 
accordareche durante l’amministrazione napoleonica non siasi costruita nemmena 
nnastrada, e che l’esarcito cho fece la campagna di Russia, marciasse verso Mosca 
battendo vie mulattiere? Comunque, mancandoci gli elementi, lasciamo la verità a 
sno posto. 

Iutanto non si può mettre in dubbio lc stato attuale descritto del Bienaimé$;. 
onde qualche cosa l’amministcazione russa, per lo meno dono il 1851, ha fatto 
per le ferrovie e le strade ordinarie del regno del 18/5: poco certamente, ma 
questo poco c'è. Non ricordiamo più a chi si deve questa grande verità: per - 
quanto un governo sia detestabile, esso non arresta mat del tutto la vita: incerto 


modo la vita si svolge lui: nonos'a ite, e contro d’esso, anche per opera sua. 


(1) Può darsi che le sconfitte toccate ai Russi nella prima parte della campagna derivino 
principalmente dalla scarsità e dal cattivo stato delle linee ferroviarie. Sarebbe curioso che 
un Francese abbia preveduto quanto l’amministrazione russa non seppe! 

(2) Non si cimentichi che in molti paesi europei, più fortunati della Polonia, le strade 
rotabili o non c'erano punto o ebbero lo sviluppo loro uei primi anni dell’ultimo trascorso secolo. 


P. MERENDA 133 


Tali e quali son esse, le ferrovie rendono tuitavia, osserva l’autore. servigi 
graudissimi; ma i frequenti e prolungati scioperi, anche ferroviarii, avvenuti 
dal 1904 al 1206, produssero danno grave all'industria della Polonia; allora 
le industrie di Mosca e di di Donetz presero il sopravvento sopra quelle di 
Polonia, dove gli operai scioperavano troppo spesso, e così, senza saperlo e 
senza velerlo, nuocevano a sè medesimi. 

D'altronde non è da ora che l’industria russa s’avvantaggia a spese della 
polacca. Un tempo, prima del 1852, una barriera doganale al confine proteg- 
geva l’industria russa; dopo di allora cadde quella barriera, ma ne fu elevata 
un’altra: le tariffe ferroviarie sono state l'occasione ed il mezzo d’incoraggiare l’in- 
dustria russa, mercè forti premii indiretti, dei quali l’industria polacca fa tutte le 
spese. Le tariffe sono così stabilite, che le mercanzie costano molto mon ca- 
le trasportandole da Mosca a Varsavia, anzichè facendole viaggiare da Var- 
savia a Mosca. L’esportazione russa in Polonia è così favorita; al contrario 
. viene scoraggiata quella polacca verso la Russia. Misura arbitraria senza 
dubbio, dice il Bienaimé, e d’un protezionismo più che brutale; però misnra 
efficace come in appresso sarà dimostrato. 

Noi ammiriamo l'espediente ingegnoso, per quanto subdolo; uò ammiriamo 
meno la disinvoltura per la quale la Polonia, se conviene, fa parte dell’Impero 
russo; se non fa comodo, non ne fa parte. 

Gl’industriali di Donetz son così favoriti dalle tariffe ferroviarie, ed è 
tale la concorrenza loro, che molti Polacchi sono andati a stabilire succursali 
della loro ditta a Ekatorinoslav. (1) 

Son favoriti eziandio gl’industriali tedeschi, come si vecrà più. innanzi, 
quando parleremo del commercio. 

Le tariffe doganali russe colpiscono le materie prime in misura eccessiva, 
a danno dell'industria polacca ed ancha della russa. 

Le materie prime necessarie agli stabilimenti industriali dove si conciano 
le pelli sono difficilmente introdotte in Polonia, a cansa dei gravosi diritti 


di dogana. Così viene aintato lo svolgimento dell’industria polacca! 


(1) La cosa non riesce chiara. Vorrà forse dire che hanno impiantato colà una fabbrica: 
della stessa ditta, onde questa avrebbe due opifici dello stesso prodotto, uno in Polonia, 
per lo smercio locale, ed uno inv Russia per sostenervi la concorreuza? 


= 134 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


L’abbondanza del legname in Russia permetterebbe di far della carta a 


buon patto; ma le cartiere tedesche dominano il mercato, a causa del dazio 


ti 


lieve che pesa sui prodotti loro. 

In queste condizioni, la posizione angustiata dalle esportazioni polacche 
in Russia non è dubbia. Queste dipendono dalle tariffe doganali, e da quelle 
ferroviarie che piacerà algoverno di Pietroburgo d’imporre alle spedizioni della 
Polonia (1) 

Nel 1915, soggiunge il nostro, avrà sna scadenza il trattato di commercio 
russo-tedesco, conchiaso nel 1904, che fu così vantaggioso per ia Germania; 
forse la Russia provvederà a favorir l'esportazione della sue provincie polacche, 
così in/eressanti per l'impero, non soltanto per la situazione loro sopra una 
frontiera nella quale non converrebbe che la Russia scontentasse le popolazioni, 
ma ancora perchè la Polonia russa è la piùsviluppata delle regioni dell'impero, 
la più progrediente e la più civile (se ne togli la Finlandia). 

In nessuna provincia la pressione tributaria è forte così come in Polonia. 
Nel 1910, la contribuzione media per testa ascendeva a 12 rubli 16 nella 
Polonia, contro 5 r. 80 nel resto dell’impero. Nel 1911 queste medie s’elevarono 
rispettivamente a 12 r. 81 e a 6 r. 08. 

Le imposte fondiarie sono più pesanti in Polonia che in Russia, e 
sono più svariate (2). 

Calcolasi a 610 milioni quanto pagò, per imposte, la Polonia nel 1911, 
meutre nel 1905 questa somma non superava i 330 milioni. L’anmento è stato 
per la Polonia dell’86 °/,, mentre nel resto dell'impero ascese appena al 45 °/,. 

Le spese dello Stato dedicate alla Polonia crebbero del 17 °/,, dal 1905 al 


1911, passando da 270 a 320 milioni; nel resto dell'impero crebbero del 33 °/, 


(1) Si altribuisce alla Russia l’idea di ristabilire Ja barriera doganale fra la Polonia (dimi- 
nuita del governo di Chelm) e la Russia. È una minaccia che facevan suonare i nazionalisti 
russi pel caso in cui l’antonomia comunale polacca avesse sorpassato i limiti strettissimi ch’essi 
volevano consentire (Bienaimé.) 

Il governo di Chelm fu arbitrariamente, in quest'ultimi tempi, avulso dalla Polonia russa, 

(2) Tutti i tributi son più forti in Polonia: così, pei passaporti, i sudditi russi che vo- 
gliono soggiornare o viaggiare all’estero, son debitori di 30 rubli per anno al governo loro, 
i Polacchi pagano 40 rubli. Dopo qualche anno di soggiorno a Parigi, uno studente che 
sia povero può rientrare nella patria sua soltanto... frodando il fisco (Bienaimé). 


P. MERENDA 155 


La differenza fra le entrate del tesoro russo. in Polonia e le sne spese, 
costituisce / profitti realizzati dai dominatori|nello sfrnttamento fiscale di questa 
provincia (1). 

Si calcola così che 800 milioni, dal 1905 al 1911, sono usciti dalla 
provincia, e più non vi son tornati. Han giovato alle provincie puramente russe 


del centro e dell’est. Nel solo 1911 i profi‘# del tesoro furono di 270 milioni. (2) 


(1) Non siamo d’accordo col Bienaimé. Qui non si parla più Gi proporzionalità, sibbene di 
differenza; or le spese generali, o comuni che vogliani dire, non costiiniscono per sè uno 
sfruttamento: se la Polonia facesse parte d'uno Stato federale. avrebbe diritto che si spe ndesse 
per lei in ragione di quanto contribuisce, non tutto quanto paga. 

Forse tra noi e l'autore non c'é diversità sostanziale, ma di espressione, sicchè lo sfrut- 
tamento del Regno polacco dal 1915 non è men vero, Leggiamo infatti nell'opera di Giorgio 
D’Ac:ndia “ Nel 1906 furono prelevati dal regno di Polonia 135 milioni d’imposte: di questi 
40 furono destinati al tesoro imperiale russo, 48 a colmare le spese per l’ese:cito e per il 
debito pubblico, 47 furono conservati per l’ordinaria amministrazione del regno, compresa 
naturalmente la polizia e la geudarmeria. 

Pag. XVIII dell’Introduzione. 

Notiamo che il Bienaimé dà come prodotto delle imposte nella Polonia russa 270 milioni 
nel 1905; il D’Acandia pel 1906, parla di 155 milioni. Il conto non torna nemmeno suppo- 
nendo che il'primo calcoli a franchi, il secondo a rubli, sapendo che un rublo è uguale a L. 4. 

(2) “ L’onere tributario medio per ogni abitante era nel 1911. 

Per le imposte dirette: 

Nel regno di Polonia RENO ee 
NellagRUssiR cop RR ORA GR 
NATE Perno MISSO I 0, eo gi e 0 

Per le imposte indirette: 

7 NelireGnodiRRolo ni MR SE AI 2:80) 
Nella Russia Europea... 0.0. +: 3» » 14,40 
Nell’Impero russo . . . 0 ee 9:00 

Per entrate dei deri demaniali e delle az li CdA per abitante: 
Neliresno dPR Re 13150) 
Nella:R'ussia Europea... ee 39,00 
Nell'Impero russo . . . c «x » 46,90 

«La differenza nella media delle entrate csi fra ilogao di Polonia e l'Impero è dovuta, 
non solo al maggiore sviluppo in Polonia dell’industria, del commercio e della vita urbana, 
ai sistemi agricoli più progrediti, ecc., ma anche al maggiore tasso‘ dei tributi. Ciò appare, 
specialmente nella imposta fondiaria, che nel regno di Polonia (1908) raggiunge le L. 1,90 per 
ogni abitante, mentre nella Russia Europea è soltanto di L. 0,29, e nell’Impe:o di L. 0,60. 

« L’imposta sui fabbricati urbani raggiuvge nel regno di Polonia la quota del 10 °/, del 
reddito netto, nell’[mpero arriva soltanto al 6 °/,. 
<« « Distinguendo laspese erariali produttive, vale a dire quelle che hanno per iscopo l'aumento 
immediato delle risorse del paese in cui si effettuano da quelle che non hanno questo carattere, 
e ascrivendo alle prime le spese dei Ministeri della Pubblica Istruzione, delle Comunicazioni, 
del Commercio e dell'Industria, dell’ufficio centrale d’Agricoltura, si ottiene per queste spese 
il 4,7 °|, delle spese dell’Impero nel suo complesso, rapporto più basco di quello della popola- 


136 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


essendo la ripartizione dei crediti fatta, con uno spirito ostile alla Polonia, 
da una Duma nazionalista. (1) 

Si loda l’amministrazione russa di avere, uel 1864, provveduto alla cessa- 
zione della servitù della gleba; il quale argomento silega all’altro, cioè che la ri- 
voluzione polacca del 1863 giunse in mal puuto, essendo scoppiata mentre lo 
Ozar Alessandro II procedeva a quella grand’opera nell'Impero. 

Rifacciamoci alquanto indietro. Dopo il primo smembramento, la Polonia 
provvide a riordinarsi, e il 3 maggio 1791, re Stanislao Augusto Poniatowski, 
unitameute agli Stati Confederati, emanò la nuova costituzione. Con essa e- 
rano soppressi i principali difetti della precedente: il trono diveniva eredita- 
rio, era abolito il berum veto. s'istituivala divisione dei poteri. Quant'è alla servi- 
tuùdella gleba, essa era abolita implicitamente, essendo stabilita la libertà di do- 
micilio, e le convenzioni particolari tra coloni (servi) e proprietari (2). Da 
questo lato certamente il sistema richiedeva uno svilnppo legislativo, porta- 
to fino alle ultime consegnenze: era però l’inizio. 

Caterina, sbuffando all’andacia che la nazione polacca provvedesse al pro- 
prio ARIANO e si rafforzasse, minacciò, suscitò fazioni, insieme alla Prussia 
invase, mandò tutto in rovina; e, unitamente a Federico Il :/ Grande, pro- 
cedette ad una nnova ripartizione (1793). I Polacchi si ribellano; Ko- 


 sciuszko li comanda. Egli, fra le stringenti necessità della guerra, pensa ai 


zione come di quello tra il totale delle spese crariali in Polonia e nell'Impero. Infatti per 
ciascun abitante si hanno di spese produttive: 

Porre nodBRha fi Ree e0 

Perillo Russia RE nto pe e LOTO 

« Dall’Annuario Statistico della Polonia russa, diretto dall’on. Ladislao Grabski. » 

D’Acandia, L. e., Introduzione, pag. XXIX. 

(1) Noi non abbiamo mai creduto che quando un popolo opprime un altro popolo, anche 
sotto un governo dispotico, ciò dipenda unicamente dalla perversità del capo dello Stato; in- 
vero, se lo stesso paese dominaute diventa repnbblica o governo nisto, le cose non vanno 
meglio: testimoni la Francia, Austria, la Russia. Un’anima candida serisse un dì, parlando delle 
terre italiane aucora soggette all'Austria: “noi aspettiamo da quarantaquattro anni; riconoscia- 
mo la necessità di aspettare ancora da ua atto di giustizia imposto dai popoli, ciò che non 
si pensa più di rivendicare con le armi.,, (4 Bezzecca, nel giornale Za Stampa, 22 luglio 
1910: citato da noi nell’E/ogio di Giuseppe Cesare Abba, letto il 9 marzo 1911 nella Società 
siciliana per la storia patria. Palermo, Boecone del povero, 1912, pag 32. 

Ma i popoli non furouo più giusti del loro Imperatore! 

(2) Questa costituzione è riportata per intero a pag. 41 dell’opera citata di Giorgio D’A- 
candia. 


1 IA 


P. MERENDA 137 


‘servi della gleba, e ne tempera gli obblighi (1). Dunque è chiaro che la na- 
zione polacca da sè avrebbe del tutto abolito la servitù della gleba. Sulla 
via medesima si pose l’amministrazione napoleonica del ducato di Varsavia; 
ma dopo il 1815 la servitù tornò ad essere press’apoco tal quale era stata 
sino al tempo di Stanislao Augusto. Che più? Osserva Bienaimé che il gover- 
no russo s’oppose alla soppressione delle corvate, affinchè i proprietari po- 
lacchi, devoti alla patria, non apparissero autori d’un atto generoso, che a- 
‘vrebbe attirato su di loro la simpatia dei contadini. E quest’attnazione del 
Divide et impera, giovò: in vero nel 1863 i coutadini non ebbero slancio nel- 
l’accorrere sottola bella orifiamuma della patria, della madre che chiamava i suoi fi- 
gli alla riscossa. 

Il 5 marzo 1855, durante la guerra di Crimea, moriva Nicolò, (2) dopo tren- 
t'anni di regno, e gli succedeva Alessandro Il. Egli concepì il nobile disegno 
dell’emancipazione dei servi della gleba russi, (3) i quali, tra maschi e fem- 
mine erano più di 25 milioni, e l'impresa benefica, cominciata nel 1857, doveva 
compiersi nel 1869. Queste grandi trasformazioni non si possono compiere sen- 
za indennizzo; e come l’emancipazione degli schiavi negli Stati Uniti fu cau- 
sa della sciagurata guerra di secessione e dell'assassinio di Abramo Lincoln, del 
pari l'emancipazione dei servi impoverì molti nobili, creò molti che non sape- 
vano come darsi pane: ne nacque il NMrk:sz0; onde il 13 marzo 1881 la 
morte data ad Alessandro dalla setta malvagia. 

Accordiamo volentieri alla vittima la corona del martirio; egli la merita. 
Ma pretendere che i Polacchi sì lasciasero oppriutere in santa paco per non 
mpacciare lo Czar nella sua grande opera, è strano abbastanza. Un intruso 
entra per forza ed inganno in casa altrui, e spadroneggia. S'è inteso mai che 
l’oltraggiato deve attendere a rivendicarsi che l’intruso compia ilbene che in casa 
sna sta facendo ai propri figlinoli? Oh no! l’oltraggiato ha il diritto di cacciarlo via 
quando vuole e quando può, mandando in malora e il padre predatore e la 


sua figlinolanza. 


(1) Ordinanza del generalissimo Taddeo Koscinszko, relativa ai doveri dei contadini verso i pro- 
prietavi ed alla sicurezza del popolo delle campagne e delle proprietà, 7 maggio 1794. V. D'A- 
candia, L. c., pag. 79. 

(2) Nicolò I, succeduto ad Alessandro I (1807-1825) regnò dal 1825 al 1855. 

(3) Circa 65 anni dopo che il disgraziato governo polacco aveva iniziato nel territorio po- 
lacco la medesima impresa, di poi fallita per colpa dei Russi. 


158 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Torniamo all’emancipazione dei servi dalla gleba polacchi. Quando pen- 
sò ad essi la Russia? L'indomani della rivoluziona del 1863, sicchè riuscirono 


evidenti due scopi politici di carattere obliquo, come ben dice il Biènaimé: 


procurar di guadagnare alla Russia le masse polacche; punire i nobili, che. 


sS'eran visti pigliar parte troppo attiva alla rivoluzione. 


Precedette un'inchiesta sulla sitnazione dei contadini polacchi a 1° novem.. 


bre 1863, affidata ad noa commissione composta dai signori Milutin, Samarin, 
Tscerkasski. 


La relazione fa conosere in vero che molti abusi e molte prepotenze 


si commettevano a danno dei contadini: mali vecchi però, che la nazione, li-- 


bera, avrebbe già guariti. Ne vennero i decreti 19 febbraio 1864 sull’ordina- 
mento delle popolazioni rurali iu Polonia (1). 
Il crudo Muravieff reprimeva; Milutine esercitava il Devide et impera. (2). 


Risultamenti: molti nobili perderono sin due terzi del patrimonio loro, al- 


tri caddero in povertà; oltre metà della terra andò in mano dei contadini:. 


beni e mali insomma. Però il calcolo politico della Russia, secondo noi, col 
tempo fallirà nei suoi effetti: per esso s'è di molto allargato il ceto medio, la 
cui scarsità costituiva per la Polonia un elemento di debolezza; il suo aumento: 
invece darà forza alla nazione infelice. 


L’amministrazione imperiale, per intesa che sia alle sue mire di russifi- 


cazione, non ha saputo, non ha voluto, o non ha potuto, anche a costo di provo : 


(1) Vedi la citata opera del D'Acandia. La relazione si trova a pag. 494; i detreti si leg- 
«gono a pag. 536 e seguenti. 
(2) Questo giudizio non è soltanto del Bienaimé e nostro. Scrive il: Marinelli: « Il Gover- 


no russo seguì il processo, suggerito dal Milutine, consono colla idea di russificazione, cioè 


il nuovo espediente di favorire la plebe paesana, completandone l'emancipazione e rendendola 
proprietaria delle terre tolte alla nobiltà... Lia proprietà dei contadini nel 1874 superava quel- 
la posseduta dai nobili. » 

TMC NPA0ANASO! | 

A convincere meglio il lettore, giova trascrivere questo brano del D’Acandia: « Nel 
1864 il governo abolì in Polonia la cosiddetta servilà della gleba dei contadini. Esso sperava 
con questo mezzo di annientare il potere della seRlachta o nobiltà sulla popolazione delle 
campagne. E riuscì certo a trasformarne i rapporti: ma il contadino, diventato libero, co- 


miuciò a pensare... e a pensare da buon polacco, tanto da fare esclamare al capo della gen-- 
darmeria, generale Fullon, che Z'essere più ingrato sotto la luce del sole è il contadino polacco».- 


L. c., Introduzione, pag. XCVIII. 


P. MERENDA 139 


care lo scoppio dell’ira repressa dei Polacchi, colonizzare all’uso tedesco il 
regno del 1815; e ne aveva l’occasione. L'aumento continuo della popolazio-. 
ne rurale russa, il quale si calcola ad 1 milione e ‘[, per anno, e la deficien- 
za di buone terre in Russia, da potersi assegnare ai contadini dopo la emanci- 
pazione dei servi della gleba, indusse il governo a regolare l’emigrazione 
spontanea russa verso la Siberia (1). Per quanto il disegno e i mezzi di co- 
lonizzazione ci paiano inferiori a quelli escogitati dalla Prussia nella parte 
della Polonia che detiene, è giusto lodare di quest'opera l’amministrazione 
russa. Ma era questa per esso una congiuntura per mandare nella Polonia, che 
crede sua, il rigurgito della sua popolazione, almeno in parte: sarebbe stato 
nn metodo eccellente di russificazione; tuttavia se n'è astennta. 

Il D’Acandia accenna a certe leggi del 1878 concernenti le miniere, leg 
gi mediante, le quali il governo, trasformando la piccola industria della Po- 
lonia in grande industria, sperava di creare una classe operaia ligia al suo 
indirizzo. Però di queste leggi nulla ci dice il Biemaimé, nè siano riusciti a tro- 
var notizie altrove; tuttavia tacerne non sarebbe stato giusto: invero que- 
sto fatto economico, se è nei termini .che si dice (e ne dubitiamo) sarebbe, 
intenzioni a parte, titolo di merito non piccolo per l’amministrazione russa. 
Notisi. che l’autore sogginuge che la Russia non riuscì nelle sue mire di bieca 
politica, poichè creò invece dei Socialisti, convinti che da un governo dispo- 
tico non si può attendere alcun miglioramento economico; i quali posero a ba- 


se delloro programma politicola cacciata del dominatore straniero dal paese. (2) 
B) AGRICOLTURA 


Il centro della Polonia russa è un paese di pianura; a nord della Vistol 
(Loza,) Suwalki) è nn paese ondulato e boscoso, tagliato da laghi; al sud 


(Kielce) le colline son numerose, pittoresche. Non ostante lo sviluppo del- 


Ì 


(1) Vedi gli articoli importanti di Jenny Griziotti K-etichmann, nel Giornale degli Econo- 
misti: La colonizzazione della Siberia (giugno 1913); Le condizioni naturali ed economiche 
- della Siberia (marzo 1914); Lia colonizzazione e l’organizzazione agraria in Siberia (giugno 
1914); La condizione economica degli emigranti in Siberia (maggio 1915). 
(2) L. c., Introduzione, pag. XCVIII. 


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MARA DI 


140 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


l'industria a Lodz, Bendzin e Varsavia, V’agricoltura rimane la principale oc- 
cupazione degli abitanti polacchi, ruteni, lituani; i Tedeschi son coloni od in- 
dustriali; gli Ebrei, in conformità alle tradizioni loro, son commercianti, me- 
diatori, artigiani. 

La proprietà nel ffegro è più divisa che non sia in Posnania e. in Galizia: 
62 °[, delle terre appartengono ai contadini. I sindacati e le cooperative a- 
gricole, sull'esempio dalla Posnania, negli ultimi quindici anni han fatto 
progressi meravigliosi. Queste cooperative, costituite in Mederazione, acquista— 
no concimi in comuue, macchine, sementi, animali riproduttori. 

L'ordinamento loro perla vendita è ancora sviluppato poco; si tenta, per 
il frumento, di perfezionarlo, massime a Lublino. Nel seno della : Federa- 


zione, le latterie e le manifatture del burro sono associate e raggruppano 


gran numero di contadini proprietari. I grandi proprietarii son piuttosto riuniti 


nelle Cooperative di acquisto. 

Nel 1860, il famoso marchese Wielopolski (1) fondò la Società centrale 
d'agricoltura. Dopo essa non cessò dallo svilupparsi: nè ha punto cessato 
d’esistere, sebbene sotto diversi nomi. A lei si allacciano i circoli dei conta- 
dini, le società d’allevamento del bestiame. Ad essa d’accanto, ed anzi un po’ 


contro di lei, si moltiplicano i Circoli di Staszyc, aventi tendenze democrati- 


che ed anticlericali, (2) circoli economico-politici, che aggregano quasi esclu-- 


sivamente contadini, specie tra quei tornati d’America. 

I cereali son la grande produzione delle terre polacche. Nel 1912 furon 
raccolti 32 milioni di quintali di frumento (più che in Francia, rispetto al 
territorio). La barbabietola da zucchero dà tuttavia una produzione inferiore 


a quella che dar potrebbe; le fabbriche di zucchero sono men numerose che 


non siano in Ukraina (Podolia e Kiew, Ekaterinoslaw), dove ingegneri e ca- 


(1) V. pag. 69. 

(2) « Pour.la Pologne le Catlolicisme n’est-il pas précisément l’une des caractéristiques 
de se nationalité? Dans un ovvrage techéque consacré aux questions slaves (Kramar, Slovarstvo, 
Prague, 1912) on lit cette phrase, é laquelle il n°y a rien 4 ajonter: « Aussi longtemps que 
< pour les Polonais, en Allemagne et en Russie, l’Eglise catholique signifiera le dernier refuge 
« de leur langue et de leur nationalité, aussì longtemps elle gardera sa grande influence et 
« son importance politique.» 

Louis Eisenmann, Za solidarité slave, conference faite a l’Iustitut d’ Études slaves sons» 
le patronage de l’Université de Paris, le 1°" avril 1916. Za Nation Thèque, 1916, N. 13. 


\ 


P MERENDA 


pitalisti polacchi spesso si sono recati a crearle. Lino e canape sou coltivati: 
la mano d'opera, relativamente a buon ‘mercato, consente i lavori lunghi 
che da queste materie tessili son richiesti. 

Il disboscamento sarebbe più intenso se le vie fluviali fossero meglio: 
curate. 


C) INDUSTRIA 


Le origini dell’industria»*polacca van ricercate nelle creazioni statali del 
principe Lubecki, ministro delle Finanze del regno di Polonia, dal 1815 al 
1850. 

Nella regione mineraria di Sosnowice si fondan» alti fornelli (Az/a in po- 
lacco) sotto la protezione della Banca di Stato, e divengono Ya/a Barkowa. 
(1) Nel 1872, la Banca di Stato scompare, e Huta-Bankowa è venduta a 
Francesi, che da quindi innanzi sforzansi, a Sosnowic e a Dombrowa, di lot- 
tare contro i capitali tedeschi. 

, Le fabbriche francesi, così nella metallurgia e nelle miniere come nelle 
industrie tessili, adoperano un personale francese e polacco, giammai Tedeschi, 
raramente Ebrei. 

Metallurgia e industria delle miniere in Polonia producono circa 400 mi- 
lioni all’anno. Ma la prodnzione, è in certa misura, alla mercè della Slesia 
tedesca e degl’industriali di Donetz, imperocchè i carboni della Polonia russa 
forniscono scarso coke, e gli alti fornelli polacchi debbono provvedersene 
nella Slesia, dove talvolta lo si fa pagare a caro prezzo (2). La regia diret- 
ta o cointeressata dal principe Lubecki, della quale s'è parlato innanzi, non 


divenne comune in Polonia: essa tuttavia servì ad incoraggiare altre intrapese. 


(1) Dobbiamo confessare che non siamo riusciti a procurarci notizie nè sopra quelle che 
il Bienaimè chiama creazioni statali del principe Lubecki, nè sopra la Banca di Stato, durata 
fino al 1872. i 

Un recentissimo lavoro storico, citato a pag. 41, non si occupa della parte economica, 
riccstruendo il periodo 1795-1916. Vedi Fortunato Giannini, lettore d’italiano all’Università di 
Cracovia, Stforiadella Polonia e delle sue relazioni con l’Italia, con una carta geografica della. 
Polonia e con ritratto della regina Bona Sforza. Milano, fratelli Treves, 1916. i 

(2) Nel 1913 la produzione del carbone in Russia ascendeva a 28 milioni e mezzo di tonellate- 
nella qual quantità le miniere ci carbone di Dombrowa entrano per 6.780.000 tonnellate. È con— 


149 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Girard, francese, fondò delle manifatture, tra Varsavia e Lodz, perla tessitura del. 
lino e del cotone; gli stabilimenti suoi presero grande incremento, e la città di Gi- 
rardow n’è pressochè sortita ‘Zyrardow in polacco). I tessuti di lino di Zirar- 
dow son famosi in Polonia, ed anche in Russia, dove s’esporta il 60 °[, della 
prodazione. La fabbrica di tela dello stesso luogo è una delle più grandi del mon- 
do. Lodz e i satelliti suoi, Pabianice, Zdunska-Wola, Zgierz, ecc., sono il regno 
del cotone e della lana. Si calcola a 900 milioni Ja produzione dei tessuti 
polacchi, e a 150 milioni quella degl’indumenti bell’e fatti. 

Iu questa produzione i Tedeschi tengono un importante posto. L'autorità 
lascia che essi svolgano a Lodz un còmpito sociale, e pressochè politico; vi 
contano ivi 110.000 della loro nazione sopra 400.000 abitanti. 

In contraccambio dei tessuti e dei fili, la Russia vende alla Polonia il co- 
tone del Turkestan, ognora più abbondaute. Nel 1910 la metà del cotone la- 
vorato in Polonia aveva quest’origine, cioè tonnellate 31.000 circa. La lana 
viene dall’estero in maggior quantità che non venga dalla Russia (tonnellate 
29.000 contro 8.500). Ma questo ricever da fuori le materie prime che servono 


all’industria nazionale, è comune ad altri Stati, e dei più ricchi della terra, 


l'Inghilterra per esempio. Gli è che il mondo è uno, la natura ha diviso ine-. 


gualmente i doni suoi, e i popoli han bisogno gli uni degli altri. (1) 

Quant'è ai capitali, le grandi fabbriche della regione di Lodz sono te- 
desche, ebree, francesi; i Polacchi, poco numerosi dappriza, continuamente 
anmentano. Polacchi sono i tecnici dirigenti, polacchi sono sempre più gli o- 
perai bravi (qualificati). I 


I Fransesi posseggono a Lodz fabbriche di nas'ri e di seterie artificiali 


fortante che mentre in quest’ultimo miniere il prodotto è cresciuto nel 1913 del 9.5 ° nella 
regione di Donetz è anmentato. non più del 6°;,. Nessuna meraviglia che la Polonia russa 
abbia bisogno dell’estero par provvedersi di carbone; l’Italia non è forse ocstretta dalla natura 
a fare altrettanto? Adesso si vorrebbe emazuciparsi, sostituendo la forza prodotta dalle cascate ‘ 
d’acqua delle Alpi e egli Appenniui. Ottimo proposito: ma ci vogliono tempo, danari, opero + 
sità, costanza. 

(1) “L'idea di formare nn compenlio dell'universo entro i propii confini, non'è mai ben 
augurata,. 

Verri, Meditazioni sulla E:onomia Politica, p. 239, nella collezione SCRITTORI CLASSICI ITA- 
LIANI DI ECONOMIA POLITICA, parte moderna, vol. XV. 


P.. MERENDA 145 


a Czenstochowa la casa Motta lavora il cotone e la lana, con Francesi e Pc+ 
lacchi.(1) 

Oltre delle manifatture e delle grandi fabbriche, esiste nu’industria a do- 
wiciliosviluppatissima, caratteristica d’una coudizione economica men progredita 
che non sia in Germania ed in Francia. Molti Ebrei poveri lavorano in essa, 
a casa loro, in vere topaie, con telai a mano per un fabbricante che fornisce 
la materia prima, e che natucalmente li sfrutta. Gl’intraprsnditori ebrei 
son numerosi in questo genere: è nn’opera d’intermediarii nella quale tro- 
vano lor convenienza: in Polonia li appellano fabbricanti senza fabbrica. 

Esistevano nel 1907 ben 10.470 fabbriche e stabilimenti industri:li, che oc- 
cupavano 276.000 operai. La produzione delle diverse merci, nel 1905, ascese 
al valore di .rubli 414 milioni, e dopo il 1910 a circa 800 milioni. 

Quanto abbiano conferito a questi progressi l'amor patrio e i propositi 
nati dal conquasse della rivoluzione del 1263, si rileva dal seguente brano 
del Marinelli, che scriveva, vent'anni, dopo così: «I patriotti mutarono tattica, 
ed accettarono la lotta sul terreno dei progressi civili e. della cultura; nel 


quale la Russia fece poco cammino, inentre il paese, sulla riva sinistra del'a 


(1) Notisi che i Russi, per la loro attività esonomica, si trovano peggio dei Polacchi: guai 
se loro mancasse il concorso dei forestieri! 

‘Gli stranieri in Russia esercitano generalmente professioni industriali e commerciali, 
mentre solo il 12°/, della popolazione russa si occupa delle industrie, il 5//, °/, del commercio, 
eil 70 °/, aell’agricoltura. L'influenza maggiore dell'Europa sulla Russia è esercitata con la 
penetrazione dei capitali; sia con la creazione d’imprese industriali, sia con la partecipazione 
del capitale europeo a industrie già organizzate dai Russi, sia con prestiti ai Comuri e allo 
Stato Russo. Non si può stabilire una cifra totale dei capitali enropei impiegati nella indu- 
stria russa, ma un'idea potremo averne osservando il numero della Società per azioni create 
con capitali stranieri: nel 1890 ne esistevano 16, dal 1891 al 1900 ne fnrono create 215, dal 19C£ 
al 1910 ne sorsero 160, dal 1911 al 1913 ne vennero costituite 82, tutte con -capitali assai su- 
periori alle società russe. I più importanti rami dell’industria russa sono in manodegli stranieri: nel- 
la mettallurgica predominano i capitali inglesi, belgi, francesi; l'industria del petrolio nel Cau- 
caso è opera di capitali svedesi e inglesi... 

“Quale l’importanza dei varii elementi stranieri nell'economia russa? Dal la‘o industriale, 
gl’Inglesi e i Francesi tengono il primo posto; riguardo ai prestiti allo Stato e ai Comuni, la 
Francia oceupa una situazione eccezionale, mentre la Germania ha la parte principale negli 
scambii commerciali: nel 1915 essa importava in Russia il 52,7 °/, delle importazioni totali. 
Tale supremazia commerciale dipende in gran parte dalla vicinanza geografica; infatti Ja fron- 
tiera tedesca costituiva il transito principale delle importazioni ed espcitazioni, e, pur essendo. 
i dazi doganali assai elevati, l’industria tedesca era riuscita ad invadere i mercati russi, vin- 
cendovi tutti i concorrenti, compresi gl’Inglesi.,, 

Giornale degli Economisti, ottobre 1916, pag. 349, 


144 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Vistola, diede uno sviluppo notevole alle proprie industrie, guadagnando in ric- 
chezza e in benessere (1). 

Ecco adesso nn istruttivo confronto tra l’industria russa ela polacca. « Il 
saggio enormemente basso delle mercedì, dice uno scrittore autorevole, si 
spiega col fatto che gli operai non contano sn di esse pel loro sostentamento, (2) 
e, quanto all’orario lunghissimo, esso sarebbe insopportabile se ogni anno non 
si avvicendasse il lavoro industriale con quello agricolo. 

« Sebbene il manifattore russo sembri sotto questo rapporto avvantaggiato, 
pure il costo di produzione è per lui maggiore che pel manifattore polaoco,. 
ed egli soffre l’inconveniente di un mercato ristretto e stazionario. La con- 
correnza tra l’industria polacca e la russa fu materia di numerose inchieste 
goveruative, dalle quali si rileva che l’industria polacca ha progredito molto 
più rapidamente di quella russa, malgrado l’origine sua recente e la minore 


entità delle proporzioni. 


mis 


«Tale successo non va attribuito a risorse naturali, ma al fatto che 


(20 


Polacchi hanno adottato sistemi iModogni di produzione, e che i direttori e 
capi operai tedeschi dei loro stabilimenti sono più industriosi e posseggono 
una istruzione tecnica migliore. Vi ha un’altra notevolissima differenza tra la 
popolazione operaia polacca e la russa. Quest'ultima, sebbene sia oggidi nomi- 
nalmente libera, trovasi in condizioni non molto diverse da quelle di prima, 
e mostra ben poco desiderio di migliorare la propria sorte. I Polacchi han- 
no un tenor di vita molto più elevato, e siccome vivono interamente coi loro 
salari, non si accontentano di guadagnar poco; ciò non ostante si trova che il 
loro lavoro è meno costoso di quello dei Russi.» (3) 

E uno esempio che corrisponde all’altro del maggior costo del lavoro ir- 


landese, di fronte all’inglese: i salari di quello son più bassi, ma, tutto som 


(1) I. c., p. 789. 

(2) Il Drage innanzi riferisce che gli operai russi sono per la maggior parte coùtadini, i 
quali, di state, si dènno ai lavori campestri. 

(3) La questione operaia nei principali Stati d’ Europa, d° America e delle Colonie: monografie 
pubblicate negli Atti della R. Commissione iuglese per l'inchiesta sul lavoro (1891-1894), da 
Goffredo Drage, Segretario della Commissione medesima: XIII, G. Drage, Za quistione operaia 
in Russia, traduzione dell’Inglese del Dr. M. Portalupi. V. BIBLIOTECA DELL’EcONOMISTA, IV 
serie, vol V, parte 2°, p. 753. 


P.. MERENDA i 145 


“mato, essendo questo più produttivo dell’altro, l’industriale ha maggior torna- 
conto a pagare alti salarii agli operai inglesi. 

Tentando di valutare la produzione industriale complessiva del Regno, ci 
troveremmo, dice l’autore, in un imbarazzo facile acompresdere. Si parla di 
900 milioni per la tessitura, di 420 milioni per l’alimentazione, di 500 per 
la metallurgia e le miniere, di 130 per la manifattura degli abiti. 'Uutto ciò 
non concerne la piccola industria, la quale nondimeno è assai varia ed ab- 
. bondantissima; perchè i piccoli artigiani sono numerosissimi e sparsi dappertutto. 
Nondimeno nelle campagne si trova un numero di operai inferiore a quel della 
Francia, perchè i contadini fabbricano molte volte da sò i proprii strumenti 


di lavoro, e da sè si danno alla costruzione della casa propria. 
D) CommeRCIO 


Senza dubbio, Lodz è il centro dell’industria, ma Varsavia è il centro del 
commercio. La popolazione sna, più che doppia di quella di .Lodz; la sua si 
tuazione sopra d’un grande fiume, all'incontro di numerose linee ferroviarie; il 
grado suo di capitale (per quanto destituita); il sno passato storico; i monu- 
menti che contiene; le numerose fortune; l’attività generale che vi si manife= 
sta: tutto contribuisce a serbare e sviluppare l’ufficio preponderante ch’eser- 
cita Varsavia in questa parte dell'Europa centrale, ufficio che, in. una Polo- 
nia libera, sarebbe paragonabile a quel di Mosca, di Berlino o d’altra delle 
graudi capitali. 

Varsavia e Lodz possiedono una istituzione che rassomiglia alle Borse di 
Commercio; essa consiste ‘nei Comitati di Borsa di commercio, per lo più polac- 
chi ed ebrei. Là s’incontràno i grandi bauchieri ebrei. 

Per giudicare della grande produzione, ch'è quella la quale c'interessa in 
questi dati statistici, occorre interrogar le cifre dell’importazione e dell’espor- 
tazione. Si calcola a 1710 milioni il commercio esterno della Polonia russa, dei 


quali 32 °%, soltanto all'esportazione e 68 ° all’importazione. (1) 


(1) IL 32 ° di 1740 è uguale a 556.800,000 (esportazione); il 68°, è uguale a 1.183.200.000 
(importazione). La differenza è milioni 6264. 


146 Lk CONDIZIONI EOONOMICHE DELLA POLONIA 


La debolezza delle esportazioni polacche deriva dal rigore delle tariffe 


ferroviarie, che, come s’è visto, sostituiscono la protezione doganale. Di que- 


sto regime non profittano soltanto gl’industriali russi; ne. traggon vantaggio. 


del pari gli esportatori tedeschi. È così, per esempio, che i prodotti tannati, 
venendo dalla Gormania a Pietroburgo per via di mare, fan la concorrenza 
facilmente ai prodotti similari della Polonia, a dispetto dei diritti doganali: 
sicchè l’elevatezza dalle tariffe ferroviarie è tale da compensare il dazio d’im- 
portazione russo! 

L'industria, essendo più svilnppata nel regno auzichè in Galizia, le asso- 
ciazioni operaie vi sono quindi più numerose e più forti. Le cooperative esi- 
stono da Inngo tempo. 

Il fenomeno medesimo s'è manifestato. così in Polonia come in Francia, 


ed altrove: è più facile costitnire società cooperative di consumo, anzichè di 


produzione: cecorrono maggiori capitali, maggiori iniziative, più talento per 


queste anzichè per quelle. (1) 

Nel reame vi sono circa 1000 socie‘à cooperative di consumo; esse, nel 1912, 
venderono franchi 42 milioni di merci, Le società costituiscono una federazione 
nella quale però sono entrate soltanto 274 associazioni; un magazzino al- 
l’ingrosso è stato formato a Varsavia, e, per opera d’uno ricco versaviano (cosa. 
nuova) nna Scola cooperativa per gl’impiegati. 

Quant'è alle cooperative di produzione. un solo saggio è stato tentato; e 
senza bnona riuscita, nella vetreria di Wyszkow, del quale le amarezze rievo-. 


cano quelle deila vetreria operaia francese d’Albi. 


Dunque la Polonia impcrtr 626,4 milioni più che non esporti. La differenza è enorme. 
Come si salda? 

1l Bienaimé non fa quest’'indagine, che uscirebbe dal suv còmpito di dimostrare quan- 
to artificialmente, per mezzo delle tariffe ferroviarie, sieno avvantaggiati i prodotti russi a 
danno dei polacchi; ma la ricerca sarebbe fruttuosa. 

La Russia, come la Polonia, esporta più che non importi: nel 1911 esportò per rubli 
1.468.122, importò rubli 1.016.560, differenza 451.562 (Giornale degli Economisti, marzo 1912.) 

(1) Sulle canse che rendono difficile lr costituzione, e sopratutto la vita delle cooperatize di 


produzione, abbiamo esposto i risultamenti degli studi nostri nel libro Vita e apostolato die 


Schulze Pelitzsh. Palermo, L. Pedone, 1888. è 


LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 147 


E) CREDITO E BANCHE 


Sopra questi due argomenti, che per natura loro sono così intimamente 


“legati, poco ci dice Bienaimé, e questo medesimo non preciso quanto basti. 


Il governo russo creò la Barca di Stato dei contadini, avente lo scopo di 


-acquistar delle terre, e di farne dei lotti da vendere ai villani. La Banca 


‘va sopra tutto in cerca di terre della nobiltà, e mantiene separazione assoluta 


fra il demanio dei contadini e quello dei nobili, sino al punto che in un vil- 
laggio chi è classificato tra i nobili, non può comprare una terra di contadini 
se non ne riceva facoltà dagli altri contadini, consenzienti a riconoscerlo per 
uno dei loro. Ed ecco tutto. Il Bienaimè, come s'è visto, accenna, è vero, a gran- 
di banchieri ebrei, che si mettono a contatto tra loro nei Comitati di borsa di 
commercio, ma non ci fa sapere altro, ed è a supporre che si tratti di privati 
che esercitano il commercio del credito. Non accenna a Soczetà cooperative di cre- 
dito. 

Abbiamo fatto altre indagini per conto nostro; ma non siamo riusciti a 


saperne di più. 


F) RELIGIONE 


E noto che ila grande scisma greco, o di Fozio, scoppiò verso l’anno 860; 


. suo contenuto, due negazioni:la prima che lo Spirito Santo proceda dal Figlinolo: 


la seconda che il Romano Pontefice sia Capo di tutta la Cattolica Chiesa. Il 
Papi han sempre sperato di richiamare all’ovile i Greco-Scismatici; ma in- 
vano, e Leone XIII morì con questo desiderio non appagato. Essi, a di- 
stinguersi dai Greco-Uviti, diconsi Greco-Ortodossi, o semplicemente Ortodos- 
si, stimando d’essere in possesso della retta credenza in materia di fede. 
Centro degli Ortodossi è la Russia. Lo Czar è il capo della Chiesa, la 
quale è regolata dal Santo Sinodo, composto di sei dignitari, eletti dal Precolo 


Padre, come chiamano l'Imperatore; da ciò ne viene che sono in unica ma- 


148 P. MERENDA 


no la Chiesa e lo Stato, il potere spirituale ed il temporale: onde la Santa. 
Russia, l'incremento della razza slava, la verità religiosa formano unico tut- 
to, necessariamente intollerante e distruttivo di tutto ciò che gli è avverso.. 
Roussean scrisse: ‘E’ impossibile vivere in pace con gente che si cre- 
de dannata: amarli, sarebbe un odiare Dio che li punisce: bisogna assolnta- 
mente che sian tratti alla nostra credenza, o vengauo tormentati.,, (1) I tem- 
pi moderni hanno smentito quest'affermazione, d'altronde non conforme all’es- 


senza del Cristianesimo: ma ognuno comprende che, dato l'organismo russo, 


la sentenza del filosofo Ginevrino deve fatalmente attuarsi. Leggesi nel D’Acan-- 


dia: “ Il Sinodo, docile all’antorità politica onde poterne dividere il scverno e 
’ p p 9 


l’inflnenza, composto spesso da anime volterriane che hanno consolidatoil bizantini- 


smo servile dei monaci e l’ateismo pratico del basso clero, costretto ad eseguire . 


gli ordini più repugnanti allo spirito del Cristianesimo, non poteva, per la 


suna stessa natnra, quale emanazione dello Czar, contrastare con le ‘direttive 


della vclontà imperiale: fn così il Sinodo a dirigere e invelenire i terribili - 


progromi (stragi organizzate, a sterminio degli Ebrei, sotto gli occhi delle au- 


torità e dei popi), e a presiedere alla lotta contro il Cattolicismo, contro la . 


nazione polacca.,, (2) 


(1) Contratto soctale, Cap. VIII, Della Religione civile. 
(2) L. c., ZInroduzione, pag. CXIV. Si legge a pie’ di pagina questa nota: 


“ Interessante a questo proposito l’enciclica dello Czar, Z/ diritto dellu Russia, e i torti della 


Polonia, stampata a Mosca nel 1863, non messa in vendita ma diffusa probabilmente a cnra del‘ 


governo. Ne fu fatta nel 1865 una traduzione da L. Lèger (Paris, C. Douniol). Essa è piena di as- - 


serzioni atte a provocare ed invelenire l’odio dei Russi contro i Polacchi. 
«I Polacchi vogliono nuovamente introdurre la servitù, affinchè gli ortodossi russi di- 
« ventino schiavi dei signori polacchi di fede latina (p. 10). I preti cattolici uccidono gli Orto 


« dossi, e perfino i Cattolici che non vogliono ribellarsi allo Czar. Li impiccano con le loro ma. . 


< ni, e con queste mani stesse poi celebrauo la messa... Ultimamente i 

« hanno preso uno che aveva impiccato già 18 individui: confessava il 
<« tenendo in mano la corda (p. 11). I Polacchi erano giunti ad ‘un tal grado di viltà che 
« lasciavano spartire il loro paese senza prendere le armi. I loro signori e i loro preti bevvero 


nostri soldati ne 


< e vendettero la loro patria (p. 14). Non è già da oggi che i Polacchi vengono accusati di - 


« coscienza tortuosa. Tale è il loro carattere dal' principio dei secoli (p. 15). I nostri signori 
« stessi hanno pregato lo Czar di sopprimere la servitù, ma a condizione che venisse data 
< ai contadini una porzione di terreuo..,.. I signori polacchi volevano sì dare la libertà ai con- 
<«tadini, nua non la terra... Lo Czar, vedendo che i Russi, avevano ragione e i Polacchi torto,.. 
« ordinò che nei paesi Russi si facesse secondo il desiderio espresso dai signori russi ortodossi, 
< cioè che non si lasciassero i contadini senza terra. I Polacchi si offesero grandemente dia. 


diciannovesimo, . 


st 


P. MERENDA 149 


Or mettete di fronte i Russi ai Polacchi, in fondo buoi tuîti forse, (1) mas- 
sime negli strati inferiori, e tutti animati da un sentimento religioso profon- 
do, sincero; quelli, inclini al misticismo e informati nel modo descritto. quel 
st'altri cattolici, apostolici, romani, della propria entità come popolo ge- 
losissimi, aspiranti all'indipendenza politica; deve venirne l’oppressione dei do- 
minatori sni dominati, esercitata come nn dovere religioso e civile. 

Katkoffscriveva: « Alla Russia occorre l’unità dello Stato e ui forte popolo 
russo. Procuriamoci un tal popolo, sulle basi di una -lingua comune e della 
comunità slava. Zaélo ciò che ostacolerà il nostro cammino, lo abbatteremo. » (2) 
Egli è l’espressione ‘esterna ed intelligente della psiche russa nei snoi con- 
tatti con la Polonia. (3). 

Ecco comesi spiegano l’asservimeuto politico, la persecuzione religiosa, la pro- 
scrizione della lingua polacca, specie nelle scuole, l’ostinazione in metodi errati, 
e finalmente l’incompatibilità fra i due popoli nello stesso territorio, e l’im- 
possibilità della fusione loro. 

Quant'è alla persecuzione religiosa, chi non ricorda le chiese invase, i 
preti cattolici espulsi e sostituiti da popi, i fedeli costretti ad assistere alle 


funizoni religiose ortodosse? 


<« veder la questione dei contadini risolta nella maniera russa e non nella maniera polacca, e 
« allora si ribellarono {p. 16). L’anima pervertita dei preti latini, non ama la purità dell’or- 
« todossia... Quanta gente, questi gesuiti, hanno avvelenata, quanti re uccisi nei paesi stranieri 
< per far piacere al loro papa di Roma..... Vogliono impadronirsi deila città santa di Kiiew e- 
« delle reliquia miracolose. Vogliono scacciare gli Ortodossi e trasformare i Russi in Polac- 
<« chi. (p. 22)» E così fino alla fine del piccolo libro scritto “per icristiuni ortodossi, onde spie- 
« gare loro ildiritto della Russia e i torti della Polonia,,(p.41). 

(1) Il forse sulla bontà dei Russi sta bene, se si guarda a certi feromeni, per quanto nor 

‘generali: la folla è assai impulsiva; le persone colte carezzano troppo i paradossi, delle sette: 

son vaghe, dal sangue non abborriscono. 

(2) Citato dal D’Acandia L. c., pag. XVI. 

(3) Ma non sideve credere che anime nobili e giuste, ed intelletti non offuscati da passioni ege- 
moniache difettino alla Russia. Le proteste di questi privilegiati non mancano, e ne danno» 
fede le pubblicazioni dell'Agenzia polacca di stampa e lo stesso D’Acandia. È doloroso non 
aver notizia che un fenomeno consolante simile esista in Germania. 


, 


PET TM ATENA UTET CS TT 


150 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


« La forza più spaventevole fn impiegata a far convertire ‘violentemente 
i Polacchi alle religione ortodossa..... Nel 1880 centomila capi di famiglia fa- 
ron deportati in Siberia per causa religiosa. 

“Le condizioni parvero addolcirsi soltanto nel 1905, quando, entrato l’im- 
pero in un regime in qualche modo costituzionale, fu pubblicato in Polonia 
l’editto di tolleranza; meschino editto in verità, ma che par permetteva, in 
certa misura, il ritorno alla religione cattolica degli scismatici forzosamente 
. convertiti. Senonchè i Polacchi ricominciarono a scontare ben presto la gioia 
con cuni avevano accolto l’editto. 

« Siccome in due soli fra i varî governi della Polonia russa, in pochi gior- 
ni eran tornati al cattolicismo ventimila persone, il Santo Sinodo se ne allar- 
mò. Il generale Ignatieff nominò una commissione d’ inchiesta su questo movi- 
mento, allo scopo di fermarlo del: tutto. S'istitnì contro i preti cattolici il reato 
d’istigazione a convertirsi; si riprese a perseguitare colla prigione e con le 
armi le manifestazioni cattoliche. e spesso il parlamento rnsso, ossia la Duma, 


echeggia di coraggiose, ma vane, proteste isolale contro tali tirannie. » (1) 


G) EDUCAZIONE PUBBLICA 


Si ricorda il nome di Staszyc, pedagogo e dotto polacso, che lavorò al 
risorgimento della sua nazione mercè lo sviluppo delle scnole. Egli stesso ne 
fondò a Varsavia uu modello: l'istituto fu trasformato in liceo russol 


A Lodz si trovano parecchi ginnasii tedeschi. 


(1) Filippo Crispolt, cel glornale L’Ifulia Ai Milano, 30 agosto 1914. 
L’Ukase sulla tolleranza religiosa, 17 aprile 1995, è compreso fra i documanti pubblicati 
dal D’Acandia nel libro più volte citato (pag. ‘93. 


P. MERENDA . 15Î 


Tanto a Lodz che a Varsavia, in questi ultimi tempi, s'è avuta una cre- 
scente fioritura di scnole industriali e commerciali, per opera di privati. 
Queste sole notizie ci fornisce il Bienaimé, qua e là incidentalmente. 
Ma il D'Acandia, nella sua introdnzione al libro cui più volte abbiamo: 
accennato (1), ci dà gran copia di notizie che ci atterriscono, più triste assai di 
quelle arrivate da anni, per opera delle gazzette, alle orecchie di tutti. Più 
nulla, dopo il 1821, rimane della splendida attività del ducato napoleonico, 
che creava in media cento scuole elementari all'anno; più nulla dell’attività 
del Ministero Polacco dell'Istruzione Pubblica e dei Culti, che nel 1817 aveva 
.Jnangurato l’Università di Varsavia; da nna scenola elementare ogui 2841 abi- 
tanti nel 1814, si scende, nel 1829, ad nna scuola ogni 5370 abitanti. Dopo il 
1850 sccmpare la « Società degli amici delle scienze », ed è soppressa VUni- 
versità di Varsavia, la cui ricca biblioteca è trasportata in gran parte a Pie- 
troburgo; nel 1833 si decreta che scuole elementari polrarzo essere fondale nei 
v‘llaggi che ne domanderanno il permesso, e che giustificheranno le risorse neces- 
sarie, e che nessuna scnola non autorizzata dal Governo surà tollerata; s’inteo— 
duce il regime delle punizioni corporali, da applicarsi a corpo nudo con fasce 
di verghe da 5 a 6 pollici di larghezza; viene introdotta la /2ss4 scolastica nel: e 
scuole elementari fin lì gratuite, e più che raddoppiata nelle altre. Nel 1843 
i ginnasii del regno sono ridotti a cinque, e vengon limitate le a amissioni; vien 
proibito ai giovani dell’età inferiore ai 25 anni di recarsia studiare all’estero, 
e ridotto a 500 it numero degli studenti polacchi che potevano frequentare le 
Università russe. Nel 1861 il marchese Wielopolski ristabilisce l’organizzazione 
vigente ai tompi del ducato Varsaviano; quindi gli alanni delle senele elementari 
da 33.474 salgono a 63.075, e a sostituire l’abolita Uuiversità di Varsavia viene 
aperta una Scuola superiore. Ma nel 1867 si stabilisce di dare alle scnole un 
carattere uniforme e nazionale (russo), e s'inizia una lotta sistematica contro la- 
lingua polacca dalcuratore Witte, colni che si gloriò d’aver piantato per il pri- 
mo un pugnale nel cnore della Polonia. Nel 1869 il russo diventa obbligatorio 


nelle scuole medie; nel 1870 nelle private; nel 1871 il polacco viene bandito dalle» 


(1) Pag. XX a XXV. 


152 ‘LE CONDIZIONI GCONOMICHE DELLA POLONIA 


scuole elementari; nel 1872 vien proibito ai ragazzi di far uso della lingua polacca 


iu locali della scuola, parlandotantofraloroche con altri. Abolita la scuola su- 


periore di Varsavia; perseguitata l’UVr:versità volante, costituita dai Polacchi 
per istruirsi; fondata la nuova Università russa, che doveva essere l’« oasi 
della scienza in mezzo a razz> straniere ». Nel 1885 il russo diventa lingua 
d'insegnamento nelle scuole elementari, tranne per la religione e la lingua 
materna. Il “distretto regionale dell’istruzione ,, di Varsavia era diretto da 
quell’Apuchtin, che aveva promesso, entrando in servizio, che ezzro 15 anni le 
balie polacche avrebbero addormentato i bimbi al suono delle canzoni russe. B 15 
anni per l’appunto rimase al potere (1879-1894) 15 anni in cui le madri po- 
lacche, anzichè trasformarsi sotto la sferza del tiranno, prepararono alla patria 
quei giovani che cou tauta abnegazione e costanza dovevano organizzare l'im- 
menso sciopero studentesco del 1905. ‘ 

Certo l’Apuchtin ricorse a tutti i mezzi onde accelerare la russificazione 
delle masse. Si aprirono scuole russo-ortodosse, e quelle esistenti furono af- 
fidate a maestri russi, che in Polonia, come in Siberia, ricevevano stipendi 
straordinarii. « Il fanciullo, entrando per la prima volta a scuola, trovava così, inve- 
< ce di tutori e amici, invece di nomini consci del loro dovere di continuare 
«l’opera di educazione dei genitori, degli individui giunti da paesi stranieri, 
<che non comprendevano le abitudini dei Polacchi, che avevano in orrore 
« il loro tipo di vita, la loro morale, la loro concezione della.probità e del- 
«l'onore, che nel loro odio erano capaci di tutto rovinare, di tutto distruggere. 
« Appena varcata la soglia della scuola, il bimbo, cominciava alottare contro 
< l’istitutore straniero » (Dmowski). i 

Le scuole si spopolavano, l'amarezza e il desiderio d’una rivolta si fa- 
cevano sempre più violenti, mentre il paese vedeva aumentare spaventosamente 
fino al 70, all’80 per cento il numero degli analfabeti. 

Nò la rivoluzione russa, e il nnovo sistema costituzionale hau giovato al- 


la Polonia. (1) La formula nazionalistica « La Russia ai Russi» il poteva 


(1) Questa. rivoluzione costò a Vacsavia 4000. morti e 5009 feriti. 
L’Acanda, L. c., Introduzione, pag. XIX. 


P. MERENDA 155 


‘mai? La libertà dell’inseguamento fu vieppiù couculcata, e divenne più in- 
‘tensa l’opera tendunte ad educare alla russa le nuove generazioni. Il 1° gen- 
naio 1905 accadde una cosa mai più veduta: 40 mila fanciulli, unitamente ai giovani 
deli’ Università e del Politecnico, abbandonarono le scuole russe, dichiarando 
che avrebbero persistito nel boicottarie. finchè nel Regno non sarebbero state con- 
cesse le scuole polacche. I parenti loro, riunitisi a Varsavia (19 febbraio) ap- 
provarono il movimento, prendendo gli accordi per una serie di corsi privati 
«a domicilio. Sorsero, con rapidità meravigliosa, Società intese ad aintare gli 
sforzi generosi dei singoli. Persecuzioni, scioglimenti di Società, condanne a 
destra e a manca. Così, deserte le scuole di Stato; combattute, soppressele scuo- 
le private: soltanto l'Università di Varsavia si riaffollava, avendone il go- 
verno, con privilegio straordinario, concesso la frequenza a tutti i seminaristi 
ortodossi che avessero compiuto quattro classi del corso lorol 

Or poichè in Russia l’epoca rivoluzionaria durò dal 22 gennaio 1905 (gior- 
no in cni il pope Gapon si recò, alla testa degli operai da lui organizzati, 
verso il palazzo d'inverno a presentare processionalmente una petizione allo 
Ozar) fino al 27 dicembre 1905, dì nel quale avvenne la disfatta dell’insur- 
rezione di Mosca; se l’inizio delle persecuzioni dirette a russificare la scuola 
polacca avvenne sotto il governo assoluto, la continuazione ostinata è tutta da 
imputarsi al reggimento costituzionale (1). 


E fino a quando? 


(1) Quali vantaggi arrecò alla Polonia il reggimento costituzionale ? 

Riscattate le ferrovie che erano in mano polacca, buttando sul lastrico quanti, lavoran- 
dovi, avevano il torto di non essere nati in Russia; intradotto lo scartamento russo, esiziale 
al traffico, in sostituzione dello scartamento usato in Europa (pag. 71): minacciato il ristabi- 
limento della barriera doganale tra la Polonia e la Russia, scoraggiando fin d’ora le imprese 
a lunga termine (pag. 74); accresciuta la pressione tributaria (pag. 74); misurate con. mano 
usuraia le spese dello Stato per fini economici è di cultura (pag. 74 e seg.); inacerbite le 
persecuzioni contro la religione dei Polacchi (pag. 90), e coutro l’uso de la lingua polacca nel- 
la pubblica educazione (pag. 92). 

Tutto ciò dal lato economico e morale. 

Dal lato politico, accennammo come a Varsavia un doputato della Dama è eletto dai 
Polacchi, l’altro da un pugno di Russi. (pag. 70). Reca sorpresa come una città così popolata 
«abbia due soli deputati, dei quali uno pei Russi: ciò deriva dalla legge elettorale del 1907, 
iu virtù della quale: 1° il numero dei deputati che la Polonia poteva inviare alla Duma fu 


DO) 


ridotto alla metà; 2° avendo la legge dato facoltà al Governo di aggruppare gli elettori, oltre 


SRI SOTA 


154 LE CONDIZIONI ECONOMICHE PELLA POLONIA 


H) L'ANIMA NAZIONALE 


In Polonia, dice il Bienaimé, abitano soltanto impiegati (1), soldati russi 
e qualche. commerciante rnsso. Non è quindi dai Russi come cittadini che ven-- 


gono gli ostacoli al progresso economico, ma dalla Russia ‘come Stato. 


che secondo l’importanza del censo, eziandio giusta la razza, si trovò modo di dare una rap. - 
presentanza anche agli elettori russi di un dato Incgo che si fossero trovati in minorità; on- 
de in Polonia ogni collegio ha un'assemblea elettorale polacca ed una russa, ciascuna delle 
quali elegge il suo deputato: siechè artificialmente il Regno del 1915 ha tanti deputati russi 
quanti ne ha polacchi. Questo almeno è il concetto che, spigulando di qua e di là, ci siam 
formato, dacchè non abbiam potuto aver sott'occhio il testo della legge. 

Oltre a ciò il numero dei Polacchi ehe possono sedere nel Consiglio dell’impero (il Se- 
nato della Russia ?) fu ridotto ad un terzo di quel ch'era prima, cioè da quando cominciò Ja: 
forma costituzionale. Ì 

Si potrà dire che la nuova legge elettorale fu promulgata dallo Czar, dopo lo sciogli- 
mento della prima e della soconda Duma, senza il concorso dei rappresentanti del paese; ma 
la legge poteva poi esser modificata, e quella scusante. non sj può addnrre per tutti gli altri 
provvedimenti avversi di sopra accennati, nè pel distacco dal Regno di Polonia dei distretti 
occidentali delle provincie di Siedlice e di Lublino, creandone un governatorato di Chelm, 
annesso all'Impero russo. 4 

Questo distacco, forse impropriamente, fu definito il quarto smembramento della—Polonia. - 

Esso venne approvato dalla terza Dwwa il 9 maggio 1912, in terza lettura, dopo sei mesi 
di discussione, con voti 150 contro 108. Il nuovo governo compreude 278.511 ortodossi e 
467.432 cattolici; questi ultimi furouo inesorabilmente russificati, immolandoli sull’altare dell». 
minoranza russa, di religione greco-scismatica, e in onta all’etnografia ed alla storia. 

È stato detto che la russificazione della Polonia col nuovo reggimento costituzionale 
cessò d'essere governativa, per d'venire nazionale; e il deputato polacco. Yablorowski, diseuten- 
dosi il disegno di legge sul governatorato snddetto,. diceva: « Tra cggi e il passato non 
esiste che una sola differenza. Una volta gli atti di violenza eraro opera del solo governo; 
oggi questo sistewa di oppressione, che si: manifesta in tutto il suo cinismo nell’attuale 
progetto, è appoggiato e sanzionate dai rappresentanti del popolo russo.» (Compilazione rias- 
suntiva del D'Acandia salla questione di Chelm, pubblicata dallo stesso nell'opera citata, pag. 614). 
Ma tali giudizi non ci paiono esatti. Dal primo smembramento della Polonia all’assassinato 
Alessandro II, l’opera imperiale variò forse? Ad Alessandro II successe Alessandro III 
(1881-1894); a questi tenne dietro l’attuale imperatore Nicolò JI, despota fino al 1905,. mo- 
narca costituzionale dopo; or bene la continuità della. tirannide russa sul popolo polacco è - 
perfetta, onde gli Czar erano la espressione dell’animo della nazione russa così come lo s0- 


no oggi monarca e rappresentanti. La sostanza spirituale animatrice è sempre la medesima; 

Vi sono individui che all’oppressione non consentono, essendo giustizia loro stella polare. 
ma queste eccezioni non costituiscono l'opinione pubblica della Russia. GS î 

(1) Trattandosi d’un paese ove — secondo l’espressione d’un testo scolastico russo — « la. 
nobiltà è sovversiva, ei contadini hanno un'anima abbietta e sono in genere della canaglia =- 
occorreva adescare gl’impiegati con privilegi straordinari. 

A questo provvide la legge dell’11 agosto 1867: 

a) ogni anno di servizio in Polonia viene computato per quattr’anni; 

h) lo stipendio regolare è aumentato del 15 °|; 

c) dopo cinque anni di servizio, l'impiegato ha diritto alla pensione. 

D’Acandia, L. c., Introduzione, pag. XVIII. D 


P. MERENDA 155 


Nessuno può consigliare alla Polonia una nuova rivoluzione; basta che 
“essa si conservi pura d’innesto, che sia compresa ognora dei suoi iderli 
di nazionalità, che combatta e vinea moralmente, intellettualmente, economi- 
camente. Essa tutto ciò opera con vitturia nella parte dominata dalla Russia; 


un giorno, prossimo o lontano, Dio provvederà, 


Quel Dio che atterra e suscita, 


Che aff'igge e che consola, 


‘e nel quale i Polacchi confidano! (1) 

Osserva il Marinelli: « L'elemento polacco, superiore al russo per movi- 
mento intellettuale e per genialità, non si lascia assorbire, e mentre i molti. 
impiegati polacchi, a servizio della Russia, riescono spesso a rendere illusorii 
i decreti destinati a produrre la distruzione del polonismo, gl’impiegati ed 
ufficiali russi stanziati in Polonia, ne assumono la liugna, e, singolare, perfino 
le aspirazioni. » (2) Ma quant'è agl’impiegati, se ce ne sono di cosiffatti, ce ne 
‘sono anche di pessimi: avidi, rotti a qualsiasi illegalità; docili al governo, ma 
prouti a tradirlo in segreto per dell'oro, non avendo spesso i Polacchi, onde sal- 


varsi, altra via che la corruzione. A questo modo è il maggior numero; peggiori 


(1) Ecco nn inno che gli esiliati polacchi han reso popolare iu tutta Europa. La versione 
“francese è di E. de Lonlay: 


Dieu protege la Pologne. 


De la Pologne apaise les larmes, 
Fais rajonner è ses jeux ta clarté; 
De ton regard daigne sécher ses larmes; 
Rends lui la vie avec la liberté. 
Dien Rédempteur, Dieu puissant notre père, 
Vest en toi seul que la patrio espòre ! 
Dieu Réicmpteur, Dien pnissant, notre pòre 
C'est en toi seul que la patsie espere! 
Dieu juste et bon que ia lologne adore, 
- Vois nos héros tombor A tes genonx ! 
Dieu que iamais vainemert ou n'implore, 
Soutieus n93 corurs et prends pitié de nous! 
Disn Rédemuptenr, ceto. 
A l’étranger, anx ballez meurtrières 
Sur mons, Seigueur, quand tonne le canon, 
Nous réponarons par des chants, des prières 
Ht nous mourons en invoquant toa nom! 
Dien Rsdempt3ur, efe: 
-(2) IL. c., pag. 789. 


156 { LE CONDIZIONI ECONOMICH i DELLA POLONIA 


poi sono i governatori generali (1). Qual dev'essere lo strazio dei PoJacchi se l’or-. 


dinamento amministrativo, avente pei indirizzo il russificare, è, anche solo in 
parte, affidato a siffatti organi ? 

Che l’indirizzo dell’ordinamento amministrativo sia inteso a questo scopo; 
è dimostrato nelle pagine precedenti; qui tocchiamo due argomenti sinora tacinti. 

Il primo è la manifestazione del pensiero: la censura, a sno libito, proi- 
bisce, mntila, trasforma, impone. 

Il secondo è la ginstizia, bisogno morale di prim'ordine per le popola- 
zioni, il quale, non soddisfatto, è causa che diventi odioso qualunque governo, 


anche libero. 


Qualora la giustizia sin bene ordinata e bene resa, anche l’assolutismo 


riesce tollerabile, e sin la dominazione straniera riesce meno esesa. Che di- 


re poi se il popolo non è nei ceppi? Pindaro, lodando Corinto, per la parte ch'è - 


sola veramente meritevole di lode, poetò di quella repubblica: 


Quivi Eunomia soggiorna, e le sorelle, 
Fondamento agl’imperi: innocua Pace, 
E Giustizia tenace, 
Che genio somigliante 
Palesan nel sembiante: 
Larghe a prescelta schiera 
Di tesori opportuni, e figlie ingenue 
Di Temi consigliera. (2) 


Ed ecco che cos'è la giustizia nella Polonia russa. Nei tribunali, giudici 


stranieri, senza alcuna conoscenza del codice Napoleonico, vigente in Polonia, 


obbligati a considerare come processo politico ogni cansa fra un russo eun po-- 


lacco; interpreti (per tradurre il polacco in russo in terra polacca!) ligi ai 


(1) Scrive il D’Acandia {L. c., pag. XVIII): « Chi non ricorda il famoso Gurko e la sua 


degna consorte Maria Andrejewna? a lo Schuwaloff, contro il quale l’amministrazione del - 


teatro di Varsavia intentò un processo per 15 mila rubli di champagne bevuti nel palco impe- 


riale, e una compagnia ferroviaria per 45 mila rubli di treni speciali? e il vecchio Imere- - 


tinski, trovato morto sul pavimento dopo una notte di orgia? » 
(2) LE GDI, tradotte da Giuseppe Borghi (Firenze, Barbera, 1865); odi Olimpiche, XIII: 4 
Senofonte di Corinto, corritore nello stadio, vincitore nella corsa e nel quinquerzio. 
Anticamente, secondo Apollodoro, si contavano tre Stagioni, figlie di Giove e di Temi, di- 


spensatrice di buoni consigli e madre di prole bella; queste tre figlie si chiamavano: Eumonia,. - 


Dice ed Irene, ossia Ordine o Buona Legge, Giustizia e Pace. Secondo altri, queste tre Dee,. 
son le Ore: aprono Je porte del cielo, e accompagnano coll’Aurora il carro del Sole. 


Il quinquerzio era combattimento in cui s’in:ludevano cinque giuochi, cioè: pugilato, lotta,.... 


salto, disco, corsa; quindi faticosissimo. 


nen IEP! 


P. MERENDA 157 


giudici, presentanti spesso le deposizioni fantasticamente alterate; (1) procu- 
ratori di Stato, ignoranti e feroci. Accanto a tutti e s.pra tutti la polizia, 
milizia spaventosa. 

Nel solo !903 furono istruiti 1522 processi politici (5 al giorno) che in- 
teressavano 6405 persone. Di queste, 910 furono inviate iu Siberia, 592 in 
lontane provincie russe, 1268 furono poste sotto la sorveglianza specialo del- 
la polizia, e 1777 vennero condannate all’arresto e alla prigione. Rarissimi i 
processi politici rimessi ai tribunali; quasi tutti si gindicano 77 via ammini- 
strativra. Ormai l’uso della deportazione amministrativa è così comune, che 
la registrazione dei ceportati non avviene più, se non quando essi son posti contem- 
poraneamente sotto la sorveglianza della polizia. i 

Di qui l'avvilimento della nazione, il naufragio dei migliori, i snicidii, la 
scomposizione delle famiglie, lo spordìmento d’un cumulo enorme di energie giova- 
nie generose (2). 

Se il popolo polacco ha potuto resistere a questa brutale tirannide, e non acca- 
sciarsi e diventare un branco d’Iloti, ma invece vivere, serbarsi fidente nel. 
l'avvenire, ed intanto progredire dal lato economico, si deve tutti esser con- 
vinti ch’esso merita sorte migliore. 

E come se il governo non bastasse, travagliano la Polonia russa Tede- 
chi ed Ebrei. 

“opel Tedeschi, scrive il Bienaimé, abitano in colonie nelle proprietà rurali delle 

vallate della Vistola e della Warta, nelle quali formano interi villaggi. Vivo- 
no del pari numerosi attorno a fortezze, come Kowno e Varsavia (vallate 
della Bzonra e delle Rawka), e si concentrano priacipalmente a Lodz, la 
grande città della tessitura, e nelle città industriali vicine, Zgierz, Pabianice, 
Zdunska-W ola. 

Il governo russo favorisce quest'elemento laborioso 6 paziente, che ha contri- 
buito allo sviluppo dell’industria in Polonia, ma che trova nella situazione 
che occupa grandi vantaggi economici e politici, a detrimento dei Polacchi e 


dello stesso impero russo. A Lodz si formano associazioni militari, di ginna- 


(1) Nel 1912, su 36 membri della Corte di giustizia di Varsavia, 32 erano ortodossi, 
protestanti, 1 musulmano: e nou un polacco! 
(2) D’Acandia, L. c., Introduzione, pag. XVIII e seg. 


158 LE CONDIXIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


stica, di veterani; esse celebrano tutti gli anniversari nazionali della Germania, 
e sfilano in quei giorni sotto gli occhi delle autorità russe. Pari libertà non è con- 
cessa ai padroni di casa spodestati, cioè ai Polacchi; anzi la maggior parte 
delle associazioni loro son vietate. Che più? Nel 1902 e nel 1907 si ebbero 
prove di audacissimo spionaggio tedesco, di mulini racchindenti apparecchi per 
soldati costruttori di ponti, di fattorie fortificate, e così via discorrendo. Onde 
i patriotti russi intelligenti sono impensieriti degli sforzi della germanizzazio- 
ne nella Polonia russa, dacchè questa regione è, a dir così, il posto avanzato 
della difesa dell'Impero 

E bene sta per quei patriotti della patria altrui; ma quelli cui appartiene la pa- 
tria non avevano rimedio, data la tolleranza e la parzialità dei padroni. Scoppiata 
la guerra, chi sa mai sel’invasione tedesca celle contrade polacche sarebbe avve- 
nuta, qualora gl’immigrati tedeschi fossero stati contenuti dentro i giusti limi- 
ti e i nativi trattati magari all’austriaca? 

Altri ostacoli vengono dagli Ebrei. Noi abbiamo parlato in genere 
di essi, e in ispecie di ciò che rappresentano nella vita economica del- 
la Galizia. Qui non ci ripeteremo per la prima parte, bensì ci occuperemo 
della azione loro nel regno della -Polonia del 1815. Diciamo anzi tutto che i 
grandi banchieri ebrei si considerano essi stessi come Polacchi, avendo adot-- 
tatc la lingua, i costumi e l’amor patrio dei Polacchi. Son numerose le 
fondazioni filantropiche ed educativo messe su da questi banchieri; esse s'aggiun- 
gono alle opere che compie la grande aristocrazia polacca, con gli stessi fini. 
Ma queste sono eccezioni, per quanto pregevoli; la massa ebrea non è così. 

Questa massa, osserva il Bienaimé, non è punto confinata dentro i limiti 
dell’antica Polonia storica, e molto meno entro quelli dei dieci governi della 
Polonia russa, ed essa volentieri si estenderebbe sopra tutto l’ impero russo, 
se il governo lo permettesse. Ma, temendo lo sfruttamento dei cont dini russi, 
rimasti molto semplici ed inesti, in confronto degli Ebrei maligni ed astuti. e 
volendo evitare tumulti, che degenerano in sanguinose persecuzioni, l’antorità 
proibisce agl’Israeliti d’abitare nei villaggi russi, e lor non accorda la di- 
mora della città, se nou eatro determivate proporzioni. 


La Polonia antica è il rifugio degli Ebrei espulsi dalia Russia, e quest’im- 


P. MERENDA 159 


migrazione, unita alle forte natalità della razza ebrea, spiega il fatto che nel 
reguo gli Ebrei crescon di nnmero più velocemente dei Polacchi. Dal 1890 al 
1910 l’accrescimento della popolazione ebrea è stata dol 50,33 °[o ; quella dei 
Cattolici del 42,88 °[- Per fortuna l'emigrazione degli Ebrei tende a cresce- 
re, e ciò ristabilisce l'equilibrio. 

Gli Ebrei son commercianti, intermediarii, industriali ed artigiani: V’agri- 
coltura non è vocazione loro. ; 

La lotta dei Polacchi contro siffatto elemento, dapprima è stata debole e 
condotta male. Un tempo i grandi proprietari 1nedesimi si mostravan favore- 
voli alla manomissione dell’economia nazionale da parte degli Ebrei. Inten- 
denti, sensali, intraprenditori, intermediarii d’ogsi genere erano Ebrei. L’a- 
bilità di questo popolo era apprezzatissima: dai signori polacchi, sdegnosi di 
qualsiasi enra amministrativa. Onde procurarsi danaro mercè vendita, mutuo 
o qualsiasi altro mezzo, bastava al magnate o al signore polacco chiamare a 
sè il sensale del villaggio; il danaro non tardava a venire, ed il beneficato 
comprendeva la maniera ond’esso era venuto soltanto il giorno in cui la rovi- 
na della propria fortuna lo svegliava dalla sna Innga indifferenza. 

Giova riconoscerlo, i tempi orimai son cambiati. I graudi proprietari, nes- 
suno eccettuato, governan da sè le tenute loro, stanno.a capo dei sindacati e 
delle associazioni agrarie e commerciali; i borghesi, i piccoli propretari, han- 
no seguito il movimento, e già s'è detto dell’attività loro nei circo commor- 
ciali e nelle cooperative agricole. 

Il piccolo commercio, ch'era del tutto accaparrato nelle mani degli Ebrei, 
sfngge loro, a poco a poco, da un mezzo secolo; molti piccoli impiegati po- 
lacchi aprono magazzini cristiani, sia coi mezzi lor proprii, sia con l’aiuto 
degli amici loro, e fanno concorrenza sì grande all’elmeento israelita, che 
n'è venuta l’emwigrazione degli Ebrei in America, ed anche in Fraucia. Sen- 
za l'afflusso costante degli Ebrei della Russia nel reame della Vistola, il nu- 
mero degli Israeliti in quetsa regione sarebbe pressochè stazionario. 

Qui Tantore entra in particolari. 

I commercianti ebrei non hanno più il predomivio d’una volta; nell’indn- 


stria essi, che predominio noevan avvo, ma larghissima azione, vauno indie— 


160 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


tro. Eccetto la fabbrica della carta, la stamperia, la litografia, la fabbricazione 
della birra é l'industria dei vestiti, gli Ebrei detengono soltanto il 30 °/, del- 
l'industria polacca. i 

Predominano gli Ebrei nell’industria dei trasposti, ma senza monopolio (123 
case ebree, 29 cristiane); dicasi lo stesso nel commercio per eommissione. 
Le cartiere ebree son 103 contro 76 non ebree. Anche nelle nonveautés, dove 
gli Ebrei eccellono, stanno 2.797 case ebree contro 1.613 cristiane. 

Nei prodotti chimici, in quelli alimentari, nelle intraprese finanziarie le ca- 
se ebree sono in notevole iinorità. ch 

Il boicottaggio dei Polacchi contro gli Ebrei (e reciprocamente) cosa nuo- 
va in Polonia, sconosciuta, prima del 1907-1908, ha avuto per causa l’afflusso 
degli Ebrei russi cacciati dalla Moscovia, e raucori politici che la reazione 
russa, provocata l’indomani degli avvenimenti rivoluzionarii del 1905, ha spes- 
so sovraccitati. 

Ma le notizie che ci dà il D’Acandia non combaciano perfettamente con 
quelle del Bienaim6, e ci farebbero sperare nua possibile fusione, se non 
«altro parziale, dell'elemento ebreo col polacco. ‘‘Imprigionando (egli scrive) 
tutta la disgraziata razza ebrea nelle marche dell’ovest, il governo pensava di 
veder finalmente diluita la resistenza polacca. Ma, all’infnori dei grandi ban- 
chieri, che con alcuni alti digvitari della Chiesa cattolica formarono il cosid- 
detto partito del compromesso, ligio al trono, tutte queste forze raminghe, al con- 
tatto del gran cnore della Polonia, si sentirono, oltre che Ebrei, Polacchi: 
nervosi, intelligenti, ingrandirono le file rivoluzionarie, mettendo a dispo- 


sizionedel paese che li ospitava, il loro danaro e loro vita.,, ({) 


(1) I. c., Introduzione, pag. XCVIII. Segue poi questa nota: 

“ Il bozcottaggio dei Polacchi contro gli Ebrsi è cosa receutissima, posteriore alla rivolu- 
zione russa. La cacciata, e quindi il continuo afflusso degli Ebrei russi in Polonia (parlando 
il russo, sono, volontariamente o no, agenti di russificazione) ha finito per gettare l’allarme, 
non solo fra i Polacchi, ma tra gli stessi Ebrei polacchi. La scintilla è stata l’atteggiamen- 
to indipendente degli Ebrei a Varsavia, al momento delle elezioni politiche. Il boicottaggio, 
organizzato soprattutto dai “ democratici nazionali ,,, provocò fra gli Ebrei un movimento 
antipolacco, che ha reso la situazione sempre più penosa. Tuttavia gli elementi migsjori 
della popolazione israelita e della popolazione polacca, sono sicuri che questo fenomeno a- 
rormale scomparirà, sotto un regime di maggior libertà, e già fin d’ora hanno levato la lo- 
ro voce a sopire gli odi di parte. » 


NET. 


P. MERENDA 161. 


‘ Gli Ebrei, segue il Bienaimé, abitando a preferenza le città, e i Tedeschi 
riunendosi sopra tutto in certi distretti, // resto del paese resta polacco, e pro- 
_fondamente polacco. Le campagaue, i villaggi, le capanne piantate nella grassa 
pianura di Kujavie, o sui margini d’un ruscello nei paesi boscosi di Lomza, 
o nei cantoni delle vallate di Kielce, sono interamente polacchi, e nutriscono 
quella popolazione di contadini che nelle tre Polonie costituisce la base in- 
distruttibile della nazione. E dappertutto le madri sante ai loro figlioletti in 
segnano in polacco a balbettare le prime parole, a farsi il segno della Croce; 
e, cresciuti, li educano al culto di Dio e all’amor della patria oppressa, per 


la quale li preparano a patire. 


-$ &— Eeonomia nazionale della Polonia, 


Dopo l’analisi viene la sintesi. 

A questa tendenza natnrale dell'umano intelletto ha ubbidito il Bienaimé 
nel discorrere, da ultimo, dell’economia nazionale della Polonia tutta quanta, vo- 
lendo abbracciare, con nnico sguardo, le tre parti in cui è stracciato il manto 
di Sobieski. Ma, e dicendolo ne chiediamo venia, non ci pare ch’egli riesca nel suo 
fine, perchè tanta copia di notizie e di numerici svariatissimi dati non si possono 

. ridurre in uno se non sommandoli insieme: la qual cosa è impossibile, man- 


cando l’uniformità del metodo di ricerca e di raccolta degli elementi, che d’al- 


“ Il processo di fusione (hanno dichiarato alcuni Israeliti sul Corriere di Varsavia, n. 382, 
“13 dicem. 1914) degli elementi etnici e confessionali eterogenei, il risveglio dei sentimenti 
“ civili nella massi ebrea, avevano fatto in molti anni dei progressi, grazie alle riforme le- 
‘‘ gislative appropriate e alla collaborazione dei grandi spiriti polacchi che innalzarono in- 
‘* nanzi alla società la fiaccola della giustizia e della tolleranza. Delle circostanze esteriori e 
‘“ dei fatti politici e sociali dipendenti da queste eircostanze hanno intralciato la continuazione 
‘di questo processo. Noi siamo profondamente convinti che, nella nuova evoluzione storica, . 
‘ che attendiamo anche noi con fede invincibile, e che deve procurare alla Polonia le con- 
“ dizioni d’una esistenza nazionale libera, autonoma, la vita intensa di questa ultima 8’ap= 
“ poggerà di nuovo iutieramente sulle basi della giustizia assoluta. Allora i raggi vivifi- 
‘“ catori della ginstizia sociale, che già più volte avevano illuminato la Polonia, sparsi per 
# mezzo della sua libera cultura, beneficheranno anche il popolo ebreo,... base del nostro pro- 
‘ gramma d’azione sarà una sincera, calda devozione al paese e alla civiltà polacca. , 


162 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


tronde non hanno sempre lo stesso significato, dacchè dipendono da tre legislazioni. 


laonde egli o ridice cose già dette, e ciò non accresce le cognizioni di chi 


legge, ovvero dice cose nuove, e queste, riferendosi (si lasci correre l’espres- 


sione) a ciascuua delle tre Polonie, andrebbero unite all’esposizione dello sta- - 


to economico o delle provincie possedute dalla Russia o di quelle amminini- 


strate dalla Russia, ovvero della Galizia. 
Nè di ciò intendiamo fare un appunto allo scrittore: l’idea sua è naturale, 


e le difficoltà sono 77 re ipsa. La direzione generale della Statistica e del 


Lavoro del Regno d’Italia, pubbliva un bellissimo Annuario statistico italiano; 


ma dopo l’analisi la sintesi riesce malagevole per la copia grande dei fatti 
numericamente espressi, sicchè la pubblicazione è costretta a darci iu fine 
soltanto aleuni indici del movimento economico italiano, e non Zu/f. Ciò, non 


# 


ostante l’uniformità del metodo di rilevazione delle singole statistiche. Or che 


sarebbe avvenuto se, prima del 1860, nno statistico, anche della forza di Mel- . 


chiorre Gioja, di Pietro Maestri o di Giuseppe Bodio, dopo di essere andato 
ripescando i dati concernenti i sette Stati nei quali era divisa l’Italia, ed 
averli esposti, Stato per Stato. avesse voluto presentarne la sintesi? Press’a 


poco ciò che ci pare sia accaduto all’antore nostro. 


Del resto l'economia d’nn paese vien fuori da quella delle sue parti, e i fatti 


economici son divisi, per opera della natura e degli uomini, disugualmente nel‘ 


erritorio di ciascuria; onde, studiando le parti, si studia il tutto: tanto vale il di- 


re che la Sicilia produce zolfo ed agrumi, le Puglie olii e vini, e che la Lombar- - 


dia ed il Piemonte esercitano fiorenti industrie, quanto dire lo stesso dell’Italia 
complessivamente. 

Pertanto molto di ciò ch’espone il Bianaimé in quest’ultimo capo del suo 
lavoro, c'è parso opportuno di collocarlo nei singoli lInoghi che precedono, se- 


condo si riferiscono alla Polonia dominata dall’Austria, dalla Russia o dalla 


Prussia. Se abbiamo errato, ci sieno indulgenti e il nostro autore e chi legge. . 


Piuttosto ci pare di seguire il nostro nelle ultime due pagine, nelle (uali 


studia le caratteristiche dell'economia nazionale polacca: qui la sintesi è possibile,... 


e la crediamo ben condotta ed utile a conoscersi. 


Chi dice industria polacca, commercio polacco, impresa polacca, dice quasi. 


P. MERENDA I 165 


_ sempre industria, commercio, impresa contrariati e soggetti alla concorrenza 
-dell’attività e dei capitali degli Ebrei, eccetto che iu Posnania, dove al posto 
loro si trovano i maestri tedeschi. 

La penuria dei cap:tali, in opposizione all’abbondanza delle ricchezze na- 
turali o meglio dei doni della natura: ecco uuw'altra caratteristica dell'economia 
nazionale polacca; penuria dovuta in gran parte al ritardo chela soggezione a 
governi stranieri ha prodotto neilo sviluppo della grande industria. 

Un altro carattere della situazione economica si riferisce alla osf/lutà der 
«governi contro i loro sulditi polacchi, per quanto sia temperata in Galizia, ed 
gl. ostacoli che necessariamente ne derivano all’attività economica preseate della 
Polonia. 

Contro queste canse perturbatrici lottano i Polacchi. convinti che salvare: 
l'economia del paese col farla progredire è salvar la nazione. Ecco un caso 
‘singolare di accordo perfetto tra gl’interessi privati e gli scopi morali e politici 
e il cittadino deve proporsi uella vita! 

Smessa alquanto la tendenza al fasto, e prese abitudini di risparmio, i 
capitali si vanno accumulando. anche mercè l’attrattiva d'ognora più fruttiferi 
impieghi. 

Nella Polonia russa, e specialmente nella prussiana, si assiste al fenomeno 
confortante di giovani che cercano sempre meno impieghi governativi, e che 
si dedicano al commercio, all’industria, ‘all'agricoltura. 

E qui soccorre la forza enorme della coesione domestica. Sarebbe difficile 
esporrs le peuose privazioni, anche crudeli, che s'impongono le famiglie polacche 
per educare i figlinoli loro, così namerosi, senza il menomo aiuto del governo, 
anzi spesso contrastando avverso l’ostilità dei rappresentanti suoi. Quali le- 
zioni, esclama il Bienaim6, quali lezioni di perseveranza, d'abnegazione, di gs- 
nerosa energia contro la misaria; quale esempio pei popoli troppo ricchi, troppo 
Inciviliti, guastati dalla fortuna! 

D'anno in anno l’attività economica della nazione compie progressi consi- 
derevoli. 

Nè via mosso in non cale un altro carattere dell’economia polacca, ed 


-la solidarietà nazionale. In Litnania. in Ukrauia, nel bacino di Dounetz, nel 


pi È, “i 4 dii 


164 LE CONDIZIONI ECONOM_ CHE DELLA POLONIA 


Caucaso ed in Siberia, la presenza di numerosi Polacchi è vantaggiosa econo- . 
micamente per la Polonia; in vero i Polacchi s’indirizzano a preferenza alle u- 
sine, alle manifatture, alle case di commercio di Varsavia, esono fedeli clienti 
per la Polonia, quarte volte è possibile loro. Fra la Lituania e. l’Ukrania da un 
lato, e la Polonia russa ed austriaca dall’altro, i commerciali Tapporti sono - 
molto grandi per opera dei Polacchi. 

Dappertutto si conservano e tengono vive le tradizioni delle glorie e 
delle sventuro del popolo polacco, e si mira al suo avvenire, sicchè una è Va-- 
nima della nazione. 

Se ci fosse lecito di rappressutare la Polonia con una figura geometri- 


ca, sceglieremmo la piramide. Essa mancherebbe di vertice, perchè la na- 


zione non ha governo proprio.In alto collocheremmo il clero colto ed anstero, (1) 


i nobili invitti, gli artisti d’ingegno creatore, i letterati gentili e forti, gli scienziati 


(1) Non pare che il D’/ candia trovi che il clero polacco abbia fatto abbastanza per la 
patria. E perchè ? Il vescovo di Plock condanuò la lettura dei libri di Sienkiewicz; invisi al go- 
verno russo; l'arcivescovo di Posen negò d’inviare un sacerdote al popolo, raccolto in chiesa + 
per commemorare un anniversario glorioso e piangere la patria perduta (pag. CXVI dell’/x- 
troduzione). Ma nella stessa pagina parla della persecuzione dei preti cattolici e dell’e- 
silio dei vescovi del 1863, e dice che la storia polacca ha tra i suoi martiri centinaia di u- 
mili preti, e a pag. XLIII accenna all’imprigionamento e alla destitnzione dell’arci vescovo 
di Posen, Ledochowski. 

Or le eccezioni confermano la regola; onde il patriottismo del clero polacco non eredia- 
mo che possa mettersi in dubbio: nè ciò gioverebbe alla santa causa che ci è cara. E se fel- 
loni vi furono tra le sue file, ce ne saranno stati pure negli altri ceti. 

Del rimanente, e non è il'caso della Polonia, l’alto clero, per interessi mondani o per 
pochezza d’animo, più volte deviò dal retto sentiero. 

Chi può negare la costante devozione alla patria del clero francese? Eppure Giovanna 
D'Arco venne dannata al fuoco, e l’infame processo fu condotto da Pietro Cauchon, vescovo 
di Beauvais, anima venduta agl’Inglesi, frementi vendetta, per la vergogna d’essere stati 
vinti da una fanciulla 

Il clero siciliano era 7bera/le nel sonso di allora, fu sempre ossequente ai diritti storici 
della Sicilia, favorì la rivoluzione del 1860. Ebbene, ed è assai doloroso ricordarlo, l’arcivesco- 
vo di Monreale, quando l'insurrezione pareva spenta, scrisse a Francesco II una lettera gra- 
tulatoria, e 11 maggio riunì quante autorità ecclesiastiche potò, raccomandando di predica- 
re la pace e la fedeltà al re a tutte le popolazioni dei Comuni, perchè la guerra che si fa- 
ceva al monarca tanto era l’istesso che farla alla Chiesa. Benedetto D'Acquisto, così operan- 
do, sperava di acquistarsi la sacra porpora, lui filosofo e teologo ? agì per debolezza, paura 
e cattivo consiglio ? Dio lo sa; certo è che lo stesso dì 11 sbarcava Garibaldi a Marsala, e il 27 
entrava'a Palermo. E allora monsignore non seppe essere uomo di carattere, e si recò a fare omage— 
gio al Dittatore ! (V. Giuseppe Bennici, Un primo libro per mio figlio: ricordi dell’ex-galeotto 
N.° 1603, peg. 191 e seg. e pag. 231. Roma, Loescher, 1896. 


oi 


P., MERENDA 165 


profondi, (1) quanti curano amorosamente lo sviluppo econom:co del paese, 
nei quali tutti arde la santa fiamma dell’amor di patria. E Ja base? La base 
è larga ‘e indistrattibile: essa la resistito ai cannoni, agl’intrighi diplomatici, alle 
accorte sottigliezze disgregatrici d’arroganti scienziati ed uomini di Stato. Sen- 
tiamo il nostro autore nella sua conclusione. 

«Mala vera caratteristica della Polonia, di tutta la Polonia, è anche adesso: 
l'amor della terra. Il Polacco è campestre, contadino, agricoltore. (2) La terra, 
buona generalmente, è ricercata sempre più, sempre meglio lavorata; acquista 
ognora maggior valore. Senza dubbio in parecchi luoghi è ancora coltivata mala- 
mente, e non nutrisce punto l’uomo suo, che la lascia ed emigra. Ma giammai perde 
egli la speranza di ritornare; e, s'egli torna, s’'egli può rientrare nella patria 
sna cou le economie fatte lavorando all’estero, ciò fa per acquistare un pezzo 
di terreno, e per dare il lavoro suo ed il sno cuore alla terra polacca. 

« Poche terre al mondo son popolate come questa. Altrove le città si costi- 
pano, ammassando milioni d’uomini; in Polonia, sopra tutto nella Galizia, la 
popolazione rurale domina immensamente, e non cessa di moltiplicarsi, non ostante 

l'emigrazione. 

« A questo modo i contadini, le numerose famiglie ricoverate sotlo un tetto di pa- 
glia o di legno, son la vera ricchezza economica della Polonia. 

« L'economia nazionale di questo Stato decaduto è veramente caratterizzata 
call’esisteuza d’ua popolo formidabile di contadini, profondamente legato alla terra 
natale, e deciso a restarne padrone. Queste masse rurali sono il fondamento 
delle legittime speranze della nazione! » 


La Polonia non morrà!! 


(1) Il Giannini, L. .c., pag. 335 e seg., accenna agl’illustri polacchi vissuti dopo lo sbrem- 
bramento e la divorazione. A tacere dei minori: poeti, il massimo Adamo Mickiewicz, Giulio 
Slowacki, Sigismondo Krasinski; drammatici, Alessandro Fredro, Giuseppe Korzeniowski; il Wyspian- 
ski (lo Shakespeare della Polonia attuale); storici, G. Zelewel, C. Szajnocha; romanzieri, 
Enrico Sienkiewicz; pittori, Madejcke (il cui quadro « Sobieski che libera Vienna » è al 
Museo Vaticano), Siemiradzkti (del quale s'ammira un’opera all’accademia di S. Luca); sculto- 
ri, Laszizka, Seymanowski e Madeyski; musicista, Chopin; scienziati, la Stolodowska vedova Cu- 
rie (che scoprì il polonio ed il radio), l’O/szewski (scopritore di un quarto elemento dell’aria), 
Gumplowicz, giurista. Degli economisti s'è già detto afpag. 4. 

(2) « Le Palonais est rustique, il est villageois, il est laboreur. » 


166 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


$ 6 — Dubbii e risoluzione loro 


Tra quanto abbiamo esposto nel capitolo II sullo stato economico della 


Polonia, e quanto si legge nel Bienaimé, non c'è armonia. c'è anzi contrad- 
dizione; ma è soltanto apparente: inverv si tratta di due epoche diverse, la 
prima che fimisce, press’a poco, tra il 1850 eil 1860; Ja seconda posteriore. Nel- 
l’ultima metà del secolo XIX e nei primi anni del XX, una grande trasforma- 
zione è avvennta in Polonia, e sta continuando: il paese s'è posto sulla via 
della grande industria, e va mettendo a profitto i materiali preziosi che la 
natura nascose nelle viscere della terra, perchè l’uomo se ne avvantaggiasse 
con la sua operosità. Nè, chi ben guardi, c'è da meravigliarsene. Non si trat- 
ta punto d’un fatto isolato, ma d’un fatto ch'è comune a tutto il mondo ci- 
vile; e se ne possono recare gran numero d’esempii: noi crediamo portarne 
un solo. L'Italia è passata per analoghe vicende, e basta paragonare per essa 
lo sviluppo industriale e commerciale anteriore e posteriore al 1860. Gran 
parte d'Europa, mufatis mutandis, ha seguito la stessa corrente: chi era inuanzi 
continna a camminare; chi era indietro, s’affretta. Iu vero, se è lecito dubitare, e 
la preseute guerra, e i modi di farla, ne porgono validissiano argomento, se 
è lecito dubitare, sotto certi aspetti, dei progresso morale, sarebbe come chinde- 
re gli occhi alla Iuce del sole il porre ia Gubbio il progresso materiale. 

Noi ignoravamo, e molti con noi ignoravano, che la Polonia avesse par- 
tecipato a questo movimento grandioso; l’autore nostro ci ha portato la buo- 
ma novella. x 

Ma si può credere a quant’egli ha esposto, e senz'aleun dubbio? 

Il Prof. Giuseppe Ricchieri ba pubblicato, e già citammo, uno scritto 
interessantissimo, dal titolo Ze basi geografiche della nazione polacca, nel quale, 
con grande competenza, studia il territorio ed i confiri della Polonia, 


A noi Italiani la natara segnò per coufini le Alpi ed il mare; (1) la Polonia 


(i) Le Alpi, dal Quarnero al Varo, e il ware, comprese le isole italiche 


P. MERENDA 167 


non ha lastessa fortuna; oltro a ciò razze minori vivono in mezzo ai Polacchi, 
mentre una è divenuta la razza italiana, salvo qualche mistura ai confini. 
Queste differenze, per la ricostituzione a Stato del popolo polacco, costituisco-- 
no certamente una difficoltà, per quanto non sia insuperabile. Però non è, 
nè può essere co upito nostro entrare in siffatta dis:;ussione; (1) tuttavia c'è 
nu panto dello studio del Riccheri che si connetteindissolubilmante col nostro tema, - 
e del quale dobbiamo per necessità occuparci: ed è questo. In una notaa 
pag. 51, egli scrive: “Ci astoniamo dal riprodurre le cifre sull'ummontare della 
produzione industriale polacca, sia perchè quelle che da taluui si portano 
(vedere ad esempio uell’articolo citato del Bienaimé La Loloyne économigue 
(2) ein Boll. della Reale Società Geografica, agosto 1914, pag. 913) non danno suffi- 
cienti indicazioni e garenzie; ma sia più ancora perchè le cifre per se stes- 
se poca luce danno senza i confronti per iutenderne l’importanza; ed i confronti con 
l’Italia ed altri Stati riescono quasi impossibili, non fosse altro per le basi 
aiffrrenti delle statistiche.,, o 

Certo lo studioso competente desiderà, non solo i dati complessivi, ina 
eziandio gli elementi loro, onde potere da: sè mettere a prova le conclusioni 
che l’autore d’una indagine ci presenta; ma si deve tener conto al Bienaimé 
che il suo, per ciò che concerne prove numericamente espresse, è an lavoro 
riassuntivo; nè, trattandosi d’una conferenza, poteva essere altro. 

Più grave è l’appunto che si riferisce alle guarantigie dei dati che pre- 
senta l’autore della Pologne économique. Or ‘egli nelle note cita ben otto serit- 
tori a conforto delle sue affermazioni, e questi si posson compulsare. (3) 

(1) Ecco, per esempio, un modo spiccio per eliminare la difficoltà relativa ai confini: uni- 
re daccapo le tre Polonie così. come sono, e chi s'è visto s'è visto. 

(2) Il lavoro del Bienaim3 che abbiamo studiato, non è nu articolo, ma un esfratto dal 
Bulletin de la Societé de Géographie commerciale de Paris, nel quale, a pag. 3, dopo il titolo 


dello sccitto, La Pologne économique, c'è il richiamo al una nota, dove si legge: ‘* Conférence 
de M. Georges Bienaimé (2) juin 1914).,, 

(3) Czysski Edouard, Essai de statistique ethnographique de la Pologne, Varsavie, 1909. 

Dniowski R., Za Question polonaise, trad. par Gasztowit. Paris, 1910. 

Gorski Stefan, Les AMemandes dans le royaume de Fologne. Paris, 1209, Agence de Presse 
polonaise. 3 i 

Szuyski, L’Industrie des huiles minérales en Galicie, conference faite è la Chambre de 
commerce austro-hongrois, le 3 avril 1914, 


Szczepanski, La Galicie et son devetoppementéconomique. Revue Politique et Parlamentaire, 
juin 1914. 


168 ‘: LHR CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


La esposizione ch'egli fa dello stato politico ed amministrativo della Polonia 
secondo le sue tre divisioni, risponde a ciò che sappiamo da altre fonti, e 
quant'egli ci dice sullo stato economico è confermato dalle ricerche fatte da 
noi dopo la lettura delle suo pagine, e messe a profitto nella presente compi- 
lazione. Non saranno sicure nelle quantità le cifre ch'egli ci presenta? Ma il 
d’Acandia ci offre parecchi dati, per ciò che riguarda l'economia del paese, 
i quali dicono, su per giù, le cose stesse afferitate dal Bienaimé. (1) 

Tuttavia teniamole per non sicure; or bene, che altro son elle le cifre 
statistiche, se non i fatti vumericamente esposti? Ma sn questi fatti, se non 
erriamo di gran lunga, l’accordo è perfetto tra il Bienaimé e il Riccheri. in 
fondo affermano ertrambi che la Polenia non è soltanto una nazione agricola; 
ch’essa, aiutata da condizioni naturali favorevoli, ha fatto anche dei progressi 
notevoli nelle industrie, sicchè è lecito argomentare clie altri ne farà nel- 
Vavvenire. (2) Questo è già molto. Sta bene che sarebbe desiderabile anche 
un’opera di polso, che scenda pure agli elementi; speriamo che il Bienaimé 
vi si applichi: ma se nol fa, non può imputarglisi a colpa, così grandi sono le 
difficoltà che presenta una statistica industriale, specie se il paese, del quale si oc- 
cupa, è iu balia di stranieri che se lo son diviso, e non hanno sempre interesse 
di rivelare alla nazione oppressa edal mondo ciò ch’essa è dal lato economico. 

Quant'è ai confronti internazionali, non sapremmo se le statistiche indu- 
striali, anche riguardanti Stati indipendenti, sieno compilate a basi nniformi, e 
riescano quindi agevolmente paragonabili. 

Checchè ne sia, per entrare in questo coneerto, è necessario che la Polonia 
torni nna ed indipendente; allora avrà un nfficio centrale di statistica, il quale potrà 
fare delle rilevazioni, adottando unico criterio, e basando questo sopra rubriche 
convenute con gli altri Stati enropei. Per ora dobbiamo contentarci del possibile. 


Mischerl'ch, Die Ansbreitang der Polen în Preussen. 

Leroy — Beaulieu Anatole, Un homme d'Etat russe, Milutine. 1873. 

Kurnatowski Georges, Za cooperation de consommation. Varsovie, 1912. 

Bienaimé, Gecrgas, Za Diète de Galicie. Paris, Rousseau, 1910. 

E le fonti messe a profitto dal Bienaim? non dobbono essere state queste sole, poichè 
il D’Acandia (L. e., Zutrodazione, pag. CIX) ci avverte che gli studi snlla Polonia industriale 
sono in gran parte apparsi sun riviste politiche e commerciali. 

(1) L. e., /utroduzione, pag. CX. Nulla ne riproduciamo, perchè stancheremmo il lettore senza 
offrirgli nessura coguizione nuova. 


(2) Vedi Ricch=ri, L. c., pag. 8, 17, 21, 23, 25, 26, 28, 29, 30, 3I. 33, 34, 35. 


P. MERENDA 169 


CAPITOLO IV, 


Aspettative e speranze 


In conclusione. si può affermare, con sicura coscienza, che la Polonia non 
«è un paese esclusivamente agricolo, ma ch’esso possiede pure industrie fio- 
renti, le quali in gran parte ricavano dal patrio suolo le materie prime che 
adoperano, e batte alacremente la via del progresso economico. Essa ha nel 
suc seno gli elementi d’una grande prosperità, e il suo popolo, indurato alla 
fatica, coraggioso, onesto, generoso, pio, (1) ora che è in giorno della vita 
economica moderna, di qualche difetto correggendosi, quegli elementi saprà 
mettere insieme e fecondare. (2). 

Ma se lo stato economico della Polonia era così promettente prima dello 
scoppiare della gaerra enropea, che cosa è avvenuto dopo? Della Posnania nul- 
la sappiamo, come conosciamo della Germania quel tanto che alle gazzette 
nostre e francesi perviene o piace di farci sapere; e si può presumere che 
nulla sia mutato, tranne ciò ch'è inseparabile allo stato di guerra in generale, 


e a questa guerra in particolare. (3) La Polonia russa invece e la Galizia sono 


(1) Questi caratteri son confermati dalle seguenti parole del Ma-inelli, le quali parendocî 
belle anche per le mende che contengono, vogliamo riprodurre: « Pronto d'intelligenza, vi- 
vace di spirito, piacevole e brioso nel tratto, capace dei più nobili entusiasmi, amanta della 
enltura, guasta queste doti con una notevole volubilità e coll assenza di misura e delsenso 
positivo delle cose. Capace dei più alti sacrifizi per impeto subitaneo, gli manca la costanza 
. del lavoro assiduo e prolungato per un fine remoto. È dominato dalla passione del lusso e 
della magvificenza. Coraggioso e valoroso, il Polacco, che molti si compiacciono di chiamare 
Francese del nord, ha con esso comune la gentilezza, l’arguzia, la vivacità dell’intelligenza, 
il sentimento anzi l’eccitabilità patriottica. » 

L. c., pag. 787. 

(2) Il carattere dei Mongoli, dei Tartari e dei Turchi, derivanti dagli uni e dagli altri 
pare refrattario al progresso; ma altri popoli, che non avevano tutte le buone qualità dei Po- 
lacchi, da barbari o da bassa civiltà, sono assurti a grandi destini. 

Che cos’erano l'Inghilterra ai tempi di Cesare? la Germania descerittaci da Tacito ? il Giap- 
ne di cent'anni addietro? . 

(3) Soltanto circola questa notizia: la Prussia ha coucesso a Posen un presule cattolico, 
polacco. Ma ciò implicherebbe la cognizione d’un fatto che ignoravamo, cioè che l’arcivesco- 
vado polaeco della capitale della Posnania aveva cessato d’esistere per volontà dei dominatori. 


170 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


state due volte teatro .di terribili battaglie e co-mbattimenti. E chi può dire. 
la rovina che n'è venuta ai campi, alle case el alle officine? 

Per quanto sia impossibile scrivere la storia in questo momento, è necessaric,. 
costruire, così como si può, gli avvenimenti, anchao correndo rischio d’errare. 

I Tedeschi, nella plrima fase della campagna, invasero il territorio polacco, 
e arrivarono fin sotto le mnra della capitale. Per ivia, distrussero Kalisch la 
qual cosa, se i Polacchi (1) del regno del 1815 non li avessero conosciuti come i 
tormentatori della Posnania, sarebbe bastata a renderli antipatici; poi si accanirono- 
contro Centochova e contro altre città, e bombardarono Varsavia. con la 
flotticlia aerea loro; vennero con trebbiatrici e zappatrici a vapore, falciarono. 
le messi, scavarono le patate dal suolo, inviando in Gerirania il prodotto 
della terra polacca; predarono il bestiame, rovinarono le case; la popolazione, 
spaventata, fuogiva dinanzi a loro. Che ne avvenne? I Russi, che presero 
la controffensiva, furono accolti come fratelli dai Polaech', tanto che un 
testimone oculare osserva: “Occorre fare nno sforzo per ricordarci che. 
siamo in Polonia, e che le truppe così caldamente accolte sono i soldati dello 
Czar. » (2) I Tedeschi, battuti davanti Varsavia, furono costretti alla ritirata. 
I solidati russi, vittoriosi, si comportarono civilmente. Non così il governo russo. 
Scrive il D'Acandia: 

«Impedita la formazione delle legioni polacche, che pure avevano tutte 
le simpatie del Granduca Nicola; soppresse, sullalinea Varsavia-Vienna, le tabelle 
indicatrici russo-polacche, per sostituirle con semplici iscrizioni russe; rimessa 
in vigore, per ordine del vice-ministro barone Taube (d’origine tedesca) 


la disposizione già abolita dalla Duma, cou la quale l'insegnamento della 


(1) Kalisch o Kalisz è città di 42.000 abitanti, capoluogo della provincia cello stesso nome. 
È la prima città polacca che s'incontra dopo il confine, venendo dalla Sassonia. La distruzione 
avvenna col pretesto che qualenio della-folla aveva sparato contro lo truppe tedesche. 

(2) Stanley Washburn, correspondant de guerra du Zizzes près les armées russes, Sr le front 
russe, traduit de l’anglais par Paul  Reneaume, pag. 59. Paris-Nancy, librairie militaire 
Berger-Levrault, 1916. 

A determinare il fatto, che a prima giunta pare strano, avranno concorso pure, nou solo 
le più gravi antipatie di razza, ma eziandio questa considerazione: brutale: è la russa tiran- 
nide, brutale pure la prussiana; ma questa è scientifica eziandio, onde rappresenta maggior 


danno e pericolo. Avran poi creduto alle promesse del Granduca Nicola Nicolaievic®? (fe 
Appendice, Ill i 


P. MERENDA Divo 


storia e della geografia vien fatto, non più in polacco, ma in russo, e da in- 
segnanti ortodossi ». 5 

Nuova offensiva dei Tedeschi, e ritirata dei Russi, 

Per qualche tempo i Polacchi rimasti son liberi, e usan hene della 
libertà; poi domina il Kaiser, e dapprima sembra che gli Alemanni abbiano 
fatto senno; ma fu illusione. Un Comitato Civico Centrale s'era costituito per 
salvar> il paese dall’unarchia. Il maresciallo von Hindenburg, con decreto del 30 
agosto 1915, cominciava dal sottrarsli le scuole, ponendo sotto il controllo e la 
direzione dell’ amministrazione civile tedesca la istruzione pubblica della 
Polonia russa; il governatore generale von Beseler poi, con decreto del 12 
settembre 1915, scioglieva il Comitato Civico è le sue filiali. Si instaurava quindi 
un’amministrazione all'uso prussiano. i 

Ma qui non cè altro che un mutar di padrone: quale dei due il mer tristo, 
«dirà la storia. 

Cose più tremende accaddero nelia Polonia russa ad para dei Russi 
medesimi. Avanzando i Tedeschi, la seconda volta, ed essendo i Russi costretti 
alla ritirata, adottarono la tattica adoperata nel 1812 da Rostopchin contro Napo- 
leone: creare il vuoto attorno all'esercito nemico, sicchè non trovasse nè che 
acquistare fnor della nuda terra, nè come approvigionarsi; da ciò la distruzioue- 
d’ogni fabbrica industriale, Vl’ incendio, 1)’ esodo forzato di tutto il popolo, a pie- 
di. nel fango,senza vitto, seminando la via di morti e di moresti. Non pare 


«che la storia ricordi strazio simile d'un popolo innocente! (1) 


(1) « Soltanto Gopo la guerra la statistica ci dirà quale sia stati la mortalità infantile, 
Conoscitori affermano che, ad es., in Polonia praticamente non esistono più bambini sino a 7 anni. 
« L'affermazione sia pure esagerata; ma vou c'è dubbio che l’esercito tedesco abbia praticato 
< il sistematico affamamento. La mortalità infantile in Belgio è pure passata per cifre di cui 
«non avevansi precedenti. Probabilments la guerra, durante il sco sezondo anno, ha provo- 


< cato anche molta mortalità infantile austro-tedesca per denutrizione. Non ve n'è stata della 
« francese, fuorchè nei dipartimenti invasi, nè della inglese e italiana. Ma la Serbia s'è tro- 
<« vata in posizione analoga alla Polonia, con questa differenza, che a brutalità austriaca non 
< raggiunge quella prettamente germauica. » 

Sin qui il Pantalzoni, articolo / fenomeni economici della guerra, nel Giornale degli Eco- 
nomisti, maggio 1916, pag. 392, in nota. i 

Per quel che concerne l’Italia, la quale conosciamo meglio degli altri Stati dell’Iutesa, 
l'orizzonte ormai si oscura, e diventa minaccioso. 

S'è creduto che si poteva regolare artificialmente il mercato, mediante previsioni, prov- 
visioni e prescrizioni della pubblica autorità, certo reputandosi di salvare il paese dal riucaro, 


172 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Or è a dubitarsi se quest’esodo dei Polacchi era giustificato dalle necessità . 
della guerra. Nè si dica che si applicò il metodo” che giovò nel 1812, perchè,. 
mentre Napoleone I era lontanissimo dalla sua base d’operazione, i Tedeschi 


trovavansi nel caso contrario; e allora non c'erano le ferrovie che ora ci sono. 


dall’ingordigia degli speculatori, dal consumo senza parsimonia; dimerticando che, come la 
scienza insegna e la storia economica ammaestra, ai prezzi non si comanda, essendo essi ne- - 
cessario indico del rapporto fra l’offerta e le domanda (funzione composta: diretta dei bisogni 
di chi può e vuol comprare, inversa della quantità dei beni): e dimeuticando che, in tempo 
di guerra, la scemata quantità dei prodotti no accresce fatalmente il valore; che l'alto costo 
induce necessariamente riduzione dei consumi; che i prezzi rimuneratori sono il migliore sti- 
molo all’anmento della produzione, dal quale soltanto può venire l’accrescimento dell'offerta, . 
e quindi il freno naturale del rincaro; che lo Stato è pessimo commerciante, così com’è in- 
competente in fatto d’agricoltura e d’industria. ì 

Austera parsimonia fu imposta con provvedimenti, dei quali taluni lodevoli per prudenza‘ 
altri che han fatto forse soffrire più gente per se stessa parca, anzichè indotto a frugalità 
anche un solo degli assueti all’intemperanza ed allo seralacquo. 

I Municipì fissarono i prezzi massimi delle derrate di prima necessità e di consumo 


generale (calmieri, mète), bardi pur troppo al popolo prediletti; lo Stato poi, per talune, . 


merci, ha fissato da se il maximum, e spesso le ha requisite a prezzi unilaterali, 0, come dicesi, 
d'imperio. 

Tutto ciò ha generato il disordine del mercato, e la penuria ha resa più grave, ovvero 
l’ha fatto nascers dove non c’era: uova, pesce, carbone di legno, zucchero, olio, ecc. son quasi 
fuggiti dai luoghi di smercio, e, o non si vendouo più, o si spacciano di contrabbando, e quin- 
di a prezzi di monopolio ovvero ottenendoli come grazia. Talvolta ha prodotto aumenti, 
incomprensibili, essendosi prescritti prezzi sfoggiati. Ed è naturale: il calmiere è stato, 
come sempre, or vano, or dannoso al compratore, ora, e per lo più, esiziale al venditore. S'è 
requisito il frumento indigeno, pagandolo, per quintale, ad un prezzo limite che, generalmente 
parlando, massime pei grani duri, non compensa nemmeno le spese di cultura attuali, data 
la scarsità della mano d’opera e degli animali da lavoro. Certamente con siffatta requisizione 
e con gli acquisti di graro all’estero e la rivendita a prezzo politico, quantunque antiecono- 
mico (pel frumento esotico circa la metà del costo, a quanto si afferma) si è ottenuto lì per 


lì, ed è stato nn bene, che il popolo minuto non comprasse caro il pane suo, e stesse quieto: . 


però è conseguito inevitabile lo scoraggiamento degli agricoltori nazionali, il quale ha gene- 
rato esigua seminagione autunnale nel 1916 (vuolsi sia stata dove la metà, dove un terzo del- 
l’ordinaria) che non può essere pareggiata dal seminamento primaverile. Stando ai dati che 
ci offre l’Annuario statistico italiano Qel 1914 (p. 217) si può calcolare che l’Italia importi dal- 
l’estero circa !/, del frumento che consuma. Or poichè secondo le Moze statistiche sui cereali, 
pubblicate, in ottobre 1916, dall’Zs/ilu/o internazionale di agricoltura, nel mondo il raccolto 
dell’emisfero settentrionale è stato, l’anno 1916, inferiore a quello del 1915 ed alla media 
quinquennale, specialmente per la produzione povera del Canadà e degli Stati Uniti, e poichè 
si prò ritenere che il grano rimasto dal 1915, unito all’esuberanze che potessero provenire 
dai raccolti dell'emisfero meridionale, appena equivalga al maggior consumo e alle dispersioni 
cagionate dalla guerra, è da prevedersi una deficienza d’importazione nel 1917, anche quando 
le Potenze dell’Intesa rimangano padrone dei mari; anche quando, accaparrando nuovo ton- 
nellaggio neutro, l’Italia possa rimediare alla contrazione della bandiera italiana dal traffico, 
prodotta dall’elevato prezzo dell’assicurazione del rischio di guerra, che nou ha più reso ri-- 
munerativi i noli calmierati. 


forno 


P. MERENDA 175. 


Passiamo alla Galizia momentaneamente invasa nel 1914. La popolazione, 
mentr’era fredda coi soldati russi, che pure si regolavano bene, era tenera 
pei prigionieri austriaci (1). Occorreva conquistarne il cnore. Come vi si 
provvide? « Invasione di monaci ortodossi, istigati, dalla campagna della 
socretà clerico- nazionalista fusso-Galiziana, alla conversione, più o meno spon- 
taner, degli Uniati-ruteni, sotto la direzione del vescovo nazionalista on. Eu— 
logio, propuguatore della spartizione di Chelm; (2) sospensione di tutti i gior- 
nali ruteni; chiusura di tutte le biblioteche, delle società cooperative e cultu- 
rali, fra le quali la grande società Paswita, con 150 mila soci, 5 mila biblio- 
teche e mille casse di risparmio; chinsura del museo nazionale ukrano, e 


trasporto in Russia di trtte le sue collezioni (3); chiusura dell’università e di tutte le 


La terribile Convenzione francese, nel 1793, emanava le leggi del mux,mum; ma dieci 
mesi dopo, vistine gli effetti funesti. ebhe la saviezza di abolirle. Oh! perchè non faremmo noi 
altrettanto? Una parte almeno dei danni che ci minacciano potrebbe cansarsi o perdere di 
gravità, e l’alba del 1918 potrebb’essere promettente di meglio. 

Checchè avvenga, il popolo italiano non darà seguo di debolezza o di stanchezza, ed es- 
sendo la vazione impegnata in guerra, sicchè, oltre l’onor suo, è in pericolo sin la sua esi- 
stenza, saprà, fino al dì della vittoria, sopportare tutto, come tutto han virtà di sopportare i 
svoi figli combattenti. È bene però sia avvertito che gi economisti non debbono ri:pondere 
di nulla: essi non sono stati uè consultati, nè ascoltati: non sono omini pratici, e gli occhi 
loro son ciechi di fronte allo splendore del .So/ dell'avvenire. 

(1) Stansley Washbur, L. c., chapitre IV. 

(2) Vedi pag. 94. Un corrispondente del Mz#70 (30 aprile 1915) riferisce queste parole d’un po: 
lacco galiziano: « Quando l’armata rnssa occupò Leopoli, sapete quale fr la sua prima preoccupa- 
zione? Di far venire dai popi Ci sarebbero voluti degli ingegneri militari per fare delle forti- 
ficazioni, e hanno fatto venire dei preti. Perchè l’unica preoccupazicne del monaco Rasputin, 
personaggio molto influente alla Corte, era di battezzare a qualunque costo i Ruteni, e di 
farli passare dalla religione Greco-Unita all’Ortodossia slava. Sono stati battezzati tanto, che 
hanno finito col rivoltarsi. Ed erano parecchi milioni! Ammazzarono tutti quei popi, che ave- 
vano l’ardore dei missionati, ma non la loro prudenza; e questa rivolta dei Ruteni fu il 
principio della fine in Galizia.» 

Questa nota è dal D’Acandia. A quel ch'egli ha detto fin qui, e che dirà or ora, bisogna 
aggiungere le persecuzioni contro il clero cattolico e greco-unito. Ci asteniamo dall’entrare 
in particolari, per amor di brevità; tuttavia non vogliamo tacere che l’arcivescovo di Leopoli, 
monsignor Szpycki, fu arrestato, ed ha tanto sofferto, che corse voce della morte di Ini. Mentre 
scriviamo questa nota (ottobre 1916) si ha notizia ch’egli, dopo essere stato, sino a poco tempo 
fa, messo insieme ai prigionieri civili di Kurst, adesso, non ostante le gravi condizioni di 
sua salute, è stato internato nel convento di Sandal, che serve ordinariamente di detenzione: 
cellulare ai membri del colera ortodosso russo. 

(3) Esistevano presso quasi tutti i grandi signori di Polonia, gallerie contenenti preziose 
opere d’artisti italiari e polacchi; la maggior parte di quelle andaron distrutte nella guerra 
con la Svezia, alla fine del secolo XVII. Ciò che rimase, venne rapito da Caterina II, e tra- 
sportato in Russia. 

A pag. 30 accennammo al trasporto a Pietroburgo della biblioteca di Varsavia. 

Ahimè ! La Russia, dopo due secoli, è sempre quella! 


al SE 


174 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


le; senodichiarazione del conte Robrinski che nelle scenole primarie in Galizia 
si dovrà insegnare in russo, salvo l’uso del polacco in eventuali senole pri- 
vate polacche; licenziamento di 20 mila Galiziani dagli uffici postali e dalle 
- ferrovie dei paesi conquistati, e sostituzione, anche dei non sospetti, con im- 
piegati russi; studio per l’espropriazione delle terre possedute in Galizia da- 
gli Ebrei, onde sottoporre quest'ultimi alle leggi d'eccezione vigeuti in Rus- 
sia; ordinanza del 30 settembre [1914 che impone a tutti i Galiziani la conse- 
gna agli uffici di polizia, pena tre mesi di prigione o una forte malta, di tutti 
i libri ruteni stampati in Galizia; proibizione dell'uso del ruteno nella corri- 
spondenza privata....... .. è necessario continnare nella enumerazione? » (1) 
Come liberatori, non c'è da essere scontenti! 
Per colmo di sventura, i Polacchi han dovuto combattere per l’Intesa o 
per la Quadruplice, vale a dire per gli altri. E° il caso di ripetere quei 
sersi del Leopardi, nella sua canzone A// Italia: 


Oh! misero co'ni che in guerra è sp»nto, 
Non per li patri lidi e per la pia 
Consorte e i figli cari, 

Ma da nemici altrui, 

Per altre gente, e non può dir morendo: 
Alma terra natia, 

La vita che mi desti ecco ti revdo. 


Nè questo solo: Polacchi militano negli eserciti Austro-Ungarici, Polacchi ael- 
l’esercito russo: i fratelli, dunque, hanuo neciso i fratelli. Spesso è accadato, di 
lotte, nell’un campo sentire” il canto dei connazionali doloranti nel campo av- 
verso; e il cnoro si commove, e le lacrime spuntano dal ciglio, e si risponde 
con lo stesso canto: ahi tragedia! domavi quelli faranno strage di questi, e vi- 
ceversal (2) Fatto assolutamento nuovo nelle isterie. 


(1) ’Acandia, L. c., Introduzione. pag. XCIV. e XCV. 

Egli scrive dopo: « Un ippopotamo, per usare una spiritosa frase d’un giornalista russo 
mon poteva condursi con minor tatto e circospezione in un magazzino di porcellane. » Le quali 
parole riproduciamo con dolcere, perchè amia no la nazione russa per le sue buone qualità, e 
per ciò che ha fatto in pro dei Cristiani oppressi dalla Mezzaluna, e dei popoli barbari dell’A 
sia,e perchèsiamgratialeidelsoccorso così intelligente e piodato. nel 1908, da’ suoi marivari agli 
sventurati sepolti vivi di Messina. Però queste parole scn meritate, edil popolo russo von se ne offen- 
da: chi non ama che gli vengano rimproverate le ca'tive azioni, si dee astenere dal commet- 
terle. Chi le commette, deve sottomettersi alla terribile sentenza di Carly Bot a, a proposito 
dello scellerato Pierluigi Farnese: « Ol si, gente superba! Infamateyi pure coi fatti, che la 
storia v'infamerà con gli scritti. » Slorza d'Italra, contizuala da quella del Gincciardini, libro ILL, 


(2) « La cattive sorte ci ha separati, o mio fratello; ci ha separati, e ci tiene prigionieri in 


, 


P. MERENDA 175 


Quanti anni ci vorranno perchè i Polacchi rifa:ciano le enormi perdite 
subite, e ritornino allo stato in cni si trovavano nel 1914? Chi può dirlo? 
Comunque, il risorgimento verrà. 

Ss dopo la notte funerea della presente terribite guerra, il dolce chia- 
rore della pace sarà seguito dal fulgore del sole della giustizia, e la caval- 
leresca nazioae polacca, rinnite le sue sparse membra, riacquistorà l’indipen- 
denza, cni ha divitto ed alla quale sospira, il nuovo Stato ristorerà le sue pia— 
ghe, e più tardi sorprenderà il mondo col contributo che porterà alla rie- 
chezza ed alla civiltà europea. (1). Ciò gioverà anche politicamente all'Europa, 
perchè la Polonia sarà balnardo tra Pangermanismo e Panslavismo, assicnran- 
do la pace per lunghissimo tempo; nè recherà noenmento al ragionevole svi- 
luppo della Germania e della Rassia: entrambe hanuo ivteresse a che uno 
stato cuscinetto, come suol dirsi, stia in mezzo tra sè e l’avversario di oggi, che 
potrebbe domani tornare ad esser tale se gli attriti reciproci non si evitauo. Nè va 
posto in non cale che i dne Stati, compiendo generosamente il grande atto di 
giustizia, si purificherebbero, di fronte alle genti, del disonore che, pel compiuto 
brigantaggio e l’ostinato perseverare nell’impudente godimento dei frutti del 


delitto, da tropp'anni pesa su di loro 


guerra. In due trincee nemiche noi guardiamo la morte in faccia, Lelle trincee piene di ge- 
miti, ascoltando il rombo continno del cannone, noi restiamo in faccia Vuno all’altro: tu mio 
nemico, io tno nemico ! 

<Piange la foresta e piange la terra. Il mondo intero trema nel fuoco. Iu due campi re- 
mici noì rimaniamo di fronte; tu ed-io, 

« Di buon mattino, appena il cannone comincia a rombare, ti annunzi a me col sibilo del- 
le palle micidiali. Scoppiano sulla spalliera della mia trincea gli s/lrapre/s lanciati da te, e 
con essi tu mi chiami e mi parti: Sono io tno fratello... tno fratello ! 

< Piange la foresta e piange la terra. L'incendio avvolse tutto il mondo. Tu mi ripeti 
sempre: Sono io tuo fratello, io sono tuo fratello ! 

« Non pensare a me, mio fratello, affrontando la lotta mortale. Sotto al fuoco del mio 
fucile resta impassibile come un guerriero antico, e quando tu mi vedrai da loutano, pren- 
dimi subito di mira; e al cuore polacco tira con una palla tedesca. 

« Perchè io vedo sempr» nella dolorosa veglia e sogno durante la notte che quella che 
non è morta risusciterà nel nostro sangue. 

Da un canto di guerra (1915). V. D’Acandia, T.. ec, pag. 565. 

(1) Chi confronti lo stato dell’Italia nel 1850 con quello attuale, vedrà l'immenso progres- 
so compiuto. A ciò certamente avran contribuito i tempi nuovi, ma è pure innegabile che: 
l'indipendenza nazionale ha concorso granlemente. La liberazione produrrà gli stessi effetti 
in Polonia. Pei confronti suddetti, vedi: Cinquant'anni di storia italiana, puoblicazio- 
ne fatta sottogli auspicii del governo, per cura delle R. Accademia dei Lincei. Milano, Hoepli, 19!1= 
vedi pure: 1861-1911: 772220 secolo di vita italiana. Milano, Vallardi, 1911. 


176 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Eccellente cosa sarebbe poi una conciliazione della Polonia con la Sla- 
via. Ma questa riconoiliazione, osserva bene il D'Acandia, non può essere rie 
chiesta a prezzo dell’indipendenza polacca. La Russia per prima non può 
pretenderlo. Giudicò bene Wladimiro Solovieff: “ Non si può impunements scrive- 
re sul proprio stendardo la libertà dei popoli slavi e degli altri ancora, men- 
tre si nega la libertà nazionale ai Polacchi, la libertà religiosa agli Uniti è 
ai dissidenti russi, e i diritti civili agli Ebrei ». Ed un pubblicista, alludendo alla 
politica russa in Galizia, osservò nella Gazzette de Lausanne (1° marzo 1915): 
< Vera della generosità, anzi della grandezza nel gesto della Russia alzanto 
il sno brando in favore della Serbia minacciata: ma la Russia non è dunque 
capace di generosità che verso i passi che non le appartengono? » (1). 

Ci paiono altresì degnissime di considerazione quest’altre riflessioni. Qua- 
lora alla Polonia dovesse essere accordato nu regime liberale, non diventerà 
essa fatalmente, come nell’addietro la Finlandia, il rifugio degli uomini più 
pericolosi per lo tzarismo ? E davanti a questa minaccia, non rifarà il governo 
di Pietroburgo un colpo di stato simile a quello del 1907? Altro'e più grave 
problema: data la suna antica e ricca tradizione, la sua fede, la sua volontà 
indomabile, non sarà portato il popolo polacco inevitabilmente a risollevarsi per 
la sua /nVpendenzi, acquietandosi alla az/onomia solo durante il periodo di tem- 
po necessario per rifarsi dall’orribile scempio di questa guerra? (2). 

C'è ni altro puuto iu cui siamo perfettamente d’accordo . col D’'Acandia 
« Ma, egli scrive, per la Polonia — molti sosteugono — vi è una grave pregin- 
diziale. Se lAustria può sussistere senza la Galizia, giacchè i suoi confini na- 
turali sono i Carpazi, e del rasto la suna composizione eterogenea si presta & 
molte amputazioni! se la Germania può vivere senza la Pognania, e, a_ rigor 
di termini, sacrificare anche al futuro Stato il porto di Danzica, la Russia, 
senza il Regno di Polonia, si troverebba privata d’nno dei snoi maggiori centri 
industriali, subendo in conseguenza una crisi che avrebbe un contraccolpo su 
tutta la vita economica della nazione. Data la stretta connessione esistente tra 
il benessere d’un popolo e il suo sviluppo industriale, si può ben comprendere 
come la Russia si opporrà recisamente ad ogni proposta che tenda a ridare 


(1) L. c., Introduzione, pag. XCIII. 
(2) D’Acandia L. c., Introduzione, pag. XCVIII. 


P. MERENDA 177 


l’indipendenza alla Polonia, anche se questa perdita dovasse corrispondere 


-ad altri aumenti territoriali in Galizia ed in Asia minore. 


«La riverenza del secolo per i fazfori economici, V’idolatria, il furor stati- 
sficus, che non permette neppure la discussione di una asserzione sostenuta 
da quattro cifre, spiegano come mai di questa pregiudiziale si valgano anche 


‘molti scrittori russi della estrema sinistra. 


«La perdita della Polonia non sarà certo per la Russia insensibile: nessu 


no oserà affermarlo: ma gl’interessi potranno essere perfettamente salvagnar- 


. dati da trattati di commercio che impegneranno la Polonia per un periodo 


-sufficientemente lungo. 


« La Polonia non possiede nessuna industriaimportante, nè alcuna materia 


prima che «non sieno, in diversa misura, possedute dalle altre zone industrial 


dell'’impero russo. 


«E d’altra parte il mercato russo è troppo necessario alla Polonia per- 


-chè essa non si senta spinta a vincolarsi alla Russia — sopratutto quando non 


considererà più quest’ultima come nemica, ma come alleata a cui deve gra- 


| titudine perla riconquistata indipendenza — con unioni commerciali, doganali. » (1) 


gt s 
SITI ARE LI GATA SI SR eee 


Si fanno ragionamenti curiosi da taluni in Alemagna! Si dice che vi sono 
nella Polonia Russa centinaia di migliaia di Tedeschi, ai quali nuocerebbe 
una Polonia indipendente, sicchè è da preferirsi uno Stato che, a dir così 
descriva un'orbita attorno alla Germania, come fa la luna rispetto alla terra. 
Peggio poi in quanto alla Posnania! A lei non potrebbe accordarsi l’autonomia, 
e meno ancora che s’unisca alle altre regioni polacche, ricostitnendo lo Stato 
d’una volta, perchè ciò significherebbe nn’amputazione d’una parte vitalmente 
importante dell'Impero, e il passaggio di milioni di Tedeschi sotto la domi- 
nazione polacca. Non si può quindi ammettere che la Posnania cessi d’essere 
un membro del corpo germanico; ma si deve volere che i Polacchi in Germania 
sian liberi come se fossero in America, e quauto il sono gl’Italiani in Isvizzera. 

Dunque quando in un paese vi sono ceatinaia di migliaia di stranieri 
appartenenti ad una determinata nazione, quel paese non ha più diritto ad 
essere indipendente; dunque, allorchè uno Stato invade il territorio d’un altro 
Stato, e in questo fa immigrare i suoi ciit\dini, le terre invase diventano 


(1) L. c., Introduzione, pag. CIII. 


178 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


parte vitale dello Stato invasore, e la nazione soggiogata non ha più diritto- 
d'avere un’esistenza propria, perchè gl’immigrati diventerebbero sudditi! 

I Polacchi in America son lib>ri, ma della libertà che si può godere in 
casa altrui; gl’l'aliani nella Svizzera son liberi, coue gli altri cittadini di razza 
francese o tedesca, che insieme a loro costituiscono quello Stato sovrano che 
si chiama Svizzera, nel quale non vi sono nè oppressi nè oppressori, nè con-- 
quistati nè conquis atori. A che confondere fatti politici di natura così diversa ? 
La ragione c'è: Beati possidentes! disse un giorno Bismarck; e chi possiede, anche 
illegittimamente, vorrebbe conservare ciò cho detiene, e non vorrebbe essere 


disturbato nella beatitudine sua | 
In Ialia il risorgimento dalla Polonia sarebbe acsolto con gioia immensa, 


non solo per sentimentidi pietà e di giustizia, (1) ma anche per interesse : la 


(1) I rapporti fra l'Itatia e la Polonia, formano in mode speciale oggetto del libro terzo 
dell’opera del Giannici, Storia della Polonia e delle sue relazioni con l'Italia. 

Nel secolo XVI (com’egli espone) i Tedeschi cessarono di essere mezzo d’introduzione della 
cultura occidentale in Polonia, essendo stati assimilati daila gagliarda vita polacca, e ad essi 
subentrarono gl’Italiani, da quando Sigismondo I (1506-1548) il 15 aprile 1518, sposò a Cracovia 
Bona Sforza, principessa di Bari, figlia di Gian Galeazzo, duca di Milano. Lettere, arti, indu- 
strie, commercio costituirono il veicolo tra l’Italia e la potente nazione polacca. 

Poeti nostri, soggiungiamo, cantarono le sventure e vaticinarono il risorgimento della 
Polonia. 

Anche senza il grato ricordo che nel 1848-49 puguò per noi la Zegione polacca, organiz- 
zata. da Adamo Mickiewiez, l'nomo che Cavour, in pieno Parlamento, aveva proclamato < uno 
dei genii che con Omero, Daute e Shakespeare rappresentano l’anima immortale d’una nazio- 
ne »; anche senza il grato ricordo che i Polacchi combatterono nel 1860 tra i Garibaldini 
dinanzi Capua e Gaeta; Mazzini, Garibaldi, il fiore dei patriotti italiani, cuni si deve, in- 
sieme al R. Padre della Patria e al suo grande ministro, il risorgimento italiano,avrebbero, 
sempre, fedeli «ll’ardente amor loro per la libertà dei popoli, compianto, come compiansero 
lo strazio del popolo polacco, e fatto voti, secondo fecero, perchè cessasse quest’insulto alla 
coscienza civile dell'umanità. 

Nei primi giorni della presente guerra europea, dopo il proclama storico del Granduca. 
Nicola Nicolaievich, che prometteva ai Polacchi la ricostituzione del Regno di Polonia. per 
quanto sitto lo scettro dello Czar, la rivista romana L’Elognenza, indisse il seguente referendum: 

« Credete voi che vi siano ragioni ormai storiche, politiche. umane perchè la Polonia 
diventi ìa Nazione Polacca? 

«Quali vantaggi verranno all'Europa in generale, all'Italia in particolare, da una. tale . 
ricostituzione ? » 3 

Il gran vumero di voci d'uomini eminenti nella politica, nelle scuole, nel giornalismo, che ri- 
sposero d’ogni parte d'Italia, indussero la rivista promotrice a raccogliere i responsi del referendune 
in un bel volume, che mentre seriviamo è sotto gli occhi nostri. Campeggiano in fondoi con- 
cetti che abbiamo messo innanzi nel testo. 

Nè dopo si riste*tero i caldi amici del popolo martire, e ia Aivista di Poma, diretta de 
Alberto Lumbroso, nel fascicolo 1-2 dell’anno XIX — MDCCCCXV, nnova s., voi. VII, pub-- 
blicava, sotto gli auspici del Comitalo italiano Pro Polonia, un numero unico di Natale 6 Ca— 


P. MERENDA 179 


ricostituzione della Poloma rappresenta per essa, non solo nna conferma del 
principio di nazionalità razionalmente inteso, ma. eziandio nn presidio con- 
tro l'espansione minacciosa dall’elemento slavo, che dev'esser contenuto den- 


tro i limiti del giusto. (1). 


podanno del 1915, intitolato Pro Polonia, con prefazione del Senatore €. F. Gab5a, nuo 
scritto postumo di Arturo Colautti, due articoli preziosi, dovuti a valenti scrittori, ed una ma- 
gnifica centuria di lettere, propugnauti il risorgimento della sventurata nazione, scritte da let- 
terati, uomini di scienza, giornalisti, politici. 

Quantunque il Papato sia una istituzione di carattere universale, dacchè esso ha sua sede 
nell’alma Roma, è giusto aggiungere che, secondo l’opiniore generalmente accolta, d’ogui 
tempo i Pontefici hanno ascoltato benevolmente il grido di dolore dei Polaechi, e han pero- 
rato la causa loro, se non altro perchè men crudi fossero i patimenti di questi figli della 
Chiesa ; onde ritenevamo incontestabile questa affermazione di Cesare C:ntù: » Grande interes- 
se eccitò la Polonia sempre. I papi si adoperarono sempre a difesa dei Polacchi, massime 
nell'interesse cattolico. » {Sforza universale, vol. XII, pag. 289). Ma il D’Acandia non è della 
stessa opinione, ed afferma che il Vaticano, perduto nei meandri della diplomazia, vaciilante 
tra i compromessi 6 le pressioni esterne, starco del suo peso mortale. non sa comprendere 
il segreto della croce dinanzi alla quale giace prostrato. (L. e., In/roduzione, pag. CXV.) E 
ciò applica alla condotta dei Papi verso la Polonia. Ma quali prove egli adduce? Questa sola: l’'es- 
sersi Gregorio XVI, nel suo breve ai vescovi di Polonia del 9 giugno 1832, levafo @ difesa dei tro- 
ni insanguinati « contro i malevoli che si soro ribellati contro la potestà di legitttimi sovrani, cac- 
ciando la loro patriain un abisso di mali, spezzando tutti i vincoli di sommessione legale. » L'intero 
documento è pubblicato a pag. 292, ed è un capolavoro della dottrina leggittimista, che dal- 
l'obbedienza dovuta alla potestà civile, trae Ja conseguenza erronea che è da Dio ilre tiranno, 
spergiuro o che usurpa, e lo straniero invasore. Ma osserviamo che la lettera del luglio 1831 
del Cardinale segretario di Stato Bernetti, di risposta a quella di Wiladislao Ostrowski 
pubblicata a pag. 254, dice in fondo: «Avete ragione; ina it mio aiuto nov vi gioverebbe, perchè 
riuscirebbe inefficace », e che l’intera mente del Papa si avrebbe leggendo la lettera di lui al- 
lo Czar Nicola I, del 4 gennaio 1834, la quale però non fa parte degl’importantissimi documen- 
ti che il D’Acacandia ha messo insieme. (he se Gregorio cedette alle pressioni del principe Gar- 


garine, ministro plenipotenziario russo, fu viltà e partito preso per l’oppressore lordo di sangue, o 
paura che Jo Czar, inferocito, maggiormente inerudelisse contro i Cattolici dell'ex Regno (vale 
a Cire contro i Polacchi) e sterminasse i Cattolici e i Gieco-Uniti di Russia? 

Ma si neghi ogni attenuante: un fatto particolare, per quanto meriti biasimo, nou vale a 
distruggere un fatto generale. 

Che se in genere si volesse dire che l’azione dei Papi poteva essere più efficace, si ri- 
fletta che, trattandosi della Russia, la scomunica sarebbe stata fuori posto, e bandire una ero- 
ciata non si poteva, perchè non avrebbe avuto favore, per giustizia doveva lanciarsi pure 
contro l’Austria e la Frussia, e la Chiesa non ha mai disperato che i Greco-Scismatici tor- 
nassero nel suo seno, mentre i Romani Pontefici per nessun decreto dalla comunione loro 
han separato nominatamente la Chiesa Greca. 

(1) Gl’Italiani anche non dovrebbero dimerticare che la costitazione d'uno Stato indipen- 
dente e forte in Albania, è per loro essenziale, cone è utile a parte dell'Europa, contro il di. 
lagare del Panslavismo: essenziale per loro, a tutela dell'Adriatico, ntile per altre Nazioni, per- 
chè lo strapotere degli Slavi in dne mari costituisce per ess» un pericolo. 

L'Europa nuova, che sortirò, da questa carneficiza, deve pigliare le precauzioni sue per 
l'avvenire; però consistenti, uon già iu distruzioni e vendette, germe funesto, anche se possi- 
bili, di futuri conflitti, ma intese a dare ai popoli il giusto assetto, sicchè l’equilibrio en- 
ropeo poggi sopra solide basi, e tutti gli Stati comprendano che nel mordo, nell’attuale stato 


180 LE CONPIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


Spunterà questo sole della giustizia. condizione necessaria ad aversi una - 


pace duratura? Se si dovesse credere a quel che i due gruppi belligeranti. 


proclamano essere l’obbiettivo loro, parrebbe di sì: gli uni dicono di non. 


voler conquiste, ma di pretendere che non si ripeta lo stato di cose che con- 


dusse alla guerra; gli altri propugnano l'indipendenza e la libertà dei popoli, 


massime delle piccole nazionalità, il restanro della morale e del diritto, l’ar- - 


monia nniversale e la quiete del mondo. (1) Vedremo i fatti. Intanto per la Po- 


lonia, scoppiata la guerra, d’ambo i lati si emanarono proclami al popolo po- - 


lacco. In quello del Comando supremo austro-ungarico, si prometteva /a Vbera- 


zione dal giogo moscovita, la giustizia, la cultura, il progresso civile ed econo- 


\ 


mico; (2) l’altro del Comando supremo dell’esercito tedesco diceva: 7 apportiamo - 


la libertà e l'indipendenza, ed invitava i Polacchi ad insorgere, e ad unirsi a- 


di civiltà, nel quale tutti possono mettersi in riga con gli altri e adoperare gli stessi mezzi, 
alle antiche egemonie è vano aspirare. Quindi ognuno, almeno in Europa, deve restar con-- 


tento del suo: Roma signora del mondo non sarà mai più; la monarchia universale fu sogno: - 


ambizioso di menti inferme; Parigi non è più 7/ cervelletto @ Europa; le nazioni elette sono de-- 


lirio di grandezza, comunicatosi epidemicamente, per opera di cervelli tedeschi elucnbranti 
le fantasie loro come sistemi filosofici trascendenti; la Sanza Aussia, può essere anche san- 
tissima, ma restando a casa sna. L'Europa, dopo la pace, dev'essere nn concerto di Stati 


gareggianti per civili progressi, non una stia di bestie feroci, apparentemente mansnete, in so- 
stanza smaniose di preda, assetata di sangue. 


(1) Pnr troppo non dicono questo solo. Scrivemmo altrove: 


ì 


‘“Se i fiumi di sangue sparso, tauti dolori, tanti lutti, tante rovine economiche saran suf- - 


ficienti a rendere gli nomini ragionevoli e giusti, allora, non solo vedremmo fatta sacra la 
vita economica dei non combattenti, ma anche eliminate le cause di nuove guerre: il Con- 
gresso ricostituirebba il Belgio a Stato, restituirebbe l’Alsazia ela Lorena alla Francia, fa- 


rebbe risorgare il regno di Polonia, darebbe all’Italia i suoi confini naturali ..; e vedremmo - 


tempi più favorevoli arridere ai consumatori travagliati. 

«“ Ahimè! si dichiara dai capi di governo che non si devono posar le armi prima del- 
Ja vittoria finale, assicurante, dicono gli uni, la fine del militarismo e dell’imperalismo tede- 
sco; che offra, proclamano gli altri, guarentigie territoriali, le quali rendano impossibile il 
riprodursi della presente situazione: propositi che, attuati, importano: ingiustizie nuove, nuove pre- 
potenze, addentellato di guerre ulteriori, anche più distruttive e barbare. Questi propositi sgo- 


mentano tanto più, in quanto non pare che si voglia prevalere soltanto sull’avversario politi--- 


camente, ma pure usando della vittoria per annullarlo del lato industriale, agricolo e com. 
merciale; e, se pure non si giuugesse fin lì, già, come ulivo della pace, si acceuna a divide- 
_re l'Europa iu due gruppi economici, fra loro in antagonismo, muniti di formidabili trincee 
doganali, che permettano ai più forti di non temere i fastidi della concorrenza, ai pochi di 


avvantaggiarsi con danno del maggior numero. ,, Le tariffe doganali dopo la guerra. Palermo,... 


Virzì, maggio 1916. 
(2) Appendice, I. 


P. MERENDA SS 


gli eserciti alleati (1). Seguì, il 15 agosto 1914, il manifesto dol generalissimo 
russo Granduca Nicola Nicolaievic, che bandiva essere giunto pol popolo po- 
lacco Vora de'la risurrezione e delli sur riconciliazione fraterna cri la Grande 
Russia; i Polacchi doversi unire softo Zo scellro del Czar- Russo: così la Polo- 
nia sarebbe rimasta bera nella sua religione, nella sua lingua, nella sua anto= 
nomia. (2) 

Vaghe le promesse anstriache; quelle prussiane contengono la parola /w- 
dipendenza, ma von determivano nulla; le russe sono più estese, e farebbero 
sperare l'unione delle tre Polonie, però sotto la dipendenza dello Czar: queste non 
sono state seguite da nessun principio d’esecuzione. 

Quanto amore | Peccato che si manifesti così tardi, ed ora soltanto I Gli scettici 
dubitano invero che si voglia sfruttare l'amor patrio dei Polacchi, salvo poi a dar 
loro poco o niente, o che d’ambo i lati si voglia stornare il pericolo che la Polonia 
faccia traboccar la bilancia, gittando sopra nna delle coppe la sua spada, che, 
per quanto arrugginita, è sempre ben temprata. Ma, credendo alla sincerità 
delle intenzioni, a che mettere innanzi disegni vani? A giudizio nostro, l’anto- 
_nomia, anche triplice, non basta. Già essa può essere di tanti modi. Noi Sici- 
liani, nei nostri rapporti col Regno di Napoli, ne avemmo una, di tal fatta, 
dal 1849 al 1860, che facemmo la rivoluzione, la quale necessariamente ce 
la feceva perdere: tanto poco desideravamo di continuare a goderla! E poi ci 
vuol coraggio a far, dopo cent'anni, gli stessi discorsi! Il trattato di Vienna 
affermava che il ducato di Varsavia, elevato a Regno, goder doveva d’una 


amministrazione propria, e che tutti i Polacchi, soggetti a ciascuna delle 


(1) Appendice, II. 

T Tedeschi si sono affrettatiad introdurre, nelle terre polacche occupate, l’amministrazione 
loro, ch'è così perfetta come tutti sanno; ma corre voce che si lagnino che questo be- 
neficio è le promesse, non suscitino il plauso generale, e che, quasi offesi da tanta ingratita- 
dine, esclamino: Za Polonia non merita nulla! Ma essi, che son tanto colti e che, professando 
lo spirito privato (son 213 i Luterani) dovrebbero eercaro nella Sacra Scrittura la salvazione 
dell’anima loro, come: mai non ricordano queste parole ammonitrici di S. Paolo: « Quae enim: 
seminaverit homo, haec et metat» ? 

(Ep. ad Galatas, VI, 8.) 

Intenderebbero meglio nn italiano del volgo che dicesse: I Polacehi han temuto di cascare 
dalla padella nella bragia ? 

(2) Appendice, III. 


182 LE CONDIZIONI EVONOMICHE DELLA POLONIA 


tre Potenze, avrebbero ottenuto una rappresentanza e istituzioni nazionali. Che 
sia avvenuto di tutto questo, è noto a tutto il mondo |! 

Il popolo polacco ha bisogno di ben altro! Esso ripete a coro a Tedeschi, 
Austriaci e Russi: i 

O stranieri, strappate le tende 
Da una terra che madre non v'è. (1) 

Qualunque soluzione diversa, non szrebbe conforme all’essenza dell’anima 
nazionale nè al diritto. 1 

Un delitio fu commesso; un popolo, a guisa di vil gregge. fu spartito fra 
tre grandi Potentati. Questi, se non invocano il nome di Dio per dispregiarne 
l’opera e avversarla, se la giustizia ha da regnare in Europa dopo questa 
guerra spaventosa, restituiscanoil mal tolto, e non si propongano di conservarlo 
sotto parvenze più o men vane direintograzione allo stato sancito nel 1815, 0 
mediante trasformazioni sempre inique! 

AI 5 di novembre di quest'anno il Beseler, governatore generale di Varsavia, 
emanò un proclama, a nome degl’imperatori di Germania e d'Austria, annunziante 
ch’essi avevan deciso di costituire la Polonia Russa a stato indipendente, con 
monarchia ereditaria e ordinamento costituzionale. (2) Identico manifesto fu pub- 
blicato dall’imperiale regio goveruatore militare di Lublino, generale di 
a-tiglioria Knk, a nome dell’imperatore d’Austria. Lo stesso dì il Giorzale 
u/fi:‘ale di Vienna pubblicava nn autografo imperiale, concedente l'autonomia 
alla Galizia. (3) Ne guardi il Cielo dal desiderio di offendere così gli amici 
come i nemici del nostro paese in guerra; na ci viene spontaneo quest’apologo, 
Tre ladroni hanno spogliato un viandante. Poi il primo viene a contesa con gli 
altri due. Che si propone, facendosi tardivamente di coscienza, e picchiandosi 
il petto? Impadronirsianzhs delle porzioni toccate ai due compagni, e riserbarsi 
di tutte l'alto dominio. E gli eltridne? La parte del primo, che hanno strappato 
a lui con la forza, restituire al proprietario, per goderne insieme a  costni; 

(1) Manzoni, Marzo 1821. 

(2) Appendice; IV. 

(3) Rppendice, V. 
Diciassette giorni dopo di questo rescritto, il telegrafo annunziava alle genti che il 2L 


novembre era morto Francesco Giuseppe, e che il nipote di lui, Arciluca Carlo Fravcesco 
Giuseppe. era salito sul trono, assumendo il titol» di Carlo I d'Austria e IV d'Ungheria. 


, ° 


P. MERENDA 183 


quelle fatte proprie un di, conservarle con godimento illimitato o no. Disegai 
comodi, dirà chicchessia: invece il proprietario leggittimo la diritto di riavere 
la roba suna, per intero, e pienamente goderne e disporue. Or mettete al posto 
dei quattro personaggi della parabola le tre grandi Potenze e la Polonia. Poichè 
la morale è nna sola, siete costretto ad esclamare: La giustizia non è questa! 

La vera ginstizia ha da venire: l'umanità l’attende, e verrà. Conie? Le 
vie della Provvidenza Divina ci sono ignote. 

La nazione polacca, ottenuta l'indipendenza, ch'è necessariamente legata 
all'unità nazionale, farà il resto da sè; essa si darà quel governo che più 
la conviene. Edotta dalle sue sventure, non farà la vana ricerca della forma 
perfetta di reggimento; comprenderà che sino il dispotiswo è preferibile 
all’anarchia, e che il migliore dei governi per lei è quello che più assicura 
l'unità, l’indipeudenza, l'ordine e la prosperità del paese. 

Sorge il dubbio: ma la Polonia saprà e potrà governarsi da sè? Questo 
dubbio è vecchie. Il Carey scrisse: “In Polonia il principio di disgregazione 
fu pienamente messo in atto. Il sovrano era impotente, ed il popolo schiavo. 
Ogni piccolo tiranno esercitava un potera regio sopra gl’individui a lui sog- 
getti. Il reguo fu squarciato in pezzi dalle dissenzioni civili, e non vera mi.glio- 
ramento a sperare fino a che un uomo sufficientemente forte non avesse con- 
centrato in sè tutta la forza necessaria per ristabilire l’ordine e la sicurezza. 
In tal condizione di cose, è ben nopo credere che /a divisione del regno, 
per la quale le sue diversa parti furono ridotte sotto un governo regolarmente 
ordinato, fosse più favorevole ad ogni genere di progresso fisico, morale e politico, 
di quello che avrebbe potuto riuscire la continuazione di un Governo indipen- 
dente. 

‘“ Nei 15 anni scorsi dalla fine della guerra sino allo scoppio della rive- 
luzione del 1850, il regno di Polonia aveva fatto rapidi passi in ricchezza, e 
Vera poca ragione di dubitare che non continuasse a farne. Se il tentativo della 
rivoluzione del 1830 fosse ben riuscito, il potere sarebbe nuovamente caduio 
nelle mani di una turbolenta aristocrazia, rispetto alla quale anche il dispo- 
tismo russo è un governo liberale. Quest'ultimo mantenne l’ordine, e permise 


agli uomini di applicarsi a dei lavori produttivi, meutre sotto del primo now: 


PEA AA sea daga a POR) N 
VE Taot ION PR TRNIE ONION Bart i LORSP RL ROY N, CUT CORPI 


184 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


eravi la menoma sicurezza personale e reale, nè perciò il menomo impulso al lavoro. 


“ Non deve far meraviglia che gli nomini, i quali godomo libertà, e ne 
apprezzano i benefizi, spingano altri popoli a battersi per liberarsi dalla schia- 
vitù. Se pur nondimeno essi fossero pienamente convinti di ciò, che una conti- 
una pace non pnò mancare di produrre il miglioramento fisico e morale, da cni 
inevitabilmente sorgono le riforme politiche, non consiglierebbero le rivolte. 
Quando le rivoluzioni si tentano, se il movimento è prematuro, la caduta della 
rivoluzione è accompagnata da una grande distruzione di beni, tende ad ac- 
orescere le difficoltà di na futuro miglioramento. Per non essere prematuro, 
bisogna supporre che il popoio sia già iniziato alla libertà, ed in grado di 
accnmulare ricchezze e migliorare la sua condizione morale e fisica; cioè i suoi 
amici potrebbero esser sicuri che ogni ora di più lo avvicina alla riforma 
politica, ed accresce in lui la potenza di domandarla ed ottenerla: pacificamente 


se si può — colla forza se è necessario. ,, (1) 


D'accordo che il dispotismo è preferibile all’anarchia; ma un figlio della: 


grande repubbica degli Stati Uniti, la quale scrisse sulla sua bandiera il motto 
di Monroe L'America degli Americani, avrebbe forse dovuto affermare essere 
sin l’anarchia preferibile al migliore dei governi stranieri. 

Quant'è ai rapidi passi in ricchezza fatti dalla Polonia dal 1815 al 1850, 
l'opinione del Carey è difforme da quella di tutti gli scrittori dei quali si è 
fatta larga esposizione nel Cap. II E dato che quella dell’illustre Americano fosse 
giusta, a questo mondo non si vive di sula ricchezza, e non basta essa a creare 
la felicità dei popoli; per tanto la buona amministrazione russa, dato che ci 
sia stata (e non ci fn) non poteva contentare i Polacchi. Forse ch'era 
cattiva l’amministrazione austriaca nel Lombardo-Veneto? Eppure la storia ci 
dice che Lombardi e Veneti l’Austria odiavano irreconciliabilmente. 

Credere che, se la rivoluzione del 1850 fosse trionfata, il potere sarebbe 
nuovamente cadnto nelle mani d’una turbolenta aristocrazia, è lo stesso che 
supporre lesventure essere infeconde anche ad insegnare uell’avvenire a can- 


sare gli errori del passato. Stanislao e i rapprensetauti della nazione po- 


(1) I. c., pag. 1089. 


185 
P. MERENDA 


lacca non avevano forse, nel 1791, dato un migliore asset‘o al Governo? Chi 
cogl’intrighi e la forza, impedì la resurrezione? La Russia! 

Nessuno, ripetiamolo, può consigliare alla Polonia la rivoluzione, neanche 
ora che essa ha fatto tanio cammino sulla via del progresso economico, il 
quale è giovato anche a creare quella classe media, che oggi è la base 
principale degli Stati: le forze sono troppo ineguali, (() e sarebbe un atto di 
follia; ma biasimare, in nome dell’ordine, un popolo che, non contando i nemici 
volle rivendicarsi in libertà, è inginsto. 

Non è il caso del Carey, ma le sue parole, per associazione d’idee, ci ricorda - 
no quelle pronunziate dal generale Sebastiani alla Camera dei deputati 
di Francia, il 16 settembre 1881, rispondendo ad una interrogazione sui fatti 
di Polonia, parole che furono queste: L'ordine regna a Varsavia! 

Certo gli avanzamenti morali ed economici avviano a uno stato politico 
migliore; però il concetto che per dare ad un popolo l’indipendenza esso de- 
"ve essere iniziato alla libertà, è un circolo vizioso: per esser liberi s'ha da es- 
ser liberi. Ma chi ha da dare cotesta libertà? Quei che la tolse e non la vnol 
restituire! Ed il Carey non pensò che argomento simile poteva addursi contro i suoi 
padri, che siribellarono all’Iughilterra. Se essi avessero aspettato. l’indipen- 
denza dalla maturità politica, gli Stati Uniti d’America non esisterebbero, nè 
il sapiente sistema coloniale inglese si sarebbe attuato. 

Confutando il Carey, abbiamo combattuto il dubbio che la Polonia, ri- 
sorgendo, possa governarsi da sè. Che più? se questa nazione, dopo il primo 
divoramonto, fu capace di riordinarsi, maggiormentelo sarà adesso, che s'è for- 
mata una classe media, e il paese è tauto e poi tanto più ricco che non fos- 
so nel 1791. 

E poi, dato e non CONCISA che il dubbio possa giustificarsi, è questa una 
ragione per conservare un popolo nella schiavitù? Per quali vicende non è 
passata la Francia dopo il 1815, e quante volte non s'è dubitato ch’essa fosse 
capace di governare sè stessa! Eppure, bene o male che sia, ha sempre prov- 
veduto alle cose sue, ed ora sta dando magnifiche prove di vitalità. 


Metternich diceva essere l’Italia una espressione geografica: con ciò ne- 


(1) I Polacchi son 25 milioni; i tra imperi, comprese le tre Polonie, contano 286 milioni d’anime 


186 LE COND:ZIONI ECONOMIOHE DELLA POLONIA 


gava l’unità etnica e morale del popolo italiano, e la sua potenza a costituirsi - 
in uno Stato indipendente, libero, prosperoso. Gli eventi han provato che Met-. 
ternich, non ostante il suo ingegno, s'ingannava : l’Italia, secondo il pensiero - 
amoroso di molti suoi figli, avrebbe potuto governarsi meglio; tuttavia s'è gover-- 
nata per se stessa, destando l’invidia altrui; conta frale grandi Potenze; sopporta. 
agevolmente le spese d'una grande guerra, che avrebbe dovuto esaurire tutta la ric- - 
chezza sna. A che andar cercando arzigogoli contro la più sventurata delle nazioni ? 

Nè vale il dire. che, per esempio, una repnbblica polacca sarebba di. 
deandalo per gli Stati monarchici. Repubblica è la Francia; eppure il governo 
sno non è desiderato nè dall’Inghilterra, nè dalla Spagna, nè dall'Italia, nè- 
alla Germania. E a chi replicasse che ciò accade per causa delle tendenze - 
giacubine e degli scandali, si può rispondere che repubblica è parimente la . 
Svizzera, e degna d’imitazione; nondimeno Italia, Austria e Germania sono alie- 
nissime dall’adottarne la forma di governo. Da tanti elementi dipende per un 
popolo la scelta e il mantenimento d’una costituzione dello Stato! 


La Polonia non ha una dinastia nazionale da rimettere nel trono; non con 


viene che la corona posi sulla testa d’un cadetto tedesco o russo ... Quanti 

pensieri ci diamo sopra gli affari alterni! La Francia, nel 1871, dichiarò la. de- 

adenza di Napoleone III e proclamò la repubblica, daudosi il governo che-. 
giudicò più conforme ai suoi interessi ed alle sue condizioni interne. La Po- 
lonia, rifatta una, tornata indipendente, ha lo stesso diritto! Se sceglie la for- 

ma monarchica, saprà trovare la dinastia :che più le conviene, evitando perico- 
lose ingerenze di vicini molesti e rapaci. 

Difficoltà interne non piccole dovrà superare, ma saprà vincerle. 

I Tedeschi sono attualmente un’imbarazzo grave, perchè han dietro di. 
sè il governo del paese e l’intiera Germania; non sarà più così quando, ospiti 
della nazione polacca, staranno sotto il diritto comune. 

Gli Ebrei, se pure non si fonderanno nemmeno in parte coi Polacchi, quando - 
questi avranno in mano lo Stato, diventeranno ligii, come in Germania, come. 
in Francia, comein Italia, perchè è interesse loro non attirare sul proprio capo 
lo sdegno di chi ha in mano il potere. 


Ma s'ha da sostenere la concorrenza indnstriale e commerciale così tede-- 


ini ai ni; 


P. MERENDA 187 


‘sca come israelital.. E che per ciò? Sarà nuo stimolo pei Polacchi; essi progredi= 
ranno a gara con Alemanni ed Ebrei. Se poi, per desidia, restano addietro, lor 


danno! D'altronde nonè un male pel paese che facciano gli stranieri quando gl’in- 


‘ digeni restano neghittosi. 


Più grave ci pare la quistione rutena. Ci mancano elementi specifici suf- 
ficienti per giudicare della soluzione che sarebbe preferibile. Possiamo dire 
in genere che giustizia, educazione, libertà, decentramento ed il tempo cree- 
ranno la desiderata armonia tra Polacchi e Ruteni; i quali ultimi, d’altronde, 
edotti dall'esperienza fatta durante questa guerra, sapranno quanto sia prefe- 
ribile aver comune coi Polacchi le sorti loro, anzichè mettersi sotto il giogo 
dei supposti fratelli della Russia. 

Potrà parere che tutto questo non abbia niente da fare con la vita eco- 
nomica polacca, e che siamo entrati a piene vele nel mare magno della po- 
litica. Noi però preghiamo di rifiutare quest’apparenza; accettandola, essa sno- 
nerebbe un’accusa che non sarebbe meritata. 

L’avverire economico della Polonia è strettamente legato al suo risorgi- 
inmento politico. La storia non ci dà esempio d'un porolo divenuto schiavo, che 
sia salito a grandi cose dal lato ecouomico. Che cosa diventò la Grecia serva 
di Roma? I Turchi non istesero come un lenzuolo funereo, anche economicamente 


parlando, sopra tutte le nazioni che soggiogarono? Ben talora un po- 


polo che ne soggioga un altro può trasformare questo, ad esso assi- 


milarsi, e diventare una nuova nazione: così avvenue della Britannia con- 
quistata dai Normanni, non ostante il Domes/ay-Bo0k; (1) così delle Gallie 
soggiogate dai Franchi: là nacque la moderna Inghilterra, qui la Francia: 
ma Sassoni e Galli non esistono più. Sempre quindi progresso economico d’uu 
popolo e sua indipendenza politica vauno di pari passo; e un grande slancio 
in Polonia non potrà avere il popolo suo, quante volte indipendenza assicurata 
non sia. Pertanto non siamo usciti dal campo economico, ma abbiamo toccato 
della condizione necessaria perchè esso, ai Polacchi cheamiamo, riesca quanto 


mai fecondo. 


(1) A questo modo lo sventurato popolo Sassone chiamò il catasto, fatto compilare da 
Guglielmo il Conquistatore, quando distribuì fra i suoi Je terre tolte ai vinti. L’opera fun co- 
Minciata nel 10.6, e quel titolo siguifica Libro del giudizio finale. 


LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


La bandiera è simbolo della patria, e ne vive la vita: gitta Vombra sua 
protettrice sopra un popolo indipendente, nelle cui gioie volteggia lieta per - 
l’aere, nei lutti del quale pende mestamente velata di nere gramaglie; nei 
cimenti palpita, ed è segnacolo alle legioni che combattono per la difesa dei 
domestici lari e del suolo in cai dormono i padri; sventola gioriosa nel dì 
della vittoria, si ripiega umiliata in quello della sconfitta; cade ne la polve 
bagnata di sangue e sparsa di morti, ed è calpestata dal tallone dello stra-. 
niero oltracotante nei giorni amari dell'invasione ; nella servitù, scompare; im- 
bastardisce i snoi colori quando, cou promesse vugiarde, altre genti armano 
il braccio degli oppressi; torna orgogliosa agli splendori del sole allorchè gli 
occhi si figgono in lei speranzosi nell’ora della riscossa, beati in quella del 
conseguito riscatto. Oh gran Dio! infrangi il giogo, spezza le catene,. 
efa che, alclangore esultante delle trombe e nel planso frenetico dei figli della Polo- 
nia, ne sia concesso di vedere spiegato di nuovo al vento il sacro stendardo 
bianco di Giovanni Sobieski, sulle teste del generoso popolo polacco, uno, indipen-. 
dente, libero, presto alla guerra tutelare dell’integrità della patria, ma dedito. 
alle serene arti della pace! Noi vecchi scenderemmo nel sepolcro tranquilli. 


di lasciare i nostri figlinoli in nn mondo migliore. 


Dicembre 1910. 


Appendice 


JE 


Proclama del Comando supremo dell'esercito austro-ungarico al popolo polacco. 


9 Agosto 1914. 
Al popolo polacco! 

Per la volontà dell’Onnipossente, che guida le sorti dei popoli, e in virti della 
potenza del nostro supremo ccmandante, gli eserciti alleati, austro-ungarico e- 
tedesco, varcano la frontiera 

Noi rechiamo così ai Polacchi /a Wberazione dal giogo moscovita. Salutate 
le nostre bandiere con fiducia; nol vi portiamo la giustizia. Voi e i vostri fra- 
telli le conoscete già. Milioni di polacchi da un secolo e mezzo uniti alla monarchia 
. daunbiana e all'impero germanico, sono arrivati ad nno straordinario sviluppo; 
fin dai tempi di re Sobieski, che recò efficace assistenza agli stati minaccia- 
ti degli Absburgo, le gloriose tradizioni della Polonia sono intimamente con— 
giunte a quelle dei suoi vicini occidentali. Noi quindi conosciamo e apprez- 
ziamo lo spirito cavalleresco e le alte doti del popolo polacco; rompere le dbar- 
riere che glimpediscono il contatto coi progressi della cultura occidentale, e schiu- , 
dergli tutti 7 tesori del progresso civile ed economico, ltule è il compito principale 
di questa nostra compagna. Noi uon abbiamo voluta Ja guerra. Dopo una serie 
di calunnie e di attacchi, la Russia apertamente si è pronunziata in favore 
di coloro che volevano coprire le tracce di un orrendo misfatto a danno della 
dinastia austro-ungarica, ed ha approfittato dell’eccasione per aggredire la 


monarchia e l’alleato impero tedesco. 


c% 


190 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA PJLONIA 


Così il nostro augusto capo supremo, al quale si deve hi pace in Eusopa da 
decennii, è stato costretto a sguainare la sciabola. Tutti gli abitauti dell’impero 
russo, che, in virtù del successo delie nostre armi, verranno a trovarsi sotto 
la nostra protezione, saranno lratlati da noi vincitori con giustizia e conumaniia. 

Polacchi! Affidatevi con gioia e senza timore alla-nostra protezione, ain- 
tate con tutta l’anima noi e le nostre aspirazioni! Ciascuno abbia fiducia nella 
giustizia e nella clemenza del nostro capo supremo, e compia i doveri delia 
sua posizione, i doveri per la conservazione della propria casa, i doveri che 
vi ha prescritto la volontà dell’Onnipotente con la piega ora assunta dagli av- 


venimenti. 
II: 
Proclama del Comando supremo dell’esercito tedesco. 


Agosto J9 14, 
Polacchi! Si avvicina il momento della liberazione vostra dal giogo rus- 
so. Gli eserciti alleati della Germania e dell'Austria Ungheria varcheranno 
fra poco le frontiere del regno di Polonia. I Russi stanno già ritirandosi: scom- 
pare la loro dominazione sanguinosa che vi oppresse per più di. cento auni. 
Noi veniatro come amici: abbiate fede ‘in noi! Vr apportiamo la libertà e lin- 
diperdenza per la quale i padri vostri hanno tanto sofferto. La barbarie orien- 
tale deve retrocedere innanzi alla cultura occidentale, patrimonio muostro e 
vostro. 
Insorgete, memori del nostro passato così grande e così glorioso! 
Unitevi con gli eserciti alleati. Colle forze concordi cacceremo dalla  Po- 
Ionia le orde asiatiche. . 
Vi apportin mo la libarià e il Libaro esercizio «lilla religione così terri- 
bilmonto oppressa in Russia. Ricordata il pissato, ricorlate il presente: i ge- 
miti della Siberia, la straco di Prasa, i tormenti degli Uniati. 


Can le nostre banlizre ginugono fri voi la liber'à e l'indipendenza. 


li Supremo Comando dell'esercito tedesco. 


P. MERENDA 191 


LIL. 
Preclama del generalissimo Nicola Nicolzierio. 


San Pietroburgo, 15 agosto 1914. 
” Polacchi! 

L’ora è snonata nella quale il sacro soguo dei vostri padri e dei vostri 
avi può essere attuato. Ora è un secolo e mezzo, il vivente corpo della Po- 
lonia fu smembrato, ma l’anima sna non morì. Essa è vissuta nella speranza 
che per il popolo polacco sarebbe venuta l'ora dellu resurrezione e della sua 
riconciliazione fraterna con la Grande Russia. 

Le truppe russe vi portano solenne l’annunzio di questa riconciliazione. 
Distratte le frontiere chè frazionano il popv'o polacco, unitevi sotto lo scettro 
dello Czar russo; sotto di esso la Polonia rivascerà l/bera nella sua religione, 
rella sua lingna e nella sua antonom:a. 

La Russia non attende da voi che il reciproco rispetto dei diritti delle 
nazionalità alle quali la storia vi ha nniti; col cuore aperto e con la mano 
fraternamento tesa la Grande Russia si fa a voi incontro. 

La spada che ha colpito i némici presso Grunwald, non è ancora ar- 
rugginita. Dall’Oceano Pacifico fino ai mari settentrionali marciano gli eser- 
citi russi. L'alba di nna nuova vita s’inizia per voi; risplenda in quest’alba il 


segno della Uroce, simbolo della sofferenza e della resurrezione dei popoli. 


IV. 


Proclama annunziante la erezione dalla Polonia russa a Stato indipendente. 


S. M. l’imperatore di Germania e S. M. l’imperatore d’Anstria e apostol'co 
Re di Ungheria, mossi dalla ferma fiducia nella vittoria delle loro armi; animati 
dal desiderio di guidare i territori polacchi strappati cou gravi sacrifici dai 


loro valorosi eserciti al dominio russo, si sono accordati costifuzre con questi 


192 LE CONDIZIONI ECONOMICHE DELLA POLONIA 


territori uno sla'o indipendente, con monarchia ereditaria e ordinimento costi 
tuzionale. 

Rimane riservata la delimitazione esatta dei confini del reguo di Polonia. 
Il nuovo regno troverà nell'Unione delle dne potenze alleate le garenzie che 


gli occorrono per il libero sviluppo delle sue forze. /r wr proprio esercito 


debbono continuare a vivere nella grande guerra odierna le gloriose tradizioni 


dell’esercito polacco dei tempi trascorsi, e il ricordo det valorosi mistrotler polacchi. 
La sua organizzazione, il suo addestramento ed il suo comando, saranno regolati 
di comune accordo. 

I sovrani alleati esprimono la sicura speranza che, avendo opportuno ri- 
guardo alle relazioni generali politiche dell’Enropa e al benessere e alla sicu- 
rezza dei loro paesi e popoli, si adempiranno i veti dello sviluppo statale 
nazionale del regno di Polonia. Le grandi potenze occidentali vicine del regno 
di Polonia, vedranno con gioia risorgere e fiorire ai loro confini orientali uno 
‘stato libero, felice, lieto della sua vita nazionale, per altissimo ordine di S. M. 
l’imperatore di Germania. 

Varsavia, 5 novembre 1916 


Firmato: 7 governatore generale. 


V. 
Autografo imperiale concedente l'autonomia alla Galizia 


Caro dottor Koerber. In conformità agli accordi stabilitifra me e S. M.l’in- 
peratore di Germania, dei territori polacchi strappati dai nostri valorosi eser- 
citi al dominio russo, sarà costituito nno stato indipendente con monarchia 
ereditaria e ordinamento costituzionale. 

In questa occasione ripenso con cuore commosso alle prove di devozione 
e fedeltà avute durante il mio governo dalla provincia della Galizia, nonchè 
ai graudi e gravi sagrifici che questa provincia, esposta al p'ù violento ario 
nemico, dovette sopportare nella difesa vittoriosa dei confini orientali dell’im- 


pero, e che le assicurano il duraturo diritto alle mie più calde cure pateru 


<a 


P. MERENDA 195 


Pertanto è mia volontà, nel momento in cui sorge il nuovo stato, di procedere, 
-simultaneamente con questo sviluppo, concedendo anche alla mia provincia della 
Galizia // dritto di ordinare in m>rdo antonomo i suot affari provinciali sino alla 
piena misura di ciò che si accorda col fatto di appartenere alla colletività sta- 
tale e con la sua prosperità, e quindi di offrire alle popolazioni della Galizia la 

. guarentigia del suo incremento nazionale ed economico. 
Mentre manifesto il mio proposito, la incarico di compilare e presentarmi 


«proposte atte alla sua legale attuazione. 


Vienna, 4 Novembre 1916. 


Francesoo Giuseppe 


4 no ST tt» Il "RI drill a DI E) 
Mi A TO ip i i a a) 


Sopra | influenza che la natura degli elettrodi secondarî 


può avere nelle misure di effetto Hall 


RICERCHE 


del Pro M. LA ROSA e del Dr. U. DE LUCA 


NOTA I È 
Malgrado le uumoerose ricerche sperimentali-e teoriche consacrate allo 
studio del fenomeno di Hall, e degli altri che vi si collegano, le nostre 
conoscenze in questo campo sono ancora assai incomplete, e siamo ben 
lontani dal potere tracciare a tratti sicuri una immagine teorica chiara e 
comprensiva dei fatti sperimentali. 

La odierna teoria elettronica che. vanta tanti bei successi, anche per 
quello che concerne parecchie proprietà importanti dei metalli, non riesce a 
dare che uno schema grossolano del fenomeno di Hall, applicabile soltanto 
ad na gruppo di metalli, quelli che presentano l’effetto negativo (Bi, Ni, Pd, 
Mg, Ag,...). Per gli altri (Te, Sb, Fe, Co,... ) che presentano il fenomeno in senso 
opposto, ogni tentativo di spiegazione, sia pure del solo fatto sperimentale 
bruto, è completamente fallito. (2) i 

Certamente è lecito attendere ancora molto dal progresso ult riore che la 
teoria non mancherà di raggiungere, ed è lecito sperare che essa rinscirà via 

(1) Il piauo di queste ricerche, la discussione dei risultati e la redazione della presen te 
Nota e di quelle che seguiranno appartengono al Prof. La Rosa. Le esperienze sono state 


‘preparate. dal De Luca. Le misure sono state eseguite in parte da entrambi, in parte dal solo 
Dr. De Luica sotto la guida del primo. 


(2) L'ipotesi di Drude dell’esistenza di una doppia corrente di eleitroni di segno opposto 
può giustificare l’effetto positivo, ma, come sì sa, essa per varie ragioni di crdine teorico e spe” 
rimentale, si dimostra insosteribile, nel successivo sviluppo di tutta la teoria elettronica. 


196 SOPRA N’INFLUENZA CHE LA NATURA DEGLI ELET RODI SECONDARI ECO, 


via a spegare meglio molti fatti; ma a moi sembra che in questo campo sia- 


il lavoro sperimentale particolarmente insufficiente, Crediamo che la esperienza 


abbia ancora nn lungo con pito, per dipanare il groviglio dei fenomeni, per- 


risolverlo in elementi più semplici, per ordinarli e coordinarli con al:ri feno- 
meni, in modo da offrire un complesso chiaro ed organico di fatt', su cui la 
teoria possa solidamente appoggiarsi, e fecondamente svilupparsi. 

Spinti da questa convinzione, ci siamo proposti, per prima cosa, di esa- 
minare attentamente se altre circostanze, oltre quelle finora considerate, pos- 


sano intervenire nel fenomeno, sì da modificarlo in misura notevole. 


\ 


Guidati specialmente dalla relazione fra l’effetto Hall ed i fenomeni ter- - 


moelettrici — relazione che è stata da molto tempo sospettata ma ancora assai . 


imperfettamenie studiata — abbiamo fermato la nostra attenzione sopra un: 


punto, secondo noi importantissimo, che finora è interamente sfuggito; cioè: 


assicurarsi che l’effetto Hall, quale risulta dalle misure fin qui eseguite, sia - 


veramente e completamente defermizato dalla natura della lastrina cimentata,. 


cioè che sia veramente :nd:pendente dalla natura del metallo di cui sono co-- 


stituiti gli elettrodi seconilarî, applicati alla lastrina stessa. 
Spieghiamo meglio questa idea. 


Nello studi) del poters termpelettrico occorre sempre associare il me— 


tallo M, sottoposto ad esame, con un altro che per comune accordo è sempre: 


il Pb, in modo da formare una coppia. 
I risultati otteunti dipendo10 dalla natura del, metallo M, come anche dalla 
natura di quello di riferimento. 


Nelle esperienze numerossime fatte intorno al fenomero di Hall, è stata. 


quasi sempre realizzata la stessa condizione di cose; si sono cioè applicati alla . 


lastrina sperimentata di differenti metalli, elettrodi di un altro metallo, il quale 


il più delle volte è stato il rame. In realtà, dunque, alla azione del campo è-. 


stata sottoposta nna catena di que metalli almeno, e non si è affatto pensato 
ad assicurarsi che questa circostanza fosse proprio senza inflnenza alcuna sui 
risultati delle misure. 

Il dubbio che l’entità dell’effetto misurato in una data lastrina di un certo 


metallo, potesse dipendere dalla natura del metallo degli elettrodi, non è per- 


M. LA ROSA E U. DE LUCA 197 


nulla infondato; (1) anzi esso non solo è suogerito dalla relazione fra questo 
effetto e il porere termoelettrico, wa —- a vostro avviso — è rafforzato dalle veCute 
fondamentali della teoria. 

Si sa infatti, che pouendo in raffronto i risultati sperimentali delle misure 
dell'effetto Hall, con quelli sui poteri termoelettrici, computati rispetto al Ou, 
si trova che i due effetti sia per il segno che per la grandezza vanno di pari 
passo, e'si è costretti a riconoscere che lo accordo è rimarchevolissimo quando: 
si constata che le poche discrepanze si verificano per i corpi che presentano 
l’effetto Hall in debole misura e che hanno inoltre nn potere termoelettrico 
molto picculo rispetto al rame. Si comprende da ciò come, diventando grandi 
gli errori relativi delle misure a causa della piccolezza degli effetti, i risultati 
diventino ‘incerti. La sola eccezione di nn certo valore è quella presenta- 
ta dal Co. 

Nou è per ciò fuori di Inogo pensare, che cambiando il metallo degli 
ellettrodi secondari, possano cambiare i risultati delle misure sul fenomeno di 
Hall, così come cambia il potere termoelettrico della catena, e si può proprio 
azzardare il sospetto che in conseguenza del semplice cambiamento di tali 
elettrodi, possa anche mufare il seguo dello effetto Hall. 

La teoria elettronica dei metalli, anche nella sua forma primitiva, lascia 
una via aperta per ginstificare questo sospetto. 

Secondo questa teoria, la differenza di potenziale al contatto di due metalli, 
dipende essenzialmente dal numero di elettroni liberi per nnità di volume 
contenuto nei due metalli (numero che per brevità protremo chiamare con- 
centrazione elettronica); se ne deduce che differenze di potenziale analoghe a 
queste di contatto debbono scaturire da punto a punto di uno stesso metallo, 
intte le volte che per un motivo: qualurque tale concertrazione risulti va- 
riabile; come per esempio si verifica per aziono della temperatura, quando 


questa non è costaute in tutto il metallo. 


(1) E° evidente che noi non intendiamo riferirci alla correzione che occorre apportare all’ef 
fetto ricavato con la misura per le eventuali differenze di temperatura che si possono stabilire 
ai contatti con gli elettrodi secondari — supposti eterogenei con la laminetta — in forza del 
fenomeno di Ettingshauseeu. 


198 soPRA L'INFLUENZA CHE LA NATURA DEGLI ELETTRODI SECONDARII ECC. 


Ora nelle condizioni in cui si trova la lastrina metallica, quando si osserva 
l’effetto Hall, la concentrazione elettronica dev'essere una mozione del punto 
e non è per nulla evidente che tale variabilità sia così piccola da rimanere 
senza effetto. 

Di più è lecito pensare che anche quelle porzioni di transizione che costi- 
tniscono il contatto fra la laminetta e gli elettrodi secondarii, partecipino a 
questa variabilità. Siamo infatti in condizioni di equilibrio dinamico, in cui del- 
le forze notevoli tendono a creare condizioni differenti in prossimità dei 
due elettrodi secondarii, e potrebbe perfino avvenire che la legge di Volta 
relativa all’invariabilità della differenza di potenziale di contatto fra dne me- 
talli — /egge dimostrata per le cond'zioni di equblbri) stat'co — nou abbia più 
impero. Forse le differenze notevoli riscontrate fra le f. e. in. di contatto mi- 
snrate direttamente all’elettrometro, e quelle dedotte per mezzo dell’effetto 
Peltier, potrebbero dipendendere, almeno in parte, da questo fatto. i 

Si pensi che in generale, per osservare l’effetto Hall, occorre impiegare 
uva corrente primaria di grande densità (velativamento alla lastrina) e fare 
agire un campo magnetico molto intenso e quindi si ha un regime dinamico 
assai lontano dalle condizioni di equilibrio statico, più di quanto non sia il 
regime delle comuni correnti per il quale la 1% legge di Volta può ancora 
valere. 

Le condizioni sperimentali iu cni ci siamo ess: nio le classiche — più 
convenienti per le nostre esperienze — cioè con gli elettrodi secondaridi piccola 
estensione poggiati nel piano della lastrina. 

Le prime misure furono fatte sopra nna lastriva di platino dello spessore 
di mm. 0,04, tagliata a forma di rettangolo di 35 mm. di lunghezza, e di 22 
di larghezza. Come di solito, gli elettrodi primari erano saldati iv prossimità 
dei punti medii dei lati corti, i secondarii in prossimità dei punti medi degli 
altri due lati. Di questi ultimi se re avevano cene paia, il primo risultava. 
di semplici fili di ramo sottili, schiacciati in corrispondenza del punto di con- 
tatto con la lastrina, il secondo risultava di paglirzzo di bismuto, molto sottili 


% strette, a cui erano saldati duo: sottili fili di rame. Lo saldature erano fatte 


M. LÀ ROSA E U. DE LUCA 199 


con una lega molto fusibile. Le porzioni di questi elettrodi iu contatto 
colla lastrina furono sovrapposte in nn primo tentantivo, ma poi fn trovato 
preferibile di metterle accanto, quasi in contatto fra loro. 

Evidentemevte era quasi impossibile ottenere, che per emtrambele coppie 
di elettrodi secondarii risultasse nulla, o quasi, la differenza di potenziale, gene- 
rata al momento della chiusura della corrente primaria. 

Ci contentammo perciò di ottenere che queste differenze di potenziali ri- 
sultassero poco diverse fra loro ed entrambe dell'ordine di pocho unità c- 
lettromagnetiche, allorchè la lastrina era percorsa da una corrente primaria 
di 2,5 ampère. 

Raggiungemino questo fine saldando alla laniinetta prima gli elettrodi se- 
condarii in posizione quanto più simmetrica possibile rispetto ai due assi del 

di la laminetta medesima, e poi scegliendo per tentativi la posizione più opportuna 
degli elettrodi primarii. Con pazienti prove e riprove si riusciva ad ottenere 
che il galvanometro attaccato successivamente all'una od all'altra coppia di 
elettrodi secondarii, accnsasse una deviazione di ottanta o cento divisioni delia 
scala per la chiusura di una corrente primaria di due ampère. La sensibilità 
di questo apparecchio, un Hartmann e Braun a quadro mobile, di resistenza 
interna eguale a&'30 ohm, era di 0,28. 1077. 

Prima di procedere alla esperienza, questa deviazione veniva compensata 
con il cispositivo solito del potenziometro. In serie col galvanometro veniva 
introdotta una resistenza di pochi ohm, che si lasciava immutata allorchè la 
coppia degli elettrodi era cambiata; il compenso veniva perciò raggiunto a- 
gendo sulla resistenza in serie con la f. e. m. compensante (un accumulatore) 


Ecco i risultati della prima esperienza 


293 PATTINI “SONA RCA PRI SUGO TI TIINET TE CIAOO AIA 


200 SOPRA L'INFLUENZA CHE LA NATURA DEGLI ELETTRODI SECONDARII ECC. 


Corrente prim. di 2,5 Amp. Corrente primaria di 3,4 Amp. 


Elettrodi di Bi Elettrodi dun Elettrodi di Bi Elettrodi di Cu 
Verso Verso Verso "| Verso 
is Dev. i - Dev. i i Dev. Sh - Dev. 
> + 15 + + 15 => + 26,5 > + 3 
= — 1,5 < — 3 5a -—- 4 <— -- 3 
> + 16,2 — + 1,5 #à + 29 > + 2,5 
<— — 3,5 < — 25 — 6 <— — 45 =» 
+ + 17 + + 2 sà + 28 + + 2 
<S — 0,5 <— — 2 Si — 6 < — 4 
"A + 26 > + 3 
S — 7 — — 34 
nia + 28 + + 2,5 
= =. 4 <= — 14 


Il valore del campo era di 8000 ganss circa. 

Il segno dell’effetto era quello dato per il platino da tutti gli esperimenta- 
tori, cioè il negativo. 

In seguito abbiamo preparato tre lastrine distinte, ricavate tutte da nna 
stessa lamina di platino, dello spessore di 0.2 mm., ed abbiamo date a tutte 
le medesime dimensioni della precelente. Abbiamo aftaccato sopra la prima - 
elettrodi secondari di bismwuto, sulla seconda di platino, sulla terza di anti- 
monio. Abbiamo cercato di dare a questi elettrodi forme rettangolari e di- 
imensioni presso che egnali, e precisamente larghezza 2 mwm., spessore 0,3 mm., 


lunghezza delle porzioni a contatto con la lastrina 2 wm. 


M. LA ROSA E U. DE LUCA 201 


Li abbiamo attaccati con la solita saldatura fusibile cercando di” fare in 
“anodo che questa si accumulasse lungo i bordi delle superfici saldate, per con- 
servare all’interno il contatto diretto fra il metallo della lastrina e quello 
dell’elettrodo. Abbiamo attaccato dopo gli elettrodi primarii nella posizione 
più simmetrica possibile rispetto ai primi. Le correnti di asiminetria inizia- 
li potevano allora raggiungere valori alquanto più piccoli che nelle esperienze 
precedenti (trovammo che mettendo o togliendo un pò di saldatura in pros- 
simità degli elettrodi primari questo fine si poteva raggiuugere comodainente). 


I risultati ottenuti sono i seguenti: 


Corrente Primaria 5 Amp, Campo 9000 Gauss, 


Elettrodi di bismuto Elett. di antimonio |. Elett. di platino 

Verso 

del Dev. Dev. Dev. 
campo 

> + 54 id + 3,2 

= —100 . + 21 — 3,5 

Lat + 56 195 05 

on -- 95 + 22 — 2,5 

dr -L 58 — 19,5 + 3,2 

<= ‘90 19 — 33 


Queste esperienze sono state ripetute invertendo il senso della corrente 


primaria nella lastrina. Si sono otteuati i s guenti altri numeri: 


202 SOPRA L'INFLUENZA CHE LA NATURA DEGLI ELETTRODI SECONDARII ECC. 


Elettrodi di bismuto Elett. di antimonio Elett. di piu 
Verso 
del Dev, Dev. Dev. 
campo. » 
=i —- 96 + 19,5 — 3,2 
— + 52 — 19 + 3,5 
25 — 98 + 15,5 2 5) 
< + 57 — 18 +4 
Si — 9L + 16 — dl 
de + 52 ea LA 


Questi risultati mostrano un'influenza rimarchevole della natura degli e-- 


lettrodi secondari nelle misure intorno all’effetto Hall. Essi dicono che non 


soltanto il valore numerico, w4 anche il segno dell’effetto può mutare al muta- 


re del matallo di cui sono fatti tali elettrodi. 


Questi mutamenti potrebbero costituire anche un fatto banale, spiegabile 


con una ipotesi che si presenta snbito alla mente; quella che nelle nostre e- 


sperienze si potessero prodnrre delle differenze di temperatura apprezzabili in 


corrispondenza dei punti di contatto tra la lastrina e gli elettrodi, per effetto- 


Ettingshansen. Ma tale ipotesi si dimostra subito insostenibile. In primo. luo- 
go il carattere delle deviazioni è tale da fare cadere questo sospetto; infatti 


si tratta di vere impulsioni, ben diverse dalle lente deviazioni date dai feno- 


meni termoelettrici. Di più il valore dell’effetto Ettingshausen — secondo tut-. 


te le misure finora fatte — è di un ordine di grandezza più piccolo di quello- 


del: fenomeno di Hall, mentre gli effetti osservati da noi al cambiare degli 


elettrodi secondari erano molto più cospicni di quelli che si potevano sperare 


per l’effetto Hall nella stessa lastrina. (Cfr. Tab. I.). 


Del resto, data la grande importanza che nn piccolo dubbio poteva avere» 


nel nostro caso, non abbiamo trascurato di assicurarci la prova diretta. 


M. LA ROSA FE U. DE LUCA MN205 


Sopra una lastrina di platino delle stesso dimensioni delle. precedenti 
«abbiamo saldati, come il solito, gli elettrodi priwari ed in vicinanza di cia- 
seuno dei due punti medii del lato maggiore, abbiamo appoggiato una delle 
saldature di una coppia Bi — Pt costruita con pagliuzze di bismuto simili a 
quelle di cui ci eravamo serviti, e di fili di Pt sottilissimi. 

Per isolare le saldature della coppia dalla lastrina di Pf, interponemmo tra 
ciascun? di quelle e questa un pezzettino sottilissimo di mica. Aeconce molletta 
“poste a nua certa distanza dalle saldature assicuravano la bonti dei contatti 
dal punto di vista termico. In alcune prove abbiamo anche protetto questi 
posti di contatto con pezzettini di amianto e, prolungata la durata dell’effetto 
per dare tempo alle eveninali differenze di temperatura di prodersi in modo 
stazionario. 

Queste esperienze non ci permisero di svelare una differenza di tempe- 
ratura capace di dare in modo certo nna deviazione al galvametro di quattro 
- 0 cinque divisioni invertibile col campo. Ciò in quelle condizioni, di corrente 
e di campo, in cni la laminetta con elettrodi di Bi — cioè la stessa coppia di 
metalli — aveva dato deviazioni totali per i dne sensi del campo, di cento 
ciuquanta divisioni. 


Nessun dubbio può quindi accamparsi sulla reale esisienza dell’effetto 


della cai natura ci occuperemo in altra Nota. 


si 


RR Pro ST i fs 
i RA I 


Sulla dipendenza dell’ effetto Hall 


dalla natura del metallo degli elettrodi secondarî 


NOTA 


del Prof. M. LA ROSA e del Dr..U. DE LUCA (collaboratore) 


Eliminato il dubbio che i mutamenti dell'effetto Hall osservati cambiandola 
natura degli elettrodi seconlari, potessero dipendere da differenze di tempe- 
ratura ai dne contatti, abbiamo voluto estendere ancora più le nostre ricerche 
per precisare rweglio i fatti, prima ancora di intraprendere l'indagine intorno 
alle cause da cui dipende il fenomeno. 

Abbiamo creduto di esaminare i fenomeni'presentati da laminette metalliche 
per le quali l’effetto Hall fosse più grande che nel platino (già sperimentato) 
e fosse anche di segni diversi. 

Abbiamo perciò preso dapprima una laminetta di ferro, di dimensioni di 
20 I 

Essa fn munita di elettrodi di bismuto edi antimonio iu forma di striscie di 
2mm. di larghezza per 0,2 di spessore. Lia superficie di contatto era di4 mm.® 
circa. | 

I risultati avuti con una corrente primaria di 1,2 amp. e con un campo di 9000 


unità furono i seguenti: (1) 


(1) I segni opposti indicanti il verso del campo e quello dell’effetto, corrisjondono ad we 
effetto Hall negativo, cioè normale. 


206 SULLA DIPENDENZA DELL'EFFETTO HALL ECC, 


Elettrodi di Bi Elettrodi di Sb 


ei Rao i Cia 
La 05 s O 240 
= pd + 59 LA 33 
i) OA 210) 
Co 4 61 e 19) 6 


Auche in queste esperienze l’effetto presentato cambiava di segno al cam- 
biare della natura degli elettrodi, e precisamente risultava negativo con gli 
elettrodi di bismuto, benchè la lamiuetta di ferro per proprio conto fosse dotata 
di effetto positivo. 

Abbiamo poi sperimentato sn lastrine di bismut> e di antimonio. 

Esse fnrono preparate fondendo il metall> in un croginolino e versandolo 
sopra una lastra di vetro ben pulita e riscaldata. Lo strato così otienuto si 
lavorava allo smeriglio, per ridurlo uniforme e allo spessore voluto, si ritagliava i 
ai bordi, lasciando aderente al vetro la porzione rettangolare da sotto- 
porre ad esperienza. 

Le prime misure furono fatte sopra una lastrina di bismnto delle dimensioni 
Somm X 17 X. 0,15. Essa fn provveduta di elettrodi dello stesso metallo a forma 
di strisce di 2mm di Innghezza e 0,2 di spessore, a cni furono in seguito 
sostituiti elettrodi di Pt delle stesse dimensioni. 

Sciegliemmo il platiro per avere dei 1isunltati contrapponibili con le misure 
precedentemente fatte su lamine di questo metallo ed elettrodi di bismuto. 

Heco alcuni risultati. 


Valore del campo 2000, intensità della corrente primaria 1,2 ampere 


M. LA ROSA E U. DE LUCA 207 


Elettrodi di platino Elettrodi di bismuto 
verso + verso -— verso + Verso — 
O + 125 — 129 + 131 
DA + 124 120 + 130 
24 dl 1125) — 128 + 132 
A 0 4198 IL 
media — 1225 + 124 — 129 = 3 


Nelle due coloune sono registrati gli effetti osservati facendo agire il campo 
nei due sensi opposti. Come misura dell’effetto si deve prendere Ja semisomma 
delle deviazioni nei due sensi; 123, 2 :150, a lo scopo dieliminare l’influenza 
di qualche eventuale dissimmetria dovuta adimperfetta costrazione della laminetta” 

Il confronto dei unmeri basta per mettere fuori dubbio l’inflneuza apprezzabile 
della natura degli elettrodi secondari sulla grandezza dell'effetto misurato, anche 
nel caso del bismuto. 

In maniera analoga abbiamo sperimentato sopra una laminetta di antimonio 
delle dimensioni 22 X 19 X 0,85mm., adattandovi successivamente elettrodi di an- 
timonio, ferro, rame, bismuto, delle dimensioni: 12 Xx 1,5 X 0,2 mm, la porzione 


a contatto era 1,5 mmq. I risultati furono conformi alle previsioni che si 


potevano fare in base alle esperienze precedenti. Infatti l’effetto totale fn trovato 


sempre di segno positivo, massimo con gli elettrodi di antimonio, minimo con 
elettrodi di bismuto. I numeri che danno l’effetto nei vari casi erano infatti i 


segnenti (media di 4 misure): 


e 


208 SULLA DIPENDENZA DELL'EFFETTO EALL ECC. 


Verso 
del Sb. . Fe Cn Bi 
campo 
DE + 176 + 156,5 + 163 IL 16 
—_ — 180 — 168 — 155 — 122,4 
medie. 178 162,2 159 119,2 


Il valore del campo in tutte queste osservazioni fu di 9000. La corrente 
primaria fn portata a 5,2 amp. per potere far risultare meglio le piccole dif- 
ferenze fra le diverse serie. 

Tutti questi risultati confermano il fatto già riferito nella nota precedente: che 
l’effetto Hall misurato sopra una data jaminetta può cambiare al cambiare del 
la natura degli elettrodi. In ogni caso l’effetto totale risulta dalla somma fra 
l’effetto Hall puro, misnrato con elettrodi dello stesso metallo della lamina e 
di un’altra f.e. m. 

Come è facile vedere, il senso di questaf. e. m. aggiunta corrisponde sempre 
sia a quello di una forza termoelettrcmotrice prodotta nel circuito eterogeneo 
per l’innalzamento di temperatura del contatto verso cui i centri (trasportatori 
della corrente vengono spinti dal campo; sia a quello di un effetto Hall che 
sia generato negli elettrodi secondari e che si sovrapponga a quello della 1la- 
mina. Questi rilievi ci saranno di utile guida nella ricerca delle canse del 


fenomeno descritto. 


Intorno a fe cause da cui può dipendere 


influenza che la natura degli elettrodi secondari ha sull’effetto Hall 


NOTA 


- del Prof. M. LA ROSA 


Abbiamo dimostrato con numerose esperienze, che il valore dell’effetto 
Hall presentato da una data laminetta muta allorchè viene cambiato il me- 
tallo degli elettrodi secondari, ed abbiamo fatto vedere che il senso di qne- 
sto mutamento corrisponde, sia a quello di una forza termoelettromocrice ge- 
nerata per riscaldamento di un medesimo contatto, sia a quello di un effetto 
Hall generato nel metallo degli elettrodi. Abbiamo iufine accertato che que- 
sto fatto non dipende da differenze reali di temperatura fra i due contatti, 
“prodotte dal fenomeno Ettingshausen o da altre cause. I 

Per spiegare questo mutamento da noi trovato possiamo fare la seguente 
ipotesi: 

Ammettere che le piccole porzioni degli elettrodi secondari saldate a con- 
tatto della lamina prendono parte diretta al fenomeno come sede di effetto 
Hall, il quale si sovrapponga a quello proprio della lamina, alterandone la 
misura o mascherandolo interamerte. 

Nel caso in cuni questa si dovesse scartare (anche in parte), si dovrebbe 
peusare a un mutamento della caduta di potenziale nei contatti fra la lami- 
na @ gli elettrodi. Per concretare le idee, si potrebbe pensare che, nelle 
condiziovi in cui si presenta il fenomeno di Hall, si producano differenze di 


concentrazione degli elettroni liberi nei vari punti della lamina e nelle re 


210 INTORNO ALE CAUSE DA CUI IUÒ DIPENDERE ECC. 


gioni di contatto fra questa e gli elettrodi secondari. Potrebbero così na— 
scere dei mutamenti delle f, e. m. ai due contatti diversi tra loro ed analoghi 
a quelli che si avrebbero, anmentando la temperatura di quel contatto verso: 
cui gli elettroni vengono addensati. 

Cominceremo dal discutere e provare la prima ipotesi che è la più na-- 
turale (ia quanto non introduce elementi di fatto nuovi) e la meno importante: 

È innegabile che una certa frazione della corrente primaria lanciata nella 
laminetta può, anzi deve, venire derivata all’interno delle porzioni di elettro- 
di secondari a contatto con questa. 

Due fenomeni diversi vengono per tale ragione a prodursi: 

a) una diminuzione della corrente primaria che passa per Ja laminetta 
o quindi una diminuzione dell’effetto Hall in essa generato. 

0) la nascita di un effetto Hall in seno a queste porzioni di elettrodi 
secondar', effetto che tende a sovrapporsi.a quello della laminetta. 

L’uno e l’altro presi insieme, bastano per dare una spiegazione qualitativa. 
molto evidente dei fatti riferiti. 

Per l’importanza stessa del soggetto. è bene però di spingere più avanti. 
l’esame, e tentare una verifica quantitativa, anche grossolana, al fine di assi- 
curare se debbano cercarsi soltanto in questi fenomeni le cause dei fatti 
osservati. 

Cominciamo a stabilire in via approssimativa la frazione di corrente pri-- 
maria che nelle esperienze nostre. si derivava per i pezzetti: di elettrodi se- 
condari. 

Prendiamo. p. es., le esperienze della nota II°, fatte: sulla laminetta di 
antimonio. Essendo h la lunghezza totale delle dune porzioni di elettrodi a 
contatto con la lastrina, e k la larghezza della lastrina, la porzione della 
corrente primaria che sabiva la derivazione, era data da 1/x (supposta la cor- 
rente distribuita uniformemente nella lamina). Dovendo essa ripartirsi u le 
rapporto inverso-delle resistenze, ed essendo identiche due delle dimensiuni 
dei condnitori derivati, si à che la corrente passante all’interno- delle piccole 
porzioni degli elettrodi stava alla: frazione È/x della corrente totale, come ik 


rapporto 


M. LA ROSA 2101 


Ta È ( l'a dl UD 


Sa Sp 


-dove rg, Ty; Sa; Sp Sono rispettivamente le resistenze specifiche e gli spes- 
sori della lamina e degli elettrodi secondari. 

Così nel caso della lamina di antimonio e degli elettrodi pure di antimonio 
si aveva: rg = = 90;4; sa = 3; s$ = 2, e quindi il rapporto precedente 
“era &/, mentre l/; era |.) ® però la frazione della corrente primaria de- 
rivata per l’elettrodo era 0,065. Per la stessa laminetta e gli elettrodi di fe- 
ro, rame, bismuto, essendo r? rispettivamente proporzionale a 9,1; 1,6; 151. si 
avevano i valori 0,039; 0,147; 0,024:. 

Nel primo caso la presenza degli elettrodi di antimonio non ‘poteva ar- 
recare che un pò di disturbo, dipendente dal maggiore spessore che acquista- 
va la lamina nei punti di contatto; la diminuizioue della correrte primaria 
nella lastrina doveva infatti trovare compenso quasi esatto nell’effetto Hall 
generato sugli elsttrodi. Nel caso degli elettrodi di ferro, l’effetto Hall della 
lamina doveva essere diminuito di 0,089 del valore totale per la dimimuizione 
della corrente primaria, ed accresciuto dell’effetto Hall generato in questo 
metallo. Essendo questo dello stesso seg10, e circa 10 volte più piccolo che 
nell’antimonio, si conclude che, in cifra tonda, si doveva avere una diminui- 
zione di 0,08 sul valore totale. Il valore sporimentalmente trovato è 0,09; in 
ottimo accordo col previsto. 

Nel caso degli elettroli di Ca, tutto quanto si poteva prevedere era la 
somplice diminuizione dell'effetto Hall prodotto dalla derivazione della cor- 
rente, cioè una diminuizione di !/,, dell'effetto totale, in cifra touda. Il va- 
lore sperimemtale è !!/;;0y cioè pure in accordo col teorico. Finchè, dunqne, 
la correzione da fare, si riduco a dovere tenere conto della frazione della 
corrente che viene distratta dalla lastrina, e derivata nell’elettrodo (caso dei 
metalli poco sensibili all'effetto Hall), le cose tornano abbastanza bene. 


Si tratta ora di esaminare l’altro caso in cni delle notevoli f. e. m. di 


Hall vengono messe in gioco dai pezzeiti ‘degli elettrodi, p. es., il caso degli 


elettroli di Bi. 


212 INTORNO A LE CAUSE DA CUI PUÒ DIPENDERE ECC. 


Queste f. e. m. possono dare, nelle condizioni delle esperienze, corrente 


secondo dne vie: l’una attraverso il galvanometro a cui fanno capo oli elet- 
po g 


trodi secondari, l’altra attraverso le porzioni della laminetta su eni gli elet- 


trodi sono saldati. Si comprende allora come la presenza di questi pezzetti di 


lamina, saldati in contatto coi pezzettini ci elettrodi (di Bi p. es.), debba at- 


tenuare di molto gli effetvi che le f. e. m. in parola possono produrre nel cir-. 


cuito del galvanometro. Per fissare meglio le idee, riferiamoci al caso con- 


creto delle esperienze prececentemente discusse. 


Il circuito del galvanometro, tennto conto di tutto, possedeva una resi-- 


stenza di 35 ohm. La porzione della lamina di antimonio sottostaate ad nn 


pezzetto di bismuto degli elettrodi — porzione cho faceva da shuut del galva- 


nometro — aveva le dimensioni 1,.94- 1,9 0,3 rm. La corrente passava da nna 


faccia di dimensioni 1,5 + 1,5 all’opposta; sicchè la resistenza di passaggio era. 


0,15 


=" = 
ciex00  L14.10 


Tr — 994207 1079 


che può ritenersi uguale alla resistenza di tutto il circuito esterno su cui era . 


chiuso il nostro generatore. Ammettendo che in questo. caso la f. e. m. (la 


quale nou è certo localizzata in un punto) sia distribuita uniformemente in 


confronto della resistenza, potremo calcolare la frazione della f. e. m. che re- 


stava attiva agli elettrodi del circuito esterno. Questa frazione risulta infatti 
espressa dal rapporto tra la resistenza del circnito esterno, cioè 1,14. 10 ohm, 
ela resistenza totale (cioè questa più la resistenza di passaggio del pezzetto 
di Bi). Questo rapporto è dato da 


35, 4 


_ 131 
(3. 


+ )= 0451 


Per avere il valore di questa frazione, calcoliamo orala f. e. m. totale gene - 


rata nei due pezzetti di bisinuto Siccome la frazione della corrente primaria- 


che si derivava in questi era 0,024 della totale, impiegata per l’antimonio, sic- 


come lo spessore del bismuto era ?*/, di quello dell’antimonio ed il coeffi-- 


ciente h dell’effetto Hall nel bismuto è in cifra tonda 100 volte più grande che» 


nell’antimonio, la forza e. m. creata in questi pezzetti, risulta data da 


M. LA ROSA ì 213 


5) 9 
0,024 Xx 3 TOO SIGN 


essendo X quella creata nella intera laminetta di antimonio e misurata con 
elettrodi dello stesso metallo. 
La frazione di questa f. e. m. che poteva farsi sentire nella deviazione galva- 


nowetrica, era perciò data da 
a= 0) ZO = Me 


Facciamo il confronto con l’esperienza della Nota precedente. 

La laminetta di antimonio con elettrodi dello stesso metallo, diede un 
effetto misurato da 178 divisioni del galvanometro; la stessa laminetta con e- 
lettrodi di bismuto, diede un effetto misurato da 119, 2 divisioni. La diminui- 
zione fu dunque di 59 divisioni; essa, divisa per l’effetto primitivo di 178, for- 
nisce il rapporto 0,33 invece di 0,54. Questi numeri differiscono certa:uente 
alquanto di più di quello che sia imputabile agli errori delle misure, pure 
non vogliamo affermare senza altre indagini l’esistenza di un disaccordo che 
ci costringa a mutare le supposizioni poste a base del ragionamento. 

L'influenza della naiura degli elettrodi sul valore dell’effetto Hall, :vessa 
in rilievo con le nostre precedenti esperienze, può perciò bene dipendere dalla 
derivazione di una parte della corrente per le porzioni degli elettrodi a con- 
tatto con la lamiretta e dalla mascila di effetto Hall in queste porzioni. 
Però, malgrado tutto, questa spiegazione non esaurisce interamente li pro- 
cesso che deve avvenire nei contatti. 

Se verarzente i pezzetti di bismnto sono capaci di dare correnti molto 
notevoli nel galvanometro, bisogna ammettere che essi e 1 pezzetti di lamina 
sottostanti sono percorsi da correnti assai più rilevanti di quelle accusate dal 
galvanometro, e la sproporzione fra queste correnti appare evidente, se si 
pensa alla sproporzione forte tra la resistenza interna del galvanometro e 
quella della porzione di laminetta sottostante al Bi, che fa da shunt al primo. 

Nelle esperieuze in parola, questo rapporto era dell’ordine di 10°:1 e 
quindi per un effetto di 100 divisioni, cioò di 2.10°° ampère accusato dal 


galvanometro, si dovevano avere nelle porzioni di Bi e Sb a contatto, correnti 


di 0,2 ampère. 


DI4 INTORNO A LE CAUSE DA CUI PUÒ DIPENDERE ECC. 


Ora sembra molto difficile ammettere l’esistenza. di queste corrauti (in 
altre esperienze da noi fatte avrebbero dovuto snperare 1 ampère) perchè la 
loro presenza non potrebbe essere senza consegnenze, e dovrebbe rilevarsi 
sia per gli effetti termici nei pezzetti di vuetallo attraversati, che potrebbero 
anche fondere (ci riferiamo ciò dicendo, a le paglinzze di Bi) sia per le com- 
plicazioni energetiche che non potrebbero mancare. 

Siamo perciò condotti a sospettare che qualche altro fattore intervenga 
ancora nel fenomeno, rendendove più intricato il cowp'esso. Questo dovrebbe 
consistere nella presenza di una f. e. m. che tenda ad opporsi alla circolazione 
di questa corrente tra il pezzetto dell’elettrodo e quello della laminetta sot- 
tostante. 

La natura e la sede di questa f. e. m. si presenta spontanearrente, anzi 
si impone alla mente. Riferiamoci sempre per chiarezza di ragionamento, al 
nostro caso coucreto della lamina ui Sb, munita di elettrodi di Bi. 

Abbiamo in contatto una lastrina di Sb ed nna di Bi sottoposte ad un 
campo normale alle loro faccie. ed attraversate dalla corrente. Supponiamo 
di guardare una sezione fatta su questa laminetta parallelamente allo spes- 
sore e alla larghezza. 

Sapponiamo che la correute di Hall entri nel Bi dalla parte superiore, in 
modo che la coppia dei metalli venga percorsa da corrente nel senso della 
frecce. 

Allora, nelle porzioni superiori della superficie 
di contatto in cui la corrente va dallo Sb al Bi, si 
ha sviluppo di calore per effetto Peltier, mentre 
nella inferiore avviene il contrario. Si creano così 
delle differenze di temperatura punto per punto 
della superficie di contatto, e quindi delle forze ter- 
inoelettriche che t:ndono a generare una correrte 


circolante uel verso opposto. 


Si dovrà perciò raggiungere una condizione di 
equilibrio in cniavranuo Inogo na flasso di corrente 


tra le dno lamine, un flusso di calore parallelo alla superficie di contatto, e 


M. LA ROSA VR 215 


prendono origine delle f. e. m. di contatto tra le due lamine, variabili Ca 
punto a punto. 

In definitiva. anche per questa via troviamo che tn mutamento delle forze 
e. m. di contatto tra lamina ed elettrodo deve prodursi in conseguenza del 
fenomene di Hall; solo che questo mutamento, invece che scaturire diret- 
tamente dalla variabilità della concentrazione elettrcnica da punto a punto, 


proviene indirettamente dalla non uniformità della temperatura lungo la su- 


perficie di contatto. 


[nforno alle cause da cui dipende l'inflvenza 
che la natura degli eleilrodi secondari ha sull'effetto Hall 


NOTA 


del Prof. M. LA ROSA e del Dr. U. DE LUCA (collaboratore) 


Torniamo a considerare una laminetta metallica, di forma rettangolar», 
munita di due coppie di elettrodi, e sottoposta a le condizioni sperimentali in 
cui si presenta il fenomeno di Hall. 

Ci proponiamo di riferire alcune esperienze, fatte con l’intento di dimo- 
strare direttamente che sui pezzetti di elettrodi a contatto con la lamina, si 
può generare nu effetto Hallche si sovrappone all’effetto proprio della lamina 
stessa. 

Per questo abbiamo preparato una nuova lamina di platino, delle seguenti 
dimensioni: 30 X 22 X 0,2 mm. Vi abbiamo attaccato elettrodi secondari di 
bismuto di forma rettangolare e di spessore abbastanza vniforme. Essi avevano 
le dimensioni seguenti: 12 X 2 X 0,3. La porzione di ciascuno di essi, ap- 
poggiata e saldata sulla lamina, aveva la Innghezza di 2 mm. 

Per farci un'idea dell'ordine di grandezza dell'effetto prodotto dalla pre- 
senzi degli elettrodi di bismuto, preparamino un’altra lamina in tutto identica 
alla prima — ritagliata da una stessa lamina di pletino — e la munimmo di 
eletirodi secondari pure di platino, aventi esattamente le stesse dimensioni 
di quelli di bismuto adattati sulla prima. 


Il confronto degli effetti presentati dalle due lamine, sotto le stesse con- 


2 18 INTORNO ALLE CAUSE DA CUI DIPENDE L'INFLUENZA ETC. 


dizioni d’esperienza, (correute primaria 2,2 amp., campo 7100) diede i risultati” 


seguenti: 
verso del campo 
Lamina di Pt con elettrodi dgr een — +4 + 4 
> Or » I BISI — 380 + 410 


Sulla lastrina con elettrodi di Bi, 
furono allora saldati degli altri elettrodi 
ausiliari di sottili fili di ramo, c, d, è, 
nei posti rappresentati in figura, distinti 
con lettere C, D, £. 

Abbiamo legato al galvanometro in. 
vece dei fili a e d, i fili c e d, abbiamo 
mandato nella lamina la solita corrente 
primaria di 2,2 amp. e prodotto il solito 


campo. 


Ecco il risultato: 


Verso del campo +4 — 


Il pezzetto di bismuto appoggiato sulla lastrina di platino dava dunque um 


effetto di 74 (media dei valori assoluti delle deviazioni). 


M. LA ROSA E U. DE LUCA 219 


- Questa prima esperienza conferma, in wodo diretto, la presenza di un 
-effetto Hall nei pezzetti di bismuto, posti a contatto con la lamina. 

Importava allora molto di vedere so tu'to il mutamento dell’effetto Hall” 
- generato dalla sostituzione degli elettrodidi Bi con quelli di Pt, era dovuto all’effet” 
to Hall generato in questi pezzetti. In tal caso il valore così trovato avrebbe dovnto 
risultare eguale a circa la mevà di quello misurato tra 4 e d.Il numero trovato 
74 è invece alquanto più piccolo della metà di 391, effetto misurato tra a e d 

Sl poteva pensare che l'aggiunta dei nnovi elettrodi c, d, e, poteva avero 
- alterato l'effetto totale presentato dalla }amina tra a e 0. Abbiamo perciò 
rilegato il galvanometro nuovamente tra «e d, e ripetuta l’esperienza; sotto 


-le solite condizioni di corrente e di campo, si otteneva: 


campo + — 276 
SE + 291 
media 283,5 


Questo risultato conferma che l’introduzione degli elettrodi ansiliari aveva 
alterate le condizioni della lastrina in riguardo all’effatto da essa accusato; 
- ma dimostra nello stesso tempo ‘che l'effetto totale è quasi quadruplo di quello 
misurato sopra uno solo dei pezzetti di Bi. Lo scarto risulta ancora troppo 
- grande, perchè si possa credere che tutto l’effetto misurato tra a e d sia dovuto 
ai due pezzetti di Bi degli elettrodi. 
Si poteva ancora pensare che le saldature e e 4 non fossero fatta proprio 
- sul margine del pezzetto di Bi, eche perciò attaccando il gatvanometro tra de c ve- 
nivainclusa in circuito nna porzione di Bi più piccola della metà di quella cimer- 
tata con l’attacco ordinario. 
Come riprova abbiamo perciò misurato l’effetto che si aveva allorchè il 
galvanometro veuiva attacato tra e e 4. Nel caso in cui la circostanza ora 


- detta avesse potuto avere un’inflnenza apprezzabile, avremmo dovuto trovare 


E TALE IERTC OI 


220 INTORNO ALLE CAUSE DA CUI DIPENDE-L'INFLUENZA ECC. 


POS] 


una deviazione notevole in questa nuova esperienza. Invece il solo effetto: 
osservato fu quello dovuto alla lamina di Pt, cioè di 4 divisioni circa, misurato 
nella prima esperienza fatta con elettrodi di Pt. Come media di tre coppie di 


misure ottenemmo infatti: 


Verso del campo + — 5,5 
È 
SE cena oo 
media 4,5 


Era ibfine possibile che anche porzioni degli elettrodi secondari, restanti tra i 
fili c ed a (e le analoghe sull’altro) portassero pure un contribnte di /. e. ne. di 
Hall. in nodo che Je porzioni degli elettrodi attive risultassero più grandi della 
somma dei due pezzetti addossati alla lamina. Ma per quanto l’esperienza diretta 
su questo punto non gia facile a fare ci sembra impossibile l’ammettere che tutta la 
differenza accertata potesse dipendere da questa circostanza, a meno che altri 
fenomeni prendessero origine in dette porzioni di elettrodi all’ infuori di 
quello di Hell. 

Abbiamo perciò cercato di ottenere per altra via qualche indicazione in. 
proposito, ed abbiamo provato se l’effetto presentato dalla nostra lamina di Pt, mu- 
nita di elettrodi di Bi, soddisfaceva al teorema di reciprocità del Prof. 
Volterra (1), esteso da recente al caso di corpi a tre dimensioni non 
omogenci ed anisotropi (2). 

Evidentemente se l’effetto reciproco — cioè quello misurato dopo lo scambio 
degli elettrodi primari con i secondari — fosse risultato nettamente diverso da 
quello diretto, allora si sarebbe potuto concludere che cause diverse dall’effetto- 


Hall intervengono nel fenomeno; ma non reciprocamente. 


(1) V. Volterra. R. Line. vol. XXIV sem. 1° (pag. 220, 289, 378, 533; 1915. 
(2) E. Freda. R. Line. vol. XXV pag. 28 e 60 1916. 
D. Lazzarini R. Line. vol, XXVI pag. 596 — 1917. 


DI 


M. LA ROSA E U. DE LUCA 21 


L'esperienza tentata per questa via, è riuscita però ancora metto netia. Es. 
sa ha infatti mostrato che all’ivgrosso il teorema di reciprocità è verificato, e 
che la piccola differenza riscontrata resta solo per puco al di scpia Gel limite 
degli errori. Ecco i risultati: 

Corrente primaria 0,5 amp. (fu diminuita per non Canneggiare gli elet- 
trodi di Bi); intensità Gel campo la stessa delle esperienze piecedenti. 


Efietto Hall normale (il galvanometro è legato agli elettrodi di Bi) 


campo + — 124 
media (dei valori assoluti) 134 


Effetto reciproco (la corrente princ. circola per gli elettrodi di Bi) 


campo + — 133 
media 138,5 
De + 144 


Avvertiamo che ognuno di questi numeri risulta dalla media di tre de- 
terminazioni, nelle quali gli scarti massimi furono di 6 divisioni. 
Riassumendo, dallo insieme delle precedenti esperienze risulta: 

1). Che l’effetto Hall misurato sopra una certa lamina, varia al cam- 
biare della natura degli elettrodi secondari. 

2). Che questi mutamenti dipendono sia da una diminnizione della cor- 
rente primaria, perchè una suna frazione si deriva attraverso tali elettrodi, sia 
dall’effetto Hall che per la presenza del campo nasce nelle piccole porzion 
degli elettrodi attraversati dalla corrente primaria. 

3) Che in conseguenza dell’effetto Hall generato nelle porzioni dei dne 
metalli diversi, poste a contatto, debbono nascere altri fenomeni (quelli ter- 
moelettrici certamente), che alterano le differenze di potenziale ai cugtatti fra 


i due metalli, e in modo diverso da punto a punto. 


RATA VT STETATI ASI NRE SSA RE 


222 INTORNO ALLE CAUSE DA CUI DIPENDE L'INFLUENZAE Cc. 


4) Che il teorema di reciprocità è verificato anche in un sistema ete- 
rogeneo di conduttori. 

Ci riserbiamo di studiare i fenomeni di cui si fa cenno nel risultato 3, 
come pure di investigare con adatte esperienze, se, oltre all’effetto che ab- 
biamo messo in chiaro, si producono, nelle condizioni sperimentali volute per 
il fenomeno di Hall, cambiamenti delle f. e. m. di contatto, della natura di 


quelli preconizzati nel corso di queste ricerche. 


(1) Questa influenza è evidentemente grande nel caso che gli elettrodi abbiamo una certa 
«estensione e giacciano nel piano della lamina. Ma si comprende che una certa influenza si 
avrà pure nel caso degli elettrodi filiformi saldati normalmente alla lamina. Per quanto si 
faccia, vi è sempre un pò di saldatura nei puuti di contatto, la quale non marcherà di 
produrre "e perturbazioni che abbiamo in queste ricerche esaminate. 


7 TRN 
à 


Sopra ue eventuale mutamento delle f. e. m. di contatto in un sistema di conduitori 
soggetto ad azioni tendenti ad alterare la distribuzione degli elettroni liberi 


NOTA 


del Prof. M. LA ROSA 


Ci proproniamo in questa Nota di esaminare una ipotesi messa da noî 
avanti, a proposito delle ricerche ‘ sull’influenza della natura degli eleltrodi 
secondari sull’effetto Hall,,, Abbiamo allora fatto osservare che nelle condizioni 
in cui si produce il fenomeno di Hall, può avvenire nu mutamento della con- 
centrazione degli elettroni liberi nella foglia metallica cimentata, in maniera 
che questa concentrazione risulti variabile da punto a punto. 

Spiegheremo meglio il mostro concetto servendoci di un modello concreto, 
Supponiamo di avere una camera a forma di parallelepipedo rettangolo, di 
spigoli a d c, l’ultimo dei quali sia alquanto più piccolo degli altri dve. Sulle 
faccie d c siano praticate due feritoie parallele ed eguali a c, di larghezza 
molto piccola e disposte nel piano mediano parallelo alle faccie 4 c. A_queste 
feritoie mettano capo gli estremi di un condotto, il quale sia riempito, insie- 
me con la camera, di un certo fluido. Supponiamo di mettere in moto il 
fluido con velocità molto grande, per mezzo di una pompa funzionante in un 
punto del condotto. La camera sarà allora attraversata continuamente da una. 
corrente che distruggerà la eguaglianza della pressione in tutti i punti, creando: 
un gradiente di pressione sia secondo lo spigolo 4 in direzione del quale corre 
il fllusso, sia secondo lo spigolo d. Però, evidentemente, la nuova distribuzione 
delle pressioni, sarà simmetrica rispetto al piano delle feritoie. Quando il re- 


gime permanente sarà raggiunto, supporremo di fare agire sopra ciascuna par- 


na N ) 
INA RPECINCI CRE, vato Bia 4 REPNerO RAMA 
N GUSTARE AR NOI BINIBRNEROA LI VS ANSBAZIRINE O VIVGITOO COPERTI 


224 SOPRA UN EVENTUALE MUTAMENTO DELLE F. E M. DI CONTATTO ECC. 


ticella di fluido in moto una forza, normale al piano delle direzioni della sua 
velocità e dello spigolo c (a cui supporremo sia stata data una direzione po- 
sitiva), e proporzionale alla velocità stessa. 

Lo sciame delle particelle in moto, tende allora ad essere spinto tutto da 


una parte rispetto al piano delle feritoie; avverrà allora una migrazione di 


particelle verso questa parte della camera, si produrrà una nuova distribu-. 


zione delle pressioni, in maniera che il nuovo gradiente che si verrà a deter- 
minare nel senso dello spigolo è, finirà per fare equilibrio alle forze trasver- 
sali che sollecitano le particelle. Da questo momento si stabiliscono le nuove 
condizioni di regime dinamico in cui Ja simmetria delle pressioni rispetto al 
piano delle feritoie, risulterà distrutta. 

Fra dns punti simmetrici rispetto a tale piano, comparirà allora una dif- 
ferenza di pressione, che si può identificare con l’effetto Hall teorico. Antecedente 
necessario a la nascita di questa differenza di pressione è ir mrfamento di 
densità del fluido del quale non si può fare astrazione. Solo si può discutere 
della misura con cui quest’effetto si verifica. Ma su tale punto, — supposta sco- 
nosciuta la natura del fluido — è l’esperienza che deve rispondere. Le pro- 
prietà elastiche del fluido sono quelle da cui dipende il valore del gradiente 
della concentrazione che occorre, per far nascere un dato gradiente di pres- 
sione. E solo nel caso in cui il fluido fosse incomprimibile, il primo potrebbe 
risultare trascurabile rispetto al secondo. 

Ora, nulla, a noi sembra, ci autorizza, allo stato attuale delle nostre 
conoscenze, ad ammettere che gli elettroni liberi contenuti in un metallo, si 
comportino come un fluido incomprimibile. Anzi, l’immagine che dobbiamo far- 
cene è quella di un gas, e però potrebbe avvenire che piccole differenze di 
pressione. producano apprezzabili mutamenti della densità. 

Se le cose stessero così, Ja nascita dell’effetto Hall dovrebbe essere ac- 
compagnata da un mutamento delle cadute di potenziale di contatto tra lala- 
mina cimentata e gli elettrodi secondari ad essa applicati, in conformità delle 


vedute fondamentali delia teoria elettronica dei metalli. Si sa infatti che tali 


cadute di potenziale sono determinate solo dal rapporto fra le concentrazioni 


elettroniche dei metalli in contatto. 


M. LA ROSA 225 


La: misura della caduta di potenziale ra 4 umnae gli elettrodi secondari 
--— fatta in condizioni normali, e ripetuta mentre la lamina è sede di effetto 
Hall, — potrebbe offrire perciò una buona via per svelare la esistenza del- 
l’effetto da noi supposto. 

Nelle comuni misure di effetto Hall, sono stati sempre conglobati insieme 
‘ tre termini: 1) la caduta di potenziale che si produce in seno alla fogliolina 
metallica sottoposta alla corrente principale ed al campo, e che costituisce 
l’effetto Hall puro della lamina; 2) le cadute di potenziale in seno ai pezzetti 
degli elettrodi, generate da questo stesso fenomeno; 3) le dne cadute di poten- 
‘ ziale ai contatti tra gli elettrodi secondari e la lamina stessa. 

Nelle nostre ricerche già citate, abbiamo ampiamente discusso l’inflnenza 
del secondo termine ed abbiamo anche indirettamente dimostrato che l'influenza 
- del terzo — se esiste — non si manifesta nettamente nelle nostre esperienze. 
Fermiamoci ora un poco ad esaminare quale valore abbia questo risultato 
in confronto alla nostra ipotesi. 

Ammesso pure che con una estesa serie di misnre di effetto Hall, fatte 
combinando in tutti i modi possibili la natura della laminetta e quelle degli 
- elettrodi secondari, si sia potuto accertare che le f. e. m. di contatto, per 
‘conto proprio, non manifestino influenza alcuna, non si può affatto rigettare 
il dubbio che noi abbiamo posto innanzi: cioè che nelle condizioni in cui il 
fenomeno di Hall si produce, tali /. e. ,. possano mutare. Essendo due i con- 
tatii che concorrono a produrre l’effetto che noi abbiamo di mira, ed essendo 
contrari i loro sensi di azione, basterebbe che i mutamenti parziali aventi sede 
nei due contatti fossero eguali, perchè l’effetto totale sia nullo; oppure ba- 
sterebbe che l’effetto somma risultasse in qualche modo indipendente dagli 
- elettrodi secondari, perchè esso rimanesse occulto, pur intervenendo in ciascun 
caso in misura costante. 

Lo schema che la teoria elettronica riesce a dare delle f. e. nm. di con- 
tatto, ci può servire benissimo a chiarire meglio questa nostra idea. Si sa 
che tra dune metalli diversi A e 5 conteneuti rispettivamente N, © N; elet- 
trom liberi per cm?, se posti a contatto, deve sussistere la differenza di 


potenziale 


ia i e. 


226 SOPRA UN EVENTUALE MUTAMENTO DELLE F. E M. DI CONTATTO ECC. 
2 aT Na 
vi == = log = 
DINO: 5 N, 


' 


Se dunque la nostra laminetta del metallo £ p. es., sottoposta alle con- 


dizioni in cui si presenta il fenomeno di Hall, acquista in corrispondenza degli 


eletttrodi secondari, densità diverse degli elettroni liberi N e N" , si avranno 


tra essa e gli elettrodi del metallo A, le differenze di potenziale di contatto- 


Et D aT Na ì Ù 2 al N", 
Vee 


Se dunque gli elettrodi non subiscono modificazioni, la differenza totale- 


di potenziale che siavrà tra essi, per il fatto dei contatti, è 


9 aT : N", 
ò (A e N’, 


che è indipendente dalla natura degli elettrodi. 


Si può dunque supporre benissimo che la concentrazione elettronica muti 


in seno alla lamina per l’effetto Hall; si può credere che mutino le cadute. 


di potenriale di contatto, senza che perciò debba avvenire che il valore tota- 
le delle differenze di potenziale misurate tra gli elettrodi secondari cambi al 
mutare della natura di questi. 

La differenza di concentrazione predetta, avrebbe per effetto una differen- 
za di potenziale di contatto tra i dne bordi della laminetta, ma essa reste- 
rebbe confusa, compenetrata col fenomeno di Hall medesimo o forse meglio ad 
essa si ridurrebbe l’effetto Hall vero e proprio. | 


Solo nel caso in cui anche le concentrazioni elettroniche degli elettrodi 


venissero alterate, ed alterate in modo diverso, si potrebbe svelare con la. 


via delle esperienze da noi fatte, il mutamento delle differenze di potenziale 
a contatto e la distribuzione non uniforme degli elettroni nella lami:a sotto- 
posta alle condizioni sperimentali del fenomeno di Hall. Invero questo caso. 
non appare molto 1mprobabile. 

Ma anche allora le cadute di potenziale dei due contatti interverrebbero:- 
solo per la differenza dei loro valori assoluti e potrebbe avvenire che questa» 


/ 
differenza resti sempre piccola, mentre ciascuna di esse vari anche notevol-- 


atei 
AA ES 7 RE LE OE, 


M. LA ROSA 9227 


‘mente. Gioverebbe perciò molto meglio procedere per via indiretta e misurare li 
«calore di Peltier che si produce ai contatti, sia quando il nostro sistema “laminetta 
elettrodi secondari,, si trova allo stato normale, sia quando esso è sede di 
effetto Hall. 

Secondo la teoria etettronica, il calore di Peltier viene pure misurato 


palla espressione: 


mala Ugg e 5: N 


Ma siccome le due quantità di calore spese nei due contatti hanno segni 
‘contrari, chiudendo il circuito sul galvanometro, si otterrà una deviazione dovuta 
‘alle f. e. m. termoelettriche, dipendenti dalla somma dei valori assoluti delle 
«due quantità. 

Se dunque, nelle condizioni in cni si produce il fenomeno, cambiano le 
coucentrazioni degli elettroni ai due bordi della lamivetta, e quella degli elet- 


trodi, il calore di Peltier ai due contatti diventa rispettivamente: 


r Ze SE E lo NEO 
tab = 3 3 0g. N, ba =" 3 5 2. N”, 


la deviazione che si otterrebbe al galvanometro sarebbe proporzionale a 


2 aT N, N", 
non NoN 


UA 


+ 


LA 
Tab 


Questa via, adunque, benchè indiretta, conduce benissimo al fine a cui 
‘miriamo; esperienze ben condotte ci potranuo dare uva risposta chiara e precisa 
sulla variabilità, o meno, delle differenze di potenziale di contatto, nelle con- 


«dizioni sperimentali in cui ha luogo il fenomeno di Hall. 


Sul modo di accertare l'eventuale cambiamento dille £. e. m. di con- 
tatto in un sistema di conduttori soggetto ad azioni fendenti 
ad alterare la distribuzione degli elettrodi jbori, 


NOTA 


del Prof. M. LA ROSA 


Abbiamo stabilito nella Nota precedente che l’effetto Peltier offre una 
bnona via per decidere se, nelle condizioni in cui si produce il fenomeno di 
Hall, avviene anche un mutamento delle cadute di potenziale tra la laminetta 
e gli elettrodi secondari. 

Ma prima di imprendere delle misure in questo senso, ci occorre di rimuo- 
vere alcune gravi obiezioni che ci si parano subito a la mente. 

Le misure di effetto Peltier sono tra le più delicate, e particolarmente 
difficili diventano nel nostro caso, in cni si tratta di mettere in luce le va- 
riazioni eventuali di quest’effetto, mentre parecchi altri fenomeni — di natura 
termica o capaci di svolgere azioni termiche — sono in gioco nel circuito 
stesso in cui quest’effetto deve essere misurato. 

Esaminiamo perciò attentamevte il procedimento che bisognerebbe seguire 
per tali misure, al fine di svelare tutte le azioni che possono sovrapporsi al 
fenomeno che abbiamo in vista, e di cercare i mezzi di eliminarli, o di corre- 
gerne gli effetti. 

Il nostro sistema è costituitoda una lamina di un ‘certo metallo A, di 
forma rettangolare, che porta attaccati dne paia di elettrodi in corrispoudenza 
dei punti medi delle due coppie di lati paralleli. Uno almeno. di queste paia 


è fatto di metallo 8, diverso da quello della lamina. 


230 SUL MODO DI ACCERTARE L'EVENTUALE CAMBIAMENTO ECC. 


Questi elettrodi sono così disposti, che se si lancia nna corrente di qual- 


che ampère attraverso ad un paio, si raccoglie dall’altro nna corrente trascu- 


rabile (dell’ordive del milionesimo della prima). 

Faremo allora le esperienze seguenti: 

- 1°) Cominceremo col fare passare per un tempo determinato una cor- 
rente che entri per uno degli elettrodi 8, ed esca per l’altro. Trascorso detto 
iempo, interrompereino rapidamente questa corrente, e chiuderemo gli 
stessi elettrodi 5 sopra un galvanometro; misnreremo così la /. e. Mm. gene- 
rata dalla differenza di temperatura che si stabilisce ai dune contatti. 

2°) Faremo passare per gli elettrodi C una corrente di alcuni ampòre, 
coinpenseremo ia piccola corrente che eventualmente tende a stabilirsi fra 
gli elettrodi 5, allorchè essi vengono chiusi in circuito con il galvanome- 
tro. Indi, con opportuna commutazione, staccheremo gli etettrodi 8 da 
questo circuito, e vi faremo passare la corregte eccitatrice dell’affelto Pel - 
tier per la stessa durata di prima, ed infine riattaccheremo questi elettrod. 
al galvanometro. È 

Constateramo così la nuova deviazione, che non dovrebbe essere mutata 
rispetto alla precedente primitiva (se, come supponiamo, il circuito del galva- 
nometro ha resistenza costante). 

| 3°) Interromperemo la correute primaria, ed occiteremo il campo ma- 
guetico (uniforme), normale al piano della lastrina. Ripeteremo allora la de- 
terminazione dell’effetto Peltier in presouza del solo campo, per potere tene- 
re conto della eventuale variazione che csso può subire iu queste condizioni. 

4°) Faremo infine intervenire contemporaneanente la corrente primaria 
ed il campo, compensereino l’effetto Hall, e ripeteremo la determinazione del- 
l’effetto Peltier. 

Parecchie cause possono concorrere. a produrre un mntamente della de- 
viazione galvanometrica osservata. Enumeriamo quelle che si presentano alla 
mente come più immediate: 

1°) L'effetto Ettingshausen, che tende a generare una differenza di 
temperatura ai due contatti. 


2°) L’effe‘to Hall che si genera sui pezzetti degli elettrodi 8 percorsi da 


LEA 


M. LA ROSA 2531 


una frazione di correute primaria. La presenza di queste f. c. n. può dar 
luogo a fenomeni termici nella fase di passaggio della corrente eccitatrice 
dell’effetto Peltier. 

5°) Le differenze eventuali di effetto Joule ai dne contatti, che possono 
avere la loro origine nei mutamenti di resistenza delle Civerse porzioni della 
lamina e degli elettrodi, provocati dal campo; oppure in eventuali cambiamenti 
della distribuzione della corrente primaria nella laminetta per l’azicne del 
campo. 

4°) Le correnti parassite che posseno circolare tra le porzioni degli e- 
lettrodi secondari e della lamina che si trovano iu contaito immediato, corrent 
dovate alla produzione di /. e. m. Hall diverse nei due diversi metalli. 

5°) Iufine, i mutamenti dell’effetto Peltier vero e proprio, dipendenti dal 
fenomeno da noi cercato. 

Occorre perciò cercare dei crite:i che permettano di distinguere tra loro 
gli effetti prodotti da queste diverse cause, o per lo meno di distinguere 
quello contemplato al n. 5, dai rimanenti. 

Dall’inflnenza dell’effetto Ettingshansen è molto facile mettersi al riparo. 
Nelle condizioni dell'esperienza 4, quest’effetto può intervenire solamente se 
nella durata della prima parte deil’esperienza, cioè compensazione dell’effetto 
Hall, il regime permanente delle temperature ai due contatti non è stato 
ancora raggiunto. Allora, nell’atto della seconda chiusura de la lamina sul 
galvanometre, oltre alla differenza di temperatura provocata dalla .corrents 
eccitatrice dell’effetto Peltier, vì potrebbe essere il mutamento di temperatura, 
che per effetto Ettingshausen si sarebbe ancora prodotto ai due contatti. 

Ma questa influenza è indipendende dal passaggio, o meno, della corrente 
eccitatrice dell’effetto Peltier; e si può perciò mettere subito in chiaro con 
qualche esperienza in bianco, nella quale cioè sia ripetuto fedelmente il pro- 
cedimento dell’esperienza 4, senza l’impiego della corrente eccitatrice. Di più 
ripetendo la stessa esperienza 4 in condizioni inalterate, e cambiando sol- 
tanto il senso della corrente eccitatrice dell’ effetto Peltier, il mutamento ae 
della deviazione galvanometrica, se dovuto a quella influenza, dovrebbe cam- 


biare di segno rispetto alla « stessa. In altre parole, se la « osservata nella 


232 SUL MODO DI ACCERTARE L'EVENTUALE CAMBIAMaNTO ECC. 


esperienza 4, risultasse più grande di quella osservata nelle precedenti, cambiando 
il verso della corrente eccitatrice, la nuova - della esperienza 4, dovrebbo 
risultare più piccola. Mentre infatti, cambiando il senso della corrente eccita- 
trice, l’effetto Peltier si inverte, quello di Ettingshansen resta lo stessa, 6 
quindi, se prima i due fenomeni erano cospiranti, ora saranno antagonisti e 
viceversa. 

Le identiche considerazioni hanno pieno valore per le canse indicate ai 
un. 3 e 4. Restano così da esaminare solo le canse di perturbazioni indicate 
al n.2. 

Influenza dell’effetto Hall ai contatti. — La porzione degli elettrodi secon- 
dari e della lamina che stabiliscono il contatto, sono sede—come abbiamo visto 
nei nostri lavori precedenti —di effetto Hall. In esse esistono dunque delle ca- 
dute di potenziale che agiscono nella direzione stessa iu cui circola la corrente 
eccitatrice dell’effetto Peltier, sia nello stesso verso, che in verso contrario. 
In queste porzioni viene sviluppato o assorbito del calora, e se le condizioni 
fisiche dei due contatti fossero perfettamente eguali, nessuna perturbazione 
potrebbero provare le deviazioni galvanometriche della esperienza 4. Le quan- 
tà di calore mezz) ia gi) 3) ni dis ebittroli, dovre)bero infatti essere e- 
guali e dello st>sso segno. 

Ma questa perfetta identità molto verosimilmente potrà mancare; e ciò 0 
per ragioni costruttive (come fora e dimensioni delle due porzioni degli e- 
lettrodi in contatto con la lamina, spessore diverso di questa in corrisponden- 
za di tali porzioni, quantità diverse di saldature depositatevi, ecc.), oppure 
per tagioni strettamento fisiche (come diversa orientazione degli elementi cri- 
stallini, di cni le diverse porzioni di elettrodi possono risultare, diversa ca- 
pacità termica, ecc.). Fra queste ultiwe può esservene una che merita un 
posto particolare, e che segnaleremo e discateremo a parte. 

Si compre:de come una qualunque, 0 parecchie di queste circostanze, pos- 
sano determinare, o lo sviluppo diverso di calore ai due contatti, o anche, a 
parià di sviluppo, temperatura diverse, e quindi prodnrre cambiamento nella 
deviazione galvanometrica osservata nella esperienza 4. 


Vi è però un mezz) molto semplice di sceverare i mutamenti di  dipen— 


M. LA ROSA i 233 


«denti da {ntte queste canse, da quelli che possono dipendere da un cambia- 
mento dell’effetto Peltier. Supponiamo, p. es.. che la porzione dell’elettrodo 
superiore a contatto con la lamina, sia tale che l’effetto Hall su di essa sia 
più grande che sull’altra. Allora, per un determinato senso di passaggio della 
corrente eccitatrice, sul contatto snperiore avremo uno sviluppo di calore ed 
unatemperatura finale più grande che sull’altro. Nell’esperienza 4 troveremo 
allora una variazione di <, che p. es., supporremo dello stesso segno dell’x os- 
servato nello esperienze 1 e 3. 

Invertiremo allora il campo e ripeteremo l’esperienza 4. Allora il segno 
dell'effetto Hall cambia, e la corrente eccitatrice lanciata nel senso stesso di 
prima. assorbe ora, dall'elettrodo superiore, una quantità di calore più grande 
-che dall’altro, e perciò determina una differenza di temperatura di segna 
| opposto alla precedente. La variaziodeme questa voltadovrebbenrsele gaor oe 
perciò essere di segno contrario alla 4 di prima. 

Se invece il mutamento Ax dipendesse esclusivamente da un cambiamento 
della misura dell’effetto di contitto, esso dovrebbe conservare il sno segno 
inalterato. Le nostre ricerche precedenti ci assicurano iufatti che le cadute di 
potenziale ai due contatti (dentro i limiti degli errori), si mantengono traloro 
eguali quando la lamina è sottoposta al fenomeno di Hall; e perciò esse so 
mutano, mutano allo stesso modo, crescendo o diminnendo entrambe della stessa 
quantità, in guisa che non ha influenza sul segno del mvtamento 2, il verso 
relativo della corrente eccitatrice e dell'effetto Hall. 

Il solo dubbio cha si possa ancora avanzare è il seguente: sulle porzioni 
di contatto tra elettrodi e lamina si maaifestano / e. m. per effetto Hall 
diverse tra loro, come nel caso preceden:e; ma la differenza, invece che 
sipendere di circostanze imputabili ai contatti medesimi — come abbiamo finora 
dupposto-—dipenda dalla distribuzione che prendono nella iamina le linee 
della corlte.ito principale sotto l’azione del campo magnetico. In altre parole 
si potrebbe sospettare che all’atto della creazione del campo, le linee di cor- 
reute vengano spostate a preferenza verso un eleltrode, in modo che la frazione 


di corrente che si deriva in questo, è più crande di quella che si deriva 
b) > è 


234 SUL MODO DI ACCERTARE L’ EVENTUALE CAMBIAMENTO ECC. 


Se così fosse, la quantità di calore sviluppata o assorbita sul prio dalla: 
corrente eccitatrice, sarebbe più grande della corrispondende quantità messa 
in gioco sull’altro, e si potrebbe avere uu cambiamento della deviazione gal- 
vanometrica nella esperienze 4, non imputabile ad effetto Peltier, e di segno 
non invertibile con l’inversione del campo, 

Indipendentemente da ogni altra constatazione, vi è un mezzo molto sem- 
plice per potere fare giustizia anche di quest'altro dubbio e degli altri già a=- 
vanzati e discussi; ed ecco quale: 

Se il cambiamento di deviazione osservato nella esperienza 4, è frutto 


sia dell’effetto Hall ai contatti, sia di altre /. e. 2. di genere qualunque, di- 


rette nello stesso senso, ma differenti in valore, cioò se esso dipende da 


cause che agiscono con intensità differenti, ma con versi eguali sui due 
contatti, sarebbe assai facile esaltare il mutamento stesso con un ripiego sem 

plicissimo; basterebbe fare passare la corrente eccitatrice per un elettrodo au-- 
siliario (saldato uel centro della lamina e dello stesso metallo di questa) e 

per i due elettrodi 5 attaccati tra loro in parallelo. Allora, se veramente 
nel caso precedente in cuni i dne contatti erano legati in serie, gli effetti agi- 

vano con la differenza dei loro valori assolnti, ora agiranno con la somma. 
Perfettamente il contrario avverrebbe per l’effetto Peltier; siccome esso agiva 

prima con la somma dei valori assoluti dei mutamenti prodotti ai contatti, ora 

interverrebbe con la differenza, è potrebbe anche dare un risultato nullo, se. 
le capacità termiche dei due contatti fossero sensibilmente eguali. 

Basterà dunque, per la correttainterpretazione delle progettate esperienze, 
fare delle prove accurate senza l’impiego della corrente eccitatatrice, ripetere 
poi ogni esperienza invertendo successivamente i vari elementi, combinandoli 
in tutti i modi, ed infine mandare la eccitatrice in modo che gli elettrodi 
secondari siano percorsi in parallelo da correnti egnali. — Riferiremo in altre- 


nota i risultati delle esperienze. 


Intorno alla pretesa fusione del carbonio 
nel cratere positivo dell’arco elettrico 


M. LA ROSA 


Nei primi giorni dell’anno 1914 molta parte della stampa politica inter- 
nazionale annunziava colla solennità dei grandi avvenimenti la conquista del- 
lo stato liquido del carbonio. 

Autore della scoperta sarebbe stato un tedesco, il Prof. O. Lummer del- 
l'Università di Breslau; il quale era riuscito a portare dinanzi a un grande 
pubblico la interessante esperienza. 

Parecchi mesi dopo la diffusione di queste prime notizie, e proprio allo 
‘scoppio della grande guerra, i risultati del Lummer vennero diffusamente. e- 
sposti in una monografia. (1) 

Punto di partenza delle ricerche del Lummer è stato uro studio sulla tem- 
peratura dei crateri Gell’arco, sotto condizioni varie di intensità di corrente, 
di lunghezza dell’arco, e di pressione ambiente. , 

Fra altri fatti, fu trovato in questo studio che, alla pressione normale, 
la temperatura del cratere positivo resta costante (4200° A.) allorchè l'intensità 
della corrente e la lunghezza dell’arco variano dentro limiti molto ampi (da 
10 a 68 amp. e da 1 a 19 mm. rispet.); che quella del cratere negativo è in- 

ovece variabile, ed è più bassa della prima. 


Fu trovato che la temperatura del cratere positivo varia col variare del- 


(1) Verfiiissignug der Kohle und ecc. von Dr. O. Lumner, Fr. Viweg Brauuschweig 
Auglio 1914. 


CIA RR 


256 INTORNO ALLA PRETESA FUSIONE LFEL CARBONIO ECC. 


la pressione del gas ambiente, e precisamente nello stesso senso di questa e- 
che questa variazione diventa specialmente notevole a pressioni piuttosto bas-— 
se; conformemente a quanto si conosceva. i 

Fu trovato che la superficie del cratere positivo acquista una specie di stato 
pastoso quando si fa avvenire una diminuzione di pressione relativamente piccola a 


partire dallanormale: che tale superficie acquista lo stato di liquido scorrevole, . 


con l’intensità normale delle lampade ad arco, quando, la pressione ambiente 
viene ridotta a mezza atmosfera circa, e che per ulteriori abbassamenti di pres-- 
sione questo stato di liquido scorrevole scompare di nuovo; poichè il cratere: È 
torna a diventare sempre più pastoso, per riprendere finalmente lo stato 
solido. - 

Speciale attenzione venne rivolta all» studio particolareggiato delle condizio- 
ni in cui lo stato liquido veniva raggiunto; e fu trovato che esso può presen- 
tarsi sotto tutte le pressioni comprese fra !/, e 2 atmosfere, adattando convenien- 
temente l’intensità della corrente. In generale lo stato liquido compare con 
intensità di corrente più piccole di quelle corrispondenti alle condizioni di 
regime dell’arco. 

Fu trovato in fine, che quando lo stato liquido si presenta, mercè graduale. 
abbassamento della pressione, la temperatura del cratere positivo, decrescente 
durante l'abbassamento, torna a crescere. 

Questi ultimi fatti, che appaiono molto interessanti, hanno }Lisogno di un 
corredo di prove che si cerca invano nelle 140 pagine della monografia del 
Lummer. La necessità di addurre delle prove indiscutibili intorno a l’esistenza. 
reale della fase liquida del carbonio si è imposta alla menie dell’A., ma egli 
ha creduto di rispondere in modo più che esanrienta invocando la semplice 
testimouianza dei suoi occhi. 

Ecco infatti quello che egli scrive al riguardo: 

(S 19, p. 73) «In verità a chi ha veduto il fenomeno con uu cannocchiale 
di debole ingrandimento questa questione (cioè quella di vedere se si possa 
veramente afferinare l’esistenza di nn liquido, sulla superficie del cratere). 
appare quasi comica, così come, se ad un fabbricante di colore venisse dimandato: 


perchè egli vede bianco “il bianco,, e rosso il ‘rosso,, 


CCI ge VT vi e 
a i PARTE e rado Pr I 


Mi BRA ROS a 937 


Istintivamente esclamai io alla primo osservazione del cratere positivo li- 
quido al cauuocchiale: ’ Il cratera è liquidol,,. 

Quali criteri mi lasciano riconoscere senza riserva cha il cratere si trova 
allo stato liquido? potrebbe qnesto stato liquido essere dovuto a illusioni ottiche? 

L'impressione della superficie del cratere è così fedele a quella di un 
liquido, che iu nessun osservatore sorge anche solo un indizio della questio 
ue, se egli abbia da fare » nun liquido reale o con uno illusorio. 

Fin tanto che il cratere è solo, esso sembra come nua superficie ri- 
schiarata a luce diffusa, sv cni crepacci e fessure si rimarcato come plaghe 
oscure fisse, simile al di: innare con i suoi crateri ed i smoi crepacci. 
Nello stato fluido, al contrario, ii èratere appare come coperto da uno stagno 
gorgogliante e ribollen“e, nel quale nuotino di qua e di là dei pesci simiglianti a 
perle brillanti. Tosto che il cratere daliquido ritorna allo stato solido, la super- 


ficie riprende l’aspetto rigido e morto. 

Diversamente avviene nella proiezione del cratere flnido sullo schermo 
di gesso o sulla lastra fotografica. In quest’ultima non si può vedere il mo- 
vimento rapido e vivace dei pesci brillanti nel liquido, che subito alla vista 
svegliano l'impressione di pesciolini nuctauti in nno stagro liquido. E pure 
si possono anche qui trovare criteri, che sicuramente lasciavo concludere che 
il cratere è coperto di liquido. Anche qui si trasforma il quadro da una sce- 
na viva in ona morta, quando lo stato liquido viene oltrepassato, per lo meno 
con carboni omogenei, che allo stato solido facilmente si. screpolano. Allora 
il cratere appare come il morto disco lunare ecc. 

Se si produce il fenomeno di fusione, allora si vede, lì dove l’arco pro- 
vuca la fusione, liquido colare, ed egualmente spandersi, finchè ricopre tutto 
l cratere. Sotto certe pressioni si può osservare anche un fluido pastoso cor 
un aspetto ondnlato. Ma si può anche in inodo nuico concludere per la pre- 
senza di un vero liquido allorchè si forma una sottile crosta solida (Eiskru- 
ste) su singoli posti della superficie... Con l’osservazione subietiiva del feno- 
meno si vedono i pesci nuotare ancora sotto la crosta.. Poichè la crosta non 
e solidamente saldata al bordo del cratere, allora si dovrebbe ammettere per 


potere negare l’esistenza del liquido, che la crosta penda uwell’aria»... 


258 INTORNO ALLA PRETESA FUSIONE DEL LARB NIO ECC. 


Dunque l'argomento capitale di tutta la discussione è questo: 

Secondo l'impressione che abbiamo ricevuto, in certe condizioni il cratere 
ha l'apparenza di nua cosa morta, in altre la scena morta si anima, qualche 
cosa di mobile si presenta; si vedono delle macchioline luminose che corrono 
ai qua e di là, che hanno l'apparenza di pagliuzze, di pesci, — come le chia- 


ma l’A. — nuotanti in uno stagno liquido. 


Certo non meritano peso alcuno argomenti come questi: che la presenza 


di un liquido si deve necessariamente ammettere, per poter spiegare il movimen- 
to dei pesci, oppure per spiegare come possa restare sospesa snl cratere la 
crosta solida (Eiskruste) che vi si forma talora, e sutto la quale si scorgono 
ancora i pesci. I pesci nuotanti e la crosta possono essere infatti illusori; Ta 
loro esistenza non è in alcun modo controllata, epperò l’affermazione dell’e- 
sistenza del liquido ha lo stesso valore di quelle dell’esistenza dello stagno, 
dei pesci, e delle altre cose che allietano la scena descritta dal Lummer. 

Non mi dilungherò a discutere tutto quauto l’A. scrive a riguardo dei 
*: pesci ,, e dei “favi,,, della loro origine e parentela; della forma ece., come 
della natura, dello stato di aggregazione e del movimento dei primi. 

Si tratta sempre di fatti per noi privi d’importanza, poichè se anche ve- 
nissero riguardati come esatti, non portano la prova più piccola intorno alla 
fusione del carbonio. 

Sarebbe piattosto interessante, nella mancanza di una prova diretta qual- 
siasi intorno alla reale presevza della fase liquida, sottoporre ad una discus- 
sione minuziosa le condizioni in cui la fusione, secoudo il Lummer, sarebbe 
stata osservata, per conviucersi bene almeno della verosimiglianza del risunt- 
tato. 

Però VA.— che pure è così largo nel riportare dati numerici estesi 
snlla parte del lavoro che si riferisce allostudio dell’irraggiamento, e a la mi- 
sura delle temperature di varie sorgeuti, e su altre parti assai meno impor- 
tanti, — non ci dà che pochissime notizie e troppo sommarie intorno a queste 
condizioni. Solo poche indicazioni di carattere qualitativo e pochissimi nume- 
ri, insufficienti — secondo me — a dare un'idea precisa dei fenomeni che ac- 


compagnano la fusione. Essi sono riportati quasi incidentalmente nel $ 30, 


FLIRT VIE VESTIRE 


M. LA ROSA MEO) 


dedicato alla curva delle temwperatnre del cratere positivo sotto pressicni mi- 
nori dell’atmosferica. 

Benchè lA. dica a pag. 125 che “nell’intervallo di pressione da circa !/, 
‘fino ad 1 atm. lo splendore superficiale (e perciò la temperatara) del cratero 
che evapora allo stato solido è sempre più piccolo di quello (6 per ciò della 
temperatura) del cratere finido o pastoso, si ricava dai numeri della t.b. IX 
di pag. 124 o dal diagramma della fig. 44 di pag. 125, (le sole indicazioni quan- 
titative che la monografia contiene intorno ai fenomoni terinici che accompa- 
gnano la fusione) che in questo stato si possono avere temperature uguali o 
più piccole di quelle presentate dal cratere solido. 

Così per es. quando l’arco si trova alla pressione di 55 cm. (della serie 
ascendente) il cratere positivo 794/40 ha uno splendore che è %/,, di quel- 
lo del cratere so//do a la pressione di 75 cm. Così pure il cratere liquido 
a la pressione di 45 cm. ha Jo stesso splendore del cratere s02/40 a la pressione 
di 63 cm. 

Nel primo caso il cratere liquido possiede la tomperatura di 470° mentre 
quella del eratere solido è di 4200°; nel socondo il cratere. liquido possiede 
quasi la stessa temperatura del solido. 

. Il primo fatto si può spiegare in due. modi: 

a) Ammettendo che l'aumento di pressione da 35 a 75 cm. di Hg. faccia: 
eievare il puuto di fus'ove di 30° o più. 

0) Ammettendo che la tensione di vapore cresca rapidamente con la 
temperatura, tauto che elevando questa di 50° circa, la teusione che era 35 cu. 
diventa più grande della pressione atmosferica, sicchè il corpo sublima 
senza fondere. 

Il secondo fatto può spiegarsi soltanto con la prima ipotesi, essendo il 
solo cambiamento di pressione che provoca il ritorno dallo stato liquido al solido. 

Ora non voglio dire che sia proprio impossibile ammettere che nel caso del 
carbonio i mutamenti di pressione possano talmente influenzare il pun- 
to di fusione, da provocare uno innalzamento di circa 1° per. o-ni aumento 
di pressione di 1 em. di. Hg., ma si deve convenire che sarebbe questo un 


comportamento eccezionale rispetto a quanto conosciamo sulla misura del- 


240 INTORNO ALLA PRETESA FUSIONE DEL CARBONIC ECC. 


l’effetto presentato dagli altri corpi. E più anormale appare il comportamen- 
to del carbonio, se teniamo conto dell'esperienze del Lummer a temperature 
«@ pressioni più elevate. i 

L’A. infatti, sostiene di avere condotto questo corpo a temperature mag- 
giori di 6000°, producendo l’arco in ambienti a pressioni via via più grandi 
e riferisce che lungo tutta questa scala di temperatnra il carbonio non fondo 
più ma sublima. 

(juesto vorrebbe dire che ad ogni innalzamento di pressione. dovrebbe 
corrispondere un innalzamento del pt. di fusione, più grande dell'aumento di 
temperatura che occorre affinchè la tensione di vapore possa ‘eguagliare la 
nuova pressione; cioè dovrebbe essere il dt/dp per il liquido più grande della 
quantità analoga per il vapore. 

Di fronte a la iusufficienza delle prove in facoro della fusione, ed alle 
difficoltà che questo fatto farebbe sorgere intorno al medo di comportarsi del 
carbonio, ho creduto utile di ripetere le esperienze del Lummer, tato più che 
ero fortemente indotto a dubitare dell’esattezza della loro interpretazione, dai 
precedenti studi di altri antori e miei sulla fusione di questo corpo, studi che 
danno ragione di escludere che il carbovio possa avere il pt. di fusione a le 
temperature che si raggiungono nello arco voltaico. 

Ho adoperato, a tal fine, la stessa disposizione sperimentale di cui mi 
souo servito nelle mie ricerche sulle trasformazioni dell’arco a pressioni 
decrescenti, e più piccole dell’atmosferica (1). Ho disposto la lampada ad 
arco sul piatto di una campana pnenmatica, fornito di due condutture elet- 
triche indipendenti; una delle quali fa agire il regolatore, l’altra serve all’ali- 
ientazione dell’arco. 

La campana di rameforvita di anello a vite che si adatta sul piatto, por- 
ta due finestre a 90 gradi l’nna dall’altra. I carboni sono disposti in modo che 
il cratere positivo, completamente libero, resti affacciato ad una delle dne fi- 
nestre, ed è visto perciò di profilo dall’altra. i 

Avanti a ciascuna finostra ho disposto un obbiettivo da proiezioui, ed ho 


osservato le due immagini del cratere, sia raccogliendole su schermi di gesso 


(1) Rend. Acc. Lincei s. 5%, vol. 1910. 


M. LA ROSA 241 


«sia facendole cadere direttamente sopra un oculare provveduto di opportuni 
vetri colorati. Mettendo bene al punto l’immagine del cratere, e badando che 
l’arco stia fermo, si vedono facilmente “i pesci,, e tutta la scena descritta 
dal Lummer. Si scorgono tante macchioline a forma di poligoni presso che 
regolari, spesso esagonali, che spiccano in chiaro sul fondo luminoso del cra- 
tere. Esse sono in continua agitazione e molto spesso appaiono animate da un 
moto progressivo, che le fa assomigliare ad uno sciame d’inzetti,o ad nna frotta 
di pesci. 

Esse si presentano meglio distiute quaudo la pressione sotto cui l’arco ac- 
cende è più piccola dell’atmosferica, e l’arco non è troppo corto. Però abbas- 
sando la pressione al di sotto di una mezza atmosfera (il valore limite della 


pressione dipende dall’iritensità di alimentazione e dalla lunghezza dell’arco) 


scompaiono, mentre si nota che il cratere dell'arco diventa più esteso, meno 
nettamente delimitato, ed assai meno luminoso. In queste condizioni si comincia 
a preparare un mutamento di ferma della scarica, la quale tende a perdere 
sull’anodo i caratteri dell'arco comune, per prendere quelli del bagliore. 

A pressioni più elevate “i pesci ,, di Lummer si presentano sempre assai 
facilmente, anche quando l'arco è alimentato da intensità uguali o più grandi 
( covtrariamente a quanto afferma il Lummer) di quelle di regime per le 
lampade comuni. 

Ho notato però che la qualità dei carboui ha una certa influenza sul fe- 
nomeno; si prestano iueglio i carboni più compatti, e di aspetto più gratifico. 
Un altro particolare interessante è questo: i carboni nuovi non danno subito 
al momento de.l’accensione il fenomeno in parola, a differenza di quauto av- 
«viene per i carboni già adoterati; specialmente se da poco tempo. 

È faori di dubbio che questi ‘ pesci,, sono delle paglinzze di grafite allo 
stato, solido, come lo stesso Lummer riconosce. È cosa troppo nota, e da non 
breve tempo, che le estremità dei carboni su cui si formano i crateri, e 
specialmente quella del carbone positivo, si trasformano lentamente in grafite. 

Ora nel cratere positivo, quando la pressione non è bassa, avviene con- 
tinnamente una vera desquammazione; i cristallini di grafite, che come si sa 


sono tavolette esagonali, si staccano ir parte dal carbone, vengono sollevate 


249 INIORNO ALLA PRETESA FUSIONE DEL CARBONIO ECC. 


e fortemente riscaldate dalla base della colonna positiva, raggiungono una tem- 


peratura più elevata del cratere stesso, poichè non perdono più calore per 


conduziene. Esse spiccano per ciò in chiaro sul fondo già tanto Inminoso del cratere. 


Osservando attentamento il fenomeno, ci si persnade facilmente che. il 
movimento di agitazione da cuni queste paglinzze sono animate ha dello cause, 
ben diverse dal fluttuare nello stagno liquido immaginato dal Lummer. 

Queste pagliuzze restano attaccate per qualche lembo al cratere, e tro- 
vandosi in una atmosfera tanto agitata, come deve essere la colonna positiva 
dell’arco e dando esse stesse a bboncante vapore, tanto vero che rapidamerte si 
consumano, sono costrette a sveutolare incessantemente, finchè si consumano 
si perforano e finiscono per trasformarsi iu vapore, lasciando il posto alle 
nuove sottostanti, che nel meutre sono venute formandosi. 

Seguendo per nn po’ di tempo l’immagine del craters sullo schermo di 


gesso, non si può conservare dubbio sulla vera natura dell’interessante feno- 


meno. Ma a togliere ogni scrupolo provvede benissimo l’osservazione diretta. 


del proj.lo del cratere. 


Basta aspettare che il cratere capiti in posizione opportuna, per vedere. 


l’agitarsi vivace di tutte queste squammette, sospese nella colonia luminosa,. 


ma ancora trattenute per qualche punto dal carbone. Spesso si riesce a ve- 
derne qualcuna staccarsi completamente, e venire travolta rapidamente dal- 
la colonna di vapore che si solleva dal cratere. 

Finchè l'arco è perfettamente immobile, o per dir meglio, finchè la po- 
sizione del cratere positivo si mantiene veramente invariabile sul carbone, “i 
pesci ,, dei Lummer sono animati da questo solo movimento. 

Appena il cratere comincia a viaggiare (ciò cle è più frequente nell’arco) 
lo sciame di farfalle (chiamiamole così per imitare il linguaggio immaginoso) 
si mette in viaggio. Però questo moto d'insieme delle pagliuzze di grafite -— 
come si prevede facilmente — è semplicemente illusorio. 

L’arco in viaggio forma, sulla sua via unove pagliuzze, le solleva, le illumina 


e le agita; mentre ne abbandona altre che tornano nell’oscurità e nella quiete. 


Ogni pagliuzza nasce, si agita e finisce presso che allo stesso posto; di moto- 


progressivo luugo la superficie del cratere non vi è traccia. 


M. LA ROSA 243 


Quando il cratere dell’arco viaggia troppo rapidamente, p. es. quando 
‘l’arcoimprende a girare, il fenomeno dei ‘“pesci,, non si osserva più. 

Si osserva difficilmente anche quando il movimento non è rapido, se i car- 
boni sono nuovi e l’arco è accesso da recente. La ragione del primo fatto è 
troppo ovvia, e collima con le osservazioni precedenti; la ragione del secondo 
è pure evidente: sui posti che non sono stati toccati dall’arcc le laminette di 

grafite mancano, e se l’arco vi passa sopra rapidamente non hanno tempo di 
produrvisi e di staccarsi. 

Oltre a questi fenomeni nulla di nuovo mi è riuscito di constatare alla 
superficie del cratere. Nella regione più esterna (come molte altre volte è stato 
osservato da tutti coloro che hanno avuto nu po’ di familiarità con l'arco) 
si vedono sorgere delle sferule, che sembrano gocce di liquido, che sono talvolta 
veramente goccioline di .carburi, ma che più ‘spesso — secondo ie — sono 
bolle di vapori di sostanze più volatili dal carbone, che vengono spinte fuori 
dalle regioni marginali del cratere e che si ricondensano appena venuio fuori 
dal carbone a cansa della temperatura più bassa che essi trovano. 

Quando l’arco è molto tranquillo accade spesso di osservar> snila immagine 
della superficie del cratere, uu cambiamento ben distinto dal moto di agitazione 
delle pagliuzze. Questa superficie non è uniformemente illuminata; su essa si 
vedono le pagliuzze che si agitano, i favi, e molte rngosità, vere figure di 
erosione, che risultano dalla desquamazione e dall’ evaporazione del fondo 
del cratere. du 

Ora nelle condizioni a cni alludo, queste figure di erosione, si vedono de- 
formarsi e dissolversi e come muoversi sulla superficie del cratere, proprio come 
nuvole sopra nn cielo parzialmente coperto, ciò che da fedelmente l’impressione 
di un liquido viscoso che si spande sulla snperficie, colando qui in lenti rivoletti 
corrugandosi altrove come uno strato di pasta. 

Studiande attentamente il fenomeno, ho osservato che questa apparenza 
si produce quando l’arco oltrepassa una certa lunghezza, e tutte le volte che 
il cratere invece di essere ben normale all'asse dell’arco, e ben riparato nel- 
la massa del carbone, comincia a vagare e si forma di preferenza sulla su- 


_perficie laterale dell’elettrodo; insomma allorchè l'arco invece di essere direi 


DAL INTORNO ALLA PRETESA FUSIONE DEL CARBONIO ECC. 


. 


quasi annidato e riparato fra i due carboni, è molto esposto alle correnti 


convettive esterne. 


In tali condizioni le nubi di vapore che s’innalzano dal cratere vengane. 


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rapidamente portate via, e l’evaporazione diviene forse più rapida. 


Sono appunto i movimenti di queste dense colonne di vapore che produ- ul 


cono l’aprparenza descritta. 
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Che ci sia veramente uno stratarello di liquido sulla superficie del cratere 
si può escludere, proprio iu base alla presenza dei “pesci,, del Lummer. Il 


moto rapido di agitazione delle pagliuzze sarebb», infatti manifestamento im- |. 


possibile, se esse fossero immerse in uno stratarello liquido viscuso. 


Anche l’esame microscopico del cratere fatto appena spento l’arco lascia. 


eseludere nettamente l'ipotesi della fusione. 


La superficie del cratere è intta tappezzata da una moltitudine di squa-- 


mette di grafite, a contorni zr7regolari, e lucenti. Esse non appaiono saldate | 


l’una con l’altra, o col carbone sottostante, è formano come nra : polvere in- 
coerente deposta sull’elettrodo. In nessun punto si trova traccia di superficie 


lisce e compatte, di sferulette, o nn altro segno qualsiasi che faccia pensare 


alla fusione. L'aspetto di questo strato di grafite, per questo rignardo, è pro- 


fondamento diverso da quello presentato dalla grafite che si formava p. es.. 


nelle mie esperienze coll’arco musicale. 


Possiamo dunque bene concludere da tutti questi fatti che il carbone, nel. 


cratere positivo dell'arco è certamente allo stato solido; a quella temperatura. 


esso subisce veramente una trasformazione: il passaggio dallo stato amorfo al 


cristallino; 6 se vogliamo adottare le vedute di Tamann potremo dire bene 


che esso subisce un cambiamento di stato, ma passa dallo stato di /iguido so- 


‘ pra raffreddato allo stato soldo. 


La prova diretta della fusione che il Lummer credette di avere con- 


| quistato, e che con tanta solennità annunziò, si riduce dnnque ad una semplice illu- 


sione. ‘Caduta così questa prova del vedere immediato, nulla resta nelle ricer- 


che del Lummer che possa dare un lontano contributo intorno alla fusione- 


del carbonio. 


E del resto sono profondamente convinto che non è presunzione da parte 


M. LA ROSA 245 


mia l’afferinere che questo problema ha già ricevnto la sua scluzione. Le 
mie ricerche su questo argomento hanno raggiunto la meta. E non credo af- 
fatto che si possa affermare, che si tratta di semplici prove indiziarie, come 
il Lummer si è compiacinto di chiamare i miei risultati, nell'esame. critico 
dei lavori anteriori sull'argomento; esame che appare troppo superficiale, e 
per la parte che mi riguarda, incompleto. 

Dei fatti sperimentali che furono da me addotti in sostegno delle mie 
conclusioni è stato interamente taciuto quello che a me sembra di un valore 
dimostrativo indiscutibile: la presenza di spruzzi di grafite sopra la capsula 
di porcellana, neile esperienze di fusione per mezzo dell’effetto Joule. 

Valela pena di ricordare questa esperienza. Riscaldando per alcuni minuti un 
bastoncino di carbone(mm. 2di diametro) al calorebianco, e poi lanciando attraverso 
di esso una corrente molto intensa in modo da provocarue l'esplosione, si ot- 
tenevano sulle pareti di una capsula di porcellana che copriva il filamento, 
delle macchie grige lucenti, circondato da uu aureola nera e priva di splen 
dore, da cui s'irradiavano delle linee grigio-brune sbiadite. La parte centra 
le di ogni macchia risultava costituita da laminette di grafite minntissime e 
lucenti, che per l’aspetto nulla avevano di comune con i soliti depositi di car- 
bone ottenuti per sublimazione. L’anreola nera che circondava ogni macchia 
appariva invece identica a questi depositi; risultava cioè di uno strato di pol 
vere tenuissima di carbone, punto aderente alle pareti, dotata dei caratteri 
del nero-fumo. i 

La presenza di queste macchie di forma irregolare, di diametro variabile 
e spesso grandi circa un centimetro, sparse qua e là a caso nella regione 
affacciata al bastoncino non può altrimenti spiegarsi che pensando a qualche 
cosa che sia spruzzata e rimasta attaccata alle pareti. Questo qualche cosa. 
che aderiva così fortemente da richiedere uno strofinio energico e prolungato 
per ‘venir via, e che lasciava quasi sempre tracce apprezzabili alle pareti, non 
poteva essere che allo stato liquido. Un corpo anche molto pastoso non avrebbe 
potuto, per il semplice urto coutro la parete, distendervisi al punto da formare 
strati sottilissimi, spesso dotati dei colori d’interferenza e di 10 mm. di diametro 


anche se vi fosse stato spinto con velocità molto grande. Era dunque del carbone 


246 INTORNO ALLA PRETESA FUSIONE DEL CARBONIO ECC. 


liquido, che schizzando dal bastoncino rovente, si attaccava alle pareti e vi 
‘solidificava sotto forma di grafite; mentre il vapore che da esso si svolgeva 
‘nell'atto in cui si avvicinava alle pareti si depositava sotto ferma di nero-fumo. 


Su questo modo d’inierpretare non mi sembra che si possa elevare dubbio. 


alcuno. Nè gioverebbe invocare la presenza di impurenze, per ammettere la 
formazione di composti più fusibili del carbonio, che avrebbero potuto dare 
le macchie osservate. 

Nel mio lavoro ho detto delie cnre prese per la purificazione dei ba- 
stoncini di carbonio sottoposti alle esperisnze, mercò le quali fu possibile ri- 
durre questi bastoncini allo stesso grado di purezza del carbone di zucchero, 
E quì posso aggiungere che delle nuove prove che ho appositainente fatte 
hanno nettamente dimostrato che la presenza delle impurezze nuoce alla buo- 


ma riuscita delle esperienze, perchè adoperando bacchettine non purificate 


«gli sprazzi sulle pareti non si possono ottenere. 


Non è difficile intendere la ragione di questo eusioso risultato. 


Le impurezze sparse qua e là nella massa del carbone, formano dei com- 


posti fusibili, sicchè il bastoncino acquista in certi punti una pastosità notevo- 
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le a temperatura non molto elevata. Esso perciò si rompe prima che la tem- 


peratura abbia potuto raggiungere il valore occorrente per flnidificare bene 
la massa. 
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Se il Lummer avesse riferito e discusso nella sua introduzione questa 
esperienza non avrebbe potuto scrivervi sotto come suo giudizio sintetico, che 
le prove da me addotte erano soltanto indiziarie. Il grande rilievo che egli 
ha dato al sno lavoro ne avrebbe però sofferto! — Nè questo è tutto. Altri 
fatti di qnelli da ‘mo riferiti meritavano bene l’onore di alcune righe di di- 
scussione, prima di venire rilegati nel fascio delle prove indiziarie. 

Così il fatto della formazione di inassecole di grafite molto compat- 
te, da granellini piccolissimi di polvere dicarbone gi zucchero, sotto l'azione 
dell’arco cantante, avrebbe dovuto dargli motivo a riflettere. 

Milioni e milioni di granuli originari di carbone, venivano — senza l’in- 


tervento di pressione alenna — agglutinati fortemente insieme dalla scarica 


e trasformati in grafite, senza che nella massa rappresa ottenuta dopo l’espe- 


LI ; 


M. LA ROSA 247 


rienza, apparisse all'esame microscopico, traccia alcuna dei contorni dei gra- 
nuli primitivi. E ciò quando il contenuto d’impurezze impigliato ancora nel 
la massa era inferiore a 0,05 °/, (più piccola di qnella del carbone originario 
0,08 °/, ) per il processo di anto - depurazione che ha luogo a queste alte 
temperature) cioè quando il contenuto delle impnrezze era così esiguo da nen 
‘lasciar credito al sospetto che esse potessero servire alla formazione di un composto 
più fusibile, capace di correntare i singoli granuli. Lo sviluppo enorme della super- 
ficio dei granuli avrebbe richiesto quantità grandi di questo cemento, ed a 
ciò certamente non poteva bastare la traccia d’impurezze contenute nel car- 
bone. E poi, in ogni modo l’esame microscopico, sotto forti ingrandimenti, fatto 
illuminando il preparato dal di sopra, non lasciò mai scorgere il più piccolo 
segno di eterogeneità nelle massecole di grafite ottenute, la più piccola traccia di 
una s/ruttura a granuli tenu'a insieme da un cemento. 

Sulla fedo di questi fatti, e degli altri che nei miei lavori sono esposti, a- 
nalizzati, discussi, vagliati, e in intti i modi da me stesso assoggettati ad una 
critica implacabile venni nel convincimento che nelle condizioni in cni io Ja- 
voravo // carbonio ragginnge effettivamen'e lo stato liquido. 

E questa conclusione credo ancora di potere sostenere con la più salda con- 
‘vinzione, rileggendo i miei lavori ed i miei appunti, con quella maggiore serenità 


di mente, e conla più larga esperienza che gli anni trascorsi hanno potuto portarmi. 


Palermo — Istituto Fisico dalle PR. Università 


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