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Full text of "Gioventú missionaria"

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Sacra  Famiglia 

Library 

SWISSVALE.  PA. 


Fsa 


CRA    FamIGLIA 

Library 

SWISSVALE.  PA. 


Contardo  Ferrini  Library 

cf   the 

HOLY  FAMILY  SOCIETY 

in  the  Madonna  del  Castello  Church 

Auditorium  -  Swissvale,  Pa. 


Anno  IX  -  Num.  1 


15  GENNAIO'1931  (IX) 

PUBBUCAZIONE    MENSILE 


C.  C.  Postale 


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Gioventii  Vlissionaria  sconosciuta.  —  Crcmisan. 

DALLE  LONTANE  MISSIONI:   Disdette  e  trionfi.   —   Un'imprudenza   degna  di  lode.  —   Primo  Na= 
tale  in  Missione.  —   II  tempio  shintoista.  —  Tombe    a    Miyazaki.   —   Un  missionario  del  Sahara. 
COOPERAZIONE  MISSIONARIA:   Alba.   —   Una   lettera   di   Don   Cimatti. 
RACCONTO:   Storia  d'un   indietto   di   Taracua.   —   UKE    WACUU. 


Genfili 


-  Gioventu 


Letfori! 


issionaria 


rivolge  a  ciascuno  di  voi  la  preghiera  di  volervi  adoperare  per 
una  propaganda  attivissima  per  aumentare  il  numero  degli  ah- 
honati  pel  1931.  W3  Sia  un  Vanto  per  ognuno  di  voi  record 
UNO  O  PlO  NUOVI  ABBONATI  tra  i  vostri  amici.  Da 
parte  nostra  —  oltre  la  riconoscenza  doverosa  per  tutti  i  pro- 
pagandisti  che  ci  daranno  la  loro  cooperazione  missionaria  — 
premieremo  i  piu  attivi  e  henemeriti. 

Ricordino  i  nostri  Amici: 

1  -  Di  specificare  che  si  tratta  di  ahhona- 
mento  a  Gioventu  Missionaria  pel  1931. 

2  -  Scrivere  chiaro  e  compiefo  rindirizzo, 
colla  relativa  via  e  provincia  e  numero 
del  quartiere   postale. 

Si  prega  di  indicate  sempre  se  I'abbona- 
mento  e  NUOVO,  oppure  RINNOVA  TO. 
Chi  spedisce  con    altro   mezzo  I'ahbona- 

mento,  I'indirizzi  esclusivamenie  alia 
Amministrazione   di  "Gioventu  Mis- 
sionaria "  —  Via  Cottolengo,  N.  32 
-  Torino  (109). 


ABBOHAMEMTO:  Z  IZmT  I  n' 


Sostenitore  L.  10  —  Vitalizlo  L.  100 
L.  16   -        „        L.  200 


Anno  IX  -  Num.   1  (Pubblicazione  mensile)  15  Gennaio   1931    (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


Giovenfu  Missionaria   sconosciuta 


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Sapete,  amici,  che  in  testa  a  tutti  gli 
abbonati  di «  Gioventii  Missionaria  »  abbo- 
nati  italiani,  francesi,  spagnuoli,  ecc.  (che 
il  nostra  periodico  si  stampa  gia  in  5  lin- 
gue)  in  testa  a  tutti  voi  c'e  uno  stuolo  di 
giovani  che  a  maggior  diritto  si  puo  chia- 
mare  con  tal  nonie? 

lyO  sapete  che  oltre  un  mighaio  di  taH 
giovani  vivono  al  giorno  d'oggi  intorno 
all'urna  del  Beato  D.  Bosco  e  si  prepa- 
rano  a  diventare  veri  c  propri  missionari, 
non  soltanto  dei  benevoH  abbonati  al  pe- 
riodico e  dei  zelanti  propagandisti  come 
siete  voi? 

Oh,  lasciate  che  vi  tolga  questa  curio- 
sita  e  vi  spieghi  rapidaniente  dove  e  come 
vivono  questi  vostri  fratelli  piii  generosi, 
affinche  anche  a  qualcuno  di  voi  venga  la 
voglia  di  seguirne  I'esenipio  con  generoso 
ardore. 

Dunque  sappiate  che  da  alcuni  anni  il 
successore  del  B.  D.  Bosco  ebbe  un'idea 
genialissima  e  provo  a  metteria  in  pratica, 


fidando  intieramente  nell'aiuto  della  Prov- 
videnza. 

Raccogliere  giovani  aspiranti  all'apo- 
stolato  missionario,  studenti  e  operai,  gio- 
vani ancora  o  gia  inoltrati  negli  anni,  far 
loro  compiere  il  corso  ginnasiale  o  profes- 
sionale,  addestrarli  nella  pratica  delle  viri;iji 
cristiane  e  salesiane  e  poi  mandarii  diret- 
tamente  sul  campo  del  futuro  loro  lavoro 
a  finire  il  periodo  della  loro  fomiazione 
religiosa,  a  completare  gli  studi,  ad  im- 
parare  le  lingue,  a  conoscere  le  difficolta 
della  vita  di  Missione. 

E  I'esperimento  dura  da  otto  anni  e 
proprio  quest'anno  avrenio  i  primi  Sacer- 
doti  formati  in  Missione,  e  partiti  dal  vi- 
vaio  di  Ivrea  che  s'intitola  al  Cardinal 
Cagliero,  primo  missionario  salesiano. 

Volete  sapere  quanti  sono  oggi  gli  Isti- 
tuti  di  formazione  che  fioriscono  e  accol- 
gono  reclute  da  tutte  le  parti  d'Europa 
anzi  persino  dalla  Cina  e  daH'isola  di  Ti- 
mor? Eccovi  una  piccola  statistical 


LOCALITA   E  IND1R12ZO   DELL'ISTITUTO 

Anno  di 
fondazione 

Genere  degli  aspirant! 

Numero 
aspirant! 

Bagnolo    (Cuneo)   Istituto  Mons.  Versiglia 

e  Callisto  Caravario 
Chieri    \'illa    La    Moglia    (Torino)    Novi- 

1930 

studenti 

193 

ziato  S.  Cuore 
Cumiana    (Torino)    vScuola   Agricola    Miss. 

1925 

studenti  e  artig. 

103 

vSalesiana 
Ivrea  (Torino)  Istituto  Card.  Cagliero 
Penango  Moaf.  (Alessandria)   Istituto  San 

1927 
1923 

agricoltori 
studenti  e  artig. 

94 

207 

Pio  V 
Torino,    Istituto    Conti    Rebaudengo 
Nei  Noviziati  delle  varie  Missioni 

1925 
1930 

studenti  e  artig. 
scuole  profession. 

Totale 

165 

91 
200  circa 

1053 

Che  ve  ne  pare?  e  in  quest'anno  ne  sono 
partiti  a  grappi  oltre  70  e  solo  I'lstituto 
Card.  Cagliero  ha  toccato  ormai  la  cifra 
di  trecento  allievi  coniplessivaniente  spe- 
diti  nelle  Missioni  d'Oriente,  con  risultati 
invidiabili. 

L,a  vostra  curiosita  ora  son  certo  ha  mille 
domande  da  fare:  e  che  cosa  fanno  in 
Mis.sione,  quanti  cavalli  adoperano,  quante 
tigri  incontrano  al  giorno,  e  se  avanzano 
tempo  per  andare  a  caccia...  tutte  do- 
mande inutili  perche  ho  gia  pensato  a  ri- 
spondervi  a  modo  mio,  ma  un  poco  per 
volta,  se  avrete  pazienza  d'aspettare  il 
mese  prossimo. 


E  vi  prometto  di  spiegarvi  bene  tutto 
quello  che  fanno  questi  vostri  buoni  com- 
pagni,  vi  mandero  le  fotografie  delle  loro 
belle  case,  le  descrizioni  dei  loro  viaggi 
verso  le  sedi  di  Missione,  e  vi  chiederoche 
li  aiutiate  colle  vostre  preghiere  a  farsi 
veramente  buoni,  generosi  nel  servizio  del 
Signore. 

Intanto  vi  auguro  ottimo  Anno  nuovo 
e  arrivederci. 

Festa  di  S.  Francesco  Saverio  1930. 

Vostro  aff.mo 
Zio  Checci. 


SENTENZE  CINESI: 


E  inutile  cercare  pesci  siiUa  soiiunila  degli 
alben. 


II  saggio  teme  sempre  che  le  sue  parole 
non  siano  conjormi  allc  sue  azioni. 


Quando  s'ignora  che  cos'e  la  vita,  coiiu 
si  pud  sapere  che  cos'c  la  niortc? 


^  Un  twnio  privo  di  siriccrila  e  un  carro 

h  piii  facile  essere  ricco  senza  orgoglio,      ^^''^~^  limonc. 
che  povero  senza  invidia. 


La  pill  forte  armata  pud  venir  privata 
II  saggio  ama  parlare  lentamente  ma  agire      del  suo  generate;  I'uomo  piii  dehole  non  pud 
prontamente.  essere  privato  dei  suoi  pensieri. 


CREMISAN 


Noil  e  uii  villaggio  con  le  sue  casette  o 
capanne,  la  povera  chiesetta,  il  campanile, 
la  residenza  del  missionario,  la  scoletta 
linda,  come  tante  volte  G.  M.  ci  mostra 
nelle  sue  illustrazioni.  Cremisan  in  arabo 
VTiol  dire;  «  vigna  ricca  »,  e  infatti,  questo 
colle  immenso  e  tondeggiante  e  in  mas- 
sima  parte  chiomato  di  viti  che  in  agosto 
offrono  al  visitatore  ammirato  i  loro  grap- 
poloni  (da  30  a  70  cm.  di  lunghezza)  d'uva 
bruna  o  bionda.  Cremisan  e  semplice- 
mente  una  casa  salesiana,  col  suo  tricolore 
garrulo  suU'asta  altissima  e  i  suoi  due  cor- 
tili.  Tuttavia,  non  e  da  meno  di  un  villag- 
gio in  tutta  regola:  la  sua  estensione  d'u- 
na  settantina  di  ettari,  le  cinque  pinete,  i 
vigneti  ondulanti  a  gradini,  cogli  orti,  i 
mandorli,  la  Valletta  nereggiante  di  ulivi, 
ce  lo  provano.  Vi  abitano  una  cinquan- 
tina  di  persone,  senza  contare  gli  operai 
che  tutti  i  giorni  vi  si  recano  per  il  pane 
quotidiano.  Non  parliamo  poi  della  cap- 
peUa  e  deUe  scuole  la  cui  esistenza  e  in- 
dubitata  in  una  casa  di  Don  Bosco!  Pre- 
sto avremo  anche  I'ambulatorio  per  i  nm- 
sulmani  dei  villaggi  circostanti:  fino  ad 
oggi,  e  una  suora  di  San  Vincenzo  che 
perlustra  i  paesi  recando  ovunque  con  ca- 
rita  cristiana  il  soUievo  corporale  ai  po- 
veri  figli  di  Maometto. 

Altra  caratteristica  non  trascurabile  di 
Cremisan,  e  di  rispecchiare  in  se,  benche 
modestamente,  tutti  i  vari  aspetti  e  le 
attivita  delle  opere  salesiane:  colonia  agri- 
cola  in  via  di  organizzazione,  aspirandato 
per  i  futuri  Salesiani,  noviziato  che  le  case 
missionarie  d'aspirandato  alimentano  in 
gran  parte,  studentato  filosofico  per  i  gio- 
vani  Salesiani.  Vi  si  trovano  in  germe  i 
laboratori  dei  fabbri,  falegnami,  legatori, 
decoratori,  calzolai,  e,  a  corona  di  tante 
attivita,  dipende  da  Cremisan  un  Ora- 
torio domenicale,  voluto  da  Sua  Beatitu- 
dine  il  Patriarca  latino  di  Gerusalemme 
per  la  gioventii  (cattolici  e  scismatici)  di 
Beit-Giala,  il  villaggio  vicino. 

La  vita  che  si  conduce  in  questo  am- 
biente  e  quanto  mai  varia.  I,o  studio  oc- 
cupa  il  maggior  tempo  dei  Cremisanesi, 
ma  cede  tosto  al  lavoro  manuale,  e  si  ve- 
dono   ogni  tanto  file  di  chierici  lasciare  le 


scuole  con  le  forbici  da  potare  e  la  vanga 
lucente,  e  i  pennelU:  secondo  le  proprie 
capacita  di  ciascuno  Ad  un  suono  di  cam- 
pana,  pero  eccoli  tutti  alia  preghiera,  poi- 
che  I'uomo  ara  e  semina,  ma  chi  da  il  ri- 
goglio  alia  semente  e  Uio.  Frattanto  anche 
i  nostri  operai  musulmani  vanno  per  le 
loro  abluzioni  e  preghiere  dal  rito  curioso 
e  grave. 

Se,  dunque,  e  vero  che  I'uomo  felice 
e  il  piii  occupato,  a  Cremisan  tutti  son 
felici;  felici  fino  alia  gioia  del  canto,  la,  nei 
meriggi  autunnali,  quando  ferve  la  ven- 
demmia  e  i  villani  accorrono  dai  paesi  por- 
tando  ai  nostri  traboccanti  torchi  le  cor- 
belle  colme  di  grappoli,  o  quando,  la- 
sciati  i  libri,  si  sale  il  colle  per  riposare  la 
mente  dinanzi  ad  un  tramonto  sul  mare. 

Ma  Cremisan  oltre  tutto  quel  che  si  e 
ricordato,  possiede  un  altro  privilegio, 
unico  nel  suo  genere,  e  che  nessun 'altra 
casa  salesiana  o  missione  puo  vantare. 
Ad  un  gomito  dello  stradone  che  sale  in 
larga  spira  all'altipiano  dominante  tutto 
il  podere,  con  la  sua  distesa  di  viti  co- 
ricate  dal  soiBo  perenne  dei  venti,  si  gode 
la  vista  simultanea  di  Gerusalemme,  a 
Nord,  e  di  Betlemme  a  Est.  Oh  conforte- 
vole  visione  delle  due  citta  che  diedero 
I'una  il  giomo  deUa  vita,  I'altra  la  notte 
della  morte  al  divin  Salvatore!  Chi  la  puo 
godere  dimentica  volentieri  le  tante  fac- 
cende  della  vita  per  meditare  un  poco  su 
i  misteri  ineffabili  di  nostra  santa  Reli- 
gione. 

Giovani  d'ltalia,  una  volta  i  vostri 
padri  vennero  qui  con  la  spada  e  la  co- 
razza  a  liberare  la  Terra  Santa  dai  musul- 
mani   che    la    profanavano. 

Anche  voi  fate  qualche  cosa  per  la  Pa- 
lestina:  pregate  per  questa  terra  bagnata 
dai  sudori  del  Cristo,  e  siate  generosi  se 
vi  sentiste  la  buona  ispirazione  che  vi 
chiami  a  lavorare  in  questa  parte  del 
mondo.  Se  verrete,  Cremisan  vi  aspetta 
co'  suoi  vigneti,  i  suoi  pini,  i  suoi  tra- 
monti,  la  sua  pace  di  studio  e  di  preghiera, 
il  sereno  del  suo  cielo,  ed  il  sorriso  pe- 
renne del  suo  verde. 

Cremisan,   12  agosto  1930. 

V.  E.  R. 


DALLE    LONTANE    MISSIONI 


DISDETTE  E  TRIONFI 


Or  e  iin  anno  dacclie  venni  a  Van  Fa  per 
sostituire  D.  Cucchiara  partito  per  I'ltalia, 
e  per  appreiidere  la  lingua  Haccd  e  iinpra- 
tichirmi  del  ministero  missionario  sotto  la 
guida  del  zelante  confratello  D.  (\arbero. 
I, 'anno  e  trascorso  discretamente;  non  sono 
mancate  le  disdette,  ma  posso  dire  die  con 
la  benedizione  di  Maria  Ausiliatrice  si  sono 
risolte  in  trionfi.  Ecco  alcimi  casi. 

La  nostra  residenza  di  Van  Fa  e  situata 
proprio  accanto  alle  mura  della  citta.  Di 
notte  si  suole  chiudere  le  porte  delle  nuira  per 
paura  dei  pirati,  cosi  noi  restiamo  fuori  della 
citta,  esposti  a  pericoli:  e  quando  il  pericolo 
v'e  anche  di  giorno  e  permane  la  chiusura 
delle  porte,  i  nostri  catecumeni  non  possono 
venire  alia  residenza  per  ricevere  I'istru- 
zione.  D.  Cucchiara  per  ritnediare  a  questi 
inconvenienti  aveva  concertato  I'apertura 
di  una  porta  laterale  nelle  mura  prospi- 
ciente  sul  cortik-  della  nostra  residenza,  di- 
stante  poco  piii  di  un  metro.  Tutto  era  com- 
binato  e  la  porta  gia  era  costruita,  quando  il 
]iroprietario  di  quel  metro  di  terra  non  vuol 
pill  saperne  di  mantenere  il  permesso  date. 
Si  tenta  di  acquistare  cjuel  pezzo  di  terra, 
ma  il  proprietario  non  vuol  venderlo... 

Intanto  noi  e  i  nostri  buoni  cristiani  met- 
tianio  la  cosa  nelle  niani  di  Maria  Ausilia- 
trice pregandola  di  venirci  in  aiuto.  Alcuni 
giorni  dopo.  discorrendo  di  questa  faccenda 
con  i  vicini,  il  padrone  di  un  albergo.  nostro 
amico  qiiantunquo  ancora  pagano,  mi  dice: 
- —  Padre,  se  non  ti  ]X'rmettono  di  aprire  una 
porticina  non  sarebbe  bene  trasjjortare  ad- 
dirittiira  le  porte  delle  mura  al  di  la  della 
residenza? 

—  Certo!  Ma  quale  spesa...  ed  io  sono  po- 
vero   tanto!... 

—  Non  angustiarti  jier  r|ufsto:  jienso  io 
a  promuovcre  una  stjttoscrizione  e  tu  darai 
la  tiia  parte. 

—  Benonc,   c   fin   d'ora   ti   ringrazio. 
Passarono    alcune   settimane:    I'idea    fece 


cammino  e  divenne  realta.  I^a  proposta  del- 
I'albergatore  fu  accolta  e  attuata:  ora  la  no- 
stra residenza  e  entro  la  cinta  della  citta  ed 
ha  vicino  non  una  jjorta  qualunqiie,  ma  un 
porlone  dall'alto  del  quale  vigilano  le  senti- 
iielle.  II  mandarino  voile  ancora  darci  un 
altro  segno  della  sua  benevolenza.  La  strada 
accanto  alia  nostra  residenza  si  chiamava 
con  un  nome  volgare:  Via  della  cake;  il 
mandarino  I'ha  chiamata  ora:  Via  della  ca- 
rita  in  riconoscenza  alle  varie  forme  di  ca- 
rita  die  noi  ci  studiamo  di  compiere  a  bene 
della  popolazione  di  Van  Fa. 


Urgeva  una  scuola  feniminile.  II  coni- 
pianto  Mons.  Versiglia,  appena  pote  disporre 
di  alcune  patentate  delle  Figlie  di  Maria  Au- 
siliatrice, iiro\-\'ide  una  maestra  a  questo  di- 
stretto.  Quando  fu  amiunziata  I'apertura 
della  scuola  il  diavolo  manifesto  tutto  il  suo 
mahimore:  gioviiiotti  malintenzionati  fu- 
rono  visti  aggirarsi  nei  pressi  della  scuola  e 
stracciare  i  manifesti  die  noi  avevamo  col- 
locati  per  avvisare  la  cittadinanza;  sui  muri 
apparvero  delle  scritte  offensive:  « abbasso 
la  Cliiesa  »,  «  abbasso  il  Padre  »,  «  abbasso 
la  maestra  »,  ecc...  e  un  giorno,  per  augurio. 
fu  collocato  sulla  porta  un  autentico  teschio 
umano,  die  io  feci  sotterrare.  II  fatto  era  tanto 
pill  strano,  quanto  \i\i\  ripugnante  ai  costumi 
ciiiesi,  e  il  mandarino  si  affretto  a  far  .sva- 
nire  la  brutta  inijiressione  scrivendoci  due 
belle  lettere  di  augurio  per  la  scuola  con 
I'assicurazione  di  proteggerci  in  ogni  caso. 

La  scuola  pote  cosi  ajirirsi  con  soddisfa- 
zione  nostra  e  dei  geuitori  die  vedono  edu- 
cate le  loro  bambiiie  da  uu'ottima  maestra. 
Voglia  Maria  Ausiliatrice  proteggere  noi  e 
le  nostre  impresc,  e  noi  confidiamo  die  i 
buoni  amici  di  Giovoith  Missionaria  vor- 
ramio  aiutarci  anche  colle  loro  quotidiane 
preghiere.  Sac.  x\.  Kikschxkr 

Missionario  Salesiano. 


UN'IMPRUDENZA   DEGNA 


DI   LODE 


liro  partito  appena  giorno 
per  andare  ad  aiutare  uu  coii- 
fratello  a  confussare.  essendo 
la  vigilia  della  testa  del  Sacro 
Cuore.  La  barchetta  fila  veloce 
nel  bel  canale  farau"  cioe  degli 
stranicri  (come  lo  chiamano  s^li 
Siainesi),  perche  questo  canale, 
che  alimenta  le  piaiitagioni  di 
cocco,  del  cui  frutto  vivono 
2000  cristiani,  lu  scavato  col 
])atrinionio  e  col  sudore  di   un  ^ 

Missionario  di  Parigi,  die  an- 
cora  oggi  in  tutti  i  dintomi  e 
ricordato,  da  cristiani  e  da  pagani,  con  ve- 
nerazione.  Tanto  \>m  che  la  Missione  rinun- 
zia  a  riscuotere  la  tassa  di  passaggio  sulle 
barche,  diritto  che  la  legge  concede  a  chi 
scava  un  canale. 

—  Padre,  dove  vai?  —  mi  grida  di  tanto 
in  tanto  qualche  cristiano,  giimgendo  le  mani 


BANG  =  NOK=KHUEK.    =    "Uen"  col   suo  amico   luccelletto  KIwek: 
e   il    primo   che   attraverso   il    fiume   a   nuoto. 


e   portandole    all'aitezza  degli   occhi,    come 
vuole  I'etichetta  Siamese. 

—  Vado    alia    chiesa    di    Val   phleng    (la 
chiesa  del  canto),   rispondo. 

—  Verremo  anche  noi  domani. 

I  tre  ragazzi  reniano  concordi.  incitandosi 
e  spruzzandosi  allegramente.  lo  continuo  il 


BANG=NOK=KHUEK.  =   Luogo  ove  il  fiume   fu  attraversato  a   nuoto  dai   tre   ragazzi. 


"Am",   il    sccondo... 

breviario.  Lattdate  Dominum  omnes  gcntes... 
e  peii'^o:  quaudo  sara  die  tutto  questo  po- 
polo  ti  lodera.  o  Signore? 

Lunc,  la  fune...  marie,  le  scarpe...  sento 
cantare.  Sono  i  iiostri  ragazzi  che  vanno  a 
scuola  e  cominciano  a  sostituire  alle  canzoiii 
non  scnipre  educative,  i  bei  canti  imparati 
airOratorio  salesiano. 

—  Padre,  stai  bene?  —  mi  gridano. 

—  A  domani,  birichini  miei.  Verrete  alia 
festa? 

—  Ci  sara  la  rottura  delle  pignatte,  Padre  ? 

—  Niente,  niente;  non  ho  piii  soldi... 
Sorridono    e    sorrido    anch'io.    Ormai  lo 

sanno  che  fino  a  che  c'e  un  centesimo  e  per 
loro.  Domani,  .son  certo,  decine  di  bardie  mi 
porteranno  tutti  c|uesti  cari  giovani.  Pic- 
colo clero.  cantori,  la  banda,...  ci  saranno 
tutti.  Iv  (icsii,  die  trova  la  delizia  tra  i  pic- 
coli,  di.scendera  in  tutti  quel  cuori,  I  ragazzi 
si  anoiitaiiano  veloci;  I'eco  delle  loro  can- 
zoni  si  perde  tra  le  piante  di  cocco  ed  io 
riprendo  il  breviario,  contento  di  questa 
distnizione  die  mi  fa  trovare  piia  belle  le 
]jarc>le  dei  salmi.  Laudate  pueri  Dominum, 
laudato  viymen  Domini... 

Alle  otto  giungevo,  tra  il  ruUo  dei  tamburi, 
alia  chie.sa  di  Vatphleng.  Tin  abbraccio  ai 
confratdii;  uno  scambio  di  idee,  di  progetti, 
di  pronostici  per  la  festa  di  domani;  iin  po' 
di 'carbone...  in  macchina  e  si  discende  in 
confe.ssionale. 

Ma  subito  ci  accorgiaino  che  c'e  inoiida- 
zione  ili  ..  peiiitenti.  Occorre  un  altro  con- 
fessore,  o  iiiolti  cri'^tiani  domani  dovraimo 
restare  .senza  Coimiiiione.  \':u\i<  in  cerca  dei 


miei  tre  rematori,  die  stavano  con.sumando 
la  razione  di  riso,  die  —  ratione  solcmni- 
iaiis  —  era  acconipaguata  da  bei  pezzi  di 
porco. 

Scri.ssi  due  righe  e:  —  Ci  sarebbe  da  por- 
tare  questa  lettera  a  Bang-nok-khuek  — 
dissi.  —  Si  tratta  di  un  aiJare  rrgeiite.  E  per 
la  gloria  del  Sacro  Cuore.  Ma  vol  siete 
stanclii.  Ripo.sate  un  poco  prima. 

—  Padre,  la  marea  discende.  Se  non  par- 
tiamo  subito,  resteremo  senza  acqua.  Par- 
tiamo  subito. 

E  saltaroiio  in  barca.  —  Che  il  Signore  vi 
benedica,  figliuoli  miei,  — augurai.  E  tomai 
in  cliiesa. 

Ouel  die  successe  me  lo  racconto  un  con- 
fratello  il  giorno  dopo.  Arrivati  a  meta  ca- 
nale,  non  ebbero  piu  acqua.  Trasciiiarono  la 
barca  fino  alia  prossima  easa  di  cristiani,  e 
contmuarono  a  piedi  saltando  o  attraver- 
sando  su  banibii  i  piccoli  caiiali. 

Alle  14  circa,  stanclii  morti  (non  avevano 
maiigiato  dalle  8)  arrivarono  al  gran  fiume, 
di  fronte  alia  cliiesa  di  Baug-nok-khuck.  Ma 
nessuno  inte.se  le  loro  grida  con  cui  cliiama- 
vano  una  barca. 

—  Attendianio:  alle  16  il  «  Liguria  »  (il 
motoscafo  della  Missione)  viene  a  portare  i 
ragazzi  e  passeremo,   disse  uno. 

—  Ma  non  sai  che  !a  lettera  e  urgente? 

—  Io  passo  a  nuoto! 

—  No,  per  carita.  La  corrente  e  forte;  in 
mezzo  al  tiume  ti  travolge. 

—  Eppure  dobbiamo  arrivare.  L'abbiamo 
promesso.  E  per  il  Sacro  Cuore.  A  qualunque 
costo. 

Pa.ssarono  alcuni  niinuti  a  di.scutere. 


"Xaloin",   il   tcrzo.. 


Un'iJea.  Si  arrampicano  su  nn'alta  pianta 
di  coceo;  ne  staccaiio  due  frutti  ciascuno; 
con  la  scorsa  faimo  una  treccia,  se  li  adat- 
tano  sotto  le  ascelle  come  salvagente;  il  piii 
alto  avvolge  la  caniicia  attonio  al  capo  in 
fonna  di  turbante  e  vi  mette  dentro  la  let- 
tera  perche  non  si  bagni... 

Un  segno  di  croce,  e  sono  in  acqna. 

—  Ma  cosa  avete  fatto?  —  disse  il  Padre, 


quando  gli  arrivarono  davanti  in  quella  di- 
visa. — Non  avete  pensato  che  ])oteva  suc- 
cedere   una   disgraz.ia? 

—  Perdona,  Padre,  —  rispose  il  pii:  pic- 
colo —  ma  era  per  il  Sacro  Cuore... 

Bang-nok-khutk  (Stain). 

Sac.    Ai.ESSANDRO   I'ERPIN. 

Sali^siano. 


PRIMO  NATALE  IN  MISSIONE 


Madras,  dicembre   1929. 

II  sole  raggiante  spandeva  il  suo  cocente 
ardore  estivo  in  pieno  invemo;  le  verdi  palrae 
e  le  jjiante  in  fiore,  mi  rendevano  inii^ossi- 
bile  il  raccogliertni  nel  pensiero  della  grande 
gioniata  che  stava  per  celebrarsi...  Eppnre, 

il  calendario  segnava:    24    dicembre! In 

casa  non  si  parlava  d'altro;  si  erano  cantate 
le  anticlie  e  senipre  nuove  profezie  della  no- 
vena,  davanti  alia  statna  di  Maria  Ausilia- 
trice,  perche  non  possedevamo  ancora  la  cap- 
pelluia  con  la  ricchezza  di  Gesi'i  Sacramen- 
tato...  ma,  non  era  ancora  il  Natale  della 
mia  dolce  terra  natia  il  quale,  benche  non 
sempre  apportator  di  neve,  pur  col  suo  gelo 
caratteristico  faceva  sentire  la  dolce  poesia 
del  Natale...  Avevamo  preparato  il  presepio: 
bellissimo  per  le  binibe  die  non  ne  avevan 
mai  veduto,  ed  anche  per  la  nostre  sorelle 
che,  da  sette  anni,  non  avevano  piii  avuto 
la  gioia  di  contemplarlo,  ed  erano  felici  del 
bel  dono  giunto  in  India  con  le  ultime  niis- 
sionarie.  Ma,  a  queste,  abituate  ai  presepi 
della  patria  lontana,  grandiosi,  automatic!... 
sembrava  proprio  meschino  quello.  lo  mi 
sentivo  in  missione...  lontana...  lontana... 

Finalmente  lo  scampanio  anmmciante  la 
Messa  di  mezzanottc  mi  venne  a  scuotere  dal 
mio  sogno  raelanconico.  Che  gioia  tornare 
ad  indossare  I'abito  nero!  Ci  mettemmo  per- 
sino  lo  scialletto...  ma,  che  sudore!... 

La  chiesa  parrocchiale  e  situata  nello 
stesso  recinto  delle  scuole,  e  nel  breve  tratto 
di  strada  che  la  separa  dalla  nostra  casa, 
potemmo  notare   qualcosa   di   insolito. 

Non  gente  dagli  zoccoli  e  dallo  scialle  pe- 
sante,  o  av^'olte  negli  invemali  mantelli... 
ma  i  leggeri  costumi  orientali,  gli  sfarzosi 
e  scintillanti  kimono  di  seta  delle  donne.  dai 
galloni  d'oro  e  d'argento;  i  bimbi  vestiti  an- 
ch'essi  a  mille  colori  quella  notte;  gli  uomini 
con  la  camicia  sojira  una  lunga  tunica  a 
colori,  fonnata  da  un  solo  telo  di  tessuto,  sor- 


niontato  sul  davanti  e  femiato  da  un  lembo 
rimboccato  alia  cintura...  Graziosi  e  ridicoU, 
quel  costumi:  se  si  vedessero  nei  nostri  paesi, 
si  direbbero...  dei  pazzi  in  canievale! 

Tro\-ammo  la  spaziosa  chiesa  dei  Rev.  Sa- 
lesiani  gia  gremita:  gli  Europei  e  gli  Anglo- 
Indiani  collocati  nei  banchi;  gli  Indiani. 
nelle  navate  lateral!,  seduti  sulle  calcagna; 
i  bambini  .sdraiati  sulle  stuoie.  Noi  pren- 
demmo  posto  nei  soliti  banchi  riservati. 

...  oh,  la  santa  Messa  del  primo  Natale  in 
missione!...  E  questo  il  momento  in  cui  si 
compreude  la  parola  «  niissionario  »...  il  mo- 
mento in  cui  si  tocca  con  mano  qual  jaosto 
occupano  nel  cuore  le  j^ersone  care,  che  si 
sanno  cosi  lontane,  epjjure  si  sentono  tanto 
vicine...  il  momento  in  cui  la  preghiera  ha 
una  potenza,  una  forza  senza  liniiti  e  senza 
misura!  La  musica,  con  le  sue  armonie,  i 
canti  .soavissimi  ebbero  allora  un'etficacia 
inesprimibile  e,  venuto  il  momento  della 
consacrazione...  della  mistica  unione  con 
Gesii...  allora  si  senti  il  Natale...  si  senti  piii 
che  mai  Gesu,  e  alia  sua  inesauribile  carita 
si  affidarono  tutti  i  cari  lontani,  tutte  le 
anime  vicine...  quelle  di  questi  poveri  pa- 
gani,  la  religione  dei  quali  non  e  im  freno, 
ma  imo  sfogo  a  tutte  le  pas.sioni;  I'occhio 
dei  quali  e  malato,  e  non  sa  contemplare  la 
luce  juira  e  divina  che  s'irraggia  dal  vero 
Dio;  il  cui  orecchio  e  sordo  alia  verita  che 
impone  il  sacrificio! 

...  Fill  si  conoscono  questi  poveri  infelici, 
e  meglio  si  comprende  che  solo,  solo  le  no- 
stre pregliiere  ed  i  nostri  sacrifici,  offerti  a 
questo  scopo,  potranno  commuovere  il  Cuore 
di  Dio  e  trasformare  que.ste  anime! 

L'uscita  dalla  Messa  di  mezzanotte  ci 
parve  una  serata  carnevalesca;  che  luccicliio 
di  variopinti  indumenti! 

II  mio  pensiero,  pero,  non  si  fermo  su 
quella  scena;  un'altra,  ben  piu  commovente 
si  era  presentata  qualche  giorno  prima  al 
mio  ssruardo,  ed  ero  ansicsa  di  rivedere.  Un 


povero  lebbroso  si  era  rifugiato  sotto  una 
tettoia  buia,  mal  riparata,  di  fronte  alia  no- 
stra casa.  Piu  volte  eravamo  andate  a  vi- 
sitarlo  e  a  portargli  del  cibo;  ma  in  quella 
notte  saiita,  io  desideravo  portargli  la  le- 
tizia  del  Xatale. 

Vi  aiidai,  con  la  rev. da  Madre  Ispettrice. 
Con  la  lantema  accesa  attra\-ersammo  la 
spianata,  fitta  di  palme,  con  il  cuore  pieno 
di  conimozione,  al  peiisiero  di  visitare  il 
Divino  Infante  nella  persona  dell'infelice 
reietto.  Oh,  in  quell'oscurita,  tra  il  fetore 
nauseante,  il  povero  paziente  non  poteva  con- 
templare  la  Sella  notte  stellata,  il  cielo  bril- 
lante  dove  miriadi  di  angeli  invisibili  can- 
tavano  ancora  il  Gloria  in  excelsis  Deo.  Non 
giungeva  a  lui  la  gioia  del  Natale...  era  solo, 
sdraiato  sul  nudo  suolo,  esausto  di  forze,  col 
povero  corpo  scheletrito  e  piagato! 

Noi,  come  i  pastori  alia  capanna  di  Be- 
tlem,  offrimmo  i  nostri  poveri  doni:  riso  e 
banane.Al  vederci,  il  povero malato,  tentodi 
alzarsi,  ma  ricadde  sul  terreno  e  solo  dopo 
molti  sforzi  riusci  a  sedersi.  Prese  quella 
provvidenza  e  mangiandola  avidamente,  co- 
mincio  a  narrarci  la  sua  triste  storia. 

Era  un  indiano,  di  oltre  il  Tamil,  e  par- 
lava  I'inglese.  Ci  disse  di  essere  cristiano  e 
di  chiamarsi  Tomaso.  Aveva  chiesto  di  es- 
sere ricc'vuto  nell'ospedale,  ed  aveva  avuto 
un  rifiuto;  anche  il  lebbrosario  era  gremito; 
i  suoi  parent!  non  lo  volevano  \i\\x  vedere  in 
casa.  lo  cacciarono  via  e  si  contentarono  di 
fargli  avere  di  quando  in  quando  un  po'  di 
riso.  Una  mattina  si  era  recato  nella  chiesa, 
aveva  ricevuto  la  santa  Comunione  e  poi... 
con  Gesii  nel  cuore...  si  era  cercato  quel  ri- 


fugio  e  la  avrebbe  voluto  niorire!  Quanta 
conq)assione,  e  clie  buoni  sentiment!  dimo- 
strava!  Soffriva  molto,  si;  ma  era  contento  di 
soffrire  e  aspettava  il  paradise!  Ci  guardo 
con  uno  sguardo  pietoso,  riconoscente  e  al 
vederci  partire,  dopo  clie  I'avemmo  animato 
e  confortato  quanto  piii  ci  fu  possibile,  mor- 
moro:  —  Vengano  ancora,  sorelle! 

...  Ecco  la  gioia  del  primo  Natale  in  mis- 
sione!  Avevamo  fatto  sorridere  una  povera 
creatura,  portandole  la  gioia  del  Natale.  Po- 
vero Tomaso!  Nel  suo  infortunio,  tra  il  suo 
gran   dolore,   aveva  sorriso! 


La  rav.da  Ispettrice  e  la  sig.ra  Direttrice 
si  presero  interesse  per  quel  poveretto,  af- 
finclie  avesse  mi  posto  nel  lebbrosario;  e  si 
ebbe  per  un  momento  la  speranza  di  otte- 
nerlo.  Vi  fu  condotto,  come  im  agnellino 
guidato  al  macello...  Ma,  dopo  poclii  giomi, 
eccolo  ritornare  al  suo  rif  agio:  era  stato  nuo- 
varaente  allontanato  dall'o.spedale,  con  la 
scusa  della  mancanza  di  posto  e  clie,  come 
tanti  altri,  anch'egli  poteva  restarsene  fuori. 
Lo  trovammo  tremante  dalln  lebbre:  gli  por- 
tammo  una  eojjerta  di  lana  ed  ogni  giorno 
gli  somministrammo  il  cibo,  finche,  dopo 
molte  pratiche,  pole  e.ssere  accettato  in  un 
lebbrosario  fuori  della  citta,  dove  pero  passo 
poco  tempo:  il  Signore  gli  uso  misericordia 
e  lo  chiamo  a  se,  per  coronarlo,  come  spe- 
riamo,  con  la  corona  del  martirio. 

vSuor  Ida  Papa 
Fislia  di  Ma'ia  Ausiliatrice. 


COSE...  DELL'INDIA. 


I,a  Conferenza  della  Tavola  liotonda,  iiidcUa 
dal  Viccre  dell'India  il  u  ottobre  1929  e  attnal- 
mente  in  corso  a  Loiidra,  ha  raccolto  presso  il 
Governo  inglcse  i  capi  e  le  rapprcscntanze  delle 
variu  razze  indiane  per  .sludiare  insieme  le  ba.si 
deU'indipeiideuza  o  «  Stato  di  doniinio  »  da  dare 
aU'liidia. 

Que.sta  regione  dell' Asia  ha  un'estensione  di 
4673000  liidii.  con  318.942.480  abitanti  (con- 
siui.  del  f92i).  L'inipero  indiano  consta  di  due 
parti  ben  distinte:  I'India  HunwNxicA  e  gli 
Stati  I.nijiani.  I.'Inmjia  Brittanica  e  divisa  in 
15  provincic,  dclle  nuah  9  hanno  a  capo  un  ^o- 
vernatort  e  le  altre  lianuo  un  comwissario  capo; 
gli  Stati  Indian!  .sono  di  tutte  Ic  dimension!  e 
retti  da  principi  indiani:  di  essi  119  hanno  di- 
ritto  al  saliito  a  .salve  di  artiglieria  e  441  non 
hanno  f|Mcsto  diritto.  Coniple.ssivamente  gli  Stati 
Inihani  co]jrono  1.500.000  circa  kniq.  ed  hanno 
70  niilioni  di  abitanti. 


Xell'India  sono  parlate  30  lingue  e  moltis.sim' 
dialetti. 

Dei  320  niilioni  di  abitanti,  230  milioni  sono 
agricoltori  e  33  niilioni  sono  occupati  ncUe  varie 
Industrie:  secoudo  le  religioni  professate,  sono 
cosi   divisi: 

216.733. 5SO 

3.238.803 

1. 178. 596 

II. 571. 268 

21.778 

68.735.233 

9.774.61 1 

101.778 

4.754.064   (di   quosti   sono 

247.04;;. 

I/Inrlia  ha  due  sole  i-itt;'i  clie  superano  il  nii- 
lione  di  abitanti:  /Imiihtiy  c  Citlculla. 


Indii 

Sikh 

Jain 

Buddisti 

Ebrei 

Mussulmani 

Religioni  di  Tribii 

Parsi 

Crisliain 

cattolici 


8 


GIAPPONE.   =    Torii.    Archi   sacri   davanti   ad    una    grotta   famo^a   c    ponte   d'uscita. 


IL  TEMPIO  SHINTOISTA 


iv  una  caratteristica  costruzione  in  legno. 
Consta  sempre  di  due  jjarti:  una  sa)a  grande  o 
atrio,  e  la  cella  sacra,  h'atrio,  serve  di  sala 
per  le  riimioni,  durante  la  sagra  del  paesc 
{tiiatsKii).  E  una  semplice  camera,  il  pavi- 
mento  coperto  di  stuoie,  I'entrata  sbarrata 
da  una  grande  cassa  per  le  eleniosine. 

Questa  saletta  si  chiama  haiden  (sala  per 
I'adorazione).  Nessuno  puo  entrare  durante 
I'anno,  cjuando  non  vi  siano  feste  religiose. 
In  un  angolo  si  vede  generalmente  un  grosso 
tamburo,  a  forma  di  botte;  nel  periodo  delle 
feste,  si  fa  sentire  giorno  e  notte;  diventa  il 
trastullo  dei  ragazzi. 

II  haiden  ha  due  porte,  I'mia  di  fronte  al- 
I'altra.  Traverse  la  porta,  giii  in  fondo,  si 
vede  il  honden  la  seconda  parte  del  tenipio, 
il  fancta  sanctorum,  per  cosi  dire.  E  un  po' 
pill  elevato  del  prime;  una  ripida  scaletta 
uni.sce  le  due  costruzioni. 

II  honden  non  e  die  mi  armadio  sempre 
cliiuso.  Inutile  chiedere  il  i)ermesso  di  cu- 
riosare   la   dentro.    e   proibito. 

Tn  bel  giorno  pero,  senza  chiedere  niente 
a  nessmio,  ho  aperto  tranquillamente  il  sacro 
armadio:  dentro  non  c'eraii  die  due  speech! 
nietallici,  tondi,  ossidati.  Tutto  li. 


La  storia  dello  specdiio  e  curiosa.  Aina- 
ierasu,  la  dea  del  sole,  compresa  dei  doveri 
die  le  incombevano,  era  tutta  intenta  a  far 
prosperare  i  campi,  curava  le  messi  con  amore, 
ricopriva  la  terra  d'un  bel  nianto  multi- 
colore.  II  fratello  luinore  pero,  visto  die  do- 
veva  fare  la  parte  di  dio  delle  tcmpeste,  dei 
temjiorali,  metteva  ugual  zelo  nello  scompi- 
gliare  do  die  la  buona  .sorella  curava  con 
tanto  amore.  Amatcrasu,   al  vedere  tutte  le 


sue  povere  fatiche  sprecate,  piange,  pesta 
i  piedi  e...  fa  sciopero.  Corre  a  chiudersi  in 
una  grotta  —  co^i  impareranno  a  darle  noia. 
Grande  costernazione  tra  gli  dei:  era  la  prima 
volta  die  il  sole  si  eclissava;  poteva  almeno 
aspettare  die  qualche  astronorao  lo  prean- 
nunziasse;  lasciare  I'olinipo  cosi  al  buio, 
cjuando  non  c'erano  ancora  le  candele  stea- 
riche  ne  i  corti  circuiti,  sapeva  un  po'  di 
indelicatezza  per  I'augusto  consesso  degli 
dei.  I  congress)  pero  eran  gia  di  nioda,  cosi 
riuscirono  a  combinare  un  bel  piano  per  ri- 
mettere   il   sole    in    circolazione. 

Ecco  gli  dei,  brancolando  nel  buio,  av- 
viarsi  alia  grotta  di  Amaterasii;  nno  porta  un 
gallo,  perche  possa  salutare  col  siio  canto  il 
riapparire  del  sole.  Altri  portan  dei  doni, 
stotfe  di  vari  colori,  gioielli,  ecc.  Cera  anclie 
il  dio  della  musica,  incaricato  di  suonare  il 
tamburo.  Non  mancava  proprio  niente,  nem- 
meno  una  bnona  corda  di  paglia... 

II  piano  consisteva  nello  stuzzicare  la  cu- 
riosita  di  Amatcrasu.  Bastava  die  facesse 
capolino... 

Comincia  la  musica.  Orfeo,  stance  di  bat- 
tere  con  le  mani,  mette  il  tamburo  a  terra, 
e  lo  suona  saltandovi  sopra,  tanto  nessuno 
lo  vedeva.  Gli  dei  andavano  a  gara  a  chi 
feceva  !e  cose  piii  strane;  le  risate  si  susse- 
guivano  alle  ri.sate:  tanto  che  Amcterasu  di 
dentro  comincio  a  domaiidare:  — ISIa  che  suc- 
cede  la  fuori? 

La  risposta  era  gia  pronta: 

—  E  arrivata  ima  dea,  die  bisogna  ve- 
dere! Cosa  dell'altro  niondo!  Che  vesti!  die 
splendore! 

—  Una  dea  piii  bella  di  me?  Possibile? 
Vediamo  un  po'...  —  e  in  cosi  dire,  spinge  da 
parte  il  blocco  die  o.struisce  I'entrata.  Uno 
sprazzo  di  luce  abbaglia  tutti;  il  gallo,  ne- 


anclie  a  dirlo.  comincio  a  cantare  a  squar- 
ciagola,  gli  dei  pronti,  mettono  dinanzi  ad  . 
Aiiiatciasti  lui  grande  specchio... 

—  li  questa  la  dea?  —  chiedemeravigliata 
Amatcrasii;  gli  dei  pero,  non  perdono  tempo 
a  rispondere.  Con  una  grossa  corda  di  jjaglia 
cbiudono  I'entrata  della  grotta.  Cosi,  da 
quel  giomo,  il  sole  non  puo  piii  andare  ad 
eclissarsi  dentro  a  quella  grotta,  vicino  a 
Miyazaki... 

Amatcrasii  accettu  tutti  i  doni,  senza  farsi 
troppo  pregare.  Non  so  come  sia  andato  a 
finire  il  gallo;  per  lo  specchio  e  lui  altro  conto. 
Da  quel  gionio  divenne  certamente  I'oggetto 
principale  delle  sue  cure,  tanto  die  per  fare 
im  bel  regalo  al  primo  imperatore  del  Giap- 
jxine,  face  proprio  un  grande  sacrificio:  gli 
regalo  lo  specchio,  aggiungendovi  una  gemma 
e  mia  spada,  di  cui  non  sapeva  cosa  fare. 

Ora,  ogni  volta  die  si  incorona  un  impe- 
ratore, gli  si  offrono  i  tre  doni  divini:  in  tutti 
i  tenipli  sliint<)  poi,  I'oggetto  principale  e  lo 
specchio,  chiuso  la  dietro,  a  rappresentare 
Amaterasu,    palladio    del    Giappone. 

Altra  caratteristica  del  tempio  shinto, 
sono  quegli  arclii  di  pietra  o  di  legno,  detti 
Torii,  die  si  incontrano  a  intervalli  regolari 
sulla  strada  die  conduce  al  tempio.  E  tacile 
percio  distinguere  un  tempio  shinto  da  un 
tempio  buddista.  II  tempio  shinto  si  chiama: 
tniyd   ed   6   generalmente    costruito    su    un 


poggio,  circondato  da  alberi  .secolari.  Una 
ripida  scalinata  conduce  direttamtnte  dal 
piano  alio  spiazzale  su  cui  s'eleva  il  miyd. 
In  basso,  all'inizio  della  gradinata,  c'e  sem- 
I)re   il  maestoso  arco. 

Appena  saliti,  si  passa  in  mezzo  a  due  lan- 
tenie  in  pietra.  Subito  a  sinistra,  c'e  la  va- 
schetta  per  le  purificazioni.  Li  i  Giapponesi 
si  sciacquano  la  bocca  e  si  lavan  le  mani.  Di 
fronte  si  ha  il  tempio  descritto;  dinanzi  alia 
porta  c'e  quasi  sempre  im  altro  arco  shinto. 

In  tutto  il  Giappone  vi  .sono  112.800  tem- 
pli  shinto,  divisi  in  varie  categorie  secondo 
die  dipendono  o  dalla  famiglia  imperiale,  o 
dallo  stato  o  dalla  prefettura.  ecc.  Vi  sono 
poi  altre  suddivisioni,  secondo  gli  dei  cui 
sono  dedicati.  (Gli  dei  posson  esser  terrestri 
o  celesti,  o  sono  antenati  degli  imperatori, 
o  si  son  resi  benemeriti  occupandosi  del  Giap- 
pone in  modo  particolare,  ecc). 

II  tempio  shinto  puo  cssere  guida  per  la 
ricerca  delle  origini  del  popolo  giapponese, 
conservando  esso  ancora  la  forma  jirimitiva 
delle  abitazioni,  quale  la  si  riscontra  f)resso 
le  tribii  malesi. 


Takanabe,   24-11-30. 


D.  Mareg.^  Mario. 

Missionario  Salesiano. 


GIAPPONE.   •    I"   II    Torll   davanti   al    Miyd    ncl    parco   di     lakinabe.    =    2"   II    Honden.  Armadio   sacro   pagano 
contencnte   lo   specchio   mctallico   simbolo   di   "Amaterasu". 


10 


OITA.    =    Grandioso   tcnipio   shintoista. 


TOMBE  A  MIYAZAKI 


Vedete  quelle  colonne,  quelle  pietic  in- 
formi,  quella  specie  di  casetta  chiusa?  Ecto 
le  tombe  del  pagaiii  giapponesi.  Davanti  e 
attomo  fiori,  se^m  di  snperstizione  e  le  of- 
ferte  per  il  morto  (riso,  frutta  e  sake  (vino). 

Vedete  I'altare?  le  croci?  Ecco  il  nostro  bel 
cimitero  di  Miyazaki.  Ouando  quel  grande 
aniico  delle  vocazioni.  che  si  chiama  Don 
Toniquist,  passo  a  Miyazaki  voile  vederlo. 
Da  mi  lato  il  segno  della  redenzione,  dal- 
I'altro  superstizioni  e  materialita:  da  un  lato 
il  pensiero  della  certezza  della  risurrezione, 
dall'altro  o  il  nulla,  o  un  vagosenso  di  sjji- 
riti  erranti,  o  reincorporati  in  un  animale. 

II  3  novembre  passava  per  le  vie  di  Miya- 
zaki, recitando  ad  alta  voce  il  rosario,  il  cor- 
teo  della  nostra  famiglia  cristiana  che  acconi- 
pagnava  al  camposanto  la  salma  di  ur.a 
vecchia  di  87  anni,  che  aveva  veduto  e  pro- 
vato  gU  orrori  delle  persecuzioni  contro  i 
cristiani  ed  aveva  con  forza  manlenuta  in- 
tatta  la  sua  fede.  Calata  nella  fossa,  mentre 
pietosainente  i  cristiani  conipivano  I'opera 
deH'interramento  di  quella  santa,  il  figlio 
(gia  padre  di  numerosa  figliuolanza  e  c!.e 
gia  ne  ha  regalato  uno  al  Signore  per  accre- 
scere  le  file  della  famiglia  salesiana  in  Giap- 
pone)  le  gridava  suJlorlo  della  fossa:  —  () 
mamma,  riposa  in  pace!  Ricordati  di  noi! 

Pensavo:  —  Qui  c'e  la  vita,  la  vita  della 
fede!  —  la  c'e  la  morte.      D.  \\  Cimatti. 


Una   tomba    pagana    vista    da    vicino. 


// 


MiYAZAKI.    —    Rcco   il   bel   cimitero  criitiano;  col   segno   della    redcnzione, 

che  accoglic  le   salmz  di   un  discreto 

numero   di   cristiani 


TOMBE 

A 

MIYAZAKI 


Tom  be 

pagane   e 

Cimilero 

di 

1 

un 

piccolo  V 
pj?ano 

Ilaggio 

12 


p.    Carlo    di    Foucauld    c    il    suo   servo. 


UN  MISSIONARIO  DEL  SAHARA 


Si  e  verificato  recenteinente  iiii  movimeuto 
teudente  a  portare  innanzi  alia  Santa  Sede  iin 
processo  di  canonizzazionc  in  onore  di  Carlo  di 
Foucauld. 

II  15  settembre  1858  nasceva  a  Strasburgo 
Carlo  Eugenio  di  Foucauld;  la  sua  famiglia  era 
originaria  del  Perigord.  Da  giovaue  il  future  ere- 
mita  si  rivelo  d'intelligenza  uon  coniune,  ma  al- 
trettanto  autoritario  e  ozioso.  Si  proparo  piut- 
tosto  male  clie  bene  all'esame  d'amniissione 
a  Saint-Cyr,  e  tanto  quando  vi  entro  come 
<juando  ne  usci  figuro  sempre  negli  ultimi  rauglii. 
Fu  in  scguito  ammesso  alia  scuola  di  Saumur 
dove  condusse  una  vita  dissipata,  tanto  die  i 
suoi  suporiorierano  convinti  che  egli  uon  sarebbe 
mai  riuscito  a  far  nulla  di  straordinario. 

Nel  1880  fu  inviato  come  sottoteuente  al 
4"  Rcggimento  Ussari  ma  il  suo  carattere  ombroso 
gli  rese  insopportabile  la  disciplina  niilitare.  Da- 
vanti  a  un  ordine  del  suo  colonuello  si  inalbero, 
ottenue  uu  congedo  illimitato  e  lasciando  I'eser- 
cito  ando  a  riposarsi  ad  Kvian. 

Nel  1881,  Bou  Amana  era  in  rivolta  e  il 
4°  Ussari  fu  incaricato  di  ristabilire  I'ordine.  A 
couoscenza  di  cio,  Carlo  dimentico  ad  un  tratto 
tutti  i  suoi  rancori  e.  supplicando  il  ilinistro 
della  Guerra,  riusci  a  riprendere  il  suo  posto. 

Durante  la  campagna  si  condusse  con  un  co- 
raggio  che  suscito  rammirazione  dei  suoi  came- 
rati  e  fece  allora  la  conoscenza  del  suo  grande 
amico,  il  luogotenente  Laperrine,  quello  stesso 


che  doveva  poi  ritrovare  alia  fine  della  sua  car- 
riera. 

Dimissionario,  prese  una  audace  determina- 
zione,  fece  il  progetto  di  esplorare  il  Marocco  a 
quell'epoca  selvaggiamente  chinso  ad  ogni  in- 
fluenza europea.  Siaccordoconunebreochecono- 
sceva  il  paese  del  Snltano  e  facendosi  passare 
per  un  israelita  indigene  percorse  a  piedi  il 
paese. 

Si  era  nel  1885  quando  lascio  Algeri  e  ando  a 
Tieraen,  poi  giuuse  a  'f  angeri  per  mare.  Durante 
1 1  mesi,  percor.se  piu  di  jooo  km.,  facendo  rilievi 
geografici  importanti  nialgrado  i  pericoli  che  lo 
niinacciavano. 

II  jj  maggio  18S6  era  nuovaniente  in  Algeri. 
Stance  accousenti  a  ritornare  in  Francia  e  ad 
installarsi  presso  sua  sorella.  Ma  la  sua  anima, 
abituata  al  soffie  del  «  simoun  »  non  poteva 
adattarsi  ad  una  esistenza  tranquilla.  Egli  ri- 
parti  per  il  Sud-Africa,  percorse  lo  Jlzab,  si 
spiuse  fine  ad  Ouoregha  poiche  laggui  il  prestigio 
eurepeo  era  diminuito  per  il  ma.ssacro  della  .sc- 
conda  missione  Flatters,  il  Sahara  era  comple- 
tamente  chinso  a  qualsiasi  esplorazione.  Non  di 
mene  Carlo  di  Foucauld  riusci  a  visitare  Toug- 
gurt,  il  Djerid  e  per  Gabes  ritorno  in  Francia 
dove  lavoro  per  due  anni  interne  alia  relazione 
dei  suoi  viaggi  ed  a  porre  termine  ai  suoi  lavori 
geografici. 

Intanto  la  sua  fede  diventava  pu'i  viva  e  per 
fortificarsi   nelle   sue   convinzioni    parti    per   la 


U 


Terra  Santa,  percorse  la  Giudca,  la  Galilca,  vi 
sito  Bethleem,  Nazareth,  Gerusalcmmc  cd  ebbe 
da  questo  viaggio  luia  cosi  profouda  impressioiie 
che  decise  di  consacrarsi  interamente  alia  vita 
religiosa. 

La  sua  natura  generosa  lo  spinse  a  scegliere, 
fra  tutti  gli  ordini,  quelle  la  di  cui  regola  era  piu 
severa  e  sotto  il  iiome  di  frate  Alberic  Marie 
entro  alia  Trappa  di  Nostra  Signora  delle  Nevi, 
nel  \'ivares. 

Ma  quell'esistenza  gli  pareva  troppo  dolce, 
domando  ed  ottenne  d'essere  inviato  in  un  mo- 
nastero  pcrduto  dell'Oriente  ad  Akbes  vicino 
ad  Alessandretta,  vi  resto  dal  luglio  1890  al 
1896  conducendo  una  vita  cousacrata  intera- 
mente   alia   preghiera    ed    ai    lavori    carapestri. 

L'antico  soldato  pcro  sognava  una  vita  ancor 
piu  dura  cd  attiva.  Dopo  un  viaggio  a  Roma, 
lascio  la  Trappa,  e  come  eremita  libero,  sciolto 
ormai  dai  suoi  voti,  pur  rispettandoli  stretta- 
mente,  toruo  a  Nazareth  dove,  senza  farsi  co- 
noscere,  guadagno  la  sua  vita  come  uomo  di 
fatica  di   un   convento. 

Durante  questo  tempo  la  situazione  era  com- 
pletamente  cambiata  nel  Sahara  e  grazie  al  co- 
lonnello  Bertrand,  la  Francia  aveva  ripreso  il 
suo  prestigio,  Di  fronte  alia  nuova  situazione 
Carlo  Foucauld  ritorno  ai  suoi  primi  progetti: 
evangeUzzare  I'immenso  territorio  del  Slid- Africa 
e  portarvi  colla  religione  la  civilta  europea. 

Ottenuta  I'autorizzazione  necessaria  parti  per 
Oran  e  Ain  Sefra,  percorrendo  400  km.  a  cavallo 
arrivo  a  Taghit,  e  il  24  ottobre  1901,  celebro  la 
prima  messa  che  fu  dettanel  Sahara;  4  giorni 
pill  tardi  si  stabih  nell'oasi  di  Beni-Abbes  nella 
valle  del  Saoura. 

Aiutato  da  qualche  soldato  indigeno  costrui 
subito  una  cappella,  una  cella  per  lui,  delle  ca- 
mere  per  i  suoi  eveiituali  ospiti,  perche  spero  sino 
alia  fine  de'  suoi  giorni,  di  trovare  dei  discepoli. 
Dava  consigli,  curava  i  Eerberi,  die  lo  avvicina- 
vano  e  che  Ijeu  presto  ebbero  in  lui  una  assoluta 
fede,  ma  non  cerco  di  convertirli  subito,  e  coni- 
prese  con  mirabile  umilta,  che  la  prima  cosa  da 
conipiere,  era  d'abituare  qucsti  esseri  semplici 
e  primitivi  ad  avere  confidenza  iiegli  Kuropei. 
L'installazioue  deU'ereinita  era  completamente 
finita  nel  1902  ed  allora  ebbe  la  fortuna  di  tro- 
vare il  suo  antico  fratello  d'arnii  Laperrine,  che 
comandava  come  colonnello  il  territorio  delle 
oasi. 

Ambedue  avevano  lunghe  conversazioni  ed 
il  colonnello  raccontava  al  suo  amico  la  vita  sor- 
prendcnte  e  quasi  sconosciuta  dei  Tuaregs.  La 
decisioue  del  missioiiario  fu  tosto  presa,  lascio 
I'eremitaggio  per  stabilirsi  fra  i  Tuaregs.  Ma  la 
regione  era  in  piena  rivolta  e  nessiina  scorta 
pote  accompagnarlo  fino  a  Taghit  dove  iufuriava 
la  battaglia,  cgli  allora  accompagnato  da  un 
solo  cavalierc  percorse  1  jo  km.  a  cavallo  ed  arriv6 
in  tempo  per  porgere  i  ronforli  del  suo  miiii.stero 
ai  feriti  e  ai  moribondi. 

In  seguito,  scmpre  aiutato  da  Laperriiie,  per- 
corse il   Itled,  iniparo  in  tre  mesi  la  lingua  dei 


Tuaregs  e  s'inizio  alia  loro  scrittura.  S'accinse 
poscia  a  quell'opera  die  occupo  una  gran  parte 
del  suo  tempo:  la  grammatica  e  il  dizionario  di 
Targiii,  opera  che  rese  poi  il  suo  nome  celebre 
fra  i  filologi. 

Arrivo  cosi  fino  al  misterioso  Hoggar,  terra  di 
miraggi  dove  Pierre  Beiioit  ha  posta  la  sua 
Atlantide. 

E  poiche  1' « Amenokal »  (capo  dei  Tuaregs)  gli 
dimostro  una  sincera  ainicizia,  il  suo  compito 
era  considerevolmente  facilitato;  il  mi.ssionario 
insegno  un  po'  di  morale,  molta  igieiie  a  quegli 
esseri  incolti  e  fu  presto  circondato  dalla  vene- 
razione  di  tutti. 

Nel  190G  un  sapiente  berbero  passo  tre  mesi 
con  lui  e  tutti  e  due  fecero  una  esplorazione  si- 
stematica  della  regione  dcll'Hoggar,  rilevando 
fatti  fino  allora  ignorati. 

Nel  191 4  la  dichiarazione  di  guerra  non  gli 
giunse  che  in  agosto,  tanto  viveva  isolato.  Voile 
raggiungere  il  reggimento.  ma  le  lettere  ener- 
giche  del  generale  Laperrine  gli  dimostrarono 
che  il  suo  dovere  era  di  non  niuoversi.  per  rap- 
presentare  la  Francia  tra  i  Tuaregs.  Dopo  esser.si 
accertato  della  sicurezza  del  forte  Motylinski, 
Carlo  di  Foucauld  prese  accordi  coll'ii  Amenokal  » 
per  proteggere  Tamanarasset  da  un  attacco  che 
tutti  considerarono  imminente. 

E  il  1°  dicembre  191 6,  Carlo  di  Foucauld  vide 
realizzarsi  uno  dei  suoi  sogni  piii  cari!  Morire 
coraggiosamente  per  le  mani  degli  iufedeli,  con- 
fessando  la  sua  fede  ed  il  suo  patriot  tismo! 

Sessanta  meharisti  Senussiti  decisero  di  farlo 
prigioniero  e  si  accordarono  con  un  certo  El  Ma- 
dani  che  il  missioiiario  colnio  di  beni  e  che  recito 
I'ignobiie  parte  di  Giuda.  El  Madani  si  avvicino 
di  notte  alia  casa  dell'eremita  che  stava  pre- 
gando  e  gli  grido:  —  Arriva  un  corriere  del  forte 
Motylinski! 

Senza  alcun  timore  Carlo  di  Foucauld  ando 
ad  aprire  ed  ecco  dieci  meharisti  lo  afferrarono, 
nientre  gli  altri  tenevano  a  bada  gli  abitanti  che 
non  avevano  alcun  mezzo  di  difesa. 

Pare  die  i  Senussiti  non  avessero  intenzione  di 
ucciderlo,  ma  soltauto  di  tenerlo  in  ostaggio; 
senonche  proprio  nel  momeuto  in  cui  si  crede- 
vano  certi  della  vittoria,  due  meharisti  fedeli  ar- 
rivarono,  una  fucilata  risuono  e  fu  allora  che,  per 
non  lasciar  sfuggire  il  prigioniero,  uno  dei  Se- 
nu.ssiti  lo  uccise  con  una  fucilata  a  bruciapelo 
sulla  testa. 

Padre  Foucauld  niorl  senza  un  gcsto  e  fu  inu- 
inato  nella  posizione  stessa  in  cui  era  caduto:  in 
ginocchio,  colle  braccia  legate  sul  dorso. 

Qualche  mese  piii  tardi  aiidie  il  generale  La- 
perrine trovo  la  iiiorte  nellc  vicinauze  di  Hoggar 
durante  un  volo  di  ricognizione.  Tutti  e  due 
oggi  riposano  sotto  un  seinplice  monumento  di 
granito    rosso    a    Tamanarasset. 

Come  sentinelle  avanzate  della  civilta  euro- 
pea,  e.ssi  testimoniano  delle  virtu  clic  auimarono 
quei  grandi  coloui/.zatori  dei  quali  la  Chiesa  puo 
ben  aiidare  orgogliosa. 

Mkdardo    RlboLDI. 


^' 


°°oooooc.oooO° 


°^ 


14 


COOPERAZIONE   MISSIONARIA 


Alba.  -  I  bimbi  dell'Asilo  di  citta.  di- 
retti  dalle  Figlie  di  Maria  Ausiliatrice,  hanno 
voluto  darsi  alia  cooperazione  missionaria,  e 
a  prezzo  di  piccole  rinunzie  hanno  fatto  af- 
fliiire  alia  scalola  benefica  delle  missioni  lire 
60,20.  E  lietamente  ofjersero  la  somma  alle 
Missioni  del  Rio  Negro. 

Una  lellera  di  Don   Cimalti. 

Carissima  «  Gioveiitu  JMis.sionaria  ». 

Hai  voluto  accogliere  tra  le  tue  colonne  11  n 
irafiletto  su  una  messa  d'argento...  di  uno  che 
ti  viiol  bene,  perche  come  te  ama  intensamente 
la  Oiovetilu  c  specie  quella  che  si  fregia  del 
bel  tiiolo  di  Mi.ssiouaria  Dird:  «  Grazie  »  pel 
■bene  che  gli  e  vennto,  perche.  tanti  ianti  tanti 
hanno  in  quella  occasione  pregato  per  lui:  per- 
che tanti  hanno  voluto  in  quell' occasiotie  0  con 
letterc  o  con  offerte  venire  in  aiuto  alia  sua  po- 
vera  missione.  Come  non  ricordare  i  giovani 
delta  casa  di  Faenza,  quelli  delta  casa  di  A  las- 
sie e  il  gruppo  di  quelle  zelanti  benefaltrici. 


ed  altri  ed  altri,  che  hanno  davvero  lavorato 
per  cooperare  coi  sacriftci  dei  missionari  a  di- 
latare   il  regno   di   Dio? 

L' articolista  parla  dell'atto  gentile,  del  la- 
voro  cosi  bene  compiiito  e  coronato  con  bril- 
lante  successo  dalle  Suore  di  M .  A .  e  dalle 
signorine  del  Patronato  Iiiternazionale  delle 
Giovani,  via  Giulio  20,  Torino.  Oh  siano  le 
benedette!  Quando  il  missionaria  riceve  le 
offerte  della  carita,  alzando  gli  occhi  in  alto, 
insieme' ad  un  forte  palpito  d' amove  ricono- 
scente  pensa  al  Padre  nostro  che  e  nei  cicli, 
che  non  abbandona  mai  i  suoi  cari  missionari, 
e  prcga  (non  pud  far  altro)  per  tutti  i  suoi 
caritatevoli  benefaitori. 

Cava  Rivista,  quel  dilla  messa  d'argento... 
ti  perdona  le  grandi  esagerazioni,  che  hai  vo- 
luto lasciar  passare  sul  suo  conto...  e  del  resto 
cosi  abituato  a  senlire  quelle  dei  suoi  cari 
Giapponesi,  che  non  ne  fa  caso...  Prega  e  fa' 
pregare  pel  tuo 

aff.mo  amico 
D.  V.  CiMATTi,   salesiano. 


Storia  dun  indietto 


Si  tratta  di  uii  ragazzetto  dai  sette  ai 
nove  anni,  della  tribu  Dessana,  orimido 
deirira  Igarape,  affluente  del    Rio   Tiqiiic. 

I,a  prima  volta  che  comparve  nella  Mis- 
sione  (aprile  1927)  era  piccolo  come  adesso 
(1930);  e  subito  si  face  conoscere  per  Tin- 
dole  sua  focosa,  insofferente  di  discipluia 
e  specialmente  per  la  sua  furbizia  nel  rac- 
cogliere  tutto  cio  che  potesse  sen-ire  per  i 
suoi  deiiti.  Visitava  tutte  le  piante  frutti- 
fere,  strappava  la  mandioca  e  la  rosicchiava 
cruda  come  i  topi  della  selva,  e  quaiido  i 
lavoratori  indigeni,  accoccolati  attomo  alia 
pentola,  divoravano  la  minestra  che  loro 
si  dava,  il  piccolo  vagabondo  appariva;  e 
se  non  riusciva  a  mettere  la  mano  dentro, 
almeno  raccoglieva  cio  che  gli  altri  lascia- 
vano  cadere,  e  tomava  a  succhiare  tutte 
le  reste  di  pesci  disputandole  coi  cani  accorsi 
prima  di  lui.  Completamente  nudo  girava 
per  tutta  la  ^lissione,  fiutando  ovunque 
come  un  cagnolino  affamato.  Se  lo  si  chia- 
mava  rispoiideva  con  mia  crollatina  di  spalle 
o  con  vm  gesto  che  voleva  dire:  —  Vengo 
se  hai  qualche  cosa  da  darmi. 

Aveva  accompaguato  una  faniiglia  des- 
sana, ma  nessuno  si  preoccupava  del  jiiccolo 
vagabondo,  che  viveva  piii  o  nieno  come  gli 
animali.  Non  avendo  la  rete  per  donnire, 
passava  la  notte  accanto  alle  ceneri  del  fuoco, 
in  mezzo  ai  cani;  e  se  cjualcuno  della  fanii- 
glia, scendendo  dalla  rete  ])er  riscaldarsi,  lo 
cacciava  con  un  calcio,  il  poverino  andava 
a  coricarsi  vicino  ad  un  altro  fuoco. 

Nel  tempo  che  passo  fra  noi,  dormiva 
sotto  il  portico,  fra  la  parete  e  un  cassone, 
sul  duro  suolo.  Di  tanlo  in  tanto  si  udiva 
una  forte  e  sonora  palmata,  clic  si  dava  per 


di  T 


aracua 


ammazzare  i  mosconi  che  tormenlavano  la 
sua  pelle,  tentando  invano  di  perforarla, 
perche  piii  dura  di  c[uella  dei  buoi.  Vn  bel 
gionio  pero  se  ne  ando  e  non  si  lascio  ve- 
dere  che  pnrecchi  niesi  dopo. 

O'lando  appan-e  la  seconda  volta,  v'era 
di  passaggio  nella  Missione  lan  civilizzato 
il  quale  dopo  aver  osservato  il  piccolino, 
domando  ai  Dessana  di  portarlo  seco  a 
Manaos  e  fame  un  impiegato.  II  missionario 
inten"enne  nel  contratto  e  non  permise  che 
fosse  condotto  via,  perche  sapeva  molto 
bene,  che  il  poveretto  avrebbe  perso  per 
sempre  la  liberta.  Penso  di  invitarlo  ad  en- 
trare  come  intemo  nella  Missione:  gli  of- 
ferse  calzoni  e  giubba,  ma  egli  diede  una 
crollatina  di  spalle  per  dimostrare  che  non 
ne  sentiva  la  neces;it\.  AH'ora  del  pranzo 
lo  invito  ad  entrare  in  refettorio  con  gli 
ahnmi,  offrendogli  farina  di  mandioca  e  mi- 
nestra. Acetto  I'alimento  ma  noTi  resto  alia 
ta^oIa  comune,  beu.«i  :iel  cortile,  accoccolato. 
Appena  finito,  corse  al  fiume,  si  bagno,  si 
volLo  e  rivolto  nella  sabbia  e  quindi  se  ne 
ando  per  non  lasciarsi  vedere  siuo  a  cena. 

.\llora  lo  chiamai  per  offrirgli  nuovamente 
il  vestito,  perche  non  era  bene  che  entrasse 
in  refettorio  nudo;  e  questa  volta  accetto 
vestito  e  alimento,  anche  perche  '  compagni 
lo  ripresero  fortemente.  IMangio  in  fretta  e 
poi  corse  al  fiume  a  raccattare  qualche  cosa 
dalla  pentola  dei  lavoratori,  Non  voile  pero 
entrare  in  chiesa  per  il  Rosario  e  per  le  ora- 
zioui,  ne  in  donnitorio;  ma  dormi  in  un  canto 
della  capanna  del  porto,  in  una  amaca  pic- 
cola  e  sdruscita.  Cosi  fece  per  oltre  una  set- 
timana;  maugiava  in  collegio  e  dormiva 
fuori;  ma  quando  la  famiglia  dei  Dessana 
se  ne  ando  definitivamente,  accetto  I'invito 
ed  entro  a  fare  vita  coi  nostri  interni,  la- 
sciando  vedere,  per  la  prima  volta,  d'.'.e  la- 
grimoni. 


Comincio  allora  il  secondo  periodo  della 
sua  vita,  periodo  di  lotta  per  il  bene;  jieriodo 
di  fughe  e  ritorni,  ecc.  Non  e  facile  de.scrivere 
tutto  cio  che  passo  nell'anima  sua...  ma  la 


/6 


j;razia  di  Dio  e  tl  sistema  di  Don  Bosco 
haniio  ottemito  uii  vero  successo.  I  priiiii 
giorni  fuggiva  da  tiitti  i  luoglii,  specialmeiite 
dai  lavori  campestri.  In  chie.sa  non  sapeva 
stare  in  ginocchio,  ma  seduto  sulle  calcagna; 
si  comportava  benissimo  solo  quando  dor- 
niiva.  Se  vedeva  giungere  una  barca,  cor- 
reva  al  porto  e  osservava  gli  indi  arrivati, 
che  cosa  portavano,  dove  andavano,  ecc. 
Si  arrabbiava  spesso  coi  compagni  e  diveii- 
tava  una  tigre;  nia  erano  scatti  passeggeri, 
che  finivano  con  quattro  lagrimoni,  senza 
conservare  rancore  per  nessuno. 

Nella  scuola  imparava  poco,  perche  lo 
stare  seduto  per  un'ora  era  per  lui  il  peggiore 
niartirio.  Di  carattere  pronto e  vivace,  rispon- 
deva  un  n)  a  chicchessia,  ma  senza  pensare 
aflatto  a  quel  die  diceva;  richiamato  all'or- 
dine  con  bei  modi,  riconosceva  che  aveva 
fatto  male,  piangeva  e  si  dava  anclie  pugni 
nella  testa.  Quando  ne  faceva  qualcuna 
grossa,  lo  si  inandava  in  chiesa  a  pregare 
davanti  all'altare  della  ]Madonna:  vi  andava 
piangendo,  e  ritomando  diceva:  —  Adesso 
saro  buono.  —  II  maggior  castigo,  direi  anzi 
I'unico  castigo  che  lo  induceva  al  bene  e  lo 
frenava,  era  quando  il  superiore  mostrandosi 
offeso,  non  gli  rivolgeva  la  parola,  lo  sguardo, 
e  non  rispondeva  a!  suo  «  buon  gionio  »  o 
«  buona  sera  ».  Allora  soffriva,  ma  girava 
e  rigirava  intonio  al  superiore  cercando  pre- 
testi  per  attaccare  la  conversazione,  inter- 
rompendo  i  compagni  e  offrendosi  per  qua- 
lunque  commissione.  Ne  desisteva  se  non 
quando  aveva  fatto  la  pace  col  superiore. 
Alcune  volte  si  umiliava  a  domandare  per- 
dono,  anche  pubblicamente. 

Tutte  le  volte  che  conversando  familiar- 
niente  con  lui  gli  domandavo  se  voleva  es- 
se re  buono  ed  obbedieute  come  gli  altri,  mi 
rispondeva  commosso  un  si,  aggiimgendo: 
—  Vorrei,manonso  come  fare.  I.,ei  mi  metta 
in  castigo,  mi  bastoni.  La  mia  testa  e  troppo 
dura... 

Aveva  due  eccellenti  qualita,  oltre  al  ri- 
conoscere  i  suoi  difetti:  era  molto  servizie- 
vole  ed  aveva  grande  facilita  ad  imparare 
la  lingua  portoghcse.  Dopo  che  imparo  le 
orazioni  vocali,  pregava  forte  e  bene;  e  la 
sua  condotta  miglioro  di  giomo  in  gionio, 
talmente  die  dopo  due  anni  egli  divenne 
un  alunno  docile  ed  obbediente.  Preparatosi 
alia  prima  Comunione  (il  Battesimo  I'aveva 
ricevuto  dal  compianto  Don  Balzola),  ebbe 
la    prima    iinione    con    Gesii   Eucaristico   il 


25   dicembre  c  il   suo  contegno  fu  davvera 
edificante. 

Chi  scrive,  e  i  Salesiani  che  lo  conobbero 
dal  princi]iio,  Ijenedi.s.sero  il  Signore  e  la 
Madonna  pel  trioiifo  della  grazia  nell'anima 
di  c|uesto  selvaggio.  I  ragazzi  poi  che  pre- 
senziarono  alle  sue  disobbedienze,  sfuriate 
e  fughe,  lo  battezzarono:  «  Gioachino  delle 
due  teste  ». 

Attualmeute  continua  la  sua  vita  di  studio- 
e  lavoro  nella  IMissione  di  Taracua,  e  non 
rare  volte,  vedendolo  servire  all'altare,  ve- 
stito  da  chierichetto,  condivozione  e  gravita, 
il  missionario  ringrazia  il  Signore  della 
grande  consolazione  procuratagli  con  la 
trasformazione  del  piccolo  in  dio. 

Don  GiACONK  Antonio. 
Missionario  Salesiaiio. 


Gioachino   dellc    due  teste. 


^7 


Sforia  di  25  anni  fa,   narrafa  dal  missionario  D.   A.    Colbacchini. 

(CONTINUAZIONE). 


Questo  cumulo  di  domande,  di  iiiterroga- 
zioni,  di  incognite  si  aflfollavano  alia  mente 
dei  ciiique  die  senza  aspettare  altro  presero 
subito  il  camrtiino  per  11  Rio  das  Mortes, 
per  dare  relazione  al  Cacico  Uke-waguu  di 
•cio  che  avevano  visto  ed  iidito. 


IX.  -  AHre  confidenze. 

Siaino  partiti,  mi  disse,  contenti  ed  al- 
legri.  E  vero  che  eravaino  ancora  con  niolti 
dubbi  e  sospetti,  ma  il  timore,  il  dubbio 
piii  forte  che  vol  foste  iiostri  nemici  era  da 
iioi  scomparso.  Siamo  arrivati  al  nostro  vil- 
laggio  aiisiosamente  aspettati  da  Uke-waguu 
e  da  tutti  Fin  dal  momento  che  ci  eravamo 
assetitati  dal  villaggio,  perche  le  iiostre  fa- 
mighe  noil  stessero  sopra  p2nsiero  sulla  no- 
stra sorte  e  giudicassero  male  di  noi.  il  Ca- 
cico aveva  loro  manifestato  il  motivo  della 
nostra  assenza. 

Giri-ekureii,  all'apprenderlo,  andosullefu- 
rie,  e  voleva  segLurci,  raggiungerci...  Uke- 
wzguu  glielo  impedi  energicaiueiite  colla  pro- 
messa  pero  die  una  prossima  volta  I'avrebbe 
lasciato  libero   di   andare. 

Al  ritomo  diedi  relazione  di  tutto  ad 
Uke-waguu  e  a  tutto  il  villaggio.  Al  seiitir 
parlare  di  civiliz/.ati  buoiii  che  inostravano 
di  voler  bene  ai  liororos;  die  ci  avevano  ri- 
cevuto  senza  panra  e  diffidenza,  anzi  con 
allegria,  con  festa;  die  ci  avevano  regalato 
tante  cose  e  fatte  taiite  pronicsse;  die  vole- 
vano  insislenteniente  die  andassinio  la  ed 
in  molti;  pareva  agli  iudi  uii  sogno,  una 
nostra  fantasia.  Vi  fu  clii  nou  volea  credere; 
•e  diceva  die  non  era  possibile,  che  era  un 


inganno,  che  noi  ci  eravamo  lasciati  illudere, 
che  nieglio  sarebbe  stato  se  vi  avessimo  di- 
strutti  con  tutte  le  vostre  cose.  Altri  rima- 
sero  pensierosi  e  senza  parola;  altri  si  mo- 
strarono  allegri  e  dicevano  che  fiiiahr.ente 
avrebbero  potuto  godere  un  po'  di  pace  e 
tranquillita;  che  se  i  nuovi  venuti  erano 
buoni  come  si  mostrarono,  nulla  di  male 
avrebbero  fatto  ai  Bororos,  e  poiclie  avevano 
fatto  delle  promesse,  gia  pensavano  a  cio 
die  loro  sarebbe  toccato  in  dono;  una  scure, 
un   coltdlo,    filo,   tela,   coperte... 

Nd  villaggio  si  desto  un  vivo  iiiteresse 
e  tutti  commentavano,  discutevaiio,  voleiido 
ciascuno  far  trionfare  il  proprio  pensiero. 

Til  sai  bene  chi  sono  i  Bororos  e  quante 
cose  dicono  per  uu  noimiilla.  Puoi  irumagi- 
narti  quanti  di.scorsi  fecero  su  tutto  cio  che 
noi  abbiamo  raccontato  di  voi;  sulle  imnia- 
gini  che  avevamo  viste,  sulle  figure  degli 
Angeli  e  dei  demon  ii;  e  poi  ancora  su  quelle 
di  Gesii  e  di  Maria...  Volevano  che  spiegas- 
simo,  che  dice.ssimo;  ma  noi  non  sapevamo 
pill  di  loro...  Invano  ripetevo  loro;  io  ho 
visto...  noi  abbiamo  visto,  ma  spiegarvi  e 
dirvi  non  so,  non  sappiamo...  Qiiando  vi 
aiidrete,  ve  le  niostreranno  anche  a  voi  e 
vedrete  come  Bopc  e  brutto,  e  orribile,  tutto 
iiero,  cogli  occhi  di  bragia  e  le  ali  di  pipi- 
strello;  e  iuvece  come  sono  belli,  aUegri, 
tutti  bianchi  gli  Angeli,  e  Gesii,  il  Grande 
Spirito,...  e  Maria  sua  madre.  Se  vedeste 
come  questa  6  bella!  Mai,  mai  per  quanto 
immaginiate,  potrete  pensare  cosa  piii  bclla 
di  Lei. 

11  Cacico  Uhc-wagi'iii  mi  tcinpestava  di 
domande,  voleva  spiegazioni... 

—  Quella  bella  Signora  che  mi  did  aver 


i8 


visto,  sara  come  quella  che  io  villi  in  quella 
notte  del  temporale? 

—  Credo  di  si,  risposi;  aiizi  parmi  sia 
proprio  quella  stessa  clie  tu  mi  hai  narrate 
e  descritto... 

Allora  Uke-waguii,  tutto  allegro  e  soddi- 
sfatto,  aggiunse: 

—  Se  le  cose  sono  cosi,  nulla  piu  dobbiam 
teinere.  Se  quella  Signora  cosi  bella  ed  ama- 
bile  sta  con  quel  civilizzati,  t  segno  certo 
che  sono  buoni;  perclie  si  mostro  cosi  buona 


indagine  da  te,  da  me,  e  da  niolti  di  noi. 
So  che  tanti  non  credono  a  quello  che  io 
dico,  o  almeno  dubitano  assai;  cosi  vedranno 
con  i  loro  propri  occhi,  e  se  non  fosse  vero 
quello  che  io  ho  visto  e  riferito,  essendo  noi 
in  raolti,  potremo  far  valere  i  nostri  diritti 
a  punta  delle  nostre  freccie. 

Fu  decisa  percio  la  nostra  nuova  spedi- 
zione  verso  di  voi.  Dico  il  vero  che  temevo 
assai  per  voi;  dubitavo  che  non  tutti  vi 
avrebbero  giudicato  gente  buona,  e  ben  sa- 


Li    foresta   del    Matto    Grosso. 


ed  affabile  con  me  che  non  posso  pensare 
che  chi  sta  con  essa  non  debba  essere  anche 
buono  e  senza  intenzioui  cattive...  No,  caro 
Mcrirt-kwddda,  io  non  penso  male  di  quel 
civilizzati;  ma  tu  sai  come  sono  i  Bororos 
e  come  molti  non  la  pensano  come  me;  anzi 
pensano  al  contrario.  Tu  sai  come  molti 
sono  ancora  diiifidenti,  sospettosi,  incerti... 
Percio  ho  deciso  di  andare  la  con  voi;  faremo 
una  nuova  visita,  molti  verranno  con  noi... 
Vedremo  e  decideremo  dopo  di  aver  tutto 
osservato.  Andro  io,  ci  verrai  anche  tu  che 
dovrai  essere  la  guida  e  nuovamente  ti  pre- 
senterai  a  loro  con  pochi;  io  coi  piu  staro 
a  poca  distanza  ad  aspettare  I'effetto  di 
questa  nuova  visita...  Verra  pure  quel  tristo 
di  Giri-ekureu  e  tu  sai  chi  sia  e  quali  inten- 
zioni  abbia. 

—  Va   bene  che  si  faccia   questa  nuova 


pevo  che  alcuni  desideravano  I'occasione  per 
sfogare  la  loro  collera  contro  gli  odiati  ci- 
vUizzati. 

Si  parti...  Erano  quasi  due  lime  dall'ul- 
tima  mia  visita  ed  aveva  promesso  che  dopo 
due  lune  sarei  tomato. 

Uke-wagim  mi  ingiunse  di  precedere  coi 
raiei  quattro  compagni  la  comitiva,  e  osser- 
vare  da  loutano  se  non  vi  fossero  novita 
nel  sito  da  voi  occupato. 

Anche  questa  nostra  visita,  poco  manco 
fosse  fatale  per  voi;  Uke-ivaguit  ti  ha  rac- 
contato  tutto  ed  io  nulla  ti  diro,  perche  de- 
sidero  tu  sappia  altre  cose  che  avvennero 
dopo  questo  sopraluogo  fatto  da  me  e  dai 
quattro  compagni,  e  nascostamente  da  tutti 
gli  altri,  conipreso   Uke-waguii. 


^9 


X.   -  Enfra  in  scena  il   Cacico 
Major. 

Prima  di  contimiare  la  narrazione  dei 
fatti  che  si  succedettero,  per  far  rilevar 
meglio  i  pericoli  corsi,  e,  piu  di  tutto,  la  mano 
della  Diviiia  Prov\-idenza  che  sempre  gwido 
tutte  le  cose  cosi  favorevolmente  per  la 
Jlissione;  credo  opportuno  trascrivere  testnal- 
meiite  parte  di  una  niia  lettera  scritta  al 
Rev.mo.  Sig.  D.  Albera,  di  veneratamemoria, 
in  data  19  marzo  191 7  che  si  riferisce  a 
questo  fatto  ed  a  quauto  il  buon  Cacico 
Maggior  ]\Iichele  mi  svelo  in  una  delle  sue 
intime  filiali  confidenze: 

« II  Maggior  Michele  Uke-wagtiu,  selvaggio 
di  natura,  era  selvaggio  pur  nell'aspetto; 
ma,  sotto  apparenze  cosi  rudi  e  iiere,  pos- 
sedeva  un  cuor  d'oro. 

1)  Alto  di  statiira,  mostrava  neUa  persona, 
nel  portamento  e  nella  parola  la  fierezza 
del  suo  carattere.  Cieco  dell'occhio  sinistro, 
che  perdette  in  una  caccia  focosa,  con  gli  zi- 
gomi  sporgenti,  il  naso  schiacciato,  venne  a 
questa  colonia  del  Sacro  Cuore  dalle  foreste 
del  Rio  das  Mortes,  nel  1903,  padre  di  cin- 
que figli. 

»  Fu  uno  dei  prinii  Bororos  che  udirono 
la  voce  del  missionario,  che  in  nome  di  Dio 
li  invitava  a  lasciare  la  loro  vita  selvaggia 
e  nomade,  e  a  ridursi  a  vita  tranquilla  e 
pacifica  all'ombra  della  Croce. 

i>  Con  lui,  come  capo,  vennero  molti  altri 
indii,  cosicclife  si  puo  dire  che  per  lui  ebbe 
inizio  la  nostra  Missione  tra  i  Bororos,  perche 
col  suo  esempio  condusse  molti  altri  alia 
Missione. 

I)  E  qui  passavano  i  mesi,  e  sebbcne  egli 
mostrasse  verso  di  noi  rispetto  e  simpatia, 
si  conservava  perd  sempre  nella  sua  fierezza 
naturale.  Pur  I'influenza  che  aveva  sui  suoi 
coni])agni  si  manteneva  grande.  Si  puo  dire 
che  nessuno  muoveva  un  passo  senza  il  suo 
conseuso.  Ad  un  suo  online  poi  tutti  erano 
pronti.  Questo  ascendente  non  I'ebbe  in 
forza  di  leggi  o  costunii  trasmessi  da  padre 
in  figlio,  rafforzati  dal  timore  di  castighi 
verso  i  trasgressori,  ma  per  altri  niotivi: 
prinio  pel  fatto  che  la  sua  famiglia  appar- 
teneva  a  quella  dei  capi,  o,  come  diremo  noi, 
per  nobilta  di  sangue;  secondo  per  la  sua 


grande  bonta,  pazienza  ed  affetto  patemo 
che  aveva  per  tutti;  terzo  per  la  sua  valentia 
nelle  cacce  e  nelle  stesse  rappresaglie  contro 
i  civHizzati.  Questi  lo  conoscevano  bene  e 
lo  temevano  assai:  conoscevano  la  sua  in- 
fluenza e  furono  essi  che  gli  diedero  il  nome 
di  Cacico  Maggiore,  sapendolo  stimato  ed 
ubbidito  da  tutti. 

i>  L'influenza  sua,  come  ho  detto,  conti- 
nuava  anche  nella  Missione;  e  all'occhio 
nostro  non  stavano  celati  ne  il  suo  grande 
ascendente,  ne  la  venerazione  di  cui  era 
circondato,  e  con  grande  fede  pregavamo 
Dio  e  Maria  Ausiliatrice  che  volesse  conver- 
tire,  a  favore  dei  missionari,  le  grandi  e 
belle  qualita  di  animo  e  di  cuore  che  il  Ca- 
cico Maggiore  possedeva. 

I)  Quando  voi  veniste  qui,  mi  disse,  per 
molto  tempo  non  ci  avete  visti,  ne  pensa- 
vate  che  eravamo  qui  a  voi  vicini.  Ma  non 
era  cosi:  noi  vi  avevamo  osservati  e  cono- 
scevamo  bene  la  vostra  venuta.  Forse  non 
era  ancor  passata  la  prima  luna  del  vostro 
arrivo  e  noi  sapevamo  tutto.  Ma  non  ci  la- 
sciammo  vedere;  e  di  giomo  e  di  notte  vo- 
lemmo  osservare  tutto  e  prendere  visione 
di  tutto. 

1)  Una  sera,  radunati  come  al  solito  in 
mezzo  alia  foresta,  si  venne  a  trattare  se 
dovevamo  permettere  la  vostra  venuta  e 
lasciarvi  in  pace,  o  se  era  meglio  farla  finita 
anche  con  voi,  col  mettere  tutto  a  fuoco. 
I  pareri  erano  divisi:  chi  diceva  di  si,  chi 
diceva  di  no,  ma  i  piii  dicevano:  —  Aspet- 
tiamo  ancora:  proviamo  direttamente  se 
sono  buoni  o  cattivi.  —  Pero  alcuni  non  vo- 
levano  ascoltare  alcuna  ragione  e  insiste- 
vano  che  si  venisse  all'accordo  per  darvi 
I'assalto  ed  uccidervi.  Alia  fine  si  prese 
questa  risoluzione:  domani  faremo  una  ri- 
cognizione  piii  esatta. 

»  E  il  giomo  dopo  ci  approssimanmio 
ancor  piii  alle  vostre  capanne  ed  abbiam 
vi.sto  (se  non  vuoi  credere,  domanda  a  tutti 
e  vedrai  che  dico  la  verita)  abbiam  visto 
un  di  voi  sul  tetto  della  casa  che  stava  ag- 
giustando  non  so  che  cosa.  Padre  Balzola 
era  nella  capanna  seduto  al  tavolino;  un 
altro  a  poca  di.stanza  dalla  casa;  gli  altri, 
chi  di  qua,  chi  di  la,  separati  attendevano 
a  varie  facceudc. 

(Coniinua). 


Urn  approvazione  ecclesiastica.     D. 


.  Oirellote-rcspoisaDlle.  —  Tonao,  1931  -  Iipojialia  della  Socleli  Edililu  Inlemaiionale. 
~-~    20    ^ 


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Reuato  Leger,  15,80  —  Maria  Torello,  20  — 
Tomaso  Beilis,  20  —  StcUina  Roiichi,  15  — 
Galvano  Corrado,    10. 

BATTESIMI. 

Figlie  M.  A.  (Lugo)  pel  nome  Santina  San- 
giorgi  a  una  bimba  —  Giovani  Circolo  D.  Bosco 
e  i  ragazzi  del  Catecliismo  Domcnicale  (Fruga- 
rolo)  pel  noma  Cnrlo  Cutlica  ad  un  cinesino  in 
omaggio  al  loro  amato  Arcipretc  nel  di  onoma- 
stico  —  Oratoriaue  (Frugarolo)  pel  nome  Maria 
(irassn  ad  una  bimba  in  omaggio  alia  loro  Diret- 
trice  nel  giorno  onnniastico  —  Un  gruppo  di 
convittrici  (Pralafcra)  pel  nome  Orizia  ad  una 
cinesina  —  Giovo  Carmela  (Luserna)  pel  nome 

—  Sig.»  Cacciari  pei  nomi  Anniia  Bernard!  ed 
Eliseo  Cacciari  a  due  indictti. 

Sangalli  Luigi  (Cera  sul  Naviglio)  pei  nomi 
Emilia,  Angela,  Fclia  —  Maffiosi  G.  (Ottobiano) 
pei  nomi  Enrico,  Pietro  —  Alba  Domenico  (Cor- 
denos)  pel  nome  Domenico  —  Deflorian  Rosa 
(Tesero)  pei  nomi  Pio  Coslantino,  Caterina  Ber- 
vardina  —  Arnaboldi  (Cernusco)  pei  nomi  Stella, 
Mario  —  Carnevale  (Abbiutegrasso)  pei  nomi 
Cesare,  Tercsina  —  De  la  Pierre  Giacomo  (Gres- 
soney  Trinita)  pei  nomi  Giacomo,  I'ttloria.  —  So- 
relle  Cucchi  (Pioltello)  pei  nomi  Giuseppe,  Te- 
resa —  Circ-olo  Giovanilc  (Cernusco  sul  Naviglio) 
pei  nomi  Federico,  Angeln  Giuseppe  —  Rossi 
Angela  (?os";3;uo)  pei  nomi  Liiigi,  Maria  Or- 
sola  —  Gallo  Albina  (Confienza)  pei  nomi  Giu- 
seppe, Teresa,  Albina,  Marietta,  Giuseppe,  Carlo 

—  Dal  Pra  (Thiene)  pel  nome  Gaetano  —  Ghi- 
doni    Luigi    (Ospitaletto    Bresciano)  pei  nomi 
Carlo,  Francesca  —  Melzi  Mario  (Cernusco)  pel 
nome   Mario  —   Tregambi   Giulia   (Ospitaletto 
Bresciano)  pel  nome  Ester  —  Polonini  Davide 
(Ospitaletto  Bresciano)  pel  nome  Davide  —  Cir- 
colo Femm.   Giovanile   (Ospitaletto   Bresciano) 
pel  nome  Giovanna  d'Arco  —  N.  N.  pel  nome 
Luigia    Maddalena    —    Castoldi    Celestiuo    pel 
nome  Giuseppina  —  N.   N.  pel  nome  Ferrario 
Carolina  Maria  —  Famiglia  Omoboni  (Lumez- 
zane)    pel    nome    Omoboni    Luigi    —    Zucchetti 
Paolo  (Ccvnubco)  pel  nome  Paolo  —  Mauri  Rosa 
(Como)    p-l    nome    Domenico    —   Mauri    Enri- 
chetta  (Como)  pel  nome  Maria  ■ —  Unione  Gio- 
vani S.  Primo  (Como)  pel  nome  Prima  —  Pic- 
cioli  Don  Isaia  (Magione)  pel  nome  Isaia  —  Bor- 
diga  Antonia  (Bagolino)  pel  nome  Rocco  — Ga- 
vazzeni  pel  nome  Antonio  Giovanni   Bosco  — 
Tavano  pel  nome    Veneranda  - —  Ruggeri  Fer- 
nando pel  uome  Ferdinando  —    MaflBoli  Giusep- 
pina (Pieve  Albignola)  pel  nome  Pier  Venanzio 
—   Ruaboldi   Giuseppina   (Cernusco)   pel  nome 
Mario  —  Parini  Adele  (Abbiategrasso)  pel  nome 
Nalalino  —  Gavazzeni  Caterina  (Bergamo)  pel 
nome  Mario  —  Segagni  Emilio  (Frazione  Cor- 
dani-Pavia)   pel   nome   Edoardo   —   N.    N.    pel 
nome  a  due  neofiti  ad  libitum  —  Bosco  Adele 
pel  nome  Lucia  —  Mazziui  Natalina   (Milano) 


pel  nome  Luigi  —  Lotti  Ines  (San  Damiano 
d'Asti)  pel  nome  Ines  —  Sarcame  Celestina  (To- 
rino) pel  nome  Lorenzo  —  Saccon  ch.  Pietro 
(Motta  Livenza)  pei  nomi  Maria,  Teresa,  Olim- 
pia,  Ida  —  Richoz  Cotte  Robert  pel  nome  Ro- 
l)erto  —  Torda  Don  Michele  (Catania)  pei  nomi 
Antonio.  Caterina  —  VJoli  Teresa  (Modena)  pei 
nomi  Teresa,  Giuseppe  —  Veronese  Rita  (Mon- 
tagnana)  pei  nomi  Mario,  Antonio,  Giovanni  — 
Zerbi  Isaia  (Saronno)  pel  nome  Isaia  —  Gio- 
vanetto  Don  Riccardo  (Belluno),  pei  nomiMt*;- 
ion  Ulisse,  Paternoster  Domenico,  Mutton  Ulisse 
—  Giudici  Lucia  (Vilmaggiore)  pei  nomi  Fran- 
cesco, Bartolomeo,  Pietro  Aljonso  Maria  —  De 
Criorgis  Maria  Rosa  (Breno)  pei  nomi  Maria 
Rosa  De  Giorgis,  Andrea  Giovanni  —  Appendini 
Francesca  (Carignano)  pel  nome  Camilla. 

Bogliolo  Irene  (Calizzano)  pei  nomi  Irene, 
Carmelina  —  Piscetta  a  mezzo  Salesiani  di  Borgo- 
manero  pel  nome  Francesco  —  Chiantaretto 
Noemi  (Aosta)  pei  nomi  Luigia  Eugenio  —  Bu- 
sala  Enzo  (Torino)  pel  nome  Emo  —  N.  N.  pel 
nome  Angiola  Maria  Maffioda  —  Viglino  Ca- 
terina pel  nome  Caterina  —  Peruzzo  Carlo  pel 
nome  Carlo  —  N.  N.  ame«oD.  Trione  pel  nome 
Giovanni  —  Colombo  Don  Francesco  (Roma-Te- 
staccio)  pei  nomi  Lcardmi  Emma,  Melchiorri 
Giovanni  —  Grassi  Ida  (Arezzo)  pel  nome  Con ^ 
forta  —  Pontana  Letizia  (Portula)  pei  nomi 
Abramo,  Filippo  Felicino,  Filippo  Maurizio  — 
Nan  Don  Secondo  (Calizzano)  pei  nomi  Maria 
Teresa,  Teresa  Maddalena,  Antonio  Giovanni, 
Emanuele  Antonio 

Arbizzoni  M.  Luigina  (Bettola)  pei  nomi  Ma- 
rio, Maria  —  Franceschini  Carolina  (Roma- 
gnano)  pel  nome  Rita  —  Vener  Maria  (Campo- 
dolcino)  pel  nome  Raffaele  Ida  —  Di  Lorenzo 
Eleonora  amezzo  Don  vSella  (Roma)  pel  nome  Lo- 
renzo —  Giachi  Umberto  amezzo  D.  Sella  (Roma) 
pel  nome  Anna  Maria  —  Destefanis  ved.  T. 
Luigina  (Montelupo  Albe?e)  pel  nome  Luigini 
—  Zortca  Renina  (Canal  S.  Bovo)  pel  nome 
Giuseppe  Domenico  —  Pontoni  Don  Longino 
(Tarcento)  pel  nome  Acliille  Giuseppe. 

Marca  A.  Orsolina  (Mesocco)  pel  nome  Luca  — 
Grappi  Marino  (Reggio  Emilia)  pei  nomi  Ma- 
rino, Corinna  —  Galetto  Caterina  ved.  Ma- 
soero  (Torino)  pel  nome  Masoero  Pilade  —  Ro- 
botti  Sacco  Ada  (Casalmaggiore)  pel  nome  Ca- 
terina —  Quesada  Mario  (Cartago)  pei  nomi 
Manuel,  Mario  —  Massoni  ch.  Umberto  per  il 
Circolo  del  Seminario  di  Lucca  pel  nome --1h/om!o 
Marianna  —  Perk  Don  Giovanni  (Damme)  pei 
nomi  Giuseppe,  Antonia  —  Tronfi  Autonietta 
(Spezia)  pel  uome  Rosa  Maria  —  Rattazzi  Carlo 
(Torino)  pel  nome  Carlo  —  Circolo  Giovanile 
Cattolico  Ferrini  (Monreale)  pel  nome  Salva- 
tore  —  Zannautoni  Marianna  (Dosoledo)  pel 
nome  Giovanni  —  Simonelli  Don  Torello  (Ma- 
cerata)  pel  nome  Fernando  Maria  —  Mussa  Do 
Felice  per  Pasquale  Pilleri  (Portici)  pel  nome 
Pasqnale  —  Martini  Maria  (Cuneo)  pel  nome 
Francesco. 


Cronachetta  e  Curiosita^^c:^^ 


IL    VICARIO    APOSTOWCO    DI    KARTUM. 
£  stato  consacrato  a  Trevi  dal  card.  Van  Ros- 
sum  ed  e  mons.  Francesco  Saverio  Bmi. 

SEMINARIO  PEI  NEGRI. 

Alia  presenza  di  un  cardinale,  3  arcivescovi 
e  20  vescovi  si  e  inaugurate  il  12  novembre  il 
nuovo  semiuario  di  San  Giuseppe,  presso  I'Uni- 
versita  Cattolica  di  Washington,  affidato  ai  Pa- 
dri  di  San  Giuseppe. 

MISSIONARI  PRIGIONIERI. 

VOsservalore  Romano  dava  ai  primi  di  di- 
cembre  la  dolorosa  statistica  deisacerdoti  e  delle 
suore  caduti  in  raano  dei  banditi  cinesi  e  di  cui 
si  ignora  la  sorte:  essi  sono  48. 

NUOVA  RAZZA  DI  PIGMEI. 

Un  membro  della  spedizione  inviata  dal  Museo 
britannico  al  Congo,  proveniente  dalle  immense 
foreste  di  Stur,  ha  detto  che  la  spedizione  ha 
scoperto  i  piu  primitivi  pigmci  che  si  possano 
immaginare.  E.ssi  sono  assai  pin  piccoli  di  quclli 
che  sono  stati  incontrati  finora  da  altre  spedi- 
zioni.  Egli  e  riuscito  a  farseli  amici  e  ha  potuto 
cosi  apprendere  preziosi  particolari  circa  le  loro 
abitudini  e  la  loro  esistenza. 

L'esploratore  ha  detto  inoltre  che  contraria- 
nieute  alia  credenza  geuerale  Vokapi  non  e  un 
aniraale  raro,  ma  forse  il  piii  timido  che  csista. 
{J  difficile  che  le  ordinarie  spedizioni  di  caccia 
possano  incontrarlo,  ma  ricorrendo  a  sapienti 
travestimenti  e  attendendo  al  varco  magari  pa- 
recchi  giorni,  nascosto  in  qualche  cespuglio,  cgli 
d  riuscito  ad  otteuere  di  questo  raro  esemplare 
della  fauna  africana  delle  eccellenti  fotografie. 

LA  «  TAVOLA  ROTONDA  ». 

Cosi  e  delta  la  Conferenza  per  la  sistemazione 
dcirindia  che  si  <i  aperta  a  Londra  il  12  novem- 
bre. T ra  i  rappresentanti  indiani  vi  e  anche  Huo 
Bahadur  A.  T.  I'aimir  Selvaiii  clic  rappresenta 
i  cattohci  dell' India. 

GESUITA   PROKESSORIC  A  SHANGAI. 

II  P.  Augusto  Savio  i  stato  nominato  dal  go- 
vcrno  cinese  professorc  di  entomologia  nell't'ni- 
vcrsita  di   Woosung,   presso  Shangai. 

II  I'adre  Savio  non  gode  solo  la  riputazione  di 
un  uonio  di  studio,  ma  anche  quella  di  un  apo- 
stolo  dei  giovaui,  iu  mezzo  ai  quali  ha  passato 
gran  parte  della  sua  vita. 


TRICENTENARIO  DELI.A  CHINA. 

II  Welcome  Medical  Museum  —  la  piu  grande 
istituzione  di  storia  della  medicina  —  ha  aperto 
una  mostra  commemorativa  dell'introduzione 
della  china  in  Europa  per  la  cura  della  febbre, 
tre  secoli  fa.  Questa  corteccia  ebbe  il  suo  primo 
successo  in  Roma,  da  dove  essa  si  aflermo,  non 
senza  lotte,  durante  quasi  un  secolo,  e  da  dove 
si  sparse  in  tutta  I'Europa,  per  merito  special- 
niente  dei  Gesuiti,  che  per  primi  la  fecero  giun- 
gere  regolarmente  dal  Peril.  La  mostra  impor- 
tautissima  e  stata  inaugurata  con  discorsi  del 
cardinale  Bourne,  c  degli  ambasciatori  del  Peru, 
Spagna  e  Olanda.  Vi  coucorsero  le  piii  importanti 
istituzioni  scientifiche  del  mondo  e  parecchi  go- 
verni  le  diedero  efficacissimo  aiuto  Da  Roma, 
dove  nel  1640  comincio  la  distribuzione  rego- 
lare  e  gli  esperimenti  sulla  sua  efficacia,  a  cura 
del  Welcome  Museum  e  stato  raccolto  un  abbon- 
dante  documentario  soprattiitto  di  archivi  pri- 
vati. 


MISSIONARIO  ITALIANO  UCCISO. 

Ancora  in  Cina...  il  paese  ormai  del  bandi- 
tismo  e  dei  massacri!  Si  tratta  del  missionario 
mons.  Giov.  Soggiii  dei  Frati  Minori  Conventuali 
ucciso  nello  Shen  Si. 


L'ELOGIO  DEL  PAPA 

II  card.  Pacelli  ha  inviato  un  ttlugramma  a 
mons.  Costantini,  esprimendo  a  tutti  i  missio- 
nari  della  Ciua  I'alto  elogio  del  S.  Padre  per  il 
magnifico  esempio  di  jorza  apostolica  data  du- 
rante i  torhidi  recenli. 


SEI  CHIERICI  NEGRI. 

II  I"  novembre  6  chierici  negri  dell'unico  se- 
minario  per  I'educazionc  dei  candidati  di  colore 
a  Bay  Saint  Louis  {Stati  Uniti),  hanno  ricevuto 
la  tonsura.  Sono  il  primo  frutto  in  10  anui. 


MASSACRO  DI  LIHSIEN. 

Dopo  24  giorni  d'assedio  Lihsien  e  caduta  in 
mano  dei   mussulmani   —  i  salari  del  Kan  Su 

(Cina) che  hanuo  niassacrato  tre  quarti  della 

popolazione  maschilc,  portandosi  via  le  donno 
come  boltiuo.  Anche  la  missione  cattolica  iu 
invasa  e  53  povere  vittime  cinesi,  ivi  rifugiatesi, 
furono  trucidatc.  Un  mi.ssiunario  fu  colpito  ecu 
varie  pugnalate  al   braccio. 


Printed  in  Italy 


Anno  IX  -  Num.  2 


15  FEBBRAIO  1931  (IX) 

PUBBUCAZIONE   MENSILE 


C.  C.  Postale 


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inAs, 


a>OAXBd[A.RtIO 

La  vera   Gioventu   Missionaria. 

DALLE  LONTANE  MISSIONI:  Costumi  consoles!.  —  Awcnture    dopo    la    morte.    —    Per    salvare 

un'anima.   —  Krishnagar.   —  L'assistcnza  del   Salcslanl  ad  cmigrati  coreani. 
STORIE  E  LEGGENDE.  —  EPISODI  MISSIONARI.  —   DALLE  RIVISTE  MISSIONARIE.  —  CRO= 

NACHETTA  MISSIONARIA. 
RACCONTI:   La  Sultana   Rciiah.   —   UKE   WACUU. 


Genfili 


-^  Gioventu 


Let  fori! 


Ml 


issionana 


rioolge  a  cijscuno  di  voi  la  preghiera  di  volervi  adoperare  per 
una  propaganda  attivissima  per  aumentare  il  numero  degli  ah- 
honati  pel  1931 .  ^^  Sia  un  vanto  per  ognuno  di  voi  recarci 
UNO  O  PlO  NUOVI  ABB  ON  ATI  tra  i  vostri  amid.  Da 
parte  nostra  —  oltre  la  riconoscenza  doverosa  per  tutti  i  pro- 
pagandisti  che  ci  daranno  la  loro  cooperazione  missionaria  — 
premieremo  i  piit  attioi  e  benemeriti. 

Ricordino  i  nostri  Amici: 

1  -  Di  specificare  che  si  tratla  di  abhona- 
mento  a  Gioventu  Missionaria  pel  1931. 

2  -  Scrivere  chiaro  e  compieto  lindirizzo, 
colla  relativa  via  e  provincia  e  numero 
del  quartiere  postale. 

3  -  Si  prega  di  indicare  sempre  se  Vabhona- 
mento  d  NUOVO,  oppure  RINNOVATO. 

4  -  Chi  spedisce   con    altro   mezzo  Vahbona- 
mento,  I'indirizzi  esclusivamente  alia 

Amministrazione  di  "Gioventu  Mis- 
sionaria "  —  Via  Cottolengo,  N.  32 
-  Torino  (109). 


ABBOMAMEMTO:  Z  JS^r  t »" 


Sosttaitira  L.  10  -  Titalltlo  L  100 
L  IS   -        „        L  200 


Anno  IX  -  Num    2 


Pubblicazione  mensile 


Febbraio    1931    (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


La  vera   Glove ntu  Missionaria. 


Vi  ricordate  ancora  della  letterina  che 
vi  ho  mandata  nel  numero  precedente? 
Cola  vi  promettevo  di  informarvi  niinuta- 
mente  delle  nostre  Case  di  fonnazione  per 
Aspiranti  Missionari,  di  cui  vi  ho  prese- 
tate  soltanto  le  statistiche  eloquenti  del 
iiumero  degli  allievi. 

Ora  vi  daro  un  cenno  della  piu  geniale 
tra  esse,  di  quella  in  cui  si  preparano  i 
Missionari  agricoltori,  la  «  Scuola  Agri- 
cola  Missionaria  »  di  Cumiana,  a  20  km. 
circa  da  Torino,  fondata  appena  da  tre 
anni  e  gia  fiorente,  attrezzata  coi  piii  mo- 
derni  sistemi,  e  oasi  serena  di  pace. 

Missionari  Agricoltori. 

Chissa  quanti  dei  nostri  giovani  let- 
tori,  al  vedere  sulle  pagine  di  questa 
rivista  il  titolo  «  Scuola  Agricola  ;\Iissio- 
naria  di  Cumiana  »  torceranno  il  viso  e 
senz'altro  saranno  tentati  di  passare  ol- 
tre!  Scuola  Agricola!  Che  nome  prosastico! 
Anche  dell'agricoltura  si  fa  nelle  missioni? 
avra  domandato  taluno  nieravigliato. 

I  giovani  concepiscono  le  missioni  in 
una  forma  nobile,  ideale;  essi  si  sentono 
portati  verso  cio  che  e  difficile,  periglioso 


e  avventuroso;  spesso  pero  confondono 
cio  che  e  accidentale  con  il  sostanziale. 

Missione  per  taluno  forse  vorra  dire 
cannibali,  briganti,  fitte  boscaglie,  luoghi 
imper\d,  difficolta  innumeri  o  qualcosa  di 
simile,  che  tanto  colpisce  la  fantasia  gio- 
vanile.  Eppure  il  Missionario  non  e  un  av- 
venturiero;  ma  e  un'anima  donata  a 
Gesii,  consacrata  all'avvento  del  Regno 
di  Cristo.  Tutti  possono  essere  missio- 
nari, siano  sacerdoti  o  laici.  Si,  anche 
laici  possono  essere  missionari!  Falegnami, 
sarti,  calzolai,  tipografi,  meccanici,  in- 
gegneri,  ragionieri,  geometri,  avvocati, 
agricoltori,  tutti  portano  il  loro  valido 
contributo  e  preparano  il  terrene  al  sacer- 
dote  missionario,  che  sparge  la  divina  se- 
mente. 

II  Missionario  e  un  pioniere  di  civilta  e 
un  eccellente  educatore;  ma  base  dell'edu- 
cazione  e  via  di  civilta  e  il  lavoro. 
I  selvaggi,  i  popoli  meno  civili  sono  per 
loro  natura  pigri  e  indolenti;  il  ]\Iissio- 
nario  se  vuole  redimerli  deve  insegnare 
loro  a  lavorare  e  guadagnarsi  il  pane. 

Ed  ecco  anche  I'agricoltura,  quest'arte 
cosi  nobile,  diventa  un  mezzo  di  aposto- 
lato  e  di  redenzione. 


2T 


Dov'e  passafo  D.  Bosco. 

Dove  passano,  i  santi  lasciano  impronte 
profonde  e  larga  copia  di  benedizioni  ce- 
lesti.  Don  Bosco  nel  1866  iu  compagnia 
del  giovanetto  Luigi  Spandre,  ora  vescovo 
di  Asti,  veniva  in  una  localita  del  Co- 
mune  di  Cumiana,  chiamata  Cascine 
Nuove,  a  far  visita  di  convenienza  alia 
famiglia  Flandinet. 

Passarono  degli  anni,  il  ricordo  della 
visita  si  cancello,  ma...  il  Padre  ci  ha  pre- 
ceduti,  ed  a  suo  tempo  dal  Paradise  ha 
disposto  le  cose. 

Dove  qualche  anno  fa  era  campagna 
incolta  ed  infruttuosa,  ora  sono  campi 
generosi  di  messi  e  di  prodotti  agricoli; 
dove  sorgevano  alcuni  miseri  cascinali, 
ora  s'erge  maestoso  un  palazzo,  la  casa 
del  lavoro. 

Nel  luglio  1928  s'inaugurava  la  Scuola 
Agricola  vSalesiana. 

D'allora  in  poi  fu  un  continuo  crescendo 
per  questa  Scuola.  Si  abbatterono  man 
mano  le  cascine  che  erano  inadatte,  ed  ac- 
canto  al  fabbricato  centrale,  grande  ed  im- 
ponente  mole,  adibito  per  abitazione  dei 
giovani  ed  uffici,  sorsero  altri  edifici  per 
i  bisogni  della  Scuola:  stalla  nioderna, 
fienile,  silos,  porcillaia,  pollaio,  caseificio, 
panetteria,  lavanderia,  granai,  tettoia  per 
macchinario  agricolo,  ecc. 

Si  iniziarono  altresi  i  lavori  di  boni- 
£ica;  merce  I'opera  di  un  generoso  bene- 
fattore  si  fecero  tre  pozzi  artesiani,  le  cui 
acque  accolte  in  una  vasca  di  considerevole 
capacita  si  stendono  vivide  ad  irrigare 
campi  e  prati. 

II  terreno  che  attornia  la  casa  (circa  70 
ettari),  tempo  fa  plana  sterposa,  ora  die- 
tro  il  lavoro  intenso  e  le  migliorie  sugge- 
rite  dall'agricoltura  moderna,  da  risultati 
consolanti. 


M 


issionariB. 


Ma  quel  che  da  iniportanza  e  bellezza 
a  questa  scuola  non  e  I'edilicio  maestoso, 
non  sono  i  campi,  non  sono  le  Industrie 
agricole  che  vi  sorgono  accanto;  I'impor- 
lany.a    vera   gliela    danno    gli    allievi. 

Cumiana  k.  un  semenzaio  di  vocazioni 
missionarie.  I  giovani,  tutti  aspiranti  mis- 
sionari,  si  preparano  con  intensa  vita  di 


preghiera,  con  lo  studio  e  col  lavoro  al  fu- 
turo  campo  di  apostolato. 

Essi,  oggi  i  contadinelH  che  nel  si- 
lenzio  tracciano  i  solchi  nei  campi  e  pre- 
parano il  pane  «  profumo  della  mensa, 
gloria  dei  campi  e  ricchezza  della  Patria  », 
domani  saranno  i  capi  agricoltori,  che  — 
pionieri  di  civilta  e  di  progresso  —  nelle 
lontane  mission!  insegneranno  ai  poveri 
selvaggi  il  lavoro  che  nobilita  I'uomo,  e  in- 
sieme  al  pane  materiale  porgeranno  a  quel 
poveretti  il  pane  spirituale:  faranno  altresi 
conoscere  ed  amare  ovunque  —  patriotti 
nel  senso  piii  elevato  della  parola  —  la 
nostra  Patria  bella  e  I'ltala  gente  dalle 
molte  vite. 

Gia  molte  vocazioni  sono  giunte  a  ma- 
turazione.  Dodici  baldi  giovani,  fiori  del 
primo  anno  di  vita  di  questa  scuola,  sono 
andati  a  lavorare  con  frutto  nelle  varie 
case  missionarie  ed  attendono  al  loro  per- 
fezionamento;  altri  quattro  del  secondo 
anno  sono  in  procinto  di  salpare  i  mari 
per  recarsi  nelle  terre  infedeli;  dieci  que- 
st'anno  spiccarono  il  volo  per  il  sacro  re- 
cinto  del  noviziato. 

II  pensiero  delle  missioni  sprona  e  guida 
questi  cuori  generosi;  sin  d'ora  essi  si  ado- 
perano  per  aiutare  i  missionari.  Con  i  loro 
sacrifici  e  con  sante  Industrie  hanno  rag- 
granellato  tanto  da  completare  una  borsa 
Missionaria  intitotata  a  «  Luigi  Colle  »  e 
ne  hanno  gia  da  tempo  iniziata  una  se- 
conda,  che,  dal  loro  modello  e  protettore, 
prende  nome  « II  Contadinello  dei  Becchi  ». 

VHa  di  famiglia. 

Preghiera,  studio,  lavoro:  ecco  le  occu- 
pazioni  della  giornata  dell'aspirante  mis- 
sionario  agricoltore,  ecco  il  triplice  suo  do- 
vere. 

La  preghiera.  —  Da  Gesii  che  ogni  mat- 
tino  ricevono  nella  S.  Conumione  gli  aspi- 
ranti traggono  la  forza  per  vincere  gli 
ostacoli  che  si  incontrano  in  questa  fa- 
miglia, composta  di  membri  provenienti 
da  ogni  regione  d'ltalia  e  dall'Estero;  da 
Gesu  traggono  la  vigoria  per  superare  le 
diflicolta  che  ogni  anima  trova  quando 
vuol  darsi  a  Dio;  con  Gesii  santilicano  il 
lavoro  e  le  occupazioni  della  giornata. 

Studio.  —  Gli  aspiranti  frequentano  un 
corso  di  agraria  di  un  triennio,  e  poi  an- 


CUMIANA.   =    Portlci   c   cortile   della    Scuola   A?ricola   Missionaria. 


CUiVllANA.   =   AUievi   addetti   alia   trattricc   c   il   fabbricato   principalc   dclla   Scuola   Agricola   Missionaria. 


23 


CUMIANA   =   Atrio  c  corridoio   della  Scuola  Agricola. 


cora  dopo  il  noviziato  iin  biennio  di  per- 
fezionaniento.  Agraria,  scienze  naturali, 
fisiche  e  chimiche,  sono  le  principali  ma- 
terie  che  di  essi  faranno  tanti  periti  agri- 
coltori. 

Hanno  abbondanza  di  iiiezzi  per  istru- 
irsi:  insegnanti,  libri,  aule  scolastiche  co- 
mode,  arieggiate.  E  poi  gabinetto  scien- 
tifico,  bene  attrezzato,  laboratorio  chimico 
che  non  starebbe  male  neppure  in  una 
universita,  ecc. 

Lavoro.  —  Dopo  la  teoria  viene  la  pra- 
tica.  A  sqiiadre,  a  seconda  dell'eta  e  dello 
sviluppo  fisico,  si  r^cano  in  date  ore  del 
giomo  nel  campo  per  la  scuola  pratica,  e 
sotto  la  guida  di  esperti  capi  si  adde- 
strano  nell'  arte,  prendono  pratica  nel 
nianeggio  delle  niacchine,  di  cui  la  casa 
e  abbondanteniente  fornita  e  allargano 
le  loro  idee  e  le  lore  cognizioni. 

Spazioso  e  il  cortile  fiancheggiato  da  so- 
lenni  portici,  dove  pareccliie  volte  al 
giorno  i  giovani  vengono  a  sollevare  il 
loro  spirito  nelle  piii  movimentate  ricrea- 
zioni.  La  scuola  di  banda  porta  una  nota 
gaia  a  tutte  le  feste,  e  rallegra  i  numerosi 


CUMIANA.   =   Gabinetto   scientifico   dclla   Scuola. 


24 


ed  illustri  amid  che  sovente  vengoiio  a 
visitfire  ouesta  casa. 

Nelle  vacanze  gli  nspiranti  ?i  recano 
a  Castehuiovo  Don  Busco,  nella  frazioue 
Murialdo  all'ombra  della  casetta  natia 
del    «  Contadinello  dei  Becclii  ». 

E  ritoriiano  poi  alia  vita  ordinaria  pieni 
di  ardore  e  di  entusiasmo  fortiticati  iiella 
loro  santa  vocazimie,   pronti   ai    sacrifici. 

Cari  aiiiici  e  lettori  di  Gioventu  Missio- 
naria,  non  vi  pare  bella  questa  vita,  non 
e  invidiabile  I'ideale  che  ha  tratto  qui 
tanta  gioventu  fiorente? 

Pregate,  pregate  anche  voi  che  aunicn- 
tino  le  vocazioni  di  niissionari  agricoltori. 

Concliisione.  —  Cari  amici,  se  vedeste 
([uanti  visitatori  arrivano  a  questa  Scuola 
e  come  tutti  restano  meravigliati  dell'ini- 
ziativa  coraggiosa  dei  Figli  di  D.  Bcsco! 
Se  conoscete  quale  he  aniina  buoua  cui 
possa  arridere  I'ideale  di  diveutare  Missio- 
nario  agricoltore,  farete  opera  santa  man- 
dandogli  questo  numero  della  rivista  e 
incoraggiandolo  a  rompere  gli  indugi  scri- 
vendo  al  Direttore.  Intanto  vi  da  I'arri- 
vederci  il  vostro  Zio  Cigi. 


'^^Mi 


!^i»r^ 


CUMIANA   =   1   Silos  delld   Scuola   Agricola   Miss. 


CUMIANA.  =   La  stalla  colle  vacche  svizzere  e  olandesi. 


^5 


DALLE    LONTANE    MISSIONI 


COSTUMI   CONGOLESl 


Da  un  mese  in  qua  nulla  e  avvenuto  clie 
meriti  di  essere  riportato,  qui  nella  nostra 
tranquilla  Sakania.  II  calore  si  fa  sentire 
sempre  piii  forte,  e  tutti  invocano  un  po'  di 
pioggia.  Se  i  coltivatori,  i  giardmieri,  gli 
affittavoli  fossero  buoni  cristiani,  si  fareb- 
bero  eniuli  di  Mose,  alzando  le  braccia  al 
cielo  per  otteneme  le  acque  beneficlie! 

Cliissa  se  riusciranno  interessanti  alcime 
]iarticolarita  intorno  ai  costumi  di  questi 
indigeni!  Coininciatno  dagli  uomini.  Ouelli 
die  se  la  passano  nei  bosclii  e  non  vogliono 
farsela  coi  ciWlizzati,  non  usano  abitual- 
mente  altro  vestito  che  un  brandellodistoffa 
avvolto  jntonio  alia  cintura  e  che  scende 
sino  alle  ginocchia.  Coloro  che  si  risolvono 
a  venire  presso  i  bianchi  in  cerca  di  coUo- 
cazione  e  di  lavoro,  e  cominciauo  a  guada- 


gnarsi  qualche  cosa,  si  ])rovvedonoan7,itntto 
di  un  paio  di  pantaloni,  poi  della  camicia, 
della  giubba,  ecc.  a  misura  che  il  lore  gua- 
dagno  va  in  aumento;  cosi,  a  poco  a  poco  si 
«  europeizzano!  ».  Hanno  una  vera  pas- 
sione  per  i  cappelli,  i  berretti,  per  ogni  sorta 
di  acconciatura  del  capo,  e  tanto  piu  am- 
bita  quanto  piii  strana  ed  originale.  In  que- 
sto,  si,  non  la  vince  il  Commissario  snl  po- 
vero  sguattero,  che  appena  arriva  a  guada- 
gnarsi  40  franchi  al  mese!  Alia  vista  della 
camicia  tutta  a  brandelli,  la  padrona  gli  an- 
ticijja  la  mensualita  perche  vada  a  provve- 
dersene  di  una  imova;  e  vola  al  negozio  il 
poveraccio.  tutto  felice,  a  comperarsi...  un 
cappello!  Da  quanto  tempo  non  sognava 
egli  simile  acquisto!...  E  d'allora,  abbigliato 
col  suo  iuseparabile  tesoro,  lavora  il  piu  e 


CONGO   BtLGA.    =    Donne   e   uomini   battezzali   a    Kiniama   ncl    1929. 


26 


CONGO   BELGA.   »   Donne   c   uomini   battczzati   a   Kiniama   ncl    1929. 


il  meglio  che  sa  e  puo,  quando  non  fa  delle 
scempiaggini,  come  sarebbe:  dare  il  cafEe  al 
cane;  andar  in  cerca  dell'acqua  quando  gli 
si  domanda  della  legna,  o  portar  le  arancie 
invece  delle  uova...  «  Egli  e  sempre  davanti 
alio  specchio  »  —  dice  la  signora  —  e  mentre 
si  compiace  del  suo  cappello,  non  vede  la 
camicia  tutta  lacera  che  in  piii  luoghi  gli  la- 
scia   il   dorso   scoperto!... 

Nel  Congo,  come  dappertutto  sotto  la 
cappa  del  sole,  le  signore  devono  avere  tanta 
pazienza  verso  i  propri  domestici!...  Ecco  la 
Didasio  che  va  alia  Messa:  il  suo  camiciotto 
era  nuovo  una  volta;  ma,  per  non  vedersi 
ora  troppe  frange  pendenti,  ne  ha  annodati 
fra  lore  i  van  capi,  e  cio  gli  procura  un  fregio 
di...  nodi!  II  suo  compagno  di  destra  porta 
im  paio  di  pautaloni  nuovi  fiamnianti,  che 
si  accordano  perfettaniente  con  una  camicia 
kaki,  tutta  a  bra:idelli!...  Quello  della  si- 
nistra si  e  infilato  il  suo  soprabito  dal  di- 
ritto,  per  onorare  il  Signore,  perche  durante 
la  settimana  se  lo  mette  dal  rovescio!...  modo 
pratico  per  avere  due  vestiti,  usandone  uno 
solo.  Qui,  anche  gh  uomini  portano  dei  brac- 
cialetti  di  osso  bianco  o  di  metallo  giaUo;  i 
piu  eleganti  sono  possessori  di  un  fazzoletto 
da  naso,  che  ficcano  nella  tasca  dei  panta- 
loni  in  forma  di  sacchetto,  lasciandone  uscire, 


ben  distesi,  i  quattro  angoli!  Non  k  rare  il 
caso  di  vederne  mio  die  porta  un  bel  paio 
di  pantaloni  nuovi  sopra  un  altro  vecchio,  o 
viceversa;  un  altro  che  fa  sfoggio  di  un  asciu- 
gamano  ben  disteso  sopra  il  dorso  o  intomo 
alia  cintura;  un  terzo,  calzato  di  un  paio  di 
scarpe  gettato  via  da  qualche  bianco,  ecc. 
Ed  ora,  vediamo  le  donne.  Nella  selva, 
non  hanno  anch'esse  altro  vestito  che  un 
semplice  straccio  avvolto  intomo  al  corpo, 
ma  che  scende  loro  dalle  spalle  aUe  ginoc- 
chia.  Quelle  che  abitano  in  Sakania  e  nei 
dintomi,  portano  gia  le  vesti:  le  piix  belle 
sono  le  pill  vistose:  rosse,  eiaUe,  azzurre, 
verdi...  tutti  i  colori  dell'arcobaleno!  Quando 
il  vestito  ha  bisogno  di  essere  cambiato,  lo 
sposo  conduce  la  sua  compagna  al  negozio 
dove  potra  certamente  trovanie  uu  altro  di 
tutto  suo  gusto.  Che,  i  neri  non  pensano  a 
ramniendarsi  i  loro  vestiti;  ma  se  li  indossano 
fino  a  tanto  che  cadono  a  brandelli.  Noi  ab 
bianio  avuto  il  nostro  daffare,  per  insegnare 
ad  alcime  donne  a  rajjpezzare  la  roba  rotta; 
preferiscono  usarla  fin  che  sia  loro  possibile, 
per  non  prendersi  la  molestia  di  rattopparla. 
Se  si  tratta  di  fame  dei  nuovi,  vi  mettono 
ancora  qualche  po'  di  buona  volonta,  perche 
sanno  di  avere  poi  I'oggetto  da  esse  cucito; 
ma  se  si  tratta  di  rattoppi,  non  ne  vogliono 


^7 


proprio  sapere.  «  A  clie  pro  —  dicoiio  —  di 
cucire  a  mano,  quando  si  fa  piu  in  tretta  a 
cucire  con  la  macchuia'...  E  poi,  si  trovano 
dei  vestiti  cosi  belli  e  di  colori  si  vivi  presso 
il  Sig.  Z...  Y...  ed  X...!  ». 

Bisogna  proprio  dire  cbe  i  neri  sono  molto 
generosi  fra  di  lore,  e  non  tesorizzano  per  se. 
Cosi,  quelli  clie  lianno  gia  qualche  impiego 
presso  le  ferrovie  o  nelle  case  particolari  e 
guadagnano  laloroniensualita,  si  comperano 
ogni  niese  qualche  capo  di  vestito  nuovo  e 
regalano  I'usato  a  qualche  compagno  meno 
fortunate  di  essi.  Tutte  le  donne  portano  dei 
braccialetti  e  delle  collane  fatte  di  perUne  di 
vetro,  simiU  a  quelli  che  per  gioco  usano  i 
bambini  europei;  alcune  liaruio  degli  orec- 
chini  di  x'etro;  la  maggior  parte  si  contenta 
di  niettersi  uno  spillo  di  sicurezza  in  una 
orecchia  sola,  oppure  un  bottone  autonia- 
tico  in  una  sola  narice,  Portano  ordinaria- 
mente  in  capo  un  fazzoletto  a  vari  colori, 
con  cui  raccolgono  i  capelli;  e,  come  gli  uo- 
mini,  si  mettono  anch'esse  im  vestito  nuovo 
sopra  mio  vecchio  e  lacero,  o  viceversa,  se- 
condo  i  gusti;  oppure,  quando  la  veste  e 
sudicia  dal  diritto  se  la  mettono  dal  ro\-e- 
scio!...  Ogni  tanto,  si  vede  I'una  o  I'altra 
giungere  in  chiesa  con  una  camicia  nuova, 
che  ha  cura  di  mettersi  sopra  la  veste,  che 
gl'indigeni  non  nascondono  le  loro  ricchezze, 
tutto  e  spiegato  in  plena  luce.  Delle  bizzar- 
rie,  poi,  se  ne  trovano  un  po'  dappertutto; 
nei  nomi,  per  es...  Motokar  ha  sposato  Ki- 
lemba:  ora,  Motokar  significa  moto  e  Ki- 
lemba  equivale  a  fagiuolo,  sarebbe  quindi: 
moto  ha  preso  in  mo.glie  fagiuolo!  Kabinda. 


che  significa  —  ultimo  nato  —  si  e  unito  a 
Malouba,  che  vuol  dire  —  fiore  — .  Si  da 
I'ordine  a  Kabinda  di  inaffiare  i  fiori  ed  egli, 
comprendendo  clie  quella  e  sua  moglie,  non 
sa  risolversi  a  versarle  sul  capo  xm  secchio 
d'acqua!... 

Una  quantita  d'insetti  e  divorata  dai  neri 
con  la  maggior  delizia;  ed  essi  se  ne  ridono 
dei  bianchi  che  mostrano  la  loro  ripugnanza: 
Dio  ha  provvisto  a  ciascuno  secoudo  i  pro- 
pri  bisogni  e  secondo  I'ambiente  in  cui  si 
vive.  Qui  si  trovano  anche  delle  galline  assai 
originali:  ne  abbiamo  scoperto  una  che  stava 
covando  le  nova  nel  fondo  di  mia  bottiglia 
rotta:  un'altra  si  mangiava  le  sue  nova  e 
(juelle  delle  compagne:  una  terza  die,  dopo 
di  aver  ucciso  i  propri  pulcini,  disjnitava 
I'unico  che  era  rimasto  ad  altra  chioccia:  du- 
rante varie  settimane,  quel  piccolo  batuffolo 
di  came  piumata  si  vide  fatto  oggetto  delle 
cure  amorose  di  due  madri  che  lo  seguivano 
senza  riposo. 

In  questi  ultimi  giorni,  due  neri  taglia- 
vano  un  tronco  d'albero  e  ne  preparavano  i 
pezzi  per  I'uso  della  cucina;  mentre  uno  dei 
capi  lavorava,  I'altro  brucava  e  migliaia 
di  formiche  terminavano  li  la  gloriosa  loro 
vita!  Siamo  qui  proprio  nel  regno  delle  for-  • 
miche;  gli  e  peggio  che  un'epidemia,  im'in- 
vasione...  e  quante  distruzioni  causano!  Sca- 
vano  i  tronclii  di  alberi,  i  recinti  dei  giardini, 
la  case  stesse!  Talora,  dei  pezzi  di  muro  si 
sfasciano  improvvisamente...  la  causa?  Le 
formiche,   e  le  sorelle    loro,   le   «   tenniti   », 

altra  geiiia  sotterranea 

U-Ka  Figlia  di   M.   A. 


CAIRO.   =   Veduta   gencralc   dclla    citti. 


28 


AVVENTURE  DOPO 
LA  MORTE 


Ai  piccoli,  volt'iiticri  offro  le  present!  fo- 
tografie  assieine  ad  un  raccontino.  E  la  sto- 
ria  di  un  bambino  clie  ebbe  le  sue  avven- 
lurc...   dopo  niorte. 

la  povera  creatiirina,  da  tempo  gia  bat- 
tezzata,  ancora  non  aveva  due  anui,  qiiando 
un  morbo  crudele  la  ridusse  in  fin  di  vita. 
Allora  i  genitori,  assieme  ad  altri  parenti, 
si  allontanarono  dalla  residenza  sotto  pre- 
testo  di  andare  in  cerca  di  frutta  nella  fo- 
resta.  Gionii  dopo,  avendo  ricevuto  notizie 
poco  buone,  montai  a  cavallo  ed  andai  a  far 
loro  visita.  Ma  il  jjiccino  era  gia  morto  ed 
aveva  avuto  tutte  le  bmttezze  fnnebri  se- 
condo  il  costume  dei  Bororo.  Ne  feci  forte 
rimostranza  ai  genitori  die  si  scusarouo  di- 
oendo  clie  i  parenti  ed  i  Bororo  tutti  ave- 
vano  voluto  cosi. 

Triste  uscii  dalla  capanna  improvvisata 
con  poche  foglie  di  palma  e  passai  a  visi^are 


preso   il  povcrino   con   me  a  cavdllo,   lo  portai   alia   residenza... 


llii   bebe   Biroro  col   galto. 

le  altre  fannglie.  Trova;  cosi  un  altro  fan- 
ciulletto  di  circa  quattro  anni  in  condi/ioni 
allannanti;  i  piedini  gia  erano  gonfi.  Invitai 
i  genitori  a  ritornare  siibito  alia  residenza, 
ma  essi  trovarono  mille  pretesti  per  non  ac- 
cettare  I'invitc. 

—  Allora,  ili.ssi,  datemi  il  ra- 
gazzo;  lo  portero  con  me. 

j\ccondiscesero.  Pre.so  il  po- 
verino  con  me  a  cavallo,  ritor- 
nai  in  casa,  ove  con  le  cure 
delle  buone  Sucre,  miglior6  tanto 
die  (juando  ritornarono  i  pa- 
renti,  gia  stava   bene. 

Ed  i  genitori  del  piccolo 
morto?  Ritoniarono  anch'essi 
portando  le  ossa  del  bimbo  in 
un  cesto;  su  di  esse  gia  avevano 
completato  le  loro  diaboliche 
superstizioni  Ouando  me  li  vidi 
avanti,  nello  stato  compassio- 
nevole  in  cui  si  trovano  dopo 
.-;imili  fuiLTioni,  chiesi  loro  die 
cosa  volessero. 

—  Abbiamo  qui  le  o.ssa  del 
nostro  piccino,  risposero. 

—  Che  cosa  volete  die  ne  fac- 
cia  ade.sso? 

—  Te  le  dianio  perchc  le 
jiorti  al  cimitero. 

—  Ah  si?  Dopo  averle  pro- 
fanate  con  tutte  le  vcstre  diavo- 
lerie,  volete  le  porti  ora  ai  piedi 
della  croce  al  cimitero? 

I  poveretti  si  allontanarono  a 
capo  basso  senza  proferirparola. 

Poco  dopo,  vedo  arrivare  un 
loro  parente  die  nuovamente 
mi  prega  di  sejapellire  nel  cimi- 


^9 


SANGRADOURO.    =   Piccolc   Borore  chc   ncl   di   dei    morti   prcgano  sulla   tomba  di   una   loro  compagna. 


tero  le  ossa  del  piccolo  defunto.  Anche  a  liii 
risposi  come  agli  altri.  Dopo  una  pausa  egli 
mi  domando:  —  Sai  tu  dove  ^  il  cesto  con 
le  ossa? 

—  L'han  portato  via  i  genitori,  non  so 
dove. 

—  Vieni  a  vedere,  il  cesto  e  qui  vicino 
alia  porta  della  chiesa. 

Andai  ed  era  proprio  come  rui  diceva.  I 
genitori  avevano  avuto  quella  bella  idea. 
Quantunque  rimanessi  fermo  nella  negativa 
pure  mi  comniossi  e  mi  venne  di  trovan; 
una  soluzione  del  caso,  un  po'  piu  soave. 

—  Ebbene,  flissi  al  Bororo,  facciamo  cosi: 
prendi  il  cesto  e  vai  a  seppellirlo  presso  la 
palafitta  del  cimitero,  ma  dal  lato  di  fuori; 
hai  ben  inteso? 

Cliiamai   im    altro   missionario   ed  i   due 


se  ne  andarono.  Al  ritomo  il  missionario  mi 
disse:  —  Sa?  il  Bororo  fece  la  fossa  fuori 
della  palizzata,  ma  cosi  torta  che,  passando 
sotto,  entro  nel  cimitero.  To  I'ho  lasciato 
f.^re. 

—  E  hai  fatto  benone,  risposi.  Co,";!  il  Bo- 
roro aveva  trovato  modo  tli  ubbidire  all'or- 
dine  e  nello  slesso  tempo  appagare  il  suo  de- 
siderio  di  seppellire  nel  cimitero  le  ossa  del 
suo  piccino. 

Miei  piccoli  amici,  che  differenza  fra  la 
vostra  condizione  e  quella  di  tanti  vostri 
coetanei.  Datene  grazia  al  Signore,  e  tutti 
i  giomi  recitate  di  cuore;  «  Signore,  vi  rin- 
grazio  di  avenni  fatto  cristiano  »  e  corrispo- 
dete  a  grazia  cosi  grande. 

Sangradouyo,  8   novembre    1930. 

AtBISETTl   CES.\RK. 


A  VIAZIONE  E  RADIO. 


I  missinnari  nella  regione  di  Giiapi  (Colombia) 
haniio  trttttuata  un'cscursione  in  acroplano.  ]1 
viaKK'f  i^^ht  ^  durato  appena  un'ora  e  nu  quarto, 
ha  risparniiato  ai  niissionari  quattro  giomi  v 
quattro  notti  di  pericolosa  navigazioiie  in  iin.i 
fragile  canoa,  quanti  ne  occorrono  ordinaria 
menlc  per  andare  da  Tnniaco  a  Ouapi. 

iv  stata  inaugurata  la  sta/.ione  radio-U-legr.i- 


fica  che  niette  a  contatto  col  mondo  civile  I'im- 
men.sa  e  ricca  regione  di  Guapi.  I  niissionari 
agostiniani  RecoUetti,  ai  <|uali  e  affidata  questa 
missione,  sono  stati  fra  i  pin  caloro.si  fantori 
deH'iniziativa  e  della  sua  realizzazionc.  I  risul- 
tati  constatati  fin  dai  prinii  giorni  di  funziona- 
niento,  giu.stificano  anipianiente  la  convenienza 
di  questa  stazionc  anche  riguardo  alle  missioni. 


30 


KRISHNAGAR.   =   La   S.   Infanzia  c   I'Asilo   dirctto  dalle  zelanti   suorc  di   Maria   Bambina; 
al   centro   la   Rev. ma   delegata   della   Madre   generate   in   India. 


PER  SALVARE  UN'ANIMA 


Tomavo  da  Shillong,  dov'ero  stato  per  gli 
Esercizi  spirituali.  Con  viva  sorpresa  trovai 
a  Krishnagar  monsignor  Bars  seduto  su  una 
poltrona  e  tutto  bendato.  Domandai  che 
fosse  accaduto. 

—  Oh!  nulla,  mi  rispose:  una  semplice 
morsicatura  di  un  cobra. 

—  Di  un  cobra?...  E  non  e  morto? 

—  Come  vede  sono  ancora  in  vita,  anzi 
in  via  di  guarigione.  Lei  pero  si  aftretti  a 
preparare  I'altare  portatile  e  partire  per 
Boltirgachi  dov'fe  desiderate  da  un  malato 
assai  grave.  Veda  di  giungere  in  tempo  a 
salvare  quell'anima. 

Prepare  in  fretta  i'altare  e  valigia,  e 
prendo  I'inseparabile  ombrello.  Siccrme  C|ui 
non  si  va  a  cavalli-forza  ma  a  bufali-forza, 
niando  pure  a  cercare  un  carro  tirato  da  bu- 
fali;  ma  tutti  mi  rispondono  che  e  impossibile 
andare  a  quel  paese  per  le  strade  orribili. 
Era  ormai  tardi  e  bisognava  decidersi.  II 
chierico  Bianchi  e  vm  giovane  del  paese  mi 
accompagnano  con  una  buona  lantema  e  un 
buon  bastone:  cosi  ci  mettemmo  in  via. 

Attraverso  la  lunga  teoria  di  case  e  ca- 


panne  di  Krishnagar  e  mi  inoltro  verso  la  no- 
iosa  strada  di  Krishnagar- Bhoborpara.  Sono 
soltanto  15  km.,  non  e  molto,  ma  le  strade 
orribili  rendono  assai  faticoso  il  viaggio.  Bi- 
sogna  guardare  bene  dove  si  posa  il  piede, 
anziche  cercare  di  accelerare  il  passo.  Ne  ho 
fatto  I'esperienza  inciampando  in  un  sasso 
nascosto  sotto  la  melma,  che  mi  face  fare  un 
bel  ruzzolone.  Povero  me!  Sembravo  una  di 
quelle  statue  di  fango  che  si  fabbricano  qui 
in  Krislmagar;  e  non  mancava  altro  che  fossi 
messo  a  cuocere  nel  fomo.  Dopo  una  som- 
maria  pulitura  riprendemmo  il  viaggio  per 
I'immensa  pianura.  Nulla  altro  che  risaie  e 
fango,  fango  e  risaie,  per  un'esteusione  a 
perdita  d'occhio.  Gli  uomini  che  incontra- 
vamo  ci  consigliavano  a  tomare  sui  nostri 
passi...  Confesso  che  ho  axaito  un  momento 
di  scoraggiamento,  ma  il  pensiero  di  quel- 
l'anima che  attendeva  con  ansia  I'arrivo  del 
Padre,  mi  diede  forza  e  andai  avanti.  In- 
tanto  le  tenebre  della  notte  mi  obbligarono 
a  ricorrere  alia  lantema.  Quella  luce  attirava 
glilndii  sull'usciodelleloro  capanne,  ed  essi. 
visto  il  Padre  europeo,  gli  davano  il  salam 


3t 


KRISHNAGAR.    =    Moiis.   Mederlet  mcntrc  amnii  = 
nistra   il   battesimo. 

e  si  ritiravano.  Uii  gmppetto  di  mussulinani 
awicinatosi  mi  domanda:  —  Padre,  dove 
vai? 

—  A  Bohirgachi,  rispondo  loro.  E  voi 
che  cosa  fate  qui? 

—  Niente,  occupianio  il  tempo  chiacchie- 
rando.  I',  tu  perche  vai  a  quel  paese,  a  que- 
st'ora  cosi  tarda? 

—  Uu  amnialato  che  sta  per  morire,  mi 
ha  chiamato,  ed  io  vado  per  fare  del  bene 
aH'aniiTia  sua. 

—  E  non  ti  pagano  per  questa  fatica? 

—  Xiente,  miei  cari  amici;  Colui  che  mi 
paghera  sara  il  Signore.. —  A  queste  parole 
tacquero  pensosi:  mi  oiTrircno  un  po'  di  ac- 


qna  e  di  riposo,  dopo  il  quale  ripreiidemmo 
il  cammino. 

Verso  le  21  arrivianio  al  liume.  Bisoguava 
passarlo  e  non  c'era  ne  barca  ne  barcaiolo. 
Passarlo  a  guado  era  iinpossibile,  a  nuoto 
una  imprudenza.  Chiamammo  allora  con  alte 
voci  il  itiaji,  ma  nessuno  rispose.  Erano  gia 
tutti  a  dormire.  Intanto  il  nostro  giovane 
riusci  a  trovare  un  povero  ciabattino  il  quale 
non  osava  offrirsi  per  guidarci  all'altra  riva, 
temendo  le  ire  del  padrone.  Lo  persuasi  a 
non  avere  paura.  Ma...  e  la  barca?  Ce  n'era 
una  fuori  d'accjua,  ma  vecchia,  che  alia  luce 
(lella  lantema  appar\'e  bucata  in  piii  parti. 

Appena  giunti  all'altra  riva.  ci  avvianniio 
.solleciti  al  paese,  giungendovi  alle  dieci  e 
mezzo,  stanchi,  sporchi  e...  affaniati,  ma 
pieni  di  speranza  di  essere  arrivati  ancora 
in  tempo.  II  catechista  ci  accompagna  presso 
il  malato.  Era  gravissimo.  Mi  aperse  le  brac- 
cia  al  vedermi  e  mi  disse:  —  Oh,  Padre, 
come  sono  contento  di  vederla.  Sono  due 
giomi  che  I'attendo.  Mi  metta  in  pace  con 
Dio  e  ini  aiuti  a  morire.  Con  grande  sforzo 
fece  la  sua  confe-ssione,  dopo  la  quale  gli 
amministrai  FE-strema  Unzione.  Alle  due  e 
mezzo  della  notte  moriva  della  morte  del 
giii.sto:  I'anima  sua  era  salva. 

Ringraziai  di  cuQre  il  Signore  di  aver  be- 
nedetto  cosi  il  mio  sacrificio  e  appagato  il 
desiderio  del  mio  superiore. 

D.    SlRci   RiCIIKTTO. 
M issionayio  net  Bnigala. 


Molto  Degno  Generals  Padre 

Ai  piedi  prostrate. 

Sal\at"re  Gcsii  della  nascila  il  gran 
giorn  >  \icino.  Questa  circ  istanza  nella, 
m  lie  au^uri  lett.  ra  per  mezzo,  le  e  un- 
gcra.  Lu'  H  D'm  Bosco  succ  ssore  es- 
sendo,  dei  m  Iti  Ficli  di  Lui,  Lei  Padre 
e  Maestro  come,  ai  Fitli,  di  Dnn  Bosco 
opcrc  li  cariti  pnra  'are  fa.  Avventu- 
ro8  mente  n  -i  an(  he  d.  EsS'  dlvenute 
essen  Jo,  I  ui,  Pa  ire  de  to,  andi  mo  chia- 
mm  Jnl  I.  Si.  n  li  sue  pic^ole  l-i  lie,  dun- 
quc  di  n  ii  e  di  nti  P.dre,  .Madre,  e  dei 
Cristiani  lutt,  della  rionoscenza  e  ri- 
spetto  au-'U'i  r  ce  ere  si  dcL'ni.  Noi,  di 
noi  i  R  R  Padri  e  Hur  ne  Suore  per 
mezzo  l.ei  c  m<  scere  ed  ;  ma  e  imoa- 
ramm-».  e  di  Lei  amati^sime  Fijile  di- 
venue,  ciorni  tutti  pre-hiam  >,  ma  spe- 
cialmente  nella,  notte  drl  <  iran  Giorno 
t.Vatalc)  rer   l.ei  preKheremo. 

iVIa  autruri  in^icme,  ai  P  c:li  di  Dio: 
una  s'al.ile  pr  messi  fac  iamo,  ciot:  noi 
del  C'tro  n-9lr  »  Vesco'  r)  c  cari  Pairi 
obbedicnti  c^sere.  sempre  piii  di  noi 
drlla  sal  ezza  senicri  l;attcremo  e  del 
nostro  pane  degl'in.fdeli  cuore  conver- 
tire  per  con  tutti  i  mezzi  prcmura  fa- 
remo. 

Padre!  di  1  ci  d'amorc  picno  cuorc  a 
noi  un  forte  dice  c  con  la  sua    paterna 
bcnedzifjr.c  n  I  tutti  fclici  faccia. 
Di    l.ei   amatissime  f-'itrliu   Ic. 
KrishiHifinr  Misiione  Cattolica. 


KRISHNAGAR.  -  Fac-simile  della  letfera  {r  pagina) 
inviaia  al  Sig.   D.   Rinaldi. 


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L'assistenza 
dei  Salesiani 


ad  emigrati 
coreani  ^ 


OITA.    =   Cristiani   coreani. 


I  Salesiani  del  Giappone,  tetk-li  alio  sj>i- 
rito  e  tradizione  di  D.  Bosco,  prestano  ad 
Oita  I'opera  loro  a  vantaggio  ili  numerosi 
emigrati  coreani,  che  lavorano  iti  uii  gran  co- 
tonificio.  Una  trentina  di  essi  sono  cristiani 

II  salesiano  D.  Tomquist  nella  sua  re- 
rente  visita  in  Giappone  ebbe  la  consola- 
zione  dibattezzare  un  gio\  inetto  coreano  (che 
desidera  studiare  e  tarsi  prele).  e  mosso  a 
com])assione della  povera  condizione  di  qnesti 


coreani  voile  che  si  coniprasse  per  loro  un 
po'  di  terreno  sii  cui  si  costraisse  una  cap- 
pella  per  la  coniodita  di  questa  brava  gente, 
e  per  attirare  i  numerosi  coreani  che  sono 
ancora  pagani.  Mentre  di  cuore  ringraziamo 
il  mutnfico  benefattore,  speriamo  presto  an- 
nunziare  la  realizzazione  di  un  nuovo  centro 
di  attivita  apostolica  e  salesiana. 

D.   \'.   CiMATTi  sales. 


OITA.   =   La   riunione   donienicale   dei   cri-tiani:   nel   centro  6   il   sig.   D.   Tomquist. 

^  SS  -^ 


RACCONTI  DELL'INEIA 


La  Sultana  Reziah. 


Sul  periodico  si  e  gia  parlato  della 
Dinasiia  degli  Schiaii  che  regno  nell'Indo- 
stan:  29  furono  i  monarchi  che  si  succe- 
dettero  nei  tre  secoli  precedenti  al  glo- 
rioso  impero  dei  Mongoli. 

E  questo  il  periodo  piii  fosco  della  storia 
dell'India  per  le  barbare  vendette  e  per 
le  continue  stragi.  Tra  tanto  orrore  splende 
la  sultana  Reziah  come  una  nobile  figura 
ed  ancor  oggi  ne  fan  fede  le  monete  del- 
I'epoca  sulle  quali  si  legge  ad  onore  di  lei: 
«  la  grande  sultana,  la  gloria  del  mondo 
e  dell'islam  ». 

Se  si  pensa  alia  schiavitii  della  donna 
mussulniana  consacrata  dal  Corano,  bi- 
sogna  riconoscere  che  Reziah  fece  ecce- 
zion*.  alia  ferrea  legge. 

II  padre  e  la  Figlia. 

Reziah  era  figlia  di  AUamish,  successore 
di  Kutb-ud-din.  La  storia  di  Altamisli  ha 
qualche  somiglianza  con  quella  di  Giu- 
seppe, figlio  di  Giacobbe.  Amato  con  pre- 
dilezione  dal  padre,  un  nobile  potente  del 
Turkestan,  ma  odiato  percio  dai  fratelli, 
un  bel  giorno  fu  venduto  schiavo  ad  un 
mercante  indiano  che  a  sua  volta  lo  ri- 
vendette  a  Kutb-ud-din  per  un  alto  prezzo: 


50  mila  rupie.  Alia  corte  di  Delhi  fu  trat- 
tato  come  figlio  adottivo  e  sail  al  trono. 

Le  buone  qualita  di  Altamisli  non  si 
comunicarono  ai  figli,  indolenti  e  \-iziosi, 
ma  alia  figlia  Reziah,  che  fin  dall'infanzia 
dimostro  un  carattere  spiccatamente  vi- 
rile: una  fervida  fantasia  e  una  volonta 
ferrea.  Dotata  di  grande  bellezza  —  da 
far  scrivere  ad  un  poeta  del  tempo  «  che 
sarebbe  bastata  per  far  maturare  il  fru- 
mento  nella  spiga  »  —  era  I'essere  piu 
caro  al  cuore  paterno,  che  penso  a  darle 
un'educazione  corrispondente  al  carattere 
di  lei.  Un'educazione  piuttosto  maschile: 
vestiva  da  nonio  e  maneggiava  il  cavallo 
e  le  armi  come  un  uomo.  I  campi  di  bat- 
taglia,  la  iungla  Indiana,  le  vette  dei  nionti, 
i  fiumi  sacri  dell'Indostan  furono  teatro 
delle  sueprodezze.  Ccsi  Reziah  crebbe  forte, 
indoniita,  amniirata  dai  nobili,  aniata  dal 
popolo  e  invidiata  dai  fratelli 

Dovendo  il  padre  ingaggiare  una  guerra 
nei  lontani  confini  del  sud,  contro  i  Raj- 
put, affido  alia  figlia  il  governo  e  il  di- 
sbrigo  degli  affari  di  stato.  E  ai  nobili  che 
gli  facevano  o.sservare  come  cio  fosse  con- 
trario  alle  loro  usanze  e  ad  uno  dei  figli 
dovesse  riniettere  il  governo,  rispose:  — 
Per  i   iiiic'i   figli  il  fardello  deH'impero  e 


34 


troppo  pesante;  essi  souo  delle  feniini- 
nucce.  Reziah  e  una  donna,  e  vero,  nia  ha 
la  testa  e  il  cuore  d'nn  uomo  e  vale  piii 
che  veuti  figli  degeneri. 

Nella  gloria  e  nel  carcere. 

Per  lo  spazio  di  sei  anni  Reziah  governo 
in  luogo  del  padre  tra  ranimirazione  e  la 
soddisfazione  di  tutti. 

Non  fa  meraviglia  se,  vista  I'ottinia 
prova,  il  padre  morendo  lascio  il  governo 
a  Reziah  anziche  ai  figli  niaschi.  Questi 
pero  reagirono  tosto  alia  volonta  paterna 
e,  ordita  una  congiura,  detronizzarono  la 
sorella  gettandola  nel  fondo  d'una  tetra 
prigione.  Ed  elevarono  al  trono  in  vece 
sua  Jiniz,  il  maggiore  di  essi. 

Costui  non  era  fatto  per  regnare:  non 
era  neppure  capace  di  goveniare  se  stesso, 
dato  com 'era  per  antica  consuetudine  alia 
crapula  e  ai  divertimenti.  Cosi  che  dopo 
sei  mesi  di  governo,  la  nobilta  mussul- 
mana  ne  fu  stanca  e  lo  rovescio,  sosti- 
tuendolo  con  Reziah  che  da  tutti  fu  accla- 
mata  sovrana.  I  due  anni  che  seguirono 
furono  veramente  anni  di  prosperita  e  di 
pace.  Reziah  amministrava  con  equita  la 
giustizia,  severa  contro  ogni  abuso  e  dava  a 
tutti  I'esempio  di  abnegazione  e  di  valore. 

Yakut,  Altumia  e  la  rovina. 

Alia  corte  di  Delhi  \-i\-eva  allora  un 
abissino  chiamato  Yakut,  di  straordinaria 
bellezza,  che  si  era  coperto  di  gloria  in 
cento  battaglie.  Era  venuto  in  India  at- 
traverso  lo  stretto  di  Bab-el-Mandeb  con 
una  carovana  di  schiavi  ed  era  stato  ven- 


duto  ad  un  capitano.  Col  suo  valore  seppe 
rialzarsi  dalla  sua  abiezione  conquistando 
la  liberta  e  divenendo  il  comandante  della 
cavalleria  imperiale. 

La  sultana  ebbe  I'idea  di  sposarlo... 
Non  I'avesse  mai  avuta!  I  nobili,  capita- 
nati  da  Altumia,  insorsero:  i  due  partiti 
non  tardarono  a  venire  alle  niani.  Nella 
sanguinosa  battaglia,  benche  la  cavalleria 
tenesse  le  parti  della  sultana  e  di  Yakut, 
(|uesti  caddero  prigionieri  dei  ribelli.  Yakut 
fu  giustiziato  sul  campo,  Reziah  trovo 
grazia  presso  Altumia  che  ne  fece  la  sua 
sposa.  La  nuova  situazione  non  piacque  a 
tutti,  anzi  mosse  all'indignazione  gli  an- 
tichi  partigiani  fedeh  alia  sultana  che  tra- 
marono  contro  la  vita  di  lei.  Reziah  fu 
salva  in  frangenti  difficili,  grazie  alle  ri- 
sorse  della  sua  astuzia,  mutando  conti- 
nuamente  di  abiti  e  di  locaHta.  Altumia, 
per  fronteggiare  la  crescente  insurrezione, 
assoldo  un  potente  esercito  e  diede  bat- 
taglia. .Sapeva  che  quella  doveva  essere 
la  lotta  decisiva  e  insienie  con  la  sultana 
fece  prodigi  di  valore:  ma  le  sorti  della 
pugna  furono  per  entrambi  infauste.  Scon- 
fitti,  Reziah  e  Altumia  tentarono  la  fuga, 
ma  vennero  inseguiti,  presi  e  ricondotti 
presso  i  nobili  vincitori.  II  giudizio  fu  som- 
mario.  Dopo  essere  stato  giustiziato  Al- 
tumia, venne  I'ora  fatale  anche  per  Reziah. 
Per  non  essere  scossi  dalla  sua  bellezza 
i  giudici  le  velarono  il  capo:  nessuno  senti 
pieta  per  lei,  e  prima  che  il  sole  tramon- 
tasse  la  testa  della  sultana  cadeva  sotto 
la  scimitarra  del  carnefice. 

LUIGI    R.WAUCO. 


35 


S  TOR  IE  E 
LEGGENDE 


EPISODI 
MISSIONARI 


LA  CALUNNIA. 

II  miiiistro  Pang  Kung  si  trovava  ostaggio 
deU'iiiiperatore  Chao,  e  temendo  die  questo 
principe  prestasse  fede  allc  calunnie  che  certi 
nemici  avrebbero  sparso  coutro  di  lui,  un  giorno 
cosi  gli  parlo. 

—  Maesta,  se  una  persona  vi  dicesse  che  sul 
mercato  vi  e  una  tigre,  vi  credereste? 

—  No,  rispose  il  principe. 

—  Ma  se  Vostra  Maesta  avesse  la  notizia  da 
due  persone,  vi  crederebbe? 

—  Ecco,  comincerei  a  dubitare... 

—  E  se  la  notizia  fosse  data  da  tre  persone? 

—  Allora  crederei... 

—  Cosi,  riprese  il  ministro,  la  voce  di  tre 
persone  farebbe  credere  a  Vostra  Maesta  che 
vi  e  sul  mercato  una  tigre,  pur  essendo  evidente 
che  non  c'e.  Or  bene  i  miei  calimniatori  sono 
pill  di  tre:  cio  non  di  meno  mi  auguro  che  Vostra 
Maesta,  prima  di  credere,  vorra  investigare  bene 
;  fatti. 

L'imperatore  si  attenne  a  questo  consiglio 
e,  conosciuta  I'innocenza  del  suo  ministro,  lo 
rimetteva  in  liberta. 

COME  t  NATO  IL   VENTACLIO. 

Una  graziosa  leggeiida  attribuisce  alia  Cina 
I'origine  del  ventaglio.  Kan-Si,  figlia  di  un  po- 
tente  mandarino,  sentendosi  venir  meno,  du- 
rante la  famosa  festa  delle  lanterne,  per  il  caldo 
esteuuante,  soUevo  il  velo,  che  secondo  la 
usanza  le  copriva  il  viso  e,  per  sottrarre  questo 
a  sguardi  profani,  prese  ad  agitare  rapidaniente 
il  velo  stesso  davanti  al  volto,  provandone  un 
fresco  delizioso.  Immcdiataiiiente  si  videro  mille 
piccole  mani  agitare  vcli  iiiulticolori:  il  ventaglio 
era  inventato.  L'arte  deH'uomo  lo  riprodusse. 
Certo,  I'importanza  del  ventaglio  in  Ciua  e 
enorme  e  grandissimo  e  I'uso  che  se  ne  fa  fin 
da  tempi  remotissiini.  I  ventagli  cinesi  furono 
prima  di  bambii,  poi  di  foglie  di  palma  e  sue- 
cessivanicnte  di  penne  di  pavone  e  di  fagiano. 
Anchc  ncl  Giappoue  I'uso  del  ventaglio  e  molto 
diffuso  e  costituisce  come  in  Cina  il  comple- 
mento  cssenziale  deH'abbiglianiento  di  ogni  per- 
sona di  discrete  condizioni.  P.  ancnra  in  voga  nel 
Oiappone  1' usanza  di  far  apporre  sui  ventagli 
la  firina  di  persone  illustri  o  di  farvi  scriverc 
massime,  sentenze,  madrigali. 


VERI  APOSTOLL 

Lo  zelo  die  la  mamma  e  il  iiglio  lianno  inco- 
minciato  a  manifestarc  e  prodigio'^o.  Marglierita 
ha  gia  guadagnato  parecchie  animc,  fra  altre  la 
sposa  del  Capo  di  Polizia;  lui  stesso  venne  a  par- 
larci,  desideroso  di  incominciare  lo  studio  del 
Catechismo,  con  una  certa  prudenza  data  I'alta 
posizione  die  occupa.  Ha  condotto  pure  alia 
Missione  delle  amiche  stiidenti  ed  ultimamente 
una  delle  signore  pin  ricche  di  Beppu.  Vedendo 
questo  santo  zelo  I'abbiamo  pregata  die  andasse 
a  risiedere  alia  Casa  Missione  di  Beppu  senipre 
chiusa,  apreudosi  solo  la  domenica  mattina  cd 
altri  due  giorni  alia  sera.  Accetto,  ed  ora  con  piii 
autorita,  come  se  fo.sse  una  autentica  niLssio- 
naria  lavora  con  vero  entiisiasmo  per  la  sama 
religione   da  poco   abbracciata... 

II  piccolo  Domenico,  come  uno  degli  apostoli 
dei  primi  tempi  del  Cristianesimo  csplica  uno 
zelo  simile  a  quello  di  sua  iiiadre.  Nella  scuola 
parla  ai  compagni  del  Kyokmaj  (Chiesa  Cattolica), 
parla  dell'l  iratorio  Fcstivo  ed  iiivita  tutti  a  frc- 
quentarlo.  Non  contcnto  di  questo,  con  coraggio 
parlo  pure  a  persone  oraniai  non  piccole  ed  aiu- 
tato  dalla  grazia  di  Dio,  ne  convert!  una  uel  se 
guente  modo.  Facendo  visita  ad  un  conoscente 
della  sua  famiglia,  lo  vide  triste  e  pensieroso. 
—  Cosa  ha,  caro  amico?  gli  disse.  E  preoccupato? 
Ha  avuto  qualche  dispiacere?  Guardi!  se  mai 
fosse  cosi,  io  .so  una  medicina  che  la  guarira,  ed 
e  la  seguente  preghiera...  —  Coninolto  raccogli- 
mento  recita  VAve  Maria,  poi  una  seconda  cd 
una  terza  volta.  con  tanta  devozionc  che  quel 
signore  lo  iniito  e  si  iiiise  a  ripetere  le  stesse 
parole.  Visto  il  buon  risultato,  Domenico  se  ne 
va  e  torna  poco  dopo  col  suo  librettino  di  pre- 
gliiere,  che  offri  al  signore,  segnandogli  dove  si 
trovava  quella  preghiera.  Prima  di  andarsene 
voile  che  I'amico  gli  promettesse  che  sarebbe  an- 
dato  alia  Missione  per  parlare  col  mi.ssionario 
Promessa  die  egli  conipi  e  fu  lui  stesso  die  ci 
racconto  il  fatto. 


UNA  CATECUMENA  DELLA 
ARISTOCRAZIA. 

I-V  nientcmeno  die  la  signora  del  Dircttoro  dd- 
rOspedale  provinciale.  Ha  cominciato  lo  studio 
del  Catechismo  con  tanto  entu.siasmo  die  Iddio 
le  ha  concesso  subito  una  grande  grazia;  quella 
di  aver  potuto  vincere  i  suoi  nemici  bonzi  i 
quali  appena  scppero  che  veniva  alia  Missione, 
inviarono  il  loro  vescovo  per  dissuaderla  con 
buoiic  parole,  poi  con  minaccie;  ma  tutto  fu 
vano.  —  lo  sono  decisa  ad  essere  cristiana,  ci 
diceva  essa  ste.s.sa,  perche  qucsta  c  la  vera  reli- 
gione —  e  con  feruuv.za  rigetto  il  Ixnizo.  Pre- 
gate  perche  presto   si.i   un'ottima   cristiana. 


36 


DALLE  RIVISTE 
MISSIONARIE 


r-Pli.2.l<i^T/ 


SERPENT!  DEL  SWAZI  AND. 

Sono  elencati  da  uii  benemerito  missionarici 
servita  nel  Servo  di  Maria:  mamba  nero  il  piii 
velenoso,  con  una  potentissima  riserva  di  ve- 
leno  capace  di  amnia/zare  cinquanta  personc 
in  una  volta  —  mamba  verde  altrettanto  ve- 
lenoso e  pill  comune  —  poi  i  ringhols  che  spu- 
tano  il  veleno,  ecc.  II  primato  sulla  bellezza, 
sulla  lunghezza  e  sul  volume  I'haniio  i  pilotii 
o  serpenti  boa,  non  velenosi  ma  dotati  di  gran 
forza:  sono  detti  dai  neri  locali  serpenti  che  in- 
goiano   i   bambini. 

II  niissionario  cita  da: 
gioriiali  di  Joliannesburg, 
una  lotta  curiosa  svoltasi 
tra  iin  pitone  e  I'inglesc- 
James  Brown,  iin  cercatort- 
di  minerali.  Questi  se  n'era 
iiscito  dalla  sua  tenda  e, 
inoltraiidosi  per  il  bosco, 
trovo  il  seutiero  sbarrato  da 
un  grosso  pitone  addormen 
tato.  II  sig.  Brown  con  un 
colpo  di  piccone  inchiodava 
a  terra  la  testa  dell'enorme 
rettile,  ma  questo,  rinve 
nutosi,  prese  la  fuga  portan- 
dosi  il  piccone  piantato  nel- 
la  nuca.  Al  Brown  premeva 
di  non  perderc  il  suo  ariiesc 
di  lavoro  e  s'attacco  alia 
coda  del  rettile,  die  lo  tra- 
scino  per  una  cinquantina 
di  metri  sbattacchiandolo 
fra  gli  arbusti...  finche  gli 
riusci  di  liberarsi  dello  spet- 
tro  attaccato  alia  coda  e 
del  piccone  infisso  nella,, 
testa. 


GU  ANIMAL/  DEL  EIGL/UOL 
PROD/GO. 

Gli  asini  e  i  porci  —  racconta  Fadre 
Franco  ne  Le  Missioni  dei  Padri 
Bianchi  —  furono  serapre  in  avver- 
sione  agli  Ugandesi,  ragione  per  cui 
e  cosa  difficilissima  trovar  qualche 
guardiano  che  ne  abbia  cura.  Nel 
1905  alia  Missione  di  Bikira  si  era 
potuto  trovare  un  giovane,  certo 
Bintu,  die  si  era  adattato  a  questa 
occupazioue,  ma  bisognava  proteg- 
gerlo  contro  gli  schcrni  degli  altri 
coUegiali.  Chi  mancava  di  riguardo  al  guar- 
diano veniva  punito  colla  pena  della  pulizia  alia 
stalla  Nella  settimana  santa  furono  dettati  ai 
giovani  gli  esercizi  spirituali;  il  predicatore  in 
una  predica  tocco  la  triste  condizione  del  pro- 
digo  e  parlo  anche  dei  porci,  delle  ghiande, 
ecc.  Finita  la  predica  Bintu  si  alzo,  usci  di 
chiesa,  corse  alia  camera  del  superiore  e  gli 
pianto   una   scena   da   impazzito. 

—  Chi  I'avrebbe  detto?  urlava,  che  un  niis- 
sionario, un  prete,  un  forestiero,  e  in  chiesa 
avrebbe  osato  bei^'arsi  di  me!  Tutti  mi  guarda- 
vano,  tutti  sorridevano...  —  II  superiore  stento 
assai  a  raccapezzarsi  e  solo  all'udire  certe  pa- 
role nionche,  prodigo,  porci, 
"  ghiande,  ricostrui  la   scena 

e  capi  la  ragione  di  quella 
sfuriata.  E  dovette  sudare 
una  settimana  per  calmare 
Binlu. 


37 


CRONACHETTA 
MISSIONARIA 


Com'cra   prima  interrata 
dalle   sjbbic. 


..come  e   ora    messa  alio   scoperto 
e   ripulita. 


IL  NOSTRO  VICARIATO  INVASO. 

II  nostro  Vicariato  di  Shiu  Chow  nei  primi  di 
dicembre  e  stato  invaso  nella  parte  nord  da 
forze  comuniste  —  circa  lo  niila  bolscevichi  — 
provenienti  dal  Kiang-si,  che  haniio  occupato 
la  citta  di  Nam  Young,  uccidendo  numerose 
persone. 


TRA  I  SELVAGGI  DEL  MATTO  GROSSO. 

Vladimiro  Perfilieff  lia  organizzato  una  nuova 
spedizione  alle  zone  inesplorate  del  Matto  Grosso. 
II  capitano  Perfiliei?  ha  la  speranza  di  scoprire 
quelle  antichissime  e  leggendarie  tribu  di  in- 
diani  biauchi  che  cerco  gia  una  volta  I'infelice 
coniandante   Fawcett. 

La  spedizione  sara  compostadi  dodici  uoraini 
e  di  diciolto  cani:  avra  a  sua  disposizione  tutti  i 
inezzi  moderni  di  esplorazione;  sara  fornita  di 
stazione  radio  trasraittente  e  ricevente  e  di  ap- 
parecchi  scicntifici.  Saranno  pure  girate  pelli- 
cole.  La  spedizione  procurera  di  avere  notizie 
del  colonnello  Fawcett  il  cui  iiglio  sarebbe  morto 
nei  pressi  dcH'altipiano  di  Parcels  (JIatto  Orosso) 
in  un  conibattimento  impcgnato  con  una  tribu 
indigeua. 


P.  LUCIANO  DROUART. 

Missionario  delle  Missioni  Estere  di  Parigi  e 
direttore  del  lebbrosario  di  Koyama,  niorto  nella 
prima  decade  di  dicembre,  e  stato  sepolto  fra 
le  tombe  dei  lebbrosi  per  espressa  sua  volonta. 
Sulla  sua  tomba  parlarono  I'arcivescovo  di  To- 
kio  e  vari  rappresentanti  delle  piu  alte  autorita 
giapponesi,  esaltando  le  grandi  virtu  dell'apo- 
stolo,  che  dal  1878  lavoro  con  zelo  nelle  mis- 
sioni del  Giappone:  a  70  anni  si  assunse  la  dire- 
zione  del  lebbrosario  che  tenne  per   12    anni. 


BOLIVAR. 

II  Venezuela  ha  celebrato  il  centenario  della 
morte  di  Simone  Bolivar.  II  governo  ha  fatto 
coniare  una  medaglia  ricordo  che  e  stata  distri- 
buita  gratis  a  tutte  le  famiglie.  Con  un  gran- 
dioso  corteo  i  resti  del  condottiero,  racchiusi  in 
un'urna  di  brouzo  sono  stati  collocati  nei  Pan- 
theon uazionale:  alia  cattedrale  si  e  svolto  un 
solenne  rito  funebre,  presente  il  Governo  e  le 
autorita.  L'inno  a  Bolivar,  composto  dal  maestro 
italiano  Franco  Alfano,  d  ora  diventato  Tinno 
nazionnle 


NEL  SENO  DELLA  SPINGE. 

L'egittologo  Reisnicr  dell'Universita  di  Har- 
vard ha  fugato  il  mistero  della  «  Sfinge  »  di- 
chiarando  che  la  testa  contiene  una  .gran  sala 
lunga  18  metri  e  larga  5.  Dcntro  la  «  Sfinge  » 
trovasi  la  toniba  di  Menesse,  il  primo  re  cono- 
sciuto  di  Hgitto. 


/  DONl  ALLE  MISSIONI. 

II  Coniitato  che  ha  raccolto  i  doni,  offerti  a 
Sua  Sanlita  per  le  Missioni,  ha  riferito  al  Santo 
Padre  sul  piano  di  distribuzione  dei  doni  ste.ssi 
a  circa  50  Procure  di  Ordini  religiosi  uiis.sionari 
c  ad  alcune  Mi.ssiojii  del  clero  indigeno.  I  doni 
superano  il  valore  commerciale  di  lire  i.joo.ooo. 


3^ 


Storia  di  25  anni  fa,  narrata  dal  missionario  D.   A.    CoJbacchini. 

(CONTINUAZIONE). 


»  Uno  di  noi,  Cleinente  Giri-ekuiSu,  die 
tu  conosci,  vedeiidovi  cosi  divisi,  disse:  — 
Compagiii!  non  abbiate  paura,  facciamo  in 
fretta;  vedete  come  sono  dispersi?  E  disse 
ad  uii  compagiio:  Tu  freccia  quelle  die  e 
la  sul  tetto;  io,  di  qui,  trapassero  il  cuore 
di  quello  die  sta  la  dentro;  gli  altri  pensino 
ad  amniazzare  gli  altri. 

»  Convieiie,  amatissiino  Padre,  die  io  le 
ricordi  come  le  nostre  tre  prime  capanne 
erano  piu  die  trasparenti,  perche  fatte  con 
poche  foglie  di  palina,  tanto  da  difenderci 
dal  sole  e  dalla  pioggia. 

»  Maggiore  continuo: 

■>  Ma  il  Signore  era  con  voi  e  nessuno  si 
mosse;  anzi  ci  opponemmo  e  io  dissi:  — Non 
sei  tu  il  capitano  per  dar  ordini;  non  ci  sono 
forse  io?  E  poi,  sai  tu  die  questi  siaiio  buoni 
o  cattivi?  Sai  tu  clii  essi  siano?  L'altro  ri- 
sponde:  —  Siano  chi  si  vuole  e  come  si  \-uole, 
poco  m'importa;  e  certo  die  sono  civilizzati 
e  percio  non  dobbiamo  aver  compassione 
di  loro. 

1)  Allora  io  feci  uii  segiiale  ai  niiei  viciiii 
dicendo:  —  Andiamo  via,  abbiamo  gia  visto 
molto,  puo  essere  die  ci  scoprano;  e  meglio 
che  c'iutendiamo  bene,  prima  di  fare  qualche 
cosa;  andiamo.  Strisciando  tra  un  cespuglio 
e  I'altro,  raggiungemmo  di  nuovo  I'oscuro 
della  foresta.  Insomnia  quel  giomo  Dio  vi 
protesse. 

1)  Alia  sera  ci  radunammo  secondo  il  so- 
lito  per  narrarci  a  vicenda  le  avventure  del 
giomo,  e  sorsero  certi  complotti  die  non 
erano  tutti  a  vo.stro  favore;  quando  un  mio 
araico,  cacico  egli  pure,  il  quale  ebbe  sempre 
la  mia  confidenza  anclie  nelle  cose  piii  diffi- 


cili,  essendo  io  sicuro  die  egli  avrebbe  fatto 
quello  che  avrei  fatto  io,  si  alzo  e  disse: 

1)  Compagni,  ma  non  avete  pensato  come, 
dopo  tutto  cio  die  facemmo  ai  civilizzati, 
questi  che  avete  vi.^ti,  se  ne  veniiero  egual- 
meiite  qui  con  coraggio,  e  senza  aver  paura, 
si  sono  messi  a  far  le  loro  case  come  chi 
vuole  star  sempre  qui?  Io  non  so  clii  siano, 
e  percio  non  vi  dico  di  aiidare  ad  iiisegnare 
loro  colla  punta  della  vostra  freccia  die  noi 
siamo  qui,  die  questa  terra  e  nostra,  die 
questa  foresta  e  nostra,  che  nostri  sono 
questi  fiumi,  e  die  noi  non  peniietteremo 
mai  che  restino  dei  civilizzati  in  cjuesto  no- 
stro  territorio,  senza  il  consenso  nostro,  che 
non  darenio  senza  saperli  buoni.  Ma  intaiito 
non  sappiamo  chi  siano;  non  sappiamo  se 
siano  buoni  o  no;  e  percio  dobbiamo  fare 
una  prova.  Domani,  con  quattro  compagni, 
io  andro  la  direttamente,  voi  vi  dividerete 
in  tre  gnippi,  il  prinio  a  destra,  I'altro  a 
sinistra,  il  terzo  dietro  la  capanna,  e  non 
troppo  vicino;  resterete  il  piii  possibile 
iiella  foresta;  ed  io  mi  presentero  e  vedro 
come  sono  e  chi  sono.  Voi  state  attenti,  ma 
traiiquilli.  Ove  occorra,  ad  un  mio  .segnale, 
ciascuno  si  avanzi  dal  suo  lato  e  faceia  bene 
i  fatti  suoi  con  questi  diavoli  di  civilizzati. 
Se  non  vedrete  nulla,  aspettate  ed  osservate 
dalla  parte  in  cui  ci  saremo  avanzati. 
Se  vedrete  alzarsi  una  colonna  di  fumo  da 
quella  parte,  c  segno  che.  avvemito  rincoiitro, 
mi  sono  ritirato  soddisfatto,  die  tutto  sta 
bene,  che  sono  buoni,  die  ci  vogliono  bene, 
che  non  ci  faranno  male;  e  percio  nessuno 
li  deve  toccare,  nessuno  deve  lanciare  loro 
una   freccia,    nessuno   deve    presentarsi.    Io 


39 


poi  vi  attendero  tutti  neila  foresta,  qui  vi- 
cino  al  fiume,  e  vedreino  il  da  farsi.  Avete 
capito? 

»  Unanime  fu  I'approvazione.  lo  soggiunsi: 

»  Si,  tutto  va  bene,  avete  inteso  e  siamo 
d'accordo.  Ma  prima,  tutti  insienie  qui  riu- 
niti,  dobbianio  evocare  i  nostri  spiriti, 
perche  ci  siano  propizi  e  ci  aiutino  in  quelle 
clie  dovremo  fare  domaui.  Le  anime  dei 
nostri  die  furono  inorti  dai  civilizzati  ven- 
gano  ora,  e  se  questi  che  stanno  qui  sono 
cattivi  e  pensano  di  farci  del  male,  diano 
forza  alle  nostre  braccia,  mira  sicura  ai  no- 
stri occhi,  polso  fermo  al  nostro  braccio, 
punta  alle  nostre  freccie,  perche  veloci,  por- 
tino  loro  quella  :norte,  che  essi  hanno  dato 
ai  nostri.  Se,  invece,  sono  buoni,  le  anime 
dei  nostri  ce  lo  facciano  conoscere,  ci  dicaiio 
che  nulla  di  male  dobbiamo  far  loro,  perchfe 
nulla  di  male  noi  dobbiamo  temere  da  loro. 
Compagni,  coloro  che  vennero  qui,  hanno 
anche  essi  uno  spirito  che  li  guida  e  li  pro- 
tegge.  Se  lo  spirito  che  li  guida  e  buono, 
egli  divenga  pure  nostro  amico,  perche  noi 
abbiamo  anche  le  nostre  mogli  ed  i  nostri 
figli  ed  anche  per  questo  dobbiamo  aver 
cara  la  vita.  D'altronde  noi  pure  desideriamo 
il  bene  e  la  pace,  noi  pure  siamo  stanchi  di 
questa  lotta;  e  intanto,  di  gionio  e  di  notte, 
stiamo  in  continuo  timore,  perche  non  ab- 
biamo pace. 

1)  Al  finire  di  queste  parole  tutti  ci  al- 
zammo  e  cominciammo  il  canto  che  voi  chia- 
mate  col  nome  generico  di  Bakururvi,  che 
duro  fino  all'alba. 

»  Cosi  pass6  la  notte  ed  al  mattino,  presto, 
ciascuno  prese  il  suo  arco  e  le  sue  freccie, 
e  se  ne  ando  al  posto  assegnato,  pronto  a 
qualunque  evento.  II  mio  amico,  al  quale 
non  lasciai  di  dare  le  mie  istruzioni,  con  pochi 
altri,  stette  un  po'  ad  osservare,  e  poi  di- 
scese  alle  vostre  capanne,  e  parlo  ai  missio- 
nari.  ...  II  resto  tu  lo  sai  meglio  di  me;  ma 
io  ti  dico  che  io  vidi  il  fumo,  il  segno  conve- 
nuto  di   pace. 

»  Riunitici  nuovamcnte  al  luogo  indicate, 
chi  ando  in  mio  luogo,  di.sse:  —  Compagni, 
stiamo  contenti;  non  pensiamo  male;  quest! 
civilizzati,  non  sono  come  gli  altri.  Sono 
Inioni  e  ci  vogliono  bene.  Io  non  so  die  cosa 
ho  sentito  e  veduto,  e  certo  die  niai  ho  pro- 


vato  cosa  simile.  Ricordai  cio  che  disse  il 
nostro  capo:  Se  essi  hanno  uno  spirito  buono, 
questo  divenga  pure  nostro  amico.  E  a  me 
parve  che  il  loro  spirito  abbia  detto  che 
non  dobbiamo  ne  temere,  ne  far  nulla  di 
male,  che  sono  buoni,  che  dobbiamo  fidarci 
di  loro  e  con  loro  rimanere.  Uno,  che  chia- 
niano  Padre,  mi  parlo  tanto  bene  e  si  mostro 
cosi  buono,  che  di.ssi  tra  me:  No,  questi  non 
sono  come  gli  altri  civilizzati!  E  fu  il  Padre 
che  mi  parlo  dello  spirito  buono,  me  lo 
mostro;  lo  aveva  in  un  gran  foglio.  Ho  visto 
anche  un  altro  spirito  che  chiamano  Maria, 
cosi  bello,  cosi  attraente,  che  io  non  potei 
resisterc  all'influenza  sua.  Io  lo  guardavo, 
ed  esso  pure  mi  guardava,  pareva  che  vo- 
lesse  parlare  e  sorrideva  a  me,  tanto  che 
io  rimasi  fuori  di  me  e  dissi:  Ma  guarda, 
pare  che  mi  conosca,  non  ha  paura  di  me. 
E  udii  la  voce  sua  che  mi  diceva:  Non  far 
male  a  questi  die  sono  niiei.  Va'  parla  prima 
ai  tuoi  compagni;  di'  loro  die  non  abbiano 
paura,  che  vengano  qui,  che  stiano  qui,  che 
tutto  di  bene  e  di  buono  riceveranno  da 
questi,  che,  solo  per  i  Bororos,  per  voi,  sono 
venuti  qui!  Io  domandai  chi  era  ed  il  Padre 
mi  disse  che  si  chiania  Maria,  la  madre  dello 
spirito  buono,  che  si  cliiama  Gesii.  Io  non 
so  chi  sia:  ma  mi  sento  cambiato,  non  sono 
pill  quel  di  prima  e,  come  ha  detto  il  Padre, 
voglio  andare  a  chiamare  i  nostri  compagni 
perche  vengano  a  stabilirsi  tutti  qui.  Siete 
voi  contenti?  Vedete  che  noi  siamo  pochi, 
i  nostri  piedi  sono  stanchi  di  correre  e  di 
cercare  un  rifugio  come  lo  cerca  la  tigre  che 
noi  perseguitiamo;  e  le  nostre  frecce  non  e 
piu  la  tigre  e  il  porco  che  le  spuntino  e  rom- 
pano...  I  tempi  di  nostra  felicita  se  ne  sono 
andati!  Che  sia  ora  che  tomino  a  sorriderci 
nuovamente?! 

t  Quella  notte  fu  un  Imigo  commentare; 
chi  non  voleva  credere  e  ancora  dubitava, 
chi  diceva  che  voi  ci  avreste  ingannati  e  col 
tempo  ci  avreste  trattati  male  ed  uccisi;  dii 
diceva  il  contrario.  Infine,  tutti,  contenti 
e  soddisfatti  approvarono  la  risoluzione  di 
lasciarvi  in  pace,  di  iidarsi  di  voi  e  si  dispo- 
sero  a  partire  il  giomo  seguente  per  recarsi 
ad  annunziare  ai  compagni  ed  alle  faniiglie 
il  fatto,  e  ritoniarc  poi  tutti  assieme,  come 
difatti  si  fece... 

{ConltHua). 


bn  approMzione  ecclesiasllu.   -0.  OOMENICO  GARNERI,  Diiellore-responsablle.  —  Torioo,  1931  -Ilpogtalia  della  Social^  EiiJIiice  lileroaiiooala. 

■^   ^o    ^ 


OFFERTE  PERVENUTE  ALL  A  DIREZIONE. 


OFFERTE  PER  LE  MISSIONI 

X>.  G.  Castagna  (Roma)  invia  come  dono  degli 
alunni  student!  dcU'Ospizio  S.  Cuore  di  Gesu 
in  Roma  un  pacco  francobolli  usati  e  L.  300  a 
favore  delle  Jlissioni  Salcsiane  come  quota  an- 
nuale  dell'Associa/.ione  Gioventil  Missionaria.  — 
R.  Sig.  D.  P.  Villa  (Izmir)  offerte  L.  18,70. 
*** 

I  bambini  e  le  bambine  della  S.  Cresima  di 
Formello  mandano  a  '/i  del  loro  vescovo  mons. 
Olivares  lire  50  come  offerta  per  i  bambini  della 
povera  Ciua. 

**» 

Gli  alunni  dell'Istituto  Salesiano  di  Haifa  (Pa- 
lestina)  a  prezzo  di  piccoli  sacrifizi  e  privazioni 
hanno  raccolto  lire  100  che  intendono  mandare 
al  rev.  sig.  Don  Cimatti  a  vantaggio  della  mis- 
sione  del  Giappone. 

BATTESIMI. 

Farotto  Olga  (Torino)  pel  nome  a  una  cinesina. 

—  Chiotti  Anna  (Torre  Pellice)  pel  nome  Frizzolo 
Rosanna. 

Boggio  Annetta  pei  nonii  Pielro,  Antonio  — 
Bottoni  Maria  (Busto  Garolfo)  pel  nome  Samnele 
Angelo  —  Rairaondi  Candida  (Busto  Garolfo) 
pel  nome  Carlo  Gerolamo  —  Suor  Francesca, 
terziaria  francescana  (Fori!)  invia  a  nome  di 
Pier  Ugo  piccolo  bimbo  di  tre  anni,  I'offerta  per 
il  riscatto  di  una  bambina  che  si  desidera  sia 
chiamata  Pierina.  Qucsta  sara  considerata  come 
sua  sorellina  spirituale,  affinchd  I'aiuti  a  ringra- 
ziare  la  Beata  Vcrgiue  Ausiliatrice  e  il  Beato 
Don  Bosco  per  la  grazia  ottenuta  del  migliora- 
mento  di  salute  del  suo  caro  papi  affetto  da 
un'ostinato  a.sma  broncliiale;  esso  ha  gia  ripreso 
il  suo  ufficio  di  mugnaio  —  Figazzolo  Giuseppe 
(Occjmiano)  pel  nome  Giuseppe  —  Arciprcte  di 
Lu  Mon(errato  pel  nome  Maria  Giuseppina  — 
Cacioli  suor  Teresa  (Istia  d'Ombrone)  pei  nomi 
Maria,  Irene,  Emma,  Giuseppina  —  Turchetti 
Ofelia  (Lavezzola)  pei  nomi  Maria  Teresa,  Elvira 
Chinassi,    Turchetti  Giuseppe. 

Direttrice  Asilo  infantile  (Cardano  al  Campo) 
pel  nome  Maria  I.uigia  —  Direttrice  Asilo  in- 
fantile (Cardano  al  Campo)  pel  nome  Angelina 

—  Pagan  Quito  (Venezia)  pel  nome  Cesare  — 
Ferrero  Francesca  (Bra)  pei  nomi  Maria  Anto 
nietta,  Agoslino  —  Lanzatti  Maurizio  (Torino) 
pei  nomi  Maurizio,  Alessandro  —  Deflorian 
Maria  (Tesero)  pel  nome  Maria  —  Romanin 
Serafina  (Cordenons)  pel  nome  Carlo  —  Gian- 
netto  Viucenzo  (Castiglione  Sicilia)  pel  nome 
Carmelo  Giuseppe  —  Ferrero  Teresa  (Novi  Li- 
gure)  pel  nome  Rita  —  OtTeddu  Melchiorre  (Sas- 
sari)  pel  nome  Melchiorre  —  Cavinato  Anto- 
nietta  (Pozzoleone)  pel  nome  Maria  Antonietta 

—  MartincUi  I.,eonilde  (Castelccrino  di  Soave) 
pel  nome  Forttinata  —  N.  N.  (Ospitaletto  Bre- 
sciano)  pel  nome  Maria  Rosa  —  Cavallotti  cav. 
(iiacomo  (Torino)  pel  nome  Ugo  Cavallotti  — 
Cofetti  Teodora  pel  nome  Rosa  —  Gallo  Albin 


(Confienza)  pei  nomi  Migliavacca  Bernardo,  Pie- 
rina  —  Cattaneo  Abeic  (Castellanza)  pel  nome 
Eugenio  —  N.  N.  pel  nome  Francesco  —  Sco- 
lari  Francesca  (Ospitaletto)  pel  nome  Luigi 
Carlo  —  Mosca  (Ivrea)  pei  nomi  Giacomo,  Giu- 
seppe, Adelaide,  Maria  —  Seren  (Ivrea)  pel  nome 
Antonio  —  Marietta  Alfredino  (Locarno)  pel 
nome  Amhrogio  —  Radici  Mary  (Ospitaletto) 
pel   nome   Francesco   Domenico. 

Scarpa  Giuseppe  (Venezia)  pei  nomi  Cecilia, 
Angelina  —  Branca  don  Attilio  (Trino  Vercel- 
lese)  pel  nome  Angelo  Virginia  —  Testone  don 
Carlo  (Castcggio)  pei  nomi  Carlo,  Luigi  —  Ga- 
speri  Anna  (Trento)  pel  nome  Giuseppe  Guido 
Giovannini  —  Direttrice  Albergo  dei  Fanciulli 
(Genova)  pei  nomi  Maria  Fassio,  Guido  Fassio 
—  Bronda  Giuseppina  (Nizza  Monferrato)  pei 
nomi  Filippo,  Ltiigia  —  Famiglia  Perino  (Ivrea) 
pel  nome  Franca  Caterina  —  Gavazzeni  M.  (Ber- 
gamo) pel  nome  Bernardino  Giovanni  Bosco  — 
Brasca  Gina  (Milano)  pel  nome  Gina  —  Ivaldi 
(Ivrea)  pel  nome  Pierina  —  Sofia  (Bergamo) 
pel  nome  Pietro  —  Chiotti  Maria  (Ottobiano)  pei 
nomi  Pietro.  Enriro  —  Toschi  D.  (Cremona)  pei 
nomi  Agostino,  Giovanni  —  Taraglio  Teresina 
(Ivrea)  pei  nomi  Teresina,  Luigi  —  Carnevale 
D.  pei  nomi  Benone,  Angelo  —  Moretti  Paola 
(Padova)  pei  nomi  Lieta,  Lucia  —  Suor  Chiotti 
(Ottobiano)  pei  nomi  Pietro,  Enrico. 

Cooperatori  di  Montechiaro  d'Asti  pei  nomi 
Maria  Teresa,  Giuseppe  Adeodato  —  Graziani 
Carolina  (Cotiguola)  pei  nomi  Savorelli  Giovanni, 
Graziani  Annetta  —  Signorini  don  Mario  (Por- 
denone)  pei  nomi  Antonio  Rebesco,  Signorini 
Mario,  Visentin  Giuseppe  Ferdinando  —  Bof- 
fano  Marianua  (Cuneo)  pei  nomi  Eugenia,  Ma- 
rianna  —  Belloni  Laura  (Bagnacavallo)  pel  nome 
Paola  —  Pellizza  Giovanni  (Merate)  pei  nomi 
Ambrogio,  Giacomo  —  Opczzo  Antonio  (Costan- 
zana)  pei  nomi  Maria,  Matteo  —  Sorelle  De  Flo- 
rian  (Tesero)  pei  nomi  Bernardina  Caterina,  Pio 
Costantino  —  Bianchini  Antonio  (Thiene)  pei 
nomi  Antonio.  Angelina  —  Famiglia  Piazza 
(Jlonza)  pei  nomi  Cesare.  Camillo  —  Circolo 
cattolico  San  Siro  (Soresiua)  pei  nomi  Luigi, 
Pietro  —  Sante  Agnese  (Jesi)  pel  nome  Annun- 
ziata  —  Famiglia  Trivulzio  (Monza)  pel  nome 
Pier  Battista  —  Enrico  Os.sola  pel  nome  En- 
rico —  Marchesi  .'\nialia  (Monza)  pel  nome  Ma- 
rio —  N.  Rosa  (Legnano)  pel  nome  Giovanni  — 
Convitto  Banfi  (Legnano)  pel  nome  Sabina  — 
Famiglia  Marchesi  (Monza)  pei  nomi  Giuseppe, 
Amalia,  Virginia,  Domenico  —  Zeni  Maddalena 
(Tesero)  pel  nome  Giovanni  —  Bonomi  Erminia 
(Ospitaletto)  pel  nome  Anna  Maria  —  Abeni 
Teresina  (Ospitaletto)  pel  nome  Teresina  Giu- 
lia  —  Ruggeri  Ferdinaudo  (Cremona)  pel  nome 
Enrico  —  Bocchi  dott.  Guido  (Cremona)  pel 
nome  Adriano  —  N.  N  pei  nomi  Luigi,  Teresa 
Pierina  —  Classe  3*  eleraentare  (Tonezza)  pel 
nome  Antonio  Giovanni  —  Famiglia  Crovato 
(Thiene)  pel  nome  Riccardo  —  Mosca  Giuseppe 
(Thiene)  pel  nome  Lucia  —  Contro  Orsola  (Thie- 
ne) pel  uome  Giovanni  BosCo 


CURIOSITA 


COMUNISMO  E  ANTROPOFAGIA. 

Edward  C.  Long  ha  visitato  uno  dei  piii  soli- 
tari  paesi  del  mondo;  la  parte  meridionale  della 
Nuova  Guinea,  meno  nota  delle  regioni  polari. 
E  vi  conobbe  i  Papua,  comunisti  al  cento  per 
cento.  Essi  dividono  iafatti  i  loro  possedimenti 
in  parti  uguali  e  non  concepiscono  che  una  de- 
sideri  di  possedere  pii  di  un  altro.  II  medico 
govemativo  diede  un  giomo  a  uu  Papua  una 
scatola  di  pillole  che  andavano  prese  ogni  quat- 
tro  ore.  Tomato  dal  suo  malato  gli  domandd  se 
gli  avessero  fatto  bene,  ma  il  poverstto  rispose 
che  I'esito  era  stato  nuUo,  perche  aveva  dovuto 
distribuire  le  pillolc  tra  i  suoi  compagni.  I  Pa- 
pua sono  cannibali  e  cacciatori  di  teste,  Quando 
gli  Olaudesi  teutarono  di  introdurre  ilcommercio 
neUa  Nuova  Guinea  meridionale,  il  primo  e  il 
secondo  ufficiale  della  nave  furono  uccisi  e  man- 
giati.  I  bambini,  quando  hanno  fame,  prendono 
i  pulcini  e  li  mangiano  crudi. 

UN  LAGO  DI  SALE. 

Un  gruppo  di  scienziati  ha  receutemente  vi.si- 
tato  il  lago  Eyre,  in  Australia,  che  per  raolti 
anni  ha  fornito  materia  di  e.sagcrazioni  super 
stiziose  agli  indigeni  di  quelle  regioni  piene  di 
bosclii.  II  lago  consiste  in  una  vasta  estensione 
di  sale  solidificato,  di  una  lunghezza  di  oltre 
centocinquanta  chiloraetri  ed  una  larghezza  di 
settantacinque  ed  il  sale  i  talniente  spesso  e 
duro  che  uu  carro  carico  vi  puo  passar  sopra 
senza  pericolo.  La  quantity  di  sale  esistente  in 
questo  imnicnso  deposito  si  fa  ascendere  ad 
oltre  tre  miliardi  di  tonnellate,  che  per6  non 
puo  essere  utilizzato  commcrcialiuente  per  la 
grande  distanza  dai  centri  civilizzati.  Lo  spes 
sore  del  sale  varia  dai  quindici  ai  quarantadue 
centimetri.  Nel  lago  di  sale  sboccano  cinque 
fiumi,  ma  il  loro  profluvio  i  intermittente  e  I'ec- 
cessivo  calore  della  regione  fa  rapidamcnte  eva- 
porare  il  sale  che  esse  contengono.  L'intera  sn- 
perficie  i  sicura,  con  la  sua  apparenza  di  un 
marc  ghiacciato  in  territorio  tropicale. 

GRILLI  CINESI. 

II  seltimo  niese  lunare  scgna  il  principio  del- 
I'autunno,  ed  i  grilli  cantano  sui  cantoni  dellc 
case.  II  grillo  i  tletto  in  cinese  classico  Hsihsui 
ed  in  lingua  volgare  viene  chiamato  Ch'u-chii. 
In  antico  era  appellato  Ts'uchic.  I  caratleri 
con  cui  si  scrivono  questi  due  monosillabi  si- 
gnificano  «  afTrettarsi  a  tes.sere  »,  cioi  ricorda- 
vano  che  era  I'epoca  di  pensarc  a  tessere  le 
stofle  per  protcggersi  dal  freddo,   jj  percio  die 


i  cinesi  dicono:  Quando  i  grilli  canlano  la  donna 
pigra  teme.  Molti  cinesi  acchiappano  i  grilli  colla 
rete  a  mano  e  li  mettono  in  una  gabbietta  onde 
aUevarli  e  sentirli  cantare.  Ma  vi  sono  di  queUi 
che  li  allevano  per  i  combattimenti,  non  per 
far  denaro  ma  per  divertimento.  A  Corte  e  nelle 
case  principesche  il  combattimento  dei  grilli  era 
uno  spettacolo  interessante. 

II  combattimento  aweniva  a  questo  modo.  I 
due  grilli  combattenti  erano  messi  nel  fondo  di 
un  yaso  cilindrico  di  porcellana.  Appena  si- 
tuati  nel  recipiente  essi  non  si  slanciavano  uno 
contro  I'altro,  ma  prima  cantavano.  Si  acchiap- 
pavano  quindi  per  la  bocca  e  lottavano  fino  a 
che  uno  dei  due,  sconfitto,  scappava  a  rifugiarsi 
sul  bordo  del  vaso.  Era  co.si  deciso  quale  dei 
grilli  perdeva. 

IL  BACILLO  DELLA  LEBBRA. 

fe  stato  isolate  il  bacillo  della  lebbra  e  gli 
uomini  di  scienza  affermano,  senza  esagerare, 
che  si  tratta  di  uno  dei  piii  importanti  passi 
avanti  fatti  dalla  scienza  medica  moderna.  11 
grande  inerito  ^  dovuto  al  dott.  Hermann  Do- 
sta,  batteriologo  Viennese,  il  quale  non  solo  ha 
identificato  la  causa  della  malattia,  ma  ha 
anche  preparato  un  siero  per  la  sua  cura.  Per 
diecine  di  anni  la  lebbra  ha  frustrate  gli  sforzi 
fatti  per  tentare  di  isolare  i  bacilli  che  la  provo- 
cano.  D'altra  parte,  i  metodi  di  cura  adoperati 
per  il  passato  sono  stati  poco  efficaci. 

DELIZIE  TURCHE. 

La  confisca,  per  motivi  sanitari,  di  alcuni 
sacchi  di  merce  nel  porto  di  Glasgow  —  scri- 
vono da  Londra  al  a  Temps  »  —  pcrmette  oggi  di 
apprendere  con  quali  slraordinari  ingredient! 
siano  fabbricati  dolci  orientali  noti  sotto  il  nome 
armonioso  Dirahat  Jekum,  cioe  «  deHzie  turche ». 
Arrivavano  a  Glasgow  diversi  sacchi  di  miste- 
riosa  merce,  dai  quali  si  sprigionava  ingrato 
odore.  Le  autoriti  di  Glasgow  decidevano  di 
vedcre  che  cosa  i  sacchi  racchiudevano  ed  eb- 
bero  la  sorpresa  di  trovarli  pieni  di  code  di  ani- 
mali.  Ve  n'erano  di  tutte  le  qualitii,  lunghe  e 
corte,  nude  e  pelose,  e  fra  le  altre  ccntinaia  di 
code  di  topi,  di  scimmie,  di  gatti,  di  cani.  Si 
e  rintracciato  il  mittente,  il  quale  ha  dichiarato 
che  faceva  acquisto  in  tutto  il  mondo  di  code 
di  animali,  senza  curarsi  della  razza  per  estrarne 
la  gclatina  usata  per  la  fabbricazione  dei  dolci 
lurchi.  R  questi  dolci,  cosi  confczionati,  veui- 
vano  poi  messi  in  commercio.  I  buongustai  sono 
avvisati. 


Printed  in  Italy 


Anno  IX  -  Num.  3 


15  MARZO  1931  (IX) 

PUBBUCAZIONE   MENSILE 


C.  C.  Postale 


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^^^^^^S! 


soi^.i:!vi^xi«io 

II   centenario   de!    bcato   Odorico  da  Pordcnonc.  —  Don  Bosco  in  Inghilterra.  —  Collaborazionc   Missionaria. 
DALLE  LOMTANE  MISSIONI:   Le  due  sorelline.   —   II   mio  postino.   —    Una    buona   retata.  —  II  XIX 

anniversario   dclh    Repubblica  Cinese.   —   Premio   missionario.   —  Curiosita   del   Siam. 
SUPERSTI210N1   E   RITI   PAGMMI:   I    .Bonzi»   dclla   Cina. 

DALLE  RIVISTE  MISSIONARIE:   La  ferocia   dei   Caiamos.   =   Ladri   sacrilcghi. 
RACCONTI:    UKE   WAGUU.   —   Emil,  il   pastorello  dei   campi. 


Genfili 


^  Gioventii 


Lettori! 


issionana 


rivolge  a  Cuscuno  di  voi  la  preghiera  di  volervi  adoperare  per 
una  propaganda  attitiissima  per  aumentare  il  numero  degli  ah- 
honati  pel  1931.  ^'B  Sia  un  Vanto  per  ognuno  di  voi  record 
UNO  O  PIU  NUOVI  ABBONATI  tra  i  vostri  amid.  Da 
parte  nostra  —  oltre  la  riconoscenza  doverosa  per  tutti  i  pro- 
pagandisti  che  d  daranno  la  loro  cooperazione  missionaria  — 
premieremo  i  piu  attivi  e  benemeriti. 

Ricordino  i  nostri  Amici: 

1  -  Di  specificare  che  si  tratta  di  abhona- 
mento  a  Gioventu  Missionaria  pel  1931. 

2  -  Scrivere  chiaro  e  completo  lindirizzo, 
colla  relativa  via  e  provincia  e  numero 
del  quartiere   postale. 

3  -  Si  prega  di  indicare  sempre  se  ['abbona- 
mento  e  NUOVO,  oppure  RINNOVATO. 

4  -  Chi  spedisce   con    altro   mezzo  I'abbona- 
mento,  findirizzi  esclusivamenle  alia 

Amministrazione  di  "Gioventu  Mis- 
sionaria "  —  Via  Cottolengo,  N.  32 
-  Torino  (109). 


IDnnUlMEirrn*   ^^^  L'ITALIA:  immale  L    6,20 
AUBUHAmfillHU.   PER  t-BSTBRO:      „       L.  10 


Sistiiitire  L.  10   -   TlUMo  L.  100 
L  16    -        „        L.  200 


Anno   IX   -   Num.   3 


Pubblicazione  mensile 


Marzo    1931    (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


RJCHIAMO  NECESSARIO.  —  Un  buon  numero  di  noslri  amici  hanno  rabiluJine  di  farci  per- 
len/re  /  loro  abbonamenii  per  mezzo  di  libierie.  Pregh/amo  lulli  di  voler  inviare  direllamenle 
labbonamento  allAfAMINISTRAZlONE  -  VIA  COTTOLENGO.  52  -  TOR/NO.  109  per  nan 
coslringerci  ad  una  doppia  conlabilila  che.  con  la  scarsezza  del  personale.  ci  sarebbe  mollo  fasti- 
diosa.  Resta  pure    la    diffida   pubblicala    in    lufli   i    numeri,    che    I'Amminislrazione    risponde    solo 

dei  proprii  abbonali  direlti. 


IL  CENTENARIO 


del  beato 
Odorico 


Ecco  un  grande 
missiouario,  degno 
di  essere  ricordato 
benche  da  6  secoli 
sia   morto! 

Odorico  da  Por- 
denonc  nacque  iu- 
torno  al  1265.  Al- 
I'etadi  i5anni  (ver- 
so il  1280)  entro  tra 
i  Frati  Minori  nel 
Convento  di  Udine 
e  ivi  attese  alia 
conquista  delle  \'irtii 
religiose.  Verso  il 
1291  ebbe  notizia 
di  una  lettera  man- 


da    Por- 
denone 


data  dalla  Cina  da 
Giovanni  da  Monte- 
corvino,  il  quale  ri- 
feriva  cose  prodi- 
giose  di  quel  lontani 
popoli  e  supplicava 
perche  molti  accor- 
ressero  in  sue  aiuto 
per  I'evangelizza- 
zione  di  tante  ani- 
nie. 

Odonco  maturo 
i'idea  missionaria  e 
chiese  ai  suoi  supe- 
riori  di  partire.  A- 
\-uto  il  permesso  nel 
IJ14   parti     per    la 


ff 


Cina.  II  suo  viaggio  e  la  piu  bella  epopea  che 
niissionario  mai  abbia  compiuto.  Rifiettete 
un  momento:  senza  alcuna  preparazione 
logistica,  quasi  solo,  il  coraggioso  Odorico 
affronta  un  viaggio  di  quella  fatta  a  quel 
tempi,  tra  popoli  sconosciuti  e  barbari; 
dall'Italia  salpa  per  Costantinopoli,  tocca 
Trebisonda,  attraversa  I'Armenia  e  arriva 
a  Ormuz.  Di  la  s'imbarca  per  la  costa  di 
Malabar  e  ivi  apprende  il  martirio  su- 
bito  a  Tana  da  quattro  Francescani  di- 
retti  in  Cina:  ne  raccogUe  piamente  le 
ossa  e  col  prezioso  tesoro  continua  il 
lento  pellegrinaggio,  toccando  Ceylan, 
Sumatra,  Giava,  Borneo  e  approda  alle 
coste  cinesi  meridionali.  Prosegue  e  arriva 
finalmente  a  Zaiton  dove  affida  il  pre- 
zioso carico  delle  reliquie  dei  fratelli  mar- 
tiri  ai  quattro  Francescani  che  evangeliz- 
zavano  la  regione  col  Vescovo  Andrea  da 
Perugia.  Non  si  arresta  ancora:  risalendo 
il  canale  imperiale  avanza  e  perviene  fi- 
nalmente a  Kambalic  (Pechino)  dove  si 
mette  alle  dipendenze  di  Giovanni  da 
Montecorvino. 

Era  circa  il  1327:  il  suo  viaggio  ne  fa- 
cile, ne  breve  era  durato  la  bellezza  di 
13  anni!  A  Kambalic  riraase  quasi  tre 
anni,  e  poi,  per  obbedire  a  Giovanni  da 
Montecorvino,  incomincio  il  viaggio  di 
ritorno  per  riferire  al  Papa  sui  bisogni  di 
quel  popoli  e  cercare  nuovi  operai  per  la 
vigna  del  Signore.  Questa  volta  non  ri- 
fece  il  viaggio  di  andata,  ma  tento  una 
nuova  via  pel  Kansu,  pel  Tibet,  India  e 
Persia,  donde  s'imbarco  per  1' Italia. 
Usando  di  tutti  i  mezzi  di  trasporto  che 
pote  avere  a  sua  disp;)sizione,  egli  per- 
corse  rapidamente  I'enorme  distanza,  se 
nel  1330  lo  vediamo  a  Padova  riposarsi 
alcun  tempo,  dettando  per  obbedienza 
al  suo  Provinciale,  la  narrazione  del  viag- 
gio, lasciando  cosi  ai  posteri  un  docuniento 
delle  sue  gesta  in  queW It inerario  che  di- 
venne  un  incitamento  nieraviglioso  di  vo- 
cazioni  missionarie. 

Poi  ando  a  Pisa  per  imbarcarsi  alia 
volta  di  Avignone,  dov'era  il  Papa,  ma, 
amnialatosi,  ritorno  al  caro  convento  di 
Udine  dove  fini  la  sua  vita  il  14  gen- 
naio  1331. 

Non  merita  forse  la  vita  di  questo  in- 
treijido  missionario  di  essere  rievocata  ed 
esaltata?  Fgli  fu  uno  di  ({uei  meravigliosi 


uomini,  che,  pieno  di  spirito  di  sacrificio 
e  di  zelo  per  la  salvezza  delle  anime,  di- 
schiuse  all'Ordine  Francescano  le  fiorenti 
missioni  della  Cina. 

I  sacrifizi  di  quegli  eroi  non  riusci- 
rono  inutili,  anche  se  le  persecuzioni  di- 
spersero  troppo  presto  le  promettenti  cri- 
stianita  da  essi  stabilite  nella  Cina.  Sul 
loro  esempio,  tanti  altri  s'immolarono  per 
la  causa  missionaria:  ed  oggi,  a  distanza 
di  6  secoli,  ne  possiamo  misurare  il  fe- 
condo  risultato.  I  Figli  di  S.  Francesco 
hanno  in  Cina:  «  12  Vicariati,  2  Prefetture 
e  2  Missioni  con  circa  400  Missionari  e 
600  Alissionarie  Francescane.  Anche  nel- 
I'anno  scorso  un  drappello  di  fratelli  del 
Beato  Odorico  si  e  recato  alle  frontiere 
del  Tibet  preparato  ad  entrare,  quando 
sara  I'ora  della  Provvidenza,  in  quella  mi- 
steriosa  regione  di  cui  egli  fu  il  primo  Eu- 
ropeo  a  calcare  il  suolo.  Quattro  conventi 
contano  gia  circa  100  giovani  I'-rancescani 
cinesi,  mentre  un  grandioso  CoUegio  Ceri- 
trale  a  Hankow  prepara  numerose  re- 
clute  per  un  vicino  doniani.  Tutto  cio 
serve  come  di  magr.ifica  cornice  al  quadro 
del  Centenario  che  Udine,  I'Ordine  Fran- 
cescano e  ritalia  stanno  preparando  al 
loro  degno  figlio  »   (i). 

D    G. 

(i)   1'.   C.  SiLVESTRi  ne  L'Osservalore  Romaiin. 

Don  Bosco  in  Inghilterra. 

II  B.  Don  Bosco  ha  sempre  voluto  beue 
airinghilterra.  F,  si  deve  ad  uno  dei  suoi 
alunni  prediletti  —  Domenico  Savio  --  se 
il  Beato  fin  dai  primi  anni  del  suo  apo- 
stolato  (verso  il  1856)  volgeva  lo  sguardo 
a  quella  contrada,  dove  tante  anime  sono 
ancor  oggi  fuori  del  grembo  della  Chiesa. 

Voi  ricordate  con  quale  ardimento  Savio 
Domenico  si  presentava  un  giorno  a  Don 
Bosco  in  procinto  di  partire  per  Roma 
e  gli  recava  un  messaggio  dell'Alto  che 
suonava  comando:  —  Quando  sara  a  Roma 
e  vedra  il  Papa,  non  si  dimentichi  di  dirgli 
che  non  cessi  di  lavorare  con  zelo  per  la 
conversione  dell'Inghilterra,  perch^  Dio 
prejjara  un  giande  trionl'o  alia  religione 
cattolica  in   (juel   paese. 


42 


Sappiamo  die  Pio  IX  accolse  con  com- 
mozione  e  conipiacenza  il  messaggio  del 
pio  giovanetto.  Pochi  mesi  dope  Savio 
Domenico  volava  al  cielo...  e  il  Beato  Don 
Bosco  che  continue  sempre  con  gran  zelo 
a  incoraggiare  i  suoi  giovani  a  pregare 
per  la  conversione  dell'Ingliilterra,  prima 
di  morire,  aperse  a  Londra  un  suo  istituto. 

Dopo  la  Beatificazione  di  D.  Bosco, 
1 'Opera  salesiana  in  Inghilterra  risenti 
I'efficacia  della  speciale  protezione  di  lui. 
ICcco  un  bel  gruppo  di  giovani  esultanti 
intorno  alia  statua  del  Beato:  son  aspi- 
ranti  missionari  del  nuovo  CoUegio  che 
sulle  pittoresche  coUine  di  Shrigley,  nel 
centro  dell'Ingliilterra,  fu  aperto  come 
omaggio  al  Padre  dai  figli  Inglesi  e  Ir- 
landesi. 

I,a  casa  —  appartenente  a  un  colon- 
nello  in  ritiro  —  fu  acquistata  nella  pri- 
mavera  del  1929  merce  la  genero=ita  del 
Rev.mo  D.  Tornquist:  ma  dove  trovare 
gli  aspiranti?  Si  prego  il  Beato  di  volerli 
suscit-^re  ..    Nel    luglio    un    Salesiano    es- 


sendo  andato  a  predicare  in  Belfast  una 
missione  a  quella  colonia  italiana,  il  par- 
roco  I 'invito  a  parlare  alia  gioventu  della 
sua  parrocchia  e  ben  18  giovani  dopo  la 
conferenza  si  presentarono  al  sacerdote 
esprimendo  il  desiderio  di  essere  aspi- 
ranti missionari.  I  genitori  diedero  loro 
generosamente  il  consenso.  Parenti,  amici 
e  conoscenti  il  giorno  della  partenza  li  ac- 
compagnarono  al  porto,  augurando  loro 
un  lieto  successo  nella  loro  voca''on'  e 
assistettero  ad  una  scena  commovente. 
Appena  quei  generosi  aspiranti  furono  sul 
ponte  della  nave,  s'inginocchiarono  e  fra 
la  nieraviglia  dei  presenti  —  cattolici  e 
protestanti  —  intonarono  un  inno  di  ri- 
conoscenza    a    Maria    Ausiliatrice. 

Cos!  I'lrlanda,  che  da  secoli  in  via  oltre 
i  niari  i  suoi  missionari,  ebbe  I'onore  di 
fomire  il  primo  nucleo  di  aspiranti  a 
Shrigley.  L'anno  seguente  essi  avevano 
gia  raggiunto  il  centinaio,  ed  ora  non  c'e 
contea  d'Inghilterra  ed  Irlanda  che  non 
abbia  a  Shrigley  un  suo  rappresentante. 


43 


Collaborazione  Missionaria, 


Un  invito  a  co/Iaborare. 

So  die  siete  disposti  con  grande  zelo  a  la- 
vorare  per  la  grande  Crociaia  della  salvezza 
delle  anime!  So  che  fra  le  tante  missioni  vo- 
lete  bene  alia  missione  giapponese ,  la  piu  po- 
vera  di  tutte! 

E  domandate  in  quali  forme  pratiche  po- 
tete  venirci  in  aiuto.  Oh  siate  benedetti! 

Qualsiasi  forma  adoperiate:  i)  vogliate  pre- 
mettervi  la  preghiera  quotidiana  e  I'offerta  di 
piccoli  sacrifici;  poi  eccovi  varie  forme  pra- 
tiche: 

2)  Pagare  per  una  giornata,  un  mese.  un 
anno  il  pane  alio  studentato  filosofico  o  al 
piccolo  seminario  e  aspirandato  (L.  it.  50  al 
giorno) . 

3)  Prendersi  a  pi-oprio  carico  o  diretta- 
niente  o  per  Vopera  pontificia  la  pensione  di 
lino  studente  o  di  un  allievo  (L.  it.  150  al 
mese). 

4)  Far  celebrare  Ss.  Messe  nelle  chiese  dei 
missionari. 

5)  Confezionare  e  procurare  oggetti  per  le 
chiese,  per  i  poveri,  per  divertimento,  ecc. 

6)  Contribuire  alle  piu  urgenti  costruzioni, 
assumcndosi  la  spesa  di  una  camera,  di  un 
corpo  di  fabbrica,  che  potrebbe  venire  intito- 
lato  secondo  il  desiderio  degli  offerenti. 

7)  Contribuire  al  mensile  dei  catechisti 
(L.  U.   500). 

8)  Contribuire  alle  speac  annuali  di  pro- 
paganda della  bnona  stampa  (L.   it.   10.000). 

E  la  vostra  elemoaina  che  fa  fronte  ai  bi- 
sogni  dei  missionari  per  la  formazione  del 
personate  catechistico  e  del  clero  indigeno;  i 
la  vostra  elemosina  che  propaga  il  Vangelo, 
hattczza,  salva  le  anime,  fonda  cristianitd, 
cappelle,  ospizi,  orfanolrofi,  ospedali  e  di- 
spensari  e  sciiole. 

E  colla  vostra  elemosina  che  si  da  pane  e 
lavoro  a  tanta  povera  gente,  che  guadagna  cosl 
la  vita,  la  frde,  il  cielo. 

Chi  vorrd  ncgarla  vedendo  i  prodigi  della 
vostra  carita,  del  vostro  amore  pel  prossimo? 


Certo  la  missione  giapponese  e  povera,  ma 
ai  tre  di  voi  che  in  quesfanno  piu  ci  verranno 
in  aiuto,  prometto  a  ciascuno  uno  splendido 
regalo  giapponese.  Il-Signore  benedica  voi  e 
noi. 

Miyazahi,   10-9-30. 

D.  V.  ClM.\TTi,  Sales. 
Sup.  Mis. 


Un  belJ'esempio. 

•  II  Sig.   D.    Cojazzi    ci    trasniette    qiiesta 
lettera  che  ci  affrettiamo   a  pubblicare : 

M.  Rev.  Don  Cojazzi , 

Siamo  in  sei  appassionati  alptvisti,  che 
abbiamo  deciso  di  versare  mensilmente  due 
live  per  opera  di  beneficenza;  ed  ecco  che  dopo 
aver  jatto  celebrare  una  S.  Messa  ed  esserci 
accostati  tutti  alia  S.  Comunwne  net  giorno 
deU'inaugurazione  della  nostra  compagnia, 
perche  il  Signore  ci  benedica  e  ci  protegga 
durante  le  gite,  i  miei  compagni  mi  hanno 
incaricfito  di  spedirle  questa  piccola  somnta 
per  il  battesinio  di  un  piccolo  infedele  coi 
nonii  di  Pio-Pier  Giorgio. 

Quali  nomi  potrebt^ero  essere  piu  cari  c  piii 
adjtti  alia  nostra  compagnia  «  Scarponi  u? 
S.  Santitd  e  Pier  Giorgio,  due  Santi  e  due 
alpinisti. 

Abbiamo  scelto  questi  nomi  perche  ci  siano 
di  aiuto  a  diventar  Santi  come  l.oro,  perch? 
alpinisti  siamo  gia. 

La  pregherei  ancora,  se  fosse  possibile, 
spedirmi  una,  sia  pur  piccola,  fotugrafa  del 
battezzando  con  le  relative  spesc^che  mi  faro 
premura  rimborsare. 

Poleo  di  Schio,  2  7-1 -31. 

P.  la  Compagnia  n  Scarponi » 
BOSCHETTI   GkRMANO. 


-    44 


DALLE   LONTANE   MISSIONI 


LE  DUE  SORELLINE 


Ci  avevaiio  amuiuziato  I'arrivo  di  due  so- 
relline.  orfane  di  padre  e  di  madre,  abban- 
donate  e  sole,  clie,  percarita,  erano  state  rac- 
colte  da  una  vicina  di  casa. 

Non  vedeiidole  giungere,  si  fantasticava 
quale  potesse  essere  il  motivo  del  ritardo,  e 
con  quale  mezzo  poterle  avere.  La,  nel  lon- 
tano  villaggio,  le  due  piccine,  cliissa  a  quali 
sofferenze  sarebbero  state  sottoposte;  e  ac- 
cresceva  la  nostra  pena  sapendole  molto  ma- 
laticcie. 

Una  sera,  suU'imbrunire,  ecco  giungere 
alia  Missione  alcuni  cattolici,  tra  i  quali  due. 
clie,  piano  piano  depongono  a  terra  due  cesti 
per  estranie  due  povere  ischeletrite  creatu- 
rine,  la  cui  vista  destava  pieta. 

Erano  le  binibe  da  noi  tanto  aspettate,  e 
nientre  io  procurava  di  calmare  le  piccine 
che,  al  vederci  continuavano  a  piangere  di- 
speratamente,  un'altra  di  noi  contrattava 
coi  portatori...  II  villaggio  lontano,  la  via 
difEcile  per  la  molta  acqua  caduta,  i  fiumi  da 
attraversare,  tutto  congiurava  contro  la  no- 
stra povera  borsa  e  si  fini  col  dare  a  ciascuno 
dieci  rupie  che  costituivano  per  noi  un  bel 
sacrificio.  Ma  si  salvavano  due  animuccie, 
che  avrebbero  attirato  per  noi  i  tesori  della 
Prowidenza  Divina.  Era  questa  la  nostra 
speranza. 

La  madre  delle  piccine  aveva  sofferto  per 
lungo  tempo  una  dolorosa  malattia,  che  len- 
tamente  distruggeva  il  suo  organismo  e  la 
portava  prima  del  tempo  alia  tomba.  II  pa- 
dre, caduto  da  un  albero  moriva  istantanea- 
mente  e  le  piccine,  accolte  da  uno  zio  nia- 
temo,  colpito  da  luia  paralisi  cardiaca,  chiu- 
deva  i  suoi  giomi,  lasciando  gli  angioletti  in 
custodia  di  una  vicina .  protestante  come  loro. 
La  povera  donna,  abbandonata  dal  marito,  e 
lottante  con  la  miseria,  da  principio  ebbe 
pieta  delle  orfanelle;  ma,  in  seguito,  non 
avendo  riso  per  i  sei  suoi  figlioletti,  comincio 
ad  assottigliare  la  razione  di  riso  alle  povere 


piccine,  che  diventavano  sempre  piu  patite 
e  malaticcie.  E  mentre  la  piccina  di  pcchi 
niesi  piangeva  disperatamente,  la  maggiore 
di  4  anni  piangeva  pure,  non  riuscendo  ad 
acquietarla  e  desiderando  anch'essa  quel 
poco  di  riso  che  le  veniva  regalato. 

La  capanna  che,  oltre  ad  essere  angusta,. 
andava  perforandosi  sempre  piu,  decise  la 
donna  a  preparare  una  piccola  stuoia  aH'a- 
perto  sotto  la  veranda  della  vicina  capan- 
nuccia  e  le  bimbe  dormivano  ivi  i  loro  sonni 
innocenti,  inconscie  del  pericolo  di  essere 
vittima   di  qualche  velencso  serpente. 

I  loro  corpicini  pero  deperivano  sempre 
piu.  Sfoghi  cutanei  tormentavano  le  povere 
membra,  tosse  secca  e  continua  molestava 
i  loro  miseri  petti,  nude  o  quasi,  perchfe  i 
cenciosi  vestitini  avevano  oimai  finite  di 
compiere  il  loro  pietoso  ufficio;  tutto  faceva 
presagire  che  prossima  sarebbe  stata  la  fine 
delle  due  povere  ed  infelici  orfanelle... 

L'Aiigelo  buono,  peio,  vegliava  su  loro,  e 
la  Prowidenza  divina  che  provvede  il  nido 
alia  rondine  e  la  rugiada  ai  fiori,  venne  in 
loro  aiuto. 

Bonifacio,  il  catechista  cattolico,  venuto 
a  conoscenza  del  doloroso  caso  delle  due  or- 
fanelle, e  certo  che  noi  le  avremmo  ricevute, 
ce  le  aveva  inviate  e  noi  le  accogliemmo  in 
nome  di  Gesii  benedetto.  Padre  pietoso  di 
tutti  i  miseri. 

Temendo  che  ben  presto  I'Angelo  della 
morte  ne  recidesse  il  tenero  stelo,  ci  aflret- 
tammo  a  far  loro  ricevere  il  Santo  Batte- 
simo. 

Emilia,  la  maggiore,  dopo  cinque  mesi  di 
continua  e  dolorosa  malattia,  ora  e  sana,  vi- 
spa,  intelhgente.  Recita  con  grazia  il  Pater 
e  I' Ave,  conosce  le  prime  lettere  deH'alfabeto 
e  dice  sempre,  che,  quando  sara  grande  si 
fara  Sister.  Giuseppina  ha  compiuto  i8  mesi 
h  viva,  Sana,  paffutella,  intelligente,  muove 
i  primi  passi,  dice  le  prime  parole,  tra  le 


45  ~. 


quali,  le  conipagne  gareggiano  a  farle  ripe- 
tere  i  dolcissimi  iiomi  di  Gesu  e  di  Maria.  Le 
poveie  piccine,  diventate  totalnieiite  nostre, 
fonnano  I'oggetto  delle  nostre  cure  e  noi  le 
consacranimo  a  Maria,  perche  sia  ad  esse 
seinpre  Madre   benigna  e   pietosa. 

Non  vi  sara  nessuno  fra  i  lettori  di  queste 


povere  righe  che  voglia  fare  sua  la  causa 
delle  due  povere  orfanelle  e  aprire  ad  esse  il 
cuore  considerandole  quaU  figlie?...  E  quest  a 
I'ardente  supplica  che  muove  a  voi  la  povera 
scrivente  airapprossimarsi  del  Santo  Natale. 
Suor.  I.  Vauino 
Figlia  di  M.  A. 


IL  mo  POSTING 


Da  geiinaio,  visto  il  non  indifferente  la- 
voro  che  da  la  Missione,  abbiamo  un  ufficio 
postale  a  50  metri  dalla  chiesa.  Ne  e  titolare 
un  nostre  caro  cristiano,  il  quale,  come 
primo  atto,  ha  voluto  mtronizzare  nell'uf- 
ficio  U  quadro  del  Sacro  Cuore.  Prima,  la 
posta  ci  veniva  portata  dal  capoluogo  di 
provincia  e  arrivava  quando  arrivava.  Por- 
talettere  era  un  gran  brav'uomo  che  fii 
anclie  mio  amico  fino  al  giomo  in  cui  rom- 
pemmo  le...  relazioni  diplomatiche.  E,  quel 
che  e  peggio,  questo  fu  per  colpa  mia. 

Sentite  come. 

Comparve  un  giomo  con  un  bel  pacco. 
Ci  sorridemrao.  Contento  lui,  contento  io; 
contenti  perfino  i  ragazzi  con  cui  stavo 
chiaccliierando.  Lui  perche  era  certo  della 
mancia;  io  perche  ricevere  dei  pacchi  fa 
sempre  piacere,  speciahnente  ai  missionari; 
contenti  i  ragazzi.  perche  intra vedevano  che 
qualche  cosa  sarebbe  toccata  anche  a  loro. 

Troppo  ottunismo.  II  pacco  non  era  per 
lue.  Era  indirizzato  ad  un  Missionario  dei 
Padri  Bianchi  in  non  so  pivi  quale  paese 
della  Tunisia  o  Algeria  che  fosse. 

—  Non   e   per   me,   dissi. 

—  Di  chi  ^?  cliiese  il  postino. 


Tentai  di  spiegargli  I'errore  (davvero 
incomprensibOe  anche  per  me,  dati  i  tanti 
uffici  per  cui  il  pacco  era  passato). 

Ma  queH'uomo  sapeva  tanto  di  geografia, 
quanto  io  di...   abitabilita  della  luna. 

—  Ma,  insomma,  mi  disse  mfine  il  po- 
stino, tu  sai  dove  e  questo  paese,  dove  si  trova 
questo  Padre  che  deve  ricevere  il  pacco? 

—  Si,  i  in  Africa,  risposi  io  ridendo. 

—  Allora  facciamo  cosi,  disse  il  postino 
tutto  contento.  Io  ii  lascio  il  pacco:  fa'  il 
piacere    di    darglielo 

Immaginate  quanto  fiato  per  tentare  di 
fargli  capire  che  consegnare  quel  pacco  al 
destmatario  era  per  me  una  passeggiata 
discreta. 

Parole  iiiutUi.  Riporto  indietro  il  pacco, 
ma  da  quel  giomo  il  tenncmetro  della 
nostra    amicizia   fece   uno   sbalzo   indietro. 

Un  mese  dopo  aprivamo  il  nuovo  ufficio 
postale  e  I'antico  portalettere  cambio  me- 
stiere.  Lo  rividi  al  capoluogo,  garzone  in 
un  negozio.  Riusci  a  farnii  fare  un  discrete 
acquisto,  e...  tomanimo  amici. 
Bang-nok-khuek   (Siam). 

GlOBBE   CaRNINI 

All.  Missionario. 


SIAM 


•  St 

^ 

n 

k  >.        ST 

1   ^    JBL_    B.^n 

Distribuzionc 
dei  doni 


46 


UNA  BUONA  RETATA 


II   libraio   c   la   sua   famiglij. 

L'anno  1930  e  passato,  nia  iioii  sara  di- 
menticato  dalle  care  aniine  che  in  esso  eb- 
bero  la  fortuna  di  eiitrare  neH'ovile  di  Gesi'i 
Cristo. 

Oita,  la  nostra  piccola  missione  di  Oita 
ha  avnto  piii  consolazioni  di  queUo  che  ci 
sareinuio  ininiaginato.  E  questo  certo  non 
in  merito  nostro.  Guai  se  il  Signore  guar- 
dasse  a  cio! 

La  volta  precedentt  infonuai  i  miei  ca- 
rissimi  aniici  di  G.  M.  dei  battesimi  dati  dai 
Sig,  D.  Tomquist.  Ad  essi  agginngero  un 
dottore,  capo-reparto  bambini  nell'ospedale 
provinciale,  e  non  nietodista.  Oltre  a  qnesti 
ci  furono  parecchi  battesimi  in  punto  di 
morte;  ma  cjiiello  che  piu  ci  console  si  fn 
I'aver  potuto  nella  notte  di  Natale  rigene- 
rare  nelle   sante   acque  ben  nove   adidti. 

Fra  essi  c'e  nn  giovanotto  di  nome  Mi- 
shiro  che  prese  il  nome  di  Tarcisio;  una 
infenniera  dell'ospedale  provinciale  e  mi 
libraio  con  tutta  la  sua  famiglia. 

Pill  interessante  e  la  questione  del  li- 
braio. Cestui  fu  imo  dei  fondatori  del  re- 
parto  di  Oita  dell'Esercito  della  salvezza  e 
andava  in  giro  per  la  citta  battendo  il  tam- 
buro  e  facendo  prediche  negli  angoli.  La 
grazia  lo  chiamo  alia  vera  religione  ed  egli 
non  esito.  Ebbe  a  lottare  non  poco.  I  pa- 
stori  furono  piii  volte  a  casa  sua  per  dissua- 
derlo,  altre  volte  vi  audarono  coH'auto  per 
portarlo  ai  loro  coiivegni,  ma  egli  riniase 
forte.  Ora  e  figlio  di  Dio.  Lui  e  tutta  la  fa- 
miglia sono  di  un  fen'ore  esemplare.  Tntte 
le  mattine  a  messa,  e  si  preparano  con  entu- 
siasmo  a  ricevere  la  S.  Comunione.  «  Se  non 
ricevo  la  comunione  non  posso  vivere »,  dice 
il  padre.  E  non  solo:  ma    lo  zelo  e.splicato 


prima  nella  setta  protestante  lo  centuplica 
ora  per  la  religione  caltohca.  Fra  le  persone 
condotte  da  lui  alia  missione  c'^  una  dama 
la  quale  dimostra  un  ardire  piii  unico  che 
raro.  «  Se  non  permetti  ch'io  mi  faccia  cat- 
tolica  io  non  .son  pivi  tenuta  a  ubbidirti », 
disse  al  marito  che  faceva  resistenze.  E  il 
marito  le  concesse  di  praticare  pure  libera- 
UK-nte  la  religione. 

II  nostro  pastore  dell'Esercito  della  sal- 
vezza di  Oita  ando  a  Beppu,  \cndette 
aH'incanto  la  sua  divisa  da  pastore  e  cedette 
i  suoi  libri  a  un  negozio  di  libri  vecchi.  Gra- 
zie  a  Dio  il  protestantesimo  in  questa  re- 
gione  decUna  a  tutto  andare.  Per  Pa,squa 
abbiamo  in  vista  altri  battesimi  di  adulti  e 
speriamo  aumentino  sempre  piii. 

Fra  i  catecumeni  ci  sono  dei  giovanotti 
che  il  venerdi  sera  vengono  da  5  km.  di 
distanza  per  studiare  la  religione. 

Caris.simi  amici  di  G.  M.,  pregate,  pre- 
gate  tanto  per  questi  neofiti  e  catecumeni. 
Pregate  poi  perche  noi  missionari  non  ab- 
biamo a  mettere  ostacoli  alia  grazia. 

D.  A    MARni.^Ri.^,   Miss.  Sales. 


Tarcisio. 


47 


IL  XIX  ANN1VER5ARIO 
DELLA    REPUBBLICA    CINESE 


Benche  gli  animi  siano  onnai  satiiri  di 
patriottismo,  pure  per  questa  annuale  ri- 
correnza  vengono  infiamniati  ancor  piii.  Non 
sfuggono  a  questa  saturazione  gli  alunni  delle 
scuole  dalle  Elementari  alle  Universita;  ap- 
posite coiiferenze  quasi  giomaliere,  davanti 
al  quadro  del  riformatore  Sun  Yai  Sen,  ve 
li  dispongono  per  bene,  ed  essi  son  sempre 
pronti  a  cogliere  ogni  iiovita  per  scapric- 
ciarsi. 


(come  il  che  spatuss  piemontese!).  In  verita 
c'6  molta  carta  colorata  disposta  con  piu 
o  meno  gusto  artistico...  e  gli  alunni  gia 
sono  scliierati,  parecchie  ore  prima,  ai  posti 
loro  assegnati:  a  lato  sono  pure  i  soldati  con 
bandoliere  a  tracolla  piene  di  cartuccie,  ed 
i  fucili  con  baionetta  inastata,  sormon- 
tata  da  una  bandierina  di  carta  con  iscri- 
zione  occasionale. 

II  ]5opolo  non  si  fa  pregare  per  pccorrere 


*.OK   CHONG   (Lcu=ha).    =    Sulla   tomba   del    P.    Remigio    Barnicr,     un    apostolo    caduto    ncl    Vicariato 
di   Shiu=Chow,   I   nostri,    ogni    anno,     nell'anniversario    raccolgono     i     cristiani    sulla    tomba   a   pregare 

per   il    valoroso    missionario. 


II  lo  ottobre  {Shetirif;  Shap  Ts'it:  giorno 
della  proclamazione  della  Repubblica)  e  il 
«  gran  giorno  »  delle  manifestazioni  patriot- 
ticlie,  die  ogni  anno  vanno  crescendo  d'in- 
tensita.  I  letterati  elaborano  tempo  innanzi 
i  discorsi  die  poi  leggeranno  ad  alta  voce  al 
popolo  da  appositi  palchi;  i  ragazzi  ed  i  sol- 
dati prcparano  festoni  e  lantenie.  I<e  piazze 
a  prima  vista  e  di  lontano  sembrano  una 
fantasmagoria  di  colori  e  tutti  i  visitatori 
ne  restano  estatici  e  si  scambiano  cspres- 
sioni  di  meraviglia:  die  magnificenza!...  Non 
si  6  mai  vista  cosa  simile!...  Kom  Ka  Sat, 


a  godersi  lo  spettacolo.  Nel  vocio  rumoroso 
della  folia  assiepata  intomo  ad  un  palco  si 
di.stingue  confusamente  I'accanirsi  di  gran- 
casse,  di  tamburi  e  di  alcune  tronibe.  Quandu 
si  stabilisce  il  silenzio  il  mandarino  pronun- 
cia  il  discorso  ufficiale,  esaltando  il  grande 
riformatore  e  proponendolo  all'affetto  e  alia 
devozione  del  popolo.  Allri  oralori  gli  suc- 
cedono,  ma  e  inipo.ssibile  .sent ire  cio  die  di- 
coiio,  perch^  i  Cinesi  si  alibaiidonano,  conir 
irrequieti  fanciulli.  ai  coniiiu'iiti  piii  svariati, 
se  pure  non  si  iiiteressano  di  piii  all'addobbo 
dcirambieiile,  al  uumerf)  dcgli  iiiter^-eniiti, 


4S 


ecc.    per    allontanarsi   appena    sciitono    la 
noia. 

La  parte  piu  interessante  della  festa  e  la 
fiaccolata  della  sera.  Un  liingliissimo  corteo 
di  giovani,  di  soldati  e  di  jjopolo,  tulti  con 
luia  lantenia  preparata  con  gusto  e  con  figure 
strane  e  talvolta  satiriche.  Ogni  scuola  ha  la 
sua  caratteristica  in  certe  figure  portate  jjro- 
cessionahnente:  grandi  uccelli  die  niuovono 
il  becco  e  le  ali,  aeroplani  con  I'elica  girante, 
globi  geografici  con  la  sola  iscrizionc  Cina 
per  ricordare  che  la  loro  grandc  nazione  vale 
qualcosa  sulla  terra.  Un  buontcinpone  que- 
st'aiino  riscosse  vivissimi  applausi  ])er  aver 
ideato  mia  grossa  scinimia  (di  carta)  che  a 
volonta  del  portatore  con  mi  congegno  di 
fili,  mvisibiU  nel  buio,  saliva  e  scendeva 
lungo  un   palo. 


Quando  rincasai  coj)erto  di  polvere  e  con 
la  persona  pesta  tra  la  calca,  un  uomo  mi 
avvicino  e  confidenzialmente  mi  chiese: 

—  Padre,  che  ne  dici  di  questa  festa? 
Splendida,  nevvero? 

—  Si...  straordinaria... 

—  Al  tuo  paese  nelle  teste  vi  h  tanto  brio 
e  tanto  splendore? 

—  No,  inipossibile.  Noi,  devi  sapcre,  abi- 
tiamo  paesi  piii  nordici  e  siani  nicno  caldi 
di  voi,  anzi  assai  freddi... 

II  buon  uomo  ne  fu  pago  e  for.se  godette 
])iii  della  mia  risposta  che  della  festa.  Sa- 
rebbe  stato  inutile  contraddire  queU'aria  di 
petulanza  con  cui  intcrrogava! 

D.    LUIGI    BOCCASSINO 
Missionario  in  Cina. 


PREMIO  MISSIONARIO 

(Da  una  lellera  alia  Madre   Generole  delle  Figlie  di  M.   A.), 


...  Giomi  fa,  godendo  di  tutta  la  felicita 
che  il  buon  Gesu  mi  fa  gustare,  in  questa 
sera  della  mia  vita,  pensavo  alia  bonta  con 
la  quale  fui  sostenuta,  indirizzata,  nei  primi 
giomi  della  mia  vita  rtligiosa,  e  dicevo:  Se 
non  fosse  stato  cosi,  io  adesso  non  sarei  in 
Mi-ssione,  io  non  sarei  felice  come  lo  sono. 
E  la  preghiera  della  riconoscenza  dal  cuore 
saliva  alle  labbra,  o  meglio  ancora  dal  mio 
povero  cuore  si  elevava  per  le  mie  Vene- 
rate Superiore  al  Cuore  SS.  di  Gesu.  Poche 
ore  fa,  ho  battezzato  un  bamboccuio  di  un 
anno  che  forse,  mentre  scrivo,  sara  gia  vo- 
lato  al  Cielo  a  godere  etemamente,  mentre 
il  suo  piccolo  corpicino,  non  ancor  freddo 
completamente,  sara  stato  gettato  nel  fiunie, 
secondo  I'usanza  di  questa  gente,  quando  il 
yu  sang  (medico)  o  il  /o  shong  (bonzo)  hanno 
pronunziato  il  loro  tnan  fa  tsu  (non  v'e  piu 
rimedio).  E  come  pagare  queste  consola- 
zioni  che  niente  hanno  di  terreno,  che  anzi 
fanno  dimenticare  completamente  la  terra? 

Oh!  in  certi  moment!  io  mi  domando  se 
realmente  sono  ancora  io:  temo  perfino  della 
pace,  della  felicita  che  mi  sta  in  fondo  al- 
I'anima,  perche  e  proprio  questa  che  godo. 
E  che  cosa  sono,  che  cosa  ho  fatto  io,  per- 
che il  Signore  sia  cosi  buono,  e  alle  mie  nii- 


serie,  alle  mie  incorrispondenze,  contrap- 
ponga  tanta  bonta,  tanta  misericordia?  Oh! 
come  vorrei  saperlo  amare  dawero;  vederlo 
amato  da  tutte  queste  povere  creature... 
Come  sono  dolci  le  privazioni,  i  sacrifici,  le 
rinunzie;  come  diviene  piacevole  una  vita 
tanto  in  contrasto  coUa  natura  nel  cuore, 
nell'anima,  nel  corpo...  lavorare,  soffrire, 
sacrificarsi  per  avere  anime,  anime  da  por- 
tare  al  Signore.  Col  prossimo  febbraio  sara 
pronto  il  nuovo  coUegio;  speriamo  per  quel- 
I'epoca  aver  con  noi  le  tanto  attese  nuove 
Sorelle.  Si  dara  pure  principio  anche  ad  un 
ricovero  pel  vecchi...  e  sararmo  anime  di 
pill  che  potremo  all'ultima  ora  magari,  in- 
dirizzare  al  Paradiso.  Si,  il  lavoro  si  molti- 
plica;  ma  per  grande  che  sia,  sara  sempre 
imparl  al  bisogno:  il  demonio  e  cosi  geloso 
deH'inipero  che  ha  su  questa  povera  terra 
che  ce  ne  gioca  tutti  i  momenti  e  di  tutti  i 
colori. 

Buona  Madre,  preglii  tanto  per  noi  e 
per  la  Missioiie;  ci  seiita  vicino  a  Lei,  presso 
Gesvi,  al  quale  affido  per  Lei  tutti  i  miei 
voti. 

Una    Fii;!iu   di   Maria   .'iusiliatrice 
Mnsionaria. 


Cf*i 


49 


<Iit  iM  0  5  it  a'  ~ 


A  Vol,  can  e  gentili  lettori  di  «  Gioventii 
Missionaria  »  dedico  queste  fotografie  desti- 
nate  a  farvi  conoscere  sempre  meglio  qutsto 
meraviglioso  regno. 

II  N.  I  vi  mostra  una  jamiglia...  a  tavola: 
osservate  la  tavola:  il  cancstro  con  le  pieiame 
ed  !  recipienti  del  riso  hollito  che  fa  I'ufficio 
del  pane,  poi...  I'amor  patertio  e  nialerno  con 
cui  papa  e  mamma  aiiitano  i  pin  piccoH  e  gli 
altri  due  che  da  soli  baslano  a  se  in  qiiella 
bisogna. 

II  N.  2  vi  mostra  un  atto  di  caritd:  una 
donna  che  mette  nella  marmitta  del  homo  o 
monaco  buddista  il  companatico  col  quale  si 
accompagna  il  riso... 

Tratto  squisito  di  caritd,  di  rispetto  e  di 
amore  che  si  ripete  tiitte  le  mattine  a  tutti  i 
300.000  bonzi  del  Siam  e  che  rivela  il  pro- 
fondo  sentimento  religiose  del  popolo  Siamese. 


\ 


COME  FINI'  UASSASS 


La  tragica  fine  riel  missionario  dell 
nota   e  invece  la  fine   del   suo   assassino 

Aveva  appciia  16  anni  quaiido,  lasii 
Foiicauld  fatto  prigioniero,  gli  scarico  i! 
(legni   coinpagni  o  nulla  perdcre  del  bot 

Due  nie.si  dopo  il  luogotonente  B6jc 
tro  gli  Ait  I^hc-n,  Tuareg  dissidenti  ac 
fecc  delle  vittinic  e  dei  prigionieri,  ma 

Passarouo  degli  anni  c  nel  paese  et 
del  giugno  IQ22  sul  mcrcato  di  Dhanet 
Sarnii.  Vedendosi  riconosciuto  I'assassin 
terrogato,   gli  fu  cliiesto  perche  avesse  uc 

—  Mchliiuh,  era  scritto!,  rispose,  e  n< 

Iniprigionato  era  in  attesa  del  process( 

seguito  e  raggiunto.  Invitato  a  feruiarsi 

fucik-ria  lo  raggiunse.   Giustizia  era  fat( 


J 


~   b  c  t     S  i  a  in 


//  N.  3  vi  mostra  uno  de'  pm  caratteristici 
e  comuni  panorami  di  vita  Siamese:  la  casa, 
il  villaggio  sull'acqua,  sulle  rive  del  fiumi  e 
dei  canali.  Osservaie  bene  I'archiiettura  esterna 
della  casa:  propria  del  paese,  assai  differente 
dalle  consimili  malesi,  laoziane,  cinesi  pw 
assai  numerose.  Costrnita  su  palizzate  ha  il 
pavimento  di  un  legno  che,  con  poca  faiica 
diviene  lucido,  e  dd  oitinta  impressione  di 
pitlizia. 

11  N.  4  rappresenta  un  tratto  di  canale  ove 
SI  comniercia  il  frittfo  delizioso  detto  ananas. 

II  N.  5  poi  vi  mostra  come  si  tesse  in  fa- 
miglia  anche  nel  Siam.  Qiiella  donna  che  itsa 
la  treccia  rivela  I'origine  cinese,  perche  tutte 
le  donne  siamesi  portano  i  capelli  corti. 

D.    GlUS.    PiNAFFO 

Missionario  Salesiano. 


.rS'^^ 


i 


PADRE  FOUCAULD. 

^arlo    de     Foiicauld,    e    nota.    Meno 

hora. 

a,  dagli  altri  malandrini,   del    Padre- 

Ja  testa  per  poter  raggiungere  i  su<ii 

I 

rico  di  compiere  una  spedizione  con- 

I   preso   parte   al   delitto.    La    razzia 

pa  era  fuggito. 

ita  la  tranquillita,  quando  un  giorno 

k  riconobbe  I'assassino.   Lo  chiamo: 

jire,  ma  fu  preso   dai   meharisti.  In- 

!e  Foucauld: 

Itro 

\  di  fuggire.  Scoperta  la  fuga,  fu  in- 

bntinuando  a  fuggire,  una  scarica  di 


^  \  I  //^ 


SUPERSTIZIONI  E  RITI  PAGANI 


I  "Bonzi"  della  Cina. 


Leggende  imperiali. 

Si  racconta  che  I'imperatore  Min  Ti 
una  notte  sogno  che  davanti  alia  porta 
del  palazzo  si  era  coUocato  un  gigante  con 
in  mano  I'arco  e  due  frecce.  Proveniva 
dall'occidente...  Spaventato,  I'imperatore 
si  sveglio,  chiamo  i  niinistri  e  loro  rac- 
conto   il   sogno. 

Due  dei  ministri  lo  rassicurarono  di- 
cendogli  che  I'occidente  e  il  paese  dei 
santi  e  che  il  gigante  di  nome  Fut  che  egli 
aveva  sognato  veniva  per  proteggere  il 
suo  regno  e  apportarvi  la  felicita.  L'esor- 
tarono  a  mandare  ambasciatori  per  cer- 
care  il  santo  in  occidente  e  condurlo  in 
Cina. 

I  primi  ambasciatori  mandati,  dopo 
una  disastrosa  navigazione  di  un  mese, 
giunti  in  India,  trovarono  bensi  un  cac- 
ciatore  di  nome  Fut  e  strinsero  con  lui 
amicizia:  ma  un  giorno  peri  tragicamente 
a  caccia.  Gli  ambasciatori  tornarono  per 
raccontare  all'imperatore  il  doloroso  caso, 
ma  questi  non  presto  fede  al  racconto  e 
puni  di  morte  gli  ambasciatori,  da  cui  si 
credette  ingannato.  E  ne  spedi  altri,  i 
quali  per  non  incorrere  in  qualche  infor- 
tunio  come  i  loro  colleghi,  arrivati  in 
India  fecero  dipingere  un'immagine  di 
Fut  (Budda)  e  la  portarono  aH'imperatore 
dicendo: 

—  Come  I'imperatore  regna  in  Cina, 
cosi  I'ut  regna  in  India:  come  la  Cina  non 


pud  venir  privata  del  suo  imperatore,  cosi 
neppure  I'lndia  del  suo  Fut.  Noi  ti  ab- 
biamo  portato  la  sua  immagine  e  per  la 
prosperita  del  tuo  regno  fa  d'uopo  che  tu 
la  faccia  adorare. 

Soddisfatto  I'imperatore  adoro  I'im- 
magine  per  tre  giorni  e  ordino  facessero 
altrettanto  i  prefetti  delle  provincie.  Ma 
essendo  questi  occupati  nel  disbrigo  di 
tante  faccende,  se  ne  schermirono  e  consi- 
gliarono  all'imperatore  di  liberare  i  pri- 
gionieri  alia  condizione  che  si  facessero 
adoratori  di  Fut. 

A  Min  Ti  successe  sul  trono  Lcons,  Vn 
fervente  adoratore  di  idoli ,  ma  ebbe  breve 
vita.  Sali  poi  al  trono  Hien  Tsiing,  della 
dinastia  dei  Tong,  il  quale  non  si  accon- 
tento  della  sola  immagine  del  Fut  ma 
desidero  avere  qualche  reliquia  della  sua 
persona.  Altri  ambasciatori  si  recarono 
in  India  e  ritornarono  portando  un  osso 
di  Budda. 

L'imperatore  mise  in  liberta  i  prigio- 
nieri  perche  adempissero  I'alto  onore  di 
adorare  la  preziosa  reliquia.  Sulle  prime 
i  prigionieri  obbedirono  lietamente,  ma 
poi,  colta  I'occasione  propizia,  se  la  svi- 
gnarono.  Ripresi,  ebbero  per  punizione 
rasato  una  parte  del  capo:  fuggiti  e  ri- 
presi nuovamente  fu  loro  rasata  intera- 
mente  la  testa  per  essere  riconosciuti  da 
tutti...  e  fu  loro  imposto  di  suonare  ad 
ore  fis.se  la  camjjana  e  fu  anche  dato  un 
cerinioniale  nel  (|uale  era  imposto  di  ra- 


5^ 


dersi  i  capelli  e  di  abbracciare  il  celibato; 
in  compenso  ricevevano  privilegi  e  favoii. 
Come   si   vede   la   leggenda    iioii   glori- 
fica  punto  lorigine  dei  Bonzi... 

Vo-Shong. 

I  bonzi  sono  chianiati  Vo-Shong.  Questi 
due  caratteri  sono  espressivi.  «  Vo  »  signi- 
fica  Concordia,  dolcezza,  calma;  «Sbong)> 
designa  il  primo  posto,  la  stima  che  si 
deve  ad  una  persona:  colui  che  tiene  un 
posto  elevato. 

I  libri  sacri  delle  pagode  sono  pieni  di 
esortazioni  al  popolo  perche  onori  i  suoi 


Cosi  stimati  dal  popolo,  i  bonzi  sono 
disprezzati  dai  letterati  che  li  ritengono 
quasi  degli  antipatriotti,  perche  profes- 
sano  una  religione  importata  dall'India 
e  non  onorano  come  loro  il  saggio  Confucio. 


//  signiffcafo  di  una  frase. 

Vi  e  un  detto  cinese  abbastanza  espres- 
sivo:  Mien  Piak  Kiu  Nien,  che  vuol  dire: 
per  nove  anni  con  la  faccia  coniro  il  muro, 
per  significare  un'applicazione  costante 
dello  studio.  Kssa  e  di  origine  buddi- 
stica. 


Bonri    huddisti   in    preghiera. 


bonzi,  cosa  che  il  popolo  ha  fatto  elevando 
statue,  attribuendo  magiche  virtu  a  quelli 
che  con  lo  sguardo  tisso  nella  divinita 
si  sono  disinteressati  delle  cose  di  questo 
mondo  e  distinti  nella  vita  austera.  E 
i  libri  sacri  raccontano  di  bonzi  che  si 
nutrivano  degli  effluvi  del  sole  e  della 
luna  e,  reincarnati  in  Budda,  salirono  al 
cielo  cavalcando  una  gru:  e  di  altri  che 
dopo  aver  irapastato  il  pane  bastava  lo 
posassero  sul  loro  petto  per  alcuni  mi- 
nuti,  perche  esso  diventasse  croccante  e 
capace  di  guarire  tutti  i  mali. 

I  libri  di  letteratura  serbano  invece 
il  piu  profondo  silenzio  sui  bonzi  o  ne 
parlano  con  un  certo  disprezzo. 


Un  bonzo  indiano  venuto  a  Nankino 
dopo  di  aver  inutilmente  tentato  di  con- 
vertire  al  buddismo  I'imperatore  Leong 
Vun  Ti,  si  ritiro  sopra  un  monte  e  per 
nove  anni  stette  con  la  faccia  contro  una 
roccia  in  profonda  meditazione  lasciando 
i  tratti  della  sua  fisonomia  impressi  nella 
pietra.  Da  cio  e  originata  la  frase  che 
riconosce  nei  bonzi  almeno  la  bella  dote 
della  costanza.  Oggidi  che  il  «  bonzismo  » 
e  in  decadenza  e  che  le  idee  del  popolo 
cinese  si  sono  profondamente  modificate 
anche  i  bonzi  sono  caduti  molto  in  basso 
nella  stima  popolare,  quantunque  il  po- 
polo ancora  ricorra  ad  essi  per  i  funerali 
e  nei  casi  di  malattia. 


53 


Bonzi   alia   questua. 


leri  e  oggi. 

Nei  tempi  passati  era  molto  lucrativa 
la  questua  che  i  bonzi  facevano  nelle 
citta  e  nei  villaggi.  In  certe  epoche  del- 
I'anno  tale  cerimonia  veniva  compiuta 
con  una  certa  solennita  e  con  profitto. 
Un  gruppo  di  bonzi  (di  due  o  piu  bonzerie) 
chiedeva  I'elemosina  per  le  vie  al  suono 
del  gon^  percosso  lentamente  ad  inter- 
valli  regolari.  Incedevano  silenziosi  trenta 
o  quaranta  bonzi,  biascicando  preghiere 
per  implorare  le  benedizioni  di  Budda  sui 
donatori. 

Altre  volte  bonzi  austeri  si  infliggevano 
penitenze  orribili  che  movevano  a  pieta 
il  popolo:  oggi  anche  (jueste  sono  sconi- 
parse. 

I  bonzi  dimostrano  di  astenersi  da 
tutto  cio  che  la  vita  ha  di  pin  attraente; 


ma  nessuno  piu  h.  convinto  che  nelle  lore 
austerita  entri  un'intenzione  di  virtii  e 
tanto  meno  che  la  virtu  orni  la  loro  vita. 
E  questo  accadeva  gia  al  tempo  che  en- 
trarono  in  Cina  i  primi  missionari,  i  quali 
se  adottarono  i  vestiti  dei  bonzi  per  mo- 
strare  ai  Cinesi  che  erano  persona  di 
religione,  li  smisero  dopo  una  visita  alia 
bonzeria  di  Nam  Fa  (poco  lungi  da  vShiu 
Chow)  perche  la  loro  vita  non  apparisse 
nella  stima  del  popolo  come  quella  dei 
bonzi. 

Vi  furono  e  vi  sono  tra  i  bonzi  delle 
anime  rette;  ma  vi  sono  pure  in  numero 
ben  piu  grande,  quelle  a  cui  la  vita  della 
bonzeria  offre  I'ideale  di  cio  che  essi 
amano,  vivere  senza  tanto  faticare.  Ma 
anche  in  Cina  questo  genere  di  vita  di- 
venta  sempre  piu  difficile! 

D.    ViNC.    RiCALDONE. 


SHIS- 


54 


Dalle  Riviste  Missionarie 


LA  PEROCIA  DEI  CAIAMOS. 

Su  Vita  Missiouaria  ne  tyatia  il  missionario 
D.  Cesare  Albiselti,  dicendo  quali  nemici  acer- 
rimi  i  Caiamos  siano  dci  Bororos  evangelizzati 
dai  noslri  rnissionari  Non  trovando  piu  i  loro 
perscguilali  sulle  rive  del  Rio  das  Mortes,  i  Ca- 
iamos si  spinsero  fino  alia  Colonia  S.  Cuore  dove 
si  erano  raccolti  i  Bororos. 


Si  era  pronti  per  una  perlustrazione  proprio 
verso  il  Rio  das  Mortes;  i  missiouari  si  dilun- 
gavano  iiei  preparativi  della  partenza  un  poco 
pill  di  quanto  sembrava  necessario  ai  due  ro- 
busti  e  tarchiati  Bororos  die  dovevano  servire 
di  giiida;  impazienti,  chiesero  di  incamminarsi; 
la  comitiva  li  avrebbe  tosto  raggiunti.  II  mis- 
sionario annul  e  col  sacchetto  dei  viveri  sulle 
spalle,  arco  e  frecce  sotto  il  braccio,  si  avviarono 
contenti  sognando  chissa   quanta   caccia. 

Dopo  poco  piii  di  un  quarto  d'ora,  parti  la 
comitiva.  In  breve  fu  uella  valle,  guadagno 
I'alto  della  collina  che  sorge  a  nord  della  resi- 
denza.  Subito  spinsero  lo  sguardo  in  basso  spe- 
raudo  scorgere  nella  prateria  i  due  Bororos,  lua 
non  videro  nessuno.  Continuarono  il  cammino 
conversando  e  cercatido  sempre  con  lo  sguardo 
i  due  che  precedevano. 

Ad  un  tratto  uno  degli  animali  drizza  le  orec- 
chie,  guarda  fisso  sul  margine  del  sentiero,  poi 
Ak  un  violento  salto  di  iianco,  e  poco  manco 
che   gettasse   per   terra   il   cavaliere. 

Scendono  dalle  cavalcature,  osservano  e  ve- 
dono  uno  dei  Bororos  giaceute  al  suolo  con  la 
testa  fracassata  in  modo  da  non  poterlo  rico- 
uoscere;  non  dava  segno  di  vita.  Pochi  passi 
piii  in  la,  trovarono  I'altro  che  ancora  rantolava; 
auche  lui  con  la  testa  da  far  pieta.  Alia  voce 
del  missionario,  che  piangendo  lo  chiamava, 
parve  desse  segno  di  conoscenza;  ricevette  I'as 
soluzione,   dopo   pochi   istanti   era   cadavere. 

Passato  il  primo  sbigottimento,  cercarono  di 
ricostruire  il  triste  fatto;   non  durarono  fatica. 

Presso  le  vittime  trovarono  un  buoti  nuniero 
di  grossi  bastoni;  poi  nell'erba,  di  qua  e  di  li 
del  sentiero,  il  posto  dei  nemici  in  agguato  incn- 
tre  attendevano  che  le  povere  vittime  passando, 
si  trovassero  fra  una  doppia  fila  di  bastoni. 
1.,'erba  alta,  i  fascetti  di  piccole  fogUe  di  palma 
che  sempre  portauo  seco  in  queste  circostanze 
li  nascosero  perfettameute.  Piombarono  cosi 
sui  nostri  due,  fracassarono  loro  la  testa,  li  spo- 
gliarono  di  tutto  e,  abbandouati  sul  terreno 
i  loro  caratteristici  bastoni  intrisi  di  sangue,  si 
diedero  a  precipitosa  fuga. 

II  triste  fatto  getto  tutti  in  profonda  coster- 
nazione  e  fece  passare  brutti  momeuti  alia  Mis- 
sioue. 


LADRl  SACRILEGHI. 

Fortunatamente  mcuo  disastroso  fu  un  altro 
assalto.  I  nostri  cainpi  di  coltivazione  erano  al- 
quanto  distanti  dalla  residenza  e  quantunque 
ci  si  recasse  solo  nel  tempo  dei  lavori,  e  poi  si 
ritornasse,  pure  era  come  una  succursale  e  vi 
era  casa  per  tutti,  il  deposito  per  i  cereali,  ed 
auche  la  cappella  ove  sull'altare  troneggiava  un 
be!  quadro  del  S.  Cuore  di  Gesu. 

I  Caiamos  fecero  anche  la  la  loro  comparsa, 
quando  tutti  si  trovavauo  alia  sede  della  mis- 
sione.  Penetrarono  nelle  case,  nel  deposito  aspor- 
taudo  quanto  loro  pareva  utile.  Ricordo  che 
portarono  via  le  pentole,  ma  neppure  uno  dei 
relativi  coperchi;  non  piacquero  le  forchette, 
poco  i  cucchiai,  luentre  dei  coltelli  non  ne  la- 
sciarono   nemmeno   uno. 

Entrarono  anche  in  chiesa  e  rovesciarono 
tutto.  Visto  il  bel  quadro  del  S.  Cuore,  gli  die- 
dero proprio  sulla  fronte  una  bastonata,  la- 
sciandovi  un  grande  strappo.  Fu  religiosamente 
aggiustato  e  circondato  dai  bastoni  lasciati, 
come  di  solito,  ed  e  ora  oggetto  di  venerazione. 

II  S.  Cuore  abbia  pieta  di  loro,  e  faccia  loro 
conoscere  la  grande  bonta  di  quel  Gesii  che  essi 
inconsciamente  oltraggiarono. 


COLONIA   SACRO   CUORE   (Brasile).    =    II    quadro 

del  Sacro    Cuore  abbellito    col    contorno  dci   bastoni 

coi  quali  fu  colpito  alia  fronte  dai  Caiamos. 


55 


Sioria  di  25  anni  fa,  narrafa  da/  missionario  D.  A,    Co/bacchini. 

(CONTINUAZIONE). 


XI,  -  II  malefizio  di  un  demonio. 

Prima  di  continuare  il  racconto  di  altre 
cose  che  Meriri-kwadda  mi  vemie  svelando 
su  quanto  accadde  prima  clie  i  Bororos  si 
risolvessero  a  stabilirsi  con  noi  in  questa 
Colonia,  e  per  ben  capire  il  valore  del  rac- 
conto, credo  opportuno  spiegare  cosa  sia  e 
che  intendono  i  Bororos  per  gori'Mo,  pa- 
rola  che  approssimativamente  possiamo 
tradurre  per  maleficio. 

<i  Gonibbo  »  presso  i  selvaggi  Bororos  e 
una  scienza  od  un'arte  per  produrre  male 
al  prossimo  occultamente. 

In  questo  maleiicio  vi  ha  molta  parte 
I'immaginazione  e  la  superstizione.  Questa 
speciahueute  e  queUa  che  eccita  col  suo  mi- 
stero  la  fantasia  e  I'immaginazione  del  sel- 
vaggio.  Vi  e  tuttavia  molto  di  vero  in  queste 
pratiche  ed  i  niissionari  che  hanno  passato 
lunghi  anni  fra  questi  selvaggi  ne  possono 
dare  le  prove. 

Si  dove  ricordare  che  questi  selvaggi,  nella 
liberta  assoluta  deUe  loro  foreste  erano 
schiavi  di  Satana  e  prostrati  nelle  tenebre 
della  piii  profonda  ignoranza.  In  quasi  tutte 
le  cose  il  demonio  svolgeva  un'azione  di- 
retta,  esercitava  la  sua  forza  col  malefico 
intervento,  sfnittando  I'ignoranza  e  le  pas- 
sioni  dei  poveri  selvaggi  per  raggiungere  la 
loro  estrema  rovina. 

Benche  non  si  possa  spiegare  questa 
scienza  o  arte  diabolica,  pure,  6  im  fatto 
che  essa  reca  ai  Bor6ros  un  grande  male, 
protetta  da  impenetrabili  ombre.  Una  foglia, 
un  ramo.scello,  una  pagliuzza  che  nulla  ha 
in  s6  di  straordinario,  per  mia  influenza 
tutta  diabolica  acquista  una  forza,  un  po- 


tere  malefico  e  mortale  che  non  si  puo  im- 
maginare. 

II  maleficio  esiste;  chi  ha  il  potere  di  escr- 
citarlo?  Ne.ssuno  lo  sa;  neppure  lo  stesso 
selvaggio.  Egli  ignora  come  venga  questo 
potere:  conosce  solo  che  vi  e,  e  ne  usa. 

Essi  sanno  —  e  tante  volte  lo  udii  ripe- 
tere  —  che  quando  uno  di  loro  per  qualunque 
motive,  vuol  vendicarsi  del  suo  nemico, 
recargli  male  o  anche  la  morte,  e  non  e  ben 
iniziato  in  quest'arte  segreta,  cerca  imo  dei 
piii  anziani  e  piu  pratici  tra  i  suoi  parent! 
od  amici  e  chiede  di  e.ssere  istruito  sul  ma- 
leficio; si  fa  indicare  le  piante,  le  foglie,  i 
ramoscelli,  qualunque  cosa  atta  a  raggiun- 
gere il  fine  desiderato  e  il  modo  di  usanie 
con  tutte  le  necessarie  jDrecauzioni;  perche, 
dicono,  se  e  cosa  assai  nociva  per  altri 
a  cui  e  diretta,  lo  e  pure  per  colui  che  la 
prepara  se  non  sa  tutto  quanto  deve  fare. 

Quando  uno  e  istruito  o  iniziato,  fa  la 
prova.  Si  reca  al  bosco,  cerca  la  pianta,  ne 
svelle  nn  ramoscello,  ne  stacca  una  foglia 
o  un'altra  parte  di  esso,  e  la  depone  ai  piedi 
di  altra  pianta  isolata  e  tra  s6  e  sfe  dice: 
Se  ho  il  potere  di  produrre  il  maleficio  con 
questo  ramoscello,  con  questa  foglia.  voglio 
che  si  manifesti  in  questa  pianta.  I,ascia 
la  il  ramoscello,  la  fogha,  si  ritira  e  mantiene 
un  assoluto  segreto.  Dopo  qualche  giomo 
ritonia  per  vedere  la  pianta  e,  trovandola 
seccata  o  in  via  di  seccare,  riconosce  I'ef- 
ficacia  del  «  gon'ibbo  »  e  sa  che  puo  usarlo 
a  suo  piaciniento.  Pero  continua  a  nian- 
tenere  il  piii  rigoroso  sUenzio  sul  segreto;  e 
nes.suno  sapra  mai  che  egli  ha  il  potere  di 
produrre  il  maleficio,  che  conosce  le  piante 
nialcfiche,  e  la  loro  forza  fatale. 


56 


Avvietie  percio  die  tutti  viceiidevolineute 
si  teiiiono,  perch^  ciasciuio  sospetta  che 
I'altro  possegga  il  segreto  del  «  gonibbo  » 
e  che  lo  sappia  usare.  Da  cio  vieiie  la  cre- 
denza  die  tutte  le  malattie  siano  eflfetto  del 
«  gonibbo  »  gettato  da  un  ignoto. 

Ecco  il  modo  teiiuto  dai  selvaggi  per  pro- 
durre  un  malefizio.  II  Bororo  prepara  dap- 
prima  i  van  vegetali  usati  all'uopo,  poi 
aspetta  che  si  present!  un'occasione  pro- 
pizia.  Quando  questa  si  presenta,  egli  antra 
nelia  capanna  del  neinico,  depone  la  fogUa 
o  il  ramoscello  sotto  la  stuoia  suUa  quale 


...  mise  il  piccolo  ramoscello  ai   piedi   deH'albcro  ... 

suole  dormire  (altre  volte  la  si  coUoca  sotto 
il  capezzale,  od  anche,  sul  limitare  della 
porta,  nell'acqua  che  serve  per  here,  nel  si- 
garo  da  fumare).  Poche  ore  dopo,  o  dopo 
pochi  giomi  la  vittima  designata  si  ammala, 
e  la  malattia  forse  lo  condurra  alia  tomba. 
Ouesta  e  purtroppo  la  realta  inspiegabile  che 
abbiamo   visto   proprio   tante   volte. 

Un  giomo  parlavo  di  quest 'argomeiito 
con  un  cacico  della  tribu,  conosciuto  assai 
pratico   e   infallibile   nel   produrre   il   «   go- 


nibbo ».  Egli  mi  spiegava  e  cercava  di  coii- 
vmcenni  della  realta  di  questo  potere  niale- 
fico:  io  ad  arte  mostravo  di  credergli  poco... 

—  Non  ci  credi?  Vieni  con  me,  ti  faro 
vedere  e  poi  giudicherai  se  quanto  ti  ho 
detto  e  vero  o  falso. 

Spinto  dalla  curiosita  di  vedere  quello 
che  I'indio  avrebbe  fatto,  lo  accompagnai. 
Aiidanimo  poche  centinaia  di  metri  lon- 
tano,  ai  piedi  di  una  grossa  pianta  isolata 
nel  mezzo  della  piantagione  di  mandioca  die 
vi  era  presso  la  Colonia.  La  egli  mi  disse: 

—  Aspetta  qui  un  istante;  vado  qui  vi- 
cino    e    ritomo    subito. 

Inf  atti  ritomo  dopo  pochi  niinuti  portando 
in  inano  un  ramoscello,  pero  senza  foglie; 
lo  teiieva  con  due  dita  come  cosa  delicata 
e  niostrandomelo  di.sse: 

—  Guarda  bene:  e  il  «  gonibbo  »  che  io 
voglio  mettere  ai  piedi  di  questa  pianta  per 
farla  seccare...  Vedrai  da  qui  a  qualche 
gionio  che  le  fogUe  di  essa,  appassite,  ca- 
dranno  e  tutta  la  pianta  secchera. 

Io  mi  niisi  a  ridere. 

—  Non  ridere...  Guarda...  E  cosidicendo, 
mise  il  piccolo  ramoscello  ai  piedi  deU'al- 
bero  in  modo  che  avesse  con  esso  contatto 
e  lo   copri   con   poca   terra. 

—  Andiamo  pure...  e  fatto...  Doniani  o 
dopo  vedrai... 

Alia  sera,  ai  confratelli  missionari  rac- 
contai  ridendo  la  vicenda:  poi  non  vi  pensai 
pill... 

Due  giomi  dopo  un  confratello  mi  si  pre- 
senta alquanto  sopra  pensiero. 

—  Che  c'e?  gli  domando. 

—  Venga  a  vedere  quell'albero  di  ciii  ci 
ha  parlato:  il  gorubbo  del  Bororo  lo  fa  sec- 
care  dawero. 

—  PossibUe?! 
Andai  a  vedere...  Le  foglie  appassite  ca- 

devano:  e  alcuni  giomi  dopo  I'albero  era 
secco.  E  di  questi  esempi  quanti  ne  potrei 
citare. 

Ora  die  ho  detto  cosa  sia  il  «  gonibbo  », 
e  qual  forza  occulta  rappresenti  nelle  mani 
del  Bororo  per  offendere  il  suo  nemico,  ascol- 
tiamo  quello  che  il  Cacico  Meriri-kwadda 
ebbe  a  raccontarmi  a  proposito  della  rico- 
gnizione  fatta  e  che  quasi  finiva  in  una  ter- 
ribile  tragedia. 

—  Come  sai,  cosi  mi  disse  Meriri-kwadda 
in  una  di  quelle  sere  di  intime  confidenze, 
il  Cacico   Uke-waguit  diede  I'ordine  di  riti- 


57 


rarci,  lascian-i  iii  pace  e  ritoniare  alle  no- 
stre  capanne  e  ci  assicuro  che  nulla  avevanio 
da  tenierc  da  voi,  sebbene  vi  foste  collorati 
nel  luogo  che  piu  d'ogiii  altro  ci  era  caro. 

Ritomati  alle  foreste  del  Rio  das  Mortes, 
alia  nostra  vita  di  caccia  e  di  pesca,  sem- 
pre  il  xiostro  discorso  era  su  voi,  suUa  con- 
venienza  di  lasciar^d  indisturbati  o  di  per- 
seguitarvi.  I  pareri  erano  sempre  discordi 
ma  Uke-wagtiu  sosteneva  che  eravate  buoni, 
che  nessun  male  avreste  fatto  a  noi;  che 
percio  dovevamo  lasciarvi  tranquilli,  e  che 
niai  avrebbe  perniesso  ad  alcuno  di  noi  di 
teiitare  di  farvi  del  male. 

Alle  parole  di  Uke-waguu  solo  Giri-ekurSu 
rideva,  rideva...  ma  il  suo  riso  era  cattivo, 
sarcastico  come  quello  d'un  demonio. 

Uke-waguu  mi  disse: 

—  Cliissa  mai  perche  quel  diavolo  di 
Giri-ekiireu  tutte  le  volte  che  noi  parliamo 
di  queicivilizzatj,  ride  cosi  malignamente  che 
mi  fa  male  il  solo  vederlo  e  sentirlo...  Qual- 
che  cosa  di  perverse  vi  deve  essere  nelle  sue 
intenzioni. 

Noil  si  tardo  difatti  a  scoprire  il  niotivo 
di  qiielle  maligne  risate. 

Un  giomo  che  egli  si  trovava  con  un 
gruppo  di  uomini  che  parlavano  di  voi  e 
ripetevano  la  parola  eiiigmatica* Padre... 
Padre...  »  egli  ridendo  secondo  il  solito  si 
lascio  scappare  nella  rabbia  queste  parole: 

—  Che  Padre/  die  Brae!  a  quest'ora 
avranno  gia  provato  il  « gonibbo  »  che  ho  get- 
tatoloro  il  giomo  che  Uke-Waguunonmi-per- 
mLse  di  piaiitare  nel  cuore  di  quei  serpenti 
le  mie  freccie:  I'aveva  con  me  U  «  gonibbo  » 
che  mai  mi  ha  fallito  e  I'ho  gettato  sul  tetto 
della  casa,  I'ho  messo  sulla  strada  per  cui 
dovevano  passare,  I'ho  soiifiato  sopra  di 
lore...   E  con  una  risata  piii  sonora: 

—  Vorrei  vedere  a  quest'ora  come  sta- 
ranno;  credo  che  forse  sianio  liberi  da  questi 
diavoli...  Se  nou  lo  fossimo,  6  certamente 


perche  avranno  un  diavolo  piu  forte  del  mio 
«  gonibbo  »,  che  li  protegge... 

Queste  parole  dette  cosi  a  caso,  fecero 
subito  il  giro  di  tutto  il  villaggio,  gettando 
in  tutti  un'indicibile  angoscia,  non  tanto 
per  noi  quanto  per  se  stessi. 

—  Oh!...,  dicevano  alcvini,  e  stato  il  Bope 
di  Giri-ekureu  che  fece  morire  mio  fratello... 
fu  forse  lui  a  gettare  il  «  gonibbo  >>  a  mia 
sorella...  Tutti  ebbero  mi  sospetto  su  quel 
perfido  e  lo  guardarono  di  mai  occhio  da 
quel  momento,  perche  egli  conosceva  U  « go- 
nibbo »  die  mai  aveva  fallito,  e  a  cui  ties- 
suno  mai  scampo...  Lui  dunque  il  demonio 
vivente  fra  noi  che  ci  fece  spargere  tante 
lagrime... 

Nessuno  pero  osava  parlare  forte,  perche 
ogiiuno  tenieva  il  «  gonibbo  »  piu  di  qua- 
luiique  calamita.  II  Bororo  e  cosi:  affrouta 
ed  attacca  tranquillo  il  giaguaro,  ma  trema 
e  paventa  un'occulta  miiiaccia,  il «  gonibbo  ». 
Vede  la  tigre  e  sa  quello  che  deve  fare  per 
vincerla;  ma  non  vede  il  «  gonibbo  »,  piii 
forte  della  tigre,  piu  insidioso  del  serpen te... 
e  il  mistero  che   piii  I'iiiquieta. 

Uke-waguu  alia  notizia  rimase  triste  e 
pensieroso:  la  vostra  sorte  lo  preoccupava. 

—  Giri-ekureu  e  un  demonio,  mi  diceva. 
Se  ha  gettato  il  terribile  «  gonibbo  »  clii  sa 
die  sara  avveiiuto  di  loro...  Temo  che  qual- 
clie  cosa  di  sinistro  sia  loro  capitate.  Rla 
se  restano  mcolumi;  se  a  nulla  valse  il  ma- 
leficio  gettato  da  Giri-ekurSu  io  sard  con- 
vinto  die  il  grande  Spirito  che  li  protegge 
e  piu  potente  di  ogni  nostro  spirito,  dello 
stesso  Bope  che  ha  in  maiio  tutti  i  mali,  le 
disgrazie  e  la  morte. 

—  Vuoi  che  vada  a  vedere?  dissi  ad  Uke- 
wagiiu.  Se  vuoi,  vado  volentieri.  Anch'io 
sono  ansioso  di  toccar  con  mano  quel  che 
sia  accaduto  dopo  la  nostra  ultima  visita. 

—  Se  ti  seiiti,  va'pure;  sonocontento,  anzi 
lo  desidero.  (Coniimia). 


^S 


IL  PA5T0RELL0 


EMIL 


DEI   CAMPI  — 


Era  la  prima  volta  che  si  andava  agli 
oratori  festivi  nei  villaggi  che  fanno  co- 
rona a  Shillong.  II  sorriso  ci  appariva  sulle 
labbra,  ma  nel  cuore  si  nascondeva  un  vago 
tiinore  per  I'incertezza  di  quel  tentative 
in  un  paese  in  cui  I'errore  protestante 
aveva  fatto  gia  tante  vittime. 

L'Ausiliatrice  pero  vegliava  sui  nostri 
primi  passi  e  fece  si  che  il  sistema  del  Pa- 
dre ottenesse  un  nuovo  trionfo  nei  Figli 
dell'Assam.  Ora  gli  oratori  hanno  preso 
uno  sviluppo  sorprendente  e  si  avviano 
verso  un  avvenire  di  sante  conquiste. 

In  un  campo  —  non  lungi  dal  prate 
scelto  per  1 'oratorio  —  se  ne  stava  un  fan- 
ciullo  sui  dieci  anni  intento  a  pascolare 
una  dozzina  di  vacche.  l,o  avvicinammo 
sorridenti  ed  egli  stupito  sgranava  tanto 
d'occhi:  forse  non  aveva  mai  udita  una 
parola  arnica  tutta  per  lui. 

Povero  ragazzo!  Era  in  uno  state  da 
far  pieta:  le  luride  vesti  a  brandelli  a 
stento  gli  coprivane  la  persona;  i  capelli 
incolti  gli  cadevano  sulla  fronte  dandogli 
un  aspetto  selvaggio.  Eppure  setto  un  este- 
riore  cosi  disaderne  si  nascondeva  una 
perla  d'inestiniabile  valore. 

Nen  ci  voile  molto  per  rendercelo  amice: 
i  fanciulli  hanno  sempre  un  intuito  spe- 
ciale  per  comprendere  chi  vuole  lore  bene. 

—  Come  ti  chiami?  —  gli  chiesi  con 
dolcezza. 

—  Emil  —  mi  rispose  con  qualche  ti- 
tubanza.  E  meravighandomi  io  che  por- 
tasse  un  nome  cattolico  {Emilius):  —  Si 


—  riprese  —  mia  madre  e  cattolica,  ie 
no,  perche  e  da  tanti  anni  che  i  miei  geni- 
tori  hanno  abbandonato  la  chiesa. 

Compresi  subite  la  steria  dolorosa,  pur- 
treppe  cemune  in  questa  contrada. 

La  guerra  mondiale  aveva  disperse  i 
pastori  (i  Padri  Salvatoriani)  e  il  gregge 
si  era  sbandato  fuori  dell'ovile;  molte  pe- 
corelle  sono  tuttora  lontane  dai  pascoli 
ubertesi,  in  balia  dei  lupi. 

—  Dinnni,  Emil  —  ripigliai  —  t'hanno 
mai  insegnato  le  preghiere?  t'hanno  mai 
parlato  del  buon  Dio  che  sta  nei  CieU  e 
che  si  e  fatto  ueme  per  amor  nostro? 

II  bambino  mi  guardo  con  due  occhi 
pieni  di  meraviglia  come  chi  per  la  prima 
volta  sente  parlare  di  un  nuovo  mondo. 
Allora,  reprimendo  un  singhiozzo,  presi 
ad  infondere  in  quel  cuoricine  i  principi 
di  nostra  vSanta  Religiene.  Alia  fine  gli 
domandai:  —  Di',  Emil,  ti  piacerebbe  rice- 
vere  il  santo  Battesimo  e  diventare  amice 
di  Gesu? 

—  Si,  si  —  rispose  con  slancio  —  ma... 
non  so  se  mie  fratello  me  lo  permettera... 
e  cosi  cattivo  mio_  fratello! 

—  Nen  temere,  parlero  io  con  tuo  fra- 
tellle:  dov'e  la  tua  casa? 

—  Egli  alzo  la  mano  e  me  la  indico: 
una  miserabile  capanna,  coperta  di  poca 
])aglia,  plena  di  fume  e  di  puzza.  \"entrai 
con  il  cuore  che  mi  batteva  forte  forte. 
Trovai  Eugenia  —  la  mamma  sua  —  che 
mi  accolse  con  un  «Sia  lodato  Gesii  Cri- 
sto  ».  A  questo  nonie  divino  sussultai  di 


5^ 


gioia:  la  fede  iion  era  ancor  niorta;  sottn 
le  ceneri  vera  ancora  qualche  scintilla 
che  avrebbe  «  secondato  la  gran  fiamma  ». 
La  buoua  donna  mi  racconto  una  lunga 
storia  di  dolore  e,  raentre  essa  parlava, 
alle  mie  orecchie  risuonavano  nella  loro 
dura  realta,  le  parole  di  un  nostro  canto: 
<i  Dalle  capanne  po\-ere,  ove  si  piange  e 
plora!  ». 

La  «  grazia  del  Signore  »  per  le  pre- 
ghiere  dell'innocente  scese  ancora  una 
volta  su  quella  disgraziata  famiglia;  tocco 
il  cuore  indurito  del  fratello;  scosse  I'apa- 
tia  del  padre  e  gernioglio  il  prinio  iiore 
degli  Oratori.  Passarono  alcune  settimane 
e  sempre  il  piccolo  Eniil  conduceva  la  sua 
mandra  a  pascolare  11  \'icino  per  poter  ve- 
nire con  noi  ed  imparare  le  sue  preghiere. 
Prima  di  partire  egli  mi  fissava  in  volto 


con  una  cert'aria  di  niistero  e  mi  diceva 
piano  piano:  —  Rrodar  (fratello),  quando 
mi  darai  Gesu?,.. 

—  Si,  Gesii  verra  presto  perche  ama 
tanto  i  fanciulli  e  quando  verra  rendera 
I'anima  tua  bianca  come  il  latte  e  il  cuor 
tuo  splendente  come  il  trono  dei  Re. 

Finalmente  il  voto  conume  fn  esaudito 
e  in  una  bella  festa  la  sul  campo  sotto 
una  povera  tettoia,  scese  I'acqua  rigene- 
ratrice  del  Battesimo  sul  suo  capo  e  la 
sua  bell'anima  ricevette  I'abbraccio  di 
Gesu.  Ora  \\m\\  sta  nel  nostro  Orfanntrofio 
insieme  con  Johannes  in  attesa  di  far  parte 
di  quell'esercito  di  apostoli  che  dovra  un 
giorno  salvare  tante  altre  Perle  e  Dia- 
manti. 

Ch.  LuiGi  Ravalico. 
M issionario  Salesiano. 


I  KANACHI  DELL  A  NUOVA  GUINEA. 


Popolo  timido,  sospettoso  c  moltu  arretratn 
in  civilta  i  Kanachi  dell'interno  souo  assai  in- 
ferior! a  quelli  della  costa  da  tempo  in  coinuni- 
cazione  coi  bianchi.  Questi  poi  hanno  il  mono- 
polio  del  commercio  nelle  loro  niani  c  sono  gli 
unici  intermediari  tra  i  bianchi  Europei  e  gli 
iudigeni  dell'interno.  Souo  sfacciati  .speculatori. 

Racconta  un  mis.sionario  clie  avvicinandosi 
un  giorno  ai  villaggi  dell'interno  senti  un...  ruUo 
concitato  di  tamburi,  e  vide  le  donne  indigene 
caricarsi  suUe  .spalle  piccoli  .sacchi  e  fuggire  nella 
foresta,  mentre  gli  uoniini  si  arrampicavano 
suUe  alte  piante  di  banibu  come  fossero  dei  scim- 
mioni.  In  breve  il  villaggio  fu  dcserto  e  i  niissio- 
nari  dovettero  proseguire  oltre. 

Alcuui  villaggi  sorpresi  per  I'improvvisa  com 
parsa  dei  forestieri,  gridavano  da  far  pieta, 
mentre  alcuni  negretti  piii  audaci  movevano 
loro  incontro,  incuriositi,  per  accetarsi  se  fossero 
uomini  o  bestie.  Prima  d'allora  mai  avevano 
veduto  n^  un  cavallo,  ne  un  uomo  bianco  e 
tanto   meno   un    uomo   a   cavallo. 

Quando  i  mi.s.sionari  scesero  di  sella  la  mera 
viglia  degli  indigeni  fu  al  colmo:  essi  videro  clic 
«  i  grandi  vSpiriti  »  si  erano  separati  in  distinte 
e  strane   creature,   n^  osavano   avvicinarsi.   .Ma 


i  regali  ilei  missionari  gettati  al  suolo,  ispira- 
rono  a  quei  miseri  un  po'  di  confiden/.a.  Chiesta 
dell'acqua  e  avutala,  i  mi.ssionari  si  prepara- 
rono  il  le  mentre  gli  indigeni  li  osservavano  cu- 
riosamente;  poi  invitarono  alcuui  ragazzi  a  rac- 
cogliere  fasci  di  erba  per  i  cavalli,  ma  quando 
li  portarono,  pocc  mancn  non  succedesse  una 
tragedia.  I  cavalli  al  vedere  il  cibo  nitrirono  per 
la  gioia  e  i  ragazzi  quasi  rimasero  fulminati  e 
se  la  svignarono  tremanti.  Anche  i  vecchi  ne 
furono  impressionatissimi  e  temettero  chissa 
quale  sciagura;  i  missionati  dovettero  faticare 
per  spiegar  loro  che  quello  era  un  grido  di  gioii! 
del  cavallo  alia  vista  del  cibo,  e  tranquilliz- 
zarli. 

Al  mattiuo  alzandosi  uno  dei  mi.ssionari  si 
accorse  che  gli  mancava  una  Scarpa  e  la  trovo 
dopo  lunghe  ricerche  mezzo  rosicchiata:  un  cane 
gliel'aveva  rubata  nel  corso  della  notte  e  aveva 
cominciato  a  sfamarsi. 

Gli  indigeni  ormai  non  avevano  piu  timori, 
osservavano  tutto  c  si  erano  convinti  che  i  mis- 
sionari erano  veramente  loro  amici;  quando  si 
.separarono  da  essi,  li  scongiurarono  di  tornar 
presto  e  iuscgnar  loro  tante  cose. 

II  ghiaccio  era  rotto  per  i...  futuri  missionari. 


[(D ipptovazione  ectlesiasliu.     0.  OOMENICO  CARNERI,  Direllore-respmisablie.  —Torino,  1931  -TIpojraiiiilelli  Sicicti  Edilrlte  Inletaaziooalt. 

--   6o  ^ 


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BATTESIMI. 

Aw.  Ramello  (S.  Maurizio)  pel  nome  Laura 
Marchini  Re  ad  una  cinesiua  onorando  la  me- 
muriadella  suocera  volata  al  cielo  — JIanari  Re- 
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Istituto  Salesiano  (Biella)  pel  nome   Vittorio. 

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cello  —  Piazzolla  Angelina  (S.  Ferdinando  Pu- 
glia)  pel  nome  Andrea  — -  PoUi  Maddaleua  (To- 
rino) pei  nomi  Teresina,  Leonardo  —  Giraudi 
Delfina    (Chiusa    S.    Michele)    pei   nomi    Marco 

—  Alunne  laboratorio  S.  Cuore  di  Carrara  a  '  i 
ToneUi  Virginia  (Totano)  pel  nome  Rosina  — 
Juan  Alberto  (Gerona-Spagna)  pel  nome  Rosa 
Giorgetla  —  Vercelli  Angela  (Vergano)  pel  nome 
Carla  —  Compagnia  SS.  Sacramento,  Istituto 
Salesiano  (Genzano)  pel  nome  Evaristo  —  Con- 
vitto  De  Angeli  (Legnano)  pel  nome  Maria 
Vittoria  —  Suore  Asilo  (San  Giorgio  Lomellina) 
pei  nomi  Geros  Michele,   Giuseppe.    Maddalena 

—  N.  N.  a  54  Salesiaui  (Treviglio)  pel  nome 
Luigi  Giovanni  —  Castiglioni  Antonio  (Busto 
Arsizio)  pel  nome  Mariiiccia. 

Giarini  Radice  Michelina  (Busto  Arsizio)  pei 
nomi  Gino,  Gian  Marco  —  Graziani  Antonio 
(Molazzana)  pei  nomi  Giuseppe,  Teresa  —  Te- 
store  Sorelle  (Santhia)  pei  uomi  Agostino,  Te- 
resa —  Giovannoni  Maria  (Marlia)  pei  nomi 
Maria,  Giovanni  —  Vallaro  Maria  (Torino)  pel 
nome  Maria  —  Pontalti  Maria  (Verona)  pel 
nome  Teresina  —  Cilosetti  Luigia  (Mortegliano) 
pel  nome  Giacomo  —  Cordone  Don  Martino 
(Fobello)  pel  nome  Martino  —  Unione  Ex  Al- 
lievi  Don  Bosco  (Udine)  pel  nome  Alberto  — 
Cazzani  Prof.  Mario  a  mezzo  Don  Manazza  Giu- 
seppe (Cassolnovo)  pel  nome  Ernesta  Erminia 

—  Napoli  Maria  (Susa)  pei  nomi  Matilde,  Ce- 
sare  —  Garino  Giuseppina  (Susa)  pei  nomi  Maria 
Giuseppina  —  Darioli  Giuseppa  in  Valentini 
pel  nome   Giuseppe. 

M.  M.  (Baldissero  Torinese)  pei  nomi  Gio- 
vanni, Margherita  —  N.  N.  pei  nomi  Maria 
Teresa,  Amalia  — •  Motta  Carla  (Boffalora)  pel 
nome  Maria  Giouanna  —  Gruppo  Donne  Cat- 
toliche  San  Giovanni  (Aosta)  pel  nome  Molini 
Natalina  —  Albertani  Don  Giovanni  (Lases  di 
Albiano)  pel  nome  Giovanni  Evangelista  — 
Panagini  Maria  (Novara)  pel  nome  Mario  — 
Uguccioni  Don  Ruben  (Napoli  -  Vomero)  pel 
nome  Morelli  Giovanni. 


Strazdauskaite  Francesco  (Plung^  -  Litua- 
nia)  pel  nome  Francesco  —  Berardi  Bussoleno 
Luigia  (Moutecliiaro  d'Asti)  pel  nome  Costati- 
tino  —  Moreggia  Eugenia  (Campiglione  Feuile) 
pei  nomi  Anna,  Pietro,  Edoardo  —  De  Giusti 
Fabbro  Italia  (Orcenico  Sup.)  pei  nomi  Maria. 
Maria  —  Brini  Luigi  (Calolziocorte)  pel  nome 
Antonio  —  Locatelli  Maria  (Bergamo)  pel  nome 
Giouanna  —  Zanetti  Virginia  (Gambolo)  pel  nome 
Pietro  — -  Boschini  Giuseppina  (Vimercate)  pel 
nome  Gilberto  —  Pcrsico  Felicia  (Monza)  pel 
nome  Felicia  —  Perino  Francesca  (Caravino) 
pel  nome  Maria  Rosa  —  Direttrice  Figlie  Maria 
Ausiliatrice  (Corticella)  pel  nome  Gioachino  — 
Magi  Maria  Eman.  (Pisa)  pei  nomi  Cairo  Sofia, 
Demartini  Anna  —  Sara  a  mezzo  Don  Calvi 
Gio.   Batt.   (Torino)   pei  nomi  Amalia  Olimpia 

—  Pietra  Lina  (Sdradella)  pel  nome  Nino  — 
Peregruki  Nazaretian  (Gerusalemme)  pel  nome 
Orsola  Teresa 

Almondo  Giovanna  (Sommariva  Perno)  pei 
uomi  Agnese,  Giovanna  —  Giacometto  Antonio 
(Montanaro)  pel  nome  Rosina  Alessandrina  — 
Barbero  Ida  (Poglizzo)  pel  nome  Pier  Luigi  — 
Oglina  Plana  Maddaleua  (Quarna  Sopra)  pel 
nome  Giovanni  Michele  —  Grandi  Ermelinda 
(Pavia)  pel  nome  Ermelinda  —  Perk  Don  Gio- 
vanni (Damme)  pei  nomi  Maria,  Teresa  —  Ga- 
leazzi  Ciriaco  (Ancona)  pei  nomi  Marietta,  Ci- 
riaco  —  Traversi  Caterina  (Grascaro)  pei  nomi 
.indrea,  Erminia  —  Cozzi  Dina  (Legnano)  pel 
nome  Enrico  — •  Sartorio  Candido  (Cavallirio) 
pel  nome  Maria  Candida  —  Sartor  Don  Gia- 
cobbe  (Mirano)  pel  nome  Altomira  —  Recrosio 
Luigia  (Vedano  al  Lambro)  pel  nome  Giovanni 

—  Direttore  San  Biagio  in  Monza  pel  nome 
Andrea  —  Scotti  Caterina  (Villareggia)  pei  nomi 
Martino,  Teresa.  Margherita,  Caterina  —  Mi- 
cheletti  Caterina  (Chignolo  d'Isola)  pel  nome  — 
Cassardo  Dottor  Lorenzo  (Buttigliera"  d'Asti) 
pel  nome  Maria   Vittoria 

Pizzini  Maria  (Roma)  pel  nome  Maria  Filo- 
mena  —  Pizzini  Carlo  Alberto  (Roma)  pel  nome 
Luciano  —  N.  N.  a  mezzo  Suor  Vincenza  Verney 
(Casino  Boario)  pel  nome  a  otto  battezzandi  — 
Donati  Gemma  (Bologna)  pei  nomi  Caterina, 
Giuseppe,  Maria,  Nora  —  BardeUi  Luigina  (Aii- 
gera)  pel  nome  a  quattro  battezzandi. 

(Continua) 


Curiosilo 


QUANTO  PESA  UNMILIARDO? 


Secondo  i  calcoli  dei  giornali 
americani  uu  miliardo  pesa:  in  ar- 
geuto  5  milioni  di  chili;  in  oro: 
322.580;  in  fogli  da  mille:  1780; 
in  fogli  da  cento:  11.500.  Per  tra- 
sportarlo  questo  miliardo  —  con- 
siderando  che  un  uomo  puo  por- 
tare  un  peso  di  100  chilogrammi 
—  occorrerebbero,  se  in  fogli  da 
cento,  115  uomini;  in  oro  3225 
uomini;  in  argento  50.000  uomini. 
Inline  un  miliardo,  in  biglietti  da 
mille,  forma  una  biblioteca  di  2000 
volumi  di  500  pagine  ciascuno! 

Comunque,  se  si  trovasse  un  miliardo  per  le 
Mission),  non  sarebbe  difificile  trovare  tanti  vo- 
lonterosi  che  si  sobbarcherebbero  alia  dolce  fa- 
tica  di  trasportarlo  ove  occorra.  Chi  potrebbe 
riliutarsi? 

L'INCENSO. 

Dalla  roccia  sorge  la  piauta  preziosa,  che 
cresce  in  posti  di  difficile  accesso  nella  Migiur- 
tinia   (il   paese   degli   aromi). 

La  produzione  avviene  per  seme,  che  cade 
dalla  pianta  nella  roccia;  vi  trova  un  po'  di  ter- 
riccio  portato  dal  vento  e  germina,  mettendo 
una  radichetta  con  foglioline  rudinientali. 

Due  sole  sono  le  regioni  che  lo  producono: 
la  Migiurtinia  e  VHadramut.  Un  albero  uor- 
male  da  circa  una  frasta  (=  kg.  12.6S4)  di 
incenso. 

LA  CONPESSIONE  AI...  PESCI. 

Padre  Carlo  Del  Signore,  riferisce  ncUe  Mis- 
sioni  Cattolwhe  di  Milano  sul  »  capodanno  bud- 
dista  ».  Eccone  un  saggio:  ♦  La  gente  di  Bir- 
mania,  soprattutto  le  donne,  in  gruppi  di  cin- 
que o  dieci,  o  in  famiglie  al  completo,  prece- 
duti  dal  padre  o  dai  maggiori  e  seguiti  a  scala 
dagli  altri,  portando  un'anfora  di  terra  cotta, 
vanno  dalla  casa  alia  fonte  del  villaggio,  o  al 
laghetto  che  fornisce  I'acqua  comune  o,  ove  i 
possibile,  ad  un  torrentello,  oppure  ad  un  fiume, 
e  \k,  a  discreta  distanza  I'uuo  dall'altro  e  in 
prossimita  dell'acqua,  deposilano  i  lore  vasi, 
accendono  ognuno  una  o  due  o  piu  candclette 
variopinte,  s'inginocchiano,  giungono  le  mani, 
chinano  la  fronte,  posano  le  labbra  suU'orlo  del 
vaso,  e  stanno  cosi  in  raccoglimento  e  in  pre- 
ghiera!  IJ  ai  pe.sci,  che  .sono  nei  vasi,  o  catturati 
da  e.ssi  stcssi  o  comperati  nei  giorni  avanti  e 
tenuti  vivi  con  abbondantc  cibo;  ai  pesci,  che 
si  nascondono  paurosi  in  fondo  alle  anforc, 
quclla  Iniona  gente  dice  i  suoi  peccati,  com- 
messi  nell'aunata  pa.ssata  c  forsc  anche  i  pro- 
pcsiti  per  il  nuovo  anno,  e  poi,  ad  un  segnale 
convenuto,  con  delicatczza  i  vasi  veiii^ono  vuo- 


tati  nell'acqua  corrente. 
I  pesci,  depositari  di 
tanti  segreti,  stanno  per 
un   istante  intontiti,    in- 

creduli,  meravigliati  firse  per  aver  acqui- 
stata  la  liberta,  poi  guizzano  sul  fondo,  tra  !e 
pietre,  e  si  portano  via  cosi  sul  fondo  dei  fiumi, 
dei  laghi,  del  mare  i  peccati  degli  uomini  e 
delle  donne,  che  ancora  si  soffermano  guar- 
dando  nell'acqua  che  i  pesci  non  tornino  piu 
a  galla  a  rivelare  ad  altri  le  loro  mancanze; 
poi,  come  alleggeriti  da  un  gran  peso,  ritornano 
alle  loro  case  colle   anfore  vuote. 

UN  SEBASTIANO  CINESE. 

Mentre  due  Sucre  visitavano  I'Ospedale  ci- 
nese  di  Hong-Kong  —  narra  la  Superiora  di 
quelle  Canossiane  alle  «  Missioni  Cattoliche  » 
—  un'infermiera  chiama  la  Superiora  nei  re- 
parlo  private. 

—  Vieni,  dice,  c'i  un  soldato  molto  malato. 

—  Un  soldato!...  —  restiamo  un  po'  inccrte 
sul  da  farsi,  perclid  soldato  e  brigante  e  spesso 
la  stessa  cosa. 

—  Ma  e  molto  malato!  —  insiste  I'inferniiera. 
Entriamo;  e  un  ufBciale  dclla  repubblica,  che 

deve  aver  niandato  piii  d'uno  all'altro  moudo 
ma  ora  ^  pallido  e  smunto  e  preda  cgli  stesso 
della  morte.  Guardiamo  con  un  po'  d'  diffidenza 
quelle  dita  ossute,  cosi  pratiche  ucU'arte  di  far 
scattare  il  grilletto,  e  poi  incominciamo  I'istru 
zione.   —   Che   nonie   gli   darcmo? 

—  .Sebastiano,  dice  I'aUra  suora,  a  liii  si 
conviene  il  nome  del  grande  ufficiale  cristiano. 

Mi   place  I'idca.   e   alia   niia  domanda: 

—  Vuoi  essere  battezzato?  —  egli  risponde 
con  fermezza  militare:  —  Lo  voglio. 

—  Sebastiano,  pro.seguo,  io  ti  batlezzo  nei 
nome  del  I'adre,  del  Figliuolo  c  dello  Spirito  Santo. 

Uividi    I'infermiera    qualche    giorno    dopo. 

—  Suora,  mi  disse,  se  tu  avessi  visto  e  udilo! 
QiU'irufTiciale  e  niorto  come  un  sanlo.  ripetendo: 
0  C.razic,  grazie,  Signore,  che  mi  mandasti  quegli 
nngcli,   grazie  ». 


Printed  m  U&lif 


Anno  IX  -  Num.  4 


15  APRILE  1931  (IX) 

PUBBUCAZIONE   MENSILE 


C.  C.  Postale 


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s  o  jvi  Ari  A.  le  I  o 

Una  cerimonia  nuovissima  per  Shiu  Chow.   —   L'Istituto  Missionario  Card.   G.  Cagliero  di   Ivrca. 
DALLE   LONTANE  MISSIONr:   Contrattempi.  —    Un   missionario  tra   i   Mishmi.   —  Inukai  Ghetnpacci. 

—   La  cappella  dclla  selva. 
SU    E  GIU'  PER   IL  MONDO:   Lo   spiritismo   nell'India. 

COLLABORAZIONE   MISSIONARIA.   —   SUPERSTIZIONI   E   RITI   PAGANI. 
RACCONTI:   UHE    Vi'AGUU.   —   L'innocente  e   il   bandito. 


Gentili 


-^  Gioventu 


Lettori! 


tsstonarta 


uSllHiiii'msa 


rivolge  a  cijscuno  di  voi  la  preghiera  di  volervi  adoperare  per 
una  propaganda  attivissima  per  aumentare  il  numero  degli  ah- 
honati  pel  1931.  ^'B  Sia  un  vanto  per  ognuno  di  voi  recarci 
UNO  O  Pltj  NUOVI  ABB  ON  ATI  tra  i  vostri  amid.  Da 
parte  nostra  —  oltre  la  riconoscenza  doverosa  per  tutti  i  pro- 
pagandisti  che  ci  daranno  la  loro  cooperazione  missionaria  — 
premieremo  i  piu  attivi  e  henemeriti. 

Ricordino  i  nostri  Amici: 

1  -  Di  specificare  che  si  tratta  di  ahhona- 
mento  a  Gioventu  Missionaria  pel  1 93 1 . 

2  -  Scrivere  chiaro  e  complefo  I'indirizzo, 
colla  relativa  via  e  provincia  e  numero 
del   quartiere   postale. 

3  -  Si  prega  di  indicate  sempre  se  labbona- 
mento  e  NUOVO,  oppure  RINNOVA  TO. 

4  -  Chi  spedisce  con    altro   mezzo  I'ahbona- 
mento,  I  indirizzi  esclusivamente  alia 

Amministrazione  di  "Gioventu  Mis- 
sionaria "  —  Via  Cottolengo,  N.  32 
-  Torino   (109). 


ABBONAMENTO;  S  JSZ:'"!'''  J."  iT° 


Ststtnitore  I.  10 
L.  15 


Titallzlo  L.  100 
L  209 


Anno   IX  -   Num.   4 


Pubblicazione   mensile 


Aprile   1931    (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 

UNA   CERIMONIA   NUOVISSIMA 
PER  SHIU  CHOW 


Da  clie  esiste,  la  citta  di  Sliiu  Chow  niai 
aveva  veduto  una  cerimonia  come  quella 
die  si  svolse  tra  le  sue  mura  il  9  novembre: 
cioe  la  consacrazione  di  un  vescovo  con  in- 
ten'ento  di  altri  cinque  vescovi,  di  un  nu- 
meroso  stuolo  di  sacerdoti  missionari,  e  di 
folle  giovanili  accompagnate  da  bande  mu- 
sieali,  tutt'affatto  diverse  da  quelle  rudi- 
nientaU  che  da  tempi  imniemorabili  assor- 
dano  neUe  varie  ricorrenze. 

Ricordiamo     brevemente    I'avvenimento. 

II  vescovo  consacrando  era  il  novello 
Vicario  Apostolico  della  nostra  niissione 
cinese  del  Kwang  Tung,  successore  del  com- 
pianto  Mons.  Luigi  Versiglia.  La  Santa 
Sede  aveva  eletto  a  tale  carica  I'lspettore 
Salesiano  della  Cina,  Don  Ignazio  Canazei 
e  S.  E.  Mons.  Celso  Costantini,  Delegato 
Pontificio  avrebbe  compiuto  il  rito  della 
consacrazione  nel  suo  viaggio  di  ritomo  in 
Italia. 

Dapprima  si  era  incerti  se  la  cerimonia 
si  dovesse  compiere  a  Canton,  o  a  Shiu  Chow: 
si  temeva  che  qualche  disordine  potesse 
scoppiare  e  non  era  prudenza  mettere  in 
pericolo  la  vita  degli  illustri  personaggi  che 


sarebbero  intervenuti.  II  Delegato  Ponti- 
ficio propendeva  per  Shiu  Chow.  Siccome 
U  Govemo  di  Canton  da  parte  sua  garentiva 
I'ordine  piu  completo,  si  fisso  dunque  la 
data  del  9  novembre  per  la  cerimonia  da 
svolgersi  nella  capitale  del  Vicariate  Apo- 
stolico. 

L'arrivo  cola  di  S.  E.  Mons.  Costantini, 
(li  Mons.  Tsii  (Cinese),  Mons.  Fourqitet,  Mons. 
I'altorta,  Mons.  Walsh,  dei  rappresentanti 
delle  missioni  piii  viciiie  diede  luogo  ad  una 
scena  indimenticabile.  Ricevuti  solennemeiite 
dalla  cristianita  alia  stazione,  in  superbo 
corteo  sfilarono  per  le  vie  della  citta  fra  una 
doppia  ala  di  popolo  che  le  marziali  marcie 
delle  tre  bande  richiamava  sulla  strada. 
Dire  la  meraviglia  dei  pagani  al  vedere  il 
rappresentante  del  Papa,  che  conoscevano 
solo  di  fama,  e  al  mirare  tra  i  Vescovi  un 
autentico  figlio  deUa  Cina,  Mons.  Tsu,  non 
e  cosa  facile,  e  ogmmo  dei  nostri  lettori  puo 
inunaginare  quante  e  quali  esclamazioni 
infiorate  alio  stile  orientale  uscissero  di  bocca 
ai  cittadini  di  Shiu   Chow. 

La  consacrazione,  awenuta  nella  chiesa 
presso  il  Collegio  Don  Bosco,  richiamo  una 


~-   6/ 


folia  di  cristiani  e  di  pagaui,  e  vollero  esser\i 
presenti  anche  le  autorita  cinesi.  Vi  assi- 
stettero  pure  gli  alunni  dell'Orfanotrofio 
di  Macao  e  di  Hong  Kong,  che  con  le  loro 
bande  e  con  gli  esercizi  ginnastici  riscossero 
la  piu  entusiastica  ammirazione. 


divota  di  tante  aninie  buone.  Proprio  il 
giomo  9  novembre,  in  Shiu  Chow,  le  auto- 
rita militari  sventarono  una  congiura  per 
far  scoppiare  un'insurrezione  bolscevica; 
arrestando  i  caporioni  e  fucilandoli  imniedia- 
tamente.  II  pericolo  fu  tanto  piii  grave,  in 


Mons.    IGNAZIO   CANAZEI. 


Mons.  Costantini  con  gli  altri  vescovi  rese 
omaggio  riverente  alle  tombe  gloriose  di 
Mons.  Versiglia  e  Don  Caravario,  dei  c|uali 
tessfe  un  commovente  elogio  nel  brin<lisi 
fatto   durante    il    banchttto. 

I,e  feste  riuscirono  splcndidaniente.  Tutti 
ebbero  vivissinia  fiducia  nella  protuzionc 
di   Don    Bosco,   e   il   Beato   premio  la   fede 


quanto  gli  agitatori  (tutti  al  di  sotto  dei 
20  anni!)  erano  riusciti  a  trarre  alia  loro 
causa  i  mitraglieri  dclla  terza  Divisione  e 
aleune  associazioni.  Conceda  ora  il  Beato 
Don  Bosco  un  pacifico  e  fecondo  apostolato 
a  Mons.  Canazei,  successore  dell'indimen- 
ticabile  Mons.  Versiglia. 

N. 


62 


L'Istituto   Missionario  Card.  G.  Cagliero 

di  Ivrea. 


Dopo  avervi  detto  della  Scuola  Agricola 
Missionaria  di  Cumiana,  eccovi  una  pa- 
rola  suiriSTiTUTo  G.  Cagliero  di  Ivrea. 
Pill  die  a  parole  vorrei  ritrarvelo  con 
tante  fotografie  e  presentarvelo  nell'evi- 
dente  bellezza  che  tutti  ammirano;  ma 
non  avendo  a  mano  molte  fotografie  belle, 
debbo  liniitarmi  a  manifestare  soltauto 
il  mio  desiderio. 

Snrgt  in  ameiia  posizione,  fuori  della 
citta,  sulla  strada  che  s'inoltra  nella  bel- 
lissima  valle  d'Aosta,  in  altura  dalla  quale 
si  amniira  un  niagnifico  panorama  con 
nionti  e  pianure,  con  colline  moreniche, 
documento  dell'attivita  degli  antichi  im- 
mensi  gliiacciai  che  protendevano  le  loro 
masse  di  ghiaccio  fin  oltre  la  capitale  del 
Canavesano.  L'Istituto  Cagliero  ha  an- 
nesso  un  ampio  tratto  di  terreno,  che  lo 
sforzo  di  tanti  volonterosi  ha  trasfonnato, 
nel  giro  di  parecchi  anni,  in  fecondo  giar- 
dino  meraviglioso  che  sale  sul  pendio 
Toccioso  della  « Sassonia  »  (la  parola  in- 
dica  cio  die  in  engine  era  quel  terreno, 
una   coUinetta   rocciosa),    al   culniine   del 


quale  e  stato  or  ora  edificato  un  grazioso 
tempietto  dedicato  al  Sacro  Cuore  di 
Gesu. 

L'isfifufo  dei...   monumenfi. 

II  tempietto  non  e  il  solo  monumento 
che  dia  grazia  e  valore  spirituale  e  ar- 
tistico  airistituto  Cagliero:  altri  chioschi 
e  grotte  accolgono  statue  sacre  di  varie 
diniensioni  profuse  dalla  pieta  di  anime 
buone  che  si  susseguirono  in  quella  di- 
mora.  Ma  non  e  per  tale  ricchezza  che  ho 
battezzato  cos!  I'lstituto;  esso  ha  pure 
autentici  monumenti  e  credo  che,  in  pro- 
porzione,   nessun   altro  istituto   I'eguagli. 

Varcando  la  soglia  ecco  quello  di  Don 
Bosco  che  vi  rivolge  il  suo  incantevole 
sorriso  e  vi  da  quasi  il  «  benvenuto  »;  in 
uno  dei  cortili  balza  fuori  da  un'aiuola 
quello  di  Domenico  Savio  in  un  atteg- 
giamento  di  apostolo;  poi  il  bellissimo 
busto  del  Card.  Cagliero.  Contemplandoli, 
I'occhio  si  delizia  in  quell'armonia  di 
atteggiamenti  e  di  ideale  espressione  che 


63 


I'arte  ha  trasfuso  in  quei  niarnii,  che  ram- 
nientano  ai  giovani  apiranti  ricordi  ca- 
rissimi  e  suscitaiio  in  essi  sentimenti 
genercsi,  quali  ebbero  i  personaggi  raf- 
fignrati  in  quei  monumenti. 

Tutti  e  tre  incamano  I'ideale  di  aposto- 
lato  e  ricordano  esempi  di  zelo  che  megHo 
non  si  potrebbe  desiderare  per  un  aspi- 
randato  niissionario. 

Vecchie  rimembranze 
e  realla  presenfi. 

Delia  casa  e  dei  cortili  non  vi  dico  nulla: 
dalla  fotografia  che  vi  presento  potete 
arguire  che  se  I'estemo  e  lindo  e  piacevole, 
I'interno  per  lo  meno  vi  conisponde  nella 
stessa  misura  o  supera  la  bellezza  esteriore. 

Delia  villa  primitiva,  che  la  piissima 
mamma  del  Cardinale  Richelmy  donava 
nel  i8q2  alRev.mosig  D  Rua,  non  eforse 
rinia-ta  traccia,  nella  ricostruzione  che 
di  anno  m  anno  si  e  compiuta.  Ma  nessuno 
si  sarebbe  sognato  quarant'anni  fa  di 
vedere  I'attuale  trasformazione  della  casa 
e  del  terrene,  con  le  comodita  che  oggi 
invogliano  i  felici  abitatori  a  godere  tutto 
quel  ben  di  Dio  che  e  loro  offerto  e  a  farvi 
onore  con  I'entusiasmo  della  loro  santa 
attivita. 

Veramente   felici  sono  i   207   aspiranti 


deiristituto!  Stimolati  dalla  saluhrita 
dell 'aria  e  dallamenita  del  luogo  —  oltre 
che  dalla  nobile  idea  che  guida  la  loro 
volonta  —  essi  dedicano  alia  fatica  dello 
studio  e  della  scnola  ben  dieci  ore  gior- 
naliere:  non  ne  risentono  danno  alcuno, 
anzi  si  sentono  presi  sempre  piu  dal  desi- 
derio  di  utilizzarle  bene,  facendo  dello 
studio  intenso  una  preparazione  alia  vita 
da  essi  sospirata.  Non  mancano  sani  di- 
vertimenti  e  svaghi  di  deliziose  passeg- 
giate:  bisogna  vederli  quando  gli  aspiranti 
partecipano  con  foga  ai  giuochi  delle 
ricreazioni  riempiendo  I'aria  di  grida  fe- 
stose  e  di  canti  giocondi. 

Non  mancano  neppure  alcune  ore  di 
lavoro  manuale  per  irrobustire  le  forze 
fisiche  e  meglio  disporre  alia  fatica  dello 
studio.  Se  si  pensa  che  debbono  svolgere 
I'intero  programma  del  corso  ginnasiale 
e  apprendere  la  lingua  inglese,  le  cure 
non  sono  superfine  e  rivelano  tutta  la 
premurosa  bonta  dei  superiori. 


Una  sorgenfe  meraviglios', 

Non  vi  ho  detto  nulla  delle  pratiche 
spirituali  a  cui  attendono  quotidiana- 
mente  gli  aspiranti:  occorre  forse  dire 
una  cosa,  saputa  e  pensata  da  tutti,  che 


IVREA.   =   II   laghetto:   mita   di   deliziose   passcggiate. 


64 


IVREA,    =    Cdppella    votiva   al    Sacro   Cuorc   di    GcsCi. 


la  vita  di  un  aspirante  missionario  deve 
avere  la  caratteristica  della  pieta? 

Gli  alunni  dell'Istituto  Cagliero  —  an- 
che  pel  fatto  che  molti  di  essi  provengono 
dalle  l^le  della  G.  C.  I.  dove  hanno  dato 
liiniinosissimo  esempio  di  zelo  cristiano  — 
noil  solo  I'hanno  vivissima,  ma  la  rinvi- 
goriscono  ogni  di  con  la  S.  Comimione, 
con  la  pill  tenera  divozione  a  Maria  Ausi- 
liatrice  e  con  la  pratica  dei  doveri  cri- 
stiani,  secondo  la  bella  tradizione  delle 
case  salesiane.  Questa  —  piii  che  I'aria  e 
I'amenita  del  sito,  piu  che  le  soddisfazioni 
dello  studio  e  del  lavoro  —  e  la  vera 
sorgente  dell'intinia  felicita  della  vita 
gioconda  che  vivono  ad  Ivrea  gli  aspi- 
ranti  .niissionari. 

L'Istituto   Cagliero   ha    gia   la   sua    re- 


dame  fortunata  perche  da  alcuni  anni 
e  sempre  pieno  di  aspiranti:  eppure  il 
sig.  D.  Rinaldi,  padre  di  tutti  i  missionari 
di  D.  Bosco,  non  e  ancora  soddisfatto. 
h'operarii  aiitem  pauci  del  Vangelo,  il 
...  grida,  non  darti  posa  del  S.  Padre  Pio  XI 
concordano  con  le  richieste  quotidiane 
che  i  missionari  da  ogni  parte  rivolgono 
al  sig.  D.  Rinaldi  per  avere  rinforzi;  ed 
egli  desidera  nuove  reclute,  pronto  a 
qualunque  sacrifizio 

Pregate  anche  vol,  cari  amici,  perche 
il  vSignore  non  solo  guidi  a  riuscita  la 
vocazione  di  codeste  primizie  cosi  pro- 
niettenti,  ma  ne  susciti  molte  altre  tra 
la  gioventu  d' Italia  e  del  niondo. 

Vostro  aff.mo 
Zio  GiGi. 


DALLE   LONTANE   MISSIONI 


CONTRATTEMPI 


La  stagione  delle  piogge  non  ebbe  prin- 
cipio,  quest'anno,  che  il  7  novembre;  ma, 
d'allora  in  qua,  I'acqua  e  ormai  giornaliera. 
Un  vero  beneficio,  pero,  sia  per  la  vegeta- 
zione  come  per  la  temperatura,  che,  felice- 
mente,  si  va  rinfrescando.  H  il  momento- 
della  seminagione  e  delle  piantagioni.  La 
terra,  induritasi  durante  la  stagione  secca, 
non  puo  essere  lavorata  se  non  dopol'innaf- 
fiatura  di  cui  si  prende  cura  il  buon  Dio,  Ma 
qui  tutto  cresce  a  vista  d'occliio.  che  il  ca- 
lore  da  la  mano  aH'umidita.  Noi  abbiamo 
gia  gustato  dei  piselH  e  una  volta  anche  delle 
fragole.  II  granoturco  e  gia  a  un  metro  di 
altezza  e  qui  le  pannocchie  non  sono  di  co- 
lore giallo  come  in  Europa,  ma  bianche;  e 
si  mangiano  crude,  owero  cotte  nell'acqua; 


se  ne  estrae  pure  la  farina.  Nell'attesa  della 
raccolta,  gli  indigeni  mangiano  cio  die  tro- 
vano:  della  frutta  raccolta  nelle  boscaglie, 
dei  bruchi  connnestibili  di  varie  specie,  od 
altre  bestiole  ancora,  di  ciu  essi  sono  ghiot- 
tissimi.  Talora  ci  giungono  alia  scuola  le 
fanciullette,  pieni  i  capelli  di  tali  bniclii  otJ 
animaletti  die  esse  hanno  raccolto  lungo  la 
strada.  Sara  I'incanto  del  calore,  oppure 
I'impotenza  di  sbrogliarsi  dalla  capigliatura 
ricciuta  quello  die  trattiene  pacificamente 
tali  ospiti  su  quel  trono  improvvisato?  Non 
lo  si  sa...  ma  se  la  sapessero  lore  la  sorte 
die  li  attende!...  in  meno  che  non  si  dica, 
essi  formeranno  il  miglior  piatto  per  il  pranzo 
e  saranno  divorati  con  una  gioia  senza  pari. 
Novembre  e  pure  un  mese  nefasto  per  la 


Una   mamma   coi   suoi    piccini   a...  tavola. 


66 


salute  dei  neri,  soprattuttodeibimbi.  Ilcani- 
bio  si  briisco  della  temperatura  jiorta  con  sc 
dei  raffreddori  con  complicazioni:  niolti  sono 
preda  della  polmonite  che  non  jjcrdona. 
Anche  la  nostra  casetta  ha  dovuto  pagare 
il  sue  tributo  alia  morte:  I'ultima  timba,  ri- 
cevuta  in  marzo  e  battez/.ata  in  agosto  con 
il  nome  di  Maria,  se  ne  volo  al  Cielo  dopo 
soli  tre  gionii  di  malattia,  il  6  novembre. 
II  piccolo  Francesco,  che  ha  ora  due  auni  e 
mezzo,  sa  che  Maria  e  volata  vicino  al  Bam- 
bino Gesu;  ma,  alcuni  giorni  dopo  il  fune- 
rale,  non  vedendo  piii  il  lettirccio  della  pic- 
cola  arnica,  domanda:  «  Dov'e  il  lettino  di 
Maria!?...  ».  Non  era  che  una  piccola  cassa, 
la  culla  della  piccina,  e  la  si  era  data  ad  una 
povera  donna,  madre  di  quattro  figli.  «  Non 
e  pill  qui  —  si  rispose  a  Franceschino:  —  la 
M.  Superiora  I'ha  data  alia  piccola  Marghe- 
rita  i>.  Dopo  un  istante  di  rifle.ssione,  Fran- 
cesco concluse  ingeniiamente: «  Oh,  io  quando 
me  ne  andro  al  Cielo,  portero  con  me  anche 
il  mio  bel  lettino!...  ».  Gli  e  che,  in  verita, 
il  suo  lettuio  e  proprio  bello,  di  ferro  bianco, 
colla  sua  brava  zanzariera,  che  ima  famiglia 
belga,  stabilita  in  Sakania,  gli  lascio  in  dono 
nel  febbraio  scorso  prima  di  far  ritonio  in 
patria.  E  il  nostro  piccolo  ne  e  orgoglioso; 
egli  che  non  possedeva  altro  lettino  fuor 
della  cassa  che  passo  poi  m  eredita  alia  pic- 
cola Maria! 

Tutti  i  nostri  piccoli  alunni  intenii  fanno 
dei  grandi  jirogressi  nella  lingua  francese;  ma 
Kyola  la  vmce  su  tutti.  II  gatto  ha  rubato 
un  pezzo  di  came,  ed  essa  tutta  seria:  «  Suora 
—  dice  —  il  micio  ha  preso  la  carne  con  la 
sua  bocca!  ».  Un  giomo  essa  aveva  raccolto 
dei  grilli  che  sono  mangiati  da  questi  neri; 
e  siccome  uno  aveva  perduto  le  ali,  la  bimba 
grida  al  presentarlo:  «  Ecco  nyeiise  che  ha 
perduto  le  sue  penne  da  lui  »  e  voleva  dire 
che  aveva  perduto  le  ali  da  se.  In  kibemba, 
si  pronuncia  or  invece  di  ol,  o  viceversa, 
indistintamente.  Cosi,  per  dire :  la  came 
e  molle,  Kyola  dice:  la  came  e  mora ! 

La  nostra  Missione  e  stata  ancora  pro- 
vata,  alciuie  settimane  fa,  daH'incendio. 
Un  nero  aveva  acceso  il  fuoco  sotto  la  sua 
pentola  per  far  cuocere  il  biikari,  quando 
improvvisamente  si  levo  un  vento  turbi- 
noso.  Le  scintille  sono  lanciate  in  un  istante 
sul  tetto  di  paglia  della  povera  capanna  e 
di  altre  cinque  vicine.  suUa  stalla  delle  vac- 
che,  che  per  fortuna  in  quel  momento  erano 
fuori,  e  tutto  divenne  preda  delle  fiamme. 
Le  f amiglie  soro  state  alloggiate  il  meno  male 
possibile  presso  I'una  e  I'altra,  mentre  si 
provvede  alia  riparazione  del  danno  occorso; 
ma  le  vacche,  gettate  in  un  rinchiuso  abban- 
donato,  scontente  della  loro  sorte,  non  die- 


dero  piii  il  latte,  e  per  tre  giorni  abbianio  do- 
vuto jjagare  anche  noi  il  fio  del  loro  malu- 
more. 

Un  mattmo,  in  cappella,  e  durante  la 
santa  Messa,  una  capretta,  che  aveva  tro- 
vato  la  porta  aperta,  entra  .sgambettando 
sino  all'altare,  e  distrae  tutta  I'assistenza. 
Le  formiche  sono  impegnate  nello  scavare  il 
suolo  sotto  il  confessionale,  e  vi  fanno  la 
loro  dimora:  il  fastidio  si  e  che  quelle  curiose 


Giovine   sposa  col   suo   rampollo. 

sono  sempre  h  ad  ascoltare  I'accusa  dei  no- 
stri falli!  Ma  avviene  pure  un  altro  fatto  fa- 
ceto:  le  donne  vamio  a  confessarsi  col  loro 
fardello  sulle  spalle:  il  bimbo  legato  come  un 
batuffolo;  ed  hanno  cosi  un  altro  testimonio... 
a  loro  carico,  sicuro!  quando  non  sono  due... 
come  succede  con  Marita,  che  ha  due  bam- 
bini, mio  sul  dorso  e  I'altro  che  gia  cam- 
mina...  ed  il  bel  trio  esce  trionfante  dal  con- 
fessionale! 

La  vigilia  dei  Santi.  un  gruppetto  di  fo- 
restieri  arriva  a  Sakania:  cmque  cristiani,  il 
padre  e  le  sue  quattro  figlie;  e  tutte  se  ne 
vanno  direttamente  alia  cliiesa.  Dopo  qual- 


67 


che  po'  di  tempo  passato  in  pregliiera,  irna 
delle  figliette  si  avvicina  a  Suor  Maria  e  le 
dice:  —  Vuol  essere  tanto  buona  da  venire 
a  confessarci? 

—  lo?  JIa  non  lo  posso.  figliuola;  bisogna 
andare  a  cliiamare  il  sacerdote,    alia  casa. 

—  Ah!   ed  io  ci  vado:   grazie! 

Ouesta  povera  gente  dei  cainpi  e  cosi  in- 
genua  e  semplice,  die  s'inimagina  forse,  die 
basta  essere  consacrati  al  Signore  per  avere 
tutti  i  poteri! 

Ouindid  gionii  fa,  abbianio  fatto  con  tutta 
la  nostra  piccola  gente  la  passeggiata  hinga 
annnale,  visitando  alcimi  dei  villaggi  an- 
cora  sconosciuti.  Coni'e  bella  la  natura,  e 
come  ci  parla  di  Dio!  Attraversandoi  campi 
e  le  praterie,  costeggiando  i  fiumi  o  passando 
in  mezzo  alle  piaiitagioni  non  si  puo  non  am- 
niirare  la  mano  onnipotente  del  Creatore!... 
Ma,  abbianio  anclie  avuto  una  sorpresa  poco 
gradevole:  la  traversata  tragica  del  poiite  a 
Kandoulou.  E  un  ponte  fatto  con  tronclii 
d'alberi  al  naturale:  della  lungliezza  di  circa 
15  nietn,  largo  tre  e  alto  quattro,  senza  pa- 


rapetto  ai  lati  e,  tratto  tratto,  niancante  di 
piano  su  cui  poggiare  il  ])iede.  Al  giimgere 
dinanzi  a  queste  a])erture,  piu  o  meno  grandi 
secondo  il  caso,  biso.gnava  prendere  slancio 
per  fare  un  salto  e  vincere  la  difficolta,  ma 
i  tronclii  giravano  sotto  i  ])iedi  e  poco  manco 
non  preiidessimo  im  bagno.  I  neri  corrono 
su  quel  ponte  come  scoiattoli;  ma  le  suore 
dovettero  farsi  del  bel  coraggio  per  raggiun- 
gere  la  sponda  opposta,  e  sentirono  dav- 
vero  la  protezione  del  loro  Aiigelo  Custode. 
Uno  di  questi  ultimi  gionii,  due  suore  aii- 
dando  a  visitare  una  povera  donna  amma- 
lata,  vollero  prendere  una  scorciatoia,  ma 
si  trovarono  imbarazzate  nel  passaggio  del 
torrente:  non  v'era  altro  che  un  tronco  d'al- 
bero  gettato  dall'una  all'altra  riva...  II  ma- 
rito  ddl'inferma  ed  un  buon  ragazzo  di  do- 
dici  aiini  entrarono  nell'acqua  ed  oflfrirono 
le  loro  spalle  come  apijoggio,  aiutandole  cosi 
a  fare  senza  pericolo  la  traversata...  Si  riesce 
cosi  a  vincere  ogni  difficolta,  con  I'assistenza 
del  buon  Dio! 

Una  figlia  di  M.   A. 


II   gruppo   dcj    tnis^ionari    Salesiani    col    comandantc   del    piroscafo    'Trier*. 

ACCADEM/A  IN...  ALTO  MARE. 

Sill  jjiroscafo  <■  Trier  » fiiunto  tcsti- ill  Jvstrciuo  iiovizi;  j.'li  allri  appartfiiL-vaiio  ad  altri  Drdiiii. 

Oriente  oraiio  a  bordo  57  nii.s.sionari  c  apparte-  II  7  diccmbrc  fii  organizzata  a  bordo  un'Acca- 

ntnti  a  varic  na?.ioiialit;i  e  diretti  in  varie  re-  demia    in   onore   dell'Inimacolata   col   concor.so 

Rjoiii  dell'A.sia.  I  Salesiani  formavaiio  il  griippo  della    banda   del    piroscafo:    riu.sci   degna   della 

piu    iiiiiiieroso:     2     saccrdoti,    10    chierici    c   9  Madonna. 


68 


Villaggio  tibetano   sulla    ripida   e  rocciosa    montagna. 


UN  MISSIONARIO  TRA  I  MISHMI 


Ritomato  di  tra  gli  Abor  P.  Krich  rifonii 
subito  il  bagaglio  di  molti  bottoiii,  spilli, 
cravatte,  anelli,  specchi,  forbici,  fazzoletti, 
stoffe  rosse,  sale  e  tabacco,  ecc.  per  tentare 
la  via  del  Tibet  attraverso  la  regione  dei 
Mislimi. 

Coll'aiuto  del  cap.  Wicli  otteiiiie  die  il 
figlio  di  un  capo  Khanti  gli  facesse  da  guida: 
raccolse  poi  con  niolto  stento  ii  uomini 
come  portatori,  ai  qiiali  s'aggiunscro  iin  gio- 
vanetto  e  3  Mislimi. 

Parti  da  Saikwah  il  15  dicembre  1833. 
risaleiido  la  valle  del  Lohit...  Alberi  enonni 
die  coutavano  secoli  di  esistenza,  con  tron- 
chi  pieiii  di  parassiti  e  attorcigliati  da  liaiie 
die  peiidevano  in  magiiifici  festoni;  coUine 
clie  pel  manto  di  fitta  verdura  e  per  lo  strato 
di  tronchi  in  putrefazione  non  lasciano  ap- 
parire  neppure  una  roccia;  suUo  sfondo  cupo 
il  luccichio  della  mica  come  se  la  montagna 
fosse  d'oro:  ecco  il  quadro  pittoresco  ve- 
duto  dal  missionario.  Ripide  saUte  e  piu 
ripide  discese  per  monti  e  valli  furono  il  di- 
versivo  della  sua  vita  tjuotidiana. 

In  una  valle  dovettero  traversare  un  poiite 
di  liaue  (Rotang)  costnitto  dai  Mishmi  ad 
un'altezza  di  30-70  m.:  siiU'intreccio  di  liaiie 
.scorre  un  cercliio  in  cui  sta  il  passeggiero 
aiutandosi  colle  mani.  II  missionario  pero 
non  oso  ax-venturarsi  in  quel  cercliio,  e 
prefer!  passare  su  altro  ponte  poco  distante, 
ma  arrivato  a  due  terzi  del  ponte  precipito 
in  acqua  pres.so  la  riva.  Col  tempo  si  adatto 
anche  ai  ponti  sospesi  e  al  cercliio. 

Arrivarono  sfiniti  nel  paese  del  capo  Kru.ssa, 
dove,  per  I'opposizione  di  altri  capi  cola 
convenuti,  non  poterono  proseguire  oltre. 
Dopo  trattative  lunghe  coi  capi  il  1°  gen- 
naio  1852  si  avvicino  al  missionario  sul  tardi 
uno  dei  portatori  e  gli  disse: 

—  Padre,  stanotte  non  domiire:  ti  vo- 
gliono  uccidere! 


Ma  lo  vinse  il  sonno...  Non  ci  fu  nulla  nella 
notte,  e  al  mattino  parti.  All'ultimo  paese 
(Kotta)  coniparvero  due  brutti  ceffi  armati 
die  gli  rovistarono  il  bagaglio  e  avevano 
rintenzione  di  ucciderlo,  ma  un  colpo  di 
fucile  li  intimori  e  lo  lasciarono  proseguire. 
Credettero  die  nel  fucile  si  aimidasse  un  po- 
tente  spirito. 

II  16  gennaio  eiitro  in  Walong,  villaggio 
tibetano,  sciogUeiido  mi  inno  di  ringrazia- 
meiito  al  Signore.  Tutti  vennero  a  squadrarlo 
con  sorpresa  e  poi  se  n'andarono,  lascian- 
dolo  solo,  senza  dargli  ne  un  segno  di  bene- 
volenza,  ne  di  odio.  Egli  non  aveva  ne  viveri, 
ue  regali.  Prosegui  per  Soniine,  i  cui  abitanti 
accorsero  a  toccargli  i  vestiti,  le  tasche,  i 
deiiti,  la  barba,  acontargli  leditadelle  mani. 
Alcuni  Lama  I'accolsero  nel  loro  monastero 
ed  egli  si  dedico  alio  studio  della  lingua. 
Pochi  gionii  dopo  il  goveniatore  cinese  fu 
ad  interrogarlo  e  a  intimargli  di  uscire  dal 
Tibet. 

Quando  ripasso  a  Kotta  il  capo  lingsha 
lo  accol.se  con  rabbia  e  lo  minaccio  aperta- 
nieiite  di  morte:  poi  per  consiglio  della  mo- 
glie  gli  accordo  tre  giomi  di  tempo  per... 
guarire  im  nialato,  che  per  essergU  caduto 
un  albero  sul  piede  I'aveva  ferito  e  reso  feb- 
bricitante.  II  missionario  lo  medico;  ma 
dovette  constatare  I'ingratitudine  del  be- 
neficato  che  gli  rubo  un  gionio  due  monete. 
lingsha  lo  tratto  bene  e  lo  lascio  ripartire. 
Gli  altri  capi  lo  spogliarono  di  tutto,  anche 
della  veste  e  deH'ultimo  paio  di  calzoni... 
diceiidogli:  —  A  casa  ne  hai  degh  altri... 
e  poi  temi  forse  di  morire  dal  freddo  an- 
dando  nudo   come   noi? 

Giunse  cosi  a  Saikwak  il  18  marzo...  II 
cap.  Smith  gU  ando  incontro  e  vedendolo 
a  quel  modo  gli  disse:  —  Oh  povero  Padre, 
in  che  stato  e  ridotto!  —  E  gli  diede  i  primi 
aiuti. 


69 


INUKAI 


AAA 


A  A  Ax  A  A 


AAA  A  A  AAA 


Voi  noil  conoscete  certo  Inukai  Ghem- 
jiacci.  E  un  cavaliere  leggendario  del  Giap- 
pone.  Giunge  di  notte  in  una  piccola  rasa 
di  Ife  (noi  diremmo  un  piccolo  albergo),  e 
al  padrone  un  bnon  vecchio  die  lo  dissuade 
di  metlersi  in  viaggio,  risponde  che  deve 
andare  a  salvare  un  amico  che  e  in  peri- 
colo,  si  fa  dare  un  area  e  due  freccie  e  non 
ascoltando  i  consigli  del  buon  \'ecchio,  si 
avventura  alia  salita  della  pcricolosa  mon- 
tagna.  Salendo  salendo  Ghein[^acci  pensava: 
«  quel  bravo  uomo  voleva  ferniarnii  per  gua- 
dagnar  certo  (|ualche  soldo.,  non  bisogna 
dare  troppo  ascolto  alle  parole  di  questa 
gente...  NcH'altro  versante  vi  e  il  villaggio 

Ma  (|uanto  piii  saliva  tanto  pin  aunien- 
tava  I'oscuritn  e  il  freddo.  «  Avrei  fattomeglio 
a  pigliare  un  lunie...  Saia  meglio  ferniarsi 
in  attcsa  deH'aurora...  O  sara  meglio  con- 
tinuare  per  non  cssere  preda  di  bestie  o  di 
serpenti...  »,  c  cosi  diccndo  scendeva,  sa- 
liva, fece  molta  strada,  ma  fini  collo  smar- 
rirsi.  Quand'ecco  che  si  trova  di  fronte  ad 
una  porta  di  pi'4ra 


~  Veh,  veil...  E  lii 
lamosa  Kougouri  (por- 
ta bassa  ove  non  si 
pud  passare  che  cnr- 
vandosi)  ..  Qui  tntte 
le  sere  viene  la  lince  a 
divertirsi...  Che  fare':" 
E  meglio  entrare  nella 
grotta  .  Avessi  ascol- 
tato  i  consigli  del  vec- 
chio X  e  cosi  accocco- 
landosinell'inteniocon 
I'arco  e  le  freccie  pron- 
te,  pensava  ai  suoi 
cari  lontani... 

Eran  le  3  del  mat- 
^.'mo(\\\a\\^^oGhempacc  I 
vede  avanzarsi  due  o 
Ireluci.  Pensa  chesia- 
no  spiriti  e  uscendo 
dalla  cavema  si  ar- 
rampica  su  un  albero 
e  imbrandendo  I'arco  si  niette 
in   posizione  di  difesa... 


1) 

Sal 
coi 

( 

3)i 
4)) 

I 
5)1 


70 


GHEMPA  CCI. 


'LA  A  A_AA> 


A  A  A  ^ 


i 


I\Ian  mano  die  le  liici  si  av- 
vicinaiio  si  accorge  della  pre- 
senza  di  iin  essere  spaventoso. 
La  faccia  era  quella  di  una  ti- 
gre  irritata:  le  fauci  sanguinanti 
e  spalancate:  denti  bianclii  affi- 
lati  come  spade,  due  .'unghi  mu- 
stacchi  pendevaiio  come  rami 
di  salice  ghiacciati  dalla  neve. 
II  resto  del  corpo  come  quello 
di  un  uomo:  al  fianco  due  spade: 
montava  uu  cavallo  a  pelo 
castagno.  La  figura  del  cavallo 
non  era  meno  niostruosa.  Sem- 
brava  lui  albero  secco  coperto 
di  muschio;  i  piedi  come  rami; 
la  coda  come  un  cespugl'o.  Due 
servi  dalla  faccia  azzurra  e  nera 
lo  accompagnavano  e  parlavano 
con  lui  affabilmcnte. 

Ghcmpacci  pensa:  «  fi  certo  il 
re  dei  niostri...  se  non  lo  an- 
niento  coUa  freccia  finira  col- 
I'uccidere  tne...  ».  Si  arrampica 


9 


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|Hu^4S4 

cautamente  in  buona  posizione,  incocca  la 
freccia  die  parte  e  colpisce  il  mostro  in  pieno. 
Un  grido  di  dolore;  caduta  del  mostro,  rimesso 
in  sella  dai  due  scrvitori;  fuga  precipitosa 
dei  medesimi...  e  continuazione  del  viaggio 
di  Ghempacci... 

Storia  davvero  dell'altro  motido!...  Vedete 
che  la  fantasia  dei  nostri  cari  Giapponesi  non 
e  del  tutto  dispregevole...  E  la  morale?  Ti- 
ratela  voi.  IJ  la  vita  quotidiana  del  missio- 
nario,  vero  cavaliere  del  Signore,  che  ha  da 
combattere  in  Hiappone  non  tanto  coiitro  gli 
dementi  naturali  (non  niancano  anche  que- 
ste  difficolta),  ma  in  modo  s^eciale  contro 
gli  dementi  niorali  rappresentati  dal  mo- 
stro della  favola;  contro  I'azione  positiva  del 
diavolo  che  tiene  con  tutte  le  forze  queste 
povere  anime  sotto  la  sua  scliiavitii,  c  con- 
tro cui  vanno  purtroppo  tante  volte  a  vuoto 
le  arnii  anche  ben  aflilate  del  niissionario. 
Mid  buoni  giovani,  moltiplicate  colla  pre- 
gliiera  e  coi  sussidi  materiali  queste  armi  ai 
missionari,  e  si  riuscira  col  vostro  concorso 
a  qualche  cosa.  Don  V.  CiMATTi. 


7^ 


LA 

CAPPELLA 

DELLA 

SELVA 


MACAS   (Equatore).   =   II   bat= 
tesimo   di    un    kivarctto. 


TogUamo  da  una  Icttcra  della  Rev. da  MAnRE 
DecIiMA  Rocca,  Ispeltrice  delle  F.  di  M.  A. 
tielV Equatore  queste  belle  impressioni  sii  una 
visiia  da  lei  fatta  alia  Missione  dell'Oriente 
Equatoriano . 

Macas,  6  giugno   1930. 

Da  inolto  tempo  un  buon  Macabeo  che 
sta  dall'altra  jiarte  del  fiume  Upano,  suppH- 
cava  perclie  si  andasse  cola  a  vedere  quei 
poveri  Kivari  che  sospiravano  il  missioiiario. 
Egli  stesso,  con  I'aiuto  di  vari  di  loro,  fab- 
brico  una  cappella  di  banibii  e  -v^enne  ad  in- 
vitare  Mens.  Comin  perclie  andasse  a  be- 
nedirla.  Alle  7  ci  mettemmo  in  camniino  e 
dopo  un'oia  delle  solite  strade,  arrivamnio 
al  fiunie  Upano.  Questo  occupa  un  alveo 
grandissimo  e  si  divide  in  4  e  piii  canali  che 
bisogna  attraversare:  parte  portati  suUe 
spalle  e  parte  in  piccole  canoe  a  due  o  tre 
per  volta.  E  stato  un  lavoro  lungo  e  peiioso 
per  grincaricati  di  questo  trasbordo,  ma 
tutti  giuiigennno  felicemente  all'altra  sponda 
ove  attendeva  un  gran  nuniero  di  kivari  e 
kivarc,  portando  legati  sulle  spalle  i  loro 
bambini  e  trascinandone  altri  dietro  di  se. 
I,e  (Jonnc  ci  si  strinsero  intorno,  e  coi  gesti 
€  col  loro  gergo  ci  dimostravano  la  loro  gioia. 
Altrettanto  facevano  gli  uomini  attorno  al 
grnpjjo  dei  Superiori.  Dopo  una  salila  di 
circa  un'ora.  arrivamnio  alia  casa  del  Signer 
Venanzio,  di  tronte  alia  quale  sta  la  cap- 
pella da  benedire. 

Mentre  si  prendeva  un  po'  di  ri]>()So  alcuni 
prLi)aravano  ])er  la  ccrimonia;  intanto  le 
donnc-  ci  attorniavano  e  diccvano;  —  Vcnite 
qui,  vinilc  (jui  con  noi  e  vi  daremo  le  noslre 
figliuole  perclie  loro  insegiiiate  a  pregarc  e 


a  leggere;  anche  noi  vogliamo  conoscerc 
Iddio,  ma  dall'altra  parte  non  vogliamo 
andare  perche  abbiam  paura  dei  civilizzati. 
Se  verrete  qui,  vi  daremo  della  nostra  yuca, 
della  nostra  chonta,  non  vi  manchera  il  ba- 
nano;  quando  xerrete? 

Puo  imniaginare  Ven.  Padre  come  ci  si 
strinse  il  cuore  al  vedere  quelle  creature  ta- 
meliche  di  Dio  e  delta  verita.  e  per  man- 
canza  di  personalenon  poterle  aiutare.  Tutta 
queH'immensa  selva  e  seminata  di  kivari  di 
un  carattere  molto  piii  docile  e  tendente  al 
bene  di  quei  di  Gualacjuiza,  Si  convenne 
d'accordo  con  Monsignore,  che  una  volta  per 
settimana  sarebbero  andate  da  Macas  due 
snore  per  insegnare  il  catechismo  e  Monsi- 
gnore avTebbe  mandato  mi  Salesiano'  e  cosi 
si  paciiicarono  un  po'  quei  poveri  kivari. 

I5s,sendo  tutto  pronto  S.  E.  Mons.  Comin 
])rocedette  alia  benedizione  della  cappella... 
I<a  cappella  della  sclva  cioe  una  stanza  di 
circa  m.  12  per  5  fatta  tutta  di  canne  di 
bambvi  spaccate;  con  un  pavimento  dello 
stesso  materiale  all'altezza  di  un  metro  da 
terra  e  il  tetto  di  paglia.  Non  occorrerebbero 
finestre,  quantnnque  ve  ne  sia  una,  i)erche 
le  fessure  lasciano  abboiidantemente  ]5as- 
sare  I'aria  e  la  luce.  Tutti  quei  buoni  kivari 
assistettero  alia  funzione  con  una  serieta 
ammirabile.  Subito  doj^o  il  Sig.  Direttore 
Rev.  P.  Torka  celebro  la  Santa  Messa,  nien- 
tre  si  recitava  il  Santo  Rosario.  I^er  la  prima 
volta  Oesii  scendeva  dal  Cielo  a  santificare 
colla  sua  reale  presenza  cjuei  luoghi  iinora 
regno  del  demonio,  e  la  Vergine  ciiK|uanta 
volte  invocata  dai  pre.senti  colla  commozione 
c  ia  Fede  che  jjossono  dare  simili  circostaiize, 
avra  guardato  con  tencra  compiaceaza  quei 


7^ 


MACAL. 


Gruppo   totogrdiico    prcso   dopo    I'lnaugurazione    della   cappelia. 


poveri  figli  della  foresta  e  iniplorato  dal  suo 
Gesii  operai  per  I'abbondante  messe.  Oh! 
noil  sia  loiitano  questo  giorno.  Dopo  un  cor- 
diale  pranzetto  prej^arato  dal  buon  Sig.  \'e- 
nanzio,   ripigliainmo  il  gia  fatto  canimino, 


pieiio  il  cuore  di  soavi  e  sante  emozioni,  stii- 

diando  il  niodo  di  poter  quanto  prima  sta- 

bilirci  tra  quella  buona  geiite.  Ouaiido  sara? 

Suor  Dkcima  Rucca 

F.  di  M.  A. 


LA   VIA  LATTEA. 


I  Cinesi  nel  culto  alia  Luna  vi  mescolano 
anche  la  Via  Lattea  perclie  credono  che  la  luna 
vada  di  tempo  in  tempo  a  dissetarsi  nella  \'ia 
Lattea,  da  essi  raffigurata  come  un  ampio  fiume. 
A  ricordare  I'avvenimento  essi  avevano  ceri 
nionie  speciali  il   7°  giorno  della  settima  luna. 

La  credenza  era  origiuata  da  questa  leggenda. 

La  figlia  della  regina  madre  del  cielo,  tessi 
trice,  meutre  con  le  altre  divinita  si  dissetava 
ad  un  fiume,  fu  vista  dal  «  bufalo  »  che  corse 
ad  avvertire  il  «  bifolco  ».  Questi,  preavvertito 
in  sogno  sul  da  farsi,  ando  al  fiume  e  rubo  il 
mauto  che  la  tessitrice  aveva  deposto  suUa 
riva.  Le  divinita,  una  volta  dissetatesi,  risali- 
rono  alia  riva  e  indossati  i  loro  manti  spicca 
rono  il  volo  pel  cielo:  la  tessitrice  non  trovando 
il  suo  dovette  restare  suUa  terra.  Ando  raniinga 
in  cerca  del  suo  manto  finchc  capito  in  casa  del 
bilolco  ed  ivi  pose  la  sua  dimora  sposandolo. 

libbe  due  figli. 


Ma  un  giorno  scoperto  il  suo  manto,  I'iudosso 
e  in  groppa  ad  una  nuvola  spicco  il  volo  pel 
cielo.  II  bifolco  coi  figli  I'insegui  e  gia  stava  per 
raggiungerla,  quando  la  tessitrice  invoco  aiuto 
dalla  madre.  Questa  trattasi  dalla  capigliatura 
una  forcina,  traccio  con  essa  una  linea  nel  cielo 
che  divenne  la  Via  lalica,  il  fiume  scintillante. 
Cosi  furono  separati  i  due  sposi,  che  diventa 
rono  due  costellazioni,  una  di  qua,  I'altra  al  di 
la  del  fiume. 

II  caso  veune  quindi  sottoposto  ad  Y  Von  Ti 
(il  Giove  del  Taoismo)  il  quale  permise  agli  sposi 
di  vedersi  una  volta  all'anno  al  y°  giorno  della  set- 
tima luna.  In  quel  giorno,  si  dice,  tutte  le  cor- 
nacchie  e  gazze  dell'universo  si  raccolgono  per 
forinare  un  ponte  suUa  Via  Lattea  e  permettcre 
alia  tessitrice  di  passare  il  fiume  celeste  per  far 
visita  al  suo  sposo 

Don  VixcExzo  Ric.\i.i)o:,-E. 


~-  73 


Su  e  giu  per  il  mondo 


LO  SPIRITISMO 
NELL'  INDIA 


Presso  tutti  i  popoli  troviamo  accanto  al- 
I'idea  religiosa,  la  credenza  in  esseri  superior! 
che  in  un  niodo  o  nell'altro  intervengono  nelle 
faccende  umane.  Tali  esseri,  con  nome  generico 
sono  chiamati  «  spiriti  »  e  possono  essere  buoni 
o  cattivi.  Qui  in  India  gli  spiriti  cattivi  vanno 
sotto  il  nome  di  «  bhut  »  che  letteralmente  vor- 
rebbe  significare  «  demoni  ».  Nella  vita  indiana 
essi  hanno  un  dominio  grande  specie  in  alcune 
tribii  assamesi  e  limitrofe  come  presso  gli  Abor; 
ma  anche  nel  sud,  che  eccelle  per  civilta  e  sa- 
pere,  la  concezione  spiritica  e  assai  in  voga.  Ge- 
neralmente  pero  I'indiano  non  concepisce  uno 
spirito  isolato;  ama  scmpre  immaginare  vere 
confederazioni  o  tribii  di  foUetti  a  cui  sono  asse- 
gnate  occupazioni  different!;  come  si  vede  attri- 
buiscono  al  regno  degli  spiriti  le  categorie  e  le 
idee  loro  proprie  di  «  casta  ». 

Anche  gli  uomini  possono  in  certe  circostanze 
e  per  certe  colpe  essere  mutati  in  ispiriti.  Le 
quattro  personificazioni  piu  conosciute  poste  a 
capo  delle  tribu  sono  leseguenti:  Mnnja  -  Khavis 
-  Jlwlung  -  Hedati.  Mitnia  e  rapprcsentato  come 
un  giovine  avvolto  in  coperta  nera  dal  corpo  pe- 
loso  e  dalla  testa  grossa  ma  di  statura  assai 
piccola.  Khavis  invece  e  uomo  mature  che  — 
se  visto  —  si  allunga  notevolmente.  Jhotung  e 
il  guerriero  perito  di  morte  violenta  —  assetato 
del  sangue  dei  valorosi  —  e  ama  apparire  sotto 
forma  di  cane  che  abbaia  o...  di  asino  che  ra- 
glia!  Hedali  e  donna  e  la  si  vede  biancovestita 
con  un  bambino  in  braccio,  Di  tutti  gli  spiriti 
essa  e  la  piu  terauta  e  ha  dato  luogo  ad  una  mol- 
titudine  di  storie  raccapriccianti.  Nessuno  puo 
resistere  al  sue  fascino  che  seduce  come  il  canto 
delle  sircnc. 

Gli  spiriti  hanno  una  grande  importanza  spe 
cie  in  occasione  di  seconde  o  terze  nozze.  Se 
muorc  la  prima  sposa,  il  marito  prima  di  pren- 
derne  un'altra  deve  allontauare  dalla  sua  casa 
lo  spirito  vcndicativo  della  defunta,  e,  per  far 
cio  si   usano  vari  metodi. 

Nel  Deccan  per  es.  lo  sposo  accompagnando  la 
salma  della  consorte  al  campo  crematorio,  non 
deve  per  nessuna  ragione  volgcre  indietro  lo 
sguardo  sino  a  quando  il  cadavere  non  sia  com- 
pletamente  bruciato  altrimenti  lo  spirito  vi  fa- 
rebbe  ritorno  c  vi  sareljbero  gravi  guai.  I  Ma- 
ratlia  invece  —  guerrieri  per  natura  —  morta  la 
sposa  si  aflrettano  a  piantare  pungenti  spilli 
sul  letto  e  sulla  sedia  della  defunta  per  toglierle 
la  voglia  di  farvi  ritorno.  Come  precauzione  poi 
si  muniscono  di  un  coltello  che  per  vari  giorni 
non  abbandonano  per  un  istante  e  anche  dor- 
mendo  se  lo  mettono  a  portata  di  mano  per 
esser  pronti  a  scagliarsi  coiitro  lo  spirito.  1  al- 
volta  vanno  dal  sdevrushi  »  (stregone),  il  quale 


—  dietro  un  buon  compenso  —  piglia  una  hot- 
tiglia,  vi  biascica  su  non  so  quali  scongiuri,  poi 
la  chiude  ermeticamente  assicurando  che  lo  spi- 
rito della  morta  vi  e  dentro  imprigionato  e  ter- 
mina  la  funzione  andandola  a  seppellire  nel 
cuore  della  .jungla. 

Se  poi  anche  la  seconda  sposa  muore,  il  ma- 
rito prima  di  prenderne  un'altra,  deve  solenne- 
mente  sposarsi  con  un  certo  albero  chiamato 
Shami.  La  cerimonia  ha  del  ridicolo  e  del  ca- 
ratteristico:  sui  rami  di  detto  albero  vengono 
appesi  gli  abiti  e  i  monili  della  morta;  quiudi 
lo  sposo  in  processione  va  sid  posto  e  si  mette 
a  parlare  con  I'albero  come  farebbe  ad  una  per- 
sona reale  e  senz'altro  propone  lo  sposalizio  e 
giura  fedelta  coniugale.  L^n  tal  albero  non  puo 
piu  essere  toccato,  pcna  la  persecuzione  spiri- 
tica tanto  temuta  dai  nativi.  Alia  morte  del  ma-; 
rito,  anche  la  «  strana  sposa  «  deve  essere  cre- 
mata  con  tutte  le  cerimonie  di  rito! 

Nella  vita  familiare  poi  vi  regna  un  cumulo 
di  superstizioni  riguardanti  gli  spiriti  che  sono 
tenute  per  sacre:  per  es.  quando  si  va  ad  attin- 
ger  acqua.  tornando  non  si  deve  piii  poggiare 
il  recipiente  a  terra  perche,  in  tal  caso  uno  spi- 
rito se  la  berrebbe.  Cosi  prima  di  andare  a  ri- 
poso  la  buona  massaia  si  assicura  che  le  pentole 
sian  tutte  colme  pertemache,  nella  notte,  qual- 
che  spirito  folletto  vi  prenda  possesso.  Altra 
precauzione  si  e  di  non  mangiare  all'oscnro  per- 
che il  «  bhut  »  si  piglierebbe  una  parte  del  cibo. 
Se  cade  un  ramoscello  significa  che  uno  spirito 
si  trova  sull'albero  cosi  pure  se  uno  inciampa 
e  cade  a  terra,  la  colpa  e  dello  spirito. 

La  fantasia  popolare  vede  in  ogni  cosa  e  in 
qualsiasi  avvenimento  I'opera  occulta  dei  suoi 
bliiil  e  nc  ha  un  sacro  terrore.  Talvolta  al  calar 
della  notte  qualche  coraggioso  si  sente  ispirato 
ad  andar  a  combattere  contro  i  folletti  della 
foresta  e  lo  si  vede,  come  fuor  di  se,  u.scir  dal 
villaggio  mandando  alte  grida  e  ricomparire  al 
sorgerc  del  sole,  esausto  di  forze  con  gli  abiti 
a  braudelli  e  le  tracoie  di  un  lungo  combatti- 
mento   a   corpo   a   corpo. 

Non  e  raro  il  caso  d'incontrare  lungo  la  via 
dei  mucchietti  di  pietre  aguzzc  e  di  spine.  La  ra- 
gione? Qualche  viandante  si  era  creduto  inse- 
guito  dallo  spirito  e  non  sapendo  come  libcrarsi 
lo  attcsc  e  coraggiosamente  lo  .seppelli  sotto  le 
spine  e  le  pietre! 

I'overo  popolo!  sino  a  quando  sarai  schiavo 
di  superstizioni  che  tanto  dcgradano  la  tua  di- 
gnita?  Oh,  venga  presto  la  Luce  di  Cristo  a  fu- 
gare  le  tenebre  e  a  portarc  la  vera  liberta  di 
iigli  di   Dio! 

Luioi  Ravauco 
AJiss.  Salesiatio. 


COLLABORAZIONE  MISSIONARIA 


In  una  sala  del  Patronalo  Internazionale 
delle  Giovani,  diretto  dalle  Figlie  di  Maria 
Ausiliatrice,  a  Torino,  la  sera  del  3  feblriio 
u.  a.,  il  Rev.  Don  Umberto  Dalmasso,  mis- 
sionario  salesiano,  tenne  una  conferenza  sulla 
M'ssione  Cinese.  Descritte  con  parlicolare 
compctenza  di  storico  e  di  sociologo  le  condi- 
ztoni  attuali  della  Cina  con  notizie  quanta 
mat  uiteressanti  e  preziose  dal  punto  di  vista 
ctilturale ,  ha  iiarrato,  quindi,  le  varie  vicende 
della  vita  sua  e  dei  suoi  confratelli  nelle  loro 
mansion  I  di  apostoli.  Le  stalistiche  da  lui 
riferite   die    diinostraiio   I'efficacia   del   lavoro 


racconto  e  ha  jatto  rifleltere  quanlo  e  quale 
valore  sia  nelto  spirito  iimano,  allorche  esso 
vive  e  opera  sostenuto  daU'amor  di  Die,  nel- 
I'esercizio  della  caritd  verso  il  prossimo,  con 
la  piu  completa  e  assoluta  dedizione  di  si,  vel 
sacrificio  diiiturno  delle  sue  forze,  dei  suoi 
affetti  piu  sacri,  dei  suoi  bisogni,  financo  delle 
sue  necessitd,  soltanto  sollecito  del  bene  altrui 
e  assetato  di  anime  da  redimere  per  il  Cielo. 
La  conferenza  efficacissima,  inolto  caloro- 
saniente  applaudita  e  gustata,  ha  ofjcrto  nuovo 
motivo  a  t'ltte  le  conviventi  neW I stituto  per 
intensificare  il  lavoro  pro  mtasioni.  Intanto, 


I.IN   CHOW  (Cina).   =   Tre  zelanti   catcchisti. 


evangelico  da  essi  compiulo,  altraverso  le 
enormi  difficoltd  dell'ambiente  e  sopraitutto 
della  lingua,  hanno  cifre  significanttssitne  e 
consolanti,  degne  della  piii  alta  ammirazione . 

11  missionario  salesiano,  poi,  ricordato 
devotamente  e  afjettuosamente  il  martirio  degli 
eroici  Mons.  Versiglia  e  Don  Caravario,  ha 
ricostruito  I'episodio  drammatico  della  sua 
cattura  da  parte  dei  bolscevichi:  tutta  un'odis- 
sea  di  sofferenze,  di  umiliazioni,  di  torture 
indicibili,  sopportate  con  la  fortezza  che  ri- 
chiama  at  pensiero  I'eroismo  dei  primi  cri- 
sliani  dinanzi  alle  persecuzioni  pagane  e  illu- 
mina  la  vittima  odu-rna  di  quella  medesima 
luce  sovrannaturale. 

La  semplicitd  e  la  rnodestia  del  narratore 
ha  reso  ancora  pm  commovente   il  doloroso 


al  rev.  sig.  don  Dalmasso  presentarono  come 
prima  omaggio,  una  raccolta  di  arredi  sacri, 
oggetti  diversi  e  una  modesta  somma  a  favore 
della  missione  cinese  da  lui  diretta;  col  pro- 
posito  che  piii  e  meglio  faranno  per  dimostrare 
il  vivo  interesse  all'opera  missionaria  e  con- 
dividerne  i  meriti  spirituali  tanto  preziosi. 
Mentre  ringraziano  ancora  don  Dalmasso 
del  regalo  che  ha  loro  fatto,  si  ri promettono , 
la  gioia  di  riudirne  la  parola  in  una  prossima 
occasione  e  di  riceverne,  per  I'efficacia  dcl- 
I'esempio  e  del  fervore,  ulteriore  bene  all'aninia 
e  incitamento  a  faticare  volentieri  e  senipre 
per  la  causa  di  Dio,  sulle  orme  del  beato  don 
Bosco,  alia  cui  famiglia  sono  orgogliose  di 
appartenere. 

p.  m.  s. 


75 


IL  PAESE  IDEALE  DELLE  DIVINITA 

e  certamente  la  Cina. 

I  genii  celesti  e  terrestri  hanno  ivi  il  loro 
culto  insieme  alle  anime  dei  defunti:  ogni  strano 
pezKo  di  legno  o  pietra  deforme,  alberi  secolari 
o  ccspugli  solitari  sono  esseri  in  cui  s'annida 
qualclie  divinitii.  Inoltre  vi  sono  le  grandi  reli- 
gion! di  Confuoio,  di  Bndda  e  di  Tao  Tze. 

Ciascun  villaggio  ha  le  sue  pagode,  ciascuna 
famiglia  i  suoi  genii  protettori.  Ovnnque,  sul 
declivio  dei  colli,  nei  meandri  dei  fiumi,  sulle 
niontagne,  s'adergono  graziose  pagode  die  diinno 
un  aspetto  pittoresco  al  paesaggio  c  sollecitano 
I'aniniirazione  del  viaggiatore.  In  ccrte  epoche 
rlell'anno  sono  meta  di  pellegrinaggi  e  i  devoli 
prustrati  a  terra  davanti  aH'idolo  prediletto, 
pregano  piu  con  la  bocca  che  col  cuore,  emet- 
tendo  certi  gridi  imprecatori  che  ben  rivelano 
coriie  la  religiosita  del  popolino  sia  basata  pint- 
tosto    sul    timore    che    suU'aniorc. 

II  popolo  ha  paura  delle  sue  divinity  e  percio 
le  onora. 


SUPERS  TIZIONI 
E  RITI  PAGANI 


legno,  tratta  dalle  radici  dell'olmo,  di  polveri 
d'incenso,  di  garofano,  di  canfora  e  di  altri 
legni  profumati  (cipresso,  ecc).  Forniato  con 
questa  materia  un  morbido  pastone,  viene  in- 
trodotto  in  una  ponipa;  la  massa  forteniente 
compressa  viene  fatta  uscire  con  violenza  da 
buchi  rotondi,  che  trovansi  nella  parte  infe- 
riore  della  pompa,  a  guisa  di  altrettanti  fili  di 
varia  grossezza,  che  vengono  fatti  essiccare  al 
sole  e  poscia  tagliati  secondo  la  lunghezza  vo- 
Inta.  >Sono  queste  le  candelette  che  i  Cinesi  bru- 
ciano  davanti  agli  idoli. 

IL  CULTO  DELLA  LUNA. 

Rimonta  alia  piu  remota  antichita,  e  si  hanno 
traccie  di  questo  culto  gia  nelle  offerte  che  alia 
luna  offrivano  gli  imperatori  (nel  2285  av.  C). 
Molte  forme  di  questo  culto  decaddero,  o  si  mo- 
dificarono  attraverso  i  secoli,  ed  altre  si  aggiun- 
sero  alle  esistenti. 

Benche  il  culto  ufficiale  della  luna  oggi  sia 
conipletamente  scomparso,  rimane  vivo  nel  po- 
polo che  al  qiiindicesinio  giorno  dell'otiaz'o  niese 
non  nianca  di  fare  alia  luna  libazioni  ed  offerte. 
Si  bruciano  in  suo  onore  petardi,  si  accendono 
lanterne  appositaniente  fabbricate,  si  fanno 
ascendere  verso  di  essa  palloni  di  carta,  si  fanno 
le  rituali  prostrazioui  e,  soprattutto.si  consuma 
una  buona  cena,  dopo  la  quale  si  divorano  certi 
dolci  speciali  (diet  P'iang  =  i  dolci  della  luna), 
come  piccoli  panini  rotondi.  dalla  crosta  giallo- 
dorata,  ripieni  nell'interno  di  leccornie  diverse 
e  anche  di  carne.  Poveri  e  ricchi  non  lasciano 
trascorrere  la  ricorrenza  senza  questa  piccola 
soddi.sfazionc. 


/  BASTONCINI  DINCENSO. 


iv  noto  che  i   Cinesi  bruciano  in  onore 
lore  divinitii  hinlnncini  d'incenso. 

Kssi   .sono    una   composizione   di   .scgatura 


lelle 


di 


LOR/GINE  DEL  DOLCI  DELLA  LUNA. 

Bisogna  risalire  niolto  addietro.  A  causa  del 
mal  governo  di  un  principe  era  scoppiato  un 
forte  malcontcnto  nel  popolo  con  minaccia  di 
rivoluzione.  I  capi  dei  rivoltosi  volevano  bensi 
iusorgcre,  ma  temevano  di  scambiarsi  lettere 
per  timore  di  esscrc  scoperti  e  non  potevano 
adunarsi  .senza  dcstare  sospetti.  Che  fecero  dun- 
que  per  far  giungere  ai  compagni  I'intesa  sul 
giorno  e  sull'ora  di  agire?  tlno  dei  ribclli  ebbe 
una  splendida  idea:  nei  dolci  della  It\na  egli  rac- 
chiu.se  una  carta  sulla  quale  bandi  I'ordinc  ]>cr 
il  I  5  dell'ottava  luna,  e  diffu.se  i  dolci  jircsso  gli 
aniici.  Kor.se  per  cjuesto  i  dolci  della  luna  pas- 
sarono  nella  tradizioiie  col  nomignolo  di  «  dolci 
dei   rivoluzionari  ». 

Sac.  ViNCENZo  RiCAi.noNE 
Missionario  Salesiano. 


76 


Storia  di  25  anni  fa,  narrata  da/  missionario  D.   A.    Colbacchini. 

(CONTtNUAZIONE). 


Cosi  fu  stabilita  la  mia  nuova  visita  per 
constatare  quale  effetto  avesse  prodotto  in 
voi  il  «  gonibbo  »  di  Giri-ekureu. 

Frattanto  le  pioggie  erano  incominciate ; 
il  cielo  era  quasi  sempre  coperto  di  grossi 
uuvoloni,  i  teniporali  si  succedevano  e  la 
nostra  vita  nella  foresta  si  faceva  ognor  piii 
penosa.  Pur  volendo.  non  potevamo  uscire 
da  quelle  maccliie  oscure...  avevaino  paura 
dei  civilizzati.  Molti  per  liberarsi  dall'incubo 
(li  persecuzione  e  di  morte  avrebbero  dosi- 
derato  portarsi  vicini  a  voi  perche  convinti 
die  voi  eravate  buoni,  ma  altri  la  pensavano 
diversamente.  Anche  questo  mi  decise  a  ve- 
nire nuovamente  qui. 

Molti  vollero  acconipagiianni  per  vedere 
coi  proprii  occhi  quello  che  era  di  voi. 

(juando  abbiam  visto  che  tutto  era  alio 
stato  di  prima,  ci  sianio  guardati  in  faccia 
I'un  I'altro  quasi  per  dirci:  —  F,  il  «  go- 
nibbo?  ».  e  il  maleficio  di  Giri-ekureu? 

Ci  sianio  fermati  con  voi  due  giomi  ed 
abbiamo  lavorato  trasportando  pali  per  le 
capanne...  poi  siamo  ripartiti  allegri  prc- 
mettendo  al  Padre  un  prossimo  ritomo.  Ci 
premeva  assai  arrivare  subito  dai  nostri, 
raccontar  loro  cio  che  avevamo  vi.sto;  nif  - 
strare  i  regali  ricevuti  e  soprattutto  far  sa- 
pere  che  il  «  gonibbo  »  di  Giri-eknyeii  q-Lie- 
sta  volta  non  aveva  avuto  effetto. 

Prossimi  a  toccare  il  nostro  villaggio  ci 
colse  un  improvidso  terribile  temporale.  II 
vento  era  tanto  impetuoso  che  non  ci  lasciava 
avanzare;  la  pioggia  cadeva  tanto  iitta. 
creando  dinanzi  a  noi  come  un  velo  nebbio.so 
che  non  ci  permetteva  di  distinguere  cosa 
alcuna.  SuUe  nostre  spalle  sentivamo  battere 
le  gcccie  come    piccole    pietruzze;    e   ci  di- 


fendemmo  la  testa  con  delle  larghe  foglie 
strappate  alle  piante.  Sotto  questo  infuriare 
di  vento,  lanipi,  tuoni  e  pioggia  siamo  giunti 
alle  proprie  capanne. 

Diedi  subito  esatta  relazione  di  tutto  ad 
Uke-waguu,  che  rimase  assai  contento  e 
soddisfatto. 

—  Proprio  come  io  la  pensavo!  —  mi  disse. 
—  Quei  civilizzati  non  sono  come  gli  altri  che 
abbiam  conosciuto,  e  per  questo  si  chiamano 
Padri...  Lo  Spirito  che  essi  servono  ed  amano 
e  con  loro  e  li  protegge;  ne  abbiamo  ora  la 
prova...  Che  dira  Gni-ckiirhi!  Egli  contava 


.questo  individuo  che  i  Borjros  chiarridno   Eari.. 


su  una  certa  vittoria  e  rideva:  ed  ora  che 
dira  constatando  la  sua  sconfitta? 

lufatti  Giri-ektiren  si  senti  fortemente 
umiliato  e  disprezzato,  e  risolse  di  lasciare 
il  villaggio  e  ritira.si  colla  propria  famiglia 
loutano  da  noi;  nel  suo  cuore  pero  covava 
piii  cupo  I'odio  e  pivi  terribile  la  vendetta. 

Rimase  cosi  separate  da  noi  per  qualche 
temoo. 


II    Bope. 

XII.   -  Anche   le   sfregonerie 
del  Barf. 

Ec  o  dunque  come  avete  passata  la  prova 
del  «  gonibbo  »:  ora  ti  raccontero  anche 
quella  del  Sari. 

Prima  per6  di  continuare  il  racconto  di 
Meriri-kwadda,  e  bene  conoscere  qualche 
cosa  di  questo  singolare  individuo,  che  i  Bo- 
roros  chiamano  Bari,  e  che  altri  non  e,  se 
non  uno  stregone. 

Tra  gli  indii  Bororos,  come  tra  tutte  le 
tribii  selvaggie  del  Brasile,  chi  esercita  la 
suprenia  autorita,  chi  gode  maggior  ripu- 
tazione  e  rispetto,  ed  6  il  piii  temuto  e 
ubbidito,  6  senza  dubbio  lo  stregone.  Egli 
ha  un  nome  speciale  nelle  differenti  tribii, 
nia  e  senipre  lo  stcsso  a.stuto  individuo  che 
satanicamente  sfruttera  I'ignoranza  del  pro- 
j)ri  conipagni,  e  die  in  forza  di  poteri  pre- 
tenia*urali,  li  terra  .schiavi  ai  suoi  ordini, 
portandoli  a  superstizioni  che  sono  un  vero 
culto    alio    .spirito   lualefico. 

Non  v'ha  alcuii  dul)l)io  che  il  Bari  e  una 
<klle  niaggiori  dJlTu-olta  che  si  devono  supe- 


rare  per  liberare  il  povero  Bororo  dalla  su- 
perstizione  die  lo  accieca:  lo  stregone,  se- 
condo  le  attribuzioni  e  funzioni  che  eser- 
cita, e  chiamato  Bari  o  Aroettowarare;  sono 
due  persone,  ben  distinte   I'una   daU'altra. 

II  Bnri  il  vero  stregone,  e  I'interprete,  o 
medium,  tra  la  tribu  e  gli  spiriti.  Pero  pos- 
soiio  piii  persone  neUo  stesso  tempo  essere 
Bari. 

TJ Aroettowarare  e  colui  che  trasmette  agli 
uomini  le  relazioni  delle  anime  dei  defunti. 
Le  vede  e  le  ascolta;  con  esse  jaarla  e  da  esse 
riceve  risposte.  Ha  anche  qualche  potere 
sugli  spiriti  malefici,  ma  in  grado  piu  linii- 
tato  di  quello  del  Bari. 

Come  questi  due  tipi  di  stregoni  ricevono 
I'investitura  del  potere  con  cui  possono  en- 
trare  in  relazione  col  mondo  preteniaturale ? 
E  forse  per  un'eredita  di  I'amigha,  o  per  una 
speciale  vocazione,  o  per  un  sortilegio?  Forse 
mai  si  verra  a  conoscere  esattameiite  questo 
mistero.  Comunemente  i  Bororos  credono 
che  colui  il  quale  esercita  un  tale  potere,  vi 
e  stato  chiamato  od  eletto  in  nianiera  pre- 
ternaturale  dallo  stesso  spirito  die  lo  vuole 
al  suo  servizio:  lo  spirito  I'istruisce,  gl'in- 
segna  tutte  le  ccse;  e  guai  a  lui  se  gli  di- 
subbidisce,  se  ricusa  di  eseguire  gli  ordini 
ricevuti,  i  doveri  e  persino  le  cerimonie  die 
gli   impone'   Avra   per  castigo   la  niorte. 

Col  vocabolo  generico  di  Bope  i  Bororos 
denominano  gli  spiriti  cattivi;  e  di  questi 
ve  n'lia  niolti.  Quando  un  Bope  vuole  per 
se  un  Bororo,  se  lo  elegge  a  Bari,  comin- 
ciaiido  coU'iiicutergli  degli  strani  timori.  II 
Bororo  prescelto  non  sa  spiegarsi  la  causa 
di  simili  timori  e  spaveuti  per  vari  gionii. 

Poi  il  Bope  si  fara  vedere  al  suo  iniziato 
ill  sogno  in  veste  di  animale  di  forme  fan- 
tastiche.  Questo  accadra  specialmente  du- 
rante la  caceia.  Vedra  a  poca  distaiiza  un 
animale  tutto  speciale,  cerchera  di  inseguirlo, 
ma  al  momento  di  raggiungerlo,  ecco  spa- 
rirgli  dinanzi  agli  occlii.  Quindi  si  abituera 
a  sogni  di  cose  straordinarie  e  future,  che 
si  vedranno  avverate;  e  mentre  donne  udra 
)a  voce  di  qualcuno  die  lo  chiama,  che  gli 
parla  e  griiiipone  rigoroso  silenzio  su  quanto 
gli  confida.  Se  I'iniziando  da  poco  importanza 
a  que.sti  fenomeni,  o  li  manifesta  ad  alcuno, 
lo  spirito  rabbandona  alia  prima  prova  d'in- 
fedelta  e  si  vendidiera  mandandogli  qual- 
che disgrazia. 

(Co)itiiiua). 


78 


L'lNNOCENTE  E  IL 
BANDITO 


(Racconto). 


Si  chiamava  Manik:  un  tesoro  di  bimbo, 
sui  dodici  aiuii,  dai  grossi  occhi  neri  che  ri- 
specchiavano  un'anima  Candida  come  le 
cime  nevose  dellHimalaya  che  tante  volte 
aveva  contemplate  nei  tranionti  dorati  con 
un  vago  desiderio  di  spiccare  il  volo  lassu 
ove  tutto  e  pace  ed  amore!  ISIanik  era  vera- 
mente  un  angioletto  veiiuto  su  questa  mi- 
sera  terra  per  portare  il  sorriso  di  quella 
patria  beata  a  tanti  poveri  cuori  smarriti 
e  ribelli. 

Nel  villaggio  in  cui  egli  abitava  tutti  an- 
davano  a  gara  per  intrattenersi  in  sua  com- 
pagnia  e  per  sentire  le  sue  canzoni:  ne  sa- 
•peva  tante  e  la  sua  vocina  era  im  incantol 

II  padre  di  Manik  si  era  portato  a  cercar 
lavoro  in  un  «  giardino  di  te  »  (tea  garden) 
molto  lontano  neUa  vaUata  del  Bramaputra. 
In  sul  principio  tutto  ando  bene  e  le  notizie 
piu  consolanti  giungevano  dal  caro  lontano, 
e  il  nostro  angioletto  ne  era  tanto  contento 
e  pregava  e  cantava  con  tutto  lo  slancio  del 
suo  cuore. 

Ma  vennero  i  giomi  brutti.  Passarono  al- 
cmie  settimane  senza  notizie:  sopraggiunse 
la  stagione  delle  pioggie  e  il  cielo  si  fece  cupo 
e  minaccioso,  immagine  di  cio  che  avveniva 
nell'animo  della  mamma.  Manik  se  ne  ac- 
corse  ed  il  canto  gli  mori  sulle  labbra,  Fi- 
nalmente  arrivo  in  villaggio  un  amico  del 
babbo;  ma  la  sua  faccia  rannuvolata  non 
era  certo  apportatrice  di  un  raggio  di  sole 
in  quella  povera  famiglia. 

Cosa  era  accaduto  dimque?  L,a  dolorosa 
storia  di  tanti  die  partivano  col  cuore  aperto 
alle  piu  rosee  speranze  e  che  poi  le  febbri 
malariche  della  pianura  immobilizzavano 
su  una  stuoia,  destinati  ad  una  morte  lenta 
e  atroce  per  mancanza  di  mezzi  e  di  medicine. 

A  questa  notizia  la  buona  donna  scoppio 
in  un  pianto  dirotto.  Dunque  tra  pochigiorni 
sarebbe  forse  morto  abbandonato  il  sostegno 
della  loro  famiglia?  Chi  sarebbe  andato  a 
portare  soccorso  all'ammalato?  Essa  con- 
servava  ancora  gelosamente  le  cinquanta 
monete  che  egli  le  aveva  mandate,  primo 
frutto  delle  sue  fatiche;  ma  come  a-\-rebbe 


fatto  per  rinviargliele?  Manik  comprese  il 
pensiero  angoscioso  che  tonnentava  il  cuore 
della  povera  madre  e  avvicinatosi  lentamente 
e  dolcemente  I'abbraccio  e:  —  Mamma  — 
le  disse;  baciandola  in  f route  —  non  pian- 
gere;  andrd  io  stesso  a  trovare  il  babbo  e 
gli  portero  cio  che  tu  mi  darai.  Non  teniere, 
sono  forte  sai,  e  poi  il  Signore  mi  aiutera! 

La  madre  se  lo  strinse  al  cuore  e  sorrise 
mestamente.  Non  voleva  pero  accondiscen- 
dere  aUa  sua  pregliiera  temendo  di  perdere 
anche  lui.  Senonche  Manik  ormai  aveva  fatto 
il  suo  piano  e  insisteva  che  sarebbe  andato 
a  trovare  il  babbo  ad  ogni  costo  e  che  non 
temeva  neppure  le  tigri  e  gH  elefanti  della 
jungla. 

Alia  fine  la  buona  domia  si  arrese  e  decise 
di  affidare  il  figlio  col  denaro  ad  una  comitiva 
di  amici  che  si  recavano  ad  una  piantagione 
vicina  a  quella  ove  si  trovava  il  povero  am- 
malato.  L'indomani  mattina  al  sorger  del 
sole  Manik  era  gia  pronto  e  impaziente  di 
mettersi  in  cammino.  Prima  di  separarsi,  la 
mamma  lo  abbraccio  con  tutta  I'effusione 
del  suo  cuore,  e:  —  Figlio  mio,  gli  disse  tra 
i  singhiozzi,  conservati  sempre  buono  e  pro- 
mettimi  che  il  tuo  labbro  non  sara  mai  mac- 
chiato  da  una  menzogna!  —  Manik  si  asciugo 
una  lagrima  che  brillo  per  un  istante  come 
una  perla  fulgida  sul  suo  ciglio  e,  dopo  aver 
promesso  alia  maimna  di  dire  sempre  la 
verita,  parti. 

Fu  un  giomo  di  marcia  quello,  attraverso 
viottoli  sperduti  nella  selva  che  echeggiava 
in  lontananza  di  prolungati  ruggiti  di  belve 
feroci.  Manik  teneva  allegra  la  comitiva  e 
cantava  come  nei  giomi  piii  belli  della  sua 
vita.  Ma  verso  il  tramonto  ecco  sbucare 
dalla  foresta  una  banda  di  banditi  che  cir- 
condarono  i  poveri  viaggiatori  e  li  deruba- 
rono  di  quanto  possedevano.  Uno  dei  ban- 
diti si  avvicino  a  Manik  e  con  cipiglio  severe 
gli  disse:  — Tu,  ragazzo,  hai  niente  di  pre- 
zioso?  —  Oh,  si  —  rispose  il  bambino  tranquil- 
lamente.  —  Ho  cinquanta  rupie  (denari) 
che  la  mamma  ha  cucite  qui  nella  veste.  — 
II  bandito  pero  si  mise  a  ridere  e  non  voile 


79 


credere.  Ad  un  secondo  che  gli  fece  la  me- 
desima  domauda  egli  risix)se  con  le  stesse 
parole;  ma  anche  costiii  scrollo  il  capo  e 
afferratolo  per  un  braccio  lo  condusse  di- 
nanzi  al  capo  banda. 

—  S  vero  che  hai  50  rupie  addosso,  fan- 
ciullo?  —  gli  doniando  il  capo  quando  ebbe 
udito  i  due  briganti. 

—  Ma  si;  quaute  volte  ve  lo  debbo  dire?  — 
rispose  Manik. 

Allora  gli  scucirono  la  veste  e  vi  trovarono 
realmente  le  50  rupie  con  grande  loro  me- 
raviglia.  II  capo  quiudi  si  fece  serio  e:  — 
Perche  mai,  bambino  mio,  gli  disse,  hai  con- 
fessato  cio  che  potevi  nascondere  cosi  fa- 
cilmente?   A  clii  porti  questo  denaro? 

Allora  Manik  racconto  ogni  cosa  e  con- 
cluse  dicendo:  —  Ho  promesso  alia  maumia 
di  dir  sempre  la  \  erita  e  di  conservare  puro 
il  mio  labbro  come  il  fiore  del  loto  quando 
schiude  la  sua  corolla  ai  primi  raggi  del  sole. 

Le  parole  del  bambino  pronunciate  con 
tanta  sincerita  e  candore,  penetrarono  in 
quei  cuori  induriti  come  im  dardo  infuocato 
e  li  trasformarono  come  per  in  canto. 

—  Dammi  la  mano,  l^ambino  —  esclamo 
il  capo  banda  —  tu  quest'oggi  mi  hai  data 
una  grande  lezione;  mi  hai  insegnato  a  man- 
tenere  la  parola!  Anch'io,  sai,  ho  promesso 
a  mia  madre  di  conservanni  puro  e  di  dir 


sempre  la  verita...  Ebbene  da  questo  istante 
voglio  cambiar  tenore  di  vita.  Grazie,  fan- 
ciullo,  il  tuo  angelico  sembiante  mi  stara 
Sempre  innanzi  e  mi  spronera  nella  buona 
via!  —  Detto  fatto.  I  banditi  restituirono 
quanto  avevano  tolto  ai  viaggiatori  e  si  in- 
camminarono  con  essi  alia  volta  della  pian- 
tagione  per  guadagnarsi  onestamente  il 
pane. 

E  Manik?  II  coraggioso  fanciullo  ritrovo 
il  padre,  e  con  il  denaro  portato,  ma  piu 
con  il  suo  sorriso  restitui  la  salute  all'am- 
malato.  Pero,  compiuta  la  sua  missione,  il 
buon  Dio  lo  chiamo  a  se  e  lo  voile  annoverato 
tra  quei  gigli  profumati  tra  cui  si  pasce 
I'Agnello  senza  macchia.  Colpito  dalle  feb- 
bri  spirava  assistito  dal  missionario  che  era 
giunto  in  quella  piantagione  in  modo  stra- 
ordinario. 

Quando  tutti  si  erano  ritirati,  mesti,  da 
quel  piccolo  rialzo  di  terreno  sormontato 
da  una  croce  che  racchiudeva  il  corpicino 
di  Manik,  giungevano  ansanti  uomini  dalle 
faccie  oscure,  i  quali  si  inginocchiarono  sulle 
fresche  zoUe  e  le  sparsero  di  fiori. 

Erano  i  banditi  venuti  a  ringraziare  il 
loro  Salvatore  e  raccomandarsi  alle  sue  pre- 
ghiere. 

LuiGi  Rav.-vlico. 


RITORNI. 

Mons.  Ivanios,  giacobita,  ritornato  alcuni  mesi 
fa  alia  Chiesa  cattolica,  ha  ricevuto  la  profes- 
sione  di  fede  cattolica  da  parte  di  35  famigUe 
giacobite  (180  persone)  che  nel  novembre,  imi- 
tando  I'esempio  da  lui  dato,  si  sono  convertite. 

PEL  BEATO  ODOR/CO  DA  PORDENONE. 

Splendide  feste  sono  state  celebrate  alia  meta 
di  gennaio  a  Pordenone  in  onore  del  B.  Odo- 
rico  con  intervento  di  numeroso  popolo,  di 
autorita  e  di  vari  Vescovi,  tra  cui  Mons.  Celso 
Costantini.  Nel  pomeriggio  del  14  ebbe  luogo 
la  processione  con  la  reliquia  del  Beato. 

UNA    VITA  SALVATA. 

II  Gesuita  P.  Long  era  stato  chiamato  a  con- 
fortare  coi  sacramenti  una  giovinetta  cinese  in 
pericolo  di  morte.  Non  trovandola  in  casa,  fu 
condotto  dal  catechi.sta  fuori  delvillaggio  e  glie- 
I'addito  che  distesa  su  due  tavole,  giaceva  sopra 


una  pozzanghera  d'acque  stagnanti,  con  la  faccia 
coperta  di  mosche,  che  non  aveva  la  forza  di 
scacciare. 

II  catechista  spiego  che  la  poveretta  si  tro- 
vava  in  quel  luogo  inimondo  da  due  giorni  e 
due  notti,  e  che  sua  madre  non  era  stata  a  visi- 
tarla  nerameno  una  volta;  il  solo  che  le  avesse 
prestato  qualche  cura  era  stato  lui. 

Padre  L,ong  venne  a  conoscere  che  in  quella 
parte  del  paese  domina  il  barbaro  costume  di 
non  lasciar  morire  in  casa  le  fanciulle  nubili, 
perch^  morendo  in  casa  porterebbero  sfortuna, 
ed  uno  spirito  mahgno  porterebbe  via  le  altre 
ragazze  della  famiglia.  Per  scacciare  questo  spi- 
rito mahgno,  che  si  crede  si  sia  impossessato 
della  morente,  ritengono  che  il  niiglior  mezzo 
sia  quello  di  adagiarla  su  di  una  pozzanghera. 

Padre  Long  fece  trasportare  la  povera  ra- 
gazza  alia  scuola  della  missione,  e  in  seguito 
alle  cure  prodigatele  pote  guarire.  Essa  ha  chie- 
sto  ora  di  potcr  studiare  per  essere  catechista 
e  provare  cosi  la  propria  riconoscenza,  servcndo 
la  missione. 


tnippmuinietdaiaitin.  — O.0OMENICO  GARNERI,  Oireltore-responsabile.  —  Torioo.1931  -Tipografiadilla  imii  Ediliice  Inlernazionale. 

~~-   .Jo   -^ 


(StonacJ^etta 


I-A  CITTA  -MISSIONARIA. 

i:  la  nuova  scdc  del  Collegio  Urbauo  di  Pro- 
paganda Fide  sul  Gianicolo  a  Roma:  sull'alti- 
piano  allargantesi  per  i  i.ooo  mq.  sorge  il  nuovo 
Collegio,  cogli  sparsi  edifizi,  col  palazzo  dellc 
scuole  (nel  cui  centro  e  I'aula  massima),  col 
Collegio  Americano  del  Nord,  quello  Ruteno, 
quello  Romeno,  ecc.  e  con  una  folia  cosmopo- 
lita  di  aliinui.  Sono  200  futuri  missionari,  fra 
belle  schiere  di  altri  accolti  in  altri  Seminari: 
35  uazioui  vi  sono  rappresentate,  fra  cui  la  Cina 
con  60  alutini,  il  Giappone  con  20,  VIndia  con 
30,  VIndocina  con  20,  il  Sud  Africa  con  5,  ecc. 
II  Collegio  Urbano,  vecchio  di  tre  secoli,  che  ha 
visto  passare  'tra  le  sue  niura  6000  apostoli  della 
Chiesa  (dei  quali  300  Vescovi,  molti  Arcivescovi 
e  Patriarchi  e  Porporati,  e  una  falange  di  Pre- 
fetti  Apostolici)  oggi  rinnovato  e  ampliato  avra 
una  vita  assai  piu  rigogliosa  e  piu  feconda  di 
frutti  per  la  conquista  di  auime  vagheggiata 
dalla  Chiesa. 

L'IDOLO  GIOANTE. 

Cio  che  si  crede  es.sere  il  piii  grande  idolo  del 
mondo  e  stato  scoperto  nelle  vicinanze  di  Te- 
coco,  a  40  miglia  dalla  citta  di  Messico,  dall'ar- 
cheologo  iudostano  Pandurang  Knaakloie. 

L'idolo  ha  una  altezza  di   33  m.  e  si  crede  che 
la  sua  eta  rimonti  all'epoca  precedente  a  quella 
deglj  Aztechi.  I/a  statua  e  tcnuta  in  pietra  e 
rappresenta  la  dea  dell'acqua.  V:  si  vedono  an 
cora  chiaramente  tracce  delle  pitture  originali. 

iMISSIONARI  DECORATI. 

Mens.  Jarosseau,  Vicario  Apostolico  dei  Galla 
da  oltre  trent'anni.  e  stato  promosso  ufficiale 
della  I,egion  d'Onore.  La  Croce  della  Legion 
d'Onore  e  stata  pure  conferita  a  Suor  Bianca 
Tremeau,  colla  seguente  motivazione-  «  Tren- 
t'anni consacrati  alia  cura  dei  lebbrosi  uei  leb- 
brosari  di  Mandalay,  Rangoon,  Ceylan,  ecc.  «. 

APOSTOLATO  MISSIONARIO   NEL   1930. 

P.  Pietro  Charles,  S.  I.,  sintetizza  I'apostolato 
Jlissionario  del  1930  in  questi  dati: 

1)  Creazione  di  nuove  circoscrizioni  eccle- 
siasHche:  la  Cina  e  I'lndia  hanno  beneficiato  in 
modo  particolare  di  questi  provvedimenti.  Cio 
suppone  un  accrescimento  di  effettivi  e  di  ri- 
sorse. 

2)  Aiimento  di  seminari  regionali  pel  Clero 


indigeno,   e  di   Congregazioni  religiose   indigene 
in  Oceania,  in  Africa  ed  in  Asia.     7 

3)  Aumenio  di  conversioni,  quasi  ovunque, 
considerevole.  Malgrado  le  difficolta,  create  dai 
torbidi  polilici  (tina,  Indociua,  Samoa,  India, 
ecc.)  dalla  legislazione  scolastica  in  alcune  parti, 
e  dalla  crisi  economica. 

VOLONTARIE    PER    LE    MISSION!. 

Appena  uu  sacerdote  del  Malabar  (India),  che 
da  un  anno  lavora  nella  diocesi  di  Vizagapatam, 
lancio  un  appello  alle  fanciullc  del  Malabar, 
perche  andassero  a  lavorare  in  quella  mi.ssione, 
15  ragazze  cattoliche  partirono  per-Ernaku!am 
e  si  sono  messe  agli  ordini  del  Vescovo  come 
«  volontarie  per  la  nii.s.sionc  ». 

UNA   MISSIONARIA    EROICA. 

fi  Suor  Irene,  missionaria  della  Consolata, 
morta  rccentemente  in  .Africa  dopo  16  anni  di 
apostolato,  durante  i  quali  battezzo  oltre  400^ 
anime.  Mori  per  malattia  contratta  presso  il 
giaciglio  di  un  infermo  dopo  una  giornata  fati- 
cosissima. 

Durante  la  guerra  mondiale  compi  un  mira- 
bile  atto  di  coraggio  e  di  zelo,  che  &  degno  di 
essere  conosciuto. 

Suor  Irene  da  parecchio  tempo  stava  prepa- 
rando  al  battesimo  un  povero  portatore  indi- 
geno graveniente  ammalato  in  un  ospedaletto 
da  campo  a  Kilva  nel  Tanganvka.  Un  mattino 
non  trovo  piu  il  suo  ammalato,  e  domandate 
informazioni  seppe  che  essendo  morto  nella  notte 
era  stato  portato  con  una  cinquantiua  di  altri 
cadaveri  sulla  spiaggia  del  mare,  per  rispanniare 
il  disturbo  della  fossa  e  della  sepoltura.  La  Suora 
provo  un  indicibile  dolorc,  ma  non  voUc  credere 
che  il  Signore  avesse  la.sciato  sfuggire  un'aniraa 
orniai  cosi  ben  preparata  al  battesimo  e  corse 
sulla  spiaggia  del  ,mare  per  cercare  quel  pove- 
retto  nel  mucchio  terrificante  di  cadaveri.  Non 
aveudolo  trovato  alia  superficie,  con  un  coraggio 
sovrumano  rimuove  ad  uno  ad  uno  quel  ca- 
daveri finche  rinviene  il  suo  catccumeno,  lo 
estrae  dolcemente,  lo  adagia  sulla  sabbia,  ascolta 
il  polso  ed  il  respiro...  Miracolo  della  cariti! 
II  creduto  morto  era  ancora  vivo...  jVlle  grida 
di  aiuto  accorrono  alcuni  infermieri  indigeni, 
che  riportano  il  moribondo  all'ospcdaletto,  ove 
per  mezzo  di  forti  eccitanti  vien  fatto  rinvcnire 
ai  sensi.  Pote  cosi  ricevere  il  SantQ-  Battes;mo 
e  meno  di  un'ora  dopo  se  ne  volava  in  Paradiso. 


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BATTESIMI. 

Izzo  Rina  (Milano)  pei  uomi  Maria  Giorgio,  Giu- 
seppe Antonio  —  Violiuo  Caterina  (Peveragno) 
pel  nome  Margherita  Maddalena  —  Barbieri  Cle- 
mentina Ved.  Avogardi  (Piaccnza)  pel  nome 
Mario  —  Direttrice  Asilo  (Buscate)  pel  nome 
Giuseppe  Luigi  —  Bonelli  Teresa  (Cossano 
Belbo)  pei  nomi  Giuseppina  Annumiata,  Pietro 
Emiliaiio,  Giuseppe  Francesco,  Michele  Timoleo, 
Caterina  Teresa  ■ —  Alunui  2»  ginnasiale,  Isti- 
tuto  Salesiano  (Gualdo  Tadino)  pel  nome  An- 
tonio Ribacchi  —  Pizzini  Carlo  Alberto  (Roma) 
pel  nome  Giiilietta  —  Smanazzi  Rosa  (Rove- 
scala)  pei  nomi  Pierino,  Roberto,  Elvira. 

Direttrice  Figlie  Maria  Ausiliatrice  (Matlii 
Canavese)  pel  nome  Teppati  Albertina  —  Pan- 
zeri  Lucia  (Desio)  pei  nomi  Giulia,  Giuseppe, 
Pietro  —  Fau,da  Caterina  (Saluzzo)  pel  nome 
Ponso  Bartolomeo  —  Mattavelli  Elisa  (Milano) 
pei  nomi  Antonia  Luigia,  Enrico  Ernesto  An- 
tonio, Elisa  Virginia  Giuseppina,  Giuseppina 
Ambrogina  Rosetta.        • 

Zanlungo  Teresa  (Borgo  Vercelli)  pel  nome 
Teresa  —  ComoUo  Maria  Maranzana  (Borgo 
Vercelli)  pel  nome  Carolina  —  Rossi  Vittorio 
fu  Eusebio  (Borgo  Vercelli)  pel  nome  Vittorio  — 
Mino  Angiolina  a  mezzo  don  Eusebio  Palestro 
(Borgo  Vercelli)  pei  nomi  Angiolina,  Angiolina, 
Angiolina,  Angiolina,  Angiolina  —  Rota  Maria 
(Borgo  S.  Martino)  pei  nomi  Ada,  Francesca, 
Foscarina  —  Sgarbi  Dott.  Carlo  (Voltana)  pel 
nome  Eugenio  —  Pestariuo  Angioletta  (Mon- 
taldeo)  pel  nome  Angioletta  Maria  — Previdere 
Ambrogina  (Vigevauo)  pel  nome  Giovanni  Bo- 
sco  —  Pichler  don  Francesco  (Pennes  Saren- 
tino)  pei  nomi  Giuseppe,  Maria  —  SiveJli  Va- 
lentina  (Frescarolo  di  Busseto)  pel  nome  Leto 

—  Angelino  Giovanni  (Ottiglio  M.)  pel  nome 
Giovanni. 

A  mezzo  Lucia  Pierro  (Venosa)  ci  pervenncro 
i  seguenti  battesimi:  Del  Monaro  Dina  pel  nome 
Teresa  —   RapoUa  Roberto  pel   nome  Giustino 

—  Rapolla  Carolina  pel  nome  Giuseppe  — Man- 
cini  Maria  pel  nonic  Abele  —  Garripoli  Giovan- 
nina  pel  nome  Albina  —  Sacco  Maria  pel  nome 
Vincenzo  —  Claps  Carniela  pel  nome  Michelino 

—  Sasso  Angelina  pel  nome  Barardino  —  Lioj 
Rosaria  pel  nome  Giuseppe  —  Lotito  Maria  pel 
norac  Gerardo  —  D'Andretta  Antonia  pei  nomi 
Maria  Rosaria,  Antonia  Maria  —  Tambanello 


Pasqua  pei  nomi  Donato  Murando,  Maria  Do- 
nala,  Giuseppe  Nicola  —  Gallucci  Filomena  pel 
nome  Antonio  —  Lichonclii  Giuseppina  pel 
nome  Pasquale  —  Sprioli  Luigina  pei  nomi  Vin- 
cenzo Nardulli,  Nicola  Nardulli  —  Cincini  Ro- 
saria pel  nome  Olinto  —  Laganara  Antonietta, 
pei  nomi  Donato,  Maria  Michele  Caglio. 

Moretta  Augusta  (Torino)  pei  nomi  Veronica, 
Giovanni  —  Boglietti  Maria  (Torino)  pel  nome 
Achille  Antonio  —  Sorelle  Sani  (Mirandola)  pel 
nome  Marin  Bosco  —  Giunchi  Maria  di  Colombo 
a  mezzo  Don  Zani  Adamo  (Carvia)  pel  nome 
Guglielmo  —  Fossataro  Sofia  (Maddaloni)  pel 
nome  Antonio  —  Mozzanica  Giuseppe  (Somma 
Lonibardo)  pei  nomi  Antonio,  Eufemia  —  Gam 
batesa  don  Angelo  (S.  Nicola  Manfredi,  San 
Marco  a  Monti)  pel  nome  Cristina  —  Molinaro 
Maddalena  (Castagneto  Po)  pel  nome  Paolo  — 
Tosi  Maria  (Cassano  d'Adda)  pel  nome  Pioo 

—  Robatti  Sacco  Ada  (Casalmaggiore)  pel  nome 
Domenico  —  N.  N.  a  mezzo  Don  Tranquillo 
Azzini  (Torino)  pel  nome  Giovanni  Batlista  — 
Rossi  Angelo  (Ornavazzo)  pel  nome  Silvio  — 
Lucca  N.  Antonia  (Ghemme)  pel  nome  Maria 
Teresa  —  Sinione  Paolina  (Venzonc)  pel  nome 
Paolina. 

Porto  \'Ei.no  (IJrasii.e). 
Drappero  Giovanni  (Mezzenilc-Momberto)  pel 
nome  Giovanni  —  Daporta  JIaria  (Falzes)  pei 
nomi  Benigna,  Teresa.  —  Svanera  Angelo 
(Brione)  pel  nome  Angelo  —  Torti  Carena  Emilia 
(Molino-Alzano)  pel  nome  Anna  Esferina  Vin- 
cenzina  Albertina  —  Giacliello  Maria  Ved.  Al- 
barello  (Frazione  Pianezzo  Dogliani)  pel  nome 
Costan:a  —  Cap.  Bertoli  Giuseppe  (Asti)  pei 
nomi  Carlo  Gerardo  —  Nicola  Rina  (Vigcvano) 
pel  nome  Maria  Giuseppe  —  Blasi  Giuseppina 
in  Cinque  (Carosino)  pel  nome  Blasi  Edoardo 

—  Pa.scale  Paolina  (Montalbano  di  Fasano)  pei 
nomi  Teresa,  Rosa,  Francesco,  Pietro  —  Marcbessi 
Luzzi  Anierici  Bianca  (S.  Severiuo)  pei  nomi 
Giovanni  Bosco,  Mara  Speranza  —  Gai  Michele 
(Vinovo)   pel   nome   Michele. 

GlAPPONE. 

Fedeli  Adelc  (Agral.ugano),  pel  nome  Fedeli 
Dante  —  Santambrogio  Don  Emilio  (Malnate) 
pel  nome  Orsola  —  Contessa  Giulia  Volpone 
Baldesclii  (Montefano)  pel  nome   Virginia. 


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Anno  IX  -  Num.  5 


15  MAGGIO  1931  (IX) 

PUBBLICAZIONE   MENSILE 


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jSOJVIAdJVJRIO 

L'Istituto  Salesiano  di   Penango. 

DALLE  LONTANE  MISSIONI:   Una  consacrazionc  Hindu.  —  Cipriano,   il  piccolo  schiavo. 

—   Amate  la   missione  giapponcse. 
SU   E  GIU'  PER   IL  MONIDO;   Mendicant!   dell'India.   —   Le  vendette  del  cobra. 
LEGGENJDA:   Pcrche   il    polipo   non   ha  ossa.    —  NELLE  RETROVIE. 
RACCOMTO:   UKE   WAGUU. 


II  "Doloi" 


Genfj'Ii 


^  Gioventii 


Leffori! 


Ml 


issionaria 


;i(/ii!^dlS 


rivolge  a  cuscuno  di  voi  la  preghiera  di  Volervi  adoperare  per 
una  propaganda  attivissima  per  aumentare  il  numero  degli  ah- 
honati  pel  1931.  ^B  Sia  un  Vanto  per  ognuno  di  Voi  record 
UNO  O  PlO  NUOVI  ABBONATI  ira  i  vostri  amid.  Da 
parte  nostra  —  oltre  la  riconoscenza  doverosa  per  tutti  i  pro- 
pagandisti  che  d  daranno  la  loro  coopcrazione  missionaria  — 
premieremo  i  piu  attivi  e  benemeriti. 

Ricordino  i  nostri  Amici: 

Di  specificare  che  si  tratla  di  abhona- 
mento  a  Gioventii  Missionaria  pel  1931. 
Scrivere  chiaro  e  complete  I'indirizzo. 
colla  relattva  via  e  provincia  e  numero 
del  quartiere  postale. 
Si  prega  di  indicare  sempre  se  I'abhona- 
mento  e  NUOVO,  oppure  RINNOVATO. 
4  -  Chi  spedisce  con  altro  mezzo  I'ahbona- 
mento.  I'indirizzi  esclusivamenie  alia 
Amministrazione  di  "Gioventu  Mis- 
sionaria "  —  Via  Cottolengo,  N.  32 
-  Torino  (109). 


ABBONAMENTO;  HI  Smo:*"""" '"  ''''  ~  '"*"'"" '" '" 


L.  18 


L.  15 


TiUUzlo  L.  100 
L.  200 


Anno  IX  -  Num.  5 


Pubblicazione  mensile 


Maggio  1931   (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 

L'ISTITUTO   SALESIANO 

Dl  PENANGO 


Anzitutto  PcnanoQ  e  lungo  la  linea  fer- 
roviaria  fra  Asti  e  Casale,  a  meta  strada. 

Siamo  in  Monferrato,  in  collina,  tra  i 
vigneti  e  I'occhio,  dal  cortile  dell'Istituto, 
abbraccia  paesi  e  paesi,  da  quelli  del  Mon- 
ferrato a  quelli  delle  colline  di  Torino  e 
a  quelli  lontani  verso  Alba  e  le  Langhe 
quando  I'atmosfera  e  limpida.  Cornice 
frastagliata  e  maestosa  a  tutto  il  quadro, 
le  Alpi,  dal  gruppo  del  Gran  Paradiso 
fine  ai  monti  che  degradano  verso  il  colle 
di  Tenda. 

L  Istituto  Salesiano  di  Penango,  deve 
la  sua  vita  al  Beato  Don  Bosco  che  I'ac- 
quisto  nel  1880  ed  al  16  ottobre  del  me- 
desimo  anno  lo  visito  per  la  prima  volta. 
Nel  giro  di  30  anni  vario  la  sua  fisonomia 
e  anche  il  suo  sviluppo.  Era  una  villa  di 
famiglia  nobile  finita  in  mano  di  un  Ebreo: 
aveva  cappella  propria  e  D.  Bosco  sia 
per  dare  ai  suoi  figli  di  Borgo  S.  Martino 
un  soggiomo  estivo,  sia  per  ridare  decoro 
alia  cappella,  I'acquisto.  fi  notevole  nella 
cappella  il  quadro  dell'Addolorata,  della 
scuola   del   Moncalvo. 

Dal  igoo  al  1912  facevano  ivi  i  loro 
studi  giovani  adulti,  volonterosi  ed  aspi- 


ranti  alle  Missioni,  tutti  di  origine  tedesca. 
Ouesto  e  il  passato  glorioso  di  tradizione 
niissionaria  proprio  della  Casa  di  Penango. 
Dal  1912  al  1922  cesso  I'elemento  stra- 
niero  e  rimase  vivaio  di  vocazioni  alio 
stato  ecclesiastico  e  religioso.  Dal  1922 
rifiorisce  la  tradizione  niissionaria  della 
Casa,  ma  il  locale  divenuto  troppo  an- 
gusto  si  accrebbe  di  un'ala  maestosa  che 
fu  unita  alia  fabbrica  precedente,  ed  ora 
e  capace  di  180  giovani. 

Del  locale,  prowisto  di  saloni,  di  ga- 
binetti  scientifici,  di  devota  cajjpella,  ecc. 
non  si  puo  dire  che  bene.  Lungi  dal  fra- 
stuono  delle  citta,  tra  I'aria  Sana  dei  colli 
monferrini,  i  giovani  aspiranti  si  prepa- 
rano  alia  loro  vita  compiendo  ivi  le  prime 
quattro  classi  del  corso  ginnasiale. 

Gli  aspiranti  di  Penango  hanno  per 
meta  le  Missioni  d 'America  in  modo  par- 
ticolare,  e  sentono  tutto  il  nobile  orgoglio 
di  poter  a  loro  volta  continuare  le  opere 
create  dai  sacrifizi  di  tanti  eroi  che  in 
quel  vasto  campo  li  hanno  preceduti  e 
dove  si  sono  acquistate  tante  beneme- 
renze.  Tra  i  primi  superiori  di  Penango  va 
ricordato  Don  Unia,  I'eroe  che  precedette 


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PENANGO.   =    Veduta   gcncrale   dcll'Istituto   Salesiano. 


tanti  altri  con  1 'immolazione  totale  di  se 
nei  lazzaretti  dei  lebbrosi. 


Chiesa   della  Certosa  di   Pesio. 


Quanti  son  giovani,  cui  arde  in  petto 
I'ideale  missionario,  hanno  nella  scuola 
dei  nostri  grandi  missionari  d 'America 
(Card.  Cagliero,  ISIons.  Lasagna,  Mons. 
Fagnano,  ^lons.  Costamagna,  Mons.  Gior- 
dano, D.  Balzola,  D.  Unia,  ecc.)  dei  mae- 
stri impareggiabili  in  ogni  campo  di  apo- 
stolato:  sia  che  vogliano  darsi  a  servire 
e  confortare  Gesii  sofferente  in  un  leb- 
broso,  sia  che  si  diano  alle  molteplici 
attivita  della  vita  di  collegi  od  oratori 
nelle  grandi  citta,  sia  che  amino  awici- 
iiare  i  poveri  derelitti  della  foresta. 

Ai  generosi  di  cuore  diciamo:  il  campo 
e  ininienso:  c'e  posto  per  tutti:  eccovi  la 
via  aperta  al  nobile  ideale.  Penango  sara 
la  prima  tappa,  la  preparazione;  poi 
1  America  il  vostro  campo  dalle  coste 
estreme  della  Terra  del  Fuoco,  alle  Pam- 
]5as,  alle  foreste  del  Matto  Grosso  e  del- 
I'Amazzonia,    ai    lazzaretti    di    Colombia. 

Da  quei  luoghi  lontani  gli  ex  aspiranti 
di  Penango,  ora  attivi  missionari,  ci  fan 
giungere  I'eco  delle  loro  impressioni;  e 
sono  rassegiie  di  lavori  compiuti  o  che  si 
\'an  preparando,  risnltati  ottennti,  pro- 
mcsse  o  progetti  di  lavori  missionari,  che 
accendono  in  cuore  a  quei  che  sono  ri- 
iiiasti  il  desiderio  che  giunga  presto  il 
giorno  della  partenza. 

Quasi  succursale  del  Collegio  e  una 
grandiosa  Certosa  che  si  trova  in  fondo 


82   .. 


S.3fgt 


Gita  al   Santuario   di   Crca. 

alia  Vol  Pesio,  poco  lontano 
da  Cuiieo.  Per  gentile  conces- 
sione  della  nobile  iiiarchesa 
sig.ra  Ripa  di  JMeana,  i  figli 
di  Don  Bosco  gia  per  due 
anni  trovarono  lassh  riparo  e 
ristoro  ai  calori  estivi,  piii 
ardenti  sui  colli  di  vigneti 
La  Certosa  di  Val  Pesio  e  iiii 
posto  ideale.  A  qoo  nietri  bul 
livello  del  mare  I'edificio  e  in 
uu'insenatura  della  valle,  ri- 
parato  da  tutti  i  venti,  pres- 
so  il  torrente  Pesio  che  abbon- 
da  di  trote.  L'abitato  piu  vi- 
cino  e  a  3  km.  piu  in  basso 
nella  valle  e  la  strada  car- 
rozzabile  giunge  fine  alia  Cer- 
tosa. Le  cime  che  sovrastano 
alia  conca,  invitano  alle  ascen- 
sioni,  e  i  giovani,  allenati  con 
disciplina,  si  rifanno  della 
salute  consumata  sui  libri. 
L'altezza  non  eccessiva  del 
nostro  rifugio  estivo  perniette 
ai  ragazzi  \)m  piccoli  o  meno 
f<irti  per  le  ascensioni,  uno 
svago  assai  vario  nella  fmtta 
di  stagione:  fragole,  mirtilli, 
lamponi,  nccciole,  funghi. 
Vostro  Aff  1)10 
Zio  GiGi. 


Panorama   della   Certosa  di    Pesio   (Cunco). 


^-  Sj 


DALLE   LONTANE   MISSIONI 


UNA  CONSACRAZIONE  HINDU 


A  Bombay,  fra  tanta  confusione  di  razze, 
di  lingue  e  di  religioni,  fe  facile  incontrarsi 
con  un  funerale  parsi  o  con  un  rumuroso 
pellegrinaggio  niaoniettano,  o  con  un  biz- 
zarre corteo  hindii:  qualche  spiccata  novita 
non  manca  mai  di  attrarre  un  occhio  stra- 
niero,  nientre  passa  indifferente  tra  la  folia 
dei  nativi. 

Poco  tempo  fa  a  me  capito  di  vedeme 
una  del  tutto  nuova. 

In  un  prato,  cinto  da  niura  e  ombreggiato 
da  numerose  file  di  cocco,  di  mango  e  di 
altre  piante,  situato  di  fianco  alia  nostra 
casa,  sogliono  radunarsi  ogni  domenica 
gruppi  di  Hindu  per  compiere  sacrifizi  di 
pecore,  capretti,  polli,  ecc.  Fra  tanti  gruppi 
sparsi  sotto  gli  alberi,  mi  colpi  il  piii  vicino 
clie  mi  sembro  assai  caratteristico. 

Vicino  ad  un  fuocherello  crepitante  d'in- 
censo  stavano  ritte  due  ragazze,  col  capo 
coperto  da  un  lungo  manto,  raccolte,  come 
clii  partecipa  ad  una  funzione  sacra.  Di 
froiite  ad  esse,  curvo  sul  fuoco,  era  il  padre 
die  si  accingeva  a  compiere  una  cerimonia. 
Un  po'  indietro  e  a  lato  vi  si  scorgeva  la 
niadre  che  poggiava  una  mano  sulfa  spalla 
d'una  dellc   due   figlie. 

Lcvatosi  di  sul  fuoco,  il  padre  prese  una 
noce  di  cocco  portata  con  sc,  e  con  un  colpo 
la  s]iacc6  in  due,  versando  il  liquido  rac- 
colto  nel  cavo  dclla  mano,  ne  spruzzo  ab- 
bondantemeiitc  la  faccia  alle  due  figlie 
immobili.  Raccolse  quindi  un  ramosccllo 
di  tamarindo,  lo  attorciglio  e,  sulla  testa 
d'una  delle  due,  che  ora  s'erano  levato  il 
vcIj  di  capo,  lie  spremette  il  succo,   ripe- 


tendo  Tatto  srlla  testa  dell'altra.  Quindi 
il  celebrante  raccclse  i  carboni  ardenti  su 
due  foglie  e  li  porto  prima  sul  capo,  poi 
sulla  spalla  e  giu  dal  fianco  fino  ai  piedi,  per 
passare  indi  all'altro  fianco  e  ripetere  il  rito 
su  entranibe  le  figliucle. 

Con  quell 'atto  egli  voleva  scacciare  1  iro 
di  dosso  gli  spiriti  maligni. 

In  ultimo,  alzate  le  bnme,  scanie  mani, 
solenne  le  impose  sulle  due  figlie,  i^iii  rac- 
colte die  mai.  Dopo  alcuni  istanti  d'inimoto 
silenzio,  le  mani  con  breve  gesto  strin.sero 
ad  una  ad  una  pateniamente  le  due  consa- 
crate,  le  quali,  rila.sciate,  racchirse  nel  loro 
manto,  con  la  testa  bassa  e  il  passo  quasi 
titubante,  s'av\'iarono  pel  prato,  seguite  a 
poca  distanza  dalla  madre  e  dal  padre. 

Poco  dopo  si  sedevano  all'ombra  d'una 
])ianta  per  consumare  una  modesta  refe- 
zione  con  alcuni  amici. 

Vclli  chiedere  ad  un  Hindu  istruito  die 
significasse  quella  cerimonia:  mi  disse  die 
si  trattava  di  una  delle  tante  divozioni  con 
cui  gli  Hindu  si  consacrano  alle  loro  divinita 
per  avenie  la  protezione.  Quando  scompa- 
riranno  que.sti  riti  menzogneri  per  essere 
sostituiti  da  qudli  piii  esprc^sivi  e  soavi 
ddla  vera  rdigione  di  CrLsto?  I  cuori  geiie- 
rosi  die  leggono  que.ste  riglie  ci  aiutino  colle 
loro  ferveiiti  pregliiere  ad  affrettare  (niesto 
avvcniinento,  die  consolera  il  cuore  ildla 
Cbiesa  e  reiidera  .seinpre  pin  fulgida  anclie 
in  (jucsto  moiulo  la  gloria  di  Cristo  Re. 

Cli.   RuGGKRO  Dal  Zovo 

Missionario  Salesiano. 


UTILK   DA   RICOKDARIv.  —  11  S.  Padre  Pio  XI,  ncirudieiiza  accordata  il  JO  novembre  igio  al 

Card.  I^auri,  I'cniUiiziario  Maggiure,  .si  c  dtgiiato  coiicedeic  ai  fedcli  che  reciteranno  almcno  con- 

triti   di   cuore   rinvocazioiie:   liegina  Aposlolanivi,   ora  pro  nobis  I'indulgenza  di  300  gioriii. 


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lOWAI    (India).   =    Chicsa,   mis  =  ione   e   orfinolrofio   in   costruzione. 


CIPRIANO,  IL  PICCOLO  SCHIAVO 


Spaventata  dal  Xonsonon^  (uccisore  di 
Honiini)  che,  secondo  voci  di  popolo,  si  tro- 
vava  in  quei  gionii  proprio  nel  villaggio,  la 
]5overa  Rosa,  con  il  suo  involto  di  cenci 
sotto  il  braccio,  ed  il  figliuolino  per  niano 
era  uscita  dalla  capanna.  Vn  triste  pre- 
sentimento  le  opprinieva  I'aninia;  per  di- 
strarsi,  si  era  portata  in  visita  a  tutti  i  suoi 
amici,  riducendosi  per  ultima,  presso  una 
famiglia  pagana  per  passarv'i  la  notte.  Fatto 
cerchio  attonio  al  focolare  tra  il  funio  della 
legna  e  deH'oppio,  tra  le  chiacchiere  mo- 
notone, la  povera  donna  trascorreva  il 
suo  tempo  in  attesa  del  sonno,  quando, 
all'improvviso  essa  si  agita,  tende  le  brac- 
cia  e  cade  all'indietro  come  corpo  morto. 
Le  palpebre  chii-se.  le  labhra  mute,  le  mem- 
bra inerti  ed  irrigidite  dal  freddo  di  morte. 
Fu  chiamata  e  scossa  ripetutamente,  ma 
p.lle  grida  incalzanti  di  tutti  i  presenti  non 
rispondeva  die  I'eco  delle  loro  voci  me- 
desime...  mentre  un  fremito  di  spaveiito 
s'impossessava  di  tutti.  Alle  grida  del  casi- 
liani  subentro  tosto  il  ]5iii  profondo  sOenzio 
e  ciascuno,  davanti  al  triste  caso  di  cui  era 
spettatore,   pensava  al  da  farsi. 

Finalniente  s'affaccia  alia  niente  del  pa- 
dron  di  casa  I'idea  Irminosa:  « Chiedere 
alia  Missione  le  Sisters  »;  e  vermero,  mentre 
noi,  recitate  le  preghiere  della  sera,  ci  re- 
cavamo  al  riposo.  Senz'altro,  prese  le  nostre 
lanteme  a  mano,  in  compagnia  di  alcuni 
cattolici  vicini  seguimmo  i  due  uomini. 
Durante  il  tragitto  essi  andavano  a  gara  nel 
darci  i  particolari  del  triste  caso. 

vStcso  sul  nudo  terreno  stava  il  cadaverc 
della  povera  Rosa,  mentre  i  componenti  la 
famiglia,  attori-o  al  fuoco  della  niLsera  ca- 


panna, masticavano  la  foglia  del  tempcw. 
Le  donne  con  accento  piii  o  meno  pietoso 
ci  ripetevano  quanto  gia  sapevamo,  e  noi 
colto  il  momento,  si  disse  qualclie  parola 
intomo  alia  morte  ed  alia  vita  etema  e  si 
parlo  della  nostra  religione,  nella  quale, 
solamente,   si  trova  salvezza. 

Recitato  il  santo  rosario  e  passato  an- 
cora  un  po'  di  tempo  vicino  alia  salma, 
ritomannno  a  casa,  non  senza  aver  prima, 
prestato,  a  ([uella  nostra  sorella  nella  fede, 
gli  ultimi  uffici  pietosi... 

Iddio  niisericordioso  accolga  I'anima  sua 
nella  pace  etema,  ed  il  buon  Gesu  da  lei 
ricevuto  sacramentalmente,  alcuni  gionii 
addietro,  sia  il  suo  giudice  pietoso. 

II  gionio  appresso  seguirono  la  modeste 
esequie,  ed  al  mesto  corteo  presero  parte 
non  solo  le  nostre  orfane  e  i  cattolici  del 
luogo,  ma  un  discrete  numero  di  pagani, 
amici  e  conoscenti,  i  quali  seguirono,  con 
vivo  intere.sse  tutto  lo  svolgersi  della  nie- 
sti.ssima  funzione,  tanto.  tanto  diversa  dalle 
loro...  Chiiisa  la  fo.ssa  nel  troppo  modcsto 
camposanto  cattolico,  die  conta,  cosi,  sette 
meschine  tombe,  ed  invocata  la  pace  etema, 
pei  nostri  fratelli  aspettanti  la  risurrezione 
finale,  con  la  me.stizia  nell'animo,  ci  av- 
viammo  per  il  ritonio. 


* 
*   * 


Nel  mio  pensiero.  irero,  era  fis,so  il  figliuo- 
letto  della  povera  Rosa,  bimbo  di  ciiiqre 
aimi  che  non  aveva  visto  in  tutto  il  glome . 
II  piccolo  Cipriano,  inccnscio  della  sua  sven- 
tura,  scorrazzava  con  gli  sltri  bimbi  della 
sua  eta,  tra  i  verdi  prati.edera  piii  contento 


S5 


del  solito  perclie  la  sua  porzione  di  riso 
quel  gionio  era  stata  piii  abboiidante. 

Avevo  procurato  piii  volte,  nel  giomo, 
di  inandarlo  a  preiidere  per  averlo  con  la 
sorellina,  una  cara  intelligente  biniba  del 
nostro  orfanotrofio:  ma  mi  era  stato  impos- 
sibile  poterlo  avere,  ben  lungi  pero  dal  sup- 
pome  il  motive. 

Giunti  al  momento  della  separazione,  e 
scambiati  i  ringraziamenti  e  i  saluti  d'uso, 
domandai  del  bimbo,  reclaniando  i  diritti  su 
lui,  sia  perche  orfano  e  privo  di  parenti 
prossimi,  e  sia  perche  cattolico  e  quiiidi  a 
noi  legato  per  niotivi  di  fede. 

Jla  trovai  nel  padrone  di  casa,  dove  era 
a\\enuto  il  decesso  e  presso  cui  trovavasi 
il  piccolo  Cipriano,  una  seriissima  opposi- 
zione,  senza  pero  poteme  ancora  conosceme 
la  cagione.  Dope  varie  domande,  mi  disse 
die  il  bimbo  era  suo  schiavo,  perche  egli 
aveva  imprestato  denaro  alia  manmia  di 
lui,  senza  aveme  avuto  la  restituzione;  per 
la  stessa  cagione,  secondo  I'uso  pagano, 
Cijiriano  era  divenuto  suo  schiavo.  Rimasi 
perplessa,  temendo  che  il  debito  fosse  rile- 
vante,  trovandomi  io,  come  al  solito,  con 
le  tasche  vuote.  Dopo  alcuni  minuti  di  si- 
lenzio,  domandai  della  somma.  Oh...  quale 
respiro  di  soUievo  mi  usci  dal  petto  quando 
ne  ebbi  per  risposta:  « Rupie  sette  »  (lire 
cinquanta  italiane).  Provai  tale  gioia  che 
non  saprei  esprimere,  pensando  che  Cipriano 
sarebbe     stato     nostro,     sarebbe     cresciuto 


buono.  istniito  neila.  nostra  santa  fede,  lon- 
tano  dal  pericolo  di  diventare  pagano. 

Purtroppo  in  queste  immense  foreste, 
e  ancora  in  vigore  la  schiavitii,  ed  i  poveri, 
infelici  schiavi  vengono  trattati  nel  modo 
piii  barbaro  e  crudele.  E  quanto  dura  la 
loro  scliiavitii? 

Fill  o  meno,  e  qualche  volta  per  tutta  la 
vita.  Diventano  liberi  se  cjualche  anima 
buona  li  redinie  versando  il  prezzo  del  loro 
riscatto,  che  e  con,segnenza  di  qualche  de- 
bito contratto  dalle  loro  madri,  morte  prima 
di  averlo  potuto  estingijere;  oppure  fuiche 
i  poveri  schiavi,  fatti  adulti,  non  siano  riu- 
sciti  ad  estinguere,  col  loro  lavoro,  il  debito 
contratto  ed  il  piii  dovuto  per  le  spese  di 
vitto  sostenute  durante  tutto  il  periodo 
della  loro  schiavitii.  Ce  ne  vuole  del  tempo 
per  acciuistarsi  la  liberta,  se  si  considera  che 
il  la\-oro  di  uno  scliiavo  giovane  e  laborioso, 
non  e  \-alutato  piii  di  una  quindicina  di  lire 
amine. 

Subito  fu  scritto  I'atto  di  ijagamento  pel 
piccolo  Cipriano  secondo  I'uso  locale,  e  il 
proprietario  e  due  te.stimoni  vi  apposero  la 
firnia.  consist ente  in  una  impronta  del  dito 
intinto  d'iiichiostro,  sulla  carta  vicino  alia 
quale  dichiarai  I'autenticita  della   firma. 

Cosi  il  piccolo  Cipriano  pote  venire  con 
noi,  felice  di  trovarsi  con  la  sorella,  e  di 
avere  a  sua  disposizione,  la  verde  campagna 
e  le  fresche  piiiete. 

Egli  e  allegro,  intelligente  e  buono;  e  per 


)OWAI    (India).    =   Convcnlo   e   orfanotrofio   femminile 


S6 


1  li  si  fanno  i  voti  piu  caMi  di  otlinia  lin- 
scita. 

Ora  clie  avevamo  i  ilue  biinbi,  era  nostro 
dovere  tutelame  anche  i  beni  di  famijilia: 
e  col  maggior  iiiteresse  si  procedette  alia 
verifica  ed  alia  coiupilazionc  dell'iiiventario. 

Con  tutte  le  forme  d'uso,  avanti  a  due 
testinioui,  si  prese  nota  di  tiitti  gli  og- 
getti.  Ne  trascri\'o  I'elenco  perche  niag- 
giomiente  siano  mossi  i  cuori  dei  giovani 
a  venire  in  aiuto  di  questi  poveri  infelici: 
<i  Una  pentola  per  far  cuocere  il  riso;  una 
petitola  per  il  carri  (condito);  due  bicchieri 
d'ottone;  due  falcetti;  mr  cesto:  qualche 
])iccolo  aiuo  per  la  pesca;  un  anello  di  latta; 
una  manata  di  riso;  un  1x3'  d'aglio  e  un  po' 
ili  sale  ». 

Tutto  deposto  nel  cesto,  fu  trasportato 
a  casa  nostra,  fra  I'ammirazione  dei  cat- 
tolici  e  dei  pagani  i  quali,  trovatisi  presenti 
e  saputone  il  motivo,  apjjrovarono  I'azioiie 
compiuta.  II  buon  Dio  v'illuniini,  o  poveri 
figli  della  foresta,  vi  attiri  a  Lui,  via,  ve- 
rita  e  vita,  e  dia  a  noi  mezzi  per  far  tanto 
bene  in  mezzo  a  voi,  die  ci  siete  tanto  cari, 
ci  dia  mezzi  per  riscattare  molti  e  molti 
altri  piccoli  schiavi,  per  renderli  onesti, 
buoni,  felici. 

Jowai  (Assam). 

Suor  Vauino  Innocenza 
F.  di  M.  A. 


IL  "DOLOI" 


E  una  specie  di  giudice  nelle  liti,  mentre 
pei  gravi  delitti  vi  e  la  giurisdizione  ingkse. 

Fra  il  popolo  esiste  la  persuasione  die  ha 
ragione  chi  sa  pagar  nieglio.  Ouando  uno 
vuol  citare  un  altro  in  giudizio,  va  prima 
dal  Doloi  a  raccontargli  la  sua  bega  e  gli  offre 
(lualdie  anna  per  la  grappa. 

II  jjopolo  cliiama  quest'atto:  ai  K/oni; 
lia  n  doloi  =  dare  al  Doloi  una  bottiglia  Si 
zucca  i>  colla  quale  puo  rinfrescarsi  coi  suoi 
niinistri  (bator)  e  consiglieri  (ba  san).  II  Doloi 
allora  stabilisceil  giorno  del  giudizio  e  i  com- 
])etitori  pensano  a  procurarsi  i  testimoni. 

Comparsi  i  contendenti  nella  capanna  del 
Doloi,  trovano  gia  raccolto  il  tribiuiale  e  i 
curiosi:  allora  un  ministro  comincia  con  la 
recita  d'una  pregliiera  alia  divinita  e  ani- 
nionisce  poscia  le  parti  di  dire  la  verita  e 
sottomettersi  al  giudizio  del  Doloi.  Questi 
cliiama  i  testimoni  e  li  fa  acconipagnare 
fuori  perdie  non  sentano  nulla  della  discus- 
sione. 


I'rima  die  questa  si  apra,  le  parti  devono 
sborsare  inw  riipia  e  due  anna:  queste  ultime 
come  tassa  per  le  stuoie  preparate  per  loro 
nel   cortile. 

Quindi  il  ministro  passa  all  'interrogatorio. 
I,  'accusatore  parla  pel  prinio,  poi  parla  I'ac- 
cusato.  Prende  in  seguito  la  parola  uno  dei 
consiglieri,  e  ripete  <iuanto  ha  gia  fatto  il 


GIAPPONE.   =   II   kimono   per  la   primavrra. 


ministro.  Interrogate  le  parti,  vengono  intro- 
dotti  i  testimoni  e  interrogati  in  particolare. 

La  giustizia  del  Doloi  ha  i  piedi  di  piombo 
e  procede  lentaniente:  nessuno  del  resto  ha 
fretta,  e  se  non  si  temiina  in  im  giorno,  si 
continua  al  giorno  seguente:  in  questo  case 
le  parti  debbono  nuovamente  pagare. 

Finiti  gli  interrogatori,  un  ministro  tenta 
di  conciliare  i  contendenti,  ricordando  die 
sono  della  stessa  tribu,  die  non  debbono  li- 
tigare   e   soprattutto  che,  se  persistono,    la 


S: 


GIAPPONE.   =    La   famiglia  delle   Figlic   di   Maria   Ausiliatrice  al   complcto. 


causa  potrebbe  passare  all'ufficiale  dijowai; 
il  chc  importa  grandi  spese  dovendo  ciascuno 
portare  cola  i  suoi  testimoui. 

Se  i  contendenti  daniio  ascolto  al  ministro, 
imo  dei  consiglieri  prende  uu  pugno  di  riso 
e  lo  porta  al  Doloi  die  lo  tocca  colla  mano. 
Altrettanto  fanno  tutti  i  bator  e  i  basan.  Lo 
porta  quindi  alle  parti  clie  lo  toccano  e  vi 
mettono  una  moneta  (paisa)  die  rimane  al 
consigliere,  meiitre  il  riso  vien  gettato  via 


per  siguificare;  «  Come  questo  puguo  di  riso 
si  disperde  in  modo  da  nou  poterlo  pin  ve- 
dere,  cosi  si  dinienticano  le  contese  ». 

Alia  fine  I'accusatore  e  I'accusato  mettono 
una  rupia  su  una  foglia  di  betel  e  I'offrono 
al  Doloi  die  confenna  la  conciliazione  ed 
esorta   aH'amicizia   le   parti   avverse. 

vSe  la  conciUazione  non  ha  luogo,  la  causa 
passa   al   giudizio   dell'uiFiciale   di  Jowai. 

N.  N 


NON  MANCIAR  CARNE  AL  VENERDl 

—  Sa  lei  —  diccva  ad  un  missionario  uii  grasso 
borghese  bocro,  grandc  allevatore  —  chc  qiial- 
che  volta  ho  ucciso  dclle  pecore  in  gioriio  ili 
vc-nerdi,  per  fame  niangiare  la  came  ai  ragazzi 
cattolici  che  sono  al  mio  servizio?  Me  I'hanno  ri- 
fiutala.  Vi  ho  riflettuto  sopra  nioltc  e  moltc 
volte,  non  sono  riuscito  di  capacitarmi  come 
(juesti  tieri,  icri  pagani  ed  avidi  aiu'Iie  di  came 
marcia,  oggi  divennti  cattolici,  ])os.sano  osscr- 
varc  una  legge  cokj  dura. 

(Alissioni  delta  Mcidinmci). 


ASCOLTAR  MESS  A 

P.  Forhman,  missionario  tra  i  Sioux  (Pelli 
Rosse)  di  Lower-Brule,  aveva  tra  i  suoi  cattolici 
un  indiano  clie  abitava  nella  «  riserva  »  a  46 
miglia  di  distanza  dalla  chiesa.  Ogni  dome- 
nica  vi  andava  ad  assistere  agli  uffici  divini 
e,  non  avendo  I'auto,  caricava  sulla  sua  vettur:i 
la  famiglia  e  tutto  il  nocessario  per  8  giorui, 
viveri,  tendc,  legna.  fieno,  cucina...  e  anclic  il 
gatto! 

(//   Rf'^no  del  S.   Cuorc). 

>i0 


ss 


Le   aspirant!   dclle   Figlie   di   Maria   Ausiliatricc. 


AMATE  LA  MISSIONE  GIAPPONE5E 


Eccovi  il  quarto  nvicleo  dei  giovani  sale- 
siaiii  die  volonterosi  sono  veiiuti  in  Giap- 
])oiie  a  condividere  il  lavoro  di  apostclato 
fra  i  nostri  giovani. 

Eccovi  il  gruppo  degli  aspiranti  al  Cir- 
colo  giovanile  di  Miyazaki,  che  vi  fanno 
sentire  il  lore  primo  concerto  di  armonica 
e  vi  dicouo:  «  Anclie  noi,  come  voi,  amiamo 
il  Signore,  e  voglianio  nel  nome  di  Maria  A. 
e  di  Don  Bosco,  lavorare  per  la  dilatazione 
del  regno  di  Dio  nella  nostra  nazione.  Per 
\o\  tutti  «  banzai   (evviva!)  ». 

Eccovi  le  figlie  di  Maria  A.,  che  indefes- 
samente  lavorano  e  gia  si  circondano  di  ra- 
gazze  che  desiderano  condividere  con  loro 
il  lavoro  dell'apostolato.  Eccovi  le  loro  cspi- 
ranti,  che  cantano  e  salutano  in  giapjicnese 
le  loro  compagne  d'ltalia. 


Unione  di  cuori  giovanUi,  iinione  d'in- 
tenti  per  I'opera  piii  idealmente  bella,  piit 
praticamente  santa,  senza  paragone  la  p'u 
nieritoria,  cioe  la  gloria  di  Dio  e  la  salvezza 
delle  anime.  La  missione  giapponese  e  ancor 
banibina,  e  come  tale,  ha  bisogno  delle  ma- 
teme  cure  di  quanti  I'aniano,  perche  possa 
crescere,  fortificarsi,  svilupparsi,  Guai  al 
bambino  che  non  puo  a\'ere  le  cure  amorose, 
sollecite,  sufficienti  della  mamma!  E  un 
essere  votato  aH'anemia,  alle  malattie,  al- 
I'esaurimento.  Amici  di  Gioventu  Missio- 
iiaria,  veniteci  in  aiuto  coUa  preghiera,  colla 
carita,  con  tutti  i  mezzi  che  vi  sono  possibili. 
Grazie  fin  d'ora  di  quanto  farete  per  rci. 

D,  V.  CliLVm 
Misswiiario  Salesiano. 


S';   -.. 


Pal  lontano  (5iappcnc 


■  ^'x/'-VT£:fx^^""-  :i.' 


ItllllllllUlH     1      iHWttii;!(niiiii'"»'« 


IHIIIimWWIH 


iHiiiiHHHHM     ntntam 


MENDICANT!    DELL' INDIA 

Diciamo  siibito  che  ve  n't  uii  gran  iiumero. 
Essi  vanno  da  un  luogo  all'altroimplorando 
la  carita  publjlica  al  pari  dei  Fachiri.  ecc. 

Sono  di  carattere  traiuiuillo  e  allegro,  si 
accontaitano  di  poco,  fjuanto  loro  basta 
alia  gioniata.  vSi  incontrano  specialniente 
iielle  grandi  citta,  nelle  feste  dei  villaggi  e 
iiei  luoghi  di  mercato. 

I  mendicanti  indiani  appartengono  a 
varie  categorie.  Vi  e  il  Dasari  che  compie 
anche  carte  cerimonie  religiose  tra  i  Paria 
ed  e  al  tempo  stesso  dottore,  astrologo  delle 
caste  piu  basse.  Egli  e  un  X'ishnuita  e  porta 
sempre  ben  visibile  suUa  fronte,  sul  collo  e 
sill  petto  dipinto  il  tipico  tridente  distintivo 
dcgli  adoratori  di  Vishnu.  La  sua  prima 
occupazione  della  giomata  consiste  nel 
tatuaggio  del  suo  corpo.  II  Dasari  diventa 
tale  in  virtii  di  un  voto  fatto  per  se  o  per 
la  sua  faniiglia  in  circostanze  critiche  della 
vita.  Ordinariamente  egli  porta  con  se  stru- 
meiiti  musicali  per  suonare  in  onore  di 
Braluna  e  degli  altri  dei. 

Vi  sono  i  Panchaga,  che  vanno  di  casa 
in  casa  a  predire  I'ora  piii  opportuna  per 
iutraprendere  negozi  od  affari.  Se  un  Hindu 
\\\o\  aprire  un  negozio  e  iniziare  mi'inijjresa, 
coniinciare  un  viaggio  o  contrarfe  niatri- 
nionio  consulta  .senz'altro  il  Panchaga.  Egli 
a])partiene  all'alta  ca.sta  e  alia  setta  degli 
Sinarfa,  adoratori  di  Siva,  porta  pur  esso 
i  segni  distuitivi  della  setta  sulla  fronte,  e 
snila  spalla  sinistra  ha  il  sacro  cordone.  Ar- 
rivando  sulla  .soglia  di  una  casa  saluta  ad 
alta  voce  lodando  Siva,  o  Rama,  e  la  fanii- 
glia udendo  (juel  .saluto,  invita  il  Panchaga 
ad  entrare,  e  si  pre]5ara  ad  udire  la  Iniona 
fortuna.  Per  ricompensa  gli  dona  un  pugno 
di  riso. 

II  Janga.ma  I-  un  altro  mcndicante  mollo 
noto.  Appartiene  alia  casta  dei  Sudras  ed  e 
Sivaita  di  religione:  e  molto  rispettato  dai 
suoi  e  va  di  casa  in  casa  invocantlo  le  bene- 
dizioni  di  Siva  con  la  speranza  di  un'elcmo- 
sina  clic  ne.s.suno  gli  nega.  Ha  generainiente 
mi  aspetto  anti])atico  e  ributtante. 

I  Jo(;i  .sono  i  fakiri  e  forinano  la  cla.sse  piu 
rispettabile  dei  nientlicanii.  Ivssi  abbando- 
nano   tutto  cjuanto   hamio:    casa,   famij^lia. 


Su  e  gm  per 
il  mondo 


averi,  persino  i  vestiti,  per  ritirarsi  nella 
sohtudine  e  passar\-i  interi  gionii  in  medi- 
tazione.  Tenninata  la  quale  vanno  nelle 
citta  e  si  daimo  a  pubbliche  penitenze.  I 
padri  di  faniiglia  sono  molto  felici  di  pre- 
seiitar  loro  i  figli  da  benedire  e  si  ritengono 
fortunati  quando  qualcuno  di  essi  si  degna 
di  mangiare  in  loro  compagnia. 

Povera  gente!  Se  facessero  le  loro  peni- 
tenze e  praticassero  tali  mortificazione  per  il 
vero  Dio,  a  quale  alto  grado  di  perfezione 
forse  giungerebbero!  Sono  senza  luce  e  senza 
guida:  non  spimtera  un  gionio  anche  per 
essi  e  I'uiia  e  I'altra? 

F.    11.    FOSSATI. 


LE  VENDETTE  DEL  COBRA 

Tutti  conoscono  gli  effetti  immediati  del 
morso  del  cobra,  ma  non  tntti  forse  cono- 
scono una  particolarita  interessante  di 
questo  velenosissimo  serpente. 

E  fermissima  credenza  qui  in  India  che 
il  cobra,  qualora  riesca  a  scappare,  piglia 
treiiieiida  vendetta  su  coloro  die  attentano 
alia  sua  \ita.  E  raccontano  innumerevoli 
fatti   a  coiiferma. 

Un  giomo  un  ragazzo  incontro  un  cobra 
in  un  prato  —  i  cobra  sono  iiumerosissimi 
nell'India  —  e  tento  di  ammazzarlo;  ma  il 
serpente  riusci  a  scappare.  L'indt  iiiani  mat- 
tina,  svegliandosi  il  ragazzo,  se  lie  trovo 
due  nelle  tasche  della  giacca. 

—  Come  niai? 

—  Perclie,  gli  disse  uno  dei  pareiiti,  il 
cobra  che  ieri  ti  e  sf uggito  e  andato  a  riccr- 
care  la  femmina  ])er  fare  insiciue  ad  e.ssa  la 
vendetta. 

Un  povero  contaduio  donniva  profonda- 
niente  nella  sua  stanza  durante  una  notte 
buia,  quando  fu  improvvisamente  destato 
da  un  acutissimo  dolore  al  iianco.  Ne  cerco 
subito  la  causa  esaniinando  la  parte  ofFesa 
e  vide  appena  in  temjio  iin  cobra  che  fiig- 
giva  strLsciando  sul  pavimeiito.  Si  ricordo 
die  il  giorno  innanzi,  falciando  I'erba,  ne 
aveva  ferito  uno. 

(ili  Indiani  dicono  die  il  cobra  segue  il  suo 


g2 


KRISNAGAR    (India).  =  Attori    drammatici   dcila   Missionc   chc    rappresentarono    "  La   Nlascita  ». 


assalitore  e  lo  riconosce  anche  alia  voce 
(luando  pure  fosse  in  uii  gruppo  di  persone. 
Vn  soldato  era  andato  a  bagnarsi  sulla  riva 
del  fiume  con  un  conipagno;  discorrevano 
seduti  sull'erba  quando  scorsero  a  breve 
distanza  un  cobra.  II  soldato  sguaino  la 
spada  e  gli  taglio  un  pezzo  di  coda,  mentre 
il  cobra  cercava  scanipo  tra  gli  arbusti. 
Dope  qualche  anno  il  soldato  ebbe  il  con- 
gedo.  Un  giomo  ritoniato  al  iiume  con  un 
amico,  gli  raccontava,  ritto  tra  gli  arbusti, 
I'avventura  capitatagli  anni  innanzi,  quando 
si  senti  pungere  al  piede...  Abbasso  gli  occhi 
e  vide  il  suo  cobra  che,  riconosciutolo  alia 
voce,  aveva  compiuto  la  sua  vendetta. 

Bisogna  sentirli  i  nostri  Indiani  come  sono 
recisi  neH'affermare  come  verita  ineccepibili 
tutti  questi  racconti,  nei  quali  e  facibnente 
visibile  il  sustrato  di  superstizione  di  cui 
sono  imbevuti.  Di  quelli  che  mi  racconta- 
vano  I'episodio  del  soldato,  nessuno  I'aveva 
conosciuto  o  sapeva  dirmene  il  nome;  ma 
dicevano  che  era  stato,  conosciuto  dai  loro 
padri  e  dai  loro...  nonni. 

Un  altro  mi  conto  cjuesta.  Un  giovinotto 


percorreva  uu  \iottolo  di  campagna  por- 
tando  in  mano  un  bel  gruzzolo  di  monete 
spicciole  rawolte  in  vm  fazzoletto.  Ad  un 
tratto  si  vide  davanti  due  cobra  in  lotta 
fra  loro.  II  viandante  tiro  dei  sassi  per  di- 
videre  i  contendenti,  ma  uno  di  que.sti  si 
rivolto  con  ira  e  comincio  a  filare  verso  I'in- 
truso,  il  quale  non  trovo  miglior  scampo 
se  non  buttando  al  serpente  il  fazzoletto 
coi  denari.  Alcune  ore  dopo  ritomo  sul 
luogo  e  trovo  sparsi  sul  terreno  i  soldi,  ma 
del  fazzoletto  non  trovo  che  minuti  pezzi 
come  se  fos.se  stato  tagliuzzato  da  un  paio 
di  forbici. 

II  racconto  mette  in  evidenza  I'opinione 
comune,  che  per  salvarsi  dai  cobra  non  vi 
sia  nulla  di  meglio  che  buttargli  un  panno 
addosso  contro  cui  possa  sfogarsi.  Quel  che 
e  certo  e  che  tutti  credono  all'istinto  di 
vendetta  del  cobra,  mj  vale  a  scuoterK  il 
nostro  scetticismo  e  la  nostra  derisione. 
Non  vi  sara  in  fondo  a  tutte  le  esagerazioni 
un   po'   di  verita' 

RUGGERO  Dal  Zovo. 
Missionario  Salesiano. 


cs*z 


93 


Xon  avete  ancora  sen- 
tito  parlare  del  Riiigic  ? 
Possibile?  Ma  se  tutti  i 
ragazzi  giapponesi  lo  sanno  che  si  trova 
in  fondo  al  mare...  e  come  lo  san  descri- 
vere  bene,  il  palazzo  incantato...  e  qual- 
cosa  di  meraviglioso.  Del  resto,  se  avete 
visto  qualclie  castello  in  aria,  una  mezza 
idea  ve  ne  potete  gia  fare. 

Le  feste  che  si  fanno  laggiu,  sono  indescri- 
vibili.  Un  bel  gionio  pero,  o  meglio,  nn 
bnitto  giomo,  tutto  il  palazzo  fu  sossopra. 
Se  ne  accorsero  persino  i  pescatori,  che  su, 
in  alto,  pescavan  tranquillamente.  Qi:elli 
che  riuscirono  a  portare  a  casa  la  pelle, 
n'ebbero  da  raccontare  per  un  pezzo.  Una 
burrasca   cosi,   non   s'era  mai  vista. 

La  causa  di  tutto  quel  pandemonio  e 
semplice.  S'era  ammalata  la  liegina  del 
Riiigii.  Non  c'e  da  meravigliarsi,  se  si  pensa 
a  tutta  queH'uniidita  die  c'e  laggiii,  ma  il 
brutto  si  e  che  i  medici  non  sapevano  die 
pesci  pigliare...  e  dire  che  essi  stessi  erano 
uno  pii:  pe.sce  dell'altro.  II  re  era  fuori  di  se. 
Tutti  gli  stavano  alia  larga,  che,  guai  a 
cajjitargli  tra  i  piedi.  Si  sentiva  sbattere 
gli  usci,  dar  pedate  ai  mobili,  roba  che  solo 
la  gente  nialeducata  sa  fare.  Ma  in  certi 
niomenti,  clii  e  che  non  perde  la  testa? 

Krattanto  uno  dei  medici  si  presenta  al 
prinio  ministro  (qucllo  incaricato  a  far  le 
burrasche)  e: 

—  L'i-un  affare  .serio.  vcro?  Son  di  quelle 
malattie,  dove  si  arrisehia  di  morire  noi 
medici,  invece  del  nialato! 

—  Ma  non  c'e  proprio  alcun  rimedio? 

—  II  rimedio,  via,  ci  sarebbe,  ma... 

—  Se  c'f;  ditelo.  Mi  meraviglio  anzi  che 
aspettiate   tanto   a   dirlo. 

—  Si  tratta,  che  i-  difficile.  Ci  vorrcblie 


;*,  Perche  il 
]      Polipo 
non  ha  o$$a 


nientemeno  che  il  fegato  di  una  scimmia! 
E  chi  va  a  prenderia? 

—  E  proprio  difficile!  Noi  pesci,  abbiam 
la  disgrazia  di  dover  star  senipre  in  queste 
brutte  acque... 

—  lo,  vede,  conosco  mi'isola,  dove  vi 
son  molte  scimmie,  ma  chi  va  a  prenderle? 

—  Aiidiamo  dal   re.   Ci  pensera  lui. 

II  re,  .sentito  il  rimedio,  ci  penso  su  due 
volte,  poi  si  fece  dare  la  lista  dei  suoi  sud- 
diti,  un  bel  libro  illustrato,  a  colori,  con  su 
tutti  i  pesci,  dal  piii  grosso  al  ghiozzo. 

II  ministro  intanto,  a  forza  di  stillarsi  il 
cer\ello,  si  ricordo  del  polipo,  con  tutte 
quelle  gambe: 

—  Ah,  hotrovato!  Eccouno  che  puo  an- 
dare  a  passeggio  anche  sulla  terra  ferma! 
II  polipo  ci  vuole! 

—  Allora,  speditelo  subito,  e  che  porti 
quanto  prima  la  medicinal 

La  speranza  era  rinata  in  tutti.  II  mare 
stesso  si  calmo.  I  pescatori  ritomaiono  a 
pescare. 


II  mini.stro  fece  chianiare  il  polipo  c  gli 
diede  I'incarico  di  provedere  la  famiacia 
della  medicina  die  niancava. 

II  polipo,  che  era  .sempre  stato  lui  po' 
duro  di  testa: 

—  In  quanto  all'andare,  ci  vado;  nia 
come  faccio  a  prendere  una  scimmia? 

— •  Non  si  tratta  di  usare  della  forza, 
I'importante  e  attiraria  qui. 

-  E  come  attiraria  qui? 
Raccontale   le   nieraviglie   del    Riiigit, 

le  l)ellezze  del  mare;  in  ogni  case,  invitala 
a  venire. 


97 


—  Ma  se  la  sciinniia  iioii  puo  airivaie 
a  nuolo  fin  qui? 

—  IC  portala  tu,  suUe  spalle! 

—  Se  ^  cosi,   e  cosa  fatta. 

11  polipo,  dopo  una  lunga  traversata, 
arriva  finahneiite  in  vista  dell'isola  delle 
SL'immie. 

Presso  alia  spiagjjia,  su  d'un  albero,  ve 
n'era  ima   proprio  viva. 

—  Buou  giomo,  signora  scimmia.  Bel 
tempo,  oggi? 

La  scimmia,  facendo  im  bel  punto  inter- 
rogative con  la  faccia: 

—  Buou  giomo.  E  lei,  da  dove  viene? 

—  lo  sono  un  vassallo  del  Riugii,  la  in 
fondf)  al  mare.  Ho  sentito  parlare  di  questa 
isola  e  son  venuto  a  visitarla. 

—  Se  e  cosi,  vi  faro  da  cicerone. 

—  Grazie,  ma  I'lio  gia  girata  tutta.  Ora 
torno  a  casa.  E  lei,  ha  gia  visto  il  palazzo 
del   Riugii? 

—  Nemmeno  una  volta. 

—  Proprio!  Non  aver  visto  un  luogo 
cosi!? 

—  Ma  e  proprio  cosi  bello? 

—  All,  non  fatemi  parlare  su  cio!  Non  la 
finirei  piii.  Basti  dire  che  c'e  tanta  frutta 
laggiii,  e  che  tutti  ue  possono  pigliare,  senza 
pericolo  che  salti  I'uori  il  contadino  col  ba- 
st one. 

I^a  scimmia  non  poteva  parlare  dalla 
meraviglia. 

—  Bene,  ora  io  ritonio  la.  N'uol  venire 
cou  me? 

—  Gia,  sarebbe  pro- 
prio una  bella  occa- 
sione.  Ma  non  .so  nuo- 
tare. 

—  (Jh,  per  quello 
ci  ]5enso  io.  Vi  porto 
la  in  spalla  e  poi,  vi 
riportero. 


—  Sara  un  bel  disturbo... 

—  Niente,  niente.  Andiamo. 

E  cosi  la  scimmia  sul,  dorso  del  poh]i<>, 
ando  in  mare. 

Per  la  strada  il  polipo  continuo  la  conver- 
sazione: 

—  Ce  I'ha  lei  il  fegato? 

—  Son  domande  da  farsi? 

—  Se  lo  domando,  segno  che  un  motive 
c'e. 

—  E  evideute  che  ogni  bestia  ha  del  le- 
gato. 

—  Allora  va  bene. 

—  Come  sarebbe  a  dire?  Mi  pare  strano 
tutto  cio. 

—  Sara  strano,  ma  e  (lueUo  che  conta 
di  piii. 

—  Perche? 

—  E  perche... 

II  jxjlipo  non  sapeva  se  faceva  bene  a 
parlare,  ma,  tanto  eran  si  lontani  da  terra, 
che  la  scimmia  onuai  non  poteva  piii  scap- 
pare.  Cosi  racconto  tutto  per  filo  e  per  segno. 

La  scimmia,  spaventata,  non  peiiso  nean- 
che  a  guardare  se  la  terra  era  lontana. 

—  Ah  (luanto  mi  displace!  Ma  perche 
non  dirnielo  subito! 

—  E  si!  non  sa- 
rcste  venuta! 

—  Tuttestorie. 
Io  ho  tre,  quat- 
tro  fegati  da  ven- 
dere.  II  male  si 
e  che  ora  il  fegato 
non  I'ho  con  me. 

—  Come   mai? 

—  L'holasciato 
appeso  all'albero. 
Se  me  lo  dicevate 
subito... 

—  Ed  ora  co- 
me  fare? 


^^^> 


SS^^ 


xH^^S-^^ 


9S 


—  Ritoniiamo  a  preiiderlo;  vedete  bene 
che  altrimenti  tutto  e  inutile. 

—  All,  e  seccante  andare  cosi  su  e  giii!  — 
e  in  cosi  dire  viro  di  bordo  e  punto  verso 
terra. 

La  scinuiiia,  appena  toccata  la  cara  terra, 
s'arrarnpico    sul    suo    albero,    e: 

—  Signor  polipo,   grazie  del  disturbo. 

—  Che?  I'avete  trovato  il  fegato? 

—  Certamente. 

—  Allora,   sn,    ritoniianio   in   fretta. 

—  Mi  displace.  IMa  cedere  il  fegato  per 
niorire...  nessuno  mi  prende  piu.  Anclie  a 
Budda  si  puo  fargliela  una  sola  volta,  poi 
basta. 

—  E  cosi  che  simantengonolepromesse? 

—  Di  cio  parleremo  un'altra  volta.  II 
fegato  I'ho  qui;  se  qualcuno  lo  vuole,  provi 
venire  a  prenderlo. 

II  polipo  nou  pote  far  altro  die  ritoniare 
mogio  mogio  al  Rni'^it.  Ora  si  che  I'aspettava 
una  burrasca. 

Quaiido  il  re  seuti  com 'era  andata  la 
faccenda: 


—  Ah,  cosi?  Pos.sibile  che  io  abbia  dei 
sudditi  sciocchi  fino  a  tal  punto!  Che  ci 
manca  forse  il  sale  quaggiu? 

Ola,  soldati,  toglietegli  le  decorazicni, 
cioe,  toglietegli  le  ossa,  le  phme  e  tutle  le 
squame;   tntte   fino   all'ultima! 

Per  quante  suppliche  il  polipo  facesse, 
il  re  fece  il  sordo;  del  resto,  era  sempre  .stato 
sordo. 

II  povero  polipo  fu  degradato  a  tal  segno, 
da  non  parere  neanche  piu  un  aniinale 
acquatico. 

Le  ossa  gliele  cavarono  a  una,  a  una;  c 
gliene  dettero  taiite,  che  divenne  niolle 
come  la  cera  calda;  poi  lo  cacciarono  fuori 
dal  palazzo. 

Ecco  perclie  il  polipo  ora,  e  cosi  liscio, 
liscio;  i  mali  trattamenti  Than  reso  cattivo 
e  tutti  lo  temono  durante  i  bagni  di  mare, 
che  va  seinpre  in  cerca  di  qualcuno,  per 
vendicarsi  della  scinmiia  che  gli  e  sfuggita. 

D.  Marega 

Missionario  in  Giappoiw. 


ESEMPIO  AMMIREVOLE 

Da  Budapest  e  pervenuta  una  bella  notizia: 
trentatre  dcputati  al  I'arlamento  unghercse  si 
.sono  raccolli  nclla  Casa  Mamc'.a  suUa  mon- 
tagna  di  Buda  per  attcndcrc  ad  un  cor.so  di 
liserci/i  Spirituali  suUo  ladirtziouedei  Padri  Cc- 


.suiti.  Fra  essi  vi  era  anclie  il  iiiini.stro  di  grazia 
e  giustizia  S.  E.  Tibor  de  Z.sitvay. 

Si  annunzia  che  i  .senator!  penseraniio  \n\r 
essi  a  fare  altrettanto. 

Non  i  amiiiirevolc  I'escmpio  di  cotcsti  uo- 
niini  che  tra  le  cure  della  politica  trovano  tempo 
di   riflettere   anche   airaiiiiiia   propria? 


96 


NELLE  RETROVIE 


Ringraziamento. 

Xci  inici  continui  giri  ho  temtto  confc- 
rcnze  a  heneficio  dei  poveri  orfanelli  della 
iiiissionc  del  conipiantc  Mons.  Versiglia, 
doviinquc  accoUo  con  molto  affdto  e  ascol- 
tato  con  grande  attcnzione.  In  iiwdo  specialc 
riccrdo  con  vivo  compiacimcnto  Jlodena  e 
dinlorni  dove  ho  trovcdo  itn  amove  per  le 
niissioni  veramente  entitsiastico:  i  sttpe- 
riori  ed  i  carissimi  allievi  donarono  hen 
venticiiKjue  battesimi  per  Cinesini,  gli 
ex  allievi  fecero  una  splendida  propaganda 
attirando  le  « piene »  consclanti  di  For- 
inigine,    Cascinalbo,   MedoUa,    ecc. 

Un  grazie  dtmque  di  cuore  a  tiitti,  spe- 
cialmente  ai  giovani  die  rivelando  il  loro 
enliisiasmo  per  I'opera  missionaria,  dinio- 
slrano  fin  d'ora  quanto  aitUo  sapranno  dare 
alle  missioni  nel  dccorso  della  loro  vita. 

vSac.   Umberto  Dalmasso 
Missicnario    Salesiano. 

Propaganda  per  il  periodico. 

Capita  a  Gioventii  Missionaria  aid  die 
capita  agli  itomini  della  terra:  non  godono 
sempre  il  bet  tempo,  ma  neppure  sofjrono 
tiitti  ad  im  tempo  la  pioggia:  qiiesta  e  qitello 
si  altcrnano  per  modo  die  se  tiitti  non  hanno 
da  godere,  neppure  hanno  tutti  da  soffrire. 
Uscendo  daU'enigma,  assistiamo  tutti  gli 
anni  a...  imhronciamenti  contro  di  noi  con 
conseguenze  jacilmente  comprensibili:  que- 
st'anno  p.  es.,  non  ci  e  giimto  da  tre  impor- 
tanii  collegi  neppure  un  abbonatnento , 
inentre  negli  anni  scorsi  erann  complessi- 
vaniente  superwri  al  centinaio:  in  ccni- 
penso  assistiamo  con  piacere  ad  una  gara 
di  zelo  nella  propaganda  da  parte  di  altri 
collegi  che,  se  in  passato  jurono  sempre 
attivi,  ora  fanno  deH'attivita  veramente 
industriosa,   disintcressata,   entusiastica 

Da  Treviglio,  per  addurre  un  esempio, 
ci   perviene   qiiesta    lettera   rivelatrice: 

Rev.  Sig.  Direttore, 

<i  Le  accludo  n .  88  abbonamenti  a  Gio- 
ventii Missionaria...  Ouest'anno  la  Com- 
pagnia  del  SS.  Sacramento  ha  fatto  pro- 


paganda al  periodico  ed  ha  raccolto  iiS 
abbonamenti.  Anzi  per  le  Missioni,  questi 
giovani  volenterosi  han  fatto  anche  di 
piu:  han  raccolto  parecchie  niigliaia  di 
lire  per  il  Cinesino  adottato  dal  Collegio 
Salesiano  di  Treviglio  e  al  presente  ne 
raccolgono  altre  da  offrire,  insienie  alle 
loro  preghiere,  per  sostenere  le  vocazioni 
niissionarie  ». 

L'amico  che  ci  scrive,  ci  domanda  se  ci 
e  di  gioia  la  notizia.  Altro  che!  Non  sole  di 
gioia,  ma  di  conforto,  perche  colma  le  de- 
fezioni  lamentate  piii  sopra.  Cost  operano  i 
giovani  zelanti.  Ma  ritorneremo  siill'ar- 
gomentn:  per  ora  ai  propagandisti  di  Tre- 
viglio  il   vivissimo    nostro   rin'^raziamento. 

Domande  di  missionari. 

Da  parti  diverse  del  mondo  riceviamo 
da  ncstri  missionari  identiche  domande 
per  un  regalo  da  servire  alle  loro  missioni. 

D.  CiMATTi  dal  Giappone  domanda  di 
avere:  due  copie  delle  pelHcole  Pathe  Baby 
sulla  Vita  e  Passione  di  Gesii  Crista;  due 
copie  delle  pellicole  Pathe  Baby  su  Fatti 
hihlici. 

D.  PiNAFFO  dal  Siain  domanda  un  ci- 
nema Pathe  Bab}^  [macchina  di  prciezione). 

Se  qitalcuno  dei  nostri  Icttori,  amici  di 
D  Cimatti  e  di  D.  Pinaffo,  vogliono  I'onore 
di  provvedere  quanto  sopra  o  almcno  con- 
tribuirc  in  qiialche  misura  possono  rivol- 
gersi  al  Direttore  del  periodico,  che  accct- 
tera  con  animc  gralo  la  loro  partecipazione. 

Risposfa. 

Alcuni  amici  ci  domandano  se  per  le 
Missioni  accettiamo  cartoline  illustrate  e 
francobolli  usati.  Rispondiamo:  accettiamo 
cartdinc  iisate,  purche  sianc  belle  e  in  biicn 
stato  [diversamente  e  inutile  spedirle  e  sob- 
barcarsi  a  spese).  —  Sono  pure  accettati 
con  riconoscenza  francobolli  usati  di  qua- 
lunque  Stato  (questi  possono  tornar  titili 
se  non  sono  rotti  o  sciupati...:  ritagliateli 
sempre  con  un  piccolo  margine  di  busta 
intornc).  La  stagnola,  i  biglictti  usati  del 
tram  e  cose  simili  non  ci  servono  a  nulla. 


97 


Sforia  di  25  anni  (a,   narrafa  dal  missionario  D.   A.    Co/bacchini. 

(CONTINUAZIONE). 


Ma  se  il  Bororo  mantieiie  il  sileiizio,  al- 
lora  Bope  lo  inizia  ai  niisteri  del  suo  uf- 
ficio.  Trascorso  qualche  tempo, quando  meiio 
il  Bari  ci  pensa,  ecco  apparirgli  lo  spirito. 
E  questo  awiene  in  vari  modi:  iii  sogiio, 
da  sveglio,  di  giorno,  di  notte,  nella  foresta 
quando  si  trova  a  caccia  da  solo.  Presen- 
tasi  Bope  in  forma  umana,  ma  con  appa- 
renze  stravaganti;  oppure  in  forma  di  tigre 
o  di  altro  animale.  II  piii  delle  volte  pero 
gli  si  fa  vedere  in  forma  di  un  animale 
strano  che  piio  essere  visto  e  conosciuto  sola- 
mente  dai  Bdere  e  che  essi  chiamano  Aigge. 
Dai  connotati  che  danno  della  sua  figura, 
corrisponde  presso  a  poco  a  quella  di  un 
ippopotamo. 

Presentatosi  lo  spirito  sotto  tale  fonna, 
domanda  al  suo  prescelto  se  vuol  servirlo 
e  obbedirgli  in  tutto  e  per  tutto.  II  candi- 
date trema  di  paura,  ma  lo  spirito  incalza: 
—  Se  tu  vuoi,  che  io  venga  a  te,  che  sia  il 
tuo  aiuto,  se  vuoi  die  ti  sveli  tutte  le  cose, 
ti  dia  il  potere  di  curare  le  malattie,  di  cac- 
ciare  dai  tuoi  compagni  gli  spirit!  maligiii, 
dammi  il  tuo  arco  e  le  tue  freccie...  questo 
sara  per  me  il  segno  del  tuo  consenso.  Al- 
lora  me  ne  staro  con  te,  e  quando  mi  chia- 
nierai,  verro  a  te. 

Se  all'invito  fatto  dallo  spirito  I'iiiiziatd 
consegna  I'arco  e  le  freccie,  il  patto  e  con- 
cluso  e  da  quel  momento  egli  sara  Bari  ed 
avra  tutti  i  poteri. 

Dicono  i  Bororos  che,  fatta  la  con.segna 
dc-ll'arco  e  delle  frecce,  tutto  .sjiarisce  agli 
f)cchi  del  miovo  Bari.  ICgli  vede  le  cose  ma 
tutte  sotto  differenti  colori:  rosse,  gialle, 
aranciate;  tutto  cambia  e  vede  co.se  mai 
viste,  e  tutte  le  sue  membra  sono  colto  da 
tremito  convulso. 


Cessata  la  crisi  se  ne  ritoma  a  casa.  Ed 
ecco  che  quando  meno  lo  pensa,  forse  alia 
presenza  di  tutti,  forse  da  solo  nella  sua  ca- 
panna  e  invaso  dallo  spirito;  trema  dalla 
testa  ai  piedi,  gesticola,  grida.  dice  fatti  e 
cose  che  hanno  da  venire  e  predice  con  esat- 
tezza  il  futuro.  Questa  e  la  prova  piii  con- 
vmcente  a  cui  tutti  lo  riconosceranno  per 
vero  Bari  e  lo  temeranno.  Da  qiieU'istante 
conseguira  tutti  i  diritti  e  gli  onori  dovuti 
al  Bari. 

Pubblicamente  riconosciuto,  dara  prova 
del  suo  potere,  chiamando,  invocando  con 
tutte  le  sue  forze  (attenendosi  al  rituale  che 
avra  bene  appreso)  il  suo  spirito  protettore 
e  questi  non  tardera  a  manifestarsi  ed  entrar 
m  lui. 

Fatta  una  volta  la  prova  che  lo  spirito 
I'obbedisce  e  vieiie  a  lui,  potra  esercitare 
il  suo  ufficio,  cioe  esorcizzare  le  canii  di 
animali  uroibiti,  scrutare  il  futuro,  curare 
ammalati  cercando  in  essi  la  causa  del  ma- 
leficio,  estrarla,  placare  lo  spirito  e  restituire 
la  salute.  II  potere  del  Bari  sara  poi  mag- 
giore  o  mmore  secoudo  la  sua  forza  di  vo- 
lonta  od  il  desiderio  che  egli  mette  nella 
sua  unione  collo  spirito.  Bope  ed  Maereboe 
(che  lo  scelse  perche  fosse  «  Bari  »)  tanto 
piii  .si  dara  a  lui  quanto  piii  egli  cerchera  di 
mostrarsi  fedele  ed  osservante  in  tutto  ri(') 
che  conceme  ;1  suo  ufficio. 

II  Bari  chiiimera  il  suo  spirito  protettore 
o  padrone  col  nonie  di  Waire.  Puo  accadere 
pero  che  uiio  ste.s.so  Bari  serva  a  piii  spiriti; 
dal  die  risulta  die  il  suo  potere  sarii  pro- 
porzionaltneiite  maggiore.  Questi  spiriti  si 
chiamano  con  diversinomi:  comeade.scmpio, 
uno  Burekaibejc,  un  altro  Mcnrii'^u,  un 
terzo    Iwbrc,    e    cosi    via. 


98 


Dicoiio  chc  il  «  Bari  »,  dopo  die  lo  spirito 
6  entrato  in  lui  (il  che  dura  pivi  o  meno 
tempo  secondo  i  casi  e  le  circostanze),  grida, 
gesticola,  parla,  predice,  ecc.  non  e  lui  che 
fa  queste  azioni  ma  lo  spirito  die  e  in  lui, 
di  modo  che  per  i  Bororos,  quando  il  <.  Bari  » 
parla  nell'esercizio  delle  sue  funzioni  e  lo 
spirito  che  parla  per  la  bocca  di  lui.  E, 
tutto  cio  die  il  Baii  dira  sara  verita  infal- 
libile. 

I  bdere  haniio  diretta  relazione  cogli  spi- 
riti  che  niai  ebbero  corpo  e  non  fecero  parte 
dei  viventi  della  terra,  nientre  le  relazionidel- 
I'Aroettowardre  sono  colle  anime  dei  defunti. 
Anche  il  diventare  Aroettoivardre  dipende 
dalla  scelta  die  faranuole anime.  I^a  sua  ini- 
ziazione  e  come  quella  del  Ban:  soffre  le 
stessepaure,  apprensioni,  sogni,  voci  strane. 
rivelazioni  di  cose  occulte.  Non  vedra  ani- 
niali  di  forme  strane,  ma  un  grazioso  uc- 
cello  mosca  che,  volando  di  ramo  in  ramo, 
di  foglia  in  foglia,  di  liore  in  fiore  gli  stara 
sempre  dinanzi. 

I/uccelletto  lo  sfiora  coUe  sue  ali,  gli  si 
ferma  dinanzi  quasi  in  atto  di  aspettarlo. 
L'uomo  si  meraviglia  di  questo  atto  e  cerca 
di  afferrarlo,  ma  I'uccello  improvvisamente 
sparisce  e  piii  non  lo  vedra. 

Altre  volte  invece  sara  un  pappagallo  od 
altro  uccello  consimile  che,  per  un  tempo 
iiivariabile,  indichera  il  prescelto  dalle  anime 
come  medium  nelle  relazioni  coi  loro  parenti. 
In  questo  caso  e  originale  il  modo  con  cui 
gli  si  presenta. 

L'eletto  va  a  caccia  di  aratas;  ma  nabiiro, 
kwiddo,  kuddbro,  verranno  sopra  di  lui 
gracchiando  in  tal  maniera  da  destare  la 
sua  attenzione.  Egli  prepara  I'arco  e  gia 
sta  per  scoccare  la  freccia,  quando  essi  ar- 
restano  il  volo,  e  cercando  di  equilibrarsi 
nell'aria,  svolazzano  un  poco  e  poi,  piom- 
bano  a  terra  come  fulminati.  II  cacciatore 
corre  subito  al  luogo  dove  li  vide  cadere, 
ma  nulla  trova.  Preoccupato  del  caso  oc- 
corsogli,  tenia  a  casa  sentendosi  indisposto, 
depone  arco  e  frecce  e  si  accoccola  presso  il 
fuoco;  un  improvviso  brivido  di  freddo  ed 
un  tremito  generale  lo  coglie  e  dura  per 
qualchfc  minuto:  poi  cessa,  ma  per  ritomare 
quasi  subito  con  maggiore  veenieiiza,  quindi 
si  calnia...  I/indio  si  accosta  nuovamente 
al  fuoco  per  riscaldarsi  ed  ecco  un  nuovo 
brivido  lo  invade  dalla  testa  ai  piedi;  il 
tremito  e  piu  forte,  e  dalla  bocca  gli  escono 


parole  vaghe,  tronclie,  e  finisce  col  dire  cose 
che  nessun  capisce.  In  quello  stato  convul- 
sivo  sente  un  vento  forte  uscire  dal  suolo 
proprio  di  sotto  ai  suoi  piedi  e  nello  stesso 
tempo  un  puzzo  nauseante,  cadaverico 
misto  al  caratteristico deU'io-i/ci^m  (nonnbgo), 
composto  di  materie  grasse  e  che  si  usa  per 
spalniare  e  tingere  le  ossa  dei  defunti. 

Una  forte  agitazione  dell'aria  gli  si  ^a 
sentire.conie  se  qualcuno  gli  desse  uiio  spin- 
tone  per  gettarlo  a  terra...  E  il  momento 
delle  anime!  Allora  comincia  a  parlare,  ma 
non  e  lui  che  parla,  sono  le  anime  dei  de- 
funti che  parlano  in  lui...  E  queste  gli  ma- 
nifesteranno   il  loro    nome    di    oltretomba. 

E  il  momento  culminante:  spesso  I'in- 
dio  cade  privo  di  sensi,  come  fosse  stato 
colpito  da  sincope. 


1^    -  =--^;^ 


L'/4;gge,   animate  conosciuto   solamentc   dai  Baere. 

Colti  da  terrore  i  present  i  si  fanno  intomo 
a  lui  senza  sapere  che  cure  prodigargli;  gli 
versano  acqua  sulla  testa,  accendono  mi 
sigaro  ed  a  grosse  boccate  ne  aspirano  il 
fumo  per  sofKargUelo  suUa  bocca,  nelle  na- 
rici,  finche  ritomi  in  se. 

L'uiiziato  contimiando  a  tremare,  parla 
delle  anime  in  modo  strano,  comunicando 
i  loro  desideri  ed  annunziando  cose  future. 
Tutti  rascoltaiio  religiosamente;  e  appena 
egli  cliiede  da  here,  gli  porgono  dell'acqua 
mescolata  con  argilla  bianca.  Beve,  chiede 
un  sigaro,  aspira  due  o  tre  boccate  di  fumo 
e  a  poco  a  jjoco  ritonia  completaniente  in 
se.  Egli  sara  Aroettowarare  per  sempre. 

Tutto  questo  accade  solo  la  prima  volta. 
Dopo,  quando  invoca  le  anime  dei  trapas- 
sati,  avra  appena  fremiti  e  con\'nlsioni; 
oppure  parlera  come  fiiori  di  se  e  finira 
.sempre  col  diiedere  da  bere  e  da  fumare, 
per  soddisfare,  dice  egli,  il  desiderio  del- 
I'anima  che  era  in  comunicazione    con  lui. 

Che  fondo  di  verita  vi  e  in  tutte  (queste 


99 


manifestazioui?  I  fatti  tante  volte  da  noi 
osser\-ati  e  svoltisi  in  nostra  presenza  non 
ci  daiino  un'idea  chiara  e  completa  di  cio 
che  a\-viene.  E  il  paziente  che  narra  e  spiega 
tutto  cio  che  in  lui  accade  e  nulla  si  puo 
sajsere  da  altra  fonte.  Dimodo  che  fa  d'uopo 
avanzare  certe  riserve. 

Senza  voler  pronunziare  un  giiidizio  sulla 
natura  di  questi  fenomeni  che  si  osservaiio 
costanteniente  nei  Bdere  e  Aroettowararege, 
diroche  lianno  notevoli  punti  di  somiglianza 
e  di  rapporti  coi  fenomeni  medianici. 

I  Bdere  finito  il  loro  ufficio,  sono  semplici 
indii  e  non  hanno  alcuna  autorita  politica. 
I  Cacichi  hanno  0  potere  materiale  e  di- 
sciplinare,  invece  i  Bdere  esercitano  il  potere 
esclusivamente  nell'ordine  religioso.  E  certo 
che  i  Bdere  hanno  su  questo  popolo  primitivo 
e  superstizioso  una  preponderante  influenza; 
e  sono  numerose  le  rivelazioni  di  fatti  ignoti, 
le  predizioni  del  futuro,  a  cui  io  stesso  fui 
testimonio. 

Gli  indii  contano  cose  meravigliose  del 
Bari.  Dicono  che  quando  egli  ofEre  la  came 
ai  Bope  doge,  puo  spezzare  qualche  volta  le 
ossa  del  tapiro  coi  denti  senza  che  i  denti 
nulla  soffrono;  puo  tenere  le  niani  nell'acqua 
boUente,  puo  here  U  brodo  scottante  e  le  sue 
mani  e  la  sua  bocca  nulla  sentono;  puo 
metter  fuoco,  bragia  nella  bocca  (ed  io  stesso 
vidi  in  una  occasione  mettere  dal  Bari  in 
bocca  un  mazzetto  di  sigari  accesi  e  colla 
bragia  viva  ed  aspirame  il  fumo  con  tutta 
indifferenza  come  avesse  i:i  bocca  la  parte 
opposta).  I  Bororos  mi  afiFermano  di  alcuni 
Bdere  piu  valenti,  che  possono  trasfoniiarsi 
in  forza  del  loro  wdire  in  beha,  ad  esempio: 
in  giaguaro,  in  puma,  in  tapiro  ed  auche  in 
uccello  di  rapina,  e,  specialmente,  in  grande 
falco  od  aquila:  che  possono  mangiare,  far 
morire  i  loro  nemici  e  chiimque  li  offende  ed 
irrita...  Vi  sara  molta  fantasia  ed  esagera- 
zione,  non  nego:  ma  h  pure  certo  che  i  Brieyf 
se  comnaettono  errori  o  disubbidiscono  ai 
loro  Wdirc  (spiriti)  vengono  da  essi  puniti 
severamente  o  con  morte  subitanea  o  con 
malattie  incurabili.  Di  questo  si  ebbero 
esempi,  specie  di  uu  Bari  clie  per  non  aver 


compiuto  bene  il  suo  ufficio  fu  punito  con 
un'ulcera  alia  bocca  che  Io  corrose  fino  a 
condurlo  alia  morte;  di  un  altro  che  aveva 
mancato  nell'offrire  la  carne  del  tapiro, 
mentre  seduto  stava  tagliando  la  carne  a 
pezzi  per  metterla  al  fuoco,  rimase  morto... 

Nelle  cacce  i  Bororos  offrono  tabacco  al 
Bari  perche  assaporandone  il  fumo  invochi 
il  suo  Wdire  aflSnche  indichi  dove  si  trova 
la  selvaggina  desiderata,  specie  il  tapiro.  Se 
U  Bari  e  ben  protetto  ed  aiutato  dal  suo 
Wdire  deve  dare  ai  Bororos  la  caccia  cercata. 
Egli  assieme  ai  compagni  inizia  la  caccia; 
ad  un  certo  punto  pero  si  separa,  rimane 
indietro,  entra  nel  piii  folto  della  boscaglia: 
la  egli  e  solo,  conficca  per  terra  il  suo  arco 
e  si  ritira.  L'arco  si  cambiera  in  tapiro,  i 
Bororos  Io  troveranno  nella  parte  indicata 
del  bosco  e  I'uccideranno...  II  Bari,  poi 
ritomera  sul  luogo  dove  aveva  confitto  il 
suo  arco  e  Io  ritrovera. 

Una  cosa  singolare  e  da  notarsi;  ed  e  che 
la  forza,  il  valore  morale  del  Bari,  il  suo 
potere  pretematurale  di  vedere  e  sapere 
le  cose  a  grande  lontananza,  il  prevedere 
il  futuro,  il  cambiarsi  ui  animale  e  tutto  il 
resto  di  fenomeni  (di  cui  i  Bororos  sono 
convintissinii),  dipendono  dalla  sua  mag- 
giore  o  minore  continenza. 

II  Bari  che  pur  avendo  moglie,  se  vive 
continente,  sara  un  Bari  di  primo  ordine, 
e  il  suo  potere  sara  imnienso,  sara  da  tutti 
rispettato,  cerc'ato  e  temuto.  II  Bari  che 
vive  lascivamente,  che  non  rispetta  la  legge 
elementare  della  morale,  e  Bari  di  poco 
conto,  non  avra  poteri,  non  sara  capace  di 
far  nulla  di  straordinario;  sara  Bari  perche 
avra  contatto  col  suo  Wdire,  ma  questi 
dara  al  suo  protetto  poteri  comuni. 

Cosi  i  Bororos  pensano  e  piii  ferniamente 
credono  del  Bari  o  stregone...  Negare  il 
potere  del  Bari  presso  un  Bororos  e  Io  stesso 
che  negare  da  noi  la  luce  del  sole.  Tutta 
la  vita  del  Bororo  dalla  nascita  alia  morte 
h  impemiata  sul  Bari,  che  sara  consultato 
in  tutti  gli  eventi  e  senza  il  responso  del 
Bari  il  Bororo  nulla  decidera  e  nulla  fara. 

(Co}iUuua). 


^    # 


Con  approvazione  etclesiasliia.      D. 


GARNERI,  Oirellote-tesponsablle.  —Toiino,  1931 -TIpogralia  della  Sociela  Edllrlce  Inlernazionale. 


700 


Cronachetta  fni$$ionaria 


I,A  MISSIONE  DEI.  SIAM. 
Con  decreto  in  data  28  febbraio   193 1,   Don 
Gaetano   Pasotti,   dei  Salesiani   del  Beato   Don 
Bosco,  e  stato  nominate  Superiore  della  Missionc 
«  sni  iuris  »  di   Rajaburi  ncl  Siani. 

DBFINIZrONE  DEL  FULMINE. 
I  Cafri  del  Batusoland  hanno  quasi  tutte  le 
capanne  munite  di  parafulmine,  ossia  di  una  o 
pin  bacchctte  in  legno,  lunglie  circa  un  trenta  o 
quaranta  centinietri,  prcparate  dallo  stregone 
nel  piu  graude  mistero;  e  dovrebbero  aven  per 
effctto  di  arrestare  la  folgore.  Se  qualcuna  dcUc 
capanne,  cosi  protette,  e  colpita  e  iucendiata, 
lo  stregoue  dichiara  platonicamente  che  un 
altro  stregone,  piii  potente  di  lui,  ha  dovuto  sca- 
teuare  I'liccello  di  juoco.  I  Basuti  rrcdono  fernia- 
niente  che  la  folgore  sia  un  uccello.  —  1,'ho  ac- 
chiappato  io  stesso,  disse  uno  stregone,  aveva 
le  ali  tutte  abbruciacchiate!  — •  Volcva  dire  di 
qualche  uccellaccio  colto  dalla  folgore  nelle  niibi, 
caduto  poi  a  terra  mezzo  incenerito. 

DUE  TRIBU'. 
di  Fehes  (Transgiordania)  hanno  chiesto  a  Mon- 
signor  Barlassiua  di  abiurare  in  massa  I'orto- 
dossia  ed  csscre  riccvuti  iu  seno  alia  Chiesa  Cat- 
tolica.  11  Patriarca  ha  incaricato  un  sacerdote  di 
preparare  con  un  corso  regolare  di  istruzione 
rcligiosa  oltre  500  Greci.  Quest!  sono  oriinidi  di 
Salt  e  sono  pastori  di  pecore,  molto  povcri. 

TRE  BOLIDI. 
caddero  il  1 3  agosto  nelle  foreste  del  Rio  J  a- 
vary  e  lo  strano  avvenimeuto  fu  accompagnato 
da  tale  apparato  di  fenonieni  e  sconvolgimenti 
naturali  che  gli  estrattori  di  gomma,  credcndo 
alia  fine  del  niondo,  corsero  pazzi  di  terrore  alio 
loro  capanne  per  riabbracciare  un'ultima  volta 
i  proprii  cari.  AUe  S  il  sole  divenue  sanguigno  e 
una  penombra  si  stese  su  tutto:  un  pulviscolo 
rossastro  era  nell'atmosfera  e  pioveva  sulla  terra 
una  tenue  cenere.  Improvvisamente  dall'alto 
un  sibilo  che  sempre  piii  si  avvicinava  diveu- 


tando  spaventoso,  tolse  agli  uomini  ogni  co- 
raggio:  quindi  grandi  fuochi  piombarono  come 
fulmini  sulla  forcsta  con  tre  distinte  detona- 
zioni,  udite  a  parecchie  centinaia  di  chilo- 
mctri. 

La  pioggia  di  cenere  continue  per  qualche  ora 
e  il  sole  rimase  velato  fine  a  mezzogiorno. 

NELLA  JUNGLA  SL^MESE. 
II  dott.  Hugh  Smith  ha    rivelato  al  mondo 
una  strana  tribu  che  abita  la  jungla  nel  nord 
del    Siam:    la    tribu    dei     «    Pi-Ta\vng-Luang   » 

0  selvaggi  delle  foglie  gialle.  Qnesti  indigeni  no-i 
si  lasciano  avvicinare  da  nessuuo:  sono  assai 
onibrosi  e  timidi;  riposaiio  in  ricoveri  fatti  con 
rami  che  abbandonano  appcna  le  foglie  diven- 
gono  gialle.  Hanno  unici  contatti  comnierciali 
coi  Laos,  ma  neppure  per  commerciare  si  fanno 
vedere:  essi  depongono  in  una  data  localita  i 
prodotti  da  scambiare:  passano  i  Laos,  ritirano 
cio  che  vi  e  depositato  e  lasciano  il  camliio  di 
altri  prodotti,  che  i  selvaggi  ritirano  in  fretta  e 
furia,  nascondendosi  poi  nel  folto  della  foresta. 

1  rarissimi  indigeni  che  sono  riusciti  a  vederli 
dicono  che  sono  d'una  specie  diversa  dalla  loro: 
hanno  tatuaggi  sulla  fronte  e  sulla  mascella 
inferiore,  tanto  gli  uomini  quanto  le  donne  sono 
completamente  nudi.  Sono  armati  soltanto  di 
una  lunga  lancia  con  la  puuta  nietallica,  spesso 
avvelenata.  Con  quest'arnia  essi  attaccano  tutti 
gli  animali,  anche  i  rinoceronti.  Non  conoscono 
ragricoltura. 

CITTA  «  ROSATI  >K 
La  citta  di  Kron-bview  nel  Missouri  ha  cam- 
biato  il  nome  in  quelle  di  «  Rosati  »,  in  ricordo 
del  graude  pioniere  italiano  Giuseppe  Rosati, 
poi  vescovo  di  Saint-Louis.  Per  30  anni  questo 
intrepido  niissionario  zelo  la  conversione  degli 
infedeli,  favorendo  lo  sviluppo  di  importanti 
niissioni  fra  gli  indiani  Nasi  Forali,  Teste  Piatlc, 
Cuori  di  lesina,  ecc.  Era  nato  a  Sora  (Lazio): 
compi  profonda  e  vasta  opera  edncatrice  e  rc- 
dcntrice. 


OFFERTE. 

Ida  Burelli  (Torino),  10  —  Peretti  Teresa, 
Cordero  Cecilia  (Pralafera),   lo. 

BATTESIMI. 

Silvio  Fenini  (Torino)  in  occasione  della  sua 
prima  comunione  pel  nome  ad  un  cinesino  — 
Roetto  Margherita  (Bagnolo)  pel  nome  ad  una 
cinesina  —  Bice  de  Magistris  (Torrepellice)  ri- 
conoscente  al  Beato  per  la  protezione  impone 
il  uome  di  Maria  Ada,  la  sua  bimba,  ad  una 
cinesina  —  Ida  Burelli  (Torino)  pel  nome  Giu- 
seppe ad  un  cinesino  —  Farotto  Olga  pel  nome 
ad  una  cinesina.' 

Hong  Kong  (Cixa). 

Messiua  Calendoli  Teresa  (Palazzolo  Acreide) 
pel  nome  Margherita  —  Circolo  Don  Bosco 
(Frugarolo)  pel  nome  Carlo  —  Binibe  Orfano- 
trofio  S.  Barnaba  (Perugia)  pel  nome  Vanella 
Giuseppe  —  Alunne  4"  e  5*  elementare  femmi- 
nile  (Borgo  S.  Martino)  pel  nome  Lucia  —  Ghezzi 
T.ucia  (Cremona)  pei  nomi  Matilde,  Antonio  — 
\'enuti  Maria  (Padova)  pel  uome  Adele  —  So- 
relle  Eertolin  (Sartirana)  pel  nome  Maria  Im- 
macohifa  —  N.  N.  a  mezzo  Direttrice  Noviziato 
M.  A.  (Ottaiano)  pel  nome  Giovanni  Dosro  — 
Sala  Rosa  (Magenta)  pel  nome  Luigi  Rinaldo. 

SlAM. 

Held  Antonietta  (Maglio)  pel  nome  Cesare 
Antonio  —  Zanotti  Pratelll  (Brignano  d'Adda) 
pel  nome  Agoslino  —  Zuccanti  Rosa  (Quinto) 
pel  nome  Rosa  Catlerina  —  Quartana  Dina 
(Burgio)  pel  nome  Vito  —  Marchesiu  Rosalia 
(Xoveiita  Vic.)  pel  nome  Maria  Giuseppina  — 
Zannuntoni  Marianna  (Dosoledo)  pel  nome  Gic- 
vanni  Maria  —  Lackeroteau  Angela  (Final- 
marina)   pel   nome  Margherita  Teresina. 

VICARIATO    ClN'A. 

Mondadore  Guglielnio  (Cagliari)  pel  nome 
Cosimo  Boj  —  Bozzo  Giuseppina  (Vanzone)  pel 
nome  Giuseppina  —  Bosetti  Elisa  a  mezzo  Di- 
rettrice Convitto  Rivetti  (Vigliano),  pei  nomi 
Giuseppe,  /.efjerina  —  Meloni  Domenica  a 
mezzo  Don  Chiappe  (Trevi),  pel  liome  Luigia 
—  Vigua  Genny  (Coggiolu-Vicra)  pel  uome  Egle 
Angela  Maria  —  Fassina  Suor  Caterina  (Vespo- 
late-Tornaco)  pel  nome  Giuseppina  Celestina  — 
Cucchiara  Don  Giovanni  (Ravanusa)  pel  nome 
Ministeri  Crocifissa  —  Giannini  Don  Isarco 
(Soezia)  pel  nome  Dirchi  Carmela  —  Dal  Zotto 
Suor  Tarcisia  (CogoUo)  pel  nome  Anna  —  Se- 
gagni  Emilia  (Frazionc  Conlami-Pavia),  pel 
nome  Edoardn  —  Famiglia  Venturi  (Ponte 
Nossa)  pel  nome  Mariano  —  Mielu'lotli  Giuseppe 
( Foglizzo  Canavese)  pel  nome  Vincenzo  —  Sog- 
;,'etta  Maria  moglie  di   Liiigi  (Castelrosso)  pel 


I  i'li 


IXDIA-ASSAM. 

Porta  Angela  Ernesta  (Torino),  pel  nome 
Angela  Ernesta  —  Martini  Maria  (Cuneo)  pel 
uome  Giuseppe  —  Don  Bresavola  (Arciprete) 
(Massa  Lombarda)  pei  nomi  Agata,  Maria,  Ida 

—  Fioretti  JIaria  (Colle  Umberto)  pel  nome 
Marta  —  Bassi  Don  Dionigi  (Codogno)  pel  nome 
Dionigi  —  Manara  Don  Agostino  (Savona)  pei 
uome  Agostino  Giovanni  Battista  —  Famiglia 
Franzi  (Crova)  pel  nome  Caterina  —  Gastaldi 
Margherita  (Torino)  pel  nome  Maria  —  Bassi- 
gnana  Bettina  (Torino)  pel  nome  Ettore  —  Ciam- 
pini  Ugolina  (San  Miniato)  pel  nome  Luigi. 
Maria  Assunta  —  Gili  Famiglia  (Vigliano)  pel 
nome  Maria. 

India-Madras. 
Scamuzzi  Adelaide   (Cuccaro)  pel  nome  Ida  ' 

—  Castella  Teresa   (Frazione  Casabattia-Muri- 
sengo)  pei  nomi  Domenico  Terisio   —  Gonella 
Suor  Innocenza  (Borgo  San  Martino)  pel  nome 
Innocenza  —  Fabris  Adele  (Scorze)  pel  nome 
Giuseppe  —  Cacioli  Suor  Teresa  (Istia)  pei  noraiJ 
Fiiippo,  Beatrice  —  Vitto  Prof.  Nicolo  (Cosenzaf 
pel  nome  Giovanni  Maria  Bosco  —  Pettenuzzo^ 
F^rminio  (San  Giorgio  in  Bosco)  pel  nome  NalaU 

—  Luccioli  Maria  (Foligno)  pel  nome  Luigia  — 
Monzutti  Teresina  (Tarcento)  pel  nome  Giuseppe 

—  Mercalli  Giuseppe  (Sillavengo)  pel  nome  Giu- 
seppe —  Serra  Autonia  (Torino)  pel  nome  An- 
tonio —  Chiappino  Rosa  (Castelnuovo  don 
Bosco)  pel  nome  Osvaldo. 

Congo. 

Pianta  Carmen  (Savagnino)  pel  nome  Rita  — 
Ferrini  Santina  (Casale  Monferrato)  pel  nome 
Agatina  —  Carolla  Enrica  (Trento)  pel  nome 
Giovanni  —  Obert  Domenica  (Rivara)  pel  nome 
Romano  —  Nattero  Lena  (Alassio)  pel  nomo 
f.uigi  —  Nespoli  Giuseppina  (Cavirate)  pel  nome 
Carlo  Atlilio  —  Dalle  Nogare  Luigi  (Schio)  pel 
nome  Luigi  Girolamo  —  Monti  Deliina  (Moyen- 
vre,  Grande-Moselle,  Francia)  pei  nomi  Paolo, 
Delfina. 

Vicariato  Equatore. 

Rosa  don  Domenico  pel  nome  Pier  Giorgio 
I'rassati  —  Sola  a  mezzo  don  Borasio  (Torino- 
Crocetta)  pel  nome  Atlilio  —  N.  N.  per  il  nome 
Giuseppe  Maria  —  Moratti  Suor  Angelica  (Pa 
lonibara  Sabina)  pel  nome  Carolina  Costanza 
Pierina  —  Collcgio  Manfredini  (Estc)  pel  nome 
Potato  Giovanni  —  Camerata  S.  F^rancesco  Za- 
verio  (Seminario  di  Faenza)  pei  nomi  Antonio. 
Carlo  —  Collagrasso  Antonietta  (Grotteria)  pei 
nomi  Aljonso,  Angelina  —  Lovisolo  Cristina 
(Torino)  pel  nome  Cristina  Antonietta  —  Alliney 
Teresa  (Torino)  pel  nome  Carta  —  Boetto  Ro- 
.sina  (Torino)  pei  nomi  Giovanni  Giuseppe  — 
Cucco  Antonio  (Verolengo)  pel  nome  Antonio. 


Printed  Iti  tfe^^ 


(Pubbtlcazlone  Menslfe) 


(Conto  corrente  postale) 


-r:*^ 


Oiovenlii  (Di$$ionaria! 


a 

5 

a 

3 


SO.WMARIO . 

Beltc  parole  di  an  prole»lanle.  —  Dopo  an  anno  di  miMtmic.  —  Principio 
d'anno.  —  Ncn'orranotrofto  di  Gaakati-  —  Sc  potcdsi  goarire  la  taa  anim«I... 
—  La  prcdtcB  del  boon  eserapio.  —  ProfH  coniKilan  i  di  miftsionc.  —  -Voce 
del  fHunie'.  —  La  vccchla  sjrrid«itc.  —  Le  tirmyi.  —  i^Isotfi  Mfssionari. 
—   SaperAtizioDi   c  ritl  pajfanL  Utic   Wagdu. 


Suttt!  Sutti!  Siitti! 

booete  aboperarut  per  procurarct  un  nuooo 

abbonato  ^cmestralc 

(bal  Ciialio  al  Diccmbvc  C.  5,50). 

(yatcct  questa  propaganda! 

CZbbonameitto: 

P«r  Hfalia:  flniiualc  L.  6,20  -  Sosknilore  L.  10  -  Oitalizio  L.  100 
Per  rC$t«ro:      „     L.  10    -        „        L.  15  -      „     L.200 


p 

a 
n 


Anno   IX  -  Num.  6 


Pubblicazione  mensile 


Giugno   1931    (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


Belle  parole  di  un  profesfante. 


II  prof.  Edoardo  Engel,  celebre  scien- 
ziato  tedesco,  a  70  anni  ha  pubblicato  un 
libro  di  memorie  intitolato  Uomini  e 
cose;  in  esso  si  trova  questa  bella  pagina 
clie  riferisce  le  impressioni  provate  dal- 
I'autore  in  un  ospedale  cattolico.  L'Engel 
scrive:  <i  lo  ho  veduto  degli  uomini,  che 
per  me  erano  nuovi. 

»  Una  grave  disgrazia  mi  ha  messo  in 
contatto  con  questi  uomini,  che  vorrei  dire 
«  celestiali  »  (himmlische  Menschen).  Mia 
moglie  in  seguito  a  un  infortunio,  dovette 
essere  condotta  nell'ospedale  piii  vicino. 
Era  quello  un  ospedale  cattolico,  servito 
da  snore  della  congregazione  di  San  Carlo 
Borromeo.  Fu  necessaria  una  operazione; 
una  sutura  della  rotella  del  ginocchio. 
Dopo  cinque  settimane  di  degenza,  I'ani- 
nialata  guari.  II  suo  letto  di  dolore  era 
circondato  da  esseri  celestiali;  ogni  suo 
movimento  era  vigilato  e  facilitato;  ogni 
cosa  richiesta  era  offerta  con  grazia;  ogni 
aiuto,  per  quanto  penoso,  veniva  prestato 
volentieri  da  quegli  esseri  celestiali.  Chi 
essi  fossero,  quando  furono  esseri  umani, 
non  abbiamo  chiesto,  non  abbiamo  sa- 
puto.. 

»...  Le  snore  infermiere  cattoliche  che 
bo  imparato  a  conoscere  nel  contatto  quo- 


tidiano  di  cinque  lunghe  settimane,  sona 
veramente  degli  «  esseri  celestiali  i>;  nes- 
suno  me  lo  contrastera.  Molti  miei  aniici 
conoscono  questi  esseri  celestiali,  o  se  vo- 
gliamo  dire  altrimenti,  que.sti  «  e.sseri  ma- 
turi  per  il  Cielo  »;  essi  tutti  mi  daranno 
ragione.  lo  lo  scrivo,  non  per  esaltare  la 
gloria  di  quelle  snore,  perche  esse  non 
aspirano  alle  glorie  terrene;  ma  lo  scrivo 
per  dare  consolazione  a  me  stesso  ed  ai 
miei  lettori  godendo  del  fatto  che  tali  es- 
seri esistono... 

»  Queste  spose  del  Cielo  non  aspirano 
pill  ai  godimenti  della  terra.  Esse  vivono 
si,  ancora  in  terra,  esse  vi  lavorano  dal- 
I'alba  alia  notte,  o  le  notti  intere,  per  gli 
uomini  di  questa  terra,  affinche  questi  ri- 
divengano  capaci  di  gustare  i  godimenti 
della  terra;  esse  stesse  invece  conoscono 
un  godimento  solo:  sacriiicare  interamente 
se  stesse  per  gli  altri  e  vedere  un  giorno 
Iddio.  «  Vedere  Iddio  »,  quale  pensiero 
inconcepibile!  Inconcepibile  anche  per  i 
credeiiti.  Ma  chi  dei  miscredenti  oserebbe 
disputare  intorno  a  queste  parole?  II  mi- 
scredente,  se  e  veramente  istruito,  sa  di 
non  sapere  nuUa,  ma  nulla  di  pi  11  del  cre- 
dente,  e  il  piii  ricco  dei  due  e  certamente 
colui  che  crede. 


70/ 


»  Quelle  suore  nulla  devono  possedere, 
nulla  aSatto.  Nulla  possono  accettare  di 
quanto  la  piu  profonda  gratitudine  volesse 
loro  ofirire,  neanclie  un  mazzetto  di  fiori, 
neanche  un  fiore.  lo  non  andavo  niai  al- 
I'ospedale  senza  un  saluto  del  nostro  giar- 
dino;  le  suore  distribuivano  tutto  agli  al- 
tri  amnialati;  mettevano  i  fiori  nelle  corsie, 
per  rallegrare  la  vista  dei  visitatori;  ne 
oniavano  la  loro  cappella;  nessuna  te- 
neva  un  fiore  per  se... 

»  E  come  sanno  confortare  rammalato! 
Come  sanno  fargli  apparire  il  dolore,  la 
prova,  in  una  luce  piii  bella,  mai  prima 
intra-\r\'eduta!  Senza  affettazione,  senza 
presunzione;  con  una  serieta  che  esclude 
ogni  contraddizione.  Anche  I'infermo  in- 
credulo  deve  pensare:  queste  suore  ne 
sanno  delle  cose  dell'altro  mondo,  ben  piii 
degli  altri  e  percio:  ascolta,  niedita  e  taci! 


»  lo  comprendo  facilmente,  come  tal- 
volta  qualcuno  di  coloro  che  escono  gua- 
riti  da  questo  ospedale  si  converta  al  catto- 
licismo;  ma  non  una  parola  delle  sue  infer- 
miere  lo  avra  sollecitato  a  farlo.  Quanto 
sono  bassi  i  servigi  che  devono  prestare 
questi  gentilissimi  esseri  celestiali!  Ma  le 
suore  immergono  tutte  se  stesse  in  tanta 
perfezione  di  civilta,  che  per  esse  anche 
le  cose  pill  basse  e  piii  inmionde  della 
nostra  povera  umanita  si  trasformano  in 
cerimonie  festive.  Quando  mia  moglie 
disse  un  giomo  in  atto  di  commiserazione 
ad  uno  di  questi  angeli:  «  Povera  sorella, 
che  brutti  servizi  lei  deve  fare! »,  la  vene- 
randa  suora  rettifico:  Mi  e  concesso  di  fare. 
Parola,  che  a  me  sembra  cosi  eccelsa,  come 
le  piii  eccelse  parole  dei  classici  poemi  ». 

E.  G. 


GLORIE  MISSIONARIE 


LE  "  AMANTI  DELLA  CROCE.' 

L'istituto  indigene  delle  AiiuiHli  della  Croce 
fondato  da  Mons.  Lambert  de  Lamotte,  nel  1669 
nel  Tonchino,  nel  1671  neU'Annam  e  nel  1672 
nel  Siara,  conta  262  anni  di  vita  e  deve  la  sua 
origine  a  uno  dei  fondatori  della  Societa  delle 
Missioni  Estere  di  Parigi. 

Una  statistica  del  1928  dava  la  cifra  di  2156 
religiose  appartenenti  all'Istituto.  Ma,  assai  piii 
apprezzabile  del  numero,  e  la  gloria  che  l'isti- 
tuto si  e  meritata  col  meraviglioso  apostolato 
missiouario  e  coll'eroismo  nell'aflrontare  il  mar- 
tirio.  Durante  la  persecuzione  del  crudele  Tuduc 
le  (I  Amanti  della  Croce  »,  che  non  furono  ri- 
sparmiate,  dimostrarono  quanta  realta  di  si- 
gnificato  avesse  il  loro  bel  titolo:  esse  —  ricor- 
dano  gli  Annates  —  furono  le  prime  alia  soffe- 
renza  e  aU'immolazione.  Dar  asilo  ai  persegui- 
tati,  soccorrerli  e  consolarli  in  prigione,  recar 
loro  il  supremo  dono  dell'Eucaristia  come  via- 
tico  per  la  prossima  fine,  ecco  la  bella  missione 
che  esse  disinipegnarono  durante  i  primi  tempi 
della  persecuzione. 

Poi  furono  travolte  anch'esse  e  soccombet- 
tero  a  migliaia  con  I'eroismo  delle  martiri  dei 
primi  secoli.  Un  editto  del  i860  fa  menzione 
delle  <i  Amanti  della  Croce  »  e  le  addita  al  rigore 
spietato  dei  carnefici  come  donne  perverse,  dcgne 
di  esserc  duramente  punitc  coU'esilio,  coUa 
schiaviti'i  nelle  case  dei  niandarini  c  colla  niorte. 
Tutto  affrontarono  impavide  e  furono  presso  che 
stcrminate  in  quell'anno,  conosciuto  colla  qua- 
lifica  di  lerribile  (luglio  1885-luglio  1S86). 

Quanti  cpisodi  croici  si  potrebbero  ricordare 
che  mettono  in  fulgida  luce  la  pieta,  le  virtii  di 
quelle  santc  donne. 


A  Dinhlhuy  (Phanrang)  sei  suore  della  pic- 
cola  comunita,  sorprese.  furono  gettate  nel  pozzo 
del  convento  e  poscia  ricoperte  di  concime.  Una 
di  esse,  trovandosi  sopra  le  compagne,  pot^  re- 
spirare  per  due  giorni:  soffocata  e  divorata  dalla 
sete,  grido  iniplorando  soccorso.  Un  pagano 
passo  la  presso  e  le  rispose  con  villane  ingiurie. 

—  Ho  qui  tre  piastre,  di,sse  la  poverina,  cu- 
cite  uella  veste,  te  le  daro  se  mi  cavi  da  questo 
pozzo. 

La  cupidigia  prevalse  suU'odio  e  quell'uomo 
trasse  fuori  dal  pozzo  la  suora;  ma  quando  ebbe 
spogliata  la  vittima  che  pretendeva  salvare,  il 
miserabile  la  getto  nel  rogo  che  era  stato  ac- 
ceso  col  legname  della  nuova  chicsa  in  costru- 
zione.  E  vedendo  che  la  suora  si  dibatteva  tra 
le   fiamme,   le   spaced   il   capo   con   un   bastone. 

Una  suora,  che  non  voUe  salvarsi  sulla  mon- 
tagna  con  la  fuga,  recitava  il  rosario  quando 
vennero  a  lei  i  carnefici:  al  loro  entrare  essa 
s'inginocchio,  piego  il  capo  e  fu  decapitata  men- 
tre  stringcva  tra  le  mani  la  corona  del  rosario. 

A  Manglang  la  superiora  e  I'assistente  furono 
appiccate  ad  un  albero  e  le  altre  precipitate  nel 
pozzo  profondo:  a  Nuoc-Nhi  sono  state  niassa- 
crate  in  chiesa  con  50  altre  persone  che  ivi  si 
erano  rifugiate:  a  Giahou,  sorprese  mentre  con 
molti  cristiani  fuggivano  in  direzione  di  Quin- 
hon,  furono  trucidate  con  1700  persone  ai  piedi 
della  collina. 

Altre  ebbero  riservata  una  morte  piu  barbara 
e  furono  interrate  vive  nella  sabbia. 

Oggi,  come  si  .sa,  le  Amaiili  della  Croce  hanno 
riprcso  un  posto  importante  nelle  missioni  del- 
I'lndocina  e  il  loro  lavoro  e  benedetto  dalla  pro- 
tezione  celeste  di  270  sorellc  martiri  di  Cristo. 


102 


DALLE   LONTANE    MISSIONI 


DOPO  UN  ANNO  DI  MISSIONE 

(Da  una  lelfcra   inviata  alia   Rev. da   M.   Teresa   Penfore). 


Eccomi  a  Lei  per  dirle  come  ho  passato 
questo  primo  anno  a  Javarete,  lapiu  lontana 
missione  del  Brasile.  Ricordo  qiiando  nel 
viaggio,  che  facenimo  con  Lei  a  Manaos,  ci 
aniniava  ad  essere  vere  Missionarie:  forti  e 
^enerose,  pronte  a  tutti  i  sacriiici.  E  aveva 
ragione  di  prepararci  cosi!  Ouantecoseavrei 
da  raccontarle  riguardo  I'inizio  di  questa 
povera  missione!  Siibito  fummo  molto  pro- 
vate,  non  solo  con  le  privazioni  e  i  disagi, 
ma  anche  con  la  tualattia  di  una  Suora, 
che  fu  tanto  grave  che  temevamo  di  per- 
derla.  Ora,  grazie  a  Dio,  sta  bene  e  lavora 
■come  noi. 

Le  nostre  ragazze  sono  tutte  indie,  e  dob- 
biamo  fare  molta  fatica  per  capirle  e  per 
farci  capire  da  esse.  II  piii  e  poter  ottenere 
che  vengano  con  qualche  cosa  da  coprirsi. 
Dato  il  clhna  assai  caldo,  qui  non  c'fe  bi- 
sogno  del  letto,  e  per  dormire  le  interne 
hanno  la  rete.  Sanno  che  devono  venire  ve- 
stite,  ma  il  piri  delle  volte  arrivano  solo  con 
uno  straccio  di  sottanina,  che  hamio  magari 
-ottenuto  ad  imprestito  per  essere  accettate. 
Dovendo  cpialche  volta  subito  restituirla, 
dobbiamo  trovare  modo  di  coprirle  noi, 
come  meglio  possiamo,  per  non  lasciarle 
nude. 

Sono  povere  figlie  della  foresta  die  sanno 
tutto  cio  che  e  male  e  ignorano  tutto  cio 
che  e  bene.  La  maggior  difficolta  per  ora  e 
poterci  intendere.  Esse  parlano  la  lingua 
Tucana,  e,  per  far  loro  un  po'  di  bene,  dob- 
biamo imparare  anche  noi  questo  barbaro 
parlare. 


Le  nostre  care  indiette,  appena  impa- 
rarono  la  prima  risposta  di  Catechi.^nio: 
«  Sissignora,  sono  cristiana  per  grazia  di  Dio  » 
credettero  di  dover  rispondere  cosi  ad  ogni 
nostra  domanda.  Ed  ogni  volta  che  dove- 
vano  rispondere:  «  Sissignora  »,  aggiunge- 
vano:  «  sono  cristiana  per  grazia  di  Dio  ». 
Poverette!  non  comprendevano  ancora  il 
senso  delle  parole! 

Senta  anche  quest'altra  pure  amena.  Ci 
eravamo  raccomandate  per  avere  im  ucmo 
a  segarci  la  legna  e  venne  xm  Indio  intera- 
mente  nudo.  Egli  comprese  che  doveva  niet- 
tersi  qualcosa  addosso  per  presentarsi  a  noi, 
ma  non  seppe  trovare  altro  di  meglio  die 
un  cappello,  e  se  lo  pose  in  testa...  Poco 
dopo  cadde  la  pioggia  ed  egli  per  non  sciu- 
parlo  se  lo  tolse  di  testa,  amando  bagnarsi 
piuttosto  die  guastare  il  capjjello. 

Queste  scene  succedono  soveiite;  ed  an- 
che in  cliiesa  si  vedono  entrare  uomini  senza 
vestito,  ma  col  cappello  in  testa,  perche  cre- 
dono  in  tal  modo  di  presentarsi  piii  decoro- 
samente. 

Sono  ancora  selvaggi  perche  la  missione 
e  iniziata  da  poco  e  non  conoscono  i  do- 
veri  ne  civili  ne  cristiani.  Speriamo  che 
anche  qui  si  possano  constatare  quanto 
prima  i  progressi  della  Religione  e  della  ci- 
vilta. 

Suor  MisTiCA  Federi.e. 
F.  M.  A. 


10 


Sakania,   5  genuaio   1929. 

Eccoci  di  nuovo  al  principio  dell'anno,  e 
tutto  ancora  si  rinnova  d'intonio  a  noi:  gli 
alberi,  le  siepi,  i  fiori...  ovunque  fa  jx>mpa 
di  se  una  lussureggiante  vegetazione,  nel 
villaggio  e  nella  foresta.  Anche  le  pioggie 
ricoinpaiono  ogni  giomo,  e  in  che  abbon- 
danza!  Se  non  avessimo  la  divina  promessa, 
ci  crederemmo  alia  vigilia  di  un  diluvio!... 
Malgrado  cio  le  rose  sbocciano  a  profusione, 
e  la  notte  di  Natale  ci  sorprese  con  I'altare 
tutt'adomo  di  niagnifici  niazzi,  che  profu- 
mavano  la  cuUa  del  Bambino  Gesii  e  ne 
salutavano  la  sua  venuta.  E  coUe  rose  pro- 
fumate  e  spk-ndide,  il  Divin  Redentore  vide 
intomo  a  Lui  una  bella  corona  di  cuori  sem- 
plici  e  ferventi,  come  i  pastori  di  Betlenmie, 
che  gli  offrirono  il  dono  della  loro  fede  e  del 
loro  amore;  e  dovctte  certo  consolarsi  il 
buon  I)io,  in  quella  notte  santa,  poiche  fu- 
rono  numcrose  le  sante  Comunioni  dei  cri- 
stiani  e  dei  bambini. 

Iva  domenica  precedente,  23  dicenibre,  un 
gruppo  di  catecunieni  avevano  ricevuto  dalle 


PRINCIPIO  D'ANNO 

Rose  e    anime    -    Conlrasti    in    famiglia    -     Una    sposa 
buona  in  luogo  d'una  pagana  -  Visile   inopportune 


mani  del  Rev.  P.  Direttore  il  santo  Batte- 
simo.  Era  composto  da  dieci  uomini,  chuiue 
donne  e  sette  fanciulli:  donne  e  fanciulli 
allievi  delle  nostre  scuole.  La  cerimonia  si 
commovente  del  Battesimo  degli  adulti 
aveva  avuto  tennine  alle  7  e  mezzo,  e  tutti 
cotesti  felici  neofiti  venivano  subito  am- 
messi  al  Banchetto  Celeste  ricevendo  il  Pane 
degli  Angeli  con  un  fer\-ore  che  rapiva  e 
commoveva.  E  nello  stesso  giomo,  S.  E. 
Mons.  Sak  amministrava  loro  la  Santa  Cre- 
sima,  insieme  a  tutti  gli  altri  cristiani  di 
Sakania.  Nel  ponieriggio  ebbe  luogo  il  Bat- 
tesimo dei  bambini  e  alia  sera,  dope  VAve 
Maria,  I'imposizione  dello  scapolare  del  Car- 
mine; alia  mattiiia  del  24,  poi,  si  effettua- 
rono  i  matrinioni. 

Per  la  Messa  di  mezzanotte  la  cappella 
della  Missione  era  gremita:  da  tutti  i  vil- 
laggi  dei  dintomi  erano  venuti  a  gruppi  gli 
indigeni;  e  tutti  quel  buoni  e  semplici  abi- 
tanti  della  foresta  erano  pieni  di  nieraviglia 
e  si  estasiavano  dinanzi  al  presepio,  dove 
il  bel  Bambino  sorrideva  ed  apriva  le  braccia 
a  quelle  anime  come  se  avesse  voluto  strin- 
gersele  tutte  insieme  sul  cuoricino.  Que- 
st'anno  il  presepio  presentava  delle  novita; 
era  stato  abbellito  anche  dalla  comparsa  di 
personaggi  neri  vicini  ai  bianchi  pastori,  e 
in  alto,  gruppi  di  angioletti  cantanti  le 
glorie  del  Dio  Salvatore  tra  nubi  variopinte, 
tempestate  di  stelle  brillanti,  che  davano 
I'illusione  di  un  paesaggio  incantato.  E 
tutte  cjuelle  rappresentazioni  non  erano  al- 
tro  che  cartone,  al  quale  I'abile  pennello  di 
un  Padre  Salesiano  aveva  dato  I'apparenza 
di  veri  personaggi  angelici  ed  umani...  E 
furono  davvero  quel  giomi  pieni  di  sante 
consolazioni  spirituali  per  la  Missione  di  Sa- 
kania. 


Ora  ci  sono  gia  varie  famiglie  tutte  cri- 
.stiane:  ma  qua  e  la  si  trovano  ancora  van 
che  fanno  i  .sordi  alia  chiamata  del  Signore 
e  restano  attaccati  alle  loro  superstizioni. 
Cio  avviene  soprattntto  ai  piii  anziani:  in 
una  famiglia,  i  genitori  si  o.stinano  a  rima- 
nere  pagani  e  i  loro  due  figli  —  un  giovane 
e  una  figliuola  —  ricevono  le  acque  rige- 


/O^    -, 


neratrici;  altrove,  la  madre  e  la  figlia  ac- 
colgoiio  il  Battt'simo,  mentre  il  padre  e  il 
figlio  s'accontcntano  di  promettere  clie  lo 
rioeveranno  piu  tardi;  e  cosi  tanti  ahri  casi 
si  vamio  preseiitaudo  come  questi.  Ma,  sta- 
volta,  Gesii  ha  fatto  una  buona  con([in.sla: 
tutta  una  fauiiglia,  composta  di  sei  per- 
sone,  ascolto  il  suo  invito  e  si  diede  a  laii 
senza  difficolta.  Vi  sono  pure  niolti  neri  die 
\'orrebbero  ricevere  subito  il  santo  Batte- 
simo;  ma  non  lo  possono  fare  per  niancanza 
d'istruzione,  perche  dagli  adulti  si  esige  che 
conoseano  prima  bene  la  religione  ed  i  do- 
veri  che  essa  impone  e  s'impiegano  gcneral- 


rimane  alio  stato  di  desi  lerio!...  Fra  pochi 
giomi  tre  di  noi  saranno  destinate  alia  nuova 
Casa  di  Katubu,  dove  Monsigiiore  ha  gia 
])reparato  xui  nuovo  cani]jo  d'azione  anche 
per  il  nostro  zelo:  ma  ci  sono  tanti  altri 
posti  che  ci  sos])irano  e  dove  tante  auinie 
aspettano  1 'opera  nostra  per  poter  ricevere 
il  dono  del  Cielo!  Che  Maria  Ausiliatrice  su- 
sciti  molte  anime  generose,  pronte  ad  ac- 
correre  in  queste  terre  si  promettenti,  per- 
che ci  aiutino  a  moltiplicare  le  concjuiste 
per  il  Regno  di  Dio  e  strappare  al  demonio 
tanti  cuori  ch'egli  stringe  ancora  tra  i  suoi 
ceppi  infernali!... 


Una    famiglia    ititenta   ai    lav^ri   domestici. 


mente  tre  anni  ahneno  nella  preparazione. 
Cio  sembra  lungo;  ma  in  realta  non  e  troppo; 
fra  una  ventina  d'anni  le  cose  cambieranno 
d'aspetto,  quando  la  nostra  santa  religione 
avra  potuto  abbattere  le  barriere  del  paga- 
nesimo  e  il  sole  della  verita  sara  riuscito  a 
dissipar  le  tenebre  dell'errore  che  avvolge 
(jueste  povere  anime. 

Cio  che  ritarda  ra\'^'ento  del  Regno  di 
Dio  ed  il  suo  trioiifo  in  queste  lontane  re- 
gioni  e  la  mancanza  di  operai  evangelici... 
la  messe  e  si  estesa  ed  abbondante,  ma  sono 
cosi  scarsi  i  mietitori. 

La  Prefettura  Apostolica  di  cui  noi  fac- 
ciamo  parte  ha  I'estensione  di  tutto  il  Belgio 
e  non  conta  piii  di  quindici  saccrdoti,  coni- 
preso  Mons.  Sak,  una  quindicina  di  con- 
fratelli  salesiani  e  sei  figlie  di  Maria  Ausi- 
liatrice!... Che  bene  i:iuuenso  da  fare  e  che 


Ed  ecco  ora  alcune  altre  relazioni  intomo 
ai  costumi  di  queste  regioni.  Le  figliuole  ncii 
conoscono  qui  giovinezza:  appena  uscite  dal- 
I'infanzia  esse  sono  vendute  dai  loro  geni- 
tori  e  date  subito  a  marito,  cosi  che  le  gic- 
vanette  spose  e  gia  madri  giocano  ancora 
come  bambine.  Abbiamo  qui  nella  Missione 
un  giovane  vedoA-o  di  17  anni,  a  cui  venne 
a  mancare  da  poco  la  sposa  di  15  anni! 
Molto  spesso  questi  matrimoni  si  accordano.. . 
a  colpi  di  pugni,  non  avendo  esperienza  al- 
cuna  della  vita.  Pochi  giomi  fa,  un  nero  di 
nome  Makichi  venne  da  noi  in  cerca  di  me- 
dicina;  —  Che  ti  e  success©  Makichi?  —  gli 
chiedemmo. 

—  E  stata  Kasala  che  mi  ha  morsicato... 

Kasala  e  la  sua  giovane  moglie  che,  ab- 
battuta  dai  colpi  di  pugno  del  marito,  per 
concliiudere  I'affare,  si  provo  a  far  entrare 


^05 


KAKNELO   =    Leoni   che   turbarono   la   quiete   deU'ameno   villaggio. 


la  sua  bella  dentatura  nella  pelle  del  marito! 

Quante  stone  di  questo  genere  si  potreb- 
bero  narrare!  Per  fortiina  che  esse  sono  nii- 
racoli  di  pagani.  I  cristiani,  grazie  a  Dio, 
finora  vivono  in  buone  intese:  si  vede  che 
la  benedizione  di  Dio  li  acconipagna  e  pro- 
duce i  suoi  frutti  consolanti. 

Udite  ora  un  fatto  piii  edificante:  nel 
gruppo  dei  catecumeni  che  ricevettero  il 
santo  Battesimo  il  15  agosto  1927,  si  tro- 
vavano  due  sposi,  di  cui  la  donna,  alcuni 
giomi  prima  della  cerimonia,  si  ritiro,  non 
volendo  piu  udir  parlare  di  religione.  Ma  il 
giovane  preferi  il  Signore  alia  sua  sposa  e 
si  fece  battezzare;  ricevette  il  nome  di  Gio- 
vanni ed  e  un  fervoroso  cristiano,  che  fa 
ogni  giomo  la  Comunione.  II  Signore  gli 
diede  una  nuova  compagna,  tanto  buona  e 
non  nieno  devota  di  hii;  c  Monica  e  Gio- 
vanni sono  felici,  sono  un  vero  modello  per 
i  vicini  di  casa. 


II  14  novenibre  scorso  Suor  Scrafina  uc- 
cise  un  serpente  che  insidiava  il  pollaio;  e 
la  sera  dello  stesso  gionio  Suor  Maria  ne 
uccise  un  altro  nientetneno  che  in  dornii- 
torio!  Se  fosse  venuto  a  questo  il  ticchio  di 
rifugiarsi  sotto  il  guanciale!...  Sono  piccoli 


rettili  clie  penetrano  dappertutto,  quando 
comincia  la  stagione  delle  piogge;  ma  non 
sono  per  questo  meno  pericolosi... 

Una  mattina  Suor  Serafina  ebbe  la  sor- 
presa  di  troyarsi  nella  Scarpa  un  bel  rospo. 
Stava  per  calzarsi,  quando...  uh,  che  im- 
pressioiie!  La  po^'era  bestia,  svegliata  bru- 
scamente  dal  suo  dolce  sonno  e  gettata  Ion- 
tana,  ando  a  tenninare  la  sua  mortal  car- 
riera  sotto  una  pioggia  di  pietre. 

Le  galline  schiamazzavano  disperata- 
mente  e  non  volevano  piii  entrare  nel  pol- 
laio. Che  era  successo?  Un  camaleonte  vi 
si  era  installato  e  vi  faceva  da  re... 

Presso  di  noi  non  accadono  che  piccole 
avventure  di  bestioline  da  cui  facilniente 
ci  sbarazziamo;  ma  nella  Mi.ssione  dei  Sa- 
lesiani  di  Kakyelo,  da  un  anno  in  qua,  sono 
i  leoni  ed  i  leopardi  i  loro  visitatori  ordi- 
nari!...  cinque  leopardi,  due  leonesse  cd  un 
enorme  leone  sono  gia  stati  abbattuli.  Mon- 
sigiiore  ci  ha  fatto  vedere  delle  belle  foto- 
grafie  ra])j3resentanti  coteste  famose  cat- 
ture;  egli  portera  pure  a  Torino  il  leone  ini- 
balsaniato,  per  quel  Museo  missionario.  Oh, 
a  quali  pericoli  non  e  esposta  la  vita  dei 
Missionari  e  quanto  bisogno  essi  hanno  delle 
preghiere  dei  buoni! 

Una  Fielia  di  Maria  Ausiliatrice. 


J  06 


NELL'ORFANOTROFIO  Dl  GAUHATI 


I  nostri  orfanelli  appartengono  a  cinque 
o  sei  razze  dififerenti  e  provengono  geiieral- 
mente  dalle  piantagioni  di  te  o  da  quel 
villaggi  {BastI)  tipici  che  s'mcontrano  nella 
vallata  del  Braniaputra  e  sono  fonnati  da 
faniiglie  immigrate  iieirAssain  per  lavoro: 
e,  finito  poi  il  loro  contratto,  coi  piccoli  ri- 
sparmi  hanno  acquistato  delle  terre,  die 
coltivano  direttamente  per  lo  piii  a  risaie. 
La  missione  conta  oggi  nella  vallata  142 
tra  villaggi  e  piantagioni  con  cappella,  ca- 
techisti  e  cristiani,  visitati  di  continuo  dal 
missionario  che  per  200  giomi  dell'anno  gira 
dall'un  all'altro  luogo  dispensando  i  coiiforti 
del  suo  ministero  spiritiiale. 

Da  queste  varie  localita  provengono  i  no- 
stri orfanelli:  una  parte  di  essi  frequentano 
le  scuole  elementari,  altri  seguono  corsi  per 
aspiranti  catecliisti,  altri  quelli  per  aspi- 
ranti  al  jacerdozio;  vi  e  pure  tiorente  la  se- 
zione  artigiani,  i  quali  apprendono  il  me- 
stiere  del  falegnanie,  il  piu  utile  per  essi. 
Per  tunio  essi  attendono  alia  cucina,  la- 
vano  e  rattoppano  i  proprii  abiti  e  fanno  la 
]wlizia  della  easa:  in  tutto  spiegano  una  di- 
ligenza  e  buona  volonta  veramente  annnire- 
voli.  D 'indole  docile  e  pieghevole  questi 
bravi  ragazzi  sono  vicendevolmente  di  buon 
esempio  nella  pieta  e  nel  disimpegno  dei 
proprii  doveri;  e,  se  occorre  qualche  corre- 
zione,  sono  essi  stessi  a  farla  con  uno  zelo 
e  con  criterio  nieraviglioso.  Questo  spirito  di 
mutua  edificazione  e  promosso  in  modo  spe- 
ciale  dai  membri  della  Compagnia  del  San- 
tissimo  Sacramento  e  di  S.  Giuseppe. 

ila  c'e  un'occasione  in  cui  gli  orfanelli  di- 
ventano  irreciuiefi  in  grado  superlativo.  I 
lettori  di  «  Gioventii  Missionaria   »  pense- 


ranno  che  sia  forse  quella  in  cui  qualche 
terremoto  viene  a  sconvolgere  questa  in- 
cantevole  terra...  I  terremoti,  e  vero,  qui 
sono  assai  frequenti,  tanto  che  non  passano 
due  giomi  senza  che  si  debba  partecipare  a 
qualche  ballo...  Ma  non  e  questo  il  niotivo 
che  de.sta  I'irrequietezza  nei  nostri  cari  ra- 
gazzi: e  quando  improvvisaniente  si  ode  una 
voce  che  annunzia  I'arrivo,  o  .se  vi  place  il 
ritomo,  del  missionario  girovago  dalla  val- 
lata. Allora  il  freno  della  disciplina  e  spez- 
zato  dall'entusiasmo,  al  silenzio  succede  xmo 
schiamazzo  generale,  che  si  ode  per  tutta 
Gauhati  (I'orfanotrofio  e  proprio  al  centre) 
e  tutti  si  precipitano  incontro  al  «  Padre  ■> 
per  salutarlo,  per  sentire  le  notizie  dei  vil- 
laggi e  le  avventure  che  sempre  accompa- 
gnano  il  suo  viaggio.  In  cpiesti  casi  non  c'e 
piu    regolamento    che    tenga. 

Pochi  gionii  fa  capito  questa  scena  nientre 
era  presente  im  amico  professore  di  Uni- 
versita  venuto  a  visitarci:  al  vedere  le  di- 
mostrazioni  di  entusiasmo  tributate  a  Don 
Piasecki  reduce  da  im  lungo  giro,  non  ces- 
sava  il  brav'uomo  di  ripetere:  —  Clie  gioia! 
che  allegria!  Qui  tutti  sono  allegri! 

Tale  e  veramente  la  vita  dei  nostri  orfa- 
nelli. 

Quanti  altri  orfani  ancora  non  vi  parte- 
cipano,  e  vivono  tra  stenti  e  pericoli  nelle 
piantagioni  e  nei  villaggi,  in  attesa  che  la 
carita  di  anime  buone  pro\-\-eda  anche  per 
loro.  II  missionario  ha  in  cjuesti  orfanelli  le 
sue  migliori  speranze  e  sospira  che  la  gene- 
rosita  dei  suoi  benefattori  gli  dia  modo  di 
provvedere  alia  sorte  di  tanti  sventurati. 
Francesco  ]M.\rmiit,. 
Missionario  Salcsuino. 


10/ 


SE  POTESSI  GUARIRE  LA  TUA  ANIMA!... 


Gionii  fa  si  presentava  aH'astanteria  di 
Bu  Noh  una  vecchia  musulmana,  tutta  rag- 
grinzata,  disfatta,  die  piangeva  dirotta- 
mente. 

—  O  niarabuto  venerando,  mi  dice  avvi- 
■cinandosi,  abbi  pieta,  te  ne  prego,  della  po- 
vera  Tasadit  (fortunata),  die  e  tale  soltanto 
di  nonie. 

—  In  die  dunque  ti  posso  servire,  mia 
buona  vecchia? 

—  O  inarabnto,    guarda   tu   stesso... 

Cio  dicendo.  allunga  la  niano  scania  sotto 
la  tunica  e  ne  ritira  in  un  pacco  di  cenci 
una  gaUina  col  cranio  spiuinato,  avente  al 
cello  due  amuleti:  uno  per  aiutarla  a  far 
uova,  Taltro  per  preser\arla  dalle  malattie. 

lo  guardava  stupefatto  aspettando  una 
spiegazione.  Tasadit  continuava  piagnuco- 
lando; 

—  O  niarabuto,  guarda  questa  gallina: 
e  tutto  quello  die  posseggo  su  questa  terra: 
ella  mi  nutrisce,  senza  di  lei  io  morrei  di 
fame.  Per  Dio  clemente,  pel  signer  Mao- 
metto,  ti  supplico,  abbi  pieta  d'una  infelice. 
Vedi,  ella  non  fa  piu  uova:  ella  non  mi 
ascolta  piii,  quantimc|ue  le  sussurri  nel- 
I'orecchio  parole  soavissime...  O  tu,  die  sai 
tutto,  dalle  una  medicina:  i  cristiani  sono 
intelligenti:  noi  invece.  poveri  Cabili,  siam 
miili:  soccorrimi... 

Mentre  parlava  cosi,  prese  il  lembo  del 
mio  mantello  e  lo  baciava  con  fervore,  men- 
tre  con  I'altra  tratteneva  a  mala  pena  la 
gaUina  spaventata,  die  ne  capiva  nulla. 


—  Ma,  mia  povera  Tasadit,  medicine  per 
la  tua  gallina  non  ne  ho. 

—  Ma  si:  tu  ne  liai:  se  vuoi,  puoi  guarirla. 
La  sua  sventura  era  veranieiite  grande: 

la  gallina  era  tutto  il  suo  avere.  Pensai  un 
tantino,  poi: 

—  Avvicinati,  le  dissi:  ho  quel  die  fa  per 
te,  cioe  per  la  tua  gallina:  aprile  il  becco  e 
tienla  fenna. 

Allora  con  gran  precauzione  versai  suUa 
lingua  del  volatile  un  cucchiaio  di...  olio  di 
ricino. 

—  Ecco:  abbi  fiducia,  o  Tasadit  e...  vat- 
tene  in  pace. 

Essa,  dopo  aver  baciato  ancora  una  volta 
le  mie  niani  ed  il  mio  mantello,  se  ne  ando 
colmatidomi  di  benedizioni. 


II  gionio  dopo,  aprendo  la  farmacia,  chi 
vedo?  Tasadit:  ma  una  Tasadit  del  tutto  dis- 
simile  da  quella  della  vigilia:  una  Tasadit 
gaudiosa  e...  senza  gallina, 

Appena  mi  scorge,  s'awicina,  circonda 
col  braccio  scamo  la  mia  testa  e  depone  un 
bacio  sul  mio  fez.  Poi  aprendomi  la  mano, 
vi  depone  un  novo. 

—  Eccolo,  mi  dice:  e  tuo:  tu  liai  guarito 
la  mia  gallina.  Ti  porto  I'liovo  die  ha  fatto 
ieri  sera.  Tu  hai  avuto  pieta  della  vec- 
chia Tasadit:  grazie.  Che  Allah  ti  ricom- 
pensi,  ti  perdoni  i  tuoi  peccati,  accresca  i 
tuoi  belli,  allunghi  il  nuniero  dei  tuoi  giomi. 


Un'oasi    della    Kabilia. 

^  loS  ^ 


Dia  il  cielo  ai  tiioi  ])arcnti,  confonda  i  tuoi 
neinici,  bencdica  quelli  die  vi  aniaiio,  nia- 
ledica  chi  vi  odia!.,. 

Stordito  da  simile  valanga  di  auguii  e  di 
beiiedizioni,  non  cessavo  di  rispondere: 

—  Amiii,  amin:  in  cia  Allah!  cioe:  — 
<-osi  sia,  piacesse  a  Dio!  —  mentre  guardavo 
I'uovo  bianco,  il  niio  novo. 

Guard ando  jKii  alia  vecchia,  la  vedevo 
raggiante  di  gioia  e  capivo  die  i  suoi  elogi 


sulla  scienza  del  niarabuto  di  T)io  eraiio 
sinceri. 

Allora  felice  se  lie  toniava  a  casa.  Mentre 
io  peiisava  e  diceva  tra  me: 

—  Cara  veccliia,  se  un  giomo  potessi  gna- 
rire  la  tua  aninia  come  ho  guarito  la  tua 
gallina,  qudlo  sarebbe  uno  dei  piii  bei  gioriii 
di  niia  vita  di  niissionario  in  Cabilia. 

P.  Menard,  dei  PP.   BB. 


LA  PREDICA  DEL  BUON  ESEMPIO 


Come  nei  primi  tempi  del  cristianesimo 
ancora  oggi  si  rinnovano  nelle  nostre  niis- 
sioni  le  scene  commoveiiti  e  le  opere  mira- 
bUi  ddla  grazia  di  Dio  die  si  serve  di  tanti 
mezzi,  anche  i  piii  disparati  e  insigiiificanti, 
T)er  giimgere  al  cuore  del  pagano  e  trarlo 
alia  vera  religione. 

Qualche  mese  fa,  un  pagano  assamese,  im 
comime  lavoratore  o  coolie  (cosi  sono  chia- 
xnati  in  Assam  gli  uoniini  impiegati  nelle 
fattorie  di  te)  si  presentava  alia  nostra  casa 
di  Gauhati,  e  chiedeva  di  parlare  col  IMissio- 
nario.  Ammesso  alia  sua  presenza  espone  il 
motive  della  visita:  —  Padre,  m'insegui  la 
religione  di  Gesii  Cristo  perclie  ho  in  cuore 
un  grande  desiderio  di  farmi  cristiano. 
■Guardi,  sono  venuto  da  un  Bagan  (fattoria 
■di  te)  distante  due  giomi  di  cammino;  ho 
abbandonato  il  mio  lavoro  e  non  ritoniero 
«ola  finche  non  saro  cristiano. 

II  Padre  col  cuore  riconoscente  ringrazia 
il  Signore  che  gli  ha  mandato  una  pecorella 
•di  piii  da  rinchiudere  iiell'ovile;  forse  quella 
centesima  die  il  Pastore  ando  cercando  per 
queste  jungle,  Tuttavia  un  po'  stupito  di 
questa  visita  cosi  spontanea,  domanda: 

—  Come  ti  e  venuto  il  desiderio  di  farti 
cattolico? 

—  Oh  Padre!  da  niolti  aniii  io  lavoravo 
nel  Baga)!  con  tanti  altri  coolies  tutti  pagani. 
Allora  ero  niolto  cattivo,  vivevo  come  le 
bestie,  soveiite  mi  ubbriacavo  e  attaccavo 
lite.  Al  priiicipio  di  quest'amio  vennero  alia 
fattoria  una  ciiitiuantina  di  nuovi  coolies  che 
non  erano  come  gli  altri;  seppi  che  erano 
■cattolici.  Li  osser\ai  per  lungo  tempo,  li 
vidi  senipre  assidui  e  conteiiti  al  lavoro, 
serupre  pronti  ad  aiutare  gli  altri,  non  si 
ubbriacavaiio  iiiai  ed  alia  domenica  si  ra- 
dmiavano  in  una  capanna,  che  e  il  loro 
tempio,  e  cola  pregavano  e  cantavano  dei 
begli  inni  a  Dio.  Essi  sono  proprio  buoni; 
ed  ho  pensato  che  anche  la  loro  religione 


deve  essere  molto  biiona...  Cosi  mi  son  de- 
ciso  di  farmi  cristiano. 

Vista  la  sincerita  e  la  buona  disposizione. 
il  Padre  incomincio  li  per  li  a  fargli  la  prima 
lezione  di  catechismo.  II  brav'ucmo  ascol- 
tava  tutt'orecchio  ed  il  suo  continuo  e  quasi 
ritmico  assentire  colla  voce  e  col  capo  dava 
a  vedere  cjuanto  la  sua  aiiima  fosse  assetata 
di  verita. 


Tipo  deila  Kabilia. 


lop 


Francesco   e   la   sua   famiglia. 

Ouando  il  Missionario  venne  a  parlargli 
del  peccato  originale  e    gli  spiego   come   la 


sua  anima  fosse  tuttora  macchiata  dal  per- 
cato  e  che  nulla  poteva  niondarla,  se  nou 
il  santo  lavacro  del  Battesimo,  il  povero 
uoino  resto  assai  colpito. 

—  Padre,  se  e  cosi,  mi  dia  subito  il  Bat- 
tesimo, perclie  se  rimando  ancora  niolto 
tempo  senza  lavarla  la  mia  auima  diverra. 
sempre  piu  sporca! 

Dopo  alcuni  giomi  ricevette  il  Battesimo 
con  intensa  commozione.  Gli  fu  date  il  ncme 
di  Francesco.  Sembrava  un  altro  uomo  quel 
gionio,  e  non  si  stancava  di  ripetere  a  tutti: 
«  Ora  si  che  la  mia  anima  e  bella  e  pulita!  ». 

Ritomo  cristiano  al  Bagan  da  cui  ne  era 
uscito  pagano  e  istmi  nella  fede  tutti  quelli 
della  sua  famiglia.  Da  quel  giomo  anch'egli 
ebbe  la  grande  gioia  di  miirsi  a  quel  bravi 
cristiani  per  lodare  il  vero  Dio  e  attrarre  a 
sua  volta  alia  verita  varii  suoi  compagni 
pagani. 

Umberto  Marocchino. 

Missionario  Salesiano. 


FRUTTI  CONSOLANTI  DI  MISSIONE 


Macas,   15   novmbte   1930. 

Da  tanto  tempo  i  Kivari  ci  supplicavano 
di  metterci  in  maggiori  relazioni  con  essi, 
recandoci  a  visitarli  nelle  loro  kivarie  per 
insegnare  il  catechismo.  I  venerati  Supe- 
riori  videro  in  questo  desiderio  la  volonta 
del  Signore  e  la  via  per  guadagnare  al  suo 
Cuore  questi  infelici  abilanti  delle  foreste, 
che  gemono  ancora  sotto  la  schiavitii  del- 
I'infemo;  e  ci  animarono  a  dar  jjrincipio 
anche  a  questa  nuova  missione. 

Sono  omiai  13  settimane  die  ci  rechiamo, 
ima  volta  per  .settimana,  presso  i  kivari  delle 
due  kivarie  ■p'm  vicine,  a  portare  la  luce  della 
verita  etenia  tra  quelle  tenebre  ed  a  sol- 
levare  quelle  povere  anime  abbrutite,  dando 
anche  ai  loro  corpi  quel  soccorsi  che  ci  sono 
po.ssibili  e  die  si  impongono  piu  urgente- 
mente.  E  troviamo  una  corrispondenza  assai 
maggiore  di  quello  che  potevamo  sperare. 
Essi  stessi  vengono  a  preuderci  nella  resi- 
denza  per  accompagnarci  attraverso  i  dif- 
ficili  .sentieri,  e  per  aiutarci  a  guadare  il  fa- 
moso  iivune  Upaiio,  il  die  si  fa  parte  in 
canoa  e  parte  sulle  spalle  degli  stessi  kivari, 
che  si  .sentono  gloriosi  del  dolce   lieso!... 

Abbiamo  gia  in.scritti  al  catechi.snio  piii 
di  200  alunni,  d'ogni  eta  e  se.s.so,  nella  prima 
kivaria,  e  57  nella  seconda;  vi  ci  redii;im<) 
il  .sabato  niattina,   e   rimaiiianio   pre.s.so   di 


loro  sino  alia  domenica,  dopo  la  santa  Messa, 
che  viene  celebrata  dal  Missionario  P.  S^rlil, 
il  quale,  aiutato  dal  Sig.  Angelo  Rr  uby,  fa 
il  catechismo  agli  uomini  e  alle  dorre,  men- 
tre  Suor  Domenica  raccoglie  i  bambini  e  le 
bambine,  e  la  sottoscritta  attende  ai  malati 
che  si  presentano  e  va  anche  a  quelli  die 
non  sono  in  grado  di  lasciare  la  loro  povera 
capanna.  Cosi,  curando  i  corpi,  si  arriva  piit 
facihneiite  aU'anima,  che  si  piega  sotto  la 
forza  della  carita  e  si  lascia  vincere  dalla 
grazia.  Abbiamo  dei  veri  conforti  spirituali, 
che  compensano  largamente  i  sacrifici  iiii- 
posti  dalle  diflicolta  d'ogni  specie,  e  ciani- 
niano  ad  affrontame  anche  dei  maggiori, 
pur  di  vedere  estendersi  il  Regno  del  nostro 
Maestro  Divino  e  moltiplicarsi  le  sue  con- 
quiste. 

Quanti  graziosi  incideiiti  si  svolgono  sotto 
i  nostri  sguardi! 

Un  gionio  mi  vidi  comparire  in  casa  una 
kivara  gia  conosciuta  da  niolto  tempo,  la 
(juale  ha  una  iigliuola  da  iioi  ed  un  ragazzo 
presso  i  Salesiani.  I^a  biinba  si  diiania  Ma- 
rina, e  da  un  anno  fa  la  santa  Comunione 
tutti  i  giomi.  Sul  volto  della  donna  era  di- 
pinto   nil   raggio   di   gioia   ed   io   le   chiesi: 

—  Da  dove  vieni,  Maici? 

—  Veiigo  dalla  kivaria  —  mi  rispose  e, 
trattanii  in  un  angolo  della  camera,  svolge 


7/0 


lino  straccio  che  le  awolgeva  il  petto  e  il 
dorso,  e  mi  presetita  una  creaturina.  —  Vedi, 
e  nata  stamattina;  ma  siccome  6  gemello  e 
presso  di  noi  e  costume  uccidere  uno  dei 
due,  COS!  andavano  gia  quei  della  famiglia 
a  gettarlo  nel  fiunie;  io  ho  fatto  in  tempo  a 
strapparlo  dalle  loro  mani  e  te  lo  jxirto, 
perche,  come  ci  hanno  insegnato  uel  cate- 
cliismo  che  non  si  puo  uccidere  nessuno  iie 
grande  nc  piccolo,  non  ho  lasciato  che  gli 
dessero  la  morte. 

Rimasi  commossa  a  quella  scena  e  alle 
parole  della  povera  kivara;  e  presa  la  crea- 
turina come  un  regalo  che  ci  mandava  la 
Madonna,  le  preparammo  un  posticino  fra 
i  nostri  asilati,  e  la  facemmo  battezzare  su- 
bito,  imponendogli  il  nome  di  Carlo.  Oh,  se 
la  Madonna  ispirasse  qualche  anima  gene- 
rosa  a  volersi  incaricare  di  questo  angio- 
letto,  provvedendogli  alineno  un  corredino, 
quanto  ne  saremmo  riconoscenti!  I  bisogni 
della  IVIissione  aumentano  senipre  piii;  a 
questi  poveri  kivari  bisogna  dare  tutto,  ed 
essi  si  arrendono  e  si  lasciano  piu  facilmente 
guadagnare  se  con  la  luce  della  verita  e  il 
pane  della  dottrina  cristiana  si  puo  aggiun- 
gere  anche  un  po'  di  roba  per  vestirli  e  qual- 
cosa  per  sostentarli. 

La  Divina  Prowidenza  che  finora  ci  ha 
aiutate,  non  ci  manchera  mai,  e  sapra  farsi 
rappresentare  sempre  dalle  anime  buone  che 
comprendono  le  divine  promesse:  «  Date  e 
vi  sara  dato.  Cio  che  avrete  fatto  per  uno 
di  questi  piccoli,  I'avrete  fatto  a  me,  che 


Don   Angelo   Rouby   con   un    kivaretto. 

non    lascio   senza    ricompensa   neppure    un 
bicchier  d'acqua  dato  in  niio  tu  me  ». 

Suor  Maria  Troncatti. 


Cg+2 


IL  BUON  CUORE  DEI  GIOVANI 


Haifa,   15-6-1930. 

Rev. mo  Signor  Don  Rinaldi, 

A  jorza  di  piccoli  sacrifici  e  privazioni  ecco 
che  abbiamo  raccolto  altre  100  lire  che  inten- 
diamo  mandare  al  Sig.  D.  Cimatti  a  vantaggio 
del'a  missione  del  Giappoiie.  Accetti  dunqiie 
quesla  ofjerta  che  speriamo  non  sara  l' ultima. 
Noi  innalziamo  ogni  giorno  prcghiere  per  Ic 
missioni  perche  coryispondano  alle  fatiche 
dei  missionari.  Domandando  la  sua  paterna 
benedizione  e  baciaudole  la  niano  ci  prote- 
st i  a  mo 

siioi  afj.mi  figli 
Gli  alunni  Salesiani  di  Haifa. 


Carissima  Rivista  Missionaria, 

«  Ex  ore  infantium  et  pauperum...».  L'aiitto 
scambievole  fra  poveri  e  la  fioritura  della 
carita.  Grazie,  cari  giovani  di  Caifa.  II 
Signore,  donatore  munifico,  vi  ricolnti  dei 
siioi  benefici.  I  vostri  amici  del  Giappone 
riconoscenti  vi  ringraziano  dal  piii  profondo 
dell'anima. 


Miyazaki  4-3-31. 


D.  ViNCENZO  Cimatti. 
Salesiano. 


Ill 


GIAPPONE.   -   Funzionc   buddista   in   suffragio   di   un   morto.    I   parents   offrono   inccnso  e   riso  al   defunt'o. 


♦VOCE  DEL  FIUME" 


Non  fate  la  faccia  arcigna:  ve  lo  dico  su- 
tito:  qui  non  si  tratta  di  iin  titolo  futurista 
ne  di  un  componimento  per  I'animissione 
alle  scuole  medie:  la  «Voce  del  fiume »  e  il 
noma  del  nostro  catechista. 

Lo  potete  vedere  ogni  giomo  davanti  alia 
missione  mentre  aspetta  1 'automobile  per 
andare  nei  vari  paesi  vicini  e  non  vicini,  a 
fare  il  catechisnio  ai  nostri  aniici,  ai  ragazzi 
giapponesi. 

Vedete,  la  sua  voce,  non  corrisponde  af- 
fatto  al  nome,  perche,  se  si  puo  dire  d'un 
uomo  die  non  ha  voce,  d  proprio  lui.  Ha 
una  voce  che  parla  senipre  per  se,  vma  voce 
clie  vien  da  lontano,  una  voce  insomnia  d'un 
fiume  senz'acqua,  anzi  d'un  letto  d'un  fiume 
secco,  bruciato  dal  sole.  Difatti,  e  proprio 
bruciato  dal  sole,  tanto  bruciato,  che  non 
ha  i)iii  capL-lli...  ha  pero  una  bella  barba, 
all'ombra,  piii  bianca  die  nera,  color  ce- 
nere  come  la  cenere  dei  bracieri  giapponesi. 
Poi,  un  po'  perche  e  veccliio,  un  ])o'  perche 
porta  senipre  quel  trainijoli,  cammina  .seni- 
pre a  jiassi  piccoli  piccoli,  calmo,  forse  per 
non  svegliare  quella  voce... 

—  Signor  <i  Voce  del  Finnic  »  (veramente, 
dovrei  dire:  signora  <iVoce...i>)  andiamo  a  ve- 
ntre questo  baraccone  di  legno...  cosi  potro 


scrivere  qualcosa  ai  niiei  amici  di  Gioveviu 
Missionaria. 

—  Non  ha  mai  visto  un  tenipio  buddista? 
Su...  andiamo;  bisognera  levarsi  le  scarpe... 

—  Se  non  si  tratta  die  di  c^uesto,  si  puo 
andare.  Credo  di  non  avere  buchi  nelle 
calze,  cioe,  ne  ho  uno,  ma  e  di  sotto,  non 
si  vedra. 

Cosi  diceiido  «  Voce  del  Fiume  »  lascio 
le  sue  ghetd,  io  le  niie  scarpe,  davanti  alia 
gradinata  del  Tera. 

II  mio  Cicerone  spinse  il  soji,  to.ssi  due 
volte,  entro.   Io  I'imitai,  seiiza  tossire. 

Sconimetto  die  avete  mai  visto  un  Tera 
giapponese!  Un  salone  d'un  dieci  nietri  per 
sei;  pavimento  coperto  di  stuoie;  di  f route 
alia  porta  un  altare.  Su  I'altare,  in  mezzo 
a  un  groviglio  di  fieri  di  loto,  canddieri, 
drap])i,  iscrizioni,  inceiisieri,  in  mezzo  a 
questa  roba  c  ad  altra  die  non  ricordo,  vi 
e  una  statua  di  Budda,  alta  circa  un  metro. 

—  Signor  catechista  (dovete  sapcre,  die 
il  catechista  c  un  convertito  dal  buddismo) 
cosa  c'e  scritto  su  questo  gran  foglio  a 
destra  ? 

—  Quello...  (due  colpi  di  to.sse)  questo  6 
I'orario  delle  ferrovie. 

—  Fareva  anche  a  me.  E  quella  gran  pen- 


/ 1 2 


■tola  davanti  all'altare?  Si  potrebbe  fare  la 
JK  lenta  per  20  persone.  E  ajrande  proprio 
cmiie  la  pcntola  di  iiiia  iioniia.  Mc  la  ricordo 
iiiolto  bene. 

—  Noil  e  una  pentola.  Oiiella  roba  li  fa 
ruflicio  del  campanello  nella  funzione  bud- 
dista. 

—  E  lei  lo  chiama  campanello?  A  Ve- 
iiezia  lo  ohiamerelibero  la  niarangona,  e  poi. 
se  lo  vede  niia  nonna,  I'adopera  certaniente 
per  la  polenta.  Ma,  e  tntta  (piella  foresta  di 
lavolette  la,  in  piedi,  a  sinistra  deH'altarc? 
Gnai  se  capita  un  incendio,  con  tntto  (lueslo 
legno. 

—  Quelle  .sono  le  ihai,  le  tavolette  degli 
antenati,  vede... 

—  Vedo,  vedo.  Una  scodella  d'accpia  e 
una  di  riso  davanti  a  ciascuna.  Si  conten- 
tano  di  poco  questi  morti.  Qui  c'e  persino 
una  sigaretta  mezzo  consumata.  Ecco  uno 
die  non  puo  staccarsi  dal  fumare  nemmeno 
dopo  niorto.  E  queste  grandi  nova  di  Pa- 
squa!  i\Ia  guarda,  son  proprio  incartate  come 
le   nostre   nova   di  cioccolato. 

—  Niente  uova.  Nei  vasi  incartati  vi  sono 
le  ceneri  dei  morti... 

—  Qui  le  ceneri!...  e  le  lascian  cosi!  Bel 
modo  di  seppellire  uno,  uno,  con  un  po'  di 
<:arta.  E  poi,  costa  tanto  mettere  questi  vasi 
sotto  terra!  E  poco  appetitoso  venire  a 
pregare  qui  dentro.  E  poi,  perclie  fare  quel 
vasi  proprio  come  le  uova  di  pasqua? 


Ragazzine   pronte   per   la   danza   del   ventaglio. 


"Voce  del  Fiume  ",  il   catechista   di    Tekinab^. 

Mentre  «  Voce  del  Fiume  »  stava  la  iiican- 
tato  pensando  forse  a  tutte  le  frottole  che 
avea  creduto  in  gioveiitii,  alzai  gli  occlii  al 
soffitto,  dove  un  gran  drago  ricamato  su 
seta  spalancava  le  fauci,  guardandomi  con 
I'occhio  sinistro. 

—  Chi  sa  cosa  fa  quel  drago  li?...  lo  vo- 
levo  domandare  a  « Voce  del  Fiume  »,  ma  poi 
mi  perdetti  dietro  a  due  belle  lantenie  che 
pendevan  dinanzi  all'altare.  Che  stranezza 
in  tutte  queste  cose.  Dei  candelieri  grossi 
e  alti  come  una  gamba  di  tavolo,  sostene- 
vano  delle  candele  esili  come  il  mio  dito 
mignolo,   alte  un  decimetro. 

Accanto  al  pentolone  della  polenta,  c'era 


// 


Tera   (interno)   =  a   sinistra  si   vede   il...   pentolonc. 


tin  grosso  tainburo,  due  volte  piu  largo  delle 
nostre  grancasse,  una  vera  botte.  Accanto 
a  quello  un  gran  sonaglio  di  legno,  grosso 
come  una  zucca.  laccato  in  rosso.  Su  un 
leggio,  pure  dipinto  in  rosso,  robusto  da  so- 
stenere  un  pianoforte,  stava  poggiato  lui 
libro  stretto  stretto,   lungo  lungo. 

In  quella,  entra  il  bonzo,  fatto  come  tutti 
i  bonzi.  II  cranio  lucido,  rasato,  la  stola  al 
collo,  il  rosario  in  mano,  le  calze  bianche. 

■ —  Ora  cosa  fara? 

II  bonzo  fa  un  inchino  alia  statvia  (un 
inchino  a  30°:  se  lo  facessi  io,  cado  cer- 
taniente  a  capofitto)  si  accoccola  per  terra, 
sfodera  il  libro,  coniinciando  daH'ultima  pa- 
gina,  e  impugnato  con  la  destra  un  nianga- 
iiello  si  mette  a  pestare  con  un  tempo  india- 
volato  il  grande  sonaglio  di  legno,  dando 
ogni  tanto  un  colpo  sul  pentolone,  clie  ri- 
suona  cupamente,  a  lungo.  In  mezzo  a  quel 
pestare  frenetico,  con  la  sinistra  volta  i 
fogli,  un  dopo  I'altro  e  legge  forte,  caden- 
zato,  in  fretta,  ])iii  in  fretta,  molto  piii  in 
fretta  della  niarcia  reale.  Anzi,  mi  son  pro- 
vato,  la  marcia  reale,  in  confronto  di  quella 
musica,  pareva  una  marcia  funebre. 

—  «  Voce  del  Fiume»,  andiamo,  se  no  si 
divenla  nervosi. 

—  Oh,  io  lo  sono  gi4. 

—  Lei?  Con  quei  piccoli  passi!  La.sciamo 
stare.  Ma  mi  dica,  I'altro  gionio,  pa.ssando, 
ho  visto  clie  in  qv.esto  Tera  si  ballava. 


—  E  c'era   anche   clii   suonava. 

—  Suonavano  e  ballavano.  Delle  ragazze 
col  kimono  rosso,  sopra  al  kimono,  dei  cal- 
zoni  azzurri.  Le  pare  cosa  seria  ballare  in 
un  te:npio  agitando  i  ventagli,  far  mOle 
gesti,  ogni  tanto  un  piccol  urlo,  e  poi  in 
ginocchio  fare  I'inchino  agli  spettatori,  con 
la  fronte  a  terra  e  voltando  le  spalle  a 
Budda.  Pazienza  I'inchino,  ma  voltare  le 
spalle  a  Budda. 

—  Vede,  e  lei  che  non  capisce.  Tanto  loro 
Europei  la  pensano  sempre  al  contrario  di 
noi. 

Loro,  in  Italia,  leggono  i  libri  al  contrario 
di  noi,  scrivono  al  rovescio,  segano  al  ro- 
vescio,  piallano  al  rovescio  e  che  so  io!  Pu6 
lei  negare  queste  cose?  E  bene,  come  vuole 
capire  le  nostre  usanze?  Qui,  mentre  le  suo- 
natrici  pizzicano  quel  chitarrino  a  tre  corde, 
altre  gheise  cantauo  le  canzoni  sacre,  altre, 
con  la  danza,  dan  vita  alle  j^arole.  Ah,  lei 
non  capisce  la  nostra  danza!  Quando  danno 
(|uei  colpi  di  tallone  per  terra,  quando  chiu- 
(lono  d'lm  tratto  il  veutaglio,  quando  lian 
I'indice  teso  verso  il  centro  della  terra,  al- 
lora  ci  pare  proprio  di  vedere  la  barca  della 
vita  sprofondarsi  nelle  acque  deU'illusione... 

—  Signor  «  Voce  del  Fiume  »,  e  vero,  io 
non  capisce  niente.  Un  giomo  vengo  da 
lei  e  mi  faccio  spiegare  tutto. 

—  Lei  alnieilo  capisce  qualche  cosa.  Arri- 
vederci.  D.  Marhga. 


//4 


LA  VECCHIA  SORRIDENTE 


Nel  battesimo  prese  il  nome  di  Cecilia. 
fi  una  cara  vecchietta  di  70  anni,  di  umor 
gaio  e  sempre  allegra.  Quahmque  cosa  ca- 
piti,  stia  o  no  bene  di  salute,  le  sue  labbra 
abbozzano  di  continvio  il  piii  grazioso  sor- 
riso. 

Di  coiidizione  abbiente,  vendette  ogni 
cosa  per  fame  caritatevole  offerta  alia  «  So- 
cieta  delle  Aiiinie  del  Purgatorio  »:  e  per 
coniperare  una  niagnifica  e  ricca  cassa  da 
niorto,  che  tiene  vicino  a  se  e  che  riguarda 
come  la  cosa  piu  cara  del  mondo.  Ed  ogni 
<lualvolta  la  contenipla  gioisce  di  soddisfa- 
y.ione:  —  E  la  mia  cassa...  li  mi  metteranno 
prima  di  calarmi  sotto  terra... 

Un  giomo  mi  a\'Adcin6  e:  —  Padre,  mi 
disse,  dopo  morte  tu  avrai  cura  della  mia 
sepoltura,  non  e  vero?  Pero,  ti  prego,  in 
quel  gionio.  dopo  aver  provveduto  al- 
I'anima  mia,  desidero  che  provveda  anche 
per  il  corpo;  quindi  grande  festa,  grande 
festa!  Inviterai  niolti  a  mangiare  del  mio 
riso...  e  die  tutti  facciano  festa...  —  E  pro- 
tendendo  in  alto  le  corte  braccia  e,  nella 
sua  mossa  abituale,  alzandosi  ripetutamente 
sulla  punta  dei  piedi,  eccola  a  ridere,  a  ri- 
dere  della  sua   innocente  trovata. 

Altra  volta  son  io  a  dirle:  —  Cecilia,  .sta 
attenta:  prima  di  partire  per  il  Paradiso  av- 
vertimi  neh!  —  Ed  essa  mi  guarda  e  con 
quel  sorriso  che  rivela  tutta  la  bellezza  della 
sua  anima  innocente  mi  risponde:  —  Sta 
bene,  sta  bene:  pero  lo  sa  solo  il  Signore... 

Un  gionio,  cosa  strana,  la  vidi  alquanto 
mesta...  —  Che  hai,  Cecilia?  le  chieggo, 

—  Ho  male   ai   reni!    ho   inappetenza! 

—  Hai  gia  preparato  il  tuo  fagottino  per 
il  Paradiso?  —  Ed  essa,  quasi  dimeiiticando 
ogni  dolore  ed  incommodo  abbozza  il  sor- 
riso piu  sereno  per  assicuramii  della  grande 
speranza  che  aveva  del  cielo,  e  come  la 
fosse  continuamente  rivolto  il  suo  pensiero. 

II  vestito  die  iiidossa,  le  scarpette  vario- 
pinte  e  broccate  sono  tutti  i  suoi  piu  pre- 
ziosi  abbigliamenti.  Essa  li  custodisce  ge- 
losamente,  non  li  indossa  mai,  li  riserva 
per  il  giomo  della  morte.  Nella  sua  mente 
e  Essa  I'idea  che,  appena  spirata,  andra  al 


Paradiso  a  far  festa  e  a  gioire  etemamente. 
e  vuole  che  anche  il  suo  corpo  sia  ri vestito 
a  festa  e  prima  di  dissolversi  partecipi  in 
qualche  modo  alia  sua  gioia. 


Cecilia,  la   vecchia  sorrldcntc. 

Possiamo  fin  da  oggi  pensare  die,  allor- 
quando  I'adagieranno  per  bene  nella  sua 
bella  cassa,  regalera  ancora  a  tutti  un  gra- 
zioso sorriso,  rifiesso  di  quella  gioia  serena 
che  dalla  terra  I'acconipagnera  al  Paradiso. 
Sac.  P.  Garbero. 
Missionario  Salesiano. 


BRIGANTl  ClNESl. 


II  Vicario  Apostolico  di  Amoy  nel  Fu-chien, 
S.  E.  Mons.  Emmanuele  Prat,  domenicano, 
Vescovo  titolare  di  JIactar,  e  stato  catturato 
dai'  briganti  al  Hongtiang,  insieme  a   P.   Ago- 


stino  Andres,  due  sacerdoti  cinesi  ed  un  semi- 
narista,   pure   cinese. 

A   Wusih   nel   Kiangsu   e  stato  fatto  prigio- 
niero  dai  briganti  il  sacerdote  cinese  Sen. 


^^5 


Su  e  giu  per  il  mondo 


LE  TERMITI 


Le  th-iiiifi  o  fonniche  bianche  (dal  colore 
delle  loro  lan'e)  lianno  poijolato  1 'Africa  di 
iin  numero  steniiinato  di  comignoli  e  nion- 
ticelli,  color  rosso  vivo,  die  si  elevano  su 
grandi  piedestalli  di  argilla  a  2,  3  e  piii 
nietri  dal  suolo.  Sono  le  cosidette  teriiiitierc, 
con  fessure  superiori  coniunicanti  coi  cuni- 
coli  intemi  die  scendono  a  parecchi  iiietri 
di  profondita  iiel  suolo  con  pareti  robustis- 
sime,  talora  di    go    centinietri   di   spessore. 

Le  termitiere  —  notano  Lc  Missioni  dclla 
Consolata  —  non  sono  annnassi  di  mate- 
riale  inerte:  sono  delle  ojaere  d'arte  elevate 
da  ])iccoli  esseri  die  umettano  pazienteniente 
i  granelli  di  sabbia  e  d'argilla  con  una  speciale 
secrezione  coesiva  clie  li  rende  piii  duri  del 
ctniciito. 


Sezionando  una  tennitiera  si  ha  I'impres- 
sione  di  trovarsi  davanti  ad  una  specie  di 
polnione  gigantesco  coi  suoi  bronchi  e  arte- 
riole: una  inoltitudine  di  meandri  dove  pas- 
sano  le  fonniche  una  alia  volta-  poi  altri  piii 
grandi  e  dei  canaloni  dove  possono  passare 
in  gran  numero.  L'abitazione  vera  e  propria 
delle  fonniche  e  alia  piattafomia  di  argilla 
fini.ssima  e  rilucente  come  la  cera,  crivellata 
come  una  spugna.  Le  pareti  interne  sono 
tappezzate  di  nova  grosse  come  la  capocchia 
d'lino  spillo...  In  un  blocco  piii  grande  e 
nieglio  levigato  e  il...  palazzo  delta  regina, 
la  c|uale  ha  delle  proporzioni  veramente 
sbalorditive  (p.  es.  5  cm.  di  lunghezza  e  6 
di  circonfereiiza).  Ha  senipre  attomo  una 
coorte  brulicante  di  formiche  minori  che 
hanno  il  compito  di  raccogliere  le  sue  uova 
e  disporle  nei  cunicoli  laterali  per  la  iieces- 
saria  incubazione.  La  retina  mette  fuori.  si 
dice,  un  novo  ogni  minuto  secondo,  cioe 
circa  80.000  al  gionio:  e  in  grazia  di  questa 
fecondita  se  le  formiche  bianche  non  ven- 
gono  distrutte  e  dalle  formiche  nere  e  dal 
fdi'iiiichiere,  loro  acerrimi  neinici. 

Oltre  la  resina  vi  sono  le  fonniche  opei'ah 
(die  costruiscono  i  coni),  le  formiche  solilatt 
dalla  grossa  mandibola  per  la  difesa  contro 
le  incursioni  delle  altre  formiche.  Come  de- 
vastatrici  non  hanno  che  una  sola  rivale:  la 
locusta,  il  flagello  delle  piantagioni  africane. 

Si  attaccano  ferocemeiite  a  tutto  e  tutto 
distruggono  tranne  il  ferro:  dove  passano 
hanno  cura  di  nascondere  il  loro  passaggio 
con  una  sottile  volta  d'argilla. 

11  nii.ssionario  novellino  ha  avuto  la  sua 
avventura  colle  formiche.  Guai  a  la.sciare 
qualche  co.sa  del  vestiario  sul  paviniento* 
Una  notte  lascio  le  calze  e  al  niattino  non 
le  trovo  piii:  lc  formiche  glide  avevano  di- 
vorate  conipletamente  ndla  notte  e  tra- 
sportate  in  piccoli  franinienti  nella  galleria 
die  si  eraiio  .scavata  nd  legname. 

Al  princijMo  delle  grandi  piogge  le  larve 
alate  escono  dai  loro  comignoli,  volteggiano 
faticosanieiite  fiuche  le  ali  si  staccano  cd 
esse  cadono  a  terra,  dove  sono  ricercate 
dagli   uccelli,   e   dalle    galline. 

(ill  Inglesi  le  distruggono  facendo  saltare 
le  iermiiicrc  con  cap.sule  di  dinamite  o  col 
riempire   i  comignoli   di   gaz  asfi.ssianti. 


1/6 


JN  VITA  M/A  NON  HO  FATTO  PECCATI. 

P.  Remigio  Mucciariui  ricorda  su  Le  Missioni 
dclla  Madonna  di  Shugela  una  vecchietta  Swazi, 
morta  due  anni  or  sono.  II  nome  rammenta  un 
debole  die  essa  aveva  per  lo...  zucchero  (detto 
Shugela.  corruzione  di  Sugar  inglese):  quando 
ne  riceveva  qualche  zolla  dava  al  Padre  i  titoli 
pill  graudiosi. 

JIa  e  rimasta  celebre  anche  pel  giorno  del  siio 
battesinio.  Jlentre  il  catecliista  le  ripetcva  in 
lingua  Swazi  che  il  battesinio  ha  tra  gli  effetti 
qucllo   di   cancellare   i   peccati,   iiiterruppe: 

—  Ma  che  state  parlando  di  peccati!  Ill  vita 
iiiia  lion  ho  fatto  mai  peccati!  Forse  I'unico  pec- 
cato  e  questo:  ho  desiderate  la  roba  del  pros- 
simo  e  nient'altro. 

rc  diceva  il  vero.  Sotto  quella  pelle  iiera  aveva 
tanta  bonta,  un'anima  Candida  e  semplice.  La 
vigilia  della  morte  il  missionario  la  trovo  in  una 
condizione  ributtaute,  su  una  stuoia  putrida  e 
fetente,  col  corpo  tutto  un  aniniasso  di  piaghe 
pullulanti  di  vermi.  Appena  seppe  dcU'arrivo 
del  missionario  lo  fece  pregare  perche  iioii  en- 
trasse  ncl  kraal  dicendo  «  die  si  sarebbe  rieni- 
pito  d'insetti  ».  Entratovi  pero  il  missionario 
nei  JO  minuti  che  si  trattenne  rimase  accocco- 
lato  gravitando  il  peso  della  sua  persona  sulle 
due  puiite   dei   piedi. 

—  Padre,  ricorda  alia  Suora  grande  (la  Su 
periora),  che  mi  iiiandi  la  veste  bianca,  voglio 
entrare  in  Paradiso  tutta  bianca. 

E  attese  a  morire  la  veste  bianca. 


UNA  PISARMONICA   MISS/ONARJA. 

In  un  villaggio  della  regione  di  Ghimai  — 
narrano  le  Missioni  d.  C.  d.  G.  —  tre  missio- 
iiari  gesuiti  uon  trovavano  il  mezzo  di  scuotere 
quel  montanari  e  tirarli  almeno  a  contemplare 
I'effigie  del  Cuore  di  Gesii.  In  buon  piinto  vieiie 
in  ineiite  al  Fratello  di  tirar  fuori  da  un  sacco 
una  vecchia  iisarmonica  per  soUievo  almeno  dei 
bambini:  e  si  mette  a  suonare... 

Fu  un  vero  successo.  Si  sparge  in  paese  la 
notizia  del  portentoso  strumento,  tutti  accor- 
rono  a  sentirne  le  mai  udite  armonie;  quella  po 
vera  geiite  die  viveva  come  fuori  del  mondo 
si  eiitusiasma,  e  non  sa  piu  ribellarsi  alia  volonta 
dei  niissionari.  Per  sette  giorni  tutto  il  villaggio 
interviene  alia  missione  con  gran  vantaggio  delle 
aninie. 

Anche  la  fisarmonica  diviene  un  provviden- 
ziale  strumento  missionario. 


NON  HA  COMANDAMENFJ! 

P.  Soubielle,  dei  PP.  BB.,  narra  su  Le  mis- 
sioni dei  PP.  BB.  di  un  capo  del  Ruanda,  il 
quale  bramoso  di  conoscere  la  verita,  aveva 
ascoltato  le  conferenze  di  un  protcstante,  ma 
avendo  poi  parlato  con  due  catechisti  cattolici 
quando  ritorno  il  protestante  a  Rukira,  egli 
non  si  fece  piii  vedere.  II  niinistro  lo  mando  a 
chiamare. 

—  Perche  non  sei  piu  veuuto?  gli  doniando. 

—  Perche  ne  sono  disgustato. 

—  E  perche?  lo  facevo  assegnamento  su  te: 
avresti   ricevuto   qnanto  desideravi... 

—  Abiti?  scarpe?  bicicletta?  non  e  questo  che 
cerco...  voglio  conoscere  i  raisteri  della  vita  fu- 
tura,  i  niezzi  per  prepararmi  un  bfl  posto  in 
cielo. 

—  E  tutto  questo  te  I'ho  gia  insegnato,  che 
vuoi  di  piu?  Credi  nel  Signore  Gesii  e  sarai  salvo. 

—  II  tuo  Dio  non  ha  comandamenti:  con  lui 
si  puo  fare  cio  che  si  vuole. 

—  6  la  fede  che  salva... 

—  Un  re  che  non  sa  coniandare,  nou  e  un 
rc.  T^n  suddito  die  non  fa  quelle  die  il  re  co- 
manda,  non  e  un  suddito. 

II  bravo  Rutaboba  ora  e  cristiano  ed  ha  una 
grande  paura  del  peccato  mortale:  non  teme 
altro. 


ESAME  DA...  MAESTRO. 

Ecco  una  delle  scene  che  accadono  ogni  anno 
agli  esaini  per  I'abilitazione  alia  scuola  priniaria. 

Oh  I'sing-fang  allievo  del  collegio  di  Sien- 
hsien  si  presenta  all'esame  per  poter  dirigere 
una  scuola. 

—  Siete    cristiano?    domanda    resaminatore. 

—  Si. 

—  i,  una  religione  straniera.  Non  dovete  se- 
guirla. 

—  Sun-wen,  il  grand'uomo,  era...  protestante. 
Egli  ha  dichiarato  la  liberta  di  coscienza.  Son 
dunque  libero  di  seguire  la  religione  che  voglio. 
Ma  voi  avete  un  orologio!  non  viene  forse  dal- 
I'estero?  Come  mai  lo  portate,  se  tutto  cio  che 
viene  dall'estero  e  malvagio?  D'altronde  Dio  non 
e  straniero  in  Cina.  Egli  e  il  maestro  e  il  creatore 
di  tutte  le  cose... 

Ou  t'sin-jang  sosticne  una  brillante  e  vivace 
discussione:  ed  e  abilitato.  Mentre  un  altro  can- 
didato  die  aveva  dichiarato  che  Sun-Wen  era 
superiore  a  Gesu  Cristo,  fu  bocciato. 

La  franchezza  delle  proprie  conviuzioni  ha 
valore  anche  in  Cina. 


/// 


UN  AFFARE  DI  CASTA. 

Alle  difficolta  che  gia  accompagnano  il  la- 
voro  missionario,  se  ne  aggiungono  talora  altre, 
sorte  li  per  li  da  minime  disposizioni  in  con- 
trasto  con  abitudini  secolari.  A  Ceylon  per  eseni- 
pio  la  casta  e  potente  nella  popolazione  taniil 
dell'Est  e  del  Nord:  il  privilegio  dei  fanciulli  di 
casta  nelle  scuole  e  di  assidersi  sui  banclii,  men- 
tre  gli  altri  seggono  per  terra.  II  Governo,  pa- 
drone delle  scuole,  non  I'intende  cosi  e  ordina: 
liitli  gli  allievi  sediili  sui  bandit!  I  maestri  obbe- 
discono,  ma  la  popolazione  insorge  e  brucia  la 
scuola.  Si  sparge  la  voce  in  una  scuola  normale 
che  il  riso,  cotto  da  gente  in  infinia  casta,  c 
stato  a  forza  introdotto  in  200  bocche  sivaite; 
la  cucina  e  siibito  incendiata. 

II  Governo  tien  duro  e  minaccia  di  ritirare  i 
sussidi  alle  scuole  recalcitranti...  Intanto  la  di- 
sposizione  causa  non  licvi  iniljarazzi. 

/  •GEMELLI"  IN  AFRICA. 

Mentre  la  nascita  dei  morctti  e  delle  niorcttc 
—  si  legge  ncllc  Missioni  delta  Consnlala  —  e 
sempre  salutata  da  grida  di  gioia  e  festivita 
grande  ncllc  famiglie  africane,  la  nascita  di  due 
gemclli  e  invece  tenuta  in  conto  di  grave  di- 
sgrazia.  I  negri  tcmono  che  i  genu-IH  deliljano 
recare    un'infinita   di    sventure    nella    faniiglia; 


SUPERSTIZIONI  E 

RITI  PAGANI 


percio  i  parenti  vanno  a  consultare  lo  stregone, 
il  quale  da  sempre  lo  stesso  responso:  —  I  ge- 
melli  debbono  essere  nccisi...  Invano  la  madre 
grida  e  piange  vedendosi  strappare  i  due  figli 
dalle  braccia:  lo  stregone  non  sente  pieta  e  in- 
fligge  loro  la  niorte  piii  crudele.  Tura  la  bocca 
e  le  narici  con  ciuffi  d'erba  e  fango  e  li  getta 
nel  fiume  in  pasto  ai  coccodrilli...  oppure  mes- 
sili  in   un  paniere  vengono  seppelliti   vivi. 

Oggi  i  missionari  hanno  di  molto  cambiato 
questi  costumi,  tuttavia  non  e  raro  il  caso  di 
simile  barbaric,  ed  essi  si  affrettano  appena  co- 
noscono  qualche  nascita  di  questo  genere,  a 
battezzare  e  a  prendersi  cura  dei  gemelli  sal- 
vandoli  dalla  niorte. 


CAPO  DANNO  ORICINALE. 

P.  Filippo  Rizzi  scrive  sui  Servo  di  Maria 
delle  cerimonie  di  «  capo  d'anno  »  presso  gli 
Swazi  nel  Sud  Africa.  Secondo  la  credenza  di 
questo  popolo,  il  Re  e  la  Regina  hanno  il  potere 
di  far  piovere.  AU'epoca  delle  piogge  il  Re  manda 
incaricati  ad  attingere  acqua  piovana  da  tutti 
i  fiumi  del  suo  reame;  quando  tutti  sono  ritor- 
nati  ha  luogo  I'abluzione  del  Re  davanti  al  po- 
polo  e   I'aspersione   del   bestiame. 

Tutti  i  capi  sono  quel  giorno  invitati  al  kraal 
reale  per  la  festa.  II  Re  col  seguito  entra  nella 
sibaia  (recinto  del  bestiame),  tocca  con  una 
bacchetta  il  toro  che  dev'essere  ucciso  e  lo  in- 
dica  in  tal  modo  ai  suoi  soldati  pronti  ad  assa- 
lirlo.  La  povera  bestia  dev'essere  uccisa  soltanto 
a  forza  di  pugni  e  pedate:  si  puo  immaginare 
quali  niuggiti  e  che  spasimo  di  tortura  durando 
alle  volte  per  circa  un'ora  la  tempestosa  ope- 
razione  di  quegli  scalmanati.  Poi  la  bestia,  agli 
estremi,  e  data  a  un  gruppo  di  ragazzetti  sotto 
i  14  anni  che  la  tagliano  a  pezzi  e  la  fan  cuocere. 
Poscia  il  Re  e  accompagnato  dai  soldati  a  suon 
di...  fisclii  alia  sua  capanna. 

L'indomani,  il  cerimoniale  del  primo  del- 
I'anno  prescrive  una  grande  danza:  tutti  sono 
in  alta  tenuta  adorni  di  penne  di  un  certo  frin- 
guello,  di  coUane  e  braccialetti;  una  sottana 
cinge  i  fianchi  dei  guerrieri  e  sopra  vi  e  fissata 
una  pelle  di  leopardo...  Danza  e  scorpacciate  di 
carne  arrostita  durano  iino  al  terzo  giorno,  in 
cui  sono  abbrucciate  con  grande  solennita  le 
ossa  del  toro  e  di  quanto  non  e  stato  divorato: 
il  rogo  consumatore  dovrcbbe  essere  .spento  dalla 
pioggia...  Quest'anno  invece  della  pioggia  ci  fu 
un  sollione  scottante. 


//S 


'A' 


ill  a 


Sforia  di  25  anni  fa,  narrata  dal  missionario  D,   A,    Colbacchini. 

(CONTINUAZIONE). 


XIII.  -   Un  oracolo  decisive. 

Una  sera,  IMeriri-kwadda,  contiiiuo  la  sua 
narrazione: 

...  Ti  ho  gia  detto  e  ripetuto  die  il  parere 
dei  BorcSros  a  vostro  riguardo  era  discorde... 
Una  notte  nientre  tutti  riuniti  si  parlava 
<ii  questo  ed  alcuni  gia  si  accaloravano  per 
sostenere  la  loro  idea  contro  quella  di  altri, 
Uke-w2guu  disse: 

—  Onnai  vedo  che  non  riusciremo  a  pen- 
sare  tutti  nella  stessa  guisa  di  quei  civiliz- 
zati  che  -si  cliiamano  Padri  e  che  vennero 
a.  stabilirsi  proprio  nel  luogo  da  noi  preferito. 
Mi  av\-eggo  die  giammai  verremo  ad  una 
decisione  unanime...  Andiamo  dal  Bari, 
•offrianiogli  tabacco  ed  egli  invodii  il  suo 
li'diye  e  gli  chieda  die  dobbiaiiio  pensare 
di  quei  civilizzati;  se  possianio  o  no  fidarci 
di  loro;  se  la  bonta  che  mostrano  verso  di 
noi  e  vera,  od  e  un  tranelld  per  trarci  in 
iuganno   e   tradirci... 

La  proposta  del  Cacico  fu  accolta  e  tutti 
ad  una  voce  dissero:  —  Ben  pensato;  pre- 
parianio  subito  il  tabacco  da  ofifrire  al  Bari 
€  sentiremo  da  lui  queUo  che  dovrenio  fare. 

Tutti  si  aff  accendarono  nel  preparare  sigari 
€  a  condurre  il  Bari  per  mano,  come  e  nostro 
costume  e  collocarlo  nel  mezzo  nientre  a 
gara    gli    offrivano    i    sigari. 

II  Bari  messosi  subito  in  funzione,  co- 
miueiocon  alte  grida  a  chiamare  lo  spirito... 
Quella  volta  noi  ne  rimanemmo  tutti  ter- 
Torizzati...  Tanta  fu  la  forza  die  il  Bari  fece 
per  avere  il  suo  IVdire,  tanto  fu  lo  spasimo, 
I'agitazione,  le  contorsioni  ed  il  tremito 
coIl^'ulso  die  ebbe  al  giungere  dello  spirito, 
che  cadde  per  terra  come  morto,  e  cosi 
rimase   per  qualche  momento...   Ci  aflret- 


taiiimo  a  versargli  acqua  fredda  sul  capo  e 
riiivenne...  ma  la  parola  non  gli  usciva  dalla 
gola;  gesticolava,  tremava,  enietteva  suoni 
e  grida  da  noi  mai  uditi,  Finahnente  con 
voce  cavernosa  da  farci  tremare  disse: 

—  Perche  mi  chiamate  a  dirvi  cosa  die 
io  non  voglio  dirvi  ma  pure  sono  costretto 
a  dirvi?...  Cosi  dicendo  diede  un  terribile 
urlo;    poi    continuo: 

—  Si!  essi  sono  buoni;  non  ingannano; 
non  vi  faranno  alcun  male,  potete  pensar 
lieiie  di  loro...  Essi  servono  ad  uno  piu  po- 
tente  di  me  e  che  e  con  loro...  che  voi  non 
coiioscete...  Andate  pure  che  io  vi  accom- 
pagnero  col  canto  del  makdo  (specie  di 
falco)...  Mattina  e  sera  vi  terr6  avvisati  se 
mai  \"i  sia  qualche  cosa  in  contrario  a  quanto 
vi  dissi...  Col  canto  del  Makdo  sono  io  che 
vi  diro  di  stare  tranquilli,  die  nulla  di  male 
vi  accadra;  quando  vi  troverete  vicini  a 
quei  civilizzati,  se  nuovamente  udirete  il 
canto,  e  la  mia  voce  che  vi  dira  die  i^otete 
pensar  bene  di  loro  e  fidarvi  perche  sono 
amici  sinceri;  e  da  parte  rostra  non  dovete 
lie  pensare,  ne  tentare  di  recar  damio  a 
loro... 

Cosi  disse  Burekaibejo,  il  wdire  del  Bari 
e  tutti  rimanemmo  nel  piu  profondo  silenzio. 
Continuo  il  Ban  a  parlare  e  con  alte  grida 
e  con  grandi  convulsioni,  ricordo  tutto  cio 
die  aveva  detto  quella  sera  in  cui  cadde 
I'aereolito  e  che  i  Bororos  non  dimenticas- 
sero...  perche  dei  Bororos  era  e  doveva  es- 
sere  sempre  lui  Vassoluto  ii  megera  (signore, 
padrone)  che  se  avessero  fatto  il  contrario 
non  avrebbe  rispanniato  loro  castighi  e  lui 
stesso  li  avrebbe  mangiati  (fatti  morire) 
uno  per  volta...  Cosi  fini  di  dire  il  Bari  e 
poco  a  poco  ritomo  in  se  e  si  tranquillizzo. 


up 


L'inipressione  prodotta  fu  grande,  ini- 
mensa:  nessuno  osava  parlare;  I'incubo  del 
verdetto  era  profondo.  II  Bayi  aveva  detto 
die  si  andasse  a  vedere,  bisognava  dunque 
non  solo  ubbidire  ma  accertarsi  che  era 
veramente  come  lui  aveva  detto.  Non  pochi 
desideravano,  alcuni  lusiiigati  dai  regali  che 
avrebbero  ricevuto  dal  Padre,  altri  per 
sfogare  una  bella  volta  la  loro  sete  di  ven- 
detta, nel  caso  la  parola  del  Bari  fallisse  o 
aU'ultima  ora  non  si  avesse  piii  il  segno  con- 
venuto.   Tra   questi  era   Giri-ekureu. 

La  cosa  si  presentava  grave...  Se  non  si 
fosse  udito  il  canto  del  makao.  i  piu  erano 
decisi  di  non  aspettare  piu  oltre  per  dar\i 
I'assalto,  uccidervi  e  di.struggere  tutto. 
Uke-wagUu  voile  lui  stesso  guidare  la  comi- 
tiva...  Cio  non  piacque  a  Giri-ckureu  e  pose 
in  campo  ogni  ragione  e  pretesto  per  dis- 
suaderlo  da  quel  viaggio.  Ma  il  Cacico  non 
voile  ricevere  consigli  e  risolutamente  disse: 

—  O  per  una  ragione  o  per  I'altra,  io 
voglio  e  debbo  essere  presente,  perche  chi 
deve  dare  ordini  opportuni  sono  solo  io. 

E  siccome  tutti  erano  contenti  di  avere 
Uke-waguH  alia  loro  testa  ed  approvarono 
la  decisione,  Giri-ekiireu  non  oso  ribattere. 

Si  parti...  Uke-waeuu  si  niise  alia  testa, 
noi  tutti  lo  seguimmo.  La  prima  notte  so- 
stammo  sulle  rive  del  JRio  das  Mortes  dove 
abbiam  fatto  una  abbondante  pesca.  In 
quella  prima  notte  il  «  makao  i>  non  fece 
udire  il  suo  canto:  e  cio  fu  causa  di  non  pochi 
commenti  e  dicerie...  Uke-wagiiu,  a  notte 
alta,  trovandosi  da  solo  con  me,  mi  disse' 

—  Anche  se  il  segno  lasciatoci  dal  Bari 
venisse  a  mancare,  tentero  ancora  una  volta 
di  impedire  lo  sterminio  di  quei  bianchi, 
per  i  quali  (non  so  perche)  sento  nel  mio 
cuore  un  affetto  e  una  simpatia  mai  provata, 
e  sono  certo  che  tutti  mi  ubbidiranno:  di 
mio  solo  io  temo,  ed  e  di  Giri-ekurcu;  ma  a 


costo  di  usare  anche  della  mia  forza  e  d£ 
ogni  mezzo,  mi  opporro  a  tutto  cio  che  di 
male  egli  volesse  tentare. 

Ai  primi  albori,  continuanmio  il  cammino. 
Ouand'ecco  dall'alto  di  un  hurity  (Mauritia 
vinifera)  il  Makao  incomincio  il  suo  cantor 
Ma...  ka...d,  ...  ma...  ka...  b...  Tutti  volsero 
i  loro  sguardi  in  alto,  silenziosi,  e  poi  con 
segni  vicendevoli  si  dissero:  Hai  udito?  E 
proprio  lui...  Andiamo  avanti...  la  sua  pa- 
rola non  manca... 

Uke-wagiiu,  che  cammitiava  ini  passo  a 
me  dinanzi,  si  volto  indietro  e  mi  sorrise. 

Alia  sera  giungemmo  nel  luogo  denomi- 
nato  Nonnege  ika  guru.  II  sole  era  gia  al 
tramonto  e  nella  foresta  s'era  fatto  oscuro. 
Gli  ultimi  vemiigli,  pallidi  raggi  passando 
tra  foglia  e  foglia,  ci  portavano  il  saluto  del 
sole  morente  e  la  dall'alto  di  un  grosso  gia- 
quitibd  il  «  makao  »  lancio  per  la  foresta 
I'eco  del  suo  ritoniello...:  Ma...  ka...  b  ... 
ma...  ka...  b...  La  parola  del  «  Bari  »  si  com- 
piva...  Si  parlo,  si  discusse  di  nuovo  perche- 
alcuni  speravano  ancora  che  aU'ultima  ora 
I'ucceUo  del  «  Bari  »  si  ricredesse,  cambiasse 
idea   e   non...    cantasse   piii. 

Al  mattino  per  tempo,  Uke-ivagim  invi- 
tando  tutti  alia  partenza,  diede  ordine  di 
raggiungere  nella  giomata  il  fiume  Kugibbo 
(Barreiro)  prossimo  alia  Colonia.  Nel  par- 
tire  il  «  makao  »  ci  accompagno  col  suo 
saluto...  e  vidi  la  faccia  di  Uke-wagiiu  rag- 
giante  di  gioia  al  sentire  il  grido  di  quell'uc- 
ccllo  che  per  noi  fu  sempre  di  malaugurio 
nientre  quella. volta  rappresentava  un  es- 
sere misterioso  che  ci  scortava   e  ispirava. 

Ci  siamo  dispersi  per  la  caccia,  ma  alia 
sera  ci  riuninnno  nel  luogo  indicatoci  da 
Uke-wagiiu.  Tutti  avevamo  qualche  pic- 
cola  cacciagione  e  anche  I'appetito  non  man- 
cava. 

{Continua). 


Ccn  approvazione  ecclesiastica.  —  D.  DOMENICO  GARNERI.  Direlloie-responsalille.  -  Torino,  1931  -Tipojrafla  della  Sotlili  Edllrlce  InUrnazlonale. 


BATTESIMI. 

Impiegate  S.  E.  I.  (Toriuo)  pel  nome  Viltoria 

lolfi  a  una  cinesina  —  Sorelle  Ansaldo  (Bo- 

■-)  pei  noiiii  Antotiielia,  Biagina,  Giorgio,  Mar- 

fita    —    ilarchisio    Margherita    (Boves)    pei 

,.    aii  Anna  Mafia,  Gi'ovanni  Anlonio  — Sig.ue 

Uperaie  (S.  E.  I.,   Torino    pel   nome  Angiolina 

Cappello  ad  una  siaiiiesina. 

Rio  Negro. 

I  Hkione  Carolina  (Scurzolcngo)  pel  nome  Gio- 

■i:ni  —  Direttrice  Asilo  (Castano  I)  pel  nome 

i.osetla  —   Ospedale    San   Vito  per  JI.   I^iboria 

(Alcamo)  pel  nome  Crociftssa  Maria  Giuseppa 

—  Caucig  Ernesta  (Sanguarzo)  pel  npnie  Car- 
>iit-lo  —  Artero  Remigio  (\'inovo)  pel  nome  Re- 
in i^io  —  AUocco  Alessio  (Bra)  pel  nome  Barto- 
lovieo  —  Artero  Caterina  (Viuovo)  pel  nome 
Caterina  —  Rocci  Caterina  (Torino)  pei  nomi 
Caterina,  Angela  —  Superiora  Scuole  Parroc- 
chiali  San  Biagio  (Monza)  pei  nomi  Giovanni 
Maria,  Giovanni  Francesca  —  Viola  Innocenza 
(Bioglio)  pei  nomi  Anlonio,  Caterina  —  Leon- 
ciui  Fulvio  (Bolsena)  pel  nome  Cosimo  Gtier- 
rini  —  Prino  Don  Giuseppe  (Quaroua),  pel  nome 
Luigi  —  Istituto  Salesiano  (Biella)  pei  nomi 
Dante,  Cteiia  —  Avidano  Claudio  (Castell'Al- 
fero)  pel  nome  Benvenuto  Giuseppe  —  Bonomi 
Ancilla  (Osoppo)  pel  nome  Franco. 

Chaco  Paraguay. 
Croce  JIaria  (Varallo)  pei  nomi  Giorgio  Ugo, 
Mario  Leone  —  Segato  Emma  (Conio)  pel  nome 
Angela  Antonio  —  Brisighello  Giuseppina  (So- 
ksino)  pel  nome  Giovanni  Maria. 

Vic.  EQu.vroRE. 

Occhipinti  Salvatrice  (Ragusa)  pel  nome  Gia- 

,  iiita  —  Pellanda  Valentina  (Bognanco  S.  l,o- 

niizo  -   Ossola)  pel  nome  Maria    Valentina  — 

Holla   Don   Giuseppe   (Breno)  pei   nomi   Pietro, 

nno  —  Macellaro  Domenica  (Balangero)  pei 

niiCristina,  Anna,  Maria,  Coiisolala  —  N.N. 

pel  nome  Giuseppe  —  Bosio  Giuseppe  (Torino) 

pel  nome  Giuseppe  —  Fogale  Gio.  Battista  (Al- 

pignano)  pel  nome  Alda  —  Buttazzoni  Marianna 

(Sedcgliano)  pel  nome  Mariano  Francesco  Luigi. 

—  Cavinato  Autonietta  (Pozzoleone)  pel  nome 
Maria  Antonia  —  N.  N.  a  mezzo  Sa1>»siani  di 
(Legnano)   pei   nomi   Ottorino,    Amalia,    Mario, 


Elena  —  Bigotti  Marco  (Ales.s.uidria)  pel  nome 
Marco  —  Viuotti  Antonietta  in  Mazza  (Mon- 
taldo  Spigno)  pel  nome  Luigi. 

India  -  Madras. 
Brusasca  Don  Natale  (Finale  Emilia) pel  nome 
Mario  —  CaSsini  Don  Ottavio  (Ticineto)  pel 
nome  Evasio  —  Pcdretti  Margherita  in  Glisenti 
(Sonico)  pei  nomi  Giorgio,  Fiorina  —  Bolognini 
Nina  (Conversano)  pel  nome  Giovanni  —  Triulzi 
Maria  Luisa  (Alessandria)  pel    nome    Vincemo 

—  Mazzocato  Igino  (Treviso)  pel  nome  Utnberto, 
Maria  —  Agossi  Rosa  (Capriolo)  pel  nome  Giu- 
seppe —  Cadeo  Virginia  (Travagliato)  pel  nome 
Giovanni  —  Cavenago  D.  A.  (Milauo)  pei  nomi 
Angelo,  Domenico  Antonio,  Libera  —  Ronco 
Anna  in  Bosio  (Torino)  pel  nome  Anna  —  Pro- 
serpio  Giuseppina  (Monza)  pel  nome  Luigi  Maria 

—  N.  N.  a  mezzo  Don  Zolin  (Toriuo-Crocetta) 
pel  nome  Giuseppina  —  Treves  Battista  (Pios- 
sasco)  pel  nome  Giovanni  Battista  —  Lupi  Gina 
(Bondeno)  pei  nomi  Maria  Giovanna,  Gina  — 
Ravani  Mons.  Battista  (AuUa)  pel  nome  Gio- 
vanni —  Dabri  Maria  (Bolzano)  pel  nome  Gio- 
vanna Maria  —  Martellini  Angelina  Parente 
(Teano)  pei  nomi  Elisa  Mancini,  Pasquale  Pa- 
rente  —  Croce  Don  Natalio  (Morelia-Messico) 
pel  nome  Maria  Eustolia. 

INDI.^^  -   Ass.\M. 
Sereni  Don  Luigi  per  I'adozione  di  un  orfano 

—  Allara  Luigia  (Grazzano  M.)  pel  nome  Luigia 

—  Baglieri  Rosaria  (Ragusa)  pel  nome  Maria 
Angela  —  Grillo  Francesco  (\'oItri)  per  I'ado- 
zione di  un  orfano  —  Mongi  Don  Pietro  (Menii) 
per  I'adozione  di  un  orfano  —  N.  N.  (Torino) 
per  I'adozione  di  un  orfano  —  Marocco  Marietta 
(Poirino)  pel  nome  Lucio  —  AnoUi  Mario  (Diano 
d'Alba)  per  I'adozione  di  un  orfano  —  Capello 
Rina  (Cuneo)  pel  nome  Antonio  —  Camola  Rosa 
(Tromello)  pel  nome  Angela  —  Susana  Cecilia 
(Altavilla  M.)  pel  nome  Eros  —  Bellicardi  Bat- 
tista (Romagnano  Sesia)  pel  nome  Giovanni  Bat- 
tista —  Ruga  Angelina  (Borgomanero)  pel  nome 
Giuseppe  Maria  —  Cav.  .•V.vv.  Tito  Congini  (Pisa) 
pel  nome  Alberto  —  Ortelli  Pia  (I.ocarno  -  Sviz- 
zera)  pel  nome  Man/redo  Alessandro  —  Lom- 
bardo  Antonina  (La  Manouba)  per  I'adozione 
di  un  orfano  —  Sorelle  Sauti  (Albissola)  pel 
nome  Emanuele. 


INTELLIGEXTIi?! 

Settuba  i  preseutato  —  su  Le  Missiuni  dei 
PP.  BB.  —  come  un  vispo  monello  negro,  irre- 
quicto,  attaccabrighe  e  ladruncolo.  Un  gionio 
il  missiouario  I'jucontra  trafelato,  ma  sorri 
dente:  era  stato  sorpreso  a  rubare  aracliidi,  nia 
era  uscito  illeso  grazie  alle  sue  gambe  ed  allc 
sue  pietre. 

• —  Settuba,  li  una  vergogna!  sei  grande  e  di 
feligione  non  sai  ancora  uiente. 

—  Padre,  qualcosa  so,  interrogami... 

—  Ebbene  dininii:  quante  cose  sono  neces- 
sarie  per  salvarsi? 

—  Per  salvarmi?  mi  bastano  due  buone 
gambe  ed  una  buona  manata  di  pietre! 

L'ENTRATA  DELL'INDIETTO 
IN    COLLEGIO. 

Ce  la  ricorda  P.  Sebastiano  nel  «  JIassaia  », 
Un  fanciuUo  araucauo  che  per  la  prima  volta  si 
avvia  a  cavallo  a  fiauco  del  padre,  col  fagot- 
tiuo  contenente  le  sue  cosette,  verso  il  CoUegin. 
Gli  si  apre  davanti  una  vita  del  tutto  nuova:  il 
coUegio,  i  suoi  regolaraenti  severi,  le  gioruutt- 
ordinate,  il  donnitorio  colle  file  di  ktti  e  il  rin- 
toeco  inilessibile  dcUa  campana. 

Nellc  prime  scttimane  si  rispccchia  nci  suoi 
ocelli  la  nostalgia  della  madrc,  die  tanto  aiiia: 
cgli  resta  solitario  nelle  ricreazioni,  si  sente  fo- 
rcsticro  e  nou  partecipa  aH'allegria  dei  compagiii. 
In  alcuni  la  nostalgia  della  propria  oasa  d  in- 
guaribile,  e  ritornano  animalati  alia  faniiglia. 
Ma  la  maggior  parte  supera  il  duro  novizialo, 
si  abitua  alia  nuova  vita  e  vi  mette  radici.  Cosi 
fa  il  nuovo  passo  sulla  via  di  una  nuova  cultura 
ed  educazioue. 


I  vecchi  indiani  apprezzano  ed  esaltauo  I'istru- 
zione  ai  proprii  figli:  gli  uni  pel  suo  valore  spi- 
ritualc,  gli  altri  solo  per  quello  materiale.  Ma 
il  fauciullo  che  compie  la  sua  istruzioue  in  un 
coUegio  missionario  raggiungc  una  base  pel  suo 
benessere  materiale  e  per  la  sua  cultura  spiri- 
tuale.  Certo  e  che  I'educazione  avuta  nella  ca- 
panna  non  basta  perche  i  fanciuUi  crescano  uo- 
luini  coscieuziosi,  retti:  e  neccssario  che  fre- 
quentino  il  coUegio  dove  possono  apprcndere 
I'idea  csatta  del  vero  Dio,  la  fede  e  la  morale 
cristiana.  E  cio  che  si  dice  dei  fanciuUi,  vale 
auche  per  le  fanciulle. 

XOX  HA  DA  MANGIARE! 

AUe  9  di  sera  si  ode  alia  missione  il  rumore 
di  un  passo. 

—  A  quest'ora,  chi  sara  iiuii?  —  pensa  il 
missiouario.  Era  un  Inglese  proveniente  dal  di- 
stretto  di  Madi,  che  nou  avendo  trovato  porta- 
tori  era  stato  costretto  a  viaggiare  fino  a  quel- 
I'ora.  II  missiouario  gli  offre  ospitalita  cortese  e 
lo  ristora.  Era  uno  studioso  di  scieuze  natural! 
e  andava  in  cerca  di  campioni  dcUe  varie  specie 
di  mosche  iufette,  e  di  farfallc,  a  scopo  di 
studio. 

—  Come  sono  strani  questi  bianchi!  Un  uomo 
grande  come  Uii,  un  bianco  che  corre  dietro  a 
queste  piccole  cose!  —  sussurravano  i  ragazzi, 
ridendo  con  gusto  alle  spalle  dell'Europeo. 

—  Quest'uomo,  disse  uno  dei  niiei  piccoli, 
certo  non  ha  da  vivere  al  suo  paese  e  viene  qui 
a  prendere  farfalle  e  a  saziarsi  di  esse.  Chissa 
come  sara  contento  d'aver  trovato  chi  gli  da 
da  mangiare!... 

Con  questa  intenzione  raccoglievano  mosche 
e  farfalle  e  glide  portavano  in  gran  numero. 


prin' 


,ted  ix»  ^^^^^ 


^  ^ 


Pubbllcazlone  Msns'le) 


n  11/^ 


J I 


Oioveniu  fl)i$$ionaria 


a 

3 

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3 


SOMMARIO: 
Islilato  D.  Boftco  di  Gacta.  -  La  morfe  di  Nnnghitd.  -  Doloroso  calvario  di 
vecchi  ncl  Rio  Ne^ro.  -  Fiori  assamesi.  -  Una  scampagneta  dcgti  iodi.  - 
I  catechisli  di  ona  mi&sionc.  -  Conversione  di  ana  famiglia  a  Cuiab^.  ' 
0>piH  della  giuogla.  -  Nelle  rctrovic.  -  Pericoli  sui  pass!  del  tnissionario.  ■ 
Uhe-wagiJa. 


Sutti!  Suttt!  Sutti! 

t)pt)ete  aboperarot  per  procurarct  un  nuooo 

abbonato  semcstralc 

(&al  £ualio  al  Diccmbrc  C  5,50). 

Sfatect  questa  propoganbal 

dbbonamento: 

Per  rjjalia:  finnuale  t.  6,20  -  Sosknitore  L.  10  -  Oitalizio  L.  too 

Per  I'^stcro:      „     L.  10    -        „       L.  15-      „     L200 


3 1 

a 

a 
n 


Anno  IX  -  Num.  7 


Pubblicazione  mensile 


Luglio   1931   (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


Istitufo  Don  Bosco  di  Gaeia. 


II  26  aprile  Oaeta  inaugurava  il  nuo- 
vissimo  Istituto  Missionario  Don  Bo.sco 
con  grande  pompa,  e,  dicianio  pure,  con 
la  partecipazione  piu  entusiastica  della 
popolazione  riconoscente,  per  aver  cosi  i 
Salesiani  salvato  da  certa  rovina  due  cari 
monumenti:  la  Casernui  Menabrea  e  la 
Chiesa   Monitmentale   di   S.    Francesco. 

Spieghiamoci  in  poche  parole.  Chiesa  e 
caserma  furono  cedute  per  servire  a 
una  istituzione  missionaria  e  furono  sal- 
vate  dalla  ro\ana  che  loro  incombeva  per 
la  forzata  chiusura  e  mancata  manuten- 
zione.  D'ora  innanzi  ci  penseranno  i  Sa- 
lesiani, e  il  poco  che  han  fatto  fin  qui, 
ha  gia  assicurato  uno  splendido  awenire  a 
queste  due  vecchie  costruzioni  che  pare- 
vano  deftinate  alio  sterminio  piii  radicale. 
E  non  nieritavano  davvero  questo  de- 
stiiio.  II  ternpio  e  un  bel  monumento  edi- 
ficato  da  Ferdinando  II  di  Borbone  e  da 
tempo  era  chiuso  al  culto:  riaprire  una 
cliiesa  (come  quella  artistica  di  Gaeta)  e 
come  riaprire  miUe  e  mille  speranze  neUe 
anime:  —  e  non  e  poco!  —  Tauto  e  vero, 
che    oggi    la    chiesa    a    frequentatissima. 

Anche  la  caserma  ha  la  sua  storia  glo- 
riosa  —  io  non  ve  la  so  narrare,  ma  spero 
lo   fara   presto    qualcuno   degli   an.ici   di 


Gaeta;  —  basti  dire  che  fu  antico  con- 
vento  francescano  ed  ospit^  il  serafico 
S.  Francesco,  poi  il  B.  Agostino  e  venne 
poscia  ampliato  da  S  Bernardino.  Q'h  in 
questo  breve  annuncio  compendiata  la 
fortuna  nostra  di  possedere  un  locale  cosi 
rispettabile  e  per  un  fine  piu  rispettabile 
ancora,  qual'^  di  coltivare  le  vocazioni 
missionarie! 

I/'apertura  h  avvenuta  U  26  aprUe,  festa 
di  Don  Bosco,  al  quale  s'intitola  la  nuova 
opera,  che  df.ve  accogliere  e  formare  aUa 
vita  missionaria  la  gioventu  zelante  della 
media  e  bassa  Italia 

L'inaugurazione  fu  preceduta  da  un 
ciclo  di  solenni  funzioni  in  onore  del 
Beato,  svoltesi  colla  partecipazione  di  fe- 
deli,  di  Istituti  religiosi,  del  Clero,  degli 
alunni  deUe  pubbliche  scuole,  delle  rap- 
presentanze  delle  associazioni  della  dio- 
cesi  e  di  tutte  le  autorita.  L'artistica 
chiesa  di  S  Francesco  di  Assisi  fu  sempre 
gremita,  specialmente  nei  giorni  del  Triduo 
solenne,  predicato  dal  teologo  D.  Matteo 
Fasano,  Cappellano  Capio  dell'Aviazione; 
e  si  pales6  in  tutta  la  sua  intensita  la 
vivissima  divozione  gi^  sbocciata  nel 
cuore  dei  Gaetesi  per  Maria  Ausiliatrice 
e  pel   Beato  Don   Bosco. 


121 


Ai  Vespri  pontificali  della  vigilia  in- 
terveane  S.  E.  Monsignor  Aiigelo  Barto- 
lomasi,  Ordinario  Militare,  che  si  degno 
tessere  il  panegirico  del  Beato  il  giorno 
della  festa  durante  il  solenne  pontificale 
dell'Arcivescovo  Mons.  Casaroli. 

Nel  ponieriggio  I'lstituto  Missionario 
«  Don  Bosco  »  fu  inaugurate  con  un  ma- 
gistrale  discorso  di  S.  E.  il  senatore  Pietro 
Fedele,  cui  tennero  dietro  altre  cerimonie 
non  meno  vibranti  di  entusiasnio,  come 
I'inaugurazione  della  nuova  via  intitolata 
al  Beato  e  la  processione  della  reliquia 

*** 
Ci  piace  riferire  il  sunto  del  discorso 
tenuto    ill    quella    occasione    dall'ex    mi- 
nistro   senatore  Fedele,  quale  fu  dato  da 
un  giomale  di  Napoli: 

«  Alle  ore  i6,  nel  gran  cortile  intenio  del- 
I'antico  convento  francescano,  trasformato 
dai  Salesiani  in  im  modeniissirao  Istituto- 
convitto  giovanile,  e  presenti  tutte  le  au- 
torita,  associazioni  e  popolo,  I'ex  ministro 
senatore  professore  Pietro  Fedele,  oratore 
ufficiale  della  cerimonia,  pronuncio  reUgio- 
sameute  ascoltato  e  spesso  interrotto  da 
scrosciauti  applausi,  una  vera  calda,  dotta 
orazione.  Dopo  aver  ricordato  i  vantaggi, 
per  la  nazione  e  pel  Vaticano,  del  recentt- 
concordato  voluto  da  Benito  Mussolini, 
esalto  rimmortalita  di  Roma,  il  cui  nonie 
sara  sempre  pivi  diffuse  nel  mondo  dai  figli 
di  Don  Bosco.  Disse  che  dalla  storica  Gaeta 
questo  nuovc  Istituto  irradiera  dappertutto 
un  nuovo  raggio  di  luce,  che  propaghera  la 
meravigliosa  bellezza  dell'opera  creata  da 
Don  Bosco.  Affermo  che  egli  accarezzo 
sempre  la  speranza  che  i  Salesiani  venissero 
in  mezzo  a  noi  e  ricordo  che  allorquando, 
a  nome  del  Govemo,  offri  la  casernia  Mc- 
nabrea  al  rev.  D.  Tommaso  Masera,  diret- 
tore  del  nuovo  Istituto,  che  I'accettb  con 
entusiasmo,  fu  lieto  di  aver  reso  un  piccolo 
servigio  a  Gaeta  ed  alia  religione.  "  Oggi, 
prosegui  il  senatore  Fedele,  il  tempio  di  San 
Francesco  salvato  daUa  rovina,  h  risorto 
come  d'incanto  a  sentir  riunovata  la  voce 
della  pregliiera.  Dovunque,  i  Salesiani  hanno 
portato  il  fervore  della  loro  attivita,  che  si 
espande,  rigogliosa,  come  il  iiunie  che  s'in- 
grandisce  nel  suo  percor.so".  Quindi  il 
chiaro  oratore  ricord6  per  sonuui  capi  tutta 
la  vita  travagliata  di  lavoro,  di  fede  e  di 
ojiere  proficue,  spcsa  dai  Beato  Don  Bosco 
per  il  bene.ssere  della  gioventii  e  per  il  trionfo 
della  civilta  e  della  religione,  oiide  oggi  dai 
seme  da  lui  gettato  6  luito  I'albero  gigan- 


tesco,  rappresentato  nel  mondo,  da  ml- 
gliaia  di  scuole,  laboratori,  ospedali,  ricrea- 
tori:  esercito  d'ogni  lingua  e  d'ogni  nazione. 
"  Senza  il  soprannaturale,  continuo  I'ora- 
tore,  I'opera  di  Don  Bosco  non  si  spiega.  E 
tjuest'operfi  e  U  fiorire  estenio  delle  sue  virtii 
interne.  Egli  fu  contro  il  materialismo  cor- 
ronipitore  della  gioventii  e  feniio  a  tempo  il 
popolo  italiano  sulla  cliina  della  via  funesta. 
Ouaiido  io  proposi  lo  studio  della  dottriiia 
pedagogica  di  Don  Bosco,  qualche  filosofo 
idealista  sorrise.  Ogj;i  il  tempo  mi  ha  dato 
ragioiie  ". 

yuindi  I'ex  ministro  della  P.  I.  parl6 
dell'opera  educativa  dei  Salesiani,  che  si 
svolge  con  la  sola  bonta  fra  le  giovinezze 
loro  affidate  ed  accennd  alia  organizzazione 
della  gioventii,  voluta  dai  Duce  Mussolini, 
per  I'avvenire  della  Palria.  I,esse  un  brano 
di  una  eloquente  lettera  di  Don  Bosco  e 
COS!  concluse: 

"  Signori!  L'Istituto  che  oggi  si  inau- 
gura  fe  destinato  a  proseguire  I'opera  di  Don 
Bosco  in  tutte  le  parti  del  mondo,  diffon- 
dendovi  il  nome  d'ltalia  e  di  Roma.  E 
come  da  Gaeta  mossero  uel  915  le  armi  e 
gli  armati  cliiamati  dalpontefice  Giovanni  X 
a  combattere  i  iSaraceni  die  furono  infatti 
sbaragUati  nella  famosa  battaglia  del  Ga- 
rigliano;  e  come  nel  T571  da  questo  portc 
di  (jaeta  mossero  le  navi,  che  al  comandc' 
di  Marcantonio  Colonna  vinsero  la  celebrt 
battaglia  di  Lepanto,  cosi,  oggi,  muove- 
ranno  da  Gaeta  altre  voci  di  incitamentC' 
ed  altri  giovani  di  fede,  che  propagherannc> 
nel  mondo  le  dottrine  e  le  inassime  cvisUam 
della  nostra  religione.  Signori!  Con  la  visione 
di  questa  nuova  opera  di  civilta  e  mentre 
oggi  qui  si  apre  questo  nuovo  Istituto  Mis- 
sionario, gridiamo  il  quod  est  bonum,  felix . 
fausiumque.  Per  la  gloria  di  Dio  e  per  la 
gloria  d'ltalia!  ". 

Calorosi,  eiitusiastici  applausi  salutaronci 
I'orazione  del  senatore  Fedele,   ». 

*** 
I  nostri  amici  di  Gaeta  nel  fervore  della 
festa  non  han  potuto  pensare  a  inviarci 
fotografie   del   he]l'Istituto   Missionario  v 
della  bellissima  Chiesa;  vedendo  espresso 
su  (jueste  pagine  il  comune  desiderio,  con 
lidiamo,  si  daranno  premura   di  presen 
tare   alia   vostra   curiosita    (specialmentc 
agli  interessati  del  mezzogiorno  d'ltalia) 
una  documentazione  fotografica  dei  nuovi 
ainbienti,    atta   ad    entusiasniarvi   al   piii 
alto  grado,  e  ad  invogliarvi  (se  vi  sentitt' 
la  vocazione)  ad  entrarvi. 

Zio  GiGi. 


7  22 


DALLE   LONTANE    MISSIONI 


LA  MORTE  DI  NANGHITE 


Carissima  Gioventii  Missionaria. 

Dopo  uii  relativo  lungo  sonno  ti  voglio 
salutare  oggi  con  affetto  esplodente.  Ti 
scrivo  da  Macas  e  per  i  tuoi  lettori  soiio 
andato  raccoglieiido  mille  cosette  interes- 
santi  e  amose. 

Ti  voglio  raccoiitare  oggi  un  case  jjietoso 
successo  nella  Missione  di  Mendez. 

Le  fotogratie  che  ti  unisco  non  sono  certo 
delle  pill  allegre,  nia  contengono  un  drannna 
che  nientre  minacciava  di  canibiarsi  in  tra- 
gedia  per  il  sopravvivente,  divento  per  la 
Missione  nostra  I'inizio  di  una  nuova  era, 
nella  zona  di  Mendez. 

II  cadavere  nella  cassa  fvmebre  e  del 
kivaro  Nanghiie.  Viveva.  vicino  alia  Mis- 
sione e  la  frequentava.  Non  potrei  giurare 
che  la  sua  natura  o  il  suo  carattere  si  distin- 
guesse  molto  di  tra  gli  altri  selvaggi.  Ouattro 
aiuii  fa  quando  lo  conobbi  e  un  anno  dopo 
quando  ebbi  occasione  di  prestargli  qualche 
attenzione  inedica,  non  scorsi  in  lui,  come 
negli  altri  kivari  che  un  desiderio  di  stu- 
diarci  e  di  farsi  cristiano.  Era  catecumeno: 
forse  dei  piu  assidui.  Un  giorno  si  pre- 
sento  alia  Missione  con  tosse  e  con  spos- 
satezza  di  corpo.  Lo  si  euro;  ma  forse  non 
contento,  tento  di  andare  a  Cuenca  e  farsi 
visitare  nell'ospedale  di  quella  citta.  E  vi 
ando.  Naluralmente  non  ne  rimase  soddi- 
sfatto,  perche  piu  stanco  e  disilluso  dei  ri- 
medi  e  parole  grosse  suggeritegli  dai  niedici 
di  quella  citta. 

II  deperimento  era  sensibilissinio  e  si  an- 
dava  accentuando  senipre  piu.  Le  cavita 
toraciche  ripercuotevano  un  suono  cupo  a 
ogni  colpo  di  tosse.  Era  tisico  e  lo  sapeva 
senza  couiprendere  il  peso  della  parola  e 
senza  poter  riniediare  alia  sua  triste  condi- 
zione.  11  kivaro  non  conosce  altre  diete  che 
la  sua  ciccia  di  yuca  e    quando   I'appetito 


chiama,  non  riconosce  prescrizioni  mediche. 
Tutto  cio  che  e  commestibile ,  in  mancanza 
di  nieglio,  entra  a  far  tacere  gli  stimoli. 

Venue  alia  Missione  quasi  disperato,  Gli 
si  era  detto  le  tante  volte  che  si  riducesse 
a  sottomettersi  a  una  serie  di  iniezioni  per 
la  sua  malattia.  Gli  ripugi:6  finche  il  corpo 
si  senti  tale  da  resistere  a  camminare,  ma 
quando  non  ne  pote  piii.  accetto  le  iniezioni. 
La  malattia  intanto  era  progredita  spaven- 
tosamente.  La  fedele  e  amorosa  consorte  gli 
prodigava  oltre  le  cure  anche  il  suo  affetto 
raddoppiato,  a  onta  dei  frequenti  rabbufK. 

Quando  il  missionario  nolo  che  di  tra  le 
file  dei  neofiti  kivari  mancava  alia  Dome- 
nica  il  Naiighite,  I'ando  a  trovare  in  sua 
casa.  Fu  commovente  lo  spettacolo.  Disteso 
sulsuoduroa.ssitodibambu,  con  unosguardo 
languido  rispose  in  muto  linguaggio  al  sa- 
luto  gioioso clel missionario:  e  finita !  Comandd 
a  sua  moglie  (il  marito  kivaro  non  prega, 
ne  consiglia  sua  moglie)  che  trattasse  il 
Padre  come  lo  trattano  i  civilizzati,  por- 
tasse  lo  scanno  suo,  gli  scaldasse  un  novo 
e  gliel'offnsse.  Manifesto  il  desiderio  di  ri- 
cevere  il  Battesimo,  di  perfezionare  la  sua 
Lstruzione,  cio  che  fecero  gli  zelanti  missio- 
nari  di  Mendez  in  ripetute  e  faticose  visite 
alia  sua  casa. 

Quando  precipito  il  male  e,  secondo 
I'espressione  dei  kivari,  il  cuore  comincio  a 
uscirgli  con  il  sangue  dalla  bocca,  il  missio- 
nario. Padre  del  suo  corpo  ma  piu  dflla  sua 
anima,  suggello  la  preparazione  al  cristiane- 
simo  col  Battesimo  e  con  unirlo  in  matri- 
monio  cristiano  con  la  sua  sposa.  II  kivaro 
lascia  raramente  trasparire  i  suoi  sentiment! 
intenii,  ma  se  si  deve  dedurre  dai  fatti 
posteriori  al  suo  Battesimo,  mi  pare  facile 
apprezzare  reffetto  della  grazia  in  lui. 

fv  di  quegli  ultimi  giorni  di  vita  del  Nan- 
ghite,  che   opponendosi    lui   a   che   si  desse 


J2J 


niorte  al  figliolino  di  sua  sorella,  nato  di- 
sgra/.iato,  la  nostra  missione  di  Mendez  s'ar- 
ricchi  di  una  gemma  con  un  povero  bimbo 
sfonnato  nel  corpo,  ma  presto  fatto  figliuolo 
di  Cristo  e  regalato  pin  tardi  alia  celeste 
Gerusalemme! 

La  morte  del  Naiiglnte,  a  quanto  riferisce 
il  P.  Ghinassi  die  lo  assistette.  fu  cristiana- 
mente  eonimovente  e  per  nulla  si  differenzio 
da  quella  di  un  pio  cristiano  civilizzato. 


moglie  si  rade  completaniente  la  lunga  e 
disordinata  chioma. 

Che  pensi,  Gioventit  Missiuiiaria,  che 
abbia  fatto  la  vedova?  Dirai  a  ragione: 
«  passi  a  seconde  nozze  con  qualche  suo  co- 
gnato,  secondo  e  costume  tra  i  kivari  ». 

No!  Corse  alia  Missione  e  protc-to  che 
non  si  sarebbe  allontanata  di  li  neppure  se 
ve  la  cacciavano.  Fu  tanto  lo  studio  di  es- 
sere  obbediente  alle  suore  e  al  niissionario. 


II  cadaverc   del  kivaro    Nanghite 
nella  cassa. 


La   vedova   Maria 
moglic   di    Nanghits. 


Rbl)e  onori  funebri  —  i  prinii  oiiori  fu- 
nebri  cristiani  kivari  nella  zona  di  Mendez 
—  che  differenziandosi  essenzialmente  da 
quelli  kivari  fecero  una  profonda  impres- 
sione  in  tutti  i  selvaggi.  Sulla  terra  dei  suoi 
padri,  una  croce  presso  la  sua  casa  indica 
oggi  che  cola  tra  le  foreste  vergini,  fino  a 
ieri  regno  di  Satana,  riposa  nella  pace  di 
Cristo  un  cristiano  dellc  tribii   kivare. 


Nanghite  lascio  la  moglic  e  una  creatu- 
rina  che  raccolse  inconsolal>ili  grida  e  la- 
grime  dclla  mamma  e  di  lutta  la  famiglia, 
Nella  foto,  la  vedova  c  quella  che  sta  dietro 
alia  croce.  Ha  la  testa  rasa  secondo  il  co- 
stume kivaro,  che  alia  morte  del  marito  la 


die  ben  presto  nierito  la  felicita  del  Batte- 
simo  per  la  sua  creaturina,  e  per  lei  la  in- 
comparabile  fortuna  di  fare  la  sua  prima 
Comunione. 

Chi  la  vede  ora  tutte  le  mattine,  avvici- 
narsi  alia  santa  Mensa  e  cibarsi  di  Gesu 
Eucaristia,  devotamente,  non  puo  non  com- 
moversi.  Gesii  buono  le  richiese  un  gionio 
un  sacrificio  grande,  grande.  Le  doniando 
la  sua  bambina  che  portu  tra  i  suoi  angio- 
letti.  I"u  un  dolore  quello,  come  forse  nes- 
sun'altro  provo  e  provera.  L'anior  di  madre 
arrivo  fino  al  punto  di  estrarsi  il  latte  dal 
seno  per  metterglielo  vicino,  assai  vicino 
al  corpicciuolo  della  sua  bimbetta  morta. 
Eppure  sopporto  con  rassegnazione  il  fiero 
colpo. 


12^ 


Un  giomo  le  si  preseiito  u..  pretendentc 
alia  sua  iiiaiio  di  sposa. 

—  Hai  parlato  con  il  missionaiio  e  con 
la  Madre? 

—  Si.  M'hanno  detto  clic  ti  lasciano  li- 
bera. 

—  Iv  tu,  quando  saro  tua  .sjjosa.  potrai 
danni  I'i.struzione  chc  mi  danno  le  Madri? 
Mi  lascierai  vcnir  alia  chiesa  quando  voglio? 
Tu,  tu  die  sei  co.si  uudo  (indicandogli  I'ltipi) 
])3trai  ve.stinni  con  tanta  proprieta  come  lo 
fanno  le  JMadri?  Tu  mi  farai  lavorare  da 
mane  a  sera  a  preparare  la  ciccia  per  te 
e  per  i  tnoi,  rimproverandomi  a  ogni  mo- 
mento? 

Gli  argomenti  erano  solidi,  tuttavia  il 
cuore  della  selvaggia  si  rifece  sentire.  Non 
lo  rigetto  definitivamente  Venne  a  sapere 
tutto  cio  il  P.  Gliinassi,  il  suo  catechista,  il 
quale  fu  a  trovarla  e  la  invest!  cosi:  —  Dun- 


que,  Maria  (suo  nome  cristiano),  Ora  a  chi 
mi  rivolgero  per  farmi  correggere  il  cate- 
clii.smo  in  kivaro,  quel  catechisnio  che  sal 
vera  i  tuoi  fratelli? 

Basto,  Abhasso  la  testa,  si  asciugo  due 
lagrimoni  e  al  pretendente  che  pochi  gionii 
dopo  la  volL'  portar  via  dalla  Missione, 
dette  una  lezione  burlandosi  di  lui,  die  ri- 
niase  faniosa  perfino  tra  i  coloni  della  fio- 
rentissima  zona  di  ;\Iendez.  II  suo  sposo  dal 
cielo  le  da  forza  per  conservarsi  buona. 
Pare  che  essa  stessa  si  renda  coiito  di  cio. 
Avra  la  perseveranza  finale?  II  cuore  del 
kivaro  e  assai  volubile.  Ejjpure  noi  siamo 
ottimisti  e  certamente  Maria  sara  il  nostro 
vanto  in  Mendez  perche  i  tuoi  lettori,  cara 
Gio'dfiitu,  ci  otterranno  il  miracolo. 

Mac  as,   Marzo   1931. 

Sac.  Giov.  M.  ViGNA. 


Doloroso  calvario  di  vecchi  nel  Rio  Negro. 


Tra  le  cose  che  fanno  pin  dolorosa  impres- 
sioiie,  viaggiando  tra  gli  indi  Tucanos,  Pi- 
ratapuyas  e  di  altre  tribii,  vi  e  I'abbandono 
dei  poveri  vecchi. 

Finclie  il  veccliio  indio  e  la  veccliia  india 
vivono  uniti,  e  si  aiutano  a  vicenda,  lui  pe- 
scando,  cacciando  o  raccogliendo  fnitta  sel- 
vatiche,  lei  continuando  ad  aver  cura  deUa 
piantagione  di  mandioca  e  accudendo  alle 
faccende  di  casa,  le  cose  vanno  ancor  bene. 
Ma  quando  uiio  dei  due  muore,  il  superstite 
si  trova  esposto  a  mi  doloroso  calvario  pel 
rimanente  dei  suoi  gionii.  Portunato  se  ha 
qualche  figlio  senza  faniiglia;  egli,  general- 
mente,  non  lasciera  mancare  il  necessario  al 
genitore  il  cjuale  a  sua  volta,  finclie  le  forze 
glielo  penuetteranno,  contiimera  ad  aiutare 
il  figlio  nel  lavoro.  Ma  se  tutti  i  figli  .sono  gia 
accasati,  le  loro  cure  e  il  loro  amore  non 
sono  pill  rivolte  ai  genitori,  beiisi  alia  pro- 
pria faniiglia;  il  vecchio  padre  o  la  veccliia 
madre  avranno  forse  dai  fii^li  un  po'  di  fa- 
rina di  mai.dioca  ma  non  uno  straccio  per 
coprirsi. 

Nella  Missione  di  Taracua,  abbiamo  visto 
casi  compassioiievoli,  specialmente  nei  primi 
tempi,  di  vecchi  che  venivano  ad  offrirci  il 
loro  lavoro  per  guadagnarsi  in  cambio,  essi 
dicevano,  un  pezzo  di  stofia  per  coprirsi. 

II  calvario  dei  poveri  vecchi  abbandonati 
comincia  quando  cadono  amnialati.  Distesi 
nella  rete  o  amaca  hanno  per  unico  compagno 
il  fuocherello  ravvivato  da  qualche  bene- 
volo. Non  potendo  piii  prendere  i  bagiii  gior- 
nalieri  e  godersi  il  beiiefizio  dei  raggi  del 


sole,  il  loro  corpo,  pel  sudore  e  il  fumo,  fi 
copre  di  sudiciume  da  reiiderli  all'aspetto  piii 
brutti  di  uno  .'^pazzacamino  e  riliuttanti.  Se 
essi  hanuo  qualche  oggetto  di  valore  o  qual- 
che attrezzo  di  lavoro,  verra  a  privameli  lo 
stregone  (o  pa^e)  colle  sue  .smorfie,  coi  suoi 
soffi  e  con  medicamenti  insigiiificanti:  se  non 
hanno  nulla,  il  page  non  li  degnera  di  una 
visita  e  semplicemente  dira  che  sono  avvele- 
nati  e  niorraiino...  Nessuno  s'interessera  piu 
di  loro  dopo  la  senteiiza  del  page,  perche 
convinti  che  a  nulla  serv'irebbero  le  cure  e 
i  rimedi,  esseiido  stata  segnata  la  loro  sorte. 

E  facile  immaginare  come  saranno  gli  ul- 
timi  giomi  di  un  vecchio  da  tutti  abbando- 
nato:  la  mancanza  di  alimentazione,  la  tra- 
scuratezza  delle  piii  elementari  iiorme  igie- 
niche  abbrevieranno  i  suoi  gionii.  I  parenti 
intensificheranno  le  visite  non  gia  per  aiu- 
tarlo,  ma  per  vedere  se  il  filo  di  vita  non 
si  e  spento  e  se  ne  andranno  con  la  parola, 
abituale  in  questi  casi:  «maiica  poco!  ». 

Alia  morte  e  uno  scoppiodi  grida,  dipianti, 
da  parte  dei  parenti  piii  prossimi  che  vanno 
a  sfogarsi  sul  cadavere  con  certe  facce  di- 
pinte  in  segno  di  dolore  e  con  qualche  la- 
grima,  da  ricliiamarci  al  ricordo  evangelico 
di  coloro  che  erano  pagati  per  piangere... 

Una  barchetta  ser\ira  di  cassa  mortuaria 
per  accogliere  il  cadavere  ridotto  a  un  vero 
scheletro,  che  verra  deposto  in  una  fossa  sca- 
vata  nella  stessa  maloca  con  I'acconipagna- 
mento  di  qualche  gemito  o  di  qualche  nenia. 
E  del  vecchio  piii  nessuno  avra  un  ricordo. 
D.  Giovanni  Marchesi. 


125 


FIORI   ASSAMESi 


Una  donna. 

Dicono  che  Shillong  e  il  paese  dei  fiori. 
lo  me  ne  sono  accorto  I'altra  sera.  Mi  ven- 
nero  a  chiamare  perchi;  c'era  una  donna  che 
stava  male.  Vado.  Era  una  doima  giovane 
ancora,  d'una  trentina  d'anni.  Si  contor- 
ceva  sopra  un  povero  giaciglio  in  fondo  ad 
una  capanna  buia  ed  al?umicata. 

Cercai  di  confortarla  alquanto.  Era  cat- 
tolica  da  poco,  battezzata  in  letto  e  non 
sapeva  altre  preghiere  che  il  segno  di  croce 
I/e  spiego  in  due  parole  la  confessione  e  mi 
domanda  di  confessarsi.  Poscia  la  esorto  ad 
offrire  le  sue  sofferenze  al  Signore.  «  Come 
debbo  dire?  ».  «  Di  cosi:  Gesii,  che  hai  tanto 
sofferto  per  amor  mio,  anch'io  voglio  soffrire 
questi  dolori  per  amor  tuo  ». 

Gli  altri  erano  rientrati  e  si  parlava  della 
malattia,  quando  un  gemito  mi  scuote. 
«  Cosa  desideri?  ».  Non  rispose.  I<a  sua  voce 
dolente  balbettava  tra  sospiri  affannosi... 
« anch'io  voglio  soffrire  questi  dolori  per 
amor  tuo  »,  Non  disse  altro  per  tutto  il 
tempo  che  rimasi  la,  interrompendosi  solo 
per  ringraziarmi  e  raccomandarsi  alle  mie 
preghiere. 

E  morta  stamattiua  con  quelle  parole  sul 
labbro. 


Una  Fanciulla. 

Un  batufolo  tondo,  alto  una  spanna,  tutto 
imbacuccato  nella  jainktip,  da  cui  fa  capo- 
lino  solo  imo  facciona  grassoccia  dagli  occhi 
neri  e  scintillanti.  Non  la  posso  guardare 
senza  che  mi  si  metta  a  ridere  e  si  nasconda 
dietro  alia  sua  compagna;  e  se  rispotide  alk- 
mie  domande  non  la  capisco,  perche  si  copre 
la  bocca  con  la  jam,  come  se  si  vergogiiasse 
a  mostrare  i  deiitini  ancor  bianchi. 


Si  chiama  Angela.  La  battezzo  pochi  mesi 
fa  Don  Vendrame  a  Mawhlang,  suo  paese 
natale.  Avevo  sentito  qualcosa  della  sua 
conversione  e  me  la  son  fatta  raccoutare 
dalla  ragazza  che  I'accompagna.  Vi  e  del- 
I'interessante,  o  meglio,  del  meraviglioso.  E 
sola:  la  mamma  e  morta  e  il  padre  I'ha  ab- 
bandonata  da  anni,  secondo  quello  che  h 
purtroppo  il  costume  pagano.  Una  notte 
ebbe  un  sogno  e  vide  un  Padre  che  veniva 
al  suo  paese.  Si  sveglio  con  uno  struggi- 
mento  strano  di  essere  con  lui. 

Domando  di  ricevere  il  battesimo  e  la 
proposta  sollevo  un  pandemonio  fra  la  pa- 
rentela;  ma  questa  frugola  di  dieci  anni  k 
mia  donnina  e  non  cedette.  Eu  maltrattata, 
legata,  minacciata;  « Mi  lascio  anmiazzare 
se  volete,  ma  io  voglio  andare  dal  Padre  ». 

Purono  usate  le  moine.  «  Einora  ero  uno 
straccio  ed  ora  mi  accarezzate  tanto?  »  ri- 
spose. 

II  Padre  era  in  paese  e  scappo  da  lui.  Da- 
vanti  alia  capanna  la  sorprese  ima  zia;  ma 
la  ragazza  si  avviticchio  ad  un  albero  e  non 
ci  fu  verso  di  ])oterla  nuiovere. 

Si  amministrava  il  Santo  Battesimo  e  la 
bimba  si  era  intnifolata  fra  i  battezzandi, 
quando  dal  fondo  della  capanna  s'alza  una 
voce:  era  il  babbo  che  accompagnato  dal 
corteo  dei  parenti,  si  faceva  vivo  per  la 
prima  volta:  «  Padre,  questa  ragazza  e  mia 
figlia;  non  voglio  che  sia  battezzata  ». 

Nejjpure  il  Padre  lo  voleva,  perche  temeva 
un  subbuglio,  e  la  ragazza  fu  messa  in  di- 
sparte.  Ma  ritomo:  « lo  voglio  essere  battez- 
zata ».  Ed  i  present  i  che  conoscevano  le  sue 
lotte  e  le  sue  condizioui  di  famiglia  incalza- 
rono  che  a  chi  lo  vuole  non  si  puo  negare  il 
battesimo.  I  parenti  tacquero  e  fu  battez- 
zata. 

Usciva  dalla  capanna  e  uno  zio  gli  va  in- 


126 


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Un   ftorc   del    Bengala. 


contro  mostraiidole  il  wail:  « Aspetta  che 
torni  il  Padre.  I,o  vado  a  salutare  u  appena 
gli  ho  detto  khublei,  gli  taglio  il  collo  ». 

« Ne  vacclie,  tie  casa,  ne  campi  ti  lasciero 
piu  ora  »,  badava  a  strillare  la  zia. 

« Non  me  ne  importa;  ora  sono  cattolica  ». 

I,a  cara  aiigioletta  ride,  ride,  mentre  I'altra 
ragazza  conta;  e  a  nie  vieii  da  piangere  a 
pensare  a  c|iiel  cuoricino  grande  che  sa  ab- 
baiidonare  tutto  per  il  vSignore  appeiia  co- 
iiosciuto. 

Le  ho  dato  un  santino  e  I'lio  salutata. 
Salterellando  dalla  gioia,  mi  ha  contato  che 
e  tanto  contenta  ora  che  ha  fatto  la  S.  Co- 
mmiione;  che  ora  sta  con  la  Rosina  e  la 
Maria  all'ospizio  di  S.  Vincenzo,  poi  andra 
a  Solira  per  la  jingiasengbali  e  di  li  tonierii 
al  paese.  «  Vieni  anche  tu.  Padre,  a  Solira?  >>. 


Un  vecchiefto. 


Un  vecchietto  segaligno,  arzUlo;  cam: 
'■    un  turbante  quasi  bianco,   gli  oc- 


camicia 


ho  mai  potuto  cajiire  a  cosa  gli  serv'issero;  i 
denti  un  ricordo.  Lo  incontrai  a  Nonguni- 
long  e  facemmo  un  po'  di  via  assicme. 

«  lo  sono  di  stirpe  di  re,  Padre,  e  ho  go- 
veniato  parecchi  paesi.  Ora  sono  cristiano 
e  non  m'importa  piii  della  gloria  mia.  Pel- 
legrino  di  paese  in  paese;  vado  a  trovare  gli 
anrmalati  e,  sai.  Padre,  io  sono  ignorante. 
non  m'intendo  di  medicina,  ma  prego  ed 
essi  spesso  guariscono.  Ho  mi  solo  <lispin- 
cere:  sto  lontano  dal  Padre.  Io  sto  lassii  su 
quel  monti,  a...  Aluieno  una  volta  al  niese 
perd  cerco  di  venire  a  Laitimikhrali  a  far 
la  mia  S.  Comvmioue.  Non  posso  venire  piii 
spesso,  ma  io,  Padre,  prego  senipre  Gisii 
die  non  se  ne  vada  via  da  me,  ma  rimanga 
qui  nel  mio  jjetto  come  un  seme  e  fiorisca 
in  un  bel  gigUo  nella  mia  bocca,  sicche  il 
suo  profumo  sia  sempre  nelle  mie  parole, 
quatido    lo    predico    ai    pagani  ». 

Non  vi  paioiio  belli  e  geutili  questi  fiori 
offerti  a  Gesvi  dalle  giungle  dell'Assam? 
Sac.  A.  PlANAZZi 
Missionario  Salesiano. 


e   dhoti,  un  turoante  quasi   di  ,   ^, 

chiali  proprio  siilla  punta  del  naso  che  non 


Una   famiglia   bengalese. 


ISJ 


SANGRADOURO   (Brasile).    =    L'arrivo   degli   autocarri   alia    oCoIonia   Sacro   Cuorc" 


UNA  SCAMPAGNATA  DEGLI  INDI 


Sono  da  pcchi  trionii  ritoniato  da  una  vi- 
sita  a  Mons.  Couturon  che  a  mala  pena  potei 
raggiungere,  perchc  instancabilmente  per- 
corre  la  Prelatura  nioltiplicandosi  in  una 
attivita,  riccadi  fruttuosorisveglio  religioso, 
nella  vastissinia  zona  nieridionale,  la  piii 
abitata  e  pronicttente. 

Monsignore  mi  ha  domandato  se  avessi 
inviato  relazionc  di  una  passeggiata  che  ave- 
vamo  fatto... 

—  No,  risposi,  perche  mi  senibra  cosa 
comune... 

—  Niente  affatto  comune:  scriva  percio! 
Non  ricorda  le  jjasseggiate  del  Beato  Don 
Bosco  coi  suoi  ragazzi  sui  colli  del  Monfer- 
rato?  Kccole  ripetute  nel  centre  delle  foreste 
del  Mattogrosso,  da  giovinetti  indiani,  con 
lo  stesso  spirito  e  colla  stessa  allegria. 

Ktl  era  vero. 


Approfittando  delle  vacaiize  del  nostri  Bo- 
roros,  che  quasi  lutti  erano  andati  in  villeg- 
giatura  nella  forcsla,  pensammo  anche  noi 
ad  un  poco  di  svago  con  una  bella  passeg- 
giata alia  Coloiiia  del  S.  Cuore,  distante  una 
settuntina  di  chilometri.  Vi  avrebbero  preso 
parte  i  missionari  con  i  ragazzi  rimasti,  c 
le  snore  con  le  loro  alunne.  Mia  difficolta 
del  trasporto  provvide  la  Provvidenza:  un 
camion,  giunto  da  Cuialjd  e  dirctto  a  (juella 
nieta,  servi  insiiine  col  nostro  alia  bisogua, 

II  giorno  della  jjartenza,  alzatici  per  tempo 


e  conipiuti  i  nostri  doveri  religiosi,  ognuno 
occuiK)  il  posto  assegnatogli.  Tutti,  i  ncstri 
giovani  e  le  fanciulle,  avevano  in  corpo  una 
irrequictezza,  una  gioia  per  I'avvenunento 
e  le  loro  voci  argentine  siipplivano  perfet- 
tamente  il  frastuono  della  banda  che  per  la 
circostanza  niancava. 

Prima  di  niezzogionio  si  fece  una  fermata 
alia  jazeiida  di  un  nostro  amico,  che  ci  ri- 
cevette  con  grande  cordialita  offrendcci  un 
buon  pranzo,  e  si  riparti.  Da  questo  punto 
anche  la  strada  cambiava  aspetto,  presen- 
tando  ripide  discese  sulla  roccia  dove  i  ca- 
mions slittavano  con  tutta  facilita,  e  distese 
sabbiose  dove  alle  volte  i  mot<jri  parevano 
impotenti  a  proseguire.  Poi  si  dovettero 
passare  certi  ponti...  Pensate  a  due  tronchi 
d'albero  gettati  a  traverso  i  torrenti,  e  dover 
correre  su  essi  coUe  macchine. 

II  guidatore  del  camion,  venuto  da  Cii- 
iab4,  era  veramente  maestro  in  tpiesto  gt- 
nere  di  sport  e  passo  senza  la  minima  titu- 
banza:  io  invece,  non  avendo  nuii  fatto  una 
simile  prova,  preferii  far  discendere  i  niiei 
gitanti  e  tentare  il  passaggio  a  camion  vuoto. 
La  prova  riusci  bene  e  non  ebbi  con  questa 
precauzione  scrupoli  di  coscitnza, 

A  notte  inoltrata  si  giunse  alia  Colcnia. 
Gli  abitanti,  appena  udirono  il  rombo  dei 
inotori,  diedero  fiato  alle  trombe.  e  ravviva- 
rono  i  fuochi  accesi  pel  nostro  ricevimento. 
Dire  I'accoglienza  fattaci  non  e  cosa  agevcle: 
I'aninui  bororo  ha  sempre  delle  sorprcse  in'- 
I)ensate,  non  prevedibili,  che  damio  all'atto 


I2S 


pill  indifferente  siguificati  straordmari  c-  fan- 
tasidsi.  Tiitti  fummo  assaliti  nel  piii  ciitu- 
siastico  dci  modi  dai  Bororos  e  dai loro  bimbi, 
iiientre  le  doiiiie  e  le  ragazze  facevano  al- 
tivttaiito  e  piu  coUe  suore  e  le  loro  allievc. 
II  ricevimeiito  svoltosi  tra  i  bagliori  delle 
\-aste  fianimate,  tra  il  suono  degli  strumenti 
V  il  gridio  di  tutti  ebbe  tale  carattere  di 
poesia  e  di  cordialita  che  non  sara  dimeiiti- 
cato. 

Tre  gioriii  di  pt-niianenza  alia  Colonia  fu- 
rono  tre  giorni  di  gioia  inteusa  e  schietta. 
Tutte  le  sere  vi  fu  tratteninieiito  di  cinema- 
tografo,  ancora  igiioto  alia  niassima  parte 
degli  abitanti  della  Coloiiia.  A  bocca  aperta 
essi  contemplavano  i  preparativi  e  saluta- 
vano  le  varie  scene  con  alte  esclamazioni 
di  nieraviglia.  Ouando  appar\'ero  le  scene 
della  vita  di  Nostro  Signore,  era  bello  sen- 
tire  i  delicati  comnieiiti  di  alcuni  che,  com- 
prendendo,  davano  spiegazione  ai  compagni 
nieno  istruiti.  Desto  vivissimo  interesse  una 
film  rapjiresentante  una  scena  di  caccia 
grossa:  i  Bororos,  che  ne  sono  tutti  maestri  e 
si  sentivano  nel  loro  anibiente,  sembravano 
])artecipare  effettivaniente  alia  scena:  tutti 
in  piedi,  coi  gesti  e  colla  voce,  aizzavano  i 
cani  che  nell'inseguimento  correvano...  sullo 
schernio. 

II  ritonio  si  fece  in  due  giomate,  ripo- 
sando  una  notte  alia  fazcnda  del  sig.  Joa- 
quim  Gabriel,  che  ebbe  per  noi  tutti  i  ri- 
gaardi.  Offrimmo  a  tutta  la  sua  faniiglia,  hi 
riconoscenza,  uno  spettacolo  cinematogra- 
fico,  sempre  gradito  in  queste  lande  deserte. 


e  davanti  ad  un  quadro  luininoso  dclIa  Ma- 
donna chiudemmo  la  giornata  con  la  recita 
delle  orazioni. 


II  di  .seguente  per  un  guasto  al  motore  il 
mio  camion  dovette  fennarsi  per  strada, 
mentre  I'altro  continuava  pel  San^radouro. 
Oiiell'incidente  fu  proprio  una  bella  disposi- 
zione  della  Provvidenzn.  Jlentre  si  attendeva 
a  fare  le  opportune  riparazioni,  arriva  un 
Bororo  e  reca  la  notizia  che  un  suo  compagno 
era  nioribondo   nella   selva. 

—  fi  lontano  di  qui?   —  domandai. 

—  No,  e  vicirio;  se  vuoi  andiamo  insieme. 
Lasciai  ad  altri  di  proseguire  il  lavoro  e 

mi  avviai  col  Bororo  all'accampnmento.  Ri- 
conobhi  il  povero  malato:  era  un  giovinotto 
che  da  anni  viveva  lontano  dalla  missione 
ed  anche  non  viveva  da  cristiano;  lo  ricor- 
davo  ragazzo  robusto,  ora  lo  vedevo  preco- 
cemente  invecchiato.  Mi  ricevette  con  pia- 
cere  e  appena  I'invitai  a  confessarsi.accetto 
e  allontano  i  presenti. 

—  Vedi,  gli  dissi  poi,  come  e  buono  il  Si- 
gnore con  te?  Egli  dispose  die  ti  potessi 
confessare:  ringrazialo  e  ripeti  frequente- 
niente:  Gesi't  mio,  misencoydia!  Ricorda  an- 
che la  Mamma  celeste,  Maria,  e  invocala  con 
la   recita  deWAvc. 

Due  giorni  dopo  volava  al  cielc. 

Sangradoiiro.  ottobrc   1931. 

Sac.  Cesare  Albisetti. 


IN  PIENA  CATASTROPE. 

Mons.  P.  il.  Beniardi  O.  S.  JI.  descrivendo 
la  miseria  delle  popolazioni  del  Puriis  (Brasile), 
cosi  si  e.sprime:  «  ...  deprezzata  la  gomma  ela- 
stica,  per  la  concorrenza  del  Ceylan,  tutti  o 
quasi  tutti  i  lavoratori  ne  abbandonarono  I'estra- 
zione.  Saputo  poi  che  il  cedro  poteva  dare  mag- 
gior  lucro,  tutti  si  precipitarono  nel  bosco  e  si 
misero  ad  abbattere  questi  alberi,  inviandoli 
a  Manaos.  Solo  pel  fiume  Funis  sono  scesi  a 
Manaos  30.000  tronchi;  ne  minore  e  stata  I'af- 
fluenza  di  detto  leguame  dagli  altri  fiumi.  Nel 
porto  di  JIanaos  si  produsse  tale  agglomera- 
inento,  clie   le   autorita   proibirono   di    spedirne 


altro,  e  nello  stesso  tempo  i  compratori  si  ri- 
fiutavano  di  acquistarlo  anche  a  prezzo  irri- 
sorio.  Impresari  e  lavoratori  si  sono  cosi  trovati 
in  plena  catastrote  finanziaria...  ». 

TRA  CANI  E  COCCODRILLI. 

II  cane  quando  vuol  abbeverarsi  nei  fiumi 
brasiliani,  abbaia  prima  due  o  tre  volte  in  un 
dato  punto,  a  fior  d'acqua,  poi  si  sposta  di  al- 
cuni metri,  piii  in  su  o  piu  in  giii,  poiche,  caso 
sii  li  presso  un  coccodrillo,  il  cane  abbaiando  ne 
chiama  I'attenzione  nel  punto  ove  egli  non  berra. 
Cosi  Mnns.   Bernardi  nel  Servo  di  Maria. 


12 


i.  3S05 


Dipponid 


11    m  ssionario    Don   Dalmasso   con    ie   famiglic   dci   suoi   catcchisti. 


I  CATECHISTI  DI  UNA  MISSIONE 


L'opera  dei  catechisti  in  missionc ,  forsc 
non  e  a  sufficienza  conosciuta.  II  piii  delle 
volte  il  missionario,  europeo  od  indigeno, 
ha  la  responsabilita  di  un  territorio  vastis- 
sinio,  e  non  ha  comodita  alcana  di  couiuni- 
cazioni  dirette  e  celeri,  quali  si  hanno  da 
noi  ill  E.iropa.  Per  visitare  i  snoi  cristiaiii, 
vecchi  o  nuovi,  nniti  in  gruppi  e  famiglie, 
o  isolati  gli  uni  dagli  altri  alia  distanza  di 
giorni  interi,  il  missionario,  dotato  al  nias- 
simo  di  un  gramo  cavallo  o  di  una  irruggi- 
nita  bicicletta,  impiegherebbe  un  tempo 
preziosissimo,  senza  contare  lo  strapazzo 
eccessivo  die  logorerebbe  le  sue  forze. 

Anche  i  catecumcni  vanno  visitati  spesso  e 
istruiti  per  una  conveniente  preparazione  al 
Battesimo:  e  lescuolettecristiane  vanno  pure 
curate,  per  avere  una  gioventii  cristiana, 
sicura  e  forte  nella  fede.  Inoltre  le  cappelle 
vanno  vigilate  e  officiate,  e  cio  ricliiede 
l'opera  diretta  del  missionario.  Come  puo 
un  uonif)  solo  compiere  taiita  somnia  di  la- 
voro,  occu])arsi  di  tutto,  tiuando...  invece, 
deve  precisanieiite  troncare  il  suo  pro- 
gramma  prestabilito  per  correre  decine  e 
decine  di  chili  )metri  ad    assistere  e  confor- 


tare  un  moribondo,  a  salvare  un'anima  in 
pericolo  di  vita? 

Ed  ecco  I'ainto,  il  braccio  destro,  il  sosti- 
luto  del  missionario,  senza  del  quale  noi 
farenimo  ben  poco:  il  catechista  indigeno. 
Egli  sa  e  po.ssiede  la  lingua  meglio  di  noi, 
clie  soveiite  non  sianio  ne  ben  compresi  ne 
bene  conipreiidiomo.  II  catecliLsta,  indigeno 
fra  indigeni,  ha  le  porte  sempre  aperte,  non 
trova  diffideiiza  contro  di  se;  e  non  incontra 
ostilita  di  nazioiiali.smo.  Egli  e  fatto  per 
a^^'iare  le  relazioni  col  missionario.  Arriva 
come  un  amico,  come  un  ospite  in  una  casa, 
fiima  la  pipa  della  pace,  beve  il  t^  del- 
I'amicizia  secondo  la  biiona  regola  cmese; 
e  tra  una  fumatina  e  I'altra  fa  niolte  chiac- 
chiere,  alcune  indiiTerenti  e  magari  insulse; 
poi...  al  momeiito  opportuno  getta  la  una 
parola  buona,  un  consiglio,  un  invito  a  ri- 
llettere,  a  studiare,  a  praticare  la  vera  Reli- 
gione,  a  lasciare  le  su])erstizioni,  ecc... 

II  ghiaccio  6  rotto. 

Av\'engono  allora  discu.ssioni:  chi  mani- 
festa  i  suoi  dubbi,  chi  il  suo  indiiTcrentismo 
e  chi...  il  sun  dispre/.zo:  ma  iutanto  I'esperto 
catecliista  non  si  uieraviglia,  discute,    trae 


/  -72 


fiiori  il  lihro  del  catcchismo,  stuz/.ica  la 
curiosila.  riiiU-resse  tie;  suoi  iiiterlooutori; 
e  qualcuno  e  Sfinpre  conquiso  dalla  grazia. 

II  catechista  aumunta  e  prodiga  le  sue 
visite;  il  luissionario  gli  sara,  le  prime  volte, 
come  compagiio  improvvisato;  frattaiito  si 
avvia,  si  coiicreta  il  lavoro  di  istnizione,  la 
salvezza  di  un'anima. 

Qaaiito  ci  sono  preziosi  i  catechisti  pvr 
gli  uomini,  e  le  catechistesse  per  le  doiine! 

Credo  di  non  errare  asserendo  che  gran 
parte  delle  conversioni  sono  iniziate  da  cjue- 
sti  zelanti  coadiutori  ilel  missionario.  Ma 
per  esser  tali,  essi  non  delihono  avere  preoc- 
cupazioni  materiali,  del  nianteniniento  pro- 
]irio  e  delle  faniiglie,  delle  necessita  della 
moglie  e  dei  figli;  percio  noi  vi  dobbiamo 
provvedere  con  un  congruo  stipendio.  riii 
ne  possianio  stipendiare,  e  piu  ne  guadagiia 
il  lavoro  evangelico.  Ed  ecco  un'altra  grave 


preoccupazione  dei  niissic  iiario:  trovare  le 
sonmie  necessariu  al  nianteniniento  dei  ca- 
techisti. 

J,a  fotogratia  di  ([ucste  due  Ijelle  faniiglie 
di  calecliisti  vi  presenta  due  uomini  bene 
istruiti  e  zelanti  assai;  quello  a  sinistra,  ^ 
Sciaii  Paolo,  che  pel  nome  del  Signore  fu 
schiai^eggiato  dai  cattivi;  nia  non  abban- 
doiio  per  cio  la  sua  missione,  anzi  vi  si 
afifeziono  ancora  piii.  Aiiclie  le  loro  faniiglie 
sono  escmplari  c  rispecchiano  il  loro  zelo. 

E  voi  cari  lettori?  fate  volentieri  qualche 
sacrifizio  per  aiutare  il  niissicrario  onde 
possa  avere  a  disposizioiie  un  maggior  nu- 
niero  di  catechisti.  Sara  f|uesta  la  piii  bella 
e  piii  utile  cooperazione  die  voi  darete  alle 
Jlissioiii. 

Maggw  193 1. 

Sac.  I'mbkrto  Dalmasso 
Missionario  Saksiaiio. 


Conversione  di  una  famiglia  a  Cuiaba. 


La  notte  del  4  ottobre  1927  sentii  pic- 
chiare  forte  alia  finestra  della  niia  canieretta 
e  udii  una  voce  che  diceva:  —  Padre,  veiiga 
])resto  ad  amministrare  il  Battesimo  a  una 
morente... 

Balzai  dalla  rete  (nel  Mattogrosso,  per 
motivo  del  caldo  tropicale,  si  dorme  da  tutti 
nella  rete  o  ainaca),  presi  il  necessario  e  gui- 
(iato  dalla  pia  donna  che  mi  aveva  cliiamato 
percorsi  le  due  miglia  fra  baize  e  dirupi, 
nell'oscurita  della  notte.  e  giunsi  alia  casa 
della  famiglia   Januario  Rondoii. 

In  una  stanza,  rischiarata  dalla  debole 
luce  d'una  candela,  giaceva  agonizzante 
Rosa  Roiidon,  giovane  sui  19  anni,  alunna 
del  I,iceo  di  Cuiaba.  Mi  chiese  il  Battesimo 
e  glielo  ammiiiistrai  con  soUecitudine  perclie 
non  vi  era  tempo  da  perdere.  Par\e.  insienie 
colla  grazia  di  Dio,  riaccjuistare  anche  la 
vita  del  corpo  e  accompagno  con  plena  luci- 
dita  tutte  le  cerimonie  die  seguirono,  e 
quando  giunsi  alle  parole:  Rosa,  vade  in 
pace:  Dominus  sit  tecum,  serenamente  essa 
V0I6  al  Cielo.  II  suo  volto  divenne  all'istante 
bello  e  roseo,  e  tale  si  mantenne  fino  al  mo- 
men  to  della  sepoltura,  avvenuta  poche  ore 
dopo,  secondo  la  consuetudine  di  quel  luoghi. 

Alia  madre,  alle  sorelle,  ai  fratelli  che  pian- 
gevano,    dissi   parole   di    conforto:    -      Non 
piangete:  la  vostra  Rosa  e  in  Cielo  e  di  la 
i'itercedera  grazie  per  tutti  voi! 
*** 

Poveretti!  Avevano  bisoguo  davvero  di 
una  grazia  speciale.  Erano  cinque  figli,  dai 


15  ai  30  auni  —  due  gia  congiunti  con  ma- 
triuioiiio  civile  —  e  ancora  pagani,  perche 
il  padre  loro  morendo  a\"eva  disposto  nel 
testamento  che  non  fossero  battezzati. 

I  funerali  della  ottima  Rosa  riuscirono 
imponentissimi  e  per  la  prima  volta,  in 
quella  circostanza,  si  prego  ad  alta  voce  per 
le  vie  di  Cuiaba,  recitandosi  da  tutti  il  Ro- 
sario. 

Fu  sul  sepolcro  di  (lueH'anima  die  in- 
nalzai  al  Beato  D.  Bosco  una  fen,-orosa  pre- 
ghiera  per  la  conversione  di  quella  famiglia; 
poi  in  vital  a  fare  altrettanto  anche  nelle 
case  delle  Figlie  di  Maria  Ausiliatrice.  Don 
Bosco  ci  esaudi. 

Al  quarto  giomo  della  noveiia  fui  cliia- 
mato a  Casa  Rondoii.  e  la  signora  mi  disse; 
—  Padre,  puo  venire  liberamente  a  casa  niia 
per  dare  lezioni  di  catechismo  ai  miei  figli 
che  vogliono  essere  battezzati.  —  Vi  andai 
tutti  i  gionii  per  un  mese  intero. 

Ai  Santi,  nella  linda  cappella  delle  Figlie 
di  Maria  Ausiliatrice,  i  cinque  figli  della  si- 
gnora Rondon  ricevettero  il  Battesimo. 
Una  famiglia  di  pivi  entrava  a  far  parte  della 
Chiesa  e  nel  cielo  avra  gioito  la  buona  fi- 
gliuola,  Poclii  giomi  dopo  i  neofiti  ricevevano 
la  S.  Cresima  da  S.  E.  Mons.  D'Aquino 
Correa,  arcivescovo  di  Cuiaba. 

Coiitinui  Don  Bosco  a  proteggere  questa 
nobile  terra  bagnata  dai  sudore  e  dai  sangue 
dei  suoi  figli  e  moltiplichi  le  conversioni, 
perche  sempre   piu  si  estenda  il  Regno  di 

'^"^'^"-  Sac:.  JOAQUIM  Carra. 


J>J 


SU  E   GIU  PER  IL  MONDO 


OSPITI  DELLA  GIUNGLA 


Lc  tigri,  i  leopardi,  gli  orsi,  gli  sciaralli,  i 
serpeiiti,  ecco  i  nostri  terribili  vicini  che 
fanno  molto  sofErire  parecchia  gente.  Se  essi 
sparissero,  se  non  dalla  superficie  della  terra, 
almeno  dalla  nostra  Jlissione  di  Krisluiagar 
e  da  tutto  il  Bengala,  dove  non  fanno  che 
del  male,  nessuno  rimpiangerebbe  la  loro 
scomparsa.  Noi  missionari  godiamo  certo  di 
una  protezione  speciale  del  ncstri  buori  An- 


Tlgre   del   Bengala  con  una   bua   vittima. 


geli  Custodi.  Ma  i  poveri  indigeni  devono 
essere  meno  favoriti,  poiche  ogni  anno  nel- 
I'lndia  intera  quelle  bestie  crudeli  fanno  mi- 
gliaia  di  vittinie. 

Non  di  rado,  nei  nostri  viaggi  attraverso 
la  selva  per  visitare  questi  poveri  villaggi 
sperduti  nell'immensa  pianura  del  Gange, 
noi  veniamo  a  conoscenza  di  fatti  raccapric- 
cianti,  di  uomini  abbattuti  dalla  tigre  in 
pieno  giomo,  ma  piu  speciahiitnte  di  notte. 
Sono  bimbi,  abbandonati  per  un  memento 
alia  porta  della  capanna,  che  subito  spari- 
scono,  sono  giovani  donne  che  vanno  al 
fiunie  ad  attingere  acqua  e  non  fanno  ri- 
tomo,  sono  contadini  che  al  campo  iucon- 
trano  la  grande  nemica,  la  tigre.  Una  scia 
di  sangue  .segna  il  sentiero  per  cui  la  vittima 
('•  portata  alia  tana...  II  Bengala  fe  famoso 
per  le  sue  tigri,  animali  di  proporzioni  co- 
spicue,  di  un  mantello  rossiccio,  rigato  di 
uero,  con  una  testa  larga  e  zampe  poderose. 
I  niigliori  esemplari  del  giardino  zoologico 
di  Calcutta  vengono  proprio  da  Krishnagar. 

I, 'anno  scorso  un  missionario  era  a  sette 
leghe  di  qui:  nella  notte  egli  intese  il  suo 
cavallo  nitrire  in  un  modo  insolito;  esso 
aveva  seiitito  o  visto  o  inteso  la  tigre.  II 
giorno  dopo,  ritomando  nello  stesso  luogo, 
gli  mostrarono  il  sito  dove  alia  vigilia  un 
bimbo  di  cinque  anni  era  stato  portato  via 
da  una  tigre.  In  vm  altro  villaggio  il  cate- 
chi.sta,  per  allontanare  una  tigre  che  gli  gi- 
rava  attonio  alia  capanna,  non  trovo  di 
nieglio  che  battere  vigorosamente  il  fiong  di 
rame  che  serve  da  campana  e  la  bestia, 
spaventata,  si  ritiro.  Un  gionio,  recandom; 
a  Hobhorpara,  una  stazione  separata  da  noi 
da  una  giungla,  I'uomo  che  mi  accompagnava 
mi  racconto  come  ia  settiniana  precedente 
due   uomini  dei  dintomi  erano  stati  divo- 


^34 


r.iti:  « Ecco,  mi  disse.  qvii  sul  sentiero  le 
tracce  di  una  tigre  ■>.  Le  guardai:  sembravano 
fresche,  la  tigre  doveva  essere  passata  poco 
prima  di  noi.  Nel  distretto  di  Ilazaribagh 
(parola  che  vuol  dire  mille  tigri)  il  Deputy 
Commissioner  invita  i  cacciatori  a  venire  a 
uccidere  una  o  piu  tigri  che  ultiinamente 
hail  fatto  tre  vittirae  e  divorato  parecchie 
vacche.  II  govemo  inglese  da  un  buon  preniio 
per  ogni  tigre  uccisa. 

E  gU  orsi?  Anche  I'incontro  di  un  orso 
non  e  tanto  simpatico.  Ma  di  questo  plan- 
tigrade vi  diro  un'altra  volta  tante  cosette 
belle  e  non  belle. 

Piuttosto  parliamo  dei  serpenti.  L'India 
ne  e  invasa,  il  Bengala  poi  ne  e  fecondo 
quanto  mai.  I  serpenti  velenosi  sono  i  piii 
dannosi  perche  non  si  possono  facilnieute 
e^'itare,  essi  entrano  perfino  in  casa.  I,e  due 
specie  di  serpenti  che  causano  la  morte  sono 
i  karait  e  i  cobra,  o  serpenti  dagli  occlriali. 

E  nota  I'avA-entura  toccata  al  nostro 
Mons.  Bars,  punto  da  un  cobra:  dobbianio 
al  Beato  D.  Bosco  se  il  nostro  carissimo 
Amininistratore  Apostolico  e  vivo.  I/anno 
passnto  un  karait  si  era  introdotto  addirit- 
tura  nell'armonium,  forse  prediligeva  la 
miisica  chiesastica...;  esso  usci  nientre  un 
giovane  priiicipiante  stava  suonando;  fortu- 
nataniente  non  lo  niorsico.  Quandw  si  va  in 
giardino  e  bene  :nunirsi  di  un  ba.stone  e,  di 
sera,  preiidere  anche  una  lampadina  tasca- 


bile.  E  specialmente  nella  stagione  delle 
piogue  che  si  mostrano  piii  serpenti.  Durante 
quella  stagione  noi  doljbiaino  subire  una 
invasione  di  rane  e  di  rcspi  di  cui  i  serpenti 
vanno  ghiotti.  Oh,  quel  rospi,  che  noia! 
Essendo  essi  inoffensivi  ci  si  abitua,  nono- 
stante  la  ripugnanza.  Quando  io  11  vidi  la 
prima  volta,  uccisi  tutti  quelU  che  vicla- 
vano  la  porta  della  mia  stanza:  ma  fui  presto 
stance  di  quel  massacre  e  cosi  li  lasciai  en- 
trare  liberamente.  Essi  venivano  ad  ammi- 
rare  la  bella  luce  della  mia  lampada,  io  mi 
fennavo  curioso  ad  ammirare  le  loro  im- 
pre.ssioni.  Una  di  queste  mattine  ne  trovai 
uno  ficcato  nel  mio  letto.  Era  troppa  con- 
fidenza  e  mi  impazientii...  I,o  scaraventai 
fuori  dalla  finestra  seguito  da  quanti  altri 
potei  trovame. 

Io  non  vi  parlo  dei  topi.  <lei  ramarri,  lu- 
certole,  cor\i,  zanzare.  fonniche  bianche.ecc. 
Tutte  queste  bestie  se  I'intendono  per  tor- 
mentare  il  povero  niissionario  e...  dopo  tiitto, 
esse  fanno  bene.  Vidit  Dens  quod  essei  bo- 
lutm...  Esse  esercitano  la  nostra  pazienza  ed 
aumentano  i  nostri  meriti,  motivo  piii  che 
suificiente  per  cantare  col  profeta:  Beiiedi- 
cite,  omnes  bestiae,  Domino.  «  Tutte  le  bestie, 
benedite  il  Signore  ■>. 


Krishnagar,   y  ma^^io  1931. 


EMME. 


KRISHNAG.AR  (India).   =   Alunni   intern!   ed  esterni   dell'orfanolrofio  coi   loro   supcrion 


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A^IZf  RETROVIE 


Siamo  grati  alia  insegiiante  Sig.na  Cerrito 
M.  Teresa  di  averci  fatto  pervenire  la  se- 
guente  lettera  del  suoi  bravi  alunni: 


Cara  «Gioveiilu   Missionariaii, 

Sebbene  siamo  piccoli  e  non  possiamo 
tanto  comprenderti ,  in  not  e  vivo  il  ttio  ri- 
cordo  sia  per  la  lettura  del  caro  periodica 
sia  perche  ci  parlano  tanto  di  te.  E  not  adem- 
piamo  alia  promessa;  oltre  alia  preghiera  che 
innahiamo  a  Dio  perche  aiuti  i  poveri  mis- 
sionari  e  coroni  le  loro  fatiche,  ii  rimettiatno 
L.  25  per  il  battesimo  d'tm  injedele  col  name: 
Maria  Camilla. 


Sempre   proiili   a   lavorare   per   la    mafigiur 
toi'iu   di   Dig,   abbiii    i   nostri   ossequi. 
S.  Agata  Militello,  28-5-931. 

Dev.mi  alunni 
SCUOLA   SC.A.FONE   TlR.^N.NI. 


Del  pari  ringrazianio  I'insegnante  Sig.na 
Maneri  Maria  di  averci  inviato  quest 'altra 
del  suoi  alunni: 

Caro  Giornaletto, 

Sii  tanto  gentile  di  fare  batteszare  un  bimbo 
infedele  col  nome:  Giuseppe  Fiorita  coi  ri- 

sparmi  di  noi 

Al,UNNI   DEI,I,A   FRAZIONIC    FiORITA 

di  S.  Agata  di  Militello. 


BETLEMME.   =   I.uigi   Nicola   Maria   Barudi 
nel  giorno  del  suo  battesimo. 


Ouest'altra  lettera,  firmata  dai  singoli 
alunni,  pervenne  al  nostro  Rettor  Maggiore 
dagli  alunni  della  V  Elementare  dell'Isti- 
tuto  D.    Bosco  di  Sampierdarena: 

I^'v.mo  Sig.  Don  Rinaldi, 

Le  indimziaino  questa  nostra  per  accom- 
pagnare  una  tenue  offerta  per  le  Misswni 
Salesiane. 

Noi  abbiamo  pensato  a  cid,  sentendo  leg- 
gere  il  Bollettino  Salesiane  e  Gioventu  Mis- 
sionaria. 

Fra  poco  andremo  in  vacanza  e  aiiche  noi 
vorrcmo  essere  apostoli  e  missionari  nei  nostri 
paesi  praticando  jedelmente  qiiello  che  i  nostri 
ainati  Superiori  ci  hanno  insegnato:  la  pre- 
ghiera e  la  bonla. 

Ci  bcnedica  tiitti,  0  bnon  Padre,  nel  nome 
di   Maria  Ausiliatrice  e  di  Don  Bosco. 
vSampierdarena ,  3- VI-3 1 . 

Ubbl.mi  figli 
GLI  AtUNNI  Diai.A  V  El<EMENTARE. 


/J(5 


Conversioni  di  anime  care. 


A  Beflemme. 

L'alba  radiosa  del  sabato  saiito  iioii  jii  iitai 
foriera  di  si  splendida  giornala,  quale  fit 
qiiest'anno  per  il  nostra  orjanotrofio  di  Bc- 
tlemmc.  II  giorno  tanto  alteso  della  reden- 
zione  del  nostra  piccolo  Liiigi  Nicola  Maria 
Barudi  era  finalniente  giunlo.  Sei  anni  or 
sono,  egli  entrd  nel  nostra  orfanolrofio  per 
apprcndere  un  niestiere,  ma  ben  presto,  la 
sua  brania  nan  si  limitd  al  matcriale  e  nacqiic 
in  liii  il  desideria  ardente  di   larsi  cristiano. 


ntone;  voile  iniprimergli  il  carattere  di  sua 
soldato  can  il  Sacramento  della  Cresimn,  am- 
ministratogli  siibito  dopo,  nella  Chiesa  Pa- 
triarcale  di  Gerusalcmme,  da  S.  E.  Rev. ma 
Mons.  Fellingher,  ausiliare  di  S.  B.  il  Pa- 
triarca. 

Oiiali  sano  stati  i  propositi  di  Liiigitio  in 
questa  giorno?  Una  sola:  portare  sempre  im- 
macotata  la  stola  della  sua  innocenza  batte- 
simalc  fina  alia  morte.  Questa  d  pure  il  nostra 
augiirio  e  la  nostra  preghiera  per  lui. 

Ch.  X.  C. 


BEITGEMAL.   =   I  cinque  giovinetti   arabi   che   hanno   riccvuto  il   santo   battcsimo. 


Ottcsta  brama,  temprata  nella  aspettaliva  di 
lunghi  anni,  fu  finalniente  soddisfatta. 

II  sacro  rita  fu  compiuto  dal  rev.  D.  Mario 
Rosin,  direttore  dell'orfanatrafio.  Assiste- 
vano  il  sig.  ispettore  D.  Carlo  Gatti  e  il 
sig.  D.  Gitnbert,  ispettore  dell'Ispettaria  fran- 
cese  del  sud:  i  canfratelli  e  giavani  dell'orfa- 
natrafio, tutti  i  confraielli  di  Crernisan  e  le 
reverende  suore  di  Maria  Ausiliatrice  di 
Betlemms.  Luigino,  acconipagnato  dal  pa- 
drino,  Barane  Cammendatore  Guntmanstall 
Benveni'.ii,  cameriere  segreto  di  cappa  e  spada 
di  Sua  Santita,  pellegrino  in  terra  santa,  ri- 
spose  alle  domande  e  recitd  le  preghiere  ri- 
tuali,  franco  e   commosso  ad  un   tempo. 

Appena  da  pochi  istanti  I'acqua  rigenera- 
trice  era  scesa  sul  capo  di  Luigino  e  Gesi'i 
voile  prendere  reale  possesso  di  quel  citore 
innocente,  dandosi   a  lui    nella    santa  Comii- 


A  Beifgemal. 

Anche  a  Beitgemal  —  ci  scrive  il  rev. mo 
direttore  —  si  e  svolta  una  simile  fiinzione, 
la  stesso  giorno,  per  cinque  giovinetti  arabi 
alunni  di  quella  nostra  Sciiola  Agricola.  Men- 
tre  Gesii  sorgeva  dal  sepolcro,  sargevana  essi 
pure  alia  vita  cristiana,  abiurando  la  falsa 
religione  che  fino  allara  avevano  prafessato, 
e  per  la  prima  volta  ricevevana  nel  loro  ciiore 
Gesu  nel  Sacramento  dell'Eucaristia. 

A  tutti  cotesti  bravi  amici  Gioventu  Mis- 
sionaria  invia  il  fraterno  augiirio  del  suoi 
lettori  e  delle  gentili  lettrici:  che  essi  serbina 
fede  alle  proniesse  fatte  al  Signore  e  sia  la 
loro  fervente  vita  cristiana  un'atlraziane  per 
tanti  loro  compagni  nel  seguire  il  bell'esempio 
data. 


137 


PERICOLI  SUI  PASS!  DEL  MISSIONARIO 


POVERI  MAI  ALU 

P.  Gregorio  S.  J .  pubblica  su  le  Missioni  della 
C.  di  G.  questo  aneddoto.  Da  parecchie  setti- 
mane  il  capo  di  Kidiaki  notava  che  i  suoi  maiali 
sparivano  ad  uno  ad  uno  quaiido  si  avvicina- 
vano  al  fiumc. 

—  Un  giorno  li  seguii  —  dice  egli  —  e  vidi 
che  un  coccodrillo  li  afferrava  appunto  presso 
la  sponda  mentre  le  bestie  guazzavano  iiel  fango 
per  cercarvi  il  fresco.  Andai  a  prendere  il  mio 
fucile.  mi  appostai,  e  quando  il  feroce  rettile 
emerse  dall'acqua  per  agguantare  un  niaiale  gli 
sparai  contro  e  I'uccisi. 

—  Bene,  bravo,  Capo.  Ma  dov'e  questo  fiume, 
dove  si  trovano  i  coccodrilli? 

—  Ma  I'ultimo  che  avete  traversato  ad  una 
mezzoretta  di   qua! 

Un  brivido  ci  corse  per  la  schiena.  II  minu- 
scolo  ponte  fatto  di  alberelli  sul  quale  eravamo 
passati,  sfiorava  I'acqua,  e  noi,  inconsci  del  pe- 
ricolo,  ci  eravamo  appunto  indugiati  nel  mezzo 
del  fiume  per  ammirare  certi  vortici  nell'acqua 
giallastra. 

Se  un  coccodrillo  ci  avesse  visti!... 

INCERTI  DEL  MISSIONARIO. 

Leggete  ciu  che  narra  Umberto  Chiocchini 
S.  J.  nelle  Missioni  della  C.  di  G.  Due  missio- 
nari  e  un  Fratello  percorrono  una  vallata  del- 
I'Albania  tentando  di  raggiungerc  un  villaggio 
dove  svolgere  il  loro  sacro  ministero:  li  guidano 
due  robusti  montanari.  Arrivati  ad  un  fiume 
impetuoso  vi  tragittano  i  due  missionari,  ma 
per  tragittare  il  Fratello,  piuttosto  voluminoso, 
ricorrono   a   un   mezzo   assai   originalc. 

Dopo  essersi  consultati  i  due  montanari  en- 
trarono  nel  bosco,  prepararono  una  specie  di 
traliccio  con  grossi  rami,  vi  adagiarono  su  il 
Fratello,  e  assicuratasi  quella  macchina  suUe 
.spalle,  si  niisero  a  nuotarc.  (".ia  stanno  per  gua- 
dagnare  la  riva  opposta,  gia  il  Fratello  e  sul 
punto  di  cniettere  un  sospirone  di  soUievo, 
quando  per  una  falsa  manovra,  il  traliccio  con 
tutto  il  prezioso  fardello  scivola  dalle  spalle  dei 
portatori,  precipita  e  da  un  tonfo  nell'acqua. 

Per  fortuna  la  riva  era  vicina  e  I'acqua  bassa: 
ma  il  gclido  bagno  ^  stato  perfelto  col  contorno 
di  ima  buona  dose  di  tremarella.  >Se  fosse  capi- 
tate I'incidentc  in  mezzo  al  fiumc,  povero  mis- 
sionariol 


TRIBOLAZIONI  DUN  MISSIONARIO. 

P.  C.  Reichard  racconta  in  Chine  Ceylan  Ma- 
dagascar alcune  deUe  tante  tribolazioni  che  af- 
fliggono  i  poveri  missionari,  specialmente  quelli 
sperduti  neUa  campagna  tra  villaggi  pagani. 

II  dover  errare  spesso  da  un  luogo  all'altro, 
trasportando  seco  le  cose  piu  indispensabili,  al- 
tare.  utensili  di  cucina,  ecc,  non  e  il  fastidio  piii 
grave.  II  brutto  comincia  arrivando  in  un  dato 
luogo:  la  cappella  fatta  di  terra  con  tetto  di 
frasche  ha  le  sue  svariate  sorprese:  per  es.  il 
tetto  finche  e  recente  ripara  dall'acqua,  ma 
quando  le  frasche  son  secche  la  pioggia  entra 
per  tutti  i  sensi.  Pensate  che  vuol  dire  allora 
celebrare  sotto  la  pioggia. 

Le  tignuole  sono  un  altro  flagello  fastidioso 
pel  missionario,  che  si  vede  in  poco  tempo  cri- 
vellati  libri,  abiti,  biancheria,  annadi.  Vi  sono 
poi  le  termiti  o  formiche  bianche,  le  devasta- 
trici  per  eccellenza,  che  debbono  continuaraente 
essere  vigilate  e  scansate.  L'istinto  di  queste 
bestiole  le  porta  a  rispettare  la  parte  estema 
degli  oggetti:  apparentemente  questi  sembrano 
intatti...  Quali  sorprese  per  un  missionario  che 
toccando  una  porta  gli  si  spezza  tra  le  raani,  o 
gli  si  sprofonda  la  mensa  dell'altare,  quando 
non  gli  cade  addirittura  in  testa  la  costruzione! 
o  quando  trova  i  paramenti  ridotti  a  una  massa 
di  bricciole! 

AUc  formiche  vanno  uniti  i...  topi,  i  quali 
fanno  della  cappella  o  della  capanna  la  loro  re- 
sidcnza  e  si  diportano  da  sfacciati  padroni,  an- 
che  quando  il  missionario  ritorna.  Allora  co- 
mincia una  lotta  accanita  per  sloggiare  gli  in- 
vasori. 

Inoltre  i  serpenti:  questi  rettih  ,si  cacciano 
dappertutto.  Un  giorno  il  missionario  trovo  un 
cobra  sotto  il  tappeto  dell'altare  al  quale  egli 
aveva  celebrato  la  messa  e  su  cni  si  erano  se- 
duti  i  fanciulli  durante  la  predica  che  egli  aveva 
tenuto  infra  missam.  Un  altro  giorno  aprendo 
I'armadio  della  sacrestia  senti  il  sibilo  del  cobra 
irritato,  che  aveva  posto  il  suo  alloggio  sotto  quel 
mobile... 

A  queste  tribolazioni...  material!  vanno  ag- 
giunte  tutte  le  altre. 


■^^ 


^38 


Sforia  di  25  anni  fa,  narrata  dal  missionario  D.  A.   ColbacchinL 

(CONTINUAZIONE). 


In  riva  al  laghetto  formato  dal  fiunie,  ar- 
rostiamo  la  nostra  cacciagione  e  qualche 
pesce,  mentre  la  notte  scendeva.  Quella  sera 
il<imakao»  non canto.,.  Da tutti  si  attendeva 
il  suo  grido  e  si  stava  in  ascolto,  ma  inutil- 
inente.  Uke-wagiiu  ricadde  nella  piu  ciipa 
tristezza.  Seduti  a  gruppi  di  tre  o  quattro 
attonio  ai  fuochi  accesi,  si  parlava  timorosi 
e  da  tutti  si  diceva:  Vedremo  domani... 
L'ultimo  segnale  deve  venire  domani  mat- 
tina...   II  «  Bari  »  sa  che  oggi  siamo  qui... 

Seduto  presso  un  piccolo  fuoco  vedevo 
Giri-eknreu  tutto  intento  ad  appuntire  con 
un  piccolo  coltello  le  sue  freccie.  Oramai 
quasi  tutti  erano  immersi  nel  sonno:  egli 
solo  vegliava  ancora  aguzzando  le  punte 
delle  freccie...  Indovinai  in  quell'uomo  il 
caltivo  peusiero,  il  perverso  desiderio  che 
lo  dominava:  plan  piano  miawicinaia  luie: 

—  Giri-ekureu,  gU  dissi,  a  che  pensi? 
Perche  non  riposi  e  domii?  Che  stai  facendo? 

Mi  guardo  iisso  un  istante  e  poi  senza 
smettere  il  suo  lavoro  mi  rispose: 

—  A  nulla  io  penso...  II  sonno  non  pesa 
ancora  sui  niiei  ocelli;  e  poi,  vedi,  sto  pre- 
parando  queste  freccie  per  infiggerle  una 
dopo  I'altra  nel  cuore  di  quel  diavoli.  L'uc- 
cello  non  canto;  e  la  guerra  sara  imminente. 
Essi  sono  nostri  nemici  e  dobbiamo  distrug- 
gerli  tutti  senza  pieta. 

—  E  vero  che  I'uccello  non  ha  cantato 
questa  sera,  ma  I'abbiamo  udito  ieri  e  que- 
sta  mattina,  e...  potra  cantare  domattina 
al  sorgere  del  sole.  Io  non  penso  come  te; 
via,  con  pazienza  aspettiamo  e  vedremo  quel 
che  sara...  Qui  abbiamo  il  nostro  capo  Ukf- 
waguu,  ed  egli  ci  dira  quel  che  dovremo  fare. . . 

—  Che  capo,  scatto  adirato...  Io  non  in- 
tendo  piii  stare  a  quanto  egli  dira...   Far6 


io  quel  che  voglio...  Gridi  pure  quanto  vuole, 
la  mia  freccia  e  sorda  e  non  si  arrestera  per 
le  sue  grida...  Se  Tuccello  continua  a  non 
•  far  udire  il  suo  canto  e  segno  certo  che  quel 
demonii  sono  nostri  nemici,  che  tion  pos- 
siamo  fidarcidiloro.  Eil « Bari » che  I'ha  detto 
ed  io  sto  aUa  parola  del  «  Bari  »;  quella  di 
Uke-wagiiu  non  conta,  e  la  disprezzo... 

—  Bene,  bene;  ora  pero  stattene  tran- 
quiUo,  ed  aspetta  domani  a  decidere;  ri- 
posa  ora,  dormi  e...  vedrai  che  non  sara 
come  tu  pensi.  Sono  certo  che  domani  il 
«  makao  »  ci  dara  il  suo  segnale...  Oggi  il 
«  Bari  >>  non  deve  trovarsi  qui  con  noi...  Egli 
pensando  a  noi,  alia  nostra  sorte,  a  quella 
dei  nostri  conipagni,  dei  Bororos.  avra  forse 
nuovamente  chiamato  il  suo  Waive  per 
avere  I'ultima  parola.  Forse  le  nostre  mogli, 
i  nostri  figli  impensieriti,  preoccupati  per 
noi,  gli  avrarmo  fatto  imova  offerta  di  ta- 
bacco  e  sigari  per  sapere  nuovamente  dallo 
Spirito  quel  che  SLVxerva  di  noi...  Vedrai 
Giri-ekiii'Su,  che  io  non  mi  sbaglio,  e  do- 
mani mattina  avremo  nuovamente  il  «  Bari  » 
qui  con  noi... 

Egli  mi  guardd  con  aria  di  scettico,  ma 
non  proferi  parola,  mentre  io  mi  allonta- 
nava. 


XIV.  -  Un  momento  crifico. 

Prima  ancora  dell'alba  Uhe-waguu  mi 
chiamo.  molto  preoccupato. 

—  Che  ne  pensi?  Cosa  credi  che  dobbiamo 
fare?  Sara  meglio  tenerci  nascosti,  non  la- 
sciarci  vedere,  od  andare  direttamente  da 
quel  civilizzati?  Non  so  come  fare. 

Gli  risposi  essere  io  certo  che  U  segnale 


^9 


del  «  Bari  »  non  sarebbe  maiicato...  ma, 
posto  che  nulla  si  facesse  udire,  non  doveva 
perdere  la  speranza  e  pennettere  che  al- 
cuno,  alineno  per  ora,  si  facesse  vedere  e 
nieno  ancora  tentasse  di  far  del  male  ai 
bianchi. 

Sorgeva  I'alba.  L'orizzonte  si  imbiaiicava 
ad  oriente.  Seduto  vicino  al  fuoco,  senza  pro- 
ferir  altre  parole,  me  ne  stavo  con  Uke- 
waguu.  GH  altri,  sparsi  qua  e  la,  si  scalda- 
vano  al  fuoco.  Ad  nii  tratto  udimmo  imo 
svolazzare  tra  le  fogUe  deUe  piante  a  noi 
vicine.  Guardiamo,  riguardiamo;  non  si 
vede  nulla.  II  rumore  prodotto  dalle  ali  di 
un  grande  uccello  continua  tra  le  foglie  ed 
i  rami  sovrastanti  a  noi.  Qualcuno  dei  no- 
stri  si  rizza  in  piedi,  impugna  I'arco  e  le 
frecce  e  cerca  coll'occliio  fisso  tra  le  foglie. 

Appena  i  primi  raggi  purpurei  del  solfe 
indorarono  le  piii  alte  cime  delle  palme  e 
degli  alberi,  I'ucceUo  che  continnava  a  vo- 
lare  da  una  pianta  all'altra,  sopra  di  noi, 
ma  sempre  invisibile,  caus6  a  vari  dei  nostri 
un'impressione  di  terrore.  Che  sara?  dice- 
vano.  Un'anima?...  Uno  spirito?,  .  Bope  (de- 
monio)  forse?...  Chi  sara?  Alcmii  incalza- 
vano:  —  Andiamo  via;  lo  spirito  che  pro- 
tegge  i  civUizzati  qui  vicini  e  irritate  contro 
di  noi;  6  lui  che  si  fa  sen  tire  e  non  vedere. 
Altri  poi  afEermavano  che  doveva  trattarsi 
dell'anima  di  uno  di  loro,  ucciso  non  molto 
tempo  prima  dai  soldati,  a  poca  distauza  di 
Ij,  al  guado  del  fiume,  che  chiedeva  ora 
vendetta.., 

Giri-ekuriu  era  di  quest'idea  e  insisteva: 

—  Cosa  aspettiamo  ancora?  Non  basta 
quanto  abbiamo  visto  e  saputo?  Qualunque 
civillzzato  6  nostro  nemico,  non  dobbiamo 
aver  compassione  di  nessuno.  Sar6  io  clit- 
vendicherb  il  nostro  compagno  morto  qui 
vicino  con  I'uccisione  di  quel  diavoli  ,. 

Ormai  era  chiaro,  ma  nulla  dell'uccello 
si  riusciva  a  scorgere  pur  sentendo  ben  di- 
stinto  il  nunore  del  volo  da  ramo  a  ramo,  e 
lo  sbattere  delle  ali,  Eravamo  gia  tutti  in- 
quieti  di  im  simile  incidente,  ma  piu  in- 
quieto  di  tutti  si  mostrava  Giri-ekurSu.  Non 
aveva  pace;  andava  da  una  parte  e  dal- 
I'altra  per  megho  osservare,  e  gesticolava 
nervoso. 

Uke-waguu  seduto  vicino  al  fuoco  non 
diceva  parola,  pareva  non  si  preoccupasse 


di  cio  che  si  svolgeva  attonio  a  lui  e  che 
tutti  interessava:  non  lasciava  perd  di  tutto 
osservare  e  ad  im  tratto  si  rizz6  in  piedi, 
pose  la  mano  alia  bocca  e...  con  acuto  fischio 
ci  raccolse  tutti  intomo  a  sfe. 

^  Ittugarege!  (miei  camerati)  ascoltate 
la  mia  parola,  cosi  Uke-wagitii  incomincia 
il  sue  dire.  Sono  qui  con  voi  e  per  voi. 
Voi  mi  conoscete  e  sapete  bene  chi  io  mi 
sia...  Conoscete  il  mio  braccio,  il  tnio  oc- 
chio,  la  mia  mano,,.  il  mio  arco,  la  mia 
freccia...  Voi  sapete  che  non  vi  ha  giaguaro, 
non  puma,  non  leopardo,  non  lupo,  non  ta- 
piro,  non  cinghiale,  non  aquila,  non  falco... 
non  civilizzato  che  sfugga  alia  punta  delle 
mie  frecce,..  Esse  dove  battono  portano 
morte...  Tante  volte  mi  avete  visto  ritor- 
nare  al  villaggio,  ferito  forse,  ma  sempre 
onusto  deUe  spoglie  della  fiera  o  dell'odiato 
civiUzzato  abbattuto...  Mi  avrete  visto  op- 
presso,  ma  non  vinto...  Mai  deposi  il  mio 
arco,  il  quale,  costantemente  teso,  fe  sempre 
pronto...  Ben  sapete  che  per  voi,  per  la  mia 
tribii,  per  la  nostra  Uberta,  per  vendicare  il 
sangue  dei  nostri,  per  me  non  vi  6  nh  giomo 
nfe  notte,  n6  sole  ne  pioggia,  nfe  vento  nfe 
tempesta,  non  tuoni  o  fulmini,  non  freddo  o 
calore,  non  fiumi  o  foreste,  non  ponti  o 
pietre,  ma  solo  la  volonta  di  mcrire,  prima 
di  cedere  fosse  pure  im  solo  palmo  del  no- 
stro terreno  a  questa  razza  indemoniata  che 
ci  toglie  la  nostra  pace,  il  diritto  che  ab- 
biamo della  nostra  terra,  la  liberta  dei  nostri 
fiumi,  delle  nostre  foreste,  dei  nostri  monti, 
delle  nostre  praterie...  Fui  vostro  compagno, 
vostro  capo...  Vi  guidai  tante  volte  colla 
feroce  rapina  in  mano  e  colla  morte  nelle 
pimte  delle  vostre  frecce...  abbiamo  vinto, 
distrutto,  vendicato,  ucciso...  le  mani  ancor 
rosseggianti  di  sangue  portano  il  trofeo 
delle  nostre  vittorie...  Fui  sempre  il  primo... 
mai  I'ultimo;  ed  oggi  sono  ancor  qui  con  voi 
il  primo  e  non  I'ultimo.  Ci6  che  qui  ci  con- 
dusse  voi  lo  sapete...  Non  colla  rapina  e 
colla  morte  in  mano  siamo  qui  venuti;  ma 
col  pensiero  e  colla  speranza  di  trovarvi  un 
sorriso  di  pace  e  di  amicizia  dove  finora  ab- 
biamo solo  visto  guerra  ed  odio.  Non  6  a 
voi  nascosto  quello  che  mi  awenne  dopo 
I'ultima  ben  crudele  vendetta  e  strage  che 
abbiamo  fatta  di  quei  civiUzzati,  forse  in- 
nocenti   del   sangue   dei  nostri...    (Continua). 


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nome  Angclo  —  Arizzano  Marco  a  mezzo  Don 
Grandis  (Ivrea)  pel  nome  M aria  Rosa  —  Famiglia 
Caprioglio  a  mezzo  Don  Grandis  (Ivrea)  pel 
nome  Pietro  —  Appiani  Domenica  a  mezzo  Suor 
Vottero  (Mede)  pel  nome  Ccsarima  —  Marmugi 
Faustina  a  mezzo  Don  Pedussia  (Volterra)  pel 
nome  Luigi  —  N.  N.  (Guardistallo)  a  mezzo 
Don  Pedussia  (Volterra)  pel  nome  Rafjaello  — 
Barsacchi  Maria  (Cecina)  a  mezzo  Don  Pedussia 
(Volterra)  pel  nome  Maria  — ■  Nodari  Maria 
(Malonuo)  pei  nomi  Pietro,  Domenico,  Giacomo, 
Co/omfc(7.  — Sarasino  Maria  v.  Bertinetto(Vinovo) 
pei  nomi  Tommaso,  Maria —  Moniolivo  Jeanne 
(Nice)  pei  nomi  Maria,  Giovanna  —  Vercelli 
Don  Carlo  (Bessolo)  pei  nomi  Michelina,  Fir- 
mina  —  Ferrario  Vittoria  (Senago)  pei  nomi 
Bosco,  Maria,  Paolina,    Vittoria,  Giovanni. 

GlAPPONE. 

Kruger  Franca  (Bengasi-Cirenaica)  pei  nomi 
Giorgio,  Emilio  —  Ch.  Lovera  (Torino)  pel  nome 
a  sei  neofiti  come  da  lettera  acclusa  con  relativi 
ricordini    per   i   singoli   neofiti. 


Porto  Velio  -  Brasile. 

Marchini  Antonio  (Borgotaro)  pel  nome  An- 
tonio —  Ardizzoni  Rina  (Mirabello-Ferrara)  pel 
nome  Luigi  —  Oliverio  Maria  (Lomello)  pel  nome 
Carolina  —  N.  N.  (Formigine-Modena)  pel  nome 
Treggia  Enrica  —  N.  N.  pel  nome  Teresa  Adda 

—  Menzio  Margherita  (Cambiano)  pel  nome 
Giovannina  —  Odasso  Maddalena  (Poiriuo)  pel 
nome  Pietro  Giuseppe  —  Suore  Maria  Ausilia- 
trice  (Monterry-Messico)  pel  nome  Maria  Luisa 

—  Del  Giudice  Carlotta  (Pavia)  pel  nome  Se- 
condo  —  Ravasco  Giuseppe  (Caprine  -  S.  An- 
tonio) pei  nomi  Giuseppe,  Maria  —  Suor  Vasta 
(Reggio  Calabria)  pel  nome  Angela  —  Nattero 
JIaria  (Alassio)  pel  nome  Maria  Lena  —  Fu 
masoli  Adele  Veglio  (Acquarossa  -  Svizzera)  pei 
nomi  Antonio,  Giovanni  —  Bellocchio  Teresa 
(Milauo)  pei  nomi  Maria,  Giuseppe,  Maria  — 
Depetris  Lorenza  (Cherso  -  Pola)  pei  nomi  Maria 
Giovanni  —  Zucchino  Severina  (Torino)  pel 
nome  Severina  —  N.  N.  a  mezzo  Bianco  Maria 
(Caluso)  pel  nome  Carlo  —  Pegorari  Angelina 
in  Dioli  (Caspoggio)  pel  nome  Luigi  —  Testo- 
Uni  Don  Attilio  (Breganze)  pei  nomi  Giovanna, 
Cino,  Pietro,  Rosa,  Maria,  Rosina. 

HoxG  Kong  -  Cina. 

Albertini  Luigi  (Fisto  -  Spiazzo)  pei  nomi 
Guido,  Valeria  —  Donazzan  Don  Antonio  (Per- 
lena)  pei  nomi  Giovanni,  Maria  —  Soriano  Ca- 
terina  (New-York)  pei  nomi  Fiiippo,  Cetrina  — 
Opcraie  S.  E.  I.  a  mezzo  Demichelis  (Torino) 
pel  nome  Capello  Angiolina  —  Spotti  Altomira 
(Genova)  pel  nome  Giovanni  —  Vaschetti  Pao- 
lina pel  nome  Vaschetti  Paolina  Toria  —  Burzio 
Catcrina  pel  nome  Burzio  Caterina  —  .\  mezzo 
Suor  Bolla  T.  (Alba)  pel  nome  Secondina  Ferrero. 


iSvonacl^etta  21tt55ionavia 


LE  MISSIOXI  CATTOUCHE 

s-i  tutto  il  globo  terrestre,  sono  ripartite  in  374 
territori  ecclesiastic!,  alia  cui  testa  ci  sono  282 
vescovi  e  91  prefetti  apostolici.  Contano  12.952 
sacerdoti,  di  cui  piii  di  4304  iudigeni;  5.1 12  fra- 
telli,  di  cui  1315  indigeni;  28.099  religio.si;  di  cui 
piii  di  11.399  indigeni.  Essi  formano  una  paci- 
fica  armata  di  46.170  membri:  25.186  stranieri, 
17.01;  indigeni  e  3.967  operai  apostolici;  3.859 
hanno  piu  di  30  anui  di  lavoro;  8.71 1,  di  cui 
3.294  sacerdoti,  hanno  almeno  15  anni  di  sog- 
giorno  nei  paesi  di  niissione. 

NUOVI  ECCIDI  IN  CINA. 

Telegranimi  da  Shanghai  inforniano  clic  una 
baiida  di  comunisti  ha  invaso  la  missione  di 
Chaynenkow  (Vicariate  di  Laohokow)  sacchcg- 
giando  e  uccidendo  tre  sacerdoti  ciuesi  profes- 
sori  nel  seminario  e  conducendo  prigionieri  :1 
\'icario  Monsignor  Ricci  e  i  Padri  Lazzeri,  San- 
tini,  Checcacci  e  Maggiui,  tutti  Francescani 
Minori  italiani. 

TRIBU'  TRAPIANTATE. 

II  governo  del  Sudan  Anglo  Egiziano  ha  a.sse- 
gnato  a  una  vcntina  di  tribu  del  liahr-el-Ghazal 
un  deterniinato  territorio  da  abitare  e  ha  dato 
ordine  ai  membri  delle  singole  tribii  di  raggiun- 
gere  immediatamente  le  nuovc  localita,  alcune 
delle  quali  distano  400  Km. 

L'AEROPLANO. 

Dalla  I'apuasia  mandano  all'Agcnzia  Fides 
(|uesta  notizia.  11  villaggio  di  Kxmi  si  era  sempre 
mostrato  sordo  alia  prcdicazione  del  Vangelo; 
un  giorno  pero  gli  abitanti  sentirono  nel  cielo 
un  forte  ronzio,  die  cresceva  sempre  piii;  scru- 
taroiio  ansiosi  il  cielo  e  videro  in  alto  un  punto 


ncro  come  una  grossa  mosca.  Per  lo  spavo-to 
tutti  si  buttarono  a  terra  per  I'uUima  prej;hiera 
prima  che  avvenisse  la  fine  del  mondo. 

In  quel  momcnto  arrivo  il  catechista  catto- 
lico  che  li  fece  alzare  e  spiego  loro  che  si  trat- 
tava  di  im  aeroplano. 

—  E  da  lungo  tempo  che  ve  I'ho  detto  che 
i  bianchi  volano  entro  grandi  casse  coUe  ali. 
E  I'aveva  detto  il  Missionario,  ma  voi  non 
avete  mai  volute  crederlo.  «  II  Missionario  men- 
tisce  I),  mi  rispondevate.  Voi  potete  vedere  che 
non  mentiva.  Ebljene,  e  la  stessa  cosa  quande 
il  .Missionario  vi  dice  che  c'e  il  Paradiso  e  I'i-  - 
ferno.  Egli  non  mentisce,  e  voi  andrcte  nel  grr  1 
fuoco  dell'iuferno  se  rifiuterete  di  ricevere  ii 
Battesimo  o. 

L'aeroplano  fu  un  argomento  invincibilc,  e 
dopo  averlo  contemplato  a  lungo,  tutti  si  dcfi- 
.sero  di  convertirsi.  Quaranta  abitar.ti  di  Kmii 
furono  battezzati  il  gi  mo  di  Pasqua. 

MANAOS. 

Mannos,  la  capitale  dell'Amazzonia,  piccolo 
villaggio  fino  al  1885,  in  id  anni  si  elevo  al  rango 
di  citta  .sulla  quale  si  appuntavano  gli  occhi  del 
mondo  iutcro.  II  prodigio  della  trasformazione 
fu  dovuto  alia...  gomma  della  Hevca  Byasilien- 
sis,  \'(i  oro  negro  »;  una  folia  di  cercatori  e  lavo- 
ratori  vi  si  precipito.  Ecco  per  cosi  dire  I'atto  di 
na.scita  di  Manuos. 

Dopo  il  1910,  con  la  concorrenza  sul  mercato 
della  gomma  inglese,  comincia  la  decadenza  per 
I'abbassamento  del  prezzo  dell'oj'o  negro  che 
provoca  una  vera  rovina  generale;  ora  a  1 5  anni 
dal  crollo  .si  spera  non  siano  fallaci  gli  indizi  di 
nuova  prosperity  con  la  scoperta  di  ininerali  e 
del  petrolic. 

A  Manaos  vi  i  una  piccola  colonia  italiana.  K 
la  citta  base  alia  nostra  Prelatura  Apostolica 
del  Rio  Negro. 


Printed  in  ^^^^^ 


iPubbllcazlone   Mcitslle) 


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Anno  IX  -  Num.  8 


Pubblicazione  mensile 


Agosio   1931   (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


L  aposfolafo  del pafimenfi per  le  missioni. 


Nella  Chiesa  la  sofferenza  ha  un  com- 
pito  ed  una  niissione:  «  completare  la  pas- 
sione  di  N.   S.   Gesu  Cristo  ». 

I]  sofferente,  I'uomo  dei  dolori,  colui 
che  e  tormentato  nel  corpo,  se  sta  unito 
colla  grazia  a  Nostro  Signore,  continua 
la  passione  del  Redentore.  .Soffre  e  nierita 
per  se  e  per  tutto  il  corpo  mistico  di 
Cristo  del  quale  e  parte.  Soffre  anche  per 
queUi  che  hanno  altre  mansioni  da  com- 
piere,  particolarmente  nell'apostolato  per 
la  salute  delle  anime  Soffre  e  fa  sgorgare 
dalla  sua  sofferenza  rassegnata  e  ben 
compresa  quella  ILnfa,  che  entrando  mi- 
steriosamente  nei  solchi  scavati  dagli 
apostoli  di  ogni  buona  santa  causa,  ne 
asperge  le  fatiche  e  i  sudori,  e  li  rende 
fecondi. 

Bella  e  stata  la  risposta  che  Bernar- 
detta  Soubirous  —  divenuta  Suor  Maria 
Bernardo  tra  le  suore  di  Nevers  —  dava 
un  giomo  ad  un  sacerdote  che  trovandola 
in  infermeria  le  domandava  quale  fosse 
la  sua  mansione  nella  comunita:  —  Faccio 
rammalata!  —  Era  lieta  di  ofi'rire  i  suoi 
patimenti  per  tutte  le  buone  cause. 

Cosi  hanno  fatto  gli  ammalati  di  Roma, 
offrendo  i  patimenti  di  un  giomo  per  i! 
bene  delle  Missioni. 


l,a  manifestazione  di  apostolato  missio- 
nario  che  si  e  svolta  a  Roma  la  domenica 
di  Pentecoste,  da  parte  dei  cari  ammalati, 
ha  avuto  un  magnifico  esito,  che  il  Si- 
gnore fecondera  colla  sua  )/razia. 

Trattandosi  di  un'o^jera  spirituale,  asce- 
tica  e  apostolica,  si  poteva  calcolare  sulla 
partecipazione  delle  anime  piii  elette,  di 
quelle  che  noi  ci  ostiniamo  forse  a  credere 
poco  numerose. 

Invece  la  partecipazione  fu  veramente 
plebiscitaria.  Abbiamo  assistito  ad  una 
esplosione  spontanea  e  cordialissima  di 
carita  e  di  amore  alle  missioni  nostre  e 
al  Papa. 

Possiamo  dire  che  quasi  tutti  i  malati 
di  Roma,  tanto  quelli  ricoverati  in  ospe- 
dali  o  in  cliniche  private,  quanto  quelli 
degenti  uelle  proprie  abitazioni,  si  sono 
sentiti  come  presi  da  un'onda  dolce  e 
consolante  di  santo  apostolato,  felici  di 
poter  cooperare  alia  dilatazione  del  regno 
di  Nostro  Signore  colle  proprie  sofferenze. 

Negli  ospedali,  ospizi  e  cliniche  pri- 
vate, i  malati  diedero  la  loro  firma  ai 
cappellani  o  alle  suore  assistenti;  i  malati 
a  domicilio  ai  rispettivi  parroci  o  alle 
suore  infermiere  che  li  assistevano  in  casa. 
Pill  che  settemila  malati  di  Roma  hanno 


141 


voliito  e  potuto,  con  loro  grande  soddi- 
sfazione,  apporre  la  propria  firma  sul- 
Valbiim  die  fu  era  presentato  al  Santo 
Padre  come  a  ricordo  della  giomata  stessa. 
Trecentonovantadue  di  queste  firme 
sono  accompagnate  da  nobili  espressioni 
di  amore  alle  missioni  cattoliche  e  di  devo- 
zione  profonda  e  illimitata  al  Santo  Padre. 
Da  semplici  invocazioni  a  forma  di  gia- 
culatorie  si  passa,  attraverso  una  ganmia 
lunghissima,  a  pensieri  di  alta  ascetica. 
Vi  sono  sentimenti  e  pensieri  altissimi  di 
anime  che  ringraziano  per  giovare  al 
prossimo,  di  anime  che  desiderano  soffrire 
di  pill  per  la  conversione  del  mondo  pa- 
gano,  di  anime  che  offrono  al  Signore 
anche  la  vita  per  U  Papa,  di  anime  che 
promettono  di  essere  sempre  missionarie 


colla  sofferenza  finche  il  Signore  le  vorra 
malate,  e  missionarie  di  fatto,  nelle  terre 
lontane,  se  il  Signore  le  vorra  guarire. 
Si  leggono  espressioni  del  piii  alto  elogio 
alia  bonta  e  alia  grandezza  del  Papa 
missionario,  alia  bellezza  divina  dell'ideale 
missionarie,  all'eroismo  dei  niissionari 
cattolici.  E  sotto  queste  nobili  espressioni 
si  leggono  firme  di  persone  appartenenti 
ad  ogni  condizione  sociale:  dalla  povera 
contadina,  all'operaio,  al  professionista, 
al  diplomatico,  al  letterato,  al  giornalista, 
al  conte,  alia  principessa,  alio  studente, 
alia  suora,  al  sacerdote,  al  religioso,  al 
poeta.  Si,  anche  un  poeta,  malato  al 
Policlinico  ha  partecipato  alia  bella  mani- 
festazione  scrivendo   un'apposita    poesia. 

N.  N 


.e  vacanze 


del 


missionario. 


A  D.  Umberfo  Dalmasso. 


Tl  missionario  e  un  apostolo  e  I'apostolo 
non  e  I'uomo  della  quiete,  del  riposo.  La 
febbre  dell'operare,  lo  spasimo  del  lavoro 
eccitano  questi  cuori  gagliardi  che  non 
per  se  hanno  dedicate  o  dedicano  le  valide 
energie  dell'intelletto  e  della  volonta,  ma 
per  uno  scopo  che  e  piii  alto,  che  e  piu 
suljlime  di  qualsiasi  altra  impresa  umana, 
sia  essa  scientifica  o  patriottica,  perche 
la  loro  impresa  e  divina.  I  missionari 
sono  migliaia  e  migliaia?  sono  migliaia  e 
migliaia...  i  loro  eroismi,  sono  d'ogni 
giorno,  d'ogni  ora,  d'ogni  minuto. 

Ne  cade  uno,  ne  cadono  dieci,  ne  ca- 
dono  cento?  Ne  sorgono  miUe  a  prenderne 
il  posto,  ad  emularne  il  sacrificio,  a  sfidare 
lo  stesso  martirio,  lieti,  giocondi  di  sof- 
frire nel  nome  di  Cristo. 

Oh  la  dolcezza  della  missione  divina 
compiuta  da  umani,  oh  la  bellezza  del 
sacrificio  che  crocifigge  sopra  una  croce 
che  e  gloria,  oh  la  grandezza  del  martirio 
ch'fe  il  trionfo  dello  spirito  sopra  la  carne 
inferma...,  chi  potra  mai  rivelare  degna- 


mente  i  misteri  di  questi  cuori  che  hanno 
un  arma  sola,  la  preghiera;  uno  scudo, 
la  Croce? 

Questo  e  il  missionario.  Vicino  o  lon- 
tano  alia  sua  Missione,  egli  non  ha  soste, 
non  ha  deviamenti,  non  ha  tregua.  Se  e 
lontano,  gia  ripensa  al  giorno  del  ritorno. 
Nel  suo  cuore  e  nata  una  nostalgia  nuova. 
Se  questi  monti  d'argento,  questi  giorni 
solatii,  questi  vespri  aurati,  questi  piani 
verdeggianti  nel  riflesso  delle  nevi  eteme 
possono  eloquentemente  parlare  al  loro 
cuore  di  italiani  e  di  poeti,  un  missionario 
e  sempre  un  poeta,  al  loro  cuore  di  apo- 
stolo parlano  lo  stesso  santo  linguaggio, 
le  lande  sterminate,  i  piani  paludosi,  i 
deserti  che  non  hanno  limiti,  i  vUlaggi 
dove  non  regna  che  la  miseria,  le  misere 
capanne  slabbrate,  i  tukul  angusti  e 
sudici  non  danno  a  loro  avversione  o  ri- 
brezzo;  la  ci  son  fratelli,  la  anime,  la  e 
il  campo  pronto  per  la  seminagione,  la 
h  la  messe  ubertosa. 


uahe.  XIII  • 


142 


DALLE    LONTANE    MISSIONI 

AGLI  AMICI  DELLA  MISSIONE 
GIAPPONESE 


Volete  qiialclie  buon  coiisiglio?  Si  dice 
che  un  buon  consiglio  si  puo  prendere  da 
cliiunque...  quindi  anche  dai  vostri  amici 
giapi^onesi. 

Canta  un'antica  celebre  poetessa  giap- 
ponese: 

Ogni  mattina  davanti  a  Lcrso  specchio... 
C0$\  seniprc  sia  I'aniina  inia.  C'e  materia 
da  raeditare,  come  fa  la  giovane  giappo- 
nese  di  cui  abbiamo  offerto  la  fotografia 
neirultimo  uumero. 

Un  altro  consiglio?  Se  tralasci  di  pulire 
la  gemma  anche  piit  hyillante  e  splendida, 
diventa  come  una  tepola...  Chiaro?  Fotete 
applicarlo  alb  pulizia  dell'anima  uel  la- 
vorio  spirituale,  o  se  piii  vi  piace,  al  lavoro 
missionario  vostro.  Se  sarete  sempre  attivi, 
sarete  splendide  gemme,  brillanti  di  luce 
e  di  meriti,  se  no,  come  le  tegole  dei  tetti, 
scure,   sporche   e   qualche   volta    rotte. 


—  Ma  posso  fare  poco  per  I'anima  mia 
o  per  le  missioni! . —  dira  qualcuno.  La 
poetessa  vi  dice: 

iL  spetlacolo  incantevoLe  in  un  inaliino 
splendido  d'estate  sentire  I'allodola  che 
cantando  si  innalza  stt  su  nel  limpido  cielo... 
ma  non  e  vieno  incanievole  il  vedere  elevarsi 
tra  le  erhe  il  piccolo  fiore  del  giglio  dei 
cainpi.  Capito?  Potete  fare  dieci?  fi  dovere 
fare  per  dieci.  Potete  fare  uno?  Non  e 
meno  pregevole  e  meritorio  fare  per  uno. 

Oh  se  tutti  i  nostri  amici  potessero  fare 
anche  solo  per  uno  per  la  nostra  missione! 

Per  la  realizzazione  di  questo  pro- 
gramma  guardatevi  pur  nello  specchio 
ogni  giorno,  e  lavorate  secondo  le  vostre 
possibilita,  anche  se  piccoli  gigli  di  campo. 


Miyazaki,  1-6-31. 


D.    V.    CiMATTI 


^43 


AZIONE  RELIGIOSA 


Abbiamo  anche  qui  in  Siam  buoni  coope- 
ratori  che  comprendono  ed  attuano  assai 
bene    iJ    prograinma    dell'Azione  Religiosa. 

Ve  ne  presento  due. 


Francesco  Lai   Seng. 


A  proposito  di  apostolato  di  giovani,  ecco 
quanto  e  a-srv'enuto  alia  scuola  delle  zelanti 
suore   di   San    Paolo   di    Chartres. 

Due  allieve  desideravano  ardentemente  di 
ricevere  il  battesimo,  ma  trovavano  insor- 
niontabUe  ostacolo  nei  loro  genitori  pagani. 
Mentre  con  la  preghiera  affrettavano  il 
nionicnto  di  essere  cristiane,  non  rimauevano 
inoperose. 

Un  gionio  la  maggiore  si  present6  alia 
suora  con  atteggianiento  di  chi  ha  qual'che 
cosa    di    grave    da    riferire. 

—  Madre,  sapessi... 

—  Che?  sentiamo. 

—  vSai?  niio  fratellino  da  tanti  giomi  era 
innlato.  leri  il  medico  disse  che  aveva 
p'  che  ore  di  vita.  Ed  io,  approfittaudo  di 
un  momento  in  cui  ero  sola  col  malato, 
I'ho  battezzato. 

—  Ed  ora? 

—  E  in  Paradiso  da  questa  notte... 

—  Brava,  a  preparare  un  posto  anche 
per  te,  vero? 

—  Si,  Madre,  e  chino  il  capo  singhioz- 
zando. 

—  Piangi  per  aver  fatto  un  regalo  a]  buon 
Dio? 

—  C'6,  che  quando  raccontai  il  fatto  alia 
sorellina,  seppi  che  I'aveva  gia  battezzato 
lei  mezz'ora  primal 


Un  vecchio:  Francesco  Lai  Seng  che  il 
Signore  ha  chiamato  in  questi  giomi  al 
premio  del  Paradiso.  Ha  dato  un  figlio  al 
sacerdozio;  assiduo  alle  funzioni  religiose  era 
tra  le  piu  belle  voci  a  cantare  le  orazioni  in 
cinese.- 

Ma  la  sua  azione  religiosa  preferita  fii 
battezzare  i  bambini  di  pagani  in  pericolo 
di  niorte  e  tenere  al  fonte  battesimale  gli 
adulti  assolvendo  con  scrupolo  gli  obblighi 
chf  la  Chiesa  impone  ai  padrini,  obblighi  che, 
tr.ittandosi  di  neofiti  i  cui  parenti  riman- 
gono  pagani,  sono  molto  pii:  frequenti  e 
piu  difficili. 

Da  \\n  calcolo  risulto  che  Lai  Seng  ebbe 
piii  di  300  figliocci! 

L'ultimo  suo  atto  fu  firniare  con  mauo 
treraante  una  dichiarazione  con  cui  giu- 
rava  di  aver  fatto  da  padriuo  ad  un  giovaue 
del  cui  battesimo,  in  <iuei  prinii  tempi  della 
cristianita  in  fonnazione,  era  andato  smar- 
rito  I'atto. 

*  ** 

Ed  un  giovane:  Sanit,  che  sta  insegnando 
all'amico  Somjwng,  ancora  pagano,  a  fare 
il  segno  di  croce. 


(jA^^i*  \ 


Sanit   e   Sompong. 


\'c)i  jjregherete,  cari  giovani  lettori  di 
Owveniu  Missionaria,  perche  si  moltipli- 
chino  questi  apostoli  per  il  trionfo  del  regno 
di  Dio. 

Ji'ajabw  ■'■Siam. 

P.  Grov.  Casetta. 
Salesiano. 


144 


*^f 


Rcsidenza  missionaha  in  Seipa  (Macas).   =    +  Cappella.   •Campanile.   -' Rcsidenza  missionaria.   ^Casa  particolarc. 


CHI  SI  SENTIREBBE?... 


T,a  mia  distanza  (vivo  neiri'"f|uatore)  e 
le  mie  peculiar!  circostanze  mi  daimo  la 
forza  di  lanciarvi  questa  proposta:  Chi  di 
voi  si  seiitirebbc  di  venirci  iii  aiuto  con  tin 
ouore  tnagnanimo  e  con  una  borsa  gonfia... 
di   denaro? 

Amici  lettori,  tanto  sensibUi  agli  cnlu- 
siasnii  giovanili,  specie  ai  santi  entusinsnii 
missionari,  questo  povero  missionario  vi  in- 
vita  ad  aiutarlo. 

Di  giorno  in  giomo  qui  ci  rendiamo  conto 
dell'esiguita  del  nostro  nuniero  e  del  cre- 
scere  delle  necessita  della  nostra  Missione. 
Venti  sacerdoti  in  cinque  centri  fissi  di  Mis- 
sione e  quattro  prowisori;  tre  case  nella 
Cordigliera  Andina,  e  nove  scuole;  tre  centri 
protestauti  sul  nostro  fronte,  un  Vicariate 
Apostolico  esteso  quanto  due  regioni  d'lta- 
lia...  Ditemi,  aniici  lettori.  non  c'i-  tra  voi 
nessuno  che  si  senta  comniuovere  e  die  in 
uno  slancio  di  dedizione  risponda:  « lo  mi 
sentirei  di  venire  ad  aunientare  il  vustro 
piccolo  drappello  »?  Venga  codesto  volon- 
teroso  e  lavorera  alia  fomiazione  del  grande 
regno  di  Dio,  intessendo  da  se  la  sua  co- 
rona di  gloria.  Per  lui  anche  qui  nelle  Mis- 
sioni  equatoriane,  ci  sara  un  pane,  spesso 
sostituito  (e  quante  volte!)  da  sempUce  gra- 
noturco  o  da  surrogati  orientali;  vi  sara 
lavoro,  —  oh  si,  assai  —  fino  a  stancarlo 
se  sara  generf)'=;o,  fino  a  canibiarlo  in  un 
Zavcrio  se  sara  zelante.   In  nonie  di    Don 


Bosco  possianio  per  ultimo  assicurargli  un 
alto   posto  nel   bel   Paradise. 

All'opera ! 

Ho  detto  anche:  chi  si  sentirebbe  di  ve- 
nirci in  soccorso  con  una  borsa  plena...  di 
denaro?  Chiedo  forse  troppo,  chiedendo  cose 
materiali?  Volevo  dirvi;  chi  di  voi  si  senti- 
rebbe di  adottare  un  orfanello,  per  estmpio 
in  Macas?  Pensate  quante  ripulse  dobbiamo 
dare  a  bimbi  e  bimbe  che  cercano  un  asilo 
da  noi?  Ecco  il  nostro  veneratissimo  Mon- 
signor  Vicario  Apostolico  attomiato  dai  suoi 
poveri  figliolini  della  selva  che  gli  chieg- 
gono  di  tutto  e  spesso  con  le  lagrime  agli 
occhi  egli  deve  rispondere  che  neppure  lui 
ne  ha? 

Chi  di  voi  adunque  \-uol  farsi  protettore 
a  (lualcuno  dei  nostri  mannocchietti?  O 
meglio  ancora:  clii  di  voi  vorrebbe  contri- 
buire  alia  costruzione  di  luia  casetta  per  i 
nostri  birichini,  semplice,  disadonia,  ma 
tale  che  dia  loro  ricovero?  C'e  forse  chi 
vuol  fare  di  piii?  Fissi  i  suoi  sguardi  nella 
fotografia,  conti  i  selvaggi  che  aspettano  chi 
li  soccorra  o  animiri  la  Cattedrale  in  cui  si 
degna  dimorare  il  Re  dei  Cieli.  La  catte- 
drale e  cosi  artistica  che  U  pavimento  di 
banibii  potrebbe  da  solo  costituire  un  deli- 
zioso  concerto  quando  vi  si  passi  sopra  e 
I'altar  maggiore  ha  una  minaccia  d'incendio 
tulte  le  volte  che  per  solennita  si  accendc 
la  sesta  candela  di  pnra  cera...  vegetale. 


^45 


E  qualcheduno  non  si  sentirebbe  di  dire: 
io  mi  offro  a  regalare  al  buon  Gesii  una,  dut-, 
tre  cappelle  meno  indegne,  tra  i  selvaggi 
delle  foreste  amazzoniche? 

E  lasciatenii  coiitiuuare  ntlla  litania! 

Chi  si  sentirebbe  di  essere  padrino  o  nia- 
drina  ai  nuovi  matrinioni  cristiani  die  da 
un  anno  a  questa  parte  si  varnio  celebrando 
tra  i  nostri  selvaggi?  S'intende  che  dovrebbe 
pagare  I'anello  —  che  per  i  nostri  Kivari  e 
sempre  U  primo  di  una  lunga  catena  di  aUri 
anelli  che  verrebbero  continuamente  a  chie- 
dervi. 

Vorrei  continuare  ancora  a  lanciani  pro- 


poste  su  proposte.  Non  mancherebbe  certo 
la  materia  che  incanierebbe  le  nostra  piii 
vivo  necessita:  per  esempio  un...  aeroplano 
ci  risparmierebbe  tanto  tempo  in  viaggi  e 
ci  permetterebbe  di  andare  con  frequenza 
nei  punti  piu  distanti  della  missione...  Ma 
7ia!  vedo  che  vclo  gia  abbastanza  con  la 
fantasia...  mentre  il  concrete  e  tutto  in 
questa  domanda:  chi  si  sentirebbe  di  aiu- 
tarci^   Ci  aiuti  generosamente! 

Macas,    marzo   1931. 

D.   Giov.   ViC.NA 
Missionarw  Salesiano. 


UN  ANNO  IN  MISSIONE 


Quante  cose  in  un  anno  si  sono  svolte 
nella  Missione!  L 'ultima,  la  testa  di  Maria 
Ausiliatrice  con  una  magnifica  e  devota  pro- 
cessione   e    gran    concorso   di   gente. 

Poco  prima  abbiamo  con  somtua  gioia 
e  meraviglia  sentito  a  perfezione  (e  proprif) 
la  parola  adatta)  la  parola  del  Papa,  attra- 
verso  la  radio:  a  mezzanotte  precisa  tutta 
la  nostra  comunita  ha  potuto  ricevere  la 
benedizione  del  Santo  Padre  e  unire  le 
proprie  acclamazioni  a  quelle  che  si  senti- 
vano,  molto  bene,  della  gran  folia  adunata 
al  Vaticano. 

E  poi,  andando  a  ritroso,  la  devota  festa 
di  D.  Bosco,  che  mantiene  e  accre.sce,  se 
fosse  possibile,  I'entusiasmo  del  1929:  e  in 
quel  giomo  aumento  la  gioia  di  moltissimi 
accorsi,  I'ordinazione  di  sei  novelli  sacerdoti. 

II  5  aprile.  solcnnita  di  Pasqua,  con 
alcmie  migUaia  di  Comunioni:  agli  ultimi 
di  gemiaio,  graiide  congresso  di  cattolici  a 
Sard,  antica  capitale  dell' Assam,  che  durcb 
tre  giomi,  con  intervento  dei  cattolici  di 
tulti  i  distretti.  Che  dire  poi  della  festa  di 


Natale  e  dell'agape  fratema  di  oltre  due- 
mila  convenuti,  il  gionio  dopo  del  S.  Natale? 
Ma  la  festa  che  e  come  il  compendio  di 
tutto  I'anno  religioso,  e  la  festa  del  Corpus 
Christi,  che  per  opportnnita  del  tempo  si 
fa  in  ottobre. 

Che  magnifica  processione!  Ogni  villaggio 
cristiano  ha  fomiato  il  suo  gnippo  con 
stendardi  e  bandiere:  sono  decine  e  decine 
di  villaggi  e  di  gruppi  venuti,  alcuni,  con 
un  cammino  di  quattro   giomi. 

Ed  ecco  la  proce.ssione  che  sfila  per  parec- 
chie  ore,  altemando  le  pregliiere  con  i  piii 
lieti  canti.  Si  resta  comraossi,  tanto  piii  che 
alio  sfilamento  guarda  nieravighata  una 
quantita  di  pagani,  di  maomettani,  di  indii 
e  di  protestanti  di   varie  s^tte. 

I^a  proce.'^sione  lascia  una  grande  impres- 
sione  in  tutti,  e  i  cattolici  assamesi  la  consi- 
derano  come  la  data  principale  del  lore 
calendario. 

In  questo  modo  la  vita  trascorre  interes- 
santissima. 

Sac.  Albino  Comba. 


146   -^ 


LA  FEDE  DEI  NEOFITI 
KIVARI 


Ouando  Gesu  si  coinpiace  scegliersi  di  tra 
i  nostri  catecuiiieiii  qualeheduno  per  chia- 
marlo  a  far  parte  della  sua  Chiesa,  assi- 
stiamo  non  di  rado  a  qualche  scena  che  ci 
fa  ritoniare  col  nostro  pensiero  ai  priini 
tempi  cristiani. 

Tempo  fa  uno  dei  fnigoliiii  della  Mis- 
sione  nostra  di  JMendez  che  da  pnchi  niesi 
aveva  ricevuto  per  la  prima  volta  la  santa 
Comunione,  e  quasi  tutte  le  mattine,  po- 
teiidoln,  s'era  comunicato,  ebbe  una  ferita 
a  uii  braccio,  ferita  che  io  costrinse  a  portar 
il  braccio  al  coUo.  II  giomo  dopo  essersi 
ferito  non  si  coniunico  e  al  Padre  niissio- 
uario  che  gliene  domandava  il  perch^,  ri- 
spose:  —  Col  braccio  cosi  legato,  immobile 
non  si  riceve  Gesii!  Come  posso  giungere  le 
mani  e  riceverlo  con  riverenza? 

Boccioli  di  rose  che  si  aprono  al  bacio  del 
sole  e  schiudono  una  fragranza  di  cui  forse 
noi  avevamo  perduto  anche  I'idea. 

E  che  sacriiici  fanno  spesso  per  giungere 
da  lontano  alia  Missione  digiuni  per  fare  la 
santa  Comunione! 

Non  k  niolto  un  ragazzone  kivaro  che 
s'era  comunicato  con  fervore  nella  Mis- 
sione, vi  ritomo  dopo  due  mesi.  II  missio- 
nario  I'attese  perche  si  confessasse.  Ma  quale 


Mons,   Comin  circondato    da    bambini    kivar!. 


fu  il  suo  stupore  nel  vedere  che  senz'altro 
si  avvicina  con  gli  altri  aUa  santa  Mensa! 
Conosceste  i  pericoli  della  kivaria  e  la  li- 
cenziosita  dei  kivari  nelle  loro  case! 

Dopo  Messa  I'interpello.  Sapete  come  ri- 
spose?  —  Forseche  dopo  aver  ricevuto  Gesu 
si  deve  ancora  peccare? 

Un  altro  fatterello  fresco  fresco.  Giovedi 
Santo  si  presentd  aU'Ecc.ino  Mons.  Vicario 
ApostoHco  la  sposa  del  primo  matrimonio 
cristiano  kivaro  di  Macas.  Voleva  riverire  il 
Vescovo,  che  vedendola  palUda  e  malandata, 
la  consiglio  di  aversi  cura  della  salute,  ser- 
vendosi  di  qualche  brodetto  di  gallina  non 
difficile  a  procurarsi  tra  loro. 

—  Monsignore,  esclamo  la  fervorosa  cri- 


n   matrimonio   cristiano  det   kivaro   Tibl   coUa   kivara   Clella,  ambedue   educall   nella   Missione   di   Macas. 


^47 


stiana,  domaui  e  stretto  digiuno  e  og^i  asti- 
uenza.  I  cristiani  non  possoiio  mangiar 
came! 

AirEccmo  Monsigiiore,  comniosso  <li 
quelle  zelo  non  riniase  clie  dirle  clie  egli  la 
dispensava,  viste  le  tristi  condizioni  della  sua 
salute  e,  per  suggellarle  la  dispensa,  le  rega- 
lava  il  denaro  per  procacciarsi  il  necessario 
per  rinforzarsi.  Piu  tardi  si  venne  a  cono- 
scenza  ehe  durante  tutta  la  quaresima  os- 
serv^o  e  fece  osserv-are  a  suo  niarito,  nei 
giomi  prescritti,  un  rigoroso  digiuno.  Un 
giorno  che  non  seppe  se  era  martedi  o  mei- 


coledi  (i  kivari  non  distinguono  giomo  da 
giorno),  dalla  sua  casa  s'affrettd  a  mandare 
un  kivaretto  a  domandare  al  missionario  in 
che  giomo  della  settiniana  si  era,  per  sapere 
quando  digiunare. 

Povere  aninie,  die  si  aprono  col  fervore 
die  molte  altre  perdono  tra  i  cristiani  freddi 
e  inosservanti!  Siate  voi  quelle  che  otteiiete 
da  Dio  la  conversione  di  tuttiivostri  t'ratelli 
kivari. 

Macas,  Pasqria   1931 

Sac.  Giov.  M.  Vir.N.v. 


LA  GALLINA  E  IL  SERPENTE 


Giovedi,  giomo  di  vacanza  pei  nostri 
.scolari,  a  mezzogiorno  nientre  io  e  il  mio 
confratello  eravanio  a  tavola.  ecco  ci  capita 
davanti  come  un  bolide  Achille,  il  servo 
incaricato  del  poUaio.  Cli  occhi  dilatati  per 
lo  spavento,  la  bocca sinisuratamente  aperta, 
egli  si  piaiita  ritto  senza  poter  profferire 
parola.  Inline  con  grandi  sforzi  riesce  a 
dire:  —  Padre  mio,  padre  mio,  vi  e  un  grosso 
serpente  nel  poUaio... 

Avevamo  nel  pollaio  una  chioccia  die 
covava   12  nova. 

II  P.  Bessone  si  alza,  prende  il  fucile  e 
discende.  Io  lo  seguo.  Arrivati  al  pollaio 
troviamo  la  porta  aperta  e  al  fondo  lungo 
il  muro  un  bel  serpente  che  riposava  beata- 
mente:  era  lungo  la  bellezza  di  ni.  2,50.  Nel 
mezzo  del  corpo  aveva  una  palla  della  gros- 
sezza  della  testa  di  un  uomo.  Al  nostro  arrivo 
non  si  desto  puuto. 

II  servo  ci  sussurro:  — La  gallina  non  c'fe 
pill...    tutto    e    finite   nel   suo    ventre! 

—  Ora  vedrai  —  disse  il  P.  Bessone  — 
che  vendicher6  la  gallina  e  la  sua  covata. 


Si  accosta  a  due  iiietri,  111  ira  e  lascia  par- 
tire  il  colpo...  II  rettile  e  trasforniato  in 
due  tronconi,  sezionato  proprio  nel  mezzo 
della  palla,  e  da  gli  ultimi  fremiti  di  vita. 
Per  la  peUe  squarciata  si  riversano  due  uova 
fracassate,  da  cui  veiigono  in  luce  sangui- 
uolenti  pulcini  conipletamente  formati,  e 
le    altre    dieci    intatte. 

—  Ecco   le    uova...   ma   la    gallina?! 

Regalo  il  serpente  al  servo  che  I'accetta 
con  gioia  pensando  di  fame  omaggio  ad 
amici  e  parenti...  e  ritornianio  sopra  a  fijiire 
il  pranzo.  Sul  finire  riappare  trionfante 
AcliiUe  a  dirci:  -  La  gallina  e  tomata...  — 
La  sentiamo  come  singhiozzare  al  fondo 
del  cortile  dove  sta  prendendo  un  energico 
baguo  di...  polvere  e  di  cenere.  Pinita  la 
toeletta,   va   alia   ricerca  della   covata. 

II  servo,  in  previsione,  ha  rifatto  il  nido 
e  vi  ha  collocate  le  uova  recuperate...  Otto, 
giomi  dopo  dieci  allegri  piilcuii  seguivano 
felici    la    chioccia    pel    cortile. 

T.  lOT.lF.  S.  M.  A. 
Missionario  al  Dahomey. 


148 


3t 


(a  nahtra 


Fra  tutti  i  popoli  della  terra  iiiullo  tlie 
piu  ama  la  natvira  e  piu  la  gusta  e  certa- 
meiite  il  popolo  giappoiiese.  A  cominciare 
dalla  costruzione  delle  case  fino  ai  piu  pic- 
coli  utensili,  ai  vestiti,  non  vi  fe  ccsa  che 
non  ritragga,  ahiieno  in  una  sua  parte,  la 
natura.  La  prima  cosa  che  colpisce  la  curio- 
sita  dello  straniero  che  viene  a  visit  are  il 
Giappone  soiro  gli  sgargianti  vestiti  delle 
ragazzette  che  si  divertono  sulle  vie  e  il 
vedere  nei  niusei  d'antichita  conic  Ic  spade, 
gli  elmi,  le  corazze  e  qualsiasi  strumento 
militare  antico  sia  fregiato  con  oniamenti 
di  fiori,  d'uccelli  ecc.  E  piu  si  guardano  questi 
oniaiuenti  nei  lore  niinuti  particolari  e  piii 
si  e  presi  d'ammirazione. 

Gli  stessi  dolci  dalla  forma  di  foglie  d'al- 
beri  o  di  crisantemo,  e  il  vassoio  in  cui  soiio 
posti;  il  quadro  del  Tokonoma,  i  vasi  a 
fiori  della  stanza  in  cui  vengono  offerti  sono 
come    un    riassunto    della    natura. 

Chi  visita  il  tenipio  di  Nik/td,  pivi  che 
essere  sorpreso  dalla  hellezza  dell'arte  ri- 
mane  meravigUato  deH'amionia  che  risidta 
dalla  combinazione  di  questa  col  paesaggio 
circostante. 

I  Giapponesi  non  solo  mantengono  la 
forma  naturale  delle  cose,  ma  la  perfezio- 
uano,  e  amano  e  lodano  le  cose  che  hanno 
attinenza  col  naturale.  Per  esempio  nella 
coltivazione  dei  fiori  e  la  forma  del  fusto 
e  la  disposizione  dei  rami  danno  una  forma 
di  bellezza  superiore  al  naturale  stes.so. 
Ugual  cosa  avviene  per  la  coltivazione  di 
pianticelle  in  vasi,  come  pure  nella  costru- 
zione della  cosi  detta  scatola-giardino,  di 
cui  i  Giapponesi  sono  appassionati;  in  tutto 
questo  essi  riescono  meravigHosamente  ad 
afferrare  i  tratti  principali  che  appagano 
I'occhio  e  soddisfano.  Fra  le  pitture,  meglio 
riuscite  e  gustate  sono  quelle  che  ritraggono 
fiori,  uccelli,  montagne  e  luoghi  acquosi.  I 
temi  di  pittura  dell'arte  eviropea  differen- 
ziano  assai  da   queUi  dell'arte   giapponese. 

Aiiche  la  letteratiira  trova  la  sua  pivi  alta 
e  vigorosa  espressione  nei  cantare  la  natura. 
Dalle  antiche  canzoni  ai  distici  modenii  si 
puo  dire  che  non  c  che  ima  voce  di  lode  e 
di  gioia  alia  natura:  e  dall'amore  alia  bel- 


lezza naturale  nasce  una  specie  di  connubio 
tra  la  natura  stessa  e  I'ucnio  per  cui  ci  si 
.serve  molto  volentieri  di  modi  di  dire  ri- 
traenti  .stati  della  natura  stessa,  per  espri- 
mere  lo  stato  dell'animo  e  le  tendenze  na- 
turali  dell'uomo.  Ad  esempio  si  dice:  il 
prosperare  dei  gigli,  I'abbondanza  dell'erba 
d'estate;  fumo  di  pensieri,  cuore  di  fiore; 
rugiada  di  lacrime;  pioggerella  delle  maniche 
(i  giapponesi  si  asciugano  le  lacrime  con 
le  hiughe  maniche).  In  una  parola  dicendo 
ad  es.  pioggia  di  primavera,  albero  secco, 
il  cuore  del  giappone-se,  seguendo  una 
naturale  a.ssociazione  di  idee,  ne  ritrae  lo 
stato  d'animo  d'un  individuo.  II  naturale 
e  I'umano  sono  in  perfetta  armonia  e  diven- 
tano  come  una  cosa  sola.  Persino  neUe  let- 
tere  che  quotidianamente  si  scambiano  tra 
amici  o  conoscenti,  tiene  il  primo  posto  un 
saluto  esprimente  il  clinia,  la  temperatura 
e  il  cambiare  di  stagione. 

Per  comprendere  come  influisca  suU'aniino 
giapponese  il  cambiarsi  delle  quattro  sta- 
gioni,  basta  considerare  che  fin  dai  tempi  piii 
antichi  a  tutt'oggi  le  ccmposizioni  letterarie 
sono  una  dispiita  sull'autunno  e  la  primavera 
per  deteruiinare  (|uale  di  esse  sia  lapiia  be  11a. 
£  piu  bella  la  primavera  nella  sfumatura 
dei  suoi  cento  fiori,  o  I'aututmo  rosseggiante 
per  le  foglie  dei  momigi  che  appaiono  nello 
squagliar.si  della  nebbiola?  Ecco  una  que- 
stione  che  da  milk-  e  piii  anni  nei  pennelli 
dei  letterati  e  divenuta  sempre  piii  profonda 
e  in.solvibile.  Son  celebri  in  Giappone  le 
opere  letterarie  della  famiglia  Ghengi.  Eb- 
bene  in  esse  hanno  preponderanza  la  prima- 
vera e  I'autunno  che  vengono  preferiti  da 
differenti  individui.  L'anima  giapponese  ha 
qiundi  una  tendenza  profonda  verso  il  bello 
della  natura. 

Anticamente  il  cono.scere  I'incanto  delle 
cose  era  I'idenle  di  ognuno.  Pel  conseguenza 
si  diceva  che  non  conosceva  il  cuore  del- 
l'uomo chi  non  conosceva  e  apprezzava  il 
bellp  della  natura.  Per.sino  il  bushido,  I'ideale 
dei  guerrieri  antichi,  trova  la  sua  ragione 
nei  bello  naturale. 

D.  Margiaria 
Mtssionario  Salesiano. 


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Riviste 


issionane 


IL  SANTUARIO  Dl  KOTCHIKADE 


Xe  tracciano  le  origiui  Le  missioni  della  C. 
d.  G.  in  una  graziosa  pagina. 

Nel  1733  viveva  a  Colombo  (Ceylan)  un  in- 
diano  della  casta  dei  bramiui,  per  nome  Antonio 
Cochial  (Antonio  di  Cochin):  di  gioruo  era  servo 
di  un  pescatore  singalese,  di  notte  era  ministro 
di  Dio,  celebrava  in  qualche  casa  e  ammini- 
strava  i  Sacramenti.  Un  giorno  pero  fu  tradito, 
e  scoperto  dai  calvinisti  olandesi  fuggi  lungo 
il  mare  verso  i  quartieri  di  Mutuwal  e  Madera 
dove  forse  alcuni  cristiani  lo  avrebbero  nascosto. 
Ma  suUa  riva  fu  fermato  da  pescatori  buddisti 
e  musulmani,  che  lo  conoscevano  e  veneravano, 
1  quali  lo  pregarono  di  imporre  al  mare  di  riti- 
rarsi  (aveva  invaso  un  tratto  della  costa)  per 
peter  far  asciugare  le  loro  reti. 

Antonio  tento  di  schermirsi,  supplico  che  lo 
lasciassero  sfuggire  ai  soldati  che  lo  cercavano: 
non  ci  fu  verso.  Ed  ecco  i  soldati  sopraggiun- 
gere  e  contenderlo  ai  pescatori;  ma  questi  fe- 
cero  valere  la  loro  precedenza  nella  presa  di 
possesso.  I  soldati,  sentito  il  desiderio  dei  pe- 
scatori, rilasciarono  Antonio  e  I'ufficiale  ag- 
giuuse:  —  Se  egli  fara  cio  che  gli  chiedete,  lo 
lasciero  libero,  e  gli  permettero  di  esercitare  il 
suo  ministero  dappertutto. 

II  missionario  ando  a  prendere  la  veste,  la 
cotta  e  la  stola  e  coUa  croce  in  mano  ritorno  sul 
luogo:  pianto  la  croce  sulla  spiaggia  minacciata 
e  prego  fervidamente,  quindi  si  ritiro  in  casa 
dove  passo  tre  giorni  digiunando  e  pregando  il 
Siguore  di  manifestare  a  quel  pagani  la  sua  po- 
tenza.  All'alba  del  quarto  giorno  fu  alia  spiag- 
gia dove  trovo  la  popolazione  intenta  ad  os- 
servare  con  stupore  un  fenonicno:  presso  la 
croce  si  innalzava  una  duna  sabbiosa  formata 
dal  mare  come  un.baluardo  a  protezione  della 
spiaggia. 

Antonio  chiese  e  ottenne  il  diritto  di  vivere 
e  morire  presso  quella  croce...  ed  ebbe  in  dono 
quel  terreno.  Su  esso  edifico  una  cappella  ehe 
voile  dedicata  a  S.  Antonio  suo  patrono  e, 
dopo  morte,  fu  ivi  sepolto. 

La  cappella  fu  in  grande  venerazione  c  fiuo 


al  1796  la  sola  dove  il  culto  cattolico  fosse 
toUerato.  Nel  iSoo  fu  ingrandita;  nel  1822  fu 
dotata  di  una  statua  di  S.  Antonio  portata  da 
Goa:  poi  nel  1834  la  cappella  fu  rifatta  in  tem- 
pio  che  divenne  celebre  presso  tutti. 

I,a  chiesa,  che  senibra  far  parte  del  porto, 
fra  le  chiese  delle  otto  parrocchie  e  la  piii  fre- 
quentata.  Di  stile  singalese  e  tutta  bianca  con 
14  colonne  che  sostengono  il  tetto  e  davanti 
a  ogni  colonna  altrettante  statuette  di  60  cen- 
timetri   sotto   globi   di   vetro. 

Al  niartedi  e  al  venerdi,  giorni  di  S.  Antonio, 
la  sfilata  dei  visitatori  e  ininterrotta,  e  coi  cat- 
tolici  si  vedono  musulmani,  indii,  parsi,  ecc. 
offrire  i  loro  voti  (ceri)  e  fare  le  loro  preghiere 
a  S.   Antonio. 

Un  terzo  del  peristilio,  separato  al  passaggio 
centrale  da  una  barriera  di  legno,  e  riservato  ai 
mendicanti.  Ciascuno  ha  il  suo  posto,  e,  attra- 
verso  la  barriera  sporge  il  suo  piccolo  cesto,  in 
cui  sono  deposte  le  piu  diverse  elemosine;  frutta, 
legurai,  riso,  denaro  ecc.  Cosi  molti  poveri  devono 
a  S.    Antonio   il   beneficio   del   pasto   complete. 

Esiste  a  Kotchikade  un  altro  grazioso  co- 
stume: quello  di  vendere  al  grande  taumaturgo 
i  fanciulli,  che  si  vogliono  afBdare  alia  sua  pro- 
tezione. Una  venerabile  matrona  e  incaricata 
del  pio  e  gentile  traffico.  Ogni  mattina,  si  met- 
tono  a  sua  disposizione  le  10  rupie  necessarie 
per  I'acquisto  di  un  primo  bambino.  Questa 
somma,  rimessa  ai  parenti,  e  immediatamcnte 
versata  da  essi  nella  cassetta  dei  poveri  e  so- 
stituita  dall'offerta  che  essi  fanno  di  altre  10 
rupie.  Cosi,  la  buona  singalese  e  sempre  in 
condizione  di  comperare  il  suo  piccolo  pro- 
tetto,  che  si  presentera  tosto  per  la  raedesima 
consacrazione.  Compiuta  questa  vendita,  il 
bambino  ^  considerate  come  proprieta  di  S.  An- 
tonio. 

Non  solamente  cattolici,  ma  protestanti,  pa- 
gani, musulmani,  buddisti  ecc.  vendono  cosi  i 
loro  bambini  a  S.  Antonio  soprattutto  per  ot- 
tcner  loro  la  sanita  ed  xssicurano  di  venire 
esauditi. 


^     ,        # 


^52 


NELLE  RETRO  VIE 


ESEMPI    CHE    SPRONANO 

Lo  zelante  Vicario  Apostolico  di  Sliiu 
Chow,  Mons.  Igtiazio  Cauazei,  tra  le  fatiche 
del  suo  miuistero  pastorale  trova  tempo 
ancora  per  avere  relazioiii  con  Gioventu 
Missionaria  e  segiialare  ai  iiostri  giovani 
lettori  esempi  stimolanti  la  loro  attivita  a 
favore  rlelle  Missioiii.  Ecco  quanto  ci  rifi-- 
riscf ; 

Leggo  nel  South  China  Morning  Post 
soito  la  data  del  i  apyile: 

1°  Nel  villaggio  di  Kaiwadain  [Prcjcl- 
tura  di  Ishikawa-Giappone)  si  e  celcbrata 
giorni  la  una  grande  fesia  commemoratirn. 
Spieghiamo:  cinque  anni  or  sono  gli  abitanti 
decisero  di  aslenersi  a  tiitti  i  costi  dalle  hc- 
vande  alcooliche  mettendo  a  risparmio  le 
somme  in  tal  modo  conservate.  In  soli  cinque 
anni  esse  ammontarono  a  45.000  yen  (circa 
300.000  lire)  mi  qiiali  costrussero  una  magiti- 
fica  sciiola  elenientare.  Anche  I'associuzione 
industrials  risparmio  alio  stesso  scopo  e 
nello  stesso  periodo  di  tempo  38.000  yen, 
che  alia  Cassa  Postale  friittarotio  altri  9.000 
ven.  Cosi  senza  aggravii  il  villaggio  ebbe  la 
sua  scuola_  dotata  di  tutto  l' occorrenic .  La 
testa  celebratasi  per  I'inaugurazione  riusci 
entiisiastica  e  fu  cosi  ricca  di  soddisfazionc 
per  sli  abitanti,  che  riaftermarono  la  lor" 
risohizione  di  astenersi  ancora  per  altri  cinqm 
anni    dall'uso    di    bevande    alcooliche . 

2"  La  gioventu  protestante  di  Hong- 
Kong,  per  aiutare  le  Missioni  protestaiiti. 
SI  t'  qnest'anno  organizzata  in  squadre  e  gruppi 
alio  scopo  di  incitarsi  ogni  giomo  delta  quarc- 
sima  a  compierc  con  perseveranza  il  sacrifizi" 
di  qualchc  divertimento  o  spese  inutili:  ed  e 
riuscita  a  raccogliere  —  in  .)0  giorni  —  circa 
9.000  lire  che  vennero  consegnate  ai  missio- 
nart. 

Questi  esempi  sono  veramente  istruttivt  e 
dicono  ai  nostri  giovani  che  con  piccole  pri- 
vazioni  possono  compiere  delle  belle  e  utili 
azioni   a  favore   delle    missioni.    Confidiamo 


che  la  segnalazione  dell'ottimo  Vicario  Apo- 
stolico di  Shiu  Chow  siiggerisca  ai  nostri 
aniici  qualclw  iniziativa  da  attuare  a  benefizio 
delle  Missioni  Salesiane. 


AGLI  AMICI   ORATORIANl 

DI  GIOVENTU   MISSIONARIA 

I  Salesiani  venuti  in  Giappone  hanno 
cercato  di  circondarsi  di  gioventu  e  fondare 
a!  piii  presto  nelle  loro  residenze  gli  oratori... 
noi!  cosi  belli,  spaziosi,  foniiti  di  tante  cose, 
nia  via...  (se  I'affetto  a  questa  gioventu  non 


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Abiti   dci  ragazzi   giapponesi   del   popolo. 


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GIAPPONE.    =    Esposizionc    di   lavori    di    disegno   ese?uitl    dagli    allievi    delle   scuolc   domcnicali    di    Miyazaki, 


fa  velo)  foniiti  di  quella  gioconda  serenita  e 
e  afietto,  caratteristica  degli  oratori  di 
D.   Boseo. 

I  nostri  oratoriani  -vi  salutano,  e  vogliono 
essere  vostri  amici...  gia  coiioscouo  aleuni 
dei  nostri  oratori,  da  cui  lianno  ricevuto 
benefici...  In  quest'anno  voglio  segnalarvi 
roratorio  di  Alassio...  Vedete  che  cosa  mi 
scrivf    quel    bravo    Direttove. 

Amathsimo    Sig.    Don    Cimatli, 

I  giovani  dell' Oratorio  festivo  di  Alassio, 
hanno  pensato  a  lei  e  ai  loro  lontani  amici 
Giapponesi.  In  occasione  della  sempre  cara 
festa  di  Don  Bosco,  con  un  po'  di  lotteria  e 
con  qualche  piccola  loro  offerta.  hanno  messo 
insieme  Cento  lire,  e  per  mezzo  mio  la  man- 
dano  a  lei  per  i  loro  fratelli  del  Giappow. 
&  poca  cosa,  d  vero:  ma  lei.  Signer  Don  Ci- 
matti,  saprd  gradirle  ugiialmente ,pensando che 


sono  frutto  di  piccoli  sacrifizi  di  giovani  del- 
rOratorio  festive,  di  qiiei  giovani  cioe  che 
stavano  maggiormente  a  cuore  al  B.  Don  Bosco. 
Voglia  far  pregare  un  po'  per  noi,  come 
faremo  noi  per  loro,  perche  da  tutti  si  possa 
sempre    fare    nn    po'    di   bene. 

Devot.mo 

Sac.  Carlo  Magnani. 

Oh  se  potete  imitarli  voi  pure  quaiiti 
ineriti  vi  farete  nella  cooperazione  alia 
salvezza  delle  loro  anime.  I  nostri  hanno 
tante  belle  attitudini...  come  voi...  Tempo 
fa  vollero  esporre  aleuni  loro  disegni...  ed 
era  vogUono  farvi  vedere  la  loro  bravura... 
Gridate  loro  «  banzai!  »  (ewival)  e  jjregate 
I'he  diventino  cristiani  e...  bnoni  corue  voi. 

D.  Vincenzo  Cimatti 

Salesiano. 


154 


Gruppo  di   gioi 

vani   artigiani 

musulmani. 


AZIONE  MISSION  ARIA 
GIOV ANILE 

Segnaliamo  I'esempio  dato  dagli  aluniii  del 
Collegio  Manfrcdini  di  Este.  L'idea  missionaria 
e  peuetrata  profondaniente  nei  loro  cuori:  lo 
dimostra  I'attiva  propaganda  che  essi  seppero 
anche  nelle  scorse  vacaiizc  fare  abilmente  e 
generosamente  nei  loro  paesi  tra  parenti,  amici 
e  conoscenti. 

Moltissimi  si  fecero  iniziatori  di  lotterie,  ac- 
cadeiniole,  rappresentazioni  private  e  pub- 
bliche  e  di  tante  altre  geniali  Industrie  che  solo 
i  giovaui,  e  specialmente  i  giovani,  sanno  esco- 
gitare  quando  sono  animati  da  un  nobile  e  santo 
ideale   quale   quello   niissionario. 

Fu  grande  quindi  la  nieraviglia  e  piu  grande 
la  consolazioue  dei  Superiori  quando,  al  ritorno 
dei  giovani  dalle  vacauze,  si  videro  presentare 
un  numero  coiisiderevole  di  graudi  e  pesanti 
salvadauai  che  attestavano  eloqueutemente 
quanto  larga  e  copiosa  fosse  stata  la  inesse. 

La  graziosa  somma  fu  versata  a  favore  della 
2»  Borsa  Missionaria  del  Manfredini  che  una- 
nimi  si  voile  iutitolata  all'amatissimo  Sig.  Di- 
rettore,  Don  Matteo  Rigoni. 

I  tre  giovani  che  maggiormente  si  distinsero 
uella  propaganda  e  che,  come  gli  altri,  non 
ebbero  vergogna  di  farsi  niendicanti  di  Cristo 
pei   poveri   infedeli,   sono: 

Broggiato  Antonio  di  I    giun.  che  raccolse  L.  300 
Marin  Anionic      dill       »       »        t  L.  232 

Soriani  Teobaldo  dill       »       »       »  L.   112 

Mentre  rivolgiamo  a  questi  e  a  tutti  i  giovani 
che  secondo  le  loro  possibilita  lavorarono  con 
tanto  zelo,  I'augurio  di  maggiore  e  sempre  piu 
fiorente  apostolato  niissionario,  additiamo  il 
loro  esempio  ai  tanti  nostri  amici  perche  ab- 
biano  ad  imitarlo  nelle  prossime  vacanze. 


CIORNATA  MISSIONARIA 

AU'Xstituto  D.  Bosco  di  Alessandria  d'Egitto 
si  e  celebrata  in  maggio  ima  splendida  giornata 
missionaria,  alia  presenza  di  S.  E.  Mons.  Nuti, 
Vicario  Apostolico. 

II  Direttore  D.  Puddu  prese  la  parola  nell'in- 
tento  di  dare  un'idea  delle  missioni  cattoliche 
e  del  missionario  cattolico,  al  pubblico  non 
edotto  dello  stupendo  movimento  di  apostolato 
ch'egli  chiama  uu  fatto  epico  della  Religione 
Cattolica.  Con  la  sua  parola  facile,  parte  dal 
primo  passo  del  movimento  missionario  avve- 
nuto  poco  dopo  la  morte  di  Cristo;  ne  segue  la 
continuazione,  ne  traccia  lo  scopo,  i  mezzi,  i 
pericoli,  I'estensione;  tocca  la  vita  di  sacrificio 
e  di  adattamento  del  missionario;  parla  dei  modi 
di  penetrazione;  mostra  come  I'apostolato  mis- 
sionario non  acquista  titoli  di  benemerenza  solo 
nei  campo  religioso  ma  ne  acquista  anche  nei 
campo  della  scienza,  della  civilta,  della  patria, 
poiche  il  missionario,  dic'egli,  anche  quando 
uscisse  dalla  sua  terra  messo  al  bando,  porta 
seco  inestiuguibile  I'amor  della  Patria.  A  questa 
pure  vanno  riferiti,  benche  iudirettamente,  i 
benefici  deUa  sua  opera  di  religione  e  di  earita. 

Quindi  venne  rappresentato  con  esito  bi>l- 
lante  il  dramma:  Sul  fiunie  azzurro  e  la  banda 
esegui  negli  intermezzi  un   scelto  programma. 


^55 


NOBILE    VENDETTA 


(RACCONTO) 


i\Iakabe  Heiknro  dovea  conipiere  I'umile 
officio  di  presentare  le  gheta  al  dainiio, 
ogni  qualvolta  questi  uscisse  di  casa.  Se 
il  padrone  andava  a  cavallo,  liii  ]o  seguiva 
a  piedi,  portando  le  gheta.  Appena  il 
daimio  accennava  a  voler  sniontare, 
Makabe  era  pronto  ad  accorrere,  posava 
in  terra  le  gheta  e  aspettava  profonda- 
niente  incliinato  clie  il  padrone  le  cal- 
zasse 

Un  giorno  il  daimio,  invitato  in  casa 
d'amici,  passo  ore  ed  ore  a  here,  a  funiare, 
a  ridere. 

Di  fuori  nevicava. 

Makabe,  tremando  per  il  freddo,  aspet- 
tava che  il  dainiio  uscisse  per  presentargli 
le  gheta.  Faceva  molto  freddo.  Dentro  si 
doveva  stare  bene,  accovacciati  sulle  sof- 
fici  stuoie,   accanto   al    braciere. 

Quando  il  padrone  uscira,  chi  sa  che 
brividi  provera  al  calzare  le  gheta  di 
legiio.  vSara  nieglio  scaldargliele. 

Makabe  mise  le  gheta  gelate  sotto  il 
kinKm6,  e  le  tenne  ben  fernie  contro  il 
petto. 


Come  sara  contento  il  daimio,  della 
fedelta  del  povero  Makabe.  Anche  il 
daimio  non  e  ricco,  ma  pochi  daind  han 
dei    vassalli   cosi   fedeli,    cosi   affezionati. 

NeU'interno  le  voci  divengon  piu  rumo- 
rose.  Sono  ai  complinienti.  « Oggi  vi  fu 
veramente  un  onorevole  signor  banchetto  » 
suonaron  le  parole  di  comniiato. 

Makabe  si  affretto  a  posare  le  gheta 
per  terra  e  attese,  inginocchiato  nella 
neve,    I'uscita    del    daimio. 

vScorrono  i  soji  e  appare  il  daimio  tutto 
allegro.  Makabe,  posando  le  mani  e  la 
fronte  suUa  neve,  attende  qualche  buona 
parola.  Ma  il  padrone,  appena  ebbe  posato 
il  piede  sidle  gheta:  —  Canaglia!  Cos'hai 
fatto?  Tu  ti  sei  sechito  sulle  mie  gheta! 
Ah,  viUano,  e  cosi  che  compi  il  tuo  dovere! 
—  e  in  cos!  dire,  afferrata  una  gheta,  co- 
mincio  a  sbatterla  con  rabbia  suUa  testa 
del  povero  Makabe. 

—  Principe!  V'e  imo  sbaglio!  Non  mi 
sono   seduto   sulle  augnste  vostre   gheta! 

Ma  il  daimio,  senza  badargli,  continue 
a  battere  infuriato,  finche  non  sprizzo 
il  sangue  dalla  fronte  e  dalle  mani  di 
Makabe. 

Gettata  via  quiudi  la  gheta,  il  daimio 
si  allontano  solo,  scalzo,  senza  punto 
curarsi    delle    proteste    del    ferito. 

Makabe  rimase  la,  istupidito,  accovac- 
ciato  nella  neve.  Dalla  fronte  il  sangue 
colava  caldo.  Nella  neve,  <|ua  e  la,  tante 
macchioline  rosse.  Come  era  vivo  il  rosso 
sulla  neve:  quel  rosso  si  allargava  sempre 
piu.  MakaV)e  fissava  ([uelle  chiazze,  traso- 
gnato. 

Ah,  cc-rti  luniiu-nti  sono  lien  tri.sti  nella 
vita. 

*** 

D'un  tratto,  Makal)e,  afferra  la  gheta 
insanguinata,  salta  in  piedi  e  tendendo  la 
gheta  in  segno  di  sfida:  «I<a  vedremo! 
Voglio  vederti  ai  niiei  j)iedi,  giii,  a  terra, 
cosi  come  io  lo  sono  stalo  linora  in  tua 
presenza!  ». 

E  messasi  la  gheti  in  seno,  si  allontano. 


^5^ 


Passarono  molti  anni,  e  nessuno  seppe 
pill    nulla    di    Makabe    Heikuro. 

l/d  citta,  dciminata  dal  castello  di  Ma- 
sabuiie,  il  daimio  che  percosse  Makabe, 
era  in  gran  subbuglio  per  I'arrivo  del  piu 
gran  dotto  del  Oiappone.  Come  mai  una 
citta  cosi  piccola  veniva  onorata  della 
visita  del  grande  sapiente?  II  daimio 
stesso  era  sconcertato.  Era  suo  dovere 
recarsi  ad  ossequiare  I'ospite  illustre, 
ma  cosa  poteva  offrire  lui,  povero  daimio, 
a  colui  che  era  carico  di  doni  e  dall'impe- 
ratore  e  dai  grandi  principi  dell'impero? 

II  daimio,  seguito  dai  paggi,  si  presento 
al  grande  sapiente  e  I'inchino  profonda- 
mente,    mani   e   f rente   a    terra. 

—  Oh,   qual  piacere  di   rivedervi! 

—  Come?...  rivedermi... 

—  Non  mi  riconosce? 

Allora  il  grande  sapiente,  si  tolse  dal 
seno  una  gheta,  coperta  di  macchie  ne- 
rastre. 

—  Non  si  ricorda  piii  di  Makabe? 
Ouesta  gheta,  non  le  ricorda  nulla... 

II  principe  era  tutto  confuso,  rosso 
dalla  vergogna. 


—  lo  tengo  sempre  presso  di  me  questa 
gheta.  Quando  lo  studio  mi  era  insoppor- 
tabile,  gettavo  uno  sguardo  su  quest'og- 
getto  e  un  nuovo  ardore  mi  spingeva  a 
perseverare.  Vissi  dieci  anni  in  Cina,  tra 
.gli  .stranieri,  deriso,  affamato,  ho  dovuto 
lottare  contro  mille  difficolta  ed  ho  vinto. 
Se  oggi  sono  quel  che  sono,  lo  devo  a 
i|uesta  gheti,  lo  devo  a  voi.  lo  vi  rin- 
grazio... 

...  Questa    e   la    niia    vendetta. 


II  daimio,  da  quel  gioruo,  divenne  il 
discepolo  piu  fedele  del  suo  antico  servo. 
Ai  piedi  del  grande  mae.stro,  passo  il  resto 
delJa  sua  vita. 


Ouesto  fatto  viene  raccontato  sovente 
nelle  scuole  giapponesi  per  stiniolare  i 
giovani  alio  studio. 


D.  Marega 

Missionario  in  Giappove. 


EPISODI  MISSrONARI 

LA  TROVATA  DI  ABDU. 

P.  Beggiato  f.  d.  S.  C.  ricorda  su  La  Ni^riHa 
la  bella  trovata  del  suo  servo  Abdu,  musul- 
niauo.  Una  sera  che  un  febbrone  a  40°  aveva 
assalito  il  missionario,  Abdu  in  punta  di  piedi, 
con  tutta  delicatezza  ando  a  vederlo. 

—  Come  stai,   Abuna?   Sei   molto   nialato? 

—  Non  so,  rispose  il  missionario;  ho  la  febbre. 
Silenziosamente  Abdu  se  ne  parte  e  poco  dopo 

ritorna  con  in  spalla  una  statua  dell'Immaco- 
lata  (che  aveva  preso  in  una  stanza),  la  pone 
sul  tavolino  col  volto  verso  il  nii.ssionario,  e 
dice: 

—  Padre,  ti  ho  portato  Settina  Mariam  (No- 
stra Signora  Maria):  essa  ti  guardera. 

II  missionario  tocco  al  pensiero  delicato  ha  la- 
grime  di  commozione  agU  occhi,  ma  il  servo, 
credendo  che  piangesse  per  le  sofferenze,  ap- 
poggia  i  gomiti  sul  letto  e  consola  il  malato: 

—  Padre,  non  aver  paura:  te  I'ho  portata 
apposta  perche  ti  guarisca:  poi  prendi  il  tuo 
libro  (Breviario)  e  leggi  un  poco:  dopo  due  o 
tre  giorni   non   avrai  piu   nulla. 

Quale  senso  di  devozione  hanno  anche  i  po- 
veri  musulmani  per  la  Madre  di  Uiol 


C  g^2 

EPISODI  ELOQUENT/. 

Souo  raccolti  in  una  lettera  della  Superiors 
delle  Canossiufie  di  Hong  Kong,  pubblicata  nelle 
Missioni  Cattoliche  di  ililano.  Eccone  alcuni. 

Un  giorno  ci  portano  un  bimbo  ammalato: 
la  madre  scioglie  gli  stracci  in  cui  e  avvolt<j 
e...  —  6  raorto!  —  grida  spaventata.  Un  ter- 
rore  folle  e  superstizioso  I'invade,  da  uno 
schiaffo  al  piccino  e  lo  scaraventa  a  terra  con 
tutta  la  forza  di  cui  e  capace;  poi  fugge...  Si 
raccoglie  I'infelice,  si  e  in  tempo  per  battezzarlo 
ed  ha  la  fortuna  di  andare  a  godere  la  felicita 
senza  uube  in  Paradise. 

AU'ospedale  di  Wanchai  una  donna  non 
voleva  ascoltare  la  suora  dicendole:  —  Vedi  son 
vecchia  troppo!  Che  fara  di  me  il  buon  Dio? 
Certo  non  mi  vorra,  perche  son  buona  a  nulla. 

Non  sapendo  come  commoverla,  la  suora  un 
giorno  le  disse:  —  Guarda,  io  ho  lasciato  la 
patria,  la  famiglia,  tutto  cio  che  mi  era  caro, 
per  la  sola  gioia  di  amar  Dio  e  farlo  amare. 

Un  lampo  squarcio  le  tenebre  di  quella 
mente...  La  donna  diede  un  grido  come  se  fosse 
stata  colpita  da  improvviso  malorc,  poi  esclamo: 
—  Anch'io  voglio  amare  il  tuo  Dio:  se  I'ami  tu 
cosi.  voglio  amarlo  anch'iol 

E  si  decise  a  tempo. 


'.V 


Supcrsfi^ioni  e  riti  pagani 


/-J- — -y^vs^^ 


GLI  STREGONI  TRA  1  CAFRI 
DEL  BATUSOLAND. 

Nou  c'^  Batuso  che  non  sia  arciconvinto  del- 
I'ounipotenza  dello  stregone.  Gli  stessi  iieofiti 
non  sanno  serapre  disfarsi  completamente  di 
una  tale  persuasioiie. 

Lo  stregone  fa  la  pioggia  e  il  bel  tempo,  co- 
manda  alia  folgore,  arresta  la  grandine  e  la  tem- 
pesta,  scatena  o  scongiura  i  flagelli,  la  peste,  la 
guerra;  svia  dai  campi  le  nubi  di  cavallette,  gli 
sciami  degli  uccelli  voraci;  previene  nel  grano  la 
ruggine,  il  carbonchio  nel  bestiame;  insomma, 
con  cause  sproporzionate  egli  raggiunge  effetti 
meravigliosi.  A  lui  si  rivolge  la  moglie  che  vuol 
essere  amata  dal  niarito,  la  giovane  presa  da 
gelosia,  chi  desidera  uu  veleno  per  sbarazzarsi 
di  qualcuno  che  gli  dia  fastidio.  Lo  stregone 
somministra  ancora  ai  guerrieri  c  ai  cacciatori 
le  medicine  che  debbono  reuderli  invulncrabili 
o  far  cadere  infallibilmente  sotto  i  loro  colpi 
la  preda  che  inseguono.  NcUc  frequenti  guerre 
di  una  volta,  egli  accompagnava  i  conibattenti 
e  li  incoraggiava  battendo  un  tamburo  fatto  con 
la  pclle  di  un  ncniico  ucciso. 

Voi  direste  lo  stregone  un  vero  alchiniista. 
Per  combinare  i  suoi  amalgami  bcnefici  o  male- 
fici,  secondo  il  caso,  egli  tieno  nella  sua  oflicina 
ossa,  erbe,  polveri,  stoppia  di  tetti,  granaglie  di 
ogni  specie,  cortecce  di  albcri  e  succhi  di  piante; 
peli,  pclli  e  membra  d'animali;  occhi  di  granchio 
e  di  leopardo,  cervello  e  fegato  di  coccodrillo; 
pungiglioni  di  vespe;  insetti,  moUuschi,  rane, 
rospi,  immondizie,  ceneri  di  tombe  e  saliva.  Si 
reputa  poi  fortunato  quando  possa  disporre  an- 
ohe  di  grasso  di  uomo  bianco  e  di  uomo  negro 
c  di  membra   uniaue. 


Per  esercitare  il  suo  mflusso  egli  ha  metodi  di 
versi.  Talora  basta  a  lui  I'augurare  male  al  suo 
nemico,  o  profferire  contro  di  lui  certe  sue  pa- 
role magiche  perche  il  male  vada  a  colpirlo  su- 
bito.  Ma,  il  piii  delle  volte,  egli  opera  per  mezzo 
di  segni  esteriori,  ridicoli  e  pueriU. 

ICgli  indichera  col  dito  bagnato  di  saliva,  la 
persona  o  il  kraal,  cui  voglia  uuocere;  rivolgera 
verso  i  nemici  i  lizzoni  del  suo  focolare;  ungera 
con  un  unguento  di  sua  composizione  un  ba- 
stone,  una  nionetina  d'argento,  un'animale  do- 
mestico,  e  quegli  che  tocchera  tali  failure  ue 
provera  i  terribili  effetti. 

Miss.  Call. 


UNA  TOMBA  REGALE  AERICANA. 

fi  quella  di  Miiiesa,  costruita  sulla  collina  di 
Kasubi  presso  Rubaga,  la  capitale  cattolica 
deU' Uganda.  Quasi  su  ogni  collina  —  scrive 
suor  Carolina  Luanga  nelle  Missioni  dei  PP. 
Bianchi  —  di  Rubaga  si  trova  una  tomba  re- 
gale: su  una  e  sepolto  il  re  Kimera;  su  un'altra, 
Sekamagna;  su  una  terza,  Kiveva,  ecc.  Ma  la 
piii  celebre  e  quella  di  Mutesa,  il  piu  gran  re 
dell' Uganda,  del  quale  si  parla  ancora  come  di 
un  essere  eccezionale.  La  tomba  e  custodita  da 
Naligua,  sorella  di  Mutesa,  che  abita  cola  una 
capanna  principesca. 

La  necropoli  regale  cousta  di  una  capanna 
lunga  che  mette  in  un  cortile  die  precede  il 
luogo  della  tomba.  Vi  si  trovano  varie  capanne 
allineate,  dimora  delle  guardiane  che  vi  stanuo 
notte  e  giorno:  e  quando  una  di  esse  sta  per 
morire,  si  elegge  un  altro  membro  della  famiglia 
per  sostituirla.  II  palazzo  di  Mutesa  ^  una  ca- 
panna rotonda  di  una  trentina  di  metri  di  dia- 
metro  per  otto  di  altezza:  il  tetto  conico  di  erba 
secca  scende  fin  quasi  a  terra:  i  muri  sono  di 
canne  intonacati  di  argilla.  La  parte  centrale 
fra  due  file  di  pali  e  riservata  ai  grandi  perso- 
naggi;   gU  altri   sono  sepolti  ai  lati. 

Mutesa  ha  ospitato  nella  sua  capanna  fune- 
raria  Mjianga,  il  re  persecutore,  e  Mukasa 
prirao  ministro  di  costui,  accanito  persecutore 
anch'egli  dei  cristiani,  anzi  I'uccisore  di  molti 
dei  martiri  dell'Uganda. 

Davanti  alia  tomba  di  Mutesa  sono  i  bastoni 
del  comando,  gli  scudi,  le  lance:  oltre  di  questi 
"ggetti  vi  ^  una  cortina  che  cela  la  tomba. 
.Scostata  la  cortina  vi  si  vedono  le  due  lance 
favorite  del  re,  il  fucile  regalatogli  dall'esplora- 
tore  .Speke,  un  enorme  mausoleo  in  legno  con- 
lenente  i  tesori  del  defunto  (stoffe,  ranie,  avorio, 
conchiglie,  ecc),  coperto  da  un  panno  azzurro 
con  sopra  una  pelle  di  leopardo,  simbolo  della 
regaliti.  .Sotto  il  mausoleo  e  la  tomba. 

Mutesa  fu  seppellito  avvolto  in  4000  coperte 
di  scorza  d'albero. 


^58 


Sforia  di  25  anni  fa,  narrafa  dal  missionario  D.   A.    Colbacchini. 

(CONTINUAZIONE). 


—  Sapete  di  quella  f  anciuUa  che  volli  per 
ine  t  tolsi  dalle  mani  di  chi  voleva  strap- 
park  il  cuore...  Sapete  come  quel  delicate 
iiore  appassi  e  mori  tra  le  mie  braccia  che 
eraiio  allora  non  del  fiero  Cacico  Uke-wagitu 
bra'  ecce-ba  (mangiatore  di  bianclii),  ma  di 
Uii  padre  tenero  ed  amoroso  per  la  figlia... 
Seiito  ancora  i  palpiti  di  quel  delicate  cuore, 
battere  qui  sul  mio  petto...  Vedo  ancora  quel 
grandi  occhi  neri,  guardanni  con  tanta  me- 
stizia  ed  affetto  da  ferirmi  il  cuore...  Vedo 
ancora  queUa  bianca  mano  ergersi  e  por- 
tare  alle  labbra  per  baciarla,  la  piccola  croce 
che  appesa  aveva  al  collo,  accostarla  anche 
alle  mie  labbra  perchfe  purio  la  baciassi..- 
Ed  io  la  baciai,  iltiigarege,  fieri  figli  della 
selva!...  Io  la  baciai  e  ribaciai,  non  so  perche, 
non  so  da  qual  forza  occulta  spinto,  ma  la 
baciai  con  quell'afietto  col  quale  avrei  ba- 
ciato  dopo  Ivmgo  tempo  di  pericolosa  as- 
senza  mio  figlio,  la  mia  diletta  sposa...  Fu 
un  bacio  del  cuore  piu  che  delle  labbra,  e 
Io  dico,  non  ho  vergogna  di  dirlo,  per  quel 
bacio  provai  m  me  una  cosa  che  non  so  spie- 
gare,  sentii  un  brivido  scorrere  per  le  mie 
ossa,  un  sussulto  nel  mio  cuore  e  mi  sono 
sentito  cambiato;  il  mio  cuore,  il  mio  pen- 
siero  divenne  un  altro,  sentivo  un  alito  di 
vita  nuova  infondersi  in  me.  Ma  una  notte, 
queUa  notte  terribile  del  furioso  temporale 
che  ci  gett6  tutti  nel  piii  intenso  terrore,  che 
fece  il  cielo  di  fiamme  per  i  lampi  e  la 
terra  tremare  tutta  per  il  gran  fragore 
del  tuono...  quella  notte  quando  la  furia  del 
vento  che  sradicava  alberi  e  schiantava 
rami,  e  voleva  spazzar  via  le  nostre  ca- 
paime...  io  gettato  per  terra,  tenendomi 
stretti  ai  lati  i  miei  figli  perch6  la  rafiica  del 
vento  non  me  li  portasse  via...  ho  visto... 


ho  sognato...  ho  visto  davanti  a  me  appa- 
rire  una  bellissima  Signora,  tutta  bianco 
vestita,  con  una  fascia  celeste  ai  fianchi, 
splendente  di  luce  e  dei  piu  smaglianti  co- 
lon; avea  intomo  a  s6  altre  fanciuUe  tutte 
beUe  e  rivestite  di  luce  al  par  di  Essa,  e  tra 
queste  vidi  la  diletta  fanciulla  che  io  strap- 
pai  ai  suoi  cari...  che  mori  sorridente  tra  le 
mie  braccia.  Essa  mi  fece  segno  di  alzarmi  e 
di  andare  da  quella  Divina  Signora.  Tutte 
avevano  al  collo  sopra  la  bianca  veste  la 
piccola  croce,  che  la  fanciulla  nel  morire  mi 
diede  a  baciare...  ma  sul  petto  di  essa  splen- 
deva  di  tanta  luce  bianca  e  forte  piii  di 
quella  del  sole  che  i  miei  occhi  non  pote- 
vano  resistere...  La  Signora  che  stava  nel 
mezzo  mi  guardava  amorosamente  e  mi  sor- 
rideva:  pareva... 

La  frase  di  Uke-waguu  fu  interrotta  da 
un  piii  forte  svolazzare  tra  le  foglie  ed  i 
rami  sopra  le  nostre  teste...  e  la  rauca  voce 
di  Giri-ekurSu  che  diceva: 

—  Lasciamo  le  storie  e  i  sogni...  L'amore 
e  il  cuore  per  il  civiUzzato  I'ho  qui  suUa 
punta  delle  mie  freccie;  bastano  le  parole, 
le  mie  orecchie  ne  sono  piene,  e  oramai  sono 
stance  di  aspettare.  Se  Uke-waguu  non  de- 
cide, decide  io  e,  al  diavolo  il  «  Bari  »  ed  il 
sue  «  makao  »  e  tutti  i... 

—  Ma...  ka...  o!...  ma...  ka...  o!...  ma... 
ka...  b!...  —  risuon6  per  I'aria  con  im  bat- 
tere piii  forte  di  ali... 

—  Ma...  ka...  b!...  ma...  ka...  b!...  —  ripet^ 
I'eco  per  la  foresta,  per  la  valle  ed  il  monte 
con  ritmice  ritemello.  Alia  nostra  mente 
presentavansi  vive  le  parole  del  «  Bari  ». 
Io  vi  accempagnero;  il  segnale  che  vi  do  6 
0  canto  del  «  rnakao  ».  L'improwise  canto 
fu  come  una  solenne  bastonata  sulla  testa 


^59 


di  Giri-ekurSu.  Egli  non  ebbe  piu  coraggio 
di  parlare;  abbasso  la  testa,  prese  il  suo 
arco  e  le  frecce  e  sparve  nell'oscuro  della  fo- 
resta.  Uke-waguu  lo  acconipagiio  un  poco 
collo  sguardo  e  poi  continuo  il  suo  dire: 

—  Miei  camerati,  Bororos,  miei  amici! 
avrei  voluto  din'i  tante  cose  ancora;  dirvi 
che  io  lion  volevo  che  si  facesse  male  alcuno 
a  questi  bianchi,  che  non  sono  come  tanti 
altri  che  abbiamo  conosciuto;  Tolevo  dir\'i 
che  anclie  se  ci  fosse  mancato  il  segno  con- 
venuto  dal  Bari,  pure  si  aspettasse,  si 
avesse  pazienza.  Ma  ora  non  vi  e  piii  bisogno 
di  raccomandar\'i  queste  cose...  Ora  la  pa- 
rola  del  Bari  ci  dice  quello  che  io  voleva 
dirv'i,  di  iidarci  di  essi  perche  sono  nostri 
amici.  Andiamo  dunque,  non  con  sospetto, 
con  diiEdenza,  coll'arco  teso  e  la  freccia  nella 
cocca,  ma  coll'animo  tranquUlo  e  sereno, 
portando  loro  pace  e  amicizia.  Sono  certo 
che  pace  ed  amicizia  riceveremo  e  ritome- 
remo  al  nostro  vUlaggio  sicuri  oramai  che 
questi  civOizzati  sono  nostri  veri  amici.  An- 
diamo dunque,  il  giomo  e  gia  alto;  non  cer- 
chiamo  di  nasconderci  nel  bosco  o  fra  I'erbe, 
ma  procediamo  suUa  strada;  io  andro  pel 
primo  e  voi  mi  seguirete. 

Uke-waguu  era  allegro.  Camminava  in  fret- 
ta  innanzi  a  tutti.  Era  la  prima  volta  che 
dopo  tanto  tempo  si  vedeva  cosi  allegro! 
Egli  voile  essere  il  primo  a  farsi  vedere  e  a 
vedere...  L'altra  volta  mand6  me,  ed  egli, 
pur  osservando  tutto  e  tutti,  se  ne  stette  in 
disparte  e  non  si  fece  vedere...  E  tu  sai  come 
egli  era  vicuio,  ancorchfe  non  visto  da  voi; 
e  fu  lui  che  fermo  il  braccio  a  Giri-ekttreu 
che  gia  aveva  teso  I'arco  per  colpire  coUa 
sua  freccia  U  Padre!... 

Arrivammo  diiianzi  alle  vostre  capanne. 
Uke-waguu  era  il  primo  ed  io  gli  stavo  im- 
niediatamente  dietro.  Ci  avvicinammo  senza 
timore  alcuno,  senza  sospetto,  come  fossimo 
amici  di  antica  data.  Appena  il  Padre  ci 
vide,  ci  cor.se  incontro  facendoci  mille  feste; 
e,  riconosciutomi,  si  diresse  subito  a  me  chie- 
dendomi  tante  notizie:  voile  sapere  quanti 


eravamo,  se  ci  eravamo  decisi  di  venire  a 
star  con  lui,  noi,  le  nostra  niogli,  i  nostri 
i5gH... 

Oli  risposi  che  ero  venuto  col  Cacico  Mag- 
giore,  obbedito,  rispettato  e  amato  come 
padre  da  tutti  i  Bororos;  che  era  venuto 
accompagnato  da  molti  desiderosi  di  vedere 
il  Padre,  fare  con  lui  conoscenza,  seiitire  da 
lui  molte  cose.  II  Padre  aUora  ci  fece  entrare 
nel  cortile,  ci  diede  subito  da  mangiare  e 
poi,  preso  da  parte  me  ed  Uke-waguu,  ci 
introdusse  nella  sua  capanna,  e  la  ci  parlo 
a  lungo,  ci  disse  tante  cose;  ci  dono  filo,  ami, 
tela  bianca  e  rossa.  Regalo  poi  ad  Uke- 
waguu  un  bel  coltello  grande,  e  uno  poco 
pill  piccolo  a  me;  ci  diede  pure  una  camicia 
ed  un  paio  di  calzoni,  dicendo  che  non  voleva 
vederci  cosi  nudi...  Noi  guardammo  stu- 
piti  quegli  abiti  lunghi  e  ridevamo  al  pen- 
siero  di  doverci  mettere  dentro  le  gambe. 
Ma  il  Padre  insistette  perchfe  ci  vestissimo, 
e  ci  aiuto  egli  stesso  ad  infilare  le  nostre 
gambe...  Che  fatica!  Si  perdeva  I'equilibrio, 
si  rideva,  ed  il  Padre  rideva  con  noi  nel 
vederci  tanto  impacciati,  colle  gambe  chiuse 
tra  quel  due  pezzi  di  tela.  Provammo  a 
fare  qualche  passo;  ci  pareva  di  avere  le 
gambe  legate...  Dopo  (j^ualche  esercizio  per6 
acquistammo  piii  liberta,  e  cosi  ve,stiti,  ac- 
compagnati  dal  Padre,  andammo  tra  i  nostri 
compagni.  Per  noi  era  una  grande  cosa  I'an- 
dare  cosi  vestiti,  e  procedevamo  orgogUosi 
e  superbi  per  quel  paio  di  calzoni  che  ci 
inceppavano... 

I  nostri  rimasero  tutti  meravigliati  e  ci 
accolsero  con  una  solenne  esclamazione  di 
anmiirazione  e  di  gioia,  e  quando  ci  videro 
a  cammiiiare  scoppiarono  tutti  in  una  so- 
nora  risata.  Noi  per6  rimanemmo  seri;  e 
Uke-waguu  disse  ai  Bororos  che  quella  era 
una  prova  della  bonta  del  Padre  e  che  si 
doveva  pensar  bene  di  lui  che  avrebbe  do- 
nate loro  molte  cose.  E  volgendosi  al  Padre 
lo  preg6  di  distribuire  qualche  cosa  anche 
ai  suoi  compagni. 

(Contmua). 


C((<?3 


Con  approvazione  eccleslaslica.  —  D. 


,  DIrelloie-resiiaiisabile.    -Toiioo,  1931 -Tipografia  della  Siclili  Edllrlce  Inletnauonali. 
~~-    l6o    ~-_ 


Otterle  per  le  fl)i$$ioni 


^attcsittti. 


Hong  Kokg  (Ci.va). 
Rigoni  Maria  (Asiago)pei  nomi  Antonio,  Giu- 
seppe —  Ghemo  Don  Pietro  (Bassano  del  Grappa) 
pel  uome  Pietro  —  Zorgi  Ervino  (Mcrano)  pel 
nome  Ervi«o  —  Bardclli  Luigia  (Aiigcra)  pei 
iiomi  Federico,  Giuseppe,  Giulietta  —  Pizzini 
Carlo  (Roma)  pel  nome  lienato  —  Vezzano  Do- 
nicnico  (Tonczza)  pel  nome  Teresa  Antonia  — 
Galladoro  e  Bambara  a  mezzo  Flora  D.  Antonio 
(Taormina)  pel  nome  Giovanna  d'Arco  —  Co- 
lombano  Pasqualina  (Pontestura)  pel  nome 
Mario  —  Borcllo  Stefano  (Savigliano)  pel  nome 
Stefano  —  Chiari  Maria  (Torino)  pel  nome  Paolo 

—  Angonoa  Agnese  (New-Vork)  pei  nomi  Maria 
Luigi,   A)ilonio   Giovanni. 

I'ORTO    VEUO   -    (BrASILE). 

Toselli  Margherita  fu  Alessio  Pinna  (Pevera- 
gno)  pel  norae  Alessio  —  Direttrice  Asilo  (Can- 
nobio)  pel  nome  Genghini  Guglielmo  —  Aspi- 
rant! Circolo  San  Paolo  (Torino)  pei  nomi  Marto 
Antonio,  Fedel  Giuseppe  —  Vallauri  Angela 
ved.  Racca  (Cbcrasco),  pel  nome  Gemma  Angela 

—  Vigan6  Luigia  (Monza)  pel  nome  Gtiido  — 
Perk  Don  Giovanni  (Damme-Oldenburg)  pei 
nomi   Margherita  Maria,    Elisabetta. 

SlAM. 

N.  N.  a  mezzo  Direttrice  Asilo  {Tromello)  pel 
nome  I.essori  Francesco  —  Boetto  Rosina  (Torino) 
pel  nome  Domenico  —  Rossi  E.  A.  (Pietraligure) 
pel  nome  Giuseppe  —  Crosio  Maria  (Torino)  pel 
nome  Carola  Edvige  —  Vizzini  Giuseppina  (Bar- 
cellona)  pel  nome  Vizzini  Cono  —  Pickler  Don 
Francesco  (Pennes  Sarentir.o)  pel  nome  Giuseppe 
Taddeo  —  Montrasco  Maria  a  mezzo  Galli  D. 
Carlo  (Mouza)  pel  nome  Maria   Vittoria. 

GlAI'POXE. 
Mussano  Annibale  (Carignano)  pel  nome  An- 
nibale  —  Salesiani  (Castellainmare  di  Stabia)  pei 
nomi  Domenico  Savio,   Tittarelli  Enrico. 

ViCARIATO    CiNA. 

Salesiani  (Castellammare  di  Stabia)  pei  nomi 
Luigi  Versiglia,  Callislo  Caravario  —  Giraudi 
Don  Abbondio  (Intra)  pei  nomi  Pecorini  Alfonsa, 
Costanza  —  Mons.  Luigi  Olivares  (Nepi-Sutri) 
pei  nomi  Maria,  Luigi  —  De  Santis  Livia  (Fi- 
renze)  pel  nome  Giiilio  —  Galvagni  Luigia  ved. 
Di  Giacomo  (\'illalagarina-Magrc)  pel  nome 
Giacomina  Luigia  —  Garrone  Rina  a  mezzo  Di- 
rettrice Istituto  S.  Giuseppe  (S.  Salvatorc)  pel 
nome  Giuseppina  —  Targa  Jolanda  (Torino) 
pel  nome  Camilla  —  Targa  Nelda  (Torino)  pel 
nome  Teobaldo  —  N.  N.  a  mezzo  Salesiani  (Ca- 
serta)  pel  nome  Assunta  —  Tempo  Fausta  (Gri- 
gnasco)  pel  nome  Antonio  Valentino  —  Montra- 
sio  Maria  a  mezzo  Galli  Don  Carlo  (Monza)  pel 
nome  Gloria    Vittoria. 


India  -  Assam. 

Pio  Maddalena  (Audora)  pel  nome  Mi'ria 
Maddalena  —  Carbone  Don  Luigi  (Lanciano) 
pei  nomi  Ida,  Maria  Grazia,  Michele  Francesco. 

—  Larcher  ing.  Giandomenico  (Trento)  pei 
nomi  Francesco,  Maria  —  Poggi  Eligio  (Busto 
Arsizio)  pel  nome  Giuseppe  —  Ardizzoue  Teresa 
(Torino)  pei  nomi  Giovanni  Antonio,  Angiolina, 
Teresila.  Giovanni  Bosco,  Maria  Ausilia  —  Bot- 
tarin  Elisa  (Treviso)  pel  nome  Nocmi  —  Del- 
signore  Marco  (Molinello)  per  I'adozione  di  un 
orfano  —  Pugliese  Giovannina  (Vibonati)  pel 
nome  Luigi  —  Persico  Felicia  (Monza)  pel  nome 
Pasquale  — •  Barzaghi  Amelia  (Monza)  pel  nome 

■Antonietta  —  Gariboldi  Ida  (Monza)  pel  nome 
Maria  Vittoria  —  Yigano  Maria  (Monza)  pel 
nome  Maria  Vittoria  —  Villa  Arturo  (Monza) 
pel  nome  Maria  Vittoria  —  Garella  Ida  (Castel- 
lamonte)   pei    nomi    Angela,    Luigi. 

Rio  Negro. 

Famiglia  Costa  (Varazze)  pel  uome  Ciorsio 
.4ntonio  —  Nocera  Maria  (Verona)  pel  nome 
a  otto  battezzandi  —  MortiUaro  Rosa  (Palermo) 
pel  nome  Giovanni  —  Beretta  Giuseppina  (Legos) 
pel  nome  Margherita  Maria  —  Salesiani  (Tre- 
viglio)  pel  nome  Teresa  Maria  —  Pelliccioli 
Vittorio  (Venezia)  pel  nome  Sebastiano  —  Fabris 
Don  Giovanni  (Mogliano  Veneto)  pel  nome 
Carlo  —  Cella  Pietro  (Meina)  pel  nome  Teobaldo 

—  Giannantonio  Don  Domenico  (Frascati)  pei 
nomi  Micara  Francesco  Saverio,  Montanari 
Giovanni  —  Macchi  suor  Angelina  (Barcellona- 
Messina)  pel  nome  Alice  —  Rivotti  Antonietta 
(Viu)    pel    nome    Antonietta. 


Su 


•   ^ 


e  giu 


per  il 
mondo 


PETULANZA  DUNA  INGENUA. 

Un  niissioiiario  novelliuo  —  raccontano  Le 
Missioni  del  PP.  Bianchi  —  teiieva  le  sue  prime 
istruzioni  ai  suoi  neri  catecumeni  d' Africa.  Fra 
questi  v'era  lilmcme,  una  vecchia,  die  al  co- 
minciare  dell'istruzione  socchiudeva  gli  occlii, 
•^ontiecchiava  c  dormiva.  Battezzata  previo  un 
esame  soddisfacente,  alcuni  mesi  dopo  non  la 
si  vide  piii  alia  Missione.  Era  diventata  mala- 
ticcia    e    soprattutto  sofferente  d'insonnia. 

Afiflitta  specialmente  per  quest'ultinio  nia- 
lanno,   un  giorno  ebbe  un'idea. 

Prego  una  vicina  di  recarsi  dal  missionario  che 
I'aveva  istruita  e  dirgli  che  venisse  a  vederla. 

—  Ma  the  vuoi  che  egli  porti  e  ti  dica?  ha 
tan  to  lavoro...  poi  le  medicine  che  ti  ha  in- 
viate,  sono  state  perfettameute  inutili...  Egli 
verra  quando  starai  malissimo  per  darti  i  sa- 
cranieuti:  ma  ora? 

—  Ti  prego:  va;  egli  puo  guarirmi. 

Per  conipiacerla  ando  dal  missionario  a  (are 
Tarabasciata  e  I'avverti  che  era  inutile  portare 
gli  Olii  santi  perche  la  malata  non  era  Rrave. 

Egli  I'ascolto:  accondiscese.  Pero  voile  pren- 
dcrc  seco  gli  Olii  Santi,  dicendole: 

—  Non  si  sa  mai:  talvolta  voi  credete  che  la 
malattia  non  sia  grave,  quando  invece  e  gra- 
vissinia...   e  viceversa. 

Arrivato  al  tugurio  della  paziente,  dopo  i  con- 
vcncvoli  d'uso,  Mmeme  gli  dissc: 

—  Oh  Padre!  sono  settimane  e  settimane  che 
la  tua  vecchia  Mmeme,  che  tu  hai  istruita  e 
battezzata,  non  dorme  e  non  puo  dornire;  ho 
preso  molte  medicine,  ma  inutilnieute.  Ora  in 
queste  notti  insonni,   luughe,  eterne,   mi  sono 


ricordata  ed  ho  pensato  ad  win  cosa.  Quando 
andavo  al  catechismo  —  te  ne  ricordi?  —  ap- 
pena  tu  aprivi  la  bocca  per  farci  I'istruyione,  la 
predica,  io  cominciavo  subito  a  sonnccchiare  c 
a  dormirc  saporitamente  e  le  raie  compagne  mi 
scuotevano  invano.  Ti  prcgo,  poiche  sei  cosi 
buono,  fammi  adesso,  per  me  sola,  una  predica, 
una  di  quelle  prediche  e  sono  sicura  che...  potro 
di  nuovo  dormire!! 


UN  PURGANTE  PRODIGIOSO. 

II  mi.s.sionario  Beniamino  Cauchi  S.  I.  rac- 
conta  s.i  Le  Missioni  della  C.  d.  G.  che  nel  vil- 
laggetto  Santal  di  Dhodanga,  nell'ottobre,  vennc 
ad  aramalarsi  il  capo  e  si  coraincio  a  temere 
serianiente  per  la  sua  vita.  Uno  degli  abitanti 
Id  consiglio  di  ricorrere  ai  mi.ssionari.  II  P.  (Ircch 
ando  a  visitarlo  e  stimo  bene  di  fargli  prendcrc 
un  niagnifico  purgante  d'olio  di  ricino,  sufficiente 
per  un  elefante.  Non  ci  voleva  di  mcno!  Alcuni 
giorni  dopo  il  malato  era  perfettameute  gua- 
rito  e  .sgambettava  felicc  per  tutto  il  villaggio. 

Oltremodo  grato  per  il  bencficio  ricevuto, 
vol'.e  essere  istruito,  lui  e  la  sua  famiglia,  nella 
nostra  santa  religione  e  fu  battezzato  poco 
tempo  fa  col  nome  di  Ferdinando,  R  fece  di  piu: 
indu.sse  tutti  quelli  del  suo  villaggio  a  istruirsi 
e  a  ricevere  il  battesimo.  Ora  ha  portato  il  suo 
fcrvore  nel  villaggio  vicino,  riuscendo  a  conver- 
tire  parecchie  famiglie:  fra  breve  anche  questo 
villaggio  sara  tutto  cristiano. 

Quanti  purganti  di  questo  gencre  —  conclude 
il  missionario  —  vorremmo  dart! 


Printed  xti 


t  >  -  ^  -^^ 


fpubbllcazlone   MenMIe) 


(Conto  corrente    postale) 


/ 


Oiovenlu  (Dissionarici 


a 

3 
a 

3 


dutti!  Sutti!  Sutti! 

booete  aboperarot  per  procurarct  un  nuooo 

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(bal  Cw^Uo  al  Diccmbro  £.  5,50). 

(^oteci  questa  pcopaganba! 

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Anno  IX  -  Num.  9 


Pubblicazione  mensile 


SeUetnbre   1931    (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


'' Jesus- fag  '  -La  gi'ornafa  di  Gesu. 


Si  e  diffusa  in  Austria  e  daH'Austria  c 
passata  altrove,  persiiio  iielle  missioiii  del- 
I'Africa  del  Sud,  dell'India  e  del  Giapponc, 
questa  pratica  die  Mons.  Morzinger  ha  in- 
trodotto  per  fanciulli  e  fanciulle.  fi  una  spe- 
cie di  esanie  quotidiano  di  coscienza  intomo 
a  1 1  doniande  contennte  in  un  foglietto, 
nel  quale  sta  uu  apposito  casellario  per 
segaare  ogni  gionio  del  mese  la  risposta  con 
un    +    (si),  o  (no). 

Ed  ecco  le  domande  alle  quali  devono 
rispoudere  le  crocette  e  gli  zeri: 

1 )  Hai  recitato  oggi  la  tua  preghiera  del  luat- 
tino?  Non  dimenticare  di  suscitare  in  te  il  buon 
proponimento  di  pensare,  parlare,  fare  e  soflfrire 
ogni   cosa  per  amore  e  gloria   di   Dio. 

2)  Hai  ascoltato  domenica  la  S.  Messa?  Sei 
obbligato  sotto  pena  di  peccato  niortale  ad 
ascoltare  la  S.  Messa  nelle  domeniche,  se  ti  i 
possibile. 

;;)  Hai  fatto  oggi  una  breve  visita  a  Gesii, 
clie  e  presente  nelle  specie  del  pane  nel  Taber- 
nacolo  e  l.i  ti  aspetta?  Hai  avuto  oggi,  se  non 
potest!  andare  da  Gesii,  almeno  il  pio  desidcrio 
di    visitarlo? 

j)  Hai  ascoltato  oggi  la  S.  Jtessa?  Hai  avuto 
oggi,  se  non  potesti  andare  alia  S.  Messa,  almeno 
il  desiderio  di  ascoltare  una  S.  Messa? 

5)  Hai  ricevuto  oggi  la  S.  Coniunione?  Hai 
avuto  oggi,  se  non  potesti  comunicarti,  almeno 
il  santo  desiderio  di  ricevere  Gesu? 

6)  Hai  fatto  oggi,  se  fosti  in  cliiesa,  piacere 
a  Gesu  colla  tua  devozione  e  col  tuo  buon  com- 


portamento?    Non    chiacchierare,    ridere,    guar- 
dare  in  giro,  spingere,  giocherellare! 

7)  Hai  suggerito  oggi  a  qualciuio:  a)  di 
visitare  Gesu;  b)  di  assistere  alia  S.  Messa;  c)  di 
ricevere  la  S.  Comunione?  (Per  ogni  punti5. 
una  crocetta,  se  puoi  rispoudere  di  si). 

8)  Hai  fatto  oggi  ad  altri  qualche  favore 
o  qualche  gioia,  specialmente  a  qualche  povero 
o  malato? 

9)  Sei  stato  oggi  sempre  ubbidiente  e  cor- 
tese  verso  i  genitori  e  i  superiori,  come  te  lo 
prescrive  severamente  il  quarto  comandamento? 

10)  Hai  fatto  oggi  per  amore  di  Gesu  qual- 
che  sacrificio? 

E  un  sacrificio,  per  esempio:  levarsi  la  mat- 
tina  di  buon'ora,  per  amore  di  Gesu;  non  con- 
traddire,  se  qualche  cosa  ti  si  comanda;  non 
metterti  a  giuocare  prima  di  aver  finito  i  tuoi 
compiti;  cedere  volentieri  nel  giuoco  e  cessare 
subito,  a  tempo  debito;  se  qualcosa  ti  fa  male, 
non  lagnarti  inutilmentc;  rinunciare  a  qualche 
ghiottoneria;  allontanarti  subito,  se  bambini  o 
adulti  fanno  discorsi  cattivi;  esser  sempre  cor- 
tese,  paziente  e  conciliante  con  fratcUi  e  so- 
relle,  coi  condiscepoli  e  con  altre  persone;  fare 
con  diligenza  i  lavori  scolastici  e  doraestici, 
anche  se  non  ne  senti  voglia;  reprimere  I'ira, 
I'avarizia,  I'invidia  od  altre  passioni  cattive. 
Non  dimenticare  di  meditare  se  hai  conibat- 
tuto   specialmente   il   tuo    difetto    principale. 

1 1 )  Hai  fatto  oggi  la  tua  preghiera  della 
sera?  Non  dimenticare  di  suscitare  la  contri- 
zione  perfetta,  cioe  di  pentirti  per  amore  di 
Dio  dei  peccati  commes.si  durante  la  giomata. 

Sotto  il  casellario;  nome,  eta,  luogo,  paese 
del  bambino. 


/6/ 


Finito  il  mese,  i  foglietti  rienipiti  veugouo 
mandati  al  direttore  (Mous.  Morziuger),  il 
quale  li  depone  accanto  al  Tabemacolo. 


Gli  effetti  di  questa  crociata  fiiroiio  sor- 
prendenti:  si  e  notato  da  tiitti  un  miglio- 
rameiito  generale  dello  spirito  nei  fauciulli 
che   la   praticano. 

E  non  sono  pochi:  sono  360  mila  i  fo- 
glietti che  mese  per  mese  vengono  distri- 
buiti  e  riconsegnati.  Inoltre  il  foglietto  c- 
gia  stato  tradotto  in  13  liiigue. 

A  proposito  della  « Giomata  di  Gesii  » 
sentite  le  belle  parole  che  il  29  gennaio  ha 
detto  il  Card.  Piffl;  «  L'idea  della  Gwruata 
di  Gesii  deve  essere  stata  ispirata  a  Mons. 
Morziuger  direttamente  dallo  Spirito  Santo. 


Da  luodesti  inizi  quest'opera  missionaria 
s'e  fatta  cosi  grande  che  dara  certamente 
copiosi  frutti  neira\'venire.  La  Giornata 
di  Gesii  non  e  piu  limitata  ai  confini  del- 
I'Austria,  essa  e  ormai  patrimonio  intenia- 
zionale.  Essa  e  introdotta,  come  da  noi, 
anche  nel  Giappone,  nell'India,  nella  Cina, 
neU'Africa  del  Sud,  e  i  missionari  sono  ben 
lieti  di  poter  condurre  per  essa  i  bambini 
a  Gesii  »- 

Vita  giovanile  santificata,  vita  eucaristica 
(nella  visita  quotidiana  e  nella  comunione 
quotidiana),  e  vita  disposta  all'apostolato; 
questi  sono  i  frutti  benefici  che  la  «  Giomata 
di  Gesii  »  produce  in  modo  mirabile  tra  i 
bambini,  cristiani  e  pagani. 

(Da  L'Osservatore  Romano), 


La  vetta  del 


"Marguareis" 


La  stafua  deH'Ausiliatrice  suUa  cima  del  Marguareis. 


Era  un  augurio  ed  un  voto  die  i  Superiori 
e  gli  allievi  missionari  dell'Istituto  salesiano 
di  Pcnango  Monf.  avevano  fatto:  «  Se  anche 
quest'amio  tomeremo  alia  Certosa  per  le 
nostre  vacanze,  allogheremo  I'Ausiliatrice 
sulla  cima  piii  alta  delle  montagne  del 
Pesio  i>.  Augurio  e  voto  si  sono  awerati  e 
la  statua  ckU'Ausiliatrice,  che  da  oltre  un 
mese  circondata  da  un  omaggio  perenne  di 
fiori  alpestri  troneggiava  alia  sommita  dello 
scalone  alia  Certosa,  martedi  scorso  11  ago- 
sto,  saliva  i  monti. 

Giornata  serena  e  fresca,  come  dopo  la 
tempesta:  « I'alba  vinceva  I'ora  mattutina  » 
accompagnata  da  quella  leggera  brezza 
montana  che  affretta  il  passo  donandoti  la 
gioia  deU'asccusione.  I    ijo  giovani  bardati 


di  tascapane  per  i  viveri,  partono  recil.-mdo 
a  gruppi  le  orazioni.  Ecco  alia  nostra  dcstra 
il  Pesio  che  ci  accompagna,  e  la  Madonna 
d'Ardua  e  pivi  su  in  alto  il  Camusse  che 
preannuncia  le  rocce  dolomitiche  dei  suoi 
maggiori:  lasciamo  la  strada  e  via  per  il 
sentiero  che  ci  porta  al  Gias  delle  Ortiche: 
qui  in  vista  delle  sorgenti  del  Pesio,  rifor- 
nimento  acqua. 

Su  per  la  vallata  I'ascensione,  ombreg- 
giata  per  un'ora  e  mezzo,  si  svolge  dolce 
e  sinuosa  nei  giri  del  sentiero:  verso  le  otto 
salutiamo  in  faccia  il  sole  che  ci  trova  gia 
al  passo  del  Duca  (2050),  ove  la  roccia  ta- 
gliata  a  picco  ci  introduce  per  una  finestra 
ncll'altra  vallata.  Ecco  da  nord  discendere 
ver.so  di  noi  riunnonsa  schiena  della  Costa 


16. 


Prima   di   affrontare    la   dorsale   dcntata   del    "Marguareis"   una   sosta   ed    uno   ^puiitino.. 


Rossa  sino  a  ricongiungersi  al  Col  del  Pvcl: 
Home  questo  che  risuona  ancora  di  battaglia 
(=  proelium)  a  distanza  di  un  niillemiio: 
qui  diinque  nei  secoli  di  ferio,  IX  e  X,  gli 
alpigiani  per  la  difesa  della  valle  del  Pesio 
si  scontrarono  coi  Saraceni  che  risali\ano 
da  Nizza  e  da  Tenda?  Cosi  appuuto  narra 
la  tradizione  locale  die,  in  mancaiiza  di 
documenti,  e  la  niiglior  storia.  Ora  il  sen- 
tiero  ci  ha  lasciati  e  si  cammina  nella  ccnca 
rocciosa  delle  CiUeiir,  negata  ad  ogni  vita. 
AUe  9  un'altra  sella,  un  nuovo  panorama 
e  gli  ultimi  pascoli  erbosi  ore  si  rincorrono 
frettolosi  branchi  di  pecore  col  muse  atter- 
rato. 

Prima  di  affrontare  la  dorsale  dentata 
del  Marguareis  una  sosta  ed  uno  spuntino: 
la  compagnia  della  JMadonna  ha  il  primato 
della  paitenza:  spalle  valide  portano  il 
prezioso  carico  della  statua.  La  lunga  fila 
Indiana  si  snoda  verso  le  punte,  mentre 
I'occhio  fissa  in  fondo  alia  valle  la  cittadina 
di  ienda:  dal  suo  forte  a  intermittenza  si 
ode  qualche  colpo  a  salve  di  cannoncino. 
La  marcia  prosegue  in  costa  e  si  giunge 
fra  denti  e  selle  alio  stretto  canalone  della 
vetta,  che  allunga  sempre  piii  la  fila:  sono 
cessati  i  canti,  si  smorza  la  conversazione, 
e  silcnziosi,  con  rocchio  alle  pietre  mobili. 
saliamo  I'ultimo  tratto.  Eccoci  finalmente 
suUa   vetta   piii   alta   del   Marguareis;   sono 


le  1 1, 20;  spettacolo  sempre  bello  e  gigan- 
tesco  di  montagne  cui  seguono  senza  fine 
altre   montagne:    a   est   il  Murgiae    (2615) 


La   statua   e   ormai    fissata.. 


7(5  5" 


Tutti    sono    raccolti   attorno   alia   statuetta    per   il    rito   chc   consacra   il    monte... 


biancheggiante  ancora  di  grandine  recente, 
a  sud  il  Saccarello  col  monumento  al  Re- 
deutore,  a  ovest  la  fitta  distesa  di  piinte  clie 
culminano  coi  gliiacciai  del  Clapier  (3045) 
e  risalgouo  piu  lontano  coWArgcniera  (3297). 
Un  lastrone  ai  nostri  piedi  ricorda  il  circolo 
cattolico  D.  M.  Unia  diRoccaforte  (Mondovi) 
in  gita  lassu  il  9-9-1930.  Incomincia  sen- 
z'altro  il  lavoro  di  assestamento:  rozze 
pietre,  e  lastre  che  paion  lavorate  si  am- 
massano  in  pochi  minuti.  C'c  vma  nicchietta 
natnrale  che  va  sempre  piu  acquistando 
proporzioni:  U  Direttore  Don  Moretti  di- 
rige  i  lavori,  assesta  le  pareti  a  secco  e 
livella  col  cemento  il  piano  di  base  su  cui 
posera  la  statua.  La  statua  e  ormai  fissata, 
collo  sg  lardo  rivolto  al  sol  levante  a  be- 
nedir  I'ltalia,  circondata  da  ogni  parte  di 
fiori,  con  ai  piedi  un  umile  pino  trapian- 
tato  lassu  in  quel  di,  perclie  colle  sue  frondi 
renda  oinaggio  alia  Vergine. 

Tutti  sono  raccolti  attorno  alia  statuetta 
per  il  rito  che  consacra  il  monte,  ad  ascol- 
tare  coniinossi  la  parola  del  Direttore : 
«  Ecco,  o  Vergine,  adenipiuto  il  nostro  voto: 
abbiamo  desiderato  tanto  I'alba  di  questo 
gioriio,  per  vederti  quassii  sulla  jnmta  del 
Marguareis  a  benedire  uoi,  tuoi  figli  delta 


Certosa,  e  quanti  sono  uniti  a  noi  da  vincoli 
imperituri  di  affetto  e  di  vita  salesiana. 
Benedici,  o  Madonna,  i  vicini  e  i  lontani, 
quelli  del  noviziato  prossimo  alia  loro  pro- 
fessione  e  quelli  delle  Americhe  che  con  noi 
e  come  noi  a  Penango  si  formarono  al- 
I'apostolato  missionario.  Benedici  i  parenti 
nostri  e  fa  che  noi  tutti  senza  eccezione 
rimaniamo  fedeli  alia  nostra  vocazione, 
protetti  oggi  e  sempre  dal  tuo  manto  ma- 
tenio  ».  Quindi  a  ricordo  dell'avvenimento, 
ai  piedi  della  statuetta  e  collocato  uu  astuc- 
cio  di  vetro  contenente  una  pergamena  col 
nome  del  Pontefice  Pio  XI  gloriosamente 
regnante  e  quello  di  tutti  i  gitanti:  sono  con 
noi  tre  bravi  alpinisti  di  Roccat'orte,  asso- 
ciati  ai  nostri  canti,  alle  nostre  preghiere  e 
al  gruppo  fotografico  che  fissa  sulla  lastra 
la  gioia  del  giomo. 

Dalla  vetta  del  Marguareis  (2640)  risuo- 
nano  a  valle  le  lodi  piii  belle  a  Maria  SS.: 
ex  montibus  excelsis  laus  tua,  Maria:  Sac- 
carello, Marguareis,  Cresta  Rossa,  piccolo 
arco  della  grande  cerchia  alpina,  consa- 
crato  dalla  pieta  cristiana  coi  segni  di  una 
fede  che  non  tramonta. 

Certosa  di  Pesio,  13-8-31. 


afu)  (jui  iijrflligil'  sup<r  tjf i;i/n)  «f  paufil- 
:  in  dif  mata.\lbtrobi[  emtt'omijiJyli'iXljj 

\.toIt.f.  Xlll  = 


?%-^ 


16./. 


DALLE   LONTANE   MISSIONI 


Fesfa  di  Maria  Ausiliatrice  in  Shiu-Chow. 


Fu  fissata  per  il  31  maggio,  festa  della 
SS.  Tritiita.  La  vigOia,  il  sabato  mattina, 
nella  cappellina  del  coUegio,  la  nostra  pic- 
cola  educanda  Francesca  faceva  la  sua 
Prima  Comunione  con  vero  raccogliniento  e  il 
sacerdote  parlo  espressamente  due  volte  per 
lei  insegnandole  ad  imitate  ed  a  ringraziare 
Gesii.  11  gionio  seguente,  domenica,  an- 
dammo  alia  Chiesa  dei  RR.  Salesiani  per 
la  prima  Messa  delle  8,  poi  ritonianuno  per 
quella  cantata  delle  10,30,  ed  a  questa 
intervenne  un  buon  nuniero  delle  nostre 
aluune  estenie  pagane.  Dopo  la  S.  Messa, 
mentre  noi  Suore  dovevamo  pranzare  con 
le  nostre  care  sorelle  di  Ho-Sai  e  del  Rico- 
vero  dei  vecchi,  le  nostre  alunne  interne  ed 
estenie,  le  catechiste  e  le  orfauelle  di  Ho-Sai, 
in  tutto  un  130  persone  e  piu,  sedevano  in 
refettorio  dove  venivano  servite  di  dolci  e 
di  frutta.  Verso  le  due,  sotto  il  porticato 
deUa  scuola,  adomo  di  nastri  di  carta  co- 
lorata,  svolazzanti  in  diverse  direzioni,  si 
svolgeva  una  breve  accademia;  il  tratte- 
nimento  durava  in  tutto  un'ora  e  un  quarto 
ed  era  presieduto  dal  Sig.  D.  Boccassino, 
direttore  del  coUegio  D.  Bosco,  il  quale 
esprimeva  in  fine  la  sua  soddisfazione  per 
aver  veduto  cristiane  e  pagane  unite  in  un 
sol  cuore  a  festeggiare  Maria.  Alle  ore  15,30 
si  ritomava  nella  cliiesa  dei  Salesiani  per 
prendere  parte  alia  processione  di  IMaria  SvS., 
che  sfilo  devota  e  ordinata  per  i  cortili  del 
coUegio.  Apriva  la  processione  la  fila  delle 
nostre  aliume,  cristiane  e  pagane  al  coni- 
pleto  con  in  testa  il  bello  steudardo  di 
Slaria  SS.  regalatoci  ultimamente  dalle 
nostre  RR.  ed  amate  Superiore  e  inviatoci 
per  mezzo  delle  nostre  sorelle  venute  fra 
noi  a  Natale.  In  mezzo  alia  fila,  la  piccola 
Prancesca,  vestita  da  angioletto,  spargeva 
fiori  al  passaggio  di  Maria.  Dopo  venivani) 


le  orfanelle  e  le  catechiste  di  Ho-Sai,  gli 
alunni  del  collegio  D.  Bosco  con  la  banda, 
quindi  iGFigliediM.  A.,  i6piccole  orfanelle 
vestite  da  angioletti  col  giglio  in  niano,  il 
clero,  la  statua  di  Maria  Ausiliatrice  e  un 
po'   di   cristiani,   uomini   e  donne,  ma   non 


Natalia    Barsanti,   una   cinesina   da   poco    baitezzata. 


165 


molti.  Su  di  una  piccola  colliiietta  sosto 
la  processione,  il  celebrante  fece  un  po'  di 
predica  e  fii  preso  anche  un  gruppo  foto- 
grafico,  quindi  si  fece  ritomo  in  chiesa  dove 
venne   data   la   benedizione   eucaristica. 

Si  pote  chiamare  la  festa  della  gioventvi, 
perche  in  tutte  le  funzioni  della  giomata 
gli  adulti  furono  pochi,  ma  i  giovani,  com- 
plessivamente.  giungevano  ai  350.  Maria 
Ausiliatrice  non  li  avra  guardati  con  occhio 
di  conipiacenza  e  non  avra  fatto  nascere 
in  qualclie  cuoricino  pagano  qnalche  buon 
desiderio?  Voglio  sperarlo  e  prego  le  buone 
aspiranti  missionarie  di  Arignano  di  vo- 
lerci  aiutare  con  le  loro  pregliiere  e  i  loro 
sacrifici  quotidian!  ad  otteiiere  che  questo 
buon  seme  fruttifichi  e  a  sua  volta  diventi 
altro  seme  di  contjuista  sul  dominio  del 
demonic  a  gloria  di  Dio  e  a  salvezza  delle 
auime. 

Una   Fifilia  di  Maria   Ausiliatrice. 


L'avventura  di  un  sacerdote  cinese 
nel  Vicariafo  di  Shiu-Chow. 

Debbo  rendere  vivissime  grazie  alia  di- 
vina  Provvidenza  che  mi  scanipo  da  un 
gravissimo    pericolo.    Nel    mio    ritomo    da 


Shiu-Chow  per  Chilling  volH  approiittare 
del  cavallo  di  D.  Dalmasso  per  giungere 
piu  coniodamente  alia  mia  residenza  di 
Nam  Young. 

Non  avessi  mai  preso  quella  detennina- 
zione!  Non  so  perche,  proprio  sul  ponte,  il 
cavallo  si  imbizzarrisce  sprangando  un  forte 
calcio  ad  un  soldato  poco  distante  che  cade 
a  terra.  Ouesti  alzatosi  furioso  <iuanto  mai, 
imprecando  maledettamente  contro  di  me, 
da  di  mano  alio  schioppo  e  senz'altro  spiana 
contro  !a  mia  povera  persona  un  colpo,  che 
fortunatamente  ando  a  vuoto. 

Vieppiii  inferocito  per  I'insuccesso,  voleva 
ritentare  la  prova,  quasi  si  trattasse  d'una 
bravura,  quando  il  suo  ufficiale  interve- 
nendo  gli  tolse  I'arma  di  mano  riducendolo 
a  piu  miti  consigli. 

Era  facile  capirlo  che  la  colpa  non  era 
del  missionario,  ma  bensi  del  cavallo  che 
non   ha  la   ragione. 

Ringraziai  il  buon  ufEciale  che  fu  cosi 
corte.se  e  provvidenziale,  poi  ripresa  la  mia 
cavalcatura  proseguii  il  viaggio  in  preda  ad 
una  fortissima  agitazione. 

Ero  salvo,  ma  f|ual  brutto  momento  fu 
per  me  quel  triste  incontro! 

P.  Ha  Giovanni 

Missionario  indigeno. 


HA  O  NON  HA  COLPITO  ? ! 


II  cacciatore  da  due  giorni  era  nella  selva; 
in  casa  tutti  I'attendevano  con  la  speranza 
di  un  buon  arrosto  che  avrebbe  rifornito 
energie  alle  forze  depresse  dalla  monotonia 
del  vitto  quotidiano  assai  poco  consistente. 

Sono  le  ore  11.  Shimbi,  il  cacciatore,  final- 
mente  arriva;  lo  vedo  dal  vano  della  mia 
finestra,  ma  ha  un'aria  misteriosa...  Gli 
operai  addetti  alle  costruzioui  scorgendolo 
sospendono  il  lavoro,locircondano  per  avere 
notizie...  Ha  colpito  bene?  quale  bestia  ha 
ucciso?  Dove  I'ha  lasciata?  Shimbi  muto 
come  un  pesce,  imperturbabile,  si  npre  la 
via  tra  la  folia  dei  curiosi  e  arriva  alia  porta 
della  mia  camera:  entra,  mi  saluta  con  una 
mano  sul  cuore  e  lentamente  si  siede  davanti 
a  me 

«  Ascolta,  Padre;  gli  opiiai  vogliono 
sapere  cio  che  ho  fatto,  ma  io  rifnito  di  dire 
loro  alcuna  c(wa..,  ft  a  te  che  debbo  dare 
le  notizie:  il  fucile  che  io  ho  adoperato  era 
tuo,  tue  le  palle  che  io  ho  tirato,  e.  se  ho 
colpito,  tua  dev'essere  la  vittima  atterrata. 


i>  Vero,  Shimbi,  ed  io  sentiro  con  piacere 
com'e   andata,   se   hai   colpito... 

»  Eccoti  il  mio  rapporto...  L'altro  ieri 
tu  mi  hai  dato  4  cartucce;  me  ne  resta  una... 
ho  corso  tanto  che  i  miei  piedi  sono  feriti... 
ho  incontrato  ieri,  la,  lontano,  lontano  7 
nhonshi  (antilopi)  e  le  ho  seguite  riuscendo 
ad   avvicinarmi    fino   a    200   m.  ». 

Dall'apertura  della  finestra  spiano  an- 
siosi  gli  operai  per  cogliere  un  gesto,  un 
sorriso  che  loro  dia  a  credere  che  la  caccia 
e  riuscita  e  che  vi  sara  una  porzione  di 
came  per  loro...  anch'io  vorrei  dire  a  questi 
ansiosi  il  mio  pensiero:  «  Anch'io  desidero 
sapere  se  ha  colpito,  ma,  vedete?  questo 
Shimbi  non  finisce  di  contarmi  una  storia 
che  non  m'interessa  e  arrivare  alia  sola 
parola  che  tutti  attendiamo:  —  Ho  ammaz- 
zato   una    bestia   magnifica!  ». 

Shimbi  non  si  cura  della  nostra  fretta,  e 
prosegue: 

«  Ebbene,  son  rimasto  la  lungo  tempo... 
senza   far   rimiore...    un   grosso   maschio   si 


166 


teneva  ritto  sul  termhiire,  solo:  egli  mi 
aveva  seiitito,  seiiza  dubl)io,  pel  veiito  pro- 
pizio,  ma  non  riiisci  a  vedernii.  Se  gli  tiro, 
mi  sou  detto,  nou  avr6  die  una  liestia... 
e  ve  ne  sono  altre  dietro  il  tennitiere.  lo 
sapeva  d'altra  parte  che  tu  volevi  molta 
cacciagione  e  ho  pensato:  —  Che  fortuna  s;- 
riuscissi  ad  abbattere  due  bestie  soltanto! 
»  Mi  sono  cacciato  dietro  mi  cespuglio  e 
ho  atteso...  Nella  caccia  bisogna  attendere 
il  momento  propizio...  Ecco  il  maschio  firal- 
mente  discende  dal  tennitiere  con  lentezza: 
cio  fu  la  niia  gioia.  percht-  non  mi  aveva 
scoperto.  Allora  ventre  a  terra  striseiai  verso 
il  tennitiere...  Guarda,  guarda,  Padre,  che 
diveutano  gli  abiti  con  simile  nianovra  — 
e  mi  iudicava  una  reliquia  dei  calzoni  che 
gli  era  rimasta  in  dosso  — ...e  vi  giuusi. 
Un  arbusto  sid  fianco  del  tennitiere  mi  servi 
di  riparo.  Quale  gioia,  Padre...  la  a  40  m. 
vedevo  davanti  7  magnifiche  bestie,  alcune 
in  piedi  inteute  a  pascolare,  altre  coricate 
in  riposo.  Tirare  subito'  No,  Padre,  i  miei 
nervi  erano  troppo  agitati...  Ho  riposato 
qualche  istante...  il  fucile  era  da  tempo  pre- 
parato...  poi  ho  mirato  alia  bestia  piii  bella, 
il  maschio...  tiro...  palla  in  plena  testa... 
La  bestia  cade  e  si  rotola  suH'erba...  le  4 
zampe  battouo  I'aria  disperatamente... 

»Sorpresa  generale  tra  le  altre  antilopi... 
si  avvicinano  al  maschio  per  vedere  che  gli 
e  successo...  vanno  e  vengono  inquiete... 
Una  seconda  palla  parte  e  una  seconda 
bestia  cade,  si  rialza,  fa  qualche  salto  e 
ricade  a  20  m.  di  distanza...  La  terza  palla 
fiscliia,  e  mia  terza  bestia  cade,  si  rialza,  corre 
e  si  abbatte  a  qualche  metro  di  distanza. 
»  Avevo  ancora  la  palla,  che  tu  ora  hai  in 
mano...  nou  ho  voluto  consumarla  ..  gli 
animali  superstiti  ormai  iilavano  verso  il 
folto  della  foresta...  e  poi  ho  pensato  che 
tre  bestie  potevano  bastare  per  tutta  la 
settimana  ». 

In  quel  momento  il  sorriso  atteso  spunto 
sulle  mie  labbra...  e  gli  ansiosi  ossen,-atori  lo 
interpretarono  con  esattezza...  « II  Padre  ha 
sorriso,  Shimbi  ha  certo  ucciso;  ma  perche 
continua  a  parlare  e  gesticolare?  Forse  ha 
solo  ferite  le  bestie  e  gli  sono  sfuggite?  ». 
Ma  Shimbi  continuava  imperterrito. 

«  Padre  tu  vedi  che  ho  buon  occhio,  che 
so  usar  bene  il  tuo  fucile...  Quaudo  tu  vorrai 
cacciagione,  dairuni  3  cartucce,  parto  e  ti 
porto  due  bestie:  se  me  ne  dai  3,  portero 
quattro  liestie...  Ti  dico  due  e  quattro  per- 


che...  tu  sai,  bisogna  sempre  serbare  un 
pezzo  nel  fucile...  se  al  ritonio  incontra.ssi 
xm  leone  o  un  leopardo?...  Guarda,  Padre, 
la  mia  testa  come  e  stata  ridotta  dagli  ar- 
tigli  del  leopardo...  —  e  mi  mostrava  per 
Tennesima  volta  le  cicatrici  e  i  bitorzoli 
della  sua  testa... 

»  Ora  ho  finito.  Padre...  lascio  a  te  di  dire 
agli  operai  come  abbia  usato  del  tuo  fucile... 
Ora  vado  a  raggiungere  i  portatori  che  mi 
aspettano    alia    riva    del    fiume  ». 

E  parti  gravemente  verso  quella  parte, 
till  operai  teutarono  di  carpirgli  qualdie 
notizia,  ma  Shimbi  li  guardo  dall'alto  in 
basso  e  seccamente  rispcse:  —  E  affare  del 
Padre,  audate  a  chiedere  a  lui! 

Essi  si  precipitarono  da  me  nella  stanza... 
—  Ha  ucciso?  E  una  grossa  bestia?  E  duu<iue 
vero?  E  la  bestia  dov'e?...  Ci  vogliono  porta- 
tori? 

—  Ma  si,  miei  amici,  ha  ucciso...  e  tre 
bei    nhonshi    per    giunta... 

Non  ebbi  il  tempo  di  fare  il  panegirico 
del  cacciatore,  perche  gridi  di  gioia  risuo- 
narono  nella  stanza,  si  ripercossero  come 
un'eco  in  ogni  angolo  della  casa,  che  da 
quell'istante  fu  tutta  in  festa...  e  nella  fre- 
netica  attesa  di  vedere  la  cacciagione  e 
divorarla    prima    cogli    occhi. 

Prima  della  caccia  uno  dei  nostri  operai 
mi  diceva:  —  Se  tu  potessi  darci  viveri  da 
mangiare,  tu  vedresti,  Padre,  quanto  lavoro 
noi  faremmo!  —  Non  mi  sono  pero  accorto 
che  il  lavoro  sia  aumentato  dopo  la  fortuuata 
caccia  di  Shimbi.  .Anzi,  rimproverando  uno 
degli  operai  di  non  aver  finito  la  sua  parte 
mi  rispose; 

Padre,  ieri  sera  noi  abbiamo  mangiato 

assai...  e  questa  mattina  e  meglio  riccnnin- 
ciare  a  mangiare,  perche  abbiamo  paura  che 
i  tuoi  cani  vengano  a  rubarci  la  razione  che 
tu  ci  hai  data!...  (E  continuarono  cosi  per 
quattro  giorni). 

A  questi  ueri,  goffi  .^enza  misura,  da  qual- 
che mese  abbiamo  cominciato  a  dare  il  cibo 
dell'anima...  noi  li  vedremo  di  fronte  a 
questo  cibo  pieni  della  stessa  avidita  che 
hanno  pel  cibo  materiale;  e  I'assimiliranno 
assai  bene,  se  i  nostri  amici  deUe  Mis.sioni 
pregheranno  per  essi. 

Kipushia  (C'owgo  Belga). 

L.  Paxs.\ri) 
Missionario  Salesiano. 


167 


ASPETTI  POETICI  DELLA  VITA  MISSIONARIA 

NELL'  EQUATORE 


Stamaiie  in  una  ronversaziont,  mi  venne 
dato  di  riferire  wi  piccolo  casetto  successo 
a  un  missionaiio  nelle  nostre  selve  e  con 
esso  se  ne  affacciarono  alia  meinoria  tanti 
altri,  serii  e  faceti,  che  mi  venue  voglia  di 
raccontarli  ai  lettori  di  Gioventu  Missionarm. 

II  caso  riferito  era  il  segueiite.  In  plena 
foresta  vergine,  dope  una  notte  insonne,  tra 
decine  e  decine  di  lavoratori  del  camniino 
mulattiero  Pan-Meiidez,  il  missionario 
all'alba  si  sveglia  e  sveglia  tutti  per  la 
S.  Messa.  Tutto  e  allestito  in  fretta  e  bene. 
Quattro   paletti   nel   suolo,   alcuni   rami   di 


Mons.   Comin   fra   pargolctti   Uivarl. 

traverso  fomianti  la...  sacra  Mensa,  pietra 
sacra,  tovaglie,  caudele,  vino-acqua...  tutto! 
Si  cerca  I'ostia  con  febbrile  ansia.  Non  c'c! 
Si   spaventa   forse    il   missionario? 

— ■  Chi  di  voi  lia  farina  di  fruniento?  — 
S'alza  uno  e  da  im  ceucio  mostra  una  o  due 
cucchiaiate  di  farina  Candida.  (Qui  non  di 
rado  serve   come   rimedio). 

—  Portatemi  due  pali  di  ferro  da  lavoro. 
(In  una  estremita  hanno  sem])re  una  parte 
battuta    a   forma   di    pala). 

II  fuoco  fe  attizzato:  cento  mautici  umani 
soffiano  senza  interruzione.  I  due  ferri  sono 
ben  caldi,  quasi  rossi.  Si  puliscono  e  su  di 
uno  viene  stesa  la  pasta  di  farina  bianca. 
Iv'altro  si  coUoca  sul  primo;  un  czzz...  ina- 
spettato,  un  istante  e  si  riajirono  i  ferri. 
I,a  pxsta  s'e  cambiata  in  mi  foglio  di  pane 
che   ritagliato   servira   al   caso   uostro. 


Nello  stesso  luogo,  con  la  stessa  compacnia 
e  lo  stesso  missionario:  e  notte.  L'unica 
grotta  aperta,  serve  per  salone,  dorniitorio, 
cappella,  ecc.  II  missionario  occupa  il  posto 
privilegiato,  quasi  alia  entrata  della  grotta 
e  sulla  nuda  terra  distende  la  sua  povera 
persona.  Durante  la  notte  un  soffio  caldo 
di  animale  che  aunusa,  sveglia  il  missionario 
che  senza  scomporsi,  con  lamano.  allontana, 
crede,  il...  cane  importuno...  Ma  al  mattino 
commentandosi  la  sfacciataggine  dell 'ani- 
male, si  alza  un  grido:  sul  terreno  presso 
la  grotta  sono  le  caratteristiche  orme  fresche 
della  tigre  e  una  tigie  di  mole  mastodon- 
tica...! 


Un'altra  notte,  in  plena  foresta,  sotto  una 
capannuccia  formata  da  due  pali  su  cui 
e  steso  un  impermeabile  per  difendere  da 
sgradevoli  acquazzoni.  I^a  comitiva  e  for- 
mata da  due  sacerdoti  missionari  e  alcuni 
portatori  i  quail  adagiano  i  piedi  tra  le  erbe, 
fuori  da  quel  ricovero  improvvisato.  II 
silenzio  e  solenne.  —  Mira  I'Orsa minora  e 
laggiii  in  fondo  la  Croce  del  Sud!  che  m- 
canto!  —  esclama  il  piii  poeta  dei  due  mis- 
sionari, mentre  I'altro  stanco  morto  manda 
benedizioui  alle  stelle  e  airimprowisato 
astronomo.  Lassxi  sul...  tetto  della  capanna, 
attraverso  il  buco  della  tasca  dell'impermea- 
bile  si  ammirava  I'infinita  dei  Cieli.  Ritoma 
la  pace  e  il  .silenzio.  Dopo  un'ora  un  acquaz- 
zone...  equatoriale  mette  a  prova  la  casa 
missionaria.  La  voce  dell'astronomo  impa- 
zientito  si  fasentire: — Ohiquella  miserabile 
tasca!  E  ora  dove  mi  riparo?  —  Tutta  I'acqua 
della  tenda  da  campo  entrava  per  la  tasca 
e   cadeva   proprio  sul  viso   dell'astronomo. 


Sulla  strada  Sigsig-Gualaqu'~a.  II  missio- 
nario viaggia  solo...  cioe:  hu,  I'Augelo  Cu- 
stode  e  il  fido  mulo.  Oh  i  muli!  Incontrame 
uno  degno  del  cavaliere  6  un  cohno! 

isArri...  va  avanti!  ».  Coi  muli  ci  vuol 
pazienza!  Per  quello  che  S.  Giobbe  ne  aveva 
tanti  in  tempo  di  sue  ricchezze!  <t  Arri... 
arrt  ».  E  il  mulo,  malvagio  fino  alia  scal- 
trezza,  davanti  a  un  ru.scello,  s'impenna. 
Non  vale  la  sferza,  non  vale  lo  sperone,  le 
grida,  i  movimenii  bruschi.  Con  le  orecchie 
floscie   dice   al   cavaliere:   «  Discendi!  ».  E  il 


'68 


paziente  missionario,  disceiide.  «  Arri... 
(irri  i>.  Inutilf ,  ptrfettaniente  inutile.  Tra  le 
iik'L'  luminose  siiggeritc  dall'esperienza  al 
missiouiirio,  ci  sarebbe  quella  della  paglia 
ardeute  sotto  la  paiicia  dell'animale;  ma... 
il  pjricolo  e  evidente.  Ouindi?...  —  Vediamo 
.se  toglicudoj'liIa.S(.-llasi  decide  amuoversi.  — 
Detto  fatto!  A])peua  la  be.stia  si  da  conto 
clie  il  groppoue  c  libero,  fa  un  salto  e  a  corsa 
sfreiiata,  via  per  I'impen'ia  strada.  Ve  lo 
immaginate  il  missionario?  Sporte,  bisacce 
e  sella  al  suolo  e  il  mulo  avaiiti  a  se  per 
alcuue  ceiitiuaia  di  metri!  Che  fare?  II  pove- 
retto  diventa...  mulo  e  carioandosi  quel  po' 
po'  di  roba  affretta  il  passo  per  veder  se 
raggivmgera    I'aniniale    bizzoso... 


Per  giungere  a  Gualaquiza,  v'e  un  tratlo 
di  strada  cosi  fangoso  che  le  bestie  vi  si 
affoudano  improvvisaniente  fino  a  mezza 
pancia.  Al  nostro  eroe  tocco  viaggiare  senza 
avventure  per  tre  giomi;  senonchc,  stando 
per  coronare  il  suo  viaggio,  in  questo  terri- 
iiile  pantano  gli  tocco  I'inaspettato.  La  mula, 
mansueta  e  cosciente,  devio  il  maggior 
pericolo,  ma  condusse  il  cavaliere  tra  niille 
.sterol  e  alberi  caduti.  Dire  di  smontare  in 
ijuel  luogo  e  uu  pretendere  I'impossibile. 
II  missionario  raccomandandosi  alia  Ma- 
donna, s'afferra  a  uno  de'  pali  caduti  per 
aiutarsi  a  passare  montato,  sotto  quel... 
ponte  di  Pilato.  Ma  oliime!  La  mula  s'af- 
fonda  e  il  cavaliere  resta  sospeso  aU'albero, 
mentre  la  bestia,  agilmente,  e.sce  sola,  con 
un  salto,  dall'altra  parte.  E  il  nostro  eroe? 
Strilla,  grida,  trema  di  doversi  lasciar  caderc 
in  quel  fango.  Ma  non  c'e  via  di  mezzo. 
II  colpo  e  fatto!  Un  poco  di  presenza  di 
spirito,  di  coraggio  e  di  forza.  11  moniento 
anclie  urge  per  non  perdere  la  cavalcatura. 
E  inzaccherato  fino  alia  chierica,  con  sforzi 
inanditi,  il  povcretto  raggiunge  la  mula. 
Dfo  Gratias!  Fa  per  montare,  ma  s'accorge 
che  una  Scarpa  non  I'ha  piii!  Dove  sara 
rimasta?  Mistero!  In  cpieiransia,  in  quegli 
sforzi,  chi  si  sarebbe  reso  conto  che  una 
calzatura  esce  dalla  sua  matrice  senza  tanti 
avvisi'  Che  fare?  Seguitare  il  cammino  con 
un  solo  cotunio.  L'altro  e  impossibile  rin- 
venirlo  in  quel  terribile  fangalel  E  le  sor- 
prese,  le  peripezie,  le  trovate  si  susseguono, 
si  moltiplicano  facendo,  quando  meno, 
sorridere   anche    il   povero   paziente. 

Ricordo  che  in  un  viaggio,  assai  numeroso 
di  persone  e  avventure,  quando  verso  le 
undid  di  notte  crollo  un  tetto  in  cima  ai 
portatori  nostri  e  tra  essi  donnivano  anche 
due  confratelli  coadiutori,  correndo  al  soc- 
corso,  odo  uno  dei  due  gridare  il  mio  nonie 


a  squarciagola  e  aggiungere:  —  Sto  ammaz- 
zato,  Don  Vigna  (sic!),  sto  ammazzato!  — 
Ditemi:  Ci  avreste  creduto  voi?  lo  no;  tant'fe 
vero  che  dopo  poclii  istasrti,  liberato  dai 
rottami,  anche  lui  rideva  con  noi  delle 
grida  dcH'altro  confratello,  che,  scntendosi 
fuor  di  pericolo,  si  preoccupava  per  la  inco- 
lumita  del  fido  cane,  custode  della  Mi.ssione. 


Dopo  una  gioniata  di  lavoro  ijrtenso,  il 
missionario  s'accinse  a  consumare  una  po- 
vera  mine.stra  di  fagiuoli  preparatagli  da  un 
suo  confratello.  II  gusto  era  tutt'altro  che 
squisito  e  il  colore  paonazzo  deponeva  male 
sulla  igienicita  del  cibo.  11  confratello  ciici- 
niere,  con  parole  piii  abbondanti  del  solito, 
intrattencva  il  missionario  affamato,  e  atten- 


Come   un    buon    papa    in    mezzo   ai   suoi    figliuoli... 

deva  I'inevitabile  es]3losione  che  scoppio 
ciuando  tra  i  fagiuoli  usci  dal  piatto  sul 
cucchiaio  una  cosa  negra,  piu  grande  del 
fagiuolo.  Comprese  che  sotto  ci  doveva  es- 
sere  qualche  cosa,  ma  .solo  assai  pivi  tardi  la 
venne  a  conoscere.  II  cuciniere  accingendosi 
a  far  la  cena,  aveva  attaccato  la  pentola 
ad  un  paletto  assai  delicato,  che  dopo  un 
poco  di  fuoco  cedette:  il  tutto  cadde  rove- 
.sciandosi  nel  bracere.  Che  fare?  In  dispensa 
non  c'era  altro  che  quella  manata  di  fagiuoli: 
o  star  senza  cena  o  raccogliere  quelli  che 
erano  andati  sparsi.  Ma  non  c'era  piii  tempo 
ne  per  lavare  i  fagiuoli  ne  per  estrarre  i 
corpi  estranei  dalla  zuppa.  II  peggio  fu  che 
tra  i  corpi  eterogenei,  qualcheduno  apparte- 
neva  al  genera  aninialef... 

Sac.  Giov.  M.  Vigna. 

Missionario  Salesiano. 


1 6g 


Efnografi'a 
Siamese 

4- 

Varieta 
di    popoli    nella 
nuova  Missione 
-  -  Salesiana  -  - 


Un    gruppo   di  tipl   siamesi. 

Baiifyous.   .:-   giugno    1931. 

Ora  che  la  S.  Sede  con  receute  decreto,  lia 
ufficialmente  istituita  la  Nuova  Missioue  Cat- 
tolica  di  Rajaburi,  staccandoue  una  parte  dal 
Vicariate  Apostolico  di  Bangkok  ed  un'altra 
da  quelle  di  Malacca,  e  I'ha  affiilata  ai  Salesiani, 
non  Sara  cosa  sgradita  dare  un'idea  delle  sva- 
riate  popolazioni  tra  le  quali  i  figli  di  D.  Bosco 
hanno  cominciato  ad  esercitare  il  loro.aposto- 
lato.  E  risaputo  come  I'lndocina  sia  un  mo- 
saico  di  popoli  che  a  ondate  diverse  si  urtarono, 
si  spinsero,  si  fusero  od  anche  vissero  fianco  a 
fiance,  conservando  le  lore  caratteristiche  etni- 
che,  linguistiche,  raorali-religiosc.  I  libri  che 
trattano  dell'etnografia  Siamese,  pur  dividendo 
in  sette  grandi  gruppi  priucipali  I'attuale  po- 
polazione,  devono  in  realta  dcscrivere  una  tren- 
tina  almeno  di  tipi  different!  di  cui  sarebbe 
troppo  lunge  il  dire. 

Mi  limitero  ad  un  cenno  sulle  razze,  o  meglio 
tribii,  che  vivono  nella  stretta  ma  lunghissima 
penisola  malese.  E  per  essere  un  po'  ordinati 
cominciame  dal  Sud,  cioe  dai  confini  della 
Malcsia  inglese  per  finirc  oltre  Rajaburi  a 
80  km.  da  Bangkok. 

/  Semang. 

Per  i  primi  trovianio  i  Semang,  tribu  di- 
scendcnti  dai  «  Negritos  »  i  quali  una  volta 
abitarono  tutta  I'lndocina  ed  ora  son  confinati 
nelle  I'ilippinc,  nclle  Andam.me  ed  altrc  isole 
della  Male.sia.  Questa  tribii  abita  le  montagne 
di  I'altani  e  di  Naklion  Sritamarat.  Molti  di 
essi  .si  .son  un  po'  addomesticati  e  lavorano  nei 
villagai  malesi  vicini  in  cambio  di  un  po'  di 
nutriniento,  ma  i  piu  preferisceno  la  vita  er- 
rantc  e  sclvaggia  nelle  forestc.  Tipi  dal  color 
cscuro-cioccolattc,  .sono  di  statura  assai  piccoli 
raggiungende  Tuemo  in.  i,i  e  la  donna  anche 
meno.    Portau    capclli    corti,    lano.si    e    ricciuti. 


Gli  uomini  usano  cingere  i  reni  con  una  specie 
di  tessuto  ricavato  da  corteccie  di  piante  e  le 
donne  portauo  una  corta  gonna  fatta  d'erbe  e 
di  fibre  vegetali.  Non  hanno  case  stabili  ma 
semphci  ricoveri  fatti  con  rami,  non  conoscono 
celtivazieni  di  sorta  e  si  cibano  di  frutta.  L,e 
lore  armi  principal!  sono  la  cerbottana,  I'arco 
con  frecce  ed  una  lancia  di  bambu.  Le  frecce 
sono  spesso  avvelenate  perche  vengono  intinte 
nel  succo  deU'iiftds  (antiaris  toxicaria),  od  anche 
immerse  nel  succo  ricavato  dalla  raschiatura 
d'un'altra    pianta    centenente    della    stricnina. 

M.alesi. 

Al  gruppo  «  austro-nesiano  »  appartengono  i 
Malesi  dei  quali  almeno  400.000  vivono  nel 
Siam,   .specie    nel   Sud.    II   tipo   malese   e   state 


Uiie    monelh    ticilj    loiesta   ...  addomesticabili. 


172 


proviucia  di  Kanburi  vi  sono  molti  villaggi 
vivcnti  in  parte  ancora  a  sc,  essendo  stati  ivi 
trasportati  come  prigionicri  di  gucrra;  essi  in 
parte  ..hanno  adottato  tisi  c  costumi  dei  vicini 
siamcsr  Tassando  a  parlare  dci  Camhoi^csi  si 
crede  che  iiel  Siam  cc  lie  siano  almeno  go.ooo. 
Discesi  dal  Nord  o  nicglio  dal  Vuniian  prima 
dci  Thai  per  le  vallate  del  Sahvin  e  del  Mcnam, 
fondarimn  neirattuale  paesc  deU'elcfantc  bianco 
jiareechie  sigiioric  chc  furono  poi  spinte  nel- 
I'attuale  Cambogia  ove  raggiunsero  uu  alt« 
grado  di  civilta.  Monumeiito  pcrcnue  sono  le 
nivinc  di  An^l/nr,  capitale  del  loro  regno.  Un 
niodello  in  piccolo  del  famoso  palazzo  imperiale 
dci  Re  Knien  e  stato  riprodotto  nella  esposi- 
zione  coloniale  francesc  a  Parigi,  ove  ha  susci- 
tato  meraviglia  e  stupore  nci  visitatori,  per 
I'iraponenza  delle  sne  dimensioni  ben  armoniz- 
zate  da  un  senso  artistico  uon  comune.  Pur 
esseudo  pill  piccoli  di  statura  dei  siamesi,  as- 
somigliano  loro  in  tutto  e  son  numerosi  nei 
dintorni  di   Bangkok. 

Coniunita  rilevanti  si  trovano  nella  prov.  di 
Kanburi,  lungo  le  rive  dei  fiumi  Que  lai  e 
Que  Noi.  La  loro  presenza  si  spiega  ricordando 
che  sono  pure  disceudenti  da  antichi  prigionieri 
di   guerra  ivi  trasportati   dai   vincitori  siamesi. 


Famiglia    rualesc. 


gia  descritto  nel  BoUettino  in  un  numero  dello 
scorso  anno  per  cui  non  e  il  caso  di  riocterci. 
Qui  aggiungeremo  che  i  malesi  sono  tutti 
maomettani,  e  pur  osservando  i  dogmi  della 
loro  religione  meno  schiettamente  delle  altre 
razze  islamitiche,  sono  attaccatissimi  a  Jlao- 
metto  e  difficilissinii  da  convertiro.  I,e  donne 
non  usano  velare  il  volto.  Nel  Siam  i  malesi 
coltivano  il  riso,  sono  ottimi  pescatori  e  bravi 
navigatori:  anzi  un  secolo  fa  furono  celebri 
pirati  chc  dettero  filo  da  torcere  alia  marina 
iuglese  all'epoca  della  conquista  raalese  da 
parte  dell'Inghilterra.  Sulle  coste  occidentali 
abita  una  tribu  che  vive  abitualmente  in  bat- 
telli  e  solo  eccezionalmente  scende  ad  abitare 
ricoveri  di  foglie  costruiti  rozzamente  suUa 
spiaggia.  Si  chiama  Chaonam  ed  appartiene 
alia  razza  austronesiana. 


Salcai,   Kamuk,    Camhogesi. 

Al  grande  gruppo  «  Mou  o  Peguano-Kmen  » 
apparteugono  i  Sakai.  abitanti  le  provincie  del 
Sud,  che  non  difleriscono  troppo  dai  Semang: 
sola  caratteristica,  portano  infisso  nel  setto 
nasale  uuo  spiedo  lungo  da  20  a  22  cm.,  usano 
tatuarsi  e  dipingersi.  Conoscono  un  po'  d'agri- 
coltura  perche  nelle  radure  delle  foreste  colti- 
vano riso,  tapioca,  tabacco.  Le  loro  armi  sono 
I'arco  con  frecce  e  la  cerbottana.  Alio  stesso 
gruppo  appai'tengono  i  Kaiiiuk,  la  cui  sede  ori- 
ginaria  c  nel  Luaug-Probang,  principato  oggi 
sotto  il  protettorato  france.se,  provincia  Siamese 
o  meglio  tributaria  del  Siam  in  passato.  Nella 


Laoziano  suonatore   del    "Si=sO" 
chc   tienc   tra  le 


to   strano   strumento 


^73 


Laoziana   del   Nord. 


Annamifi,   Lawa. 

Ncl  Siain  vivouo  iiioiti  Annmniti  cri'stiani, 
discfiidenti  da  antii-lii  i-ristiaiii  che  durante  la 
persecuzionc  furouo  costrctti,  iiti  secolo  e  pii! 
fa,   ad   cmiKrari;   iicH'ospitale   Siam.    ICtii<)>;rafi- 


camcutc  alcuiii  li  asscguaiio  al  gruppo  *  Mon- 
Kraer  »,  perche  molte  parole  anuamite  sono 
aft'ini  a  questa  lingua,  ma  i  pareri  sono  discord! . 
Lungo  la  penisola  si  sono  confusi  coi  siame.«i: 
sono  invece  nunierosi  nelle  proviucie  dell'Est, 
pill  vicini  a  casa  loro'  essi  sono  specializzati 
ncUa   confezione   di   stuoie   assai   ricercate. 

Scmpre  nella  prov.  di  Kanburi,  appartencnti 
al  gruppo  « tibeto-1)irmano  »  abitano  i  Lawa 
clif  hauno  quasi  perduto  la  loro  personalita  con- 
fondendosi   coi   vicini. 

A  questo  stesso  gruppo  tibeto-birmauo  ap- 
partengono  i  Thai,  da  cui  discendono  i  sianiesi. 
Loro  paese  d'origine  fu  probabilmeute  il  Sud- 
Ovest  dcUa  Ciua,  I'Vunnan,  poiche  anchc  oggi 
lassii  pareccliie  tribi'i  parlano  la  lingua  thai. 

Popolazioni  thai  si  trovano  nel  lontano 
Oriente,  nel  Tonkino,  nell'isola  di  Hainanu 
come  nell'estremo  Occidente,  nell'Assam  rap- 
prcsentati  dagli  Ahom  chc  furono  completa- 
niente  assorbiti,  ma  il  linguaggio  caratteristico 
del  thai  fu  cgnservato  dalla  ca.sta  sacerdotale; 
ahueno  cost  si  crede.  (Se  ai  miei  confratelli 
dell'Assam  fosse  dato  di  verificare  questa  ipo- 
tcsi,   sarei   loro   grato   di   un   cenno). 

Parecchi  etnotogi  dicono  esscr  di  razza  thai 
anche  i  cantonesi  benche  si  siano  conipletamente, 
passatcnii  la  parola,  cinesizzati.  Si  dice  ancora 
che  ini  Siamese  di  Bangkok  ha  poca  difficolta 
a  farsi  capire  dagli  abitanti  dcU'alta  valle  del 
lang-tze-Kiang.  I  siatnesi  moderui  discendenti 
dai  thai  formano  la  razza  dominante  che  prese 
molto  dai  Mon-Kmer,  ma  piu  assai  si  mescolo 
coi  cinesi  dandoci  I'attuale  siame.se  di  Bangkok. 

Altra  popolazione  numerosa  o  sparsa  uu  po' 
ovunque   sono   i   laoziani. 

Laoziani.    Sam-sam,    Cariani, 

Differiscono  di  ben  poco  dai  siauiese  cui 
sono  aflini  per  fattezze  e.sterne  e  per  costunii.  Si 
distinguono  ill  Lanziaiji  del  nord  e  Laoziani 
diii'esl:  i  primi  son  anche  denoiuinali  laoziani 
dai  ventre  nero  perche  nsano  latuarsi  minii- 
ziosamente  dalla  cintola  a  meta  coscia,  il  che 
lion  e  nelle  abitudini  degli  altri  detti  per  con- 
trasto  i  ventri  bianchi.  Benche  il  tatuaggio  nel 
.'^iam  sia  abbastauza  in  voga,  pure  via.ggiando 
accade  d'imbattersi  .spesso  in  individui  tatuati 
cosi  come  ho  detto  e  .si  puo  esser  certi  che  '^oii 
(lei  ventri  iieri  o  laoziani  del  nord.  Pareccliie 
coiuunita  degli  iini  e  degli  altri  .son  sparsi  nel 
Siam  meridionale,  nei  distretti  di  Rajaburi  e 
I'eteluiburi:  usano  i  costumi  sianiesi:  le  doune 
aiiiano  i  vestiti  colorati  '■  portaiio  capelli  lun- 
glii. 

.Altra  picc<jla  Iriln'i  viveiite  nelle  coste  occi- 
deiitali  e  quella  dei  Satn-Sam  che  tendono  ad 
esserc  assorbiti  dai  sianiesi. 

-Ad  nn  gruppo  inclassificato  apparten.gono  i 
Cariani  ancora  luimero.si  nel  Nord  e  nei  din- 
torni  di  Petchabnri:  alcuni  di  e.s.si  .sono  cristiani 
o  facili  a  convertire.  Rcstercblie  a  dire  qualclie 
cosa  dei  cinesi...  ma  quesli  .sono  gia  trop]io 
conosciuti. 

(tiovera  pero  notare  che,  dopo  i  siame.si,  sono 
i  pill  nunierosi.  Ben  acclimatati,  i  cinesi  si  trovan 


v-/ 


da  tempo  iiel  Siaiii:  furono  i  prinii  a  coiioscere 
cil  a  sfruttarc  Ic  miniere  di  stagno  di  cui  e  ricca 
la  ]).'ni.sola:  f'.nidarono  citta  come  Songkhla 
miniita  di  mura  c  torri  prcttaiiieiite  cintsi: 
moltt-  fortune  oggi  soiio  in  niano  loro;  coltivano 
il  riso,  taljacco,  hanno  piantagioni  di  cavicciii 
e  dissodano  senipre  nuovi  tcrreni.  Cos'i  e  in 
niano  loro  il  commcrcio  del  riso,   I   molini.  c  Ic 


industries  in  gencrc.  Iv  I'emigrazionc  dalla  Cina 
dclla  popolazione  pacifica  clic  fuggc  la  rivolu- 
zione  continna  con  un  crescendo  die  preoccupa. 
Sara  un  vantaggio  pel  Siara?  II  Siamese  si  al- 
larma   e   ne   dubita. 


IJ. 


C.USKI'l'E    PlNAKFO 

Miss.  Salesiano. 


DALLE  RIVISTE  MIS5I0NAR1E 


UNISOLA  SINCOLARE 

Non  cercatela  ncppure  s'.iU'Allante:  non  la 
troverete  perche  per  la  sua  piccolezza  non  e 
segnata.  t5  I'isola  «  del  Re  »  o  King  Island  al- 
I'imboccatura  dello  strctto  di  Bering.  Sentite 
la  storia  magnifica  che  ne  traccia  era  El  Sigh 
de  las  Misioni-s. 

Nel  1903,  quando  ancora  nessun  missionario 
vi  era  approdato,  tre  indiani  ilell'isola  si  pre- 
sentarono  al  P.  Bellarmino  Lafortune  in  Nome 
mentre  recitava  il  Breviario  e  senza  cerimonie 
gli  dissero  die  avevano  sentito  parlare  di  lui 
e  delle  belle  cose  die  egli  predicava;  die  se 
avessc  voluto  aiidare  alia  loro  isola,  i  nunierosi 
Eschimesi  I'avrebbcro  accolto  con  tutto  I'af- 
fetto.  II  Padre  considero  queirinvito  come  una 
ispirazione  del  Signore  e  con  essi  parti  per  King 
Island,  un'isola  tutta  roccia  contro  la  quale 
s'infrangevano  spaventose  le  onde  nei  nioinenti 
della  tempesta. 

Appeua  giunto  il  Padre,  gli  Eschimesi  nii- 
sero  mano  a  fabbricargli  una  casa  in  cima  alle 
rocce  col  legname  che  la  iiiareggiata  aveva 
buttato  suUa  riva.  La  casa  riusci  solida  e  venue 
dotata  di  un  ampio  salone  capace  di  raccogliere 
i  200  isolani.  Vi  colloco  I'altare  dinanzi  al  quale 
ogni  giorno  gli  Eschimesi  si  raccoglievaiio  per 
pregare,   cantare  e  istruirsi  iiella  religione. 

II  missionario  trovo  un  cosi  docile  gregge  die 
rcsto  cola  per  ben  27  anni  ed  ebbe  la  fortuna 
fin  dal  primo  anno  di  battezzare  tuttc  quelle 
aniiiie  e  accrescere  in  esse  sempre  piii  la  dcli- 
catezza  del  vivere  cristiano. 

In  giuguo,  col  sopravvcuire  del  disgelo,  gli 
Eschimesi  caricavano  le  loro  canoe  dti  loro 
primitivi  prodotti  e  andavano  a  scambiarli  a 
Nome  con  coltelli,  spade,  fucili  ed  altri  oggetti 
necessari  al  loro  genere  di  vita.  II  Padre  in  quel 
mesi  si  metteva  pure  in  coniunicazione  col 
moudo  civile  dopo  un  isolamento  assoluto  di 
8  mesi.  Vu  giorno  il  capo  degli  isolani,  tornando 
da  Nome,  si  presento  al  inissionario  con  la  faccia 
tutta  insanguinata,  e  racconto  di  essere  stato 
assalito  da  ladri  che  lo  spogliarouo  di  tutto  e 
lo  conciarono  a  quel  modo. 

—  E  non  ti  sei  difeso?  —  domando  il  mis- 
sionario. 

—  Padre,  avrei  potuto  facilmeute  amxnaz- 
zare  qualcuno,  ma  non  voUi  mandarlo  all'in- 
ferno.  lo  poi  era  meglio  disposto  di  loro  a  pre- 
sentarnii  a  Dio. 

Ouesto  solo   episodio   da   un'idea   della   virtu 


cristiana  di  quegli  eschimesi,  che  il  P.  Lafor- 
tune loda  dicendo  clie  parlavano  di  Dio,  del 
cielo,  meglio  di  lui  c  avevano  una  pieta  sentita 
e  commovente. 

Ma  la  recente  tragedia  deU'arcoplauo  Mar- 
guette,  che  causo  la  iiiortc  al  missionario  del- 
risola  di  Kotzebue,  ebbe  una  ripercussione  do- 
lorosa a  King  Island.  II  superiore  ordino  al 
P.  Lafortune  di  passarc  ad  evangelizzare  Kol- 
zeliue  e  una  volta  all'anno  tornare  tra  i  suoi 
cari  eschimesi   di   King   Island. 

Quando  parti,  gli  isolani,  che  adoravano  il 
loro   missionario,   piangevano  inconsolabili. 

—  Non  piangete,  di.ssc  loro  il  mi.ssionario 
commosso,  vi  visitero  in  primavera  e  verra  a 
vivere  con  voi  un  giovine  Padre  che  ora  sta 
preparandosi  a  sostituirmi...  —  Non  pote  dir 
di  pill  perche  il  piauto  gli  sgorgo  convulso, 
mentre   i   reiiii   spiiigevano   la   barca   sui   flutti. 


Tipi    laoziani   del   Nord. 


V5 


NELLE  RETRO  VIE 


GIORNATA 
MISSIONARIA 

M  giomo  4  giugno, 
solennita  del  Corpus  Do- 
mini, a  Torino  iiel  Pa- 
tronato  Internazionalc 
delle  Giovani,  in  via 
Giulio  20,  si  e  celebrate 
una  gioniata  missiona- 
ria  in  omaggio  al  Beato 
Don  Bosco,  nel  secondo 
auniversario  del  la  sua 
beatificazione. 

La  festa  fu  onorata 
dalla  presenza  del  Rev. 
sig.  Don  Rinaldi  rettor 
maggiore,  da  S.   Eccel- 

lenza  Mons.  Guerra  arcivescovo  salesiino, 
dalle  Madri  Superiore  delle  Figlie  di  Maria 
Ausiliatrice.  Vi  intervennero  niolte  per- 
sonalita  cittadine,   tra   cui  il   dott.    Rocca, 


II    punto    piu   importantc   fu   la  conferenza    dc!    Prof.    Rev.    Don    Dalmasso... 


segretario  del  R.  Proweditore  agli  stndi; 
il  dott.  Don  Cesario  Borla,  ispettore  mu- 
nicipale  per  la  religione  nelle  scuole  della 
citta,  e  gli  anuninistratori  della  Casa.  II 
programuia  del  tratte- 
nimento  ispirato  a  squi- 
siti  seusi  di  arte  e  alti 
ideali  religi(«i  e  patriot- 
tici.  ebbe  un  brillante 
succes.so. 

II  punto  piu  impor- 
tante  fu  la  conferenza 
del  Prof.  Rev.  Don 
Dahuasso,  niis.sionario 
salesiano,  sul  tema: 
Undid  anni  di  vita 
missionaria  tiellaRepub- 
hlica  Cinese. 

Prcsentato  con  no- 
bilis.sime  parole  della 
prof.  M.  Stoppino,  ex- 
allieva  delle  Figlie  da 
Maria  Ausiliatrice,  I'o- 
ratorenella  dotta,  squi- 


-m'^m 


..  prcsentato   con   nobilissimc    parole   dalla    prof.   M.   Stoppino, 


/7^ 


Due   fasi   dclla    *  Giornata    missionaria  -    presc   daU'obicttivo.« 


'17 


sita  e  fervitia  sua  esposizione,  e  tiuscito 
a  dare  iin  quadro  interessantissinio  delle 
condizioni  dell'attuale  Citia  e  a  diinostrare 
nella  maiiiera  pin  efficace  quanto  e  quale 
sia  il  valore  dell'opera  civilizzatrice  del 
niissionario  e  come  essa  sia  ciuotidianamente 
acconipaunata  al  sacrificio,  bene  spesso 
anche  aU'eroismo. 

Nella  narrazione  del  martirio  subito  da 
Mons.  Versiglia  e  da  Don  Caravario,  fra- 
telH  carissinii  e  conipagni  di  niissione,  il 
Rev.  Don  Dalmasso  rinnova  la  viva  coni- 
mozione  die  il  fatto  doloroso  aveva  susci- 
tato  nel  iiiondo  cattolico  e  civile;  al  rac- 
conto  della  propria  cattura,  die  egli  dice 
con  semplicita  francescana,  il  pubblico  sente 
di  trovarsi  al  cospetto  di  un  eroe  e  animira 
'  la  sua  fortezza,  la  sua  virtu. 

Le  giovani  dell'Istituto  lianiio  dato  sag- 
gio  di  canti  patriottici  e  religiosi,  di  esercizi 
ginnici,  ritmici  e  coreografici:  il  tutto,  ese- 
guito  con  rara  precisione  ed  eleganza  arti- 
stica.  raccolse  vivissinii  applaiisi. 

Cliiuse  la  niagnifica  giomata,  la  parola 
patema  deU'amato  Superiore,  il  Rev.  Don 
Rinaldi,  espriraendo  tutta  la  sua  soddisfa- 
zione  per  I'esito  felice;  auspicando  alia 
gloria  sempre  niaggiore  di  Dio  e  della  nostra 
cara  Patria,  implorando  benedizioni  e  aiuti 
divini  per  I'intercessione  del  Beato  Don 
Bosco. 

Nei  locali  dell'Istituto  niedesimo  furono 
aniinirati  e  acquistati  bellissinii  oggetti  ci- 
Hesi,  e  graziosi  lavori  di  vario  genere  pre- 


parati  dalle  Suore  educatrici  e  dalle  giovani 
dell'Istituto  durante  le  ore  di  riposo;  tali 
lavori  sono  offerti  a  favore  delle  missioni. 
I/'anibiente.  saturo  d'entusiasmo  e  di  fede, 
ha  certamente  offerto  motive  a  quanti 
intervennero  alia  celebrazione  di  intendere 
I'alto  valore  spirituale  e  sociale  delle  mis- 
sioni e  il  dovere  di  cooperarvi  quanto  e 
possibile,  con  amore,  con  la  certezza  di 
compiere  atto  prezioso  nella  diffusione  del 
Regno  di  Dio  sulla  terra. 

Prof.  M.  Stoppino. 


Carissimn  «  Giovntit  missionaria  », 

i  soci  della  Conipagnia  del  SS.  Sacramento  ban 
raccolto  fra  loro  nella  festa  del  S.  Cuore,  e  ora 
mandano  a  te,  I'offerta  necessaria  perrhe  ven- 
8;ano  battezzati  due  piccoli  pagani:  uno  col 
nome  del  Re/tor  Magi;iore,  in  omaggio  per  il 
sue  giubileo  .sacerdotale  che  sta  per  incomin- 
ciare,  I'altro  col  nome  del  nostro  Direttore 
D.   Silvio  Savtini. 

Ti  ringraziamo  intanto  per  I'allegrezza  che 
ci  rechi  ogr.i  niese  con  le  tue  belle  notizie  mis- 
sionarie. 

Un  altr'anno  vogliamo  diffonderti  piu  ancora 
fra  i  nostri  conipagni. 

Accetta  pertanto  i  nostri  ringrazianienii  e 
auguri. 

S.  Benigno,  25  luglio   1931. 

Per  i  soci  della  Compagnia 
Ottone  Ai.ro. 


SUPERSTIZIONI  E  KITS  PAGANI 


IL  CULTO  DECLI  SPIRITI 
TRA  I  SHAN  DELLA  BIR MAN/A 

II  inissionario  P.  Manghisi  iuvia  alle  Missioni 
Caltoliche  di  Milano  una  relazione  sul  culto  che 
i  Shan  hanno  per  gli  spiriti. 

La  gente  si  rcca  al  kion  (pagoda)  per  le  sue 
prostrazioni  a  Budda  e  per  iiuplorare  le  grazie 
di  Dio:  nel  Itiun  essa  crede  di  adorare  Dio  die, 
secondo  la  loro  idea,  e  un  ICssere  superiore  e 
giudice  dcgli  uomini,  il  quale  per  niantenersi  in 
etcriio  niuore  e  rinasce.  Poi  cura  di  rendorsi 
propizi  gli  .spiriti:  e  di  questi  ce  n'e  un  nuniero 
infinito:  ogni  cosa  ha  il  siio  spirito  protettorc, 
la  casa,  le  acque,  i  canipi,  le  contrade,  i  monli, 
i  boschi  ecc. 

Malattie  e  morti  sono  dovutc  agli  .spiriti  offcsi 
da  qualche  colpa  c  nou  riparata  con  un  sacri- 
fizio. 

Se  debbono  fare  una  casa  nuova,  un  campo, 
una  risaia,  ecc.  prima  di  abitarla  o  durante  la 
■seniina  si  deve  offrire  un  sacrifizio  alio  spirito 
protettore,  cht  terniina  sempre  con  un  sa  (=:  ev- 
viva)  detto  dalla  gente  die  vi  a.s.siste.  Una  volta 


aU'anno  bLsogna  pensare  alio  .spirito  della  con- 
trada  durante  la  luna  piena  di  giugno:  si  rac- 
colgono  le  offerte  da  tutti  ,gli  individui,  .si  con'pra 
un  bel  maiale  o  un  bufalo  (prima  che  gli  Inslesi 
occupassero  la  regioue  Toft'erta  era  di...  tre  ver- 
ginelle!).  Al  giorno  stabilito  la  gente  si  raccodie 
nel  bosdictto  degli  spiriti  (un  boschctto  iiitoc- 
cabile)  dove  vieiie  uccisa  la  vittima  e  la  si  adagia 
su  una  panca  di  banibii  con  candelette  accese 
intorno,  mentre  i  presenti  urlano  il  ritiiale   sa. 

Jla  e  un  guaio  assai  .serio  quando  lo  spirito 
entra  in  un  uomo.  Alle  volte  gli  ainmalati  du- 
rante I'alta  febbrc  vaneggiando  dicono  che  il 
talc  o  il  talaltro  e  venuto  a  fargli  male.  Chi 
sente  ci  crede  e  il  povcro  incolpato  e  cacciato 
dal  villaggio,  e  respinto  dagli  altri,  e  condan- 
nato  a  vivcrc  colla  famiglia  nel  bo.sco. 

Alle  volte  succede  die  ad  un  povcracdo  vada 
in  fiannnc  la  casa  una  o  due  volte:  deve  andar 
via,  ha  lo  spirito  del  fuoco  die  ne.ssuno  puo  toUe- 
rarc.  'luai  a  non  rassegnarsi  al  destino!  Tutti  lo 
fuggirebbero,  anche  .se  fosse  il  capo  del  vil- 
laggio, e  impianterebbero  per  proprio  conto  un 
nuovo  villaggio. 


178 


Storia  di  25  anni  /a,   narrata  dal  missionario  D.   A.   Colbacchini. 

(CONTINUAZIONE). 


II  P:ulre  porto  qualche  cosa  pLT  tutti: 
fill),  tela,  aghi,  ami  ed  altre  cosette,  porto 
jiiire  (iei  graiidi  quadri,  dove  erano  dipinti 
demoni  ed  Angeli...  Ce  U  mostro  spiegan- 
doci.  come  meglio  jxiteva  qnali  erano  gli 
spirit!  cattivi  e  quali  i  buoni.  Ci  fece  rile- 
vare  specialmente  i  demoni,  tutti  neri, 
colle  ali  di  pipistrello,  le  coma,  le  un- 
ghie  di  tigre,  la  coda  di  scimmia,  i  dent)  da 
cane,  gli  occhi  da  civetta;  e  aggiunse  che  i 
demoni  erano  il  nostro  Bopc,  colui  che  cerca 
di  iugannare  gli  uomini,  e  far  lore  del  male, 
per  condurli  poi  tutti  nella  sua  dimora,  I'in- 
femo...  Poi  passo  ad  indicarci  gli  Angeli,  gli 
Spiriti  buoni,  tutti  biauclii,  belli,  allegri, 
splendenti  di  luce,  bianco  vestiti,  con  grandi 
ali;  e  ci  disse  che  essi  stavano  sempre  vi- 
ciiio  al  Grande  Spirito,  al  Signore  di  tutto 
e  di  tutti,  al  creatore  del  cielo  e  della  terra, 
e  che  voleva  bene  a  tutti  e  desiderava  che 
tutti  andassero  alia  sua  dimora  di  luce  e  di 
felicita. 

IMi  ricordo  che  noi,  a  bocca  aperta,  guar- 
davamo  stupefatti,  impressionati.  Poco  ca- 
pivamo,  e  vero,  di  cjueUo  che  il  Padre  ci  an- 
dava  spiegando;  pero  abbiamo  ben  compreso 
quanto  erano  brutti  e  cattivi  i  demoni,  i 
Bope  doge  e  come  era  vero  che  tutti  i  mali 
veugono  da  loro... 

Uke-wagiiu  non  si  stancava  di  mirare  gli 
AiigeU,  gli  Spiriti  buoni.  Pareva  che  col  suo 
sgiiardo  penetrante,  fisso  in  quelle  figure, 
volesse  cercare  di  distinguere  qualche  essere 
da  lui  visto  e  conosciuto.  Non  diceva  pa- 
rola;  solo  guardava,  guardava.  Poi  gli  vidi 
spuntare  due  grosse  lagrime  sul  ciglio:  vol- 
gendosi  a  me  disse; 

—  E  proprio  tutto  come  io  ho  vasto.  Fu- 


rono  gli  Spiriti  buoni  che  mi  vennero  a  tro- 
vare.  Sono  essi  quelli  che  io  ho  visto... 

II  Padre  allora  ritir6  quei  quadri  e  ri- 
tomo  portaudone  un  altro  e  ci  disse  nel  mo- 
strarcelo: 

—  Questa  e  la  (irande  Signora,  la  Grande 
Madre,  che  sta  lassu  (e  col  dito  in  alto  ci 
indica-\'a  il  cielo);  e  Colei  che  guarda  sempre 
a  noi  che  siamo  qui  su  questa  terra  e  tanto 
ci  ama...  ^  Uke-waguu,  al  vedere  quell'ini- 
magine,  impallidi,  poi  sorrise  mentre  le  la- 
grime  gli  cadevano  dagU  occhi.  Mi  disse  an- 
cora: 

—  ij  Essa;  e  la  Signora  che  io  vidi.  Os- 
serva  bene  come  mi  guarda,  mi  sorride... 
Non  vedi  come  mi  accompagna  col  suo 
sguardo,   cosi   beUa,   cosi  affettuosa? 

In  cosi  dire,  si  spostava  ora  a  destra,  ora 
a  sinistra.  II  Padre  capi  che  eravamo  incan- 
tati  nel  vedere  che  queU'iinniagine  ci  ac- 
compagnava  coll'occhio  ed  allora  anch'egli 
si  sposto  portandosi  piii  avanti  e  piil  m- 
dietro,  a  destra  e  a  sinistra,  e  fini  col  dirci 
che  osservassimo  bene:  sempre  la  Grande 
Signora  ci  guardava,  e  ci6  Essa  faceva  pure 
dal  cielo,  accompagnandoci  dovunque  col 
suo  sguardo. 

L 'impressioue  nostra  non  ebbe  limiti;  ci 
guardavamo  I'un  I'altro  senza  proferir  pa- 
rola,  e  ci  pareva  di  sognare. 

II  Padre  ci  porto  quindi  a  vedere  un 
grande  Crocifisso.  Siamo  rimasti  terroriz- 
zati  a  quella  vista,  ma  il  Padre  ci  spiego 
che  queUo  disteso  sulla  Croce  era  il  Signore 
Creatore  e  Padrone  di  tutte  le  cose:  che  era 
morto  per  noi,  per  liberarci  dall 'inferno,  per 
aprirci  le  porte  del  Paradiso,  per  toglierci 
dalla  scliiavitOi  del  demonio.  Ci  fece  ancora 


vedere  le  figure  degli  spiriti  cattivi  e  dei 
buoni,  ripetendoci  die  Gesu  era  morto  sulla 
Croce  perche  gli  spiriti  cattivi  non  ci  txa- 
volgessero  nella  loro  dimora  di  fuoco  e  di 
tormenti. 

Allora  si  capiva  poco  di  tiitto  cio,  nia  oggi 
coniprendo  perche  I'ho  iniparato  da  voi. 

II  Padre  ci  condusse  poi  nella  Cappella  e 
ci  disse  che  in  quel  luogo  tutti  i  giomi  egli 
parlava  al  Grande  Spirito  che  dal  cielo  scen- 
deva  nelle  sue  mani,  e  che  quando  il  Grande 
Spirito  era  con  lui,  lo  pregava  per  tutti  i 
Bororos,  aifinche  tutti  potessero  conoscerlo 
e  ascoltare  la  sua  parola  e  non  si  lasciassero 
piii  ingannare  da  Bope,  lo  spirito  cattivo... 

Ci  diede  da  mangiare  radici  di  mandioca 
dolce,  e  ci  disse  di  starcene  per  quel  gionio 
con  lui,  e  che  quella  notte  avremnio  dormito 
cola  perche  al  mattino  desiderava  che  assi- 
stessimo  al  momento  in  cui  avrebbe  parlato 
Col  Grande  Spirito.  Uke-waguu  accetto  su- 
bito  e  noi  tutti  ne  fummo  lieti  per  la  spe- 
ranza  di  poter  al  mattino,  prima  di  jsartire, 
ricevere  ancora  qualche  altra  cosetta  dal 
Padre. 

Per  la  prima  volta  abbiamo  passato  la 
notte  con  voi,  e  sotto  a  un  albero  vicino  alle 
vostre  caparme  abbiamo  tranquillamente 
dormito,  conviuti  oramai  che  eravate  buoni 
e  che  non  ci  tendevate  inganni.  Lungamente 
abbiamo  parlato  prima  di  riposarci.  Cia- 
scuno  voile  manifestare  la  sua  impressione: 
per  ultimo   Ukc-ivaguu  disse: 

—  Ricordate  quello  che  questa  mattma 
vi  dicevo?  Non  ho  potuto  dirvi  tutto  cio 
che  desideravo.  Ma  ora  avete  visto  voi,  e 
anche  senza  altre  mie  parole  vi  siete  con- 
vinti  che  questi  civUizzati  non  sono  come 
gU  altri;  che  sono  buoni.  Lo  Spirito  buono 
6  con  loro;  possiamo  e  dobbiamo  fidarci  di 
loro;  essi  non  ci  ingannano;  parlano  e  di- 
cono  solo  quello  che  il  loro  Grande  Spirito 
parla  e  dice;  teniamoli  come  nostri  amici  e 
nessuno  di  noi  pensi  e  osi  di  far  loro  alcun 
male.  Domani  ritomeremo  al  nostro  vil- 
laggio;  racconteremo  a  tutli  quello  che  ab- 
biam  visto  coi  nostri  propri  occhi,  e  quando 
cominceraimo  le  piogge,  tutti  verremo  qui, 


e  staremo  sicuri  presso  il  Padre.  Egli  I'ha 
detto:  Se  verremo  a  stare  qui  con  lui  e 
saremo  buoni,  nessuno  dei  civiUzzati  ci 
avrebbe  pivi  fatto  male.. 

Appeua  la  stella  mattutma  spunto  ad 
oriente,  il  Padre  ci  chianio  e  ci  disse: 

—  Venite;  io  vado  a  parlare  al  Grande  Spi- 
rito. Parlero  di  voi;  gli  diro  che  vi  aiuti,  vi 
protegga,  vi  faccia  divenire  buoni,  vi  iii- 
duca  tutti  a  venire  qui.  Gli  diro  che  tenga 
lontano  da  voi  tutti  il  Bope.  Venite,  osser- 
vate  tutto,  ma  non  parlate,  state  buoni  e 
zitti... 

Eravamo  tutti  nudi  come  6  nostro  co- 
stume. A  me  ed  a  Uke-waguu  fece  mettere 
la  camicia  e  i  calzoni  die  ci  aveva  regalato 
il  gionio  prima;  agli  altri  dono  tela  perche 
si  coprissero  ui  qualche  modo.  E  mentre  ci 
aiutava  a  vestirci,  ripeteva: 

—  II  Grande  Spirito  e  la  Grande  Signora 
non  vogliono  vedere  la  vostra  pelle  scoperta; 
i  loro  occhi  sono  soddisfatti  e  contenti 
quando  vi  vedono  vestiti...  Venite  dietro 
di  me... 

Entrammo  nella  capamia.  Egli  ci  fece  se- 
dere  sul  limitare  deUa  porta  della  cappella 
donde  potevamo  comodamente  veder  tutto. 
E  accompagnammo  ogni  cerimonia  colla 
massima  attenzione  e  curiosita;  mai  ave- 
vanio  visto  siniUi  cose  e  pensando  che  ci 
trovavamo  duianzi  al  Grande  Spirito  e  che 
il  Padre  stava  parlando  con  I.ui,  siamo  ri- 
masti  senza  battere  palpebra  fino  alia  fine; 
e  solo  quando  egli  ci  fece  segno,  ci  alzammo 
per  uscire.  II  Padre  ci  diede  ancora  qualche 
cosa:  fazzoletti  rossi,  giaUi,  bianchi,  specchi, 
spiUi;  distribui  a  ciascuno  tabacco  e  farina 
di  mandioca  e  rapadura  (zucchero);  poi  ci 
disse  che  andassimo  pure  dai  nostri  e  ritor- 
nassirao  presto  iusieme  colle  iiostre  donne  e 
bambuii. 

Abbiamo  promesso  die  tra  due  o  tre  lune 
saremmo  ritomati.  II  Padre  rimase  a  lungo 
a  guardarci  mentre,  salutandolo,  noi  ci  era- 
vamo  gia   raessi   in   strada. 

Ciri-ckureu  ci  aspettava  al  guado  del 
fiume  Barreiro,  e  si  uiii  a  noi  senza  dir  nulla. 


{Continua). 


^  ^ 


Cin apptovazione ecclesiasllca.   -  D.  OOMENICO  GARNERI,  DIretloie-resiionsabile.  —Torino,  1931  -Tipogtafia  della  Soclela  Edlhlce Internazionale. 

~~-    iSo    -^ 


dtonactjetta 


UTILI  DA  RICORDARR 
Fra  gli  atti  della  Sacra  Peniteiizieria  Apo- 
stolica  troviamo  che  il  Santo  Padre  ha  beni- 
gnamente  concesso  I'indulgenza  di  300  giorni 
ai  fedeli  che  recitano  la  invocazione,  alle  con- 
suete  condizioui:  Regina  Apostolorum,  ora  pro 
nobis. 

H,  RE  DELL'URUNDI 
Mwambusta,  cosi  si  chiama,  si  e  sposato  a 
Kitega  (capitale  del  suo  stato)  con  Teresa 
Kanyonga  una  principessa  cattolica.  II  re  non 
bado  alle  opposizioni  pur  di  sposare  una  ra- 
gazza  ben  educata  e  religiosa:  e  ncl  giorno  delle 
no?ze  ha  giurato  di  non  inipedire  mai  ne  a  sua 
moglie,  nd  ai  suoi  figli  di  professare  la  religione 
cattolica. 

FRA  LEBBROSI 
Negli  ultimi  di  inarzo  e  morto  il  «  fratello  » 
Giuseppe  Dutton.  famoso  per  i  44  anni  spesi  in 
servizio  dei  lebbrosi  dell'isola  di  Molokai.  Non 
apparteneva  ad  alcuna  congrceazione  religiosa, 
era  un  seinplice  laico  consacratosi  all'assistenza 
dei  poveri  lebbrosi.  Lavoro  per  alcuni  raesi  con 
Padre  Daniiano  (luorto  nel  1886),  e  da  allora 
non  abbandono  piii  la  faraosa  isola. 

A  91  ANNI 
Nel  gennaio  scorso  a  Kodaikaual  (Trichino- 
poli)  e  niorta  Suor  Ignazia  Moore  a  91  anni. 
Per  67  auni  continui  ha  educato  ben  quattro 
generazioui  nella  civilta  cristiana,  lavorando 
con  tutta  I'iutensita  del  suo  animo  generoso 
alia  couversione  degli  infedeli. 

MODESTO  DESIDERIO  DI  UN 
MISSIONARIO 

II  P.  Guilloux  O.  M.  I.  missionario  sul  I<ago 
Pelican  (Canada)  cosi  ha  -scritto  al  Superiore: 

«  Ho  ricevuto  prima  di  andare  all'entrata  del 
Lago  Caribu  tutte  le  niie  provvigioni  per  que- 
st'anno.  Tutto  era  in  ordine  e  ve  ne  ringrazio. 
(>ggi  vorrei  domandarvi  un  altro  servizio,  rioe 
di  comperarnii  e  di  farmi  spedire  sei  assi  pial- 
lati  lunghi  dodici  piedi  e  larghi  dodici  poUici. 

»  Queste  tavole  sono  destinate  a  servirnii  di 
1>ara  quando  moriro,  cio  che  presto  o  tardi 
dovra  avvenire.  Spero  che  non  mi  biasimerete 
di  essere  almeno  tanto  previdente  quanto  i 
selvaggi  che  tengono  sempre  pronte  delle  ta- 
vole per  il  caso  di  morte.  Questo  servira  anche 
a  faniii  pensaYe  pin  seriameute  ilia  morte  ». 

Senza  commentil 


ONORANZF.  A  UN  MARTIRE  ANNAJIITA 
6  stato  inaugurate  a  Saigon  (Cina)  un  mo- 
numento  ilia  memoria  di  un  Sacerdote  anna- 
mita,  padre  Pietro  Dean-cohg-qui  c  di  un  laico, 
Le-van-Phung,  tutti  due  giustiziati  per  la  fede 
nel  1859  nell'Ihdocina  dall'iniperatore  Tu-dnc. 
II  monumento  e  stato  benedetto  dal  Vescovo 
Hergott  M.  E.  P.,  Vicario  Apostolico  di  Pnom- 
penh, alia  presenza  dei  nipoti  e  delle  nipoti 
dei  martiri. 

Durante  le  cerimonie,  che  sono  durate  due 
giorni,  e  stata  proiettata  una  pellirola  ciuema- 
tografica  riproducente  i  principali  eventi  della 
vita  dei  due  martiri,  che  sono  stati  beatilicati 
da   Papa  Pio  X  nel   1909. 

LE  POVERE  SCHIAVETTE  CINESI 
Un  ordine  del  Ministero  dell'Interno  cinese 
proibisce  di  tenere  delle  ragazze  come  schiave, 
pratica  che  e  ancora  in  vigore  in  molte  parli 
della  Cina.  II  Ministero  proibisce  pure  alle  fa- 
miglie  di  trattenere  presso  di  loro  le  nuore, 
quando  sono  ancora  bambine,  e  questo  per  niet- 
tere  fine  ai  cattivi  trattanienticui  sono  soggette. 

MORTO  DI  COLSrA 
Un  bravo  missionario,  giovanissimo,  P.  Fon- 
tana  del  P.  I.  M.  E.  che  aveva  cura  del  distretto 
di  Avanigadda  e  stato  colpito  il  23  marzo  di  co- 
Ura  a  Peddapalem.  Fattosi  trasportare  ad  Ava- 
nigadda e  spirato  santamente  da  zelante  mi- 
uistro  di  Dio.  Prcgate  il  Siguore  perche  rime- 
riti  col  cielo  I'anima  sua  e  mandi  all'ottinia 
congregazione  milauese  un  altro,  anzi  molti  altri 
missionari,  in  luogo  di  P.  Fontana. 

LA  CHIESA  CA'rrOLICA  IN  CINA 
Dalle  statistiche  pubblicate  dalla  Delegazione 
Apostolica  si  apprende  che  dal  luglio  1929  al 
giugno  1930  (anno  di  calamita  di  ogni  genere  per 
le  niissioni  cinesi)  il  nunicro  dei  cattoUci  segna 
un  piccolo  aumento  di  \T.TTi  nuovi  cri.stiani. 
In  totale  vi  sono  2.490.392  cattolici  nella  Cina: 
i  missionari  stranieri  2092;  i  sacerdoti  indigeni 
1446. 

CONGREGAZIONE  DELLO  SPIRITO  SANTO 
L'ultima  statistica  della  Congregazione  dello 
Spirilo  Santo  da  680  sacerdoti,  279  fratelli  con 
1245  suore  (appartenenti  anche  ad  altre  con- 
gregazioni)  impegnati  nelle  missioni  alle  dipen- 
deuze  della  Congregazione.  Ha  inoltre  9234  ca- 
techisti,  444.552  catecumeni,  157.727  allievi, 
231  ospedali  e  dispeusari,  162  orfanotrofi.  Belle 
cUre  che  indicano  una  magnifica  floridezzal 


(Dffcrtc  ^er  (e  Jitisstoni 


OFFERTB. 
Maria  Torello,   15. 

BATTESIMI. 
Cerruti  Giu«eppina  (Castagnole  Piem.)  pei 
nomi  Carlo,  Pio  e  Michele  a  tre  moretti  — 
Sr.  Carmela  Puricelli  pel  nome  Carmen  ad  un 
moretto  —  Bortolo  Battisti  (Foudo)  pel  nome 
Luigi  a  un  indiauo  —  <•  Sette  ainiche  » (Chieri) 
per  il  nome  Luigina  Marrone  a  una  cinesina. 

Rio  Negro  -  Brasii.e. 
Fanini  Elena  (Pautina  S.  Jlartiuo  B.  A.)  per 
il  nome  di  Allilio  —  Gregorio  Don  Michele 
(Ferrara)  pel  nome  Alvisi  Giuseppe  —  Mare- 
scotti  Ida  (Torino)  pel  nome  Ida  —  Baghino 
Agostino  (Cagliari)  pel  nome  Agostino  • —  Al- 
Uevi  Sarti  Oratorio  Salesiano  (Torino)  pel  nome 
Pieiro  —  Costa  Elvira  (Torino)  pel  nome  Elvira 

—  Mozzanica  Giuseppe  (Sorania  Lombardo) 
pei  nomi  Giuseppe,  Maria  —  Guenzani  Gina 
(Milano)  pel  nome  Giuseppe  —  Suor  Nasso 
(Jerago)  pel  nome  Giovanni  Bosco  —  Bustulo 
Regina  (S.  Gottardo)  pel  nome  Giovanni  — 
Beretta  Maddalcua  (S.  Margherita  Ligure)  pel 
nome  Giuseppe  Maria  —  Rodigliiero  Don  Rocco 
(Milano)  pei  nomi  Carlo,  Paola,  Espediio  — 
Codenotti  Don  Giovanni  per  Sneri  JIaddalena 
(Bagolino)  pel  nome  Maddalena  —  Picasso 
Davide  (Genova)  pel  nome  Davide  —  Colombo 
Don  Francesco  (Roma  -  S.  Maria  Liberatricc) 
pei  nomi  Spera  Annunziata,  Cainilli  Pieiro, 
Antonio,  Alessandro,  Maria  Elisabetla,  Vincenza 

—  Mortola  Angela  (S.  Lorenzo  della  Costa)  pel 
nome  Angela  Rosa  —  Maechi  Suor  Leontina 
(Termini  Imerese)  pel  nome  Antonio  —  Civinini 
Rita  (Prato  per  Seano)  pel  nome  Pasqiiale  — 
Xoc  >raria  (Turbigo)  pel  nome  Aldo  —  Scliiavini 
Isabella  (Milano)  pel  nome  Angelina  —  Agnelli 
Giuscppina  (Lesa)  pel  nome  Maria  Giuseppina 

—  Pardo  Graciela  (Santiago  Chili)  pel  nome 
Graciela  —  Porro  Faniiglia  (S.  Colombano  al 
I,ambro)  pel  nome  Giuseppe  Enrico  —  Colli 
Eugenia  Frauzonc  (Vigevano)  pel  nome  Maria 
Eugenia  —  Previtali  Duca  (Zanica)  pel  nome 
Giuseppe  —  Chiappori  Clotilde  (Ovada)  pei 
nomi  Clotilde,  Salute,  Fanny  —  McrcatcUi  Fran- 
cesca  (Brisighella)  pel  nome  Ginevro  —  Bon- 
fanti  Don  Mario  (CastcUo  S.  Lecco)  pel  nome 
Rosa  Maria  —  Direttrice  Asilo  S.  Caterina 
(Bergamo)   pel  nome   Giovanni. 

VICARIATO    EQUATORE. 

Rigono  Maria  (Asiago)  pel  nome  Antonio  — 
Gualdoni  Giovanni  (Turbigo)  pel  nome  Maria 
Giuseppe  —  Compagnia  San  Luigi  -  Istituto 
Salesiano  (Belluno)  pel  nome  Luigi  —  Romanin 
Maria  (Cordcnos)  pel  nome  Giovanni  —  Negri 
Rosalia  (Torino)  pel  nome  Giuseppe  Rosalia  — 
Francli  Teresa  (Qoz  -  Trento)  pel  nome  Sisivio 
—  Castigliani  Cantii  Caterina  (Busto  Arsizio} 
pel  nome  Maria  —  Merlo  Don  Guido  (Tolen- 
tino)  pei  nomi  Agostino,  Giovanni,  Alfredo  — 
Salera  Matilde  (Dazio)  pei  nomi  Giuscppina 
Matilde  —  I'egali  Francesca  (Verona)  pel  nome 
Maria  —  Rodighiero  Don  Rocco  (Milano)  pei 


ft^ 


nomi  Paola  Barbara  Giacinta,  Giuseppina, 
Giulto,  i^uigi,  ijiafnpiero,  Tcincrcdi  —  Alarcliio- 
ncschi  Giorgi  Maria  (Marina  di  Pisa)  pel  nome 
Mario  —  Istituto  Missionario  Mons.  Versiglia 
(Eagnolo)  pei  nomi  Margherita,  Lucia  —  N.  N. 
per  i  nomi  di  Margherita,  Pietro  —  Sella  Mar- 
gherita (Vinzaglio)  per  i  uomi  Margherita,  Gio- 
vanni —  Averono  Angela  di  Maiirizio  (Alice 
Castello)  pel  nome  Luigi  —  Molino  Rosa  (Asti) 
per  i  nomi  Alessandro,  Eugenia  Carla  —  N.  N. 
per  il  nome  di  Francesco  Luigi  —  Ressia  Olim- 
pia  (Pettincngo)  pel  nome  Ilario  —  Violantina 
Ccsarea  (Diano  Marina)  pei  nomi  Giovanni 
Battista,    Giuseppe. 

Congo. 
Civalleri  Coniugi  (Chiusa  Pesio)  pei  nomi 
Marianna,  Caterina  —  Salesiani  (Treviglio) 
pel  nome  Poletti  Lucio  —  Reale  Carlini  Rosa 
(Masone)  pel  nome  Carlini  Giovanni  —  Cappel- 
lotto  Maria  (Odezzo)  pel  nome  Teresa  Antoiiia 

—  Ferri  Manlriani  Carolina  (Borgo  S.  Lorcn;o 

-  Firenze)  pel  nome  Augusta  —  Crippa  Ersilia 
(Rcnate)  pel  nome  Giuseppe  —  Colombo  Bani- 
bina  (Seregno)  pel  nome  Giovanni  Domrnico  — 
Fasscra  I.uisa  (Belgirate)  pel  nome  Luigi  — 
Rossini  Angela  (Vigevano)  pel  nome  Giovanni 
Bosco  —  Marchesa  Bianca  Alnjerici  a  mezzo  Mar- 
coaldo  Don  Evaristo  (Macerata)  pel  nome 
Lucia  —  Magister  Don  Bernardo  (Brescia)  pel 
nome  Alba  —  Supcriora  Istituto  Vitl.  V.m.  Ill 
(Milano)  pel  nome  Melania  —  Direttrice  Asilo 
Suorc  Orsoline  (Venino)  pei  nomi  Giuseppe, 
Carlo  —  Pardo  Scarlata  Claudia  (Mazzarino) 
pei  nomi  Guido,  Clementina  —  Sormani  Don 
Gabriele  (Rocchetta)  pel  nome  Bianca  Marghe- 
rilii  —  Panieri  Cesira  ( Padova)  pel  nome  Giuseppe. 

.ted  in  n^^y 


^fuuuiii-uziuiic     ■■■ciisiicj 


Oiovcntii  (Dissionaria 


SOMMARIO:  H  ccntenai.„  ^.v.iu  Cliiesa  in  Corca.  =  Djlle  foreste  cquatoriane.  ■  Moda  Indlgena.  ■  Le  C03e 
del  •  Mishmi  >.  =  La  giornata  del  missionario.  =  .11  campanello  del  tnissiDnario.  •  Come  arrlvammo  a  L« 
Kafubu.    =    Dalle   Riviste   MiSvionaric.    =   Supsrstizioni    e    riti    pj^ani.     =     Rjcc-riti     ml5^lonsrl.    .    Uki-    W'oruu. 


^ 


V 


^ 


Let  tori, 
Lettriciy 


Col  mese  di  Ottobre  comlnciano  gli  abbonamer.ti  per  1  anno  1932.  Senza 
aspettare  11  ...  1"  gennaio,  rinnovate  fin  d'ora  il  vostro  abbonamento:  e  per 
questo  bastera  che  iriviate  il  vaglia  col  conto  corrente  accluso  e,  dopo  aver 
scritto  su,  il  vostro  Cognome,  Nome  e  indlrizzo,  vi  aggiungiate:  per  rin- 
novo  di  abbonamento.  Quclli  nuovi   che  desiderano  abbonarsi  potranno 

seguire  lo  stesso  metodo,  aggiungendo  solo:  per  abbonamento  nuovo. 
I  nuovi  debbono  essere  indotti  dai  vecchi:  e  siccome  questi  son  tutti  pro- 
pagandist! di  zelo,  non  mancheranno  di  in- 
durre  a  prender    I'abbonamento  quanti  piu  ■ 
e  possibile  e  fornir  loro  le  indicazioni  op- 
portune. 

Gli  abbonamenfi  si  ricevono  esclusivamenle 
presso  /'Amministrazione  di  "Gioventu 
Missionaria  -  Via  Cottolengo,  N.  32  - 
Torino  (109).  L'Amministrazione  poi  non 
risponde  in  alcun  modo  degli  abbonamenti 
non  peruenuii  ad  essa  direltamente. 


Anno  IX  -  Num.   10 


Pubblicazionc  mensile 


OUobre   1931    (IX) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


//  cenfenario  della  Chiesa  in  Corea. 


II  21  settembre  la  Chiesa  Cattolica  in 
Corea  celebrera,  coUa  festa  dei  Beati 
Martiri  Coreani  (martirizzati  nel  i<83g  e 
1846,  e  beatificati  nel  1925),  il  centenario 
dell'erezione  del  primo  Vicariato  Aposto- 
lico.  I  cinque  Ordinari  della  Corea  si  tro- 
veranno  in  quell'epoca  riuniti  nella  ca- 
pitale  vSeul  per  il  Sinodo  e  pel  pontificale: 
vi  assistera  pure  il  Delegate  Apostolico 
del  Giappone  Mons.  Edoardo  Mooney. 

Quando  fu  eretto  il  \'icariato  nel  1S31 
e  affidato  ai  Padri  della  Societa  delle 
Missioni  Estere  di  Parigi,  si  poteva  solo 
entrnre  in  Corea  segretamente  e  restarvi 
nascosti  e  travestiti,  percht  il  «  Regno 
lu'eniitico  »  diffidava  talniente  degli  stra- 
nieri,  che  condannava  a  morte  tutti  i 
coreani  che  uscivano  dal  paese  e  tutti 
gli  stranieri  che  vi  entravano.  A  questa 
legge  generale  non  vi  era  che  una  ecce- 
7.ione.  Una  volta  all'anno.  un  ambascia- 
tore  coreano,  col  suo  seguito,  andava  a 
Pechino  per  pagare  il  tributo  che  la  Corea 
do\-eva  all'Imperatore  della  Cina.  Al 
principio  del  secolo  XVII,  questi  amba- 
sciatori  coreani  vennero  a  contatto  coi 
Gesuiti  che  si  trovavano  alia  Corte  Ini- 
periale.  i  quali  regalarono  loro  dei  libri 
che   trattavano   di   scienze   naturali   e   di 


religione  cattolica.  Nel  1777,  alcuni  fa- 
mosi  sapienti  presero  con  se  alcuni  di 
quel  libri  suUa  religione  cattolica,  giunti 
dalla  Cina,  assieme  con  altri  libri,  e  si 
ritirarono  nella  solitudine  per  consacrarsi 
alio  studio  della  filosolia.  Essi  trovarono 
cosi  bella  la  dottrina  sulla  Prowidenza 
Divina,  sull'anima,  sulla  virtii  e  sul  vizio, 
contenuta  nei  libri  cattolici,  che  si  de- 
cisero  di  conformare  la  loro  morale  ai 
precetti  divini.  Uno  di  quegli  studiosi, 
Ni  Pyek  I,  aveva  un  intimo  amico, 
Ni  Sj'eng  Huni,  il  cui  padre  venne  nomi- 
nato  ambasciatore  in  Cina  per  I'anno  1783. 
Pyek  I  persuase  il  suo  aniico,  che  doveva 
accompagnare  il  padre  a  Pechino,  a  cer- 
care  di  mettersi  in  relazione  coi  missionari 
cattolici  e  studiare  la  loro  religione. 

Ni  Syeng  Huni  fece  quanto  gli  era 
stato  detto,  si  convinse  della  verita  della 
religione  cattolica,  ricevette  U  battesinio 
ed  il  nonie  di  Pietro  e  ritorno  in  Corea 
con  libri  ed  oggetti  religiosi  ed  un  grande 
zelo  per  la  conversione  dei  suoi  concitta- 
dini.  Tra  gli  altri  riusc:  ben  presto  a 
battezzare  Pyek  I  col  nonie  di  Giovanni 
Battista  ed  un  altro  letterato,  Kouen  II 
Sin,  col  nome  di  Francesco  .Saverio.  he 
conversioni  divennero  numerose. 


/Si 


II  Re  ne  fu  indignato  e  applico  ai 
cristiani  la  tortura:  Giovanni  apostato  e 
anche  Fietro  comincio  a  vacillare  sotto 
i  tormenti  atroci,  ma,  riacquistato  co- 
raggio,  riprese  I'antico  zelo;  anzi,  non  solo 
diffuse  il  cristianesimo,  ma  penso  a  fon- 
dare  in  Corea  mia  gerarchia,  come  quella 
che  aveva  visto  a  Peckino. 

I  cristiani  elessero  \'escovo  Francesco 
Saverio  Kouen,  e  sacerdoti  Ni  Pietro  ed 
alcuni  altri.  In  assoluta  buona  fede  essi 
cominciarono    a    predicare,    a    celebrare 


Vcnditore   ambulante   CDrcano. 

Messa  e  ad  amniinistrare  i  Sacramenti. 
Ma,  dopo  due  anni,  qualcuno  scoperse  nei 
loro  libri  un  passo  che  li  rese  dubbiosi 
suUe  loro  mansioni.  Cessarono  subito  dalle 
loro  funzioni  e  ne  scrissero  al  Vescovo  di 
Pechino,  il  (juale,  pur  lodando  il  loro  zelo, 
corrcsse  le  loro  false  idee.  I  coreani  si 
sottomisero  a  tutte  le  istruzioni  ricevute, 
ma  prcgarono  il  Vescovo  di  mandar  loro 
un  vero  sacerdote.  Nessuno  i)ote  allora 
essere  mandato;  ed  essi  continuarono  le 
conversioni  fine  a  raggiungere  il  nuniero 


di  quattromila  cristiani.  Era  la  prima 
volta  nella  storia  della  Chiesa  che  la  Fede 
veniva  diffusa  in  un  paese  dove  era  per- 
seguitata,  senza  alcuna  diretta  evangeliz- 
zazione,  e  vi  faceva  grandi  progressi. 

Nel  1795  un  sacerdote  cinese  entro  di 
nascosto  in  Corea,  ma  sospettato  dovette 
esercitare  il  ministero  mutando  continua- 
mente  residenza  per  sfuggire  all'arresto. 
Nel  1801  i  cristiani  erano  saliti  a  10  mila, 
ma  il  buon  Padre  cadde  nelle  mani  dei 
persecutori  e  fu  messo  a  morte  con  300 
cristiani. 

Per  30  anni  la  Chiesa  Coreana  rimase 
senza  sacerdoti;  ma  quei  fervorosi  cri- 
stiani scrissero  al  Papa  Pio  VII  e  a 
Leone  XII,  nel  1827,  chiedendo  un  Pa- 
store.  II  Papa  eresse  allora  il  Vicariato 
Apostolico  della  Corea  e  nel  1831  vi  no- 
mino  Vicario  Mons.  Bruguiere,  che  non 
pote  mai  entrare  in  Corea  e  mori  in  Cina. 

La  storia  dei  suoi  successor!  e  una  storia 
di  martiri  e  di  fatiche  inenarrabili.  II 
secondo  Vescovo  entro  in  Corea  nel  183S 
con  due  missionari  e  furono  martirizzati 
il  21  settembre  1839;  da  questa  data  fino 
al  1890  nessun  missionario  pote  avere 
residenza  permanente  nel  paese.  Vi  en- 
travano  di  nascosto,  evangelizzavano  di 
nascosto  finche  non  erano  scoperti  e  uc- 
cisi:  cosi  accadde  nel  1866  per  Mons.  Da- 
veluy  e  a  sette  missionari,  che  diedero  la 
vita  con  migliaia  di  cristiani.  Anche  nel 
1877  Mons.  Ridel  fu  con  un  missionario 
arrestato,  ma  fu  accompagnato  al  confine. 

L'attuale  venerando  Arcivescovo  di 
Seul,  Mons.  Gustavo  Mutel  entro  in  Corea 
nel  1880  con  un  altro  sacerdote  travestiti 
da   piagnoni  coreani. 

Nel  1882,  per  i  trattati  che  la  Corea 
stipulo  con  nazioni  Europee,  la  Chiesa 
comincio  a  godere  di  una  certa  liberta, 
che  ebbe  definitiva  coll'avvento  del  Pro- 
tettorato  del  1905  del  Giappone  suUa 
Corea.  Nel  191 1  fu  eretto  il  Vicariato 
Apostolico  di  Taikii,  nel  1920  quello  di 
Wonsan  e  nel  1927  fu  eretta  la  Prefettura 
di  Pengyang:  i  Cristiani  sono  oggi  110.72S, 
con  65  sacerdoti  indigeni,  169  suore  in- 
digene, e  6354  catecumeni. 

Bel  progresso,  malgrado  quattro  fu- 
ribonde  persecuzioni,  degno  di  esser  ce- 
lebrato  con  solennita  nella  ricorrenza 
centenaria. 


/S2 


DALLE   LONTANE   MISSIONI 


DALLE  FORESTE  EQUATORIANE 


Ero  cli  passaggio  nella  Missione  nostra  di 
Mendez..  II  carissimo  Padre  direttore  di 
quella,  usaiidomi  una  delle  tante  sue  finezze 
voile  onoramii  una  sera  con  concedermi  la 
soddisfazione  di  battezzare  tre  neofiti  kivari 
clie  da  tenifX)  aspettavano  con  ansia  il 
Santo  Battesinio.  Due  di  es5i,  approfittando 
della  presenza  deU'Ecc.mo  Mons.  Comin, 
Vic.  Ap.,  il  giomo  dopo  sarebbero  stati  am- 
messi  al  Santo  Banchetto.  Coinmosso,  mi 
accinsi  alia  sacra  cerimonia,  quando,  inter- 
rogando  uno  del  frugoli  die  avrebbe  a^oito 
la  fortuna  del  Santo  Battesinio,  come  si 
cliiainasse,  mi  sento  rispondere  con  tutta 
serieta:  Padre  Juan  Vigna.  Immaginate 
voi  la  scena?  Un  kivaretto  semivestito,  di 
forse  una  decina  d'anni,  davanti  al  sacer- 
dote  preparato  per  amministrare  il  Santo 
Battesimo,  che  con  siciirezza  che  non  am- 
metteva  ne  repliche  ne  correzioni  dice  che 
vuol  chiamarsi  nel  Santo  Battesimo  col 
nome  di  Padre  Giovanni  Vigna?  Ve  lo  pre- 
sento  il  mio  neofito  a  fianco  del  mio  Ecc.mo 
Monsignor  Vescovo,  contento  per  il  batte- 
simo rice^a^to.  Se  non  si  chiama  Padre  Gio- 
vanni, si  parta  il  nome  del  battezzatore,  e 
con  plena  soddisfazione.  E  andate  voi  a 
sostenere  che  la  mia  barba  non  fa  effetto! 
Vi  posso  assicurare  che  per  causa  di  essa  e 
successo  anche  a  me  di  ricevere,  dopo  una 
predica,  la  confessione  di  un  pentito  con- 
vertito  dalla...  mia  barba! 

Vi  ho  preseiitato  i  neo  battezzati  di 
Mendez  e  il  loro  Padre  e  Pastorc  iiell'atteg- 
giamento  di  insegnare  loro  e  ammannire  quel 
pane  di  verita  che  essi  domandano  con  avi- 
dita  e  che  il  loro  Vescovo  vorrebbe  poter 
amministrare  con  I'urgenza  del  caso  e  con 
quell'apparato  esteriore  per  cui  ne  rima- 
nessero  anche  conqnisi  esteriormente.  Po- 
vero   Padre  che  si  vede  le  ali  tarpate  per 


MACAS.    =   Mons.  Comin  prcsso  una  cipanna  kivara. 

niancaiiza  di  inezzi!  Deve  pennettersi  e'per- 
luettere  una  azione  ridotta  e  ristretta  a  un 
numero  perche...  le  forze  non  arrivano  piu 
in  la.  E  i  nostri  zelanti  missionari,  la  cui 
antifona  e  sempre  quella:  biondeggiano  le 
messi,  Monsignore;  e  urgente  la  raccoltui, 
gli  riservano,  per  quando  fa  la  sua  visita 
pastorale,  qualche  consolazione.  E  lui  sor- 
ride  tra  i  neofiti  di  Mendez,  come  tra  i 
cinque  neo-battezzati  di  Macas,  battezzati 
da  lui  ste.'^so. 


^Sj 


Ponte   I  Guayaquil »   sul   fiumc  Namanjosa. 
(Equatorc). 

Ma  quando  infinite  altre  grida  del  me- 
desimo  suo  ovile  s'innalzano  a  lui  perclie 
conceda  la  grazia  die  ad  altri  ha  concesso, 
il  suo  sorriso  si  vela  a  luestizia  e  mira  lon- 
tano  col  suo  sguardo  profondo  cercando  clii 
voglia  aiutarlo  e  compartire  con  lui  le  fa- 
tiche  dell'apostolato. 

Ricordo  un  gionio  che  con  lui  mi  recai 
a  una  residenza  prowisoria  del  nostro  Vi- 
cariato,  e  fu  attoniiato  da  niolti  birichini  che 
gli  facevaiio  festa:  «  Seavesshuo  personale... 
mezzi!  Come  mi  piange  il  cuore  a  dir  loro 
che  aspettmo!  »  e  cerc6  di  distrarsi,  di  pen- 
sare  ad  altre  cose,  una  di  quelle  molte  che 
affliggono  il  suo  cuore   gia  troppo  provato. 

Voglia  Gesii  buono  concedere  al  nostro 
Pastore  che  assista  al  trionfo  finale,  totale, 
all'entrata  in  massa  neH'ovUe  delle  sue  po- 
vere  pecorelle  ancora  cosi  lontane! 

Affrettateci  con'le  vostre  preghiere  questo 
momeiito  e  pregate  per  il  vostro  aff.nio 

Macas,  Pasqua  1031. 

.Sac.  Giovanni  M.  Vir,xA. 


MOD  A  INDIGENA 


Gli  nidi  del  Rio  Uapes  (Rio  Negro)  quando 
possono  lasciare  il  costume  adamitico  per 
vestirsi  all'Europea,  sono  felici.  Ci  tengono 
tutti  a  far  bella  figura.  I  vestiti  durano  anni 
ed  anni  perche  gli  indi  non  sogliono  indos- 
sarli  quando  lavorano  neUa  foresta  o  vanno 
a  caccia  o  alia  pesca. 

D.  Marchesi  regalo  un  giomo  ad  un  Tu- 
cano  im  panciotto  nero.  Era  naturale  che 
il  fortunate  indio  lo  indossasse  solo  nelle 
grandi  solennita.  II  giomo  di  Pasqua  lo  ve- 
demmo  in  chiesa  alia  messa  solenne:  vi  era 
entrato  quando  la  chiesa  era  gia  plena  e 
si  era  collocate  subito  dietro  gli  aUievi 
intemi.  Figuratevelo  senza  calzoni,  con 
giubba  bianca  e  su  questa  il  panciotto  nero. 
I  pochi  civiUzzati  non  potevano  trattenere 
le  risa,  ma  tutti  gli  altri  invidiavano  la 
tenuta  dell'mdio  e  in  cuor  loro  desideravano 
un  panciotto  nero  da  portare  sopra  la  giubba 
bianca. 

Usciti  di  chiesa  gli  mdi  lo  circondarono 


Giovane   guerriero  tucano. 


184 


per    amniirarlo    a    loro    a<^io.    Mi    accostai 
anch'io   al   crocchio  e   domaiidai  all'mdio; 

—  Perch^  sei  venuto  a  messa  senza  cal- 
zoni? 

—  Li  ho  lavati  e  non  sono  aiicora  asciutti. 

—  Sai?  11  panciotto  si  porta  sotto  la 
giubba  e  non  sopra. 

L'indio  scoppio  coi  present!  in  una  so- 
nora  risata  e  mi  risposc:  —  Se  lo  metto 
sotto  la  ginbba  non  si  vede  piii:  e  allora  e 
inutile  portarlo! 

T>.  Antonio  Giacone 
Missionario  Salesiano. 


Figlic   di   M.   A.   curano    ammalati    del    Rio    Negro. 


LE  CASE  DEI  "MISHMI' 


Le  ha  descritte  il  WiUiamson  nelle  rela- 
zioni  dei  suoiviaggi  (TheCeografical  lournal. 
Vol.  34,  p.  378):  «  Per  far  un  paese  bastano 
non  solo  poche  case,  ma  spesso  mia  sola.  Per 
esempio  il  paese  di  Tashalun  consisteva  di 
vma  casa  alia  quale  erano  aggiunte  alcune 
capanne  che  servivano  da  granai,  nascoste 
neUa  jungla.  La  ragione  si  trova  nel  fatto 
che  tutti  i  niembri  della  famiglia  colle  loro 
mogli  e  figli  rimangono  nella  casa  del  padre. 

Quando  mi  fermai  a  Pangiim  misurai  la 
casa  di  Dargesson  (im  capo  dei  Miosha-Mi- 
shmi);  era  Ivmga  82  m.  larga  6  m.;  conteneva 
12  stanze,  tre  delle  quali  avevano  due  foco- 
lari  per  ciascuna  e  Ic  altrc  uno  solo.  !Molte 


Due   giovani    madri    indiane. 


porte  si  aprivano  da  ima  parte,  mentre  dal- 
I'altra  vi  era  una  veranda  sulla  quale  pure 
ogni  stanza  aveva  mia  porta.  La  casa  s'in- 
nalzava  un  metro  circa  da  terra  ed  era 
costruita  da  travi  di  bambu  con  pareti  e  tetto 
di  pagUa. 

Ouando  interrogai  Dargesson  quanta  gente 
abitasse  la  sua  casa,  mi  rispose  che  I'avrebbe 
contata,  se  io  lo  desiderava.  Mi  prepare  un 
posto,  poi  si  sedette  vicino  ai  miei  piedi  e 
prendendo  una  lunga  camia  di  bambii,  co- 
mincio  il  censimento.  Comincio  dai  suoi  figli 
e  monnorando  il  nome  di  ciascuno  rompeva 
un  pezzo  della  canna  (14  pezzi);  poi  continuo 
colle  figlic  (9  pezzi);  quindi  colle  mogli  (6 
pezzi) .  A  qviesto  punto  mi  f  ece  osservare  che 
aveva  avuto  piu  mogli,  ma  non  gU  rimaneva- 
nochele  sei.  Altri  13  pezzi  rappresentavano 
gli  schiavi  e  10  le  schiave:  i  nipoti  non  si  erano 
ancora  affacciati  e  gia  eravamo  giunti  al 
numero  di  66.  Ouando  gli  feci  cenno  di  cjue- 
sti,  egh  continuo  I'enumerazione  delle  mogli 
dei  pgli,  13,  ma  poi  enrise  un  sospiro...  pre- 
pare un  po'  di  spazio  per  deporre  altri  pezzi 
e  comincio  a  noniinare  i  primi  13  che  vive- 
vano  con  lui.  Disse  poi,  arrestandosi.  che 
dovevano  essere  molti  di  piii,  ma  non  U  ri- 
cordava  piu,  e  sospese  di  contare  per  esau- 
rimento  nel  calcolo  mentale  dopo  di  essere 
arrivato  a  un  totale  di  79. 

Quando  si  trovano  piii  frateUi  sposati 
coUa  relativa  discendenza,  allora  e  facile 
capire  che  una  casa  prende  I'aspetto  di  un 
,  vero  viUaggio. 


^^5 


LA  GIORNATA  DEL  MISSIONARIO 


KRISHNAGAR  (INDIA) 


Giomata  pieiia  la  si  puo  dire  quella  del 
Missionario;  giudicatene  voi.  Una  parroc- 
chia  di  oltre  2000  cristiani,  disseniinati  in 
trenta  e  piu  villaggi,  da  visitare;  la  scuola 
da  dirigere;  litigi  da  sciogliere  tra  i  cristiani; 
muratori  ed  operai  per  la  fabbrica  del  Se- 
minarietto,  a  cui  badare.  Qui  bisognerebbe 
essere  a  fianco  di  ogni  uoino  clie  siinipiega, 
tanto  e  poca  la  loro  iniziativa.  Giomi  fa, 
al  magazzino:  « Ma  non  vedi  che  le  fonniche 
bianche  mangiauo  il  riso?  ».  Risposta  niolto 
fljmmatica  del  preposto  al  magazzino: 
«  Oil!  e  gia  un  mese  ».  Rimediare  all'incon- 
veniente  era  affare  di  cinque  minuti,  ma... 
io  non  avevo  dato  ordini,  II  mese  scorso  mi 
capita  tra  i  piedi  un  bel  mobile  di  cristiano. 
Mi  viene  a  cliiedere  niente  di  meno  di  vo- 
lergli  comperare  mi'automobile...  «  Biso- 
gnera  pagare  delle  tasse?  costera  molto  il 
trasporto?  ».  II  brav'uomo  s'immaginava 
gia  di  correre  sulla  sua  vettura.  Egli  puo 
procurarsene  una  con  cinque  rupie...  (una 
rupia  vale  circa  sette  lire  nostre).  Mi  mostra 
un  catalogo  pescato  chissa  dove.  Bisogne- 
rebbe aver  veduto  la  sua  faccia,  quando  gli 
feci  capire  che  quello  era  un  catalogo  di 
balocclii  per  bambi:ii.  Io  non  so  se  m'ha 
creduto. 

leri  a  mezzogiomo  toniai  da  una  escur- 
sione  di  due  giomi  nel  nostro  distretto. 
Essa  fu  rallegrata  da  qualche  incidente. 
Verso  le  tre  pom.  di  lunedi  io  mi  mettevo 
in  cammino.  Dovevo  arrivare  fino  a  Bir- 
nagar  a  cinque  leghe  di  qui.  Contavo  di 
giungervi  prima  di  notte.  Altroche!  II  mio 
sais  (palafreniere,  scudiero,  ci6  che  voi 
volete)  mi  doveva  accompagnare  col  suo 
cavallo;  i  miei  coolies,  con  letto  da  camp-), 
altare,  cucina,  erano  partiti  a  mezzogiomo. 
Dicendo  il  breviario  a  cavallo  (non  scanda- 
lizzatevi),  io  ero  andato  innanzi.  Dojio 
circa  mezz'ora  di  strada,  arriva  il  mio  sais, 
correndo  sulle  sue  gam  be.  «  E  il  cavallo?  ». 
Si  era  rotta  la  sella.  Poco  sicuro  della  strada 
e  avcndo  due  fiumi  da  passare,  io  non  po- 
tevo  proseguire  solo;  e  il  sais  mi  segui  a 
piedi  obbligandonii  al  passo  d'uomo.  A 
mezza  stracla,  erano  le  15  e  mezzo  e  il 
sole  tramontava,  apprendo  che  i  coolies 
sono  in  un  villaggio  vioino;  essi  non  ave- 
vano  capito  le  mie  istrnzioni.  lU-nedicendo 
la  lingua  Bjngalese,  ordino  loro  di  ri])ren- 
dersi  i  cariclii  e  di  ragginngermi  .1  Birnagar. 
Era  notte,  niente  luna:  io  non  distinguevo 


nulla  della  strada,  o  piuttosto  del  sentiero, 
e  scesi  da  cavallo.  E  che  sentiero!  Largo 
si  e  no  15  centimetri,  tra  due  risaie,  og:ii 
tanto  tagliato  per  lasciar  correre  I'acqua 
tra  una  risaia  e  I'altra.  Urtavo  contro  i 
sa.ssi,  scivolavo:  presto  fui  tutto  inzacche- 
rato  di  fango  e  spesso  dentro  I'acqua  fino 
al  ginocchio.  Faceva  anche  un  bel  freschetto 
ed  io  ero  vestito  leggermente.  « Coraggio, 
mi  dicevo,  appena  arrivato  ti  potrai  cam- 
biare  ed  avrai  le  coperte  ».  Erano  le  otto 
quando  giunsi  a  Bimagar.  L'acqua  faceva 
flic  flac  nelle  mie  scarpe.  Per  rasciugartni 
feci  accendere  un  bel  fuoco.  Sapete  voi  a 
che  ora  arrivarono  i  mie  coolies?  Alle  11... 
Stavo  coricandomi  beU'e  vestito  su  un  pu- 
gno  di  foglie  secche,  dopo  aver  cenato  alia 
nativa  con  un  po'  di  riso  bollito,  mangiato 
colle  mani,  (in  tutto  il  paese  non  si  trovo 
un  cucchiaio)  quando  giunsero  i  coolies. 
Triste  sera  seguita  da  una  beUa  mattina. 

Alle  sette  comuiciai  la  Messa,  dopo  aver 
ascoltato  una  cinquantina  di  confessioni. 
Feci  un'istruzione  e  distribui  35  Comunioni: 
dopo  Messa,  otto  Battesimi,  e  distribuzione 
di  zucchero  ai  bambini.  Da  Bimagar  mi 
recai  a  Bikulla  dove  arrival  alle  due  del 
dopo  pranzo.  Una  donnitina  mi  ristora 
alquanto.  Dopo,  tutta  la  gioventii  e  dal 
Padre.  Si  chiacchiera,  si  ride,  dico  qualche 
buona  parola.  Cosa  diavolo  viene  in  mente 
a  qualcuno,  mi  sfidano  all'arco...  Bisogno 
prenderlo  in  niano:  io  non  ci  tenevo,  ve 
I'accerto.  Tiro:  manco  un  fagiano  dorato, 
poi  ancora  manco  un  uccello  da  preda. 
Tanto  peggio  per  la  riputazione.  I<a  sera 
preghiere,  confessioni,  una  quarantina.  Di 
l)uon  niattino,  Messa,  ecc,  sei  Battesimi, 
un  matrimonio,  visita  ai  nuliti.  Ni  ovi 
inviti  di  visitare  il  tale  o  tal  altro  villaggio. 
Prometto  di  passare  presto  e  mi  incaiiniiino 
verso  casa.  Lascio  il  mio  sais,  pensaudo  di 
cavamiela  da  solo  al  flume.  Giuntovi  cercai 
un  guado,  avanzandomi  con  precauzione 
s  dla  sabbia  poco  resi.stente.  Ad  un  tratto 
il  cavallo  affonda,  si  dibatte,  affonda  di 
piii,  fin  .so]3ra  la  coda.  Ero  in  im  bell'im- 
iiroglio.  vSalto  di  groppa  e  guadagno  un  po' 
di  superficie  piii  solida:  sono  a  posto.  Anche 
Coco,  il  mio  destriero,  con  due  o  tre  vigorosi 
sforzi  si  scaglia  e  mi  raggiunge.  E  bravo 
anche  Coco.  A  casa  al  galojipo. 

EMME. 


■S6 


IL  CAMPA- 

NE.LLO  DEL 

MISSIO- 

NARIO 


SIAM    =    Mezzi    ordinarl 

di    trasporto    attraverso  la 

foresta. 


Da  qualclie  settiniana  abbiamo  fatto  lUi 
passo  avanti  iiella  civilta.  II  buoii  con- 
fratello  Depoiiti,  dopo  aver  oniato  la  statua 
della  Madoima  con  una  corona  di  lainpadine, 
voile  mettere  il  campanello  elettrico  alia 
porta  della  sala  d'aspetto. 

Dico  sala  d'aspetto.  Non  pensate  ad  una 
cosa  troppo  aristocratica.  E  un  corridoio 
al  pianterreno:  un  tavolo  die  ha  raggiunto 
I'eta  della  discrezione  da  pareccliie  decme 
di  anni;  una  sedia,  sempre  la  piii  sganghe- 
rata,  per  tumo,  prima  di  essere  messa  de- 
finitivaniente  fuori  use.  Ecco  tutto. 

II  cainpantllo  fu  vina  novita.  E  ognimo 
voile  provare  a  suonare  per  vedere...  quello 
che  succedeva.  Contate  voi  quante  volte 
sono  sceso  per  sentinni  fare  le  congratula- 
zioni  perclie  il  campanello  funzionava  bene. 

E  I'afEare  continua.  Per  fortuna  il  con- 
fratello  ha  avuto  la  buona  idea  di  mettere 
il  pulsante  abbastanza  alto,  cosi  non  tutti 
queUi  che  han  voglia  di  suonare  ci  arrivano! 

Ci  sono  qui  due  mila  cristiani  circa.  Prima 
che  tutti  gli  adulti  si  siano  tolta  la  voglia 
di  provare  (perche  qualcmjo,  vedendo  che 
I'affare  va  bene,  fa  anche  il  bis!)  anche 
quelli  che  ora  non  ci  arrivano  si  saran  fatti 
alti...  Ma  allora  non  ci  sard  piii  io! 


Pure,  al  mio  campanello  ho  preso  im  po' 
di  affezione,  perche  (dedotte  le  passeggiate 
inutili)  e  in  parte,  il  termometro  di  quel 
po'  di  bene  che  si  fa. 

Drinnnn 

—  Padre,  vuoi  questo  ragazzo? 

—  Ma  ce  ne  sono  gia  tanti  alia  chiesa! 


^  E   orfano   ed    h   da   battezzare 

—  Ma  dove  lo  metto?  Nel  cestino  delle 
pagnotte?   E  cosa  gli  do  a  mangiare? 

Poi  penso  che  quella  creatura  ha  un'a- 
nima  da  salvare,  che  in  Paradiso  c'e  posto 
per  tutti.  E  quella  sera  I'assistente  stringe 
ancora  una  volta   i  jaosti  in  refettorio. 

E  non  sara  I'ultinia! 


Drinmi 

—  Ccsa  desideri? 

Ed  il  buon  vecchio  sfascia  lentamente 
una  mano  gonfia  e  gia  in  cancrena. 

—  Ma   non   sono   io   il   medico! 

—  Ma  mi  han  detto  che  qui  c'e  uno  dal 
cuore  buono  che  fa  guarire  e  non  si  paga 
niente. 

—  Ma  adesso  il  Kliru  Mo  (medico)  non 
puo    venire. 

—  Perche? 

—  Perche  studia. 

—  Studia?  Ma  fallo  venire  qui,  studiera 
dopo. 

—  Non  si  puo. 

—  Perchfe? 

—  Perche  e  fuori  orario.  V>di  li  U  car- 
tello:   dalle  9.... 

—  Ma  io  non  so  leggere. 

—  Ecco,  abbi  pazienza,  buon  nonio, 
aspetta... 

—  Io  aspetto,  ma  la  mano  fa  tanto  male! 
E  il  Mo  dovette  interrcmpere  lo  studio 

per  nn 'opera  di  carita.  Medico  la  mano;  il 
vecchio  ringrazio  con  le  lacrime  agli  occhi. 
La  carita  dice  mai  di  no. 


187 


Quella  volta  non  finiva  piu  di  suonare. 
E  delle  grida  salivano  dal  fiume  a  pochi 
passi  di  distanza.  Corsi  giii.  Un  ragazzo 
venditore  aiubulante  (si  puo  cliiamare  cosi 
chi  cammina  in  barca?)  era  stato  travolto 
dalla  correiite.  Ma  prima  di  me  era  arrivato 
un  cristiano  che  salvd  il  naufrago.  Ed  era 
anche  accorso  Sanit,  im  fringuello  di  12  anni 
ricoverato    alia    Missione.     In    un    attimo 


Mi  guard6  meravigliato;  disse  nulla  e 
scappo.    Dopo  pochi  minuti  ricomparve: 

—  Signore,  disse,  neUa  barca  vi  era  anche 
una  tromba  che  avevo  comperato  a  capo- 
danno. 

Sorrisi  e  gli  pagai  anche  quella.  E  questa 
volta  sorrise  anche  lui. 

E  sorride  anche  quando,  di  tanto  in 
tanto,  passa  davanti  alia  Missione  e  mi  vede. 

GU  sorridera  un  giomo  la  grazia  conqui- 
standolo  a  Die?  Lo  spero. 


La  scuola  cattolica  di   Bang=nok=khueli  partecipa  alia  festa  del   Re  del   Siam. 


scorn  parve  nelle  onde  e  riusci  a  salvare  la 
barchetta. 

I/O  spavento  al  naufrago  pass6  presto, 
ma  queUo  che  non  tomd  furono  i  soldi  e 
la  poca  mercanzia  che  era  andata  in  bocca 
ai  pesci.  E  il  venditore  a  piangere  pensando 
che  sarebbero  state  altrettante  busse  tor- 
nando  a  casa. 

—  Quanto    denaro    avevi?    domandai. 

—  Undici  salang  (il  salang  vale  9  cen- 
tesimi). 

—  E  la  merce  quanto  valeva? 

—  Trenta  satang. 

Lo  accompagnai  in  camera  e  gli  pagai 
ogni  cosa. 


Drinn...  Un  colpo  di  campanello  timido. 
Sembrava   avesse   paura   di   essere   sentito. 

Scesi  e  trovai  Chut.  Un  giovanotto  di 
17  anni. 

• —  Padre,  disse  inchinandosi  in  confi- 
denza  e  perche  nessuno  lo  sentisse.  Padre, 
io  posso  ancora  fanni  prete? 

Restai  sbalordito.  IvO  conoscevo  da  pa- 
recchio,  ma  non  avrei  creduto. 

—  Farti   prete,   e   perchfe? 

—  Cosi,  per  fare...  non  so.  Per  fare 
quello  che  fai  tu. 

Pochi  gionii  dopo  Chitt  col  suo  fagottino 


/8S 


partiva  per  la  Missione  di  Dongkrabuang. 
Un  buou  clxierico  aggiungeva  al  suo  orario 
qualche  ora  di  ripctizione  a  C/iitt  che  ora 
e  eiitrato  in  prima  giiinasiale. 

Qualcuno  sorrise  vedeiidoci  accettare  dei 
semitiaristi  a  qiit-U'eta,  ma  chi  la  vinse  fu 
Chut,  perche  il  suo  esempio  fu  seguito  da 
im  altro  piii  vccchio  di  lui. 


Era  il  9  febbraio,  gionio  dopo  la  giornata 
pro  Clero  Indigcno,  ill  cui  si  fecero  speciali 
preghiete  perche  Iddio  conceda  al  Siam 
molti    sacerdoti. 

Suoua  il  cainpanello.  Scendo  e  trovo  una 
doima  con  un  ragazzo. 


—  Padre,  disse  con  tutta  semplicita  e 
seiiza  preamboli,  io  sono  vedova  ed  ho  due 
figli.  II  primo,  Sem,  ^  gia  in  Seminario.  II 
secondo  Japhet,  vuol  venire  anche  lui. 
Eccolo.  II  Signore  lo  cliiama  ed  io  glielo 
dono.  A  me  ed  aUe  due  sorelle  pensera  Iddio. 

Vi  confesso  che  quelle  parole  mi  comnios- 
sero.  Da  qualche  giomo  Japhet  studia 
I'alfabeto  latino  ed  io  invito  i  lettori  di 
Gioventit  Missionana  a  pregare  perche  per 
Sl'111  e  Japhet  si  aweri  la  benedizione  di 
N06:  che  abbiano  larga  eredita  di  tanti  e 
tanti  fighuoli  di  Dio. 

Bang  nok  khuek  (Siam),  febbraio  1931. 
Sac.  G.  Casetta 

Salesiano. 


SIAM   -  I  nostri  esploratori  della  Missione  diretti  al   campo   nella  foresta. 


PROVERBI  SIAMESI 


Quando  I'elefante  corre,  non  tentare  di 
fermarlo;  se  la  corrente  e  tmpetuosa,  non 
voter  tnettere  la  barca  per  traverse. 

Non  parlare  tanto  da  far  diventare  schiuma 
la   saliva. 

Se  ami  porterai  un  fuscello;  se  non  ami 
porter ai  una  trave. 

Chi  mangia  in  fretta  guarderd  la  comtnedia, 
chi  mangia  adagio  lava  le  tazze  e  le  scodelle. 

Un  filo  ed  un  ago,  se  si  sanno  usare,  ba- 
stano  per  vivere. 

Non  suonare  il  flauto  al  bufalo,  {far  cosa 
inutile). 

Le  ferite  delle  spine  e  della  scure  si  possono 
giiarire;  non  si  sanano  le  ferite  del  cuore. 


Prima  si  spends  poco  con  gran  fatica,  poi 
si  spende  molto  facilmente. 

Dove  si  troveranno  foglie  di  ninfa  per  co- 
prire  un  elefante?  {a  chi  pretende  lavoro 
superiore  alle  forze). 

Che  sangue  puoi  ricavare  dai  granchi  e 
che  ossa  dalle  zanzare? 

Un  capello  solo  pub  coprire  un  monte. 

Fuggire  la  tigre  per  cadere  in  bocca  al 
coccodrillo,    (dalla   padella    nella   brace). 

L'elefante  ha  quattro  gambe  e  pub  sdruc- 
ciolare;  il  dottore  pud  sbagliare. 

Cotto  si  pud  mangiare;  bruciato  i  gustoso, 
percM  i  cotto  due  volte,  {a  chi  i  incontenta- 
bile). 


189 


Seati'o 


'.^    ilinesc 


COME  ARRIVAMMO  A  LA  KAFUBU 


La  Kaftthu,  14  febbraio  1929. 

Per  la  prima  volta  invio  le  nostre  notizie 
•dal  niiovo  centre  in  cui  ci  troviamo  stabilite 
dal  27  geiinaio  p.  p.  Partinimo  da  Sakania 
alle  10  di  sera  lasciandovi  tre  sorelle,  con 
tre  piccoli  neri  intenii;  due  bimbe  e  il  caro 
Francescliino,  che  gia  donniva.  II  dolore 
della  separazione  non  fu  poco;  ma  i]  buon 
Dio  ci  faceva  sentire  in  fondo  al  cuore  una 
dolce  consolazione  nel  pensiero  che  quel 
sacrificio  ci  avrebbe  concesso  di  poter  esten- 
dere  il  nostro  campo  d'azione  e  di  apostolato, 
per  guadagnare  vm  maggior  numero  di 
anime  al  suo  Divin  Cuore,  per  estendere  il 
suo  regno  mediante  I'istnizione  delle  povere 
bimbe  e  giovanette  nere  di  La  Kafubu  e 
dei  villaggi  circostanti.  Fortificate  da  queste 
riflessioni  ci  dirigemmo  alia  stazione  di 
Sakania,  accompagnate  dalle  tre  giovani 
mulatte  interne,  dalle  guide  e  da  alcuni 
intenii  dei  RR.  Salesiani,  che  portavano  i 
nostri  bagagli.  A  nostra  insaputa,  il  buon 
•direttore  aveva  fatto  preparare  sul  treno 
un  buon  letto,  afSnche  non  avessimo  ad 
avere  una  cattiva  nottata.  Che  sorpresa 
nel  vedere  il  nostro  scompartimento  cosi 
ben  preparato! 

A  causa  della  forte  pioggia  caduta  nella 
notte,  il  nostro  treno  giungeva  ad  F.lisa- 
bethville  con  un'ora  di  ritardo.  La  ci  atten- 
deva  il  nostro  generoso  Prefetto  Apostolico 
Mons.  Sak.  Siccome  i  neri  non  possono  niai 
viaggiare  coi  bianchi  in  queste  regioni,  cosi 
•abbiamo  dovuto  andare  alia  ricerca  delle 
nostre  piccole  compagne  di  viaggio,  nel 
loro  scompartimento;  e  che  felicita  la  loro 
al  rivederci!  II  viaggio  era  senibrato  loro 
<:osi  strano  e  pauroso,  che  non  ebbero  co- 


raggio  di  dormire  e  neppure  di  mangiarsi 
le  buonj  e  saporite  cose  che  avevamo  pre- 
parate  e  consegnato  al   partire. 

]Monsig:iore  ci  condusse  alia  Casa  Sale- 
siana,  dove  ci  venne  servita  una  bella  tazza 
di  caffe  profumato.  Poi,  due  ore  ancora  di 
auto  attraverso  la  pianura  e  la  foresta,  ed 
eccoci  alia  nostra  nuova  residenza.  L'auto 
avanzava  lentamente  e  faticosamente  a 
cagione  dell'acqua  che  riempiva  i  fossati. 
Per  lungo  tratto  costeggiannno  un  fivune,  il 
Kafubu,  che  da  il  nome  alia  citta  che  doVeva 
accoglierci,  ad  alia  quale  ci  a^'A'icinavamo 
a  poco  a  poco.  A  qualche  distanza  apparvero 
i  grandi  fabbricati  delle  nuove  Scuole  profes- 
sionali  e  un  po'  piu  lontano  una  grande 
macchia  oscura.  « Ecco  la  la  vostra  Casa  » 
ci  disse  Monsignore,  il  quale  ci  acccmpa- 
gnava.  I  prinii  squUli  della  banda  musicale 
cominciarono  a  risonare  per  I'aria;  poi  una 
folia  di  neri  accorsi  da  tutti  i  vUIaggi  cir- 
costanti circondd  I'automobile,  festeggiando 
le  nuove  arrivate.  I^e  piii  belle  suonate, 
interpretate  dagli  allievi  neri  delle  Scuole 
professionali,  si  succedettero  iniuterrotta- 
mente,  e  chiuse  I'lnno  nazionale  belga.  Oh, 
come  ci  sentivamo  felici  di  essere  le  prime 
missionarie  di  La  Kafubu!  E  mentre  ringra- 
ziavamo  il  buon  Dio  per  averci  scelte  a 
questa  Missione,  ne  Lo  supplicavamo  di 
volerci  presto  inviare  altre  generose  sorelle, 
per  aiutarci  a  moltiplicare  il  bene  che  Egli 
afpetta  da  noi. 

Dopo  il  solenne  ricevimento,  Monsignore 
fece   gli  onori   di  casa. 

J,a  nostra  residenza  6  assai  piu  bella  di 
quanto  abbiamo  potuto  innnaginarla.  I,a 
sorpresa  fu  uguale  a  quella  che  provanuno 
al  nostro  arrivo  a  Sakaiua;  tutto  6  grazioso: 


/p2 


Per   lungo   tratto   costcggiammo   un   fiume,   il    Kafubu,   che   d4   II   nomc   alia   cittJ. 


le  pareti  bianclie  bordate  di  rosa;  il  pavi- 
niento  di  cemento:  in  breve,  Monsigiiore 
aveva  prov\-eduto  e  preveduto  ogni  cosa. 
I<a  cucina  coi  fomelli,  le  casseniole,  il  ser- 
vizio  da  tavola  e  che  so  io;  trovanimo  pure 
gia  del  buon  caffe.  Kafubu  s'era  guadagtiata 
insomnia  tutta  la  nostra  sinipatia,  ci  sen- 
timmo  subito  in  casa  nostra  e,  quel  ch'^ 
piu,  vi  trovamnio  come  a  Sakania,  anche  il 
nostro  buon  Gesii! 

E  il  4  febbraio  cominciammo  gia  le  scuole: 
42  bambini  e  bambine  si  sono  presentati; 
e  la  maggior  parte  assai  puntuali,  malgrado 
abbiano  mi  tragitto  di  un'ora  da  fare  per 
venire  da  noi.  Si  legge  la  gioia  su  tutti  i  N^isi; 
le  nostra  allieve  sono  di  ogni  eta:  dai  5  ai 
15  e  persino  ai  18  e  19  aniii.  Si,  abbiaino 
persino  4  giovani  gia  accasate  e  in  ricreazione 
anch'esse  giocano  e  si  divertono  come  le 
bambine.  II  Rev.  P.  Skillinger,  che  fe  incari- 
cato  specialmente  dei  neri  —  suo  gregge 
prediletto  —  ci  dice:  «  Lasciatele  venire!  ». 
Ed  anch'esse  sono  attentissime  in  classe. 
Alia  sera  facciamo  mezz'ora  di  scuola  alle 
donne  tutte,  e  la  maggior  parte  viene  coi 
piccini  legati  sul  dorso:  che  spettacolo  gra- 
zioso!  Alia  domenica,  dopo  la  Messa  mag- 
giore,  si  fa  ancora  una  mezz'ora  di  Catechi- 


smo;    I'assistenza    e   numerosa    e   vengono 
tutte  le  nere   anche   dai   paesi   vicini. 
Una 

FiGI.IA  DI  M 


Un  aiutante  cucinlcre 
della  missione. 


193 


d 


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i| 


Riviste 


w  Missionarie 


UN  OASI  NELLA  CONVULSA   TERRA  CINESE 


£  la  collina  di  Zo-se  a  35  km.  da  Shanghai, 
col  suo  ormai  celebre  saiituario  di  Maria  Ati- 
siliatrice  che  e  meta  di  frequeuti  pellegrinaggi. 
Ne  parla  su  Le  missioni  delta  C.  d.  G.  il  tnissio- 
nario  E.  Saverio  Putero,  e  riferiamo  ora  i  dati 
iuteressanti  di  codesta  localita  che  di  anno  in 
anno   va   facendosi   sempre   piii   famosa. 

Ai  piedi  della  collina  scorre  un  canale  per 
ciii  le  barche  arrivano  al  piccolo  spianato  dov'e 
I'entrata,  consistente  in  una  bella  areata  con 
una  triplice  porta,  sormontata  dalla  statxia  del- 
I'Angelo  Custode.  Si  sale  lungo  il  viale  e  oltre- 
passata  la  piccola  dinamo  che  provvede  la  luce 
elettrica  al  Santuario  si  arriva,  in  mezzo  ad 
una  foresta  di  grossi  bambu,  iino  a  mezza  col- 
lina dove  serge  la  chiesa  ordinaria  (che  attual- 
mente  serve  da  santuario  in  attesa  che  sia 
terminato  il  nuovo  eretto  sulla  cima).  Presso 
la  chiesa  sorgono  le  residenze  dei  Padri,  il  se- 
minario  cinese  e  una  scuola:  e  di  fronte  alia 
chiesa,  a  distanza,  vi  sono  tre  grandi  edicole, 
dedicate  al  S.  Cuore,  alia  Madonna  di  Lourdes 
e  a  S.  Giuseppe. 

Continuando  la  salita  s'incontrano:  la  gran- 
diosa  grotta  dell'agonia;  le  14  stazioni  della  Via 
Crucis,  lungo  i  zig-zag  della  strada,  con  scul- 
ture  in  ferro  bronzato;  e  infine  uno  spianato 
su  cui  s'innalza  una  gran  croce.  Di  la  per  mezzo 
di  due  scalinate  di  granito  si  giunge  sulla  cima 
della  collina  (alta  un  centinaio  di  metri)  dove 
si  sta  costruendo  il  grandiose  santuario. 

I<IJ     DATE     STORlCIiE    DEL    SANTUARIO. 

Mezzo  secolo  fa  il  demonio  neUe  sue  pagode 
dominava  ancora  signore  su  qriesta  bella  col- 
lina, detta  dai  cinesi  montagna  (Zo-se  mon- 
tagna  della  famiglia  Zo),  in  mancanza  d'alture 
maggiori  nei  dintorni. 

Nel  raaggio  1863  la  Missione  cattolica  riusci 
a  comprarc  la  sommita  della  collina  e  una  parte 
del  versante  meridionale,  per  costruirvi  ima 
casetta  di  cura  per  i  mi.s.sionari  ammalati,  con 
nel  centro  la  cappellina  dome.stica.  Nel  1867  il 
P.  Uesjacquer,  Superiore  della  sezione  missio- 
naria  di  Songkiangfu,  sotto  cui  e  Zo-se,  per  la 
sua  grande  divozione  alia  Madonna  e  per  il  dc- 
siderio  di  vederla  trionfare  sulle  rovine  del  pa- 
ganesimo,  crigc  sulla  sommita  della  collina  una 
chicsetta,  sormontata  da  una  grande  croce  c 
dedicata  a  Maria  Ausiliatrice  dei  Cristiani. 
L'anno  scgucnte  1868  S.  E.  Mons.  Ivanguillat 
S.   I.,  Vic.   Apost.  della  Missione,  vi  trasporta 


solennemente  un  bel  quadro  della  Madonna 
delle  Vittorie  e  vi  celebra  la  prima  Messa.  La 
chiesetta  comincia  presto  a  diveuir  meta  <li  pel- 
legrinaggi dei  buoni  cristiani  cinesi,  che  ne  ri- 
portano  grazie  abbondanti  e  favori  insigni. 

II  4  Uiglio  1870  il  R.  P.  DeUa  Corte,  Supe- 
riore regolare  della  Missione,  a  nome  di  Mons. 
Languillat,  allora  in  Roma  al  Concilio  Vati- 
cano,  fa  voto  di  sostituire  la  chiesetta  sulla 
sommita  della  collina  di  Zo-se  con  una  chiesa, 
dedicata  a  Maria  Ausiliatrice  dei  Cristiani,  se 
Essa  salva  la  Missione  dalla  persecuzione  ge- 
nerale  della  Chiesa  cattolica  in  Cina,  che  era 
allora  imminente.  La  Madonna  esaudisce  i  voti 
e  le  suppUche.  II  24  maggio  1871  Mons.  Lan- 
guillat, reduce  da  Roma,  benedice  la  prima 
pietra  del  santuario,  che  e  costruito  fra  grandi 
difficolta,  e  con  il  generoso  contributo  spontaneo 
dei  poveri  cristiani  ne  fa  I'inaugurazione  e  vi 
celebra  la  prima  Messa  due  anni  dopo,  il  1° 
maggio  1873.  In  quel  tempo  veune  eretta  anche 
la  I'irt  Crucis  lungo  la  costa.  Nel  1874  a  mezza 
costa  si  fabbrico  la  residenza  attuale  con  una 
cappella,  sostituita  nel  1894  dalla  chiesa,  che 
serve  anche  ora  ai  cristiani  per  le  feste  ordi- 
uarie. 

Intanto  il  santuario  per  il  numero  ognora 
crescente  dei  pellegrini  diventa  troppo  angusto; 
il  27  agosto  1923  lo  si  demolisce  per  ricostruirne 
un  altro  ben  piii  grandioso  e  maestoso,  per 
quanto  lo  permette  la  sommita  di  una  collina. 

II  14  giugno  dell'anno  seguente  1924  un  fatto 
mcmorando  viene  ad  accrescere  la  fama  del 
Santuario  di  Zo-se.  Nella  chiesa  di  mezza  costa, 
nidta  provvisoria  dei  pellegrinaggi,  avviene  la 
solenne  consacrazione  a  Maria  Ausiliatrice  di 
tutti  i  Vicariati  della  Cina,  rapprescntati  da  15 
Vescovi  e  10  altri  menibri  del  Concilio  Plenario 
cinese,  sotto  la  prcsidenza  di  S.  E.  Mons.  Celso 
Co.stantini,   Delegato  Apostolico. 

II  24  maggio  1925  Mous.  Paris  S.  J.,  \'ic. 
Ap.  della  Missione,  benedice  la  prima  pietra 
della  uuova  chiesa  votiva;  e  d'allora  in  poi  i 
lavori  proccdono  Icntameute  ma  solidamenle, 
in  mezzo  a  tanti  disordini  politic!  di  guerre  ci- 
vili  e  di  brigantaggio. 

Quando  il  nuovo  santuario  sara  compito, 
ccrto  sard  per  il  Signore  c  per  la  .sua  Augu.sta 
Madre  una  solenne  presa  di  pos.sesso  di  tutta 
quell'immensa  pianura  cinese. 

E  per  prcvenirc  qiialsiasi  tentativo  dei  pro- 
tcstanti  .si  conchiu.se  dalla  Missione  cattolica  la 
conipra  della   vetta   di   una   collina   vicina. 


^9-/ 


SUPERSTIZIONI  E  RITI  PAG  AN  I 


TRA  I  CACCIATOKI  Dl  TESTE 

I  Padri  Irlaiidesi  dclle  Missioni  Africane  di 
Lione  nella  Nigeria  lianno  raccolto  alcuiii  dati 
iiiteressanti  circa  i  cacciatori  di  teste. 

Una  volta  la  conquista  della  testa  di  un  ue- 
mico  era  il  necessario  passaporto  al  matrinionio 
per  i  giovani  di  qiialclie  tribi'i.  Un  giovane  iion 
aveva  uno  stato  soriale  e  nessuna  ragazza 
avrebbe  consentito  a  sposarlo  se  non  otteneva 
questa  particolare  distinzione.  Nella  tribu  dei 
Basenghe.  un  giovane  quando  ha  conquistato 
una  o  due  teste  possiede  i  titoli  per  entrare 
nelle  file  AeWEju  o  c  Confraternita  dei  Bravi  ». 
Una  speciale  festa  viene  celebrata  in  onorc  del 
viucitore.  I,e  sue  tempie  vengono  fasciate  dagli 
amici  con  bende  bianclie  nelle  quali  vengono 
infisse  delle  piiune,  il  siio  arco,  le  freccie  e  la 
spada  vengono  adornatc  con  conchiglie  marine. 

Pra  i  selvaggi  della  tribu  degli  Idoma,  quando 
si  d  conquistata  una  testa,  un  carapanello  viene 
suonato  ad  intervalli  per  quindici  giorni,  ed 
il  candidate  deve  dimostrare  la  sua  forza  ta- 
gliando  in  due  parti  un  montone  con  un  solo 
colpo.  Una  meta  del  diviso  montone  viene  re- 
clamato  dalla  madre,  ed  il  padre  prende  I'altra 
meta.    II   quindicesimo   giorno   della   cerimonia, 

I  «  bravi  »  si  riuniscono  per  bere  una  speciale 
bevanda   nel   nuovo   cranio   conquistato. 

II  cacciatore  di  teste  della  tribu  dei  Mimshi 
mctte  una  speciale  medicina  nel  proprio  na.so 
per  prevenire  le  offese  dello  spirito  dell'ucci.so. 

II  naso,  la  bocca,  e  le  orecchie  della  testa  ta- 
gliata  vengono  riempite  di  foglie  dell'albero 
consacrato  alia  locusta.  per  impedire  I'uscita 
dclto   spirito   del    defnnto. 

Molte  delle  tribii  di  cacciatori  di  teste  sono 
caunibali.  I^a  tribu  dei  Gaiiumri  usava  prendere 
la  carne  dei  neniici  caduti,  la.sciandone  solo  le 
ossa  e  gli  intestini.  Se  ne  ritornavano  poi  a 
casa  a  cavallo  portando  la  carne  del  nemico 
issata  in  punta  alle  lancie  e  la  consegnavano 
ai  capi.  La  carne  veniva  poi  divisa  fra  gli  an- 
ziani,  re.stando  al  capo  quella  della  testa.  Tra 
tutte  le  tribii  caunibali  le  palme  delle  mani  e 
dei  piedi  er.ano  considerate  come  le  parti  piii 
appetito.se  del  corpo. 

Alcune  tribu  si  immaginavano  che  mangiando 
la  carne  dei  morti  guerrieri  se  ne  assimilassero 
I'anima  e  ne  acquistassero  la  forza  ed  il  valore. 
Solo  i  vecchi  mangiano  la  carne  umana  perche 
hanno  bisogno  di  rinnovare  la  loro  gioventii, 
i  giovani  non  hanno  questa  neressit"..  Altri 
immaginavano  che  mangiando  la  carne  della 
testa   venisse   distrutto  lo   spirito   del   defunto. 


I  "LOGWARA"  DI  ARUA  (Uganda) 


Conobbero  i  primi  mi.ssiouari  nel  191 8,  quando 
tre  Figli  del  S.  Cuore  si  stabilirono  ad  Arua. 

II  popolo  era  tra  i  piu  selvaggi  del  Protetto- 
rato,  al  dire  degli  Inglesi;  accolse  con  diffidenza 


e  sospetto  i  tre  bianchi,  i  quali  a  steuto  trova- 
rono  chi  li  aiutasse  a  costruirsi  le  abitazioni. 
Tanto  meuo  —  scrive  il  P.  A.  Antonioli  nel 
La  Nigyizia  —  volevano  arreudersi  ai  bandi- 
tori  del  Vangelo.  I  primi  anni  furono  di  amarezze 
indicibili  pei  missionari:  se  penetravano  in  un 
villaggio  era  uii  fuggi  fuggi  generale  come  se 
vi  fosse  entrato  un  leone;  se  cercavano  di  avvi- 
cinare  qualcuno,  venivano  schivati:  anche 
quando  esibivano  regali  di  sale,  venivano  rifiu- 
tati.  Roba  del  bianco,  parevano  dire  col  sog- 
ghigno,  non  te  ne  fidare!  Anche  i  bambini  e  i 
fanciuUi  erano  educati  ad  un  continuo  timore 
dei  bianchi.  I  vecchi  dicevano  ai  figli:  1  Se  vai 
dai  bianchi  (i  missionari)  essi  ti  infilzeranno  su 
un'asta,  ti  arrostiranno  e  finirai  nel  loro  sto- 
maco.  Se  vai  dai  bianchi,  non  sarai  piii  un 
Logvvara,  non  sarai  piii  un  nostro  figlio,  e  al- 
lora  chi  ti  aiutera,  chi  ti  assistera  se  cadrai  ma- 
lato,  chi  ti  provvedera  le  vacche  per  comprarii 
la  sposa?  Noi  ti  maledirerao,  non  mangerai  piii 
la   nostra   polenta,   noi  ti   avveleneremo.  » 

Poi  abbassarono  anch'essi  il  coUo  al  dolce 
giogo  del  Salvatore.  La  missione  fu  meno  le- 
muta,  piii  conosciuta,  meglio  amata:  oggi  la 
messe  e  cosi  copiosa  che  mancauo  le  braccia  per 
raccoglierla. 


^95 


RACCONTI  MISSIONARI 

Un  filosofo  giapponese 


n  signor  Kai-Bara-Eki-Ken,  era  un 
filosofo  assai  famoso. 

Sapeva  anche  leggere  e  scrivere,  e  non 
e  poco,  quando  si  pensi  che  per  saper 
scrivere,  occorrono  tre  alfabeti  di  4.000 
ca  ratten  e  anche  piu. 

Aveva  una  bella  testa  pelata.  Dietro 
alia  nuca,  i  capeUi  si  riunivano  in  un  co- 
dino  corto  una  spanna,  legato  stretto  come 
un  salamotto.  Sulla  fronte  aveva  otto 
rughe:  tre  su  ciascun  occhio  e  due  sul 
naso.  lya  faccia  pareva  una  vecchia  carta- 
pecora,  ma  il  suo  cuore  nessuno  I'aveva 
mai  visto. 

La  sua  casa  era  una  casa  giapponese, 
una  casa  senza  porte,  senza  finestre,  senza 
chiavi  e  senza  serrature. 

Quando  il  filosofo  Kai-Bara-Eki-Ken 
usciva  in  citta,  doveva  fare  come  tutti  i 
giapponesi:  lasciare  uno  in  casa  che  facesse 
la  guardia,  perche,  non  si  sa,  a  volte  i 
ladri  non  rispettano  nemnieno  le  case  dei 
filosofi. 

—  Taro,  oggi  esco  a  vedere  i  ciliegi 
fioriti  sulle  colline  di  Ueno.  Se  viene  qual- 
cuno  a  cercarmi,  puoi  dirgli  che  non  ci 
sono. 

Taro,  facendo  scivolare  le  mani  sulle 
ginocchia,  fece  un  inchino  di  novanta 
gradi;  quindi  attese  che  il  padrone  cal- 
zasse  le  «  gheta  ». 

—  Se  viene  qualcuno,  eh!...  — e  conti- 
nue I'awiso    di    prima,    con    la    mano. 

Taro  si  gett6  in  ginocchio,  pose  la 
palma  deUe  mani  sui  « tatami »  e  tocco 
le  stuoie  con  la  fronte. 

II  padrone  era  uscito. 

Kot'on,  koron,  koron,  facevano  le  gheta 
di   legno  sul  lastricato. 

—  Oh,  eccomi  solo,  ora  potro  diver- 
tirmi  un  po',  senza  tanti  quinci  e  quindi. 
Qui  non  si  pu6  fare  un  passo,  senza  inille 
coniplimenti.  II  niio  padrone,  dopo  che 
ha  avuto  la  disgraziata  idea  di  scrivere 
un  libro  di  pedagogia  per  le  donne,  pre- 
tende  che  in  casa,  tutti  si  sia  dei  niodelli 


di  santita.  lo  intanto,  non  sono  una  donna. 
Ora,  con  quattro  salti  metto  tutto  a 
posto...  —  e  si  mise  a  saltare  sopra  le 
aiuole  dei  crisantemi. 

■ —  II  mio  padrone  e  matto  per  i  fieri... 
a  me  pero  tocca  innaffiarli  ogni  momento... 

...  e  il  lago!... 

Un  salto  e  fu  dall'altra  parte.  —  Questo 
lago  e  ogni  mattina  pieno  di  foglie;  ci 
vuole  una  beUa  pazienza  per  levarle  tutte... 
si  farebbe  cosi  in  fretta  con  un  rastrello, 
ma  guai  a  toccare  i  pesci:  son  delle  bestie 
e  stanno  meglio  di  uie.  II  padrone,  quando 
viene  qui  tra\-ersa  a  piccoli  passi  il  ponte 
di  pietra,  piega  la  testa  a  sinistra,  da 
un'occhiata  ai  pesci,  e: 

—  Chi  sa  se  in  quel  pesciolini  c'e 
I'anima  di  mia  zia  o  di  mia  nonna...  poi 
va  a  guardare  le  peonie,  forse  per  scoprire 
anche  li  I'anima  di  qualche  suo  niagro 
antenato. 

—  lo  invece,  faccio  cosi... 

...  E  salt6  le  peonie.  Ma  il  salto  riusci 
male  e  la  peonia,  stroncata,  piego  il  capo 
come  il  padrone  quando  guardava  i  pesci. 

—  Ora  si  che  sto  fresco!  In  questo 
momento  preferirei  essere  uno  dei  pescio- 
lini dorati.  Quando  si  nasce  disgraziati... 
—  e  a  capo  basso,  ando  in  casa  ad  aspet- 
tare  il  ritorno  del  filosofo. 


—  Taro,  cos'hai  che  sei  cosi  pensiernso? 
Hai  (jualche  dispiacere... 

—  Si,  signore,  ho  una  cosa  per  la  testa... 


iq6 


—  Delle  cose  per  la  testa? 

—  Ho  un'idea...   una  cosa  da  manife- 
starle. 

—  Sentiamo  quest 'idea. 


—  E  bene,  che  c'e  da  affliggersi? 

—  Ma   io   credevo   che    lei   si   sarebbe 
arrabbiato... 

—  Sai,   i   fiori,   io  li  tengo  perche   mi 


—  fi  che  temo  recarle  dispiacere,   ma      piacciono,  e  non  per  arrabbiarmi. 
orniai  I'e  fatta;  ho  rovinato  quella  beUa 
peonia   presso   U   laghetto...  D.  Marega. 


W^/^/^/W^/^W^'®/ 


^'©/©.l/©/'©/®/®/©/^ 


II  bonzo  del  tenipio  Ryitmon,  nella 
regione  di  Harima,  si  chiainava  Baiikei- 
zenji  ed  era  persona,  secondo  il  modo  di 
pensare  giapponese,  celeberrima  per  virtii 
e  scienza  a  cui  ricorreva  per  consiglio 
gran  numero  di  persone. 

Accadde  che  un  anno  vi  fu  in  quella 
parrocchia  buddista,  una  gran  riunione 
di  bonzi,  e  insieme  una  grande  affluenza 
di  pagani,  per  praticarvi  i  loro  esercizi 
di  culto,  ma  disgraziatamente  molti  degli 
intervenuti  furono  derubati:  kimpcin  ko 
uscinaimascita. 

Pero  ben  presto  i  derubati  vennero  a 
conoscenza  che  il  ladro  era  nieutemeno 
che  uno  dei  bonzi...  Si  preseutarono  percio 
al  celebre  Baukeizenji  e  doniandarono 
I'espulsione  del  colpevole.  E  Baukeizenji 
tutto  calnio,  calmo:  «  Bene,  bene,  lasciate 
fare  a  me  i>.  Pero  U  bonzo  ritenuto  colpe- 
vole non  fu  cacciato,  del  che  irritati  assai 
gli  interessati,  elessero  una  nuova  com- 
missione  che  si  presentasse  ancora  al  Capo 
Bonzo  e  rinnovasse  la  domanda  d'espul- 
sione.  Tutto  egli  promise  con  belle  parole, 
ma  anche  questa  volta  non  vi  fu  il  minimo 
accenno  a  voler  allontanare  il  bonzo  mal- 
fattore. 


Non  si  perdettero  d'animo  gli  altri  e 
rinnovarono  la  loro  domanda  una  terza 
e  una  quarta  volta:  ma  sempre  loro  rispon- 
deva  il  Capo  con  tranquillita:  «  Bene,  bene, 
lasciate  fare  a  me  ».  In  fine  stanchi  di  un 
tale  trattamento  aggiunsero:  «  Se  Lei  ve- 
raraente  non  si  degna  di  mandarlo  via 
(in  Giappone  tutto  e  dignitoso,  onorevole) 
noi  tutti,  senza  eccezione,  ci  ritiriamo  dal 
nostro  ufficio  ». 

Ed  ecco  ora  le  parole  con  cui  il  famoso- 
Baukeizenji  e  passato  alia   storia: 

<c  Persone  giuste,  ricche  in  virtii  come 
voi,  ovunque  vadano  si  trovano  bene; 
pero  se  io  mando  via  quel  povero  bonzo, 
dove  andra  egli?  chi  Io  guidera?  a  chi 
ricorrera?  ». 

Cosi  disse  e  non  Io  mando  via.  La  com- 
missione  ammiro  un  tal  discorrere,  e  il 
bonzo  malfattore  pianse  di  commozione 
ammirando  la  bonta  del  suo  Capo.  Era 
le  lacrime  confesso  e  si  pent!  dei  suoi 
misfatti  anteriori,  promise  e  divenne  real- 
mente  un  bonzo  modello  e  forte  nella 
pratica  della  virtii.  Tonariski  luzo  (cioe^ 
crsi  si  dice). 

Merlino  Alfonso 
Missionario  Salesiano. 


~~   '97    _ 


Ill  6 


Sforia  di  25  anni  fa,  narrafa  dal  missionario  D.   A.    Co/bacchi'nL 

(CONTINUAZIONE). 


XV.  -  L'assalfo  dei  Cajamos. 

Giiuigemmo  al  nostro  villaggio  ansiosa- 
Tnente  aspettati,  nia  tutti  erano  tranquilli 
e  certi  che  nulla  di  male  era  occorso.  II 
Bari  I'aveva  detto  durante  la  nostra  as- 
senza:  anzi  ci  raccontarono  che  quella  sera 
che  noi  eravamo  accampati  al  fiunie  Bar- 
reiro,  egli  aveva  nuovanieiite  consultato  il 
suo  « Waire »,  il  quale,  dopo  molta  fatica 
e  grandi  grida,  era  venuto  a  lui  e  gli  aveva 
ripetuto  quanto  gia  aveva  detto,  aggiun- 
gendo  che  non  lo  tonnentassero  piii  per 
sapere  da  lui  sul  conto  vostro,  avendo  gia 
detto  molto  perche  costrettovi  dal  Grande 
Spirito. 

Questa  invocazione  del  Bari,  questo 
lungo  sforzo  per  nuovamente  ottenere  la 
parola  del  suo  « Waire  »,  gli  aveva  impedito 
di  trasformarsi  queUa  sera  neU'uccello 
«  Makao  »  e  f  u  questa  la  ragione  perchfe  non 
ne  sentimmo  il  canto.  Al  niattino  seguente 
pero,  venne  presto:  era  lui  che  svolazzava 
per  i  rami  delle  piante  ed  ascoltava  tutto 
quelle  che  dicevamo.  Udi  le  parole  di  Uke- 
-wagiiii  e  quelle  dette  da  Giri-ekitreu;  pa- 
role che  quella  sera  stessa  riferi  nel  villaggio, 
dicendo  che  aveva  udito  quanto  Giri-ckii- 
veu  disse  contro  il  Cacico  e  contro  lui  stesso, 
il  Bari;  e  il  suo  «  Waire  »  I'aveva  assicurato 
che  non  avrebbe  mai  dimenticate  quelle 
ingrate  parole  e  a  suo  tempo  si  sarebbe 
vendicato.  Tutto  cio  era  gia  conosciuto  nel 
villaggio  prima  ancora  che  noi  arrivassimo.  ■ 
Da  quel  giorno  tutti  cominciarono  a  pensare 
assai  male  di  Giri-eltiircu.  U ke-wagicii  ceroo 
subito  colla  sua  autorevole  parola  di  con- 
vincere  tutti  ad  abbandonare  le  foreste  del/ 
Rio   das   Mortes   e   raccogliersi   in    questo 


luogo.  Ma  tu  sai  bene  che  passarono  ancora 
piii  Imie.  lo  veimi  a  niezza  stagione  delle 
piogge  e  promisi  al  Padre  che  per  il  tempo 
della  secca  facUmente  ci  saremmo  risolti  a 
venire  al  Rio   Barreiro. 

II  resto  della  nostra  storia  ti  e  noto.  Ti 
ho  raccontato  tutto  cio  che  giudicai  tu 
ignorassi  ancora.  Non  ho  altro  da  dirti.  Tu 
sei  dei  nostri.  I  Bororos  ti  considerano 
come  ei  megera  (loro  Cacico),  ed  io  mi  sono 
creduto  in  dovere  di  dirti  tutto. 

—  Bene,  bene!  Ti  ringrazio,  e  sono  con- 
tento  di  aver  saputo  tante  cose  che  igno- 
ravo.  II  resto  mi  e  noto  perche  Uke-ivaguu 
me  lo  racconto  diverse  volte.  Tu  e  gli  altri 
ricordate  sempre  Uke-waguu  che  ora  h  in 
cielo.  Egli  si  merito  il  premio  per  lo  zelo 
.spiegato  nel  condurre  i  Bororos  qui  da  noi, 
perche  conoscessero  ed  amassero  il  Signore, 
ed  ascoltassero  ed  ubbidissero  a  noi,  che 
desideravamo  insegnar  loro  un'unica  cosa, 
che  fossero  tutti  buoni,  vivessero  da  buoni 
cristiani,  per  trovarsi  poi  uniti  in  Paradiso. 

L'ultima  visita  sopra  narrata,  av\'eune 
verso  la  meta  di  settembre  del  1902...  Le 
promesse  fatte  dai  Bororos  di  ritomare  su- 
bito non  si  verificarono.  Solo  alia  fine  di 
gennaio  del  1903,  guidato  da  Meriri-kwddda, 
si  presento  nuovamente  un  altro  gruppo  di 
indii  che  pa.ssarono  alcuni  giorni  col  Mis- 
sionario; ma  i)oi  se  ne  toniarono  alle  fores  e 
del  Rio  das  Mortes. 

L'indio  per  sua  natura  e  sospettoso  e 
dillidente:  nel  sangue  del  selvaggio  e  ino- 
culata  la  diffidenza  per  tutto,  c  rambient<» 
in  ciii  l'indio  vive,  lo  as.simila  alle  fiere  del 
bosco  ed  agli  uccelli  dell'aria  che  vivono 
in  continuo  sospetto  dei  loro  simili. 

Nella    vergine   foresta   tutto    e   onilira    e 


igS 


mistero:  di  tutto  si  deve  diffidare.  Miriadi 
di  insetti  nocivi  e  velenosi,  rettili  pericolosi 
ed  orribili,  dai  terribili  « cobras  ».  al  vele- 
nosissinio  «  cascavel  »,  all'orribile  « sucury  » 
(anaconda),  al  gigante  pitone  che  nelle  sue 
spire  stritola  il  piii  possente  animale,  al 
« jacarfe  »  (kaimano);  poi  le  fiere,  il  feroce 
giaguaro,  il  puma,  la  giaguartirica,  illupo... 
L'indio  ha  I'esperienza  di  tante  disgrazie 
accadutegli  e  deve  percio  sospettare  di 
tutto:  una  foglia  che  si  muove,  un  ramo- 
scello  che  si  spezza,  uno  stridio,  un  rumore 
qnalunque  lo  mette  suU'attenti.  Poi  dovette 


rancore  per  la  sconfitta  avuta,  per  I'umi- 
liazione  subita,  I'odio  che  nutriva  coutro 
il  civilizzato,  il  suo  desiderio  di  vendetta, 
la  sete  di  sangue;  e  la  freddezza,  il  disprezzo 
che  aveva  per  Uke-wagiiu,  da  tutti  aniato, 
risp,;ttato  ed  obbedito,  lo  spingevano  a 
mettere  tra  i  Bororos  la  discordia,  la  di- 
sunione.  Tanto  fece,  tanto  malignamente 
seppe  insinuarsi  nell'anitno  dei  conipagni 
die  niolti  gli  credettero  e  lo  seguirono.  Egli 
dipinss  Uke-wagiiu  cjuale  traditore  della 
tribu  che  volevEi  darsi  vilmente  nelle  mani 
dei  civilizzati,  per  una  camicia,  o  una  scure. 


L'arrivo  dei   primi   Mtssionari   salesiani   nella  grande  foresta   mattogrossese,   residenza   dei    Bororos. 


teniere  il  civilizzato,  il  bianco;  dopo  tanti 
tradimenti  e  inganni;  dopo  tante  atroci 
barbaric,  come  non  diiSdare?  Lo  temeva 
piu  d'ogni  altra  cosa! 

Per  questa  irmata  e  cosi  profonda  diffi- 
denza,  il  Bororo  anche  dopo  tante  prove 
non  si  diede  per  vinto...  Lasciar  le  sue  fo- 
reste,  quell'asilo  amico  per  I'ignoto;  i  fiumi 
pescosi,  le  belve  feroci,  jser  vivere  vicino 
al  pill  odiato  degli  esseri,  il  bianco,  anche 
se  buono,  era  pel  Bororo  un  assurdo.  La 
sola  idea  che  cio  potesse  accadere,  era  ri- 
pugnante  al  selvaggio. 

Uke-waguit,  aiutato  dal  fedele  ed  intimo 
Meriri-kwadda,  faceva  quanto  gli  era  pos- 
sibile  per  convincere  i  suoi;  ma  molti  non 
ne  voUero  sapere  a  nessun  costo.  Giri- 
eAio-eifseniinava  la  zizzania  a  piene  mani.  II 


od  un  coltello,  poco  curandosi  della  sorte 
che  sarebbe  toccata  ai  suoi. 

Anche  le  varie  discordie  antiche  vennero 
rinnovate  dalla  perfidia  di  Giri-ekitreu  per 
distruggere  I'autorita  di  Uke-wagiiu.  Alle 
calunnie,  maldicenze,  parteciparono  pure 
le  donne  colla  loro  lingua  viperina,  azzuf- 
fandosi  le  une  colle  altre;  e  nel  villaggio 
cesso  di  regnare  la  concordia  e  la  pace. 

Uke-wagiiu  in  una  arringa  dichiaro  riso- 
lutamente  che  se  ne  sarebbe  partito  di  la, 
riuscendogli  troppo  penoso  il  vivere  tra 
tanta  discordia;  clii  avesse  voluto  accompa- 
gnarlo,  avrebbe  sempre  trovato  in  lui  il 
cacico,  il  padre,  I'amico:  ed  egli  mai  avrebbe 
perduto  questo  affetto  per  i  suoi. 

I^a  decisione  di  Uke-wagiiu  fu  energica, 
irreducibile.   II  gionio  seguente  abbandono 


/pp 


il  vi!laggio  colla  sua  fi:uiglia,  e,  accompa- 
gnato  da  alcuni,  si  diresse  verso  il  nord-est, 
non  pill  tra  le  oscure  foreste  del  Rio  das 
Mortes,  ma  in  quelle  di  uno  degli  afflueiiti 
di  sinistra.  Meriri-kwdddi  lo  segui  eolla 
sua  famiglia  e  parenti.  Dope  pochi  giomi 
un  altro  gruppo,  tra  cui  Giri-ekureit,  si 
stacco  dai  rimasti,  e  si  spinse  piu  al  nord; 
gli  altri,  dopo  la  seconda  niigrazione,  re- 
starono  ancora  per  qualche  tempo  in  ciuel 
luogo,  poi  si  diressero  verso  I'alto  Araguaya, 
unendosi  ad  altre  tribu  di  Bororos  che  vi- 
vevano    in    quei    paraggi,    allora    deserti. 

II  demonio  pareva  avesse  compiuta  I'opera 
disgregatrice  per  impedire  ai  Bororos  di 
recarsi  dal  Missionario,  e  ripararsi  all'ombra 
della    Croce. 

Uke-waguu,  dominate  dall'ambiente,  sotto 
la  pressione  che  da  tutti  gli  veniva  di  non 
fiiarsi  ancora  dei  civilizzati,  si  era  spinto 
iti  regioni  piii  lontane,  aspre  e  selvagge, 
quasi  volesse  dimenticare  e  rendere  piu 
difficile  qualunque  relazione  col  Missionario. 
Se  ne  viveva  isolato  con  pochi  di  quei  suoi, 
i  quali  cercavano  di  far  perdere  al  loro  capo 
ogni  simpatia  e  amicizia  per  il  Missionario. 
Spesso  dicevano: 

—  Giacchfe  Uke-waguu  non  voile  che  met- 
tessimo  le  nostre  frecce  nel  cuore  di  quei 
diavoli;  giacche  non  ci  lascio  distruggere 
quel  covo  di  serpenti  velenosi,  ora,  stan- 
docene  lontani,  almeno  non  pensera  piu  a 


loro  e  saremc  viix  tranquiUi.  Nor.  sappiamo 
spiegarcelo,  ma  Uke-wagitii  e  illuso,  e  cieco; 
non  si  accorge  che  quei  civilizzati  fingono 
di  essere  nostri  amici,  ma  sono  invece  i 
nostri  nemici... 

Ed  erano  content!  diessersene  allontanati; 
e  avrebbero  voluto  die  il  loro  Cacico  Uke- 
waguu  ne  perdesse  persiuo  la  memoria.  jNIa 
erano  essi  i  cieclii,  gli  ilhisi.  perche  andan- 
dosene  piii  lontani  dal  Missionario,  si  erano 
accostati  sempre  piii  al  loro  vero  nemico. 

Al  nord,  verso  le  sorgenti  del  Rio  Xingu, 
esiste  una  tribu  di  selvaggi  che  sempre  si 
mantenne  ostile  verso  i  Bororos.  Ancor 
prima  della  iuvasione  dei  primi  civilizzati 
i  Bororos  ebbero  a  lottare  con  qucsti  po- 
tent! e  feroci  nemici.  Le  tribii  indigene 
sono  quasi  ssmpre  nemiche  tra  di  loro  ed 
in  continua  guerra. 

I  Bororcs  chiamano  quest!  loro  accerrimi 
nemici  «  Cajamcs  »  e  di  essi  conoscono  solo 
la  barbara  crudelta  e  la  ferocia.  Negli  in- 
contri  sanguinosi  quasi  sempre  i  «  Cajamos  » 
ebbero  il  soprawento:  donne  e  bambini 
Bororos  caddero  nelle  loro  man!,  ma  i  Bo- 
roros ma!  poterono  far  prigioniero  un 
«  Cajamo  »,  ragione  per  cui  i  Bororcs  hanno 
di  questa  tribii  un  grande  timore.  Stretti 
e  perseguitati  da!  civilizzati  a  Sud,  ad 
Ovest  ed  Est,  I'unico  rifugio  per  il  Bororo 
era  la  foresta  del  Rio  das  Mortes.  La  spe- 
ravano  di  star  tranqrilli;  i  « Cajamos  » 
erano  lontani  verso  il  Nord,  suUe  rive  di 
altr!  fiumi.  Inoltre  da  Imigo  teniiJo  i  «  Ca- 
jamos »  non  davano  segno  d!  se.  I  Bororos 
si  lasciarono  adescare  da  questa  parvenza 
di  ce.ssata  ostilita  e  non  vedendo  piii  tracce 
del  nemico,  lo  dimenticarono. 

{Continua). 


MIssionari   c   Figlie   di   Maria    Ausiliatricc   guadano   un   affluente   del    •  Rio   das   Mortes  • 


ton  apprmazione  ectlesiastiu.  -  D.  DOMEHICO  OURNERI.  DireHore-rejponsabile.  —Torino,  1931  -Tipojralia  della  Socleli  Ediltice  Internaaonala. 


200 


Offcrle  per  Ic  (Dissioni 


BATTESIMI 


Congo. 

—  Zortca  Nunziatina  (Canale  S.  Bovo)  pel 
ndiue  Gilda  —  Alunni  della  Prima  Comunione  a 
mezzo  Gregorio  Don  Michele  (Ferrara)  pel  nome 
Gregorio  Benedetto  —  Dalle  Notjare  Angela 
(Castellanza)  pel  nome  Giovunni  Bosco  —  33er- 
botto  Angela  (Bra)  pel  nome  Angela  Giuse/ype 
Mario  —  Rumor  Anna  (Viccnza)  pel  nome 
Giovanni  Giuseppe. 

A'isini  Pietro  (Ghedi)  pei  nomi  Pietro,   Teresa 

—  Jlontrosio  Maria  a  mezzo  Galli  Don  Carlo 
(Monza)  pel  nome  Maria  Vitloria  —  Rigoni 
Don  G.  (Asiago)  pei  nomi  Maria,  Luigia  Kegina 

—  Mazza  Don  Giovanni  (Venezia)  pel  nome 
Arturo  —  Obert  Umberto  (Rivara)  pel  nome 
Giovanni  —  Negri  Giovanni  (Vercelli)  pel  nome 
Maria  Margherila  —  Sorclle  Nicolis  (Racconigi) 
pel  nome  Antonio  —  Egicli  Pallotta  Costanza 
(Osimo)    pel    nome    Giulia. 

IXDiA  -  Madras. 

Usinc  Sida  (Chcmin  S.   Avre  -   La   Cliambrc 

—  Savoie)  pel  nome  Maria  Calerina  -~  Barthu 
Don  Felice  (T.ituania)  pei  nomi  Vito,  Maria  — 
Ouagliotti  Albano  Olimpia  (S.  Ambrogio)  pel 
nome  Olimpia  —  Quagliotti  Giovanna  (Ivrea) 
pel  nome  Carlo  Giuseppe  —  Trivero  Cristina 
pel  nome  Maria  Cristina  Margherila  —  Baretti 
Mario  (Torino)  pel  nome  Mario  —  Quagliotti 
Anna  JIaria  (S.  Ambrogio)  pel  nome  Anna  Ma- 
ria —  Visintainer  Barberiua  (Clez-Trento)  per 
i  nomi  Carlo,  Giovanni  —  Operaie  Fabbrica 
Tasca  (Marostica)  pel  nome  Giuseppe  —  Ca- 
napero   Teresa   (Mombercelli)   pel   nome   Renato 

—  Direttrice  Convitto  De  Angeli  (Leguano) 
pel  nome  Benedetto  —  Direttrice  Asilo  (Vignolo) 
pel  nome  Ermina  Benedetta  Nazzarena  —  Conti 
Stella  (Cunico  Monferrato)  pel  nome  Albino 
Pierino  — -  Brugnoli  Angela  (Begosso  di  Fer- 
razzo)  pel  nome  Angelo  —  Marquez  Francisca 
a  mezzo  Lopez  (Aguascalientes-Messico)  pel 
nome  Giovanni  Francesco  —  De  Rodriguez 
linriqueta  a  mezzo  Lopez  (Aguascalientes-Mes- 
sico) pel  nome  Vittorio  Enianuele  —  De  Herrera 
Cecilia  a  mezzo  Lopez  (Aguascalientes-Messico) 
pei  nomi  Gcrardo,  Domenico,  Ramon,  Maria  — 
-Ivila  J.  L.  a  mezzo  Lopez  (Aguascalientes-Mes- 
sico)  pei   nomi   Paolo   Felice,   Juan   Damasceno 

—  .Alferez  Ana  Maria  a  mezzo  Lopez  Aguasca- 
lientes-Messico) pel  nome  Antonio  —  Manuel 
Moreno  a  mezzo  Lopez  (Aguascalientes-JIes- 
sico)  pel  nome  Manuel  —  Istituto  Jlissionario 
Mons.  Versiglia  (Bagnolo)  pei  nomi  Margherita, 
Teresa  —  Madre  Anna  Pederzini  (Predazzi 
Trento)  pei  nomi  Bruno.  Domenico  —  De  roia 
Elisa  (Cordenos)  pei  nomi  Luigi  Alberto,  Elisa 

—  Missione  Cattolica  Italiana  (Zurigo)  pel  nome 
Teresa  —  Tosi  Margherita  (Saint-Remy-Savoie) 


pel  nome  Fii'tinlino  Michelangelo  —  Famiglia 
Gallo  (Villaggio  Rivetti)  pel  nome  Elsa  —  Fa- 
miglia Cova  (Castano  I)  pel  uome  Severino  — 
Robotti  Sacchi  Ida  (Casalmaggiore)  pel  nome 
Paolo  Antonio  —  Bagnati  Ernesto  (Bellinzago) 
pei  nomi  Luigi,  Ernesto,  Giovanna.  —  Perk  Don 
Giovanni  (Damme-Oldenburg)  pei  nomi  Dionisa, 
Antonio  Giuseppe  —  Coletti  Don  Osvaldo  (Can- 
sano)  pel  nome  Antonio  —  Bonfanti  Don  Mario 
(Castello  S.  Lecco  -  Olate)  pel  nome  Agnese 
Teresa  —  Ronchetta  Palmira  (Sordcvolo)  pel 
nome  Linda  —  Recosso  Maria  (S.  Damiano 
d'Asti)  pel  nome  Maria  Immacolata  —  Mattavelli 
Elisa  (Milano)  pei  nomi  Entilio  Guido  Francesco, 
Carlo  Guido  Francesco  —  Borasio  D.  Carlo  per 
Ghibaudi  Angela  (Torino)  pel  nome  Giuseppe. 

VICARIATO    EQUATORE. 

Rev. do  Rettore  (Visignano)  pel  nome  Gio- 
vanni —  Mattavelli  Antonia  (Truggio)  pei  nomi 
Mario  Francesco,  Pierino  Leopoldo  —  Giolito 
Antonio  per  i  nomi  di  Gian  Maria,  Carlo,  Marco. 
—  Figazzolo  Marietta  (Occimiano)  per  il  nome 
Maria  Rosa  —  Saini  Don  Giacomo  (S.  Paolo- 
Torino)  pel  nome  Savoini  Antonio  —  N.  N.  pel 
nome  Teresa  —  De  Anna  Antonio  (I'dine) 
pel  nome  Adelia  Anlonietla  —  Lauuo  Cesira 
(Ormea)  pel  nome  Catcrina  -;—  Mons.  Vittorio 
Belleno  (Pra)  pei  nomi  Anna,  Nicola,  Maria, 
Angela  —  Magri  Gianfranco  (Torino)  pei  nomi 
Massimo,  Massiniina  —  Montrosio  Maria  a 
mezzo  Galli  Don  Carlo  (Monza)  pel  non-e  Maria 
Vitloria  —  Rambelli  suor  Maria  (Ziano  Fiemme) 
pel  nome  Giovanni  —  Spinoglio  (Ottiglio)  pel 
nome  Giuseppe  Lino, 


Cronacheffa  Missionaria. 

SACRIFIZI  UMANI. 

Vi  e  stato  un  caso  recentissiino  nella  pro- 
vincia  di  Owerri  (Nigeria).  Vn  fanciuUo  di  10 
auni  era  stato  comperato  dai  Ju-ju  per  12  ster- 
line;  ma  quaudo  capi  il  pericolo  che  correva  si 
raccomando  a  un  siguore  perch^  lo  salvasse. 
Questi  offri  pel  riscatto  24  sterline.  Mentre  sulla 
piazza  si  discut»va,  un  Ju-ju  fu  addosso  al 
fanciullo  e  gli  taglio  un  orecchio,  reudendo  cosi 
impossibile  ogni  iitipcdimeuto  al  sacrifizio;  il 
povero  ragazzo  fu  dissanguato,  e  tagliato  a  pezzi 
fu    ripartito    fra    i    villaggi. 

Le  autorita  britanniche  rintracciarono  su- 
bito  i  colpevoli  e  giustizia  sara  fatta  di  cosi 
atroce  delitto. 


UN  AVIATORE 
DIVORATO  DAI  CANNIBALI? 

Una  lettera  ricevuta  da  una  signora  dalla 
nuova  Guinea,  nell'Australia  Settentrionale,  t'a 
ritenere  possibile  che  un  aviatore  sia  stato 
mangiato  dai  canuibali.  II  mese  scorso  I'animi- 
nistrazioue  dolla  Nuova  Guinea  ha  inforniato 
il  governo  federale  che  di  un  aeroplano  Junker 
pilotato  da  un  turista  clie  cperava  ncl  territorio 
ilelle  mmiere  aurifere,  non  si  aveva  noti?ia,  e 
sei  aereoplani  erano  stati  iucaricati  delle  ri- 
cerche.  Una  signora  di  Adelaide  ha  ricevuto 
una  lettera  da  un  suo  fratello  dcUa  Nuova 
Guinea,  nella  quale  si  dice  che  due  indigeni 
son  giunti  aU'aereoporto  di  fortuna  di  Lements 
ed  hanno  raccontato  che  una  «  colomba  »  era 
caduta  ed  il  « padrone  bianco  »,  che  stava  male, 
si  e  incammiuato  per  «  fare  amicizia  »  cogli 
abitanti  di  un  vicino  villaggio,  ma  e  stato  da 
questi  ucciso  e  dopo  hanno  fatto  un  gran  fe- 
stino,  mangiando  il  bianco. 


UN  APOSTOLO  DEIvLR  MISSIONI. 

Era  il  can.  Mons.  Tomasi,  penitenziere  della 
cattedrale  di  Vicenza.  Da  oltre  i.?  anni  dirigeva 
I'ufficio  diocesano  per  le  Mission!  e  in  questo 
periodo  di  tempo  raccolse  vari  milioni  per  le 
Mission!,  fondo  104  laboratori,  lui'organizza- 
zione  di  3000  zelatrici  missionarie  e  il  periodico 
A:ione    Missionaria.    Aveva    75    anni. 


Prill- 


.tad  m  lt.al;y 


Oioveniu  (Di$$ionarial 


SOMMARIO:  Un  anno  significative.  =  Dalle  Icttcre  dei  missionari.  =  II  tesoro.  =  Lenta  conversionc  dci  ; 
kivari  =  In  Giappone  non  vi  sono  ladri.  =  La  iebbroscria  di  Ngaye.  =  Cronachetta  missionaria.  =  Dalle  Ri=  i 
viste  missionaric.    =   La  fine  del   dono  doll'Imperatore.   =   L'origine  del  Giappone.   =  Avvcnture...  =  Uhe  Wagiiu.        J 


^ 


^ 


Lettori, 
Lettrici, 


Col  mese  di  Ottobre  cominciano  gli  abbonamenti  per  I'anno  1932.  Senza 
aspettare  il  ...  \°  gennaio,  rinnovate  fin  d'ora  il  vostro  abbonamento:  e  per 
questo  bastera  che  inviate  il  vaglia  col  conto  corrente  accluso  e,  dopo  aver 
scritto  su,  il  vostro  Cognom^,  Nome  e  indirizzo,  vi  aggiungiate:  per  rin- 
novo  di  abbonamento.  Quelli  nuovi   che  desiderano  abbonarsi   potranno 

seguire  lo  stesso  metodo,  aggiungendo  solo:  per  abbonamento  nuovo. 
I  nuovi  debbono  essere  indotti  dai  vecchi:  e  siccome  questi  son  tutti  pro- 
pagandisti  di  zelo,  non  mancheranno  di  in- 
durre  a  prender    I'abbonamento  quanti   piuj 
e  possibile  e  fornir  loro  le  indicazioni  op- 
portune. 

Gli  abbonamenii  si  ricevono  esclusivamenie 
presso  /'Amministrazione  di  Gioventu 
Missionaria  -  Via  Cottolengo,  N.  32  - 
Torino  (109).  L' Amministrazione  poi  non 
risponde  in  alcun  modo  degli  abbonamenti 
non  pervenuli  ad  esr.a  direltarr,enle. 


Anno   IX  -  Num.    11 


Pubblicazione  mensile 


Novembre    1931    (X) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


UN  ANNO  SIGNIFICA  TIVO 


II  iS  ottobre  c'e  stata  la  «  Giornata  Mis- 
sionaria  »...  Le  migliaia  dei  nostri  fedeli 
lettori  e  lettrici  haniio  fatto  in  quel  giorno 
il  loro  dovere:  hanno  pregato  niolto  e 
molto  hanno  offeito  di  mortificazione  e 
di  generosita  per  le  missioni  e  pei  missio- 
nari.  Questo  entusiasnio  e  stato  notato 
dappertutto,  per  cui  possiamo  sperare 
die  la  <i  giornata  »  segni  un  passo  innanzi 
nella  cooperazione  del  mondo  cattolico 
alle  opere  missionarie. 

II  solerte  segretario  di  Propaganda  Fide, 
Mens.  vSalotti,  nel  diramare  il  magniflco 
invito  per  la  «  Giornata  Missionaria  »  aveva 
inesso  in  rilievo  alcuni  motivi  che  confe- 
rivano  alia  «  giornata  »  un  carattere  ecce- 
zionale:  primo  tra  tutti  quelle  delle  im- 
mani  sciagure  abbattutesi  sulla  Cina  e 
in  particolare  su  quelle  regioni  dov'erano 
piu   fiorenti  le   missioni. 

Le persecuzioni  bolsceviche,  il  brigantag- 
gio,  la  guerra  civile,  e  per  ultimo  le  spa- 
ventose  inondazioni  fecero  della  Cina 
una  terra  di  dolori  e  di  miserie  veramente 
meritevole  di  essere  oggetto  della  ca- 
rita  del  mondo  intero.  Si  calcola  che  oltre 
2  milioni  (cifra  sbalorditiva!)  di  cinesi 
siano  periti  nelle  inondazioni  dei  mesi 
scorsi,  e  oltre  30  milioni  siano  rimasti 
senza  tetto,  nella  piii  ributtante  miseria. 


Bastava  questo  motivo  per  commove'e 
i  cuori    cristiani.    Si  e  sempre  constatato 


^'^ 


che  le  grandi  sventure  sono  un  meravi- 
glioso  impulso  al  divampare  della  carita 
cristiana.    La   crisi   economica   che   tutti 


201 


soflriamo  non  e  stata  —  e  non  sara  nep- 
pure  in  awenire  —  un  ostacolo  a  sowenire 
le  opere  missionarie,  anzi  aggiunge  nuova 
bellezza  e  merito  alia  generosita.  Ouando 
il  privarsi  di  qualche  cosa  ci  costa  sacri- 
ficio,  e  lo  si  fa  senza  grettezza,  con  entu- 
siasmo,  si  mostra  allora  che  si  ha  cuore 
di  credenti  e  che  si  comprende  il  dovere 
cristiano  in  tutta  la  sua  portata. 

II  2  ottobre  Sua  Santita  Pio  XI  lan- 
ciava  al  mondo  cristiano  I'invito  alia 
carita  per  leiiire  i  mali  innumerevoli  che 
la  crisi  attuale  ha  provocato  presso  tutte 
le  nazioni  tra  gli  operai,  i  poveri  e  spe- 
cialmente  tra  I'infanzia  bisognosa  dei  niag- 
giori  riguardi.  La  « Giornata  Missiona- 
ria  1^  e  stata  la  prima  risposta  all'appello 


del  S.  Padre,  sotto  un  aspetto  particolare; 
ma  il  mondo  cristiano  che  ha  in  onore 
la  carita  —  il  precetto  di  Gesti  Cristo  per 
eccellenza  —  non  si  arrestera  nei  sacri- 
fizi   in   quest'anno. 

Sara  un  anno  sij^ni/icatii^o.  Ho  visto 
ricordata  in  questi  giorni  una  frase  della 
B.  Madre  Barat:  «  La  societa  sara  salva, 
o  per  un'inondazione  di  sangue,  o  per 
un'inondazione  di  amore  »:  cooperate,  Let- 
tori  e  Lettrici,  a  salvare  tutti  colla  vostra 
carita,  fatta  di  fervide  preghiere  e  di  ge- 
nerosi  sacrifici  quotidiani:  avrete  cosi  il 
merito  di  aver  contribuito  a  illuminare 
il  mondo  colla  fede  della  vostra  vita  cri- 
stiana,  secondo  la  parola  dell'Apostolo 
S.  Paolo.  D,   G. 


DALLE  LETTERE  DEI  MI5SIONARI 


Scrive  Don  E.  Sanna  al  Sig.  D.  Torquinst: 
<i  Nel  distretto  di  Shimulia  vi  sono  i  Bengalesi 
della  casta  pin  bassa  e  piii  abbietta:  i  Mucchi 
(=  calzolai).  Tra  i  cristiani  convertiti  abbianio 
Hindu  in  gran  parte  ed  auche  JIaoniettani,  tra 
i  quali.vi  sono  pure  parecchi  catecumeni.  Im- 
parata  la  lingua,  ci  sianio  messi  al  lavoro  e, 
ringraziando  il  Signore,  in  mezzo  alle  spine 
abbiamo  anche  avuto  molte  consolazioni.  La 
regione  pin  promettente  del  Distretto  e  quella 
detta  del  Snndaibnn  tra  le  foci  del  Gange,  dove 
c'e  una  fittissima  popolazione.  La  regione  e 
tutta  intersccata  da  canali  e  fiuini  e  non  vi  e 
altro   mezzo  di   locomozione   che  la  barca. 

.1  Xe!  centre  piu  importante  abbiamo  costituito 
due  societa:  una  per  gli  uomiui  (Societa  Don 
Bosco),  e  una  per  i  ragazzi  {Societa  Uomenico 
Savio):  per  comodita  dei  soci  funziona  egregia- 
mente  una  biblioteca,  perche  tanto  gli  Hindu 
che  i  Maomettani  leggono  con  avidita  libri  che 
possono  illuminarli  sulla  religione  cattolica. 
Inoltre  insistono  per  la  fondazione  di  un  pe- 
riodica di   propaganda   religiosa  ». 


Don  Giovanni  Casetia  scrive  dal  Siam  a  Don 

Torquinst: 

■'  11  2()  nov.  1930  le  scrivevo  mentre  i  nostri 

ragazzi    stavano    dando    gli    esami    finali.    Hcco 

I'csito: 

ragazzi:  presentati    76     promossi    75 
ragazze  »  40  »        33 

nProcIamato  I'esito  degli  esami,  ci  fu  un  po' 

di  accademia  in  onore  dell'Ispettorc  scolaslico: 

cgli  parlo  niolto  bene  di  noi  e  del  nostro  lavoro. 


Altra  consolazione  il  14  diccnibre:  5  battesimi, 
54  prime  comuuioni,  49  diplomi  di  compiuto 
corso  catechistico.  Mons.  Perros,  prescnte,  ebbe 
le  pill  lusinghiere  lodi  per  i  lavori  scritti  di  ca- 
techismo,  parecchi  (tra  cui  Malai)  ebbero  ion 
con  lode  di  scritto  e  di  orale. 

I)  Ladomenica  dope,  premiazionc,  pre.senti  per 
la  prima  volta  in  corpo  tutti  i  maggiorenti  del 
paese.  Cosa  mai  sperata:  i  nostri  maestri  cia- 
scuno  con  la  propria  classe,  fecero  teatro.  E,  al- 
tra sorpresa:  il  Sig.  Don  Pasotti  ed  anche  il  sot- 
toscritto  furono  dal  Governo  Siamese  nomiuati 
tamakaii  (una  specie  di  Ispettore  scolastico) 
con  facolta  di  andare  nelle  scuole  del  governo. 
Non  sara  aperta  la  strada  ad  im  po'  di  bene  tra 
tutta    questa    gioventu? 

»Cifu  a  Bangkok  in  questi  giorni  il  Congresso 
Esploraiori:  parteciparouo  anche  quelli  di  Bang- 
ton  ed  il  Krhu  Phajom  nostro  maestro,  un 
convertito,  ebbe  la  medaglia  d'oro. 

Mentre  le  scrivo,  in  cortile  c'e  un  gran  bac- 
cano.  Sono  25  maestri  che  finiscono  gli  csercizi 
spirituali.  A  loro  si  sono  aggiunti  questa  mattina 
i  giovani  che  hanuo  a  diceinbre  ottcnuto  il 
diploma  di  compiuto  cor.so  catechi.stico.  Sono 
venuti  perche  que.sta  mattina  si  costituisce  uf- 
ficialmcnte  il  primo  Circolo  siiovanile  scola- 
stico  (che   si   chiamera:    S.    Fr.incesco   Saverio). 

»Uu'altra  notizia.  II  Governo  ci  ha  conccsso  di 
dare  I'esame  ai  nostri  ragazzi  con  valore  ri- 
cono.sciuto  (una  specie  di  pareggio).  Cosi  un 
altro  anno  continucrcmo  il  corso  di  matliajom 
(scuola  sccondaria)  per  allievi  maestri.  Si  sta 
facendo  una  nuova  aula  c  un  po'  di  camerata 
per   loro  ». 


Cg*i 


202 


DALLE   LONTANE    MISSIONI 


IL  TESORO 


Uii  mattino,  usceudo  di  chiesa  dopo  la 
S.  ilessa,  venni  a  sapere  che  nel  boschetto 
del  tenipio  pagano,  sacro  a  Krislma,  era 
stata    abbandonata    una    povera    creatura. 

Qualche  buon  diavolo  c'e  seiiipre  che 
a\^-erte  la  Missione  in  simili  casi.  lo, 
senza  por  tempo  in  mezzo,  corsi  al  tenipio, 
distante  circa  una  decina  di  minuti  in  bi- 
cicletta.  Ma  non  mi  volevauo  lasciare 
entrare  per  via  che  quel  gionio  era  mia 
lore  solennita.  Pregai,  scongiurai,  sempre 
iuutilmente.  Feci  luccicare  qualche  moneta, 
mezzo  sovrano  che  apre  tutte  le  porte  del- 
rOrieute:  invano.  Stavolta  il  guardiano  fu 
tetragouo  ad  ogni  lusinga.  Non  mi  voile 
lasciare  entrare  assolutamente.  Che  fare? 
R'issegnato,  compiangendo  quella  povera 
auiuia  abbandonata,  me  ne  ritoniai  piano 
piano   verso   la   Jlissione. 

Per  la  strada  pero  un  figuro  mi  seguiva. 
Appena  accortomi  di  lui  rallentai  il  passo 
e  mi  voltai.  Era  un  indii,  un  vero  bronzo 
vivente,  di  forme  perfette,  lucenti  ai  primi 
raggi  del  sole  mattutino.  Vestiva  il  sem- 
plice  dothi,  aveva  due  occhi  neri  e  profondi 
e  portava,  proprio  in  mezzo  alia  nuca,  il 
corto  codino  di  casta.  Egli  mi  avvicino  e, 
senza  preamboli,  mi  disse:  « Padre,  se  mi 
dai  due  rupie,  ti  faccio  entrare  io  nel  sacro 
bosco  i>.  Accondiscesi,  ma  per  pradenza  gli 
diedi  una  sola  rupia,  prometteudo  I'altra  a 
faccenda  finita. 

L'indii  mi  fece  fare  un  lungo  giro  del 
paese,  mi  condusse  per  vm  sentiero  da  capre. 
mi  fece  scorticare  le  mani  tra  i  cespugli  di 
felci  e  di  rovi  e  finalmente  si  fermo  alia 
parte  estrema  del  muro  di  cinta  del  tempio. 
Io  dovevo  scavalcare  il  muro,  alto  due  metri 
e  penetrare  come  un  ladro  nel  sacro  laogo, 
Stetti  indeciso  un  poco,  ma  poi,  pensando 
al  Signore,  mi  feci  coraggio,  saltai  sul  mu- 
retto,  seguito  dal  mio  uomo  e...  fummo 
dentro. 


II  bosco  e  un  bosco  come  tutti  gli  altri 
di  questi  paesi,  pieno  di  alberi  alti,  dal 
tronco  colossale,  tutto  intricato  di  liane,  di 
rovi,  di  spine.  Lontano,  la  nel  mezzo,  il 
tjmpio  si  eleva  con  le  sue  cupolette  e  le 
sue  gaghe.  Udivasi  il  canto  nionotono  dei 
fedeli  prostrati  dinanzi  alia  loro  divinita. 
Ma  io  badavo  a  ben  altro.  Facendomi  largo 
c-m  le  mani  tra  il  fitto  fogliTme,  .scansando 
gli  alberi  piii  grossi,  saltando  i  rami  che 
mi  sbarravano  il  passo,  io  cercavo  il  tesoro, 
il  mio  tesoro.  Non  badavo  al  sangue  che 
usciva  dalle  ferite  che  mi  facevo  alle  mani, 
alle  gambe,  aUa  fronte,  non  curavo  la  mia 
povero  sottana  che  restava  meta  tra  le 
spine.  Quel  tesoro  valeva  tutto  il  mio  san- 
gue per  certo,  se  quelle  di  un  Dio  era  gia 
stato  sparse  per  esso. 

Cercai  per  un'ora,  per  due.  Temevo  di 
rimanere  deluso.  Mi  raccomandavo  alia 
Madonna,  pregavo  il  buon  Gesii  e  intanto 
con  gli  occhi  ormai  stanclii  scrutavo  ogni 
angolo  oscuro,  con  le  mani  aprivo  ogni  rovo. 
Ero,   spossato,    sudavo    e    forse    piangevo... 

Ad  un  tratto,  I'uomo  che  cercava  con  me, 
mi  trattiene  per  un  braccio.  Fenno  il  passo 
e  ascolto.  Da  lontano  giungeva  I'eco  delle 
invocazioni  pagane...  Pero,  a  circa  tre 
metri,  o  poco  piu,  da  noi,  si  nota  un  vagito. 
Corriamo  assieme...  Un  involto  di  luridi 
cenci  ci  nasconde  un  bel  bimbo  di  pochi 
gionii,  con  due  occhietti  vivi  e  sorridenti, 
che  tende  le  manine.  Lo  raccolgo;  lo  struigo 
al  petto  e  corro  felice  verso  I'uscita.  Ma 
I'indiano  mi  consiglia  di  uscire  per  dove 
siamo  entrati.  Riscavalchiamo  il  muro,  do 
la  promessa  rupia  al  compagno,  piu  un'altra 
di  regalo  e  mi  porto  a  casa  il  mio  tesoro. 

Tre  giomi  fa  quel  tesoro  e  volato  in  Pa- 
radiso  col  nome  di  Carlo  Salotti,  per  ono- 
rare  e  ricordare  un  grande  amico  della 
Santa   Infanzia   Abbandonata. 

EM  ME. 


203 


LENTA    E    DIFFICILE    CONVERSIONE 
E  CIVILIZZAZIONE  DEI  KIVARI 


Le  cause  per  cui  la  conversione  e  civiliz- 
zazione  dei  kivari  precede  lentamente  si 
possono  ridurre  a  tre  principali: 

i)  La  natura  del  luogo.  La  zona  da  essi 
occupata  e  estesissima,  tutta  inontagnosa, 
solcata  da  grossi  fiuini  impetuosi  seiiza 
ponti:  maiicano  lestraie,  sostituite  da  seii- 
tieri  quasi  impraticabili  e  pericolosi,  trac- 
ciati  per  lo  piu  sulla  cresta  dei  monti  e 
delle  colline,  clie  formano  un  sali-scendi 
contiuuo. 


Nella  natura  stessa  del  luogo  11  missiona- 
rio  trova  il  primo  inipedimento  ad  avvici- 
nare  con  facilita  le  sue  pecorelle. 

2)  La  vita  sociale  dei  kivari.  La  vita  ki- 
vara  sembra  in  apparenza  completamente 
anarchica,  libera,  senza  capo  e  senza  leggi, 
senza  vincoli  sociali:  invece  non  e  cosL 
I  kivari  vivono  in  tribu  (da  50  a  150  persone) 
legati  tutti  da  vincoli  di  parentela,  situati 
aH'intorno  di  una  piccola  vallata  nei  punti 
piu  strategic!  a  distanza  tale  I'uno  dall'al- 


LQUAIOKIj.    =    Missijnario   die    animini'slra    il    sanio    ballcsimo   ad    un    piccolo   kivarctti. 


20-/. 


A   che   punto   lo   stregone   ridusse   un    infcrmo... 

tro  da  jiotersi  a\-\-isare  a  voce  e  raccogliersi 
rapidaniente  in  caso  di  guerra,  di  caccia  o 
di  disgrazie. 

Nella  tribii  vi  e  sempre  qualcuiio  die 
emerge  per  iiitelligenza,  per  acume  o  per 
I'eta,  al  quale  si  rivolgono  gli  altri  per  con- 
siglio  negli  affari  d'iiT.portanza. 

I  membri  delle  altre  tribii  sono  sempre 
considerati  come  malvagi  o  nemici,  quindi 
una  tribii  vive  lontana  dall'altra,  separata 
da  confini  ben  marcati  quasi  sempre  da 
fiiimi  e  montagiie. 

Ora  rarameiite  i  kivari  delle  altre  tribii  — 
e  con  difificolta  —  possono  venire  alia  niis- 
sione  clie  si  trova  nel  territorio  di  im'altra 
tribii,  lie  lasciaiio  i  lore  ragazzi  al  missio- 
iiario  perclie  temono  clie  gU  altri  li  niolestino, 
Un  giomo.  di  ritomo  da  una  escursione, 
avevo  portato  in  casa  un  bel  gnippo  di  ra- 
gazzi orfanelli;  ma  in  poclii  gionii  mi  vidi 
scomparire  quelli  clie  gia  vi  erano  pel  sok) 
niotivo  clie  erano  entrati  ragazzi  di  altra 
tribii. 

E  evidente  clie  ci  \-iiol  ten.po  per  cambiare 
questo  stato  socicle;  e  il  missionario  se  vuol 
essere  a  contatto  di  tutti  deve  mettere  la 
sua  residenza  in  tutte  le  tribii.  In  tal  caso 
la  conversione  sarebbe  facile  e  sicura. 

In  pochi  aimi,  per  esempio,  la  Missione 


ili  Mendez  conta  una  quarantina  di  cri- 
stiani  fer\-orosi,  e  tra  questi  vi  sono  veri 
angioletti  clie  desiderano  la  coinunione  qiio- 
tidiana  e  pregano  ogni  giomo  pei  ccnipagni 
infedeli,  spose  e  sposi  clie  si  accostano  con 
frecjuenza  ai  Sacranienti  e  vivono  una  vita 
edificante. 

Approssimativamente  si  calcola  che  vi 
siaiio  circa  12  mila  kivari  divisi  in  70-80 
tribii.  Essendovi  appena  ([uattro  rcsidenze 
niissionarie  con  poclii  sacerdoti  e  snore, 
potete  pensare  quanti  missionari  e  snore 
occorrerebbero  ancora.  E  siccome  c  nn'uto- 
pia  pensare  che  ogni  tribii  debba  avere  il 
sue  missionario,  questi  se  vuol  avvicinare 
i  kivari  deve  fare  periodiclie  escursioni  per 
battezzare,  istruire,  curare  grinfermi:  mia, 
due,  tre  volte  all'anno  deve  portarsi  presso 
le  varie  kivarie,  sicuro  clie  la  sua  asseiiza 
da  casa  si  risolvera  in  un  danno  per  la  scuola 
e  per  I'istruzione  catechistica  della  tribii 
clie  lo  ospita,  senza  essere  certo  dell'effi- 
cacia  della  sua  fatica.  Non  vi  e  certo 
confronto  fra  I'istruzione  metodica  quoti- 
diana  o  settinianale  in  chitsa  e  quella  fatta 
in  una  capamia  kivara  due  o  tre  volte  al- 
raniio,  fra  il  runiore  dei  bambini,  dei  cani 
clie  latrano  e  delle  donne  intente  alle  loro 
facceiide. 

1  missionari  poi  devono   inoltre   interes- 


...  ora  curato  amorcvolmcntc  dal  missionario. 


20s 


Assistiti  da   Mons.   Comin   i   piccoli   cantori    kivari   eseguiscono  un   saggio  coralc. 


sarsi  dei  coloiii,  oggi  gia  niimerosi,  e  di  laiitc 
altre  opere  di  carita  e  di  civilizzazione. 

3)  La  lingua  assai  difficile.  Per  apprenderla 
bene  dalla  bocca  del  selvaggio  sono  neces- 
sari  da  7  a  8  anni,  e  fa  d'uopo  non  perdere 
nessuna  occasione,  perclie  non  senipre  il 
selvaggio  e  a  disposizione  del  missionario. 
Di  piu  I'indio  dopo  poclii  minuti  di  riflcs- 
sione  si  stanca,  e  allora  non  c'e  piii  forza  die 
lo  trattenga,  si  inipazientisce  facilmeiite  non 
comprendendo  bene  il  pensiero  del  missio- 
nario e  lo  pianta  in  asso  facihnente. 

F,  senza  la  lingua  non  si  puo  avere  una 
influenza  decisiva  sui  kivari,  ma  si  e  facil- 
niente  esposti  al  ridicolo. 


Per  o\'viare  a  queste  cause  in  qualclie 
modo,  sarebbe  necessario  nn  auniento  con- 
siderevole  del  personale  dellevarie  residenze; 
un  personale  volonteroso,  zelante,  disposto 
ad  ogni  sacrifizio,  pronto  a  portare  ovmicjue 
una  scintilla  del  suo  fuoco.  Ouanti  dei  gio- 
vani  die  leggono  cjueste  riglie  sarebbero 
strunienti  adatti  per  diffondere  tra  le  selve 
equatoriane  il  Regno  di  Dio!  Li  ispiri  e  li 
decida  il  Signore  colla  sua  grazia. 

Macas,  giugno   1931. 

D.    Giov.   GlIINASSI 
Missionario  Saksiano. 


IN  GIAPPONE 

NON  VI  SONO 

LADRI 


Ossatura    dell'dsilo 
in   costruzione. 


.iSia^i' 


■■"!•'    ■    'tin  II  .:      - 


«  In  Criappone  non  vi  sono  ladri  d  cosi 
dicono  le  cronache  cinesi  del  III  secolo 
dopo  Cristo,  ma  subito  dopo  agginiigoiio: 
«  Per  i  ladri  vi  sono  delle  pene  severis- 
sime...  ». 

ly'affare  dei  ladri  colpi  anche  S.  Fran- 
cesco .Sa\'erio,  appena  arrivato  in  Giap- 
pone.  Nella  prima  sua  lettera,  dice:  .<  In 
questo  paese  vi  sono  pochi  ladri,  tutti 
hanno  in  grande  orrore  questo  vizio,  per 
le  pene  severissime,  ecc.  ».  Passato  uu 
anno  e  mezzo,  prima  di  lasciare  il  Giap- 
pone,  I'esperienza  del  Saverio  era  gia 
molta.  Scrive  ai  missionari  che  dovevano 
recarsi  in  Giappone:  <<  II  piu  grande  sacri- 
ficio  che  deve  fare  qui  il  missionario  e 
di  restare  dei  mesi  senza  poter  celebrare 
la  Messa.  Quando  si  viaggia,  non  si  puo 
fidarsi  di  portare  con  se  il  calice,  che  le 
strade  sono  infestate  dai  briganti...  ». 

Tutto  questo,  pero,  riguarda  il  Giappone 
del  1550  circa.  Ora  qui  tutto  e  cambiato. 

Da  quando  sono  sbarcato,  mi  son  sen- 
tito  ripetere  ogni  giorno: 

—  Oh,  qui  ladri  non  ci  sono,  qui  non 
si  ruba  mai... 

A  furia  di  sentire  sempre  la  stessa  sto- 
ria,  finii  col  dire  anch'io  come  gli  altri: 

—  Lasci  pure  I'automobile  in  strada, 
tanto,    in    Giappone    ladri    non   ci    sono. 

Cosi,  quando  si  doveva  entrare  in  casa, 
lasciando  le  scarpe  alia  porta: 

—  Non  le  porteranno  \ia,  tanto,  ladri 
non  ci   sono... 

Pensate  poi  come  rimasi,  il  giorno  in 

cui  lessi  nel  giornale:  «  A  T una  fami- 

glia  e  sata  tutta  assassinata  dai  ladri. 
La    poHzia    indaga ». 

Per  bacco!  Ed  io  che  dormo  senza 
porte,   sen?a   serrature! 

La  casa  giapponese  e  bella,  come  un 


giocattolo,  ma  quando  si  pensa  ai  ladri 
che  entrano  senza  fatica  e  che  anunazzano 
la  gente  con  tanta  abilita  da  non  inter- 
rompere  nemmeno  il  sonno... 

Intanto  da  quel  giorno  tengo  sempre 
accanto  al  letto  una  scopa:  credo  che  con 
una   scopa   in   mano   si   diventi   terribili. 


* 
*   * 


Trasportato  lo  studentato  filosofico  da 
Miyazaki  a  Takanabe  (si  puo  andare  a 
piedi  o  col  treno)  andai  con  D.  Cimatti 
a  ossequiare  le  autorita,  coniinciando  dai 
capo  di  polizia. 

Inchini,  biglietti  di  visita,  colpi  di  tosse, 
te,  e  poi: 

—  Avete  fatto  bene  a  venire,  bisogna 
che  la  gente  sappia  che  siamo  amici; 
voi   siete  stranieri,   siete   ricchi... 

—  Siamo  poveri,  poveri,  stia  sicuro; 
\'enire  da  noi,  e  come  andare  al  cimitero; 
piu   che  le   nostre   ossa... 

—  Ebbene,  a  proposito  di  cimitero, 
sentite;  ieri  ho  arrestato  una  citiquantina 
di  persone  che  hanno  svaligiato  un  cen- 
tinaio  di  tombe  preistoricbe.  Venite  a 
vedere! 

E  precedutoci  in  un'altra  camera,  ci 
fece  vedere  un  monte  di  sassi,  di  punte 
di  f recce,  cocci,  selci  lavorate,  un  vero 
niTiseo  dell'eta  della  pietra. 

—  Avevano  bisogno  di  materiale  da 
costruzione?  , 

—  E  che  speravano  di  fare  dei  soldi 
vendendo  tutto  all'estero.  E  voi,  state 
attenti,  vi  raccomando. 

Io  tornai  a  casa  col  proposito  di  pren- 
dere  una  scopa  che  avesse  il  manico  piu 
grosso.  Ma  se  vengono  in  cinquanta,  cosa 
posso  fare  con  una  scopa  sola? 


207 


GIAPPONE  (Miyazaki).   =    Entrata  e  salone  centrale   deU'asilo   « Stella   mattutina» 


Persino  nei  libri  di  scuola  si  parla  di 
ladri. 

Per  studiare  il  giapponese,  non  c'e 
altro  mezzo  che  tradurre  i  libri  delle  ele- 
mentari.  Che  delizia! 

a,  i,  It,  e,  0 

fagiolo,    Colombo,    metro... 

il  gatto  e  bianco... 

il  cane  e  nero... 

Dopo  venti  pagine  di  tale  letteratura, 
{e  io  credevo  di  aver  finiti  gli  studi!)  siamo 
arrivati  al  primo  racconto,  Momotaro. 
In  quattro  parole,  e  la  storia  la  sapete. 
Si  tratta  di  un  ragazzo,  che  a  soli  lo  anni 
va  a  fare  il  pirata,  per  rubare  i  tesori  in 
un'isola  guardata  dai  demoni.  Ci  riusci. 
I  poveri  diavoli  dovettero  dare  tutto, 
fin  il  carro,  per  avere  salva  la  vita.  Ora 
a  quel  ragazzo  hanno  fatto  un  tempio. 
I  ragazzi  di  prima  elementare  non  so- 
gnano  che  di  imitarlo. 

Nel  secondo  libro  di  lettura,  proprio 
alia  fine,  anche  qui  un  racconto  di  ladri. 


Ouesta  volta,  sono  i  ladri  che  hanno 
la  peggio.  Riferisco  il  fatto  coni'e  scritto, 
per   non   guastare   la   bellezza    letteraria. 

Siitendogi  era  un  ladro  che  rubava  ora 
delle  persone,  ora  delle  cose.  Allora  il 
«  Figlio  del  Cielo  »  disse  al  prode  generale 
Raiko:Va.,  e  falla  finita  con  quel  ladri  che 
vengono  a  rubare  fin  in  citta! 

II  prode  Raiko,  travestitosi  da  pelle- 
grino,  seguito  da  numerosi  soldati  pure 
travestiti,  dopo  lungo  cercare,  capito  pro- 
prio in  bocca  al  lupo. 

II  brigante  Siitendogi,  visto  che  si  trat- 
tava  di  pellegrini,  fece  un  gran  pranzo  e 
invito  tutti  a  fermarsi  qualche  giorno. 
Siitendogi,  felice  di  avere  tante  buone 
persone  in  casa,  si  ubriaco  con  tutti  i 
suoi  sgherri.  Poi  caddero  sotto  le  tavole 
russando  beatamente. 

Quel  russare  era  come  il  rumore  del 
tuono,  ma  il  prode  Raiko  non  si  spavento. 
Sguaino  imperterrito  la  sua  spada  e  at- 
tacco  il  terribile  Sii*eiidogi  che  sognava 
di   bere   un   fiume   di   bake!   Allora   ebbe 


G('^Pf'ONE  (  Fano).   =   Njovc  ablti:loni.    —    Kcsidcnza   dclla  mUsionc. 


20S 


hiogo  un  duello  lerriliile:  da  una  parte 
balenava  la  spada  del  prode  Raiko,  dal- 
I'altra  brillavano  gli  occhi  del  brigante, 
nia  la  spada  ebbe  il  sopravvento  e  tutti 
i  briganti  furono  sterniinati. 

Da  quel  giorno,  per  un  po'  di  tempo 
(siamo  5  secoli  prima  del  Saverio)  in 
(Jiappone,  presso  la  capitale,  non  vi  fu- 
rono piu  ladri. 

A  leggere  queste  cose  nei  libri  di  scuola, 
si  fa  una  risata  e  non  ci  si  pensa  piu; 
nia  e  un  altro  paio  di  maniche,  quando  a 
tavola   si   fan   dei   discoisi   come   questi: 

—  Questa  notte,  ere  li  tra  il  dormive- 
glia,  quando  sento  un  piccolo  rumore. 
Guardo  bene  e  vedo  spuntare  sulla  ve- 
randa una  testa,  poi  le  spalle...  allora, 
senza  pensarci,  grido:  nan  diskaP  (cosa 
c'e?).  Al  sentire  la  mia  voce,  quello  la 
salta  giu  e  via. 

—  Un  ladro? 

—  Oh,  ma  questo  e  niente.  Un  mis- 
sionario  della  missione  qui  vicino  a  noi, 
nientre  dormiva,  si  e  sentito  d'un  tratto 
uno  addosso  che  lo  teneva  ben  stretto, 
con  clii  sa  che  intenzioni.  Ha  dato  un 
tale  urlo,  che  sono  accorsi  tutti  <]uei  di 
casa.  Dice  che  gli  vengono  i  brividi  ancor 
era,  soltanto  al  pensare  a  quel  brutto 
memento. 

—  Con  queste  case  che  abbiamo  qui, 
non  c'e  da  meravigliarsi  di  nulla. 

Non  un  cancello,  non  una  serratura. 
Con   un   pugno   si   sfonda   tutto.    C'e   da 


meravigliarsi  c!ie  non  portino  via  anche 
nui  lon  la  nostra  roba. 

—  Oh,  a  me  e  sparita  la  penna  stilo- 
grafica   dal   tavolino. 

—  A  me  e  sparito... 

E  ognuno  diceva  la  sua.  Ebbene,  que- 
sti discorsi  non  sono  come  i  racconti  dei 
libri.  Di  notte,  svegliandosi,  si  pensa  su- 
bito  all'uomo  della  veranda,  si  pensa  al 
missionario  che  s'e  sentito  afferrare  per 
il  collo...  si  sta  a  guardare  la  finestra 
aperta:  ci  sara  qualcuno  la  fuori,  tra  gli 
alberi?  Se  uno  volesse  entrare,  non  ha  che 
da  spingere  i  sogi,  piu  leggeri  di  un  para- 
vento... 

Poi  si  riaddormenta,  ma  ad  ogni  ru- 
more, che  sussulto!  Seduto  sul  letto,  con 
le  orecchie  tese...  si  passa  alcuni  minuti, 
poi:  sara  state  un  topo,  sara  caduto  qual- 
che  kak''  dall'albero... 

Quando  arriva  I'alba,  si  vorrebbe  dor- 
mire  tranquilli,   ma   non  c'e  piu   tempo. 


Ho  voluto  domandare  al  mio  amico, 
a  «  Voce  del  Fiume  »: 

—  Mi  dica,  in  Giappone,  ci  sono  o 
non  ci  sono  i  ladri? 

—  Son  domande  da  farsi,  queste? 

II  Giappone  e  cosi  progredito  come 
I'Europa  e  I'America;  non  vuole  dunque 
che  ci  siano  i  ladri? 

D.  Marega  Mario 
Missionario  Salesiano. 


20g 


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(alto)  UcJiilc  i'lin  tcmpio  sini 
Oonnc  giapponc: 


3)  Bntichi  qucrrkri  nipponici 
ore  i)\  riposo... 


LA  LEBBROSERIA  DI  NGAYE 


La  lebbroseria  clie  i  Missionari  Salesiani 
hanno  inaugurata  a  Ngaye  (Congo  Belga) 
al  principio  del  corrente  anno  ha  ricevuto 
la  visita  del  Prefetto  Apcstolico  Mons.  Sak, 
il  quale  ha  approfittato  deH'occasione  per 
amministrare  la  S.  Cresima  a  una  quaran- 
tina  di  cristiani.  Quel  bravi  indigeni  si  ac- 
costarono  quel  giomo  all'altare  con  le  mani 
giimte  e  con  un  raccogliniento  che  iudicava 
la  viva  emozione  delle  anime  loro:  conquiste 
deliziose  dello  Spirito  Santo. 

Ngaye  dista  da  Kak3-elo  circa  i8  km.  che 
possono  percorrersi  comodamente  —  quand'e 
possibile  —  in  biciclctta.  A  Ngaye  ri.siede  il 
missionario  P.  Claquin,  un  vecchietto  dalla 
barba  bianca  ma  ancora  nel  pieno  vigore  e 
coraggio.  Ne  diede  prova  ultimamente  quan- 
do,  assalito  da  im  leopardo,  si  difese  brava- 
mente.  E  vero  che  ne  usci  dalla  lotta  con 
le  impronte  d^gli  artigli  deUa  belva  sulle 
braccia  e  sulle  gambe;  ma  ebbe  la  soddisfa- 
zione  di  vedere  la  fiera  pagare  colla  niorte 
la  sua  audacia.  Egli  pero  dovette  essere 
trasportato  dai  cristiani  in  casa  e  curato, 
ma  al  jireseiitc  fe  del  tutto  rimesso  in  forze. 

Le  belve  ronzano  con  predilezione  attorno 
al  lazzaretto.  II  mattino  del  giomo  in  cui  vi 
giunse  Mons.  Sak  un  altro  gro.sso  lecpardo 
era  caduto,  e  la  vigilia  una  iena  forniidabile 
vi  aveva  lasciata  la  vita;  poclii  giorni  (lcj])o 
fu  la  volta  di  un  leone  maschio  dalla  folta 
criniera.  Belle  cacce  che  misero  in  sospetto 
Mons.    Sak;   egli   scorse   in   codcsti   pericoli 


una  gelosia  del  diavclo  per  1 'opera  proA'^'i- 
denziale  iniziata  a  Nga)-e,  e  forse  non  ha 
del  tutto  torto. 

La  lebbroseria  promette  bene;  nelle  ca- 
sette  ben  allineate  vi  abitano  gia  una  tren- 
tina  di  persone,  iiove  delle  quali,  fortemente 
colpite  dalla  lebbra  alle  mani,  ai  piedi  e  alia 
faccia,  sono  ridotte  ad  una  condizione  ri- 
buttante.  Pure  tutti  sono  felici  di  non  sen- 
tirsi  pill  abbandonati;  sono  di  fatti  ben 
ciirati,  puliti,  nutriti...  e  istruiti  nei  doveri 
cristiani.  II  lebbrosario  consta  di  20  ettari 
di  terreno  disbcscato  e  gia  coltivato  a  se- 
mina;  su  quei  campi  si  posano  con  com- 
piacenza  gli  sguardi  dei  poveri  lebbrcsi, 
pieni  di  speranze  in  un  promettente  raccolto 
die  assicurera  loro  I'agiatezza.  Intanto  si 
prosegue  a  costruire  case  di  fango  battuto 
in  attesa  di  peter  meglio  ijrovvedere  a  co- 
struzioni  piii  stabili;  anche  la  c;  sa  del  mis- 
sionario e,  come  le  altre,  di  fango  coperta 
di  paglia  con  due  aperture,  che  di  notte 
vengono  chiuse  con  porte  di  canne  di  banibii 
e  contro  le  quali  le  fiere  si  divertono  a  ra- 
spare,  faceiido  sussultare  il  povero  nii,=sio- 
nario. 

Cio  che  soprattutto  risalta  nella  lebbro- 
.seria  6  la...  poverta.  ((Don  Bosco,  scriveva 
Mons.  Sak,  sara  contento  e  benedira  la 
nuova  opera  che  metticmo  sotto  la  sua  pro- 
te/.ione.  Che  egli  ispiri  le  anime  genercse 
ad  aiutarci,  specialniente  i  giovani  ». 

X. 


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212 


CRONACHETTA  MISSION  ARIA 


LE  FESTE  DEL  BEATO  ODORICO 

Le  feste  che,  in  onorc  del  B.  Odorico,  cbbero 
liiogo  a  I_"diiio  nci  primidclsettombre,  riuscirono 
una  soleune  apoteosi  dell'iiitrepido  missionario. 
he  feste  ebbero  inizio  nella  cliiesa  del  Carmine 
con  la  ricoguizione,  fatta  da  S.  E.  Jlonsignor 
Arcivescovo,  delle  sacre  spoglie,  conservate 
nell'iirna  fin  dell'auno  1300;  spoglie  che  col- 
locate in  un'artistica  urna  fiirono  portate  dai 
PP.  francescani  delle  tre  famiglie;  conventuali, 
cappuccini  e  minori,  alia  metropolitana  con  una 
Qiagiiifica  processione  a  cui  parteciparouo  folle 
inipouenti  di  icdeli  con  S.  E.  Mons.  Nogara, 
arcivescovo  di  Udine,  le  LL.  EE.  Slons.  Bovelli, 
arcivescovo  di  Ferrara,  Mons.  Delia  Pietra, 
Delegato  Apostolico  in  Albania,  Mons.  Calza, 
Vicario  Apostolico  nell'Honan  (Cina). 

Pellegrinaggi  grandiosi  sono  stati  organizzati 
per  venerare  le  sacre  reliquie  del  missionario.  La 
festa  di  chiusura  al  6  settembre  riusci  veramente 
trionfale:  otto  vescovi  e  tutte  le  autorita  pre- 
sero  parte  alle  soleuni  funzioni  in  duomo  e  alia 
processione  per  il  ritoruo  delle  reliquie  alia 
chiesa  del  Carmine. 


CONGRESSO    MISSIONARIO 

II  10  settembre  si  e  aperto  a  Barcelos  (Porto- 
gallo)  —  citta  di  grandi  tradizioni  missiouarie 
—  il  prima  congresso  missionario  portoghese, 
presente  tutto  I'episcopato  portoghese  con  a 
.•■apo  I'E.mo  Patriarca  di  Lisbona,  legato  Pon- 
lificio.  Per  la  circostanza  fu  iuaugurata  uu'espo- 
^izione  missionaria.  II  congresso  si  e  chiuso  con 
ana  tnagnifica  processione  eucaristica. 

FRANCESCANI    PERITI 

Durante  le  recenti  inondazioni  in  Cina,  una 
barca,  suUa  quale  erano  alcuni  francescani,  fu 
capovolta  dal  vento:  tre  francescaui  laici  sono 
iunegati. 

MONS.  RICCI  LIBERATO 

Monsiguor  P.icci,  Vicario  apost.  di  Lao-ho- 
kow  che  era  stato  catturato  il  i;  raaggio  dai 
briganti  comunisti,  e  stato  libcrato. 


SBRANATO  DA  UN  LEONE 

II  Rev.  Myron  Taylor,  appartenente  ai  Fra- 
telli  iu  Cristo,  araericani,  e  fin  dal  1907  missio- 
nario nella  Rhodesia  settentrionale,  ha  perduto 
la  vita  nel  tenlare  di  uccidere  un  leone  fuggito 
dalla  trappola.  Avendo  mancato  i  colpi  sparati 
sulla  belva,  questa  infuriata  si  scaglio  su  di 
lui  e   lo  sbrano  orribilniente. 


LA  MESSE  E  MOLTA 

Si  verifica  veramente  la  parola  di  Gesu  nel 
vicariate  del  Bangweolo:  ivi  i  cristiaui  aumen- 
tarono  di  circa  7000  in  quest'anno,  mentre 
quasi  40.000  catecumeni  attendono  nelle  12 
missioni   il    battesimo. 


LUNIVERSITA    CATTOLICA    DI   PECHINO 

L't-'niversita  Cattolica  di  Pechino,  fondata  e 
diretta  dai  benedettini  americani,  e  .stata 
ufficialmente  riconosciuta  dal  Governo  cinese; 
godra  cosi  di  tutti  i  diritti  delle  X^niversita  ed 
i  gradi  da  essa  conferiti  avranno  il  riconoscimcnto 
ufficiale.  Da  molto  tempo  si  .sapeva  che  il  ri- 
couoscimento  doveva  venire  e  le  autorita  ci- 
nesi  gia  la  consideravano  come  registrata,  ma 
la  notizia  ufficiale  fu  data  solo  il  23  agosto. 


LOPERA  DI  UN   MISSIONARIO 

II  padre  Bernardo  Huss,  il  noto  sociologo 
fondatore  di  tante  opere  sociali  nel  Sud  Africa, 
e  stato  iuvitato  dai  Goverui  del  Bechuanaland 
e  dello  Swaziland  a  tenere  delle  conferenze 
nei  loro  territori.  Anche  il  Governo  Transkciano 
di  Umtata  lo  ha  iuvitato  a  tenere  delle  confei'cnze 
ed  a  preparare  i  capi  per  le  organizzazioni  eco- 
uomiche  e   rurali. 

II  P.  Huss  ha  scritto  uue  serie  di  articoli  su 
« I  ncgri  americani  e  gli  indigeni  africani  »,  che 
vengono  pubblicati  dal  giornale  Vmlata  Territo- 
rial News,  ed  il  Governo  gli  ha  domandato  di 
poter  stamparc  quegli  articoli  in  un  opuscolo 
di  2000  copie,  per  distribuirlo  fra  gli  indigeni 
colti. 


2/J 


d 


a 


Riviste 


issionane 


PER  CONVERTIRE  L  AFRICA 

Ecco   cio   che   chiede   suWEco   deU'Afiicii   im 
missionario: 

1°  Sostenere  con  poderosi  mezzi  finanziari 
i  Catechisti  negri,  che  conoscono  la  lingua  e 
persuadono   i   loro   fratelli   facilmente. 

2"  Estendere  il  servizio  automobilistico:  un 
missionario,  senza  auto,  perde  una  gran  parte 
di  tempo  che  potrebbe  utilmente  impiegare; 
di   pill,  puo   fare   per   dieci   missionari. 

Forse  il  missionario  ha  ragione! 


LE  '•  STRADE  DELLA  PREGHIERA  " 

Ne  parlano  gli  Aiiuali  di  A'.  S.  del  S.  Ciiore. 
Quando  il  P.  Fastre  e  il  fratello  Augusto  pre- 
sero  posscsso  di  Mafulil  nella  Papuasia,  pcnsa- 
rono  subito  a  costruire  delle  strade;  impresa 
gigantesca,  dovendosi  aggrappare  ai  fianchi  sco- 
scesi  dei  monti  a  strapionibo  su  precipizi,  cor- 
rere  su  terreni  mai  battuti  fin  qui  e  che  bisogna 
sbarazzare  prima  da  inestricabili  barricate  di 
radici,  liane,  spoglie  dei  giganti  della  foresta 
vergine  che  da  millenni  li  spuntarono  e  ivi  cad- 
dero.  Bisogna  poi  tener  conto  della  mano  d'opera 
primitiva:  i  kanaki  si  ostinavano  a  portare 
in  testa  la  carriola  anziche  t'arla  correre. 

Fratello  Augusto  ebbe  un  cattivo  inizio  in 
questa  sua  fatica.  Mentre  marcava  il  tracciato, 
cadde  in  un  agguato  per  cinghiale,  sorta  di 
fossa  che  i  selvaggi  scavano  per  catturare  anche 
i  loro  nemici,  dissimulata  sotto  un  abbondante 
fogliame  il  cui  fondo  e  irto  di  grosse  lance  den- 
tate. Fr.  Augusto  avrebbe  dovuto  rimanere  in 
qnella  trappola,  ma  i  nostri  Angeli  vegliano. 
Senza  saper  come,  si  ritrovo  sano  e  salvo  tre 
raetri  piu  distante,  aggrappato  aU'cstremita  op- 
posta  a  quella  ove  era  scivolato... 

Dopo  I'agguato  materiale  venue  quello  pin 
sconcertaute  della  febbre.  Tenne  testa  a  tutti 
gli  ostacoli  il  buon  fratello  Augusto,  da  vcro 
missionario.  L'opera  sua  iuconiinciata  con  taiito 
fervore  fu  seguitata  da  altri  cd  era  finita  nel 
1008.  Oggi  e.sistono  800  km.  di  strade  cosi  pre- 
paratc  e  sono  chiamate  « le  strade  della  pre- 
ghiera  »,  e  allacciano  i   villaggi   alle  niissiniii. 


IL  "FRIAGEM" 

E  un  fenomeno  che  si  ripete  ogni  anno  da 
maggio  ad  agosto,  nel  grande  bacino  aniazzo- 
nico  e  ronsiste  nei  bruschi  abbassamenti  di 
temperatura    al    nord    nella    immensa    vallata. 

Xel  fondo  del  bacino  aniazzonico  —  scrive 
P.  Antonio  da  Perugia  nel  Massaia  —  difeso 
dal  potente  massiccio  delle  Aude,  da  maggio  ad 
agosto  la  vallata  si  ri,sente  delle  alternative 
Ijaromctriche:  i  venti  perturbano  la  regione 
atmosferica,  ed  hanno  la  massima  importanza 
nella  climatologia  amazzonica.  Quando  sof- 
fiano  i  venti  di  nord-est  rinfrescano  gli  ardori 
tropicali;  ma  quando  invecc  .sotfiano  da  sud- 
est  il  termometro  si  abbassa  bruscamente 
a  16,  a  12  e  anche  a  10  gradi;  e  allora  dalle 
alture  scendono  certe  raffiche  gelate  da  tra- 
sformare  le  ardenti  Amazzoni  in  una  gelida 
Siberia. 

Gli  indi  risentono  specialmente  il  cambiamento 
e  lo  chiamano  jriazem.  E  il  tempo  delle  eca- 
tombi  umane:  le  costipazioni,  le  grippe,  le  pol- 
nioniti  non  si  contano  piii.  E  certe  volte  il 
fenomeno  si  prolunga  per  settimane  e  si  ripete 
varie   volte. 

II  nii,s.sionario  allora  si  trasforma  in  medico 
per  curare  e  distribuire  medicine  ai  numerosi 
nialati. 


IL  "COCHIPE" 

fi  una  malattia  caratteristica  degli  abitanti 
le  .selve  equatorianc.  Scrive  Vila  Giuseppina, 
che  d  una  specie  di  lebbra,  che  a  poco  a  poco 
consuma  le  carni  del  paziente  riducendolo  ad 
uno  scheletro  viventc.  E  una  malattia  estrcma- 
niente  epidcmica  il  coiliife,  e  guai  se  cntra  in 
una  famiglia;  in  breve  ne  infetta  tutti  i  membri. 

Fiuo  a  pochi  anni  fa  non  .si  conosceva  un  ri- 
nie<Iio  si^ecifico;  fu  P.  C.ianotti  a  introdurre 
nella  Missione  del  Tcna  (I'lquatore)  un  prodi- 
gioso  rimedio  die  in  pochi  giorui  ridoua  alle 
carni  putrefatte  la  primitiva  fre.schczza,  il  pri- 
niiero  colorito.  II  buon  missionario  fu  colpito 
dalla  morte  jjoclii  mesi  or  sono. 


2/4 


La  fine  del  dono  deH'lmperatore 


(RACCONTO) 


Uii  valoroso  Samurai  el)l)e  in  dono 
dall'imperatore  un  prczioso  servizio  di 
porcellana  antica,  consistente  in  venti 
piatti  artisticamente  decorati. 

Quel  dono  era  I'orgoglio  del  Samurai. 

Nelle  grandi  feste,  quando  ospitava  il 
fior  fiore  della  nobilta,  faceva  mettere  in 
tavola  due  di  quei  preziosi  piatti  e  li 
mostrava    con    visibile    compiacenza. 

La  servitu  pero,  in  fiuelle  occasioni, 
avrebbe  preferito  che  i  piatti  restassero 
sempre   chiusi   nel   loro   cofano. 

■ —  Se  uno  di  voi  rompera  anche  uno 
solo  di  t:ili  piatti,  lo  paghera  con  la  sua 
testa! 

Ouella  minaccia  era  ri])etnta  ogni  <|ual 
volta  si  dovean  esporre  alcuni  dei  piatti. 


Popo  una  grande  festa,  mentre  si  ri- 
poneva  tutto  in  ordine,  una  serva  ebbe 
!i  disgrazia  di  rompere  uno  di  quei  piatti. 
Fu  un  colpo  per  tutti.  Nessuno  ardi\'a 
parlare.  Per  fortuna  il  Samurai  in  qxiel 
momento  non  si  trovava  in  casa,  ma  non 
avrebbe  tardato  molto  a  ritornare.  Tutte 
le  serve,  le  cameriere,  le  sguattere,  tutti 
insomnia  stavan  intorno  alia  Oisgraziata 
che  piangeva  dirottamente. 

In  quella  eutra  uno  dei  servi,  e: 

—  Cosa  c'e  da  piangere  tanto? 

—  Haruko  ha  rotto  un  piatto.  Orniai 
e  sicara  che  le  sue  ore  sono  contate. 

—  Per  un  piatto?   Ma  via! 

—  £  uno  di  quelli  regalati  dall'impe- 
ratore. L'ha  detto  chiaramente  il  padrone: 
se  ne  rompete  uno,  lo  pa  gate  con  la  vita. 

—  'Ma  vi  e  un  rimedio  a  tutte  le  cose, 
lo  ho  un  parente  che  sa  aggiustnre  le 
porcellane  rotte.  Lasciate  fare  a  me.  Non 


pensateci  piii.  I'iuttosto,  giacche  il  pa- 
drone non  c'e,  fatemi  vedere  anche  gli 
altri  piatti. 

—  vSei   matto!   e  se   si   ronqxino... 

—  Ma  via!  Non  vi  ho  detto  clie  ci 
penso  io!  Fatemi  questo  piacere.  vSe  questo 
piatto  rotto  e  cosi  bello,  chi  sa  come  lo 
sono  tutti  insieme!  Voglio  appagare  questa 
inia  curiosita.  Del  resto,  se  non  mi  tate 
vedere  il  ser\'izio  completo,  io  non  faccio 
aggiustare    il    piatto    rotto! 

Non  potendo  fare  altro,  le  serve  tclsero 
dal  cofano  tutti  i  piatti,  diciannove  in 
tutto,    e    glieli    mostrarono. 

—  >Sono  veramente  belli!  —  e  si  chino 
per  rsser\'arli  bene,  ma,  d'un  tratto, 
afferrato  un  bastone  che  c'era  li  presso, 
si  mise  a  battere  furiosamente  su  quei 
piatti,   finche  non   li   ebbe   rotti   tutti. 

Fu  un  urlo  di  spavento.  In  quel  mentre 
entra  il  Samurai... 

II  servo,   impavido,   si   avanza,   e: 

—  \'oi  avete  minacciato  la  morte  per 
ogni  piatto  rotto.  Uno  alia  volta,  o  prima 
o  poi,  si  sarebbero  rotti  tutti.  Cosi,  per 
causa  di  quei  piatti,  avrebbero  dovuto 
morire  una  ventina  di  persone.  Ma  la 
vita  d'un  uomo,  vale  molto  di  piti  di 
quei  piatti.  Ebbene,  e  meglio  che  muoia 
uno  solo,  e  che  poi  la  sia  finita  con  queste 
minacce.  Uccidete  me  solo.  Murio  con- 
tento,  perche  cosi  salvo  la  vita  f.d  altre 
diciannove  persone.  Eccomi  pronto!  —  e 
si  mise  in   ginocchio,   porgendo   la   testa. 

II  Samurai,  benclie  molto  arrabbiato, 
al  sentire  quelle  fiere  parole,  pieno  di 
ammirazione,  perdono  ogni  cosa.  Si  gua- 
dagno  cosi  I'affetto  e  la  stinia  di  tutti. 

D.  Marega 
Missionario  Salesiano 


Iii    i. 


21 


L'origine 

del 

Oiappone 

seconJo  la  mi- 

tologia  ^iap- 

ponese 


La  terra  non  esisteva  ancoia,  pero  c'era  una 
broda  amara,  densa  e  pesante,  come  I'olio  che 
si  muoveva  lentamente. 

Nel  cielo  del  Giappone,  o  meglio,  la  dove 
sarebbe  sorto  il  Giappone,  gU  dei  apparivano 
e  sparivano,  come  da  noi  i  lampi,  quando  fa 
caldo;  gli  dei  nascevano  come  funghi  e  se  ne 
andavano    senza    dir    niente    a    nessuno. 

Ad  uu  tratto  ecco  spiintare  una  dozzina  di 
dei  (quasi  dodici)  che  han  voluto  fare  le  cose 
sul  serio. 

—  Ola!  Udite  la  mia  voce!  Tutti  i  popoli 
hanno  una  storia  antichissima.  Saremo  noi  da 
meno  degli  eroi  dell'Olirapo?  Orsu,  tramandiamo 
il  nostro  nome  ai  posted  e  facciamo  qualche 
opera   degna   della   storia. 

—  In  tutte  le  mitologie,  ci  son  gli  dei  che 
fanno  opere  portcntose.  lo  proporrei  di  fare 
la  terra. 

—  Faccio  osservare  che  la  terra  e  gia  fatta, 
ad  ogni  modo  la  proposta  non  e  cattiva.  Met- 
tiamoci  mano  anche  noi.  Se  non  allro,  si  dira 
che  almeno  un  pezzo  di  terra  I'abbiam  fatto 
noi. 

—  Ben  detto.  Siccome  ho  letto  nelle  storie 
d'Kgitto,  robe  meravigliose  su  Iside  e  Osiride, 
fratello  e  sorella,  incarichiamo  anche  noi,  due 
dii,  fratellchc  sorella,  che  vadano  in  quel  paese 
che  sta  qui  sotto,  a  fame  qualcuna  da  traman- 
dare  ai  posteri.  —  A.  (juesto  punto  si  avanzo 
Izanaghi  con  la  sorella  Izanami.  Eran  vestiti 
di  bianco,  coi  calzoni  legati  alia  caviglia;  i  ca- 
pelli  ncri,  limghi,  raccolti  come  una  matassa, 
prcsso  k-  orccchie,  tenuti  fermi  da  pettini  di 
di  bambu. 

—  lo  per  me,  ci  vado.  lla  con  niente  si  ha 
niente.  Cosa  mi  date? 

—  C'e  qui  una  lancia,  a  qualche' co.sa  servird. 
Se  non  altro  —  I'ho  letto  ncWIIiadc  —  puo 
farvi   ombra,    e   un'ombra   hinga! 

—  ServirA  anche  questa.  Date  qua.  Quale 
strada  dcvo  prendcre? 


^  Va  sempre  diritto,  giu  per  il  ponte  del 
cielo.  Ouando  questo  e  finito,  e  segno  che  sei 
arrivato.    Andate   e   fatevi    onore. 

Izanaghi  mise  la  lancia  sotto  il  braccio  e 
s'incammino  tutt'allegro,  seguito  dalla  sorella 
che  teneva  le  mani  nascoste  nelle  nianichc, 
tremando  dal  freddo.  E  non  aveva  torto;  doveva 
fare  molto  freddo,  perche  il  sole  aveva  ancora 
da  nascere.  I  loro  passi  risuonavano  stranamente: 
pata-pata,  pata-pata. 

—  Ci  sara  da  fidarsi  a  scendere  su  quella 
roba  cosi  equivoca,  che  si  niuove  la  sotto? 

—  Possianio  provare  con  la  lancia.  Ci  arriva? 
—  Izanaghi  immerse  la  lancia  in  quell'acqua  sal- 
mastra,    senza    trovare    alcuna    rcsistenza. 

—  Qui  si  puo  pestare  fin  che  si  vuole,  ma 
piu  che  buchi  nell'acqua,  non  si  riesce  a  fare. 
Ij   proprio   acqua.    Senti! 

E  si  mise  ad  agitare  I'acqua  con  la  lancia; 
dal  basso  saliva  il  rumore  dell'acqua  smossa: 
koAvoro,  koworo,  koworo. 

—  Proviamo    in    un    altro    posto. 

Alzo  la  lancia  e  si  mise  ad  osservare  la  punta 
tutta   bagnata,    tanto    per    guadagnare    tempo. 

Dalla  punta  della  lancia  intanto  le  gocce 
cadcvano  giu  luia  dopo  I'altra;  appena  tocca- 
vano  I'acqua,  divcnivano  solide  si  da  formare 
un'isola. 

Le  grandi  invcnzioni  si  fanno  sempre  senza 
pensarci. 

—  I'xco  che  abbiam  fatto  la  terra!  Cioe,  ecco 
fatta  la  prima  isola  del  Giappone,  vieni,  scen- 
dianio;  non  c'e  piu  pericolo  di  bagnarci  i  piedi. 

—  Ho  mai  toccato  I'acqua  in  vita  mia,  spe- 
riamo    che    non    ci    capitino    disgrazie. 

—  Fatti  coraggio!  Ricordati  die  siamo  dei; 
e   poi,    finora   non    siamo    ancora    mnrti.    Vicni. 

Cosi  ebbe  origine  la  prima  isola,  la  prima  fa- 
miglia;  dalla  prima  famiglia,  ncU'isola  di  Ono- 
goro  nacque  ben  presto  un  figlio...  ma  quale 
figliol   Un  mostro!   Un  mostro  che  era  uu  i.sola! 

(Continua). 


2/6 


Pkcole  mm\m 


'4.  4. 


missionarie 


GUSTI   CONTRARI 


p.  Coltre  del  Sacro  Ciiore  racconta  sug!i 
AniKrIi  di  N.  Signora  del  S.  Ciiore  un  bel  caso 
capitatogli   lui   gionio  tra  i   kanaki. 

—  Caro  padre  Coltre,  —  si  disse  un  gionio 
—  se  vuoi  inangiare  anche  tu  qualcosa,  bisognera 
pure  che  incomiuci  ad  accenderti  il  fuoco. 

Raccolgo  un  po'  di  legna  e  inconiincio  la 
nianovra. 

Cosa  devo  cuocere? 

Ah,  c'e  un'anitra  selvatica  catturata  clic  pa- 
ghera  le  spese  del  pranzo  —  e  inconiincio  gia 
a  gustare  con  la  niente  il  buon  brodo  e  il  miglior 
lesso  che  uscira  fuori  da  quel  provvidenziale 
volatile. 

Jli  si  fa  avanti  Aitsi  Raffaele,  un  frugolo  di 
:o  anni. 

—  P.  Contere,  lascia  fare  a  nie  che  ti  pre- 
paro  il  desinare.  Tu  sei  stanco  e  hai  bisogno  di 
riposarti. 

—  lla  sai  fare  il  cuoco  tu?... 

—  Molto  bene. 

—  E  dove  hai  iniparato? 

—  Prima  sono  stato  da  un  inglese,  poi  da 
un  altro  e  poi  da  un  terzo  e  ho  imparato  parec- 
chie  cose. 

: —  Bah!  Jli  pare  un  po'  strano  che  abbia  ser- 
vito  tanti  padroni,  nientre  non  ti  sai  ancora 
soffiare  il  naso.  Basta,  preparami  un  po'  di 
brodo   e  un  po'  di  lesso.  Sai  fare  la  minestra? 

—  Altro   che! 

—  AUora  preparami  un  po'  di  minestra  e  il 
lesso  lo  pas.serai  in  padella.  Quando  sara  tutto 
pronto,    verrai    a   chiamarmi. 

R  mi  allontanai  quanto  un  tiro  di  sasso  per 
dirmi    un   po'    di   breviario   e   riposarmi. 

Dopo  un  paio  d'ore  il  niinuscolo  cuoco  mi 
chiama. 

— ■  P.  Contere,  tutto  pronto. 

—  Vengo  subito...  Portami  un  po'  cotesta 
minestra. 

La  gusto:  oh,  povero  me!  Non  e  che  acqna 
calda    salata. 

—  Birbone  d'un  monello!  E  questa  tu  la 
chiami  minestra?  ila  come  Thai  fatta? 

—  P.  Contere,  ho  preso  I'acqua  e  vi  ho  messo 
il  sale. 


'*4i^ 


—  Si,  eh?  E  il  brodo  dell'anitra? 

—  Quello  I'ho  buttato  via...  E  che,  volevi 
mangiarti  quella  porcheria  nerastra? 

lo  non  so  quale  santo  del  Paradiso  mi  ha 
retto  le  raani  in  quel  momento.  Pensate:  il 
brodo  buttato    via,    e    il    lesso...    carbonizzato. 

D'ora  in  poi  quando  mi  si  presentera  qualchc 
altro  cuoco  patentato,  mi  guardero  bene  dal- 
I'affidargli  la  mia  marmitta  a  occhi  chiusi. 


FATICHE  SCONCERTANTl 

Imparare  una  lingua  nuova,  mai  scritta,  im- 
porle  il  giogo  della  morfologia  e  della  sintassi 

—  unica  maniera  per  renderla  a  noi  accessibile 

—  arriccliirla  di  un  dizionario  di  parole  astratte 
che  essa  ignora  completamente;  tale  fu  la  fatica 
di  P.  Fastre  e  di  fratel  Augusto  missionari  di 
Mafulu  nella  Papuasia.  Ricordano  gli  Airtiali 
di  N.  Sii^itoya  del  S.  Ciiore  che  i  primi  giorni 
fratel  Augusto,  col  taccuino  in  mano,  s'era  pre- 
fisso  di  imparare  le  parole  piii  elementari. 
Jlostra  una  macina  a  un  selvagaio  e  gli  fa  cenno 
come    per    domandargli:    —    Come    la    chiami? 

—  lla  —  gli  risponde. 

S'accosta    a    una    marmitta:    —    E    questa? 

—  lla. 

Tocca  una  vanga  e  quanto  gli  viene  sottomano. 
La  risposta  era  invariabile:  —  lla. 

Stupito  il  missionario  uon  riusciva  a  capire; 
quando  capi,  stupi  ancor  piii:  lla  vuol  dire:  — 
Chi  lo  sa? 


^  # 


2/: 


Storia  di  25  anni  fa,  narrafa  dal  missionario   D.   A.    Colbacchini. 

(CONTINUAZIONE) 


Porse  fu  per  qiiesta  inipressione  clie  la 
comitiva  di  Uke-wa^un  si  spinse  tranquilla 
verso  il  Nord-Est,  stabilendosi  suUe  rive 
di  un  affluente  di  sinistra,  cliiamato  Noid- 
do-gtint.  Passarono  giomi  e  mesi;  caccia  e 
pesca  erano  abbondanti  e  nessuno  sognava 
il  pericolo  che  loro  sovrastava.  I  terribili 
Cajamo  doge  pero  si  erano  accorti  della 
presenza  dei  Bororos,  e,  cautaniente  scru- 
tando  ogni  mossa,  aspettavano  il  momeuto 
opportiino    per    piombare    loro    addosso. 

Una  sera  il  Cacico  Uke-waguu  riuni  gli 
uomini  per  una  caccia  al  tapiro.  II  canto 
«  Kie-paru  »  si  protrasse  fin  quasi  all'alba: 
tutti  erano  affaccendati  nei  jjreparativi  per 
la  caccia:  nell'appuntire  le  f recce  e  tendere 
la  corja  dell'arco.  La  caccia  era  solenne, 
quindi  penne  a  vari  colori  adornavano  la 
testa  e  le  braccia  dei  cacciatori,  tutti  di- 
pinti  del  rosso  vivo  dt^ll'itritcum.  Al  segnale 
dato  da  Uke-waguu,  lanciando  le  loro  solite 
grida   di   caccia   si   erano   addentrati   iiella 


foresta  scomparendo  tra  il  folto  delle  foglie 
e  delle  liane;  il  loro  grido  echeggiava  di 
qjando  in  quando,  senipre  piii  lontano,  poi 
tacque. 

Nel  villaggio  le  donne  erano  intente  alle 
loro  faccende;  andavano  e  venivano  con 
cariclii  di  legna  pel  fuoco,  o  con  I'acqua  at- 
tinta  al  fiume.  I  bambini  scorazzavano 
allegri  davanti  alle  capanne.  Tutto  era 
quiete,  tranquillita.  Quando  un  lungo  acu- 
tissinio  grido  ruppe  iniprovvisamente  il 
silenzio   e   la   calma   del   villaggio: 

—  Cajamo  doge!  Cajamo  doge!...  Ma  nello 
stesso  tempo  si  ode  un  frastuono...  E  un 
faggi  fuggi  generale...  grida,  pianti,  urla 
disparate.  Le  capanne  vengono  devastate; 
pagUa  e  foglie  di  palme  strajjpate  e  incen- 
diate.  I  terribili  Cajamo  doge,  come  audaci 
sparvieri,  erano  piombati  sopra  il  villaggio, 
quando  gli  uomini  erano  via  e  la  jsreda  era 
sicura.  CoUa  rapidita  del  fulmine  fecero 
man  bassa  di  tutto  e  fuggirono,  lasciando 


Don   Colba;chini  cd  dltri   mi>;ijnari   intenll   ncl  faticoso   mestiere  del   taglialegna. 

~~-    27  S 


la  desolazione  e  la  niorte.  Al  suolo,  iimnerse 
iiel  proprio  sangue,  giacevano  due  donne. 
Si  udivano  i  gemiti  strazianti  dei  feriti  die 
invocavano  aiuto.  Alcune  donne  avevano 
avuto  tempo  di  fuggire,  ed  erano  corse  in 
cerca  degli  uoniini;  altre  se  ne  stettero  ap- 
piattate  e  ben  nascoste  nella  forcsta.  Quando 
i  cacciatori  ritomarono,  subito  ricercarono 
tra  le  macerie  i  lore  cari...  Che  desolazione! 
Che  tristezza!  Dne  donne  erano  state  uccise 
con  colpi  potenti  di  mazza  sul  capo;  un 
figlio  di  Meriri-kwddda  giaceva  privo  di 
sensi  con  una  larga  ferita  pure  alia  testa; 


del   funerale.   Ivo   scoraggianiento   era   scol- 
pito  sul  volto,  neU'animo  di  tutti.. 

Dove  rifugiarsi?  Dove  trovare  un  asilo 
di  pace  per  passare  gionii  tranc|uilli?  Da 
una  parte  I'odiato  civilizzato  dal  <)nalc  non 
potevano  aspettare  altro  che  tradiniento  e 
niorte;  dall'altra  il  terribile  Cajdmo,  che  piu 
feroce  del  giaguaro  scmpre  se  ne  stava  in 
agguato  per  sorprenderli,  dilaniarli,  ucci- 
derli...  Raniinghi,  i  poveri  Bororos  passa- 
vano  da  una  foresta  all'altra  senza  pace, 
senza  riposo,  sempre  nell'ai  sia,  nella  di- 
sperazione...    Dopo    aver    compiuto    il  lore 


MATTO   GROSSO.    =    Missionari   che   ritornano   alia    missione   con   abbondantc  bottino... 


due  bambini  erano  scomparsi,  certamente 
rubati  dal  nemico.  Fu  un  gridare,  un  chia- 
marsi,  un  piangere  ininterrotto  per  tutta 
la  notte.  Appena  si  trovarono  tutti  riuniti, 
radanarono  il  poco  che  aiicor  rimaneva  e 
portando  scco  i  morti  e  i  feriti,  abbandona- 
rono  quel  luogo  sciagurato, 

Uke-wagun,  stordito,  aveva  dato  ordine 
di  partire  senza  meta  prefissa,  senza  saper 
dove...  Andarono,  andarono  per  tutto  il 
giorno,  oppressi,  sotto  I'incubo  di  una 
nuova  sorpresa  da  parte  del  nemico,  e  sul 
far  della  sera  s'accamparono  nel  piu  fitto 
della  boscaglia,  presso  il  Rio  das  Mortes. 
I^a  seppellirono  le  due  povere  donne,  ri- 
mandando   a   tempo  migliore   le   cerimonie 


dovere  verso  le  vittime  coi  solenni  funerali, 
gli  uoniini,  riunitisi  attomo  al  loro  Cacico, 
gli  domandarono: 

—  U/te-wagiiu,  nostro  capo,  qual  e  il  tuo 
pensiero?  Che  dobbiamo  fare?  Dove  an- 
diamo?  Parla  tu;  noi  staremo  alia  tua  pa- 
rola.  Conduci  la  tua  gente  dove  possa  star 
trauquilla,  dove  possa  vivere  senza  timore. 
Qid  non  stiamo  bene;  non  possiamo  pren- 
dere  sonno;  ad  ogni  istante  ci  sembra  di 
sentirci  venire  addosso  i  crudeli  «  Cajamos  ». 
Pensaci  Uke-wagun  e  decidi  della  nostra 
sorte;  siamo  tuoi  camerati,  ti  seguiremo  e 
ti  obbedirenio  in  ti.tto... 

A  queste  parole  di  sottomissione  dei  suoi, 
Uke-wagihc  rispcse: 


2/  g 


—  E  vero  quanto  dite:  qui  iion  abbiamo 
piu  riposo,  non  possiatno  chiudere  i  nostri 
ocelli  al  sonno  senza  timore;  i  giomi  e  le 
notti  passaiio  in  continua  aiisia  e  trepida- 


Bordros  alio  stato  primitivo. 

zioue.  Voi  mi  domandate  che  cosa  io  pensi 
di  fare  e  dove  voglia  andare.  Ebbene,  io 
ve  Io  dico:  non  altro  pensiero  occupa  la 
mia  mente  in  questi  giomi,  se  non  quello 
di  ritoniare  da  quel  civilizzati,  che  io  e  voi 
abbiamo  conosciuto  buoni  ed  amici  nostri, 
che  ci  desiderano  e  ci  aspettano.  Penso  che 
questa  e  Tunica  cosa  che  ora  possiamo  e 
dobbiamo  fare.  Abbiamo  provato  abba- 
stanza.  Mi  avete  voluto  spiiigere  lontano; 
mi  volevate  far  perdere  il  ricordo  di  quanto 
aveva  osservato  coi  miei  occhi,  dell'impres- 
sione  ricevuta  dal  mio  cuore...  Non  mi 
avete  voluto  ascoltare  allora,  ascoltatemi 
ora.  Di  nuovo  vi  dico:  lasciate  ogni  timore; 
andianio  dal  Padre,  non  abbiate  paura.  Essi 
sono  civilizzati  buoni,  non  ci  tradiranno; 
sono  convinto  che  ci  vogUono  bene.  Lo 
spirito  buono  6  con  loro.  Andiamocene  la; 
e  sono  sicuro  die  avremo  pace...  Io  me  ne 
vado  li;  questa  6  la  mia  dccisione.  Volete 


voi  venire?  Mei'ii-i-/twadda  mi  disse  die  in 
qualunque  parte  io  andassi,  egU  mi  avrebbe 
seguito.  Se  volete  andiamo  tutti  insieme. 
Meriri-kwadda  ci  precedera  per  osservare 
se  tutto  si  trova  nel  modo  come  noi  I'ab- 
biamo  lasciato  quaiido  ci  recammo  e  an- 
nunziera  il  nostro  arrivo.  Intanto  noi  ce 
ne  staremo  alquanto  indietro,  aspettando 
il  suo  ritonio;  e  secondo  ci  riferira,  allora 
tutti  insieme  proseguiremo:  e  il  buon  spi- 
rito sara  con  noi. 

Tutti  approvarono  unanimi  il  dire  di 
Uke-wagiiu  e  si  disposero  per  la  partenza. 
Cosi  si  decisero  di  venire  alia  Missione. 

Furono  tosto  inviati  due  giovanotti  a 
portare  la  ferale  notizia  ai  compagni  che, 
ignari  dell'accaduto,  ancor  stazionavano  nel 
luogo  dove  era  awenuta  la  separazione. 
Uke-waguu  voile  metterU  al  corrente  del 
suo  sofirire,  e  della  decisione  presa;  e  li 
incito  perclie  si  decidessero  ancor  essi  mia 
liuona  volta  ad  abbandonare  quel  luoglii. 
Rammento  loro  quanto  il  Bari  aveva  detto 
e  ripetuto:  al  Slid  sereno  e  luce;  al  Nord 
tempesta  e  oscurita...  I  civilizzati,  dai  quali 
egli  andava,  erano  ben  altra  cosa  e  ben 
diversi  dagli  altri.  Servivano  al  Grande 
Spirito  ed  erano  buoni. 

I  due  giovanotti,  dopo  poclii  giomi, 
erano  di  ritomo  coUa  notizia  che  i  compagni 
non  si  sarebbero  mossi  dal  luogo  dove  si 
trovavano;  perclife,  dicevano,  la  stavano 
assai  bene  e  le  loro  condizioni  erano  buone: 
e  quanto  a  cid  die  era  stato  detto  dal  Ban, 
si  riferiva  senza  dubbio  ad  Uke-waguu  e 
compagni.  Andassero  pure  dove  volevano; 
dal  momento  che  cosi  avevano  deciso,  tutto 
stava  bene. 

{Continua) . 


Con  apptovazlone  ecclesiaslica.   -  D. 


GARNEHI,  Direllore-responsabile.  —Torino,  1931  - Tipojtalia  della  Society  Edilrice inteioazionale. 
■~~-    220    -__ 


BATTESIMI 

Cabiati  Teresio  (Casale)  pel  nome  Teresio  a 
nil  ciuesino  —  Rosso  Caterina  (Torino)  pel 
nome  Teresa  a  una  cinesina  —  Alunni  di  l\ 
Elem.  Istituto  Salesiano  (Caserta)  pei  norai 
Dnmenico,  Alessandro,  Arislide,  Concettina  a 
quattro  neofiti. 

India  -  Madras. 

Valsesia  Regina  (Invorio  per  Barqneclo)  pel 
nome  Maria  Rosa  —  De  Agostini  Emilio  (Gor- 
dona)  pel  nome  Zita  Emilia  —  Marzadro  Don 
Riccardo  (Locca-Trento)  pei  nomi  Giovanni 
Bosco,  Oresle  Celestino  —  Selvatico  Angela  a 
mezzo  Pierro  (Venosa)  pel  nome  Jorini  Antonio 

—  Cammone  Giuseppina  a  mezzo  Pierro  (Ve- 
nosa) pel  nome  Murando  Vincemo  —  Casazzo 
Rosa  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel  nome  Lanzo 
Ambrogio  —  Lioj  Rosaria  a  mezzo  Pierro  (Ve- 
nosa) pel  nome  Sileno  Vincenzo  —  Talucci 
Angela  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel  nome  Di- 
chisico  Lucia  —  Savino  Jlaria  a  mezzo  Pierro 
(Venosa)  pel  nome  Sacco  Maria  — Tambanella 
Pasqua  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel  nome 
Marando  Vincenzo  ^—  Laganara  Albina  a  mezzo 
Pierro    (Venosa)   pel   nome   Antenori    Vincenzo 

—  Caivano  Adele  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel 
nome  Caivano  Ltiigi  —  Alberghini  Lia  a  mezzo 
Pierro  (Venosa)  pel  nome  Beritii  Filippa  — 
Dell'Armi  Matilde  a  mezzo  Pierro  (Venosa) 
pel  nome  Dell'Armi  Giuseppe  —  Savino  Do- 
menica  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel  nome  Sacco 
Vincenzo  —  Talucci  Angela  a  mezzo  Pierro 
(Venosa)  pel  nome  Dichirico  Saverio  —  Del 
Monaco  Dora  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel 
nome  Del  Monaco  Lorenzo  —  Menna  Madda- 
lena  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel  nome  Orlando 
Giuseppe  —  Giannastasio  Serafina  a  mezzo 
Pierro  (Venosa)  pel  nome  Emmannele  —  Sa- 
lacone  Maria  a  mezzo  Pierro  (^■enosa)  pel  nome 
Amico   Evangelisla   —   Casazzo   Rosa   a   mezzo 


Offcrk  per  le  (Diseioni 


pierro   (Venosa)   pel    nome    Santarelli    I  mbcru' 

—  Sileno  Rosaria  a  mezzo  Pierro  (Venosa)  pel 
nome  Lioj  Rosaria  —  Ivaviano  Antonictta  a 
mezzo  Pierro  (Venosa)  pel  nome  Andrelalla 
Vincenzo  per  onomastico  —  Botaro  Giuseppe 
(Arquata   Scrivia)   pei   nomi   Abtamo,   Giuseppe 

—  Borio  Carlotta  in  Schiavino  (Costigliole 
d'Asti)  pel  nome  Natale  —  Mattavelli  Elisa 
(Milano)  pei  norai  Fermiiiia  Emilia  Lui«ina 
Lcopoldina,   Eliseo   Umberto. 

iKDiA  -  Assam. 
Santoro  Raffafle  (Roma)  per  I'adozione  di 
un  orfano  —  MattavcUi  lilisa  (Milano)  pei  nomi 
Boriacina  Litigia  Domenica  Rosa,  Mariani  Leo- 
poldino  Giuseppe  —  Petriccione  Consiglia  (Na- 
poli)  pel  nome  Salvalore  —  Buiatti  Rina  (Ve- 
rona) pel  nome  Maria  Albertina  —  I.attanzi 
Flavia  (.Mbizzate)  pel  nome  Carlo  —  Cracco 
Ruggero  a  mezzo  Don  De  Pieri  (Este)  pel  nome 
J-'t'lice  Bendoltt  —  Ruspaggiari  Libera  (Milano) 
pei  nomi  Valentino,  Marina  —  Convitto  Jlani- 
fattura  Banfi  (I.egnano)  pei  nomi  Giuseppina, 
Margherita,  Luigia  —  Sacco  Robotti  Ada  (Ca- 
salmaggiore)  pei  nomi  Licigi  Antonio,  Giovanni 
Paolo  —  Ubezz!  Don  Pietro  per  Caraffa  Alfonso 
(Frascati)  pel  nome  Kazzareno  —  Mura  Anto- 
nietta  (Serdiana)  pel  nome  Pietrinn  —  Cerato 
Giuseppe  fu  Angclo  (Fonzaso)  pei  nomi  Angela, 
Maria,  Giacomo,  Giovauna  —  Fasani  JIaria  a 
mezzo  Direttrice  Convitto  Rotondi  (Varallo) 
pel  nome  Maria  Valeniina  —  Coda  Giustina 
Ved.  Carpano  (Biella)  pei  nomi  Elda  Maria 
Giacinta,  Antonio  Giovanni  Ettgenio  —  Gay 
Carlo  (S.  Giulio  di  San  Damiano  d'Asti)  pei 
nomi  Giuseppe,  Olimpia,  Ernesto,  Teodora  — 
Carrera  Clementina  (Campobasso)  pel  nome 
Giovanni  —  Tarolli  Angelina  (Castello-Condine) 
pei  nomi  Angelina,  Antonio  —  Farina  Renato 
(Napoli)  pel  nome  Renato  —  Laccliin  Giuseppe 
(Polcenigo)  pel  nome  Augusta  —  Lopez  Jose- 
fina  (Agnascalientes-Messico)  pei  nomi  Santiago, 
Vincenzo  —  De  Medina  Garcia  Maria  (Aguasca- 
lier.tes-Messico)  pel  nome  Maria  del  P.  Sac- 
corso. 

SlAM. 

Sibona  Margherita  Ved.  Augero  (Torino)  pel 
nome  Poliardo  —  Garbolo  Marietta  Ved.  Tra- 
digo  (Miazzina)  pei  nomi  Tradigo  Giovanni, 
Angela  —  Monti  Elena  (Modena)  pei  nomi 
Enrico,  Emilia,  Dante  —  Forante  Don  Carlo 
(Villafontana)  pei  nomi  Francesco  Maria,  La- 
dovica  Maria  —  Manfretti  Sofia  (Monza)  pel 
nome  Virginia  —  Vitto  Prof.  Nicola  (Cosenza) 
pel  nome  Giovanni  Bosco  —  Dellasetta  Ulga 
(Bagnolo)  pel  nome  Oka  Giovanna  —  G.  A.  S. 
(Poirino)  pel  nome  Alfredo  —  Vaudano  Lucia 
(Torino)  pel  nome  Rosalia  —  Panelli  Teresa 
(S.  SalvatoreMonf.)pei   nomi  F'ancesa,  Teresa. 


EL  TAMBURO 

J;  tutto  nella  vita  alrioaua!  Ce  lo  conferma 
la  Nigiisia  dove  un  missiouario scrivc:  n  Come  si 
puo  compiere  qualche  cosa  di  grande  senza  i. 
taniburo?  Fra  i  popoli  iieri  esso  occupa  il  postci 
d'oiiore  uelle  cerimouie  della  vita  sociale.  Sc 
i  gioviiiotti  si  camuffano  corae  tanti  arlecchiui. 
e  all'ora  fissata  souo  tutti  proiiti  pel  grande  ballo, 
e  il  tamburo  che  li  ha  raccolti  rullando  per  tutti 
i  villaggi.  Se  s'indice  la  caccia,  e  il  tamburo  cho 
ne  da  avviso  e  invita  ad  affilare  le  Umce.  Se  si 
tratta  di  uu  pericolo,  di  un  allarnie,  il  ruUarc 
couvulso  del  tamburo  mettera  tutti  all'erta,  e  li 
chiamera  a  raccolta.  Le  cerimonie  suUe  torabe 
dei  trapassati,  quelle  d'uno  sposalizio,  souo 
auch'esse  compiute  a  suou  di  tamburo  che  rul- 
lera  con  diverse  cadeuze,  proprie  di  ogni  cir- 
costanza  ». 


SETE  DI  VENDETTA 

Narra  la  Nigrizia  che  a  Kitgum  un  leone,  mo- 
lostato  in  una  caccia,  aveva  ucciso  un  Acoli 
t'ratello  di  un  cristiauo  che  stava  alia  Missione. 
11  cristiauo  non  ha  piu  pace.  Si  prende  alcuni 
compagni  che  con  lui  souo  alia  Missione  e  con 
cssi  gira  la  foresta  in  cerca  del  leone  colpevolc. 
Lo  trova.  Cotiscio  della  sua  forza,  il  leone  non 
fugge  ma  squadra  i  cinque  individui  che  ha  di 
fronte.  II  cristiauo  chiede  ai  compagni  di  la- 
sciarlo  solo  ueU'affrontare  la  belva  e  seuz'altro 
si  avanza  di  alcuni  passi  e  tira  la  prima  lancia. 
Buon  per  lui  che  il  leone  si  estrae  la  lancia  prima 
di  rivoltarsi,  per  modo  che  ancor  prima  che  se 
ne  sia  liberate,  ne  riceve  una  scconda  meglio 
assestata  che,  ferendolo  al  cuore,  lo  fa  straniaz- 
zare  a  terra.  Emesso  un  urlo  di  gioia  I'assalitore 
gli  e  addosso  e  lo  finisce,  mentre  i  compagni 
stanno  inerti  a  guardare;  pronti  ad  intervenire 
solo  quando  le  tre  lance  non  avessero  ottenuto 
I'effetto  di  uccidere  la  belva. 

Se  si  fosse  Irattato  di  un  leopardo,  le  cose 
sarebbcro  finite  diversamente,  essendo  il  leo- 
pardo piii  agile  e  veudicativo  che  non  il  leone. 


Printed  Ift  5l?^l 


Anno  IX  -  Num.   12 


Pubblic  jzione  mensile 


Dicembre   1931    (X) 


GIOVENTU  MISSIONARIA 


LA  MADONNA  Dl  GUADALUPE 


Si  compiono  ora  quattro  secoli  dall'ap- 
parizione  della  Madonna  di  Guadalupe. 
Vogliamo  dire  clie  cose  per  i  Messicani  la 
Madonna  di  Guadalupe. 

L'immagine,  secondo  provate  testinio- 
nianze  della  storia,  non  sarebbe  dipinta 
da  mano  d'uomo,  ma  prodigiosamente  ini- 
pressa  sopra  il  niantello  dell'indiano  Giiui- 
dieeo,  povero  e  semplice,  di  tanto  candore 
di  costumi  e  di  tanta  fede,  da  ricordare  la 
vita  dei  primitivi  cristiani.  Egli  aveva  la 
pia  costumanza  di  andare  ogni  sabato  a 
Tlatelulco  per  assistere  alia  Messa  che  si 
celebrava  in  onore  di  Maria;  doveva  pas- 
sare  vicino  alle  falde  del  nionte  Tepejac, 
sul  quale  gli  anticlii  ]\Iessicani  avevano 
prestato  culto  alia  dea  Teonantzin. 

II  sabato  9  dicembre  1531  facendo  Gian- 
diego  la  sua  strada,  udi  verso  il  Tepejac 
una  gioconda  armonia;  guardo  verso  la 
cinia  a\^'olta  in  una  Candida  nube  e  senti 
una  voce  che  chiamandolo  per  nome  I'in- 
vitava  ad  appressarsi.  Sail  il  monte  e  vide 
una  donna  di  celestiale  bellezza  posarsi 
sulla  nube,  si  rivelo  per  la  Madre  di 
Dio,  e  gli  disse  di  volere  in  quel  luogo  un 
tempio.  Egli  avrebbe  dovuto  portare  la 
divina  ambasciata  al  Vescovo  di  ]\Iessico. 

II  Vescovo  dapprima  non  presto  fede, 
ma  ripetendosi  le  ambasciate,  ingiunse  a 
Giandiego  di  chiedere  un  segno  a  Colei  die 
lo  mandava.  E  il  segno  la  Vergine  lo  diede 


221 


nella  guarigione  improvvisa  dell )  zio  del- 
I'indiano,  gravemente  nialato,  e  nella  tio- 
ritura  di  freschissime  rose  sul  nionte,  clie 
coniand6  di  portare  al  Vescovo.  Ando 
Giandiego,  e  mentre  attendeva  d'essere  in- 
trodotto,  i  familiari  vedendolo  tanto  giu- 
livo  pensarono  recasse  qualche  gran  dono, 
e  voUero  vedere:  uno  anzi  gli  apri  con  vio- 
lenza  il  mantello...  Videro  con  meraviglia 
le  bellissinie  rose,  nia  nell'atto  che  fecero 
per  prendeme  alcune,  nn  nuovo  prodigio 
si  verifico:  le  rose  non  parevano  di  ma- 
teria solida,  ma  solamente  dipinte  sul 
mantello.  II  Vescovo  voile  udire  la  narra- 
zione  dell'accaduto  e  Giandiego  racconto 
tutto  minutamente  conchiudendo:  —  Ecco 
il  segno  che  la  Madonna  vi  manda...  — 
E  aperse  il  mantello  per  consegnare  le 
rose;  ma  invece  delle  rose  scorse  dipinta 
sul  mantello  I'immagine  della  grau  Madre 
di  Dio,  di  una  meravigliosa  freschezza. 
Tutti  fi  prostrarono  in  atto  di  venera- 
zione. 

Era  il  12  dicembre  1531. 

Quella  sacra  immagine,  per  volere  di 
Maria  stessa,  fu  chiamata  Madonna  di 
Guadalupe. 


II  santuario  sorse,  magnifico  per  arte  e 
per  ricchezze.  E  la  divozione  si  sviluppo 
ardente  alia  \'ergine  di  Guadalupe  tra  i 
cattolici  Messicani.  Nella  peste  del  1736 
la  citta  di  messico  fece  vote  di  proclamare 
la  Vergine  di  Guadalupe  patrona  di  tutta 
la  nazione,  e  la  peste  cesso  immantinente. 

Durante  la  recente  persecuzione  che 
infieri  al  Messico,  la  prodigiosa  immagine 
fu  ingegnosamente  sottratta  alia  furia  sa- 
crilega  dei  persecutori.  Grandicse  feste 
hanno  luogo  presentemente  in  suo  onore; 
il  giomo  3  dicembre  fu  per  tutti  i  Messicani 
giomo  di  penitenza,  indi  comincio  la  no- 
vena  con  comunioni  generali,  con  con- 
gressi,  con  pellegrinaggi  delle  varie  dio- 
cesi:  tutti  i  giorni  del  mese  di  dicembre 
avranno  luogo  suggestive  cerimonie  reli- 
giose. L'lT  dicembre  tutte  le  Repubbliclie 
dell 'America  Latina,  per  mezzo  di  rappre- 
sentanze,  hanno  deposto  ai  piedi  della  ]\Ia- 
donna  di  Guadalupe  le  bandiere  delle  sin- 
gole  nazioni  in  riconoscimento  del  patro- 
cinio  decretato  dal  papa  Pio  X  nel  1910; 
e  il  12  si  e  fattu  la  solenne  consacrazione, 
dettata,  dietro  richiesta  dell'Episcopato, 
da  Sua  Santita  Pio  XI,  nella  basilica  di 
Tepejac  e  in  tutte  le  chiese  del  Messico. 


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—  222 


L '  esposizione 

del    corpo    di 

S.  Francesco 

Saverio 

a  Goa 

( 


S.   Francesco   Saverio 
predica   nelle    Indie. 


n  corpo  di  S.  Francesco  Saverio,  !'«  apo- 
stolo  delle  Indie  Oriental!  e  del  Giappone  », 
sara  esposto  alia  pubblica  venerazione  dei 
fedeli  nella  chiesa  del  Bom  Jesus  a  Goa, 
dal  3  dicembre  193  lal  3  gennaio  1932. 

San  Francesco  Saverio  raggiunse  I'lndia 
nel  1542.  Nell'India  meridionale  egli  pro- 
fuse i  tesori  del  suo  zelo  apostolico  con- 
vertendo  alia  vera  fede  moltissinie  anime 
ed  organizzando  le  missioni;  ardeva  pero 
dal  desiderio  di  portare  la  luce  del  \'an- 
gelo  piu  lontano,  oltre  i  confini  dell'Indc- 
stan.  Dopo  molta  meditazione,  preghiera 
e  penitenza,  risolse  di  recarsi  in  Giappone, 
ove  riusci  infine  ad  approdare,  superati 
ogni  sorta  di  ostacoli.  In  due  anni  e  mezzo 
di  intenso  lavoro  egli  pose  cola  le  solide 
fondamenta  della  Chiesa.  Ma  la  sua  piu 
grande  brama  era  sempre  stata  quella  di 
poter  penetrare  nell'immenso  Impero  deUa 
Cina  e  di  convertime  la  popolazione.  Fece 


a  tale  scopo  ogni  possibile  tentative,  ma 
non  vi  arrive  che  aUe  porte.  Adagiato  mo- 
rente  sulla  spiaggia  dell'isola  di  Sanciano, 
cogli  occhi  rivolti  verso  il  paese  dei  suoi 
sogni,  il  Saverio  si  spense  a  questa  vita 
terrena  il  2  dicembre  del  1552. 

II  suo  corpo  venne  seppellito  nell'isola 
stessa,  ma  tre  mesi  dopo  i  Portoghesi  lo 
disseppeUirono  per  trasportarlo  a  Malacca, 
trovandolo  tuttora  integro,  con  cami  e 
sangue,  e  di  aspetto  naturale  come  fosse 
ancora  vivo.  Copertolo  di  calce  viva,  ne 
effettuarono  il  trasporto.  Al  suo  arrivo  a 
Malacca,  una  terribile  peste  che  infieriva 
da  tempo  nell'isola  cesso  miracolosamente. 
Sei  mesi  piii  tardi  il  corpo  venne  di  nuovo 
disseppellito  per  essere  trasportato  da  Ma- 
lacca a  Goa  e  di  nuovo  trovato  in  stato 
di  perfetta  conservazione.  La  sua  deposi- 
zione  definitiva  nella  chiesa  del  Bom  Jesus 
a  Goa,  ove  sara  esposto,  awenne  nel  1554. 


223 


rm--..- 


DALLE   LONTANE   MISSIONI 


IL  "VUASORO"  DEI  TUCANOS 


Prima  che  il  missionario  giimgesse  tra  i 
Tucanos  del  Rio  Uapes,  erano  sconosciuti 
dagli  indi  i  pantaloni,  le  camice,  ecc.  Essi 
non  conoscevano  che  il  loro  vuasoro,  una 
striscia  di  corteccia  di  un  certo  albero,  che 
battuta  diventa  flessibUe  e  resistente,  larga 
un  pahno,  sostenuta  davanti  e  di  dietro  da 
un  cordoiicino  di  tucun  (pahna  fibrosa), 
stretto  ai  lombi  in  modo  da  coprire  appena 
il  necessario. 

II  vuasoro  h  I'abbigUaniento  dell'uomo;  la 
donna  porta  sempre  una  gonnella  che  le 
scende  dalla  cintola  ai  piedi,  se  e  di  stofia, 
o  solo  fino  alle  ginocchia  se  h  di  corteccia. 
Col  vuasoro  I'indio  va  a  nozze  e  aUe  feste;  e 
con  esso  pesca,  caccia  e  dorme.  Sveghandosi 
al  mattino  I'indio  tucano  non  ha  la  preoccu- 
pazione  dei  calzoni  da  scegliere  o  della  cra- 
vatta  o  deUa  caniicia:  ha  gia  indosso  il  suo 
vuasoro  e  tanto  gh  basta;  non  si  cura  se  sia 
bello  o  brutto... 

Non  ho  mai  visto  un  indio  privo  del  suo 
vuasoro:  cominciano  a  portarlo  dai  sette  o 
otto  anni  e  non  lo  tolgono  piu.  Anche  dopo 
che  hanno  coramciato  a  portare...  i  calzoni, 
conservano  sempre  sotto  il  vuasoro  per  esser 
pronti  a  togliersi  pantaloni  o  camicia  per  il 
bagno  o  per  il  lavoro. 

Bisogna  dire  ad  onor  del  vero  che  I'attac- 
camento  ai  pantaloni  6  divampato  tra  gli 
mdi  tucanos  come  il  fuoco:  ognuno  ha  I'aspi- 
razione  ad  im  paio  di  calzoni  che  conservano 
in  ceste  ben  coperte  e  appese  al  tetto  della 
capaima  con  una  liana,  per  averli  sempre  di- 
sponibili  ])er  le  grandi  occasioni.  Una  volta 
arrival  nel  Kio  Tiquid  suUa  porta  di  una 
maloca  (capamione)  improwisamente:  un 
certo  numero  di  selvaggi  erano  entro  accoc- 
colati  intenti  a  prendere  il  xihe  (farina  di 
mandioca  con  acqua).  Appena  mi  videro, 
mi  gridarono:  —  Asjjetta,  Padre;  cosi  non 


ti  possiamo  ricevere...  —  e  corsero  a  infilare 
chi  i  calzoni  e  chi  la  camicia. 

Per  avere  dei  calzoni  vengono  anche  di 
lontano  aUa  Missione.  Un  giomo  mi  capit6, 
da  non  so  qual  fiume,  im  giovinotto  a  chie- 
dermene  un  paio,  e  mi  reco  in  dono  un  bel 
grappolo  di  banane. 

—  Non  ne  ho,  mio  caro.  Li  ho  distribuiti 
tutti  ieri.  Aspetta  qualche  giomo. 

—  Non  posso,  Padre,  devo  partire  subito. 

—  Ebbene  se  e  cosi,  vattene  pur  via  senza 
pantaloni  come  sei  venuto.  Tanto  non  vi 
sara  chi  ne  faccia  meravigha  o  si  scanda- 
lizzi. 

—  Padre,  tu  i  pantaloni  li  hai;  tu  non 
me  li  vuoi  dare. 

—  II  Padre  non  dice  bugie,  mio  caro;  e 
tu  lo  sai.  Ti  dico  che  non  ne  ho. 

—  Ma  Padre...  —  e  fattosi  piii  avanti  si 
chin6  prese  il  lembo  della  mia  veste,  la  alz6 
alquanto...  e  —  vedi  che  i  pantaloni  h  hai? 
E  perchfe  tu  non  me  U  vuoi  dare? 

—  Questi  sono  miei,  caro  mio,  ed  io  non 
posso  stare  senza  pantaloni;  capisci? 

—  Ma  Padre...  tu  hai  la  veste  e  anche  le 
mutande  e  sono  troppe  cose  per  te. 

Per  contentarlo,  entrai  neUa  mia  stanza, 
che  era  aUora  una  capanna  fabbricata  con 
foghe  di  palma,  presi  i  pantaloni  di  riserva 
e  mia  vecchia  giubba  e  gUeli  diedi  aiutandolo 
ad  indossarh. 


Cari  lettori,  quando  avete  disponibili  cal- 
zoni, ecc.  ricordatevi  degli  ludi  del  Rio  Negro 
che  tanto  U  desiderano. 


D.   LUIGI  Al<GERl 

Missionario  Salesiano. 


224 


L'O 


di 


rso  inaiano 


Oltre  i  serpenti,  e  le  tigri.  e  i  leopardi, 
oltre  il  sole  die  ti  maiida  all'allro  moiido  per 
cinque  niimiti  di  esposizione  a  zucca  sco- 
perta,  e  la  malaria  e  il  tifo  e  tante  altre 
storie,  il  missionario  nel  Bengala  deve  te- 
mere  I'orso.  Non  lo  si  incoiitra  tanto  facil- 
mente  in  pianura,  ma  piu  su,  a  nord,  presso 
le  prealpi  dell'Imalaja,  Quest'orso  6  piccolo, 
nero,  spelato,  molto  simpatico  iielle  appa- 
renze  ma  poco  amabile  nelle  maniere.  I  ben- 
galesi  dicono  che  I'orso  6  U  nemico  di  Dio, 
poiche  esse  non  puo  sofifrire  la  sua  imma- 
gine;  infatti  la  iigiira  dell'uomo  e  la  prima 
cosa  che  I'orso  cerca  di  distruggere. 

Una  battaglia  a  corpo  a  corpo  con  questo 
animale  perde  subito  I'attrattiva  di  uno  sport 
onesto,  perche  I'orso  vi  pianta  villanamente 
la  sua  zampa  sul  viso  e  voi  non  ci  vedete 
pill  cliiaro...  L'orso,  anche  ridotto  alio  state 
domestico,  non  ispira  mai  fiducia  e  i  benga- 
lesi,  che  lo  sanno,  gU  proteggono  il  grugno 
con  una  solida  musemola  e  gli  tagliano  gli 
imgliioni. 

Dicono  che  le  nostre  foreste  sono  popolate 
diorsi,  almeno  sulla  riva  siaistra  del  Gange. 
lo  non  ne  ho  mai  incontrati,  ma  m  realta  ci 
tengo  poco  a  tali  incontri.  Pero  conosco  per- 
sone  che  lo  hanno  visto  parecchie  volte.  Un 
nostro  cristiano,  giomi  fa,  camminava  tutto 
solo  per  la  strada  che  mena  a  Gohalundo; 
faceva  scuro.  Tutto  ad  un  tratto  egli  vede 
a  venti  passi  di  distanza  una  grossa  massa 
nera:  era  un  orso!  Inutile  pensare  a  ritirarsi: 
un  precipizio  a  sinistra,  la  scarpata  della 
ferrovia  a  destra  e  di  dietro...  I'onta  della 
fuga.  Fare  fuoco?  Ma  un  orso  ferito  non  per- 
dona  mai  e  un  colpo  attira  I'attenzione  del- 
I'animale,  lo  provoca.  Poi  il  malcapitato  non 
aveva  amii.  Una  situazione  simile  promet- 
teva  una  fine  drammatica.  Ma  I'orso,  indi- 
viduo  prosaico,  senza  ideale.  si  lasci6  scivo- 
lare  in  un  torrente  e  disparve.  Che  cosa  bi- 
sognava  fare  incontraiido  un  orso  piii...  ca- 
valleresco?  Prima  di  tutto  non  cercare  que- 
stioni  con  lui:  fategli  tutte  le  concession!  che 
potete,  ma  soprattutto  nessuna  familiarita. 
Ci  sono  di  quelli  che  consigliano  di  fissare 
I'aniniale  nel  bianco  degli  occhi  per  provare 
il  potere  dello  sgiiardo  umano. 

Cio  pu6  essere  utile  farlo  in  un  giardino 
zoologico,  ma  in  aperta  campagna  il  meglio 
che  si  pud  fare  fe  provare  il  potere  deUe  pro- 
prie  gambe.  Ma  dove  fuggire?  Distinguiamo. 


SiSTiji 


Se  il  terreno  fe  piano,  la  direzione  importa 
poco  purchfe  si  corra  in  fretta  lottando  in 
velocita.  Se  il  terreno  6  in  pendio,  occorre 
riflettere  bene.  Per  sfuggire  ad  un  elefante 
basta  discendere:  il  pacliiderma  e  troppo  pe- 
sante  e  non  vi  seguira,  forse  si  accontenteri 
di  lanciarvi  delle  pietre.  Ma  quando  si  tratta 
di  mi  orso  salite,  non  discendete  mai.  II 
gioco  favorite  dell'orso  e  il  toboggan,  come  lo 
dicono:  I'animale  si  raggomitola  su  se  stesso 
e  si  lascia  rotolare  sul  piano  incHnato,  vi 
raggiimge  nonostante  la  vostra  corsa  e...  Qui 
il  problema  si  complica.  A  meno  che  voi 
preferiate  fare  il  morto  e  vi  fidiate  deUa  sua 
stupidita...,  la  sola  risorsa  h.  di  nienare  buone 
legnate  sul  muso  dell'animale,  il  solo  posto 
del  suo  corpo  che  sia  un  pochettino  tenero. 
Le  difficolta  aguzzano  I'ingegno,  diceva  il 
Manzoni,  e  voi  ve  la  caverete  come  potrete. 
Per6,  date  retta,  cercate  di  non  mettervici  in 
tali  difficolta:  non  6  igienico,  ve  I'accerto. 

EMME. 


225 


Co- 
munita 


delle 
Eroine 


Suor 

Modesta   Ravassa 


con  una 
suonatrice  Icbbrosa. 


Soltanto  ora  si  viene  a  conoscere  il  lo- 
devole  atto  compiuto  dal  Governo  italiano 
col  decorare  di  medaglia  d'argento  suor 
Modesta  Ravassa  delle  iMglie  di  Maria 
Ausiliatrice  comimemente  dette  Suore  del 
Beato  Don  Bosco. 

Suor  Modesta  da  circa  trent'anni  sta 
prodigando  i  tesori  del  suo  gran  cuore  tra 
le  ragazze  lebbrose  del  lazzaretto  di  Con- 
tractacion.  uno  dei  meglio  organizzati  del- 
I'America  meridionale. 

Ardente  di  zelo  e  mossa  da  impulso 
divino,  I'umile  suora  aveva  detto  e  ri- 
petuto:  « Desidero  vivere  tutta  la  mia 
vita  tra  questi  infelici,  e  se  un  giorno  la 
terribile  lebbra  dovesse  colpirnu,  prego  il 
Signore  di  lasciarnii  sane  le  niani  per 
lavorare,  e  sana  la  faccia  per  non  ispirare 
ribrezzo.  Cosi  potrei  dedicarmi  a  queste 
care  lebbrose  senza  tante  precauzioni,  e 
potrei  curarle  evitando  alle  niie  conso- 
relle  certe  ripugnanze  che  la  loro  \irtu 


supera  si,   ma  che  scuotouo  la  fibra  piu 
forte  ». 

E  suor  Modesta  nel  igo6  fu  colpita  daUa 
lebbra.  Percio  dovette  allontanarsi  dalla 
sua  famiglia  religiosa,  per  isolarsi  in  una 
camera  presso  I'ospizio  del  lazzaretto. 

Ma  non  scemo  di  zelo  nell'assistere  le 
ammalate:  parecchie  centinaia  di  fanciulle 
conto  e  conta  la  buona  suora  di  Don 
Bosco  tra  le  sue  assistite;  piccine  di  po- 
chi  anni,  e  altre  di  pochi  mesi  soltanto, 
gia  colpite  dal  terribile  morbo;  fanciulle 
che  languiscono  anni  e  anni  su  un  giaci- 
glio  quasi  accecate  dalla  malattia  cor 
rodente,  e  con  le  niani  e  i  piedi  ridotti 
moncherini.  Suor  Modesta  ebbe  e  ha  un 
sorriso,  un  sollievo,  un'occupazione  per 
tutte,  si  che  la  vita  di  quelle  sventurate 
trascorse  e  trascorre  confortata  dal  la- 
voro,  dallo  studio  della  religione,  e  so- 
prattutto  dalla  jjreghiera.  Alcune  di  esse 
si  fanno  suore  a  loro  volta,  con  gran  van- 


226 


taggio  delle  conipagne  di  ventura  accolte 
nell'oratorio  e  delle  biiiibe  che  si  prepa- 
rano  alia  prima  coniunione.  Oratorio  di 


Suor    Teresa   Rota. 

lebbrose?  SI,  e  col  canto,  col  teatrino.  con 
le  passeggiate  e  i  doni. 

Un  giorno  del  1912  giunse  tra  loro, 
in  visita,  una  superiora  partita  da  Torino; 
tra  la  folia  che  la  circondava  cerco  su- 
bito  con  lo  sguardo  la  cara  suor  Modesta 
—  la  quale,  per  delicatezza,  non  osava 
awicinarsi  —  le  getto  le  braccia  al  coUo 
e  se  la  strinse  al  cuore... 

Dieci  anni  dopo,  nel  1916,  suor  Modesta 
ebbe  nel  suo  rifugio  una  compagna:  suor 
Teresa  Rota,  gia  sua  direttrice  nel  lazza- 
retto;  divenuta  anch'essa  lebbrosa,  sof- 
ferse  quattro  anni  di  martirio  silenzioso. 

Ed  ecco  pochi  anni  dopo   apparire  leb- 


brosa anche  la  zelante  infermiera  del- 
r«  Ospedale  Don  Bosco  »,  suor  Doinenica 
Barbero:  dopo  vent'anni  di  lavoro  nel 
lebbrosario,  avvertita  di  ritirarsi  dalle  abi- 
tazioni  comuni,  entro  nella  cappella  e  re- 
cito  il  Te  Deuni:  poi  ando  a  utiirsi  alle 
due  consorelle  malate.  La  lebbra  la  de- 
formo  orrendamente. 

Eppure  trovavano  modo  di  scherzare 
amabilmente:  «  Comunita  delle  eroine  » 
era  detta  queUa  delle  tre  suore  lebbrose; 
esse  la  dicevano,  sorridendo,  la  «  Comunita 
delle  rovine  ». 

Noi  dinanzi  a  coteste  rovine  c'inchi- 
niamo  commossi,  ricordando  che  esse  sa- 
ranno  trasformate  nello  splendore  piu 
vi\'o:  ('  II  Signor  nostro  Gesi'i  Cristo  — 
scrisse  S.  Paolo  ai  Filippesi  —  trasfor- 
mera  il  corpo  di  nostra  uniiliazione,  perche 
sia  conforme  al  corpo  della  sua  gloria  ». 


Suor   Domcnica   Barbero. 


22y 


CURIOSITA  DI 
SAKAMA 


Sakania,  2  marzo  1929, 

Dopo  la  partenza  delle  nostre  care  So- 
relle  per  la  nuova  residenza  di  La  Kafubu, 
questa  Casa  sembro  troppo  grande  per  il 
personale  attuale  restante,  e  il  Rev.  P.  Di- 
rettore  dispose  che  se  ne  destinasse  una  parte 
per  le  nostre  scuole  esteme.  Da  tre  aiuii 
la  classe  delle  bambine  e  delle  donne  nere 
si  faceva  alia  mattina  nel  medesimo  locale 
che,  nel  pomeriggio,  serviva  per  i  ragazzi  e 
per  gU  uoniini;  ora  invece  noi  potremo  fare 
in  casa  e  durante  tutta  la  gioniata  la  scuola 
aUe  nostre  aUieve,  lasciando  che  anche  gU 
uomirii  ed  i  ragazzi  godano  il  beneficio  stesso 
per  conto  loro. 

Avevamo  con  noi,  interne,  tre  ragazze 
niulatte  e  tre  nere;  ora  sianio  rimaste  con 
queste  iiltime,  perch^  le  tre  niulatte  parti- 
rono  con  le  SoreUe  per  Kafubu;  ci  resta  pure 
il  piccolo  Francesco,  che  h  tutta  la  nostra 
gioia. 

Che  dir6  della  nostra  vita  e  del  paese? 
Poche  cose:  la  monotonia  fe  la  nota  carat- 
teristica  di  questa  regione  e  ben  poche  sono 
le  novitii  che  vengono  ad  interroniperla. 

Un  giomo  fe  iin'antilopc  che  fugge  da  iin 
leopardo;  un'altra  volta  t  un  serpente  che 
pretende  entrarci  in  cucina  e  che  ha  dato 
del  buon  da  fare  agli  uomini  prima  di  la- 
sciarsi  prendere,  poich^  non  lo  si  poteva 
distinguere  dalle  foglie  tra  cui  si  era  rifu- 
giato  per  salvarsi  la  pelle.  Ed  uno  dei  neri 
che  gli  dava  la  caccia  se  lo  senti  ad  im  tratto 
sopra  la  testa...  Questo  serjje  fe  di  mi  bcl 


colore  verde-chiaro  e  della  lunghezza  di  im 
metro  e  piu;  ma  la  sua  morsicatura  fe  mor- 
tale,  e,  senza  I'aiuto  del  Cielo,  avrebbe  man- 
date all'etemita  qualcuno. 

Oltre  i  fastidiosissimi  moscherini,  che  si 
moltiplicano  soprattutto  neUa  stagione  pio- 
vosa,  abbiamo  anche  le  pulci  ed  altri  in- 
setti  congeneri,  che  si  coaUzzano  per  far  sen- 
tire  all'umanita  il  valore  deUe  loro  punzec- 
cliiature.  Le  pulci  sono  ancora  passabili;  ma 
le  pulci-nane  che  si  ficcano  nella  peUe  e 
soprattutto  sotto  le  unghie  per  deporvi  le 
uova,  sono  quanto  niai  insopportabili! 

I  neri  si  fabbricano  delle  scope  con  foghe 
di  palma  legate  attonio  a  un  bastone  per 
mezzo  della  scorza  di  alberi.  Tali  scope  eco- 
nomiche  servono  pivi  o  meno  bene,  e  noi 
pure  dobbiamo  accontentarci  di  queste  per 
mancanza  d'altre  migliori.  Chi  direbbe  che 
una  scopa  ordinaria  come  quelle  che  si  usano 
in  Europa  raggiunge  ad  ElisabethviUe  il  bel 
prezzo  di  50  fr.?  E  noi  non  siamo  davA^ero 
in  grado  di  far  sfoggio  di  tan  to  lusso! 

Le  donne  nere  hanno  i  capelli  ricciuti  e 
corti  come  gU  uoniini,  e  siccome  esse  hanno 
veduto  che  le  domie  bianche  hanno  i  capelli 
lunglii,  idearono  una  nuova  acconciatura. 
Ed  ecco  come  se  la  sbrigano:  una  compagna 
afferra  una  ciocca  di  riccioli  con  il  polhce 
e  I'indice  e  vi  attacca  vari  capi  di  iilo  nero; 
ripreiide  qiiindi  un  capo  piii  lungo  e  lo  torce 
sugli  altri,  awicuiando  i  giri  il  piii  stretto 
possibile.  La  pcttiiiatrice  occasiouale,  mo- 
dcUo  di  pazienza,  ricomhicia  taiite  volte 
roporazi(jnc   quante  sono    le    trecce  che  la 


22S 


Un  villaggio  nero. 


cliente  vanitosa  desidera;  ed  anche  questa 
deve  avere  la  sua  buona  dose  di  pazienza, 
poichfe  I'operazione  ha  la  durata  di  qualche 
ora:  ma  si  risparmiano  per6  alcuni  mesi  di 
lavoro,  od  anche  un  anno  talora;  e,  durante 
questo  tempo,  certi  inquilini  hanno  la  co- 
modita  di  moltiplicarsi  tranquillamente  a 
lore  piacere!... 

Le  bambine  nere  si  raffazzonaiio  delle  bam- 
bole,  dopo  die  le  hanno  vedute  in  mano  delle 
nostre  interne;  e  se  ne  sbrigano  facilmente, 
awolgendo  dei  batuffoU  di  fibre  in  un  pezzo 
di  tela  qualimque;  poi  se  le  portano  sul  dorso 
come  fatino  le  mam  me  loro  coi  piccoH  fra- 
telhni.  Quanto  saremmo  contente  se  po- 
tessimo  procurare  aUe  nostre  aUieve  esteme 
tali  giocattoli,  dandoli  come  premio!  E  dac- 
che  il  metodo  Montessori  ha  preso  il  posto 
del  sistema  Froebeliano,  quanto  materiale 
d'insegnamento  proprio  di  quest'ultimo  non 
sara  stato  relegato  agli  angoli  delle  sofStte!... 
Per  noi  sarebbe  una  fortuna,  poiche  tutto 
fe  nuovo,  tutto  fe  beUo  per  i  nostri  neretti;  e 
per  le  maestre,  che  haimo  le  mani  vuote, 
quel  materiale  in  disuso  costi  in  Europa, 
costituirebbe  im  vero  tesoro.  Non  si  pu6 
immaginare  la  felicita  che  procura  a  questi 


cari  indigeni  il  dono  anche  solo  dl  un'imma- 
ginetta,  di  \ma  medaglia.  di  un  rosariol 

Quando  I'lspettoie  ufficiale  venne  I'anno 
scorso  a  visitare  le  nostre  scuole,  si  manifest6 
contento  dell 'msegnamento  che  s'impaitiva; 
ma  anch'egli  ha  dovuto  riconoscere  la  iK>stra 
estrema  poverta  in  materia  di  oggetti  scola- 
stici  mdispensabUi.  Gli  promettemmo  che 
alia  sua  prossima  visita  avrebbe  trovato 
qualcosa  al  riguardo;  ma  il  tempo  si  awi- 
cina  e  noi  siamo  ancora  nella  medesima  si- 
tuazione.  Questa  visita  mi  ricliiama  alia 
mente  ima  breve  nota  uiuoristica:  U  Sig. 
Ispettore  non  sa  parlare  la  lingua  indigena 
ed  ha  bisogno  di  un  mterprete.  Appena 
uscito,  alcuni  degli  aUievi  piii  svegli,  mostra- 
rono  subito  la  loro  meraviglia,  e:  « II  Sig. 
Ispettore  non  sa  leggere,  nh  scrivere,  ecc; 
ed  e  piu  veccliio  di  noi!...  i>.  Ah,  i  ragazzi 
sono  terribUi,  dappertutto,  anche  in  Sa- 
kania. 

Di  tanto  in  tanto  un  idrovolante  sorv-ola 
sopra  Sakania;  e  bisogna  allora  vedere  i 
neri  ad  accorrere  e  a  gridare  come  forsen- 
nati,  senza  nemmeno  pensare  dove  si  slan- 
ciano,  pur  di  vedere  megho!... 

Una  Figlia  di  M.  A. 


22g 


L'architettura 


PEKING 

Tern  pi  o  de! 
Cielo. 


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fcr.i^^j 

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(Nel  centro) 
PEKING  -  Sulla 
monlagna  di  M&r- 
mo. 


Tempio  delle 
nuvole  verdi. 


I7^«a,§!ijat^ 


2^  -ivA],')  ^Jn''iu'--f- 


,ii'iJ« 


-jtf*L-^»ii 


ome  SI  via 


in 


Ci 


ina 


Ce  lo  descrive  Mons.  Ignazio  Canazei, 
Vicario  di  Shiu  Chow. 

Prima  di  partire  ci  infomiiamo  sulle  con- 
dizioni  generali  di  sicurezza  della  regione  e, 
se  lion  vi  e  nulla  di  allarmante,  ci  affidianio 
alia  Prowidenza  di  Dio  e  partiamo.  Non 
perdiamo  tempo  a  combinare  orari  perclie 
qui  non  vi  sono  nt  treni,  ne  auto,  ne  vapori, 
eccetto  in  due  o  tre  localita;  prendiamo  con 
noi  quel  tanto  di  bagagUo  indispensabile  per 
non  destare  sospetti  di  ricchezze  nei  ladri, 
€  viaggiamo  a  piedi  anziche  in  sedia,  che  ci 
verrebbe  a  costare  assai.  Qualche  volta  si 
sale  su  un  barcone  per  acquistare  tempo  e 
risparmiare  le  forze. 

E  come  i  missionari,  viaggia  U  loro  Ve- 
scovo,  senza  paludamenti,  con  la  croce  pet- 
torale  e  I'aneUo  in  tasca.  La  comparsa  di  im 
Vescovo  coUe  sue  insegne  in  un  paese  pagano 
darebbe  troppo  occasione  di  meraviglia. 

Un  buon  giovinotto  fa  da  compagno,  por- 
tatore,  cuoco  e  interprete;  ma  non  ha  un 
bagagUo  eccessivo:  15  chUogrammi  al  piii; 
un  po'  di  vestiario  aUa  cinese,  perche  piu 
leggero,  forse  una  povera  mitra  e  un  sem- 
phce  pastorale,  im.  paio  di  pantofole  (cinesi), 
una  bussola  e...  alcuni  doUari. 

Oltre  al  piccolo  bagagUo  materiale,  11  mis- 
sionario  deve  mettere  nei  viaggi  un  po'  di 
amor  di  Dio,  im  po'  di  zelo  e  di  pazienza. 
Cosi  fomito  inizia  il  sue  viaggio. 

Le  sorprese. 

Non  creda  il  nostro  gentile  lettore  che  la 
gente  qui  nella  sua  maggioranza  sappia  chi 
noi  siamo.  Nei  paesi  di  campagna  e  anche 
nelle  citta  ci  sono  ancora  in  giro  idee  molto 
curiose.  II  missionario,  perchfe  straniero,  su- 
scita  ancora  molti  sospetti;  chi  lo  crede 
negoziante,  chi  viaggiatorc,  chi  spione,  clii 
militare,  chi  medico,  chi  ingegnere;  po- 
chissimi  sannochc  predica  il  Vangelo  e  quasi 
nessuno  pu6  capire  e  sa,  anche  lo  avesse 
sentito  dire  non  ci  credc,  che  I'unico  e  vero 
suo  lavoro  h  quello  di  salvare  le  anime  dei 


fratelli!  Sono  constatazioni  penose,  e  cose 
che  addolorano  grandeme:ite  il  cuore  del 
missionario,  ma  &  la  verita!  Non  si  creda, 
come  forse  si  legge  in  qualche  racconto  mis- 
sionario piti  fantastico  che  serio,  che  il  po- 
vero  pagano  si  prostri  davanti  al  missionario 
che  gli  viene  incontro  col  crocilisso  in  mano! 

Grazie  a  Dio  se  non  fuggono  e  non  ci 
chiudono  le  porte  in  faccia  per  paura  che 
sianio  gente  pericolosa! 

Per  la  notte,  quando  manca  la  casa  ospi- 
tale  di  qualche  cristiano,  si  prende  alloggio 
nell'albergo,  dove  si  cena  con  riso,  verdura, 
uova,  tfe,  si  chiacchiera  coi  cmesi  che  si 
awicinano  e  si  riposa  su  un  giacigUo.  Mons. 
Canazei  riferisce  la  delicatezza  di  un  alber- 
gatore  che  ebbe  cura  di  cacciar  via  di  sotto 
al  letto  del  Vescovo  la  scrofa  che  voleva 
passar  cola  la  notte  coi  suoi   14  rampolli! 

Vi  sono  poi  certe  vie  difficili,  come  per 
esempio  da  Chi  Hing  a  Fong  Tong,  ecc.  che 
non  si  possono  percorrere  che  a  piedi.  Quando 
nei  germaio  1930  Mons.  Versiglia  fece,  un 
mese  prima  di  essere  trucidato,  la  via  di 
Fong  Tong,  vi  arriv6  cosi  stanco  che  con- 
fesso  che  difficihnente  si  sarebbe  sentito  di 
fare  un'altra  volta  tale  viaggio. 

Non  t  raro  poi  che  il  missionario  viag- 
giante  perda  la  strada  giusta  e  vada  a 
sbucare  m  localita  distanti  da  quella  a  cui 
era  diretto;  fe  capitato  poco  fa  a  Mons.  Ca- 
nazei che,  sbagliata  la  direzione,  si  trov6  a 
10  km.  distante  dalla  sua  meta,  stanco,  af- 
famato  e  per  im'ora  almeno  dovette  ripo- 
sarsi  sotto  un  albero  senza  nemmeno  « la 
voglia  di  vedere  per  qual  parte  sarebbe  ri- 
toniato  sul  buon  sentiero  ». 

Vi  6  per  ultimo  I'irabroglio  della  lingua  o 
meglio  dei  dialetti.  Come  si  fa  a  parlare  colla 
gente  delle  montagne,  che  hanno  dialetti 
diversi  in  ogni  vallata?!  6  la  difBcolta  pivi 
trenienda  per  il  lavoro  missionario. 

II  missionario  non  si  spaventa  di  cid: 
affronta  le  difFicolta  per  giungere  alle  anime, 
e  sa  che  queste  costarono  assai  piii  a  Gesii 
Cristo. 


2J2 


t'ori^ine  k\ 
Oiappone 

$c(on5o  la  mi- 

tologia  qiap- 

poncse 


(ContlQaazlone). 


Izanaghi,   corse   a   cercare   11   fuoco   e  trovatolo,   lo   fece  a   pczzt... 


—  Ma  qui  non  si  fa  che  delle  isole!  Come  va 
questa  facceuda?  Cio  non  e  capitato  ancora 
iu  alcun  paese  di  questo  mondo.  Ma  guarda 
che   roba!    Gettiamola   in   raarel 

—  ij  una  cosa  inspiegabile.  Qui  bisogna  ri- 
correre  ai  nostri  colleghi,  all'augusto  consenso 
degli  del    Ci  sara  ben  qualche  motivo... 

Si  misero  dunque  in  coniunicazione  con  gli 
dei  con  preghiera  di  risolvere  la  delicata  que- 
stione. 

Era  la  prima  volta  che  gli  dei  venivano  iu- 
terrogati...  cio  equivaleva  ad  un  esame,  e  ad 
un  esame  non  si  risponde  cosi  su  due  piedi. 
Gli  dei  erano  tutti  soprapensiero.  II  silenzio 
era  cosi  protondo,  che  si  sentiva  11  rumore  di 
quelli  che  si  arricciavano  nervosamente  i  bafi&. 

— •  Mah!  qui  non  si  conclude  niente:  interro- 
ghiamo  I'oracolo. 

Cosi  dicendo,  il  dio  Perfettamente  Bello  mise 
sul  fuoco  una  scapola  di  daino.  Tulto  il  cielo 
fu  appestato  dal  fumo  puzzolente;  I'osso  intanto 
comincio  a  screpolarsi;  mille  segni  apparvero. 
L'occhio  del  dio  che  sapeva  leggere  decifro 
subito  quel  responso:  se  e  nato  quel  che  i  nato, 
^   perche   la   donna   ha   parlato    per   la   prima. 

Quando  Izanaghi  ricevette  questo  responso, 
si  ricordo  subito  di  che  si  trattava: 

—  La  colpa,  come  vedi,  d  tua,  disse  alia 
moglie.  Alia  cerimonia  nuziale,  sei  stata  tu  a 
parlare  per  prima,  sei  stata  tu  a  dirmi:  che 
giovane  bello  e  augusto! 

Dopo  questo  fatto  vennero  al  mondo  dei  bei 
figliuoli,  che  si  chiaraan  ancora  oggi  le  isole 
dell'arcipelago  giapponese. 

Dopo  che  Izanaghi  e  Izanarai  ebbero  create 
le  isole  giapponesi,  rimasero  estatici  a  mirare 
I'opera   geografica    cosi    bene    riuscita. 

—  Caro  fratello,  le  isole  ci  sono,  ma  mi  pare 
che  non  basti. 

—  Cara  Izanami,  hai  proprio  ragione.  Qui 
non   c'e  che  terra,   acqua  e  cielo. 

—  Aggiungi  pure  anche  I'aria.  Perd,  quante 
cose  maucano!  Non  c'e  un  po'  di  vento,  non 
si  vede  alcuna  luce;  mi  pare  di  essere  in  un 
deserto. 


—  Non    dimenticarti    che    siamo    suUe    isole 

del    Giappone.    Vedrai   che   con  la  pazienza   fa- 

remo  tutto. 

*** 

Difatti  in  poco  tempo,  ecco  nascere  le  forze 
della  natura.  M^icava  solo  il  fuoco  e  qualcosa 
d'altro,   come  il  sole  e  la  luna. 

11  fuoco  ^  sempre  stato  un  individuo  capric- 
cioso.  Tutti  quelli  che  Than  inventato.  Than 
dovuta  pagare,  o  in  un  modo,  o  in  un  altro. 
Lo  sa  molto  bene  Prometeo  che  ci  ha  rimesso 
il  fegato. 

Quando  nacque  il  fuoco  in  Giappone,  ne  fece 
subito  una  delle  sue:  uccise  la  madre.  Non  d 
che  I'abbia  proprio  uccisa,  ma  la  povera  Izanami 
fu  talmente  bruciata  che  in  poco    tempo   mori. 

Immaginatevi  il  dolore  di  Izanaghi!  Si  strap- 
pava,  i  capeUi  .si  rotolava  per  terra,  mordeva  la 
polvere  ma  tutto  era  inutile.  Sua  sorella,  la  dea 
Izanami,  era  morta,  morta  davvero.  E  tutto 
per  causa  del  fuoco!  Possibile  che  non  sappia 
fare  altro  che  malanni! 

—  La  finiro  subito;  quell'individuo  non  ha 
diritto  di  vivere.  Meglio  se  non  nasceva.  Chi 
sa  quanti  disastri  sara  capace  a  fare;  se  comincia 
cosi  bene;  in  un  giorno  distruggera  paesi  e  citta. 
E  pensare  che  il  Giappone  avra  tutte  le  case 
di  legno!  Meglio  prevenire  ogni  disgrazia.  Se 
avessero  fatto  anche  gh  altri  cosi,  Nerone  non 
bruciava  Roma.   Uccidiamolo! 

Izanaghi    corse  a  cercare  il  fuoco  e  trovatolo, 

10  fece  a  pezzi.  Fatica  sprecata.  Da  ogni  pezzo 
nasceva  un  altro  dio.  Pii  batteva  e  piii  il  fuoco 
divampava. 

—  Qui  riesco  a  niente.  Sara  meglio  che  vada 
a  cercare  la  mia  augusta  sorella  Izanami.  Se 
e    morta,    sara    ben    andata    in    qualche  luogo. 

11  piu  i  trovarla.  Del  resto,  dicono  che  anche 
Orfeo  rinsci  a  trovare  la  moglie.  Quello  che  son 
riusciti   a  fare  gli  altri,  riusciro  a  farlo  anch'io. 

*** 

Dopo  molto  camminare,  Izanaghi  arrive  da- 
vanti  a  un  palazzo  tenebroso,  un  palazzo  tutto 
di   legno,    all'esterno,    con   una   sola   porta;   la 


?JJ 


A  questc  parole 

apparve   lza= 

nami... 


costruzioue  era  addossata  alia  montagiia;  vast! 
labirinti  si  stendevano  dietro  quel  lugubre  e 
silenzioso    palazzo,    alto    quasi    due    metri. 

—  Se  portavo  con  me  una  torcia,  era  meglio. 
Qui  non  vi  si  vede  niente.  Ohe!  Izauami!  Se  ci 
sei,  fatti  vedere,  sii,  da  brava.  Abbianio  ancora 
da  finire  il  Giappone,  c'e  ancor  da  fare  il  sole 
e  la  luna,  e  tutto  quel  che  non  c'e  ancora. 

A  queste  parole  apparve  sulla  porta  Izanami: 

—  Oh  caro  fratello!  Perche  non  sei  venuto 
prima?  Ormai  ho  gia  mangiato  qua  giii;  non 
posso  piii  ritornare. 

—  Oh,  golosa!  Per  cosi  poco  dimeutichi  i 
tuoi    doveri.    Meno    storie,    vieni! 

—  Giacche  proprio  lo  vuoi,  andro  a  chiedere 
il  permesso  agli  dei.  Tu  aspetta  qui  e  non  muo- 
verti.  Non  voler  curiosare  qui  dentro;  e  proibito. 
Attendinii,  che  vengo  subito,  — •  e  spari  nell'in- 
terno. 

Izanaghi  attese  un  bel  po',  si  sedette  per  terra, 
poi  si  alzo,  si  sedette  di  nuovo,  ma  il  tempo 
pa.ssava   e   nessuno    si    faceva   vivo. 

—  Qui  siamo  proprio  nel  regno  dei  morti. 
lo  non  sono  abituato  ad  aspettarc  tanto.  An- 
diamo  un  po'  a  vedere  cosa  succede  la  dentro. 
Qui  cartelli  che  proibLscano  I'entrata,  non  ci 
sono.  lo  posso  dire  di  non  r.aper  niente  ed  entro. 
Fa  pcro  molto  buio.  Accendero  qualciuio  dei 
denti  del  mio  pettine  di  bambi'i.  «  Kachi,  kaclii 
ecco  fatto. 

—  Oh,  che  roba!  To,  guarda  li,  Izanami!  pfui 
che  roba!   Scappiamo! 

A  terra,  in  mezzo  al  puUular  dei  vermi,  gia- 
ceva  il  cadavere  putrefatto  di  Izanan\i;  accanto 
sedevano    tetri    gli    dei    (leU'averno. 

Izanami,  al  vedersi  scopeita  in  quello  state, 
scatto  rabbiosa : 


—  Infame,  scellerato,  aiigusto  fratello!  che  hai 
fatto!   Orsii,   donne  orride,  inseguitelo,  strapaz 
zatelo,  uccidetelo. 

JIa  Izanaghi  non  era  U  ad  aspettare  le  furie- 
dell'inferno.  Se  I'era  data  a  gambe  gi;i  da  un 
pezzo.  lyC  furie  pero  corrcvano  come  il  peusiero, 
come  i  rimorsi, 

Izanaghi,  vedendosi  raggiunto,  si  tolse  in 
fretta  dal  capo  la  nera  corona  di  fiori  e  la  gettd- 
a  terra.  I^a  ghirlanda  si  trasformo  subito  in  un 
bosc(5  den.so  di  viti  selvagge,  ma  Ic  furie  orride, 
senza  perder  tempo,  si  misero  a  divorare  quel 
bosco  in  tutta  fretta,  quindi  si  gettarono  di 
nuovo  all'inseguimento.  Izanaghi  aUora,  toltosi 
il  pettine  di  bambi'i,  lo  fece  in  tanti  piccoli  pezzi 
e  lo  getto  a  terra. 

Tra  lui  e  le  furie  sorse  un  bosco  di  bambvi, 
ma  mentre  quelle  divoravano  alacremente  quel- 
I'ostaoolo,  ecco  avanzarsi  tutti  gli  dei  dell'in- 
ferno, gli  otto  dei  del  tuono,  con  milleciuque- 
cento  guerrieri.  Ma  Izanaghi,  brandendo  la 
spada,  li  seppe  tenere  sempre  a  bada.  finche 
non  ciunse  alia  base  della  china  che  saliva  al 
mondo  dei  vivi.  Qui  trovo  alcune  pesche;  egli, 
che  ne  conosceva  la  virtu,  le  sbatte  insieme;  a 
quel   rumore    tutti    fuggirono    via. 

Allora  la  soreUa  stessa  si  mise  a  inseguirlo,. 
ma  Izanaghi  era  gia  arrivato  all'uscita  dell'in- 
ferno.  Ivi  soUevo  un  niasso  che  mille  uomini 
non  avrebbero  potuto  alzarlo,  e  blocco  con 
quello  I'entrata  dell'averno.  La  sorella  giunse 
proprio  allora,  e  non  le  rimase  che  dargli  I'ul- 
timo  saluto. 

—  Caro  e  amato  fratello,  giacche  tu  ti  .sei 
comportato  cosi,  io  faro  morire  in  un  sol  giorno' 
un    migliaio    di    uomini    deUa    terra. 

—  Mia  cara,  augusta  .sorella;  se  tu  farai  cosi, 
io  faro  nascere  millecinquecento  uomini.  E  se 
ogni  giorno  ne  morrauuo  mille.  ogni  giorno 
nasceranno  altri  millecinquecento  uomini.  Addio. 

Da  quel  giorno,  Izanami  divenne  la  .gran  divi- 
nita  dell'inferno;  ogni  giorno  fa  morire  degli 
uomini,  ma  sono  sempre  in  maggior  numero 
quelli  che  nascono. 

Izanaghi,  contento  di  es.serc  sfuggito  alle 
grinfe  di  sua  soreUa  Morte,  assesto  ben  bene  la 
roccia  che  .sbarrava  I'antro  dell'averno,  poi  se 
ne    ando    per   i    fatti    suoi.  (Cotitiniia), 


Ma  Izanaghi  se  I'cra 
data  a  gambe  gia  da 
un   pezzo... 


234 


PICCOLO  EROE 


RACCONTO 


Da  tre  ore  k  gia  calata  la  notte,  e  il  Padre, 
Titoniato  stance  dal  suo  <i;iro  di  iiiissione, 
prende  il  Breviario  e  recita  le  iiltinie  ore 
dell'Ufficio  divino  prima  di  preiidfre  il  nie- 
ritato  riposo.  A  un  tratto  volta  lo  sguardo 
daUa  parte  della  porta  perche  nn  leggero 
nimore  lo  colpisce.  Alia  piccola  ombra, 
faccia  pallida,  sguardo  smarrito,  die  si 
presenta,  con  sorpresa  vuol  rivolgere  il 
Padre  la  parola,  ma  lo  previene  il  povero 
fanciullo  smunto  che  lo  supplica:  —  Padre, 
ho  fame,  sono  senza  casa...  Prendimi  con  te. 

—  ]Ma  da  dove  vieni? 

—  Da.... 

—  E  i  tuoi  genitori? 

—  I  raiei  genitori  vogUono  die  io  vada 
alia  sciiola  indii  e  io  non  ne  ho  vogha. 
Prendimi   con   te... 

—  Cosa  ^'uoi  fare? 

—  Studiare,  e  poi... 

—  Vedremo  domani,   ora  vieni  con  me. 


La  mattina  dopo  Messa. 

I'll  gruppo  di  energiimeni  fuori  della 
■cliiesa  attomo  ad  mi  povero  ragazzo  pian- 
gente.  E  il  ragazzo  della  sera  precedente 
venuto  alia  Missione  per  chiedere  aiuto.  Gli 
energumeni  sono  i  suoi  parenti,  die,  avendo 
sospettato  la  cosa,  veiigono  a  far  valere  i 
loro  diritti.  Sono  addosso  al  poveretto,  lo 
legano  fortemente.  II  Padre  accorre,  rini- 
provera  quel  persecutori  e  cliiede  spiegazioni. 

— ■  Io  sono  suo  padre  —  dice  quello  die 
sembrava  il  capo  deUa  combriccola  —  e 
voglio  die  mio  figlio  ubbidisca  a  me.  Deve 
andare  alia  nostra  scuola  a  tutti  i  costi.  Gli 
faro  passare  la  voglia  di  toniar  qui... 

E  se  lo  portano  via  gridando  e  scliia- 
mazzando,  mentre  il  povero  fanciullo,  ten- 
dendo  le  braccia  si  raccomanda  piangente 
al  Padre  che,  purtroppo,  e  impotente  ad 
aiutare  quel  povero  essere  smunto  e  pallido. 
Egli  si  limita  a  racconiandarlo  al  Signore 
dal  fondo  del  suo  cuore. 


Nella  giungla,  vicino  al  villaggio  di.... 

Gli  energumeni  posano  il  loro  fardello 
sulla  piazza  del  mercato.  In  mezzo  al  grande 
piazzale  c'e  un  palo  aggiustato  con  una 
forca  in  cinia  per  ficcare  le  teste  delle  capre 
da  sacrificare  agli  idoli.  Cola  dovra  il  pic- 
colo disobbediente  essere  castigato  del  suo 
ardire  di  resistere  agli  ordhii  patenii  e 
andarsi  a  rifugiare  dai  Padri. 


La  testa  del  piccolo  viene  ficcata  dentro 
la  forca  e  poi.  dopo  averlo  ben  legato,  con 
funi  e  bastoni  di  bambii  tempestano  di  colpi 
il  corpo  del  povero  fanciullo  davanti  alia 
folia  accorsa  da  tutte  le  parti  per  vedere 
lo  spettacolo  ed  applaudire...  Quando  le 
braccia  sono  stanche  di  battere,  essi  slegano 
il  fanciullo  e  con  accento  sarcastico: 

—  Ora  dunque  andrai  alia  nostra  scuola? 
II  fanciullo,  ancora  dolorante,  asciuga  le 

lacrime  col  dorso  della  mano,  indi,  rivolto 
uno  sguardo  suUa  folia  dei  curiosi,  in  faccia 
a  quel  manigoldi  dice  con  fermezza:  —  No. 
Essi  allora  gli  sono  nuovamente  addosso, 
lo  legano  piu  fortemente  di  prima,  e  rico- 
minciano  la  dolorosa  flageUazione.  Le  spalle, 
la  schiena,  le  braccia  del  povero  bambino 
cominciano  a  sangninare,  la  pelle  si  apre  ed 
il  sangue  innocente  viene  spruzzato  tutt'in- 
torno.  II  povero  martire  non  puo  piii  sop- 
portare  tanto  strazio,  e  lamenti  e  grida 
angosciose  non  conmiuovono  il  cuore  di 
quel  manigoldi.  In  un  ultimo  grido  stroz- 
zato  il  povero  fanciullo  sviene  e  si  accascia 
senza  forza...  Lo  slegano  aUora,  lo  spruz- 
zano   d'acqua   e   rinviene. 

—  Ora,    si,    andrai    alia  nostra   scuola... 
II   poveretto   con   uno   sguardo   languido 

alza  lentamente  la  testa,  la  scuote  e  dice 
ancora:  —  No  —  indi  nuovamente  si  ab- 
batte,  stremato,  al  suolo... 


Tre  anni  dopo.  Nel  chiasso  fanciullesco 
del  cortile  chiassoso  deU'Istituto  della  Mis- 
sione, un  fanciuUo  si  nota  fra  tutti,  paUido 
in  viso  ma  con  gli  ocelli  neri  e  Incenti  che 
dominano  la  ricreazione...  Egli  ricorda  la 
persecuzione,  le  battiture,  la  selvaggia  fla- 
geUazione di  tre  anni  prima... 

I  manigoldi  disaniiati  davanti  a  quel 
povero  fanciullo  inerme,  non  avevano  sa- 
puto  pill  che  farsi.  II  padre,  perduta  la 
pazienza,   aveva  ordinato: 

—  Orsil,  lasciatelo  stare,  e  mi  testardo 
che  non  capira  mai  nulla.  Vada  dove  vuole. 

E  il  poveretto  se  ne  era  di  nuovo  venuto 
alia  Missione,  dove  aveva  trovato  padre, 
madre  e  una  casa  ospitale.  Ora,  mentre 
neUo  studio  e  neUa  pieta  apre  il  cuore  ai 
segreti  della  religione,   sogna   con  felicita... 

Oh,  quando  sara  die  anch'egli,  come  fa 
il  Padre  tutti  i  gionii,  possa  toccare  con 
mano  tremante  quell'Ostia  bianca  bianca 
che  vede  splendere  di  tanta  luce  sull'altare 
di  Dio!...  P.  E.  Sanna. 


235 


Un  Papuaso, 


'^^ 


Capigliature  del  Katanga. 


Una  giovane  Taigal  (Pormosa).i 


Marmocchio  del  Congo  Belga. 


I 

P 
I 


Donna  Aino  (Giappone). 


0 
I 


Clvvcninvc 


MISSIONARI  NOVELLINI 

Ai  missionari  novellini,  che  giungono  per  la 
prima  volta  nei  porti  dell'Oriente  e  dell'Estremo 
Oriente  di  solito  non  mancano  avventure  gustose 
per  essere  ancora  ignari  della  lingua  e  dei  costumi. 
Narra  P.  Francesco  da  C.  Franco  su  II  Massaia, 
che  quaiido  giunse  a  Bombay,  al  fermarsi  del 
piroscafo  in  porto,  un'infinita  di  uomini  neri, 
mezzo  nudi,  saltarono  sulla  nave  apostrofando 
i  passeggeri  col  solito  grido: 

—  Salam,  sahib;  salam,  sahib.  —  Affatto  ignaro 
della   lingua,    all'udire    quel    « salam  i>   si   disse: 

—  Povero  me!  Guarda  un  po'  dopo  tanti 
stenti  e  disagi,  dovevi  capitare  a  Bombay  per 
ricevere  un  simpatico  complimento:   «  salame  ». 

E  instintivamente  ribellandosi  all'insulto,  si 
lascio  sfuggire  di  bocca:  —  Salami  siete  voialtri! 

Pensate  come  rimase  quando  seppe  che  il 
loro  grido  voleva  dire  tutt'altro,  cioe:  Dio  ti 
salvi,    0    Signore! 

Piii  tipica  quella  che  gli  capito  alia  stazioue. 

Gli  era  stata  afBdata  in  custodia  la  comitiva 
dei  facchini  che  trasportavano  i  bagagli.  Chi 
capitanava  i  missionari  era  andato  a  prendere 
i  biglietti,  e  gli  aveva  tanto  raccomandato  di 
vigilare  che  ucssun  collo  andasse  perduto.  Sic- 
come  aveva  seutito  ripetere  spesse  volte  ai 
facchini  le  parole:  Gialdi  Hard,  credette  volessero 
essere  I'espressione  di  questa  raccomandazione. 

Quaudo  vide  che  i  facchini,  entrati  in  stazioue, 
deposero  sulla  piattaforma  i  bagagli  e  si  ritrassero 
in  disparte  per  fare  una  furaata  —  I'indiano 
dopo  il  piCi  piccolo  lavoro  suole  fumare  —  il 
missionario  iusospettito  che  abbandonassero  gli 
oggetti  per  trafugare  qualcosa,  disse  loro  la 
frase  imparata;  Gialdi  Kard,  volendo  dire: 
state  attenti,  state  attenti  al  bagaglio.  Appena 
udito   I'ordine   i   facchini    riprescro   i   colli   e   si 


2j6 


Una  beduina  (afuata. 


Capigliafore  del  Kaianga. 


Isjiano  delta  Polinesia. 


21Ti55ionatrte 


incammiuarono  aUa  svelta  verso  il  treno;  il  mis- 
sionano  stupito  dovette  tener  loro  diet'ro  Per 
caso  giunse  al  treno  quando  gia  il  capotreno 
gndava:  pronti,  partenza!  II  povero  missionario 
accorgendosi  che  mancava  ancora  il  capo  coi 
biglietti,  fece  segno  di  aspettare  e  il  capotreno 
aspetto  che  tutti  fossero  a  posto;  indi  il  treno 
parti.  Senza  saperlo  il  missionario  aveva  proffe- 
nto  a  tempo  la  nota  frase;  ma  questa  voleva 
dire:  fate  presto!  e  i  facchini  obbedendo  gli 
avevano  nsparmiato  di  veder  partire  il  treno 
e   rimanere   a   terra. 

UN  LAMPO  DI  GENIO... 

II  P.  Paolo  Barbicri  manda  all' Apostolaio 
t-rancescano  una  corrispondenza  iuteressante  sui 
costumi  pagani  cinesi.  II  bravo  missionario 
descnve  la  festa  fantasmagorica  del  «  Dragone  » 
avvenuta  il  i,  2  e  3  marzo.  II  giorno  seguente 
dice,  f  u  « la  giomata  delle  donne  ». 

In  quel  giorno  esse  hanno  la  liberta  di  andare 
dove   vogliono.    Qui   vi   e  I'usanza   che   in   quel 
^omo  entrino  per  tutte  le  case  a  curiosare    e 
cio  nel   modo   piu   sfacciato   perche   credono'di 
averne   un   diritto.    lo   mi   opposi   in   un   modo 
assoluto  e  sprangai  tutte  le  mie  porte.  Ma  mentre 
pranzavo  ecco  che  mi  percuotono  la  porta  del 
sito   e   in    un    batter   d'occhio   una   fiumana   di 
donne  di  tutte  le  condizioni  mi  riempi  la  resi- 
denza.   Dissi  ai  servi  di  mandarle  via,  ma  non 
obbedirono.    lo   le   iuvitai   con   buoue   maniere 
ma  mi  nsero  in  faccia;  non  sapevo  piu  cosa  fare' 
saranno  state   almeno    duemila!    Nei    momenti 
difficih   pero   un   lampo   di   genio   viene   a   tutti 
e   cosi   anch'io   mi   ricordai   della   mia   muletta 
Andai  di  corsa  alia  staUa,   la   coudussi   fuori   e 
commciai    a   batterla;    ed   essa,    senza   tanti   ri- 
spetti  umani,  comincio  a  spedire  calci  in  tutte 
ledireziom,  mettendo  in  fuga  le  gentili...  curiose 


Ragazza  del  Siain. 


^37 


)^'  ^5^rW 


Cronaca 
Missionaria 

] 


E  g  i  z  i  a  n  a 
del    Cairo. 


Signora 
del  Togo. 


VITTIME  DELLA  SUPERSTIZIONE 

Durante  l'ecclis.si  del  26settembre,  la  supersti- 
zioiie  ha  mandato  aU'ospedale  parecchia  gente 
di  Costantinopoli.  II  popolino  crede  che  il  fe- 
nomeno  dell'ecclissi  .sia  dovuto  a  un  mostruoso 
dragone,  che  scorazza  pel  cielo.  oscurando  e  il 
sole  e  la  luna,  e  .si  pasce  di  sangue  umano.  Al- 
lorche  la  luna  comincin  a  velarsi,  molti  pretesero 
di  difenderla,  sparando  rivoltellate  per  spa- 
ventare  il  mostro.  L'eccitazione  era  tale,  che 
molte  paUottole  furono  cacciate  nei  corpi  della 
gente.  La  polizia  opero  una  cinquantina  di  ar- 
resti. 

LA  GIORNATA  MISSIONARIA 

Nel  1930  la  giornata  missionaria  ha  fruttato: 
offerte  2.362.053  —  qKote  d'iscrizione  alia  Pro- 
pagazione  della  Pede  2.030.836  —  altre  quote 
701.108  —  ogerte  libere  nel  corso  dell'anno 
685.531:  tutto  questo  uella  sola  Italia  nostra. 
In  totale  I'ltalia  ha  dato  7.274.068,84  lire  pel 
le  Missioni! 

IL  CORPO   DI  S.  FRANCESCO   SAVERIO 

Dal  3  dicembre  per  30  giorni  sara  esposto 
alia  pubbHca  venerazione  in  Goa  il  corpo  d'. 
S.  Francesco  Saverio.  Per  I'occasione  e  state 
chiesto  al  Papa  il  privilegio  di  un  giubileo  con 
jndulgenza  plenaria  per  tutti  i  pellegnni. 

FIORITURA  DI  APOSTOLI 

Nel  Vicariato  Apostolico  di  Kivu,  degli  84 
allievi  della  scuola  catcchisti,  ben  52  hanno  do- 
mandato  di  cominciare  lo  studio  del  latino,  per 
diventare  sacerdoti.  Dopo  un  accurate  esame, 
ne  furono  accettati  per  ora  una  ventina,  ma 
altri  saranno  animessi  piii  tardi.  E  un  prodigio 
Jella  grazia  e  dimostra  I'inesauribilc  fecondita 
del  Vangelo. 

TRENT ANNI  FRA  I  LEBBROSI... 

II  Governo  franccse  ha  conferita  la  Croce  della 
Legion  d'Onore  a  suor  Bianca  Tremeau  per 
«  trent'anni  trascorsi  nella  cura  dei  lebbrosi  nei 
Jazzaretti  di  Mandalay,  Rangoon  e  di  Ceylan!  ». 


LOLANDA  E  LE  MISSIONI 

In  Olanda.  dove  il  numero  complessivo  dei 
cattohci  e  di  due  milioni  e  settecentomila,  le 
Missioni  hanno  complessivamente  3394  sacer- 
doti, 18  c;  chierici  e  1986  fratelli  laici,  con  22.296 
suore.  Cosicche  I'Olauda  da  un  missionario  o.gni 
650  cattolici! 

CATASTROFE  REGALE 

Undici  membri  della  famiglia  reale  di  Laos 
ed  altre  24  persone  sono  annegate  nel  fiunie 
Mekong,  nell'Indocina.  Scendevano  il  fiume  su 
una  grande  piroga,  con  dignitari  e  servi;  la  pi- 
roga  urto  coutro  uno  scoglio  e  affondo  in  pochi 
miiiuti;  la  corrente  rapidissima  travolse  i  poveri 
naufraghi  rendendo  vano  ogni  tentative  di  sal- 
vataggio. 

LA  MORTE  DI  P.  MUNARETTI 

ft  morto  il  buon  P.  JIunaretti  dell'Istituto  di 
Parma,  missionario  in  Cina.  Nel  dicembre  scorso 
era  stato  fatto  prigioniero  dai  belscevichi  cmesi 
con  due  altri  missienari  italiani  e  sottoposto  ad 
ogni  .sorta  di  maltrattaraenti. 

Padre  Munaretti,  che  era  fornite  di  una  fluen- 
tissima  barba  nera,  fu  persino  esposto  ceme  ima 
curiosita  dai  banditi  in  un  baraccone  a  paga- 
mento.  Le  sofferenze  sopportate  durante  la 
prigionia  ne  avevano  scossa  la  salute,  ma  I'eroico 
missionario  aveva  lo  stesso  continuato  nella  sua 
opera  di  fede,  incurante  dei  pericoli  e  del  disagi, 
finche  la  morte  lo  ha  ora  raggiunto. 

TERRIBILI  ZANZARE 

Nella  valle  ubertosissiiiia  di  Cetabato,  nel- 
I'isola  fihppina  di  Mindanao,  sono  apparsi  in 
questi  ultimi  tempi  degli  sciami  impressionanti 
di   zanzare   che   hanno   arrecate   danni   enorrai. 

Le  terribili  zanzare  aggredisceno  qualsiasi 
animale  che  incontrano:  spessissinio  maiali  e 
cinghiali  muoiono  in  pochi  minuti  in  seguite  alle 
punture,  e  i  cavalli,  una  volta  punti,  si  metteno 
a  corrcre  in  preda  a  grande  eccitazione  e  non 
si  fermano  che  quando,  stremati  di  forze,  ca- 
dono  morti  al  suolo. 


238 


Sforia  di  25  anni  fa,  narraia  dal  missionario   D.   A,    CoJbacchini. 

(CONTINUAZIONE) 


II  rifiuto  dispiacque  al  buon  Uke-waguu: 
ma  noil  se  ne  lagno:  e  tutti  si  niisero  in 
marcia  per  la  Missione,  uomiiii,  donne  e 
bambini  con  tutte  le  lore  masserizie.  Cani- 
minavaiio  poco  e  progredivano  lentaniente 
perch^  vi  erano  contusi  dalle  bastonate  dei 
Cajamo  doge  e  piu  di  tutti  soiTriva  il  figlio 
di  Meriyi-kimidda  per  la  larga  ferita.  A 
poco  a  poco  pero  si  trovarono  vicino  alia 
IMissione  ed  accamparono  sulla  sponda  del 
Barreiro.  Meriri-kwddda  con  due  compagni, 
due  sue  figlie  ed  il  figlio  ferito,  lasciarono 
la  comitiva  ed  entrarono  nella  Missione. 

ha  notizia  dell'arrivo  di  varie  famiglie 
riempi  di  gioia  I'animo  del  Missionario  che 
rese  vive  grazie  al  Sacro  Cuore  di  Gesii.  Si 
era  nel  mese  sacro  al  Divin  Cuore  e  preci- 
samente  al  15  giugno  1903.  Alia  colonia  fu 
un  vero  giorno  di  festa.  Meriri-kwddda 
appena  diede  la  notizia,  voile  che  il  Mis- 
sionario gU  facesse  vedere  il  luogo  dove 
aveva  preparato  le  capanne  per  il  Cacico, 
psr  lui,  per  gli  altri.  II  Missionario  lo  ac- 
contento;  ne  mancavano  ancora  alcuna, 
ma  lui  stesso  disse  subito:  —  Le  faremo 
noi;  presto  sara  tutto  pronto;  noi  siamo 
in  molti  e  non  ci  metterenio  gran  che  per 
preparare  cio  che  ancor  manca.  —  Le  Suore 
fecero  cordiale,  affettuosa  accoglienza  alle 
due  figlie  di  Meriri-kwddda,  e  subito  dope 
lavarono  e  fasciarono  la  larga  ferita  del 
figlio.  II  mattino  seguente  Merin-kwddda 
voile  che  il  Missionario  andasse  con  lui  ad 
incontrare  il  gruppo  dei  Bororos  che  in- 
tendevano  stabilirsi  definitivamente  nella 
Colonia.  Don  Balzola  lo  compiacque  ben 
volentieri.  Quando  si  trovarono  vicini  al- 
I'accampainento  Meriri-kivddda  lancio  un 
lungo   ed   acuto   fischio,   per   av\iso. 


L'incontro  fu  festoso.  IJ  Cacico  Uke- 
wagim  attoniiato  dai  suoi  ucmini,  tutti 
niessi  a  festa,  con  la  testa  omata  di  penne 
a  vari  colori,  il  corpo  tinto  del  rosso  di 
urucum,  I'arco  e  le  frecce  in  pugno,  si  erano 
come  disposti  in  solenne  parata.  Dietro  a 
loro  se  ne  stavano  le  donne  ed  i  bambini, 
i  quali,  al  comparire  del  Missionario  che 
mai  avevano  visto,  cominciarono  a  gridare 
e  a  piangere  cercando  di  nascondersi  fra 
le  gambe  delle  madri.  Fu  una  scena  inde- 


Costruzione   di   una   capanna. 


239 


scrivibile  questa.  II  Missionario  profonda- 
niente  commosso  nel  vedere  a  se  dinanzi 
quelle  anime  per  le  quali  aveva  tutto  ab- 
bandonato,  e  si  era  esposto  ai  piu  gravi 
pericoli,  col  sorriso  sulle  labbra  e  facendo 
segni  di  affettuoso  saluto  si  appresso  loro. 
Cerco  di  dire  qualche  parola  per  far  loro 
capire  che  egli  era  I'inviato  del  Grande 
Spirito  per  insegnare  ai  Bororcs  ad  essere 
buoni;  disse  che  i  Bororos  tutti  dovevano 
essere  certi  che  mai  egli  avrebbe  fatto  loro 
del  male,  e  che  voleva  bene  a  tutti. 

Meriri-kwAdda  present6  al  Padre  il  Ca- 
cico  Uke-waguu  e  tutti  gli  uomini  ai  quali 
raccomando  di  ascoltare  la  parola  del 
Padre;  che  non  temessero  perche  il  Padre 
era  buono  e  aveva  preparato  le  loro  ca- 
panne,   grandi  e   belle. 

II  Padre  li  precedette  in  casa  per  awi- 
sare  il  personale  e  disporre  pel  loro  arrive... 
Qualche  cosa  bisognava  pur  dare  ai  nuovi 
arrivati:  un  po'  di  farina  di  mandioca,  un 
po'  di  dolce,  qualche  radice  di  mandioca. 
Verso  il  tramonto  in  Imiga  fila  i  poveri 
selvaggi    arrivarono    alia    Colonia. 

QueUa  sera  il  frastuono  e  il  vociare  non 
ebbero  tregua.  I<a  Colonia  cominciava  la 
sua  vita.  Fatta  la  rassegna,  si  contarono 
42  uommi,  41  doima  e  57  bimbi.  Nella  notte 
gli    indi    intonarono    un    solenne    canto    in 


preparazione  alia  grande  caccia  che  avreb- 
bero  fatto  il  giomo  dopo;  e  questo  per  fe- 
steggiare  U  loro  arrivo  alia  Colonia,  dove 
tutti  pensavano  di  trovare  quella  pace  e 
sicurezza   che   da   tanto   tempo   cercavano. 

Quel  giomo  ricorreva  la  festa  del  Sacro 
Cuore  di  Gesii! 

La  mano  della  Divina  Prowidenza  fu 
molto  pietosa  pel  poveri  selvaggi.  II  giomo 
18  gennaio  1902,  festa  del  Nome  Santissimo 
di  Gesii,  il  Missionario  metteva  piede  in 
quel  luogo  deserto  e  selvaggio  per  fondarvi 
la  Missione  sacra  al  Cuore  di  Gesii;  il  18 
giugno  1903  festa  del  S.  Cuore,  i  Bordros 
coUe  loro  famighe,  arrivati  alia  vigiUa  per 
stabilirsi  definitivamente  nella  Colonia,  as- 
sistevano  al  sacrificio  della  Messa  ed  il 
Cuore  di  Gesii  Eucaristico  benediceva  per 
la  prima  volta  quel  poveri  figU  deUa  selva, 
che,  in  festa  con  canti,  danze,  manifesta- 
vano  la  loro  aUegria. 

La  caccia  fu  quanto  mai  copiosa:  18 
cinghiaU,  un'anta  (tapiro)  ed  altra  piccola 
selvaggina  in  quantita.  La  gioia  e  la  festa 
fu  al  colmo.  Per  il  Bororo  non  vi  poteva 
essere  pronostico  migliore.  Dicevano:  — 
Veramente  il  Grande  Spirito,  che  il  Mis- 
sionario ama  e  serve,  e  buono  e  vuol  bene 
ai  Bororos  perche  subito  ci  ha  favoriti  con 
una  caccia  abbondante.  (Continua). 


Matto   Grosso.   =   La   cattura   di   un  serpente   in   un   flume  della   foresta. 


OinapprnaiioMealaia5liu.-D.OOMEIIICO  URNERI,  Diretlort-resptnsiliilt.  -ToiiD«,l931  -Tipogralii  della  Sociili  Editrice  Intetnaiionalt 

240    ~~~ 


SUeQII 

PER  111   NOINDO 


PERCH£  la  LUNA  RIDE? 

Per  i  Malabaresi  vi  ^  una  notte  nella  quale 
non  si  puo  guaidare  alia  luna  seuza  soffrirne 
aiiiare  consegueiize.  li  perche? 

I'na  volta  il  dio  Ganapathi,  die  si  suole  rap- 
preseiitare  mezzo  uomo  e  mezzo  elcfaiite,  e  godc 
la  fama  di  uii  dio  goloso  assai,  era  stato  invitato 
a  nil  soutuoso  baiichetto.  Mangio  taiito  che  il 
ventre  gli  si  ingrosso  fino  al  puiito  da  uon  poter 
vetlere  dove  mettesse  i  piedi. 

Mentre  tornava  a  casa,  di  notte,  in  tali  con- 
dizioni,  non  vide  un  sasso,  inciampo  e  cadde.  II 
dio  si  rialzo  da  terra  con  grande  fatica,  e  tutto 
svergognato  diede  uno  sguardo  in  giro  per  ve- 
dere  se  qualcuno  I'avesse  osservato  nella  ea- 
duta.  E  che  vide?  \'ide  la  luna  lassii  nel  cielo 
rideie  a  piii  non  posso.  Ganapathi  monto  su 
tutte  le  furie  e  maledisse  la  luna  e  chi  I'avesse 
guardata  in  quella  nutte. 


AL    GANGE    DURANTE 
IL  BAGNO  SAZRO 

II  Gauge,  il  piii  gran  fiume  dell'Iudia,  secondo 
I'induismo  discende  dal  cielo  ed  e  una  forma  di 
Brahma;  percio  ogni  palmo  del  suo  letto  e  sacro. 
Pero  alcuni  tratti  di  esso  sono  cousiderati  come 
dotati  di  una  santita  speciale,  per  esempio  in 
Allahabad  dove  si  unisce  al  Jumma.  Ogni  anno, 
dai  primi  di  gennaio  a  meta  febbraio  Allahabad 
diventa  la  meta  di  molti  pellegrinaggi:  ogni  12 
anni  la  soleiinita  acquista  uu'importanza  spe- 


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cialissima,  diventa  oltre 
che  una  manifestazione 
religiosa  luia  fiera  d'in- 
teresse,  e  ci  affluiscono 
—  narra  P.  Gcremia  nel 
Massaia  —  i  piu  scaltri 
negozianti,  ciarlatani  e 
ladri  di  tutta  I'lndia, 
insieme  ai  pellegrini.  La  coufluenza  del  Oange 
e  del  Jumma  dk  origiue  ad  una  lingua  di  sabbia 
lunga  circa  2  miglia  con  '^o  miglio  di  larghezza 
e  su  questa  vien  costruita  una  vera  cittii.  Una 
strada  dritta  al  ccntro,  luce  elettrica,  acquc- 
dotto,  ufficio  postale.  ospedale,  bolteghc,  un 
braccio  di  ferrovia;  quest'auno  (1930)  non  mau- 
cava  ueppure  un  areoplano  che  per  la  somma  di 
circa  100  lire  trasportava  i  pellegrini  a  godcrsi 
dall'alto  la  scena  pittoresca  del  Gange  affoll,  to. 
Per  la  circostanza  v'era  pure  quasi  tutta  la 
gerarchia  religiosa  indii,  da  6  a  7  mila  sacerdoti 
ai  quali  tutti  dovevano  inchinarsi  e  riconoscere 
un'assoluta  immunita  per  tutte  le  briccorate: 
e  vi  erano  anche  rappresentate  le  varie  forme 
di  asceti,  Nagas,  perfettamente  nudi,  Baira- 
f;is,  Sadhu,  Hhoani,  Mahaiil,  e  le  ragazze  del 
tcmpio  coperte  da  una  striscia  di  panno.  Tutti 
sfilarono  in  processione  verso  il  Saiigam,  punto 
in  cui  si  uniscono  i  due  fiumi,  per  gettarsi  nelle 
acque  purificatrici.  E  qualcuno  per  la  calca  vi 
lascia   sempre   la   vita. 

IL  MESTIERE  DELLA  "  PETTEGOLA" 

fe  in  fiore  —  e  da  tempi  antichissimi  —  in 
Cina.  Dice  Vila  Missionaria  che  fin  dall'epoca 
dei  grandi  imperatori  una  speciale  calegoria  di 
persone  (doune  esclusivamente),  per  supplire 
alia  mancanza  di  gazzette,  trovarono  che  si 
poteva  sbarcare  il  lunario  facendo  da  gazzet- 
tino  vivente,  o  se  volete,  le  pettegole  di  pro- 
fessione. 

Vecchie  cinesi,  preannunziatedalruUodel  tam- 
buro,  visitano  le  case  dei  ricchi  offrendosi  di 
divertire  le  povere  siguore  annoiate  coi  loro  rac- 
conti.  Se  la  proposta  viene  accolta,  la  pettegola 
si  accomoda  in  un  angolo  della  stanza,  sopra 
luia  stuoia  e  comincia  a  sciorinare  un  largo  re- 
pertorio  di  fanfaluche  e  di  scandali  recenti  del 
viciuato.  II  racconto  diverte  molto  le  clicuti, 
sicche  la  professione  di  pettegola  in  Cina  rende 
bene... 

E  a  quanto  si  dice  da  chi  sta  in  Cina,  pare  che 
tali  gazzettini  siano  ancora  in  uso  anche  sotto 
la  nuova  repubblica,  che  vuol  essere  tra  le  piii 
moderne  e  progressiste  di  tutto  il  mondo. 


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■  ''  ''  ■  -  -  liOschetti  Gcnnaro  (I'olco  di  SlIuu) 
;  . !  i:.:iu  Piey  Giore;w  —  Fumasoli  Ida  (Acqua- 
rossa-Svizzera)  pel  Home  Pio  —  Giardino  Kmma 
Karbero  (RivoH-Borgo  Novo)  pel  nome  Gi(ty- 
ilino  .\alale  —  Jfassa  Jlercedes  (Vcrnazza)  pel 
nome  Domenico  Angela  —  Borapani  Ida  (S.  (^io. 
Bianco)  pel  uome  Ginsepfrhta  —  Venturi  Anna 
Dalla  Mura  (Verona)  pel  nome  liinesto  —  !'i- 
naglia  Giuseppina  (Cepporaorelli)  pel  non:c 
Giacomo  —  Giachello  Maria  Ved.  Albarello 
(I'ianezzo)  pel  nome  OHnipia  —  Cecconi  Gio- 
vanni (Torino)  pel,  nome  Gioi'nmii  — ;  Imber- 
oiadori  Prof.  Ildebrando  (Grosseto)  pel  nome 
Arluro  —  Thiebat  pel  nome  Giuseppe  Maria  — 
l.ailiia  Teresa  Maria  Ved.  JIattias  (Caltalsjirbne) 
pel  nome  riarlolnmeo  -^  Baietto  Caterina  (To- 
rino) pel  nomi  Giovanni,  Lorenzo  —  SocJPti 
«  La  Forza  »  Scminario  Vescovile  (Piacenza)  pel 
nome  Pier  Giorgio  —  GiOvini  Miclielina  (Bu.sto 
.■\rsizio)  pci  nomi  Gino,  Miclielino,  Marco,  Fer- 
tuindo  —  \'illaveccliia  Prof.  Angelo  (Jlerate) 
pel  nome  Maria  Teresa  Lucia  —  Cambieri  Rag. 
I'ietro  (I.odi)  pel  nome  Angelo  Domevico  Andrea 
I'aolo  —  Ohert  Domenica  (Rivara)  pel  nome 
Ihnherlo  —  Giannini  Don  Isacco  (La  Spc/ia) 
jiel  nome  Tronfi  Eugenio  —  Lobiua  Don  Kfi-^i-i 
(Maccrala)  pel  nome  Torresi  Angelo  —  Dirct 
trice  .^silo  (Cardano  al  Campo)  pel  nome  6M- 
ihiinii  —  Zuccale  Caterina  (S.  Gio.  Bianco)  pel 
nome  Innocrnia  —  Bocchio  Scolari  Bice  (Zer- 
bol')  pei  nomi  Scolari  Maria,  Giusepte. 
CiN.\   -  Hong    Koxc 

Cuscunn  Snor  Rcsaria  (Biancavilla)  pel  nome 
Ricceri  Maria  —  fiastaldo  Zalia  (Varese)  pel 
nome  Giuseppina  Mad-takna  —  Amerio  Mar- 
cello  (Torino)  pel  nome  Maddaleva  —  Piccari 
rClvira  (Rimini)  pei  nomi  Fivira,  Pietro  —  Bo- 
schi  Kina  (Cossato)  pel  nome  Toriina  —  l.odi- 
tiiani  JIaria  Pia  (Genova)  pel  nome  Aposlolos 
Maria  —  Coau  Giuditta  (Cimetta)  pel  nome 
Angela  —  Salcsiaui  (Tohuez/o)  pel  nome  Co- 
vassi  I.ucith  —  Salesiani  (Sampierdarena)  pei 
nomi  Tlcscignn  Giuseppe,  Uasilio,  France^ra  — 
Direttrice  A.silo  (Castano  I)  pei  nomi  ;{ara  Giu- 
frlnta,  Giulio  Mario  —  Sc-rafiuo  Xicoliua 
(M'iitanaro)  pel  nome  Nicolina  —  Revcr.so 
.Maria  (Torino)  pel  nome  Eduige  —  Benso  Maria 
Ved.  Seno  (Ormea)  pel  nome  Maria  Terefa  — 
Suf.r  Clemenza  •  Istituto  Ginseppine  (Pinerolo) 
jiel  nome  Clemtma  —  Direttrice  Asilo  (Gam- 
bcUara)  pel  nome  Avdriiii  Anna  —  lix  alHeve 
Asilo  MangancIIi  (S.  Gio.  la  Punta)  pel  nome 
V'tlhini  Maria  Grmici  —  Direttrice  Convitto 
•  Frna  >  (I.egnuno)  pel  nome  Carmine  Domenica 
—  Chicnilli  Irene  (Acqnaviva  dellc  Fonti)  pel 
nome  Maria  Teraa  —  Carpiunano  Clara  (Pi- 
nerolo) pel  nome  Granellii  —  ^  Jy.  j^^) I'tvo 


iOffcrte  per  le  ii]i$$ioDi 


Snor  Soto  (Montcrrey-Messico)  pet  nome  Gin 
r.inni  —  Snsana  Cecilia  (Altavilla  Monferratu; 
pel  uome  Francesca  —  Prat  Rosalia  (Peros 
.Vrgentina)  pel  nome  Rosalia  —  Basso  Lm  i  i 
fu  Domenico  (Morozzo)  pei  nomi  Domenica. 
Maria  —  Bimbi  dcirA.silo  (Riva  di  Chieri)  ])l1 
t -ri  s  ;    ,.  JJomenico—GastoH»Cravero\yc\noin<. 

Porto  Veuo  -  BR.vsir.R. 
Morbi    Don    Giuseppe    (Treviglio)    pei     i m 
Parenti  Giovanni,  De    Vecchi  Angela  —   .V'nl 
lonio  Giovanna  pei  nomi  Maria  Giouanjia,  Gi" 
vanni  —  Sardos  Mario  Paolo  (BcUnno)  pei  noii  ■ 
Domenico   Savio.   Giovanni   Pauiin   —    Buraui 
I.uigiu   (Mogliano  Veueto)   pel   nome  Carlo   — 
Coiiiugi   De  Caroli  (Torino)  pel  nome  Giovain: 
—  Ueggiani  Angelo  (Vdrona)  pel  nome  Corb>n: 
Emilii   —   Fraiichini    Rosa   (.Monza)   pernoni. 
Arluro  —  Alunni  III  classc  (Tonezza)  pel  noiii 
L-uigi   Mario  —  Lucchesi  Maria  (Giardini)  pi  1 
nome   Maria  Giovanni  —  Gucnzani  Giua  (Mi 
laiio)  pel  nome  Maria  —   Perk  Don  Giovanni 
(Damme-Germa!iia)    pji    nomi    Francesco    Gin 
seppe,    Maria    Bernardina   Agnese   —   Coriniati 
Carolina  (Plcsio)\pol  iiomc  Giuseppe   —  I.unglii 
(Viuseppina  pei  noji  i  Giovanni,  Giuseppe,  'Spi 
rito  —  Kavire  Rina   (Torino)  pel  uome  Lucii 
Giovann.i   —  .Nasi    Bertole  Maria-  (Torino)  pi  I 
nome  Carlt  —  Giienzani  Gina  (Milano)  pel  norti 
Maria    —    Drocco    Giuseppe    (Rodello    d'All.i 
pel  nome  Giuseppe  — ■  Re  Teresa  (Conzano)  ]>  I 
nonio  Giovanni  Caniillo  —  Delia  Xegra  Pieti 
rM   Nicolo  (I.atisanott;>.  di   Latisana)  pel  non;. 
r.h^a  —  .v.  -\.   per  il  uome  Rosanr.a   ieresa. 


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