Sacra Famiglia
Library
SWISSVALE. PA.
Fsa
CRA FamIGLIA
Library
SWISSVALE. PA.
Contardo Ferrini Library
cf the
HOLY FAMILY SOCIETY
in the Madonna del Castello Church
Auditorium - Swissvale, Pa.
Anno IX - Num. 1
15 GENNAIO'1931 (IX)
PUBBUCAZIONE MENSILE
C. C. Postale
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Gioventii Vlissionaria sconosciuta. — Crcmisan.
DALLE LONTANE MISSIONI: Disdette e trionfi. — Un'imprudenza degna di lode. — Primo Na=
tale in Missione. — II tempio shintoista. — Tombe a Miyazaki. — Un missionario del Sahara.
COOPERAZIONE MISSIONARIA: Alba. — Una lettera di Don Cimatti.
RACCONTO: Storia d'un indietto di Taracua. — UKE WACUU.
Genfili
- Gioventu
Letfori!
issionaria
rivolge a ciascuno di voi la preghiera di volervi adoperare per
una propaganda attivissima per aumentare il numero degli ah-
honati pel 1931. W3 Sia un Vanto per ognuno di voi record
UNO O PlO NUOVI ABBONATI tra i vostri amici. Da
parte nostra — oltre la riconoscenza doverosa per tutti i pro-
pagandisti che ci daranno la loro cooperazione missionaria —
premieremo i piu attivi e henemeriti.
Ricordino i nostri Amici:
1 - Di specificare che si tratta di ahhona-
mento a Gioventu Missionaria pel 1931.
2 - Scrivere chiaro e compiefo rindirizzo,
colla relativa via e provincia e numero
del quartiere postale.
Si prega di indicate sempre se I'abbona-
mento e NUOVO, oppure RINNOVA TO.
Chi spedisce con altro mezzo I'ahbona-
mento, I'indirizzi esclusivamenie alia
Amministrazione di "Gioventu Mis-
sionaria " — Via Cottolengo, N. 32
- Torino (109).
ABBOHAMEMTO: Z IZmT I n'
Sostenitore L. 10 — Vitalizlo L. 100
L. 16 - „ L. 200
Anno IX - Num. 1 (Pubblicazione mensile) 15 Gennaio 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
Giovenfu Missionaria sconosciuta
-^e>;s«3^-<
Sapete, amici, che in testa a tutti gli
abbonati di « Gioventii Missionaria » abbo-
nati italiani, francesi, spagnuoli, ecc. (che
il nostra periodico si stampa gia in 5 lin-
gue) in testa a tutti voi c'e uno stuolo di
giovani che a maggior diritto si puo chia-
mare con tal nonie?
lyO sapete che oltre un mighaio di taH
giovani vivono al giorno d'oggi intorno
all'urna del Beato D. Bosco e si prepa-
rano a diventare veri c propri missionari,
non soltanto dei benevoH abbonati al pe-
riodico e dei zelanti propagandisti come
siete voi?
Oh, lasciate che vi tolga questa curio-
sita e vi spieghi rapidaniente dove e come
vivono questi vostri fratelli piii generosi,
affinche anche a qualcuno di voi venga la
voglia di seguirne I'esenipio con generoso
ardore.
Dunque sappiate che da alcuni anni il
successore del B. D. Bosco ebbe un'idea
genialissima e provo a metteria in pratica,
fidando intieramente nell'aiuto della Prov-
videnza.
Raccogliere giovani aspiranti all'apo-
stolato missionario, studenti e operai, gio-
vani ancora o gia inoltrati negli anni, far
loro compiere il corso ginnasiale o profes-
sionale, addestrarli nella pratica delle viri;iji
cristiane e salesiane e poi mandarii diret-
tamente sul campo del futuro loro lavoro
a finire il periodo della loro fomiazione
religiosa, a completare gli studi, ad im-
parare le lingue, a conoscere le difficolta
della vita di Missione.
E I'esperimento dura da otto anni e
proprio quest'anno avrenio i primi Sacer-
doti formati in Missione, e partiti dal vi-
vaio di Ivrea che s'intitola al Cardinal
Cagliero, primo missionario salesiano.
Volete sapere quanti sono oggi gli Isti-
tuti di formazione che fioriscono e accol-
gono reclute da tutte le parti d'Europa
anzi persino dalla Cina e daH'isola di Ti-
mor? Eccovi una piccola statistical
LOCALITA E IND1R12ZO DELL'ISTITUTO
Anno di
fondazione
Genere degli aspirant!
Numero
aspirant!
Bagnolo (Cuneo) Istituto Mons. Versiglia
e Callisto Caravario
Chieri \'illa La Moglia (Torino) Novi-
1930
studenti
193
ziato S. Cuore
Cumiana (Torino) vScuola Agricola Miss.
1925
studenti e artig.
103
vSalesiana
Ivrea (Torino) Istituto Card. Cagliero
Penango Moaf. (Alessandria) Istituto San
1927
1923
agricoltori
studenti e artig.
94
207
Pio V
Torino, Istituto Conti Rebaudengo
Nei Noviziati delle varie Missioni
1925
1930
studenti e artig.
scuole profession.
Totale
165
91
200 circa
1053
Che ve ne pare? e in quest'anno ne sono
partiti a grappi oltre 70 e solo I'lstituto
Card. Cagliero ha toccato ormai la cifra
di trecento allievi coniplessivaniente spe-
diti nelle Missioni d'Oriente, con risultati
invidiabili.
L,a vostra curiosita ora son certo ha mille
domande da fare: e che cosa fanno in
Mis.sione, quanti cavalli adoperano, quante
tigri incontrano al giorno, e se avanzano
tempo per andare a caccia... tutte do-
mande inutili perche ho gia pensato a ri-
spondervi a modo mio, ma un poco per
volta, se avrete pazienza d'aspettare il
mese prossimo.
E vi prometto di spiegarvi bene tutto
quello che fanno questi vostri buoni com-
pagni, vi mandero le fotografie delle loro
belle case, le descrizioni dei loro viaggi
verso le sedi di Missione, e vi chiederoche
li aiutiate colle vostre preghiere a farsi
veramente buoni, generosi nel servizio del
Signore.
Intanto vi auguro ottimo Anno nuovo
e arrivederci.
Festa di S. Francesco Saverio 1930.
Vostro aff.mo
Zio Checci.
SENTENZE CINESI:
E inutile cercare pesci siiUa soiiunila degli
alben.
II saggio teme sempre che le sue parole
non siano conjormi allc sue azioni.
Quando s'ignora che cos'e la vita, coiiu
si pud sapere che cos'c la niortc?
^ Un twnio privo di siriccrila e un carro
h piii facile essere ricco senza orgoglio, ^^''^~^ limonc.
che povero senza invidia.
La pill forte armata pud venir privata
II saggio ama parlare lentamente ma agire del suo generate; I'uomo piii dehole non pud
prontamente. essere privato dei suoi pensieri.
CREMISAN
Noil e uii villaggio con le sue casette o
capanne, la povera chiesetta, il campanile,
la residenza del missionario, la scoletta
linda, come tante volte G. M. ci mostra
nelle sue illustrazioni. Cremisan in arabo
VTiol dire; « vigna ricca », e infatti, questo
colle immenso e tondeggiante e in mas-
sima parte chiomato di viti che in agosto
offrono al visitatore ammirato i loro grap-
poloni (da 30 a 70 cm. di lunghezza) d'uva
bruna o bionda. Cremisan e semplice-
mente una casa salesiana, col suo tricolore
garrulo suU'asta altissima e i suoi due cor-
tili. Tuttavia, non e da meno di un villag-
gio in tutta regola: la sua estensione d'u-
na settantina di ettari, le cinque pinete, i
vigneti ondulanti a gradini, cogli orti, i
mandorli, la Valletta nereggiante di ulivi,
ce lo provano. Vi abitano una cinquan-
tina di persone, senza contare gli operai
che tutti i giorni vi si recano per il pane
quotidiano. Non parliamo poi della cap-
peUa e deUe scuole la cui esistenza e in-
dubitata in una casa di Don Bosco! Pre-
sto avremo anche I'ambulatorio per i nm-
sulmani dei villaggi circostanti: fino ad
oggi, e una suora di San Vincenzo che
perlustra i paesi recando ovunque con ca-
rita cristiana il soUievo corporale ai po-
veri figli di Maometto.
Altra caratteristica non trascurabile di
Cremisan, e di rispecchiare in se, benche
modestamente, tutti i vari aspetti e le
attivita delle opere salesiane: colonia agri-
cola in via di organizzazione, aspirandato
per i futuri Salesiani, noviziato che le case
missionarie d'aspirandato alimentano in
gran parte, studentato filosofico per i gio-
vani Salesiani. Vi si trovano in germe i
laboratori dei fabbri, falegnami, legatori,
decoratori, calzolai, e, a corona di tante
attivita, dipende da Cremisan un Ora-
torio domenicale, voluto da Sua Beatitu-
dine il Patriarca latino di Gerusalemme
per la gioventii (cattolici e scismatici) di
Beit-Giala, il villaggio vicino.
La vita che si conduce in questo am-
biente e quanto mai varia. I,o studio oc-
cupa il maggior tempo dei Cremisanesi,
ma cede tosto al lavoro manuale, e si ve-
dono ogni tanto file di chierici lasciare le
scuole con le forbici da potare e la vanga
lucente, e i pennelU: secondo le proprie
capacita di ciascuno Ad un suono di cam-
pana, pero eccoli tutti alia preghiera, poi-
che I'uomo ara e semina, ma chi da il ri-
goglio alia semente e Uio. Frattanto anche
i nostri operai musulmani vanno per le
loro abluzioni e preghiere dal rito curioso
e grave.
Se, dunque, e vero che I'uomo felice
e il piii occupato, a Cremisan tutti son
felici; felici fino alia gioia del canto, la, nei
meriggi autunnali, quando ferve la ven-
demmia e i villani accorrono dai paesi por-
tando ai nostri traboccanti torchi le cor-
belle colme di grappoli, o quando, la-
sciati i libri, si sale il colle per riposare la
mente dinanzi ad un tramonto sul mare.
Ma Cremisan oltre tutto quel che si e
ricordato, possiede un altro privilegio,
unico nel suo genere, e che nessun 'altra
casa salesiana o missione puo vantare.
Ad un gomito dello stradone che sale in
larga spira all'altipiano dominante tutto
il podere, con la sua distesa di viti co-
ricate dal soiBo perenne dei venti, si gode
la vista simultanea di Gerusalemme, a
Nord, e di Betlemme a Est. Oh conforte-
vole visione delle due citta che diedero
I'una il giomo deUa vita, I'altra la notte
della morte al divin Salvatore! Chi la puo
godere dimentica volentieri le tante fac-
cende della vita per meditare un poco su
i misteri ineffabili di nostra santa Reli-
gione.
Giovani d'ltalia, una volta i vostri
padri vennero qui con la spada e la co-
razza a liberare la Terra Santa dai musul-
mani che la profanavano.
Anche voi fate qualche cosa per la Pa-
lestina: pregate per questa terra bagnata
dai sudori del Cristo, e siate generosi se
vi sentiste la buona ispirazione che vi
chiami a lavorare in questa parte del
mondo. Se verrete, Cremisan vi aspetta
co' suoi vigneti, i suoi pini, i suoi tra-
monti, la sua pace di studio e di preghiera,
il sereno del suo cielo, ed il sorriso pe-
renne del suo verde.
Cremisan, 12 agosto 1930.
V. E. R.
DALLE LONTANE MISSIONI
DISDETTE E TRIONFI
Or e iin anno dacclie venni a Van Fa per
sostituire D. Cucchiara partito per I'ltalia,
e per appreiidere la lingua Haccd e iinpra-
tichirmi del ministero missionario sotto la
guida del zelante confratello D. (\arbero.
I, 'anno e trascorso discretamente; non sono
mancate le disdette, ma posso dire die con
la benedizione di Maria Ausiliatrice si sono
risolte in trionfi. Ecco alcimi casi.
La nostra residenza di Van Fa e situata
proprio accanto alle mura della citta. Di
notte si suole chiudere le porte delle nuira per
paura dei pirati, cosi noi restiamo fuori della
citta, esposti a pericoli: e quando il pericolo
v'e anche di giorno e permane la chiusura
delle porte, i nostri catecumeni non possono
venire alia residenza per ricevere I'istru-
zione. D. Cucchiara per ritnediare a questi
inconvenienti aveva concertato I'apertura
di una porta laterale nelle mura prospi-
ciente sul cortik- della nostra residenza, di-
stante poco piii di un metro. Tutto era com-
binato e la porta gia era costruita, quando il
]iroprietario di quel metro di terra non vuol
pill saperne di mantenere il permesso date.
Si tenta di acquistare cjuel pezzo di terra,
ma il proprietario non vuol venderlo...
Intanto noi e i nostri buoni cristiani met-
tianio la cosa nelle niani di Maria Ausilia-
trice pregandola di venirci in aiuto. Alcuni
giorni dopo. discorrendo di questa faccenda
con i vicini, il padrone di un albergo. nostro
amico qiiantunquo ancora pagano, mi dice:
- — Padre, se non ti ]X'rmettono di aprire una
porticina non sarebbe bene trasjjortare ad-
dirittiira le porte delle mura al di la della
residenza?
— Certo! Ma quale spesa... ed io sono po-
vero tanto!...
— Non angustiarti jier r|ufsto: jienso io
a promuovcre una stjttoscrizione e tu darai
la tiia parte.
— Benonc, c fin d'ora ti ringrazio.
Passarono alcune settimane: I'idea fece
cammino e divenne realta. I^a proposta del-
I'albergatore fu accolta e attuata: ora la no-
stra residenza e entro la cinta della citta ed
ha vicino non una jjorta qualunqiie, ma un
porlone dall'alto del quale vigilano le senti-
iielle. II mandarino voile ancora darci un
altro segno della sua benevolenza. La strada
accanto alia nostra residenza si chiamava
con un nome volgare: Via della cake; il
mandarino I'ha chiamata ora: Via della ca-
rita in riconoscenza alle varie forme di ca-
rita die noi ci studiamo di compiere a bene
della popolazione di Van Fa.
Urgeva una scuola feniminile. II coni-
pianto Mons. Versiglia, appena pote disporre
di alcune patentate delle Figlie di Maria Au-
siliatrice, iiro\-\'ide una maestra a questo di-
stretto. Quando fu amiunziata I'apertura
della scuola il diavolo manifesto tutto il suo
mahimore: gioviiiotti malintenzionati fu-
rono visti aggirarsi nei pressi della scuola e
stracciare i manifesti die noi avevamo col-
locati per avvisare la cittadinanza; sui muri
apparvero delle scritte offensive: « abbasso
la Cliiesa », « abbasso il Padre », « abbasso
la maestra », ecc... e un giorno, per augurio.
fu collocato sulla porta un autentico teschio
umano, die io feci sotterrare. II fatto era tanto
pill strano, quanto \i\i\ ripugnante ai costumi
ciiiesi, e il mandarino si affretto a far .sva-
nire la brutta inijiressione scrivendoci due
belle lettere di augurio per la scuola con
I'assicurazione di proteggerci in ogni caso.
La scuola pote cosi ajirirsi con soddisfa-
zione nostra e dei geuitori die vedono edu-
cate le loro bambiiie da uu'ottima maestra.
Voglia Maria Ausiliatrice proteggere noi e
le nostre impresc, e noi confidiamo die i
buoni amici di Giovoith Missionaria vor-
ramio aiutarci anche colle loro quotidiane
preghiere. Sac. x\. Kikschxkr
Missionario Salesiano.
UN'IMPRUDENZA DEGNA
DI LODE
liro partito appena giorno
per andare ad aiutare uu coii-
fratello a confussare. essendo
la vigilia della testa del Sacro
Cuore. La barchetta fila veloce
nel bel canale farau" cioe degli
stranicri (come lo chiamano s^li
Siainesi), perche questo canale,
che alimenta le piaiitagioni di
cocco, del cui frutto vivono
2000 cristiani, lu scavato col
])atrinionio e col sudore di un ^
Missionario di Parigi, die an-
cora oggi in tutti i dintomi e
ricordato, da cristiani e da pagani, con ve-
nerazione. Tanto \>m che la Missione rinun-
zia a riscuotere la tassa di passaggio sulle
barche, diritto che la legge concede a chi
scava un canale.
— Padre, dove vai? — mi grida di tanto
in tanto qualche cristiano, giimgendo le mani
BANG = NOK=KHUEK. = "Uen" col suo amico luccelletto KIwek:
e il primo che attraverso il fiume a nuoto.
e portandole all'aitezza degli occhi, come
vuole I'etichetta Siamese.
— Vado alia chiesa di Val phleng (la
chiesa del canto), rispondo.
— Verremo anche noi domani.
I tre ragazzi reniano concordi. incitandosi
e spruzzandosi allegramente. lo continuo il
BANG=NOK=KHUEK. = Luogo ove il fiume fu attraversato a nuoto dai tre ragazzi.
"Am", il sccondo...
breviario. Lattdate Dominum omnes gcntes...
e peii'^o: quaudo sara die tutto questo po-
polo ti lodera. o Signore?
Lunc, la fune... marie, le scarpe... sento
cantare. Sono i iiostri ragazzi che vanno a
scuola e cominciano a sostituire alle canzoiii
non scnipre educative, i bei canti imparati
airOratorio salesiano.
— Padre, stai bene? — mi gridano.
— A domani, birichini miei. Verrete alia
festa?
— Ci sara la rottura delle pignatte, Padre ?
— Niente, niente; non ho piii soldi...
Sorridono e sorrido anch'io. Ormai lo
sanno che fino a che c'e un centesimo e per
loro. Domani, .son certo, decine di bardie mi
porteranno tutti c|uesti cari giovani. Pic-
colo clero. cantori, la banda,... ci saranno
tutti. Iv (icsii, die trova la delizia tra i pic-
coli, di.scendera in tutti quel cuori, I ragazzi
si anoiitaiiano veloci; I'eco delle loro can-
zoni si perde tra le piante di cocco ed io
riprendo il breviario, contento di questa
distnizione die mi fa trovare piia belle le
]jarc>le dei salmi. Laudate pueri Dominum,
laudato viymen Domini...
Alle otto giungevo, tra il ruUo dei tamburi,
alia chie.sa di Vatphleng. Tin abbraccio ai
confratdii; uno scambio di idee, di progetti,
di pronostici per la festa di domani; iin po'
di 'carbone... in macchina e si discende in
confe.ssionale.
Ma subito ci accorgiaino che c'e inoiida-
zione ili .. peiiitenti. Occorre un altro con-
fessore, o iiiolti cri'^tiani domani dovraimo
restare .senza Coimiiiione. \':u\i< in cerca dei
miei tre rematori, die stavano con.sumando
la razione di riso, die — ratione solcmni-
iaiis — era acconipaguata da bei pezzi di
porco.
Scri.ssi due righe e: — Ci sarebbe da por-
tare questa lettera a Bang-nok-khuek —
dissi. — Si tratta di un aiJare rrgeiite. E per
la gloria del Sacro Cuore. Ma vol siete
stanclii. Ripo.sate un poco prima.
— Padre, la marea discende. Se non par-
tiamo subito, resteremo senza acqua. Par-
tiamo subito.
E saltaroiio in barca. — Che il Signore vi
benedica, figliuoli miei, — augurai. E tomai
in cliiesa.
Ouel die successe me lo racconto un con-
fratello il giorno dopo. Arrivati a meta ca-
nale, non ebbero piu acqua. Trasciiiarono la
barca fino alia prossima easa di cristiani, e
contmuarono a piedi saltando o attraver-
sando su banibii i piccoli caiiali.
Alle 14 circa, stanclii morti (non avevano
maiigiato dalle 8) arrivarono al gran fiume,
di fronte alia cliiesa di Baug-nok-khuck. Ma
nessuno inte.se le loro grida con cui cliiama-
vano una barca.
— Attendianio: alle 16 il « Liguria » (il
motoscafo della Missione) viene a portare i
ragazzi e passeremo, disse uno.
— Ma non sai che !a lettera e urgente?
— Io passo a nuoto!
— No, per carita. La corrente e forte; in
mezzo al tiume ti travolge.
— Eppure dobbiamo arrivare. L'abbiamo
promesso. E per il Sacro Cuore. A qualunque
costo.
Pa.ssarono alcuni niinuti a di.scutere.
"Xaloin", il tcrzo..
Un'iJea. Si arrampicano su nn'alta pianta
di coceo; ne staccaiio due frutti ciascuno;
con la scorsa faimo una treccia, se li adat-
tano sotto le ascelle come salvagente; il piii
alto avvolge la caniicia attonio al capo in
fonna di turbante e vi mette dentro la let-
tera perche non si bagni...
Un segno di croce, e sono in acqna.
— Ma cosa avete fatto? — disse il Padre,
quando gli arrivarono davanti in quella di-
visa. — Non avete pensato che ])oteva suc-
cedere una disgraz.ia?
— Perdona, Padre, — rispose il pii: pic-
colo — ma era per il Sacro Cuore...
Bang-nok-khutk (Stain).
Sac. Ai.ESSANDRO I'ERPIN.
Sali^siano.
PRIMO NATALE IN MISSIONE
Madras, dicembre 1929.
II sole raggiante spandeva il suo cocente
ardore estivo in pieno invemo; le verdi palrae
e le jjiante in fiore, mi rendevano inii^ossi-
bile il raccogliertni nel pensiero della grande
gioniata che stava per celebrarsi... Eppnre,
il calendario segnava: 24 dicembre! In
casa non si parlava d'altro; si erano cantate
le anticlie e senipre nuove profezie della no-
vena, davanti alia statna di Maria Ausilia-
trice, perche non possedevamo ancora la cap-
pelluia con la ricchezza di Gesi'i Sacramen-
tato... ma, non era ancora il Natale della
mia dolce terra natia il quale, benche non
sempre apportator di neve, pur col suo gelo
caratteristico faceva sentire la dolce poesia
del Natale... Avevamo preparato il presepio:
bellissimo per le binibe die non ne avevan
mai veduto, ed anche per la nostre sorelle
che, da sette anni, non avevano piii avuto
la gioia di contemplarlo, ed erano felici del
bel dono giunto in India con le ultime niis-
sionarie. Ma, a queste, abituate ai presepi
della patria lontana, grandiosi, automatic!...
sembrava proprio meschino quello. lo mi
sentivo in missione... lontana... lontana...
Finalmente lo scampanio anmmciante la
Messa di mezzanottc mi venne a scuotere dal
mio sogno raelanconico. Che gioia tornare
ad indossare I'abito nero! Ci mettemmo per-
sino lo scialletto... ma, che sudore!...
La chiesa parrocchiale e situata nello
stesso recinto delle scuole, e nel breve tratto
di strada che la separa dalla nostra casa,
potemmo notare qualcosa di insolito.
Non gente dagli zoccoli e dallo scialle pe-
sante, o av^'olte negli invemali mantelli...
ma i leggeri costumi orientali, gli sfarzosi
e scintillanti kimono di seta delle donne. dai
galloni d'oro e d'argento; i bimbi vestiti an-
ch'essi a mille colori quella notte; gli uomini
con la camicia sojira una lunga tunica a
colori, fonnata da un solo telo di tessuto, sor-
niontato sul davanti e femiato da un lembo
rimboccato alia cintura... Graziosi e ridicoU,
quel costumi: se si vedessero nei nostri paesi,
si direbbero... dei pazzi in canievale!
Tro\-ammo la spaziosa chiesa dei Rev. Sa-
lesiani gia gremita: gli Europei e gli Anglo-
Indiani collocati nei banchi; gli Indiani.
nelle navate lateral!, seduti sulle calcagna;
i bambini .sdraiati sulle stuoie. Noi pren-
demmo posto nei soliti banchi riservati.
... oh, la santa Messa del primo Natale in
missione!... E questo il momento in cui si
compreude la parola « niissionario »... il mo-
mento in cui si tocca con mano qual jaosto
occupano nel cuore le j^ersone care, che si
sanno cosi lontane, epjjure si sentono tanto
vicine... il momento in cui la preghiera ha
una potenza, una forza senza liniiti e senza
misura! La musica, con le sue armonie, i
canti .soavissimi ebbero allora un'etficacia
inesprimibile e, venuto il momento della
consacrazione... della mistica unione con
Gesii... allora si senti il Natale... si senti piii
che mai Gesu, e alia sua inesauribile carita
si affidarono tutti i cari lontani, tutte le
anime vicine... quelle di questi poveri pa-
gani, la religione dei quali non e im freno,
ma imo sfogo a tutte le pas.sioni; I'occhio
dei quali e malato, e non sa contemplare la
luce juira e divina che s'irraggia dal vero
Dio; il cui orecchio e sordo alia verita che
impone il sacrificio!
... Fill si conoscono questi poveri infelici,
e meglio si comprende che solo, solo le no-
stre pregliiere ed i nostri sacrifici, offerti a
questo scopo, potranno commuovere il Cuore
di Dio e trasformare que.ste anime!
L'uscita dalla Messa di mezzanotte ci
parve una serata carnevalesca; che luccicliio
di variopinti indumenti!
II mio pensiero, pero, non si fermo su
quella scena; un'altra, ben piu commovente
si era presentata qualche giorno prima al
mio ssruardo, ed ero ansicsa di rivedere. Un
povero lebbroso si era rifugiato sotto una
tettoia buia, mal riparata, di fronte alia no-
stra casa. Piu volte eravamo andate a vi-
sitarlo e a portargli del cibo; ma in quella
notte saiita, io desideravo portargli la le-
tizia del Xatale.
Vi aiidai, con la rev. da Madre Ispettrice.
Con la lantema accesa attra\-ersammo la
spianata, fitta di palme, con il cuore pieno
di conimozione, al peiisiero di visitare il
Divino Infante nella persona dell'infelice
reietto. Oh, in quell'oscurita, tra il fetore
nauseante, il povero paziente non poteva con-
templare la Sella notte stellata, il cielo bril-
lante dove miriadi di angeli invisibili can-
tavano ancora il Gloria in excelsis Deo. Non
giungeva a lui la gioia del Natale... era solo,
sdraiato sul nudo suolo, esausto di forze, col
povero corpo scheletrito e piagato!
Noi, come i pastori alia capanna di Be-
tlem, offrimmo i nostri poveri doni: riso e
banane.Al vederci, il povero malato, tentodi
alzarsi, ma ricadde sul terreno e solo dopo
molti sforzi riusci a sedersi. Prese quella
provvidenza e mangiandola avidamente, co-
mincio a narrarci la sua triste storia.
Era un indiano, di oltre il Tamil, e par-
lava I'inglese. Ci disse di essere cristiano e
di chiamarsi Tomaso. Aveva chiesto di es-
sere ricc'vuto nell'ospedale, ed aveva avuto
un rifiuto; anche il lebbrosario era gremito;
i suoi parent! non lo volevano \i\\x vedere in
casa. lo cacciarono via e si contentarono di
fargli avere di quando in quando un po' di
riso. Una mattina si era recato nella chiesa,
aveva ricevuto la santa Comunione e poi...
con Gesii nel cuore... si era cercato quel ri-
fugio e la avrebbe voluto niorire! Quanta
conq)assione, e clie buoni sentiment! dimo-
strava! Soffriva molto, si; ma era contento di
soffrire e aspettava il paradise! Ci guardo
con uno sguardo pietoso, riconoscente e al
vederci partire, dopo clie I'avemmo animato
e confortato quanto piii ci fu possibile, mor-
moro: — Vengano ancora, sorelle!
... Ecco la gioia del primo Natale in mis-
sione! Avevamo fatto sorridere una povera
creatura, portandole la gioia del Natale. Po-
vero Tomaso! Nel suo infortunio, tra il suo
gran dolore, aveva sorriso!
La rav.da Ispettrice e la sig.ra Direttrice
si presero interesse per quel poveretto, af-
finclie avesse mi posto nel lebbrosario; e si
ebbe per un momento la speranza di otte-
nerlo. Vi fu condotto, come im agnellino
guidato al macello... Ma, dopo poclii giomi,
eccolo ritornare al suo rif agio: era stato nuo-
varaente allontanato dall'o.spedale, con la
scusa della mancanza di posto e clie, come
tanti altri, anch'egli poteva restarsene fuori.
Lo trovammo tremante dalln lebbre: gli por-
tammo una eojjerta di lana ed ogni giorno
gli somministrammo il cibo, finche, dopo
molte pratiche, pole e.ssere accettato in un
lebbrosario fuori della citta, dove pero passo
poco tempo: il Signore gli uso misericordia
e lo chiamo a se, per coronarlo, come spe-
riamo, con la corona del martirio.
vSuor Ida Papa
Fislia di Ma'ia Ausiliatrice.
COSE... DELL'INDIA.
I,a Conferenza della Tavola liotonda, iiidcUa
dal Viccre dell'India il u ottobre 1929 e attnal-
mente in corso a Loiidra, ha raccolto presso il
Governo inglcse i capi e le rapprcscntanze delle
variu razze indiane per .sludiare insieme le ba.si
deU'indipeiideuza o « Stato di doniinio » da dare
aU'liidia.
Que.sta regione dell' Asia ha un'estensione di
4673000 liidii. con 318.942.480 abitanti (con-
siui. del f92i). L'inipero indiano consta di due
parti ben distinte: I'India HunwNxicA e gli
Stati I.nijiani. I.'Inmjia Brittanica e divisa in
15 provincic, dclle nuah 9 hanno a capo un ^o-
vernatort e le altre lianuo un comwissario capo;
gli Stati Indian! .sono di tutte Ic dimension! e
retti da principi indiani: di essi 119 hanno di-
ritto al saliito a .salve di artiglieria e 441 non
hanno f|Mcsto diritto. Coniple.ssivamente gli Stati
Inihani co]jrono 1.500.000 circa kniq. ed hanno
70 niilioni di abitanti.
Xell'India sono parlate 30 lingue e moltis.sim'
dialetti.
Dei 320 niilioni di abitanti, 230 milioni sono
agricoltori e 33 niilioni sono occupati ncUe varie
Industrie: secoudo le religioni professate, sono
cosi divisi:
216.733. 5SO
3.238.803
1. 178. 596
II. 571. 268
21.778
68.735.233
9.774.61 1
101.778
4.754.064 (di quosti sono
247.04;;.
I/Inrlia ha due sole i-itt;'i clie superano il nii-
lione di abitanti: /Imiihtiy c Citlculla.
Indii
Sikh
Jain
Buddisti
Ebrei
Mussulmani
Religioni di Tribii
Parsi
Crisliain
cattolici
8
GIAPPONE. = Torii. Archi sacri davanti ad una grotta famo^a c ponte d'uscita.
IL TEMPIO SHINTOISTA
iv una caratteristica costruzione in legno.
Consta sempre di due jjarti: una sa)a grande o
atrio, e la cella sacra, h'atrio, serve di sala
per le riimioni, durante la sagra del paesc
{tiiatsKii). E una semplice camera, il pavi-
mento coperto di stuoie, I'entrata sbarrata
da una grande cassa per le eleniosine.
Questa saletta si chiama haiden (sala per
I'adorazione). Nessuno puo entrare durante
I'anno, cjuando non vi siano feste religiose.
In un angolo si vede generalmente un grosso
tamburo, a forma di botte; nel periodo delle
feste, si fa sentire giorno e notte; diventa il
trastullo dei ragazzi.
II haiden ha due porte, I'mia di fronte al-
I'altra. Traverse la porta, giii in fondo, si
vede il honden la seconda parte del tenipio,
il fancta sanctorum, per cosi dire. E un po'
pill elevato del prime; una ripida scaletta
uni.sce le due costruzioni.
II honden non e die mi armadio sempre
cliiuso. Inutile chiedere il i)ermesso di cu-
riosare la dentro. e proibito.
Tn bel giorno pero, senza chiedere niente
a nessmio, ho aperto tranquillamente il sacro
armadio: dentro non c'eraii die due speech!
nietallici, tondi, ossidati. Tutto li.
La storia dello specdiio e curiosa. Aina-
ierasu, la dea del sole, compresa dei doveri
die le incombevano, era tutta intenta a far
prosperare i campi, curava le messi con amore,
ricopriva la terra d'un bel nianto multi-
colore. II fratello luinore pero, visto die do-
veva fare la parte di dio delle tcmpeste, dei
temjiorali, metteva ugual zelo nello scompi-
gliare do die la buona .sorella curava con
tanto amore. Amatcrasu, al vedere tutte le
sue povere fatiche sprecate, piange, pesta
i piedi e... fa sciopero. Corre a chiudersi in
una grotta — co^i impareranno a darle noia.
Grande costernazione tra gli dei: era la prima
volta die il sole si eclissava; poteva almeno
aspettare die qualche astronorao lo prean-
nunziasse; lasciare I'olinipo cosi al buio,
cjuando non c'erano ancora le candele stea-
riche ne i corti circuiti, sapeva un po' di
indelicatezza per I'augusto consesso degli
dei. I congress) pero eran gia di nioda, cosi
riuscirono a combinare un bel piano per ri-
mettere il sole in circolazione.
Ecco gli dei, brancolando nel buio, av-
viarsi alia grotta di Amaterasii; nno porta un
gallo, perche possa salutare col siio canto il
riapparire del sole. Altri portan dei doni,
stotfe di vari colori, gioielli, ecc. Cera anclie
il dio della musica, incaricato di suonare il
tamburo. Non mancava proprio niente, nem-
meno una bnona corda di paglia...
II piano consisteva nello stuzzicare la cu-
riosita di Amatcrasu. Bastava die facesse
capolino...
Comincia la musica. Orfeo, stance di bat-
tere con le mani, mette il tamburo a terra,
e lo suona saltandovi sopra, tanto nessuno
lo vedeva. Gli dei andavano a gara a chi
feceva !e cose piii strane; le risate si susse-
guivano alle ri.sate: tanto che Amcterasu di
dentro comincio a domaiidare: — ISIa che suc-
cede la fuori?
La risposta era gia pronta:
— E arrivata ima dea, die bisogna ve-
dere! Cosa dell'altro niondo! Che vesti! die
splendore!
— Una dea piii bella di me? Possibile?
Vediamo un po'... — e in cosi dire, spinge da
parte il blocco die o.struisce I'entrata. Uno
sprazzo di luce abbaglia tutti; il gallo, ne-
anclie a dirlo. comincio a cantare a squar-
ciagola, gli dei pronti, mettono dinanzi ad .
Aiiiatciasti lui grande specchio...
— li questa la dea? — chiedemeravigliata
Amatcrasii; gli dei pero, non perdono tempo
a rispondere. Con una grossa corda di jjaglia
cbiudono I'entrata della grotta. Cosi, da
quel giomo, il sole non puo piii andare ad
eclissarsi dentro a quella grotta, vicino a
Miyazaki...
Amatcrasii accettu tutti i doni, senza farsi
troppo pregare. Non so come sia andato a
finire il gallo; per lo specchio e lui altro conto.
Da quel gionio divenne certamente I'oggetto
principale delle sue cure, tanto die per fare
im bel regalo al primo imperatore del Giap-
jxine, face proprio un grande sacrificio: gli
regalo lo specchio, aggiungendovi una gemma
e mia spada, di cui non sapeva cosa fare.
Ora, ogni volta die si incorona un impe-
ratore, gli si offrono i tre doni divini: in tutti
i tenipli sliint<) poi, I'oggetto principale e lo
specchio, chiuso la dietro, a rappresentare
Amaterasu, palladio del Giappone.
Altra caratteristica del tempio shinto,
sono quegli arclii di pietra o di legno, detti
Torii, die si incontrano a intervalli regolari
sulla strada die conduce al tempio. E tacile
percio distinguere un tempio shinto da un
tempio buddista. II tempio shinto si chiama:
tniyd ed 6 generalmente costruito su un
poggio, circondato da alberi .secolari. Una
ripida scalinata conduce direttamtnte dal
piano alio spiazzale su cui s'eleva il miyd.
In basso, all'inizio della gradinata, c'e sem-
I)re il maestoso arco.
Appena saliti, si passa in mezzo a due lan-
tenie in pietra. Subito a sinistra, c'e la va-
schetta per le purificazioni. Li i Giapponesi
si sciacquano la bocca e si lavan le mani. Di
fronte si ha il tempio descritto; dinanzi alia
porta c'e quasi sempre im altro arco shinto.
In tutto il Giappone vi .sono 112.800 tem-
pli shinto, divisi in varie categorie secondo
die dipendono o dalla famiglia imperiale, o
dallo stato o dalla prefettura. ecc. Vi sono
poi altre suddivisioni, secondo gli dei cui
sono dedicati. (Gli dei posson esser terrestri
o celesti, o sono antenati degli imperatori,
o si son resi benemeriti occupandosi del Giap-
pone in modo particolare, ecc).
II tempio shinto puo cssere guida per la
ricerca delle origini del popolo giapponese,
conservando esso ancora la forma jirimitiva
delle abitazioni, quale la si riscontra f)resso
le tribii malesi.
Takanabe, 24-11-30.
D. Mareg.^ Mario.
Missionario Salesiano.
GIAPPONE. • I" II Torll davanti al Miyd ncl parco di lakinabe. = 2" II Honden. Armadio sacro pagano
contencnte lo specchio mctallico simbolo di "Amaterasu".
10
OITA. = Grandioso tcnipio shintoista.
TOMBE A MIYAZAKI
Vedete quelle colonne, quelle pietic in-
formi, quella specie di casetta chiusa? Ecto
le tombe del pagaiii giapponesi. Davanti e
attomo fiori, se^m di snperstizione e le of-
ferte per il morto (riso, frutta e sake (vino).
Vedete I'altare? le croci? Ecco il nostro bel
cimitero di Miyazaki. Ouando quel grande
aniico delle vocazioni. che si chiama Don
Toniquist, passo a Miyazaki voile vederlo.
Da mi lato il segno della redenzione, dal-
I'altro superstizioni e materialita: da un lato
il pensiero della certezza della risurrezione,
dall'altro o il nulla, o un vagosenso di sjji-
riti erranti, o reincorporati in un animale.
II 3 novembre passava per le vie di Miya-
zaki, recitando ad alta voce il rosario, il cor-
teo della nostra famiglia cristiana che acconi-
pagnava al camposanto la salma di ur.a
vecchia di 87 anni, che aveva veduto e pro-
vato gU orrori delle persecuzioni contro i
cristiani ed aveva con forza manlenuta in-
tatta la sua fede. Calata nella fossa, mentre
pietosainente i cristiani conipivano I'opera
deH'interramento di quella santa, il figlio
(gia padre di numerosa figliuolanza e c!.e
gia ne ha regalato uno al Signore per accre-
scere le file della famiglia salesiana in Giap-
pone) le gridava suJlorlo della fossa: — ()
mamma, riposa in pace! Ricordati di noi!
Pensavo: — Qui c'e la vita, la vita della
fede! — la c'e la morte. D. \\ Cimatti.
Una tomba pagana vista da vicino.
//
MiYAZAKI. — Rcco il bel cimitero criitiano; col segno della redcnzione,
che accoglic le salmz di un discreto
numero di cristiani
TOMBE
A
MIYAZAKI
Tom be
pagane e
Cimilero
di
1
un
piccolo V
pj?ano
Ilaggio
12
p. Carlo di Foucauld c il suo servo.
UN MISSIONARIO DEL SAHARA
Si e verificato recenteinente iiii movimeuto
teudente a portare innanzi alia Santa Sede iin
processo di canonizzazionc in onore di Carlo di
Foucauld.
II 15 settembre 1858 nasceva a Strasburgo
Carlo Eugenio di Foucauld; la sua famiglia era
originaria del Perigord. Da giovaue il future ere-
mita si rivelo d'intelligenza uon coniune, ma al-
trettanto autoritario e ozioso. Si proparo piut-
tosto male clie bene all'esame d'amniissione
a Saint-Cyr, e tanto quando vi entro come
<juando ne usci figuro sempre negli ultimi rauglii.
Fu in scguito ammesso alia scuola di Saumur
dove condusse una vita dissipata, tanto die i
suoi suporiorierano convinti che egli uon sarebbe
mai riuscito a far nulla di straordinario.
Nel 1880 fu inviato come sottoteuente al
4" Rcggimento Ussari ma il suo carattere ombroso
gli rese insopportabile la disciplina niilitare. Da-
vanti a un ordine del suo colonuello si inalbero,
ottenue uu congedo illimitato e lasciando I'eser-
cito ando a riposarsi ad Kvian.
Nel 1881, Bou Amana era in rivolta e il
4° Ussari fu incaricato di ristabilire I'ordine. A
couoscenza di cio, Carlo dimentico ad un tratto
tutti i suoi rancori e. supplicando il ilinistro
della Guerra, riusci a riprendere il suo posto.
Durante la campagna si condusse con un co-
raggio che suscito rammirazione dei suoi came-
rati e fece allora la conoscenza del suo grande
amico, il luogotenente Laperrine, quello stesso
che doveva poi ritrovare alia fine della sua car-
riera.
Dimissionario, prese una audace determina-
zione, fece il progetto di esplorare il Marocco a
quell'epoca selvaggiamente chinso ad ogni in-
fluenza europea. Siaccordoconunebreochecono-
sceva il paese del Snltano e facendosi passare
per un israelita indigene percorse a piedi il
paese.
Si era nel 1885 quando lascio Algeri e ando a
Tieraen, poi giuuse a 'f angeri per mare. Durante
1 1 mesi, percor.se piu di jooo km., facendo rilievi
geografici importanti nialgrado i pericoli che lo
niinacciavano.
II jj maggio 18S6 era nuovaniente in Algeri.
Stance accousenti a ritornare in Francia e ad
installarsi presso sua sorella. Ma la sua anima,
abituata al soffie del « simoun » non poteva
adattarsi ad una esistenza tranquilla. Egli ri-
parti per il Sud-Africa, percorse lo Jlzab, si
spiuse fine ad Ouoregha poiche laggui il prestigio
eurepeo era diminuito per il ma.ssacro della .sc-
conda missione Flatters, il Sahara era comple-
tamente chinso a qualsiasi esplorazione. Non di
mene Carlo di Foucauld riusci a visitare Toug-
gurt, il Djerid e per Gabes ritorno in Francia
dove lavoro per due anni interne alia relazione
dei suoi viaggi ed a porre termine ai suoi lavori
geografici.
Intanto la sua fede diventava pu'i viva e per
fortificarsi nelle sue convinzioni parti per la
U
Terra Santa, percorse la Giudca, la Galilca, vi
sito Bethleem, Nazareth, Gerusalcmmc cd ebbe
da questo viaggio luia cosi profouda impressioiie
che decise di consacrarsi interamente alia vita
religiosa.
La sua natura generosa lo spinse a scegliere,
fra tutti gli ordini, quelle la di cui regola era piu
severa e sotto il iiome di frate Alberic Marie
entro alia Trappa di Nostra Signora delle Nevi,
nel \'ivares.
Ma quell'esistenza gli pareva troppo dolce,
domando ed ottenne d'essere inviato in un mo-
nastero pcrduto dell'Oriente ad Akbes vicino
ad Alessandretta, vi resto dal luglio 1890 al
1896 conducendo una vita cousacrata intera-
mente alia preghiera ed ai lavori carapestri.
L'antico soldato pcro sognava una vita ancor
piu dura cd attiva. Dopo un viaggio a Roma,
lascio la Trappa, e come eremita libero, sciolto
ormai dai suoi voti, pur rispettandoli stretta-
mente, toruo a Nazareth dove, senza farsi co-
noscere, guadagno la sua vita come uomo di
fatica di un convento.
Durante questo tempo la situazione era com-
pletamente cambiata nel Sahara e grazie al co-
lonnello Bertrand, la Francia aveva ripreso il
suo prestigio, Di fronte alia nuova situazione
Carlo Foucauld ritorno ai suoi primi progetti:
evangeUzzare I'immenso territorio del Slid- Africa
e portarvi colla religione la civilta europea.
Ottenuta I'autorizzazione necessaria parti per
Oran e Ain Sefra, percorrendo 400 km. a cavallo
arrivo a Taghit, e il 24 ottobre 1901, celebro la
prima messa che fu dettanel Sahara; 4 giorni
pill tardi si stabih nell'oasi di Beni-Abbes nella
valle del Saoura.
Aiutato da qualche soldato indigeno costrui
subito una cappella, una cella per lui, delle ca-
mere per i suoi eveiituali ospiti, perche spero sino
alia fine de' suoi giorni, di trovare dei discepoli.
Dava consigli, curava i Eerberi, die lo avvicina-
vano e che Ijeu presto ebbero in lui una assoluta
fede, ma non cerco di convertirli subito, e coni-
prese con mirabile umilta, che la prima cosa da
conipiere, era d'abituare qucsti esseri semplici
e primitivi ad avere confidenza iiegli Kuropei.
L'installazioue deU'ereinita era completamente
finita nel 1902 ed allora ebbe la fortuna di tro-
vare il suo antico fratello d'arnii Laperrine, che
comandava come colonnello il territorio delle
oasi.
Ambedue avevano lunghe conversazioni ed
il colonnello raccontava al suo amico la vita sor-
prendcnte e quasi sconosciuta dei Tuaregs. La
decisioue del missioiiario fu tosto presa, lascio
I'eremitaggio per stabilirsi fra i Tuaregs. Ma la
regione era in piena rivolta e nessiina scorta
pote accompagnarlo fino a Taghit dove iufuriava
la battaglia, cgli allora accompagnato da un
solo cavalierc percorse 1 jo km. a cavallo ed arriv6
in tempo per porgere i ronforli del suo miiii.stero
ai feriti e ai moribondi.
In seguito, scmpre aiutato da Laperriiie, per-
corse il Itled, iniparo in tre mesi la lingua dei
Tuaregs e s'inizio alia loro scrittura. S'accinse
poscia a quell'opera die occupo una gran parte
del suo tempo: la grammatica e il dizionario di
Targiii, opera che rese poi il suo nome celebre
fra i filologi.
Arrivo cosi fino al misterioso Hoggar, terra di
miraggi dove Pierre Beiioit ha posta la sua
Atlantide.
E poiche 1' « Amenokal » (capo dei Tuaregs) gli
dimostro una sincera ainicizia, il suo compito
era considerevolmente facilitato; il mi.ssionario
insegno un po' di morale, molta igieiie a quegli
esseri incolti e fu presto circondato dalla vene-
razione di tutti.
Nel 190G un sapiente berbero passo tre mesi
con lui e tutti e due fecero una esplorazione si-
stematica della regione dcll'Hoggar, rilevando
fatti fino allora ignorati.
Nel 191 4 la dichiarazione di guerra non gli
giunse che in agosto, tanto viveva isolato. Voile
raggiungere il reggimento. ma le lettere ener-
giche del generale Laperrine gli dimostrarono
che il suo dovere era di non niuoversi. per rap-
presentare la Francia tra i Tuaregs. Dopo esser.si
accertato della sicurezza del forte Motylinski,
Carlo di Foucauld prese accordi coll'ii Amenokal »
per proteggere Tamanarasset da un attacco che
tutti considerarono imminente.
E il 1° dicembre 191 6, Carlo di Foucauld vide
realizzarsi uno dei suoi sogni piii cari! Morire
coraggiosamente per le mani degli iufedeli, con-
fessando la sua fede ed il suo patriot tismo!
Sessanta meharisti Senussiti decisero di farlo
prigioniero e si accordarono con un certo El Ma-
dani che il missioiiario colnio di beni e che recito
I'ignobiie parte di Giuda. El Madani si avvicino
di notte alia casa dell'eremita che stava pre-
gando e gli grido: — Arriva un corriere del forte
Motylinski!
Senza alcun timore Carlo di Foucauld ando
ad aprire ed ecco dieci meharisti lo afferrarono,
nientre gli altri tenevano a bada gli abitanti che
non avevano alcun mezzo di difesa.
Pare die i Senussiti non avessero intenzione di
ucciderlo, ma soltauto di tenerlo in ostaggio;
senonche proprio nel momeuto in cui si crede-
vano certi della vittoria, due meharisti fedeli ar-
rivarono, una fucilata risuono e fu allora che, per
non lasciar sfuggire il prigioniero, uno dei Se-
nu.ssiti lo uccise con una fucilata a bruciapelo
sulla testa.
Padre Foucauld niorl senza un gcsto e fu inu-
inato nella posizione stessa in cui era caduto: in
ginocchio, colle braccia legate sul dorso.
Qualche mese piii tardi aiidie il generale La-
perrine trovo la iiiorte nellc vicinauze di Hoggar
durante un volo di ricognizione. Tutti e due
oggi riposano sotto un seinplice monumento di
granito rosso a Tamanarasset.
Come sentinelle avanzate della civilta euro-
pea, e.ssi testimoniano delle virtu clic auimarono
quei grandi coloui/.zatori dei quali la Chiesa puo
ben aiidare orgogliosa.
Mkdardo RlboLDI.
^'
°°oooooc.oooO°
°^
14
COOPERAZIONE MISSIONARIA
Alba. - I bimbi dell'Asilo di citta. di-
retti dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, hanno
voluto darsi alia cooperazione missionaria, e
a prezzo di piccole rinunzie hanno fatto af-
fliiire alia scalola benefica delle missioni lire
60,20. E lietamente ofjersero la somma alle
Missioni del Rio Negro.
Una lellera di Don Cimalti.
Carissima « Gioveiitu JMis.sionaria ».
Hai voluto accogliere tra le tue colonne 11 n
irafiletto su una messa d'argento... di uno che
ti viiol bene, perche come te ama intensamente
la Oiovetilu c specie quella che si fregia del
bel tiiolo di Mi.ssiouaria Dird: « Grazie » pel
■bene che gli e vennto, perche. tanti ianti tanti
hanno in quella occasione pregato per lui: per-
che tanti hanno voluto in quell' occasiotie 0 con
letterc o con offerte venire in aiuto alia sua po-
vera missione. Come non ricordare i giovani
delta casa di Faenza, quelli delta casa di A las-
sie e il gruppo di quelle zelanti benefaltrici.
ed altri ed altri, che hanno davvero lavorato
per cooperare coi sacriftci dei missionari a di-
latare il regno di Dio?
L' articolista parla dell'atto gentile, del la-
voro cosi bene compiiito e coronato con bril-
lante successo dalle Suore di M . A . e dalle
signorine del Patronato Iiiternazionale delle
Giovani, via Giulio 20, Torino. Oh siano le
benedette! Quando il missionaria riceve le
offerte della carita, alzando gli occhi in alto,
insieme' ad un forte palpito d' amove ricono-
scente pensa al Padre nostro che e nei cicli,
che non abbandona mai i suoi cari missionari,
e prcga (non pud far altro) per tutti i suoi
caritatevoli benefaitori.
Cava Rivista, quel dilla messa d'argento...
ti perdona le grandi esagerazioni, che hai vo-
luto lasciar passare sul suo conto... e del resto
cosi abituato a senlire quelle dei suoi cari
Giapponesi, che non ne fa caso... Prega e fa'
pregare pel tuo
aff.mo amico
D. V. CiMATTi, salesiano.
Storia dun indietto
Si tratta di uii ragazzetto dai sette ai
nove anni, della tribu Dessana, orimido
deirira Igarape, affluente del Rio Tiqiiic.
I,a prima volta che comparve nella Mis-
sione (aprile 1927) era piccolo come adesso
(1930); e subito si face conoscere per Tin-
dole sua focosa, insofferente di discipluia
e specialmente per la sua furbizia nel rac-
cogliere tutto cio che potesse sen-ire per i
suoi deiiti. Visitava tutte le piante frutti-
fere, strappava la mandioca e la rosicchiava
cruda come i topi della selva, e quaiido i
lavoratori indigeni, accoccolati attomo alia
pentola, divoravano la minestra che loro
si dava, il piccolo vagabondo appariva; e
se non riusciva a mettere la mano dentro,
almeno raccoglieva cio che gli altri lascia-
vano cadere, e tomava a succhiare tutte
le reste di pesci disputandole coi cani accorsi
prima di lui. Completamente nudo girava
per tutta la ^lissione, fiutando ovunque
come un cagnolino affamato. Se lo si chia-
mava rispoiideva con mia crollatina di spalle
o con vm gesto che voleva dire: — Vengo
se hai qualche cosa da darmi.
Aveva accompaguato una faniiglia des-
sana, ma nessuno si preoccupava del jiiccolo
vagabondo, che viveva piii o nieno come gli
animali. Non avendo la rete per donnire,
passava la notte accanto alle ceneri del fuoco,
in mezzo ai cani; e se cjualcuno della fanii-
glia, scendendo dalla rete ])er riscaldarsi, lo
cacciava con un calcio, il poverino andava
a coricarsi vicino ad un altro fuoco.
Nel tempo che passo fra noi, dormiva
sotto il portico, fra la parete e un cassone,
sul duro suolo. Di tanlo in tanto si udiva
una forte e sonora palmata, clic si dava per
di T
aracua
ammazzare i mosconi che tormenlavano la
sua pelle, tentando invano di perforarla,
perche piii dura di c[uella dei buoi. Vn bel
gionio pero se ne ando e non si lascio ve-
dere che pnrecchi niesi dopo.
O'lando appan-e la seconda volta, v'era
di passaggio nella Missione lan civilizzato
il quale dopo aver osservato il piccolino,
domando ai Dessana di portarlo seco a
Manaos e fame un impiegato. II missionario
inten"enne nel contratto e non permise che
fosse condotto via, perche sapeva molto
bene, che il poveretto avrebbe perso per
sempre la liberta. Penso di invitarlo ad en-
trare come intemo nella Missione: gli of-
ferse calzoni e giubba, ma egli diede una
crollatina di spalle per dimostrare che non
ne sentiva la neces;it\. AH'ora del pranzo
lo invito ad entrare in refettorio con gli
ahnmi, offrendogli farina di mandioca e mi-
nestra. Acetto I'alimento ma noTi resto alia
ta^oIa comune, beu.«i :iel cortile, accoccolato.
Appena finito, corse al fiume, si bagno, si
volLo e rivolto nella sabbia e quindi se ne
ando per non lasciarsi vedere siuo a cena.
.\llora lo chiamai per offrirgli nuovamente
il vestito, perche non era bene che entrasse
in refettorio nudo; e questa volta accetto
vestito e alimento, anche perche ' compagni
lo ripresero fortemente. IMangio in fretta e
poi corse al fiume a raccattare qualche cosa
dalla pentola dei lavoratori, Non voile pero
entrare in chiesa per il Rosario e per le ora-
zioui, ne in donnitorio; ma dormi in un canto
della capanna del porto, in una amaca pic-
cola e sdruscita. Cosi fece per oltre una set-
timana; maugiava in collegio e dormiva
fuori; ma quando la famiglia dei Dessana
se ne ando definitivamente, accetto I'invito
ed entro a fare vita coi nostri interni, la-
sciando vedere, per la prima volta, d'.'.e la-
grimoni.
Comincio allora il secondo periodo della
sua vita, periodo di lotta per il bene; jieriodo
di fughe e ritorni, ecc. Non e facile de.scrivere
tutto cio che passo nell'anima sua... ma la
/6
j;razia di Dio e tl sistema di Don Bosco
haniio ottemito uii vero successo. I priiiii
giorni fuggiva da tiitti i luoglii, specialmeiite
dai lavori campestri. In chie.sa non sapeva
stare in ginocchio, ma seduto sulle calcagna;
si comportava benissimo solo quando dor-
niiva. Se vedeva giungere una barca, cor-
reva al porto e osservava gli indi arrivati,
che cosa portavano, dove andavano, ecc.
Si arrabbiava spesso coi compagni e diveii-
tava una tigre; nia erano scatti passeggeri,
che finivano con quattro lagrimoni, senza
conservare rancore per nessuno.
Nella scuola imparava poco, perche lo
stare seduto per un'ora era per lui il peggiore
niartirio. Di carattere pronto e vivace, rispon-
deva un n) a chicchessia, ma senza pensare
aflatto a quel die diceva; richiamato all'or-
dine con bei modi, riconosceva che aveva
fatto male, piangeva e si dava anclie pugni
nella testa. Quando ne faceva qualcuna
grossa, lo si inandava in chiesa a pregare
davanti all'altare della ]Madonna: vi andava
piangendo, e ritomando diceva: — Adesso
saro buono. — II maggior castigo, direi anzi
I'unico castigo che lo induceva al bene e lo
frenava, era quando il superiore mostrandosi
offeso, non gli rivolgeva la parola, lo sguardo,
e non rispondeva a! suo « buon gionio » o
« buona sera ». Allora soffriva, ma girava
e rigirava intonio al superiore cercando pre-
testi per attaccare la conversazione, inter-
rompendo i compagni e offrendosi per qua-
lunque commissione. Ne desisteva se non
quando aveva fatto la pace col superiore.
Alcune volte si umiliava a domandare per-
dono, anche pubblicamente.
Tutte le volte che conversando familiar-
niente con lui gli domandavo se voleva es-
se re buono ed obbedieute come gli altri, mi
rispondeva commosso un si, aggiimgendo:
— Vorrei,manonso come fare. I.,ei mi metta
in castigo, mi bastoni. La mia testa e troppo
dura...
Aveva due eccellenti qualita, oltre al ri-
conoscere i suoi difetti: era molto servizie-
vole ed aveva grande facilita ad imparare
la lingua portoghcse. Dopo che imparo le
orazioni vocali, pregava forte e bene; e la
sua condotta miglioro di giomo in gionio,
talmente die dopo due anni egli divenne
un alunno docile ed obbediente. Preparatosi
alia prima Comunione (il Battesimo I'aveva
ricevuto dal compianto Don Balzola), ebbe
la prima iinione con Gesii Eucaristico il
25 dicembre c il suo contegno fu davvera
edificante.
Chi scrive, e i Salesiani che lo conobbero
dal princi]iio, Ijenedi.s.sero il Signore e la
Madonna pel trioiifo della grazia nell'anima
di c|uesto selvaggio. I ragazzi poi che pre-
senziarono alle sue disobbedienze, sfuriate
e fughe, lo battezzarono: « Gioachino delle
due teste ».
Attualmeute continua la sua vita di studio-
e lavoro nella IMissione di Taracua, e non
rare volte, vedendolo servire all'altare, ve-
stito da chierichetto, condivozione e gravita,
il missionario ringrazia il Signore della
grande consolazione procuratagli con la
trasformazione del piccolo in dio.
Don GiACONK Antonio.
Missionario Salesiaiio.
Gioachino dellc due teste.
^7
Sforia di 25 anni fa, narrafa dal missionario D. A. Colbacchini.
(CONTINUAZIONE).
Questo cumulo di domande, di iiiterroga-
zioni, di incognite si aflfollavano alia mente
dei ciiique die senza aspettare altro presero
subito il camrtiino per 11 Rio das Mortes,
per dare relazione al Cacico Uke-waguu di
•cio che avevano visto ed iidito.
IX. - AHre confidenze.
Siaino partiti, mi disse, contenti ed al-
legri. E vero che eravaino ancora con niolti
dubbi e sospetti, ma il timore, il dubbio
piii forte che vol foste iiostri nemici era da
iioi scomparso. Siamo arrivati al nostro vil-
laggio aiisiosamente aspettati da Uke-waguu
e da tutti Fin dal momento che ci eravamo
assetitati dal villaggio, perche le iiostre fa-
mighe noil stessero sopra p2nsiero sulla no-
stra sorte e giudicassero male di noi. il Ca-
cico aveva loro manifestato il motivo della
nostra assenza.
Giri-ekureii, all'apprenderlo, andosullefu-
rie, e voleva segLurci, raggiungerci... Uke-
wzguu glielo impedi energicaiueiite colla pro-
messa pero die una prossima volta I'avrebbe
lasciato libero di andare.
Al ritomo diedi relazione di tutto ad
Uke-waguu e a tutto il villaggio. Al seiitir
parlare di civiliz/.ati buoiii che inostravano
di voler bene ai liororos; die ci avevano ri-
cevuto senza panra e diffidenza, anzi con
allegria, con festa; die ci avevano regalato
tante cose e fatte taiite pronicsse; die vole-
vano insislenteniente die andassinio la ed
in molti; pareva agli iudi uii sogno, una
nostra fantasia. Vi fu clii nou volea credere;
•e diceva die non era possibile, che era un
inganno, che noi ci eravamo lasciati illudere,
che nieglio sarebbe stato se vi avessimo di-
strutti con tutte le vostre cose. Altri rima-
sero pensierosi e senza parola; altri si mo-
strarono allegri e dicevano che fiiiahr.ente
avrebbero potuto godere un po' di pace e
tranquillita; che se i nuovi venuti erano
buoni come si mostrarono, nulla di male
avrebbero fatto ai Bororos, e poiclie avevano
fatto delle promesse, gia pensavano a cio
die loro sarebbe toccato in dono; una scure,
un coltdlo, filo, tela, coperte...
Nd villaggio si desto un vivo iiiteresse
e tutti commentavano, discutevaiio, voleiido
ciascuno far trionfare il proprio pensiero.
Til sai bene chi sono i Bororos e quante
cose dicono per uu noimiilla. Puoi irumagi-
narti quanti di.scorsi fecero su tutto cio che
noi abbiamo raccontato di voi; sulle imnia-
gini che avevamo viste, sulle figure degli
Angeli e dei demon ii; e poi ancora su quelle
di Gesii e di Maria... Volevano che spiegas-
simo, che dice.ssimo; ma noi non sapevamo
pill di loro... Invano ripetevo loro; io ho
visto... noi abbiamo visto, ma spiegarvi e
dirvi non so, non sappiamo... Qiiando vi
aiidrete, ve le niostreranno anche a voi e
vedrete come Bopc e brutto, e orribile, tutto
iiero, cogli occhi di bragia e le ali di pipi-
strello; e iuvece come sono belli, aUegri,
tutti bianchi gli Angeli, e Gesii, il Grande
Spirito,... e Maria sua madre. Se vedeste
come questa 6 bella! Mai, mai per quanto
immaginiate, potrete pensare cosa piii bclla
di Lei.
11 Cacico Uhc-wagi'iii mi tcinpestava di
domande, voleva spiegazioni...
— Quella bella Signora che mi did aver
i8
visto, sara come quella che io villi in quella
notte del temporale?
— Credo di si, risposi; aiizi parmi sia
proprio quella stessa clie tu mi hai narrate
e descritto...
Allora Uke-waguii, tutto allegro e soddi-
sfatto, aggiunse:
— Se le cose sono cosi, nulla piu dobbiam
teinere. Se quella Signora cosi bella ed ama-
bile sta con quel civilizzati, t segno certo
che sono buoni; perclie si mostro cosi buona
indagine da te, da me, e da niolti di noi.
So che tanti non credono a quello che io
dico, o almeno dubitano assai; cosi vedranno
con i loro propri occhi, e se non fosse vero
quello che io ho visto e riferito, essendo noi
in raolti, potremo far valere i nostri diritti
a punta delle nostre freccie.
Fu decisa percio la nostra nuova spedi-
zione verso di voi. Dico il vero che temevo
assai per voi; dubitavo che non tutti vi
avrebbero giudicato gente buona, e ben sa-
Li foresta del Matto Grosso.
ed affabile con me che non posso pensare
che chi sta con essa non debba essere anche
buono e senza intenzioui cattive... No, caro
Mcrirt-kwddda, io non penso male di quel
civilizzati; ma tu sai come sono i Bororos
e come molti non la pensano come me; anzi
pensano al contrario. Tu sai come molti
sono ancora diiifidenti, sospettosi, incerti...
Percio ho deciso di andare la con voi; faremo
una nuova visita, molti verranno con noi...
Vedremo e decideremo dopo di aver tutto
osservato. Andro io, ci verrai anche tu che
dovrai essere la guida e nuovamente ti pre-
senterai a loro con pochi; io coi piu staro
a poca distanza ad aspettare I'effetto di
questa nuova visita... Verra pure quel tristo
di Giri-ekureu e tu sai chi sia e quali inten-
zioni abbia.
— Va bene che si faccia questa nuova
pevo che alcuni desideravano I'occasione per
sfogare la loro collera contro gli odiati ci-
vUizzati.
Si parti... Erano quasi due lime dall'ul-
tima mia visita ed aveva promesso che dopo
due lune sarei tomato.
Uke-wagim mi ingiunse di precedere coi
raiei quattro compagni la comitiva, e osser-
vare da loutano se non vi fossero novita
nel sito da voi occupato.
Anche questa nostra visita, poco manco
fosse fatale per voi; Uke-ivaguit ti ha rac-
contato tutto ed io nulla ti diro, perche de-
sidero tu sappia altre cose che avvennero
dopo questo sopraluogo fatto da me e dai
quattro compagni, e nascostamente da tutti
gli altri, conipreso Uke-waguii.
^9
X. - Enfra in scena il Cacico
Major.
Prima di contimiare la narrazione dei
fatti che si succedettero, per far rilevar
meglio i pericoli corsi, e, piu di tutto, la mano
della Diviiia Prov\-idenza che sempre gwido
tutte le cose cosi favorevolmente per la
Jlissione; credo opportuno trascrivere testnal-
meiite parte di una niia lettera scritta al
Rev.mo. Sig. D. Albera, di veneratamemoria,
in data 19 marzo 191 7 che si riferisce a
questo fatto ed a quauto il buon Cacico
Maggior ]\Iichele mi svelo in una delle sue
intime filiali confidenze:
« II Maggior Michele Uke-wagtiu, selvaggio
di natura, era selvaggio pur nell'aspetto;
ma, sotto apparenze cosi rudi e iiere, pos-
sedeva un cuor d'oro.
1) Alto di statiira, mostrava neUa persona,
nel portamento e nella parola la fierezza
del suo carattere. Cieco dell'occhio sinistro,
che perdette in una caccia focosa, con gli zi-
gomi sporgenti, il naso schiacciato, venne a
questa colonia del Sacro Cuore dalle foreste
del Rio das Mortes, nel 1903, padre di cin-
que figli.
» Fu uno dei prinii Bororos che udirono
la voce del missionario, che in nome di Dio
li invitava a lasciare la loro vita selvaggia
e nomade, e a ridursi a vita tranquilla e
pacifica all'ombra della Croce.
i> Con lui, come capo, vennero molti altri
indii, cosicclife si puo dire che per lui ebbe
inizio la nostra Missione tra i Bororos, perche
col suo esempio condusse molti altri alia
Missione.
I) E qui passavano i mesi, e sebbcne egli
mostrasse verso di noi rispetto e simpatia,
si conservava perd sempre nella sua fierezza
naturale. Pur I'influenza che aveva sui suoi
coni])agni si manteneva grande. Si puo dire
che nessuno muoveva un passo senza il suo
conseuso. Ad un suo online poi tutti erano
pronti. Questo ascendente non I'ebbe in
forza di leggi o costunii trasmessi da padre
in figlio, rafforzati dal timore di castighi
verso i trasgressori, ma per altri niotivi:
prinio pel fatto che la sua famiglia appar-
teneva a quella dei capi, o, come diremo noi,
per nobilta di sangue; secondo per la sua
grande bonta, pazienza ed affetto patemo
che aveva per tutti; terzo per la sua valentia
nelle cacce e nelle stesse rappresaglie contro
i civHizzati. Questi lo conoscevano bene e
lo temevano assai: conoscevano la sua in-
fluenza e furono essi che gli diedero il nome
di Cacico Maggiore, sapendolo stimato ed
ubbidito da tutti.
i> L'influenza sua, come ho detto, conti-
nuava anche nella Missione; e all'occhio
nostro non stavano celati ne il suo grande
ascendente, ne la venerazione di cui era
circondato, e con grande fede pregavamo
Dio e Maria Ausiliatrice che volesse conver-
tire, a favore dei missionari, le grandi e
belle qualita di animo e di cuore che il Ca-
cico Maggiore possedeva.
I) Quando voi veniste qui, mi disse, per
molto tempo non ci avete visti, ne pensa-
vate che eravamo qui a voi vicini. Ma non
era cosi: noi vi avevamo osservati e cono-
scevamo bene la vostra venuta. Forse non
era ancor passata la prima luna del vostro
arrivo e noi sapevamo tutto. Ma non ci la-
sciammo vedere; e di giomo e di notte vo-
lemmo osservare tutto e prendere visione
di tutto.
1) Una sera, radunati come al solito in
mezzo alia foresta, si venne a trattare se
dovevamo permettere la vostra venuta e
lasciarvi in pace, o se era meglio farla finita
anche con voi, col mettere tutto a fuoco.
I pareri erano divisi: chi diceva di si, chi
diceva di no, ma i piii dicevano: — Aspet-
tiamo ancora: proviamo direttamente se
sono buoni o cattivi. — Pero alcuni non vo-
levano ascoltare alcuna ragione e insiste-
vano che si venisse all'accordo per darvi
I'assalto ed uccidervi. Alia fine si prese
questa risoluzione: domani faremo una ri-
cognizione piii esatta.
» E il giomo dopo ci approssimanmio
ancor piii alle vostre capanne ed abbiam
vi.sto (se non vuoi credere, domanda a tutti
e vedrai che dico la verita) abbiam visto
un di voi sul tetto della casa che stava ag-
giustando non so che cosa. Padre Balzola
era nella capanna seduto al tavolino; un
altro a poca di.stanza dalla casa; gli altri,
chi di qua, chi di la, separati attendevano
a varie facceudc.
(Coniinua).
Urn approvazione ecclesiastica. D.
. Oirellote-rcspoisaDlle. — Tonao, 1931 - Iipojialia della Socleli Edililu Inlemaiionale.
~-~ 20 ^
OFFERTE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
OFFERTE PER I<R MISSIONI.
Reuato Leger, 15,80 — Maria Torello, 20 —
Tomaso Beilis, 20 — StcUina Roiichi, 15 —
Galvano Corrado, 10.
BATTESIMI.
Figlie M. A. (Lugo) pel nome Santina San-
giorgi a una bimba — Giovani Circolo D. Bosco
e i ragazzi del Catecliismo Domcnicale (Fruga-
rolo) pel noma Cnrlo Cutlica ad un cinesino in
omaggio al loro amato Arcipretc nel di onoma-
stico — Oratoriaue (Frugarolo) pel nome Maria
(irassn ad una bimba in omaggio alia loro Diret-
trice nel giorno onnniastico — Un gruppo di
convittrici (Pralafcra) pel nome Orizia ad una
cinesina — Giovo Carmela (Luserna) pel nome
— Sig.» Cacciari pei nomi Anniia Bernard! ed
Eliseo Cacciari a due indictti.
Sangalli Luigi (Cera sul Naviglio) pei nomi
Emilia, Angela, Fclia — Maffiosi G. (Ottobiano)
pei nomi Enrico, Pietro — Alba Domenico (Cor-
denos) pel nome Domenico — Deflorian Rosa
(Tesero) pei nomi Pio Coslantino, Caterina Ber-
vardina — Arnaboldi (Cernusco) pei nomi Stella,
Mario — Carnevale (Abbiutegrasso) pei nomi
Cesare, Tercsina — De la Pierre Giacomo (Gres-
soney Trinita) pei nomi Giacomo, I'ttloria. — So-
relle Cucchi (Pioltello) pei nomi Giuseppe, Te-
resa — Circ-olo Giovanilc (Cernusco sul Naviglio)
pei nomi Federico, Angeln Giuseppe — Rossi
Angela (?os";3;uo) pei nomi Liiigi, Maria Or-
sola — Gallo Albina (Confienza) pei nomi Giu-
seppe, Teresa, Albina, Marietta, Giuseppe, Carlo
— Dal Pra (Thiene) pel nome Gaetano — Ghi-
doni Luigi (Ospitaletto Bresciano) pei nomi
Carlo, Francesca — Melzi Mario (Cernusco) pel
nome Mario — Tregambi Giulia (Ospitaletto
Bresciano) pel nome Ester — Polonini Davide
(Ospitaletto Bresciano) pel nome Davide — Cir-
colo Femm. Giovanile (Ospitaletto Bresciano)
pel nome Giovanna d'Arco — N. N. pel nome
Luigia Maddalena — Castoldi Celestiuo pel
nome Giuseppina — N. N. pel nome Ferrario
Carolina Maria — Famiglia Omoboni (Lumez-
zane) pel nome Omoboni Luigi — Zucchetti
Paolo (Ccvnubco) pel nome Paolo — Mauri Rosa
(Como) p-l nome Domenico — Mauri Enri-
chetta (Como) pel nome Maria ■ — Unione Gio-
vani S. Primo (Como) pel nome Prima — Pic-
cioli Don Isaia (Magione) pel nome Isaia — Bor-
diga Antonia (Bagolino) pel nome Rocco — Ga-
vazzeni pel nome Antonio Giovanni Bosco —
Tavano pel nome Veneranda - — Ruggeri Fer-
nando pel uome Ferdinando — MaflBoli Giusep-
pina (Pieve Albignola) pel nome Pier Venanzio
— Ruaboldi Giuseppina (Cernusco) pel nome
Mario — Parini Adele (Abbiategrasso) pel nome
Nalalino — Gavazzeni Caterina (Bergamo) pel
nome Mario — Segagni Emilio (Frazione Cor-
dani-Pavia) pel nome Edoardo — N. N. pel
nome a due neofiti ad libitum — Bosco Adele
pel nome Lucia — Mazziui Natalina (Milano)
pel nome Luigi — Lotti Ines (San Damiano
d'Asti) pel nome Ines — Sarcame Celestina (To-
rino) pel nome Lorenzo — Saccon ch. Pietro
(Motta Livenza) pei nomi Maria, Teresa, Olim-
pia, Ida — Richoz Cotte Robert pel nome Ro-
l)erto — Torda Don Michele (Catania) pei nomi
Antonio. Caterina — VJoli Teresa (Modena) pei
nomi Teresa, Giuseppe — Veronese Rita (Mon-
tagnana) pei nomi Mario, Antonio, Giovanni —
Zerbi Isaia (Saronno) pel nome Isaia — Gio-
vanetto Don Riccardo (Belluno), pei nomiMt*;-
ion Ulisse, Paternoster Domenico, Mutton Ulisse
— Giudici Lucia (Vilmaggiore) pei nomi Fran-
cesco, Bartolomeo, Pietro Aljonso Maria — De
Criorgis Maria Rosa (Breno) pei nomi Maria
Rosa De Giorgis, Andrea Giovanni — Appendini
Francesca (Carignano) pel nome Camilla.
Bogliolo Irene (Calizzano) pei nomi Irene,
Carmelina — Piscetta a mezzo Salesiani di Borgo-
manero pel nome Francesco — Chiantaretto
Noemi (Aosta) pei nomi Luigia Eugenio — Bu-
sala Enzo (Torino) pel nome Emo — N. N. pel
nome Angiola Maria Maffioda — Viglino Ca-
terina pel nome Caterina — Peruzzo Carlo pel
nome Carlo — N. N. ame«oD. Trione pel nome
Giovanni — Colombo Don Francesco (Roma-Te-
staccio) pei nomi Lcardmi Emma, Melchiorri
Giovanni — Grassi Ida (Arezzo) pel nome Con ^
forta — Pontana Letizia (Portula) pei nomi
Abramo, Filippo Felicino, Filippo Maurizio —
Nan Don Secondo (Calizzano) pei nomi Maria
Teresa, Teresa Maddalena, Antonio Giovanni,
Emanuele Antonio
Arbizzoni M. Luigina (Bettola) pei nomi Ma-
rio, Maria — Franceschini Carolina (Roma-
gnano) pel nome Rita — Vener Maria (Campo-
dolcino) pel nome Raffaele Ida — Di Lorenzo
Eleonora amezzo Don vSella (Roma) pel nome Lo-
renzo — Giachi Umberto amezzo D. Sella (Roma)
pel nome Anna Maria — Destefanis ved. T.
Luigina (Montelupo Albe?e) pel nome Luigini
— Zortca Renina (Canal S. Bovo) pel nome
Giuseppe Domenico — Pontoni Don Longino
(Tarcento) pel nome Acliille Giuseppe.
Marca A. Orsolina (Mesocco) pel nome Luca —
Grappi Marino (Reggio Emilia) pei nomi Ma-
rino, Corinna — Galetto Caterina ved. Ma-
soero (Torino) pel nome Masoero Pilade — Ro-
botti Sacco Ada (Casalmaggiore) pel nome Ca-
terina — Quesada Mario (Cartago) pei nomi
Manuel, Mario — Massoni ch. Umberto per il
Circolo del Seminario di Lucca pel nome --1h/om!o
Marianna — Perk Don Giovanni (Damme) pei
nomi Giuseppe, Antonia — Tronfi Autonietta
(Spezia) pel uome Rosa Maria — Rattazzi Carlo
(Torino) pel nome Carlo — Circolo Giovanile
Cattolico Ferrini (Monreale) pel nome Salva-
tore — Zannautoni Marianna (Dosoledo) pel
nome Giovanni — Simonelli Don Torello (Ma-
cerata) pel nome Fernando Maria — Mussa Do
Felice per Pasquale Pilleri (Portici) pel nome
Pasqnale — Martini Maria (Cuneo) pel nome
Francesco.
Cronachetta e Curiosita^^c:^^
IL VICARIO APOSTOWCO DI KARTUM.
£ stato consacrato a Trevi dal card. Van Ros-
sum ed e mons. Francesco Saverio Bmi.
SEMINARIO PEI NEGRI.
Alia presenza di un cardinale, 3 arcivescovi
e 20 vescovi si e inaugurate il 12 novembre il
nuovo semiuario di San Giuseppe, presso I'Uni-
versita Cattolica di Washington, affidato ai Pa-
dri di San Giuseppe.
MISSIONARI PRIGIONIERI.
VOsservalore Romano dava ai primi di di-
cembre la dolorosa statistica deisacerdoti e delle
suore caduti in raano dei banditi cinesi e di cui
si ignora la sorte: essi sono 48.
NUOVA RAZZA DI PIGMEI.
Un membro della spedizione inviata dal Museo
britannico al Congo, proveniente dalle immense
foreste di Stur, ha detto che la spedizione ha
scoperto i piu primitivi pigmci che si possano
immaginare. E.ssi sono assai pin piccoli di quclli
che sono stati incontrati finora da altre spedi-
zioni. Egli e riuscito a farseli amici e ha potuto
cosi apprendere preziosi particolari circa le loro
abitudini e la loro esistenza.
L'esploratore ha detto inoltre che contraria-
nieute alia credenza geuerale Vokapi non e un
aniraale raro, ma forse il piii timido che csista.
{J difficile che le ordinarie spedizioni di caccia
possano incontrarlo, ma ricorrendo a sapienti
travestimenti e attendendo al varco magari pa-
recchi giorni, nascosto in qualche cespuglio, cgli
d riuscito ad otteuere di questo raro esemplare
della fauna africana delle eccellenti fotografie.
LA « TAVOLA ROTONDA ».
Cosi e delta la Conferenza per la sistemazione
dcirindia che si <i aperta a Londra il 12 novem-
bre. T ra i rappresentanti indiani vi e anche Huo
Bahadur A. T. I'aimir Selvaiii clic rappresenta
i cattohci dell' India.
GESUITA PROKESSORIC A SHANGAI.
II P. Augusto Savio i stato nominato dal go-
vcrno cinese professorc di entomologia nell't'ni-
vcrsita di Woosung, presso Shangai.
II I'adre Savio non gode solo la riputazione di
un uonio di studio, ma anche quella di un apo-
stolo dei giovaui, iu mezzo ai quali ha passato
gran parte della sua vita.
TRICENTENARIO DELI.A CHINA.
II Welcome Medical Museum — la piu grande
istituzione di storia della medicina — ha aperto
una mostra commemorativa dell'introduzione
della china in Europa per la cura della febbre,
tre secoli fa. Questa corteccia ebbe il suo primo
successo in Roma, da dove essa si aflermo, non
senza lotte, durante quasi un secolo, e da dove
si sparse in tutta I'Europa, per merito special-
niente dei Gesuiti, che per primi la fecero giun-
gere regolarmente dal Peril. La mostra impor-
tautissima e stata inaugurata con discorsi del
cardinale Bourne, c degli ambasciatori del Peru,
Spagna e Olanda. Vi coucorsero le piii importanti
istituzioni scientifiche del mondo e parecchi go-
verni le diedero efficacissimo aiuto Da Roma,
dove nel 1640 comincio la distribuzione rego-
lare e gli esperimenti sulla sua efficacia, a cura
del Welcome Museum e stato raccolto un abbon-
dante documentario soprattiitto di archivi pri-
vati.
MISSIONARIO ITALIANO UCCISO.
Ancora in Cina... il paese ormai del bandi-
tismo e dei massacri! Si tratta del missionario
mons. Giov. Soggiii dei Frati Minori Conventuali
ucciso nello Shen Si.
L'ELOGIO DEL PAPA
II card. Pacelli ha inviato un ttlugramma a
mons. Costantini, esprimendo a tutti i missio-
nari della Ciua I'alto elogio del S. Padre per il
magnifico esempio di jorza apostolica data du-
rante i torhidi recenli.
SEI CHIERICI NEGRI.
II I" novembre 6 chierici negri dell'unico se-
minario per I'educazionc dei candidati di colore
a Bay Saint Louis {Stati Uniti), hanno ricevuto
la tonsura. Sono il primo frutto in 10 anui.
MASSACRO DI LIHSIEN.
Dopo 24 giorni d'assedio Lihsien e caduta in
mano dei mussulmani — i salari del Kan Su
(Cina) che hanuo niassacrato tre quarti della
popolazione maschilc, portandosi via le donno
come boltiuo. Anche la missione cattolica iu
invasa e 53 povere vittime cinesi, ivi rifugiatesi,
furono trucidatc. Un mi.ssiunario fu colpito ecu
varie pugnalate al braccio.
Printed in Italy
Anno IX - Num. 2
15 FEBBRAIO 1931 (IX)
PUBBUCAZIONE MENSILE
C. C. Postale
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..,iiffliiiiiii;iiiiiiiiM/iniiiiiwii//4M)ij!^;-- "^
inAs,
a>OAXBd[A.RtIO
La vera Gioventu Missionaria.
DALLE LONTANE MISSIONI: Costumi consoles!. — Awcnture dopo la morte. — Per salvare
un'anima. — Krishnagar. — L'assistcnza del Salcslanl ad cmigrati coreani.
STORIE E LEGGENDE. — EPISODI MISSIONARI. — DALLE RIVISTE MISSIONARIE. — CRO=
NACHETTA MISSIONARIA.
RACCONTI: La Sultana Rciiah. — UKE WACUU.
Genfili
-^ Gioventu
Let fori!
Ml
issionana
rioolge a cijscuno di voi la preghiera di volervi adoperare per
una propaganda attivissima per aumentare il numero degli ah-
honati pel 1931 . ^^ Sia un vanto per ognuno di voi recarci
UNO O PlO NUOVI ABB ON ATI tra i vostri amid. Da
parte nostra — oltre la riconoscenza doverosa per tutti i pro-
pagandisti che ci daranno la loro cooperazione missionaria —
premieremo i piit attioi e benemeriti.
Ricordino i nostri Amici:
1 - Di specificare che si tratla di abhona-
mento a Gioventu Missionaria pel 1931.
2 - Scrivere chiaro e compieto lindirizzo,
colla relativa via e provincia e numero
del quartiere postale.
3 - Si prega di indicare sempre se Vabhona-
mento d NUOVO, oppure RINNOVATO.
4 - Chi spedisce con altro mezzo Vahbona-
mento, I'indirizzi esclusivamente alia
Amministrazione di "Gioventu Mis-
sionaria " — Via Cottolengo, N. 32
- Torino (109).
ABBOMAMEMTO: Z JS^r t »"
Sosttaitira L. 10 - Titalltlo L 100
L IS - „ L 200
Anno IX - Num 2
Pubblicazione mensile
Febbraio 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
La vera Glove ntu Missionaria.
Vi ricordate ancora della letterina che
vi ho mandata nel numero precedente?
Cola vi promettevo di informarvi niinuta-
mente delle nostre Case di fonnazione per
Aspiranti Missionari, di cui vi ho prese-
tate soltanto le statistiche eloquenti del
iiumero degli allievi.
Ora vi daro un cenno della piu geniale
tra esse, di quella in cui si preparano i
Missionari agricoltori, la « Scuola Agri-
cola Missionaria » di Cumiana, a 20 km.
circa da Torino, fondata appena da tre
anni e gia fiorente, attrezzata coi piii mo-
derni sistemi, e oasi serena di pace.
Missionari Agricoltori.
Chissa quanti dei nostri giovani let-
tori, al vedere sulle pagine di questa
rivista il titolo « Scuola Agricola ;\Iissio-
naria di Cumiana » torceranno il viso e
senz'altro saranno tentati di passare ol-
tre! Scuola Agricola! Che nome prosastico!
Anche dell'agricoltura si fa nelle missioni?
avra domandato taluno nieravigliato.
I giovani concepiscono le missioni in
una forma nobile, ideale; essi si sentono
portati verso cio che e difficile, periglioso
e avventuroso; spesso pero confondono
cio che e accidentale con il sostanziale.
Missione per taluno forse vorra dire
cannibali, briganti, fitte boscaglie, luoghi
imper\d, difficolta innumeri o qualcosa di
simile, che tanto colpisce la fantasia gio-
vanile. Eppure il Missionario non e un av-
venturiero; ma e un'anima donata a
Gesii, consacrata all'avvento del Regno
di Cristo. Tutti possono essere missio-
nari, siano sacerdoti o laici. Si, anche
laici possono essere missionari! Falegnami,
sarti, calzolai, tipografi, meccanici, in-
gegneri, ragionieri, geometri, avvocati,
agricoltori, tutti portano il loro valido
contributo e preparano il terrene al sacer-
dote missionario, che sparge la divina se-
mente.
II Missionario e un pioniere di civilta e
un eccellente educatore; ma base dell'edu-
cazione e via di civilta e il lavoro.
I selvaggi, i popoli meno civili sono per
loro natura pigri e indolenti; il ]\Iissio-
nario se vuole redimerli deve insegnare
loro a lavorare e guadagnarsi il pane.
Ed ecco anche I'agricoltura, quest'arte
cosi nobile, diventa un mezzo di aposto-
lato e di redenzione.
2T
Dov'e passafo D. Bosco.
Dove passano, i santi lasciano impronte
profonde e larga copia di benedizioni ce-
lesti. Don Bosco nel 1866 iu compagnia
del giovanetto Luigi Spandre, ora vescovo
di Asti, veniva in una localita del Co-
mune di Cumiana, chiamata Cascine
Nuove, a far visita di convenienza alia
famiglia Flandinet.
Passarono degli anni, il ricordo della
visita si cancello, ma... il Padre ci ha pre-
ceduti, ed a suo tempo dal Paradise ha
disposto le cose.
Dove qualche anno fa era campagna
incolta ed infruttuosa, ora sono campi
generosi di messi e di prodotti agricoli;
dove sorgevano alcuni miseri cascinali,
ora s'erge maestoso un palazzo, la casa
del lavoro.
Nel luglio 1928 s'inaugurava la Scuola
Agricola vSalesiana.
D'allora in poi fu un continuo crescendo
per questa Scuola. Si abbatterono man
mano le cascine che erano inadatte, ed ac-
canto al fabbricato centrale, grande ed im-
ponente mole, adibito per abitazione dei
giovani ed uffici, sorsero altri edifici per
i bisogni della Scuola: stalla nioderna,
fienile, silos, porcillaia, pollaio, caseificio,
panetteria, lavanderia, granai, tettoia per
macchinario agricolo, ecc.
Si iniziarono altresi i lavori di boni-
£ica; merce I'opera di un generoso bene-
fattore si fecero tre pozzi artesiani, le cui
acque accolte in una vasca di considerevole
capacita si stendono vivide ad irrigare
campi e prati.
II terreno che attornia la casa (circa 70
ettari), tempo fa plana sterposa, ora die-
tro il lavoro intenso e le migliorie sugge-
rite dall'agricoltura moderna, da risultati
consolanti.
M
issionariB.
Ma quel che da iniportanza e bellezza
a questa scuola non e I'edilicio maestoso,
non sono i campi, non sono le Industrie
agricole che vi sorgono accanto; I'impor-
lany.a vera gliela danno gli allievi.
Cumiana k. un semenzaio di vocazioni
missionarie. I giovani, tutti aspiranti mis-
sionari, si preparano con intensa vita di
preghiera, con lo studio e col lavoro al fu-
turo campo di apostolato.
Essi, oggi i contadinelH che nel si-
lenzio tracciano i solchi nei campi e pre-
parano il pane « profumo della mensa,
gloria dei campi e ricchezza della Patria »,
domani saranno i capi agricoltori, che —
pionieri di civilta e di progresso — nelle
lontane mission! insegneranno ai poveri
selvaggi il lavoro che nobilita I'uomo, e in-
sieme al pane materiale porgeranno a quel
poveretti il pane spirituale: faranno altresi
conoscere ed amare ovunque — patriotti
nel senso piii elevato della parola — la
nostra Patria bella e I'ltala gente dalle
molte vite.
Gia molte vocazioni sono giunte a ma-
turazione. Dodici baldi giovani, fiori del
primo anno di vita di questa scuola, sono
andati a lavorare con frutto nelle varie
case missionarie ed attendono al loro per-
fezionamento; altri quattro del secondo
anno sono in procinto di salpare i mari
per recarsi nelle terre infedeli; dieci que-
st'anno spiccarono il volo per il sacro re-
cinto del noviziato.
II pensiero delle missioni sprona e guida
questi cuori generosi; sin d'ora essi si ado-
perano per aiutare i missionari. Con i loro
sacrifici e con sante Industrie hanno rag-
granellato tanto da completare una borsa
Missionaria intitotata a « Luigi Colle » e
ne hanno gia da tempo iniziata una se-
conda, che, dal loro modello e protettore,
prende nome « II Contadinello dei Becchi ».
VHa di famiglia.
Preghiera, studio, lavoro: ecco le occu-
pazioni della giornata dell'aspirante mis-
sionario agricoltore, ecco il triplice suo do-
vere.
La preghiera. — Da Gesii che ogni mat-
tino ricevono nella S. Conumione gli aspi-
ranti traggono la forza per vincere gli
ostacoli che si incontrano in questa fa-
miglia, composta di membri provenienti
da ogni regione d'ltalia e dall'Estero; da
Gesu traggono la vigoria per superare le
diflicolta che ogni anima trova quando
vuol darsi a Dio; con Gesii santilicano il
lavoro e le occupazioni della giornata.
Studio. — Gli aspiranti frequentano un
corso di agraria di un triennio, e poi an-
CUMIANA. = Portlci c cortile della Scuola A?ricola Missionaria.
CUiVllANA. = AUievi addetti alia trattricc c il fabbricato principalc dclla Scuola Agricola Missionaria.
23
CUMIANA = Atrio c corridoio della Scuola Agricola.
cora dopo il noviziato iin biennio di per-
fezionaniento. Agraria, scienze naturali,
fisiche e chimiche, sono le principali ma-
terie che di essi faranno tanti periti agri-
coltori.
Hanno abbondanza di iiiezzi per istru-
irsi: insegnanti, libri, aule scolastiche co-
mode, arieggiate. E poi gabinetto scien-
tifico, bene attrezzato, laboratorio chimico
che non starebbe male neppure in una
universita, ecc.
Lavoro. — Dopo la teoria viene la pra-
tica. A sqiiadre, a seconda dell'eta e dello
sviluppo fisico, si r^cano in date ore del
giomo nel campo per la scuola pratica, e
sotto la guida di esperti capi si adde-
strano nell' arte, prendono pratica nel
nianeggio delle niacchine, di cui la casa
e abbondanteniente fornita e allargano
le loro idee e le lore cognizioni.
Spazioso e il cortile fiancheggiato da so-
lenni portici, dove pareccliie volte al
giorno i giovani vengono a sollevare il
loro spirito nelle piii movimentate ricrea-
zioni. La scuola di banda porta una nota
gaia a tutte le feste, e rallegra i numerosi
CUMIANA. = Gabinetto scientifico dclla Scuola.
24
ed illustri amid che sovente vengoiio a
visitfire ouesta casa.
Nelle vacanze gli nspiranti ?i recano
a Castehuiovo Don Busco, nella frazioue
Murialdo all'ombra della casetta natia
del « Contadinello dei Becclii ».
E ritoriiano poi alia vita ordinaria pieni
di ardore e di entusiasmo fortiticati iiella
loro santa vocazimie, pronti ai sacrifici.
Cari aiiiici e lettori di Gioventu Missio-
naria, non vi pare bella questa vita, non
e invidiabile I'ideale che ha tratto qui
tanta gioventu fiorente?
Pregate, pregate anche voi che aunicn-
tino le vocazioni di niissionari agricoltori.
Concliisione. — Cari amici, se vedeste
([uanti visitatori arrivano a questa Scuola
e come tutti restano meravigliati dell'ini-
ziativa coraggiosa dei Figli di D. Bcsco!
Se conoscete quale he aniina buoua cui
possa arridere I'ideale di diveutare Missio-
nario agricoltore, farete opera santa man-
dandogli questo numero della rivista e
incoraggiandolo a rompere gli indugi scri-
vendo al Direttore. Intanto vi da I'arri-
vederci il vostro Zio Cigi.
'^^Mi
!^i»r^
CUMIANA = 1 Silos delld Scuola Agricola Miss.
CUMIANA. = La stalla colle vacche svizzere e olandesi.
^5
DALLE LONTANE MISSIONI
COSTUMI CONGOLESl
Da un mese in qua nulla e avvenuto clie
meriti di essere riportato, qui nella nostra
tranquilla Sakania. II calore si fa sentire
sempre piii forte, e tutti invocano un po' di
pioggia. Se i coltivatori, i giardmieri, gli
affittavoli fossero buoni cristiani, si fareb-
bero eniuli di Mose, alzando le braccia al
cielo per otteneme le acque beneficlie!
Cliissa se riusciranno interessanti alcime
]iarticolarita intorno ai costumi di questi
indigeni! Coininciatno dagli uomini. Ouelli
die se la passano nei bosclii e non vogliono
farsela coi ciWlizzati, non usano abitual-
mente altro vestito che un brandellodistoffa
avvolto jntonio alia cintura e che scende
sino alle ginocchia. Coloro che si risolvono
a venire presso i bianchi in cerca di coUo-
cazione e di lavoro, e cominciauo a guada-
gnarsi qualche cosa, si ])rovvedonoan7,itntto
di un paio di pantaloni, poi della camicia,
della giubba, ecc. a misura che il lore gua-
dagno va in aumento; cosi, a poco a poco si
« europeizzano! ». Hanno una vera pas-
sione per i cappelli, i berretti, per ogni sorta
di acconciatura del capo, e tanto piu am-
bita quanto piii strana ed originale. In que-
sto, si, non la vince il Commissario snl po-
vero sguattero, che appena arriva a guada-
gnarsi 40 franchi al mese! Alia vista della
camicia tutta a brandelli, la padrona gli an-
ticijja la mensualita perche vada a provve-
dersene di una imova; e vola al negozio il
poveraccio. tutto felice, a comperarsi... un
cappello! Da quanto tempo non sognava
egli simile acquisto!... E d'allora, abbigliato
col suo iuseparabile tesoro, lavora il piu e
CONGO BtLGA. = Donne e uomini battezzali a Kiniama ncl 1929.
26
CONGO BELGA. » Donne c uomini battczzati a Kiniama ncl 1929.
il meglio che sa e puo, quando non fa delle
scempiaggini, come sarebbe: dare il cafEe al
cane; andar in cerca dell'acqua quando gli
si domanda della legna, o portar le arancie
invece delle uova... « Egli e sempre davanti
alio specchio » — dice la signora — e mentre
si compiace del suo cappello, non vede la
camicia tutta lacera che in piii luoghi gli la-
scia il dorso scoperto!...
Nel Congo, come dappertutto sotto la
cappa del sole, le signore devono avere tanta
pazienza verso i propri domestici!... Ecco la
Didasio che va alia Messa: il suo camiciotto
era nuovo una volta; ma, per non vedersi
ora troppe frange pendenti, ne ha annodati
fra lore i van capi, e cio gli procura un fregio
di... nodi! II suo compagno di destra porta
im paio di pautaloni nuovi fiamnianti, che
si accordano perfettaniente con una camicia
kaki, tutta a bra:idelli!... Quello della si-
nistra si e infilato il suo soprabito dal di-
ritto, per onorare il Signore, perche durante
la settimana se lo mette dal rovescio!... modo
pratico per avere due vestiti, usandone uno
solo. Qui, anche gh uomini portano dei brac-
cialetti di osso bianco o di metallo giaUo; i
piu eleganti sono possessori di un fazzoletto
da naso, che ficcano nella tasca dei panta-
loni in forma di sacchetto, lasciandone uscire,
ben distesi, i quattro angoli! Non k rare il
caso di vederne mio die porta un bel paio
di pantaloni nuovi sopra un altro vecchio, o
viceversa; un altro che fa sfoggio di un asciu-
gamano ben disteso sopra il dorso o intomo
alia cintura; un terzo, calzato di un paio di
scarpe gettato via da qualche bianco, ecc.
Ed ora, vediamo le donne. Nella selva,
non hanno anch'esse altro vestito che un
semplice straccio avvolto intomo al corpo,
ma che scende loro dalle spalle aUe ginoc-
chia. Quelle che abitano in Sakania e nei
dintomi, portano gia le vesti: le piix belle
sono le pill vistose: rosse, eiaUe, azzurre,
verdi... tutti i colori dell'arcobaleno! Quando
il vestito ha bisogno di essere cambiato, lo
sposo conduce la sua compagna al negozio
dove potra certamente trovanie uu altro di
tutto suo gusto. Che, i neri non pensano a
ramniendarsi i loro vestiti; ma se li indossano
fino a tanto che cadono a brandelli. Noi ab
bianio avuto il nostro daffare, per insegnare
ad alcime donne a rajjpezzare la roba rotta;
preferiscono usarla fin che sia loro possibile,
per non prendersi la molestia di rattopparla.
Se si tratta di fame dei nuovi, vi mettono
ancora qualche po' di buona volonta, perche
sanno di avere poi I'oggetto da esse cucito;
ma se si tratta di rattoppi, non ne vogliono
^7
proprio sapere. « A clie pro — dicoiio — di
cucire a mano, quando si fa piu in tretta a
cucire con la macchuia'... E poi, si trovano
dei vestiti cosi belli e di colori si vivi presso
il Sig. Z... Y... ed X...! ».
Bisogna proprio dire cbe i neri sono molto
generosi fra di lore, e non tesorizzano per se.
Cosi, quelli clie lianno gia qualche impiego
presso le ferrovie o nelle case particolari e
guadagnano laloroniensualita, si comperano
ogni niese qualche capo di vestito nuovo e
regalano I'usato a qualche compagno meno
fortunate di essi. Tutte le donne portano dei
braccialetti e delle collane fatte di perUne di
vetro, simiU a quelli che per gioco usano i
bambini europei; alcune liaruio degli orec-
chini di x'etro; la maggior parte si contenta
di niettersi uno spillo di sicurezza in una
orecchia sola, oppure un bottone autonia-
tico in una sola narice, Portano ordinaria-
mente in capo un fazzoletto a vari colori,
con cui raccolgono i capelli; e, come gli uo-
mini, si mettono anch'esse im vestito nuovo
sopra mio vecchio e lacero, o viceversa, se-
condo i gusti; oppure, quando la veste e
sudicia dal diritto se la mettono dal ro\-e-
scio!... Ogni tanto, si vede I'una o I'altra
giungere in chiesa con una camicia nuova,
che ha cura di mettersi sopra la veste, che
gl'indigeni non nascondono le loro ricchezze,
tutto e spiegato in plena luce. Delle bizzar-
rie, poi, se ne trovano un po' dappertutto;
nei nomi, per es... Motokar ha sposato Ki-
lemba: ora, Motokar significa moto e Ki-
lemba equivale a fagiuolo, sarebbe quindi:
moto ha preso in mo.glie fagiuolo! Kabinda.
che significa — ultimo nato — si e unito a
Malouba, che vuol dire — fiore — . Si da
I'ordine a Kabinda di inaffiare i fiori ed egli,
comprendendo clie quella e sua moglie, non
sa risolversi a versarle sul capo xm secchio
d'acqua!...
Una quantita d'insetti e divorata dai neri
con la maggior delizia; ed essi se ne ridono
dei bianchi che mostrano la loro ripugnanza:
Dio ha provvisto a ciascuno secoudo i pro-
pri bisogni e secondo I'ambiente in cui si
vive. Qui si trovano anche delle galline assai
originali: ne abbiamo scoperto una che stava
covando le nova nel fondo di mia bottiglia
rotta: un'altra si mangiava le sue nova e
(juelle delle compagne: una terza die, dopo
di aver ucciso i propri pulcini, disjnitava
I'unico che era rimasto ad altra chioccia: du-
rante varie settimane, quel piccolo batuffolo
di came piumata si vide fatto oggetto delle
cure amorose di due madri che lo seguivano
senza riposo.
In questi ultimi giorni, due neri taglia-
vano un tronco d'albero e ne preparavano i
pezzi per I'uso della cucina; mentre uno dei
capi lavorava, I'altro brucava e migliaia
di formiche terminavano li la gloriosa loro
vita! Siamo qui proprio nel regno delle for- •
miche; gli e peggio che un'epidemia, im'in-
vasione... e quante distruzioni causano! Sca-
vano i tronclii di alberi, i recinti dei giardini,
la case stesse! Talora, dei pezzi di muro si
sfasciano improvvisamente... la causa? Le
formiche, e le sorelle loro, le « tenniti »,
altra geiiia sotterranea
U-Ka Figlia di M. A.
CAIRO. = Veduta gencralc dclla citti.
28
AVVENTURE DOPO
LA MORTE
Ai piccoli, volt'iiticri offro le present! fo-
tografie assieine ad un raccontino. E la sto-
ria di un bambino clie ebbe le sue avven-
lurc... dopo niorte.
la povera creatiirina, da tempo gia bat-
tezzata, ancora non aveva due anui, qiiando
un morbo crudele la ridusse in fin di vita.
Allora i genitori, assieme ad altri parenti,
si allontanarono dalla residenza sotto pre-
testo di andare in cerca di frutta nella fo-
resta. Gionii dopo, avendo ricevuto notizie
poco buone, montai a cavallo ed andai a far
loro visita. Ma il jjiccino era gia morto ed
aveva avuto tutte le bmttezze fnnebri se-
condo il costume dei Bororo. Ne feci forte
rimostranza ai genitori die si scusarouo di-
oendo clie i parenti ed i Bororo tutti ave-
vano voluto cosi.
Triste uscii dalla capanna improvvisata
con poche foglie di palma e passai a visi^are
preso il povcrino con me a cavdllo, lo portai alia residenza...
llii bebe Biroro col galto.
le altre fannglie. Trova; cosi un altro fan-
ciulletto di circa quattro anni in condi/ioni
allannanti; i piedini gia erano gonfi. Invitai
i genitori a ritornare siibito alia residenza,
ma essi trovarono mille pretesti per non ac-
cettare I'invitc.
— Allora, ili.ssi, datemi il ra-
gazzo; lo portero con me.
j\ccondiscesero. Pre.so il po-
verino con me a cavallo, ritor-
nai in casa, ove con le cure
delle buone Sucre, miglior6 tanto
die (juando ritornarono i pa-
renti, gia stava bene.
Ed i genitori del piccolo
morto? Ritoniarono anch'essi
portando le ossa del bimbo in
un cesto; su di esse gia avevano
completato le loro diaboliche
superstizioni Ouando me li vidi
avanti, nello stato compassio-
nevole in cui si trovano dopo
.-;imili fuiLTioni, chiesi loro die
cosa volessero.
— Abbiamo qui le o.ssa del
nostro piccino, risposero.
— Che cosa volete die ne fac-
cia ade.sso?
— Te le dianio perchc le
jiorti al cimitero.
— Ah si? Dopo averle pro-
fanate con tutte le vcstre diavo-
lerie, volete le porti ora ai piedi
della croce al cimitero?
I poveretti si allontanarono a
capo basso senza proferirparola.
Poco dopo, vedo arrivare un
loro parente die nuovamente
mi prega di sejapellire nel cimi-
^9
SANGRADOURO. = Piccolc Borore chc ncl di dei morti prcgano sulla tomba di una loro compagna.
tero le ossa del piccolo defunto. Anche a liii
risposi come agli altri. Dopo una pausa egli
mi domando: — Sai tu dove ^ il cesto con
le ossa?
— L'han portato via i genitori, non so
dove.
— Vieni a vedere, il cesto e qui vicino
alia porta della chiesa.
Andai ed era proprio come rui diceva. I
genitori avevano avuto quella bella idea.
Quantunque rimanessi fermo nella negativa
pure mi comniossi e mi venne di trovan;
una soluzione del caso, un po' piu soave.
— Ebbene, flissi al Bororo, facciamo cosi:
prendi il cesto e vai a seppellirlo presso la
palafitta del cimitero, ma dal lato di fuori;
hai ben inteso?
Cliiamai im altro missionario ed i due
se ne andarono. Al ritomo il missionario mi
disse: — Sa? il Bororo fece la fossa fuori
della palizzata, ma cosi torta che, passando
sotto, entro nel cimitero. To I'ho lasciato
f.^re.
— E hai fatto benone, risposi. Co,";! il Bo-
roro aveva trovato modo tli ubbidire all'or-
dine e nello slesso tempo appagare il suo de-
siderio di seppellire nel cimitero le ossa del
suo piccino.
Miei piccoli amici, che differenza fra la
vostra condizione e quella di tanti vostri
coetanei. Datene grazia al Signore, e tutti
i giomi recitate di cuore; « Signore, vi rin-
grazio di avenni fatto cristiano » e corrispo-
dete a grazia cosi grande.
Sangradouyo, 8 novembre 1930.
AtBISETTl CES.\RK.
A VIAZIONE E RADIO.
I missinnari nella regione di Giiapi (Colombia)
haniio trttttuata un'cscursione in acroplano. ]1
viaKK'f i^^ht ^ durato appena un'ora e nu quarto,
ha risparniiato ai niissionari quattro giomi v
quattro notti di pericolosa navigazioiie in iin.i
fragile canoa, quanti ne occorrono ordinaria
menlc per andare da Tnniaco a Ouapi.
iv stata inaugurata la sta/.ione radio-U-legr.i-
fica che niette a contatto col mondo civile I'im-
men.sa e ricca regione di Guapi. I niissionari
agostiniani RecoUetti, ai <|uali e affidata questa
missione, sono stati fra i pin caloro.si fantori
deH'iniziativa e della sua realizzazionc. I risul-
tati constatati fin dai prinii giorni di funziona-
niento, giu.stificano anipianiente la convenienza
di questa stazionc anche riguardo alle missioni.
30
KRISHNAGAR. = La S. Infanzia c I'Asilo dirctto dalle zelanti suorc di Maria Bambina;
al centro la Rev. ma delegata della Madre generate in India.
PER SALVARE UN'ANIMA
Tomavo da Shillong, dov'ero stato per gli
Esercizi spirituali. Con viva sorpresa trovai
a Krishnagar monsignor Bars seduto su una
poltrona e tutto bendato. Domandai che
fosse accaduto.
— Oh! nulla, mi rispose: una semplice
morsicatura di un cobra.
— Di un cobra?... E non e morto?
— Come vede sono ancora in vita, anzi
in via di guarigione. Lei pero si aftretti a
preparare I'altare portatile e partire per
Boltirgachi dov'fe desiderate da un malato
assai grave. Veda di giungere in tempo a
salvare quell'anima.
Prepare in fretta i'altare e valigia, e
prendo I'inseparabile ombrello. Siccrme C|ui
non si va a cavalli-forza ma a bufali-forza,
niando pure a cercare un carro tirato da bu-
fali; ma tutti mi rispondono che e impossibile
andare a quel paese per le strade orribili.
Era ormai tardi e bisognava decidersi. II
chierico Bianchi e vm giovane del paese mi
accompagnano con una buona lantema e un
buon bastone: cosi ci mettemmo in via.
Attraverso la lunga teoria di case e ca-
panne di Krishnagar e mi inoltro verso la no-
iosa strada di Krishnagar- Bhoborpara. Sono
soltanto 15 km., non e molto, ma le strade
orribili rendono assai faticoso il viaggio. Bi-
sogna guardare bene dove si posa il piede,
anziche cercare di accelerare il passo. Ne ho
fatto I'esperienza inciampando in un sasso
nascosto sotto la melma, che mi face fare un
bel ruzzolone. Povero me! Sembravo una di
quelle statue di fango che si fabbricano qui
in Krislmagar; e non mancava altro che fossi
messo a cuocere nel fomo. Dopo una som-
maria pulitura riprendemmo il viaggio per
I'immensa pianura. Nulla altro che risaie e
fango, fango e risaie, per un'esteusione a
perdita d'occhio. Gli uomini che incontra-
vamo ci consigliavano a tomare sui nostri
passi... Confesso che ho axaito un momento
di scoraggiamento, ma il pensiero di quel-
l'anima che attendeva con ansia I'arrivo del
Padre, mi diede forza e andai avanti. In-
tanto le tenebre della notte mi obbligarono
a ricorrere alia lantema. Quella luce attirava
glilndii sull'usciodelleloro capanne, ed essi.
visto il Padre europeo, gli davano il salam
3t
KRISHNAGAR. = Moiis. Mederlet mcntrc amnii =
nistra il battesimo.
e si ritiravano. Uii gmppetto di mussulinani
awicinatosi mi domanda: — Padre, dove
vai?
— A Bohirgachi, rispondo loro. E voi
che cosa fate qui?
— Niente, occupianio il tempo chiacchie-
rando. I', tu perche vai a quel paese, a que-
st'ora cosi tarda?
— Uu amnialato che sta per morire, mi
ha chiamato, ed io vado per fare del bene
aH'aniiTia sua.
— E non ti pagano per questa fatica?
— Xiente, miei cari amici; Colui che mi
paghera sara il Signore.. — A queste parole
tacquero pensosi: mi oiTrircno un po' di ac-
qna e di riposo, dopo il quale ripreiidemmo
il cammino.
Verso le 21 arrivianio al liume. Bisoguava
passarlo e non c'era ne barca ne barcaiolo.
Passarlo a guado era iinpossibile, a nuoto
una imprudenza. Chiamammo allora con alte
voci il itiaji, ma nessuno rispose. Erano gia
tutti a dormire. Intanto il nostro giovane
riusci a trovare un povero ciabattino il quale
non osava offrirsi per guidarci all'altra riva,
temendo le ire del padrone. Lo persuasi a
non avere paura. Ma... e la barca? Ce n'era
una fuori d'accjua, ma vecchia, che alia luce
(lella lantema appar\'e bucata in piii parti.
Appena giunti all'altra riva. ci avvianniio
.solleciti al paese, giungendovi alle dieci e
mezzo, stanchi, sporchi e... affaniati, ma
pieni di speranza di essere arrivati ancora
in tempo. II catechista ci accompagna presso
il malato. Era gravissimo. Mi aperse le brac-
cia al vedermi e mi disse: — Oh, Padre,
come sono contento di vederla. Sono due
giomi che I'attendo. Mi metta in pace con
Dio e ini aiuti a morire. Con grande sforzo
fece la sua confe-ssione, dopo la quale gli
amministrai FE-strema Unzione. Alle due e
mezzo della notte moriva della morte del
giii.sto: I'anima sua era salva.
Ringraziai di cuQre il Signore di aver be-
nedetto cosi il mio sacrificio e appagato il
desiderio del mio superiore.
D. SlRci RiCIIKTTO.
M issionayio net Bnigala.
Molto Degno Generals Padre
Ai piedi prostrate.
Sal\at"re Gcsii della nascila il gran
giorn > \icino. Questa circ istanza nella,
m lie au^uri lett. ra per mezzo, le e un-
gcra. Lu' H D'm Bosco succ ssore es-
sendo, dei m Iti Ficli di Lui, Lei Padre
e Maestro come, ai Fitli, di Dnn Bosco
opcrc li cariti pnra 'are fa. Avventu-
ro8 mente n -i an( he d. EsS' dlvenute
essen Jo, I ui, Pa ire de to, andi mo chia-
mm Jnl I. Si. n li sue pic^ole l-i lie, dun-
quc di n ii e di nti P.dre, .Madre, e dei
Cristiani lutt, della rionoscenza e ri-
spetto au-'U'i r ce ere si dcL'ni. Noi, di
noi i R R Padri e Hur ne Suore per
mezzo l.ei c m< scere ed ; ma e imoa-
ramm-». e di Lei amati^sime Fijile di-
venue, ciorni tutti pre-hiam >, ma spe-
cialmente nella, notte drl < iran Giorno
t.Vatalc) rer l.ei preKheremo.
iVIa autruri in^icme, ai P c:li di Dio:
una s'al.ile pr messi fac iamo, ciot: noi
del C'tro n-9lr » Vesco' r) c cari Pairi
obbedicnti c^sere. sempre piii di noi
drlla sal ezza senicri l;attcremo e del
nostro pane degl'in.fdeli cuore conver-
tire per con tutti i mezzi prcmura fa-
remo.
Padre! di 1 ci d'amorc picno cuorc a
noi un forte dice c con la sua paterna
bcnedzifjr.c n I tutti fclici faccia.
Di l.ei amatissime f-'itrliu Ic.
KrishiHifinr Misiione Cattolica.
KRISHNAGAR. - Fac-simile della letfera {r pagina)
inviaia al Sig. D. Rinaldi.
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'^S.0<^3Z*}> •?iT'«l^ 3t.5if3 g>lSfS)<: '^s^ 511 ^^'a i^5>2
L'assistenza
dei Salesiani
ad emigrati
coreani ^
OITA. = Cristiani coreani.
I Salesiani del Giappone, tetk-li alio sj>i-
rito e tradizione di D. Bosco, prestano ad
Oita I'opera loro a vantaggio ili numerosi
emigrati coreani, che lavorano iti uii gran co-
tonificio. Una trentina di essi sono cristiani
II salesiano D. Tomquist nella sua re-
rente visita in Giappone ebbe la consola-
zione dibattezzare un gio\ inetto coreano (che
desidera studiare e tarsi prele). e mosso a
com])assione della povera condizione di qnesti
coreani voile che si coniprasse per loro un
po' di terreno sii cui si costraisse una cap-
pella per la coniodita di questa brava gente,
e per attirare i numerosi coreani che sono
ancora pagani. Mentre di cuore ringraziamo
il mutnfico benefattore, speriamo presto an-
nunziare la realizzazione di un nuovo centro
di attivita apostolica e salesiana.
D. \'. CiMATTi sales.
OITA. = La riunione donienicale dei cri-tiani: nel centro 6 il sig. D. Tomquist.
^ SS -^
RACCONTI DELL'INEIA
La Sultana Reziah.
Sul periodico si e gia parlato della
Dinasiia degli Schiaii che regno nell'Indo-
stan: 29 furono i monarchi che si succe-
dettero nei tre secoli precedenti al glo-
rioso impero dei Mongoli.
E questo il periodo piii fosco della storia
dell'India per le barbare vendette e per
le continue stragi. Tra tanto orrore splende
la sultana Reziah come una nobile figura
ed ancor oggi ne fan fede le monete del-
I'epoca sulle quali si legge ad onore di lei:
« la grande sultana, la gloria del mondo
e dell'islam ».
Se si pensa alia schiavitii della donna
mussulniana consacrata dal Corano, bi-
sogna riconoscere che Reziah fece ecce-
zion*. alia ferrea legge.
II padre e la Figlia.
Reziah era figlia di AUamish, successore
di Kutb-ud-din. La storia di Altamisli ha
qualche somiglianza con quella di Giu-
seppe, figlio di Giacobbe. Amato con pre-
dilezione dal padre, un nobile potente del
Turkestan, ma odiato percio dai fratelli,
un bel giorno fu venduto schiavo ad un
mercante indiano che a sua volta lo ri-
vendette a Kutb-ud-din per un alto prezzo:
50 mila rupie. Alia corte di Delhi fu trat-
tato come figlio adottivo e sail al trono.
Le buone qualita di Altamisli non si
comunicarono ai figli, indolenti e \-iziosi,
ma alia figlia Reziah, che fin dall'infanzia
dimostro un carattere spiccatamente vi-
rile: una fervida fantasia e una volonta
ferrea. Dotata di grande bellezza — da
far scrivere ad un poeta del tempo « che
sarebbe bastata per far maturare il fru-
mento nella spiga » — era I'essere piu
caro al cuore paterno, che penso a darle
un'educazione corrispondente al carattere
di lei. Un'educazione piuttosto maschile:
vestiva da nonio e maneggiava il cavallo
e le armi come un uomo. I campi di bat-
taglia, la iungla Indiana, le vette dei nionti,
i fiumi sacri dell'Indostan furono teatro
delle sueprodezze. Ccsi Reziah crebbe forte,
indoniita, amniirata dai nobili, aniata dal
popolo e invidiata dai fratelli
Dovendo il padre ingaggiare una guerra
nei lontani confini del sud, contro i Raj-
put, affido alia figlia il governo e il di-
sbrigo degli affari di stato. E ai nobili che
gli facevano o.sservare come cio fosse con-
trario alle loro usanze e ad uno dei figli
dovesse riniettere il governo, rispose: —
Per i iiiic'i figli il fardello deH'impero e
34
troppo pesante; essi souo delle feniini-
nucce. Reziah e una donna, e vero, nia ha
la testa e il cuore d'nn uomo e vale piii
che veuti figli degeneri.
Nella gloria e nel carcere.
Per lo spazio di sei anni Reziah governo
in luogo del padre tra ranimirazione e la
soddisfazione di tutti.
Non fa meraviglia se, vista I'ottinia
prova, il padre morendo lascio il governo
a Reziah anziche ai figli niaschi. Questi
pero reagirono tosto alia volonta paterna
e, ordita una congiura, detronizzarono la
sorella gettandola nel fondo d'una tetra
prigione. Ed elevarono al trono in vece
sua Jiniz, il maggiore di essi.
Costui non era fatto per regnare: non
era neppure capace di goveniare se stesso,
dato com 'era per antica consuetudine alia
crapula e ai divertimenti. Cosi che dopo
sei mesi di governo, la nobilta mussul-
mana ne fu stanca e lo rovescio, sosti-
tuendolo con Reziah che da tutti fu accla-
mata sovrana. I due anni che seguirono
furono veramente anni di prosperita e di
pace. Reziah amministrava con equita la
giustizia, severa contro ogni abuso e dava a
tutti I'esempio di abnegazione e di valore.
Yakut, Altumia e la rovina.
Alia corte di Delhi \-i\-eva allora un
abissino chiamato Yakut, di straordinaria
bellezza, che si era coperto di gloria in
cento battaglie. Era venuto in India at-
traverso lo stretto di Bab-el-Mandeb con
una carovana di schiavi ed era stato ven-
duto ad un capitano. Col suo valore seppe
rialzarsi dalla sua abiezione conquistando
la liberta e divenendo il comandante della
cavalleria imperiale.
La sultana ebbe I'idea di sposarlo...
Non I'avesse mai avuta! I nobili, capita-
nati da Altumia, insorsero: i due partiti
non tardarono a venire alle niani. Nella
sanguinosa battaglia, benche la cavalleria
tenesse le parti della sultana e di Yakut,
(|uesti caddero prigionieri dei ribelli. Yakut
fu giustiziato sul campo, Reziah trovo
grazia presso Altumia che ne fece la sua
sposa. La nuova situazione non piacque a
tutti, anzi mosse all'indignazione gli an-
tichi partigiani fedeh alia sultana che tra-
marono contro la vita di lei. Reziah fu
salva in frangenti difficili, grazie alle ri-
sorse della sua astuzia, mutando conti-
nuamente di abiti e di locaHta. Altumia,
per fronteggiare la crescente insurrezione,
assoldo un potente esercito e diede bat-
taglia. .Sapeva che quella doveva essere
la lotta decisiva e insienie con la sultana
fece prodigi di valore: ma le sorti della
pugna furono per entrambi infauste. Scon-
fitti, Reziah e Altumia tentarono la fuga,
ma vennero inseguiti, presi e ricondotti
presso i nobili vincitori. II giudizio fu som-
mario. Dopo essere stato giustiziato Al-
tumia, venne I'ora fatale anche per Reziah.
Per non essere scossi dalla sua bellezza
i giudici le velarono il capo: nessuno senti
pieta per lei, e prima che il sole tramon-
tasse la testa della sultana cadeva sotto
la scimitarra del carnefice.
LUIGI R.WAUCO.
35
S TOR IE E
LEGGENDE
EPISODI
MISSIONARI
LA CALUNNIA.
II miiiistro Pang Kung si trovava ostaggio
deU'iiiiperatore Chao, e temendo die questo
principe prestasse fede allc calunnie che certi
nemici avrebbero sparso coutro di lui, un giorno
cosi gli parlo.
— Maesta, se una persona vi dicesse che sul
mercato vi e una tigre, vi credereste?
— No, rispose il principe.
— Ma se Vostra Maesta avesse la notizia da
due persone, vi crederebbe?
— Ecco, comincerei a dubitare...
— E se la notizia fosse data da tre persone?
— Allora crederei...
— Cosi, riprese il ministro, la voce di tre
persone farebbe credere a Vostra Maesta che
vi e sul mercato una tigre, pur essendo evidente
che non c'e. Or bene i miei calimniatori sono
pill di tre: cio non di meno mi auguro che Vostra
Maesta, prima di credere, vorra investigare bene
; fatti.
L'imperatore si attenne a questo consiglio
e, conosciuta I'innocenza del suo ministro, lo
rimetteva in liberta.
COME t NATO IL VENTACLIO.
Una graziosa leggeiida attribuisce alia Cina
I'origine del ventaglio. Kan-Si, figlia di un po-
tente mandarino, sentendosi venir meno, du-
rante la famosa festa delle lanterne, per il caldo
esteuuante, soUevo il velo, che secondo la
usanza le copriva il viso e, per sottrarre questo
a sguardi profani, prese ad agitare rapidaniente
il velo stesso davanti al volto, provandone un
fresco delizioso. Immcdiataiiiente si videro mille
piccole mani agitare vcli iiiulticolori: il ventaglio
era inventato. L'arte deH'uomo lo riprodusse.
Certo, I'importanza del ventaglio in Ciua e
enorme e grandissimo e I'uso che se ne fa fin
da tempi remotissiini. I ventagli cinesi furono
prima di bambii, poi di foglie di palma e sue-
cessivanicnte di penne di pavone e di fagiano.
Anchc ncl Giappoue I'uso del ventaglio e molto
diffuso e costituisce come in Cina il comple-
mento cssenziale deH'abbiglianiento di ogni per-
sona di discrete condizioni. P. ancnra in voga nel
Oiappone 1' usanza di far apporre sui ventagli
la firina di persone illustri o di farvi scriverc
massime, sentenze, madrigali.
VERI APOSTOLL
Lo zelo die la mamma e il iiglio lianno inco-
minciato a manifestarc e prodigio'^o. Marglierita
ha gia guadagnato parecchie animc, fra altre la
sposa del Capo di Polizia; lui stesso venne a par-
larci, desideroso di incominciare lo studio del
Catechismo, con una certa prudenza data I'alta
posizione die occupa. Ha condotto pure alia
Missione delle amiche stiidenti ed ultimamente
una delle signore pin ricche di Beppu. Vedendo
questo santo zelo I'abbiamo pregata die andasse
a risiedere alia Casa Missione di Beppu senipre
chiusa, apreudosi solo la domenica mattina cd
altri due giorni alia sera. Accetto, ed ora con piii
autorita, come se fo.sse una autentica niLssio-
naria lavora con vero entiisiasmo per la sama
religione da poco abbracciata...
II piccolo Domenico, come uno degli apostoli
dei primi tempi del Cristianesimo csplica uno
zelo simile a quello di sua iiiadre. Nella scuola
parla ai compagni del Kyokmaj (Chiesa Cattolica),
parla dell'l iratorio Fcstivo ed iiivita tutti a frc-
quentarlo. Non contcnto di questo, con coraggio
parlo pure a persone oraniai non piccole ed aiu-
tato dalla grazia di Dio, ne convert! una uel se
guente modo. Facendo visita ad un conoscente
della sua famiglia, lo vide triste e pensieroso.
— Cosa ha, caro amico? gli disse. E preoccupato?
Ha avuto qualche dispiacere? Guardi! se mai
fosse cosi, io .so una medicina che la guarira, ed
e la seguente preghiera... — Coninolto raccogli-
mento recita VAve Maria, poi una seconda cd
una terza volta. con tanta devozionc che quel
signore lo iniito e si iiiise a ripetere le stesse
parole. Visto il buon risultato, Domenico se ne
va e torna poco dopo col suo librettino di pre-
gliiere, che offri al signore, segnandogli dove si
trovava quella preghiera. Prima di andarsene
voile che I'amico gli promettesse che sarebbe an-
dato alia Missione per parlare col mi.ssionario
Promessa die egli conipi e fu lui stesso die ci
racconto il fatto.
UNA CATECUMENA DELLA
ARISTOCRAZIA.
I-V nientcmeno die la signora del Dircttoro dd-
rOspedale provinciale. Ha cominciato lo studio
del Catechismo con tanto entu.siasmo die Iddio
le ha concesso subito una grande grazia; quella
di aver potuto vincere i suoi nemici bonzi i
quali appena scppero che veniva alia Missione,
inviarono il loro vescovo per dissuaderla con
buoiic parole, poi con minaccie; ma tutto fu
vano. — lo sono decisa ad essere cristiana, ci
diceva essa ste.s.sa, perche qucsta c la vera reli-
gione — e con feruuv.za rigetto il Ixnizo. Pre-
gate perche presto si.i un'ottima cristiana.
36
DALLE RIVISTE
MISSIONARIE
r-Pli.2.l<i^T/
SERPENT! DEL SWAZI AND.
Sono elencati da uii benemerito missionarici
servita nel Servo di Maria: mamba nero il piii
velenoso, con una potentissima riserva di ve-
leno capace di amnia/zare cinquanta personc
in una volta — mamba verde altrettanto ve-
lenoso e pill comune — poi i ringhols che spu-
tano il veleno, ecc. II primato sulla bellezza,
sulla lunghezza e sul volume I'haniio i pilotii
o serpenti boa, non velenosi ma dotati di gran
forza: sono detti dai neri locali serpenti che in-
goiano i bambini.
II niissionario cita da:
gioriiali di Joliannesburg,
una lotta curiosa svoltasi
tra iin pitone e I'inglesc-
James Brown, iin cercatort-
di minerali. Questi se n'era
iiscito dalla sua tenda e,
inoltraiidosi per il bosco,
trovo il seutiero sbarrato da
un grosso pitone addormen
tato. II sig. Brown con un
colpo di piccone inchiodava
a terra la testa dell'enorme
rettile, ma questo, rinve
nutosi, prese la fuga portan-
dosi il piccone piantato nel-
la nuca. Al Brown premeva
di non perderc il suo ariiesc
di lavoro e s'attacco alia
coda del rettile, die lo tra-
scino per una cinquantina
di metri sbattacchiandolo
fra gli arbusti... finche gli
riusci di liberarsi dello spet-
tro attaccato alia coda e
del piccone infisso nella,,
testa.
GU ANIMAL/ DEL EIGL/UOL
PROD/GO.
Gli asini e i porci — racconta Fadre
Franco ne Le Missioni dei Padri
Bianchi — furono serapre in avver-
sione agli Ugandesi, ragione per cui
e cosa difficilissima trovar qualche
guardiano che ne abbia cura. Nel
1905 alia Missione di Bikira si era
potuto trovare un giovane, certo
Bintu, die si era adattato a questa
occupazioue, ma bisognava proteg-
gerlo contro gli schcrni degli altri
coUegiali. Chi mancava di riguardo al guar-
diano veniva punito colla pena della pulizia alia
stalla Nella settimana santa furono dettati ai
giovani gli esercizi spirituali; il predicatore in
una predica tocco la triste condizione del pro-
digo e parlo anche dei porci, delle ghiande,
ecc. Finita la predica Bintu si alzo, usci di
chiesa, corse alia camera del superiore e gli
pianto una scena da impazzito.
— Chi I'avrebbe detto? urlava, che un niis-
sionario, un prete, un forestiero, e in chiesa
avrebbe osato bei^'arsi di me! Tutti mi guarda-
vano, tutti sorridevano... — II superiore stento
assai a raccapezzarsi e solo all'udire certe pa-
role nionche, prodigo, porci,
" ghiande, ricostrui la scena
e capi la ragione di quella
sfuriata. E dovette sudare
una settimana per calmare
Binlu.
37
CRONACHETTA
MISSIONARIA
Com'cra prima interrata
dalle sjbbic.
..come e ora messa alio scoperto
e ripulita.
IL NOSTRO VICARIATO INVASO.
II nostro Vicariato di Shiu Chow nei primi di
dicembre e stato invaso nella parte nord da
forze comuniste — circa lo niila bolscevichi —
provenienti dal Kiang-si, che haniio occupato
la citta di Nam Young, uccidendo numerose
persone.
TRA I SELVAGGI DEL MATTO GROSSO.
Vladimiro Perfilieff lia organizzato una nuova
spedizione alle zone inesplorate del Matto Grosso.
II capitano Perfiliei? ha la speranza di scoprire
quelle antichissime e leggendarie tribu di in-
diani biauchi che cerco gia una volta I'infelice
coniandante Fawcett.
La spedizione sara compostadi dodici uoraini
e di diciolto cani: avra a sua disposizione tutti i
inezzi moderni di esplorazione; sara fornita di
stazione radio trasraittente e ricevente e di ap-
parecchi scicntifici. Saranno pure girate pelli-
cole. La spedizione procurera di avere notizie
del colonnello Fawcett il cui iiglio sarebbe morto
nei pressi dcH'altipiano di Parcels (JIatto Orosso)
in un conibattimento impcgnato con una tribu
indigeua.
P. LUCIANO DROUART.
Missionario delle Missioni Estere di Parigi e
direttore del lebbrosario di Koyama, niorto nella
prima decade di dicembre, e stato sepolto fra
le tombe dei lebbrosi per espressa sua volonta.
Sulla sua tomba parlarono I'arcivescovo di To-
kio e vari rappresentanti delle piu alte autorita
giapponesi, esaltando le grandi virtu dell'apo-
stolo, che dal 1878 lavoro con zelo nelle mis-
sioni del Giappone: a 70 anni si assunse la dire-
zione del lebbrosario che tenne per 12 anni.
BOLIVAR.
II Venezuela ha celebrato il centenario della
morte di Simone Bolivar. II governo ha fatto
coniare una medaglia ricordo che e stata distri-
buita gratis a tutte le famiglie. Con un gran-
dioso corteo i resti del condottiero, racchiusi in
un'urna di brouzo sono stati collocati nei Pan-
theon uazionale: alia cattedrale si e svolto un
solenne rito funebre, presente il Governo e le
autorita. L'inno a Bolivar, composto dal maestro
italiano Franco Alfano, d ora diventato Tinno
nazionnle
NEL SENO DELLA SPINGE.
L'egittologo Reisnicr dell'Universita di Har-
vard ha fugato il mistero della « Sfinge » di-
chiarando che la testa contiene una .gran sala
lunga 18 metri e larga 5. Dcntro la « Sfinge »
trovasi la toniba di Menesse, il primo re cono-
sciuto di Hgitto.
/ DONl ALLE MISSIONI.
II Coniitato che ha raccolto i doni, offerti a
Sua Sanlita per le Missioni, ha riferito al Santo
Padre sul piano di distribuzione dei doni ste.ssi
a circa 50 Procure di Ordini religiosi uiis.sionari
c ad alcune Mi.ssiojii del clero indigeno. I doni
superano il valore commerciale di lire i.joo.ooo.
3^
Storia di 25 anni fa, narrata dal missionario D. A. CoJbacchini.
(CONTINUAZIONE).
» Uno di noi, Cleinente Giri-ekuiSu, die
tu conosci, vedeiidovi cosi divisi, disse: —
Compagiii! non abbiate paura, facciamo in
fretta; vedete come sono dispersi? E disse
ad uii compagiio: Tu freccia quelle die e
la sul tetto; io, di qui, trapassero il cuore
di quello die sta la dentro; gli altri pensino
ad amniazzare gli altri.
» Convieiie, amatissiino Padre, die io le
ricordi come le nostre tre prime capanne
erano piu die trasparenti, perche fatte con
poche foglie di palina, tanto da difenderci
dal sole e dalla pioggia.
» Maggiore continuo:
■> Ma il Signore era con voi e nessuno si
mosse; anzi ci opponemmo e io dissi: — Non
sei tu il capitano per dar ordini; non ci sono
forse io? E poi, sai tu die questi siaiio buoni
o cattivi? Sai tu clii essi siano? L'altro ri-
sponde: — Siano chi si vuole e come si \-uole,
poco m'importa; e certo die sono civilizzati
e percio non dobbiamo aver compassione
di loro.
1) Allora io feci uii segiiale ai niiei viciiii
dicendo: — Andiamo via, abbiamo gia visto
molto, puo essere die ci scoprano; e meglio
che c'iutendiamo bene, prima di fare qualche
cosa; andiamo. Strisciando tra un cespuglio
e I'altro, raggiungemmo di nuovo I'oscuro
della foresta. Insomnia quel giomo Dio vi
protesse.
1) Alia sera ci radunammo secondo il so-
lito per narrarci a vicenda le avventure del
giomo, e sorsero certi complotti die non
erano tutti a vo.stro favore; quando un mio
araico, cacico egli pure, il quale ebbe sempre
la mia confidenza anclie nelle cose piii diffi-
cili, essendo io sicuro die egli avrebbe fatto
quello che avrei fatto io, si alzo e disse:
1) Compagni, ma non avete pensato come,
dopo tutto cio die facemmo ai civilizzati,
questi che avete vi.^ti, se ne veniiero egual-
meiite qui con coraggio, e senza aver paura,
si sono messi a far le loro case come chi
vuole star sempre qui? Io non so clii siano,
e percio non vi dico di aiidare ad iiisegnare
loro colla punta della vostra freccia die noi
siamo qui, die questa terra e nostra, die
questa foresta e nostra, che nostri sono
questi fiumi, e die noi non peniietteremo
mai che restino dei civilizzati in cjuesto no-
stro territorio, senza il consenso nostro, che
non darenio senza saperli buoni. Ma intaiito
non sappiamo chi siano; non sappiamo se
siano buoni o no; e percio dobbiamo fare
una prova. Domani, con quattro compagni,
io andro la direttamente, voi vi dividerete
in tre gnippi, il prinio a destra, I'altro a
sinistra, il terzo dietro la capanna, e non
troppo vicino; resterete il piii possibile
iiella foresta; ed io mi presentero e vedro
come sono e chi sono. Voi state attenti, ma
traiiquilli. Ove occorra, ad un mio .segnale,
ciascuno si avanzi dal suo lato e faceia bene
i fatti suoi con questi diavoli di civilizzati.
Se non vedrete nulla, aspettate ed osservate
dalla parte in cui ci saremo avanzati.
Se vedrete alzarsi una colonna di fumo da
quella parte, c segno che. avvemito rincoiitro,
mi sono ritirato soddisfatto, die tutto sta
bene, che sono buoni, die ci vogliono bene,
che non ci faranno male; e percio nessuno
li deve toccare, nessuno deve lanciare loro
una freccia, nessuno deve presentarsi. Io
39
poi vi attendero tutti neila foresta, qui vi-
cino al fiume, e vedreino il da farsi. Avete
capito?
» Unanime fu I'approvazione. lo soggiunsi:
» Si, tutto va bene, avete inteso e siamo
d'accordo. Ma prima, tutti insienie qui riu-
niti, dobbianio evocare i nostri spiriti,
perche ci siano propizi e ci aiutino in quelle
clie dovremo fare domaui. Le anime dei
nostri die furono inorti dai civilizzati ven-
gano ora, e se questi che stanno qui sono
cattivi e pensano di farci del male, diano
forza alle nostre braccia, mira sicura ai no-
stri occhi, polso fermo al nostro braccio,
punta alle nostre freccie, perche veloci, por-
tino loro quella :norte, che essi hanno dato
ai nostri. Se, invece, sono buoni, le anime
dei nostri ce lo facciano conoscere, ci dicaiio
che nulla di male dobbiamo far loro, perchfe
nulla di male noi dobbiamo temere da loro.
Compagni, coloro che vennero qui, hanno
anche essi uno spirito che li guida e li pro-
tegge. Se lo spirito che li guida e buono,
egli divenga pure nostro amico, perche noi
abbiamo anche le nostre mogli ed i nostri
figli ed anche per questo dobbiamo aver
cara la vita. D'altronde noi pure desideriamo
il bene e la pace, noi pure siamo stanchi di
questa lotta; e intanto, di gionio e di notte,
stiamo in continuo timore, perche non ab-
biamo pace.
1) Al finire di queste parole tutti ci al-
zammo e cominciammo il canto che voi chia-
mate col nome generico di Bakururvi, che
duro fino all'alba.
» Cosi pass6 la notte ed al mattino, presto,
ciascuno prese il suo arco e le sue freccie,
e se ne ando al posto assegnato, pronto a
qualunque evento. II mio amico, al quale
non lasciai di dare le mie istruzioni, con pochi
altri, stette un po' ad osservare, e poi di-
scese alle vostre capanne, e parlo ai missio-
nari. ... II resto tu lo sai meglio di me; ma
io ti dico che io vidi il fumo, il segno conve-
nuto di pace.
» Riunitici nuovamcnte al luogo indicate,
chi ando in mio luogo, di.sse: — Compagni,
stiamo contenti; non pensiamo male; quest!
civilizzati, non sono come gli altri. Sono
Inioni e ci vogliono bene. Io non so die cosa
ho sentito e veduto, e certo die niai ho pro-
vato cosa simile. Ricordai cio che disse il
nostro capo: Se essi hanno uno spirito buono,
questo divenga pure nostro amico. E a me
parve che il loro spirito abbia detto che
non dobbiamo ne temere, ne far nulla di
male, che sono buoni, che dobbiamo fidarci
di loro e con loro rimanere. Uno, che chia-
niano Padre, mi parlo tanto bene e si mostro
cosi buono, che di.ssi tra me: No, questi non
sono come gli altri civilizzati! E fu il Padre
che mi parlo dello spirito buono, me lo
mostro; lo aveva in un gran foglio. Ho visto
anche un altro spirito che chiamano Maria,
cosi bello, cosi attraente, che io non potei
resisterc all'influenza sua. Io lo guardavo,
ed esso pure mi guardava, pareva che vo-
lesse parlare e sorrideva a me, tanto che
io rimasi fuori di me e dissi: Ma guarda,
pare che mi conosca, non ha paura di me.
E udii la voce sua che mi diceva: Non far
male a questi die sono niiei. Va' parla prima
ai tuoi compagni; di' loro die non abbiano
paura, che vengano qui, che stiano qui, che
tutto di bene e di buono riceveranno da
questi, che, solo per i Bororos, per voi, sono
venuti qui! Io domandai chi era ed il Padre
mi disse che si chiania Maria, la madre dello
spirito buono, che si cliiama Gesii. Io non
so chi sia: ma mi sento cambiato, non sono
pill quel di prima e, come ha detto il Padre,
voglio andare a chiamare i nostri compagni
perche vengano a stabilirsi tutti qui. Siete
voi contenti? Vedete che noi siamo pochi,
i nostri piedi sono stanchi di correre e di
cercare un rifugio come lo cerca la tigre che
noi perseguitiamo; e le nostre frecce non e
piu la tigre e il porco che le spuntino e rom-
pano... I tempi di nostra felicita se ne sono
andati! Che sia ora che tomino a sorriderci
nuovamente?!
t Quella notte fu un Imigo commentare;
chi non voleva credere e ancora dubitava,
chi diceva che voi ci avreste ingannati e col
tempo ci avreste trattati male ed uccisi; dii
diceva il contrario. Infine, tutti, contenti
e soddisfatti approvarono la risoluzione di
lasciarvi in pace, di iidarsi di voi e si dispo-
sero a partire il giomo seguente per recarsi
ad annunziare ai compagni ed alle faniiglie
il fatto, e ritoniarc poi tutti assieme, come
difatti si fece...
{ConltHua).
bn approMzione ecclesiasllu. -0. OOMENICO GARNERI, Diiellore-responsablle. — Torioo, 1931 -Ilpogtalia della Social^ EiiJIiice lileroaiiooala.
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povera Ciua.
**»
Gli alunni dell'Istituto Salesiano di Haifa (Pa-
lestina) a prezzo di piccoli sacrifizi e privazioni
hanno raccolto lire 100 che intendono mandare
al rev. sig. Don Cimatti a vantaggio della mis-
sione del Giappone.
BATTESIMI.
Farotto Olga (Torino) pel nome a una cinesina.
— Chiotti Anna (Torre Pellice) pel nome Frizzolo
Rosanna.
Boggio Annetta pei nonii Pielro, Antonio —
Bottoni Maria (Busto Garolfo) pel nome Samnele
Angelo — Rairaondi Candida (Busto Garolfo)
pel nome Carlo Gerolamo — Suor Francesca,
terziaria francescana (Fori!) invia a nome di
Pier Ugo piccolo bimbo di tre anni, I'offerta per
il riscatto di una bambina che si desidera sia
chiamata Pierina. Qucsta sara considerata come
sua sorellina spirituale, affinchd I'aiuti a ringra-
ziare la Beata Vcrgiue Ausiliatrice e il Beato
Don Bosco per la grazia ottenuta del migliora-
mento di salute del suo caro papi affetto da
un'ostinato a.sma broncliiale; esso ha gia ripreso
il suo ufficio di mugnaio — Figazzolo Giuseppe
(Occjmiano) pel nome Giuseppe — Arciprcte di
Lu Mon(errato pel nome Maria Giuseppina —
Cacioli suor Teresa (Istia d'Ombrone) pei nomi
Maria, Irene, Emma, Giuseppina — Turchetti
Ofelia (Lavezzola) pei nomi Maria Teresa, Elvira
Chinassi, Turchetti Giuseppe.
Direttrice Asilo infantile (Cardano al Campo)
pel nome Maria I.uigia — Direttrice Asilo in-
fantile (Cardano al Campo) pel nome Angelina
— Pagan Quito (Venezia) pel nome Cesare —
Ferrero Francesca (Bra) pei nomi Maria Anto
nietta, Agoslino — Lanzatti Maurizio (Torino)
pei nomi Maurizio, Alessandro — Deflorian
Maria (Tesero) pel nome Maria — Romanin
Serafina (Cordenons) pel nome Carlo — Gian-
netto Viucenzo (Castiglione Sicilia) pel nome
Carmelo Giuseppe — Ferrero Teresa (Novi Li-
gure) pel nome Rita — OtTeddu Melchiorre (Sas-
sari) pel nome Melchiorre — Cavinato Anto-
nietta (Pozzoleone) pel nome Maria Antonietta
— MartincUi I.,eonilde (Castelccrino di Soave)
pel nome Forttinata — N. N. (Ospitaletto Bre-
sciano) pel nome Maria Rosa — Cavallotti cav.
(iiacomo (Torino) pel nome Ugo Cavallotti —
Cofetti Teodora pel nome Rosa — Gallo Albin
(Confienza) pei nomi Migliavacca Bernardo, Pie-
rina — Cattaneo Abeic (Castellanza) pel nome
Eugenio — N. N. pel nome Francesco — Sco-
lari Francesca (Ospitaletto) pel nome Luigi
Carlo — Mosca (Ivrea) pei nomi Giacomo, Giu-
seppe, Adelaide, Maria — Seren (Ivrea) pel nome
Antonio — Marietta Alfredino (Locarno) pel
nome Amhrogio — Radici Mary (Ospitaletto)
pel nome Francesco Domenico.
Scarpa Giuseppe (Venezia) pei nomi Cecilia,
Angelina — Branca don Attilio (Trino Vercel-
lese) pel nome Angelo Virginia — Testone don
Carlo (Castcggio) pei nomi Carlo, Luigi — Ga-
speri Anna (Trento) pel nome Giuseppe Guido
Giovannini — Direttrice Albergo dei Fanciulli
(Genova) pei nomi Maria Fassio, Guido Fassio
— Bronda Giuseppina (Nizza Monferrato) pei
nomi Filippo, Ltiigia — Famiglia Perino (Ivrea)
pel nome Franca Caterina — Gavazzeni M. (Ber-
gamo) pel nome Bernardino Giovanni Bosco —
Brasca Gina (Milano) pel nome Gina — Ivaldi
(Ivrea) pel nome Pierina — Sofia (Bergamo)
pel nome Pietro — Chiotti Maria (Ottobiano) pei
nomi Pietro. Enriro — Toschi D. (Cremona) pei
nomi Agostino, Giovanni — Taraglio Teresina
(Ivrea) pei nomi Teresina, Luigi — Carnevale
D. pei nomi Benone, Angelo — Moretti Paola
(Padova) pei nomi Lieta, Lucia — Suor Chiotti
(Ottobiano) pei nomi Pietro, Enrico.
Cooperatori di Montechiaro d'Asti pei nomi
Maria Teresa, Giuseppe Adeodato — Graziani
Carolina (Cotiguola) pei nomi Savorelli Giovanni,
Graziani Annetta — Signorini don Mario (Por-
denone) pei nomi Antonio Rebesco, Signorini
Mario, Visentin Giuseppe Ferdinando — Bof-
fano Marianua (Cuneo) pei nomi Eugenia, Ma-
rianna — Belloni Laura (Bagnacavallo) pel nome
Paola — Pellizza Giovanni (Merate) pei nomi
Ambrogio, Giacomo — Opczzo Antonio (Costan-
zana) pei nomi Maria, Matteo — Sorelle De Flo-
rian (Tesero) pei nomi Bernardina Caterina, Pio
Costantino — Bianchini Antonio (Thiene) pei
nomi Antonio. Angelina — Famiglia Piazza
(Jlonza) pei nomi Cesare. Camillo — Circolo
cattolico San Siro (Soresiua) pei nomi Luigi,
Pietro — Sante Agnese (Jesi) pel nome Annun-
ziata — Famiglia Trivulzio (Monza) pel nome
Pier Battista — Enrico Os.sola pel nome En-
rico — Marchesi .'\nialia (Monza) pel nome Ma-
rio — N. Rosa (Legnano) pel nome Giovanni —
Convitto Banfi (Legnano) pel nome Sabina —
Famiglia Marchesi (Monza) pei nomi Giuseppe,
Amalia, Virginia, Domenico — Zeni Maddalena
(Tesero) pel nome Giovanni — Bonomi Erminia
(Ospitaletto) pel nome Anna Maria — Abeni
Teresina (Ospitaletto) pel nome Teresina Giu-
lia — Ruggeri Ferdinaudo (Cremona) pel nome
Enrico — Bocchi dott. Guido (Cremona) pel
nome Adriano — N. N pei nomi Luigi, Teresa
Pierina — Classe 3* eleraentare (Tonezza) pel
nome Antonio Giovanni — Famiglia Crovato
(Thiene) pel nome Riccardo — Mosca Giuseppe
(Thiene) pel nome Lucia — Contro Orsola (Thie-
ne) pel uome Giovanni BosCo
CURIOSITA
COMUNISMO E ANTROPOFAGIA.
Edward C. Long ha visitato uno dei piii soli-
tari paesi del mondo; la parte meridionale della
Nuova Guinea, meno nota delle regioni polari.
E vi conobbe i Papua, comunisti al cento per
cento. Essi dividono iafatti i loro possedimenti
in parti uguali e non concepiscono che una de-
sideri di possedere pii di un altro. II medico
govemativo diede un giomo a uu Papua una
scatola di pillole che andavano prese ogni quat-
tro ore. Tomato dal suo malato gli domandd se
gli avessero fatto bene, ma il poverstto rispose
che I'esito era stato nuUo, perche aveva dovuto
distribuire le pillolc tra i suoi compagni. I Pa-
pua sono cannibali e cacciatori di teste, Quando
gli Olaudesi teutarono di introdurre ilcommercio
neUa Nuova Guinea meridionale, il primo e il
secondo ufficiale della nave furono uccisi e man-
giati. I bambini, quando hanno fame, prendono
i pulcini e li mangiano crudi.
UN LAGO DI SALE.
Un gruppo di scienziati ha receutemente vi.si-
tato il lago Eyre, in Australia, che per raolti
anni ha fornito materia di e.sagcrazioni super
stiziose agli indigeni di quelle regioni piene di
bosclii. II lago consiste in una vasta estensione
di sale solidificato, di una lunghezza di oltre
centocinquanta chiloraetri ed una larghezza di
settantacinque ed il sale i talniente spesso e
duro che uu carro carico vi puo passar sopra
senza pericolo. La quantity di sale esistente in
questo imnicnso deposito si fa ascendere ad
oltre tre miliardi di tonnellate, che per6 non
puo essere utilizzato commcrcialiuente per la
grande distanza dai centri civilizzati. Lo spes
sore del sale varia dai quindici ai quarantadue
centimetri. Nel lago di sale sboccano cinque
fiumi, ma il loro profluvio i intermittente e I'ec-
cessivo calore della regione fa rapidamcnte eva-
porare il sale che esse contengono. L'intera sn-
perficie i sicura, con la sua apparenza di un
marc ghiacciato in territorio tropicale.
GRILLI CINESI.
II seltimo niese lunare scgna il principio del-
I'autunno, ed i grilli cantano sui cantoni dellc
case. II grillo i tletto in cinese classico Hsihsui
ed in lingua volgare viene chiamato Ch'u-chii.
In antico era appellato Ts'uchic. I caratleri
con cui si scrivono questi due monosillabi si-
gnificano « afTrettarsi a tes.sere », cioi ricorda-
vano che era I'epoca di pensarc a tessere le
stofle per protcggersi dal freddo, jj percio die
i cinesi dicono: Quando i grilli canlano la donna
pigra teme. Molti cinesi acchiappano i grilli colla
rete a mano e li mettono in una gabbietta onde
aUevarli e sentirli cantare. Ma vi sono di queUi
che li allevano per i combattimenti, non per
far denaro ma per divertimento. A Corte e nelle
case principesche il combattimento dei grilli era
uno spettacolo interessante.
II combattimento aweniva a questo modo. I
due grilli combattenti erano messi nel fondo di
un yaso cilindrico di porcellana. Appena si-
tuati nel recipiente essi non si slanciavano uno
contro I'altro, ma prima cantavano. Si acchiap-
pavano quindi per la bocca e lottavano fino a
che uno dei due, sconfitto, scappava a rifugiarsi
sul bordo del vaso. Era co.si deciso quale dei
grilli perdeva.
IL BACILLO DELLA LEBBRA.
fe stato isolate il bacillo della lebbra e gli
uomini di scienza affermano, senza esagerare,
che si tratta di uno dei piii importanti passi
avanti fatti dalla scienza medica moderna. 11
grande inerito ^ dovuto al dott. Hermann Do-
sta, batteriologo Viennese, il quale non solo ha
identificato la causa della malattia, ma ha
anche preparato un siero per la sua cura. Per
diecine di anni la lebbra ha frustrate gli sforzi
fatti per tentare di isolare i bacilli che la provo-
cano. D'altra parte, i metodi di cura adoperati
per il passato sono stati poco efficaci.
DELIZIE TURCHE.
La confisca, per motivi sanitari, di alcuni
sacchi di merce nel porto di Glasgow — scri-
vono da Londra al a Temps » — pcrmette oggi di
apprendere con quali slraordinari ingredient!
siano fabbricati dolci orientali noti sotto il nome
armonioso Dirahat Jekum, cioe « deHzie turche ».
Arrivavano a Glasgow diversi sacchi di miste-
riosa merce, dai quali si sprigionava ingrato
odore. Le autoriti di Glasgow decidevano di
vedcre che cosa i sacchi racchiudevano ed eb-
bero la sorpresa di trovarli pieni di code di ani-
mali. Ve n'erano di tutte le qualitii, lunghe e
corte, nude e pelose, e fra le altre ccntinaia di
code di topi, di scimmie, di gatti, di cani. Si
e rintracciato il mittente, il quale ha dichiarato
che faceva acquisto in tutto il mondo di code
di animali, senza curarsi della razza per estrarne
la gclatina usata per la fabbricazione dei dolci
lurchi. R questi dolci, cosi confczionati, veui-
vano poi messi in commercio. I buongustai sono
avvisati.
Printed in Italy
Anno IX - Num. 3
15 MARZO 1931 (IX)
PUBBUCAZIONE MENSILE
C. C. Postale
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inAs
^^^^^^S!
soi^.i:!vi^xi«io
II centenario de! bcato Odorico da Pordcnonc. — Don Bosco in Inghilterra. — Collaborazionc Missionaria.
DALLE LOMTANE MISSIONI: Le due sorelline. — II mio postino. — Una buona retata. — II XIX
anniversario dclh Repubblica Cinese. — Premio missionario. — Curiosita del Siam.
SUPERSTI210N1 E RITI PAGMMI: I .Bonzi» dclla Cina.
DALLE RIVISTE MISSIONARIE: La ferocia dei Caiamos. = Ladri sacrilcghi.
RACCONTI: UKE WAGUU. — Emil, il pastorello dei campi.
Genfili
^ Gioventii
Lettori!
issionana
rivolge a Cuscuno di voi la preghiera di volervi adoperare per
una propaganda attitiissima per aumentare il numero degli ah-
honati pel 1931. ^'B Sia un Vanto per ognuno di voi record
UNO O PIU NUOVI ABBONATI tra i vostri amid. Da
parte nostra — oltre la riconoscenza doverosa per tutti i pro-
pagandisti che d daranno la loro cooperazione missionaria —
premieremo i piu attivi e benemeriti.
Ricordino i nostri Amici:
1 - Di specificare che si tratta di abhona-
mento a Gioventu Missionaria pel 1931.
2 - Scrivere chiaro e completo lindirizzo,
colla relativa via e provincia e numero
del quartiere postale.
3 - Si prega di indicare sempre se ['abbona-
mento e NUOVO, oppure RINNOVATO.
4 - Chi spedisce con altro mezzo I'abbona-
mento, findirizzi esclusivamenle alia
Amministrazione di "Gioventu Mis-
sionaria " — Via Cottolengo, N. 32
- Torino (109).
IDnnUlMEirrn* ^^^ L'ITALIA: immale L 6,20
AUBUHAmfillHU. PER t-BSTBRO: „ L. 10
Sistiiitire L. 10 - TlUMo L. 100
L 16 - „ L. 200
Anno IX - Num. 3
Pubblicazione mensile
Marzo 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
RJCHIAMO NECESSARIO. — Un buon numero di noslri amici hanno rabiluJine di farci per-
len/re / loro abbonamenii per mezzo di libierie. Pregh/amo lulli di voler inviare direllamenle
labbonamento allAfAMINISTRAZlONE - VIA COTTOLENGO. 52 - TOR/NO. 109 per nan
coslringerci ad una doppia conlabilila che. con la scarsezza del personale. ci sarebbe mollo fasti-
diosa. Resta pure la diffida pubblicala in lufli i numeri, che I'Amminislrazione risponde solo
dei proprii abbonali direlti.
IL CENTENARIO
del beato
Odorico
Ecco un grande
missiouario, degno
di essere ricordato
benche da 6 secoli
sia morto!
Odorico da Por-
denonc nacque iu-
torno al 1265. Al-
I'etadi i5anni (ver-
so il 1280) entro tra
i Frati Minori nel
Convento di Udine
e ivi attese alia
conquista delle \'irtii
religiose. Verso il
1291 ebbe notizia
di una lettera man-
da Por-
denone
data dalla Cina da
Giovanni da Monte-
corvino, il quale ri-
feriva cose prodi-
giose di quel lontani
popoli e supplicava
perche molti accor-
ressero in sue aiuto
per I'evangelizza-
zione di tante ani-
nie.
Odonco maturo
i'idea missionaria e
chiese ai suoi supe-
riori di partire. A-
\-uto il permesso nel
IJ14 parti per la
ff
Cina. II suo viaggio e la piu bella epopea che
niissionario mai abbia compiuto. Rifiettete
un momento: senza alcuna preparazione
logistica, quasi solo, il coraggioso Odorico
affronta un viaggio di quella fatta a quel
tempi, tra popoli sconosciuti e barbari;
dall'Italia salpa per Costantinopoli, tocca
Trebisonda, attraversa I'Armenia e arriva
a Ormuz. Di la s'imbarca per la costa di
Malabar e ivi apprende il martirio su-
bito a Tana da quattro Francescani di-
retti in Cina: ne raccogUe piamente le
ossa e col prezioso tesoro continua il
lento pellegrinaggio, toccando Ceylan,
Sumatra, Giava, Borneo e approda alle
coste cinesi meridionali. Prosegue e arriva
finalmente a Zaiton dove affida il pre-
zioso carico delle reliquie dei fratelli mar-
tiri ai quattro Francescani che evangeliz-
zavano la regione col Vescovo Andrea da
Perugia. Non si arresta ancora: risalendo
il canale imperiale avanza e perviene fi-
nalmente a Kambalic (Pechino) dove si
mette alle dipendenze di Giovanni da
Montecorvino.
Era circa il 1327: il suo viaggio ne fa-
cile, ne breve era durato la bellezza di
13 anni! A Kambalic riraase quasi tre
anni, e poi, per obbedire a Giovanni da
Montecorvino, incomincio il viaggio di
ritorno per riferire al Papa sui bisogni di
quel popoli e cercare nuovi operai per la
vigna del Signore. Questa volta non ri-
fece il viaggio di andata, ma tento una
nuova via pel Kansu, pel Tibet, India e
Persia, donde s'imbarco per 1' Italia.
Usando di tutti i mezzi di trasporto che
pote avere a sua disp;)sizione, egli per-
corse rapidamente I'enorme distanza, se
nel 1330 lo vediamo a Padova riposarsi
alcun tempo, dettando per obbedienza
al suo Provinciale, la narrazione del viag-
gio, lasciando cosi ai posteri un docuniento
delle sue gesta in queW It inerario che di-
venne un incitamento nieraviglioso di vo-
cazioni missionarie.
Poi ando a Pisa per imbarcarsi alia
volta di Avignone, dov'era il Papa, ma,
amnialatosi, ritorno al caro convento di
Udine dove fini la sua vita il 14 gen-
naio 1331.
Non merita forse la vita di questo in-
treijido missionario di essere rievocata ed
esaltata? Fgli fu uno di ({uei meravigliosi
uomini, che, pieno di spirito di sacrificio
e di zelo per la salvezza delle anime, di-
schiuse all'Ordine Francescano le fiorenti
missioni della Cina.
I sacrifizi di quegli eroi non riusci-
rono inutili, anche se le persecuzioni di-
spersero troppo presto le promettenti cri-
stianita da essi stabilite nella Cina. Sul
loro esempio, tanti altri s'immolarono per
la causa missionaria: ed oggi, a distanza
di 6 secoli, ne possiamo misurare il fe-
condo risultato. I Figli di S. Francesco
hanno in Cina: « 12 Vicariati, 2 Prefetture
e 2 Missioni con circa 400 Missionari e
600 Alissionarie Francescane. Anche nel-
I'anno scorso un drappello di fratelli del
Beato Odorico si e recato alle frontiere
del Tibet preparato ad entrare, quando
sara I'ora della Provvidenza, in quella mi-
steriosa regione di cui egli fu il primo Eu-
ropeo a calcare il suolo. Quattro conventi
contano gia circa 100 giovani I'-rancescani
cinesi, mentre un grandioso CoUegio Ceri-
trale a Hankow prepara numerose re-
clute per un vicino doniani. Tutto cio
serve come di magr.ifica cornice al quadro
del Centenario che Udine, I'Ordine Fran-
cescano e ritalia stanno preparando al
loro degno figlio » (i).
D G.
(i) 1'. C. SiLVESTRi ne L'Osservalore Romaiin.
Don Bosco in Inghilterra.
II B. Don Bosco ha sempre voluto beue
airinghilterra. F, si deve ad uno dei suoi
alunni prediletti — Domenico Savio -- se
il Beato fin dai primi anni del suo apo-
stolato (verso il 1856) volgeva lo sguardo
a quella contrada, dove tante anime sono
ancor oggi fuori del grembo della Chiesa.
Voi ricordate con quale ardimento Savio
Domenico si presentava un giorno a Don
Bosco in procinto di partire per Roma
e gli recava un messaggio dell'Alto che
suonava comando: — Quando sara a Roma
e vedra il Papa, non si dimentichi di dirgli
che non cessi di lavorare con zelo per la
conversione dell'Inghilterra, perch^ Dio
prejjara un giande trionl'o alia religione
cattolica in (juel paese.
42
Sappiamo die Pio IX accolse con com-
mozione e conipiacenza il messaggio del
pio giovanetto. Pochi mesi dope Savio
Domenico volava al cielo... e il Beato Don
Bosco che continue sempre con gran zelo
a incoraggiare i suoi giovani a pregare
per la conversione dell'Ingliilterra, prima
di morire, aperse a Londra un suo istituto.
Dopo la Beatificazione di D. Bosco,
1 'Opera salesiana in Inghilterra risenti
I'efficacia della speciale protezione di lui.
ICcco un bel gruppo di giovani esultanti
intorno alia statua del Beato: son aspi-
ranti missionari del nuovo CoUegio che
sulle pittoresche coUine di Shrigley, nel
centro dell'Ingliilterra, fu aperto come
omaggio al Padre dai figli Inglesi e Ir-
landesi.
I,a casa — appartenente a un colon-
nello in ritiro — fu acquistata nella pri-
mavera del 1929 merce la genero=ita del
Rev.mo D. Tornquist: ma dove trovare
gli aspiranti? Si prego il Beato di volerli
suscit-^re .. Nel luglio un Salesiano es-
sendo andato a predicare in Belfast una
missione a quella colonia italiana, il par-
roco I 'invito a parlare alia gioventu della
sua parrocchia e ben 18 giovani dopo la
conferenza si presentarono al sacerdote
esprimendo il desiderio di essere aspi-
ranti missionari. I genitori diedero loro
generosamente il consenso. Parenti, amici
e conoscenti il giorno della partenza li ac-
compagnarono al porto, augurando loro
un lieto successo nella loro voca''on' e
assistettero ad una scena commovente.
Appena quei generosi aspiranti furono sul
ponte della nave, s'inginocchiarono e fra
la nieraviglia dei presenti — cattolici e
protestanti — intonarono un inno di ri-
conoscenza a Maria Ausiliatrice.
Cos! I'lrlanda, che da secoli in via oltre
i niari i suoi missionari, ebbe I'onore di
fomire il primo nucleo di aspiranti a
Shrigley. L'anno seguente essi avevano
gia raggiunto il centinaio, ed ora non c'e
contea d'Inghilterra ed Irlanda che non
abbia a Shrigley un suo rappresentante.
43
Collaborazione Missionaria,
Un invito a co/Iaborare.
So die siete disposti con grande zelo a la-
vorare per la grande Crociaia della salvezza
delle anime! So che fra le tante missioni vo-
lete bene alia missione giapponese , la piu po-
vera di tutte!
E domandate in quali forme pratiche po-
tete venirci in aiuto. Oh siate benedetti!
Qualsiasi forma adoperiate: i) vogliate pre-
mettervi la preghiera quotidiana e I'offerta di
piccoli sacrifici; poi eccovi varie forme pra-
tiche:
2) Pagare per una giornata, un mese. un
anno il pane alio studentato filosofico o al
piccolo seminario e aspirandato (L. it. 50 al
giorno) .
3) Prendersi a pi-oprio carico o diretta-
niente o per Vopera pontificia la pensione di
lino studente o di un allievo (L. it. 150 al
mese).
4) Far celebrare Ss. Messe nelle chiese dei
missionari.
5) Confezionare e procurare oggetti per le
chiese, per i poveri, per divertimento, ecc.
6) Contribuire alle piu urgenti costruzioni,
assumcndosi la spesa di una camera, di un
corpo di fabbrica, che potrebbe venire intito-
lato secondo il desiderio degli offerenti.
7) Contribuire al mensile dei catechisti
(L. U. 500).
8) Contribuire alle speac annuali di pro-
paganda della bnona stampa (L. it. 10.000).
E la vostra elemoaina che fa fronte ai bi-
sogni dei missionari per la formazione del
personate catechistico e del clero indigeno; i
la vostra elemosina che propaga il Vangelo,
hattczza, salva le anime, fonda cristianitd,
cappelle, ospizi, orfanolrofi, ospedali e di-
spensari e sciiole.
E colla vostra elemosina che si da pane e
lavoro a tanta povera gente, che guadagna cosl
la vita, la frde, il cielo.
Chi vorrd ncgarla vedendo i prodigi della
vostra carita, del vostro amore pel prossimo?
Certo la missione giapponese e povera, ma
ai tre di voi che in quesfanno piu ci verranno
in aiuto, prometto a ciascuno uno splendido
regalo giapponese. Il-Signore benedica voi e
noi.
Miyazahi, 10-9-30.
D. V. ClM.\TTi, Sales.
Sup. Mis.
Un belJ'esempio.
• II Sig. D. Cojazzi ci trasniette qiiesta
lettera che ci affrettiamo a pubblicare :
M. Rev. Don Cojazzi ,
Siamo in sei appassionati alptvisti, che
abbiamo deciso di versare mensilmente due
live per opera di beneficenza; ed ecco che dopo
aver jatto celebrare una S. Messa ed esserci
accostati tutti alia S. Comunwne net giorno
deU'inaugurazione della nostra compagnia,
perche il Signore ci benedica e ci protegga
durante le gite, i miei compagni mi hanno
incaricfito di spedirle questa piccola somnta
per il battesinio di un piccolo infedele coi
nonii di Pio-Pier Giorgio.
Quali nomi potrebt^ero essere piu cari c piii
adjtti alia nostra compagnia « Scarponi u?
S. Santitd e Pier Giorgio, due Santi e due
alpinisti.
Abbiamo scelto questi nomi perche ci siano
di aiuto a diventar Santi come l.oro, perch?
alpinisti siamo gia.
La pregherei ancora, se fosse possibile,
spedirmi una, sia pur piccola, fotugrafa del
battezzando con le relative spesc^che mi faro
premura rimborsare.
Poleo di Schio, 2 7-1 -31.
P. la Compagnia n Scarponi »
BOSCHETTI GkRMANO.
- 44
DALLE LONTANE MISSIONI
LE DUE SORELLINE
Ci avevaiio amuiuziato I'arrivo di due so-
relline. orfane di padre e di madre, abban-
donate e sole, clie, percarita, erano state rac-
colte da una vicina di casa.
Non vedeiidole giungere, si fantasticava
quale potesse essere il motivo del ritardo, e
con quale mezzo poterle avere. La, nel lon-
tano villaggio, le due piccine, cliissa a quali
sofferenze sarebbero state sottoposte; e ac-
cresceva la nostra pena sapendole molto ma-
laticcie.
Una sera, suU'imbrunire, ecco giungere
alia Missione alcuni cattolici, tra i quali due.
clie, piano piano depongono a terra due cesti
per estranie due povere ischeletrite creatu-
rine, la cui vista destava pieta.
Erano le binibe da noi tanto aspettate, e
nientre io procurava di calmare le piccine
che, al vederci continuavano a piangere di-
speratamente, un'altra di noi contrattava
coi portatori... II villaggio lontano, la via
difEcile per la molta acqua caduta, i fiumi da
attraversare, tutto congiurava contro la no-
stra povera borsa e si fini col dare a ciascuno
dieci rupie che costituivano per noi un bel
sacrificio. Ma si salvavano due animuccie,
che avrebbero attirato per noi i tesori della
Prowidenza Divina. Era questa la nostra
speranza.
La madre delle piccine aveva sofferto per
lungo tempo una dolorosa malattia, che len-
tamente distruggeva il suo organismo e la
portava prima del tempo alia tomba. II pa-
dre, caduto da un albero moriva istantanea-
mente e le piccine, accolte da uno zio nia-
temo, colpito da luia paralisi cardiaca, chiu-
deva i suoi giomi, lasciando gli angioletti in
custodia di una vicina . protestante come loro.
La povera donna, abbandonata dal marito, e
lottante con la miseria, da principio ebbe
pieta delle orfanelle; ma, in seguito, non
avendo riso per i sei suoi figlioletti, comincio
ad assottigliare la razione di riso alle povere
piccine, che diventavano sempre piu patite
e malaticcie. E mentre la piccina di pcchi
niesi piangeva disperatamente, la maggiore
di 4 anni piangeva pure, non riuscendo ad
acquietarla e desiderando anch'essa quel
poco di riso che le veniva regalato.
La capanna che, oltre ad essere angusta,.
andava perforandosi sempre piu, decise la
donna a preparare una piccola stuoia aH'a-
perto sotto la veranda della vicina capan-
nuccia e le bimbe dormivano ivi i loro sonni
innocenti, inconscie del pericolo di essere
vittima di qualche velencso serpente.
I loro corpicini pero deperivano sempre
piu. Sfoghi cutanei tormentavano le povere
membra, tosse secca e continua molestava
i loro miseri petti, nude o quasi, perchfe i
cenciosi vestitini avevano oimai finite di
compiere il loro pietoso ufficio; tutto faceva
presagire che prossima sarebbe stata la fine
delle due povere ed infelici orfanelle...
L'Aiigelo buono, peio, vegliava su loro, e
la Prowidenza divina che provvede il nido
alia rondine e la rugiada ai fiori, venne in
loro aiuto.
Bonifacio, il catechista cattolico, venuto
a conoscenza del doloroso caso delle due or-
fanelle, e certo che noi le avremmo ricevute,
ce le aveva inviate e noi le accogliemmo in
nome di Gesii benedetto. Padre pietoso di
tutti i miseri.
Temendo che ben presto I'Angelo della
morte ne recidesse il tenero stelo, ci aflret-
tammo a far loro ricevere il Santo Batte-
simo.
Emilia, la maggiore, dopo cinque mesi di
continua e dolorosa malattia, ora e sana, vi-
spa, intelhgente. Recita con grazia il Pater
e I' Ave, conosce le prime lettere deH'alfabeto
e dice sempre, che, quando sara grande si
fara Sister. Giuseppina ha compiuto i8 mesi
h viva, Sana, paffutella, intelligente, muove
i primi passi, dice le prime parole, tra le
45 ~.
quali, le conipagne gareggiano a farle ripe-
tere i dolcissimi iiomi di Gesu e di Maria. Le
poveie piccine, diventate totalnieiite nostre,
fonnano I'oggetto delle nostre cure e noi le
consacranimo a Maria, perche sia ad esse
seinpre Madre benigna e pietosa.
Non vi sara nessuno fra i lettori di queste
povere righe che voglia fare sua la causa
delle due povere orfanelle e aprire ad esse il
cuore considerandole quaU figlie?... E quest a
I'ardente supplica che muove a voi la povera
scrivente airapprossimarsi del Santo Natale.
Suor. I. Vauino
Figlia di M. A.
IL mo POSTING
Da geiinaio, visto il non indifferente la-
voro che da la Missione, abbiamo un ufficio
postale a 50 metri dalla chiesa. Ne e titolare
un nostre caro cristiano, il quale, come
primo atto, ha voluto mtronizzare nell'uf-
ficio U quadro del Sacro Cuore. Prima, la
posta ci veniva portata dal capoluogo di
provincia e arrivava quando arrivava. Por-
talettere era un gran brav'uomo che fii
anclie mio amico fino al giomo in cui rom-
pemmo le... relazioni diplomatiche. E, quel
che e peggio, questo fu per colpa mia.
Sentite come.
Comparve un giomo con un bel pacco.
Ci sorridemrao. Contento lui, contento io;
contenti perfino i ragazzi con cui stavo
chiaccliierando. Lui perche era certo della
mancia; io perche ricevere dei pacchi fa
sempre piacere, speciahnente ai missionari;
contenti i ragazzi. perche intra vedevano che
qualche cosa sarebbe toccata anche a loro.
Troppo ottunismo. II pacco non era per
lue. Era indirizzato ad un Missionario dei
Padri Bianchi in non so pivi quale paese
della Tunisia o Algeria che fosse.
— Non e per me, dissi.
— Di chi ^? cliiese il postino.
Tentai di spiegargli I'errore (davvero
incomprensibOe anche per me, dati i tanti
uffici per cui il pacco era passato).
Ma queH'uomo sapeva tanto di geografia,
quanto io di... abitabilita della luna.
— Ma, insomma, mi disse mfine il po-
stino, tu sai dove e questo paese, dove si trova
questo Padre che deve ricevere il pacco?
— Si, i in Africa, risposi io ridendo.
— Allora facciamo cosi, disse il postino
tutto contento. Io ii lascio il pacco: fa' il
piacere di darglielo
Immaginate quanto fiato per tentare di
fargli capire che consegnare quel pacco al
destmatario era per me una passeggiata
discreta.
Parole iiiutUi. Riporto indietro il pacco,
ma da quel giomo il tenncmetro della
nostra amicizia fece uno sbalzo indietro.
Un mese dopo aprivamo il nuovo ufficio
postale e I'antico portalettere cambio me-
stiere. Lo rividi al capoluogo, garzone in
un negozio. Riusci a farnii fare un discrete
acquisto, e... tomanimo amici.
Bang-nok-khuek (Siam).
GlOBBE CaRNINI
All. Missionario.
SIAM
• St
^
n
k >. ST
1 ^ JBL_ B.^n
Distribuzionc
dei doni
46
UNA BUONA RETATA
II libraio c la sua famiglij.
L'anno 1930 e passato, nia iioii sara di-
menticato dalle care aniine che in esso eb-
bero la fortuna di eiitrare neH'ovile di Gesi'i
Cristo.
Oita, la nostra piccola missione di Oita
ha avnto piii consolazioni di queUo che ci
sareinuio ininiaginato. E questo certo non
in merito nostro. Guai se il Signore guar-
dasse a cio!
La volta precedentt infonuai i miei ca-
rissimi aniici di G. M. dei battesimi dati dai
Sig, D. Tomquist. Ad essi agginngero un
dottore, capo-reparto bambini nell'ospedale
provinciale, e non nietodista. Oltre a qnesti
ci furono parecchi battesimi in punto di
morte; ma cjiiello che piu ci console si fn
I'aver potuto nella notte di Natale rigene-
rare nelle sante acque ben nove adidti.
Fra essi c'e nn giovanotto di nome Mi-
shiro che prese il nome di Tarcisio; una
infenniera dell'ospedale provinciale e mi
libraio con tutta la sua famiglia.
Pill interessante e la questione del li-
braio. Cestui fu imo dei fondatori del re-
parto di Oita dell'Esercito della salvezza e
andava in giro per la citta battendo il tam-
buro e facendo prediche negli angoli. La
grazia lo chiamo alia vera religione ed egli
non esito. Ebbe a lottare non poco. I pa-
stori furono piii volte a casa sua per dissua-
derlo, altre volte vi audarono coH'auto per
portarlo ai loro coiivegni, ma egli riniase
forte. Ora e figlio di Dio. Lui e tutta la fa-
miglia sono di un fen'ore esemplare. Tntte
le mattine a messa, e si preparano con entu-
siasmo a ricevere la S. Comunione. « Se non
ricevo la comunione non posso vivere », dice
il padre. E non solo: ma lo zelo e.splicato
prima nella setta protestante lo centuplica
ora per la religione caltohca. Fra le persone
condotte da lui alia missione c'^ una dama
la quale dimostra un ardire piii unico che
raro. « Se non permetti ch'io mi faccia cat-
tolica io non .son pivi tenuta a ubbidirti »,
disse al marito che faceva resistenze. E il
marito le concesse di praticare pure libera-
UK-nte la religione.
II nostro pastore dell'Esercito della sal-
vezza di Oita ando a Beppu, \cndette
aH'incanto la sua divisa da pastore e cedette
i suoi libri a un negozio di libri vecchi. Gra-
zie a Dio il protestantesimo in questa re-
gione decUna a tutto andare. Per Pa,squa
abbiamo in vista altri battesimi di adulti e
speriamo aumentino sempre piii.
Fra i catecumeni ci sono dei giovanotti
che il venerdi sera vengono da 5 km. di
distanza per studiare la religione.
Caris.simi amici di G. M., pregate, pre-
gate tanto per questi neofiti e catecumeni.
Pregate poi perche noi missionari non ab-
biamo a mettere ostacoli alia grazia.
D. A MARni.^Ri.^, Miss. Sales.
Tarcisio.
47
IL XIX ANN1VER5ARIO
DELLA REPUBBLICA CINESE
Benche gli animi siano onnai satiiri di
patriottismo, pure per questa annuale ri-
correnza vengono infiamniati ancor piii. Non
sfuggono a questa saturazione gli alunni delle
scuole dalle Elementari alle Universita; ap-
posite coiiferenze quasi giomaliere, davanti
al quadro del riformatore Sun Yai Sen, ve
li dispongono per bene, ed essi son sempre
pronti a cogliere ogni iiovita per scapric-
ciarsi.
(come il che spatuss piemontese!). In verita
c'6 molta carta colorata disposta con piu
o meno gusto artistico... e gli alunni gia
sono scliierati, parecchie ore prima, ai posti
loro assegnati: a lato sono pure i soldati con
bandoliere a tracolla piene di cartuccie, ed
i fucili con baionetta inastata, sormon-
tata da una bandierina di carta con iscri-
zione occasionale.
II ]5opolo non si fa pregare per pccorrere
*.OK CHONG (Lcu=ha). = Sulla tomba del P. Remigio Barnicr, un apostolo caduto ncl Vicariato
di Shiu=Chow, I nostri, ogni anno, nell'anniversario raccolgono i cristiani sulla tomba a pregare
per il valoroso missionario.
II lo ottobre {Shetirif; Shap Ts'it: giorno
della proclamazione della Repubblica) e il
« gran giorno » delle manifestazioni patriot-
ticlie, die ogni anno vanno crescendo d'in-
tensita. I letterati elaborano tempo innanzi
i discorsi die poi leggeranno ad alta voce al
popolo da appositi palchi; i ragazzi ed i sol-
dati prcparano festoni e lantenie. I<e piazze
a prima vista e di lontano sembrano una
fantasmagoria di colori e tutti i visitatori
ne restano estatici e si scambiano cspres-
sioni di meraviglia: die magnificenza!... Non
si 6 mai vista cosa simile!... Kom Ka Sat,
a godersi lo spettacolo. Nel vocio rumoroso
della folia assiepata intomo ad un palco si
di.stingue confusamente I'accanirsi di gran-
casse, di tamburi e di alcune tronibe. Quandu
si stabilisce il silenzio il mandarino pronun-
cia il discorso ufficiale, esaltando il grande
riformatore e proponendolo all'affetto e alia
devozione del popolo. Allri oralori gli suc-
cedono, ma e inipo.ssibile .sent ire cio die di-
coiio, perch^ i Cinesi si alibaiidonano, conir
irrequieti fanciulli. ai coniiiu'iiti piii svariati,
se pure non si iiiteressano di piii all'addobbo
dcirambieiile, al uumerf) dcgli iiiter^-eniiti,
4S
ecc. per allontanarsi appena sciitono la
noia.
La parte piu interessante della festa e la
fiaccolata della sera. Un liingliissimo corteo
di giovani, di soldati e di jjopolo, tulti con
luia lantenia preparata con gusto e con figure
strane e talvolta satiriche. Ogni scuola ha la
sua caratteristica in certe figure portate jjro-
cessionahnente: grandi uccelli die niuovono
il becco e le ali, aeroplani con I'elica girante,
globi geografici con la sola iscrizionc Cina
per ricordare che la loro grandc nazione vale
qualcosa sulla terra. Un buontcinpone que-
st'aiino riscosse vivissimi applausi ])er aver
ideato mia grossa scinimia (di carta) che a
volonta del portatore con mi congegno di
fili, mvisibiU nel buio, saliva e scendeva
lungo un palo.
Quando rincasai coj)erto di polvere e con
la persona pesta tra la calca, un uomo mi
avvicino e confidenzialmente mi chiese:
— Padre, che ne dici di questa festa?
Splendida, nevvero?
— Si... straordinaria...
— Al tuo paese nelle teste vi h tanto brio
e tanto splendore?
— No, inipossibile. Noi, devi sapcre, abi-
tiamo paesi piii nordici e siani nicno caldi
di voi, anzi assai freddi...
II buon uomo ne fu pago e for.se godette
])iii della mia risposta che della festa. Sa-
rebbe stato inutile contraddire queU'aria di
petulanza con cui intcrrogava!
D. LUIGI BOCCASSINO
Missionario in Cina.
PREMIO MISSIONARIO
(Da una lellera alia Madre Generole delle Figlie di M. A.),
... Giomi fa, godendo di tutta la felicita
che il buon Gesu mi fa gustare, in questa
sera della mia vita, pensavo alia bonta con
la quale fui sostenuta, indirizzata, nei primi
giomi della mia vita rtligiosa, e dicevo: Se
non fosse stato cosi, io adesso non sarei in
Mi-ssione, io non sarei felice come lo sono.
E la preghiera della riconoscenza dal cuore
saliva alle labbra, o meglio ancora dal mio
povero cuore si elevava per le mie Vene-
rate Superiore al Cuore SS. di Gesu. Poche
ore fa, ho battezzato un bamboccuio di un
anno che forse, mentre scrivo, sara gia vo-
lato al Cielo a godere etemamente, mentre
il suo piccolo corpicino, non ancor freddo
completamente, sara stato gettato nel fiunie,
secondo I'usanza di questa gente, quando il
yu sang (medico) o il /o shong (bonzo) hanno
pronunziato il loro tnan fa tsu (non v'e piu
rimedio). E come pagare queste consola-
zioni che niente hanno di terreno, che anzi
fanno dimenticare completamente la terra?
Oh! in certi moment! io mi domando se
realmente sono ancora io: temo perfino della
pace, della felicita che mi sta in fondo al-
I'anima, perche e proprio questa che godo.
E che cosa sono, che cosa ho fatto io, per-
che il Signore sia cosi buono, e alle mie nii-
serie, alle mie incorrispondenze, contrap-
ponga tanta bonta, tanta misericordia? Oh!
come vorrei saperlo amare dawero; vederlo
amato da tutte queste povere creature...
Come sono dolci le privazioni, i sacrifici, le
rinunzie; come diviene piacevole una vita
tanto in contrasto coUa natura nel cuore,
nell'anima, nel corpo... lavorare, soffrire,
sacrificarsi per avere anime, anime da por-
tare al Signore. Col prossimo febbraio sara
pronto il nuovo coUegio; speriamo per quel-
I'epoca aver con noi le tanto attese nuove
Sorelle. Si dara pure principio anche ad un
ricovero pel vecchi... e sararmo anime di
pill che potremo all'ultima ora magari, in-
dirizzare al Paradiso. Si, il lavoro si molti-
plica; ma per grande che sia, sara sempre
imparl al bisogno: il demonio e cosi geloso
deH'inipero che ha su questa povera terra
che ce ne gioca tutti i momenti e di tutti i
colori.
Buona Madre, preglii tanto per noi e
per la Missioiie; ci seiita vicino a Lei, presso
Gesvi, al quale affido per Lei tutti i miei
voti.
Una Fii;!iu di Maria .'iusiliatrice
Mnsionaria.
Cf*i
49
<Iit iM 0 5 it a' ~
A Vol, can e gentili lettori di « Gioventii
Missionaria » dedico queste fotografie desti-
nate a farvi conoscere sempre meglio qutsto
meraviglioso regno.
II N. I vi mostra una jamiglia... a tavola:
osservate la tavola: il cancstro con le pieiame
ed ! recipienti del riso hollito che fa I'ufficio
del pane, poi... I'amor patertio e nialerno con
cui papa e mamma aiiitano i pin piccoH e gli
altri due che da soli baslano a se in qiiella
bisogna.
II N. 2 vi mostra un atto di caritd: una
donna che mette nella marmitta del homo o
monaco buddista il companatico col quale si
accompagna il riso...
Tratto squisito di caritd, di rispetto e di
amore che si ripete tiitte le mattine a tutti i
300.000 bonzi del Siam e che rivela il pro-
fondo sentimento religiose del popolo Siamese.
\
COME FINI' UASSASS
La tragica fine riel missionario dell
nota e invece la fine del suo assassino
Aveva appciia 16 anni quaiido, lasii
Foiicauld fatto prigioniero, gli scarico i!
(legni coinpagni o nulla perdcre del bot
Due nie.si dopo il luogotonente B6jc
tro gli Ait I^hc-n, Tuareg dissidenti ac
fecc delle vittinic e dei prigionieri, ma
Passarouo degli anni c nel paese et
del giugno IQ22 sul mcrcato di Dhanet
Sarnii. Vedendosi riconosciuto I'assassin
terrogato, gli fu cliiesto perche avesse uc
— Mchliiuh, era scritto!, rispose, e n<
Iniprigionato era in attesa del process(
seguito e raggiunto. Invitato a feruiarsi
fucik-ria lo raggiunse. Giustizia era fat(
J
~ b c t S i a in
// N. 3 vi mostra uno de' pm caratteristici
e comuni panorami di vita Siamese: la casa,
il villaggio sull'acqua, sulle rive del fiumi e
dei canali. Osservaie bene I'archiiettura esterna
della casa: propria del paese, assai differente
dalle consimili malesi, laoziane, cinesi pw
assai numerose. Costrnita su palizzate ha il
pavimento di un legno che, con poca faiica
diviene lucido, e dd oitinta impressione di
pitlizia.
11 N. 4 rappresenta un tratto di canale ove
SI comniercia il frittfo delizioso detto ananas.
II N. 5 poi vi mostra come si tesse in fa-
miglia anche nel Siam. Qiiella donna che itsa
la treccia rivela I'origine cinese, perche tutte
le donne siamesi portano i capelli corti.
D. GlUS. PiNAFFO
Missionario Salesiano.
.rS'^^
i
PADRE FOUCAULD.
^arlo de Foiicauld, e nota. Meno
hora.
a, dagli altri malandrini, del Padre-
Ja testa per poter raggiungere i su<ii
I
rico di compiere una spedizione con-
I preso parte al delitto. La razzia
pa era fuggito.
ita la tranquillita, quando un giorno
k riconobbe I'assassino. Lo chiamo:
jire, ma fu preso dai meharisti. In-
!e Foucauld:
Itro
\ di fuggire. Scoperta la fuga, fu in-
bntinuando a fuggire, una scarica di
^ \ I //^
SUPERSTIZIONI E RITI PAGANI
I "Bonzi" della Cina.
Leggende imperiali.
Si racconta che I'imperatore Min Ti
una notte sogno che davanti alia porta
del palazzo si era coUocato un gigante con
in mano I'arco e due frecce. Proveniva
dall'occidente... Spaventato, I'imperatore
si sveglio, chiamo i niinistri e loro rac-
conto il sogno.
Due dei ministri lo rassicurarono di-
cendogli che I'occidente e il paese dei
santi e che il gigante di nome Fut che egli
aveva sognato veniva per proteggere il
suo regno e apportarvi la felicita. L'esor-
tarono a mandare ambasciatori per cer-
care il santo in occidente e condurlo in
Cina.
I primi ambasciatori mandati, dopo
una disastrosa navigazione di un mese,
giunti in India, trovarono bensi un cac-
ciatore di nome Fut e strinsero con lui
amicizia: ma un giorno peri tragicamente
a caccia. Gli ambasciatori tornarono per
raccontare all'imperatore il doloroso caso,
ma questi non presto fede al racconto e
puni di morte gli ambasciatori, da cui si
credette ingannato. E ne spedi altri, i
quali per non incorrere in qualche infor-
tunio come i loro colleghi, arrivati in
India fecero dipingere un'immagine di
Fut (Budda) e la portarono aH'imperatore
dicendo:
— Come I'imperatore regna in Cina,
cosi I'ut regna in India: come la Cina non
pud venir privata del suo imperatore, cosi
neppure I'lndia del suo Fut. Noi ti ab-
biamo portato la sua immagine e per la
prosperita del tuo regno fa d'uopo che tu
la faccia adorare.
Soddisfatto I'imperatore adoro I'im-
magine per tre giorni e ordino facessero
altrettanto i prefetti delle provincie. Ma
essendo questi occupati nel disbrigo di
tante faccende, se ne schermirono e consi-
gliarono all'imperatore di liberare i pri-
gionieri alia condizione che si facessero
adoratori di Fut.
A Min Ti successe sul trono Lcons, Vn
fervente adoratore di idoli , ma ebbe breve
vita. Sali poi al trono Hien Tsiing, della
dinastia dei Tong, il quale non si accon-
tento della sola immagine del Fut ma
desidero avere qualche reliquia della sua
persona. Altri ambasciatori si recarono
in India e ritornarono portando un osso
di Budda.
L'imperatore mise in liberta i prigio-
nieri perche adempissero I'alto onore di
adorare la preziosa reliquia. Sulle prime
i prigionieri obbedirono lietamente, ma
poi, colta I'occasione propizia, se la svi-
gnarono. Ripresi, ebbero per punizione
rasato una parte del capo: fuggiti e ri-
presi nuovamente fu loro rasata intera-
mente la testa per essere riconosciuti da
tutti... e fu loro imposto di suonare ad
ore fis.se la camjjana e fu anche dato un
cerinioniale nel (|uale era imposto di ra-
5^
dersi i capelli e di abbracciare il celibato;
in compenso ricevevano privilegi e favoii.
Come si vede la leggenda iioii glori-
fica punto lorigine dei Bonzi...
Vo-Shong.
I bonzi sono chianiati Vo-Shong. Questi
due caratteri sono espressivi. « Vo » signi-
fica Concordia, dolcezza, calma; «Sbong)>
designa il primo posto, la stima che si
deve ad una persona: colui che tiene un
posto elevato.
I libri sacri delle pagode sono pieni di
esortazioni al popolo perche onori i suoi
Cosi stimati dal popolo, i bonzi sono
disprezzati dai letterati che li ritengono
quasi degli antipatriotti, perche profes-
sano una religione importata dall'India
e non onorano come loro il saggio Confucio.
// signiffcafo di una frase.
Vi e un detto cinese abbastanza espres-
sivo: Mien Piak Kiu Nien, che vuol dire:
per nove anni con la faccia coniro il muro,
per significare un'applicazione costante
dello studio. Kssa e di origine buddi-
stica.
Bonri huddisti in preghiera.
bonzi, cosa che il popolo ha fatto elevando
statue, attribuendo magiche virtu a quelli
che con lo sguardo tisso nella divinita
si sono disinteressati delle cose di questo
mondo e distinti nella vita austera. E
i libri sacri raccontano di bonzi che si
nutrivano degli effluvi del sole e della
luna e, reincarnati in Budda, salirono al
cielo cavalcando una gru: e di altri che
dopo aver irapastato il pane bastava lo
posassero sul loro petto per alcuni mi-
nuti, perche esso diventasse croccante e
capace di guarire tutti i mali.
I libri di letteratura serbano invece
il piu profondo silenzio sui bonzi o ne
parlano con un certo disprezzo.
Un bonzo indiano venuto a Nankino
dopo di aver inutilmente tentato di con-
vertire al buddismo I'imperatore Leong
Vun Ti, si ritiro sopra un monte e per
nove anni stette con la faccia contro una
roccia in profonda meditazione lasciando
i tratti della sua fisonomia impressi nella
pietra. Da cio e originata la frase che
riconosce nei bonzi almeno la bella dote
della costanza. Oggidi che il « bonzismo »
e in decadenza e che le idee del popolo
cinese si sono profondamente modificate
anche i bonzi sono caduti molto in basso
nella stima popolare, quantunque il po-
polo ancora ricorra ad essi per i funerali
e nei casi di malattia.
53
Bonzi alia questua.
leri e oggi.
Nei tempi passati era molto lucrativa
la questua che i bonzi facevano nelle
citta e nei villaggi. In certe epoche del-
I'anno tale cerimonia veniva compiuta
con una certa solennita e con profitto.
Un gruppo di bonzi (di due o piu bonzerie)
chiedeva I'elemosina per le vie al suono
del gon^ percosso lentamente ad inter-
valli regolari. Incedevano silenziosi trenta
o quaranta bonzi, biascicando preghiere
per implorare le benedizioni di Budda sui
donatori.
Altre volte bonzi austeri si infliggevano
penitenze orribili che movevano a pieta
il popolo: oggi anche (jueste sono sconi-
parse.
I bonzi dimostrano di astenersi da
tutto cio che la vita ha di pin attraente;
ma nessuno piu h. convinto che nelle lore
austerita entri un'intenzione di virtii e
tanto meno che la virtu orni la loro vita.
E questo accadeva gia al tempo che en-
trarono in Cina i primi missionari, i quali
se adottarono i vestiti dei bonzi per mo-
strare ai Cinesi che erano persona di
religione, li smisero dopo una visita alia
bonzeria di Nam Fa (poco lungi da vShiu
Chow) perche la loro vita non apparisse
nella stima del popolo come quella dei
bonzi.
Vi furono e vi sono tra i bonzi delle
anime rette; ma vi sono pure in numero
ben piu grande, quelle a cui la vita della
bonzeria offre I'ideale di cio che essi
amano, vivere senza tanto faticare. Ma
anche in Cina questo genere di vita di-
venta sempre piu difficile!
D. ViNC. RiCALDONE.
SHIS-
54
Dalle Riviste Missionarie
LA PEROCIA DEI CAIAMOS.
Su Vita Missiouaria ne tyatia il missionario
D. Cesare Albiselti, dicendo quali nemici acer-
rimi i Caiamos siano dci Bororos evangelizzati
dai noslri rnissionari Non trovando piu i loro
perscguilali sulle rive del Rio das Mortes, i Ca-
iamos si spinsero fino alia Colonia S. Cuore dove
si erano raccolti i Bororos.
Si era pronti per una perlustrazione proprio
verso il Rio das Mortes; i missiouari si dilun-
gavano iiei preparativi della partenza un poco
pill di quanto sembrava necessario ai due ro-
busti e tarchiati Bororos die dovevano servire
di giiida; impazienti, chiesero di incamminarsi;
la comitiva li avrebbe tosto raggiunti. II mis-
sionario annul e col sacchetto dei viveri sulle
spalle, arco e frecce sotto il braccio, si avviarono
contenti sognando chissa quanta caccia.
Dopo poco piii di un quarto d'ora, parti la
comitiva. In breve fu uella valle, guadagno
I'alto della collina che sorge a nord della resi-
denza. Subito spinsero lo sguardo in basso spe-
raudo scorgere nella prateria i due Bororos, lua
non videro nessuno. Continuarono il cammino
conversando e cercatido sempre con lo sguardo
i due che precedevano.
Ad un tratto uno degli animali drizza le orec-
chie, guarda fisso sul margine del sentiero, poi
Ak un violento salto di iianco, e poco manco
che gettasse per terra il cavaliere.
Scendono dalle cavalcature, osservano e ve-
dono uno dei Bororos giaceute al suolo con la
testa fracassata in modo da non poterlo rico-
uoscere; non dava segno di vita. Pochi passi
piii in la, trovarono I'altro che ancora rantolava;
auche lui con la testa da far pieta. Alia voce
del missionario, che piangendo lo chiamava,
parve desse segno di conoscenza; ricevette I'as
soluzione, dopo pochi istanti era cadavere.
Passato il primo sbigottimento, cercarono di
ricostruire il triste fatto; non durarono fatica.
Presso le vittime trovarono un buoti nuniero
di grossi bastoni; poi nell'erba, di qua e di li
del sentiero, il posto dei nemici in agguato incn-
tre attendevano che le povere vittime passando,
si trovassero fra una doppia fila di bastoni.
1.,'erba alta, i fascetti di piccole fogUe di palma
che sempre portauo seco in queste circostanze
li nascosero perfettameute. Piombarono cosi
sui nostri due, fracassarono loro la testa, li spo-
gliarono di tutto e, abbandouati sul terreno
i loro caratteristici bastoni intrisi di sangue, si
diedero a precipitosa fuga.
II triste fatto getto tutti in profonda coster-
nazione e fece passare brutti momeuti alia Mis-
sioue.
LADRl SACRILEGHI.
Fortunatamente mcuo disastroso fu un altro
assalto. I nostri cainpi di coltivazione erano al-
quanto distanti dalla residenza e quantunque
ci si recasse solo nel tempo dei lavori, e poi si
ritornasse, pure era come una succursale e vi
era casa per tutti, il deposito per i cereali, ed
auche la cappella ove sull'altare troneggiava un
be! quadro del S. Cuore di Gesu.
I Caiamos fecero anche la la loro comparsa,
quando tutti si trovavauo alia sede della mis-
sione. Penetrarono nelle case, nel deposito aspor-
taudo quanto loro pareva utile. Ricordo che
portarono via le pentole, ma neppure uno dei
relativi coperchi; non piacquero le forchette,
poco i cucchiai, luentre dei coltelli non ne la-
sciarono nemmeno uno.
Entrarono anche in chiesa e rovesciarono
tutto. Visto il bel quadro del S. Cuore, gli die-
dero proprio sulla fronte una bastonata, la-
sciandovi un grande strappo. Fu religiosamente
aggiustato e circondato dai bastoni lasciati,
come di solito, ed e ora oggetto di venerazione.
II S. Cuore abbia pieta di loro, e faccia loro
conoscere la grande bonta di quel Gesii che essi
inconsciamente oltraggiarono.
COLONIA SACRO CUORE (Brasile). = II quadro
del Sacro Cuore abbellito col contorno dci bastoni
coi quali fu colpito alia fronte dai Caiamos.
55
Sioria di 25 anni fa, narrafa da/ missionario D. A, Co/bacchini.
(CONTINUAZIONE).
XI, - II malefizio di un demonio.
Prima di continuare il racconto di altre
cose che Meriri-kwadda mi vemie svelando
su quanto accadde prima clie i Bororos si
risolvessero a stabilirsi con noi in questa
Colonia, e per ben capire il valore del rac-
conto, credo opportuno spiegare cosa sia e
che intendono i Bororos per gori'Mo, pa-
rola che approssimativamente possiamo
tradurre per maleficio.
<i Gonibbo » presso i selvaggi Bororos e
una scienza od un'arte per produrre male
al prossimo occultamente.
In questo maleiicio vi ha molta parte
I'immaginazione e la superstizione. Questa
speciahueute e queUa che eccita col suo mi-
stero la fantasia e I'immaginazione del sel-
vaggio. Vi e tuttavia molto di vero in queste
pratiche ed i niissionari che hanno passato
lunghi anni fra questi selvaggi ne possono
dare le prove.
Si dove ricordare che questi selvaggi, nella
liberta assoluta deUe loro foreste erano
schiavi di Satana e prostrati nelle tenebre
della piii profonda ignoranza. In quasi tutte
le cose il demonio svolgeva un'azione di-
retta, esercitava la sua forza col malefico
intervento, sfnittando I'ignoranza e le pas-
sioni dei poveri selvaggi per raggiungere la
loro estrema rovina.
Benche non si possa spiegare questa
scienza o arte diabolica, pure, 6 im fatto
che essa reca ai Bor6ros un grande male,
protetta da impenetrabili ombre. Una foglia,
un ramo.scello, una pagliuzza che nulla ha
in s6 di straordinario, per mia influenza
tutta diabolica acquista una forza, un po-
tere malefico e mortale che non si puo im-
maginare.
II maleficio esiste; chi ha il potere di escr-
citarlo? Ne.ssuno lo sa; neppure lo stesso
selvaggio. Egli ignora come venga questo
potere: conosce solo che vi e, e ne usa.
Essi sanno — e tante volte lo udii ripe-
tere — che quando uno di loro per qualunque
motive, vuol vendicarsi del suo nemico,
recargli male o anche la morte, e non e ben
iniziato in quest'arte segreta, cerca imo dei
piii anziani e piu pratici tra i suoi parent!
od amici e chiede di e.ssere istruito sul ma-
leficio; si fa indicare le piante, le foglie, i
ramoscelli, qualunque cosa atta a raggiun-
gere il fine desiderato e il modo di usanie
con tutte le necessarie jDrecauzioni; perche,
dicono, se e cosa assai nociva per altri
a cui e diretta, lo e pure per colui che la
prepara se non sa tutto quanto deve fare.
Quando uno e istruito o iniziato, fa la
prova. Si reca al bosco, cerca la pianta, ne
svelle nn ramoscello, ne stacca una foglia
o un'altra parte di esso, e la depone ai piedi
di altra pianta isolata e tra s6 e sfe dice:
Se ho il potere di produrre il maleficio con
questo ramoscello, con questa foglia. voglio
che si manifesti in questa pianta. I,ascia
la il ramoscello, la fogha, si ritira e mantiene
un assoluto segreto. Dopo qualche giomo
ritonia per vedere la pianta e, trovandola
seccata o in via di seccare, riconosce I'ef-
ficacia del « gon'ibbo » e sa che puo usarlo
a suo piaciniento. Pero continua a nian-
tenere il piii rigoroso sUenzio sul segreto; e
nes.suno sapra mai che egli ha il potere di
produrre il maleficio, che conosce le piante
nialcfiche, e la loro forza fatale.
56
Avvietie percio die tutti viceiidevolineute
si teiiiono, perch^ ciasciuio sospetta che
I'altro possegga il segreto del « gonibbo »
e che lo sappia usare. Da cio vieiie la cre-
denza die tutte le malattie siano eflfetto del
« gonibbo » gettato da un ignoto.
Ecco il modo teiiuto dai selvaggi per pro-
durre un malefizio. II Bororo prepara dap-
prima i van vegetali usati all'uopo, poi
aspetta che si present! un'occasione pro-
pizia. Quando questa si presenta, egli antra
nelia capanna del neinico, depone la fogUa
o il ramoscello sotto la stuoia suUa quale
... mise il piccolo ramoscello ai piedi deH'albcro ...
suole dormire (altre volte la si coUoca sotto
il capezzale, od anche, sul limitare della
porta, nell'acqua che serve per here, nel si-
garo da fumare). Poche ore dopo, o dopo
pochi giomi la vittima designata si ammala,
e la malattia forse lo condurra alia tomba.
Ouesta e purtroppo la realta inspiegabile che
abbiamo visto proprio tante volte.
Un giomo parlavo di quest 'argomeiito
con un cacico della tribu, conosciuto assai
pratico e infallibile nel produrre il « go-
nibbo ». Egli mi spiegava e cercava di coii-
vmcenni della realta di questo potere niale-
fico: io ad arte mostravo di credergli poco...
— Non ci credi? Vieni con me, ti faro
vedere e poi giudicherai se quanto ti ho
detto e vero o falso.
Spinto dalla curiosita di vedere quello
che I'indio avrebbe fatto, lo accompagnai.
Aiidanimo poche centinaia di metri lon-
tano, ai piedi di una grossa pianta isolata
nel mezzo della piantagione di mandioca die
vi era presso la Colonia. La egli mi disse:
— Aspetta qui un istante; vado qui vi-
cino e ritomo subito.
Inf atti ritomo dopo pochi niinuti portando
in inano un ramoscello, pero senza foglie;
lo teiieva con due dita come cosa delicata
e niostrandomelo di.sse:
— Guarda bene: e il « gonibbo » che io
voglio mettere ai piedi di questa pianta per
farla seccare... Vedrai da qui a qualche
gionio che le fogUe di essa, appassite, ca-
dranno e tutta la pianta secchera.
Io mi niisi a ridere.
— Non ridere... Guarda... E cosidicendo,
mise il piccolo ramoscello ai piedi deU'al-
bero in modo che avesse con esso contatto
e lo copri con poca terra.
— Andiamo pure... e fatto... Doniani o
dopo vedrai...
Alia sera, ai confratelli missionari rac-
contai ridendo la vicenda: poi non vi pensai
pill...
Due giomi dopo un confratello mi si pre-
senta alquanto sopra pensiero.
— Che c'e? gli domando.
— Venga a vedere quell'albero di ciii ci
ha parlato: il gorubbo del Bororo lo fa sec-
care dawero.
— PossibUe?!
Andai a vedere... Le foglie appassite ca-
devano: e alcuni giomi dopo I'albero era
secco. E di questi esempi quanti ne potrei
citare.
Ora die ho detto cosa sia il « gonibbo »,
e qual forza occulta rappresenti nelle mani
del Bororo per offendere il suo nemico, ascol-
tiamo quello che il Cacico Meriri-kwadda
ebbe a raccontarmi a proposito della rico-
gnizione fatta e che quasi finiva in una ter-
ribile tragedia.
— Come sai, cosi mi disse Meriri-kwadda
in una di quelle sere di intime confidenze,
il Cacico Uke-waguit diede I'ordine di riti-
57
rarci, lascian-i iii pace e ritoniare alle no-
stre capanne e ci assicuro che nulla avevanio
da tenierc da voi, sebbene vi foste collorati
nel luogo che piu d'ogiii altro ci era caro.
Ritomati alle foreste del Rio das Mortes,
alia nostra vita di caccia e di pesca, sem-
pre il xiostro discorso era su voi, suUa con-
venienza di lasciar^d indisturbati o di per-
seguitarvi. I pareri erano sempre discordi
ma Uke-wagtiu sosteneva che eravate buoni,
che nessun male avreste fatto a noi; che
percio dovevamo lasciarvi tranquilli, e che
niai avrebbe perniesso ad alcuno di noi di
teiitare di farvi del male.
Alle parole di Uke-waguu solo Giri-ekurSu
rideva, rideva... ma il suo riso era cattivo,
sarcastico come quello d'un demonio.
Uke-waguu mi disse:
— Cliissa mai perche quel diavolo di
Giri-ekiireu tutte le volte che noi parliamo
di queicivilizzatj, ride cosi malignamente che
mi fa male il solo vederlo e sentirlo... Qual-
che cosa di perverse vi deve essere nelle sue
intenzioni.
Noil si tardo difatti a scoprire il niotivo
di qiielle maligne risate.
Un giomo che egli si trovava con un
gruppo di uomini che parlavano di voi e
ripetevano la parola eiiigmatica* Padre...
Padre... » egli ridendo secondo il solito si
lascio scappare nella rabbia queste parole:
— Che Padre/ die Brae! a quest'ora
avranno gia provato il « gonibbo » che ho get-
tatoloro il giomo che Uke-Waguunonmi-per-
mLse di piaiitare nel cuore di quei serpenti
le mie freccie: I'aveva con me U « gonibbo »
che mai mi ha fallito e I'ho gettato sul tetto
della casa, I'ho messo sulla strada per cui
dovevano passare, I'ho soiifiato sopra di
lore... E con una risata piii sonora:
— Vorrei vedere a quest'ora come sta-
ranno; credo che forse sianio liberi da questi
diavoli... Se nou lo fossimo, 6 certamente
perche avranno un diavolo piu forte del mio
« gonibbo », che li protegge...
Queste parole dette cosi a caso, fecero
subito il giro di tutto il villaggio, gettando
in tutti un'indicibile angoscia, non tanto
per noi quanto per se stessi.
— Oh!..., dicevano alcvini, e stato il Bope
di Giri-ekureu che fece morire mio fratello...
fu forse lui a gettare il « gonibbo >> a mia
sorella... Tutti ebbero mi sospetto su quel
perfido e lo guardarono di mai occhio da
quel momento, perche egli conosceva U « go-
nibbo » die mai aveva fallito, e a cui ties-
suno mai scampo... Lui dunque il demonio
vivente fra noi che ci fece spargere tante
lagrime...
Nessuno pero osava parlare forte, perche
ogiiuno tenieva il « gonibbo » piu di qua-
luiique calamita. II Bororo e cosi: affrouta
ed attacca tranquillo il giaguaro, ma trema
e paventa un'occulta miiiaccia, il « gonibbo ».
Vede la tigre e sa quello che deve fare per
vincerla; ma non vede il « gonibbo », piii
forte della tigre, piu insidioso del serpen te...
e il mistero che piii I'iiiquieta.
Uke-waguu alia notizia rimase triste e
pensieroso: la vostra sorte lo preoccupava.
— Giri-ekureu e un demonio, mi diceva.
Se ha gettato il terribile « gonibbo » clii sa
die sara avveiiuto di loro... Temo che qual-
clie cosa di sinistro sia loro capitate. Rla
se restano mcolumi; se a nulla valse il ma-
leficio gettato da Giri-ekurSu io sard con-
vinto die il grande Spirito che li protegge
e piu potente di ogni nostro spirito, dello
stesso Bope che ha in maiio tutti i mali, le
disgrazie e la morte.
— Vuoi che vada a vedere? dissi ad Uke-
wagiiu. Se vuoi, vado volentieri. Anch'io
sono ansioso di toccar con mano quel che
sia accaduto dopo la nostra ultima visita.
— Se ti seiiti, va'pure; sonocontento, anzi
lo desidero. (Coniimia).
^S
IL PA5T0RELL0
EMIL
DEI CAMPI —
Era la prima volta che si andava agli
oratori festivi nei villaggi che fanno co-
rona a Shillong. II sorriso ci appariva sulle
labbra, ma nel cuore si nascondeva un vago
tiinore per I'incertezza di quel tentative
in un paese in cui I'errore protestante
aveva fatto gia tante vittime.
L'Ausiliatrice pero vegliava sui nostri
primi passi e fece si che il sistema del Pa-
dre ottenesse un nuovo trionfo nei Figli
dell'Assam. Ora gli oratori hanno preso
uno sviluppo sorprendente e si avviano
verso un avvenire di sante conquiste.
In un campo — non lungi dal prate
scelto per 1 'oratorio — se ne stava un fan-
ciullo sui dieci anni intento a pascolare
una dozzina di vacche. l,o avvicinammo
sorridenti ed egli stupito sgranava tanto
d'occhi: forse non aveva mai udita una
parola arnica tutta per lui.
Povero ragazzo! Era in uno state da
far pieta: le luride vesti a brandelli a
stento gli coprivane la persona; i capelli
incolti gli cadevano sulla fronte dandogli
un aspetto selvaggio. Eppure setto un este-
riore cosi disaderne si nascondeva una
perla d'inestiniabile valore.
Nen ci voile molto per rendercelo amice:
i fanciulli hanno sempre un intuito spe-
ciale per comprendere chi vuole lore bene.
— Come ti chiami? — gli chiesi con
dolcezza.
— Emil — mi rispose con qualche ti-
tubanza. E meravighandomi io che por-
tasse un nome cattolico {Emilius): — Si
— riprese — mia madre e cattolica, ie
no, perche e da tanti anni che i miei geni-
tori hanno abbandonato la chiesa.
Compresi subite la steria dolorosa, pur-
treppe cemune in questa contrada.
La guerra mondiale aveva disperse i
pastori (i Padri Salvatoriani) e il gregge
si era sbandato fuori dell'ovile; molte pe-
corelle sono tuttora lontane dai pascoli
ubertesi, in balia dei lupi.
— Dinnni, Emil — ripigliai — t'hanno
mai insegnato le preghiere? t'hanno mai
parlato del buon Dio che sta nei CieU e
che si e fatto ueme per amor nostro?
II bambino mi guardo con due occhi
pieni di meraviglia come chi per la prima
volta sente parlare di un nuovo mondo.
Allora, reprimendo un singhiozzo, presi
ad infondere in quel cuoricine i principi
di nostra vSanta Religiene. Alia fine gli
domandai: — Di', Emil, ti piacerebbe rice-
vere il santo Battesimo e diventare amice
di Gesu?
— Si, si — rispose con slancio — ma...
non so se mie fratello me lo permettera...
e cosi cattivo mio_ fratello!
— Nen temere, parlero io con tuo fra-
tellle: dov'e la tua casa?
— Egli alzo la mano e me la indico:
una miserabile capanna, coperta di poca
])aglia, plena di fume e di puzza. \"entrai
con il cuore che mi batteva forte forte.
Trovai Eugenia — la mamma sua — che
mi accolse con un «Sia lodato Gesii Cri-
sto ». A questo nonie divino sussultai di
5^
gioia: la fede iion era ancor niorta; sottn
le ceneri vera ancora qualche scintilla
che avrebbe « secondato la gran fiamma ».
La buoua donna mi racconto una lunga
storia di dolore e, raentre essa parlava,
alle mie orecchie risuonavano nella loro
dura realta, le parole di un nostro canto:
<i Dalle capanne po\-ere, ove si piange e
plora! ».
La « grazia del Signore » per le pre-
ghiere dell'innocente scese ancora una
volta su quella disgraziata famiglia; tocco
il cuore indurito del fratello; scosse I'apa-
tia del padre e gernioglio il prinio iiore
degli Oratori. Passarono alcune settimane
e sempre il piccolo Eniil conduceva la sua
mandra a pascolare 11 \'icino per poter ve-
nire con noi ed imparare le sue preghiere.
Prima di partire egli mi fissava in volto
con una cert'aria di niistero e mi diceva
piano piano: — Rrodar (fratello), quando
mi darai Gesu?,..
— Si, Gesii verra presto perche ama
tanto i fanciulli e quando verra rendera
I'anima tua bianca come il latte e il cuor
tuo splendente come il trono dei Re.
Finalmente il voto conume fn esaudito
e in una bella festa la sul campo sotto
una povera tettoia, scese I'acqua rigene-
ratrice del Battesimo sul suo capo e la
sua bell'anima ricevette I'abbraccio di
Gesu. Ora \\m\\ sta nel nostro Orfanntrofio
insieme con Johannes in attesa di far parte
di quell'esercito di apostoli che dovra un
giorno salvare tante altre Perle e Dia-
manti.
Ch. LuiGi Ravalico.
M issionario Salesiano.
I KANACHI DELL A NUOVA GUINEA.
Popolo timido, sospettoso c moltu arretratn
in civilta i Kanachi dell'interno souo assai in-
ferior! a quelli della costa da tempo in coinuni-
cazione coi bianchi. Questi poi hanno il mono-
polio del commercio nelle loro niani c sono gli
unici intermediari tra i bianchi Europei e gli
iudigeni dell'interno. Souo sfacciati .speculatori.
Racconta un mis.sionario clie avvicinandosi
un giorno ai villaggi dell'interno senti un... ruUo
concitato di tamburi, e vide le donne indigene
caricarsi suUe .spalle piccoli .sacchi e fuggire nella
foresta, mentre gli uoniini si arrampicavano
suUe alte piante di banibu come fossero dei scim-
mioni. In breve il villaggio fu dcserto e i niissio-
nari dovettero proseguire oltre.
Alcuui villaggi sorpresi per I'improvvisa com
parsa dei forestieri, gridavano da far pieta,
mentre alcuni negretti piii audaci movevano
loro incontro, incuriositi, per accetarsi se fossero
uomini o bestie. Prima d'allora mai avevano
veduto n^ un cavallo, ne un uomo bianco e
tanto meno un uomo a cavallo.
Quando i mi.s.sionari scesero di sella la mera
viglia degli indigeni fu al colmo: essi videro clic
« i grandi vSpiriti » si erano separati in distinte
e strane creature, n^ osavano avvicinarsi. .Ma
i regali ilei missionari gettati al suolo, ispira-
rono a quei miseri un po' di confiden/.a. Chiesta
dell'acqua e avutala, i mi.ssionari si prepara-
rono il le mentre gli indigeni li osservavano cu-
riosamente; poi invitarono alcuui ragazzi a rac-
cogliere fasci di erba per i cavalli, ma quando
li portarono, pocc mancn non succedesse una
tragedia. I cavalli al vedere il cibo nitrirono per
la gioia e i ragazzi quasi rimasero fulminati e
se la svignarono tremanti. Anche i vecchi ne
furono impressionatissimi e temettero chissa
quale sciagura; i missionati dovettero faticare
per spiegar loro che quello era un grido di gioii!
del cavallo alia vista del cibo, e tranquilliz-
zarli.
Al mattiuo alzandosi uno dei mi.ssionari si
accorse che gli mancava una Scarpa e la trovo
dopo lunghe ricerche mezzo rosicchiata: un cane
gliel'aveva rubata nel corso della notte e aveva
cominciato a sfamarsi.
Gli indigeni ormai non avevano piu timori,
osservavano tutto c si erano convinti che i mis-
sionari erano veramente loro amici; quando si
.separarono da essi, li scongiurarono di tornar
presto e iuscgnar loro tante cose.
II ghiaccio era rotto per i... futuri missionari.
[(D ipptovazione ectlesiasliu. 0. OOMENICO CARNERI, Direllore-respmisablie. —Torino, 1931 -TIpojraiiiilelli Sicicti Edilrlte Inletaaziooalt.
-- 6o ^
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Aw. Ramello (S. Maurizio) pel nome Laura
Marchini Re ad una cinesiua onorando la me-
muriadella suocera volata al cielo — JIanari Re-
migio (Thiene) pel nome Rcmigio — Martiuo Or-
solina (Cuneo) pei uomi i\/a>-/rt Teresa, Giovanni
Michele — JIarella D. G. (Cuneo) pei uomi C/«i(-
dina, Luigi — Mariani Gina (Monza) pel nome
Luigia — Scotti Piera (Monza) pel nome Enrico
Angela — Carera (Monza) pel nome Alfredo Bia-
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Luigi — Famiglia Oggioni (Monza) pel nome
Davide Gerolamo — Cartolaro Teresa (Lomello)
pel nome Serafina — Conis Anna Maria (Lo-
mello) pel nome Anna Maria — Riva Augusto
(Monza) pel nome Augusto.
Istituto Salesiano (Biella) pel nome Vittorio.
DabaneUi Adele (Roma) peinomi Attilio, Mar-
cello — Piazzolla Angelina (S. Ferdinando Pu-
glia) pel nome Andrea — - PoUi Maddaleua (To-
rino) pei nomi Teresina, Leonardo — Giraudi
Delfina (Chiusa S. Michele) pei nomi Marco
— Alunne laboratorio S. Cuore di Carrara a ' i
ToneUi Virginia (Totano) pel nome Rosina —
Juan Alberto (Gerona-Spagna) pel nome Rosa
Giorgetla — Vercelli Angela (Vergano) pel nome
Carla — Compagnia SS. Sacramento, Istituto
Salesiano (Genzano) pel nome Evaristo — Con-
vitto De Angeli (Legnano) pel nome Maria
Vittoria — Suore Asilo (San Giorgio Lomellina)
pei nomi Geros Michele, Giuseppe. Maddalena
— N. N. a 54 Salesiaui (Treviglio) pel nome
Luigi Giovanni — Castiglioni Antonio (Busto
Arsizio) pel nome Mariiiccia.
Giarini Radice Michelina (Busto Arsizio) pei
nomi Gino, Gian Marco — Graziani Antonio
(Molazzana) pei nomi Giuseppe, Teresa — Te-
store Sorelle (Santhia) pei uomi Agostino, Te-
resa — Giovannoni Maria (Marlia) pei nomi
Maria, Giovanni — Vallaro Maria (Torino) pel
nome Maria — Pontalti Maria (Verona) pel
nome Teresina — Cilosetti Luigia (Mortegliano)
pel nome Giacomo — Cordone Don Martino
(Fobello) pel nome Martino — Unione Ex Al-
lievi Don Bosco (Udine) pel nome Alberto —
Cazzani Prof. Mario a mezzo Don Manazza Giu-
seppe (Cassolnovo) pel nome Ernesta Erminia
— Napoli Maria (Susa) pei nomi Matilde, Ce-
sare — Garino Giuseppina (Susa) pei nomi Maria
Giuseppina — Darioli Giuseppa in Valentini
pel nome Giuseppe.
M. M. (Baldissero Torinese) pei nomi Gio-
vanni, Margherita — N. N. pei nomi Maria
Teresa, Amalia — • Motta Carla (Boffalora) pel
nome Maria Giouanna — Gruppo Donne Cat-
toliche San Giovanni (Aosta) pel nome Molini
Natalina — Albertani Don Giovanni (Lases di
Albiano) pel nome Giovanni Evangelista —
Panagini Maria (Novara) pel nome Mario —
Uguccioni Don Ruben (Napoli - Vomero) pel
nome Morelli Giovanni.
Strazdauskaite Francesco (Plung^ - Litua-
nia) pel nome Francesco — Berardi Bussoleno
Luigia (Moutecliiaro d'Asti) pel nome Costati-
tino — Moreggia Eugenia (Campiglione Feuile)
pei nomi Anna, Pietro, Edoardo — De Giusti
Fabbro Italia (Orcenico Sup.) pei nomi Maria.
Maria — Brini Luigi (Calolziocorte) pel nome
Antonio — Locatelli Maria (Bergamo) pel nome
Giouanna — Zanetti Virginia (Gambolo) pel nome
Pietro — - Boschini Giuseppina (Vimercate) pel
nome Gilberto — Pcrsico Felicia (Monza) pel
nome Felicia — Perino Francesca (Caravino)
pel nome Maria Rosa — Direttrice Figlie Maria
Ausiliatrice (Corticella) pel nome Gioachino —
Magi Maria Eman. (Pisa) pei nomi Cairo Sofia,
Demartini Anna — Sara a mezzo Don Calvi
Gio. Batt. (Torino) pei nomi Amalia Olimpia
— Pietra Lina (Sdradella) pel nome Nino —
Peregruki Nazaretian (Gerusalemme) pel nome
Orsola Teresa
Almondo Giovanna (Sommariva Perno) pei
uomi Agnese, Giovanna — Giacometto Antonio
(Montanaro) pel nome Rosina Alessandrina —
Barbero Ida (Poglizzo) pel nome Pier Luigi —
Oglina Plana Maddaleua (Quarna Sopra) pel
nome Giovanni Michele — Grandi Ermelinda
(Pavia) pel nome Ermelinda — Perk Don Gio-
vanni (Damme) pei nomi Maria, Teresa — Ga-
leazzi Ciriaco (Ancona) pei nomi Marietta, Ci-
riaco — Traversi Caterina (Grascaro) pei nomi
.indrea, Erminia — Cozzi Dina (Legnano) pel
nome Enrico — • Sartorio Candido (Cavallirio)
pel nome Maria Candida — Sartor Don Gia-
cobbe (Mirano) pel nome Altomira — Recrosio
Luigia (Vedano al Lambro) pel nome Giovanni
— Direttore San Biagio in Monza pel nome
Andrea — Scotti Caterina (Villareggia) pei nomi
Martino, Teresa. Margherita, Caterina — Mi-
cheletti Caterina (Chignolo d'Isola) pel nome —
Cassardo Dottor Lorenzo (Buttigliera" d'Asti)
pel nome Maria Vittoria
Pizzini Maria (Roma) pel nome Maria Filo-
mena — Pizzini Carlo Alberto (Roma) pel nome
Luciano — N. N. a mezzo Suor Vincenza Verney
(Casino Boario) pel nome a otto battezzandi —
Donati Gemma (Bologna) pei nomi Caterina,
Giuseppe, Maria, Nora — BardeUi Luigina (Aii-
gera) pel nome a quattro battezzandi.
(Continua)
Curiosilo
QUANTO PESA UNMILIARDO?
Secondo i calcoli dei giornali
americani uu miliardo pesa: in ar-
geuto 5 milioni di chili; in oro:
322.580; in fogli da mille: 1780;
in fogli da cento: 11.500. Per tra-
sportarlo questo miliardo — con-
siderando che un uomo puo por-
tare un peso di 100 chilogrammi
— occorrerebbero, se in fogli da
cento, 115 uomini; in oro 3225
uomini; in argento 50.000 uomini.
Inline un miliardo, in biglietti da
mille, forma una biblioteca di 2000
volumi di 500 pagine ciascuno!
Comunque, se si trovasse un miliardo per le
Mission), non sarebbe difificile trovare tanti vo-
lonterosi che si sobbarcherebbero alia dolce fa-
tica di trasportarlo ove occorra. Chi potrebbe
riliutarsi?
L'INCENSO.
Dalla roccia sorge la piauta preziosa, che
cresce in posti di difficile accesso nella Migiur-
tinia (il paese degli aromi).
La produzione avviene per seme, che cade
dalla pianta nella roccia; vi trova un po' di ter-
riccio portato dal vento e germina, mettendo
una radichetta con foglioline rudinientali.
Due sole sono le regioni che lo producono:
la Migiurtinia e VHadramut. Un albero uor-
male da circa una frasta (= kg. 12.6S4) di
incenso.
LA CONPESSIONE AI... PESCI.
Padre Carlo Del Signore, riferisce ncUe Mis-
sioni Cattolwhe di Milano sul » capodanno bud-
dista ». Eccone un saggio: ♦ La gente di Bir-
mania, soprattutto le donne, in gruppi di cin-
que o dieci, o in famiglie al completo, prece-
duti dal padre o dai maggiori e seguiti a scala
dagli altri, portando un'anfora di terra cotta,
vanno dalla casa alia fonte del villaggio, o al
laghetto che fornisce I'acqua comune o, ove i
possibile, ad un torrentello, oppure ad un fiume,
e \k, a discreta distanza I'uuo dall'altro e in
prossimita dell'acqua, deposilano i lore vasi,
accendono ognuno una o due o piu candclette
variopinte, s'inginocchiano, giungono le mani,
chinano la fronte, posano le labbra suU'orlo del
vaso, e stanno cosi in raccoglimento e in pre-
ghiera! IJ ai pe.sci, che .sono nei vasi, o catturati
da e.ssi stcssi o comperati nei giorni avanti e
tenuti vivi con abbondantc cibo; ai pesci, che
si nascondono paurosi in fondo alle anforc,
quclla Iniona gente dice i suoi peccati, com-
messi nell'aunata pa.ssata c forsc anche i pro-
pcsiti per il nuovo anno, e poi, ad un segnale
convenuto, con delicatczza i vasi veiii^ono vuo-
tati nell'acqua corrente.
I pesci, depositari di
tanti segreti, stanno per
un istante intontiti, in-
creduli, meravigliati firse per aver acqui-
stata la liberta, poi guizzano sul fondo, tra !e
pietre, e si portano via cosi sul fondo dei fiumi,
dei laghi, del mare i peccati degli uomini e
delle donne, che ancora si soffermano guar-
dando nell'acqua che i pesci non tornino piu
a galla a rivelare ad altri le loro mancanze;
poi, come alleggeriti da un gran peso, ritornano
alle loro case colle anfore vuote.
UN SEBASTIANO CINESE.
Mentre due Sucre visitavano I'Ospedale ci-
nese di Hong-Kong — narra la Superiora di
quelle Canossiane alle « Missioni Cattoliche »
— un'infermiera chiama la Superiora nei re-
parlo private.
— Vieni, dice, c'i un soldato molto malato.
— Un soldato!... — restiamo un po' inccrte
sul da farsi, perclid soldato e brigante e spesso
la stessa cosa.
— Ma e molto malato! — insiste I'inferniiera.
Entriamo; e un ufBciale dclla repubblica, che
deve aver niandato piii d'uno all'altro moudo
ma ora ^ pallido e smunto e preda cgli stesso
della morte. Guardiamo con un po' d' diffidenza
quelle dita ossute, cosi pratiche ucU'arte di far
scattare il grilletto, e poi incominciamo I'istru
zione. — Che nonie gli darcmo?
— .Sebastiano, dice I'aUra suora, a liii si
conviene il nome del grande ufficiale cristiano.
Mi place I'idca. e alia niia domanda:
— Vuoi essere battezzato? — egli risponde
con fermezza militare: — Lo voglio.
— Sebastiano, pro.seguo, io ti batlezzo nei
nome del I'adre, del Figliuolo c dello Spirito Santo.
Uividi I'infermiera qualche giorno dopo.
— Suora, mi disse, se tu avessi visto e udilo!
QiU'irufTiciale e niorto come un sanlo. ripetendo:
0 C.razic, grazie, Signore, che mi mandasti quegli
nngcli, grazie ».
Printed m U&lif
Anno IX - Num. 4
15 APRILE 1931 (IX)
PUBBUCAZIONE MENSILE
C. C. Postale
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s o jvi Ari A. le I o
Una cerimonia nuovissima per Shiu Chow. — L'Istituto Missionario Card. G. Cagliero di Ivrca.
DALLE LONTANE MISSIONr: Contrattempi. — Un missionario tra i Mishmi. — Inukai Ghetnpacci.
— La cappella dclla selva.
SU E GIU' PER IL MONDO: Lo spiritismo nell'India.
COLLABORAZIONE MISSIONARIA. — SUPERSTIZIONI E RITI PAGANI.
RACCONTI: UHE Vi'AGUU. — L'innocente e il bandito.
Gentili
-^ Gioventu
Lettori!
tsstonarta
uSllHiiii'msa
rivolge a cijscuno di voi la preghiera di volervi adoperare per
una propaganda attivissima per aumentare il numero degli ah-
honati pel 1931. ^'B Sia un vanto per ognuno di voi recarci
UNO O Pltj NUOVI ABB ON ATI tra i vostri amid. Da
parte nostra — oltre la riconoscenza doverosa per tutti i pro-
pagandisti che ci daranno la loro cooperazione missionaria —
premieremo i piu attivi e henemeriti.
Ricordino i nostri Amici:
1 - Di specificare che si tratta di ahhona-
mento a Gioventu Missionaria pel 1 93 1 .
2 - Scrivere chiaro e complefo I'indirizzo,
colla relativa via e provincia e numero
del quartiere postale.
3 - Si prega di indicate sempre se labbona-
mento e NUOVO, oppure RINNOVA TO.
4 - Chi spedisce con altro mezzo I'ahbona-
mento, I indirizzi esclusivamente alia
Amministrazione di "Gioventu Mis-
sionaria " — Via Cottolengo, N. 32
- Torino (109).
ABBONAMENTO; S JSZ:'"!''' J." iT°
Ststtnitore I. 10
L. 15
Titallzlo L. 100
L 209
Anno IX - Num. 4
Pubblicazione mensile
Aprile 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
UNA CERIMONIA NUOVISSIMA
PER SHIU CHOW
Da clie esiste, la citta di Sliiu Chow niai
aveva veduto una cerimonia come quella
die si svolse tra le sue mura il 9 novembre:
cioe la consacrazione di un vescovo con in-
ten'ento di altri cinque vescovi, di un nu-
meroso stuolo di sacerdoti missionari, e di
folle giovanili accompagnate da bande mu-
sieali, tutt'affatto diverse da quelle rudi-
nientaU che da tempi imniemorabili assor-
dano neUe varie ricorrenze.
Ricordiamo brevemente I'avvenimento.
II vescovo consacrando era il novello
Vicario Apostolico della nostra niissione
cinese del Kwang Tung, successore del com-
pianto Mons. Luigi Versiglia. La Santa
Sede aveva eletto a tale carica I'lspettore
Salesiano della Cina, Don Ignazio Canazei
e S. E. Mons. Celso Costantini, Delegato
Pontificio avrebbe compiuto il rito della
consacrazione nel suo viaggio di ritomo in
Italia.
Dapprima si era incerti se la cerimonia
si dovesse compiere a Canton, o a Shiu Chow:
si temeva che qualche disordine potesse
scoppiare e non era prudenza mettere in
pericolo la vita degli illustri personaggi che
sarebbero intervenuti. II Delegato Ponti-
ficio propendeva per Shiu Chow. Siccome
U Govemo di Canton da parte sua garentiva
I'ordine piu completo, si fisso dunque la
data del 9 novembre per la cerimonia da
svolgersi nella capitale del Vicariate Apo-
stolico.
L'arrivo cola di S. E. Mons. Costantini,
(li Mons. Tsii (Cinese), Mons. Fourqitet, Mons.
I'altorta, Mons. Walsh, dei rappresentanti
delle missioni piii viciiie diede luogo ad una
scena indimenticabile. Ricevuti solennemeiite
dalla cristianita alia stazione, in superbo
corteo sfilarono per le vie della citta fra una
doppia ala di popolo che le marziali marcie
delle tre bande richiamava sulla strada.
Dire la meraviglia dei pagani al vedere il
rappresentante del Papa, che conoscevano
solo di fama, e al mirare tra i Vescovi un
autentico figlio deUa Cina, Mons. Tsu, non
e cosa facile, e ogmmo dei nostri lettori puo
inunaginare quante e quali esclamazioni
infiorate alio stile orientale uscissero di bocca
ai cittadini di Shiu Chow.
La consacrazione, awenuta nella chiesa
presso il Collegio Don Bosco, richiamo una
~- 6/
folia di cristiani e di pagaui, e vollero esser\i
presenti anche le autorita cinesi. Vi assi-
stettero pure gli alunni dell'Orfanotrofio
di Macao e di Hong Kong, che con le loro
bande e con gli esercizi ginnastici riscossero
la piu entusiastica ammirazione.
divota di tante aninie buone. Proprio il
giomo 9 novembre, in Shiu Chow, le auto-
rita militari sventarono una congiura per
far scoppiare un'insurrezione bolscevica;
arrestando i caporioni e fucilandoli imniedia-
tamente. II pericolo fu tanto piii grave, in
Mons. IGNAZIO CANAZEI.
Mons. Costantini con gli altri vescovi rese
omaggio riverente alle tombe gloriose di
Mons. Versiglia e Don Caravario, dei c|uali
tessfe un commovente elogio nel brin<lisi
fatto durante il banchttto.
I,e feste riuscirono splcndidaniente. Tutti
ebbero vivissinia fiducia nella protuzionc
di Don Bosco, e il Beato premio la fede
quanto gli agitatori (tutti al di sotto dei
20 anni!) erano riusciti a trarre alia loro
causa i mitraglieri dclla terza Divisione e
aleune associazioni. Conceda ora il Beato
Don Bosco un pacifico e fecondo apostolato
a Mons. Canazei, successore dell'indimen-
ticabile Mons. Versiglia.
N.
62
L'Istituto Missionario Card. G. Cagliero
di Ivrea.
Dopo avervi detto della Scuola Agricola
Missionaria di Cumiana, eccovi una pa-
rola suiriSTiTUTo G. Cagliero di Ivrea.
Pill die a parole vorrei ritrarvelo con
tante fotografie e presentarvelo nell'evi-
dente bellezza che tutti ammirano; ma
non avendo a mano molte fotografie belle,
debbo liniitarmi a manifestare soltauto
il mio desiderio.
Snrgt in ameiia posizione, fuori della
citta, sulla strada che s'inoltra nella bel-
lissima valle d'Aosta, in altura dalla quale
si amniira un niagnifico panorama con
nionti e pianure, con colline moreniche,
documento dell'attivita degli antichi im-
mensi gliiacciai che protendevano le loro
masse di ghiaccio fin oltre la capitale del
Canavesano. L'Istituto Cagliero ha an-
nesso un ampio tratto di terreno, che lo
sforzo di tanti volonterosi ha trasfonnato,
nel giro di parecchi anni, in fecondo giar-
dino meraviglioso che sale sul pendio
Toccioso della « Sassonia » (la parola in-
dica cio die in engine era quel terreno,
una coUinetta rocciosa), al culniine del
quale e stato or ora edificato un grazioso
tempietto dedicato al Sacro Cuore di
Gesu.
L'isfifufo dei... monumenfi.
II tempietto non e il solo monumento
che dia grazia e valore spirituale e ar-
tistico airistituto Cagliero: altri chioschi
e grotte accolgono statue sacre di varie
diniensioni profuse dalla pieta di anime
buone che si susseguirono in quella di-
mora. Ma non e per tale ricchezza che ho
battezzato cos! I'lstituto; esso ha pure
autentici monumenti e credo che, in pro-
porzione, nessun altro istituto I'eguagli.
Varcando la soglia ecco quello di Don
Bosco che vi rivolge il suo incantevole
sorriso e vi da quasi il « benvenuto »; in
uno dei cortili balza fuori da un'aiuola
quello di Domenico Savio in un atteg-
giamento di apostolo; poi il bellissimo
busto del Card. Cagliero. Contemplandoli,
I'occhio si delizia in quell'armonia di
atteggiamenti e di ideale espressione che
63
I'arte ha trasfuso in quei niarnii, che ram-
nientano ai giovani apiranti ricordi ca-
rissimi e suscitaiio in essi sentimenti
genercsi, quali ebbero i personaggi raf-
fignrati in quei monumenti.
Tutti e tre incamano I'ideale di aposto-
lato e ricordano esempi di zelo che megHo
non si potrebbe desiderare per un aspi-
randato niissionario.
Vecchie rimembranze
e realla presenfi.
Delia casa e dei cortili non vi dico nulla:
dalla fotografia che vi presento potete
arguire che se I'estemo e lindo e piacevole,
I'interno per lo meno vi conisponde nella
stessa misura o supera la bellezza esteriore.
Delia villa primitiva, che la piissima
mamma del Cardinale Richelmy donava
nel i8q2 alRev.mosig D Rua, non eforse
rinia-ta traccia, nella ricostruzione che
di anno m anno si e compiuta. Ma nessuno
si sarebbe sognato quarant'anni fa di
vedere I'attuale trasformazione della casa
e del terrene, con le comodita che oggi
invogliano i felici abitatori a godere tutto
quel ben di Dio che e loro offerto e a farvi
onore con I'entusiasmo della loro santa
attivita.
Veramente felici sono i 207 aspiranti
deiristituto! Stimolati dalla saluhrita
dell 'aria e dallamenita del luogo — oltre
che dalla nobile idea che guida la loro
volonta — essi dedicano alia fatica dello
studio e della scnola ben dieci ore gior-
naliere: non ne risentono danno alcuno,
anzi si sentono presi sempre piu dal desi-
derio di utilizzarle bene, facendo dello
studio intenso una preparazione alia vita
da essi sospirata. Non mancano sani di-
vertimenti e svaghi di deliziose passeg-
giate: bisogna vederli quando gli aspiranti
partecipano con foga ai giuochi delle
ricreazioni riempiendo I'aria di grida fe-
stose e di canti giocondi.
Non mancano neppure alcune ore di
lavoro manuale per irrobustire le forze
fisiche e meglio disporre alia fatica dello
studio. Se si pensa che debbono svolgere
I'intero programma del corso ginnasiale
e apprendere la lingua inglese, le cure
non sono superfine e rivelano tutta la
premurosa bonta dei superiori.
Una sorgenfe meraviglios',
Non vi ho detto nulla delle pratiche
spirituali a cui attendono quotidiana-
mente gli aspiranti: occorre forse dire
una cosa, saputa e pensata da tutti, che
IVREA. = II laghetto: mita di deliziose passcggiate.
64
IVREA, = Cdppella votiva al Sacro Cuorc di GcsCi.
la vita di un aspirante missionario deve
avere la caratteristica della pieta?
Gli alunni dell'Istituto Cagliero — an-
che pel fatto che molti di essi provengono
dalle l^le della G. C. I. dove hanno dato
liiniinosissimo esempio di zelo cristiano —
noil solo I'hanno vivissima, ma la rinvi-
goriscono ogni di con la S. Comimione,
con la pill tenera divozione a Maria Ausi-
liatrice e con la pratica dei doveri cri-
stiani, secondo la bella tradizione delle
case salesiane. Questa — piii che I'aria e
I'amenita del sito, piu che le soddisfazioni
dello studio e del lavoro — e la vera
sorgente dell'intinia felicita della vita
gioconda che vivono ad Ivrea gli aspi-
ranti .niissionari.
L'Istituto Cagliero ha gia la sua re-
dame fortunata perche da alcuni anni
e sempre pieno di aspiranti: eppure il
sig. D. Rinaldi, padre di tutti i missionari
di D. Bosco, non e ancora soddisfatto.
h'operarii aiitem pauci del Vangelo, il
... grida, non darti posa del S. Padre Pio XI
concordano con le richieste quotidiane
che i missionari da ogni parte rivolgono
al sig. D. Rinaldi per avere rinforzi; ed
egli desidera nuove reclute, pronto a
qualunque sacrifizio
Pregate anche vol, cari amici, perche
il vSignore non solo guidi a riuscita la
vocazione di codeste primizie cosi pro-
niettenti, ma ne susciti molte altre tra
la gioventu d' Italia e del niondo.
Vostro aff.mo
Zio GiGi.
DALLE LONTANE MISSIONI
CONTRATTEMPI
La stagione delle piogge non ebbe prin-
cipio, quest'anno, che il 7 novembre; ma,
d'allora in qua, I'acqua e ormai giornaliera.
Un vero beneficio, pero, sia per la vegeta-
zione come per la temperatura, che, felice-
mente, si va rinfrescando. H il momento-
della seminagione e delle piantagioni. La
terra, induritasi durante la stagione secca,
non puo essere lavorata se non dopol'innaf-
fiatura di cui si prende cura il buon Dio, Ma
qui tutto cresce a vista d'occliio. che il ca-
lore da la mano aH'umidita. Noi abbiamo
gia gustato dei piselH e una volta anche delle
fragole. II granoturco e gia a un metro di
altezza e qui le pannocchie non sono di co-
lore giallo come in Europa, ma bianche; e
si mangiano crude, owero cotte nell'acqua;
se ne estrae pure la farina. Nell'attesa della
raccolta, gli indigeni mangiano cio die tro-
vano: della frutta raccolta nelle boscaglie,
dei bruchi connnestibili di varie specie, od
altre bestiole ancora, di ciu essi sono ghiot-
tissimi. Talora ci giungono alia scuola le
fanciullette, pieni i capelli di tali bniclii otJ
animaletti die esse hanno raccolto lungo la
strada. Sara I'incanto del calore, oppure
I'impotenza di sbrogliarsi dalla capigliatura
ricciuta quello die trattiene pacificamente
tali ospiti su quel trono improvvisato? Non
lo si sa... ma se la sapessero lore la sorte
die li attende!... in meno che non si dica,
essi formeranno il miglior piatto per il pranzo
e saranno divorati con una gioia senza pari.
Novembre e pure un mese nefasto per la
Una mamma coi suoi piccini a... tavola.
66
salute dei neri, soprattuttodeibimbi. Ilcani-
bio si briisco della temperatura jiorta con sc
dei raffreddori con complicazioni: niolti sono
preda della polmonite che non jjcrdona.
Anche la nostra casetta ha dovuto pagare
il sue tributo alia morte: I'ultima timba, ri-
cevuta in marzo e battez/.ata in agosto con
il nome di Maria, se ne volo al Cielo dopo
soli tre gionii di malattia, il 6 novembre.
II piccolo Francesco, che ha ora due auni e
mezzo, sa che Maria e volata vicino al Bam-
bino Gesu; ma, alcuni giorni dopo il fune-
rale, non vedendo piii il lettirccio della pic-
cola arnica, domanda: « Dov'e il lettino di
Maria!?... ». Non era che una piccola cassa,
la culla della piccina, e la si era data ad una
povera donna, madre di quattro figli. « Non
e pill qui — si rispose a Franceschino: — la
M. Superiora I'ha data alia piccola Marghe-
rita i>. Dopo un istante di rifle.ssione, Fran-
cesco concluse ingeniiamente: « Oh, io quando
me ne andro al Cielo, portero con me anche
il mio bel lettino!... ». Gli e che, in verita,
il suo lettuio e proprio bello, di ferro bianco,
colla sua brava zanzariera, che ima famiglia
belga, stabilita in Sakania, gli lascio in dono
nel febbraio scorso prima di far ritonio in
patria. E il nostro piccolo ne e orgoglioso;
egli che non possedeva altro lettino fuor
della cassa che passo poi m eredita alia pic-
cola Maria!
Tutti i nostri piccoli alunni intenii fanno
dei grandi jirogressi nella lingua francese; ma
Kyola la vmce su tutti. II gatto ha rubato
un pezzo di came, ed essa tutta seria: « Suora
— dice — il micio ha preso la carne con la
sua bocca! ». Un giomo essa aveva raccolto
dei grilli che sono mangiati da questi neri;
e siccome uno aveva perduto le ali, la bimba
grida al presentarlo: « Ecco nyeiise che ha
perduto le sue penne da lui » e voleva dire
che aveva perduto le ali da se. In kibemba,
si pronuncia or invece di ol, o viceversa,
indistintamente. Cosi, per dire : la came
e molle, Kyola dice: la came e mora !
La nostra Missione e stata ancora pro-
vata, alciuie settimane fa, daH'incendio.
Un nero aveva acceso il fuoco sotto la sua
pentola per far cuocere il biikari, quando
improvvisamente si levo un vento turbi-
noso. Le scintille sono lanciate in un istante
sul tetto di paglia della povera capanna e
di altre cinque vicine. suUa stalla delle vac-
che, che per fortuna in quel momento erano
fuori, e tutto divenne preda delle fiamme.
Le f amiglie soro state alloggiate il meno male
possibile presso I'una e I'altra, mentre si
provvede alia riparazione del danno occorso;
ma le vacche, gettate in un rinchiuso abban-
donato, scontente della loro sorte, non die-
dero piii il latte, e per tre giorni abbianio do-
vuto jjagare anche noi il fio del loro malu-
more.
Un mattmo, in cappella, e durante la
santa Messa, una capretta, che aveva tro-
vato la porta aperta, entra .sgambettando
sino all'altare, e distrae tutta I'assistenza.
Le formiche sono impegnate nello scavare il
suolo sotto il confessionale, e vi fanno la
loro dimora: il fastidio si e che quelle curiose
Giovine sposa col suo rampollo.
sono sempre h ad ascoltare I'accusa dei no-
stri falli! Ma avviene pure un altro fatto fa-
ceto: le donne vamio a confessarsi col loro
fardello sulle spalle: il bimbo legato come un
batuffolo; ed hanno cosi un altro testimonio...
a loro carico, sicuro! quando non sono due...
come succede con Marita, che ha due bam-
bini, mio sul dorso e I'altro che gia cam-
mina... ed il bel trio esce trionfante dal con-
fessionale!
La vigilia dei Santi. un gruppetto di fo-
restieri arriva a Sakania: cmque cristiani, il
padre e le sue quattro figlie; e tutte se ne
vanno direttamente alia cliiesa. Dopo qual-
67
che po' di tempo passato in pregliiera, irna
delle figliette si avvicina a Suor Maria e le
dice: — Vuol essere tanto buona da venire
a confessarci?
— lo? JIa non lo posso. figliuola; bisogna
andare a cliiamare il sacerdote, alia casa.
— Ah! ed io ci vado: grazie!
Ouesta povera gente dei cainpi e cosi in-
genua e semplice, die s'inimagina forse, die
basta essere consacrati al Signore per avere
tutti i poteri!
Ouindid gionii fa, abbianio fatto con tutta
la nostra piccola gente la passeggiata hinga
annnale, visitando alcimi dei villaggi an-
cora sconosciuti. Coni'e bella la natura, e
come ci parla di Dio! Attraversandoi campi
e le praterie, costeggiando i fiumi o passando
in mezzo alle piaiitagioni non si puo non am-
niirare la mano onnipotente del Creatore!...
Ma, abbianio anclie avuto una sorpresa poco
gradevole: la traversata tragica del poiite a
Kandoulou. E un ponte fatto con tronclii
d'alberi al naturale: della lungliezza di circa
15 nietn, largo tre e alto quattro, senza pa-
rapetto ai lati e, tratto tratto, niancante di
piano su cui poggiare il ])iede. Al giimgere
dinanzi a queste a])erture, piu o meno grandi
secondo il caso, biso.gnava prendere slancio
per fare un salto e vincere la difficolta, ma
i tronclii giravano sotto i ])iedi e poco manco
non preiidessimo im bagno. I neri corrono
su quel ponte come scoiattoli; ma le suore
dovettero farsi del bel coraggio per raggiun-
gere la sponda opposta, e sentirono dav-
vero la protezione del loro Aiigelo Custode.
Uno di questi ultimi gionii, due suore aii-
dando a visitare una povera donna amma-
lata, vollero prendere una scorciatoia, ma
si trovarono imbarazzate nel passaggio del
torrente: non v'era altro che un tronco d'al-
bero gettato dall'una all'altra riva... II ma-
rito ddl'inferma ed un buon ragazzo di do-
dici aiini entrarono nell'acqua ed oflfrirono
le loro spalle come apijoggio, aiutandole cosi
a fare senza pericolo la traversata... Si riesce
cosi a vincere ogni difficolta, con I'assistenza
del buon Dio!
Una figlia di M. A.
II gruppo dcj tnis^ionari Salesiani col comandantc del piroscafo 'Trier*.
ACCADEM/A IN... ALTO MARE.
Sill jjiroscafo <■ Trier » fiiunto tcsti- ill Jvstrciuo iiovizi; j.'li allri appartfiiL-vaiio ad altri Drdiiii.
Oriente oraiio a bordo 57 nii.s.sionari c apparte- II 7 diccmbrc fii organizzata a bordo un'Acca-
ntnti a varic na?.ioiialit;i e diretti in varie re- demia in onore dell'Inimacolata col concor.so
Rjoiii dell'A.sia. I Salesiani formavaiio il griippo della banda del piroscafo: riu.sci degna della
piu iiiiiiieroso: 2 saccrdoti, 10 chierici c 9 Madonna.
68
Villaggio tibetano sulla ripida e rocciosa montagna.
UN MISSIONARIO TRA I MISHMI
Ritomato di tra gli Abor P. Krich rifonii
subito il bagaglio di molti bottoiii, spilli,
cravatte, anelli, specchi, forbici, fazzoletti,
stoffe rosse, sale e tabacco, ecc. per tentare
la via del Tibet attraverso la regione dei
Mislimi.
Coll'aiuto del cap. Wicli otteiiiie die il
figlio di un capo Khanti gli facesse da guida:
raccolse poi con niolto stento ii uomini
come portatori, ai qiiali s'aggiunscro iin gio-
vanetto e 3 Mislimi.
Parti da Saikwah il 15 dicembre 1833.
risaleiido la valle del Lohit... Alberi enonni
die coutavano secoli di esistenza, con tron-
chi pieiii di parassiti e attorcigliati da liaiie
die peiidevano in magiiifici festoni; coUine
clie pel manto di fitta verdura e per lo strato
di tronchi in putrefazione non lasciano ap-
parire neppure una roccia; suUo sfondo cupo
il luccichio della mica come se la montagna
fosse d'oro: ecco il quadro pittoresco ve-
duto dal missionario. Ripide saUte e piu
ripide discese per monti e valli furono il di-
versivo della sua vita tjuotidiana.
In una valle dovettero traversare un poiite
di liaue (Rotang) costnitto dai Mishmi ad
un'altezza di 30-70 m.: siiU'intreccio di liaiie
.scorre un cercliio in cui sta il passeggiero
aiutandosi colle mani. II missionario pero
non oso ax-venturarsi in quel cercliio, e
prefer! passare su altro ponte poco distante,
ma arrivato a due terzi del ponte precipito
in acqua pres.so la riva. Col tempo si adatto
anche ai ponti sospesi e al cercliio.
Arrivarono sfiniti nel paese del capo Kru.ssa,
dove, per I'opposizione di altri capi cola
convenuti, non poterono proseguire oltre.
Dopo trattative lunghe coi capi il 1° gen-
naio 1852 si avvicino al missionario sul tardi
uno dei portatori e gli disse:
— Padre, stanotte non domiire: ti vo-
gliono uccidere!
Ma lo vinse il sonno... Non ci fu nulla nella
notte, e al mattino parti. All'ultimo paese
(Kotta) coniparvero due brutti ceffi armati
die gli rovistarono il bagaglio e avevano
rintenzione di ucciderlo, ma un colpo di
fucile li intimori e lo lasciarono proseguire.
Credettero die nel fucile si aimidasse un po-
tente spirito.
II 16 gennaio eiitro in Walong, villaggio
tibetano, sciogUeiido mi inno di ringrazia-
meiito al Signore. Tutti vennero a squadrarlo
con sorpresa e poi se n'andarono, lascian-
dolo solo, senza dargli ne un segno di bene-
volenza, ne di odio. Egli non aveva ne viveri,
ue regali. Prosegui per Soniine, i cui abitanti
accorsero a toccargli i vestiti, le tasche, i
deiiti, la barba, acontargli leditadelle mani.
Alcuni Lama I'accolsero nel loro monastero
ed egli si dedico alio studio della lingua.
Pochi gionii dopo il goveniatore cinese fu
ad interrogarlo e a intimargli di uscire dal
Tibet.
Quando ripasso a Kotta il capo lingsha
lo accol.se con rabbia e lo minaccio aperta-
nieiite di morte: poi per consiglio della mo-
glie gli accordo tre giomi di tempo per...
guarire im nialato, che per essergU caduto
un albero sul piede I'aveva ferito e reso feb-
bricitante. II missionario lo medico; ma
dovette constatare I'ingratitudine del be-
neficato che gli rubo un gionio due monete.
lingsha lo tratto bene e lo lascio ripartire.
Gli altri capi lo spogliarono di tutto, anche
della veste e deH'ultimo paio di calzoni...
diceiidogli: — A casa ne hai degh altri...
e poi temi forse di morire dal freddo an-
dando nudo come noi?
Giunse cosi a Saikwak il 18 marzo... II
cap. Smith gU ando incontro e vedendolo
a quel modo gli disse: — Oh povero Padre,
in che stato e ridotto! — E gli diede i primi
aiuti.
69
INUKAI
AAA
A A Ax A A
AAA A A AAA
Voi noil conoscete certo Inukai Ghem-
jiacci. E un cavaliere leggendario del Giap-
pone. Giunge di notte in una piccola rasa
di Ife (noi diremmo un piccolo albergo), e
al padrone un bnon vecchio die lo dissuade
di metlersi in viaggio, risponde che deve
andare a salvare un amico che e in peri-
colo, si fa dare un area e due freccie e non
ascoltando i consigli del buon \'ecchio, si
avventura alia salita della pcricolosa mon-
tagna. Salendo salendo Ghein[^acci pensava:
« quel bravo uomo voleva ferniarnii per gua-
dagnar certo (|ualche soldo., non bisogna
dare troppo ascolto alle parole di questa
gente... NcH'altro versante vi e il villaggio
Ma (|uanto piii saliva tanto pin aunien-
tava I'oscuritn e il freddo. « Avrei fattomeglio
a pigliare un lunie... Saia meglio ferniarsi
in attcsa deH'aurora... O sara meglio con-
tinuare per non cssere preda di bestie o di
serpenti... », c cosi diccndo scendeva, sa-
liva, fece molta strada, ma fini collo smar-
rirsi. Quand'ecco che si trova di fronte ad
una porta di pi'4ra
~ Veh, veil... E lii
lamosa Kougouri (por-
ta bassa ove non si
pud passare che cnr-
vandosi) .. Qui tntte
le sere viene la lince a
divertirsi... Che fare':"
E meglio entrare nella
grotta . Avessi ascol-
tato i consigli del vec-
chio X e cosi accocco-
landosinell'inteniocon
I'arco e le freccie pron-
te, pensava ai suoi
cari lontani...
Eran le 3 del mat-
^.'mo(\\\a\\^^oGhempacc I
vede avanzarsi due o
Ireluci. Pensa chesia-
no spiriti e uscendo
dalla cavema si ar-
rampica su un albero
e imbrandendo I'arco si niette
in posizione di difesa...
1)
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(
3)i
4))
I
5)1
70
GHEMPA CCI.
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I\Ian mano die le liici si av-
vicinaiio si accorge della pre-
senza di iin essere spaventoso.
La faccia era quella di una ti-
gre irritata: le fauci sanguinanti
e spalancate: denti bianclii affi-
lati come spade, due .'unghi mu-
stacchi pendevaiio come rami
di salice ghiacciati dalla neve.
II resto del corpo come quello
di un uomo: al fianco due spade:
montava uu cavallo a pelo
castagno. La figura del cavallo
non era meno niostruosa. Sem-
brava lui albero secco coperto
di muschio; i piedi come rami;
la coda come un cespugl'o. Due
servi dalla faccia azzurra e nera
lo accompagnavano e parlavano
con lui affabilmcnte.
Ghcmpacci pensa: « fi certo il
re dei niostri... se non lo an-
niento coUa freccia finira col-
I'uccidere tne... ». Si arrampica
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cautamente in buona posizione, incocca la
freccia die parte e colpisce il mostro in pieno.
Un grido di dolore; caduta del mostro, rimesso
in sella dai due scrvitori; fuga precipitosa
dei medesimi... e continuazione del viaggio
di Ghempacci...
Storia davvero dell'altro motido!... Vedete
che la fantasia dei nostri cari Giapponesi non
e del tutto dispregevole... E la morale? Ti-
ratela voi. IJ la vita quotidiana del missio-
nario, vero cavaliere del Signore, che ha da
combattere in Hiappone non tanto coiitro gli
dementi naturali (non niancano anche que-
ste difficolta), ma in modo s^eciale contro
gli dementi niorali rappresentati dal mo-
stro della favola; contro I'azione positiva del
diavolo che tiene con tutte le forze queste
povere anime sotto la sua scliiavitii, c con-
tro cui vanno purtroppo tante volte a vuoto
le arnii anche ben aflilate del niissionario.
Mid buoni giovani, moltiplicate colla pre-
gliiera e coi sussidi materiali queste armi ai
missionari, e si riuscira col vostro concorso
a qualche cosa. Don V. CiMATTi.
7^
LA
CAPPELLA
DELLA
SELVA
MACAS (Equatore). = II bat=
tesimo di un kivarctto.
TogUamo da una Icttcra della Rev. da MAnRE
DecIiMA Rocca, Ispeltrice delle F. di M. A.
tielV Equatore queste belle impressioni sii una
visiia da lei fatta alia Missione dell'Oriente
Equatoriano .
Macas, 6 giugno 1930.
Da inolto tempo un buon Macabeo che
sta dall'altra jiarte del fiume Upano, suppH-
cava perclie si andasse cola a vedere quei
poveri Kivari che sospiravano il missioiiario.
Egli stesso, con I'aiuto di vari di loro, fab-
brico una cappella di banibii e -v^enne ad in-
vitare Mens. Comin perclie andasse a be-
nedirla. Alle 7 ci mettemmo in camniino e
dopo un'oia delle solite strade, arrivamnio
al fiunie Upano. Questo occupa un alveo
grandissimo e si divide in 4 e piii canali che
bisogna attraversare: parte portati suUe
spalle e parte in piccole canoe a due o tre
per volta. E stato un lavoro lungo e peiioso
per grincaricati di questo trasbordo, ma
tutti giuiigennno felicemente all'altra sponda
ove attendeva un gran nuniero di kivari e
kivarc, portando legati sulle spalle i loro
bambini e trascinandone altri dietro di se.
I,e (Jonnc ci si strinsero intorno, e coi gesti
€ col loro gergo ci dimostravano la loro gioia.
Altrettanto facevano gli uomini attorno al
grnpjjo dei Superiori. Dopo una salila di
circa un'ora. arrivamnio alia casa del Signer
Venanzio, di tronte alia quale sta la cap-
pella da benedire.
Mentre si prendeva un po' di ri]>()So alcuni
prLi)aravano ])er la ccrimonia; intanto le
donnc- ci attorniavano e diccvano; — Vcnite
qui, vinilc (jui con noi e vi daremo le noslre
figliuole perclie loro insegiiiate a pregarc e
a leggere; anche noi vogliamo conoscerc
Iddio, ma dall'altra parte non vogliamo
andare perche abbiam paura dei civilizzati.
Se verrete qui, vi daremo della nostra yuca,
della nostra chonta, non vi manchera il ba-
nano; quando xerrete?
Puo imniaginare Ven. Padre come ci si
strinse il cuore al vedere quelle creature ta-
meliche di Dio e delta verita. e per man-
canza di personalenon poterle aiutare. Tutta
queH'immensa selva e seminata di kivari di
un carattere molto piii docile e tendente al
bene di quei di Gualacjuiza, Si convenne
d'accordo con Monsignore, che una volta per
settimana sarebbero andate da Macas due
snore per insegnare il catechismo e Monsi-
gnore avTebbe mandato mi Salesiano' e cosi
si paciiicarono un po' quei poveri kivari.
I5s,sendo tutto pronto S. E. Mons. Comin
])rocedette alia benedizione della cappella...
I<a cappella della sclva cioe una stanza di
circa m. 12 per 5 fatta tutta di canne di
bambvi spaccate; con un pavimento dello
stesso materiale all'altezza di un metro da
terra e il tetto di paglia. Non occorrerebbero
finestre, quantnnque ve ne sia una, i)erche
le fessure lasciano abboiidantemente ]5as-
sare I'aria e la luce. Tutti quei buoni kivari
assistettero alia funzione con una serieta
ammirabile. Subito doj^o il Sig. Direttore
Rev. P. Torka celebro la Santa Messa, nien-
tre si recitava il Santo Rosario. I^er la prima
volta Oesii scendeva dal Cielo a santificare
colla sua reale presenza cjuei luoghi iinora
regno del demonio, e la Vergine ciiK|uanta
volte invocata dai pre.senti colla commozione
c ia Fede che jjossono dare simili circostaiize,
avra guardato con tencra compiaceaza quei
7^
MACAL.
Gruppo totogrdiico prcso dopo I'lnaugurazione della cappelia.
poveri figli della foresta e iniplorato dal suo
Gesii operai per I'abbondante messe. Oh!
noil sia loiitano questo giorno. Dopo un cor-
diale pranzetto prej^arato dal buon Sig. \'e-
nanzio, ripigliainmo il gia fatto canimino,
pieiio il cuore di soavi e sante emozioni, stii-
diando il niodo di poter quanto prima sta-
bilirci tra quella buona geiite. Ouaiido sara?
Suor Dkcima Rucca
F. di M. A.
LA VIA LATTEA.
I Cinesi nel culto alia Luna vi mescolano
anche la Via Lattea perclie credono che la luna
vada di tempo in tempo a dissetarsi nella \'ia
Lattea, da essi raffigurata come un ampio fiume.
A ricordare I'avvenimento essi avevano ceri
nionie speciali il 7° giorno della settima luna.
La credenza era origiuata da questa leggenda.
La figlia della regina madre del cielo, tessi
trice, meutre con le altre divinita si dissetava
ad un fiume, fu vista dal « bufalo » che corse
ad avvertire il « bifolco ». Questi, preavvertito
in sogno sul da farsi, ando al fiume e rubo il
mauto che la tessitrice aveva deposto suUa
riva. Le divinita, una volta dissetatesi, risali-
rono alia riva e indossati i loro manti spicca
rono il volo pel cielo: la tessitrice non trovando
il suo dovette restare suUa terra. Ando raniinga
in cerca del suo manto finchc capito in casa del
bilolco ed ivi pose la sua dimora sposandolo.
libbe due figli.
Ma un giorno scoperto il suo manto, I'iudosso
e in groppa ad una nuvola spicco il volo pel
cielo. II bifolco coi figli I'insegui e gia stava per
raggiungerla, quando la tessitrice invoco aiuto
dalla madre. Questa trattasi dalla capigliatura
una forcina, traccio con essa una linea nel cielo
che divenne la Via lalica, il fiume scintillante.
Cosi furono separati i due sposi, che diventa
rono due costellazioni, una di qua, I'altra al di
la del fiume.
II caso veune quindi sottoposto ad Y Von Ti
(il Giove del Taoismo) il quale permise agli sposi
di vedersi una volta all'anno al y° giorno della set-
tima luna. In quel giorno, si dice, tutte le cor-
nacchie e gazze dell'universo si raccolgono per
forinare un ponte suUa Via Lattea e permettcre
alia tessitrice di passare il fiume celeste per far
visita al suo sposo
Don VixcExzo Ric.\i.i)o:,-E.
~- 73
Su e giu per il mondo
LO SPIRITISMO
NELL' INDIA
Presso tutti i popoli troviamo accanto al-
I'idea religiosa, la credenza in esseri superior!
che in un niodo o nell'altro intervengono nelle
faccende umane. Tali esseri, con nome generico
sono chiamati « spiriti » e possono essere buoni
o cattivi. Qui in India gli spiriti cattivi vanno
sotto il nome di « bhut » che letteralmente vor-
rebbe significare « demoni ». Nella vita indiana
essi hanno un dominio grande specie in alcune
tribii assamesi e limitrofe come presso gli Abor;
ma anche nel sud, che eccelle per civilta e sa-
pere, la concezione spiritica e assai in voga. Ge-
neralmente pero I'indiano non concepisce uno
spirito isolato; ama scmpre immaginare vere
confederazioni o tribii di foUetti a cui sono asse-
gnate occupazioni different!; come si vede attri-
buiscono al regno degli spiriti le categorie e le
idee loro proprie di « casta ».
Anche gli uomini possono in certe circostanze
e per certe colpe essere mutati in ispiriti. Le
quattro personificazioni piu conosciute poste a
capo delle tribu sono leseguenti: Mnnja - Khavis
- Jlwlung - Hedati. Mitnia e rapprcsentato come
un giovine avvolto in coperta nera dal corpo pe-
loso e dalla testa grossa ma di statura assai
piccola. Khavis invece e uomo mature che —
se visto — si allunga notevolmente. Jhotung e
il guerriero perito di morte violenta — assetato
del sangue dei valorosi — e ama apparire sotto
forma di cane che abbaia o... di asino che ra-
glia! Hedali e donna e la si vede biancovestita
con un bambino in braccio, Di tutti gli spiriti
essa e la piu terauta e ha dato luogo ad una mol-
titudine di storie raccapriccianti. Nessuno puo
resistere al sue fascino che seduce come il canto
delle sircnc.
Gli spiriti hanno una grande importanza spe
cie in occasione di seconde o terze nozze. Se
muorc la prima sposa, il marito prima di pren-
derne un'altra deve allontauare dalla sua casa
lo spirito vcndicativo della defunta, e, per far
cio si usano vari metodi.
Nel Deccan per es. lo sposo accompagnando la
salma della consorte al campo crematorio, non
deve per nessuna ragione volgcre indietro lo
sguardo sino a quando il cadavere non sia com-
pletamente bruciato altrimenti lo spirito vi fa-
rebbe ritorno c vi sareljbero gravi guai. I Ma-
ratlia invece — guerrieri per natura — morta la
sposa si aflrettano a piantare pungenti spilli
sul letto e sulla sedia della defunta per toglierle
la voglia di farvi ritorno. Come precauzione poi
si muniscono di un coltello che per vari giorni
non abbandonano per un istante e anche dor-
mendo se lo mettono a portata di mano per
esser pronti a scagliarsi coiitro lo spirito. 1 al-
volta vanno dal sdevrushi » (stregone), il quale
— dietro un buon compenso — piglia una hot-
tiglia, vi biascica su non so quali scongiuri, poi
la chiude ermeticamente assicurando che lo spi-
rito della morta vi e dentro imprigionato e ter-
mina la funzione andandola a seppellire nel
cuore della .jungla.
Se poi anche la seconda sposa muore, il ma-
rito prima di prenderne un'altra, deve solenne-
mente sposarsi con un certo albero chiamato
Shami. La cerimonia ha del ridicolo e del ca-
ratteristico: sui rami di detto albero vengono
appesi gli abiti e i monili della morta; quiudi
lo sposo in processione va sid posto e si mette
a parlare con I'albero come farebbe ad una per-
sona reale e senz'altro propone lo sposalizio e
giura fedelta coniugale. L^n tal albero non puo
piu essere toccato, pcna la persecuzione spiri-
tica tanto temuta dai nativi. Alia morte del ma-;
rito, anche la « strana sposa « deve essere cre-
mata con tutte le cerimonie di rito!
Nella vita familiare poi vi regna un cumulo
di superstizioni riguardanti gli spiriti che sono
tenute per sacre: per es. quando si va ad attin-
ger acqua. tornando non si deve piii poggiare
il recipiente a terra perche, in tal caso uno spi-
rito se la berrebbe. Cosi prima di andare a ri-
poso la buona massaia si assicura che le pentole
sian tutte colme pertemache, nella notte, qual-
che spirito folletto vi prenda possesso. Altra
precauzione si e di non mangiare all'oscnro per-
che il « bhut » si piglierebbe una parte del cibo.
Se cade un ramoscello significa che uno spirito
si trova sull'albero cosi pure se uno inciampa
e cade a terra, la colpa e dello spirito.
La fantasia popolare vede in ogni cosa e in
qualsiasi avvenimento I'opera occulta dei suoi
bliiil e nc ha un sacro terrore. Talvolta al calar
della notte qualche coraggioso si sente ispirato
ad andar a combattere contro i folletti della
foresta e lo si vede, come fuor di se, u.scir dal
villaggio mandando alte grida e ricomparire al
sorgerc del sole, esausto di forze con gli abiti
a braudelli e le tracoie di un lungo combatti-
mento a corpo a corpo.
Non e raro il caso d'incontrare lungo la via
dei mucchietti di pietre aguzzc e di spine. La ra-
gione? Qualche viandante si era creduto inse-
guito dallo spirito e non sapendo come libcrarsi
lo attcsc e coraggiosamente lo .seppelli sotto le
spine e le pietre!
I'overo popolo! sino a quando sarai schiavo
di superstizioni che tanto dcgradano la tua di-
gnita? Oh, venga presto la Luce di Cristo a fu-
gare le tenebre e a portarc la vera liberta di
iigli di Dio!
Luioi Ravauco
AJiss. Salesiatio.
COLLABORAZIONE MISSIONARIA
In una sala del Patronalo Internazionale
delle Giovani, diretto dalle Figlie di Maria
Ausiliatrice, a Torino, la sera del 3 feblriio
u. a., il Rev. Don Umberto Dalmasso, mis-
sionario salesiano, tenne una conferenza sulla
M'ssione Cinese. Descritte con parlicolare
compctenza di storico e di sociologo le condi-
ztoni attuali della Cina con notizie quanta
mat uiteressanti e preziose dal punto di vista
ctilturale , ha iiarrato, quindi, le varie vicende
della vita sua e dei suoi confratelli nelle loro
mansion I di apostoli. Le stalistiche da lui
riferite die diinostraiio I'efficacia del lavoro
racconto e ha jatto rifleltere quanlo e quale
valore sia nelto spirito iimano, allorche esso
vive e opera sostenuto daU'amor di Die, nel-
I'esercizio della caritd verso il prossimo, con
la piu completa e assoluta dedizione di si, vel
sacrificio diiiturno delle sue forze, dei suoi
affetti piu sacri, dei suoi bisogni, financo delle
sue necessitd, soltanto sollecito del bene altrui
e assetato di anime da redimere per il Cielo.
La conferenza efficacissima, inolto caloro-
saniente applaudita e gustata, ha ofjcrto nuovo
motivo a t'ltte le conviventi neW I stituto per
intensificare il lavoro pro mtasioni. Intanto,
I.IN CHOW (Cina). = Tre zelanti catcchisti.
evangelico da essi compiulo, altraverso le
enormi difficoltd dell'ambiente e sopraitutto
della lingua, hanno cifre significanttssitne e
consolanti, degne della piii alta ammirazione .
11 missionario salesiano, poi, ricordato
devotamente e afjettuosamente il martirio degli
eroici Mons. Versiglia e Don Caravario, ha
ricostruito I'episodio drammatico della sua
cattura da parte dei bolscevichi: tutta un'odis-
sea di sofferenze, di umiliazioni, di torture
indicibili, sopportate con la fortezza che ri-
chiama at pensiero I'eroismo dei primi cri-
sliani dinanzi alle persecuzioni pagane e illu-
mina la vittima odu-rna di quella medesima
luce sovrannaturale.
La semplicitd e la rnodestia del narratore
ha reso ancora pm commovente il doloroso
al rev. sig. don Dalmasso presentarono come
prima omaggio, una raccolta di arredi sacri,
oggetti diversi e una modesta somma a favore
della missione cinese da lui diretta; col pro-
posito che piii e meglio faranno per dimostrare
il vivo interesse all'opera missionaria e con-
dividerne i meriti spirituali tanto preziosi.
Mentre ringraziano ancora don Dalmasso
del regalo che ha loro fatto, si ri promettono ,
la gioia di riudirne la parola in una prossima
occasione e di riceverne, per I'efficacia dcl-
I'esempio e del fervore, ulteriore bene all'aninia
e incitamento a faticare volentieri e senipre
per la causa di Dio, sulle orme del beato don
Bosco, alia cui famiglia sono orgogliose di
appartenere.
p. m. s.
75
IL PAESE IDEALE DELLE DIVINITA
e certamente la Cina.
I genii celesti e terrestri hanno ivi il loro
culto insieme alle anime dei defunti: ogni strano
pezKo di legno o pietra deforme, alberi secolari
o ccspugli solitari sono esseri in cui s'annida
qualclie divinitii. Inoltre vi sono le grandi reli-
gion! di Confuoio, di Bndda e di Tao Tze.
Ciascun villaggio ha le sue pagode, ciascuna
famiglia i suoi genii protettori. Ovnnque, sul
declivio dei colli, nei meandri dei fiumi, sulle
niontagne, s'adergono graziose pagode die diinno
un aspetto pittoresco al paesaggio c sollecitano
I'aniniirazione del viaggiatore. In ccrte epoche
rlell'anno sono meta di pellegrinaggi e i devoli
prustrati a terra davanti aH'idolo prediletto,
pregano piu con la bocca che col cuore, emet-
tendo certi gridi imprecatori che ben rivelano
coriie la religiosita del popolino sia basata pint-
tosto sul timore che suU'aniorc.
II popolo ha paura delle sue divinity e percio
le onora.
SUPERS TIZIONI
E RITI PAGANI
legno, tratta dalle radici dell'olmo, di polveri
d'incenso, di garofano, di canfora e di altri
legni profumati (cipresso, ecc). Forniato con
questa materia un morbido pastone, viene in-
trodotto in una ponipa; la massa forteniente
compressa viene fatta uscire con violenza da
buchi rotondi, che trovansi nella parte infe-
riore della pompa, a guisa di altrettanti fili di
varia grossezza, che vengono fatti essiccare al
sole e poscia tagliati secondo la lunghezza vo-
Inta. >Sono queste le candelette che i Cinesi bru-
ciano davanti agli idoli.
IL CULTO DELLA LUNA.
Rimonta alia piu remota antichita, e si hanno
traccie di questo culto gia nelle offerte che alia
luna offrivano gli imperatori (nel 2285 av. C).
Molte forme di questo culto decaddero, o si mo-
dificarono attraverso i secoli, ed altre si aggiun-
sero alle esistenti.
Benche il culto ufficiale della luna oggi sia
conipletamente scomparso, rimane vivo nel po-
polo che al qiiindicesinio giorno dell'otiaz'o niese
non nianca di fare alia luna libazioni ed offerte.
Si bruciano in suo onore petardi, si accendono
lanterne appositaniente fabbricate, si fanno
ascendere verso di essa palloni di carta, si fanno
le rituali prostrazioui e, soprattutto.si consuma
una buona cena, dopo la quale si divorano certi
dolci speciali (diet P'iang = i dolci della luna),
come piccoli panini rotondi. dalla crosta giallo-
dorata, ripieni nell'interno di leccornie diverse
e anche di carne. Poveri e ricchi non lasciano
trascorrere la ricorrenza senza questa piccola
soddi.sfazionc.
/ BASTONCINI DINCENSO.
iv noto che i Cinesi bruciano in onore
lore divinitii hinlnncini d'incenso.
Kssi .sono una composizione di .scgatura
lelle
di
LOR/GINE DEL DOLCI DELLA LUNA.
Bisogna risalire niolto addietro. A causa del
mal governo di un principe era scoppiato un
forte malcontcnto nel popolo con minaccia di
rivoluzione. I capi dei rivoltosi volevano bensi
iusorgcre, ma temevano di scambiarsi lettere
per timore di esscrc scoperti e non potevano
adunarsi .senza dcstare sospetti. Che fecero dun-
que per far giungere ai compagni I'intesa sul
giorno e sull'ora di agire? tlno dei ribclli ebbe
una splendida idea: nei dolci della It\na egli rac-
chiu.se una carta sulla quale bandi I'ordinc ]>cr
il I 5 dell'ottava luna, e diffu.se i dolci jircsso gli
aniici. Kor.se per cjuesto i dolci della luna pas-
sarono nella tradizioiie col nomignolo di « dolci
dei rivoluzionari ».
Sac. ViNCENZo RiCAi.noNE
Missionario Salesiano.
76
Storia di 25 anni fa, narrata da/ missionario D. A. Colbacchini.
(CONTtNUAZIONE).
Cosi fu stabilita la mia nuova visita per
constatare quale effetto avesse prodotto in
voi il « gonibbo » di Giri-ekureu.
Frattanto le pioggie erano incominciate ;
il cielo era quasi sempre coperto di grossi
uuvoloni, i teniporali si succedevano e la
nostra vita nella foresta si faceva ognor piii
penosa. Pur volendo. non potevamo uscire
da quelle maccliie oscure... avevaino paura
dei civilizzati. Molti per liberarsi dall'incubo
(li persecuzione e di morte avrebbero dosi-
derato portarsi vicini a voi perche convinti
die voi eravate buoni, ma altri la pensavano
diversamente. Anche questo mi decise a ve-
nire nuovamente qui.
Molti vollero acconipagiianni per vedere
coi proprii occhi quello che era di voi.
(juando abbiam visto che tutto era alio
stato di prima, ci sianio guardati in faccia
I'un I'altro quasi per dirci: — F, il « go-
nibbo? ». e il maleficio di Giri-ekureu?
Ci sianio fermati con voi due giomi ed
abbiamo lavorato trasportando pali per le
capanne... poi siamo ripartiti allegri prc-
mettendo al Padre un prossimo ritomo. Ci
premeva assai arrivare subito dai nostri,
raccontar loro cio che avevamo vi.sto; nif -
strare i regali ricevuti e soprattutto far sa-
pere che il « gonibbo » di Giri-eknyeii q-Lie-
sta volta non aveva avuto effetto.
Prossimi a toccare il nostro villaggio ci
colse un improvidso terribile temporale. II
vento era tanto impetuoso che non ci lasciava
avanzare; la pioggia cadeva tanto iitta.
creando dinanzi a noi come un velo nebbio.so
che non ci permetteva di distinguere cosa
alcuna. SuUe nostre spalle sentivamo battere
le gcccie come piccole pietruzze; e ci di-
fendemmo la testa con delle larghe foglie
strappate alle piante. Sotto questo infuriare
di vento, lanipi, tuoni e pioggia siamo giunti
alle proprie capanne.
Diedi subito esatta relazione di tutto ad
Uke-waguu, che rimase assai contento e
soddisfatto.
— Proprio come io la pensavo! — mi disse.
— Quei civilizzati non sono come gli altri che
abbiam conosciuto, e per questo si chiamano
Padri... Lo Spirito che essi servono ed amano
e con loro e li protegge; ne abbiamo ora la
prova... Che dira Gni-ckiirhi! Egli contava
.questo individuo che i Borjros chiarridno Eari..
su una certa vittoria e rideva: ed ora che
dira constatando la sua sconfitta?
lufatti Giri-ektiren si senti fortemente
umiliato e disprezzato, e risolse di lasciare
il villaggio e ritira.si colla propria famiglia
loutano da noi; nel suo cuore pero covava
piii cupo I'odio e pivi terribile la vendetta.
Rimase cosi separate da noi per qualche
temoo.
II Bope.
XII. - Anche le sfregonerie
del Barf.
Ec o dunque come avete passata la prova
del « gonibbo »: ora ti raccontero anche
quella del Sari.
Prima per6 di continuare il racconto di
Meriri-kwadda, e bene conoscere qualche
cosa di questo singolare individuo, che i Bo-
roros chiamano Bari, e che altri non e, se
non uno stregone.
Tra gli indii Bororos, come tra tutte le
tribii selvaggie del Brasile, chi esercita la
suprenia autorita, chi gode maggior ripu-
tazione e rispetto, ed 6 il piii temuto e
ubbidito, 6 senza dubbio lo stregone. Egli
ha un nome speciale nelle differenti tribii,
nia e senipre lo stcsso a.stuto individuo che
satanicamente sfruttera I'ignoranza del pro-
j)ri conipagni, e die in forza di poteri pre-
tenia*urali, li terra .schiavi ai suoi ordini,
portandoli a superstizioni che sono un vero
culto alio .spirito lualefico.
Non v'ha alcuii dul)l)io che il Bari e una
<klle niaggiori dJlTu-olta che si devono supe-
rare per liberare il povero Bororo dalla su-
perstizione die lo accieca: lo stregone, se-
condo le attribuzioni e funzioni che eser-
cita, e chiamato Bari o Aroettowarare; sono
due persone, ben distinte I'una daU'altra.
II Bnri il vero stregone, e I'interprete, o
medium, tra la tribu e gli spiriti. Pero pos-
soiio piii persone neUo stesso tempo essere
Bari.
TJ Aroettowarare e colui che trasmette agli
uomini le relazioni delle anime dei defunti.
Le vede e le ascolta; con esse jaarla e da esse
riceve risposte. Ha anche qualche potere
sugli spiriti malefici, ma in grado piu linii-
tato di quello del Bari.
Come questi due tipi di stregoni ricevono
I'investitura del potere con cui possono en-
trare in relazione col mondo preteniaturale ?
E forse per un'eredita di I'amigha, o per una
speciale vocazione, o per un sortilegio? Forse
mai si verra a conoscere esattameiite questo
mistero. Comunemente i Bororos credono
che colui il quale esercita un tale potere, vi
e stato chiamato od eletto in nianiera pre-
ternaturale dallo stesso spirito die lo vuole
al suo servizio: lo spirito I'istruisce, gl'in-
segna tutte le ccse; e guai a lui se gli di-
subbidisce, se ricusa di eseguire gli ordini
ricevuti, i doveri e persino le cerimonie die
gli impone' Avra per castigo la niorte.
Col vocabolo generico di Bope i Bororos
denominano gli spiriti cattivi; e di questi
ve n'lia niolti. Quando un Bope vuole per
se un Bororo, se lo elegge a Bari, comin-
ciaiido coU'iiicutergli degli strani timori. II
Bororo prescelto non sa spiegarsi la causa
di simili timori e spaveuti per vari gionii.
Poi il Bope si fara vedere al suo iniziato
ill sogno in veste di animale di forme fan-
tastiche. Questo accadra specialmente du-
rante la caceia. Vedra a poca distaiiza un
animale tutto speciale, cerchera di inseguirlo,
ma al momento di raggiungerlo, ecco spa-
rirgli dinanzi agli occlii. Quindi si abituera
a sogni di cose straordinarie e future, che
si vedranno avverate; e mentre donne udra
)a voce di qualcuno die lo chiama, che gli
parla e griiiipone rigoroso silenzio su quanto
gli confida. Se I'iniziando da poco importanza
a que.sti fenomeni, o li manifesta ad alcuno,
lo spirito rabbandona alia prima prova d'in-
fedelta e si vendidiera mandandogli qual-
che disgrazia.
(Co)itiiiua).
78
L'lNNOCENTE E IL
BANDITO
(Racconto).
Si chiamava Manik: un tesoro di bimbo,
sui dodici aiuii, dai grossi occhi neri che ri-
specchiavano un'anima Candida come le
cime nevose dellHimalaya che tante volte
aveva contemplate nei tranionti dorati con
un vago desiderio di spiccare il volo lassu
ove tutto e pace ed amore! ISIanik era vera-
mente un angioletto veiiuto su questa mi-
sera terra per portare il sorriso di quella
patria beata a tanti poveri cuori smarriti
e ribelli.
Nel villaggio in cui egli abitava tutti an-
davano a gara per intrattenersi in sua com-
pagnia e per sentire le sue canzoni: ne sa-
•peva tante e la sua vocina era im incantol
II padre di Manik si era portato a cercar
lavoro in un « giardino di te » (tea garden)
molto lontano neUa vaUata del Bramaputra.
In sul principio tutto ando bene e le notizie
piu consolanti giungevano dal caro lontano,
e il nostro angioletto ne era tanto contento
e pregava e cantava con tutto lo slancio del
suo cuore.
Ma vennero i giomi brutti. Passarono al-
cmie settimane senza notizie: sopraggiunse
la stagione delle pioggie e il cielo si fece cupo
e minaccioso, immagine di cio che avveniva
nell'animo della mamma. Manik se ne ac-
corse ed il canto gli mori sulle labbra, Fi-
nalmente arrivo in villaggio un amico del
babbo; ma la sua faccia rannuvolata non
era certo apportatrice di un raggio di sole
in quella povera famiglia.
Cosa era accaduto dimque? L,a dolorosa
storia di tanti die partivano col cuore aperto
alle piu rosee speranze e che poi le febbri
malariche della pianura immobilizzavano
su una stuoia, destinati ad una morte lenta
e atroce per mancanza di mezzi e di medicine.
A questa notizia la buona donna scoppio
in un pianto dirotto. Dunque tra pochigiorni
sarebbe forse morto abbandonato il sostegno
della loro famiglia? Chi sarebbe andato a
portare soccorso all'ammalato? Essa con-
servava ancora gelosamente le cinquanta
monete che egli le aveva mandate, primo
frutto delle sue fatiche; ma come a-\-rebbe
fatto per rinviargliele? Manik comprese il
pensiero angoscioso che tonnentava il cuore
della povera madre e avvicinatosi lentamente
e dolcemente I'abbraccio e: — Mamma —
le disse; baciandola in f route — non pian-
gere; andrd io stesso a trovare il babbo e
gli portero cio che tu mi darai. Non teniere,
sono forte sai, e poi il Signore mi aiutera!
La madre se lo strinse al cuore e sorrise
mestamente. Non voleva pero accondiscen-
dere aUa sua pregliiera temendo di perdere
anche lui. Senonche Manik ormai aveva fatto
il suo piano e insisteva che sarebbe andato
a trovare il babbo ad ogni costo e che non
temeva neppure le tigri e gH elefanti della
jungla.
Alia fine la buona domia si arrese e decise
di affidare il figlio col denaro ad una comitiva
di amici che si recavano ad una piantagione
vicina a quella ove si trovava il povero am-
malato. L'indomani mattina al sorger del
sole Manik era gia pronto e impaziente di
mettersi in cammino. Prima di separarsi, la
mamma lo abbraccio con tutta I'effusione
del suo cuore, e: — Figlio mio, gli disse tra
i singhiozzi, conservati sempre buono e pro-
mettimi che il tuo labbro non sara mai mac-
chiato da una menzogna! — Manik si asciugo
una lagrima che brillo per un istante come
una perla fulgida sul suo ciglio e, dopo aver
promesso alia maimna di dire sempre la
verita, parti.
Fu un giomo di marcia quello, attraverso
viottoli sperduti nella selva che echeggiava
in lontananza di prolungati ruggiti di belve
feroci. Manik teneva allegra la comitiva e
cantava come nei giomi piii belli della sua
vita. Ma verso il tramonto ecco sbucare
dalla foresta una banda di banditi che cir-
condarono i poveri viaggiatori e li deruba-
rono di quanto possedevano. Uno dei ban-
diti si avvicino a Manik e con cipiglio severe
gli disse: — Tu, ragazzo, hai niente di pre-
zioso? — Oh, si — rispose il bambino tranquil-
lamente. — Ho cinquanta rupie (denari)
che la mamma ha cucite qui nella veste. —
II bandito pero si mise a ridere e non voile
79
credere. Ad un secondo che gli fece la me-
desima domauda egli risix)se con le stesse
parole; ma anche costiii scrollo il capo e
afferratolo per un braccio lo condusse di-
nanzi al capo banda.
— S vero che hai 50 rupie addosso, fan-
ciullo? — gli doniando il capo quando ebbe
udito i due briganti.
— Ma si; quaute volte ve lo debbo dire? —
rispose Manik.
Allora gli scucirono la veste e vi trovarono
realmente le 50 rupie con grande loro me-
raviglia. II capo quiudi si fece serio e: —
Perche mai, bambino mio, gli disse, hai con-
fessato cio che potevi nascondere cosi fa-
cilmente? A clii porti questo denaro?
Allora Manik racconto ogni cosa e con-
cluse dicendo: — Ho promesso alia maumia
di dir sempre la \ erita e di conservare puro
il mio labbro come il fiore del loto quando
schiude la sua corolla ai primi raggi del sole.
Le parole del bambino pronunciate con
tanta sincerita e candore, penetrarono in
quei cuori induriti come im dardo infuocato
e li trasformarono come per in canto.
— Dammi la mano, l^ambino — esclamo
il capo banda — tu quest'oggi mi hai data
una grande lezione; mi hai insegnato a man-
tenere la parola! Anch'io, sai, ho promesso
a mia madre di conservanni puro e di dir
sempre la verita... Ebbene da questo istante
voglio cambiar tenore di vita. Grazie, fan-
ciullo, il tuo angelico sembiante mi stara
Sempre innanzi e mi spronera nella buona
via! — Detto fatto. I banditi restituirono
quanto avevano tolto ai viaggiatori e si in-
camminarono con essi alia volta della pian-
tagione per guadagnarsi onestamente il
pane.
E Manik? II coraggioso fanciullo ritrovo
il padre, e con il denaro portato, ma piu
con il suo sorriso restitui la salute all'am-
malato. Pero, compiuta la sua missione, il
buon Dio lo chiamo a se e lo voile annoverato
tra quei gigli profumati tra cui si pasce
I'Agnello senza macchia. Colpito dalle feb-
bri spirava assistito dal missionario che era
giunto in quella piantagione in modo stra-
ordinario.
Quando tutti si erano ritirati, mesti, da
quel piccolo rialzo di terreno sormontato
da una croce che racchiudeva il corpicino
di Manik, giungevano ansanti uomini dalle
faccie oscure, i quali si inginocchiarono sulle
fresche zoUe e le sparsero di fiori.
Erano i banditi venuti a ringraziare il
loro Salvatore e raccomandarsi alle sue pre-
ghiere.
LuiGi Rav.-vlico.
RITORNI.
Mons. Ivanios, giacobita, ritornato alcuni mesi
fa alia Chiesa cattolica, ha ricevuto la profes-
sione di fede cattolica da parte di 35 famigUe
giacobite (180 persone) che nel novembre, imi-
tando I'esempio da lui dato, si sono convertite.
PEL BEATO ODOR/CO DA PORDENONE.
Splendide feste sono state celebrate alia meta
di gennaio a Pordenone in onore del B. Odo-
rico con intervento di numeroso popolo, di
autorita e di vari Vescovi, tra cui Mons. Celso
Costantini. Nel pomeriggio del 14 ebbe luogo
la processione con la reliquia del Beato.
UNA VITA SALVATA.
II Gesuita P. Long era stato chiamato a con-
fortare coi sacramenti una giovinetta cinese in
pericolo di morte. Non trovandola in casa, fu
condotto dal catechi.sta fuori delvillaggio e glie-
I'addito che distesa su due tavole, giaceva sopra
una pozzanghera d'acque stagnanti, con la faccia
coperta di mosche, che non aveva la forza di
scacciare.
II catechista spiego che la poveretta si tro-
vava in quel luogo inimondo da due giorni e
due notti, e che sua madre non era stata a visi-
tarla nerameno una volta; il solo che le avesse
prestato qualche cura era stato lui.
Padre L,ong venne a conoscere che in quella
parte del paese domina il barbaro costume di
non lasciar morire in casa le fanciulle nubili,
perch^ morendo in casa porterebbero sfortuna,
ed uno spirito mahgno porterebbe via le altre
ragazze della famiglia. Per scacciare questo spi-
rito mahgno, che si crede si sia impossessato
della morente, ritengono che il niiglior mezzo
sia quello di adagiarla su di una pozzanghera.
Padre Long fece trasportare la povera ra-
gazza alia scuola della missione, e in seguito
alle cure prodigatele pote guarire. Essa ha chie-
sto ora di potcr studiare per essere catechista
e provare cosi la propria riconoscenza, servcndo
la missione.
tnippmuinietdaiaitin. — O.0OMENICO GARNERI, Oireltore-responsabile. — Torioo.1931 -Tipografiadilla imii Ediliice Inlernazionale.
~~- .Jo -^
(StonacJ^etta
I-A CITTA -MISSIONARIA.
i: la nuova scdc del Collegio Urbauo di Pro-
paganda Fide sul Gianicolo a Roma: sull'alti-
piano allargantesi per i i.ooo mq. sorge il nuovo
Collegio, cogli sparsi edifizi, col palazzo dellc
scuole (nel cui centro e I'aula massima), col
Collegio Americano del Nord, quello Ruteno,
quello Romeno, ecc. e con una folia cosmopo-
lita di aliinui. Sono 200 futuri missionari, fra
belle schiere di altri accolti in altri Seminari:
35 uazioui vi sono rappresentate, fra cui la Cina
con 60 alutini, il Giappone con 20, VIndia con
30, VIndocina con 20, il Sud Africa con 5, ecc.
II Collegio Urbano, vecchio di tre secoli, che ha
visto passare 'tra le sue niura 6000 apostoli della
Chiesa (dei quali 300 Vescovi, molti Arcivescovi
e Patriarchi e Porporati, e una falange di Pre-
fetti Apostolici) oggi rinnovato e ampliato avra
una vita assai piu rigogliosa e piu feconda di
frutti per la conquista di auime vagheggiata
dalla Chiesa.
L'IDOLO GIOANTE.
Cio che si crede es.sere il piii grande idolo del
mondo e stato scoperto nelle vicinanze di Te-
coco, a 40 miglia dalla citta di Messico, dall'ar-
cheologo iudostano Pandurang Knaakloie.
L'idolo ha una altezza di 33 m. e si crede che
la sua eta rimonti all'epoca precedente a quella
deglj Aztechi. I/a statua e tcnuta in pietra e
rappresenta la dea dell'acqua. V: si vedono an
cora chiaramente tracce delle pitture originali.
iMISSIONARI DECORATI.
Mens. Jarosseau, Vicario Apostolico dei Galla
da oltre trent'anni. e stato promosso ufficiale
della I,egion d'Onore. La Croce della Legion
d'Onore e stata pure conferita a Suor Bianca
Tremeau, colla seguente motivazione- « Tren-
t'anni consacrati alia cura dei lebbrosi uei leb-
brosari di Mandalay, Rangoon, Ceylan, ecc. «.
APOSTOLATO MISSIONARIO NEL 1930.
P. Pietro Charles, S. I., sintetizza I'apostolato
Jlissionario del 1930 in questi dati:
1) Creazione di nuove circoscrizioni eccle-
siasHche: la Cina e I'lndia hanno beneficiato in
modo particolare di questi provvedimenti. Cio
suppone un accrescimento di effettivi e di ri-
sorse.
2) Aiimento di seminari regionali pel Clero
indigeno, e di Congregazioni religiose indigene
in Oceania, in Africa ed in Asia. 7
3) Aumenio di conversioni, quasi ovunque,
considerevole. Malgrado le difficolta, create dai
torbidi polilici (tina, Indociua, Samoa, India,
ecc.) dalla legislazione scolastica in alcune parti,
e dalla crisi economica.
VOLONTARIE PER LE MISSION!.
Appena uu sacerdote del Malabar (India), che
da un anno lavora nella diocesi di Vizagapatam,
lancio un appello alle fanciullc del Malabar,
perche andassero a lavorare in quella mi.ssione,
15 ragazze cattoliche partirono per-Ernaku!am
e si sono messe agli ordini del Vescovo come
« volontarie per la nii.s.sionc ».
UNA MISSIONARIA EROICA.
fi Suor Irene, missionaria della Consolata,
morta rccentemente in .Africa dopo 16 anni di
apostolato, durante i quali battezzo oltre 400^
anime. Mori per malattia contratta presso il
giaciglio di un infermo dopo una giornata fati-
cosissima.
Durante la guerra mondiale compi un mira-
bile atto di coraggio e di zelo, che & degno di
essere conosciuto.
Suor Irene da parecchio tempo stava prepa-
rando al battesimo un povero portatore indi-
geno graveniente ammalato in un ospedaletto
da campo a Kilva nel Tanganvka. Un mattino
non trovo piu il suo ammalato, e domandate
informazioni seppe che essendo morto nella notte
era stato portato con una cinquantiua di altri
cadaveri sulla spiaggia del mare, per rispanniare
il disturbo della fossa e della sepoltura. La Suora
provo un indicibile dolorc, ma non voUc credere
che il Signore avesse la.sciato sfuggire un'aniraa
orniai cosi ben preparata al battesimo e corse
sulla spiaggia del ,mare per cercare quel pove-
retto nel mucchio terrificante di cadaveri. Non
aveudolo trovato alia superficie, con un coraggio
sovrumano rimuove ad uno ad uno quel ca-
daveri finche rinviene il suo catccumeno, lo
estrae dolcemente, lo adagia sulla sabbia, ascolta
il polso ed il respiro... Miracolo della cariti!
II creduto morto era ancora vivo... jVlle grida
di aiuto accorrono alcuni infermieri indigeni,
che riportano il moribondo all'ospcdaletto, ove
per mezzo di forti eccitanti vien fatto rinvcnire
ai sensi. Pote cosi ricevere il SantQ- Battes;mo
e meno di un'ora dopo se ne volava in Paradiso.
OFFERTE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
BATTESIMI.
Izzo Rina (Milano) pei uomi Maria Giorgio, Giu-
seppe Antonio — Violiuo Caterina (Peveragno)
pel nome Margherita Maddalena — Barbieri Cle-
mentina Ved. Avogardi (Piaccnza) pel nome
Mario — Direttrice Asilo (Buscate) pel nome
Giuseppe Luigi — Bonelli Teresa (Cossano
Belbo) pei nomi Giuseppina Annumiata, Pietro
Emiliaiio, Giuseppe Francesco, Michele Timoleo,
Caterina Teresa ■ — Alunui 2» ginnasiale, Isti-
tuto Salesiano (Gualdo Tadino) pel nome An-
tonio Ribacchi — Pizzini Carlo Alberto (Roma)
pel nome Giiilietta — Smanazzi Rosa (Rove-
scala) pei nomi Pierino, Roberto, Elvira.
Direttrice Figlie Maria Ausiliatrice (Matlii
Canavese) pel nome Teppati Albertina — Pan-
zeri Lucia (Desio) pei nomi Giulia, Giuseppe,
Pietro — Fau,da Caterina (Saluzzo) pel nome
Ponso Bartolomeo — Mattavelli Elisa (Milano)
pei nomi Antonia Luigia, Enrico Ernesto An-
tonio, Elisa Virginia Giuseppina, Giuseppina
Ambrogina Rosetta. •
Zanlungo Teresa (Borgo Vercelli) pel nome
Teresa — ComoUo Maria Maranzana (Borgo
Vercelli) pel nome Carolina — Rossi Vittorio
fu Eusebio (Borgo Vercelli) pel nome Vittorio —
Mino Angiolina a mezzo don Eusebio Palestro
(Borgo Vercelli) pei nomi Angiolina, Angiolina,
Angiolina, Angiolina, Angiolina — Rota Maria
(Borgo S. Martino) pei nomi Ada, Francesca,
Foscarina — Sgarbi Dott. Carlo (Voltana) pel
nome Eugenio — Pestariuo Angioletta (Mon-
taldeo) pel nome Angioletta Maria — Previdere
Ambrogina (Vigevauo) pel nome Giovanni Bo-
sco — Pichler don Francesco (Pennes Saren-
tino) pei nomi Giuseppe, Maria — SiveJli Va-
lentina (Frescarolo di Busseto) pel nome Leto
— Angelino Giovanni (Ottiglio M.) pel nome
Giovanni.
A mezzo Lucia Pierro (Venosa) ci pervenncro
i seguenti battesimi: Del Monaro Dina pel nome
Teresa — RapoUa Roberto pel nome Giustino
— Rapolla Carolina pel nome Giuseppe — Man-
cini Maria pel nonic Abele — Garripoli Giovan-
nina pel nome Albina — Sacco Maria pel nome
Vincenzo — Claps Carniela pel nome Michelino
— Sasso Angelina pel nome Barardino — Lioj
Rosaria pel nome Giuseppe — Lotito Maria pel
norac Gerardo — D'Andretta Antonia pei nomi
Maria Rosaria, Antonia Maria — Tambanello
Pasqua pei nomi Donato Murando, Maria Do-
nala, Giuseppe Nicola — Gallucci Filomena pel
nome Antonio — Lichonclii Giuseppina pel
nome Pasquale — Sprioli Luigina pei nomi Vin-
cenzo Nardulli, Nicola Nardulli — Cincini Ro-
saria pel nome Olinto — Laganara Antonietta,
pei nomi Donato, Maria Michele Caglio.
Moretta Augusta (Torino) pei nomi Veronica,
Giovanni — Boglietti Maria (Torino) pel nome
Achille Antonio — Sorelle Sani (Mirandola) pel
nome Marin Bosco — Giunchi Maria di Colombo
a mezzo Don Zani Adamo (Carvia) pel nome
Guglielmo — Fossataro Sofia (Maddaloni) pel
nome Antonio — Mozzanica Giuseppe (Somma
Lonibardo) pei nomi Antonio, Eufemia — Gam
batesa don Angelo (S. Nicola Manfredi, San
Marco a Monti) pel nome Cristina — Molinaro
Maddalena (Castagneto Po) pel nome Paolo —
Tosi Maria (Cassano d'Adda) pel nome Pioo
— Robatti Sacco Ada (Casalmaggiore) pel nome
Domenico — N. N. a mezzo Don Tranquillo
Azzini (Torino) pel nome Giovanni Batlista —
Rossi Angelo (Ornavazzo) pel nome Silvio —
Lucca N. Antonia (Ghemme) pel nome Maria
Teresa — Sinione Paolina (Venzonc) pel nome
Paolina.
Porto \'Ei.no (IJrasii.e).
Drappero Giovanni (Mezzenilc-Momberto) pel
nome Giovanni — Daporta JIaria (Falzes) pei
nomi Benigna, Teresa. — Svanera Angelo
(Brione) pel nome Angelo — Torti Carena Emilia
(Molino-Alzano) pel nome Anna Esferina Vin-
cenzina Albertina — Giacliello Maria Ved. Al-
barello (Frazione Pianezzo Dogliani) pel nome
Costan:a — Cap. Bertoli Giuseppe (Asti) pei
nomi Carlo Gerardo — Nicola Rina (Vigcvano)
pel nome Maria Giuseppe — Blasi Giuseppina
in Cinque (Carosino) pel nome Blasi Edoardo
— Pa.scale Paolina (Montalbano di Fasano) pei
nomi Teresa, Rosa, Francesco, Pietro — Marcbessi
Luzzi Anierici Bianca (S. Severiuo) pei nomi
Giovanni Bosco, Mara Speranza — Gai Michele
(Vinovo) pel nome Michele.
GlAPPONE.
Fedeli Adelc (Agral.ugano), pel nome Fedeli
Dante — Santambrogio Don Emilio (Malnate)
pel nome Orsola — Contessa Giulia Volpone
Baldesclii (Montefano) pel nome Virginia.
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Anno IX - Num. 5
15 MAGGIO 1931 (IX)
PUBBLICAZIONE MENSILE
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jSOJVIAdJVJRIO
L'Istituto Salesiano di Penango.
DALLE LONTANE MISSIONI: Una consacrazionc Hindu. — Cipriano, il piccolo schiavo.
— Amate la missione giapponcse.
SU E GIU' PER IL MONIDO; Mendicant! dell'India. — Le vendette del cobra.
LEGGENJDA: Pcrche il polipo non ha ossa. — NELLE RETROVIE.
RACCOMTO: UKE WAGUU.
II "Doloi"
Genfj'Ii
^ Gioventii
Leffori!
Ml
issionaria
;i(/ii!^dlS
rivolge a cuscuno di voi la preghiera di Volervi adoperare per
una propaganda attivissima per aumentare il numero degli ah-
honati pel 1931. ^B Sia un Vanto per ognuno di Voi record
UNO O PlO NUOVI ABBONATI ira i vostri amid. Da
parte nostra — oltre la riconoscenza doverosa per tutti i pro-
pagandisti che d daranno la loro coopcrazione missionaria —
premieremo i piu attivi e benemeriti.
Ricordino i nostri Amici:
Di specificare che si tratla di abhona-
mento a Gioventii Missionaria pel 1931.
Scrivere chiaro e complete I'indirizzo.
colla relattva via e provincia e numero
del quartiere postale.
Si prega di indicare sempre se I'abhona-
mento e NUOVO, oppure RINNOVATO.
4 - Chi spedisce con altro mezzo I'ahbona-
mento. I'indirizzi esclusivamenie alia
Amministrazione di "Gioventu Mis-
sionaria " — Via Cottolengo, N. 32
- Torino (109).
ABBONAMENTO; HI Smo:*"""" '" '''' ~ '"*"'"" '" '"
L. 18
L. 15
TiUUzlo L. 100
L. 200
Anno IX - Num. 5
Pubblicazione mensile
Maggio 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
L'ISTITUTO SALESIANO
Dl PENANGO
Anzitutto PcnanoQ e lungo la linea fer-
roviaria fra Asti e Casale, a meta strada.
Siamo in Monferrato, in collina, tra i
vigneti e I'occhio, dal cortile dell'Istituto,
abbraccia paesi e paesi, da quelli del Mon-
ferrato a quelli delle colline di Torino e
a quelli lontani verso Alba e le Langhe
quando I'atmosfera e limpida. Cornice
frastagliata e maestosa a tutto il quadro,
le Alpi, dal gruppo del Gran Paradiso
fine ai monti che degradano verso il colle
di Tenda.
L Istituto Salesiano di Penango, deve
la sua vita al Beato Don Bosco che I'ac-
quisto nel 1880 ed al 16 ottobre del me-
desimo anno lo visito per la prima volta.
Nel giro di 30 anni vario la sua fisonomia
e anche il suo sviluppo. Era una villa di
famiglia nobile finita in mano di un Ebreo:
aveva cappella propria e D. Bosco sia
per dare ai suoi figli di Borgo S. Martino
un soggiomo estivo, sia per ridare decoro
alia cappella, I'acquisto. fi notevole nella
cappella il quadro dell'Addolorata, della
scuola del Moncalvo.
Dal igoo al 1912 facevano ivi i loro
studi giovani adulti, volonterosi ed aspi-
ranti alle Missioni, tutti di origine tedesca.
Ouesto e il passato glorioso di tradizione
niissionaria proprio della Casa di Penango.
Dal 1912 al 1922 cesso I'elemento stra-
niero e rimase vivaio di vocazioni alio
stato ecclesiastico e religioso. Dal 1922
rifiorisce la tradizione niissionaria della
Casa, ma il locale divenuto troppo an-
gusto si accrebbe di un'ala maestosa che
fu unita alia fabbrica precedente, ed ora
e capace di 180 giovani.
Del locale, prowisto di saloni, di ga-
binetti scientifici, di devota cajjpella, ecc.
non si puo dire che bene. Lungi dal fra-
stuono delle citta, tra I'aria Sana dei colli
monferrini, i giovani aspiranti si prepa-
rano alia loro vita compiendo ivi le prime
quattro classi del corso ginnasiale.
Gli aspiranti di Penango hanno per
meta le Missioni d 'America in modo par-
ticolare, e sentono tutto il nobile orgoglio
di poter a loro volta continuare le opere
create dai sacrifizi di tanti eroi che in
quel vasto campo li hanno preceduti e
dove si sono acquistate tante beneme-
renze. Tra i primi superiori di Penango va
ricordato Don Unia, I'eroe che precedette
81
■^jUIBk.
kflHBHlfeMl[^^Mi«IMR^i^M
'JPii
-^^^^^"WfftmtlhfTitr
*^00^ ^
■-.^^J^ w^H
^K-^K-i^-SlflH
PENANGO. = Veduta gcncrale dcll'Istituto Salesiano.
tanti altri con 1 'immolazione totale di se
nei lazzaretti dei lebbrosi.
Chiesa della Certosa di Pesio.
Quanti son giovani, cui arde in petto
I'ideale missionario, hanno nella scuola
dei nostri grandi missionari d 'America
(Card. Cagliero, ISIons. Lasagna, Mons.
Fagnano, ^lons. Costamagna, Mons. Gior-
dano, D. Balzola, D. Unia, ecc.) dei mae-
stri impareggiabili in ogni campo di apo-
stolato: sia che vogliano darsi a servire
e confortare Gesii sofferente in un leb-
broso, sia che si diano alle molteplici
attivita della vita di collegi od oratori
nelle grandi citta, sia che amino awici-
iiare i poveri derelitti della foresta.
Ai generosi di cuore diciamo: il campo
e ininienso: c'e posto per tutti: eccovi la
via aperta al nobile ideale. Penango sara
la prima tappa, la preparazione; poi
1 America il vostro campo dalle coste
estreme della Terra del Fuoco, alle Pam-
]5as, alle foreste del Matto Grosso e del-
I'Amazzonia, ai lazzaretti di Colombia.
Da quei luoghi lontani gli ex aspiranti
di Penango, ora attivi missionari, ci fan
giungere I'eco delle loro impressioni; e
sono rassegiie di lavori compiuti o che si
\'an preparando, risnltati ottennti, pro-
mcsse o progetti di lavori missionari, che
accendono in cuore a quei che sono ri-
iiiasti il desiderio che giunga presto il
giorno della partenza.
Quasi succursale del Collegio e una
grandiosa Certosa che si trova in fondo
82 ..
S.3fgt
Gita al Santuario di Crca.
alia Vol Pesio, poco lontano
da Cuiieo. Per gentile conces-
sione della nobile iiiarchesa
sig.ra Ripa di JMeana, i figli
di Don Bosco gia per due
anni trovarono lassh riparo e
ristoro ai calori estivi, piii
ardenti sui colli di vigneti
La Certosa di Val Pesio e iiii
posto ideale. A qoo nietri bul
livello del mare I'edificio e in
uu'insenatura della valle, ri-
parato da tutti i venti, pres-
so il torrente Pesio che abbon-
da di trote. L'abitato piu vi-
cino e a 3 km. piu in basso
nella valle e la strada car-
rozzabile giunge fine alia Cer-
tosa. Le cime che sovrastano
alia conca, invitano alle ascen-
sioni, e i giovani, allenati con
disciplina, si rifanno della
salute consumata sui libri.
L'altezza non eccessiva del
nostro rifugio estivo perniette
ai ragazzi \)m piccoli o meno
f<irti per le ascensioni, uno
svago assai vario nella fmtta
di stagione: fragole, mirtilli,
lamponi, nccciole, funghi.
Vostro Aff 1)10
Zio GiGi.
Panorama della Certosa di Pesio (Cunco).
^- Sj
DALLE LONTANE MISSIONI
UNA CONSACRAZIONE HINDU
A Bombay, fra tanta confusione di razze,
di lingue e di religioni, fe facile incontrarsi
con un funerale parsi o con un rumuroso
pellegrinaggio niaoniettano, o con un biz-
zarre corteo hindii: qualche spiccata novita
non manca mai di attrarre un occhio stra-
niero, nientre passa indifferente tra la folia
dei nativi.
Poco tempo fa a me capito di vedeme
una del tutto nuova.
In un prato, cinto da niura e ombreggiato
da numerose file di cocco, di mango e di
altre piante, situato di fianco alia nostra
casa, sogliono radunarsi ogni domenica
gruppi di Hindu per compiere sacrifizi di
pecore, capretti, polli, ecc. Fra tanti gruppi
sparsi sotto gli alberi, mi colpi il piii vicino
clie mi sembro assai caratteristico.
Vicino ad un fuocherello crepitante d'in-
censo stavano ritte due ragazze, col capo
coperto da un lungo manto, raccolte, come
clii partecipa ad una funzione sacra. Di
froiite ad esse, curvo sul fuoco, era il padre
die si accingeva a compiere una cerimonia.
Un po' indietro e a lato vi si scorgeva la
niadre che poggiava una mano sulfa spalla
d'una dellc due figlie.
Lcvatosi di sul fuoco, il padre prese una
noce di cocco portata con sc, e con un colpo
la s]iacc6 in due, versando il liquido rac-
colto nel cavo dclla mano, ne spruzzo ab-
bondantemeiitc la faccia alle due figlie
immobili. Raccolse quindi un ramosccllo
di tamarindo, lo attorciglio e, sulla testa
d'una delle due, che ora s'erano levato il
vcIj di capo, lie spremette il succo, ripe-
tendo Tatto srlla testa dell'altra. Quindi
il celebrante raccclse i carboni ardenti su
due foglie e li porto prima sul capo, poi
sulla spalla e giu dal fianco fino ai piedi, per
passare indi all'altro fianco e ripetere il rito
su entranibe le figliucle.
Con quell 'atto egli voleva scacciare 1 iro
di dosso gli spiriti maligni.
In ultimo, alzate le bnme, scanie mani,
solenne le impose sulle due figlie, i^iii rac-
colte die mai. Dopo alcuni istanti d'inimoto
silenzio, le mani con breve gesto strin.sero
ad una ad una pateniamente le due consa-
crate, le quali, rila.sciate, racchirse nel loro
manto, con la testa bassa e il passo quasi
titubante, s'av\'iarono pel prato, seguite a
poca distanza dalla madre e dal padre.
Poco dopo si sedevano all'ombra d'una
])ianta per consumare una modesta refe-
zione con alcuni amici.
Vclli chiedere ad un Hindu istruito die
significasse quella cerimonia: mi disse die
si trattava di una delle tante divozioni con
cui gli Hindu si consacrano alle loro divinita
per avenie la protezione. Quando scompa-
riranno que.sti riti menzogneri per essere
sostituiti da qudli piii esprc^sivi e soavi
ddla vera rdigione di CrLsto? I cuori geiie-
rosi die leggono que.ste riglie ci aiutino colle
loro ferveiiti pregliiere ad affrettare (niesto
avvcniinento, die consolera il cuore ildla
Cbiesa e reiidera .seinpre pin fulgida anclie
in (jucsto moiulo la gloria di Cristo Re.
Cli. RuGGKRO Dal Zovo
Missionario Salesiano.
UTILK DA RICOKDARIv. — 11 S. Padre Pio XI, ncirudieiiza accordata il JO novembre igio al
Card. I^auri, I'cniUiiziario Maggiure, .si c dtgiiato coiicedeic ai fedcli che reciteranno almcno con-
triti di cuore rinvocazioiie: liegina Aposlolanivi, ora pro nobis I'indulgenza di 300 gioriii.
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lOWAI (India). = Chicsa, mis = ione e orfinolrofio in costruzione.
CIPRIANO, IL PICCOLO SCHIAVO
Spaventata dal Xonsonon^ (uccisore di
Honiini) che, secondo voci di popolo, si tro-
vava in quei gionii proprio nel villaggio, la
]5overa Rosa, con il suo involto di cenci
sotto il braccio, ed il figliuolino per niano
era uscita dalla capanna. Vn triste pre-
sentimento le opprinieva I'aninia; per di-
strarsi, si era portata in visita a tutti i suoi
amici, riducendosi per ultima, presso una
famiglia pagana per passarv'i la notte. Fatto
cerchio attonio al focolare tra il funio della
legna e deH'oppio, tra le chiacchiere mo-
notone, la povera donna trascorreva il
suo tempo in attesa del sonno, quando,
all'improvviso essa si agita, tende le brac-
cia e cade all'indietro come corpo morto.
Le palpebre chii-se. le labhra mute, le mem-
bra inerti ed irrigidite dal freddo di morte.
Fu chiamata e scossa ripetutamente, ma
p.lle grida incalzanti di tutti i presenti non
rispondeva die I'eco delle loro voci me-
desime... mentre un fremito di spaveiito
s'impossessava di tutti. Alle grida del casi-
liani subentro tosto il ]5iii profondo sOenzio
e ciascuno, davanti al triste caso di cui era
spettatore, pensava al da farsi.
Finalniente s'affaccia alia niente del pa-
dron di casa I'idea Irminosa: « Chiedere
alia Missione le Sisters »; e vermero, mentre
noi, recitate le preghiere della sera, ci re-
cavamo al riposo. Senz'altro, prese le nostre
lanteme a mano, in compagnia di alcuni
cattolici vicini seguimmo i due uomini.
Durante il tragitto essi andavano a gara nel
darci i particolari del triste caso.
vStcso sul nudo terreno stava il cadaverc
della povera Rosa, mentre i componenti la
famiglia, attori-o al fuoco della niLsera ca-
panna, masticavano la foglia del tempcw.
Le donne con accento piii o meno pietoso
ci ripetevano quanto gia sapevamo, e noi
colto il momento, si disse qualclie parola
intomo alia morte ed alia vita etema e si
parlo della nostra religione, nella quale,
solamente, si trova salvezza.
Recitato il santo rosario e passato an-
cora un po' di tempo vicino alia salma,
ritomannno a casa, non senza aver prima,
prestato, a ([uella nostra sorella nella fede,
gli ultimi uffici pietosi...
Iddio niisericordioso accolga I'anima sua
nella pace etema, ed il buon Gesu da lei
ricevuto sacramentalmente, alcuni gionii
addietro, sia il suo giudice pietoso.
II gionio appresso seguirono la modeste
esequie, ed al mesto corteo presero parte
non solo le nostre orfane e i cattolici del
luogo, ma un discrete numero di pagani,
amici e conoscenti, i quali seguirono, con
vivo intere.sse tutto lo svolgersi della nie-
sti.ssima funzione, tanto. tanto diversa dalle
loro... Chiiisa la fo.ssa nel troppo modcsto
camposanto cattolico, die conta, cosi, sette
meschine tombe, ed invocata la pace etema,
pei nostri fratelli aspettanti la risurrezione
finale, con la me.stizia nell'animo, ci av-
viammo per il ritonio.
*
* *
Nel mio pensiero. irero, era fis,so il figliuo-
letto della povera Rosa, bimbo di ciiiqre
aimi che non aveva visto in tutto il glome .
II piccolo Cipriano, inccnscio della sua sven-
tura, scorrazzava con gli sltri bimbi della
sua eta, tra i verdi prati.edera piii contento
S5
del solito perclie la sua porzione di riso
quel gionio era stata piii abboiidante.
Avevo procurato piii volte, nel giomo,
di inandarlo a preiidere per averlo con la
sorellina, una cara intelligente biniba del
nostro orfanotrofio: ma mi era stato impos-
sibile poterlo avere, ben lungi pero dal sup-
pome il motive.
Giunti al momento della separazione, e
scambiati i ringraziamenti e i saluti d'uso,
domandai del bimbo, reclaniando i diritti su
lui, sia perche orfano e privo di parenti
prossimi, e sia perche cattolico e quiiidi a
noi legato per niotivi di fede.
Jla trovai nel padrone di casa, dove era
a\\enuto il decesso e presso cui trovavasi
il piccolo Cipriano, una seriissima opposi-
zione, senza pero poteme ancora conosceme
la cagione. Dope varie domande, mi disse
die il bimbo era suo schiavo, perche egli
aveva imprestato denaro alia manmia di
lui, senza aveme avuto la restituzione; per
la stessa cagione, secondo I'uso pagano,
Cijiriano era divenuto suo schiavo. Rimasi
perplessa, temendo che il debito fosse rile-
vante, trovandomi io, come al solito, con
le tasche vuote. Dopo alcuni minuti di si-
lenzio, domandai della somma. Oh... quale
respiro di soUievo mi usci dal petto quando
ne ebbi per risposta: « Rupie sette » (lire
cinquanta italiane). Provai tale gioia che
non saprei esprimere, pensando che Cipriano
sarebbe stato nostro, sarebbe cresciuto
buono. istniito neila. nostra santa fede, lon-
tano dal pericolo di diventare pagano.
Purtroppo in queste immense foreste,
e ancora in vigore la schiavitii, ed i poveri,
infelici schiavi vengono trattati nel modo
piii barbaro e crudele. E quanto dura la
loro scliiavitii?
Fill o meno, e qualche volta per tutta la
vita. Diventano liberi se cjualche anima
buona li redinie versando il prezzo del loro
riscatto, che e con,segnenza di qualche de-
bito contratto dalle loro madri, morte prima
di averlo potuto estingijere; oppure fuiche
i poveri schiavi, fatti adulti, non siano riu-
sciti ad estinguere, col loro lavoro, il debito
contratto ed il piii dovuto per le spese di
vitto sostenute durante tutto il periodo
della loro schiavitii. Ce ne vuole del tempo
per acciuistarsi la liberta, se si considera che
il la\-oro di uno scliiavo giovane e laborioso,
non e \-alutato piii di una quindicina di lire
amine.
Subito fu scritto I'atto di ijagamento pel
piccolo Cipriano secondo I'uso locale, e il
proprietario e due te.stimoni vi apposero la
firnia. consist ente in una impronta del dito
intinto d'iiichiostro, sulla carta vicino alia
quale dichiarai I'autenticita della firma.
Cosi il piccolo Cipriano pote venire con
noi, felice di trovarsi con la sorella, e di
avere a sua disposizione, la verde campagna
e le fresche piiiete.
Egli e allegro, intelligente e buono; e per
)OWAI (India). = Convcnlo e orfanotrofio femminile
S6
1 li si fanno i voti piu caMi di otlinia lin-
scita.
Ora clie avevamo i ilue biinbi, era nostro
dovere tutelame anche i beni di famijilia:
e col maggior iiiteresse si procedette alia
verifica ed alia coiupilazionc dell'iiiventario.
Con tutte le forme d'uso, avanti a due
testinioui, si prese nota di tiitti gli og-
getti. Ne trascri\'o I'elenco perche niag-
giomiente siano mossi i cuori dei giovani
a venire in aiuto di questi poveri infelici:
<i Una pentola per far cuocere il riso; una
petitola per il carri (condito); due bicchieri
d'ottone; due falcetti; mr cesto: qualche
])iccolo aiuo per la pesca; un anello di latta;
una manata di riso; un 1x3' d'aglio e un po'
ili sale ».
Tutto deposto nel cesto, fu trasportato
a casa nostra, fra I'ammirazione dei cat-
tolici e dei pagani i quali, trovatisi presenti
e saputone il motivo, apjjrovarono I'azioiie
compiuta. II buon Dio v'illuniini, o poveri
figli della foresta, vi attiri a Lui, via, ve-
rita e vita, e dia a noi mezzi per far tanto
bene in mezzo a voi, die ci siete tanto cari,
ci dia mezzi per riscattare molti e molti
altri piccoli schiavi, per renderli onesti,
buoni, felici.
Jowai (Assam).
Suor Vauino Innocenza
F. di M. A.
IL "DOLOI"
E una specie di giudice nelle liti, mentre
pei gravi delitti vi e la giurisdizione ingkse.
Fra il popolo esiste la persuasione die ha
ragione chi sa pagar nieglio. Ouando uno
vuol citare un altro in giudizio, va prima
dal Doloi a raccontargli la sua bega e gli offre
(lualdie anna per la grappa.
II jjopolo cliiama quest'atto: ai K/oni;
lia n doloi = dare al Doloi una bottiglia Si
zucca i> colla quale puo rinfrescarsi coi suoi
niinistri (bator) e consiglieri (ba san). II Doloi
allora stabilisceil giorno del giudizio e i com-
])etitori pensano a procurarsi i testimoni.
Comparsi i contendenti nella capanna del
Doloi, trovano gia raccolto il tribiuiale e i
curiosi: allora un ministro comincia con la
recita d'una pregliiera alia divinita e ani-
nionisce poscia le parti di dire la verita e
sottomettersi al giudizio del Doloi. Questi
cliiama i testimoni e li fa acconipagnare
fuori perdie non sentano nulla della discus-
sione.
I'rima die questa si apra, le parti devono
sborsare inw riipia e due anna: queste ultime
come tassa per le stuoie preparate per loro
nel cortile.
Quindi il ministro passa all 'interrogatorio.
I, 'accusatore parla pel prinio, poi parla I'ac-
cusato. Prende in seguito la parola uno dei
consiglieri, e ripete <iuanto ha gia fatto il
GIAPPONE. = II kimono per la primavrra.
ministro. Interrogate le parti, vengono intro-
dotti i testimoni e interrogati in particolare.
La giustizia del Doloi ha i piedi di piombo
e procede lentaniente: nessuno del resto ha
fretta, e se non si temiina in im giorno, si
continua al giorno seguente: in questo case
le parti debbono nuovamente pagare.
Finiti gli interrogatori, un ministro tenta
di conciliare i contendenti, ricordando die
sono della stessa tribu, die non debbono li-
tigare e soprattutto che, se persistono, la
S:
GIAPPONE. = La famiglia delle Figlic di Maria Ausiliatrice al complcto.
causa potrebbe passare all'ufficiale dijowai;
il chc importa grandi spese dovendo ciascuno
portare cola i suoi testimoui.
Se i contendenti daniio ascolto al ministro,
imo dei consiglieri prende uu pugno di riso
e lo porta al Doloi die lo tocca colla mano.
Altrettanto fanno tutti i bator e i basan. Lo
porta quindi alle parti clie lo toccano e vi
mettono una moneta (paisa) die rimane al
consigliere, meiitre il riso vien gettato via
per siguificare; « Come questo puguo di riso
si disperde in modo da nou poterlo pin ve-
dere, cosi si dinienticano le contese ».
Alia fine I'accusatore e I'accusato mettono
una rupia su una foglia di betel e I'offrono
al Doloi die confenna la conciliazione ed
esorta aH'amicizia le parti avverse.
vSe la conciUazione non ha luogo, la causa
passa al giudizio dell'uiFiciale di Jowai.
N. N
NON MANCIAR CARNE AL VENERDl
— Sa lei — diccva ad un missionario uii grasso
borghese bocro, grandc allevatore — chc qiial-
che volta ho ucciso dclle pecore in gioriio ili
vc-nerdi, per fame niangiare la came ai ragazzi
cattolici che sono al mio servizio? Me I'hanno ri-
fiutala. Vi ho riflettuto sopra nioltc e moltc
volte, non sono riuscito di capacitarmi come
(juesti tieri, icri pagani ed avidi aiu'Iie di came
marcia, oggi divennti cattolici, ])os.sano osscr-
varc una legge cokj dura.
(Alissioni delta Mcidinmci).
ASCOLTAR MESS A
P. Forhman, missionario tra i Sioux (Pelli
Rosse) di Lower-Brule, aveva tra i suoi cattolici
un indiano clie abitava nella « riserva » a 46
miglia di distanza dalla chiesa. Ogni dome-
nica vi andava ad assistere agli uffici divini
e, non avendo I'auto, caricava sulla sua vettur:i
la famiglia e tutto il nocessario per 8 giorui,
viveri, tendc, legna. fieno, cucina... e anclic il
gatto!
(// Rf'^no del S. Cuorc).
>i0
ss
Le aspirant! dclle Figlie di Maria Ausiliatricc.
AMATE LA MISSIONE GIAPPONE5E
Eccovi il quarto nvicleo dei giovani sale-
siaiii die volonterosi sono veiiuti in Giap-
])oiie a condividere il lavoro di apostclato
fra i nostri giovani.
Eccovi il gruppo degli aspiranti al Cir-
colo giovanile di Miyazaki, che vi fanno
sentire il lore primo concerto di armonica
e vi dicouo: « Anclie noi, come voi, amiamo
il Signore, e voglianio nel nome di Maria A.
e di Don Bosco, lavorare per la dilatazione
del regno di Dio nella nostra nazione. Per
\o\ tutti « banzai (evviva!) ».
Eccovi le figlie di Maria A., che indefes-
samente lavorano e gia si circondano di ra-
gazze che desiderano condividere con loro
il lavoro dell'apostolato. Eccovi le loro cspi-
ranti, che cantano e salutano in giapjicnese
le loro compagne d'ltalia.
Unione di cuori giovanUi, iinione d'in-
tenti per I'opera piii idealmente bella, piit
praticamente santa, senza paragone la p'u
nieritoria, cioe la gloria di Dio e la salvezza
delle anime. La missione giapponese e ancor
banibina, e come tale, ha bisogno delle ma-
teme cure di quanti I'aniano, perche possa
crescere, fortificarsi, svilupparsi, Guai al
bambino che non puo a\'ere le cure amorose,
sollecite, sufficienti della mamma! E un
essere votato aH'anemia, alle malattie, al-
I'esaurimento. Amici di Gioventu Missio-
iiaria, veniteci in aiuto coUa preghiera, colla
carita, con tutti i mezzi che vi sono possibili.
Grazie fin d'ora di quanto farete per rci.
D, V. CliLVm
Misswiiario Salesiano.
S'; -..
Pal lontano (5iappcnc
■ ^'x/'-VT£:fx^^""- :i.'
ItllllllllUlH 1 iHWttii;!(niiiii'"»'«
IHIIIimWWIH
iHiiiiHHHHM ntntam
MENDICANT! DELL' INDIA
Diciamo siibito che ve n't uii gran iiumero.
Essi vanno da un luogo all'altroimplorando
la carita publjlica al pari dei Fachiri. ecc.
Sono di carattere traiuiuillo e allegro, si
accontaitano di poco, fjuanto loro basta
alia gioniata. vSi incontrano specialniente
iielle grandi citta, nelle feste dei villaggi e
iiei luoghi di mercato.
I mendicanti indiani appartengono a
varie categorie. Vi e il Dasari che compie
anche carte cerimonie religiose tra i Paria
ed e al tempo stesso dottore, astrologo delle
caste piu basse. Egli e un X'ishnuita e porta
sempre ben visibile suUa fronte, sul collo e
sill petto dipinto il tipico tridente distintivo
dcgli adoratori di Vishnu. La sua prima
occupazione della giomata consiste nel
tatuaggio del suo corpo. II Dasari diventa
tale in virtii di un voto fatto per se o per
la sua faniiglia in circostanze critiche della
vita. Ordinariamente egli porta con se stru-
meiiti musicali per suonare in onore di
Braluna e degli altri dei.
Vi sono i Panchaga, che vanno di casa
in casa a predire I'ora piii opportuna per
iutraprendere negozi od affari. Se un Hindu
\\\o\ aprire un negozio e iniziare mi'inijjresa,
coniinciare un viaggio o contrarfe niatri-
nionio consulta .senz'altro il Panchaga. Egli
a])partiene all'alta ca.sta e alia setta degli
Sinarfa, adoratori di Siva, porta pur esso
i segni distuitivi della setta sulla fronte, e
snila spalla sinistra ha il sacro cordone. Ar-
rivando sulla .soglia di una casa saluta ad
alta voce lodando Siva, o Rama, e la fanii-
glia udendo (juel .saluto, invita il Panchaga
ad entrare, e si pre]5ara ad udire la Iniona
fortuna. Per ricompensa gli dona un pugno
di riso.
II Janga.ma I- un altro mcndicante mollo
noto. Appartiene alia casta dei Sudras ed e
Sivaita di religione: e molto rispettato dai
suoi e va di casa in casa invocantlo le bene-
dizioni di Siva con la speranza di un'elcmo-
sina clic ne.s.suno gli nega. Ha generainiente
mi aspetto anti])atico e ributtante.
I Jo(;i .sono i fakiri e forinano la cla.sse piu
rispettabile dei nientlicanii. Ivssi abbando-
nano tutto cjuanto hamio: casa, famij^lia.
Su e gm per
il mondo
averi, persino i vestiti, per ritirarsi nella
sohtudine e passar\-i interi gionii in medi-
tazione. Tenninata la quale vanno nelle
citta e si daimo a pubbliche penitenze. I
padri di faniiglia sono molto felici di pre-
seiitar loro i figli da benedire e si ritengono
fortunati quando qualcuno di essi si degna
di mangiare in loro compagnia.
Povera gente! Se facessero le loro peni-
tenze e praticassero tali mortificazione per il
vero Dio, a quale alto grado di perfezione
forse giungerebbero! Sono senza luce e senza
guida: non spimtera un gionio anche per
essi e I'uiia e I'altra?
F. 11. FOSSATI.
LE VENDETTE DEL COBRA
Tutti conoscono gli effetti immediati del
morso del cobra, ma non tntti forse cono-
scono una particolarita interessante di
questo velenosissimo serpente.
E fermissima credenza qui in India che
il cobra, qualora riesca a scappare, piglia
treiiieiida vendetta su coloro die attentano
alia sua \ita. E raccontano innumerevoli
fatti a coiiferma.
Un giomo un ragazzo incontro un cobra
in un prato — i cobra sono iiumerosissimi
nell'India — e tento di ammazzarlo; ma il
serpente riusci a scappare. L'indt iiiani mat-
tina, svegliandosi il ragazzo, se lie trovo
due nelle tasche della giacca.
— Come niai?
— Perclie, gli disse uno dei pareiiti, il
cobra che ieri ti e sf uggito e andato a riccr-
care la femmina ])er fare insiciue ad e.ssa la
vendetta.
Un povero contaduio donniva profonda-
niente nella sua stanza durante una notte
buia, quando fu improvvisamente destato
da un acutissimo dolore al iianco. Ne cerco
subito la causa esaniinando la parte ofFesa
e vide appena in temjio iin cobra che fiig-
giva strLsciando sul pavimeiito. Si ricordo
die il giorno innanzi, falciando I'erba, ne
aveva ferito uno.
(ili Indiani dicono die il cobra segue il suo
g2
KRISNAGAR (India). = Attori drammatici dcila Missionc chc rappresentarono " La Nlascita ».
assalitore e lo riconosce anche alia voce
(luando pure fosse in uii gruppo di persone.
Vn soldato era andato a bagnarsi sulla riva
del fiume con un conipagno; discorrevano
seduti sull'erba quando scorsero a breve
distanza un cobra. II soldato sguaino la
spada e gli taglio un pezzo di coda, mentre
il cobra cercava scanipo tra gli arbusti.
Dope qualche anno il soldato ebbe il con-
gedo. Un giomo ritoniato al iiume con un
amico, gli raccontava, ritto tra gli arbusti,
I'avventura capitatagli anni innanzi, quando
si senti pungere al piede... Abbasso gli occhi
e vide il suo cobra che, riconosciutolo alia
voce, aveva compiuto la sua vendetta.
Bisogna sentirli i nostri Indiani come sono
recisi neH'affermare come verita ineccepibili
tutti questi racconti, nei quali e facibnente
visibile il sustrato di superstizione di cui
sono imbevuti. Di quelli che mi racconta-
vano I'episodio del soldato, nessuno I'aveva
conosciuto o sapeva dirmene il nome; ma
dicevano che era stato, conosciuto dai loro
padri e dai loro... nonni.
Un altro mi conto cjuesta. Un giovinotto
percorreva uu \iottolo di campagna por-
tando in mano un bel gruzzolo di monete
spicciole rawolte in vm fazzoletto. Ad un
tratto si vide davanti due cobra in lotta
fra loro. II viandante tiro dei sassi per di-
videre i contendenti, ma uno di que.sti si
rivolto con ira e comincio a filare verso I'in-
truso, il quale non trovo miglior scampo
se non buttando al serpente il fazzoletto
coi denari. Alcune ore dopo ritomo sul
luogo e trovo sparsi sul terreno i soldi, ma
del fazzoletto non trovo che minuti pezzi
come se fos.se stato tagliuzzato da un paio
di forbici.
II racconto mette in evidenza I'opinione
comune, che per salvarsi dai cobra non vi
sia nulla di meglio che buttargli un panno
addosso contro cui possa sfogarsi. Quel che
e certo e che tutti credono all'istinto di
vendetta del cobra, mj vale a scuoterK il
nostro scetticismo e la nostra derisione.
Non vi sara in fondo a tutte le esagerazioni
un po' di verita'
RUGGERO Dal Zovo.
Missionario Salesiano.
cs*z
93
Xon avete ancora sen-
tito parlare del Riiigic ?
Possibile? Ma se tutti i
ragazzi giapponesi lo sanno che si trova
in fondo al mare... e come lo san descri-
vere bene, il palazzo incantato... e qual-
cosa di meraviglioso. Del resto, se avete
visto qualclie castello in aria, una mezza
idea ve ne potete gia fare.
Le feste che si fanno laggiu, sono indescri-
vibili. Un bel gionio pero, o meglio, nn
bnitto giomo, tutto il palazzo fu sossopra.
Se ne accorsero persino i pescatori, che su,
in alto, pescavan tranquillamente. Qi:elli
che riuscirono a portare a casa la pelle,
n'ebbero da raccontare per un pezzo. Una
burrasca cosi, non s'era mai vista.
La causa di tutto quel pandemonio e
semplice. S'era ammalata la liegina del
Riiigii. Non c'e da meravigliarsi, se si pensa
a tutta queH'uniidita die c'e laggiii, ma il
brutto si e che i medici non sapevano die
pesci pigliare... e dire che essi stessi erano
uno pii: pe.sce dell'altro. II re era fuori di se.
Tutti gli stavano alia larga, che, guai a
cajjitargli tra i piedi. Si sentiva sbattere
gli usci, dar pedate ai mobili, roba che solo
la gente nialeducata sa fare. Ma in certi
niomenti, clii e che non perde la testa?
Krattanto uno dei medici si presenta al
prinio ministro (qucllo incaricato a far le
burrasche) e:
— L'i-un affare .serio. vcro? Son di quelle
malattie, dove si arrisehia di morire noi
medici, invece del nialato!
— Ma non c'e proprio alcun rimedio?
— II rimedio, via, ci sarebbe, ma...
— Se c'f; ditelo. Mi meraviglio anzi che
aspettiate tanto a dirlo.
— Si tratta, che i- difficile. Ci vorrcblie
;*, Perche il
] Polipo
non ha o$$a
nientemeno che il fegato di una scimmia!
E chi va a prenderia?
— E proprio difficile! Noi pesci, abbiam
la disgrazia di dover star senipre in queste
brutte acque...
— lo, vede, conosco mi'isola, dove vi
son molte scimmie, ma chi va a prenderle?
— Aiidiamo dal re. Ci pensera lui.
II re, .sentito il rimedio, ci penso su due
volte, poi si fece dare la lista dei suoi sud-
diti, un bel libro illustrato, a colori, con su
tutti i pesci, dal piii grosso al ghiozzo.
II ministro intanto, a forza di stillarsi il
cer\ello, si ricordo del polipo, con tutte
quelle gambe:
— Ah, hotrovato! Eccouno che puo an-
dare a passeggio anche sulla terra ferma!
II polipo ci vuole!
— Allora, speditelo subito, e che porti
quanto prima la medicinal
La speranza era rinata in tutti. II mare
stesso si calmo. I pescatori ritomaiono a
pescare.
II mini.stro fece chianiare il polipo c gli
diede I'incarico di provedere la famiacia
della medicina die niancava.
II polipo, che era .sempre stato lui po'
duro di testa:
— In quanto all'andare, ci vado; nia
come faccio a prendere una scimmia?
— • Non si tratta di usare della forza,
I'importante e attiraria qui.
- E come attiraria qui?
Raccontale le nieraviglie del Riiigit,
le l)ellezze del mare; in ogni case, invitala
a venire.
97
— Ma se la sciinniia iioii puo airivaie
a nuolo fin qui?
— IC portala tu, suUe spalle!
— Se ^ cosi, e cosa fatta.
11 polipo, dopo una lunga traversata,
arriva finahneiite in vista dell'isola delle
SL'immie.
Presso alia spiagjjia, su d'un albero, ve
n'era ima proprio viva.
— Buou giomo, signora scimmia. Bel
tempo, oggi?
La scimmia, facendo im bel punto inter-
rogative con la faccia:
— Buou giomo. E lei, da dove viene?
— lo sono un vassallo del Riugii, la in
fondf) al mare. Ho sentito parlare di questa
isola e son venuto a visitarla.
— Se e cosi, vi faro da cicerone.
— Grazie, ma I'lio gia girata tutta. Ora
torno a casa. E lei, ha gia visto il palazzo
del Riugii?
— Nemmeno una volta.
— Proprio! Non aver visto un luogo
cosi!?
— Ma e proprio cosi bello?
— All, non fatemi parlare su cio! Non la
finirei piii. Basti dire che c'e tanta frutta
laggiii, e che tutti ue possono pigliare, senza
pericolo che salti I'uori il contadino col ba-
st one.
I^a scimmia non poteva parlare dalla
meraviglia.
— Bene, ora io ritonio la. N'uol venire
cou me?
— Gia, sarebbe pro-
prio una bella occa-
sione. Ma non .so nuo-
tare.
— (Jh, per quello
ci ]5enso io. Vi porto
la in spalla e poi, vi
riportero.
— Sara un bel disturbo...
— Niente, niente. Andiamo.
E cosi la scimmia sul, dorso del poh]i<>,
ando in mare.
Per la strada il polipo continuo la conver-
sazione:
— Ce I'ha lei il fegato?
— Son domande da farsi?
— Se lo domando, segno che un motive
c'e.
— E evideute che ogni bestia ha del le-
gato.
— Allora va bene.
— Come sarebbe a dire? Mi pare strano
tutto cio.
— Sara strano, ma e (lueUo che conta
di piii.
— Perche?
— E perche...
II jxjlipo non sapeva se faceva bene a
parlare, ma, tanto eran si lontani da terra,
che la scimmia onuai non poteva piii scap-
pare. Cosi racconto tutto per filo e per segno.
La scimmia, spaventata, non peiiso nean-
che a guardare se la terra era lontana.
— Ah (luanto mi displace! Ma perche
non dirnielo subito!
— E si! non sa-
rcste venuta!
— Tuttestorie.
Io ho tre, quat-
tro fegati da ven-
dere. II male si
e che ora il fegato
non I'ho con me.
— Come mai?
— L'holasciato
appeso all'albero.
Se me lo dicevate
subito...
— Ed ora co-
me fare?
^^^>
SS^^
xH^^S-^^
9S
— Ritoniiamo a preiiderlo; vedete bene
che altrimenti tutto e inutile.
— All, e seccante andare cosi su e giii! —
e in cosi dire viro di bordo e punto verso
terra.
La scinuiiia, appena toccata la cara terra,
s'arrarnpico sul suo albero, e:
— Signor polipo, grazie del disturbo.
— Che? I'avete trovato il fegato?
— Certamente.
— Allora, sn, ritoniianio in fretta.
— Mi displace. IMa cedere il fegato per
niorire... nessuno mi prende piu. Anclie a
Budda si puo fargliela una sola volta, poi
basta.
— E cosi che simantengonolepromesse?
— Di cio parleremo un'altra volta. II
fegato I'ho qui; se qualcuno lo vuole, provi
venire a prenderlo.
II polipo nou pote far altro die ritoniare
mogio mogio al Rni'^it. Ora si che I'aspettava
una burrasca.
Quaiido il re seuti com 'era andata la
faccenda:
— Ah, cosi? Pos.sibile che io abbia dei
sudditi sciocchi fino a tal punto! Che ci
manca forse il sale quaggiu?
Ola, soldati, toglietegli le decorazicni,
cioe, toglietegli le ossa, le phme e tutle le
squame; tntte fino all'ultima!
Per quante suppliche il polipo facesse,
il re fece il sordo; del resto, era sempre .stato
sordo.
II povero polipo fu degradato a tal segno,
da non parere neanche piu un aniinale
acquatico.
Le ossa gliele cavarono a una, a una; c
gliene dettero taiite, che divenne niolle
come la cera calda; poi lo cacciarono fuori
dal palazzo.
Ecco perclie il polipo ora, e cosi liscio,
liscio; i mali trattamenti Than reso cattivo
e tutti lo temono durante i bagni di mare,
che va seinpre in cerca di qualcuno, per
vendicarsi della scinmiia che gli e sfuggita.
D. Marega
Missionario in Giappoiw.
ESEMPIO AMMIREVOLE
Da Budapest e pervenuta una bella notizia:
trentatre dcputati al I'arlamento unghercse si
.sono raccolli nclla Casa Mamc'.a suUa mon-
tagna di Buda per attcndcrc ad un cor.so di
liserci/i Spirituali suUo ladirtziouedei Padri Cc-
.suiti. Fra essi vi era anclie il iiiini.stro di grazia
e giustizia S. E. Tibor de Z.sitvay.
Si annunzia che i .senator! penseraniio \n\r
essi a fare altrettanto.
Non i amiiiirevolc I'escmpio di cotcsti uo-
niini che tra le cure della politica trovano tempo
di riflettere anche airaiiiiiia propria?
96
NELLE RETROVIE
Ringraziamento.
Xci inici continui giri ho temtto confc-
rcnze a heneficio dei poveri orfanelli della
iiiissionc del conipiantc Mons. Versiglia,
doviinquc accoUo con molto affdto e ascol-
tato con grande attcnzione. In iiwdo specialc
riccrdo con vivo compiacimcnto Jlodena e
dinlorni dove ho trovcdo itn amove per le
niissioni veramente entitsiastico: i sttpe-
riori ed i carissimi allievi donarono hen
venticiiKjue battesimi per Cinesini, gli
ex allievi fecero una splendida propaganda
attirando le « piene » consclanti di For-
inigine, Cascinalbo, MedoUa, ecc.
Un grazie dtmque di cuore a tiitti, spe-
cialmente ai giovani die rivelando il loro
enliisiasmo per I'opera missionaria, dinio-
slrano fin d'ora quanto aitUo sapranno dare
alle missioni nel dccorso della loro vita.
vSac. Umberto Dalmasso
Missicnario Salesiano.
Propaganda per il periodico.
Capita a Gioventii Missionaria aid die
capita agli itomini della terra: non godono
sempre il bet tempo, ma neppure sofjrono
tiitti ad im tempo la pioggia: qiiesta e qitello
si altcrnano per modo die se tiitti non hanno
da godere, neppure hanno tutti da soffrire.
Uscendo daU'enigma, assistiamo tutti gli
anni a... imhronciamenti contro di noi con
conseguenze jacilmente comprensibili: que-
st'anno p. es., non ci e giimto da tre impor-
tanii collegi neppure un abbonatnento ,
inentre negli anni scorsi erann complessi-
vaniente superwri al centinaio: in ccni-
penso assistiamo con piacere ad una gara
di zelo nella propaganda da parte di altri
collegi che, se in passato jurono sempre
attivi, ora fanno deH'attivita veramente
industriosa, disintcressata, entusiastica
Da Treviglio, per addurre un esempio,
ci perviene qiiesta lettera rivelatrice:
Rev. Sig. Direttore,
<i Le accludo n . 88 abbonamenti a Gio-
ventii Missionaria... Ouest'anno la Com-
pagnia del SS. Sacramento ha fatto pro-
paganda al periodico ed ha raccolto iiS
abbonamenti. Anzi per le Missioni, questi
giovani volenterosi han fatto anche di
piu: han raccolto parecchie niigliaia di
lire per il Cinesino adottato dal Collegio
Salesiano di Treviglio e al presente ne
raccolgono altre da offrire, insienie alle
loro preghiere, per sostenere le vocazioni
niissionarie ».
L'amico che ci scrive, ci domanda se ci
e di gioia la notizia. Altro che! Non sole di
gioia, ma di conforto, perche colma le de-
fezioni lamentate piii sopra. Cost operano i
giovani zelanti. Ma ritorneremo siill'ar-
gomentn: per ora ai propagandisti di Tre-
viglio il vivissimo nostro rin'^raziamento.
Domande di missionari.
Da parti diverse del mondo riceviamo
da ncstri missionari identiche domande
per un regalo da servire alle loro missioni.
D. CiMATTi dal Giappone domanda di
avere: due copie delle pelHcole Pathe Baby
sulla Vita e Passione di Gesii Crista; due
copie delle pellicole Pathe Baby su Fatti
hihlici.
D. PiNAFFO dal Siain domanda un ci-
nema Pathe Bab}^ [macchina di prciezione).
Se qitalcuno dei nostri Icttori, amici di
D Cimatti e di D. Pinaffo, vogliono I'onore
di provvedere quanto sopra o almcno con-
tribuirc in qiialche misura possono rivol-
gersi al Direttore del periodico, che accct-
tera con animc gralo la loro partecipazione.
Risposfa.
Alcuni amici ci domandano se per le
Missioni accettiamo cartoline illustrate e
francobolli usati. Rispondiamo: accettiamo
cartdinc iisate, purche sianc belle e in biicn
stato [diversamente e inutile spedirle e sob-
barcarsi a spese). — Sono pure accettati
con riconoscenza francobolli usati di qua-
lunque Stato (questi possono tornar titili
se non sono rotti o sciupati...: ritagliateli
sempre con un piccolo margine di busta
intornc). La stagnola, i biglictti usati del
tram e cose simili non ci servono a nulla.
97
Sforia di 25 anni (a, narrafa dal missionario D. A. Co/bacchini.
(CONTINUAZIONE).
Ma se il Bororo mantieiie il sileiizio, al-
lora Bope lo inizia ai niisteri del suo uf-
ficio. Trascorso qualche tempo, quando meiio
il Bari ci pensa, ecco apparirgli lo spirito.
E questo awiene in vari modi: iii sogiio,
da sveglio, di giorno, di notte, nella foresta
quando si trova a caccia da solo. Presen-
tasi Bope in forma umana, ma con appa-
renze stravaganti; oppure in forma di tigre
o di altro animale. II piii delle volte pero
gli si fa vedere in forma di un animale
strano che piio essere visto e conosciuto sola-
mente dai Bdere e che essi chiamano Aigge.
Dai connotati che danno della sua figura,
corrisponde presso a poco a quella di un
ippopotamo.
Presentatosi lo spirito sotto tale fonna,
domanda al suo prescelto se vuol servirlo
e obbedirgli in tutto e per tutto. II candi-
date trema di paura, ma lo spirito incalza:
— Se tu vuoi, che io venga a te, che sia il
tuo aiuto, se vuoi die ti sveli tutte le cose,
ti dia il potere di curare le malattie, di cac-
ciare dai tuoi compagni gli spirit! maligiii,
dammi il tuo arco e le tue freccie... questo
sara per me il segno del tuo consenso. Al-
lora me ne staro con te, e quando mi chia-
nierai, verro a te.
Se all'invito fatto dallo spirito I'iiiiziatd
consegna I'arco e le freccie, il patto e con-
cluso e da quel momento egli sara Bari ed
avra tutti i poteri.
Dicono i Bororos che, fatta la con.segna
dc-ll'arco e delle frecce, tutto .sjiarisce agli
f)cchi del miovo Bari. ICgli vede le cose ma
tutte sotto differenti colori: rosse, gialle,
aranciate; tutto cambia e vede co.se mai
viste, e tutte le sue membra sono colto da
tremito convulso.
Cessata la crisi se ne ritoma a casa. Ed
ecco che quando meno lo pensa, forse alia
presenza di tutti, forse da solo nella sua ca-
panna e invaso dallo spirito; trema dalla
testa ai piedi, gesticola, grida. dice fatti e
cose che hanno da venire e predice con esat-
tezza il futuro. Questa e la prova piii con-
vmcente a cui tutti lo riconosceranno per
vero Bari e lo temeranno. Da qiieU'istante
conseguira tutti i diritti e gli onori dovuti
al Bari.
Pubblicamente riconosciuto, dara prova
del suo potere, chiamando, invocando con
tutte le sue forze (attenendosi al rituale che
avra bene appreso) il suo spirito protettore
e questi non tardera a manifestarsi ed entrar
m lui.
Fatta una volta la prova che lo spirito
I'obbedisce e vieiie a lui, potra esercitare
il suo ufficio, cioe esorcizzare le canii di
animali uroibiti, scrutare il futuro, curare
ammalati cercando in essi la causa del ma-
leficio, estrarla, placare lo spirito e restituire
la salute. II potere del Bari sara poi mag-
giore o mmore secoudo la sua forza di vo-
lonta od il desiderio che egli mette nella
sua unione collo spirito. Bope ed Maereboe
(che lo scelse perche fosse « Bari ») tanto
piii .si dara a lui quanto piii egli cerchera di
mostrarsi fedele ed osservante in tutto ri(')
che conceme ;1 suo ufficio.
II Bari chiiimera il suo spirito protettore
o padrone col nonie di Waire. Puo accadere
pero che uiio ste.s.so Bari serva a piii spiriti;
dal die risulta die il suo potere sarii pro-
porzionaltneiite maggiore. Questi spiriti si
chiamano con diversinomi: comeade.scmpio,
uno Burekaibejc, un altro Mcnrii'^u, un
terzo Iwbrc, e cosi via.
98
Dicoiio chc il « Bari », dopo die lo spirito
6 entrato in lui (il che dura pivi o meno
tempo secondo i casi e le circostanze), grida,
gesticola, parla, predice, ecc. non e lui che
fa queste azioni ma lo spirito die e in lui,
di modo che per i Bororos, quando il <. Bari »
parla nell'esercizio delle sue funzioni e lo
spirito che parla per la bocca di lui. E,
tutto cio die il Baii dira sara verita infal-
libile.
I bdere haniio diretta relazione cogli spi-
riti che niai ebbero corpo e non fecero parte
dei viventi della terra, nientre le relazionidel-
I'Aroettowardre sono colle anime dei defunti.
Anche il diventare Aroettoivardre dipende
dalla scelta die faranuole anime. I^a sua ini-
ziazione e come quella del Ban: soffre le
stessepaure, apprensioni, sogni, voci strane.
rivelazioni di cose occulte. Non vedra ani-
niali di forme strane, ma un grazioso uc-
cello mosca che, volando di ramo in ramo,
di foglia in foglia, di liore in fiore gli stara
sempre dinanzi.
I/uccelletto lo sfiora coUe sue ali, gli si
ferma dinanzi quasi in atto di aspettarlo.
L'uomo si meraviglia di questo atto e cerca
di afferrarlo, ma I'uccello improvvisamente
sparisce e piii non lo vedra.
Altre volte invece sara un pappagallo od
altro uccello consimile che, per un tempo
iiivariabile, indichera il prescelto dalle anime
come medium nelle relazioni coi loro parenti.
In questo caso e originale il modo con cui
gli si presenta.
L'eletto va a caccia di aratas; ma nabiiro,
kwiddo, kuddbro, verranno sopra di lui
gracchiando in tal maniera da destare la
sua attenzione. Egli prepara I'arco e gia
sta per scoccare la freccia, quando essi ar-
restano il volo, e cercando di equilibrarsi
nell'aria, svolazzano un poco e poi, piom-
bano a terra come fulminati. II cacciatore
corre subito al luogo dove li vide cadere,
ma nulla trova. Preoccupato del caso oc-
corsogli, tenia a casa sentendosi indisposto,
depone arco e frecce e si accoccola presso il
fuoco; un improvviso brivido di freddo ed
un tremito generale lo coglie e dura per
qualchfc minuto: poi cessa, ma per ritomare
quasi subito con maggiore veenieiiza, quindi
si calnia... I/indio si accosta nuovamente
al fuoco per riscaldarsi ed ecco un nuovo
brivido lo invade dalla testa ai piedi; il
tremito e piu forte, e dalla bocca gli escono
parole vaghe, tronclie, e finisce col dire cose
che nessun capisce. In quello stato convul-
sivo sente un vento forte uscire dal suolo
proprio di sotto ai suoi piedi e nello stesso
tempo un puzzo nauseante, cadaverico
misto al caratteristico deU'io-i/ci^m (nonnbgo),
composto di materie grasse e che si usa per
spalniare e tingere le ossa dei defunti.
Una forte agitazione dell'aria gli si ^a
sentire.conie se qualcuno gli desse uiio spin-
tone per gettarlo a terra... E il momento
delle anime! Allora comincia a parlare, ma
non e lui che parla, sono le anime dei de-
funti che parlano in lui... E queste gli ma-
nifesteranno il loro nome di oltretomba.
E il momento culminante: spesso I'in-
dio cade privo di sensi, come fosse stato
colpito da sincope.
1^ - =--^;^
L'/4;gge, animate conosciuto solamentc dai Baere.
Colti da terrore i present i si fanno intomo
a lui senza sapere che cure prodigargli; gli
versano acqua sulla testa, accendono mi
sigaro ed a grosse boccate ne aspirano il
fumo per sofKargUelo suUa bocca, nelle na-
rici, finche ritomi in se.
L'uiiziato contimiando a tremare, parla
delle anime in modo strano, comunicando
i loro desideri ed annunziando cose future.
Tutti rascoltaiio religiosamente; e appena
egli cliiede da here, gli porgono dell'acqua
mescolata con argilla bianca. Beve, chiede
un sigaro, aspira due o tre boccate di fumo
e a poco a jjoco ritonia completaniente in
se. Egli sara Aroettowarare per sempre.
Tutto questo accade solo la prima volta.
Dopo, quando invoca le anime dei trapas-
sati, avra appena fremiti e con\'nlsioni;
oppure parlera come fiiori di se e finira
.sempre col diiedere da bere e da fumare,
per soddisfare, dice egli, il desiderio del-
I'anima che era in comunicazione con lui.
Che fondo di verita vi e in tutte (queste
99
manifestazioui? I fatti tante volte da noi
osser\-ati e svoltisi in nostra presenza non
ci daiino un'idea chiara e completa di cio
che a\-viene. E il paziente che narra e spiega
tutto cio che in lui accade e nulla si puo
sajsere da altra fonte. Dimodo che fa d'uopo
avanzare certe riserve.
Senza voler pronunziare un giiidizio sulla
natura di questi fenomeni che si osservaiio
costanteniente nei Bdere e Aroettowararege,
diroche lianno notevoli punti di somiglianza
e di rapporti coi fenomeni medianici.
I Bdere finito il loro ufficio, sono semplici
indii e non hanno alcuna autorita politica.
I Cacichi hanno 0 potere materiale e di-
sciplinare, invece i Bdere esercitano il potere
esclusivamente nell'ordine religioso. E certo
che i Bdere hanno su questo popolo primitivo
e superstizioso una preponderante influenza;
e sono numerose le rivelazioni di fatti ignoti,
le predizioni del futuro, a cui io stesso fui
testimonio.
Gli indii contano cose meravigliose del
Bari. Dicono che quando egli ofEre la came
ai Bope doge, puo spezzare qualche volta le
ossa del tapiro coi denti senza che i denti
nulla soffrono; puo tenere le niani nell'acqua
boUente, puo here U brodo scottante e le sue
mani e la sua bocca nulla sentono; puo
metter fuoco, bragia nella bocca (ed io stesso
vidi in una occasione mettere dal Bari in
bocca un mazzetto di sigari accesi e colla
bragia viva ed aspirame il fumo con tutta
indifferenza come avesse i:i bocca la parte
opposta). I Bororos mi afiFermano di alcuni
Bdere piu valenti, che possono trasfoniiarsi
in forza del loro wdire in beha, ad esempio:
in giaguaro, in puma, in tapiro ed auche in
uccello di rapina, e, specialmente, in grande
falco od aquila: che possono mangiare, far
morire i loro nemici e chiimque li offende ed
irrita... Vi sara molta fantasia ed esagera-
zione, non nego: ma h pure certo che i Brieyf
se comnaettono errori o disubbidiscono ai
loro Wdirc (spiriti) vengono da essi puniti
severamente o con morte subitanea o con
malattie incurabili. Di questo si ebbero
esempi, specie di uu Bari clie per non aver
compiuto bene il suo ufficio fu punito con
un'ulcera alia bocca che Io corrose fino a
condurlo alia morte; di un altro che aveva
mancato nell'offrire la carne del tapiro,
mentre seduto stava tagliando la carne a
pezzi per metterla al fuoco, rimase morto...
Nelle cacce i Bororos offrono tabacco al
Bari perche assaporandone il fumo invochi
il suo Wdire aflSnche indichi dove si trova
la selvaggina desiderata, specie il tapiro. Se
U Bari e ben protetto ed aiutato dal suo
Wdire deve dare ai Bororos la caccia cercata.
Egli assieme ai compagni inizia la caccia;
ad un certo punto pero si separa, rimane
indietro, entra nel piii folto della boscaglia:
la egli e solo, conficca per terra il suo arco
e si ritira. L'arco si cambiera in tapiro, i
Bororos Io troveranno nella parte indicata
del bosco e I'uccideranno... II Bari, poi
ritomera sul luogo dove aveva confitto il
suo arco e Io ritrovera.
Una cosa singolare e da notarsi; ed e che
la forza, il valore morale del Bari, il suo
potere pretematurale di vedere e sapere
le cose a grande lontananza, il prevedere
il futuro, il cambiarsi ui animale e tutto il
resto di fenomeni (di cui i Bororos sono
convintissinii), dipendono dalla sua mag-
giore o minore continenza.
II Bari che pur avendo moglie, se vive
continente, sara un Bari di primo ordine,
e il suo potere sara imnienso, sara da tutti
rispettato, cerc'ato e temuto. II Bari che
vive lascivamente, che non rispetta la legge
elementare della morale, e Bari di poco
conto, non avra poteri, non sara capace di
far nulla di straordinario; sara Bari perche
avra contatto col suo Wdire, ma questi
dara al suo protetto poteri comuni.
Cosi i Bororos pensano e piii ferniamente
credono del Bari o stregone... Negare il
potere del Bari presso un Bororos e Io stesso
che negare da noi la luce del sole. Tutta
la vita del Bororo dalla nascita alia morte
h impemiata sul Bari, che sara consultato
in tutti gli eventi e senza il responso del
Bari il Bororo nulla decidera e nulla fara.
(Co}iUuua).
^ #
Con approvazione etclesiasliia. D.
GARNERI, Oirellote-tesponsablle. —Toiino, 1931 -TIpogralia della Sociela Edllrlce Inlernazionale.
700
Cronachetta fni$$ionaria
I,A MISSIONE DEI. SIAM.
Con decreto in data 28 febbraio 193 1, Don
Gaetano Pasotti, dei Salesiani del Beato Don
Bosco, e stato nominate Superiore della Missionc
« sni iuris » di Rajaburi ncl Siani.
DBFINIZrONE DEL FULMINE.
I Cafri del Batusoland hanno quasi tutte le
capanne munite di parafulmine, ossia di una o
pin bacchctte in legno, lunglie circa un trenta o
quaranta centinietri, prcparate dallo stregone
nel piu graude mistero; e dovrebbero aven per
effctto di arrestare la folgore. Se qualcuna dcUc
capanne, cosi protette, e colpita e iucendiata,
lo stregoue dichiara platonicamente che un
altro stregone, piii potente di lui, ha dovuto sca-
teuare I'liccello di juoco. I Basuti rrcdono fernia-
niente che la folgore sia un uccello. — 1,'ho ac-
chiappato io stesso, disse uno stregone, aveva
le ali tutte abbruciacchiate! — • Volcva dire di
qualche uccellaccio colto dalla folgore nelle niibi,
caduto poi a terra mezzo incenerito.
DUE TRIBU'.
di Fehes (Transgiordania) hanno chiesto a Mon-
signor Barlassiua di abiurare in massa I'orto-
dossia ed csscre riccvuti iu seno alia Chiesa Cat-
tolica. 11 Patriarca ha incaricato un sacerdote di
preparare con un corso regolare di istruzione
rcligiosa oltre 500 Greci. Quest! sono oriinidi di
Salt e sono pastori di pecore, molto povcri.
TRE BOLIDI.
caddero il 1 3 agosto nelle foreste del Rio J a-
vary e lo strano avvenimeuto fu accompagnato
da tale apparato di fenonieni e sconvolgimenti
naturali che gli estrattori di gomma, credcndo
alia fine del niondo, corsero pazzi di terrore alio
loro capanne per riabbracciare un'ultima volta
i proprii cari. AUe S il sole divenue sanguigno e
una penombra si stese su tutto: un pulviscolo
rossastro era nell'atmosfera e pioveva sulla terra
una tenue cenere. Improvvisamente dall'alto
un sibilo che sempre piii si avvicinava diveu-
tando spaventoso, tolse agli uomini ogni co-
raggio: quindi grandi fuochi piombarono come
fulmini sulla forcsta con tre distinte detona-
zioni, udite a parecchie centinaia di chilo-
mctri.
La pioggia di cenere continue per qualche ora
e il sole rimase velato fine a mezzogiorno.
NELLA JUNGLA SL^MESE.
II dott. Hugh Smith ha rivelato al mondo
una strana tribu che abita la jungla nel nord
del Siam: la tribu dei « Pi-Ta\vng-Luang »
0 selvaggi delle foglie gialle. Qnesti indigeni no-i
si lasciano avvicinare da nessuuo: sono assai
onibrosi e timidi; riposaiio in ricoveri fatti con
rami che abbandonano appcna le foglie diven-
gono gialle. Hanno unici contatti comnierciali
coi Laos, ma neppure per commerciare si fanno
vedere: essi depongono in una data localita i
prodotti da scambiare: passano i Laos, ritirano
cio che vi e depositato e lasciano il camliio di
altri prodotti, che i selvaggi ritirano in fretta e
furia, nascondendosi poi nel folto della foresta.
1 rarissimi indigeni che sono riusciti a vederli
dicono che sono d'una specie diversa dalla loro:
hanno tatuaggi sulla fronte e sulla mascella
inferiore, tanto gli uomini quanto le donne sono
completamente nudi. Sono armati soltanto di
una lunga lancia con la puuta nietallica, spesso
avvelenata. Con quest'arnia essi attaccano tutti
gli animali, anche i rinoceronti. Non conoscono
ragricoltura.
CITTA « ROSATI >K
La citta di Kron-bview nel Missouri ha cam-
biato il nome in quelle di « Rosati », in ricordo
del graude pioniere italiano Giuseppe Rosati,
poi vescovo di Saint-Louis. Per 30 anni questo
intrepido niissionario zelo la conversione degli
infedeli, favorendo lo sviluppo di importanti
niissioni fra gli indiani Nasi Forali, Teste Piatlc,
Cuori di lesina, ecc. Era nato a Sora (Lazio):
compi profonda e vasta opera edncatrice e rc-
dcntrice.
OFFERTE.
Ida Burelli (Torino), 10 — Peretti Teresa,
Cordero Cecilia (Pralafera), lo.
BATTESIMI.
Silvio Fenini (Torino) in occasione della sua
prima comunione pel nome ad un cinesino —
Roetto Margherita (Bagnolo) pel nome ad una
cinesina — Bice de Magistris (Torrepellice) ri-
conoscente al Beato per la protezione impone
il uome di Maria Ada, la sua bimba, ad una
cinesina — Ida Burelli (Torino) pel nome Giu-
seppe ad un cinesino — Farotto Olga pel nome
ad una cinesina.'
Hong Kong (Cixa).
Messiua Calendoli Teresa (Palazzolo Acreide)
pel nome Margherita — Circolo Don Bosco
(Frugarolo) pel nome Carlo — Binibe Orfano-
trofio S. Barnaba (Perugia) pel nome Vanella
Giuseppe — Alunne 4" e 5* elementare femmi-
nile (Borgo S. Martino) pel nome Lucia — Ghezzi
T.ucia (Cremona) pei nomi Matilde, Antonio —
\'enuti Maria (Padova) pel uome Adele — So-
relle Eertolin (Sartirana) pel nome Maria Im-
macohifa — N. N. a mezzo Direttrice Noviziato
M. A. (Ottaiano) pel nome Giovanni Dosro —
Sala Rosa (Magenta) pel nome Luigi Rinaldo.
SlAM.
Held Antonietta (Maglio) pel nome Cesare
Antonio — Zanotti Pratelll (Brignano d'Adda)
pel nome Agoslino — Zuccanti Rosa (Quinto)
pel nome Rosa Catlerina — Quartana Dina
(Burgio) pel nome Vito — Marchesiu Rosalia
(Xoveiita Vic.) pel nome Maria Giuseppina —
Zannuntoni Marianna (Dosoledo) pel nome Gic-
vanni Maria — Lackeroteau Angela (Final-
marina) pel nome Margherita Teresina.
VICARIATO ClN'A.
Mondadore Guglielnio (Cagliari) pel nome
Cosimo Boj — Bozzo Giuseppina (Vanzone) pel
nome Giuseppina — Bosetti Elisa a mezzo Di-
rettrice Convitto Rivetti (Vigliano), pei nomi
Giuseppe, /.efjerina — Meloni Domenica a
mezzo Don Chiappe (Trevi), pel liome Luigia
— Vigua Genny (Coggiolu-Vicra) pel uome Egle
Angela Maria — Fassina Suor Caterina (Vespo-
late-Tornaco) pel nome Giuseppina Celestina —
Cucchiara Don Giovanni (Ravanusa) pel nome
Ministeri Crocifissa — Giannini Don Isarco
(Soezia) pel nome Dirchi Carmela — Dal Zotto
Suor Tarcisia (CogoUo) pel nome Anna — Se-
gagni Emilia (Frazionc Conlami-Pavia), pel
nome Edoardn — Famiglia Venturi (Ponte
Nossa) pel nome Mariano — Mielu'lotli Giuseppe
( Foglizzo Canavese) pel nome Vincenzo — Sog-
;,'etta Maria moglie di Liiigi (Castelrosso) pel
I i'li
IXDIA-ASSAM.
Porta Angela Ernesta (Torino), pel nome
Angela Ernesta — Martini Maria (Cuneo) pel
uome Giuseppe — Don Bresavola (Arciprete)
(Massa Lombarda) pei nomi Agata, Maria, Ida
— Fioretti JIaria (Colle Umberto) pel nome
Marta — Bassi Don Dionigi (Codogno) pel nome
Dionigi — Manara Don Agostino (Savona) pei
uome Agostino Giovanni Battista — Famiglia
Franzi (Crova) pel nome Caterina — Gastaldi
Margherita (Torino) pel nome Maria — Bassi-
gnana Bettina (Torino) pel nome Ettore — Ciam-
pini Ugolina (San Miniato) pel nome Luigi.
Maria Assunta — Gili Famiglia (Vigliano) pel
nome Maria.
India-Madras.
Scamuzzi Adelaide (Cuccaro) pel nome Ida '
— Castella Teresa (Frazione Casabattia-Muri-
sengo) pei nomi Domenico Terisio — Gonella
Suor Innocenza (Borgo San Martino) pel nome
Innocenza — Fabris Adele (Scorze) pel nome
Giuseppe — Cacioli Suor Teresa (Istia) pei noraiJ
Fiiippo, Beatrice — Vitto Prof. Nicolo (Cosenzaf
pel nome Giovanni Maria Bosco — Pettenuzzo^
F^rminio (San Giorgio in Bosco) pel nome NalaU
— Luccioli Maria (Foligno) pel nome Luigia —
Monzutti Teresina (Tarcento) pel nome Giuseppe
— Mercalli Giuseppe (Sillavengo) pel nome Giu-
seppe — Serra Autonia (Torino) pel nome An-
tonio — Chiappino Rosa (Castelnuovo don
Bosco) pel nome Osvaldo.
Congo.
Pianta Carmen (Savagnino) pel nome Rita —
Ferrini Santina (Casale Monferrato) pel nome
Agatina — Carolla Enrica (Trento) pel nome
Giovanni — Obert Domenica (Rivara) pel nome
Romano — Nattero Lena (Alassio) pel nomo
f.uigi — Nespoli Giuseppina (Cavirate) pel nome
Carlo Atlilio — Dalle Nogare Luigi (Schio) pel
nome Luigi Girolamo — Monti Deliina (Moyen-
vre, Grande-Moselle, Francia) pei nomi Paolo,
Delfina.
Vicariato Equatore.
Rosa don Domenico pel nome Pier Giorgio
I'rassati — Sola a mezzo don Borasio (Torino-
Crocetta) pel nome Atlilio — N. N. per il nome
Giuseppe Maria — Moratti Suor Angelica (Pa
lonibara Sabina) pel nome Carolina Costanza
Pierina — Collcgio Manfredini (Estc) pel nome
Potato Giovanni — Camerata S. F^rancesco Za-
verio (Seminario di Faenza) pei nomi Antonio.
Carlo — Collagrasso Antonietta (Grotteria) pei
nomi Aljonso, Angelina — Lovisolo Cristina
(Torino) pel nome Cristina Antonietta — Alliney
Teresa (Torino) pel nome Carta — Boetto Ro-
.sina (Torino) pei nomi Giovanni Giuseppe —
Cucco Antonio (Verolengo) pel nome Antonio.
Printed Iti tfe^^
(Pubbtlcazlone Menslfe)
(Conto corrente postale)
-r:*^
Oiovenlii (Di$$ionaria!
a
5
a
3
SO.WMARIO .
Beltc parole di an prole»lanle. — Dopo an anno di miMtmic. — Principio
d'anno. — Ncn'orranotrofto di Gaakati- — Sc potcdsi goarire la taa anim«I...
— La prcdtcB del boon eserapio. — ProfH coniKilan i di miftsionc. — -Voce
del fHunie'. — La vccchla sjrrid«itc. — Le tirmyi. — i^Isotfi Mfssionari.
— SaperAtizioDi c ritl pajfanL Utic Wagdu.
Suttt! Sutti! Siitti!
booete aboperarut per procurarct un nuooo
abbonato ^cmestralc
(bal Ciialio al Diccmbvc C. 5,50).
(yatcct questa propaganda!
CZbbonameitto:
P«r Hfalia: flniiualc L. 6,20 - Sosknilore L. 10 - Oitalizio L. 100
Per rC$t«ro: „ L. 10 - „ L. 15 - „ L.200
p
a
n
Anno IX - Num. 6
Pubblicazione mensile
Giugno 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
Belle parole di un profesfante.
II prof. Edoardo Engel, celebre scien-
ziato tedesco, a 70 anni ha pubblicato un
libro di memorie intitolato Uomini e
cose; in esso si trova questa bella pagina
clie riferisce le impressioni provate dal-
I'autore in un ospedale cattolico. L'Engel
scrive: <i lo ho veduto degli uomini, che
per me erano nuovi.
» Una grave disgrazia mi ha messo in
contatto con questi uomini, che vorrei dire
« celestiali » (himmlische Menschen). Mia
moglie in seguito a un infortunio, dovette
essere condotta nell'ospedale piii vicino.
Era quello un ospedale cattolico, servito
da snore della congregazione di San Carlo
Borromeo. Fu necessaria una operazione;
una sutura della rotella del ginocchio.
Dopo cinque settimane di degenza, I'ani-
nialata guari. II suo letto di dolore era
circondato da esseri celestiali; ogni suo
movimento era vigilato e facilitato; ogni
cosa richiesta era offerta con grazia; ogni
aiuto, per quanto penoso, veniva prestato
volentieri da quegli esseri celestiali. Chi
essi fossero, quando furono esseri umani,
non abbiamo chiesto, non abbiamo sa-
puto..
»... Le snore infermiere cattoliche che
bo imparato a conoscere nel contatto quo-
tidiano di cinque lunghe settimane, sona
veramente degli « esseri celestiali i>; nes-
suno me lo contrastera. Molti miei aniici
conoscono questi esseri celestiali, o se vo-
gliamo dire altrimenti, que.sti « e.sseri ma-
turi per il Cielo »; essi tutti mi daranno
ragione. lo lo scrivo, non per esaltare la
gloria di quelle snore, perche esse non
aspirano alle glorie terrene; ma lo scrivo
per dare consolazione a me stesso ed ai
miei lettori godendo del fatto che tali es-
seri esistono...
» Queste spose del Cielo non aspirano
pill ai godimenti della terra. Esse vivono
si, ancora in terra, esse vi lavorano dal-
I'alba alia notte, o le notti intere, per gli
uomini di questa terra, affinche questi ri-
divengano capaci di gustare i godimenti
della terra; esse stesse invece conoscono
un godimento solo: sacriiicare interamente
se stesse per gli altri e vedere un giorno
Iddio. « Vedere Iddio », quale pensiero
inconcepibile! Inconcepibile anche per i
credeiiti. Ma chi dei miscredenti oserebbe
disputare intorno a queste parole? II mi-
scredente, se e veramente istruito, sa di
non sapere nuUa, ma nulla di pi 11 del cre-
dente, e il piii ricco dei due e certamente
colui che crede.
70/
» Quelle suore nulla devono possedere,
nulla aSatto. Nulla possono accettare di
quanto la piu profonda gratitudine volesse
loro ofirire, neanclie un mazzetto di fiori,
neanche un fiore. lo non andavo niai al-
I'ospedale senza un saluto del nostro giar-
dino; le suore distribuivano tutto agli al-
tri amnialati; mettevano i fiori nelle corsie,
per rallegrare la vista dei visitatori; ne
oniavano la loro cappella; nessuna te-
neva un fiore per se...
» E come sanno confortare rammalato!
Come sanno fargli apparire il dolore, la
prova, in una luce piii bella, mai prima
intra-\r\'eduta! Senza affettazione, senza
presunzione; con una serieta che esclude
ogni contraddizione. Anche I'infermo in-
credulo deve pensare: queste suore ne
sanno delle cose dell'altro mondo, ben piii
degli altri e percio: ascolta, niedita e taci!
» lo comprendo facilmente, come tal-
volta qualcuno di coloro che escono gua-
riti da questo ospedale si converta al catto-
licismo; ma non una parola delle sue infer-
miere lo avra sollecitato a farlo. Quanto
sono bassi i servigi che devono prestare
questi gentilissimi esseri celestiali! Ma le
suore immergono tutte se stesse in tanta
perfezione di civilta, che per esse anche
le cose pill basse e piii inmionde della
nostra povera umanita si trasformano in
cerimonie festive. Quando mia moglie
disse un giomo in atto di commiserazione
ad uno di questi angeli: « Povera sorella,
che brutti servizi lei deve fare! », la vene-
randa suora rettifico: Mi e concesso di fare.
Parola, che a me sembra cosi eccelsa, come
le piii eccelse parole dei classici poemi ».
E. G.
GLORIE MISSIONARIE
LE " AMANTI DELLA CROCE.'
L'istituto indigene delle AiiuiHli della Croce
fondato da Mons. Lambert de Lamotte, nel 1669
nel Tonchino, nel 1671 neU'Annam e nel 1672
nel Siara, conta 262 anni di vita e deve la sua
origine a uno dei fondatori della Societa delle
Missioni Estere di Parigi.
Una statistica del 1928 dava la cifra di 2156
religiose appartenenti all'Istituto. Ma, assai piii
apprezzabile del numero, e la gloria che l'isti-
tuto si e meritata col meraviglioso apostolato
missiouario e coll'eroismo nell'aflrontare il mar-
tirio. Durante la persecuzione del crudele Tuduc
le (I Amanti della Croce », che non furono ri-
sparmiate, dimostrarono quanta realta di si-
gnificato avesse il loro bel titolo: esse — ricor-
dano gli Annates — furono le prime alia soffe-
renza e aU'immolazione. Dar asilo ai persegui-
tati, soccorrerli e consolarli in prigione, recar
loro il supremo dono dell'Eucaristia come via-
tico per la prossima fine, ecco la bella missione
che esse disinipegnarono durante i primi tempi
della persecuzione.
Poi furono travolte anch'esse e soccombet-
tero a migliaia con I'eroismo delle martiri dei
primi secoli. Un editto del i860 fa menzione
delle <i Amanti della Croce » e le addita al rigore
spietato dei carnefici come donne perverse, dcgne
di esserc duramente punitc coU'esilio, coUa
schiaviti'i nelle case dei niandarini c colla niorte.
Tutto affrontarono impavide e furono presso che
stcrminate in quell'anno, conosciuto colla qua-
lifica di lerribile (luglio 1885-luglio 1S86).
Quanti cpisodi croici si potrebbero ricordare
che mettono in fulgida luce la pieta, le virtii di
quelle santc donne.
A Dinhlhuy (Phanrang) sei suore della pic-
cola comunita, sorprese. furono gettate nel pozzo
del convento e poscia ricoperte di concime. Una
di esse, trovandosi sopra le compagne, pot^ re-
spirare per due giorni: soffocata e divorata dalla
sete, grido iniplorando soccorso. Un pagano
passo la presso e le rispose con villane ingiurie.
— Ho qui tre piastre, di,sse la poverina, cu-
cite uella veste, te le daro se mi cavi da questo
pozzo.
La cupidigia prevalse suU'odio e quell'uomo
trasse fuori dal pozzo la suora; ma quando ebbe
spogliata la vittima che pretendeva salvare, il
miserabile la getto nel rogo che era stato ac-
ceso col legname della nuova chicsa in costru-
zione. E vedendo che la suora si dibatteva tra
le fiamme, le spaced il capo con un bastone.
Una suora, che non voUe salvarsi sulla mon-
tagna con la fuga, recitava il rosario quando
vennero a lei i carnefici: al loro entrare essa
s'inginocchio, piego il capo e fu decapitata men-
tre stringcva tra le mani la corona del rosario.
A Manglang la superiora e I'assistente furono
appiccate ad un albero e le altre precipitate nel
pozzo profondo: a Nuoc-Nhi sono state niassa-
crate in chiesa con 50 altre persone che ivi si
erano rifugiate: a Giahou, sorprese mentre con
molti cristiani fuggivano in direzione di Quin-
hon, furono trucidate con 1700 persone ai piedi
della collina.
Altre ebbero riservata una morte piu barbara
e furono interrate vive nella sabbia.
Oggi, come si .sa, le Amaiili della Croce hanno
riprcso un posto importante nelle missioni del-
I'lndocina e il loro lavoro e benedetto dalla pro-
tezione celeste di 270 sorellc martiri di Cristo.
102
DALLE LONTANE MISSIONI
DOPO UN ANNO DI MISSIONE
(Da una lelfcra inviata alia Rev. da M. Teresa Penfore).
Eccomi a Lei per dirle come ho passato
questo primo anno a Javarete, lapiu lontana
missione del Brasile. Ricordo qiiando nel
viaggio, che facenimo con Lei a Manaos, ci
aniniava ad essere vere Missionarie: forti e
^enerose, pronte a tutti i sacriiici. E aveva
ragione di prepararci cosi! Ouantecoseavrei
da raccontarle riguardo I'inizio di questa
povera missione! Siibito fummo molto pro-
vate, non solo con le privazioni e i disagi,
ma anche con la tualattia di una Suora,
che fu tanto grave che temevamo di per-
derla. Ora, grazie a Dio, sta bene e lavora
■come noi.
Le nostre ragazze sono tutte indie, e dob-
biamo fare molta fatica per capirle e per
farci capire da esse. II piii e poter ottenere
che vengano con qualche cosa da coprirsi.
Dato il clhna assai caldo, qui non c'fe bi-
sogno del letto, e per dormire le interne
hanno la rete. Sanno che devono venire ve-
stite, ma il piri delle volte arrivano solo con
uno straccio di sottanina, che hamio magari
-ottenuto ad imprestito per essere accettate.
Dovendo cpialche volta subito restituirla,
dobbiamo trovare modo di coprirle noi,
come meglio possiamo, per non lasciarle
nude.
Sono povere figlie della foresta die sanno
tutto cio che e male e ignorano tutto cio
che e bene. La maggior difficolta per ora e
poterci intendere. Esse parlano la lingua
Tucana, e, per far loro un po' di bene, dob-
biamo imparare anche noi questo barbaro
parlare.
Le nostre care indiette, appena impa-
rarono la prima risposta di Catechi.^nio:
« Sissignora, sono cristiana per grazia di Dio »
credettero di dover rispondere cosi ad ogni
nostra domanda. Ed ogni volta che dove-
vano rispondere: « Sissignora », aggiunge-
vano: « sono cristiana per grazia di Dio ».
Poverette! non comprendevano ancora il
senso delle parole!
Senta anche quest'altra pure amena. Ci
eravamo raccomandate per avere im ucmo
a segarci la legna e venne xm Indio intera-
mente nudo. Egli comprese che doveva niet-
tersi qualcosa addosso per presentarsi a noi,
ma non seppe trovare altro di meglio die
un cappello, e se lo pose in testa... Poco
dopo cadde la pioggia ed egli per non sciu-
parlo se lo tolse di testa, amando bagnarsi
piuttosto die guastare il capjjello.
Queste scene succedono soveiite; ed an-
che in cliiesa si vedono entrare uomini senza
vestito, ma col cappello in testa, perche cre-
dono in tal modo di presentarsi piii decoro-
samente.
Sono ancora selvaggi perche la missione
e iniziata da poco e non conoscono i do-
veri ne civili ne cristiani. Speriamo che
anche qui si possano constatare quanto
prima i progressi della Religione e della ci-
vilta.
Suor MisTiCA Federi.e.
F. M. A.
10
Sakania, 5 genuaio 1929.
Eccoci di nuovo al principio dell'anno, e
tutto ancora si rinnova d'intonio a noi: gli
alberi, le siepi, i fiori... ovunque fa jx>mpa
di se una lussureggiante vegetazione, nel
villaggio e nella foresta. Anche le pioggie
ricoinpaiono ogni giomo, e in che abbon-
danza! Se non avessimo la divina promessa,
ci crederemmo alia vigilia di un diluvio!...
Malgrado cio le rose sbocciano a profusione,
e la notte di Natale ci sorprese con I'altare
tutt'adomo di niagnifici niazzi, che profu-
mavano la cuUa del Bambino Gesii e ne
salutavano la sua venuta. E coUe rose pro-
fumate e spk-ndide, il Divin Redentore vide
intomo a Lui una bella corona di cuori sem-
plici e ferventi, come i pastori di Betlenmie,
che gli offrirono il dono della loro fede e del
loro amore; e dovctte certo consolarsi il
buon I)io, in quella notte santa, poiche fu-
rono numcrose le sante Comunioni dei cri-
stiani e dei bambini.
Iva domenica precedente, 23 dicenibre, un
gruppo di catecunieni avevano ricevuto dalle
PRINCIPIO D'ANNO
Rose e anime - Conlrasti in famiglia - Una sposa
buona in luogo d'una pagana - Visile inopportune
mani del Rev. P. Direttore il santo Batte-
simo. Era composto da dieci uomini, chuiue
donne e sette fanciulli: donne e fanciulli
allievi delle nostre scuole. La cerimonia si
commovente del Battesimo degli adulti
aveva avuto tennine alle 7 e mezzo, e tutti
cotesti felici neofiti venivano subito am-
messi al Banchetto Celeste ricevendo il Pane
degli Angeli con un fer\-ore che rapiva e
commoveva. E nello stesso giomo, S. E.
Mons. Sak amministrava loro la Santa Cre-
sima, insieme a tutti gli altri cristiani di
Sakania. Nel ponieriggio ebbe luogo il Bat-
tesimo dei bambini e alia sera, dope VAve
Maria, I'imposizione dello scapolare del Car-
mine; alia mattiiia del 24, poi, si effettua-
rono i matrinioni.
Per la Messa di mezzanotte la cappella
della Missione era gremita: da tutti i vil-
laggi dei dintomi erano venuti a gruppi gli
indigeni; e tutti quel buoni e semplici abi-
tanti della foresta erano pieni di nieraviglia
e si estasiavano dinanzi al presepio, dove
il bel Bambino sorrideva ed apriva le braccia
a quelle anime come se avesse voluto strin-
gersele tutte insieme sul cuoricino. Que-
st'anno il presepio presentava delle novita;
era stato abbellito anche dalla comparsa di
personaggi neri vicini ai bianchi pastori, e
in alto, gruppi di angioletti cantanti le
glorie del Dio Salvatore tra nubi variopinte,
tempestate di stelle brillanti, che davano
I'illusione di un paesaggio incantato. E
tutte cjuelle rappresentazioni non erano al-
tro che cartone, al quale I'abile pennello di
un Padre Salesiano aveva dato I'apparenza
di veri personaggi angelici ed umani... E
furono davvero quel giomi pieni di sante
consolazioni spirituali per la Missione di Sa-
kania.
Ora ci sono gia varie famiglie tutte cri-
.stiane: ma qua e la si trovano ancora van
che fanno i .sordi alia chiamata del Signore
e restano attaccati alle loro superstizioni.
Cio avviene soprattntto ai piii anziani: in
una famiglia, i genitori si o.stinano a rima-
nere pagani e i loro due figli — un giovane
e una figliuola — ricevono le acque rige-
/O^ -,
neratrici; altrove, la madre e la figlia ac-
colgoiio il Battt'simo, mentre il padre e il
figlio s'accontcntano di promettere clie lo
rioeveranno piu tardi; e cosi tanti ahri casi
si vamio preseiitaudo come questi. Ma, sta-
volta, Gesii ha fatto una buona con([in.sla:
tutta una fauiiglia, composta di sei per-
sone, ascolto il suo invito e si diede a laii
senza difficolta. Vi sono pure niolti neri die
\'orrebbero ricevere subito il santo Batte-
simo; ma non lo possono fare per niancanza
d'istruzione, perche dagli adulti si esige che
conoseano prima bene la religione ed i do-
veri che essa impone e s'impiegano gcneral-
rimane alio stato di desi lerio!... Fra pochi
giomi tre di noi saranno destinate alia nuova
Casa di Katubu, dove Monsigiiore ha gia
])reparato xui nuovo cani]jo d'azione anche
per il nostro zelo: ma ci sono tanti altri
posti che ci sos])irano e dove tante auinie
aspettano 1 'opera nostra per poter ricevere
il dono del Cielo! Che Maria Ausiliatrice su-
sciti molte anime generose, pronte ad ac-
correre in queste terre si promettenti, per-
che ci aiutino a moltiplicare le concjuiste
per il Regno di Dio e strappare al demonio
tanti cuori ch'egli stringe ancora tra i suoi
ceppi infernali!...
Una famiglia ititenta ai lav^ri domestici.
mente tre anni ahneno nella preparazione.
Cio sembra lungo; ma in realta non e troppo;
fra una ventina d'anni le cose cambieranno
d'aspetto, quando la nostra santa religione
avra potuto abbattere le barriere del paga-
nesimo e il sole della verita sara riuscito a
dissipar le tenebre dell'errore che avvolge
(jueste povere anime.
Cio che ritarda ra\'^'ento del Regno di
Dio ed il suo trioiifo in queste lontane re-
gioni e la mancanza di operai evangelici...
la messe e si estesa ed abbondante, ma sono
cosi scarsi i mietitori.
La Prefettura Apostolica di cui noi fac-
ciamo parte ha I'estensione di tutto il Belgio
e non conta piii di quindici saccrdoti, coni-
preso Mons. Sak, una quindicina di con-
fratelli salesiani e sei figlie di Maria Ausi-
liatrice!... Che bene i:iuuenso da fare e che
Ed ecco ora alcune altre relazioni intomo
ai costumi di queste regioni. Le figliuole ncii
conoscono qui giovinezza: appena uscite dal-
I'infanzia esse sono vendute dai loro geni-
tori e date subito a marito, cosi che le gic-
vanette spose e gia madri giocano ancora
come bambine. Abbiamo qui nella Missione
un giovane vedoA-o di 17 anni, a cui venne
a mancare da poco la sposa di 15 anni!
Molto spesso questi matrimoni si accordano.. .
a colpi di pugni, non avendo esperienza al-
cuna della vita. Pochi giomi fa, un nero di
nome Makichi venne da noi in cerca di me-
dicina; — Che ti e success© Makichi? — gli
chiedemmo.
— E stata Kasala che mi ha morsicato...
Kasala e la sua giovane moglie che, ab-
battuta dai colpi di pugno del marito, per
concliiudere I'affare, si provo a far entrare
^05
KAKNELO = Leoni che turbarono la quiete deU'ameno villaggio.
la sua bella dentatura nella pelle del marito!
Quante stone di questo genere si potreb-
bero narrare! Per fortiina che esse sono nii-
racoli di pagani. I cristiani, grazie a Dio,
finora vivono in buone intese: si vede che
la benedizione di Dio li acconipagna e pro-
duce i suoi frutti consolanti.
Udite ora un fatto piii edificante: nel
gruppo dei catecumeni che ricevettero il
santo Battesimo il 15 agosto 1927, si tro-
vavano due sposi, di cui la donna, alcuni
giomi prima della cerimonia, si ritiro, non
volendo piu udir parlare di religione. Ma il
giovane preferi il Signore alia sua sposa e
si fece battezzare; ricevette il nome di Gio-
vanni ed e un fervoroso cristiano, che fa
ogni giomo la Comunione. II Signore gli
diede una nuova compagna, tanto buona e
non nieno devota di hii; c Monica e Gio-
vanni sono felici, sono un vero modello per
i vicini di casa.
II 14 novenibre scorso Suor Scrafina uc-
cise un serpente che insidiava il pollaio; e
la sera dello stesso gionio Suor Maria ne
uccise un altro nientetneno che in dornii-
torio! Se fosse venuto a questo il ticchio di
rifugiarsi sotto il guanciale!... Sono piccoli
rettili clie penetrano dappertutto, quando
comincia la stagione delle piogge; ma non
sono per questo meno pericolosi...
Una mattina Suor Serafina ebbe la sor-
presa di troyarsi nella Scarpa un bel rospo.
Stava per calzarsi, quando... uh, che im-
pressioiie! La po^'era bestia, svegliata bru-
scamente dal suo dolce sonno e gettata Ion-
tana, ando a tenninare la sua mortal car-
riera sotto una pioggia di pietre.
Le galline schiamazzavano disperata-
mente e non volevano piii entrare nel pol-
laio. Che era successo? Un camaleonte vi
si era installato e vi faceva da re...
Presso di noi non accadono che piccole
avventure di bestioline da cui facilniente
ci sbarazziamo; ma nella Mi.ssione dei Sa-
lesiani di Kakyelo, da un anno in qua, sono
i leoni ed i leopardi i loro visitatori ordi-
nari!... cinque leopardi, due leonesse cd un
enorme leone sono gia stati abbattuli. Mon-
sigiiore ci ha fatto vedere delle belle foto-
grafie ra])j3resentanti coteste famose cat-
ture; egli portera pure a Torino il leone ini-
balsaniato, per quel Museo missionario. Oh,
a quali pericoli non e esposta la vita dei
Missionari e quanto bisogno essi hanno delle
preghiere dei buoni!
Una Fielia di Maria Ausiliatrice.
J 06
NELL'ORFANOTROFIO Dl GAUHATI
I nostri orfanelli appartengono a cinque
o sei razze dififerenti e provengono geiieral-
mente dalle piantagioni di te o da quel
villaggi {BastI) tipici che s'mcontrano nella
vallata del Braniaputra e sono fonnati da
faniiglie immigrate iieirAssain per lavoro:
e, finito poi il loro contratto, coi piccoli ri-
sparmi hanno acquistato delle terre, die
coltivano direttamente per lo piii a risaie.
La missione conta oggi nella vallata 142
tra villaggi e piantagioni con cappella, ca-
techisti e cristiani, visitati di continuo dal
missionario che per 200 giomi dell'anno gira
dall'un all'altro luogo dispensando i coiiforti
del suo ministero spiritiiale.
Da queste varie localita provengono i no-
stri orfanelli: una parte di essi frequentano
le scuole elementari, altri seguono corsi per
aspiranti catecliisti, altri quelli per aspi-
ranti al jacerdozio; vi e pure tiorente la se-
zione artigiani, i quali apprendono il me-
stiere del falegnanie, il piu utile per essi.
Per tunio essi attendono alia cucina, la-
vano e rattoppano i proprii abiti e fanno la
]wlizia della easa: in tutto spiegano una di-
ligenza e buona volonta veramente annnire-
voli. D 'indole docile e pieghevole questi
bravi ragazzi sono vicendevolmente di buon
esempio nella pieta e nel disimpegno dei
proprii doveri; e, se occorre qualche corre-
zione, sono essi stessi a farla con uno zelo
e con criterio nieraviglioso. Questo spirito di
mutua edificazione e promosso in modo spe-
ciale dai membri della Compagnia del San-
tissimo Sacramento e di S. Giuseppe.
ila c'e un'occasione in cui gli orfanelli di-
ventano irreciuiefi in grado superlativo. I
lettori di « Gioventii Missionaria » pense-
ranno che sia forse quella in cui qualche
terremoto viene a sconvolgere questa in-
cantevole terra... I terremoti, e vero, qui
sono assai frequenti, tanto che non passano
due giomi senza che si debba partecipare a
qualche ballo... Ma non e questo il niotivo
che de.sta I'irrequietezza nei nostri cari ra-
gazzi: e quando improvvisaniente si ode una
voce che annunzia I'arrivo, o .se vi place il
ritomo, del missionario girovago dalla val-
lata. Allora il freno della disciplina e spez-
zato dall'entusiasmo, al silenzio succede xmo
schiamazzo generale, che si ode per tutta
Gauhati (I'orfanotrofio e proprio al centre)
e tutti si precipitano incontro al « Padre ■>
per salutarlo, per sentire le notizie dei vil-
laggi e le avventure che sempre accompa-
gnano il suo viaggio. In cpiesti casi non c'e
piu regolamento che tenga.
Pochi gionii fa capito questa scena nientre
era presente im amico professore di Uni-
versita venuto a visitarci: al vedere le di-
mostrazioni di entusiasmo tributate a Don
Piasecki reduce da im lungo giro, non ces-
sava il brav'uomo di ripetere: — Clie gioia!
che allegria! Qui tutti sono allegri!
Tale e veramente la vita dei nostri orfa-
nelli.
Quanti altri orfani ancora non vi parte-
cipano, e vivono tra stenti e pericoli nelle
piantagioni e nei villaggi, in attesa che la
carita di anime buone pro\-\-eda anche per
loro. II missionario ha in cjuesti orfanelli le
sue migliori speranze e sospira che la gene-
rosita dei suoi benefattori gli dia modo di
provvedere alia sorte di tanti sventurati.
Francesco ]M.\rmiit,.
Missionario Salcsuino.
10/
SE POTESSI GUARIRE LA TUA ANIMA!...
Gionii fa si presentava aH'astanteria di
Bu Noh una vecchia musulmana, tutta rag-
grinzata, disfatta, die piangeva dirotta-
mente.
— O niarabuto venerando, mi dice avvi-
■cinandosi, abbi pieta, te ne prego, della po-
vera Tasadit (fortunata), die e tale soltanto
di nonie.
— In die dunque ti posso servire, mia
buona vecchia?
— O inarabnto, guarda tu stesso...
Cio dicendo. allunga la niano scania sotto
la tunica e ne ritira in un pacco di cenci
una gaUina col cranio spiuinato, avente al
cello due amuleti: uno per aiutarla a far
uova, Taltro per preser\arla dalle malattie.
lo guardava stupefatto aspettando una
spiegazione. Tasadit continuava piagnuco-
lando;
— O niarabuto, guarda questa gallina:
e tutto quello die posseggo su questa terra:
ella mi nutrisce, senza di lei io morrei di
fame. Per Dio clemente, pel signer Mao-
metto, ti supplico, abbi pieta d'una infelice.
Vedi, ella non fa piu uova: ella non mi
ascolta piii, quantimc|ue le sussurri nel-
I'orecchio parole soavissime... O tu, die sai
tutto, dalle una medicina: i cristiani sono
intelligenti: noi invece. poveri Cabili, siam
miili: soccorrimi...
Mentre parlava cosi, prese il lembo del
mio mantello e lo baciava con fervore, men-
tre con I'altra tratteneva a mala pena la
gaUina spaventata, die ne capiva nulla.
— Ma, mia povera Tasadit, medicine per
la tua gallina non ne ho.
— Ma si: tu ne liai: se vuoi, puoi guarirla.
La sua sventura era veranieiite grande:
la gallina era tutto il suo avere. Pensai un
tantino, poi:
— Avvicinati, le dissi: ho quel die fa per
te, cioe per la tua gallina: aprile il becco e
tienla fenna.
Allora con gran precauzione versai suUa
lingua del volatile un cucchiaio di... olio di
ricino.
— Ecco: abbi fiducia, o Tasadit e... vat-
tene in pace.
Essa, dopo aver baciato ancora una volta
le mie niani ed il mio mantello, se ne ando
colmatidomi di benedizioni.
II gionio dopo, aprendo la farmacia, chi
vedo? Tasadit: ma una Tasadit del tutto dis-
simile da quella della vigilia: una Tasadit
gaudiosa e... senza gallina,
Appena mi scorge, s'awicina, circonda
col braccio scamo la mia testa e depone un
bacio sul mio fez. Poi aprendomi la mano,
vi depone un novo.
— Eccolo, mi dice: e tuo: tu liai guarito
la mia gallina. Ti porto I'liovo die ha fatto
ieri sera. Tu hai avuto pieta della vec-
chia Tasadit: grazie. Che Allah ti ricom-
pensi, ti perdoni i tuoi peccati, accresca i
tuoi belli, allunghi il nuniero dei tuoi giomi.
Un'oasi della Kabilia.
^ loS ^
Dia il cielo ai tiioi ])arcnti, confonda i tuoi
neinici, bencdica quelli die vi aniaiio, nia-
ledica chi vi odia!.,.
Stordito da simile valanga di auguii e di
beiiedizioni, non cessavo di rispondere:
— Amiii, amin: in cia Allah! cioe: —
<-osi sia, piacesse a Dio! — mentre guardavo
I'uovo bianco, il niio novo.
Guard ando jKii alia vecchia, la vedevo
raggiante di gioia e capivo die i suoi elogi
sulla scienza del niarabuto di T)io eraiio
sinceri.
Allora felice se lie toniava a casa. Mentre
io peiisava e diceva tra me:
— Cara veccliia, se un giomo potessi gna-
rire la tua aninia come ho guarito la tua
gallina, qudlo sarebbe uno dei piii bei gioriii
di niia vita di niissionario in Cabilia.
P. Menard, dei PP. BB.
LA PREDICA DEL BUON ESEMPIO
Come nei primi tempi del cristianesimo
ancora oggi si rinnovano nelle nostre niis-
sioni le scene commoveiiti e le opere mira-
bUi ddla grazia di Dio die si serve di tanti
mezzi, anche i piii disparati e insigiiificanti,
T)er giimgere al cuore del pagano e trarlo
alia vera religione.
Qualche mese fa, un pagano assamese, im
comime lavoratore o coolie (cosi sono chia-
xnati in Assam gli uoniini impiegati nelle
fattorie di te) si presentava alia nostra casa
di Gauhati, e chiedeva di parlare col IMissio-
nario. Ammesso alia sua presenza espone il
motive della visita: — Padre, m'insegui la
religione di Gesii Cristo perclie ho in cuore
un grande desiderio di farmi cristiano.
■Guardi, sono venuto da un Bagan (fattoria
■di te) distante due giomi di cammino; ho
abbandonato il mio lavoro e non ritoniero
«ola finche non saro cristiano.
II Padre col cuore riconoscente ringrazia
il Signore che gli ha mandato una pecorella
•di piii da rinchiudere iiell'ovile; forse quella
centesima die il Pastore ando cercando per
queste jungle, Tuttavia un po' stupito di
questa visita cosi spontanea, domanda:
— Come ti e venuto il desiderio di farti
cattolico?
— Oh Padre! da niolti aniii io lavoravo
nel Baga)! con tanti altri coolies tutti pagani.
Allora ero niolto cattivo, vivevo come le
bestie, soveiite mi ubbriacavo e attaccavo
lite. Al priiicipio di quest'amio vennero alia
fattoria una ciiitiuantina di nuovi coolies che
non erano come gli altri; seppi che erano
■cattolici. Li osser\ai per lungo tempo, li
vidi senipre assidui e conteiiti al lavoro,
serupre pronti ad aiutare gli altri, non si
ubbriacavaiio iiiai ed alia domenica si ra-
dmiavano in una capanna, che e il loro
tempio, e cola pregavano e cantavano dei
begli inni a Dio. Essi sono proprio buoni;
ed ho pensato che anche la loro religione
deve essere molto biiona... Cosi mi son de-
ciso di farmi cristiano.
Vista la sincerita e la buona disposizione.
il Padre incomincio li per li a fargli la prima
lezione di catechismo. II brav'ucmo ascol-
tava tutt'orecchio ed il suo continuo e quasi
ritmico assentire colla voce e col capo dava
a vedere cjuanto la sua aiiima fosse assetata
di verita.
Tipo deila Kabilia.
lop
Francesco e la sua famiglia.
Ouando il Missionario venne a parlargli
del peccato originale e gli spiego come la
sua anima fosse tuttora macchiata dal per-
cato e che nulla poteva niondarla, se nou
il santo lavacro del Battesimo, il povero
uoino resto assai colpito.
— Padre, se e cosi, mi dia subito il Bat-
tesimo, perclie se rimando ancora niolto
tempo senza lavarla la mia auima diverra.
sempre piu sporca!
Dopo alcuni giomi ricevette il Battesimo
con intensa commozione. Gli fu date il ncme
di Francesco. Sembrava un altro uomo quel
gionio, e non si stancava di ripetere a tutti:
« Ora si che la mia anima e bella e pulita! ».
Ritomo cristiano al Bagan da cui ne era
uscito pagano e istmi nella fede tutti quelli
della sua famiglia. Da quel giomo anch'egli
ebbe la grande gioia di miirsi a quel bravi
cristiani per lodare il vero Dio e attrarre a
sua volta alia verita varii suoi compagni
pagani.
Umberto Marocchino.
Missionario Salesiano.
FRUTTI CONSOLANTI DI MISSIONE
Macas, 15 novmbte 1930.
Da tanto tempo i Kivari ci supplicavano
di metterci in maggiori relazioni con essi,
recandoci a visitarli nelle loro kivarie per
insegnare il catechismo. I venerati Supe-
riori videro in questo desiderio la volonta
del Signore e la via per guadagnare al suo
Cuore questi infelici abilanti delle foreste,
che gemono ancora sotto la schiavitii del-
I'infemo; e ci animarono a dar jjrincipio
anche a questa nuova missione.
Sono omiai 13 settimane die ci rechiamo,
ima volta per .settimana, presso i kivari delle
due kivarie ■p'm vicine, a portare la luce della
verita etenia tra quelle tenebre ed a sol-
levare quelle povere anime abbrutite, dando
anche ai loro corpi quel soccorsi che ci sono
po.ssibili e die si impongono piu urgente-
mente. E troviamo una corrispondenza assai
maggiore di quello che potevamo sperare.
Essi stessi vengono a preuderci nella resi-
denza per accompagnarci attraverso i dif-
ficili .sentieri, e per aiutarci a guadare il fa-
moso iivune Upaiio, il die si fa parte in
canoa e parte sulle spalle degli stessi kivari,
che si .sentono gloriosi del dolce lieso!...
Abbiamo gia in.scritti al catechi.snio piii
di 200 alunni, d'ogni eta e se.s.so, nella prima
kivaria, e 57 nella seconda; vi ci redii;im<)
il .sabato niattina, e rimaiiianio pre.s.so di
loro sino alia domenica, dopo la santa Messa,
che viene celebrata dal Missionario P. S^rlil,
il quale, aiutato dal Sig. Angelo Rr uby, fa
il catechismo agli uomini e alle dorre, men-
tre Suor Domenica raccoglie i bambini e le
bambine, e la sottoscritta attende ai malati
che si presentano e va anche a quelli die
non sono in grado di lasciare la loro povera
capanna. Cosi, curando i corpi, si arriva piit
facihneiite aU'anima, che si piega sotto la
forza della carita e si lascia vincere dalla
grazia. Abbiamo dei veri conforti spirituali,
che compensano largamente i sacrifici iiii-
posti dalle diflicolta d'ogni specie, e ciani-
niano ad affrontame anche dei maggiori,
pur di vedere estendersi il Regno del nostro
Maestro Divino e moltiplicarsi le sue con-
quiste.
Quanti graziosi incideiiti si svolgono sotto
i nostri sguardi!
Un gionio mi vidi comparire in casa una
kivara gia conosciuta da niolto tempo, la
(juale ha una iigliuola da iioi ed un ragazzo
presso i Salesiani. I^a biinba si diiania Ma-
rina, e da un anno fa la santa Comunione
tutti i giomi. Sul volto della donna era di-
pinto nil raggio di gioia ed io le chiesi:
— Da dove vieni, Maici?
— Veiigo dalla kivaria — mi rispose e,
trattanii in un angolo della camera, svolge
7/0
lino straccio che le awolgeva il petto e il
dorso, e mi presetita una creaturina. — Vedi,
e nata stamattina; ma siccome 6 gemello e
presso di noi e costume uccidere uno dei
due, COS! andavano gia quei della famiglia
a gettarlo nel fiunie; io ho fatto in tempo a
strapparlo dalle loro mani e te lo jxirto,
perche, come ci hanno insegnato uel cate-
cliismo che non si puo uccidere nessuno iie
grande nc piccolo, non ho lasciato che gli
dessero la morte.
Rimasi commossa a quella scena e alle
parole della povera kivara; e presa la crea-
turina come un regalo che ci mandava la
Madonna, le preparammo un posticino fra
i nostri asilati, e la facemmo battezzare su-
bito, imponendogli il nome di Carlo. Oh, se
la Madonna ispirasse qualche anima gene-
rosa a volersi incaricare di questo angio-
letto, provvedendogli alineno un corredino,
quanto ne saremmo riconoscenti! I bisogni
della IVIissione aumentano senipre piii; a
questi poveri kivari bisogna dare tutto, ed
essi si arrendono e si lasciano piu facilmente
guadagnare se con la luce della verita e il
pane della dottrina cristiana si puo aggiun-
gere anche un po' di roba per vestirli e qual-
cosa per sostentarli.
La Divina Prowidenza che finora ci ha
aiutate, non ci manchera mai, e sapra farsi
rappresentare sempre dalle anime buone che
comprendono le divine promesse: « Date e
vi sara dato. Cio che avrete fatto per uno
di questi piccoli, I'avrete fatto a me, che
Don Angelo Rouby con un kivaretto.
non lascio senza ricompensa neppure un
bicchier d'acqua dato in niio tu me ».
Suor Maria Troncatti.
Cg+2
IL BUON CUORE DEI GIOVANI
Haifa, 15-6-1930.
Rev. mo Signor Don Rinaldi,
A jorza di piccoli sacrifici e privazioni ecco
che abbiamo raccolto altre 100 lire che inten-
diamo mandare al Sig. D. Cimatti a vantaggio
del'a missione del Giappoiie. Accetti dunqiie
quesla ofjerta che speriamo non sara l' ultima.
Noi innalziamo ogni giorno prcghiere per Ic
missioni perche coryispondano alle fatiche
dei missionari. Domandando la sua paterna
benedizione e baciaudole la niano ci prote-
st i a mo
siioi afj.mi figli
Gli alunni Salesiani di Haifa.
Carissima Rivista Missionaria,
« Ex ore infantium et pauperum...». L'aiitto
scambievole fra poveri e la fioritura della
carita. Grazie, cari giovani di Caifa. II
Signore, donatore munifico, vi ricolnti dei
siioi benefici. I vostri amici del Giappone
riconoscenti vi ringraziano dal piii profondo
dell'anima.
Miyazaki 4-3-31.
D. ViNCENZO Cimatti.
Salesiano.
Ill
GIAPPONE. - Funzionc buddista in suffragio di un morto. I parents offrono inccnso e riso al defunt'o.
♦VOCE DEL FIUME"
Non fate la faccia arcigna: ve lo dico su-
tito: qui non si tratta di iin titolo futurista
ne di un componimento per I'animissione
alle scuole medie: la «Voce del fiume » e il
noma del nostro catechista.
Lo potete vedere ogni giomo davanti alia
missione mentre aspetta 1 'automobile per
andare nei vari paesi vicini e non vicini, a
fare il catechisnio ai nostri aniici, ai ragazzi
giapponesi.
Vedete, la sua voce, non corrisponde af-
fatto al nome, perche, se si puo dire d'un
uomo die non ha voce, d proprio lui. Ha
una voce che parla senipre per se, vma voce
clie vien da lontano, una voce insomnia d'un
fiume senz'acqua, anzi d'un letto d'un fiume
secco, bruciato dal sole. Difatti, e proprio
bruciato dal sole, tanto bruciato, che non
ha i)iii capL-lli... ha pero una bella barba,
all'ombra, piii bianca die nera, color ce-
nere come la cenere dei bracieri giapponesi.
Poi, un po' perche e veccliio, un ])o' perche
porta senipre quel trainijoli, cammina .seni-
pre a jiassi piccoli piccoli, calmo, forse per
non svegliare quella voce...
— Signor <i Voce del Finnic » (veramente,
dovrei dire: signora <iVoce...i>) andiamo a ve-
ntre questo baraccone di legno... cosi potro
scrivere qualcosa ai niiei amici di Gioveviu
Missionaria.
— Non ha mai visto un tenipio buddista?
Su... andiamo; bisognera levarsi le scarpe...
— Se non si tratta die di c^uesto, si puo
andare. Credo di non avere buchi nelle
calze, cioe, ne ho uno, ma e di sotto, non
si vedra.
Cosi diceiido « Voce del Fiume » lascio
le sue ghetd, io le niie scarpe, davanti alia
gradinata del Tera.
II mio Cicerone spinse il soji, to.ssi due
volte, entro. Io I'imitai, seiiza tossire.
Sconimetto die avete mai visto un Tera
giapponese! Un salone d'un dieci nietri per
sei; pavimento coperto di stuoie; di f route
alia porta un altare. Su I'altare, in mezzo
a un groviglio di fieri di loto, canddieri,
drap])i, iscrizioni, inceiisieri, in mezzo a
questa roba c ad altra die non ricordo, vi
e una statua di Budda, alta circa un metro.
— Signor catechista (dovete sapcre, die
il catechista c un convertito dal buddismo)
cosa c'e scritto su questo gran foglio a
destra ?
— Quello... (due colpi di to.sse) questo 6
I'orario delle ferrovie.
— Fareva anche a me. E quella gran pen-
/ 1 2
■tola davanti all'altare? Si potrebbe fare la
JK lenta per 20 persone. E ajrande proprio
cmiie la pcntola di iiiia iioniia. Mc la ricordo
iiiolto bene.
— Noil e una pentola. Oiiella roba li fa
ruflicio del campanello nella funzione bud-
dista.
— E lei lo chiama campanello? A Ve-
iiezia lo ohiamerelibero la niarangona, e poi.
se lo vede niia nonna, I'adopera certaniente
per la polenta. Ma, e tntta (piella foresta di
lavolette la, in piedi, a sinistra deH'altarc?
Gnai se capita un incendio, con tntto (lueslo
legno.
— Quelle .sono le ihai, le tavolette degli
antenati, vede...
— Vedo, vedo. Una scodella d'accpia e
una di riso davanti a ciascuna. Si conten-
tano di poco questi morti. Qui c'e persino
una sigaretta mezzo consumata. Ecco uno
die non puo staccarsi dal fumare nemmeno
dopo niorto. E queste grandi nova di Pa-
squa! i\Ia guarda, son proprio incartate come
le nostre nova di cioccolato.
— Niente uova. Nei vasi incartati vi sono
le ceneri dei morti...
— Qui le ceneri!... e le lascian cosi! Bel
modo di seppellire uno, uno, con un po' di
<:arta. E poi, costa tanto mettere questi vasi
sotto terra! E poco appetitoso venire a
pregare qui dentro. E poi, perclie fare quel
vasi proprio come le uova di pasqua?
Ragazzine pronte per la danza del ventaglio.
"Voce del Fiume ", il catechista di Tekinab^.
Mentre « Voce del Fiume » stava la iiican-
tato pensando forse a tutte le frottole che
avea creduto in gioveiitii, alzai gli occlii al
soffitto, dove un gran drago ricamato su
seta spalancava le fauci, guardandomi con
I'occhio sinistro.
— Chi sa cosa fa quel drago li?... lo vo-
levo domandare a « Voce del Fiume », ma poi
mi perdetti dietro a due belle lantenie che
pendevan dinanzi all'altare. Che stranezza
in tutte queste cose. Dei candelieri grossi
e alti come una gamba di tavolo, sostene-
vano delle candele esili come il mio dito
mignolo, alte un decimetro.
Accanto al pentolone della polenta, c'era
//
Tera (interno) = a sinistra si vede il... pentolonc.
tin grosso tainburo, due volte piu largo delle
nostre grancasse, una vera botte. Accanto
a quello un gran sonaglio di legno, grosso
come una zucca. laccato in rosso. Su un
leggio, pure dipinto in rosso, robusto da so-
stenere un pianoforte, stava poggiato lui
libro stretto stretto, lungo lungo.
In quella, entra il bonzo, fatto come tutti
i bonzi. II cranio lucido, rasato, la stola al
collo, il rosario in mano, le calze bianche.
■ — Ora cosa fara?
II bonzo fa un inchino alia statvia (un
inchino a 30°: se lo facessi io, cado cer-
taniente a capofitto) si accoccola per terra,
sfodera il libro, coniinciando daH'ultima pa-
gina, e impugnato con la destra un nianga-
iiello si mette a pestare con un tempo india-
volato il grande sonaglio di legno, dando
ogni tanto un colpo sul pentolone, clie ri-
suona cupamente, a lungo. In mezzo a quel
pestare frenetico, con la sinistra volta i
fogli, un dopo I'altro e legge forte, caden-
zato, in fretta, ])iii in fretta, molto piii in
fretta della niarcia reale. Anzi, mi son pro-
vato, la marcia reale, in confronto di quella
musica, pareva una marcia funebre.
— « Voce del Fiume», andiamo, se no si
divenla nervosi.
— Oh, io lo sono gi4.
— Lei? Con quei piccoli passi! La.sciamo
stare. Ma mi dica, I'altro gionio, pa.ssando,
ho visto clie in qv.esto Tera si ballava.
— E c'era anche clii suonava.
— Suonavano e ballavano. Delle ragazze
col kimono rosso, sopra al kimono, dei cal-
zoni azzurri. Le pare cosa seria ballare in
un te:npio agitando i ventagli, far mOle
gesti, ogni tanto un piccol urlo, e poi in
ginocchio fare I'inchino agli spettatori, con
la fronte a terra e voltando le spalle a
Budda. Pazienza I'inchino, ma voltare le
spalle a Budda.
— Vede, e lei che non capisce. Tanto loro
Europei la pensano sempre al contrario di
noi.
Loro, in Italia, leggono i libri al contrario
di noi, scrivono al rovescio, segano al ro-
vescio, piallano al rovescio e che so io! Pu6
lei negare queste cose? E bene, come vuole
capire le nostre usanze? Qui, mentre le suo-
natrici pizzicano quel chitarrino a tre corde,
altre gheise cantauo le canzoni sacre, altre,
con la danza, dan vita alle j^arole. Ah, lei
non capisce la nostra danza! Quando danno
(|uei colpi di tallone per terra, quando chiu-
(lono d'lm tratto il veutaglio, quando lian
I'indice teso verso il centro della terra, al-
lora ci pare proprio di vedere la barca della
vita sprofondarsi nelle acque deU'illusione...
— Signor « Voce del Fiume », e vero, io
non capisce niente. Un giomo vengo da
lei e mi faccio spiegare tutto.
— Lei alnieilo capisce qualche cosa. Arri-
vederci. D. Marhga.
//4
LA VECCHIA SORRIDENTE
Nel battesimo prese il nome di Cecilia.
fi una cara vecchietta di 70 anni, di umor
gaio e sempre allegra. Quahmque cosa ca-
piti, stia o no bene di salute, le sue labbra
abbozzano di continvio il piii grazioso sor-
riso.
Di coiidizione abbiente, vendette ogni
cosa per fame caritatevole offerta alia « So-
cieta delle Aiiinie del Purgatorio »: e per
coniperare una niagnifica e ricca cassa da
niorto, che tiene vicino a se e che riguarda
come la cosa piu cara del mondo. Ed ogni
<lualvolta la contenipla gioisce di soddisfa-
y.ione: — E la mia cassa... li mi metteranno
prima di calarmi sotto terra...
Un giomo mi a\'Adcin6 e: — Padre, mi
disse, dopo morte tu avrai cura della mia
sepoltura, non e vero? Pero, ti prego, in
quel gionio. dopo aver provveduto al-
I'anima mia, desidero che provveda anche
per il corpo; quindi grande festa, grande
festa! Inviterai niolti a mangiare del mio
riso... e die tutti facciano festa... — E pro-
tendendo in alto le corte braccia e, nella
sua mossa abituale, alzandosi ripetutamente
sulla punta dei piedi, eccola a ridere, a ri-
dere della sua innocente trovata.
Altra volta son io a dirle: — Cecilia, .sta
attenta: prima di partire per il Paradiso av-
vertimi neh! — Ed essa mi guarda e con
quel sorriso che rivela tutta la bellezza della
sua anima innocente mi risponde: — Sta
bene, sta bene: pero lo sa solo il Signore...
Un gionio, cosa strana, la vidi alquanto
mesta... — Che hai, Cecilia? le chieggo,
— Ho male ai reni! ho inappetenza!
— Hai gia preparato il tuo fagottino per
il Paradiso? — Ed essa, quasi dimeiiticando
ogni dolore ed incommodo abbozza il sor-
riso piu sereno per assicuramii della grande
speranza che aveva del cielo, e come la
fosse continuamente rivolto il suo pensiero.
II vestito die iiidossa, le scarpette vario-
pinte e broccate sono tutti i suoi piu pre-
ziosi abbigliamenti. Essa li custodisce ge-
losamente, non li indossa mai, li riserva
per il giomo della morte. Nella sua mente
e Essa I'idea che, appena spirata, andra al
Paradiso a far festa e a gioire etemamente.
e vuole che anche il suo corpo sia ri vestito
a festa e prima di dissolversi partecipi in
qualche modo alia sua gioia.
Cecilia, la vecchia sorrldcntc.
Possiamo fin da oggi pensare die, allor-
quando I'adagieranno per bene nella sua
bella cassa, regalera ancora a tutti un gra-
zioso sorriso, rifiesso di quella gioia serena
che dalla terra I'acconipagnera al Paradiso.
Sac. P. Garbero.
Missionario Salesiano.
BRIGANTl ClNESl.
II Vicario Apostolico di Amoy nel Fu-chien,
S. E. Mons. Emmanuele Prat, domenicano,
Vescovo titolare di JIactar, e stato catturato
dai' briganti al Hongtiang, insieme a P. Ago-
stino Andres, due sacerdoti cinesi ed un semi-
narista, pure cinese.
A Wusih nel Kiangsu e stato fatto prigio-
niero dai briganti il sacerdote cinese Sen.
^^5
Su e giu per il mondo
LE TERMITI
Le th-iiiifi o fonniche bianche (dal colore
delle loro lan'e) lianno poijolato 1 'Africa di
iin numero steniiinato di comignoli e nion-
ticelli, color rosso vivo, die si elevano su
grandi piedestalli di argilla a 2, 3 e piii
nietri dal suolo. Sono le cosidette teriiiitierc,
con fessure superiori coniunicanti coi cuni-
coli intemi die scendono a parecchi iiietri
di profondita iiel suolo con pareti robustis-
sime, talora di go centinietri di spessore.
Le termitiere — notano Lc Missioni dclla
Consolata — non sono annnassi di mate-
riale inerte: sono delle ojaere d'arte elevate
da ])iccoli esseri die umettano pazienteniente
i granelli di sabbia e d'argilla con una speciale
secrezione coesiva clie li rende piii duri del
ctniciito.
Sezionando una tennitiera si ha I'impres-
sione di trovarsi davanti ad una specie di
polnione gigantesco coi suoi bronchi e arte-
riole: una inoltitudine di meandri dove pas-
sano le fonniche una alia volta- poi altri piii
grandi e dei canaloni dove possono passare
in gran numero. L'abitazione vera e propria
delle fonniche e alia piattafomia di argilla
fini.ssima e rilucente come la cera, crivellata
come una spugna. Le pareti interne sono
tappezzate di nova grosse come la capocchia
d'lino spillo... In un blocco piii grande e
nieglio levigato e il... palazzo delta regina,
la c|uale ha delle proporzioni veramente
sbalorditive (p. es. 5 cm. di lunghezza e 6
di circonfereiiza). Ha senipre attomo una
coorte brulicante di formiche minori che
hanno il compito di raccogliere le sue uova
e disporle nei cunicoli laterali per la iieces-
saria incubazione. La retina mette fuori. si
dice, un novo ogni minuto secondo, cioe
circa 80.000 al gionio: e in grazia di questa
fecondita se le formiche bianche non ven-
gono distrutte e dalle formiche nere e dal
fdi'iiiichiere, loro acerrimi neinici.
Oltre la resina vi sono le fonniche opei'ah
(die costruiscono i coni), le formiche solilatt
dalla grossa mandibola per la difesa contro
le incursioni delle altre formiche. Come de-
vastatrici non hanno che una sola rivale: la
locusta, il flagello delle piantagioni africane.
Si attaccano ferocemeiite a tutto e tutto
distruggono tranne il ferro: dove passano
hanno cura di nascondere il loro passaggio
con una sottile volta d'argilla.
11 nii.ssionario novellino ha avuto la sua
avventura colle formiche. Guai a la.sciare
qualche co.sa del vestiario sul paviniento*
Una notte lascio le calze e al niattino non
le trovo piii: lc formiche glide avevano di-
vorate conipletamente ndla notte e tra-
sportate in piccoli franinienti nella galleria
die si eraiio .scavata nd legname.
Al princijMo delle grandi piogge le larve
alate escono dai loro comignoli, volteggiano
faticosanieiite fiuche le ali si staccano cd
esse cadono a terra, dove sono ricercate
dagli uccelli, e dalle galline.
(ill Inglesi le distruggono facendo saltare
le iermiiicrc con cap.sule di dinamite o col
riempire i comignoli di gaz asfi.ssianti.
1/6
JN VITA M/A NON HO FATTO PECCATI.
P. Remigio Mucciariui ricorda su Le Missioni
dclla Madonna di Shugela una vecchietta Swazi,
morta due anni or sono. II nome rammenta un
debole die essa aveva per lo... zucchero (detto
Shugela. corruzione di Sugar inglese): quando
ne riceveva qualche zolla dava al Padre i titoli
pill graudiosi.
JIa e rimasta celebre anche pel giorno del siio
battesinio. Jlentre il catecliista le ripetcva in
lingua Swazi che il battesinio ha tra gli effetti
qucllo di cancellare i peccati, iiiterruppe:
— Ma che state parlando di peccati! Ill vita
iiiia lion ho fatto mai peccati! Forse I'unico pec-
cato e questo: ho desiderate la roba del pros-
simo e nient'altro.
rc diceva il vero. Sotto quella pelle iiera aveva
tanta bonta, un'anima Candida e semplice. La
vigilia della morte il missionario la trovo in una
condizione ributtaute, su una stuoia putrida e
fetente, col corpo tutto un aniniasso di piaghe
pullulanti di vermi. Appena seppe dcU'arrivo
del missionario lo fece pregare perche iioii en-
trasse ncl kraal dicendo « die si sarebbe rieni-
pito d'insetti ». Entratovi pero il missionario
nei JO minuti che si trattenne rimase accocco-
lato gravitando il peso della sua persona sulle
due puiite dei piedi.
— Padre, ricorda alia Suora grande (la Su
periora), che mi iiiandi la veste bianca, voglio
entrare in Paradiso tutta bianca.
E attese a morire la veste bianca.
UNA PISARMONICA MISS/ONARJA.
In un villaggio della regione di Ghimai —
narrano le Missioni d. C. d. G. — tre missio-
iiari gesuiti uon trovavano il mezzo di scuotere
quel montanari e tirarli almeno a contemplare
I'effigie del Cuore di Gesii. In buon piinto vieiie
in ineiite al Fratello di tirar fuori da un sacco
una vecchia iisarmonica per soUievo almeno dei
bambini: e si mette a suonare...
Fu un vero successo. Si sparge in paese la
notizia del portentoso strumento, tutti accor-
rono a sentirne le mai udite armonie; quella po
vera geiite die viveva come fuori del mondo
si eiitusiasma, e non sa piu ribellarsi alia volonta
dei niissionari. Per sette giorni tutto il villaggio
interviene alia missione con gran vantaggio delle
aninie.
Anche la fisarmonica diviene un provviden-
ziale strumento missionario.
NON HA COMANDAMENFJ!
P. Soubielle, dei PP. BB., narra su Le mis-
sioni dei PP. BB. di un capo del Ruanda, il
quale bramoso di conoscere la verita, aveva
ascoltato le conferenze di un protcstante, ma
avendo poi parlato con due catechisti cattolici
quando ritorno il protestante a Rukira, egli
non si fece piii vedere. II niinistro lo mando a
chiamare.
— Perche non sei piu veuuto? gli doniando.
— Perche ne sono disgustato.
— E perche? lo facevo assegnamento su te:
avresti ricevuto qnanto desideravi...
— Abiti? scarpe? bicicletta? non e questo che
cerco... voglio conoscere i raisteri della vita fu-
tura, i niezzi per prepararmi un bfl posto in
cielo.
— E tutto questo te I'ho gia insegnato, che
vuoi di piu? Credi nel Signore Gesii e sarai salvo.
— II tuo Dio non ha comandamenti: con lui
si puo fare cio che si vuole.
— 6 la fede che salva...
— Un re che non sa coniandare, nou e un
rc. T^n suddito die non fa quelle die il re co-
manda, non e un suddito.
II bravo Rutaboba ora e cristiano ed ha una
grande paura del peccato mortale: non teme
altro.
ESAME DA... MAESTRO.
Ecco una delle scene che accadono ogni anno
agli esaini per I'abilitazione alia scuola priniaria.
Oh I'sing-fang allievo del collegio di Sien-
hsien si presenta all'esame per poter dirigere
una scuola.
— Siete cristiano? domanda resaminatore.
— Si.
— i, una religione straniera. Non dovete se-
guirla.
— Sun-wen, il grand'uomo, era... protestante.
Egli ha dichiarato la liberta di coscienza. Son
dunque libero di seguire la religione che voglio.
Ma voi avete un orologio! non viene forse dal-
I'estero? Come mai lo portate, se tutto cio che
viene dall'estero e malvagio? D'altronde Dio non
e straniero in Cina. Egli e il maestro e il creatore
di tutte le cose...
Ou t'sin-jang sosticne una brillante e vivace
discussione: ed e abilitato. Mentre un altro can-
didato die aveva dichiarato che Sun-Wen era
superiore a Gesu Cristo, fu bocciato.
La franchezza delle proprie conviuzioni ha
valore anche in Cina.
///
UN AFFARE DI CASTA.
Alle difficolta che gia accompagnano il la-
voro missionario, se ne aggiungono talora altre,
sorte li per li da minime disposizioni in con-
trasto con abitudini secolari. A Ceylon per eseni-
pio la casta e potente nella popolazione taniil
dell'Est e del Nord: il privilegio dei fanciulli di
casta nelle scuole e di assidersi sui banclii, men-
tre gli altri seggono per terra. II Governo, pa-
drone delle scuole, non I'intende cosi e ordina:
liitli gli allievi sediili sui bandit! I maestri obbe-
discono, ma la popolazione insorge e brucia la
scuola. Si sparge la voce in una scuola normale
che il riso, cotto da gente in infinia casta, c
stato a forza introdotto in 200 bocche sivaite;
la cucina e siibito incendiata.
II Governo tien duro e minaccia di ritirare i
sussidi alle scuole recalcitranti... Intanto la di-
sposizione causa non licvi iniljarazzi.
/ •GEMELLI" IN AFRICA.
Mentre la nascita dei morctti e delle niorcttc
— si legge ncllc Missioni delta Consnlala — e
sempre salutata da grida di gioia e festivita
grande ncllc famiglie africane, la nascita di due
gemclli e invece tenuta in conto di grave di-
sgrazia. I negri tcmono che i genu-IH deliljano
recare un'infinita di sventure nella faniiglia;
SUPERSTIZIONI E
RITI PAGANI
percio i parenti vanno a consultare lo stregone,
il quale da sempre lo stesso responso: — I ge-
melli debbono essere nccisi... Invano la madre
grida e piange vedendosi strappare i due figli
dalle braccia: lo stregone non sente pieta e in-
fligge loro la niorte piii crudele. Tura la bocca
e le narici con ciuffi d'erba e fango e li getta
nel fiume in pasto ai coccodrilli... oppure mes-
sili in un paniere vengono seppelliti vivi.
Oggi i missionari hanno di molto cambiato
questi costumi, tuttavia non e raro il caso di
simile barbaric, ed essi si affrettano appena co-
noscono qualche nascita di questo genere, a
battezzare e a prendersi cura dei gemelli sal-
vandoli dalla niorte.
CAPO DANNO ORICINALE.
P. Filippo Rizzi scrive sui Servo di Maria
delle cerimonie di « capo d'anno » presso gli
Swazi nel Sud Africa. Secondo la credenza di
questo popolo, il Re e la Regina hanno il potere
di far piovere. AU'epoca delle piogge il Re manda
incaricati ad attingere acqua piovana da tutti
i fiumi del suo reame; quando tutti sono ritor-
nati ha luogo I'abluzione del Re davanti al po-
polo e I'aspersione del bestiame.
Tutti i capi sono quel giorno invitati al kraal
reale per la festa. II Re col seguito entra nella
sibaia (recinto del bestiame), tocca con una
bacchetta il toro che dev'essere ucciso e lo in-
dica in tal modo ai suoi soldati pronti ad assa-
lirlo. La povera bestia dev'essere uccisa soltanto
a forza di pugni e pedate: si puo immaginare
quali niuggiti e che spasimo di tortura durando
alle volte per circa un'ora la tempestosa ope-
razione di quegli scalmanati. Poi la bestia, agli
estremi, e data a un gruppo di ragazzetti sotto
i 14 anni che la tagliano a pezzi e la fan cuocere.
Poscia il Re e accompagnato dai soldati a suon
di... fisclii alia sua capanna.
L'indomani, il cerimoniale del primo del-
I'anno prescrive una grande danza: tutti sono
in alta tenuta adorni di penne di un certo frin-
guello, di coUane e braccialetti; una sottana
cinge i fianchi dei guerrieri e sopra vi e fissata
una pelle di leopardo... Danza e scorpacciate di
carne arrostita durano iino al terzo giorno, in
cui sono abbrucciate con grande solennita le
ossa del toro e di quanto non e stato divorato:
il rogo consumatore dovrcbbe essere .spento dalla
pioggia... Quest'anno invece della pioggia ci fu
un sollione scottante.
//S
'A'
ill a
Sforia di 25 anni fa, narrata dal missionario D, A, Colbacchini.
(CONTINUAZIONE).
XIII. - Un oracolo decisive.
Una sera, IMeriri-kwadda, contiiiuo la sua
narrazione:
... Ti ho gia detto e ripetuto die il parere
dei BorcSros a vostro riguardo era discorde...
Una notte nientre tutti riuniti si parlava
<ii questo ed alcuni gia si accaloravano per
sostenere la loro idea contro quella di altri,
Uke-w2guu disse:
— Onnai vedo che non riusciremo a pen-
sare tutti nella stessa guisa di quei civiliz-
zati che -si cliiamano Padri e che vennero
a. stabilirsi proprio nel luogo da noi preferito.
Mi av\-eggo die giammai verremo ad una
decisione unanime... Andiamo dal Bari,
•offrianiogli tabacco ed egli invodii il suo
li'diye e gli chieda die dobbiaiiio pensare
di quei civilizzati; se possianio o no fidarci
di loro; se la bonta che mostrano verso di
noi e vera, od e un tranelld per trarci in
iuganno e tradirci...
La proposta del Cacico fu accolta e tutti
ad una voce dissero: — Ben pensato; pre-
parianio subito il tabacco da ofifrire al Bari
€ sentiremo da lui queUo che dovrenio fare.
Tutti si aff accendarono nel preparare sigari
€ a condurre il Bari per mano, come e nostro
costume e collocarlo nel mezzo nientre a
gara gli offrivano i sigari.
II Bari messosi subito in funzione, co-
miueiocon alte grida a chiamare lo spirito...
Quella volta noi ne rimanemmo tutti ter-
Torizzati... Tanta fu la forza die il Bari fece
per avere il suo IVdire, tanto fu lo spasimo,
I'agitazione, le contorsioni ed il tremito
coIl^'ulso die ebbe al giungere dello spirito,
che cadde per terra come morto, e cosi
rimase per qualche momento... Ci aflret-
taiiimo a versargli acqua fredda sul capo e
riiivenne... ma la parola non gli usciva dalla
gola; gesticolava, tremava, enietteva suoni
e grida da noi mai uditi, Finahnente con
voce cavernosa da farci tremare disse:
— Perche mi chiamate a dirvi cosa die
io non voglio dirvi ma pure sono costretto
a dirvi?... Cosi dicendo diede un terribile
urlo; poi continuo:
— Si! essi sono buoni; non ingannano;
non vi faranno alcun male, potete pensar
lieiie di loro... Essi servono ad uno piu po-
tente di me e che e con loro... che voi non
coiioscete... Andate pure che io vi accom-
pagnero col canto del makdo (specie di
falco)... Mattina e sera vi terr6 avvisati se
mai \"i sia qualche cosa in contrario a quanto
vi dissi... Col canto del Makdo sono io che
vi diro di stare tranquilli, die nulla di male
vi accadra; quando vi troverete vicini a
quei civilizzati, se nuovamente udirete il
canto, e la mia voce che vi dira die i^otete
pensar bene di loro e fidarvi perche sono
amici sinceri; e da parte rostra non dovete
lie pensare, ne tentare di recar damio a
loro...
Cosi disse Burekaibejo, il wdire del Bari
e tutti rimanemmo nel piu profondo silenzio.
Continuo il Ban a parlare e con alte grida
e con grandi convulsioni, ricordo tutto cio
die aveva detto quella sera in cui cadde
I'aereolito e che i Bororos non dimenticas-
sero... perche dei Bororos era e doveva es-
sere sempre lui Vassoluto ii megera (signore,
padrone) che se avessero fatto il contrario
non avrebbe rispanniato loro castighi e lui
stesso li avrebbe mangiati (fatti morire)
uno per volta... Cosi fini di dire il Bari e
poco a poco ritomo in se e si tranquillizzo.
up
L'inipressione prodotta fu grande, ini-
mensa: nessuno osava parlare; I'incubo del
verdetto era profondo. II Bayi aveva detto
die si andasse a vedere, bisognava dunque
non solo ubbidire ma accertarsi che era
veramente come lui aveva detto. Non pochi
desideravano, alcuni lusiiigati dai regali che
avrebbero ricevuto dal Padre, altri per
sfogare una bella volta la loro sete di ven-
detta, nel caso la parola del Bari fallisse o
aU'ultima ora non si avesse piii il segno con-
venuto. Tra questi era Giri-ekureu.
La cosa si presentava grave... Se non si
fosse udito il canto del makao. i piu erano
decisi di non aspettare piu oltre per dar\i
I'assalto, uccidervi e di.struggere tutto.
Uke-wagUu voile lui stesso guidare la comi-
tiva... Cio non piacque a Giri-ckureu e pose
in campo ogni ragione e pretesto per dis-
suaderlo da quel viaggio. Ma il Cacico non
voile ricevere consigli e risolutamente disse:
— O per una ragione o per I'altra, io
voglio e debbo essere presente, perche chi
deve dare ordini opportuni sono solo io.
E siccome tutti erano contenti di avere
Uke-waguH alia loro testa ed approvarono
la decisione, Giri-ekiireu non oso ribattere.
Si parti... Uke-waeuu si niise alia testa,
noi tutti lo seguimmo. La prima notte so-
stammo sulle rive del JRio das Mortes dove
abbiam fatto una abbondante pesca. In
quella prima notte il « makao i> non fece
udire il suo canto: e cio fu causa di non pochi
commenti e dicerie... Uke-wagiiu, a notte
alta, trovandosi da solo con me, mi disse'
— Anche se il segno lasciatoci dal Bari
venisse a mancare, tentero ancora una volta
di impedire lo sterminio di quei bianchi,
per i quali (non so perche) sento nel mio
cuore un affetto e una simpatia mai provata,
e sono certo che tutti mi ubbidiranno: di
mio solo io temo, ed e di Giri-ekurcu; ma a
costo di usare anche della mia forza e d£
ogni mezzo, mi opporro a tutto cio che di
male egli volesse tentare.
Ai primi albori, continuanmio il cammino.
Ouand'ecco dall'alto di un hurity (Mauritia
vinifera) il Makao incomincio il suo cantor
Ma... ka...d, ... ma... ka... b... Tutti volsero
i loro sguardi in alto, silenziosi, e poi con
segni vicendevoli si dissero: Hai udito? E
proprio lui... Andiamo avanti... la sua pa-
rola non manca...
Uke-wagiiu, che cammitiava ini passo a
me dinanzi, si volto indietro e mi sorrise.
Alia sera giungemmo nel luogo denomi-
nato Nonnege ika guru. II sole era gia al
tramonto e nella foresta s'era fatto oscuro.
Gli ultimi vemiigli, pallidi raggi passando
tra foglia e foglia, ci portavano il saluto del
sole morente e la dall'alto di un grosso gia-
quitibd il « makao » lancio per la foresta
I'eco del suo ritoniello...: Ma... ka... b ...
ma... ka... b... La parola del « Bari » si com-
piva... Si parlo, si discusse di nuovo perche-
alcuni speravano ancora che aU'ultima ora
I'ucceUo del « Bari » si ricredesse, cambiasse
idea e non... cantasse piii.
Al mattino per tempo, Uke-ivagim invi-
tando tutti alia partenza, diede ordine di
raggiungere nella giomata il fiume Kugibbo
(Barreiro) prossimo alia Colonia. Nel par-
tire il « makao » ci accompagno col suo
saluto... e vidi la faccia di Uke-wagiiu rag-
giante di gioia al sentire il grido di quell'uc-
ccllo che per noi fu sempre di malaugurio
nientre quella. volta rappresentava un es-
sere misterioso che ci scortava e ispirava.
Ci siamo dispersi per la caccia, ma alia
sera ci riuninnno nel luogo indicatoci da
Uke-wagiiu. Tutti avevamo qualche pic-
cola cacciagione e anche I'appetito non man-
cava.
{Continua).
Ccn approvazione ecclesiastica. — D. DOMENICO GARNERI. Direlloie-responsalille. - Torino, 1931 -Tipojrafla della Sotlili Edllrlce InUrnazlonale.
BATTESIMI.
Impiegate S. E. I. (Toriuo) pel nome Viltoria
lolfi a una cinesina — Sorelle Ansaldo (Bo-
■-) pei noiiii Antotiielia, Biagina, Giorgio, Mar-
fita — ilarchisio Margherita (Boves) pei
,. aii Anna Mafia, Gi'ovanni Anlonio — Sig.ue
Uperaie (S. E. I., Torino pel nome Angiolina
Cappello ad una siaiiiesina.
Rio Negro.
I Hkione Carolina (Scurzolcngo) pel nome Gio-
■i:ni — Direttrice Asilo (Castano I) pel nome
i.osetla — Ospedale San Vito per JI. I^iboria
(Alcamo) pel nome Crociftssa Maria Giuseppa
— Caucig Ernesta (Sanguarzo) pel npnie Car-
>iit-lo — Artero Remigio (\'inovo) pel nome Re-
in i^io — AUocco Alessio (Bra) pel nome Barto-
lovieo — Artero Caterina (Viuovo) pel nome
Caterina — Rocci Caterina (Torino) pei nomi
Caterina, Angela — Superiora Scuole Parroc-
chiali San Biagio (Monza) pei nomi Giovanni
Maria, Giovanni Francesca — Viola Innocenza
(Bioglio) pei nomi Anlonio, Caterina — Leon-
ciui Fulvio (Bolsena) pel nome Cosimo Gtier-
rini — Prino Don Giuseppe (Quaroua), pel nome
Luigi — Istituto Salesiano (Biella) pei nomi
Dante, Cteiia — Avidano Claudio (Castell'Al-
fero) pel nome Benvenuto Giuseppe — Bonomi
Ancilla (Osoppo) pel nome Franco.
Chaco Paraguay.
Croce JIaria (Varallo) pei nomi Giorgio Ugo,
Mario Leone — Segato Emma (Conio) pel nome
Angela Antonio — Brisighello Giuseppina (So-
ksino) pel nome Giovanni Maria.
Vic. EQu.vroRE.
Occhipinti Salvatrice (Ragusa) pel nome Gia-
, iiita — Pellanda Valentina (Bognanco S. l,o-
niizo - Ossola) pel nome Maria Valentina —
Holla Don Giuseppe (Breno) pei nomi Pietro,
nno — Macellaro Domenica (Balangero) pei
niiCristina, Anna, Maria, Coiisolala — N.N.
pel nome Giuseppe — Bosio Giuseppe (Torino)
pel nome Giuseppe — Fogale Gio. Battista (Al-
pignano) pel nome Alda — Buttazzoni Marianna
(Sedcgliano) pel nome Mariano Francesco Luigi.
— Cavinato Autonietta (Pozzoleone) pel nome
Maria Antonia — N. N. a mezzo Sa1>»siani di
(Legnano) pei nomi Ottorino, Amalia, Mario,
Elena — Bigotti Marco (Ales.s.uidria) pel nome
Marco — Viuotti Antonietta in Mazza (Mon-
taldo Spigno) pel nome Luigi.
India - Madras.
Brusasca Don Natale (Finale Emilia) pel nome
Mario — CaSsini Don Ottavio (Ticineto) pel
nome Evasio — Pcdretti Margherita in Glisenti
(Sonico) pei nomi Giorgio, Fiorina — Bolognini
Nina (Conversano) pel nome Giovanni — Triulzi
Maria Luisa (Alessandria) pel nome Vincemo
— Mazzocato Igino (Treviso) pel nome Utnberto,
Maria — Agossi Rosa (Capriolo) pel nome Giu-
seppe — Cadeo Virginia (Travagliato) pel nome
Giovanni — Cavenago D. A. (Milauo) pei nomi
Angelo, Domenico Antonio, Libera — Ronco
Anna in Bosio (Torino) pel nome Anna — Pro-
serpio Giuseppina (Monza) pel nome Luigi Maria
— N. N. a mezzo Don Zolin (Toriuo-Crocetta)
pel nome Giuseppina — Treves Battista (Pios-
sasco) pel nome Giovanni Battista — Lupi Gina
(Bondeno) pei nomi Maria Giovanna, Gina —
Ravani Mons. Battista (AuUa) pel nome Gio-
vanni — Dabri Maria (Bolzano) pel nome Gio-
vanna Maria — Martellini Angelina Parente
(Teano) pei nomi Elisa Mancini, Pasquale Pa-
rente — Croce Don Natalio (Morelia-Messico)
pel nome Maria Eustolia.
INDI.^^ - Ass.\M.
Sereni Don Luigi per I'adozione di un orfano
— Allara Luigia (Grazzano M.) pel nome Luigia
— Baglieri Rosaria (Ragusa) pel nome Maria
Angela — Grillo Francesco (\'oItri) per I'ado-
zione di un orfano — Mongi Don Pietro (Menii)
per I'adozione di un orfano — N. N. (Torino)
per I'adozione di un orfano — Marocco Marietta
(Poirino) pel nome Lucio — AnoUi Mario (Diano
d'Alba) per I'adozione di un orfano — Capello
Rina (Cuneo) pel nome Antonio — Camola Rosa
(Tromello) pel nome Angela — Susana Cecilia
(Altavilla M.) pel nome Eros — Bellicardi Bat-
tista (Romagnano Sesia) pel nome Giovanni Bat-
tista — Ruga Angelina (Borgomanero) pel nome
Giuseppe Maria — Cav. .•V.vv. Tito Congini (Pisa)
pel nome Alberto — Ortelli Pia (I.ocarno - Sviz-
zera) pel nome Man/redo Alessandro — Lom-
bardo Antonina (La Manouba) per I'adozione
di un orfano — Sorelle Sauti (Albissola) pel
nome Emanuele.
INTELLIGEXTIi?!
Settuba i preseutato — su Le Missiuni dei
PP. BB. — come un vispo monello negro, irre-
quicto, attaccabrighe e ladruncolo. Un gionio
il missiouario I'jucontra trafelato, ma sorri
dente: era stato sorpreso a rubare aracliidi, nia
era uscito illeso grazie alle sue gambe ed allc
sue pietre.
• — Settuba, li una vergogna! sei grande e di
feligione non sai ancora uiente.
— Padre, qualcosa so, interrogami...
— Ebbene dininii: quante cose sono neces-
sarie per salvarsi?
— Per salvarmi? mi bastano due buone
gambe ed una buona manata di pietre!
L'ENTRATA DELL'INDIETTO
IN COLLEGIO.
Ce la ricorda P. Sebastiano nel « JIassaia »,
Un fanciuUo araucauo che per la prima volta si
avvia a cavallo a fiauco del padre, col fagot-
tiuo contenente le sue cosette, verso il CoUegin.
Gli si apre davanti una vita del tutto nuova: il
coUegio, i suoi regolaraenti severi, le gioruutt-
ordinate, il donnitorio colle file di ktti e il rin-
toeco inilessibile dcUa campana.
Nellc prime scttimane si rispccchia nci suoi
ocelli la nostalgia della madrc, die tanto aiiia:
cgli resta solitario nelle ricreazioni, si sente fo-
rcsticro e nou partecipa aH'allegria dei compagiii.
In alcuni la nostalgia della propria oasa d in-
guaribile, e ritornano animalati alia faniiglia.
Ma la maggior parte supera il duro novizialo,
si abitua alia nuova vita e vi mette radici. Cosi
fa il nuovo passo sulla via di una nuova cultura
ed educazioue.
I vecchi indiani apprezzano ed esaltauo I'istru-
zione ai proprii figli: gli uni pel suo valore spi-
ritualc, gli altri solo per quello materiale. Ma
il fauciullo che compie la sua istruzioue in un
coUegio missionario raggiungc una base pel suo
benessere materiale e per la sua cultura spiri-
tuale. Certo e che I'educazione avuta nella ca-
panna non basta perche i fanciuUi crescano uo-
luini coscieuziosi, retti: e neccssario che fre-
quentino il coUegio dove possono apprcndere
I'idea csatta del vero Dio, la fede e la morale
cristiana. E cio che si dice dei fanciuUi, vale
auche per le fanciulle.
XOX HA DA MANGIARE!
AUe 9 di sera si ode alia missione il rumore
di un passo.
— A quest'ora, chi sara iiuii? — pensa il
missiouario. Era un Inglese proveniente dal di-
stretto di Madi, che nou avendo trovato porta-
tori era stato costretto a viaggiare fino a quel-
I'ora. II missiouario gli offre ospitalita cortese e
lo ristora. Era uno studioso di scieuze natural!
e andava in cerca di campioni dcUe varie specie
di mosche iufette, e di farfallc, a scopo di
studio.
— Come sono strani questi bianchi! Un uomo
grande come Uii, un bianco che corre dietro a
queste piccole cose! — sussurravano i ragazzi,
ridendo con gusto alle spalle dell'Europeo.
— Quest'uomo, disse uno dei niiei piccoli,
certo non ha da vivere al suo paese e viene qui
a prendere farfalle e a saziarsi di esse. Chissa
come sara contento d'aver trovato chi gli da
da mangiare!...
Con questa intenzione raccoglievano mosche
e farfalle e glide portavano in gran numero.
prin'
,ted ix» ^^^^^
^ ^
Pubbllcazlone Msns'le)
n 11/^
J I
Oioveniu fl)i$$ionaria
a
3
a
3
SOMMARIO:
Islilato D. Boftco di Gacta. - La morfe di Nnnghitd. - Doloroso calvario di
vecchi ncl Rio Ne^ro. - Fiori assamesi. - Una scampagneta dcgti iodi. -
I catechisli di ona mi&sionc. - Conversione di ana famiglia a Cuiab^. '
0>piH della giuogla. - Nelle rctrovic. - Pericoli sui pass! del tnissionario. ■
Uhe-wagiJa.
Sutti! Suttt! Sutti!
t)pt)ete aboperarot per procurarct un nuooo
abbonato semcstralc
(&al £ualio al Diccmbrc C 5,50).
Sfatect questa propoganbal
dbbonamento:
Per rjjalia: finnuale t. 6,20 - Sosknitore L. 10 - Oitalizio L. too
Per I'^stcro: „ L. 10 - „ L. 15- „ L200
3 1
a
a
n
Anno IX - Num. 7
Pubblicazione mensile
Luglio 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
Istitufo Don Bosco di Gaeia.
II 26 aprile Oaeta inaugurava il nuo-
vissimo Istituto Missionario Don Bo.sco
con grande pompa, e, dicianio pure, con
la partecipazione piu entusiastica della
popolazione riconoscente, per aver cosi i
Salesiani salvato da certa rovina due cari
monumenti: la Casernui Menabrea e la
Chiesa Monitmentale di S. Francesco.
Spieghiamoci in poche parole. Chiesa e
caserma furono cedute per servire a
una istituzione missionaria e furono sal-
vate dalla ro\ana che loro incombeva per
la forzata chiusura e mancata manuten-
zione. D'ora innanzi ci penseranno i Sa-
lesiani, e il poco che han fatto fin qui,
ha gia assicurato uno splendido awenire a
queste due vecchie costruzioni che pare-
vano deftinate alio sterminio piii radicale.
E non nieritavano davvero questo de-
stiiio. II ternpio e un bel monumento edi-
ficato da Ferdinando II di Borbone e da
tempo era chiuso al culto: riaprire una
cliiesa (come quella artistica di Gaeta) e
come riaprire miUe e mille speranze neUe
anime: — e non e poco! — Tauto e vero,
che oggi la chiesa a frequentatissima.
Anche la caserma ha la sua storia glo-
riosa — io non ve la so narrare, ma spero
lo fara presto qualcuno degli an.ici di
Gaeta; — basti dire che fu antico con-
vento francescano ed ospit^ il serafico
S. Francesco, poi il B. Agostino e venne
poscia ampliato da S Bernardino. Q'h in
questo breve annuncio compendiata la
fortuna nostra di possedere un locale cosi
rispettabile e per un fine piu rispettabile
ancora, qual'^ di coltivare le vocazioni
missionarie!
I/'apertura h avvenuta U 26 aprUe, festa
di Don Bosco, al quale s'intitola la nuova
opera, che df.ve accogliere e formare aUa
vita missionaria la gioventu zelante della
media e bassa Italia
L'inaugurazione fu preceduta da un
ciclo di solenni funzioni in onore del
Beato, svoltesi colla partecipazione di fe-
deli, di Istituti religiosi, del Clero, degli
alunni deUe pubbliche scuole, delle rap-
presentanze delle associazioni della dio-
cesi e di tutte le autorita. L'artistica
chiesa di S Francesco di Assisi fu sempre
gremita, specialmente nei giorni del Triduo
solenne, predicato dal teologo D. Matteo
Fasano, Cappellano Capio dell'Aviazione;
e si pales6 in tutta la sua intensita la
vivissima divozione gi^ sbocciata nel
cuore dei Gaetesi per Maria Ausiliatrice
e pel Beato Don Bosco.
121
Ai Vespri pontificali della vigilia in-
terveane S. E. Monsignor Aiigelo Barto-
lomasi, Ordinario Militare, che si degno
tessere il panegirico del Beato il giorno
della festa durante il solenne pontificale
dell'Arcivescovo Mons. Casaroli.
Nel ponieriggio I'lstituto Missionario
« Don Bosco » fu inaugurate con un ma-
gistrale discorso di S. E. il senatore Pietro
Fedele, cui tennero dietro altre cerimonie
non meno vibranti di entusiasnio, come
I'inaugurazione della nuova via intitolata
al Beato e la processione della reliquia
***
Ci piace riferire il sunto del discorso
tenuto ill quella occasione dall'ex mi-
nistro senatore Fedele, quale fu dato da
un giomale di Napoli:
« Alle ore i6, nel gran cortile intenio del-
I'antico convento francescano, trasformato
dai Salesiani in im modeniissirao Istituto-
convitto giovanile, e presenti tutte le au-
torita, associazioni e popolo, I'ex ministro
senatore professore Pietro Fedele, oratore
ufficiale della cerimonia, pronuncio reUgio-
sameute ascoltato e spesso interrotto da
scrosciauti applausi, una vera calda, dotta
orazione. Dopo aver ricordato i vantaggi,
per la nazione e pel Vaticano, del recentt-
concordato voluto da Benito Mussolini,
esalto rimmortalita di Roma, il cui nonie
sara sempre pivi diffuse nel mondo dai figli
di Don Bosco. Disse che dalla storica Gaeta
questo nuovc Istituto irradiera dappertutto
un nuovo raggio di luce, che propaghera la
meravigliosa bellezza dell'opera creata da
Don Bosco. Affermo che egli accarezzo
sempre la speranza che i Salesiani venissero
in mezzo a noi e ricordo che allorquando,
a nome del Govemo, offri la casernia Mc-
nabrea al rev. D. Tommaso Masera, diret-
tore del nuovo Istituto, che I'accettb con
entusiasmo, fu lieto di aver reso un piccolo
servigio a Gaeta ed alia religione. " Oggi,
prosegui il senatore Fedele, il tempio di San
Francesco salvato daUa rovina, h risorto
come d'incanto a sentir riunovata la voce
della pregliiera. Dovunque, i Salesiani hanno
portato il fervore della loro attivita, che si
espande, rigogliosa, come il iiunie che s'in-
grandisce nel suo percor.so". Quindi il
chiaro oratore ricord6 per sonuui capi tutta
la vita travagliata di lavoro, di fede e di
ojiere proficue, spcsa dai Beato Don Bosco
per il bene.ssere della gioventii e per il trionfo
della civilta e della religione, oiide oggi dai
seme da lui gettato 6 luito I'albero gigan-
tesco, rappresentato nel mondo, da ml-
gliaia di scuole, laboratori, ospedali, ricrea-
tori: esercito d'ogni lingua e d'ogni nazione.
" Senza il soprannaturale, continuo I'ora-
tore, I'opera di Don Bosco non si spiega. E
tjuest'operfi e U fiorire estenio delle sue virtii
interne. Egli fu contro il materialismo cor-
ronipitore della gioventii e feniio a tempo il
popolo italiano sulla cliina della via funesta.
Ouaiido io proposi lo studio della dottriiia
pedagogica di Don Bosco, qualche filosofo
idealista sorrise. Ogj;i il tempo mi ha dato
ragioiie ".
yuindi I'ex ministro della P. I. parl6
dell'opera educativa dei Salesiani, che si
svolge con la sola bonta fra le giovinezze
loro affidate ed accennd alia organizzazione
della gioventii, voluta dai Duce Mussolini,
per I'avvenire della Palria. I,esse un brano
di una eloquente lettera di Don Bosco e
COS! concluse:
" Signori! L'Istituto che oggi si inau-
gura fe destinato a proseguire I'opera di Don
Bosco in tutte le parti del mondo, diffon-
dendovi il nome d'ltalia e di Roma. E
come da Gaeta mossero uel 915 le armi e
gli armati cliiamati dalpontefice Giovanni X
a combattere i iSaraceni die furono infatti
sbaragUati nella famosa battaglia del Ga-
rigliano; e come nel T571 da questo portc
di (jaeta mossero le navi, che al comandc'
di Marcantonio Colonna vinsero la celebrt
battaglia di Lepanto, cosi, oggi, muove-
ranno da Gaeta altre voci di incitamentC'
ed altri giovani di fede, che propagherannc>
nel mondo le dottrine e le inassime cvisUam
della nostra religione. Signori! Con la visione
di questa nuova opera di civilta e mentre
oggi qui si apre questo nuovo Istituto Mis-
sionario, gridiamo il quod est bonum, felix .
fausiumque. Per la gloria di Dio e per la
gloria d'ltalia! ".
Calorosi, eiitusiastici applausi salutaronci
I'orazione del senatore Fedele, ».
***
I nostri amici di Gaeta nel fervore della
festa non han potuto pensare a inviarci
fotografie del he]l'Istituto Missionario v
della bellissima Chiesa; vedendo espresso
su (jueste pagine il comune desiderio, con
lidiamo, si daranno premura di presen
tare alia vostra curiosita (specialmentc
agli interessati del mezzogiorno d'ltalia)
una documentazione fotografica dei nuovi
ainbienti, atta ad entusiasniarvi al piii
alto grado, e ad invogliarvi (se vi sentitt'
la vocazione) ad entrarvi.
Zio GiGi.
7 22
DALLE LONTANE MISSIONI
LA MORTE DI NANGHITE
Carissima Gioventii Missionaria.
Dopo uii relativo lungo sonno ti voglio
salutare oggi con affetto esplodente. Ti
scrivo da Macas e per i tuoi lettori soiio
andato raccoglieiido mille cosette interes-
santi e amose.
Ti voglio raccoiitare oggi un case jjietoso
successo nella Missione di Mendez.
Le fotogratie che ti unisco non sono certo
delle pill allegre, nia contengono un drannna
che nientre minacciava di canibiarsi in tra-
gedia per il sopravvivente, divento per la
Missione nostra I'inizio di una nuova era,
nella zona di Mendez.
II cadavere nella cassa fvmebre e del
kivaro Nanghiie. Viveva. vicino alia Mis-
sione e la frequentava. Non potrei giurare
che la sua natura o il suo carattere si distin-
guesse molto di tra gli altri selvaggi. Ouattro
aiuii fa quando lo conobbi e un anno dopo
quando ebbi occasione di prestargli qualche
attenzione inedica, non scorsi in lui, come
negli altri kivari che un desiderio di stu-
diarci e di farsi cristiano. Era catecumeno:
forse dei piu assidui. Un giorno si pre-
sento alia Missione con tosse e con spos-
satezza di corpo. Lo si euro; ma forse non
contento, tento di andare a Cuenca e farsi
visitare nell'ospedale di quella citta. E vi
ando. Naluralmente non ne rimase soddi-
sfatto, perche piu stanco e disilluso dei ri-
medi e parole grosse suggeritegli dai niedici
di quella citta.
II deperimento era sensibilissinio e si an-
dava accentuando senipre piu. Le cavita
toraciche ripercuotevano un suono cupo a
ogni colpo di tosse. Era tisico e lo sapeva
senza couiprendere il peso della parola e
senza poter riniediare alia sua triste condi-
zione. 11 kivaro non conosce altre diete che
la sua ciccia di yuca e quando I'appetito
chiama, non riconosce prescrizioni mediche.
Tutto cio che e commestibile , in mancanza
di nieglio, entra a far tacere gli stimoli.
Venue alia Missione quasi disperato, Gli
si era detto le tante volte che si riducesse
a sottomettersi a una serie di iniezioni per
la sua malattia. Gli ripugi:6 finche il corpo
si senti tale da resistere a camminare, ma
quando non ne pote piii. accetto le iniezioni.
La malattia intanto era progredita spaven-
tosamente. La fedele e amorosa consorte gli
prodigava oltre le cure anche il suo affetto
raddoppiato, a onta dei frequenti rabbufK.
Quando il missionario nolo che di tra le
file dei neofiti kivari mancava alia Dome-
nica il Naiighite, I'ando a trovare in sua
casa. Fu commovente lo spettacolo. Disteso
sulsuoduroa.ssitodibambu, con unosguardo
languido rispose in muto linguaggio al sa-
luto gioioso clel missionario: e finita ! Comandd
a sua moglie (il marito kivaro non prega,
ne consiglia sua moglie) che trattasse il
Padre come lo trattano i civilizzati, por-
tasse lo scanno suo, gli scaldasse un novo
e gliel'offnsse. Manifesto il desiderio di ri-
cevere il Battesimo, di perfezionare la sua
Lstruzione, cio che fecero gli zelanti missio-
nari di Mendez in ripetute e faticose visite
alia sua casa.
Quando precipito il male e, secondo
I'espressione dei kivari, il cuore comincio a
uscirgli con il sangue dalla bocca, il missio-
nario. Padre del suo corpo ma piu dflla sua
anima, suggello la preparazione al cristiane-
simo col Battesimo e con unirlo in matri-
monio cristiano con la sua sposa. II kivaro
lascia raramente trasparire i suoi sentiment!
intenii, ma se si deve dedurre dai fatti
posteriori al suo Battesimo, mi pare facile
apprezzare reffetto della grazia in lui.
fv di quegli ultimi giorni di vita del Nan-
ghite, che opponendosi lui a che si desse
J2J
niorte al figliolino di sua sorella, nato di-
sgra/.iato, la nostra missione di Mendez s'ar-
ricchi di una gemma con un povero bimbo
sfonnato nel corpo, ma presto fatto figliuolo
di Cristo e regalato pin tardi alia celeste
Gerusalemme!
La morte del Naiiglnte, a quanto riferisce
il P. Ghinassi die lo assistette. fu cristiana-
mente eonimovente e per nulla si differenzio
da quella di un pio cristiano civilizzato.
moglie si rade completaniente la lunga e
disordinata chioma.
Che pensi, Gioventit Missiuiiaria, che
abbia fatto la vedova? Dirai a ragione:
« passi a seconde nozze con qualche suo co-
gnato, secondo e costume tra i kivari ».
No! Corse alia Missione e protc-to che
non si sarebbe allontanata di li neppure se
ve la cacciavano. Fu tanto lo studio di es-
sere obbediente alle suore e al niissionario.
II cadaverc del kivaro Nanghite
nella cassa.
La vedova Maria
moglic di Nanghits.
Rbl)e onori funebri — i prinii oiiori fu-
nebri cristiani kivari nella zona di Mendez
— che differenziandosi essenzialmente da
quelli kivari fecero una profonda impres-
sione in tutti i selvaggi. Sulla terra dei suoi
padri, una croce presso la sua casa indica
oggi che cola tra le foreste vergini, fino a
ieri regno di Satana, riposa nella pace di
Cristo un cristiano dellc tribii kivare.
Nanghite lascio la moglic e una creatu-
rina che raccolse inconsolal>ili grida e la-
grime dclla mamma e di lutta la famiglia,
Nella foto, la vedova c quella che sta dietro
alia croce. Ha la testa rasa secondo il co-
stume kivaro, che alia morte del marito la
die ben presto nierito la felicita del Batte-
simo per la sua creaturina, e per lei la in-
comparabile fortuna di fare la sua prima
Comunione.
Chi la vede ora tutte le mattine, avvici-
narsi alia santa Mensa e cibarsi di Gesu
Eucaristia, devotamente, non puo non com-
moversi. Gesii buono le richiese un gionio
un sacrificio grande, grande. Le doniando
la sua bambina che portu tra i suoi angio-
letti. I"u un dolore quello, come forse nes-
sun'altro provo e provera. L'anior di madre
arrivo fino al punto di estrarsi il latte dal
seno per metterglielo vicino, assai vicino
al corpicciuolo della sua bimbetta morta.
Eppure sopporto con rassegnazione il fiero
colpo.
12^
Un giomo le si preseiito u.. pretendentc
alia sua iiiaiio di sposa.
— Hai parlato con il missionaiio e con
la Madre?
— Si. M'hanno detto clic ti lasciano li-
bera.
— Iv tu, quando saro tua .sjjosa. potrai
danni I'i.struzione chc mi danno le Madri?
Mi lascierai vcnir alia chiesa quando voglio?
Tu, tu die sei co.si uudo (indicandogli I'ltipi)
])3trai ve.stinni con tanta proprieta come lo
fanno le JMadri? Tu mi farai lavorare da
mane a sera a preparare la ciccia per te
e per i tnoi, rimproverandomi a ogni mo-
mento?
Gli argomenti erano solidi, tuttavia il
cuore della selvaggia si rifece sentire. Non
lo rigetto definitivamente Venne a sapere
tutto cio il P. Gliinassi, il suo catechista, il
quale fu a trovarla e la invest! cosi: — Dun-
que, Maria (suo nome cristiano), Ora a chi
mi rivolgero per farmi correggere il cate-
clii.smo in kivaro, quel catechisnio che sal
vera i tuoi fratelli?
Basto, Abhasso la testa, si asciugo due
lagrimoni e al pretendente che pochi gionii
dopo la volL' portar via dalla Missione,
dette una lezione burlandosi di lui, die ri-
niase faniosa perfino tra i coloni della fio-
rentissima zona di ;\Iendez. II suo sposo dal
cielo le da forza per conservarsi buona.
Pare che essa stessa si renda coiito di cio.
Avra la perseveranza finale? II cuore del
kivaro e assai volubile. Ejjpure noi siamo
ottimisti e certamente Maria sara il nostro
vanto in Mendez perche i tuoi lettori, cara
Gio'dfiitu, ci otterranno il miracolo.
Mac as, Marzo 1931.
Sac. Giov. M. ViGNA.
Doloroso calvario di vecchi nel Rio Negro.
Tra le cose che fanno pin dolorosa impres-
sioiie, viaggiando tra gli indi Tucanos, Pi-
ratapuyas e di altre tribii, vi e I'abbandono
dei poveri vecchi.
Finclie il veccliio indio e la veccliia india
vivono uniti, e si aiutano a vicenda, lui pe-
scando, cacciando o raccogliendo fnitta sel-
vatiche, lei continuando ad aver cura deUa
piantagione di mandioca e accudendo alle
faccende di casa, le cose vanno ancor bene.
Ma quando uiio dei due muore, il superstite
si trova esposto a mi doloroso calvario pel
rimanente dei suoi gionii. Portunato se ha
qualche figlio senza faniiglia; egli, general-
mente, non lasciera mancare il necessario al
genitore il cjuale a sua volta, finclie le forze
glielo penuetteranno, contiimera ad aiutare
il figlio nel lavoro. Ma se tutti i figli .sono gia
accasati, le loro cure e il loro amore non
sono pill rivolte ai genitori, beiisi alia pro-
pria faniiglia; il vecchio padre o la veccliia
madre avranno forse dai fii^li un po' di fa-
rina di mai.dioca ma non uno straccio per
coprirsi.
Nella Missione di Taracua, abbiamo visto
casi compassioiievoli, specialmente nei primi
tempi, di vecchi che venivano ad offrirci il
loro lavoro per guadagnarsi in cambio, essi
dicevano, un pezzo di stofia per coprirsi.
II calvario dei poveri vecchi abbandonati
comincia quando cadono amnialati. Distesi
nella rete o amaca hanno per unico compagno
il fuocherello ravvivato da qualche bene-
volo. Non potendo piii prendere i bagiii gior-
nalieri e godersi il beiiefizio dei raggi del
sole, il loro corpo, pel sudore e il fumo, fi
copre di sudiciume da reiiderli all'aspetto piii
brutti di uno .'^pazzacamino e riliuttanti. Se
essi hanuo qualche oggetto di valore o qual-
che attrezzo di lavoro, verra a privameli lo
stregone (o pa^e) colle sue .smorfie, coi suoi
soffi e con medicamenti insigiiificanti: se non
hanno nulla, il page non li degnera di una
visita e semplicemente dira che sono avvele-
nati e niorraiino... Nessuno s'interessera piu
di loro dopo la senteiiza del page, perche
convinti che a nulla serv'irebbero le cure e
i rimedi, esseiido stata segnata la loro sorte.
E facile immaginare come saranno gli ul-
timi giomi di un vecchio da tutti abbando-
nato: la mancanza di alimentazione, la tra-
scuratezza delle piii elementari iiorme igie-
niche abbrevieranno i suoi gionii. I parenti
intensificheranno le visite non gia per aiu-
tarlo, ma per vedere se il filo di vita non
si e spento e se ne andranno con la parola,
abituale in questi casi: «maiica poco! ».
Alia morte e uno scoppiodi grida, dipianti,
da parte dei parenti piii prossimi che vanno
a sfogarsi sul cadavere con certe facce di-
pinte in segno di dolore e con qualche la-
grima, da ricliiamarci al ricordo evangelico
di coloro che erano pagati per piangere...
Una barchetta ser\ira di cassa mortuaria
per accogliere il cadavere ridotto a un vero
scheletro, che verra deposto in una fossa sca-
vata nella stessa maloca con I'acconipagna-
mento di qualche gemito o di qualche nenia.
E del vecchio piii nessuno avra un ricordo.
D. Giovanni Marchesi.
125
FIORI ASSAMESi
Una donna.
Dicono che Shillong e il paese dei fiori.
lo me ne sono accorto I'altra sera. Mi ven-
nero a chiamare perchi; c'era una donna che
stava male. Vado. Era una doima giovane
ancora, d'una trentina d'anni. Si contor-
ceva sopra un povero giaciglio in fondo ad
una capanna buia ed al?umicata.
Cercai di confortarla alquanto. Era cat-
tolica da poco, battezzata in letto e non
sapeva altre preghiere che il segno di croce
I/e spiego in due parole la confessione e mi
domanda di confessarsi. Poscia la esorto ad
offrire le sue sofferenze al Signore. « Come
debbo dire? ». « Di cosi: Gesii, che hai tanto
sofferto per amor mio, anch'io voglio soffrire
questi dolori per amor tuo ».
Gli altri erano rientrati e si parlava della
malattia, quando un gemito mi scuote.
« Cosa desideri? ». Non rispose. I<a sua voce
dolente balbettava tra sospiri affannosi...
« anch'io voglio soffrire questi dolori per
amor tuo », Non disse altro per tutto il
tempo che rimasi la, interrompendosi solo
per ringraziarmi e raccomandarsi alle mie
preghiere.
E morta stamattiua con quelle parole sul
labbro.
Una Fanciulla.
Un batufolo tondo, alto una spanna, tutto
imbacuccato nella jainktip, da cui fa capo-
lino solo imo facciona grassoccia dagli occhi
neri e scintillanti. Non la posso guardare
senza che mi si metta a ridere e si nasconda
dietro alia sua compagna; e se rispotide alk-
mie domande non la capisco, perche si copre
la bocca con la jam, come se si vergogiiasse
a mostrare i deiitini ancor bianchi.
Si chiama Angela. La battezzo pochi mesi
fa Don Vendrame a Mawhlang, suo paese
natale. Avevo sentito qualcosa della sua
conversione e me la son fatta raccoutare
dalla ragazza che I'accompagna. Vi e del-
I'interessante, o meglio, del meraviglioso. E
sola: la mamma e morta e il padre I'ha ab-
bandonata da anni, secondo quello che h
purtroppo il costume pagano. Una notte
ebbe un sogno e vide un Padre che veniva
al suo paese. Si sveglio con uno struggi-
mento strano di essere con lui.
Domando di ricevere il battesimo e la
proposta sollevo un pandemonio fra la pa-
rentela; ma questa frugola di dieci anni k
mia donnina e non cedette. Eu maltrattata,
legata, minacciata; « Mi lascio anmiazzare
se volete, ma io voglio andare dal Padre ».
Purono usate le moine. « Einora ero uno
straccio ed ora mi accarezzate tanto? » ri-
spose.
II Padre era in paese e scappo da lui. Da-
vanti alia capanna la sorprese ima zia; ma
la ragazza si avviticchio ad un albero e non
ci fu verso di ])oterla nuiovere.
Si amministrava il Santo Battesimo e la
bimba si era intnifolata fra i battezzandi,
quando dal fondo della capanna s'alza una
voce: era il babbo che accompagnato dal
corteo dei parenti, si faceva vivo per la
prima volta: « Padre, questa ragazza e mia
figlia; non voglio che sia battezzata ».
Nejjpure il Padre lo voleva, perche temeva
un subbuglio, e la ragazza fu messa in di-
sparte. Ma ritomo: « lo voglio essere battez-
zata ». Ed i present i che conoscevano le sue
lotte e le sue condizioui di famiglia incalza-
rono che a chi lo vuole non si puo negare il
battesimo. I parenti tacquero e fu battez-
zata.
Usciva dalla capanna e uno zio gli va in-
126
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Un ftorc del Bengala.
contro mostraiidole il wail: « Aspetta che
torni il Padre. I,o vado a salutare u appena
gli ho detto khublei, gli taglio il collo ».
« Ne vacclie, tie casa, ne campi ti lasciero
piu ora », badava a strillare la zia.
« Non me ne importa; ora sono cattolica ».
I,a cara aiigioletta ride, ride, mentre I'altra
ragazza conta; e a nie vieii da piangere a
pensare a c|iiel cuoricino grande che sa ab-
baiidonare tutto per il vSignore appeiia co-
iiosciuto.
Le ho dato un santino e I'lio salutata.
Salterellando dalla gioia, mi ha contato che
e tanto contenta ora che ha fatto la S. Co-
mmiione; che ora sta con la Rosina e la
Maria all'ospizio di S. Vincenzo, poi andra
a Solira per la jingiasengbali e di li tonierii
al paese. « Vieni anche tu. Padre, a Solira? >>.
Un vecchiefto.
Un vecchietto segaligno, arzUlo; cam:
'■ un turbante quasi bianco, gli oc-
camicia
ho mai potuto cajiire a cosa gli serv'issero; i
denti un ricordo. Lo incontrai a Nonguni-
long e facemmo un po' di via assicme.
« lo sono di stirpe di re, Padre, e ho go-
veniato parecchi paesi. Ora sono cristiano
e non m'importa piii della gloria mia. Pel-
legrino di paese in paese; vado a trovare gli
anrmalati e, sai. Padre, io sono ignorante.
non m'intendo di medicina, ma prego ed
essi spesso guariscono. Ho mi solo <lispin-
cere: sto lontano dal Padre. Io sto lassii su
quel monti, a... Aluieno una volta al niese
perd cerco di venire a Laitimikhrali a far
la mia S. Comvmioue. Non posso venire piii
spesso, ma io, Padre, prego senipre Gisii
die non se ne vada via da me, ma rimanga
qui nel mio jjetto come un seme e fiorisca
in un bel gigUo nella mia bocca, sicche il
suo profumo sia sempre nelle mie parole,
quatido lo predico ai pagani ».
Non vi paioiio belli e geutili questi fiori
offerti a Gesvi dalle giungle dell'Assam?
Sac. A. PlANAZZi
Missionario Salesiano.
e dhoti, un turoante quasi di , ^,
chiali proprio siilla punta del naso che non
Una famiglia bengalese.
ISJ
SANGRADOURO (Brasile). = L'arrivo degli autocarri alia oCoIonia Sacro Cuorc"
UNA SCAMPAGNATA DEGLI INDI
Sono da pcchi trionii ritoniato da una vi-
sita a Mons. Couturon che a mala pena potei
raggiungere, perchc instancabilmente per-
corre la Prelatura nioltiplicandosi in una
attivita, riccadi fruttuosorisveglio religioso,
nella vastissinia zona nieridionale, la piii
abitata e pronicttente.
Monsignore mi ha domandato se avessi
inviato relazionc di una passeggiata che ave-
vamo fatto...
— No, risposi, perche mi senibra cosa
comune...
— Niente affatto comune: scriva percio!
Non ricorda le jjasseggiate del Beato Don
Bosco coi suoi ragazzi sui colli del Monfer-
rato? Kccole ripetute nel centre delle foreste
del Mattogrosso, da giovinetti indiani, con
lo stesso spirito e colla stessa allegria.
Ktl era vero.
Approfittando delle vacaiize del nostri Bo-
roros, che quasi lutti erano andati in villeg-
giatura nella forcsla, pensammo anche noi
ad un poco di svago con una bella passeg-
giata alia Coloiiia del S. Cuore, distante una
settuntina di chilometri. Vi avrebbero preso
parte i missionari con i ragazzi rimasti, c
le snore con le loro alunne. Mia difficolta
del trasporto provvide la Provvidenza: un
camion, giunto da Cuialjd e dirctto a (juella
nieta, servi insiiine col nostro alia bisogua,
II giorno della jjartenza, alzatici per tempo
e conipiuti i nostri doveri religiosi, ognuno
occuiK) il posto assegnatogli. Tutti, i ncstri
giovani e le fanciulle, avevano in corpo una
irrequictezza, una gioia per I'avvenunento
e le loro voci argentine siipplivano perfet-
tamente il frastuono della banda che per la
circostanza niancava.
Prima di niezzogionio si fece una fermata
alia jazeiida di un nostro amico, che ci ri-
cevette con grande cordialita offrendcci un
buon pranzo, e si riparti. Da questo punto
anche la strada cambiava aspetto, presen-
tando ripide discese sulla roccia dove i ca-
mions slittavano con tutta facilita, e distese
sabbiose dove alle volte i mot<jri parevano
impotenti a proseguire. Poi si dovettero
passare certi ponti... Pensate a due tronchi
d'albero gettati a traverso i torrenti, e dover
correre su essi coUe macchine.
II guidatore del camion, venuto da Cii-
iab4, era veramente maestro in tpiesto gt-
nere di sport e passo senza la minima titu-
banza: io invece, non avendo nuii fatto una
simile prova, preferii far discendere i niiei
gitanti e tentare il passaggio a camion vuoto.
La prova riusci bene e non ebbi con questa
precauzione scrupoli di coscitnza,
A notte inoltrata si giunse alia Colcnia.
Gli abitanti, appena udirono il rombo dei
inotori, diedero fiato alle trombe. e ravviva-
rono i fuochi accesi pel nostro ricevimento.
Dire I'accoglienza fattaci non e cosa agevcle:
I'aninui bororo ha sempre delle sorprcse in'-
I)ensate, non prevedibili, che damio all'atto
I2S
pill indifferente siguificati straordmari c- fan-
tasidsi. Tiitti fummo assaliti nel piii ciitu-
siastico dci modi dai Bororos e dai loro bimbi,
iiientre le doiiiie e le ragazze facevano al-
tivttaiito e piu coUe suore e le loro allievc.
II ricevimeiito svoltosi tra i bagliori delle
\-aste fianimate, tra il suono degli strumenti
V il gridio di tutti ebbe tale carattere di
poesia e di cordialita che non sara dimeiiti-
cato.
Tre gioriii di pt-niianenza alia Colonia fu-
rono tre giorni di gioia inteusa e schietta.
Tutte le sere vi fu tratteninieiito di cinema-
tografo, ancora igiioto alia niassima parte
degli abitanti della Coloiiia. A bocca aperta
essi contemplavano i preparativi e saluta-
vano le varie scene con alte esclamazioni
di nieraviglia. Ouando appar\'ero le scene
della vita di Nostro Signore, era bello sen-
tire i delicati comnieiiti di alcuni che, com-
prendendo, davano spiegazione ai compagni
nieno istruiti. Desto vivissimo interesse una
film rapjiresentante una scena di caccia
grossa: i Bororos, che ne sono tutti maestri e
si sentivano nel loro anibiente, sembravano
])artecipare effettivaniente alia scena: tutti
in piedi, coi gesti e colla voce, aizzavano i
cani che nell'inseguimento correvano... sullo
schernio.
II ritonio si fece in due giomate, ripo-
sando una notte alia fazcnda del sig. Joa-
quim Gabriel, che ebbe per noi tutti i ri-
gaardi. Offrimmo a tutta la sua faniiglia, hi
riconoscenza, uno spettacolo cinematogra-
fico, sempre gradito in queste lande deserte.
e davanti ad un quadro luininoso dclIa Ma-
donna chiudemmo la giornata con la recita
delle orazioni.
II di .seguente per un guasto al motore il
mio camion dovette fennarsi per strada,
mentre I'altro continuava pel San^radouro.
Oiiell'incidente fu proprio una bella disposi-
zione della Provvidenzn. Jlentre si attendeva
a fare le opportune riparazioni, arriva un
Bororo e reca la notizia che un suo compagno
era nioribondo nella selva.
— fi lontano di qui? — domandai.
— No, e vicirio; se vuoi andiamo insieme.
Lasciai ad altri di proseguire il lavoro e
mi avviai col Bororo all'accampnmento. Ri-
conobhi il povero malato: era un giovinotto
che da anni viveva lontano dalla missione
ed anche non viveva da cristiano; lo ricor-
davo ragazzo robusto, ora lo vedevo preco-
cemente invecchiato. Mi ricevette con pia-
cere e appena I'invitai a confessarsi.accetto
e allontano i presenti.
— Vedi, gli dissi poi, come e buono il Si-
gnore con te? Egli dispose die ti potessi
confessare: ringrazialo e ripeti frequente-
niente: Gesi't mio, misencoydia! Ricorda an-
che la Mamma celeste, Maria, e invocala con
la recita deWAvc.
Due giorni dopo volava al cielc.
Sangradoiiro. ottobrc 1931.
Sac. Cesare Albisetti.
IN PIENA CATASTROPE.
Mons. P. il. Beniardi O. S. JI. descrivendo
la miseria delle popolazioni del Puriis (Brasile),
cosi si e.sprime: « ... deprezzata la gomma ela-
stica, per la concorrenza del Ceylan, tutti o
quasi tutti i lavoratori ne abbandonarono I'estra-
zione. Saputo poi che il cedro poteva dare mag-
gior lucro, tutti si precipitarono nel bosco e si
misero ad abbattere questi alberi, inviandoli
a Manaos. Solo pel fiume Funis sono scesi a
Manaos 30.000 tronchi; ne minore e stata I'af-
fluenza di detto leguame dagli altri fiumi. Nel
porto di JIanaos si produsse tale agglomera-
inento, clie le autorita proibirono di spedirne
altro, e nello stesso tempo i compratori si ri-
fiutavano di acquistarlo anche a prezzo irri-
sorio. Impresari e lavoratori si sono cosi trovati
in plena catastrote finanziaria... ».
TRA CANI E COCCODRILLI.
II cane quando vuol abbeverarsi nei fiumi
brasiliani, abbaia prima due o tre volte in un
dato punto, a fior d'acqua, poi si sposta di al-
cuni metri, piii in su o piu in giii, poiche, caso
sii li presso un coccodrillo, il cane abbaiando ne
chiama I'attenzione nel punto ove egli non berra.
Cosi Mnns. Bernardi nel Servo di Maria.
12
i. 3S05
Dipponid
11 m ssionario Don Dalmasso con ie famiglic dci suoi catcchisti.
I CATECHISTI DI UNA MISSIONE
L'opera dei catechisti in missionc , forsc
non e a sufficienza conosciuta. II piii delle
volte il missionario, europeo od indigeno,
ha la responsabilita di un territorio vastis-
sinio, e non ha comodita alcana di couiuni-
cazioni dirette e celeri, quali si hanno da
noi ill E.iropa. Per visitare i snoi cristiaiii,
vecchi o nuovi, nniti in gruppi e famiglie,
o isolati gli uni dagli altri alia distanza di
giorni interi, il missionario, dotato al nias-
simo di un gramo cavallo o di una irruggi-
nita bicicletta, impiegherebbe un tempo
preziosissimo, senza contare lo strapazzo
eccessivo die logorerebbe le sue forze.
Anche i catecumcni vanno visitati spesso e
istruiti per una conveniente preparazione al
Battesimo: e lescuolettecristiane vanno pure
curate, per avere una gioventii cristiana,
sicura e forte nella fede. Inoltre le cappelle
vanno vigilate e officiate, e cio ricliiede
l'opera diretta del missionario. Come puo
un uonif) solo compiere taiita somnia di la-
voro, occu])arsi di tutto, tiuando... invece,
deve precisanieiite troncare il suo pro-
gramma prestabilito per correre decine e
decine di chili )metri ad assistere e confor-
tare un moribondo, a salvare un'anima in
pericolo di vita?
Ed ecco I'ainto, il braccio destro, il sosti-
luto del missionario, senza del quale noi
farenimo ben poco: il catechista indigeno.
Egli sa e po.ssiede la lingua meglio di noi,
clie soveiite non sianio ne ben compresi ne
bene conipreiidiomo. II catecliLsta, indigeno
fra indigeni, ha le porte sempre aperte, non
trova diffideiiza contro di se; e non incontra
ostilita di nazioiiali.smo. Egli e fatto per
a^^'iare le relazioni col missionario. Arriva
come un amico, come un ospite in una casa,
fiima la pipa della pace, beve il t^ del-
I'amicizia secondo la biiona regola cmese;
e tra una fumatina e I'altra fa niolte chiac-
chiere, alcune indiiTerenti e magari insulse;
poi... al momeiito opportuno getta la una
parola buona, un consiglio, un invito a ri-
llettere, a studiare, a praticare la vera Reli-
gione, a lasciare le su])erstizioni, ecc...
II ghiaccio 6 rotto.
Av\'engono allora discu.ssioni: chi mani-
festa i suoi dubbi, chi il suo indiiTcrentismo
e chi... il sun dispre/.zo: ma iutanto I'esperto
catecliista non si uieraviglia, discute, trae
/ -72
fiiori il lihro del catcchismo, stuz/.ica la
curiosila. riiiU-resse tie; suoi iiiterlooutori;
e qualcuno e Sfinpre conquiso dalla grazia.
II catechista aumunta e prodiga le sue
visite; il luissionario gli sara, le prime volte,
come compagiio improvvisato; frattaiito si
avvia, si coiicreta il lavoro di istnizione, la
salvezza di un'anima.
Qaaiito ci sono preziosi i catechisti pvr
gli uomini, e le catechistesse per le doiine!
Credo di non errare asserendo che gran
parte delle conversioni sono iniziate da cjue-
sti zelanti coadiutori ilel missionario. Ma
per esser tali, essi non delihono avere preoc-
cupazioni materiali, del nianteniniento pro-
]irio e delle faniiglie, delle necessita della
moglie e dei figli; percio noi vi dobbiamo
provvedere con un congruo stipendio. riii
ne possianio stipendiare, e piu ne guadagiia
il lavoro evangelico. Ed ecco un'altra grave
preoccupazione dei niissic iiario: trovare le
sonmie necessariu al nianteniniento dei ca-
techisti.
J,a fotogratia di ([ucste due Ijelle faniiglie
di calecliisti vi presenta due uomini bene
istruiti e zelanti assai; quello a sinistra, ^
Sciaii Paolo, che pel nome del Signore fu
schiai^eggiato dai cattivi; nia non abban-
doiio per cio la sua missione, anzi vi si
afifeziono ancora piii. Aiiclie le loro faniiglie
sono escmplari c rispecchiano il loro zelo.
E voi cari lettori? fate volentieri qualche
sacrifizio per aiutare il niissicrario onde
possa avere a disposizioiie un maggior nu-
niero di catechisti. Sara f|uesta la piii bella
e piii utile cooperazione die voi darete alle
Jlissioiii.
Maggw 193 1.
Sac. I'mbkrto Dalmasso
Missionario Saksiaiio.
Conversione di una famiglia a Cuiaba.
La notte del 4 ottobre 1927 sentii pic-
chiare forte alia finestra della niia canieretta
e udii una voce che diceva: — Padre, veiiga
])resto ad amministrare il Battesimo a una
morente...
Balzai dalla rete (nel Mattogrosso, per
motivo del caldo tropicale, si dorme da tutti
nella rete o ainaca), presi il necessario e gui-
(iato dalla pia donna che mi aveva cliiamato
percorsi le due miglia fra baize e dirupi,
nell'oscurita della notte. e giunsi alia casa
della famiglia Januario Rondoii.
In una stanza, rischiarata dalla debole
luce d'una candela, giaceva agonizzante
Rosa Roiidon, giovane sui 19 anni, alunna
del I,iceo di Cuiaba. Mi chiese il Battesimo
e glielo ammiiiistrai con soUecitudine perclie
non vi era tempo da perdere. Par\e. insienie
colla grazia di Dio, riaccjuistare anche la
vita del corpo e accompagno con plena luci-
dita tutte le cerimonie die seguirono, e
quando giunsi alle parole: Rosa, vade in
pace: Dominus sit tecum, serenamente essa
V0I6 al Cielo. II suo volto divenne all'istante
bello e roseo, e tale si mantenne fino al mo-
men to della sepoltura, avvenuta poche ore
dopo, secondo la consuetudine di quel luoghi.
Alia madre, alle sorelle, ai fratelli che pian-
gevano, dissi parole di conforto: - Non
piangete: la vostra Rosa e in Cielo e di la
i'itercedera grazie per tutti voi!
***
Poveretti! Avevano bisoguo davvero di
una grazia speciale. Erano cinque figli, dai
15 ai 30 auni — due gia congiunti con ma-
triuioiiio civile — e ancora pagani, perche
il padre loro morendo a\"eva disposto nel
testamento che non fossero battezzati.
I funerali della ottima Rosa riuscirono
imponentissimi e per la prima volta, in
quella circostanza, si prego ad alta voce per
le vie di Cuiaba, recitandosi da tutti il Ro-
sario.
Fu sul sepolcro di (lueH'anima die in-
nalzai al Beato D. Bosco una fen,-orosa pre-
ghiera per la conversione di quella famiglia;
poi in vital a fare altrettanto anche nelle
case delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Don
Bosco ci esaudi.
Al quarto giomo della noveiia fui cliia-
mato a Casa Rondoii. e la signora mi disse;
— Padre, puo venire liberamente a casa niia
per dare lezioni di catechismo ai miei figli
che vogliono essere battezzati. — Vi andai
tutti i gionii per un mese intero.
Ai Santi, nella linda cappella delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, i cinque figli della si-
gnora Rondon ricevettero il Battesimo.
Una famiglia di pivi entrava a far parte della
Chiesa e nel cielo avra gioito la buona fi-
gliuola, Poclii giomi dopo i neofiti ricevevano
la S. Cresima da S. E. Mons. D'Aquino
Correa, arcivescovo di Cuiaba.
Coiitinui Don Bosco a proteggere questa
nobile terra bagnata dai sudore e dai sangue
dei suoi figli e moltiplichi le conversioni,
perche sempre piu si estenda il Regno di
'^"^'^"- Sac:. JOAQUIM Carra.
J>J
SU E GIU PER IL MONDO
OSPITI DELLA GIUNGLA
Lc tigri, i leopardi, gli orsi, gli sciaralli, i
serpeiiti, ecco i nostri terribili vicini che
fanno molto sofErire parecchia gente. Se essi
sparissero, se non dalla superficie della terra,
almeno dalla nostra Jlissione di Krisluiagar
e da tutto il Bengala, dove non fanno che
del male, nessuno rimpiangerebbe la loro
scomparsa. Noi missionari godiamo certo di
una protezione speciale del ncstri buori An-
Tlgre del Bengala con una bua vittima.
geli Custodi. Ma i poveri indigeni devono
essere meno favoriti, poiche ogni anno nel-
I'lndia intera quelle bestie crudeli fanno mi-
gliaia di vittinie.
Non di rado, nei nostri viaggi attraverso
la selva per visitare questi poveri villaggi
sperduti nell'immensa pianura del Gange,
noi veniamo a conoscenza di fatti raccapric-
cianti, di uomini abbattuti dalla tigre in
pieno giomo, ma piu speciahiitnte di notte.
Sono bimbi, abbandonati per un memento
alia porta della capanna, che subito spari-
scono, sono giovani donne che vanno al
fiunie ad attingere acqua e non fanno ri-
tomo, sono contadini che al campo iucon-
trano la grande nemica, la tigre. Una scia
di sangue .segna il sentiero per cui la vittima
('• portata alia tana... II Bengala fe famoso
per le sue tigri, animali di proporzioni co-
spicue, di un mantello rossiccio, rigato di
uero, con una testa larga e zampe poderose.
I niigliori esemplari del giardino zoologico
di Calcutta vengono proprio da Krishnagar.
I, 'anno scorso un missionario era a sette
leghe di qui: nella notte egli intese il suo
cavallo nitrire in un modo insolito; esso
aveva seiitito o visto o inteso la tigre. II
giorno dopo, ritomando nello stesso luogo,
gli mostrarono il sito dove alia vigilia un
bimbo di cinque anni era stato portato via
da una tigre. In vm altro villaggio il cate-
chi.sta, per allontanare una tigre che gli gi-
rava attonio alia capanna, non trovo di
nieglio che battere vigorosamente il fiong di
rame che serve da campana e la bestia,
spaventata, si ritiro. Un gionio, recandom;
a Hobhorpara, una stazione separata da noi
da una giungla, I'uomo che mi accompagnava
mi racconto come ia settiniana precedente
due uomini dei dintomi erano stati divo-
^34
r.iti: « Ecco, mi disse. qvii sul sentiero le
tracce di una tigre ■>. Le guardai: sembravano
fresche, la tigre doveva essere passata poco
prima di noi. Nel distretto di Ilazaribagh
(parola che vuol dire mille tigri) il Deputy
Commissioner invita i cacciatori a venire a
uccidere una o piu tigri che ultiinamente
hail fatto tre vittirae e divorato parecchie
vacche. II govemo inglese da un buon preniio
per ogni tigre uccisa.
E gU orsi? Anche I'incontro di un orso
non e tanto simpatico. Ma di questo plan-
tigrade vi diro un'altra volta tante cosette
belle e non belle.
Piuttosto parliamo dei serpenti. L'India
ne e invasa, il Bengala poi ne e fecondo
quanto mai. I serpenti velenosi sono i piii
dannosi perche non si possono facilnieute
e^'itare, essi entrano perfino in casa. I,e due
specie di serpenti che causano la morte sono
i karait e i cobra, o serpenti dagli occlriali.
E nota I'avA-entura toccata al nostro
Mons. Bars, punto da un cobra: dobbianio
al Beato D. Bosco se il nostro carissimo
Amininistratore Apostolico e vivo. I/anno
passnto un karait si era introdotto addirit-
tura nell'armonium, forse prediligeva la
miisica chiesastica...; esso usci nientre un
giovane priiicipiante stava suonando; fortu-
nataniente non lo niorsico. Quandw si va in
giardino e bene :nunirsi di un ba.stone e, di
sera, preiidere anche una lampadina tasca-
bile. E specialmente nella stagione delle
piogue che si mostrano piii serpenti. Durante
quella stagione noi doljbiaino subire una
invasione di rane e di rcspi di cui i serpenti
vanno ghiotti. Oh, quel rospi, che noia!
Essendo essi inoffensivi ci si abitua, nono-
stante la ripugnanza. Quando io 11 vidi la
prima volta, uccisi tutti quelU che vicla-
vano la porta della mia stanza: ma fui presto
stance di quel massacre e cosi li lasciai en-
trare liberamente. Essi venivano ad ammi-
rare la bella luce della mia lampada, io mi
fennavo curioso ad ammirare le loro im-
pre.ssioni. Una di queste mattine ne trovai
uno ficcato nel mio letto. Era troppa con-
fidenza e mi impazientii... I,o scaraventai
fuori dalla finestra seguito da quanti altri
potei trovame.
Io non vi parlo dei topi. <lei ramarri, lu-
certole, cor\i, zanzare. fonniche bianche.ecc.
Tutte queste bestie se I'intendono per tor-
mentare il povero niissionario e... dopo tiitto,
esse fanno bene. Vidit Dens quod essei bo-
lutm... Esse esercitano la nostra pazienza ed
aumentano i nostri meriti, motivo piii che
suificiente per cantare col profeta: Beiiedi-
cite, omnes bestiae, Domino. « Tutte le bestie,
benedite il Signore ■>.
Krishnagar, y ma^^io 1931.
EMME.
KRISHNAG.AR (India). = Alunni intern! ed esterni dell'orfanolrofio coi loro supcrion
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A^IZf RETROVIE
Siamo grati alia insegiiante Sig.na Cerrito
M. Teresa di averci fatto pervenire la se-
guente lettera del suoi bravi alunni:
Cara «Gioveiilu Missionariaii,
Sebbene siamo piccoli e non possiamo
tanto comprenderti , in not e vivo il ttio ri-
cordo sia per la lettura del caro periodica
sia perche ci parlano tanto di te. E not adem-
piamo alia promessa; oltre alia preghiera che
innahiamo a Dio perche aiuti i poveri mis-
sionari e coroni le loro fatiche, ii rimettiatno
L. 25 per il battesimo d'tm injedele col name:
Maria Camilla.
Sempre proiili a lavorare per la mafigiur
toi'iu di Dig, abbiii i nostri ossequi.
S. Agata Militello, 28-5-931.
Dev.mi alunni
SCUOLA SC.A.FONE TlR.^N.NI.
Del pari ringrazianio I'insegnante Sig.na
Maneri Maria di averci inviato quest 'altra
del suoi alunni:
Caro Giornaletto,
Sii tanto gentile di fare batteszare un bimbo
infedele col nome: Giuseppe Fiorita coi ri-
sparmi di noi
Al,UNNI DEI,I,A FRAZIONIC FiORITA
di S. Agata di Militello.
BETLEMME. = I.uigi Nicola Maria Barudi
nel giorno del suo battesimo.
Ouest'altra lettera, firmata dai singoli
alunni, pervenne al nostro Rettor Maggiore
dagli alunni della V Elementare dell'Isti-
tuto D. Bosco di Sampierdarena:
I^'v.mo Sig. Don Rinaldi,
Le indimziaino questa nostra per accom-
pagnare una tenue offerta per le Misswni
Salesiane.
Noi abbiamo pensato a cid, sentendo leg-
gere il Bollettino Salesiane e Gioventu Mis-
sionaria.
Fra poco andremo in vacanza e aiiche noi
vorrcmo essere apostoli e missionari nei nostri
paesi praticando jedelmente qiiello che i nostri
ainati Superiori ci hanno insegnato: la pre-
ghiera e la bonla.
Ci bcnedica tiitti, 0 bnon Padre, nel nome
di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco.
vSampierdarena , 3- VI-3 1 .
Ubbl.mi figli
GLI AtUNNI Diai.A V El<EMENTARE.
/J(5
Conversioni di anime care.
A Beflemme.
L'alba radiosa del sabato saiito iioii jii iitai
foriera di si splendida giornala, quale fit
qiiest'anno per il nostra orjanotrofio di Bc-
tlemmc. II giorno tanto alteso della reden-
zione del nostra piccolo Liiigi Nicola Maria
Barudi era finalniente giunlo. Sei anni or
sono, egli entrd nel nostra orfanolrofio per
apprcndere un niestiere, ma ben presto, la
sua brania nan si limitd al matcriale e nacqiic
in liii il desideria ardente di larsi cristiano.
ntone; voile iniprimergli il carattere di sua
soldato can il Sacramento della Cresimn, am-
ministratogli siibito dopo, nella Chiesa Pa-
triarcale di Gerusalcmme, da S. E. Rev. ma
Mons. Fellingher, ausiliare di S. B. il Pa-
triarca.
Oiiali sano stati i propositi di Liiigitio in
questa giorno? Una sola: portare sempre im-
macotata la stola della sua innocenza batte-
simalc fina alia morte. Questa d pure il nostra
augiirio e la nostra preghiera per lui.
Ch. X. C.
BEITGEMAL. = I cinque giovinetti arabi che hanno riccvuto il santo battcsimo.
Ottcsta brama, temprata nella aspettaliva di
lunghi anni, fu finalniente soddisfatta.
II sacro rita fu compiuto dal rev. D. Mario
Rosin, direttore dell'orfanatrafio. Assiste-
vano il sig. ispettore D. Carlo Gatti e il
sig. D. Gitnbert, ispettore dell'Ispettaria fran-
cese del sud: i canfratelli e giavani dell'orfa-
natrafio, tutti i confraielli di Crernisan e le
reverende suore di Maria Ausiliatrice di
Betlemms. Luigino, acconipagnato dal pa-
drino, Barane Cammendatore Guntmanstall
Benveni'.ii, cameriere segreto di cappa e spada
di Sua Santita, pellegrino in terra santa, ri-
spose alle domande e recitd le preghiere ri-
tuali, franco e commosso ad un tempo.
Appena da pochi istanti I'acqua rigenera-
trice era scesa sul capo di Luigino e Gesi'i
voile prendere reale possesso di quel citore
innocente, dandosi a lui nella santa Comii-
A Beifgemal.
Anche a Beitgemal — ci scrive il rev. mo
direttore — si e svolta una simile fiinzione,
la stesso giorno, per cinque giovinetti arabi
alunni di quella nostra Sciiola Agricola. Men-
tre Gesii sorgeva dal sepolcro, sargevana essi
pure alia vita cristiana, abiurando la falsa
religione che fino allara avevano prafessato,
e per la prima volta ricevevana nel loro ciiore
Gesu nel Sacramento dell'Eucaristia.
A tutti cotesti bravi amici Gioventu Mis-
sionaria invia il fraterno augiirio del suoi
lettori e delle gentili lettrici: che essi serbina
fede alle proniesse fatte al Signore e sia la
loro fervente vita cristiana un'atlraziane per
tanti loro compagni nel seguire il bell'esempio
data.
137
PERICOLI SUI PASS! DEL MISSIONARIO
POVERI MAI ALU
P. Gregorio S. J . pubblica su le Missioni della
C. di G. questo aneddoto. Da parecchie setti-
mane il capo di Kidiaki notava che i suoi maiali
sparivano ad uno ad uno quaiido si avvicina-
vano al fiumc.
— Un giorno li seguii — dice egli — e vidi
che un coccodrillo li afferrava appunto presso
la sponda mentre le bestie guazzavano iiel fango
per cercarvi il fresco. Andai a prendere il mio
fucile. mi appostai, e quando il feroce rettile
emerse dall'acqua per agguantare un niaiale gli
sparai contro e I'uccisi.
— Bene, bravo, Capo. Ma dov'e questo fiume,
dove si trovano i coccodrilli?
— Ma I'ultimo che avete traversato ad una
mezzoretta di qua!
Un brivido ci corse per la schiena. II minu-
scolo ponte fatto di alberelli sul quale eravamo
passati, sfiorava I'acqua, e noi, inconsci del pe-
ricolo, ci eravamo appunto indugiati nel mezzo
del fiume per ammirare certi vortici nell'acqua
giallastra.
Se un coccodrillo ci avesse visti!...
INCERTI DEL MISSIONARIO.
Leggete ciu che narra Umberto Chiocchini
S. J. nelle Missioni della C. di G. Due missio-
nari e un Fratello percorrono una vallata del-
I'Albania tentando di raggiungerc un villaggio
dove svolgere il loro sacro ministero: li guidano
due robusti montanari. Arrivati ad un fiume
impetuoso vi tragittano i due missionari, ma
per tragittare il Fratello, piuttosto voluminoso,
ricorrono a un mezzo assai originalc.
Dopo essersi consultati i due montanari en-
trarono nel bosco, prepararono una specie di
traliccio con grossi rami, vi adagiarono su il
Fratello, e assicuratasi quella macchina suUe
.spalle, si niisero a nuotarc. (".ia stanno per gua-
dagnare la riva opposta, gia il Fratello e sul
punto di cniettere un sospirone di soUievo,
quando per una falsa manovra, il traliccio con
tutto il prezioso fardello scivola dalle spalle dei
portatori, precipita e da un tonfo nell'acqua.
Per fortuna la riva era vicina e I'acqua bassa:
ma il gclido bagno ^ stato perfelto col contorno
di ima buona dose di tremarella. >Se fosse capi-
tate I'incidentc in mezzo al fiumc, povero mis-
sionariol
TRIBOLAZIONI DUN MISSIONARIO.
P. C. Reichard racconta in Chine Ceylan Ma-
dagascar alcune deUe tante tribolazioni che af-
fliggono i poveri missionari, specialmente quelli
sperduti neUa campagna tra villaggi pagani.
II dover errare spesso da un luogo all'altro,
trasportando seco le cose piu indispensabili, al-
tare. utensili di cucina, ecc, non e il fastidio piii
grave. II brutto comincia arrivando in un dato
luogo: la cappella fatta di terra con tetto di
frasche ha le sue svariate sorprese: per es. il
tetto finche e recente ripara dall'acqua, ma
quando le frasche son secche la pioggia entra
per tutti i sensi. Pensate che vuol dire allora
celebrare sotto la pioggia.
Le tignuole sono un altro flagello fastidioso
pel missionario, che si vede in poco tempo cri-
vellati libri, abiti, biancheria, annadi. Vi sono
poi le termiti o formiche bianche, le devasta-
trici per eccellenza, che debbono continuaraente
essere vigilate e scansate. L'istinto di queste
bestiole le porta a rispettare la parte estema
degli oggetti: apparentemente questi sembrano
intatti... Quali sorprese per un missionario che
toccando una porta gli si spezza tra le raani, o
gli si sprofonda la mensa dell'altare, quando
non gli cade addirittura in testa la costruzione!
o quando trova i paramenti ridotti a una massa
di bricciole!
AUc formiche vanno uniti i... topi, i quali
fanno della cappella o della capanna la loro re-
sidcnza e si diportano da sfacciati padroni, an-
che quando il missionario ritorna. Allora co-
mincia una lotta accanita per sloggiare gli in-
vasori.
Inoltre i serpenti: questi rettih ,si cacciano
dappertutto. Un giorno il missionario trovo un
cobra sotto il tappeto dell'altare al quale egli
aveva celebrato la messa e su cni si erano se-
duti i fanciulli durante la predica che egli aveva
tenuto infra missam. Un altro giorno aprendo
I'armadio della sacrestia senti il sibilo del cobra
irritato, che aveva posto il suo alloggio sotto quel
mobile...
A queste tribolazioni... material! vanno ag-
giunte tutte le altre.
■^^
^38
Sforia di 25 anni fa, narrata dal missionario D. A. ColbacchinL
(CONTINUAZIONE).
In riva al laghetto formato dal fiunie, ar-
rostiamo la nostra cacciagione e qualche
pesce, mentre la notte scendeva. Quella sera
il<imakao» non canto.,. Da tutti si attendeva
il suo grido e si stava in ascolto, ma inutil-
inente. Uke-wagiiu ricadde nella piu ciipa
tristezza. Seduti a gruppi di tre o quattro
attonio ai fuochi accesi, si parlava timorosi
e da tutti si diceva: Vedremo domani...
L'ultimo segnale deve venire domani mat-
tina... II « Bari » sa che oggi siamo qui...
Seduto presso un piccolo fuoco vedevo
Giri-eknreu tutto intento ad appuntire con
un piccolo coltello le sue freccie. Oramai
quasi tutti erano immersi nel sonno: egli
solo vegliava ancora aguzzando le punte
delle freccie... Indovinai in quell'uomo il
caltivo peusiero, il perverso desiderio che
lo dominava: plan piano miawicinaia luie:
— Giri-ekureu, gU dissi, a che pensi?
Perche non riposi e domii? Che stai facendo?
Mi guardo iisso un istante e poi senza
smettere il suo lavoro mi rispose:
— A nulla io penso... II sonno non pesa
ancora sui niiei ocelli; e poi, vedi, sto pre-
parando queste freccie per infiggerle una
dopo I'altra nel cuore di quel diavoli. L'uc-
cello non canto; e la guerra sara imminente.
Essi sono nostri nemici e dobbiamo distrug-
gerli tutti senza pieta.
— E vero che I'uccello non ha cantato
questa sera, ma I'abbiamo udito ieri e que-
sta mattina, e... potra cantare domattina
al sorgere del sole. Io non penso come te;
via, con pazienza aspettiamo e vedremo quel
che sara... Qui abbiamo il nostro capo Ukf-
waguu, ed egli ci dira quel che dovremo fare. . .
— Che capo, scatto adirato... Io non in-
tendo piii stare a quanto egli dira... Far6
io quel che voglio... Gridi pure quanto vuole,
la mia freccia e sorda e non si arrestera per
le sue grida... Se Tuccello continua a non
• far udire il suo canto e segno certo che quel
demonii sono nostri nemici, che tion pos-
siamo fidarcidiloro. Eil « Bari » che I'ha detto
ed io sto aUa parola del « Bari »; quella di
Uke-wagiiu non conta, e la disprezzo...
— Bene, bene; ora pero stattene tran-
quiUo, ed aspetta domani a decidere; ri-
posa ora, dormi e... vedrai che non sara
come tu pensi. Sono certo che domani il
« makao » ci dara il suo segnale... Oggi il
« Bari >> non deve trovarsi qui con noi... Egli
pensando a noi, alia nostra sorte, a quella
dei nostri conipagni, dei Bororos. avra forse
nuovamente chiamato il suo Waive per
avere I'ultima parola. Forse le nostre mogli,
i nostri figli impensieriti, preoccupati per
noi, gli avrarmo fatto imova offerta di ta-
bacco e sigari per sapere nuovamente dallo
Spirito quel che SLVxerva di noi... Vedrai
Giri-ekiii'Su, che io non mi sbaglio, e do-
mani mattina avremo nuovamente il « Bari »
qui con noi...
Egli mi guardd con aria di scettico, ma
non proferi parola, mentre io mi allonta-
nava.
XIV. - Un momento crifico.
Prima ancora dell'alba Uhe-waguu mi
chiamo. molto preoccupato.
— Che ne pensi? Cosa credi che dobbiamo
fare? Sara meglio tenerci nascosti, non la-
sciarci vedere, od andare direttamente da
quel civilizzati? Non so come fare.
Gli risposi essere io certo che U segnale
^9
del « Bari » non sarebbe maiicato... ma,
posto che nulla si facesse udire, non doveva
perdere la speranza e pennettere che al-
cuno, alineno per ora, si facesse vedere e
nieno ancora tentasse di far del male ai
bianchi.
Sorgeva I'alba. L'orizzonte si imbiaiicava
ad oriente. Seduto vicino al fuoco, senza pro-
ferir altre parole, me ne stavo con Uke-
waguu. GH altri, sparsi qua e la, si scalda-
vano al fuoco. Ad nii tratto udimmo imo
svolazzare tra le fogUe deUe piante a noi
vicine. Guardiamo, riguardiamo; non si
vede nulla. II rumore prodotto dalle ali di
un grande uccello continua tra le foglie ed
i rami sovrastanti a noi. Qualcuno dei no-
stri si rizza in piedi, impugna I'arco e le
frecce e cerca coll'occliio fisso tra le foglie.
Appena i primi raggi purpurei del solfe
indorarono le piii alte cime delle palme e
degli alberi, I'ucceUo che continnava a vo-
lare da una pianta all'altra, sopra di noi,
ma sempre invisibile, caus6 a vari dei nostri
un'impressione di terrore. Che sara? dice-
vano. Un'anima?... Uno spirito?, . Bope (de-
monio) forse?... Chi sara? Alcmii incalza-
vano: — Andiamo via; lo spirito che pro-
tegge i civUizzati qui vicini e irritate contro
di noi; 6 lui che si fa sen tire e non vedere.
Altri poi afEermavano che doveva trattarsi
dell'anima di uno di loro, ucciso non molto
tempo prima dai soldati, a poca distauza di
Ij, al guado del fiume, che chiedeva ora
vendetta..,
Giri-ekuriu era di quest'idea e insisteva:
— Cosa aspettiamo ancora? Non basta
quanto abbiamo visto e saputo? Qualunque
civillzzato 6 nostro nemico, non dobbiamo
aver compassione di nessuno. Sar6 io clit-
vendicherb il nostro compagno morto qui
vicino con I'uccisione di quel diavoli ,.
Ormai era chiaro, ma nulla dell'uccello
si riusciva a scorgere pur sentendo ben di-
stinto il nunore del volo da ramo a ramo, e
lo sbattere delle ali, Eravamo gia tutti in-
quieti di im simile incidente, ma piu in-
quieto di tutti si mostrava Giri-ekurSu. Non
aveva pace; andava da una parte e dal-
I'altra per megho osservare, e gesticolava
nervoso.
Uke-waguu seduto vicino al fuoco non
diceva parola, pareva non si preoccupasse
di cio che si svolgeva attonio a lui e che
tutti interessava: non lasciava perd di tutto
osservare e ad im tratto si rizz6 in piedi,
pose la mano alia bocca e... con acuto fischio
ci raccolse tutti intomo a sfe.
^ Ittugarege! (miei camerati) ascoltate
la mia parola, cosi Uke-wagitii incomincia
il sue dire. Sono qui con voi e per voi.
Voi mi conoscete e sapete bene chi io mi
sia... Conoscete il mio braccio, il tnio oc-
chio, la mia mano,,. il mio arco, la mia
freccia... Voi sapete che non vi ha giaguaro,
non puma, non leopardo, non lupo, non ta-
piro, non cinghiale, non aquila, non falco...
non civilizzato che sfugga alia punta delle
mie frecce,.. Esse dove battono portano
morte... Tante volte mi avete visto ritor-
nare al villaggio, ferito forse, ma sempre
onusto deUe spoglie della fiera o dell'odiato
civiUzzato abbattuto... Mi avrete visto op-
presso, ma non vinto... Mai deposi il mio
arco, il quale, costantemente teso, fe sempre
pronto... Ben sapete che per voi, per la mia
tribii, per la nostra Uberta, per vendicare il
sangue dei nostri, per me non vi 6 nh giomo
nfe notte, n6 sole ne pioggia, nfe vento nfe
tempesta, non tuoni o fulmini, non freddo o
calore, non fiumi o foreste, non ponti o
pietre, ma solo la volonta di mcrire, prima
di cedere fosse pure im solo palmo del no-
stro terreno a questa razza indemoniata che
ci toglie la nostra pace, il diritto che ab-
biamo della nostra terra, la liberta dei nostri
fiumi, delle nostre foreste, dei nostri monti,
delle nostre praterie... Fui vostro compagno,
vostro capo... Vi guidai tante volte colla
feroce rapina in mano e colla morte nelle
pimte delle vostre frecce... abbiamo vinto,
distrutto, vendicato, ucciso... le mani ancor
rosseggianti di sangue portano il trofeo
delle nostre vittorie... Fui sempre il primo...
mai I'ultimo; ed oggi sono ancor qui con voi
il primo e non I'ultimo. Ci6 che qui ci con-
dusse voi lo sapete... Non colla rapina e
colla morte in mano siamo qui venuti; ma
col pensiero e colla speranza di trovarvi un
sorriso di pace e di amicizia dove finora ab-
biamo solo visto guerra ed odio. Non 6 a
voi nascosto quello che mi awenne dopo
I'ultima ben crudele vendetta e strage che
abbiamo fatta di quei civiUzzati, forse in-
nocenti del sangue dei nostri... (Continua).
CNippmiziODiittlHiutiu. — D.O0MENiCD GIRNEM, Difellore-rcsponsabile.
— /^o
-Torino, 19]t-Tipogtifjiililli SkjiU Editriu Intinazjonili
Offerle per le (Di$$ioni
l^atte»{mi.
Congo.
Pcpe Maria (Acquaviva delle Ponti) pei tionii
liiccarda, Francesco, Francesco, Ularia, Nicola,
Eiislacchio, Anionia, Maria — Giuliano Bat-
tista (Boves) pel nome Clotilde — Cliiabrando
Rosa Ved. Maritano (liibiana) pel nonie /?os«-
Tcresa — Matiuzzi Catcrina (Camino di Codroipo
— Sclaimicco) pel nome Fslcr Maria Fede —
Cozzi Aiitouio (Camino di Codroipo - Sclaimiccu
pel uomc Antonio Gitiscf>f>e — De Grandis Pao-
lina (Milauo) pel nome Cornelia — Adami Kn-
rico (Bcsenello) pel nome Alessandro — Giubilei
Lenzi Anna (Livorno - Torretta) pel nome Anna
— Roscio Rina (Belgioioso) pel nome Giovanni
Vic. Cina.
Pedrazzini Pedroni (Bellinzona) pel nome Giu-
sepl>ina — Soccorsi Clara (Abriola) pel nome
Rachele — Scarano Maria. Zanframundo {Mas-
safra) pei nomi Fernando, Antonio, Agata —
Buffa Francesca ved. Re (Cavour) pel uome
Giovanni Giulio — Marfia Anna {Istituto Maria
Adelaide - Palermo) pel nome Mazza Nobile
— Garbarino Suor Federica (Nizza Monf.) pei
nomi Alfredo, Pietro ■ — Famiglia Dettassis
(Trento) pel nome Ezio — Cappellato Ottorino
(Padova) pel nome Pietro — Giannini Don
Isacco (La Spezia) pel nome Biraghi Giuseppe
— Mussa Don Felice (Portici) pel nome Spam-
pinato Elvira — Cane Lorenzo (Asti) pel uome
Ferdinando — Malotti Maria (Trento) pel nome
Giandomenico — Garbuggino Costautino (La
Spezia) pel nome Coslanlino — Famiglia Eoggio
a mezzo Suor Vottero (Mede) pel nome Giovanni
— Direttrice Asilo Revelli-Poma (Bessolo) pel
nome Angclo — Arizzano Marco a mezzo Don
Grandis (Ivrea) pel nome M aria Rosa — Famiglia
Caprioglio a mezzo Don Grandis (Ivrea) pel
nome Pietro — Appiani Domenica a mezzo Suor
Vottero (Mede) pel nome Ccsarima — Marmugi
Faustina a mezzo Don Pedussia (Volterra) pel
nome Luigi — N. N. (Guardistallo) a mezzo
Don Pedussia (Volterra) pel nome Rafjaello —
Barsacchi Maria (Cecina) a mezzo Don Pedussia
(Volterra) pel nome Maria — ■ Nodari Maria
(Malonuo) pei nomi Pietro, Domenico, Giacomo,
Co/omfc(7. — Sarasino Maria v. Bertinetto(Vinovo)
pei nomi Tommaso, Maria — Moniolivo Jeanne
(Nice) pei nomi Maria, Giovanna — Vercelli
Don Carlo (Bessolo) pei nomi Michelina, Fir-
mina — Ferrario Vittoria (Senago) pei nomi
Bosco, Maria, Paolina, Vittoria, Giovanni.
GlAPPONE.
Kruger Franca (Bengasi-Cirenaica) pei nomi
Giorgio, Emilio — Ch. Lovera (Torino) pel nome
a sei neofiti come da lettera acclusa con relativi
ricordini per i singoli neofiti.
Porto Velio - Brasile.
Marchini Antonio (Borgotaro) pel nome An-
tonio — Ardizzoni Rina (Mirabello-Ferrara) pel
nome Luigi — Oliverio Maria (Lomello) pel nome
Carolina — N. N. (Formigine-Modena) pel nome
Treggia Enrica — N. N. pel nome Teresa Adda
— Menzio Margherita (Cambiano) pel nome
Giovannina — Odasso Maddalena (Poiriuo) pel
nome Pietro Giuseppe — Suore Maria Ausilia-
trice (Monterry-Messico) pel nome Maria Luisa
— Del Giudice Carlotta (Pavia) pel nome Se-
condo — Ravasco Giuseppe (Caprine - S. An-
tonio) pei nomi Giuseppe, Maria — Suor Vasta
(Reggio Calabria) pel nome Angela — Nattero
JIaria (Alassio) pel nome Maria Lena — Fu
masoli Adele Veglio (Acquarossa - Svizzera) pei
nomi Antonio, Giovanni — Bellocchio Teresa
(Milauo) pei nomi Maria, Giuseppe, Maria —
Depetris Lorenza (Cherso - Pola) pei nomi Maria
Giovanni — Zucchino Severina (Torino) pel
nome Severina — N. N. a mezzo Bianco Maria
(Caluso) pel nome Carlo — Pegorari Angelina
in Dioli (Caspoggio) pel nome Luigi — Testo-
Uni Don Attilio (Breganze) pei nomi Giovanna,
Cino, Pietro, Rosa, Maria, Rosina.
HoxG Kong - Cina.
Albertini Luigi (Fisto - Spiazzo) pei nomi
Guido, Valeria — Donazzan Don Antonio (Per-
lena) pei nomi Giovanni, Maria — Soriano Ca-
terina (New-York) pei nomi Fiiippo, Cetrina —
Opcraie S. E. I. a mezzo Demichelis (Torino)
pel nome Capello Angiolina — Spotti Altomira
(Genova) pel nome Giovanni — Vaschetti Pao-
lina pel nome Vaschetti Paolina Toria — Burzio
Catcrina pel nome Burzio Caterina — .\ mezzo
Suor Bolla T. (Alba) pel nome Secondina Ferrero.
iSvonacl^etta 21tt55ionavia
LE MISSIOXI CATTOUCHE
s-i tutto il globo terrestre, sono ripartite in 374
territori ecclesiastic!, alia cui testa ci sono 282
vescovi e 91 prefetti apostolici. Contano 12.952
sacerdoti, di cui piii di 4304 iudigeni; 5.1 12 fra-
telli, di cui 1315 indigeni; 28.099 religio.si; di cui
piii di 11.399 indigeni. Essi formano una paci-
fica armata di 46.170 membri: 25.186 stranieri,
17.01; indigeni e 3.967 operai apostolici; 3.859
hanno piu di 30 anui di lavoro; 8.71 1, di cui
3.294 sacerdoti, hanno almeno 15 anni di sog-
giorno nei paesi di niissione.
NUOVI ECCIDI IN CINA.
Telegranimi da Shanghai inforniano clic una
baiida di comunisti ha invaso la missione di
Chaynenkow (Vicariate di Laohokow) sacchcg-
giando e uccidendo tre sacerdoti ciuesi profes-
sori nel seminario e conducendo prigionieri :1
\'icario Monsignor Ricci e i Padri Lazzeri, San-
tini, Checcacci e Maggiui, tutti Francescani
Minori italiani.
TRIBU' TRAPIANTATE.
II governo del Sudan Anglo Egiziano ha a.sse-
gnato a una vcntina di tribu del liahr-el-Ghazal
un deterniinato territorio da abitare e ha dato
ordine ai membri delle singole tribii di raggiun-
gere immediatamente le nuovc localita, alcune
delle quali distano 400 Km.
L'AEROPLANO.
Dalla I'apuasia mandano all'Agcnzia Fides
(|uesta notizia. 11 villaggio di Kxmi si era sempre
mostrato sordo alia prcdicazione del Vangelo;
un giorno pero gli abitanti sentirono nel cielo
un forte ronzio, die cresceva sempre piii; scru-
taroiio ansiosi il cielo e videro in alto un punto
ncro come una grossa mosca. Per lo spavo-to
tutti si buttarono a terra per I'uUima prej;hiera
prima che avvenisse la fine del mondo.
In quel momcnto arrivo il catechista catto-
lico che li fece alzare e spiego loro che si trat-
tava di im aeroplano.
— E da lungo tempo che ve I'ho detto che
i bianchi volano entro grandi casse coUe ali.
E I'aveva detto il Missionario, ma voi non
avete mai volute crederlo. « II Missionario men-
tisce I), mi rispondevate. Voi potete vedere che
non mentiva. Ebljene, e la stessa cosa quande
il .Missionario vi dice che c'e il Paradiso e I'i- -
ferno. Egli non mentisce, e voi andrcte nel grr 1
fuoco dell'iuferno se rifiuterete di ricevere ii
Battesimo o.
L'aeroplano fu un argomento invincibilc, e
dopo averlo contemplato a lungo, tutti si dcfi-
.sero di convertirsi. Quaranta abitar.ti di Kmii
furono battezzati il gi mo di Pasqua.
MANAOS.
Mannos, la capitale dell'Amazzonia, piccolo
villaggio fino al 1885, in id anni si elevo al rango
di citta .sulla quale si appuntavano gli occhi del
mondo iutcro. II prodigio della trasformazione
fu dovuto alia... gomma della Hevca Byasilien-
sis, \'(i oro negro »; una folia di cercatori e lavo-
ratori vi si precipito. Ecco per cosi dire I'atto di
na.scita di Manuos.
Dopo il 1910, con la concorrenza sul mercato
della gomma inglese, comincia la decadenza per
I'abbassamento del prezzo dell'oj'o negro che
provoca una vera rovina generale; ora a 1 5 anni
dal crollo .si spera non siano fallaci gli indizi di
nuova prosperity con la scoperta di ininerali e
del petrolic.
A Manaos vi i una piccola colonia italiana. K
la citta base alia nostra Prelatura Apostolica
del Rio Negro.
Printed in ^^^^^
iPubbllcazlone Mcitslle)
{Contu corrente postale)
Oioveniu (l)i$$ionaria
3
a
3
a
3
€utit! Sutti! Sutti!
dooetc aboperarut per procurarci un nuooo
abboiiato sciiiestvale
(bal <£ualio al Diccinbvc <€. 3,50).
gated questa propagonba!
abbonamento:
Pep I'Jtalia: flnnuak L 6,20 - S6stcnitop« L 10 - Oitaiizio L. 100
Per r€stcro: „ L. 10, - „ L. 15 - ,. t. 200
a
Pi
a
n
Anno IX - Num. 8
Pubblicazione mensile
Agosio 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
L aposfolafo del pafimenfi per le missioni.
Nella Chiesa la sofferenza ha un com-
pito ed una niissione: « completare la pas-
sione di N. S. Gesu Cristo ».
I] sofferente, I'uomo dei dolori, colui
che e tormentato nel corpo, se sta unito
colla grazia a Nostro Signore, continua
la passione del Redentore. .Soffre e nierita
per se e per tutto il corpo mistico di
Cristo del quale e parte. Soffre anche per
queUi che hanno altre mansioni da com-
piere, particolarmente nell'apostolato per
la salute delle anime Soffre e fa sgorgare
dalla sua sofferenza rassegnata e ben
compresa quella ILnfa, che entrando mi-
steriosamente nei solchi scavati dagli
apostoli di ogni buona santa causa, ne
asperge le fatiche e i sudori, e li rende
fecondi.
Bella e stata la risposta che Bernar-
detta Soubirous — divenuta Suor Maria
Bernardo tra le suore di Nevers — dava
un giomo ad un sacerdote che trovandola
in infermeria le domandava quale fosse
la sua mansione nella comunita: — Faccio
rammalata! — Era lieta di ofi'rire i suoi
patimenti per tutte le buone cause.
Cosi hanno fatto gli ammalati di Roma,
offrendo i patimenti di un giomo per i!
bene delle Missioni.
l,a manifestazione di apostolato missio-
nario che si e svolta a Roma la domenica
di Pentecoste, da parte dei cari ammalati,
ha avuto un magnifico esito, che il Si-
gnore fecondera colla sua )/razia.
Trattandosi di un'o^jera spirituale, asce-
tica e apostolica, si poteva calcolare sulla
partecipazione delle anime piii elette, di
quelle che noi ci ostiniamo forse a credere
poco numerose.
Invece la partecipazione fu veramente
plebiscitaria. Abbiamo assistito ad una
esplosione spontanea e cordialissima di
carita e di amore alle missioni nostre e
al Papa.
Possiamo dire che quasi tutti i malati
di Roma, tanto quelli ricoverati in ospe-
dali o in cliniche private, quanto quelli
degenti uelle proprie abitazioni, si sono
sentiti come presi da un'onda dolce e
consolante di santo apostolato, felici di
poter cooperare alia dilatazione del regno
di Nostro Signore colle proprie sofferenze.
Negli ospedali, ospizi e cliniche pri-
vate, i malati diedero la loro firma ai
cappellani o alle suore assistenti; i malati
a domicilio ai rispettivi parroci o alle
suore infermiere che li assistevano in casa.
Pill che settemila malati di Roma hanno
141
voliito e potuto, con loro grande soddi-
sfazione, apporre la propria firma sul-
Valbiim die fu era presentato al Santo
Padre come a ricordo della giomata stessa.
Trecentonovantadue di queste firme
sono accompagnate da nobili espressioni
di amore alle missioni cattoliche e di devo-
zione profonda e illimitata al Santo Padre.
Da semplici invocazioni a forma di gia-
culatorie si passa, attraverso una ganmia
lunghissima, a pensieri di alta ascetica.
Vi sono sentimenti e pensieri altissimi di
anime che ringraziano per giovare al
prossimo, di anime che desiderano soffrire
di pill per la conversione del mondo pa-
gano, di anime che offrono al Signore
anche la vita per U Papa, di anime che
promettono di essere sempre missionarie
colla sofferenza finche il Signore le vorra
malate, e missionarie di fatto, nelle terre
lontane, se il Signore le vorra guarire.
Si leggono espressioni del piii alto elogio
alia bonta e alia grandezza del Papa
missionario, alia bellezza divina dell'ideale
missionarie, all'eroismo dei niissionari
cattolici. E sotto queste nobili espressioni
si leggono firme di persone appartenenti
ad ogni condizione sociale: dalla povera
contadina, all'operaio, al professionista,
al diplomatico, al letterato, al giornalista,
al conte, alia principessa, alio studente,
alia suora, al sacerdote, al religioso, al
poeta. Si, anche un poeta, malato al
Policlinico ha partecipato alia bella mani-
festazione scrivendo un'apposita poesia.
N. N
.e vacanze
del
missionario.
A D. Umberfo Dalmasso.
Tl missionario e un apostolo e I'apostolo
non e I'uomo della quiete, del riposo. La
febbre dell'operare, lo spasimo del lavoro
eccitano questi cuori gagliardi che non
per se hanno dedicate o dedicano le valide
energie dell'intelletto e della volonta, ma
per uno scopo che e piii alto, che e piu
suljlime di qualsiasi altra impresa umana,
sia essa scientifica o patriottica, perche
la loro impresa e divina. I missionari
sono migliaia e migliaia? sono migliaia e
migliaia... i loro eroismi, sono d'ogni
giorno, d'ogni ora, d'ogni minuto.
Ne cade uno, ne cadono dieci, ne ca-
dono cento? Ne sorgono miUe a prenderne
il posto, ad emularne il sacrificio, a sfidare
lo stesso martirio, lieti, giocondi di sof-
frire nel nome di Cristo.
Oh la dolcezza della missione divina
compiuta da umani, oh la bellezza del
sacrificio che crocifigge sopra una croce
che e gloria, oh la grandezza del martirio
ch'fe il trionfo dello spirito sopra la carne
inferma..., chi potra mai rivelare degna-
mente i misteri di questi cuori che hanno
un arma sola, la preghiera; uno scudo,
la Croce?
Questo e il missionario. Vicino o lon-
tano alia sua Missione, egli non ha soste,
non ha deviamenti, non ha tregua. Se e
lontano, gia ripensa al giorno del ritorno.
Nel suo cuore e nata una nostalgia nuova.
Se questi monti d'argento, questi giorni
solatii, questi vespri aurati, questi piani
verdeggianti nel riflesso delle nevi eteme
possono eloquentemente parlare al loro
cuore di italiani e di poeti, un missionario
e sempre un poeta, al loro cuore di apo-
stolo parlano lo stesso santo linguaggio,
le lande sterminate, i piani paludosi, i
deserti che non hanno limiti, i vUlaggi
dove non regna che la miseria, le misere
capanne slabbrate, i tukul angusti e
sudici non danno a loro avversione o ri-
brezzo; la ci son fratelli, la anime, la e
il campo pronto per la seminagione, la
h la messe ubertosa.
uahe. XIII •
142
DALLE LONTANE MISSIONI
AGLI AMICI DELLA MISSIONE
GIAPPONESE
Volete qiialclie buon coiisiglio? Si dice
che un buon consiglio si puo prendere da
cliiunque... quindi anche dai vostri amici
giapi^onesi.
Canta un'antica celebre poetessa giap-
ponese:
Ogni mattina davanti a Lcrso specchio...
C0$\ seniprc sia I'aniina inia. C'e materia
da raeditare, come fa la giovane giappo-
nese di cui abbiamo offerto la fotografia
neirultimo uumero.
Un altro consiglio? Se tralasci di pulire
la gemma anche piit hyillante e splendida,
diventa come una tepola... Chiaro? Fotete
applicarlo alb pulizia dell'anima uel la-
vorio spirituale, o se piii vi piace, al lavoro
missionario vostro. Se sarete sempre attivi,
sarete splendide gemme, brillanti di luce
e di meriti, se no, come le tegole dei tetti,
scure, sporche e qualche volta rotte.
— Ma posso fare poco per I'anima mia
o per le missioni! . — dira qualcuno. La
poetessa vi dice:
iL spetlacolo incantevoLe in un inaliino
splendido d'estate sentire I'allodola che
cantando si innalza stt su nel limpido cielo...
ma non e vieno incanievole il vedere elevarsi
tra le erhe il piccolo fiore del giglio dei
cainpi. Capito? Potete fare dieci? fi dovere
fare per dieci. Potete fare uno? Non e
meno pregevole e meritorio fare per uno.
Oh se tutti i nostri amici potessero fare
anche solo per uno per la nostra missione!
Per la realizzazione di questo pro-
gramma guardatevi pur nello specchio
ogni giorno, e lavorate secondo le vostre
possibilita, anche se piccoli gigli di campo.
Miyazaki, 1-6-31.
D. V. CiMATTI
^43
AZIONE RELIGIOSA
Abbiamo anche qui in Siam buoni coope-
ratori che comprendono ed attuano assai
bene iJ prograinma dell'Azione Religiosa.
Ve ne presento due.
Francesco Lai Seng.
A proposito di apostolato di giovani, ecco
quanto e a-srv'enuto alia scuola delle zelanti
suore di San Paolo di Chartres.
Due allieve desideravano ardentemente di
ricevere il battesimo, ma trovavano insor-
niontabUe ostacolo nei loro genitori pagani.
Mentre con la preghiera affrettavano il
nionicnto di essere cristiane, non rimauevano
inoperose.
Un gionio la maggiore si present6 alia
suora con atteggianiento di chi ha qual'che
cosa di grave da riferire.
— Madre, sapessi...
— Che? sentiamo.
— vSai? niio fratellino da tanti giomi era
innlato. leri il medico disse che aveva
p' che ore di vita. Ed io, approfittaudo di
un momento in cui ero sola col malato,
I'ho battezzato.
— Ed ora?
— E in Paradiso da questa notte...
— Brava, a preparare un posto anche
per te, vero?
— Si, Madre, e chino il capo singhioz-
zando.
— Piangi per aver fatto un regalo a] buon
Dio?
— C'6, che quando raccontai il fatto alia
sorellina, seppi che I'aveva gia battezzato
lei mezz'ora primal
Un vecchio: Francesco Lai Seng che il
Signore ha chiamato in questi giomi al
premio del Paradiso. Ha dato un figlio al
sacerdozio; assiduo alle funzioni religiose era
tra le piu belle voci a cantare le orazioni in
cinese.-
Ma la sua azione religiosa preferita fii
battezzare i bambini di pagani in pericolo
di niorte e tenere al fonte battesimale gli
adulti assolvendo con scrupolo gli obblighi
chf la Chiesa impone ai padrini, obblighi che,
tr.ittandosi di neofiti i cui parenti riman-
gono pagani, sono molto pii: frequenti e
piu difficili.
Da \\n calcolo risulto che Lai Seng ebbe
piii di 300 figliocci!
L'ultimo suo atto fu firniare con mauo
treraante una dichiarazione con cui giu-
rava di aver fatto da padriuo ad un giovaue
del cui battesimo, in <iuei prinii tempi della
cristianita in fonnazione, era andato smar-
rito I'atto.
* **
Ed un giovane: Sanit, che sta insegnando
all'amico Somjwng, ancora pagano, a fare
il segno di croce.
(jA^^i* \
Sanit e Sompong.
\'c)i jjregherete, cari giovani lettori di
Owveniu Missionaria, perche si moltipli-
chino questi apostoli per il trionfo del regno
di Dio.
Ji'ajabw ■'■Siam.
P. Grov. Casetta.
Salesiano.
144
*^f
Rcsidenza missionaha in Seipa (Macas). = + Cappella. •Campanile. -' Rcsidenza missionaria. ^Casa particolarc.
CHI SI SENTIREBBE?...
T,a mia distanza (vivo neiri'"f|uatore) e
le mie peculiar! circostanze mi daimo la
forza di lanciarvi questa proposta: Chi di
voi si seiitirebbc di venirci iii aiuto con tin
ouore tnagnanimo e con una borsa gonfia...
di denaro?
Amici lettori, tanto sensibUi agli cnlu-
siasnii giovanili, specie ai santi entusinsnii
missionari, questo povero missionario vi in-
vita ad aiutarlo.
Di giorno in giomo qui ci rendiamo conto
dell'esiguita del nostro nuniero e del cre-
scere delle necessita della nostra Missione.
Venti sacerdoti in cinque centri fissi di Mis-
sione e quattro prowisori; tre case nella
Cordigliera Andina, e nove scuole; tre centri
protestauti sul nostro fronte, un Vicariate
Apostolico esteso quanto due regioni d'lta-
lia... Ditemi, aniici lettori. non c'i- tra voi
nessuno che si senta comniuovere e die in
uno slancio di dedizione risponda: « lo mi
sentirei di venire ad aunientare il vustro
piccolo drappello »? Venga codesto volon-
teroso e lavorera alia fomiazione del grande
regno di Dio, intessendo da se la sua co-
rona di gloria. Per lui anche qui nelle Mis-
sioni equatoriane, ci sara un pane, spesso
sostituito (e quante volte!) da sempUce gra-
noturco o da surrogati orientali; vi sara
lavoro, — oh si, assai — fino a stancarlo
se sara generf)'=;o, fino a canibiarlo in un
Zavcrio se sara zelante. In nonie di Don
Bosco possianio per ultimo assicurargli un
alto posto nel bel Paradise.
All'opera !
Ho detto anche: chi si sentirebbe di ve-
nirci in soccorso con una borsa plena... di
denaro? Chiedo forse troppo, chiedendo cose
materiali? Volevo dirvi; chi di voi si senti-
rebbe di adottare un orfanello, per estmpio
in Macas? Pensate quante ripulse dobbiamo
dare a bimbi e bimbe che cercano un asilo
da noi? Ecco il nostro veneratissimo Mon-
signor Vicario Apostolico attomiato dai suoi
poveri figliolini della selva che gli chieg-
gono di tutto e spesso con le lagrime agli
occhi egli deve rispondere che neppure lui
ne ha?
Chi di voi adunque \-uol farsi protettore
a (lualcuno dei nostri mannocchietti? O
meglio ancora: clii di voi vorrebbe contri-
buire alia costruzione di luia casetta per i
nostri birichini, semplice, disadonia, ma
tale che dia loro ricovero? C'e forse chi
vuol fare di piii? Fissi i suoi sguardi nella
fotografia, conti i selvaggi che aspettano chi
li soccorra o animiri la Cattedrale in cui si
degna dimorare il Re dei Cieli. La catte-
drale e cosi artistica che U pavimento di
banibii potrebbe da solo costituire un deli-
zioso concerto quando vi si passi sopra e
I'altar maggiore ha una minaccia d'incendio
tulte le volte che per solennita si accendc
la sesta candela di pnra cera... vegetale.
^45
E qualcheduno non si sentirebbe di dire:
io mi offro a regalare al buon Gesii una, dut-,
tre cappelle meno indegne, tra i selvaggi
delle foreste amazzoniche?
E lasciatenii coiitiuuare ntlla litania!
Chi si sentirebbe di essere padrino o nia-
drina ai nuovi matrinioni cristiani die da
un anno a questa parte si varnio celebrando
tra i nostri selvaggi? S'intende che dovrebbe
pagare I'anello — che per i nostri Kivari e
sempre U primo di una lunga catena di aUri
anelli che verrebbero continuamente a chie-
dervi.
Vorrei continuare ancora a lanciani pro-
poste su proposte. Non mancherebbe certo
la materia che incanierebbe le nostra piii
vivo necessita: per esempio un... aeroplano
ci risparmierebbe tanto tempo in viaggi e
ci permetterebbe di andare con frequenza
nei punti piu distanti della missione... Ma
7ia! vedo che vclo gia abbastanza con la
fantasia... mentre il concrete e tutto in
questa domanda: chi si sentirebbe di aiu-
tarci^ Ci aiuti generosamente!
Macas, marzo 1931.
D. Giov. ViC.NA
Missionarw Salesiano.
UN ANNO IN MISSIONE
Quante cose in un anno si sono svolte
nella Missione! L 'ultima, la testa di Maria
Ausiliatrice con una magnifica e devota pro-
cessione e gran concorso di gente.
Poco prima abbiamo con somtua gioia
e meraviglia sentito a perfezione (e proprif)
la parola adatta) la parola del Papa, attra-
verso la radio: a mezzanotte precisa tutta
la nostra comunita ha potuto ricevere la
benedizione del Santo Padre e unire le
proprie acclamazioni a quelle che si senti-
vano, molto bene, della gran folia adunata
al Vaticano.
E poi, andando a ritroso, la devota festa
di D. Bosco, che mantiene e accre.sce, se
fosse possibile, I'entusiasmo del 1929: e in
quel giomo aumento la gioia di moltissimi
accorsi, I'ordinazione di sei novelli sacerdoti.
II 5 aprile. solcnnita di Pasqua, con
alcmie migUaia di Comunioni: agli ultimi
di gemiaio, graiide congresso di cattolici a
Sard, antica capitale dell' Assam, che durcb
tre giomi, con intervento dei cattolici di
tulti i distretti. Che dire poi della festa di
Natale e dell'agape fratema di oltre due-
mila convenuti, il gionio dopo del S. Natale?
Ma la festa che e come il compendio di
tutto I'anno religioso, e la festa del Corpus
Christi, che per opportnnita del tempo si
fa in ottobre.
Che magnifica processione! Ogni villaggio
cristiano ha fomiato il suo gnippo con
stendardi e bandiere: sono decine e decine
di villaggi e di gruppi venuti, alcuni, con
un cammino di quattro giomi.
Ed ecco la proce.ssione che sfila per parec-
chie ore, altemando le pregliiere con i piii
lieti canti. Si resta comraossi, tanto piii che
alio sfilamento guarda nieravighata una
quantita di pagani, di maomettani, di indii
e di protestanti di varie s^tte.
I^a proce.'^sione lascia una grande impres-
sione in tutti, e i cattolici assamesi la consi-
derano come la data principale del lore
calendario.
In questo modo la vita trascorre interes-
santissima.
Sac. Albino Comba.
146 -^
LA FEDE DEI NEOFITI
KIVARI
Ouando Gesu si coinpiace scegliersi di tra
i nostri catecuiiieiii qualeheduno per chia-
marlo a far parte della sua Chiesa, assi-
stiamo non di rado a qualche scena che ci
fa ritoniare col nostro pensiero ai priini
tempi cristiani.
Tempo fa uno dei fnigoliiii della Mis-
sione nostra di JMendez che da pnchi niesi
aveva ricevuto per la prima volta la santa
Comunione, e quasi tutte le mattine, po-
teiidoln, s'era comunicato, ebbe una ferita
a uii braccio, ferita che io costrinse a portar
il braccio al coUo. II giomo dopo essersi
ferito non si coniunico e al Padre niissio-
uario che gliene domandava il perch^, ri-
spose: — Col braccio cosi legato, immobile
non si riceve Gesii! Come posso giungere le
mani e riceverlo con riverenza?
Boccioli di rose che si aprono al bacio del
sole e schiudono una fragranza di cui forse
noi avevamo perduto anche I'idea.
E che sacriiici fanno spesso per giungere
da lontano alia Missione digiuni per fare la
santa Comunione!
Non k niolto un ragazzone kivaro che
s'era comunicato con fervore nella Mis-
sione, vi ritomo dopo due mesi. II missio-
nario I'attese perche si confessasse. Ma quale
Mons, Comin circondato da bambini kivar!.
fu il suo stupore nel vedere che senz'altro
si avvicina con gli altri aUa santa Mensa!
Conosceste i pericoli della kivaria e la li-
cenziosita dei kivari nelle loro case!
Dopo Messa I'interpello. Sapete come ri-
spose? — Forseche dopo aver ricevuto Gesu
si deve ancora peccare?
Un altro fatterello fresco fresco. Giovedi
Santo si presentd aU'Ecc.ino Mons. Vicario
ApostoHco la sposa del primo matrimonio
cristiano kivaro di Macas. Voleva riverire il
Vescovo, che vedendola palUda e malandata,
la consiglio di aversi cura della salute, ser-
vendosi di qualche brodetto di gallina non
difficile a procurarsi tra loro.
— Monsignore, esclamo la fervorosa cri-
n matrimonio cristiano det kivaro Tibl coUa kivara Clella, ambedue educall nella Missione di Macas.
^47
stiana, domaui e stretto digiuno e og^i asti-
uenza. I cristiani non possoiio mangiar
came!
AirEccmo Monsigiiore, comniosso <li
quelle zelo non riniase clie dirle clie egli la
dispensava, viste le tristi condizioni della sua
salute e, per suggellarle la dispensa, le rega-
lava il denaro per procacciarsi il necessario
per rinforzarsi. Piu tardi si venne a cono-
scenza ehe durante tutta la quaresima os-
serv^o e fece osserv-are a suo niarito, nei
giomi prescritti, un rigoroso digiuno. Un
giorno che non seppe se era martedi o mei-
coledi (i kivari non distinguono giomo da
giorno), dalla sua casa s'affrettd a mandare
un kivaretto a domandare al missionario in
che giomo della settiniana si era, per sapere
quando digiunare.
Povere aninie, die si aprono col fervore
die molte altre perdono tra i cristiani freddi
e inosservanti! Siate voi quelle che otteiiete
da Dio la conversione di tuttiivostri t'ratelli
kivari.
Macas, Pasqria 1931
Sac. Giov. M. Vir.N.v.
LA GALLINA E IL SERPENTE
Giovedi, giomo di vacanza pei nostri
.scolari, a mezzogiorno nientre io e il mio
confratello eravanio a tavola. ecco ci capita
davanti come un bolide Achille, il servo
incaricato del poUaio. Cli occhi dilatati per
lo spavento, la bocca sinisuratamente aperta,
egli si piaiita ritto senza poter profferire
parola. Inline con grandi sforzi riesce a
dire: — Padre mio, padre mio, vi e un grosso
serpente nel poUaio...
Avevamo nel pollaio una chioccia die
covava 12 nova.
II P. Bessone si alza, prende il fucile e
discende. Io lo seguo. Arrivati al pollaio
troviamo la porta aperta e al fondo lungo
il muro un bel serpente che riposava beata-
mente: era lungo la bellezza di ni. 2,50. Nel
mezzo del corpo aveva una palla della gros-
sezza della testa di un uomo. Al nostro arrivo
non si desto puuto.
II servo ci sussurro: — La gallina non c'fe
pill... tutto e finite nel suo ventre!
— Ora vedrai — disse il P. Bessone —
che vendicher6 la gallina e la sua covata.
Si accosta a due iiietri, 111 ira e lascia par-
tire il colpo... II rettile e trasforniato in
due tronconi, sezionato proprio nel mezzo
della palla, e da gli ultimi fremiti di vita.
Per la peUe squarciata si riversano due uova
fracassate, da cui veiigono in luce sangui-
uolenti pulcini conipletamente formati, e
le altre dieci intatte.
— Ecco le uova... ma la gallina?!
Regalo il serpente al servo che I'accetta
con gioia pensando di fame omaggio ad
amici e parenti... e ritornianio sopra a fijiire
il pranzo. Sul finire riappare trionfante
AcliiUe a dirci: - La gallina e tomata... —
La sentiamo come singhiozzare al fondo
del cortile dove sta prendendo un energico
baguo di... polvere e di cenere. Pinita la
toeletta, va alia ricerca della covata.
II servo, in previsione, ha rifatto il nido
e vi ha collocate le uova recuperate... Otto,
giomi dopo dieci allegri piilcuii seguivano
felici la chioccia pel cortile.
T. lOT.lF. S. M. A.
Missionario al Dahomey.
148
3t
(a nahtra
Fra tutti i popoli della terra iiiullo tlie
piu ama la natvira e piu la gusta e certa-
meiite il popolo giappoiiese. A cominciare
dalla costruzione delle case fino ai piu pic-
coli utensili, ai vestiti, non vi fe ccsa che
non ritragga, ahiieno in una sua parte, la
natura. La prima cosa che colpisce la curio-
sita dello straniero che viene a visit are il
Giappone soiro gli sgargianti vestiti delle
ragazzette che si divertono sulle vie e il
vedere nei niusei d'antichita conic Ic spade,
gli elmi, le corazze e qualsiasi strumento
militare antico sia fregiato con oniamenti
di fiori, d'uccelli ecc. E piu si guardano questi
oniaiuenti nei lore niinuti particolari e piii
si e presi d'ammirazione.
Gli stessi dolci dalla forma di foglie d'al-
beri o di crisantemo, e il vassoio in cui soiio
posti; il quadro del Tokonoma, i vasi a
fiori della stanza in cui vengono offerti sono
come un riassunto della natura.
Chi visita il tenipio di Nik/td, pivi che
essere sorpreso dalla hellezza dell'arte ri-
mane meravigUato deH'amionia che risidta
dalla combinazione di questa col paesaggio
circostante.
I Giapponesi non solo mantengono la
forma naturale delle cose, ma la perfezio-
uano, e amano e lodano le cose che hanno
attinenza col naturale. Per esempio nella
coltivazione dei fiori e la forma del fusto
e la disposizione dei rami danno una forma
di bellezza superiore al naturale stes.so.
Ugual cosa avviene per la coltivazione di
pianticelle in vasi, come pure nella costru-
zione della cosi detta scatola-giardino, di
cui i Giapponesi sono appassionati; in tutto
questo essi riescono meravigHosamente ad
afferrare i tratti principali che appagano
I'occhio e soddisfano. Fra le pitture, meglio
riuscite e gustate sono quelle che ritraggono
fiori, uccelli, montagne e luoghi acquosi. I
temi di pittura dell'arte eviropea differen-
ziano assai da queUi dell'arte giapponese.
Aiiche la letteratiira trova la sua pivi alta
e vigorosa espressione nei cantare la natura.
Dalle antiche canzoni ai distici modenii si
puo dire che non c che ima voce di lode e
di gioia alia natura: e dall'amore alia bel-
lezza naturale nasce una specie di connubio
tra la natura stessa e I'ucnio per cui ci si
.serve molto volentieri di modi di dire ri-
traenti .stati della natura stessa, per espri-
mere lo stato dell'animo e le tendenze na-
turali dell'uomo. Ad esempio si dice: il
prosperare dei gigli, I'abbondanza dell'erba
d'estate; fumo di pensieri, cuore di fiore;
rugiada di lacrime; pioggerella delle maniche
(i giapponesi si asciugano le lacrime con
le hiughe maniche). In una parola dicendo
ad es. pioggia di primavera, albero secco,
il cuore del giappone-se, seguendo una
naturale a.ssociazione di idee, ne ritrae lo
stato d'animo d'un individuo. II naturale
e I'umano sono in perfetta armonia e diven-
tano come una cosa sola. Persino neUe let-
tere che quotidianamente si scambiano tra
amici o conoscenti, tiene il primo posto un
saluto esprimente il clinia, la temperatura
e il cambiare di stagione.
Per comprendere come influisca suU'aniino
giapponese il cambiarsi delle quattro sta-
gioni, basta considerare che fin dai tempi piii
antichi a tutt'oggi le ccmposizioni letterarie
sono una dispiita sull'autunno e la primavera
per deteruiinare (|uale di esse sia lapiia be 11a.
£ piu bella la primavera nella sfumatura
dei suoi cento fiori, o I'aututmo rosseggiante
per le foglie dei momigi che appaiono nello
squagliar.si della nebbiola? Ecco una que-
stione che da milk- e piii anni nei pennelli
dei letterati e divenuta sempre piii profonda
e in.solvibile. Son celebri in Giappone le
opere letterarie della famiglia Ghengi. Eb-
bene in esse hanno preponderanza la prima-
vera e I'autunno che vengono preferiti da
differenti individui. L'anima giapponese ha
qiundi una tendenza profonda verso il bello
della natura.
Anticamente il cono.scere I'incanto delle
cose era I'idenle di ognuno. Pel conseguenza
si diceva che non conosceva il cuore del-
l'uomo chi non conosceva e apprezzava il
bellp della natura. Per.sino il bushido, I'ideale
dei guerrieri antichi, trova la sua ragione
nei bello naturale.
D. Margiaria
Mtssionario Salesiano.
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Riviste
issionane
IL SANTUARIO Dl KOTCHIKADE
Xe tracciano le origiui Le missioni della C.
d. G. in una graziosa pagina.
Nel 1733 viveva a Colombo (Ceylan) un in-
diano della casta dei bramiui, per nome Antonio
Cochial (Antonio di Cochin): di gioruo era servo
di un pescatore singalese, di notte era ministro
di Dio, celebrava in qualche casa e ammini-
strava i Sacramenti. Un giorno pero fu tradito,
e scoperto dai calvinisti olandesi fuggi lungo
il mare verso i quartieri di Mutuwal e Madera
dove forse alcuni cristiani lo avrebbero nascosto.
Ma suUa riva fu fermato da pescatori buddisti
e musulmani, che lo conoscevano e veneravano,
1 quali lo pregarono di imporre al mare di riti-
rarsi (aveva invaso un tratto della costa) per
peter far asciugare le loro reti.
Antonio tento di schermirsi, supplico che lo
lasciassero sfuggire ai soldati che lo cercavano:
non ci fu verso. Ed ecco i soldati sopraggiun-
gere e contenderlo ai pescatori; ma questi fe-
cero valere la loro precedenza nella presa di
possesso. I soldati, sentito il desiderio dei pe-
scatori, rilasciarono Antonio e I'ufficiale ag-
giuuse: — Se egli fara cio che gli chiedete, lo
lasciero libero, e gli permettero di esercitare il
suo ministero dappertutto.
II missionario ando a prendere la veste, la
cotta e la stola e coUa croce in mano ritorno sul
luogo: pianto la croce sulla spiaggia minacciata
e prego fervidamente, quindi si ritiro in casa
dove passo tre giorni digiunando e pregando il
Siguore di manifestare a quel pagani la sua po-
tenza. All'alba del quarto giorno fu alia spiag-
gia dove trovo la popolazione intenta ad os-
servare con stupore un fenonicno: presso la
croce si innalzava una duna sabbiosa formata
dal mare come un.baluardo a protezione della
spiaggia.
Antonio chiese e ottenne il diritto di vivere
e morire presso quella croce... ed ebbe in dono
quel terreno. Su esso edifico una cappella ehe
voile dedicata a S. Antonio suo patrono e,
dopo morte, fu ivi sepolto.
La cappella fu in grande venerazione c fiuo
al 1796 la sola dove il culto cattolico fosse
toUerato. Nel iSoo fu ingrandita; nel 1822 fu
dotata di una statua di S. Antonio portata da
Goa: poi nel 1834 la cappella fu rifatta in tem-
pio che divenne celebre presso tutti.
I,a chiesa, che senibra far parte del porto,
fra le chiese delle otto parrocchie e la piii fre-
quentata. Di stile singalese e tutta bianca con
14 colonne che sostengono il tetto e davanti
a ogni colonna altrettante statuette di 60 cen-
timetri sotto globi di vetro.
Al niartedi e al venerdi, giorni di S. Antonio,
la sfilata dei visitatori e ininterrotta, e coi cat-
tolici si vedono musulmani, indii, parsi, ecc.
offrire i loro voti (ceri) e fare le loro preghiere
a S. Antonio.
Un terzo del peristilio, separato al passaggio
centrale da una barriera di legno, e riservato ai
mendicanti. Ciascuno ha il suo posto, e, attra-
verso la barriera sporge il suo piccolo cesto, in
cui sono deposte le piu diverse elemosine; frutta,
legurai, riso, denaro ecc. Cosi molti poveri devono
a S. Antonio il beneficio del pasto complete.
Esiste a Kotchikade un altro grazioso co-
stume: quello di vendere al grande taumaturgo
i fanciulli, che si vogliono afBdare alia sua pro-
tezione. Una venerabile matrona e incaricata
del pio e gentile traffico. Ogni mattina, si met-
tono a sua disposizione le 10 rupie necessarie
per I'acquisto di un primo bambino. Questa
somma, rimessa ai parenti, e immediatamcnte
versata da essi nella cassetta dei poveri e so-
stituita dall'offerta che essi fanno di altre 10
rupie. Cosi, la buona singalese e sempre in
condizione di comperare il suo piccolo pro-
tetto, che si presentera tosto per la raedesima
consacrazione. Compiuta questa vendita, il
bambino ^ considerate come proprieta di S. An-
tonio.
Non solamente cattolici, ma protestanti, pa-
gani, musulmani, buddisti ecc. vendono cosi i
loro bambini a S. Antonio soprattutto per ot-
tcner loro la sanita ed xssicurano di venire
esauditi.
^ , #
^52
NELLE RETRO VIE
ESEMPI CHE SPRONANO
Lo zelante Vicario Apostolico di Sliiu
Chow, Mons. Igtiazio Cauazei, tra le fatiche
del suo miuistero pastorale trova tempo
ancora per avere relazioiii con Gioventu
Missionaria e segiialare ai iiostri giovani
lettori esempi stimolanti la loro attivita a
favore rlelle Missioiii. Ecco quanto ci rifi--
riscf ;
Leggo nel South China Morning Post
soito la data del i apyile:
1° Nel villaggio di Kaiwadain [Prcjcl-
tura di Ishikawa-Giappone) si e celcbrata
giorni la una grande fesia commemoratirn.
Spieghiamo: cinque anni or sono gli abitanti
decisero di aslenersi a tiitti i costi dalle hc-
vande alcooliche mettendo a risparmio le
somme in tal modo conservate. In soli cinque
anni esse ammontarono a 45.000 yen (circa
300.000 lire) mi qiiali costrussero una magiti-
fica sciiola elenientare. Anche I'associuzione
industrials risparmio alio stesso scopo e
nello stesso periodo di tempo 38.000 yen,
che alia Cassa Postale friittarotio altri 9.000
ven. Cosi senza aggravii il villaggio ebbe la
sua scuola_ dotata di tutto l' occorrenic . La
testa celebratasi per I'inaugurazione riusci
entiisiastica e fu cosi ricca di soddisfazionc
per sli abitanti, che riaftermarono la lor"
risohizione di astenersi ancora per altri cinqm
anni dall'uso di bevande alcooliche .
2" La gioventu protestante di Hong-
Kong, per aiutare le Missioni protestaiiti.
SI t' qnest'anno organizzata in squadre e gruppi
alio scopo di incitarsi ogni giomo delta quarc-
sima a compierc con perseveranza il sacrifizi"
di qualchc divertimento o spese inutili: ed e
riuscita a raccogliere — in .)0 giorni — circa
9.000 lire che vennero consegnate ai missio-
nart.
Questi esempi sono veramente istruttivt e
dicono ai nostri giovani che con piccole pri-
vazioni possono compiere delle belle e utili
azioni a favore delle missioni. Confidiamo
che la segnalazione dell'ottimo Vicario Apo-
stolico di Shiu Chow siiggerisca ai nostri
aniici qualclw iniziativa da attuare a benefizio
delle Missioni Salesiane.
AGLI AMICI ORATORIANl
DI GIOVENTU MISSIONARIA
I Salesiani venuti in Giappone hanno
cercato di circondarsi di gioventu e fondare
a! piii presto nelle loro residenze gli oratori...
noi! cosi belli, spaziosi, foniiti di tante cose,
nia via... (se I'affetto a questa gioventu non
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HHIH^^BnTT^
Abiti dci ragazzi giapponesi del popolo.
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GIAPPONE. = Esposizionc di lavori di disegno ese?uitl dagli allievi delle scuolc domcnicali di Miyazaki,
fa velo) foniiti di quella gioconda serenita e
e afietto, caratteristica degli oratori di
D. Boseo.
I nostri oratoriani -vi salutano, e vogliono
essere vostri amici... gia coiioscouo aleuni
dei nostri oratori, da cui lianno ricevuto
benefici... In quest'anno voglio segnalarvi
roratorio di Alassio... Vedete che cosa mi
scrivf quel bravo Direttove.
Amathsimo Sig. Don Cimatli,
I giovani dell' Oratorio festivo di Alassio,
hanno pensato a lei e ai loro lontani amici
Giapponesi. In occasione della sempre cara
festa di Don Bosco, con un po' di lotteria e
con qualche piccola loro offerta. hanno messo
insieme Cento lire, e per mezzo mio la man-
dano a lei per i loro fratelli del Giappow.
& poca cosa, d vero: ma lei. Signer Don Ci-
matti, saprd gradirle ugiialmente ,pensando che
sono frutto di piccoli sacrifizi di giovani del-
rOratorio festive, di qiiei giovani cioe che
stavano maggiormente a cuore al B. Don Bosco.
Voglia far pregare un po' per noi, come
faremo noi per loro, perche da tutti si possa
sempre fare nn po' di bene.
Devot.mo
Sac. Carlo Magnani.
Oh se potete imitarli voi pure quaiiti
ineriti vi farete nella cooperazione alia
salvezza delle loro anime. I nostri hanno
tante belle attitudini... come voi... Tempo
fa vollero esporre aleuni loro disegni... ed
era vogUono farvi vedere la loro bravura...
Gridate loro « banzai! » (ewival) e jjregate
I'he diventino cristiani e... bnoni corue voi.
D. Vincenzo Cimatti
Salesiano.
154
Gruppo di gioi
vani artigiani
musulmani.
AZIONE MISSION ARIA
GIOV ANILE
Segnaliamo I'esempio dato dagli aluniii del
Collegio Manfrcdini di Este. L'idea missionaria
e peuetrata profondaniente nei loro cuori: lo
dimostra I'attiva propaganda che essi seppero
anche nelle scorse vacaiizc fare abilmente e
generosamente nei loro paesi tra parenti, amici
e conoscenti.
Moltissimi si fecero iniziatori di lotterie, ac-
cadeiniole, rappresentazioni private e pub-
bliche e di tante altre geniali Industrie che solo
i giovaui, e specialmente i giovani, sanno esco-
gitare quando sono animati da un nobile e santo
ideale quale quello niissionario.
Fu grande quindi la nieraviglia e piu grande
la consolazioue dei Superiori quando, al ritorno
dei giovani dalle vacauze, si videro presentare
un numero coiisiderevole di graudi e pesanti
salvadauai che attestavano eloqueutemente
quanto larga e copiosa fosse stata la inesse.
La graziosa somma fu versata a favore della
2» Borsa Missionaria del Manfredini che una-
nimi si voile iutitolata all'amatissimo Sig. Di-
rettore, Don Matteo Rigoni.
I tre giovani che maggiormente si distinsero
uella propaganda e che, come gli altri, non
ebbero vergogna di farsi niendicanti di Cristo
pei poveri infedeli, sono:
Broggiato Antonio di I giun. che raccolse L. 300
Marin Anionic dill » » t L. 232
Soriani Teobaldo dill » » » L. 112
Mentre rivolgiamo a questi e a tutti i giovani
che secondo le loro possibilita lavorarono con
tanto zelo, I'augurio di maggiore e sempre piu
fiorente apostolato niissionario, additiamo il
loro esempio ai tanti nostri amici perche ab-
biano ad imitarlo nelle prossime vacanze.
CIORNATA MISSIONARIA
AU'Xstituto D. Bosco di Alessandria d'Egitto
si e celebrata in maggio ima splendida giornata
missionaria, alia presenza di S. E. Mons. Nuti,
Vicario Apostolico.
II Direttore D. Puddu prese la parola nell'in-
tento di dare un'idea delle missioni cattoliche
e del missionario cattolico, al pubblico non
edotto dello stupendo movimento di apostolato
ch'egli chiama uu fatto epico della Religione
Cattolica. Con la sua parola facile, parte dal
primo passo del movimento missionario avve-
nuto poco dopo la morte di Cristo; ne segue la
continuazione, ne traccia lo scopo, i mezzi, i
pericoli, I'estensione; tocca la vita di sacrificio
e di adattamento del missionario; parla dei modi
di penetrazione; mostra come I'apostolato mis-
sionario non acquista titoli di benemerenza solo
nei campo religioso ma ne acquista anche nei
campo della scienza, della civilta, della patria,
poiche il missionario, dic'egli, anche quando
uscisse dalla sua terra messo al bando, porta
seco inestiuguibile I'amor della Patria. A questa
pure vanno riferiti, benche iudirettamente, i
benefici deUa sua opera di religione e di earita.
Quindi venne rappresentato con esito bi>l-
lante il dramma: Sul fiunie azzurro e la banda
esegui negli intermezzi un scelto programma.
^55
NOBILE VENDETTA
(RACCONTO)
i\Iakabe Heiknro dovea conipiere I'umile
officio di presentare le gheta al dainiio,
ogni qualvolta questi uscisse di casa. Se
il padrone andava a cavallo, liii ]o seguiva
a piedi, portando le gheta. Appena il
daimio accennava a voler sniontare,
Makabe era pronto ad accorrere, posava
in terra le gheta e aspettava profonda-
niente incliinato clie il padrone le cal-
zasse
Un giorno il daimio, invitato in casa
d'amici, passo ore ed ore a here, a funiare,
a ridere.
Di fuori nevicava.
Makabe, tremando per il freddo, aspet-
tava che il dainiio uscisse per presentargli
le gheta. Faceva molto freddo. Dentro si
doveva stare bene, accovacciati sulle sof-
fici stuoie, accanto al braciere.
Quando il padrone uscira, chi sa che
brividi provera al calzare le gheta di
legiio. vSara nieglio scaldargliele.
Makabe mise le gheta gelate sotto il
kinKm6, e le tenne ben fernie contro il
petto.
Come sara contento il daimio, della
fedelta del povero Makabe. Anche il
daimio non e ricco, ma pochi daind han
dei vassalli cosi fedeli, cosi affezionati.
NeU'interno le voci divengon piu rumo-
rose. Sono ai complinienti. « Oggi vi fu
veramente un onorevole signor banchetto »
suonaron le parole di comniiato.
Makabe si affretto a posare le gheta
per terra e attese, inginocchiato nella
neve, I'uscita del daimio.
vScorrono i soji e appare il daimio tutto
allegro. Makabe, posando le mani e la
fronte suUa neve, attende qualche buona
parola. Ma il padrone, appena ebbe posato
il piede sidle gheta: — Canaglia! Cos'hai
fatto? Tu ti sei sechito sulle mie gheta!
Ah, viUano, e cosi che compi il tuo dovere!
— e in cos! dire, afferrata una gheta, co-
mincio a sbatterla con rabbia suUa testa
del povero Makabe.
— Principe! V'e imo sbaglio! Non mi
sono seduto sulle augnste vostre gheta!
Ma il daimio, senza badargli, continue
a battere infuriato, finche non sprizzo
il sangue dalla fronte e dalle mani di
Makabe.
Gettata via quiudi la gheta, il daimio
si allontano solo, scalzo, senza punto
curarsi delle proteste del ferito.
Makabe rimase la, istupidito, accovac-
ciato nella neve. Dalla fronte il sangue
colava caldo. Nella neve, <|ua e la, tante
macchioline rosse. Come era vivo il rosso
sulla neve: quel rosso si allargava sempre
piu. MakaV)e fissava ([uelle chiazze, traso-
gnato.
Ah, cc-rti luniiu-nti sono lien tri.sti nella
vita.
***
D'un tratto, Makal)e, afferra la gheta
insanguinata, salta in piedi e tendendo la
gheta in segno di sfida: «I<a vedremo!
Voglio vederti ai niiei j)iedi, giii, a terra,
cosi come io lo sono stalo linora in tua
presenza! ».
E messasi la gheti in seno, si allontano.
^5^
Passarono molti anni, e nessuno seppe
pill nulla di Makabe Heikuro.
l/d citta, dciminata dal castello di Ma-
sabuiie, il daimio che percosse Makabe,
era in gran subbuglio per I'arrivo del piu
gran dotto del Oiappone. Come mai una
citta cosi piccola veniva onorata della
visita del grande sapiente? II daimio
stesso era sconcertato. Era suo dovere
recarsi ad ossequiare I'ospite illustre,
ma cosa poteva offrire lui, povero daimio,
a colui che era carico di doni e dall'impe-
ratore e dai grandi principi dell'impero?
II daimio, seguito dai paggi, si presento
al grande sapiente e I'inchino profonda-
mente, mani e f rente a terra.
— Oh, qual piacere di rivedervi!
— Come?... rivedermi...
— Non mi riconosce?
Allora il grande sapiente, si tolse dal
seno una gheta, coperta di macchie ne-
rastre.
— Non si ricorda piii di Makabe?
Ouesta gheta, non le ricorda nulla...
II principe era tutto confuso, rosso
dalla vergogna.
— lo tengo sempre presso di me questa
gheta. Quando lo studio mi era insoppor-
tabile, gettavo uno sguardo su quest'og-
getto e un nuovo ardore mi spingeva a
perseverare. Vissi dieci anni in Cina, tra
.gli .stranieri, deriso, affamato, ho dovuto
lottare contro mille difficolta ed ho vinto.
Se oggi sono quel che sono, lo devo a
i|uesta gheti, lo devo a voi. lo vi rin-
grazio...
... Questa e la niia vendetta.
II daimio, da quel gioruo, divenne il
discepolo piu fedele del suo antico servo.
Ai piedi del grande mae.stro, passo il resto
delJa sua vita.
Ouesto fatto viene raccontato sovente
nelle scuole giapponesi per stiniolare i
giovani alio studio.
D. Marega
Missionario in Giappove.
EPISODI MISSrONARI
LA TROVATA DI ABDU.
P. Beggiato f. d. S. C. ricorda su La Ni^riHa
la bella trovata del suo servo Abdu, musul-
niauo. Una sera che un febbrone a 40° aveva
assalito il missionario, Abdu in punta di piedi,
con tutta delicatezza ando a vederlo.
— Come stai, Abuna? Sei molto nialato?
— Non so, rispose il missionario; ho la febbre.
Silenziosamente Abdu se ne parte e poco dopo
ritorna con in spalla una statua dell'Immaco-
lata (che aveva preso in una stanza), la pone
sul tavolino col volto verso il nii.ssionario, e
dice:
— Padre, ti ho portato Settina Mariam (No-
stra Signora Maria): essa ti guardera.
II missionario tocco al pensiero delicato ha la-
grime di commozione agU occhi, ma il servo,
credendo che piangesse per le sofferenze, ap-
poggia i gomiti sul letto e consola il malato:
— Padre, non aver paura: te I'ho portata
apposta perche ti guarisca: poi prendi il tuo
libro (Breviario) e leggi un poco: dopo due o
tre giorni non avrai piu nulla.
Quale senso di devozione hanno anche i po-
veri musulmani per la Madre di Uiol
C g^2
EPISODI ELOQUENT/.
Souo raccolti in una lettera della Superiors
delle Canossiufie di Hong Kong, pubblicata nelle
Missioni Cattoliche di ililano. Eccone alcuni.
Un giorno ci portano un bimbo ammalato:
la madre scioglie gli stracci in cui e avvolt<j
e... — 6 raorto! — grida spaventata. Un ter-
rore folle e superstizioso I'invade, da uno
schiaffo al piccino e lo scaraventa a terra con
tutta la forza di cui e capace; poi fugge... Si
raccoglie I'infelice, si e in tempo per battezzarlo
ed ha la fortuna di andare a godere la felicita
senza uube in Paradise.
AU'ospedale di Wanchai una donna non
voleva ascoltare la suora dicendole: — Vedi son
vecchia troppo! Che fara di me il buon Dio?
Certo non mi vorra, perche son buona a nulla.
Non sapendo come commoverla, la suora un
giorno le disse: — Guarda, io ho lasciato la
patria, la famiglia, tutto cio che mi era caro,
per la sola gioia di amar Dio e farlo amare.
Un lampo squarcio le tenebre di quella
mente... La donna diede un grido come se fosse
stata colpita da improvviso malorc, poi esclamo:
— Anch'io voglio amare il tuo Dio: se I'ami tu
cosi. voglio amarlo anch'iol
E si decise a tempo.
'.V
Supcrsfi^ioni e riti pagani
/-J- — -y^vs^^
GLI STREGONI TRA 1 CAFRI
DEL BATUSOLAND.
Nou c'^ Batuso che non sia arciconvinto del-
I'ounipotenza dello stregone. Gli stessi iieofiti
non sanno serapre disfarsi completamente di
una tale persuasioiie.
Lo stregone fa la pioggia e il bel tempo, co-
manda alia folgore, arresta la grandine e la tem-
pesta, scatena o scongiura i flagelli, la peste, la
guerra; svia dai campi le nubi di cavallette, gli
sciami degli uccelli voraci; previene nel grano la
ruggine, il carbonchio nel bestiame; insomma,
con cause sproporzionate egli raggiunge effetti
meravigliosi. A lui si rivolge la moglie che vuol
essere amata dal niarito, la giovane presa da
gelosia, chi desidera uu veleno per sbarazzarsi
di qualcuno che gli dia fastidio. Lo stregone
somministra ancora ai guerrieri c ai cacciatori
le medicine che debbono reuderli invulncrabili
o far cadere infallibilmente sotto i loro colpi
la preda che inseguono. NcUc frequenti guerre
di una volta, egli accompagnava i conibattenti
e li incoraggiava battendo un tamburo fatto con
la pclle di un ncniico ucciso.
Voi direste lo stregone un vero alchiniista.
Per combinare i suoi amalgami bcnefici o male-
fici, secondo il caso, egli tieno nella sua oflicina
ossa, erbe, polveri, stoppia di tetti, granaglie di
ogni specie, cortecce di albcri e succhi di piante;
peli, pclli e membra d'animali; occhi di granchio
e di leopardo, cervello e fegato di coccodrillo;
pungiglioni di vespe; insetti, moUuschi, rane,
rospi, immondizie, ceneri di tombe e saliva. Si
reputa poi fortunato quando possa disporre an-
ohe di grasso di uomo bianco e di uomo negro
c di membra uniaue.
Per esercitare il suo mflusso egli ha metodi di
versi. Talora basta a lui I'augurare male al suo
nemico, o profferire contro di lui certe sue pa-
role magiche perche il male vada a colpirlo su-
bito. Ma, il piii delle volte, egli opera per mezzo
di segni esteriori, ridicoli e pueriU.
ICgli indichera col dito bagnato di saliva, la
persona o il kraal, cui voglia uuocere; rivolgera
verso i nemici i lizzoni del suo focolare; ungera
con un unguento di sua composizione un ba-
stone, una nionetina d'argento, un'animale do-
mestico, e quegli che tocchera tali failure ue
provera i terribili effetti.
Miss. Call.
UNA TOMBA REGALE AERICANA.
fi quella di Miiiesa, costruita sulla collina di
Kasubi presso Rubaga, la capitale cattolica
deU' Uganda. Quasi su ogni collina — scrive
suor Carolina Luanga nelle Missioni dei PP.
Bianchi — di Rubaga si trova una tomba re-
gale: su una e sepolto il re Kimera; su un'altra,
Sekamagna; su una terza, Kiveva, ecc. Ma la
piii celebre e quella di Mutesa, il piu gran re
dell' Uganda, del quale si parla ancora come di
un essere eccezionale. La tomba e custodita da
Naligua, sorella di Mutesa, che abita cola una
capanna principesca.
La necropoli regale cousta di una capanna
lunga che mette in un cortile die precede il
luogo della tomba. Vi si trovano varie capanne
allineate, dimora delle guardiane che vi stanuo
notte e giorno: e quando una di esse sta per
morire, si elegge un altro membro della famiglia
per sostituirla. II palazzo di Mutesa ^ una ca-
panna rotonda di una trentina di metri di dia-
metro per otto di altezza: il tetto conico di erba
secca scende fin quasi a terra: i muri sono di
canne intonacati di argilla. La parte centrale
fra due file di pali e riservata ai grandi perso-
naggi; gU altri sono sepolti ai lati.
Mutesa ha ospitato nella sua capanna fune-
raria Mjianga, il re persecutore, e Mukasa
prirao ministro di costui, accanito persecutore
anch'egli dei cristiani, anzi I'uccisore di molti
dei martiri dell'Uganda.
Davanti alia tomba di Mutesa sono i bastoni
del comando, gli scudi, le lance: oltre di questi
"ggetti vi ^ una cortina che cela la tomba.
.Scostata la cortina vi si vedono le due lance
favorite del re, il fucile regalatogli dall'esplora-
tore .Speke, un enorme mausoleo in legno con-
lenente i tesori del defunto (stoffe, ranie, avorio,
conchiglie, ecc), coperto da un panno azzurro
con sopra una pelle di leopardo, simbolo della
regaliti. .Sotto il mausoleo e la tomba.
Mutesa fu seppellito avvolto in 4000 coperte
di scorza d'albero.
^58
Sforia di 25 anni fa, narrafa dal missionario D. A. Colbacchini.
(CONTINUAZIONE).
— Sapete di quella f anciuUa che volli per
ine t tolsi dalle mani di chi voleva strap-
park il cuore... Sapete come quel delicate
iiore appassi e mori tra le mie braccia che
eraiio allora non del fiero Cacico Uke-wagitu
bra' ecce-ba (mangiatore di bianclii), ma di
Uii padre tenero ed amoroso per la figlia...
Seiito ancora i palpiti di quel delicate cuore,
battere qui sul mio petto... Vedo ancora quel
grandi occhi neri, guardanni con tanta me-
stizia ed affetto da ferirmi il cuore... Vedo
ancora queUa bianca mano ergersi e por-
tare alle labbra per baciarla, la piccola croce
che appesa aveva al collo, accostarla anche
alle mie labbra perchfe purio la baciassi..-
Ed io la baciai, iltiigarege, fieri figli della
selva!... Io la baciai e ribaciai, non so perche,
non so da qual forza occulta spinto, ma la
baciai con quell'afietto col quale avrei ba-
ciato dopo Ivmgo tempo di pericolosa as-
senza mio figlio, la mia diletta sposa... Fu
un bacio del cuore piu che delle labbra, e
Io dico, non ho vergogna di dirlo, per quel
bacio provai m me una cosa che non so spie-
gare, sentii un brivido scorrere per le mie
ossa, un sussulto nel mio cuore e mi sono
sentito cambiato; il mio cuore, il mio pen-
siero divenne un altro, sentivo un alito di
vita nuova infondersi in me. Ma una notte,
queUa notte terribile del furioso temporale
che ci gett6 tutti nel piii intenso terrore, che
fece il cielo di fiamme per i lampi e la
terra tremare tutta per il gran fragore
del tuono... quella notte quando la furia del
vento che sradicava alberi e schiantava
rami, e voleva spazzar via le nostre ca-
paime... io gettato per terra, tenendomi
stretti ai lati i miei figli perch6 la rafiica del
vento non me li portasse via... ho visto...
ho sognato... ho visto davanti a me appa-
rire una bellissima Signora, tutta bianco
vestita, con una fascia celeste ai fianchi,
splendente di luce e dei piu smaglianti co-
lon; avea intomo a s6 altre fanciuUe tutte
beUe e rivestite di luce al par di Essa, e tra
queste vidi la diletta fanciulla che io strap-
pai ai suoi cari... che mori sorridente tra le
mie braccia. Essa mi fece segno di alzarmi e
di andare da quella Divina Signora. Tutte
avevano al collo sopra la bianca veste la
piccola croce, che la fanciulla nel morire mi
diede a baciare... ma sul petto di essa splen-
deva di tanta luce bianca e forte piii di
quella del sole che i miei occhi non pote-
vano resistere... La Signora che stava nel
mezzo mi guardava amorosamente e mi sor-
rideva: pareva...
La frase di Uke-waguu fu interrotta da
un piii forte svolazzare tra le foglie ed i
rami sopra le nostre teste... e la rauca voce
di Giri-ekurSu che diceva:
— Lasciamo le storie e i sogni... L'amore
e il cuore per il civiUzzato I'ho qui suUa
punta delle mie freccie; bastano le parole,
le mie orecchie ne sono piene, e oramai sono
stance di aspettare. Se Uke-waguu non de-
cide, decide io e, al diavolo il « Bari » ed il
sue « makao » e tutti i...
— Ma... ka... o!... ma... ka... o!... ma...
ka... b!... — risuon6 per I'aria con im bat-
tere piii forte di ali...
— Ma... ka... b!... ma... ka... b!... — ripet^
I'eco per la foresta, per la valle ed il monte
con ritmice ritemello. Alia nostra mente
presentavansi vive le parole del « Bari ».
Io vi accempagnero; il segnale che vi do 6
0 canto del « rnakao ». L'improwise canto
fu come una solenne bastonata sulla testa
^59
di Giri-ekurSu. Egli non ebbe piu coraggio
di parlare; abbasso la testa, prese il suo
arco e le frecce e sparve nell'oscuro della fo-
resta. Uke-waguu lo acconipagiio un poco
collo sguardo e poi continuo il suo dire:
— Miei camerati, Bororos, miei amici!
avrei voluto din'i tante cose ancora; dirvi
che io lion volevo che si facesse male alcuno
a questi bianchi, che non sono come tanti
altri che abbiamo conosciuto; Tolevo dir\'i
che anclie se ci fosse mancato il segno con-
venuto dal Bari, pure si aspettasse, si
avesse pazienza. Ma ora non vi e piii bisogno
di raccomandar\'i queste cose... Ora la pa-
rola del Bari ci dice quello che io voleva
dirv'i, di iidarci di essi perche sono nostri
amici. Andiamo dunque, non con sospetto,
con diiEdenza, coll'arco teso e la freccia nella
cocca, ma coll'animo tranquUlo e sereno,
portando loro pace e amicizia. Sono certo
che pace ed amicizia riceveremo e ritome-
remo al nostro vUlaggio sicuri oramai che
questi civOizzati sono nostri veri amici. An-
diamo dunque, il giomo e gia alto; non cer-
chiamo di nasconderci nel bosco o fra I'erbe,
ma procediamo suUa strada; io andro pel
primo e voi mi seguirete.
Uke-waguu era allegro. Camminava in fret-
ta innanzi a tutti. Era la prima volta che
dopo tanto tempo si vedeva cosi allegro!
Egli voile essere il primo a farsi vedere e a
vedere... L'altra volta mand6 me, ed egli,
pur osservando tutto e tutti, se ne stette in
disparte e non si fece vedere... E tu sai come
egli era vicuio, ancorchfe non visto da voi;
e fu lui che fermo il braccio a Giri-ekttreu
che gia aveva teso I'arco per colpire coUa
sua freccia U Padre!...
Arrivammo diiianzi alle vostre capanne.
Uke-waguu era il primo ed io gli stavo im-
niediatamente dietro. Ci avvicinammo senza
timore alcuno, senza sospetto, come fossimo
amici di antica data. Appena il Padre ci
vide, ci cor.se incontro facendoci mille feste;
e, riconosciutomi, si diresse subito a me chie-
dendomi tante notizie: voile sapere quanti
eravamo, se ci eravamo decisi di venire a
star con lui, noi, le nostra niogli, i nostri
i5gH...
Oli risposi che ero venuto col Cacico Mag-
giore, obbedito, rispettato e amato come
padre da tutti i Bororos; che era venuto
accompagnato da molti desiderosi di vedere
il Padre, fare con lui conoscenza, seiitire da
lui molte cose. II Padre aUora ci fece entrare
nel cortile, ci diede subito da mangiare e
poi, preso da parte me ed Uke-waguu, ci
introdusse nella sua capanna, e la ci parlo
a lungo, ci disse tante cose; ci dono filo, ami,
tela bianca e rossa. Regalo poi ad Uke-
waguu un bel coltello grande, e uno poco
pill piccolo a me; ci diede pure una camicia
ed un paio di calzoni, dicendo che non voleva
vederci cosi nudi... Noi guardammo stu-
piti quegli abiti lunghi e ridevamo al pen-
siero di doverci mettere dentro le gambe.
Ma il Padre insistette perchfe ci vestissimo,
e ci aiuto egli stesso ad infilare le nostre
gambe... Che fatica! Si perdeva I'equilibrio,
si rideva, ed il Padre rideva con noi nel
vederci tanto impacciati, colle gambe chiuse
tra quel due pezzi di tela. Provammo a
fare qualche passo; ci pareva di avere le
gambe legate... Dopo (j^ualche esercizio per6
acquistammo piii liberta, e cosi ve,stiti, ac-
compagnati dal Padre, andammo tra i nostri
compagni. Per noi era una grande cosa I'an-
dare cosi vestiti, e procedevamo orgogUosi
e superbi per quel paio di calzoni che ci
inceppavano...
I nostri rimasero tutti meravigliati e ci
accolsero con una solenne esclamazione di
anmiirazione e di gioia, e quando ci videro
a cammiiiare scoppiarono tutti in una so-
nora risata. Noi per6 rimanemmo seri; e
Uke-waguu disse ai Bororos che quella era
una prova della bonta del Padre e che si
doveva pensar bene di lui che avrebbe do-
nate loro molte cose. E volgendosi al Padre
lo preg6 di distribuire qualche cosa anche
ai suoi compagni.
(Contmua).
C((<?3
Con approvazione eccleslaslica. — D.
, DIrelloie-resiiaiisabile. -Toiioo, 1931 -Tipografia della Siclili Edllrlce Inletnauonali.
~~- l6o ~-_
Otterle per le fl)i$$ioni
^attcsittti.
Hong Kokg (Ci.va).
Rigoni Maria (Asiago)pei nomi Antonio, Giu-
seppe — Ghemo Don Pietro (Bassano del Grappa)
pel uome Pietro — Zorgi Ervino (Mcrano) pel
nome Ervi«o — Bardclli Luigia (Aiigcra) pei
iiomi Federico, Giuseppe, Giulietta — Pizzini
Carlo (Roma) pel nome lienato — Vezzano Do-
nicnico (Tonczza) pel nome Teresa Antonia —
Galladoro e Bambara a mezzo Flora D. Antonio
(Taormina) pel nome Giovanna d'Arco — Co-
lombano Pasqualina (Pontestura) pel nome
Mario — Borcllo Stefano (Savigliano) pel nome
Stefano — Chiari Maria (Torino) pel nome Paolo
— Angonoa Agnese (New-Vork) pei nomi Maria
Luigi, A)ilonio Giovanni.
I'ORTO VEUO - (BrASILE).
Toselli Margherita fu Alessio Pinna (Pevera-
gno) pel norae Alessio — Direttrice Asilo (Can-
nobio) pel nome Genghini Guglielmo — Aspi-
rant! Circolo San Paolo (Torino) pei nomi Marto
Antonio, Fedel Giuseppe — Vallauri Angela
ved. Racca (Cbcrasco), pel nome Gemma Angela
— Vigan6 Luigia (Monza) pel nome Gtiido —
Perk Don Giovanni (Damme-Oldenburg) pei
nomi Margherita Maria, Elisabetta.
SlAM.
N. N. a mezzo Direttrice Asilo {Tromello) pel
nome I.essori Francesco — Boetto Rosina (Torino)
pel nome Domenico — Rossi E. A. (Pietraligure)
pel nome Giuseppe — Crosio Maria (Torino) pel
nome Carola Edvige — Vizzini Giuseppina (Bar-
cellona) pel nome Vizzini Cono — Pickler Don
Francesco (Pennes Sarentir.o) pel nome Giuseppe
Taddeo — Montrasco Maria a mezzo Galli D.
Carlo (Mouza) pel nome Maria Vittoria.
GlAI'POXE.
Mussano Annibale (Carignano) pel nome An-
nibale — Salesiani (Castellainmare di Stabia) pei
nomi Domenico Savio, Tittarelli Enrico.
ViCARIATO CiNA.
Salesiani (Castellammare di Stabia) pei nomi
Luigi Versiglia, Callislo Caravario — Giraudi
Don Abbondio (Intra) pei nomi Pecorini Alfonsa,
Costanza — Mons. Luigi Olivares (Nepi-Sutri)
pei nomi Maria, Luigi — De Santis Livia (Fi-
renze) pel nome Giiilio — Galvagni Luigia ved.
Di Giacomo (\'illalagarina-Magrc) pel nome
Giacomina Luigia — Garrone Rina a mezzo Di-
rettrice Istituto S. Giuseppe (S. Salvatorc) pel
nome Giuseppina — Targa Jolanda (Torino)
pel nome Camilla — Targa Nelda (Torino) pel
nome Teobaldo — N. N. a mezzo Salesiani (Ca-
serta) pel nome Assunta — Tempo Fausta (Gri-
gnasco) pel nome Antonio Valentino — Montra-
sio Maria a mezzo Galli Don Carlo (Monza) pel
nome Gloria Vittoria.
India - Assam.
Pio Maddalena (Audora) pel nome Mi'ria
Maddalena — Carbone Don Luigi (Lanciano)
pei nomi Ida, Maria Grazia, Michele Francesco.
— Larcher ing. Giandomenico (Trento) pei
nomi Francesco, Maria — Poggi Eligio (Busto
Arsizio) pel nome Giuseppe — Ardizzoue Teresa
(Torino) pei nomi Giovanni Antonio, Angiolina,
Teresila. Giovanni Bosco, Maria Ausilia — Bot-
tarin Elisa (Treviso) pel nome Nocmi — Del-
signore Marco (Molinello) per I'adozione di un
orfano — Pugliese Giovannina (Vibonati) pel
nome Luigi — Persico Felicia (Monza) pel nome
Pasquale — • Barzaghi Amelia (Monza) pel nome
■Antonietta — Gariboldi Ida (Monza) pel nome
Maria Vittoria — Yigano Maria (Monza) pel
nome Maria Vittoria — Villa Arturo (Monza)
pel nome Maria Vittoria — Garella Ida (Castel-
lamonte) pei nomi Angela, Luigi.
Rio Negro.
Famiglia Costa (Varazze) pel uome Ciorsio
.4ntonio — Nocera Maria (Verona) pel nome
a otto battezzandi — MortiUaro Rosa (Palermo)
pel nome Giovanni — Beretta Giuseppina (Legos)
pel nome Margherita Maria — Salesiani (Tre-
viglio) pel nome Teresa Maria — Pelliccioli
Vittorio (Venezia) pel nome Sebastiano — Fabris
Don Giovanni (Mogliano Veneto) pel nome
Carlo — Cella Pietro (Meina) pel nome Teobaldo
— Giannantonio Don Domenico (Frascati) pei
nomi Micara Francesco Saverio, Montanari
Giovanni — Macchi suor Angelina (Barcellona-
Messina) pel nome Alice — Rivotti Antonietta
(Viu) pel nome Antonietta.
Su
• ^
e giu
per il
mondo
PETULANZA DUNA INGENUA.
Un niissioiiario novelliuo — raccontano Le
Missioni del PP. Bianchi — teiieva le sue prime
istruzioni ai suoi neri catecumeni d' Africa. Fra
questi v'era lilmcme, una vecchia, die al co-
minciare dell'istruzione socchiudeva gli occlii,
•^ontiecchiava c dormiva. Battezzata previo un
esame soddisfacente, alcuni mesi dopo non la
si vide piii alia Missione. Era diventata mala-
ticcia e soprattutto sofferente d'insonnia.
Afiflitta specialmente per quest'ultinio nia-
lanno, un giorno ebbe un'idea.
Prego una vicina di recarsi dal missionario che
I'aveva istruita e dirgli che venisse a vederla.
— Ma the vuoi che egli porti e ti dica? ha
tan to lavoro... poi le medicine che ti ha in-
viate, sono state perfettameute inutili... Egli
verra quando starai malissimo per darti i sa-
cranieuti: ma ora?
— Ti prego: va; egli puo guarirmi.
Per conipiacerla ando dal missionario a (are
Tarabasciata e I'avverti che era inutile portare
gli Olii santi perche la malata non era Rrave.
Egli I'ascolto: accondiscese. Pero voile pren-
dcrc seco gli Olii Santi, dicendole:
— Non si sa mai: talvolta voi credete che la
malattia non sia grave, quando invece e gra-
vissinia... e viceversa.
Arrivato al tugurio della paziente, dopo i con-
vcncvoli d'uso, Mmeme gli dissc:
— Oh Padre! sono settimane e settimane che
la tua vecchia Mmeme, che tu hai istruita e
battezzata, non dorme e non puo dornire; ho
preso molte medicine, ma inutilnieute. Ora in
queste notti insonni, luughe, eterne, mi sono
ricordata ed ho pensato ad win cosa. Quando
andavo al catechismo — te ne ricordi? — ap-
pena tu aprivi la bocca per farci I'istruyione, la
predica, io cominciavo subito a sonnccchiare c
a dormirc saporitamente e le raie compagne mi
scuotevano invano. Ti prcgo, poiche sei cosi
buono, fammi adesso, per me sola, una predica,
una di quelle prediche e sono sicura che... potro
di nuovo dormire!!
UN PURGANTE PRODIGIOSO.
II mi.s.sionario Beniamino Cauchi S. I. rac-
conta s.i Le Missioni della C. d. G. che nel vil-
laggetto Santal di Dhodanga, nell'ottobre, vennc
ad aramalarsi il capo e si coraincio a temere
serianiente per la sua vita. Uno degli abitanti
Id consiglio di ricorrere ai mi.ssionari. II P. (Ircch
ando a visitarlo e stimo bene di fargli prendcrc
un niagnifico purgante d'olio di ricino, sufficiente
per un elefante. Non ci voleva di mcno! Alcuni
giorni dopo il malato era perfettameute gua-
rito e .sgambettava felicc per tutto il villaggio.
Oltremodo grato per il bencficio ricevuto,
vol'.e essere istruito, lui e la sua famiglia, nella
nostra santa religione e fu battezzato poco
tempo fa col nome di Ferdinando, R fece di piu:
indu.sse tutti quelli del suo villaggio a istruirsi
e a ricevere il battesimo. Ora ha portato il suo
fcrvore nel villaggio vicino, riuscendo a conver-
tire parecchie famiglie: fra breve anche questo
villaggio sara tutto cristiano.
Quanti purganti di questo gencre — conclude
il missionario — vorremmo dart!
Printed xti
t > - ^ -^^
fpubbllcazlone MenMIe)
(Conto corrente postale)
/
Oiovenlu (Dissionarici
a
3
a
3
dutti! Sutti! Sutti!
booete aboperarot per procurarct un nuooo
abbonato scmcstrale
(bal Cw^Uo al Diccmbro £. 5,50).
(^oteci questa pcopaganba!
ctbbonamento:
Per I'Jjalia: flnnuak L. 6,20 - Sosknitorc L. 10 - Oitalizio L. 100
Per rCskro: „ L. 10 - „ L. 15- ., L200
a
a\
Anno IX - Num. 9
Pubblicazione mensile
SeUetnbre 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
'' Jesus- fag ' -La gi'ornafa di Gesu.
Si e diffusa in Austria e daH'Austria c
passata altrove, persiiio iielle missioiii del-
I'Africa del Sud, dell'India e del Giapponc,
questa pratica die Mons. Morzinger ha in-
trodotto per fanciulli e fanciulle. fi una spe-
cie di esanie quotidiano di coscienza intomo
a 1 1 doniande contennte in un foglietto,
nel quale sta uu apposito casellario per
segaare ogni gionio del mese la risposta con
un + (si), o (no).
Ed ecco le domande alle quali devono
rispoudere le crocette e gli zeri:
1 ) Hai recitato oggi la tua preghiera del luat-
tino? Non dimenticare di suscitare in te il buon
proponimento di pensare, parlare, fare e soflfrire
ogni cosa per amore e gloria di Dio.
2) Hai ascoltato domenica la S. Messa? Sei
obbligato sotto pena di peccato niortale ad
ascoltare la S. Messa nelle domeniche, se ti i
possibile.
;;) Hai fatto oggi una breve visita a Gesii,
clie e presente nelle specie del pane nel Taber-
nacolo e l.i ti aspetta? Hai avuto oggi, se non
potest! andare da Gesii, almeno il pio desidcrio
di visitarlo?
j) Hai ascoltato oggi la S. Jtessa? Hai avuto
oggi, se non potesti andare alia S. Messa, almeno
il desiderio di ascoltare una S. Messa?
5) Hai ricevuto oggi la S. Coniunione? Hai
avuto oggi, se non potesti comunicarti, almeno
il santo desiderio di ricevere Gesu?
6) Hai fatto oggi, se fosti in cliiesa, piacere
a Gesu colla tua devozione e col tuo buon com-
portamento? Non chiacchierare, ridere, guar-
dare in giro, spingere, giocherellare!
7) Hai suggerito oggi a qualciuio: a) di
visitare Gesu; b) di assistere alia S. Messa; c) di
ricevere la S. Comunione? (Per ogni punti5.
una crocetta, se puoi rispoudere di si).
8) Hai fatto oggi ad altri qualche favore
o qualche gioia, specialmente a qualche povero
o malato?
9) Sei stato oggi sempre ubbidiente e cor-
tese verso i genitori e i superiori, come te lo
prescrive severamente il quarto comandamento?
10) Hai fatto oggi per amore di Gesu qual-
che sacrificio?
E un sacrificio, per esempio: levarsi la mat-
tina di buon'ora, per amore di Gesu; non con-
traddire, se qualche cosa ti si comanda; non
metterti a giuocare prima di aver finito i tuoi
compiti; cedere volentieri nel giuoco e cessare
subito, a tempo debito; se qualcosa ti fa male,
non lagnarti inutilmentc; rinunciare a qualche
ghiottoneria; allontanarti subito, se bambini o
adulti fanno discorsi cattivi; esser sempre cor-
tese, paziente e conciliante con fratcUi e so-
relle, coi condiscepoli e con altre persone; fare
con diligenza i lavori scolastici e doraestici,
anche se non ne senti voglia; reprimere I'ira,
I'avarizia, I'invidia od altre passioni cattive.
Non dimenticare di meditare se hai conibat-
tuto specialmente il tuo difetto principale.
1 1 ) Hai fatto oggi la tua preghiera della
sera? Non dimenticare di suscitare la contri-
zione perfetta, cioe di pentirti per amore di
Dio dei peccati commes.si durante la giomata.
Sotto il casellario; nome, eta, luogo, paese
del bambino.
/6/
Finito il mese, i foglietti rienipiti veugouo
mandati al direttore (Mous. Morziuger), il
quale li depone accanto al Tabemacolo.
Gli effetti di questa crociata fiiroiio sor-
prendenti: si e notato da tiitti un miglio-
rameiito generale dello spirito nei fauciulli
che la praticano.
E non sono pochi: sono 360 mila i fo-
glietti che mese per mese vengono distri-
buiti e riconsegnati. Inoltre il foglietto c-
gia stato tradotto in 13 liiigue.
A proposito della « Giomata di Gesii »
sentite le belle parole che il 29 gennaio ha
detto il Card. Piffl; « L'idea della Gwruata
di Gesii deve essere stata ispirata a Mons.
Morziuger direttamente dallo Spirito Santo.
Da luodesti inizi quest'opera missionaria
s'e fatta cosi grande che dara certamente
copiosi frutti neira\'venire. La Giornata
di Gesii non e piu limitata ai confini del-
I'Austria, essa e ormai patrimonio intenia-
zionale. Essa e introdotta, come da noi,
anche nel Giappone, nell'India, nella Cina,
neU'Africa del Sud, e i missionari sono ben
lieti di poter condurre per essa i bambini
a Gesii »-
Vita giovanile santificata, vita eucaristica
(nella visita quotidiana e nella comunione
quotidiana), e vita disposta all'apostolato;
questi sono i frutti benefici che la « Giomata
di Gesii » produce in modo mirabile tra i
bambini, cristiani e pagani.
(Da L'Osservatore Romano),
La vetta del
"Marguareis"
La stafua deH'Ausiliatrice suUa cima del Marguareis.
Era un augurio ed un voto die i Superiori
e gli allievi missionari dell'Istituto salesiano
di Pcnango Monf. avevano fatto: « Se anche
quest'amio tomeremo alia Certosa per le
nostre vacanze, allogheremo I'Ausiliatrice
sulla cima piii alta delle montagne del
Pesio i>. Augurio e voto si sono awerati e
la statua ckU'Ausiliatrice, che da oltre un
mese circondata da un omaggio perenne di
fiori alpestri troneggiava alia sommita dello
scalone alia Certosa, martedi scorso 11 ago-
sto, saliva i monti.
Giornata serena e fresca, come dopo la
tempesta: « I'alba vinceva I'ora mattutina »
accompagnata da quella leggera brezza
montana che affretta il passo donandoti la
gioia deU'asccusione. I ijo giovani bardati
di tascapane per i viveri, partono recil.-mdo
a gruppi le orazioni. Ecco alia nostra dcstra
il Pesio che ci accompagna, e la Madonna
d'Ardua e pivi su in alto il Camusse che
preannuncia le rocce dolomitiche dei suoi
maggiori: lasciamo la strada e via per il
sentiero che ci porta al Gias delle Ortiche:
qui in vista delle sorgenti del Pesio, rifor-
nimento acqua.
Su per la vallata I'ascensione, ombreg-
giata per un'ora e mezzo, si svolge dolce
e sinuosa nei giri del sentiero: verso le otto
salutiamo in faccia il sole che ci trova gia
al passo del Duca (2050), ove la roccia ta-
gliata a picco ci introduce per una finestra
ncll'altra vallata. Ecco da nord discendere
ver.so di noi riunnonsa schiena della Costa
16.
Prima di affrontare la dorsale dcntata del "Marguareis" una sosta ed uno ^puiitino..
Rossa sino a ricongiungersi al Col del Pvcl:
Home questo che risuona ancora di battaglia
(= proelium) a distanza di un niillemiio:
qui diinque nei secoli di ferio, IX e X, gli
alpigiani per la difesa della valle del Pesio
si scontrarono coi Saraceni che risali\ano
da Nizza e da Tenda? Cosi appuuto narra
la tradizione locale die, in mancaiiza di
documenti, e la niiglior storia. Ora il sen-
tiero ci ha lasciati e si cammina nella ccnca
rocciosa delle CiUeiir, negata ad ogni vita.
AUe 9 un'altra sella, un nuovo panorama
e gli ultimi pascoli erbosi ore si rincorrono
frettolosi branchi di pecore col muse atter-
rato.
Prima di affrontare la dorsale dentata
del Marguareis una sosta ed uno spuntino:
la compagnia della JMadonna ha il primato
della paitenza: spalle valide portano il
prezioso carico della statua. La lunga fila
Indiana si snoda verso le punte, mentre
I'occhio fissa in fondo alia valle la cittadina
di ienda: dal suo forte a intermittenza si
ode qualche colpo a salve di cannoncino.
La marcia prosegue in costa e si giunge
fra denti e selle alio stretto canalone della
vetta, che allunga sempre piii la fila: sono
cessati i canti, si smorza la conversazione,
e silcnziosi, con rocchio alle pietre mobili.
saliamo I'ultimo tratto. Eccoci finalmente
suUa vetta piii alta del Marguareis; sono
le 1 1, 20; spettacolo sempre bello e gigan-
tesco di montagne cui seguono senza fine
altre montagne: a est il Murgiae (2615)
La statua e ormai fissata..
7(5 5"
Tutti sono raccolti attorno alia statuetta per il rito chc consacra il monte...
biancheggiante ancora di grandine recente,
a sud il Saccarello col monumento al Re-
deutore, a ovest la fitta distesa di piinte clie
culminano coi gliiacciai del Clapier (3045)
e risalgouo piu lontano coWArgcniera (3297).
Un lastrone ai nostri piedi ricorda il circolo
cattolico D. M. Unia diRoccaforte (Mondovi)
in gita lassu il 9-9-1930. Incomincia sen-
z'altro il lavoro di assestamento: rozze
pietre, e lastre che paion lavorate si am-
massano in pochi minuti. C'c vma nicchietta
natnrale che va sempre piu acquistando
proporzioni: U Direttore Don Moretti di-
rige i lavori, assesta le pareti a secco e
livella col cemento il piano di base su cui
posera la statua. La statua e ormai fissata,
collo sg lardo rivolto al sol levante a be-
nedir I'ltalia, circondata da ogni parte di
fiori, con ai piedi un umile pino trapian-
tato lassu in quel di, perclie colle sue frondi
renda oinaggio alia Vergine.
Tutti sono raccolti attorno alia statuetta
per il rito che consacra il monte, ad ascol-
tare coniinossi la parola del Direttore :
« Ecco, o Vergine, adenipiuto il nostro voto:
abbiamo desiderato tanto I'alba di questo
gioriio, per vederti quassii sulla jnmta del
Marguareis a benedire uoi, tuoi figli delta
Certosa, e quanti sono uniti a noi da vincoli
imperituri di affetto e di vita salesiana.
Benedici, o Madonna, i vicini e i lontani,
quelli del noviziato prossimo alia loro pro-
fessione e quelli delle Americhe che con noi
e come noi a Penango si formarono al-
I'apostolato missionario. Benedici i parenti
nostri e fa che noi tutti senza eccezione
rimaniamo fedeli alia nostra vocazione,
protetti oggi e sempre dal tuo manto ma-
tenio ». Quindi a ricordo dell'avvenimento,
ai piedi della statuetta e collocato uu astuc-
cio di vetro contenente una pergamena col
nome del Pontefice Pio XI gloriosamente
regnante e quello di tutti i gitanti: sono con
noi tre bravi alpinisti di Roccat'orte, asso-
ciati ai nostri canti, alle nostre preghiere e
al gruppo fotografico che fissa sulla lastra
la gioia del giomo.
Dalla vetta del Marguareis (2640) risuo-
nano a valle le lodi piii belle a Maria SS.:
ex montibus excelsis laus tua, Maria: Sac-
carello, Marguareis, Cresta Rossa, piccolo
arco della grande cerchia alpina, consa-
crato dalla pieta cristiana coi segni di una
fede che non tramonta.
Certosa di Pesio, 13-8-31.
afu) (jui iijrflligil' sup<r tjf i;i/n) «f paufil-
: in dif mata.\lbtrobi[ emtt'omijiJyli'iXljj
\.toIt.f. Xlll =
?%-^
16./.
DALLE LONTANE MISSIONI
Fesfa di Maria Ausiliatrice in Shiu-Chow.
Fu fissata per il 31 maggio, festa della
SS. Tritiita. La vigOia, il sabato mattina,
nella cappellina del coUegio, la nostra pic-
cola educanda Francesca faceva la sua
Prima Comunione con vero raccogliniento e il
sacerdote parlo espressamente due volte per
lei insegnandole ad imitate ed a ringraziare
Gesii. 11 gionio seguente, domenica, an-
dammo alia Chiesa dei RR. Salesiani per
la prima Messa delle 8, poi ritonianuno per
quella cantata delle 10,30, ed a questa
intervenne un buon nuniero delle nostre
aluune estenie pagane. Dopo la S. Messa,
mentre noi Suore dovevamo pranzare con
le nostre care sorelle di Ho-Sai e del Rico-
vero dei vecchi, le nostre alunne interne ed
estenie, le catechiste e le orfauelle di Ho-Sai,
in tutto un 130 persone e piu, sedevano in
refettorio dove venivano servite di dolci e
di frutta. Verso le due, sotto il porticato
deUa scuola, adomo di nastri di carta co-
lorata, svolazzanti in diverse direzioni, si
svolgeva una breve accademia; il tratte-
nimento durava in tutto un'ora e un quarto
ed era presieduto dal Sig. D. Boccassino,
direttore del coUegio D. Bosco, il quale
esprimeva in fine la sua soddisfazione per
aver veduto cristiane e pagane unite in un
sol cuore a festeggiare Maria. Alle ore 15,30
si ritomava nella cliiesa dei Salesiani per
prendere parte alia processione di IMaria SvS.,
che sfilo devota e ordinata per i cortili del
coUegio. Apriva la processione la fila delle
nostre aliume, cristiane e pagane al coni-
pleto con in testa il bello steudardo di
Slaria SS. regalatoci ultimamente dalle
nostre RR. ed amate Superiore e inviatoci
per mezzo delle nostre sorelle venute fra
noi a Natale. In mezzo alia fila, la piccola
Prancesca, vestita da angioletto, spargeva
fiori al passaggio di Maria. Dopo venivani)
le orfanelle e le catechiste di Ho-Sai, gli
alunni del collegio D. Bosco con la banda,
quindi iGFigliediM. A., i6piccole orfanelle
vestite da angioletti col giglio in niano, il
clero, la statua di Maria Ausiliatrice e un
po' di cristiani, uomini e donne, ma non
Natalia Barsanti, una cinesina da poco baitezzata.
165
molti. Su di una piccola colliiietta sosto
la processione, il celebrante fece un po' di
predica e fii preso anche un gruppo foto-
grafico, quindi si fece ritomo in chiesa dove
venne data la benedizione eucaristica.
Si pote chiamare la festa della gioventvi,
perche in tutte le funzioni della giomata
gli adulti furono pochi, ma i giovani, com-
plessivamente. giungevano ai 350. Maria
Ausiliatrice non li avra guardati con occhio
di conipiacenza e non avra fatto nascere
in qualclie cuoricino pagano qnalche buon
desiderio? Voglio sperarlo e prego le buone
aspiranti missionarie di Arignano di vo-
lerci aiutare con le loro pregliiere e i loro
sacrifici quotidian! ad otteiiere che questo
buon seme fruttifichi e a sua volta diventi
altro seme di contjuista sul dominio del
demonic a gloria di Dio e a salvezza delle
auime.
Una Fifilia di Maria Ausiliatrice.
L'avventura di un sacerdote cinese
nel Vicariafo di Shiu-Chow.
Debbo rendere vivissime grazie alia di-
vina Provvidenza che mi scanipo da un
gravissimo pericolo. Nel mio ritomo da
Shiu-Chow per Chilling volH approiittare
del cavallo di D. Dalmasso per giungere
piu coniodamente alia mia residenza di
Nam Young.
Non avessi mai preso quella detennina-
zione! Non so perche, proprio sul ponte, il
cavallo si imbizzarrisce sprangando un forte
calcio ad un soldato poco distante che cade
a terra. Ouesti alzatosi furioso <iuanto mai,
imprecando maledettamente contro di me,
da di mano alio schioppo e senz'altro spiana
contro !a mia povera persona un colpo, che
fortunatamente ando a vuoto.
Vieppiii inferocito per I'insuccesso, voleva
ritentare la prova, quasi si trattasse d'una
bravura, quando il suo ufficiale interve-
nendo gli tolse I'arma di mano riducendolo
a piu miti consigli.
Era facile capirlo che la colpa non era
del missionario, ma bensi del cavallo che
non ha la ragione.
Ringraziai il buon ufEciale che fu cosi
corte.se e provvidenziale, poi ripresa la mia
cavalcatura proseguii il viaggio in preda ad
una fortissima agitazione.
Ero salvo, ma f|ual brutto momento fu
per me quel triste incontro!
P. Ha Giovanni
Missionario indigeno.
HA O NON HA COLPITO ? !
II cacciatore da due giorni era nella selva;
in casa tutti I'attendevano con la speranza
di un buon arrosto che avrebbe rifornito
energie alle forze depresse dalla monotonia
del vitto quotidiano assai poco consistente.
Sono le ore 11. Shimbi, il cacciatore, final-
mente arriva; lo vedo dal vano della mia
finestra, ma ha un'aria misteriosa... Gli
operai addetti alle costruzioui scorgendolo
sospendono il lavoro,locircondano per avere
notizie... Ha colpito bene? quale bestia ha
ucciso? Dove I'ha lasciata? Shimbi muto
come un pesce, imperturbabile, si npre la
via tra la folia dei curiosi e arriva alia porta
della mia camera: entra, mi saluta con una
mano sul cuore e lentamente si siede davanti
a me
« Ascolta, Padre; gli opiiai vogliono
sapere cio che ho fatto, ma io rifnito di dire
loro alcuna c(wa.., ft a te che debbo dare
le notizie: il fucile che io ho adoperato era
tuo, tue le palle che io ho tirato, e. se ho
colpito, tua dev'essere la vittima atterrata.
i> Vero, Shimbi, ed io sentiro con piacere
com'e andata, se hai colpito...
» Eccoti il mio rapporto... L'altro ieri
tu mi hai dato 4 cartucce; me ne resta una...
ho corso tanto che i miei piedi sono feriti...
ho incontrato ieri, la, lontano, lontano 7
nhonshi (antilopi) e le ho seguite riuscendo
ad avvicinarmi fino a 200 m. ».
Dall'apertura della finestra spiano an-
siosi gli operai per cogliere un gesto, un
sorriso che loro dia a credere che la caccia
e riuscita e che vi sara una porzione di
came per loro... anch'io vorrei dire a questi
ansiosi il mio pensiero: « Anch'io desidero
sapere se ha colpito, ma, vedete? questo
Shimbi non finisce di contarmi una storia
che non m'interessa e arrivare alia sola
parola che tutti attendiamo: — Ho ammaz-
zato una bestia magnifica! ».
Shimbi non si cura della nostra fretta, e
prosegue:
« Ebbene, son rimasto la lungo tempo...
senza far rimiore... un grosso maschio si
166
teneva ritto sul termhiire, solo: egli mi
aveva seiitito, seiiza dubl)io, pel veiito pro-
pizio, ma non riiisci a vedernii. Se gli tiro,
mi sou detto, nou avr6 die una liestia...
e ve ne sono altre dietro il tennitiere. lo
sapeva d'altra parte che tu volevi molta
cacciagione e ho pensato: — Che fortuna s;-
riuscissi ad abbattere due bestie soltanto!
» Mi sono cacciato dietro mi cespuglio e
ho atteso... Nella caccia bisogna attendere
il momento propizio... Ecco il maschio firal-
mente discende dal tennitiere con lentezza:
cio fu la niia gioia. percht- non mi aveva
scoperto. Allora ventre a terra striseiai verso
il tennitiere... Guarda, guarda, Padre, che
diveutano gli abiti con simile nianovra —
e mi iudicava una reliquia dei calzoni che
gli era rimasta in dosso — ...e vi giuusi.
Un arbusto sid fianco del tennitiere mi servi
di riparo. Quale gioia, Padre... la a 40 m.
vedevo davanti 7 magnifiche bestie, alcune
in piedi inteute a pascolare, altre coricate
in riposo. Tirare subito' No, Padre, i miei
nervi erano troppo agitati... Ho riposato
qualche istante... il fucile era da tempo pre-
parato... poi ho mirato alia bestia piii bella,
il maschio... tiro... palla in plena testa...
La bestia cade e si rotola suH'erba... le 4
zampe battouo I'aria disperatamente...
»Sorpresa generale tra le altre antilopi...
si avvicinano al maschio per vedere che gli
e successo... vanno e vengono inquiete...
Una seconda palla parte e una seconda
bestia cade, si rialza, fa qualche salto e
ricade a 20 m. di distanza... La terza palla
fiscliia, e mia terza bestia cade, si rialza, corre
e si abbatte a qualche metro di distanza.
» Avevo ancora la palla, che tu ora hai in
mano... nou ho voluto consumarla .. gli
animali superstiti ormai iilavano verso il
folto della foresta... e poi ho pensato che
tre bestie potevano bastare per tutta la
settimana ».
In quel momento il sorriso atteso spunto
sulle mie labbra... e gli ansiosi ossen,-atori lo
interpretarono con esattezza... « II Padre ha
sorriso, Shimbi ha certo ucciso; ma perche
continua a parlare e gesticolare? Forse ha
solo ferite le bestie e gli sono sfuggite? ».
Ma Shimbi continuava imperterrito.
« Padre tu vedi che ho buon occhio, che
so usar bene il tuo fucile... Quaudo tu vorrai
cacciagione, dairuni 3 cartucce, parto e ti
porto due bestie: se me ne dai 3, portero
quattro liestie... Ti dico due e quattro per-
che... tu sai, bisogna sempre serbare un
pezzo nel fucile... se al ritonio incontra.ssi
xm leone o un leopardo?... Guarda, Padre,
la mia testa come e stata ridotta dagli ar-
tigli del leopardo... — e mi mostrava per
Tennesima volta le cicatrici e i bitorzoli
della sua testa...
» Ora ho finito. Padre... lascio a te di dire
agli operai come abbia usato del tuo fucile...
Ora vado a raggiungere i portatori che mi
aspettano alia riva del fiume ».
E parti gravemente verso quella parte,
till operai teutarono di carpirgli qualdie
notizia, ma Shimbi li guardo dall'alto in
basso e seccamente rispcse: — E affare del
Padre, audate a chiedere a lui!
Essi si precipitarono da me nella stanza...
— Ha ucciso? E una grossa bestia? E duu<iue
vero? E la bestia dov'e?... Ci vogliono porta-
tori?
— Ma si, miei amici, ha ucciso... e tre
bei nhonshi per giunta...
Non ebbi il tempo di fare il panegirico
del cacciatore, perche gridi di gioia risuo-
narono nella stanza, si ripercossero come
un'eco in ogni angolo della casa, che da
quell'istante fu tutta in festa... e nella fre-
netica attesa di vedere la cacciagione e
divorarla prima cogli occhi.
Prima della caccia uno dei nostri operai
mi diceva: — Se tu potessi darci viveri da
mangiare, tu vedresti, Padre, quanto lavoro
noi faremmo! — Non mi sono pero accorto
che il lavoro sia aumentato dopo la fortuuata
caccia di Shimbi. .Anzi, rimproverando uno
degli operai di non aver finito la sua parte
mi rispose;
Padre, ieri sera noi abbiamo mangiato
assai... e questa mattina e meglio riccnnin-
ciare a mangiare, perche abbiamo paura che
i tuoi cani vengano a rubarci la razione che
tu ci hai data!... (E continuarono cosi per
quattro giorni).
A questi ueri, goffi .^enza misura, da qual-
che mese abbiamo cominciato a dare il cibo
dell'anima... noi li vedremo di fronte a
questo cibo pieni della stessa avidita che
hanno pel cibo materiale; e I'assimiliranno
assai bene, se i nostri amici deUe Mis.sioni
pregheranno per essi.
Kipushia (C'owgo Belga).
L. Paxs.\ri)
Missionario Salesiano.
167
ASPETTI POETICI DELLA VITA MISSIONARIA
NELL' EQUATORE
Stamaiie in una ronversaziont, mi venne
dato di riferire wi piccolo casetto successo
a un missionaiio nelle nostre selve e con
esso se ne affacciarono alia meinoria tanti
altri, serii e faceti, che mi venue voglia di
raccontarli ai lettori di Gioventu Missionarm.
II caso riferito era il segueiite. In plena
foresta vergine, dope una notte insonne, tra
decine e decine di lavoratori del camniino
mulattiero Pan-Meiidez, il missionario
all'alba si sveglia e sveglia tutti per la
S. Messa. Tutto e allestito in fretta e bene.
Quattro paletti nel suolo, alcuni rami di
Mons. Comin fra pargolctti Uivarl.
traverso fomianti la... sacra Mensa, pietra
sacra, tovaglie, caudele, vino-acqua... tutto!
Si cerca I'ostia con febbrile ansia. Non c'c!
Si spaventa forse il missionario?
— ■ Chi di voi lia farina di fruniento? —
S'alza uno e da im ceucio mostra una o due
cucchiaiate di farina Candida. (Qui non di
rado serve come rimedio).
— Portatemi due pali di ferro da lavoro.
(In una estremita hanno sem])re una parte
battuta a forma di pala).
II fuoco fe attizzato: cento mautici umani
soffiano senza interruzione. I due ferri sono
ben caldi, quasi rossi. Si puliscono e su di
uno viene stesa la pasta di farina bianca.
Iv'altro si coUoca sul primo; un czzz... ina-
spettato, un istante e si riajirono i ferri.
I,a pxsta s'e cambiata in mi foglio di pane
che ritagliato servira al caso uostro.
Nello stesso luogo, con la stessa compacnia
e lo stesso missionario: e notte. L'unica
grotta aperta, serve per salone, dorniitorio,
cappella, ecc. II missionario occupa il posto
privilegiato, quasi alia entrata della grotta
e sulla nuda terra distende la sua povera
persona. Durante la notte un soffio caldo
di animale che aunusa, sveglia il missionario
che senza scomporsi, con lamano. allontana,
crede, il... cane importuno... Ma al mattino
commentandosi la sfacciataggine dell 'ani-
male, si alza un grido: sul terreno presso
la grotta sono le caratteristiche orme fresche
della tigre e una tigie di mole mastodon-
tica...!
Un'altra notte, in plena foresta, sotto una
capannuccia formata da due pali su cui
e steso un impermeabile per difendere da
sgradevoli acquazzoni. I^a comitiva e for-
mata da due sacerdoti missionari e alcuni
portatori i quail adagiano i piedi tra le erbe,
fuori da quel ricovero improvvisato. II
silenzio e solenne. — Mira I'Orsa minora e
laggiii in fondo la Croce del Sud! che m-
canto! — esclama il piii poeta dei due mis-
sionari, mentre I'altro stanco morto manda
benedizioui alle stelle e airimprowisato
astronomo. Lassxi sul... tetto della capanna,
attraverso il buco della tasca dell'impermea-
bile si ammirava I'infinita dei Cieli. Ritoma
la pace e il .silenzio. Dopo un'ora un acquaz-
zone... equatoriale mette a prova la casa
missionaria. La voce dell'astronomo impa-
zientito si fasentire: — Ohiquella miserabile
tasca! E ora dove mi riparo? — Tutta I'acqua
della tenda da campo entrava per la tasca
e cadeva proprio sul viso dell'astronomo.
Sulla strada Sigsig-Gualaqu'~a. II missio-
nario viaggia solo... cioe: hu, I'Augelo Cu-
stode e il fido mulo. Oh i muli! Incontrame
uno degno del cavaliere 6 un cohno!
isArri... va avanti! ». Coi muli ci vuol
pazienza! Per quello che S. Giobbe ne aveva
tanti in tempo di sue ricchezze! <t Arri...
arrt ». E il mulo, malvagio fino alia scal-
trezza, davanti a un ru.scello, s'impenna.
Non vale la sferza, non vale lo sperone, le
grida, i movimenii bruschi. Con le orecchie
floscie dice al cavaliere: « Discendi! ». E il
'68
paziente missionario, disceiide. « Arri...
(irri i>. Inutilf , ptrfettaniente inutile. Tra le
iik'L' luminose siiggeritc dall'esperienza al
missiouiirio, ci sarebbe quella della paglia
ardeute sotto la paiicia dell'animale; ma...
il pjricolo e evidente. Ouindi?... — Vediamo
.se toglicudoj'liIa.S(.-llasi decide amuoversi. —
Detto fatto! A])peua la be.stia si da conto
clie il groppoue c libero, fa un salto e a corsa
sfreiiata, via per I'impen'ia strada. Ve lo
immaginate il missionario? Sporte, bisacce
e sella al suolo e il mulo avaiiti a se per
alcuue ceiitiuaia di metri! Che fare? II pove-
retto diventa... mulo e carioandosi quel po'
po' di roba affretta il passo per veder se
raggivmgera I'aniniale bizzoso...
Per giungere a Gualaquiza, v'e un tratlo
di strada cosi fangoso che le bestie vi si
affoudano improvvisaniente fino a mezza
pancia. Al nostro eroe tocco viaggiare senza
avventure per tre giomi; senonchc, stando
per coronare il suo viaggio, in questo terri-
iiile pantano gli tocco I'inaspettato. La mula,
mansueta e cosciente, devio il maggior
pericolo, ma condusse il cavaliere tra niille
.sterol e alberi caduti. Dire di smontare in
ijuel luogo e uu pretendere I'impossibile.
II missionario raccomandandosi alia Ma-
donna, s'afferra a uno de' pali caduti per
aiutarsi a passare montato, sotto quel...
ponte di Pilato. Ma oliime! La mula s'af-
fonda e il cavaliere resta sospeso aU'albero,
mentre la bestia, agilmente, e.sce sola, con
un salto, dall'altra parte. E il nostro eroe?
Strilla, grida, trema di doversi lasciar caderc
in quel fango. Ma non c'e via di mezzo.
II colpo e fatto! Un poco di presenza di
spirito, di coraggio e di forza. 11 moniento
anclie urge per non perdere la cavalcatura.
E inzaccherato fino alia chierica, con sforzi
inanditi, il povcretto raggiunge la mula.
Dfo Gratias! Fa per montare, ma s'accorge
che una Scarpa non I'ha piii! Dove sara
rimasta? Mistero! In cpieiransia, in quegli
sforzi, chi si sarebbe reso conto che una
calzatura esce dalla sua matrice senza tanti
avvisi' Che fare? Seguitare il cammino con
un solo cotunio. L'altro e impossibile rin-
venirlo in quel terribile fangalel E le sor-
prese, le peripezie, le trovate si susseguono,
si moltiplicano facendo, quando meno,
sorridere anche il povero paziente.
Ricordo che in un viaggio, assai numeroso
di persone e avventure, quando verso le
undid di notte crollo un tetto in cima ai
portatori nostri e tra essi donnivano anche
due confratelli coadiutori, correndo al soc-
corso, odo uno dei due gridare il mio nonie
a squarciagola e aggiungere: — Sto ammaz-
zato, Don Vigna (sic!), sto ammazzato! —
Ditemi: Ci avreste creduto voi? lo no; tant'fe
vero che dopo poclii istasrti, liberato dai
rottami, anche lui rideva con noi delle
grida dcH'altro confratello, che, scntendosi
fuor di pericolo, si preoccupava per la inco-
lumita del fido cane, custode della Mi.ssione.
Dopo una gioniata di lavoro ijrtenso, il
missionario s'accinse a consumare una po-
vera mine.stra di fagiuoli preparatagli da un
suo confratello. II gusto era tutt'altro che
squisito e il colore paonazzo deponeva male
sulla igienicita del cibo. 11 confratello ciici-
niere, con parole piii abbondanti del solito,
intrattencva il missionario affamato, e atten-
Come un buon papa in mezzo ai suoi figliuoli...
deva I'inevitabile es]3losione che scoppio
ciuando tra i fagiuoli usci dal piatto sul
cucchiaio una cosa negra, piu grande del
fagiuolo. Comprese che sotto ci doveva es-
sere qualche cosa, ma .solo assai pivi tardi la
venne a conoscere. II cuciniere accingendosi
a far la cena, aveva attaccato la pentola
ad un paletto assai delicato, che dopo un
poco di fuoco cedette: il tutto cadde rove-
.sciandosi nel bracere. Che fare? In dispensa
non c'era altro che quella manata di fagiuoli:
o star senza cena o raccogliere quelli che
erano andati sparsi. Ma non c'era piii tempo
ne per lavare i fagiuoli ne per estrarre i
corpi estranei dalla zuppa. II peggio fu che
tra i corpi eterogenei, qualcheduno apparte-
neva al genera aninialef...
Sac. Giov. M. Vigna.
Missionario Salesiano.
1 6g
Efnografi'a
Siamese
4-
Varieta
di popoli nella
nuova Missione
- - Salesiana - -
Un gruppo di tipl siamesi.
Baiifyous. .:- giugno 1931.
Ora che la S. Sede con receute decreto, lia
ufficialmente istituita la Nuova Missioue Cat-
tolica di Rajaburi, staccandoue una parte dal
Vicariate Apostolico di Bangkok ed un'altra
da quelle di Malacca, e I'ha affiilata ai Salesiani,
non Sara cosa sgradita dare un'idea delle sva-
riate popolazioni tra le quali i figli di D. Bosco
hanno cominciato ad esercitare il loro.aposto-
lato. E risaputo come I'lndocina sia un mo-
saico di popoli che a ondate diverse si urtarono,
si spinsero, si fusero od anche vissero fianco a
fiance, conservando le lore caratteristiche etni-
che, linguistiche, raorali-religiosc. I libri che
trattano dell'etnografia Siamese, pur dividendo
in sette grandi gruppi priucipali I'attuale po-
polazione, devono in realta dcscrivere una tren-
tina almeno di tipi different! di cui sarebbe
troppo lunge il dire.
Mi limitero ad un cenno sulle razze, o meglio
tribii, che vivono nella stretta ma lunghissima
penisola malese. E per essere un po' ordinati
cominciame dal Sud, cioe dai confini della
Malcsia inglese per finirc oltre Rajaburi a
80 km. da Bangkok.
/ Semang.
Per i primi trovianio i Semang, tribu di-
scendcnti dai « Negritos » i quali una volta
abitarono tutta I'lndocina ed ora son confinati
nelle I'ilippinc, nclle Andam.me ed altrc isole
della Male.sia. Questa tribii abita le montagne
di I'altani e di Naklion Sritamarat. Molti di
essi .si .son un po' addomesticati e lavorano nei
villagai malesi vicini in cambio di un po' di
nutriniento, ma i piu preferisceno la vita er-
rantc e sclvaggia nelle forestc. Tipi dal color
cscuro-cioccolattc, .sono di statura assai piccoli
raggiungende Tuemo in. i,i e la donna anche
meno. Portau capclli corti, lano.si e ricciuti.
Gli uomini usano cingere i reni con una specie
di tessuto ricavato da corteccie di piante e le
donne portauo una corta gonna fatta d'erbe e
di fibre vegetali. Non hanno case stabili ma
semphci ricoveri fatti con rami, non conoscono
celtivazieni di sorta e si cibano di frutta. L,e
lore armi principal! sono la cerbottana, I'arco
con frecce ed una lancia di bambu. Le frecce
sono spesso avvelenate perche vengono intinte
nel succo deU'iiftds (antiaris toxicaria), od anche
immerse nel succo ricavato dalla raschiatura
d'un'altra pianta centenente della stricnina.
M.alesi.
Al gruppo « austro-nesiano » appartengono i
Malesi dei quali almeno 400.000 vivono nel
Siam, .specie nel Sud. II tipo malese e state
Uiie monelh ticilj loiesta ... addomesticabili.
172
proviucia di Kanburi vi sono molti villaggi
vivcnti in parte ancora a sc, essendo stati ivi
trasportati come prigionicri di gucrra; essi in
parte ..hanno adottato tisi c costumi dei vicini
siamcsr Tassando a parlare dci Camhoi^csi si
crede che iiel Siam cc lie siano almeno go.ooo.
Discesi dal Nord o nicglio dal Vuniian prima
dci Thai per le vallate del Sahvin e del Mcnam,
fondarimn neirattuale paesc deU'elcfantc bianco
jiareechie sigiioric chc furono poi spinte nel-
I'attuale Cambogia ove raggiunsero uu alt«
grado di civilta. Monumeiito pcrcnue sono le
nivinc di An^l/nr, capitale del loro regno. Un
niodello in piccolo del famoso palazzo imperiale
dci Re Knien e stato riprodotto nella esposi-
zione coloniale francesc a Parigi, ove ha susci-
tato meraviglia e stupore nci visitatori, per
I'iraponenza delle sne dimensioni ben armoniz-
zate da un senso artistico uon comune. Pur
esseudo pill piccoli di statura dei siamesi, as-
somigliano loro in tutto e son numerosi nei
dintorni di Bangkok.
Coniunita rilevanti si trovano nella prov. di
Kanburi, lungo le rive dei fiumi Que lai e
Que Noi. La loro presenza si spiega ricordando
che sono pure disceudenti da antichi prigionieri
di guerra ivi trasportati dai vincitori siamesi.
Famiglia rualesc.
gia descritto nel BoUettino in un numero dello
scorso anno per cui non e il caso di riocterci.
Qui aggiungeremo che i malesi sono tutti
maomettani, e pur osservando i dogmi della
loro religione meno schiettamente delle altre
razze islamitiche, sono attaccatissimi a Jlao-
metto e difficilissinii da convertiro. I,e donne
non usano velare il volto. Nel Siam i malesi
coltivano il riso, sono ottimi pescatori e bravi
navigatori: anzi un secolo fa furono celebri
pirati chc dettero filo da torcere alia marina
iuglese all'epoca della conquista raalese da
parte dell'Inghilterra. Sulle coste occidentali
abita una tribu che vive abitualmente in bat-
telli e solo eccezionalmente scende ad abitare
ricoveri di foglie costruiti rozzamente suUa
spiaggia. Si chiama Chaonam ed appartiene
alia razza austronesiana.
Salcai, Kamuk, Camhogesi.
Al grande gruppo « Mou o Peguano-Kmen »
apparteugono i Sakai. abitanti le provincie del
Sud, che non difleriscono troppo dai Semang:
sola caratteristica, portano infisso nel setto
nasale uuo spiedo lungo da 20 a 22 cm., usano
tatuarsi e dipingersi. Conoscono un po' d'agri-
coltura perche nelle radure delle foreste colti-
vano riso, tapioca, tabacco. Le loro armi sono
I'arco con frecce e la cerbottana. Alio stesso
gruppo appai'tengono i Kaiiiuk, la cui sede ori-
ginaria c nel Luaug-Probang, principato oggi
sotto il protettorato france.se, provincia Siamese
o meglio tributaria del Siam in passato. Nella
Laoziano suonatore del "Si=sO"
chc tienc tra le
to strano strumento
^73
Laoziana del Nord.
Annamifi, Lawa.
Ncl Siain vivouo iiioiti Annmniti cri'stiani,
discfiidenti da antii-lii i-ristiaiii che durante la
persecuzionc furouo costrctti, iiti secolo e pii!
fa, ad cmiKrari; iicH'ospitale Siam. ICtii<)>;rafi-
camcutc alcuiii li asscguaiio al gruppo * Mon-
Kraer », perche molte parole anuamite sono
aft'ini a questa lingua, ma i pareri sono discord! .
Lungo la penisola si sono confusi coi siame.«i:
sono invece nunierosi nelle proviucie dell'Est,
pill vicini a casa loro' essi sono specializzati
ncUa confezione di stuoie assai ricercate.
Scmpre nella prov. di Kanburi, appartencnti
al gruppo « tibeto-1)irmano » abitano i Lawa
clif hauno quasi perduto la loro personalita con-
fondendosi coi vicini.
A questo stesso gruppo tibeto-birmauo ap-
partengono i Thai, da cui discendono i sianiesi.
Loro paese d'origine fu probabilmeute il Sud-
Ovest dcUa Ciua, I'Vunnan, poiche anchc oggi
lassii pareccliie tribi'i parlano la lingua thai.
Popolazioni thai si trovano nel lontano
Oriente, nel Tonkino, nell'isola di Hainanu
come nell'estremo Occidente, nell'Assam rap-
prcsentati dagli Ahom chc furono completa-
niente assorbiti, ma il linguaggio caratteristico
del thai fu cgnservato dalla ca.sta sacerdotale;
ahueno cost si crede. (Se ai miei confratelli
dell'Assam fosse dato di verificare questa ipo-
tcsi, sarei loro grato di un cenno).
Parecchi etnotogi dicono esscr di razza thai
anche i cantonesi benche si siano conipletamente,
passatcnii la parola, cinesizzati. Si dice ancora
che ini Siamese di Bangkok ha poca difficolta
a farsi capire dagli abitanti dcU'alta valle del
lang-tze-Kiang. I siatnesi moderui discendenti
dai thai formano la razza dominante che prese
molto dai Mon-Kmer, ma piu assai si mescolo
coi cinesi dandoci I'attuale siame.se di Bangkok.
Altra popolazione numerosa o sparsa uu po'
ovunque sono i laoziani.
Laoziani. Sam-sam, Cariani,
Differiscono di ben poco dai siauiese cui
sono aflini per fattezze e.sterne e per costunii. Si
distinguono ill Lanziaiji del nord e Laoziani
diii'esl: i primi son anche denoiuinali laoziani
dai ventre nero perche nsano latuarsi minii-
ziosamente dalla cintola a meta coscia, il che
lion e nelle abitudini degli altri detti per con-
trasto i ventri bianchi. Benche il tatuaggio nel
.'^iam sia abbastauza in voga, pure via.ggiando
accade d'imbattersi .spesso in individui tatuati
cosi come ho detto e .si puo esser certi che '^oii
(lei ventri iieri o laoziani del nord. Pareccliie
coiuunita degli iini e degli altri .son sparsi nel
Siam meridionale, nei distretti di Rajaburi e
I'eteluiburi: usano i costumi sianiesi: le doune
aiiiano i vestiti colorati '■ portaiio capelli lun-
glii.
.Altra picc<jla Iriln'i viveiite nelle coste occi-
deiitali e quella dei Satn-Sam che tendono ad
esserc assorbiti dai sianiesi.
-Ad nn gruppo inclassificato apparten.gono i
Cariani ancora luimero.si nel Nord e nei din-
torni di Petchabnri: alcuni di e.s.si .sono cristiani
o facili a convertire. Rcstercblie a dire qualclie
cosa dei cinesi... ma quesli .sono gia trop]io
conosciuti.
(tiovera pero notare che, dopo i siame.si, sono
i pill nunierosi. Ben acclimatati, i cinesi si trovan
v-/
da tempo iiel Siaiii: furono i prinii a coiioscere
cil a sfruttarc Ic miniere di stagno di cui e ricca
la ]).'ni.sola: f'.nidarono citta come Songkhla
miniita di mura c torri prcttaiiieiite cintsi:
moltt- fortune oggi soiio in niano loro; coltivano
il riso, taljacco, hanno piantagioni di cavicciii
e dissodano senipre nuovi tcrreni. Cos'i e in
niano loro il commcrcio del riso, I molini. c Ic
industries in gencrc. Iv I'emigrazionc dalla Cina
dclla popolazione pacifica clic fuggc la rivolu-
zione continna con un crescendo die preoccupa.
Sara un vantaggio pel Siara? II Siamese si al-
larma e ne dubita.
IJ.
C.USKI'l'E PlNAKFO
Miss. Salesiano.
DALLE RIVISTE MIS5I0NAR1E
UNISOLA SINCOLARE
Non cercatela ncppure s'.iU'Allante: non la
troverete perche per la sua piccolezza non e
segnata. t5 I'isola « del Re » o King Island al-
I'imboccatura dello strctto di Bering. Sentite
la storia magnifica che ne traccia era El Sigh
de las Misioni-s.
Nel 1903, quando ancora nessun missionario
vi era approdato, tre indiani ilell'isola si pre-
sentarono al P. Bellarmino Lafortune in Nome
mentre recitava il Breviario e senza cerimonie
gli dissero die avevano sentito parlare di lui
e delle belle cose die egli predicava; die se
avessc voluto aiidare alia loro isola, i nunierosi
Eschimesi I'avrebbcro accolto con tutto I'af-
fetto. II Padre considero queirinvito come una
ispirazione del Signore e con essi parti per King
Island, un'isola tutta roccia contro la quale
s'infrangevano spaventose le onde nei nioinenti
della tempesta.
Appeua giunto il Padre, gli Eschimesi nii-
sero mano a fabbricargli una casa in cima alle
rocce col legname che la iiiareggiata aveva
buttato suUa riva. La casa riusci solida e venue
dotata di un ampio salone capace di raccogliere
i 200 isolani. Vi colloco I'altare dinanzi al quale
ogni giorno gli Eschimesi si raccoglievaiio per
pregare, cantare e istruirsi iiella religione.
II missionario trovo un cosi docile gregge die
rcsto cola per ben 27 anni ed ebbe la fortuna
fin dal primo anno di battezzare tuttc quelle
aniiiie e accrescere in esse sempre piii la dcli-
catezza del vivere cristiano.
In giuguo, col sopravvcuire del disgelo, gli
Eschimesi caricavano le loro canoe dti loro
primitivi prodotti e andavano a scambiarli a
Nome con coltelli, spade, fucili ed altri oggetti
necessari al loro genere di vita. II Padre in quel
mesi si metteva pure in coniunicazione col
moudo civile dopo un isolamento assoluto di
8 mesi. Vu giorno il capo degli isolani, tornando
da Nome, si presento al inissionario con la faccia
tutta insanguinata, e racconto di essere stato
assalito da ladri che lo spogliarouo di tutto e
lo conciarono a quel modo.
— E non ti sei difeso? — domando il mis-
sionario.
— Padre, avrei potuto facilmeute amxnaz-
zare qualcuno, ma non voUi mandarlo all'in-
ferno. lo poi era meglio disposto di loro a pre-
sentarnii a Dio.
Ouesto solo episodio da un'idea della virtu
cristiana di quegli eschimesi, che il P. Lafor-
tune loda dicendo clie parlavano di Dio, del
cielo, meglio di lui c avevano una pieta sentita
e commovente.
Ma la recente tragedia deU'arcoplauo Mar-
guette, che causo la iiiortc al missionario del-
risola di Kotzebue, ebbe una ripercussione do-
lorosa a King Island. II superiore ordino al
P. Lafortune di passarc ad evangelizzare Kol-
zeliue e una volta all'anno tornare tra i suoi
cari eschimesi di King Island.
Quando parti, gli isolani, che adoravano il
loro missionario, piangevano inconsolabili.
— Non piangete, di.ssc loro il mi.ssionario
commosso, vi visitero in primavera e verra a
vivere con voi un giovine Padre che ora sta
preparandosi a sostituirmi... — Non pote dir
di pill perche il piauto gli sgorgo convulso,
mentre i reiiii spiiigevano la barca sui flutti.
Tipi laoziani del Nord.
V5
NELLE RETRO VIE
GIORNATA
MISSIONARIA
M giomo 4 giugno,
solennita del Corpus Do-
mini, a Torino iiel Pa-
tronato Internazionalc
delle Giovani, in via
Giulio 20, si e celebrate
una gioniata missiona-
ria in omaggio al Beato
Don Bosco, nel secondo
auniversario del la sua
beatificazione.
La festa fu onorata
dalla presenza del Rev.
sig. Don Rinaldi rettor
maggiore, da S. Eccel-
lenza Mons. Guerra arcivescovo salesiino,
dalle Madri Superiore delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Vi intervennero niolte per-
sonalita cittadine, tra cui il dott. Rocca,
II punto piu importantc fu la conferenza dc! Prof. Rev. Don Dalmasso...
segretario del R. Proweditore agli stndi;
il dott. Don Cesario Borla, ispettore mu-
nicipale per la religione nelle scuole della
citta, e gli anuninistratori della Casa. II
programuia del tratte-
nimento ispirato a squi-
siti seusi di arte e alti
ideali religi(«i e patriot-
tici. ebbe un brillante
succes.so.
II punto piu impor-
tante fu la conferenza
del Prof. Rev. Don
Dahuasso, niis.sionario
salesiano, sul tema:
Undid anni di vita
missionaria tiellaRepub-
hlica Cinese.
Prcsentato con no-
bilis.sime parole della
prof. M. Stoppino, ex-
allieva delle Figlie da
Maria Ausiliatrice, I'o-
ratorenella dotta, squi-
-m'^m
.. prcsentato con nobilissimc parole dalla prof. M. Stoppino,
/7^
Due fasi dclla * Giornata missionaria - presc daU'obicttivo.«
'17
sita e fervitia sua esposizione, e tiuscito
a dare iin quadro interessantissinio delle
condizioni dell'attuale Citia e a diinostrare
nella maiiiera pin efficace quanto e quale
sia il valore dell'opera civilizzatrice del
niissionario e come essa sia ciuotidianamente
acconipaunata al sacrificio, bene spesso
anche aU'eroismo.
Nella narrazione del martirio subito da
Mons. Versiglia e da Don Caravario, fra-
telH carissinii e conipagni di niissione, il
Rev. Don Dalmasso rinnova la viva coni-
mozione die il fatto doloroso aveva susci-
tato nel iiiondo cattolico e civile; al rac-
conto della propria cattura, die egli dice
con semplicita francescana, il pubblico sente
di trovarsi al cospetto di un eroe e animira
' la sua fortezza, la sua virtu.
Le giovani dell'Istituto lianiio dato sag-
gio di canti patriottici e religiosi, di esercizi
ginnici, ritmici e coreografici: il tutto, ese-
guito con rara precisione ed eleganza arti-
stica. raccolse vivissinii applaiisi.
Cliiuse la niagnifica giomata, la parola
patema deU'amato Superiore, il Rev. Don
Rinaldi, espriraendo tutta la sua soddisfa-
zione per I'esito felice; auspicando alia
gloria sempre niaggiore di Dio e della nostra
cara Patria, implorando benedizioni e aiuti
divini per I'intercessione del Beato Don
Bosco.
Nei locali dell'Istituto niedesimo furono
aniinirati e acquistati bellissinii oggetti ci-
Hesi, e graziosi lavori di vario genere pre-
parati dalle Suore educatrici e dalle giovani
dell'Istituto durante le ore di riposo; tali
lavori sono offerti a favore delle missioni.
I/'anibiente. saturo d'entusiasmo e di fede,
ha certamente offerto motive a quanti
intervennero alia celebrazione di intendere
I'alto valore spirituale e sociale delle mis-
sioni e il dovere di cooperarvi quanto e
possibile, con amore, con la certezza di
compiere atto prezioso nella diffusione del
Regno di Dio sulla terra.
Prof. M. Stoppino.
Carissimn « Giovntit missionaria »,
i soci della Conipagnia del SS. Sacramento ban
raccolto fra loro nella festa del S. Cuore, e ora
mandano a te, I'offerta necessaria perrhe ven-
8;ano battezzati due piccoli pagani: uno col
nome del Re/tor Magi;iore, in omaggio per il
sue giubileo .sacerdotale che sta per incomin-
ciare, I'altro col nome del nostro Direttore
D. Silvio Savtini.
Ti ringraziamo intanto per I'allegrezza che
ci rechi ogr.i niese con le tue belle notizie mis-
sionarie.
Un altr'anno vogliamo diffonderti piu ancora
fra i nostri conipagni.
Accetta pertanto i nostri ringrazianienii e
auguri.
S. Benigno, 25 luglio 1931.
Per i soci della Compagnia
Ottone Ai.ro.
SUPERSTIZIONI E KITS PAGANI
IL CULTO DECLI SPIRITI
TRA I SHAN DELLA BIR MAN/A
II inissionario P. Manghisi iuvia alle Missioni
Caltoliche di Milano una relazione sul culto che
i Shan hanno per gli spiriti.
La gente si rcca al kion (pagoda) per le sue
prostrazioni a Budda e per iiuplorare le grazie
di Dio: nel Itiun essa crede di adorare Dio die,
secondo la loro idea, e un ICssere superiore e
giudice dcgli uomini, il quale per niantenersi in
etcriio niuore e rinasce. Poi cura di rendorsi
propizi gli .spiriti: e di questi ce n'e un nuniero
infinito: ogni cosa ha il siio spirito protettorc,
la casa, le acque, i canipi, le contrade, i monli,
i boschi ecc.
Malattie e morti sono dovutc agli .spiriti offcsi
da qualche colpa c nou riparata con un sacri-
fizio.
Se debbono fare una casa nuova, un campo,
una risaia, ecc. prima di abitarla o durante la
■seniina si deve offrire un sacrifizio alio spirito
protettore, cht terniina sempre con un sa (=: ev-
viva) detto dalla gente die vi a.s.siste. Una volta
aU'anno bLsogna pensare alio .spirito della con-
trada durante la luna piena di giugno: si rac-
colgono le offerte da tutti ,gli individui, .si con'pra
un bel maiale o un bufalo (prima che gli Inslesi
occupassero la regioue Toft'erta era di... tre ver-
ginelle!). Al giorno stabilito la gente si raccodie
nel bosdictto degli spiriti (un boschctto iiitoc-
cabile) dove vieiie uccisa la vittima e la si adagia
su una panca di banibii con candelette accese
intorno, mentre i presenti urlano il ritiiale sa.
Jla e un guaio assai .serio quando lo spirito
entra in un uomo. Alle volte gli ainmalati du-
rante I'alta febbrc vaneggiando dicono che il
talc o il talaltro e venuto a fargli male. Chi
sente ci crede e il povcro incolpato e cacciato
dal villaggio, e respinto dagli altri, e condan-
nato a vivcrc colla famiglia nel bo.sco.
Alle volte succede die ad un povcracdo vada
in fiannnc la casa una o due volte: deve andar
via, ha lo spirito del fuoco die ne.ssuno puo toUe-
rarc. 'luai a non rassegnarsi al destino! Tutti lo
fuggirebbero, anche .se fosse il capo del vil-
laggio, e impianterebbero per proprio conto un
nuovo villaggio.
178
Storia di 25 anni /a, narrata dal missionario D. A. Colbacchini.
(CONTINUAZIONE).
II P:ulre porto qualche cosa pLT tutti:
fill), tela, aghi, ami ed altre cosette, porto
jiiire (iei graiidi quadri, dove erano dipinti
demoni ed Angeli... Ce U mostro spiegan-
doci. come meglio jxiteva qnali erano gli
spirit! cattivi e quali i buoni. Ci fece rile-
vare specialmente i demoni, tutti neri,
colle ali di pipistrello, le coma, le un-
ghie di tigre, la coda di scimmia, i dent) da
cane, gli occhi da civetta; e aggiunse che i
demoni erano il nostro Bopc, colui che cerca
di iugannare gli uomini, e far lore del male,
per condurli poi tutti nella sua dimora, I'in-
femo... Poi passo ad indicarci gli Angeli, gli
Spiriti buoni, tutti biauclii, belli, allegri,
splendenti di luce, bianco vestiti, con grandi
ali; e ci disse che essi stavano sempre vi-
ciiio al Grande Spirito, al Signore di tutto
e di tutti, al creatore del cielo e della terra,
e che voleva bene a tutti e desiderava che
tutti andassero alia sua dimora di luce e di
felicita.
IMi ricordo che noi, a bocca aperta, guar-
davamo stupefatti, impressionati. Poco ca-
pivamo, e vero, di cjueUo che il Padre ci an-
dava spiegando; pero abbiamo ben compreso
quanto erano brutti e cattivi i demoni, i
Bope doge e come era vero che tutti i mali
veugono da loro...
Uke-wagiiu non si stancava di mirare gli
AiigeU, gli Spiriti buoni. Pareva che col suo
sgiiardo penetrante, fisso in quelle figure,
volesse cercare di distinguere qualche essere
da lui visto e conosciuto. Non diceva pa-
rola; solo guardava, guardava. Poi gli vidi
spuntare due grosse lagrime sul ciglio: vol-
gendosi a me disse;
— E proprio tutto come io ho vasto. Fu-
rono gli Spiriti buoni che mi vennero a tro-
vare. Sono essi quelli che io ho visto...
II Padre allora ritir6 quei quadri e ri-
tomo portaudone un altro e ci disse nel mo-
strarcelo:
— Questa e la (irande Signora, la Grande
Madre, che sta lassu (e col dito in alto ci
indica-\'a il cielo); e Colei che guarda sempre
a noi che siamo qui su questa terra e tanto
ci ama... ^ Uke-waguu, al vedere quell'ini-
magine, impallidi, poi sorrise mentre le la-
grime gli cadevano dagU occhi. Mi disse an-
cora:
— ij Essa; e la Signora che io vidi. Os-
serva bene come mi guarda, mi sorride...
Non vedi come mi accompagna col suo
sguardo, cosi beUa, cosi affettuosa?
In cosi dire, si spostava ora a destra, ora
a sinistra. II Padre capi che eravamo incan-
tati nel vedere che queU'iinniagine ci ac-
compagnava coll'occhio ed allora anch'egli
si sposto portandosi piii avanti e piil m-
dietro, a destra e a sinistra, e fini col dirci
che osservassimo bene: sempre la Grande
Signora ci guardava, e ci6 Essa faceva pure
dal cielo, accompagnandoci dovunque col
suo sguardo.
L 'impressioue nostra non ebbe limiti; ci
guardavamo I'un I'altro senza proferir pa-
rola, e ci pareva di sognare.
II Padre ci porto quindi a vedere un
grande Crocifisso. Siamo rimasti terroriz-
zati a quella vista, ma il Padre ci spiego
che queUo disteso sulla Croce era il Signore
Creatore e Padrone di tutte le cose: che era
morto per noi, per liberarci dall 'inferno, per
aprirci le porte del Paradiso, per toglierci
dalla scliiavitOi del demonio. Ci fece ancora
vedere le figure degli spiriti cattivi e dei
buoni, ripetendoci die Gesu era morto sulla
Croce perche gli spiriti cattivi non ci txa-
volgessero nella loro dimora di fuoco e di
tormenti.
Allora si capiva poco di tiitto cio, nia oggi
coniprendo perche I'ho iniparato da voi.
II Padre ci condusse poi nella Cappella e
ci disse che in quel luogo tutti i giomi egli
parlava al Grande Spirito che dal cielo scen-
deva nelle sue mani, e che quando il Grande
Spirito era con lui, lo pregava per tutti i
Bororos, aifinche tutti potessero conoscerlo
e ascoltare la sua parola e non si lasciassero
piii ingannare da Bope, lo spirito cattivo...
Ci diede da mangiare radici di mandioca
dolce, e ci disse di starcene per quel gionio
con lui, e che quella notte avremnio dormito
cola perche al mattino desiderava che assi-
stessimo al momento in cui avrebbe parlato
Col Grande Spirito. Uke-waguu accetto su-
bito e noi tutti ne fummo lieti per la spe-
ranza di poter al mattino, prima di jsartire,
ricevere ancora qualche altra cosetta dal
Padre.
Per la prima volta abbiamo passato la
notte con voi, e sotto a un albero vicino alle
vostre caparme abbiamo tranquillamente
dormito, conviuti oramai che eravate buoni
e che non ci tendevate inganni. Lungamente
abbiamo parlato prima di riposarci. Cia-
scuno voile manifestare la sua impressione:
per ultimo Ukc-ivaguu disse:
— Ricordate quello che questa mattma
vi dicevo? Non ho potuto dirvi tutto cio
che desideravo. Ma ora avete visto voi, e
anche senza altre mie parole vi siete con-
vinti che questi civUizzati non sono come
gU altri; che sono buoni. Lo Spirito buono
6 con loro; possiamo e dobbiamo fidarci di
loro; essi non ci ingannano; parlano e di-
cono solo quello che il loro Grande Spirito
parla e dice; teniamoli come nostri amici e
nessuno di noi pensi e osi di far loro alcun
male. Domani ritomeremo al nostro vil-
laggio; racconteremo a tutli quello che ab-
biam visto coi nostri propri occhi, e quando
cominceraimo le piogge, tutti verremo qui,
e staremo sicuri presso il Padre. Egli I'ha
detto: Se verremo a stare qui con lui e
saremo buoni, nessuno dei civiUzzati ci
avrebbe pivi fatto male..
Appeua la stella mattutma spunto ad
oriente, il Padre ci chianio e ci disse:
— Venite; io vado a parlare al Grande Spi-
rito. Parlero di voi; gli diro che vi aiuti, vi
protegga, vi faccia divenire buoni, vi iii-
duca tutti a venire qui. Gli diro che tenga
lontano da voi tutti il Bope. Venite, osser-
vate tutto, ma non parlate, state buoni e
zitti...
Eravamo tutti nudi come 6 nostro co-
stume. A me ed a Uke-waguu fece mettere
la camicia e i calzoni die ci aveva regalato
il gionio prima; agli altri dono tela perche
si coprissero ui qualche modo. E mentre ci
aiutava a vestirci, ripeteva:
— II Grande Spirito e la Grande Signora
non vogliono vedere la vostra pelle scoperta;
i loro occhi sono soddisfatti e contenti
quando vi vedono vestiti... Venite dietro
di me...
Entrammo nella capamia. Egli ci fece se-
dere sul limitare deUa porta della cappella
donde potevamo comodamente veder tutto.
E accompagnammo ogni cerimonia colla
massima attenzione e curiosita; mai ave-
vanio visto siniUi cose e pensando che ci
trovavamo duianzi al Grande Spirito e che
il Padre stava parlando con I.ui, siamo ri-
masti senza battere palpebra fino alia fine;
e solo quando egli ci fece segno, ci alzammo
per uscire. II Padre ci diede ancora qualche
cosa: fazzoletti rossi, giaUi, bianchi, specchi,
spiUi; distribui a ciascuno tabacco e farina
di mandioca e rapadura (zucchero); poi ci
disse che andassimo pure dai nostri e ritor-
nassirao presto iusieme colle iiostre donne e
bambuii.
Abbiamo promesso die tra due o tre lune
saremmo ritomati. II Padre rimase a lungo
a guardarci mentre, salutandolo, noi ci era-
vamo gia raessi in strada.
Ciri-ckureu ci aspettava al guado del
fiume Barreiro, e si uiii a noi senza dir nulla.
{Continua).
^ ^
Cin apptovazione ecclesiasllca. - D. OOMENICO GARNERI, DIretloie-resiionsabile. —Torino, 1931 -Tipogtafia della Soclela Edlhlce Internazionale.
~~- iSo -^
dtonactjetta
UTILI DA RICORDARR
Fra gli atti della Sacra Peniteiizieria Apo-
stolica troviamo che il Santo Padre ha beni-
gnamente concesso I'indulgenza di 300 giorni
ai fedeli che recitano la invocazione, alle con-
suete condizioui: Regina Apostolorum, ora pro
nobis.
H, RE DELL'URUNDI
Mwambusta, cosi si chiama, si e sposato a
Kitega (capitale del suo stato) con Teresa
Kanyonga una principessa cattolica. II re non
bado alle opposizioni pur di sposare una ra-
gazza ben educata e religiosa: e ncl giorno delle
no?ze ha giurato di non inipedire mai ne a sua
moglie, nd ai suoi figli di professare la religione
cattolica.
FRA LEBBROSI
Negli ultimi di inarzo e morto il « fratello »
Giuseppe Dutton. famoso per i 44 anni spesi in
servizio dei lebbrosi dell'isola di Molokai. Non
apparteneva ad alcuna congrceazione religiosa,
era un seinplice laico consacratosi all'assistenza
dei poveri lebbrosi. Lavoro per alcuni raesi con
Padre Daniiano (luorto nel 1886), e da allora
non abbandono piii la faraosa isola.
A 91 ANNI
Nel gennaio scorso a Kodaikaual (Trichino-
poli) e niorta Suor Ignazia Moore a 91 anni.
Per 67 auni continui ha educato ben quattro
generazioui nella civilta cristiana, lavorando
con tutta I'iutensita del suo animo generoso
alia couversione degli infedeli.
MODESTO DESIDERIO DI UN
MISSIONARIO
II P. Guilloux O. M. I. missionario sul I<ago
Pelican (Canada) cosi ha -scritto al Superiore:
« Ho ricevuto prima di andare all'entrata del
Lago Caribu tutte le niie provvigioni per que-
st'anno. Tutto era in ordine e ve ne ringrazio.
(>ggi vorrei domandarvi un altro servizio, rioe
di comperarnii e di farmi spedire sei assi pial-
lati lunghi dodici piedi e larghi dodici poUici.
» Queste tavole sono destinate a servirnii di
1>ara quando moriro, cio che presto o tardi
dovra avvenire. Spero che non mi biasimerete
di essere almeno tanto previdente quanto i
selvaggi che tengono sempre pronte delle ta-
vole per il caso di morte. Questo servira anche
a faniii pensaYe pin seriameute ilia morte ».
Senza commentil
ONORANZF. A UN MARTIRE ANNAJIITA
6 stato inaugurate a Saigon (Cina) un mo-
numento ilia memoria di un Sacerdote anna-
mita, padre Pietro Dean-cohg-qui c di un laico,
Le-van-Phung, tutti due giustiziati per la fede
nel 1859 nell'Ihdocina dall'iniperatore Tu-dnc.
II monumento e stato benedetto dal Vescovo
Hergott M. E. P., Vicario Apostolico di Pnom-
penh, alia presenza dei nipoti e delle nipoti
dei martiri.
Durante le cerimonie, che sono durate due
giorni, e stata proiettata una pellirola ciuema-
tografica riproducente i principali eventi della
vita dei due martiri, che sono stati beatilicati
da Papa Pio X nel 1909.
LE POVERE SCHIAVETTE CINESI
Un ordine del Ministero dell'Interno cinese
proibisce di tenere delle ragazze come schiave,
pratica che e ancora in vigore in molte parli
della Cina. II Ministero proibisce pure alle fa-
miglie di trattenere presso di loro le nuore,
quando sono ancora bambine, e questo per niet-
tere fine ai cattivi trattanienticui sono soggette.
MORTO DI COLSrA
Un bravo missionario, giovanissimo, P. Fon-
tana del P. I. M. E. che aveva cura del distretto
di Avanigadda e stato colpito il 23 marzo di co-
Ura a Peddapalem. Fattosi trasportare ad Ava-
nigadda e spirato santamente da zelante mi-
uistro di Dio. Prcgate il Siguore perche rime-
riti col cielo I'anima sua e mandi all'ottinia
congregazione milauese un altro, anzi molti altri
missionari, in luogo di P. Fontana.
LA CHIESA CA'rrOLICA IN CINA
Dalle statistiche pubblicate dalla Delegazione
Apostolica si apprende che dal luglio 1929 al
giugno 1930 (anno di calamita di ogni genere per
le niissioni cinesi) il nunicro dei cattoUci segna
un piccolo aumento di \T.TTi nuovi cri.stiani.
In totale vi sono 2.490.392 cattolici nella Cina:
i missionari stranieri 2092; i sacerdoti indigeni
1446.
CONGREGAZIONE DELLO SPIRITO SANTO
L'ultima statistica della Congregazione dello
Spirilo Santo da 680 sacerdoti, 279 fratelli con
1245 suore (appartenenti anche ad altre con-
gregazioni) impegnati nelle missioni alle dipen-
deuze della Congregazione. Ha inoltre 9234 ca-
techisti, 444.552 catecumeni, 157.727 allievi,
231 ospedali e dispeusari, 162 orfanotrofi. Belle
cUre che indicano una magnifica floridezzal
(Dffcrtc ^er (e Jitisstoni
OFFERTB.
Maria Torello, 15.
BATTESIMI.
Cerruti Giu«eppina (Castagnole Piem.) pei
nomi Carlo, Pio e Michele a tre moretti —
Sr. Carmela Puricelli pel nome Carmen ad un
moretto — Bortolo Battisti (Foudo) pel nome
Luigi a un indiauo — <• Sette ainiche » (Chieri)
per il nome Luigina Marrone a una cinesina.
Rio Negro - Brasii.e.
Fanini Elena (Pautina S. Jlartiuo B. A.) per
il nome di Allilio — Gregorio Don Michele
(Ferrara) pel nome Alvisi Giuseppe — Mare-
scotti Ida (Torino) pel nome Ida — Baghino
Agostino (Cagliari) pel nome Agostino • — Al-
Uevi Sarti Oratorio Salesiano (Torino) pel nome
Pieiro — Costa Elvira (Torino) pel nome Elvira
— Mozzanica Giuseppe (Sorania Lombardo)
pei nomi Giuseppe, Maria — Guenzani Gina
(Milano) pel nome Giuseppe — Suor Nasso
(Jerago) pel nome Giovanni Bosco — Bustulo
Regina (S. Gottardo) pel nome Giovanni —
Beretta Maddalcua (S. Margherita Ligure) pel
nome Giuseppe Maria — Rodigliiero Don Rocco
(Milano) pei nomi Carlo, Paola, Espediio —
Codenotti Don Giovanni per Sneri JIaddalena
(Bagolino) pel nome Maddalena — Picasso
Davide (Genova) pel nome Davide — Colombo
Don Francesco (Roma - S. Maria Liberatricc)
pei nomi Spera Annunziata, Cainilli Pieiro,
Antonio, Alessandro, Maria Elisabetla, Vincenza
— Mortola Angela (S. Lorenzo della Costa) pel
nome Angela Rosa — Maechi Suor Leontina
(Termini Imerese) pel nome Antonio — Civinini
Rita (Prato per Seano) pel nome Pasqiiale —
Xoc >raria (Turbigo) pel nome Aldo — Scliiavini
Isabella (Milano) pel nome Angelina — Agnelli
Giuscppina (Lesa) pel nome Maria Giuseppina
— Pardo Graciela (Santiago Chili) pel nome
Graciela — Porro Faniiglia (S. Colombano al
I,ambro) pel nome Giuseppe Enrico — Colli
Eugenia Frauzonc (Vigevano) pel nome Maria
Eugenia — Previtali Duca (Zanica) pel nome
Giuseppe — Chiappori Clotilde (Ovada) pei
nomi Clotilde, Salute, Fanny — McrcatcUi Fran-
cesca (Brisighella) pel nome Ginevro — Bon-
fanti Don Mario (CastcUo S. Lecco) pel nome
Rosa Maria — Direttrice Asilo S. Caterina
(Bergamo) pel nome Giovanni.
VICARIATO EQUATORE.
Rigono Maria (Asiago) pel nome Antonio —
Gualdoni Giovanni (Turbigo) pel nome Maria
Giuseppe — Compagnia San Luigi - Istituto
Salesiano (Belluno) pel nome Luigi — Romanin
Maria (Cordcnos) pel nome Giovanni — Negri
Rosalia (Torino) pel nome Giuseppe Rosalia —
Francli Teresa (Qoz - Trento) pel nome Sisivio
— Castigliani Cantii Caterina (Busto Arsizio}
pel nome Maria — Merlo Don Guido (Tolen-
tino) pei nomi Agostino, Giovanni, Alfredo —
Salera Matilde (Dazio) pei nomi Giuscppina
Matilde — I'egali Francesca (Verona) pel nome
Maria — Rodighiero Don Rocco (Milano) pei
ft^
nomi Paola Barbara Giacinta, Giuseppina,
Giulto, i^uigi, ijiafnpiero, Tcincrcdi — Alarcliio-
ncschi Giorgi Maria (Marina di Pisa) pel nome
Mario — Istituto Missionario Mons. Versiglia
(Eagnolo) pei nomi Margherita, Lucia — N. N.
per i nomi di Margherita, Pietro — Sella Mar-
gherita (Vinzaglio) per i uomi Margherita, Gio-
vanni — Averono Angela di Maiirizio (Alice
Castello) pel nome Luigi — Molino Rosa (Asti)
per i nomi Alessandro, Eugenia Carla — N. N.
per il nome di Francesco Luigi — Ressia Olim-
pia (Pettincngo) pel nome Ilario — Violantina
Ccsarea (Diano Marina) pei nomi Giovanni
Battista, Giuseppe.
Congo.
Civalleri Coniugi (Chiusa Pesio) pei nomi
Marianna, Caterina — Salesiani (Treviglio)
pel nome Poletti Lucio — Reale Carlini Rosa
(Masone) pel nome Carlini Giovanni — Cappel-
lotto Maria (Odezzo) pel nome Teresa Antoiiia
— Ferri Manlriani Carolina (Borgo S. Lorcn;o
- Firenze) pel nome Augusta — Crippa Ersilia
(Rcnate) pel nome Giuseppe — Colombo Bani-
bina (Seregno) pel nome Giovanni Domrnico —
Fasscra I.uisa (Belgirate) pel nome Luigi —
Rossini Angela (Vigevano) pel nome Giovanni
Bosco — Marchesa Bianca Alnjerici a mezzo Mar-
coaldo Don Evaristo (Macerata) pel nome
Lucia — Magister Don Bernardo (Brescia) pel
nome Alba — Supcriora Istituto Vitl. V.m. Ill
(Milano) pel nome Melania — Direttrice Asilo
Suorc Orsoline (Venino) pei nomi Giuseppe,
Carlo — Pardo Scarlata Claudia (Mazzarino)
pei nomi Guido, Clementina — Sormani Don
Gabriele (Rocchetta) pel nome Bianca Marghe-
rilii — Panieri Cesira ( Padova) pel nome Giuseppe.
.ted in n^^y
^fuuuiii-uziuiic ■■■ciisiicj
Oiovcntii (Dissionaria
SOMMARIO: H ccntenai.„ ^.v.iu Cliiesa in Corca. = Djlle foreste cquatoriane. ■ Moda Indlgena. ■ Le C03e
del • Mishmi >. = La giornata del missionario. = .11 campanello del tnissiDnario. • Come arrlvammo a L«
Kafubu. = Dalle Riviste MiSvionaric. = Supsrstizioni e riti pj^ani. = Rjcc-riti ml5^lonsrl. . Uki- W'oruu.
^
V
^
Let tori,
Lettriciy
Col mese di Ottobre comlnciano gli abbonamer.ti per 1 anno 1932. Senza
aspettare 11 ... 1" gennaio, rinnovate fin d'ora il vostro abbonamento: e per
questo bastera che iriviate il vaglia col conto corrente accluso e, dopo aver
scritto su, il vostro Cognome, Nome e indlrizzo, vi aggiungiate: per rin-
novo di abbonamento. Quclli nuovi che desiderano abbonarsi potranno
seguire lo stesso metodo, aggiungendo solo: per abbonamento nuovo.
I nuovi debbono essere indotti dai vecchi: e siccome questi son tutti pro-
pagandist! di zelo, non mancheranno di in-
durre a prender I'abbonamento quanti piu ■
e possibile e fornir loro le indicazioni op-
portune.
Gli abbonamenfi si ricevono esclusivamenle
presso /'Amministrazione di "Gioventu
Missionaria - Via Cottolengo, N. 32 -
Torino (109). L'Amministrazione poi non
risponde in alcun modo degli abbonamenti
non peruenuii ad essa direltamente.
Anno IX - Num. 10
Pubblicazionc mensile
OUobre 1931 (IX)
GIOVENTU MISSIONARIA
// cenfenario della Chiesa in Corea.
II 21 settembre la Chiesa Cattolica in
Corea celebrera, coUa festa dei Beati
Martiri Coreani (martirizzati nel i<83g e
1846, e beatificati nel 1925), il centenario
dell'erezione del primo Vicariato Aposto-
lico. I cinque Ordinari della Corea si tro-
veranno in quell'epoca riuniti nella ca-
pitale vSeul per il Sinodo e pel pontificale:
vi assistera pure il Delegate Apostolico
del Giappone Mons. Edoardo Mooney.
Quando fu eretto il \'icariato nel 1S31
e affidato ai Padri della Societa delle
Missioni Estere di Parigi, si poteva solo
entrnre in Corea segretamente e restarvi
nascosti e travestiti, percht il « Regno
lu'eniitico » diffidava talniente degli stra-
nieri, che condannava a morte tutti i
coreani che uscivano dal paese e tutti
gli stranieri che vi entravano. A questa
legge generale non vi era che una ecce-
7.ione. Una volta all'anno. un ambascia-
tore coreano, col suo seguito, andava a
Pechino per pagare il tributo che la Corea
do\-eva all'Imperatore della Cina. Al
principio del secolo XVII, questi amba-
sciatori coreani vennero a contatto coi
Gesuiti che si trovavano alia Corte Ini-
periale. i quali regalarono loro dei libri
che trattavano di scienze naturali e di
religione cattolica. Nel 1777, alcuni fa-
mosi sapienti presero con se alcuni di
quel libri suUa religione cattolica, giunti
dalla Cina, assieme con altri libri, e si
ritirarono nella solitudine per consacrarsi
alio studio della filosolia. Essi trovarono
cosi bella la dottrina sulla Prowidenza
Divina, sull'anima, sulla virtii e sul vizio,
contenuta nei libri cattolici, che si de-
cisero di conformare la loro morale ai
precetti divini. Uno di quegli studiosi,
Ni Pyek I, aveva un intimo amico,
Ni Sj'eng Huni, il cui padre venne nomi-
nato ambasciatore in Cina per I'anno 1783.
Pyek I persuase il suo aniico, che doveva
accompagnare il padre a Pechino, a cer-
care di mettersi in relazione coi missionari
cattolici e studiare la loro religione.
Ni Syeng Huni fece quanto gli era
stato detto, si convinse della verita della
religione cattolica, ricevette U battesinio
ed il nonie di Pietro e ritorno in Corea
con libri ed oggetti religiosi ed un grande
zelo per la conversione dei suoi concitta-
dini. Tra gli altri riusc: ben presto a
battezzare Pyek I col nonie di Giovanni
Battista ed un altro letterato, Kouen II
Sin, col nome di Francesco .Saverio. he
conversioni divennero numerose.
/Si
II Re ne fu indignato e applico ai
cristiani la tortura: Giovanni apostato e
anche Fietro comincio a vacillare sotto
i tormenti atroci, ma, riacquistato co-
raggio, riprese I'antico zelo; anzi, non solo
diffuse il cristianesimo, ma penso a fon-
dare in Corea mia gerarchia, come quella
che aveva visto a Peckino.
I cristiani elessero \'escovo Francesco
Saverio Kouen, e sacerdoti Ni Pietro ed
alcuni altri. In assoluta buona fede essi
cominciarono a predicare, a celebrare
Vcnditore ambulante CDrcano.
Messa e ad amniinistrare i Sacramenti.
Ma, dopo due anni, qualcuno scoperse nei
loro libri un passo che li rese dubbiosi
suUe loro mansioni. Cessarono subito dalle
loro funzioni e ne scrissero al Vescovo di
Pechino, il (juale, pur lodando il loro zelo,
corrcsse le loro false idee. I coreani si
sottomisero a tutte le istruzioni ricevute,
ma prcgarono il Vescovo di mandar loro
un vero sacerdote. Nessuno i)ote allora
essere mandato; ed essi continuarono le
conversioni fine a raggiungere il nuniero
di quattromila cristiani. Era la prima
volta nella storia della Chiesa che la Fede
veniva diffusa in un paese dove era per-
seguitata, senza alcuna diretta evangeliz-
zazione, e vi faceva grandi progressi.
Nel 1795 un sacerdote cinese entro di
nascosto in Corea, ma sospettato dovette
esercitare il ministero mutando continua-
mente residenza per sfuggire all'arresto.
Nel 1801 i cristiani erano saliti a 10 mila,
ma il buon Padre cadde nelle mani dei
persecutori e fu messo a morte con 300
cristiani.
Per 30 anni la Chiesa Coreana rimase
senza sacerdoti; ma quei fervorosi cri-
stiani scrissero al Papa Pio VII e a
Leone XII, nel 1827, chiedendo un Pa-
store. II Papa eresse allora il Vicariato
Apostolico della Corea e nel 1831 vi no-
mino Vicario Mons. Bruguiere, che non
pote mai entrare in Corea e mori in Cina.
La storia dei suoi successor! e una storia
di martiri e di fatiche inenarrabili. II
secondo Vescovo entro in Corea nel 183S
con due missionari e furono martirizzati
il 21 settembre 1839; da questa data fino
al 1890 nessun missionario pote avere
residenza permanente nel paese. Vi en-
travano di nascosto, evangelizzavano di
nascosto finche non erano scoperti e uc-
cisi: cosi accadde nel 1866 per Mons. Da-
veluy e a sette missionari, che diedero la
vita con migliaia di cristiani. Anche nel
1877 Mons. Ridel fu con un missionario
arrestato, ma fu accompagnato al confine.
L'attuale venerando Arcivescovo di
Seul, Mons. Gustavo Mutel entro in Corea
nel 1880 con un altro sacerdote travestiti
da piagnoni coreani.
Nel 1882, per i trattati che la Corea
stipulo con nazioni Europee, la Chiesa
comincio a godere di una certa liberta,
che ebbe definitiva coll'avvento del Pro-
tettorato del 1905 del Giappone suUa
Corea. Nel 191 1 fu eretto il Vicariato
Apostolico di Taikii, nel 1920 quello di
Wonsan e nel 1927 fu eretta la Prefettura
di Pengyang: i Cristiani sono oggi 110.72S,
con 65 sacerdoti indigeni, 169 suore in-
digene, e 6354 catecumeni.
Bel progresso, malgrado quattro fu-
ribonde persecuzioni, degno di esser ce-
lebrato con solennita nella ricorrenza
centenaria.
/S2
DALLE LONTANE MISSIONI
DALLE FORESTE EQUATORIANE
Ero cli passaggio nella Missione nostra di
Mendez.. II carissimo Padre direttore di
quella, usaiidomi una delle tante sue finezze
voile onoramii una sera con concedermi la
soddisfazione di battezzare tre neofiti kivari
clie da tenifX) aspettavano con ansia il
Santo Battesinio. Due di es5i, approfittando
della presenza deU'Ecc.mo Mons. Comin,
Vic. Ap., il giomo dopo sarebbero stati am-
messi al Santo Banchetto. Coinmosso, mi
accinsi alia sacra cerimonia, quando, inter-
rogando uno del frugoli die avrebbe a^oito
la fortuna del Santo Battesinio, come si
cliiainasse, mi sento rispondere con tutta
serieta: Padre Juan Vigna. Immaginate
voi la scena? Un kivaretto semivestito, di
forse una decina d'anni, davanti al sacer-
dote preparato per amministrare il Santo
Battesimo, che con siciirezza che non am-
metteva ne repliche ne correzioni dice che
vuol chiamarsi nel Santo Battesimo col
nome di Padre Giovanni Vigna? Ve lo pre-
sento il mio neofito a fianco del mio Ecc.mo
Monsignor Vescovo, contento per il batte-
simo rice^a^to. Se non si chiama Padre Gio-
vanni, si parta il nome del battezzatore, e
con plena soddisfazione. E andate voi a
sostenere che la mia barba non fa effetto!
Vi posso assicurare che per causa di essa e
successo anche a me di ricevere, dopo una
predica, la confessione di un pentito con-
vertito dalla... mia barba!
Vi ho preseiitato i neo battezzati di
Mendez e il loro Padre e Pastorc iiell'atteg-
giamento di insegnare loro e ammannire quel
pane di verita che essi domandano con avi-
dita e che il loro Vescovo vorrebbe poter
amministrare con I'urgenza del caso e con
quell'apparato esteriore per cui ne rima-
nessero anche conqnisi esteriormente. Po-
vero Padre che si vede le ali tarpate per
MACAS. = Mons. Comin prcsso una cipanna kivara.
niancaiiza di inezzi! Deve pennettersi e'per-
luettere una azione ridotta e ristretta a un
numero perche... le forze non arrivano piu
in la. E i nostri zelanti missionari, la cui
antifona e sempre quella: biondeggiano le
messi, Monsignore; e urgente la raccoltui,
gli riservano, per quando fa la sua visita
pastorale, qualche consolazione. E lui sor-
ride tra i neofiti di Mendez, come tra i
cinque neo-battezzati di Macas, battezzati
da lui ste.'^so.
^Sj
Ponte I Guayaquil » sul fiumc Namanjosa.
(Equatorc).
Ma quando infinite altre grida del me-
desimo suo ovile s'innalzano a lui perclie
conceda la grazia die ad altri ha concesso,
il suo sorriso si vela a luestizia e mira lon-
tano col suo sguardo profondo cercando clii
voglia aiutarlo e compartire con lui le fa-
tiche dell'apostolato.
Ricordo un gionio che con lui mi recai
a una residenza prowisoria del nostro Vi-
cariato, e fu attoniiato da niolti birichini che
gli facevaiio festa: « Seavesshuo personale...
mezzi! Come mi piange il cuore a dir loro
che aspettmo! » e cerc6 di distrarsi, di pen-
sare ad altre cose, una di quelle molte che
affliggono il suo cuore gia troppo provato.
Voglia Gesii buono concedere al nostro
Pastore che assista al trionfo finale, totale,
all'entrata in massa neH'ovUe delle sue po-
vere pecorelle ancora cosi lontane!
Affrettateci con'le vostre preghiere questo
momeiito e pregate per il vostro aff.nio
Macas, Pasqua 1031.
.Sac. Giovanni M. Vir,xA.
MOD A INDIGENA
Gli nidi del Rio Uapes (Rio Negro) quando
possono lasciare il costume adamitico per
vestirsi all'Europea, sono felici. Ci tengono
tutti a far bella figura. I vestiti durano anni
ed anni perche gli indi non sogliono indos-
sarli quando lavorano neUa foresta o vanno
a caccia o alia pesca.
D. Marchesi regalo un giomo ad un Tu-
cano im panciotto nero. Era naturale che
il fortunate indio lo indossasse solo nelle
grandi solennita. II giomo di Pasqua lo ve-
demmo in chiesa alia messa solenne: vi era
entrato quando la chiesa era gia plena e
si era collocate subito dietro gli aUievi
intemi. Figuratevelo senza calzoni, con
giubba bianca e su questa il panciotto nero.
I pochi civiUzzati non potevano trattenere
le risa, ma tutti gli altri invidiavano la
tenuta dell'mdio e in cuor loro desideravano
un panciotto nero da portare sopra la giubba
bianca.
Usciti di chiesa gli mdi lo circondarono
Giovane guerriero tucano.
184
per amniirarlo a loro a<^io. Mi accostai
anch'io al crocchio e domaiidai all'mdio;
— Perch^ sei venuto a messa senza cal-
zoni?
— Li ho lavati e non sono aiicora asciutti.
— Sai? 11 panciotto si porta sotto la
giubba e non sopra.
L'indio scoppio coi present! in una so-
nora risata e mi risposc: — Se lo metto
sotto la ginbba non si vede piii: e allora e
inutile portarlo!
T>. Antonio Giacone
Missionario Salesiano.
Figlic di M. A. curano ammalati del Rio Negro.
LE CASE DEI "MISHMI'
Le ha descritte il WiUiamson nelle rela-
zioni dei suoiviaggi (TheCeografical lournal.
Vol. 34, p. 378): « Per far un paese bastano
non solo poche case, ma spesso mia sola. Per
esempio il paese di Tashalun consisteva di
vma casa alia quale erano aggiunte alcune
capanne che servivano da granai, nascoste
neUa jungla. La ragione si trova nel fatto
che tutti i niembri della famiglia colle loro
mogli e figli rimangono nella casa del padre.
Quando mi fermai a Pangiim misurai la
casa di Dargesson (im capo dei Miosha-Mi-
shmi); era Ivmga 82 m. larga 6 m.; conteneva
12 stanze, tre delle quali avevano due foco-
lari per ciascuna e Ic altrc uno solo. !Molte
Due giovani madri indiane.
porte si aprivano da ima parte, mentre dal-
I'altra vi era una veranda sulla quale pure
ogni stanza aveva mia porta. La casa s'in-
nalzava un metro circa da terra ed era
costruita da travi di bambu con pareti e tetto
di pagUa.
Ouando interrogai Dargesson quanta gente
abitasse la sua casa, mi rispose che I'avrebbe
contata, se io lo desiderava. Mi prepare un
posto, poi si sedette vicino ai miei piedi e
prendendo una lunga camia di bambii, co-
mincio il censimento. Comincio dai suoi figli
e monnorando il nome di ciascuno rompeva
un pezzo della canna (14 pezzi); poi continuo
colle figlic (9 pezzi); quindi colle mogli (6
pezzi) . A qviesto punto mi f ece osservare che
aveva avuto piu mogli, ma non gU rimaneva-
nochele sei. Altri 13 pezzi rappresentavano
gli schiavi e 10 le schiave: i nipoti non si erano
ancora affacciati e gia eravamo giunti al
numero di 66. Ouando gli feci cenno di cjue-
sti, egh continuo I'enumerazione delle mogli
dei pgli, 13, ma poi enrise un sospiro... pre-
pare un po' di spazio per deporre altri pezzi
e comincio a noniinare i primi 13 che vive-
vano con lui. Disse poi, arrestandosi. che
dovevano essere molti di piii, ma non U ri-
cordava piu, e sospese di contare per esau-
rimento nel calcolo mentale dopo di essere
arrivato a un totale di 79.
Quando si trovano piii frateUi sposati
coUa relativa discendenza, allora e facile
capire che una casa prende I'aspetto di un
, vero viUaggio.
^^5
LA GIORNATA DEL MISSIONARIO
KRISHNAGAR (INDIA)
Giomata pieiia la si puo dire quella del
Missionario; giudicatene voi. Una parroc-
chia di oltre 2000 cristiani, disseniinati in
trenta e piu villaggi, da visitare; la scuola
da dirigere; litigi da sciogliere tra i cristiani;
muratori ed operai per la fabbrica del Se-
minarietto, a cui badare. Qui bisognerebbe
essere a fianco di ogni uoino clie siinipiega,
tanto e poca la loro iniziativa. Giomi fa,
al magazzino: « Ma non vedi che le fonniche
bianche mangiauo il riso? ». Risposta niolto
fljmmatica del preposto al magazzino:
« Oil! e gia un mese ». Rimediare all'incon-
veniente era affare di cinque minuti, ma...
io non avevo dato ordini, II mese scorso mi
capita tra i piedi un bel mobile di cristiano.
Mi viene a cliiedere niente di meno di vo-
lergli comperare mi'automobile... « Biso-
gnera pagare delle tasse? costera molto il
trasporto? ». II brav'uomo s'immaginava
gia di correre sulla sua vettura. Egli puo
procurarsene una con cinque rupie... (una
rupia vale circa sette lire nostre). Mi mostra
un catalogo pescato chissa dove. Bisogne-
rebbe aver veduto la sua faccia, quando gli
feci capire che quello era un catalogo di
balocclii per bambi:ii. Io non so se m'ha
creduto.
leri a mezzogiomo toniai da una escur-
sione di due giomi nel nostro distretto.
Essa fu rallegrata da qualche incidente.
Verso le tre pom. di lunedi io mi mettevo
in cammino. Dovevo arrivare fino a Bir-
nagar a cinque leghe di qui. Contavo di
giungervi prima di notte. Altroche! II mio
sais (palafreniere, scudiero, ci6 che voi
volete) mi doveva accompagnare col suo
cavallo; i miei coolies, con letto da camp-),
altare, cucina, erano partiti a mezzogiomo.
Dicendo il breviario a cavallo (non scanda-
lizzatevi), io ero andato innanzi. Dojio
circa mezz'ora di strada, arriva il mio sais,
correndo sulle sue gam be. « E il cavallo? ».
Si era rotta la sella. Poco sicuro della strada
e avcndo due fiumi da passare, io non po-
tevo proseguire solo; e il sais mi segui a
piedi obbligandonii al passo d'uomo. A
mezza stracla, erano le 15 e mezzo e il
sole tramontava, apprendo che i coolies
sono in un villaggio vioino; essi non ave-
vano capito le mie istrnzioni. lU-nedicendo
la lingua Bjngalese, ordino loro di ri])ren-
dersi i cariclii e di ragginngermi .1 Birnagar.
Era notte, niente luna: io non distinguevo
nulla della strada, o piuttosto del sentiero,
e scesi da cavallo. E che sentiero! Largo
si e no 15 centimetri, tra due risaie, og:ii
tanto tagliato per lasciar correre I'acqua
tra una risaia e I'altra. Urtavo contro i
sa.ssi, scivolavo: presto fui tutto inzacche-
rato di fango e spesso dentro I'acqua fino
al ginocchio. Faceva anche un bel freschetto
ed io ero vestito leggermente. « Coraggio,
mi dicevo, appena arrivato ti potrai cam-
biare ed avrai le coperte ». Erano le otto
quando giunsi a Bimagar. L'acqua faceva
flic flac nelle mie scarpe. Per rasciugartni
feci accendere un bel fuoco. Sapete voi a
che ora arrivarono i mie coolies? Alle 11...
Stavo coricandomi beU'e vestito su un pu-
gno di foglie secche, dopo aver cenato alia
nativa con un po' di riso bollito, mangiato
colle mani, (in tutto il paese non si trovo
un cucchiaio) quando giunsero i coolies.
Triste sera seguita da una beUa mattina.
Alle sette comuiciai la Messa, dopo aver
ascoltato una cinquantina di confessioni.
Feci un'istruzione e distribui 35 Comunioni:
dopo Messa, otto Battesimi, e distribuzione
di zucchero ai bambini. Da Bimagar mi
recai a Bikulla dove arrival alle due del
dopo pranzo. Una donnitina mi ristora
alquanto. Dopo, tutta la gioventii e dal
Padre. Si chiacchiera, si ride, dico qualche
buona parola. Cosa diavolo viene in mente
a qualcuno, mi sfidano all'arco... Bisogno
prenderlo in niano: io non ci tenevo, ve
I'accerto. Tiro: manco un fagiano dorato,
poi ancora manco un uccello da preda.
Tanto peggio per la riputazione. I<a sera
preghiere, confessioni, una quarantina. Di
l)uon niattino, Messa, ecc, sei Battesimi,
un matrimonio, visita ai nuliti. Ni ovi
inviti di visitare il tale o tal altro villaggio.
Prometto di passare presto e mi incaiiniiino
verso casa. Lascio il mio sais, pensaudo di
cavamiela da solo al flume. Giuntovi cercai
un guado, avanzandomi con precauzione
s dla sabbia poco resi.stente. Ad un tratto
il cavallo affonda, si dibatte, affonda di
piii, fin .so]3ra la coda. Ero in im bell'im-
iiroglio. vSalto di groppa e guadagno un po'
di superficie piii solida: sono a posto. Anche
Coco, il mio destriero, con due o tre vigorosi
sforzi si scaglia e mi raggiunge. E bravo
anche Coco. A casa al galojipo.
EMME.
■S6
IL CAMPA-
NE.LLO DEL
MISSIO-
NARIO
SIAM = Mezzi ordinarl
di trasporto attraverso la
foresta.
Da qualclie settiniana abbiamo fatto lUi
passo avanti iiella civilta. II buoii con-
fratello Depoiiti, dopo aver oniato la statua
della Madoima con una corona di lainpadine,
voile mettere il campanello elettrico alia
porta della sala d'aspetto.
Dico sala d'aspetto. Non pensate ad una
cosa troppo aristocratica. E un corridoio
al pianterreno: un tavolo die ha raggiunto
I'eta della discrezione da pareccliie decme
di anni; una sedia, sempre la piii sganghe-
rata, per tumo, prima di essere messa de-
finitivaniente fuori use. Ecco tutto.
II cainpantllo fu vina novita. E ognimo
voile provare a suonare per vedere... quello
che succedeva. Contate voi quante volte
sono sceso per sentinni fare le congratula-
zioni perclie il campanello funzionava bene.
E I'afEare continua. Per fortuna il con-
fratello ha avuto la buona idea di mettere
il pulsante abbastanza alto, cosi non tutti
queUi che han voglia di suonare ci arrivano!
Ci sono qui due mila cristiani circa. Prima
che tutti gli adulti si siano tolta la voglia
di provare (perche qualcmjo, vedendo che
I'affare va bene, fa anche il bis!) anche
quelli che ora non ci arrivano si saran fatti
alti... Ma allora non ci sard piii io!
Pure, al mio campanello ho preso im po'
di affezione, perche (dedotte le passeggiate
inutili) e in parte, il termometro di quel
po' di bene che si fa.
Drinnnn
— Padre, vuoi questo ragazzo?
— Ma ce ne sono gia tanti alia chiesa!
^ E orfano ed h da battezzare
— Ma dove lo metto? Nel cestino delle
pagnotte? E cosa gli do a mangiare?
Poi penso che quella creatura ha un'a-
nima da salvare, che in Paradiso c'e posto
per tutti. E quella sera I'assistente stringe
ancora una volta i jaosti in refettorio.
E non sara I'ultinia!
Drinmi
— Ccsa desideri?
Ed il buon vecchio sfascia lentamente
una mano gonfia e gia in cancrena.
— Ma non sono io il medico!
— Ma mi han detto che qui c'e uno dal
cuore buono che fa guarire e non si paga
niente.
— Ma adesso il Kliru Mo (medico) non
puo venire.
— Perche?
— Perche studia.
— Studia? Ma fallo venire qui, studiera
dopo.
— Non si puo.
— Perchfe?
— Perche e fuori orario. V>di li U car-
tello: dalle 9....
— Ma io non so leggere.
— Ecco, abbi pazienza, buon nonio,
aspetta...
— Io aspetto, ma la mano fa tanto male!
E il Mo dovette interrcmpere lo studio
per nn 'opera di carita. Medico la mano; il
vecchio ringrazio con le lacrime agli occhi.
La carita dice mai di no.
187
Quella volta non finiva piu di suonare.
E delle grida salivano dal fiume a pochi
passi di distanza. Corsi giii. Un ragazzo
venditore aiubulante (si puo cliiamare cosi
chi cammina in barca?) era stato travolto
dalla correiite. Ma prima di me era arrivato
un cristiano che salvd il naufrago. Ed era
anche accorso Sanit, im fringuello di 12 anni
ricoverato alia Missione. In un attimo
Mi guard6 meravigliato; disse nulla e
scappo. Dopo pochi minuti ricomparve:
— Signore, disse, neUa barca vi era anche
una tromba che avevo comperato a capo-
danno.
Sorrisi e gli pagai anche quella. E questa
volta sorrise anche lui.
E sorride anche quando, di tanto in
tanto, passa davanti alia Missione e mi vede.
GU sorridera un giomo la grazia conqui-
standolo a Die? Lo spero.
La scuola cattolica di Bang=nok=khueli partecipa alia festa del Re del Siam.
scorn parve nelle onde e riusci a salvare la
barchetta.
I/O spavento al naufrago pass6 presto,
ma queUo che non tomd furono i soldi e
la poca mercanzia che era andata in bocca
ai pesci. E il venditore a piangere pensando
che sarebbero state altrettante busse tor-
nando a casa.
— Quanto denaro avevi? domandai.
— Undici salang (il salang vale 9 cen-
tesimi).
— E la merce quanto valeva?
— Trenta satang.
Lo accompagnai in camera e gli pagai
ogni cosa.
Drinn... Un colpo di campanello timido.
Sembrava avesse paura di essere sentito.
Scesi e trovai Chut. Un giovanotto di
17 anni.
• — Padre, disse inchinandosi in confi-
denza e perche nessuno lo sentisse. Padre,
io posso ancora fanni prete?
Restai sbalordito. IvO conoscevo da pa-
recchio, ma non avrei creduto.
— Farti prete, e perchfe?
— Cosi, per fare... non so. Per fare
quello che fai tu.
Pochi gionii dopo Chitt col suo fagottino
/8S
partiva per la Missione di Dongkrabuang.
Un buou clxierico aggiungeva al suo orario
qualche ora di ripctizione a C/iitt che ora
e eiitrato in prima giiinasiale.
Qualcuno sorrise vedeiidoci accettare dei
semitiaristi a qiit-U'eta, ma chi la vinse fu
Chut, perche il suo esempio fu seguito da
im altro piii vccchio di lui.
Era il 9 febbraio, gionio dopo la giornata
pro Clero Indigcno, ill cui si fecero speciali
preghiete perche Iddio conceda al Siam
molti sacerdoti.
Suoua il cainpanello. Scendo e trovo una
doima con un ragazzo.
— Padre, disse con tutta semplicita e
seiiza preamboli, io sono vedova ed ho due
figli. II primo, Sem, ^ gia in Seminario. II
secondo Japhet, vuol venire anche lui.
Eccolo. II Signore lo cliiama ed io glielo
dono. A me ed aUe due sorelle pensera Iddio.
Vi confesso che quelle parole mi comnios-
sero. Da qualche giomo Japhet studia
I'alfabeto latino ed io invito i lettori di
Gioventit Missionana a pregare perche per
Sl'111 e Japhet si aweri la benedizione di
N06: che abbiano larga eredita di tanti e
tanti fighuoli di Dio.
Bang nok khuek (Siam), febbraio 1931.
Sac. G. Casetta
Salesiano.
SIAM - I nostri esploratori della Missione diretti al campo nella foresta.
PROVERBI SIAMESI
Quando I'elefante corre, non tentare di
fermarlo; se la corrente e tmpetuosa, non
voter tnettere la barca per traverse.
Non parlare tanto da far diventare schiuma
la saliva.
Se ami porterai un fuscello; se non ami
porter ai una trave.
Chi mangia in fretta guarderd la comtnedia,
chi mangia adagio lava le tazze e le scodelle.
Un filo ed un ago, se si sanno usare, ba-
stano per vivere.
Non suonare il flauto al bufalo, {far cosa
inutile).
Le ferite delle spine e della scure si possono
giiarire; non si sanano le ferite del cuore.
Prima si spends poco con gran fatica, poi
si spende molto facilmente.
Dove si troveranno foglie di ninfa per co-
prire un elefante? {a chi pretende lavoro
superiore alle forze).
Che sangue puoi ricavare dai granchi e
che ossa dalle zanzare?
Un capello solo pub coprire un monte.
Fuggire la tigre per cadere in bocca al
coccodrillo, (dalla padella nella brace).
L'elefante ha quattro gambe e pub sdruc-
ciolare; il dottore pud sbagliare.
Cotto si pud mangiare; bruciato i gustoso,
percM i cotto due volte, {a chi i incontenta-
bile).
189
Seati'o
'.^ ilinesc
COME ARRIVAMMO A LA KAFUBU
La Kaftthu, 14 febbraio 1929.
Per la prima volta invio le nostre notizie
•dal niiovo centre in cui ci troviamo stabilite
dal 27 geiinaio p. p. Partinimo da Sakania
alle 10 di sera lasciandovi tre sorelle, con
tre piccoli neri intenii; due bimbe e il caro
Francescliino, che gia donniva. II dolore
della separazione non fu poco; ma i] buon
Dio ci faceva sentire in fondo al cuore una
dolce consolazione nel pensiero che quel
sacrificio ci avrebbe concesso di poter esten-
dere il nostro campo d'azione e di apostolato,
per guadagnare vm maggior numero di
anime al suo Divin Cuore, per estendere il
suo regno mediante I'istnizione delle povere
bimbe e giovanette nere di La Kafubu e
dei villaggi circostanti. Fortificate da queste
riflessioni ci dirigemmo alia stazione di
Sakania, accompagnate dalle tre giovani
mulatte interne, dalle guide e da alcuni
intenii dei RR. Salesiani, che portavano i
nostri bagagli. A nostra insaputa, il buon
•direttore aveva fatto preparare sul treno
un buon letto, afSnche non avessimo ad
avere una cattiva nottata. Che sorpresa
nel vedere il nostro scompartimento cosi
ben preparato!
A causa della forte pioggia caduta nella
notte, il nostro treno giungeva ad F.lisa-
bethville con un'ora di ritardo. La ci atten-
deva il nostro generoso Prefetto Apostolico
Mons. Sak. Siccome i neri non possono niai
viaggiare coi bianchi in queste regioni, cosi
•abbiamo dovuto andare alia ricerca delle
nostre piccole compagne di viaggio, nel
loro scompartimento; e che felicita la loro
al rivederci! II viaggio era senibrato loro
<:osi strano e pauroso, che non ebbero co-
raggio di dormire e neppure di mangiarsi
le buonj e saporite cose che avevamo pre-
parate e consegnato al partire.
]Monsig:iore ci condusse alia Casa Sale-
siana, dove ci venne servita una bella tazza
di caffe profumato. Poi, due ore ancora di
auto attraverso la pianura e la foresta, ed
eccoci alia nostra nuova residenza. L'auto
avanzava lentamente e faticosamente a
cagione dell'acqua che riempiva i fossati.
Per lungo tratto costeggiannno un fivune, il
Kafubu, che da il nome alia citta che doVeva
accoglierci, ad alia quale ci a^'A'icinavamo
a poco a poco. A qualche distanza apparvero
i grandi fabbricati delle nuove Scuole profes-
sionali e un po' piu lontano una grande
macchia oscura. « Ecco la la vostra Casa »
ci disse Monsignore, il quale ci acccmpa-
gnava. I prinii squUli della banda musicale
cominciarono a risonare per I'aria; poi una
folia di neri accorsi da tutti i vUIaggi cir-
costanti circondd I'automobile, festeggiando
le nuove arrivate. I^e piii belle suonate,
interpretate dagli allievi neri delle Scuole
professionali, si succedettero iniuterrotta-
mente, e chiuse I'lnno nazionale belga. Oh,
come ci sentivamo felici di essere le prime
missionarie di La Kafubu! E mentre ringra-
ziavamo il buon Dio per averci scelte a
questa Missione, ne Lo supplicavamo di
volerci presto inviare altre generose sorelle,
per aiutarci a moltiplicare il bene che Egli
afpetta da noi.
Dopo il solenne ricevimento, Monsignore
fece gli onori di casa.
J,a nostra residenza 6 assai piu bella di
quanto abbiamo potuto innnaginarla. I,a
sorpresa fu uguale a quella che provanuno
al nostro arrivo a Sakaiua; tutto 6 grazioso:
/p2
Per lungo tratto costcggiammo un fiume, il Kafubu, che d4 II nomc alia cittJ.
le pareti bianclie bordate di rosa; il pavi-
niento di cemento: in breve, Monsigiiore
aveva prov\-eduto e preveduto ogni cosa.
I<a cucina coi fomelli, le casseniole, il ser-
vizio da tavola e che so io; trovanimo pure
gia del buon caffe. Kafubu s'era guadagtiata
insomnia tutta la nostra sinipatia, ci sen-
timmo subito in casa nostra e, quel ch'^
piu, vi trovamnio come a Sakania, anche il
nostro buon Gesii!
E il 4 febbraio cominciammo gia le scuole:
42 bambini e bambine si sono presentati;
e la maggior parte assai puntuali, malgrado
abbiano mi tragitto di un'ora da fare per
venire da noi. Si legge la gioia su tutti i N^isi;
le nostra allieve sono di ogni eta: dai 5 ai
15 e persino ai 18 e 19 aniii. Si, abbiaino
persino 4 giovani gia accasate e in ricreazione
anch'esse giocano e si divertono come le
bambine. II Rev. P. Skillinger, che fe incari-
cato specialmente dei neri — suo gregge
prediletto — ci dice: « Lasciatele venire! ».
Ed anch'esse sono attentissime in classe.
Alia sera facciamo mezz'ora di scuola alle
donne tutte, e la maggior parte viene coi
piccini legati sul dorso: che spettacolo gra-
zioso! Alia domenica, dopo la Messa mag-
giore, si fa ancora una mezz'ora di Catechi-
smo; I'assistenza e numerosa e vengono
tutte le nere anche dai paesi vicini.
Una
FiGI.IA DI M
Un aiutante cucinlcre
della missione.
193
d
a
i|
Riviste
w Missionarie
UN OASI NELLA CONVULSA TERRA CINESE
£ la collina di Zo-se a 35 km. da Shanghai,
col suo ormai celebre saiituario di Maria Ati-
siliatrice che e meta di frequeuti pellegrinaggi.
Ne parla su Le missioni delta C. d. G. il tnissio-
nario E. Saverio Putero, e riferiamo ora i dati
iuteressanti di codesta localita che di anno in
anno va facendosi sempre piii famosa.
Ai piedi della collina scorre un canale per
ciii le barche arrivano al piccolo spianato dov'e
I'entrata, consistente in una bella areata con
una triplice porta, sormontata dalla statxia del-
I'Angelo Custode. Si sale lungo il viale e oltre-
passata la piccola dinamo che provvede la luce
elettrica al Santuario si arriva, in mezzo ad
una foresta di grossi bambu, iino a mezza col-
lina dove serge la chiesa ordinaria (che attual-
mente serve da santuario in attesa che sia
terminato il nuovo eretto sulla cima). Presso
la chiesa sorgono le residenze dei Padri, il se-
minario cinese e una scuola: e di fronte alia
chiesa, a distanza, vi sono tre grandi edicole,
dedicate al S. Cuore, alia Madonna di Lourdes
e a S. Giuseppe.
Continuando la salita s'incontrano: la gran-
diosa grotta dell'agonia; le 14 stazioni della Via
Crucis, lungo i zig-zag della strada, con scul-
ture in ferro bronzato; e infine uno spianato
su cui s'innalza una gran croce. Di la per mezzo
di due scalinate di granito si giunge sulla cima
della collina (alta un centinaio di metri) dove
si sta costruendo il grandiose santuario.
I<IJ DATE STORlCIiE DEL SANTUARIO.
Mezzo secolo fa il demonio neUe sue pagode
dominava ancora signore su qriesta bella col-
lina, detta dai cinesi montagna (Zo-se mon-
tagna della famiglia Zo), in mancanza d'alture
maggiori nei dintorni.
Nel raaggio 1863 la Missione cattolica riusci
a comprarc la sommita della collina e una parte
del versante meridionale, per costruirvi ima
casetta di cura per i mi.s.sionari ammalati, con
nel centro la cappellina dome.stica. Nel 1867 il
P. Uesjacquer, Superiore della sezione missio-
naria di Songkiangfu, sotto cui e Zo-se, per la
sua grande divozione alia Madonna e per il dc-
siderio di vederla trionfare sulle rovine del pa-
ganesimo, crigc sulla sommita della collina una
chicsetta, sormontata da una grande croce c
dedicata a Maria Ausiliatrice dei Cristiani.
L'anno scgucnte 1868 S. E. Mons. Ivanguillat
S. I., Vic. Apost. della Missione, vi trasporta
solennemente un bel quadro della Madonna
delle Vittorie e vi celebra la prima Messa. La
chiesetta comincia presto a diveuir meta <li pel-
legrinaggi dei buoni cristiani cinesi, che ne ri-
portano grazie abbondanti e favori insigni.
II 4 Uiglio 1870 il R. P. DeUa Corte, Supe-
riore regolare della Missione, a nome di Mons.
Languillat, allora in Roma al Concilio Vati-
cano, fa voto di sostituire la chiesetta sulla
sommita della collina di Zo-se con una chiesa,
dedicata a Maria Ausiliatrice dei Cristiani, se
Essa salva la Missione dalla persecuzione ge-
nerale della Chiesa cattolica in Cina, che era
allora imminente. La Madonna esaudisce i voti
e le suppUche. II 24 maggio 1871 Mons. Lan-
guillat, reduce da Roma, benedice la prima
pietra del santuario, che e costruito fra grandi
difficolta, e con il generoso contributo spontaneo
dei poveri cristiani ne fa I'inaugurazione e vi
celebra la prima Messa due anni dopo, il 1°
maggio 1873. In quel tempo veune eretta anche
la I'irt Crucis lungo la costa. Nel 1874 a mezza
costa si fabbrico la residenza attuale con una
cappella, sostituita nel 1894 dalla chiesa, che
serve anche ora ai cristiani per le feste ordi-
uarie.
Intanto il santuario per il numero ognora
crescente dei pellegrini diventa troppo angusto;
il 27 agosto 1923 lo si demolisce per ricostruirne
un altro ben piii grandioso e maestoso, per
quanto lo permette la sommita di una collina.
II 14 giugno dell'anno seguente 1924 un fatto
mcmorando viene ad accrescere la fama del
Santuario di Zo-se. Nella chiesa di mezza costa,
nidta provvisoria dei pellegrinaggi, avviene la
solenne consacrazione a Maria Ausiliatrice di
tutti i Vicariati della Cina, rapprescntati da 15
Vescovi e 10 altri menibri del Concilio Plenario
cinese, sotto la prcsidenza di S. E. Mons. Celso
Co.stantini, Delegato Apostolico.
II 24 maggio 1925 Mous. Paris S. J., \'ic.
Ap. della Missione, benedice la prima pietra
della uuova chiesa votiva; e d'allora in poi i
lavori proccdono Icntameute ma solidamenle,
in mezzo a tanti disordini politic! di guerre ci-
vili e di brigantaggio.
Quando il nuovo santuario sara compito,
ccrto sard per il Signore c per la .sua Augu.sta
Madre una solenne presa di pos.sesso di tutta
quell'immensa pianura cinese.
E per prcvenirc qiialsiasi tentativo dei pro-
tcstanti .si conchiu.se dalla Missione cattolica la
conipra della vetta di una collina vicina.
^9-/
SUPERSTIZIONI E RITI PAG AN I
TRA I CACCIATOKI Dl TESTE
I Padri Irlaiidesi dclle Missioni Africane di
Lione nella Nigeria lianno raccolto alcuiii dati
iiiteressanti circa i cacciatori di teste.
Una volta la conquista della testa di un ue-
mico era il necessario passaporto al matrinionio
per i giovani di qiialclie tribi'i. Un giovane iion
aveva uno stato soriale e nessuna ragazza
avrebbe consentito a sposarlo se non otteneva
questa particolare distinzione. Nella tribu dei
Basenghe. un giovane quando ha conquistato
una o due teste possiede i titoli per entrare
nelle file AeWEju o c Confraternita dei Bravi ».
Una speciale festa viene celebrata in onorc del
viucitore. I,e sue tempie vengono fasciate dagli
amici con bende bianclie nelle quali vengono
infisse delle piiune, il siio arco, le freccie e la
spada vengono adornatc con conchiglie marine.
Pra i selvaggi della tribu degli Idoma, quando
si d conquistata una testa, un carapanello viene
suonato ad intervalli per quindici giorni, ed
il candidate deve dimostrare la sua forza ta-
gliando in due parti un montone con un solo
colpo. Una meta del diviso montone viene re-
clamato dalla madre, ed il padre prende I'altra
meta. II quindicesimo giorno della cerimonia,
I « bravi » si riuniscono per bere una speciale
bevanda nel nuovo cranio conquistato.
II cacciatore di teste della tribu dei Mimshi
mctte una speciale medicina nel proprio na.so
per prevenire le offese dello spirito dell'ucci.so.
II naso, la bocca, e le orecchie della testa ta-
gliata vengono riempite di foglie dell'albero
consacrato alia locusta. per impedire I'uscita
dclto spirito del defnnto.
Molte delle tribii di cacciatori di teste sono
caunibali. I^a tribu dei Gaiiumri usava prendere
la carne dei neniici caduti, la.sciandone solo le
ossa e gli intestini. Se ne ritornavano poi a
casa a cavallo portando la carne del nemico
issata in punta alle lancie e la consegnavano
ai capi. La carne veniva poi divisa fra gli an-
ziani, re.stando al capo quella della testa. Tra
tutte le tribii caunibali le palme delle mani e
dei piedi er.ano considerate come le parti piii
appetito.se del corpo.
Alcune tribu si immaginavano che mangiando
la carne dei morti guerrieri se ne assimilassero
I'anima e ne acquistassero la forza ed il valore.
Solo i vecchi mangiano la carne umana perche
hanno bisogno di rinnovare la loro gioventii,
i giovani non hanno questa neressit".. Altri
immaginavano che mangiando la carne della
testa venisse distrutto lo spirito del defunto.
I "LOGWARA" DI ARUA (Uganda)
Conobbero i primi mi.ssiouari nel 191 8, quando
tre Figli del S. Cuore si stabilirono ad Arua.
II popolo era tra i piu selvaggi del Protetto-
rato, al dire degli Inglesi; accolse con diffidenza
e sospetto i tre bianchi, i quali a steuto trova-
rono chi li aiutasse a costruirsi le abitazioni.
Tanto meuo — scrive il P. A. Antonioli nel
La Nigyizia — volevano arreudersi ai bandi-
tori del Vangelo. I primi anni furono di amarezze
indicibili pei missionari: se penetravano in un
villaggio era uii fuggi fuggi generale come se
vi fosse entrato un leone; se cercavano di avvi-
cinare qualcuno, venivano schivati: anche
quando esibivano regali di sale, venivano rifiu-
tati. Roba del bianco, parevano dire col sog-
ghigno, non te ne fidare! Anche i bambini e i
fanciuUi erano educati ad un continuo timore
dei bianchi. I vecchi dicevano ai figli: 1 Se vai
dai bianchi (i missionari) essi ti infilzeranno su
un'asta, ti arrostiranno e finirai nel loro sto-
maco. Se vai dai bianchi, non sarai piii un
Logvvara, non sarai piii un nostro figlio, e al-
lora chi ti aiutera, chi ti assistera se cadrai ma-
lato, chi ti provvedera le vacche per comprarii
la sposa? Noi ti maledirerao, non mangerai piii
la nostra polenta, noi ti avveleneremo. »
Poi abbassarono anch'essi il coUo al dolce
giogo del Salvatore. La missione fu meno le-
muta, piii conosciuta, meglio amata: oggi la
messe e cosi copiosa che mancauo le braccia per
raccoglierla.
^95
RACCONTI MISSIONARI
Un filosofo giapponese
n signor Kai-Bara-Eki-Ken, era un
filosofo assai famoso.
Sapeva anche leggere e scrivere, e non
e poco, quando si pensi che per saper
scrivere, occorrono tre alfabeti di 4.000
ca ratten e anche piu.
Aveva una bella testa pelata. Dietro
alia nuca, i capeUi si riunivano in un co-
dino corto una spanna, legato stretto come
un salamotto. Sulla fronte aveva otto
rughe: tre su ciascun occhio e due sul
naso. lya faccia pareva una vecchia carta-
pecora, ma il suo cuore nessuno I'aveva
mai visto.
La sua casa era una casa giapponese,
una casa senza porte, senza finestre, senza
chiavi e senza serrature.
Quando il filosofo Kai-Bara-Eki-Ken
usciva in citta, doveva fare come tutti i
giapponesi: lasciare uno in casa che facesse
la guardia, perche, non si sa, a volte i
ladri non rispettano nemnieno le case dei
filosofi.
— Taro, oggi esco a vedere i ciliegi
fioriti sulle colline di Ueno. Se viene qual-
cuno a cercarmi, puoi dirgli che non ci
sono.
Taro, facendo scivolare le mani sulle
ginocchia, fece un inchino di novanta
gradi; quindi attese che il padrone cal-
zasse le « gheta ».
— Se viene qualcuno, eh!... — e conti-
nue I'awiso di prima, con la mano.
Taro si gett6 in ginocchio, pose la
palma deUe mani sui « tatami » e tocco
le stuoie con la fronte.
II padrone era uscito.
Kot'on, koron, koron, facevano le gheta
di legno sul lastricato.
— Oh, eccomi solo, ora potro diver-
tirmi un po', senza tanti quinci e quindi.
Qui non si pu6 fare un passo, senza inille
coniplimenti. II niio padrone, dopo che
ha avuto la disgraziata idea di scrivere
un libro di pedagogia per le donne, pre-
tende che in casa, tutti si sia dei niodelli
di santita. lo intanto, non sono una donna.
Ora, con quattro salti metto tutto a
posto... — e si mise a saltare sopra le
aiuole dei crisantemi.
■ — II mio padrone e matto per i fieri...
a me pero tocca innaffiarli ogni momento...
... e il lago!...
Un salto e fu dall'altra parte. — Questo
lago e ogni mattina pieno di foglie; ci
vuole una beUa pazienza per levarle tutte...
si farebbe cosi in fretta con un rastrello,
ma guai a toccare i pesci: son delle bestie
e stanno meglio di uie. II padrone, quando
viene qui tra\-ersa a piccoli passi il ponte
di pietra, piega la testa a sinistra, da
un'occhiata ai pesci, e:
— Chi sa se in quel pesciolini c'e
I'anima di mia zia o di mia nonna... poi
va a guardare le peonie, forse per scoprire
anche li I'anima di qualche suo niagro
antenato.
— lo invece, faccio cosi...
... E salt6 le peonie. Ma il salto riusci
male e la peonia, stroncata, piego il capo
come il padrone quando guardava i pesci.
— Ora si che sto fresco! In questo
momento preferirei essere uno dei pescio-
lini dorati. Quando si nasce disgraziati...
— e a capo basso, ando in casa ad aspet-
tare il ritorno del filosofo.
— Taro, cos'hai che sei cosi pensiernso?
Hai (jualche dispiacere...
— Si, signore, ho una cosa per la testa...
iq6
— Delle cose per la testa?
— Ho un'idea... una cosa da manife-
starle.
— Sentiamo quest 'idea.
— E bene, che c'e da affliggersi?
— Ma io credevo che lei si sarebbe
arrabbiato...
— Sai, i fiori, io li tengo perche mi
— fi che temo recarle dispiacere, ma piacciono, e non per arrabbiarmi.
orniai I'e fatta; ho rovinato quella beUa
peonia presso U laghetto... D. Marega.
W^/^/^/W^/^W^'®/
^'©/©.l/©/'©/®/®/©/^
II bonzo del tenipio Ryitmon, nella
regione di Harima, si chiainava Baiikei-
zenji ed era persona, secondo il modo di
pensare giapponese, celeberrima per virtii
e scienza a cui ricorreva per consiglio
gran numero di persone.
Accadde che un anno vi fu in quella
parrocchia buddista, una gran riunione
di bonzi, e insieme una grande affluenza
di pagani, per praticarvi i loro esercizi
di culto, ma disgraziatamente molti degli
intervenuti furono derubati: kimpcin ko
uscinaimascita.
Pero ben presto i derubati vennero a
conoscenza che il ladro era nieutemeno
che uno dei bonzi... Si preseutarono percio
al celebre Baukeizenji e doniandarono
I'espulsione del colpevole. E Baukeizenji
tutto calnio, calmo: « Bene, bene, lasciate
fare a me i>. Pero U bonzo ritenuto colpe-
vole non fu cacciato, del che irritati assai
gli interessati, elessero una nuova com-
missione che si presentasse ancora al Capo
Bonzo e rinnovasse la domanda d'espul-
sione. Tutto egli promise con belle parole,
ma anche questa volta non vi fu il minimo
accenno a voler allontanare il bonzo mal-
fattore.
Non si perdettero d'animo gli altri e
rinnovarono la loro domanda una terza
e una quarta volta: ma sempre loro rispon-
deva il Capo con tranquillita: « Bene, bene,
lasciate fare a me ». In fine stanchi di un
tale trattamento aggiunsero: « Se Lei ve-
raraente non si degna di mandarlo via
(in Giappone tutto e dignitoso, onorevole)
noi tutti, senza eccezione, ci ritiriamo dal
nostro ufficio ».
Ed ecco ora le parole con cui il famoso-
Baukeizenji e passato alia storia:
<c Persone giuste, ricche in virtii come
voi, ovunque vadano si trovano bene;
pero se io mando via quel povero bonzo,
dove andra egli? chi Io guidera? a chi
ricorrera? ».
Cosi disse e non Io mando via. La com-
missione ammiro un tal discorrere, e il
bonzo malfattore pianse di commozione
ammirando la bonta del suo Capo. Era
le lacrime confesso e si pent! dei suoi
misfatti anteriori, promise e divenne real-
mente un bonzo modello e forte nella
pratica della virtii. Tonariski luzo (cioe^
crsi si dice).
Merlino Alfonso
Missionario Salesiano.
~~ '97 _
Ill 6
Sforia di 25 anni fa, narrafa dal missionario D. A. Co/bacchi'nL
(CONTINUAZIONE).
XV. - L'assalfo dei Cajamos.
Giiuigemmo al nostro villaggio ansiosa-
Tnente aspettati, nia tutti erano tranquilli
e certi che nulla di male era occorso. II
Bari I'aveva detto durante la nostra as-
senza: anzi ci raccontarono che quella sera
che noi eravamo accampati al fiunie Bar-
reiro, egli aveva nuovanieiite consultato il
suo « Waire », il quale, dopo molta fatica
e grandi grida, era venuto a lui e gli aveva
ripetuto quanto gia aveva detto, aggiun-
gendo che non lo tonnentassero piii per
sapere da lui sul conto vostro, avendo gia
detto molto perche costrettovi dal Grande
Spirito.
Questa invocazione del Bari, questo
lungo sforzo per nuovamente ottenere la
parola del suo « Waire », gli aveva impedito
di trasformarsi queUa sera neU'uccello
« Makao » e f u questa la ragione perchfe non
ne sentimmo il canto. Al niattino seguente
pero, venne presto: era lui che svolazzava
per i rami delle piante ed ascoltava tutto
quelle che dicevamo. Udi le parole di Uke-
-wagiiii e quelle dette da Giri-ekitreu; pa-
role che quella sera stessa riferi nel villaggio,
dicendo che aveva udito quanto Giri-ckii-
veu disse contro il Cacico e contro lui stesso,
il Bari; e il suo « Waire » I'aveva assicurato
che non avrebbe mai dimenticate quelle
ingrate parole e a suo tempo si sarebbe
vendicato. Tutto cio era gia conosciuto nel
villaggio prima ancora che noi arrivassimo. ■
Da quel giorno tutti cominciarono a pensare
assai male di Giri-eltiircu. U ke-wagicii ceroo
subito colla sua autorevole parola di con-
vincere tutti ad abbandonare le foreste del/
Rio das Mortes e raccogliersi in questo
luogo. Ma tu sai bene che passarono ancora
piii Imie. lo veimi a niezza stagione delle
piogge e promisi al Padre che per il tempo
della secca facUmente ci saremmo risolti a
venire al Rio Barreiro.
II resto della nostra storia ti e noto. Ti
ho raccontato tutto cio che giudicai tu
ignorassi ancora. Non ho altro da dirti. Tu
sei dei nostri. I Bororos ti considerano
come ei megera (loro Cacico), ed io mi sono
creduto in dovere di dirti tutto.
— Bene, bene! Ti ringrazio, e sono con-
tento di aver saputo tante cose che igno-
ravo. II resto mi e noto perche Uke-ivaguu
me lo racconto diverse volte. Tu e gli altri
ricordate sempre Uke-waguu che ora h in
cielo. Egli si merito il premio per lo zelo
.spiegato nel condurre i Bororos qui da noi,
perche conoscessero ed amassero il Signore,
ed ascoltassero ed ubbidissero a noi, che
desideravamo insegnar loro un'unica cosa,
che fossero tutti buoni, vivessero da buoni
cristiani, per trovarsi poi uniti in Paradiso.
L'ultima visita sopra narrata, av\'eune
verso la meta di settembre del 1902... Le
promesse fatte dai Bororos di ritomare su-
bito non si verificarono. Solo alia fine di
gennaio del 1903, guidato da Meriri-kwddda,
si presento nuovamente un altro gruppo di
indii che pa.ssarono alcuni giorni col Mis-
sionario; ma i)oi se ne toniarono alle fores e
del Rio das Mortes.
L'indio per sua natura e sospettoso e
dillidente: nel sangue del selvaggio e ino-
culata la diffidenza per tutto, c rambient<»
in ciii l'indio vive, lo as.simila alle fiere del
bosco ed agli uccelli dell'aria che vivono
in continuo sospetto dei loro simili.
Nella vergine foresta tutto e onilira e
igS
mistero: di tutto si deve diffidare. Miriadi
di insetti nocivi e velenosi, rettili pericolosi
ed orribili, dai terribili « cobras ». al vele-
nosissinio « cascavel », all'orribile « sucury »
(anaconda), al gigante pitone che nelle sue
spire stritola il piii possente animale, al
« jacarfe » (kaimano); poi le fiere, il feroce
giaguaro, il puma, la giaguartirica, illupo...
L'indio ha I'esperienza di tante disgrazie
accadutegli e deve percio sospettare di
tutto: una foglia che si muove, un ramo-
scello che si spezza, uno stridio, un rumore
qnalunque lo mette suU'attenti. Poi dovette
rancore per la sconfitta avuta, per I'umi-
liazione subita, I'odio che nutriva coutro
il civilizzato, il suo desiderio di vendetta,
la sete di sangue; e la freddezza, il disprezzo
che aveva per Uke-wagiiu, da tutti aniato,
risp,;ttato ed obbedito, lo spingevano a
mettere tra i Bororos la discordia, la di-
sunione. Tanto fece, tanto malignamente
seppe insinuarsi nell'anitno dei conipagni
die niolti gli credettero e lo seguirono. Egli
dipinss Uke-wagiiu cjuale traditore della
tribu che volevEi darsi vilmente nelle mani
dei civilizzati, per una camicia, o una scure.
L'arrivo dei primi Mtssionari salesiani nella grande foresta mattogrossese, residenza dei Bororos.
teniere il civilizzato, il bianco; dopo tanti
tradimenti e inganni; dopo tante atroci
barbaric, come non diiSdare? Lo temeva
piu d'ogni altra cosa!
Per questa irmata e cosi profonda diffi-
denza, il Bororo anche dopo tante prove
non si diede per vinto... Lasciar le sue fo-
reste, quell'asilo amico per I'ignoto; i fiumi
pescosi, le belve feroci, jser vivere vicino
al pill odiato degli esseri, il bianco, anche
se buono, era pel Bororo un assurdo. La
sola idea che cio potesse accadere, era ri-
pugnante al selvaggio.
Uke-waguit, aiutato dal fedele ed intimo
Meriri-kwadda, faceva quanto gli era pos-
sibile per convincere i suoi; ma molti non
ne voUero sapere a nessun costo. Giri-
eAio-eifseniinava la zizzania a piene mani. II
od un coltello, poco curandosi della sorte
che sarebbe toccata ai suoi.
Anche le varie discordie antiche vennero
rinnovate dalla perfidia di Giri-ekitreu per
distruggere I'autorita di Uke-wagiiu. Alle
calunnie, maldicenze, parteciparono pure
le donne colla loro lingua viperina, azzuf-
fandosi le une colle altre; e nel villaggio
cesso di regnare la concordia e la pace.
Uke-wagiiu in una arringa dichiaro riso-
lutamente che se ne sarebbe partito di la,
riuscendogli troppo penoso il vivere tra
tanta discordia; clii avesse voluto accompa-
gnarlo, avrebbe sempre trovato in lui il
cacico, il padre, I'amico: ed egli mai avrebbe
perduto questo affetto per i suoi.
I^a decisione di Uke-wagiiu fu energica,
irreducibile. II gionio seguente abbandono
/pp
il vi!laggio colla sua fi:uiglia, e, accompa-
gnato da alcuni, si diresse verso il nord-est,
non pill tra le oscure foreste del Rio das
Mortes, ma in quelle di uno degli afflueiiti
di sinistra. Meriri-kwdddi lo segui eolla
sua famiglia e parenti. Dope pochi giomi
un altro gruppo, tra cui Giri-ekureit, si
stacco dai rimasti, e si spinse piu al nord;
gli altri, dopo la seconda niigrazione, re-
starono ancora per qualche tempo in ciuel
luogo, poi si diressero verso I'alto Araguaya,
unendosi ad altre tribu di Bororos che vi-
vevano in quei paraggi, allora deserti.
II demonio pareva avesse compiuta I'opera
disgregatrice per impedire ai Bororos di
recarsi dal Missionario, e ripararsi all'ombra
della Croce.
Uke-waguu, dominate dall'ambiente, sotto
la pressione che da tutti gli veniva di non
fiiarsi ancora dei civilizzati, si era spinto
iti regioni piii lontane, aspre e selvagge,
quasi volesse dimenticare e rendere piu
difficile qualunque relazione col Missionario.
Se ne viveva isolato con pochi di quei suoi,
i quali cercavano di far perdere al loro capo
ogni simpatia e amicizia per il Missionario.
Spesso dicevano:
— Giacchfe Uke-waguu non voile che met-
tessimo le nostre frecce nel cuore di quei
diavoli; giacche non ci lascio distruggere
quel covo di serpenti velenosi, ora, stan-
docene lontani, almeno non pensera piu a
loro e saremc viix tranquiUi. Nor. sappiamo
spiegarcelo, ma Uke-wagitii e illuso, e cieco;
non si accorge che quei civilizzati fingono
di essere nostri amici, ma sono invece i
nostri nemici...
Ed erano content! diessersene allontanati;
e avrebbero voluto die il loro Cacico Uke-
waguu ne perdesse persiuo la memoria. jNIa
erano essi i cieclii, gli ilhisi. perche andan-
dosene piii lontani dal Missionario, si erano
accostati sempre piii al loro vero nemico.
Al nord, verso le sorgenti del Rio Xingu,
esiste una tribu di selvaggi che sempre si
mantenne ostile verso i Bororos. Ancor
prima della iuvasione dei primi civilizzati
i Bororos ebbero a lottare con qucsti po-
tent! e feroci nemici. Le tribii indigene
sono quasi ssmpre nemiche tra di loro ed
in continua guerra.
I Bororcs chiamano quest! loro accerrimi
nemici « Cajamcs » e di essi conoscono solo
la barbara crudelta e la ferocia. Negli in-
contri sanguinosi quasi sempre i « Cajamos »
ebbero il soprawento: donne e bambini
Bororos caddero nelle loro man!, ma i Bo-
roros ma! poterono far prigioniero un
« Cajamo », ragione per cui i Bororcs hanno
di questa tribii un grande timore. Stretti
e perseguitati da! civilizzati a Sud, ad
Ovest ed Est, I'unico rifugio per il Bororo
era la foresta del Rio das Mortes. La spe-
ravano di star tranqrilli; i « Cajamos »
erano lontani verso il Nord, suUe rive di
altr! fiumi. Inoltre da Imigo teniiJo i « Ca-
jamos » non davano segno d! se. I Bororos
si lasciarono adescare da questa parvenza
di ce.ssata ostilita e non vedendo piii tracce
del nemico, lo dimenticarono.
{Continua).
MIssionari c Figlie di Maria Ausiliatricc guadano un affluente del • Rio das Mortes •
ton apprmazione ectlesiastiu. - D. DOMEHICO OURNERI. DireHore-rejponsabile. —Torino, 1931 -Tipojralia della Socleli Ediltice Internaaonala.
200
Offcrle per Ic (Dissioni
BATTESIMI
Congo.
— Zortca Nunziatina (Canale S. Bovo) pel
ndiue Gilda — Alunni della Prima Comunione a
mezzo Gregorio Don Michele (Ferrara) pel nome
Gregorio Benedetto — Dalle Notjare Angela
(Castellanza) pel nome Giovunni Bosco — 33er-
botto Angela (Bra) pel nome Angela Giuse/ype
Mario — Rumor Anna (Viccnza) pel nome
Giovanni Giuseppe.
A'isini Pietro (Ghedi) pei nomi Pietro, Teresa
— Jlontrosio Maria a mezzo Galli Don Carlo
(Monza) pel nome Maria Vitloria — Rigoni
Don G. (Asiago) pei nomi Maria, Luigia Kegina
— Mazza Don Giovanni (Venezia) pel nome
Arturo — Obert Umberto (Rivara) pel nome
Giovanni — Negri Giovanni (Vercelli) pel nome
Maria Margherila — Sorclle Nicolis (Racconigi)
pel nome Antonio — Egicli Pallotta Costanza
(Osimo) pel nome Giulia.
IXDiA - Madras.
Usinc Sida (Chcmin S. Avre - La Cliambrc
— Savoie) pel nome Maria Calerina -~ Barthu
Don Felice (T.ituania) pei nomi Vito, Maria —
Ouagliotti Albano Olimpia (S. Ambrogio) pel
nome Olimpia — Quagliotti Giovanna (Ivrea)
pel nome Carlo Giuseppe — Trivero Cristina
pel nome Maria Cristina Margherila — Baretti
Mario (Torino) pel nome Mario — Quagliotti
Anna JIaria (S. Ambrogio) pel nome Anna Ma-
ria — Visintainer Barberiua (Clez-Trento) per
i nomi Carlo, Giovanni — Operaie Fabbrica
Tasca (Marostica) pel nome Giuseppe — Ca-
napero Teresa (Mombercelli) pel nome Renato
— Direttrice Convitto De Angeli (Leguano)
pel nome Benedetto — Direttrice Asilo (Vignolo)
pel nome Ermina Benedetta Nazzarena — Conti
Stella (Cunico Monferrato) pel nome Albino
Pierino — - Brugnoli Angela (Begosso di Fer-
razzo) pel nome Angelo — Marquez Francisca
a mezzo Lopez (Aguascalientes-Messico) pel
nome Giovanni Francesco — De Rodriguez
linriqueta a mezzo Lopez (Aguascalientes-Mes-
sico) pel nome Vittorio Enianuele — De Herrera
Cecilia a mezzo Lopez (Aguascalientes-Messico)
pei nomi Gcrardo, Domenico, Ramon, Maria —
-Ivila J. L. a mezzo Lopez (Aguascalientes-Mes-
sico) pei nomi Paolo Felice, Juan Damasceno
— .Alferez Ana Maria a mezzo Lopez Aguasca-
lientes-Messico) pel nome Antonio — Manuel
Moreno a mezzo Lopez (Aguascalientes-JIes-
sico) pel nome Manuel — Istituto Jlissionario
Mons. Versiglia (Bagnolo) pei nomi Margherita,
Teresa — Madre Anna Pederzini (Predazzi
Trento) pei nomi Bruno. Domenico — De roia
Elisa (Cordenos) pei nomi Luigi Alberto, Elisa
— Missione Cattolica Italiana (Zurigo) pel nome
Teresa — Tosi Margherita (Saint-Remy-Savoie)
pel nome Fii'tinlino Michelangelo — Famiglia
Gallo (Villaggio Rivetti) pel nome Elsa — Fa-
miglia Cova (Castano I) pel uome Severino —
Robotti Sacchi Ida (Casalmaggiore) pel nome
Paolo Antonio — Bagnati Ernesto (Bellinzago)
pei nomi Luigi, Ernesto, Giovanna. — Perk Don
Giovanni (Damme-Oldenburg) pei nomi Dionisa,
Antonio Giuseppe — Coletti Don Osvaldo (Can-
sano) pel nome Antonio — Bonfanti Don Mario
(Castello S. Lecco - Olate) pel nome Agnese
Teresa — Ronchetta Palmira (Sordcvolo) pel
nome Linda — Recosso Maria (S. Damiano
d'Asti) pel nome Maria Immacolata — Mattavelli
Elisa (Milano) pei nomi Entilio Guido Francesco,
Carlo Guido Francesco — Borasio D. Carlo per
Ghibaudi Angela (Torino) pel nome Giuseppe.
VICARIATO EQUATORE.
Rev. do Rettore (Visignano) pel nome Gio-
vanni — Mattavelli Antonia (Truggio) pei nomi
Mario Francesco, Pierino Leopoldo — Giolito
Antonio per i nomi di Gian Maria, Carlo, Marco.
— Figazzolo Marietta (Occimiano) per il nome
Maria Rosa — Saini Don Giacomo (S. Paolo-
Torino) pel nome Savoini Antonio — N. N. pel
nome Teresa — De Anna Antonio (I'dine)
pel nome Adelia Anlonietla — Lauuo Cesira
(Ormea) pel nome Catcrina -;— Mons. Vittorio
Belleno (Pra) pei nomi Anna, Nicola, Maria,
Angela — Magri Gianfranco (Torino) pei nomi
Massimo, Massiniina — Montrosio Maria a
mezzo Galli Don Carlo (Monza) pel non-e Maria
Vitloria — Rambelli suor Maria (Ziano Fiemme)
pel nome Giovanni — Spinoglio (Ottiglio) pel
nome Giuseppe Lino,
Cronacheffa Missionaria.
SACRIFIZI UMANI.
Vi e stato un caso recentissiino nella pro-
vincia di Owerri (Nigeria). Vn fanciuUo di 10
auni era stato comperato dai Ju-ju per 12 ster-
line; ma quaudo capi il pericolo che correva si
raccomando a un siguore perch^ lo salvasse.
Questi offri pel riscatto 24 sterline. Mentre sulla
piazza si discut»va, un Ju-ju fu addosso al
fanciullo e gli taglio un orecchio, reudendo cosi
impossibile ogni iitipcdimeuto al sacrifizio; il
povero ragazzo fu dissanguato, e tagliato a pezzi
fu ripartito fra i villaggi.
Le autorita britanniche rintracciarono su-
bito i colpevoli e giustizia sara fatta di cosi
atroce delitto.
UN AVIATORE
DIVORATO DAI CANNIBALI?
Una lettera ricevuta da una signora dalla
nuova Guinea, nell'Australia Settentrionale, t'a
ritenere possibile che un aviatore sia stato
mangiato dai canuibali. II mese scorso I'animi-
nistrazioue dolla Nuova Guinea ha inforniato
il governo federale che di un aeroplano Junker
pilotato da un turista clie cperava ncl territorio
ilelle mmiere aurifere, non si aveva noti?ia, e
sei aereoplani erano stati iucaricati delle ri-
cerche. Una signora di Adelaide ha ricevuto
una lettera da un suo fratello dcUa Nuova
Guinea, nella quale si dice che due indigeni
son giunti aU'aereoporto di fortuna di Lements
ed hanno raccontato che una « colomba » era
caduta ed il « padrone bianco », che stava male,
si e incammiuato per « fare amicizia » cogli
abitanti di un vicino villaggio, ma e stato da
questi ucciso e dopo hanno fatto un gran fe-
stino, mangiando il bianco.
UN APOSTOLO DEIvLR MISSIONI.
Era il can. Mons. Tomasi, penitenziere della
cattedrale di Vicenza. Da oltre i.? anni dirigeva
I'ufficio diocesano per le Mission! e in questo
periodo di tempo raccolse vari milioni per le
Mission!, fondo 104 laboratori, lui'organizza-
zione di 3000 zelatrici missionarie e il periodico
A:ione Missionaria. Aveva 75 anni.
Prill-
.tad m lt.al;y
Oioveniu (Di$$ionarial
SOMMARIO: Un anno significative. = Dalle Icttcre dei missionari. = II tesoro. = Lenta conversionc dci ;
kivari = In Giappone non vi sono ladri. = La iebbroscria di Ngaye. = Cronachetta missionaria. = Dalle Ri= i
viste missionaric. = La fine del dono doll'Imperatore. = L'origine del Giappone. = Avvcnture... = Uhe Wagiiu. J
^
^
Lettori,
Lettrici,
Col mese di Ottobre cominciano gli abbonamenti per I'anno 1932. Senza
aspettare il ... \° gennaio, rinnovate fin d'ora il vostro abbonamento: e per
questo bastera che inviate il vaglia col conto corrente accluso e, dopo aver
scritto su, il vostro Cognom^, Nome e indirizzo, vi aggiungiate: per rin-
novo di abbonamento. Quelli nuovi che desiderano abbonarsi potranno
seguire lo stesso metodo, aggiungendo solo: per abbonamento nuovo.
I nuovi debbono essere indotti dai vecchi: e siccome questi son tutti pro-
pagandisti di zelo, non mancheranno di in-
durre a prender I'abbonamento quanti piuj
e possibile e fornir loro le indicazioni op-
portune.
Gli abbonamenii si ricevono esclusivamenie
presso /'Amministrazione di Gioventu
Missionaria - Via Cottolengo, N. 32 -
Torino (109). L' Amministrazione poi non
risponde in alcun modo degli abbonamenti
non pervenuli ad esr.a direltarr,enle.
Anno IX - Num. 11
Pubblicazione mensile
Novembre 1931 (X)
GIOVENTU MISSIONARIA
UN ANNO SIGNIFICA TIVO
II iS ottobre c'e stata la « Giornata Mis-
sionaria »... Le migliaia dei nostri fedeli
lettori e lettrici haniio fatto in quel giorno
il loro dovere: hanno pregato niolto e
molto hanno offeito di mortificazione e
di generosita per le missioni e pei missio-
nari. Questo entusiasnio e stato notato
dappertutto, per cui possiamo sperare
die la <i giornata » segni un passo innanzi
nella cooperazione del mondo cattolico
alle opere missionarie.
II solerte segretario di Propaganda Fide,
Mens. vSalotti, nel diramare il magniflco
invito per la « Giornata Missionaria » aveva
inesso in rilievo alcuni motivi che confe-
rivano alia « giornata » un carattere ecce-
zionale: primo tra tutti quelle delle im-
mani sciagure abbattutesi sulla Cina e
in particolare su quelle regioni dov'erano
piu fiorenti le missioni.
Le persecuzioni bolsceviche, il brigantag-
gio, la guerra civile, e per ultimo le spa-
ventose inondazioni fecero della Cina
una terra di dolori e di miserie veramente
meritevole di essere oggetto della ca-
rita del mondo intero. Si calcola che oltre
2 milioni (cifra sbalorditiva!) di cinesi
siano periti nelle inondazioni dei mesi
scorsi, e oltre 30 milioni siano rimasti
senza tetto, nella piii ributtante miseria.
Bastava questo motivo per commove'e
i cuori cristiani. Si e sempre constatato
^'^
che le grandi sventure sono un meravi-
glioso impulso al divampare della carita
cristiana. La crisi economica che tutti
201
soflriamo non e stata — e non sara nep-
pure in awenire — un ostacolo a sowenire
le opere missionarie, anzi aggiunge nuova
bellezza e merito alia generosita. Ouando
il privarsi di qualche cosa ci costa sacri-
ficio, e lo si fa senza grettezza, con entu-
siasmo, si mostra allora che si ha cuore
di credenti e che si comprende il dovere
cristiano in tutta la sua portata.
II 2 ottobre Sua Santita Pio XI lan-
ciava al mondo cristiano I'invito alia
carita per leiiire i mali innumerevoli che
la crisi attuale ha provocato presso tutte
le nazioni tra gli operai, i poveri e spe-
cialmente tra I'infanzia bisognosa dei niag-
giori riguardi. La « Giornata Missiona-
ria 1^ e stata la prima risposta all'appello
del S. Padre, sotto un aspetto particolare;
ma il mondo cristiano che ha in onore
la carita — il precetto di Gesti Cristo per
eccellenza — non si arrestera nei sacri-
fizi in quest'anno.
Sara un anno sij^ni/icatii^o. Ho visto
ricordata in questi giorni una frase della
B. Madre Barat: « La societa sara salva,
o per un'inondazione di sangue, o per
un'inondazione di amore »: cooperate, Let-
tori e Lettrici, a salvare tutti colla vostra
carita, fatta di fervide preghiere e di ge-
nerosi sacrifici quotidiani: avrete cosi il
merito di aver contribuito a illuminare
il mondo colla fede della vostra vita cri-
stiana, secondo la parola dell'Apostolo
S. Paolo. D, G.
DALLE LETTERE DEI MI5SIONARI
Scrive Don E. Sanna al Sig. D. Torquinst:
<i Nel distretto di Shimulia vi sono i Bengalesi
della casta pin bassa e piii abbietta: i Mucchi
(= calzolai). Tra i cristiani convertiti abbianio
Hindu in gran parte ed auche JIaoniettani, tra
i quali.vi sono pure parecchi catecumeni. Im-
parata la lingua, ci sianio messi al lavoro e,
ringraziando il Signore, in mezzo alle spine
abbiamo anche avuto molte consolazioni. La
regione pin promettente del Distretto e quella
detta del Snndaibnn tra le foci del Gange, dove
c'e una fittissima popolazione. La regione e
tutta intersccata da canali e fiuini e non vi e
altro mezzo di locomozione che la barca.
.1 Xe! centre piu importante abbiamo costituito
due societa: una per gli uomiui (Societa Don
Bosco), e una per i ragazzi {Societa Uomenico
Savio): per comodita dei soci funziona egregia-
mente una biblioteca, perche tanto gli Hindu
che i Maomettani leggono con avidita libri che
possono illuminarli sulla religione cattolica.
Inoltre insistono per la fondazione di un pe-
riodica di propaganda religiosa ».
Don Giovanni Casetia scrive dal Siam a Don
Torquinst:
■' 11 2() nov. 1930 le scrivevo mentre i nostri
ragazzi stavano dando gli esami finali. Hcco
I'csito:
ragazzi: presentati 76 promossi 75
ragazze » 40 » 33
nProcIamato I'esito degli esami, ci fu un po'
di accademia in onore dell'Ispettorc scolaslico:
cgli parlo niolto bene di noi e del nostro lavoro.
Altra consolazione il 14 diccnibre: 5 battesimi,
54 prime comuuioni, 49 diplomi di compiuto
corso catechistico. Mons. Perros, prescnte, ebbe
le pill lusinghiere lodi per i lavori scritti di ca-
techismo, parecchi (tra cui Malai) ebbero ion
con lode di scritto e di orale.
I) Ladomenica dope, premiazionc, pre.senti per
la prima volta in corpo tutti i maggiorenti del
paese. Cosa mai sperata: i nostri maestri cia-
scuno con la propria classe, fecero teatro. E, al-
tra sorpresa: il Sig. Don Pasotti ed anche il sot-
toscritto furono dal Governo Siamese nomiuati
tamakaii (una specie di Ispettore scolastico)
con facolta di andare nelle scuole del governo.
Non sara aperta la strada ad im po' di bene tra
tutta questa gioventu?
»Cifu a Bangkok in questi giorni il Congresso
Esploraiori: parteciparouo anche quelli di Bang-
ton ed il Krhu Phajom nostro maestro, un
convertito, ebbe la medaglia d'oro.
Mentre le scrivo, in cortile c'e un gran bac-
cano. Sono 25 maestri che finiscono gli csercizi
spirituali. A loro si sono aggiunti questa mattina
i giovani che hanuo a diceinbre ottcnuto il
diploma di compiuto cor.so catechi.stico. Sono
venuti perche que.sta mattina si costituisce uf-
ficialmcnte il primo Circolo siiovanile scola-
stico (che si chiamera: S. Fr.incesco Saverio).
»Uu'altra notizia. II Governo ci ha conccsso di
dare I'esame ai nostri ragazzi con valore ri-
cono.sciuto (una specie di pareggio). Cosi un
altro anno continucrcmo il corso di matliajom
(scuola sccondaria) per allievi maestri. Si sta
facendo una nuova aula c un po' di camerata
per loro ».
Cg*i
202
DALLE LONTANE MISSIONI
IL TESORO
Uii mattino, usceudo di chiesa dopo la
S. ilessa, venni a sapere che nel boschetto
del tenipio pagano, sacro a Krislma, era
stata abbandonata una povera creatura.
Qualche buon diavolo c'e seiiipre che
a\^-erte la Missione in simili casi. lo,
senza por tempo in mezzo, corsi al tenipio,
distante circa una decina di minuti in bi-
cicletta. Ma non mi volevauo lasciare
entrare per via che quel gionio era mia
lore solennita. Pregai, scongiurai, sempre
iuutilmente. Feci luccicare qualche moneta,
mezzo sovrano che apre tutte le porte del-
rOrieute: invano. Stavolta il guardiano fu
tetragouo ad ogni lusinga. Non mi voile
lasciare entrare assolutamente. Che fare?
R'issegnato, compiangendo quella povera
auiuia abbandonata, me ne ritoniai piano
piano verso la Jlissione.
Per la strada pero un figuro mi seguiva.
Appena accortomi di lui rallentai il passo
e mi voltai. Era un indii, un vero bronzo
vivente, di forme perfette, lucenti ai primi
raggi del sole mattutino. Vestiva il sem-
plice dothi, aveva due occhi neri e profondi
e portava, proprio in mezzo alia nuca, il
corto codino di casta. Egli mi avvicino e,
senza preamboli, mi disse: « Padre, se mi
dai due rupie, ti faccio entrare io nel sacro
bosco i>. Accondiscesi, ma per pradenza gli
diedi una sola rupia, prometteudo I'altra a
faccenda finita.
L'indii mi fece fare un lungo giro del
paese, mi condusse per vm sentiero da capre.
mi fece scorticare le mani tra i cespugli di
felci e di rovi e finalmente si fermo alia
parte estrema del muro di cinta del tempio.
Io dovevo scavalcare il muro, alto due metri
e penetrare come un ladro nel sacro laogo,
Stetti indeciso un poco, ma poi, pensando
al Signore, mi feci coraggio, saltai sul mu-
retto, seguito dal mio uomo e... fummo
dentro.
II bosco e un bosco come tutti gli altri
di questi paesi, pieno di alberi alti, dal
tronco colossale, tutto intricato di liane, di
rovi, di spine. Lontano, la nel mezzo, il
tjmpio si eleva con le sue cupolette e le
sue gaghe. Udivasi il canto nionotono dei
fedeli prostrati dinanzi alia loro divinita.
Ma io badavo a ben altro. Facendomi largo
c-m le mani tra il fitto fogliTme, .scansando
gli alberi piii grossi, saltando i rami che
mi sbarravano il passo, io cercavo il tesoro,
il mio tesoro. Non badavo al sangue che
usciva dalle ferite che mi facevo alle mani,
alle gambe, aUa fronte, non curavo la mia
povero sottana che restava meta tra le
spine. Quel tesoro valeva tutto il mio san-
gue per certo, se quelle di un Dio era gia
stato sparse per esso.
Cercai per un'ora, per due. Temevo di
rimanere deluso. Mi raccomandavo alia
Madonna, pregavo il buon Gesii e intanto
con gli occhi ormai stanclii scrutavo ogni
angolo oscuro, con le mani aprivo ogni rovo.
Ero, spossato, sudavo e forse piangevo...
Ad un tratto, I'uomo che cercava con me,
mi trattiene per un braccio. Fenno il passo
e ascolto. Da lontano giungeva I'eco delle
invocazioni pagane... Pero, a circa tre
metri, o poco piu, da noi, si nota un vagito.
Corriamo assieme... Un involto di luridi
cenci ci nasconde un bel bimbo di pochi
gionii, con due occhietti vivi e sorridenti,
che tende le manine. Lo raccolgo; lo struigo
al petto e corro felice verso I'uscita. Ma
I'indiano mi consiglia di uscire per dove
siamo entrati. Riscavalchiamo il muro, do
la promessa rupia al compagno, piu un'altra
di regalo e mi porto a casa il mio tesoro.
Tre giomi fa quel tesoro e volato in Pa-
radiso col nome di Carlo Salotti, per ono-
rare e ricordare un grande amico della
Santa Infanzia Abbandonata.
EM ME.
203
LENTA E DIFFICILE CONVERSIONE
E CIVILIZZAZIONE DEI KIVARI
Le cause per cui la conversione e civiliz-
zazione dei kivari precede lentamente si
possono ridurre a tre principali:
i) La natura del luogo. La zona da essi
occupata e estesissima, tutta inontagnosa,
solcata da grossi fiuini impetuosi seiiza
ponti: maiicano lestraie, sostituite da seii-
tieri quasi impraticabili e pericolosi, trac-
ciati per lo piu sulla cresta dei monti e
delle colline, clie formano un sali-scendi
contiuuo.
Nella natura stessa del luogo 11 missiona-
rio trova il primo inipedimento ad avvici-
nare con facilita le sue pecorelle.
2) La vita sociale dei kivari. La vita ki-
vara sembra in apparenza completamente
anarchica, libera, senza capo e senza leggi,
senza vincoli sociali: invece non e cosL
I kivari vivono in tribu (da 50 a 150 persone)
legati tutti da vincoli di parentela, situati
aH'intorno di una piccola vallata nei punti
piu strategic! a distanza tale I'uno dall'al-
LQUAIOKIj. = Missijnario die animini'slra il sanio ballcsimo ad un piccolo kivarctti.
20-/.
A che punto lo stregone ridusse un infcrmo...
tro da jiotersi a\-\-isare a voce e raccogliersi
rapidaniente in caso di guerra, di caccia o
di disgrazie.
Nella tribii vi e sempre qualcuiio die
emerge per iiitelligenza, per acume o per
I'eta, al quale si rivolgono gli altri per con-
siglio negli affari d'iiT.portanza.
I membri delle altre tribii sono sempre
considerati come malvagi o nemici, quindi
una tribii vive lontana dall'altra, separata
da confini ben marcati quasi sempre da
fiiimi e montagiie.
Ora rarameiite i kivari delle altre tribii —
e con difificolta — possono venire alia niis-
sione clie si trova nel territorio di im'altra
tribii, lie lasciaiio i lore ragazzi al missio-
iiario perclie temono clie gU altri li niolestino,
Un giomo. di ritomo da una escursione,
avevo portato in casa un bel gnippo di ra-
gazzi orfanelli; ma in poclii gionii mi vidi
scomparire quelli clie gia vi erano pel sok)
niotivo clie erano entrati ragazzi di altra
tribii.
E evidente clie ci \-iiol ten.po per cambiare
questo stato socicle; e il missionario se vuol
essere a contatto di tutti deve mettere la
sua residenza in tutte le tribii. In tal caso
la conversione sarebbe facile e sicura.
In pochi aimi, per esempio, la Missione
ili Mendez conta una quarantina di cri-
stiani fer\-orosi, e tra questi vi sono veri
angioletti clie desiderano la coinunione qiio-
tidiana e pregano ogni giomo pei ccnipagni
infedeli, spose e sposi clie si accostano con
frecjuenza ai Sacranienti e vivono una vita
edificante.
Approssimativamente si calcola che vi
siaiio circa 12 mila kivari divisi in 70-80
tribii. Essendovi appena ([uattro rcsidenze
niissionarie con poclii sacerdoti e snore,
potete pensare quanti missionari e snore
occorrerebbero ancora. E siccome c nn'uto-
pia pensare che ogni tribii debba avere il
sue missionario, questi se vuol avvicinare
i kivari deve fare periodiclie escursioni per
battezzare, istruire, curare grinfermi: mia,
due, tre volte all'anno deve portarsi presso
le varie kivarie, sicuro clie la sua asseiiza
da casa si risolvera in un danno per la scuola
e per I'istruzione catechistica della tribii
clie lo ospita, senza essere certo dell'effi-
cacia della sua fatica. Non vi e certo
confronto fra I'istruzione metodica quoti-
diana o settinianale in chitsa e quella fatta
in una capamia kivara due o tre volte al-
raniio, fra il runiore dei bambini, dei cani
clie latrano e delle donne intente alle loro
facceiide.
1 missionari poi devono inoltre interes-
... ora curato amorcvolmcntc dal missionario.
20s
Assistiti da Mons. Comin i piccoli cantori kivari eseguiscono un saggio coralc.
sarsi dei coloiii, oggi gia niimerosi, e di laiitc
altre opere di carita e di civilizzazione.
3) La lingua assai difficile. Per apprenderla
bene dalla bocca del selvaggio sono neces-
sari da 7 a 8 anni, e fa d'uopo non perdere
nessuna occasione, perclie non senipre il
selvaggio e a disposizione del missionario.
Di piu I'indio dopo poclii minuti di riflcs-
sione si stanca, e allora non c'e piii forza die
lo trattenga, si inipazientisce facilmeiite non
comprendendo bene il pensiero del missio-
nario e lo pianta in asso facihnente.
F, senza la lingua non si puo avere una
influenza decisiva sui kivari, ma si e facil-
niente esposti al ridicolo.
Per o\'viare a queste cause in qualclie
modo, sarebbe necessario nn auniento con-
siderevole del personale dellevarie residenze;
un personale volonteroso, zelante, disposto
ad ogni sacrifizio, pronto a portare ovmicjue
una scintilla del suo fuoco. Ouanti dei gio-
vani die leggono cjueste riglie sarebbero
strunienti adatti per diffondere tra le selve
equatoriane il Regno di Dio! Li ispiri e li
decida il Signore colla sua grazia.
Macas, giugno 1931.
D. Giov. GlIINASSI
Missionario Saksiano.
IN GIAPPONE
NON VI SONO
LADRI
Ossatura dell'dsilo
in costruzione.
.iSia^i'
■■"!•' ■ 'tin II .: -
« In Criappone non vi sono ladri d cosi
dicono le cronache cinesi del III secolo
dopo Cristo, ma subito dopo agginiigoiio:
« Per i ladri vi sono delle pene severis-
sime... ».
ly'affare dei ladri colpi anche S. Fran-
cesco .Sa\'erio, appena arrivato in Giap-
pone. Nella prima sua lettera, dice: .< In
questo paese vi sono pochi ladri, tutti
hanno in grande orrore questo vizio, per
le pene severissime, ecc. ». Passato uu
anno e mezzo, prima di lasciare il Giap-
pone, I'esperienza del Saverio era gia
molta. Scrive ai missionari che dovevano
recarsi in Giappone: << II piu grande sacri-
ficio che deve fare qui il missionario e
di restare dei mesi senza poter celebrare
la Messa. Quando si viaggia, non si puo
fidarsi di portare con se il calice, che le
strade sono infestate dai briganti... ».
Tutto questo, pero, riguarda il Giappone
del 1550 circa. Ora qui tutto e cambiato.
Da quando sono sbarcato, mi son sen-
tito ripetere ogni giorno:
— Oh, qui ladri non ci sono, qui non
si ruba mai...
A furia di sentire sempre la stessa sto-
ria, finii col dire anch'io come gli altri:
— Lasci pure I'automobile in strada,
tanto, in Giappone ladri non ci sono.
Cosi, quando si doveva entrare in casa,
lasciando le scarpe alia porta:
— Non le porteranno \ia, tanto, ladri
non ci sono...
Pensate poi come rimasi, il giorno in
cui lessi nel giornale: « A T una fami-
glia e sata tutta assassinata dai ladri.
La poHzia indaga ».
Per bacco! Ed io che dormo senza
porte, sen?a serrature!
La casa giapponese e bella, come un
giocattolo, ma quando si pensa ai ladri
che entrano senza fatica e che anunazzano
la gente con tanta abilita da non inter-
rompere nemmeno il sonno...
Intanto da quel giorno tengo sempre
accanto al letto una scopa: credo che con
una scopa in mano si diventi terribili.
*
* *
Trasportato lo studentato filosofico da
Miyazaki a Takanabe (si puo andare a
piedi o col treno) andai con D. Cimatti
a ossequiare le autorita, coniinciando dai
capo di polizia.
Inchini, biglietti di visita, colpi di tosse,
te, e poi:
— Avete fatto bene a venire, bisogna
che la gente sappia che siamo amici;
voi siete stranieri, siete ricchi...
— Siamo poveri, poveri, stia sicuro;
\'enire da noi, e come andare al cimitero;
piu che le nostre ossa...
— Ebbene, a proposito di cimitero,
sentite; ieri ho arrestato una citiquantina
di persone che hanno svaligiato un cen-
tinaio di tombe preistoricbe. Venite a
vedere!
E precedutoci in un'altra camera, ci
fece vedere un monte di sassi, di punte
di f recce, cocci, selci lavorate, un vero
niTiseo dell'eta della pietra.
— Avevano bisogno di materiale da
costruzione? ,
— E che speravano di fare dei soldi
vendendo tutto all'estero. E voi, state
attenti, vi raccomando.
Io tornai a casa col proposito di pren-
dere una scopa che avesse il manico piu
grosso. Ma se vengono in cinquanta, cosa
posso fare con una scopa sola?
207
GIAPPONE (Miyazaki). = Entrata e salone centrale deU'asilo « Stella mattutina»
Persino nei libri di scuola si parla di
ladri.
Per studiare il giapponese, non c'e
altro mezzo che tradurre i libri delle ele-
mentari. Che delizia!
a, i, It, e, 0
fagiolo, Colombo, metro...
il gatto e bianco...
il cane e nero...
Dopo venti pagine di tale letteratura,
{e io credevo di aver finiti gli studi!) siamo
arrivati al primo racconto, Momotaro.
In quattro parole, e la storia la sapete.
Si tratta di un ragazzo, che a soli lo anni
va a fare il pirata, per rubare i tesori in
un'isola guardata dai demoni. Ci riusci.
I poveri diavoli dovettero dare tutto,
fin il carro, per avere salva la vita. Ora
a quel ragazzo hanno fatto un tempio.
I ragazzi di prima elementare non so-
gnano che di imitarlo.
Nel secondo libro di lettura, proprio
alia fine, anche qui un racconto di ladri.
Ouesta volta, sono i ladri che hanno
la peggio. Riferisco il fatto coni'e scritto,
per non guastare la bellezza letteraria.
Siitendogi era un ladro che rubava ora
delle persone, ora delle cose. Allora il
« Figlio del Cielo » disse al prode generale
Raiko:Va., e falla finita con quel ladri che
vengono a rubare fin in citta!
II prode Raiko, travestitosi da pelle-
grino, seguito da numerosi soldati pure
travestiti, dopo lungo cercare, capito pro-
prio in bocca al lupo.
II brigante Siitendogi, visto che si trat-
tava di pellegrini, fece un gran pranzo e
invito tutti a fermarsi qualche giorno.
Siitendogi, felice di avere tante buone
persone in casa, si ubriaco con tutti i
suoi sgherri. Poi caddero sotto le tavole
russando beatamente.
Quel russare era come il rumore del
tuono, ma il prode Raiko non si spavento.
Sguaino imperterrito la sua spada e at-
tacco il terribile Sii*eiidogi che sognava
di bere un fiume di bake! Allora ebbe
G('^Pf'ONE ( Fano). = Njovc ablti:loni. — Kcsidcnza dclla mUsionc.
20S
hiogo un duello lerriliile: da una parte
balenava la spada del prode Raiko, dal-
I'altra brillavano gli occhi del brigante,
nia la spada ebbe il sopravvento e tutti
i briganti furono sterniinati.
Da quel giorno, per un po' di tempo
(siamo 5 secoli prima del Saverio) in
(Jiappone, presso la capitale, non vi fu-
rono piu ladri.
A leggere queste cose nei libri di scuola,
si fa una risata e non ci si pensa piu;
nia e un altro paio di maniche, quando a
tavola si fan dei discoisi come questi:
— Questa notte, ere li tra il dormive-
glia, quando sento un piccolo rumore.
Guardo bene e vedo spuntare sulla ve-
randa una testa, poi le spalle... allora,
senza pensarci, grido: nan diskaP (cosa
c'e?). Al sentire la mia voce, quello la
salta giu e via.
— Un ladro?
— Oh, ma questo e niente. Un mis-
sionario della missione qui vicino a noi,
nientre dormiva, si e sentito d'un tratto
uno addosso che lo teneva ben stretto,
con clii sa che intenzioni. Ha dato un
tale urlo, che sono accorsi tutti <]uei di
casa. Dice che gli vengono i brividi ancor
era, soltanto al pensare a quel brutto
memento.
— Con queste case che abbiamo qui,
non c'e da meravigliarsi di nulla.
Non un cancello, non una serratura.
Con un pugno si sfonda tutto. C'e da
meravigliarsi c!ie non portino via anche
nui lon la nostra roba.
— Oh, a me e sparita la penna stilo-
grafica dal tavolino.
— A me e sparito...
E ognuno diceva la sua. Ebbene, que-
sti discorsi non sono come i racconti dei
libri. Di notte, svegliandosi, si pensa su-
bito all'uomo della veranda, si pensa al
missionario che s'e sentito afferrare per
il collo... si sta a guardare la finestra
aperta: ci sara qualcuno la fuori, tra gli
alberi? Se uno volesse entrare, non ha che
da spingere i sogi, piu leggeri di un para-
vento...
Poi si riaddormenta, ma ad ogni ru-
more, che sussulto! Seduto sul letto, con
le orecchie tese... si passa alcuni minuti,
poi: sara state un topo, sara caduto qual-
che kak'' dall'albero...
Quando arriva I'alba, si vorrebbe dor-
mire tranquilli, ma non c'e piu tempo.
Ho voluto domandare al mio amico,
a « Voce del Fiume »:
— Mi dica, in Giappone, ci sono o
non ci sono i ladri?
— Son domande da farsi, queste?
II Giappone e cosi progredito come
I'Europa e I'America; non vuole dunque
che ci siano i ladri?
D. Marega Mario
Missionario Salesiano.
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Oonnc giapponc:
3) Bntichi qucrrkri nipponici
ore i)\ riposo...
LA LEBBROSERIA DI NGAYE
La lebbroseria clie i Missionari Salesiani
hanno inaugurata a Ngaye (Congo Belga)
al principio del corrente anno ha ricevuto
la visita del Prefetto Apcstolico Mons. Sak,
il quale ha approfittato deH'occasione per
amministrare la S. Cresima a una quaran-
tina di cristiani. Quel bravi indigeni si ac-
costarono quel giomo all'altare con le mani
giimte e con un raccogliniento che iudicava
la viva emozione delle anime loro: conquiste
deliziose dello Spirito Santo.
Ngaye dista da Kak3-elo circa i8 km. che
possono percorrersi comodamente — quand'e
possibile — in biciclctta. A Ngaye ri.siede il
missionario P. Claquin, un vecchietto dalla
barba bianca ma ancora nel pieno vigore e
coraggio. Ne diede prova ultimamente quan-
do, assalito da im leopardo, si difese brava-
mente. E vero che ne usci dalla lotta con
le impronte d^gli artigli deUa belva sulle
braccia e sulle gambe; ma ebbe la soddisfa-
zione di vedere la fiera pagare colla niorte
la sua audacia. Egli pero dovette essere
trasportato dai cristiani in casa e curato,
ma al jireseiitc fe del tutto rimesso in forze.
Le belve ronzano con predilezione attorno
al lazzaretto. II mattino del giomo in cui vi
giunse Mons. Sak un altro gro.sso lecpardo
era caduto, e la vigilia una iena forniidabile
vi aveva lasciata la vita; poclii giorni (lcj])o
fu la volta di un leone maschio dalla folta
criniera. Belle cacce che misero in sospetto
Mons. Sak; egli scorse in codcsti pericoli
una gelosia del diavclo per 1 'opera proA'^'i-
denziale iniziata a Nga)-e, e forse non ha
del tutto torto.
La lebbroseria promette bene; nelle ca-
sette ben allineate vi abitano gia una tren-
tina di persone, iiove delle quali, fortemente
colpite dalla lebbra alle mani, ai piedi e alia
faccia, sono ridotte ad una condizione ri-
buttante. Pure tutti sono felici di non sen-
tirsi pill abbandonati; sono di fatti ben
ciirati, puliti, nutriti... e istruiti nei doveri
cristiani. II lebbrosario consta di 20 ettari
di terreno disbcscato e gia coltivato a se-
mina; su quei campi si posano con com-
piacenza gli sguardi dei poveri lebbrcsi,
pieni di speranze in un promettente raccolto
die assicurera loro I'agiatezza. Intanto si
prosegue a costruire case di fango battuto
in attesa di peter meglio ijrovvedere a co-
struzioni piii stabili; anche la c; sa del mis-
sionario e, come le altre, di fango coperta
di paglia con due aperture, che di notte
vengono chiuse con porte di canne di banibii
e contro le quali le fiere si divertono a ra-
spare, faceiido sussultare il povero nii,=sio-
nario.
Cio che soprattutto risalta nella lebbro-
.seria 6 la... poverta. ((Don Bosco, scriveva
Mons. Sak, sara contento e benedira la
nuova opera che metticmo sotto la sua pro-
te/.ione. Che egli ispiri le anime genercse
ad aiutarci, specialniente i giovani ».
X.
rm: h ilit maia,kberab\t pyfr;iiororr;iJ>.[}'iXLiJ *^
■^ ' 'uaivf XIII = [^^
c^-
^^^^
212
CRONACHETTA MISSION ARIA
LE FESTE DEL BEATO ODORICO
Le feste che, in onorc del B. Odorico, cbbero
liiogo a I_"diiio nci primidclsettombre, riuscirono
una soleune apoteosi dell'iiitrepido missionario.
he feste ebbero inizio nella cliiesa del Carmine
con la ricoguizione, fatta da S. E. Jlonsignor
Arcivescovo, delle sacre spoglie, conservate
nell'iirna fin dell'auno 1300; spoglie che col-
locate in un'artistica urna fiirono portate dai
PP. francescani delle tre famiglie; conventuali,
cappuccini e minori, alia metropolitana con una
Qiagiiifica processione a cui parteciparouo folle
inipouenti di icdeli con S. E. Mons. Nogara,
arcivescovo di Udine, le LL. EE. Slons. Bovelli,
arcivescovo di Ferrara, Mons. Delia Pietra,
Delegato Apostolico in Albania, Mons. Calza,
Vicario Apostolico nell'Honan (Cina).
Pellegrinaggi grandiosi sono stati organizzati
per venerare le sacre reliquie del missionario. La
festa di chiusura al 6 settembre riusci veramente
trionfale: otto vescovi e tutte le autorita pre-
sero parte alle soleuni funzioni in duomo e alia
processione per il ritoruo delle reliquie alia
chiesa del Carmine.
CONGRESSO MISSIONARIO
II 10 settembre si e aperto a Barcelos (Porto-
gallo) — citta di grandi tradizioni missiouarie
— il prima congresso missionario portoghese,
presente tutto I'episcopato portoghese con a
.•■apo I'E.mo Patriarca di Lisbona, legato Pon-
lificio. Per la circostanza fu iuaugurata uu'espo-
^izione missionaria. II congresso si e chiuso con
ana tnagnifica processione eucaristica.
FRANCESCANI PERITI
Durante le recenti inondazioni in Cina, una
barca, suUa quale erano alcuni francescani, fu
capovolta dal vento: tre francescaui laici sono
iunegati.
MONS. RICCI LIBERATO
Monsiguor P.icci, Vicario apost. di Lao-ho-
kow che era stato catturato il i; raaggio dai
briganti comunisti, e stato libcrato.
SBRANATO DA UN LEONE
II Rev. Myron Taylor, appartenente ai Fra-
telli iu Cristo, araericani, e fin dal 1907 missio-
nario nella Rhodesia settentrionale, ha perduto
la vita nel tenlare di uccidere un leone fuggito
dalla trappola. Avendo mancato i colpi sparati
sulla belva, questa infuriata si scaglio su di
lui e lo sbrano orribilniente.
LA MESSE E MOLTA
Si verifica veramente la parola di Gesu nel
vicariate del Bangweolo: ivi i cristiaui aumen-
tarono di circa 7000 in quest'anno, mentre
quasi 40.000 catecumeni attendono nelle 12
missioni il battesimo.
LUNIVERSITA CATTOLICA DI PECHINO
L't-'niversita Cattolica di Pechino, fondata e
diretta dai benedettini americani, e .stata
ufficialmente riconosciuta dal Governo cinese;
godra cosi di tutti i diritti delle X^niversita ed
i gradi da essa conferiti avranno il riconoscimcnto
ufficiale. Da molto tempo si .sapeva che il ri-
couoscimento doveva venire e le autorita ci-
nesi gia la consideravano come registrata, ma
la notizia ufficiale fu data solo il 23 agosto.
LOPERA DI UN MISSIONARIO
II padre Bernardo Huss, il noto sociologo
fondatore di tante opere sociali nel Sud Africa,
e stato iuvitato dai Goverui del Bechuanaland
e dello Swaziland a tenere delle conferenze
nei loro territori. Anche il Governo Transkciano
di Umtata lo ha iuvitato a tenere delle confei'cnze
ed a preparare i capi per le organizzazioni eco-
uomiche e rurali.
II P. Huss ha scritto uue serie di articoli su
« I ncgri americani e gli indigeni africani », che
vengono pubblicati dal giornale Vmlata Territo-
rial News, ed il Governo gli ha domandato di
poter stamparc quegli articoli in un opuscolo
di 2000 copie, per distribuirlo fra gli indigeni
colti.
2/J
d
a
Riviste
issionane
PER CONVERTIRE L AFRICA
Ecco cio che chiede suWEco deU'Afiicii im
missionario:
1° Sostenere con poderosi mezzi finanziari
i Catechisti negri, che conoscono la lingua e
persuadono i loro fratelli facilmente.
2" Estendere il servizio automobilistico: un
missionario, senza auto, perde una gran parte
di tempo che potrebbe utilmente impiegare;
di pill, puo fare per dieci missionari.
Forse il missionario ha ragione!
LE '• STRADE DELLA PREGHIERA "
Ne parlano gli Aiiuali di A'. S. del S. Ciiore.
Quando il P. Fastre e il fratello Augusto pre-
sero posscsso di Mafulil nella Papuasia, pcnsa-
rono subito a costruire delle strade; impresa
gigantesca, dovendosi aggrappare ai fianchi sco-
scesi dei monti a strapionibo su precipizi, cor-
rere su terreni mai battuti fin qui e che bisogna
sbarazzare prima da inestricabili barricate di
radici, liane, spoglie dei giganti della foresta
vergine che da millenni li spuntarono e ivi cad-
dero. Bisogna poi tener conto della mano d'opera
primitiva: i kanaki si ostinavano a portare
in testa la carriola anziche t'arla correre.
Fratello Augusto ebbe un cattivo inizio in
questa sua fatica. Mentre marcava il tracciato,
cadde in un agguato per cinghiale, sorta di
fossa che i selvaggi scavano per catturare anche
i loro nemici, dissimulata sotto un abbondante
fogliame il cui fondo e irto di grosse lance den-
tate. Fr. Augusto avrebbe dovuto rimanere in
qnella trappola, ma i nostri Angeli vegliano.
Senza saper come, si ritrovo sano e salvo tre
raetri piu distante, aggrappato aU'cstremita op-
posta a quella ove era scivolato...
Dopo I'agguato materiale venue quello pin
sconcertaute della febbre. Tenne testa a tutti
gli ostacoli il buon fratello Augusto, da vcro
missionario. L'opera sua iuconiinciata con taiito
fervore fu seguitata da altri cd era finita nel
1008. Oggi e.sistono 800 km. di strade cosi pre-
paratc e sono chiamate « le strade della pre-
ghiera », e allacciano i villaggi alle niissiniii.
IL "FRIAGEM"
E un fenomeno che si ripete ogni anno da
maggio ad agosto, nel grande bacino aniazzo-
nico e ronsiste nei bruschi abbassamenti di
temperatura al nord nella immensa vallata.
Xel fondo del bacino aniazzonico — scrive
P. Antonio da Perugia nel Massaia — difeso
dal potente massiccio delle Aude, da maggio ad
agosto la vallata si ri,sente delle alternative
Ijaromctriche: i venti perturbano la regione
atmosferica, ed hanno la massima importanza
nella climatologia amazzonica. Quando sof-
fiano i venti di nord-est rinfrescano gli ardori
tropicali; ma quando invecc .sotfiano da sud-
est il termometro si abbassa bruscamente
a 16, a 12 e anche a 10 gradi; e allora dalle
alture scendono certe raffiche gelate da tra-
sformare le ardenti Amazzoni in una gelida
Siberia.
Gli indi risentono specialmente il cambiamento
e lo chiamano jriazem. E il tempo delle eca-
tombi umane: le costipazioni, le grippe, le pol-
nioniti non si contano piii. E certe volte il
fenomeno si prolunga per settimane e si ripete
varie volte.
II nii,s.sionario allora si trasforma in medico
per curare e distribuire medicine ai numerosi
nialati.
IL "COCHIPE"
fi una malattia caratteristica degli abitanti
le .selve equatorianc. Scrive Vila Giuseppina,
che d una specie di lebbra, che a poco a poco
consuma le carni del paziente riducendolo ad
uno scheletro viventc. E una malattia estrcma-
niente epidcmica il coiliife, e guai se cntra in
una famiglia; in breve ne infetta tutti i membri.
Fiuo a pochi anni fa non .si conosceva un ri-
nie<Iio si^ecifico; fu P. C.ianotti a introdurre
nella Missione del Tcna (I'lquatore) un prodi-
gioso rimedio die in pochi giorui ridoua alle
carni putrefatte la primitiva fre.schczza, il pri-
niiero colorito. II buon missionario fu colpito
dalla morte jjoclii mesi or sono.
2/4
La fine del dono deH'lmperatore
(RACCONTO)
Uii valoroso Samurai el)l)e in dono
dall'imperatore un prczioso servizio di
porcellana antica, consistente in venti
piatti artisticamente decorati.
Quel dono era I'orgoglio del Samurai.
Nelle grandi feste, quando ospitava il
fior fiore della nobilta, faceva mettere in
tavola due di quei preziosi piatti e li
mostrava con visibile compiacenza.
La servitu pero, in fiuelle occasioni,
avrebbe preferito che i piatti restassero
sempre chiusi nel loro cofano.
■ — Se uno di voi rompera anche uno
solo di t:ili piatti, lo paghera con la sua
testa!
Ouella minaccia era ri])etnta ogni <|ual
volta si dovean esporre alcuni dei piatti.
Popo una grande festa, mentre si ri-
poneva tutto in ordine, una serva ebbe
!i disgrazia di rompere uno di quei piatti.
Fu un colpo per tutti. Nessuno ardi\'a
parlare. Per fortuna il Samurai in qxiel
momento non si trovava in casa, ma non
avrebbe tardato molto a ritornare. Tutte
le serve, le cameriere, le sguattere, tutti
insomnia stavan intorno alia Oisgraziata
che piangeva dirottamente.
In quella eutra uno dei servi, e:
— Cosa c'e da piangere tanto?
— Haruko ha rotto un piatto. Orniai
e sicara che le sue ore sono contate.
— Per un piatto? Ma via!
— £ uno di quelli regalati dall'impe-
ratore. L'ha detto chiaramente il padrone:
se ne rompete uno, lo pa gate con la vita.
— 'Ma vi e un rimedio a tutte le cose,
lo ho un parente che sa aggiustnre le
porcellane rotte. Lasciate fare a me. Non
pensateci piii. I'iuttosto, giacche il pa-
drone non c'e, fatemi vedere anche gli
altri piatti.
— vSei matto! e se si ronqxino...
— Ma via! Non vi ho detto clie ci
penso io! Fatemi questo piacere. vSe questo
piatto rotto e cosi bello, chi sa come lo
sono tutti insieme! Voglio appagare questa
inia curiosita. Del resto, se non mi tate
vedere il ser\'izio completo, io non faccio
aggiustare il piatto rotto!
Non potendo fare altro, le serve tclsero
dal cofano tutti i piatti, diciannove in
tutto, e glieli mostrarono.
— >Sono veramente belli! — e si chino
per rsser\'arli bene, ma, d'un tratto,
afferrato un bastone che c'era li presso,
si mise a battere furiosamente su quei
piatti, finche non li ebbe rotti tutti.
Fu un urlo di spavento. In quel mentre
entra il Samurai...
II servo, impavido, si avanza, e:
— \'oi avete minacciato la morte per
ogni piatto rotto. Uno alia volta, o prima
o poi, si sarebbero rotti tutti. Cosi, per
causa di quei piatti, avrebbero dovuto
morire una ventina di persone. Ma la
vita d'un uomo, vale molto di piti di
quei piatti. Ebbene, e meglio che muoia
uno solo, e che poi la sia finita con queste
minacce. Uccidete me solo. Murio con-
tento, perche cosi salvo la vita f.d altre
diciannove persone. Eccomi pronto! — e
si mise in ginocchio, porgendo la testa.
II Samurai, benclie molto arrabbiato,
al sentire quelle fiere parole, pieno di
ammirazione, perdono ogni cosa. Si gua-
dagno cosi I'affetto e la stinia di tutti.
D. Marega
Missionario Salesiano
Iii i.
21
L'origine
del
Oiappone
seconJo la mi-
tologia ^iap-
ponese
La terra non esisteva ancoia, pero c'era una
broda amara, densa e pesante, come I'olio che
si muoveva lentamente.
Nel cielo del Giappone, o meglio, la dove
sarebbe sorto il Giappone, gU dei apparivano
e sparivano, come da noi i lampi, quando fa
caldo; gli dei nascevano come funghi e se ne
andavano senza dir niente a nessuno.
Ad uu tratto ecco spiintare una dozzina di
dei (quasi dodici) che han voluto fare le cose
sul serio.
— Ola! Udite la mia voce! Tutti i popoli
hanno una storia antichissima. Saremo noi da
meno degli eroi dell'Olirapo? Orsu, tramandiamo
il nostro nome ai posted e facciamo qualche
opera degna della storia.
— In tutte le mitologie, ci son gli dei che
fanno opere portcntose. lo proporrei di fare
la terra.
— Faccio osservare che la terra e gia fatta,
ad ogni modo la proposta non e cattiva. Met-
tiamoci mano anche noi. Se non allro, si dira
che almeno un pezzo di terra I'abbiam fatto
noi.
— Ben detto. Siccome ho letto nelle storie
d'Kgitto, robe meravigliose su Iside e Osiride,
fratello e sorella, incarichiamo anche noi, due
dii, fratellchc sorella, che vadano in quel paese
che sta qui sotto, a fame qualcuna da traman-
dare ai posteri. — A. (juesto punto si avanzo
Izanaghi con la sorella Izanami. Eran vestiti
di bianco, coi calzoni legati alia caviglia; i ca-
pelli ncri, limghi, raccolti come una matassa,
prcsso k- orccchie, tenuti fermi da pettini di
di bambu.
— lo per me, ci vado. lla con niente si ha
niente. Cosa mi date?
— C'e qui una lancia, a qualche' co.sa servird.
Se non altro — I'ho letto ncWIIiadc — puo
farvi ombra, e un'ombra hinga!
— ServirA anche questa. Date qua. Quale
strada dcvo prendcre?
^ Va sempre diritto, giu per il ponte del
cielo. Ouando questo e finito, e segno che sei
arrivato. Andate e fatevi onore.
Izanaghi mise la lancia sotto il braccio e
s'incammino tutt'allegro, seguito dalla sorella
che teneva le mani nascoste nelle nianichc,
tremando dal freddo. E non aveva torto; doveva
fare molto freddo, perche il sole aveva ancora
da nascere. I loro passi risuonavano stranamente:
pata-pata, pata-pata.
— Ci sara da fidarsi a scendere su quella
roba cosi equivoca, che si niuove la sotto?
— Possianio provare con la lancia. Ci arriva?
— Izanaghi immerse la lancia in quell'acqua sal-
mastra, senza trovare alcuna rcsistenza.
— Qui si puo pestare fin che si vuole, ma
piu che buchi nell'acqua, non si riesce a fare.
Ij proprio acqua. Senti!
E si mise ad agitare I'acqua con la lancia;
dal basso saliva il rumore dell'acqua smossa:
koAvoro, koworo, koworo.
— Proviamo in un altro posto.
Alzo la lancia e si mise ad osservare la punta
tutta bagnata, tanto per guadagnare tempo.
Dalla punta della lancia intanto le gocce
cadcvano giu luia dopo I'altra; appena tocca-
vano I'acqua, divcnivano solide si da formare
un'isola.
Le grandi invcnzioni si fanno sempre senza
pensarci.
— I'xco che abbiam fatto la terra! Cioe, ecco
fatta la prima isola del Giappone, vieni, scen-
dianio; non c'e piu pericolo di bagnarci i piedi.
— Ho mai toccato I'acqua in vita mia, spe-
riamo che non ci capitino disgrazie.
— Fatti coraggio! Ricordati die siamo dei;
e poi, finora non siamo ancora mnrti. Vicni.
Cosi ebbe origine la prima isola, la prima fa-
miglia; dalla prima famiglia, ncU'isola di Ono-
goro nacque ben presto un figlio... ma quale
figliol Un mostro! Un mostro che era uu i.sola!
(Continua).
2/6
Pkcole mm\m
'4. 4.
missionarie
GUSTI CONTRARI
p. Coltre del Sacro Ciiore racconta sug!i
AniKrIi di N. Signora del S. Ciiore un bel caso
capitatogli lui gionio tra i kanaki.
— Caro padre Coltre, — si disse un gionio
— se vuoi inangiare anche tu qualcosa, bisognera
pure che incomiuci ad accenderti il fuoco.
Raccolgo un po' di legna e inconiincio la
nianovra.
Cosa devo cuocere?
Ah, c'e un'anitra selvatica catturata clic pa-
ghera le spese del pranzo — e inconiincio gia
a gustare con la niente il buon brodo e il miglior
lesso che uscira fuori da quel provvidenziale
volatile.
Jli si fa avanti Aitsi Raffaele, un frugolo di
:o anni.
— P. Contere, lascia fare a nie che ti pre-
paro il desinare. Tu sei stanco e hai bisogno di
riposarti.
— lla sai fare il cuoco tu?...
— Molto bene.
— E dove hai iniparato?
— Prima sono stato da un inglese, poi da
un altro e poi da un terzo e ho imparato parec-
chie cose.
: — Bah! Jli pare un po' strano che abbia ser-
vito tanti padroni, nientre non ti sai ancora
soffiare il naso. Basta, preparami un po' di
brodo e un po' di lesso. Sai fare la minestra?
— Altro che!
— AUora preparami un po' di minestra e il
lesso lo pas.serai in padella. Quando sara tutto
pronto, verrai a chiamarmi.
R mi allontanai quanto un tiro di sasso per
dirmi un po' di breviario e riposarmi.
Dopo un paio d'ore il niinuscolo cuoco mi
chiama.
— ■ P. Contere, tutto pronto.
— Vengo subito... Portami un po' cotesta
minestra.
La gusto: oh, povero me! Non e che acqna
calda salata.
— Birbone d'un monello! E questa tu la
chiami minestra? ila come Thai fatta?
— P. Contere, ho preso I'acqua e vi ho messo
il sale.
'*4i^
— Si, eh? E il brodo dell'anitra?
— Quello I'ho buttato via... E che, volevi
mangiarti quella porcheria nerastra?
lo non so quale santo del Paradiso mi ha
retto le raani in quel momento. Pensate: il
brodo buttato via, e il lesso... carbonizzato.
D'ora in poi quando mi si presentera qualchc
altro cuoco patentato, mi guardero bene dal-
I'affidargli la mia marmitta a occhi chiusi.
FATICHE SCONCERTANTl
Imparare una lingua nuova, mai scritta, im-
porle il giogo della morfologia e della sintassi
— unica maniera per renderla a noi accessibile
— arriccliirla di un dizionario di parole astratte
che essa ignora completamente; tale fu la fatica
di P. Fastre e di fratel Augusto missionari di
Mafulu nella Papuasia. Ricordano gli Airtiali
di N. Sii^itoya del S. Ciiore che i primi giorni
fratel Augusto, col taccuino in mano, s'era pre-
fisso di imparare le parole piii elementari.
Jlostra una macina a un selvagaio e gli fa cenno
come per domandargli: — Come la chiami?
— lla — gli risponde.
S'accosta a una marmitta: — E questa?
— lla.
Tocca una vanga e quanto gli viene sottomano.
La risposta era invariabile: — lla.
Stupito il missionario uon riusciva a capire;
quando capi, stupi ancor piii: lla vuol dire: —
Chi lo sa?
^ #
2/:
Storia di 25 anni fa, narrafa dal missionario D. A. Colbacchini.
(CONTINUAZIONE)
Porse fu per qiiesta inipressione clie la
comitiva di Uke-wa^un si spinse tranquilla
verso il Nord-Est, stabilendosi suUe rive
di un affluente di sinistra, cliiamato Noid-
do-gtint. Passarono giomi e mesi; caccia e
pesca erano abbondanti e nessuno sognava
il pericolo che loro sovrastava. I terribili
Cajamo doge pero si erano accorti della
presenza dei Bororos, e, cautaniente scru-
tando ogni mossa, aspettavano il momeuto
opportiino per piombare loro addosso.
Una sera il Cacico Uke-waguu riuni gli
uomini per una caccia al tapiro. II canto
« Kie-paru » si protrasse fin quasi all'alba:
tutti erano affaccendati nei jjreparativi per
la caccia: nell'appuntire le f recce e tendere
la corja dell'arco. La caccia era solenne,
quindi penne a vari colori adornavano la
testa e le braccia dei cacciatori, tutti di-
pinti del rosso vivo dt^ll'itritcum. Al segnale
dato da Uke-waguu, lanciando le loro solite
grida di caccia si erano addentrati iiella
foresta scomparendo tra il folto delle foglie
e delle liane; il loro grido echeggiava di
qjando in quando, senipre piii lontano, poi
tacque.
Nel villaggio le donne erano intente alle
loro faccende; andavano e venivano con
cariclii di legna pel fuoco, o con I'acqua at-
tinta al fiume. I bambini scorazzavano
allegri davanti alle capanne. Tutto era
quiete, tranquillita. Quando un lungo acu-
tissinio grido ruppe iniprovvisamente il
silenzio e la calma del villaggio:
— Cajamo doge! Cajamo doge!... Ma nello
stesso tempo si ode un frastuono... E un
faggi fuggi generale... grida, pianti, urla
disparate. Le capanne vengono devastate;
pagUa e foglie di palme strajjpate e incen-
diate. I terribili Cajamo doge, come audaci
sparvieri, erano piombati sopra il villaggio,
quando gli uomini erano via e la jsreda era
sicura. CoUa rapidita del fulmine fecero
man bassa di tutto e fuggirono, lasciando
Don Colba;chini cd dltri mi>;ijnari intenll ncl faticoso mestiere del taglialegna.
~~- 27 S
la desolazione e la niorte. Al suolo, iimnerse
iiel proprio sangue, giacevano due donne.
Si udivano i gemiti strazianti dei feriti die
invocavano aiuto. Alcune donne avevano
avuto tempo di fuggire, ed erano corse in
cerca degli uoniini; altre se ne stettero ap-
piattate e ben nascoste nella forcsta. Quando
i cacciatori ritomarono, subito ricercarono
tra le macerie i lore cari... Che desolazione!
Che tristezza! Dne donne erano state uccise
con colpi potenti di mazza sul capo; un
figlio di Meriri-kwddda giaceva privo di
sensi con una larga ferita pure alia testa;
del funerale. Ivo scoraggianiento era scol-
pito sul volto, neU'animo di tutti..
Dove rifugiarsi? Dove trovare un asilo
di pace per passare gionii tranc|uilli? Da
una parte I'odiato civilizzato dal <)nalc non
potevano aspettare altro che tradiniento e
niorte; dall'altra il terribile Cajdmo, che piu
feroce del giaguaro scmpre se ne stava in
agguato per sorprenderli, dilaniarli, ucci-
derli... Raniinghi, i poveri Bororos passa-
vano da una foresta all'altra senza pace,
senza riposo, sempre nell'ai sia, nella di-
sperazione... Dopo aver compiuto il lore
MATTO GROSSO. = Missionari che ritornano alia missione con abbondantc bottino...
due bambini erano scomparsi, certamente
rubati dal nemico. Fu un gridare, un chia-
marsi, un piangere ininterrotto per tutta
la notte. Appena si trovarono tutti riuniti,
radanarono il poco che aiicor rimaneva e
portando scco i morti e i feriti, abbandona-
rono quel luogo sciagurato,
Uke-wagun, stordito, aveva dato ordine
di partire senza meta prefissa, senza saper
dove... Andarono, andarono per tutto il
giorno, oppressi, sotto I'incubo di una
nuova sorpresa da parte del nemico, e sul
far della sera s'accamparono nel piu fitto
della boscaglia, presso il Rio das Mortes.
I^a seppellirono le due povere donne, ri-
mandando a tempo migliore le cerimonie
dovere verso le vittime coi solenni funerali,
gli uoniini, riunitisi attomo al loro Cacico,
gli domandarono:
— U/te-wagiiu, nostro capo, qual e il tuo
pensiero? Che dobbiamo fare? Dove an-
diamo? Parla tu; noi staremo alia tua pa-
rola. Conduci la tua gente dove possa star
trauquilla, dove possa vivere senza timore.
Qid non stiamo bene; non possiamo pren-
dere sonno; ad ogni istante ci sembra di
sentirci venire addosso i crudeli « Cajamos ».
Pensaci Uke-wagun e decidi della nostra
sorte; siamo tuoi camerati, ti seguiremo e
ti obbedirenio in ti.tto...
A queste parole di sottomissione dei suoi,
Uke-wagihc rispcse:
2/ g
— E vero quanto dite: qui iion abbiamo
piu riposo, non possiatno chiudere i nostri
ocelli al sonno senza timore; i giomi e le
notti passaiio in continua aiisia e trepida-
Bordros alio stato primitivo.
zioue. Voi mi domandate che cosa io pensi
di fare e dove voglia andare. Ebbene, io
ve Io dico: non altro pensiero occupa la
mia mente in questi giomi, se non quello
di ritoniare da quel civilizzati, che io e voi
abbiamo conosciuto buoni ed amici nostri,
che ci desiderano e ci aspettano. Penso che
questa e Tunica cosa che ora possiamo e
dobbiamo fare. Abbiamo provato abba-
stanza. Mi avete voluto spiiigere lontano;
mi volevate far perdere il ricordo di quanto
aveva osservato coi miei occhi, dell'impres-
sione ricevuta dal mio cuore... Non mi
avete voluto ascoltare allora, ascoltatemi
ora. Di nuovo vi dico: lasciate ogni timore;
andianio dal Padre, non abbiate paura. Essi
sono civilizzati buoni, non ci tradiranno;
sono convinto che ci vogUono bene. Lo
spirito buono 6 con loro. Andiamocene la;
e sono sicuro die avremo pace... Io me ne
vado li; questa 6 la mia dccisione. Volete
voi venire? Mei'ii-i-/twadda mi disse die in
qualunque parte io andassi, egU mi avrebbe
seguito. Se volete andiamo tutti insieme.
Meriri-kwadda ci precedera per osservare
se tutto si trova nel modo come noi I'ab-
biamo lasciato quaiido ci recammo e an-
nunziera il nostro arrivo. Intanto noi ce
ne staremo alquanto indietro, aspettando
il suo ritonio; e secondo ci riferira, allora
tutti insieme proseguiremo: e il buon spi-
rito sara con noi.
Tutti approvarono unanimi il dire di
Uke-wagiiu e si disposero per la partenza.
Cosi si decisero di venire alia Missione.
Furono tosto inviati due giovanotti a
portare la ferale notizia ai compagni che,
ignari dell'accaduto, ancor stazionavano nel
luogo dove era awenuta la separazione.
Uke-waguu voile metterU al corrente del
suo sofirire, e della decisione presa; e li
incito perclie si decidessero ancor essi mia
liuona volta ad abbandonare quel luoglii.
Rammento loro quanto il Bari aveva detto
e ripetuto: al Slid sereno e luce; al Nord
tempesta e oscurita... I civilizzati, dai quali
egli andava, erano ben altra cosa e ben
diversi dagli altri. Servivano al Grande
Spirito ed erano buoni.
I due giovanotti, dopo poclii giomi,
erano di ritomo coUa notizia che i compagni
non si sarebbero mossi dal luogo dove si
trovavano; perclife, dicevano, la stavano
assai bene e le loro condizioni erano buone:
e quanto a cid die era stato detto dal Ban,
si riferiva senza dubbio ad Uke-waguu e
compagni. Andassero pure dove volevano;
dal momento che cosi avevano deciso, tutto
stava bene.
{Continua) .
Con apptovazlone ecclesiaslica. - D.
GARNEHI, Direllore-responsabile. —Torino, 1931 - Tipojtalia della Society Edilrice inteioazionale.
■~~- 220 -__
BATTESIMI
Cabiati Teresio (Casale) pel nome Teresio a
nil ciuesino — Rosso Caterina (Torino) pel
nome Teresa a una cinesina — Alunni di l\
Elem. Istituto Salesiano (Caserta) pei norai
Dnmenico, Alessandro, Arislide, Concettina a
quattro neofiti.
India - Madras.
Valsesia Regina (Invorio per Barqneclo) pel
nome Maria Rosa — De Agostini Emilio (Gor-
dona) pel nome Zita Emilia — Marzadro Don
Riccardo (Locca-Trento) pei nomi Giovanni
Bosco, Oresle Celestino — Selvatico Angela a
mezzo Pierro (Venosa) pel nome Jorini Antonio
— Cammone Giuseppina a mezzo Pierro (Ve-
nosa) pel nome Murando Vincemo — Casazzo
Rosa a mezzo Pierro (Venosa) pel nome Lanzo
Ambrogio — Lioj Rosaria a mezzo Pierro (Ve-
nosa) pel nome Sileno Vincenzo — Talucci
Angela a mezzo Pierro (Venosa) pel nome Di-
chisico Lucia — Savino Jlaria a mezzo Pierro
(Venosa) pel nome Sacco Maria — Tambanella
Pasqua a mezzo Pierro (Venosa) pel nome
Marando Vincenzo ^— Laganara Albina a mezzo
Pierro (Venosa) pel nome Antenori Vincenzo
— Caivano Adele a mezzo Pierro (Venosa) pel
nome Caivano Ltiigi — Alberghini Lia a mezzo
Pierro (Venosa) pel nome Beritii Filippa —
Dell'Armi Matilde a mezzo Pierro (Venosa)
pel nome Dell'Armi Giuseppe — Savino Do-
menica a mezzo Pierro (Venosa) pel nome Sacco
Vincenzo — Talucci Angela a mezzo Pierro
(Venosa) pel nome Dichirico Saverio — Del
Monaco Dora a mezzo Pierro (Venosa) pel
nome Del Monaco Lorenzo — Menna Madda-
lena a mezzo Pierro (Venosa) pel nome Orlando
Giuseppe — Giannastasio Serafina a mezzo
Pierro (Venosa) pel nome Emmannele — Sa-
lacone Maria a mezzo Pierro (^■enosa) pel nome
Amico Evangelisla — Casazzo Rosa a mezzo
Offcrk per le (Diseioni
pierro (Venosa) pel nome Santarelli I mbcru'
— Sileno Rosaria a mezzo Pierro (Venosa) pel
nome Lioj Rosaria — Ivaviano Antonictta a
mezzo Pierro (Venosa) pel nome Andrelalla
Vincenzo per onomastico — Botaro Giuseppe
(Arquata Scrivia) pei nomi Abtamo, Giuseppe
— Borio Carlotta in Schiavino (Costigliole
d'Asti) pel nome Natale — Mattavelli Elisa
(Milano) pei norai Fermiiiia Emilia Lui«ina
Lcopoldina, Eliseo Umberto.
iKDiA - Assam.
Santoro Raffafle (Roma) per I'adozione di
un orfano — MattavcUi lilisa (Milano) pei nomi
Boriacina Litigia Domenica Rosa, Mariani Leo-
poldino Giuseppe — Petriccione Consiglia (Na-
poli) pel nome Salvalore — Buiatti Rina (Ve-
rona) pel nome Maria Albertina — I.attanzi
Flavia (.Mbizzate) pel nome Carlo — Cracco
Ruggero a mezzo Don De Pieri (Este) pel nome
J-'t'lice Bendoltt — Ruspaggiari Libera (Milano)
pei nomi Valentino, Marina — Convitto Jlani-
fattura Banfi (I.egnano) pei nomi Giuseppina,
Margherita, Luigia — Sacco Robotti Ada (Ca-
salmaggiore) pei nomi Licigi Antonio, Giovanni
Paolo — Ubezz! Don Pietro per Caraffa Alfonso
(Frascati) pel nome Kazzareno — Mura Anto-
nietta (Serdiana) pel nome Pietrinn — Cerato
Giuseppe fu Angclo (Fonzaso) pei nomi Angela,
Maria, Giacomo, Giovauna — Fasani JIaria a
mezzo Direttrice Convitto Rotondi (Varallo)
pel nome Maria Valeniina — Coda Giustina
Ved. Carpano (Biella) pei nomi Elda Maria
Giacinta, Antonio Giovanni Ettgenio — Gay
Carlo (S. Giulio di San Damiano d'Asti) pei
nomi Giuseppe, Olimpia, Ernesto, Teodora —
Carrera Clementina (Campobasso) pel nome
Giovanni — Tarolli Angelina (Castello-Condine)
pei nomi Angelina, Antonio — Farina Renato
(Napoli) pel nome Renato — Laccliin Giuseppe
(Polcenigo) pel nome Augusta — Lopez Jose-
fina (Agnascalientes-Messico) pei nomi Santiago,
Vincenzo — De Medina Garcia Maria (Aguasca-
lier.tes-Messico) pel nome Maria del P. Sac-
corso.
SlAM.
Sibona Margherita Ved. Augero (Torino) pel
nome Poliardo — Garbolo Marietta Ved. Tra-
digo (Miazzina) pei nomi Tradigo Giovanni,
Angela — Monti Elena (Modena) pei nomi
Enrico, Emilia, Dante — Forante Don Carlo
(Villafontana) pei nomi Francesco Maria, La-
dovica Maria — Manfretti Sofia (Monza) pel
nome Virginia — Vitto Prof. Nicola (Cosenza)
pel nome Giovanni Bosco — Dellasetta Ulga
(Bagnolo) pel nome Oka Giovanna — G. A. S.
(Poirino) pel nome Alfredo — Vaudano Lucia
(Torino) pel nome Rosalia — Panelli Teresa
(S. SalvatoreMonf.)pei nomi F'ancesa, Teresa.
EL TAMBURO
J; tutto nella vita alrioaua! Ce lo conferma
la Nigiisia dove un missiouario scrivc: n Come si
puo compiere qualche cosa di grande senza i.
taniburo? Fra i popoli iieri esso occupa il postci
d'oiiore uelle cerimouie della vita sociale. Sc
i gioviiiotti si camuffano corae tanti arlecchiui.
e all'ora fissata souo tutti proiiti pel grande ballo,
e il tamburo che li ha raccolti rullando per tutti
i villaggi. Se s'indice la caccia, e il tamburo cho
ne da avviso e invita ad affilare le Umce. Se si
tratta di uu pericolo, di un allarnie, il ruUarc
couvulso del tamburo mettera tutti all'erta, e li
chiamera a raccolta. Le cerimonie suUe torabe
dei trapassati, quelle d'uno sposalizio, souo
auch'esse compiute a suou di tamburo che rul-
lera con diverse cadeuze, proprie di ogni cir-
costanza ».
SETE DI VENDETTA
Narra la Nigrizia che a Kitgum un leone, mo-
lostato in una caccia, aveva ucciso un Acoli
t'ratello di un cristiauo che stava alia Missione.
11 cristiauo non ha piu pace. Si prende alcuni
compagni che con lui souo alia Missione e con
cssi gira la foresta in cerca del leone colpevolc.
Lo trova. Cotiscio della sua forza, il leone non
fugge ma squadra i cinque individui che ha di
fronte. II cristiauo chiede ai compagni di la-
sciarlo solo ueU'affrontare la belva e seuz'altro
si avanza di alcuni passi e tira la prima lancia.
Buon per lui che il leone si estrae la lancia prima
di rivoltarsi, per modo che ancor prima che se
ne sia liberate, ne riceve una scconda meglio
assestata che, ferendolo al cuore, lo fa straniaz-
zare a terra. Emesso un urlo di gioia I'assalitore
gli e addosso e lo finisce, mentre i compagni
stanno inerti a guardare; pronti ad intervenire
solo quando le tre lance non avessero ottenuto
I'effetto di uccidere la belva.
Se si fosse Irattato di un leopardo, le cose
sarebbcro finite diversamente, essendo il leo-
pardo piii agile e veudicativo che non il leone.
Printed Ift 5l?^l
Anno IX - Num. 12
Pubblic jzione mensile
Dicembre 1931 (X)
GIOVENTU MISSIONARIA
LA MADONNA Dl GUADALUPE
Si compiono ora quattro secoli dall'ap-
parizione della Madonna di Guadalupe.
Vogliamo dire clie cose per i Messicani la
Madonna di Guadalupe.
L'immagine, secondo provate testinio-
nianze della storia, non sarebbe dipinta
da mano d'uomo, ma prodigiosamente ini-
pressa sopra il niantello dell'indiano Giiui-
dieeo, povero e semplice, di tanto candore
di costumi e di tanta fede, da ricordare la
vita dei primitivi cristiani. Egli aveva la
pia costumanza di andare ogni sabato a
Tlatelulco per assistere alia Messa che si
celebrava in onore di Maria; doveva pas-
sare vicino alle falde del nionte Tepejac,
sul quale gli anticlii ]\Iessicani avevano
prestato culto alia dea Teonantzin.
II sabato 9 dicembre 1531 facendo Gian-
diego la sua strada, udi verso il Tepejac
una gioconda armonia; guardo verso la
cinia a\^'olta in una Candida nube e senti
una voce che chiamandolo per nome I'in-
vitava ad appressarsi. Sail il monte e vide
una donna di celestiale bellezza posarsi
sulla nube, si rivelo per la Madre di
Dio, e gli disse di volere in quel luogo un
tempio. Egli avrebbe dovuto portare la
divina ambasciata al Vescovo di ]\Iessico.
II Vescovo dapprima non presto fede,
ma ripetendosi le ambasciate, ingiunse a
Giandiego di chiedere un segno a Colei die
lo mandava. E il segno la Vergine lo diede
221
nella guarigione improvvisa dell ) zio del-
I'indiano, gravemente nialato, e nella tio-
ritura di freschissime rose sul nionte, clie
coniand6 di portare al Vescovo. Ando
Giandiego, e mentre attendeva d'essere in-
trodotto, i familiari vedendolo tanto giu-
livo pensarono recasse qualche gran dono,
e voUero vedere: uno anzi gli apri con vio-
lenza il mantello... Videro con meraviglia
le bellissinie rose, nia nell'atto che fecero
per prendeme alcune, nn nuovo prodigio
si verifico: le rose non parevano di ma-
teria solida, ma solamente dipinte sul
mantello. II Vescovo voile udire la narra-
zione dell'accaduto e Giandiego racconto
tutto minutamente conchiudendo: — Ecco
il segno che la Madonna vi manda... —
E aperse il mantello per consegnare le
rose; ma invece delle rose scorse dipinta
sul mantello I'immagine della grau Madre
di Dio, di una meravigliosa freschezza.
Tutti fi prostrarono in atto di venera-
zione.
Era il 12 dicembre 1531.
Quella sacra immagine, per volere di
Maria stessa, fu chiamata Madonna di
Guadalupe.
II santuario sorse, magnifico per arte e
per ricchezze. E la divozione si sviluppo
ardente alia \'ergine di Guadalupe tra i
cattolici Messicani. Nella peste del 1736
la citta di messico fece vote di proclamare
la Vergine di Guadalupe patrona di tutta
la nazione, e la peste cesso immantinente.
Durante la recente persecuzione che
infieri al Messico, la prodigiosa immagine
fu ingegnosamente sottratta alia furia sa-
crilega dei persecutori. Grandicse feste
hanno luogo presentemente in suo onore;
il giomo 3 dicembre fu per tutti i Messicani
giomo di penitenza, indi comincio la no-
vena con comunioni generali, con con-
gressi, con pellegrinaggi delle varie dio-
cesi: tutti i giorni del mese di dicembre
avranno luogo suggestive cerimonie reli-
giose. L'lT dicembre tutte le Repubbliclie
dell 'America Latina, per mezzo di rappre-
sentanze, hanno deposto ai piedi della ]\Ia-
donna di Guadalupe le bandiere delle sin-
gole nazioni in riconoscimento del patro-
cinio decretato dal papa Pio X nel 1910;
e il 12 si e fattu la solenne consacrazione,
dettata, dietro richiesta dell'Episcopato,
da Sua Santita Pio XI, nella basilica di
Tepejac e in tutte le chiese del Messico.
61 yt
i i no^^n am amwi
■maynh
— 222
L ' esposizione
del corpo di
S. Francesco
Saverio
a Goa
(
S. Francesco Saverio
predica nelle Indie.
n corpo di S. Francesco Saverio, !'« apo-
stolo delle Indie Oriental! e del Giappone »,
sara esposto alia pubblica venerazione dei
fedeli nella chiesa del Bom Jesus a Goa,
dal 3 dicembre 193 lal 3 gennaio 1932.
San Francesco Saverio raggiunse I'lndia
nel 1542. Nell'India meridionale egli pro-
fuse i tesori del suo zelo apostolico con-
vertendo alia vera fede moltissinie anime
ed organizzando le missioni; ardeva pero
dal desiderio di portare la luce del \'an-
gelo piu lontano, oltre i confini dell'Indc-
stan. Dopo molta meditazione, preghiera
e penitenza, risolse di recarsi in Giappone,
ove riusci infine ad approdare, superati
ogni sorta di ostacoli. In due anni e mezzo
di intenso lavoro egli pose cola le solide
fondamenta della Chiesa. Ma la sua piu
grande brama era sempre stata quella di
poter penetrare nell'immenso Impero deUa
Cina e di convertime la popolazione. Fece
a tale scopo ogni possibile tentative, ma
non vi arrive che aUe porte. Adagiato mo-
rente sulla spiaggia dell'isola di Sanciano,
cogli occhi rivolti verso il paese dei suoi
sogni, il Saverio si spense a questa vita
terrena il 2 dicembre del 1552.
II suo corpo venne seppellito nell'isola
stessa, ma tre mesi dopo i Portoghesi lo
disseppeUirono per trasportarlo a Malacca,
trovandolo tuttora integro, con cami e
sangue, e di aspetto naturale come fosse
ancora vivo. Copertolo di calce viva, ne
effettuarono il trasporto. Al suo arrivo a
Malacca, una terribile peste che infieriva
da tempo nell'isola cesso miracolosamente.
Sei mesi piii tardi il corpo venne di nuovo
disseppellito per essere trasportato da Ma-
lacca a Goa e di nuovo trovato in stato
di perfetta conservazione. La sua deposi-
zione definitiva nella chiesa del Bom Jesus
a Goa, ove sara esposto, awenne nel 1554.
223
rm--..-
DALLE LONTANE MISSIONI
IL "VUASORO" DEI TUCANOS
Prima che il missionario giimgesse tra i
Tucanos del Rio Uapes, erano sconosciuti
dagli indi i pantaloni, le camice, ecc. Essi
non conoscevano che il loro vuasoro, una
striscia di corteccia di un certo albero, che
battuta diventa flessibUe e resistente, larga
un pahno, sostenuta davanti e di dietro da
un cordoiicino di tucun (pahna fibrosa),
stretto ai lombi in modo da coprire appena
il necessario.
II vuasoro h I'abbigUaniento dell'uomo; la
donna porta sempre una gonnella che le
scende dalla cintola ai piedi, se e di stofia,
o solo fino alle ginocchia se h di corteccia.
Col vuasoro I'indio va a nozze e aUe feste; e
con esso pesca, caccia e dorme. Sveghandosi
al mattino I'indio tucano non ha la preoccu-
pazione dei calzoni da scegliere o della cra-
vatta o deUa caniicia: ha gia indosso il suo
vuasoro e tanto gh basta; non si cura se sia
bello o brutto...
Non ho mai visto un indio privo del suo
vuasoro: cominciano a portarlo dai sette o
otto anni e non lo tolgono piu. Anche dopo
che hanno coramciato a portare... i calzoni,
conservano sempre sotto il vuasoro per esser
pronti a togliersi pantaloni o camicia per il
bagno o per il lavoro.
Bisogna dire ad onor del vero che I'attac-
camento ai pantaloni 6 divampato tra gli
mdi tucanos come il fuoco: ognuno ha I'aspi-
razione ad im paio di calzoni che conservano
in ceste ben coperte e appese al tetto della
capaima con una liana, per averli sempre di-
sponibili ])er le grandi occasioni. Una volta
arrival nel Kio Tiquid suUa porta di una
maloca (capamione) improwisamente: un
certo numero di selvaggi erano entro accoc-
colati intenti a prendere il xihe (farina di
mandioca con acqua). Appena mi videro,
mi gridarono: — Asjjetta, Padre; cosi non
ti possiamo ricevere... — e corsero a infilare
chi i calzoni e chi la camicia.
Per avere dei calzoni vengono anche di
lontano aUa Missione. Un giomo mi capit6,
da non so qual fiume, im giovinotto a chie-
dermene un paio, e mi reco in dono un bel
grappolo di banane.
— Non ne ho, mio caro. Li ho distribuiti
tutti ieri. Aspetta qualche giomo.
— Non posso, Padre, devo partire subito.
— Ebbene se e cosi, vattene pur via senza
pantaloni come sei venuto. Tanto non vi
sara chi ne faccia meravigha o si scanda-
lizzi.
— Padre, tu i pantaloni li hai; tu non
me li vuoi dare.
— II Padre non dice bugie, mio caro; e
tu lo sai. Ti dico che non ne ho.
— Ma Padre... — e fattosi piii avanti si
chin6 prese il lembo della mia veste, la alz6
alquanto... e — vedi che i pantaloni h hai?
E perchfe tu non me U vuoi dare?
— Questi sono miei, caro mio, ed io non
posso stare senza pantaloni; capisci?
— Ma Padre... tu hai la veste e anche le
mutande e sono troppe cose per te.
Per contentarlo, entrai neUa mia stanza,
che era aUora una capanna fabbricata con
foghe di palma, presi i pantaloni di riserva
e mia vecchia giubba e gUeli diedi aiutandolo
ad indossarh.
Cari lettori, quando avete disponibili cal-
zoni, ecc. ricordatevi degli ludi del Rio Negro
che tanto U desiderano.
D. LUIGI Al<GERl
Missionario Salesiano.
224
L'O
di
rso inaiano
Oltre i serpenti, e le tigri. e i leopardi,
oltre il sole die ti maiida all'allro moiido per
cinque niimiti di esposizione a zucca sco-
perta, e la malaria e il tifo e tante altre
storie, il missionario nel Bengala deve te-
mere I'orso. Non lo si incoiitra tanto facil-
mente in pianura, ma piu su, a nord, presso
le prealpi dell'Imalaja, Quest'orso 6 piccolo,
nero, spelato, molto simpatico iielle appa-
renze ma poco amabile nelle maniere. I ben-
galesi dicono che I'orso 6 U nemico di Dio,
poiche esse non puo sofifrire la sua imma-
gine; infatti la iigiira dell'uomo e la prima
cosa che I'orso cerca di distruggere.
Una battaglia a corpo a corpo con questo
animale perde subito I'attrattiva di uno sport
onesto, perche I'orso vi pianta villanamente
la sua zampa sul viso e voi non ci vedete
pill cliiaro... L'orso, anche ridotto alio state
domestico, non ispira mai fiducia e i benga-
lesi, che lo sanno, gU proteggono il grugno
con una solida musemola e gli tagliano gli
imgliioni.
Dicono che le nostre foreste sono popolate
diorsi, almeno sulla riva siaistra del Gange.
lo non ne ho mai incontrati, ma m realta ci
tengo poco a tali incontri. Pero conosco per-
sone che lo hanno visto parecchie volte. Un
nostro cristiano, giomi fa, camminava tutto
solo per la strada che mena a Gohalundo;
faceva scuro. Tutto ad un tratto egli vede
a venti passi di distanza una grossa massa
nera: era un orso! Inutile pensare a ritirarsi:
un precipizio a sinistra, la scarpata della
ferrovia a destra e di dietro... I'onta della
fuga. Fare fuoco? Ma un orso ferito non per-
dona mai e un colpo attira I'attenzione del-
I'animale, lo provoca. Poi il malcapitato non
aveva amii. Una situazione simile promet-
teva una fine drammatica. Ma I'orso, indi-
viduo prosaico, senza ideale. si lasci6 scivo-
lare in un torrente e disparve. Che cosa bi-
sognava fare incontraiido un orso piii... ca-
valleresco? Prima di tutto non cercare que-
stioni con lui: fategli tutte le concession! che
potete, ma soprattutto nessuna familiarita.
Ci sono di quelli che consigliano di fissare
I'aniniale nel bianco degli occhi per provare
il potere dello sgiiardo umano.
Cio pu6 essere utile farlo in un giardino
zoologico, ma in aperta campagna il meglio
che si pud fare fe provare il potere deUe pro-
prie gambe. Ma dove fuggire? Distinguiamo.
SiSTiji
Se il terreno fe piano, la direzione importa
poco purchfe si corra in fretta lottando in
velocita. Se il terreno 6 in pendio, occorre
riflettere bene. Per sfuggire ad un elefante
basta discendere: il pacliiderma e troppo pe-
sante e non vi seguira, forse si accontenteri
di lanciarvi delle pietre. Ma quando si tratta
di mi orso salite, non discendete mai. II
gioco favorite dell'orso e il toboggan, come lo
dicono: I'animale si raggomitola su se stesso
e si lascia rotolare sul piano incHnato, vi
raggiimge nonostante la vostra corsa e... Qui
il problema si complica. A meno che voi
preferiate fare il morto e vi fidiate deUa sua
stupidita..., la sola risorsa h. di nienare buone
legnate sul muso dell'animale, il solo posto
del suo corpo che sia un pochettino tenero.
Le difficolta aguzzano I'ingegno, diceva il
Manzoni, e voi ve la caverete come potrete.
Per6, date retta, cercate di non mettervici in
tali difficolta: non 6 igienico, ve I'accerto.
EMME.
225
Co-
munita
delle
Eroine
Suor
Modesta Ravassa
con una
suonatrice Icbbrosa.
Soltanto ora si viene a conoscere il lo-
devole atto compiuto dal Governo italiano
col decorare di medaglia d'argento suor
Modesta Ravassa delle iMglie di Maria
Ausiliatrice comimemente dette Suore del
Beato Don Bosco.
Suor Modesta da circa trent'anni sta
prodigando i tesori del suo gran cuore tra
le ragazze lebbrose del lazzaretto di Con-
tractacion. uno dei meglio organizzati del-
I'America meridionale.
Ardente di zelo e mossa da impulso
divino, I'umile suora aveva detto e ri-
petuto: « Desidero vivere tutta la mia
vita tra questi infelici, e se un giorno la
terribile lebbra dovesse colpirnu, prego il
Signore di lasciarnii sane le niani per
lavorare, e sana la faccia per non ispirare
ribrezzo. Cosi potrei dedicarmi a queste
care lebbrose senza tante precauzioni, e
potrei curarle evitando alle niie conso-
relle certe ripugnanze che la loro \irtu
supera si, ma che scuotouo la fibra piu
forte ».
E suor Modesta nel igo6 fu colpita daUa
lebbra. Percio dovette allontanarsi dalla
sua famiglia religiosa, per isolarsi in una
camera presso I'ospizio del lazzaretto.
Ma non scemo di zelo nell'assistere le
ammalate: parecchie centinaia di fanciulle
conto e conta la buona suora di Don
Bosco tra le sue assistite; piccine di po-
chi anni, e altre di pochi mesi soltanto,
gia colpite dal terribile morbo; fanciulle
che languiscono anni e anni su un giaci-
glio quasi accecate dalla malattia cor
rodente, e con le niani e i piedi ridotti
moncherini. Suor Modesta ebbe e ha un
sorriso, un sollievo, un'occupazione per
tutte, si che la vita di quelle sventurate
trascorse e trascorre confortata dal la-
voro, dallo studio della religione, e so-
prattutto dalla jjreghiera. Alcune di esse
si fanno suore a loro volta, con gran van-
226
taggio delle conipagne di ventura accolte
nell'oratorio e delle biiiibe che si prepa-
rano alia prima coniunione. Oratorio di
Suor Teresa Rota.
lebbrose? SI, e col canto, col teatrino. con
le passeggiate e i doni.
Un giorno del 1912 giunse tra loro,
in visita, una superiora partita da Torino;
tra la folia che la circondava cerco su-
bito con lo sguardo la cara suor Modesta
— la quale, per delicatezza, non osava
awicinarsi — le getto le braccia al coUo
e se la strinse al cuore...
Dieci anni dopo, nel 1916, suor Modesta
ebbe nel suo rifugio una compagna: suor
Teresa Rota, gia sua direttrice nel lazza-
retto; divenuta anch'essa lebbrosa, sof-
ferse quattro anni di martirio silenzioso.
Ed ecco pochi anni dopo apparire leb-
brosa anche la zelante infermiera del-
r« Ospedale Don Bosco », suor Doinenica
Barbero: dopo vent'anni di lavoro nel
lebbrosario, avvertita di ritirarsi dalle abi-
tazioni comuni, entro nella cappella e re-
cito il Te Deuni: poi ando a utiirsi alle
due consorelle malate. La lebbra la de-
formo orrendamente.
Eppure trovavano modo di scherzare
amabilmente: « Comunita delle eroine »
era detta queUa delle tre suore lebbrose;
esse la dicevano, sorridendo, la « Comunita
delle rovine ».
Noi dinanzi a coteste rovine c'inchi-
niamo commossi, ricordando che esse sa-
ranno trasformate nello splendore piu
vi\'o: (' II Signor nostro Gesi'i Cristo —
scrisse S. Paolo ai Filippesi — trasfor-
mera il corpo di nostra uniiliazione, perche
sia conforme al corpo della sua gloria ».
Suor Domcnica Barbero.
22y
CURIOSITA DI
SAKAMA
Sakania, 2 marzo 1929,
Dopo la partenza delle nostre care So-
relle per la nuova residenza di La Kafubu,
questa Casa sembro troppo grande per il
personale attuale restante, e il Rev. P. Di-
rettore dispose che se ne destinasse una parte
per le nostre scuole esteme. Da tre aiuii
la classe delle bambine e delle donne nere
si faceva alia mattina nel medesimo locale
che, nel pomeriggio, serviva per i ragazzi e
per gU uoniini; ora invece noi potremo fare
in casa e durante tutta la gioniata la scuola
aUe nostre aUieve, lasciando che anche gU
uomirii ed i ragazzi godano il beneficio stesso
per conto loro.
Avevamo con noi, interne, tre ragazze
niulatte e tre nere; ora sianio rimaste con
queste iiltime, perch^ le tre niulatte parti-
rono con le SoreUe per Kafubu; ci resta pure
il piccolo Francesco, che h tutta la nostra
gioia.
Che dir6 della nostra vita e del paese?
Poche cose: la monotonia fe la nota carat-
teristica di questa regione e ben poche sono
le novitii che vengono ad interroniperla.
Un giomo fe iin'antilopc che fugge da iin
leopardo; un'altra volta t un serpente che
pretende entrarci in cucina e che ha dato
del buon da fare agli uomini prima di la-
sciarsi prendere, poich^ non lo si poteva
distinguere dalle foglie tra cui si era rifu-
giato per salvarsi la pelle. Ed uno dei neri
che gli dava la caccia se lo senti ad im tratto
sopra la testa... Questo serjje fe di mi bcl
colore verde-chiaro e della lunghezza di im
metro e piu; ma la sua morsicatura fe mor-
tale, e, senza I'aiuto del Cielo, avrebbe man-
date all'etemita qualcuno.
Oltre i fastidiosissimi moscherini, che si
moltiplicano soprattutto neUa stagione pio-
vosa, abbiamo anche le pulci ed altri in-
setti congeneri, che si coaUzzano per far sen-
tire all'umanita il valore deUe loro punzec-
cliiature. Le pulci sono ancora passabili; ma
le pulci-nane che si ficcano nella peUe e
soprattutto sotto le unghie per deporvi le
uova, sono quanto niai insopportabili!
I neri si fabbricano delle scope con foghe
di palma legate attonio a un bastone per
mezzo della scorza di alberi. Tali scope eco-
nomiche servono pivi o meno bene, e noi
pure dobbiamo accontentarci di queste per
mancanza d'altre migliori. Chi direbbe che
una scopa ordinaria come quelle che si usano
in Europa raggiunge ad ElisabethviUe il bel
prezzo di 50 fr.? E noi non siamo davA^ero
in grado di far sfoggio di tan to lusso!
Le donne nere hanno i capelli ricciuti e
corti come gU uoniini, e siccome esse hanno
veduto che le domie bianche hanno i capelli
lunglii, idearono una nuova acconciatura.
Ed ecco come se la sbrigano: una compagna
afferra una ciocca di riccioli con il polhce
e I'indice e vi attacca vari capi di iilo nero;
ripreiide qiiindi un capo piii lungo e lo torce
sugli altri, awicuiando i giri il piii stretto
possibile. La pcttiiiatrice occasiouale, mo-
dcUo di pazienza, ricomhicia taiite volte
roporazi(jnc quante sono le trecce che la
22S
Un villaggio nero.
cliente vanitosa desidera; ed anche questa
deve avere la sua buona dose di pazienza,
poichfe I'operazione ha la durata di qualche
ora: ma si risparmiano per6 alcuni mesi di
lavoro, od anche un anno talora; e, durante
questo tempo, certi inquilini hanno la co-
modita di moltiplicarsi tranquillamente a
lore piacere!...
Le bambine nere si raffazzonaiio delle bam-
bole, dopo die le hanno vedute in mano delle
nostre interne; e se ne sbrigano facilmente,
awolgendo dei batuffoU di fibre in un pezzo
di tela qualimque; poi se le portano sul dorso
come fatino le mam me loro coi piccoH fra-
telhni. Quanto saremmo contente se po-
tessimo procurare aUe nostre aUieve esteme
tali giocattoli, dandoli come premio! E dac-
che il metodo Montessori ha preso il posto
del sistema Froebeliano, quanto materiale
d'insegnamento proprio di quest'ultimo non
sara stato relegato agli angoli delle sofStte!...
Per noi sarebbe una fortuna, poiche tutto
fe nuovo, tutto fe beUo per i nostri neretti; e
per le maestre, che haimo le mani vuote,
quel materiale in disuso costi in Europa,
costituirebbe im vero tesoro. Non si pu6
immaginare la felicita che procura a questi
cari indigeni il dono anche solo dl un'imma-
ginetta, di \ma medaglia. di un rosariol
Quando I'lspettoie ufficiale venne I'anno
scorso a visitare le nostre scuole, si manifest6
contento dell 'msegnamento che s'impaitiva;
ma anch'egli ha dovuto riconoscere la iK>stra
estrema poverta in materia di oggetti scola-
stici mdispensabUi. Gli promettemmo che
alia sua prossima visita avrebbe trovato
qualcosa al riguardo; ma il tempo si awi-
cina e noi siamo ancora nella medesima si-
tuazione. Questa visita mi ricliiama alia
mente ima breve nota uiuoristica: U Sig.
Ispettore non sa parlare la lingua indigena
ed ha bisogno di un mterprete. Appena
uscito, alcuni degli aUievi piii svegli, mostra-
rono subito la loro meraviglia, e: « II Sig.
Ispettore non sa leggere, nh scrivere, ecc;
ed e piu veccliio di noi!... i>. Ah, i ragazzi
sono terribUi, dappertutto, anche in Sa-
kania.
Di tanto in tanto un idrovolante sorv-ola
sopra Sakania; e bisogna allora vedere i
neri ad accorrere e a gridare come forsen-
nati, senza nemmeno pensare dove si slan-
ciano, pur di vedere megho!...
Una Figlia di M. A.
22g
L'architettura
PEKING
Tern pi o de!
Cielo.
'^*^ ^
^^^p
m
fcr.i^^j
m wk
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■;«"'aR?»K"«!iiB» ,/-,
^^^^Hi^M^^^K ^m^^^l
■^'
m
(Nel centro)
PEKING - Sulla
monlagna di M&r-
mo.
Tempio delle
nuvole verdi.
I7^«a,§!ijat^
2^ -ivA],') ^Jn''iu'--f-
,ii'iJ«
-jtf*L-^»ii
ome SI via
in
Ci
ina
Ce lo descrive Mons. Ignazio Canazei,
Vicario di Shiu Chow.
Prima di partire ci infomiiamo sulle con-
dizioni generali di sicurezza della regione e,
se lion vi e nulla di allarmante, ci affidianio
alia Prowidenza di Dio e partiamo. Non
perdiamo tempo a combinare orari perclie
qui non vi sono nt treni, ne auto, ne vapori,
eccetto in due o tre localita; prendiamo con
noi quel tanto di bagagUo indispensabile per
non destare sospetti di ricchezze nei ladri,
€ viaggiamo a piedi anziche in sedia, che ci
verrebbe a costare assai. Qualche volta si
sale su un barcone per acquistare tempo e
risparmiare le forze.
E come i missionari, viaggia U loro Ve-
scovo, senza paludamenti, con la croce pet-
torale e I'aneUo in tasca. La comparsa di im
Vescovo coUe sue insegne in un paese pagano
darebbe troppo occasione di meraviglia.
Un buon giovinotto fa da compagno, por-
tatore, cuoco e interprete; ma non ha un
bagagUo eccessivo: 15 chUogrammi al piii;
un po' di vestiario aUa cinese, perche piu
leggero, forse una povera mitra e un sem-
phce pastorale, im. paio di pantofole (cinesi),
una bussola e... alcuni doUari.
Oltre al piccolo bagagUo materiale, 11 mis-
sionario deve mettere nei viaggi un po' di
amor di Dio, im po' di zelo e di pazienza.
Cosi fomito inizia il sue viaggio.
Le sorprese.
Non creda il nostro gentile lettore che la
gente qui nella sua maggioranza sappia chi
noi siamo. Nei paesi di campagna e anche
nelle citta ci sono ancora in giro idee molto
curiose. II missionario, perchfe straniero, su-
scita ancora molti sospetti; chi lo crede
negoziante, chi viaggiatorc, chi spione, clii
militare, chi medico, chi ingegnere; po-
chissimi sannochc predica il Vangelo e quasi
nessuno pu6 capire e sa, anche lo avesse
sentito dire non ci credc, che I'unico e vero
suo lavoro h quello di salvare le anime dei
fratelli! Sono constatazioni penose, e cose
che addolorano grandeme:ite il cuore del
missionario, ma & la verita! Non si creda,
come forse si legge in qualche racconto mis-
sionario piti fantastico che serio, che il po-
vero pagano si prostri davanti al missionario
che gli viene incontro col crocilisso in mano!
Grazie a Dio se non fuggono e non ci
chiudono le porte in faccia per paura che
sianio gente pericolosa!
Per la notte, quando manca la casa ospi-
tale di qualche cristiano, si prende alloggio
nell'albergo, dove si cena con riso, verdura,
uova, tfe, si chiacchiera coi cmesi che si
awicinano e si riposa su un giacigUo. Mons.
Canazei riferisce la delicatezza di un alber-
gatore che ebbe cura di cacciar via di sotto
al letto del Vescovo la scrofa che voleva
passar cola la notte coi suoi 14 rampolli!
Vi sono poi certe vie difficili, come per
esempio da Chi Hing a Fong Tong, ecc. che
non si possono percorrere che a piedi. Quando
nei germaio 1930 Mons. Versiglia fece, un
mese prima di essere trucidato, la via di
Fong Tong, vi arriv6 cosi stanco che con-
fesso che difficihnente si sarebbe sentito di
fare un'altra volta tale viaggio.
Non t raro poi che il missionario viag-
giante perda la strada giusta e vada a
sbucare m localita distanti da quella a cui
era diretto; fe capitato poco fa a Mons. Ca-
nazei che, sbagliata la direzione, si trov6 a
10 km. distante dalla sua meta, stanco, af-
famato e per im'ora almeno dovette ripo-
sarsi sotto un albero senza nemmeno « la
voglia di vedere per qual parte sarebbe ri-
toniato sul buon sentiero ».
Vi 6 per ultimo I'irabroglio della lingua o
meglio dei dialetti. Come si fa a parlare colla
gente delle montagne, che hanno dialetti
diversi in ogni vallata?! 6 la difBcolta pivi
trenienda per il lavoro missionario.
II missionario non si spaventa di cid:
affronta le difFicolta per giungere alle anime,
e sa che queste costarono assai piii a Gesii
Cristo.
2J2
t'ori^ine k\
Oiappone
$c(on5o la mi-
tologia qiap-
poncse
(ContlQaazlone).
Izanaghi, corse a cercare 11 fuoco e trovatolo, lo fece a pczzt...
— Ma qui non si fa che delle isole! Come va
questa facceuda? Cio non e capitato ancora
iu alcun paese di questo mondo. Ma guarda
che roba! Gettiamola in raarel
— ij una cosa inspiegabile. Qui bisogna ri-
correre ai nostri colleghi, all'augusto consenso
degli del Ci sara ben qualche motivo...
Si misero dunque in coniunicazione con gli
dei con preghiera di risolvere la delicata que-
stione.
Era la prima volta che gli dei venivano iu-
terrogati... cio equivaleva ad un esame, e ad
un esame non si risponde cosi su due piedi.
Gli dei erano tutti soprapensiero. II silenzio
era cosi protondo, che si sentiva 11 rumore di
quelli che si arricciavano nervosamente i bafi&.
— • Mah! qui non si conclude niente: interro-
ghiamo I'oracolo.
Cosi dicendo, il dio Perfettamente Bello mise
sul fuoco una scapola di daino. Tulto il cielo
fu appestato dal fumo puzzolente; I'osso intanto
comincio a screpolarsi; mille segni apparvero.
L'occhio del dio che sapeva leggere decifro
subito quel responso: se e nato quel che i nato,
^ perche la donna ha parlato per la prima.
Quando Izanaghi ricevette questo responso,
si ricordo subito di che si trattava:
— La colpa, come vedi, d tua, disse alia
moglie. Alia cerimonia nuziale, sei stata tu a
parlare per prima, sei stata tu a dirmi: che
giovane bello e augusto!
Dopo questo fatto vennero al mondo dei bei
figliuoli, che si chiaraan ancora oggi le isole
dell'arcipelago giapponese.
Dopo che Izanaghi e Izanarai ebbero create
le isole giapponesi, rimasero estatici a mirare
I'opera geografica cosi bene riuscita.
— Caro fratello, le isole ci sono, ma mi pare
che non basti.
— Cara Izanami, hai proprio ragione. Qui
non c'e che terra, acqua e cielo.
— Aggiungi pure anche I'aria. Perd, quante
cose maucano! Non c'e un po' di vento, non
si vede alcuna luce; mi pare di essere in un
deserto.
— Non dimenticarti che siamo suUe isole
del Giappone. Vedrai che con la pazienza fa-
remo tutto.
***
Difatti in poco tempo, ecco nascere le forze
della natura. M^icava solo il fuoco e qualcosa
d'altro, come il sole e la luna.
11 fuoco ^ sempre stato un individuo capric-
cioso. Tutti quelli che Than inventato. Than
dovuta pagare, o in un modo, o in un altro.
Lo sa molto bene Prometeo che ci ha rimesso
il fegato.
Quando nacque il fuoco in Giappone, ne fece
subito una delle sue: uccise la madre. Non d
che I'abbia proprio uccisa, ma la povera Izanami
fu talmente bruciata che in poco tempo mori.
Immaginatevi il dolore di Izanaghi! Si strap-
pava, i capeUi .si rotolava per terra, mordeva la
polvere ma tutto era inutile. Sua sorella, la dea
Izanami, era morta, morta davvero. E tutto
per causa del fuoco! Possibile che non sappia
fare altro che malanni!
— La finiro subito; quell'individuo non ha
diritto di vivere. Meglio se non nasceva. Chi
sa quanti disastri sara capace a fare; se comincia
cosi bene; in un giorno distruggera paesi e citta.
E pensare che il Giappone avra tutte le case
di legno! Meglio prevenire ogni disgrazia. Se
avessero fatto anche gh altri cosi, Nerone non
bruciava Roma. Uccidiamolo!
Izanaghi corse a cercare il fuoco e trovatolo,
10 fece a pezzi. Fatica sprecata. Da ogni pezzo
nasceva un altro dio. Pii batteva e piii il fuoco
divampava.
— Qui riesco a niente. Sara meglio che vada
a cercare la mia augusta sorella Izanami. Se
e morta, sara ben andata in qualche luogo.
11 piu i trovarla. Del resto, dicono che anche
Orfeo rinsci a trovare la moglie. Quello che son
riusciti a fare gli altri, riusciro a farlo anch'io.
***
Dopo molto camminare, Izanaghi arrive da-
vanti a un palazzo tenebroso, un palazzo tutto
di legno, all'esterno, con una sola porta; la
?JJ
A questc parole
apparve lza=
nami...
costruzioue era addossata alia montagiia; vast!
labirinti si stendevano dietro quel lugubre e
silenzioso palazzo, alto quasi due metri.
— Se portavo con me una torcia, era meglio.
Qui non vi si vede niente. Ohe! Izauami! Se ci
sei, fatti vedere, sii, da brava. Abbianio ancora
da finire il Giappone, c'e ancor da fare il sole
e la luna, e tutto quel che non c'e ancora.
A queste parole apparve sulla porta Izanami:
— Oh caro fratello! Perche non sei venuto
prima? Ormai ho gia mangiato qua giii; non
posso piii ritornare.
— Oh, golosa! Per cosi poco dimeutichi i
tuoi doveri. Meno storie, vieni!
— Giacche proprio lo vuoi, andro a chiedere
il permesso agli dei. Tu aspetta qui e non muo-
verti. Non voler curiosare qui dentro; e proibito.
Attendinii, che vengo subito, — • e spari nell'in-
terno.
Izanaghi attese un bel po', si sedette per terra,
poi si alzo, si sedette di nuovo, ma il tempo
pa.ssava e nessuno si faceva vivo.
— Qui siamo proprio nel regno dei morti.
lo non sono abituato ad aspettarc tanto. An-
diamo un po' a vedere cosa succede la dentro.
Qui cartelli che proibLscano I'entrata, non ci
sono. lo posso dire di non r.aper niente ed entro.
Fa pcro molto buio. Accendero qualciuio dei
denti del mio pettine di bambi'i. « Kachi, kaclii
ecco fatto.
— Oh, che roba! To, guarda li, Izanami! pfui
che roba! Scappiamo!
A terra, in mezzo al puUular dei vermi, gia-
ceva il cadavere putrefatto di Izanan\i; accanto
sedevano tetri gli dei (leU'averno.
Izanami, al vedersi scopeita in quello state,
scatto rabbiosa :
— Infame, scellerato, aiigusto fratello! che hai
fatto! Orsii, donne orride, inseguitelo, strapaz
zatelo, uccidetelo.
JIa Izanaghi non era U ad aspettare le furie-
dell'inferno. Se I'era data a gambe gi;i da un
pezzo. lyC furie pero corrcvano come il peusiero,
come i rimorsi,
Izanaghi, vedendosi raggiunto, si tolse in
fretta dal capo la nera corona di fiori e la gettd-
a terra. I^a ghirlanda si trasformo subito in un
bosc(5 den.so di viti selvagge, ma Ic furie orride,
senza perder tempo, si misero a divorare quel
bosco in tutta fretta, quindi si gettarono di
nuovo all'inseguimento. Izanaghi aUora, toltosi
il pettine di bambi'i, lo fece in tanti piccoli pezzi
e lo getto a terra.
Tra lui e le furie sorse un bosco di bambvi,
ma mentre quelle divoravano alacremente quel-
I'ostaoolo, ecco avanzarsi tutti gli dei dell'in-
ferno, gli otto dei del tuono, con milleciuque-
cento guerrieri. Ma Izanaghi, brandendo la
spada, li seppe tenere sempre a bada. finche
non ciunse alia base della china che saliva al
mondo dei vivi. Qui trovo alcune pesche; egli,
che ne conosceva la virtu, le sbatte insieme; a
quel rumore tutti fuggirono via.
Allora la soreUa stessa si mise a inseguirlo,.
ma Izanaghi era gia arrivato all'uscita dell'in-
ferno. Ivi soUevo un niasso che mille uomini
non avrebbero potuto alzarlo, e blocco con
quello I'entrata dell'averno. La sorella giunse
proprio allora, e non le rimase che dargli I'ul-
timo saluto.
— Caro e amato fratello, giacche tu ti .sei
comportato cosi, io faro morire in un sol giorno'
un migliaio di uomini deUa terra.
— Mia cara, augusta .sorella; se tu farai cosi,
io faro nascere millecinquecento uomini. E se
ogni giorno ne morrauuo mille. ogni giorno
nasceranno altri millecinquecento uomini. Addio.
Da quel giorno, Izanami divenne la .gran divi-
nita dell'inferno; ogni giorno fa morire degli
uomini, ma sono sempre in maggior numero
quelli che nascono.
Izanaghi, contento di es.serc sfuggito alle
grinfe di sua soreUa Morte, assesto ben bene la
roccia che .sbarrava I'antro dell'averno, poi se
ne ando per i fatti suoi. (Cotitiniia),
Ma Izanaghi se I'cra
data a gambe gia da
un pezzo...
234
PICCOLO EROE
RACCONTO
Da tre ore k gia calata la notte, e il Padre,
Titoniato stance dal suo <i;iro di iiiissione,
prende il Breviario e recita le iiltinie ore
dell'Ufficio divino prima di preiidfre il nie-
ritato riposo. A un tratto volta lo sguardo
daUa parte della porta perche nn leggero
nimore lo colpisce. Alia piccola ombra,
faccia pallida, sguardo smarrito, die si
presenta, con sorpresa vuol rivolgere il
Padre la parola, ma lo previene il povero
fanciullo smunto che lo supplica: — Padre,
ho fame, sono senza casa... Prendimi con te.
— ]Ma da dove vieni?
— Da....
— E i tuoi genitori?
— I raiei genitori vogUono die io vada
alia sciiola indii e io non ne ho vogha.
Prendimi con te...
— Cosa ^'uoi fare?
— Studiare, e poi...
— Vedremo domani, ora vieni con me.
La mattina dopo Messa.
I'll gruppo di energiimeni fuori della
■cliiesa attomo ad mi povero ragazzo pian-
gente. E il ragazzo della sera precedente
venuto alia Missione per chiedere aiuto. Gli
energumeni sono i suoi parenti, die, avendo
sospettato la cosa, veiigono a far valere i
loro diritti. Sono addosso al poveretto, lo
legano fortemente. II Padre accorre, rini-
provera quel persecutori e cliiede spiegazioni.
— ■ Io sono suo padre — dice quello die
sembrava il capo deUa combriccola — e
voglio die mio figlio ubbidisca a me. Deve
andare alia nostra scuola a tutti i costi. Gli
faro passare la voglia di toniar qui...
E se lo portano via gridando e scliia-
mazzando, mentre il povero fanciullo, ten-
dendo le braccia si raccomanda piangente
al Padre che, purtroppo, e impotente ad
aiutare quel povero essere smunto e pallido.
Egli si limita a racconiandarlo al Signore
dal fondo del suo cuore.
Nella giungla, vicino al villaggio di....
Gli energumeni posano il loro fardello
sulla piazza del mercato. In mezzo al grande
piazzale c'e un palo aggiustato con una
forca in cinia per ficcare le teste delle capre
da sacrificare agli idoli. Cola dovra il pic-
colo disobbediente essere castigato del suo
ardire di resistere agli ordhii patenii e
andarsi a rifugiare dai Padri.
La testa del piccolo viene ficcata dentro
la forca e poi. dopo averlo ben legato, con
funi e bastoni di bambii tempestano di colpi
il corpo del povero fanciullo davanti alia
folia accorsa da tutte le parti per vedere
lo spettacolo ed applaudire... Quando le
braccia sono stanche di battere, essi slegano
il fanciullo e con accento sarcastico:
— Ora dunque andrai alia nostra scuola?
II fanciullo, ancora dolorante, asciuga le
lacrime col dorso della mano, indi, rivolto
uno sguardo suUa folia dei curiosi, in faccia
a quel manigoldi dice con fermezza: — No.
Essi allora gli sono nuovamente addosso,
lo legano piu fortemente di prima, e rico-
minciano la dolorosa flageUazione. Le spalle,
la schiena, le braccia del povero bambino
cominciano a sangninare, la pelle si apre ed
il sangue innocente viene spruzzato tutt'in-
torno. II povero martire non puo piii sop-
portare tanto strazio, e lamenti e grida
angosciose non conmiuovono il cuore di
quel manigoldi. In un ultimo grido stroz-
zato il povero fanciullo sviene e si accascia
senza forza... Lo slegano aUora, lo spruz-
zano d'acqua e rinviene.
— Ora, si, andrai alia nostra scuola...
II poveretto con uno sguardo languido
alza lentamente la testa, la scuote e dice
ancora: — No — indi nuovamente si ab-
batte, stremato, al suolo...
Tre anni dopo. Nel chiasso fanciullesco
del cortile chiassoso deU'Istituto della Mis-
sione, un fanciuUo si nota fra tutti, paUido
in viso ma con gli ocelli neri e Incenti che
dominano la ricreazione... Egli ricorda la
persecuzione, le battiture, la selvaggia fla-
geUazione di tre anni prima...
I manigoldi disaniiati davanti a quel
povero fanciullo inerme, non avevano sa-
puto pill che farsi. II padre, perduta la
pazienza, aveva ordinato:
— Orsil, lasciatelo stare, e mi testardo
che non capira mai nulla. Vada dove vuole.
E il poveretto se ne era di nuovo venuto
alia Missione, dove aveva trovato padre,
madre e una casa ospitale. Ora, mentre
neUo studio e neUa pieta apre il cuore ai
segreti della religione, sogna con felicita...
Oh, quando sara die anch'egli, come fa
il Padre tutti i gionii, possa toccare con
mano tremante quell'Ostia bianca bianca
che vede splendere di tanta luce sull'altare
di Dio!... P. E. Sanna.
235
Un Papuaso,
'^^
Capigliature del Katanga.
Una giovane Taigal (Pormosa).i
Marmocchio del Congo Belga.
I
P
I
Donna Aino (Giappone).
0
I
Clvvcninvc
MISSIONARI NOVELLINI
Ai missionari novellini, che giungono per la
prima volta nei porti dell'Oriente e dell'Estremo
Oriente di solito non mancano avventure gustose
per essere ancora ignari della lingua e dei costumi.
Narra P. Francesco da C. Franco su II Massaia,
che quaiido giunse a Bombay, al fermarsi del
piroscafo in porto, un'infinita di uomini neri,
mezzo nudi, saltarono sulla nave apostrofando
i passeggeri col solito grido:
— Salam, sahib; salam, sahib. — Affatto ignaro
della lingua, all'udire quel « salam i> si disse:
— Povero me! Guarda un po' dopo tanti
stenti e disagi, dovevi capitare a Bombay per
ricevere un simpatico complimento: « salame ».
E instintivamente ribellandosi all'insulto, si
lascio sfuggire di bocca: — Salami siete voialtri!
Pensate come rimase quando seppe che il
loro grido voleva dire tutt'altro, cioe: Dio ti
salvi, 0 Signore!
Piii tipica quella che gli capito alia stazioue.
Gli era stata afBdata in custodia la comitiva
dei facchini che trasportavano i bagagli. Chi
capitanava i missionari era andato a prendere
i biglietti, e gli aveva tanto raccomandato di
vigilare che ucssun collo andasse perduto. Sic-
come aveva seutito ripetere spesse volte ai
facchini le parole: Gialdi Hard, credette volessero
essere I'espressione di questa raccomandazione.
Quaudo vide che i facchini, entrati in stazioue,
deposero sulla piattaforma i bagagli e si ritrassero
in disparte per fare una furaata — I'indiano
dopo il piCi piccolo lavoro suole fumare — il
missionario iusospettito che abbandonassero gli
oggetti per trafugare qualcosa, disse loro la
frase imparata; Gialdi Kard, volendo dire:
state attenti, state attenti al bagaglio. Appena
udito I'ordine i facchini riprescro i colli e si
2j6
Una beduina (afuata.
Capigliafore del Kaianga.
Isjiano delta Polinesia.
21Ti55ionatrte
incammiuarono aUa svelta verso il treno; il mis-
sionano stupito dovette tener loro diet'ro Per
caso giunse al treno quando gia il capotreno
gndava: pronti, partenza! II povero missionario
accorgendosi che mancava ancora il capo coi
biglietti, fece segno di aspettare e il capotreno
aspetto che tutti fossero a posto; indi il treno
parti. Senza saperlo il missionario aveva proffe-
nto a tempo la nota frase; ma questa voleva
dire: fate presto! e i facchini obbedendo gli
avevano nsparmiato di veder partire il treno
e rimanere a terra.
UN LAMPO DI GENIO...
II P. Paolo Barbicri manda all' Apostolaio
t-rancescano una corrispondenza iuteressante sui
costumi pagani cinesi. II bravo missionario
descnve la festa fantasmagorica del « Dragone »
avvenuta il i, 2 e 3 marzo. II giorno seguente
dice, f u « la giomata delle donne ».
In quel giorno esse hanno la liberta di andare
dove vogliono. Qui vi e I'usanza che in quel
^omo entrino per tutte le case a curiosare e
cio nel modo piu sfacciato perche credono'di
averne un diritto. lo mi opposi in un modo
assoluto e sprangai tutte le mie porte. Ma mentre
pranzavo ecco che mi percuotono la porta del
sito e in un batter d'occhio una fiumana di
donne di tutte le condizioni mi riempi la resi-
denza. Dissi ai servi di mandarle via, ma non
obbedirono. lo le iuvitai con buoue maniere
ma mi nsero in faccia; non sapevo piu cosa fare'
saranno state almeno duemila! Nei momenti
difficih pero un lampo di genio viene a tutti
e cosi anch'io mi ricordai della mia muletta
Andai di corsa alia staUa, la coudussi fuori e
commciai a batterla; ed essa, senza tanti ri-
spetti umani, comincio a spedire calci in tutte
ledireziom, mettendo in fuga le gentili... curiose
Ragazza del Siain.
^37
)^' ^5^rW
Cronaca
Missionaria
]
E g i z i a n a
del Cairo.
Signora
del Togo.
VITTIME DELLA SUPERSTIZIONE
Durante l'ecclis.si del 26settembre, la supersti-
zioiie ha mandato aU'ospedale parecchia gente
di Costantinopoli. II popolino crede che il fe-
nomeno dell'ecclissi .sia dovuto a un mostruoso
dragone, che scorazza pel cielo. oscurando e il
sole e la luna, e .si pasce di sangue umano. Al-
lorche la luna comincin a velarsi, molti pretesero
di difenderla, sparando rivoltellate per spa-
ventare il mostro. L'eccitazione era tale, che
molte paUottole furono cacciate nei corpi della
gente. La polizia opero una cinquantina di ar-
resti.
LA GIORNATA MISSIONARIA
Nel 1930 la giornata missionaria ha fruttato:
offerte 2.362.053 — qKote d'iscrizione alia Pro-
pagazione della Pede 2.030.836 — altre quote
701.108 — ogerte libere nel corso dell'anno
685.531: tutto questo uella sola Italia nostra.
In totale I'ltalia ha dato 7.274.068,84 lire pel
le Missioni!
IL CORPO DI S. FRANCESCO SAVERIO
Dal 3 dicembre per 30 giorni sara esposto
alia pubbHca venerazione in Goa il corpo d'.
S. Francesco Saverio. Per I'occasione e state
chiesto al Papa il privilegio di un giubileo con
jndulgenza plenaria per tutti i pellegnni.
FIORITURA DI APOSTOLI
Nel Vicariato Apostolico di Kivu, degli 84
allievi della scuola catcchisti, ben 52 hanno do-
mandato di cominciare lo studio del latino, per
diventare sacerdoti. Dopo un accurate esame,
ne furono accettati per ora una ventina, ma
altri saranno animessi piii tardi. E un prodigio
Jella grazia e dimostra I'inesauribilc fecondita
del Vangelo.
TRENT ANNI FRA I LEBBROSI...
II Governo franccse ha conferita la Croce della
Legion d'Onore a suor Bianca Tremeau per
« trent'anni trascorsi nella cura dei lebbrosi nei
Jazzaretti di Mandalay, Rangoon e di Ceylan! ».
LOLANDA E LE MISSIONI
In Olanda. dove il numero complessivo dei
cattohci e di due milioni e settecentomila, le
Missioni hanno complessivamente 3394 sacer-
doti, 18 c; chierici e 1986 fratelli laici, con 22.296
suore. Cosicche I'Olauda da un missionario o.gni
650 cattolici!
CATASTROFE REGALE
Undici membri della famiglia reale di Laos
ed altre 24 persone sono annegate nel fiunie
Mekong, nell'Indocina. Scendevano il fiume su
una grande piroga, con dignitari e servi; la pi-
roga urto coutro uno scoglio e affondo in pochi
miiiuti; la corrente rapidissima travolse i poveri
naufraghi rendendo vano ogni tentative di sal-
vataggio.
LA MORTE DI P. MUNARETTI
ft morto il buon P. JIunaretti dell'Istituto di
Parma, missionario in Cina. Nel dicembre scorso
era stato fatto prigioniero dai belscevichi cmesi
con due altri missienari italiani e sottoposto ad
ogni .sorta di maltrattaraenti.
Padre Munaretti, che era fornite di una fluen-
tissima barba nera, fu persino esposto ceme ima
curiosita dai banditi in un baraccone a paga-
mento. Le sofferenze sopportate durante la
prigionia ne avevano scossa la salute, ma I'eroico
missionario aveva lo stesso continuato nella sua
opera di fede, incurante dei pericoli e del disagi,
finche la morte lo ha ora raggiunto.
TERRIBILI ZANZARE
Nella valle ubertosissiiiia di Cetabato, nel-
I'isola fihppina di Mindanao, sono apparsi in
questi ultimi tempi degli sciami impressionanti
di zanzare che hanno arrecate danni enorrai.
Le terribili zanzare aggredisceno qualsiasi
animale che incontrano: spessissinio maiali e
cinghiali muoiono in pochi minuti in seguite alle
punture, e i cavalli, una volta punti, si metteno
a corrcre in preda a grande eccitazione e non
si fermano che quando, stremati di forze, ca-
dono morti al suolo.
238
Sforia di 25 anni fa, narraia dal missionario D. A, CoJbacchini.
(CONTINUAZIONE)
II rifiuto dispiacque al buon Uke-waguu:
ma noil se ne lagno: e tutti si niisero in
marcia per la Missione, uomiiii, donne e
bambini con tutte le lore masserizie. Cani-
minavaiio poco e progredivano lentaniente
perch^ vi erano contusi dalle bastonate dei
Cajamo doge e piu di tutti soiTriva il figlio
di Meriyi-kimidda per la larga ferita. A
poco a poco pero si trovarono vicino alia
IMissione ed accamparono sulla sponda del
Barreiro. Meriri-kwddda con due compagni,
due sue figlie ed il figlio ferito, lasciarono
la comitiva ed entrarono nella Missione.
ha notizia dell'arrivo di varie famiglie
riempi di gioia I'animo del Missionario che
rese vive grazie al Sacro Cuore di Gesii. Si
era nel mese sacro al Divin Cuore e preci-
samente al 15 giugno 1903. Alia colonia fu
un vero giorno di festa. Meriri-kwddda
appena diede la notizia, voile che il Mis-
sionario gU facesse vedere il luogo dove
aveva preparato le capanne per il Cacico,
psr lui, per gli altri. II Missionario lo ac-
contento; ne mancavano ancora alcuna,
ma lui stesso disse subito: — Le faremo
noi; presto sara tutto pronto; noi siamo
in molti e non ci metterenio gran che per
preparare cio che ancor manca. — Le Suore
fecero cordiale, affettuosa accoglienza alle
due figlie di Meriri-kwddda, e subito dope
lavarono e fasciarono la larga ferita del
figlio. II mattino seguente Merin-kwddda
voile che il Missionario andasse con lui ad
incontrare il gruppo dei Bororos che in-
tendevano stabilirsi definitivamente nella
Colonia. Don Balzola lo compiacque ben
volentieri. Quando si trovarono vicini al-
I'accampainento Meriri-kivddda lancio un
lungo ed acuto fischio, per av\iso.
L'incontro fu festoso. IJ Cacico Uke-
wagim attoniiato dai suoi ucmini, tutti
niessi a festa, con la testa omata di penne
a vari colori, il corpo tinto del rosso di
urucum, I'arco e le frecce in pugno, si erano
come disposti in solenne parata. Dietro a
loro se ne stavano le donne ed i bambini,
i quali, al comparire del Missionario che
mai avevano visto, cominciarono a gridare
e a piangere cercando di nascondersi fra
le gambe delle madri. Fu una scena inde-
Costruzione di una capanna.
239
scrivibile questa. II Missionario profonda-
niente commosso nel vedere a se dinanzi
quelle anime per le quali aveva tutto ab-
bandonato, e si era esposto ai piu gravi
pericoli, col sorriso sulle labbra e facendo
segni di affettuoso saluto si appresso loro.
Cerco di dire qualche parola per far loro
capire che egli era I'inviato del Grande
Spirito per insegnare ai Bororcs ad essere
buoni; disse che i Bororos tutti dovevano
essere certi che mai egli avrebbe fatto loro
del male, e che voleva bene a tutti.
Meriri-kwAdda present6 al Padre il Ca-
cico Uke-waguu e tutti gli uomini ai quali
raccomando di ascoltare la parola del
Padre; che non temessero perche il Padre
era buono e aveva preparato le loro ca-
panne, grandi e belle.
II Padre li precedette in casa per awi-
sare il personale e disporre pel loro arrive...
Qualche cosa bisognava pur dare ai nuovi
arrivati: un po' di farina di mandioca, un
po' di dolce, qualche radice di mandioca.
Verso il tramonto in Imiga fila i poveri
selvaggi arrivarono alia Colonia.
QueUa sera il frastuono e il vociare non
ebbero tregua. I<a Colonia cominciava la
sua vita. Fatta la rassegna, si contarono
42 uommi, 41 doima e 57 bimbi. Nella notte
gli indi intonarono un solenne canto in
preparazione alia grande caccia che avreb-
bero fatto il giomo dopo; e questo per fe-
steggiare U loro arrivo alia Colonia, dove
tutti pensavano di trovare quella pace e
sicurezza che da tanto tempo cercavano.
Quel giomo ricorreva la festa del Sacro
Cuore di Gesii!
La mano della Divina Prowidenza fu
molto pietosa pel poveri selvaggi. II giomo
18 gennaio 1902, festa del Nome Santissimo
di Gesii, il Missionario metteva piede in
quel luogo deserto e selvaggio per fondarvi
la Missione sacra al Cuore di Gesii; il 18
giugno 1903 festa del S. Cuore, i Bordros
coUe loro famighe, arrivati alia vigiUa per
stabilirsi definitivamente nella Colonia, as-
sistevano al sacrificio della Messa ed il
Cuore di Gesii Eucaristico benediceva per
la prima volta quel poveri figU deUa selva,
che, in festa con canti, danze, manifesta-
vano la loro aUegria.
La caccia fu quanto mai copiosa: 18
cinghiaU, un'anta (tapiro) ed altra piccola
selvaggina in quantita. La gioia e la festa
fu al colmo. Per il Bororo non vi poteva
essere pronostico migliore. Dicevano: —
Veramente il Grande Spirito, che il Mis-
sionario ama e serve, e buono e vuol bene
ai Bororos perche subito ci ha favoriti con
una caccia abbondante. (Continua).
Matto Grosso. = La cattura di un serpente in un flume della foresta.
OinapprnaiioMealaia5liu.-D.OOMEIIICO URNERI, Diretlort-resptnsiliilt. -ToiiD«,l931 -Tipogralii della Sociili Editrice Intetnaiionalt
240 ~~~
SUeQII
PER 111 NOINDO
PERCH£ la LUNA RIDE?
Per i Malabaresi vi ^ una notte nella quale
non si puo guaidare alia luna seuza soffrirne
aiiiare consegueiize. li perche?
I'na volta il dio Ganapathi, die si suole rap-
preseiitare mezzo uomo e mezzo elcfaiite, e godc
la fama di uii dio goloso assai, era stato invitato
a nil soutuoso baiichetto. Mangio taiito che il
ventre gli si ingrosso fino al puiito da uon poter
vetlere dove mettesse i piedi.
Mentre tornava a casa, di notte, in tali con-
dizioni, non vide un sasso, inciampo e cadde. II
dio si rialzo da terra con grande fatica, e tutto
svergognato diede uno sguardo in giro per ve-
dere se qualcuno I'avesse osservato nella ea-
duta. E che vide? \'ide la luna lassii nel cielo
rideie a piii non posso. Ganapathi monto su
tutte le furie e maledisse la luna e chi I'avesse
guardata in quella nutte.
AL GANGE DURANTE
IL BAGNO SAZRO
II Gauge, il piii gran fiume dell'Iudia, secondo
I'induismo discende dal cielo ed e una forma di
Brahma; percio ogni palmo del suo letto e sacro.
Pero alcuni tratti di esso sono cousiderati come
dotati di una santita speciale, per esempio in
Allahabad dove si unisce al Jumma. Ogni anno,
dai primi di gennaio a meta febbraio Allahabad
diventa la meta di molti pellegrinaggi: ogni 12
anni la soleiinita acquista uu'importanza spe-
^
I.. )
'
/
£
cialissima, diventa oltre
che una manifestazione
religiosa luia fiera d'in-
teresse, e ci affluiscono
— narra P. Gcremia nel
Massaia — i piu scaltri
negozianti, ciarlatani e
ladri di tutta I'lndia,
insieme ai pellegrini. La coufluenza del Oange
e del Jumma dk origiue ad una lingua di sabbia
lunga circa 2 miglia con '^o miglio di larghezza
e su questa vien costruita una vera cittii. Una
strada dritta al ccntro, luce elettrica, acquc-
dotto, ufficio postale. ospedale, bolteghc, un
braccio di ferrovia; quest'auno (1930) non mau-
cava ueppure un areoplano che per la somma di
circa 100 lire trasportava i pellegrini a godcrsi
dall'alto la scena pittoresca del Gange affoll, to.
Per la circostanza v'era pure quasi tutta la
gerarchia religiosa indii, da 6 a 7 mila sacerdoti
ai quali tutti dovevano inchinarsi e riconoscere
un'assoluta immunita per tutte le briccorate:
e vi erano anche rappresentate le varie forme
di asceti, Nagas, perfettamente nudi, Baira-
f;is, Sadhu, Hhoani, Mahaiil, e le ragazze del
tcmpio coperte da una striscia di panno. Tutti
sfilarono in processione verso il Saiigam, punto
in cui si uniscono i due fiumi, per gettarsi nelle
acque purificatrici. E qualcuno per la calca vi
lascia sempre la vita.
IL MESTIERE DELLA " PETTEGOLA"
fe in fiore — e da tempi antichissimi — in
Cina. Dice Vila Missionaria che fin dall'epoca
dei grandi imperatori una speciale calegoria di
persone (doune esclusivamente), per supplire
alia mancanza di gazzette, trovarono che si
poteva sbarcare il lunario facendo da gazzet-
tino vivente, o se volete, le pettegole di pro-
fessione.
Vecchie cinesi, preannunziatedalruUodel tam-
buro, visitano le case dei ricchi offrendosi di
divertire le povere siguore annoiate coi loro rac-
conti. Se la proposta viene accolta, la pettegola
si accomoda in un angolo della stanza, sopra
luia stuoia e comincia a sciorinare un largo re-
pertorio di fanfaluche e di scandali recenti del
viciuato. II racconto diverte molto le clicuti,
sicche la professione di pettegola in Cina rende
bene...
E a quanto si dice da chi sta in Cina, pare che
tali gazzettini siano ancora in uso anche sotto
la nuova repubblica, che vuol essere tra le piii
moderne e progressiste di tutto il mondo.
sa^s?fe?*
^^;^^:^&Sfe«s
\'lCARIATO Cl>:
S hi/vi' iti*n I.orcnzo (Si i
■ '' '' ■ - - liOschetti Gcnnaro (I'olco di SlIuu)
; . ! i:.:iu Piey Giore;w — Fumasoli Ida (Acqua-
rossa-Svizzera) pel Home Pio — Giardino Kmma
Karbero (RivoH-Borgo Novo) pel nome Gi(ty-
ilino .\alale — Jfassa Jlercedes (Vcrnazza) pel
nome Domenico Angela — Borapani Ida (S. (^io.
Bianco) pel uome Ginsepfrhta — Venturi Anna
Dalla Mura (Verona) pel nome liinesto — !'i-
naglia Giuseppina (Cepporaorelli) pel non:c
Giacomo — Giachello Maria Ved. Albarello
(I'ianezzo) pel nome OHnipia — Cecconi Gio-
vanni (Torino) pel, nome Gioi'nmii — ; Imber-
oiadori Prof. Ildebrando (Grosseto) pel nome
Arluro — Thiebat pel nome Giuseppe Maria —
l.ailiia Teresa Maria Ved. JIattias (Caltalsjirbne)
pel nome riarlolnmeo -^ Baietto Caterina (To-
rino) pel nomi Giovanni, Lorenzo — SocJPti
« La Forza » Scminario Vescovile (Piacenza) pel
nome Pier Giorgio — GiOvini Miclielina (Bu.sto
.■\rsizio) pci nomi Gino, Miclielino, Marco, Fer-
tuindo — \'illaveccliia Prof. Angelo (Jlerate)
pel nome Maria Teresa Lucia — Cambieri Rag.
I'ietro (I.odi) pel nome Angelo Domevico Andrea
I'aolo — Ohert Domenica (Rivara) pel nome
Ihnherlo — Giannini Don Isacco (La Spc/ia)
jiel nome Tronfi Eugenio — Lobiua Don Kfi-^i-i
(Maccrala) pel nome Torresi Angelo — Dirct
trice .^silo (Cardano al Campo) pel nome 6M-
ihiinii — Zuccale Caterina (S. Gio. Bianco) pel
nome Innocrnia — Bocchio Scolari Bice (Zer-
bol') pei nomi Scolari Maria, Giusepte.
CiN.\ - Hong Koxc
Cuscunn Snor Rcsaria (Biancavilla) pel nome
Ricceri Maria — fiastaldo Zalia (Varese) pel
nome Giuseppina Mad-takna — Amerio Mar-
cello (Torino) pel nome Maddaleva — Piccari
rClvira (Rimini) pei nomi Fivira, Pietro — Bo-
schi Kina (Cossato) pel nome Toriina — l.odi-
tiiani JIaria Pia (Genova) pel nome Aposlolos
Maria — Coau Giuditta (Cimetta) pel nome
Angela — Salcsiaui (Tohuez/o) pel nome Co-
vassi I.ucith — Salesiani (Sampierdarena) pei
nomi Tlcscignn Giuseppe, Uasilio, France^ra —
Direttrice A.silo (Castano I) pei nomi ;{ara Giu-
frlnta, Giulio Mario — Sc-rafiuo Xicoliua
(M'iitanaro) pel nome Nicolina — Revcr.so
.Maria (Torino) pel nome Eduige — Benso Maria
Ved. Seno (Ormea) pel nome Maria Terefa —
Suf.r Clemenza • Istituto Ginseppine (Pinerolo)
jiel nome Clemtma — Direttrice Asilo (Gam-
bcUara) pel nome Avdriiii Anna — lix alHeve
Asilo MangancIIi (S. Gio. la Punta) pel nome
V'tlhini Maria Grmici — Direttrice Convitto
• Frna > (I.egnuno) pel nome Carmine Domenica
— Chicnilli Irene (Acqnaviva dellc Fonti) pel
nome Maria Teraa — Carpiunano Clara (Pi-
nerolo) pel nome Granellii — ^ Jy. j^^) I'tvo
iOffcrte per le ii]i$$ioDi
Snor Soto (Montcrrey-Messico) pet nome Gin
r.inni — Snsana Cecilia (Altavilla Monferratu;
pel uome Francesca — Prat Rosalia (Peros
.Vrgentina) pel nome Rosalia — Basso Lm i i
fu Domenico (Morozzo) pei nomi Domenica.
Maria — Bimbi dcirA.silo (Riva di Chieri) ])l1
t -ri s ; ,. JJomenico—GastoH»Cravero\yc\noin<.
Porto Veuo - BR.vsir.R.
Morbi Don Giuseppe (Treviglio) pei i m
Parenti Giovanni, De Vecchi Angela — .V'nl
lonio Giovanna pei nomi Maria Giouanjia, Gi"
vanni — Sardos Mario Paolo (BcUnno) pei noii ■
Domenico Savio. Giovanni Pauiin — Buraui
I.uigiu (Mogliano Veueto) pel nome Carlo —
Coiiiugi De Caroli (Torino) pel nome Giovain:
— Ueggiani Angelo (Vdrona) pel nome Corb>n:
Emilii — Fraiichini Rosa (.Monza) pernoni.
Arluro — Alunni III classc (Tonezza) pel noiii
L-uigi Mario — Lucchesi Maria (Giardini) pi 1
nome Maria Giovanni — Gucnzani Giua (Mi
laiio) pel nome Maria — Perk Don Giovanni
(Damme-Germa!iia) pji nomi Francesco Gin
seppe, Maria Bernardina Agnese — Coriniati
Carolina (Plcsio)\pol iiomc Giuseppe — I.unglii
(Viuseppina pei noji i Giovanni, Giuseppe, 'Spi
rito — Kavire Rina (Torino) pel uome Lucii
Giovann.i — .Nasi Bertole Maria- (Torino) pi I
nome Carlt — Giienzani Gina (Milano) pel norti
Maria — Drocco Giuseppe (Rodello d'All.i
pel nome Giuseppe — ■ Re Teresa (Conzano) ]> I
nonio Giovanni Caniillo — Delia Xegra Pieti
rM Nicolo (I.atisanott;>. di Latisana) pel non;.
r.h^a — .v. -\. per il uome Rosanr.a ieresa.
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