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Full text of "Montesquieu"

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GRAMMATICA ? t . 

DEI, 

DIALETTO NAPOLETANO 



COMPILATA 



Dottor RAFFAELE CAPOZZOLI 

Cavalière del Real Ordine delta Corona rl' Jlalia , 

Profeisore lilolarc di MaleiiiUlicu 

iii-Ila Ilcjtia Scuolii Normale fcminilo di Napoli, 

in Ontiuiiiiii dcir\(r;i(li![iiiii ili-i Kilopulridi ili'lln stel Cilia. 



LibreiiJafJAPoMINERVA „ 

NAPOLI 



GRAMMATICA 

DEL 

DIALETTO NAPOLETANO 



COMPILATA 



Dot tor RAFF AELE ÇAPOZZOLI 
Civaliere Jet Real OrdiM delta Corona d' Italia , 

Professors lilolare di Malemalica 

nelli Rcgia Scuola Normale feminile di Napoli, 

Socio Ordinario dell' Accailemia dei Filopalridi dclla slessa CiitA 



IN NAPOLI 

LUIfil CHIURAZZI EDITORE 
MDCCCLXXXIX 



-* 



LOAN STACK 



Proprietà letteraria 



Stab. Tip. F. Lubrano — S. Sebastiano, 3. 



PC 1 8 1 1 

PREFAZIONE C3 



Molti vocabolarii del dialetto napoletano sono stati pub- 
blicati: finora perd nessuna grammatica; chè la brevissima 
ed imperfetta dz Francesco Oliva è rimasta inedita , ed il 
libro del T Abate Galiani intorno al dialetto napoletano non 
è una grammatica, ma un breve ed incompleto cenno dz 
letteratura napoletana. 

Volendo V Accademia dei Filopatridi di Jfapoli colmare 
questo vuoto, affido a me nel 1881 il difficile incarico di 
compilarne una; ed io, troppo presumendo délie mie forze 
e de II a mia buona volontà, imprudentemente accettai. 

Presto ebbi a pentirmi di avere accettato : ma, non po- 
tendo onoratamente darmi indietro, e sorretto dalVesempio 
e dai consigli del dottissimo ed instancabile filologo Em- 
manuele (Hocco e dalV affetto grandissimo che io nutro pel 
dialetto napoletano , non ismisi se non quando , dopo sette 
anni di paziente lavoro, t opera fu compiuta. 

Mettendo da banda tutto do che^ per esser comune ad ogni 
lingua, si irova in ogni grammatica, e non tenendo conto 
delle licenze, delle sgrammaticature e dei ghiribizzi orto- 
grajici che i minor i scrittori, si antichi che moderni, hanno 
commesso; ho cercato dettare, col maggior ordine possibile 
e colla maggiore possïbile chiarezza, un elenco di regole e 

117 



di norme certe relative al ndpoletano idioma, attingendone 
gli esempii dai migliori autori e non foggiandone mai 
io stesso qualcuno. E di esempii avrei certamente addotto, 
fer ogni norma, assai più, se dal farlo non mi avesse di- 
stolto il soverchio volume che il libra avrebbe assunto. 

Sento di aver compilato un opera troppo imperfetta: ma, 
dbbandonato quasi aile mie sole forze, senza altre gramma* 
tiche, dalle quali avessi potuto trarre se non altro qua/che 
esempio, io non poteva fare di più, Almeno questo libro 
varrà di stimolo a far meglio ai tanti cultori del dialetto 
napoletano. 



INDICE 



PARTE PRIMA 

Ortoepia ed ortografla 

§ I. Sostituzioni . . . . . . Pag. 1 

§ II. Aggiunzioni . . . . . .17 

§111. Soppressioni 22 

: § IV. Inversioni . . . . * . . .29 

§ V. Raddoppiamento délia consonante iniziale. 30 

PARTE SECONDA 





Etimologia 






CAPOPRIMO 






DEL NOME 




§1. 

§11. 
§m. 

§IV. 

§v. 


Génère dei nomi degli esseri animati 
Génère dei nomi degli esseri inanimati 
Numéro dei nomi .... 
Nomi irregolari .... 

CAPO SECONDO 

DELL' AGGETTIVO 


. 34 

. 39 
. 43 
. 50 
. 65 



§1. Génère degli aggettivi . . . .72 

§ IL Numéro degli aggettivi . . . .78 

§111. Aggettivi alterati 8fi 

§ IV. Aggettivi comparativi e superlativi . . 90 



CAPO TERZO 



DEL VERBO 

§ I. Avvertenze generali sui verbi . . . & 
§ II. Verbi ausiliarii ed avvertenze su di essi . 105 
§ III. Conjugazione dei verbi in are ed osserva- 

zioni su di essi 11! 

§ IV. Conjugazione dei verbi in ere ed osserva- 

zioni sui verbi sdruccioli in ere . . 12' 
§ V. Osservazioni sui verbi piani in ere . . 14! 
§ VI. Conjugazione dei verbi in ire ed osserva- 
zioni intorno agli stessi . . . 15< 
§ VII. Verbi irregolari e difettivi ed osservazioni 

su di essi . . . . . . .161 

§ VIII. Generi e numeri dei participii passati . 17( 
§ IX, Forma passiva e riflessa dei verbi . . 171 

CAPO QUARTO 

DELL* AVVERBIO, DELI.E PREPOSIZIONI E DELLE 

PAROLE COMPOSTE 



§ I. Avverbii e preposizioni 

§ II. Nomi composti 

§ III. Aggettivi composti .... 

§ IV. Verbi, avverbii e preposizioni composte 

PARTE TERZA 

Sintassi 



18! 

11 

1 






§ I. Sintassi dei nomi person ali . . . 2( 

§11. Concordanza deir aggettivo col nome . 2( 

§ III. Concordanze del vcrbo . . . . 21] 

§ IV. Poche osservazioni intorno allé preposizioni 22 



TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI 



N. B. Degli esempii tralti dalle opere comprese nella Collezione del Porcelli, if 
pr irao numéro dénota il volume délia collezione, Taltro la pagina. Degli esempii 
tolti dagli au tori le opere dei qua It costano di molti vol u mi, parimenlc il primo 
numéro dénota il volume, il sccondo la pagina. Degli esempii infine tratti dal 
Giornale Lo Spassatibmpo, il primo numéro indica 1' anno di vita del giornale, il 
sccondo il numéro di esso , e le lettere che precedono i due numeri sono le 
iniziali del nome e del cognome di ciascuno autore. 



Altav. 
Amen. 

Anon. 
D. Bas. 
G. Bas. 
Calcol. 
Capas. 

Cassit. 

Cerl. 

Cest. 

CONT. BIZ. 
CORT. 

D. Annic. 

D'Ant. 
Del Piano 
Desviati 
Di Giag. 
M. Far. 



Fas. 
Feder. 

j Galluc. 

i 

! G. Gen. 

[ Itto 

LOMB. 

LONGO 

LOREN. 

A. Maj. 



Altavilla Pasquale 
Amenta Nicolô 

c 

Anonimo 

Basile Domenico 
Basile Giambattista 
Calcolona Ercole 
Capasso Nicolô 

c 

Cassitto Luigi 
Cerlone Francesco 
Cestari Silyerio Giu- 
seppe 
Anonimo 

cortese glulio cesa- 

re 
Anonimo 

D'Antonio Giovanni 
Del Piano Mattia 
Desviati Eugenio 
Di Giacomo Salvatore 
Mazzarella Farao 
Francesco 

c 

Fasano Gabriele 
Federico Gennaran- 

tonio 
Galluccio Giovacchi- 

NO 
Genoino GlULIO 
Itto Filippo 
Lombardi Nicolô 
longo ferdinando 
Lorenzi Giovambat- 

TISTA 

Majuri Antonio 



Comédie 

La Fante 

Il Força 

Vierze 

Il Pastor fido 

Opere 

La Garboniera 

L* Iliade 

Sonetti 

Lo Sparalorio 

Comédie 

Lo Mellone d'acqua 
Le Contadine bizzar- 
re. Comedia 

Opere 

D. Annicca Casape- 

losa. Comedia 
Opere 

Canzoncine spirituali 
Lettera 
'0 Monasterio 

La Buccolica 
LaBatracomiomachia 
La Gerusalemme 

Li Birbe 

San Michèle 

Nferte 

La Costanza coronata 

La Ciucceide 

Ottave 

Comédie 
Versi 



1849—1861 

1708 

1709 

1881 

Porc. 1785 

Porc 1788 

1735 

Porc. 1787 

1789 

1862 

1825-1829 

Porc. 1787 

1774 

Porc. 1783 

senza data 
Porc. 1788 
1788 

Porc. 1788 
1887 

1790 

Porc. 1789 
Porc. 1786 

1728 

1774 

1835-1856 
1769 

Porc. 1783 
1888 

1788-1792 
1829 



à 



Mart. 



Martoranà Pietro 



G. Massa 

Morm. 

Nova 

Oliv. 

Pag. 

Parm. 

Palom. 

Perr. 
Piccin. 
Prisg. 
quattrom. 

ROCCHI 

Rocco 

Sarn. 

Scarp. 

Serio 

Sgrutt. 

Spas. 

Stigl. 
Tottola 

Ugoni 

B. Val. 
T. Val. 

Vegl. 

Velar 

Vill. 
Viol. 
Vott. 

Zez. 

ZlNI 
ZlTO 



Massa Gaetano 
Mormile Carlo 
Nova Santillo (Vil- 

lano santo) 
Oliva Francesco 
Pagano Nunziante 
Palmieri Giacoman- 

TONIO 

Palomba Giuseppe 

Perruccio Andrea 
Piccnm Domenico 
Priscolo Geremia 
quattromani gabrie- 

LE 

Rocchi Carlo 

Rocco Michèle 
Sarnelli Pompeo 
scarpetta edoardo 
Serio Luigi 
Sgruttendio Filippo 



Stigliola Nicolô 
Tottola Andrea Leo- 
ne 
Ugoni Casimiro 

Valentino Biagio 
Valentino Giovam- 

battista 
Vegliante Nicola 

Velardiniello ( Pas- 
saro Bernardino; 
Villani Antonio 
Anonimo 

VOTTIERO NlCOLA 

Zezza Michèle 
Zini Saverio 

Zito Bartolomeo 



Notizie biograficbe e 
bibliografîche de- 
gli scrittori del 
dialetto napolita- 
no 
L'AngelodelCarmelo 
Favole di Fedro 

La Sporchia' 
Napole accojetato 
Opère 

Sonetti 

La Villana ricono- 

sciuta 
Agnano Zeffonnato 
Opère 
Chellete 

Opère 

Descurze predecabe- 
le 

Opère 

Posillechejata 

Comédie 

Lo Vernacchio 

La Tiorba 

Lo Spassatiempo. 
Giornale 

1/ Enéide 

U Infanzia accusa- 
trice 

Il vero Lume fra le 
ombre 

La Fruoffece 

Opère 

L Amante pe simpa- 
tia 

Ottave 

Lo Calascione 
Violeide. Sonetti 
Lo Specchio de la 

cevertà 
Nferte ed altre opère 
La Villanella ingenti- 

lita 
Annotazioni alla Va- 
jasseide 



1874 
1719 
1830 

Porc. 1787 
inedito 
Porc. 1787 

Porc. 1788 

1796 
Porc. 1787 
1792-1826 
1826-1831 

1870 

1837-1842 
Porc 1789 
Porc. 1788 
1876 
1780 
Porc. 1783 

1875-1880 
Porc. 1784 

1816 

1879 
Porc. 1783 

Porc. 1787 

1785 



Porc. 
Porc. 
Porc, 

1879 
1834- 



1789 
1783 

1781 



1838 




PARTE PRIMA 

ORTOEPMA JBJD ORTOGRAFMA 



1. U Alfabeto del dialetto napoletano cpnsta di 
ventidue lettere , délie quali cinque, cioè a , e , i , o 
ed n, sono vocali, e diciassette, cioè b, c, d, f, g, h, 
j, 1, m, n, p, q, r, s, t, y, z, sono consonant!. 

Siccome perô il suono di tali lettere non seropre 
corrisponde a quello che danno -loro i napoletani al- 
lorchè parlano; e siccome questi sogliono, sostituendo, 
aggiungendo, togliendo ed invertendo lettere o sillabe , 
allungare, accorciare e modificare moltissime parole ; 
cosi abbiamo creduto conveniente premettere aile al- 
tre parti délia Grammatica pochi, brevi ed incontra- 
stabili precetti di Ortoepia e di Ortografia, poggiati sul- 
Y autorità dei migliori scrittori antichi e moderni ; 
mettendo da parte le eccentricità che, oggi special- 
mente, o per ignoranza del vero dialetto , o per ispi- 
rito di novità da alcuni sono state introdotte. 

§i. 

Sostituzioni 

2. In quanto aile sostituzioni délie vocali osserviamo 
à) Che essendo, in moltissimi nomi sdrnccloli, quasi 
identico il suono délie vocali a ed e che seguono la vo- 
cale tonica, tali nomi si possono scrivere con Tuna e con 
T altra di queste vocali. Cosi : si puô scrivere àstmco, 
cudfkno , stômmuco, gliuômm&ro, càmm&ra , pàpbra, 
màmmiJta, fîgli&ma (1), e si puô scrivere àstreco, cwd- 

(1) Perzô ve tengo n' obreco nfi ncoppa V âstraœo — G. Bas. 21, 176. 

Pigliatose no cuofA.no sotta tetilleco , coromenzaje a ghire adunanno graste — 

G. Bas. 20, 193. 
Sentennose pepoliare lo slommsico , se resorvette ooorcarese la voccola — G. 

Bas. 20, 60. 
Pigliarae lo gliuomma.ro de filo Lrescianiello da coppa chillo stipo — G. Bas. 
20, 177. 

1 



— 2 — 

Jeno, stàmmecoy gliudmrnero, càmmera, pàpera, manu 
meta, fîgliema (1). 

6) Che in alcimi pochi nomi anche sdruccioli si 
puô, per la stessa ragione, indifferentemente scriverc 
per penultima vocale 1' a, Fee Fo (2). 

c) Che i migliori cangiarono sempre in e la v< 
cale i, che cessa di essere tonica. Quindi scrivevanor] 
Menechièllo, trademtènto, tradetàre, stemàta, Jeseàoa] 
vesetàre, fatecà (3). 

d) E che cangiarono sempre in o la vocale u, che] 



Eccote a mmeza nolte no bruttissemo dragone (rasire drinto a chella cammB.ro — | 

G Bas. 21, 104. 

De chello ppoco che une cacciassero,n'accattassero napoparo — G. Bas. 21, 156.'| 
Di a mmàmmsita, che s' allecorda de la 'mprommessa — G. Bas. 20, 163. 
Lo voglio abbracciare coram' a fiiglio $ e darele figli&ma pe mmogliere — \ 

G. Bas. 20, 314. 

(1) tradetora, mme vuoje bene ? e essa respose fin coppa air àstreco — G. 

Bas. 21, 165. 
De gliantre, e granodinnia mmescato 

Co no cuôfeno po te faccio ricco — Capas. son. 226, 
A la vocca de lo stômmeco ancora nce tengo n' abbasco — Cerl. 11, 293. 
Donco si nuie trascorrere voliimno, 

Lo capo de lo gliuômmero pegliammo — T. Val. 19, 32. 
Venne a ttennene, che se rcdusse da l&càmmera a la cocina — G. Bas. 20, 77.. 
Quanto chiù nce facevano remraedio , cchiù la pâpera slregneva — G. Bas. 

21, 138. 
Un ! che mmannaggia l'arma de mamtneta accommenzaje don Nicola — G. M. 

Spas. 2, 49. 
Che se n'ha bisto sta scrofella de figliema a 'ncrapicciarese de st'uorco ma- 

rino — G. Bas. 20, 53. 

(2) L' Astrdl&co isso puro 

Àve da ciènto banne 

Tante, e tante addemmanne — G. Bas. 20, 154. 
Site Astrôleco puro? Un, pe sta via, 

Donco quinnecc, e ffallo a cchi se sia — Lomb. 5, 101. 
V Aêtrolocu tu puro ne' aie da fare ? — Capas. 15, 55. 
Mase, che teneva l' aurècchie a llepa.ro, tornaje ad auzare la voce— G. Bas. 

20, 75. 
N' è bbuono a ssecutà manco no lèpero — Quattrom. 351. 
Sauta isso, com m' a llèporo no surco, 

£ mme «chiaffa de facce a cierta bobba — D 1 Ant. 23, 98. 

(3) Oh si sorzetasse Menechiello, 

Quanto despietto avria, quanto raarfiello — Morm. 211. 
Grannemente amava. 

Lo trademientOy e no lo tradetore — > Cort. 2, 141. 
Sore mia, comme vaie, tu si stemata — Lomb. 5, 75. 
E cco ttutto chesto, Masella parlava, e isso fescava — G. Bas. 20, 23. 
A besetare jette le ccapanne — Morm. 142. 
Aggio da fatecà comm' a no cano — Quattrom. \8, 



— 3 — 

cessa di essere tonica, scrivendo nodecùso, sfortonàto> 
itforiàta, ctffegoràta, morà, doraje (1). 

Tuttavia oggi, non solo non si cangiano in e ed in 
oPiePn, che cessano di essere tonici (2); ma spesso 
si cangia da alcuni V e in i, e V o in u, dicendo con- 
jAgnà, liggenno, purtàje , arravugliàto (3), invece di 
conaegnà, leggenno, portaje, arravogliàto (4). 

Perô , se gli antichi esagerano per un verso , i 
moderni scrittori esagerano per il verso opposto: che 
se i napoletani, parlando , non allargano mai i suoni 
i ed u tanto da renderli e ed 0; neppure restringono 
ed affievoliscono i suoni e ed o tanto da renderli i ed 
u. Quindi noi siamo di avviso che, tranne i casi che 
a suo tempo additeremo , almeno la parte radicale 
délie parole debba , scrivendo , rimanere inalterata , 
allorchè le vocali toniche cessano di esser tali: la quai 
cosa giova ancôra a rendere meno diffiooltoso ed intn- 
telligibile, specialmente ai forestieri , il dialetto napo- 
letano. 

e) Osserviamo ancôra che qtiando Fi, che non è to- 
nico, è seguito da un' al ira vocale, con la quale non 

(i) Chillo filo tanto nodecuso 

Tagliasse co na botta a la mmalora — Quattrôm. 14. 
Perché a*à ddinto sfortonato arrive ? — Pbbr. 16, 59. 
La sesta, arraggiata c nforiata pe lo dolore, le disse — Sarn. 22, 195. 
Gtà Micco 1' avea bona affegorala, 

£ dicea fra se stisso, è fuorze chella — Cort. 2, 87. 
Isso penzava a ffa morà sta terra — Lomb. 5, 60. 
Accossi slo remmore, che ddoraje 

Quase tutta la notte — Lomb. 5, 66, 

(2) Diceno de cchiù, ca non se devono mantenè li viïie, ca tutte hanno da faAcà — 

Rocchi, 3, 38. 
Duraje sV accidetorio e sto sciabbacco 
N' ora de panto — Morm. 42. 

(3) Non c' è da conzlgnà, nuje stammo mpace — Altav. Lo Patriota, 6« 
Steva ncoppa a lo lictto liggenno — Scarp. 181. 

Se purtaje stu core. 

Arravugliàto dint' 'o mantesino — Di Giac. 'O Munasterio, 9. 
{&) Qaanno se recetava, a 11' ora justa 

Che s* avea da vesti, se conzegnava — Viol. 22, 87. 
Avasta vota V uocchie non ghienno leggenno ne nofiziarie, ne armanacche — 

Rocchi 3, 2. 
Nce poriaje ncasa, e fece bone spese — Stigl. 8, 191. 
E doppo che pe n' anno ha arravogliàto, 

Fa aa perucca, ch' è na porcaria — Quattrôm. 14. 



— 4 — 

fa dittongo, gli antichi sostituivano V ej all' i , dicendo 
tanto compassejône; colcus^àne^ concrusejône, cudrejo T 
erapejo, dejàvolo, marejuàlo, dejèfa, gràleja, corejù- 
so (1); quanto compassiàne , colcusiàne , concrusiàne 7 
cuàriOy cràpioy diàvolo. marluôlo, dièta , grôlia , co- 
riàso (2). Oggi perô taie sostituzione più non si usa. 
f) Osserviamo che in moite parole gli antichi so- 
stituirono non solo Pej, ma anche il solo e air i, di- 
cendo tanto crejànsa e creànjsa, crejatàra e creatùra, 
mbrejàco e m&reàco, rejàle e reàle, prôpejo eprôpeo (3), 

(i) Agge compassiàne de sto povero fiisto, ch'ave dudece regnole da campare — 

G. Bas. 20, 100. 
Ognuno stenca apparecchiato, 

Pe ghi a la casa a ffa colazeiôtie — Capas. 15, 44. 
Ditto lo rre chello che s' ha nzonnato, 

Subbeto venne a la concrusejdne — Capas. 13, 44. 
Da chi no cuôreio d' oro fu arrobbato 

Co accidere no drago — Rocco, 24, 277. 
Pe non se sedognere li vestite, averriano fatte zumpe de Grillo , sbaaze de 

CrapeSo — G. Bas. 20, 14. 
Fa comme te pigliasse lo dejàvolo — Capas. 13, 119. 
No marejuôlo jette a robbarela a ddojo ore de nofte — Vott. 164. 
Non te lamentare de me, ma de lo miedeco, che m'ave ordennto la dejèta — 

G. Bas. 20, 96. 
Chi sona la chitarra, e chi lo fraoto 

A grôle$a de lo Ddio, che mpesta e spesta — Capas. 15,30. 
Si quarche ccore$wo volesse passa cchiù nnante, non le rencresca de i a 

scartabellà la prefazeione de l'EUenopedia de F. M. F. — Anom. 16, VIII. 

(2) Co IP acqua de lo chianto sti colure. 

Ha stemperate la compassiône — Stigl. 8, 57. 
Volenno fa na colazlùne, le mancava no tremmone gruosse p' annevà lo 

vino — Vott. 76. 
Ma pe benire a la concrusiàne, 

Faciteme jostizia o vivo o muorto — Morm. 226. 
Lo cxiôrio dint* a 1' acqua 'ntenneruto 

Lloro sempe facea chiù cannavola — Morm. 68. 
Pare justo no cràplo, quann' ha fatfo 

Na gran carrera, e sse jetla pe mmnorto — Capas. 15, 118. 
Ne sa che gran dïàvolo ave 'nzino — Stigl. 8, 87. 
Restaje cchiu confuso de no marluôlo, quanQo l'è ttrovato lofurto 'ucuollo — 

G. Èas. 20, 100. 
La dicta de lo lietto mio è pe ffare banchetto a la casa d* autre — G. 

Bas 20, 97. 
La 'nvidia fa cadere le ppontelle de la grolla dell* uommene da bene — 

G. Bas. 20, 175. 
E mo lo bide da sto fatto, ch'è corlùso propejo — Vott. 90. 

(3) Pozza mori a mmaro 

Si propio de crefànza non te mparo — Capas. 15, 55. 
E lo pâtre vedenno la bona creânza, le jettaje na bella catena d'oro a lo 
cuollo — G. Bas. 20, 279. 



— 5 — 

quanto criànza, criatùra, mbriàco, riàle, prôpio (1). Ma 
ne anche tali sostituzioni oggi sono ammesse dall'uso. 

g) Ed osserviamo in fine essere oggi meglio non 
sostituire F u alla sill aba ye nel participio passato 
dei verbi in bgliere; perché i napoletani dicono rae- 
cuôvetOySciuôveto, cuôyeto (2), e non raccuôuto, sciuôuto 
cuàuto (3), come alcuni hanno scritto. 

3. In quanto aile moltissime sostituzioni délie con- 
sonanti, noi ne indicheremo soltanto le principali. 

E pria di tutto diciamo doversi sempre sostituire 
il digamma gh al j, ed il b al t: 

a) Quando le parole che cominciano con lo j o col 



Ca quanno stà co tté sta crejatûra, 

Cridem' a mme, c' ognuno se sorreie — Capas. 15, 177. 
La cchiù pentafa crwuùra de sto pajese ha da essere agliottuta da no brutto 

aneroale — G. Bas. 20, 90 
A ccierte pare, 

Che sia maie de luna, che lo sgotla, 

A ccierle, ch' è mbrejàco — Capas. 15, 128. 
E nz«rfato à accossi lo Rre d' Agnano, 

Comme quanno mbreàco sta Trojano — Perr. 16, 40. 
Si no Notaro fa no scritto, 

Se crede, • bo menti vocca recèle J — Capas. 15, 45. 
Sto villano mmeretarrîa na mitria de carta reàle cchiù pprieslo, che na co- 
rona — G. Bas. 20, 93. 
Peppo menava chella gra spataccia, 

Che pparea prôpejo, che mmetesse grano — Pkrr. 16, 43. 
Te sbatto 

Tanta vote de capo a ccheste pprete, 

Che cchiù non paferraie prdpeo de sete — Psre. 16, 6. 

(1) E pon' autra stizzella pe criànza 

N* assaporajc — Stigl. 8, 89. 
Aje scomputo lo staglio de la vita , si non prommiètte de dareme la cria- 

tara — G. Bas. 20, 162. 
O non vego, o me nzonno, o slo mbriàco — Cort. 2, 51. 
Renzolla pigliatose lo pacco, se ne jette a lo Palazzo Riàle—G. Bas. 20, 103. 
Prôpio no nzallanuto mme pareva — Stigl, 8, 35. 

(2) No ne' è stato nisciuno che avesse raccuÔYeto li faite de sto guappoue de lo 

paese nuosto — G. M. Spas. 2, 37. 
E dde pane, presutto, caso e bbino 

Stann' anchienno lo sciuôveto stentino — Piccin. 69. 
Essenno juto a caccia, nce fo cuôveto da lo miezo juorno — Sarn. 22, 223. 

(3) S' abbiaje a la Marina, dove trovata la varca, fu raccuôuto co gran leve- 

renzia da chille che la guidavano — G. Bas. 20, 342. 
O tutte ardimmo ncappate a no visco, 

O tciôulo ognuno aggia lo core frisco — Coiit. 2, 48. 
E Guerfo cuàuto, nterra ghie de rine — Fas. 14, 20. 



— 6 — 

y, sono precedute dalle preposizioni a, co e pe (1). 
6) Quando sono precedute ctagli avverbi chiù, accossi 
e qualche altro (2). 

c) Quando sono precedute dalle congtunzioni e y 
ne e che (3). 

d) Quando sono precedute dagli aggettivi che % ogne, 
guar che e tre (4). 



(1) A ghiuorno chiaro 

Troia allentaie la vriglia, e la capezza — Stigl. 8, 99. 
Si non dirraggio 

A buje quant' aggio 'ncore, io mora ciesso — Stigl. 8, 105. 
Screvite 

Co ghiodizio, co gniegno e gravetate — Capas. Son. 113. 
~ Co biento npoppa se vedea portare 

Soccurzo Agrippa — Stigl. 10, 195. 
Se partette da la casa pe ghirelo a vedere 'nnanze la morte soja — G. Bas. 

20, 170. 
Stanno tuoste coram' ancunia, 

Cchiù pe hedè, ca pe holè fa a ppunia — Capas. 15, 123. 

(2) Che lo stinto move 

A trovà luoco pe ffa cchiù ghienimme — Rocco. 25, 217. 
Ma dapô c' ha cchiù bote so*perato, 

Le disse — Cort. 2, 67. 
£ lo Rrè, bennaggia oje, accotsi ghietla 

Lo regno ? — Stigl. 10, 79. 
O la sciorte accossi boléa de Troja — Stigl. 8, 101. 

(3) £ nfra museche, balle, e feste, e ghiuoco 

Stace desgusto, arraggia, egran maitoro — Cort. 2, 82. 
Magna e bive si pu oje, duorme, o reposa — Stigl. 8, 107. 
Nuje non port ammo guerra a sta Cetate, 

Ne ghiocâmmo de cruocco — Sticl. 8, 65. 
Puorce non s' accedevano, né Bacche — Sgrut. 1, 185. 
A Ttaddeo na staffetta fuie mannata, 

Che ghieëse a Ttebba a pportà na mmasciata — Capas. 15, 125. 
Co no picco granne sopra na nforra de lanetta gtalla , che bedive no campo 

de sciure — G. Bas. 21, 144. 

(4) Vi che ghiostizia bella è cchessa cca — Quattrom. 19. 
Lo piacere, che bôglio è che mme mmanne 

Palla — Capas. 15, 109. 
Sto poverommo da sti marranchine 

Ogne ghiuorno n' avea strazie e tormiente — Morm. 245. 
E musco era lo sciato d' cgne biento — Sgrutt. 1, 189. 
Se pe ccaso quarche ghiuorno 

Staje mpestata e tiene guaje — L. C. Spas. 1,9, 
lo non nego perrô che quarche bota 

Sta Veretà te porta a lo maciello — Morm. 229. 
Io le ccredette proprio tre ghianàre — R. G. Spas. 1, 10. 
E botatase addove esce lo juorno 

Tre bote, e addove cade n' autel tante — Perr. 16, 74. . 



— 7 — . 

é) Quando sono precedute da qualche voce mono- 
sillaba dei verbi èssere ed avère (1). 

f) Quando i plurali feminili dei nomi, che comin- 
ciano con lo j o col v, sono preceduti dagli aggettivi 
le, cheste, chelle, ste, sse, cierte e qualche altro (2). 
a) E finalmente quando il lo che precede la pa- 
rola che comincia col v 9 si riferisce ad una cosa m- 
determinata (3); perocchè se il lo si riferisce a cosa 
determinata, la v iniziale non si muta in fo (4). 



(1) Dove, addove si ghiutof 

Tierapo scnz' arravuoglio, e senza ntrico ? — Sgrut. 1, 185. 
Pecchè canosco, ca tu sï balente — Perr 16, 79. 
Chisso è ghiuorno de festa, o de lavoro ? — Znz. Artaserse, 1 1 . 
Site tutte apparecchiate, 

Ca già è hbenùto ccà lo Mmasciatore ? — Lomb. 5, 128. 
Ca de chesta revierzo, o maie ofrusso, 

Fastidio non le dà, ca no ne' ha ghiusso — Pag. 17, 131. 
Ha bolùto. 

Co chella lanza fare sto peecato — Stigl. 8, 125. 

(2) Si tuorne e te friemme, 

Te siente a bottafascio le ghiastèmme — Morm 260. 
Dove lo troppo caudo de lo Sole 

L' uommene arroste comme le berôle — Stigl. 10, 35. 
Io puro a lo Cerriglio de Febo m' aggio allogato una de cliesle Ghiolle — 

Cort. 2, 174. 
Che lagrema de Somma, e de Garitte ? 

Cheste broche salate — Cort. 2, 140. 
Ve torno a dimmannà: vuje nce crédite, o no nce crédite a ste ghiacovèlle? — 

Rocchi, 2, 34. 
Rape la vocca, e ghietta ste bavïglie — Lomb. 5, 129. 
Leva sse gbioie, e arma lo mazzueco — Capâs. Son. 3. 
Ssi mantece, e sse bbampe 

T' hanno nzeecuto, e ppuro no la scumpe — Lomb. 5, 140. 
Ma non songo fora de sto steocato chille che credono che a cierte ghiornàte 

se po viaggià, e ciert'autre no — Rocchi. 2, 43. 
E ad onorede li scure Abbisso 

Accise certe hïpere arraggiate — Perr 16, 74. 

(3) Si lo bbaje trovanno, 

No nghiarrà troppo a Uuongo, e tte lo fanno — Lomb. 5, 143. 
Chesto nce lo bùalio — Calcol. La Carbon. 54. 

£ sto Carnevale che pretenne ? — lo lo bôglio sapé mo — D. Annicca 98. 
É cchesto 

Mo lo bôglio provar e a chi m' ascota — Morm. 229. 
(i) E io chisso non te lo Yôglio dà — D. Annicca 108. 
T' aggio ditto, e straditto, 

Ca Mase io no lo xôglio — Cort. 4, 79. 
Pare n' otra chiena d' uoglio; 

Mamma, è brutto, io no lo vôglio — Quattrom. Spas, 1, 9. 



— 8 — 

4. Osserviamo inoltre che, se si puô sostituire il g 
alla seconda n nella voce délia prima persona singo- 
lare del présente delP indicativo di môlti verbi in en- 
tière, e nelle voci che da questa si formano , dicen- 
dosi tanto scenno, scenna, ntenno , ntenna , mpenno , 
mpenna (1), quanto scengo, sce/<ga, ntengo , ntenga, 
mpengo, mper ga (2), perô non si deve sostituire : 

a) Il g air i nelle voci dei verbi chiejàre e nchia- 
jàre; chè, se gli antichi dicevano chieqàre e chiejàre (3), 
chiega e chieja (4), chiègano e chièjano (5), chiaga e 
chiaja (6), oggi si dice soltanto chiejàre, chiega, chiè- 
jano, chiaja. 



Sso casadduoglio, 

Che buô darme pe mmarito, 

No mme piace, no lo xdglio — G. Gen. 1847, 49. 
(1) Da lo palazzo a oo ciardino tcenno — Cort % 247. 
Nnante le scenna gotta, 

Che lo torca, e lo sbotta — Cort. 4, S S. 
Mo ntenno pecchè 90 tutte Apecure — Capâs. Son. 164 
Commo appunto vole che se ntenna chesta semmeletuddene portata da isso — 

Zito. 3, 47. 
Mm 1 aie da fare • 

No gran piacere, ca si no mme 'mpenno — Stigl. 40, 49. 
E Tturno che se mpenna a no rampino — Stigl. H, 137. 
(3) Vao pe no scalaotrone, e scengo a bascio — Sgbutt. 1, 255. 
Se addonca ntra de vuie ino qaarche sguessa 

Se trova, e sse presamma d' esse guappa, 

'N campo mo scenga armata — M. Far. 24, 195. 
Autro tanto piacere sentarisse 'ntennenno chello, che ddiceno, comme lo 'ntengo 

io— a Bas. 20, 197. 
Azzô me ntenga ogn' uno a sto pajese —Cort. 3, 4. 
£ si tardo a bederete me mpengo — Cort. % 47. 
Cecca se fece na resata bona, 

Ca tutto me sbracaie, chiappo me mpenga — Sgrutt. 1, 37. 

(3) Na susta le facea matina, e ssera, 

Che nacerqua avarria fatto chiegàre — Capas. 13, 191. 
£ ncuorpo m' aggio a fragnere, 

Àggio a chiejà le spalle — G. V. Spas. 4, 45. 

(4) L' arvolo non se chiega s' è ntostato — G. Bas. 21, 300. 
Sora mia, 

Chieja le spalle, e chiammala pazàa — N. T. Spas. 5, 8. 

(5) E comm' a canna 

Se chiègano da chesta, e chella banna — Stigl. 10, 91. 
£ cquanno a lo bestire s' apparecchiano, 

S' abbasciano, se torceno e se chièiano — T. Val. 19, 57. 

(6) Fa chillo affetto stisso, che fa lo zuco de le ccepolle a lo fierro d« frezza, pe 

la quale se fa la chiaga ncorabele — G. Bas. 20, 171. 
Perché ogne nchiaja aveale ncrodelata, 
N' uoglio pe 1' addoci chillo nce mena — Fas. 13, 244. 



— 9 — 

6) Ne crediamo che in alcune voci dei verbi a- 
dunàre, accidere, credere e yedère si debba oggi so- 
stituire il g al d; chè, se una volta si diceva agàna 
e adùna (1), accigo ed acciio (2) , acctga ed acclAa (3) } 
crego e credo (4), vego e veAo (5), vega e céda (6), oggi 
si dice quasi esclusivamente aAàna, acciio , acclAa , 
credo, pedo e peda. Se non che anche oggi molti, sosti- 
tuendo il c al d, dicono veto e veea (7). 

c) Ne ci sembra conveniente sostituire , in mol- 
tissime parole, il g al c; chè, se gli antichi scrissero 
castigOj suogro, sango, ghièsia, ghiusa, groce, giardîno 
luongOy dongOy tenga, mantènga (8), e scrissero castîco, 
suocrOj sancOy chièsia, Qhiusa, croce, eiardino, luoheo, 



(1) E sto leione fattose coniglio, 

Ordena cbe s* aguna lo Conziglio — Peu. 16, 29. 
LP asenetà tutta s' adùna 

Dinto stu smocco — Anon. 22, 42. 

(2) £ perché non m* accigo ? — Pkrr. 16, 110. 

Ca m' accî&o pe te nzi co la morte — Olivâ, can, 2, ot. 11. 

(3) E che s* acciga vuoie co no verrillo — Cort. 3, 464. 
Si Turno è ncrapicciato 

De na mogliere, c' ha na monarchia, 
S' accîda isso co Ànea — Stigl. Il, 149. 

(4) Né crego, ch'isso mai pozza penzare, 

Oiê nuje 1' aggiammo da i ad assautare — Pkrr. 16, 77. 
Che Anea sia chisso, io cosà credo, e spero — Stigl. 10, 41. 

(5) Mo vego, ca li Dieie songo cojete, 

Ed ajutà mme vonno — Pkrr. 16, 25. 
Io be lo bidde, e be&o, 
Quanto pe cchillo caso fuie stonjuto — Fas. 14, 157. 

(6) Che non me vega, se pe sciorte n' esce, 

Da st* acqua na ranonchia — Cort. 2, 203. 
De chi bene le vo, veâa la faccia — Stigl. 10, 41. 

(7) M' affaccio a la fenesta la matina 

E beco Cicco e Tonno int' a la Tarca — Quattrom. 45. 
E le ssoje gente tutte 

Veca fellate comme li presutte — Stigl. 9, 77. 

(8) Che s' aspetta ? Che se penza ? Aggia lo castigo che mmerola — G. Bas. 

20. 55. 
Lo jennero jette a magnà franco addô lo suogro — Vott. 157. 
Gridanno tutte commo gente pazza, 

Sango, sango, compagne, ammazza, ammazza — Cort. 2, 35. 
S' abbiare palillo palillo a no gtardinoâe lo Palazzo stisso—G. Bas. 20, 22. 
E ba a trovà chille materazzare, 

Pe cchi se fece ghiesia de carrera — Capas. 15, 210. 
Vedde Cecca speduta, e co la spata 

Pc. il a la grvce a lo scianco nfilata — Cort. 2, 151. 



— 10 — 

doncoj tenca, mantènea (1), oggi tali parole si pronun- 
ziano quasi esclusivamente col c; perocchè, come os- 
servô rOliva alla pagina 26 della sua Gramroatica, 
« nella lingua napoletana il g ha luogo solamente nel 
« principio di qualche parola, come groppa , galdppo, 
« galèra, gaiàla, gioia, e nelle sillabe glia, glie, glio, 
« gliu. Nel fine perô non ha mai luogo, chè il g dei 
« toscani si pronunzia qui corne c » . Del resto anche 
oçgi poche parole si pronunziano in ambo i modi , 
dicendosi àobrego ed àbbreco , mmagenàto e mrnace* 
nàto, gravônelle e eravônelle (2). 

d) Ne finalmente oggi ci sembra conveniente so- 
slituire, come una volta, il g al y, e dirsi cosl spago 

Na longo vita senza na recreazione a lo munno, è gghiusto come a no luongo 

viaggio senza na taverna pe defrisco — Sarn. 22, 149. 
Qhiusa la fossa, ed âpre cchiû la gente 

LT aocchie a lo chianto — Ouva, G. 12, ot. 102. 
Pigliate Lella mia, ca te la dongo — Coat. 4, 50. 
Chi ha gusto de ss' amore, se lo lenga — D. Bas. 12, 30. 
Ne nsaccio nchesto, comme pe sto fatto 

Tanto crodele, se mantenga forte — Fas. 13, 224. 

(1) Tanto jodecaro poco lo castico de le ffîglie da la matreja— 6. Bas. 20, 84. 
Non curanno li consiglie de lo suocro, jette a la caccia — G. Bas. 20, 113. 
Chili o co nuje 1' arraggia sfoca e sbotta, 

Vedennose de «anco tutto tinto — Morm. 89. 
£ bô che trasa 

A no bello Ciardîno de sta casa — Cort. '2, 179. 
Ed a la Chiesia tutte le cciantelle. 

Vonno sedere co le seggiolelle — T. Val. 19, 323. 
Che avimmo fatto maje nuje poverelle, 

Che Giote nce ha mannata chesta croce — Morm. 20. 
Dinto no vico luonco se trovava — Oliva, can 5, ot. 23. 
E pe Sserve, e pe Grutte, e pe Ssepale 

Ogne sciorte ncè chiusa d' animale — Cort. 2, 189. 
lo le rreccbezze e li tesore donco — Oliva, C 8, ot. 21 . 
Ogne casa che tenca le ccannele 

A la fenesta — Oliva, C. 7, oL 87. 
Quanno v ' aviso tanno v' abbiate; 

Fascine e fuoco lesto se mantènea — Ouva, C. 7, ot. 19. 

(2) Contanno a la mamma 1' ùbbrego granne ch' aveva a sta bella giovane • G. 

Bas. 20, 224. 

L'averria scritto co lo carvone dell* àbbreco a la Taverna de la raamraoi — 
G. Bas 20, 329. 

Ora chi s' avarria maie mmagenâto 
D* avère, oimmène, sto contravagliente ? — Cort. 2, 26. 

E chi se l' avarria maio mmacenàto? — Cort. 2, 76. 

E cquanno corre pe s'afierrà nuce, confiette e cose doce, se vede mmaox la- 
pine, scorze e grawnéUe — L. S. Spas. 5, 5 



— 11 — 

paragàne, niego, frùgolo, cannagàla, gonnèlla, paga- 
re (1), corne spavo, parayone, nîevo, Jrùyolo, cannctr 
rôla, vonnèlla, pavàre (2); perocchè oggi quasi esclu- 
sivamenfe tali parole si pronunziano nel secondo modo. 
Solo anche oggi si dice rèvola e règola (3). 

5. Osserviamo ancora che , se si puô sostituire il 
c al z in quasi tutte le parole che terminano in Mo, 
potendosi dire tanto jodîeio, artefiûo y officio , sacre- 
jicio (4), qusLïitojodiziOjartefizio, affizio y sacrefi'/jo (Sfr 
non si deve oggi : 

a) In moltissime partfle, sostituire il z al c, e dire 



Che mmonpezza 

Te venne pe ccraune, e ocravonèlle — Pehh. i6, 138. 

(1) Pigliatese Io grano cacciaje no capo de spago — Vott. 235. 

Le bbellèzze vostre sô zavaoelle a pparagone de sta bellezza a ddoje sole — 

a Bas 20, 38. 
La caooscette a no bello niego , en* aveva 'n miezo a lo pietto— G. Bas. 

20, 292. 
Se mette comm'a frùgolo a ffoire — Pirr. 16, SI. 
Sto bello rauorzo facea cannagôla 

A quant' erano a Talia Prencepune — Stigl. 10, 13. 
Spogliatose la gonnèlla, e lo corpetto, se mese lo vestito d' ommo — G. Bas. 

20, 321. 
Ca s' isso lo sapesse nnevenare, 

No tmocchio co na meza vô pagàre — Gobt. 2, 37. 

(2) Quant' è luongo sto spavo statte da rasso a carrelle, carrozze e galesse — 

Vott . 233. 
N'autro paravone : pigliafe doje paggene, una scritta a lo muodo de Santa» 

niello, e 1' autra a la manera de Capasso, e facitele Ieggere a uno che 

non sape lo dialetto — L. C. Spas. 4, 27. 
Ed ogne nievo quanta pile po avè ? — Ckrl. 8, 304. 
Chi zompa da la nave, 

Chi comm' a frùvolo esce da la tenna — Gapas. IS, 46. 
Sô mmuorze, che te fanno cemnavàla — Capas. 15, 180. 
Chella mamma lutta starliccata à la Yomèlla de magramma sotto de no cor- 
petto de mbroccato — Rocchi, 3, 107. 
E non avenno po comme paxàre, 

Fa lo pecuôzzo — Gapas. Sonet. 1876, 276. 
(5) P'ogne bona règola de guerra— Lomb. 5, 203. 
Se parla co la femraena 

Go revota e balanza — V. A. Spas. S, 8. 

(4) Nsomma parze, inchè benne sVarleficio, 

Ca lo juorno venea de lo jodlcio — Gapas. 15, 136. 
Fatto ch'appe la Vecchia sto buono afftcio y venne no suonno spoteslato a chill* 

dé la casa — G. Bas. 20, 266. 
Sott' a n' argolo gruosso, e spotestato, 

Pe ffa H sagrefîcie stea 1* àutare — Gapas. 15 58. 

(5) Ma perché l'ajutava lo jodizio, pigliaje no sacco— G. Bas. 20 61. 



— 12 — 

prenzîpioy asèrzeto, Grèzia, zeremànie, lèzeto, azzellè* 
fe(l),invece di prù<vipio, asèreeto, Grèeia, cérémonie, " 
veto, aecellènte (2). Solo oggi si dice azzèttoed ateètto(S ( 
b) Ne si deve sostituire 1' h al c preceduta dalf. 
per fare che P s si pronunzi sci, corne gli antichi pi 
licarono; imperocchè se nell'edizione del 1666 del Co; 
tese troviamo scritto shiàre aschiàoa e nell' edizio 
del 1700 dello Stigliola troviamo scritto shiumme 
schioccàjeno (4) ; nelle edizioni del Porcelli del 17 
e 1784 troviamo scritto seiôre , ascidoa , sciumme 
scioccàjeno giusto come oggi si scrive (5). 



E tanto a Febo st' artefizio piaoe 

Che n' aggia a fare n' autro cierto creo — Cort. 2, 213. 
Quanno isso steva co la semmentella 

Na vota, le faciste buon* affizio — Capas. 15, 25. 
Taono a li sacrefîzie accompagnaje 

Taie selenzio, che na parolella 

Non se senteva — Stigl. 8, 201. 

(1) À lo prenzipio aviette tanto scuorno, 

Che pe spanto, e stopore restaie muto — Cort. 2. 179. 
Ed a cheir ora mannaje a zitare 

L' asèrzeto nnemmico pe 1* assaato — Cort. 2, 126. 
Pe tutte Toze fare la fontana, 

Ne schitto pe la Grèzia, e pe Toscana — Cort. 2, 181. 
£ zeremànie facenno assaje belle, 

Conta d' Agnano lo stato nfelice — Pkrr. 16, 100. 
Sulo T è lèzeto de j appuranno addô sta lo vino buono— Vott. 204. 
£ cierto è cosa d' azzcllènte autore — Cort. 2, 213. 

(2) Dapô avère ngorfuto, se darrà prencîpio a chiacchiariare— G. Bas. 20, 23. 
Vedde û'asèrceto de fonniche, che carriavano na gran mmonezione de grano— 

G. Bas. 21, 86. 
Tutta la Grècia te chiavave sotta — Capas. 15, 159. 
E ssenza cérémonie, en' è lo ppeggio, 

Se sponta 'nmiezo a ttutto lo Colleggio — Capas. 15, 179. 
E quale è 1* arte toja, si e Uèceta, la dommanna ? — G. Bas 20, 33 5. 
A cheste mmenziune era accellènte — Capas. Son 175. 

(3) Ecco t' abbracck), e azzéttote pe paggio — Cort. 2, 179. 
Volite cchiù ? v* acoètto pe pparienle— Stigl. 10, 33. 

(4) Canto 

Li fuorte sliamazzune, e le mbroccate 

De lo shiôre dell' huommene . valiente — Cort. 1666, pag. 1. 
Ca non potte Grannizia scommogliare, 

Che crapiccio s' ashiàva, o che natura — Cort. 1666, pag. 74 
Sulo pe chisto havimmo trapassate 

Li shiumme, che attraverzano sta via — Stigl. pag. 275. 
Le shioccàjeno 'n capo cchiù mal' anne, 

Che non ce mese prête a la cetate — Stigl. 1700, pag. 2. 

(5) Canto 
Li forte stramazzune, e le mbroccate 
De lo sciure dell* uommene valiente — Cout. 1783, pag. 1. 



— 13 — 



! e) Ne si deve sostituire l's alla z, allorchè questa 
îettera è preceduta da n, dicendo pen&ièro, conaiglio, 
ueotiBolàto, cor.s'dera, nsiemme, nsomma (1), in cam- 
pio di penzièro, conzlglio, sconzolato, conzldera, nziem- 
tne, nzomma (2). 

d) Neppure oggi deve sostituirsi , in moite pa- 
role , il t al b; perocchè oggi si dice hastemiènto y 
hattàglia, hestia, libro, labre, hesôgna (3), e non vaste- 
mîènto, vattàglia, Tèstia, livro, lavre, vesôgna (4) ? come 
idicevasi unavolta. 



Ca non potte Grannizia scommcgliare, 

Che capriccio *' asciàva o che natura — Gort. 3, 72. 
Suto pe cchisto avimmo trapassate 

Li êdumme, che attraverzano sta via — Stigl. 9, 281. 
Le tcioccajeno 'n capo cchiù mal' anne, 

Che non ce mese prête a la Cetafe — Stiol. 8, 5. 

(1) Io sarria de pensiéro de farela figliare l'arma — G. Bas. 20, 50. 
Facenno cose dell' autro Munno, chiamroaje lo Consïglio — G. Bas. 20, 50. 
Senz' arma parte affritto, e sconsolàto — Perr. 16, 66. 

Considéra ma, chi è Ccrestejano, lo tremraoliccio e la cacavessa en' appe la 

povera figtiola— G. Bas. 20, 70. 
Non potettero la forza 

Nsîemme ofra loro spremmentà contraria — Pkrr. 16, 95. 
Nnomma chi cchiù fa, manco aspetta — G. Bas. 20, 189. 
Lo Rrè co cchesto manco se cojeta, 

(2) Ga lo penzièro le deva tromiento— Pkrr. 16, 29. 
Ncasciaje a lo Rrè sto conzîglio—G. Bas. 20, 51. 
£ po campano sempe sconzàlaU — T. Val. 19, 106. 
Ha conzidera mo, commo guidato 

El a lo scuro da chillo cecato — Gort. 2, 142. 
Sacck), ca quanno tu te rauove nguerra 

Tremma sto Regno nzièmme co la Terra — Pkrr. 16, 60. 
Nmomma scrisse 

A ccierte ammice suoie deverze carte — Perr. 16, 51. 

(3) Lo Rrè pigliaie la via de la marina, 

Dove fece sparmà no hattemiènto — Capas. 15, 21. 
E cquanno la hattàglia se mbrogliaje, 

Pe ccontra vie facette la marciata — Fas. 13, 255. 
Solo Nestorro s*a hèstia cravacca — Capas 15, 42. 
La notte, pe fare ridere le stelle , fa no Ifbro de Carnevale 'n faccio a lo 

Cielo— G. Bas. 20, 327. 
Le nfose 

Chillo n* acqua a li lahhre per cantata — Oliva, C. 8, st. 20. 
La parola è ddata, hesôgna comprirela — G. Bas. 20, 67. 

(4) Gomme saglieva ncoppa a U vastemiènte, accossi accommenzava a tremmare — 

Vott. 167. 
Pe ve mettere dinto na xattaglia de de.«gusto, v'ave armato lo cuorno dritto, 
e lo manco-r-G. Bas. 20, 50. 



— 14 — 

e) E se gli antichi , sostituendo il d all'r, dissero 
tanto Ae/reggèrio, Aejferenza, Aechiarare , Aengraaia^ 
Aentènnere, piAeto , HAe (1) quanto vefregerio , reffe- 
rènza , rechiaràre , rsngrazia , rentènnere , pireto , 
-rrre (2) ; oggi è meglio che non si adopri tale sosti- 
tuzione, e solo si dica aAAefreddato e arrefreddato (3), 
aAAefrescarese e arrefrescarese (4). 

6. Sfimiamo che sia erroneo : 

a) Scrivere separata V n, che deve incorporarsi al 
principio della parola seguente , facendola precedere 
da un apostrofo; perocchè, sola, quella lettera non ha 



Deze de mano a no bello torceturo, eccommenzaie a ffrusciare la povera vè- 

stia— G. Bas. 20, 29. 
Avèa no livro, ed allordata tutta 

Era de sango, che pparea cchiù brutla — Vera. 16, 72. 
Se 'ngiallette la faccia , cascaro le la\re , e tremmare le gamme — G. Bas . 

20, 68. 
Vesôgna 

Rattarese isse duje, s' hanno la rogna — Capas. 15, 91. 

(1) E chi spaccia le critiche a sfonnerio, 

Pe critiche non ave defreggério — Zez. Rime de Pollec. 36. 
E po non sape 

Che deffèrenza noè tra treglia e bopa — Capas. Son. 204. 
Vide, faime sto punto dechiarare ? — T. Valent. 19, 99. 
Ddio, e ste cchiasle, e sfa correa dengràzia — Capas. 15, 114. 
Chesso che ddice, lo puô da a derUènnere a n* aseno — Fedsr. Li Birbc, 108. 
Ca lo pîôeto tanno esce fe tente 

Quanno s* affoca nfoce, ed esce muorto— Capas. Son. 80. 
N7omma si chella ride, e cchisto ride — Lomb. 5, 96. 

(2) Maie pe ramené ssa bellezza fu, 

Ca non retrovo refreggerio ino — Sgrutt. 1, 28. 
Non mette refffrenza 

Tra lo nniro e lo ghianco — Morm. 201. 
"Rengràzia lo cielo, ca non t* ha fatto nascere canna secca — Vott. 86, 
lo mme piglio lo muorto, e le dô a rrentènnere na chiacchiera — Feder. Li 

Birbe, 117. 
Chiavaje no cauce a no sordato, e chillo fece tanto no pireto — Vott. 39. 
Rire, e zompa qua rillo lo viecchio — Zez. La Mmësc. 13. 

(3) Visto ca s' era addefreddàto nne V ammore, trasettero 'n sospatto— G. Bas. 

20, 41. 
E cco la bbuglia 
Se T asciuttaieno miezo arrefreddàto— Lomb. 5, 175. 

(4) E pparea, che se fosse lia ffremmato, 

P' arrefrescàrse, e ppe pprovà lo vino— Lomb. 5, 113. 
E la bella fontana d' Aganippo 
Serve p* addefrescàreie lo cuoppo — Capas. Son. 73. 



— 15 — 

alcun suono. Quindi non si deve scrivere 'n coppa, 
'n capo, 'n canna, corne moltissimi fanno, (1), ma si 
deve scrivere ncoppa , ncapo , ncanna } senza apo- 
strofo (2). 

6) Ci sembra anche erroneo non sostituire V m 
a taie n, quando la parola seguente comincia da m 
o da p; perocchè anche in italiano non v'è parola, a 
meno che non sia composta, come benparlante, in cui 
T n précéda I'm o il p. Per conseguenza bisogna scri- 
vere mmano , mpietto (3) e non vunano , npietto (4), 
corne alcuni fanno. 

c) E commettono , secondo noi , due error i coloro 
.che, contrariamente a tali due regole , scrivono 9 n 
miezo, 'n mano (5), in vece di scrivere m/m'ero, 
mmano (6). 

d) Perô , nelle parole in cui la n precede il v pos- 
sono o non possono queste due lettere cangiarsi in 
due m , perocchè puô dirsi tanto nvidia , nveperùto, 



(1) £ 'n coppa li vancune 

Dorinea tutta la chiorma — Stigl. 9, 195. 
Tu vuoie che quacche rrimmo 

Te rompa 'n capo — Stigl. 9, 113. 
Vorrà tirare 

A sto marvizzo, che le voile 'n canna — Bas. 21, 322 

(2) Mo vene ncoppa a cuotto acqua volluta — Fas. 13, 58. 
T* amma, e tte vole, ca ncapo ha gran sale, 

Fora la legge, pe ffrate carnale — Fas. 13, 55. 
Tu vaje ncanna a lo vuotto comm' a donoola, 
Si Iroppo te la faje co ssi Ciaràvole — Capas. Son. 56 

(3) Foriuso, crodele, e destopenne 

Forze, e coll' arme mmano è n' ommo mmitto — Fas. 13, 54. 
Co la ritta mpietto 
Vasciaje la capo — Fas. 13, 54. 

(4) £ nmano lo teneano due nenoille — Peru. 16, 13. 
Moglierema sta notte mm' è comparza 

Co la feruta, ch' io le dette npietto — Perr. 16, 29. 

(5) E pe abbrusciarlo, na montagna 

Fanno de legna 'n miezo a la campagna — Stigl. 9, 223. 
Li Capetanie nmano la bacchetta 
Teneano, e chiste, e chille ammenacciavano — Stigl. 9, 109 

(6) Vede sul'isso mmiezo a ttanta gente 

La Ddea, e la canosce a 11' uocchie ardente — Capas. 15 16. 
Venta Nicea, appe Anteochia mmano — Fas. 13, 17. 



— 16 — 

nvoccciy rwita (1) quanto mmidia, mmeperùto, mmocca y 
mmita (2). 

e) In oltre , dovendo il significato di una voce ri- 
levarsi più dal contesto delle parole che formano la 
proposizione, che da segni ortografici ; noi opiniamo 
non solo inutile Y uso degli apostrofi al principio e 
alia fine delle parole, per denotare che queste sono a- 
ferizzate od apocopate; ma dannoso alia vista di chi 
legge. E perô ameremmo che si adoperasse Y apo- 
strqfo soltanto per denotare Y elisione délia vocale 
finale di una parola con la vocale iniziale della pa- 
rola seguente (3); ed affinchè non si pronunzino piane 
le parole sdrucciole od accentate , e viceversa , ame- 
remmo che si accentasse la vocale tonica di ogni pa- 
rola. 

f) Errano finalmente coloro i quali , dovendo scri- 
vere un nome proprio, di cui al principio è stata in- 
corporata V n, non questa lettera fanno majuscola, 
ma la prima del nome proprio, scrivendo nFranza, 
mParnaso, nZecilia (4), in vece di scrivere TXfranaa, 
VLparnaso, 'Ssecilia (5), come noi crediamo si debba 
fare. 

(1) Non essenno roina, che non stia bene a la nvidia — G. Bas.- 20, 84. 
Correva, 

Stri llano, all' arme, all' arme 'nveperùto — Sttgl. 10, 65. 
Miettete sto spruccolo 'nvocca , perché subeto deventarràje n' Orza — G. 

Bas. 20, 306. 
Fuorze nvita te fice despiacere ? — Pbrr. 16, 58 

(2) Si no le fa la mmidia quarche bozza, 

Trova lo ssale dinto la cocozza — Cort. 2, 194. 
Na risa le scappaje, 

Co ttutto ca stea tanto mmeperùto — Lomb. 5, 63 
Goffredo mmocca avea n' Ave-Maria — Fas. 13, 19. 
Co mm' acconcio la partita. 

Si chesîa è comm' a la galera iam.Ua — L. C. Spas, i, 16. 

(3) Cossi trivolianno , «' abbiàje Canneloro a la cammara soja, dove pigliatose 

n' armatùra, e na spata ch' era figliata da n* aul' arma se pigliaje no 
cavallo da la stalla — G Bas. 20, 112. 

(4) Po nFranza stetle, e de sanà lo granco 

Aoquistaie ssa yertute co lo suono — Cort. 2, 159. 
Va mParnàsOy 

Ga na sarma de frasche hanno cogliuto 

Le Mmuse, pe te fare na corona — Anon. 3, XV. 
E nTermene nSecilia me ne ghije 

Addove arreposare mme credeva — Perr. 16. 23. 

(5) Senza vasciello la fann' ire Vfranza — B. Valent, 7, 21. 



— 17 — 

§ H. 

Aggiunzioni 

7. Si puô agginngere al principio di moite pa- 
role , che si apprenderanno dall' uso, la vocale a, e 
raddoppiare, occorrendo, la consonante seguente: di- 
cendosi cosi àbbesuôguo , Bmmattuôglio, bggènte, iscio- 
gliàto, nbbrosciàre, ngliàttere, B,càla,a,mmasciàta y wtne- 
vinàta (1), corne besuôgno, mattuàglio, ge tte, sciogliù- 
to, brosciàre, gliôttere, cala y mmdsciàta y nnevinata(2). 
Consigliamo poi di non aggiungere la vocale al prin- 
cipio di certe altre parole che anche dalP uso s' im- 

Aggio quarcosa io puro, 

Se be Mparnaso maie non songo stato — Cort. 2, 245. 
Vottata a spettorune da lo mare, 

Deze de pietto a Termene "Ncecilia — Cort. 4, 17. 

(1) Non sapenno che parti lo pigliarc a sto astremo a.tobesuôgno, e vennero a raraen- 

te Ii duone de le Ffate — G Bas. 20, 19 
Lo pacchiano po ascie co n' &mmatlu6glio 

Sotto a lo vraccio — Morm. 291. 
Pecchè so B.%gènte che lo vonno maie — Capas. Son. 22. 
Strilla lo Vojo pe d' essere a.8cionliùto — Sgrutt. 1 , 59. 
Lo ffuoco slisso è slracquo d'sibbrosciare — Oliva, can. 4, ot. 86. 
E nnuje 

Nce potarrimmo igliottere sto scuorno ? — Lomb. 5, 209. 
Quanto ecco Cecagouolo, portarrobba, 

S*aca/a n terra, e lo Cetrulo arrobba — D' Ant. 25. 181. 
L'ulemo che peazajeno sti scontienle 

Fu de mannare a Giove n y a.mmasciata — Morm. 241. 
Buoqo V avimmo propio suinevenata — Lomb. 5, 88. 

(2) Puro avarraje besuogno de stoppata — Pkrr. 16, 140. 
No cchiù chiacchere mone, 

Pigliate lo mmatluoglio e gghiammoncenno — Mart. Patrô Tonno. 
Le ggente e H' anemile 

Cercaieno de se mette a lo ssecuro — Lomb. 5, 16. 
Senza fatica lo trovaje scioglinto 

Da chillo mpaccio — (km. 2, 149. 
Lia se mena a brosciare quanto nc'era — Oliva, can. 4 ott. 75. 
Rostannole puro agresta pe glïàttere co guste li travaglie de la vita — G. 

B\s. 20, 102. 
Se cala, e ceo no capo de sguinzaglio 

Se r attacca a no pede — Lomb. 5, 206. 
Ma Giove stauno tuosto coram' a cuorno 

Non boze dare aurecchia a sta 'mmasciâta — Morm. 20. 
LV aje nnevenàta, quanto curre, e mpizze — Cort. 2, 47. 

2 



— 18 — 

parano , e dire ommecldio , ospetàle (1), in vece di 
mmecidio, spetàle (2). 

8. S* inseriva dagli antichi : 

a) La vocale e tra le consonanti p ed r in alcune 
voci dei verbi aprire, coprire e scoprire, e tra le con- 
sonanti r e v in alcune altre parole, dicendo àpere , 
côpera, scôpere, oàreoa, màreoa, èreva, nèreva, sère- 
va, sir eve, pdreoa, sàveoa (3), in vece di âpre, copra, 
scopre, varva, marva, erva, ncrva, serva, sirve, porva, 
sorva (4). Oggi perô quasi mai tale specie di aggiun- 
zione si adopra. 

(1) Mpena de st' ommecïdio ch' aggio fa Ko 

Me faranno abbaglià H' uocchie nn* aterno — Zez. Artaserse 24. 
£ quanno se tcnevano *n inano autro, che gajole d' oro, se deslinano na se- 
betura a V ospetàle— G. Bas 20. 190. 

(2) Che ccausa aje avuto de fare sto mmecidio f — G Bas. 20, 62. 

Vedive no destellato de bruttezza, no spetàle de struppie — G. Bas. 20, 217. 

(3) ISzomma è la chiave (Ai* àpere ogne porta— Perk. 16, 55. 

£ (enennole mmano, uno de lloro farrà signo ail' auto che se côpera — Zito. 

3, 110. 
Co che bella fegura metammaforeca satyere lo Poêla lo bello concetto de l'ar- 

mo suio — Zito 3, 68. 
£ tlu me pare, che te t'aie la vàreva — Capas. 15, 160. 
Han no manciato màreva, 

Che se caiano sotla? — Capas. 15, 160. 
Addo lo friddo non fa allignà H' èreva — Quattrom 294 
Ca slo vino Falierno è ttale mbrumma, 

Che lu sango e lie nèreva V allumma — Quattrom 259. 
Non pozzo credere 

Ch' aggia sempe da sta dint' a na streva — Morm. 127. 
Le ssïreve so degne 

C' abetarle no Cuonsolo no sdegne — Rocco. 24, 271. 
£ da Napole so bbenute appede 

Mpaslicoiatc de pùrevu e sudure— Piccin. 2, 68. 
Fave, pasta da cicere a pannette, 

Sôriva, legnasante nzine fine — Piccin. 2, 152 

(4) Non sulo âpre la slrada de la bona sciorta d' es.>a mmedesima , ma del!' au - 

tre ssore — G Bas. 20, 315. 
Mperrô che copra la faccia besogna— T. Val. 19, 62. 
Eilà, che ffaie ? 

Slrillaje Niso, e se scopre— St:cl. 10, 259. 
Nce trova chi è arrivato primmo d'isso, e se vo fa la varva isso primmo — 

Vott. 125 
Voleve che m' a visse abbuscate doje fronne de marva, ca mme vorria fa no 

decottuccio — Vott. 49. 
A cchclla montagnella 

Maje nce mancava 11' erva tenncrella — Lomb 5, 13 
Nterra la veo, le nnerva addebbotute — Piccin. 2, 135. 
£ cose vederraje, 



— 19 — 

b) Ne più si ammette Y inserzione del j tra due 
vocali in moltissime parole, giacchè non più si dice 
calatèo e calatèjo, saètta ë sajètta, paèse epajèse r maè- 
sta e majèsta , sbarèo e sbarèjo (1) ; ma si dice sôl- 
tanto calatèo, saètta, paèse, maèsia e sbarèo. Perô an- 
che oggi si dice corrèa e corrèja (2) , e nella terza 
persona singolare del présente deir indicativo de verbi 
uscenti in eare si puô tra l'eel'a inserire lo j , di- 
cendosi coffèa e coffè^a, chiacchiarèa e chiacchiarè^a , 
allecrèa e allecrèja (3). 

c) Si puô perô anche oggi , specialmçnte in poe- 
sia , inserire , in aie une parole , la consonante v ira 

S'uno de chiste pe sta serva scura 
Venesse, che tu ammisso restarraje — Morm. 281. 
..o ve parlo mo ccà de la grannezza 

De st' uorle, de ste ssirve, e de ste ocbiazzc — Lomb. 5, 21. 
Da la porva, che ffa lo viento auzare, 

Le mmete de la paglia se janchejano — Capas. 13. 161. 
Facimmone spognella comm' a sorva — Capas. Son. 1876, 260 
(1) A la fina li Ddei, gente descreta, 
Sanno lo calntco — G' pas. 15, 35. 

BTè benuto 'npenzierode fa sto Ca/o/ejo a lengua de lo pajese nuosto — Vott. 7. 
Corro comm' a ssaèiia, e mmiezo 11' onna 

Nfra d'essa se ncarvoglia, e bota e gira — Fas. 14, 36. 
No gra llampo 

Jeltaie la spata, peo de na saètta — Fas. 13, 116. 
Paèse mio, decea, pe mme si fritto — Stigl 8, 113. 
Era na vota a lo Pajese de Maregliaoo na Femmena da bene— G. Bas. 20. 24 
Assettannoce attuorno a la maèsa — Quattrom. 418. 
Ièvamo tuite doje peccerelle 

Pe la mano cbiagnenno a la ma&èsta — Quattrom. 18. 
E la smania, onn' io sbarèo, 

Co na mano po fenî — R. d' A Spas 2, 4. 
Faccio lo primmo suonno, o songo scetato , sto 'ncellevriello, o s'>arè.\u — 

G. B>s20. 126. 

(2) Palla, ch' è fflglia, se zucaie 1' abbasca, 

Ciannone nô, ch' ha la corrèa cchiù Uasca — Capas. 15, 107. 
Allommacaro 
Mprestame na corrèfa de seggettaro — C pas. Son. Il 6. 

(3) La coffèa, se fa na risa — P. S. Spas. 3, 34. 
Vi ca chisto te co/fèja — G. V. Spas 4, 23. 
Si non vede, non sente e chiacchiarèa 

Po campa n' ommo ? — Capas Son , 76. 
Tutto lo tiempo se la chiacchiarefa 

Co cchillo — Stigl. 8, 91. 
De miezo juorno (e mm* allecrèa lo core) 

Vedo tutte le stelle chiare, chiare— Stigl. 10, 209. 
Ricca figlia a lo Sole è sta Ianara, 

E cantanno a no vuosco s J allècrefa — Stigl. 10, 7. 



— 20 — 

due vocali, chè si dice oggi cosi taàto, càocio } paàra, 
caozàto, casacàoda, àotre (1), corne tasùto, càvocio, pa- 
yura, casozàto, casacàvoda, àyotre (2). Ma se una volta 
dicevasi povèta e poèta (3), stàtora e stàtoa (4), oggi 
in poesia soltanto puô dirsi povèta e stàtoxa. 

9. Si puô aggiungere alla fine: 

a) Dei monosillabi a, e, che, pe e co un d, se sono 
seguiti da vocale , dicendosi cosï ad isso , eà eravo , 
cod isso, pe& ogne, cheà. è (5) , corne a isso , e a, co 
isso, pe una, che è (6). 



(i) Lo Rrè, cbe bedde drinto a no taàto de morte sta bellezza viva, stimaje d'à- 

vere asciato no gran trcsoro — G. Bas. 20, 272. 
Non veo V ora de scocozzare sto Gallo pe ddare no càwio 'n facce a la pez- 

zentaiia— G. Bas. 21, 8. 
Zitto appriesso le jevano e cojete 

P' annore, pe rispetto e pe paùra— E. C Spas, i, 32. 
Perzô d' accordio jerose a corcare, 

Gomme s' asclaro caozàte, e bestute — Cort. 2, 20. 
Non te manca na casa a casacàuda — Itto. La Gostanza 59. 
Ccà truove 

L' asprinio aspro a lo gusto, 

E tant* àotre manère 

De vino— <}. Bas. 21, 260 

(2) E sparzero po voce, ch* era vuto. 

Vuto, che fu de Troja lo tavùfo— Stigl. 8, 97. 
Te scassa co no càvocio 

Lo primm' appartamiento — L. C Spas. 4, 40. 
Pe la pavùra sto tremmanno ancora ! — L G. Spas. 3, 45. 
Se nne ije cavozàlo, e bestuto a cc&a-càvoda — Voir. 108. 
E conzurdanno 1' àvotre s tritture 

Che buô trovare scritto ? — L. C. Spas 4, 25. 

(3) Sso Poveta e na sciumara, 

Cchiù ccammina, e cchiù se ngrossa— Quattrom. 374. 
Addonca ca Vergilio 

Parlaie tant' auto, n' è poèta buono— Perr. 16, 153. 

(4) La stàtova de Carlo de la Gatta 

Rente a sto gran Segnore nce vedette — T. Val. 19, 299. 
Io pe mme resto stàtoa de métallo, 
Quanno vego no ciuccio ire a ccavallo — T. Val. 19, 339. 

(5) Isso te n'ha fatta una, e nnuje facimmocerme una, e meza ad isso— G. Bas. 

20, 180. 
Perna se sonnaje ca veneva a la casa soja na bella guagnastra, el erano co 

essa na mano de pacioncielle — Cort. 4, 152. 
V aseno sta coû. isso, e lo porciello — Cort. 2, 83. 

Peà ogne decina de fuse te voglio dare na decina de vase — G. Bas. 21.40. 
Cheà è a la fine? Songo ciucciarielle — Lomb. 5, 143. 

(6) De Licia a lo Rrè, ch'è ssuogro a isso, 

Bellorofonte abbia— Capas. 15, 192. 
E st' oro, ch' a ccontà non vasta n' anno, 



— 21 — 

6) Alla fine di alcuni altri monosillabi ed anche dï 
alcune parole accentate gli antichi aggiunsero la sillaba 
ne, dicendo tanto ccà, me 9 si, lia, porzi, perso, accos- 
si (l),quaoto ccane, mené sine, liane ,por rine, per cône, 
accossine (2). Oggi ciô solo in poesia puô permettersi. 

c) Ne piû oggi si usa Taggiiinzione délia sillaba te 
alla fine dei nomi accen'ati , che terminano in a ed 
in n; perocchè, se auticamente dicevasi caretà e care- 
tàte (3) , vertà e vertàte (4) , veretà e veretùte (5) , 
oggi si dice sol tanto caretà, vertu e veretà. 

d) Ma puô aggiungersi la sillaba lo o la , secondo 
il génère, alla fine di alcuni nomi che terminano in 

Sia vuosto, e a cchi spctta, se lo ppiglia — Capas. 15, 8. 
! Quanno Baccio, che s' era puosto a ghirclo oercaono , se scontraje co isso — 

; Cort. 4, 161. 

I Lo quale ave va co na frezzata sola fatto pe una, e pe doje — Cort. 4, 157 

I Comte: non sapimmo che è ssocciesso — Lomb. 5, 114. 

j Che è slato? che bedite? — Lor. Socrale, 18. 

(i> Saje la casa de Mase ccà bec i no? — Cort. A, 41. 
| E pe me chillo se sô trasfonuate — Cort. 2, 76. 

! Tu JMineco si lo Sole, ed io songo la Lima — Sarv. 22, 285 . 

! Suglie suso a no soppigno, 

E lia m' aspetla— Cort. 2 76. 
Porzi se perdonuva a li peducchie — Se sut. f, 185. 
Perzô dissero buono li s cciente, 

Tanto nn'aje, che nne tire co li diente — 'grutt. 1, 18';. 
Accosti justo juste soccedette 
A Bbarvajanca — Lomb. 3, 80 
(2) Si no lo ccride sientetello ccane — Mo RM. 67. 
i Abbesogna perô ch' io mm' arreseuta 

Ca nfine tu non si msglio de mené — C >pas. 15, 109. 
Anze, sempe addemmanna 
j Commo staie, dove sine, e prega tutte 

! Che te portano liane — Cort. 4 98. 

Erano asciute d 1 Aguano porzïne 
■ Le ggente, pe se fare n' ammaccata — Péri. 16, 90. 

Perzône 

lo te prego, e slraprego — Cort. 4, ^5. 
Non accossine lo cane arraggiato 
Sbruffa — Peir 16, 51. 
j (3) Passa nnante, ca po essere che truove la caretà— Cebl. 21, 188 

Jcze a la taverna e spi.ye: chest' è la taverna de la Caretàtel— Vorr. 110. 

(4) Ca pe tutto è Bertâ vrenna, o redita— Cort. 2, 176. 
Che de nchire la panza (1 a crepare 

Tcneno pe grahnezza e pe berlùte — Cort. 2, 187. 

(5) Addô mme trasportarria lo sflzio de lo gran golio che aggio da fareve nchioccà 
i sta veretà— Rocchi. 2, 59. 

| Affè ch'è beretàte, 

i Ca ssa bcllezza mracreta 'ncenzate— Stigl. 10, 241. 



— 22 — 

chio, gno, nozzo ed ozza, dicendosî tanto cqfuôrchio, 
cravùnchio, cannarabzzo^ vozza (1), quanto cqfudrchio- 
lo, cravùnchiôlo , cannaruôzzôlo , càs^ola (2). 

§111. 

Soppressioni 

10. In quanto alia soppressione delle lettere al prin- 
cipio di una voce, osserviamo che: 

a) Non ci pare doversi sopprimere , come alcuni 
fanno, la vocale iniziale di alcune parole, che Si ap- 
prendono dalF uso ; sembrandoci cne si debba dire 
nnnàre, sscimmo, nscèvano , &sciùto , nnchieoa (3) , e 
non nore, scimmo, scèoano, sciàto , nchieva (4); 

6) Osserviamo che la plebe, parlando, spesso soppri- 
me la lettera iniziale della voce lassa (5) , quella delle 
preposizioni de e da e quella degli articoli od aggettivi lo, 

(4) Na gatta no cafuôrchio avea trovato 

Mmiezo a la chianta, e nee tenea li Ûglie — Mo p.m. 108. 
Ne quanoo se fa la lemmosena s' ha da fa a flora, e comme se sprcramesse 

no crarknehio — Roccm. 3, 12. 
Uh na vreccia mo, quanto le rompo lo cannarùozzo — D. Anmica. 76 . 
Va spilanno connulte de latrine pe 'nchire ssa vozza—<j. Bas. 20, 244. 

(2) Lo teraro dinto no cafuorchiolo , da dove pe no piezzo non porte scire — 

Cort. 4, 155. 
Vi mo, ch' auto cravùnchiôlo mm' è scbiuso — Lor. Socrate 43. 
£ no ntennevalo 

Pecchè manco teneva cannaruozzolo — B. Valent. 6, 138. 
Rengrazia lo cielo ca* non V ha fatto nascere canna chiatta; zoo ch' aveva la 

vôzzola. *n canna — Vott. 86. 

(3) Nuje co IV &nnore nuosto rommanimmo — Lomb 5, 185. 
Ascimmo, o Toi la, da sto labborinto — Pag. 18, 87. 
Trasevano a le ttane, e ppo nn' ascéixmo— Lomb 5, 64. 
Ca si sta vota me nne veo &sciilto, 

Te mpromecco da mo de fame vuto — Lomb. 5, 197. 
L' a.nchièa de pallottine e de vaviglia — Viol. 22, 85. 

(4) Ca da nullo avarraie tanta denare, 

Ne tanto nore— Cort. 2, 7. 
Su scimmo nnante, che scura lo Sole — Perr. 16, 62. 
Ca già era nolte, e scévano le stelle — Peir. 16, 23. 
Se pentio mille vote d' essere sciùto da sotto lo titto — Cort. 4, 134. 
Azzoppanno co na spogna 1' uoglio, ne 'nchieva n'agliariello— G.Bas. 20, 14. 

(5) Lassa fare a mmene, ca te la faccio scriare da liante — Sarn. 22, 276. 
Asset spassà sti cavalière livornise — Ahent. 11 força 20. 

Assame passa: fuorze mme lo ddiccssero sti cane che stunno mmiez'a sta chiazza 
— Vegl. V Amante, 50. 



— 23 — 

la, li, le (l).Perô, se togliamo qualche autore antico (2), 
alcuui moderni scrittori, che vogliono scrivere il dia- 
letto napoletano cosi, corne lo parla la plèbe (3); quai- 
cuno tra gli antichi e mediocri autori , che vi tu co- 
stretto dalla necessi à del verso (4); e qualcuno , an- 
che tra i classici , che vi è stato indotto dalF idea di 
rappresentare il Hnguaggio délia plèbe (5) ; non tro- 
viamo alcuno che, scrivendo, abbia soppresso tali ini- 
ziali; ne noi crediamo si debbano sopprimere. 

11. Dal mezzo délie parole non si deve sopprimere, 
corne ha fatto qualcuno: 

a) Il j nelle voci toja e soja, (6) dicendo toa e soa (7). 

b) Ne anche deve sopprimersi il d in alcune voci dei 
verbi accidere, credere, vedère, adunàre, dicendo accio, 
accia, creo, veo } vea } aùna (8), invece di acddo, aeada, 

(1) Ca te farrà toccannola potente 

Poco manco de me — Cor t. 2, 58. 
Non varriare la porta de la pietà , non auzare lo ponte de la meserecor- 

dia, ne appilare lo connutto de la compassione — G. Bas. 20, 127. 
Comme a ppollitro mpastorato a ppunto 

Co li sordate Foreione resta — Peir. 16, 95. 
No tiempo semmenavano li Grille, 

E le Ccornacchie aravano li Terre — Scut. 1, 185 

(2) Si cantà rao no la bolite, 

Dint' o 'nfierno, oh mar' a buje ! 

Cchiù ca.ntà no 1 potarrite — Del Piano. 28!. 

(3) Muore pe ll'uommene, 

Core e mamma — Cass. Lo Spar. 47. 
Pur'e sciure 'a copp' a fossa a stu rauorlo vuo'sccppà — Di Giàc, 'O Mu- 
nast. 47. 

(4) La mamraoreja 

Mporzî, chi o crodarria ? se nne va 'n groleja — Farao. Bue. 135. 
Zzo a ste zzite vedessero 1 deflette — B. Val. 7, 195. 
M' avanto de Parnaso la scoperta, 

Trovato ccà dint' a o pajese nuosto — Vott. ?56. 
Li Lapite Petronij fuieno cbille 

Che mmesero le briglie, e fuino 1 masti 

De fa zompâ 1 cavalle comm' a grille— Rocco. 23, 157. 

(5) Vide che bruoccolo gruosso e cemmulo, 
Vruoccolo 1' rape verde e ttalluto — Qoattrom. 44. 

(6) Chisto è H'ammore, che mmustre a chi diiammave Popella dell'arma toja ? — 

G. Bas. 20, 68. 
E ppo lo mese 'n mano 

De mamma soja — Capas. 15, 209. 

(7) Li brave Aroje de la toa razza stessa — Sticl. 8, 33. 
Era juto chella sera, 

Pe toa veotura e pe soa bona sciorta, 

De lo nnemmico ail* utema (rincera — Cort. 2, 124. 

(8) Mi accîo nfra tanto mille cresliane —Fas. 13, 62. 



— 24 — 

credo, ve&o, veàa x aààna (1); e solo puô farsi in poesia. 

c) Ne si deve sopprimere la sillaba ve ne\ participii 
passati dei verbi in bgliere; perocchè oggi i napole- 
tani non dicono cuôto , raccuôto (2) , ma dicono cuà- 
TetOy râccuôyeto (3). 

d) Perô si puô sopprimere il g nelle voci dei verbi 
negàre e pregàre , dicendosi cosi nego, uega , prego , 
prega (4), corne neo, nea, preo } prea (5). 

e) Si puô, in un grandissimo numéro di parole, sop- 
primere il g che è seguito dall 1 r, dicendosi tanto ràf- 
fîoj rattacàso, ràzia, rana , allerèzza , allèra , niro , 



Gielo dalle tu forza azzo m* accîa — Cilla. At. 4, Se. 13. 
Io te vedo vivo, e minanco lo creo — G. Bas. 20, 200. 
Lo. siente sso cornu to, ca s'avanta, 

Ca già so mmuôrto, e cca non veo ochiù luce? — Capas. 15, 142. 
£ po le dico : Se te vea nzorato, 

Fa che ne vea la pro va a chisto punto — Cort. 2, 249. 
A ssi cuoppe vo bene la For tuna, 

Ca dint'a cchiste li zeechine aàna — Lohb. 5, 163. 
■(!) E fuorze accido chi me fa crepare — Cort. 2, 29. 
Che mmaraviglia è mo che chesta 

Accida na revale ? — Oliva. can. 18, ott. 13. 
Ma de quanto tu dice 

lo non nne credo niente — Pag. 18, 216. 
Vedo tutte le stelle chi are chiare — Stigl. 10, 209. 
£ nno nse veda 

De nuovo a fia st' afficio costritto — Lomb. S, 42. 
Tutte le mbroglie soie priesto *' a&ùna, 

E n' eochie varro varro lo sportooe — CoaT. 2, 162. 
(i) Ma pocca me nc'aie cuâto, 

lo non voglio negare — Cort. 4, 23. 
Sarrà na metamorfese de tante, 

Respose Febo, en' aie raccuôto, e scritto — Cort. 2, 194. 
t{3) L' addimmannaje addô 1' avevano feruto ; e chillo dicette : m' hanno cuo- 

veto a li rine — Vott. 50. 
No mme puoje dioerc ca semmenaste, e non aje raccuôveto — Rocchi. 2, 187. 

(4) Si nce la nego se pigliarrà sto cuorpo — G. Bas. 20, 101. 
Mamma F ha a gusto, e maie no rame le nnegà — Sgsutt. 1, 39. 
Musa tu damm' ajuto, te nne prego — T. Val. 19, 284. 

De sta nzalata di chi te nne prega ? — Sgîiutt. 1, 39. 

(5) Che la cosa non sia defiecortosa, 

lo no lo nneo ne IF aggio maje niato — Lomb. 5, 29. 
Caslecate 

Chisto che nnea la Nobertà nnasciuta — T. Val. 19, 216. 
Ma preo chi ne' ha nteres-o, a non fa buglia — Capas. 15, 169. 
Lluslrissimo Don Pè, prea lo Marchese 

Fraggianno — B. Valent. 7, 249. 



— 25 — 

rattà (1), quanto gràffîo, grattaeàso, gràzia, grana, al- 
legrèzza, allègra, mgro, gratta (2). 

J) Si pua sopprimere il v posto tra due vocali in pa- 
recchie parole, dicendosi cos\faàre,paàne t fràolo,braù- 
ra, fràola, rèola, cannaàla, craàne, roàgne (3), corne 
faihre, paYône,frùYùlo, brccsura, j ^ràsola , rèvola, can- 

nccrôla, cravàne, ro\àcj te (4). 

* - - - - 

(1) E spisso spisso se trova quà sbano 

Che mettere te vô lo ràffio mmano — Mohm. 500. 
Puorte nfaccie 

Na rattacaso, e 1' uocchie aje de forfante — Cpas. Son. 47. 
Venite n' ato juorno affarme ràzia — Lomb. 5, 84. 
Ê rruUo chillo che balea seia rana — T. Val 19, 192. 
Si, vicino 

A isso, uno nce sta, che nce lo m mezza, 

Lo vasa, e ffa no zumpo p' allerèzza — Lomb. 8, 73. 
Tuttc la faccia nne mostrajeno allèra — G. Gkn. 1847, 19. 
Lo fece ardere ncopp'a lo fuoco, e lo facette addeventare niro niro — Vott. 257 . 
Non te rattà la capo, o autro; e guardate de sputare o tossare — Vott. '16. 

(2) Nce vo no masto che te mecca mmano 

Pe pparte de no gràffîo na capocchia — Capas Son. 196, 
Go na resella 'n vocca se nne vene 

Chillo facce de crivo, o grattacaso — D'ant. 23, 144. 
Penzanno che perdeva lo juoco co lu gràzia de Grannonia, fece resoluzione de 

non farese asciare vivo — G B s. 20, 61. 
Se commencée co lo cerajuolo de darele quinnece gratia — Voit. 42 
E p' allegrèzza dio no grann'allucco — Morm. 141. 
Si chella si ace allégro, se reschiara 

La facce de chist' auto — Lomb. 5, 96. 
Tenue mente tutto 

Lo Puopolo de Suonnc, e nne sceglie 

Lo cchiù rmigro — Pbur. 1G, 26. 
E rame sto mo la panza a gratlà — Zez. 1856, 22. 

(3) Aggelo a ccaro 

De fare a nuje no muorzo de faôre — Stigl. 8, 67 
L' Ascio se vo pe fforza fa Paone — T. Val. 19, 133. 
E cco na botta de fràolo pazzo 

Peglià le fice ehiUo gra. mmallazzo — Lomb. 5, 123 
No nomme de mportanzia n' abbuscaje, 

De val ore, de sinno, e de braàra — Stigl. 11, 23. 
E ehed'è la capo, avotro che na fràola 'n canna a H'urzoî— Sarn 22, 295. 
Oje Lili, pe rèola toja, 

Cierte ffemmene nce stanno 

Che ve fanno jastemmà — P. V. Spas. 5, 8. 
Non rame faie cannavla; 

Nigro te si ncappato a la tagliola ! — G. Bas. 21, 244 
Vin chillo Cravonaro, che mmonnezza 

Te venne pe ccraùne e ccravonelle — Perr. 16, 138. 
Arresediannone qnante loceraelle rotte e qnante frantuame de roàgne trovaje 

pe la via — G. Bas. 20, 193. 
(4) Lo cchiù gran favùre , che le potevano fare , sarria stato lo mmostrarele 

schitto no dito r- G..Bas. 20, 120. 



— 26 — 

Oggi perô nessuno direbbe caalièro e craaccàre'm 
vece di caralièro e crasaccàre (1). 

g) Si pnô sopprimere V r nelle voci serfipre , àutro, 
mentre (2), potendosi dire ancôra e meglio , sempe, 
auto, mente (3): 

h) E si deve sopprimere, in moltissime parole, l'r 
preceduta da st; perocchè,se gli antichi dissero mastroe 
masto (4), fenestra efenèsta (5), maèstra e maèsta (6), 

^ — - — -- , ^ - — — 

Lo pavùne lie fe na lleverenza 

E po le dice tutta 1' accorrenza — Morm. 192. 
Ghi zompa da la nave 

Chi comm' a fruvôlo esce da la tenna — Capas. 15, 46. 
A le pparole e a la grà bravura 

De Tartarone, chillo brutto fatto 

No resillo se fece — Perr. 16, 6 
E le baoche e le ppccore, e la biava, 

E ffarioa trasute nzarvaniiento, 

Frâvola ncanna a IP urzo — Fas 13, 252. 
Se parla co la femmena 

Co revota e balanza — V. A. Spas. 5, 5. 
So minuorze, che te fanno cannavola — Capas. 15, 180. 
Puoje fare argomiento dalP uocchie nigre, quale cravtme mme cocëno — G. 

Bas. 20, 127. 
A mme no mmancarrà de dà qua ghioja, 

Quatto rovàgne co no strappontino — Capas. 15, 15. 

(1) Chc te parea no caalièro arrante — Lomb 5, 128. 
Sa craaccà li ciucce p' azzellenzia — Lomb. 5, 37. 

Lo Cavaliero sapeva quanta pava fanno tre buoje — Cost. 4, 174. 

Ca si lia ved' uno armato 
Oravaccare, o nce senta na trommetta, 
Anniochia, e ccorre a ccbillo allegramente — Fas 14, 120. 

(2) Setnpre le rresoluzione senza jodizio, portano le rroine seoza remmodio — G. 

Bas. 20, 86. 
Vuje speretùse giuvene e smargiasseo, 

Cercate autro pajese — Stigl. 8, 171. 
E mmentre de chello ch'aveva fatto faceva lo trivolo, se le fee© 'nnan» 

lo Scarrafone — G. Bas. 20, 313. 

(3) Jea sempe scervecchianno carcosella — Lomb. 5, 16. 
Auto d' Agnano 

Mo remmaso non e' é, che no pantano — Pbir. 16, 1. 
Ma mente groleiuso de ntrà spera, 
S' âpre lo maro, e agliotte la galera — Peur. 16, 46. 

(4) Chi nn' è stato lo mastro e lo 'ngegniero ? — Stigl. 8, 113. 
De fa lo masto a Hutte, IP ha pe banto — Capas. 15, 20. 

(5) Grannizia a la fenestra s' affacciaje — Cort. 2, 67. 

E fatto no gran pertecone. P appojaje a la fenèsta — G. Bas. 20, 221. 

(6) La scura peccerella se gualiava sempre co la Afajèstra de li maie tratU- 

miente — G. Bas. 20, 76. 
Comme, quanno de Caria na majèsta 
Ntremmezza co Pavolio lo cor allô — Capas. 15, 113« 



— 27 — 
eanistroe cardsto(l), mostra e mosta (2), vuostro e vuo- 
sto (3), mustre e muste, (4), oggi si dice soltanto ma- 
sto, Jenèsta, maèsta, canisto, mosta, vuosto e muste. 
12. Puô sopprimersi 1' ultima sillaba : 

a) Dei vocativi, dicendosi Achi, Veciè, Giesommi, 
tày prefe , hello già (5), invece di Achille, Vecièwù, 
Giesommiwi, tata, prefètiti , bello m'ovane. Ma se il 
vocativo , o la seconda persona deli imperativo si ri- 
pete, si puô sopprimere Tultima sillaba délia seconda 
parola soltanto, dicendosi Cola Co, joca jo, (6). 

b) E puô sopprimersi Ï ullima sillaba re dell' infi- 
| nito présente dei verbi. Cosi: in cambio di dare, èssere, 

\ mèttere , vedère , ventre , dormire (7) si dice dà , 
esse, mette, cede, ved, dormi (8). 

; (1) £ fatto quatto strangolaprievete a lo culo de lo canistro, le fece trovare na 
tavola tutta sciorata de rose — G. Bas. 21, 61. 
Lo quale n'è panito na croccante 
Posta de sciure dint' a no canUto — G. Gen. 1847, 47. 

(2) Co pproposeto cbe chi de loro avesse lo dito cchiu lisck), nne facesse mostra 
a lo Rrè — G. Bas. 20, 120. 

Lo Rrè d' Agnano ntanto slea facenno 
Dioto de la Getate già la mosta — Perr. 16, 57. 

(3) E non trovo cosa cbe pozza esse mmeretevole dell' ammore vuostro — G 
Bas. 20, 270. 

E st' oro, ch* a ccontà non vasta n' anno, 
Sia vuosto, e a chi spetla se lo ppiglia — Cap as. 15, 8. 

(4) Chisto è V ammore , che mmustre a chi chiammave Popella de 11' arma 
toja? — G. Bas. 20. 68. 

Rrè mrak>, che cquale si, taie te muste — Lomb. 5, 27. 

(5) Non te credere, Achi ca rame nfenucchie — Capas. 15, 13. 
Veciè, te jea trovanno — Pag. 18, 274. 
Go chi Taie, Giesomml ? — Pag. 18, 218. 
Ta, le mmano te vaso— Zez. Artaserse, 39. 
Prefè, non veco Arbace — Zez. Artaserse, 25. 
Cbe dice, bello già — Cerl. 7, 52. 

(6) Cola Co, oje Go,' Cola. — Diaschence sientelo — Vegl. 1' Amante 49. 
Joca jo, no mme seccà — L. G. Spas. 4, Zi. 

(7) Chi non me vô dare la, mamma, mme dia la figlia — G. Bas. 20, 85. 
E ccercatole perdonanzia'd' èssere curzo troppo 'nfuria, se nne jettero 'nooc- 

chia a lo Palazzo — G. Bas. 20, 98. 
Tanno vole va meltere lo pede a la staffa, quanno 1' arrivaje Fonzo — G. 

Bas. 20, 112. 
Metteva la capo sopra le nnuvole pe bedere che se face va ne 1' àjero — G. 

Bas. 20, 100. 
Vedennelo ventre accossi affritto, 

Passanno. s' allargaieoo c stieno zitto — Lomb. 5, 56. 
Quanno la luna chiamma le stelle a pizzoleare le rrosate, jeze a âdonnir*— 

G. Bas. 20, 96. 

(8) Addô chess' arte avite stodiata 
De dà pe bera a credere na nnorchia? — Morm. 47. 



— 28 — 

Tuttavia di questa specie di soppressione, che oggi 
tutti e sempre adoperano, specialmente nei verbi piani, 
parcamente usaroiio gli antichi scrittori del di alette 
napoletano, e G. Basile quasi mai nel suo Pentamerone. 

13. In quanto air ultima vocale delle parole, osser- 
viamo che i Napoletani raramente la pronunziano. Per 
questo i moderni scrittori hanno creduto si dovesse far 
terminare in e tutte le parole, nelle quali il suono del- 
T ultima vocale è attenuato cosl da non udirsi , scri- 
vendo: Comme Site de la partite, e facite staaddim- 
manne? Ascettene nfigure (1); mentre , volendo rap- 
presentare tali parole come il popolo le pronunzia, bi- 
sognerehbe scrivere: Corrim... Sit... d' a partit... efa- 
cit...s? addimmann...? Ascetten... njigur... Noi quindi 
opiniamo doversi scrivere le parole come andrebbero 
scritte, se l'ultima vocale si pronunziasse sempre, cioè: 
Comme ! Site de la partita, e facite s 1 addimmann** ? 
Ascetteno nfigure 

Perô non dobbiamo tacere che oggi quasi tutti: 

a) Fanno terminare in o od in e alcuni nomi ma- 
schili, dicendo maro e mare,focolàro e focolàre, pen- 
zièro e penzière , bicchièro e bicchière , cannelièro e 
cannelière (2). 

Sulo si baono p' esse scortecato — Moîim. 43. 
Le ggente e 11' anemale 

Cercaieno de se mette a lo ssecuro — Lomb. 5, 16. 
E 'n bedè a isso tutto s* allordaje — Morm. 41. 
M' avesse priramo rutto no presutto. 

Che bbeni a ffà st' afflcio mmarditto — Lomb. 5, 54. 
Puro gira da ccà, vota da lia, 

Tanto stentaie, che se mettie a ddormi — Lomb 5, 36. 
(I) Il Manicomio, Anno II, n° il. 
(2 ) Tornaje a raettere Penta drinto la cascia, e la jrttaje de nuovo a mmoro — 

G. Bas 20, 272. * 

St' ommo, ch' è n' ommo de ciappa, 

Lassa lo mare e ppiglia la (averna — Quattrom. 1 52. 
S* auza de meza ootte affacennata, 

E piglia lurome da lo focolaro — Stigl. 10, 165. 
A T antiche facea tutto lo spanto 

D' annore e cortesia lo focolàre — Capas 15, 195. 
Pecchè tu mo co cchisto smeuzillo 

Nce vuô mettere tanto lo penziero ? — Quattrom. 107 
Tutte co buje tenimmo lo penzière — Quattrom. 98. 
Si saparrisseve 1' arte, che avette da fa, non ve perdarrissevc din to a no 

bicchièro d' acqua — G M. Spas. 3, 16. 



— 29 — 

6) E fanno terminare in e ed in a alcuni nomi femi- 
nili , dicendo dote e dot*, , votte e votfa , cansàne e 
canzàn&j sete é se fa, pàrvere e pàroers, (1). 

§ IV. 
Inversioni 

14. Gli an'ichi qualche volta invertirono : 
a) Nelle parole vary a e serva (2) le consonanti me- 
die, e disserô carra e sevra (3). Oggi perô taie inver- 
sione più non si fa. 

6) Ed anche gli antichi invertirono, in moite parole, 
Y r e la vocale che la precede o segue, raddoppiando, 
|al bisogno, la successiva consonante. Cosi: scrissero 
\fremma,fremmàta, premmèsso, trhmmeno, trommiènto, 
t&Toône, car vàcca, cuôiro (4), in vece di ferma , fer- 

i Ment' Ebba co lo nnettare 

I L' anchieva lo bicchiere. — Quattrom. Spas. 4, 50. 

Monsignd, chisto è lo canneliero: faciteve luce vuje stesso — G. M Spas 4, 15. 

Che m* banno daio a fa sto canneliere si aggio da sagli a la scura — G. M. 
Spas 4, 15 

(1) E ccoQzegnatole lo Rrè na grossa dote e la figlia, se one jette a Lommardia — 
G. Bas 30, 188 

Ma sempe, tata mio, 

Nce vo no po de dota. — Pag. 18, 226 
Concrusero che essa, lo malefatlore e H flglie fossero schiaffate dint' a na 

votte, e ghiettate a mmaro — G. Bvs. 20. 53. 
Serrata la votta. fu portata e ghiettata a mmaro — G. Bas. 20, 53. 
Io te voglio cantarc na canzone — Quattrom. 172. 
Continuanno la canzùna. fatata, fa bestuta soperbamente , e pposta dinlo na 

carrozza d' oro — G Bas. 20, 81. 
Se lo ffuoco scotta, V acqua addefresca; se ne' è l'appetito, non nce sarrà la 

*ete. Rocchi 1, 99. 
£ pecchè remmediasse a la seta-, volaje a la despenza , dove era tanta uva 

appesa, e nce ne portaje no piennolo — G. Bas. 21, 47. 
Lo prencepe le dette na certa pôrvere — G Bas. 20, 169. 
£ sparpagliata la porvera,, se sctfaje tutti la casa — G. Bas. 20, 267. 

(2) E perché lo Gavaliero aveva posta la uarva aculo a lo munno, le mese no» 
vestito de li suoje — Cort. 4, 174. 

Ma co sta gente già s' era mbrogliata 
Cecca, la serra — Cort. 2, 128 

[3) Songo sette, e tre de la vavra mia, che so diece — D. Annicca, 20. 
Commannateme a chello che pozzo Cà sla na sevra vosta — G. Ckn. 1837, 44 » 
4) La cocchieressa li pollitre fremma — C\pas. 15, 154. 

Né, mammà, ddo se fa 11' auta fremmàta ? — G. Ge.x. 1847, 16 
£ senza addemmannarele premmèsso, 

Lie dteette — Morm. 171. 
L' aggio secotejata nfl a sto trèmmeno — Morm. 129. 
E tu che mme si nata pe trommiènto, 



— 30 — 

rnàta, twmeno, permesso, tormiènto, er&vône, cr&vàc- 
ca, cuôrio (1). Oggi, perô se ancora qualche volta si 
dice fremma, fremmàta, premmesso, trhmjneno J >tTomr 
miento, non si puô dire c&roone, czroacca, euôiro. 

d) Tuttavia nelle antiche parole formate dair inser- 
zione di una e tra le consonan i r e y, di cui abbiamo 
discorso a pag. 18, possono invertirsi queste lettere , 
rimanendo tra loro Te; perocchè oggi si dice parera, 
èvera, sèvera , sdyera , vdyera (2) , invece di pavera , 
èreva , sereva, sôreva e vàreva (3), come una volta si 
diceva. 

§ v. 

Raddoppiamento délia consonante iniziale. 

15. Il raddoppiamento délia consonan'e iniziale puô 
aver luogo o per propria natura délia parola , o per 
virtù délia parola che la precede. Il primo raddoppia- 
mento è necessario , non solo per Y esatta pronunzia 

Sti defletle correjere procacc ia -»- Morm 159. 
L'averria scritto co lo c&rvùne dell'obbreco a la Taverna de la mammoria — 

G Bas. 20, 329. 
E ppe ccavallo sto gran cavalicro 

C&rvàcca n' alitante co la sella — Fas. 14, 139. 

Lo stisso cuoiro lo defenne da lo cchiovere e da la aeve — G. Bas. 20, 58 
<1) Maje se ferma la chiorma — Stigl. 10, 121. 
£ nche la caravaoa s* è fer mata, 

De li carre se mettono le fifile — G G*n. 1847, 19. 
A primma se moreva pe permèsso 

De Jo cielo — C R. Spas 3, 37. 
A sto t&xmeno già simrao arreddutte, 

Che IP uommene, e li Ddei spogliano lutte — Capas. 15, 178. 
Stette zitto pe tanno, e dessemmolaje lo tormiènto — Co.it. 4-, 163. 
Appriesso nce sta puosto lo cravàne, 

Che Porzia se gliotlie bello allommato — Coût. 2, 21 i. 
Sulo Nestorro sta beslia cr&vàcca — Capas. 15, 42. 
'Nzavuorio 

Te potarria piglià tanto la Sciorte, 

Che lassa nce porrissc nfi a lo cuôrio — Morm. 67. 
^2) Ma già tre bote tutta era calata 

La pavera da coppa la mpolletia — Cort. 2, 240. 
Avuto lo pede a Vèvera se mbarcaje pe ghire a la Corseca — L. C. Spas. % 6. 
E la «évera era de sôvera inezze ammature e mezze acevere — Feder. li 

Birbe, 94. 
Sto cancaro de viaggio a Palermo ha ffatto li pile janche a la vàvera — G. 

Gkn. 1847, 24. 
<3) Che pôreva de rosa, e de mortella, 

Dove ntonano chisse ne' è pperduta — Capas. 15, 162. 



— 31 — 

dei vocaboli, ma ancora per ben precisare i diversi si- 
gnificati di questi. Cosl : ca, la, rxaasto , mortàle, no- 
cèn!e hanno un significato del tutto différente da cc#, 
lia, mtaastOy mmortàle, nnocènte. 

Quali voci raddoppiano per propria natura la con- 
sonante iniziale, si apprende dalP uso. Tra esse le più 
usate sono ccà, whià , Uà , lloro , lloeo , lïeverènza, 
mmàtteto, mmerda, mmdmmaro, mmardicere, mma- 
sto, v*mortàle,miocèn3ia y nndglia, nnommenàta, nnam- 
moràto, nnante, ra, rrobba (1). . 

Vi cchiù Uà ncoppa a 11' èrttva spannute 

D' appepariello flno li mesa le — Picoin. 2, 41. 
Aggk> senipe da sta dint' a le nnuvole, 

Sempe dint' a la neglia, int' a na streva — Morm. 138. 
Fave, pasta da cicere a ppannette, 

Soreva, legnasante nzine fine — Picgin. 2, 152. 
E (tu iDiue pare, che te faie la vàveva — Capas. 15, 160. 
(I) Cossi da ccà, e da Uà se tene pede, 

Da ccà, e da lia se vottano le mraano — Capâs. 15, 140. 
Tu ochià tosta de spuonolo, o sconciglio, 

Cchrû fforte de lo fierro, e de P abbrunzo, 

Non te rumpe, o te chighe — Cort. 4, 69. 
E lloro erano lia pe le sservire — Lomb. 5, 18. 
lo chisto Uoco vorria avè vecino — Zez. Spas. 1, 2. 
De li zite a la presenza 

Vasciaie la capo, e fece Ueverèaza — Cort 2, 90. 
Ca le venctte no mmàtteto de glù pe ssordato a 1' Audienzia de Catanzaro — 

Ffr Fente Z ingare, Arg. 
Chillo che lu lo secolo de l'oro 

Mo se po di lo secolo de mmerda — Capas. Son. 176. 
Ve pozzale spallare co no mmommaro — Capas. Son. 178 
l&mardicer* vorria 

Quanno ma je t* aggio araafo — Sadd La Marina de Chiaja. At. 1, se. 13. 
lo voleva defenne, ca lo mmasto 

Nce facea nore, e sservea pe rreparo — Lomb. 5, 85. 
Si a sto munno non teneno no grano 

Lî sapie, io li ffaccio essere mmortale —A. M. Spas. 4, 29. 
Ma ttu de ssa nnocénzia 

Le rragiune aje da di — Zez. Artaserse, 26. 
A ccbillo nnôglia d' Artaserse apposta 

Nfrocecaje de parlarle — Zez Artaserse, 37. 
L* affizie devine 

Che nfra de nuje pe nnommenàta vanno — G. Gbn. 1847, 45. 
' Lo Cavaliero a ccheste pparole pescaje, e comprese ca Ciullo era nnamuw- 

ràto — Cort. 4, 162. 
Jea spierto trovanno no secreto 

Pe passa nnante — Lomb 5, 19. 
Tutte F anemale 

Aveano fatto Rré lo cchiù ssaputo — Lomb. 5, 15 
E sse li Griece pigliano sta chiazza, 

De rrobba mia no nn' hanno na sputazza — Capas. 15, 160. 



-*- 32 — 

16. In quanto al raddoppiamento délia consonan e 
iniziale per virtù della voce onde la parola è prece- 
duta, noi siamo di avviso che miglior partito sarebbe 
abolirlo: imperocchè, mentre da una parte confonde 
la vista di chi legge, dall'altra non ajutapunto la buo- 
na pronunzia, e, come osserva il Sarnelli, senza ches- 
so be lo sa lejere chi è napoletano; ca chi èfrostiero^ 
miettece chelle llettene che buoje, ca maje lo llejarrà 
buono , si no lo ssente lejere a quacche nnapoletan(\ y 
o ad autro che nri è pratteco a sto pparlare (1). 01- 
trechè quegli s'essi, cui è piaciuto il raddoppiamento 
del le consonanti iniziali , non se ne sono serviti alio 
stesso modo , e soventi troviamo fatto il raddoppia- 
mento di una consonante , cui altri nelle stesse con- 
dizioni non ha raddoppiata. Cosi: noi troviamo a lato 
ed a llato (2), a me ed a mme (3) , de hot ta e de 
hhotta (4), a mano ed a mmano (5), a ta ed a fta (6), 
le fèmmene e le ffèmmene (7) , le hotte e le hhot- 
te (8), si henùto e si hhenùto (9) , che huoje e che 

(1) Vol. 20, pag. 9 della Collezione Porcclli. 

(2) Tu muore speruta 

D' avère notte e ghiuorno sempe a lato 
No mari to ntroccbiato — Cort. 4, 22 
E, pcd esserete sempe a Halo, venarria a piede scavoze — Sarn. 22, 282. 

(3) Stô, nquanto a me, cchiù 11 es to de Sorgente — Fas 13, 40. 
A té sbatte lo puzo, a mme lo core — G. Bas. 20, 209. 

(4) Se lassajeno 

Tutte nziemo, e de "botta se jettajeno — Lomb. 3, 98. 
Po, non potenno cchiù, jette de hbotta 
A schiaffà naso e mrausso a lo pertuso — Lomb. 3, 34. 
(3) Le fflglie e la mogliere 

Porta no e tutte 1' àute a mano a mano — Morm. 277. 
Quanno ncuorpo a lo ciuccio a mmano manca 
Accommenzaieno a bbolle li décrète — Lomb. 5, 54 

(6) E mbe nce tornarria seje vote e sette 

A ta lo stisso — Morm. 284. 
Se mese a ffà no riepeto vattuto — Lomb. 5, 17. 

(7) Nce sarrà fuorze la scajenza, la spôrchia de le tèmmene — G. Bas. 20> 204 
Fa subbeto jettare no banno , che tutte le ffèmmene belle de lo munno i _- 

nessero a la. prêta paragone de la bellezza — G. Bas. 20, 204. 

(8) Ed a le hotte de sta granne guerra 

Nntronaie lo monte e nne tremmaie la terra — Perr. 16, 32. 
Portate da lo viento e dda le bbotte, 
Se mesero a ffuire, comm' a ccuotte — Lomb. 3, 63. 

(9) Tu si henuto pe ssenti lo schiuoppo — Peru. 16, 49. 
Mannaggia quanno maie nce si bhenùta — Lomb. 3, 89.. 



— 33 — 

tobuoje (1), che Hesederàva e che àiesederàva (2). 

17. In conseguenza di che noi opiniamo, che coloro 
i qualî vogliono usare il raddoppiamento della conso- 
nante iniziale per virtù della parola che la precede (seb- 
bene possa dirsi ch' esso ha luogo quasi sempre nelle 
medesime circostanze da noi indicate a pag. 5 e se- 
guenti pel cambiamento del i in gh e del y in h) faranno 
meglio ad aver sott'occhi quest'unica régola: il raddop- 
piamento della mentovata consonante dovrà farsi solo 
quando, pronunziando e scrivendo le due parole come 
una sola, esso apparirà necessario. Quindi si scriverà 
pe fîare, e Mhe, a j^innolo, le iterate, so ssanàte , e 
nnuje, a ccàï. le hhotte (3), e non pe tare, e ehe, a pm- 
nolo, le ferùte, so mnàte, e nuje, a vhi le hotte, perché 
bisogna pronunziare peftàre, eeehè, apjtinnolo, lefferàte, 
scmanàte, ewmje, accht , leVbàtte e non altrimenti. 

Del resto le norme , che intorno air ortoepia ed al- 
P ortografla del dialetto napoletano abbiamo esposte , 
non sono affatto sufficienti ad imparare a ben pronun- 
ziarlo e scriverlo, tanto più che anche oggi, corne al 
tempo del Sarnelli, « lo Laoenàro parla de na manèra, 
e lo Muolo Piccolo de ri àutra » (4) ; e siamo con- 
vinti che questa cosa si potrà conseguire solamente 
per mezzo di un diligente e prolungato esercizio. 



(1) A lo nemmico disse: eilà che huoje ? — Perr. 16, 49. 

Che hhuoje, flglio mio bello ? — Lomb. 5, 87. 
(3) Ma pe quanto lo marito zappava, maie arrevava a bedere la ferteletate che 
desederâva — G. Bas. 20, 191. 
Era na vota na Foretana, che ddesideràva ccbiù d' avère no flglio, che non 
desidera lo liticante la sentenza *n favore — G. Bas. 20, 191. 

(3) No nce vo niente 

Pe Hare sto Castiello — Lomb. 5, 32. 
Che commatta 

Subbeto dille, oche no aspetta niente — Pbrr. 16, 69. 
Lo vedde subbeto tutto stralucere comm' a ppitmolo 'nnaurato — G. Bas. 

20, 194. 
E quanno le tterute êô ntumàte, 

Famme contenta comme promettiste — Cort. 2, 88. 
Ennuje compagne, a cchi manco nce mporta, 

Stammo a le bboUe pe sta gente morta — Gapas. 15, 159. 

(4) Vol. 20, pag. 8 della Collezione Porcelli. 



PARTE SECONDA 

ETiMOL,0€i MA 

CAPO PRIMO 
Del nome 

§!• 
Génère dei nomi degli esseri animati 

18. Mettendo da banda ogni altra considerazione in- 
torno ai nomi , diciamo soltanto , rispetto ai génère , 
che : 

a) Sono maschili i nomi che indicano i maschi de- 
gli animali, ed i nomi che Y uomo ha per l'ufficio che 
adempie , per la dignità di cui è rivestito e pel me- 
stiere che esercita.Cosi: sono di génère maschile Ndrèja ) 
Pascale, Ntuono, papa, prèvete, rre, scarpàro , cam- 
marièro, vq/e, ciùccio, gallo. 

E qui osserviamo che i nomi di coioro che esercita- 
no un mestiere, se derivano dal verbo che dénota Pa- 
zione ch' essi fanno, prendono quasi tutti la desinenza 
in ore, e si dicono verbalL Cosi: d&frauecàre, vèn- 
nere, côsere, seroire sono derivati Jravecatbre, venue- 
tbre, cosetbre, seruitbre. Se poi tali nomi derivano dai 
nomi degli oggetti che gli artegiani lavorano , o dei 
quali si servono, quasi tutti prendono la desinenza in 
aro, in iero, in juolo. Cosi: da ramma, Jîerro, tavèr- 
na, ciùccio sono derivati i nomi rammkrOiferrkro, ta- 
uernkro, ciuccikro; da pane , chiave , varva , locànna 
sono derivati i nomi panettihro, chiavettihro, varoihro, 
locannihro; e dai nomi baccalà, pissa, noce.frutto sono 
derivati i nomi baccalajublo , pizsajublo, nociajublto, 
fruttajublo. 

b) Sono feminili i nomi che indicano la femina 
degli animali , ed i nomi che la donna ha per la di- 



— 35 — 

gnità onde è rivestita, per 1' ufficio cui adempie e pel 
mestiere che esercita. Perciô sono di génère feminile 
Rosa , Viatrlce , Saffo , mamma , reglna , vammàna, 
vacca, gallina ec. 

e) E sono deir uno e delF altro génère, o sia di gé- 
nère comune, i nomi personali io e tu (1), che la mag- 
gior parte dei gramma'ici chiama pronomi, ed alcuni 
nomi di esseri animati che terminano in a od in e 
e che, restando invariabili, cangiano V articolo secon- 
do che gli esseri, cui denotano, sono maschi o femi- 
ne. Cosi: sono di génère comune cammaràfa , serpe 9 
parente, giôoa^e, nepôte (2). 

Avvertiamo perô che moltissimi scrittori, seguendo 
la plèbe: 

a) Fanno finire in a il feminile dei nomi comuni che 
terminano in e, dicendo serpa,, parènta,, giàvan*, , ne- 
pdttL (3). 

(i) Sempe sarrà vero 

Ch' io sulo, o vivo o muortô, so no zero — Stigl. il, 73. 
Io, lo chella so po, potta de zanno! . 

Che sparafonno la trojana gente ? — Stigl. il, 17. 
Tu perduto non aje manco no zero, 
Dice a lo lupo, inanco n' uosso asciutto; 
E tu, sia vorpa mia maliziosa, 
Arrobbat' aje pe ccierto quacche cosa — Morm. 39. 

(2) £ scritto m' ha no cierto cammaràla. 

Che no ramenlesce maje — Fas. 13, 82. 
Quanno Petruccia sentette sto maie annunzio de la cammaràfa soja , appe 

a morire— Sarn. 22, 208. 
Di a sto serpe, che si rame farrà li fruité de sto parco tutte d' oro, io le 

darraggio figliema — G. Bas. 20, 192. 
Trovarrimmo n'autra serpe coram' a ttene, efarrimmo sta lega de poteca — 

G. Bas. 20, 192. 
A mme nesciuno parente m' ha dato na fana ncanna — Vegl. L'Amante, 6. 
Chesta è na parente de la Sia Cravia, che è benuta stammatioa da Romma — 

Feder. Li Birbe, 49. 
Âppe gran gusto sto giàvane de le pparole de Lise — G. Bas. 21, 142. 
Nce capetaje fra 1' autre na giôvane chiammata Porziella — G. Bas. 21, 45. 
Ca mme teneno tutte pe Ttetillo 

Nepôte de Lucia — Pag. 18,213. 
E canoscissevo na nepôte de Messe Sirvano, che stammatioa è benuto a la 

capanna nosta ? — Cerl. 17, 54. 

(3) La primma notte che borraje stare co mmariteto, puozze arreventare serpa— 

Sarn. 22, 195. 
Tienetella, ca ne faje qua maretaggio a qua parents, de le ttoje— Vott. 214. 
Nfra 11 oro era na giùvana,, che avère 

Potea ventiduje anne — Fas. 15 42. 



i 



— 36 — 

6) Fanno terminare anche in a alcuni norm esclusi- 
vamente feminili che finiscono in e, dicendo common, 
moglieriL, som in vece di commare, mogliere, sore (1). 

c) E fanno finire in o alcuni nomi esclusivamente 
maschili che terminano in e, e viceversa, dicendo eom- 
pàre 9 cane in vece di compare, cane (2); e dicendo ca- 
valière, cocchière in vece di cavalière 9 cocchièro (3). 

19. I nomi maschili si rendono feminili: 

a) O cangiando in a V ultima voc tie. Cosi: feminili 
di Cianne 9 patràne 9 àsene , maccaronàve 9 nociaiuàle 
sono Ciann& 9 patrôna, 9 àsenB, 9 maccaronàra, 9 nociajôla, (4). 

6) O cangiando Y ultima vocale in essa , e facendo ' 
precedere questa desinenza dalla lettera h, se il nome 
maschile termina in ca o co. Cosi: feminili di abbàte, 

Sto ferrettiello stea ntra li capille 

De la nepôta, de la siè Gioyanna — R. d* 0. Spas. 3, 9. 
(i) La commàre. mmereta che tutti i vasi délia gentilezza lie se devacano nfac- 

cia — G. M. Spas. 3, 34. 
Pe non mettere a mmalizia la commàre nce la prestattero — G. Bas. 21, 137. 
Vi ca si ffatta grossa: 

Si bona pe mmoglière. — Quattr. 204. 
Fattole subbeto vestige dell' abete cchiù rricche de la regina morta, se la 

pigliaje pe tnmoglière — G. Bas. SI, 56. 
Accossi chella sgrata che t' è sore. 

M' ha fatto fare li capille janche — G.Gbn. 1856, 59. 
Cianna, che accossi se chiammava la «ore, screvette sti conziglie a lo qua- 

tierno de lo core — G. B*s. 21, 82. 

(2) Lo lupo era compare co la pecora — Velard. 24, 3. 
Oh quanto dice buono lo proverbio : Muorto lo figliulo no ne' è cchiù com- 
pare — Cort. 4, 168. 

Razza svergognata che fete de casa cauda pevo de no cane muorto — G. M. 

Spas. 4, 5. 
£ sbegnaje correnno comm'a cane, c'ha le bessiche a la coda — Cort. 4, 168. 

(3) L' ha fatto avère 

Lo titolo de Cost» e Cavalière — Cort. 2, 220 
Zitto, disse lo Cavalière, non te vreguogne farete scire ste parole da vocca? — 

Cort. 4, 168. 
Lo cocchière non se faceva capace de ste passiate a 11' aria de lo mare — 

G. M. Spas. 3, 17 
Essa facea P affizio de cocchièro — Stigl 11, 289. 

(4) Ma non dorme nesciuna guagnastrella, 

Ch' a la casa de Ûtotma era già ghiuta — Cort. 2, 21 
Tu sarraje la mogliera rnïa , tu sarraje patron* de lo scertro — G. Bas. 

20, 40. 
N' àsena. vedde pasoere a lo prato — Scrutt. 1, 252. 
Maccaronàre, 

lo songo, pe sservireve — Ckrl. 20, 270. 
fcPajc nchiantala, e chi conzola 

N'a nfelice nocfojoïa? — N. M. Spas. 3, 32. 



j 



— 37 — 

prèvete, liane, prqfètn, conte, duc* sono aô&atèssa, pre- 
i?££èssa, //onèssa , joro/e^èssa , eo^èssa, dwe/ièssa (1). 

e) O neir uno e nell* altro modo. Cosi : feminili di 
segnôre, mastro, sordàto, artesciàno, monarch, mièdeco 
sono segnôr* e segnorfam , mastm e mastrhHSSL, sor- 
dàttiL e sordaths&b, artesciànn, e artescianèssa,, monarch 
e mo/wïreAèssa, mèdecs, e medechhssa, (2). 

I nomi verbali perô si rendono feminili: 

a) O cangiando 1' ultima vocale in a. Cosi: feminili 
di prqfessôre e pettenatàre sono professer* e pettena- 
tàr* (3). 

6) O cangiando la desinenza ore in rice. Cosi : fe- 
minili di mperatbre , cacciatbre , ammasciatbre sono 
mperatriee, cacc iatriee, ammasciatriee (4). 

(1) E abbascio chella nobbele segoora 

Co T abbateaaa, ed aotre se trovaro — Pag. 18, 154. 
E cchesta, comm' a prevetémaa. ch' era, 

Pigliaje la vesta — Capas. 15, 200. 
Cossi a li figlie fa la fttmèss* 

Cbe la zazzera ancora no 1* è sciuta — Fas. 13, 222. 
Jeva Ocno appriesso, che lo ngnenetaje 

Lo Tevere co Manto profeléaaa. — Stigl. 11, 3t. 
Te vea Contenu*, e de Dwchèssa cchiù — Sgrutt. 1, 74. 

(2) No sfelenza noammorato 

Vo comparere bello a la segnora. — B. Valin. 7, 62. 
S' arravoglia, 

E mme vo fa la bella segnorèana. — B. Valen. 7, 57. 
Pe mastra. avuto agg' io 1' esperienza — D'Ant. 23, 116. 
O âa motfrèssa, torna a ghi a la scola — Fas. 14 122. 
Era Croriona chella gran sordàta, — Fas. 13, 48. 
Non te credere, segna sordatéaaa., 

De te fa ricca co la rrobba d' auto-» Pear. 16, 36. 
Ogne arteseiàna. vo fa la segoora — Nova, 16, 197. 
Vidde n' ortescianènsa. pe la via 

Che mmogliere parea de cavalière — T. Val. 19, 69. 
Aspettammo che benga quarche nnulto 

Appunto quanno la Monàrca, figlia — D' Ant. 23, 64 
E trappole faceva 

Pe mbrogliare lo fato, e fare chessa 

De tutie le ccelà la Monarchèsna. — Stigl. 8, 9. 
De cchisto sarrà mmedeea, la figlia— Peir. 16, 126. 
Quanno venue lo raalato, la mcdechèssa. le levaje la spina — Vott. 73. 

(3) Tu mme jesce tutta na vota da le mmano. Si prof essora., mme pare — G. 

Gen. 1837, 29. 
Era na pettencudra, de lino : ma comme pettenava ne! — Cerl. 14, 143. 

(4) Co rragione s' avanta la lengua nosta pe la mperatrica de tutte 11' autre— 

Zito, 3, 108. 
Mpostata comm' a cacccalrice aspetla 

Armida ad isso. -— Fas. 14, 89. 
1/ irtde de lo Cielo anwtasciatrlee — Cafas. 15, 90. 



— 38 — 

c) O neir uno e nelP altro modo. Cosi : feminili di 
cosetàre e tessetàre sono cosetôrn, e cosetrice, tessetôr* 
o tessetrive (1). 

20. Oltre al cangiar la vocale finale o la desinenza, 
i nomi maschili, diventando feminili: 

a) Cangiano in e il dittongo tonico ie. Cosi : femi- 
nili di demo, mihrolo, pibcoro, vùiello, cammarihro 
sono Ce/isa, mèro/a, joècora, vitàlla, cammarhrs, (2). 

b) Cangiano ancôra in e la vocale tonica i. Cosi : 
feminili di Cïceo, Mïneco , ninno , peccerillù , vidolo, 
pollitro e del nome personale isso sono Cecea, Mhne- 
ca, ne.msLj peccerella,, uèc/oia, pollhtr^ essa (3). 

Si eccettuano zitù, cantarïnolù, abballarïnolù e pel- 
legrïho, che al feminile fanno Ata, , cantarïnola, , ab- 



(1) E de Nora 

Na cchiù guappa coselora, 

E desficele a trovà — Anon. Canzone. 
Dice chella coselrice : Quanto songo stata a la Cchiesia avria cosuta na 

maneca — Rocchi. 3, 334. 
Saccio fa la tessetôra., 

Ma non ti ovo na mez' ora 

P' assettarnie a fatecà — E. M. Spas, 3, 14 
Se nne va tesa tesa a tirovà Lena, 

Che, ntra I' aute bertutc, è tessetrice —r Capas. 15, 90. 

(2) Cenza. da lo fenestricllo 

Lo nnammorato sujo vedde venire — Cort. 3, 161 
Uno s' accattaje no mierolo, e bedennolo la moglieie, disse en 'era mèrofa, — 

Vott. 98. 
Cchiù nnanze po na pècora. vedette — Sgrutt. 1, 252. 
Apparecchiammo n' arrusto de velèlla. — Vbgl. L'Amante, 7. 
La cammarèra. , obbedenno lo rre, commenzaje a pettenare lo llino — G. 

Bas. 20, 104. 
(5) Che faje tutto lo juorno a sso pontone ? 

Non sa je ca Cecca non te po vedère ? — Sgrutt. 1,77. 
E decimmo de Zeza e de Grannizia, 

De Mèncéa. e de Cianna — Cort. 3, 79. 
Ercole, nènna, mia, buon' è ch' è mmuorto, 

Ca sempe co li Ddei volea fa a ppuuia — Capas. 15, 156. 
Non te vreguogne a trattare de sta manera na scura peccerèlla. ? — G. Ba 

21, 39, 
Successe mo, che sta bona vèdola. se mmaritatte co no cierto Micco Antuono- - 

G. Bas. 20, 351. 
Non era tanto molestato da la pollètra. domesteca, quanto da sto pollitro sa • 

vateco —G. Bas. 21, 197. 
Non tanto priesto m.se pede dov'èssa stava,chc restijc mpaslorato coinm' . 

pollilro — G. Bas. 20, 94. 



— 39 — 

ballarïnoln e pellegrïm (1). Zïngaro poi al feminile 
fa zïngara, e shngar& (2). 

c) (5angiano in o il dittongo tonico uo. Cosi : femi- 
nili di bezzubco, choco , sùogTO, uoreo sono bezzbc% 
eèea, sbgra, orca (3). 

rf) E cangiano anche in o la vocale tonica u. Cosi: 
feminili di turco, feglttodo, urso, palhmmù sono força, 
Jèglibl&y orsa, palbmmn, (4). 

Si eceettuano eificcio e mulo , che fanno etiiecia e 
mn/a; e /upo che fa /upa, /qpa ed anche lopessa* (5). 

§11. 
Génère dei nomi di esseri inanimati 

21. I nomi délie cose non dovrebbero essere ne ma- 
schili ne feminili, perché esse non sono ne maschi ne 
femine. Tuttavia: 

(1) Ma, comme zifa a silo, tutto ammore, 

E tutto fuoco nce lo mette mbraccia — Ou va., can 5, oit, 8. 
Caretà non ne trovano, fosse po na ccmtarlnol*. on' abballarinola. — Ckrl. 7,8. 
Se resorvette de vestirese da peUegrina., e gbire sperta e demerta trovannolo — 

Sarn. 22, 245. 

(2) E zlngara. non so de sse moderne, 

Che te danno vessiche pe lanterne — Stigl. 8, 49. 
Chella sciamma la stutaje 

Quarche zèixgar*, Rose — G. M. Spas. 4, 14. 

(3) Che, simbè stea co mille ncarognuta, 

Te facea la bezzoca. e la nnorata — A. Maj. Versi, 38. 
Non sulo sta bella coca deventaje prena, che tutte li mobele de la casa nlor- 

zaro — G. Bas. 20, 110. 
E gbie a ttrovà la «ogra int' a la casa — Pag. 18, 59. 
E botanno le spalle ngrognatizza 

Da chella casa comm' a n' orca scette — Pag. 18, 70. 

(4) Ah Torca renegata, e che canetudene eosa è stata la toja ? — G Bas. 21, 172. 
Appe da la mogliere soja no fegliulo e na feglibl* tutt' a no ventre — Sar*. 

22, 259. 
Se sbegliaje essa puro, e nzanetate !, 

Comm' a n'orza feruta se faceva — Ou va. can. 4, ott 37. 
Vedde passare no palummo e na palomma. — G. Bas. 21, 102. 

(5) Gcà bedive na etûccta, che strellaono 

Jea co no ciucciariello a la ncorrenno — Lomb. 5, 64. 
Pare na mula co gualdrappa e sella — Sgrutt. 1, 123. 
E no çano de caccia la zetella, 

E se fa lupa. quanno è mmaretata — E. A. Spas. 4, 20. 
De na pelln lupegnu lo tabar.o 

Roominolo se farrà, pe avère a mmeote 

Ca T aliaUaje na topa — Stig. 8, 35. 



— 40 — 

a) Sono di genere maschile i nomi accentati, i quali 
terminano in e, in i ed in o, come corse, cafe, bonn\ 
gwvedl, comb, gattb (1). 

6) Sono di genere feminile i nomi accentati, i quali 
terminano in a ed in u, come veretk, necesseth, gio- 
venth, verth (2). . 

Si eccettuano baccalk, tqffetA, biscth , Peril , mil, 
sarth e qualche altro, che sono maschili (3), 

Si osservi che i nomi accentati in a ed in u, quan- 
do si rendono piani aggiungendosi loro la sillaba te, ri- 
mangono di genere feminile, come pietàto, felecetàte, 
vertàte (4). vu > 

22. Tra i nomi piani e sdruccioli poi : 
a) Sono di genere maschile quelli che terminano in 
o, corne cielo, Jilàto, cannaruàzzolo, testicolo (5). 

(i) Chi la fracca se penza d* afferrà, 

E acchiappa de na sora lo corzè — Piccw. 2, 68. 
Te porta la raatina lo ccafè — Quattr. 219. 
Ve no bonnt mpenne a chisto, squarta a chillo — Cerl. 13, 251. 
Uieiia femmena vo fa ogn' auta fetica lo gtovedi santo, ma non bo felà — 

Rocchi. 2, 36. 
L' aggio, dice mbrogliannose, 

Da lo cotnà cacciato — L. A. Spas. 3, 41. 
INon era meglio che mannave a mme 

No bello presuttiello, no «allô — L. C. Spas. 3, 22. 
W f ^a etk sta sem P e à*™ tresca lo vino — G. Bas. 20, 45 

i Wva™ fl« n ^!f W ^ VertÙ ' " Mdelte nc °PP a a Io Qidol -G- B^- 20, 60. 

a ^M^/ at i° Pt Sf B t û ? na «*** accossi <» ra levannole lo sciore de la gio- 
ventù. — G. Bas. 21, 11. * 

Ca la vertu de V anema cchiù baie, 

Che quanto ha lo Perù d'argiento e d' oro— Pag. 17, 131. 
(o; No nee so cchiu remmedie pe sti guaje 

Aute che duje, lo baccalk e lo boja — Capas. 29, 15. 
Le facettero vedere moncile de taffetk — G. Bas. 20, 355. 
Era tutto no bisciii : 

Sta bellezza addô sta cchiù — R. R. Spas. 2, 35 
Da lia ciert' aute vedive allancate, 

Ch' avarriano gliottuto lo Peril — Cort. 2, 170 
T aje magnato lo migliaccio, 

Lo ratt, lo stenteniello, 

Lo «arto, lo sanguenaccio — N. P. Spas. 4, 52. 

(4) Rosecone a ste pparole se sentette rosecare da la ptotôte— G. Bas 21 1 1 

tTo!Ti7. DCOrr0tta **"*»>•* chesta^depeimrfa fkeîetaîe- 

(5) Ma giacchè avea lo Cièlo accossi scritto, 

Mme potea dà a lo munno no marilo— Capas. 15, 203. 
La Fortuna ha sempe pe bizio de guastare lo miato— G Bas. 20, 285 
E mmegho cl.e tu singhe no chiappS a lo camJrZàzzolo sujo-Sarn 22 277 
Auzaje la capo e le cascatte nfronte no testicolo d' asen^ B* s* 20 356 



— 41 — 

Si eccettuano Jico, mano, eco e capo , che sono di 
! génère feminile (1) ; sebbene capo da qualcuno siasi 
fatto di génère maschile (2). E si eccettua ancôra ?7- 
\ làjo, che è di génère comune (3). 

b) Sono di génère feminile quelli che finiscono in a, 
; corne catèm, spalfa, pèttofa, càmmara, (4). 

Si eccettuano assiôma,, crimmn, diqfràmma, , enim- 

| ma, poèmm*, probrèmmB,, sistèmms, , stemm* , temma 

i e qualche altro, che sono di génère maschile (5); e si 

eccettuano chianèta, e stratagèmm* , i quali sono di 

génère comune (6). 



(1) Vide accanto a la fico mosciolella 

Mpostune e fecocielle ad uno luoco— Fas. 14, 116. 

La mano è chella che mme face sopra ogn* aulra cosa ascevolire — G. Bas. 

20, 270. 
Ca IV eco pazza, si no sisco sona, 

Doje o Ire bole te lo fa ssenti — Quattr. 175. 
Tu si lutta bella da la capo a lo pede — G. Bas. 20, 270. 

(2) No mme verraggio co lo capo mozzo — B. Valen. 7, 132. 
Cchiu allerta non me rejo, 

\o capo s'è sballato. — F. C. Spast. 3, 1. 

(3) Arrivaje subeto a la casa, co ttanta peccerille appriesso, che le facevano lo 

allucco, lo illajo dereto— G. B\s. 20, 49. 

t nee voze doje ore p' acquetare 

La illajo, la baja e taota strille— Cort. 3, 102. 
(4; Figlio scommonecato, rumpete la catena, de la spolia, — G. Bas. 20, 31. 
S' ha cacala 

La pèUola. Ddiomede — Stigl. 11, 171. 
Trasette a na càmmara. segreta pe cooservare lt denar* — G.Bas. 21, 195. 
(o) sto ossiômsi abberase 

Nperzona mia— Piccw. 2, 235. 
Pe la quale ncrinazione de stelie se vede che lo crimma. vuoato ve spegne 

a fare guadagne violente Zito, 3, 115. 

Manco na stoccata a lo diafràmma. V avarria fatto sgrignare no tantillo la 

vocca — G Bas. 20, 14. 
Ste échelle k> solamente mo le ddongo 

A chi scioglie sto enimma. che propongo — D' Ant. 23, 148. 
Tu sso probrèmma, asciogliero potraje 

Feccannome lo naso a lo mme ntienne — Anon. 
Mme piace sto sistèma. spagnuolo; e si stessemo a la Spagoa, lo farriamo pro- 

prio — G. M. Spas 3, 25. 
Aggio caputo, decette lo servetore , chillo è lo stemm* de casa vosta — 

L. C. Spas. 2, 14. 
E si se fa no trascurzo ncoppa a no lemma, loro responneno de palo mper- 

teca — Vott. 98. 
(6) Con ordene che se le portasse sempre carne senz' uosso pe evetare sto maie 

chianèta. — G. Bas. 20, 283. 
Non saccio a ddi se fosse stella o Falo, 

Che sta chianèta. mme tenea nnascosa — T. Val. 19, 32. 



— 42 — 

c) Non puô precisarsi di che génère sono i nomi che 
tiniscono in e. Tra essi sonô di génère maschiie quelli 
che terminano in ore, come core, sciore, remmbre (1), 
e tutti quelli in cui la desinenza one è preceduta da 
una consonante, come maccarbne, ^remmène, ponti- 
ne (2). 

d) Sono di genere feminile quelli che finiscono in 
sione o zione, come concrunibne, co/i/asi5ne, compas- 
siône, desperazibne, co/aziène, Jataûbne (3). 

e) E sono di gonere comime^/ie, fonte , e fron- 
te (4). c 

Co no stratagèmmo. se nee facette ammico — Vott. 240. 
Sarrà benuta co sta stratagèmma. de ve^tite da orarao a fare na nvoscata 
a sto core — G. Bas. 20, 318. 

(1) Ca quanno sti bell' uocchie tuoje vedette 

Lo core e 11' arma subbeto te dette — Cort. 2, 63. 
Va che puozz' essere, disse la seconna, lo «ctore de le belle — Sarn. 22, 195. 
Mente jeano saglienno, lo remmàre 

Se ntese dinto addô stca la reggina — Lomb. 5, 135. 

(2) Lo quale , vistose col are la cosa a cchiummo, e lo maccaràne dinto a lo 

ccaso, disse — G. Bas. 20, 33 
De muodo che m' avea sta catarozza 

Brusciata, o lo cerviello e lo prewmfcne^-SGituTT. 1, 73. 
Tu quarche bota puro le staje nzino, 

lo faccio spolazzella a no pontône — Scrutt. 1, 31. 

(3) Ma pe benire a la concrttsiône, 

Faciteme josti/ia, o vivo o muorlo — Mo m. 266 

Ora leva te sta confuslône — Cort. 2, 202 

Non auzare lo ponte de la meserecordia, ne appilare lo connutto de la com- 
passion* — G. Bas 20, 127. 

Vinîo da tanla desperazlàne 
Non voze fa cchiù mutto — Sg:itt. 1, 180. 

£d azzô face*» na' co/aziône, 
Te manna chiste fecatielle e pane — Cort. 2, 113. 

Pe ppagare sto spasso e sto sfizio le dezero ognu.ia la falaziàne soja — G. 
Bas 20, 125. 

(4) Chisto de Priamo fo, potta de zanno !, 

Lo fine amaro — Stkl. '8, 161. 
Tu sarraje lo principio e tu lo fine — Rocco. 24, 325. 
Chi sa se sta lacerta è la certa fine de le raraeserie noste?— G. Bas. 20, 102. 
E ccà stanno quà zecche ca val line 

Pe bederne de nuje propio la fine — Zezza. 1857, 23 
Levannole lo sciore de la gioventù, lo font* de la recchezza, la ponte lia & 

lo nnore — G. Bas. 21, 11. 
De gaudie e de contiente si no fonte —Pag. 17, 175. 
La fonte, addove veve 

Le face sciecco — D. Bas 12, 87. 
Guarda e non bede ca la fonte scorre — Quattom. 34. 
Avevano le zervole scigliate e ngrifate, lo fronte ncrespalo e brognoluso— i. 

Bas. 20, 118. 



t 



— 43 — 

Avvertiamo perô che alcuni scrittori, seguendo la 
plebe, fanno terminare in a il feminile di tali nomi co- 
muni, dicendo Jina, , fonia,, fronts, (1). 

§111. 

Numéro dei nomi 

23. Hanno il plurale identico al singolare: 

a) Tutti i nomi accentati, come ceth,, nfermeik, pctpK 

mammh, cqfh, lacchb, sciglib, oertii, tribu. (2). 

6) E molti nomi piani e sdruccioli che finiscono in 

e, come^ra.'e, bene, cantatrice, côdecè, màbele, man- 

tece, car cere, felecetàte (3). 



Sguardanno chillo front* stralucente 

Tutto me caco de paura sotto — Sgrutt. t, 11. 
Ed Ercole, dapo che avette vinto, 

Puro de foglia se cegnea la front* — Scrutt. 1, 227. 
A bona front* buono pesaturo — Pag. 17, 161. 
(1) No lo ccreo che ccà nee sia quarcuno 

Che ffaccia pe sta fmz, arreto passo —Fas. 13, 52. 
Lo contariello 

Nee aonesce d' lia, quanno s' affocaje 

Dinto na fonta. — M Farao. Bucc. 87. 
Pigliaje lo trerrotola, nee lo ehiavajc nfronta., e accise la mosca— Ceu. 17,105, 
(2; E pe la soja campagna 

Tene ciento cetà. sempre ncoccagna — Stigl. 8, 201. 
E lia steva a belleggià pe sanarese da li guaje de le nfermetk che He ve- 

nevano a Rroma — Quattrom li7. 
Pecchè se li papa, e le mmammk no lie vonno fa na spesa, teneno chi nee 

la fa — G. M. Spas 3, 31. 
Vanno trasenno e ascenno da li café, nfi che trovano uno che ii mmita — 

Vott. 37. 
VoiTia pagge e damoscelle, 

Cuochc, guattare e llacchè — E. G. Spas. 2, 42. 
Pe quanto li sciglià non songo baffe, 

Pe quanto lo papore non è sghiffo — L. C. Spas. 3, 19. 
Crideme ca siarria pe (e mbrogliare 

Chi (utte le berth sa de P aruta — Lomb. 5, 27. 
Chiagnairanno fuite le tribu, e le nnaziune de la terra ntra chella jornafâ — 

Rocchi, 1, 53. 
(3) E ditto a la mammana, che ne desse signo a li frate , nce mese lo çala- 

maro — G. Bas. 21, 80. 
lo, nquanto a mme, vorria dare addo tene, 

Ca tutto lo rrestante aggio a li bena — Morm. 111. 
Gostosissema fuje la museca de ste quatto cantatrice air uso de la monta- 

gna — Sarn. 22, 166. 



— 44 — 

Il plurale degli altri nomi si forma cangiando Y ul- 
tima vocale in e. Cosi: plurali di 6a/a, joarô/a, onna, , 
discipolo, dàttolo , Juorno sono baje , parole , onne , 
discipole, dattàle 9 juorne (1). 

Perô i nomi maschili terminati in a ed i feminili ter- 
minati in o possono non variare al plurale. Cosi: plu- 
rali di tatti, paglièttiL,poètB, 9 antepàpB, 9 poèmmB, 9 sistèm- 
ma sono tate e \tat& 9 pagliètte e paglièttB,, poète e poètb, 
antepàpe ed antepàpn , poèmme e poemm& 9 sistemme 
e sistèmm* (2) ; e plurali di capo , Jico e mano 

Comme che lia nee so paricchie côdece, 

De stodejà nce sta muto che dicere — B. Valen. 6, 163. 
Non sulo sta bella coca deventaje prena, eue tutte li môbele de la casa ntor- 

zaro —G. Bis. 20, 110. 
Sacce schitto ca sti bell' uoechie tuoje so state màntece— Vegl. L' Amante, 8. 
A chisso po lo vedde io pezzire da dinto a le ccàrcere — Vott. 88. 
Va che tutte le Jfelecetàte e le ccoutentizze de lo munno te vengano a cco- 

lare a cchiummo — Sarn. 22, 195. 
(i) Cossi la Ddea, che ssole fa ste baje, 

Da vocca de lo lupo Anea sarvaje — Cap.vs. 15, 151. 
Liso co ppardle graone de sommessione rengraziaje chillo giovane — G. 

Bas. 21, 142. 
£ 11' onne, che rompeaoo a le mmarioe, 

Pareano munte quanto 1' Appennine — Sticl. 8, 11. 
Mangianno co li discîpole suoje, e parlannose de lo mare , isso s' obbrecaje 

de veveresillo tutto — Zito, 3, 225. 
Scese e nfasciaje le cchiaje, e dda na parma 

Fece cadè de dàttole na sarma — Fas. 13,242. 
Se isso parlava, forneva li juorne drinto na prêta — G. Bas. 21, 105. 
(2) Ne ave maje le ppromesse scordate 

Che de fa le piacette a li tite — G. B. Spas. 4, 43. 
Spisso a li scrapicciamiente de li figlie nce corpano li tat& — Rocghi, 3, 452. 
£ cchello ch' è lo ppeo, farrà mpazzire 

PaglièttB, mezeposeme e criate — Nova, 16, 188. 
£ tu vaje cementanno li paglièttB. comm' a mme — D. Ansicca, 41. 
O confuorto 

De tutte li poète vertoluse — Anox. 1, 154. 
Corrono li poète, a becenzone — Anon. 24, 166. 
Lia vide Masanielle nvezzarria, 

£ addommenà Teranoe ed Antepàpe — Pag. 17, 74. 
£ fu contraria 

Tutt' a chille Antepàpe., che so zoteche — B. Valex. 6, 185. 
Anticamente li poète jevano ne li polmme lloro cootanno le ccose justo com - 

m' erano accorze — Zito, 3, 200. 
Ecco spilare 

Quatto po'wwa veo de sicco nzicco — Coat. 2, 183. 
Can ta je de n' Adunauzia prencepale 

Li sut mme e le lligge — Pag. 18, 155. 
Nquanto de sti ëistemme. contrapuoste 

Chi feluosofo mo disse lo vero? — Pag. 17, 210. 



— 45 — 

sono cape e capo, fiche efico , mane e mano (1). 

I plurali poi dei nomi personali io, tu, isso ed essa 
sono nu je, vuje, isse ed esse (2). 

24. In oltre, al plurale: 

a) Escono in ce e ge i nomi che terminano in cia 
e cio, in gia e gio , purchè 1' i non sia tonico. Cosi 
plurali difràneib, cas ci a, càwcio, catenàceio, t /brgia, 
sèggitij ràggio , sfuôrgio sono franee , caste ^ càuee> 
catenàcce, forge, segge, ragge, sfuorge (3). 

6) Escono in che e ghe i nomi che terminano in 
ca e co, in ga e go. Cosi: plurali di e/uoeca, ro/ica, 

(1) Le sciabolate non sulo volano comm' a le pprete , ir»a le ccape vanno pe 

l'aria — Rocchi, 1, 29. 
Auzajc no cuorpo accossi' spotestato , che le tagltaje ntrunco tutte setfe le 

ccapo — G Bas. 20, 91. 
De le ffiche trojane già rossa 

Fa lo sango la bella cetà — Quâttrom. 184. 
Pe arremmediare a lo pericolo tujo, piglia ste ssette fusa co ste ssette /îco — 

G. Bas. 21, 159. 
Si ve stissevo a lo grado vuosto, io v'avarria respettato e basate le tnma- 

ne — Sxrio, Vernac. 44. 
Comme V appe dinlo a le mmano , disse: coccale mazza , e chella s' acco- 

sciaje — G. Bas. 20, 34. 

(2) Qaanno corrive tu, nnje autre aucielle 

Nne restavamo arreto — Mon m. 37. 
Che avimmo fatto ma je nnje poverelle, 

Che Giove nce ha manoato chesta croce? — Morm. 20. 
Vuje, signure mieje, che ssite 

Pe nnatura assaje cortese — G. Gen 1847, 74. 
Vuje stesse v'avite fatto la causa, vuje stesse v'avite fermato lo décréta — 

G. Bas. 20, 45. 
Quanto cchiù isse s'amavano, tanto cchiù se vedevano rutte li désigne lloro — 

Sarn. 22, 234, 
Lo mmale me l'hanno fatto le ssore, ed esse ne devono cacare la peneten- 

zia — G. Bas. 20, 175. 

(3) T'addonarraje, si scuopre la seggetta 

Co /ronce e co ragame, 

Si lo negozio è de preffummo o fete — G. Bas. 20, 134. 
Segge, cosce, bauglie, e bona parte 

Sonco rrobbe mpegnate, tutto ardette — Oliva, can. 3, ott. 46. 
Sconzolato era lo Munno 

Sotto a li cauce, e ntra le ggranfe stritto 

De chella brutta bestia — Pais. 1, 19. 
La fece nchiudere dinto a na cammara scura scura co ssette catenacce — 

Sarn. 22, 227. 
Aveva lo naso ammaccato co ddoje forge, che pparevano doje chiavcche — 

G. Bas. 20, 2u. 
E ffatlese de ragge no fardiello 

Se ne sfrattava mmiezo a lo Ponente — Sgrutt. 1, 55. 
Se reduce da li sfuorge de se la a le mmappjne — G. Bis. 20, 77. 



— 46 — 

sorsleo 9 appicceeo, losènga,, falànga,, /ago, priego sono 
<?/wocche, ronehe, soroche, appiccethe, losènghe, fa~ 
lànghe, /aghe, /Weghe (1). 

Perô, tra i nomi terminati in co, si eccettuano i bi- 
sillabi puoreo e grieeo, che al plurale fanno puorce e 
grieve (2); ed i polisillabi, il plurale dei quah potrebbe 
confonaersi col plurale degli omonimi feminili che ter- 
minano in ca. Cosi ammieo, nemmieo, mùseeo , pràt- 
teeo fanno al plurale ammite, nemmiee, màsece, prài- 
teee (3). 

25. Oltre air ultima vocale , cangiano , diventando 
plurali, la vocale tonica e in ie : 

a) I nomi maschili che finiscono in ente , e tutti i 
nomi, nei quali la desinenza ento è preceduta da una 
consonante. Cosi: plurali di dente, serpente, scennènte, 
commente* sono cliente , serpiente , scenniente , corn- 
mie nte (4). 

(1) Ma pe cchiù no ve rorapere le chiocche, 

Non dirraggio li chiante e strille atnare — Cort. 2, 27. 
Ronche, accette, forcate addô V accuoste 

Vide mmano a bracciale e a ppagliarule — Oliv. can. 3, ott. 76. 
Dove le foro subbeto date sorzlche e ttorte, pe ffarela cchiù gagliarda fe- 

gliare — G. Bas. 21, 117. 
N' ha no juorno che so arrivato, e nee so soccedute tanta fracasse, gelosie , 

appïcceche , che se nne potarria caccià proprio na commeddia — Vegl. 

L'Amante, 82. 
negrenato chi è connannato a sto nflerno de la Corte, dove le llosengh.e 

se venneno a quatretto — G. Bas. 20, 3*24. 
Essennole state li travierze de la mmidia falànghe da varare la varca de la 

vita soja — G. Bas. 20, 330, 
Po de li laghe non te dico niente, 

ChHlo de Como a mme cchiù gruosso pare — Rocco, 25, 93. 
Venciuta da li priegh.e> le deze la testa, pregannolo a tteaerela cara — G. 

Bas. £0, 37. 

(2) Nc3 aggio lassata appesa la caudara 

Pe ffà lo veverone pe li puorce — Pag. 18, 66. 
Cnist'erano li Griece, che benettero 
Pe se magnà li ciucce sbentorate — Lomb. 5, 201. 

(3) A T abbesuogno se canosceno 1' ammice — Sarn. 22, 221. 

Pigiiaao quatto mùseoe a ffontana Medina , e allummano quatto cannelé - 

Vott. 130. 
£ li nenimice suoje restaono confuse e crêpa te, jero a ccorcarese senza c* i- 

nela — G. Bas. 20, 330. 
Lo dottore e li pràttece erano asciute fora a la porta co Giulietta , Mari) - 

cia e Nnannina — G. M. Spas. 3, 40. 

(4) lo puro, che ammolato avea li diente, 

Appriesso a Ffebo me pigliaje la strata —Cort. 2, 215. 



— 47 — 

6) Parecchi nomi che terminano in etto, come cor- 
petto, lazzetto, merlhttOj mazzktto , perhtto , i plurali 
dei quali sono corpiette, lazzihtte, merlihtte, maznhtte, 
periHie (1). 

c) I nomi maschili piani mbrello, pede, terno, ven- 
tre, verme e qualche altro, che al plurale fanno mbrielle, 
piede, tier ne, vientre, vierme (2). 

of) Ed i nomi maschili sdruccioli chfaro, dèntece,fè- 
lece, lènnene y pèttene , prèvete , prèmmio , vesentèrio 
e qualche altro, i quali al plurale fanno cihfare, dihn- 
tece, fièlece, liènnene, pihttene , prihvete, , prièmmie , 
vesentïhrie (3). 

E scorreano pe mmare duje serpiènte — Stigl. 8, 121. 
ÀDCora s' arrecorda li scennlènte e li socozzune che avette G. M. Spas. 4, 2. 
Li eommlènte de muonace lo ssanno 
Addô vanno ogne ghiuorno a. (fare piece — Nova, 16, 173. 

(1) Ccà ne' erano gonnelle, rrobbe, canimesole, corpiètte ed abbete apierte al- 

r osanza — Sarn. 22, 177. 
Danno tre quarte pe no ruotolo, e ffanao a le mmogliere lazzlètte e pper- 

ue — Cerl. 9, 352. 
Mazziètle 

De sciurille, ova chiene de isso, 
Fave e ccicere so li coofiette — Zez. Accademia, 8. 
Credo a le beste e credo a li cappielle, 

A li scialle, merliètte e a li bracciale — £. A. Spas. 1, 21. 
Li varrile e li periètte 

Stanno a ggalla romiezo ccà — Zez. Accademia, 56. 

(2) Chi mme dà mbrielle, pezze e scarpuae, 

Cappielle viecchie, mappine, fune? — C. G Spas. 1, 14. 
Lenta' chella graa machena sfilava, 

Si be co cciento piede cammenava — Stigl. 11, 53. 
Uh! si mme vene spisso a ttrovà, 

Sa quanta tierne voglio piglià — C. P. Spas. 2, 11. 
Chiste vientre scavodate 

Songo proprio aggraziate — L. Ç. Spas. 2, 30. 
Ha già fatto li vienne ogne basciello — Capas. 15, 48. 

(3) Tengo clèfare e palaje, 

Tengo diéntece e mennelle, 

Che te fanno addecrejà — Cbrl. 20, 248. 
Li guadagne, 

Levatene li fièlece e le sporte, 

Se reduceno a brenna — G. Bas. 21., 265. 
E baje ascianno 

Ova de lupo e plètlene da quinnece — Pag. 18, 241. 
Tutto peducchie, liénnene e ffetente — Perr. 16, 134. 
E sparagna li prièvete e 1' assecoja — Capas. 13, 63. 
Che facciano vedè li belli prièmmie • — R. Valen. 6, 143. 
Antaono co no parmo de canna aperta teneva mente a li ricche vesetUièrie 

de T aseniello — G. Bas. 20, 27. 



— 48 — 

26. Cangiano , diventando plurali , oltre air ultima 
vocale, se n' è il caso, la vocale tonica e in i : 

a) I nomi maschili che terminano in ese, corne car- 
rhse, cartagenèse , garrhse, marchhse, mese , i quali 
fanno carrise, cartagenise, garrise, marchise, mise (1). 

6) I nomi maschili piani pesce , piaeère e parère , 
che fanno pisce } piacire e parire (2). 

c) E i nomi maschili sdruccioli arcevhscovo , arè- 

fece, artèfece, cècere, hrmece , èstrece , jfècato , lèm- 

mete, prhncepe, yèscovo e qualche altro, i quali fanno 

arceviscove, arïfece } cicere , irmece , istreee , Jxeate , 

limmete, princepe, viscove (3). 

27. Oltre alla vocale finale , cangiano , diventando 
plurali, la vocale tonica o in uO : 

(i) Vi che mbruoglio de carrise — Fedkr. Li Birbe, 122. 
Già ffatto aveano li Cartagenise 

Mmiero d' Anea li core tennerielle — Stigl. 8, 37. 
Miettele a sta coppella, 

Ga vedarraje quante garrise e cquante 

Stanno sotto la sella de velluto — G. Bas. 20. 134. 
Bello, che ppare proprio fatto apposta 

Pe Mmarchise, pe Principe e pe Ccuonte — Lomb. 5, 12. 
Già so tre tnmiee, che pe sse mmontagne 

Gampo comme na fera a 1* annascuso — Stigl. 8, 263. 

(2) Ne' era Nettuno co la cincorenza, 

Chino de pièce e dd' aleehe de maro — Lomb. 3, 137. 
O guste mieje jute nfummo, piacire mieje jute a 1* acito — G. Bas. 20, 43. 
Nneffetto 

Parire assaje contrarie lia nce foro — Oliva, can. 11, ott. 35. 

(3) Se mme potesse spazià pe flareve ammirà lo palazzo riale de Gaserta , o 

chille che fujeno de 1' Arceviscove a Mmagônza! — Rocchi, 1, 133. 
VArifece so apparze 

Go T tit ta, ch' era apprimmo giojelliere — Oliva, can. 4, oit. 18. 
Li meglio artlfece, che oca nce so, 

Sguigliano, sudaho — G. Gin. 1837, 21. 
Pe ccannicchio perrô passano chillo 

Che ba vennenno calejate cicere — Gapas. 15, 66. 
Aveva le ccantonere de porfeto , le mmura d* alavastro e 1' irmece d' ar- 

giento — G. Bas. 21, 30. 
Lesto de coda jocano, 

Che pareno tant' istrece — B. Valen. 6, 79. 
Ga so cassise 

£ tteneno li ficate mollise — Quattrom. 372. 
L' è ssautato lo grillo de volé asci da li limmete suoje — Feder., Li Birbe, 98. 
Mperrô, Princepe mieje, v* arraccommanno 

Che mme tomate chella scura figlia — Capas. 15, 8. 
Curre tu, e ba trova 

Li viscove Gogliermo ed Ademaro — F as. 14, 6. 



J 



— 49 — 

a) Il nome maschile piano voje , che fa vuo y \ à (1). 

6) E i nomi maschili sdruccioli carbfano , Jilarmb- 
nacOj mbriaco, hrawio, pantbfano, stbmmaco equalche 
altro, i quali fanno carubfanejjîlarmu^necej mubnace, 
ubrgane, pantubfa><e e stubmmache (2). 

Ommo poi al plurale fa ubmmene (3). 

28. Diventando plurali , cangiano , oltre air ultima 
vocale, se occorre, la vocale tonica o in u: 

a) I nomi maschili monte, pbtece, sposo e sbrece, che 
fanno munte, pùlece spuse e shrece (4). 

6) i nomi femhiili croco e noce, i quali fanno cruee 
e nucv (5). 

c) E tutti i nomi che terminano in ore ed in one , 
di qualunque génère siano. Cosi : plurali di arrbre , 
dolbre, seroecbre, calascibne, barcbne, accasibne, as- 
zibie, raggib e sono arrhre, dolhre, serceibre, cala- 
sciune, barchne, accasiune, azzihne, raggihne (6). 



(1) E lo marvaso da l'alloggiamiento 

Quatto vxLOje nne seppe scervecchiare — Sticl. 10, 133. 

(2) Non vi (e Nninfe comme t' appr sentano 

Caneste chiene de eiglie e caruofane — Rocco, 24, 244. 
Si volite vedè le ccare scene 

Che ffanno, o filarmufmws valiente — Piccm. 2, 39. 
Uno de li quatto muànace le tagliaje la capo e la noce de lo ouolfo — 

Vott. 19. 
Commo se portarria 1' acqua ncoppa a Pastreche co le ttrumme t Commo se 

sonarriano V norgane ? — G. Bas. 3, X. 
Schitto a scarpe e pantuôfane 

V arredduce a ccercare la lemmosena — B. Valen. 6, 88. 
Sa quanta nce ne so de chisti stuommacheJ — B. Valen. 6, 97. 
(3ï Ne' era la casa de Tuorco tapezzata e apparata ntuorno d'ossa d'uômmme — 

G. B/is. 20, 70. 

(4) Ncoppa li munte mo le pare ire, 

E mmo le pare i nninno a V arène — Perr. 16, 78. 
Non te rattà la capo, non te polezzà le rrecchie, n'accidere pulece — Vott. 24 
Se raesero li spu.se a ddicere tutte duje : O comme nce 1 aggio ficcata — 

Vott. 51. 
No ne' era tanno guerra 

Fra cane e ggatte, sùrece e moscille — Sgrut. 1, 185. 

(5) Le flemmene le ccruce se facevano 

A bedè corre sulo no pajese — G. Gen. 18i3, 17. 
Accossi le înannaje mille coselle, 
E na mesura de nuce e nnocelle — Cort. 2, 24. 

(6) Ma quanno puro chiste fossero arrure, lo Poeta nuostro se contenta d' avè 

accossi brave compagne nne V arrure — Zrro, 3, 215. 

4 



— 50 — 

Se ne eccettuano core, crcpatàre, scialacbre e sore, 
che sono invariabili (1). 

Avvertiamo perô che alcuni scrittori, specialmente 
tra i modérai, hanno adopcrato corne invariabili i no- 
mi che terminano in ore ed iu one, scrivendo al plurale 
arrbre, barchne, accasejhne, passibne (2), in vece di 
arrhre, barchne, accasejù e, passe/une; la quai cosa non 
crediamo conforme air indole del dialetto napoletano. 

§ IV. 
Nomi irregolari 

29. I nomi irregolari o sono difettivi, ohairio i due 
numeri di génère diverso , o hanno un singolare e 
due plurali. 

Sono difettivi: 

a) Perché mancano di plurale, i nomi proprii , e i 
nomi comuni abbiènto, argiàmma, caccàsa, fine, /ani- 
mé, sete, uôsemo e qualche altro. 



Li doltitr* de li pariente muorte songo comm' a le tozzate de guvelo, che do* 

leno assaje, ma durano poco — Sarn. 22, 198. 
Na mano de servetùre vennero leste co calascitin*, tammorrielle e zuchezu- 

che — G Bas. 21, 5. 
Fente erano le llogse e li barcnne — Lomb. 5, 117. 
Arme affatate pe st' accasej-tine — Fas. 14, 5. 
Non sanno ca pc essere galanluommene u' avasla la u a set' ta , ma née vonno 

V azzejiine — Vott. 118. 
- Ma vedenuo che le bbone raggitme da n* arecchia le trasevauo, e da l'autra 

scevano, le scappaje la mano — G. Bas. 21, 175. 
(1) A li capille suoje née aveva chiuoppeto 1' oro , de lo quale faceva Ammore 

le ssaiette pe spertosare li core — G. Bas. 21, 201. 
Non volere 

Fare no conzomato de ssa vita 

Co ttanta cr&pacàre — Cort. 4, 38. 
Guste, spasse, triunfe e scialacùre 

Le ttronca Morte, e sperde tiempo — D' Ant. 23, 116. 
La mamma e le ssôre la vozero accompagna re — G. Bas. 20, 235. 
(%) Nce vorria quacch' auta lente 

Pe bedè tutte V arrôre — E. A. Spas. 5, 11. 
N' avive cchiù addô scrivere 

Pe bie, porte e barcbne — B. F. Spas, 4, 46. 
Nciento accasiàne lo core non s' è muoppeto — G. M. Spas. 2, 44. 
Aspè, e non buô senti le rraggiàne meje ? — Cerl. 9, 14. 



— 51 — 

' 6) Perché mancano di singolare, baffe, calènne, jute, 
prièmmete, rine, tare, gattefelippe, gnôtole, jorde, lic- 
chesalèmme, peràglie, e gli antichi nomi pùrchie, titra- 
gne y scapizze e qualche altro. 

30. Hanno il singolare maschile ed il plurale fémi- 
nité: 

à) Formato dal sempliee cangiamento dell' ultima 
vocale o in a ed in e, cantàro, centenàro, cetràngolo, 
grado , granàto , megliàro , molino , paro , panàro 
rano e qualche altro , che fan no cantàro , centenary, 
cetràngolo, grade, granàto, megliàro, molino, parti , 
panàro, rano (1). 

b) O formato, oltre a taie cangiamento , dal muta- 
mento del dittongo tonicoiein e, nièspolo e pièrzeco, 
che fanno nèspolo e phrseco (2). 
| c) O formato, oltre al cangiamento delP ultima vo- 
cale o in a ed e, dal mutamento délia vocale tonica 
i in e, citro, dito, mi/o, piro, tetilleco, che fanno cè- 
lera, deto, melo, />era, tethlleco (3). 



1) O negrenato chi è counannato a sto nfierno de la Corle , dove li nganne e li 
trademicnte se pesano a ccantàra, — G Bas. 20, 324. 
Tenea tre cceni/snâra. de sordatc 

Tutte aunite de core ad ogne mmesca — Stigi.. 11, 29. 
i La votlatella mmusso fa la gumma: 

i Cbe ccetràngola. duce, e llimme e agrumma — Pag. 17, 21. 

I La poverella, meza storduta, vrocioliaje pe le ggradi. abbascio— Sarn. 22, 179. 
i Doce so nfra li frufte le ggranàta. — Cestari. 18, 161. 
i Nce ha ffatto li calle 

A la guerra, e nn' ha accise le mmegliàra, — Capas. 15, 145. 
Vagano a la mmalora s(i moccuse 

A botar'ossa a le mmolina. a bienlo — Capas. Sonet. 127. 
Dapo d' avère strut to tre ppara, de scarpe, arrivaje a no monte— Sarn 22, 244. 
Accossi s' abbiaje la poverella 

Co le ppanàra. mmano jappa jappa — Pag. 18, 66. 
Lo ppane se magnava a cquatto ran*. — Moim. 16. 
[2) Ca lo tiempo le nwespo/a ammatura — Stigl. 8, 25. 

Te menano le ppïrzeca, a sciaccà — Zez. Rime di Poil., 71. 
,3) Ed essenno spontate tre bellisseme cetre , cresciute che fforo , le ffece co- 
gliere — G. Bas. 21, 207. 
E vuje porzi, comm' isso, ve trovale 

Cinco deto. pe mmano — Stigl. 11, 55. 
Aggio avuto io doje mêla, disse Cianno, 

Pruna, percoca e ppera. pregamutto — Pag. 18, 74. 
Azzô non se sentesse lo sciauro de la vocca soja, e F afeto de le lie te liée he — 
G. Bas. 20, 123. 



— 52 — 

d) O formato , ol re al mentovato mutamento della 
vocale finale, dal cangiamento del dittougo tonico uo 
in o, grisubmmolOy percubco, rubtolo, suoroo ed uotw, 
che fanno grisbmmol^ />erebea, rbtofa, sorua ed ©oa (1). 

e) formato, oltre al mutamento deH'ultima vocale 
o in a ed in e , dal cangiamento della vocale tonica 
u in o, cothgno, che fa cotogno,, e quaJche altro (2). 

31. Hanno il singolare maschile e due plurali ma- 
schili , uno formato secondo la regola générale , e 
Paltro : 

a) Formato dal cangiamento della vocale tonica e 
in ie, molti nomi che finiscono in etto, come affhttfy \ 
banchètto, Jelètto , lecchètto ec, i quali fanno qffhtte 
ed affïètte, banchètte e banchiètte, Jelîttè efelïhtte, 
leccnètte e lecchihtte (3); sebberie l'Ôliva, alla pag. 39 
della sua Grammatica , affermi che « i nomi che al 
« singolare fanno etto al plurale facciano ette: affbt- 
« tû, qffèttG] sogpïtto, sospètte ; licchhtto, licchètte. » 

Molti nomi ancora che terminano in eo, corne abrè% 



(1) Vi chi 1' ha dato rnanco doje grisàmmofa — Scputt. 1, 196. 
Ed aggio avuto quatto ceraselle, 

Le ppercàcii, le mmele, c le nnocelle — Pag. 18, 74. 
Te lo ddich' io, ca ste rràlola. scarze 

Le ppagarranno le ramogliere e flRglie — Capas. 15, 114. 
£ de sti cane 

Facimmone spognille comm' a sscrva. — Capas. Sonet. 260. 
Metteno a fforza 1' ova a le gall i ne: 

Dint' a 11' ova nee so li polledne — Peur. 16, 137. 

(2) Sse zizze, che mrae teneno ncoccagna, 

So retonnelle comm' a ddoje cotogna. — Sgrutt. 1, 13. 

(3) Le Mrause so chiammate de sta manera da lo ccomponere li costumme e 

1' a/fétte de 1' uommene — G. Bas. 21, 218 
Isso le faceva buon mercato de 1' affiètte suoje — G. Bas. 2i, 111. 
È posta sopra li banchétte e cose lascive — G. Bas 21, 219. 
Sti ricchepolune co ttanta banchlette non Iassano che fare pe lucere e pe 

ngrassare — Rocchi, i, 88. 
. Ca mpagamiento avère se credette 

Quarche stoccata mmiezo U filélte — Cort. 2, 58. 
Lo primmo compremiento ch' essa avette 

Fu na vrecciata dint' a li feliétte — Morm. 140. 
Co cchiste lecchétte , chillo che bo ntrare mpossessione accommenza a spen* 

nere — Zito, 3, 162. 
Pe ssapè la lengua nosta nce vonno lazzare de lo Mercato e non frosce , che 

banno jettanno lecchiétte pe (fa ridere le sbriffie — Sbrio, Vernac. 13. 



— 53 — 

chtqfèùj giudho, Jîlisdèo, che, prendendo al plurale un 
j dopo la vocale tonica , fanno abrèje ed abrièje , 
chiqjbje e e/wa/ïè/e, giudèje e giudVeje, Jiltedhje ejî- 
lisdihje (1). 

" I nomi piani prqfhfa, règno e tempw, che fanno pro- 
fite e prqfibte, règne e rïegne, tèmpie e tièmpie (2). 

I nomi sdruccioh dhbbeto, remmèaio, strèpeto, stre- 
vbrio, thrmene e qualche altro , i quali fanno dèbbete 
e dibbbete, remmèaie e remmièdie, strbpete e stribpefte, 
strevhrie e stfreoièrze, tèrmene e tibrmene (3). 

(4) Ma non farria la predec' a l' Abrèjm — Capas. 15, «20. 

Mannaje a mpegoare tutto l'argiento e 1' oro che aveva a I' Abrièje — G. 

Bas. 20, 346. 
Tutr allegra Locia, c' ha fatta prcsa, 

Se parte, e sti chtafèje se porta nuaate — Fas. 13, 129. 
Ah catarchie che ssite, chiafièje e babbuine — Rocchi, 3, 4i. 
Strillano nfrotta pe se fa raggione 

Coram' a Giudèje denanze a Ccaifasso — G Gen. 1843, 108. 
Che flede se po avè da li Giudleje ? — Pe t ».. 16 139. 
Vuje commannate ciento Filtodeje — Roccm, 2, 228. 
Ve venette ncapo de farece 1a sopraddota co ecicnto coria de Filiêdïeje — 

Rocchi. 2, 20. 

(2) Fauze profete, aracole, mposlure, 

Mo ve potite tuttc jettà a mroare — G. P. Spas. 2, 8. 

Pocca se a nuje fosse permesso d'avè le besiune de li Proflele, sarria scoin- 
puto lo chiajeto — Roccm, 2, 165. 

£ pe li règne suoje st' ommo piatuso 
Ciento tempie avea fatte — Stigl 9, 29. 

Portate la scajenza a li pudpole, a li state, a le ccctate, a li riegne — Roc- 
chi, 2, 128. 

E si spiafe Marco Tullio, ve diciarria ca Cajo Verre spogliaje li Tiempie — 
Rocchi, 2, 112. 

(3) Debbete ncopp' a ddbbele se fanno — Morm. 22. 
Roma co li Nerune tene dlebele 

Nzi a T uocchic — Quattrom. 385. 
Secotanno lo Poeta l'ordene de li remmsdie, dice — Zito, 3, 91. 
Non canoscenno 

L' erve nchiaste, e li remmiedie 

Pe poterece sanà — P.usz. 2, îfi. 
£ nfra li êtrepete 

De spite e trepete 

î^uono maje cchiù bello fu — Sgruit. 1, 236 
Guè, guè, che sso ssi siriepetej L C Spas. 1, 2. 
Contano PArtesciane li s (reverie 

Che fa la sciorte negra — Nova, 16, 173 
Ma chi po dire li slrevierie granne 

Che ffanno cd hanno fatto li latrune? — Cort. 2, 34. 
E nce starranno pe nQ che non tornano 

A cchiammarse le ccose co li termene 

the s* ausavano priramo — Mo:.m. 187. 
.Nue V addemmannare, siervetc de chi te tiermens — Voir. 45. 



— 54 — 

6) Ovvero formate* V altro plurale dal cangiamento 
délia vocale tonica e in i , aôè'e , rre e trhpete , che 
fanno abhte e ablte, rre e rri, t répète e tripe te (1). 

e) T altro plurale formato dal cangiamento della 
vocale tonica o in uo, i nomi che terminano in onio, 
come demmbnto, matremmbnio, testemmb no, che fanno 
demmbnie e demmubnie, matremmbnie e matremmub- 
nie, testemmbnie e testemmubnie (2); i nomi piani a- 
rbje, conte, moro } mostro, moto, nomme, pelbto, ponte, 
remorzo, saciardbte e qualche altro, che fanno aroje 
edarubje, conte e cuoite 7 more e muore, mostre e 
muostre, mote e muote, nomme e nuomme, pelbte e 
pelubte f ponte e puonte, remorze e ranuorse, saciar- 
dbte e saciardubte (3) ; e i nomi sdruccioli astrb- 



(1) Co lo taglio 

De le ppigne e cipriesse spezialmente 
E de V aftete, buone pe fla title — Rocco, 25, li7 
£ nee so abite e autane 

Ghe dderrisse, che ognuno ncielo tocca — Fas. 14, 54. 
E da chisto rre tutte H rre de Napole se songo dato lo titolo de rre de Gie- 

rusalemme — L. C. Spas. 1, 14 
Tenene pe ppezze de piede tanta Prineepe e Rri — G. Bas. 21, 117. 
E nfra li strepete 

De spite e trepete 

Suono maje cchiù bello fu — Sgrltt. 1, 236. 
Va a fifa trlpele e spite, e 1 lassa a mmene, 

Ch' è arte mia, de manejà la sferra — Lomb 5, 182. 

(2) E mmiezo a cchiste duje parea Perrone 

Comme ntra duje demmonie Prutone — Oliva, can. 3, oil. 55. 
Comme, de Carnevale, peccerillo 

Fuje li demmxLcnie — Fas. 14, 58. 
Si so maje viste matremmonie a fforza ? — Pag. 18, 97. 
Pe contrattà matremmuGnie nee vole la crejanza -- Vott. 50. 
Juro pe li tre teslemmonie, che fanno essere mpiso n'omino— G Bas. 2 1 , 62. 
De sto fatto so buone testemmuonie — Quvtirom. 307. 

(3) Li brave aroje de la toa razza stessa 

Lloco pe trecient' anne regnarranno — Stigl. 8, 33. 
Sante mmiez' a Puommene, aruo/e ntra li trionfaute — Rocchi, 1,'UO. 
A scagno d' avè la speranza d' esse Conte Palatine, voliano esse gran Mni- 

scalche — Rocchi, 2, 63. 
Li quale , sedute comm' a belle Cuanie , commenzaro a ccancarejare — G. 

Bas 20, 52. 
Fece de Turche e Mtncre na fretlata — T. Val. 19, 311. 
Songo Angrise, 

Turche, varvare, Maore ed Arbanise — T. Val. 19, 282. 
Aceossi sti duje moslre a buolo sfiso 

Se lanzaro de botlo a lo Meivato — Oliva, can, 1, oil. 87. 



— 55 — 

logo , Ibtano , mambsio , negbzio , territbrio , 
vbmmaro e qualche altro, i quali fanno astrbloghe ed 
astrubloghe , Ibtane e /ubta/ie , mambzw e mo/nnb- 
-s^e, ttegbste e negubsiv, terretbrie e terretubrie, vbm- 
mare e cubm/nare (1), sebbene cuonte , muore , muo- 
stre, nuomme, neguosie, territuorie e vuommare siano 
disusati. 



Ne' è lo Nfierno pe 11' ajero, e niiogne lluoco 

Songo muostre, demmuonie, fummo e flfuoco — Fas. 14, 166. 
Ma fallace asce poie V Astrologia • 

A mmote, ingresse, effemeride e mmolc — D' Axt. 23, 6. 
Ora tanta battaglia, muote e strille 

Co cche te crido che songo aoquietate? — Rocco, 25, 2*23. 
Isso perzi cerca quanto cchiù po de coprire li nomme lloro — Zito, 3,201. 
Arrasso sia, e che numnme da fare sorrejere la gente — Zito, 3, 217. 
E pe guidarle buono pe lo mare 

Hanno pilote a cci^nto e mmarenare — Oliva, can II, ott. 12. 
Già so peluote c de lo mare pralteche — B. Valen 6, 191. 
£ l'Arasso sdegnuso, che sfracassa 

Li ponte, mo pe pponte ha na vardella — Stigl. 10, 203. 
£ le pporte e H /monte pe ppaura 

Vede e rrevede, e ttorna a rrevedere — Stigl. 10, 227. 
Quanta vote non t'aggio mmitato co predeche, co chiammate, co remorze — 

Rogchi, I, à 5, 
Vanno leggenno e smautenno cicrte penzate coriose pe campa senza re- 

mnorze — Rcccm, 2, 14. 
Nfra tanta Saciardote che nee songo 

Na monaca de casa trase — G G. Spas. 3, 28. 
Pe fia spassaie le rainonacelle, li Saciarduote, e 1' uommeoe de coscienzia — 

VOTT. 8. 

(I) Aslrologhe nee so ppuro scorpite — Peir. 16, 85 

Che derranno mo li feluosofe e V Astruoloyhe — Cort. 4, 20 1 . 
Co bel la manera e senza lotane non te fa fa messere — Vott. 29. 
Ntra li contraste e luotane 

Ave da fa sciordezza — L. C Spas. 1, 2. 
Quanno maje chillc mamozie de lo secolo passato hanno sentuto tanta belli 

tiermene — E. A. Spas. 5, 21. 
Vi che mmammuozie ! Non sapevano ca chillo palazzo era a la spuntatora — 

L. C. Spas. 4 45. 
Chisto che ghieva pe ccierte negozie suoje, ncappaje a la rezza— Sarn. 22, 246. 
£d isso sulo 

Tutte teneva li negnozie mmano — A. M. Spas. 4, 23. 
Pe cconziglio de la gatta compraje na inaxio de territorie e de terre — G. 

Bas. 20, 188. 
Fanno le rrazze e le bennimmo, e ne* accattammo massa rie e territnoriQ — 

Voit. 201. 
Fece le zappe e bommare tirare 

A spate e giacche — Fas 13, 51 
Se vedono a mmontune 

E baommare e rronciglie o ccincorenzc — Piccin. 2, 101. 



— 56 — 

d) formato V altro plurale dal mutamento dell' o 
tonico in u, jbdece e Sole, che fanno jbdece e jiidece, 
Sole e Sule (1), sebbene Sule sia andato in disuso. 

Qui osserviamo che anche Dio ha due plurali Deje 
e Dieje (2). 

32. Hanno in oltre il singolare feminile e due plu- 
rali feminili, uno formato secondo la regola générale, 
e V altro: 

a) Formato dal cangiamento délia vocale tonica e 
in ie, patenta,, semmhnth e sepe, che fanno patente e 
patiente , semmènte e sq/nmiente , sepe e siepQ (3) 
quantunque patiente e semmiente oggi più non si ado- 
perino. 

6) O formato P altro plurale dal mutamento délia vo- 
cale tonica e in i, i nomi terminati in ezza, corne a/- 
legrèsss,, dochzza,, /re£?a , vezz& ecc. che fanno allé- 
gresse ed allegr\zze, dochzze e doclize, frezze ejriz- 
ze y re%~e e rxzze (4) ; nonchè cènnere , legge , neve ) 
rete e seroa, che fanno chnnere e cïnnere, legge e lïg- 

(1) Ghi arriva a ghi ncarrozza 

Li jodece a nformà — Zez. 1837, 34. 
Aciesto ne grilleja, e cchisto assegna 

Li jndece e li cuonzole de 1' arte — Stigl. 9, 185. 
S« ve dico ca simrao tanta sole, dico poco — Rocchi, 1, 143. 
Arme, oro. e fflerro, e beste, e mprese, e ggale 

Songo a lo Sole Sale nator le — Fas. 14, 225. 

(2) Li Deje Penate co la gran Dea Vesta 

Porto co mmico — Stigl. 8, 47. 
Priesto a onorà li Dleje 

Trovammo na via bona — D Bas. 12, 28. 
i{3) E och' appe le ppalente, e ddc saluto 

Le échelle, se partctte lo *io Arrico — Fas 13, 53. 
È peccato darele patiente. 

Ch' è no catarchio — G. Bas 21, 125. 
Le semmènte aggio visto medecate 

Co nnitro e minorca — Rocco, 25 3 1 . 
De chiir antiche e ffamuse mercante 

Se so perdute affatto le ssemmiente — T. Val. 19. 349. 
E te fit gliire po corum' a ppaposcia 

Strellanno pe le ssepe rente rente — Sgrutt 1. 72. 
A le ssiepe se trovano le rrose — T* Val. 19, 10?. 
^4) Lo sonatore, ch'era n' ommo ofano, 

St' allegrezze credette p' isso fatte — Morm. 298. 
Scetano l'appetito 

E agghiognen' allegrizze a lo commito — Piccin. 2, 108. 
Se sosette lo recapcto e sbignaje , lassanno lo Prencepe chino de docezze — 

G. Bas. 20, 37. 



t 



— 57 — 

e, moe e nioe, rete e r\te, serve e siroe (1); di cui 
' uso dira quale tuttavia si adopra e quale no. 

c) F altro plurale formato dal cangiamento della 
vocale tonica o in u, i nomi che finiscono in ona, co- 
me cansbm, corbria, matrbna, persona,, che fanno can- 
sbne e canzxine, côrbne e corune, matrbne e matrhne, 
peràbne e perzùne (2) ; nonchè coda, , cbtena, , cotr& , 

Tanta doclzze e gioje care care 

Pozzano a buje scioccare — Villano, 24, 133. 
Ammore oo sse ffrezze me frezzeja — Sgkutt. 1, 40. 
Vienence Apollo, ma non d' arche e ffrlzze 

Armato, e mmanco de spontune e mmazze — Viol 24, 86. 
Mo simmo tomate a li paise nuostre pe bederece aparate rezze, e pposte vi- 

scale — G. Bas. 21, 85. 
Pizze chiene, presutte e ffecatielle 

Dint' a le rrizze janche arravogliate — M. Farao, 24. 186. 

(1) £ se non s'hanno potato accocchià Le sciarame, s' aonescano le ccewiere — 

Cort. 4, 169 
Sle ccitmere, Amarella, caccia fore — M. Farao, Buc. 123. 
Era meglio pe lloro de caglià, 

E le Uegge romane de mparà — Quatt om. 414. 
E ffa na mmescapesca 

De ste ddoje Hgge pe streconejare — Fas. 13. 39. 
O bene mio , e ccammenasse caudo caudo pe drinto a ste nneve — G. Bas. 

21, 143 
Nfra nive e aocampamiente spaventuse 

De scianco a o' aotro mo bella te case — M. Farao, Buc. 143. 
Non quanto esce uno de ste rrete de nûerno, se ncantano, e non trovano re- 

quie — Rocchi, 2, 143. 
Quante conta porria de sti fronctlle 

Che a ste rrite ncapparo — P:.c. 17, 49. 
E la Neonella soja fece allât tare 

Da na jommenta ntra le sserve ascure — Stigl. H, 191. 
No ve parlo mo cca de la graanezza 

De st' uorte, de ste ssirve e de ste cchiazze — Lomb. 5, 21. 

(2) Pe n' aterno ste canzone 

S' avarriano a llebbrecà — Pris 2. 15. 
E si songo canzwie, non hanno da essere a despietto — Vott. 155. 
De lo valor o nuosto ste ppetture 

So premmie, so triunfe e so ccorone — Stigl. 8, 57. 
La gonnella era ntessuta 

D* oro e de seta tenta carmosina. 

De sceltre e de corune compartuta — Ouva, can 1, ott. 12. 
Va trova cchiù zetelle a sta eetate, 

Va trova vedolelle o quà matrone — B. Valent. 7, 102. 
Le mmati*une de Troja e li nennille 

Ncatenate nce steano attuorno attuorno — Stigl. 8, 183. 
E stea tanto scoraato, 

Che no mmirava nfacce a le pperzone — Coït. 3, 159. 
E a le bote se trovano perzune, 

Che a lo pparlare pareno gran cosa — Morm 40. 



— 58 — 

força, forma, fronna, grotta, morra,otre t poifajSco- 
/>a, segnbra, torre, tromma, vocca, voce, corpa, torza, e 
qualche altro, che fanno code e ende, cbtene, e cutene 
cotre e entre, forche e furche r forme e furme,fronne e 
frunne, gro'te e grutte, morre e murre, o£re e utre, 
ponte e punte, scope e seujoe, segnbre e segnhre, torre 
e ftirre, tromme e trumme^ vocche e vuchhe , poee e 
ouee, yorpe e vùrpe, vorze e our^e (1) ; quantunque 



(1) Chi sa, marito mio, si sta lacerta sarrà a ddoje code pe la casa nostra? — 
G. Bas. 20, 102. 
Dan no ncuollo a li surece de lato, 

Strongano e ggamme e ccu.de — Pag 17, 256 
La figlia, pigliate le ccotene, e abbrusciatone li pile, le mmese a na pigna- 

tclla — G. Bas. 21, 37. 
De cutene te carreca no mulo — Cort. 3, 8. 
Se melteno li trappite e le ccotre tanto a le ffenestre de ii zite , quanta a . 

échelle de li vecine — Zito, 3, 155. 
L' aparamiente so doje entre vecchie — Cerl. 9, 352. 
Va puro allegramente , ca le jforche (e so ssore carnale — G Bas. 21, 25. 
Fanno che bonno, e no nne puoje parlare, 

Ne pe lloro nee so furche o galère — T. Val 19, 98. 
E nvarie forme 

Mille suonne nce stanno, e ognuno dorme — Pkrr. 16, 25. 
Ncopp' a le ffurme de 1' argomentare 

No juorno lo smerdaje a San Severo — Pag. 17, 208. 
Saje ca 1' uommene so comm' a le ffronne, 

Che s* una nn'esce, n' autra s' annasconne — Cvpas. 15, 190. 
Era d' ellera tutlo, e de spa tel le, 

E de frunne de vita ntorniata — Cort. 2, 91. 
Se nne jette a ntanare a ccerte grotte — G Bas. 21, 51. 
Cacciaje la capo fora de le ggrutte — Morm. 19. 
Ecco ca ciento morre so benute 

De mascare, de farze e de torneje — Cort. 2, 90 
Viecchie, giuvane, gruosse e peccerille 

Jevano lutte annate a mmnrre a mmurre — Oliva, can. 4, ott. i. 
Zizze no, song' otre, addove Ammore 

Ogne sospiro mio nce mpizza e nzerra — Sgiutt. 1, 21. 
Ciullo se mese no paro de maneche , che parevano utre d 1 uoglio — Cort, 

4, 339. 
E la gonnella annodecava 

Co le pponte de vascio a la Centura — Stigl. 8, 39. 
E mponfa ne' era na saglioccolella 

futta chiena de punte de centrella — Lomb 5, 121. 
O vecine, currite 

Co stantare, co scope — G. Bas. 21, 237. 
Accossi ffanno apprimma scape nove — Pag 18, 226. 
Com meta je tulte le ssegnore de la cetate a na bella festa — G. Bas. 21, 104. 
Sa quanta pare mieje hanno refutato le pprimme segnure de lo munno ~ 

Vegl. 1' Amante, 21. 
Lasso pe breveta di tante e ttale 



— 59 — 

oggi i plurali trwnme e vurpe siano quasi disusati. 

33. Hanno il singolare maschile e due plurali femi- 
nili ciglio e< punio. che fanno clglie e chglisi, plinia, e 
pbnia, (1). 

34. Hanno il singolare maschile e due plurali di gé- 
nère diverso , il maschile formato secondo la regola 
générale, e : 

a) II feminile o identico al maschile o terminato in a, 
àceno, carcàgnOy Jilù, labbro , muro, pummo, stentino 
e vr actio, che fanno àcene ed àcena,, carcagne e car- 
cagns,,Jile ejila, labbre e labbra,, mure e mwra, pum- 
me, stent in e e stent inn, vracce e vraccin (2). 

Logge, cupole, Torre, Cuiuostre e Tlruglie — D* Ant. 23, 20. 
Pocca già de pegliare se dcspone 

Cliella malina le Uurre nemmiche — Perr. 16, 32. 
Li predecature songo le Uvomiuq sonore de lo Spireto Santo — Rocchi, 1, 150. 
Comme se porta rria l' acqua ncoppa l'astrecheco le tlrumme ? — G Bas. 3, X. 
E da cinquanta vcccke lo giagantc 

Fuoco jettava coin m ' a Ffarfariello — Stigl 11, 77. 
Comme pe c;iento vucche a V ora stessa 
Da chelle pporte asccva lo pparlare 
De la Sebilla — Stigl 9 207. 
Hanno le boce d' angiolo 

A mmare le Sserene — R. R. Sp.*s. 4. 2. ^ 
E le parze comme se ciento vnce strillassero — Sarn. 22, 179. 
E ttuttc l'autre, che so bcrpe vecchie, 

Te verranno a siscà dint' a le recchie — G. Gen. 18 3, 37. 
Com m are vorpc, avarrisse raggione de sarvarete la pel la, quanno non se tro- 

vassero autre burpe a lo munno — G. Bas. 20, 198. 
Già che m' avite nlutto sodesfatto, 

No mme facile si a le bcrze nette — T. Val. 19, 2,3 
Portame lutte le burze e li denare e moccatore che m' aje arrobbale , en te 

sano — Vott. 146. 
(!) E li pile a le cclgli^ e a le pparpetole 

Erano luonghe e ttuoste com m' a ssetole — i Morm. !5G 
Ghed' è, tu capozzije, nnarche le cceglia. ? 

Chcd' è, ched' aje, le faje tu maraveglia — T. Val. 19, 110. 

Ora chi po conta li stramazzune, 
L' ancarelle, le ppunia e sbottorrune — Perr. 16, 45. 
E li paccare e le pponie. 

Comme mena a botavraccio ! — Zez. Rime di Poil., 47. 
(2) De mozzarella stanno duje pezzulle 

Co mmiezo duje bell' àcene de pepe — P. C. Spas. 5, H. 
E ttu, Bumaslra, che ntorzate e sperte 

L' àcene. haje — Rogco, 21», 87. 
L' armata, la cela, li suojc compagne, 

Senz' isso, già H' aje sotta li carcame — Stigl. 10, 207. 
Che brutta génie ! 

Bru lia da capo pe nfi a le ccarcùqny, — Stigl. 10, 99 
Squarta 1' arravuoglio, 



— 60 — 

b) Il feminile formato dal cangiamento del dittongo 
tonico ie in e , e deir ultima vocale o in a ed in e , 
aniUlo, castihllo, ceroihllo , miembro , nieroo , peda- 
mihnto e qualche altro, i quali fanno anlblle e anMlh, 
eastihlle e castèlla, , cervihlle e cervèlla, , mièmôre e 
membra, nieroe e newa, pedamihnte e pedamhntb (1). 

c) II feminile formato dal mutamento dell 7 i tonico 
in e, e deir finale in a ed in e , cavlcchio, circAto, 
ligno, e qualche altro, che fanno cavlcchie e cavkcchio, 
circhie e chrchin, ligne e legn* (2). 

Rompe li file, e non leva lo mbruoglio — Piccin. i, 108. 
Azzô non resca na tela fatta a Uestuoe de variate fila.e ccolure — Zito, 3, 211. 
Le ufose 

Chillo n' acqua a li labbre percaotata — Oliva caû. 8, ott 30. 
S' appe a niniagnà le Uabbra. lo forfante — Fas. 13, 184. 
Si oje le ggente chiagoeno ssi mure, 

Mme laudarranno po V aità future — Piccin. 1, 116. 
So ppatrune li Griece de le mmura. — Sticl. 8, 131. 
Jettaje nzioo a la Gommare duje mascolune coram' a dduje ppumme d'oro— 

G Bas. 20, 51. 
L' arvolo preziose avea lc ppumme — Pag. 17, 71. 
Duooe a dduone jogneva e strolacava 

De li piecore accise li stenline — Stigl. 9, 13. 
E si puro quà bota uno se sbraccia, 

Sempe lo ffa co le slentina, mbraccia — Morm 121. 
£ co li vracce crede fa V allotta — Pkrr. 16, 143. 
Le brace e parevano fatte co lo tuorno G. M. Spas 3, 13. 
<0 Pe mmiezo de st' anie//e se sarriaoo reconosciute — G. fivs. 21, 28 

La regina dette tre anellx simmele uoo ped'una a le fflglie — G. Bas 21, 28. 
Essenno lizeto ad ognuno de fare li ccuAeUe nnaria, essa se an' aveva fatto 

uno buono — Sarn. 22, 225. 
Nfratanto faccio noaria le ccàêtella. — Quattrom. 113. 
E na museca fanno de martielle, 

Che te ntrona F arecchie e li cervielle — Stigl. 10, 167. 
O mare nuje, che na parolella 

De femmena nee sbota le ccervella. — Oliva, can. 3, oft. 40. 
Mutaje tutte li miem6re bestiale — Stigl. 10, 59 
Le mmembra. pe le cchiazze 

Sparzero, c pe li campe e la foresta — Rocco, 25, 275. 
À la morte non dongo che no cuofauo 

De pellecchie e de nierve — Quattrom. 215. 
N terra, lo veo, le nnerva. addebbolule, 

Ave mosce e gialioteche le cciacce — Piccin. 2, 135. 
Quanno li pedamlente so fiacche, la casa poco o niente: ttuffete abbascio — 

Rocchi. 2, 106. 
Accossi justo justo sso castiello 

S' ha da chiantare da le ppedamenla. — Lohb. 5, 29. 
(2) Si vo de sta relate essere scuto, 

Che non pote accovire a ffa cavlcchie — Capas. 15, 188. 
Tu a ffa perlosa, ed io a fta cavecchie — Vocab. di R. d' Ambia, 112. 



— 61 — 

d) II feminile formato dal cangiamento del dittongo 
tonico uo in o , e deir ultima vocale o in a ed in e , 
eabfano, cuorno, cubrio, gliubmmaro, muq/o, muor- 
ao, scabglio, sprubccolo , irubnolo , uosso , vrubgnolo 
e qualche altro, che fanno cubfane e cbfane , cuùrnm 
e corns, , cubrie e cbna, gliudmmare e glibîmmare y 
mnoje e mo/a, muorze e morja , scutyy/re , scoalie e 
scbgli or & } spmbccole e sjorbeeo/a, tfrub/zo/e e trbnol^ 
nosse e ossa , yru&gwoZe e vrbgnola, (1). 

Che percanto faciste pe chiuderme dinto li cirehie de sta volte ? — G. Bas. 20, 54 
Spisso spisso te fa co na parola 

Da chelle chierchie sorzetà qua muorto — G. Gen. 1837, 68. 
La pigliarrisse co botte de ligne — B. Valbw. 7, 56. 
Senza pigliarete fatica , le Uegna. se trovarranno spaccate e bone — G. Bas. 

50, 2i0. 
(1) Era partuto da Napole co li cuo/ona pe nchirele de tomise — Cort. 4, 215. 
Nod se po credere, nee so ghiettate 

Le ddoppie a ceo fane, compà Franci — G. Gen. 1837, 21. 
Io te levo V assedio da sse mmura 

E a ssi nnemmice tuoje schianto li cuorne — Fas. 14, 170. 
Cchiû ppriesto se vedarranno li puorce co le ccorna, che mme scappa maje 

na parola da vocca — G. Bas. 20, 172. 
Spertosaje la lanza 

Li due cuorie che ssotta avea de toro — Sticl. 10, 197. 
Levanno a li nemmice nzi a le ccorix, 

Hanno faite sordate e mmarenare — Qoattrom. 164 
Uh quanto fuoco vide, 

Quanta matasse e gliuommare — G. Bas. 20, 148. 
Mo tutto chillo tiempo se nn' è scurzo, 

E so le ttrenta giiommare passate — Quattrom. 55. 
Vide 

Fuosse d'acqua che copreno cchiu mnoje — Rocco, 25, 47. 
Tizio pe nnove moja de campa gna 

Se vede stiso co Io gran corpaccio — Stiol. 9, 273. 
E non songo pe tte ssi tnnorze gliutte — Pao. 18, 71. 
Ma comm' aje cannarone fa le mmorza. — Capas. 15, 219. 
A ccierte scaoglie, che sott' acqua stevano, 

Tre galiune restano ucagliate — Stigl. 8, 15. 
Ah te siente addecrejare 

De ste scogliora. a 1' addore — Saddum. Là Marina de Chiaja, 1734, 3, 4. 
Sti bell' uocchie tuoje so state duje spruoccole , che mm' hanno sfeccagliato 

lo core — Vegl. L'Amante 53. 
Vo ponlellà lo Cielo co le sproccole — Pao. 17, 216. 
. Cossi chi no stimmaje cetà de fuoco, 

Ne terramote, trnonnole e sfracasse, 

A n' ammoruso, oimmè, cedie lo luoco — Fas. 14, 65. 
Le ttronnola, accommenzano a da signo 

De chella potentissema borrasca — Pb.ir. 16, 142. 
Te farrà trovare 

Autr' U0886, figlio mio, da rosecare — Stigl. 9, 213. 



— 62 — 

e) Il feminile formato dal cangiamento délia vocale 
tonica u in o , e delF ultima vocale o in a ed in e , 
i nomi che finiscorio in uro, come moccaturo, teratu- 
ro, nonchè cetrulo, chiuppo, deriiicchiQ, fuso } lenzulo, 
niideco, presxitto^puyo, rashlo, strvimmolo, surco, turn- 
miirro, turjso e qualche altro, i quali fanno moccatu- 
re e moccatore, terature e teratora, cetriile e cetrbfa, 
chihppe e chibppe, derdicchie e denbcchin } ,/uso e Jbsn y 
lenjule e lenzbl&, nhdeche e /zbûteea, presùtte e pre- 
sbtta, , pjue e jooia, rashle e rasola. , strùmmole e 
strbmmol&i surche e sorea, tammhrre e tammorm, tur- 
ze e for^a (1). 

Ne raraamiua toja, nù ppatrclo darramio 

Sebetura a cchess' o**a — Stigl ii, 77. 
Sta nûV a 1' uocchic carreco 

De vruognole e de zella — G Gen. 1856,70 
Li quale, tozzannose fronle a ffïonte, se facelteio dojc vrcgnola, — Vott. 22, 
(0 Chine ch' appe accossi tre mmoccatwe 

Tutte de chianto, commannsije che auzato 

Fosse lo rauorto — Stigl. il, 1 9 
Nne fece doje mmoccatord pe te stojà la faceia — Cs \L t 12,263. 
Tenc li terature 

Chine de cincofïanche — A.vox. Vionzc, 31. 
La vajassa 

Le Iterator à. arape, c so nee spass:i — Qlattj m. .0. 
che cocozzi fossero o cetruls, 

Maje la semmenta nne vedea sguigliare — T. Val. 19,152. 
La morte de Fetonte sbarvatiello 

Sotta li chiuppe, eh' erano già btatc 

Sore carnale de sto gioveniello, 

Chianze slo cigno — Stig. 11,51. 
Quanno le cchioppe slevano a Fforcella — ^uvttrom. 154. 
Scompe, se ncrina, e chiega li denacchie — D' Ant. 25,85. 
Co le ddenocchiz nterra stanno nluorno — Cout. 2,91. 
Le Pparche hanno pe buje chine li fuse — Stigl. 10,255. 
No mm' hanno mmizzato a ffare le ccorinole, a mettere a la couoechià, a 

ttorcere le //osa, e ffforni le mmatasse — Rocchi, 2 90. 
Arrobbate le fujeno duje lenzvde — Perr. 16,21. 
E mmesurù nime voze le llenzolx — Capas. 15,100. 
Ntrezza, Araarille, 

Co ttre nnudechd chiste tre ccolure — Roc;o. 24, 335. 
Toccale lo naso a lo peccerillo, ca te fice lx cipp.i l.irgi , c pp o fa ciento 

nodecà, a no tornese — Cort. 4, 227. 
Comm' a li presùtte 

Sta spartuto lo mmagro da lo grasso — C ^pas. 15, 121. 
Porta T agurio nfaccia, c nce saluta 

Nfra presolte, saucicce e minortatelle — G Ge.v. 1847, 6. 
Doppo ch'appe attentate li pixze a uno a uno a li malite , chiamnnje* 
lo sp^talicro — Vott. 107. 



— G3 — 

Notiamo pérô che alcuni scrittori hanno fatto di gé- 
nère feminile i plurali maschili di fuso e puzo, diceu- 
do le ffuse e le puze (1). 

35. Finalmente sono di genere comune nuje e fouje, 
plurali dei nomi personali comuni io e tu (2) , e so- 
no com uni i plurali dei nomi di esseri animati , che 
; £ono comuni al singolare, ed hanno a per vocale to- 
1 nica (3). Ma, se di questi nomi cômuni al singolare 
la vocale tonica è e od o, essi hanno due plurali, uno 
. feminile, che è identico al singolare, l'altro maschile, 
1 formato dal cangiamento délia vocale tonica e in ie, 
o délia vocale tonica o in u. Cosi: di serpe, parente, 

Solo na cosa poteva resorzetare la regina, ed era se l'avessero ontato le 

ffbrgc de lo naso e ppozz. co lo sango de lo stlsso dragone — G. 

Bas. 21, 51. 
Ntra li rasule 
i Tanno sleva sso core — Stigl. 9, II. 

Cola, sempe che ghietta no ferruccio, fa no campo de roao/e amino] ate — 

G. Bas 20,71. 
Ca comm' a ttanta slrvunmole 

Ve voglio fa resta — E A. Spas 3,45. 
De chesto lignammo se fanno ste strcmmole — Vott. 23. 
Chesto perd se fa, se pare pare 

So co li surche — Rocco, 23, 17. 
E de tanta acenella po sguigliate 

Vide tutte le «orca commogliate — On va, can 2, ott. 16 
Lo scortecaro a bista, e de la pelle 

Nee fecero tammurre e sonarielle — Morm. 197. 
Ma tu non ce stonà co sse tammorra. — Quattrom 193. 
E sguigliano da terra comm' a itarze — Quattrom. 172. 
Apollo arreto a cchisto don Nicola, 

Ha ddilto, a lo ssenti sia guapparia, 

Che le correno torze, agl : e e ccetrola — P.us. 2, 128. 
(1) Appennere nce pote lo Zefleroo 

Tutte le ffvLse, che stanno a lo Nfierno — Péri. 16, 55. 
Nce la mette a lo naso, nfacce, nfronte, 

E le roanno, e le ppaze nce nn* ha onte — Oliva, can. 3, otl. 6. 
, (2) Quanno corrive tu nu je autre aucielle 

Nce restavamo arreto — Morm, 37. 
Che avimmo fatto ma je nuje poverelle 

Che Giove nce ha mannata chesta croce? Morm. 20. 
O belP uoechie, vuje sulo, vuje avite spertosato sto core— G. Baa 20, 39. 
Vuje site chelle, che co na crodeletate de Medea facistovo na friltala de sta 

bella catarozza — G. Bas. ï0, 46. 
(3) Àcdaffaje 

Duje cammarsita. nv'eje, e co na botta, 

Tlaffe, a na prêta tutte le schiaffaje — Stigl 8, 259. 
A lo negozio aveano avuto mano 

Le CammaraUa. soje p' autre bie storte — Fas. 13, 215. 



— 64 — 

gibvane, nepbte, i plurali maschili sono sièrpe, parikn- 
te , gihoene e nephte (1) ed i plurali feminili sono 
serpe y parhnte , gVyvane e nepbte (2): sebbene alcuni 
scnttori abbiano fatto feminili di giboane e nepote an- 
che gihvane e nep\Ue (3). 

Dei nomi di esseri inanimati che al singolare sono 

di génère comune, stratagèmma , è anche di génère 

comune al plurale (4); chianèta ha il solo plurale fe- 

minile (5); di fonte efronte i plurali maschili sono 

fuonte e frwite (6), e i plurali feminili sono fonte e 

fronte (7). Perôfuante oggi non si adopera più. 



(1) Dicenno ca dint' a na campagna erastato mozzecatoda H «ierpe — Vott. 146. 
Ste ccose 

Tu saje ca fanno aggravio a li parlente — Sgrutt. i, 181. 
Dove, trovato li medeseme glxxvene, se mese a chiacchiariare co lloro — 

G. Bas. 31, 144. 
Va te piglia li fegliule tuoje e nepnte mieje, ca so cchiù belle che maj« — 

G. Bas. 21, 109. 
(•2) Songo mperô le ssore 

Doje xerpe velenose — Anon. Vierze, 21. 

Tu saje ca chelle ffemmeoe, che t'hanno dato ncuollo stammatina , so ppa- 

rente co la sia Gravia ? — Feder. Li Birbe, 44. 
Aveva na sora zita, la quale sempe jeva coir autre giovane de V età soja a 

ssautariare pe no giardino — G. Bas. 20, 228. 
Mperô de femmene va schitto a caccia, 

E le mmogliere, nepote o 6glie 

Ncojeta — G Mar. Spas 1, 18. 

(3) No le giuvene sulo, o le zetelle 

Le bedarraje sparmate cammenare — Nova, 16, 200. 
Portammo pe le yiuvene 

Pistacchie ed annesielle — G. M. Spas. 4, 48. 
Saccio chi so chisse: 

Le mmamme no, gnorsi... Non ghi sapenno ! 

Le nnepnte gnernô — B. Valkn. 7, 150. 

(4) È V oramo no sordato 

Che co li stratayèmme 
Cerca de guadagnà — Cerl 20, 292. 
Le stratayèmme usa la Gapetanio, 
Azzô che sta cetà se pozz' arrennere — B. Valen. 6, 208. 

(5) A le ssette chianète fece ire. 

Le «pregarie — Cort. 4, 17. 

(6) Lia tuTte Cristo addemostaje li faonte 

De la Biatetutene mmortale — Piccikt. 2, 137. 
Li frwUe comm' a schiecche resbrennevano — B. Valen. 6, 117. 

(7) De sse fonte merabele ha discusso 

Cchiù de no nzigno e dotto letterummeco — D* Ant. 23, 138. 
So troppo toste 
Le fronte voste — Anon. Vierze, 12. 



— 65 — 

§11- 

N omi alter ati 

36. I nomi alterati, nel dialetto napoletano, possono 
essere accrescitivi, diminutivi e peggiorativi. 

I nomi si rendono accrescitivi cangiando V ultima 
loro vocale in one, e, se sono feminili, diventano ma- 
schili. Cosi: accrescitivi di acchiàle, piatto, vavo, ca- 
sein,, sàrcena, trezzn 9 squatrn, sono acchialbne, piat- 
£5ne, caobne, casci one, sarcenhne, trezzbne> 1 squatrb- 
ne (1). 

Osserviamo perô: 

a) Che T accrescitivo di otnmo è ommenone (2). 

6) Che alcuni nomi teminili, diventando accrescitivi, 
prendono la desinenza maschile one e la desinenza fe- 
minile ona. Cosi: accrescitivi di càmmarB, sono lo cam- 
marbne e la cammarbna* (3) ; di casa sono lo cash- 
ne e la cashn& (4) ; di cetàte sono lo cetatbne e la 
cetatbns, (5); dlfabrfece soiio lo forfecione e lafor- 

(1) Dali' auto marc Anea, che coriuso 

Go Vacchialone a ppoppa se nne steva, 
No gran vuosco vedeva — Stigl. 10, 9. 
Lo Priore le disse: A ccli va sto piaUone ? — Vott. 19. 
E nne juro pc 11' arma de vavone — Stigl. 8, il. 
Essa, che te vo vedere tutta pczze c pperoglie , aprerà lo cascione — G. 

Bas. 20, 76. 
Dove free no sarcenone acoossi spotestato, che nce voleva no straolo a stra- 

scinarelo G. Bas. 20, 49. 
Pe cchi te fajc ssi ricce e sso trezzone 
Nzcmbrece, senza gnotolc e nchiastillc ? Quattrom. 462. 
Nce steva no reggemento de sguizzere co no iqttatrone de langiere — L. 
C. Spas. 2, 19. 
(?) Chislo che mme sto piglianno è n' ommenone — Ceil. 18, 169. 

(3) Già accommenzo a hedè no cammarone 

Tinto e affummato — Piccur. 2, 179. 
Dint' a na longa c Maria cammar ona. 
So cchiù ttavolc poste nzemmetria — Pica*. 2, 77. 

(4) £, arrivato a no gran cos one, vedde le ssette femmene — G. Bas. 21, 160. 
Te s'appresenta na gran casona, addô senza pagà pesone, s'aunesceno tanta 

megliara de megliare — Rocchi, 5, 2. 

(5) E de Prutonc 

Va pc ddeiitto a lo gran cetolone — Stigl. 9, 267. 
Lo tierzo o poco manco nne cegnette 

Go ttanta gente, de sta cetalona, — Fas. 15, 80. 

5 



— 6G — 

/mena (1); dimano sono lo mcwbne e la manbm, (2). 
Quali poi siano tali nomi s' apprende dall' uso. 

e) E che yoc/bne, accxesci.ivo di ooee, è di génère co- 
mune (3). 

37. Il plurale dei nomi accreseitivi si forma can- 
giando 1' o tonico in u. Cosi: di montbne, prencepbne, 
pataccb.ne y gra rfin? } squatibae i plnrali sono monthne, 
pre;icep\ine\ patacciine, granfii/ic, squœtrhne (4) , tutti 
di génère mascîr.le. 

Avvertiamo perô che dei nomi accreseitivi , che al 
singolare escono in one ed in ona, il plurale, presso 
i classici scrittori, termina sempre in une, o che sia 
di génère maschile (5), o che sia di génère femini- 
st) Facilcve comme pecorelle , puro quanno slate sotto a lo for/icione de la 
tentazione — Rocchi, 2, 204 

Ub! comme sta lesta chella fvrfeciona. — Cerl. 9, 139. 
■(2) Carnevale conforma V ha afebistute 

Jella no slrillo, e sienne lo manone — Piccin. i, 68, 

Ma ccà la Musa se fa nnante lesta, 

E la manona. soja mmocca me chiava — Picgis. 2, 179. 

(3) Ammenaceiava co cchillo vocione 

Che le bacche arrobbatc 

Voleva ntulle cunte avè tomate — QuiTtrom. 173. 
Sibbè m f ave storduto sso vocione, 

No mm' ha fallo perô senzazione — Morm. 43. 
E ttiene co ssalutc ssa vocione ! 

Lo Cielo sempemaje te la conzerva — Mjrm. 41. 
Da lo ciuccio chiara chiara 

Ascea da quanno ncquanno na vocione — Lomb. 5, 51. 

(4) A lo palazzo mio, nzo d. .u vuote, vidj munlane de doppie — Vecl. L' A- 

mante S2. 
E ttanfa prencepune 

Sfecaliate com m* a ppecorune — Stjgl. 10, 263. 
£ puostose mano a na vorza, le nchielle le branche de palaccnne — G. 

Bas. 20, 527. 
E lo ire buosto, tulle a 11' arme aunite, 

Da li granfane suoje lo sarvarriic — Stigl. il, 265. 
Nce stevàno duje reggemienle de sguizzerc co duje squadrune de langiere — 

L. C Spas 2, 19. 

(5) E a rrilta c a mmanca avea duje monlagmine, 

Che ppareno servi pe llantcrnune — Fas. 14, 106. 
A chi a magnà lu daje ssl tante e tante 

Vongolane, che smamme ogne momenlo? — Anon. Vierze, 17. 
No ve stongo mo a contare lo gran numéro de li cammarane chine de panûe 

de razzi storiata — Sa n. 22, 504. 
E co chi lie m anime 

V afferra li recchiane — an)n. Vierze* 23. 
Lo scuorzo e de cbille périme vernuuleche, che sulo so buone cuotteî — Cal- 

cjlo.na, La Carboniera. Nap. 1755, pag. 42. 



— 67 — 

le (1); sebbene il popolo napoletano faccia terminare 
sempre in une il plurale maschile, e faccia terminare 
in une ed in one il plurale feminile di parecchi di 
tali nomi. f 

38. I nomi maschili si rendono diminutivi : 
a) Cangiando l'ultima vocale in illo o in iello. Cosi: 
diminutivi dijilo, naso, piro 9 bicchiero, piècoro, piatto 
sono Jilillo nastilo, pirulo, bicchterièllo, pecoHhllo , 
piattikllo (2). 

6) Cangiando Y ultima vocale in etto od in otto. 
Cosi: diminutivi di stile , ventàglio , cèfaro, palàzzo, 
viècchio sono s^7ètto, ventagliètto, cefarbtto , palaz- 
ibtto, vecchibtto (3). * 



(1) Com m' a no zerrezerre accavallanno 

Pelio co Olimpo, grosse tnontojnune — Quattrom. 299. 
Pc lo quale se so ntise 

Vongolane grosse e tonne — Quattrom. 201. 
Doje recchiane a li.pizze née metlettero, 

Che duje cuoppe pareano a pprimma vista — Lomb. 5, 165. 
Fra tanto sceltcro doje belle schiantane de vajasse a spogliarela — G. 

Bas. 20, 235. 
Pe ttutto li late 

Tenëiio alliriiatc 

E cotogna e vernoteche perune — Piccin. 2, 100. 
Certe périme grosse a lo pajese mio le cchiammano pera buoncrestiario — 

Calcolona, La Garboniera pag. 28. 

(2) Tiè mente mo si sgarra uo felillo 

De sta manzoïla mià sta bolteeella — Stil. 10, 501. 
Na faccia sempateca np nasillo profilato e carnale assaje, compretavano la 

bellezza.de sta bardascia— G M. Spas. 5, 13. 
Chi mmiezo a sciure, a nnepeta addorosa 

Se mmocca na fechella o no p<?rillo — Qu\ttrom. 151. 
Te voglio fa sciacquà no bicehierlello — Quattrjm. 197. 
Io te lo scanno coram' a pecorielio^ 

E lo core le caccio da lo lano — P.ia. 18, 98. 
Rcprecaje lo Prio're : E pporta ccà sto piçUtlello — Voir. 19. 

(3) Addô lo figlio acciso, oh che tterrorc!, 

Pe sbaglio aveà co t tanto de s te II et to — M rm 165. 
Uscia Uustrissema freschejava a lo barcono, e cco no ventajlletto se sosciava 

le nmiosche — Rccchi, 2, 187. 
Caposarda corrette • . 

A ttrovà na ma Una 

No gruosso cefàf otto — E. C. Spas. 4, £0,., 
Comm* a lo paluzzotto s' accostaro 

Disse Evandro.ad Anea : Trasa, Usccria -r- Sîïgl. 10, 157. 
E comm' era ftfenandro no vecchiottb, 

Sto muodo de vesti le parze strano' — Mgrm. 578. 



— 68 — 

e) Cangiando 1' ultima vocale in uccio , in uzzo \ in 
ullo. Cosi: diminutivi di cappièllo , gallo , acocièllo^ 
piessQ 'sono cappellhccio, oauUceio, aoocellhzzo , pes- 

I nomi.feminili poi si rendono diminutivi: 

a) Cangiando l'ultima vocale in ella od in olla. Cosi: 
diminutivi di mono, pizzn, vrèccia,, pes**,, fascia sono 
man ella, jo/szella, Greece Ha o wecccfclla, joessblla , 
yhsciolla (2). 

6) Cangiando 1' ultima vocale in etta. Cosi : dimi- 
nutivi di loggia e tor re sono loggèttb e tor r etta (3). 

c) Cangiando P ultima vocale in Uccia. Cosi: dimi- 
nutivi di gonnelln, ze tells, sono go.-inelltwtUL, seteUhto- 
cia (4). 

Osserviamo perô: 

a) Che alcuni nomi, tanto maschili, quanto femini- 
li, diventando diminutivi, prendono, oltne ad una delle 
mentovate desinenze , innanzi a questa una delle sil- 
labe ec , en , et , ezz , ecci , oz , loi ec. , dicendosi 
montewèllo, ommenièllo 9 Jbssetèlla 9 corezzàllo , lettee- 

(1) No juorno so mettelte no cappel lucclo verde ncapo — Vctt. 240. 
Nfra tulle IT aute pare lo <,allucclo — Lomb. 3, 105. 

V avocelluxso soleto a bolare 

Sc vede spierto e ffa compassione — L. G. Spas. 4, 31. 
Tanto forle e tterribele, ch' io stisso 

Pe no pezzullo nc remmase ammis^o — Sgbutt. 1, 205. 

(2) L' acciaffa doppo cio co na mimella, 

£ nnc la lota lo mbroscina e azzanca — D* Ant. 23, 158. 
A na tavola dc taverna no nee sdicc no morzillo docc, o na pizzell* de 

sceroppata — G. Gka. 18-7,55, 
Pare o$ne breccelltk 

Gcbiu 1 lustra nfunno d' essa de n' argiento — Fas. 14, 110. 
No cierto teulillo paggio de Gorte, tiraje na vneectolla accossi a ppilo , cue 

cogliuto r agliaro, nne fcce frecole — G. Bas. $0, 14. 
£ ffatta co na 11 (ta na ntrommata, 

Lo musso se stojaje co na pezzolla. — Pag. 18, 40. 
£ da che fu nfasciolla. fa baFente 

Lo gran Pascale — Com*. 2, 17, 

(3) £ arrivata a no gran casone, dov' era na foggetta sciuta nfore , vedde le 

ssetle femmene — G. Bas. 21, 160. 
£ stcva fatto a mmuodo de forretta — Stkl. 9, 231. 

(4) Aveva na gonneUuecia, de magramma, corta tanto da non farele arriva a 

commeglià le denocchia — G. M. Spas. 3, 19. 
Si avite mpictto compassejone de na povera zetelluccla., stateve présente a 
sto secunno doviello — Cebl. 19, 139. 



— 09 — 

eiàllo , erveetidlla , capcaèlla , cascielèlla (1) , in 
vece di montièllo, ommièllo,fossèlla,coràllo } lettùllo, 
ervàlla, capèlla e cascèlla. 

b) Che il diminutivo di qualche nome feminile è di 
génère maschile, corne accettùllo, chia%mllo (2) , di- 
minutivi di accètta e di chiazza. , 

c) Che alcuni nomi feminili hanno doppio diminu- 
tivo, uno maschile, che esce in iello , 1 altro femi- 
nile, che esce in ella. Cosi : diminutivi di càmmara 
sono cammariHlo e cammarèlls, (3); di fenestra so- 
no fenestrlHlo e feiestrîM* (4) , di fane sono fone- 
ciello e fonecblln (5). 

d) Che spesso il significato dei nomi diminutivi ri- 
mane lo stesso, corne fresa e fresèlla (6). 



(1) Chine de coregnale e de mortelle 

Steva vicino a nnuje no mont&ciello — Stigl. 8, 193. 
Pare che singhe n* ommeniello guitto — Praa. 16, 40. 
Asfrigne lo Sole co lie stelle 

Dint' a la fossetella de na mano — Quattrom. 93. 
E tlania fede ha chillo corezzul/o, 

Che no mime cagna, e non fa trademiente — Quattrom. 26 t. 
Leggite ccà ncoppa a lo lettecciullo 

Ha 1 lassa ta sta carta — Ckrl. 22, $31. 
L' aruta, la melissa, lo serpillo, 

Lo giglio, lo jacinfo e ogn* ervecciolla — Pris. 1, 20. 
Sta capozzella, ch' è na malafercola, . 

Va storta, comme fosse na cestunia — Quattrom. 81. 
Cbiammo lo vastasiello pe mme porta la cascloUUa — Cerl. 16, 183. 

(2) Avenno oramaje la Luna dato mmiezo co VacceUulio de li ragge a le zep- 

pole de lo cielo — G. Bas, SO, 88. 
L&ssame scopà sto chiazzuUo nnante a lo molino — Ckrl. 17, 158. 

(3) Dove se vede no lempio de bellezza fravecato drinto a no cammariello — 

G. Bas. 21, 56. 
Pare ch' aggia faita la natura no recuoncolo nforma de cammarell* — G. 
Bas. 21, £02. 

(4) Quanno che Cenza da lo fencatriello 

Lo nnammorato sujo veddc venire — Cort. 3, 16 t. 
E se nno stca ncopp* a na fenestrella. 
A bedere la gente spassejare — Mjrm. 201. 

(5) La notte, io lo cconfesso, rosecaje 

Lo foneclello, e mme 1' appalorciaje — Stkl. 8, 111. 
E spera fare cchiù co cchella ♦ezza, 

Gbe non fa sbirro co la /bnecella — Fas. 13, 91. 

(6) No le cessa 

La famma, se le dà na fréta sola — Nova, 16. 
Tu puoje co cchillo canto 
Le ttigre fa tornare de f reselle — S.grutt. 1, 146. 



— 70 — 

e) Che alcuna volta il diminutivo di un nome indica 
chi apprende un mestiere, come scarparièllo , casta- 
sièllo (1). 

f) Che spesso i diminutivi sono vezzeggiativi, come 
mussillo, vaoèlla (2). 

g) E che oggi più non si adopera pe* diminutivi 
feminili la desinenza uzsa, come voccuzza manuzza (3). 

39. I nomi maschili si rendono peggiorativi: 

a) Cangiando 1' ultima vocale in kccio, astro o az- 
zo. Cosi peggiorativo di cortièllo è cor tell àccio (4); 
peggiorativo di giôoane è giovenhêtro (5); peggiorativo 
di cappièllo è cappellhzzo (6). 

6) Cangiando la vocale finale in icchio. Cosi, peg- 
giorativi di mièdeco e poet& sono medechicchio epoe- 
rïcchio (7). 

I nomi feminili si rendono peggiorativi: 

a) Cangiando l'ultima vocale in àccia, azza ed antica- 
mente anche in àglia. Cosi: peggiorativi di carta., pi- 
scia,, gente. sono rarJàecia, jo/sczàzza, genlhglia, (8). 

b) Mutando F ultima vocale in ccchia, essa ed ozza. 
Cosi : peggiorativi di pella, , sferra, , vaoa> , prèdecu 



(i) 



Gbiaramo lo vostasiello pe me porta la casciolella — Cerl. 16, 183. 
£ azzecca no vasillo 

A lo mussillo — R. 0. Spas. 3, 35. 
Si quacche scappatella 

Una volesse fare 

Maje non sarrisse fu ca si bavella — Quattbom. 329. 

(3) Ed aprenno chclla voctmzza^ che I' arriva nfi a Paurecchie, ne Mce no voc- 

. cône — Sarn. 22, 153. 
E cco ccbella manuzza tennerella 
A mmala pena lo brocchiero auzava — Fas. 13, 156. 

(4) Se dice : chi de gravio fere 

De corfetf acclo more — G. Bas. 21, Si?. 

(5) Quanno se canoscc no giovena.stro cchiù de lo ssolek) scostumato,- s' ha da 

dicere che nasce pp* opera de H geneture — Rcccm, 3, 121. 

(6) Le venne arreto n' ommo senza faccia, 

Che no gran cappelUzzo ncapo tene — Piccin. 2, 55. 

(7) E mente a Panecuocolo jevano nfrenesia pe li rancianiespole rhe avcva 

mpasticciatc lo futuro medec/iicchlo, a Nnapolc soccedeva sto (rascurzo — 
G. M. Spas 3, 12. 
Maje non appe pe mme s(a frenesia • 
De fa lo poeliceïïiOy e de canlare — T. Val. 19, 155» 

(8) E comm' a na carlaccla dio lo scarto — T. Val. 19, 281. 
Che beva la piscizzza, de doje rana — Qoatt»\om. 293. 
Pralleco Anea de guerra, avea lassate 

SI* urdeno a li masaute e a la gwtfaglia — Stigl. 10, 211. 



— 71 — 

sono joeWècchia, s/errèccliia, 6*at;èssa 5 predecbzza, (1). 

Avvertiamo poi: 

a) Che il peggiorativo di qualche nome maschile è 
feminile, ed il peggiorativo di qualche nome feminile è 
maschile. Cosi: peggiorativo di vosco è voscaglia (2) 
e peggiorativo di auliva è aulivàstro (3). 

6) Che anticamente alcuni nomi peggiorativi si ren- 
devano accrescitivi clando loro la dovuta desinenza. 
Cosi: accrescitivi di omàccio e corpàccio erano omac- 
cibne e corpaccibne (4). 

c) Che alcuni nomi peggiorativi sono accrescitivi , 
corne cortellàccio, cappellàzzo\ ed alcuni al tri sono di- 
minua vi, corne mcdichicchio. 

40. Il plurale dei nomi diminutivi e peggiorativi si 
forma corne quello clei nomi semplici , mutando cioè 
P ultima vocale in e. Cosi: plurali dei nomi maschili 
qattillo , jencarièl'o , stellètto ,.aucellàzzo, corpecciùl- 
lo 9 cortelïàccio, poetàstro, dottorlcchio sono gattîlle , 
jencarièlle, stellètie, cutceUùzze, corpecciùlle, cortellac- 
ce, poefastre, dottoricchie (5); e plurali dei nomi fe- 

(1) De le desgrazic meje chi pô contarne 

Lo tierzo, ca -rame vidtle ossa e ppelleoehia, — Oliv. can. 1, ott. 22. 
Pareva na iecora ngajola, 

E mrao de le bajasse è la wzuessa — Coït. 5, 5. 
Si vuoje na predecozza, te la jetla — Lomb. 5, 103. 

(2) Quawio lo vedde lia ntra na voscaglia, 

Vi se nce appizzaje 1' uocchie lo masaulo — Morm. 15. 

(3) A n' aulivàstro lia sacrefecare 

Soleva a Ffanno — Stigl. 11, 523. 

(4) A lo bedere sV omaccione 

Tutte gridaro : Vi che torriône ! — Stigl. 9, 135. 
A la caduta de sto corpaccione 

Tremmaje la Terra pc la verracnara — Stigl. 10, £97. 

(5) Mo banno apicrto 1' uocchie li gai tille — G. Bas. 20, 109. 
Ginco puorce majateche scannajc, 

Piecore cinco, e cinco jencariolle — Stigl. 9, 105. 
L* Armizzere so ce hi ne de stellclte — Oliva, cao. 3, ott. 77. 
Si* aucelluzze mieje pe 1' acchiappare 

Ahu ! quanto e quanto tiempo aggio perduto — R. R. Spas. 2, 26. 
Dinto ha cortiglie e cortigliuozze assaje — Fas. 14, 9*. 
E ffecene cierte corpecciùlle, cjie pparevano justo criaturelle — Zjto, 5, 54. 
Vide, rnmano a bracciale e a ppagliarule, 

Roncille, cortellucce e ppontarule — Oliva, can. 3 oit. 76. 
Veo li poetaslre pe 1' autezza 

Ire a 1' isola d' Eolo a ttrovà viente — Perr. 16, 154. 
E so mme vonno fa li doftoricchie, 

Li ppiglio a ssische, a buffe ed a bornacebic — L. C. Spas. ?, 16. 



— 72 — 

minili pretèlfa, logqètta,, pallùccia,, pretecàglia,, mura- 
gliàzzB, sono pretètle , loggètte, pallùcce , pretecàglie, 
muragliôzze (1)* 

Avvertiamo poi che dei nomi i quali, essendo ma- 
schili al singolare, sono feminili al plurale, i diminu- 
tivi sono anche maschili al singolare e feminili al plu- 
rale. Cosi: dei nomi maschili detillo, morzillo, melillo, 
percochièllo i plurali detèlla, movzèlla, melella, perco- 
chèlla sono feminili (2). 

CAPO SECONDO 
Dell' aggettivo 

§i. 

Génère degli aggettivi 

41. Tralasciando di dire di quante specie puô essere 
V aggettivo, perche è cosa nota a tutti , diciamo sol- 
tanto che , dovendo gli aggettivi essere dello stesso 
génère e dello stesso numéro dei nomi cui vanno u- 
niti, debbono, affinchè ciô si ottenga, cambiare spesso 
di desinenza. 

Ed in quanto al génère , non varian'o , diventando 
feminili, l'aggettivo chi (3) e gli aggettivi che terminano 

(i) Non sape addove mcUerc lo pede, 

Si a cchella prêta grossa, o a sfe p-elelle — Olivà, can. 3, ott. 83. 

Non porrissevo credere li corliglie, li soppuorteche, le lloggelte, che nee son- 
go — G. Bas. 20, 329. 

Peglià se crede 
Chelle pallùcce, die so tlanto belle — Per^. 16, 58. 

Meglio si lia sta génie mia se steva 
Nfra chelle ppretecaglià — Stigl. 12; 13. 

Le mmuragliozze, che se slcano auzanno, 
Erano la gran Pergame — Stigl. 8, 229. 

(2) £ le dà suono e quase la parola 

Mo co T archello, e mmo co le ddetella — Stigl. 9, 279. 
Isso se ngorfeva le bone morzella, c la mogliere la pasccva de fummo — 

Sarn. 22, 169. 
Va ca T avimmo chine li sporlune 

Co ddoje tnelilla, percochella, e pprune — Pag. 18, 74. 

(3) Già sto a mmare navecanno 

Ntra duje viente, che m rue danno 

Chi speranza e cchi paura — L. a. de D. c. 15. 
Chi è chella sbriflia, chs stace a la fenestra ? — G. Bas. 20, 96. 
Vide chi sia chell' arma perra — Stigl. 11, 193. 



— 73 — 

in e. Cosi: feminili di gratine , feràcb , nôbele sono 
granne, ferôce, nàbele (1). 

Si eccettuano: 

a) Gli aggettivi terminati . in ese, de' qaali il femi- 
nile iBnisce in ese ed in esa. Cosi: feminili di cassé- 
se, cortèse, Jranzèse, mollèse sono cassèse e cassés*, 
cortèse e cortès*, Jranzèse efranzès*, mollèse e mol- 
les* (2). 

6) Si eccettuano gli aggettivi terminati in one, dei 
quali i feminili finiscono in ona. Cosi: feminili di 
briccàne, dormigliône, marpiàne, sguaz%àne sono bric- 
cbna,, dormigliône marpiàn*,, sguazzbn* (3). 

c) Si eccettuano gli aggettivi che finiscono in ore, 
dei quali il feminile o termina soltanto in ora, o ter- 
mina in ora ed in rice. Cosi : feminili di appenne- 
/ore, ncojetatore, perdetore, va'tetore sono appenne- 
fora, ncojetatorn, perdetor*, vattetom (4); e feminili 

(i) E Pacecca, co ffesta grawie, se nguadiaje co lo Prencepc — Sarn. 22, 191. 
Cosi n' aggravio co n' aggravio sconta 

Chesta bestia féroce — D'Ant. 25. 22. 
£ dice a chella nobele e balente 
Squatra d' abbentoriere : Oh che bregogoa ! — Fas. 14, 175. 

(2) Non se crede quant 1 è cassese e allegra, 

Galante, liccaressa e broccolosa — G. Bas. 21, 282. 
La quale, tutia casses x, le disse che non se corcasse — G. Bas. 20. 345. 
Marziella, pe mostrarese cortèse, ave na falazione — G. Bas. 21, 70. 
E tu fattella co mmico, ca so cchiù cor :es a. e caretatevole — Ckrl. H, 151. 
La todesca le parcva fredda e ghielala, la franzese troppo cellevriello sben- 

tato — G. Bvs. SO, 205. 
Manco a cchiazza franzsa. aggio visto fa ste pporcarie — Cerl. 10, 145. 
Che cchiù ? Aveva la canna mollèse e no pielto ecniero — G. Bas. 20, 353. 
Tutte le superbie e grannezzose hanno ste ferlure : io che so mo//esa, vi se 

F aggio — Ckrl. 14, 36. 

(3) E la breccon% 

Lo fe* assassenà — Cerl. 20, 256. 
La Musa dormigliône s' è scetata — G. Gex. 1843, 44. 
Ne ssentite piatâte 

De st' anema dannata e marpion% — Zbzza, L' Artaserse 28. 
Saccio ca site na segnora sguazzona., e vc lo vorria venncre — G. Gkn. 

1839, 58. 

(4) Isso pare cannela appennetova. ! — Cerl. 10, 91. 
È la /emmena 

Bosciarda e ncqjelalora. — L. C Spas. 4. 50. 
' A ppoco a ppoco se vedette la Spagna perdetor*, e la Francia abbeluta — L. 

C Spas. 1, 48. 
Le mmonache la porta vottetora. 
Ncomparire Mortel la spalancaro — Pag. 18, 154. 



— 74 — 

di ngannatore e tradetore sono nqannatcra, e ngan- 
natrice, tradetora, e tradetrive (1). Perô la desinen- 
za in ora è sempre preferita dal popolo napoletano. j 

d) E si eccettuano birbànte, Jbrfànie, pe*xènte 7 sim-\ 
mêle e qualche al'ro, che al feminile fanno birbànte e 
birbànte , forfànle e forfànta , pezzènte e pezzènte, 
slmmele e simmela (2). 

42. Gli aggettivi chefiniscono in o diventano femiuili 
cangiando questa vocale in a. Cosi: feminili di lontàno, 
sarvàteco, bello, desonèsto, ricco, mio } addàtlo,frollo, 
nesciànù, scuro sono lontàna, saroàteca, bell*, deso- 
nèstsLj ricca, /ma, addàtta, frolla, nesciàna, se/ra (3). 

(i) La femmena è seccanta, erapicciosa, 

Malegna, scorcogliera, ngannatora, — L. C. Spas. 4, 50. 
Chella l'auza nganna trice 

Usa tutte le mraanere 

Pe ppotere li messerc 

Co le cchiacchiare mballà — Zbzz\, Spas. 3, 3. 
Ah can a tradetora. ! Comme ! io te so inarito e csco, e 1' aute noa te so 

nniente e traseno ! — Cerl. il, 348. 
Ma comme la mammoria è tradetrice, 

M' aggio spisso la capo mo a grattare — Zezza, La Festa, 4. 

(2) Nce sta quarcuna 

Ch' è volubbele e birbànte — Zezza, Spas 3, 3. 
Sgrata, birbanta., favoza, 

Avraje qua* juorno o n f autro 

Na bona vertolina — G. S. Spas. 4, 13. 
Venne cca sta for fonte, da no mese 

Se stette reterata — - Ol:va can. 12, ott. 17. 
E la forfànta. ncuorpo grellojava — Fas. 13, 93. 

Trovaje lo Rre, lo quale subbeto allummaje la pezzènte — G. Bas. 20, 299. 
£ mmo chiagnarrà la sciorta , sarrà pezzentx, mmardetta , e senza dota — 

Rocchi, 3, 410. 
Non dovcva mpresenm de na prencepessa schiava sprubbecare li vttapefie 

de n' autra simmele — G Bas. 21, 209. 
Lassanno lo Barone e ttutte V autre a ffarese le ocruce pe na strambezza sim- 

mêla. — G. AI. Spas. 4, 9. 

(3) Àrrivajeno a na certa massaria lontan% lonlona, — Sarn. 22, 174. 
Era na vota Pannaro a la caccia, 

E na crapa sarvatecz allummaje — Capas 13, 119. 
Chi fit ffarc la quarantana a sta helix mercanzia dint* a no cafuorchio ? — 

G. Bas. 20, 122. 
L' ommo sa nia cchiù accuorto a ffuire le ppedate de n? donna desonesta, — 

G. Bas. SO, 36. 
Cossi la gnoranzia de lo figlio fece ricca, la mamma — G. Bas. 20, 65. 
Si, moglicre mta, dalle le cavoze porzi — Sarn. 22, 170. 
Chesta è la cchiù balente fattocchiara 

Che ssia a lo munno, ed a chest'arte è addottx — Pe*\r 16 73. 
Da dereto mpostaje la nfantaria, 

Ch' a T aserzeto serve comm* a sbarra 



j 



— 75 — 

Si eccettua l'agge'tivo reto, il quale è di génère co- 
mune (1). 

43. Perô, diventando feminili, gli aggettivi cangiano 
sempre, oltre T ultima vocale: 

à) Il dittongo tonico ie in e. Cosi: feminili di cenibro, 
ciesso, likggio, sopikrchio, tièrco, lihinero sono cetera, 
cessa, lhggi&, sopèrchia,, term, tenners, (2). 

Perô cterto al feminile fa cierta e cerfa (3). 

6) E cangiano il dittongo tonico uo in o. Cosi: femi- 
nili di accnVzcto, buono , fjruosso, luongo , rwanuVo, 
nu^sto, nuoio, stuorlo, éuScao , tuosto', zuoppo sono 
accbncia, 6o/?a, grossn, long* , maribla, , rtosfa, nov& y 
stores,, sèce/a, fosta e jn/>/>a (4). 

Mmiezo la génie frotta, — Cap 1 s. 15, 121. 
Maje M8ciun% opera bona non fujc premmiata — Sarn. 22, 185. 
Era chest a na grot fa scura. sc«ra — Lomb. 5, 48. 

(1) Ma lo reto a béni fujc Pignalaro — Pag. 18, 73. 

E chiainme tulle a fa la reto prova — Fas. 13, 18. 

(2) Trovaje na cosella cchiù delecata e ccenera do penne de cardillo — G. 

Bas. 50, 37. 
Sarria morta cessa, se tu no mine sanave de chella ferula — Sarn. 22, 215. 
S! quaccosa soperohia jus ta o scarza 

Nce da lo tiempe — Quattrom. 368. 
La terza era na serofa, e cchesfa sol to 

A lo pédale avea puosto lo clùotto — Morm.- 108. 
Se mette le ccajonzc de la festa, 

E la cappa de state leggia e ffreaca — Ccrt. 2, 39. 
Leila era na fegliola chiatta, chiatta 

Tennera e ghianca cornui* a na récolta — Pag. 18, 121. 

(3) Saut' isso comra' a Ueporo no surco, 

E rame scbiatta de faccc a ccierta bobba — D' Ant. 23, â9. 
E la vcttoria mmano le dà carta — Fas. 13, 92. 

(4) La voglio sollevà sta segnorella 

Ce vile, aggraziata, acccncia e bella — Crrl. 20, 326. 
Ne' era na femmena tauto bona, che n' avarria saputo ntrovolare l'acqua^ 

Sarn. 22, 168. 
Era chest a 

Na cosa longa Icnqa c nnera ncra — Lomb. 5, £8. 
E cchille accommenzaro 

A ffarc seccia seccia na carrera — Sticl. 9, 161. 
Lebbreca Achille co na cera slorta — G. pas. 15, 14. 
£ pecchè buje site de pasla yressa, 

Mo vc dich'io la cosa comme passa — Capàs. 15, 59, 
E possibele che buoglie mostrarete cossi Uosta, che non 1' agge da mover e 

a li lamiente mieje? — G. B\s 20, 121. 
La scienzia nosta 

Non è, coram' a la soja, che ppesca a ffunno — G 4 pas. 15, 23. 
Ah mari to mio, decette Pacccca, stongo aspettanno la gonnella ne va — Sarn. 

22, 172. 



— 76 — 

44. Diventando feminilî, gli aggettivi mu'ano, oltre 
F ultima vocale, la vocale tonica i in e: 

a) Quando 11 è seguito da g. Cosi: feminili di digno, 
ciuccigno, nigro sono degna, ciuccegna, negra (1). 

6) Quando 11 è segnito da s. Cosi: feminili di chis- 
so, chisto, frisco, todisco, tiseco, sono chessa, chesta } 
fresca todesca, teseca (2). 

Si eccettuano Zisc/o, nAsto tristo, sbriscio e qualche 
altro, che al feminile fanno liscia , ns\sta , sbriscia e 
trista (3). 

c) E cangiano ancora, oltre 1' ultima vocale, F i to- 
nico in e, gli aggettivi chlllo, friddo, l\nto y niro, sic- 
co , stiteco e slppo, che al feminile fanno 'chella,jTred- 
da, lenta, nera, secca, steteca e seppa (4). 



Non bedite a la cera ch' è mmariokfi — G. Bas. 21, 115. 
A cchesta M usa mi a, ch'è sciacca e zoppa, 

Dalle no poco tu de speretillo — Sg.iutt. 1, 152. 
<i) Si n' opera vuojc fa de laude degna, 

De sto vrachiero mio fatte no cugno — Sgiutt. 1, 13. 
Chesta è ffreve ciuccegna , e ttene na qualelà che chi nne patesce non se 

n' addona — L. C. Spas. 1, 35. 
Ora vide che nnsgra redetà min'ha llassata patremo! — G. B\s. 20, 184. 
(2) £ sarrà chessa 

De le ccetate 1' Arcemonarchessa — Stigl. 10, 117. 
. Voleva proprio chesta a Sapatiello 

Mmaretare Mortella, la nepota — Pag. 18, 67. ^ 
Damme de ss' acqua fresca n' autro surzo — Cort. 2, 18. 
A chille luoche Ha nterra toddsca 

Cchiù d' uno cierto se nne po trovare — T. Val. 19, 18. 
A no divano teseca e sgrignosa 

Assettata se slea donna MarOsa — Piccin. 72. 
^3) E ttastejanno s' addonaje de 1* opera liscia — G. Bas. 20, 37. 

Non sapevano che ffare pc scràstarese da tuorno sta mosca nzUta — G. Bas. 

20, 241. 
Nee abetava na vecchia, la quale era tanto sbriscia de diente , quanto car- 

reca d' anne — G. Bas. 20, 212. 
£ stimmava perzi na cosa trista 

De chillo caro Tammorosa vista — Pag. 18, 41. 
{£) Essa pe non se fa a bedere de chella manera , s' arravogliaje co no fer- 

rajuolo viecchio — Sarn. 22, 175 . 
Ga sta frittata, quanto cchiù nee stammo, 

Cchiù se fa fredda — Gapas. 15, 71. 
Pe ccoroparere sempe lenta e ppenta 

Che non sa ffare na mala raogliera ? — Moaii. 21. 
La crejanza vole , che se la casa è nsro, che la janchejano — Vott. 164. 
È ssecca secca, è ccorta de tre pparme — G. Gen. 18S6, 3i, 



— 77 — 

Chino poi al feminile fa chiena (1); scirpio fa scir- 
pia e scerpia (2); e sofisteco fa sqfisteca e sqfesteca (3). 
Perô scerpia non si usa più. 

45. Diventando feminili, gli aggettivi, oltre l'ultima 
vocale, cangiano Y u tonico in o: 

a) Quando l'uè seguito da j. Cosi: feminili di (njo, 
sujo sono toja, soja (4). 

6) Quando Tu è seguito dal. Cosi: feminili di prim- 
maruloj sulo sono primmarcla, sola (5). , 

c) Quando l'uè seguito da 9. Cosi: feminili di am- 
moruso, az%eccuso, coriuso, muscio, perecoluso, russo, 
rusteco sono ammorosa , azzeccosa, coriosa, moscia, 
perecolosa, rossa, rosteca (6). 

Si eccettuano justo e lustro, che al feminile fanno 
justa e lustra (7). 

Ma chella, pccchê è steteca, se ci va 

Co mmanco rrobba — Lomb. 5, 97. 
E co la voce zeppa de vcnino 
| Da ncose, che no nfammo no le ssonna — Fas. 13, 115. 

: (1) E de chisfo e chill' auto fatteciello 

Chitna nfl mponta ne tenea na sacca — Morm. 12. 
I (2) Pe mmalegnetate de na brutta scirpeja , poco ha mancato che non fosse 
si a to arzo a lo ffuoco — G. Bas. ÏO, S79. 
Ogne aulra pare na scerpia a flïonlc ad essa — G. Bas. £0, 204. 

(3) E bede se sofisteca è chell' arte — G. Bas. 20, 155. 
Feni, vuoje che lo ddico, 

Ca si troppo sofesteca — Pag. 18, 941. 

(4) Ghist' è l'a m more che ramus! re a chi chiammare popella de U'arma tojal — 
G. Bas. SO, 68. 

Po'a Giove e a ll'auti Ddei, comme commanna 
La fede soja, lo figlio arreccommanna — Capas. 15, 309. 

(5) Addemmaonato n' uovo frisco de gal Una primmarola , e ffattolo sorchiare 
pe (Torza a la Prencepessa, la commogliajc — G. Bas. 21, 22. 

E bello zitto e mutto se la coglie 
No juorno, e Massa la raog liera sola — Morm. 50. 

(6) Ammorosa da ch* era creatura 
La fece, ed onestà le voze dare — Oliva, can. 3, ott. 25. 

Bella, sempateca, doce, azzeecosa 

Ma a tlutte 1' uommene perecolosa — Quattrom. 195. 
Una perô née fuje cchiù curiosa — Mcrm. 88. 
Isso sta Ddea già se 1' aven squalrata, 

Ch' è n' arma me scia, e no lie po fa filo — Capas. 15, 152. 
Le veone capriccio de Irovare na feimnena accossi ghianca e rrossa, commuera 

chella récolta tenta de lo sango sujo — G. Bas. 20, 197. 
Spisso dinto no ziro de creta rosteca se noe so trovatc li tresore — G. Bas. 

SO, 68. 

(7) E si voô che la dica, è ccosa jusla — Capas. 15, 95. 
Pe na grada assaje lustra saglio suso 

A na sala — Con t. 2, 246. 



— 78 — 

d) Quando l'uè seguito da dae consonanti, la pri- 
ma delle cjuali è o n o r. Cosi : feminili di ciunco , 
tunno, vagabunno sono cionca, tonna, vagabonna (1); 
e feminili' di curto , lurdo y surrfo, tnrco sono corta , 
lorda, sorda, torca (2). 

Feminili difurbo sono furba e forba (3). 

e) E cangiasi finalniente 1' u tonico in o negli ag- 
gettivi duppio, frabxktto, mu;;o e trucolo, che al fe- 
minile faimo deppia, frabotta, mozza e trouola (4). 

§ n. 

Numéro degli aggettivi 

46. Non varia 10, diventando plurali , chi , veto (5), 
e gli aggettivi che terminant) in e, come terribele, no- 
belo } granne (6). 

(1) Cbe fuorze sta munzolla c axossi cionca, 

Che accidere n' abbasta n' anemale? — Peri. 16, 6. 
£ mmcseio, azzd nullo sc resenla, 

A na tavola tenna li barune — Capas. 15, 44. 
Si ncarne e nnossa lu P Anea valcntc ? 

si l'arma de cliillo va,af)cnnal — Stigl. 8, 255. 

(2) Ne la trovaftno, se fo résolu to 

Darcle nterra, ch' è la via cchiu ccorfa — Cort. 5, 141. 
Comme chi va pc farsc na sciacquata 

A na ceslerna lorda e schefenzosa — Lomb. 5, 79. 
E ppurc se lo trovaje arrobbato, ca lo tagliaje lo lalro co la fruoffece *or- 

cta — Voit. t58. 
Pccchè lia nee arrivaje na g : ovanella, 

Ed era Jorca, ma paiea na stella — Fas. 13, 27. 
(5) Ed essa è ltauto fur/m, ed è Mrincata, 

Ch' ognuno erede c ghiura, ch' è nnbraia — Oliva, can. 19, olt. 18. 
Dicea la ferba: EiJà, che ghiacovelle ! 

Sciollà, ch' 10 songo vcrgene ncapillo — A. M. Spas. 4, 50. 
(4) Visto che l'aveva fatla doppia dc legura, appc da dare de eipo pc le m mu- 
ra — G. B s. i() 60. 
E comm' era frabctta e na chiappina, 

S' anchic da capo a ppede de larina — Morm £02. 
Quanno facea de vierze no scammazzo, 

Avea la coda, c m mo la tene mczza — Capas. Sonet. 210. 
Giove co cchella facce che resell iara, 

Quann' è (Ircvola, l'aria — Stigl. 8,51. 
•(5) Jannuzzc Taddiminannaje chi era no chill' aulre qualto — Sarn. 22, 958. 
Pregajc 1' auciello che le spalefecissecfo'fosscro chclle slatolc— Sarh. 22,247. 
Li relo a se mbarcà V arrante fujeno — Perr. 16, 114. 
Aspettafc, 

Che ve spara lc rrefo eannonatc ? — Fas. 15, 56. 
<(6) Non se sapeva ancora addô mmestcssero 

Li comparze twribbelc smargiasse — Perr. 16, 118. 



— 79 — . 

Si eccet'uano: 

a) Gli aggettivi, che finisçono in ente, i quali esco- 
no in ente ed in iente tanto nel plurale maschile (1), 

Î[uano nel plurale feminile (2); sebbene, secondo noi, 
osse meglio far terminare in iente il plurale maschile, 
-ed in ente il plurale feminile. 

b) Si eccettuano gli agget ivi che finisçono in ese f 
dei quali il plurale maschile termina in ise (3) , ed 

Yi clie ffacce terriMtele che stanno 

Nguardia de chella porta — Stigl. 9, 271. 
Razza d' antiche e nnobele Sabine 

Clauso porta sordate a cchiù uimcgliara — Sticl. 10, 95. 
Cose de spamfio nebefe e sforgiate — Stigl. 8. 241. 
Lo leprecare a 1' uommene gratine ù bcstejale — G. Bas. 21, 53". 
Commene a lo poêla de laudare le ccose de muodo che le ppiccole faccia pa- 
rère granne, e le granne piccole — Zito, 3, 107. 
{1) Ma chist* uoechie tuoje lucante 

So cchiù belle m mere là — F. C. Spas. Z, 2G. 
Fojerraggio lo Sole, e li locienle 

Ragge suoje — Fas. 14, 46. 
Lassanno la cainmisa c lo cazonetto lurde e fêtante de prommone — Zezza, 

1857, 62. 
E ppo l'uommenc miiortc s'> fetlente — T. Val. 19, 126. 
Vede sul' isso mmiezo a tlanta gente 

La Ddea, e la canosco a ir uoechie ardente — Capas. 15, 16. 
A sta furia, a st'arraggia, a st' uoechie ardkente 

Tremraa lo perro mo da capo a ppede — Fas. 13, 175. 
("2) .Le bajasic, 

O sia de lo Jennaro o sia d' Agusto, 

Le bide cchiù attellate e cchiù lucenle — Cort. 3, 6. 
La notte, nchella nolle, appe. golio 

Vedè le iffiglie soje belle e lociente — Fas. 13, 159. 
j L* acqua de no sciummo che mmazziava le pprete mperlemnle, avaiTia fatlo 

I sorrejere no Rodomoatc — G. Bas. 21, 189. 

E ppe la mmidia, ch' è nfra lloro granne, 

So mperleniente assajc cchiù V addemraannc — Fas 13, 1S6. 
Appriesso co li ccauze trasparenle 

Vedarraje che non vale pe na quaglia — T. Val. 19, 172. 
Oh che ccosa de spanto! Trasparlenie 

Pareano de crislallo nzi a Le strate — Lomb. 5, 117. 
; De ss* addemmanne verainente 

i Cierto nne vorria essere dejuno, 

Ca so, pe te la di, troppo fettnte — T. Val. 19, 87. 
Yasciato V uoechie a tterra, miraje no prato d'erve /Wiente— -G. Bas. 21,74, 
(5) E feoeno li ficate thollhe — Quattmom. 572. 

Chi se vô scetà le ggamme faccia balle angrUe — Ckrl 9, 3*7. 
Li bastemiente angrUe se mpossessajeno de Proceta ed Isca — L. C. Spas. 2, 3. 
* Cchiù non monta cavallc franzUe — Quattrom. 169. 

A che ve servettero tau ta predeche de li piimme dotture griece , latine , to- 

scanUe ?— Rocchi* 1, 104. 



— 80 — 

il plurale feminile termina in ise (1) ed in ese (2); 
sebbene alcuni scrittori abbiano fatto terminare in ese 
anche il plurale maschile (3). 

c) Si eccettuano gli aggettivi che terminano in oee, 
dei quali il plurale maschile teimina in uce (4) , ed| 
il plurale feminile termina in oce (5): sebbene alcuni 
facciano terminare in uce anche il plurale feminile (6), 



Dcjo cortUe, 

Chesto a buje tocca, e a buje nce remettimmo — Stkl. 8, 73. 
Tu sarraje fglia a ssette o otto mastedatte nocerUe — Cerl. 21, 58. 
Jezero tutle da marchise 

Cravaçcatc a ccicrl' ascnc pugtUe — Gcrt. 2, 18 i. 

(1) Fa celte argomiento che sotto ad isso fosse lo primmo (aglio de le ccarnum- 

me mollisc — G. Bas. SO, 118 
Te sgomenlassero fuorze d' asci a lo prubbcco sse mmasautc tragédie greche* 

latine, tosœnise, franzUe, njUe e che ssacc'io? Pag. 18, 197. 
De le nnave franzUe stea nzoppressa 

Gchiù d' una — Ou va, can. 17, oit. 39. 
Ll' arme caria enise ncompagnia 

Co IP arme de chill' uommene smargiasse 

Auzarriano Cartagene a le stelle — £twl. 9, 11. 

(2) Fa ccertc mincie 

Non duce comm'a nujc, ne mollèse. 

Ma co no zuco ammaro comme fêle — Roccd. 23, 91. 
Lo nnocerése non hanno le mamme trottate c fattucchiare — Cerl. 21, 123. 
Li quai isso era no a le mmano de le primme sdamme aragonése—Roccm 2, 90. 
Vi comme se fanno cassèse le femmeoe, quanno te vedono lucere — 

Chil. 20, 163. 
Azzô cchiù bolontiero vaga sotla 

Dell' arme Aggizzie c de le Ddammaschèse — Fas. 13, 89. 

(3) Vuje, signure mieje, che site 

Pe nnatura assajc cortese — G. Gbn. 1847,74 
Non sosciano che aftette assaje mollese 

V uoechie e la facce — D' ànt. 23, 170. 
Facette trattenerc tutte li bastemiente atîgrese che se trovavano dinto a li puor- 

tede Napole — L. C. Spas 2, 14. 

(4) Cossî ncoppa a la Sila o lo Tabuorno 

Ncuntro se vanno duje feruce tore — Stkl II, 317. 
Me deze cierte maccarune 

Che furono cchiù dace de na maana — Sgrutt. 1, 51. 
Coram' a Uupine salatielle e duce — D' Axt. 23, 14. 
Ma no squatrone sbavejanno ha nnaute 

De muostre brutte, feruce e smargiasse — Fas. 14, 109. 

(5) Che li cuorve le cacciano 11' uoechie, e sieno sdellenzatc daleberve féroce — - 

Roocht, 2, 198. 
Vecino a la lecenziata se spenzano li confietfe, e le ccose rfoce— Zrro, 3, 155, 

(6) Voleva mozzecare 

A échelle duce lavra — D. Bas. 12, 72. 
£ pizze duce sparte, c a ttutte abbia — F as. M, 142. 



— 81 — 

ed in oce anche il plurale maschile (1). Perô oggi 
questo più non si fa. 

d) Si eccettuano gli aggettivi che terminano in one, 
i quali, secondo gli antichi , si nel plurale maschile , 
che nel plurale feminile cangiano 1 ? o tonico in n. Cosi: 
briccone e briecona al plurale fanno briccune (2) ; 
eotecme e cotecma fanno cotecune (3) ; sebbene i 
moderni scrittori diano la desinenza une al plurale 
maschile, e la desinenza one al plurale feminile (4). 

é) Si eccettuano ancora gli aggettivi verbali termi- 
nati in ore, di cui il plurale maschile si forma can- 
gïando V o tonico in u (5) , e il plurale feminile si 
forma cangiando in e l'a finale del singolare femi- 
nile (6), o la desinenza ora in rice (7). 

jD E tra gli aggettivi terminati in e si eccettua 
forte, che tanto- al plurale maschile, quanto al plurale 

- — . i,, , , , , . » i . . .. 

(1) E non facenno commertaziooe co 1' anemale féroce, passarono na vita nzanta 

pace — Rocchi, 2, 154. 
Co la pacienzia s 1 ammanzesceno U' anomale féroce — ; G. Gjen. 1835, 7. 

(2) £ ntra de nuje facimmo fazzejune 

Ghi da ccà, chi da lia pe ssi briccune — G a pas. 15, 179. 
Aibo, no mrne ne fldo, 

Ca site doje briccune — Le Contadine Bizzarre, 16. Napom 1774. 
Nee so cierte mammorie briccune, che te fanno a bedè na cosa pe n'auta— 

Cert. 18, 252. 

(3) Tutte co U' arme inmano a s(a sonata 

Gorzero li vellane cotecune — Stkl 10, 73. 
E se non trovarraje na vajassa fedele, ch' aggia doje sore cotecune , nce 

puozze stare pe sempe — Sarn 22, 195. 
(4 % > Figliù, si ve crédite marpiune, 

Si rame ccbiù marpione nuje zitelle — A non., Le Papere. 
(5> Co W assestenzia Uoro tu le sciglie 

Gavalle correture e speretuse — Rocco, 25, 157., 
Se vedeno attaccate strascenare 

Fauzarie t tradeture p' ogne luoco — Perr.16, 57. 
Mo T uommene so cchiù abbaUeture de nuje feminene — Cerl. 9, 26.3. 

(6) Manna 

V Epiro le ghiommente corretore —Rocco, 25, II. 
Mme credeva ca sulo le cciantelle 

JErano abbattetore — Zini Saverio, La Villanella ingentilila , 24 — Na- 

poli, 1784. 
Comparzero accossi ste tradetore 

Figlie de cbelle cchiante nneavolate — Fas. 14, 164. 

(7) Cbe {Tacite co mmico 

Vuje bellezze bosciarde e Iradelrice f — D. Bas. 12, 249. 

6 



— 82 — 

feminile fa forte efuorte, (1) sebbene f aorte oggi sia 
andato in disuso: e si eccettua verde, che fa verde e 
vierde cosi al plurale maschile, come al plurale fe- 
minile (2), quant unque oggi si adopri a preferenza 
vierde pel genere maschile , e verde pel genere feminile. 

47. Il plurale degli aggettivi che finiscono in o si 
forma cangiando, pel genere maschile, tale vocale in 
e; e cangiando, pel genere feminile , Y a finale in e. 
Cosi: belle e bells al plurale fanno belle (3) ;fàuzo e 
fàuz9k al plurale fanno fàuze (4) ; nuoco , viècchto , 
acier vo al plurale fanno nuove, viècchie , acièrve jb); 
noya, vèechî^ acèrvu al plurale fanno nove , vècchie, 
acèrve (6). 

Anticamente perô bello innanzi alla voce anne fa- 
ce va bielle (7). 

(i) Essa che da lo campo crestiaoo 

La partenza sapea de H ochiù /forte — Fas. 43, 215. 
Songo lutte duje fuorle ed aoemose — Pkrr. 16, 52. 
O bella prova de perzune forte! — Piccui. 47. 
E da chelP ogne 

Priesto s* arrassa e da le ffuorte vraccia — Fas. 15, 186. 

(2) Cchiù saporite de li frutte verde 

Songo li sioche — A non. Vierzé, 21. 

£ magna maccarune vierde vierde — D' Ant. 23, 84. 

Le tterre verde mo le bide rosse — Gap as. 15, 202. 

Serveno pe ccerte 
Che teneno le ffacce nere e brutte, 
Vierde eomm' aglio, e pareno laoerte — Lomb. 5, 122. 

(3) Chille belle nennillc se le azzeccolajeno attaorno — G. Bas. 20, 52. 

Pe quanto cercaje 1' orca d* accordarela de belle parole , non fu possibele a 
llevarela de pede — G. Bas. 21, 64. 

(4) Chillo Ddio 

Che de li fvuze amante è lo fescale — Stigl. 9, 67. 
Secotejaromo sta trojana armata 
Pe ss' aoqne \auzo — Stigl. 9, 69. 

(5) Vuje autro che li tornise scognafe nuove nuove ? — G. Bas* 20, 52. 

Di a matrejata ca vuoje no vestito de chille vieochie — G. Bas. 20, 7fi. 
£ la frezza che a scianco l' è restata 
Le fa sentire acierve li dolure — Stigl. 9, 15. 

(6) RT aje portato le scarpe nove, le ccauze, la gonnella e la cammisa? — Sa arc. 

22, 173. 
Pacecca, mossase a piatate, le deze le scarpe soje, cossî bccchie comm'erano-— 

Sarn. 22, 170. 
Lo criato se magnava le cchiù appassolejate, e le acerve le pportava a lo 

patione — Vott. 161. 

(7) A grazia de lo cielo aggio a 61e//' anne 

Na bona paglia sotta — Pag. 18, 250. 
Eccotella : sia la toja da ccà a&ietf' anne — G. Bas. 21, 40. 



— 83 — 

Si eccettuano seemo , che al plurale maschile fa 
^eieme ed al plurale feminile fa sceme (1) ; e cierto, 
ohe tanto al plurale maschile quanto al plurale femi- 
nile fa cierte e certe (2). 

Perô escono in i i plurali degli aggettivi lo, sto, 
sso (3) ; ed escono in e ed in i i plurali degli agget- 
tivi chùto e chillo (4) , nonchè i plurali maschili di 
bello, brutto, auto, àutro (5) , e di qualche altro ag- 
gettivo, che si apprenderà dalPuso. 

48. Osserviamo poi : 

<*) Te vide 

Ca ntra li scieme si lo ocbiù scemone ? — A. G. Spas, 4, 46. 
Chi de sie «cerne cose amma quarcuna 

Ê de la scemetà portabannera — T. de lo G., Spas. 4, 44. 

(2) Venne ncrapiccio a clerfe cuonte de Boemmia de carrejareme a li paise Uoro 

pe mmastro de cierte peccerille — Cort. 4, 186. 
Chi a mmente po tenè li nomme certe 

De tanta sciorte de campe e de vine ? — Rocco, 23, 87. 
Mmiezo a ccierte campagne abbannonate — Lomb 3, 77, 
Co ddarele certe autre ccose sceroppate, le levaje da chiocca la cosa de le 

nnuce conciate — G. Bas. 20, 62. 

(3) Ah porcaglione, e puô mostà ssa cernia, 

Non dico a li segnure, a li sordate? — Cap a s.. 15, 85. 
Te movano a ppiatà s'i chiaote amare — Stigl. 8, 27. 
S$i ciucce stevano ncanute 

A llaudà tanto II tiempe passate — Lomb. 5, 86. * 

< 4) E cchiste ccà che stanno accossi nnauto — Lomb. 5, 106. 
lo cfiistl Hoco vorria avè vicino — Zbzza, Spas, 1, 2. 
Pocca lo mmanco che se smacenavano 

Era d* avè co cchille a ccaccià mano — Lomb. 5, 197. 
Cinllo avenno dato uocchio a cchilli vierze, non se porria credere I' alle- 

grezza che sentette — Cort 4, 184. 
(5) Qaanno te veo da sso cafuorchio scire 

£ co ssi bette zuoccole passare — Scrutt. 1, 82. 
BeUl giuvane mieje, su che facimmo ? — Stigl. 10, 143. 
A tte, sdigno, io preteuno 

Avè compagno a cchille luoche brutte— Fas. 14, 249. 
BruUi tiempe erano chille; ma» pe grazia de lo Cielo, so ppassate — E. A. 

Spas. 5, 21. 

Postala drinto no granne sportone, la coperze co ccierte vestite — G. Bas. 

20, 300. 
Ma l'ha lassafe mmano a ccietd pazze — Lomb. 5, 21. 
L' uommene peccerille 

Le potimmo vasare; 

Chili* mite e Uuonghe none — Saguem. Vedi E. Rocco, Vocabolario,2 13. 
Comme duje gran Centaure, che calanno 

Da V àûti munte portano scooquasse — Stigl. 10, 91. 
Cient' autre pagge portaro le bevanne — G. Bas. 20, 103. 
E sta co H' autri deje mperozzolato — Stigl. 10, 33. 



— 84 — 

a) Che, se il singolare di un aggettivo termina in 
co e èa, in go e ga, il plurale esce in che e ghe. Cosi: 
sarvàteeo e sarvàtecA al plurale fanno survàtethe (1); 
janco e Janta, al plurale fanno janvhe (2); antieù ed 
anticst al plurale l'anno antictw (3) ; friseo e luongo 
fanno yh'sche e ^o/ighe (4); r /resca, forèstetK e Jonga 
fanno /resche, ybrèsteche e /o/iglie (5). 

Si eccettuano amico , nemito e qualche alfcro , 
che al plurale maschile fanno ammîce e nemmîce (6), 
ed al plurale feminile fanno ammtche e nemmithe (7); 
E si eccettua ancora co/èreco, che al plurale maschile 
fa eofièreche e cofàreehe , ed al plurale feminile fa 
colereche (8). Perô il plurale maschile coliereche oggi 
non si adopra più. 



(1) Non poteva rcmmediare a li danne che le fecevano sli tre nnammorate «or - 
vateche — G. Bas. 21, 28. 
Le ggatte saivateche te dezero lo llatte — G. Bas. 20, 68. 
(SI) Quatto cavalle jonche facoefronte 

Nuje nce vcdimmo a lo sbarcare nterra — Stigl. 8, 219. 
Trovajc no bello stipo de noce chino de scarpe co le ssole janche — Sarn. 
22, 177. 

(3) Chella mamma mmedesema v' aspetta, 

Che deze latte a li tuoje vave antiche — Stigl. 8, 199. 
*Si be atUiohe so assaje, le ttengo a mraeote 

Le pparole e speranze che mm' aje date — Stigl. 8, 29. 

(4) Ncoppa li viente frUclie nce sciosciavano — Stigl, 8, 197. 
Pe li passe 

Ch' io deva luonghe, non potea appedare 
Lo bene mio — Stigl. 8, 179. 

(5) Vuje sulo potite comm' ova /resche farele na stoppata — G. Bas. 20, 39. 
Tutte le zzite so accossi foresleche — Cerl. 21, 156. 

Uno aveva le ggamme nzieme agghionte, 
N' autro le brace i a longhe fi a le stelle — Cort. 2, 192. 

(6) Ma isso, che aveva ammtee li scrivane , se la solaje co ttutta la casa— G. 

Bas. 24, 191. 
La cetate 
Da T assaufe nemmice n' ha paura — Fas. 14, 11. 

(7) E benga priesfo a» 16 fforze ammiohe — Stigl. 10, 255. 
£ de la famma, che 1' Arpie nemmiche 

V ammenacciaro, non ce sia paura — Stigl. 8 . 

(8) La zerronaria de no vassallo move V omure colereche ne lo cuorpo de lo 

patrone— G. B\s. 20 122. 
Gomme cane coliereche e àllancate 

Toraano, quanno a ccrapie danno caccia — Fas. 13, 162. 
Se a échelle non daje niente, 

Colereche e mpestate 

Se mostrano — Anon. Vierze, 23. 



— 85 — 

6) Ed osserviamo che, se il singolare di un agget- 
tivo termina in cio, cîfc, gio e gia, il plurale esce in 
ce e ge. Cosi: rlceio e Wecia al plurale fanno ricee (1); 
lièggio, suôctio , màscio faxino liëgge , suôcce , mu- 
sée (2); é fèggia , sôecia , môscia fanno legge , soece, 
mosce (3). 

49, Da ultimo sono difettivi : 

a) Perché non hanno plurale 3 gli aggettivi invariabili 
ogne , quacche , conca (4) , dei quali 1* ultimo più 
non si usa , e gli aggettivi variabili uno , ognùno , 
quarcàno , nesciùno , dei .quali i feminili sono wna , 
ognùrib, quarcùtib e nesciànn (5). 

b) E sono difettivi , perché non hanno singolare, gli 
aggettivi numerali cardinali, \ quali sono tutti invaria- 



(1) S* asciajeno ricze ncapo H capille — Fas. 13, 146. 
Priesto portateme 

Cecorie, vruoccole, 

E ttorza ricce — Quattrom. 196. 
(-2) So scarze d' arme e Uiegge comm' a grille — Psaa. 16, M 3. 
Jevano suoccG suocce a la carrera 

Saggesto e Mmenesteo — Stigl. 9, 111. 
Tirano cuorpe musoe, e lo ssonare 

Porzi de le ttrommette è piolare — Fas. U, 19. 
(5) Ca si peo de Nerone e Caracalla 

Tu faje ire de Ddio, so ccose lejçe — Cap as. 15, 135. 
Ne le ddeta la mano ha lutte «occe — Fas. U, 176. 
Pareva non potesse navecare, 

Pecchè teoea le bêle mosco mo*ce — T. Val. 19, 966. 
(4) P' ogne ccasa, ogne tempio, e pe le strate 

Se vedea no inaciello — Stigl. 8, 139 . 
Songh' io quacche cannooe che non saccia terare diece cuorpe ? — SaBn. 

22, 160. 
Besogna che nce sia ccà quacche mbroglia — Stigl. 8, 103. 
£ cconca da no carro a H' auto vene, 

La lanza ha da mpugnà, si vo fa bene — Capas. 15, 121. 
(3) Diavola ncarnata, che m' aduocchie, 

Che mrae \\de le crape a una a una — Capas. 15, 36. 
Strillava ognuna. a Giove, che bolesse 

Darle no rre che covernasse a esse — Morm. 18. 
Vole che se ntenna quarche granne azzione. ch' ave resoluta de fare, ovvero 

quarcun* che nn' ha fatta — Zito, 3, 127. 
Erano tutte affezionate a Ppacecca, che non faceva partire nesciun% scontenia 

da la casa soja— Sarn. 22, 186. 



— 86 — 

bili (1) , ad eccezione di duje , il quale ai feminile 
fa doje (2). • 

§ HI. 
Aggettivi alterati 

50. Gli aggettivi alterati possono, come i nomi, es- 
sere accresciti vi , diminutivi e peggiorativi. 

Gli aggettivi accrescitivi si formano specialmente 
cangiando in one Y ultima vocale delF aggettivo sem- 
plice, e mutando in e il dittongo tonico ie. Cosi: ac- 
crescitivi àifedèle, guappo, nzèmbrece, viecchio sono 
Jedelbne, guappbne, ntembreclbne, vecchibne (3). 

Questi aggettivi si rendono di genere feminile, can- 
giando in a la vocale finale e. Cosi : feminili di ca- 
vallbne, fèdelbne, guappbne , nzembrecibne , sempate- 
cbne, vecchibne , vorpbne , jzitellbne sono caoallbn* , 
fedelbvL*,, guappbna,, nzernbrecibna,, sempatecbnn , vec- 
chibn&, vorpbno,, aeteMona (4). 



(i) E mil zampe trasuto a lo cortiglio 

Mineco asciaje, cbe nzaccava miglio — Pag 18, 36. 
Meglio era si nee ascevano dï coma — Feder. li Birbe, 95. 
Tolla se joquarrà co mmico na serva de prubbeche a cquaito mentune — G. 

Bas. 21, 132. 
E ceo quatto doglie legge legge jettaje nzino a la commare duje raascolune — 

G. Bas. 20, 51. 
Trattienete cinco o seje juome a sto palazzo — G. Bas. 20, 285. 
Gommenzaje a mmettere mperecuoccolo seje figlie soje — G. Bas. 20, 77. 
Aspettaje nil a ttanto, che li fegliule furono de sette anne — G. Bas. 20, 51 . 
Tra chisto miezo sette femmene de mala vita traseltero nzospetto — G. Bas. 

20, 41. 

(2) E ffacenno doje lave de V uoechie. disse a Peruonto — G. Bas. 20, 53 . 

(3) E P avette mediante n' amico fedelon* , ch' era paggio de chillo benigno 

segnore — Cbrl. 7, 10. 
Nchella fuje lo guappone, si be pare 

Che sfacciato non sia cacacauzone — Fas. 14, 61. 
Ah furbacchiotfe ! 

Vuje mme facile troppo nzembreclon* — Stigl. 9, 249. 
a lo Vecchione 

Ziflfe zaffe a le cchiocche nee le sbatte — Stigl. 9, 197. 

(4) Chesta è na cava/Zona, 

E llu si no sforcalo — L. G. Spas. 5, 2. 
Ora tu che si stata /kte/ona, 
St'aflfaro piglia coram' a ttujo mperzona — Piccin. 2, 171. 



— 87 — 

Ii plurale maschile di questi aggettivi si forma can- 
giando V o tonico in u. Cosi : plurali di contentbne > 
cavallbne,fedelbne, guappbne, nfambne, nzembrecibne, 
recchibne, vorpbne sono contentbne , caoallhrte , Jede- 
Ihne, guapphne, nfamhne , nsembrecihne , vecchihne, 

vorphne (1). 

11 plurale feminile poi si forma o cangiando in une 
la desinenza ona del singolare feminile (2) , o pure 
cangiando soltanto in e l'ultima vocale di questo, come 
specialmente i moderni scrittori fanno (3). 

Si vue che la gepte guappona. de mare 

S' addorme — Quattpom. 531. 
Leila, ch' era la cchiu granne e la cchlù nzembrecton* , responnette — 

Sarh. 22, 225. 
Giulietla era simpatecon*; ma nchillo momento non era cchiu feglioia, era 

na fata — G M. Spas 3, 15. 
Cbella è na vecchionn,, che se fa strascenà pe la casa dinto a na seggia co 

le terocciole — Tottola. L' Infanzia accusatrice, 1.0. 
Chesta po ncuorpo è na vorpona — Pag. 17, 47. 
£ ttu piglia, vota, e gira, 

ZeteUona. aje da resta — C. P. Spas. 3, 30. 

(1) Erano contentant; e cchesto è ccerto — G. M. Spas 5, 18. 
Sarrà controra, e lloro fanno li cawllune — Vott. 149. 
Vo che nuje vere fedelvtne simmo — Pac. 17, 40 
Accossi V allocignano lo core 

Duje guappxme ntmmice, Ammofe e Nnore — Fas. 13, 150. 
Armerico e Giacchino , duje nfamune peggio de chille d' ogge — - R. d' A. 

Spas 4, 5. 
Vuje cercate 

De repassa nuje autre nzembrecinne — Anon. Vierze, 13. 
Ntra li vecchixme 

Tanto a ttutte de sinno s' avanzava, 

Quanto d* anne e de varva V accoppava — Sticl. 10, 237. 
Cupe e borpune ncuorpo, no lé scanze — P.ag. 17, 93. 

(2) Sautannoce na mano dc femmene cavalliwe pe ccoppa, tutte nee mmorra- 

vano — G. Bas. 20, 228. 
E ttanto seppe dicere e pregare, che le nzembreclune de le ddoje sore nee 

la prestattero — G Bas. 21, 137. 
Le ttre segnore a lo cammenà e a lo parla devano a conoscere che erano 

tre zetellune a fforza — G. M. Spas. 4, 19. 

(3) Ne tte penza ca songo caixdlone 

E cca smestenno li guagliune vanno; 

Ca simbe novant' anne camparranno 

Restano membrecione — Ano*. Vierze, 25. 
Setnpatecone lolfrice meje, avite avulo maje nesciuno che vel'ha menata? — 

G. M. Spis. 3, 51. 
?ta co dduje cavalière e ddoje vecchione; 

Che s' ha porlate, into a no paveglione — Fas. 13, 124. 
Kcc stanno pe le nnenne zefellone 

Le mmortatclle e le rrecotte bone — G. M. Spas. 5, 11. ., 



— 88 — 

51. Gli aggettivi diminutivi si formano : 

a) Cangiando (oltre al dittongo tonico ie in e, se n'è 
il caso) la vocale finale deir aggettivo semplice in 
illo od in ièllo. Cosi: diminutivi di bello } pôvero, tihn- 
nerosonobellillo, poverihllo, t.ennerlHlo (1). 

b) O aggiurigendo alPaggettivo semplice la desïnenza 
lillo. Cosi: diminutivi di allégro, frisco sono allegro- 
lillo, friscolillo (2). 

c) O cangiando V ultima vocale deir aggettivo sem- 
plice in iccio. Cosi : diminutivo di malàéo è mala- 
iiccio, (3). 

Il feminile degli aggettivi diminutivi fôrmasi can- 
giando in a la vocale finale, e cangiando, se occorre, 
in e la vocale tonica i o il dittongo tonico ie del ma- 
schile. Cosi: feminili di allegrollllo, rus$ol\llo 9 frisco- 
lillo, chiagnusihllo, poverihllo, tenneriUlo, malaftccio 
sono allegrolkllK, russofàlfa, JrescolUfa , chiagnosWl* 
poverèllti, tennerUlk, mataticcin (4). 

Il plurale poi, tanto maschile, quanto feminile, di que- 

sti aggettivi si forma cangiando in e Y ultima vocale 

o il dittongo finale del loro singolare. Cosi: plurali di 

frescolillo, poverièllo 9 tenneriètlo , malattccio sono 

(1) Pon' autro cchiù belllllû ~" 

Pretenne la nfelice — G. M. Spas. I, 9. 
Lo quale essenno poverièllo poverièllo, accattaje tre pporchette a tire fe* 

gliole —G. Bas. il, 156. 
Lo cuoco ch' era tennerlello de premmone, n* avelte compassione — G. 

Bas. 21, 170. 

(2) Ma Tancrede, che sta cchiù a!leqrollllo, 

Pe ssapcre chi era, disse a cchillo — Fas. 14, 42. 
Già che lo vieato era friscolillo, Ciullo se mese a llejere — Cort. 4, 134. 

(3) Lo chianchicro te venne 

No caperrone viecchio e mmalatlcclo — G. B\s. 21, 126. 

(4) Disse agnuno na cosa allegrolella. — Pag. 17, 179 

E se nne steva janca e rrossolella. 

V Aurora passejanno a cchillo ffrisco — Cort. 2, 66. 
Vide na rosa janca mmertecata 

Nfra 11' crva frcêcolell* e addorosa — ûlita, Can. 3, ott. 24. 
Ma la regina vecchta chiagnosella, 

E spaventata 1' afferraje pe mmano — Stigl. 11, 241. 
£ co la lava de lo chianto 1' arma poverella, sciuliaje fore de lo cuorpo — 

Sarh. 22, 198. 
Ncoppa no matarazzo d' erva tennerella pagaro lo dazio de lo repuoso — 

G. Bas. 20, 196, 
No pecchè Rosa 

O fosse na sguajata o malaticcïa, — L. C. Spas. 4, 29. 



— 89 — 

frescolillGy pooerihlfo, tennerièlle, malatlcce (1); e plu- 
rali di Jreseolèll& f poverèlln, tennerèllh, mala ti cela sono 
frescolèlle, pooerètle, tennerèlle, malaticce (2). 
52. Gli aggettivi peggiorativi si formano in ispecie: 
a) Cangiando in azzo V ultima vocale degli agget- 
tivi semplici. Cosi: peggiorativi di braoo, nfamù sono 
ibraeazzo, n/hmazzo (3). 

6) O cangiando 1' ultima vocale deir aggettivo sem- 
plice in uogno, mteco od uoceno. Cosi : peggiorativi 
di scarzo, giallo e verde sono sca/^uogno, gialluoteto 
e verduocenù (4). Perô queste desinenze oggi sono an- 
date quasi tutte in disuso. 

Il feminile di questi aggettivi si forma cangiando 
in a T ultima vocale ed in o il dittongo tonico no del 
maschile. Cosi: feminili di bravazzo, gialluoteco, sear* 
ZROgno, nigmogno, verduogno sono bravazzb, giallo- 
tec&, scarzogp*, ni grogna, oerdogrt* (5). 



(1) Ne le ffa sulo attuorno frescolille, 

Ma le ttene porzi dinto adacquale — Fas. 14, 162. 
Da IP uocchie a li (rojane poveriell* 

Arrobbaro le nnuvole lo juoroo — Stigl. 8, 13. 
Già ffatto aveaoo li cartagenise 

Mmiero d f Anea 11 core tennerièlle — Stigl. 8, 37. 
Stanoo sempe senza foglie, 

Azzellute e mmalaticce — Quatthom. 202. 

(2) Stesa ncoppa de U' erve frescoleUe, 

Passa lo tiempo tutta P autra gente — Stigl. 10, 227. 
Gbe avimmo fatto maje nuje poverelle, 

Ghe Giove nce ha manoaia chesta croce ? — Morm. SO. 
E lo jeva accossi tutto scarfanno 

Nfra cbelle braecia jaoche e Uennerelle — Stigl. /O, 259. 
Tene doje figlie sempe malalicce — Anon. Vierze, 34. 

(3) Saglie ncimma la torre lo brav&zxo 

Turco a bbedë che se faœa a lo chiano — Fas. 14, 236. 
Àvevano vecino 
V ajuto de lo viecchio rre n/amazzo — Fas. 13, 239. 
(i) Noante s' onora, se loda nnassenza, 

£ sse soccorra a lo tiempo scarznogno — D' Ant. 23, 80. 
Addimmannaje a Ctianna che ccosa avesse, che stavà accossi moscia e de co- 
lore gialluoteco — G. Bas. 21, 93. 
E ssoDgo cchiù berdnoceno de II' acce — Sgrutt. 1, 69. 
(5) Trôna e llarapa la lengua toja bravazza. 

Mo che sta nfra le mraura e le ttrencere — Stigl U, 169. 
De cera giallotec* e spantata 
Da chille vuosche no cerf ommo asccva — Stigl. 8, 255. 



— 90 — 

Il plurale poi, tanto maschile, quanto feminile, di qu< 
sti aggettivi formasi cangiando in e V ultima vocal* 
del loro singolare. Cosi: plurali di bravcuszo, nigruo 
gno, verduogno, gialluoteco, jancuocene sono bravaz*t y 
nigruogne, verauogne, gialluoteche, jancuocene (1); r 
plurali di braoazzk, scarzogn*, giallogna, , gialib'ec* 
verdhienK sono braocuMb, scaraogne, giallogne, gialli 
teche, verdbcene (2). 

§ IV. 
Aggettivi comparativi e superlativi 

53. Gli agge'tivi si rendono comparativi premettendo 
la particella cchiii. Cosi: comparativi di sbentorato , 
negra , vasce, nnorate sono cchiîi sbentorato y cchik 
negra, cchiii basée , cchih nnorate (3). 



Non essere accossî scarzogna. de la vista toja — G. Bas. 20, 119. 
Ma veo, si no mme nganno, 

A ccbella fratta starece na pella 

De colore negrogna. — G. Bas. 12, 185. 
E cchella faccta, che mo è ghianca e rrossa, 

Verdognx addeventà la faciarria — A. T. Spas. S, 16. 

(1) L'abbiaje 

Co li cavalle nobele e ccorazze 

Scervecchiate a li Rutole bravozze — Stigl. 11, 151. 
E nee so schiuse 

Verrucole nigruogne — Rocco, 23, 99. 
Aveva 

Ll'uocchie janche o berduogne comm' a ggatta — Pag. 18, 121. 
Faje ire, comm* a mpise, 

Gialluoteche V amante pe lo munno — Sgrutt. 1, 217. 
E ntra doje foroa vedè puoje 

LP uocchie appena, jancuocene e scazzate — Pigcïn. 2, 10. 

(2) E a la pace e a la guerra erano chellc 

Le ssoje bramzze e le ssojc dammecelle — Stigl. H, 201. 
Restaje animisso da la libéralité de na femmena , essenno de natura taLto 

tcarzogne — G. Bas. 20, 20. 
E de corimbc na gran manejata 

Ntra lellare giallogne essa scomparte — M. Farao, Bucc. 37. 
Lavre mpeteniate de no cantaro, 

Che non saje si so berde o so gialloteche — Cort. 4, 210. 
Che berdocene sempe ave le bacche — Rlcco, 25. 89. 
(5) Non saccio chi è de nuje cchlù sbentorato — Mohm. 38. 
E chelP aria cchlù negra de la pece 

Servea pe ssarvaguardia de li Griece — Stigl. 8, 127. 



r 

— 01 — 

Perô sor.o di loro natura comparativi , invariabili e 
di ambo i generi gli aggettivi meglio e peo (1) ; seb- 
bene qualche scrittore abbia dato loro génère e nu- 
méro (2), e aualche altro abbia adoperato megliore 
per meglio (3). 

E sono per se stessi comparativi , e di genere co- 
mune, gli aggettivi maggiore, minore e sopriore (4) , 
i cui plurali maschili, che soli e raramente si usano, 
escono in are (5). 

* __ . 6- 

V ommo granne non deve dare mar esempio a H coliiù basée — G. Ba 

20, 212. 
Fra le coose cchiù nnorate 

Che s' asciano a lo regno de ie stelle, 
Eje la Luna — Cort. 2, 199 
(1) Argante avelte 

Lo meylio vraccio ncoppa, e lo peo sotia — Fas. 14, 188. 
Ma non sanno 

Scegliere pe fi mo la meglio via — Com. 2, 6. 
Nzomma se so accocchiate a sto maciello 

Li meglio ammice, eh* aggia Farfcriello — Capas. 15, 159. 
I N' autra petiole la se sarria puosto sette gonnelle de le mmeglio , che nee 

songo — Sarn. 22, 181. 
Se prattecava co mmale femmene, pigliava la peo carne — G. Bas 20, 304. 
Da le quale fu co tlriste parole e ppeo fatte cacciala — G. Bas. 20, 237. 
Pocca la figlia faceva ire co na gonnella de saja, e la negra flgliastra co le- 
I ppeo zandraglie — G. Bas. 20, 352 

i (2) Damme la me JitL de cheste (rezze — L. S. Spas. 4, 42. 
| O tu streppegna de li meglio Deje — Quattrom. 389. 
, Se piglia lo dellietto 

De zucarse la matina 

Le meglio erve che nee so — Quattrom. 376. 
La vocca pare chiaveca majesta 

< h' è cchiù pevBL de tutte le ssentine — B. Vales. 7, 148. 
Li pev* juorne se stipano all' ultemo — B. Valrn. 6, 111. 

(3) Se vuoje tu po sapé chi è lo megliore, 
Mo te lo mmezzo — Rocco, 25, 225. 

(4) Venezia, livro maggiore de le mmaraviglie de V arte e de la natura — G. 
Bas. 21, 98. 

Lo prencepe co la maggiore prejezza de lo munno la fece meltere a na log- 
gia — G. Bas. 20, 37. 

Meo, eh' era lo fratiello menore. non avenno nova de Cieozo, le venae ncra- 
piccio de irelo cercanno — G. Bas. 20, 95. 

Lo fegliulo, ped' essere de menore etate, sarria lebberato — Cort. 4, 198. 

Lo quale chianefa eje sopertortt de Veuere , de Marte e de Cintia aooora — 
Zito, 3, 30. 

Si po nce stesse quacche perzona destinta o sopriore, la porzione cchiù mme- 
glio s' ave da dare a essa — Vott. 18. 

(5) Le fece li maggfure cartzze de lo munno — . G. Bas 20, 95. 
Lo diuno accresce spireto e ccoraggio e nce renne êupriure a nnuje stisse — 

Rocchi, 3, 172. 



— 92 — 

Avvertiamo poi che qualche scrittore fa terminare ii 
a il feminile singolare di tali comparativi (1). 

54. Si forma il superlativo semplice cangiando ii 
issemo pel genere maschile, ed in issmna pel genere 
feminile, Tultima vocale deir aggettivo. Cosi: superlaj 
tivi semplici di bello e granie sono belùssemo e beU 
/issema, granriteaemo e granràs&emi (2); e i plurali d\ 
questi sono ôeMlsseme e grannlmeme (3). Avvertiam< 
poi che lo Zito nell edizione del 1628 del suo Defenne 
rniento de la Vajasseide dà ai superlativo feminile'fc 
desinenza in essema, dicendo ôeMèssema e grannèmemu] 

Perô, diventando superlativi , gli aggettivi maschilr 
-cangiano in o il dittongo tonico no. Cosi: superlativo 
-di buono e gmosso sono bonissemo e grossissemo (4). 

Ii superlativo comparativo poi si forma mettendo m- 
nanzi air aggettivo la particella cchiîi preceduta dal- 
Tarticolo (5). 

•(1) A sta sora mia minora. 

Già Ji'è sciuto no partito — G. D. Spas. 4, 16 
Quanno la carna se doma e se smorgia, 1' arma se nne renne superior*. , e 
non se lassa abbencere — Rocchi, 3, 155. 

(2) Vedenno uno che porta va no beULsaemo farcone, subbeto se lo compraje— 

G. Bas. 21, 98. 
Vedde na fa/fissema giovane a li piede de no brulto dragone — G. Bas. 

21, 32, 
Pe 1' ajero fo apparccchiato no prannlssemo binchetio — G. Bvs. 20, 128. 
Ha na torre ^rannlssoma mmentaje — Fas. 14, 168. 

(3) Senza troppo affanno fece duje bellLsseme flglie mascole— G. Bas, 21, 117. 
Ne' erano belliaseme campagne, giardine de spanlo, na casa de segnore co ' 

ttutte le cconunodetà — G. Bvs. 21, 192 
Non pe cchesto devo re sta re de dicere che 1' arteficie de lo poeta nuostro non 

siano prannisaeme — Zito, 3, 150. 
Pe ppascere l' anemo sujo de cose £rannisseme, se pose ncorte de lo se* 

renissemo Granduca — Zito, 3, 195. 

(4) Puro era no bonissemo fegliulo — Quvttrom. 36. 
Chisto ha fatto 

Nfra T autre no grossissemo marrono — T. Val. 19, 220. 
<5) Quann' eccote Polilo, lo ocblù bello 

Figlio che avesse, che fujea feruto — Stigl. 8, 157. 
Aveva no figlio ch' «ra le cchiù yrwwe sarohiopto , che avesse crejato la 

Natura — G. Bas 20, 48. ! 

Aveano fatto rrc lo cchlù saputo \ 

De le rrazzimme lloro — Lomb 5, 12. i 

Mperzô de tutto puuto s' ô bestuto, 

E ppuosle goarnemiente 11 cchlù belle — Cap as 15, 211. i 

je non s' è ffalto da li cchlù sapute — • Lomb. 5, 83. 



— 93 — 

Talvolta perô il superlativo semplice si ottiene pre- 
m ettendo ed incorporando ail' aggettivo la particella 
arce (1), ovvero premettendogli cchiîi ca (2) ; sebbene 
taluno, per denotare la qualità portata air ultimo se- 
gno, abbia aggiunto la particella arce al - superlativo 
stesso (3). 

Sono poi superlativi di loro natura, quantunque ra- 
rîssimamente usati, massimo, minemo, infemo, ottemo 
e pessemo (4) ; i cui feminili sono massent*,, minemb, 
injem*, ottemu e pessemo (5) ; ed i plurali sono mas- 



Restaje ntra le braccia de lo prencepe la cchiù bella cosa de lo munno — 

G Bas. 20, 211. 
Le deva a mmagnaie de chello che aveva co la cchiù yranne affezione de 

lo munno — a Bas. 20, 191. 
Pazziava co no sorece, che ffaceva le cchiù belle mutanze de ballo — G, 

Bas. 20, 306. 
Lo coocestoro / u ffatto da le cchiù prodente e saccente — Zito, 3, 92. 
(i) Chi non lauda chist' omrao a.rcesaputo 

Abbesogna che sia becco cornuto ■ — Capas Sonet 211. 
Ha che? M' addorarrisse arce/vtenfe — Fas. 14, 211. 
Ausollaje 

Na voce che mpossibele pareva, 

Ma po vera, arcevera la trovaje — Stigl. 8, 223, 
Gomme te pare ne? — Bona sa, arcefema — D. Annioga 18. 
Nce faceano la mmira zitto zitto 

Li primme Arcesapute arraglialure — Lomb. S, 13. 
. V arrure 

De vuje ante poète vrcegnorantc — Capas. Sonet, ediz. del 186, 254. 

(2) Venz' isso, è ccosa vera, e cchiù ca vera — Fas. 13, 88. 

£ perzo la stimmava cchiù oa degna de Y essere mogliere — G. Bas. 21, 76* 

(3) Da ommo ch' era addeventà m* ha ffatto 

No arce«ottenissemo ciuccione — Piccin. 2. 133. 
Tu stcssa schitto, dannome te stessa, puoje essere la mia arcefcmlssema 
fortnna — Cort. 4, 150. 

(4) Pe n' essere tenato da somiere, 

A lo rre dette o' oltemo conziglio — Cort. 2, 133. 
Se nue jezero pede catapedd, de manera che non se senteva no minemo sfru- 

scio de piede — Sarn. 22, 196. 
La sgratetadene e ttanto pessemo vizio, che secca la fontana de la mesere- 

cordia — G. Bas. 20. 99. 
(3) O Caterioa, nfra le granne masêema — D. Bas. 12, 21. 

Pe lo cche poser o aflelto ad ogne menemn, cosa — Zito, 3, 24. 

Sentese ancora a Nnapole che na perzona infem* jarrà a pparlare ad uno 

che le sarrà soperiore — Zito, 3, 110. 
Aje fatto n' azzejone 

Ottema. veramente — Itto, La costanza corona ta, 18. 
Na sera arrivaje co na jornata pesiema, a na taverna — G. Bas. 21, 141. 



— 94 — 

«se/ne, mineme, e otteme pesseme (1), ai quali superla- 
tive corne se fossero semplici aggettivi, alcuni nanno 
messo innanzi Ja particella cchih preceduta dair arti- 

colo (2). 

CAPO TERZO 
Del verbo 

§i. 

Avvertenze generali sui verbi 

55. Mettendo da parte quanto riguarda i modi , i 
tempi, i numeri e le persone, perché sono cose note $. 
tutti, diciamo soif anto che nel dialetto napoletano sono 
tre le conjugazioni dei verbi : la prima , di quelli che 
air infinito présente terminano in are , corne amàre , 
Jraveckre , magnkre ; la seconda f dei verbi piani o 
sdruccioli, che terminano in ere, come cadève, Parère, 
«opère, vèvere, respdnrwre, chiùdere; la terza dei verbi 
che air infinito présente terminano in ire, corne ferïre, 
perlre, stordïre. 

Perô avvertiamo : 

à) Che l' infinito présente di quasi tutti i verbi sdruc- 
cioli che finiscono in ere puô terminare ancora in ire. 
Cosi puô dirsi aglidttere e agliottïre, mèttere e ma- 
rtre , ntrattènevè e ntrattetàre . scènnere e see/i/.ire , 
chiàgneve e chiagnïre (3). 

(i) Pecchè li campe, c'hanno terra molla, 

?oag* otteme ? — Rocco, 25, 105. 
Scriano da ccà ssi pesseme Spagnuole — P. Martorana 268. 
£ cchistc e cchille haono avuto cooseguenzie pesseme — Rocchi, 3, 451 
E lia le fa scontà co ppene e stiente 

Cierte defiette e mineme peccate — N. de R. Spas 3, 36. 

(2) La dieta è lo cchiù oltemo labbacco d'ogne maie — G. Bas. 20, 290. 

E ttagliale puro la leogua a mmalora, en' è la cchiù pessema cosa clie 

po avère na femmena — Ckrl 10, 6i. 
V aggio fatto p' ordene vuosto la cchiù pesseme cauetà che se poono fare' 

a sto muono — Cbrl. 19, 22. 

(3) fila restaje 

Ncanna a lo rre, che no nze lo polie 



— 95 — 

6) Che raramente , e forse abusivamente , alcuni 
fanno terminare in ire gV infiniti dei verbi piani ehe 
finiscono in ere, dicendo rommanïre invece di romma- 
/zère Cl). 

c) Che *r infînito présente di alcuni verbi terminati 
in ire, puô ancora terminare in ere. Cosi puô dirsi 
tenure e sèntere, paAre e patbre , compar\re e com- 
parers (2). 

d) Che V infinite) présente di pochi verbi puô termi- 
nare in ere breve, in ere lungo ed in ire, Cosi ; si 
puô dire tènere, tenhre e tenir e (3), mantènere, man- 

tenère e manterùre (4). 

■ ■ 

Aglioltere sta vota — Lomb. 5, 54. 
Maro chi mmano de sti cane ncappa, 

Ed ave d' aglioUi sT araaro frutto — Pkrrcc. 16, 80. 
Non te mettere co H rine votate a l'autaro maggiore — Vott. 11. 
Da le Sserene po metti se fa 

No man to, che de foglie era ntessuto — Piccin. 2, 17. 
Pe la ntraUenere 

BT aggio a nzorare — L. C. Spas, 4, 35. 
Spedie lesto 

N' Angelo a ntrertteni de tulla pressa 

Lo vraccio a cchell' Arpia — Piccin. 2, 129. 
Lo viecchio fece scennere lo ptcctotto, e se stezeisso a cavallo — Vott. 81. 
Ed hanno a gran sbreguogno ntant' arzella 

Scenni d' Adamo e d' Eva poverella — Pag. 17, 155. 
Na certa segnora sentie tutta la notte chiagnere sli fegliule— Sar. 22 4 263. 
Ma, ntanto io sto a chiagni, caro Nennillo, 

Ta, pe mme conzolà, faje no resillo — Piccinni. 2, 233. 
{[) Pe te fa abbedè ca H boglio rommani propio a li calure , accattammenne 

doje — Vott. 56. 
Se facesse asci duje sorde da la sacca, si non bo rommanwe co lo golio 

ncanna — L. C. Spas. 5, 20. 

(2) Fuorze sarrà ca oje la verefa no nze po «entire «— Vott. 10 

Po teneno mente che atte fanno chiile che stanno a tenter* — Vott. 9 7. 
Ch' aggio fatto io poveriello 

Che mme faje tanto pati — R. Sacco, Lo Benassaje. 
E potarrite, accossi bive e verde, 

Palere che sto paopolo se perde? — Cvpas. 15, 187. 
Ma mo potimmo pe grazia de lo Cielo comparlr* fra la genie — G. Bas 

21. 3i 
Ne bedennolo ochiù eomparere, maonaje a bascio a lo cortiglio — G. Bas. 

21, 149. 

(3) Ca mo non ce puô tendre la capo — Quatteox. 237. 
Ma la famma lenguta e forcelluta, 

Che tre cicere manco po fenere, 
Pe tutte le goagnastre era già ghiuta — Cort, 2, 4. 
Se fanno tanta sqoase e squasille, che te cride de teni la cannela — G. Gk- 
NOiNO, 1835, 33. 

(4) E si se ntrovola 



— 96 — 

Quali poi sîano tali verbi si apprenderà con V uso. 

56. In tutti i verbi , le voci plurali degl* imper- 
fetti , del passato rernoto e del condinonale présen- 
te si forrnano aggiungendo allé corrispondenti voci 
del singolare la sillaba mo per la prima persona, 
la sillaba vo per la seconda persona e la sillaba no 
per la terza persona. Cosl: del verbo avere , essen- 
do aveva , avive ed aveva le voci singolari del- 
Timperfetto dell' indicativo, saranno avèvamo, avioeJO 
ed avèvano le voci plurali (1); essendo avètte , aviste 
ed avètte le voci singolari ael passato rimoto, saranno 
avèttemùj avistevo ed avètteno le voci plurali (2); es- 
sendo avèsse, avisse ed avèsse le voci singolari del- 
V imperfetto del congiuntivo, saranno avèssemo , avis- 
se\o ed avèsseno le voci plurali (3); ed essendo final- 
mente acarria, avarrisse ed avarria le voci singolari 
del condizionale présente , saranno avarriamo , aoar- 
rissevo ed avarrlano le voci plurali (4). 

Si avverta perô : 

a) Che la terza persona plurale dell* imperfetto del 

La fantasia, 

Chi po mantenere 

La capo raia ? — E. R. Spas. 2, 17. 
Fa la prijera 

A cchillo Dio che nee sta a mantenè — G. M. Spas. 2, 26. 
Mo 'die mme nzoro puoje mantenl sierve ? — D' Ant. 23, 129. 
(t) Mme scordaje, comme te scordaste tu quanno avevamo da i a ssenti la co- 

meddia — Vott. 179. 
Magna vevo ciente e docienfo vcvanne lo juorno, e non avivevo nbbesuogno 

dc la pizza — Vctt. 164 
Ogn' anno avevano da dare ad Arfonzo no vacile d'argiento— L. C. Spas I, 27. 

(2) A pprimmo fujerao puostc dint'a na cantina; po avettemo seje cate d' acqua 

ncuollo — Vott 117. 
Secunno la leltera che avistevo una che nne decile , lo matremmonio se one 

va nfummo — E. Fcappbtta. 1, 189. 
Tutte duje avelteno V ordene d' asdre subbcto da Napoie— L. C. Spas. 2. 18. 

(3) Sto doviello 

Me pare che V avessemo a 1 leva re — Cort. 2, 117. 

Accossi avissevo lo pararoiento de 1' uorco — G. Bas 20, 3^7. 

Azzô lloro medeseme la guerra 
Non s* avesseno data pe la pace — C^rt, 2, 123. 
(A) Mcglio sarria perrô, che se nne jesse, 

Ca n* avarriamo tanta cacavesse — Gapas. 15, 91. 

Chesta è la scola che date a cchille ch' avarrissevo mezza la via de lo Pa- 
ra vi so ? — Rocchi, 3, 106. 

Tutte T autre avarriano joquato a banco falluto — G. Bas. SO, 126. 



— 97 — 

congiimtivo puô uscire ancora in ro , dicendosi aves- 
seno ed avessero (1) , facesseno efacessero (2) ,pch 
tesseno e potessero (3), volesseno e volessero (4). 

6) Che la terza persona plurale del passato rimoto 
de' verbi in are non solo esce in àjeno, o kino ma ancora 
in àronô, ed anticamente, specie in poesia , anche in 
aro, dicendosi egualmente a^àjeno, awsftrono ed wh 
sàrô (5) ; me/iàjeno, me/iàrono e meuhro (6) ; piglifa 
jeno, pîghnrono e piglikro (7). 

e) Che la stessa terza persona , ne' verbi in ere ed 
in ire, non solo esce in ètteno, ma ancora in èttero, 
ed anticamente, soprattutto in poesia, anche in ero, di- 
cendosi egualmente dtcètteno, dïeèttero e dichro (8); 



(t) Ncimm' a le stelle mo slarriano mise, 

Si ccà li cigoe abesseno cevate — Piccin. 2,11.. 
Li Rutole gridaro : Uh ! mamma mia ! . 
Comm' avessero visto li papute — Stigl. 10, 221. 
(2) Che ffacesseno lloro ncrosione — Cort. 2, 121. 

Faceva pregare sempe li Deje, che facessero ntorzare la panza a la mogliere— 
G. B s. 20, 109. 
(5) Co lloro se portaino pane, e ccaso, 

E bino, azzô potesseno campare — Cort. 2, 164. 
Aggio cercate patte, che mme pareva mpossibele che se potessero comprire— 
G. Bts 20, 194. 

(4) Àddemmannaje che ccosa volesseno che le portasse — G. Bas 20, 78. 

Mo mme volessero lapedejà, pecchè predeco co lo Taliano de Napole ? — 
Rocchi, 1,7. 

(5) Addô s' arrecettajeno 

Pe nzi che la matiaa non s* auzajeno — Lomb. 5, 159. 
£ H compagne auzarono li strille — Stjgl. 11, 99. 
Viva Gia, viva Gia, la voce auza.ro — Stigl. 9, 111. 

(6) Lie meaajeno no chiappo a la scorretore ncanna , c lo mpennetteno — L. 

C. Spas 1, 19. 
£ échelle ntose 

Lo menarono mmiezo a ttanta guaje — Quattrom. 306 . 
Perzô li turche buone le mena.ro 

Sempe a ccuorpo de tutare e sgrognune — Cort. 2, 83. 

(7) Se pigli&Seno a ppettenare 

GrammegQone ed Achille — Capas. 15, 7. 

L' aneme de lo Pregatorio te piglia,rono pe la cimma de li capille — Roc- 
chi, 3, 24. 

Li cuoche, besognannole ajuto, lo piglia.ro pe guattaro — G. Bas. 20, 222. 

(8) Dicotteno li maste de la festa; 

Ê ffernuta pe buje la sciorta perra — Çocoz, Spas. 2, 56. 
Le ssore, fattose cadere na matassa de filo, decettero: o mare nuje ca sim- 

mo arroinale ! — G. Bas. 20, 178. 
E nne 1' accompagnarelo decero : 

Quanto dovimmo a lo favore vuosto ! — Pag. 18, 80. 



— 98 — 

vedetteno, vedhttero e vedhro (1); trashtbmo, trasHte- 
ro e trashro (2) ; as cette no, ascèttero ed ascèro (3). 

d) E che oggi, nella formazione della prima voce 
plurale dell* imperfetto dell* indicative , si cangia in e 
T a che precede la sillaba mo ; e , nella formazione 
délie seconda persona plurale, si aggiunge ve in vece 
di to alia corrispondente voce singolare , dicendosi 
cantaoemo , rattevemo , in vece di cantac&mo f vatte- 
V9,mo y e dicendosi cantavevti, cantasseoe, cant or risse- 
ve, vattioeve, vattisseue, cattarrisseoe in vece di can- 
taoevO) cantassevùj cantarrissevo, vattivevo, vattisseco, 
vattarrisseco. 

57. In quanto al futuro semplice f oggi il popolo e 
gli scrittori, nelle due prime voci del plurale, sostitui- 
scono le desinenze arràmmo ed arrfcte aile desinenze 
arrimmo ed arrite non mai violate dagli antichi, di- 
cendo/acrarràmmo, pec/arràmmo, yarràmmo , trovar- 
ràte , fe/mrràte , ved&rrkte (4), in vece di/aciarrim- 



(1) Appena che li Seciliaae vedettano compare 1' armata aragonese , tutte U 

Francise fujeoo scaonate — L. C. Spas. 1, 17. 
Auzatese da lo lietto, twdettaro se le stentine erano sane— G. Bas. SO, 40. 
Stoppafatte ed attonete restaro 

Quanno accossi trincato me vedvro — Cort. 2, 188. 

(2) Chist' urdeme trotetteno a la Talia V anno 409 — L. G. Spas. 1, 4. 

Le Ffate , senz' essere viste, trosettaro dinto la cammara soja — G. Bas. 

SO, 181. 
Tardolillo into Napole Irosero — Pag. 18, 153. 

(3) Sle ccose fujeoo protette e ncoraggiate; perzô n'aicetteno uommeoe co le 

ciappe — L. G. Spas. 1, 16. 
Tanto lo stregoe e sbalte pe le mmura 

Gbe r (ucettero V uocchie — Stigl. 10, 141. 
Sti signure lo craje, ncfae fece juorno, 

Da lo palazzo atcero — Pag. 18, 126. 

(4) A Banabucco 

Na sescata a ddoje deta /aclarrammo — L. R. Spas. 2, 31. 
Nuje cchiù non verfarrammo, ahje morte cana, 

Spontà lo Sole — G. B. Spas. 4, 36. 
Ncopp' a n' isola ;arrammo — L. A. Spas. 4, 38. 
V assecuro 

Che nn' aterno maje cchiù me Jrovarrate — L. R. Spas. 4, 24. 
Nne potite stare secura ca non me /«narrate maje p' amico e pe frate — 

L. G. Spas. 4, 20. 
Ma si ascimmo da ccà, vedarrate 

Ga sti pazze so mmeglio de 1' ate — T. Spas. 1, 3. 



— 99 — 

mo, ocdarrimmo, yarrimmo, trov&rrlto, tenarrlte, ve- 
«farrite (1). 

58. In oltre, osserviamo che : 

a) II popolo napolitano non fa mai uso del par- 
ticipio présente , benchè alcuni scrittori 1' adoperas- 
sero, e sempre, o come aggettivo o come nome (2). 

6) E che poche volte fa uso del futuro, ad esso so- 
stituendo il présente deir indicativo (3). 

59. I napoletani in oltre adoperano ordinariamente 
le voci del présente dell* indicativo per il congiuntivo 
présente. Cosi: di restore, mèttere, vedère^ tenère, serin 
tire, venire, voci tanto dell'indicativo présente quanto 
del présente del congiuntivo sono resto, rieste, resta, 
restàmmo, restate, rèstano (4); metto , miette , mette. 



(!) £ nnuje, che avimmo 

Da vennecarle, no lo fùciarrimmo ? — Lomb. 2, 209. 
Va, e ppiglia no fascio à' erve deverze, ca verfarrimmo de contentare sti 

regnoîa — G. Bas. 20, 194. 
Go cchisto, si Di vo, jarrimmo a Troja — Capas. 1&, 147. 
Corrite, ca sta sera 

ta sciorta vosta propio ftwarrite — Lomb. 5, 149. 
Ca F aulive la sciamma cchiù ardente 

ftnarrlte allummata — Pflisc. 2, 100. 
Ne vedarrite asempio nne lo cunto, ch* aggio mpizzo de fareve sentira — 

G. Bas. 20, 47. 

(2) Sto soccarzo 

T aggio portalo pe fe fa vencente — Pkrr. 16, i23. 
Totte ste ccose poche juorne arreto 

Faite ir aveano cierto stodejante — Lomb. 5, 19. 
Che le ccayalle de Spagni se mprenano, 

Allecordatose d'avere ntiso na vota da certe ttodrjante, 

CO lo viento — G. Bas. 20, 179. 
E lo dice lo cuorpo pénétrante 

Ca no nvole stojello — Fas. 13, 75. 

(3) No ne* è de che, e mmille grazie : n' antra vota reeevo lo faore — G. Bas. 

20, 89. 
Aje raggione ca si graveta : ma qaanno $1 flgliata, te ttroppeio — Vott. 79. 
Vennimmoce sto malarazzo, ste Ilenzola, e sti scanne, e mmettimmole ncoppa 

a sti tre nnomme, ca vencimmo e nos le ffacimmo nove — Vott. 198. 
Si vene V ora, che mme laccio zita, 

Qje ma, te faccio fare bona vita — G. D. Spas. 1, 13. 
Ah compiatitela, ca de dolore 

No juorno o n' autro Rosella more — E. A. Spas. 1, 30. 
Sorca deritto 

Ca d' ogge nnante cchiù non chiacchiarejo — £. A. Spas. 1, 32. 

(4) lo esco da li panne, io retto ammisso — G. Bas. 21, 262. 
Si po liegge d' Achille lo gra scuto, 



— 100 — 

mettimmo, mettite, mètteno (1); vedo, vide, vede, ve- 
dimmo, vedite, vèdeno (2); tengo, tie ne, tene , tenin* 

■■■il. l 

* 

Rieste vacante — Capas. 15, 1H. 
Ed a mme manco resta 

No suvaro mmarditto de speranza — Cort. 4, 73. 
Nuje reslammo felice e contiente — Quattrom. 199. 
Si a le ccammarere levate la secretezza, che He restate* — Cerl. 16, 155. 
Ne faono tante e cossi grosse, 

Che le ggente nne restano ammerate — Morm. 184. 
E buoje che nee resto io ? — Pag. 18, 282. 
Mo propio, perché rieste conzolato, 

Me vrociolo da coppa sta montagna — Cort. 4, 55: 
Aggio lo muodo che de chillo 

Manco me resta a mmente no pelillo — Stigl. 9, 61. 
V agniento su pigliammo, 

Azzô nuje ntossecate no rrestammo — Cort. 2, 1 16. 
Io, che pporto p' onore chesta spata, 

Voglio fa che rrestate sbregognata — Oliva, c. 13, ot. 46. 
E buono che nuje simmo respettate, 
Ma n' è buono che rrestano scannate — Lomb. 5, 184. 
(i) E mmo nee lo metto dint' a la sacca soja — Cerl. 14, 300. 
Fato mmarditto ! 
Che miette a ffronte a cossi dure mprese 
St* aruoje cossi lontane de pajese — Stigl. II, 317. 
E chi ve mette tale cacavessa ? — Stigl. 11, 209. 
Sempe co 11' arme noste a pparapiglia 

Mettimmo li nnemmice — Stigl. 10, 285. 
Giacchè mpietto a sti giuvene nnorate 

Tanto e ttale valore, o Deje, mettite — Stigl. 10, 237. 
Dace salario a H nnemice suoje, 
Che lo metteno mmiezo — G. Bas. 20, 134. 

Che bolite da me ? Volite che mme metto a ccantà, a rridere, a poazzia * 

Scarpetta, 1, 200. w 

Vesogna che te struje lo cerviello 

Matina e ssera, e te miette V acchiaro — Morm. 67. 
Nee vonno purchie e gente 
Che nee fatica, e che pe ccampe e bille 
Le scippa e mette nfila — Rocco, 25, 81. 
Tu vue- che mmiezo 

Noe Io mettimmo, pe le dà po ncuollo— Lorenzi, La flnta Maga , 2, 144. 
Ve voglio di la ntenzione mia, 8 ' * ^ 

Azzo vuje mme mettite pe la via — Cort. 2, 104. 
Songo sereto, si be me mettono dinto a la Vicaria la peo cacamajma 

Vott. 221. 9U - 

<2) lo be lo bidde e bedo 

Quanto pe cchillo caso fuje storduto — Fas, 14, 137. 
Non bide, scuro tene! 

Che n' amaro crapiccio e bestiale 

Te tira, comm'a bufara, pe nnaso? —• Cort. 4, 8. 
Nora, che bede quant' è nnammorato, 

Spera en' Ammore le farrà jostizia — Cort. 2, 62. . 
A mmala pena nee sedettemo, che nee vedimma adduosso no ciert'ommo 

Sarn. 22, 151. 



— 101 — 

mo, ternie, tèneno (1); sento, siente, sente, sentimmo, 
sentite, sènteno (2); venBo, mené, vene, venimmo, ve- 

Chisto è lo capotroppa de ssa gente, 

•Che bedile pe tlulte ssi pontune — Lomb. 5, 103. 
L' Accademmece songo tant' appassionate co la penejone lloro, che non bede- 

no quanto lo Poeta nuostro ave descritto — Zito, 5, 204. 
So freddure? E io pare che poco nce vedt* — Cerl. 9, 228. 
Ma voglio che lo lampo co lo truono 

Te lo vide e lo siente — Capas. 15, 226. 
Stateve attiente azzô che ognuno vede — Quattr , 594. 
, Tutto sta che bedimmo IV autro appriesso — Pag. 18, 235. 
Azzô vedite quanto co la gnosta 

Cierte ve nnauzarrannD — Lomb. 5, 101. 
E, li nuoste azzô vedeno la caccia, 

Sto chillo a lo Mercato che.se faccia —7 D'Ant. 23, 165. 
( 1 ) Selteciento e na ventina ncirca nue tengo,- camparria setteciento viut'anne — 

Cerl. 14, 247. 
Tu'avarraje la chiave de chisto core, accossi comme tu time lo temmone de 

sta vita — G. Bas 20, 40 ' 
Lo criato è criato, pecchè sta a criato co cchi lo tene pe ccriato — Cerl. 

14, 164. 
E nuje, che lo jodizio 

Tenimmo nchierecoccola — Zkzza, la Mméscapesca, pag. 22. 
Né ttenite autro dint'a ssi cervielle 

Che de ve spollecà ssi mortecielle — Capas 15, 186. 
Le tteneno nforchiate dinto a le teratora pe mmodestià— G. Gen. 1835, 10. 
E si tu vuoje che te ten,o secreto , promiette de rame proteggere contro lo 

Califfo — Cerl. 9, 59. 
Onne che liene 

Autre, vesogna — Rocco, 25, 151. 
Pare che nce lo tene la tenaglia — B. Valent. 7, 212. 
Chisto vo che de cri ate 

No nne tenimmo tanta — T. Val. 19, 224. 
Basta che sulo, 

Sulo na vota mme tenite mente — Anon. Vierze, 28. 
Tant» è lo fforte che mme teneno mente schitto nfacce — Vegl. l'Amante, 77. 
(2) De conzuolo 

Sento non saccio che dint' a lo core — Pag. 18, 205. 
Eilà, non siente? Auza ssa capo nnauto — Morm. 15. 
Nncuorpo no rommore 

De grolia da lo core fa se tente — Fas. 14, 29. 
Sempe nuje stammo sbrisce e scotolate, 

a E le desgrazie a ttommola senlimmo — Sgrut. 1. 175. 
Si T ammore de mamma ve sentiie, 

Sciogliteve sse ttrczze — Stigl. 10, 37. 
Ca chisto naso e cchist' arco de pietto 

Senteno ancora a tulle quante Tore 

Lo fieto e lo dolore — Cort. 4, 30. 
Basta, pe stà contento, 

Che te vedo e te sento — Anon. Vierze, 37. 
Addonca, Stella mia, st* ammenacciare 

Che a nnuje lo Cielo fi, prego che ssiente — Fas. 14, 37. 
Sibbè Quinte liano nne le Costetuziune Oratorie soje pare che la sente aulra- 

mente — Zito, 3, 236. 



— 102 — 

nite, vèneno (1). Avvertiamo perô che a moltissimi 
scrittori è parso meglio formare : 

a) Nei verbi in are, la prima persona singolare del 
présente del congiuntivo , cangiando in a od in e la 
vocale finale della corrispondente voce dell' indicativo 
présente , dicendo rests, e reste , pigli* e piglie, in 
cambio di resto e piglio (2). 

b) E, negli stessi verbi in are , è sembrato meglio 
formare la terza persona singolare del congiuntivo 
présente, cangiando in e la vocale finale della corri- 
spondente voce del présente delF indicativo , dicendo 
reste e piglfo in vece di resta e pigli* (3). 



E io mo volarria che (a penzasse 
Buono no poco a cchesta che te piglie, 
Azzô non le iêeniimmo po li schiaase — Pag. 18, 60. 

Azzô che cchiù strillà no nce tentile 
Gomme fossemo cane mazziate — Anon. Vierze, il. 

Azzô che lutte quante se lo ttentono — B. Va lin. 6, 106. 

(1) Abbiate, ca mo vengo — Cul. 14, 26. 

Mme ntorza la guallara e ffaccio la vozza sempe che mme viene fra li pie- 

de — G. Bas. 90, 31. 
Non avenno asciato sta figliola , mo se nne vene ad arrivarence — G. Bas. 

20, 72. 
Gnorsl, mo nce ne venimmo chiano chiano — Amenda, 11 Força, 83. 
A cche bénite 

Pe ssi guorfe accosà ndiavolate? — Stkl. 10, 33. 
Azzô che mano mano, 

Comme chille le bènèno zompanno, 

Vengano tutte ciacce arreventanno — Lomb» 5, 195. 
Don Ràfaè, fatele compagnia nfl a che vengo io — Scarpbtta, i. 278, 
Quanta vote V aggio da dicere che non voglio che biene ccà — Scarpbtta, 

1, 269. 
Pare che sia destino 

Che nne v ne sofferta e tollerata — E Valbn. 7, 118. 
Resta mo che btnimmo a lo secunno — Zito, 3, 190. 
£ bo che tutte duje 

Mo venite a la mandra — Galluccio, S. Michèle, 129 
Jesce, jesce ccà mo, nnante che beneno — Vecl. l'Amante, 28. 

(2) Non fa che rtsta io mo zero via zero — Pag. 18, UO. 

E buô che io reste proprio nudo e crudo ? — Anon. Vierze, 35. 
Levamette da nante si non vuoje che pigli* no chianiello de chiste e i' ad* 

domma sse spalle — Zito, 3, 197. 
Votame ccà ssa facce, 

Che nne piglie na vista — Cort. 2, 75. 
-<3) E non me euro ca sta galiazza 

Rotta a piezze nce n «le — Stigl. 11, 43. 
Lo buono Archemista passa lo destellato pe la cennere , azzô non piclie de 

fummo — G. Bas. 21, 17. 



— 103 — 

c) È parso meglio, negli altri verbi, formare la pri- 
ma e la terza persona del singolare del cpngiuntivo 
présente, cangiando in a le vocali finali delle com- 
spondenti voci del présente deir indicativo , dicendo 
rnetta. , fcerfa e sent* (1) , in vece di metto e mette , 
vedo e vede, se/ do e sente. 

d) Ed è sembrato megiio , in auesti stessi verbi t 
formare la terza persona plurale del présente del con- 
giuntivo, mufando in a la penultima vocale della cor- 
rispondente voce dell 9 indicativo présente, dicendo met- 
t*no f vèd&no, sèntnno (2), in vece di mètteno, vèdeno, 
sènteno. 

Awertiamo poi che nei verbi , in cui deve aggiun- 
gersi un g alia fine della radice nella prima persona 
singolare dell* indicativo présente, tale g deve aggiun- 
gersi ancora nella prima e terza persona del singo- 
lare e nella terza persona del plurale del présente del 
congiun'ivo (3). 

60. In quaoto all' imperativo , osserviamo che non 
vi sono terze persone, se non quando si parla in terza 



(i) O vaje trovanno ch' io me melta mmota, 

£ te une faccio ghi dioto a na stora — Capas. 15, 157. 
Ca IP uocchie e rreecfaie meje chi me le sserra 

Nod bo che bed* strazie o tent* strille — Capas. Iff, 208. 
Ed io mme sto comme la mbrejaca de Io fuso, comportanno che mme mett* 

pede nnaofe do pede peloso — G. Bas. 20, 92. 
E co Ire para d' ucchiale fa cbe se nee utfa maaco — Zito, 3, 204. 
Xtrammo chiano chiaoo, 

Zzo ch'essa do mme §ent& — D. Bas, 12, 145. 

(2) Dammo cbe taato le ffenestrere , quaoto chesse che abbadaoo a lloro , st 

mettono a la stessa valanza — Rogchi, 3, 413. 
Azzô che tea»© comme ncrodeluta 

Vace a ncontra lo cacciatore — Fas. 13, 222. 
É bregogna 

Che oca Dcoppa se sentKno ste ccose — Lomb. 5, 177. 

(3) Famme chMo tnga 

Guardia p' ogoe marina e cantonciello — Stigl. 8, 69. 
Mo nesciooo nee veo de ssi valiente 

Che tonga pede — - Capas. 15, 159. 
Ne le ffacee omane 

Che Uen%ano te pare — Rocco, 25, 223. 
Si vuoje che oenga, lega sti cane — G. Bas. 20, 114. 
Aggio fatto «entire a Ccienzo Poleto 

Cho se nne fuja, o vença a ppenetenzia — Capas. Sonet. 63. 
Dille che se nne v nçano co mmico — Lomb. 5, 92. 



— 104 — 

persona: ed in questo caso , le voci sono identiche a 
quelle del présente del congiuntivo, con cui hanno co- 
mune il significato (1). 

Per le altre persone, V imperativo è formato dalle 
stesse voci del présente dell'indicativo, eccettuata, oei 
verbi in are, la seconda persona singolare , la quale 
è identica alia terza persona singolare dello stesso in- 
dicativo présente. Cosi: deir imperativo di restare le 
voci sono resta, rest àmmo, restate (2); di mèttere le 
voci sono miette, mettimmo, mettlte (3); di vedère le 
voci sono aide, vedimmo, vecllte (4). ; e di senttre le 
voci sono siente, sentimmo, senttte (5). 

Avvertiamo poi che la seconda persona singolare 
dell* imperativo negativo si forma preponendo la voce 
non all* infinito présente. Cosi: non èssere, non fare, 
non ce ire (6). 

61. Finalmente le voci dei tempi composti, cioè del 
passato prossimo, del trapassato dell'indicativo, del 
futuro anteriore , del passato e del trapassato del 

(l) Veda ossoria a che so reddutto ! — Ckrl. 5, 84. 
Saccia usee ri a, ca ne' è no rammo d' oro 

Tra li ramroe do n* arvelo nzerrat) — Stigl. 9, 219. 
Sacciano lie signorie voste ca quanno uno non capesce le pparole de la cluaz- 

za addô è nato, è frostiere ncasa propia — Rocchi, 2, XXXII. 
( ta 2) Tu te rata 

Cchiù arreto de no tiro de valesta — Fas. 43, 138 
Restammo nchisto appuntamiento — Zezza, 1837, 5. 
Addio, pasture raieje, 

Restate rapace — D. Bas. 12, 166. 

(3) Miette cavete, apara tenielle, ca si dura sta chioppeta , sarrimrao ricchc — 

G.* Bas. SO, 6i. 

(4) Rapre 1' uoechie, caro ammato, 

Vide la pena mia, la scontentezza — Fas. 14, 211. 
Vedimmo de trovarelo , ca chislo sta pe ffareme perdere lo respetto a ssa 

casa — Amenta, il Força, 105. 
E bedile chi ha ttuorto e chi ha ragione — T. Val. lj&, 217, 

(5) Bello fegliulo de mamma toja, aiente ccà — G. B\s. 20, 59. 
Sentimmolo, Necantro, e po se parta — D. Bas. 12, 216. 
Sentite vuje che abbascio da le stelle 

Gbistevo comm' a cifare lanzate — Fas. 14, 56. 

(6) Non (8$ere troppo chiacchiarone, ca la léngua non ave 1' uosso, e rrompe 

lo duosso — G. Bas. 21, 10. 
Non .fare no, che ssa piatosa mano 

Aggia la parte a st' assassinamiento — Stigl. 8, 193. 
Ma non ce ire tu, ca de portare 

A no ne non commene la masciata — Lomh. 5, 78. 



s 



— 105 — 

congiuntivo, e del condizionale passato, si formano 
premettendo al participio passato di un verbo le 
voci del présente, deir imperfetto delF indicativo, del 
futuro semplice , del présente e deir imperfetto del 
congiuntivo e del condizionale présente degli ausiliarii 
èssere ed avère. Cosi : essendo àggto, aje, fia, avim- 
mo, avite ed hanno le voci delPindicativo présente del- 
r ausiliario avère, saranno àggio fatto, aje fatto 9 ha 
fatto, avimmo fatto, aoite fatto ed hanno fatto le voci 
del passato prossimo del verbo fare (1). 

In virtù délie mentovate norme noi, tanto délia con- 
jugazione dei verbi ausiliarii, quanto délia conjugazione 
degli altri verbi , avremmo potuto indicare soltanto 
il puro necessario. Ma, per essere più chiari, abbiamo 
voluto riportare interamente la conjugazione dei tempi 
semplici, accennare quella dei tempi composti; ed, ol- 
tre alla diversità dei caratteri , àbbiaiho voluto sepa- 
rare con una lineetta la radice dalla desinenza. 



§. IL 
Verbi ausiliarii ed avvertenze su di essi. 

62. Il dialetto napoletano, sebbene nella forma pas- 
siva dei verbi alcuni adoperino per ausiliario ventre 
in vece di èssere, corne a suo luogo vedremo, non ha 
che due verbi ausiliarii, èssere ed avère; il primo ir- 
regolare nelle voci di tutti i tempi, 1' altro irregolare 



(1) Fraie mio d* oro, 

Tu saje de te si nn' aggio fatto cunto — Capas. 15, 119. 
Aje fatto già, senza senti tammurro, 

La torrejaca — Capas. 13, 118. 
Cossi paghe li bénéficie che t' ha /fatto ? — G. Bas. SO, 223. 
Che avimmo fatto ma je nuje poverelle, 

Che Giove nce ha mmannata chesta croce ? — Morm. 20. 
Quanto mme chiagne lo core de st'arrore che avite fatto ! — G. Bas. 20, 298. 
Cossi hanno fatto già li viecchie nuoste 

Quanno jevano mura scalejanno — Capas. 15, 121. 



— 106 — 

soltanto in certe voci di alcuni tempi. Essi si conju- 
gano nel modo seguente. 

餤B1E 

INFINITO 
Présente — Èssere Passato — Essere stato 

Participio 
Présente — Manca Passato — Stato 

Gerunmo 
Présente — Essenno Passato — Essenno stato 

INDICATIVO 

Présente 

Sing. Songo o so Plur. simmo 

si site 

' è songo o so 

IMPERFETTO 

Sing, era Plur. eras» 

jere jèrev» 

era èrano 

Passato rimoto 

Sing, fuje Plur. fujemo 

fuste ftstev* 

fuje fùjeno 

FUTURO SEMPLICE 

Sing, sarraggio Plur. sarrâmmo 

sarraje sarràte 

sarrà sarranno 

Passato prossimo 

Stng. so stato ecc. Plur. simmo state eoc. 

Trapassato 

Sing, era stato ecc. Plur. èramo state ecc. 

FUTURO ANTERIORE 

Sing, sarraggio stato ecc. Plur. sarrâmmo state ecc. 





— 107 — 




CONGIUNTIVO 




PRESENTE 


Sing, sia 

si o sie 


Plur. simmo 
site 


sia 


siano 




IMPERFETTO 


Si»0. fosse 
fusse 
fosse 


Plur. fossemo 
fusseve 
fosseno 



Passato 
Sing, sia stato ecc. Plur. simmo state ecc.. 

Trapassato 
Sing, fosse stato ecc. Plur. fossemo state ecc;. 

CONDIZIONAU& 

PRESENTE 

Sing, sarria P/wr. sarriamo 

sarrisse sarrissev* 

sarria sarria»* 

Passato 

Sing, sarria stato ecc. Plur. sarriamo state ecc~ 

IMPERATIVO 

Sing, sie; Pfar. simmo, 

site. 

63. Tuttavia osserviamo intorno al verbo èssere: 
a) Che gli antichi, nella terza persona singolare del 

présente dell 1 indicativo, dicevano ancora eje in vece 

di è (1). 



(!) Tu saje ca fra le coom cchiù norate 
Eje la Luna — Cort. 2, 199. 



I 



— 108 — 

b) Che oggi la plebe (seguita in questo da qualche 
scrittore) neirimperfetto delFindicativo usa le forme eva, 
ice o ire, eva, èvamo, irevo ed eoano (1) in vece di 
era, Jere, era, èramo, jèrevo ed èrano. 

c) Che al passato rimoto gli antichi disser o Jo, foje 
efu in vece difuje (2); e àisseroforo,fàino,fùrono, 

furno efuro (3) in vece dijùjeno. 

d) Che dissero singhe, senga e sèngano in vece di 
sie, sia e slano nel présente' del congiuntivo (4), e 
sinahe in vece di sie nelF imperative) (5). 

ê) E che, al condizionale présente, gli antichi stessi 



<1) Carta janca a fla V ammore 

Eva io, vî che cetrulo ! — Zezza, la Scigna, 13. 
Si ta non we tanto capotaosto, 

Iodioe io non sarria, reo non sarrisse — Zezza, Arias. 55. 
Ire zjta contegnosa, 

Me parive de la Cerra — G. V. Spas. A, 10. 
Ire quant' a na vufara, 

Mo te à ffatta meza — G. S. Spas. 4, 13. 
Isso eva schitto 

L' anema de sto core — Zezza, Artaserse, 71. 
Ma pecchè y 9 ireve nascuosto — Scarpetta, 217. 
Chelle, chelle evano botte, 
Mo fetecchie siente fa — Zezza, Accademia Cavajola^ 19. 
<"2) Cossi fo cchella machena portala, 

£ a la rocca de Pallade trasuta — Cticl. 8, 127. 
Ma nee lassa je vivo Io retratto 

A no figlio, che ffcjc no trippajaolo — Peru. 16, 127. 
Be fu da Carlo e Obbardo caoosciuto 
L' ammico viecchio sapio e beneraano — Fas. 14, 147. 
(3) Chisto cose farrà de gra stopore, 

Che mmaje nee foro, ne ssaranno tale — Oliva, cant. 1, ott. 46. 
£ nzembra tutte Ire fuino , assetta te — Cort. 2, 104. 
Furono a tutta pressa varriate 
Le pporte — Sticl. 10, 211. 
Li Torche 
Nee furno ncuollo co lo sopraviento — D' Ant. 23, 93. 
*{i) Abbesogna che ssinghe no gra guitto — T. Val. 19, 36. 
Io mme contento che tu smghe regina — Sarn. 22, 207. 
Perzo vengo da Napole a pregare 

Che chesta senga la mogliere mia — Cort 2, 69. 
Voglio pê poscraje che senga lesta 

La guerra — Perr. 16, 77* 
Voglio le squatre. che sengano aanite — Peer. 
<5) Singhele a quanto vole obbediente — T. Val. 19, 32. 



— 109 — 

dissero fora e forrla (1) in cambio di sarria; e dis- 
seroforriano (2) in vece di sarriano. 

AVERE 

INFINITO 
Présente — av-bre Passato — avère-awito 

Participio 
Présente — manca Passato — av-iito 

Gerundio 
Présente — av-brmo Passato — avenno aihùto* 

INDICATIVO 



Présente 



Sing. 



aggio 

aje 

ha o av-e 



Plur. a^-immo 
av-ite 
hanno o av-eno 



IMPERFETTO 



Sing, ay-èva 
at;-ive 
ac-èva 



Sing, av-btte 
av-iite 
ai?-ètte 



Sing, aa-arracgio 
a«?-arràje . 
at?-arrà 



Plur. 



at?-evamo 

ov-iveve 

a«-evan<*. 



Passato rihoto 



Plur. av-ettemo 
cw-itseve 
ai-ètteno 



Futuro semplice 



Plur. a#-arràmmo 
aw-arràte 
av-arrànno 



(1) Bene mio, 

Si tu fuss'ommo, meglio pe mme fora — Pbrr. 16, 108. 
Si siisse sempre eo la facce nterra 

Poco forria — Fas. 14, 159. 
L ' autro arrore forria de gnoranzia, pocca li Dei non so capace de corda — 

Zito, 3. 28. 

(2) Prommesero ca la matina se forriano puosto nfruscio pe d' isso — Cort. 

4, 163. 



— 110 — 
Passato prossimo 

Sing, àggio avuto ecc. Plur. avtmtno avuto eec. 

Trapassato 

Sing, avèva avùto ecc. Plur. avèvamo avùto ecc. 

FUTURO ANTERIORE 

Sing, avarràggio avùto ecc. Plur. avarràmmo avùto ecc. 

CONGIUNTIVO 

PRESENTE 

S*'n0. à£gia Plur. at?-imrao 

aje at?-ite 

ha hanno 

IMPERFETTO 

Sing, ar-fesse Plur. ar-éssense 

aa-isse at>-issev# 

ar-èsse au-èsseno 

Passato 

Sing, aggta avùto ecc; Plur. avimmo avùto ecc. 

Trapassato 
Sing, avèsse avuto ecc; Plur. avèssemo avùto ecc. 

Condizionale 

Présente 

Sing, av-arria Plur. cw-arriamo 

av-arrisse ae-arrissev* 

av-arria av-arriano 

Passato 
Sing, avarria avùto ecc. Plur. avarrtomo avùto ecc 

Imperativo 

Sing, agge Plur. av-immo 

av-ite 



— Ill — 

64. Osserviamo intorno al verbo avere : 

a) Che avuto, avere aouto , ovenno avuto e tutti i 

tempi composti di questo verbo non sono mai ausi- 

liar 11. 
6) Che alla seconda persona singolare dal présente 

dell' indicativo q îalcuno ha detto agge (1) e certi altri 

han detto e (2) in vece di cue; 

c) Che air imperfetto den indicativo qualcuno ha 
detto avieno (3) m cambio di avèvano; 

d) Che al passato rimoto gli antichi dissero io 
aciètte, io appe ed io avie (4) in vece di io avètte ; 
dissero isso appe, isso ebbe r isso avie ed isso avlo (5) 
in vece di isso avette\ dissero nuje àppemo in vece di 
nuje avèttemo (6); e dissero lloro àppero, lloro èppe- 
ro % lloro èbbero, lloro avèro e lloro avèzero in vece di 
avètteno (7). 

( l ) Agge da sapere , qualemente cosa ncoppa la cimma de chella montagna tro- 

varraje no scassone de casa — G. Bas. 21, 88. 
(5) E (tu <î pagato puntualmente li cinco cam'ne a ogni cquinnecina P. Altav. 

Nu scagno de n' apartamiento Napole 1850, pag. 15. 
Va dicenno: Pecchè m* è mannato a chiammà? — G. db Rosa, No muorto 

risoscitato, Napoli 1886, pag. 11. 

(3) Ma lo bello era che non avieno d' assettarese ntavola — Rocchi, % 198. 

(4) Care mieje, veramente avielte fede 

De la scompire ajere — Fas- 15, 250. 
Io appe tiiorto, ed io 

Pagarraggio la pena de sto maie — Cort. 4, 108. 
Tanta oommesechiamma avie leggennola, 

Che ancora sto facenno li strammuottole — B. Valbn. 6, 24é. 

(5) Lo quale spettacolo visto da Zoza, le renne taie riso , ch' appe ad ascevo- 

lire — G. Bas 20, U. 
Figlio de chisto, cb* eppe po lo sfratto, 

C a la caccia de pile sparaje mmuolo — Pbrr. 16, 127. 
Dappô ch' ebbe fatto e dditto cose de ll'autro munno , jette de carrera a no 

puzzo — G. Bas. 20, 362. 
E de chesta mauera 

Avie la fattocchiara tiempo e lluoco 

D* addecrejarle tutte pe lo bruoco — Lomb. 5, 204. 
Co lo grano e co 1' uorgio da me avio 

Trenta docate ncunto — Pag. 18, 52. 

(6) Dapô che cienlo vute appemo fatte, 

Àulisse mese spie ntuorno a la grotta — Stigl. 8, 261. ■ 

(7) Le venue taie riso a ccrepafecato, ch' appero a sguallarare — G. Bas. 20, 125. 
Po la Fortuna le pportaje de chiatto, 

Ed eppero mperpetuo lo sfratto — T. Val. 19, U7. 
hbbero Gisso e Gia lo stesso fato — Stigl. li, 47. 
Chiste chiammà se ponno vera arruoje 

Che nfede e nfedertà n' avero pare — Pag. 17, 45. 



— 112 — 

e) E che anticamente come voci del présente del 
congiuntivo adoperavansi lô voci agge, àggia, aggicun- 
mo, aggîàte, àgjiano (1) 

§IH. 

Conjugazione deiverbi in ARE ed osservazioni 

su di essi 

65. I verbi che air infinite présente terminano in 
are si conjugano come il verbo 

C Aft TARE 

INFINITO 
Présente — cant-are Passato — avè cant-ato 

Participio 
Présente — cawJ-ante Passato — cant-ato 

Gerundio 
Présente — canf-anno Passato — avenno cantato 

INDICATIVO 







PRESENTE 




Sing. 


cant-o 
cant-e 
cant-& 


Plur. 

IMPERFETTO 


cant-hmmo 

cant~àte 

cant-kno 


Sing. 


cant-kva 
cant-kve 
cant-kvdi 


Plur. 


cant-kvemo 

canf-àveve 

canf-àvano 



Nee avezero a rrobbare, 
Se non veneva a ttiempo 

Na voce — G. Massa, L' Angelo del Carmelo 60, 
(1) Pare, che ncapo cchiù non agge sale — Nova, 16, 210. 
Pare ch' aggia lo nfierno into a lo funno — Stjgl. 8, 255. 



; 



— 113 — 
Passato rimoto 
Sing, eant-àp P/ wn can*-ajemo 

<*™f-??te amf-àstev* 

M"t-w cant-sjeno 

FUTURO SEMPLICE 

Sing, canJ-arràggio pi ur . cant-arrhtnmo 

canf-arraje ; mttf-arràte 

«wif-arra canf-arrànno 

Passato prossimo 

Sing, aggio cantàto ecc. Plur. avimmo cantàto ecc. 

Trapassato 

Sing, avèva cantàto ecc. Plur. avevamo cantàto ecc. 

FUTURO ANTERIORE 

Sing, avarràggio cantàto ecc. Plur. avarràmmo cantàto ecc. 

CONGIUNTIVO 
Présente 

Sing, cant-o piur. cant-hwmo 

cmte canf-àte 

cant~a cant-ano 

Imperfetto 

Sing, caitf-àsse p/ wr . cawf-àssemo 

canf-asse càwf-asseve 

•cawJ-asse cartf-àsseno 

Passato 
Sing, àggia cantàto ecc. Plur. avimmo cantàto ecc. 



Non crego, ch' isso maje pozza penzare 

Che nuje 1* aggiammo da i ad assautare — Peru. 16, 77. 
Sulo vorria 

Ch' aggiano li Latine nzecoloro 

De Latine lo nomme e llengua lloro — Sticl. U, 329. 

* 



— 114 — 
Trapassato 
Sing, avèsse cân ta to ecc. Plur. avèssemocàntktoecc: 

CONDIZIONALE 

Présente 

Sing, canf-arrla Plur. canl-arrlamo 
canf-arrisse canf-arrlsseve 

canl-arrla cartf-arriano 

Passato 

Sing, avarria cantàtoecc Plur. acamamo cantàtoecc. 

IMPERATIVO 

Sing, catita Plur. cant-kmrno, 

cant-kte 

. 66. Osserviamo perô intorno ai verbi in are : 
a) Che nel verbo menàre la prima persona singo- 
lare delP indicativo présente puô essere tanto meno , 

Suanto mengo (1) , e che la terza persona singolare 
el congiuntivo présente puô éssere tanto mena y quanto 
mènga (2).- 

6) Che nei verbi jettàre e aspettàre la prima per- 
sona del présente dell' indicativo fa jetto e jeeeo , a- 
spètto e aspèvco (3). 

c) Che la seconda persona singolare del présente 
deir indicativo prende un' h prima della desinenza , 
quaudo la radice termina o con la lettera c o con la 
lettera g (4). 



i) Meno la lanza, e ba non se sa addove — Capas. 15, 100. 

caccia sta porcaria fora, o te mengo na scoppettata — Vott. 157. 

(2) Non c' è ommo a lo munno 

Che non mena V ancino— Cort. 4, 27. 
Azzô nche l'aggio asciala, 
Ttaffete, le tnenga isso na frezzata — Vill. 24, 119. 

(3) Mo no strillo e mmo no grutto , . 

Jetto assaje spisso — Scrutt, 139. 
Lo vizio mio è ca te jcoco a pprimmo 

Quant' aggio ncuorpo — Capas. 19, 107. 
Vi che ffreoma ! T' aspetto quanto pozzo — Lomb. 5, 128. 
E Cciommo disse : Aspecco a oca a ccient' anne — Pkrr. 16, 68. 

(4) El* aseno non veve si non sische — G. Bas. 21, 348. 

E che nne pagbe lo pesone de st' uorto ? — G. Bas. 20, 162. 



— 115 — 

d) E che la stessa seconda persona perde P i che 
precede la desinenza , se P i è preceduto da c o da 
g (1) ; ma non lo perde, se P i è preceduto da ch o 
da gl (2). 

67. In oltre: nella medesima seconda persona sin- 
golare clelP indicativo présente, la sua vocale tonica e 
si cangia in i: 

a) Quando quella è seguita dalla lettera c. Cosi : 
azzeccàre, zeccàre, sbessecchtàre, scervecchiàre fanno 
azzïcche, zicche, sbesslcchie, scervïcchie (3). 

Si eccettuano cecàre, peccàre e nfecciàre, che, can- 
giando Pe tonica in ie, fanno cièche, pihcche> nfihcce (4). 

6) Si scambia nella detta seconda persona , la sua 
e tonica in i, quando è seguita dai digrammi gl e gn 
od è seguita dalla desinenza, sia inserita o no tra la 
radice e la desinenza la lettera i. Cosi : arresemme- 
gliài*e 9 degnàre, assegnàre, addecreàre o addecrejàre, 
sbareàre 6 sbarejàre, maneàre o manejàre alla seconda 
persona fanno arressemtrAglie , digne , assigne , ad- 
decrie, sbarie, manïe (5). 



(1) Ca t' arragge e canie che ppetce piglie ? — D' Ant. 23, U8. 
Ca tu te scippe e chiagoe che nne cacceï — L. C. Spas. 2, 47. 

(2) Si oo sfratte, alltcce, ipurchie, sai qaaolo nce mecco e te faccio ?... vi non 

me fa di<»re — Cort. 4, 228. 
Ta nlra sti sciumme e fuonte 

Te itctmicchle a lo ffrisco — Rocco, 24, 237. 
Ca tu te ngrife, arraglle e m' ammenacce, 

Lo pede no rame sposto da lo sinco — L. C. Spas. 2, 47. 
Erabè te miette a rridere ? 

Mme piglie pe guaglione ? — L. Ç. Spas. 1, 2. 

(3) £ cco li cane si te mmische e azzlçche, 

De pulece e de zecche uh si nne zicche — Pag. 17, 51. 
Comme pe Nnarda toja, cosa de spanto, 

Tanto mo te tbesticchie e annegrechie— Scrutt. 1, 172. 
E nne $cervicchie V arme da H piette — Sgrutt. i, 113. 

(4) Lo rre le disse: Comme cieche drilto — Pkrr. 16, 119. 
Tu de vertu si sbrenneta, 

Ma de no vizio pi%cche — G. Gin. 1836, 74. 
Aje commattuto, aje falta na gran corza, 
Buon' è che nflecce, e che te mmiette nforza — Capas. 13, 198. 

(5) Ora, pecchè tu arresemmlglie tutta a mmene, io rame contenu) che sstnghe 

regina — Sarh. 22, 207. 
Ma meute no nte digne, te potisse 
A lo mmanco vedé quanto si bella— Fas. 14, 118. 



— 116 — 

Si eccettua prejàre, che fa piAeje (1). 

e) Si muta iielfa detta persona seconda la sua c to- 
nica in i, quando la n, onde è seguita , appartiene 
alla sillaoa seguente. Cosï : menàre , penàre fanno 
mine, pine (2). 

Si eccettua mprenàre che fa mprlene (3). 

d) E si cangia ancora Te tonica délia detta persona 
seconda in i, quando è seguita o da una s sola o da 
se. Cosi: pesàre, spesàre, mmescàre, pescàre fanno pi$e 9 
spise, mmische, pische (4). 

68. Perô Te tonica délia seconda' persona singo- 
lare dell indicativo présente si muta in ie : 

a) Quando essa è seguita da d. Cosi: mrraddecare , 
predecàre fanno mmihdeche, prlhdeche (5). 

Si eccettua addefreddàre, che fa addefridde (6). 

b) Si cangia in ie P e tonica délia succennata se- 
conda persona , quando è seguita da g. Cosi : anne- 
gare, pregàre, regolàre, persequetàre fanno annihghe^ 
prieghe, rihgole, persihguete (7). 



Pascariè, tu che m' assigne, # 

Che inme viene sempe attuorno? — L. G. Spas. 1, 42. 
Autro. che brenna ! m' add crie mo frate !— D'ànt, 25, 215. 
Tu sbarU: le farraje na secotata — Stigl. 9, 69. • 
Febo, tu che manije V arco d' argiento — Capas. 15. 9. 

(1) £ tu mo, ai lo vè, non te nne pridje 

De ste prodizze ? — M. Farao, Buccolica, 25. 

(2) E le primme carte che mine, dancelle mmano — Vott. 25. 
Se mm' ame, io t' ammo, bello mio tesoro. 

£ sse plne pe mme, pe ttene io moro— Pag. 18, 51. 

(3) O munno pazzo, che de lo ppresente 

Troppo te mpriene— Stigl. 11, 71. 

(4) Tu pise l'acqua dint' a lo mortale — G. Bas. 21, 519. 
Si tu pruove na vota sta vorpara, 

Non te nne *pUe cchiù — G. Bas. 21, 121. 
Tu Cielo e Terra e acqua e ffuoco mmlsche — Morm. 259 . 
Se tu cride 

Nasconnere V ammore, 

Tu pische poco a funno — Cort, 4, 21. 

(5) Primmo t' accide, e po vo' che te mmledèche — B. Valent. 6, 2 12. 
Ghisto conziglio tujo a che maje serve, 

Si prledeche la fede, e non V assierve ? — Pag. 17, 107. 

(6) Comme ! disse lo Satoro; tu stisso 

Scarfe e addefridde co lo stisso sciato ? —Pag. 17, 92. 

(7) Comme priesto t' annieghe 

Dint' a no gotto d' acqua ! — Cort. 4, 60. 



— 117 — 

Si eccettua l' antico verbo legàre, che fa lighe (1) . 

c) Si scambia la stessa e tohica in le , quando la 
lettera n, onde è seguita, appartiene alla stessa sil- 
laba. Cosi : present are , lamentàre , penzàre fanno 
presiènte, lamihnte, pihnze (2). 

Se ne eccettua entràre, che fa intre, e qualche al- 
tro, che si apprenderà con Fuso (3). 

d) Si cangia ancora in ie F e tonica délia detta se- 
conda persona, quando è seguita da r. Cosi : atter- 
ràre, perciàre, speràre, mmeretàre, mmertecàre fanno 
ctitihrre, pierce, spiere, mmihrete e mmihrteche (4). 

Si eccettuano cercàre e fermàre , che fanno cirche 
e firme (5). 

e) Si muta F e tonica delF indicata persona seconda 
in ie , quando è seguita da doppia s o da st. Cosi : 
confessàre, restàre, mpestàre fanno confiasse, rihste, 
mpihste (6). 



Mo nnante vommecave da ssa vocca 

Truone e spaviento, e mo me prieghe e chiagoe ? — Stigl. il, 83. 
E si tu te riegole de chesta manera, te trovarraje meglio — Vott. 23. 
E nuje autre, che nzino a te fa nascere 

Lo Cielo, a comme vedo, tu pertieguete — B. Valent. 6, 33. 

(1) Me so meza assecorata, ma si non lishe la sferra io non ce traso — G. Bas. 

20, 114. 

(2) Spisso V ammiette ncasa, e lie presienîe 

Mogliereta ? — G. R. Spas. 3, 48. 
Leila, dimme no poco, 

Ched' aje che te lamlente sola sola ? — Cort. 4, 92. 
E che pienze ca Turno smargiassone 

Ha da monnare nespole o lupine? — Stigl. Il, 67. 

(3) Che ne' intre co Fenizià, Mase mio ? — Pag. 18, 287. 

(4) Tiempo, rre de la Terra, ardito e forte, 

Che tutto vince, allierre e ffaje sparire — Oliya, Can. 1, ott. 2. 
Giesommina mia cara, 

Tu mme pierce lo core — Pag. 18, 283. 
Ca si, conforme si n' addebboluto, 

Fuss' ommo, nnanze a mme, di, che nne spiere ? — Capas. 15, 167. 
Te voglio fa la grazia de lo* delitto, si bè no lo mmierete — Cort. 4, 202. 
Sempe pezzente mmiérteche a V Abbisso — Oliva, Can. 8, ott. 41. 
(3) Dove ne circle n* autra co lo campaniello, si natura fece Nardiello , e po 

ruppe la stampa ? — G. Bas. 20, 204. 
Tu mo la vedarraje, si ccà te firme — D. Bas. 12, 244. 
(6) Ma lo ssaje e confièsse, ch' è nterdetta 

La vita, a Turno — Stigl. 11, 323. 
Si tu le base, rieste ntossecato — G. Bas. 21, 218. 
Che s' è ditto, che subbeto te mpieste ? — Capas. Sonet. 26. 



— 120 — 

Si eccettuano costàre, accostàre, scostàre, spostàre, 
posàre e arreposàre, che fanno cuoste, accuoste, scuo- 
ste, spuoste, puose e arrepuose (1). 

d) Si scamDia ancora il detto o tonico in u, quando 
è seguito da due t. Cosi : abbottàre, sbottàre , grot- 
tàre, vottàre fanno abbutte, sbutte, grutte, vutte (2). 

e) E si cangia finalmente lo stesso o tonico in u , 
quando è seguito da z. Cosi : sbozzàre, semmozzàre^ 
tozzàre, annozzàfe, mozzecàre fanno sbuzze, semmhz- 
ze, i\azze, annhzze, mXizzeche (3). 

Si eccettuajio gli antichi verbi tozsolàre e rozzolàre, 
che fanno tubzzole e rubzzole (4). 

71. Nella stessa seconda persona singolare dell' in- 
dicativo présente Y o tonico si cangia in uo; 



Tan to cchiù «tamme allerta — - G. Bas. 21, 254. 
Te epu.se la malapasca che te vatta — Gsel. 17, 178. 
£ si na gatta strilia, o arraglia n' aseno, 

T' accuve, te mpertme e ntane e ngrutte — G. Bas. 21, 232. 
Ed ancora te raseche, e tte struje — Vjllano, 22, 22. 
Si te iciusce lo naso, non fa la trommetta — Vott. 10. 

(1) Tata, quanto rame cuoste ! — Zezz4, 1' Artaserse, 51. 
£ ddo V accuoste 

Siente di ca de famrae s' arraggiava — Oliva, can. 1, ott. 7. 
Tu te scuoste, piccerè ? — G. V. Spas. 2, 7. 
Ga do lo spuoste chi ncappa a sto bisco — Pag. 17, 97 . 
Tu te la miette pe ccaccià le spose, 

E po la puose — G. B. Spas 4, 21. 
Io veo ca tu pe chessa n* arrepuose — Pag. 18, 46. 

(2) M' Mutte de prommesse e ghiuramiente — G. Gen. 1857, 46. 
Schiana, datte da fare anzi che sbntle — C*pas. 15, 108. 

Tu si no mbreacone, otra de vino, 

Che gratte porcarie, co lleverenzia — Cap as. Sonet. 211. 
O Dea, 

Che butté ncopp' a 11' astreco 

La stalla e la cantina — Qoattrom. 228. 

(3) Si désigne, si sbuzze, o pitte Micco, 

Faje scenne la paposcia a Cola e a Cicco — Villano, 24, 106. 
Uno se jetta a mmare, 

E tu semmuzze appriesso ? — G. Bas. 21, 246. 
Si tuzze a 1* aute, co mme T aje sgarrata — Morm. 100. 
E parla a bonora ! ca mm' annuzze lo magnà — G. M. Spas. 4, 21. 
Ched' è î pecchè peccije ? 

Te muzzeche lo musso ? — G. M Spas. 2, 34. 

(4) Ca porta maje non s^ âpre, si non tnozzole — Sgrutt. 1, 25. 
Ca chiagne e baje e biene e buote e raozzole, 

Che faje, o core mio ? — Sgrutt. 1, 25. 



J 



— 121 — 

a) Quando esso è seguito da b. Cc*i : arrobbàre fa 
arruobbe (1). 

b) Si scambia tale o tonico in uo, quando è seguito 
da c. Cosi : toccàre, retoccàre, vocàre, jùcàre, adoc- 
chiàre, ncocciàre, mpastocchiàre fanno tubcche , r<>- 
tubeche, vubche , jubche , adubcchie , ncubcce , mpa- 
stubcchie (2). 

Si eccettuano abboccàre, accocchiàre, addenocchiàre, 
mmoccàre, nfrocchiàre , nfenocchiàre e sconocchiàre, 
che fanno aobhcche, accucchie, addenvicchie, mmlicche, 
nfrhcchie, nfenxicchie e sconhcchie (3). 

c) Si muta lo stesso o tonico in uo , quando è se- 
guito dalla lettera g. Cosi: alloggiâre, sbrogliàre, scom- 
mogliàre , vreognàre , sbreùgnàre fanno allubgge , 
sbrubglie, scommubglie, vreubgne, sbreubgne (4). 



(1) Ga danno trippa, arruobbe coratella — Sgrutt. 1, 96. 

(2) Marito raio, rame tuocche addove dole — Stigl. 11, 83, 

Si faje quacche retraite o si retuocehe — Villano, 24, 106. 
Vvtoche sto ninno dint' a lo sportone — L. A. Spas. 4, 31. 
Te dicette : Te juoche le rrobbe de lo reggimento — Vott. 100. 
Diavola ncarnata, che mm' aduoechie, 

Che mme vide le ccrespe a una a una — Capas. 15, 36. 
Si tu oce ncuoece co ssa sfrenesia, 

Darraje desgusto a Ccicco, a mme e a Pparmolla — Pag. 18, 89. 
Tu puoje schiaffare a nnuje na natta a 11' uoechie, 

Ma chillo, cride a mme, no lo mpattuocehie — Fas. 13, 92. 

(3) Mme pare justo Seneca sbenato, 

Che t' abbucche, e mo cade ascevoluto — G. Paisc. 2, 82. 
Tu che mmalora accûcchie ? — G. M. Spas. 3, 45. 
Anca, che fia je ? 

Non t' addenucchie, ne ? — Stigl. 9, 209. 
Qnanno a ttavola t' assiette, 

Te ne mmucche no morzillo — G. M. Spas 4, 22, 
£ lia te nfrucchie a quarche grottecella — Cort. 4, 35. 
Non te credere, Achi, ca me nfenucchie — Capas. 15, 13. 
Da quanno nquanno pare che sconucchie — Morm, 285. 

(4) Cossi, comme sa forza alluogge mpietto, 

Non fusse a le ddeoocchia sesetato — Capas. 15, 122. 
Se de Petrarca sbruoglie le mmatasse, 

Tu dice : fruste fruste, passe passe — Capas. Sonetti , edizione del 1864 , 
p. 269. 
Tu scommuoglie a me, respose 1' uorco — G. Bas. 20, 328. 
Non te vreuogne a trattare de sta manera na scura peccerella ? — G. Bas. 

21, 39. 
E po si tu nne parle, staje securo 

Ca sbreuogne a tte slisso e a chille puro — T. Val. 19, 127. 



— 122 — 

d) Si cangia*il detto o tonico in no, quando è se- 
guito da 1. Cosi : arnmollàre , ammolàre , conzolire, 
volàre fanno ammuolle, ammuble, co/<zuble 9 vuble (1). 

Si eccettuano ncepollàre, scolàre , spollecàre e qual- 
che altro, che fanno ncephlle, seule, spixlleche (2). 

e) Si muta ancora tale o tonico in no, quando è se- 
guito da un solo t. Cosi : votàre , sbotàre , revotàre 
fanno vubte, sbubte, revubte (3). 

Se ne eccettua Y antico verbo ascotàre , che fa a- 
scute (4). 

f) Finalmente si scambia il medesimo o tonico in 
uo, quando è seguito da t. Cosi : provàre, approvùre, 
trovàre fanno prubve, apprabve, trxibve (5). 

Se ne eccettuano covàre ed accovàre, che fanno cuoe 
ed acchve (6). 

72. Non puô darsi poi alcuna norma , a meno che 
non si voglia ricorrere alla voce radicale : 

a) Quando il mentovato o tonico è seguito da m ; 
imperocchè assommàre, scommàre, nchiommàre, com- 
pare fanno asèkmme, scumme, nckinmme^ mmpe (7), 

(1) Cchiù fiera de oa tigre 

Non t' ammanzisce e ammuolle — Pag. <8, 294 
T ammvLole tu stessa lo corliello — G. Bas. 21, 163. 
Quanto pîglie e la conzuole! — Picc. 124. 
Vaole fropp» auto, vi ca nlerra schiaffe — D. Bas. 12, 116. 

(2) Tu te nfurie e te ncepulle — Anon. Spas. 4, 51. 
Te vene a lo penziero 

No squagliamiento, e «cute comnV a ccete — D. Bas. 12, 102. 
E mme spullcche, oimmè, comm' a no vruoecolo — Sgrutt. 1, 29. 

(3) Addô te vuote 

Nn' asce a romegliara — Lohb. 5, 75. 
Da lo siesto loro si le s&uofe, 

Lie truove pazze — Morm. 295. 
No nne truove lo paro 

Si revnote pora lo Laveûaro — Lomb. 5, 104. 

(4) Si tu P ascute, o sfortunato tene, 

Ca nehiuoecolo a lo Nfierno te carreja — Sgrutt. 1, 72. 

(5) Addô pmove lo ddoce, e addô 1' acito — Capas. 15, 86. 
Tu manco appruove 

Le ccose antiche, c* hanno tanto nommo ? — Morm. 216. 
E dî ca truove chi le voglia maie — Cort. 2, 30. 

(6) Ah briccona, cuve ncuorpo — Cbrl. 22, 2.7. 
E si na gatta strilla, o arraglia n' aseno, 

T' accvLve, te mpertuse, e ntane e ngulte — G. Bas. 21, 232. 

(7) E ddonne 

Marfuso accossi assumme a ccheste sponne — M. Farrao, 24, 184. 



\ 



À 



— 123 — 

laddove ncommetàre , addemmenàre , annùmmenàre f 
vommecàre, nncmmenàre , dcmmer,àre fanno ncubm- 
mete, addubmmene, annubmmene, vubmmeche, nnubm- 
mené, dvlbmmene (1). 

6) Ne puô assegnarsi alcuna regola, quando il detto 
o tonico è seguito dalla lettera n che fa parte délia 
sillaba seguente. Cosi : mentre ncoronàrc, speronàre, 
mbottunàre , abbannonàre fanno ncorïxne , sperhne , 
mbotthne, abbannhne (2) ; addonàre , donàre , perdu- 
nàre, sonàre, stonàre fanno addubne, dubne, perdubne, 
subne, stubne (3). 

c) Non puô assegnarsi alcuna regola quando il pre- 
detto o tonico è seguito da p giacchè, mentre attop- 
pàre e ntoppàre fanno atthppe e nthppe (4) , accop- 



Ccà ne' è fanto regore si uno dà na rizengarda a n'auto, e tu mme. scum me 

de sango — Cerl. il, 25. 
Ta viene e te nchiumme 

Pe mmeza jornata — C. P. Spas. 5, 31. 
Tu zumpe, io sauto com m' a gatta o cane — Sgrutt. 1, 50. 

(1) Non serve che te ncuommete. Aggio visto tutlo — G. Gen. 4837, 52. 
AddvLOtnmerw de tutte le vorzillo 

Co bona volontà, bone parole — Pag. 17, 462, 
Magna, ea mme n* armuommene. majesta — G. Gen. 1843, 403. 
Te faccio taie ntosa che me ne tmuommene — G. Bas. 24, 203. 
Non buommeche cchiù sciamme da la vocca ? — Sne. 40, 143. 
Apollo, tu che duommene a bacchetta 

Quanto paese è attuorno a lo Soratto — Stigl. 41, 213. 

(2) £ sempe la matina 

Ncorune de mortella li mammuoeciole — Quattrom. 347. 
£ che buô di : mnw tilleche, mme vutte, mme sperune, e po te daje fuoeo 

coram' Angrese — Cerl. 17, 33. 
Te mbottane de pezze, e sto fardiello 

N' avasta p' appararte lo scartiello — L. M. Spas, 3, 46. 
Tu puro m' abbannune — D. Bas. 12, 174. 

(3) Non te n' adduorw ca si poverella ? — Cort. 4, 42. 
£ llegate co aruta e co 1' amenta 

Le ddaone a Ccecca — Fas. 13. 103. 
Tu manco la perdaone a lo comparo — Capas. Sonetti, 14. 
E ca tu «none 

Da vascio, de soprano auza lo canto — Capas. 13, 20. 
Allucca, e tu te mbruoglie e tu te staone — R. O. Spas. 3, 14. 

(4) Ma si Vennera attappe, a chella pesta 

No la lassa, si no lie faje na crest a — Capas. 15, 143. 
Ncasa corre nce puoje co lo spatone, 
Ca no ntuppe ne a sseggia, ne a boflefta — Pag. 17, 186. 



— 124 — 

pare e Y antico verbo adopràre fanno accubppe e a 
dubpre (1). 

a) Non puô darsi alcuna regola quando lo stesso 
o tonico è seguito dalla lettera r , che è parte della 
stessa sillaba. In fatti, corpàre, corcàre, nzorfàre, ntor- 
zàre fanno curpe, curche, nzurfe, nturse (2); e alle- 
cordàre, scordare } tornàre, sforzàre fanno cdlecubrde, 
■scikbrde, taorne, sfuorze (3). 

e) Ne flnalmente puô assegnarsi alcuna regola quan- 
do lo stesso o tonico è seguito o da d o da due s. 
Cosi : mentre jodecàre, tossàre, ammossàre fanno jh- 
deche, tusse, ammhsse (4); odejàre , ntossecàre fanno 
iibdie, ntubsseche (5). 

73. In quanto al passato rimoto, osserviamo che gli 
antichi spesso sostituirono : 

a) Nella voce della prima persona singolare la de- 
sinenza atte alia desinenza aje, dicendo : io comman- 
siàtte, io sospirktte (6), in vece di to commafwhjej to 
sospirbje. 

(1) Co no zumpetiello 

V acciioppe meza canna — Lomb. 5, 202. 
Ma dimme : A che t' adaùpre .* — G. Bas. 20, 132. 

(2) Ma a cchesto curpe tu, cecata sorte — Scrgtt. 4, 176. 

Ghe no nte nne puozze sosere, si te ace curche — Cbrl. 12, 291. 
Senz'a lo masto addemmannà la venia, 

Te ngrife e nzurfe comm' a gallodinnio — Cap as. Sonetti, 52. 
Non fa, non fa V arecchie de mercante, 

Ca si nce nturze poje, farraje gran chiante — D' Ant. 23, 85. 

(3) Non V allecuorde ca n* avive stracce 

Pe te coprire dadereto e nnante — Capas. Sonetti, 47. 
Te voglio fare tale mazziata, 

Ghe nn' aterno te scnorde sta jornata — Cort. 3, 161. 
T' ammaturo 11' osse 

Si mme tnorne a ffrusciare lo cauzone — Lomb. 5, 30. 
£ se mme sfxxorze nguadiare a Llella, 

Go le mmanzolle meje mme dongo morte — Pag. 18, 113. 
(i) Don Gl, tu quanno judeche la gente, 

Ognuno resta stupeto e confuso — Quattrom. 60. 
Si tvisge non fa V organo — Yott. 10. 
Si pe ccaso te stregno la mano, 

O t' ammtkssc e mme faje la sgrignosa — A. L. Spas. 3, 29. 
{5) Ga si be mm' vtodie sempe, e faje despielto 

Te sarraggio rotella e parapietto — Cort. 2, 91. 
Tu le faje credere ca li vuô bene 

Doppo il ntaosseche — L. G. Spas, i, 4. 
<6) Si stato agliotluto 






— 125 — 

6) E nelle voci delle terze persone dello stesso pas- 
sato, le desinenze atte ed àttero aile desinenze aje 
ed àjeno, dicendo : arriviste ed arrivkttero, piglihite 
e pigliMwro, trovhtte e trovbttero (1), in vece di am- 
vkje ed amukjeno , piglihje e piglihjeno , trookje e 
trovhjeno Oggi perô tali voci più non si adoprano. 

§ IV. 

Conjugazione de* verbi in ERE 
ed osservazioni sui verbi sdruccioli in ERE 

74. I verbi, che all'infinito présente terminano in ere y 
si conjugano come il verbo 

14TTERE 

INFINITO 
Présente — txitf-ere Passato — avè vattùto 

Participio 
Présente — vatt-ènte Passato — vatt-ixio 

Gerundio 
Présente — vatt-bnno Passato — avènno vattùto 



Da 1' acque, cfa' accossi commanniAit' io — Prrruc 16, 69. 
No tiempo io pare nee schiaffaje de pietto, 

Chiagnette e sogpir&tte pe na perra — D. Bis. 12, 62 
(1) E cammenanno senza arreposare maje, arrtuatte a H piede de na monta- 

gna — a Bas 21, 87. 
Co sti trascurze ed aute contarielle 

Arrivfktttro a ghiuorno — Lomb. 5, 97. 
E fti tanto lo nommo che pigli&tte, 

Che npoche anoe se fece bone platte — Mokm. Si. 
Ma qoanno chillc a IP aria se trovaro, 

PiglitLttero no poco de restoro — Prrruc 16. 63. 
Na matina se rrouatte a chillo luoco, dove oo gusto granne fa rrecanosciaU. 

da li frate — G. Bas. 21, 81. 
Nflra pocV anne 

Se frwattero ricche, e rricche nfunno — Lomb. 5, 219. 







— 126 — 








INDICATIVO 








Présente 




Sing. 


vatt-o 
vatt-e 
vatt-e 


Plur.. 

IMPERFETTO 


vattAmmo 

vattAte 

vàtt-eno 


Sing. 


vatt-ev& 
vott-bre 
vatt-èYb 


Plur. 
Passato rimoto 


vatt-èYamo 

vattAvejr* 

vatt-èvano 


Sing. 


vatt-htté 
vattAste 
waW-ette 


Plur. 

PUTIJRO SEMPLICE 


wtt-bttemo 

vattAsteve 

vatt-btteno 


Sing. 


wïfr-arràggio 

vaft-arràje 

«oft-arrà 


Plur. 


wrff-arràmmo 

vatt-arrhte 

toft-arrànno 






Passato prossimo 

Sing, àggio vattùto ecc. Plur. avtmmo vattùto ecc. 

Trapassato 
Sing, avèva vattùto ecc. Plur. avèvamo vattùto ecc. 

Futuro anteriore 
Sing, avarràggio vattùto ecc. Plur. avarràmmovMùto ecc. 

CONGIUNTIVO 

Présente 

Sing, vatt-o Plur. vàttAmmo 

vatt-e vattAte 

vatt-e vàtt-eno 

IMPERFETTO 

Sing, vatt-èsse Plur. vatt-èssemo 

vattAsse vattAssev* 

vàtt-èsse vatt-èsseno 



— 127 — 

Passato 

Sing, ùggia vattùlo ecc. Plur. avimmo vattùto ecc. 

Trapassato 

Sing, avèsse vattùto ecc. Plur. avèssemo vattùto ecc. 

CONDIZIONALE 

Présente 

Sing. ra#-arria Plur. wztf-arrlamo 

traft-arrlsse vaft-arrlsseve 

twW-arna vott-arrlano 

Passato 

Sing, ovarrîa vattùto ecc. Plur. avarriamo vattùto ecc. 

IMPERATIVO 

Sing, vatt-e Plur. vatt-\mmo 

vatt-\te 

75. Intorno ai verbi sdruccioli di questa conjuga- 
zione dobbiamo fare moltissime osservazioni ; delle 
quali la prima si è : 

a) Che la prima voce singolare deir indicativo pré- 
sente del verbo credere è cre&o (1) e non crego (2) o 
eréggio, come taluni han detto (3), 

6) Che antepànere comporterez aespônere, propànere 
e qualche altro derivato del verbo pànere, nella prima 
persona singolare del présente dell'indicativo e nelle 
voci che derivano da questa, prendono un g dopo Fn f 



(1) Io cossi credo e spero : 

E lo cofe mme dice, ch' è lo vero — Stigl. 10, 41. 
Ha de quanto tu dice 
lo non nne credo ni ente — Pag. 18, 916. 
(î) Crego ca Àchillo comme a isso fu — Psaa. 16, 39. 
Né crego, ch' isso maje pozza penzare 
Che nuje 1' aggiammo da i ad assaulare — Pian. 16, 77, 
(3) Tene affare de premura a Gallipole ? — Greggto — G. Gin. 1839, 67. 
Ortggio, aignure mieje, de n* avè tuorto 
Ncopp' a zzô che provà mme so sforzato — F. G. Spas. 4, 17. 



r 

i 



— 128 — 

dovendosi dire antepôngo, compôngo, dispongQ, pro- 
pàngo e non antepôno, compôno, dispôno, propôno (1). 

c) Che i verbi che finiscono in et 1ère, nella prima per- 
sona singolare deir indicativo présente e nelle altre 
che da questa derivano, possono mutare la doppia t in 
doppiaCjdicendosi tantometto, metta, mprommètto (2), 
quanto mecco, mecca, mprommèeeo (3). 

76. Osserviamo, in secondo luogo, che nella seconda 
persona singolare dell' indicativo présente si cangia 
T e tonica in i : 

a) Se quella è seguita daidigrammi gl e gn. Cosi: 
scègliere, astrhgnere> thgnere fanno sciglie, astrigne, 
tiqne (4), 

o) Se essa è seguita da ne o se. Cosi : vèneere , 
hnchiere , crhscere , acerhscere fanno vince , ïnchie f 
crisce, accrisce (5). 



(i) Non saccio quale autore V antepongo — D' Ant. 23, 8. 
Vengo a la festa pe faurirete, 

E noe compongo quarche prosa o sdrusciolo — Gort. 4, 212. 
Saje che songo 

Lo rre de le rranonchie, e ccà despongo? — M. Farrao, 24, 184. 
Ste échelle io mo le ddongo 
A chi scioglie st' enimma che propongo — D' Ant. 23, 148. 
(2) E romo oce lo metto \nV a la sacca soja — Ckrl. 14, 300. 
Ogn' uno a ffare brianese se metta — Stigl. 8, 89. 
E benga co li duone, azzô che mmetta 

Mpietlo a Dedone cossi graa carcara — Stigl. 8, 79. 
Te mprommètto 
De fede non foire — D. Bas 12, 97. 
(3) Ma si mrae veoe e mme te meoco sotta, 

Te sguarro, nzanetà de chi mme sente — Càpàs. 15, 37. 
Ne Beoaere o Diana se nce maoca — Sgrutt. 1, 14. 
3i vaje giranno Pascarola e Ttrocchia, 

N' aotra non truove affè, che se nce meoca — Villano, 24, 89. 
Te lo mprommeoco, ma co cchisto patto 
Che non boglia nient' autro — D Bas. 12, 93. 
(4; De naje ognuno, comm' a no chiafeo, 

Ve lassa fare, e tu sciylie lo ppeo — Çapas. 15, 54. 
Tu, che astrigne lo Sole co le stelle — Quattro*. 93. 
La caudara dice a la mappina netta e ghianca : Yi ca mme tijne — Cort. 
4, 198. 
(&) Tu mo, si miette ncarta. si no Tasso, 

E blnce chi Ho de la Garnola — Cort. 2, 19. 
Si po*te mmita a la moia, tu t' inchie la panza, e isso se roseca la mappa— - 
Yott. 18. 



— 129 — 

c) E quando è seguito da y. Cesi: vhvere, recèoere 
fanno viae, rec\ce (1). 

77. Nella stessa seconda persona si cangia 1' e to- 
nica in ie : 

a) Quando è seguita da d. Cosi: chdere^ concèdere, 
procèdere fanno ciede, concihde, procihde (2). 

Se ne eccettuano credere e l'antico verbo sacrhdere, 
che fanno cride e sacride (3). 

6) Quando essa è seguito da doppio g. Cosi : l&g- 
gere, corrèggere, prothggere fanno liègge, corrihgge , 
protiègge (4). 

c) Quando essa è seguita da j. Cosi : rtjere fa 
rihje (5). 

of) Quando essa è seguita da m. o da r. Cosi: sprèm- 
mere, perdere, sphrdere, chrnere, fanno sprièmme , 
pièrcle, spihrde, cihrne (6). 

e) Quando essa è seguita da n. Cosi : qffhnnere 9 

Ca si bè nee vencisse tutte quante, 

OrUce nn* avère, e ngrolia raanco sale — Fas iZ, 56. 
Si daje t itole, accrisce sempe la graduazione — Vott. 52. 

(1) Quanoo vive, non fa brinnese, ca non s' ausano cchiù — Vott. 16. 
Vi quale premmio appriesso nne recive — Oliva can 8 ott. 41. 

(2) No la ciede a no piecoro che tozza — B. Valent. 7, 31. 
Puro che me conciede tanto tierapo 

De ghi a la casa — D. Bas. 12, 93. 
E cchi si ttu (sbollaje po) , che pprociede 

Cossi pe sperelare li viannante? — Fas. 13, 243. 

(3) Te cride fuorze stare a lo vordiello 

Che name parle co tanta lebbertate ? — T. Val I9, 27. 
Azzô na vota te ssacride affatto 
Ca non se po arrevare ad ogne autezza — Capas. 15, 16. 

(4) Fermate, bene mio, 

Quanto liegge sta lettera — Cot\t. 4, 114. 
Schiega, se de Latino nne si it i ceo, 

Sto scritto a no vrogale, che corriegge — D* Ant. 23, 133. 
gran Dio Bacco, 

Tu mme protiegge, e non me duone ajuto — Perruc. 16, 4o. 

(5) E tu, Terra, lie rieje, e nno lie gliutte— Fas. 13, 209. 
(6; Chillo non tenne maje la spata a llafo, 

E tu, pe la caccià, tutto te spriemme — Capas, 15, 125. 
Aveva ragione mammala de te castecare pe ttanta fatica, mentre nee pierde 

la sanetate — G. Bas. 21, 42. 
Pare che singhe n'ommeoiello guitto, 

Pocca dint'a li guaje te ntriche e spierde — Perr. 16, 40. 
Àddô cchiù che parole truove cose, 

Si le baje sammenanno e si Ie eclerne — Mobm. 29 i. 



— 130 — 

appknnere , rènnere, arrhnnere fanno qfflènne , ap- 
pihnne , rlk'uie , arriknne (1). 

Si eccettuano scènnere, vènnere e qualche altro, che 
fanno scinne e pi/we (2). 

/) Quando l' e tonica è seguita da due s o da st. 
Cosi : tèssere e smhstere fanno tinsse e smièste (3). 

gf) Finalmente quando essa è seguita da t. Cosi : 
fètere, mhtere, prommhttere , arrefrkttere fanno f\hte y 
mihte, prommihtte, arrefrihtte (4). 

MUtere perô fa mihtte e mitte (5). 

78. Nella stessa seconda persona singolare dell' in- 
dicativo présente 1' o tonico si cangia in u; 

a) Se esso è seguito dal digramma gn. Cosi: sedb- 
gnere, pbgnere fanno sedhgne, pug ne (6). 






(1) Si te n'affiennej e pare stravagante 

Ca sto mafaro mormora da reto, 

Viene dereto £a te parla unante . — Capas. 29, 75 
A la gonnella i/o nee appienne fosa — Quattrom. 326* 
Oramaje è tiempo che tu mme rienne che Ho che t* aggio fali'io — Sarn. 

22, 214 
Comme ! siaje nchiana terra e non Varriemel — G. Gen. 1845, 72. 

(2) Tu saghe pe na scala, 

E scinne pe na funa — Cort. 4, 89. 
Zeza, tu mme si fatta trippajola, 
£ binne trip pa janca e ttennerella — Sgrutt. 1, 96. 

(3) Ca puoje ncopp'a na catetra sedere, 

Sibbè liesse foscelle, e si pastore — Capas. 29, 230. 
Va, sm teste a la cecata 
Li cavalle toscane a st'autra parte — Stigl. 11, 185. 

(4) E me fiete de vrognola a cantare — Sgujtt. i, 77. 
Prate sciorute de vertu nee miete — P..g. 17, 43. 
Mme promietle a branche 

Le bone razie toje, e ppo mme manche — Pag. 18, 46. 
Lo serpe venenuso, 
La tigra, si arrefrielte, 
D'Ammore a le ssaiette 
Se stanno a omelià — Piccin. 2, 228. 

(5) Si tu faje sta botta, 

Te miette, cri de a mme, gran paglia sotta — Capas. 15, 110. 
E li ponte de fieri o oddô li mmltleï — G. Gen. 1837, 70. 
Se non te mille comme t' aje da mettere , non boglte che m' addemmanne 

manco no filo de spavo — Rocchi, 3, 50. 

(6) A stiento te sedugne li papusce — PaiscoLo, 2, 121. 

Ma po mme pugne st'arma cchiù de n'estrece — Scrut. 1, 29. 



— 131 — 

6} Se esso è seguito da 1. Cosi: vbllere fa vulle (1). 

c) Se esso è seguito da m. Cosi : rbmpere, scbmpe- 
re, scorrbmpere fanno rumpe, scumpe, scorrumpe (2). 

d) Se esso è seguito da n. Cosi : compbnère , de- 
spbnere, espbnere , annascbnnere, respbnnere, nfbnne- 
re fanno compune, desphne , esphne, annasciuine, re- 
spUine, nfunne (3). 

e) Se esso è seguito da due r. Cosi : cbrrere , soc- 
cbrrere. fanno curre, socchrre (4). 

f) Se esso è seguito da s. Cosi: cbsere , sbsere, ca- 
nhscere, recanbscere , arrbstere fanno euse, sikse , ca- 
nXksce, recanhsce, arrhste (5). 

g) Finalmente si cangia To tonico in u, se esso è se- 



(1) Vvdle, chino pegnato, ca no juorno 

Ha da venire che si sbacantato — Piccm. 2, 184. 
{2) Go sti truone e co sti lampe 

Le ccercole e le ppigne allumme e rmmpe — Lomb. 5, 140. 
E già che si arredotta a la ncammisa, 

Accidete, ca scumpe — Fas. 13, 101 
Tata mio, non te scorrumpe 

k bedè a nnuje trattà de sta manera? — Càpas. 15, 179. 
<3) E t'è portato 

Da chi compnne, chello cH'aje raagnato — Cort. 2, 944. 
E quanno te dispone co chella poca abeletate, che t'ha dato la Natura, saje 

aggrannire le ccose peccerelle — Zito, 3, XXU. 
Abbasta che non Vespnne a n'esazione de pummadore fracete — P. Altavil- 

la, Lo salone francese, 93. 
Ch'aje de simmele tu che Vannascunne, 

E ncaforchiato staje dint'a na tana ? — Morm. 2, 59. 
Chiammo, e tu non regpxmne, sordeglione ? — Pag. 18, 63. 
Si tu de na cannela lo lucigno 

Nfunne d'acqua, appicciannolo , tempesta — Piccin. 2, 45. 
(4) Tu, che carre comm'aseno a la paglia, 

Comm'aje lassata, o figlio, la vattaglia ? — Gapas. 15, 197. 
E Mase tujo se more, 

Se tu no lo soccvtrru -~Cort. 4, 14. 
<5) Po t'assiette e a lo mraanco te cnse 

Quatto para de guante lo juorno — G. Gbn. 1847, 34. 
Mo mme pare che facce co mmalizia 

Sta cosa, che te sxue sempe a ttardo — Gapas. 15, 212. 
La canusce sta facce Mo so benuta 

Da la tana mo mo ae li tentille — Stigl. 10, 65. 
Recanusce 

Tu puro mo lo caro figlio tujo — D. Bas. 12, 18. 
€he ba, ca tu Varruste ed io mme frio, 

Si chello è po, che tesseno le Ffate? — Capas. 15, 214. 



— 132 — 

guito da due t. Cosi : glibttere , aglibttere fanno 
glihtte e aglilxtte (1). 

79. Nellâ stessa voce 1' o tonico si cangia in no : 
a) Quando esso è seguito da c. Cosi : cbcere fa 

cubce (2). 

6) Quando esso è seguito dal digramma gl. Cosi: 
cbgliere, accbgliere fanno cubqlie, accubglie (3). 

c) Quando esso è seguito da j. Cosi : prbj'ere fa 
pruoje (4). 

d) Quando esso è seguito da una r. Cosi : tbr~ 
cere, stbrcere, scbrgere, accbrgere , resbrvere , assbr- 
vere fanno tubrce, stubrce, scubrge, accubrge, resuhr- 
ve, astsubrve (5J. 

e) E quando finalmente esso è seguito da t. Cosi : 
chibvere, mboere , smbvere fanno chiubve , mubve , 
smubve (6). 

80. Osserviamo, in terzo luogo , che nelle prime e 
terze persone dell* imperfetto delF indicativo si suole 
in poesia sopprimere ii v della desinenza , e dirsi to 
gliottèa, isso nascèa , nuje credèamo , lloro chiagnèa- 

(1) E ttu terra le rrifje, e nno He gliuttel — Fas. 13, 209. 

Avarria da essere na locca corum'a te, ehe Vaglintte chesse sciorte d'affrun- 
te— G. Gen. 1837, 4. 

(2) Pe na femmena cruda 

Tanto te cuoce tune? — D. Bas. 12, 131. 

(3) Non me ce cnoglie cchiù a ste fatiche de cano — G. Bas. 21, 42. 
Accuoglie sta mmescuglia comm'a figlia — Priscolo, 1, 12. 

(4) E ttu le pmoje 

Tanta forza e ssapè, che la comroanna 
A boglia soja — Ou va, can. 3, ott. 66. 

(5) Te tuorce ? Che cos'è? — Itto, La costanza coronata, 80. 

Tu a li viente staje sauda, e non te stuorce — Sgrutt, I. 93. 
E chiaro scuorge 

Che resce a brenna, e fa fefecchie — Rocco, S3, 153. 
Non Vaccuorge che songo arredutto 

Sicco sicco, che paro n'aluzzo? — V. P. Spas. 4, 35. 
E te re8VLorve all* utemo nsospire — Sgrutt. 1, 219. 
E, si m'ossnorve sto peccato mio, 

Quanno sto ncielo diciarraggio a Dio : 

« So muorto nfra le braccia de l'ammore » — R. R. Spas. 4, 23. 

(6) E cchivLOve a nnuje vertute a cciel'apierto — Pag. 17, 75. 

Saccio ca quanno tu te mvLùve nguerra, 

Tremma sto regno nziemme co la Terra — Perr. 16, 60. 

Priesto, smuovek; 
Pruojeme sto soglione — L. C. Spas. 1. 36. 



1 



— 133 — 

no (1), in vece di to gliottèya, tsso nascèra, nuje cre- 
dèYamQ, lloro chtagnèvano. 

81. Osserviamo ancora che gli antichi , oltre allé 
vôci ordinarie delle terze persone del passato rimoto, 
spesse volte in vece di esse si servirono di altre es- 
senzialmente diverse , per la formazione delle quali 
cangiarono : 

a) In uz il digramma gl che segue la vocale tonica. 
Cosi : da scègliere, côgliere, sciôgliere fecero scèuze e 
scèuzero, côuze e côuzero, sciôuze e sciôuzero (2). 

6) Cangiarono ne e gn in nz. Cosi : di véneere , 
chiàgnere, strègaere^ jdgnere fecero venze e vènzero, 
chiàuze e chiànzero , strenze e strènzero , jonze e 
jônzero (3). 

c) Cangiarono rd, rc, rg ed rr in rz. Cosi : di àr- 
Aere, pèviere, spèriere, tôrcere, spàrger e , accôvgere , 
càrxere y scôrrere fecero arze e àrzero,pevze epèrzero, 



(1) A. cann'apierto 

Co lluocchie mme gliottea sta bella cosa — Cort. 4, 13. 
E comm'esce na penna da no stucchio, 

Cossi n'ommo nascea da lo deoucchio — Scrutt. 1, 188. 
Li Griece, che credeamo sbagottute, 

Co l'armata da nuje se Paffuffaro — Stigl. 8, 99. 
Li Deje da cielo pe ccompassejone 

Chiagnèano, chi pe chisse e ctai pe chille — Stigl. H, 101. 

(2) Essa, che nn' aveva tan! a ncapo, scenze pe lo meglio chisto Che ve der- 

raggio — G. Bas. 50, 160. 
De iutte ll'arte sceuzero la peo — Capas 13, 136. 
Ed essenno tutte l'anemale jule a bevere, Jannuzzo se conze lo mila— Sarn. 

22. 240. 
Comme fujeno vecino a na fontana, 

Se la conzero bello zitto e rautto — Cort. 2, 129. 
Jettaje no strillo e po scionze la voce — Peru. 16, 27. 
Pe la quale cosa se le icionzero le ggamme ncordate — G. Bas. 20, 337. 

(3) Perzô Menerve venze lo chiajeto — Cort. 4, 240. 
E venzero lo ncanto. pecchè io 

Guidaiele ddove tu saje comme stiste — Fas. 14, 147. 
Le chianze lo core, che no screttorio de tante gioje d'ammore fosse trovato 

senza manigtie — G. Bas. 20, S72. 
Chiànzero tutte, puopolo e segnure — Stigl. 10, 243. 
Spaventata ogne mamma auzaje no strillo, 

E se strenze a lo pietlo lo nennillo — Stigl. 9, 73. 
£ dditto a ppena ste pparole, se le strenzero le mmasche — G. Bas. 20, 104 . 
Quanno furono li quatto de maggio jonze lo pesonante nuovo — Yott. 164 
Jonzero nflne, e beddero Tardire 

De chillo speretafo e gra smargiasso — Perr. 16, 8. 



— 134 — 

sperze e spèrzero, torze e tàvzero, sparze e spàrztro , 
accône e accàrzero, corze e càrzero , scorie e scdr- 
zero (1). 

d) Cangiarono in doppia p la y e la mp che seguo- 
no le vocali toniche e ed o. Cosi : da vèrere, chiôrere, 
rdmpere, corrômpere fecero uippe e uèjrpero , c/uoppe 
e chidjtpero, roppe e rôppero, corrôppe e eorrdppero (2). 

Perô di recèrere fecero soltanto recevètte e receYèttero, 
di scômpere fecero seampètte e scompèttero; di scommd- 



(1) Pe ffa l'arrusto tutta rrobba secca 

S'arze, e see po conta tra li grao case — Capas. 15, 63. 
La pena nc'è de li lossorejuse, 

Cbe s'arzero p'ammore, so abbrusciate — Pert. 16, 57. 
Se pigliaje lo matarazzo co la credenza , se lo vennette, e nce perse la meta 

ncoppa — Vott. 88. 
< Quanno a li figlie de sarvà la pelle 

Credevano, se perzero co cchille — Morm 110. 
E maje mmiez'a la folia isso se sperze — Morm. 353. 
Strillajeno 

« lia » li marenare oche lo sperzero — Rocco, 21, 303. 
£ curzo a la casa, torxe lo cuollo a lo gallo — G. Bas. SI, 8. 
La baronessa avenno dato l'addaobbio a la flglta, sparse voce ch'era mort» 

— G. Bas. 21, 179. 
E sparzero po voce ch'era vu to — Stigl. 8, 97. 
Isso no ns'addonaje d'ave fojuto 

Tanno; ma se nn'accorze da lontano — Fas. 14, 61. 
E tutte se nne accorzero vedenno 

Lo furamo e ffuoco, che già jea saglfenno — Stjgl. 9. 173. 
Corze la mogliere, e quanno vedde lo cascione scassato , le venne no pan- 

teco — Vott. 62. 
Corzero li cavalle a ntorniare 

Tutto lo vuosco — Stigl. 10, 135. 
L'Adriateco «corze, e maje na spina 

Pe mpiedeco trovanno, appalorciaje 

Nû a la Liburnia — Stigl. 8, 29. 
Scorzero sango li sciumme e li lagne — Perr. 16, 27. 
(2) Tanto da 11' uocchie jetta fuoco, 

Che pe potè paria veppe no poco — Capas. 15, 12. 
Li poète nce so po colorite, 

Che de lo Grieco veppero a la votle — P*rr 16, 83. 
E pe rresposta 

De li fell use chioppero li batte— G. Gen. 1837, 6. 
Autre T orrenna furia d' Aquelone 

Ntra secche e scuoglie o roppe, o le ncagliaje — Stigl. 8, 65* 
Li rebelle 

Che roppero la fede a lo patrone, 

Stanno nzerrate ccà, comme porcielle — Sticl. 9, 275. 
Po se cor/oppe e se chiammaje Gragnano — Lomb. 5, 12. 



— 135 — 

vere, fecero scommome e seommomero (1), e di movere 
fecero mome e mcmero, oltre a moppe e mappero (2). 

e) Cangiarono in doppia s il y preceduto dalla vo- 
cale tonica i, il c , il doppio g , l' j , ed il t prece- 
duto dalla vocale tonica o. Cosi : da scriyere , dite- 
re , mmardicere , arredùcere , lèggere , sorrèjere , 
strrïjere, scàtere fecero scris&e e scri&sero, disse e din- 
sero, mmardis&e e mmardissero, arredùs&e e arredùs- 
aero , les&e e lèssero , somw e sorrèssero , stfn/gge e 
strù&sero, scosse e seôssero (3). 

Ne eccettuarono perô, càcere, nàcere, latere , /?/rà- 
cgrg, connàcere, aslggere, rèjere , arrèjere e prôjere , 

(1) Saocia la gente 

Che sfonnerio se fece e chc scafaccio, 
Dapô che lo êcommosme Marte stisso — M. Fahao 24, 183. 
A taie vesione 

Se scommossero a tutte le bodella — Sticl. 8, i 17. 

(2) Peccbè a li piede 

Nce aveva la pelagra non se mosse — Perr. 16, 31. 
Le Nnaziune contano 

A li Tartare guerra comme mosstro — B. Valent. 6, 198. 
Se moppe nfra le squatre no remmore, 

Iosto comme fa 1' onna quanno mperra — Capas. 15, 48. 
Li quale a pregarie, sospire e chiantc 

De nullo maje se wioppero a piatate— T. Val. 19, S97. 

(3) Scrisse Canneloro a la mamma, che benesse a partecepare de le grannizze 

soje — G. Bas. 20. 116. 
Perzô scrissero tutte li sapufe, 

Che la facezia è n* opera de ngiegno — Pag. 17, 57. 
E disse : Non sarria chesta Ciannella, 

Che chella spennazzola mme mmescaje ? — Cort. 2, 9. 
Po tuf te quante co 1' asempio mio 

Dissero a la bon' arma: A Dio, a Dio — Sticl. 8,* 197. 
La Fata, vedenno tanta ggratetudene, la mtnar disse — G. B\s. -20, (04. 
Mmardissero chillo calamaro e chella penna, che scrisse fauzariamente tanta 

malanne lloro — G. B\s. 21, 82. 
E dapô mille di cote e dîssele, V arreddusse a ghire a lo vosco— G. B\s. 

20, 48. 
M' arreddussero a tfale, mai amené, 

Che g/à moreva ri n' aveva a ttene — Oliva, can. 1, ott 22 
Fece da lo medesemo stodejante che le lease la Jettera, fauzefecare la m a no — 

G. Bas. 20, 274 
Mostraje na gran paura, e se êorrease — Cort. 2, 203. 
Le gente de Majure se sorressero 

Vedenno ncopp' a lloro li fracasse— Perr. 16, 118. 
Pe no frutto por/i, comm* aggio ntiso, 

Troja se «/russe, e avio ciento schiattiglie — Oliva, can. I, ott. 10. 
Mme strussero le rrobbe co le ccarne — Oliva, can. 1, oit. 22. 
De' mortale li piette isso pugnie 

Chiavannoce na cura, onne se tcossero — Rocco, 25, 19. 



— 136 — 

le cui terze persone del passato remoto non allonta- 
narono dalla norma générale. 

f) Cangiarono in una sola s il d , Y n ed il t che 
segue la vocale tonica e. Cosi: da rààere, crèiere, ac- 
ci&ere, riiere, chiùiere, concrùiere, spànnere , attèn- 
nere, scènnere, mpènnere, respànnere, pônere, mèttere, 
prommèttere fecero rase e rùsero, crese e crèsero, ac- 
cise e accisero, rise e rîsero, c/uùse e chiùsero , con- 
erase e concrùsero, spase e spàserô, attèse e attèsero, 
scese e scèsero, mpese e mpèsero, respàse e respôsero, 
pose e pàsero, mese e mèsero , pvommèse e jprommè- 

sero (42). 

— ~ . — - — . — 7 

(42) E Grammegnone, lcsto coram' a ddaino, 

Rase la capo a 11' uno ed a 11' aut' aino — Capas. 15, 96. 
Essa la voce non la erase maje — Pag. 18, 1U. 
Chille vozzacchiune baboasse 

Cresero cierto quarche (rademiento — Cort. 2, 1S2. 
E le bacche e le ppecore V accise — Cort. 2, 34. 
E one lo stisso tierapo 

Accisero crapiette e pecorelle — D. Bas. 12, 161. 
La Déjà, sibbè sta vota stea marfosa, 

Lie rise nfaccia — Mo:m. 192. 
Risero taoto de lo scuorno de lo sbregognato compare — G. Bas. 20, 245. 
La chiuse dint' a ssette casce de cristallo — G Bas. 20, 229. 
Non chiùsero pe no piezzo vocca de sto bello spetlacolo — G. Bas. 20, 125. 
Omcruse de lo fala ncrodeluto 

Non obbedire a lo commannamiento — Pag. 18, 113. 
Fecero addonca conzierto li Consigliere, e concrùsero che fossero schiaffate 

dlnta na votte — G B\s. 20, 53. 
E pe ttutto lo cuorpo abbascio e suso 

îSe le ipa&c la zirria e lo l'orore — Stigl. 10, 55. 
Cilla, sentuto chesto, alèse a nnasconnere quanlo potesse la panza — G. Bas. 

*0, 228. 
E chille, no mpotenno sopportare 

Arme e tempesta, attesero a sbignare — F* s. 13, 191. 
Pigliatose lo carrafone. a suono de lo crô crô, nne scese cchiù de la mme- 

tate — Sarn. 22, 156. 
A lo lummo, ch' ascea da le Uibarde, 

Scesero non se sa quanta cucciarde — Cap as. 15, 67. 
E lo mpese a lo scuoglio pe le ggamme — Stigl. 8, 7. 
Li Lacedemonie mpesero na cctola, pecchè ne' era stata agghionta na corda— 

Cort. i, 139. 
Isso respose : Tengo no peccerillo malato co 11' uoechie — Vott. 120. 
Ma lloro le resposero arraggiate : 

Commattere volimmo, azzô nne schiatte — Perr. 16, 35. 
Pe poterele cbiammare, le pose nomme Cecca a la fegliola , e Mineco a lo 

fegliulo — Sarn. 22, 264. 
Chi po dire le scorze de mcllune de machine, che le posero sott'a li piede ?— 

G. Bas. S0, 325. 



— 137 — 

Se non che gli antichi, mentre non formarono altre 
voci, oltre le naturali, per le mentovate persone , nei 
yerbi rifrèttere e sconnèttere, formarono, cangiando in 
i la vocale toiiica é ne' verbi in cui questa è seguita 
da t, altre due voci, oltre le succennate , per le me- 
desime terze persone. Cosi : da mèttere e commèttere 
fecero mise e mîsero, commise e commisero (1). 

g) Finalmente gli antichi formarono ancora le voci 
délie terze persone del passato rimoto di alcuni verbi, 
cangiando m ie ed io la desinenza ette, ed in ieno le 
desinenze èttero ed ero, Cosi : da canôscere fecero ca- 
noscïe, canoscio e canoscieuo (2), da scômpere fecero 
scompïe, scomplo e scompieno (3), da mèttere fecero 
mettïe, mettïo e metàeno (4). 

Ne solo per le terze persone, ma ancora per le pri- 
me , in parecchi verbi , co' medesimi cangiamenti , 

Lo rre, vedenoo lo buon' armo de Pacecca, se mese a ccfaiagnere pe ttène- 

rezza— Sarn. 22, 489. 
E tutte T autre viente prencepale 

Menero W acque sauze a sparafunno — Sticl. 8, il. 
Ne mme prommese maje la mamma Dea 

Dareme pe nnepote no stalloue — Stigl. 9. 33. 
Li quale prommesero ca la matina se forriano puoste nfruscio ped'isso — 

Cort. 4, 163. 
(i) Chella pe non darele avodienzia, se mise a pparlà nfacce a no muro — » 

Vott. 45. 
Po certa gente pratteca de guerra 

A rruffe a rraffe misero sla terra — Stigl. 10, 131. 
Davide chisto maie se scegliette 

Quanno commise chillo gran peccato — B. Valent. 7, 77. 
E IF arme lloro tutte so spedute, 

Ca commisero già chillo delitto — B. Valent. 7, 163. 

(2) Comme F app' isso meglio affegorata, 

Subbeto canoscie lo bello viso— Fas. 14, 204. 
Appena er' arrivata chella varca, 

Che Mase canoscio Rosa a la voce — Cort. 4, 123. 
Tanno fuje che H zimmarc, le ccrape, 

1À piecore la luce canoscieno — Rocco, 23, 115. 

(3) Accossi se scomple tutta la festa 

Fatta a F arma d'Anchiso — Stigl. 9, 165. 
Porzô scomplo lo zilo de parlarc — Cort. 2, 12. 
Pocca li Deje, nche lloro scompieno 

S' accommenzaro tutte a ffreccecare — Lomb. 3, 138. 
<4) Po le mettle na mano a lo caruso — Cort. 2, 139. 

La Famma se mettlo ncopp' a no trave — Capas. 15, IQ. 
Po, pecchè no nee era auto da cardare, 

Se meltleno lia dinto a passejarc — Lomb. 5, 100. 



— 138 — 

gli antichi formarono nuove voci. Cosi : da pèràere y 
càrrere, divere, pônere, riàere, mèttere tornciarono perte 
e joêrzemo, corze e cànemo, disse e dïssemo , pose e 
joôsemo, rise e risemo, mise e misemo (1). 

82. In quanto al participio passato dei verbi sdruc- 
cioli in ere osserviamo che vi sono verbi che ne hanno 
uno soltanto terminato in uto, e ve sono altri. che ne 
hanno due o più, uno termina' o in uto , e Y altro o 
gli altri in modo spéciale. 
Hanno un sol participio terminato in uto i verbi : 
a) Del cui infinite) presence la vocale tonica è se- 
guita da 1, meds, Cosi : partecipii passât i di vdllere, 
sbdllere, prèmere, prèmmere, sprèmmere, côsere, scà- 
sere, sôsere, tèssere, ntèssere, pàscere, crèscere, accrè- 
scere, canôscere, smèstere, assistere , reslstere , arre- 
ster e sono vollxito , sbollhto , prembto , premmMù , 
spremmhto, costato, seosùto, sosiito, tessUto, ntesshto, 
pascihto, cmcnito, accresciuto, canosciiiti, $me$thto r 
as si s (Alto, resisthto, arrosthto (2). 

(0 Pe no dito 

De grolia, io perze taano ciento parme 

De bene e llibbertà — Oliva, can. 1, ott. 
Non pevzemo la coppola a la fol la — Fas. 13, 197. 
Subbet' io corze a chella fenestrella — Sgrutt. i, 67. 
Corzemo tutle a San Severo a llava — Pag. 47, 182. 
Panto, io le disse, a che guaje nce trovammo? — Stigl. 8, 135. 
Bona notte, ch'è notte, tutte dissemo — B. Valent. 6, 121. 
A leggcre mme pose de bon core — T. Val 19, 79. 
Ne posemo ncammino; e quanno fummo 

Da fore Praja quatto o cinco miglia, 

Ecco se fanno nnanze 

Cinco o seje farenelle int'a no vosco— G Massa, PAngelo del Carmelo, 60 
Io me nne rise, e no nne fece stimma — Sgrutt. 1, 30. 
Risemo a la bel la chiusi de la canzone — Sarn. 22, 163. 
Io scenno, t' arravoglio e Uorno 

A ghire addove ncapo già mme mise — Fas. 14, 35. 
E decevano: Oiinmè, dove nce misemo ? — Cort. 3, 141. 
(2) N' ato, mente no scarco sta taglianno 

No capone voilât o y se na' afferra 

No miezo — Picc. 2, 79. 
È già sbolluto 

Lo sango era pe sdigno — Stgl. 10, 65. 
Quanno maje t' ha premuto — Sagliem 3, 7. 
Quanto cchiune è premmuto e rebottato — Fas. 14, 176. 
Da V uoechie belle 

Fila no chianto, ch' era tutto sanco 



— 139 — 

Nà&cere perô fa nascïx&o e nato (1). 

6) I verbi in cui la detta vocale tonica è seguîta da 
rn, rt ed rv. Cosi: participa passati di cèrnere, spàr- 
tere , commèrtere , resôrvere, assôrvere sono eemîito, 
sparthto, commer t\ito } resolhto, assol\itù (2). 

e) Ed i verbi, in cui la vocale tonica e è seguita 
da un solo t , o la vocale tonica o è seguita da 
d o da j, o le stesse vocali toniche a ed o sono se* 
guite da due t. Cosi : participii passati di fètere, me- 
ter e, profère y prdjere , mmàttere , vàttere , sbàttere , 



Da lo core spremmuto — Oliva, can. 8, ott. 48. 
Lo tabano co spine avea cosuto — Stigl. 8. 257. 
£ pe la via, 
Lo varcone che stea miezo scosuto 
Pigliaje grann' acqua — Stigl. 9, 251. 
E dormio si ehe Micco fu «osuto — Co ht. 2, 56. 
Menerva pe s' arma jetlaje lo manto 
1 Che co le mmano soje avea Itssnto — Capas. 15, .172. 

I E no giacco a tre dduppie mme donaje, 

! Che tutto a mmaglie d'oro era ntessuto — Stigl. 8, 241. 

Io so n' ausuraro canotciuto, 

E co lo sanco d' autre so pasciuto — L C. Spas, 2, 15. 
Ma co li figlie suoje 1' avea cresciuto 
i Teana, e a lo marito ha sto riguardo — Cap as. 15, 140. 

, Chi ha visto ca st' orrenna spata 

Ha de sango lo Tevere aeereteiuto ? — Stigl. Il, 169. 
Spisso spisso songo stato smestato pe scrivere quà stroppola a Ucngua no- 
I sta — G. Gen. 1847, 78. 

| Asêcsluto da loro e da la lava 

j Che porta appriesso, Masaniello scorre 

i Pe nzo do vole — Oliva, can. 3, ott. 56. 

1 A le botte fegliulo, cchiù de smauto 

1 Ha resettuto, e baie cchiù d' ogn' ommo — Pk^r 16, 14. 

S' avesse procurato n' ajenicllo, l' avesse arro«tato, e se 1' avesse ciancole- 
jato — Rocchi, 2, 198. 

(1) E benchè io sia natciuto nfra lo grasso, 
Ho so pezzente, e bao poco da rasso — Com. 2, 82. 

Ne le penzare che mme sia ino nato 
St' ammore a l'arma, ca nce s' è mmecchiato — Stigl. il, 187. 

(2) Passance pe ssetella, e bide doppo 
CernutOf ca li vierze mieje so brenna — Quattrov. Spas. 4, 31. 

Ciollo e Perna, 1' uno spartuto da V auto, e Mineco a n' auto lietto jero a 

dormire — Cort. â, i97. 
A la pagliara 

Te lo portammo commertnto e buono — Irro, La Costaoza corona ta, -60. 
E accossi reso/uto, se nne jeze 

A trovà chelle scure lo carnetta — Morm. 91. 
E pecebé era peccato abituato, non poteva essere astoluto — Vott. 84. 



— 140 — 

glidttere, aglidttere sono fethto, mertito, prodhto, pro- 
yiito, mmatthtOy vatthto , sbatthto , gliotthto , agliot- 
thto (1). 

83, Hanno due participii passati, uno terminato in 
uto e 1'altro in nto, i verbi: 

a) Del cui infinito présente le vocali toniche a ed o 
sono seguite da gn. Cosi : di chiàgnere , sfràgnere , 
seddg&ere , pàgiiere i participii passati sono chiagtv\\to 
e cAzanto (2) sfragrihto e sfranto (3), sedognhto e se- 
rfwnto (4), pognuto e />anto (5) , quantunque panto e 
sfranto oggi raramente si adoperino. 

6) Ed i verbi, in cui la detta vocale tonica e è se- 
guita da nc. Cosi : participii passati di vènvere, ab- 
bèncere sono vincihto e pmto (6) , abbencihto e ab- 
fonto (7). 

(1) Sempe nV ha fetuto coram' a carne de crastato — Cort, 4, 158. 

Jeze a ttiempo che, avenno tnetuto le spiche de V anne suoje , le bolevano 

nfossare— G. Bas. 20, 293. 
Sempe le mmano te so prodate — Anon. Vierze, 80. 
ProjutB, F uva co Da reverenza, 

To caccia quatto frutle de despenza — G. B. Spas. 3, 43. 
Messe Petrarca, che peccato aje fat to 

Mmano a sti ciucce, e dove si mmatluto ! — Cxpas. Sonetti, 136. 
Se nne jette comra'a cano vatluto co la coda mmiezo a le ggarame — G. Gen. 

1837, 64. 
Ma lo mare F avea proffedejuso 

Sbattuto a cchille scuoglie tanta vote — Pkrr. 16, 80. 
S' allecordaje lo ttuosseco gliolluto 

Pe chillo tradetore scanoscente — Pag. 18, 134. 
Lassammo chisto, e ttornammo a Peppone, 

Che la terra agliottato se 1' aveva — Perr. 16, 53. 

(2) Chi ve lo ppo conta quanto de core 

Aggio chiagnuto — L. C. Spas. 2, 36. 
Si no a cchest' ora V avarriamo chianto — Capas. 15, 55. 

(3) Da no povero «/raçnuto, 

Core mio, che nhe puô avè — G. S. Spao. 2, 49. 
£ n' aggio sfranto buono li carrine 
A castagne spistate e a llupine— G. Bas. 21, 318. 

(4) Lo carro si non è sedognuto non cammina — L. G. Spas. 1, 12. 
Che da no piezzo non F avea sedunto — Norm. 14-4. 

^5) A lo bivo m' avea troppo pojnuto — Fas. 14, 157. 
O puro ne lo nore è stato punto — Mokm. 61. 

(6) Chillo che aveva venciuto lo pittaje ncauzonetto e ncammisa — Vott. 7 . 
Lo Grieco ha 6mto, ha fctnto; è già patrone 

De Troja, clF è mez* arza e scarropata — Stigl. 8, 135. 

(7) V ave fuorze ahbenciuto lo sonnillo?— T. Val. 19, 73. 
Pecchè tulte li core isso le nzamma, 

Ch'ognuno dice, che d' ammore è abbinto — B. Vaunt. 7, 26. 



1 



J 



— 141 — 

84. Hanno due participii passati , uno terminato in 
uto e V altro in ppeto , i verbi del cui infinito pré- 
sente la vocale tonica e od o è seguita da t. Cosi : 
participii passati di vèvere e chid\ere sono yepiito e 
vlppeto (1), chiovhto e chiudjfpeto (2). 

Si eccettuano ricèvere che fa soltanto recevuto (3), 
màvere, smôvere e scommôYere che non solo fanna 
movhto e mwoppeto (4) , smovhto e smuôpjteto (5) , 
scommovuto e scommuoyjteto (6) , ma fanno pure 
muo&Bo, smuo&so e scommuôs&o (7). Gli antichi poi 
avevano ancora muosseto e smuosseto (8). 

85. Hanno due participii passati, uno terminato in 
uto e T altro in rto : 

a) I verbi, del cui infinito présente la vocale tonica 
è seguita da re. Cosi : participii passati di toreere 
sono torciixtto e tuorto (9); quantunque quest' ultimo 
oggi quasi più non si usi. 



(1) Aje vevuto pe gusto tujo, aje da vevere pe gusto mio mo — Voir. 233. 

Pe farele jetlare 
L* acqua che aveva uippeto a lo mare — Gort. 4, 122. 

(2) Me nee hanno comra' a grannolo chiovuto — Ugoni , 11 vero lume fra le 

Ombre, 9. 
Aggio spasa la colata, e mme ne' è c/uuoppeto a cielo apterto — G. Bas . 
20, 288. 

(3) Sentuto lo rre la resposta, venae e fu rrecevuto dacavaliero — G. Bas. "20, 103 . 

(4) La speranza 

De trovare confuorto 1' ha movuto — Oliva, can. 5, ott. 66. 
Affe ca me nn' aje muoppeto appetito — Co.vr. 4, 35. 

(5) Smovut*. 1' aria appena — Pice. Dialoghe, 3, 13. 

Pe la paura me s' è «muoppeto lo cuorpo — Ckrl. 15, 215- 

(6) Pe sto fatto 

Cielo e Terra aje scommovuto — Ajtn. Vierze, 6. 
Lo compare, «cuommuoppeto da la paura, le disse de lo ppane pane — 
G. Bas. 21, 170. 

(7) E già s' è muosso a gran piatà de tene — Oliva, can. 1, ott. 45. 
Chist' era lo decreto, e non s' è «muosso 

Da capo de li ciucce ancora ntutto — Lomb. 5, 42. 
M' ha ntronato e lo sango m' ha «commuosso — Stigl. 9, 47. 

(8) Ma lo cortesciano, mmuosseto a ccompassejone de chille scure peccerille , 

le lassaje vive — Sarn. 22, 257. 
Ste ccose m' hanno «muosseto lo core — Perr. 16, 130. 

(9) Ma fatto no l'avria, si tu lo cuollo 

L* avarisse lorciuto — Anon. Vierze, 14. 
Le ccômmare sdegnate vertnero ntanta collera che, luorto lo cuollo a la pa- 
para, la jettaro — G. Bas. 21, 137. 



— 142 — 

6) I verbi del cui infinite présente la vocale tonica 
o è seguita da rg. Cosi: participa passati, di accdrgere 
sono accorgihto e accuàrto (1). 

86. Hanno due participa passati, uno terminate in 
uto e T altro in rzo : 

a) I verbi del cui infinito présente le vocali toniche 
a ed e sono seguite da rd. Cosi : di àriere, pèrdere, 
spëriere i participii passati sono arduto ed arzo (2) , 
perdhto e perzo (3), sperdhto e sperzo (4). 

6) I verbi dei quali 1' indicata vocale tonica a è se- 
guita da rg. Cosi : di spàrgere i participii passati sono 
spargihto e sparzo (5). 

c) Ed i verbi de' quali la mentovata vocale tonica 
G è seguita da due r. Cosi : di covvere e soccôrrere i 
participii passati sono eorrUto e curzo (6) , soccor- 
ruto e soccurzo (7). 

Perô, oltre a tali participii, gli antichi , per alcuni 
verbi di quest' ultima specie, avevano un altro parti-, 
cipio passato formato aair aggiunzione della sillaba to 



<1) Nee simmo accorgiuta, ca nee smicciate da no piezzo co fine lecito — Cerl. 
12, 309. 
Pecchè s* è accuorto, ca so cchiù potiente 
De li frugole suoje li tricchetracche — Sgrutt. i, 94. 
(i) San Pietro Martire 

S* è arduto tutto — Anon. Vierze, 16. 
Àveva arzo lo viglietto de lo lerno — Voir. 223. 
(-3) Sorriesseto e spautato se vedeva 

Comme si mo se fosse II io perduto — St«gl. 9, 177. 
Perxo te trovarraje V uoglio e lo suonno — Sgrutt. 1, 192. 
(i) Comme no pollecino cbe «perduto 

Va pe dinto le cammare a la scura — Lomb. 5, 38. 
Songo sicuro ca non avite sperzo chelle tremenne parole — Rocchi, 1, 74. 
(5) Pe la patria e pe lo nnore 

Si non sango, spargiuto banno sodore — T. Val. 19, 298. 
Ma s' era sparzo ccà, Cianniello mio, 
Ca nee facive tu no chiantarulo — Pag. 18, 130. 
6) Visto da lontano 

Lo pericolo granne, era corruta — Cort. 4, 123. 
E ccercatole perdonanzia d' essere curzo troppo nfuria , se nne jettero ncoc- 
chia a lo palazzo — G. Bas. 20, 98. 
(7) E mmannaje a rhiammare po la Fata. 

Pe essere da chella soccormte — Perr. 16, 153. 
E spero a la misericordia de Gesù Cristo, che dappô sarraggio soccurzo — 
Roccui, 1, 17. 



— 143 — 

alla desinenza rzo cangiata in rze. Cosi : di correre 
e scorrere erano ancora partecipii passati eàrzeto e 
scùrzeto (1). 

87. Hanno due participii passati , uno terminate) in 
ut© e V altro, non sempre oggi adoperato, in so : 

a) I verbi del cui infinito présente le vocali toniche 
i ed u sono seguite da d. Cosî : di acciiere , chiù- 
îlere i participii passati sono accidxiiû e acefao (2) ,* 
nchiudhta e nchiu&o (3). 

b) I verbi ne'quaJi le dette vocali toniche a, e ed o 
sono seguite da due n. Cosi: di spàmiere> qffènnere, ap- 
pènnere , defennere , ntènnere , scènnere , spènaere , 
confdnnere , nfdunere i participii passati sono span- 
fliitô e spaso (4) , qffennhto e qffÏ80 (5) , appert- 
nhto e apphi (6) , defennhto e dejTi&o (7) , ntennhto 
e ntfao (8), scennlkto e scîho (9), spennhto e spino (10), 

(i) Avea curzeto forte 

Pe sferrà da le granfe de no gatto — Pag. 17, 258. 
Era lo juorno de 1' appontamiento 
Scurzeto, ch' essa avea d' avè l* ajuto — Fas. 13, 126. 

(2) Ne mmo, ne mmaje 

Me scordarraggio, ca te si aceidnto 
Pe cchillo — A. Mortikllo, S. Carlino, 5, 40. 
Non T aveano occiso 
Peccfaè mille docate V ha prommiso — Coït. 2, 32. 

(3) Te si nchiuduto ncasa pe paura, 

E t' aje nfonnuto lo cazone arreto — Anon. Vierze, 25. 
Ha sta ssempe lia nchiuso, comm' a ppaorco— Lomb. 5, 95. 

(4) La notte avea tpannnte già 1' ascelle — Cort. 2, 142. 
Ncopp' a P avorio avea colore spaso 

De rosa fommaschina — Pag 18, 48. 

(5) Donna Carmè, mi pento e m'addoloro d'avereve a^ennuta— G. M. Spas. 3, 30. 
E se si affi&o co parole pugneute, non ptgliarete collera — Vott. 28. 

(6) Sotto nce avea quacch' ommo letterato 

Ste pparole a na lavola appennute — Cort. 2, 211. 
Ce lo medesemo cortiello, che poiiava sempe appiao a llato, commenzaje a 
ttagliare— G Bas. 21. 207. 

(7) Aggio trovato uno che m' ha defennuto — Ckrl. 7, 154. 
Ma dair arme ncantate isso è deftso — Pkrr. 16, 104. 

(8) O non veduto maje, ne maje nlennnto 

Meracolo de Cielo — D. Bas. 12, 236. 
Dicette ca a la stessa casa aveva ntiso e beduto lo Monaciello— Vott. 48. 

(9) Nzuonno nn' ha 1' avviso 

Da n'Angiolo, che ad essa era icennnto — Oliva, can. 1, argomiento. 
Dove, comme fa sciso, trovaje na locernella allummata — G. Bas. 20, 88. 

(10) Ognuno pe norarese ha spennute 

A ntriche e striche cinco rana e seje — Cort. 2, 90. 
Tutte sapite quant o nce aggio tpiao — Cort. 2, 21. 



— 144 — 

co/j/b/mùto e confùso > (1) nfonnhto e nfaso (2). 

Si eccettua vèmiere, che fa soltanto vennhtu (3); cor- 
respondre, che fa corrisponnuto e com s/mos to (4); e 
waseonnere, annascànnere respdnnere, i quali non solo 
hanno ntf sco/imito e wascàso (5), a/iflasco/wiito e anna- 
se&so (6), res/w/wiito e respù&o (7), ma hanno ancora 
nascubsto, annascubsiû e res/)ubsto (8). 

Avvertiamo poi che oggi in alcuni di questi parti- 
cfpii si cangia in e la vocale tonica i. Cosi : in vece 
di affïso, defisO) riso, sorprïso (9), dicesi affbso, difïso, 
reso, sorprïso (10). 



(i) Con/bnnuto, nzardato pe le chiazze 

Lo Dobbele sta uziemm' a lo pezzente — F. Longo, Lega del Bene, 1888, 42. 
Quanno a H pîede suoje addenocchiato 
Ghillo mme vedde, nno restaje con/»so— Stigl. 8, 159. 

(2) Te si nchiuduto ncasa pe ppaura, 

E t* aje nformuto lo cazone arreto — ànon. Vierze, 25. 
Voleva che chillo povero scasato de Lazzaro avesse nfuso no dito e Tavesse 
addefrescato — Rogchi, 1, 94. 

(3) Nfrutto t' abbesogna dire 

Quant' aje fatto, si mpigne o s' aje vennuto — Sgrutt. 1, 202. 
(4, Lia Uà lo Gielo 1' ha corrisponnuto — F. Lohgo, La lega del Bene, 1888, 42. 
Jo peno, e non sto ccrla 
D' essero corrisposta. — Ckrl. 20, 306. 
f5) É no prato scioruto 

Che dintro ne* è no serpe natconnnto — G. Bas. 20, 348. 
Gcà lo gran cuorpo, de 1' ammice a ccanto, 
(Disse lo Viecchio) restarrà ruucuao — Fas. 13, 203. 

(6) Chelle scheflenzie che V antechetate 

Tenea co ttanto studio annasconnute — Lomb. 3, 52. 
Mpizza la mano, e ccaccia ntorcigliato 
No serpe, che Uà dinto slea annascuso — L'-mb. 5, 55. 

(7) Perdonateme si non v' aggio responnuto a tuono — G. M. Spas. 3, 13. 
No ns' abbadaje, che avessele respuso 

Goffredo primma — Fas. 13, 61. 

(8) Essenno jute duje marejuole pe pigliare cierte denare ed oro, che avevano 

tiascuosto drinto no travo de na casa vecchia, so beauté a le mmano — 

G Bas. 21, 26. 
Chisto tesoro addô steva annascuosto ? — Prjsc. 2, 69. 
Le Ai respuosto ca nce pote va non sulo rompere no becchiero , ma spezzare 

co cantaro — G. Bas. *0, 56. 

(9) Isso pe ccortesia a mme s' è rrlso — Per». 16, 36. 

Comme resta torpriso connannato 
Che se sente ntonà voce de morte — Pag. 18, 131. 
(10 y Essenno slato a/feso da Carlo d' annore e de bene — L. C. Spas. 1, 17. 



— 145 — 

e) Ed hanno aucora due participii passati , uno ter- 
minato in uto e T altro in so i verbi, nei quali la vo - 
cale tonica e dell* inflnito présente è seguita da due t. 
Cosi : di mèttere, promèttere i participii passati sono 
mettxkto e miso (1), promettante e promise (2). 

Si eccettuano refrèttere e sconnèttere, che fanno sol- 
tanto refrettiiti) e sconnettnto (3). 

Avvertiamo poi che, presso gli antichi, alcuni verbi 
in èttere , oltre ai sopraddetti participii passati , ne 
avevano ancora un altro terminato in sso. Cosi : par- 
ticipii passati di mèttere, promèttere , mpromèttere e- 
rano pure m/sso, promlaso, mpromisso (4). 

88. Hanno due participii passati, uno terminato in 
uto e T altro in sto , i verbi del cui infinite) présenté 
la vocale tonica o è seguita da una sola n. Cosi : di 
scompànere, sottapoucre i participii passati sono scorn- 
ponxxto e scompuà&to (5), sottaponhto c sottapuôûto (G). 



Tu V aje defeso ? e non te miette scuorno ? — L. C. Spas. 2, 9. 
Vi ca nee aje sorpreso co la bellezza toja — Cerl. 19, 181. 
Tu che dice î E quanno maje Cesare s' è rew? — An.n. Spas. 1, 26. 
(1) Ogne sordato s' aveva mcltuto 

V arme ccliiù meglio — Cort. 9, 128. 
. E pe li frutte Napole fu miso 

A tanta guaje e atanta parapiglia — Ou va can. 1, ott. 10. 
(*2) Lo patto è, che V aggio prommetlato tre anne de tavola franca — Vott. 137. 
Lo regno che Gcsù Crislo ha prommiso a li vere serveture suoje fedelisseme — 

Rocchi, 1, 136. 
(5) Pecchè se avesse buono refrettuto, 

Pe ccierlo sta desgrazia, e tanla guaje 

Ne tonto danno sarria socccduto — Morm. 169. 
Tu mmita toja 

Aje serape sconneltuto — Anon. Vierze, 29. 
(i) E misso iutlo dint' a doje panara 

Bone coperte, po disse a Mortella — P-g. 18, 65 
E pe tre anne te faccio trovà la tavola franca, comme t' aggio prommisso — 

Vott. 157. 
Nullo t' attenc c hollo ch' a mprommisso — Cms. 15, 11. 

(5) Essa, leltala c «co/nponutace la commesechiamma , la nviaje a lo cuoMo 

d' amore — D' Ant. 23, 246. 
T' hanno scompuosto e storzellato affallo 
No zanno, no chiafeo, n' ascio, no guitto — Capas. Sonelli, 125. 

(6) Non si slata maje 

SoUaponuta, a li conziglie suoje — Anon. Vierze, 19. 
Erano (anno nate a sti destine 
De stare sottapuoste a cchiste e a cchille — T. Val. 19, 352. 

10 



— 14G — J 

Si ecccttua perô pônerc, che fa soltanto puosto (1). 

89. Hanno due participii passafi , uno terminato in 
nto e T altro in tto : 

a) I verbi, ne' quali la vocale tonica dell 1 infinito pré- 
sente £ seguita da c. Cosi : di mmardicere , arredà- 
eere i participii passati sono mmardiciuto e mmar- 
ditto (2), arreduciiito e arredutto (3). 

Si eccettuano nfrùcere e latere, che fanno soltanto 
vfrucihto e lucixito (4). E si noti che, sebbene di di- 
eere siano participii passati diciixto e ditto (5) , tut- 
tavia il secondo soltanto oggi è adoperato. 

6) I verbi, del cui infinito présente le vocali toniche e, 
i, u sono seguite da g o da j. Cosi: participii passati 
di lèggere, protèggere, affrlgfj^e , destrùggere , strù- 
$ere sono leggihto e lietto (6) , proteggihto è prottèt- 
to (7) , qffriygiuto e qffrittù (8) , destraggthto e di- 
strùtto (9), sirujhia estrutto (10). 

(1) lessero a correjerc li defiette, ch* anno puosto sotta e ncoppa sta cetate no- 

sta — Vott. 7. 

(2) Cammino pe sto vuosco mmardiciuto, 

Che pare che va semp^ cchiù lontano — T. de lo C. Spas, 4, 44. 
E de P ammorc raio, che sia mmarditto, 
Non me ne pozzo troppo allecordare — Stigl. li, 67. 

(3) Lo bi nche stato arreduciuto m' aje ! — Anon. Vierze> il. 
Uh sfortonato, addove so arreddutto! — Lomb. 5, 34. 

(4) Nfrociuto aggio a na cammara lo lietto — R. R. Spas. 4, 10. 
Ogge lo Solo appena che ha lociuto. 

Ha dilto: Ncielo c Nterra sia gran festa— F. Longo, La lega del Bene, 1888, 42. 

(5) Ora comm* aviette rfecmto tanto, che m' era adesa al lança to , essa mme re- 

spose — Cort. 4, 226. 
£ canoscenno ca lo vero ha ditto, 
Le disse : lo me so proprio ntenneruto — Cort. 3, 143. 

(6) Doppo eh' appe le^giuto se lo portaje dinto a la sacrestia — Vott. 233. 
Ed avea lietto 

Buono lo calateo — Fas. 13, 54. 

(7) O p' avè n' ommo gruosso pe compare 

P' essere proteggiuto, o pe nleresse — T. Val. 19, 182, 
Air ulemo zompaje no bello fuosso, 
Pecchè prolietto fu da n' ommo gruosso 

(8) De Cocola mio, che tanto amaje, 

La perdeta, Totô, m' ave siffriggiuto — a. Mortibllo, S. Carlino, 40. 
E delitto 
Mo la piatate, e chiagnere chi è affritto .* — Oliva, 4, 73. 

(9) Me V ha no brutto morbo distruggiuto — A. Mortiello, S. Carlino, 40. 
Lo Fato commannava 

Che lo beir Ilio mio fosse dislrutto — Stigl. 10, 139. 

(10) De sfuorge e de mangiare 

Tu tanto n' aje slrujnto, 



— 147 — 

Si eccettna rèjere, che fa soltanto re/uto, (1) seb- 
bene questo participio oggi sia quasi disusato ; e si 
eccettuano sorrèjere , che fa sorrejhto , sorrièsseto e 
sorriè&to (2) , crocefiggere , che fa crocefiggihto e 
crocefis&o (3), ed asïggere, che fa astggihto ed asàtto (4). 

Avvertiamo poi che i moderni in alcnni di tali par- 
ticipii cangiano il dittongo tonico ie in e , dicendo 
letto e protetto (5), in vece di lietto e protietto. 

c) Ed i verbi, del cui inflnito présente la vocale to- 
nica i è seguita da v, e la vocale tonica o è seguita 
da mp. Cosi : di scrlyere e rômpere i participii pas- 
sati sono scr iviito e scritto (6), romphto e ratto (7). 

Si eccettua 1' antico verbo scômpere, che fa soltanto 
scomphto (8). » 

90. Hanno finalmente due participii passati , uno 
terminate in uto e V altro in veto, i verbi ne' quali la 
vocale tonica delF infinito présente è seguita dal di- 
gramma gl. Cosi : participii passati di scègliere , co- 
gliere, acco^\iere ) sciogXiere sono sceglihto e scîveto (9), 



Quanto seicicnto dute avissc avuto — Anon. Vcdi Martorana, 155. 
Me so acciso e mme so strutto 
Pe ssarvà de li ciucce lo derilto — Lomb. 5, 54. 

(1) N' aggio avuto 

Arte, che sette mise m' è re/uta — Palomba, La Villana riconosciula, 15. 

(2) Sorrejnto 

Te lo vide resta de la paura — Lomb. 5, 58. 
L' ajeoiello «orrfcsseto e sbatluto 

Non appe a primma botta che se dire — Mon m. 13. 
Lo Marchese sorriwsto a li pilote 

Fa mille strambalate quesfejune — G. Gen. 1847, 48. 
(3; Comm' a no Cristo m' aje crocefiggivto — Anon. Vierze, 59. 
Aimmè sarrimmo tutte crocefisse ! — Fas. 14, 194. 

(4) Ch' avarria quaccosa asiggiuto 

Me penzava; ma niente aggio asatto — Anon Vierzie, 71. 

(5) lo po quanno maje aggio letto? — Scarpetta, 1, 32. 

(6; Isso dice co na faccia testa ca chille ch' anno screvuto a la manera de 
Cola Capasso, so na mappata de ciucce — G- M. Spas. 5, 35. 
Ca scritto mm' ha no cierto cammarata, 
Che no mmentesce maje — Fas. 15, 52. 

(7) N' autro ppoco lo cuollo mm' aggio romputo — Fkdkr. Li Birbc, 121. 
Tu m' aje rutto tre corde co sso sisco — Capas. Sonet. 13. 

(8) Ma 8computo sarrà slo frusciamiento — Stigl. H, 157. 

(9) Fuje pe primmo menistro scegliato — R. d' 0. Spas. 3, 5. 

S' aveva chella state «clveto pe stanza na casa, passato lo palazzo de Me. 
dina — Sarn. 22, 150. 



— 148 — 

cogliuto e cwôyeto (1) , scioglixito e sciuôYGto (2) , a- 
sciogliiito e asciuàveto (3). ' 

Ci sembra superflue» poi avvertire ciô che abbiamo 
detto aile pagine 5 e 24, cioè che oggi più non si usano 
gli antichi participii ctîàuto e cuàto y sciuàuto e sciuàto 
e simili. 

91. Hanno poi tre participii passati, uno terminato 
in'uto e gli altri due o in nto e tto , o in so e sso: 

a) I verbi, del cui infinito. présente la vocale tonica 
e è seguita da gn. Cosi : di strègnere e astrègnere i 
participii passati sono stregnuto, strinto e striito (4), 
astregniito, astrlniù e astrltto (5). 

Si eccettuano fègnere, tèonere e qualche altro , che 
fanno soltanto/epmito e^nto (6), tegniito e tinto (7). 

6) E i verbi,' ne* quali la vocale touica e dell'infinito 
présente é seguita da d. Cosi : participii passati di 
soccèiere,cèiere sono soccedhto, soccièso e soccièsso (8), 

■^ — ^ ^^ — ■ ■^ — ^ W — « I ■ ^ I - ■ ^1 ■ ■ I III — ^^— I | | | 1. ■ | | ■— — I II . ^ ^1 , ■ !■■■■■■ ■ ^ 

(1) A na povera raeschina IV è cogliuto notte a sti vuosehe — G. Bas. 20, 172. 
La quale nziemrae co 11' autre avevano cm veto chi nepeta scioruto, cbi spi- 
caddossa — G Bas. 21, 150. 
Ci) Senza fatica se trovaje sciogliato 

Da chillo mpaccio — Coût. 2, U9. 
M' ha piaciuto stare se mo veto — Cerl. 7, 53. 

(3) Strilla lo voje ped' essere asciogliuto — Sgrutt. 1, 59. 

Nne morarraggio, pc lo cuorpo sciuoreto che tengo — Cerl. 9, 225. 

(4) Ca sta sera no gran matremmonio 

Co che sfizio strignuto sarrà — Pris. 2, 99. 
Comme co le mmanelle V appe strinto, 

Parea lo ninno di : Sto duono azzetto — G. B. Spas. 3, 43. 
Da la necessetà mme vedo stritto — Villano, 24-, 108. 

(5) Site venuto troppo tardo , stamniatina aggio astregnnto co n' autro — 

Cerl. 1, 291. 
Po quanno pare a te che l' aggio astrinto 

Fance na bona cauda — Capas. Sonetti, H. 
N vertu de lo banno era a stritto de dare na gtoja de le ffemmene a lafec- 

cia de r uommene — G. Bas. 20, 508. 

(6) Pe dareve chist'auto mio tiïbuto 

De sto poemma vero, e non fegnuto — Cort. 2, 102. 
Fengo ed aggio /into nzi a mo d'amarelo pe no sta a spasso— Cekl. 18, 290. 

(7) Miettele nguardia, ca si no si tegnuto — Vott. 28- 

Non saje che sempe tegne chi sta tfnto ? — Viol. 22, 19. 

(8) Ed a te pure è soccedato peo — Morm. 38. 
Non fare en* uno tropp' obbreco t' aggia*, 

Acciô non t' odia, comme m* è $occieao — D' Ant. 23, 119. 
Lo vellano restaje tutto de no piezzo, e non sapeva che H* era socciesao — 
G. Bas. 20, 93. 



— 149 — 

cedhtô , cieso e cie&so (1) , sebbene cieso raramenie 
oggi sia adoperato. 

Si eccettuano pero procèiere, crèàere e qualche al- 
tro, che fanno soltanto procedhto e credùto (2) , non 
essendo più in uso P antico participio ms) (3). 

§ v. 

Osservazioni sui verbi piani in ERE 

92. Intorno ai verbi piani in ere osserviamo che 
quelli tra essi , ne'q Tali la radiée termina con la let- 
tera n, prendono dopo questa un g nella prima per- 
sona singolare delF indicativo présente e nelle voci 
cho da essa si formano. Cosi: tenère, trattenère, man- 
tenère, rommanère alla prima persona singolare del 
présente deir indicativo fanno tengo , trattèngo , man- 
tèngo, rommàngo (4), alla teiza singolare del congiun- 
tivo présente fanno tenga, trattènga, mantènga , rom- 
mànga (5), 

Se non che rommanère alla prima persona singo- 

{1) Conzigliaje a lo Rre de la Sic ilia Giacomo che avesse ceduto lo regno sujo 
' a Carlo d' Angiô — L. C Spas. 1, 18. 
Non fare ch'uno quanto tiene assaggia, 

Acciô non esca ca nce 1* ajc lu cieso — b' Ant. 53, 119. 
Nnante che lo sole pigliasse possessione de li territories che le aveva ciesao 

la notte — G. Bas. 20, 125. 

(2) Tu sernpe da cafone aje procechato — Anon. Vierze, 40. 
E chesto.fuje da nuje tutfe creduto — Pag. 18, 130. 

(3) E cammenr.ava ch' avarrisse criso 

Che co mmanco arbascia jesse Gradasso — Morm 119. 
(i) Signô, io non è ca tengo la rogna, ma fice sta fonzione pe dormi sulo — 

Vott. 67. 
Perdoname, s' io non me trattengo, ch' aggio pressa — G. Bas. 20, 9b. 
Jarraggio, e ve mantengo la parola, 

Contr' Achille porzi — Stigl. 11, 175. 
Comm' a no totaro 

Rommango a 11' crta — M. T. Spas. 3, 45. 
{5) Mo nesciuno nne veo de ssi valiente, 

Che Uenga pede — Capas. 15, 159. 
Vuosche, sciurame, acqua, neve, tempeste, zifere de viente no ne' è chi Io 

trattenga — Rocchi, 3, 59. 
No nsaccio nchesto, comme pe sto fatto 

Tanto crodcle se mantènga forte — Fas. 13, 224. 
S* apparecchiano tutte li sordate 

Azzô ch' Agnano rommanga destnitto — Perr. 16, 114. 



— 150 — 

lare dell' indicative présente fa ancora rommàno (1). 

93. Osservianio, in secondo luogo, che nella seconda 
persona singolare dell' indicativo présente : 

a) L'e tonica di essa si cangia in ie, quando è seguita 
da n. Cosi : tenère , ntrattenère, mantenère fanno tie- 
ne, ntrattiène, mantihne (2). 

b) 17 e tonica si cangia in i , quando è seguita da 
d, m o t. Cosi : veAère, abbeàère, rerèàere , temère , 
dey ère fanno tfide, abbïde, revïde, time, dive (3). . 

Si eccettuano gli antichi verbi seAère e posseàère , 
che fanno siede e possiède (4). 

c) E To tonico si cangia in no in godère e nell* an- 
tico verbo solère, i quali fanno guode e suole (5). 

94. Osserviamo, in terzo luogô, che, corne nei verbi 
sdruccioli in ere, anche in questi verbi nelle prime e 
terze persone deir imperfetto deir indicativo si suole 
in jpoesia sopprimere il y délia desinenza , dicendo : 
tenta , vedèa , parèamo , piacèano in vece di tenesa , 
vedèya, parèvamo, piacè\ano (6). 

(1) So d' argiento le sciommare: 

Io rommano a bocc' aperta — Zezza, 1837, 39. 

(2) Tu avarraje la chiave de sto core, accossi comme tu tiene lo temmone de 

sla vita — G Bas. 20, 40. 
Ma sto fracasso 

Mrattiene, ca te do na bona nova — Fas. 13, 44. 
Che si nou lo mvntlene, non se reje — Quattrom. 389. 

(3) Quanno me vide, no mme dire sciù — Sgrutt. 1, 28. 
Co na votata d' uocchie già t' al)blde 

Si è ssapio chillo che pe ssapio stimme — Piccin. 2 79. 
Vide buono e revide 

Chesta e cheir antra — G. Bas. 21, 298. 
Se Dio tu time, e poje lo prossem' ame, 

De la speranza arrive a V aute rame — D' Ant. 23, 117. 
Te dive allecordà, sibbè ha carch' anno, 

Che ghive a rrolla — Capas. 15, 39. 

(4) E a la grotla portannolo : Mo siede, 

Le disse — Perr. 16, 9. 
Quanto tiene e posslede 
Sia tujo, Vecienzo mio — Pag. 18, 289. 

(5) Se contento sarraje de ciô che gnode, 

È comme possedisse lo quid inné — D' Ant. 23, 120. 
Fa mme na facce doce, 
Comme la suole fare a lutte 11* aute — B. Valent. 6, 220. 

(6) lo mme tenea la lecora attaccata 

Co no capo de filo marfetano — Cort. % 25. 
No core de n* amico 



— 151 — 

95. Osserviamo, in oltre, che gli antichi spesso : 

a) Nella prima persona singojare del passato rimoto 
dei verbi in ere, ed anche dei verbi in ire, cangia- 
rono P e tonica in ie, dicendo mettibtte, vediètte, sen- 
tiètte (1) in vece di metthtte, vedhtte, senthtte. 

b) Ch* essi fecero ancora nei verbi di cui parliamo 
uscire in ie la terza persona singolare del passato 
rimoto, ed in ieuo la terza persona plurale, dicendo : 
cache , secTie, ved\e in vece di cadette , sedhtte, ve- 
dette (2), e dicendo cadïeuo, sedleno, vedieuo in vece 
di earfèttero, sedhttero i*edhttero (3). Notiamo ancora 
che da vedère fecero pure vedde o vidde e vèddero (4); 
da ten ère fecero tenne e tènnero (5); da remmanère fe- 
cero remmàse e remmàsero (6) ; da parère fecero 
pav%e e pàrzero (7). Anzi nel verbo vectere aile voci 

- ■ — ■ i — - ■ - ■ - -■■ — 

Se vedea scritto nfronte — Sgrutt. 1, 183. 
£ tutte pe paura 

Paramo asciiite da la sebetura — Stisl. 8, 121. 
Chi lie non te piacecmo; e mo a st' ammore 

Che te garbizza, chiudarraje sso core? — Stigl. 9, II. 
(1) Me fecero ste gamme jappe jappe 

Sempe che meitielte a cammenare — Sgrutt. 1, 167. 
E lo vedieUe quann' io jeze nFranza — Fas. 13< 49. 
Sentiette contrastare 

Co ccierle pottanelle no varviere — T. Vàl. 19, 113. 

(2) Ne nso si Io cappotto le cadie 

Ca lo jettaje, o sse rompie lo lazzo — Cap as. 15, SO. 
E Mmarte, dapô ch' Ebba lo lavaje, 

Se «fdle rente a Giove alliegro assaje — Capas. 15, 182. 
Quanno chesto vedle lo prattecone, 

Nce rapie tanto de no cannarone — Lomb. 5, 23. 

(3) E 11' auti ciucce le cadieno ncuollo — Lomb. 5, 89. 
Serfleno ntuorno de no bardacchino — Cort. 2, 121. 
Tennero mente nterra, e cammenare 

Vedieno na cosella nera nera — Lomb. 5, 144. 

(4) Zoza arrivaje quase scodata a Camporetunno, dove vedde na sebetura de 

marmora — G. Bas. 20, 17. 
Giooone 

Se vidde scellejà co lo pavone — Lomb. 3, 139. 
Li pagge che sentieno sto sciabbacco e veddero sto spettacolo , scieno co na 

mazza — Sarn. 22, 307. 

(5) Lo casadduoglio se terme quatto rana de cchiù — Vott. 183. 
Ma non tennero pede li duje cane — Fas. 14, 22. 

(6) Penta, sentenno sto sbauzo de quinta, remmise fora de se stessa — G. Bas. 

20, 269 
Remmàsero ncantate lutte, quanno 
Ntesero sto decreto a quatto sole — Morm. 69. 

(7) Parze sta canzoncella justo justo 



— 152 — 

délie prime persone vedette e vedèttemo sostituirono 
qualche vol ta vedde o vidde e vèddemo (1). 

96. In qnanto al participio passato , esso termina 
sempre in uto. Perô vedère fa oedùto e yisto (2) , 
proved ère fa prooedxxto e prooîsto (3) , persoadèrè fa 
perzoadixto e /)e/\?oàso (4), rommanère fa rommanuto, 
rommà&i e ro/nmàsto (5), parère & parhto e parzù (6), 
essendo andato in disuso /)àrzeto (7), e comparïre fa 
comparhto , compàrzo e compàrzvto (8). 



Lardo caduto dint' a la mcnesta — Pag. 18, 110. 
Co le lli barde pnrzero todisehe — Pe r 16, 94-. 

(1) Nchesto Cecca mia bella io vedde tanno — SgRutt. i, 58. 
La vidde, oimmene, e nne reslaje feruto — Sgutt. 1, 5. 
E ncuollo nce ne veddemo venire 

Da chesfa e chella parte no megliaro — Stigl. 8, 145. 

(2) No morrione ncapo mme schiuffaje, 

Che cchiù galante maje n' aveu verfuto — Stigl. 8, 241. 
Avenno visto no bello bardacchino, s' accostaje, e nce trovaje sotto no bel- 
lissemo giovane — Sarn. 22, 179. 

(3) E lu de taie aiïlzio proveduto, 

Che le venea lo ppane comm* a sciure — Cont. 2, 17. 
Mari to mio, già che lo Cielo t' ha provisto , allecordate de sto vecino — 
Vott. 222. 

(4) De chesla verrtate 

Mme so perzoaduto — Anon. Vierze, 47. 
E ssinghe perzoa,BO 
Che collera pe cchesto no nce cape — G. Gen. 1847, 80. 

(5) Ca si Abbate Tarasca appe arrecietto, 

Rommanute nce so duje autre Abbate — Capas. 15, 182. 
E ntra tante speranze so rommaso 

Co no famuso parnio e cchiù de naso — Stigl. 8, 47. 
Me nn' è rowmasto 

N' autro panaro — V. M. Spas. 2, 42. 

(6) Vo che ssia propio, e non che sia pruto — Capas. 15, 135. 
Essennole p rzo mill* anne che se facesse juorno — Cort. 4, 136. 

(7) Pe cchesto ne' è parxeto cchiù prodente conziglio de lassare gran parte de 

lo prenzipio — Zito, 5, 186. 

(8) Appe tanno pe tlaniio la chiammata, 

Che fosse nnanze ad isso comparuto — T. Val. 19, 207. 
E nchesta terra maje nullo sordato 

Ne* è comp&rzo, e lo primmo voscia è stato — Fas. 13, 164. 
Comp&rzeto no juorno nnanze a lo serenissemo patrone sujo , le facette a 

sa pore la résolu zione che aveva pigliato — Zito, 3, 198. 



— 153 — 

§ VI. 

Conjugazione dei verbi in IRE 
ed osservazioni intorno agli stessi 

97. Come tipo della conjugazione de' verbi in ire , 
dîamo il verbo 

FEIIRE 

TNFÎNITO 
Présente — fen-\re Passato — avè fen-ùto 

Participio 
Présente — manca Passato — fen-iito 



Gerundao 



Présente — fen-ènno 



Passato — avenno fenùto 



Sing. 



fen-bsco 
fen-lsce 
fen-bsce 



INDIGATIVO 
Présente 



Plur. fen-\mmo 
fen-\te 
/èn-èsceno 



Imperfetto 



Sing. fen-b\a 
fen-\ve 
/èw-èva 



Sing, fen-btte 
fenAsle 
fen-bite 



Sing, fen-zrrhggio 
/ea-arràje 
fen-wrk 



Plur. fen-bvamo 
/fen-lveve 
fen-eyano 



Passato rimoto 
Plur. 



Futuro semplige 
Plur. 



fen-bttemo 

/fen-lsteve 

fen-btteno 



fen-arrhmmo 

/î?n-arràte 

/ên-arrànno 



— 154 — 

Passato prossimo 
Sing* àggio fenùto ece. Plur. avimmo fenùto ecc. 

Trapassato 
Sing, avèva fenùto ecc. Plur. avèvamo fenùto ecc. 

FUTURO ANTERIORE 

Sing, avarràggio fenùto ecc. Plur. avarràmmofeniiioew. 

GONGIUNTIVO 

Présente ] 

Sing, fen-bsco Plur. fen-\mmo I 

fen-hce fen-\te * 

fen-esce /èw-èsceno 

Imperfetto 

Sing, fen-esse Plur. /èn-èssemo 

fen-\sse /èn-isseve 

/fen-èsse /èw-èsseno 

Passato 

Sing.- àggia fenùto ecc. Plur. avimmo fenùto ece. 

Trapassato 

Sing, avèsse fenùto ecc. Plur. avèssemo fenùto ecc. 

Gondizionale 

Présente 

Sing, /en-arrla Plur. /î?n-arrlamo 

/èn-arrlsse /îwi-ar risse ve 

/fen-arrla /fen-arrlano 

Passato 
Sing, avarria fenùto ecc. Plvr. avarriamo fenùtoecc. 

IMPERATIVO 

Sing, fen-isce Plur. fen-immo 

fen-\te 



j 



— 155 — 

98. Intorno ai verbi in ire osserviamo : 
a) che 1' e tonica del présente deir indicativo , e di 
tutti quegli altri tempi che da esso si formano, puô 
cangiarsi in i. Quindi non solo puô dirsi aoriksco t 
aonèsce, aonhsceno , Jenèsco, fenhsee , Jenèsceno (1) , 
ma puô dirsi aoftïsco, aonïsce, aoràsceno, fenuco, fe- 
r*\sce ,Jen\sceno (2). 

6) Che dei verbi che hanno doppio infinito, uno ter- 
minal in ire e P altro in ere, come sentlre o sèntere, 
-dormire o ddrmere, e dei verbi aprire, fuire, morire, 
partlre , riescire , servlre , trasire , venire , vestlre e 
qualche altro che si apprenderà dall' uso , la prima e 
la terza voce singolare dell' indicativo présente si for- 
mano sostituendo o ed e aile desinenze tipiche (3) ; 

- — ' ■■■■ — ' ■ ■ i- ■ ■■ — ■■■ — -■■■ mi. — ■ ■ —. ■ ■■ ^— ^ ^m ^-^— ■ » ^m ■ i — — 

(1) Yoglio fa sonà tutte le ccampane de Trocchia quanno m' aonasco co essa — 

Cerl. 7, 330. 
Nee predecano ncierle juoroe de 1' anno, quanno s'aonQsc cchiù de na sciorta 

de gente — Rocchi, 1, 153. 
A vite raaje visto comme s* mnesceno le sciame de 1' ape a primmavera ? — 

Rocchi, 2, 15. 
£ ba mo, o te cbiavo na foca ncanua e la fenesco — Cerl. 4, 33. 
Sto locigno fenesce- si o no ? — D. Annicca, 88. 
Accossi so tutte li discurze nfra marito c mogliera : accommenzano co am- 

more e fenesceno a punia nfacce — Cerl. 20, 165. 

(2) Oje ma, si a Menechiello no mme aonisco 

Vaco a ghicttarme a mmare — Anon. Vierze, 40. 
Po nee aonlsce la spesa, e a tterno sicco 

Nee joca'cinco franche e se fa ricco — G. G. Spas. 2, 10. 
£ s' aonUceno, comme di se sole, 

Nziemme la mezanotte co lo Sole — Piccin. 2, 71. 
CM sto decemo quatro, e ppo fenlsco — B. Valent. 7, 224. 
£ se sparafonnano a cchella medetazione , che non feniscc maje — Rocchi > 

3, 209. 
Meglio so le ffavc che durano, che li confiette che fenisceno — G. Bas. 21, 16. 

(3) De conzuolo 

Smto non saccio che dint' a lo core — Pag. 18, 205. 
Chi n' âpre canna quanno va pe mmare, 

Sempe le vota capo e ssente aflanno — Cort. 4, 10. 
Dimmtoe quarcosa mparticolare — Mo ve servo — G. Gen. 1835, 31. 
Lo pietto vuosto generuso e (Tor te 

Poco lerve a sti guaje — Stigl. 8, 137. 
lo traso dinto ed ascio a la cocina 

Che stea liccanno cennere na gatta — Sgrutt. 1, 254. 
Ca dove trase ammore 

No ne' è Ilegge, ammecizia o parcntato — Cort. 4, 100. 
Mo mme n* alliccio e ffujo — Cort. 4, 70. 
Tu fuje cchiù cche non fuje da gatta zoccola — Sgrutt. 1, 122. 
Veo nzuonno, quanno dor mo, 



— 158 — I 

b) Che, in altri verbi, a somiglianza de' verbi sdruc- 
cioli in ere, dettero aile medesime terze persone le de- 
sinenze rze e rzero, ne e nero, dicendo apèrze ed a- 
pèrzero (1) , copèrze e copèrzero (2), scopèrze e sco- 
pcrzero (3) , compàrze e compàrzero (4) , morze e 
môrzero (5) , venue e vènuero (6) , ntervènue e titer- 
vènuero (7). 

e) Ed anche nelle prime persone dello stesso pas- 

sato rimoto troviamo adoperate le voci copièrze , af- 

fitrze, scopèrze, venue, vinue , vènuemo (8). Tuttavia 



Asciufo poco fa da lo spetale 

Saglio. comme Pdio sa, co la stanfella — Capas 15, 37. 
Era lo juorno nche scompeva 1' anno, 

Che ncielo li Giagaatc nforejate 

Siglieno pe le da no graa malanno — Lomb. 5, 170. 
Tiranno ncoppa, pe la Paratina, 

Li segnure sagliero a ppasso a ppasso — Pag. 18, 4 18. 
E mme sagliro comm' a no catavero — B. Valent. 6, 32. 

(1) Aperze la sebetura , ch' era de marmora, e accommenzaje *de chesta ma- 

nera — Goht. 4, 168. 
Chelle fegliole, addonatose d' îsso, aperzero la rota , e lo feccaro dinto — 
Cort. 4, 144. 

(2) Fece subeto na bella scatola de pasta de zuccaro, e ppostala drinto no granne 

sportone, la coperze co ccierte vestite — G. Bas. 20, 300. 
E, pigliala na pala, che trovaro nterra, lo cojoerzero de terreao — G. Bas. 
21, 83. 

(3) Maje levaje mano si che no scopèrze la petena — G. Bas. 20, 61. 
Scoperzero li lumme, e a le ppallottc 

Dettero fuoco — Fas. 14, 38. 

(4) E, tenenno mente fiUo fitlo si vedea la sarde lia, no le compàrze manco na 

ranonchia — Sarn. 22, 301. 
Tanta lampe vomparzero lia ntuorno, 
Che nterra si vedea porzi na spina — Fas. 13, 171. 
(3) Ma sibbè wiorze si' ommo accossi rraro, 

Non r» or zero perrô chille trascurze — Morm. 13. 

(6) E, quanno vedde lo cascione scassato, le vanne no panteco — Voit. 62. 
Tanta cose accacciajeno e itauta nfammie, 

Che a P arecchie le vennero no juorno — Sgrutt. 1, 206. 

(7) Lo patrino, che ntervènne, 

Sti duje jostrante poi cossi ntraltenne — D* Ant. 23, 176. 
Àzzô no lo sentessero li clientole, che ntervennero — D' Ant. 23, 256. 

(8) Levaje chiano chiano lo ferrajuolo che teneva sotta la capo , e mme co- 

pierze le ccarne — Cort. 4, 189. 
Io che nn' era piccato, e so corrivo, 

L' offîerze lo fiasco pe refosa — Cort. 2, 250. 
E pe levaremillo po da duosso 

lo le scopèrze de lo stojavueco — Cort. 5, 244. 
Io me nne venne pe lo fatto mio — T. Val. 19,75. 






J 



— 159 - - 

queste voci e le precedentemente indicate oggi non 
si adoperano da alcuno. 

101. Osserviamo ancora che , sebbeue il participio 
passato de' verbi in ire esca in uto, tuttavia : 

a) Molti verbi, che si apprenderanno dall'uso, hanno 
doppio participio, uno terminato in uto e Taltro in Ito. 
Cosi: participii passati di abelire sono abelxito ed abe- 
ftto (1), di aonire sono aoniito ed aonito (2), di capire 
sono caputo e cajpito (3), dijerire sono ferhto efe- 
rito (4), di projeoire sono projebhto e proibito (5), di 
riescire sono riuscibtoo e riuscHo (6), di stabellre sono 
stabelhto e stabellto (7), di scorpire sono scorphto e 
scorpito (8) ecc. 

6) Alcuni altri, che pure si apprenderanno dalPuso, 
hanno due participii passati , uno terminato in uto e 



Dimme de si o de no, che paur' aje ? 

Mannaggia che ncc vinne e quanno maje — Capas. 15, 33. 
£ ccercanno a lo Ddio sciancato scusa, 

Fennemo fora de le ttente grutte — Piccin. 2, 38. 

(1) £ ceo li flglie po pperduto 

Sempe pazzeja, e ss' è accossi abbeluto — Fas. 13, 251. 
Isso, che abbellto 
Lo crede, dà no strillo — Oliva, can. 17, ott. 98. 

(2) E ppo se slesso ha co se stisso aonuto — Oliva, can. 3, ott. 58. 
Fa, a le rrisate lo besbiglio aonito, 

Smovere de nventarne lo prodito — Piccin. 2, 80. 

(3) Jesce, je, t' aggio cajouto; 

Slalte guè, non pezzecà — L. C. Spas, i, 13. 
E dice che ha capito da lo primmo a 1' utemo — Rocchi, 1, 180. 

(4) Gomme chi ntra le spine ha scarpesato 

No serpe, e ceo na botla 1* ha feruto — Stigl. 8, 141. 
Maramene! chi v* ha ferltof — Cerl. 4, 65. 

(5) Puorle li denare, e biene ncuollo a mine, che mme vene projebuto da la 

Religione mia ? — Vott. 47. 
Pecchè lo mperatore aveva prodito a lo Duc a to do Parma de non essere 
cchiù feudatario de lo Papa -- L. C. Spas. 1, 48. 

(6) E piacesse a lo Cielo fosse riuscinto a ffarevenne no tale quale descurzo — 

Rocchi, 2, 244. 
Già me V aggio penzato, e ghiusto comme voleva ne' è riwclto — Cerl. 
21, 176. 

(7) E secolaje sto separamiento pe Itutlo lo tiempo stoôe/uto — Sarn. 22, 21— 
Da lo Segnore fuje stabellto che non fosse stato co le mmano mmocca- — 

Rocchi, 2, 84. 

(8) Ha lo dolore nfra 1' arcate ciglia 

Vivo scorpnto — Piccin. 2, 156. 
E mme protesto d' avè scorpito e nlagliato dint' a lo core sta preghiera — 
Rocchi, 1, 184. 



1 

— 160 — I 

V altro in rtè o rzo. Cosi , participii passati di apvlre 
sono aprhto ed apièrto (1), di coprire sono coprhtoe 
copièrto (2) , di comparire o comparère sono com- 
parhto e comparzo (3) , di scomparïre o scomparère 
sono scomparhto e scompàno (4). 

c) Alcuni pochi in fine hanno un sol participio pas- 
sato di spéciale desinenza. Cosi : participii passati di 
connlre, destitiàre, mbotàre e notrïre sono connito , 
destitiùto, mbottlto e notrito (5) ; di qffrire , sqjfrire 
e scoprire sono affièrio , sqffierto , ^eop èrto (6) ; di 
morire è muorto (7) , sebbene il Priscolo , forse per 
nécessita di rima, abbia detto morhto (8). 



(i) Avenno apruto tanto no cannicchio, 

A strillà commenzaje — Anon. Vicrze, 67. 
No aveano apierto li cetrangolare 

Pe bennere le altesse e le berole — Lcmb. 5, 25. 

(2) Mpenzanno ca Ha duorme, e so copruto 

De chille panne, m' addecrejo tantillo — Oliva, ean. 7, ott. 62. 
Copièrto de felinea 
Se vede retrattata 
Nfacce a no quatro fraceto 
La primma nnammorata — G. B. Spas. 2, 25. 

(3) Appe tanno pe ttanno la chiammata 

Che fosse nuanz' ad isso comparuto — T. Yal. 19, 207. 
Sta nottc a la mprovisa m' è comparz* 
Na sdamma de bellezza sengolare — T. Val. 19, 205. 

(4) Lo Sole è scompimto, e n' aria scura 

L' arbore va affoscanno a ppoco a ppoco - G. M. Spas. 5, 9. 
Addô è 8CompiTzo chill' arvolo de la vita Î — Rocchi, 2, 91. 

(5) Li cuoche 

Di nove cose avcnnolo connito 

Lo fanno cchiù galante e ssaporito — Perr. 16, 154. 
Lo povero viecchio fuje destituito — Rocchi, 2. 18. 
Lo divano na vota era mbottito e ccommogliato de seta; mo è ttuorio eointne 

na vreccia — G. M. Spas. 3, 20. 
La terra 

Sempe a lo munno ha nolrlto la gcnte — B. Valent. 7, 152. 

(6) Ca de quanto m* avite affîerto e ddilto, 

Comme sapite, mille n' hanno scritlo — T. Val. 19, 248. 
Ped' essa scordo ogne soffierto affanno — Piccin. 2, 132 
Na sera fuje scopierto V agguajeto, e le dettero tanta mazzate— VoTr 224. 

(7) Fortunate dirrite, e io lo ddico, 

Chi è m muorto nguerra— Stigl. II, 175. 

(8) No tappo ntorcigliato 

T attocca ad illud quanno si mmoruto — Prisc. 2, $% 



— 161 — 

§ VIL 

Verbi irregolari e difettivi, ed osservazioni 

su di essi 

102. I verbi irregolari del dialetto napolitano, sia per 
mutamento di radici, sia per mutamento di desinen- 
ze, sono tali soltanto nel présente dell* indieativo, nel 
présente del congiantivo e neir imperativo: essendochô 
negli altri tempi (eccetto il gerundio per dare e fare , 
ed il participio passato per dare, fare e stare) si conju- 
gano tutti come i verbi in ere. 

Essi (a prescindere dai verbi che in qualche voce 
del présente deirindicativo cangiano la vocale tonica, o 
richiedono che qualche lettera si aggiunga) in tutto sono 
otto; cioè dare, stare, fare, asclre,potère, sapère, volère 
ed ire : dei quali dare , stare e rare sono irregolari 
perché mutano le desinenze, ascire è irregolare per- 
ché muta la radice ; e potère , sapère , volère ed ire 
sono irregolari perché mutano desinenze e radici. 

103. Ecco corne ne* mentovati tempi si conjuga il 
verbo 

B A K K 

Participio passato rf-ato Gerundio rf-anno (i) 

Présente dell' indicativo 

Sing, d-o o rf-ongo Plur. rf-ammo 

rf-aje rf-ate 

<J-a rf-anno (2) 



(1) Perché dito me fuje pe penetenza — Capas. 15, 125. 

E danno a tterra muzzeche, moreva — Stwl 11, 203. 

(2) S'io le do sta figlia, le do V arma mia — G B\s. 20, 101. 
Le disse : Te dongo quatto carrine lo juorno — Vott. 70. 

Si scacato de I a vila, e non te dye vota ? — G. Bas, 20, 43. 
Pocca, ausolejanno cose de gusto, se da sfratto a li penziere fastidiuse — G. 
Bas. 20, 22. 

il 



— 162 — 

PRESENTE DEL CONGIUNTIVO 

Sing, d-o o rf-ongo , Plur. d-ammo 
d-aje d-ate 

d-a d-anno (1) 

Imperativo 

Si«0. d-â Plur. rf-ammo 

rf-ate (2) 

104. Osserviamo perô intorno a questo verbo che 
gli antichi: 

a) Alla terza persona singolare dell* indicativo pré- 
sente dissero ancora dace (3) in vece di da. 

b) Che al présente del congiuntivo dissero ancora 
dia, dinghe , dia, denga e dlano (4) in vece di do, 
daje, da e danno. 



Lo cchiù de le bote nce dimmo nuje stisse 1' accetta a lo pede — G. Bas. 

30, 10-2, 
Ye caccio li permune 

Si date a chisso manco no pontale — Stigl. 11, 321. 

Tanto volesse nzino 

Portare cose, quanta me ne danno — Cort. 4, 43. 

(1) Vi quanno vuoje che donjo la parola — Pag. 18, 53, 

Non preterm' autro, che rnrae dajc lecienzia — Gapas. 15, 174. 
A li besuogne n* aje chi te di mpriesto 

Ncopp' a na varra d* oro seje tornise — Nova, 46, 17-2. 
Abbesogna che nuje nce dimmo fuoco — Gapas 15, 171. 
Ve suppreco che a bevere me dite — Cort. 2, 101. 
Azzô non dmno a li gnorante riesto — B. Valkn. 7, 26. 

(2) Dà ccà, mamma mia, ca te voglio levare sto travaglio — G. Bas. 20, 234. 
Dimmo a li muorte nuostre chill' onore 

Che chi d' Avierhb è sciso air aria pura 

Sulo tene pe grazia e pe faore — Stkjl il, 125. 
E pparea che decesse lacremanno 

No mme dite uorgio cchiù manco p« n' anno — Stigl. il, Î33. 

(3) Se mmereta biasemo na giovenella che se dace a sse bacanlarie — G. Bas. 

20, 117. 

(4) Nnanze chiova lo Cielo 

Che io did disgusto a Mase — Cort. 4, 33. 
Sta sera se trovarrà zappato lo terreno, senza che nce dinghe no cuorpo — 

G. Bas. 20, 219. 
Comme se tocca lo tasto de la bellezza, non ne' è gliannola che se dia pe 

benla — G. Bas. 20, 203. 
Mo prega che le denya quatto botte — Cort. 8, 79. 
Dapô se ferma a fa la guattarella, 

E che signo li diano sta guardanno — Stigl. 9, 227. 



— 163 — 

c) Che al passato rimoto dissero die se , dio , die , 
deze % dèzero , dte/îo e dero (1) in cambio di dette e 
dètteno. 

. d) E che allé terze persone degl* imperfetti si puô 
dire tanto deoa, dhoano , desse , dhssero (2) , quanto 
da, va, dhvano, d&sse, dhssero (3). 

105. Ecco come si conjuga il verbo 

ST ABE 

JParticipio passato sf-ato Gerundio presknte «f-anno (4) 

Présente dell' indicativo 

Sing, st-o o sf-ongo Plur. *f-ammo 

s£-aje sf-ate 

tf-a sf-anno (5) 

(1) Lo suo proptio le dieze, 

Ed isso me nae fece no presiento — D. Bas. 15, 221. 
Puro conzurde io nee nne die cchiù d* uno — Capas. 15, 20. 
Slie no poco 

A ppenzà; se deze armo, e ppo die fuoco — Lomb. 5, 28. 
Lo lazzetiello che le dio Grannizia — Cort. 2, 62. 
Scravaccajeno lo muro de lo ciardino e dezero ncuollo a la serpe — Sarn. 

22, 2M. 
E a lo crialo sujo no ndieno ncuollo, 

Pecchè passaje lontano a rrumpicuollo — Fas. 13, 160. 
Ha non potenno, le ggamme V afferra 

E dero tutte duje zuffele nterra — Cobt. 3, 141. 

(2) La napolelana non le dévot a lo more pe le stanfelle co le cquale cammina — 

G. Bas. 20, 205. 
Ogne botta che devano de rimmo 

Gridavano la chiorma e li serdate — Stigl. 8, 203. 
Fossece na vecina 

Che mo mme desse ajuto — Cort. A y 87. 
Ienno zitto zitto, 

Comm' a li puorce dessero la caccia — Capas. 15, 82. 

(3) E chi nne receveva e chi nne d&va — Stigl. 8, 147. 
L' arme dSLvano lampe de spaviento — Stigl. It, 195. 
O puro che a rentennere te da.sse 

Ca no scenne da rigene scheflce — Rocco, 25, 159. 
A la quale commannava che se dajsero pe pparte soja diecemillia docate — 
Sapn. 22, 271. 

(4) Stanno a lo casino a Posilleco , lo jezero a trovà na morra d' ammice — 

Vott. 76. 
Diceno cierte che songo state a li paise de li dragune, ca 1' Alitante song» 
vinte da ste bestie velenose — Rocchi. 3, 165. 

(5) E le faccio la spia e le sto ncuollo — Cort. 4, 61. 



— 164 — 

Présente del congiuntivo 

Sing, st-o o tf-ongo Plnr. st-ammo 

$t-a}e st-ate 

sf-a sf-anno (I) 

IMPERATIVO 

Sing, st-a Plur. sf-ammo 

tf-ate (2) 

106. Osserviamo poi iutorno a questo verbo: * 

a) Che al présente deir indicativo gli antichi disse- 
ro ancora stace e stàceno (3) in vece di sta e stanno. 

b) Che al présente del congiuntivo dissero pure stia, 
stie, sting he, stia, stenga e stiano (4) in vece di sto y 
staj'e , sta, stanno. 



E m ment re stongo 
Tutto caudo d' am more, 
Yenga la gelosia — Cort. 4, 60. 

bello muorzo de ire, che staje nchiusa dinto sta lanterna pelosa — G, 
Bas, 20, 208. 

La veretà sta, sempre dove tresca lu vino — G. Bas. 20, 45. 

Ne ccà nee slam mo pe guard à lo puorto — C\pas. 15, 127. 

Mo che se penza a dà no schiaccomatto, 
Mme stite a fa lo j ode ce a ceo nt ratio — Capas. 15, 1S3. 

Ma nnanze che lo Sole scesse a flare la viseta de H sciure, che stmno ma- 
late, se sosctte lo recapeto — G. Bas. 20, 57. 

(1) Ma quanno usda sgarra, vu6 che mme sto zitto — Cerl. *, 23'. 

Co tutto che stongo assettalo da H seje de stammatina, pure me seoto stance — 

Scarpetta, 36. 
Ma la mmalora toja vo cho staje muscio — Capas. 15, 122. 
Pare dinto nee sta tutto lu munno — B. Val. 7, 31. 
No mporta che sta mm o 

Garuse e diune — E. R. Spas. 3, 45. 
Ve preo che state tutte quante nchietta — Cort 2, 105. 
Azzô che le ccervella stanno juste — B. Valen. 7, 182. 

(2) Sta de buou' armo, figlia mia , ca ad ogne male ne' è remmedio — G. Bas. 

20, 206 
Stammo a bedè, lassammo fare a chisse — Capas. 15, 137. 
Su, compagnune mieje, co ccore ardite 

Stateve tutte a 11* arme apparecchiate — Stigl. II, 125. 

(3) Che bella cosa è chella che siacc a derempietto de sta casa — G. Bas- 

20, 91. 
Ca la noltc c lo juorno pe sse strate 
Pe (Tare caccia siiceno agguattate — Cort, 2, 7 1 . 

(4) Nee vorria chist' autro cuorno 



i 



— 165 — 

e) Che al passato rimoto dissero stie, steze, stero e 
stèzero (1) in cambio di stette e stèttero. 

d) E che, aile terze persone degrimperfetti,puô dirsi 
tanto steva, stkvano, stesse e sthssero (2), quanto sta- 
va, stkvano , stnsse e stkssero (3), quantunque queste 
ultime voci fossero poco usate. 

107. Ecco come si conjuga il verbo fare , il quale, 
essendo sincope dell'antico verbo facere, in alcune voci 
ha per radice f } ed in altre ha per radice fac. 



Che a spizzolare me nne stii li dienfe — Stigl. 11, 309. 
Azzô tu stie co la scajenzia nguerra — Pag. 17, 185. 
T aspetto cca pe t' avesare 

Che stin,he atliento a non te fa gabbare — Oliva, can. 2, otf. 8. 
No nc'è fierro, ne smauto 

Cbe stia a le botte — CapAs. lb, 94, 
Ca non c' è cosa che le stenga a ffronfe — Capas. 15, 141. 
Ca ne' è chi ntestamiento vo lassare 

Che stiano forte li flglie a ghiocare — Nova, 16, 189. 
(i) Duje raise mmano toja stie carcerata, 

Carcera che pe mrae fuje Paraviso — Fas. 14, 204. 
A ste pparole rommanie storduto 

Lo povero dottore, c stie no poco 

A ppenzà — Lomb. 5. 28. 
Pascariello ntraje 

Dove li mpise, e steze 

Manco de n* ora — Sgrutt. 1, 182. 
£ a sto terreno' ccà stero lupine 

L* anno passato — P^g. 18, 51. 
Chillo ch' erano scappate da la peste stezero paricchie anne a tornarece — 

Sarn. 2-2, 262. 

(2) N' aseniello, che steva a ffa la scoria, 

Passaje voce co 11' autre serveture — Lomb* 3, 18. 
Sappe lo rre, ca già li conzurture 

Stevmo leste — Lomb. 5, 18. 
Volcva 

Lo patrono che stesse accanto a Nora — Cort. 2, 89. 
No \V allecordate allommacaro che stessero a la Chiesia co lleverenzia — 

Rocchi. 3, 99. 
Mme zomparriano nfaccia simbè stesseno dint'a la Chiesia— G. M. Spas. 4, 5. 

(3) Se fosse nformato de sta bellezza cosa, e chi fosse e dove statu — G. 

Bas. 20, 80. 
Le ssore one stkvano spianno li faite de Nella, fecero consiglio — G. Bas. 

20, 169. 
E lo sole parea st&sse annascuso 

Da na neglia de frezze — Stigl. 11, 315. 
Lo rre non voze che che I le statole *lassero ne ncasa, né a lo regno sujo — 

Sarn. 22, 257. 



— 166 — 
Particbpio passato— /-alto Gerundio présente— fac-enno (1) 



Sing /wc-cio 
/•-aje 
H 



Présente dell* indicativo 



Plur. fac-ivamo 
/«c-lte 
/-anno (2) 



Présente del congiuntivo 



Sing, /ac-cio e /oc-cia 
/-aje e fac-ce 
/oc-cia 



St'n0. /"-a 



Imperativo 



P/mt. /oc-lmmo 
fac-ite 
/"-anno (3) 



Pfor. /ac-immo, 
/oc-lte (4) 



(1) Cbello che faccio io è ben fnUo — G. Bas 20, 69. 

Va te Irova addô sta, che sta facenno — Scarprtta, 2?» 

(2) Aimé ! quanta ve faccio cchiù carizze 

Tanto a chist' uocchie mieje cresoe lo chianto — Sgrutt. 1, 141. 
Tutto lo juorno faje comm'a cavallo — CoaT. 3, 41. 

Chessa le fa botà lo cellevriello — Cort. 2, 53. 
Nee facimmo 

Da no guzzo mmerduso coffejare — Cort. 4, 81. 
Go no triunflello de luce facite jocare a banco falluto le ssefle — G. Bas. 

20, 89. 
Chisse schitto 

A li nnemice fatmo parapietto — Stigl. 11, 3H. 

(3) Volite che ve faccio compagnia Î — Cerl. 17, 235. 
Ê ghiusto 

Ch' io crepare ve faccia pe li scianche — Cap as. 15, 19, 
Pigliale de manera che no nne faje cadere nterra — Vott. 40. 
Non boglio autro da te che inme facce vasare Viola — G. Bas. 20, 176. 
Pecchè non faje che de sto vasciello se faccia na bel la nave ? — G. Bas. 

20, 34. 
Io voglio che facimmo 

A Leila no corrivo — Cort. 4, 58. 
E ve conzurdo che na sebefura 

Le facite nnauzà rente a lo maro — Capas. 15, 217. 
A ppunia pare 

Che ffanno — Rocco, 25, 47. 

(4) Fa cunto ch'altancato songo e muortD — Cort. 2, 31. 
Facimmo feste a Bacco, e siano tale 

Comme fosse mo proprio Carnevale — Stigl. 10, 57. 
Né /facile 
Che Turno faccia a buje Io presenluso — Stigl. II, 165. 



— 167 — 
108. Osserviamo poi intorno a questo verbo: 
a) Che gli antichi talvolta al présente dell' indicative), 

in vece di fa efanno, dissero ,/ace ejaceno (1). 
6) Che al congiuntivo présente dissero facciate e 

fàcciano (2) in vece difacite efanuo. 

c) Che al perfetto deir indicativo, in vece di facette, 
facèttemo efacètteno, dissero jice, facie, fece, ficemo, 
fècemoy ficero, fèceno, fècero] facèrono, facèro,fero e 
faeieno (3), di cui/ece, fècemo e fècero anche oggi si 

usano. 

d) E che al futuro semplice ed al condizionale pré- 
sente , secondochè gli si dà per radice f o fac , puô 
dirsi t-arrimmo, t-arrànno, t-arria, (4), e fac-rarrèm- 

(1) Montre che s'abbia 

Pe lo dderitto, io laudo quanto face — Cort. 4, 47. 
Qaanoo faceno tanlo gran piacere 
Da la gente cornute so chiammate — Coat. 2. 

(2) Perzô vengo da Napole a pregare 

Mme facciate servizio e cortesia — Cort. 2, 69. 
Arravoglio 
E lo cuorpo de cbella e r armât ura, 
Priinma en' autre ne fàcciano lo spuoglio — Stigl. Il, 193. 

(3) Signe, io non è ca tengo la rogna , ma /fee sU feuzione pe dormi suio — 

Vott. 37. 
Isso puro co lloro a sto pajese 

Venne, fice ste ccose e nce le mmese — Lomb. 5, 19. 
Da cheslo tanto maie po nascette, 

Cbe rrevotà sto puopolo facie — Oliva, can. 1, ott. 9. 
No paggio de Gorte tiraje na vrecciolla accossi a ppilo, cbe cogliuto Pagliaro, 

nne fece frecole — G. Bas. 20, 14. 
£ cbille che noje ficemo fuire 

Go cchella bel la caccia, retornaro — Stigl. 8, 143. 
£ ntra no quarleciello, 

Crédite, che nne fecemo maciello — Stigl. 8, 141. 
A ecterte le ccancelle se metteltero, 

£ le pprele le ficero portare — Lohb. 5, 214. 
La notte de San Giovanne jevano strellanno pe l'aria la mamma c la il g lia 

che lo feceno accidere — Vott. 84. 
Pocca fècero cose cchiù che pazze — Oliya, can. 2, ott. 65. 
Pocca ca sbattuto me vedettero 

Na bella attaccafura mme facèrono — B. Vale:*. 6, 51. 
Na zenfonia facero allegra e bella — Pag. 18, 24. 
£ pe fforza a me primmo fero scennere — B. Vale y. 6, 51. 
No ntanto ^compute 

Fujeno ll'alleverenzie che faeieno — Lohb 5, 158. 
(4) Nquatto boite fnrrimmo che se leva — Morn. 08. 
Ma primmo creo, ca comin' a li funare 

Farranno le sciummarc — Cort. 4, 81. 
Spisso aje ditto che Don Errico farria na bona compaguia a ita moglicra — 

Scarpbtta, 81. 



— 168 — 

mo 9 ÎM-iarrànno , tnit-iarrla (1) ; sebbene queste ul- 
time voci siano meno usate delle altre. 
109. Nel seguente modo si conjuga il verbo 

ASCIBE 

INDICATIVO PRESENTE 

Sing, esc-o Piur. ascAmmo 

jesc-e ascAte 

jesc-e o esc-e èsc-eno (2) 

CONGîUNTIVO PRESENTE 

Sing, esc-o Plur. ascAmmo 

jesc-e ascAie 

esc-e èsc-eno (3) 

IMPERATIVO 

Sing, jesc-e Plur. ascAmmo 

ascAle (4) 

U) E nnuje, che a vim mo 

Da vennecarle, no Ho faciarrimmo ?• — Lomb. 5, 209. 
Cheste te faciarranno li désigne, 

Le mmura, lo castiello e la cetate — Lomb. 5, 156. 
Papa si saparria chesto , no lo faciarria trasi cohiù dinto a la casa — Scab- 

pbtta, 27. 

(2) Poso li Trutte e me nn' esco pe U* auta porta — Cbrl. 9, 258. 
Ecco ncoppa no ciuccio 

Co na trommetta nnante jesce na sera — Cort. 4, 36. 
Si volit' acqua, na' esce da s(e pprete — Lomb 5, 31. 
Uh, bene mio ! lu Sole jesce e trase— R. Ragionb, Lega del Bene, 1888, 40. 
Che borria da te, ffratone T 

Che mmo, che ascimmo, sierre 11' uocchie — Gapas. IS, 117. 
Gnerno, non aggio auta porta, e si awt'fe, v'affrontate co isso — Cirl. 3, 196. 
M' esceno da lo core 

Lacreme de docezza senza fine — D. Bas. 12, 234. 

(3) Besogna ch' esco, ca non pozzo cchiune 

Stare accossi ddejuno — D. Bas. 12, HI. 
E pe ppaura che 1' esce lo spireto 

Lo confessore accanto nee lo mettono — B. Valbn. 6, 142. 
Si vu je non volite che ascimmo de sera, 

Nuje manco volimmo che ascite de juorno — Anon. Vierze, 53. 
Li cane e gatle commene ammazzare, 

Zzo non etceno a ffa qua parapiglia — B. Yalbn. 7, 74. 
{4) Jesce oca co la spata ca V aspetto — Cort. 2, 43. 
Si de la toja prodezza e de la mia 

Volimmo fare prova, aseimmo fora — St.gl. 11, 169. 
Aicile fore, 

Sfivtlatc, ca m' a vite già storduto — Lomb 5, 91. 



J 



— 169 — 

110. Awertiamo poi che oggi: 

a) Al présente del congiuntivo rarissimamente si dice 
esca ed èscano (1) in vece di esco, esce ed èsceno. 

b) E che nel passato rimoto non più si usano le 
voci asci, ascie, ascieno, ascèro ed asciro (2) in vece 
di ascètte ed ascètteno. 

111. Si conjuga nel seguente modo il verbo 







P O T ERE 






PRESENTE DELI/ 1NDICATIV0 

*• 


Sing. 


pozzo 
puoje 
po 


PRESENTE DEL CONGIUNTIVO 


Sing. 


pozza 

puozze 

pozza 


j 



Plur. pot-immo 
pot-\ie 
ponno (3) 



Plur. pozzammo 
pozzate 
pôzzano (4) 



(i) Pe nû ch* a lo Cielo piacerrà che n' esc* co lo nnore mio — Sarn. 22, 214. 
Tu mo spaparanzie 
La porta de la vocca, azzo che n' esca 
La voce — Com. 4, 22. 
vuoje 
Ch* escano, comm' a 11' ape da le celle? — Capas. 15, 118. 

(2) che mmeglio rarae fosse scesa gotta, 

Quanno m' ascl da vocca sta parola — T, Val. 19, 234. 
S'assecuraje la razza piurosa. 

E tutla nfolla ascie da li connutte — Morm. 19. 
E nche ascieno facettero na botta, 

Comme quanno se spara na scoppetta — Lome. 5, 113. 
Sti segnure lo craje nche fece juorno 

Da lo palazzo ascero de matino — Pag. 18, 116. 
N' asciro da lo nfierno a mmano a mmano 

Conzurdanncse nziemme — Oliva, can. 2, ott. 2. 

(3) Lo prevete respose: Pecchè non ce pozzo essere ? — Vott. 23. 
Tu lo puoje smacenà si nn' aggio voglia — Pag. 17, 203. 

E a chi cchiu po facevano zimeo — Capas. 15, 8. 
Ma famme razia a nnotle de venire 

Ca potimmo parlare cchiu jpedaso — Cobt. 2, 6Î. 
Co cchisso io ve conziglio a flare pace 

De chillo meglio muodo che polite — Stigl 11, 157. 
Tre ccose non ponno stare annascose: le ffuse dinto de la sacco , le ffemme- 

ne nchiuse ncasa, e la paglia dinto de Te scarpe — Sarn. 22, 152. 

(4) Damme lecienzia ch' io mme pozza scaglientare no pocorillo — G. Bas, 

20, 114. 
Me facciano morire da forfante, 

Ne a tte tornare io pozza trionfante — Stjgl. 10, 233. 
Azzo che puozze ascire da mbarazzo — Stigl. 8, 239. 



— 170 — 

112. Bisogna poi notare intorno a questo verbo: 

a) Che anticamente al présente dell* indicative) , in 
vece di po e ponno, si dice va smcorapote epàteno fl). 

6) Che al présente del congiuntivo possono, sebbe- 
ne con minor proprietà, in vece delle succennate pa- 
role, adoperarsi quelle del présente dell' indicativo (2). 

c) E che, in cambio di pot et te e potètteno, antica- 
mente si diceva ancôra puotte % potie 9 pofto, potte, pat- 
tero e potèro (3). 

113. Si conjuga nel seguente modo il verbo 

S A PÈRE 

Présente dell' indicativo 

Sing, sàccio ' Plur. sapAmmo 

saje sap-ite 

sa e sap-e sanno (4) 



Te la jniozze magnare 

A do Hetto perciato — G. Bas. 21, 270. 
La sgratetudine è cchella, che non ave ragione, o fauza o vera, dove se pozza 

attaccare — G. Bas. 20, 99, 
Dio loro pozza dà lume — Roccm. 2, 108. 
Mo voglio abbuscare 

L* erve, le pprete e 1' aute scarlapelle 

Azzô pozzammo sto regno pegliare — Coût. 2, 148. 
Di schitto: Lo pozzammo vedè santo — Voit. 24. 

Ve faccio franche, azzô pozzate ire dove ve pare e place— G. Bas. 20, 309. 
Pozzate cchiù priesto recorrere a la misericordia — Roccm, 2, 108. 
E mpossibile che duje uoechie omane pozzano pesciolîare tanto — G. Bas» 

20, 16. 
Dimane pozzano sonà pe Uoro le ccampane a rauorto — Cerl. 17, 75. 

(1) E botare e ggerarese be mpote — Fas. 14, 168. 
Mentre le ffanno de muodo annascose, 

Che maje non se nne poteno addonaie — Cort. 2, 201. 

(2) Prega lo Cielo 

Azzô che frutte meglio puoje raccogliere — B. Valkn. 6, 76. 
Ça chiste taie pare a mme che ponno 
Vestire a gusto loro — T. Val. *9, 174. 

(3) lo so cchella che maje puotte arrevare 

D' avère schitto na tenutamente — Cort. 2, 28. 
A ramalappena io le ppolie scrastare — Stigl. 9, 69. 
Comme meglio potie s' annasconnette — Morm. 123. 
Non polio fa chiù d* unnece bannere — Capas. 15, 74 
No nse potte accojetà lo rre mmarditto — Fas. 13, 41. 
Fu fforza fà la reterata, 

Né la poftero fare adaso manco — Fas 13, 189. 
Ca né stelle o diavole potero 

Direle de sta guerra maje lo vero — Fas 13. 89. 

(4) lo siccio chi è stata la bona massara, che mm' ha ffatto tante' belle scr- 

vizie — G. Bas. 21, 65. 



171 — 



PRESENTE DEL CONGIUNTIVO 

Sing, saccio Plur. sapAmmo 

saje sap-\te 

sa e sajhe sanuo (1) 

IMPERATIVO 

Sing, sacce Plur. sapAmmo 

sap-ite (2) 

114. Osserviamo poi intorno a questo verbo: 

a) Che al présente dell' indicativo gli antichi dis- 
sero sàpeno (3) in vece di sanno. 

b) Cne al présente del congiuntivo gli stessi disse- 
ro saccia, sacce, saccia, sacciàmmo, sacciàte e saccia- 
no (4) in vece di sàccio , saje , sa , sapimmo , sapite 
e sanno. 

Se si addommannato, dille chello che nne saje de buono — Yott. 33. 
Li quale e cquanta no lo ssa nèstiuno — Fia. 13, 197. 
Lassammo sto descurzo a cbi cchiù nue sape — G. Bas. SO, 168. 
Corrite: non sapimmo ch' è socciesso — Lomb. 5, 114. 
Sta lo Cielo pe nnuje, no lo ssapitef — Stigl. 11, 249. 
Ed a ppîafà vuje movere non sanno 
Le Uagreme cbe ghiottano le cciglia — Capas. 15, 8. 

(1) lo so de Salamina, e creo che saccio 

Gomme so nnalo — Capas. 15, 323. 
Vasta che no lo ssaje da la vocca mia — Cul. 14, 164. 
Mirtillo simbé sa ca isso, comm' ommo, è (franco, se resorve de volé mori — 

fit Bas. 13, 14. 
Che buô che de ste luotene sapimmo? — Akon. Vierze, 71. 
Non ve ne ncarricate: è meglio che no lo snpite — Scarpbtta, 506. 
Po essere che non sanno fa la mmasciata — Scarpbtta, 75. 

(2) Sacce ca pe la via nolle me fice — Goat. 9, 246. 

Sipimmo scegliere lo stato, addô la santa Providenzia nce nderizza — Roc- 

cm, 3, 426. 
Sspitelo 

Abommacaro fa — A non. Vierze, 40. 

(3) So ttenute sapute 

Quanno sapeno buono arravogliare — Cort. 4, 28. 

(4) Te cride, bene mio, che no lo saccia 

Che lo mare che rride è tradetore ? — Stigl. 9, 197. 
Ccà me manna Gionone, azzô lo vero 

Sacce — Stigl. 10, 61. 
No ne' è chi comm* a le, dapô tant' anne, 

Saccia de poesta — Capas Sonetti, 55. 
Aspettammo addooea ch' esca a ppuorto, e sacciammo quale fu la radeca d> 

sto vetoperio — G. Bas. 20, 51. 



— 172 — 

c) Che all' imperative* dissero sacciàmmo e saccià- 
ie (1) in vece di sapimmo e sapite. 

d) E che al passato rimoto non solamente dissero 
sapètte y sapèttemo e sapèttero, ma ancora sappe, sep- 
pe, sèppemo, sàppeto e sèppero (2). 

115. Ecco come si conjnga il verbo 

¥OLÈBE 

PRESENTE DELL* INDICATIVO 



Sing. 


voglio Plur. 

vuoje e vuo' 

vo 

PRESENTE DEL CONGIUNTIVO 


vol-\mmo 
vol-île 
vonno (3) 


Sing. 


vôglio Plur. 

vuoje 

vo 


volAtnmo 
vol-\te 
vonno (4) 



Chisf è chill' arco, azzocchè lo ssacciale 
Che Pinnaro mpugnaje — Capas, 15, 112. 

Pecchè se nnammoraoo senza scommoglià li deflette da I' una parte e 1' an- 
tra, quanno la bona crianza vole che se taceùmo — Vott. ISO. 

(1) Scomp immola sta baja, 

Sacciàmmo quanto ha da dura sta veroia — Capas. Sonelti, 178. 
S' io l'azzenno, sacciate ca lo flaccio 

Pecchè dato me fuje de penetenzia — Capas 15, 125. 

(2) Sappo dicere tanto ncrosione, 

Che fu contento de la mmaretare — Cort. 3. 
La quale non sepp* che H'era soccieso — G. Bas. 20, 500. 
E non seppemo fa li schiattamuorte — T. Val. 19, 337. 
- Sostenejano e H' autre mperature 

Mme creo ca non se sappero sprecare — T. Val. 19, 190. 
E nformatose a na pacchiana. seppero ca justo a la mezanotte era morta na 

figlia — Vott. 85. 
(5 / È cquanno è cchesso, me nce voglio cosere a ffllo duppio — G. Gen. 1836, 37. 
Se te vuoje assettà vecino a lo ffuoco , non t' azzeccà troppo — Vott. 21. 
Prega I' ammico a non pigliarese cchiù sto ncommeto , se nce vuo fa longa 

ammecizia — Vott. 28. 
Tu pische da lo puzzo de sto pieilo 

Chello che non bo Lella — Cort. 4, 23. 
Volimmo dare nuje legge a lo Cielo — Cort. 4, 19. 
Uh, de sse ccose, quanta nne vulite 

No ve ponno mancare — Lomb. 5, 158. 
Ca le Mmuse porzi vonno tornise — Cort. 2, 183. 
{4) Te pienze ca lo voglio essere fatto pe senza niente ? — Scahpjbtta. 29. 
Me pare che a lo Cielo vo saglire — Perr. 16, 78. 
Ve penzate 

Che approfiltà nce ne volimmo ? — A non. Vierge, 59. 
Tatte pare che bonno fa sto curzo — B. Valbn. 7, 242. 



J 



— 173 — 

IMPERATIVO 

Sing, vuôglie Plur. vo/-immo 

volAte (1) 

116. Giova poi osservare relativamente a questo 
ver bo: 

a) Che al présente deir indicative) , in vece di vo e 
vonno, gli antichi dissero ancora vole e vôleno (2). 

b) Che al congiuntivo présente dissero vôglia (3) in 
vece di voglio\ vôglia e vuôglie (4) in vece di vuoje ; 
vôglia (5) in vece di vo; cogitate (6) in vece di volète; 
e vôgliano e vôleno (7) in vece di vonno. 

c) Che all' imperativo dissero vogliàmmo (8) in vece 
di volimmo, sebbene anche oggi qualcuno Tadopri. 

d) Che al passato rimoto, usarono non solo volette 
e volèctero, ma dissero ancora votte, vuose, voze, vo- 
ile, volio, tosero e vôseno (9). 

e) Che spesso al condizionale présente si tolgono le 

(1) Maretiello. faece be lia, 

Vuôglie bene a sla nennella — Gel. 20, 272. 

(2) E contrasta contro la volontate 

No mpe che chi po ffare quanno vole — F/s. 13, 215. 
Vonno tornise 
Quanno da vero voleno cantare — Cort. 2, 183. 

(3) Che io vôglia sape re cchtù de mogliere, nnanze rame schiaffa gotla — G. 

Bas. 20, c :03. 

(4) Te lo mprommecco, ma co cchisto patio 

Che non boglia nient* autro — D. Bas. 12, 93. 
Lo tresoro è llesto, pare che tune vuoglie fare da vero — Sarn. 22^ 270. 

(5) Ma pe corriero non se po trovare 

Chi voglia la pel leech ia arresecare — Stigl 10, 235. 

(6) Suppreca , azzô che pe mineserecordia vogliale defennere no poveriello — 

Sabn. 20, 3. 

(7) L' accadeinmece co le soGstecarie lloro me pare che bogliano che le ceslun- 

nie corrano — Zito, 3, 207. 
Avea chiammato 
Tutte le gente co nzegne schiegate 
Pecchè a la mpressa voleno ammarciare — Cort. 2, 46. 

(8) Anluono mio caro, 

Vogliammoce bene — Ck'.l! 20, 331. 

(9) Sciso nterra votle fare 

Comme palremo deceva — Zkzza, Accademia cavajola, 18. 
Pe no mme fa vedere confegnuso, 

Vuoze dire io porzi na chiacchiarella — Pag. 17, 179. 
Ed io sapé lo voze pe pproffidia — T. Val. 19, 272. 



— 174 — 
lettere 1 ed a, dicendosi vorrla (1) in vece di vclarrla(2). 
117. Da ultimo nel seguente modo si conjuga il 
verbo 

IRE 



Présente dell' indicativo 



Sing, vaco 
vaje 
va 



Plur. 



Présente del congiuntivo 



Sing. 



vaco 
vaje 
va 



Plur. 



Sing, va 



Imperativo 



;-ammo 
>-ate 
vanno (3) 



;-ammo 
/-ate 
vanno (4) 



Plur. /-ammo 
/-ate (5) 



No la volie a lo cava Hero 

Lo paire dà pe mpigno o pe schialtiglia — Pag. 18, 55. 
Ne ccosa a ffbrza maje Cicco volio — Pag. 18, 87. 
Non avenno core de manna pe la pipata a Zoza, nee voze ire de perzona 

G. B\s. 20, 21. 
Da cbe vozero ire spampanate, 

Lo malanno a le cease nee trasette — Nova, 16, 210, 
Pocca lia non ce vozeno patine — Peru. 16, 45. 

(1) D. Asdrubale non voiria perdere st' accasione — Scarpetta, 144. 

(2) Nee volarW* prima uno che nee lo dicesse — Scvrpetta, 71. 

(3) E m mo vaco a Ire piede qualto qaatto — Quattrom 354. 
Saglie, scinne, vije, viene, e ttriemme e spiere — Piccin. 2, 138. 
Mperd de femmene 

Va schitto a caccia — G. M. S»as 1, 18. 
Fatto lo ballo, nee ne jammo arreto 

A lo palazzo — Co.it. 2, 2-i8. 
Da quant' anne 

Jale pe ram are carreche d'affanne — Stigl. 10, 31. 
Vanno chelle de pressa, e desegnava 

Ntratanto nca le ssosperate mura — Stigl. 10, 93 
È meglio che me ne vaco; si no ccà succède brutto — Scarpetta, 41. 
Viestete de tutto punto , azzocchè non te vaje acconcianno pe la strata - 

Vott. 13. 
Pare che se nee va acconcianno — Ce^l. 14, 218. 
Ma azzocchè yhinmmo co la bona fede, 

Mettite chiaro dint' a lo stromiento — Capas. 15, 87. 
Fcbo a chille paisc grolejuse 

Vo che ghiate — Stigl. 8, 207. 
Pare a la cera vanno pe se vennere — B. Valen. 6, 91. 
Bene mio, va> curre e dille 

Ca de Troja sta ccà lo sciore sciore — Stigl. 10, 125. 
Jammo nziemo a bedè co sta pclea 

Si chisso trova força che lo mpenne — Capas. 15, 146. 
Jate vedenno che paise e gente 

E che cetà nee siano ccà becmo — Stigl. 10, 23. 



<*> 



(S) 



— 175 — 

118. Osserviamo poi in tor no a questo verbo che: 

a) Al présente delF indicativo gh antichi, in vece di 
vaco, dissero ancora vado , vago , vao e vavo (1) ; e 
dissero vace e vàceno (2) in vece di va e vanno. 

b) Che al présente del congiuntivo dissero ancora 
vado, vada, vaga, vaa e vavo (3) in cambio di vaco; 
vaghe (4) in vece di vaje\ vada, vaca, vaga, vaa, vava, 
e vaja (5) in vece di va\ vàdano, vàgano e vàano in 
vece di vanno (6). 

c) Che al passato ri moto più non si usano le pa- 
role îje, jeze, jemmo, jèzemo, jieno, jèseno « je zero , 
jerno e jero (7) , che gli antichi spessissimo adopô- 
rarono. 



(.1) Chillo non sa cchiù che tanto. Mo la vado a ppiglià io — Ceil. 7, 30. 

8e songo scannate le gente pe mmo, e uscia dice ca non te vago a Jo genio— 
# Cbrl. 9, 260. 

Vedimmo nnognc cunto de sapere lo ccierto : si no me ne vao a spaluor- 

cio — G. Bas. 20, 320. 
Nullo non se scommova, 
Ca ino vav* io — Capas. 13, 218. 
(2) Po vice a li conzierte de ferrare 

Che fanno giacche — Fas. 15, 133. 
St 1 au te gente 
Che le vaceno appriesso a tutte Tore — Cobt. 2, 199. 
(5) Mme contento esse cuvô, e chillo vo che me nne vado -— Cbrl. 9, 39. 
Àbbesogna che me nne vada — G. Gkn. 1843, 100. 
Ma se mme vuoje bene , e desidere che baga conzolata a H' autro munno, 

m' aje da lare na grazia — G. Bas. 20, 272. 
Dalle, votta, 

Fa che sempe sul' io vaa de chiatto — T. Val. 19, 71. 
Tanto le pare mill' anne che me ne vavo — Ckrl. 2, 58. 

(4) Primmo che bighe lia penzao mortale — Pkrr. 16, 57. 

(5) E hanno fatto a monte vada tutto — B. Valent. 7, 97. 

Addô se forgeja no compasso che vaca deritto ? — Rocchi, 2, 7. 
Chi riala non bisogna che lo baga probecanno — Vott. 175. 
Si è schifienzia, che boa a contrattare 

Co U' aute schefenzuse pare suoje — Lomb. 5, 137. 
Pozza scriare e se nne vava a mmitto — T. Val. 19, 233. 
Qaanno staje mpace, vaja, ma mo asciuoglie — Capas. 15, 78. 

6) Li cchiù. stimmate fa che vadano mmiezo — Vott. 41. 
Fa che d' Attorro comm' a ccartastraccia 

Li giacche a ppiezze vagano pe 11' aria — Capas. 15, 6i. 
Proibenno che li spirete vitale non vaano a chille miembre, ne h quale eje 
la vertute — Zito, 3, 157. 

7) £ ghije pe la paura, 

Tanto che feto comm* a la Fortura — Lomb. 5, 62. 
E ndi chesto morette e st nne (/e cavozato e bestuto a casacavoda — Vott. 108. 
Pe m' accattare jeze nû a la fera 



— 176 — 

119. Il dialetto napoletano , oltre ai verbi uniperso- 
nali, come lampàre, tronàre, accadère, bisognàre (1), i 
quali hanno soltanto la terza persona singolare di 
ciascun tempo, non ha quasi verbi difettivi. Solo notia- 
mo tra questi P antico verbo pezzire (2) , del quale 
oggi si adoperano soltanto alcune voci del présente 
dell* indicativo (3), il participio présente pezzènte (4), il 
participio passato pezzùto (5) , ed il gerundio pezzèn- 
no (6), il quale va quasi sempre unito al ver do ire. 

§ VIII. 

Generi e numeri dei participii passati 

120. In auanto al génère dei participii passati, os- 
serviamo che : 

a) Il participio passato di tutti i verbi si rende 
feminile cangiando in a la vocale finale o. Cosi: femi- 
nili di chiammàto,fatto, regalàto } .servàto,Jeràto, sca- 



No vestito d' arbuscio — Sgbutt. 1, 27. 
Tutta la gloria cbe la ncoronava 

Jfze co Troja nosta a sparafunno — Stigl. 8, 99. 
Nce mmarcammo ed a Mauta dopo jemmo — D' Ant. 23, 96. 
Jezemo, pc 1' aracolc sen lu te, 

Spierte pe rregne sfranie e scanosciute — Sticl. 8, 191. 
E se nne jietw guattc — Lomb. 5, 159. 
A Mataluna jezeno a da funno — Vill. 24, 120. 
E li compagne jezero a la tenna — Capas. 15, 21. 
Van ne lia nziemo co no casadduoglio, 

E Cecca co no sbirro jerno fore — T. Val. 19, 145. 
Vasta, non se une jero e noa se stettero — Capas. 15, 170. 

(1) Trôna e lampa ssa lengua toja bravazza 

Mo che sta ntra le mmura e le ttrencere — Sticl. H, 169. 
Non accade mentire 

Ca si scoperta a rramma — Cort 4, 102. 
Ed abe&ognarrà cbe nce vav' io — Lomb. 5. 80. 

(2) E chisso po lo vedde io pezzire da dint' a le carcere — Vott. 88. 
Mentre essa tornava a pezzire no poco de foglia a cierte ortolane — G. Bas 

21, 37. 
(5) PezzUce pe li muorle e carcérale — Capas. Sonôlti, 233. 
(4J La sbregognata mme vede pezzente, e non me conzidera — G. Bis. 21, 59. 

(5) No cco la pretenzione de guarni sto commito a messa ptzzuta de quà owaHo" 

ammollicato — G. Gex. 1847, 78. 

(6) Se piglia pe mmarito no dolente 

Che ghiea quase pezzenno poco nnante — T. Val. 19, 558. 



— 177 — 

noèciïito, tristo sono chiammàtfr, Jatfa, regalàta,, ser- 
vàt&, JeràtB,, scaiiOsciùl% visia, (1). 

b) Perô bisogna cangiare, occorrendo, l'I tonico od 
il dittongo tonico ie in e, el'ii tonico od il dittongo 
tonico uo in o. Cosi: feminili di appïso, stritio, apièrto. 
curjo, rutto, chiu^ppeto sono appèsa, stretta, aphrta f 
corsa, rùtta, chibppeta (2). 

Se ne eccettuano i participii passati dei verbi , nei 
quali l' i o T a tonici dcir infinito présente è seguito 
da d, da y, da doppia g o da j, come act iso t chiuso, 
schiuso , nchiuso, scritto, trafitto, ajJ'r\tto K fritto y sfrït- 
to, stratto, destrhttOy i cui feminili, mutandosi soltanto 
Yo finale in à, sono aecisa, chiusa, schiusa, nchiu- 
sa, scritto,, ïrqfltta, ajjritta, fritta , sfritta , strutta, 
destitua (3). 

(1) Ne sulo cagnaje stato, ma nomme perzi, ca da Zezolla ta. chiammata, Gatta 

cenerentola — G. Bas. 50, 77 

Torna a flare ta via che avca già /alla 
Pe lo vuosco rabrogliato — Stigl. 10, 255. 

No 1* avarria mpattafo co la piimma segnora de sto raunno, vedennose re- 
galàta. e servuta. comme na regina — G. Bas. 30, 55. 

Quanno zomparo 
A lo ttrasi P avea no po feruta. — Fas. 14, 5P. 

Fra P autre che nce vennero nce capotaje na gran regina scanosciuta. — G. 
Bas. 21, 149. 

£ po che bis ta. 
V appero lutle quanle, se nn* ascettero — Lomb. 5, 207. 

(2) A toja defesa 

Nuje porlammo, ecco cca, la spa ta rppesi — Sticl. 8, 207. 
Tant' era grim ma, &ggranca(a, spelorcia, stretli ncentura — Sarn. 22, 291. 
Si (u IP aje seggellata, io P aggio aperta 

Sta lettera — Capas. 15, 3d. 
Perché primmo d' ascirc a ffa sto vuolo 

Era cor 2 a pe ddinlo a lo cannuolo — L( mb 5, 113. 
Che nnanze me fosse relia la noce de lo cuollo, che benire a sto nfierao — - 

G. Bas 2 , 188. 
Che desgrazia mm' è chwppefa da lo Cielo — G. Bas. £0. 101. 

(3) Desederanno sapere quale sciorla le slesse scritia a lo libro de le stellc — 

G. B.\s. 20, 283. 
Vista chella papai a aeclsa de frisco , se nne servette pe pezza — G. Bas, 

21, 138. 
Auto è lo muro, e chiusi è la celate — Stigl. 11, 3*21. 
Che no nce fusse schiasa — Sgrutt. 1, 197. 
O cannela d'ammore che staje chiusa dinto sta lanterna pelosa — G. Bas. 

20, 208. 
Isso carrée a tanno, e la traftila 

Bella segnora cchiù ammenaccia e appretta — Fas. 14, 43. 

12 



— 178 — 

Feminili perô di vinto , conf\iso e arredhtto sono 
venta e vinta, confbsa e confxasa, arredbtta e arre- 
dXvtta (1). Vieftto perô oggi raramente si usa. 

121. I participii passati , tanto maschili quanto fe- 
minili, si rendono di numéro plurale, cangiando T ul- 
tima vocale in e. Cosi: plurali dei participii maschili 
chiusOj nascudsto , strinto , muôppeto, accàrzo, puntto 
sono chiuse , naseuoste , strinte , mudppete , accùrze, 
puni te (2), e plurali dei participii feminili appennùfa, 
spannùt& } frant& } arzn, sperm, oppressa,, chiôppeta. sono 
appennùte, spannùte , freinte, ar%e, sperze, oppresse, 
chiôppete (3). 



Mente steva accossi co 11' arma affrltia 

Spontaje no crapariello — Fas. 13, 206. 
Saje ched' è î Na zuppa frit/a — Capas Sonetti, 432. 
E, pposte de la torra a pparie rotte, 

Appeccecaje, ca sfritta era comm* esca — Fas. 14, 38. 
Aggio ditto, aggio fatto e m me so strntta — Stigl. 10, 47. 
Se avesse dato la nalura a 11' ancmale necessetà de vestire, sarria destrvitta 

la jenimma quatrupeta — G. Bas. SO, 58. 

(1) lo darme venta e perdere la caccia? — Stigl 8, 7. 

Vi che lo dejavolo te cecasse mo che mm' aje vln'a — Zito, 3, 57. 

Le votaje lo spa Ile , resfanno la povera Marchetta confosa e ghielata — G. 

Bas. 21, 67. 
£ resta fanno confusa 

Co le ttrezze soje Medusa — Sgrutt. 1, 245. 
Quanno vedde 

Ga Troja era arredotla a lo spetale — Stigl. 8, 195. 
ArredxiUa de chesta nianera, 

Da chi spiere d' avè bona cera ? — G. S. Spas. 3, 40. 

(2) L' uoechie ha chiuse 

Chi de vuje la panza ha chiena — Sgrutt. 1, 2.3. 
Li duje no stanno cchiù nascuoste, e banno 

A ccarrera serrafa a r affrontare — Fas. li, 38. 
Chi r ave strinte nzieme autro che Amraore ? — G. Bas. 12, 236. 
Non ce simmo muoppete pe ppaura de no nce spognà sotl' a ll'acqua — G. 

Gbn. 18.7, 86. 
L' ammice so accurze c le fanno corona — G. M. Spas. 4, 28. 
Po che li scellerale so punite — Murm. 226. 

(3) Sotto ne* avea quarch'omrao alletterato 

Ste pparole a na ta vola appennùte — Cort. 2, 211. 
La notte avea spannute già V ascelle — Cort. 2, 142. 
Cchiù ssaporita de le ffave franle— Sgiiutt. 4, 123. 
E non sulo le ccase sarranno arze, 

Ma pe nfi a sottaterra li coniglie — Capas. 45, 114. 
L* erve che pe li prate stanno sperze — Prrr. 16, 81. 
So le bertù da ste ddoje peste oppresse — Oliva, can. 4. ott. 65. 
Le berlutc t' ha chiôppete a l'.angelle — Anon. 1, 146. 



— 179 — 

§ IX. 

Forma passiva e riflessa dei verbi 

122. Si dà forma passiva ai verbi che possono as- 
sumerla, preponendo al loro participio passato, dello 
stesso génère e numéro del soggetto cui si riferisce , 
le singoîe voci del verbo ausiliario èssere. Essi si conju- 
gano corne il verbo 

ESSERE VATTUTO 

INFINITO 
Présente— èssere vattùto Pàssàto— èssere stato vattùto 

Gerundio 
Présente — essènno vattùto Passato— essènno stato vattùto 

INDICATIVO 
1 Présente 

Sing, so battùto Plur. simmo yattùte 

si battùto site vattùte 

è battùto so battùte 

IMPERFETTO 

Sing, era vattùto ecc. Plur. èramo vattùte ecc. 

Passato rimoto 
Sing, fuje vattùto ecc. Plur. fùjemo yattùte ecc. 

FUTURO SEMPLICE 

Sing, sarràggio vattùto ecc. Plur. sarràmmo vattùte ecc. 

Passato prossimo 
Sing, so stato vattùto ecc. Plur. simmo state vattùte ecc. 

Trapassato 
Sing, era stato vattùto ecc. Plur. èramo state vattùte ecc. 



— 180 — 

FUTURO ANTERIORE 

Sing, sarràggio stato vattùto ecc. Ptur. sarràmmo state vattùte ecc. 

CONGIUNTIVO 
Présente 

Sing, sia vattùto ecc. Plur. simmo vattùte ecc. 

Lmpkrfetto 

Sing, fosse vattùto ecc. Plur. fossemo vattùte ecc. 

Passato 

Sing, sia stato vattùto ecc. Plur. simmo state vattùte ecc. 

Trapassato 

Sing, fosse stato vattùto ecc. Plur. fossemo state vattùte ecc. 

CONDIZIONALE 

PRESENTE 

Sing, sarrta vattùto ecc. Plur. sarriamo vattùte ecc. 

Passato 
Sing, sarrta stato vattùto ecc. Plur. sarriamo state vattùte ecc. 

Si noti che i verbi passivi nel dialetto napoletano non 
hanno imperative». 

123. Si dà la forma riflessa ai verbi che possono 
riceverla, preponendo me alia prima voce del singolare, 
te alla seconda, se alla terza, nce o ce alla prima voce 
del plurale , ve alla seconda e se alla terza. Cosl : si 
rende riflessoil présente indicattvo del verbo pigliàre y 
dicendo 

Sing, me plglio Plur. nce o ce pigliàmmo 

te pfglie ve pigliàte 

&plglia se plgliano ecc. (1) 

(1) Io mo me piglio a patto 

De ve le fore tutte essere mpise — Cobt 2, 41. 



— 181 — 

Avvertiamo perô che le voci me, te , se , ce , ve si 
premetteno all' imperative» negativo (1); ma si pospon- 
gono e s' incorporano nell' imperativo positivo, nel ge- 
rundio e nel participio passato (2): quantunque qualche 
volta, in poesia, ciô non si faccia (3). 

CAPO QUARTO 
1/ awerbio, le preposizioni e le parole composte 

§i. 

Avverbii e preposizioni 

124. Nulla diremo délie congiunzioni e degl' inter- 
posti, perché nulla presentano che meriti spéciale con- 
siderazione. Solo notiamo che, corne sono andati in 
disuso antemdnia, nonprosùtto , ad imbrece o ad èn- 
Jrece, cot pèfo, i*asta e zùjfece, vessa e bora, nzècola 
nsecolàro, nquantetàte magna, mparpètuo, lilia frotta, 
gratis^ ammôre, nnippesofàtto o issqfàtto , àlia pàlia, 
mbrevisse aràzio % ncàpite libro, ncorapàpulo (4) ed altre 



Si non te piglie le bertole, non t' ajutarrà ne Baldo ne Bartolo — G. Bas. 

20, 86. 
Danne la corpa a Lella, 

Che non se piglia Mase — Cort. 4, 84. 
Se ve d ammo no dito, 

Ve piglia le la raano — ànoi». Vierze, 67. 
Ccà sciaorejano le nninfe, e sfazione 

Se pigliano a fare ostreche e patelle — Stigl. 8, 21. 
<i) Trojane mieje, non ve pijiate affanno — Sticl. !0, 221. 
Non ve pigliate lo penziero de lo russo — G. Bas. SI, 17. 
<2) Via su, pigliate tntte se ccoselle — Lomb. 5, 155. 

Pigliammôce lo munno comme vene — Aisow. Vierze, 79. 

E dapô essere stato no mese Fonzo, pigliannose spasso a cchillo paese , voze 

repatriare — G. Bas. 20, 116. 
Pigliatose la figlia, deze a lo pâtre no sacco de pataccune — G. Bas. 20» 102. 
<3) Va, e te piglia 

Lo vommaro p' arare — G. Bas. 12, 177. 
{4) E lo campo antemonia mesura ro — Capas. 15, 98. 
Aolisse no stimmaje lo nonpresutto, 

E ccercaje de vederene lo ttutto — Fas. 14, 102. 
Perdonammoce ad imbrece sla vota — Capas. 15, 109. 
Qnanno s' appero ad enfrece lavata 
Bona la capo — Fas. 13, 143, 



— 182*— 

assai locuzioni latine napoletanizzate; cosi sono andati 
ancora in disuso àcchia, potta d'oje, potta d'aguànno, 
atta de nnico, pràvita tqja (1), ed altri molti somi- 
glianti modi di dire. 
125. In auanto agli avverbii osserviamo : 
a) Che aelle antiche forme avverbiali napoletane 
moltissime sono andate in disuso, come gliotta, muto, 
nchietta, nfrutto , nzhnmora , mpièrdeto , mmàtola , 
nvano, mmantenènte, arretecône. annatàne , de Jitto 9 
déforma, a la voccàna e via discorrendo (2). 



Vuje non sulo non sapite la lengua, ma, cot pejo, nne volite dà le rregoh 

Sbiio, lo Vernacchio, li. 
Venta e zuffece cheslo, co la sferra 

La via nce aviramo fatta da valiente — Stigl. 10, 251. 
Mperzè voglio io che tu nnante de chillo 

Co s(a flgliola mia faje ve$ta e bora — Pag. 18, 64. 
E noa ce pietize a cquanto nce ha prommiso 

Nzecola nzecoloro Mparaviso ? — Fas. 13, 120. 
Da le nnave 

Vengave rrobba nquantetate magna — Fas. 13, 131. 
Nce era de quanto è Nnapole addotata 
Mperpetuo, pc na grazia sopr' oinaaa — Fas. 13, 237. 
Lo ssaccio ca no sempc liliï frolia — Sgrutt. 1, 123. 
Le ccopie slratte dia gratis ammore 

A chi se sia, che sta faglio a denare — D* Ant. 23, 82. 
Nnippeso f ttto sparafonnanno , pigliaje cchiù bentrescbe e ssommacche , che 

non deze pedate — D' Ant. *3, 241. 
Ed ecco ch' isso falto 

Se seoteno tre botte co ttre buce — Rocco, 25, 271. 
Quanno staramo alia palia — Quattbom. 391. 
Puro mbrcvisse arazio quaccosella 

Te nne voglio conta — Vill. 24, 122. 
Chi è V accosatore , lo fiscale , la parte contraria ? NcapUe libro chillo che 

pozza squaglià — Rocchi, 1, 40. 
E tte lo ddico bello neora pop*Uo — Itto, la Costanza coronata, 39. 

(1) Acchia naso! decette uno de chille — Lomb. 5. 102. 
E ppecchè buoje 

Che nuje non ghiammo a Ttalia, potta d' qje f — Stkl. 9, 47. 
Sto nasone le met liste 

Derelo, addè tu saje, alla de nnico! — Lomb. 5, 70. 
Ddo te si puosto ddo, poita d' aguanno ! — Itto, la Cost. 42. 
Vide si è ccosa provita toja — D. Ann. 24. 

(2) Cecato è Ammore e non ce vede gliotta — Sgrutt. 1, 63. 
Ommo muto aggarbato e llebberale, 

Che carcerato fu pe mmonetario — T. VAl. 19, 142, 
O vuje che tutte nchieUa ve nne state 

A cchisso monte tanto ventoluso — Sgrutt. 1, 2. 
Nfrutto sso bello cuollo, Cecca mia, 

pare colonna de la Vicaria — Sgrutt. 1, 19. 



— 183 — 

b) Che quelle che si usano, sono formate o col dare 
ad un nome, ad un aggettivo , ad un participio pas- 
sato la desinenza in mente , corne attortamïnte , de- 
vinamïnte, documente, malamhnte , coj lamente, ao- 
nitamènte (1); o col dare ad un aggettivo o ad un 
participio passato il significato di avverbio , corne 
chiano, forte , sottîle, cierto, annascùso, stretta (2); o 
coi premettere ed incorporare ad un nome o ad un 
aggettivo la lettera n od m, corne ncôcchia , nchino, 
mmeretà, mpizzo (3). 

Accattava tre ccarrafe de vino pe se le bevere nzemmora — Vott. 63. 
Vedenno a la floe ca fatecava mpierdeto, mutajc registre — G. Bas. 21, 67. 
Ma la correa co le cchiaste da sotta 

Hanno fatto ghi mmatola la botta — Capas 15, 144. 
Oltra ca quanno parle, parle nvano — T. Val. 19, 50. 
Ma chillo 1' atterrette co no sisco, 

E le ffece acquietare mmantenente — T. Val. 19, 219. 
Ghiero a ppoco a ppoco 

Comnialtenoo e saglienno turretecone 

A na collina — Fas. 13, 68. 
Se spogliaje nudo nudo, e passaje a natune co li vestitc ncapo — G. Bas. 

20, 73. 
Chisto, oche ntese ch* era già spirata, 

Addove morta stea corze de fUto — Pag. 18, 132. 
De for mi, che pprovajc lo granne articolo, 

Ca H'oramo po cacà pe lo vellicolo — Capas. 15, 166. 
Yotato a lu voccuna co le spalle 

Frocella dtnto — Pag. 18, 38. 

(1) E lia steva dogliuso 

D' essere a itor lamente annommenaio — Oliva, can. 7, ott. 78. 
Lo quale muodo quanto devinamente sia stato osservato da lo poeta imo- 

stro, ogouno che ha lo jodizio sano lo po jodecare — Zito, 3, 84 
E scompa documente sta fatica — Cort. 2, 75. 
Perché cercate rogne ? !o ve V aviso 

Ca malamente ve sarrà graltata — Stigl. Il, 151. 
Facite uno ntra vuje cojetamente 

Che faccia e sfaccia — Fas. 13, S3. 
Aggio le ffurie meje, e aonitimente 

N' arma, che ppe ppaura maje s' è smossa — Fas. 13, 133. 

(2) Che diaschece avite ? Jale chiano — Stîgl. H, 271. 
Veco ca le bellizze n' ha zompate 

Pe ffarve tanto cchiù chiagnere forte — Sgrutt. 1, 132. 
La scura Filadoro, filanno sotiile, te lassera campo franco de gaaderete la 

nova mogliere — G. B\s. "20, 224 
Cierto ca pagarria no piezzo d' otto — Sgbutt. I, 11. 
Annascuso de le ssore, se partette da la casa — G. B\s. 20, 170. 
Ma Micco, che squagliava comin' a ccera, 

Senza resposta V abbracciaje ttrelta — Cobt. 2, 76. 

(3) A ttravaglià de fltto 

Sempe nne steva co la mamma ncôcchia — Pag. 18, 18. 



— 184 — 

126. Osserviamo poi, in quanto aile preposizioai , 
die la preposizione ne raramente si adopera- (1) ; e 
che , ordinariamente , privata délia vocale , la conso 
nante n si promette e s 1 incorpora alla parola cui va 
preposta, come Hfranza, ufron ta, niielo, nconfedènza, 
nfacce (2). 

Nomi composti. 

127. I nomi composti , di cui è ricchissimo il dia- 
letto napoletano, sono formati, in primo laogo, da due 
nomi, uniti o no da una congiunzione o da una pie- 
posizione, dei quali : 

a) O uno è indipenden-e dallaltro, come gnoreoàvo, 
puorcospina, casadduôglio, gattopàrdo , milopiro , di 
cui gli ultimi due più non si usano (3). 



Me deze nfrontc, e mme coglielte nchino — SonurT. 1, 15. 

£ ram' ave data mmerelà la vita — Moan. 220. 

£ fo mpizzo mpizzo pe dare vuolo a lo l'arooae de 1' arma — G. Bas. 

20, 68. 
( 1 ) Ca dice Cecerone : 

Ne lo retratto onora lo patroae — L' Angblo dbl Carmelo, 53. 
Ne lo mmeglio de la giovenlù toja t' avarraje d" atterra co la parraa — D. 

Annicca, 5. 
Ca vene cchiù ncient' mne ca nne n'ora — Sgsutt. 1, 40. 
Cecone pe ffenire sto Uluorno 

Lo retraltaje tutto nne no juonio — Sgiiutt. 1, 177. 
Chella lo polarria nne no momento 

Sbauzare ad auto e ffarelo contento — Norm. 238. 
(2) Avea inezzato dé scremmire Nfranza — Cort. 2, 8. 

Va de fronna nfronna ntornianno e llammeatannose de lo daano sujo — G. 

Bas. 20, 176. 
E "Ncielo fierecinzia fu avisata 

De la furia de Turno presentuso — Stigl. 10, 219. 
Ma pe pparlare propio nconfedènza 

Aggio abbesuogoo de no centenaro 

£ ffuorze cchiù de scigne — Lomb. 5, 111. 
Subbeto lo vediste revenuto 

JXfcuice, e se V allargaje la codatella — Cap as. 15, 113. 
(5j Dicea buono gnorevavo: 

Non dà recchie a cchisso mpiso — Zezza, 1836, 36. 
Ntuono lo casidduoglio pe lia passa 

Co na coppola ncâpo ammartenata — N. de R. Spas. 2, 39. 
Lo prencepc tutto presto, vasaje ciento vote chella mano pelosa, cite parea 



— 185 — 

b) il secondo ô complemento del primo , come 
mastodàscidy capopuopolo, capomàsto, capocuôllo, piz- 
sopàparo, capoaànno, caolosciôre, milosciudccolo, car- 
tap ècor a, pummadàra (1). 

c) O il primo è complemento del secondo , corne 
pisciavïnnolo o pesceoïnolo, casciabànco , terramoto , 
croceoia, ragnatèla, capotàmmola (2). 

Tali nomicomposti sono di génère feminile, se ambo 
i nomi, onde sono formati , sono di génère feminile , 
corne ma'renatùra^ tnarvarôsa , cartapècora, ràgna- 
tèla, capotàmmola (3); e sono di génère maschile : 

groppa de puorcospina — G Bas. 21, 200. 
Lo tene mente, e coin m' a gattop irdo 

Ncuollo le zorapa, e sse 1' abbraccia Nardo — D' Ant. 23, 104. 
£ comm' era tomato do pizzeco, co do colore da milopiro, se mosse a com- 
passione — G Bas. 20. 44. 
(1) Embè lo potarria mezza scarparo, mastodaicii , cosetore — G. Gen. 1857, 41. 
Lo gallo, capopuopolo de 1' aucielle, le solleva tutte ad arma re li vive con- 
tra la notte — G Bas. 21, 73. 
Ma ntra lloro nee sta no capommto, 

Che le mannava co lo carrettone — Co it. 2, 135. 
De capocuollo tiennero 

L' avraje tu na fellata — E A. Spas. 4, 80. 
O bello pizzopiparo 

Che nzieme a mme nascisle — Quattrom. 342. 
Mm 1 avea ditto, gnorsi, Capodanno 

Che stea già p' arriva Carnevale — Zezza, Spas. 3, 47. 
No caolosciore pe sceltro stregneva — Pehr. 16, 13. 
Lo Rre che bedde ca V aveva nzertato a mmilosciuoccolo , fece chiammare 

a Porziella — G. Bas. 20, 67. 
Pe tutt' oje te spedesco gratisse lo prevelegio ncartapecora — Amenta , il 

Força, 102. 
Sta pommadora vi comm' è bella — N. de R. Spas. 4, 23. 
{2) Nmiezo a s!a gente nee steva no giovane pUciavinnolo chiainmato Tommaso 
A niello — L. C. Spas. 1, 40. 
Quale cose 

Fece no pescevinolo de strata — Oliva, cant. 1, ott 1. 
Cammioa ncopp' a la casa, e nchiavate ncopp' a do casciahanco — D. An- 

nicca, 120. 
Maoco lo terramoto de Sant'Anna 

Facette sto sconquasso — Cassitto, Lo Sparatorio, 78. 
£ co la spala sfoderata mmano 

La jea sfruscianno ad ogne croceuii — Cort. 2, 108. 
Na ragmtela pent' a no quatrillo 

Po vedde, che ppettura fu d' Apelle — T. Val. 19, 260. 
Corrite, o tri vole, 
Facite a st' arma fa na capotommola — Sgiutt. 1, 261 
(3) Nuje nee mantenimmo vascio vascio, comme nee fece la rzatrenatura — D. 
Amvicca, 103. 



— 186 — 

a) Se ambo i nomi sono di genere maschile, come 
casadduôglio, capomàsto, capocuàllo, casocavàllo, cao- 
losciôre (1). 

b) E se de* due nomi uno è di genere maschile e 
P altro è di genere féminité, corne mastodàscia o ma- 
stedàscio , gallodinnia o gallodinnio , nocepièrseco , 
pùzopàparo, casciabànco, terramoto (2). 

Se n'eccettua pommadera, ch'è di genere feminile (3). 

Quelli tra i nomi maschili che, denotando persona, 
titolo o professione, possono diventar feminili, si ren- 
dono tali : 

a) O facendo di genere feminile ambo i nomi. Cosi 
feminile di gnorevàco è gnor&oàvb (4). 

6) O mutando al secondo nome P ultima vocale in 
a. Cosi feminili di casadduoglio , ptsciavtnnolo sono 
casadddglî&i pisciavïnnolz, (5). 

Piglia s(e dalie co sta marvarosa — R. délia C. Spas. 4, 40. 

Don Nicola addeventaje comm' a na cartapecora — G. M. Spas. ?, 49. 

Ogne fenesta ne' è la ragnatela — B. Valent 7, 79. 

Chillo na capotommola pigliaje — Stigl. 9, 197. 

(1) Servarranno a lo casadduoglio pe nce arravoglià dioto caso cuotto , aulivt 

e r récolta schianla — G. Gkn. 1835, 14. 
Tu si lo capomaito 

De le penlate cose — Bas. 21, S 86. 
La sera lo Parrocchiano s« roagnaje no capocuollo — G. M. Spas. 4, 4. 
Essa contaje quant' aveva, operato nservizio de lo Prencepc , ped essert pa- 

gato co no casocavalld — G. B.'.s. 20, 348. 
Compare va 

No caotosciore ntra li vroccolille — Sticl. 9, 281. 

(2) E che d'ebano sia mpatta la cascia 

Che de chiuppo te fa lo mastodàscia — Pag. 17, 89. 
Lo mastodascio le bedde sedelicce, e non le bolette — Vott. 139. 
Comme a no gallodinnia l'Inniano 

Ngrifatosc respose — Fas. U, 145. 
E n* arrecelta 

No gallodinnio co no sfarzeliello — Lomb. 5, 105. 
Lo rosso e ghiancolillo nocepierzeco — Cestari, 18, 160. 
Lo pizzopaparo 
Anchiuto sia — Piccin. 2, 105. 
Dorme va ncopp' a lo casciabanco — Cbrl. 9, 308. 
Faje 

Sbalzà le cease da le ppedamenta 

Comm* a lo terramoto — Olivà, can. 14, oit 86. 
(5} Tengo ccà la pommadera 

Grossa, rossa e contratiempo — P. M. Spas. 1, 7. 
<4) Oje la festa è de Sa nt' Ann a 

Gnors.vav8L a Gesù Crislo — G. Gen. 1856, 46. 
(5) Va a ffà spesa na bclla casaddoglia. — B. Valent. 6, 120. 
Chella è Donna Sabella pisciavinnola. — B. Valen. 6, 120. 



— 187 — 

I nomi composti di due nomi si rendono di numé- 
ro plurale : 

a) Rendendo di numéro plurale ambo i nomi, se di 
questi uno non dipende dalT altro , ovvero se il se- 
condo è complemento del primo. Cosi : plurali. di ca- 
popuôpolo, puorcospinn, marv&rôsn. , pirospina, , milo- 
piro, pizsopàparo, casotaoàlh, caolosciôre, rnilosciuôc- 
colo sono capepuôpole, puorcespine, maroerôse, pere- 
spine, rwe/a/>èra, piszepàpere, casecavàlle, caolesciàre, 
mel&sciôccole (1). 

Si eccettuano perô mastodàsci*,, e q alche altro, il 
quale al plurale fa mastedàscin, (2). 

h) Se poi il primo nome è complemento del secon- 
do, il plurale si forma rendendo di numéro plurale 
solamente il secondo nome. Cosi: plurali di pisciwin- 
nolOj terrùtnôto, ragnbtèlb sono piscibvinnote , terr&- 
môte, ragnhtèle (3). 

Capotômmola, perô al plurale fa capotdmmoln e ca- 

potômmole (4). 

— . — . i t 

(1) Nzospetto 

Da 11' aute capepuopole tenuto — Oliva, can. 7, otf. 36. 
Che brutta cosa 

Senti urle de lupe e puorcetpine — Rocco, 55, 69. 
Vanno carreche e addorose 

De giesummine, spicaddosse, mente, 

Cctrate e mmarverose — Anon. Vierze, 34. 
Cacciavano da II' uocchie e da lo core 

Lacreme grosse quant' a ppersapine — G. Gkn. 1856, 40. 
Àvimrao magnato tânta spogne, a<Mïe, cardune e me/apera , che m' è par- 

zeto vedere tutte le stasciune aucite nzemmora — Sarn. 22, 253. 
Stompagnammo pizzepipare, 

E ffacimmone scamazze — Quattrom. 232. 
Aggione semmenate speraoze, e mo raccoglio casecavaUe — G. Bas. 20, 288. 
E nnuje, mmece de fare H dotture, 

Jarrammo a spastenà cavole$ctur* — Roccm, Spas. 2, 9. 
Mel&scioccole magno o coregnale, 

Radeche o crva comm' a n' anemale — Sticl. 8, 263. 

(2) E co li mastedascia. loro stanno 

Pe fi che tutta vannola acconcianno — Fas. 13, 26. 

(3) La prebba e tutte 1* aute vasciamane, 

Comm* a di pesctavitmole ed artiste — Morm. 53. 
Ma I* anno appriesso fuje ncojetato da cierte ferramoto, che facettero n'aut» 

cuofeno de guaje — L. C. Spas. 1, 28. 
Coperta de fulinie e rragn&lele 

Sta la cetola mia mpesa a no crocco — G. Bas. 21, 358. 

(4) Stanno lo Sole pe flare le capolomtnola., faceva no gran sbrannore — Sarn. 

22, 298. 



— 188 — 

Il plurale de'nomi composti di due nomi è dello stesso 
génère del singolare. Cosi : sono di génère maschile 
€asadduàglie } capepuàpole, mastedàscia, pisciaoi mole, 
puorcespine, casecavàlle, caolesciàre , casctabànche, di 
cui i singolari sono di génère maschile (1); e sono di 
génère feminile pommaddre, matrepème^ crocevïe, ra- 
gnatèle, capotommola , i cui singolari sono di génère 
feminile (2). 

Si eccettuano melapèra , peraspine , nueeper sèche e 
melasciôccole, che sono di génère feminile (3); perché, 
sebbene i loro singolari siano di génère maschile, i plu- 
rali di milo, piho e pièrseco sono di génère feminile. 

128. In secondo luogo i nomi composti sonô for- 
mata dair unione di un nome e di un aggettivo, corne 



Pe farence n' auto scampolo 

De travocchette, saute e capotomtnole — Cort. 4, 211. 
<1) Lo secunno, chiammanno tutte H crapie, li coniglie, li liepare , H puorce- 

spine, fece dare lu guasto a li semmenate — G. Bas. 21, 28. 
Tann' erano signure li chianchiere, 

Li ccuadduogli ', e l'autre potecare — T. Val. 19, 359. 
Li capepuopole manco ponno passa pe galantuommene — Vott. 485. 
Rebel lannose contro a li ssacicce e a li cisecavalle de l'anlenate suoje, las- 

saje li pise — E. A Spas. 5, 21. 
Li virze, li cavolesciure, le rrape e le ccarote so toste a diggerirse — G. B. 

Spas 4, 19. 
Te parlo de le limrae che servonoa liferrare, a H tntutedascia, a l'arifice — 

G. Gen. 18ô7, 41 
Pare de la quatriglia de H pisciavinnole — Gkrl. H, 13 
Nchesto jetta lo scellro, e comm' a mmusto 

Sbolle, e ttorna a sodé a li ca*ciab!)anche — Capas. 15, 19. 

(2) Schilfo a la padula mia 

Nce so cbeste pommadore — N de R Spas. 4, 25. 
Se nce fo^sero maje le mmatreperne, 

La rosata che cala la nvttina 

Gnenetarria no tuminolo de peroe — Palmiero, 22, 122. 
Piezzo de ciuccio! Ntra le crocevfe 

Non si soleto a stroppejà canzune? — Rocco, 24, 259. 
E po che nce volea a piglià la scopa 

£ levare da ccà ste rragnatelet — Morm. 125. 

(3) Ma le cchiù saporite 
Songo le mmelipera e genovese — Cestari, 18, 161. 
Le ppernspine so ammaturate: 

Vesogna coglierle pe le nimagoà — Cassitto, Lo Sparatorio, 106. i 

Avite vis to maje che da lo niespolo nasce la jojema o le nnucvperzecfo — \ 

Rocchi, 1, 35. . 

Faccia le mmelascioccula fa pruna | 

A sfazio sajo — Pag. 17, 156. " 



— 189 - . 

buonojuorno, malejuàrno, schiaccomàtto, camposàito, 
vinocuôttOy lignosànto, bonamàno, cartastràccia , lim- 
masôrda , rosamarina, casacàuda, memcànna, mala- 
paràla (1). 

Essi sono dello stesso génère del nome col quale 
T aggettivo concorda: e perô sono di génère maschile 
buonojuorno, malejuàrno, suorvopelàso, schiaccomàtto r 
gattomaimoie , campàsanto (2); e sono di génère fe- 
minile cartastràccta , terrasànta , limmasorda , Jico- 
sècca, rosamarina, mezacànna (3). 

{{) La Musa a cchisso ccà s* fece rente, 

Decenno: Buonojuorno, o Dio Vorcano — Piccin. 2, 31. 
Te voglio dare affi lo milejuorno — Itto, la Costanza coroaata, 25. 
Si non era pe tte, bello signore. 

Clie diste a ste gentaglie schiaccomatto, 

Eramo lutte arrojenate affatto — T. Val. 19, 355. 
Pe ncignà lo bello carro 

De lo nuovo cimposanto — Zezza, 1837, 14. 
S' arredduce nlierzo comm' a binocuotto — Rocchi, 2, 239. 
No me ne voglio vallane accattare, 

Ne allesse, ne granate o lignosanto — G. M. Spas. 3, 36. 
Va, saglite: 

Non boglio bonamnno — Zezza, 1837. 33. 
Si aspiette cam mi sa da le mmano m 'je, da mo te puoje provedere de carta- 
stràccia — G. Bas. 21, 41. 
Pe secà no catenaccio 

A na poteca co na limmisorda 

Appe a la Vecaria n' ora de corda — T. Val. 19, 142 
Figlio, tu si la quintassenza de la rosamarina — Cbrl. 4, 90. 
Se nne jette friddo comm' a neve a Casacàuda — G. Bas. 20, 344. 
E ghiammo attuorno se se po trovare 

Se ne* è quarcuno co la mez-rcanna — T. Val. 19, 40. 
Accossi facetteno, non senza di quacche malaparola a diente astritte — G. M. 

Spas. 4, 5. 

(2) Ha fatto, cride a me, lo buonojuorno — G. Bas. 21, 285. 
VI ca da la matina se conosce 

No milpjuorno — G. Bas. 21, 332. 
Ndicere no suorvopelmo o no lemonciello piccolo m' esce lo speretillo — Coat. 

4, 214. 
Torna a darle no bello schiaccomatto — Nova, 16, 188. 
E tanto fece forza, die trasette, 

E lo gatlomaiinone nne pigliaje — Cort. 2, 13. 
Ogn' ora che ne gaude è n' ato passo 

Pe ghi a lo Ca/nposanto — Zezza, Artaserse, 39. 

(3) Peppe ora addevenlato na cartastriccia — G. M. Spas 3, 42. 
Lo facette portare abbascio a la ter rasant i — Voir. 2i7. 

Avenno la morte co la. limm isord t de lo tiernpo rotte te (Terri a te , se pi- 
gliaje na brulta scerpia — G Bas. 21, 188. 

Tiraonolo chi pe na parte, e chi da n' auta , arreducettero lo studentiello 
comm' a na ficosecca — G. M. Spas. 3, il. 



— 190 — 

Si eccettua perô Tantico nome cappanèra (1), ch'ei 
<li génère masehile , perché denotava il mestiere 
sercitato da un uomo. 

Il plurale di cjuesta specie di nomi composti si for* 
ma rendendo di numéro plurale il nome e Taggettivo* 
Cosi : plurali di schiaccomàtto , gattomaimdne , vim 
cuôttOj bonmiàno , cart&stràccisi , terr&sanfa , limma- 
serein, rosamarma , mal&paràla sono schiacchemàtte 
gattemaimù e , vinecuôtte , bonemàne , cartestràcce , 
terresànte, limmesorde, rosemarine, malepardle (2). 

Il plurale di questi nomi poi è dello stesso génère 
del singolare. (Josi : sono di génère masehile ma- 
lànne, schiacchemàtte, gattemairnùne , i cui singolari 
sono di génère masehile (3) ; e sono di génère femi- 
nile terresànte, ficosècche, mezecanne, medespine, i cui 
singolari sono di génère feminile (4). 

■ ■■ - ■ i i v i ii i i i ■ i i i 

Non tonè le bertù de la rosamarina — Zezza, 1836, 50. 
Ca se be la chiommera hanno leiarda 

Manco vonno operà la mezacanna — T. Val. 19, 26, 
{{) Sdelenzato cappanèra me fa la guittaria — D. Annicca, 2i. 
(2) Ma'e Mta se stitte, 

£ mmo ccà e mmo lia die schiacchemiUe — Fas. 14, 245. 
Lo ciervo fece corn parère na quatra de lejune , de tigre, de panière e de 

gattemairnùne — G. B\s. 21, 33. 
V uve psizeje nee so tan to squesite 

Pe fa Ji vinecuôtte — Rocco, 25, 87. 
Cossi pe stuorte, drille e bonemàne, 

Ogne carrino n-e venea doje rane — G. Gin. 1843, 18. 
Tene no core pevo de no boja, 

E ccerevella peo de cartestràcce — L. C. Spas. 1, 12, 
Le tterre, eu' anno avuto pe concimma 

Lo sango nuoslo, coram' a tlerretante — Quattrom. 238. 
Comme si trasuta drinto, vedarraje pe ttenra limmesorde , serre, fauce e 

ppotature — G. Bas. ï1, 89. 
E sempe chine d»s rosemarine, 

E ssia de 1' erva tirabrea lo cchiano — Rocco, 25, 217. 
Pe parla no poco aftettuuso, m' ha ditto na sarma de mmileparoXe — 

Ckrl. 8, 332. 
<3) Cue nce ponze isso a li milanne suoje — Itto, Costanza Coronata, 67 . 
E comme sape dà li schiacchematte 

A li miedece ntorce e a li pagliette — Zezzi, Rimme de Poteccnella, 15. 
Ed adoraro pe na Dejetate 

Chi le Llacertc e li GjUemaimune — Pag. 17, 105. 
(i) Cuonzole, conimannante, 

Jate de casa int' a le Tterresanle — Quattrom. 398. 
Non se vonno stipare sti soiasciucche 

La canna aperta pe le fficosecche — Capas. Sonet. 131. 
Perrô non nce sarriano chiste nganne, 



— 191 — 

Si eccettuano meladièce, sowapelose e legnasànte (1), 
ehe sono di génère feminile, perché feminili sono i plu- 
rali di milo, suorvo e ligno. 

129. In terzo luogo i nomi composti si hanno dal- 
V unione di un nome e dalla voce délia terza persona 
singolare delP indicativo présente di un verbo ia are 
corne portarràbba o portarràbbe, cantastôria o canta- 
stdrie, guavdapovtbne, schiattamuàrto, solachianièllo , 
jzucagnàsta , mpagliasèggia o mpagliasègge , spassa- 
t tempo, passapuôrtOj vasamàno, passamàno ecc. (2). 

In auesta specie di nomi composti la voce del verbo 
precede sempre il nome, tranne in sancozàca (3). 

Di essi quelli che indicano un oggetto, come spas- 
satièmpOy passapuorto , vasamàno , strangolaprèoete , 
scarfaliètto, sono di génère maschile (4). 

Se nce fosscro affè le mmezevanne — T. Val. 19, 169. 
Se a rame toccasse, le borria sferpare 

Tutle sle mmalespme, e po abbrusciare — Nova, 16, 190. 
<1) Dov'erano chill'uocchie frezzianle, dove chelle mmeladiecét — G. Bas. 20, 284. 
A binte a grano sle percoca vanno, 

£ ste ssorvapelose a cciente a rnmazze — Zezzv, la Festa, 10. 
Nce stanno 
Sore va, le legnasànte nzioe fine — Picc. 2, 152. 

(2) Abeto non fa raonaco. si so portarrobba^ so figlio de galantommo — CrRl.16, 184. 
Se po traita peo no portarràbbe ? — Fidbuci, li Birbe, 53. 

No cantastôria steva a no can tone — Zezzi, 1836, 95. 

Sguarranno le gamme comme a no caniaslorie de lo Muolo, recela sto so- 

netto — G. M. Spas. 3, 31. 
Lo guirdapor tone ave ordene de non me fa asci — Gbrl. 3, 180. 
Avimmo tuorto, 

Ca non seppemo fa lo schiattamuàrto — T. Val. 19, 337. 
Fa ci ste trasire a lennuriello, 

Chillo squaquecchia de solachianièllo — Qcattrom. Spas. 2, 48. 
Ched' è la Liberia ? No zucagnosta 

A no ciuccio de masto addemmannava — G. de G. Spas. 1, 28. 
Se fusse mpagliasèggia, no prociesso 

Mo te farria— N. T. Spas. 5, 8. 
E passaje mmano a Zia Tolla, ch'era mpagliasègge — Gbrl. 14, 142. 
N* aggia auto spissaliempo che nchire li chiaccole de la carta de filastruoc- 

cole — Cort. 4, 215. 
£ lie fece spudi lo passapuorto — Zbzza, Bona Pasca, 18. 
Le fa no vasamano, e ntulta pressa 

L' ammollica na lira pe Ha messa — G. de G. Spas. 3, 28. 
lsso po fatto quarche passamàno, 

Na voce de cannone aizaje da pietto — G. Gbn. 1837, 15. 

(3) Perché porgassero cornu/ a ssancozuca dinto a la cennere lo sango corrutto 

de la mraidia — G. B\s. 20, 174. 

(4) No pennamlo, vedennome a cerf ore de lo juorno scrivere sto spassitiempo, 

me dicette — Sarn. 22, 137. 



— 192 — 

Se ne eccettuano votapèsce, grattacàso, saticozàca 
qualche altro che sono ai génère feminile (1), pappt 
màsca e guardarrobba, e che sono di génère mascrul 
e feminile (2). 

Degli altri poi, che denotano mestieri, sono di g< 
nere maschile quelli che indicano nn mestiere eserci 
tato dagli uomini, corne cantastària , schiattamuôrto 
guar dapor tone % solachianièllo , sucagnàsta (3) ; son< 
di génère feminile quelli che indicano un mestiere e- 
sercitato dalle donne, corne mpagliasèjgia, jettacàn- 
taro (4) ; e sono dell' uno c déir altro génère quelli 
che denotano un mestiere esercitato dagli uomini e 
dalle donne, come guardarràbba (5). 



Me so ffatto caccià lo passapuorto — G. Gek. 1847, 30. 
Lesto fa no vasamano, 

E na Jettera le mosta — M. T. Spas. 3, 41. 
Che buô che t'agliotte comme a no strangolaprevcte ? — Cerl. 18, 191. 
Pozzate avè la sciorte de lo scarf alielto — Ckrl. 15, 65. 

(1) Aje chi vo la paletta e lo (répète, la scummarola e la votapèsce — Ckrl. 

18, 36. 
Co cchella nce vorria na grattacàso — Palomba, 1' Equivoco, 19. 
E pproprio da la banna de lo core 

Na sancozuca arraggiata nce mpizza — Péri. 16, 74. 

(2) Cerf aute arreventavano no gallo, 

E chi no pappamosca o no porciello — Lom». 5, 188. 
P.tppamosca birbanta che si, 

Corn m' aviste coraggio a ffui — E A. Spas. 3, 5. 
Nce ne manno una de lo gu rdarrot>ba — Amenta, La Fante, 20. 
Lasso no guardarroljbi. de miserie — B Valent. 6, 140. 
Lo rre subeto fece pigliare da la guardarrobba soja na mano de vestite — 

G. Bvs. 20, 186. 
Trasutola drinto na guardarrobba zeppa de vestite , le facettero vcdere ca- 

morre de tela — G. Bas. 30, 355. 

(3) De Rinardo 

Ecco ccà lo cantastoria — G. Gkn. (835. 133. 
Cchiù priesto te farria lo schiattamuôrto — D' Ant. 23, 126. 
Lo guardaportone teu^ ordene de non fa asci nesciuno de notte — Ckrl. 

8, 193. 
Nce jeva a fa V abbesuogno ogne ghiuorno no solachianièllo — Voir. 140. 
Fuje da la scola de no zucagnosla, 

Che H' lia sbannuta comme fosse pesta — G. Gen. 18. 3, 127. 

(4) Tu mo si napolelana, nata cevilc , figlia de na mpagliase^ge e de no sapo- 

naro — Ceml. 17, 225. 
Stracciata, pcttolella, 
Guaguina, jeltacantaro — G. Bas. 21, 271. 

(5) Chtammaje lo guardarrobba, e ordenaje che se desse a li recelante na nforra 

de cappiello — G. Bas. 21, 129. 



— 193 — 

II plurale di questi nomi composti si forma rendendo 
di numéro plurale il nome, se non l' è. Cosi : plurali 
di cantastôria,, schiattamuàrto, solachianièllo , portar- 
rôbbn, , giiardaportdne , mpagliasèggis, , jettacàntaro, 
spassatièmpo, passapuôrto, strangolaprèveto sono can- 
tastôrio, schiattamudrte, solachianièllo , portarrobbe , 
guardaportùne , mpagliasèggo , jettacàntaro , spassa- 
tièmpe, passapudrte , strangolaprièveto (1). 

Perô plurale di sancosùéa, è sancozàcho (2); di vo- 
tapèsce è votapèsce (3); e di vasamàno e zucagndsfa 
sono vasamàno e vasamàno , sucagnàsta è zacagnà- 
ste (4). 

130. In quarto luogo un nome composto si ha pre- 
mettendo una preposizione " ad un nome, come contra- 
càmbejOj contrapilo, contrabàsso, contrapùnto 1 contra- 



ts guardarrobba quanno chcsto sente, 

Motare la vediste de colore — T. Val. 19, 20. 

(1) Addô stacno mo ccliiù li povete ? 

Cantastorie nce atlocca a ssenli — Zezza, 1836, 9. 
Fecero T uso co li schiattamuorte, 

Che spenoevano a mmucchio li zecchine — T. Val. 19, 356. 
£ co avère trovata la forma de le scarpe lloro , porrimmo ire a fa li sola- 

chianidle — SvRN. 22, 145. 
Rechiaramo de vastase e portarrobbe — G. Bas. 21, 273. 
Ogne se' mise li guardaportùne 

Can la no quanno scopano le scale — Quattrom. 86. 
Che nne saje de le mpagliasegge de Napole ? — Ckrl. 14, 142. 
Saluto Chiaja e échelle ghiettacantare — B Valent. 6, 36. 
La sciorta raia rame fa vedere seccata la fontana de li spatsoliempe mieje — 

G Bas. 21, 168. 
£ a Pportella lo sbirro che cercaje 

Li passapuorte, nnattemo cioncaje — Zezza, Bona Pa sea, 10. 
Cierte amraice se porlajeuo no piatto de chille maccarune che li muonace chiam- 

ntano slrangolaprievete — Vott. 101. 

(2) Che mmora io primma a botte de ventôse, 

De sancozuche e de serviziale — Lomb. 3, 69. 

(3) Tengo spite, iripele, lie! le, ratiglie e votapèsce — Cerl. 9, 342. 
Porto votapèsce, cacciacarne, palette, tripete, ratiglie — Cerl. 18, 84. 

(4) Dapô li vasamàno e compremiente, 

Anea le disse co n 'allegro fronte — Stigl. 11, 25. 

Li soniette jevano a furia, le mmasciate a llava, li vasamane a frusciamient» 
de mafaro — G. Bas. 20, 345. 

Teneva casa e ttavola aperla a ttutte li zuca^nostA de chille tiempe — Quat- 
trom. 146. 

£ ccà stanno quà zecche cavalline 
Zucagnoste ed usciere — Zezza, 1837, 23. 

13 



— 194 — 

piso, retopàstOj antepàsto, mantesino , sopràbbeto , so- 
prammàno, soprattàvola, sottamàno (1). 

Essi sono tutti di génère maschile , tranne nantê- 
càmmara, sottacôppa, sopraccàrta, soprascritta e qual- 
che altro, i quali sono di génère feminile (2). 

Il plurale di quest i nomi si forma rendendo di nu- 
méro plurale il nome. Cosi : plurali di contrabàsso , 
contrapà'ito, contraplso, retopànto, sopràbbeto, soprat- 
tàcolh, sottaculillo , mantesino , aniecàmman , sotta- 
copp& sono contrabàsse, contrapùnte f contrapise, re- 
tapante^ sopràbbete, soprattàooie, sottaculillo mante- 
sine, antecàmmare, sottacoppe (3). 

(1) Nvece de rengraziarelo , pe contracambcjo lo repassava fitto fitto — Vott. 

234. 
La femmcna fa travo d* ogne pito, 

E sape a 1' ommo fa lo contrapilo — Pmsc. 2, 86. 
Nee oe fuje una co lo contrabass* dinto a lo pigoato — G. Gin. 4839, 17. 
Facevano contrapunto sopra lo canto ferrao de na bell' arma— G. Bas. Si, 73. 
Non te nego 

Che la mogliere sia do contrapiso — G. Bas. 21, 294, 
Si me dauno li Ddeie sso retopasto — Zezza, I* Artaserse 81 . 
Ve n' ha dato n' antepasto d* asempio Ciulla — G. Bas. 21, 79. 
Chi le sponta de pressa lo oorpetto, 

£ chi lo mantesino e la gonnella — Oliva, can. 3, oit. 7. 
Pe la camraisa, pe lo sopralfato 

Comm* a na scigna stongo, comma — G. D. Spas. 1, 27. 
Faccio la cosctura, la chiejolella , lo soprammano nÛ che m' abbocco appa- 

pagnata ncoppa a li bottune — G. B. Spas. 4, 7. 
Fece chiammaru Fabiello e Ghiacovuccio, che benessero a dare lo soprattavola 

a sta jornata — G Bas. 20, 130. 
M' hanno voluto dà lo sottamàno — T. Val 19, 20. 

(2) .Ma trovatose a scommerzione a la nnantecammara de lo rre, st'utemo ca- 

valière contaje tutto lo socciesso — G. Bas. 20, 347. 
Na boffetta de prêta preziosa 

Nce sic va mmiezo co na sottacoppa — Psrr. 16, 61. . 
Aspetta, 

Nce vo la sopraccarta — Zbzza, 1836, 19. 
Addovc nc'è ppe soprascritta 

Fede, Speranza e Ccaretà perfetta — Fas. 14, 43. 
(5) Aggio penzato 

Cantare ncopp' a ttofe e contrabàsse 

Le laude de n ( avaro sbrevognato — L. C. Spas. 5, 1. 
Sto sciumino fa contrapùnte ncoppa le pprete — G. Bas. 21, 143. 
Tu comme si trasuta, leva subbeto li contrapUe de 1' alluorgio — G. Bas. 

21, 89. 
£ ppe mettere po li retopunte 

A st' abbeto, nascie ssa crejatura — Zxzza, Bona Pasca, 15, 
Mo li soprabbdte curte e deritte, 

Mo, qua* sciaoimerie, so luonghe e stritte — R. délia G. Spas. 4, 21. 



— 195 — 
131. In quinto luogo un nome compoâto si forma: 

a) Dalla voce ripetuta délia seconda persona singo- 
lare dell' imperativo di un verbo , come serraserra , 
vottavoita, tagliatàglia, scostascosta, fujefùje (1). 

b) O dalle medesime voci dell' imperativo di due 
verbi diversi, unite o no da una congiunzione f corne 
secanzmollèca, tiremmàlla f pigliapàra, parapiglia o pa- 
rapigliOy vacaoiène, sagliescinne^ trasejèsce (2). 

Essi sono tutti di* génère maschile, tranne giravota, 
ch' è di génère feminile, e parapiglia, ch'ô maschile e 
feminile (3). 

Essi no a variano al plurale. Cosi: plurali di serra- 
sèrra y 8costascost9, t r^/efàje } tirernmoUsL f vacaviène, cuse- 
• ■ > 

Chisse so sopraUavole, nce vonno — Ce^l. 7, 102. 

Mo aggio da penzà a fa le ffasciatore, H soUaculUle e li savanielle — G. M. 

Spas. 4, 26. . < 

Le bardasce de marUeshie le facevano la baja — G. M. Spas. 3,11. 
Viye po, sordate, 

Dint* a échelle anlecammare trasite — Zkzza, 1' Artas. 36. 
Manuaje pe ttutte li cavalière a cercare mpriesto canneliere, vacile , vocale, 

sottacoppa — G. Bis. 20, 338. 

(1) Si dura cchiù sto liepeto , 

Sarrà no serraserra — E. de» P. Spas. 3, 44. 
E facette veni no voltavoUa — G. M. $pas. 5, 18 
Oimmè che Uajliataglia 

De cl'ille se farrà da lo nemico — Stigl. 11, 91. 
A sto parla nfcrnuso, che le fi ce, 

Nce doveva veni no scostascosta — L. Sbrio, La mmesca, ott. 10. 
A cch&ta fonzione nce fujeno fujefùje — L. C. Spas. 2, 17. 

(2) Fece sto secammoUeca e sto tiremmolla lutta la notte— G. Bas. SO. 346. 
Tutte de pressa co no pigliapara 

A la ntêrlice fecero na vara — Stigl. il, 129. 
Quann' ecco se sentie no parapiglia 

Che non boleano cchiù la libbertate — Moue. 18. 
Ntra taie parapiglio e ntra sti guaje, 
Chi Ta fuosso a le pporte varriate — Stigl. il, 179. 
Non c* era notte che non facette lo Prencepe lo vac iviene pe chillo connut- 

to — G. Bas. 20, 169. 
Ciento lo juorno 

Fanno lo saglie-e-scinne — G. Bas. 21, 274. 
£ ba a comprennere . 

Sfo trase-e-jesce — Lomb. 3, 58. 

(3) Dammo na giravota, 

E bedarraje eu. se nne serve ogn' oniiuo — G. Bas. 21, 124. 
Lo matremmonio de la figlia 

Le meltea ncore no grau parapiylia — Stigl. 10, 39. 
lo aggio fatto chella parapiglia pe mbroglià le ccarla— Fkdb»uci, Li Birbe, 83. 
Ma lo cavallo che noa sente vrîglia, 

Sfuria e lo jetta e fa na parapiglia — Fas. 13, 232. 



— li- 
seuse, trasejèsce sono serrasèrrz, scostascosi^fujefà- 
je, tiremmôlfa, vacavibne, cusescàse, trasejèsce (1). 

Si eccettuano giravôt* e parapiglie , che al plurale 
fanno giraoôte e parapiglie (2). 

132. Finalmente alcuai pochi nomi composti si hanno 
o unendo un nome ed un participio, corne crocefisso, 

Jidecommïsso, il quale nome oggi è andato in disuso (3); 
o unendo un aggettivo ed un participio, corne secw>- 
nogèneto e V antico nome sarvoconnùtto (4); o unendo 
due aggettivi, come chiaroscuro (5). 

Tali nomi composti sono tutti di génère maschile , 
ed i loro plurali , cracefisse t sarveconnàtto , chiare- 
scàre, si formano rendendo di numéro plurale ambe- 
due le parole onde sono composti (6). 

§ HI. 
Aggettivi composti 

133. Sebbene taluni grammatici asseriscano essere 
nomi molti degli aggettivi composti che andremo eau- 

(1) Scomparranno accossi H serraserra — Ficc. 2, 132. 
Vedenno pe sta lengua lo prodito 

Fa tanta jacovelle e scosla*cost& — Morm. 13. 
Ca si veneno po li fujefuje, 

Chiste non ve rommàneno cchiù niente — Quattrom. 24. 
Facenno a ponia, ntra tiremmoU* 

Speruto aspetto — Spas. 4, 40. 
£ perzô senza fare cuse e sense t 

Ne ttanla (rose ejesce e cayno e sca^no — Morm. 2S2. 
Chille cuse e sense, chille vacaviene se sbentolarranno — Rocchi., 1, 55. 

(2) Pe chelle giravote se camroina 

Sempe a boca arrancata — Stigl. 10, 121. 
Ne cchiù se vedarranno parapiglie — Picc. 2, 132. 

(3) Crédite a lo Vangelio che vc predeco, crédite a sto Crocefisso — Rocchi, 2,77. 
Guadagoa no Jidecommisso de gloria — Rocchi, 2, 67, 

(4) Go sto sarvoconnùtto addô tu arrive 

Penza a 11' amraico tujo — Zezza, Artas. 66. 
Ma ne' è no chiaroscuro, 
Comm' è nfra rose j anche e nfra viole — Fas. 14, 44. 

(5) Lo secunnogencto de lo Duca nuosto ? Lo conosco, comme conosco a buje — - 

Cerl. 13, 138. 
<6) Li sancozuca de la Grislianetate songo chille che adorano H Crue e fisse, t cru- 

cifiggeno li buone Gristiane — - Rocchi, 2, 243. 
E Giove a ttutte 

Fece sarveconnutte — Villano, 24, 116. 
gaje ca li sapie co li pazze stanno 

Çomm* t lo quatro so li chiarescure — - Picc. 67. 



— 197 — 
merando , noi H riteniamo corne aggettivi , perché ci 
sembra che non denotino professione o mestiere , si 
bene una qualificazione. 

Gli aggettivi composti si hanno, in primo luogo, dai- 
raccoppiamento di un nome e di un aggettivo, dei quali: 

a) O il nome è complemento deir aggettivo , corne 

faccéiuosto, capotuosto, capostuàrto, cuollostuôrto, voc- 

capièrto, cannapièrto (oggi disusato), pacchesicco (1). 

o) O F aggettivo dipende dal nome , corne malaca- 
pèzza, malalèngua, malqfèrcola (2). 

Questi ultimi aggettivi non variano se si fanno fe- 
minili (3); ma il feminile di quelli si ha, rendendosi di 
génère feminile 1' aggettivo , e restando inalterato il 
nome. Cosi: feminili di Jaccetuôsto, capotuôsto, vocca- 
pièrtOj cannapièrto , sono faccetàsfa , capotôsts, , voc- 
capèrtu, cannaperts, (4). 

(1) Si songo faccetuosto 

No mme ne prcme, sa — Zbzza, 1836, 6. 
Si tu non ive tanto c^poluosto, 

Jodece io non sarria, reo non sarrisse — Zezza, Artas. 55. 
Penzate propio de no caposluorto — Morm. 178. 
Siente ste llengue già taccariare 

Ca clii è no cuollostuôrto e chi è santone — B Valent. 7, 148. 
E Pavea lo patrone voccapierlo 

Data la libbertà — Morm. 163. 
SU chisfo mmiezo de na chiazza 

Cannapièrto a ssenti Rinardo — Rocco, 25, 135. 
Ne' è porzi no pacchesicco 

Che co tte vorria quaglià — E. R. Spas. 4, 2. 

(2) L' autro se chiamma Anca, malacapezza, 

y Figlio a Ceprcgna, e non è niente muollo — Cap. 15, 148. 
È Marfino no mpiso, mbriaco, * 

Malalèngua, sciaddeo — Zezza, 1837, 12. 
Donca t' avarrà stravesato chillo malafercola de lo frate cocino — G. Gbjl 

1837, 4. 

(3) Eccola cca sta scrofa 

Che m* è résciuta na tnalacapezza — Cort. 4, 94. 
Ma si na malalingua te dà ncuollo 

La capo te la leva da lo cuollo — B. Vjllwt. 7, 145. 
Na mammà te mette ntruoecolo 

Ogne figlia malafercola — Prisc. 2, 105. 

(4) Chi pe li viche fa venire apposta 

Lida la faccdtosta. ? — Quàttrom. 259. 
La femraena ched' è ? Bella e carnale 

Gnorsi... ma copotosta. ed ostinata — L C Spas. 4, 50. 
Iterzô la Musa, che n' è boccipert*, 

A 11' anno nuovo non cacciaje la nferta — G. Gen. 1843, 95. 
Ntra tanta gnuoeche e Uaude passa Armida 

De la gente abbrammata e connaperla, — Fas. 13, 92. 



— 198 — 

Il plurale poi délia prima specie di questi aggettivi 
composti si lorma rendendo di numéro plurale sola- 
mente V aggettivo. Cosi : plurali di faccetudsto, capo- 
tuôstOy voccapièrto, cannaptèrto sono faccetudste, ca- 
potudste, voccapièrte, cannapièrte (1), e plurali di fac- 
cetostb, capotosta,, voccapèrfa, cannapèrt* sono facce- 
tàste, capotdste , voccapèrte, cannapèrte (2); sebbene in 
qualcuno di questa specie di aggettivi si formi il plurale 
facendo di numéro plurale il nome e l' aggettivo (3). 

Il plurale poi dell altra specie di questi aggettivi 
composti si forma rendendo di numéro plurale il no- 
me e T aggettivo. Cosi : plurali maschili e feminili di 
mafacapèzzbi malfifèrcoln e mafalèngu* sono maleca- 
pèsze^ malefércole, malelèngue (4). 

134. Gli aggettivi composti si hanno, in secondo luo- 
go, dalF unione di un nome e délia terza persona sin- 
golare del présente dell' indicativo di un verbo in are 
come spilacîto, scauzatàne^ sbruffallèsse,ficcanà80 y pi- 

scialiètto (5), e, sebbene molto raramente, dall'unione di 

»■ i - ■■■ 

(1) Chesta stessa smania de sapé, se non ha co lo chiummo e lo compasso, nce 

fa essere temmerarie e faceetuotte — Rocchi, 2, 115. 
Li Galavrise songo pe nnatura capotuoste — Zito, 3, 45. 
locche, o voccapierle, non sapite 

Chi è chesta — Oliva, can. 12, oit. 27. 
Ma lassamnio ste cacavesse a lloro e tutte chille che stanno cannapièrte a 

bedè ste mmerdasmorfie — Dbsvuti, 22, 143. 

(2) Oh corne canta de li tanta maste, 

Che le scolare fanno faccetoëte — Zezza, R. di Pollec. 14. 
Le femmene so tutte 

Birbante e ccapotostp — Anon. Vierze, 8. 
Ma pecchè restate 

Voccaperte, e a ccantà non secotafe ? — Mazzarklla, Buccolica. 81. 
Cnnaperte le Nninfe a ssenti stavano 

SU cunte schefenzuse — Rocco, 35, 355. 

(3) Saccio tanta cuollestuorte e musseastrinte . che se so fatte maste — Cbhl. 

17, 35. 
Si lo Mperfetto se nn' addona, 
Ga so duje cuollestuorte cristiane — Itto, La Costanza, 86. 

(4) De quante nce so Ddei malecipezze 

Uno pevo de te quanto lo truove — Capâs. 15, 100. 
So lo remmedio che tutte scorna 

Ssi malefercole de la cetà — Zezza, 1838, 13. 
So le femmene 

Chiene de vanetate e tnmalefercole — B. Valen. 6, 72. 
Cossî sti locche sempe strolachejano, 

E co le mmilelengus taccarejano — B. Valbnt. 7, 159. 

(5) Te veo ncarnata co sto ipilacito, quanno tiene no giovane d'oro— D'Annicca,29. 



— 199 — 

un nome e délia seconda persona singolare del pré- 
sente deir indicativo di un verbo in ere, corne miette- 
pace (1). 

Di questi aggettivi composti si adoperano soltanto 
nel génère maschile quelli che non possono riferirsi 
che ad uomini, corne spogliamptso o spogliamptse (2); 
si adoperano solamente nel génère feminile quelli che 
non possono riferirsi che a donne , corne qffocapicce- 
rïlle (3) ; e si adoperano nell* uno e neir altro génère 
quelli che possono riferirsi ad uomini e a donne, co- 
rne oabbamùnno, scarfasèggîa, scotolavorzillo, pierde- 
jornata o pier dej ornàte, votabannèra, portapollàste (4). 

Fegurateve de vedè no vero scauzacane de maie costume — Cerl. 18, 39 i . 
Non t'adduone ca si no sbruffallcsse ? — B. Valent. 7, 115. 
Nc'è no poftta ciuceio ficcanaso, 

Che nziggella sagli vorria Mparnaso — Pica 2, 78. 
Ma a me che t' ammo, pe me fa despietto, 

Chiamme cacacauzune e pitciilietto — Sghutt. 1, 212. 
(i) Se metleva mmiezo, e pe fforza voleva fa lo tnieUepace — Zito, 3, 170. 
(S) Uno passava pe no spogliamptso, 

N'ato passava pe n' ommo de niente — B. Valent. 7, 88. 
Iersera (e parea no spo liampise —G. Bas. 21, 326. 

(3) Non vuô appilare ssa chiaveca, vava de parasaoco, affocipeccerilU .* — G. 

Bas. SO, .5. 

(4) Donca tu si gabbamunno, 

Tradetore, sbrevognato — V. Spas. 5, 17. 

Ma vi la gabbamunno V 

Comme vatteva la capanna — Loaenzi, Le finie Zingare. 
Va a la força, malantrino, 

Passa nnanze, scarfaseggia — Anonimo, 2i, t£8. 
Rompimmo Possa a sto tcarfaiegye — Cbrl. 13, 123. 
S' era leggia leggia 

De na carrozza ncopp' a no temmone 

Bello juta a posa sta scarfaseggia — Moan. 150. 
Ca nne fece sperienza \V aooo entrante 

Sto scotolavorzilio — D' Ant. 23, 69. 
A cheslo po se ne' è aoehiettata la baggianaria, la scotolavorzWo de li tor- 

nise — Nova, 16, 160. 
No giovane sciaddeo, pierdejornato 

A mmorte de lo pâtre aredetaje 

Trentanove carline — Zkzza, 1837, 12. 
Va a fatecare, vajassa perra, pierdejornata — Sam. 22, 307. 
Accosà si libbera, e te puoje sposà chillo votibannera, che m'ha traduta— 

G. Gbn. 1839, 91. 
Pe na femmena ch' è votabannera nuje nce avimmo da piglià collera — I>. 

Annicca, 100. 
Cca sta Vennera guitta e mpechera, 

Ccà Mercurio lo portapollaste — Zezza, 1837, 30. 
Va janara, pie de de papara, mamma de lo Zefierno, vortipollaste — 8a un* 

2i, 307. 



— 200 — 

Il plurale di tutti questi aggettivi composti si forma 
facendo di numéro plurale il nome, se non étale. Cosi: 
plurali di scauzacàne , sbruffallèsse , Jiccanàso , spo- 
gliampiso, pisciavrachètta,, gabbamùnno, uotabannèr*, 
scarfasèggib, scotolavorzîllo, sono scauzacàne, sbruf- 
fallèsse, Jiccanàse , spogliampise* pisciacrachètte, gab- 
bamunne, ootabannère', scarfasègge, scotolavorzille (1). 

Si eccettuano spilacito, che è mvariabile (2), épier- 
dejornàta, , che al plurale fa pierdejornàfa e pierde- 
j ornàte (3). 

135. In terzo luogo gli aggettivi composti si hanno 
dairunione di un aggettivo e di un participio passato, 
corne buonovenùto (4), o dall'unione di due aggettivi, 
corne verdecùpo, chiaroscuro , agrodoce e Tantico ag- 
gettivo luongociao àno (5). 

(1) Ttaflete ncasa soja vanno Screvane 

Porfedejuse cd autre scauzacane — Nota, 16, 184. 
Nce jero ad abetare êbruffallesse, 

Pe nco avère le stalle e le rremesse — T. Val. 19, 322. 
Avile da fa H spiune, li scrivane crimmenalc, li ftccanoie — Rocchi, 2, 12. 
Ncheslo duje $pcgli tmpise de Vaglive 

De la baltaglia lo nzegnale portano — Mazzarxlla, 2J, 200. 
Co Hutte 1' agge lloro vonno stare 

Tanta pisciavrachelte spellecchiune — T. Val 19, 336. 
Chille ehe danno crcdeto a li suonnc vanno a pparo co cchille che danoo 

audienzia a si' astroloche gabbamunne — Rocchi, 2, 43. 
Gnorsi, votabannere e gabbamunne 

tongo tutte leflemmene cchiù belle — Anon. Vierze, 75. 
Uommene fauze, votabannere, 

Vi comme trattano mo le mmogliere — C. P. Spas. 3, 45. 
Tu vide tutte sti scarfaêegge co ppuze e addorino — Cbrl. 7, 27. 
Lia bediste moglierc de dotture, 

E de Screvane e êcotolavorzille — T. Val. 19, 58 

(2) Li spilacito so de sta Cetate 

Ogne sciorta de zanne e de birbante — Nova, 16, 186. 

(3) Belle aucielle pierdejornata, — Amenta, la F&nte, 106. 

E buje ve nne redite ne, anchiune, arcasene, pierdejomata, ?— Sarn. 22, 308. 
Jate a bennere avvise e calannaiie, 

Pierdejornnte, scoparefettorie — Capas. Sonetti, 142. 
Mille pierdejornate 

Nce fanno lo moschito — G. Bas. 21, 302 

(4) Singhe lo buonovenùto o despenza de lo campanateco ('-elle grazie — G. Bas. 

20, 28 i. 

(5) Vestuto da Cop in to verdecupo — D' Ant. 23, 146. 
Sotta ne* era 

Na lenza de colore chiaroscuro — Lomb. 5. 200. 
Co na faccia t orbe ta e benegna 

N' agrodoce cetrangolo pareva — Pkrr. 16, 13. 
Non saccio cbi mme tene che non te sborza na lanterna , anchione , piezzo 

de catapiezzo, luongocLivano — Cour. 4, 221. 



— 201 — 

Questi aggettivi composti si rendono di génère fe- 
minile facendo femiuili ambedue gli aggettivi. Cosî : 
feminili di agroddce, chiaroscuro, luongociavàno sono 
<igr&dàcOy chiaroscuro longbciavàna (1). 

Si rendono poi di numéro plurale tali aggettivi com- 
posti , facendo plurali ambedue gli aggettivi semplici 
onde si compongono (2). 

136. In quarto luogo gli aggettivi composti si for- 
mano unendo un avverbio ed un partecipio passato, 
-corne malenàto, bentrovàto, bemmenùto e 1' antico ag- 
gettivo forasciùto (3). 

Questi aggettivi composti si rendono di génère fe- 
minile, rendendo feminile il participio. Cosi : feminili 
di malenàto, bemmenùto , bentrovàto, forasciùto sono 
malenàtB,, bemmenùto bentrovàta,, Jbrasciùta, (4). 

Si rendono poi di numéro plurale^ facendo plurale 

<1) S ta gra mmasciata 

Agra.doce fatt' aje da Cecerone — Fas. 13, 59. 
Jieno cam mena n do 

No poco pe cchell' aria chiirsiscura. — Lomb. 5, 99. 
Portaje Fabiella ncoppa na montagna cossi Uonga,ciavm%, che arrivava co 

la capo dove maje non chiove — G. Bas. 21, 28. 
<2) Le disse che fossero pe mmille vote li buonevenule — G. Bas. 20, 278. 
£ buje ve ne redite ne, porcagliune, piezze de catapiezze, luongheciovanel — 

Sarn. 22, 308. 
Oh 1' aggio fatta tonna ! 

Faccio la razza de li bajescure — Cerl. 18, 30. 
Umgheciavane no nne vide o corte — Anon. Vierge, 3i. 
Aggio nipacchiato certe composte agredoce allengua nosta— G. Gbn. 1843, 6. 
La festa le ggonnelle 

O vierde o ros$ecupe 9 e li corpiette 

Se metteno torchine — Anon. Vierze, 34. 
(3 ) Ne' ave 1' ommo lia mmitato, 

. L' ommo sacco de vierme, malenàto — Fas. 13, 86. 
Che nce faje ccà, Selleno mio ? (le disse); 

Singhe lo bemmenùto — Lomb. 5, 68. 
Mpoco tiempo arrivaje Cecio, e le disse: Bentrovato, gentiommo mio — G. 

Bas. 20, 287. 
Tanno pe ttanno l' accedeva 

No forasciùto, che nterra V ha bisto — Cort. 2. 85. 
4) Canneloro, eh' era cortese, disse : Nzeccate, che ssinghe la bemmenut* — G. 

Bas. 20, 114. 
Yi comme te vuote e te revuote, bannareola de campanaro, bosetarda, ma- 
lenàto, — D. Annic. 105. 
Tutto nziemme no strillo auzaje V armata : 

Gierosalemme, sie la bentrovai& — Fas 13, 65. 
Addove la vertu sta forasciùto. 

Pocca lo munno cunto no nne tene — Peur. 16, 83. 



— 202 — 

il participio. Cosl : plurali di bentrovàto, bemmenàto y 
forasciàto sono bentrooàte, bemmenàte, forasciàte (1). 

137. Finalmente gli aggettivi composti si formano: 
a) O daU'unione di certevoci didue verbi, legate o 

no da una congiunzione, come arrancaeffàje, scippae- 
g hi et ta, spaccaeppèsa (2). 

6) O dalP uuione di un verbo e di una preposizione, 
corne cacasàtta, pisciasàtta (3). 

Tali aggettivi sono tutti inalterabili nel génère e nel 
numéro. Cosl : feminiii di spaccaeppèsa., cacasàtta, pi- 
sciasotta sono spaccaeppèsa, , cacasàtta e pisciasàt- 
ta (4), e plurali di arrancaeffùje, spaccaeppèsa, caca- 
sàtta, sono arroncoeffùje, spaccaeppèsa, , cacasotts, (5). 

§ IV. 
Vei*bi, awerbii e preposizioni composte 

* 

138. I verbi composti si ottengono : 

a) O dair unione di un nome e di un verbo, corne 

crocefiggere, rnortefecàre. 

>■ ■ I... ... i .i », ... i . , !■ ' 

(1) Rispose isso : Siate bcntrovite 

Ammice fedelisseme e nnorate — Cort. % 108. 
O bemmenute flglie mieje care être — Ckrl. 9, 145. 
E botato a le Scigne : O bemmenute, 

Le disse, flglie meje, scigne sapute — Lomb. 5, 156. 
Comme se fosse no sommiero, 
L' aveano na capezza arravogliata 
Li fortuciuie — Coït. 9, 52. 
(3) E mmo comme non faje sanco e bennelta 

Contra ss' arrancaeffuje, sso scippaeghiettaà — D' Ant. Ï3, 157. 
Si sto spaccaeppèsa, no nse ne va a ccanchero, io l'asaesto di palle mpietto— 
Vecl. V Amante, 17. 

(3) Ta parle troppo e ssi no ocewotta, 

Saglie cca suso e bide che te faccio — Cort. 3, 16%. 
Tu si no mmerda, si no pi sciasotta. — M orm. Vierze, 23. 

(4) Ncoctiosa, êpaccoeppeêa., arrisbafaaU, 

Senza ragione subeto se stizza — L. C. Spas. 4, 50. 
E cchi T avria penzato 

Ca nchillo giacco era na coctraotta ? — Pas. 13, 157. 
Vi ch' aggio da vedè, na piscia*ott&, 

Che se la vo piglià co mmico a ddiente — Capas. 15, 37. 

(5) E pe mmoBtà ca non so arrancaeffuje, 

Conciano l'arme e al.'estano la sierra — Ptna. 16, 45. 
Levatece da tuorno 

Chisse Quarte — deil'Arte e ap-ecaeppes* — - Zeiza, Art. 4L 
Nzenli chcsto 11 ciucce cacasotta. 

Scappano — Lomb. 5, 140. 



J 



— 203 — 

6) dair unione di una preposizione e di un verbo, 
come sottapàn ere, sottamèttere. 

c) O dair unione di un avverbio e di un verbo, co- 
me benedicere, malelrattàre. 

Essi si conjugano come i verbi onde sono com- 
posti (1) ; ed i loro participii passati si hanno prepo- 
nendo il nome, la preposizione , l f avverbio aile varie 
voci che il participio del verbo puô assumere (2). 

(i) Adorano li Crucefisse, e ccrucefiggeno li buooe cristiane — Rocchi, 5, 243. 
Crocefiggette IV autre la venuta 

De sta gran Croceata Crestiana — - Fa». 13, 148. 
Mperô a sti qua lisse lo Cielo le mm&rtifeca comme sentarraje — Vott. 222. 
Vuje mme mortificate: che bolite? — Cell. 20, 322. 
Tulto te benedico chcllo llaUo 

Che t'aggio dato nviniequalto mise — Pag. 18, 15i. 
E cchiu d* uno ncenzeja e benedice — Fas. 13, 247. 
E selluzzanno lo bcnedicevano comin'a Uoro sarvatore — G. Gen. 1835, 6$. 
Co ttre cruce sante 

Da capo a ppede le benedicette — Fas. 14, 9. 
Si me lo lassa lo benedirraggio co la faccia pe terra — G. Gen. 1835, 65. 
Sparagnarranno lo mmagaare e benediciirranno l'arma de chi F ha scritlo — 

Sarn. 22, 141. 
Fratiè, tu mme maietratle altortamente — Cerl. 21, 139. 
Essa sa pecchè mme mcUelratla ? — Cerl. 9, 30 1 . 
No lo maleli oltate : è Uocoariello — Cerl. 21, 139. 
E dde parole lo maleiraltaje — Capas. 15, 167. 
Lo malctrattajeno coram' a na vajassa — Sarn. 22, 256. 
(2) Tu ca tiene cchiù zoza a le romedolla, 

E ca si fflglio a Ddea nee aje croggefisso — Capas. 15, 20. 
Aimmè sarrimmo tutte croce fisse — Fas. 14, 194. 
Donca pe v' obbedire aggio da stare 

Sotlapuosto a gnorante — T. Val. 19, 23*2. 
La descrivo pe na fcgliola vertolosa si, ma sotlaposla a tutte le debolizze de 

la natura omana — Pag. 18, 15. 
Nuje pe . sta sottapuoste a no Monarca, 

De resta ccà nee simmo contentate — T. Val. 19, 129. 
che sia benedillo lo denucchio 

Da dove asciste, e bmedetta sia 

La fascia che te streoze — G. Bas. 21, 343. 
Tre ramise benediUe so passate 

Da che stongo a botà sto fllatorio — Capas. Sonetti, 68. 
Puoi dire nnogne cunto : 

mauo benedette I — Villano, 24, 128. 
Chilk) po ch' è cchiù sapio e cchiù assignato se chiamma muscio, pane perzo, 

e spisso è mmcUelrattato — Rocchi, 3, 103. 
Chiagno ca so matetrattati comm* a na cajotola — Cerl. 7, 69. 
Quanta flglie se credeno maletraltate da 1' ammoniziune paterae — Rjgchi, 

3, 450. 
Veda V Aggizio malen;(o 

Ca ped isso porzi nee nn' è restato — Fas. 14, 216. 
Chine 



— 204 — 

139. Finalmente le preposizioni composte si hanno: 

a) O dair unione di due nomi, corne faccefrànte (1). 

b) O dalP unione di due preposizioni semplici, come 
sottancoppa (2). 

Gli avverbi composti si hanno : 

a) O dalP unione di un aggettivo e di un nome , 
corne nzicconmcco, ammalappèna (3). 

6) O dalP unione di due aggettivi , corne nnitton- 
fàtto (4). 

c) O dalP unione di due nomi, corne capocùlo (5). 
Talora, per maggiore efficacia, la parola avverbiale 

si ripete , corne chiano chiano 9 friscofrisco (6), e tal 
altra , per maggior grazia, la si fa terminare in Mo, 
corne chianîllo (7). 



Vedite de la gente malenata 
Li luoche tutte — Fas. M, 99. 
Cbesto nn' aje da sli ngurde malenatê — Pag. 47, 466. 

(1) Faccefronte de Talia pe dderilto 

Era na gran cela — Stigl. 8, 3. 

(2) Se messe sottancoppa lo Triato — Morm. 399. 

(3) Stasera nzicconzacco le porto Messe Lattanzio a (ioccarele la mano — À- 

menta, Il Força, 98. 
Ammalappèna po che s 1 è smammato 

La sparmata lo fa no pezzechillo — Capas Sonetti, 71. 
(i) Fattole na bona ontaia de chillo grasso, nniUonfaUo se chiudeitero le ffe- 

rute — G. Bas SO, 173. 
(3) Se chesto fosse, le stasciuœ jarriaoo capocùlo — G. Bas: 21, 141. 

(6) £ chiano chiano 

Tatta toja se farrà 1' arbaoa gente — Stigl. 8, 33. 
Dove trovaje no cuorvo, che frisco fritco era stato acciso— G. Bas. 31, 96. 

(7) Po le disse redenno : Va chianillo 

Co sti carizze, core mio — Lomb. 5, 74. 



— 205 — 

PARTE TERZA 

SMIVTASSi 

SI. 

Sintassi dei nomi personali 

140. Delia sintassi del dialetto napoletano noi dire- 
mo pochissime cose; imperocchè soitanto con unlungo 
esercizio si possono apprendere le speciali forme di 
dire e i naturali idiotîsmi, cui spesso adopra la piebe 
di Napoli. 

Ed in quanto ai nomi personali io, tu e isso , to e 
tu si adoperano soitanto aa soggetto (1). Compimento 
di io è me, e compimento di tu è te (2) , ambidue di 
génère comune (3) ; sebbene , in certi casi speciali , 
tu si adoperi da compimento (4) e tico ( accoppia- 



(1) Sempe sarrà vero 

Che io sulo, o vivo o muorto, so no zero — Stigl. 11, 73. 
/o, io chella so ppo, pot ta de zanno ! 

Cbe spurafonno la trojana geate ? — Stigl. 11, 17. 
Tu perduto non aje manco no zero, 

Dice a Io lupo, manco n' nosso asciutfo; 

E Uu, sia vorpa mia maliziosa, 

Arrobbat' aje pe ccierto qaarche cosa — Moam. 39. 
(3) E sti cane de me fanno maciello — Morm. 47. 

Non era peo s? isso scocozzava a mmel — G. Bas. SO. 95. 

Meglio de te la parlarrianno Ngrezia — Viol. Si. 54. 

Dommannalo a Ue stessa tu ch' aje dormuto co ffratemo ? — G. Bas. c 20, 98. 

(3) Ma repiglia lo Rrc : Stbbè si guappo, 

Non te credere, Achi, ca mme nfenucchie — Gapas. 15, 13. 
E a mme stessa decea : Mo magne agresta. 

Appriesso magnarraje V uva ammatura — Stigl. 8, Î9. 
Pâtre, 

Te movano a ppiatà sti chiante amare — Stigl. 8, 27. 
Lo Cielo te pozza mprofecare sempe, maddamma Pascaddozia mia — G. Bas. 

21, 61. 

(4) Facenno duje pescericole de 11' uocchie , jeltava lacreme a tu a tu co la 

fontana — G. Bas. 21, 201. 
. Segnorc, ccà se dà lecienza 

A nnuje autre, parla da tune a Uunel —Fas. 13, 137. 



-^-206 — 

mento di te con la preposizione con ) si adoperi da 
soggetto (1). 

I loro plurali nuje e vuje si adoperano tairto in forma 
soggettiva (2), quanto in forma compitiva (3), quan- 
tunque in quest* ultima forma spesso in vece di nuje 
si adoperi ce o nee, ed in vece di vuje si adoperi ve (4). 

141. Isso ed essa poi si usano come soggetto (5) 
e come complemento (6), sebbene in quest'uitima for- 
ma, in vece di isso spesso si adoperino /e, lo, nne (7), 



(1) Va co la boa' ora, maddamma mia, ca io e llico simmo duje — Cort. 4,231. 
Ecco , mari to mio, che a la la vola de la Fortuna nee avimmo joquato io 

e tlico— G. Bas. 20, 34i. 

(2) Quanno corrive tu, nuje autre aucielle 

Nne resta vamo arreto — Morm. 57. 
Che avimmo fatto maje nuje poverelle 

Che Giove nee ha mannato chesta croce — Mom. 20. 
fortunate tutte vuje, che tanno 

Sotta de Troja ascisteve de guaje — Stigl. 8, 13. 
Pigliate asempio vuje femmene- sciocche — Cort. 2, 27. 

(3) De nuje se diciarrà : Ccà fu, ccà era 

Na v (a cerU razza d' anemale — Morm. 31. 
Non t' accosta re a nnuje inanco no miglio — Coït. 2, 44. 
Ca nee vo poco assaje e se nne fuje 

La goventu da nuje — Quattr m. 258 
Faccia a cchisso lo stonluto 

Chi raorire de vuje non vo y est u to — Stigl. 11, 521. 
Pecchè, a sentire a huje 9 senti mine pare 

Propio li pecceriile de la zizza — Capas. 15, 60. 

(4) Si no Sole, deeea, nee ante la pelle, 

£ nee arredduce dint' a no mastrillo, 

Che nne sarrà de nuje, se mo se nzora ? — Moim. 30. 
Mmereta certo Anea 

Che ghiennero ve sia — Stigl. II, 162. 
Mo de vuje se nnamora no guarzone, 

Che ve scorcoglia scinpe, e maje dà nientc — Cort. 2, 43. 

(5) A lo temmone 

Isso appiso se tene — Stigl 11, 277. 
Non tanto prieslo raese pede dov' essa stava, che rest a je mpastorato comm'a 
pollitro — G. Bas. 20, 94. 

(6) Nfrutto V uominonj addotle foro tante e ttale dapô d' isso, che pe le ccontà 

nee vorria no secolo — L. Serio, Veraacchio, 4 
Ora vierzo le bintedojora aspettame vecino a la pjteca de st' allesenato, ma 

non te fa vedere da isso — Vott. 45. 
Sbrinco, sottile e comm' ad esta bello— Pag. 18, 19. 
Chisto è Io canneliero, e di a la Marchesa ch' io no nee accosto cchiù da 

essa — G. M. S°as. 4, 15, 

(7) La Fata le fece na raano de compremiente e lo mmitaje a no palazzo poco 

lontano, ca le avarria dato lu contracambio de lo servizio, che nne avevt 
receputo — G. Bas. 20, 89. 



— 207 — 

ed in cam bio di essa si adoperino le , la , r?ce (1). 

I plurali isse ed e«se si adoperano da soggetto (2) 
^ da complemento (3). Perô spesso in vece di isse e 
di esse si adoperano le parole lloro , le , /me , e di 
queste la prima in forma soggettiva e compitiva (4), 
ie altre due solamente in quest' ultima forma (5). 

§11. 
Concordanza dell' aggettivo col nome 

142. In quanto alia concordanza dell' aggettivo col 
iiome, sono da osservarsi le seguenti norme. 

a) V aggettivo deve esser sempre dello stesso gé- 
nère e dello stesso numéro del nome, cui modifica o 



<1) Votatose a la figlia, le disse: Mme 1' aje fatta — G. Bts 21, 38. 
Nninche la fa chiaramà na partorenle, 

Vole o non bole, nlerra ha da zombà — Quvttrom. 19. 
Qualunque perzona avesse arremmediato a lo male de lo Prencepe, •' era fern- 
mena, nee V avarria dato pe mroarito — G Bas. 20, 169. 
(2) Quanto cchiù isse s' auimavano , taato cchiù se vedevano rutte li désigne 
lloro — S\rn. 22, 134. 
Lo inmate me 1' hanno fatto le ssore , ed este ne devono cacare la penelen- 
zia — G. Bas. 20, 175. 
<3) Quatto sarviette 
, Ciammiclle a isse nloorno nee posate — Piccin. 2, 102 

quanta forza c' hanno li zecchine ! 
! Nullo senz' isse vo passa Caroote — Pear. 16, 53. 

Sir ilia va ognuna a Giove cue bolessd 
Daiie no ire, che covernasse a esse — Morm. 18. 
J (4) 1/ uocchio deritto mio erano lloro — R. R. Spas. 3, 30. 
| Perché, non jjvanno lo vagno, nn' avarriano cacato lloro la penetenzia — G. 

Bas. 20, 341. 
; Ora mo le F fate deceitero nfra de Uoroi Chi sa se Nuoziella s'allecorda cchiù 

de li poverielle ! — Sahn. 22, 305. 
De casadduoglie cchiù no nne patlammo 
Chello chc piace a lloro dà te vonno — P*aa. 16, 137. 
, (5) Sentuto cheslo li giuvane , U parze de trovare lo pâtre e la mamma — G. 
Bas. 21, 81. 
Aveva tre ffiglie, doje de le cquale erano accos» sbentorafte , che mmaje le 

veneva na cosa mparo — G. Bas. 20, 168. 
Sta vecina 
I Già de vascielle na famosa armata; 

£ rm' è chino lo puorto e la marina — Stigl. 10, 173. 
De sse ffemraene se nne trovasse a lo mmanco una pe ppajese, pocca se wi'è 
perduta la razza — Sarn. 2-2, 189. 



— 208 — 

a cui si riferisce (1); sebbene talvolta, per abbellimento, 
air aggettivo od al nome si premetta una preposizio- 
ne (2). 

6) U aggettivo che si riferisce a più nomi di nu- 
méro singolare e dello stesso genere deve essere del 
medesimo genere, ma di numéro plurale (3). 

c) L 1 aggettivo che si riferisce a più nomi di ge- 
nere di verso deve essere di numéro plurale e di ge- 
nere maschile (4), quantunque talvolta si accordi col 

(1) Chisto de Priarao fo, potta de zanno ! 

Lo floe amaro e la desgrazia bruit* — Stigl. 8, 161. 
Negra a la Terra n' a'ina nee vole, 

Ed a lo Sole n' a'inello janco — Capas 15, 89. 
Se pigliajc Cutia. la. cimma, a /a quale era attacctto lo catnpaniello, lo quale 

toccilo appeoa sonaje — G. Bas. 20, 42. 
E da coppa a chill 1 arvolo pe 1' ario 

Le scese li vorpaocbie $ane e bive — Mom. 87. | 

E mme copierze le ccarne, ch' erano nude — Gort. 4, 189. . 

Pe lo quite attc e pe la. quale proposta tutte li commetate se posero a rri- j 

dere — Zrro, 3, 113. 
Agge piatate de le bellezze toje, le equate s' ammacchiarriano co lo vizio de 

/a ngratetudene — Curt. 4, 150. 
(2; Tuosto 

Sta comme prêta, e (Ta de lo storduto — Stigl. 10, 81. 
Potcva sonare a mmartiello, ca la Fata faceva de la storduta — G Bas. 

20, 43. 
Vi lia comme lo Rutolo nzolente 

Fa de lo guappo co la geote mia — Stigl. 11,9. 
Eilà cornute, 

Tomate a rreto a flare de li galle — Sti gl. H, 197. 
Mo si ca chclla secca e sprernmentala 

De morte t* ave annegregato, o Ammore — Sgrutt. 1, 127. 
Non tanto era da le guallarose de le ssore nvidiata, quanto era da tutte 

T autre amata — G Bas. 20, 168. 
Fa priesto chello ch' aje da fare, ca mo restarraggio a la nnuda — Sarn. 

2-2, 172. 

(3) Puro pacienzia, pocco uno è cignale 

E IP auto è ttoro, lutte duje anemuse — Morm. 71. 
Muorte nne foro 

Gentonio, Guasco, Guido e no Rosmunno — Fas. 14, 228. 
Accanto ave a le tre compagne amate 

Tulla, Lavina e Tarpia taliane — Stigl. Il, 201. 

(4) Vide chiite duje, n' ommo e na femmena nude ? — Sarn. 22, 248. 

De Creusa e d'Ascanio si scordato, 

Non pienze si so bive o si so mmuorte ? — Stigl. 8, 165. 
Ma lo pâtre e la mamma de la zita, troppo coriuse, V avevano abbrusciata 

la spoglia— G. Bas. 21, 197. 
Sso zito noviello, lassanno la cam misa e lo cazonetto lurde e fetente, se 

mettette n' abbeto jancaccio — Zezza, 1837, 62. 
Non aggio 



— 209 — 

nome più vicino (1) e tal altra , ma rarissimamente, 
col più lontano (2). 
143. Bisogna aricora osservare: 

a) Che, siccome il popolo napoletano, parlando, quasi 
sempre adopera Tarticolo maschile li o l'aggettivo ma- 
schile sti innanzi a nomi di génère feminile, aicuni scrit- 
tori, imitandolo, hanno scritto li bellizze, lifenïzze^ li 
spalle, li grôlie,sti chiàcchiare (3), in vece di le belll%2e y 
lefenlzze y le spalle, le gràlie, ste chiàcchiare (4). 

b) Che gli articoli lo ela non si mettono innanzi ai 
nomi proprii di persone e di città (5). Perô se n 1 ec- 



Cchiù ffrate, e rame so m mu or te mamma e Hâta — D' A ht. 23, 122. 
Ped am more de Ninella e de Jannuzzo, a li quale era obbrecato, l'aveva 

dalo la vita — Sarn. S2, $52. 
L' arme e bestite, che lassaje 

Appise a la travacca — Stigl. 9, 62. 
Aveva porta to Ciullo dinto no ciardino belledissemo, dov' erano spallere de 

cetrola e cocu m mare vierde e fritche — Cort. 4, 154. 
Dappô a Scllina nce portaje lo vienlo, 

Che de dattolc ha chine munte e balle — S tigl. 8, 269. 

(1) E nn' è chino lo puorto e la marina — Stigl. 10, 173. 
E si co cchesto non se po a ne v are, 

Sia accisn la bellezza e li denare — Fas. H, 129. 
Chatte so le pproinmesse e ghiura mente ? — Stigl. 9, 75. 
E dapô cheste e ccient' autre ceremmonie c trascurze, vedetterose le stentina 

erano sane — G. Bas. 20, 40. 

(2) Chesta è ben degna che ped essa slrutto 

Se vea chiagnenno cchiù de n' arma e core — Cort. 2, 96. 
Le ffencstre e l' astreche erano chiene comm' uovo — G. Bas. 20, 336. 

(3) Senz' uoccliie, avea la vista de n' auciello 

P' abbistà li bellizze de le scienze — E. C. 8p. 1 . s. 3, 39. 
Essa te fa de core li fenizze — Picc. 9, 63. 
E pe ghionta po te fanno 

A li spalle no to to — E. B. Spas. 3, S3. 
E a ddi li grolie toje io non avasio — G. C Spas. 3, 23. 
SU chiàcchiare, compà. che staje contanno, 

Conta le a n'a to — L. C. Spas, i, 11. 

(4) Cecca mia be lia, preziosa e ccara, 

Chi po de te cantare le bellizze ? — Sgrott. 1, 8. 
Ed a lo core su jo tutte ventôse 

So le tenutemente e le ffenizze — Viol. 22, 79. 
Tu chic le spalle ! Aggio caputo — A. M. Spas. 4. 29. 
Priesto le grolie d'Ercote cantammo — Stigl. 10, 143. 
Lo ssaccio 

D' averve co *te chiàcchiare seccalo — L C. Spa s. 4, 25. 
\fi) Si Dario non contava li guaje a no muzzo de stalla, non sarria deventato 

lo patrone de la Pcrzia — G. Bas. 21. 99. 

14 



— 210 — 

cettuano il Cairo, V Àquela, la Caoa, la Torre e qual- 
che aitro (1). 

c) Che si sopprimono gli articoli anche innanzi ai 
nomi che fîsprimono parentela, come pâtre, mamrna, 
fig'ia, moglièra, manto, sio ecc. quante volte siano di 
numéro singolare ed alla loro fine s'incorpori uno de- 
gli aggettivi mio e tujo (2). La quale regola da al- 
cuni è stata estesa anche aile voci patràne e casa (3), 
senza che avessero avuto imitatori. 

(I) Cira gli aggettivi possessivi mio, tujo, sujo, nio- 
sfo e vuosto debbono sernpre posporsi e non mai an- 
teporsi ai nomi cai si riferiscono (4). La quale re- 

~ il — .1 ■ — » ■ — ■-— — ■ -----.il ■ - i ■ ■ i M ■ 

Jea cercanno lo tiempo c la mancru 

De sbenlrare Camilla — Stigl. 1!, 213. 
Cj na lànza st'ssa 

Tci'io, Arpalicc'iio, Crommio e Démo fonte 

À Proton» mannaje tutte de pressa — Stigl. 11 203. 
Mmerzo Coslantenobole pigliaje 

La via, e quanta alliegro, penzatello — Fas. 13, 195. 
Aveva na inn^ua femme. ;a de Caéorîa no figlio nnommeaato Pcruoato — G. 

Bas. 20, 4-8 

(1) (. ommenzaje a ccammmare a la vota de Venezia, p.* mm ircirese cj> quar- 

che vasciello chu ghiess; a lo Cairo — G. Bas. ?0. 33-2. 
E la Torn co Buosco le sla nfronte — Lomb. 5, 12 
Tcngo de /' Aquela 

Le mmorta telle — C. R Spas, i, A. 
Ne s' auza tunto a nnuje monte Pertuso 

De la Cava — Fas. 15. 85 

(2) Si non si stata obbedientc a ppitrelo, singhelo a mmaritelo — Cout. 4, 203. 
L' orca le diceva : Di a mmammata, che s' allecorda de la mprommessa— 

G. Bas. ïO, 163 
Si mine fana li fruttc de sto parco tutte d* oro, io le darraggio figliemi— 

G. Bas. 10, 192. 
Ne ttornarc a mmoglier.ma li Fale 

C.ehiù m' hanno fatto — Stigl 11, 155. 
Couim' arrivarraje a la casa de ziama, vi Cliï truove no cane corzo — G. 

Bvs. 21, 163 

(3) Tu a ppUruneto curre, e H' uocchie stoja 

Comme ehiagnisse — Cort. 2, 75. 
K *i la Parca a ccaseta 

Vole vcni a ttaglià, 

Non pozza pc no secolo 

La fuorlèce Irovà — L. C\ssitto, lo Sparaton'o, 17. 
.4) Vide fieto de lo culo mio, ca vo lare de 11' ommo , e mettere legge a lo 

pâtre —G. Bas. SO, 69. 
lo coglione a béni tanto lontano, 

Lassa lo ninuo c la mogliere mia — Capas. 15, 1G0. 
Fumma allommaneo avessemo abbuscato 

IKi Giovc tttjo — Capas. 15, t5. 



— 211 — 

gola solo da qnalclie poeta e rarissimamente è stata 
infranta (1). 

e) Che, sebbeno il popolo ed anche talvolta gli scrit- 
i;ori adoprino indifferentemente Puno per Paltro gli ag- 
gettivi indicative sto, chisto r sso 9 chisso (2), tuttavia sti- 
miamo più acconcio avvalersi de* due primi per deno- 
tare un oggetto vicino a chi parla (3), c dogli altri 



Già poco pouno tardare li sbirrc de lo tiempo a scassare la porta de Tanne 

' rniejp — G. Bas. 2f, 15. 
Figlio che aje ? Dincello a mmarama foja — Cap\s. 15. 2i. 
Scumpe, mallarma do li muorte tuoje — Capas 15, i()7. 
Chi striglia lo cavollo su jo non se po chiammare muzzo do. sialla — G. B\s. 

21, J5. 
E giacchè Apollo vo che s^a focjliola 

Torna a la casa sojn, mo noe la manno — Capas. 15, 16. 
Le conlaje ad una ad una tutte le desgrazic soje — G. Bas. 21, il. 
Li strapazze 

Troppo se sanno e lo va lore nuosto — Fas. 13, 86 
Addô le ttruppe nosic non so state — Quutrom. 348. 
Prommeeco a tlutte vuje, 

Quanno è perô de sfazione vosta, 

lie fa sta prova — Morm. 590. 
Le cchianimate uocchie vnosle, core vuoste, gioje vosle — Roc.in, 1, 32. 
*(l) Ed a colli He segnure avea contato 

Nora de soje desgrazie la novella — Cort. 2, 87. 
Pecehè se sonna senza la soja genfe 

Fuire pe desierte e pe sgarrupe — Stigl 9, 61. 
E ^i lo vuosfo rre nce fa sti mmite 

L' aonirece cod isso nce strapiace — Fas. 15, 61. 
4 2 A sse gamme affeirata me se m^sse 

E comm' a granc'm o purpo me stregneva — Cort. 3, 142. 
Quanno lu Sole nterra tone mente 

A si' uoehie tuoje — G B. Spas. I, 12. 
Nennella pruojeme 

Sla forlVcella — C. G. Spas. 1, 10. 
Aggiate vuje pietà de chisso core, 

Vuje clie sen'ite sti ehiaule e sospire — G. F. Spas. 4, 46. 
E si pe fForzîi chessa mano avraje, 

Sto core no sperà msije e po maje — Zezz , Arlasorsc, 45. 
Mpigno d' aminore dnje ricciolille 

Mme rialasle de sti capille — V. M. Spas. 2, 46. 
j(3) Para piglia deccano tu;te quante 

Para si* bruche — Cot. 8, 101. 
Tulle chisse so nnienie a ppietto a rchjslo. 

Ma no lo credarrà chi no V ha bisto — Cort. 2, 188. 
Dammole ncuollo co no vacaviene 

De punia e ccauce a cchiste oacasolta — Capas. Sonetti, 426. 
«Ca si schitlo le do no sooozzone 

Co edieste mmano, mo cite songo nette, 

Yoglio clie zompa comm' a no pal lone — Cort. 3, 161. 



due per denotare un oggetto vicino a chi ascolta (1). 
Chillo poi serve sempre a denotare un oggetto lontano 
tan to da chi parla quanto da chi ascolta (2). 

f) E bisogna notare finalmente che le voci che- 
sto, chesso e chello si adoperano per significare che- 
sta cosa, chessa cosa e chella cosa (3), benchè alcuni 
le abbiano usate come semplici aggettivi (4). 

§HI. 
Concordanze del verbo 

144. In quanto ai verbi dobbiamo osservare moltissi- 
me cose, e, prima di ogni altra, che lo, la } le } quando 

(1) Dalle a sso ciuceio, dà s^nza sparagno — Capas. Sonctti. 4. 
Quanno chiautarraggio lo stannardo dc li desideric mieje ncoppa le mmura 

de ssa fortezza ? — G. Bas. 21, ill. 
vuje che tutte nchiella ve nnc slate 

A chisso monte tanto vertoluso — Fgrutt. 1, 2. 
Ca n' alluccata a cchisse sagliemmancho 

Propio comm' a lo ppanc nee voleva — Capas Sonctti, 126. 
Fa cite de ssi libre allummcnarie — C»pas. Sonctti, 142. 
Azzo quarchc remnicdio isso te dia 

Pe ttullc chvsse brognola sunarc — C' rt. 5, 143. 

(2) Dimmc che ccosa ajc ntiso dire da chillo auciello che sleva ncoppa a H'ar- 

volo?— G. Bas. ?|, 183. 

Chella nolle non pozzo scordà 
Che penzanno la vila mmc dà — E. A. Spas. 1, 19. 

lo canlo chelle belle cortellate 

De lo sciore dc IT uommenc valiente, i 

E chill' aramure tanlo nnommenate { 

Da quanta foro e sso ricchc e ppczzicnfe — CotT. 2, 1. i 

(3) No, bene mio, chesto non sia pe dditto — Cort. 3, 12. I 
Quanto chesto che dice a tlutte jova! — Fas. 14, 6. 
Chesso le torna a mmcute, e ppo pregallo 

Che mmc faccia na vota 1' assassino — Capas. 15, 26. 
E po cchesso sto lago sc chiammajc 

Avierno da li Gricce — Stigl. 9, 531. 
Lo rre, tuoslo echiù de na prêta a mmantenere cfwllo che aveva ditto na 

vota, mpontaje li picde — G. Bas. 21, 53. 
Buono è penzare 

Cliello, che po de face le cascare — Cort. 3, 12. 
■(4) E chi lo legge prove into Sicca vo 

Chesto grieco senz' acqua accossi bravo — Pag. 17, 237. 
De chesto lignammo sc fanno ste strominole — Vott. 23. 
Jettaje na mano de scute ricce, che s* aveva fatto dare pe cchesto efietto — 

G. Bvs. 20, 80. 
E ccorro a spezzacuollo a cchesso rrusso — Sgrutt. 1, 116. 
Si no la chiavavano solto coperta a cchello poco de luoco, c* ha la f régala, 

sarria morta ntutto — Cort. 4, 77. 
Lo mulo che portât' avea chell* oro, 



J 



— 213 — 

si adoperano in vece di chillo , c hello e chella , ed i 
nomi personali me, te, se, ne, ve: 

a) si prepongono agi' infiniti presenti dei verbi o, 
meglio, s'incorporano alla fine di questi. Quindi si puô 
dire tanto lo dire, lo fare, la vedère, le dare, me pi- 
gliare (1) , quanto dirlo, fàrelo, oedèrla , darele, pi- 
'gliàreme (2). Pero in principio di periodo non si pre- 
pongono mai. 

b) Che le stesse parole non solo nei verbi riflessi, 
corne abbiamo detto a pagina 181, ma in tutti i verbi 
debbono posporsi ed incorporarsi agl'imperativi posi- 
tivi , ai gerundii presenti ed ai participii passati , e 
quindi deve dirsi portante, micttete , mannàmmolo, 
mpcnniteme, décennale, oolènnose (3); sebbene alcuni 
autori qualche volta V antspongano , specie nei verbi 
délia prima conjugazione , ed in vece di portante, re- 
state, dalle, pcrdonàtcme, dicano me porta, te resta, 
le dà, mrae per donate (4). 



Mmiezo a <tclielia baruffa spertosajeno — Morm. 120. 
(i) Manon eommene a mine do le lo ddire — Cort. 2, 63. 
No bcllo mascolone nio farraje : 

Sprieramclc, no lo fa inorire nfocc — Mo^m. 62 
Pe la vedere quanno se sterlecca 

lo pagarria sccuro na patacca — Sg^utt. i, 14. 
E nzubclo pcnzajc fa lofrccaglia 

Pc T abbclire e pc le da n' assauto — Morm. 15. 
E fajc lo buono juorno a mme pigliarc — Cort. 2, 63. 

(2) Ca mmc vregogno dirlo chiatto chiatto — Morm. 61. 

Nne fi'usciava lo mmcglio de lo mincglio pe non farelo scorapari mmiezo a 

II' auto — Qua ttrom. 44i. 
Piglialo accasione de ire a ccaccia, venne a bedere\% — G. Bas. 21, 169. 
O quanta sarria meglio 

Varie na mazza ncapo a pprimma botta — Morm. 33. 
E ddi ca de pig liar erne aje golio — Cort. 2, 63. 

(3) Portame addovc vuoje, facimrao priesto — Pag. 18, 23. 
Miellete armalo nguardia de sse pporte — Stigl. 8, 173. 
Su mannàmmolo chisso a sparafunno — Stigl. 10, 101. 
Mpennileme vuje po pe la boseia — Stigl. 9, 121. 

Chiammaje lo figlio decennole : Bcllo figliulo de mamma toja, siente ceà — 

G. Bas. 20, 59. 
E bolennose Giove arreterare, 

Tulli li Ddei lo jettero a sconlare — Capas. 15, 34, 

(4) Vienetenne deritlo, 

E chillo mpisoceà ncuollo me porta — Sgrutt. 1, 182. 



— 214 — 

d) Che le stesse parole, quando perô non sono pre- 
cedute dalla preposizione a, debbono anteporsi e non. 
posporsi allé altre voci dei verbi, perocchè deve dirsi 
me parla, me faje, le daoa, le portkje, le venga, te 
vèngano e non altrimcnti (1) , quantunque in poesia 
possa tarsi H contrario (2). 

e) Ed in fine che i napoletani talvolta, facendo un 
pleonasmo, adoperano 1' una e Y altra forma (3). 

145. Quando, con P aggiunta délie parole lo, la, lc> 
me, te, se, ne, oe aile voci dei verbi che tiniscono con 
una di esse, 

a) Queste voci diventano bisdrucciole, debbono ren- 
dersi piane, raddoppiando T ultima consonante. Quin- 
di non si dira aoissemelo, aoèremelo, tdrnanielo, pèn- 
zatelo, videtelo, cridemela, sposàresela, lèoamete, làs- 
samene, tràsetene, tomàmmoceue, fuîteoene, ma si dira 
aiussemèllo, aoeremèllo, tornameWo, pen~atèllo, vide- 
tèllo, cridemëlla, sposaresèUa y levamètte, lassamènne, 
trasetèmie, tornammocèrme^ faiteoènne [4)\ quantunque 

Ma fa ghire isso nnante, e tu te resta 

Ccliiù arreto de no tiro de valcsta — Fas. 13, 158. 
À lo mimiuco le dà V utcmo vaso — D. Bas. 12, \7i. 
Parlo, m me perdonate , de li triste, 

E non de le pperzune bo:ic e oneste — T. VAl. 19. 351. 

(1) Lo core me ptrli ca sarrà quarche bona sciorta pe sta povcra peccerella — 

G Bas. 20, 10 2 
E cche gran compriraiento è che m me fajef — Scbutt. 1, 47. 
Era tanto earitativo de li pellegrine, che le d va pe si a le bisolc — G. 

Bas. 20, 109 
Na desgrazia 

De la vettoria le portaje la grazia — Stigl. 9, i .7. 
Non saje Ciaimone 

Tu? che le vmgt doglia de matrone — C\pas. 15, 34. 
Te vengario (an(a cancare quanta fauzelte aje puosto a raraunno tujo a le 

scarpe — Cerl. 2-2, 85. 

(2) Ad ora ad ora parele vedere 

Quarch' ombra che lo piglia — Cort. 2, 51. 
Disse : Pccchè m nie guarde ? Io respon nette : 

Pecchè aggio 11' uoechie c fajcme cannavola — Sgrutt. 1, 30. 
Ma Peppo stroppy a : ene passa sette — Pkrh. 16, 43. 

(3) Perô, sienteme a mme, fuje lo quinto— R cco, 25, 39. 
Dirame na eosi : T' hanno visto a tte ? — Cerl. 20, 188. 
Lrssame i a mme — Ceul 8, 25. 

Sienfe, ntienneme a mme, va a Cosentino, 

Ca lia sarrajo chiamniuto Si Barone — Morm. Vedi Martor. 308. 
E che me ne preine a mme de li denare suoje ? — Scaup. 1, 25. 

(4) O figlio, e ppecchè chesso? 



— 215 — 
una volta il Basile avesse detto làssamelo (1) invece 
di lassamèllo (2). 

b) Ma se dette voci diventano semplicemente sdruc- 
ciole, si puô e non si puô, a piacimento, renderle pia- 
ne, raddoppiando Y ultima consonance. Cosi : si puô 
dire dlmmelo e dimmèWo (3), lassàtelo e lassatèllo (4) 
dîmmela edimmèlla(o) u fàmméla efamwèWa (6),c/àm- 
mene e dammènne (7) , fàrnmene e fammènn° (8) , al- 
lecôrdate e allecord àtt° (9). 

Avissemello ditto — Pag. 18, 246 
Pricsto priesto 

Te pentarraje d' averemello dilto — Cort. 4, ;05. 
E ba, torn^fncile, darame la rrobba mi a — Cepl. i, 170. 
Se corcaro 

Li zite, se confienfe penzftrllo — Cort. 3, 10. 
E bidetello tu chod' è la Terra 

Lia abbascio abbascio e quan(o luoco a (Terr a — Fas. 14, 77. 
E n' autra cosa cridemella. cierto — D. Bas. i\ 198. 
No sta de bene 

De no sposaresella. priesto priesto — Pag. '8, 2-1?. 
Lev^mette da nante, eh' io veo le stenline meje, ne te pozzo cchiù pade- 

jare— G. Bas 20, 31. 
Si mme vuoja bene, lassamennc ire — C ïit. 5, 1 0. 
Chi lo vede cho ffa pe chelle tienne 

Porria dicere a Mmarte : Trasetenne — Cap: s. 13, 116. 
Tornammoncemie a le ccase ncorrenno — Pz\n. 16, 14G. 
Non disertate maje, ci m" è pena de la vita; cchiù ppriesto/Wteuenne zitto 

àtto — Cerl. 10, 90. 
Cl) E Mraoscione disse: Lassamelo vederc, se Ddio te guarda — G. Bas. ^0,534. 

(2) Canta no poco, canfa gioja rnia, 

Lassamèllo senlire no strillctto — Pag. 17, .'00. 

(3) Chi è cchisso tradetore ? 

Dimmelo, ca Io voglio menozzare — Co'it. 4, 82. 
Dimmello, Sannuto mio, le precaje 1' orca, dimmello — «;. Bvs. 20, 172. 

(4) Lassàtelo ire, chillo n>n sa cchiù che tunto — Ckkl. 7, 50. 
O figlic 

Lrss^tello, lassate 

Chisto juoco mmarditto — G. Bas. 21, 543. 

(5) lo la voglio sapé, Fenizia mia, 

LimmelSL, di, dimmella. — Pag. 18, 229. 

(6) La mamma 1' aveva ditto : Fammela. trovare cotta , ca po volimino ire a 

la massariella nosta — Sarn. 2\ £94. 
Mamma, fnmmella. sta caretà — R. d' À. Spas 4, 6. 

(7) E ched' ô la capo , avotro che na fraola ncanna a 11' urzo? Dammene 

quarch' avotro ppoco — Sarn. i'2, 295. 
E àdammenne una pe golio, fusse aociso tu e mmammata — Cerl. 7, 532. 

(8) Viene, fammene ciento, 

Ca stongo scmpe a biento — Cort. 4, 98. 
Fammenne n' autro scampolo, 
Ca mme daje gusto propio — G. Bas 21, 946.' 

(9) AUecordate buono che mme faciste quanno me mmezzave de lejere — G. 

Bas. 21, 177. 



— 216 — 

140. Quarido lo si unisce all'infinito présente od aile 
voci deir imperativo : 

a) Se dénota una cosa indeterminata, la parola ter- 
minera in ello. Perciô si dira sientetèllù, scordatèllo, 
creditemhllo, aoisancèllo, leoatèllo, avissemîllo, deci- 
tencèllo, mannamhllo (1). 

b) Se poi dénota una cosa determinata , la pa- 
rola terminera in illo od in ille, secondo il numéro, 
se la cosa è di génère maschile , ed in ella od in 
elle , secondo il numéro, se la cosa è di génère femir 
nile. Cosi : si dira pigliatillo, piglialïlle , pigliatbl- 
la , pigliathlle (2), si dira maanaûllo, magnatille, 
magnatèllsL, magnatèlle (3), si dira levareslllo , leva- 
résille, leoareshlla,, leoaresHle (4) e si dira lassamïl- 



Allecord ?tte 
Ca piacire pur' io te nn' aggio (atte — Capas. 15, 32. 

(1) Si no lo ccride, sienletello cane — Morm. 67 

Bene raio, scordatello eh' io pozza mettere ammore ad autra femmeua — 

G. B s. 20, 203. 
LV arme de porlà lia no sconfedammo : 

Creditemello a mme, ca se po (Tare — Fas. 14 170. 
Si tu parle pe bene, avisancello — C3RT. 4, 74. 
No lo ccredere maje, 

Levât ello da chiocca — Cort. 4, 10. 
Avissemello ditto : 

Ca si iume lo decive 

Non se sarria passato tanto nnante — Pag. 18, 251. 
Decitencello addonca, o belle Muse — Cort. 2, 227. 
Cliello cho no m me puoje 

Maooare cuotto, mannamello crudo — G. Bas. 21,235. 

(2) Le disse : Ommo da bene mio , pruojeme chillo cuofano; e V uorco respon- 

nette : Scinne e p pigliatillo — G. Bas. 20, 353. 
Sti zecchine pigliatillo tu — Ceïil. 20, 28. 
Eccote Lella; 

Susete e ppigliatella, — Cort. 4, 12. 
Vide che arme vuoje : 

Su piglialelle e ssengano le ttoje — Perr. 16, 61. 

(3) Cbisto bello purpeticllo 

Magna (illo, en* è berace — Quattrom. 40. 
Va dioto Troja, e mmagnatille craje 

Crude accossi comm' ostreche e sconciglie — Capas. 15, 107. 
Falle pe ccortesia na bona cera, 

Scusa la confedenzia, e mmagnatella, — G. Gkn. 1856, 72. 
Te, so ccierte confetture, tnagnatelle pe 1' ammore mio — Cerl. 12, 62. 

(4) Lo rre , che odiava a mmorte sto dragone, e non sapeva comme levareslllo 

da nanze, chiammato Micuccio, le disse — G. Bas. 21, 52. 



— 217 — 
lo , lassanûlle , lassamblln, , lassamhlle (1) , sebbe- 
ne alcuni scrittori avessero , non bene secondo noi , 
data la desinenza in ello a tali parole, anche quando lo 
riferivasiad oggetto determinate di génère maschile(2), 
e la desinenza in illo , anche quando lo riferivasi ad 
oggetto indeterminato (3). 

147. In quanto air ausiliario che accompagna il ver- 
bo, francamente confessiamo esserecosa difficilissima 
dar regole certe , tanto piu che, neir adoperarli , cosi 
la plebe, come gli scrittori si avvalgono di una gran- 
dissima liberté. Tuttavia diciamo che vogliono Tausi- 
liario avère: 

a) Tutti i verbi transitivi (4). 

6) Ed i verbi intransitivi adoperati transitivamente (5). 

Lo povero pâtre se resorvelte levaresllle da cuollo, decennole: Figlie mieje, 

non ve pozzo cchiù campa — G. B\s. 21. 480. 
La zita, pe llevaresella. da cuollo, disse : Me so scortecala, sore mia — G. 

Bas. 26, 129. 
Non vozc che chelle statole slessero ne ncasa ne a lo regno sujo ; e pe lie- 

vareselle da tuorno, le mmannaje a lo rre de Napole — Sarn. 22, 257. 

(1) Mmalora ! se fosse scetato! lassamlllo ire a besti — Ce«l. 8, 124. 
Ma lassamella, primma covernare, 

Ca piglia friddo po la pacionella — Cort. 3, 76. 
A cchesta ccà ncc mancano ire ddeta, 

E cchest' autra già mezi se on' è ghiula : 

Las&amelle assocciare — Iito, la Coslanza coronata, 14. 

(2) Accaltatello, * 

Ca sto pesce è fiisco e fcello — Quattfom. 40. 

Lo rre che canoscette a lo naso ch' era no vozzacchio, pe llevaresello da 

cuotlo, disse — G. Bas. 20, 492. 
.Piglia sto riesto e bivclello 

Tutto — Stjgl. 8, 89. 
Ecco cca lo Halte: vivetello, ninno mio e sciala — Cerl. 24, 333. 
Ma che chiammc Rinardo io ti conziglio, 

E ttienelello caro colnm , a figlio — Fas. 14, 78. 
Ah no, levatennello da lia n terra, 

Ca voglio che se lauda e cche s* atterra — Fas. 14, 213. 
E lo llardo ? — Fattello dà ncredenza — Cerl. 12 266. 

(3) Ajutava porzi, creditemillo, 

Lo paire mastodascia co la serra — Pag. 17, 72. 

(4) E puostose ncammino co na mano de seule, che l' avma data lo Sproviero, 

tanto cammenaje, clw gh'oaze a r estremo de la Terra — G. Bas. 21, 31. 
Minella che bedde ca lo frate avarria )mosto la vita ped essa , lo pregaje 

de si' autro piacere — Sarn. 22, 240. 
Aggio patuto cchiù de no mbarazzo — Stigl. 8, 77. 
Nnitto nfatto, coin in' avesse jettato V acqaa ncoppa lo ffuoco, se chiudeltero 

le ferute — G. Bas. 20, 175. 

(5) Ncanna a lo scanosciuto 

La spata 1' ha tramto — L. S. Spas. 5, 10. 



— 218 — 

Vogliono Y aasiliario èssere: 

a) 1 verbi transi tivi adoperati intransitivamente (1). 

b) I verbi transitivi riflessi (2). 

c) Gr intransitivi riflessi (3). 

d) Ed i verbi unipersonali (4). 
Dei verbi intransitivi poi: 

a) Alcuni vogliono soltanto Y ausiliario avère, corne 
camphre y chiàt/uere, dormire (5). 

6) Altri vogliono soltanto 1' ausiliar 
nàscere, cadcre, sciuliùre (6). 



îo èssere , corne 



E cquauno oppe trasuto a la derelo eaimnara, trovaje u'autro fegliulo co le 

scelle — Coi, t. 4, D3. 
Avile arrivjtu 

A (Ta ride le ppretc de ssc m mura — Lomb 5, 140. 

(1) Fe..e subbefo la masqua che Jluco fosse (lato de pielto 1' ammieo sujo — 

G. B>s 20, 115. 
Non s' averria creduto maje che lo fraie fusse dalo a sti saule — G. Bas. 
20, 269. 

(2) Ciullo pe ppaura che non le n(i avenue quarche desgrazia , s' era piioslo a 

ghirelo cercarmo — Co.it. 4, 161. 
Te si caeciato uiario ? A chi aje furuto ? — Cerl. 21, 70. 
Te si ppiylidu collera? — 1,. C. Spas. 1, 2. 
Mme dcze eierte tomesiellc, co li quale me songo ahbialo a la vota de Li- 

guorno — Cokt. 4, 195. 
Se so afferrile a ppunia e a socozzunc — Peur. 16, 9?. 

(3) Le comniannaje che se fossero n for mate meuutamente de sto falto — G. 

Bas. 20, 187. 
Lo ssapeva, •■ . 

Ca se nn' era addonalo IV anno arrelo — L( mb. 5, 53. 
Se lassava le ggalere, lo Granduca se sarrii tUoscitto -r- Co'it. 4, 176. 
E pecchè verainentc se nn' era ncrapiccito , avuta sta mprommessa , se 

contenlaje — Sarn. 2 1 , 201. 
. Ntant'anne non avive manco apierlo sto cascione, e non t* iere abbeduta de 

le bregogne toje? — Sarn. 22, 286. 
S' è nzonnalo 

De correre lo pallio a lo pascone — Sticl. 11, 341. 

(4) Conzideranno che, mente a n' ora eossi nzoleta se pigliava sta feducia, quae- 

che gran cosa tra accadula — G. Bas. 20, *64. 
Voze sapere da l' A nfi a lo Rumrao quant' era soaciesso — Sarn. 22, 182. 
E mme pareva che co aflïitta cera 
lo le diceva : Che t' è nfravenuto — Sticl. 8, 129. 
(î>) Chi ve lo po conta quanto de core 

Aggio chiagnulo? — L. C. Spas. 2, 36. 
A mesura de V arme 

Che avea campato, s' erano allongate — Lomb. 5, 178. 
Accossi morerrà com m' ha ampato — Pi:rr. 16, K6. 
. Creo securo a st' alizzo che mme vene. ca io avoir ;tqqio dormulo — Cort. 
4, 172. 
(6) lo so nnata l'emmena, vivo da l'emmena, e boglio morire da femmena —G. 
Bas. 20, 317. 



i 

J 



— 219 — 

c) Ed altri ammettono Y uno e Y altro ausiliario, co- 
me parère, pot ère, côrreré, venire (1). 

Quali poi sono i verhi clie vogliono 1* uno o Y altro 
o ambedue gli ausiliarli, si apprende dalla pratica. 

Intorno alia forma passiva che ptiô prendere un 
verbo, diciamo che. in voce dell' ausiliario essere, pos- 
sono adoperarsi i tempi semplici del verbo venire (2). 

148. It) quanta alia coneordanza del verbo col no- 
me diciamo che: 

a) II verbo deve essere sempre dello stesso numé- 
ro e del la stessa persona del nome cui si riferisce (3) . 
E perô non sono da imi tarsi coloro che al nome di 

E nlra lo sango de lo figlio, ch' erx 

Cnduto muorto lia, lo mbroscenaje — Sligl. 8, 161. 
Sarria s(a(o 

Lo prinnno, se non fosse ScitUialo — Smgl. 9 ? 155. 
(1) L' autre bellizze avarriano parzeto scaipunc searcagnate a pparo de na 
searpelella attilluta — G. B s. .0, if 5. 
Ecco sconipute li tre anno, tre mmise , tre ghiuorne e Ire mo m ion te , che 

mine so parzete tre secole — S rn. 22, 2ii. 
Smaceuaniuse chi aveva potato essere che le avesse i'alta sla pazzia — Vott. 48. 
Non era possibele che fosse potato, foire ped avcrele fatlo no ncanto — G. 

B\s. *0, 165. 
Corrcva comm' a lo vienfo e amrria curzelo pe ccoppa li vruoccole spi- 

cate senza chiegare le ccimme — G. Bas. 20, 335. 
Senza conziderà, faocia de cano, 

Ca io sarraggio curzo quacche mmiglio — C pas. 15, 54. 
Co di ca s' auessero veniUo a ppiglià la velrcata la matina de li quatto dt 

maggio — Vott. 131. 
M' hanno venu'o a ddicere 

Ale stajc a repassa — L. C. Spas 4, "Î8. 
Fonzo trasette subbeto mmalizia, che a sta Terra fosss von'it) Ca.r.ieloro — 

G B s. 20, 115. 
(2; Ma nche ppe echesto vicne tozzolato, 

Falle la grazia — Fas 14, 79. 
Va vedenno 

Ca sta sollennetà vene composta 

Da tre aine — Cvpas. 15, 90. 
IWe vene projebufo da la relegtone mia — Vott. 47. 
Sempe che se mniarcavano, lo mare 

Fracassa to venei da V Aquelone — Stigl. 8, 109. 
Fatla Museca famosa 

Venarrà da lo pprubbeco nnorata — Peir. 16, i2o. 
(3) Si lo Petrarca lu sapisse atennere, 

Nuje vorriamo cacciarete la coppola — Gap as. Sonetti, 212. 
O vuje che tulte nchietta ve ime state 

A chillo monte tan'o vertoluso — Sgrutt. I, 2. 
Già sleano mpedc chi lie, e V armature 

S' aveano poste — Fas. 14, 96. 



— 220 — 

numéro singolare accoppiano il verbo di numéro plu- 
rale (1). 

b) S3 sono più i nomi, cui il verbo si liferisce, ed 
ognuno ô di numéro singolare , il verbo deve essere 
di numéro plurale (2); e se le persone sono diverse, 
il verbo deve essere délia persona, come dicono, più 
nobile (3). 

Tuttavolta , sebbene i nomi siano più ed anche di 
numéro diverso, il verbo talvolta trovasi adoperato al 
singolare ed accordalo col nome più vicino (4). Ma 
di numéro plurale ed anche di numéro singolare puô 
essere il verbo e non accordare cou alcuno di essi , 
quando i nomi cui si riferisce sono in antitesi tra 
loro (3). 

e) Se il nome, di numéro singolare, è colleltivo, il 
verbo puô essere di numéro plurale (6). 

(i) DoDca clii (anta case ha sconquassatc 

Puro se cliiammmï uommene nuorale — T. Val. 19, 91. 
Ma non truove neseiuno che 1' affermano — B. Valknt. 6, 235. 
Piacessc a lo lielo e non ce fo&swo porzi a li liempe (T oje ehi vole sapere 

chello clic ha da soccedere da ccà a ccinco o seje anne — Rjccih, 2, 40. 
(2) Ermw capelanie a li Meunc 

Mcslro cd Anlifo, figlie de Pelimno — Capas. 15, 80. 
E Giove po voira clic a na ceinte 

E lo Trojano e lo Cartagcnese 

Se stieno aunile, e ssiatw carne e ogne ? — Sticl. 9, 19. 
Lo stesso addommawiajeno lo rre e lo Prenccpe — Sarn. 22, 188. 
Ciullo e Perna co no parmo de canna aperla amoleiaro slo cunto — Cort. 

4, 193. 
{3) Ca ve sarrimmo schiave Apollo e io — Cvpas. 15, 8. 
Io e ttico ccà ddinto 

Nce perdimmo lo fiempo — Pag. 18, 258. 
Se puro Ciullo ed io non simmo muorte tulle a no tierapo— Cort. 4, 170. 
Chille poche che restaro vive cd io fujemo mpastorate comme cavalle — 

Cort. 4. 192. 
<4) E benchè lo pâtre e la mamma gridasse : Fuje, sbigna Grannonia, essa non 

se voze scazzecarc — G. Bas. 20, 195. 
Sulo ncielo volaje W aria e lo ffuoco — Lomb. 5, 13. 
Vaine nlrattanto lo ccaso e li frutte a ttavola — Sarn. 22, 160. 
Prencepe assoluto 

De Talia lo volea Giove e li Fate — Stigl. 10. 

(5) G iacchè ne io ne cchisse che nce ascolano 

Polimmo trasi dinto a sso caruso — Capas. 15, 37. 
Chest a mo è na profflddia, bene mio; 
E a vencere non V ha ne ttu nnè io — Stigl. 9, 143. 

(6) Na mano de vannite vonno sacchejare quanto se trova a sta campagna — 

G. Bas. 10, 187. 



J 



— 221 — 

149. Osserviamo poi: 

a) Clie, sebbene da quasi tutti gli scrittori si faccia 
corrispondere al coudiz onale présente i'imperfetto del 
congiuntivo (1) , alcuni , seguendo il volgo , sostitui- 
scono T imperfctto del congiuntivo al condizionale e 
questo a quello (2). 

6) Che, quantunque la maggior parte degli scrittori 
faccia corrispondere al présente dell' indicativo il pré- 
sente del congiuntivo (3), molti, imitando la plebe, so- 
stituiscono a questo F imperfetto del congiuntivo (4). 

Nco so na razza de genteluommene lo juorno d' ojo, che banno trascnno e 

a seen uo pc li cafe — Vott. 37. 
Che rrompano li palle ssa canaglia — Stigl. 10, 179. 
Hanno fallo lo callo a la falica 

La geutc dos Ira — Stigl. 10, 283. 

(1) Se volesse conta tulte Ic ppene, 

lo pe ccienP annc nianco scomparria — Peru. 16, 57. 

Non penzammo che, sc clicsto fosse y le stasciune jarriano a ccapoculo — G. 

Bas. 21, 141. 
Che si nee fosse mo, vide che ntrata 

Che le sarria la beneficiata — Capas. 15, 187. 
Nee fosse Evandro o pi^arrt'i no denle — Stigl. 11, 63. 
Senz' essa non vtlerria no quaglio de cane lutto chello che se metles&e a 

ffarc — ZiTv), 3, 15. 

(2) Chi nunc l' avessc ditto maje che co na ventosctate avesse dato forma a 

sta bel I a faccc? Chi mme I' avesse ditto ca u' effetto dc freddezza avesse 

ngenctalo slo ffuoco d' ammorc 1 — G. Bas. 20, 179. 
Ah, se parla pe ppoco nee potessc, 

Uh quanta cose doce ncc dicesse — P. V. Spas. 3, 19. 
Tanno Ciullo rcs|>osc : £ chi non perdesse ll'armo e la leugua nnanze a sta 

bclla presenzia de regina? — Cort. 4, 157. 
Chi non so squagliasse comme nzogna a la ticlla ? — Cort. 4, 146. 
E cchesta co cchcll' acqua se sdellonga 

Do maacra, che senile crcsciarria 

Si IP acqua sotta maje non mancarria — Lomb. 5, 102. 
Reprecajc Rosina : Si chillo non è geluso co mine, sc io lo sut via co isso, 

faciarria no gruosso peccato — L. C. Spas. 2, 28. 
E che fforria, 

Si lo munno pc bujc no ncc sarria ? — Lomb. 5, 183. 

(3) lo te commanno che baje co sta zetclla, e die facce quant' essa vorrà mente 

campa — - Cort. 4, 153. 
Dio voglia c non sia peo la scom|)etura — Cost 4, HI. 
Sulo te prego che bicnghe co mmico — Pb'ir. 16, 99. 
Aspielte che te vengano a cacare 

Nzi lloco mrnocca? — Lomb. 5, 143. 
No mme pare 

Che s' aggi% mo da cone a ddà sP assauto — Lomb. 5, 202. 
Meglio vuojc diccre, si vwt\e che le llassa — G. Bas 21, 90. 
Non « cosa chesta che ncc voglia premmio de rcccliezza — G. BAs. 31, 104. 

(4) Non fa che ncore a unullo ncc trasesse 



— 224 — 

Più minute particolarità del dialetto napoletano, sj>e- 
cialmente in quanto alla ortografia ed alla sintassi , 
si possono apprendere solamente dall'uso e dalla con- 
tinuata lettura délie opère dei migliori e più reputati 
scrittori del nostro dialetto, ai quali rimandiamo i no- 
stri lettori. 



fine 






Na bclla femmena, co na giorlanna de lauro ncopp i li eapille de fila d'oro, 

le di-se — G. Bas. 2i, 20. 
Da quuituordece anns eue stacc atterra ta viva ch % into no soppigno — G. 

Bas. 21, 56. 



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9 

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