Skip to main content

Full text of "Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physiologie"

See other formats


TR Ey AME NG 


OF TILE 


MUSEUM OF COMPARATIVE ZOOLOGY. 


Internationale Monatssehrift 


für 


Anatomie und Physiologie. 


Herausgegeben 
von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 

Éd. van Beneden in Lüttich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 
Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow in London, 
H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, G. Guldberg 
in Christiania, H. Hoyer in Warschau, S. Laskowski in Genf, 

A. Macalister in Cambridge, G. Mihalkovics in Budapest, G. Retzius 

i in Stockholm, A. Watson in Adelaide (Siid-Australien), 


E. A. Schafer L. Testut 
in London, in Lyon, 
und 
Fr. Kopsch 
in Berlin. 


Band XV. Mit Taft T-—XX. 


n TAY —— "= 
PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta- Street. 


"1898. 


Inhalt, 


P. Bertacchini, Descrizione di un giovanissimo embrione umano 
con speciale riguardo allo sviluppo dei centri nervosi. (Con 
Bayer) DIANE 

G. Guerrini, Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 
(Con Tav. ITT) dal ME 

G. Guerrini, Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 
(Fine) S t Sige jugis dol cie 

Fr. Kopsch, Die Insertion der Musculi brides an d Hani 
des Menschen 

W. ee Referate . N ERRO PERE 

A. v. Torok, Ueber eine neue Methode zur na Cha- 
rakteristik der Nase. (Mit Taf. IV) 

Fr. Kopsch, Referate ANTA cd 

A. v. Torok, Ueber eine neue Methode zur Hanoi Cha- 
rakteristik der Nase. (Fortsetzung) 

R. Weinberg, Referat 

Fr. Kopseh, Referat . spina) ne oid dei nai : 

A. v. Torok, Ueber eine neue Methode zur girone e Cha- 
rakteristik der Nase. (Schluss) SN 

W. Tonkoff, Ueber anomale Anordnung der Hautnerven auf dem 
Handrücken des Menschen, verglichen mit dem normalen 
Verhalten bei den Affen . ee qs 

P. Bertacchini, Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 
(Con Tav. V e VI) 

Fr. Kopsch, Referat . Aon : 

P. Bertacchini, Istogenesi dei Nena di | Triton cristatus. 
(Fine) 


Seite 


25 


33 


B. Rawitz, Die Fussdriise von Gastropteron Meckelii Kosse. 
(Mit 2 Fig.) . CR NOM O Ce 

R. J. Anderson, Note on a Diastema between Molars and Pre- 
molars in an Ox. (With 1 Fig.). 

W. Krause, Referat . es 

W. H. Cox, Die Selbstündigkeit. der x Fibrillen | im Ns (Mit 
Rate Vat - ASI edd Vie NU CREE 

S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen 
Darmes. (Mit Taf VIIIL—XIIT) . 

W. H. Cox, Beitráge zur pathologischen Histologie und i Puuc 
logie der Ganglienzellen. (Mit Taf. XIV) 


D. Timofeew, Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen. 


der Spinalganglien und des Sympathieus beim Vogel. (Mit 
Taf oa: à 

W. Tonkoff, Die Blüte | der Lia 

Necrologia È Sic: et es 

D. Timofeew, Beohachtun en über den Bau der NEG 
der Spinalganglien und des Sympathicus beim Vogel. (Schluss) 

S. Vincent, The comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 
(With Plates XVI—XVIII . SAL wait RES 

S. Vincent, The comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 
(Continuation) RI EAA HORE oe 

S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen 
Darmes . 

Fr. Kopsch, Referate 

A. SN. Dogiel, Zur Frage über den Bau der Suri beim 
Menschen und bei den Säugetieren. (Mit Taf. XIX). 

W. Tonkoff, Die Arterien der Intervertebralganglien und der 
Cerebrospinalnerven des Menschen. (Mit Taf. XX) 

W. Krause, Referate 


MAR He 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano 
con speciale riguardo allo sviluppo dei centri nervosi. 
Per 


P. Bertacchini, 


1° Assistente all’Ist. Anatomico diretto dal Prof. R. Fusari, nell'Università di Modena. 


(Con Tav. I e II.) 


Il giorno 18 Agosto del corr. anno ricevetti dal distinto Collega 
Dr. E. Stuffler di Modena il prodotto di un aborto avvenuto il giorno 
precedente. La parte espulsa mi fu inviata in un recipiente di cristallo, 
senza aggiunta di alcun liquido e mi pervenne in istato eccellente 
di conservazione. Avendo in essa riscontrato un pregevole soggetto 
embriologico, ne feci uno studio particolareggiato, del quale comunico 
ora i risultati ^). 

La massa abortita costituisce un grande e spesso sacco piriforme, 
lungo 12 cm., largo 6 cm. nel polo maggiore, 2,5 cm nel minore, formato 
da tutta intera la decidua parietale. In corrispondenza del polo più piccolo 
si riscontra un orifizio circolare, rappresentante l’orifizio cervicale in- 
feriore della mucosa uterina, del diametro di circa 1 cm. Le pareti di 
questo sacco, che riproduce esattamente la forma del cavo uterino, 
sono grosse, circa 10 mm, di consistenza e di colore carneo; la loro 
superficie esterna è sanguinante, suddivisa da tanti solchi poligonali 
in un'infinità di aree pure poligonali e leggermente sporgenti. La 
superficie interna, messa a scoperto mercè un taglio longitudinale del 
sacco, è levigata, color carnicino alquanto chiazzato di biancastro, 
pure suddivisa in aree spongenti da numerosi solchi intersecantisi. 1l 


1) Per ordine di descrizione indico quest’embrione colla lettera D. 
Internationale Monatsschrift fir Anat. u. Phys. XY. 1 


9 P. Bertacchini, 


polo più piccolo del sacco è sostenuto da una porzione cilindrica cor- 
rispondente al collo uterino. Sulla superficie interna di questa regione, 
proprio vicino all’orifizio cervicale inferiore, si osserva una vescicola 
ovoidale, a grand'asse parallelo all'asse longitudinale del sacco deci- 
duale, aderente solo per la sua faccia a contatto colla mucosa del 
collo, a superficie levigata, rigonfia infine per liquido contenuto (Tav. I. 
fig. 2). L'asse lungo di questa vescicola misura 24 mm, il corto 16. Le 
pareti che la formano sono piuttosto sottili, cirea 0,5 mm, meno che 
nella base d’impianto e nel polo superiore ove raggiungono lo spessore di 
5 mm. Aperta mediante un'incisione longitudinale, lascia uscire circa 
4 c.c. di liquido limpido, color siero di sangue, di odore fresco e nor- 
male. Questa vescicola è un sacco ovulare, come lo dimostra bentosto 
il suo contenuto; le sue pareti sono formate dalla decidua serotina, 
nella base d'impianto, e dalla decidua riflessa dovunque altrove; 
internamente alla decidua si trova il corion e l’amnios. 

La sua cavità è immediatamente tappezzata da una membranella 
sottilissima, color bianco-perlaceo, trasparente, che all'esame microsco- 
pico sì rivela per un amnios normale; essa si stacca facilmente cosicchè 
posso immergerne dei grandi lembi in liquido di Flemming e in soluz. 
sat. d'acido picrico per l'esame istologico, che ho praticato tanto a 
piatto che mediante sezioni. All’esterno dell’amnios, il corion si pre- 
senta come una membrana biancastra alquanto più spessa e resistente, 
la cui superficie interna aderisce all’amnios leggermente mediante 
tessuto interannessiale, mentre l’esterna è provvista di numerosissimi 
villi; questi sono più lunghi, nodosi e ramificati in quella regione dove 
la vescicola embrionale aderisce alla parete uterina. Mediante i villi 
il corion aderisce intimamente alla decidua serotina e riflessa, cosicchè 
non è possibile staccarlo senza lacerare buona parte dei medesimi. 

Nel fondo della cavità della vescicola amnio-corio-deciduale, cioè in 
corrispondenza del punto in cui essa aderisce alla decidua vera, si 
osserva (v. Tav. I. fig. 2), un'altra assai più piccola vescicola ovoidale, 
a grand'asse parallelo a quello della cavità ove è contenuta, lunga 
5,5 mm e larga 3 mm, aderente pel suo polo superiore; questa 
aderenza si fa in modo che le sue pareti si continuano in parte 
coll'amnios che tapezza la cavità coriale, in parte col corion (v. Tav. I. 


^ 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano ete. 


© 


fig. 4). Sulla faccia libera, rivolta cioé verso il cavo amniotico, di 
questa vescicola si osserva una lineetta opaca, biancastra, longitudinale, 
i cui estremi sono alquanto sollevati, la quale rappresenta un piccolo 
embrione. Distaccando colle pinze l’amnios dal corion, si leva, dal 
corion, intatta, anche la vescichetta embrionale, dovendosi vincere una 
lieve resistenza solo in corrispondenza del suo polo superiore, dove, 
cioè, aderisce al corion. 

Immergo il tutto, amnios ed embrione, in un vetrino da ovologio 
ripieno di soluz. norm. di Cloruro di Sodio ‘per farne l'esame esterno 
al microscopio, poscia in abbandante quantita di soluz. sat. d'acido 
pierico addizionata di '/,, di soluz. 2 ?/, d’acido osmico. 


Forma esterna. 


Il corpo dell’embrione (v. Tav. I. fig. 1 e 2), occupa il meridiano 
della faccia libera, che chiameró dorsale, della piccola vescicola, sulla 
quale si adagia come un embrione di Elasmobranchio sull'uovo. Esso 
è quasi rettilineo ed ha l'estremo cefalico rivolto al polo inferiore, la 
sporgenza coccigea rivolta al superiore; misura da un estremo all'altro 
circa 3,8 mm. Ha aspetto nastriforme e le sue pareti somatiche presentano 
due regioni nettamente distinte per la struttura e il grado di traspa- 
renza. Una regione assiale, pitt spessa ed opaca, situata, come un palo 
di fettuccie, ai lati del midollo spinale (v. Tav. I@ fig. 1), e una 
regione laterale, più sottile e trasparente, che costituisce il resto delle 
pareti della vescicola fino alla sua continuazione coll'amnios (v. Tav. ID. 
fig. 1. La regione assiale non presenta traccie distinte di segmen- 
tazione. La testa ha la forma di un’eminenza quadrilatera, ad angoli 
arrotondati e misura 0,65 mm. Col suo polo frontale guarda alquanto 
dorsalmente cosicchè la sua faccia dorsale presenta un leggera incava- 
tura in corrispondenza del punto in cui si continua col resto del corpo; 
(v. Tav. II. fig. 4). Il polo frontale è alquanto rigonfio lateralmente, 
incavato medialmente. Lateralmente, in corrispondenza dei due angoli 
posteriori della testa, dove questa si continua col tronco, si osservano, 
per trasparenza, due grandi vescicole sferiche, le vescicole acustiche 
(v. Tav. I. fig. 4). Nella faccia ventrale la testa presenta una de- 


pressione mediana, infundibuliforme, situata quasi affatto cranialmente 
1* 


4 P. Bertacchini, 


o apicalmente (v. Tav. I. fig. 3). Questa cavità è lo stomodaeum. 
Essa è limitata caudalmente da un tubercolo emisferico, abbozzo 
dell’arco mandibolare; cranialmente da due piccolissimi tubercoli laterali 
e dal polo frontale. In causa del sollevamento già descritto della 
testa, la bocca guarda apicalmente e solo poco ventralmente. Non si 
osservano traccie di altri archi nè di fessure branchiali. 

Subito ventralmente agli angoli laterali anteriori del polo frontale 
si vedono due macchie circolari oscure dovute al trasparire delle ve- 
scicole ottiche (v. Tav. I. fig. 3). 

Il resto del corpo dell'embrione è formato, come si è già detto, 
da una specie di vescicola. Distinta dal rimanente è la sua regione 
assiale che corrisponde alla regione di Wolff e che descriverò breve- 
mente. Ha aspetto nastriforme; incomincia subito al di dietro della 
testa (testa anteriore), con una regione più ristretta (v. Tav. I. fig. 1); 
si allarga alquanto in corrispondenza della regione dorsale; si restringe 
nella regione lombare, per allargarsi leggermente di nuovo in corrispon- 
denza della regione sacro-coccigea. Ha perciò un aspetto leggermente 
biscottiforme. La regione coccigea è sollevata dal piano della vescicola, 
press’a poco come la testa, sotto forma di una sporgenza conica, lieve- 
mente incurvata ventralmente. In corrispondenza del punto in cui si 
distacca la sporgenza coccigea, si vede per trasparenza che dalla faccia 
ventrale della regione assiale dell'embrione parte una striscia cellulare 
più spessa che si dirige caudalmente al di sotto del prolungamento 
caudale della somatopleura, cioè al di sotto della regione caudale 
dell'amnios (v. Tav. Ic. fig. 1). Nella regione di questa striscia 
si vedono, per trasparenza, numerosi vasi sanguigni, color rosso 
brillante. 

Le regioni laterali del corpo dell'embrione, che corrispondono 
alla membrana reuniens inferior di Rathke, sono trasparenti; tuttavia 
la loro metà craniale é alquanto piü opaca della caudale e in corri- 
spondenza del limite fra queste due regioni corre una striscia legger- 
mente più oscura che parte dalla regione assiale dell'embrione. 

Merita di essere qui rammentato che già all'esame esterno si vede 
nell’interno della regione coccigea una piccola vescichetta circolare 
trasparente che risalta come uno spazio chiaro. Noto inoltre che la 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 5 


regione dell’amnios che sta caudalmente al corpo dell’embrione e sotto 
alla quale si dirige il cordone che parte dalla faccia ventrale della 
sporgenza coccigea, è più rilevata, opaca e spessa del rimanente. 

La particolarità più importante che si osserva nella regione assiale 
dell'embrione è il tubo nervoso centrale, che si vede nettamente per 
trasparenza. Esso è già completamente chiuso. 

Nella sua estremità craniale si scorgono tre rigonfiamenti. Il 1°, 
o più distale, è pochissimo esteso in senso sagittale o longitudinale; 
appartiene esclusivamente al polo frontale della regione libera della 
testa e corrisponde alla vescicola cerebrale anteriore o prosencephalon; 
misura longitudinalmente 0,065 mm. e trasversalmente 0,20 mm. 
(Gye Bayalı sto 4: po): 

Il secondo rigonfiamento è ellissoidale in senso longitudinale e rap- 
presenta la 2* vescicola cerebrale o mesencephalon. Cranialmente non 
è che indistintamente separato dalla vescicola anteriore, mentre è cau- 
dalmente separato da un profondo solco dalla 3? vescicola. Misura 
0,29 mm. in senso longit. e 0,24 mm. in senso trasversale. Corri- 
sponde, lateralmente e caudalmente, alle vescicole acustiche (v. Tav. I. 
fig. 4 mes). 

Il rigonfiamento posteriore, o 3% vescicola cerebrale o rhomben- 
cephalon, non ha caudalmente limiti molto distinti. Distalmente, ove 
è separato dal mesencefalo da un solco trasversale circolare, è formato 
da un segmento più distinto, ellissoidale in senso trasversale, lungo 
0,14 mm., largo 0,25 mm.; caudalmente è ovoidale in senso longitudinale 
e si continua, senza limiti distinti, col midollo spinale (v. Tav. II rh). 

Da questa rapida descrizione si vede che il prosencephalon occupa 
esattamente l’estremo apicale e craniale dell'embrione. Solo la sua 
estremità distale si è alquanto flessa ventralmente, trasportando la 
regione delle vescicole ottiche nel lato ventrale della testa. 

Il midollo spinale si estende come un cordone oscuro moniliforme 
e apparentemente interrotto, dalla testa posteriore alla sporgenza coc- 
cigea. Quando ha raggiunto la base di questa sporgenza, se ne per- 
dono le traccie in causa dell’eccessiva opacità dei tessuti di questa 
regione del corpo. 

Il midollo spinale misura in lunghezza, compreso il segmento caudale 


6 P. Bertacchini, 


del rhombencephalon ed inclusa la regione coccigea, nella quale le sezioni 
microscopiche ne dimostrano l’esistenza, 2,7 mm. La sua misura reale 
è però alquanto maggiore perchè esso descrive qualche curva laterale. 
È alquanto più grosso cranialmente, vicino al rhombencephalon, ove 
misura 0,06 mm, che caudalmente, ove raggiunge appena 0,04 mm. 

Presenta una serie di ingrossamenti assai vicini separati da spazi 
più ristretti e chiari, cosicchè rassomiglia a un rosario. 

Esaminando la direzione del profilo dorsale dell'embrione, si nota 
che esso descrive varie curve, tutte leggere. La testa è sollevata e 
guarda dorsalmente col polo frontale; in corrispondenza della regione 
del mesencephalon e del rhombencephalon, future regioni delle eminenze 
apicale e nucale, vi è una leggera depressione; il profilo dorsale si 
rialza alquanto in corrispondenza della regione dorsale, si deprime di 
nuovo nella regione lombare per rialzarsi notevolmente in corrispon- 
denza della sporgenza sacro-coccigea. 


Età dell’embrione. 


Dall'esame esterno giudico che il grado di sviluppo di questo 
embrione non superi il 6° e 7° Stadio della Scala di sviluppo di His; 
vi appartengono, di casi descritti, l'embrione I di Coste, disegnato da 
Gerbe e riportato da His nella sua „Anatomie menschlicher Embryonen“ 
e lembrione Z, di His. Per la lunghezza della testa starebbe nel 
1° gruppo della Classe che His fa dei più giovani embrioni del 1° mese, 
i quali hanno una profondità sagittale cefalica media di 0,6 mm. Per 
la mancanza peró di distinti archi e fessure viscerali, di un cuore 
tubulare libero e di abbozzi degli arti si rivelerebbe alquanto piü 
giovane e potrebbe stare nella stessa linea (V. II. pag. 32) degli 
embrioni VII (E), VI (SR) e AT 2 (Allen-Thompson). 

Per ciò poi che riguarda l’incurvatura dorsale, apparterebbe agli 
embrioni del II Tipo di His, nei quali il dorso è ventralmente intro- 
flesso. L’eta sarebbe dai 16 ai 21 giorni e, per il grado di sviluppo, 
corrisponderebbe, pressa poco, al 10° giorno di sviluppo dell'embrione 
di coniglio e al 2° giorno di incubazione dell'embrione di pollo. 

Di embrioni descritti più giovani di questo, vi sarebbero perciò 
le vescicole blastodermiche di Reichert, di Wharton-Jones e di 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano ete. 7 


Breuss e gli embrioni di Schwalbe, di Bruch, 1 e 2 di Allen-Thompson, 
SE e E di His. 

Due cose però contrastano con questi dati desunti dall'esame 
anatomico dell'embrione; 1° il diametro del corion e il contegno del- 
Vamnios; 2° i dati ostetrici. 

Riguardo al corion, esso è notevolmente più ampio delle misure 
date per normali dall’His e riguardo all’amnios, questo, invece di 
abbracciare strettamente l’embrione, aderisce alla faccia profonda 
del corion. Saremmo perció di fronte ad uno sviluppo anormale di 
queste membrane fetali; dichiaro peró che sull’anormalita di questo 
rapporto fra embrione ed annessi io nutro, come già ebbi occasione 
di dire descrivendo altri giovani embrioni, dei forti dubbi. E questi 
dubbi si basano specialmente sul fatto, che è caratteristica per lo 
sviluppo ontogenetico umano, la formazione e la chiusura precoce del- 
Yamnios; non si intende perciò facilmente come esso possa restare 
tanto tempo, fino a che l'embrione abbia raggiunta la lunghezza di 
14 mm. secondo His, aderente al corpo embrionale e senza che nel 
suo interno si accumuli liquido. Jo resto perció in dubbio, fino a prova 
in contrario, se il reperto di un amnios aderente al corpo di embrioni 
che superano la lunghezza di 3 o 4 mm. non consista in un errore di 
osservazione, causato dall'essersi questa membrana staccata dal corion, 
lacerata ed adossata all’embrione, come spesso ho potuto osservare. 

L'altro ostacolo è rappresentato dai dati ostetrici. Secondo quanto 
mi fu gentilmente comunicato dal D* Stuffier, la donna dalla quale 
questo embrione deriva, ebbe l'ultima mestruazione il 1° Maggio, 
laborto il 17 Agosto 1897. 

Computando, come consiglia la maegior parte degli embriologi, 
il principio della gravidanza dalla 1* mestruazione mancata, si avrebbe 
letà di 2 mesi e 20 giorni. 

A questi dati, però, non è da attribuire, per quello che io credo, 
troppo valore, perchè la decidua espulsa presentava tracce evidenti di 
un processo di endometrite, salvo che nella zona limitata al collo del- 
lutero. La piccola estensione della parte sana della mucosa uterina 
diminuiva quindi le probabilità per un felice impianto dell’ovulo fe- 
condato. Ora può darsi che dopo la cessazione dei mestrui, sia avve- 


8 P. Bertacchini, 


nuta ancora per due epoche mensili, 28 Maggio e 26 Giugno l’ovu- 
lazione, mancando lo scolo sanguigno in causa delle sfavorevoli con- 
dizioni della mucosa uterina. Può darsi invece che nel terzo periodo 
mestruale, 24 Luglio, l'ovulo fecondato accidentalmente sia stato tra- 
sportato sull’unica regione sana della mucosa, cioè in corrispondenza 
del collo uterino, e che quì abbia potuto impiantarsi incominciando 
il suo sviluppo. 

Accogliendo questa ipotesi, l'embrione avrebbe l'età di circa 21 
giorni, che corrisponderebbe abbastanza bene colla sua struttura. Al 
lettore, del ‘resto, il pronunciare il giudizio. 

Come ho già detto, l'embrione assieme con tutto l'amnios fu im- 
merso in soluz. sat. di acido picrico, addizionata di */,, di soluz. 2°/, 
d’acido osmico; dopo 24 ore fu lavato in acqua distillata e passato per 
la serie graduale degli alcool per completare lindurimento. Fu poscia 
incluso, colle norme solite, in paraffina e diviso al microtomo in sezioni 
seriate. 


Struttura interna. 


A) Sistema nervoso. 


Il corpo dell’embrione è formato dorsalmente, nella linea mediana, 
dal tubo nervoso, dalla notocorda e dal mesoblaste protovertebrale; 
ventralmente, dalle sottili pareti, in gran parte non ancora divise dalla 
cavità del celoma, della regione embrionale della vescicola blastodermica, 
che ‘limitano la grandissima cavità del mesenteron primitivo. Caudal- 
mente, ove esiste la separazione fra somatopleura e splancnopleura, si 
distaccano dalla faccia ventrale del mesenteron il sacco vitellmo e 
lallantoide assieme col peduncolo addominale (v. Tav. IL). 


Struttura istologica. 


Il tubo nervoso non è ben conservato che nella regione encefalica 
e nella dorsale superiore; caudalmente è disgregato. 

Le sue pareti hanno una struttura alquanto diversa nelle diverse 
regioni. Nell'encefalo sono formate da uno strato epiteliale semplice 
di cellule cilindriche in corrispondenza della volta e della base; lateral- 
mente invece, le cellule si sovrappongono in perecchi strati, sempre 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 9 


pochi però, in modo da dare alle pareti uno spessore notevolmente 
maggiore. Questa struttura è specialmente distinta nel mesencefalo; 
lo è meno nel prosencefalo e non è più riconoscibile nel rombencefalo, 
la cui struttura si avvicina a quella del midollo spinale. 

In quest’ultima regione, le pareti sono formate da uno strato 
semplice di cellule cilindriche solo nella linea mediana dorsale e ven- 
trale, in corrispondenza delle future commissure omonime.  Lateral- 
mente invece si inframettono fra le cellule cilindriche delle numerose 
cellule rotondeggianti e ovoidali che verso il piano dorsale conservano 
ancora una disposizione epiteliforme, mentre verso il piano ventrale 
si accumulano costituendo le colonne cellulari ventrali della zona mo- 
toria di His. Le cellule cilindriche così distinte nelle regioni com- 
missurali, sono assai meno discernibili nelle regioni laterali avendo 
subito un notevole cambiamento di forma; sono diventate assai più 
alte, in modo da attraversare tutto lo spessore dell'ispessita parete del 
tubo nervoso, e più sottili, essendo lateralmente compresse dalle nume- 
rose cellule che sono comparse in mezzo ad esse. 

Si possono perciò distinguere due strati nello spessore delle pareti 
del tubo nervoso. Uno strato interno che nelle regioni mediane dorsali 
e ventrali è formato esclusivamente dalle sopra descritte cellule cilindriche 
e che nelle regioni laterali è costituito invece solo dalle loro estremità 
interne. Questo strato limita immediatamente il canale ependimario 
e le cellule che essenzialmente lo costituiscono sono gli spongioblasti 
di His, la cui superficie libera interna presenta un sottile orletto a 
doppio contorno che pare formato da corte, sottili e rettilinee ciglia 
e il cui nucleo si trova a metà altezza del loro lungo corpo. Fra le 
estremità profonde degli spongioblasti si osservano, nelle regioni laterali, 
numerose piccole cellule rotundeggianti, cellule germinative, che pure 
appartengono allo strato interno. 

Lo strato esterno è formato dai neuroblasti che derivano per 
cariocinesi dalle cellule germinative. Questi nella metà dorsale del 
midollo, ai lati della linea mediana, e nelle regioni laterali dell’encefalo 
formano uno strato regolare di elementi disposti radialmente, allun- 
gati nello stesso senso e disposti solo in due o tre piani savrapposti; 
nella metà ventrale del midollo formano invece due grossi accumuli ai 


10 P. Bertaechini, 


lati della linea mediana, nei quali gli elementi, rotondeggianti, sono 
irregolarmente disposti. Questi cumuli corrispondono alle colonne cellu- 
lari ventrali della zona ventrale di His. 

L’involuero del tubo nervoso è formato da un piano semplice di 
cellule mesenchimali piatte; non si scorge una membrana basale distinta. 
Lateralmente e ventralmente é abbracciato dal mesoblaste delle proto- 
vertebre; dorsalmente la cosa è dubbia. 


Struttura anatomica, 


EMEnceralo: 


L'encefalo è suddiviso, come già è stato detto, nelle 3 vescicole 
cerebrali primitive. 


a) Prosencephalon. 


Il prosencephalon, le cui misure si sono gia date, corrisponde al 
polo frontale della regione libera della testa. In una sezione trasversa 
ha la forma di un ovoide dorso-ventrale, a polo grosso rivolto dorsal- 
mente. Misura in questo senso 0,43 mm e 0,24 mm nel senso tras- 
versale. È caratterizzato (v. Tav. IL fig. 1), dal non avere assotti- 
gliata, come le altre regioni del tubo nervoso, la volta dorsale, ma di 
essere anche qui formato da due o tre piani di cellule. Ventralmente 
invece è costituito da un solo piano cellulare e in corrispondenza del 
suo angolo ventrale dà origine lateralmente a due estroflessioni che si 
dirigono lateralmente, dorsalmente e caudalmente e che rappresentano 
le vescicole ottiche primarie. Queste vescicole col loro polo libero 
raggiungono quasi l’ectoderma cutaneo degli angoli laterali anteriori 
della testa, il quale in questa regione non presenta altro differenzia- 
mento che un’altezza alquanto maggiore; manca perciò un distinto 
abbozzo della lente cristallina. La regione ventrale del prosencephalon 
è leggermente introflessa fra le 2 vescicole ottiche. Questa regione è 
vicinissima all’ectoderma cutaneo che qui è pure leggermente incavato 
e più alto e stratificato che altrove. Questa depressione ectodermica 
sta medialmente nell’orlo craniale dello stomodaeum e conduce in 
quest’ultima cavità. 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. Ji 


b) Mesencephalon. 


Il mesencephalon misura in lunghezza 0,29 mm. La sua sezione 
trasversa (v. Tav. II. fig. 2, 3 e 4), ha la forma di un ellissoide dorso 
ventrale che in questo senso misura 0,45 mm e trasversalmente 0,24 mm. 
È separato dal prosencephalon da uno strozzamento indistinto; da uno 
strozzamento profondo invece dal rhombencephalon. 

Nella sua sezione trasversa si distinguono chiaramente 3 diverse 
regioni; una dorsale, una mediana e una ventrale, separate da due 
leggeri strozzamenti longitudinali, uno dorsale e uno ventrale. Le 
regioni dorsale e ventrale formano due lievi rigonfiamenti le cui pareti 
sono formate da un solo piano di cellule; corrispondono, secondo me, 
chiaramente al Dachdivertikel e alla Vorderspalt del tipo fondamentale 
del sistema nervoso di Lówe. 

La regione mediana, allungata alquanto in senso dorso-ventrale, 
ha invece pareti laterali ispessite, ispessimento questo che mi sembra 
analogo a quello laterale degli encefalomeri descritti nell'encefalo dei 
vertebrati inferiori (v. letteratura). 

Questa regione mediana rappresenterebbe la Mittelausweitung di 
Lówe. La disposizione è assai evidente e mi pare abbia un valore 
morfologico non trascurabile; sia detto questo senza accettare del tutto 
le idee di Lówe riguardo all'ulteriore destino di queste 3 regioni delle 
vescicole encefaliche. 

Il contorno ventrale del mesencephalon è in rapporto di vicinanza 
coll’ectoderma dorsale dello stomodaeum. 

Nello spessore del sottile setto mesoblastico che separa questi 
due organi, appare, immediatamente al di dietro della regione ottica 
del prosencefalo, l’estremo craniale della notocorda, saldato all’epiblaste 
del cavo orale (v. Tav. II. fig. 3 e 4). 


c) Rhombencephalon. 


Fra il mesencephalon e il rhombencephalon esiste un profondo 
strozzamento circolare, che coincide col piano trasverso delle vescicole 
acustiche (v. Tav. IL fig. 5) e in corrispondenza del quale le pareti 
nervose quasi collabiscono. 


12 P. Bertacchini, 


Una sezione trasversa del rhombencephalon (v. Tav. II. fig. 6) si 
presenta notevolmente diversa da quella del mesencephalon e rasso- 
migliante a quella del midollo spinale. Il diverticolo dorsale, Dach- 
divertikel, è notevolmente ridotto, quasi appena accennato; il rigonfia- 
mento mediano, Mittelausweitung, è notevolmente sviluppato e protrude 
fortemente lateralmente; il diverticolo ventrale è ridotto ad una sotti- 
lissima fessura dorso ventrale dalla comparsa delle colonne cellulari 
del campo motore. La sezione del tubo nervoso ha qui manifesta- 
mente una forte rassomiglianza con quelle che ho descritte nel midollo 
spinale dei miei due embrioni umani A e C (v. letteratura). La 
figura 6 rappresenta veramente una delle sezioni più caudali del rhom- 
bencephalon; cranialmente lo sviluppo delle colonne cellulari ventrali è 
alquanto minore. 


Midollo spinale. 


In una sezione trasversa del midollo spinale si osserva, in linea 
generale, quanto segue. Anche qui abbiamo le 3 regioni della cavità 
centrale descritte da Lówe, senonchè il diverticolo dorsale è notevolmente 
impiccolito in causa del forte sviluppo preso dalle pareti laterali del 
tubo nervoso; la regione mediana, Mittelausweitung, spinge in fuori, 
allargandosi notevolmente, 2 diverticoli laterali a direzione leggermente 
ventrale dei quali Löwe non ha fatto menzione; il diverticolo ventrale 
è molto appiattito lateralmente e ridotto a un’esilissima e lunga fessura 
dorso ventrale; in certi punti sembra scomparso per collabimento delle 
pareti. La causa di questa riduzione della Vorderspalt di Lòwe deve 
ricercarsi nello sviluppo delle colonne neuroblastiche ventrali. 

L'analogia, in seguito a questa descrizione, colla struttura presen- 
tata dal midollo spinale degli embrioni A e C appare evidente. 

Occorre inoltre far notare che il contegno della cavità centrale del 
midollo, e perciò anche delle sue pareti, non è dovunque lo stesso. 
Uno sguardo gettato sulla Tav. II. figure 7—12 lo dimostra chiaramente. 

Anzitutto, il diverticolo dorsale talora esiste come piccola regione 
distinta (v. Tav. IL fig. 7 e 9), talora scompare confondendosi col- 
l'allargamento mediano (Mittelausweitung di Löwe) v. Tav. IL fig. 8, 
10, 11 e 12). L'allargamento mediano talora è più ampio ed ha pareti 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 13 


laterali più sottili (v. Tav. II. fig. 9), talora è più ristretto ed ha pareti 
laterali più grosse (v. Tav. II. fig. 8). Altrettanto dicasi delle colonne 
cellulari ventrali. Queste in certi punti sono meno sviluppate (v. Tav. II. 
fig. 8 e 9), in altri assai di più, tanto da modificare profondamente la 
forma della cavità midollare (v. Tav. II. fig. 11 e 12). 

Questa alternanza di restringimenti e allargamenti si vedeva già 
confusamente anche all’esame esterno dell'embrione. Abbiamo dunque 
quella stessa disposizione che, assai esagerata, esisteva anche nell’altro 
mio embrione C. 

Il tubo nervoso è nella regione delle due vescicole cerebrali an- 
teriori separato dall’ectoderma da un sottile strato di tessuto meso- 
blastico. Il rapporto si fa invece assai intimo a livello delle vescicole 
acustiche o dell'estremo craniale del rhombencephalon, ove il tubo 
nervoso è a contatto immediato coll’ectoderma che in questa regione 
incomincia a farsi alto e stratificato per mantenersi tale per tutta 
l'estensione del rhombencephalon. Questo contatto fra epidermide e 
tubo nervoso è però pochissimo esteso, perchè subito caudalmente al 
punto in cui esso avviene, si interpone fra i due organi un rilevante 
foglietto cellulare, formato da elementi poligonali strettamente stipati. 
Questa lamina (v. Tav. II. fig. 6, 7, 8 e 9) è più sottile nella linea 
mediana, si ingrossa lateralmente e dorsalmente al midollo spinale e 
pare spinga delle propagini ventralmente tanto nello spessore delle 
pareti del corpo, quanto attorno al midollo spinale rivestendone la 
faccia ventrale. 

Resto incerto sul significato di questa lamina, i cui elementi sem- 
brano in attiva cariocinesi e per la forma si differenziano dalle cellule 
mesoblastiche ramificate che formano le pareti del corpo. 

Non si osservano tracce di radici nervose anteriori. 

Nella sua estremità caudale il midollo spinale è mal conservato. 
È a contatto immediato coll’ectoderma e finisce proprio immediatamente 
al di sopra dell’invaginazione ectodermica anale. 

Credo non. del tutto inopportuna qualche considerazione riguardo 
alla struttura del midollo spinale. Mi pare caratteristica per l'embrione 
umano la grande estensione dei due diverticoli laterali della sua cavità 
ependimaria, diverticoli che in fasi più avvanzate di sviluppo, quando 


14 P. Bertaechini, 


esistono gia tanto le colonne cellulari ventrali che le dorsali, arri- 
vano fino alla superficie laterale del midollo (v. Kölliker, Handbuch 
der Gewebelehre, pag. 130—131. fig. 402, 403, 404). Quando il mi- 
dollo é in tale fase di sviluppo, la sua cavità ependimaria ha 
nettamente una figura cruciforme. Nella fase precoce, peró, del 
mio embrione, il braccio dorsale della croce talora esiste e talora 
no, mentre poi mancano assolutamente tracce delle colonne cellulari 
dorsali. Mi pare evidente che l'assenza delle colonne cellulari dorsali 
dovrebbe condurre con sé quella del braccio dorsale della croce, se la 
formazione di questo dipendesse esclusivamente dalla loro presenza, 
come avviene in realtà nella zona ventrale del midollo. Questa con- 
comitante assenza non è invece assoluta nel mio embrione, il che di- 
mostra, a mio credere, che il diverticolo dorsale della cavità ependi- 
maria ha anche un'altra origine. Infatti esso è anche, in parte, un 
residuo della primitiva cresta neurale e sutura neuro-epidermica. Se 
esso poi non è continuo, come il diverticolo ventrale e i due laterali, 
cid dipende probabilmente, come ho tentato di dimostrare nella de- 
scrizione dell'embrione C, dalla conformazione degli orli della doccia 
midollare primitiva. 

Riassumendo, nell’embrione umano il primo cambiamento di forma 
della cavità del midollo spinale è dovuto allo sviluppo delle colonne 
cellulari ventrali che protrudono fortemente verso la cavità ependi- 
maria, cosicchè questa assume l’aspetto, in una sezione trasversa, di 
una fessura semilunare dorsale, estesa nel senso frontale, dal mezzo 
della cui concavità, rivolta ventralmente, parte una lunga e stretta 
fessura dorso-ventrale, limitata lateralmente dalle colonne cellulari 
ventrali (v. Tav. II. fig. 12). Quando compaiono le colonne cellulari 
dorsali, protrudono anch’esse verso l’interno del midollo cosicchè il 
canale ependimario assume la forma di un solco crociato (v. Tav. II. 
fig. 7, 8); allora le braccia laterali della croce dividono nettamente 
la zona ventrale dalla dorsale e questa disposizione si mantiene fino 
a fasi abbastanza inoltrate di sviluppo; v. fig. di His, Kölliker, Löwe 
e le mie degli embrioni A e C. Sarebbe interessante seguire il destino 
delle cellule epiteliali che rivestono quelle regioni della cavità centrale 
che sono destinate a scomparire. 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 15 


Organi dei sensi. 


Olfatto. — Non esistono ancora le placche olfattive laterali, nè 
da parte del prosencephalon si scorge alcun accenno alla formazione 
di un lobo olfattivo. 

Occhio. — L'organo della vista è rappresentato dalle vescicole 
ottiche primarie, già descritte, ancora in larga communicazione colla 
cavità del prosencephalon. Da parte dell'ectoderma, manca un distinto 
impianto della lente cristallina; l'ispessimento ectodermico disegnato 
nella Tav. I. fig. 1, è alquanto esagerato. 

Organo dell'udito. — È rappresentato da un'ampia e sferica 
vescicola acustica, già separata dall'eetoderma e situata a livello del 
soleo che separa il mesencephalon dal rhombencephalon. 

Le vescicole acustiche sono alquanto appiattite tangenzialmente, 
misurano in senso dorso ventrale 0,224 mm, in senso laterale 0,160 mm. 
Le loro pareti sono formate da uno strato semplice di belle cellule 
cubiche. Dorsalmente ad esse si trova un cumulo cellulare ben distinto, 
di forma sferica, in rapporto con un ispessimento dell’ectoderma, che 
misura 0,064 mm di diametro e rappresenta l'abbozzo del ganglio acustico 
(v. Tav. I. fig. 5)!). 

Non esistono altre particolarità riguardanti gli organi dei sensi e 
il sistema nervoso periferico. 


Tubo digerente. 


Si è già brevemente descritto lo stomodaeum e accennato il rap- 
porto della sua parete dorsale colla notocorda. Esso è limitato aboral- 
mente da un tubercolo impari assai sporgente. 

È dubbio se questo tubercolo corrisponda a un vero arco mandi- 
bolare, perché non presenta alcuna traccia di una doppia origine laterale; 
ma potrebbe darsi si trattasse di uno sviluppo suo anormale. 

Lo stomodaeum finisce caudalmente a fondo cieco alla distanza di 
0,070 mm dal suo ingresso. Oltre il suo fondo cieco, l'ectoderma della 
sua parete dorsale e quello della ventrale si addossano e si continuano 


!) Nell’embrione Z, di His le vescicole acustiche erano ancora aperte; il mio 
embrione sarebbe perció di poco piü sviluppato. 


16 P. Bertacchini, 


alquanto caudalmente nello spessore del mesoblaste (v. Tav. II. fig. 3). 
È con questo foglietto ectodermico che è in rapporto l'estremo craniale 
della notocorda. 

Fra il fondo cieco orale e l’aditus anterior del mesenteron si 
interpone un robusto setto di mesoblaste dello spessore di 0,210 mm. 

Si incontra, colle sezioni trasverse, l'epitelio della volta dell'aditus 
anterior circa all'altezza del contorno caudale delle vescicole acustiche 
(Tav. IE fig. 5). 

Il mesenteron ha la forma di un'ampia cavità che occupa quasi 
tutta l'estensione del corpo vescicolare dell'embrione. Le sue pareti 
sono formate direttamente dalla totalità del blastoderma dell'area em- 
brionale in quasi tutta la sua estensione; solo caudalmente, a livello 
dell’attacco dell'embrione al corion, le pareti si sdoppiano in una 
lamina profonda che si addossa al mesenteron e al sacco vitellino, 
splanenopleura, e in una superficiale che resta unita all'eetoderma e si 
continua coll’amnios e col corion, somatopleura (v. Tav. I. fig. 4). Il 
celoma interno, fessura pleuro-peritoneale, ha percid una brevissima 
estensione e non é sviluppato molto che il celoma esterno (v. Tav. II. 
fig. 3) in avanti. L'epitelio del mesenteron é cubico, a protoplasma 
oscuro, finissimamente punteggiato; raggiunge una maggiore altezza ai 
lati della volta dorsale. Quest'ultima è sporgente nella linea mediana in 
causa del rilievo formato dagli organi assiali, midollo spinale, notocorda 
e aorta discendente. Le pareti laterali della regione più craniale del 
mesenteron presentano delle fitte e profonde estroflessioni entro le 
quali si approfonda l’epitelio ipoblastico fin quasi a raggiungere l’ecto- 
derma, che, a sua volta, si affonda alquanto (v. Tav. IL fig. 9 e 10). 
Si potrebbe pensare che rappresentassero gli abbozzi delle fessure bran- 
chiali, ma sono troppo numerose, in certi punti potendosene contare 
fino a 9. La parte di mesenteron che sta cranialmente alla comparsa 
del celoma e del sacco vitellino è molto ampia. Misura, a livello 
dell’aditus anterior, 0,160 mm in senso dorso-ventrale e 0,560 mm. in 
senso trasversale; ma subito dopo la sua cavità si arrotonda (v. Tav. II. 
fig. 7 e 10) e misura un diametro di 1,120 mm in dutti i sensi. 

A 1,40 mm. dall'aditus anterior, appare per la prima volta il celoma 
e nel lato ventrale dell'embrione la somatopleura si continua coll'origine 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 17 


dell’amnios, discostandosi dalla splancnopleura che resta a costituire 
le pareti del sacco vitellino (v. Tav. II. fig. 13, 14 etc). Il dotto 
epiteliale vitellino compare nella 69* sezione, a 3,06 mm dall’aditus 
anterior. 

Il sacco vitellino ha la forma di una vescicola ovidale; misura 
nel senso dell'altezza 1,60 mm; 1,12 mm in senso trasversale e si 
estende nel senso della lunghezza dell'embrione 1,20 mm. 

Ha pareti grossissime (v. Tav. II. fig. 14, 16, 17), formate di 
cellule mesoblastiche stellate o fusiformi, assai ramificate e anastomiz- 
zate fra di loro. 

Nelle areole della loro rete si osservano numerose cellule rotonde, 
a scarsissimo protoplasma, a nucleo rotondo grandissimo, con distinto 
nucleolo e reticella nucleare. 

Quà e là, nello spessore delle pareti del sacco vitellino si osser- 
vano delle reticelle vascolari di nuova formazione (v. Tav. II. fig. 6), 
ehe hanno la forma di irregolari cordoni di cellule mesoblastiche, nel 
cui centro si differenziano dei giovani globuli rossi. 

Nello spessore del contorno craniale del sacco vitellino si vede 
un enorme vaso sanguigno impari, mediano, ripieno di globuli rossi 
nucleati, carichi di emoglobina e di un distinto colore giallo carico. 
Questo vaso, che si dirige alquanto in direzione craniale, rappresenta 
la riunione delle 2 vene omfalo-mesenteriche e forma, press’a poco, il 
seno impari del cuore (v. Tav. II. fig. 13). 

È notevole che cranialmente a questo punto non si osserva, di 
abbozzo di apparecchio circolatorio, che una piccola fessura nella parete 
ventrale della regione craniale del mesenteron (v. Tav. II. fig. 10). 
Questa fessura, che io interpreto per l'impianto del cuore, sembre- 
rebbe derivare da un abbozzo doppio, giacchè alcune cellule meso- 
blastiche le formano come un setto sagittale mediano. Ebbene, è note- 
vole che nè in questa cavità nè dovunque altrove, in questa parte 
craniale del corpo dell'embrione, si trovano globuli sanguigni embrionali 
emoglobiniferi. Nella piccola fessura cardiaca si trovano solo alcune 
cellule mesoblastiche sferiche, eguali a quelle che ho descritte nella 
parete del sacco vitellino, senza alcuna traccia d’emoglobina. L’accu- 
mulo dei globuli rossi embrionali sembra limitato al solo sacco 


Internationale Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. XY. 2 


18 P. Bertacchini, 


vitellino e al tessuto connettivo che circonda l'allantoide, nei quali punti 
raggiunge uno sviluppo enorme. 

Nell'interno del sacco vitellino si osservano alcuni ammassi di 
sfere vitelline (vitello nutritivo, deutoplasma); si presentano come sfere 
granulose, del diametro di 15 u, colorate in nero dall’acido osmico 
(v. Tav. II. fig. 14 e 16). Di questo deutoplasma se ne trova anche 
dentro al mesenteron fin nella sua regione più cefalica. 

Il dotto vitellino è rivestito da un epitelio cubico, semplice, che è 
la continuazione di quello del mesenteron. 

A livello dell'ombelico splancnico, le cellule di quest’epitelio 
presentano un notevole cambiamento di struttura. Nella parte prossi- 
male sono piccole, 8 u, eguali a quelle del mesenteron; nella distale 
invece grandissime, 30 4, poligonali, fortemente granulose (v. Tav. IL 
fig. 15). Passando nell’interno del sacco vitellino aumentano ancora 
di volume, prendendo l'aspetto di vere zolle protoplasmatiche cubiche, 
appiattite (v. Tav. IL. fig. 13 e 15); il nucleo è sempre unico. Il loro 
protoplasma é carico di granulazioni molecolari, rifrangenti, che hanno 
tutto il carattere di granuli di vitello nutritivo. 

Il mesenteron finisce a fondo cieco a breve distanza dal contorno 
caudale del dotto vitellino (v. Taf. II. fig. 16). 

Il tessuto mesobiastico della parete caudale del sacco vitellino e 
della ventrale dell'aditus posterior del mesenteron, si prolunga caudal- 
mente rasente la faccia ventrale della somatopleura che prolunga caudal- 
mente il corpo dellembrione (v. Tav. II. fig. 18, 19 e 20). Ebbene, 
dal contorno aboraie del dotto vitellino, parte un cordone epiteliale 
che si dirige caudalmente nello spessore di questo tessuto. Questo 
cordone è da prima. cilindrico e massiccio e misura 35 u; si fa 
poscia cavo e termina caudalmente con un estremità rigonfia, 160 w, 
nello spessore del mesoblaste, dianzi citato, postembrionale. 

Queste tubo è Vallantoide; si vede nel suo inizio nella fig. 15; nel 
suo tragitto e nell’estremità caudale nelle fig. 16, 17 e 18, Tav. II. 

Il mesoblaste che la circonda contiene grossi vasi sanguigni, i vasi 
allantoidei, che sembrano in ampia comunicazione con quelli del sacco 
vitellino; questo tessuto si avvanza sotto l'origine caudale dell'amnios, 
al di là dell'estremità caudale dell'allantoide, per raggiungere i villi 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 19 


del corion. Questo tessuto mesoblastico allantoideo è la parte essen- 
ziale, a mio credere, del Bauchstiel di His. 

È notevole un'osservazione che ho avuto agio di fare. La cavità 
del celoma, tanto interno che esterno, è rivestita da uno strato semplice 
di cellule mesoblastiche piatte. Ebbene, questo rivestimento sul tessuto 
mesoblastico che accompagna l’allantoide diventa cubico, alto e netta- 
mente epiteliforme (v. Tav. IL. fig. 19 e 20). Quale significato può avere 
questo fatto rispetto all’epitelio dei villi coriali e agli epiteli della 
giovane placenta? 

Sarebbe prematuro e azzardato il fare qui la pitt piccola ipotesi. 


Proctodaeum. 


Il segmento anale del tubo digerente si presenta come una stretta 
e profonda introflessione ectodermica che, in sezione quasi sagittale, 
si vede nella Tav. II. fig. 20. Essa nasce dallangolo che resta fra 
la faccia ventrale libera della sporgenza coccigea e l’origine postem- 
brionale dellamnios e si prolunga per 0,180 mm. rasente la faccia 
ventrale del midollo spinale. Ventralmente al midollo spinale e, par- 
rebbe, nel suo interno appare nella regione coccigea una cavità sferica 
tapezzata da uno strato semplice di cellule cubiche, i cui rapporti sono 
incerti. È questa vescicola che si vedeva anche all'esame esterno. 
Resta interposta fra la faccia ventrale del midollo e la dorsale del 
proctodaeum e sulla sua natura non saprei pronunciarmi. 


Notocorda. 


Un'altra formazione distintissima in questo embrione è la noto- 
corda. Si è già detto che comincia dorsalmente e caudalmente allo 
stomodaeum (v. Tav. I. fig. 3). 

In questo punto essa è appiattita in senso dorso-ventrale e mas- 
siccia; ma subito dopo si fa ampiamente tubulare misurando un diametro 
dorso-ventrale di 0,048 mm e uno trasversale di 0,112 mm. La sua 
cavità misura nelle stesse direzioni rispettivamente 0,024 mm e 0,085 mm. 
La sua parete è formata da una serie semplice e regolare di belle 
cellule subcilindriche, alle circa 14 «, a nucleo ovale di 5 wu di altezza, 
eguali a quelle che rivestono la cavità mesenterica (v. Tav. IT. fig. 4, 5). 


DE 


20 P. Bertacchini, 


Attorno alla notocorda non esiste guaina anista, come in fasi pit 
avanzate, ma un piano semplice e non continuo di cellule meso- 
blastiche piatte. Procedendo caudalmente la notocorda da piatta in 
senso dorso-ventrale, si fa cilindrica (v. Tav. IL. fig. 7, 8 e 9), e il 
suo diametro discende a 20 u. La sua cavità centrale è perciò quasi 
scomparsa, mentre si è fatta più distinta la guaina mesoblastica In 
nessun punto essa presenta processi degenerativi. Non ho potuto seguire 
il contegno del suo estremo caudale. 


Somatopleura post-embrionale. 


Alcune parole ho da aggiungere intorno a questa regione del 
prolungamento delle pareti del corpo, regione che corrisponde a quella 
del cappuccio caudale dell’amnios e sulla quale nell'embrione umano 
si forma la sutura del sacco amniotico. Essa è destinata a formare, 
ulteriormente, il contorno aborale del peduncolo ombelicale. 


Ho già detto che rasente alla sua faccia ventrale si avanza 
verso il corion il tessuto connettivo periallantoideo, assieme colle arterie 
ombelicali, come in sezione trasversa si vede benissimo nella Tav. II. 
fig. 18, 19 e 20 e in sezione sagittale nella Tav. I. fig. 4. Questi 
vasi si avvanzano infatti fino a raggiungere i villi del corion. È note- 
vole che sul connettivo che li ravvolge si forma un rivestimento epi-. 
teliale cubico, semplice, di origine mesoblastica. 


Un'altra cosa degna di nota in questa regione è l’altezza dell'ecto- 
derma lungo la linea mediana; le fig. 19 e 20 della Tav. II lo mostrano 
chiaramente. 


Mentre tutt’altrove l’epitelio dell’amnios è formato da uno strato 
semplice di cellule poligonali piatte, del diametro di superficie di 
7—10 u e di uno spessore minimo, in corrispondenza della regione 
mediana della somatopleura postembrionale esso consta di 2 strati di 
cellule cubiche, dei quali il profondo è assai alto. Procedendo cranial- 
mente e passando sul dorso dell'embrione questo epitelio epiblastico si 
abbassa notevolmente. Questa disposizione dell’epitelio amniotico si 
mantiene caudalmente per parecchie sezioni, poi va scomparendo. 


Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 21 


Conclusione. 


Le principali particolarità osservate in questo giovane embrione, 
riguardano la struttura anatomica del tubo nervoso cerebro-spinale, il 
tubo digerente primitivo assieme col sacco vitellino e l’allantoide e la 
struttura della notocorda. Non starò qui a riassumerle tutte per 
disteso; farò solo notare che con questa osservazione è provata l’esistenza, 
nell'evoluzione ontogenetica del tubo nervoso dell’uomo, di formazioni 
analoghe per struttura agli encefalomeri riscontrati in molti Vertebrati 
inferiori. Questa analogia però non è evidente che nel mesencefalo e 
non si può, a mio credere, metterla in rapporto, nell’embrione umano, 
colla legge della metameria generale del corpo, perchè secondo la 
maggior parte degli anatomici nè la primitiva divisione in tre veseicole, 
ne la definitiva in emque e p corrisponde al numero del nervi ence- 
falici. Vi è quindi luogo a pensare che la comparsa delle vescicole 
cerebrali sia dovuta a ragioni fisiologiche di adattamento e che un 
vero accenno ad un'atavica disposizione metamerica dei centri nervosi 
encefalici si abbia, nellembrione umano, solo in quella più tardiva 
comparsa di regolari estroflessioni delle pareti del mesencefalo e del 
rombencefalo che da parecchi anatomici é già stata osservata (Chiarugi, 
Embr. um. di mm. 2,6; io stesso, Embr. A e C). 

Debbo infine constatare che l'organizzazione di questo embrione 
non é perfettamente normale. L’anomalia sta principalmente nell'enorme 
distensione del tubo digerente, alla quale non saprei quale altra causa 
trovare, che l'aderenza fra la superficie esterna del sacco vitellino e 
la pareti del celoma esterno, aderenza che ha impedito alla vescicola 
ombelicale di estendersi fuori del corpo dellembrione. Le tracce di 
questa aderenza sono in parte rappresentate nella fig. 14. Tav. II. 

É notevole anche che non si scorgeva la segmentazione del meso- 
derma assiale. Credo però che ciò dipendesse dall’insufficiente traspa- 
renza del pezzo anatomico, cosicchè non si avrebbe a far parola, per 
questo riguardo, di alcuna anomalia. 


Letteratura. 


Un esteso indice Bibliografico è unito alla mia Descrizione dell'embrione umano C, 
comparsa pochi mesi fa in questo stesso Periodico. Non indicherò qui che i 
lavori, i nomi dei cui Autori sono citati nel Testo. 


P. Bertacchini, Descrizione di un embrione umano (4) lungo 5 mm. Soc. tipogr. 
Modena 1896. 

— Descrizione di un giovane embrione umano (2) lungo 3,93 mm. Soc. tipogr. 
Modena 1896. 

— Di una forma regressiva piuttosto rara di embrione umano atrofico. Contri- 
buto allo studio delle anomalie di sviluppo dell’embrione umano. Ana- 
tomischer Anzeiger. 1897. 

— Di una interessante particolarità di struttura dei centri nervosi in un embrione 
umano (C) lungo 4 mm. Internat. Monatsschrift f. Anat. u. Phys. 1897. 
Bd. XIV. : 


W. His, Anatomie menschlicher Embryonen. Leipzig 1880, 1882, 1885. 


L. Lówe, Beitráge zur vergleichenden Morphogenesis des centralen Nervensystems 
der Wirbeltiere. Mitteil. aus dem Embryol. Institut in Wien. 1880. 

— Beitrige zur Anatomie und Entwickelungsgeschichte des Nervensystems der 
Säugetiere und des Menschen. Referat von Prof. Schenk. Mitteil. aus 
dem Embryol. Institut in Wien. 1880. 


H. V. Neal, A summary of studies on the segmentation of the Nervous system 
in Squalus acanthias. Anatomischer Anzeiger. 1896. Bd. XII. Nr. 17. 


Fig. 


Indice delle Tavole I e IT. 


Tav 


Disegno preso dallembrione appena estratto dalla vescicola coriale, 
mediante la camera-lucida di Nachet, oculare 1, obbiettivo !/,9 di Leitz; 
ingrandimento 13 JD. L’embrione è aderente all’amnios pel suo largo 
peduncolo addominale. 4 amnios; p.4 peduncolo addominale. 

Disegno della vescicola amnio-corio-deciduale ancora aderente alla deci- 
dua vera e aperta per lasciar vedere nel suo interno l'embrione. L’orlo 
della decidua vera rivolto a sinistra, corrisponde all’orifizio inferiore 
dell’utero. 

Faccia ventrale della testa coll’apertura dello stomadaeum. 

Ricostruzione schematica dellembrione e suoi annessi; v. 0 vescicole 
ottiche; pr prosencephalon; mes mesencephalon; 7 rhombencephalon; 
m. sp midollo spinale. Le due linee ombreggiate indicano i limiti della 
regione mediana, Mittelausweitnng, rispetto alle regioni, dorsale e ven- 
trale. st stomodaeum;  notocorda; mst mesenteron; s.v sacco vitellino; 
al allantoide; pre proctodaeum; am amnios; cor corion; p. ad peduncolo 
addominale o regione postembrionale primitiva del blastoderma sulla cui 
faccia dorsale si è formata la sutura amniotica e rasente la cui faccia 
ventrale giace il connettivo allantoideo assieme colle arterie ombelicali 
nonchè l'allantoide. «a. omb arterie ombelicali. 


Pao. TE 


Sezione 22. A livello del prosencephalon. v.0 vescicola ottica; ¢ ab- 
bozzo del cristallino. 

Sezione 32. v.0 vescicola ottica; st depressione che sta cranialmente e 
dorsalmente allo stomodeo; @ rudimento dell’arco mandibolare. 

Sezione 42. mes mesencefalo; m estremo cefalico della notocorda ade- 
rente all'epiblaste dorsale invaginato dello stomodaeum. 

Sezione 53. mes mesencephalon; x notocorda; g. G abbozzo del ganglio 
di Gasser. 

Sezione 102. v.a@ vescicola acustica; n.4 nervo acustico; À ispessimento 
epiblastico a livello della vescicola e del nervo acustico; 2.r istmo del 
rhombencephalon; 4. « aditus anterior. 


24 


D 


© 


P. Bertacchini, Descrizione di un giovanissimo embrione umano etc. 


Sezione 122. 7% rhombencephalon; mst mesenteron. 

Sezione 152. m.sp midollo spinale; mst mesenteron; 2.e introflessione 
epiblastica. 

Sezione 182. 

Sezione 202. i.i estroflessione ipoblastica; /.c lamina cellulare inter- 
posta fra il tubo nervoso e l’epiblaste. 

Sezione 264. € cuore. 

Sezione 272. 

Sezione 30a. 

Sezione 578. v.o vena omfalo-mesenterica; @ aorta; s.v sacco vitellino. 
Sezione 702. d.v dotto vitellino nel cui interno esistono sferule di deuto- 
plasma. 

Sezione 722. al origine dell’allantoide. 

Sezione 758. «al allantoide; s.v sacco vitellino. 

Sezione 782. lettere c. s. 

Sezione 802. lettere c. s. 

Sezione 874. c.a connettivo allantoideo; 2.e ispessimento post'embrio- 
nale dell'epiblaste. 

Sezione 1004. c.s lettere. e epitelio mesoblastico differenziatosi sul con- 
nettivo allantoideo. 


(Dall'Istituto di Anatomia normale microscopica ed Embriologia della R. Universita 
di Bologna, diretto dal Prof. G. Martinotti.) 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 
Di 
Guido Guerrini, 


(Con Tav. III) 

Non wha, si può dire, trattato di anatomia normale, macroscopica 
e microscopica |7], e di istologia [2] relativamente moderno — almeno di 
quelli che potei consultare — che non accenni alla presenza di ele- 
menti elastici nei tessuti della laringe e della trachea e non tenti una 
descrizione del modo in cui sono disposti, con resultati più o meno 
esattamente prossimi al vero. 

Nè l’esame critico, sia delle descrizioni, sia dei risultati, manche- 
rebbe di interesse. 

Ma poichè oltrepasserebbe i confini di queste ricerche, basterà 
soltanto ricordare quel che dice il trattato più recente (anzi non ancora 
terminato) del Poirier [5] (nel quale il Nicolas scrisse la parte che 
riguarda questi organi) perchè, essendo l’ultimo uscito, riassume ciò 
che in proposito -è finora generalmente conosciuto. 

Dice il Nicolas (pag. 433) che tra i tessuti della laringe esiste 
una cosidetta membrana elastica, descritta per la prima volta dal 
Lauth, la quale accompagna da per tutto la mucosa dell’organo, varia 
di spessore nelle diverse regioni di questo, ed è costituita di elementi 
elastici, commisti a tessuto connettivo. Tale lamina in certi punti si 
può isolare come fosse un tutto continuo, e in altri invece è interrotta 
da glandule che l'attraversano; quivi non si può staccare dai tessuti 
circumambienti che con grandissima difficoltà. 


26 G. Guerrini, 


La membrana elastica sottoposta come è alla mucosa, segue questa 
in tutta la sua estensione e però può dividersi, come fece il Luschka, 
in tre zone, corrispondenti alle tre zone della laringe: zona inferiore, 
zona media e zona superiore. 

La zona inferiore è quella che presenta lo spessore maggiore e 
comprende tutta la parte della membrana posta contro o al di sotto 
delle corde vocali inferiori. I fasci dei quali è formata si inseriscono 
anteriormente al margine della cartilago thyreoidea e alla parte 
prossima del suo angolo rientrante e da questo margine fino alla 
estremità anteriore della corda vocale. 

Di qui si dirigono allindietro e vanno ad inserirsi al margine 
superiore dell’arco della cartilago cricoidea e all’apice e alla superficie 
interna del processus vocalis della cartilago arytaenoidea. Nel loro 
complesso quindi, tali fasci formano una lamina curva a mò di doccia, 
la quale nella sua parte concava, rivolta all'infuori, contiene i muscoli 
cricothyreoideus e thyreoarytaenoideus. 

La zona media corrisponde ai ventricoli del Morgagni in tutta la 
loro estensione e continua in basso col tessuto elastico che concorre 
alla costituzione della corda vocale inferiore e in alto col tessuto 
elastico della corda vocale superiore, dopo essersi però ripiegata all'in- 
dentro per formare una specie di tasca modellata sulla cavità ventri- 
colare. 

La zona superiore, infine, è posta nello spessore delle plicae ary- 
epiglotticae alle quali constituisce una specie di impalcatura. 

I fasci che la constituiscono prendono il nome di ligamentum ary- 
epiglotticum (o membrana quadrangolare) e terminano superiormente 
sul margini laterali della cartilago epiglottica e posteriormente sui 
margini interni delle cartilagines arythaenoideae. 

Inferiormente corrispondono alla corda vocale superiore, superior- 
mente al margine libero della plica aryepiglottica. 

Ma dopo le osservazioni che ho fatto per conto mio e che esporrò 
qui in seguito, mi è sembrato che se tutto ciò è esatto dal punto di vista 
macroscopico, non sia esattissimo, invece, dal punto di vista microscopico. 
Questa esposizione dà bene una idea generale dell'insieme ma non 
scende all’esame minuto dal quale può uscire maggior precisione, non 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 27 


già nella figura, ma nell’intima costituzione degli organi. Per esempio, 
quello che il Nicolas chiama membrana elastica e sembra considerare 
come un ente individuo ed indipendente, alla prova più minuta del 
microscopio mi parve piuttosto il prodotto dellanastomosi e dell'intrec- 
cio di numerose masse di elementi elastici provenienti e derivati sia 
da masse indipendenti, sia da emanazioni di strati pericondreali etc. 

Forse la difficoltà dipende unicamente dal senso che si attribuisce 
al termine , membrana“. Se si vuol chiamare così anche il prodotto 
di masse elastiche aventi origini e percorsi diversi e che finiscono per 
congiungersi e stratificarsi in qualche punto, sia pure; ma se il termine 
deve significare qualche cosa di distinto, di speciale, di stante per sè 
come, in genere, per le altre membrane, l’esattezza non è più che 
apparente e l'esame accurato del microscopio dimostra che queste mem- 
brane non stanno a sè, ma sono il prodotto, l’effetto, la generazione 
di masse elastiche originarie poste al di fuori della supposta membrana. 

Trattò invece con maggior minutezza l'anatomia della laringe e 
della trachea — dei molti che ho potuto consultare [4] — il Friedrich [5], 
nel IV? Vol. dell Archiv für Laryngologie und Rhinologie, in un ottimo 
lavoro, nel quale si occupò più che altro della disposizione generale 
d’insieme. 

Egli, più che le disposizioni del tessuto elastico in sè, studiò in- 
fatti i rapporti che esso contrae coi tessuti aderenti o prossimi. Insistere 
sulle disposizioni minute non era nel suo intento, mentre è precisamente 
su queste che vertono le presenti ricerche. Occorrerà quindi assai di 
rado accennare, previa verificazione, alle cose notate dal Friedrich. 
E basti infatti ricordare che egli divide il suo lavoro in tre parti. 
Nella prima, esamina i rapporti che passano tra gli elementi elastici 
ed i tessuti di contatto od ambienti, nel ,conus elasticus“ nel ,liga- 
mentum vocale“ e nel ,ligamentum ventriculare“; nella seconda esa- 
mina la disposizione degli stessi elementi riguardo alla mucosa; e nella 
terza studia il loro contegno nei rapporti tra il ,ligamentum vocale“ 
e il ,musculus vocalis“. 

Questo studio, unico, che io mi sappia, su questo argomento, come 
lavoro di anatomia microscopica topografica (se si può dire così) è 
esauriente in quanto alla laringe. Studi analoghi sull'epiglottide e sulla 


28 G. Guerrini, 


trachea non ne conosco e in tanto fervore di ricerche istologiche questa 
mancanza, od almeno notevole rarità, giustamente sorprende. Quali ne 
sono le ragioni? 

Forse, tra le altre, questa: che la tecnica negli studi del tessuto 
elastico, fu, sino a pochi anni or sono, poco sicura, così che lo studioso 
aveva innanzi a sè la prospettiva di un lavoro grande con risultato 
incerto. 

E pure i metodi proposti ed usati furono moltissimi. Si possono 
distinguere in metodi fondati sopra azioni prevalentemente chimiche, 
e in metodi fondati sopra azioni prevalentemente coloranti, le quali 
modifieano meno profondamente il substrato in cui si svolgono. 

Certo anche queste ultime appartengono alla chimica, ma la neces- 
sità della classificazione ci costringe a questa dicitura per ragione di 
chiarezza. 

Per dirla in breve; si giovarono di metodi della prima specie (per 
lo più a base di acido acetico, picrico, osmico, azotico, cloridrico, gli- 
cerina acetica, potassa caustica, pepsina, tripsina, acqua di calce, di 
barite, soda caustica, etc.) molti istologi, come lo Schwann, il Beale, 
il Reichert, l'Hassal, il Gerlach, il Mandl, il Leydig, lo Stricker, Henle, 
il Frey, il Krause, ete. [6]; molti studiosi del tessuto connettivo, elastico 
e cartilaginoso nel loro complesso, come ad esempio lo Strellzoff, l'Eulem- 
berg, il Deschamps, il Baber, il Reichert, il Donders, il Baur, il Budge, 
il See, il Wittich, il Bubnoff, il Flemming, l'Ebner, il Boll, il Loewe, 
l'Arnold, lo Schwalbe, l'Heitzmann, il Tillmanns, il Sudackewitsch, ete. [7]; 
molti studiosi del tessuto elastico nei suoi rapporti cogli altri tessuti e 
nelle sue produzioni, come il Klops, e il Blandin [8] che investigarono 
i fascetti del connettivo, il Miiller [9] che controllò la scoperta del 
Queckett di striature trasversali nel legamento cervicale della giraffa, il 
Rabl-Ruckard [70] che studiò gli elementi elastici nelle cartilagini del- 
l'orecchio, il Verson [77] che studiò le inserzioni elastiche dei muscoli, il 
Cayè [12] che descrisse la genesi degli elementi elastici nel legamento 
cervicale, il Cornil [/2] che studiò la disposizione degli elementi elastici 
negli alveoli polmonari, il Thomsa, che studiò [/4] i fascetti elastici 
della cute, il Rénaut e lo Schäfer [15] che studiarono il tessuto elastico 
delle ossa, il Koganei [26] che investigò l'iride dei mammiferi etc. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 29 


il Béla Machik, il Ciaccio, il Gerlach, il Guterbock, il Langerhans, 
il Mays, il Ranvier, il Treltz [17] ecc., che investigarono i tendini; 
infine coloro che scrissero di istochimica, come il Chittenden, il Berzelius, 
lEwald, il Floriep, il Frey, il Kolossow, il Kuhne, il Moroschowetz, 
lo Pfeuffer [13] etc. 

Ma la maggior parte dei ricercatori si attenne ai metodi di colo- 
razione i cui vantaggi sui metodi puramente chimici non importa ricor- 
dare. Ricorderò invece, certo non tutti, ma i più importanti studi e 
metodi relativi all'argomento di cui sto per trattare. 

I tentativi fatti dall'Adler [19] segnano in certo qual modo il punto 
di transizione tra il metodo chimico propriamente detto e il metodo di 
colorazione. Egli approfittò dell'attitudine del tessuto elastico all'argirosi, 
rilevata dall’osservazione di un fenomeno comunissimo nei tessuti della 
mano degli operai che lavorano largento. Gia il Recklinghausen [20] 
aveva notata la cosa, e il Virchow e il Yung osservarono anch'essi 
nell’argirosi generale dovuta a nitrato d'argento, un annerimento degli 
elementi elastici, e lo interpretarono come dovuto alla precipitazione 
del sale d’argento. Metodi analoghi seguirono il Blascko, il Lewin, 
il Kober [27] e ultimamente C. Martinotti [22] nello studio dei rapporti 
tra tessuto elastico e muscolare, il Tartuferi [25], nello studio della 
cornea, il Bietti [24] nello studio del tessuto elastico delle palpebre etc. 

L'Hertwig [25] nel suo lavoro sulla genesi degli elementi elastici 
delle cartilagini reticolate usó invece il carmino, che in diverse solu- 
zioni e combinazioni diede pure eleganti risultati al Foerster, al Lang- 
hans, al Wittich, al Deutschmann, al Ranvier, al Dogiel [26] ete. nello 
studio dei tendini, al Boll [27] nello studio della struttura ed evoluzione 
dei tessuti, al Tafani [28] nello studio delle fibre dello Sharpey, al 
Richardson [29] nello studio complessivo della laringe, al Van der 
Strickt [20] nello studio della cartilagine ialina, al Kóppen [37] nello 
studio delle produzioni cornee etc. 

L'Onimus suggerì [52] l'uso della fucsina, impiegata poi dal- 
lEbner [55] nello studio della cartilagine, e dettò un metodo che 
modificato profondamente dal Manchot diede buoni risultati," er non 


7) Ne dà un ottimo riassunto la Schmorl [47] nel suo „Die pathol.-histol. 
Untersuchungsmethode*. Leipzig 1897. 


30 - G. Guerrini, 


è molto, anche allo Schulmann ed al Passarge [34] nello studio delle 
pareti arteriose. Lo Strellzoff [35] invece preferi l’uso della ematossi- 
lina, della quale ebbe a lodarsi nelle ricerche sull'evoluzione della 
cartilagine e che fu impiegata altrettanto bene dal Brunn [36] nello 
studio della ossificazione, dal Koganei [37] sulliride dei mammiferi, 
dal Doskojewsky [56] (che usò anche l’eosina) sull’iride e sul „corpus 
ciliare“, dal Pansini [59] (che ricorse al sussidio del bleu di china, 
del cloruro di palladio, metodo del Golgi, cloruro d’oro etc.), sulla 
genesi delle fibre elastiche, dal Wolters [40] nella schlerodermia (Ema- 
tossilina del Kultschnitzky) ete. 

Lo Schwalbe usò [42] come il Bubnoff [45] il cloruro d'oro nello 
studio della cartilagine reticolata e della genesi delle fibre elastiche, 
e or non è molto altrettanto fece pure il Pansini [44] occupandosi 
dello stesso tema ma ricorrendo per altro a prove di controllo nume- 
rose con l’ematossilina e il rosso di Magdala. Il metodo infatti è 
buono assai ma non è applicabile con tutta sicurezza perchè colora 
indifferentemente gli elementi elastici ed i nervosi °). 

Il Bagneris [45] preferì invece l’eosina già usata dal Rénaut [46] 
in uno studio complessivo del tessuto connettivo, e fu seguito dal 
Baltzer [47], dallo Spira [48] che usò pure l'ematossilina e il violetto 
di metilene, nello studio della cartilagine ialina, dal Solger [49] nello 
studio della cartilagine in evoluzione, dall'Enderlen [50| nello studio 
della rigenerazione dei tendini etc. 

G. Martinotti [27] ottenne pure buoni risultati dalla saffranina 
come il Kölliker [52] nello studio delle cartilagini, il Bruyne [55] nello 
studio del tessuto reticolato della muscolatura intestinale, il Flemming [54] 
nello studio dell'evoluzione delle fibrille connettive, il Busse [57] nello 
studio dei tagli della cute, lo Spuler [55] nello studio della cartilagine 
elastica etc. 

Tale metodo, leggermente modificato dal Ferria [59] fu poi seguito 
dall’Heller [60] nello studio degli elementi elastici della cartilagine 


*) Confr. Waldeyer, Histologie, Jahresb. über die Leistungen und Fortschritte 
in der gesamten Medicin. 1878 [55]. 

?) Confr. Giornale della R. Accademia di Medicina di Torino Dicembre 1888. 
Gennajo 1889 [56]. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 31 


fibrosa e del ,Ligamentum nuchae“, dall’Acconei [67] nello studio del- 
l'Anatomia e fisiologia dell'utero gestante e partoriente, dal Durhssen [62] 
nello studio anatomo-fisio-patologico della porzione vaginale dell'utero, 
dal Carbonelli [63] nello studio del perineo sotto il rapporto ostetrico 
ginecologico, dal Gallenga [64| nello studio dello scleroftalmo con- 
genito etc. 

Un metodo alla saffranina lo propose pure il Mibelli [65]. L’Herx- 
heimer [66] nello studio degli elementi elastici dell'epidermide e della 
mucosa tentò il violetto di genziana usato anche dal Reinke [67] nelle 
produzioni cornee, ma preferì poi una azione combinata di ematossilina 
e di un sale ferroso che precipita sulle fibre elasticne una lacca molto 
elegante (pressa poco quella ottenuta nel metodo Weigert) seguito in 
ciò dallo Schmidt [65] che si occupò dei fenomeni di senilita del 
tessuto elastico cutaneo, e dal Sudachewitsch [69] nel suo studio sulle 
cellule giganti e sul tessuto elastico etc. 

Infine l'Ebner [70] investigó le pareti arteriose e la struttura della 
cartilagine col rosso d’anilina, lo Strellzoff [77] le cartilagini in evo- 
luzione con l’alizarina, usata pure dal Lieberkühn [72], il Baum- 
garten [73] ancora la cartilagine col violetto di anilina, il Griesbach [74] 
tentò l’uso del violetto e del giallo di metilene; il Viallanes [75] usò 
il verde di metilene, previa azione dell'acido osmico; lHertwig [76] 
studiò la cartilagine fibrosa col bleu di anilina; il Lustgarten [77] col 
victoriablau, poi usato dal Kuskow [7S] e dall’Heller [79] nello studio 
dei tessuti elastici delle cartilagini fibrose e del „ligamentum nuchae“ 
in evoluzione; il Kóppen [80] applicò il erystallviolett allo studio delle 
fibre elastiche e delle produzioni cornee; il Burci [SZ] preconizzò lau- 
ranzia etc. 

Con tali metodi e con altri simili compirono ancora ricerche e 
lavori il Kölliker [52] nella struttura ed evoluzione degli elementi 
elastici, il Reich [83] nella sclerosi arteriosa; il Mall [84] nel tessuto reti- 
colato, lo Zwigmann [55] sul tessuto elastico delle pareti arteriose etc. 

Ma, come dissi, questi metodi sono assai poco stabili e sicuri per 
il caso nostro e bisogna scendere fino a molto vicino a noi, fino al 
metodo Unna-Taenzer [96] per incontrare una tecnica capace di dar 
sufficienti garanzie di buona e costante riuscita. 


39 G. Guerrini, Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 


Dell’Unna per altro si conoscono tre metodi principali. Il primo 
in ordine cronologico [87] impiegato dall'A. nello studio della anatomia 
della pelle, comprendeva una digestione artificiale per mezzo di acido 
cloridrico e pepsina, una colorazione coll’ematossilina e l'eosina e una 
successiva decolorazione con acido acetico; il secondo, seguito dall'A. 
nello studio del tessuto elastico della pelle [SS] e poi dal Kuskow [52] 
nello studio del tessuto elastico del ,ligamentum nuchae^ e delle carti- 
lagini reticolate, era formulato invece come segue; a una soluzione 
idroalcooloica di violetto di dahlia o violetto di iodio (violetto di dahlia 
o Violetto di iodio 0,2 gr. acqua ed alcool a 95, a. a. 100) aggiunge- 
vansi due grammi di acido nitrico ottenendo un precipitato verde, poi 
acqua distillata (18 gr.) e alcool a 95 (10 gr) fino allo scomparire 
dell'intorbidamento dovuto al precipitato ed al mutarsi del liquido da 
verde in bleu scuro. 


(Continua.) 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


(Dall'Istituto di Anatomia normale microscopica ed Embriologia della R. Universita 
di Bologna, diretto dal Prof. G. Martinotti.) 


d 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 
Di 
Guido Guerrini. 


(Fine.) 


Decolorazione con acido Hosen Di questo secondo metodo dell’- 
Unna fece un’accurata critica il Taenzer [90], il quale trovò inoltre; 
1° che l’acido nitrico è di gran lunga preferibile all’acido arsenico, 
arsenioso, cromico, formico, osmico, ossalico, tannico etc.; 2° che l'acido 
nitrico deve tuttavia usarsi entro certi limiti, cioè appunto in quella 
proporzione nella quale comincia a non essere più solubile nella miscela; 
3° che il miscuglio possiede le maggiori proprietà coloranti quando, 
aggiunto l’acido nitrico, comincia a intorbidare; 4° infine, che dei due 
gruppi di rosaniline e pararosaniline le prime danno le migliori colo- 
razioni, e tra queste la fucsina. 

Il terzo metodo dell'Unna (o meglio, metodo Taenzer Unna) [97] 
a sua volta non è poi che un miglioramento del metodo Taenzer. 
Il principio sul quale è basato questo metodo, osserva lo Schiefferdecker, 
è il solito delle soluzioni coloranti acide; notando peraltro che in questo 
caso speciale dell’orceina, la colorazione dipende non solo dalla quan- 
tita, ma dalla proporzione dell’acido nel miscuglio di soluzione. 

Per la colorazione occorrono inoltre due soluzioni, una, A, di: 


orceinas(Gxrublerd kim doses. rnd) ero 
alcool 2195 vs van AT kiss rs ie 20;0 
seacquasdistillatawso: re an Seis lei 0319 50 


9 


Internationale Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. XY. D) 


34 G. Guerrini, 


l'altra NBA dies Acıdozr cloridrieo conene MI MS 
alcool 3195. Pia a U en QT 
acquardıstillatar gan me. wre 0 


nelle quali le proporzioni dell’acqua e dell’alcool, come si vede, sono 
le stesse. La dose poi dell’acido cloridrico (soluzione B) non deve 
essere aumentata che nel caso di una esagerata ipercolorazione del 
connettivo e dei tessuti circumambienti. 


Preparate le due soluzioni, si dispongono 6—10 vetri da orologio 
con 10 goccie ciascuno di soluzione A e altrettanti con 5—10—14 
goccie di soluzione B e, lasciato 12 ore, circa, il preparato in ogni 
vetrino, si sceglie e segue la combinazione migliore, modificando dove 
occorra. 


Doppie colorazioni eccellenti si ottengono con l’ematossilina e il 
bleu di metilene. 


Tale il metodo dell’orceina che diremo originale; ma esso ha un 
piccolo inconveniente; se si usa cioè la soluzione B in difetto tutto il 
fondo del preparato assume una spiccata ipercolazione rosso scura assai 
sgradevole all'occhio; se si usa la soluzione B in eccesso si può avere 
una decolorazione eccessiva e qualche volta totale. 


Per ovviare allinconveniente, l'Unna stesso [92] propose una so- 
luzione di: 


orcelnaz(Grubieniza. quie ee UE M 
acrdoselonmidricosuc n e M MER 
aleoobsassolutoasw 0/00: DL iR LN E EE ul) (0) 


una degenza del preparato nel bagno fino a che questo abbia aequi- 
stato una consistenza sciropposa (per 15 minuti a + 30? o fino a 
quasi completa evaporazione dell'aleool, a temperatura ordinaria) e un 
abbondante lavacro in acqua. 


Ma l’ipercolazione del fondo spesso rimane lo stesso. 

Eecellenti risultati invece mi diede una terza modificazione, del 
Livini [95] che combina opportunamente in un bagno unico la solu- 
zione B del metodo Unna-Taenzer originale con la soluzione colorante 
proposta nel metodo rimodificato dall'Unna. 

Io me ne sono giovato e ne sono rimasto assal contento. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 35 


Comunque, tuttavia, non ostante i suoi piccoli difetti il metodo 
dell’orceina lascia di gran lunga indietro tutti gli altri finora proposti 
ed usati e ne fanno piena fede del resto, i bei lavori compiuti in 
questi ultimi anni col suo sussidio dal Wolters [92] nella schlerodermia, 
dall'Heller [95] nell'anatomia della cartilagine elastica e del ligamentum 
nuchae, dal Zenthoefer [96] sulla topografia del tessuto elastico nella 
cute degli adulti, dal Bajardi [97] sull'iride, dal Gatti [98] sugli sputi, 
dal Sechi [99] sulla pelle, dal Grünstein [100] sui tessuti dell'aorta, 
dallo Sperino [707] sul letto sotto ungueale, dal Guttentag [102] sui 
processi di distruzione dei tessuti, dallo Spuler [705] sulla cartilagine 
elastica, dallo Schultz [104] sul periostio, dall'Hansen [105] sull'evo- 
luzione e involuzione del tessuto elastico, dal Passarge [106] sulla 
rigenerazione del tessuto elastico, dal Dobbertin [207] nello studio dei 
tessuti elastici delle pareti intestinali, dal Seipp [108] nello studio dei 
tessuti del cuore, dal Loisel [709] sulla genesi degli elementi elastici, 
dal Della Rovere [110] nello studio delle pareti venose etc. 


II. Tecnica. 


Trovare il materiale per lo studio non è sempre facile poichè, 
mentre da un lato è necessario che l'organo sia interamente sviluppato, 
dall'altro occorre che non presenti ossificazioni o indurimenti ribelli al 
taglio. I cadaveri dunque da cui si estraggono i pezzi occorrenti non 
debbono essere di bimbi o di adolescenti e nemmeno di adulti troppo 
maturi o di vecchi. Occorre altresi che la malattia ultima del sog- 
getto non abbia tocco gli organi della respirazione alterandone l'aspetto 
‘e la costituzione normale. 


Potei giovarmi di pezzi estratti da cadaveri sia di maschi che 
di femmine in buone condizioni per lo studio. Erano di giovani fra 
1 I9 e i 20 anni, robusti e regolari; le ultime malattie erano state la 
meningite, la sincope e la morte violenta. 

Levato il pezzo dal cadavere, era lavato per 6 o 10 ore nell’acqua 
corrente, poi passato nel liquido induritore. 

Usai laleool, il bicloruro di mercurio, il liquido del Müller, il 


liquido del Fol: 
3% 


36 G. Guerrmi, 


ACITONOSMICON Ode ESA Nat. Sp. 
acido acetico» 2/9 hi Nw HO net oe 
acido icromico LU. Wis Eu. we 125 
dequardistillatas ner Dee Bn DE 
il liquido del Flemming: 
acido! oSmicodt RER Ok ee cM ED HONO 
acidoi acetico tedaciale 8 = ly eee 
acido comico quo va O EEE 
acquandıstllatar Re M eee ao 


I migliori risultati li ebbi dall'aleool [passaggi successivi in alcool 
all’85°/,, 90%, 100°/, (Disidratazione col solfato di rame)] e i peg- 
giori col bicloruro di mercurio che spesso sciupò i preparati col solito 
precipitato nero, forse perché non potei sottoporli all'azione prolungata 
del jodio che colora alquanto la cartilagine. 

Indurito cosi l’intero pezzo, lo dividevo con tagli orizzontali ossia 
perpendicolari all’asse del cilindro cavo rappresentato press’a poco dal- 
l'organo. Ne ottenevo così tanti anelli, avendo cura di far cadere il 
taglio ora sulle cartilagini ora sulle parti più molli che intercedono. 

Dividevo quindi gli anelli con alcuni tagli verticali ossia paralleli 
all’asse del cilindro, e ottenevo così tanti segmenti o settori di cilindro 
cavo che includevo separatamente. Per l’inclusione adoperai la cel- 
loidina (passaggi successivi in celloidine di densità diverse per 24 o 
30 ore, a seconda del pezzo). 

Non ebbi buoni risultati dalla paraffina, nemmeno da quella gialla 
eccellente del Grübler, che pure altra volta servi assai bene anche per 
pezzi cartilaginosi assai grossi, come le cartagini dello sterno, della 
laringe e della trachea di cani adulti. 

Sottoposi a sezioni in serie 1 segmenti tolti dai pezzi dei diversi cada- 
veri in modo che lo studio del segmento di un pezzo si completasse collo 
studio del segmento omologo tolto da un pezzo diverso, per ottenere 
nel tempo istesso la continuità dell'operazione e la prova del confronto. 

Le sezioni furono, s'intende, orizzontali e verticali. 

Queste ultime nel senso dell'asse dell’organo furono alla loro volta 
di due sorta. Supponendo cioé che la fascia constituente l'anello invece 
di piegarsi a cerchio intorno all'asse del cilindro possa essere distesa 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. gm 


come un nastro o una fettuecia, i tagli erano fatti sia pel traverso 
sia pel lungo. 

Insomma le tre dimensioni dei solidi; altezza, larghezza e profon- 
dita erano esplorate dal coltello e dall’occhio. La colorazione degli 
elementi elastici fu ottenuta, come si disse, col metodo Unna-Taenzer- 
Livini [227] dal quale ebbi risultati eccellenti. I più minuti elementi 
isolati appaiono chiari e non si ha mai quel velo importuno od iper- 
colazione del fondo, cosi comune col metodo dell’orceina originale [112] 
o modificato dall'Unna [115]. 

Fatta una soluzione, A, con: 


ORCCMA TA CNRC A DET E cera ay taal ancy a UT is 
acido cloridrico Sicil 
PCOO INO OLE Peu ris cdd. Eq Eu. LOO 

e una soluzione, B, con: 
alcool oru cu xe aor ice cad ie (Coca 90 
ACITONCIOFIRICO NEA ee E le 
acqua SUED 


mescolavo in un vetro da orologio 30 goccie di A, filtrata, con 
5—7—10 cme. di B (7 cme. ordinariamente servono bene) e lasciavo 
le sezioni da colorire per 18—24 ore in tale miscela. 

Poi, lavavo in alcool a 90°/, [per la decolorazione della celloidina 
rimasta nelle sezioni mi sono giovato spesso del metodo Laurent [114] 
lavacro in alcool a 90°/, indi in liquor ammonii caustici e acqua e di 
nuovo in alcool a 90°/, combinando il bagno finché le sezioni non 
cedessero più colore (3 o 4 volte; in media)] disidratavo con alcool 
assoluto, diafanizzavo con olio di origano e montavo in balsamo del 
Canada. 

La lavatura nell’alcool a 90°/, può durare assai a lungo senza 
che il preparato ne soffra. Anzi, quando si voglia ottenere poi una 
buona colorazione doppia, la lunga lavatura è necessaria. Potei accor- 
germene facendo numerose colorazioni doppie con l’ematossilina, il 
carminio boracico, il carminio alluminato, il bleu di metilene ete. 

Noto anche che i risultati migliori li ebbi sempre col Methylen- 
blau B. X. del dottor Grübler. 


38 G. Guerrini, 


III. Epiglottide. ') 


Come è noto, lo scheletro dell’epiglottide è fatto da un'impalcatura 
di sepimenti fibrocartilaginosi vari nel:numero, nella forma e nella 
disposizione; tutti però incapsulati in un robusto involucro pericondreale 
ricchissimo di elementi elastici. 

Questi elementi elastici hanno una disposizione assai complicata. 
Se ne vedono in direzione verticale, orizzontale, obliqua da destra a 
sinistra, da sinistra a destra, dall’interno all’esterno e viceversa. E la 
direzione in tutto il loro percorso, non è sempre la stessa: anzi quelli 
che così all'ingrosso la mantengano, si insinuano poi, si accavallano, 
e serpeggiano e si aprono la via attraverso elementi che hanno altre 
direzioni. Parecchi, avendo per un certo tratto un percorso parallelo 
e vicino, vanno a poco a poco accostandosi sempre più, fino a formare un 
fascetto poco compatto o un proprio e vero cordone, per scindersi poi 
in fascetti minori e in fibrille solitarie per l’opera invaditrice di altri 
elementi vicini che hanno direzioni diverse. 

Come si vede, questa disposizione degli elementi elastici nel 
pericondrio, ricorda in qualche punto quella che lo Schultz [115] osservò 
nel periostio. Ma tuttavia questa si mostra assai più complicata e 
direi quasi più disordinata, almeno in apparenza, tanto che si potrebbe 
paragonarla ad un robusto strato di feltro; notando però che, come in 
ogni comparazione, si ha cosi un'idea approssimativa del fatto, ma non 
certo una rappresentazione precisa. 

Non meno caratteristico è il modo con cui questo strato pericondreale 
si immette, si irradia, si intrude nei tessuti ai quali è vicino. 

Spesso parecchie fibrille o solitarie o disposte in fascetti o in 
batuffoli si riuniscono e dirigendosi all’indentro o all'infuori, penetrano 
sia nella cartilagine, sia nel connettivo interglandulare. 

Il primo caso, quello della penetrazione nella cartilagine, fu notato 
dal Pansini [1/6] nella Memoria ,Sulla costituzione della cartilagine 
e sull’origine delle fibre elastiche nella cartilagine reticolata od elastica“, 
dove dice ,,Se si prende l’epiglottide di un cavailo o di un asino e si 
fanno da pezzetti di essa tagli longitudinali e trasversali, si osserva 


!) Le osservazioni seguenti furono comunicate alla R. Accademia di Medicina 
e Chirurgia di Torino nella Tornata del 17 Dicembre 1897, 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 39 


chiaramente che il pericondrio lancia nello spessore della cartilagine dei 
setti che dividono tutta lepiglottide in tanti segmenti, sicchè lo scheletro 
dell'epiglottide non é costituito da un unico pezzo di cartilagine elastica 
ma da un insieme di noduli o di sepimenti di cartilagine elastica riuniti 
tra loro da un connettivo ricchisimo di fibre elastiche. Così è pure 
dell'epiglottide dell'uomo e del cane benchè in proporzioni minori.“ 

Il secondo caso, quello della penetrazione nel connettivo interglandu- 
lare, non fu, che io sappia, osservato ancora da alcuno nella mucosa che 
riveste l’epiglottide, benchè si vegga spesso, anzi accada di vederlo 
più volte in uno solo dei pezzi che si studiano. 

Con questa differenza, che, mentre i sepimenti elastici che il 
pericondrio intrude nella cartilagine sono sempre cordoni più o meno 
grossi e compatti, quelli invece coi quali penetra nel connettivo 
interelandulare sono bensì talora in forma di cordoni, ma possono 
‘ essere e sono altrettanto spesso in forma di strati. Mentre il tessuto 
cartilaginoso sembra penetrabile da una sola forma o meglio da una 
sola disposizione degli elementi elastici, il tessuto interglandulare sembra 
invece indifferente alle diverse disposizioni e si lascia facilmente 
invadere non solo da elementi di forma più o meno cilindrica ma da 
ogni altra forma di fasci e di strati e di fogli, formati dalla tessitura 
degli elementi elastici variamente diretti come quelli che si osservano 
nel pericondrio. Il che del resto facilmente si comprende se si rifletta 
alla maggior resistenza del tessuto cartilaginoso. 

Queste intrusioni degli elementi elastici nel connettivo interglandu- 
lare che dicono, e diremo, zaffi, sieno essi a cordoni, a strati e in ogni 
forma, sono spesso cosi abbondanti che in certi luoghi si sostituiscono 
al tessuto stesso ed altrove penetrano diramandosi tra gli spazi inter- 
glandulari quando ne incontrino, dividendosi sempre più e scinden- 
dosi e attenuandosi nel connettivo in cui stendono una rete che va 
mano a mano spandendosi ed assottigliandosi, per terminare liberi. Dal 
primo tronco si stacca un ramo da cui parte un ramicello e così via via. 

Qualche volta i zaffi che hanno un percorso più lungo, dopo immense 
suddivisioni raggiungono la mucosa, poverissima di elementi elastici 
proprii, e vi terminano liberi. 

Questo però non avviene sempre. Spesso due zaffi secondari diramati 


40 G. Guerrini, 


da uno stesso tronco o da due tronchi in origine diversi, si incontrano, 
si intrecciano, si anastomizzano in modo che una o parecchie glandule 
se ne trovano come accerchiate ed incastonate. Anzi, il più delle 
volte il robusto strato elastico rinchiude le glandule e termina libero: 
altre volte invece si contiene e termina come sopra si é detto. 

Non rara è infine un'altra disposizione. La fibrocartilagine 
dell’impalcatura scheletrica offre come una concavità più o meno 
profonda, tutta rivestita dal pericondrio riccamente elastico e nella 
quale ha come il nido una glandula. 

Allora dall’orlo della concavità si staccano molti cordoni e strati 
di elementi elastici, i quali si incontrano, si anastamizzano o nó, 
includendo così la glandula tra loro e il pericondrio, con una rete o 
una membrana rada che la isola dalle vicine. 

Ed ora ai rapporti interpericondreali. 

Il Pansini (loc. cit.) riassume così: ,,Sicché lo scheletro dell’epiglottide 
non è costituito da un unico pezzo di cartilagine elastica ma da un 
insieme di noduli o di sepimenti di cartilagine elastica riuniti tra loro 
da un connettivo ricchissimo di fibre elastiche.“ 

Questo riassunto è esattissimo. Da innumerevoli punti del peri- 
condrio che veste la fibrocartilagine nascono fasci e cordoni elastici, 
spesso assai compatti, che si dirigono verso il pericondrio prossimamente 
opposto e, se la distanza tra due punti dell’impalcatura scheletrica non 
è grande, la raggiungono e vi si impiantano fortemente; che se talora 
incontrano fasci e cordoni provenienti dal pericondrio opposto, allora 
s'intrecciano con loro e si anastomizzano. Qualche volta anzi queste 
due disposizioni si trovano insieme. 

Accade pure che uno o più di questi fascetti o cordoni deviino 
e vadano a terminare liberi nel connettivo interglandulare vicino. Anche 
qualche zaffo così deviato penetra nel connettivo interglandulare, prosegue 
più o meno parallelo ai margini di più sepimenti fibroelastici sovrap- 
posti, ai quali o ai fasci e cordoni che ne provengono manda i suoi 
fascetti di fibrille che non terminano più liberi ma, o si impiantano nel peri- 
condrio o si intrecciano ed anastomizzano coi fascetti e cordoni incontrati. 

Così un certo numero di segmenti fibroelastici si collega indiretta- 
mente e ne risulta una zona glandulare chiusa tra la fibrocartilagine 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 41 


e un robusto sostegno elastico. I zaffi e le produzioni analoghe nati 
dai segmenti fibrocartilaginosi inferiori (considerando l’epiglottide in 
situ) si comportano, rispetto al pericondrio della cartilago thyreoidea e 
qualche volta anche della cartilagine del Wrisberg, quasi allo stesso modo. 


Alla parte inferiore dell’epiglottide si attaccano infine muscoli e 
legamenti. 


I legamenti mostrano una grande quantità di elementi elastici 
paralleli nel percorso ai fascetti tendinei, tra i quali si alternano 
riuniti in cordoni, spesso assai robusti, e che vanno ad anastomizzarsi 
collo strato pericondreale o cogli elementi che provengono da questo. 


Nei muscoli invece la cosa è diversa e più notevole. 


Gli elementi elastici in fascetti assai radi vi si alternano quasi 
constantemente coi fascetti muscolari e, siccome i fascetti elastici man- 
dano attraverso il connettivo intermuscolare fasci minori, che si intrec- 
ciano ed anastomizzano, ne risulta una specie di guaina che presenta 
diversi spessori e che in qualche luogo anzi è interrotta, ma che non 
manca mai. 


Questi fascetti e cordoni elastici giunti al pericondrio, o vi si 
fissano direttamente come quelli dei tendini, o si anastomizzano con 
quelli che il pericondrio manda verso loro. 


Qualche volta dallo straterello elastico, che derivando dai cordoni 
e fasci interpolati, involge il fascio muscolare, si protendono verso il 
tessuto cartilaginoso certe fibrille libere o fascettini molto sottili i quali 
si intrecciano ed anastomizzano con gli elementi analoghi emersi dal 
pericondrio. Cosi, all'estremità del cordone muscolare spesso si forma 
una specie di cappuccio elastico che serve probabilmente a fissare con 
maggiore solidità il muscolo alla cartilagine, ricordando in qualche 
modo la forma descritta dal Baltzer e da C. Martinotti nei loro lavori 
sui rapporti tra il tessuto elastico e il muscolare. 


Di rado qualcuno di questi fasci elastici interpolati tra i cordoni 
dei legamenti e dei muscoli, o qualcuna delle appendici o derivazioni 
loro, deviano nel connettivo vicino. Quando ciò accade, o si ha un’ana- 
stomosi con altri elementi o derivazioni elastiche, o la terminazione 
libera della quale dicemmo. 


49 G. Guerrini, 


IV. Laringe, 


"Il pericondrio che riveste le cartilagini della laringe è meno 
robusto di quello che involge le fibrocartilagini dell’epiglottide, ma è 
altrettanto ricco di elementi elastici. | 

Questi hanno la intessitura stessa come di feltro e le medesime 
produzioni o diramazioni esterne; ed altresi le interne, nelle cartilagini 
del Santorini e del Wrisberg, nelle sesamoidee del Luschka, nelle inter- 
tiroidee del Rambaud, e nelle apofisi vocali delle arytaenoidae. Anzi, 
nei soggetti giovani il pericondrio dello scudo tiroideo immette nella 
cartilagine zaffi robusti che sono ricchi non solo di elementi elastici, 
ma di piccoli vasi sanguigni (Debierre). | 

Le ramificazioni che dalla massa del pericondrio si protendono 
all'infuori, rispetto alla cartilagine, hanno due distinti uffici. 

O formano una impalcatura di sostegno nel connettivo inter- 
glandulare; o, con uguale frequenza concorrono ad un collegamento più 
robusto tra pericondrio e pericondrio, pericondrio e muscoli, e tra peri- 
condrio e legamenti, attraverso i tessuti di relazione. 

Nel primo caso si ha molta somiglianza con quello che si notò 
già a proposito del pericondrio delle fibrocartilagini dell'epiglottide, 
benché nella laringe si abbia una maggiore estensione e compattezza 
nella intessitura elastica ed una prevalenza notevole di fogli e strati 
larghi sui fascetti e cordoni. 

Infatti, dove lo strato glandulare poggia subito sopra il pericondrio, 
come per esempio nella parte superiore della cartilago thyreoidea o 
nell'inferiore della crycoidea, si vede chiarissimo il protendersi di robuste 
e larghe ramificazioni dello strato elastico pericondreale che si insinuano 
tra le glandule e le avvolgono come in una buccia di grossa rete. 

Pitt interessanti invece certe altre disposizioni dello stroma elastico 
come queste due che noto. i 

Più comune è la prima. Dal pericondrio si distacca una massa 
assai grossa di elementi elastici i quali hanno varie direzioni, benchè 
sì vegga che in prevalenza si dirigono o in senso perpendicolare o 
parallelo all’asse dell'organo. Questa massa diramata dal pericondrio 
si dirige verso lo strato glandulare e segue il suo cammino per breve 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 43 
LÌ 


tratto finchè gli elementi della parte centrale si intrecciano più fitta- 
mente e, aggrovigliandosi, non procedono più innanzi, mentre gli elementi 
più esterni, diradando e rilassando la loro rete, procedono ancora più 
avanti. 

Così gli elementi, proceduti ai margini e fermati al centro, formano 
una cavità entro la quale si incapsula una glandula come la ghianda 
nella sua scodella. | 

Che, se la massa elastica protesa dal pericondrio verso la glandula 
ha una superfice di sezione transversa minore della glandula stessa, 
si veggono talora gli elementi procedenti dai margini della massa, dira- 
marsi bensì e procedere, ma non più rinserrare e incapsulare la glan- 
 dula ma presentarle come un imbuto, le cui pareti come un cono vuoto, 
hanno una direzione tangente alla glandula stessa. 

L’altra disposizione notevole e che mostra sempre più la tendenza 
degli elementi elastici ad avviluppare la glandula, é questa. 

Allorché una buccia di tessuto elastico, grossa ma ad intessitura 
rada, involge tutta una glandula, non cessa perció di irradiare ed in- 
sinuare elementi liberi e fascetti nel connettivo circostante. Di piü 
siccome la glandula, come tutti sanno, è formata da numerosi acini 
giustapposti ma separati l'uno dall'altro da uno straterello di connettivo, 
lo strato elastico che involge la glandula emette dalla sua parte interna 
piecoli cordoncini e fascetti che si infiltrano nel connettivo interacinoso 
e si diramano in fasci sempre più piccoli che invadono ogni spazio 
interglandulare. Così non solo la glandula è avviluppata da una buccia 
di elementi elastici, ma gli stessi acini che la compongono sono im- 
pigliati in una tenue rete dalle più sottili ed ultime diramazioni degli 
elementi stessi. 

Questo sia detto quanto al primo ufficie delle ramificazioni del 
pericondrio di formare cioè una impalcatura di sostegno nel connettivo 
glandulare. Veggasi ora il secondo ufficio che hanno; quello di colle- 
gare più robustamente il pericondrio stesso, o ai muscoli od ai legamenti. 

Nel primo caso, cioè in quello di ramificazioni che si dirigono da 
pericondrio a pericondrio, non v'ha gran diversità con quel che si vede 
nell’epiglottide. Anche qui si trovano i fascetti che partendo da un 
pericondrio vanno ad impiantarsi sopra un altro o che, incontrandosi 


44 G. Guerrini, 
4 
in cammino, si anastomizzano direttamente o indirettamente tra loro; 


oppure si trovano le due maniere insieme. 

Ma, mentre nel fatto dell’epiglottide le due disposizioni sono in- 
differentemente mescolate senza alcuna legge apparente, nella laringe 
si ha l'apparenza, se non di una legge fissa ed immutabile, almeno del 
prevalere di una disposizione sull’altra in circostanze date. 

Sembra infatti che la distanza dei pezzi cartilaginosi regoli non 
in modo costante, ma prevalente, il comportarsi dei fascetti emersi dal 
pericondrio. Quando i pezzi della cartilagine sono vicini (cartilago 
arythaenoidea e cartilagine del Santorini) prevale la prima maniera, 
cioè l’invio diretto di fascetti da pericondrio a pericondrio. 

Quando invece i due pezzi sono più lontani (cartilago crycoidea 
e cartilago thyreoidea) prevale la seconda maniera, cioè l’anastomosi 
diretta o indiretta dei fascetti che si incontrano. 

Quanto poi alle diramazioni o produzioni pericondreali in rapporto 
ai muscoli, si nota che quelle della laringe sono piü robuste assai che 
non siano le analoghe dell'epiglottide. cosi nei muscoli estrinseci del- 
Yorgano quanto negli intrinseci e che in questi sono più costanti e re- 
golari che in quelli. 

Anche i cordoni elastici interposti ai muscoli sono pit ricchi di 
elementi; ma di questo a suo luogo. Ora basti notare una disposizione 
interessante. 

Come fu notato per l’epiglottide, anche nella laringe, ogni cordone 
muscolare è involto da una guaina elastica che si restringe in cappuccio 
all'estremità del cordone e va ad anastomizzarsi cogli elementi del 
pericondrio e con le loro diramazioni ed emanazioni, 

Ma qui s'incontra talora anche un’altra disposizione, cioè quella 
per cui la diramazione pericondreale va a raggiungere il cordone 
muscolare troppo corto per seguire il comportamento degli altri. 

Supponendo tre cordoni muscolari paralleli di cui il mediano sia 
più corto degli altri, mentre i laterali si spingeranno come al solito 
fino a toccare il pericondrio della cartilagine e vi sì impianteranno col 
cappuccio già detto, il mediano rimarrà più indietro. 

Allora si osserva una robusta massa elastica che si stacca dal 
pericondrio quasi in aiuto del cordone più breve e si protende e si 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 45 


insinua tra i due cordoni laterali più lunghi, fino a raggiungere il 
cordone mediano cui presenta una incavatura dove poter annicchiare 
la estremità colla stessa forma ricordata per le glandule e che ram- 
menta la scodella della ghianda. 

Altre disposizioni delle diramazioni pericondreali si tralasciano o 
perchè poco importanti o perchè troppo incostanti. Altrettanto dicasi 
di quel che riguarda le relazioni tra le diramazioni stesse e i legamenti, 
che di poco differiscono dalle analoghe osservate nell’epiglottide. 

Si è detto sin qui delle diramazioni prodotte e uscite direttamente 
dal pericondrio, ma nei tessuti della laringe si trovano numerose e 
robuste intessiture elastiche indipendenti le quali hanno bensì col peri- 
condrio qualche rapporto diretto o indiretto, ma non ne provengono. 

Sono intessiture proprie sia della mucosa sia dei tendini sia dei 
muscoli. 

Sono cordoni o strati tipici che sono proprili delle corde vocali 
superiori, che si comportono rispetto al canale o doccia della cartilago 
tyreoidea come corde sottese ad archi. Nè saprei chiamarli che cordoni 
di sostegno o di collegamento quantunque siano atfatto indipendenti 
dai ligamenta, glottis verum e glottis spurium, nati dalla cartilago 
arytaenoidea.') 

La mucosa della laringe non ne & per solito molto abbondante e, 
tranne nei ventricoli del Morgagni, ove è ricca di follicoli linfatici, 
non presenta notevoli particolarità. 

Gli elementi elastici sono meno abbondanti e qualche volta mancano 
quasi affatto nella parte superiore dell'organo, dove appena si nota 
qualche fibrilla sottile e isolata serpeggiante nella parte piü profonda 
della mucosa con direzione per lo piü parallela all'asse dell'organo. 

Ma quanto più si scende coll’esame, tanto più cresce il numero 
deeli elementi nello strato profondo della mucosa e la direzione loro 
è in prevalenza quella dell’asse dell’organo, benché se ne trovino anche 
nella altre direzioni. Anche nella parte superficiale della mucosa, 
subito sotto all’epitelio, cominciano spesso ad apparire elementi elastici, 
tutti o quasi tutti nel senso dell'asse e con la spiccata tendenza a 


1) Per quanto riguarda i leeamenti contr. il lavoro del Friedrich. 
) 1 5 5 


46 G. Guerrini. 


raccogliersi in fascetti; prodromo e preannuncio dei robusti fasci sub- 
epiteliari che vedremo caratteristici nella mucosa della trachea. 

All’altezza dei ventricoli del Morgagni, gli elementi elastici sono 
ancora pochi e questi, e gli altri che appaiono nella sottile buccia di 
connettivo che avvolge 1 follicoli e della quale sono proprii, noh hanno 
aleuno interesse. 

Sotto i ventricoli del Morgagni la mucosa è più ricca di elementi 
elastici, disposti come a rete irregolare e non molto fitta nella parte 
profonda, ed a fascetti paralleli all’asse dell'organo nella parte super- 
ficiale. 

Questi fascetti hanno una forma tipica di fuso e sono chiaramente 
formati dall’accostarsi ed addossarsi di parecchi elementi elastici. 

Sono di varie grossezze ed hanno varie distanze tra loro. 

Qualche volta parecchi fascetti avvicinandosi formano come uno 
straterello nel senso dell'asse dell'organo, ma di rado si toccano con 
l'estremità e con qualche rada fibrilla: per lo più anzi tra le estremità 
dei fasci intercorre una distanza notevole. 

Altre intessiture elastiche indipendenti del pericondrio sono i 
cordoni intercalati tra i tendini e quelli intercalati tra i muscoli. 
Quanto ai primi non vha gran che di diverso, nel loro contegno, da 
quel che si osserva nei cordoni intercalati ai legamenti dell’epiglottide. 

Al più, potrebbe notarsi una maggior ricchezza di elementi ed 
una regolarità maggiore nella loro disposizione; regolarità che nelle 
sezioni nel senso dell'asse del lygamentum arythaenoideum e conycoide 
dà ai preparati un aspetto assai elegante. 

È vero però che quando un cordoncino dei tendini della laringe 
presenta un piccolo incavo nella massa o qualche leggiera anfrattuosità 
lungo il suo corso, subito il vacuo è invaso e riempito tutto da un 
batuffolo di elementi elastici. Ma è questa una proprietà del tessuto 
elastico laringeo? Nei legamenti dell'epiglottide per diligenza che 
vabbia usato non vidi mai disposizioni simili, ma potrebbe anche 
darsi che solo per caso non le avessi incontrate. 

Come i fasci elastici interposti ai tendini, così quelli interposti ai 
muscoli intrinseci della laringe sono più robusti degli omologhi che si 
osservano nell'epiglottide. Si è gia visto che gli elementi elastici dei 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 47 


muscoli dell’epiglottide rimandano a vicenda e si ricambiano sepimenti 
e cordoni attraverso il connettivo intermuscolare i quali anastomizzandosi 
formano come una guaina al cordone muscolare. Altrettanto avviene 
in quanto ai muscoli laringei, salvo che essendo qui più robusti i fasci 
seno altresì più robuste le diramazioni loro e, per conseguenza, anche 
la guaina perimuscolare. 

Certo questa alternanza di fasci elastici e muscolari e l’invagina- 
mento dei secondi per opera dei primi, non è di una costanza assoluta. 

Non di rado una guaina elastica unica ravvolge non uno ma più 
fasci muscolari; però anche in questo caso dalla parete interna della 
guaina si diramano sepimenti che si insinuano nel connettivo inter- 
muscolare e, quando qualche volta questi arrivano ad anastomizzarsi 
tra loro e così a saldarsi, ravvolgono il fascio muscolare in un’altra 
guaina continua. 

Ma è più facile che l'avvolgimento sia impertetto. 

Per chiarire la cosa con un paragone molto grossolano, riferiamoci 
ad una noce la quale è chiusa bensi da un solo guscio, ma ha la 
mandorla quasi divisa da lamelle ed alette provenienti dalla parete 
interna del guscio. 

Ma quando una zona muscolare confina colla mucosa o una zona 
glandulare, o quando due masse muscolari diversamente orientate 
confinano insieme, fra le pareti di confine è sempre un piano elastico, 
di tessitura compatta come di feltro, quasi come nel pericondrio. 
Dove però la zona muscolare confina colla mucosa l'aspetto dello 
strato elastico interposto è più semplice. 

Dalla parte della mucosa lo strato è più compatto e di rado 
lascia sfuggire piccoli fascetti che serpeggiano alquanto nel connettivo 
e poi, o si anastomizzano con gli elementi proprii della mucosa o 
terminano liberi. 

Dalla parte invece del tessuto muscolare lo strato presenta 
solchi e rigature incavate parallele entro le quali si adagiano i fasci 
muscolari. 

Tra un solco e l’altro, come per dir così, nei campi arati, si levano 
creste divisorie continue e spesso molto sottili, di tessuto elastico e 
di zaffi numerosi e robusti che da questo tessuto penetrano poi nel 


48 G. Guerrini, 


connettivo intermuscolare. Per ricorrere anche qui ad un paragone 
grossolano, lo strato presenta la figura di un calco ottenuto con la 
impressione di una stuoia di giunchi e di cannuccie sopra la creta molle. 


Invece gli strati elastici interposti tra una zona muscolare ed 
una glandulare sono più complicati. 


La faccia che combacia col tessuto muscolare ha lo stesso aspetto 
detto qui sopra, di solchi e doccie parallele separate da creste continue, 
ma la faccia rivolta alle glandule non è più compatta e relativamente 
liscia; pare che la compagine glandulare abbia bisogno di maggiori 
e migliori sostegni, rinforzi e avviluppamenti che non la mucosa, 
per cui lo strato elastico le manda diramazioni e zaffi più abbondanti 
e più forti, sul fare di quelli che vedemmo derivare direttamente 
dallo strato pericondreale. 


Finalmente, gli elementi elastici interposti fra due strati muscolari 
confinanti hanno un aspetto ancora più lontano dal comune e l’ho osser- 
vato di preferenza tra le zone del musculus tyro-arytaenoideus e nei 
confini tra il musculus arytaenoideus transversus e l’obliquus. 


Il musculus tyro-arytaenoideus, per esempio, che forma la maggior 
parte della corda vocale, è composto da due strati; uno profondo di 
fasci paralleli alla cartilago tyroidea, l’altro superficiale di fascetti più 
corti disposti obliquamente e terminanti con una estremità nella 
mucosa e con l’altra nella zona muscolare profonda. 


E così lo descriveva anche il Jacobson nel „Wratsch“ del 1887.') 


A queste descrizioni posso aggiungere che tra lo strato profondo 
ed il superficiale intercede un robusto strato elastico, uno di quei piani 
divisori come quelli che vedemmo tipici tra le zone muscolari. 

E però una faccia di questo strato elastico combacia collo strato 
muscolare profondo, l’altra col superficiale. I fasci muscolari dello 
strato profondo hanno la stessa direzione del piano dello strato elastico 
sul quale si appoggiano, e direi, si imprimono. 

La faccia quindi dello strato elastico che combacia collo strato 
muscolare profondo presenta aspetto curioso notato sopra e para- 


!) Confr.: Archiv für mikroskopische Anatomie. 1887. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 49 


gonato ad un campo arato od all’impressione di una stuoia di cannuccie 
sulla creta. 

Nei solchi e nelle rigature parallele si imprimono e si adagiano 
i fasci muscolari, invece sulla faccia opposta dello strato elastico, quella 
cioè che combacia con lo strato muscolare superficiale, si ha un aspetto 
ben diverso. La direzione dei fascetti muscolari essendo obbliqua rispetto 
al piano dello strato elastico, non si hanno più i solchi e le strie, ma 
bensì molti piccoli cavi, come scodelle o pozzetti, in cui si incapsulano 
e si impiantano le estremità dei fascetti muscolari. Accade così anche 
quando uno strato elastico si interpone tra uno strato muscolare ed 
uno glandulare. 

Nella faccia che combacia col muscolo, si hanno i solchi e le 
striature parallele già dette, mentre nella faccia che guarda lo strato 
glandulare si hanno le cavità certo meno spiccate e forti di quelle in 
cui si inseriscono le estremità dei fascetti muscolari obliqui, ma suffi- 
centi perchè la glandula vi si annidi, come fu detto, quasi ghianda 
nella sua scodella. 

Resta ora il dire dei cordoni che chiamai, forse con non troppa 
precisione, di sostegno e di collegamento e che sono proprii delle 
corde vocali superiori. Ad un primo esame superficiale non paiono 
indipendenti e per le strette relazioni che hanno col pericondrio si 
direbbero diramazioni ed emanazioni di questo. 

Uno studio più accurato mostra però che se tali cordoni hanno 
un robusto ed intimo collegamento col pericondrio o le diramazioni sue, 
se vi si impiantano e si protendono poi nel connettivo interglandulare 
attraverso il quale si aprono la via, non ne traggono l’origine prima. 

Si distinguono anzi assai bene dalle produzioni elastiche peri- 
condreali perchè, a differenza di queste, hanno assai poche diramazioni 
e procedono compatti e sicuri verso la mucosa. Quando l'hanno 
raggiunta non vi terminano e non vi contraggono alcun rapporto ma 
Yattraversano e voltano dirigendosi a qualche prossimo punto del 
pericondrio dove si impiantano. È raro che questi cordoni si sfibrillino 
in diramazioni e zaffi laterali; rarissimo poi che questi zaffi contraggano 
anastomosi o rapporti con altre diramazioni elastiche; quando dai cor- 


doni si stacca qualche zaffo questo per lo più irradia libero nel connettivo. 
Internationale Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. XV. 4 


50 G. Guerrini, 


Quando il cordone è giunto alla mucosa spesso cessa di essere 
compatto e diventa più fioscio e rado di tessitura. Accade allora 
qualche volta che, mentre il più degli elementi elastici segue la sua 
via nella parte più profonda della mucosa, una certa quantità di 
fascetti elastici si dirama dal cordone originario e, protendendosi in 
basso nel connettivo interglandulare, lambisce una glandula, quindi ad 
un tratto si spinge di nuovo in alto e rientra nel fascio da cui s'era 
Staccata. 

Questi cordoni non hanno un luogo di origine unico, ma molti. 
Si nota però questo, che immaginando schematicamente il corpo tiroide 
come un semicilindro cavo, chi nella parte della parete interna di esso 
ad equidistanza dei margini laterali, segnasse una linea verticale, 
avrebbe la linea cui si dirigono di preferenza questi cordoni. 

Quelli che nascono-piü lontani da questa linea mediana e perciò 
più vicini ai margini laterali del semicilindro, o alle cartilagines ary- 
taenoidaeae, per lo più dopo un percorso lungo e compatto vanno a 
raggiungere il pericondrio dello stesso scudo tiroide nelle vicinanze 
della suddetta linea mediana. 

Quelli invece nati poco lontano da questa linea, epperò più lontani 
ai margini laterali del semicilindro, hanno naturalmente percorso più breve, 
ma raggiungono anch'essi il pericondrio tiroide con la stessa direzione. 

Quelli finalmente che nascono nella parte intermedia cioè tanto 
lontano alla linea mediana che fingemmo segnata, quanto ai margini 
laterali del supposto semicilindro cavo, per lo più non hanno un corso 
completo e spesso si smarriscono nel connettivo interglandulare o nella 
mucosa ove si sfibrillano e terminano liberi. 

Qualche tenue rudimento di questi cordoni, quasi un tentativo di 
essi, si trova qualche volta (considerando la laringe in situ) nella 
parte più bassa delle corde vocali inferiori. 


V. Trachea. 


La trachea nell'insieme è più ricca di elementi elastici che non 
l’epiglottide e la laringe. Anche in quest/organo si hanno: il pericondrio, 
le diramazioni e produzioni pericondreali e le tessiture elastiche indi- 
pendenti dal pericondrio. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 51 


Bisogna ancora distinguere la parte anteriore dalla posteriore 
della trachea. 

La parte anteriore è formata da uno scheletro cartilaginoso di 
mezzi anelli disposti a pila ove si trovano il pericondrio e le sue 
diramazioni. 

La parte posteriore invece manca di scheletro cartilaginoso e 
presenta una robusta tessitura di tessuto connettivo, elastico, glandulare 
e muscolare. | 

In questa parte sono le tessiture elastiche indipendenti dal peri- 
condrio. 

Il tessuto pericondreale nei semianelli cartilaginosi della trachea 
non mostra di particolare che una ricchissima quantità di elementi 
elastici, ben superiore, come si disse, a quella di cui é provveduta 
la laringe. 

Come nella cartilagine dell'epiglottide anche in questa dello 
scheletro della trachea si trovano talora delle cavità a cucchiaio tutte 
rivestite internamente di tessuto elastico. 

Ma mentre le cavità dell'epiglottide ricettano quasi sempre, come 
vedemmo, una glandula, quelle della trachea sono riempite da un 
batuffolo elastico formato da un aggomitolarsi disordinato e inestrica- 
bile di elementi che si distaccano dal rivestimento della cavita. 

Tra questi gomitoli dall'apparenza tanto intricati si vedono talora 
parecchi elementi riuniti in fascetti che vanno da una parte all'altra 
della cavità o che, partendo dal fondo della stessa, si dirigono verso 
la scorza pericondreale del semianello. 

Sono fascetti per lo più poco robusti e serpeggianti, obbligati 
come sono ad aprirsi una via tra gli intrichi del batuffolo aggrovigliato, 
e sono probabilmente diramazioni e produzioni del pericondrio. 

E queste diramazioni e produzioni pericondreali sono numero- 
sissime nella trachea. 

Alcune sono in relazione coi tessuti intermuscolari, interglandulari, 
e legamentosi: altre colle masse elastiche indipendenti dal pericondrio, 
destinate a rinforzare la connessione tra un semianello cartilagineo e 
l'altro. 


Ma nessuna ha disposizioni nuove o particolari, ripetetendo tutte 
4* 


59° G. Guerrmi, 


le forme e gli aspetti che notammo sulle analoghe dell’epiglottide e 
della laringe. Solo si potrebbe notare che tra un semianello cartilaginoso 
e l’altro gli elementi elastici sono in quantità maggiore e quindi i 
fascetti interpericondreli così numerosi e grossi che, avvicinandosi e 
talora addossandosi, riescono a formare uno strato, quasi una membrana, 
la quale coi suoi margini si attacca ai margini di due semianelli vicini. 

E quando ciò non accade, per lo più un fascetto che nasce da un 
pericondrio s'impianta nel pericondrio opposto, o si anastomizza con 
un altro fascetto che incontra e che porviene da un'altra parte del 
pericondrio. Anzi tale disposizione è tutta propria della estremità 
dei semianelli tracheali. 

Per chiarire là cosa, si supponga, per grossolano schema, che la 
metà anteriore della trachea sia composta di semilune cartilaginose 
sovrapposte. Le punte esterne delle mezze lune saranno anch’esse 
sovrapposte e dalla prima in serie, fino allultima correrà una linea 
quasi retta, anzi una linea verticale, se si considera la pila in piedi. 
Ora da ciascuna di queste estremità terminali delle punte, parte una 
irradiazione riechissima di elementi o di fasci di elementi elastici. 
Molti di questi si protendono verso la parte posteriore del tubo 
tracheale con una disposizione che vedremo, ma molti altri, nati 
dall'estremità di un semianello si piegano e si dirigono verso l'estremità 
terminale sovrapposta o sottoposta dell'anello terminale contiguo e 
stringono fittissimi collegamenti con gli elementi che il pericondrio di 
questa estremità contigua alla sua volta produce. 

Il fatto è quasi costante e così tutte le estremità terminali dei 
semianelli che costituisono il semicilindro cartilaginoso della trachea 
sono collegate tra loro e rafforzate come da una fettuccia elastica 
continua. 

Qualche volta dalla massa di questa fettuccia che rilega tra loro 
le estremità dei semianelli devia qualche sottile fascetto elastico che 
decorre parallelo ai margini dei pezzi cartilaginosi che si guardano, e, 
dopo aver serpeggiato attraverso gli elementi elastici pericondreali, 
termina libero. 

Tutte queste sono produzioni e diramazioni del pericondrio; ma 
le intessiture elastiche che non ne dipendono affatto, non sono meno 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 53 


importanti e nella compagine della trachea non sono meno numerose 
che nella epiglottide e nella laringe rispetto al connettivo interglandulare, 
al muscolare, alla mucosa etc. 

Le intessiture elastiche libere sono piuttosto scarse e tenui nel 
connettivo interglandulare della parte anteriore della trachea. S’intende 
subito che la zona glandulare e il ricco stroma connettivale che le é 
proprio, non possono essere troppo abbondanti in questa parte dove 
prevale il tessuto cartilaginoso. : 

Nella parte posteriore invece in cui il tessuto cartilaginoso manca. 
le produzioni elastiche libere sono più numerose e robuste come a 
maggior rinforzo di una parte che manca di scheletro più solido. 

Le intessiture elastiche libere della parte anteriore della trachea 
hanno quasi sempre rapporti di collegamento colle produzioni peri- 
condreali e una ricca sfibrillatura nel connettivo interacinoso; e quelle 
della parte posteriore hanno una disposizione compatta di cordoni 
robusti, disposti verticalmente, cioè paralleli all'asse dell'organo e pos- 
sono alle volte assumere una grandezza tale da essere visti ad occhio 
nudo, attraverso i tessuti. 

Ciò nell’insieme dell'aspetto. 

Nei particolari è da aggiungere che nella parte anteriore si hanno 
talora dei veri e proprii strati disposti nel senso di uno strato verti- 
cale o parallelo all'asse maggiore del cilindro cavo figurato dall'organo; 
strati che coi loro margini toccano, da un lato lo strato elastico peri- 
condreale e dall’altro quello della mucosa; mentre nella parte posteriore 
della trachea i fasci elastici verticali si suddividono in parecchi fasci 
minori che si collegano coi fascetti irradiati dalle estremità terminali 
dei semianelli cartilaginosi. 

Così, nella parte anteriore, per la ricca sfibrillatura che dicemmo 
e che penetra nel connettivo interacinoso, le glandule sono come avvolte 
in una rada rete di fibre elastiche come, per dirla alla grossa, certe 
palle di vetro opaco per lampade eletriche, coperte da una rada rete 
metallica di rinforzo. 

Passando ora all'esame della parte posteriore della trachea, notiamo 
che non è meno curiosa la disposizione degli elementi elastici e dei 
cordoni verticali che le sono proprii. 


54 G. Guerrini, 


Dalle estremità dei semianelli cartilaginosi partono e si irradiano 
moltissimi elementi elastici, sia solitari, sia riuniti in fascetti, elementi 
che, come si disse, o si dirigono direttamente o si inflettono verso 
l'estremità del semianello immediatamente sovrapposto o sottoposto o, 
finalmente, si protendono o si inseriscono nei tessuti della parte 
posteriore della trachea, seguendo quasi esattamente una via quasi 
orizzontale, cioè normale all'asse dell’organo. 

Quando questi elementi solitari o riuniti in fascetti hanno raggiunto 
la parte posteriore della trachea, vi si comportano in tre diverse 
maniere. O dopo aver serpeggiato terminano liberi in una massa di 
connettivo per lo più interglandulare, o si incontrano ed anastomizzano 
con intessiture elastiche interglandulari, o, finalmente, s'infiltrano nella 
tessitura elastica, a cordoni verticali e paralleli all’asse, tipica della 
parte posteriore della trachea. 

In quest'ultimo caso, volendo più uno schema che una descrizione 
minuta, si può immaginare un piano verticale composto di cordoni 
elastici giustapposti (parte posteriore della trachea) verso i quali si 
dirigono parecchi elementi elastici secondo un piano orrizzontale (pro- 
venienti dalla parte anteriore). 

Quando questi ultimi raggiungono normalmente i primi, o li 
involgono ed abbracciano chiudendoli come in una guaina, o penetrano 
e sinfiltrano nella loro massa, nel qual caso scindono il cordone 
raggiunto in gran numero di cordoni minori, i quali si possono dire 
secondari se scissi e delimitati da emanazioni dirette del pericondrio, 
terziari se invece sono divisi e limitati da emanazioni di emanazioni 
pericondreali. 

In conclusione, limpaleatura elastica della parte posteriore della 
trachea, oltre all'intessiture tipiche notate già, benchè in minor numero, 
nell’epiglottide e nella laringe, presenta la sopra detta particolarità dei 
cordoni elastici verticali suddivisi in cordoni e fasci minori dagli ele- 
menti che, provenendo dalla parte anteriore, li raggiungono e li pene- 
trano seguendo una direzione normale ai cordoni stessi. 

Le intessiture elastiche proprie del connettivo intermuscolare sono 
spesso più abbondanti nella trachea che nell’epiglottide e nella laringe, 
ma le disposizioni sono, in generale, le stesse. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 55 


O si hanno cordoni elastici interposti tra i muscoli e congiunti 
tra loro da una rete di diramazioni proprie che avvolgono ed isolano 
il fascetto muscolare secondario, o una robusta guaina che avvolge 
parecchi fascetti muscolari secondari, mandando tra luno e l'altro, sepi- 
menti e cordoncini divisori. 


L'aspetto può essere diverso, ma, ripeto, le disposizioni sono in 
genere le stesse e in ogni modo si ha nella maggior parte dei muscoli 
una enorme abbondanza di elementi elastici. 


Si veggono inoltre i soliti cappucci elastici che saldano i fascetti 
muscolari al pericondrio e i soliti strati che separano i piani muscolari 
di diversa direzione. 


S'intende che i fascetti muscolari essendo più tenui, sono più fitti 
e perciò più piccole e più vicine le doccie, le scanalature, le pozzette 
entro cui o s'adagiano per lungo o simpiantano colla estremità. 

La mucosa della trachea è anch’essa più ricca di elementi elastici 
che non quella dell'epiglottide e della laringe. 


Il giustapporsi di parecchi fascetti elastici che giungono poi a 
formare uno strato, è raro nella mucosa dell’epiglottide e della laringe, 
ma abbastanza comune in quella della trachea; e in questa, come in 
quelle, è rarissima l'anastomosi dei fascetti per gli apici. 


In proposito anzi si può dire che recidendo con due tagli paralleli 
tra loro e perpendicolari all’asse maggiore dell'organo tanto di trachea 
che contenga un semianello cartilaginoso e, sopra e sotto, metà della 
striscia di tessuto fibroso che separa il semianello stesso dal sovrapposto 
e dal sottoposto e altrettanto della parte posteriore fibrosa, da ottenere 
così un anello intero, ciascuno di questi anelli interi avrà un sistema 
proprio, ossia un piano elastico indipendente. 


Di più, mentre nella mucosa dell’epiglottide e della laringe nelle 
rare volte in cui si hanno fascetti elastici subepiteliari, questi sono 
sempre su un solo strato, nella mucosa della trachea invece è abbastanza 
comune un secondo strato posto dietro al primo e che lo segue in tutte 
le irregolarità del decorso. 

Qualche volta questo secondo strato cerca di combaciare col primo 
o se ne allontana sprofondandosi nella mucosa; ma in tal caso, se ne 


56 G. Guerrini, 


avvicina quasi subito e riprende il contatto intercludendo così colla 
sua deviazione, tra se stesso e l’altro strato una piccola zona del 
connettivo della mucosa, come dentro ad un tenue astuccio elastico. 

Talora invece accade che questo secondo strato profondo si allon- 
tani da l’altro per non raggiungerlo più e per immergersi nella mucosa 
dove termina libero o si anastomizza con altri elementi elastici proprii 
della parte, oppure in lei altrimenti penetrati. 

Così succede talvolta che i fascetti deviati dallo strato subepiteliare 
secondario si uniscano alle propaggini estreme di diramazioni pericon- 
dreali o di intessiture elastiche indipendenti, ma aventi relazione di 
contatto con loro; così che in questi casi può esservi relazione abba- 
stanza stretta tra il pericondrio e lo strato profondo subepiteliare; il 
che può vedersi anche, benchè più di rado, quando lo strato è semplice. 

Ma nel caso di strati doppi, anche l'esterno può assumere dispo- 
sizioni diverse e mostrare apparenti irregolarità. 

Si vedono, per esempio, i due strati procedere giustapposti, quando 
ad un tratto l’esterno si arresta e scompare per riapparire dopo poco. 
Da una osservazione superficiale si direbbe che lo strato è unico e che 
presenta qualche insenatura, ma ciò non è. Lo strato è in realtà 
doppio, solo la pagina esterna presenta lacune o macchie di vacuità 
che possono ingannare. 

Può anche darsi che la mucosa della trachea presenti nella sua 
superficie cavità ed infundiboli ciechi. 

Ora, se il cavo combina dove mancano elementi elastici come tra 
le estremità di due fascetti che, come vedremo, non si anastomizzano 
e lasciano tra loro un intervallo, non si ha che una diminuzione di 
spessore della mucosa nel punto del cavo e nient'altro; ma se il cavo 
combina contro la massa di un fascetto elastico, questo ne viene come 
compresso e spinto ad adattarsi esternamente alla forma del cavo. 
Crescendogli così la superficie da coprire, per forza si assottiglia ed 
irradia i suol elementi. 

Gli elementi elastici proprii della trachea sono anch’essi molto più 
numerosi e robusti di quelli dell'epiglottide e della laringe e, per essere 
così abbondanti, si raccolgano spesso in cordoni e fascetti assai rag- 
guardevoli e compatti, i quali, anastomizzandosi come in una rete 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 57 


irregolare, formano un robusto e grosso stroma di sostegno a tutto 
l'organo. 

Dove la trachea si dirama nei bronchi, la disposizione degli elementi 
elastici è semplice. Le produzioni o diramazioni pericondreali dell’ultimo 
anello si appoggiano e si uniscono al pezzo scheletrico sottostante del 
bronco o terminano libere; le masse elastiche interglandulari ed inter- 
muscolari si anastomizano con le omologhe dei tessuti bronchiali e i 
cordoncini profondi della mucosa stringono il contatto con lo stroma 
elastico del bronco. 

Nei bronchi poi, la disposizione degli elementi elastici non differisce 
gran fatto da quella qui osservata e descritta per la parte più alta 
del tubo respiratorio. 

Lo studio che se ne facesse, avrebbe forse maggior relazione con 
uno studio delle intessiture elastiche polmonari che con quelle della 
trachea, della laringe e della epiglottide. E le fibre elastiche dei pol- 
moni furono studiate dal Cornil, ma con metodi tecnici imperfetti (acido 
acetico), tanto che sarebbe utile rivedere quel lavoro che può essere 
assai importante anche per quel che riguarda la patologia. 

Ma ciò esorbiterebbe dal nostro tema. 


VI. Conclusione. 


Per riassumere finalmente quel che risulta dalle ricerche esposte 
sin qui, si può concludere che: 

1° L'epiglottide, la trachea e la laringe, ricche di elementi elastici, 
lo sono tanto più in ordine discendente e specialmente nel pericondrio, 
nel connettivo interglandulare ed intermuscolare, nei legamenti e nella 
mucosa, in cui sono più importanti. 

2° Gli elementi elastici del pericondrio presentano l'aspetto di 
uno strato di feltro costituito da fibre in apparenza non regolarmente 
disposte e che rivestono e spesso riempiono i piccoli cavi della carti- 
lagine, mandando zaffi, fasci e strati minori derivati, sia nei tessuti 
interglandulari, intermuscolare, e legamentoso più prossimi, sia al peri- 
condrio opposto sia ad altre intessiture elastiche o indipendenti. Quando 
poi si insinuano tra le glandule, sostituiscono il connettivo interglandu- 
lare e producono anche diramazioni secondarie. 


58 G. Guerrini, Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 


3° Il connettivo interglandulare oltre alle suddette diramazioni di 
elementi elastici provenienti dal pericondrio è ricco altresì di elementi 
indipendenti per lo più in forma di cordoncini longitudinali i quali pure 
inserendosi nell’intessiture elastiche pericondreali hanno una indivi- 
duazione propria ed indipendente. Questa ricchezza di elementi elastici 
nel connettivo interglandulare può essere tale da assumere persino 
l'aspetto di membrana. 

4° Gli elementi elastici del connettivo intermuscolare o separano 
i fascetti muscolari inserendosi tra di essi in forma di cordoni che si 
connettono coi sepimenti; o avvolgono come guaina parecchi di quei 
fascetti, separandoli poi con zaffi e sepimenti derivati dalla guaina 
stessa. Nei muscoli della trachea prevale la prima disposizione che 
può essere assai minuta. 

5° La suddetta guaina elastica che avvolge i fascetti muscolari 
forma talora alla estremità un cappuccio simile a quelli osservati dal 
Baltzer [117], da C. Martinotti [118], e dal Carbonelli [119]. 

6° Molti elementi elastici raccolti come in una intessitura di feltro 
compatto, possono formare uno strato divisorio tra una zona glandulare 
ed una muscolare o tra due zone muscolari i cui elementi siano disposti 
in direzioni diverse. In questi strati divisori possono inserirsi gli 
elementi muscolari come avviene nel musculus thyreo-arythaenoideus. 

7° Nelle corde vocali superiori si hanno anche cordoni e piani 
elastici di sostegno sottesi come corda all'arco della cartilago tyreoidea. 
Disposizione tipica ivi, ma che si ripete anche altrove. 

8° La mucosa presenta gli elementi elastici disposti in due strati: 
uno profondo, come rete irregolare composta di fascetti o di elementi 
singoli: l’altro posto subito sotto l’epitelio composto di fascetti longi- 
tudinali e paralleli che tendono a disporsi in strati ora semplici ora doppi. 

Questo risulta dall’osservazione minuta. 

Molte conseguenze se ne potrebbero trarre per rispetto alla fun- 
zionalità, ed altre ricerche occorrerebbero per accertare le modificazioni 
che le alterazioni patologiche recano nella disposizione degli elementi 
elastici; ma, come ben si vede, si uscirebbe dal campo della stretta 
ricerca anatomica su cui mi sono studiatamente rinchiuso. 


Fig. 1. Laringe. 


Spiegazione della tavola ITI. 


Corde vocali spurie; sezione orizzontale. 


a cartilagine ialina. 

b strato elastico pericondreale. 

b' lo stesso, tagliato attraverso la massa. 

c glandula annidata in un cavo della cartilagine. 

d cordone elastico orizzontale che contrae rapporto da un lato 
con lo strato elastico del pericondrio, dall’altro con un grosso 
cordone elastico di sostegno. 

e cordone elastico di sostegno. (Confr. pag. 45.) 

f elementi elastici profondi della mucosa. 

9 fascetti elastici subepiteliali tagliati transversalmente. 

Fig. 2. Laringe (e trachea); sezione della mucosa nel senso dell’asse maggiore 
dell’ organo. 
a. a fascetti elastici subepiteliali. 
b porzione di mucosa sprovvista di elementi elastici. 
€ glandula. 


Fig. 3. Epiglottide; verso la base; sezione longitudinale. 


a. a’. a" 


d 


if 

Fig. 4. Trachea; 
CARTE 

b 

€. 6. 

d 

d' 


fibrocartilagini dell’impalcatura scheletrica. 

strato elastico pericondreale. 

glandula annidata in un cavo della cartilagine. 

fascetti elastici che riuniscono due pericondrii opposti. 
fascetti elastici originati dal pericondrio, che avvolgono una 
glandula. 

elementi elastici di un legamento. 


sezione orizzontale. 


cartilagini dei semianelli tracheali. 

strato elastico pericondreale. 

fascetti elastici che riuniscono due pericondrii opposti. 
elementi elastici alternati nei muscoli. 

inserzione delle guaine elastiche perimuscolari sull’intessitura 
elastica del pericondrio. 

elementi elastici proprii del connettivo interglandulare. 

gli stessi in così gran numero e così addossati l'uno all’altro 
da costituire una specie di cordone (longitudinale). 


60 G. Guerrini, Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 


Fig. 5. Laringe. 


a 


b 


d 


cartilagine fibrosa del Wriesberg. 

cordone elastico che se ne distacca e procede verso un peri- 
condrio vicino (Epiglottide). 

glandula. 

elementi elastici solitari del connettivo ambiente. 


Fig. 6. Laringe; parte muscolare. 


strato muscolare in direzione verticale. 

elementi elastici alternati coi muscoli. 

grosso strato elastico interposto tra due strati muscolari. 
strato muscolare in direzione orizzontale. 

zaffi emanati dallo strato elastico interposto tra i due strati 
muscolari, e avvolgenti e limitanti i fasci muscolari orizzontali. 


Bibliografia. 


1. Arnold, Handbuch d. Anat. d. Menschen. Frieb. 1846. — Béaunis et 
Bouchard, Nouv. élém. d’anat. descript. Paris 1880. — Béclard, 
Anat. génér. 1827. — Bichat, Anat. génér. 1827. — Bock, Handbuch 
d. Anat. d. Menschen. Leipzig 1849. — Cruveilhier, Trait. d’anat. 
descript. Paris 1865. —  Debierre, Tratt. élem. d’anat. dell’uomo. 
Milano 1896. — Engel, Comp. d. topogr. Anat. Wien. — Fort, Anat. 
descript. Milano 1871. — Gegenbaur, Lehrbuch d. Anat. d. Menschen. 
Leipzig 1888. — Gerber, Allg. Anat. 1840. — Guarinoni, Man. d. 
anat. Vienna. — Henle, Allg. Anat. — Henle, Handbuch d. system. 
Anat. d. Menschen. Braunschweig. — Lauth, Handbuch d. pract. Anat. 
Stuttgart 1855. — Langer-Toldt, Lehrbuch d. system. u. topogr. Anat. 
1898. — Krause, Handbuch d. menschl. Anat. Braunschweig 1876. — 


Küdinger, Préc. d'anat. topogr. (Delbet. Paris. — Hilderbrandt, 
Lehrbuch d. Anat. d. Menschen. (Weber. Braunschweig 1830. — Holl- 
stein, Lehrbuch d. Anat. d. Menschen. Berlin 1865. — Hyrtl, Instit. 


d. anat. d. l'uomo. Napoli 1883. — Loder, Anat. Handbuch. — Luschka, 
Die Anat. d. Menschen. Tübingen 1862. — Merkel, Handbuch d. topogr. 
Anat. — Morel et Duval, Man. d. l'anat. Paris 1893. — Pausch, 
Grundriss d. Anat. 1886. — Poirier, Tr. d'anat. hum. Paris 1897. — 
Rauber, Lehrbuch d. Anat. d. Menschen. 1892. — Romiti, Tr. d. anat. 
d. l'uomo. Milano. — Sappey, Tr. d'anat. descript. Paris 1876. — 
Schafer, Quain’s anatomy. Vol. III. Nr. 4. — Sharpey, Quain's elem. 
of anat. — Testut, Tr. di anat. um. Torino. — Tillaux, Tr. d'anat. 
topogr. Paris. — Van Kempen, Man. d. anat. gén. 1851. — Vogt, 
Lehrbuch d. pract. vergl Anat. Braunschweig 1885. — Weber, Hand- 
buch d. Anat. Leipzig 1845. — Wilson, Anat. d. Menschen. (Hollstein.) 


2. Baumwarth, Histol. 1895. — Beale, Sulla str. d. tess. sempl. d. corpo 
umano. (Borelli.) 1865. — Bóhm und Dawidoff, Lehrbuch d. Histol. 
d. Menschen. 1895. — Boll, Untersuch. über d. Bau u. die Entwickel. 
d. Gewebe. Berlin 1871. — Brass, K. Lehrbuch d. norm. Histol. d. 
Menschen. Leipzig 1888. — Duval, Préc. d'histol Paris 1897. — 
Ellemberg, Vergleich. Histol. d. Haussáugetiere. Berlin 1887. — 
Frey, Handbuch d. Histol. u. d. Histoch. Leipzig 1876. — Gerlach, 
Handbuch d. allg. u. speciell. Gewebelehre. 1853. — Hassal, Mikr. 
Anat. 1851. — Henle, Handbuch d. Gefásslehre d. Menschen. Braun- 
schweig 1876. — Klein, Grundzüge d. Histol. 1895. — Kölliker, 
Mikr. Anat. — Kólliker. Handbuch d. Gewebelehre d. Menschen. — 


62 


G. Guerrini, 


Krause, Spec. u. mikr. Anat. Hannover 1879. — Lannois et Moran, 
Man. d'anat. micr. et d’histol. Paris 1892. — Leydig, Tr. d'histol. 
Paris 1866. — Loewe, Zur Histol. d. Bindegewebes. Wiener med. Jahrb. 
1874. — Ludwig v. Thanhoffer, Grundzige d. vergl. Phys. u. Histol. 
Stuttgart 1885. — Mandl, Anat. micr. IL 1857. — Orth, Cursus d. 
norm. Histol. Berlin 1884. — Pouchet et Tourneux, Préc. d’hist. 
hum. et d’histog. Paris 1888. — Purser, A man. of histol. a. of hist. 
met. Dublin 1884. — Ranvier, Traité tecn. d'histol. 1888. — Rawitz, 
Grundzüge d. Histol. Berlin 1884. — Recklinghausen, Die Lymph- 
gefässe u. ihre Beziehung z. Bindegewebe. Berlin 1862. — Reichert, 
Vergleich. Beobacht. üb. d. Bindegewebe u. d. verwandt. Gebilde. Dorpat 
1845. — Rénaut, Tr. d'histol. pract. Paris 1898. — Schafer, Hist. f. 


Stud. 1889. — Schenk, Grundriss d. norm. Hist. d. Menschen. Wien 
1885. — Schiefferdecker und Kossel, Gewebelehre mit bes. Berück- 
sichtigung d. menschl. Kórpers. 1891. — Schwann, Mikr. Untersuch. 
1839. — Stóhr, Lehrbuch d. Histol. u. d. mikr. Anat. Jena 1894. — 


Stricker, Handbuch d. Lehre v. d. Gewebe. Leipzig 1871. — Toldt, 
Lehrbuch d. Gewebelehre. Stuttgart 1888. 


9. Poirier, Tr. d'anat. hum. Paris 1897. 
4. Albrecht, Beitr. z. vergl. Anat. d. sáug. Kehlk. Sitzungsber. d. k. Akad. d. 


Wissensch. Wien. — Alby, Die Bronchialmembr. d. Sáug. u. d. Menschen. 
— Auzoux, Consid. anat. s. l. larynx ch. l'homme et ch. les anim. — 
Bataille, Nouv. récherch. s. l. phonat. Paris 1861. — Baumont, 
Observat. anat. physiol. et medic. s. l. larynx. Paris 1808. — Béclard, 
Larynx; Anat. u. Physiol Dict. encycl d. Sc. med. Paris 1868. — 
Berda, Ueber d. Schleimhaut d. wahr. Stimmb. d. Menschen. Archiv f. 
Anat. u. Physiol 1895. — Beregszäszy, Beitr. z. Anat. u. Physiol. d. 


Kehlkopfes. — Braganca Moreira, Mem. sobra a estruct de lar. hu- 
mana. Journ. Soc. d. Sc. med. d. Lisbona. XVII. 1843. — Brandt, 
Observat. anat. d. mamm. voc. instr. Berolini 1826. — Bresgen, Zur 
Syndesm. d. Kehlkopfes. Virchows Arch. 1876. — Collier, Notes on 


the anat. of the epigl The Lancet. 1889. — Cóyne, Rech. sur l’anat. 
norm. de la muq. de larynx. Arch. d. physiol. norm. et path. I. 1874. — 
Czermach, Der Kehlkopfspiegel. Leipzig 1860. — Davis, Die becher- 
fórmigen Org. d. Kehlkopfes. Arch. f. mikr. Anat. 1877. — Disse, Bei- 
tráge z. Anat. d. menschl. Kehlkopfes. Arch. f. mikr. Anat. 1875. — 
Dubois, Zur Morph. d. Larynx. Anat. Anzeiger. 1886. — Fraenkel- 
hauser, Untersuch. üb. d. Bau d. Tracheobr. Schleimh. Petersburg 1879. 
— Frankel, Studien z. fein. Anat. d. Kehlkopfes. Arch. f. Laryngologie. 
1893. — Frinkel, Zur fein. Anat. d. Stimmbinder. Berliner klin. 
Wochenschrift. 1888. — Fränkel, Zur Histol. d. Stimmbänder. Virchows 
Arch. 1889. — Friedrich, Die elast. Fasern im Kehlkopf. Arch. f. 
Laryngol. 1896. — Ganghofner, Beitr. z. Entwickelungsgesch. d. Kehl- 
kopfes. Zeitschr. f. Heilk. I. — Gegenbaur, Die Epiglottis. 1892. — 
Henle, Vergl. anat. Beschreib. d. Kehlkopfes. Leipzig 1889. — Hey- 
mann, Beitr. z. Kenntn. d. Epith. u. Driisen d. menschl. Kehlkopfes im 
gesund. u. krank. Zustande. — Heymann, Was nennen wir wahr. Stimm- 
band? Deutsche med. Wochenschr. 1890. — Heymann, Ueber d. am 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 63 


Rand d. wahr. Stimmb. vorkommenden Schleimhautkrankh. Wiener klin. 
Rundschau. 1895. — Hochstetter, Ueber d. Kehlkopf. Wien 1894—95. 
— Hódosi, Exper. Untersuch. üb. d. Bewegung d. Trachea. Diss. Erlangen 
1898. — Jacobson, Zur Lehre v. Bau üb. Functionen d. Musc. thyreo- 
arithaen. b. Mensch. Arch. f. mikr. Anat. 1887. — Kain, Zur Morph. 
d. Wriesb. Knorpel. Mitteil. d. Ver. d. Aerzte in Steiermark. XXIII. — 
Kanthach, The miology of the larynx. Journ. of anat. and physiol. 
1892. — Kanthach, The fonct. a. anat. of the epigl Proced of the 
laryngol. Society. London 1893. — Kanthach, Stud. üb. d. Histol. d. 
Larynxschl. Virchows Arch. 1890. CXVIII, CXIX. — Körner, Beitr. z. 
vergl. Anat. u. Physiol d. Kehlkopfes. Abhandl. d. L. naturforsch. Ge- 
sellschaft. XIII. 1884. — Krause, Vergl anat. Beschreib. d. Kehlkopfes. 
Leipzig 1839. — Küdinger, Beitr. z. Anat. d. Kehlkopfes. Monatsschr. f. 
Ohrenheilk. Berlin 1876. — Jehingworth, Someprints in the anat. a. 
physiol. of the larynx. British med. journ. 1895. — Jaen, Vorles. ib. 
d. Bau u. d. Funct. d. menschl. Kehlkopfes f. Sänger u. Sängerinnen. 
Berlin 1895. — Lauth, Rémarq. s. l. struct. d. Larynx et d. l. trachée 
artére. Mem. Accad. de Med. Paris 1884. — Lauth, Mem. s. l. struct. 
d. larynx. Mém. d. l'Accad. royal d. Med. Paris 1835. — Leidy, On. 
sew. imp. points in the anat. of the hum. larynx. An. J. msch. Phila. 
1846. — Livini, Int. alla strutt. d. l. trachea. Mon. zool. it. 1896. — 
Luschka, Der Kehlkopf d. Menschen. Tübingen 1871. — Luschka, Die 
Schleimh. d. Cavum Laryngis. Arch. f. mikr. Anat. 1869. — Luschka, 
Die Anat. d. menschl. Halses. Tübingen 1862. — Merkel, Anat. u. Physiol. 


d. menschl. Stimm- u. Sprachorgans. Leipzig 1857. — Meyer, Ueb. d. 
Bau d. Organ. d. Stimme b. d. Menschen, Sáuget. u. einig. Vogeln. 1852. 
— Naumann, Om byggn. af. luftrórshufrudet. Lud. 1851. — Nicaise. 


De 1. muquese d. larynx. Gaz. med. d. Paris. 1874. — Nicolas, Récherch. 
s. l. dével. d. quelq. élém. d. larynx hum. Bibl. anat. 1894. — Nicolas, 
Org. d. la resp. (vedi: Poirier). — Papillon, Diss. s. l. larynx, sa struct. 
s. funct. etc. Paris 1821. — Reinke, Unters. üb. d. menschl. Stimmbänder. 
Fortschr. d. Medicin. 1895. — Rheiner, Beitr. z. Histol. d. Kehlkopfes. 
Würzburg 1852. — Richardson, Sect. of larynx of hum. foetus. Quart. 
Journ. mier. 1880. — Rühlmann, Untersuch. üb. d. Zusammenh. d. 
Muskeln b. ein. häufig vorkommend. Kehlkopfstellung. Sitzungsber. d. k. 
Akad. d. Wissensch. Wien 1874. LXIX. — Schultz, Disq. d. struct. et 


text. canal. aerif. Dorpat 1850. — Seidler, Res. in th. min. anat. of 
the larynx norm. a. path. Arch. of laryng. Bd. L — Simanowsky, 


Beitr. z. Anat. d. Kehlkopfes. Arch. f. mikr. Anat. 1888. — Soemme- 
ring, Vom Bau d. menschl Körpers. Neue Ausg. IV. Leipzig 1841. — 
Sutton, On the nat. of lieg. IV. Th. vocal cords a. the hioepigl. musc. 
Journ. of anat. a. physiol. 1889. — Taguchi, Beitr. z. topogr. Anat. d. 
Kehlkopfes. Arch. f. Anat. u. Physiol 1889. — Tourtoual, Neue 
Untersuch. üb. d. Bau d. menschl. Schlundes u. Kehlkopfes. Leipzig 1846. 
— Verson, Beitr. z. Kenntnis d. Kehlkopfes u. d. Trachea. Wien 1868. 
— Von Dolkowsky, Beitr. z. Histol. d. Trachealbronchialschleimhaut. 
Lamberg 1875. — Zuckerkandl, Anat. u. Entwickelungsgeschichte d. 
Kehlkopfes u. d. Luftróhre. Handb. d. Laryngol. u. Rhinol. Wien 1896. 


64 G. Guerrini, 


9. Friedrich, Die elast. Fasern im Kehlkopf. Arch. f. Laryngol. u. Rhinol. IV. 
II. 1896. 

6. Beale, Sulla str. d. tess. sempl. d. corpo um. Napoli 1865. (Borelli) —: 
Frey, Handbuch d. Histol. u. Histoch. Leipzig 1876. — Hassal, Mikr. 
Anat. 1851. — Henle, Handbuch d. Gefässlehre d. Menschen. Braun- 
schweig 1876. — Krause, Specielle u. mikr. Anat. Hannover 1879. — 
Leidig, Tr. d'histol. Paris 1866. — Mandl, Mikr. Anat. 1857. T. IL 
— Reichert, Vergl Beobacht. üb. d. Bindegewebe etc. Dorpat 1845. — 
Schwann, Mikr. Untersuch. 1889. — Stricker, Handbuch d. Lehre v. 
d. Geweben. Leipzig 1871. 

7. Arnold, Zur Kenntnis d. Saftbahn. d. Bindegewebes. Virchows Arch. LXVIII. — 
Baber, On the struct. of hyal. cart. Journ. of anat. a. physiol. XI. — 
Baur, Die Entwickel. d. Bindesubstanz. Tübingen 1858. — Bubnoff, Beitr. 
z. Kenntnis d. Struct. d. Knorpel. Sitzungsber. d. k. Akad. d. Wissensch. 
Wien. LVIL — Budge, Weit. Mitteil. üb. d. Saftbahn im hyal. Knorpel. 


Arch. f, mike. Anat.” XVI. — "Deschamps, De l’app. elast. vertebr. 
Gazz. méd. 1841. — Donders, Mikroskop. u. mikrochem. Untersuch. 
tier. Gewebe. Holl. Beitr. (Molleschott). 1847. — Eulemberg, De 


tela elast. Diss. Berlino 1836. — Ebner, Sind d. Fibrillen d. Knochen- 
geweb. verkalkt od. nicht? Arch. f. mikr. Anat. XXIX. — Ebner, Ueb. 
d. fein. Bau d. Knochensubst. Sitzungsber. d. k. Akad. d. Wissensch. 
Wien. LXXII. — Flemming, Zur Entwickelungsgesch. d. Bindegewebs- 
fibr. Festschr. R. Virchow gewidm. z. Vollendung seines 70. Lebensj. I. 
1891. — Heitzmann, Stud. am Knochen u. Knorpel. (Confr.: Hoffmann 
u. Schwalbe Jahresb. — Loewe, Zur Histol. d. Bindegew. Wiener med. 
Jahrb. 1874. — Reichert, Vergl Beobacht. tb. d. Bindegeweb. u. d. 
verwandt. Gebilde. Dorpat 1845. — Schwalbe, Beitr. z. Kenntnis d. 
elast. Gewebe. Zeitschr. f. Anat. u. Entwickelungsgeschichte. II. 1876. 
— See, Anat. et physiol. d. tiss. élast. Thése. Paris 1860. — Strell- 
zoff, Ueber d. Histogen. d. Knoch. Zürich 1813. — Strellzoff, Zur 
Lehre d. Knochenentwickelung. Centralblatt f. d. med. Wissensch. 1872. 


XVIII. — Strellzoff, Genetisch-topogr. Untersuch. d. Knochenwachs- 
tums. Unt. a. d. path. Inst. Zürich 1874. — Sudachewitsch, Il tess. 
elast., sua tess. e s. svilupp. Kiew 1882. — Tillmanns, Ueber d. fibr. 


Structur d. Hyalinknorpels. Arch. f. Anat. u. Physiol. 1887. — Wittich, 
Bindegewebs-, Fett- u. Pigmentzellen. Virchows Arch. 1866. 
Blandin, Zur Kenntnis d. Unnsp. Spiralfasern d. Bindegeweb. Inaug.-Diss. 
Zürich 1858. — Klops, Ueber d. Unnsp. Spiralfasern d. Bindegeweb. 
Zürich 1858. i 
9. Müller, Ueber d. elast. Fasern im Nackenband d. Giraffe. Würzb. naturw. 
Zeitschr. 1880. 

10. Rabl-Rückard, Ueber d. Netzknorpel d. Ohres. Arch. f. Anat. u. Physiol. 
(Du Bois-Reymond.) 1863. 

11. Verson, Zur Insertionsw. der Muskelfasern. Sitzungsber. d. k. Akad. d. 
Wissensch. Wien 1858. LVII. 

12. Cayé, Ueber d. Entwickel. d. elast. Fasern d. Nackenbandes. Kiel 1869. 

13. Cornil, Altér. d. fibr. élast. d. poum. Arch. d. physiol. norm. et pathol. 1874. 


O0 


14. 


15. 


16. 


17. 


18. 


19. 


20. 
21. 


22. 


23. 
24, 


25. 


26. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 65 


Thomsa, Beitr. z. Anat. u. Physiol. d. menschl. Haut. Arch. f. Dermat. u. 
Syph. 1875. 

Rénaut, Réch. anat. s. l. tiss. élast. Arch. d. physiol. norm. et pathol. 1875. 
— Schäfer, Notes on the struct. a. develop. of oss. tiss. Quart. Journ. 
micr. 1878. 

Koganei, Untersuch. üb. d. Bau d. Iris d. Menschen u. d. Wirbeltiere. Arch. 
f. mikr. Anat. 1885. XXV. 


Béla Machik, Beitr. z. Kenntnis d. Sehnengeweb. Wien. Akad. Sitzungsber. 
XXXIV. — Ciaccio, Nuove ric. sulla intess. d. tend. Bologna 1872. — 
Gerlach, Ueb. d. Anlage u. Entwickel. d. elast. Geweb. Morph. Jahrb. 
1878. — Güterbock, Zur Lehre v. d. Bindegewebskórperchen in d. Sehn. 
Centralblatt. 1869. — Langhans, Beitr. z. Histol. d. Sehnengeweb. im 
norm. u. pathol. Zustande. Würzburg. Naturw. Zeitschr. 1864. — Mays, 
Ueb. d. Bau d. Sehnen mit bes. Berücksichtig. ihrer Saftbahn. Virchows 
Arch. 1875. — Ranvier, Des élém. cell. d. ténd. et d. tiss. conjonct. 
lach. Arch. d. physiol. 1869. — Thierfelder, De rigener. tend. Misenae 
1832. — Ereitz, Ueb. elast. Sehnen. Vierteljahrsschr. f. prakt. Heilk. 


1853. 

Berzelius, Tr. d. chim. T. IV. — Chittenden, Histoch. Unters. üb. d. 
Sarkolemm. u. einig. verwandt. Membr. Unters. aus d. physiol. Instit. z. 
Heidelberg. — Ewald und Kühne, Die Verdauung als histol. Meth. 


Verhandl. d. naturhist. med. Ver. z. Heidelberg. — Ewald, Zur Histol. 
u. Chem. d. elast. Fasern u. d. Bindegew. Zeitschr. f. Biol. 1889. XXVI. 
— Floriep, Ueb. d. Sarkolemma u. d. Muskelkern. Arch. f. Anat. u. 
Physiol. 1876. — Frey, Handbuch d. Histol. u. d. Histoch. Leipzig 1876. 
— Kolossow, Neu. Method. d. Bearbeit. d. Geweb. m. Osmiumsäure. 
Zeitschr. f. wiss. Mikr. IX. — Kühne, Kurze Einleit. z. Verwend. d. Ver- 
dauung in d. Gewebanalys. Unters. a. d. physiol. Inst. d. Univ. Heidel- 
berg. 1. 2. — Moroschowetz, Zur Histochem. d. Bindegew. Verhandl. 
d. naturhist. med. Ver. z. Heidelberg. I. 5. — Pfeuffgr, Die elast. Fasern 
d. Lig. Nuchae unt. d. Pepsyn- u. Tripsineinwirk. Arch. f. mikr. Anat. XVI. 


Adler, Vorliuf. Mitteil. üb. eine m. Silberimbib. gemacht. Beobacht. Zeitschr. 
i rat. Med. x. 

Recklinghausen, Die Lymphgefässe u. ihre Beziehung z. Bindegew. Berlin 1862. 

Kober, Ueb. Argyr. in Vergl. z. Siderose. Vierteljahrsschr. f. Dermat. u. Syph. 
1893. 

Martinotti, Della reaz. d. fibr. elast. con l’uso del nitr. d’arg. e d. res. otten. 
Giorn. d. R. Accad. d. Med. d. Torino. 1888. 

Tartuferi, Nouv. impregn. métall. d. l. cornée. Anat. Anzeiger. V. 

Bietti, Contr. à l'étud. d. tiss. élast. dans quelq. parties d. paupiér. Arch. 
ital d. biol. XXVI. 3. 

Hertwig, O., Ueb. d. Entwick. u. d. Bau d. elast. Geweb. im Netzknorpel. 
Arch. f. mikr. Anat. XXX. 

Deutschmann, Ueb. d. Entwick. d. elast. Fasern im Netzknorpel. Liegnitz 1873. 
— Dogiel, Ueb. Untersuchungsmeth. d. Sehnenzell. u. d. locker. Unter- 
hautzellgewebe treffend. Anat. Anz. Il. — Foerster, Beitr. z. path. 

Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. D 


66 


2. 
28. 
29. 
90. 
91. 
32. 


99. 


34. 


39. 


36. 
37. 


38. 


39. 


40. 
41. 
42. 


43. 


44, 


45. 


46. 


47. 
48. 
49. 
50. 


ol, 


G. Guerrini, 


Anat. u. Histol. Virchows Arch. XII. — Langhans, Beitr. z. Histol. d. 
Sehnengeweb. im norm. u. path. Zust. Würzb. Naturw. Zeitschr. 1864. — 
Ranvier, Des élém. cell. d. tendons et d. tiss. conjonctif. lach. Arch. 
d. physiol. 1869. — Wittich, Bindegeweb. Fett u. Pigmentzell. Virchows 
Arch. 1866. IX. 


Boll, Unters. üb. d. Bau u. d. Entwickel. d. Gewebe. Berlin 1871. 

Tafani, Le tiss. d. os. les fibr. perfor. d. Sharpey. Arch. ital. d. biol. 1876. VIII. 
Richardson, Sect. of larynx of hum. foetus. Quart. journ. micr. 1880. 
Van der Strickt, Rech. s. la cartil. hyal. Arch. de biol. 1887. Il. 
Kóppen, Fárb. elast. Fasern u. d. Hornschicht. Zeitschr. f. wiss. Mikr. V. 
Onimus, De l'empl. d. |. fuchsime d. l'etud. d. élem. anatom. Journ. d. l'anat. 


1865. 


Ebner, Ueb. d. fein. Bau d. Knochensubst. Sitzungsber. d. k. Akad. d, Wissensch. 
Wien. LXXII. 


Passarge, Schw. u. Regen. d. elast. Geweb. d. Haut. versch. path. Verhältn. 
Königsberg 1894. — Schulmann, Untersuch. üb. d. Struct. d. elast. 
Geweb. d. ges. u. krank. Arterienw. Diss. Dorpat 1892. 


Strellzoff, Genetisch-topogr. Untersuch. d. Knochenwachstums. Unters. a. d. 
path. Inst. Zürich 1874. 


Brunn, Beitr. z. Ossificationslehre. Dubois etc. 1874. 


Koganei, Unters. üb. d. Bau d. Iris d. Menschen u. d. Wirbeltiere. Arch. f. 
mikr. Anat. XXV. j 


Doskojewsky, Ueb. d. Bau d. Corpus ciliare u. d. Iris v. Sàugetieren. Arch. 
f. mikr. Anat. 1886. XXVIII. 


Pansini, Sulla cost. d. cartilag. e s. orig. d. fibr. elast. n. cart. retic. o elast. 
G. d. Ass. nap. d. Med. e Natur. A. II. 


Wolters, Beitr. z. Kenntnis d. Skleroderm. Arch. f. Dermat. u. Syph. 1892. 

Schmorl, Die path.-histol. Untersuchungsmeth. Leipzig 1897. 

Schwalbe, Beitr. z. Kenntnis d. elast. Geweb. Zeitschr. f. Anat. u. Ent- 
wickelungsgesch. 1876. | 

Bubnoff, Beitr. z. Kenntnis d. Struct. d. Knorp. Sitzungsber. d. k. Akad. d. 
Wissensch. Wien. LVII. | 

Pansini, Sulla gen. d. fibr. elast. Progr. med. Napoli 1887. 

Bagneris, Sur la tinct. d. fibr. élast. par l'éos. Rév. med. d. Vest. Avril 1877. 


Rénaut, Appl. d. Véos. solubl. d. l'eau à l'étud. d. tiss. conjonct. Arch. d. 
‘physiol. 1876. . 


Baltzer, Rech. techn. s. l. tiss. élast. Arch. d. physiol. 1882. 
Spira, Beitr. z. Histol. d. hyal. Knorp. Med. Jahrb. 1886. 


Solger, Ueb. Knorpelwachstum.  Fortschr. d. Med. 1889. VII. 
Enderlen, Ueb. Sehnenregen. Arch. f. klin. Chirurg. 1894. XLVI. 


Martinotti, G., Un met. sempl. p. la color. d. fibr. elast. Zeitschr. £ wiss. 
Mikr. IV. 


22. 


77. 


78. 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 67 


Kölliker, Der fem. Bau d. Knochengeweb. Zeitschr. f. wiss. Zool. XLIX. — 
Kölliker, Ueb. d. fein. Bau d. Knochengeweb. Sitzungsber. d. Würzb. 
physiol.-med. Gesellsch. 1888. 


. Flemming, Zur Entwickelungsgesch. d. Bindegewebsfibr. Festschr. R. Virchow 


gewidmet z. Vollend. s. 70. Lebensjahres. 


. Waldeyer, Histologie, Jahresb. üb. d. Leist. u. Fortschr. in d. gesamt. Medicin. 


1878. I 


. Martinotti, Le reti nerv. d. fegato e d. milza scop. d. prof. Rattone. 1889. 
. Busse, Ueb. d. Heilung asepht. Schnittw. d. menschl. Haut. Virchows Arch. 


1893. XIII. 4. 
Spuler, Ueb. d. Bau u. Entsch. d. elast. Knorp. Erlangen 1895. 


Ferria, La color. d. fibr. elast. c. l'acid. cromico e la saffr. G. R. Accad. d. 
Med. Torino 1888. 


Heller, Die Histog. d. elast. Fasern in Netzkn. u. Lig. Nuchae. Inaug.-Diss. 
Berlin. 1887. 


. Aeconci, Contr. allo stud. d. l'anat. e fisiol. d. l'utero gest. e partor. R. Accad. 


d. med. Torino 1890. 


. Dührssen, Beitr. z. Anat., Physiol. u. Pathol. d. Portion. vagin. uteri. Arch. 


f. Gynäk. Berlin 1891. LXI. 


. Carbonelli, Il perineo s. il rapp. estet. e ginec. G. R. Accad. d. Med. Torino 1893. 


Gallenga, Sulla strutt. d. schleroftalmo congen. Aten. med. parmeuse. IV. 


. Mibelli, D. un metod. sempl. p. l. dimostr. d. fibr. elast. nella pelle. Monit. 


zool. ital. I. 0. 


. Herxheimer, Ueb. eigent. Fasern in d. Epid. u. im Epith. gew. Schleimh. 


d. Menschen. Arch. f. Dermat. u. Syph. 1889. 


. Reinke, Unters. üb. d. Horngeb. d. Säugetierhaut. Arch. f. mikr. Anat. XXX. 


Schmidt, Ueb. d. Altersveränd. d. elast. Fasern in d. Haut. Arch. f. prakt. 
Anat. u. Physiol. 1891. CXXV. 


. Sudachewitsch, Riesenzell. u. elast. Fasern. Virchows Arch. 1889. CXV. 
. Ebner, Ueb. d. Bau d. Aortwand bes. d. Muskelhaut derselb. 1870. 


Strellzoff, Ueb. d. Histog. d. Knochen. Unters. a. d. path. Inst. Zürich. 1813. 


. Lieberkühn, Ueb. d. Einwirk. v. Alizarin auf d. Gewebe d. lebend. Körp. 


Marburg. Sitzungsber. 1874. 
Baumgarten, Knorpel, Knochen u. Anilinfarbst. Med. Centralbl 1876. 
Griesbach, Das Metanylgelb etc. Zeitschr. f. wiss. Mikr. IV. 


Viallenes, S. un nouv. typ. d. tiss. élast. observ. chez la larve d. eristalis. 
Ann. d. Sc. Nat. et Zool. 1883. 


. Hertwig, Ueb. d. Entwick. u. d. Bau d. elast. Geweb. im Netzknorpel Arch. 


f. mikr. Anat. XXX. 
Lustgarten, Victoriablau; eine neue Tinctionsmeth. f. elast. Fasern u. f. Kerne. 
Med. Jahresb. f. ges. d. Aerzte z. Uren. 1886. 


Kuskow, Beitr. z. Kenntnis d. Entwickel. d. elast. Geweb. im Lig. Nuchae u. 
im Netzknorpel. Arch. f. mikr. Anat. XXX. 


T 


DEE 


68 


119) 


80. 
81. 


82. 


83. 


84. 


85. 


86. 


87. 


88. 
89. 


90. 
9T. 


92. 
93. 


94. 
95. 


96. 


DIE 
98. 
99. 
100. 


101. 
102. 


103. 
104. 
105. 
106. 


G. Guerrini, 


Heller, Die Histol. d. elast. Fasern im Netzknorpel u. Lig. Nuchae. Inaug.- 
Diss. Berlin 1887. 

Köppen, Färb. d. elast. Fasern u. d. Hornsch. Zeitschr. f. wiss. Mikr. V. 

Burci, D. u. metod. rapid. d. color. delle fibr. elast. Pisa Soc. di medic. e 
sc. nat. 1891. 

Kölliker, Ueb. d. Entwickel. d. sogen. Kernfas., d. elast. Fasern u. d. Bindegew. 
Würzb. Verhandl. III. 

Reich, Ueb. Arterialsclerosis nodosa m. bes. Berücksicht. d. Verhalt. d. elast. 
Elem. d. Gefässw. Königsberg. 

Mall, D. retik. Gewebe u. s. Beziehung z. d. Bindegewebsfibr. Abh. d. math.- 
phys. Kl. d. sáchsisch. Gesellsch. d. Wiss. 1891. 


Zwiegmann, Das elast. Gewebe d. Aortenwand u. s. Veränd. bei Skler. u. 
Aneurysma. Dorpat 1891. 


Unna, Notiz, betr. d. Tänzersche Orceinfärb. d. elast. Geweb. Monatsh. f. 
prakt. Dermath. 1891. XI. 


Unna, Eine neue Darstellungsmeth. d. elast. Geweb. d. Haut. Monatsh. f. 
prakt. Dermath. V. 


Unna, Zur Kenntnis d. elast. Geweb. d. Haut. Leipzig 1887. 


Kuskow, Beitr. z. Kenntnis d. Entwickel. d. elast. Geweb. im Lig. Nuchae 
u. im Netzknorpel. Arch. f. mikr. Anat. XXX. 


Tänzer, Ueb. d. Unnasche Färbungsmeth. d. elast. Fasern. 

Unna, Notiz, betr. d. Tänzersche Orceinfürb. d. elast. Geweb. Monatsh. f. 
prakt. Dermat. V. 

Unna, Elastin u. Elacin. Monatsk. f. prakt. Dermath. 1894. XIX. 


Livini, D. u. modif. al metod. Unna-Tänzer p. 1. coloraz. delle fibr. elast. 
Monit. Zool. VII. 


Volters, Beitr. z. Kenntnis d. Sklerodermie. Arch. f. Dermat. u. Syph. 1892. 


Heller, Die Histol. d. elast. Fasern in Netzknorpel u. Lig. Nuchae. Inaug.- 
Diss. Berlin 1887. 


Zenthoefer, Topogr. d. elast. Geweb. innerh. d. Haut d. Erwachs. Zeitschr. 
f. wiss. Mikr. IX. 


Baiardi, Contr. all’istol. comp. dell'iride. 
Gatti, Il metod. Unna-Tanzer p. l. ricerca d. fibr. elast. negli sputi. 
Sechi, Contr. allo st. d. tess. elast. d. pelle umana. 


Grünstein, Histol. Untersuch. üb. d. Bau d. menschl. Aorta in versch. Alters- _ 
stufen. Bonn 1895. 


Sperino, Sulla disp. d. tess. elast. nel letto ungueale. Torino 1893. 


Gutentag, Ueb. d. Verh. d. elast. Fasern in Hautnarb. u. b. Destructionsspr. 
d. Haut. Prag 1894. 


Spuler, Ueb. d. Bau u. Entstehung d. elast. Knorp. Erlangen 1895. 
Schultz, D. elast. Gewebe d. Periosts u. Knochens. Wiesbaden 1895. 
Hansen, Ueb. Bildungen u. Rückbildungen v. elast. Fasern. Greifswald. 


Passarge, Schw. u. Regen. d. elast. Geweb. d. Haut etc. Königsberg 1894. 


107. 


108. 
109. 


110. 
THE 


112. 


113. 
114. 
115. 
116. 


TUAE 
118. 


219: 


Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. 69 


Dobbertin, Ueb. d. Verbreit. u. Anordn. d. elast. Geweb. in d. Schicht. d. 
gesamt. Darmkanals. Kiel 1896. 

Seipp, D. elast. Gewebe d. Herzens. Wiesbaden 1896. 

Loisiel, Format. et évol. d. élém. d. tissu élast. Journ. d. Vanat. et d. la 
physiol. 1897. XXXIII. 2. 

Della Rovere, S. fibr. elast. d. vene superfic. d. arti. Anat. Anzeiger. XIII. 

Livini, D. u. modif. al metod. Unna-Tänzer p. l. coloraz. delle fibr. elast. 
Monit. zool. VII. 

Unna, Notiz, betr. d. Taenzersche Orceinfärb. d. elast. Geweb. Monatsh. f. 
prakt. Dermat. V. 

Unna, Elastin u. Elacm. Monatsk. f. prakt. Dermat. 1894. XIX. 

Laurent, Zeitschr. f. wiss. Mikr. 1896. XIII. 

Schultz, D. elast. Gewebe d. Periosts u. Knochens. Wiesbaden 1895. 

Pansini, Sulla costit. d. cartil. e sulla orig. delle fibr. elast. nella cartilag. 
reticol. o. elast. G. Ass. nap. Med. e Natur. IL. 

Baltzer, Rapp. d. tiss. musc. e d. tess. élast. Arch. d. physiol. 1882. 

Martinotti, C., Un metod. sempl. p. l. coloraz. delle fibr. elast. Zeitschr. 
f. wiss. Mikr. IV. 

Carbonelli, Il perineo sotto il rapp. estet. ginecol G. R. Accad. d. Med. 
Torino 1893. 


(Aus dem Anatomischen Institut der Universitat Berlin.) 


Die Insertion der Musculi lumbricales an der Hand 
des Menschen. 


Eine kritische, statistische Untersuchung. 
Von 


Fr. Kopsch. 


Ursprung und Ansatz der Musculi lumbricales an der Hand des 
Menschen variieren bekanntlich in hohem Maasse. Dies gilt vor allem 
von der Insertion. Als typischer, d. h. am häufigsten vorkommender 
Ansatz gilt nach den meisten Hand- und Lehrbiichern’) der Uebergang 
der Sehnen sämtlicher vier Lumbricales in die Dorsalaponeurose ihres 
Fingers von der radialen Seite her. Nur Cruveilhier?) ist der Ansicht, 
dass der dritte Lumbricalis am häufigsten („le plus souvent“) zum 
Ulnarrande des dritten Fingers zieht, welcher somit zwei Lumbricales 
besitzt, während der vierte Finger keinen hat. Dies Verhalten der 
Muskeln wurde von Poirier») vergeblich gesucht, welcher der Ansicht 
ist, dass es nicht so häufig vorkomme, wie Cruveilhier behauptet. 
Inzwischen hat Le Double*) in seinem soeben erschienenen Buche 

1) Die Hand- und Lehrbücher von folgenden Autoren erklären als typisch die 
Endigung aller Lumbricales an der Radialseite ihres Fingers: Gegenbaur, Gray, 
Henle, Hollstein, Hyrtl, Krause, Poirier, Quain, Rauber, Sappey. Ein kleiner lapsus 
calami findet sich bei Gegenbaur und Rauber, nach denen der erste und zweite 
Lumbricalis nicht selten verdoppelt sem soll. Das gilt doch vom dritten und 
vierten Lumbricales. 

?) Cruveilhier, J., Traité d'Anatomie descriptive. 5. Aufl. Paris 1871. Bd. I. 
p. 695. 

?) Poirier, Paul, Traité d'Anatomie humaine. 1896. Bd. IL p. 118. 


*) Le Double, Variations du système musculaire de l'homme. Paris 1897 
Ban Ip: 186: 


Fr. Kopsch, Die Insertion der Musculi lumbricales etc. 71 


über Muskelvarietäten Cruveilhiers Auffassung bestätigt, indem er 
sagt: ,Si je m'en tenais à mes dissections et à celles de Cruveilhier 
jinclinerais même à croire que l’attache du troisième lombrical à la 
face interne de la troisiéme phanlange (soll heissen doigt, Verf) est 
la régle et non l’exception.“ 

Wir haben hier also einen Gegensatz vor uns, welcher um so 
mehr Bedeutung beansprucht, als auf der einen Seite die grosse Mehr- 
zahl der Autoren steht, während auf der anderen Seite die Auffassung 
Cruveilhiers durch das umfassende Werk von Le Double eine bedeutende 
Unterstützung erfährt. | 

Zur Erklárung dieses Gegensatzes kónnte man an die schon für andere 
Organe nachgewiesenen rassen-anatomischen Unterschiede denken '), 
wenn man die Angaben der Autoren als gesichert und feststehend an- 
nimmt. Andererseits kann die Verschiedenheit der Angaben bedingt 
sein durch Momente, welche bei der Gewinnung des Thatsachen- 
Materials in Betracht kommen. Am  wesentlichsten erscheint mir 
hierbei der Punkt, ob die Autoren, welchen wir statistische Angaben 
über die Häufigkeit der Variation der Mm. lumbricales verdanken, 
selber alle betreffenden anatomischen Präparate angefertigt oder ob 
sie wesentlich die von den Studierenden im Prápariersaale gemachten 
zur Unterlage ihrer Statistik verwendet haben. Das letztere ist für 
die Untersuchung der Mm. lumbrieales wenigstens durchaus zu ver- 
werfen, weil der Anfinger nur zu geneigt ist, die Organe so dar- 
zustellen, wie sie sein Lehrbuch oder sein Atlas zeigt, und weil bei 
der geringeren Uebung und Erfahrung mancherlei zerstórt wird, was 
nicht besonders in die Augen fällt, zumal wenn die Aufmerksamkeit 
nicht besonders darauf gelenkt ist, sei es durch das Buch oder den 
Unterricht. 

Aus diesen Erwägungen ergab sich zweierlei. Einmal die Not- 
wendigkeit, an einer grösseren Anzahl von Fällen die Insertion der 
Mm. lumbrieales aufs neue zu untersuchen, und zweitens alle zur 
Statistik zu benutzenden Fälle selber zu präparieren. 


7) Schwalbe, G., und Pfitzner, W., Varietüten-Statistik und Anthropologie. 
HI Mitteilung. Morphologische Arbeiten von Gustav Schwalbe. 1894, Bd. III: 
S. 459—490, 


72 Fr. Kopsch, - 


Ich habe an 110 Hànden die Insertion der Mm. lumbricales selber 
prapariert und berichte im folgenden über die erzielten Resultate, 
welche von den bisher vorhandenen Angaben bedeutend abweichen. 


Zum Abdruck der folgenden Tabelle habe ich mich entschlossen, weil dieselbe 
dem Nachuntersucher etwa nützlich sem kann. Zu ihrer Erlauterung sei folgendes 
gesagt. Die Nummern der ersten Spalte dienen zur Bezeichnung der einzelnen 
Fälle, welche immer nur eine Hand, nicht Individuen bezeichnen. Nur in einigen 
Fällen habe ich beide Hände desselben Individuums präparieren können, was in 
der Tabelle durch eine Klammer in der letzten Spalte bemerkt ist; eine Nummer 
mit beigefügtem * bedeutet, dass in dem Fall der dritte Lumbricalis eine doppelte 
Insertion hat; ein + sagt, dass der dritte Lumbricalis an die Ulnarseite des dritten 
Fingers geht; ein ! zeigt, dass alle vier Lumbricales zur Radialseite der ent- 
sprechenden Finger gehen; ein © bedeutet, dass dieser Fall nicht zu den drei 
erwähnten Arten gehört. 


Iba IL Ibe 108 Iie IUE. KV. 
Be- 


rad. | rad. uln. rad. uln. rad. uln. Be 


No. | Seite 
2Fing. | 3. Fing. 2. Fing. | 4. Fing.|3. Fing. || 3. Fing.|4. Fing. 


— 
* 

Mor mm km RR HH RO RR HH HH HR HR HH m mh 
3 
uw 


Die Insertion der Musculi lumbricales an der Hand des Menschen. 7/3) 


TORO TE A I stg Te DIV. ni 
No. | Seite | di 
2 Fing. 5. Ping, 2. Ring. | 4. Fing. s. King. |5. Fing |4.Fing, | ^" nen 

28 ! r. 2 '» iu » ar » SE 
29 ! 1. S — _ — 
30 * iP, 7 È — " a — 
3l 7 Te — — È " -— 
92 ! r. = i — E — * — 
99 * Te È — 2 a = 
94 ! I, à — Ù — — 
39 O r. > — 5 = a 

To (C r. — — > = 
97 ! iP — È — x — 
38 ! p N — — ) -— 
99 ! Il; : — È — È — 
40 r. D) » Ri ” jung 
4] * I — 3 = 
42 * IL E — b 

43 ! E 2 — a — 
44 ! IL " à — -— n — 
45 * TE; s — 3 " A — 
46 ! r. s — — — 
EX r. ” n IY 2 SB. 
48 1 IL E — x — = _- 
e e r. 2 ” aye 2 RZ 
50 ! IL " 3 — — — 
51 * ]. È — È = 
52 | i È — — E " = 
99 * I = E n * — 
54 * jg. x dal T u 
55 * IL o P — i " 
56 ! IL : 3 — $ — = 
97 * | 5 2 — a È — 
58 * ]. 5 — È £ > 
59 ! r. 5 — — - = 
60 ! I]? 3 — $ — : = 
61 ! 1% È 2 — Ù — 5 zs 
62 * l. D) 2 TE | » p | 2 2% 
63 * ie, — 5 R = 
64 l. » » AT D = 
65 O Ik A - — È — — È 
GORE AE — È — -— 
67 ! n E È — = 
SO IE 5 — E — È 2 
69 * | l. » D) ve 2 7 n 7 
70! lE ^ 5 — N — 5 = 
Ca E È — 3 = = 
72 * Ik — 5 = 


14 Fr. Kopsch, 
3 E TUI | Ibe ILE | L. IV. d: 
No. Seite È 7 
aun s iig. | 2 mea fine | 3 Ping. | s-Fing. | 4 ing. | ™erkungen 
13 ! r. D) imd » oe D) Soi 
74 O r. ” PE ” e » 
75 © li 2 D) So ” IN: PT ” 
76 TT r. » y ban D) 2 E 
Tae RU S d ewe vs 
(fto). © iP 3 — r 5 — 
19 * le Tai » D) » 
CO 3% — x — 
en teg È de à = : ut 
82 T r. D) v 7 » D) di 
83 ! r. D) | D) "s » CF » GER 
84 O r. D) or Lr » D) 
85 * l. D) m ” yum 
86 * ni " — — 
87*| 1 a (CARS 1 à ils 
88 ! T 5 — 2 — 3 -- 
SO) L za È a S 
90* | L : > xn 
SEE TP — x ei — 
GIANNI MS ara SS al 
93 O r. » | ET D) PE Ei A 
94 ! if EE — — 
95 ! r. ees — — 
96+ | x. | Dione lenze À . m 
97 ! ib — — È = qu 
eed 1. | = i se zx 
9919 NOE | = * = 2 = i 
100 * Io D) | ” mu » D) zu J 
ON anse are — | — n 
102 * | 1 Ina: m x à ; = |) 
108! | 1. | toes = | 
10251 r. ” | » a D) EX D) TOU | 
10S 1 || a, | RS à ES 2 = || 
106 T 110 » | » [ons E ” » ET J 
107+ | x. | lie, AN ECCE 
Ri iss ns m = sli 
109* | 1 ; | ME. i = | 
110 * 16; eee 2 — dI 


Aus dieser Tabelle ergiebt sich: 


1. Der erste und zweite Lumbricalis gehen in allen 


110 Fallen 


an der Radialseite ihres Fingers (2. und 3. Finger) in die Dorsal- 
aponeurose iiber. 


Die Insertion der Musculi lumbricales an der Hand des Menschen. 15 


2. Alle vier Lumbricales gehen an der Radialseite ihrer Finger 
(2., 3., 4., 5. Finger) in die Dorsalaponeurose über in 43 Fallen (39 9/,). 

3. Zweifache Insertion des dritten Lumbricalis (die eine am Ulnar- 
rande des 3. die andere am Radialrande des 4. Fingers) ist in 
47 Fällen (42,7 °/,) vorhanden. 


Unter sechs von diesen Fällen (5,45 °/,) ist noch dazu die Insertion des vierten 
Lumbricalis eine zwiefache (die eine am Ulnarrande des vierten, die andere am 
Radialrande des fünften Fingers). In zwei Fallen (1,8°/,) hatte der vierte Lumbri- 
calis die Insertion am Ulnarrande des vierten Fingers. 


4. Insertion des dritten Lumbricalis am Ulnarrande der Dorsal- 
aponeurose des dritten Fingers (Cruveilhier, Le Double) findet sich 
nur in 11 Fällen (9,99 °/,). 

5. Die noch bleibenden 9 (8°/,) Fälle sind solche, welche sich 
nicht unter No. 2—4 ordnen lassen. 

Das von den auf Seite 70 Anm. 1 genannten Autoren als typisch 
hingestellte Verhalten der Insertion findet sich also nur in 39°/, der 
Fälle; in den anderen 61°/, sind Abweichungen davon vorhanden. 

Diese grosse Zahl von Varietäten überschreitet sogar noch die 
von Froment!), dessen Varietätenzahl (45°/,) von Le Double (l. c. 
pag. 178) als übertrieben hoch angesehen wird. Sie steht aber in 
ganz bedeutendem Gegensatze zu den von Wood *) (18,6 °/,), Macalister’) 
(12,5 °/,) und Le Double‘) (13,333 °/,) angegebenen Zahlen. Dagegen 


1) Froment, Recherches sur plusieurs points d’Anatomie. Paris 1853. 

*) Wood, John, Variations in human myology etc. Proceedings of the Royal 
Society of London. 1868. Vol. XVI. p. 488—525. p. 501. 

3) Macalister, Alexander, Additional observations on Muscular Anomalies in 
human Anatomy etc. Transactions of the Royal Irish Academy. 1875. Vol. XXV. 
p. 1—134. p. 93 ff. 

4) Le Double loc. cit. p. 178 sagt: nach seiner Statistik finden sich die 
Varietàten der Mm. lumbricales in 1:8 Individuen (richtiger 1:8,5) Er citiert 
Macalisters Angaben von 50 Anomalien auf 400 Individuen richtig. giebt dann 
aber das daraus berechnete Verhältnis mit 1:12 falsch an, es muss heissen 1:8 
oder 12,5 °/. Ueberhaupt finden sich in dem Abschnitt über die Mm. lumbricales 
„eine Menge falscher Citate; als solche seien hier erwähnt: auf p. 188 die Mitteilung 
von Gegenbaur in Virchows Archiv. 1861. Bd. XXI. p. 976—385. Der hier be- 
schriebene Fall ist vielmehr der Insertion nach folgender: L. I. rad. 9 Finger, 
L. II. rad. 3 Finger, L. II. uln. 3 Finger, L. IV. rad. 5 Finger. Gegenbaur sagt 
ausdrücklich, der vierte Finger erhielt überhaupt keinen M. lumbricalis. Auch der 
Befund von Carver, Journ. of Anatomy and Physiol. 1869. Vol. III. p. 257—261 
wird von Le Double auf p. 188 falsch citiert, indem er sagt: ,Carver à découvert 


76 Fr. Kopsch, 


ist die Zahl der Fälle, in denen der Mittelfinger zwei Lumbricales 
erhalt, und zwar den zweiten Lumbricalis von der radialen, den dritten 
Lumbricalis von der ulnaren Seite her, so gering (9,99°/,), dass man 
schwer begreift, wie Cruveilhier und Le Double dazu kommen konnten, 
das Verhalten als Regel anzusehen. Hier könnten zur Erklärung nur 
die beiden im Eingange angeführten Momente in Betracht kommen, 
entweder zeigt sich hierin ein rassen- anatomisches Merkmal — wogegen 
jedoch Poiriers (l. c. Bd. II. pag. 118) Bemerkung spricht — oder — 
und dies erscheint mir zur Zeit als das Wahrscheinliche — Cruveilhier 
und Le Double haben viele Präparate gesehen, bei welchen der radiale 
Kopf des dritten Lumbricalis von dem Präparanten weggeschnitten und 
nur der ulnare zum Mittelfinger gehende übrig geblieben war. Die Er- 
kennung eines solchen Kunstproductes ist häufig ganz unmöglich, selbst 
wenn man weiss, dass es gemacht werden kann, da bei der so haufigen 
(49,7 |) Verdoppelung der Insertion des dritten Lumbricalis der eine 
von den Köpfen oftmals sehr schwach (0,5—1 mm) ist. 

Um dieser Fehlerquelle zu entgehen, habe ich mich entschliessen 
müssen, alle zu dieser Statistik benutzten Fälle selber zu präparieren, 
und ich habe hier nur solche berücksichtigt. Es wird notwendig sein, 
dass auch in Frankreich und an anderen Orten das Gleiche aus- 
geführt wird, um eine sichere Grundlage zur Vergleichung zu schaffen 
und nach der einen oder der anderen Seite hin eine Entscheidung zu 
treffen. Die von Wood, Macalister, Le Double angegebenen Verhältnis- 
zahlen sind hierzu gar nicht zu verwerten. Ob die von Froment bei- 
gebrachte Zahl der Varietàten mehr Zutrauen verdient, kann ich leider 
nieht entscheiden, da mir die Arbeit im Original bisher nicht zugäng- 
lich war. : 

Wenn wir nun in wenig Worten das typische Verhalten und die 


cinque lombricaux dont le cinquiéme le seul anormal, aboutissait au bord externe 
du fléchisseur perforé du petit doigt“ (von le Double nicht gesperrt); während Carver 
schreibt: „whereas the fifth joined the radial side of the tendon of the flexor 
sublimis of the ring finger“ (von Carver nicht gesperrt) Le Double citiert auch 
(p. 187) die Beobachtung von Petsche, Hallers Disputat. Anat. Vol. VI. p. 763—786 
nicht richtig, welcher nicht denselben Fall wie Walther ibid. p. 585—603 beschrieben 
hat, sondern folgende Variation: L. I. rad. 2 Finger, L. IL rad. 3 Finger, L. III. 
rad. 4 Finger und uln. 8 Finger, L. IV. rad. 5 Finger. 


LI 


Die Insertion der Musculi lumbricales an der Hand des Menschen. vit 


wesentlichsten Abweichungen der Insertion der M. lumbricales manus 
schildern wollen, so werden wir nach der vorliegenden Untersuchung 
sagen müssen, dass zwar die Abweichungen der verschiedensten Art 
die absolute Mehrheit (61°/,) bilden, dass man aber zwe? Haupttypen 
der Insertion aufstellen kann, welche relatıv am häufigsten vorkommen. 
Dieselben sind: 

I. Sämtliche vier M. lumbricales gehen auf der Radialseite ihres 
Fingers in die Dorsalaponeurose über. — 39 °],. 

II. Von den vier M. lumbricales inserieren der erste, zweite und 
der vierte am Radialrande des zweiten, dritten, fünften Fingers; 
der dritte M. lumbricalis ist gespalten und geht mit der einen 
Sehne zum Ulnarrande des dritten, mit der anderen zum Radial- 
rande des vierten Fingers. — 35,45 °/,. 


Referate 


W. Krause. 


F. Miescher, Die histologischen und physiologischen Arbeiten von 
Friedrich Miescher. Gesammelt und herausgegeben von seinen 
Freunden. Leipzig 1897., F. C. Vogel. 8°. Bd. I. 138 S. Mit 
einem Portrait, nebst einer Einleitung von W. His. Bd. IL. 
543 S. Mit 25 Holzschn. und 2 farbigen Tafeln. 


Dem am 25. Aug. 1895 verstorbenen Baseler Physiologen haben seine Freunde 
ein schönes litterarisches Denkmal gesetzt. F. Miescher war am 13. Aug. 1844 
in Basel geboren, sein Vater war F. Miescher sen., dessen Doctor-Dissertation: 
De inflammatione ossium etc. Berolini 1896, noch heute nicht vergessen ist. Dem 
Sohne, als dem Entdecker des Nucleins, wird die Geschichte der Medicin ein gleich 
ehrenvolles Andenken bewahren. 

Der erste Band der vorliegenden gesammelten Abhandlung enthält eine warm 
geschriebene Einleitung von W. His (S. 1—4), die Schilderung des Entwickelungs- 
ganges des zu früh dahingeschiedenen Forschers und 98 aus seiner wissenschaft- 
lichen Correspondenz mit anderen Gelehrten ausgewählte, meist sehr interessante 
Briefe desselben. Der zweite Band bringt 17 physiologische in verschiedenen Zeit- 
schriften zerstreute Abhandlungen von Miescher, und noch 4 von seinen Schülern, 
deren Titel unten folgen. Im allgemeinen bemerkt His (S. 26), dass Miescher zu 
einer Chemie der morphologischen Elementargebilde oder, wenn man den Ausdruck 
gebrauchen will, einer Ce//ularchemie den Grund gelegt hat. Er selbst pflegte seme 
Arbeiten als histochemische zu bezeichnen, aber es ist klar, dass seine Histochemie 
viel weitergehende Ziele verfolgte, als die Gewebschemie von C. G. Lehmann, 
Schlossberger, Gorup-Besanez u. A. An Stelle der Collectivanalysen compliciert 
gebauter Organe, des Gehirnes, der Leber etc. sollte eine scharfe chemische Schei- 
dung aller der Bestandteile treten, die überhaupt morphologisch zu sondern sind: 
die chemische Scheidung von Kern und von Zellenkórper, von Spermatozoenkopf 
und Spermatozoenschwanz etc. Soweit das Mikroskop trennt, soweit sollte auch 
die chemische Analyse sondern und scharf charakterisieren, und auf dieser Grund- 
lage sollte sich dann weiterhin das Verstiindnis der physiologischen Vorgiinge 
innerhalb der Gewebe aufbauen. Durch ein solches Vorgehen kann überhaupt 
erst die Brücke zur morphologischen Histologie und zum Verstiindnis ihrer zum 
Teil so complicierten technischen Methoden geschlagen werden. 


W. Krause, Referate. 79 


Die Titel der erwähnten Arbeiten sind folgende: 
Ueber die chemische Zusammensetzung der Fiterzellen. 
Die Kerngebilde im Dotter des Hühnereies. 
Nachträgliche Bemerkungen dazu. 
Der physiologische Process der Atmung. 
Die Spermatozoen einiger Wirbeltiere. 
Ueber das Ei... 
Statistische und biologische Beiträge zur Kenntnis vom Leben des Rhein- 
lachses im Süsswasser. 
8. Ueber das Leben des Rheinlachses im Süsswasser. (Mit 2 Taf.) 
9. Die Aufgabe der Volksernährung im Lichte der Wissenschaft. 
10. Ueber die Ernährung der Sträflinge. 
1l. Bemerkungen zur Lehre von den Atembewegungen. Anhang zu diesen Be- 
merkungen, redigiert von A. Jaquet. 
12. Der Atemschieber. 
18. Biologische Studien über das Leben des Rheinlachses im Süsswasser. 
14. Physiologische Fragmente über den Rheinlachs. 
15. Ueber die Beziehungen zwischen Meereshóhe und Beschaffenheit des Blutes. 
16. Physiologisch-chemische Untersuchungen über die Lachsmilch. 
17. Miescher's Beobachtungen über. die morphologische Entwickelung der Lachs- 
spermatozoen. Nachtrag von W. His. 
18. E. Veillon, Der Fleischl-Miescher'sche Haematometer und die Prüfung seiner 
Leistungsfahigkeit. 
19. F. Egger, Beobachtungen an Menschen und Kaninchen über den Einfluss des 
Klimas von Arosa (Graubünden, 1890 m) auf das Blut. 
20. J. Karcher, E. Veillon, F. Suter, Ueber die Verinderungen des Blutes 
beim Uebergang von Basel (266 m) nach Champéry (1052 m), Serneus (986 m) 
und Langenbruck (700 m). 
21. F. Miescher, Bemerkungen zur Physiologie des Hóhenklimas. 
22. F. Suter und A. Jaquet, Hóhenklima und Blutbildung, als Anhang. 


muc bea uo sae 


A.-F. Le Double, Traité des variations du système musculaire de 
l’homme et leur signification au point de vue de l'anthropologie 
zoologique. Avec une préface de E.-J. Marey. Paris 1897. 
C. Reinwald, Schleicher frères. 8. T. I. XVI et 368 S. T. II. 
516 «S. EC: 


Das Werk enthält mehr als der Titel verspricht, denn es giebt eine sehr 
genaue vergleichende Anatomie der Muskeln der Säugetiere, soweit sie für die 
morphologische Deutung der Varietiiten beim Menschen in Betracht kommen. 
Ferner sind die Litteraturangaben und die der Synonyme, sowie das Register 
rühmend hervorzuheben. Diese Umstiinde machen das Buch ausserordentlich 
brauchbar für Jeden, der thatsächlich mit Myologie zu thun hat. 


80 Referate. 


F. Reinke, Anatomie des Menschen für Studierende und Aerzte. 
Mit genauer Beriicksichtigung der neuen anatomischen Nomen- 
clatur. Wien u. Leipzig 1898. 8. Urban & Schwarzenberg. I. Liefe. 
Knochen, Binder und Muskeln. 202 S. 

A. Rauber, Lehrbuch der Anatomie des Menschen. 5. Aufi. Leipzig. 
8. A. Georgi. Bd. I. 1897. VI u. 774 S. Mit 576 z. T. farbigen 
Abbild. Bd. II. 1898. VII u. 882 S. Mit 773 z. T. farbigen Abbild. 

. Toldt, Anatomischer Atlas fir Studierende und Aerzte, unter Mit- 
wirkung von A. Dalla-Rosa. Wien u. Leipzig 1897. 8. Urban 
& Schwarzenberg. V. Liefg. Eingeweidelehre. Fig. 617— 903. 
S. 388—536. 

. Toldt, C. von Langer’s Lehrbuch der systematischen und topo- 
graphischen Anatomie. 6. Aufl. Wien u. Leipzig 1897. W. Brau- 
miller. 8. XIV u. 870 S. Mit 3 Taf. 


Die genannten anatomischen Werke werden hier zusammen besprochen, weil 
sie trotz aller sonstigen Verschiedenheit eine Eigenschaft gemeinsam haben. Sie 
befolgen nämlich alle die neue Baseler anatomische Nomenclatur. Nicht gedanken- 
los und nicht ohne klemere Abweichungen, aber sie befolgen sie. Sieht man auf 
die früheren Erscheinungen von Spalteholz' Atlas, das Lehrbuch von Richter, das 
itahenische Handbuch der Anatomie von Romiti, die Gewebelehre von Stóhr und 
die sehr wichtige Skeletlehre von Graf Spee, so lässt sich nicht verkennen, dass 
die Vorteile, die aus der von so vielen Anatomen geleisteten grossen Arbeit eine 
einheitliche (lateinische) anatomische Nomenclatur zu schaffen, resultieren müssen, 
wenigstens in Deutschland bereits voll gewürdigt werden. Nicht minder sind die 
Buchhandlungen beteiligt, und schon heben Urban & Schwarzenberg auf dem 
Umschlag hervor, dass jeder der neuen Atlanten zu dem von ihnen verlegten Lehr- 
buch zu gebrauchen sei. 

Ueber den Atlas von Toldt wurde bereits früher in dieser Monatsschrift 
referiert; das jetzt vorliegende Heft enthalt die Eingeweide, deren Muskeln mit 
quergestreiften Fasern wiederum bräunlich tingiert sind. Zahlreiche mikroskopische 
Abbildungen erläutern den feineren, histologischen Bau. 

Das Lehrbuch von Toldt ist seit der letzten Auflage von 790 Seiten auf 870 
angewachsen, das von Rauber von 1610 Seiten auf 1656. Beides unvermeidlich, 
wenn auch schwerlich zur Freude der Studierenden. Doch brauchen sie wenigstens 
keine Synonyme mehr zu lernen, deren Betrag in gewóhnlichem Druck Rauber 
(S. VI) auf !/, Druckbogen berechnet hat. — Den früheren Bemerkungen über beide 
Lehrbücher (diese Monatsschrift. 1893. Bd. X. S. 32 u. 138. — 1894. Bd. XI. 
S. 527) wäre nichts wesentliches hinzuzufügen. 

Die Anatomie von Reinke stellt sich als ein kleines, klar geschriebenes Com- 
pendium dar, das zum Repetieren gute Dienste leisten wird. 


(C2 


(PD 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


MAY 5 1898 


> 
E 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charak- 
teristik der Nase. 


I. Teil. Die Variationen der Linearmaasse des Nasenskeletts. 
Von 


Prof. Dr. Aurel v. Tórók, 
Director des anthropologischen Museums in Budapest. 


(Mit Tafel IV.) 


Wenn wir über das Wesen des bei jedwedem wissenschaftlichen 
Problem gemeinsamen Bestrebens nach móglichst rascheren Methoden 
der Forschung nachdenken, so müssen wir zu der Erkenntnis kommen, 
dass in diesem Bestreben sich ein allgemeines Lebensprincip wieder- 
spiegelt, welches der ganzen socialen Thàtigkeit der Menschheit gerade- 
zu den Stempel aufdrückt." Wir können nicht anders, ein Instinkt 
ist es, weleher uns behufs Erreichung irgend eines Zieles immer zur 
Ergreifung der leichtesten Mittel anspornt. Und diesem Instinkt ver- 
danken wir schliesslich auch alle Fortschritte in der menschlichen 
Cultur. — Dass also auch im streng wissenschaftlichen Gebiet dieser 
Instinkt ein ausschlaggebendes Moment bildet, darf mithin nicht in 
Frage gestellt werden. 

Freilich kann ein solches Bestreben nicht von Gefahren frei sein, 
und. namentlich belehrt uns ganz besonders die bisherige Geschichte 

*) Ganz richtig bemerkt Prof. Scipio Sighele: „man stelle sich vor, was ein- 


treten würde, wenn die Menschen nicht mehr zur Erreichung ihrer Ziele die 
leichtesten, sondern die schwierigsten Mittel suchen würden; man würde dann finden, 


dass die Gesellschaft — wenn so etwas dann noch bestünde — in nichts den Ge- 
sellschaften, die wir heute kennen, gliche* (s. Psychologie des Auflaufs und der 
. Massenverbrechen“. Autorisierte deutsche Uebersetzung von Dr. Hans Kurella. 


Dresden und Leipzig. 1897. S. 7). 
Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV, 6 


82 A. v. Tórók, 


der Kraniologie, mit welch leichten Methoden man sofort das hóchst 
schwierige Problem der Menschenrassen in Angriff nahm; wo wir doch 
heute, also bereits nach Verlauf eines mehr als halben Säculums, der 
Wahrheit gemäss gestehen müssen, dass die bisher ergriffenen Mittel 
zur Erreichung des Zieles allzuleicht waren. 

Nachdem man nämlich drei Jahrzehnte hindurch die Menschen- 
rassen lediglich auf Grundlage von einigen linearen Messungen des 
Hirnschädels in wissenschaftlich bestimmte Gruppen einteilen zu können 
wähnte und nachdem man erst seit beiläufig zwanzig Jahren behufs 
der Rassenkraniologie auch Messungen des Gesichtes für nötig hielt, 
muss man doch gestehen: dass weder die bisherigen Messungen am 
Hirnschádel, noch dieselben am Gesichtsschädel zur Erreichung des 
Zieles genügen; da wir heutigen Tages das Problem der ethnologischen 
Schádelformkategorien für viel complicierter, d. h. für viel weniger ge- 
löst halten müssen, als dies in der Erstlingsperiode der ethnologischen 
Kraniologie der Fall war. Dass also hier das ausschlaggebende Moment 
nur in der verhältnismässig zu grossen Leichtigkeit der bisher er- 
griffenen Mittel behufs Erreichung des Zieles liegen muss, kann doch 
keine Frage mehr sein. 

Man braucht ja nur ein einziges Mal einerseits die Leistungs- 
fahigkeit unserer bisherigen Messinstrumente und anderseits die an 
und für sich schon complicierte und ausserdem noch die proteusartig 
variierende Schádelform ohne Voreingenommenheit in Betracht ziehen, 
um zu der unerschütterlichen Ueberzeugung zu gelangen, dass wir in 
der ethnologischen Kraniologie einem zu grossen Optimismus huldigen, 
wiewohl die von Tag zu Tag sich vermehrenden und immer lauter 
auftretenden Widersprüche bei den kraniologischen Forschungen doch 
auf die Illusion unseres Optimismus: eine schwierige Sache. auf möglichst 
leichte Weise erledigen zu kónnen, ganz deutlich aufmerksam machen 
sollten. 

Nicht genug, dass man bei den ethnologischen Schádelforschungen 
seit jeher nur die allereinfachsten, somit nur solche Messinstrumente 
benutzte, deren Leistungsfàhigkeit eine höchst einseitige und be- 
schránkte war, man hat aber auch nicht einmal diese Leistungsfáhigkeit 
ganz erschöpfend in Anspruch genommen, indem man gelegentlich 


Ueber eme neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 83 


behufs Messung eines kraniologischen Merkmales sonderbarer Weise 
schon zu einem verhältnismässig viel complicierteren Instrumente Zu- 
flucht nahm, welche Messungen man mittelst der einfacheren Instrumente 
doch viel leichter und viel pràciser hätte ausführen können. Dies ist 
z. B. der Fall bec der Bestimmung der Höhe des Nasenrückens, 
welches kraniologische Merkmal doch ohne Zweifel zu den aus- 
gezeichnetesten Unterscheidungsmerkmalen einerseits des Menschen- 
und Tierschädels und andererseits der einzelnen Menschenrassen ge- 
rechnet werden muss. Und ich will schon hier vorweg bemerken, 
dass, weil man dieses höchst wichtige kraniologische Merkmal bei dem 
Rassenstudium nicht auf leichte Weise in Betracht ziehen konnte, 
dasselbe eben deshalb gänzlich vernachlässigt wurde. 

Meines Wissens war es Dr. Hilgendorf, der behufs einer Messung 
der Erhebung des Nasenrückens zum erstenmale ein specielles Ver- 
fahren angab, welches er bei der kaniologischen Untersuchung der 
Japaner und Aino angewendet hat (s. in Dr. Dönitz’: „Bemerkungen 
über Aino“. Mitteilungen der deutschen Gesellschaft für Natur- und 
Völkerkunde Ostasiens etc. Yokohama 1874. 6.H.) — Dr. Hilgendorf hat 
nämlich Papier in der Weise bogenförmig ausgeschnitten, dass man 
die Enden dieses Bogens über die Nasenwurzel hinweg an die inneren 
Augenwinkel anlegen kann. Man muss nämlich für ein jedes Indi- 
viduum einen solchen Papierausschnitt zurecht machen, nachdem man 
zuvor den Abstand der inneren Augenwinkel mit dem Zirkel gemessen 
hat. Und wenn man den Papierausschnitt in die richtige Lage gebracht 
hat, ist es, wie Hilgendorf sagt, leicht, mit Hülfe eines geraden Maass- 
stabes die Erhebung der Nasenwurzel über die die beiden Augenwinkel 
verbindende Linie zu messen. Topinard erwähnt zwar, dass er auch 
für das Verhältnis der Erhebung des Nasenrückens zur Breite der Nase 
(bei lebenden Menschen) einen Index (,indice nasal autéro-postérieur“) 
angewendet hat, welchen er aber deshalb aufgab, weil die Re- 
sultate der Charakteristik der Nase mittelst dieses Index mit denjenigen 

Breite der Apertur x 100 
Höhe bez. Länge der a 
übereinstimmten (!) (s. Éléments d'Anthrop. générale. Paris 1885. 


p. 301). — Endlich hat C. v. Merejkovsky ein aus Stahl verfertigtes 
6* 


des allgemein gebràuchlichen Nasenindex ( 


84 A. v. Torok, 


Instrument behufs der Bestimmung der Erhebung des Nasenriickens 
angewendet, welches zum Teil dem Princip des Hilgendorf’schen Ver- 
fahrens entspricht. — In der Kraniologie konnte aber — wie ich vorhin 
erwähnte — bisher das Studium der Erhebung des Nasenrückens keine 
Wurzel fassen. 


Bevor ich auf die Besprechung meines einfachen Verfahrens selbst 
übergehe, muss ich noch einiges über die besondere Wichtigkeit der 
Erhebung des Nasenrückens beim menschlichen Typus voraufschicken. 
— Ich habe in meinen kraniometrischen Arbeiten bereits wiederholt 
auf den wesentlichen Unterschied zwischen dem menschlichen und 
tierischen Nasenrücken hingewiesen. — Nur bei der menschlichen 
Nase erhebt sich der Nasenrücken dachförmig aus der Gesichtsebene, 
während derselbe bei den Tieren entweder in der Flucht der all- 
gemeinen Gesichtsebene bleibt, oder aber sogar sich noch vertieft — 
und dies letztere ist namentlich bei den uns zumeist verwandten Tieren 
(Anthropoiden und gewöhnlichen Affen) der Fall. — Der menschliche 
Nasenrücken weist somit einen stegorrhinen (ovéyn == Dach), der 
tierische Nasenrücken hingegen einen astegorrhinen Typus auf. Und 
eben weil in Bezug auf dieses Merkmal bei den verschiedenen Menschen- 
rassen infolge der Variationen der Schädelform gewisse Annäherungen 
zum tierischen Typus zu beobachten sind, ist es doch unerlässlich, 
diesem wichtigen Moment in der Rassenkraniologie fürderhin Rechnung 
zu tragen. | 


Wenn wir die verschiedenen Menschenschädel auf die knóchernen 
Nasenrücken hin untereinander vergleichen, so bemerken wir, dass der 
Nasenrücken aus der Gesichtsebene in verschieden starkem Grade 
hervorspringt, so dass, wenn man die extremen Fälle berücksichtigt 
einerseits auffallend stark hervorspringende und anderseits äusserst 
schwach hervorspringende Nasenrücken unterschieden werden können. 
In dem letzteren Falle sind wir gewiss berechtigt, von einer Annähe- 
rung an den tierischen Typus zu sprechen, da das Fehlen des Vor- 
springens doch ein exquisit tierisches Merkmal ist. — Dieses Fehlen 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 85 


des Vorspringens ist aber gerade für die Affenschádel und namentlich 
bei den Anthropoiden besonders auffallend, bei welchen man im Be- 
reiche des Nasenrückens sogar eine deutliche Vertiefung der Gesichts- 
ebene antreffen kann. — Wenn wir also sámtliche Variationen des 
knóchernen Nasenrückens zusammenfassen, werden wir einerseits einen 
ausspringenden und anderseits einen einspringenden Winkel der me- 
dianen Profilinie des Gesichts als die zwei Endstufen der Variation 
unterscheiden müssen; der erstere ist für den Menschenschádel, der 
letztere speciell für den Affen-(Anthropoiden-)Schádel charakteristisch. 

Durch diese Formulierung dieses charakteristischen Unterschiedes 
ist zugleich unsere Aufgabe gegeben, welche darin besteht, den ver- 
schiedenen Verlauf der medianen Profilinie des Gesichts geometrisch 
zu bestimmen und diese Bestimmung in exacten Zahlwerten auszu- 
drücken. 

Wie ist dies, und zwar auf möglichst einfache und mühelose Weise, 
zu bewerkstelligen? — Hierzu genügt schon ein gewöhnlicher Zirkel; 
der in der Kraniologie bereits allgemein verwendete Schieberzirkel 
(Compas glissiere) ist nur deshalb von Vorteil, weil man bei seiner 
Anwendung zugleich auch das Resultat der Messung an dem Milli- 
meterstabe ablesen kann. Die ganze Manipulation besteht also nur 
in directer Linearmessung zwischen gewissen Punkten der medianen 
Gesichtslinie. Diese Linearmessungen (s. Fig. 1) beziehen sich auf die 
Bestimmung der Distanz zwischen dem Medianpunkte der Nasenwurzel 
(nasion — na) und dem medianen unteren Endpunkte des knöchernen 
Nasenrückens (rhinion — 1), ferner der Distanz zwischen diesem letzteren 
Punkte (ri) und zwischen der Spitze des unteren Nasenstachels 
(akanthion — ak) einerseits, sowie auf die Bestimmung der Distanz 
zwischen dem Medianpunkte der Nasenwurzel (na) und der Spitze des 
Nasenstachels (ak) anderseits. Hat man diese drei linearen Distanzen 
einmal bestimmt, so stehen die nötigen geometrischen Daten sämtlich 
bereits zu unserer Verfügung, um das Verhalten des knöchernen 
Nasenrückens in kraniometrischen Zahlwerten, und zwar mittelst Index- 
wertgrössen, exact auszudrücken. 

Um eine genaue Einsicht in das „Warum“ des ganzen Verfahrens 
gewinnen, und somit auch eine volle Ueberzeugung von der Richtigkeit 


86 A. v. Tórók, 


desselben sich verschaffen zu kónnen, muss ich folgende Ueberlegungen 
anführen. 

Zunächst wollen wir fragen, worin die geometrische Aufgabe 
dieser kraniometrischen Manipulationen besteht? — Wir wollen hier 
den Unterschied zwischen dem Verlaufe der Gesichtsebene und der 
medianen Profillinie des Nasenskeletts nachweisen. Behufs Darstellung 
der Gesichtsebene bedienen wir uns einer einfachen Linie, die zwischen 
dem Medianpunkte der Nasenwurzel (na) und der Stachelspitze (ak) 
zieht; sie zeigt uns die Richtung der medialen Gesichtsebene an, d. h. 
die mediane Profillinie des Gesichts, wenn der Nasenrücken weder 
einen Vorsprung noch eine Vertiefung bilden würde (welcher Fall 
namentlich bei Tieren zutreffen kann) Diese na — ak Distanz stellt 
immer eine gerade Linie dar. — Würde also der Nasenrücken weder 
einen Vorsprung noch eine Vertiefung in der medialen Gesichtsebene 
bilden, so müsste die mediane Profillinie des Nasenrückens (»a— 72) mit 
ihr völlig zusammenfallen (wie dies zuweilen bei Affen auch der Fall 
ist). In diesem Falle würden zugleich die zwei Distanzen zwischen 
na— ri und ri— ak in dieselbe gerade Linie zusammenfallen (s. Fig. 2; 
na, 0, ak). — Sobald aber der Nasenrücken nur ein wenig hervorsteht 
oder aber eine Vertiefung in der medialen Gesichtsebene bildet, kónnen 
diese zwei Distanzen (na — ri, ri— ak) keine gerade Linie mehr darstellen, 
sie müssen eine winkelig gebrochene Linie bilden, d. h. die mediane 
Profillinie zwischen der Nasenwurzel und dem unteren Nasenstachel 
wird nunmehr aus zwei winkelig zusammenstossenden Linien zu-. 
sammengesetzt [(na — ri) + (ri — ak)]. Da ferner eine zwischen zwei 
Punkten (na—ak) gerade verlaufende Linie allein nur einen gestreckten 
Winkel (180?) bildet, so muss eine zwischen zwei Punkten gebrochen 
verlaufende Linie [(na— ri) —+(ri—ak)] unbedingt einen kleineren Winkel 
bilden als ein gestreckter; und zwar muss dieser Winkel umso kleiner 
werden, je stärker die Linie gebrochen ist. — Die Linie wird aber 
umso stärker gebrochen, jemehr der Scheitelpunkt zwischen den zwei 
Schenkeln der winkeligen Linie sich von der Richtung der geraden 
Linie entfernt (s. die Scheitelpunkte 17’, ri’, r?", sowie rà, ris, ri, in 
der Fig. 2) Da aber der Scheitelpunkt der winkelig gebrochenen 
Linie zugleich auch die Entfernung von der geraden Linie angiebt, so 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 87 


kann auch der Vorsprung oder die Vertiefung des Nasenriickens in der 
medialen Gesichtsebene in Bezug auf die gerade Linie (na — ri) ganz 
exact bestimmt werden. — Allerdings ist diese directe Bestimmung am 
knóchernen Schädel mittelst des gewöhnlichen Zirkels oder des Compas 
glissiére nicht ausführbar. Eine solche directe Messung ist aber auch 
gar nicht nótig. 

Stellt man nämlich die linearen Abstände zwischen na — ak einer- 
seits und zwischen na — ri sowie ri — ak andererseits in ihrem natürlichen 
Zusammenhange graphisch dar, so bekommen wir ein Dreieck (na— ri — 
ak, Fig. 2), in welchem der Abstand des Scheitelpunktes (vi) von der 
Grundlinie des Dreiecks (na — ak) durch eine Normale (ri — 0) direct be- 
stimmt werden kann. — Die jedesmalige graphische Darstellung der 
‚drei Linearmessungen, sowie die Bestimmung des Abstandes des 
Scheitelpunktes der gebrochenen Linie von der geraden Linie ist zwar 
nicht schwierig, aber gewiss zeitraubend; namentlich wenn wir unsere 
Untersuchung auf eine grössere Anzahl von Schädeln ausdehnen müssen, 
— Zum Glück ist dies aber auch gar nicht notwendig, weil wir uns 
einer einfachen Indexformel bedienen können, welche die graphische 
Darstellung gänzlich überflüssig macht. Die graphische Darstellung ist 
nur dann nötig, wenn der am meisten hervorstehende, respective der 
. am tiefsten liegende Punkt nicht auf das rhinion (ri) fällt, wie dies 
letztere z. B. auch bei dem hier auf Fig. 3 abgebildeten medianen 
Gesichtsprofil eines Gorillaschädels der Fall ist. 


Wir werden hier im folgenden nur mit denjenigen Fällen zu 
thun haben, in denen die obige Voraussetzung entweder gänzlich oder 
innerhalb der Grenzen von nur kleinen — und deshalb auch zu ver- 
nachlässigenden — Abweichungen zutrifft. — Für alle diese Fälle 
genügen die am knöchernen Schädel bewerkstelligten linearen Distanz- 
messungen zwischen na — ak einerseits und zwischen na — ri, sowie 
ri— ak andererseits vollends, um ihre Maasswerte unmittelbar zur 
Aufstellung des Höhenindex des Nasenrückens verwenden zu können. 

Zum vollen Verständnis dieses Index muss ich noch die folgenden 
elementar-geometrischen Erläuterungen voraufschicken. 


SS A. v. Tórók, 


Wie wir wissen, sind in einem Dreieck je zwei Seiten immer 
grösser als die dritte; oder weil zwischen zwei Punkten die kürzeste 
Distanz immer nur eine gerade Linie sein kann, so müssen die zwei 
Schenkel einer gebrochenen Linie zwischen den Endpunkten der 
geraden Linie immer ein grósseres Linearmaass ergeben als die gerade . 
Linie. Dieser Gróssenunterschied des Maasses wächst nun mit dem 
Abstande des Scheitelpunktes der gebrochenen Linie, d. h. mit der 
Höhe des Dreiecks. So ist in der Fig. 2: 

(ak — ri) + (r? — na) > als ak — na) 

(ak — ri) + (rf — na) > „ (ak— ri) + (ri — na) 

(ak — ri) + (r^ —na) > „ (ak—ri°)4 (n — na) 
weil auch die Höhe (y! — 0) > (y? — 0)  (y' — 0) ist. 

Aus diesem functionellen Zusammenhange der drei Linien ergiebt © 
sich, dass wir schon aus dem Unterschiede zwischen dem Linear- 
maasse der geraden Linie (ak — na) und der gebrochenen Linie [(ak — 
ri)-|-(ri— na)| auf die Höhe, d. h. Vorsprung (y —0) des knóchernen 
Nasenrückens einen exacten Rückschluss ziehen können. Wir werden 
also das jeweilige Verhalten des knöchernen Nasenrückens in Bezug 
auf die mediale Gesichtsebene mittelst eines solchen Index — in 
welchem die lineare Distanz der gebrochenen Linie zu derjenigen der 
geraden Linie in Verhältnis gebracht ist — mathematisch genau 
charakterisieren können. | 


Nun haben wir das Ziel erreicht, um mit möglichst wenig Mühe 
und mittelst Anwendung des einfachsten Messinstruments die Varia- 
tionen eines solchen kraniologischen Merkmales der Schädelform streng 
wissenschaftlich erforschen zu können, welches innerhalb der speci- 
fischen Unterscheidungsmerkmale zwischen dem Menschen- und Tier- 
typus eine so auffallende Rolle spielt. 

Nach dem bereits Gesagten ergiebt sich die Formel dieses Index 
(Höhenindex des Nasenrückens) wie von selbst. — Da wir nämlich 
den Grössenunterschied zwischen dem Linearmaasse der durch den 
Vorsprung des Nasenrückens gebrochenen Linie des medianen Nasen- 
gerüstprofiül und der medianen geraden Linie des Nasengerüstes in 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 89 


ein Verhàltnis bringen miissen, so werden wir die Distanz der geraden 
Linie zum Vergleichsmaassstab nehmen. Als Nenner im Bruche wird 
also das Linearmaass na— ak fungieren, während als Zähler das Linear- 
maass der gebrochenen Linie (na — ri) + (ri— ak) genommen wird. 
Dieser Zähler wird wie bei den übrigen Indices mit 100 multipliciert. 
— Die Formel des Hóhenindex der knóchernen Nase ist also: 
(na — ri) + (ri — ak) >< 100 
na — ak 


Bildet also der Nasenrücken gar keinen Vorsprung, d. h. fállt die 
Linie na—r? mit der Linie na — ak zusammen, so muss der Index — 100 
sein, in allen übrigen Fällen aber grösser als 100, gleichviel, ob der 
knócherne Nasenrücken einen Vorsprung oder aber eine Vertiefung in 
der medialen Gesichtsebene bildet, d. h. ob die gebrochene Linie einen 
aus- oder einen einspringenden Winkel bildet. 

In Fig. 2 sind beide Falle graphisch dargestellt, — In dieser 
Figur stellt die horizontale Linie ak—na (die sogen. ganze Nasenlänge) 
dar, die oberhalb derselben gezeichneten gebrochenen Linien (ak — ri‘) 
+ (ri — na) etc. stellen die Fälle dar, wenn der knócherne Nasenrücken 
einen Vorsprung bildet (diese Falle sind mit dem + Zeichen versehen); 
die unterhalb derselben gezeichneten gebrochenen Linien (ak — rt) 
+ (ri, — na) etc. stellen dagegen diejenigen Fälle dar, in denen der 
Nasenrücken eine Vertiefung in der medialen Gesichtsebene bildet (sie 
sind mit dem — Zeichen versehen). 

In Fig. 2 ist die zur gemeinsamen Maasseinheit dienende gerade 
Linie ak —na=90 mm, während die zwei Schenkel der gebrochenen 
Linie ak — ri und ri — oberhalb und unterhalb der Grundlinie (ak—na) 
je nach rechts und links (behufs Vereinfachung der Demonstration) 
gleich genommen wurden und deren Maassgrósse mit der Hóhe des 
ri Punktes ober- und unterhalb der Grundlinie sich ganz gleichmässig 
verändert. — Die Veränderung der Höhe des Scheitelpunktes in den 
Dreiecken ist so gewählt, dass der Unterschied ober- und unterhalb 
der Grundlinie immer derselbe bleibt; und zwar ist: o— ri: —5 mm 
—0——rh, o— rn —10 mm-—0— ri, o—ri—15 mm —0— ri. — 
Die Maasswerte der gebrochenen Linie (ak — ri) + (ri — na) verhalten 
sich also: 


90 A. v. Török, 


1. bei (ak — ri) + (ri — na) — 50.3 mm + 40.3 mm 
2. , (ak —11) +(rif—na)—51.0 , +412 , 
3. , (ak—r)--(r?—na)— 52.9 , +427 , 
Ebenso sind die Maasswerte bei (ak — ri.) + (rix — na) etc. 
Laut der Indexformel erhalten wir also folgende Indexzahlen: 


. [ak — ri’ | —n: 1 90. | 

AN [(ak— ri) + (ri! — na)] = 100 __ 90.6 >< 100 _ 100.66 
ak — na 90 

ie [(ak — ri?) + (ri? — na)] = 100 __ 92.2 >< 100 — 109.44 
ak — na 90 

ACHATS RENE 

ET [(@ak—ri°) + (ri'—na)] > 100 _ 94.9 >< 100 _ ,0g44 
ak — na 90 | 

Dieselben gelten auch für i EXE OQ ete. 


ale ma 


Behufs einer raschen Messung der drei Linearmaasse legt man 
die eine Spitze des Zirkels am Mittelpunkte der Nasenwurzel (na) an 
und misst mit der anderen Spitze zunächst die Entfernung der Nasen- 
stachelspitze (ak) —na—ak; dann lüftet man diese letztere Spitze 
des Zirkels und bestimmt die Entfernung des medianen Endpunktes 
des Nasenrückens (r2)=na— ri; hierauf lüftet man beide Zirkel- 
spitzen, legt die eine am 72 und die andere am ak an, wodurch die . 
Entfernung 72 — ak bestimmt ist. 

Hiermit ist bereits Alles mitgeteilt, was zum Verstàndnis meines 
neuen Verfahrens zur kraniometrischen Forschung der Nasenrückenhóhe 
nótig ist. — Behufs einer systematischen Forschung der kraniome- 
trischen Charakteristik des Nasenskeletts habe ich ausser diesem so- 
wie dem bisher einzig allein gebräuchlichen und bekannten sogen. 


Aperturbreite -- 100 — AB -« 100 
Aperturlinge = ak—na 


Nasenindex | | auch noch den von 


mir in meiner Gorillaarbeit vorgeschlagenen Nasenaperturindex 


Aperturbreite >< 100 — AB >= 100 
| Aperturhóhe kn 


| — s. in dieser Monatsschrift 1887, 


Bd. IV, Heft 4 u. flg. — bestimmt, um das gegenseitige Verhalten (Corre- 
lation) dieser drei Indices — die behufs einer wissenschaftlichen 
Charakteristik der knóchernen Nase unbedingt sämtlich in Betracht 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 91 


gezogen werden miissen — einem systematischen Studium unterwerfen 
zu können. — Ich habe dieses Studium bei insgesamt 3000 Schädeln 
meiner Sammlung (worin 2851 aus Ungarn, 149 fremdländisch sind) 
ausgeführt. 

Da ich eben in dieser Monatsschrift bereits zu wiederholten Malen 
über die allgemeinen theoretischen Prineipien und Methoden der kranio- 
metrischen Forschung berichtet habe, werde ich mich diesmal nur auf 
die Bekanntmachung der Hauptergebnisse der Forschung selbst be- 
schränken. 


Nichts ist bezeichnender für den bisherigen Gang in der kranio- 
logischen Forschung, dass man — wie ich dies schon so oft hervor- 
heben musste — bei der bisher einzig ausschlaggebenden praktischen 
Richtung in der Auffassung des kraniologischen Problems immer sofort 
schon einen zweiten Schritt wagte, bevor man noch den ersten Schritt 
ausgeführt hatte. Man hat nämlich bisher ausschliesslich nur die 
Variationen der kraniometrischen Maassverhältnisse (Indices) in Be- 
tracht gezogen, ohne vorher die Variationen der zu den Indexzahlen 
genommenen Einzelmaasse selbst eines Blickes zu würdigen. — Das 
Studium der Indices ist ja doch kein Endzweck, sondern nur eines der 
Hülfsmittel behufs Erforschung der Schädelform. — Freilich hat man 
bisher die Bestimmung der Einzelmaasse lediglich behufs Erlangung 
der Indices ausgeführt, in der Meinung, dass mit der Bestimmung der 
Indexwerte selbst schon alles Nötige zur Kenntnis der varlierenden 
Schädelform herbeigeschafft ist. In dieser Verwechslung des Mittels 
mit dem Zwecke muss zunächst eines derjenigen Momente gesucht 
werden, durch welche bisher die Entwickelung einer streng wissen- 
schaftlichen Kraniometrie vereitelt wurde. — Wenn wir der goldenen 
Regel gemäss bei unseren Untersuchungen vom Einfacheren zum Zu- 
Sammengesetzteren übergehen wollen, so müssen wir doch mit der 
Vergleichung der Einzelmaasse (in den drei Dimensionen) beginnen, 
um erst dann auf die Vergleichung der Verhältniszahlen dieser Einzel- 
maasse selbst überzugehen. — Wäre es möglich, aus den Wertgrössen 
der Indices zugleich auch die Werterössen der betreffenden Einzel- 


92 A. v. Torok, 


maasse zu erkennen, — dann (und nur in diesem Falle) kónnte es 
gerechtfertigt sein, behufs einer Verkürzung der Arbeit sofort die 
Variationen der betreffenden Einzelmaasse selbst zum Ausgangspunkte 
der Untersuchung zu nehmen. 

Wir werden also vor allem die Variationen der Einzelmaasse des 
Nasenskeletts einem systematischen Studium unterziehen, um erst nach 


Erledigung dieses — ohnehin schon an und fiir sich — complicierten 
Problems, auf das Studium der Variationen der betreffenden Index- 
zahlen überzugehen. — In diesem Aufsatze wird also lediglich von 


den Variationen der oben erwihnten 4 Linearmaasse die Rede sein. 


l Die Variationsbreiten der 4 Linearmaasse. 


Wir wollen zunächst die Grenzen der Variation der 4 Einzel- 
maasse (1. na — ak, 2. na — ri, 3. ri — ak, und 4. AB) einem ver- 
gleichenden Studium unterwerfen. — Dieses Studium beginnt damit, 
dass man von einem jeden Einzelmaasse zunichst die Schwankungs- 
breite (Oscillationsbreite — Ob) = Min — Max bestimmt, um dann diese 
Sehwankungsbreiten unter einander zu vergleichen. 

Bei unseren 3000 Schádeln ergaben sich die Schwankungsbreiten 
der 4 Linearmaasse wie folet: 

1. für die Nasenaperturbreite (AB) Min — 17 mm,') Max — 32 mm, ) 
Ob —16 Einheiten.') 

2. , , Nasenrückenlànge (na — ri) Min — 8 mm, Max — 33 mm, 
Ob = 26 Einheiten. 

3. , » Nasenaperturhóhe (ri — ak) Min — 18 mm, Max — 43 mm, 
Ob = 26 Einheiten. 

4. „ , ganze Nasenlänge (na — ak) Min — 32 mm, Max — 62 mm, 
Ob —31 Einheiten. 


7) Ich muss hier folgende Bemerkungen machen. Erstens beziehen sich die 
Minima mit Ausnahme von 4B bei allen übrigen drei Linearmaassen auf Kinder- 
schädel; bei 4B wies ein Frauenschädel den Minimalwert auf, d. h. unter den 
3000 Schädeln hatten sämtliche Kinderschädel eine grössere Aperturbreite als 
17 mm. Ich hatte Kinderschädel von über drei Jahren deshalb in die Serie auf- 
genommen, um möglichst die verschiedensten Variationen der Maasse studieren zu 
können. Zweitens, da die Messungen mittelst eines mit Nonius versehenen Schieber- 
zirkels ausgeführt wurden, habe ich die Zehntel eines Millimeters auf die Weise 


Ueber eine neue Methode der kraniologischen Charakteristik der Nase. 93 


Dass hier na — ri und re — ak dieselbe Ob — 26 Einheiten auf- 
weist, muss gewiss als ein Zufall betrachtet werden. — Um derartige 
Sehwankungsbreiten in ihrer Gegenseitigkeit leichter vergleichen zu 
können, pflege ich zweierlei Verfahren einzuschlagen. — Einerseits 
schreibe ich sämtliche verschiedene Wertgrössen der betreffenden 
Linearmaasse in zunehmender Reihenfolge nebeneinander, wodurch 
man die totale Schwankungsbreite dieser Linearmaasse bekommt, 
innerhalb welcher die einzelnen Schwankungsbreiten mittelst ein- 
klammernder Linien bezeichnet werden. (Behufs Raumersparnisses 
habe ich hier die Zahlen nur derjenigen Millimeterwerte angegeben, 
die zugleich Minimal- und Maximalwerte darstellen; hingegen sämtliche 
übrigen Millimeterwerte durch die entsprechende Menge von Punkten 
angedeutet. 


Totale Schwankungsbreite der 4 Linearmaasse. 


| 
I, Ob ua ia... 
2, Oo = ANR —— sr 


eu pessimum 


4t. (ip —nar ak 


Anderseits stelle ich die totale Schwankungsbreite (hier: Min — 
8 mm, Max=62 mm, Ob — 55 Einh.) als Vergleichsmaassstab, und 
zwar — 100 Einheiten auf, um die einzelnen Schwankungsbreiten der 
betreffenden Maasse in Procenten zu berechnen. Für diese 4 Linear- 
maasse ist das Ergebnis der Berechnung wie folgt: 
1. Ob der 4 Linearmasse — 100 E. 
2. Ob von AB (17 —32 —16 E)— 29.09 9/,, 


innerhalb der Einheiten untergebracht, dass, wie z. B. bei 4B. 16.5 — 17.4 = 17, 
17.5 —18.4 — 18, u. s. w. Millimeter Einheiten genommen wurden. Drittens sind 
die Maasseinheiten der Schwankungsbreiten zwischen Min. und Max. immer inclusive 
berechnet, wie z. B. bei 4B ist Ob — 17—32 mm = 16 Einheiten, wie auch in der 
That diese Anzahl der Maasseinheiten vertreten sind. — Von einer Mitteilung der 
Originalmessungen bei den 3000 Schádeln (4 Linearmasse >< 3000 Einzelfälle = 12000 
Einzelmessungen), die viele Druckbogen in Anspruch nehmen würden, musste ich 
hier Abstand nehmen. 


94 A. v. Torok, 


33 Ob von na nus 33 = 261K) — 44279), 
Ay Ob ai a= 43/26) ae 
5. Ob ,, na—ak(32—62—31 E)— 56.36, 

Diese Daten über die Schwankungsbreiten vorläufig zur Kenntnis 
nehmend, wollen wir auf die nächstfolgende Frage, nämlich auf die 
Untersuchung der Verteilung der Variation innerhalb der Schwankungs- 
breite übergehen. 


2. Die Verteilung der Variation innerhalb der Schwankungs- 
breiten der 4 Linearmaasse. 

Im ersten Augenblick ahnt man gewiss nicht die grosse Wichtig- 
keit, welehe man der Frage der Verteilung der Variation innerhalb 
der Schwankungsbreite beilegen muss; denn mit dieser Fragestellung 
sind wir auf einmal vor die Alternative gestellt: entweder auf eine 
weitere Erforschung des kraniologischen Problems verzichtend die 
bisherige so allgemein liebgewonnene mühelose Art und Weise der 
kraniologischen Untersuchungen auch weiterhin zu cultivieren, oder 
aber den Entschluss zu fassen, allen denjenigen Schwierigkeiten scharf 
ins Angesicht zu blicken, die sich einer raschen Erledigung des 
kraniologischen Problems von allen Seiten her entgegenstellen. 

In dem Augenblicke, in welchem wir gesonnen sind, die Frage 
der Verteilung der Einzelfälle der Variation sytematisch in Angriff zu 
nehmen, kónnen wir nicht mehr anders, als uns mit dem Studium der 
Beschaffenheit der kraniometrischen Zahlreihen ganz eingehend zu 
befassen, was fiir die ganze Disciplin von grundlegender Bedeutung 
ist — da man bisher, ohne auch nur die geringste Sorgfalt auf dieses 
Studium zu verwenden, die kraniometrischen Zahlreihen so behandelte, 
als kénnte man schon mittelst der Berechnung einer arithmetischen 
Mittelzahl zugleich auch auf die wesentliche Beschaffenheit der Zahl- 
reihe selbst einen exacten, sicheren Rückschluss ziehen. 

Mit dieser Fragestellung sind wir also an die Grenzscheide 
zwischen der bisherigen alten und der neuen Richtung in der Auf- 
fassung des kramiologischen Problems gelangt. 

Mit Rücksicht darauf, dass wir hier zum erstenmale die praktische 
Gelegenheit haben, die vielerlei Complicationen der kraniometrischen Zahl- 


‘USPIOM PAUL uejwj[userpuzg[ usayr ur IMU “Y ‘p *esrews2nzsuve inu o[[9qvj[eurgri) orp LIU 9juuox stuwmdsaoumey smuog (4 


5 80007 | 0008 |c9—ce|Te—r| 00007 | ooog |er—sr|9e—t|| rooor | oooe |ze—zt|91—1|| 10007 | 0008 |ee—8| 9e—T 
9jueoorq |PPEPS | ‘AO "NT Joqueoorg | PPEUPS | “qa | "NT |939ue»otq [epeuos | “qa "NT [93uooorq |[opeqoq | ‘40 NUT 
2 (hie ee eg Ig 
E DIEN = SE = 9e CO 
= Bet 9 a | 
E "GR LOT oq UC | 
E Gron — Mise Me 
= yt w 20 9 lee 8v 96 | Kl ehe 
i: LEG = — 299 0g Je = y ‘Ga LUo 7e © = ge. = “Ge 
= GLS, = ell = a 36 | 0FO = 31 = IF 49 ize d — Ie = ra 
E Gue — pel — y Segn 490 00. = 07 ‘68 Edi = DIN = Og =e 
E QUU. TES = oe a BETIS == 68 ra OST 601—166 = 2c 
5 (ibe — 166 MORE Ze iso, le = se ‘IG SOT go - er 
a e901 = 618 = ES 02 | 068 = ZII = LE ‘08 LES BB = ul #00 
È 0801 = FE — 08 61 | 219 — cer = 98 ‘61 SIG = Fol = 98 I 
E Ao = que — Gu» IS |) M = ‘SI 807 = ST = S SI 
> 0001 OS ee epa c Ki oa AS DI Le, == 170 = #6 LI 
"e 06% = 486 = -ly 91 «1E — v8 = $8 Ue eee re ‘OT | 0007 = 008 = & 91 
= LOGE DIT — ae ee 2061 ==098 — Ge CT a DON = S — 18 ‘GI | 066 = 266 = 8 ‘SI 
3 Oly = GI — Gh an 8FII — 898 = Is LS OSEO 2 — 06 FI || vor NCIS = 16 ‘FI 
à UOC 68 er Zee 096 — seo —= OE ci ao Cl ecg eee] 
S eee Ee e a OC he ee — 568 Pete AGRIC me Ren rg ‘BI | 888 = 996 = 61 ‘ZI 
© Ud PR E ee ee GEL ee TL | 29-0 = 14 ‘TI | 092 = 88 = 81 ‘IL 
E CADENCE CITE, SIE Er 00 = 7 (OT || 4601 = 628 = 92 ‘OL | 002 = 018 = LI ‘OL 
= OPO = GI = OF 6 | 493 -— 08 = 9 '6 | 6291 — LS - SG 6 | 007 = 081 = 91 6 
E wo = Roe 8 ONG use — 33 8 | 092 = GL = SI 8 
5 MEO era PO Um de ee 2 | BOB Erle — 8 Lo ee opp 
E mo zer ile 9 || 080= = vd = C96 CAT — Ge 9 | 860 = 82 = 8I 9 
= Do oM — gg Esc el tg nd DEG ee Ote = ke «GE EEE ee EEG 
2 Ai PC. m ie scs etg p t| OSe=— cor — 07 u: BOR) so wm NT Sey 
È OO ei ee ee ri 2 OCT - eg - e Bl (ch DU Oe iano 
= SO) eque eec u ere — pl =) OPW Re == Bi >| 00 —0.2 — i NZ 
E E00, MI MESE JA CODES = eT "bod AQ e qc m Wi DO goes ED eT 
te) ——_——————#=———1À11———————_—————_————————————————_—_—_———t==-=de@@ "@11"1—@————1—-—-—-—-—-—-="« + +*@@«.«6«6—«««‘ °@A_.--iii«««««“«-««Z<“f“à«‘«ò»—muj-f{{t——ee=--eeegtetîteTeTe-efe”“T::e 
"ly PES wu NT | °% Ppeps mw NT | %  Tpeps ww NT %o  Ppeypg ww NT 
‘A 1g = uu 79 gg = dO "4»-vw p|'x 9g = wutgp—g8r = 40 ‘9-2 0 HOT = "" ZE—1T = dO ‘IP ‘A | HIS = WU gg—g = qQ 14-vw "e 


(,'osspnpwADOWYT p LAP wojuomqozwan Uap wowosunz qoppuyog 0008 “ap Punpazıaa aq 


96 A. v. Tórók, 


reihen bei einem etwas geeigneteren Forschungsmateriale (3000 Schádel) 
ausführlicher in Betracht ziehen zu kónnen, werden wir hier ganz sachte, 
Schritt für Schritt, diese Complicationen einer systematischen Analyse 


unterwerfen. 


Zunächst müssen wir die nackten Befunde der Verteilung der 
Variation der 4 Linearmaasse selbst kennen lernen. — Zu diesem 
Zwecke schreibt man einerseits sämtliche einzelne Millimetermaasse, 
die innerhalb der beiden Grenzwerte des betreffenden kraniometrischen 
Linearmaasses vorkommen, in aufsteigender Reihe der Zahlgróssen auf, 
und anderseits sucht man sämtliche Einzelfälle (Schädel) zu den einzelnen 
Millimetermaassen auf und schreibt ihre Summe diesen letzteren gegen- 
über, wie dies z. B. in der Tabelle auf S. 95 ausgeführt wurde. 

Diese Tabelle ist einzig und allein nur deswegen von exact 
wissenschaftlichem Werte, weil hier sämtliche 4 Linearmaasse immer 
unter der gleichen Bedingung, d. h. immer bei derselben Anzahl der- 
selben Schädel bestimmt wurden. — So wenig man bisher auf dieses 
Moment der vergleichenden Forschung achtete, ebenso unerlässlich und 
ausschlaggebend ist dasselbe für die Ermöglichung von wissenschaftlich 
soliden Ergebnissen der Forschung. Ohne die strenge Bedingung von 
„ceteris paribus“ können die Variationen der Einzelmaasse der Schädel- 
form in Bezug auf ihre Gegenseitigkeit (Correlation) überhaupt nicht 
untersucht werden. — Wenn man also behufs Begründung eines Corre- 
lationsgesetzes die Messungen der einen und der anderen Kranio- 
metrischen Linearmaasse bei verschiedenen Schädeln und bei wechselnder 
Anzahl der Schädel ausführt, so ist die Möglichkeit der Erreichung 
von soliden Forschungsresultaten schon durch dieses Moment allein 
einfach vereitelt. Es wäre zu wünschen, dass in der Kraniologie 
nach dieser Richtung hin nicht mehr gesündigt werde. 

Da wir es hier mit der vergleichenden Untersuchung von ceteris 
paribus zu thun haben, können wir die Analyse der Frage ganz syste- 
matisch ausführen. 

Wenn wir bereits wissen, dass die Einzelmaasse der Schädelform 
auch ceteris paribus mannigfach variieren, was wir schon an der Ver- 
schiedenheit der Schwankungsbreiten ganz deutlich erkennen, so können 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 97 


wir mit Hilfe der jetzigen Tabelle um einen Schritt weitergehen. Diese 
Tabelle zeigt uns nàmlich ganz deutlich, dass eine Verschiedenheit der 
Variation der kraniometrischen Einzelmaasse nicht nur bei Verschieden- 
heit der Schwankungsbreiten auftritt, sondern auch innerhalb gleich- 
bleibender Schwankungsbreite der Variation auftreten kann. Und 
dieser letztere Fall ist es, welcher fiir uns von ganz besonderer 
Wichtigkeit ist. 

Nehmen wir vorerst die Verschiedenheit der Variation bei der 
gleichen Schwankungsbreite in Augenschein. — Von den 4 Linear- 
maassen weisen die Linearmaasse: a) na — v? und e) vi — ak gleiche 
Schwankungsbreiten (Ob — 26 E), hingegen die Linearmaasse: 0) AB 
(Ob = 16 E) und d) na—ak (Ob = 31) verschiedene Schwankungs- 
breiten auf. 

Während bei na — ri z. B. die Verteilung der Schädel auf die fünf 
ersten Maasswerte die folgende ist: 1. auf 8 mm fällt 1 Schädel, 
2. auf 9 mm = kein einziger, 3. auf 10 mm fallen — 2 Schädel, 4. auf 
11 mm = 3 Schädel und 5. auf 12 mm — 10 Schädel; finden wir 
bei »?— ak die folgende Verteilung auf die fünf ersten Maasswerte: 
glo) mm == 25,19% mm. 2 35:201mmjo4, 74. 215mm) A 
und 5. 22 mm = 10 Schädel. Und so können wir bis zu dem anderen 
Grenzwerte der Schwankungsbreite fortfahrend die Verschiedenheit 
in der Verteilung der Schädel bei diesen zwei Linearmaassen ganz 
deutlich nachweisen. — Die Allgemeingültigkeit dieser Thatsache kann 
dadurch keinen Abbruch erleiden, dass, wie z. B. bei diesen zwei 
Linearmaassen auf dieselbe Stufe der Wertgrössen ausnahmsweise 
dieselbe Anzahl der Schädel fällt, s. laufende No. 5 bei na— ri, wo 
(auf 12 mm) 10 und bei 7i— ak, wo (auf 22 mm) ebenfalls 10 Schädel 
- fallen; dies ist ebenso als ein Zufall zu betrachten, wie L No. 24, 
wo bei na— ri (auf 31 mm) 12 und bei ri — ak (auf 41 mm) ebenfalls 
12 Schädel fallen. Bei allen übrigen 24 Stufen der Wertgrössen tritt 
dieser Zufall nicht wieder auf, da die Verteilung innerhalb der 
Schwankungsbreite bei beiden Linearmaassen eine verschiedene ist. 
Wenn also schon ceteris paribus speciell in diesem Falle bei derselben 
Anzahl derselben Schädel und bei gleichbleibender Schwankungsbreite 
— die Verteilung der Einzelfälle — eine verschiedene ist, so wissen 


= 
í 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 


98 A. v. Torok, 


wir schon im voraus, dass wir-eine gleiche Verteilung der Einzelfälle 
bei ungleichen Schwankungsbreiten noch weniger zu erwarten haben 
— wie es bei den beiden anderen Linearmaassen (AB und na — ak) 
ebenfalls ganz deutlich zu sehen ist. So verhalt sich z. B. die Zunahme 
der Einzelfälle für die fünf ersten Stufen der Wertgrössen bei AB wie 
folgt: 1. No. 1 (auf 17 mm)— 5, I. No. 2 (auf 18 mm)— 12, 1. No. 3 
(auf 19 mm) — 36, |. No. 4 (auf 20 mm) — 105, |. No. 5 (auf 21 mm) 
— 906 Schädel; hingegen bei na — ak: 1. No. 1 (auf 32 mm)— 1, 
9:.(auf 39 mm)— 1, 3:4 (auf 34^. mm) — 1; 4: (auf; 35) mm)-— b, 
5. (auf 36 mm) — 6 Schädel etc. — Wenn man nun schon aus der 
Variation eines bestimmten Linearmaasses ceteris paribus keinen sicheren 
Rückschluss auf die Variation von anderen Linearmaassen ziehen kann, 
was wollte man dann anfangen, wenn die Einzelmaasse nicht bei 
denselben und nicht bei derselben Anzahl von Schädeln bestimmt 
wurden? 

Schon diese Thatsachen aus der Vergleichung der Variation 
mussten uns zu der Ueberzeugung führen, dass die kraniometrischen 
Zahlreihen sich auf hóchst complicierte Erscheinungen beziehen müssen, 
deren Gesetzmissigkeit auf die bisherige Art und Weise der kranio- 
logischen Forschung nicht erkannt werden kann. 

Wenn wir nun die Zahlenreihen der Tabelle etwas näher betrachten, 
so bemerken wir sofort eine gewisse Gesetzmissigkeit, die für die 
Erforschung der Variationen der Schádelform von fundamentaler Wichtig- 
keit ist. — Man bemerkt nàmlich, dass trotz einer Art Launenhaftig- 
keit in der verschiedenen Verteilung der Einzelfille doch eine strenge 
Gesetzmässigkeit obwaltet, da bei allen vier Einzelmaassen ohne Aus- 
nahme eine von den beiden Grenzwerten (Min. und Max.) des 
Linearmaasses ausgehende und gegen einen Mittelpunkt gerichtete, 
also eine centripetale Zunahme der Anzahl der Einzelfälle anzutreffen 
ast. Wenn wir also die zwei Grenzwerte von der Variationsreihe irgend 
eines kraniometrischen Maasses kennen, so wissen wir schon im voraus, 
dass dieselben oder die ihnen zunächst folgenden Wertgrössen bei 
einer. zur wissenschaftlichen Forschung geeigneten Schädelserie — 
immer durch die geringste Anzahl der Einzelfälle (Schädel) vertreten 
sind. Diese Wertgrössen bilden so zu sagen immer Ausnahmefälle, 


Ueber eme neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 99 


sie sind immer sehr selten vertreten. — Wenn wir einerseits dies 
wissen, und andererseits sehen, dass die grösste Anzahl der Einzelfälle, 
d. h. die grósste Wiederholung einer Wertgrósse des betreffenden 
Linearmaasses, immer bei den mittleren Stufen der Wertgróssen einer 
Variationsreihe anzutreffen ist, so stellt sich gewissermaassen von selbst 
die Notwendigkeit ein: dass wir behufs einer wissenschaftlich ver- 
gleichenden Forschung der Variationen der kraniometrischen Einzel- 
maasse, diese Zahlreihen in drei specielle Gruppen teilen müssen, 
nämlich in zwei endständige Grenzgruppen (—/G und +/G) und in 
eine mittlere oder centrale Gruppe (c G). Diese sind für jedwede Linear- 
maasse die Hauptgruppen der Variation. Die Charakteristik dieser 
drei Gruppen besteht darin, dass die centrale Gruppe in Bezug auf 
die Anzahl der Einzelfälle jede der beiden anderen (endständigen) 
Gruppen überflügeln muss. 

Nun erhebt sich die Frage: auf welche Art und Weise die drei 
Gruppen einer kraniometrischen Variationsreihe bestimmt werden 
kónnen? — Mit dieser Frage treten wir so zu sagen in das Labyrinth 
der Schwierigkeiten der Forschung ein. 

A priori sind verschiedene Wege möglich, und zwar sowohl rein 
empirische d. h. willkürliche, wie auch wissenschaftliche d. h. nach 
einem allgemein gültigen Princip. — Dass bei einer wissenschaftlich 
sein sollenden Behandlung eines Problems eine rein empirische Methode 
gar keine Sicherheit hinsichtlich des richtigen Verfahrens bietet, braucht 
nicht des Näheren erörtert zu werden, — und dennoch ist man nach 
dieser Richtung hin in der Kraniologie bis zum heutigen Tage geradezu 
stórrig gewesen. Man verurteilte schon im voraus die wissenschaftliche 
Methode, und zwar lediglich wegen der viel grósseren Arbeit und Mühe. 
So behauptete noch vor kurzem Herr Szombathy (Wien), dass die 
Anwendung der Wahrscheinlichkeitsrechnung für die kraniologischen 
Untersuchungen überflüssig sei, da man auch auf eine viel einfachere 
und leichtere Weise zum Ziele gelangen kann. Herr Szombathy konnte 
dies sehr leicht behaupten, weil in der Kraniologie bisher nicht die 
Gepflogenheit war, eine strenge Beweisführung der Behauptungen zu 
verlangen. Irgend eine dem äusseren Scheine nach plausible Meinung 
galt. bisher schon als eine wissenschaftliche Meinung. — Dass man 


= 
TS 


100 ui Ay: Torok, 


mit dergleichen Velleitàten gegebenen Falles das grosse Publikum in 
der Kraniologie sehr leicht befriedigen konnte, hat der Fall Szombathy’s 
zur Genüge dargethan. Auch hier ist es sehr leicht móglich, auf will- 
kürlichem Wege die Variationsreihen der 4  Linearmaasse dem 
äusseren Scheine nach gleichformig in drei Gruppen zu teilen, wenn 
man fiir die mittlere Gruppe irgend eine bestimmte Anzahl von 
Einheiten constant nimmt. So z. B. wollen wir für die 4 Linear- 
maasse die mittlere Gruppe bei allen 4 Linearmaassen gleichformig 
— 6 Einheiten gross nehmen. Auch in diesem Falle ist es möglich, 
lauter solche Mittelgruppen zu bekommen, innerhalb welcher entweder 
die absolute oder zum mindesten die relative Ueberzahl der Einzelfàlle 
enthalten sind. Ich habe diese drei Gruppen für die 4 Linearmaasse 
ausgeführt und stelle die Ergebnisse in der folgenden kleinen Tabelle 
zusammen. 


Willkürliche Gruppeneinteilung der Maasswerte in Bezug auf die 
Anzahl der Einzelfälle. 


a) na— ri, Ob = 8—33mm= 26 E. = 100 o Schádelanz. = 3000 — 100 % 


1. —1G zwischen 8—17 , =10, = 38.46, " MOI MD STE 
2 NGC: a ie 237.2. 26070930835, È — 135 — oa 
3. + 1G 3 24-38 , =10, = 3846 , — 99 Ole 


Summe: 8—33 mm — 26 E. — 100.00*/,, Schädelanz. = 3000 = 100.000), 


b AB  0b—17—32mm —16E.— 100 5) Schädelanz. = 3000 — 100 o 


1. — 1G zwischenl7—21. , = 5, = 31.25 , A — 1,564. 2 124927 
el " 22—27 , = 6, = 37.50 , : = 2514 — 83.80 , 
3. +1G 3 28 82 „u MO MZ " ——I1022:—1 450 


Summe: 17—32 mm = 16 E. = 100.009/,, Schädelanz. — 3000 = 100.009/,, 


c) ri — ak, Ob = 18—43 mm = 26 E. — 100 — ?/,, Schádelanz. — 3000 — 100 °/o 


12 iG zwischenda PSN UNIES 42310 1 MALI AO 
Dna; 5 20 84 1161, 1123:087€ ; = 1861 = 62:03) 5 
3. +16 : 95—48 , = 9, = 34.62 — 690= 23.00 , 


» 


Summe: 18—43 mm = 26 E. = 100.01°/,, Schädelanz. = 3000 = 100.00°,, 


» 2 


d) na—ak, Ob = 32—62 mm = 31 E. — 100 — */4, Schadelanz. = 3000 — 100 — 9/,, 


1. — 1G zwischen 82-44 , =18, = 4194 , ; = opa isla 
D eG » 45—50 > = 6 „= 19.35 5 ” = 1465 = 48.83 » 
ae Pen er PME d =1281= 42.70 , 


Summe: 32—62 mm = 31 E. — 100.009/,, Schádelanz. = 3000 = 100.00?/,, 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 101 


Zum leichteren Verständnisse dieser Tabelle will ich folgendes 
anführen. — Soll man irgend eine Zahlreihe in drei Abschnitte 
(Gruppen der Einzelfälle) teilen, so schreibt man die constant um eine 
Einheit grösser werdenden Einzelwerte des betreffenden Maasses in 
einer horizontalen Linie nebeneinander. Die zu suchende Mittelgruppe 
nimmt bei dieser Zusammenstellung der Zahlwerte eine solche Lage 
ein, dass die eine extreme (endstàndige) Gruppe linkerseits, die andere 
endständige Gruppe rechterseits zu liegen kommt; weshalb ich jene als 
die linksseitig endstándige Gruppe (—/G, Minuszeichen für links, 
]—limes, Grenze), diese als die rechtsseitig endstándige Gruppe (+ /G, 
— für rechts) bezeichne. Die Mittelgruppe soll fortan als centrale 
Gruppe —cG bezeichnet werden. Damit die centrale Gruppe möglichst 
dem Begriffe einer solchen entspreche, muss links und rechts von ihr 
eine möglichst gleiche Anzahl von Maasswerten genommen werden. 
Ganz gleich ist die Anzahl der Maasswerte für a) na — ri, wo —1G 
und +ZG=10 Einheiten des Linearmaasses enthält; für b) AB sind 
es 5 Einheiten, aber bei c) ri — ak und bei d) na — ak war eine ganz 
gleiche Verteilung nicht mehr möglich [bei c) r; — ak ist — 1G — 11, 
+/!G=9 Einheiten; bei d) na — ak ist — 1G —13, -- 1G — 12 Ein- 
heiten]. Die centrale Gruppe (cG) ist constant— 6 Einheiten. Man 
sucht nun die Einzelfälle auf, deren Maasswerte auf die betreffenden 
Einzelwerte der drei Gruppen fallen und schreibt ihre Anzahl auf. — 
Behufs einer.leichteren Uebersicht berechnet man ausserdem das Ver- 
hältnis der Grösse der drei Gruppen, sowie dasjenige der Anzahl der 
Einzelfälle (Schádelanzahl) in Procenten. 

Wir sehen, dass es in der That auch auf willkürliche Weise 
gelingt, charakteristische centrale Gruppen zü bestimmen, . welche ent- 
sprechend der allgemeinen Gesetzmässigkeit von  kraniometrischen 
Zahlreihen (die samt und sonders nur „zufällige“ Zahlreihen darstellen) 
— eine dominierende Anzahl der Einzelfälle aufweisen. — Wir wollen 
aber schon hier bemerken, dass diese dominierende Anzahl für alle 
4 Linearmaasse eine verschiedene ist, was abermals auf die Rätsel- 
haftigkeit, d. h. auf die zufällige Natur derartiger Zahlreihen hin- 
deutet. — In der folgenden Zusammenstellung ist diese Verschiedenheit 
aus den Procentzahlen sehr deutlich zu ersehen: 


102 A. v. Torok, 


1. Bei na — ak entspr. die Schädelanzahl innerhalb von cG= 48.83 °/,, 
von 3000 Schadeln. 


9. , na— ri N y P " von eG = 57.83 /,, 
von 3000 Schadeln. 

3. „ m—ak = x 5 i von eG = 62.03 ?/,, 
von 3000 Schadeln. 

Anne. A E j n i von eG = 83.80 /,, - 


von 3000 Schädeln. . 

Würde man anstatt 6 Maasseinheiten 5 oder 7 wählen, so würden 
die centralen Gruppen sofort ein ganz anderes Verhältnis der Verteilung 
der Einzelfälle aufweisen. Wie man also sieht, können derartige, rein 
willkürliche Gruppen die wissenschaftliche Aufgabe der Kraniologie 
keinesfalls fordern; umsoweniger, weil fiir andere Linearmaasse und 
für andere Schädelserien wiederum andere Einteilungen zweckent- 
sprechend sein würden. Man kann anfangen was man will — schliess- 
lich müssen wir uns doch unter das caudinische Joch der eine viel 
grössere Mühe beanspruchenden Methode der Wahrscheinlichkeits- 
rechnung beugen. 

Mit der Frage dieser Gruppenbestimmung hängt noch eine andere 
Gruppenbestimmung zusammen, die wir in Hinsicht der Vergleichung 
der Maasswerte an und für sich machen müssen. Wir stellen für 
jedwedes Linearmaass gewisse Vergleichsstufen auf, und zwar zunächst 
zwei extreme, so zu sagen gegensátzliche Stufen, und eine zwischen 
diesen beiden vermittelnde oder Mittelstufe. Für diese Dreiteilung 
der Maasswerte spricht schon die elementarste Logik. — Bei Linear- 
maassen der Längendimension unterscheiden wir die drei folgenden 
Vergleichsstufen: kurz, mittellang, lang; bei denjenigen der Höhen- 
dimensionen: niedrig, mittelhoch und hoch, sowie bei der Breiten- 
dimension: schmal, mittelbreit, breit. Sonderbarer Weise hàt man in 
der Kraniologie auch dieses logische Princip der Gruppeneinteilung 
bisher noch nicht folgerecht angewendet; so z. B. hat Kollmann nur 
die zwei extremen Vergleichsstufen behufs Charakteristik des Gesichtes 
in Betracht gezogen (Lepto- und Chamaeprosopie), wiewohl aus einfach 
logischen Gründen eine Mittelstufe (Mesoprosopie) ebenso notwendig unter- 
schieden werden muss, weil eben die drei Vergleichsstufen an und für 


Ueber eme neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 103 


sich ganz gleichwertig sind und die Mittelstufe den Ueberblick einer 
Variationsreihe ermóglicht. — Für die kraniometrischen Zahlreihen ist 
aber die Mittelstufe von ganz besonderer Bedeutung, weil bei einer 
zur wissenschaftlichen Behandlung geeigneten Variationsreihe der 
Maasswerte die zur mittleren Vergleichsstufe gehörige Gruppe unbe- 
dingt die dominierende Anzahl der Einzelfälle enthalten muss. Für 
kraniometrische Zahlreihen ist infolge des soeben erwähnten Momentes 
die Gruppe der Mittelstufe der Vergleichung die allerwichtigste, d. h. 
die wirklich charakteristische. Man kann mit der grössten Sicherheit 
schon im voraus sagen, dass innerhalb des menschlichen Geschlechtes 
z. B. die Mesoprosopie unvergleichlich viel zahlreicher vertreten sein 
muss, als die Lepto- oder die Chamaeprosopie; weil diese letzteren nur 
die extremen Wertgrössen der variierenden Dimensionsmaasse repräsen- 
tieren und die endständigen Gruppen der Variation bei „zufälligen“ 
Zahlreihen immer die geringste Anzahl der Einzelfälle enthalten. 

An und für sich genommen ist das Einteilungsprincip der drei 
Vergleichsstufen bei Maasswerten ein höchst einfaches. Man teilt jed- 
wede Zahlreihe in drei Gruppen, d. h. man teilt die Anzahl der Maass- 
einheiten einer kraniometrischen Schwankungsbreite durch die Zahl 3. 
— Theoretisch ist diese Einteilung höchst einfach und leicht, aber 
ihre praktische Ausführung ist wegen der beschränkten vollkommenen 
Teilung durch 3 mit gewissen Complicationen verbunden, da wir in 
der Regel, d. h. in der überaus grossen Mehrheit der Fälle bei der 
Dreiteilung falsche Brüche bekommen — die wir möglichst vermeiden 
müssen. So z. B. musste die Gruppeneinteilung der drei Vergleichs- 


-— stufen für die 4 Linearmaasse wie aus der umstehenden Zusammen- 


stellung zu ersehen ist, in folgender Weise ausgeführt werden. 


Diese sowie die vorige Tabelle gestatten uns einen weiteren Ein- 
blick in die Compliciertheit der kraniometrischen Zahlreihen, und die 
Ergebnisse dieser zwei Tabellen sind deshalb so lehrreich, weil hier, 
wie bereits erwähnt wurde, die Vergleichung unter ganz gleichen Be- 
dingungen (ceteris paribus), d. h. bei der gleichbleibenden Anzahl der- 
selben Schädel ermöglicht wurde. 


A. v. Torok, 


104 


Gruppeneinteilung der Maasswerte in Bezug auf die drei Stufen der Vergleichung. 


a) na—ri, Ob = 8—33 mm = 26 Einheiten. (Behufs Ermöglichung ganz gleicher Gruppen ohne Brüche mussten hier für jede der 


2 3 SR : 
drei Gruppen anstatt A 8.66, 9 Einheiten genommen werden; somit Ob von 8—33 mm — 26 Einheiten auf 8—34 mm = 27 Ein- 


heiten vergróssert wurde.) 


Summe: 


Ix SS = — 77.83 
2. mittellange , è EO 0e, : Sposa 00000. 


3. lange s m "moon. 384 — 12.80 ,, 


| 


1. kurze Nasenrückenlänge zwischen 8—16 mm = 9 Einheiten, Schädelanzahl = 296 — 9.87 %/o | 


M 


Il 
eo 


2) 


b) AB, Ob = 17—32 mm = 16 Einheiten. (Anstatt 16 wurden 15 Einheiten genommen, d. h. Ob wurde auf 17—31 mm reduciert; 
der auf den Wert = 32 mm fallende Schádel wurde zur Gruppe der dritten Vergleichsstufe hinzugerechnet.) 


1. schmale Nasenaperturbreite zwischen 17—21 mm = 5 Einheiten, Schädelanzahl = 364 — 12.13 9/,, S sc 
DA mittelbreite ” » 22—26 >» = 5 59 99 = 9344 == 78.13 eh | SÉ : 3 38 E 
Oe Metus 2 4 QUESO ES Li s E Ope fe = 3000 Schädel = 99.99 °/,, 


c) ri — ak, 0b = 18—43 = 26 Einheiten. (Anstatt 26 wurden 27 Einheiten, d. h. Ob — 18—44 mm genommen.) 


1. niedrige Nasenaperturhóhe zwischen 18—26 mm = 9 Einheiten, Schádelanzahl = 191 — 6.37 °/o Summe: 
2. muttelhohe T » 27—35 3m 9 ” M = 2950 = 78.33 M \ en ce E 0 
x II i 4 geo So 3 : Er. = 3000 Schädel = 100.00 9/50 


d) na — ak, Ob = 32—62 mm — 31 Einheiten. (Hier wurden 30 Einheiten gewählt, somit die Ob auf = 32—61 mm = 30 Einheiten 
reduciert, die auf den Wert — 62 mm fallenden 3 Schädel wurden in die Gruppe der dritten Vergleichsstufe einverleibt. 


1. kurze ganze Nasenlinge. . —32—41 mm — 10 Einheiten, Schädelanzahl= 71= 2.37 yo ni. 

2. mittellange „, È .  =42—51 , = 10 2 — IGG RI % | — 3000 Schädel n° 100.01 °/ 
9 —— = : 00 
DA == 


lange 5 » m — 52-015 310 A 5 962 — 92.07, 


Ueber eme neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 105 


Ich will die Hauptmomente dieser Ergebnisse im folgenden 
zusammenfassen: 1. Es liegt klar vor uns, dass nicht nur die Einzel- 
maasse der Schädelform im allgemeinen, sondern auch speciell die 
Einzelmaasse eines und desselben anatomischen Abschnittes der Schadel- 
form ganz verschiedentlich variieren, weswegen man aus der Variation 
des einen kraniometrischen Maasses ,a priori^ gar keine sicheren 
Riickschliisse auf diejenige der anderen kraniometrischen Maasse ziehen 
kann. 2. Die Verschiedenheit der Variation ergiebt sich zunächst 
aus der Verschiedenheit der Schwankungsbreiten der kraniometrischen 
Maasse. Wir sehen hier, dass bei denselben 3000 Schädeln die 4 Linear- 
maasse des Nasenskeletts, der Unterschied zwischen ihren Schwan- 
kungsbreiten [1. 4B —17—32—16 E, 2. u. 3. na —ri— 8—983 
— 96 E. und rr — ak — 18—43 — 26 E., 4. na — ak = 32—62 
— 31 E.] 16—31 Einheiten beträgt. 3. Dass auch für den Fall, dass 
die Schwankungsbreite dieselbe bleibt, wie bei na—rı und rr — ak 
—26 E., die Variation doch nicht dieselbe ist, weil innerhalb der gleichen 
Variationsbreite die Verteilung der Einzelfälle nicht dieselbe bleibt, 
wie wir dies bei den beiden letzten Tabellen ganz deutlich gesehen 
haben. 4. Ob wir nun die Einzelwerte des kraniometrischen Maasses 
in Bezug auf die Verteilung der Variation innerhalb der Schädelserie 
oder in Bezug auf die drei Stufen der Vergleichung in Gruppen ein- 
teilen, stellt sich doch bei gleichbleibender Schwankungsbreite eine 
verschiedene Verteilung der Einzelfälle heraus. So ist z. B. die Ver- 
teilung bei den Gruppen der Maasswerte: 


a) in Bezug auf die Verteilung der Variation. 
1. —1G = 506 Schädel = 16.87 °,, 


1. für na — ri, Ob = 26 Einheiten fa eG = 1735 * = SS -. 

3. +1G = 759 à = LOS 

1. —1G = 449 Schädel = 14.97 °/,, 

2. für ri — ak, Ob = 26 Einheiten fe eG = 1861 M = 10220: 99 

3. +1G — 690 Pi 23:00 

b) en Bezug der drei Stufen der Vergleichung. 

l. kurz —1290/ochadel —:99: 3429/0 
1. für na — ri, Ob = 26 Einheiten fo mittellang = 2320 EI 
3. lang = 384 lo ee 
1. niedrig = 191 Schidel= 6.37 oq 
2. für ri — ak, Ob = 26 Einheiten fe mittelhoch = 2350 xs Base .. 
3. hoch = 459 by = ISO 7 


106 A. v. Tórók, 


Dass also eine Verschiedenheit der Variation bei nicht gleichen 
Schwankungsbreiten in noch hóherem Maasse zu erwarten ist, braucht 
nicht weiter erörtert zu werden. 5. Dass trotz der so auffallenden so 
zu sagen launenhaften Veränderlichkeit der Variation der kranio- 
metrischen Maasse eine ganz strenge Gesetzmässigkeit obwalten muss, 
ergiebt sich aus der, bei jedwedem kraniometrischen Maasse constant 
auftretenden Thatsache, dass innerhalb der Variationsreihe (Schwan- 
kungsbreite) die Anzahl der Einzelfälle der Maasswerte centripetal 
immer zunimmt und centrifugal immer abnimmt; und gerade diese 
Eigenschaft der Variation drückt den Stempel ihres Wesens den 
kraniometrischen Zahlreihen auf. Dieses Wesen bezieht sich aber 
eben auf die ,Zufalligkeit^ dieser Zahlreihen, bei welchen also die 
Gesetzmässigkeit immer nur mit einer gewissen Wahrscheinlichkeit 
nachgewiesen werden kann und deshalb ist es notwendig, beim wissen- 
schaftlichen Studium der kraniometrischen Messungen die Wahrschein- 
lichkeitsrechnung anzuwenden. 


3. Die arithmetische Mittelzahl der 4 Linearmaasse. 


Aus den bisherigen Erórterungen wird man wohl die Ueberzeugung 
schópfen, dass eine wissenschaftliche Behandlung des kraniometrischen 
Problems ohne genaues Studium der kraniometrischen Zahlreihen — 
eine Unmöglichkeit ist. Und doch hat man seit jeher in der Kranio- 
logie derartige Unmóglichkeiten leisten wollen, indem man trotz voller 
Unkenntnis der Beschaffenheit der kraniometrischen Zahlreihen sogar 
schon die Lösung des schwierigsten Problems, nämlich die correlative 
Gesetzmässigkeit der Schädelform gefunden zu haben glaubte (Koll- 
mann). 

Wer je seine Zahlreihen, die er bei Bestimmung irgend eines 
Dimensionsmaasses von mehreren Schädeln erhalten hat, auch nur ein 
einziges Mal aufmerksam prüfte, der musste den Eindruck gewinnen, 
dass mit derlei Zahlenreihen in Bezug auf die sichere Erkenntnis einer 
vorhandenen Regelmässigkeit und Gesetzmässigkeit nichts anzufangen 
ist. — Daher auch das Belächeln der kraniologischen Arbeiten von 
seiten der unserer Disciplin abseits stehenden Gelehrten. — Die 
kühnen Folgerungen aus den kraniometrischen Untersuchungen ver- 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 107 


dienen auch nichts anderes — weil sie ohne jedwede Kenntnis der 
Beschaffenheit der höchst unregelmässig zusammengesetzten Zahlreihen 
gemacht wurden. — Wenn man die kraniometrischen Zahlreihen 
nach dem bisher üblichen Verfahren ganz schablonenhaft behandelt, 
so ist es gar nicht anders möglich, als dass man Speculationen fróhnen 
muss, die einer streng wissenschaftlichen Denkart ganz fern stehen. — 
Und doch werden diese dem flüchtigen Blicke so inhaltsleer erscheinenden 
kraniometrischen Zahlreihen sofort interessant und geistesanregend, 
sobald man dieselben ohne Voreingenommenheit zu betrachten beginnt. 

Wenn man z. B. die Zahlreihen der 4 Linearmaasse des Nasen- 
skeletts (s. die Tabelle auf S. 95) aufmerksam betrachtet, so muss — 
wie bereits erwähnt — die höchst interessante Thatsache der im all- 
gemeinen regelmässigen und constanten centripetalen Zu- und der 
centrifugalen Abnahme der Häufigkeit der Einzelfälle ganz besonders 
auffallen. — Hierdurch unterscheiden sich also zunächst die kranio- 
metrischen Zahlenreihen von den gewöhnlichen Zahlenreihen; hierin 
liegt auch das wesentliche Moment der Vergleichung zwischen den 
beiderlei Zahlreihen. 

Wollen wir also bei den einfachsten, die strenge Regelmässigkeit 
schon beim ersten Blicke deutlich aufweisenden Zahlreihen beginnen. 
— Ich nehme zur Vergleichung die aus den folgenden 5 Zahlen be- 
stehende Reihe: 8+9-+ 10+ 11-+-12. — Hier haben wir es mit 
einer nirgends unterbrochenen Zahlreihe zu thun, wo eine jede 
Einzelzahl von der ihr nächsten Zahl constant durch eine Einheit 
verschieden ist. Wären die kraniometrischen ebenso zusammengesetzt, 
so brauchte man nur die beiden endständigen Zahlen (Grenzwerte) zu 
kennen, um sofort die ganze Beschaffenheit dieser Zahlreihe beurteilen 
zu kónnen. — Bei solchen Zahlreihen würde man sofort die arith- 
metische Mittelzahl (M) ganz pràcis schon aus den beiden endständigen 


È ; à 8-1 
Zahlen bestimmen können, da einerseits M= Sole 25001 


2 
Q 
anderseits DOMESTICI — 10 ist. — Was ist hier die 


arithmetische Mittelzahl: M — 10? — Sie ist eine den Mittelpunkt 
der ganzen Reihe einnehmende centrale Zahl, die also vollkommen 


wie 


symmetrisch zu den von ihr links und rechts folgenden Zahlen liegt 


108 A. v. Tórók, 


Diese Symmetrie wird am besten verdeutlicht, wenn man die Diffe- 
renzen der von ihr links und rechts liegenden Zahlen angiebt: 
j Differenzen: —2—1 0 +1 +2. 
| Zahlen: gelido Ma ON Te ai: 
aber die kraniometrischen Zahlreihen von dieser hóchst einfachen 


— Worin unterscheiden sich 


und vollkommen regelmässig gebauten Zahlreihe? — Um den Unter- 
schied sofort merken zu kónnen, bleiben wir bei den ersten 5 Zahlen 
von a) na — ri. — Ich muss zuvor bemerken, dass in der Tabelle 
diese Zahlreihe verkürzt geschrieben ist. — Nämlich während in der 
8,19, 10; n lea = 


1 —1 —1—1 —1 mal 
eine jede einzelne Wertgrösse des Millimetermaasses nur ein einziges 


einfachen, vollkommen regelmässigen Zahlreihe: | 


Mal vorkommt, kommen diese Wertgróssen bei der kraniometrischen 
8.9, 10.27, nn 
1 —0 —2 —3 — 10 mal, 
eigentlich müsste man diese Zahlreihe so schreiben: 8+10-+10+ 11 
+11 +114 12 4- 12 +12 +12 +12 +12 + 12 +12 + 12 + 12. 
— Diese kraniometrische Zahlreihe unterscheidet sich also von jener 


Zahlreihe na—ri verschiedentlich oft vor: 


einfachen dadurch: 1. dass sie keine vollkommen ununterbrochene ist 
(das Zwischenglied 9 fehlt) und 2. dass ihre Einzelwerte verschieden 
haufig vorkommen (die erste Zahl wiederholt sich gar nicht, die dritte 


2mal, die vierte 3 mal, die fünfte 10 mal) — Diese zwei Momente 
bilden den wesentlichen Unterschied. — Nun fragen wir, welchen Ein- 
fluss dieser Unterschied auf die weitere Analyse dieser kraniometrischen 
Zahlreihe ausübt? — Dies ersehen wir zunächst aus dem Verhalten 
der arithmetischen Mittelzahl (M). — Es ist M bei der einfachen 
Zahlreihe: Pai Mat ei ee 10, hingegegen bei der 


5 5 
kraniometrischen Zahlreihe: 


87104 10 - IM -N 7 N BT PT ee ee 
16 
— M — 10.06. — Der ziffernmässige Unterschied zwischen jener 


_161 

16 
und dieser arithmetischen Mittelzahl ist ein so geringer (0.06 mm), dass 
derselbe gewiss gänzlich vernachlässigt werden kann. — Aber trotz 
dieses so zu sagen minimalen Unterschiedes, haben die beiden arith- 
metischen Mittelzahlen in Bezug auf. die Beschaffenheit (den Bau) der 


: Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 109 


Zahlreihe eine toto coelo verschiedene Bedeutung; und eben hierum 
dreht sich das wesentliche Moment der wissenschaftlichen Forschung 
bei den kraniometrischen Reihen. — Wir haben hier die Aufgabe: die 
wesentliche Zusammensetzung der kraniometrischen Zahlreihen kennen 
zu lernen — und nicht etwa nur die arithmetische Mittelzahl, wie 
man dies bisher so irrtümlich meinte. 

Wodurch ist also der in Rede stehende überaus grosse Unterschied 
in der Bedeutung der arithmetischen Mittelzahl gekennzeichnet? — 
Während M=10 bei der einfachen Zahlenreihe eine vollkommen 
central liegende Wertgrösse repräsentiert (8, 9, 10, 11, 12), stellt 
M — 10.06 oder — 10 bei der kraniometrischen Zahlreihe keine 
centrale Zahl dar: 8, 10, 10, 11, 11, 11, 12, 12, 12, 12, 12, 12, 12, 
12, 12, 12. — Mit einem Worte, während man bei einer einfachen 
und regelmässig gebauten Zahlenreihe von einer arithmetischen Mittel- 
zahl schon im voraus weiss, dass sie eine vollkommen centrale Lage 
einnimmt, d. h. dass sowohl links wie rechts nicht nur die gleiche 
Anzahl von Wertgrössen folgen muss, sondern diese Wertgrössen zu- 
gleich links und rechts dieselben Differenzen von ihr aufweisen miissen; 
weiss man aus der Kenntnis der arithmetischen Mittelzahl von kranio- 
metrischen Zahlenreihen gar nicht, wie viele einzelne Wertgrössen 
links — und wie viele rechts von ihr innerhalb der beiden endstàn- 
digen Wertgréssen enthalten sind, wie wir auch das nicht im mindesten 
erraten kónnen, welche Differenzen von der arithmetischen Mittelzahl 
diese einzelnen Wertgrössen aufweisen. — Bei der einfachen regel- 
mässigen Zahlenreihe müssen die Differenzen beiderseits dieselbe Summe 
ergeben — weil wir es hier mit einer symmetrisch liegenden, d. h. 
vollkommen centralen Zahl zu thun haben; hingegen bei den kranio- 
metrischen Zahlreihen kónnen diese Differenzen rechter- und linker- 
seits eine verschiedene Summe ausmachen. 

a) Einfache regelmässige Zahlreihe: 

—2 —] +1 4-2| Summe der — Differenzen — 3. 
GR qr yg e a summe der + Differenzen — 3. 

b) Kraniometrische Zahlreihe: 

—2 piglet sk ORNE 2142 72 Pile? 2 aie 
SRO O TO 19 19 D 095 19. 19 


110 A. v. Tórók, 


Dass ein wesentlicher Unterschied eintreten muss, wenn eine 
Zahlreihe in dem einen Falle eine nirgends unterbrochene Reihe 
von Wertgrössen aufweist, und in dem anderen Falle durch Fehlen 
dieses oder jenes Zwischengliedes unterbrochen wird, braucht nicht 
weiter erörtert zu werden. Aber die kraniometrischen Zahlreihen 
unterscheiden sich wesentlich auch noch dadurch, dass bei ihnen die 
einzelnen Glieder (Wertgrössen) der Zahlreihe sich verschiedentlich 
wiederholen kónnen. Wollen wir also hier den Einfluss solcher 
Wiederholungen auf den Bau (Zusammensetzung) der Zahlreihen etwas 
näher untersuchen. 

Nehmen wir den allereinfachsten Fall zum Ausgangspunkte 
unserer Erörterung. — Bei Beibehaltung derselben Schwankungsbreite 
lassen wir beide Endglieder, d. h. einerseits die geringste und ander- 
seits die bedeutendste Wertgrösse in unserer Zahlreihe (nämlich die 
Zahl 8 und 12) 1, 2, 3, 4, 5mal sich wiederholen, während die 
dazwischen liegenden Glieder unverändert nur ein einziges Mal vor- 
kommen. Wenn also die Zahlreihe beschaffen ist 


; : 50 

Use Spr Gh ONOR O a: Ob=5 E., so ist M—— — 10.00 

58 E 

DANS TS 110, APIS o Ease Ob=5, , , M=—= 9.67 
66 

3, "g gg go dd, 19 07, MODES io (ey ae INS 
74 

4 „ 8,8,8,8,9,10,11,12..0b=5, , , M— — 9.35 
82 

5. , 88888 9,1011, 12. 0D—5 , , , M—, — 911 

oder 

WERE» 3 62 

(S WIES. cy NO dS TIVE IY S So) Ob=5 E., so ist Mole 10.33 

74 E 

7. » 8,9,10,11,12, 12, 18... Ob—8 , „ , M—— — 1057 

x 86 = 

8. , 8,9, 10, 11, 12, 12, 12, 12 Ob—5 , „ „ M—  —1075 
98 

9. , 8,9,10,11,12,12,19, 12,12 Ob——5 , , , M—-, — 10.89 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 111 


Wie wir sehen, vermindert sich die Wertgrósse der arithmetischen 
Mittelzahl in dem Maassstabe, als sich die geringste Wertgrösse je 
öfters wiederholt, und umgekehrt vergrössert sich die arithmetische 
Mittelzahl, je öfters sich die bedeutendste Wertgrösse wiederholt — 
wenn auch die Schwankungsbreite der Zahlreihe dieselbe bleibt. Es 
ist selbstverständlich, dass diese Verminderung und Vergrösserung der 
arithmetischen Mittelzahl in dem Maasse geringer ausfallen muss, je 
näher die sich wiederholenden Glieder (Wertgrössen) einer Zahlreihe 
gegen den Mittelpunkt (die centrale Zahl) zu liegen kommen. Was 
geschieht also, wenn sich einzig allein nur die centrale Zahl wieder- 
holt? — Wenn wir das über die Zahlreihen bisher Gesagte genau 
verstanden haben, so wissen wir schon im voraus, dass in diesem 
Falle die Wertgrüsse der arithmetischen Mittelzahl unveràndert bleiben 
muss. — Zum Beispiel wenn die Zahlreihe beschaffen ist 

50 


qu wie US OTOL Toe oret Ob bubs? SOnist MI T0 
1 60 N 
9. n 8,910,10,11,12...Ob=5 , , , M=Z=10 
à 2 70 
3. , 8, 9, 10,10, 10, 11,12 Ob=5 , , , M———10 etc. 


(Schluss folgt.) 


Referate 
von 


Fr. Kopsch. 


Gamgee, Arthur, Die physiologische Chemie der Verdauung mit Ein- 
schluss der pathologischen Chemie. Deutsche Ausgabe und Neu- 
bearbeitung von Leon Asher und H. R. Berger. 25 Figuren; 
2 lithogr. Tafeln. XVIII u. 524 S. Leipzig und Wien. 1897. 
Franz Deuticke. 


Asher und Berger geben nicht etwa eine Uebersetzung des 1893 erschienenen 
Werkes von Gamgee, sondern eine vollstándige Neubearbeitung, in welcher die 
seither erschienenen Arbeiten berücksichtigt sind. Gamgee hat, gestützt auf das 
Studium der Originalarbeiten und unter Nachprüfung aller in dem Werke auf- 
geführten Methoden und Experimente, ein Buch geschaffen, dessen Wert von allen 
Seiten anerkannt ist. Der Inhalt ist in dreizehn Capitel geteilt, deren erste fünf vom 
Speichel, Pankreas, Galle handeln. Das sechste Capitel enthält die Darstellung 
von der Entstehung und den Erscheinungen des Icterus, sowie von der Absonderung 
und Zusammensetzung der Galle unter dem Einfluss von Arzneimitteln und patho- 
logischen Zustánden. Das siebente Capitel ist den Gallensteinen und ihrer che- 
mischen Untersuchung gewidmet. Kapitel neun bis zwölf enthalten die Vorgänge 
im Darm, Capitel dreizehn die Verdauungsvorgiinge bei niederen Tieren (Intra- 
cellularverdauung niederer Invertebraten, Function der Molluskenleber, Verdauung 
bei Fischen, Vögeln, Pflanzenfressern) Ein Nachtrag enthält eine Kritik von 
A. G. Barbéra's Untersuchungen und von dessen neuer Theorie der Gallenabsonderung. 


Schenck, F., und Gürber, A., Leitfaden der Physiologie des Menschen 
für Studierende der Medicin. 53 Abbildungen. VIII u. 304 S. 
Stuttgart 1897. Ferdinand Enke. 


Das Bichlein von Schenck und Gürber soll in kurzer Form die wichtigsten 
Lehrsátze der Physiologie enthalten, um dem Anfänger die Uebersicht zu erleichtern. 
Es soll den vorhandenen mit ,manchen recht groben Fehlern* behafteten Compendien 
,Conkurrenz machen“. Dass diese von Erfolg begleitet sein wird, erscheint kaum 
zweifelhaft, denn das vorliegende Compendium zeichnet sich durch grosse Voll- 
stándigkeit neben möglichster Kürze und klarer Fassung aus. Indem wir daher 
demselben eine weite Verbreitung wünschen und es empfehlen, sollen die folgenden 
Hinweise nur zum Zwecke der Vervollständigung späterer Auflagen gemacht sein: 
Die Belegzellen der Magendrüsen sind nicht von ,korbartig angeordneten Capillar- 
schlingen* umfasst, sondern sind von einem Korbe von Sekret-Capillaren umgeben. 
Nicht nur die Frósche zeigen Licht- und Dunkelstellung des Pigmentepithels der 
Retina. Beim Gehörorgan fehlen Angaben über die Bedeutung der Tuba Eustachii 
(Valsalva's Versuch). Von dem Bau der Geschmacksknospen giebt es bessere Bilder 
als Fig. 52. Beim menschlichen Embryo werden sechs Paar Kiemen-Gefäss-Bogen 
ausgebildet (Boas, Zimmermann, Hochstetter). 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


MAY 16 1898 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charak- 
teristik der Nase. 


I. Teil. Die Variationen der Linearmaasse des Nasenskeletts. 
Von 
Prof. Dr. Aurel v. Torok, 


Director des anthropologischen Museums in Budapest. 


(Fortsetzung.) 


Nun kónnen wir schon einen tieferen Einblick in das Problem der 
kraniometrischen Zahlreihen thun. Wir wissen nämlich, dass, weil bei 
den kraniometrischen Zahlreihen die einzelnen Wertgrössen (Glieder) 
in centripetaler Richtung sich öfters und in centrifugaler Richtung 
weniger wiederholen, so muss die Wertgrósse der arithmetischen Mittel- 
zahl „ceteris paribus“ von dem abhängen, ob die von der centralen Zahl 
linker- oder rechterseits liegenden Glieder eine grössere Wiederholung 
(d. h. eine grössere Häufigkeit in ihrer Vertretung) aufweisen; ferner 
wissen wir, dass, gleichviel ob die centrale Zahl selbst sich gar nicht 
oder oftmals wiederholt, die Wertgrésse der arithmetischen Mittelzahl 
unverändert bleibt — wenn nämlich die arithmetische Mittelzahl in 
der kraniometrischen Zahlreihe selbst schon enthalten ist. (Es ist 
selbstverständlich, dass, wenn die Wertgrösse der arithmetischen Mittel- 
zahl in der kraniometrischen Reihe selbst nicht vorhanden ist, die 
Analogie nicht mehr zutreffen kann.) — Jetzt wollen wir die Frage 
dem Dualitàtsprincip der Mathematik entsprechend in umgekehrter 
Richtung stellen. Bezieht sich eine arithmetische Mittelzahl auf eine 
möglichst einfache und regelmässige Zahlreihe, die nirgends unter- 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 8 


114 A. v. Török, 


brochen ist und innerhalb weleher die einzelnen Glieder (Wertgróssen) 
nur ein einziges Mal vorkommen; so wissen wir, dass dieselbe eine 
vollkommen centrale Zahl sein muss, somit die linker- und rechterseits 
symmetrisch liegenden Glieder je dieselbe Differenz aufweisen müssen, 
folglich die Summe der von ihr linker- und rechterseits enthaltenen 
Glieder dieselbe sein muss. Wenn bei mehreren derartigen Zahl- 
reihen, deren Schwankungsbreite dieselbe ist, aber die Anzahl der 
Glieder (Einzelwerte) sich verändert und die arithmetische Mittelzahl 
trotzdem dieselbe bleibt, so ist dies nur unter der Bedingung möglich 
geworden, dass die centrale Zahl (die hier zugleich auch die arith- 
metische Mittelzahl ist) sich einerseits nicht wiederholt und anderer- 
seits sich verschiedentlich wiederholt. Wenn endlich bei gleichbleibender 
Schwankungsbreite die arithmetische Mittelzahl einerseits umsomehr 
abnimmt, je grósser die Anzahl der Glieder wird, und andererseits 
umsomehr zunimmt, je grósser die Anzahl der Glieder wird — so kann 
dies nicht anders entstanden sein, als dass ,ceteris paribus* im ersteren 
Falle die linksseitigen und im letzteren Falle die rechtsseitigen Glieder 
sich umsomehr wiederholen, jemehr die arithmetische Mittelzahl kleiner 
oder grósser wird. 

Nun ist alles klar. — Wenn wir nämlich wissen, dass die kranio- 
metrischen Zahlreihen keine einfache regelmässige, sondern höchst 
complicierte und unregelmässige Zahlreihen darstellen, so wissen wir 
schon im voraus, dass ihre arithmetischen Mittelzahlen uns gar keinen 
Aufschluss über die Beschaffenheit der betreffenden Zahlreihen selbst 
geben kónnen. Wir wissen nicht, ob sie überhaupt in den Zahlreihen 
selbst vorkommen, oder wenn dies auch der Fall sein sollte: ob sie 
centrale Zahlen (vollkommen symmetrisch liegende Mittelzahlen) sind; 
jà, gerade im Gegenteil kónnen wir behaupten, dass sie keine centrale 
Zahlen repräsentieren. — Ist dies aber klar, so muss uns auch das 
einleuchtend sein, dass aus den nackten arithmetischen Mittelzahlen 
selbst nicht die geringsten soliden Schlüsse möglich sind. Weil wir 
bei Vergleichung der kraniometrischen Zahlreihen doch nur über die 
Aehnlichkeiten und Verschiedenheiten derselben speculieren können — 
und diese Aehnlichkeiten sowie Verschiedenheiten durch die nackten 
arithmetischen Mittelzahlen- gar nicht aufgedeckt werden können, so 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 115 


kónnen auch die von einander hóchst verschieden zusammengesetzten 
kraniometrischen Zahlenreihen zufällig ganz dieselbe arithmetische 
Mittelzahl aufweisen, ebenso, wie auch einander sehr ühnlich zusammen- 
gesetzte kraniometrische Zahlreihen auffallend verschiedene arithmetische 
Mittelzahlen aufweisen kónnen. — Mit einem Worte, dieselbe Wert- 
erüsse einer arithmetischen Mittelzahl ist noch kein Beweis für eine 
Aehnlichkeit, sowie eine verschiedene Wertgrösse der arithmetischen 
Mittelzahl noch kein Beweis für eine Verschiedenheit in der charakte- 
ristischen Zusammensetzung einer kraniometrischen Zahlreihe ist. 
Und doch hat man in der Kraniologie bisher alle Argumente aus der 
Beweiskraft der arithmetischen Mittelzahl genommen, und wenn hierbei 
gelegentlich doch die unversöhnlichsten Gegensätze in den Schluss- 
folgerungen von seiten der einzelnen Autoren auftraten, oder wenn 
ein Autor mit sich selbst in Widerspruch geraten musste — so war 
der Meinung nach hieran nicht diese sonderbare Methode der Schluss- 
folgerung Schuld, sondern das Forschungsmaterial, welches man ge- 
wöhnlich dessen verdächtigte, dass es kein rein typisches sei. 

Bevor wir auf die Besprechung der arithmetischen Mittelzahlen 
von den 4 Linearmaassen übergehen, müssen wir noch ein sehr 
wichtiges Moment in Betracht ziehen, welches bisher ebenfalls der 
Aufmerksamkeit der Kraniologen entgangen war. — Wenn wir nämlich 
von einer grösseren Anzahl von kraniometrischen Dimensionsmaassen 
die arithmetischen Mittelzahlen berechnen, so bekommen wir derartige 
Verschiedenheiten in Bezug auf ihre Wertgrössen, dass wir uns auf 
den ersten Augenblick gar nicht zutrauen, hierin eine gewisse Gesetz- 
mässigkeit auffinden zu können. Diese verborgene Gesetzmässigkeit 
ist aber sofort ganz deutlich erkennbar, wie die verschiedenen Wert- 
groòssen der arithmetischen Mittelzahlen unter ganz gleichen Bedingungen 
(„ceteris paribus“) verglichen werden. Diese Bedingung kann auf die 
Weise erreicht werden, dass wir die verschiedenen kraniometrischen 
Linearmaasse immer von denselben Schädeln bestimmen, wie dies hier 
für die 4 Linearmaasse ausgeführt wurde. 

Nun ist die Frage sehr einfach. Da nämlich die Wertgrösse einer 


; : à SV. à 
arithmetischen Mittelzahl (ar = x) nichts anderes ist, als der Quotient 


8* 


116 A. v. Torok, 


der durch die Anzahl (N) geteilten Summe der Einzelwerte (S), so ist 
es einleuchtend, dass, wenn die Anzahl der Einzelfälle constant bleibt, 
die Wertgrósse der arithmetischen Mittelzahl umso grósser oder umso 
kleiner ausfallen muss, je grósser oder je kleiner die Summe der 
Rinzelwerte ist. Hat man aber immer dieselbe Anzahl von denselben 
Einzelfällen vor sich, so kann die Summe der Einzelwerte (einzelnen 
Wertgréssen) nur infolge davon grósser werden, dass das betreffende 
Linearmaass absolut grüsser war; und umgekehrt wird die arithmetische 
Mittelzahl umso kleiner ausfallen, je kleiner das absolute Linearmaass 
war. Zum Beispiel sei bei den folgenden Zahlreihen N constant — 5, 


SO nara ovens 21.31, 9,83, 15% MISI 3 
ZOO OO LO SOA 
N 5 
S 1.5 : 
3. 04, 03, 0.3, 04,05... ML. 0,3 sein 


Wir wissen demnach schon im voraus, dass „ceteris paribus“ 
die arithmetische Mittelzahl bei allen denjenigen Dimensionsmaassen 
grösser ausfallen muss, deren absolute Wertgrössen grösser sind, — 
und kleiner ausfallen muss bei denjenigen, deren absolute Wert- 
grössen kleiner sind. 

Diese strenge Gesetzmässigkeit kann aber nur bei den ganz ein- 
fachen und regelmässigen Zahlreihen vollkommen deutlich zum Aus- 
druck gelangen, hingegen wird sie bei den höchst unregelmässigen 
(„zufälligen“) kraniometrischen Zahlreihen mehr oder weniger verhüllt 
bleiben; weil wir es hier mit den verschiedentlichsten Wiederholungen 
von Einzelwerten (Glieder) zu thun haben, die innerhalb: derselben 
Schwankungsbreite auf die Mittelzahl jenachdem bald vergrössernd, 
bald verkleinernd wirken können — wie wir es schon weiter oben ganz 
deutlich demonstriert haben. — Im Grossen und Ganzen bleibt aber 
auch hier diese Gesetzmässigkeit in Gültigkeit. 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 117 


Da die absolute Wertgrösse bei der Nasenrückenlänge (na — ri) 
und der Nasenaperturbreite (AB) kleiner ist als bei der Nasenapertur- 
höhe (7i— ak) und der ganzen Nasenlänge (na— ak), so müssen wir 
bei den zwei ersteren kleinere arithmetische Mittelzahlen bekommen, 


als bei den zwei letzteren Maassen. — Ich stelle die arithmetischen 
Mittelzahlen der 4 Linearmaasse im folgenden zusammen: 


1. na— ri (Ob== 8—33 mm), ui dE — 21112 
PUE RU LA (VT ers) uaF = E — 93.85 
3! line rp 2 18-243! my Me Aem — 32.93 
4. na — ak (Ob — 32—62 mm), Mae 1200? goto 


‘Wir sehen, dass der soeben erwähnten Gesetzmässigkeit entsprechend 
die arithmetische Mittelzahl bei diesen 4 Linearmaassen umso grósser 
ist, jemehr die absolute Wertgrösse des Maasses zunimmt. 


Nun haben wir die — bei der-bisherigen Geistesrichtung in der 
Kraniologie — immer schon als Endziel der Forschung betrachtete 
arithmetische Mittelzahl vor uns. Was kónnen wir aus ihr allein 
für Schlüsse ziehen? Gar keine. — Denn wie man nur irgend einen 
wissenschaftlich soliden Rückschluss aus der Wertgrösse derselben 
ziehen will, muss man sofort auf die genaue Untersuchung der be- 
treffenden Zahlenreihen selbst zurückgreifen, um hier die verschiedenen 
Momente einzeln zu untersuchen, welche auf die Wertgrösse der arith- 
metischen Mittelzahl von wesentlichem Einflusse sind. Wie ich im 
obigem ganz klar und gemeinverständlich bewiesen habe, können wir 
aus den Einzelmomenten einer Zahlreihe gewiss einen im Grossen und 
Ganzen sicheren Schluss auf die arithmetische Mittelzahl ziehen — 
aber umgekehrt: von der arithmetischen Mittelzahl an und für sich 
senommen ist ein solider Rückschluss auf die Zahlreihe einfach eine 
Unmöglichkeit. — Da man aber bisher immer nur in dieser umgekehrten 
Richtung argumentierte, so hat man auch bisher eine verkehrte Logik 
in der Kraniologie angewendet, wie ich dies — in meinen früheren 
Aufsätzen — zu betonen so oft genötigt war. Ich hoffe, dass jetzt 


118 A. v. Tórók, 


kein ernster Mensch mehr diesen beschamenden Vorwurf für ungerecht- 
fertigt erklären wird. 

Wie gesagt, wir müssen fortan die entgegengesetzte Richtung in 
der Forschung einschlagen, und so vieles andere vorher noch ins 
Reine bringen, bevor wir auf die Bestimmung der arithmetischen 
Mittelzahl selbst übergehen. — Andererseits dürfen wir aber mit der 
Berechnung der arithmetischen Mittelzahl die reale Arbeit noch bei 
weitem nicht als schon abgeschlossen betrachten, um alles übrige nun- 
mehr den Speculationen einer willkürlichen Phantasie anheimzustellen, 
wie dies bisher die allgemeine Gepflogenheit war; im Gegenteil, der 
eigentlich wissenschaftliche — schwierigere — Teil der Arbeit beginnt 
erst recht, wenn man die Bestimmung der arithmetischen Mittelzahl 
schon erledigt hat. (Wie unendlich leicht war die Arbeit Kollmann’s, 
als er sein sogen. Correlationsgesetz aus den arithmetischen Mittel- 
zahlen von je 10 — und zwar nicht einmal von denselben 10 Einzel- 
fällen! schon als bewiesen dahinstellte. Aus diesem Paradiese der 
Unschuld in der Kraniologie sind wir fortan doch ein für allemal 
ausgewiesen!) 


Bevor wir auf die weiteren Fragen des Problems übergehen, 
wollen wir noch einiges recapitulieren. I 

Da wir es hier immer mit derselben Anzahl derselben Einzelfälle 
(also ,ceteris paribus“) zu thun haben, können wir hier trotz der 
überaus vielen Compliciertheiten doch einen klareren Ueberblick er- 
reichen. — Wenn wir nämlich das gegenseitige Verhältnis zwischen 
den Schwankungsbreiten, der Verteilung der Einzelfälle und der Wert- 
grosse der arithmetischen Mittelzahl in Betracht ziehen, so kommen 
wir zu folgenden Ergebnissen: 

a) Die Nasenrückenlänge (na—vri) mit den zwei Grenzwerten: 
8— 33 mm — 26 E. vertritt — 47.27 °/,, der Gesamtschwankungsbreite 
der 4 Linearmaasse; weist von den 3000 Schädeln — 9.87 ?/,, kurze, 
— 77.33 °/,, mittellange und — 12.80 ?/,, lange Maasse auf; ihre arith- 
metische Mittelzahl beträgt — 21.12 mm; diese Wertgrösse in ganzer 
Zahl (=21 mm) genommen, ist insgesamt — 312 mal unter den 
3000 Schädeln vertreten, d. h. in 10.40 ?/,,; sie liegt zwar im Mittel- 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 119 


punkte der thatsächlichen Zahlreihe (8—33 mm), insofern vor ihr 
(linkerseits) ebensoviel Glieder (Einzelwerte des Maasses) vorkommen, 
als hinter ihr (rechterseits), d. h. — 12 Glieder — jedoch ist diese 
thatsächliche Zahlenreihe keine continuierliche, weil hier ein Glied, 
nämlich —9 mm nicht vertreten ist — also fehlt. Diese arithmetische 
Mittelzahl ist demnach keine wahre centrale Zahl und dieses Moment 
ist für die Kenntnis einer Zahlreihe von wesentlichem Belang, da 
wir die arithmetische Mittelzahl zum Ausgangspunkt weiterer For- 
schungen benutzen wollen. Noch mehr fallt aber ins Gewicht bei den 
„zufälligen“  kraniometrischen Zahlreihen dasjenige Moment, dass 
laut des Gesetzes solcher Zahlenreihen die Häufigkeit der Einzelfälle 
im Mittelpunkte der Zahlreihe am stärksten vertreten sein muss — 
sollen aus der betreffenden Zahlreihe streng gesetzmässige Folge- 


rungen gezogen werden. — Nun wissen wir, dass hier M— 21 mm 
nur in 10.40 °/,, der gesamten Einzelfälle vertreten sind. Was wollten 
wir also für Rückschlüsse auf die übrigen 89.60 °/,, ziehen! — Wir 


könnten ja doch gar nichts über die Verteilung dieser enorm grossen 
Ueberzahl der Einzelfälle aus der alleinigen Kenntnis der arithmetischen 
Mittelzahl erfahren! — Wir könnten aus ihr nicht einmal darauf 
schliessen, dass die thatsächliche grösste Vertretung der Einzelfälle 
wirklich auf sie fällt. Die na —rı Zahlreihe belehrt uns darüber, 
dass nicht auf die Wertgrösse der arithmetischen Mittelzahl = 21 mm, 
sondern auf 20 mm die verhältnismässig grösste Vertretung der Einzel- 
fälle, nämlich 332 Schädel fallen. — Schon diese Thatsache deutet 
darauf hin, dass wir bei den kraniometrischen Zahlenreihen uns mit 
der arithmetischen Mittelzahl nicht begnügen können und dass wir es 
nötig haben, eine derartige Gruppe von mehreren solchen Wertgrössen 
innerhalb der betreffenden Linearmaasse wissenschaftlich exact zu 
bestimmen, welche Gruppe — als Centralgruppe — die überaus herr- 
schende Mehrzahl der Einzelfälle vertritt — wie wir schon vorläufig 
auf empirischem — willkürlichem — Wege eine solche Gruppe auf- 
gestellt haben. 

b) Die Nasenaperturbreite (AB) mit den zwei Grenzwerten 
17 — 32 mm — 16 E. vertritt — 29.09 "/,» der Gesamtschwankungsbreite 
der 4 Linearmaasse, weist von den 3000 Schàdeln — 12.13 °/oo schmale, 


120 A. v. Török, 


78.13 "foo mittelbreite und 9.73 oo breite Maasse auf. Ihre arithmetische 
Mittelzahl = 23.85 in ganzer Zahl genommen = 24 mm, ist insgesamt 
durch — 585 Schädel, d. h. in 19.50°» der Einzelfälle vertreten; sie 
liegt innerhalb der thatsächlichen Zahlreihe nicht mehr central, da 
linkerseits von ihr —7 und rechterseits — 8 Glieder folgen. Hier ist 
die Zahlreihe zwar continuierlich, aber die Verteilung der Einzelfälle 
ist eine verschiedene, da linkerseits von ihr auf die Wertgrössen (von 
17—23 mm) —1307 und rechterseits von ihr auf die Wertgréssen 
(von 25—32 mm) — 1108 Schädel fallen. Hier fällt zwar die ver- 
hältnismässig allergrösste Anzahl der Schädel auf den arithmetischen 
Mittelwert (= 24 mm mit 585 Schädeln), jedoch können wir in Bezug 
auf die Verteilung der übrigen = 2415 Einzelfälle aus ihr nichts 
erfahren. 

c) Die Nasenaperturhóhe (ri — ak) mit den zwei Grenzwerten: 
18—43 mm — 26 E. vertritt 47.27 °/o der Gesamtschwankungsbreite 
der 4 Linearmaasse, weist von den 3000 Schädeln = 6.37 °/o niedrige, 
78.33 °/oo mittelhohe und 15.30°/o hohe Maasse auf. Ihre arithmetische 
Mittelzahl = 32.93 in ganzer Zahl genommen = 33 mm ist insgesamt 
durch = 347 Schädel, d. h. in 11.57 °/oo der Einzelfälle vertreten, sie 
liegt auffallend asymmetrisch in der Zahlfeihe, da linkerseits von ihr 
15, hingegen rechterseits nur 10 Glieder folgen. Auch diese Zahl- 
reihe ist continuierlich, der Unterschied in der Verteilung der Einzel- 
fälle ist hier noch auffallender, da linkerseits von der arithmetischen 
Mittelzahl, d. h. auf die Wertgrössen von 18—32 mm insgesamt 
— 1667 Schädel, hingegen rechterseits von ihr auf die Wertgrössen 
von 34—43 mm nur 986 Schädel fallen — von welcher auffallenden 
Verschiedenheit die arithmetische Mittelzahl keinen Aufschluss geben 
kann. 

d) Die ganze Nasenlänge (na— ak) mit den zwei Grenzwerten 
32—62 mm=31 E. vertritt 56.36°/,, der Gesamtschwankunesbreite 
der 4 Linearmaasse, weist von 3000 Schädeln = 2.37 ?/,, kurze, 65.57 9/,, 
mittellange und 32.07 °/,, lange Maasse auf. Ihre arithmetische Mittel- 
zahl— 49.70, d. h. —50 mm ist unter den 3000 Schädeln 324 mal, 
d. h. in 10.80 ?/,, vertreten, sie liegt noch auffallender asymmetrisch 
als bei allen übrigen — da linkerseits von ihr 18, rechterseits aber 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 12] 


nur 12 Glieder folgen. In der continuierlichen Zahlreihe sind die 
vor der arithmetischen Mittelzahl vorkommenden Maasse 32—49 mm 
durch insgesamt— 1395 Schädel, hingegen die nach ihr folgenden 
Maasse 51—62 mm durch insgesamt — 1281 Schädel vertreten, worüber 
die arithmetische Mittelzahl ebenfalls keinen Aufschluss geben kann. 


4. Die wissenschaftliche Charakteristik der Variationsreihen 


der 4 Linearmaasse. 


Wenn wir sehen, dass die 4 Linearmaasse bei derselben Anzahl 
derselben Schädel innerhalb sehr verschiedener Schwankungsbreiten 
variieren, dass bei ihnen die Verteilung der Einzelfälle ebenso ver- 
schieden ist und dass auch ihre arithmetischen Mittelwerte von einander 
ganz auffallend abweichen, so sind wir hinsichtlich alles weiteren vor 
eine Alternative gestellt: entweder müssen wir uns noch weiter mit 
dem Studium der Complicationen dieser Variationsreihen bescháftigen, 
und zwar mittelst der Wahrscheinlichkeitsrechnung — da für ,zu- 
fallige^ Naturerscheinungen uns keine andere Methode zur Verfügung 
steht; oder aber wir müssen auf eine wissenschaftliche Behandlung des 
Themas einfach verzichten — da die bisherige Art und Weise, aus 
kraniometrischen Daten „Gesetzmässigkeiten“ erschliessen zu wollen, 
unsere ganze Disciplin einer wohlverdienten Lächerlichkeit preisgeben 
muss. 
| In Bezug auf die nach der Bestimmung der arithmetischen Mittel- 
zahl zu erledigenden Fragen müssen wir zunächst die Stellung (Lage) 
des arithmetischen Mittelwertes zu den übrigen Einzelwerten des be- 
treffenden kraniometrischen Dimensionsmaasses genau feststellen. — 
Es ist nicht genug, die Asymmetrie nur in Bezug auf die verschiedene 
Anzahl der links- und rechtsseitigen Glieder innerhalb der Variations- 
reihe (Schwankungsbreite) kennen zu lernen, wie wir dies schon im 
vorigen Capitel gethan haben; wir müssen die Wertgrösse der arith- 
metischen Mittelzahl ausserdem noch mit jeder anderen. Wertgrösse 
des Maasses genau vergleichen, indem wir die Differenzen zwischen 
ihnen bestimmen. 

Ich habe schon weiter oben dargethan, dass allemal, wenn die 
arithmetische Mittelzahl zugleich eine centrale (d. h. vollkommen sym- 


122 A. v. Tórók, 


metrisch liegende) Zahl darstellt, die Differenzen der linksseitigen und 
rechtsseitigen Glieder dieselbe Summe ausmachen. 
In unserer obigen Miniaturzahlreihe war die Summe der Diffe- 


renzen: 
= .. = 0) 3 
| Differenzen: — 2, — 1, 0, +1, +2 | Summe d. Differenzen: ms À a. i SS b 
| Weide dum S nv mw Summe der Einzelwerte (Anzahl: N)— 5 
i 3 2 ) 2 ? 


Arithmetische Mittelzahl ....... — 10 
Wenn also die arithmetische Mittelzahl — wie bei dieser Miniatur- 
zahlreihe — eine vollkommen symmetrisch (d. h. central) liegende 


Wertgrösse darstellt, so ist nicht nur die Summe der links von ihr 
liegenden Wertgrössen (hier 8, 9, S= 2) gleich der Summe der rechts 
von ihr liegenden Wertgrössen (hier 11, 12, S= 2), sondern es muss 
ausserdem auch noch die Summe der linksseitigen Differenzen (S— d —3) 
gleich der Summe der rechtsseitgen Differenzen (S +d — 3) sein. Wenn 
also diese beiden Bedingungen bei einer Zahlenreihe nicht erfüllt sind, 
kann die arithmetische Mittelzahl keine centrale Zahl mehr darstellen. 
Nun kónnen wir den grossen Unterschied zwischen diesen einfachen 
Zahlreihen und den kraniometrischen Zahlreihen ganz scharf be- 
messen, da wir wissen, dass bei kraniometrischen Messungen die 
Zahlreihen einerseits verschiedene Unterbrechungen in der Auf- 
einanderfolge der Wertgrössen erleiden können und andererseits die 
vertretenen Wertgrössen entweder gar keine oder aber auch sehr ver- 
schiedene Wiederholungen aufweisen können. 

Würde irgend ein kraniometrisches Maass überhaupt nicht va- 
rileren, so brauchten wir das betreffende Maass nur ein einziges Mal 
zu bestimmen. — Nun variiert aber ein jedes Einzelmaass des Schädels, 
wie auch ein jeder einzelne Schädel „in toto“ einen Einzelfall der 
zahllosen Variationen darstellt. — Hier beginnt — wie bereits erwähnt 


das Labyrinth der Complicationen, in welches wir nur sachte und 
möglichst vorsichtig eintreten dürfen. Nehmen wir den allereinfachsten 
Fall der Variation zum Ausgangspunkte unserer Speculationen. Neh- 
men wir an, dass ein vorhin noch ganz unveränderlich (constant) 
gedachtes kraniometrisches Linearmaass sich zu verändern beginnt, und 
zwar so, dass die Veränderung nach links gerade so gross ist, wie 
nach rechts (—d—- 0). — Nehmen wir an, dass hierauf das be- 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 193 


treffende Maass abermals einer Veränderung unterworfen ist, und zwar 
so, dass dieses zweite Mal die Veränderung eine stärkere ist, als das 
vorige Mal, und denken wir bei diesen immer grösser werdenden 
Schwankungen endlich zwei Grenzen, über welche hinaus keine Ver- 
änderung mehr eintritt, so haben wir die absolute Schwankungsbreite 
des Linearmaasses. — Innerhalb dieser Schwankungsbreite würde das 
ursprüngliche Linearmaass die mittlere Wertgrösse darstellen, welche 
zugleich eine centrale Lage (d. h. eine vollkommene Symmetrie) zu 
allen übrigen Veränderungen aufweisen würde. Wenn wir also die 
Veränderungen so denken, dass das ursprüngliche Linearmaass in je 
zwei Fällen der Veränderung einerseits ebenso kleiner wird, als sie 
anderseits grösser wird; ferner, dass dieses symmetrische Kleiner- und 
Grösserwerden des Linearmaasses immer in grösserem Maassstabe 
erfolgt, so dass die Differenzen von der ursprünglichen Wertgrösse 
immer bedeutender werden, bis sie endlich an den beiden Grenzwerten 
am allergrössten ausfallen; und endlich, dass die ursprüngliche Wert- 
grosse des Maasses zugleich auch die möglichst grösste Häufigkeit 
(Wiederholungen) innerhalb der ganzen Variationsreihe aufweist und 
dass die Anzahl der Einzelfälle (Wiederholungen einer und derselben 
Wertgrösse der Variation) von diesem Mittelpunkte angefangen immer 
kleiner wird, und zwar anfangs in sehr geringem, kaum merklichen 
Maassstabe, später in immer grösserem Maassstabe und namentlich 
von einer gewissen Strecke der beiderseits aufeinander folgenden 
Einzelwerte angefangen (man nennt diesen Punkt in der Curven- 
darstellung dieser Abnahme den Punkt der Inflexion), bis endlich bei 
den Grenzwerten selbst gar keine Wiederholung mehr stattfindet — 
so hätten wir eine solche Variationsreihe vor uns, die einen vollkommen 
symmetrischen Bau aufweist, bei welcher die arithmetische Mittelzahl 
eine wahre centrale Wertgrösse darstellen würde; da nicht nur die 
Summe der linksseitig liegenden Einzelwerte mit derjenigen der rechts- 
seitigen Einzelwerte gleich wäre, sondern auch die Summe der Diffe- 
renzen linker- und rechterseits ganz dieselbe wäre. — Denken wir 
nun eine solche complicierte aber vollkommen regelmässig gebaute 
Zahlenreihe ausserdem noch durch die besondere Eigenschaft ausge- 
zeichnet, dass bei ihr eine solche centrale Gruppe von Einzelwert- 


124 A. v. Torok, 


eróssen aufgestellt werden könnte, innerhalb welcher gerade die Hälfte 
der Totalsumme der Differenzen fällt, und die andere Hälfte sich 
gleichmässig auf die beiden endständigen Gruppen verteilt [S D — '/, 
(—16)-+',(e@)+'/,(+16)]; so hätten wir eine solche Zahlreihe 
vor uns, die die vollkommene Gesetzmässigkeit „zufälliger“ Zahl- 
reihen — also auch der kraniometrischen Zahlenreihen ausdrücken 
würde. — Eine solche, die Gesetzmässigkeit zufälliger Erscheinungen 
vollkommen ausdrückende Zahlreihe ist aber nur in der Theorie 
möglich; aus den thatsächlichen Beobachtungen kann eine solche 
Variationsreihe niemals hergestellt werden, weshalb wir auch niemals 
daran denken können, solche kraniometrischen Zahlenreihen zu be- 
kommen, bei welchen die Gesetzmässigkeit ihres Baues vollends 
nachgewiesen werden könnte. Es bleibt somit nichts anderes übrig, 
als eine gesuchte Gesetzmässigkeit höchstens nur mit einer gewissen 
Wahrscheinlichkeit festzustellen. Weiter zu gehen, steht uns nicht 
frei. — Ist dies aber der Fail, dann bleibt uns nichts anderes übrig, 
als bei unseren kraniometrischen Zahlreihen die Wahrscheinlichkeits- 
rechnung anzuwenden — soll unsere Forschung überhaupt ein Anrecht 
auf wissenschaftlichen Wert erheben können. 

Um das Wesen des soeben Gesagten leichter auffassen zu Können, 
will ich eine Demonstration an der folgenden Zahlreihe versuchen. 
Es sei die vollkommen einfache continuierliche Zahlenreihe: 

1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23 
S 276 


die arithmetische Mittelzahl ist: M — N sn 12, oder viel kürzer 
berechnet : > 2d — 12. — Diese arithmetische Mittelzahl ist eine wahre 


centrale Zahl, da linkerseits und rechterseits von ihr je 11 Glieder 
(Einzelwerte) symmetrisch angeordnet sind. Diese symmetrische An- 
ordnung ergiebt sich aus der vollkommen gleichmássigen Verteilung 
der Differenzen (der Glieder von der arithmetischen Mittelzahl). 


Differenzen: —11 —10 —9 —8 —7 6-5 —4 —3 —2 —1 
Glieder: [ret gr RES US in, 
Alf em NZ 
Differenzen: +1 +2 +3 +4 +5 +6 +7 +8 +9 +10 +11 
Glieder: 1334414) 155016, HUT MSH 19204 2254 220/0123: 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 195 


Die Summe der Differenzen (SD — 132) muss bei einer solchen 
(vollkommen symmetrischen) Anordnung so verteilt sein, dass die eine 
Hälfte linkerseits und die andere Hälfte rechterseits von der arith- 
metischen Mittelzahl fällt. en und + R3 +8) 66.) 
— Eine solche höchst einfache Zahlreihe kann bei den kranio- 
metrischen Maassreihen niemals vorkommen. — Das wissen wir schon, 
dass bei sämtlichen kraniometrischen Maassreihen einzelne Glieder 
(Einzelwerte des Maasses) nur ein einziges Mal vorkommen, ja auch 
fehlen können (wodurch die Zahlreihe eine unterbrochene wird), 
andere wiederum sich verschiedentlich wiederholen. Durch dieses 
Moment bekommt eine solche Zahlreihe ihr charakteristisches Ge- 
präge, infolge davon bei ihnen auf den ersten Augenblick gar keine 
Gesetzmässigkeit zu erkennen ist (sie sind sogen. „zufällige“ Zahl- 
reihen). — Bei derartigen Zahlreihen ist also wegen ihrer „zufäl- 
ligen“, d. h. höchst complicierten Natur eine Gesetzmässigkeit nie mit 
ganzer Sicherheit nachzuweisen; dies wäre nur einzig allen dann 
möglich, wenn die Zahlreihe so zu sagen eine unendliche Reihe 
darstellte, innerhalb welcher sämtliche möglichen Einzelfälle vertreten 
sind. Bei einer solchen theoretisch vollkommenen Zahlreihe entsteht 
dann trotz der grossen Complicationen abermals eine vollkommen 
symmetrisch angeordnete Zahlreihe, und zwar eine solche, innerhalb 
welcher — wie bereits erwähnt — die Summe der sämtlichen Diffe- 
renzen auf die Weise symmetrisch verteilt ist, dass die Hälfte derselben 
(>) auf die centrale Gruppe (cG), das eire Viertel = auf die 


linksseitig endständige Gruppe (—/G) und das andere Viertel auf die 
rechtsseitig endständige Gruppe (--/G) fällt. — SD —(—1G) + 
Get G+10)= S D. 

Ich habe demzufolge die obige Zahlreihe durch Wiederholungen 
einzelner Glieder so variiert, dass sie im Grossen und Ganzen die 
Gesetzmässigkeit ganz deutlich veranschaulicht (s. Tabelle A auf S. 126). 

Wie wir sehen, unterscheidet sich diese Zahlreihe von der 
obigen dadurch, dass hier die einzelnen Glieder gegen die Mitte sich 
wiederholen, und zwar so, dass die Anzahl der betreffenden Glieder im 


A. v. Torok, 


Le) 
GI 
Una! 


Tabelle A. 


-[s|»|-l[-Iixislssi sigas alalala 
a) Wertgrósse der} MARIA E Ne dE E Ww E E E EM ey ey | c Nr 
emer Eater] y bal EN En opes ese aerea eee x dod Glieder 
X EX DXX XXX XXX EX LXX CXIXIXIXIX XIX IX XX te 
T GI (na) <H Ne) co be 00 [on] (>) Tr au [nr] xH 1 eo p- oo lor) © — N (ne) 
m i i di le | led | m | rm a | I | NA 
b) Anzahl der ein-| [Summe d. Anzahl sämtl. 
oo Giles T] He) 3m, 30 ey X) $1 AD) Ait) 42 atl RAD MAL SE XI d XX) 44 4) XN d I chess ay Sep) 
c) Glieder 12/3 4 51 6! 7| 8| 9110/11) Z2 |13| 14 15 16 17. 18|19|20| 21 | 99 A s der Glieder — 23. 
Tabelle B. 
ifferenzen . NIRE UE ust | ‚| ur en 
WAT ae T e e ERES HS EH FR 
Glieder 112/83|4.5| 6| 7| 8| 9/10/11) Z2 | 13] 14) 15 16] 17) 18 19 | 20 | 21 | 22 | 23 
Anzahl der Glieder We ae ae a a dU db S d Ae za zt el at NT ak yal 
Summmesdersitte WO es, hes. res ea Ice (hes Cale sgis|m|e|r-»|e|s|z Summe d. PETS 
renzen d. einzeln. {| | 7) cen m ire bem m TEE n » Uk. = 
Glieder = SD PSE el ce eeu eus RU "rie pace ere ar aree rm | (Tot. Summe = 322 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 197 


Mittelpunkt selbst am grössten ist, die Wiederholungen sind linker- 
und rechterseits ganz dieselben, infolge davon der Bau (Zusammen- 
setzung) dieser Zahlreihe eine vollkommen symmetrische geblieben 
ist. — Um in das Wesen dieser Zahlreihe näher einzudringen, müssen 
wir vor allem ihre arithmetische Mittelzahl bestimmen. Schon ein 
Blick genügt, um zu sehen, dass, weil wir hier eine vollkommen sym- 
metrisch gebaute und continuierliche Zahlreihe vor uns haben, zur 
Berechnung der arithmetischen Mittelzahl genügt, die Summe der 


EET 
= 


beiden endständigen Wertgréssen durch 2 zu teilen: M — 


? 


da auch die Summe der einzelnen Wertgróssen geteilt durch ihre 


Anzahl: — 12 ist. Um den symmetrischen Bau ganz klarzustellen, 


müssen nun die Differenzen der einzelnen Glieder von der arithmetischen 
Mittelzahl bestimmt werden (s. Tabelle B auf S. 126). 

Wir bemerken hier, dass sowohl links (—) wie rechts (4) von 
der arithmetischen Mittelzahl (12) ganz dieselben Differenzen und auch 
dieselbe Häufigkeit der Differenzen auftreten, weshalb auch die Summe 
der linksseitigen Differenzen [S(— 9) — 161] ganz gleich ist mit der- 
jenigen der rechtsseitigen Differenzen [S(+ 9) — 161]. — Entsprechend 
der oben erwähnten Gesetzmissigkeit ,zufälliger“ Zahlreihen, kann 
mit Hülfe der Wertgrósse der ,wahrscheinlichen Abweichung oder des 


SE SD 
sogen. wahrscheinlichen Fehlers“ 7, = 0.8453 >< N oder r,=0.6745 x 


(siehe das Nähere in meinem Aufsatze: „Neuere Beiträge z. 


FSD, 
y masi 
Reform d. Kraniologie III. Ueber die syst. Untersuchung d. kraniom. 
Variationsreihen ete.“ diese Monatsschrift 1894. Bd. XI. Heft 6, 7) 
eine vollkommen geeignete Variationsreihe in die bereits erwähnten 
drei Gruppen [a) DENG b) eG, c) -- 0G] geteilt werden, unter welchen 
die Summe der Differenzen (hier ist SD= 322) sich auf die Weise 
SD 

2 


verteilt, dass: auf a) — ia P (hier — 80.5), auf 0) eG (hier = 161) 


und auf c) ciet (hier — 80.5) fällt (S.D — 322 — 80.5 + 161 + 


80.5 — 322). — Ich habe schon erwähnt, dass wir die Vollkommenheit 
bei unseren Zahlreihen nicht erwarten dürfen, jedoch kónnen solche 


128 A. v. Tórók, 


Zahlreihen aufgestellt werden, die wenigstens in Bezug auf die Ver- 
teilung der Differenzen — der vollen Gesetzmässigkeit sehr nahe 
kommen. — Eine solche Zahlreihe ist auch die obige von mir auf- 
gestellte Zahlreihe. 

Um aber » (die wahrscheinliche Abweichung) mittelst der Formel 


r= 0.8453 = ES berechnen zu können, müssen wir zunächst BE 
bestimmen. — Hier ist Ei lx oder 1.68. Man nennt 
diesen Quotienten — welcher nichts anderes ist, als die arithmetische 
Mittelzahl der Differenzen — mach v. Jhering’s Vorschlag den Oscil- 
lationsexponenten (Oe— 1.68). — Es ist somit r == 0.8453 x 1.68 = 
1.42. — Um die Zahlreihe in die erwähnten drei Gruppen einteilen 
zu können, müssen wir zunächst die centrale Gruppe (cG) be- 
stimmen. Diese reicht zwischen den zwei Grenzen von Wertgrössen, 
deren eine M—r und die andere M + r ist. Hier ist M — v — 12 
— 1.492 — 10.58 Wertgrüsse, M + r — 12 + 1.42 — 13.42 Wertgrösse. 
(Da wie erwähnt die hier aufgestellte Zahlreihe keine vollkommene 
sein kann, war ich genötigt anstatt der berechneten M — » — 10.58 
die Wertgrésse —10, und anstatt M -|-» — 13.49 die Wertgrósse 14 
zu nehmen.) — Vor d. h. links von dieser centralen Gruppe liegt die 
linksendständige Gruppe (—/G) und nach d. h. rechts von derselben 
liegt die rechtsendständige Gruppe (+ 1G). 

Die auf Grundlage der Wahrscheinlichkeitsrechnung durchgeführte 
Gruppeneinteilung dieser Zahlreihe ist die aus Tabelle C S. 129 er- 
sichtliche. 

Mittelst der Wertgròsse von r=1.42 wurde hier die ganze aus 
23 verschiedenen Zahlen (Gliedern) bestehende Reihe in drei gesetz- 
mässige Gruppen eingeteilt: a) In die links endständige Gruppe (—/G), 
die 1—9 — 9 Einzelglieder enthält, unter welchen die zwei letzten 
Wiederholungen aufweisen: 8 kommt 3 mal, 9 kommt 4 mal vor, so 
dass die Anzahl der Einzelfälle — 14 beträgt; die Summe der Diffe- 
renzen dieser Glieder (von der arithmetischen Mittelzahl — 12) beträgt 
— 80. — b) In die centrale Gruppe (cG) zwischen den Wertgrenzen 
M —r und M+r. [Wie bereits erwähnt wurde, musste ich hier 
wegen Ermóglichung einer geeigneten Demonstration eine kleine Ver- 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 199 


änderung der berechneten Wert- 22 uini mam ai 
grössen vornehmen und nahm $8 |$9 a Ia 
anstatt (M — r= 12 — 1.42) 5 UN uu 
— 10.58 nur 10 und anstatt =o, ee DR 
(usce LET. 1340 sj comes e 
die Wertgrüsse —14.] Diese 3 «3 m b 
Gruppe erstreckt sich also von | RC n 
10—14 —5 Einzelglieder, die n : Hi ENS m. 
sämtlich Wiederholungen auf- Te ce = ne 
weisen (10 kommt 20mal, 11 IE als mare 
kommt 41 mal, 12 kommt 42 mal, i al E = È 
13 kommt 41 mal und 14 kommt = ax n El E 
20mal vor); die Anzahl der ip m = 
Glieder beträgt hier — 164 Einzel- a ma 
fälle; die Summe der Differenzen ie ee Er 
— 162. — c) In die rechts end- ri SE 3 
ständige Gruppe (---1G) zwischen S 5 = a || = E = e i 
den Gliedern 15 und 23; die S as ra (SE 
Anzahl der Einzelglieder — 9; = pe | 3 = = E 
die Anzahl der Häufigkeit der- E | = == = = 
selben — 14; die Summe der | | 7 
Differenzen — 80. | 2 | 2 E 

Wir haben hier entsprechend | \ | TO e en i 
der Gesetzmässigkeit der „zu- S | lé, E 
fälligen“ Zahlreihen eine cen- Vs È | = ali E 
trale Gruppe, innerhalb welcher | 29 | i EXEC 
die überaus grosse Mehrzahl der ro | | 1 
Einzelfälle vorkommt (von ins- E | TRAE = 
gesamt 192 Einzelfällen kommen = | SU SR UNS 
hier 164, d. h. 85.42 °/o vor); | - e 
die Summe der Differenzen be- 3 |. | quio 
tràgt hier — 162; en 1.987, | Ta De 

162 | 8 Bx 

was also noch etwas mehr als | X E EE 
i SD entspricht. In den beiden | een eee 


© 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XY. 


130 : A. v. Tórók, 

endstándigen Gruppen kommen je nur 14, also insgesamt 28 Einzel- 

falle, d. h. je 7.29 "|. bez. 14.58 °/o, sowie je 80, demnach insgesamt 

È fue 2 È 

160 Differenzeinheiten vor — welche Summen = — 4.02, also beinahe 
322 

1 SD Pio 

SDE aber 160 

— Die Anzahl der Glieder sowie diejenige der Differenzen verhält sich 


— 2.01, also etwas weniger als 4 SD entsprechen. 


bei diesen drei Gruppen wie folet: 


Verhältnis zwischen | a) —1G | b) cG | ONE, 
Anzahl der Glieder . . . 1 E 11.71 i 1 
Summe der Differenzen . . 1 : PO ZIE 1 


Wenn wir die kraniometrischen Zahlreihen in Bezug auf die 
Verteilung der Einzelfälle sowie der Differenzen untereinander ver- 
oleichen wollen, so werden wir mit Hülfe unseres Beispiels über die 
Beurteilung einer Gesetzmässigkeit bei ihnen auf leichte Weise uns zu 
orientieren im stande sein. — Wir können nunmehr auch ohne weiteres 
auf die Untersuchung der Variationsreihen der 4 Linearmaasse selbst 
übergehen. 


a) Die Variationsreihe der Nasenrückenlänge (na — ri) in Bezug auf 
die Verteilung der Einzelfälle und der Differenzen. 

Die arithmetische Mittelzahl wurde wie wir bereits wissen 

— 21.12 mm berechnet; da wir hier wegen Vereinfachung immer nur 

ganze Millimetereinheiten nehmen, so wird M=21 mm sein. Die 

Häufigkeit der Einzelglieder wurde bereits (auf S. 95) angegeben, die 

Bestimmung der Differenzen ist in der nebenstehenden Tabelle « aus- 


geführt. sm à 
Der Oscillationsexponent Ne oo ist = 2.92 — Oe, demnach 
SD x IE : 
y = 0.8453 >< Ka 2.468 = 2.47; folglich die Grenzen der centralen 


Gruppe zwischen M — 7 — 21 — 2.47 — 18.53 und M+ r—21+ 247 
— 23.47, also in ganzen Einheiten zwischen 19 und 23. Die drei 
Gruppen dieser Variationsreihe sind in der nebenstehenden Tabelle 6 
zusammengestellt. — In den darauf folgenden Tabellen (0, c, d) sind 
die Variationsreihen für: AB, ri — ak, na — ak zusammengestellt. 


131 


00 0£'67 = 66, = Ieparpy Top eurung |P"/ecoe-^,0eI— T9 PS o LEFZ = FEL = pego p euung 


.00 : Er 
lo 00°00T oO T+ (9 no (q "OV (v 
[opa p 9 
0008 = N la |G jar jor |68 |sc |86 |veT|BYT AGG 05 | A62 |GTe eee 99 scc OTG|OGT en |e Isa |or|e [a |O|T || koxSumen 
“192 = 0 |es|ze|re los lee |se 28 |9z |se [ra les lee | pg los let ler Jar jor (gt |r ler |GI|II|OI|6|8 |" avons 
: I9ZU9. I9 
SOLA = Gs [PE ee OCT FFT GIG 907 88€ 022 GGG 189/009 462) 0 |aes cG€ ve9 OF& 009 OCT 66E FST 06 06 Gc O | ST s Hee 
| a 
wuwumg  |"/,co'gp— 269€ = uezueiegiq 'p eurumg ?"/eo:0g—T94 T— AP'S! "N GL'LE — ZIE = uezuezogrq 'p eurumg 
9TU30], wae © 99 (q lA 


‘9 eyeqn 


= | ì | pel | se E. be | | | | {oprompozurt] 
0006 = N o |G (GL 9T 66 88 86 TSISTI LG 00E LOG 6166869968660 T6 0GT SL LS 86 OT $8 |G UL Lp goysyney 


| | atta te | | || f aeperp po 
16108 6I SI LT 9T ST I SI GI IT JOT (6,8 | oqtompozurg 
| 


"98-130 es ze 1e 08 6c [gc Le oc (se ra ee GG 


| RENE | ' W9ZUOI9J | 
GT LL ou 877 847 AL ere tent Ole 8— IF —8— 9—4— 8— 6 01 7 2 ee MEUM 


| | E | { uozuoaogrq 
009266 0 GEEGESFS907800906P 666 78706 06 (66 08T || xp ewwng 
| lessi 


8948 S686F=(P+)S1 | e E EN e m 
Sortie (SS LOST PRL GLE 907 886022 266 189 


i I | 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 


‘0 ogequ, 


A. v. Tórók, 


132 


D 00 . = 
où nn 100208 = 129 = aepeno 'p euumg| 0067S — . «osse cei = PA peuuns 
lo 00'001 = ny (a LY9T D P'S 9) — (e 
22 4 : A 
. = | f° > xepers 
[PEWS 0006 =N T |S | 9 ue | 48 lozr |6ze ler | GBs |eue | 898} 90a |GOl|98 | at |e || 
IP poysyneyy 
‘A9T = @E—LI = 40 || ge | Te 08 (67 |sc |za |9c ea | pe ec les |1e loc jer | ST 21 1opomo) 
| [ ^ uezuoiogug - 
I8p— QS |8 | IG | 98 [ger Love ore |8e9 |z8 | 0 [are | 982 |STO |OGE|OSI | G2 | $8 || op ommmg 
S MET Secr tee Mp Een 
de T 
9l 66°66 = Eee = got — "uoiogrq p owumg| "Ie 8616 =|), 99127 — 1908= pir p aug 
ouumg 940 J, | 914 (0 U Es Sele 
pa | 


‘UU Gg pun gg ueqostMz oddnryH operjueo erp os[e dors 449919819 U9JIOUULH uezuves erp jue Inzag ur ‘96 GG — 


3 I : È 0008 T 
9g'I--v6 = HN 'v9'8GG— 9€ 1 — $6 — 4 — N (9€ 1— 191 eer8 o — 4 ‘op = 0008 NO 
cesr as 

'0008 = N I e 9 LG $8 |OZT 668 | 487 | S8S | SL | 896 | 906 | SOL | 98 GI G 

‘HAT = wu GS-41 — 40) 168 1g 06 66 SG LG 9G GG FG | SG 6G TG 06 61 SI LT 
TS8F aigle le Eire) © i=|a=|e=|7= || 

G6IG 
9896 — 8 TG 96 GGI | 076 | OTS | 869 | 287 0 |€48 |984 | 819 | 0OGF | OST | 64 GE 


— 9() 


[^ : xepeqo 
| wep jrex2gnug 


J «por topo 
| 9319 MJ9ZUT 


* UOZU9IOI(T 
ou[ozurgq 


* U9ZU9.I9gr(T 
Top eurume 


"ww $Z = [YVZ sozueS ur ‘UI eg'eg = [yezjoggIm euosmeurgjrie ojouugoereq II] 


"wozwo4ollwer 


dap pun ayppfezmay «op bunjrasa, ap Jno Dnzog ur (TP) opo4qumj4odpuospNr sap owm4swonvtDA UT (q 


133 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 


"Io 08'S = 667 = "lo 8929 = 90; "ze = $96 = lopoyy dop ovine 
000.001 i9poer[r) tap eurumg lei — a) To NR lo 10'768 = 696 m we Top € S 
91-- © 22 (4 IT“ 
PprıpS 0008 = N |I |} BIOS er ^ |LIT|GST|IeG 968 2rg\agelgreissz ecc | SGT 00108 log 08 |rz OI v | 2 |I Ae 
199 = ME — BE = 30 epcpTPOP (68 Be ^e 9e Ice ve Locle [18 [0g (63 (se |. [oz [se [Fe (ea lee Tc 0G 6T I TOPOL 
— (18 0198,96 071 gcc eee 9r eec coy 96 0 298 989 798 006 062 009/098 88210281072 OTT gv cc gg e|) "Sora 
SES | xp owumg 
00 . = — 00 m. = = s Dauer n à E. 
00/6 007001 = ii Li 00/6 LLC = GOLF = uozuoxognq top omumg 


uourumg o[930], 


uozuo1iogr] tap ouruug | 9g0g[ = Ha p ‘Ss 


DI (9 


22 (q 


ce — 
ore + ge — «+ ‘0908 = 0p6— $8 — 4 —J ‘OF — F983 >< EPS O0 — 4 TER — 
| | | 

'0008—N I |} (GI [08 Sr [LL |LIT|SST|IeG 9601178 298 EHE 883 GGG SGT 001 08 98 Og vc OT 
euere, e» [tv lor ee lee Le 9e ce lee |po ze lre log lez lec lez oz len pa ee Lee 
sid gf = doj\FY | 66 Sue GE CRC 
6158=0S 0T-F16-I-,8-- HH e-- e-- tH 0 1-88 1#- 9-1 8 6-1 — 
9046 — (PIS | | 
BIS —(P—)S OT |98 |96 OrTI|Sece8e S9v|GGG 297 968] 0 c98 989 F98 006 062.009 094 88810231078 OTT 


94 


— (v 


2+ ‘I8=4— 7 Tyez 1ezues ur (0p eg — 


0006 N 
oa 2290 
61648 AS 
Japan p 
Vane ce A na 
Is (06 167 181 in 
1 Ilf 'zuexegtq 
(eit fell =a SE | oupozurg 
; | zusaoyraq 
87 |6S 85 [SI Up ourumg 


"wu gg = [yez iozues ur ‘WU 6/86 = [uezp[egr ewosneurnpjne ejouqoo1eq oHq 


"wozwo4oller 


pun onn/pzwg sap bunpojiag ap Jno Dnzog m (y0—141) owoanj4odpuosp Nr sop ayroısuonmumg aug (0 


A. v. Torok, 


134 


d) Die Variationsreihe der ganzen Nasenlänge (na — ak) in Bezug auf die Verteilung der Einzelfälle und der 


Differenzen. 
Die berechnete arithmetische Mittelzahl = 49.70, in ganzer Zahl M= 50 mm. 
| 
Summe d. E T 3 
NET 18 17 16| 75| 84| 65| 60! 154| 120|189|304|392|534| 615| 704 711|600|305| 0 |319|582|693! 616|560|426|308|176|153| 140| 33| 36||S (— d. = 4963 
nr S (+ d) — 4042 
ee M 18 —17 516 —15—14|—13 —12|—11|—10,—9|— 8,—7 —6,—5,—4|—3 —2|—1, 0 |+1+2 +3 + 4|H- 5 4- 6|4- 7 H-8 4-9 |--10|--1 | 12 S D — 9005 
Einzelw.d| | sol 39 gal asl gal 57 38 39| 40| 41 42) 43| aal asl 46 47| 48| 49050) 51 se| 58| 54 55, 50  57| 58| 59 60! 61] 62140155? Gamm 
Glieder . J = Gil 19); 
Häufigkeit, | | 4| 4| 5 6 si 5 14] 12) 21| 38] 56) 89,123 176 237/300] 305 324 319 291 231 154/112) 71| 44| 22| 17| 14) 3| 3| N= 3000. 
d. Gliederf | | | 
SD. 9005 SMS = 
Ve — a — = BOO, 7 == ORES SSB ROM: 50 — 9.54 — 47.46, M +r = 50 + 2.54 
N 3000 
— 52.54, in ganzen Zahlen erstreckt sich cG zwischen 47 und 53 mm. 
b) e 1 
a) —1G ) a | ap S Totale Summen 
Summe der Ditterensent 9947 37 129) Summe der Differenzen | Summe der Differenzen — 2448 — 100.01 9), 
m) = 3210 = 35.66 9/0 = 27.18 0/0 ee 
| | 
euni CS nee im 75|84 65 | 60 | 154 Hares 304| 392| 534| 615) 704| 711|600| 305) 0 |319| 582! 693/616) 560! 426) 308) 176 153) 140] 33 |36| SD = 9005 
Differenzen . | | | | 
Glieder .... la2/33|34|35|36|37 38| 39| 40| 41| 42| 43| 44| 45! 46|| 47| 48| 49/50! 51| 52| 53| 54| 55| 56| 57| 58| 59| 60/6162] Ob — 32 — 62mm —31 E. 
m ra . | 
Vo der | 1| 1| 4] 5] 6| 5| 5| 14) 12 ail 38| 56 a 176|| 237| 300] 3: den 319|291|231|151| 112| 71| 44| 22) 17| 14| 3| 3|  N — 3000 Schädel. 
x | \ | 
eee | | | | 
SIE b) cG | e) +16 
EET x Summe der Glieder Summe der Glieder — 440 = 100.00 0/55. 
— = 0 
Summe der Glieder = 553 = 18.43 Jog — 2007 = 66.90 9/5, | = 11.67%» 


Ueber eme neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 135 


Nun können wir die Charakteristik der 4 Linearmaasse des 
Nasenskelettes auf Grundlage eines streng wissenschaftlichen Princips 
untereinander vergleichen. 

Die vier Variationsreihen mussten uns endgültig davon überzeugen, 
dass wir bei den kraniometrischen Zahlreihen wirklich mit „zufälligen“ 
Erscheinungen zu thun haben; ferner mussten wir die Ueberzeugung 
schöpfen, dass alle unsere wissenschaftlichen Speculationen bei den 
kraniometrischen Zahlreihen nur mittelst der Wahrscheinlichkeits- 
rechnung sich auf eine solide Grundlage stützen können, und dass wir 
hier überhaupt nie sichere, sondern nur wahrscheinliche Resultate zu 
erzielen vermógen. 


Die „Zufälligkeit“, d. h. die höchst verwickelte Verkettung der 
Ursachen müssen wir darin erblicken, dass bei denselben 3000 Schädeln 
alle 4 Linearmaasse ganz verschieden variieren, wie dies zunáchst aus 
der Verschiedenheit der Wertgréssen von Ob, M, Oe und r ersicht- 
lich ist. 


Bei der Nasenrückenlänge ist: 
()5—3782799 mm —:96 E: MI 97: -—29,09:!9 = 904» 
bei der Nasenaperturbreite: 
00 175 20mm — 6) B9, 24700 1.01: y — 15367 


bei der Nasenaperturhóhe: 
0b — 913: mm 96 He — 337 0e 2:84. 7, 29107 


bei der ganzen Nasenlänge: 
Ob = 32-02 mm Bk, MM 50) 0e 3.0027 2:54. 


Warum die Wertgrösse der arithmetischen Mittelzahl (17) bei den 
4 Linearmaassen verschieden ist, und warum dieselbe bei dem einen 
oder anderen Linearmaasse grósser ist als bei den übrigen, habe ich 
schon oben ganz klar auseinandergesetzt. Was nun die Wertgróssen 
des Oscillationsexponenten (Oe) und der wahrscheinlichen Abweichung 
(r) anbelangt, so muss ich den Leser einerseits auf meine früheren 
Aufsütze verweisen (a. a. O.), anderseits sind die Variationsreihen der 
4 Linearmaasse wegen ihrer geringen Anzahl ungeeignet, um dieselben 
zur Demonstration dieser viel complicierteren Momente benutzen zu 
können. — Hier können wir nur den engen Zusammenhang zwischen 


136 (e TN 


den Wertgrössen von Oe und r hervorheben, was übrigens schon aus 
der Formel += 0.8453 >< Oe hervorgeht. Es ist klar, dass, je grösser 
oder je kleiner Oe ist, auch r sich ebenso verhalten muss. 


Bei dieser Gelegenheit will ich aber die Wichtigkeit der Wert- 
grüsse von 7 besonders hervorheben, weil die wissenschaftliche Drei- 
teilung einer kraniometrischen Variationsreihe gerade von r abhingt 
[da die centrale Gruppe (eG) durch die Grenzen von M—r und M 4- r 
bestimmt ist] — Wollen wir also diesmal nur dieses Moment naher 
in Betracht ziehen. 


Wie wir oben gesehen haben, ergiebt sich bei einer jeden zur 
wissenschaftlichen Analyse geeigneten Variationsreihe die Tendenz 
jener Gesetzmàssigkeit, dass die einzelnen Wertgrössen des Maasses 
(die Glieder der Variationsreihe) in centripetaler Richtung an Häufig- 
keit der Einzelfálle zunehmen und in centrifugaler Richtung abnehmen, 
so dass die grösste Häufigkeit (die meisten Wiederholungen) der 
Einzelfälle im Mittelpunkte der Variationsreihe eintreffen müsste, wenn 
nämlich die betreffende Variationsreihe die Gesetzmässigkeit ,,ceteris 
paribus“ ganz deutlich ausdrücken würde. Welches ist aber der wahre 
Mittelpunkt einer derartigen Variationsreihe? Etwa die arithmetische 
Mittelzahl? — Dies könnte nur dann der Fall sein, wenn sie eine 
wahre centrale (d. h. vollkommen symmetrisch liegende) Wertgrösse 
repräsentiert. M ist bei keiner einzigen unserer 4 Variationsreihen 
eine wahre centrale Wertgrösse, wie dies aus den obigen Tabellen 
ganz deutlich ersichtlich ist. — So z. B. bei na — ri liegt M= 21 mm 
dem Augenscheine nach zwar ganz symmetrisch, da links und rechts 
von ihr je 12 Wertgróssen in der That repräsentiert sind, jedoch 
müssten links nicht 12 sondern 13 Wertgrössen vorkommen, damit die 
Zahlreihe eine continuierliche sei. — Bei AB kommen linkerseits (von 
M —14) 7, rechterseits 8 Wertgrössen vor. — Bei v?— ak sind 
linkerseits (von M= 33) 15, rechterseits aber nur 10 Zahlwerte ver- 
treten. — Bei na — ak sind die linksseitigen Wertgrössen (M ist hier 
— 50) ebenfalls zahlreicher (— 18) als die rechtsseitigen (— 12). — 
Es ware aber weit verfehlt, wenn man die vollkommene Symmetrie 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 137 


einer zufälligen Zahlreihe einzig allein davon abhängig machen würde, 
dass die arithmetische Mittelzahl gerade auf den Mittelpunkt der 
continuierlichen Zahlreihe fällt. Bei den zufälligen Zahlreihen müsste 
,ceteris paribus“ M noch die allergrösste Häufigkeit der Einzelfälle 
aufweisen. Bei den Variationsreihen dieser 4 Linearmaasse trifft das 
letztere nur zweimal, nämlich bei AB und na — ak zu, bei den anderen 
zwei Maassen (na — ri, ri — ak) hingegen nicht. Bei A Bist M — 24mm 
durch 585 Einzelfälle vertreten (die zunächst grösste Häufigkeit weisen 
23 mm mit 575 und 25 mm mit 487 Einzelfällen auf). — Bei na — ak 
ist M=50 mm durch 324 Einzelfälle vertreten (die zunächst grösste 
Häufigkeit kommt bei 51 mm mit 319 und bei 49 mm mit 305 Einzel- 
fällen vor). Aber bei diesen zwei Variationsreihen liegt die arith- 
metische Mittelzahl, wie wir soeben gesehen haben, nicht im Mittel- 
punkte. Bei den übrigen zwei Variationsreihen repräsentiert die 
arithmetische Mittelzahl nicht die grösste Häufigkeit der Einzelfälle. 
Bei na— ri kommt M=21 mm mit 312 ‚Einzelfällen vor, hingegen 
20 mm mit 332 Einzelfällen; bei ri— «ak ist M—33 mm durch 
347 Einzelfälle vertreten, hingegen 32 mm durch 362 Einzelfälle. 
Auch bei diesen zwei Reihen — wie bereits erwähnt — stellt M keine 
wahre centrale Zahl vor. — Es kann bei diesen Variationsreihen also 
überhaupt nicht die Rede von einer centralen Zahl sein, weil wir es 
hier auch mit keiner vollkommenen Symmetrie in der Zusammen- 
setzung der Zahlreihen zu thun haben, weshalb auch die Wertgrösse 
der arithmetischen Mittelzahl nicht die Bedeutung haben kann, wie 
bei den einfachen, vollkommen regelmässig zusammengesetzten con- 
tinuierlichen Zahlreihen. 

Nun stossen wir auf eine höchst interessante und für die ganze 
weitere Forschung entscheidende Frage: Was wollen wir denn 
eigentlich mittelst der kraniometrischen Zahlreihen erreichen? — Die 
ganze Untersuchung der kraniometrischen Zahlreihen kann nur den 
einzigen wissenschaftlichen Sinn haben, dass wir aus ihnen einen 
möglichst soliden Rückschluss auf den Typus der betreffenden Schädel- 
serie zu ziehen im stande sind. — Ist dies nicht möglich, dann ist es 
wirklich eine der nutzlosesten Verschwendung der Zeit, sich mit 


138 A. v. Tórók, 


solehen Dingen abzugeben. Leider wurde bisher in der Kraniologie 
nur zu viel teuere Zeit auf diese Weise vergeudet. 

Fragen wir nun, was ist bei den kraniologischen Zahlreihen unter 
dem Worte Typus zu verstehen? — Es ist hierunter die Norm, d. h. 
die Regel einer Wertgrósse irgendwelcher kraniometrischer Maasse zu 
verstehen. — Was ist aber unter einer Norm oder Regel eines kranio- 
metrischen Maasses zu verstehen? — Diejenige Wertgrösse des 
Maasses, die durch die dominierende Häufigkeit der Einzelfälle den 
übrigen speciellen Wertgrössen gegenüber vertreten ist. — Wie kann 
also dies nachgewiesen werden? — Gewiss nicht durch die einfache 
Bestimmung der arithmetischen Mittelzahl. 

Ueberhaupt müssen wir stets vor Augen halten, dass, weil die 
kraniometrischen Zahlreihen lediglich zufällige Wertgrössen enthalten, 
bei welchen die volle Gesetzmässigkeit nur unter der Bedingung nach- 
zuweisen wäre, wenn wir alle möglichen Einzelfälle der Variation 
innerhalb unserer Zahlreihen einschliessen könnten — was aber für 
uns immerdar ausgeschlossen bleibt — so müssen wif dieser Be- 
dingung eingedenk darnach trachten, um wenigstens mit irgend einer 
Wahrscheinlichkeit die auf einer Gesetzmässigkeit beruhende Norm 
oder Regel für den zu suchenden Typus festzustellen. — Und dies 
geschieht — wie bereits erörtert und demonstriert wurde — mittelst 
der Anwendung der sogen. „wahrscheinlichen Abweichung“ (oder in 
der Wissenschaft im allgemeinen sogen. „wahrscheinlichen Fehlers“ 
=r). Wenn man bei einer schon etwas mehr geeigneten kranio- 
metrischen Zahlreihe: M—r und M--r bestimmt, so können wir 
eine solche centrale (Mittel-)Gruppe der infolge der Variation so ver- 
schieden ausfallenden Wertgrössen irgend eines kraniometrischen 
Maasses feststellen, die durch eine absolute Mehrheit der Einzelfälle 
— allen übrigen Gruppen von Wertgrössen gegenüber — vertreten 
ist. — Weiter zu gehen, um hier die Norm, die Regel ausforschen zu 
können, ist nicht mehr möglich. 

Wir können nun aussagen, dass durch die (M—r und M-+r 
bestimmte) centrale Gruppe (c@) der kraniometrischen Zahlreihen, der 
die Norm oder die Regel ausdrückende Typus eines Schädelmaasses 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 139 


selbst festgestellt werden kann. — Nur die Frage der Sicherheit, d. h. 
die Wahrscheinlichkeit einer Präcision dieser Feststellung, muss allemal 
bei den einzelnen kraniometrischen Zahlreihen speciell für sich ent- 
schieden werden. — Der centralen Gruppe (cG) gegenüber können 
die beiden endständigen Gruppen (—/G, + G) nur die Abweichungen 
von der Regel vertreten, wenn nàmlich die betreffende Schàdelserie 
zu einer wissenschaftlichen Forschung geeignet war. — Man soll sich 
doch stets vor Augen halten, dass, weil wir es in der Kraniologie mit 
zufälligen Erscheinungen zu thun haben, — nicht eine jede Unter- 
suchungsreihe für eine wissenschaftliche Behandlung unbedingt geeignet 
sein kann. 

Aus dem Wesen der bisherigen Erörterungen geht hervor, dass 
wir unter einem Typus me eine einzige Wertgrösse der kranio- 
metrischen Maasse (also z. D. diejenige der arithmetischen Mittelzahl), 
sondern immer eine: gewisse Gruppe von Wertgrössen zu verstehen 
haben, welche einander sehr nahe stehende Wertgrössen zusammen- 
fassend, immer durch die grösste Häufigkeit der Einzelfälle ver- 
treten ast. 

Mit der Aufstellung dieses Lehrsatzes ist es endlich gelumgen, 
den unheilvollen Wirrwarr der wilkürlichen persönlichen Ansichten 
über den Begriff eines Typus ein für allemal aus der Kraniologie 
zu bamnen. 

Ich stelle den kraniometrischen Typus für die 4 Linearmaasse im 
folgenden zusammen: 


1. Für die Nasenrückenlänge (na— ri) ist der Typus durch 
19-25 mm Wertgrössen ausgedrückt, welcher Typus unter denselben 
3000 Schädeln = 1507 Einzelfälle, d. h. 50.23°/o der Gesamtfälle 
aufweist. 

2. Für die Nasenaperturbreite (AB) ist der Typus durch 23 bis 
25 mm Wertgrössen ausgedrückt, dieser Typus ist unter denselben 
3000 Schädeln durch 1647 Einzelfälle, d. h. 54.90 °/oo der Gesamtfälle 
vertreten. 

3. Für die Nasenaperturhöhe (ri — ak) ist der Typus durch 
31—55 mm Wertgrössen ausgedrückt, dieser Typus weist unter den- 


140 A. v. Tórók, 


selben 5000 Schádeln — 1579 Einzelfälle, d. h. 52.63 °/o der Gesamt- 
falle auf. 


4. Für die ganze Nasenlänge (na — ak) ist der Typus durch 
47 —55 mm Wertgróssen ausgedrückt und weist unter denselben 
3000 Schädeln — 2007 Einzelfälle, d. h. 66.90 "/ der Gesamtfälle auf. 


Da bei zufalligen Erscheinungen die Verkettung der einzelnen 
ursáchlichen Momente eine sehr verwickelte ist, so wáre es ein un- 
verzeihlicher Fehler, hinsichtlich der Beurteilung eines kraniometrischen 
Typus, d. h. hinsichtlich Abschätzung der Gültigkeit eines solchen 
Typus, sich lediglich an die Anzahl der Einzelfälle zu halten. Wir 
müssen unbedingt noch die Verteilung der Differenzen von der arith- 
metischen Mittelzahl aus in Betracht ziehen, und zwar in Hinsicht der 
vollkommenen Gesetzmässigkeit bei zufälligen Zahlreihen — wonach 


2 


die Hälfte der sämtlichen Differenzen (5) innerhalb der typischen 
Centralgruppe (cG) fallen muss. — Jemehr die Teilsumme der Diffe- 


renzen innerhalb der centralen Gruppe irgend einer kraniometrischen 


Zahlreihe hinter aL zurückbleibt, „ceteris paribus“ um so geringer ist 


2 
auch die Gültigkeit des betreffenden kraniometrischen Typus. 

Ich stelle die Teilsummen der Differenzen, sowie die Anzahl der 
Einzelfälle innerhalb der centralen Gruppe bei den 4 Linearmaassen 
im folgenden zusammen. 

Nennen wir die jeweilige Teilsumme der Einzelfälle — » (die 
Totalsumme der Einzelfälle N ist constant — 3000), sowie diejenige 
der Differenzen — Sd (die Totalsumme — SD der Differenzen ist für 
eine jede Variationsreihe eine verschiedene), so ergiebt sich, dass inner- 
halb der centralen Gruppe (cG) enthalten sind bei: 


1. na — ri, 1—1507 oder nn d. h. 50.23°/% von N; Sö—1761 
D 
oder > E d. h. 20.09% von SD=8765; 


SÒ 497 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 14] 


3, AB, n — N64 7 soder, = “a d. h. 54.90 °/oo von N; Sd = 1062 
oder Se d. h. 21.98 °%o von S.D —4831; 
; S 0 =i ; 
| NS ; | 
3. ri—ak, n—1579 oder en d. h. 52.63°/oo von N; $0—1806 
SD 1 
pie B 5 DIO 9/60 D= d : 
oder Si an dehs221 von S 8519; 
Ne 0 
4. na—ak, n==2007 oder — = Er d. h. 66.90°/o von N; Sÿ—3210 
SD 1 A 
— == —— d. h. È 00 19.005 
oder une em d. h. 35.66 °/o von S.D — 9005 


Wie wir sehen, kann die Wertigkeit des Typus für die 4 Linear- 
maasse, trotzdem dass derselbe wenigstens die Hälfte oder sogar 
66.90 ° von der Totalsumme der Einzelfälle repräsentiert, doch nicht 


hoch angeschlagen werden, weil der Typus hier anstatt E d. h. an- 


statt 50°/o der Totalsumme der Differenzen nur 20.09—35.66 ?/; ver- 
tritt. — Ich frage, was wollte man für eine Berechtigung der Soliditàt 
hinsichtlich der Rückschlüsse auf einen Typus beanspruchen können, 
wenn hier anstatt 3000 Schädeln nur 300 oder 30 zur Grundlage der 
Typusbestimmung genommen wären? Und doch hat Kollmann sein 
sogen. Correlationsgesetz einzig allein von der arithmetischen Mittelzahl 
von je 10 Einzelfällen (!) schon für bewiesen aufgestellt. 

Wenn man auch mit einer schon etwas grösseren Anzahl von 
Schädeln (z. B. 3000 Schädel) auch hinsichtlich der allereinfachsten 
Dimensionsmaasse — doch nur solche Resultate erzielen kann, welche 
von der Sicherheit des Rückschlusses auf einen volleültigen Typus doch 
noch so weit entfernt sind, was wollte man mit der alleinigen Kenntnis 
der arithmetischen Mittelzahl von viel wenigeren Einzelfällen für die 
kraniologische Typusbestimmung überhaupt anfangen können! — Ich 
kann auch hier nicht genug betonen, wie ich dies übrigens bei jeder 
Gelegenheit thue — dass bei kraniologischen Forschungen auch die 
grösste Sorgfalt und Mühe nie im Verhältnisse zu den Forschungs- 
resultaten stehen, da die letzteren wegen der zufälligen Natur der 
Schädelform immer zu gering ausfallen müssen. Es kann sein, dass 
man bisher, vielleicht in der Vorahnung dieser Thatsache, sich vor 


149 A. v. Tórók, Ueber eine neue Methode etc. 


einer grósseren Mühe bei den kraniologischen Forschungen immer 
scheute, und deshalb mit móglichst winziger Arbeit zu irgend welchen 
Resultaten zu gelangen bestrebt war; jedoch musste sich dies bitter 
rächen — weil alle die bisherigen sogen. Resultate nur dem äusseren 
und oberflächlichen Scheine nach Resultate waren. Ihrem wahren 
Wesen nach können sie keine soliden Resultate sein. Alle bisherige 
Mühe war umsonst! 


(Schluss folgt.) 


Referate 


von 


R. Weinberg und Fr. Kopsch. 


Tichomiroff, M., Verdoppelung der unteren Hohlvenen bei dem 
Menschen. Sep.-Abdr. aus den Nachrichten der St. Wladimir- 
Universitàt. Nach einem am 3. April 1897 in der Physikalisch- 
Medicinischen Gesellschaft zu Kiew gehaltenen Vortrag. 


In 23 Jahren anatomischer Thätigkeit ist dies der zweite Fall von Ver- 
doppelung der unteren Hohlvene, den Prof. Tichomiroff beobachtet hat. Be- 
schrieben sind bisher alles in allem 32 solcher Fälle und der hier mitgeteilte 
ist der 33. 

An dem Cadaver eines erwachsenen Mannes, an welchem die Anomalie sich vor- 
fand, boten die Sammelvenen der unteren Körperhälfte folgende Anordnung dar. Die 
Venae iliacae dextrae (interna und externa) veremigen sich mit einander an dem 
Knorpel zwischen Kreuzbem und V. Lendenwirbel. In der Fortsetzung der V. iliaca 
externa liegt eim Stamm, der der normalen V. cava inferior der Lage nach ent- 
spricht; der Stamm, in welchen die V. iliaca interna übergeht, verläuft vor der 
Art. sacralis media längs dem Körper des V. Lendenwirbels nach oben und links 
und vereinigt sich an dem oberen Rande dieses Wirbels mit der V. iliaca communis 
sinistra. Der der normalen V. cava inferior der Lage nach entsprechende Stamm 
(12 mm im Querschnitt) nimmt segmentale Lumbalvenen auf, ferner zwei rechte 
Venae spermaticae in der Höhe des Knorpels zwischen II. und III. Lendenwirbel 
und an dem oberen Rand des erstgenannten Wirbels die V. hepatica dextra. 
Der quere Stamm (von 16 mm Durchmesser) nimmt die rechte und linke Sakral- 
vene in sich auf. Der Zusammenfluss der V. iliaca sinistra externa und interna 
zur entsprechenden V. iliaca communis erfolgt an der Bandscheibe zwischen Kreuz- 
bein und V. Lendenwirbel. Die V. iliaca communis sinistra (15 mm im Durchmesser) 
empfängt den erwähnten anastomotischen Stamm aus den rechten Hüftvenen, der sich 
ihr hinter der Arteria iliaca communis nähert. Das aus der Vereinigung beider 
entstandene 18 mm im Durchmesser haltende Getiiss — die Vena cava inferior 
sinistra — steigt links von der Aorta empor, nimmt Vy. segmentales sinistrae 
auf, sowie an dem oberen Rande des III. Lendenwirbels 2 Venen aus der linken 
Niere, von denen die obere vor ihrer Mündung sich unter Deltabildung gabelt, 
während die untere die V. spermatica sinistra erhält. Nach Aufnahme der Nieren- 
venen wendet sich die V. cava inferior sinistra nach rechts, zieht dicht unterhalb 
der Art. mesenterica superior vor der Aorta hinweg und fliesst rechts an dem 


144 Fr. Kopsch, Referate. 


oberen Rande des II. Lendenwirbels mit der rechtseitigen unteren Hohlvene zu 
einem Stamm von 30 mm Querdurchmesser zusammen, der in seinem weiteren 
Verlaufe sich in nichts von emer normalen V. cava inferior unterscheidet. — Das 
Verhalten des übrigen Venensystems konnte an der bereits zu Präparierübungen 
benutzten Leiche nicht mehr eruiert werden. 

Zur Erklärung der seltenen Anomalie geht T. auf die Entwickelungsgeschichte 
des unteren Hohlvenensystems zurück, die seit Hochstetters Untersuchungen (1893) 
als nahezu in allen Einzelheiten feststehend erachtet werden kann. Sie erweist 
sich hierbei als Entwickelungshemmung einer Frühform, die in der VI. Woche nach 
der Befruchtung des Eies bei dem Embryo sich vorfindet und die als Endstufe 
bei niederen Geschópfen fortbesteht. Aus letzterem Grunde ist T. geneigt, an eine 
atavistische Entstehung der Anomalie zu denken. 

Schliesslich vergleicht T. die beiden von ihm beobachteten Fülle von Ver- 
doppelung der unteren Hohlvene mit einander. In dem einen Fall (Kat.-No. 1980 
des Moskauer Anatomischen Museums) misst die rechte Vene 24 mm, die linke 
10 mm im Querschnitt; in dem zweiten (Katolog II des Kiewer Anatomischen 
Museums No. 214) ist die rechte Hohlvene 12 mm, die linke 18 mm stark. Diese 
Differenz erklärt sich in befriedigender Weise durch die verschiedene Richtung 
der queren Anastomose in beiden Füllen, die den Strom des venósen Blutes dort 
mehr nach rechts, hier mehr nach links abgelenkt hat. 

| R. Weinberg (Jurgeff-Dorpat). 


Weinberg, R., Yas Gehirn der Letten. Vergleichend-anthropologisch 
bearbeitet, mit einem Vorwort von A. Rauber. 206 S. 7 Textfig. 
nebst Atlas mit 20 Tafeln in Lichtdruck und Lithographie. Cassel 
1896. Verlag von Th. G. Fischer & Co. Preis mit Atlas 20 Mk. 


Auf die Arbeit desselben Autors „über die Gehirnwindungen der Esten* 
(ref. in d. Monatsschrift Bd. XIV. S. 29) ist nunmehr das vorliegende umfangreiche 
und mit zahlreichen schón ausgeführten Lichtdrucken ausgestattete Werk erschienen, 
welches die Bearbeitung von 25 Letten-Gehirnen enthält. Mit den beiden genannten 
Arbeiten hat Herr Weinberg einen Teil der von Rauber geplanten Gehirn-Unter- 
suchungen der im weiten russischen Reiche vorhandenen Nationalitáten ausgeführt. 
Weinberg schildert nach einem interessanten historischen Ueberblick die linearen 
Maasse des Lettengehirnes, sowie die Furchen und Windungen desselben. Die 
Resultate werden in einer kurzen Uebersicht zusammengestellt. Als wichtigstes 
Ergebnis soll hier hervorgehoben werden, dass zwar einzelne Züge im Detail der 
Gehirnoberfläche als rassenhaft aufgefasst werden dürfen, dass sich aber auch 
hier der für die Gehirnwindungen aller untersuchten Nationalitäten einheitliche 
Typus ergeben habe, welcher der Hypothese von der organisatorischen Einheit 
der Menschenrassen eine wichtige Stütze verleiht. In einem Anhange werden die 
emzelnen Gehirne genau beschrieben. Fr. Kopsch. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charak- 
teristik der Nase. _ 


I. Teil. Die Variationen der Linearmaasse des Nasenskeletts. 
Von 
Prof. Dr. Aurel v. Tórók, 


Director des anthropologischen Museums in Budapest. 


(Schluss.) 


b. Der wesentliche Unterschied zwischen dem Typus der 
abstract genommenen Einzelmaasse und zwischen dem Typus 


der correlativ genommenen Einzelmaasse einer Schadelform. 


Dieser wichtige principielle Unterschied entging bisher vollkommen 
der Aufmerksamkeit der Kraniologen, infolgedessen ebenfalls ein heil- 
loser Wirrwarr in der Kraniologie herrschen musste. — Man hat 
nämlich bisher die Wertgrösse der arithmetischen Mittelzahl berechnet, 
um daraus schon den Typus für die betreffenden Schädelformen selbst 
aufzustellen. Fir jedes kraniometrische Einzelmaass wurde je eine 
arithmetische Mittelzahl bestimmt und der Gesamttypus wurde aus 
diesen einzelnen arithmetischen Mittelzahlen theoretisch zusammen- 
gestellt. Das Facit aber bei den Schädeln selbst war, dass dieser 
abstracte Typus schon bei einer nur etwas grösseren Anzahl der Einzel- 
messungen jedesmal höchstens nur bei wenigen Einzelfällen auffindbar 
war. — Man musste hierbei auf einen unversöhnlichen logischen. 
Widerspruch stossen, da durch eine solche Bestimmung des Typus, 
welcher doch die Norm, die Regel ausdrücken sollte, die Ausnahme 
als Regel erscheinen musste. — Man merkte zwar die grosse Un- 
annehmlichkeit, aber man konnte die wahre Ursache derselben nie 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 10 


146 A. v. Török, 


richtig erfassen. Man half sich durch wohlfeile Speculationen. Man 
sagte einerseits, dies rührt daher, weil die betreffenden Schädel von 
einer typisch nicht reinen, d. h. von einer blutvermischten Menschen- 
gruppe herrühren — und man fühlte sich anfangs vollkommen befriedigt 
durch eine solche scharfsinnig sein wollende Erklärung. — Freilich konnte 
man späterhin sich doch nicht ganz damit zufrieden geben, weil man 
immer mehr die traurige Erfahrung machen musste — dass, jemehr 
kraniometrische Untersuchungen angestellt wurden, umsomehr auch die 
früher für ganz rein typisch gehaltenen Schädelformen verschwanden. 
Man nahm abermals zu einer scharfsinnig sein sollenden Speculation 
die Zuflucht, indem man nunmehr behauptete, dass die arithmetische 
Mittelzahl eigentlich den wirklichen Typus verwischt. Sonderbarerweise 
hat man aber den Typus doch nur einzig und allein auf Grundlage 
der arithmetischen Mittelzahl bestimmt (Kollmann). — Die einfache Ursache 
dieser für die Kraniologen bisher so rätselhaft gebliebenen Thatsache 
habe ich in meiner Abhandlung: „Ueber den Yézoer Ainoschädel ete.“, 
Ill. Teil (im Archiv für Anthropologie ete., Braunschweig 1897. XXIV. 
S. 293) gemeinverständlich dargelegt, weshalb ich diese Angelegenheit 
hier nicht mehr ausführlicher zu besprechen brauche. 


Wenn wir nàmlich für ein jedes Einzelmaass den Typus (d. h. 
diejenige Gruppe der Wertgrössen, die die allergrösste Häufigkeit der 
Einzelfälle aufweist) an und für sich bestimmt haben — also ohne 
Rücksicht darauf, wie der aus den betreffenden Einzelmaassen zu- 
sammengesetzte Typus selbst innerhalb der Schädelserie vertreten ist — 
so haben wir den Typus nur im abstracten (von der Charakteristik 
der Schádelform selbst absoluten), d. h. nur im theoretischen Sinne 
bestimmt. 

Einen solchen absoluten, abstracten, theoretischen Typus haben 
wir für die 4 Linearmaasse bei denselben 3000 Schädeln bestimmt, 
indem wir nachgewiesen haben, dass hinsichtlich na — ri die die 
Regel (Norm) vertretenden Wertgrössen zwischen 19— 23 mm, 
hinsichtlich AB zwischen 23—25 mm, hinsichtlich 7»; — ak zwischen 
31—35 mm und hinsichtlich na — ak zwischen 47—55 mm anzutreffen 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 147 


sind. Dass diese Gruppen von Wertgréssen wirklich den Typus fiir 
die 3000 Schädel repräsentieren, ergab sich einfach daraus, dass sie 
in der That die relative und absolute Mehrheit der Einzelfälle in sich 
fassen. | 
Wesentlich verschieden ist die Frage des Typus, wenn es sich 
darum handelt, welche Combinationen der Wertgróssen von den 4 Linear- 
maassen die grösste Häufigkeit der Einzelfälle innerhalb der 3000 Schädel 
aufweisen. Es muss schon a priori einleuchtend sein, dass, wenn irgend 
ein Schädel in Bezug auf na — ri eine typische Wertgrösse aufweist, 
hieraus noch toto coelo nicht folgt, dass dieser Schädel auch in Bezug 
auf AB, ri —ak und na— ak gerade die typischen Wertgróssen. auf- 
weisen müsste. Ein jeder beliebiger Schädel ist nur ein Einzelfall der 
verschiedentlichsten Combinationen, welche durch die Anzahl der Com- 
binationselemente, d. h. durch die Anzahl der gemessenen kranio- 
metrischen Maasse ein für allemal bestimmt sind. So z. B. sind für 
die Wertgrössen der 4 Linearmaasse bei den drei Variationsgruppen 
(—1G, eG, --1G) insgesamt — 81 Combinationen (3 = 8 =< 3 >< 8 — 81) 
möglich. Wenn also innerhalb der 3000 Schädel diejenige specielle 
Combination der Wertgrössen von den 4 Linearmaassen aufgesucht 
wird, welche die allergrósste Anzahl der Hàufigkeit aufweist, d. h. bei 
den (relativ oder absolut) meisten Schádeln anzutreffen ist, so haben 
wir den wirklichen, d. h. den concreten oder correlativen Typus be- 
stimmt. I 
Ich will schon hier voraufschicken, dass es eine sehr bedauerns- 
werte Illusion ist, zu glauben, dass, weil für ein jedes Einzelmaass 
gewisse Wertgrössen den Typus (nämlich den absoluten, abstracten, 
theoretischen Typus) ausdrücken, diese typischen Wertgrössen zugleich 
auch die (relative oder absolute) Mehrzahl bei den Schädeln repräsen- 
tieren müssten. Gerade im Gegenteil, aus jemehr Einzelmaassen der 
correlative Typus bestimmt wurde, umsoweniger kann jener absolute 
(abstracte, theoretische) Typus zum Vorschein kommen, wie dies die 
Wahrscheinlichkeitsrechnung beweist. Also nicht deshalb findet man 
den absoluten Typus so wenig vertreten, weil die betreffenden Schädel 
von einer unrein typischen, blutgemischten Menschengruppe herrühren 


— sondern einfach nur deshalb, weil dies infolge einer streng mathe- 
10* 


148 A. v. Tórók, 


matischen Gesetzmässigkeit gar nicht anders sein kann. — Es sollen 
doch die Herren Fachgenossen hiermit gebeten sein, die unschuldigen 
Schädel fürderhin nicht mehr ganz ungerechterweise verdächtigen zu 
wollen. 


Um die Schädel in Bezug auf ihren thatsächlichen, d. h. corre- 
lativen Typus untersuchen zu kónnen, müssen wir nach Feststellung 
der drei Variationsgruppen (—!G, cG, +/G) für sämtliche Einzel- 
maasse die einzelnen Combinationen der drei Variationsgruppen auf- 
stellen, die durch die Anzahl der gemessenen Einzelmaasse bestimmt 


sind. — Kurz gesagt, es müssen die drei Variationsgruppen so oft 
genommen werden, als Einzelmaasse zur Untersuchung genommen 
wurden. — Hier bei den 3000 Schädeln haben wir 4 Linearmaasse 


gewählt, folglich sind die Schädel auf 3*— 81 Combinationen hin zu 
untersuchen. 

Ich stelle die 81 Combinationen in der folgenden Tabelle zu- 
sammen, in welcher nebst der betreffenden Combination jedesmal die 
Anzahl der Einzelfälle (d. h. die Anzahl der Schädel) angegeben ist. 


Diese Tabelle bietet uns die beste Gelegenheit, um die bisher 
‚höchstens. nur geahnten aber näher nie bekannt gewordenen Compli- 
cationen eines correlativen Schädeltypus systematisch zu studieren. 
‚Zunächst muss auch diese Tabelle uns davon überzeugen, dass wir bei 
der Schädelform nur mit „zufälligen“ Erscheinungen zu thun haben. 
Wir sehen hier nämlich, dass auch bei einer Anzahl von 3000 Schädeln 
nicht einmal in Bezug auf 4 (!) Einzelmaasse alle möglichen Typus- 
combinationen vertreten sind. Unter den 81 theoretisch möglichen 
Combinationen fehlen uns hier 17 Combinationen, d. h. beinahe 21 °/o 
(s. No. 3, 12, 15, 20, 21, 24, 25, 30, 34, 39, 43, 52, 61, 67, 70, 76, 
79). — Dieser Befund lässt uns leicht vorstellen einerseits, wie unend- 
lich vielerlei Cumbinationen theoretisch möglich sind, wenn wir nämlich 
den correlativen Typus nicht von 4 (!), sondern von den vielen — 
gewiss nach Tausenden zählenden — Einzelmaassen einer Schädelform 
ableiten würden, und anderseits, dass bei dieser Unzahl von möglichen 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 


149 


Die Combinationen der drei Variationsgruppen in Bezug auf die 
4 Limearmaasse ber denselben 5000 Schädeln. 


d + : Schadelanzahl und 
Linearmaasse na—ri AB ri—ak | na—ak 1 
| | Procent 
Combinationen: 1 — 1G — 1G — 1G — 1G SUA 
2.| —1G —1G —1G cai = ets À 
3.| —1G —1G — 16 --1G = 07 0007 
4.| —1G — 1G c G —1G — NN 
5.| — 16 — 1G eG COM iem 08) SUR 
6.| —1G — 1G eG +1G CE, 
7 - 1G — 16 +1G —1G = duae > 
8 — 1G — 16 +1G cG = Bell 
9 —1G — 16 +16 +1G MAT Wiley. 
10 — 16 cG =1G —1G = quem | 
11 —1G cG —1G CG I == au) e 083 
12 —1G cG — IG +1G = (oem QU)... 
18 — 1G cG cG —1G E202. 2140/00 
14. | —1G c G eG cG = 55-53 + 
15 —1G cG cG +1G = (e. , 
16 —1G cG +1G = NG; = Bell % 
17 — 16 cG +1G OC |) == 7A Sw). 
18 —1G cG +1G + 1G = er 
19 —1G +1G —1G -—- 16 == bel : 
20 —1G + 1G —1G eG | = AUD. 
21 —1G L1G —1G +1G = (1) = ;; 
22 —1G +1G cG —1G = WEB z 
23 — 16 +1G cG eG = Moin 
24 —1G +16 cG +1G = OSM ., 
25 —1G +1G +1G —1G =, =; 
26 —1G +1G +1G Ac yl) = BOI 
27 —1G +1G +1G +1G = AT 
28 cG —1G —1G —1G == 2 
29 cG — 1G — 1G ei ee WEN 
30 cG —1G —1G +1G = 00:00: 
31 cG — 1G cG —1G =. Hs UIT 5 
32 cG — 16 cG AA] IO 
33 cG —1G cG +1G = del) + 
34 cG —1G +1G —1G = VelW , 
DD: cG —1G +1G eG | = Eae z 
36. | cG —1G +1G +1G = esq. 
37. | eG cG —1G — IG == 123 = a 
38. eG cG —1G cG = IS em ~ 
3). cG cG — 1G +1G = (emu .. 
40 cG cG cG — 1G — yD 
41 cG cG cG CG 4087137605 
42 cG cG cG +1G = Kell; 


150 A. v. Torok, 
Linearmaasse na — ri AB ri—ak | na—ak Keen Um 
rocent 
Combinationen: 43. cG cG +1G = WG = MOV 
44. cG eG | ie OG | Sere 
45. cG cgi ae era 
46. eg Se i Eros 
47. C6 AIG NN ee Te COM = eue 
48. cel agi eee idu cu SE 
49. cG +1G cG — 16 zn m3. 
50. ee | 2216 eG ge mern, 
51. cet dde t en |= 1B 048 MM 
52. ee Ge ie ee a | 
53. eg | Ale, || PEG ee, 
54. go) meyer Re TG EE aS og oer a 
55. + 1G —1G —1G — 16 — MS U2 5, 
all ues ne ee: Cees len, 
Bill SENG RIO nr See ea, 
58. +16 — 16 e G — 16 ex diem O08. 5, 
Do) eG | File: eG ee =, 
col SCOR Ze: CG | EG n oo 
Gin) ae SEE dE Teo Tara nd NS o E 
Sale fee en. IG te es ee 
ale e fe eon le IEE ee ey 
64. +16 C6 PIC ne TIME een, 
65.| —1G cG —1G cG MO Ho 
661 le: COR CNET NE RE 7 
67. 116 cG CG) ueque EEE oi 
68.| -+1G cG cG OG jit 147 OUR 
69.1 +1G cG cG +1G — 4100 0.83 
70,|| tie ee ne 
TL IG GG. |) Hes: CGIE O 
72) Mere COUNT Be Sali) |, 
Rupe he | ee EC ea eee eo M 
74.| +16 +1G —1G cG = 48=1.60 ,, 
ze Gi Bene | Pel Seo 
76.| -+1G +1G cG —]16G — 00:00 
vu EG | pere. cG coi SENS DS 
aa BRAG Te CG || MTG sre ESQ 
Bl ee ee UMOR c ler | 2 = yn), 
BOs Ber te rt GS TIS Oe RI ESTNE 
Su er ere Ree due Seng) ess e em DOS. 
—16227,——1G—27,—1G-—27|—1G-—27 
er Era eere = ^ 
81 Gombinationen ie one on oe Me à 
Sie sai di 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. [5] 


Combinationen reichlich dafür gesorgt ist, dass ein jeder Mensch einen 
ganz speciellen (individuellen) Schädel als sein ausschliessliches Eigentum 
behaupten kann. — Besehen wir diese Tabelle noch weiterhin in Bezug 
auf das Vorhandensein der correlativen Combinationen, so bemerken 
wir die auffallende Ungleichheit in der Wiederholung der Einzelfälle. 
Im allgemeinen fällt die ausserordentlich grosse Verteilung der 
3000 Schädel innerhalb der 64 vertretenen Typuscombinationen auf. 
Die Verteilung der einzelnen Typuscombinationen schwankt zwischen 
0.03 */ (s. No. 2, 6, 48, 58, 73, 80) und 13 60° (s. No. 41). — Es 
ist doch einleuchtend, dass infolge dieser so wechselvollen Variationen 
die Schädelform in Bezug auf ihren correlativen Typus als eine allo- 
typische (@àhog= „der eine diesen, der andere jenen“) Körperform zu 
betrachten ist, d. h. dass innerhalb der Schädelform die Einzelmaasse 
ganz mannigfaltig variieren. — Bei diesem allotypischen Wesen ist 
eine vollkommen gleichmässige (und zwar sowohl gleichsinnige wie 
auch entgegengesetztsinnige) Variation sämtlicher Einzelmaasse einfach 
ausgeschlossen. Einzelne kraniometrische Maasse können allerdings 
(innerhalb gewisser Grenzen) gleichmàssig variieren, so dass; wenn z. B. 
‘nur sehr wenige (z. B. wie hier nur 4!) Einzelmaasse in Betracht 
gezogen werden, Formen von ganz gleichem Typus in einer grösseren 
Anzahl vorkommen können. Ich nenne solche Schädelformen holohomo- 
typische Formen. So sind z. B. unter den 3000 Schädeln in Bezug 
auf alle vier Einzelmaasse 79 Schädel linksendständig (—/G) holo- 
homotypisch (s. No. 1), 408 Schädel central (¢G) holohomotypisch 
(s. No. 41) und 28 Schädel rechtsendstàndig (+-/G) holohomotypisch 
(s. No. 81). — Diese insgesamt 515 holohomotypischen Einzelfälle 
stellen aber den 3000 Schädeln gegenüber doch nur die grosse Minder- 
heit (17.16 °/o) vor. Wie gesagt, kann ein Parallelismus in der Variation 
immer nur bei Inbetrachtnahme von wenigeren Einzelmerkmalen be- 
obachtet werden, denn jemehr Einzelmerkmale behufs Feststellung des 
correlativen Typus in Betracht gezogen werden, umsomehr muss auch 
das allotypische Wesen der Schádelform zum Vorschein kommen, d. h. 
umsomehr muss jene Holohomotypie in den Hintergrund treten, was 
man bisher freilich ganz irrtümlich als ein „Verwischen “ des sogen. 
„reinen“ Typus aufeefasst hat. — Also nicht die Holohomotypie, son- 


152 A. v. Török, 


dern die Allotypie stellt das wesentliche Moment der Schädelform 
dar. — In dem allotypischen Wesen legt die einzige Ursache der 
Schwierigkeiten einer wissenschaftlich systematischen Classification der 
Schüdelformen. Unsere bisherigen kraniologischen Schablonen sind 
insgesamt zu einseitig, zu eng den vielerlei Combinationen gegenüber 
gewesen. 

In Bezug auf den correlativen Typus lassen sich sämtliche Varia- 
tionen der Schädelform zunächst in folgende zwei Hauptkategorien 
einteilen, nämlich in die Gruppe der Kratotypie und der Amphibolo- 
typie. — Kratotypisch (xo«rog— mächtig, überlegen) sind diejenigen 
Schädelformen zu nennen, bei welchen eine gewisse Variationsgruppe 
(z. B. die linksendständige — /G, oder die centrale c G, oder aber die 
rechtsendständige + /G Gruppe) vorherrscht; hingegen amphibolotypisch 
(@ugißoAos = unentschieden) sind solche Schädelformen zu betrachten, 
bei welchen das Vorherrschen einer gewissen Variationsgruppe fehlt. — 
Da wir es hier mit 4 Einzelmaassen zu thun haben, so können hier 
nur solche Schädel als kratotypisch bezeichnet werden, bei welchen 
3 Einzelmaasse in eine und dieselbe Variationsgruppe fallen (z. B. es 
sind 3 Einzelmaasse —/G oder cG oder +-/G typisch). Amphibolo- 
typisch sind hier diejenigen Fälle zu betrachten, in denen 2 Einzel- 
maasse in dieselbe Variationsgruppe fallen — somit dieselben zu 
einander homotypisch sind; die 2 anderen Einzelmaasse können 
abermals in eine und dieselbe (von den zwei vorigen verschiedenen) 
Variationsgruppe, oder aber in zwei verschiedene (heterotypische) 
Variationsgruppen fallen. 


Behufs einer leichteren Orientierung stelle ich diese Hauptgruppen 
der correlativen Typuscombinationen in der nebenstehenden Tabelle 
zusammen. 


6. Kurzgefasste Charakteristik der 4 Linearmaasse des Nasen- 
| skelettes bei den 3000 Schadeln. 
Nunmehr ist die Charakteristik der 3000 Schàdel in Bezug auf 
die 4 Linearmaasse des Nasenskelettes sehr leicht zusammenzufassen. 
Aus der Tabelle ergiebt sich im allgemeinen, dass: 1. die allo- 


153 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 


lo SSBF = "WS NIS 


(9p— n 5» aepo Ho n pp— 


—. | 
— | 


‘UISSVVWADIUVT 


OT AT = PEUX 


wap wor wauoynuiquoosndhy, sap waddnabdnpg 


(va ‘99 ‘29 ‘09 ‘sr ‘98 ‘9a ‘ST ‘ON S) here = ws gor = | m mee \ E 
| 19powjuo uosriqn Tomz op) OT + ossevurrieour] 7 | I dE 
+ : to c» E. 
(«9 ‘6¢ ‘Gr "Lp ‘ce ‘eg "ga ‘LT ON S) ge sr = ws ore = | PIERI UM Gl to lee 
2 ? | t9po^juo usstıgn TOMZ Ip) 9 osswwurnmour[ g [ — m ne 
6 G ‘ ( LR a) 0 ; TE DONS J9pO x m Yi 5S -— a 
(49 ‘gc ‘oc ‘op ‘zz ‘oT ‘8 ‘9 ‘ON Ss) o CGT = WS HI = | Ecc: SA Do A [+ dopo DIT à io em pe 7$ 
1opoMQuo uosLIqn I9MZ OIp) 597 — ossveurreourg 7 | e 
(LL ‘TL ‘69 'ee "Ie "ep ‘ON S) "ogg = ws 17a — | 9^ d e ein ER È 
| 974 9sserwawsur] g pun 52 —osseeuneourT c | | || 8 
« 2 or ce m a E; 
(@ re on) Vero = em = e Ux OISE COG iets 
| 9/+ ossveutimoury cz pun 97 — ossweurmeour] c | on 
ce « “ ONE 
o Gas ¢ ‘ ‘0 +g) 00 Ô — Gr 5 E I ó 9 È 3 3 EX 
ve Te 68 ST TI NS) UY UH POSTE | 50 ossereunmwour] g pun 97 — ossevurieourT 7 È © 
lo SS BP = PPEPS 9237 = ardiyojogryduy ‘IT 
Seis = MON G06 see RIE | 
‘(08 82 ‘GL CL ‘69 “FE “LZ erre > g (» 
| (eo 308 v ir ty us de TON) Ro nD = 8 (4 
| (ec ‘88 ‘61 ‘OT 'L “FS ON S) /o GOL = WS TIG —Wsıdi} H7 — osseruneour] g (v 
1.0807 = IPPEUOS 6051 = Prdk4oyery TT 
fo F868 = PPEIPS egpo = 214430117 ‘E 
Oo OT LI = WS SIC=S 
| ig ON) SB) RG à c ur 3 SO 
a? ON SO nd 2 es 
(T ON s) Vega = PS 6L = yasrdi4 97 — osserunmeaur] y op (e 


V 


aypstdkjomoy '[ ouqostdA3019]9] 'G | 


154 A. v. Török, 


typische Form des Nasenskelettes schon bei den 4 Einzelmaassen 
(na — ri, AB, ri 
auf 82.84?/. erstreckt. Dementsprechend ist 2. die holohomotypische 


ak, na — ak) eine vorherrschende ist, da sie sich 


Form des Nasenskelettes nur eine sehr untergeordnete (17.16°/,,). — 
3. Innerhalb der allotypischen Form ist hier die Amphibolotypie 
(42.53°/,,) etwas mehr vertreten als die Kratotypie (40.31°/,,). 

Im Speciellen müssen wir folgende, sehr bezeichnende Thatsachen 
hervorheben: dass innerhalb sämtlicher Hauptkategorien die centrale 
Gruppe (cG) die vorherrschende Rolle spielt. Sowohl innerhalb der 
Holohomotypie (s. A. 0) wie auch innerhalb der Allotypie (s. B. J. b, 
B. IT. 2c) ist eG durch viel mehr Einzelfälle vertreten, als —/G 
oder J-/G. — Es zeigt sich also auch hier ganz deutlich das Gauss- 
sche Gesetz, nämlich die Tendenz einer centripetalen Zunahme der 
Einzelvariationen. (Diesem Gesetze gemäss ist die Function im Centrum 
der Variationsreihe am grössten; dieselbe nimmt zuerst zwischen den 
beiden Grenzen M—r und M--r also innerhalb cG nur wenig, 
dann viel stärker ab, um zuletzt bei — o/ und + o» / den Nullpunkt 
zu erreichen) Wir müssen demgemäss annehmen, dass der Process 
der ganzen Variation von einem Centralpunkte ausgeht, in der Nähe 
dieses Centralpunktes (d. h. innerhalb cG) unvergleichlich viel mehr 
Einzelfälle produciert, als in den entfernteren Teilen der Variations- 
reihe — wo aber die absolute Grösse der Variation eine viel be- 
deutendere ist. — Wir können somit den Lehrsatz als feststehend be- 
trachten: dass bei jedweder Variation der Schädelform diejenigen 
Einzelfälle, welche eine geringere Differenz von einer gewissen cen- 
tralen Form aufweisen (die aber immer nur als eime theoretische 
d. h. ideale Form zu betrachten ist, — und in der Wirklichkeit nie 
mit ganzer Sicherheit nachzuweisen ist), wnvergleichlich viel häufiger 
auftreten, als diejenigen Einzelfälle der Variation, die von jener 
centralen Form eine grössere Differenz aufweisen. — Wir haben 
also auch hier den klaren Beweis vor uns, warum wir die centrale 
Gruppe (eG) der Variation für jegliches Einzelmaass der Schädel- 
form — als die wesentliche, charakteristische, typische Gruppe auf- 


fassen müssen. 


Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik der Nase. 155 . 


Endlich sei behufs der Charakteristik der 4 Einzelmaasse des 
Nasenskelettes bei diesen 3000 Schàdeln noch folgendes hervorgehoben. 
1. Dass innerhalb der Holohomotypie von den zwei endständigen 
Variationsgruppen der linksendständige Typus (/G) mehr als doppelt 
so häufig vertreten ist (79 Schädel = 2.63°/,,) wie der rechts- 
endständige Typus (--/G, 28 Sch.=0.93°/,,). 2. Dass dieses Vor- 
herrschen von —/G auch innerhalb der Allotypie zu beobachten ist, 
und zwar sowohl bei der Kratotypie (hier enthält — /G — 211 Sch. 
=7.03°/,,, hingegen + 1G — 134 Sch.— 447?/,), als auch bei der 
Amphibolotypie (s. ZI. a, hier enthält —/G mit eG —343 Sch. 
—]1.449/,, hingegen + /G mit eG [s. II. c] — 241 Sch. — 8.02°/,,)- 
3. Ist hervorzuheben, dass innerhalb der Amphibolotypie die hetero- 
typischen Formen etwas häufiger vertreten sind (s. 5. II. 2— 681 
Schádel— 22.71°/,,) als die homotypischen (s. B. J. 1—: 595 Schädel 
— 18599 3. 


In einem folgenden Aufsatze werde ich die Variationen der aus 
diesen 4 Linearmaassen der 3000 Schádel berechneten Indices ganz 
ausführlich erürtern, um den klaren Beweis führen zu kónnen, dass 
um wie viel complicierter die kraniometrische Charakteristik der Nase 
sich erweist, als man es bisher auch nur hätte ahnen können. 

Budapest, den 15. November 1897. 


(Anthropologisches Museum.) 


Berichtigung. 


Auf Seite 92 Zeile 3 von oben lies anstatt Variationen: Indices. 


Aus der russischen Litteratur mitgeteilt von R. Weinberg. 


Ueber anomale Anordnung der Hautnerven 
auf dem Handrùcken des Menschen, verglichen mit dem 
normalen Verhalten bei den Affen. 
Von 
Ww. Tonkoff. 


Die Innervation der Haut des Handriickens und der Finger ge- 
schieht bekanntlich in der Weise, dass der oberflächliche Ast des 
N. radialis die dorsalen Nerven für beide Seiten des Daumens und Zeige- 
fingers und für die radiale Seite des Mittelfingers abgiebt, während 
die entsprechenden Zweige für die übrigen Finger aus dem Ramus 
dorsalis nervi ulnaris hervorgehen. Jener Faden aus dem N. ulnaris, 
der die einander zugewendeten Seiten des Mittel- und Ringfingers ver- 
sorgt, steht constant in anastomotischer Verbindung mit einem der 
Nn. digitales aus dem Radialis. Doch ist die Anastomose von 
schwankender Stärke und scheint bald mehr aus dem ulnaren, bald 
aus dem radialen Versorgungsgebiet herzukommen, was die Symmetrie 
der Anordnung, wie Henle bemerkt, hàufig beeintrüchtigt. Ausserdem 
dringen die dorsalen (im topographischen, nicht im morphologischen 
Sinn! Ref.) Fingernerven nur an dem Daumen und Zeigefinger bis 
zur Endphalange vor; die basale und Mittelphalange der drei 
mittleren Finger erhalten ihre Aeste aus palmaren Nerven. 

Diese für typisch geltende Einrichtung unterliegt nun aber nicht 
geringen Schwankungen. Manchmal kreuzen sich Radialis und Ulnaris- 
aste entsprechend der Mitte des Handrückens mit einander (Brooks, 
Zander) und es entstehen dann Gebiete mit doppelter Innervation. 


W. Tonkoff, Ueber anomale Anordnung der Hautnerven ete. 157 


Sehr oft werden die einander zugewendeten Seiten des 3. und 4. 
Fingers aus einer Verbindung innerviert, die beide Hauptnerven über 
dem Spat. interosseum III mit einander eingehen, und aus der normalen 
Anastomose sendet der Ulnaris andererseits meist ein Aestchen radial- 
warts, um mit einem gleichen aus dem Radialis die einander zu- 
gekehrten Seiten des 2. und 3. Fingers zu versorgen (Hédon). 
Zuweilen wird der radiale Rand des Zeigefingers von dem N. radialis 
erreicht. Ferner sind Fälle bekannt — einen solchen beschreibt auch 
Verf. genauer — wo dieser Nerv neun Fingeräste entwickelte und nur 
den ulnaren Rand des kleinen Fingers dem N. ulnaris überliess (Gruber). 
Ja, es kann schliesslich das ganze Dorsum manus von dem N. radialis 
allein versorgt gefunden werden (Gegenbaur u. a.) Zurücktreten oder 
Fehlen der radialen Innervation dagegen gehört zu den grössten Selten- 
heiten (Hepburn); Verf. selbst hat nur einen derartigen Fall gesehen: 

Rechte obere Extremität eines Neugeborenen. Der Nervus radialis 
zerfällt vor dem Condylus externus humeri vollständig in Muskeläste 
für die Supinatoren und Extensoren, ohne dass sich von ihm auch nur 
eine Spur eines Ramus superficialis zu der Art. radialis gesellt. Der 
N. cutaneus antibrachii dorsalis geht an der üblichen Stelle ab, ist 
aber dicker und länger als gewöhnlich und teilt sich an der Grenze 
des oberen und mittleren Drittels des Vorderarmes in zwei Aeste, die 
unter mehrfacher Anastomosenbildung und unter Versorgung der dor- 
salen Vorderarmfläche gegen den Handrücken abwärts ziehen. Hier ent- 
wickeln sich aus ihnen Fäden für beide Seiten des Ringfingers und für 
die Ulnarseite des Mittelfingers; weitere verbinden sich mit dem Ram. 
dorsalis n. ulnaris zur Bildung des dorsalen Nerven für die Radialseite 
des kleinen Fingers, sowie mit dem N. musculo-cutaneus zur Versorgung 
der Radialseite des Mittelfingers. Der Ram. dorsalis nervi ulnaris 
ist sehr schwach entwickelt; er versorgt nur den dorsalen Ulnar- 
rand des 5. Fingers und bildet die erwähnte Verbindung mit dem 
N. cutaneus antibrachii des Radialis. Starker als sonst ist der N. mus- 
eulo-eutaneus. Er weicht in der Mitte des Vorderarmes in zwei Aeste 
auseinander, von denen der laterale als N. digitalis dorsalis an der 
Radialseite des Daumens endigt, während der mediale die ulnare Seite 
dieses letzteren, sowie beide Seiten des Zeigefingers mit dorsalen Nerven 


158 W. Tonkoff, 


versieht und den vorhin genannten Verbindungsast zu dem N. cutaneus 
antibrachii dorsalis entsendet. Im übrigen sind an dieser Extremitàt 
und an der Hand hierselbst keine Besonderheiten zu bemerken. Die 
Innervation des linken Handrückens entspricht einem häufigeren Typus; 


Fig. 1. Fig. 2. 
Handrücken von Macacus rhesus. Die Nerven auf dem Handrücken von 
r Nervus radialis; v Nervus ulnaris. Macacus nemestrinus No. 1. 
Natürliche Grósse. r Nervusradialis; « Nervus ulnaris. 


Verklemerung 1: 3. 


die einander zugewendeten Seiten des Mittel- und Ringfingers beziehen 
ihre Nerven aus der Anastomose zwischen N. radialis und N. ulnaris. 

In diesem bemerkenswerten und sehr seltenen Fall fehlt also ein 
R. superficialis des N. radialis vollstàndig, der R. dorsalis n. ulnaris 
ist stark reduciert und fast alle dorsalen Fingernerven werden von 


Ueber anomale Anordnung der Hautnerven auf dem Handriicken etc. 159 


dem N. musculo-cutaneus und dem N, cutaneus antibrachii dorsalis 
abgegeben. | 

Wie erklärt sich das so überaus häufige Ueberwiegen des Nervus 
radialis an der Hand? Bei gewissen Geschöpfen (Katze, Hund, Semno- 
pithecus und vielen anderen) sind die Verbreitungsgebiete des Radialis 
und Ulnaris durch eine scharfe Grenzlinie, die der Axe des 4. Fingers 
entspricht, constant von einander | 
getrennt (Zander, Hedon); bei dem 
Menschen hingegen besteht eine 
innige Verbindung beider. Nerven 
und der Ulnaris rückt mit einem 
Ast an die ulnare Seite des Mittel- 
fingers. Fälle von Verdrängung des 


N. ulnaris müssten insofern als Rück- 
fallserschemungen bezogen werden, 
wenn es zunächst nicht von grösserem 
Belange wäre, die Verhältnisse bei 
den Affen, die nach dieser Richtung 
bisher noch unzureichend studiert 
sind, einerseits mit den Befunden an 
niederen Geschöpfen, andererseits mit 


denen am Menschen genauer zu ver- 
gleichen. 


Fig. 3. 
Dieser Aufgabe hat sich nun Die Nerven des Handrückens bei Macaeus 
nemestrinus No. 2. 


Verf. unterzogen und bei verschie- d Ÿ 
r Nervus radialis; « Nervus ulnaris. 

denen Affenarten die Anordnung der Verkleinerung 1:3. 

dorsalen Fingernerven eingehend ge- 

prüft. Untersucht wurden insgesamt elf Individuen, nämlich eine 
obere Extremität von Cynocephalus maimon (die zweite war, wie an 
einigen der folgenden Exemplare, bereits in anderer Richtung prápariert 
worden), eine von Cercopithecus cynosurus, beide oberen Extremitiiten 
von Cercopithecus subviridis, ebenfalls beide von Macacus rhesus und 
von zwei anderen Macacusarten, zwei obere Extremitàten von Macacus 
nemestrinus, beide (—4) von zwei Exemplaren des Cebus apella und 


schliesslich eine von Troglodytes niger. 


160 W. Tonkoff, Ueber anomale Anordnung der Hautnerven etc. 


Nach diesen Untersuchungen erweist sich die erwähnte Hédon- 
Zander’sche Grenzlinie der beiden Nervengebiete nicht als die einzige 
unter normalen Verhältnissen, da sie in der Hälfte der Fälle sich 
nicht vorfand. Ein ganz bestimmter Typus der Fingernerven liess 
sich für die untersuchten Affenarten nicht aufstellen, allein es ergab 
sich, dass auch in dieser Beziehung zwischen dem Menschen und den 
übrigen Geschöpfen keine unübersteigbare Kluft besteht, da diese, wie 
nicht anders zu erwarten, durch die Reihe der Primaten gut über- 
brückt erscheint (s. die beigedruckten Figuren, wo die Grenze zwischen 
Radialis und Ulnaris bald der Axe des 4., bald der des 3. Fingers 
entspricht). 

Sind die nicht gerade seltenen Fälle von übermässiger Aus- 
breitung des N. radialis möglicherweise als atavistische Erscheinungs- 
formen zu deuten, so stehen die überaus seltenen Beobachtungen über 
Reduction des radialen Innervationsgebietes in dieser Beziehung nach 
wie vor unerklàrt da. Das Fehlen einer absoluten Grenzmarke 
zwischen den Nerventerritorien an dem menschlichen Handrücken und 
das Eintreten des N. musculo-cutaneus und N. cutaneus antibrachii 
dorsalis in gewissen Fällen eröffnet aber bei dem Menschen unter 
Umständen 2—3 verschiedene Leitungswege zu dem Centralorgan, 
sodass Beschädigung eines der Nerven nicht sofort ausgebreitete func- 
tionelle Störungen zu bedingen braucht. Dies bedeutet zugleich eine 
Bevorzugung der menschlichen Organisation gegenüber der anderer 
Geschöpfe. 


Eine practische Notiz schliesst den interessanten Aufsatz. 


Dall’Istituto anatomico dell’Università di Modena (diretto dal Prof. R. Fusari). 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 
Nota di 


P. Bertacchini. 


. Assistente. 


— 


(Con Tav. V e VI.) 


La questione della Spermatogenesi, aperta nel 1836 da R. Wagner [1] 
e più nettamente delineata nel 1841 e nel 1856 da A. Kölliker [2 e 5], 
poteva aleuni anni or sono e specialmente in grazia dei lavori di 
Sertoli [4 e 5], Merkel [6 e 7], Schweigger-Seidel [8], La Valette 
St. George [9], Henle [20], v. Ebner [11 e 12], Klein [13 e 14], 
Biondi [75], Swaen e Masquelin [76], Flemming [17 e 15] e di altri 
molti che qui sarebbe lungo enumerare, considerarsi come conveniente- 
mente chiusa. Mancavano solo alcuni particolari di relativa importanza, 
quale, ad es, il decidere se il nemasperma fosse un puro nucleo ovvero 
una cellula con nucleo e protoplasma, e noi avremmo potuto classi- 
ficare questo argomento nell'archivio delle cognizioni già definitivamente 
acquistate alla scienza. 

A rimettere, invece, ogni cosa in discussione venne la scoperta 
delle sfere attrattive fatta, col significato di organi attivi della cito- 
dieresi, da Fol [12, 20, 21, 22], Van Beneden [23, 24] e Boveri [26, 27] 
nelle ova in segmentazione di invertebrati e confermata dal Fusari [25] 
e poscia da molti altri anche per quelle dei vertebrati. Siccome poi 
bentosto si constató, specialmente per opera dei fratelli Hertwig [26, 
29, 50, 51] e di Fick [52, 35], che lirradiazione del spongioplasma 
ovulare si fa, nell’atto della copulazione, non intorno al pronucleo 

Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 11 


162 P. Bertacchini, 


femminile ma intorno al maschile e, nello stesso tempo, si osservò da 
Fick [55] che il pezzo intermedio dello spermatozoo di Axolotl si 
colora, col metodo di M. Heidenhain, come una sfera attrattiva; d’altra 
parte poi, siccome certe osservazioni fatte in seguito tesero a dimo- 
strare che nelle cinesi di maturazione dell’ovulo non appaiono distinte. 
astrosfere, mentre, secondo altre, le sfere attrattive esistenti nei fusi 
direzionali si atrofizzano nell’ovulo dopo l’espulsione del 2° globo 
polare; così si venne da molti alla conclusione che l'elemento sessuale 
femminile maturo manchi di questi organi attivi della divisione cellulare 
e che essi gli vengano apportati o restituiti, nell'atto della copulazione, 
dal nemasperma. Quest’opinione, per vero dire, non è da tutti accet- 
tata ed essa, infatti, pare contraddire in certi casi alla possibilità dello 
sviluppo partenogenetico. Molti anatomici perciò si attengono ancora 
allo schema della ,quadrille des centres“ brillantemente introdotto 
e difeso nel campo scientifice da Fol [22], nè mancano autorevoli 
osservazioni in suo appoggio. 

Ad ogni modo, se la cosa è fin qui dubbia riguardo all'ovulo, è 
certo che per lo spermatozoo tutte le osservazioni collimano nell'at- 
tribuirgli una sfera attrattiva derivata per trasformazioni istologiche 
speciali da quella dello spermatide. 

Questa sfera attrattiva esso porta con se dentro all’ovo maturo 
nell’atto della copulazione e nell’oosperma essa dirige in gran parte 
l'atto della fecondazione e quello successivo della segmentazione. 

Lo studio della spermatogenesi, per questi fatti entrati nel dominio 
della scienza, assunse perciò una grande e nuova importanza. 

Occorreva precisare la natura della sfera attrattiva; se essa ap- 
partenga al nucleo o al protoplasma; quali modificazioni istologiche 
subisca per entrare a far parte del nemasperma; qual parte prenda 
alla formazione delle figure mitotiche del blastoderma; quale infine sia 
il suo compito nel fenomeno complesso della formazione di un nuovo 
organismo, specialmente riguardo alla trasmissione dei caratteri morfo- 
logici e fisiologici. 

Queste questioni sono, in parte almeno, ancora insolute. Anche 
nel campo più aperto alle indagini, in quello cioè delle osservazioni 
istologiche, le idee non sono ancora in perfetto accordo e, d’altra parte, 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 163 


esistono tante differenze, anche fra speci affinissime, che la miniera 
delle osservazioni si pud dire inesauribile. 

Può ritenersi perciò che un contributo qualsiasi, anche modesto, 
in un argomento tanto importante, non sia del tutto privo di oppor- 
tunità, specialmente ove esso consista in semplici e precise comuni- 
cazioni di strutture e di fatti. 

È dietro questa considerazione che faccio noto il risultato di 
alcune osservazioni che da lungo tempo, sebbene saltuariamente, sono 
andato facendo intorno ali fenomeni intimi della spermatogenesi del 
Triton cristatus. Alcune di tali osservazioni resi già pubbliche me- 
diante precedenti comunicazioni; ma di queste, più direttamente si 
collega alla presente quella che porta il titolo di , Ricerche biologiche 
intorno alla Spermatogenesi degli Anfibi anuri“ [47]. 

In essa io considerai l'argomento dal solo punto di vista della 
fine anatomia comparata; in questa mi propongo di entrare nel campo 
dellistogenesi. Anche però sotto questo punto di vista mi limiterò 
a riferire le principali osservazioni che ho avuto agio di fare intorno 
ai cambiamenti di struttura che accompagnano la trasformazione dello 
spermatide in spermatozoo; dentro simili limiti restringerò pure le 
notizie bibliografiche. In un’altra Nota, che spero di poter presto 
pubblicare, comunicherò poi le osservazioni riguardanti la struttura e 
le mitosi degli spermatogoni e degli spermatociti, rivedendo così l’intero 
processo spermatogenetico. 

Le prime esatte osservazioni intorno ai fenomeni istologici della 
metamorfosi dello spermatide sono quelle di F. Hermann e di Benda. 
Il primo [55] nell'anno 1889 riscontro vicino al nucleo degli spermatidi 
di Salamandra, in preparati colorati con Violetto di Genziana e Saffra- 
nina, un piccolo organo formato di una sfera di sostanza non colora- 
bile e di un corpuscolo rotondo colorabile con Saffranina aderente ad 
un piccolo anello colorabile in Genziana. Un reperto analogo trovò 
nelle spermatidi di topo (Maus), cioè una sfera acromatica e un cor- 
puscolo rotondo colorabile con un tono misto di genziana e saffranina. 
Riguardo al destino del piccolo sistema, Hermann opinò che dal cor- 
puscolo colorabile derivasse il pezzo intermedio del nemasperma adulto, 


che Egli chiama Endknopf; che la sfera incolore (arcoplasma) de- 
11* 


164 P. Bertacchini, 


generasse durante la maturazione dello spermatozoo, mentre riguardo 
all’anello non si pronunciò in modo reciso, propendendo però a 
credere che da esso prendesse origine la membrana ondulante. 
F. Hermann però non indagò la natura di alcuno di questi corpic- 
ciuoli, anzi. non diede loro neppure un nome speciale. Nel 1891 
Benda [42] trovò nelle spermatidi di mammiferi, usando la colorazione 
con Lichtgriin e Saffranin, una sfera colorata in verde, che Egli chiamò 
„Archiplasma“, corrispondente alla sfera acromatica di Hermann, e un 
corpuscolo tinto in rosso dalla Saffranina che dichiarò identico al 
„chromatoiden Nebenkórper* di Hermann. 

In una successiva comunicazione fatta nell’anno 1893, Benda potè 
verificare anche la provenienza di questi corpicciuoli che hanno tanta 
parte nella formazione del nemasperma. L'anello colorabile deriverebbe, 
nello spermatocito, dal cosidetto „corpuscolo intermediario di Flemming 
(Zwischenkórperchen)* il quale si forma attorno al resto del fuso e lo 
strozza senza tuttavia dividerlo in due. In seguito, nella separazione 
delle cellule figlie, l'anello si dividerebbe in modo che a ciascun 
spermatide andrebbe un anello figlio. Nel passaggio dalla fase di 
diastro a quella di dispirema i poli del fuso passano attraverso ai 
cromosomi („erfolgt ein Durchschlüpfen des Spindelpols durch die 
Chromatinmasse“) cosiché i centrosomi polari vengono a trovarsi fra 
il nucleo e il corpuscolo intermediario (anello). 

Allora il centrosoma contrae collanello, al quale Benda da il 
valore di un secondo centrosomo, quei rapporti che sono stati, pel primo, 
descritti da Hermann. Centrosomo ed anello formano cioè il ,,chroma- 
toide Nebenkérperchen“ ed entrano a costituire il pezzo intermedio e 
parte della coda del nemasperma. 

Molto diversamente andrebbero le cose secondo C. Niessing [46]. 
Egli, usando il metodo di M. Heidenhain (Ferro — Ematossilina), giunse 
ai seguenti risultati. 1. Il centrosomo assieme con alcune parti della 
sfera attrattiva entra nel nemasperma e si colloca all’estremità an- 
teriore (!) della testa formandovi l’appendice apicale; 2. altre parti 
della sfera formano il mantello della testa (Kopfkappe); 3. il filo assiale 
del flagello non deriva dal ,chromatoiden Nebenkérper“ di Hermann, 
ma bensi dal nucleo. 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 165 


I risultati del lavoro di Niessing sarebbero invero importantissimi 
giacché farebbero riscontrare nei Vertebrati un fatto osservato sola- 
mente da Platner [50] negli insetti e da Prenant [60] nei Molluschi 
Polmonati, e sarebbero anche non meno sorprendenti poichè contrad- 
direbbero allassoluta maggioranza delle osservazioni sul fenomeno della 
copulazione e fecondazione delle cellule sessuali, nel quale atto le irra- 
diazioni citoplasmatiche dell’ovulo sono centrate intorno al pezzo inter- 
medio. 

Secondo Hermann [57, pag. 312], Niessing non ha visto il vero 
centrosomo, ma solo la sfera acromatica che gli si trova vicina; sfera 
che Benda denominò ,archiplasma“ e Hermann stesso „arcoplasma“ 
ritenendola destinata a scomparire nel protoplasma dello spermatide. 

Più importanti risultati hanno raggiunto nel 1897 Hermann e 
Meves. 

Il primo di questi [38] riprendendo la questione dal punto in cui 
l'aveva lasciata nel 1889 e nel 1892, trovò, nelle spermatidi di Sala- 
mandra, un corpo ovoidale acromatico e un piccolo fuso ai cui poli si 
trovano due corpuscoli di disuguale grandezza. Corpuscolo e fuso sono 
l'uno vicino all'altro, di fianco al nucleo e dentro ad un accumulo di proto- 
plasma opaco, granuloso, al quale l'autore dà il nome di „Arcoplasma“. 
Se ho inteso giustamente il lavoro di Hermann, questo arcoplasma 
sarebbe una parte differenziata del protoplasma che dà origine, negli 
spermatociti, al fuso carzocenetico. Nel cumulo dell'arcoplasma appaiono 
delle anse debolmente colorabili che prendono parte alle irradiazioni 
del citastro. Dopo la divisione dello spermatocito, resta nello sperma- 
tide una meta dell'arcoplasma e delle sue anse „Archoplasmaschleifen“, 
metà che si trasforma rispettivamente nel cumulo protoplasmatico 
oscuro vicino al nucleo e nel corpo ovoide acromatico in esso conte- 
nuto. Né l'una né l’altra di queste formazioni prendono parte im- 
portante alla costituzione del nemasperma. Dei due corpuscoli situati 
ai poli del piccolo fuso, Hermann considera il pitt- piccolo come un 
vero centrosomo; il più grande corrisponderebbe al mezzo „corpuscolo 
intermediario“ dello spermatide. Questo fuso rappresenterebbe pertanto 
uno stadio precedente al ,chromatoiden Nebenkórper* da esso già tro- 
vato, nel 1889, nelle spermatidi di Salamandra, inquantochè il centro- 


166 P. Bertacchini, 


somo si trasformerebbe nel corpuscolo colorabile con Saffranina e il 
corpo intermediario nell’anello tingibile con Genziana. Questa forma- 
zione costituisce l’abozzo del pezzo intermedio del nemasperma. Essendo 
poi che il centrosomo, una volta collocatosi nel polo grosso della testa 
del nemasperma, aumenta considerevolmente di volume, Hermann sup- 
pone che esso in realtà non ingrossi ma si circondi di un involucro. 
Quando il sistema del centrosomo e dell’anello si è situato, assieme 
col filo assiale della coda, al polo posteriore del nucleo, l'anello si 
divide in due anelli figli. L'uno, il prossimale, resta fermo attorno al 
punto d’inserzione del filamento assiale al centrosomo; l’altro, il distale, 
si allontana dirigendosi caudalmente e scorrendo lungo il filo assiale; 
man mano l’anello distale si allontana dal prossimale, un involucro di 
sostanza acromatica si svolge fra i due, formando un astuccio al filo 
assiale della coda. Contemporaneamente il protoplasma dello sperma- 
tide accompagna la discesa dell’anello figlio, restando al di fuori del- 
lastuecio acromatico. Dal sudetto astuccio Hermann suppone possa 
originarsi la membrana ondulante e il suo filo orlante. Egli descrive 
pure al filo assiale, prima della formazione dei suoi involucri, una regione 
prossimale che per accrescimento suo proprio, acquista un calibro mag- 
giore ed una distale che resta sottile; quest'ultima regione formerebbe 
l',Endstück^ della coda del nemasperma maturo. Riassumendo secondo 
Hermann dallunico centrosomo dello spermatide deriva il pezzo inter- 
medio anzi l'jEndknopf* del medesimo; dal corpuscolo intermediario, 
l'anello che è destinato a formare un involucro al filo assiale della 
coda. Quest'ultimo, infine, si svilupperebbe dal centrosomo.  Riferendo 
le mie osservazioni, avró occasione di ritornare sul significato che 
Hermann dà alla parola „Endknopf“. 

Assai degne di nota sono pure le osservazioni di Fr. Meves [45] 
sull’istogenesi dei nemaspermi di Salamandra mac. I centrosomi che 
si sono divisi nell’anafasi dell’ultima divisione degli spermatociti, si 
portano, a telocinesi ultimata, immediatamente contro la membrana 
cellulare dello spermatide e si dispongono ‘col loro asse di unione 
perpendicolarmente a questa. In tal modo uno solo dei centrosomi 
tocca la superficie delle cellula; fra essi e il nucleo si trova un accu- 
mulo di sostanza della sfera attrattiva (quella che Meves stessa in un 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 167 


altro lavoro [73] chiama ,idiozoma“). La formazione del nemasperma 
si inizia col fatto che dal centrosomo distale, quello che è immediata- 
mente adiacente alla membrana dello spermatide, si svolge un sottile 
filamento, abbozzo del filamento assiale della coda, il quale esce libera- 
mente dalla cellula. In seguito i due centrosomi, assieme colla parte 
iniziale del filo assiale si portano verso il nucleo trascinandosi dietro 
la membrana cellulare che così si introflette e viene come a formare 
una guaina al filo stesso. 

Tl centrosomo distale si foggia da prima a disco poi ad anello al 
cui contorno si inserisce l'orlo della parte introflessa della membrana 
cellulare; questo anello cresce sino a raggiungere un volume doppio 
del primitivo. 

Il centrosomo prossimale aumenta pure di massa e si trasforma 
in un grosso e corto bastoncino alquanto incurvato col quale si mette 
in rapporto il filo assiale quando il centrosomo distale si è foggiato 
ad anello. Im una fase più inoltrata, quando il nucleo dello sperma- 
tide si allunga per trasformarsi in testa dello spermatozoo, il centro- 
somo prossimale passa attraverso alla membrana nucleare, penetrando 
nell'interno del nucleo, mediante un processo che l'A. descrive minuta- 
mente e che è esattamente comparabile a quello mercè cui un globulo 
bianco del sangue possa attraverso alla parete di un capillare. 

Penetrato nel nucleo riprende la sua forma a bastoncino e resta 
come ,parte anteriore del pezzo intermedio“ in corrispondenza del polo 
grosso delle testa. Contemporaneamente la depressione della membrana 
cellulare, al cui apice si trova il centrosomo ad anello, si riduce sempre 
più e resta infine come un foro nella membrana della cellula; attra- 
verso al quale passa il filo assiale. La membrana ondulante si eleve- 
rebbe dal lato dorsale del filo assiale e il suo orlo ispessito si tras- 
formerebbe nel filo orlante. 

Quest'ultimo, da prima lungo quanto il filo assiale e perciò parallelo 
al medesimo, cresce poi notevolmente ed è perciò costretto a ripiegarsi 
a festoni. Successivamente si forma l'involucro della coda, limitato al 
lato ventrale della stessa; (lA. chiama dorsale, con Czermack, il lato 
sul quale si impianta la membrana ondulante).  L'involucro è formato 
dalla discesa, sulla coda, del protoplasma cellulare che avvanzandosi 


168 P. Bertacchini, 


trascina con se la meta ventrale del centrosomo ad anello, cosiché 
questo si stira enormemente assumendo la forma di un lunghissimo 
pessario (pessario ad anello, di guttapercha). Questo si rompe poi nella 
sua parte di mezzo, la sua estremità prossimale restando al lato dorsale 
del punto d’attacco della coda, ove forma un orifizio attraverso al quale 
passa il filo orlante della membrana ondulante, mentre la metà distale, 
assieme col protoplasma, scorre lungo il lato ventrale del filo assiale 
della coda, arrestandosi a una certa distanza dall’estremità libera di 
questo e segnando così il limite fra ,pezzo principale“ e ,,pezzo termi- 
nale“ della coda. Dal mezzo anello rimasto nella parte iniziale del 
filamento caudale origina poi la piccola ,,parte posteriore del pezzo 
intermedio“ nel seguente modo. Il mezzo anello si spacca in due mezzi 
anelli figli, uno di questi resta a limitare il foro della membrana 
cellulare attraverso al quale passa il filo orlante; l’altro entra nella 
profondità e scivola lungo l'estremo posteriore del segmento anteriore 
del pezzo intermedio, che, nel frattempo, è diventato obbliquo dal lato 
dorsale al ventrale e dallavanti all'indietro. In seguito anche l'altra 
metà lo raggiunge in tal posto e le due, fuse assieme, formano il seg- 
mento posteriore del pezzo intermedio (!). Lo spermatozoo sarebbe cosi 
ultimato. Veramente lA. descrive anche il modo con cui dai resti della 
sfera attrattiva si forma l’appendice apicale delle testa, ma non avendo 
io nessuna mia osservazione da riferire in proposito così passo sopra 
a questo punto. Aggiungerö solo che Egli ha potuto constatare che 
il filo caudale principale ha nelle sue sezioni trasverse la forma di un 
„ferro da cavallo“ aperto dorsalmente, nelle cui concavità si impianta 
la membrana odulante. 

Un recentissimo interessante lavoro è quello di v. Lenhossék [49] 
sulle spermatogenesi dei Mammiferi. Non interessando però diretta- 
mente il mio argomento, non ne riferirò che alcuni punti che riguar- 
dano la trasformazione dello spermatide in spermatozoo. La sostanza 
periferica della sfera attrattiva si porta al polo anteriore della testa 
ove forma il pezzo apicale. I due centrosomi stanno da prima appli- 
cati immediatamente contro la membrana cellulare col loro asse di 
unione obbliquo alla medesima; dal centrosomo prossimale cresce il fila- 
mento assiale; poscia i 2 centrosomi migrano verso il polo posteriore 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 169 


del nucleo ove si dispongono coll'asse uniente nella direzione dell'asse 
lungo della testa, il centrosomo che porta il filo assiale occupando la 
posizione distale. Oltre ai resti della sfera e alla coppia dei centro- 
somi, esiste nel protoplasma dello spermatide un „corpo cromatoide“ 
che non ha alcuna analogia col ,,chromatoider Nebenkórper* di Hermann, 
il quale ultimo consta dell’arcoplasma e del centrosomo. Questo corpo 
cromatoide viene a collocarsi al polo posteriore al nucleo, vicino al 
punto in cui si impianta la coppia dei centrosomi e gradatamente si 
disgrega e si dilegua. 

A questo incompleto cenno sullo stato della questione, faccio seguire 
ancora alcune linee sul significato dei termini che, fra 1 numerosissimi 
che dai diversi Autori sono stati proposti, io ho dovuto scegliere per 
indicare le relative strutture. Userd indifferentemente le espressioni 
di ,microcentro (M. Heidenhain)“ e di „sfera attrattiva (V. Beneden)“ 
per indicare il complesso del corpuscolo centrale, della zona midollare 
omogenea che lo circonda e dello strato granuloso che abbraccia 
quest'ultima e che, secondo M. Heidenhain, é dovuto ad un ingrossa- 
mento dei raggi organici del protoplasma. Chiamerò „corpuscolo cen- 
trale^ o ,centrosomo“ il solo granulo situato al centro della sfera, 
indipendentemente cioé dalla zona midollare; (centriolo di Boveri il 
quale denomina ,centrosomo“ il complesso del granulo e della zona 
midollare). Indicherò come „centrodesmosi primaria (Heidenhain)^ o 
„sostanza del fuso centrale (Hermann)* la zona midollare di V. Beneden, 
che abbraccia direttamente il centrosomo e dalla quale credo derivi il 
fuso centrale primario nella divisione dei centrosomi. Infine designerò 
come „arcoplasma“ la sostanza dello ,strato dei granuli“ di V. Beneden, 
dalla quale ritengo si formino i raggi rettilinei del citastro e i fili del 
mantello del fuso cariocinetico che si mettono in rapporto coi cromosomi. 
Riguardo al rimanente protoplasma cellulare useró le espressioni di 
spongioplasma (His e Leydig), di citoplasma (Kupffer) e di citomitoma 
(Flemming), per la sua parte solida che suppongo costituita di fila- 
menti granulosi (V. Beneden) e quella di „jaloplasma (Kupffer)“ per la 
parte fluida (paramitoma di Flemming). 

Premesse, per commodo del lettore, queste notizie, espongo il 
risultato delle mie osservazioni sulla specie ,,Triton cristatus^. 


170 P. Bertacchini, 


Gli spermatidi del Triton derivano dall’ultima divisione di matu- 
razione degli spermatociti (il che è quanto dire dalla „divisione degli 
spermatociti di 2° ordine“), la quale è, come nella Salamandra mac. 
(Meves), a tipo omeotipico, mentre la divisione degli spermatociti di 
1° ordine (i quali derivano direttamente, per semplici trasformazioni 
strutturali, dall’ultima generazione degli spermatogoni) è eterotipica. 
Non parlerò diffusamente, in questa breve nota, nè della struttura degli 
spermatogoni e delle loro mitosi, nè delle due divisioni di maturazione 
dello spermatocito. Mi limiterò ad accennare che nei grossi spermato- 
goni in riposo, che si trovano in un piccolo segmento craniale del 
testicolo, il più delle volte ho osservata la sfera attrattiva coì caratteri 
che le sono stati attribuiti da Meves (l c.) Essa si presenta cioè 
(testicolo fissato in liq. di Hermann; sezioni colorate con Jodgriin — 
S. Fuchsin) come una massa per lo più circolare di sostanza omogenea, 
acromatica, limitata da un grosso orlo oscuro anch'esso incolore; 
la sfera talora non ha superficie uniforme ma presenta come delle 
brevi digitazioni. Qualche volta però, come nel caso rappresentato 
dalla Tav. V. fig. 1, ho potuto osservarla coi caratteri tipici del- 
lastrosfera di V. Beneden, anzi più precisamente con quelli della sfera 
di M. Heidenhain. 

Essa è allora formata: 1. al centro, da una sostanza omogenea o 
finissimamente punteggiata, acromatica che corrisponde alla „zona 
midollare di V. Beneden“; non ho potuto riscontrare in essa la pre- 
senza dei centrosomi; 2. dà un distinto strato periferico, formato da 
un’unica serie di granuli a contorno mal definito, allungati in senso 
radiale e centrati sul centro delle sfera. All’intorno il protoplasma 
cellulare ha una struttura vagamente filamentosa, specialmente nell’im- 
mediato contorno della sfera, ove sembra che i filamenti del citoplasma 
si inseriscano sui granuli di quest’ultima. Si avrebbe perciò un mar- 
cato accenno alla disposizione ammessa da M. Heidenhain pei filamenti 
del protoplasma e della sfera (raggi organici). 

Nella prima divisione di maturazione, eterotipica a cromosomi 
annulari, esistono, a ciascun polo dell’amphiaster (nel senso di H. Fol; 
fuso centrale secondario; fuso cariocinetico) due piccolissimi centrosomi, 
assai vicini fra di loro. Nella profasi, il fuso primario si osserva già 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 171 


bene sviluppato di fianco al cumulo dei cromosomi diventati liberi 
dopo la scomparsa della membrana nucleare e gia foggiati irregolar- 
mente ad anello per avvenuta divisione longitudinale e trasversale 
del cariomitoma (v. fig. 3). Il fuso primario consta: delle fibre del fuso 
centrale; delle fibre del fuso periferico (mantello) che si dirigono 
dai due poli del fuso centrale primario sull’ammasso dei ‘cromosomi, 
incrociandosi in parte fra di loro, cosicchè quelle di un polo del fuso 
vanno, almeno in parte, all'estremo opposto del cumulo dei cromosomi 
e Viceversa (la fig. 2 non è a questo proposito abbastanza chiara); 
delle fibre, infine, dei citastri (arcoplasma della sfera attrattiva e raggi 
organici della cellula). I filamenti del citastro irradiano dai poli del fuso 
e arrivano fin contro alle membrana cellulare, ramificandosi però prima 
fino a risolversi in una fine reticella, le cui maglie hanno sempre 
direzione raggiante. Questa struttura non parla certamente in favore 
dell’azione di appoggio o di propulsione che da Meves [75] è attri- 
buita ai raggi del citastro. I cambiamenti di forma che il fuso stesso 
subisce immediatamente prima di circondarsi dei cromosomi, deporebbero 
invece in favore di un’azione di trazione. Infatti in una fase imme- 
diatamente successiva a quella rappresentata dalla Tav. V. fig. 2, si 
osserva che il fuso centrale, il quale si è molto allungato, è incurvato 
lateralmente, presentando ai cromosomi il suo lato convesso. I filamenti 
del mantello periferico (Tav. V. fig. 3) si dirigono verso i cromosomi 
coi quali entrano in rapporto e sembrano incontrarsi ancora e incro- 
ciarsi fra di loro in corrispondenza del piano equatoriale del fuso. 
Questo reperto l’ho trovato in parecchie cellule e perciò lo riterrei 
costante. Dai poli del fuso partono i raggi arcoplasmatici i quali a 
breve distanza si continuano coi filamenti reticolati del citoplasma i 
quali arrivano fin vicino alla membrana cellulare. Però queste irra- 
diazioni polari sono più lunghe e a contorno più netto nel lato verso 
il quale è rivolta la concavità del fuso. L’incurvamento di quest'ultimo 
io lo metterei in rapporto colla resistenza che esso oppone alla trazione 
esercitata sui suoi poli dalle fibre del mantello inserite sui cromosomi. 
Una volta che le anse cromatiniche si sono disposte tutt’attorno al 
fuso centrale, probabilmente in seguito alla trazione esercitata su di 
esse dai fili del mantello i quali trovano un punto d’appoggio nei 


172 P. Bertacchini, 


centrosomi sostenuti alla loro volta dalle irradiazioni polari inserite 
sulla membrana cellulare e dal fuso centrale; una volta, ripeto che le 
anse si sono disposte, sebbene irregolarmente, attorno al fuso, questo 
si raddrizza allungandosi e i cromosomi restano ad eguale distanza 
dai due poli, nella posizione che caratterizza la corona equatoriale (Fol). 
Il raddrizzamento del fuso, a mio credere, è dovuto al fatto che, 
assieme coi cromosomi, tutta la massa del protoplasma che con questi 
si trovava lateralmente al fuso, si porta regolarmente intorno a quest’- 
ultimo cosicché linserzione dei raggi polari alla membrana cellulare 
viene ad acquistare una posizione simmetrica, mentre anche la pressione 
tutt’attorno al fuso diventa uniforme. Questo allora si raddrizza e 
per l'elasticità delle sue fibre e per la trazione dei raggi organici degli 
astri polari. 

Come già ho detto, la 2 divisione di maturazione degli spermato- 
citi è omeotipica. (La fig. 3 si riferisce appunto a una di queste 
mitosi.) Ai poli del fuso cariocinetico nella fase dyaster si trovano 
pure due centrosomi piccolissimi. Non entro ora nella descrizione delle 
figure mitotiche perché sarebbe mia intenzione occuparmene in un'altra 
comunicazione.  Riferiró solo ciò che interessa l'argomento della for- 
mazione del nemasperma. 

Le fig. 4, mostra una fase della divisione degli spermatociti di 
2? ord. che sta fra il dyaster (bicorona di Fol) e il dispirema. In 
corrispondenza del campo polare di ciascun nucleo figlio (nucleo del 
futuro spermatide) si osservano due distinti ma piccolissimi centrosomi 
che si trovano all'apice di un piccolo cono di fibre la cui base poggia 
sul nucleo; tale cono rappresenta la porzione polare del primitivo fuso 
cariocinetico. Dai centrosomi partono perifericamente i filamenti del 
citastro i quali dirigendosi dentro al corpo cellulare si ramificano, 
continuandosi con le irradiazioni citoplasmatiche che abbracciano lequa- 
tore del nucleo figlio e si dirigono verso il lato antipolare di quest- 
ultimo. Dal lato del nucleo rivolto al primitivo piano equatoriale del 
fuso dello spermatocito, partono dei filamenti di due specie. Dei fila- 
menti centrali che si raccolgono a breve distanza in un fascio cilindrico, 
oltrepassano il piano equatoriale e si continuano coi fili centrali del 
nucleo figlio del lato opposto. In corrispondenza dell’equatore dello 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 173 


spermatocito, ciascun filamento centrale presenta un distinto ingrossa- 
mento fusiforme, cosicchè dall’insieme dei singoli ingrossamenti risulta 
una specie di placca o sbarra trasversale. 

Dei filamenti periferici che partono dal contorno dei fili centrali 
e si dirigono, ramificandosi finamente, sia verso il piano equatoriale, 
sia verso la membrana cellulare, ripiegandosi anche tutt’attorno al 
nucleo figlio; verso il lato polare di quest’ultimo si congiungono colle 
ramificazioni dei filamenti del citastro. 

In corrispondenza dell'equatore dello spermatocito è già in via di 
formazione il setto cellulare che deve separare le due spermatidi. 
Questo setto è formato da filamenti citoplasmatici che decorrono 
parallelamente al piano equatoriale stesso, ripiegandosi perifericamente 
sulla faccia interna della membrana cellulare verso il lato polare di 
ciascun nucleo figlio, dividendosi centralmente per abbracciare il fascio 
centrale dei fili riunienti. 

Non ho mai potuto osservare che questi filamenti del setto passino 
da un lato all’altro dell'equatore, né che formino un distinto anello 
massiccio attorno al fascio dei fili congiuntivali (come afferma pei 
mammiferi Benda [45)). 

In una fase successiva (Tav. V. fig. 6), (fase dispirema della 
divisione dello spermatocito di 2° ordine) il setto cellulare non è tanto 
bene distinguibile. I fasci congiuntivali in corrispondenza del piano 
equatoriale di divisione si sono uniti strettamente assieme; i loro in- 
grossamenti si sono fusi in un unico grosso granulo, Zwischenkórper 
di Flemming, colorabile in color lilla pallido colla colorazione Jodgriin- 
S. Fuchsin. Il corpo protoplasmatico delle due cellule figlie (sperma- 
tidi) si è coartato assumendo aspetto piriforme, toccandosi i due 
spermatidi col loro apice rivolto al equatore di divisione. Nella Tav. V. 
fig. 5 che rappresenta un giovane spermatide in fase diana fasi, visto 
dal piano equatoriale, si vede che i fasci congiuntivali si sono uniti a 
cono e sono in rapporto con un granulo che è probabilmente la metà 
del primitivo granulo intermediario. 

I filamenti periferici si dirigono tutt'attorno ramificandosi fin contro 
al setto cellulare di nuova formazione e alla membrana cellulare 
antica. 


174 ; P. Bertacchini, 


In questo stadio, in cui sta per finire l'anafasi e stanno per inco- 
minciare le telofasi, nel campo polare dei nuclei figli si trovano ancora 
i centrosomi, ma vicino al nucleo e senza traccia di resto di fuso 
centrale. Mentre succedono questi fatti, e già prima che nel fascio 
dei fili riunienti si sia formato un unico granulo intermediario, il nucleo 
si è già provvisto di una nuova membrana nucleare, cosiché è logico 
supporre che si siano interotti, alineno in gran parte, i rapporti fra la 
cromatina e i fili acromatici, sia centrali che periferici. Il nucleo 
subisce allora una rotazione su se stesso, già stata osservata da 
Meves |47], Heidenhain [50], Benda |45] ed altri. La Taf V. fig. 6, 
ne da una distinta idea. Non sono riuscito a determinare l'ampiezza 
di questo movimento rotatorio del nucleo dello spermatide (Benda |l. c.] 
afferma, che è di 90°); in quanto alla causa che lo produce, suppongo 
possa risiedere nel fatto che dopo la formazione della membrana nucleare 
i filamenti congiuntivali, inseriti sul loro granulo intermediario (o sulla 
metà di questo se le spermatidi sono in via di separazione), perdono 
ogni rapporto col nucleo e si congiungono invece, scorrendo lateral- 
mente sulla superficie di quest'ultimo, coi filamenti citoplasmatici che 
irraggiano dal centrosomo. I filamenti acromatici decorrerebbero allora 
dal centrosomo al granulo intermediario formando una specie di fascio 
il cui asse coincide con quello del fuso cariocinetico primitivo. 

Separatesi l'una dall’alta le spermatidi, io non ho mai potuto 
osservare che esse restino congiunte dai residui del fuso centrale, come 
affermano Meves [47], Lenhossék [49] e Ballowitz |70], nè che il fuso 
assieme col suo corpuscolo intermediario si trovi mai al di fuori della 
cellula. Secondo quanto ho constatato io, il destino del residuo del 
fuso, che corrisponderebbe a quello che io ho chiamato fascio congiun- 
tivale, sarebbe tutt'altro. Il granulo intermediario dello spermatocito 
di 2? ordine si divide a livello del setto cellulare in due metà eguali, 
ciascuna delle quali resta a far parte di ciascun spermatide. 

Si dividono perció contemporaneamente anche i fili del fuso centrale 
e quella metà di essi che resta in ciascun spermatide ha l'aspetto di 
un cono di filamenti il cui apice fa capo a ciascun mezzo corpuscolo 
intermediario e la cui base passa lateralmente al nucleo e va a met- 
tersi in rapporto coi filamenti del citastro, che irradiano dai centro- 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 175 


somi. Separatisi i due spermatidi, questi filamenti residuali si con- 
traggono ed essendo che il mezzo corpuscolo intermediario sul quale 
con un estremo si appoggiano è ancora fisso contro la parete cellulare 
di nuova formazione, attirano contro di esso i centrosomi. 

Si origina così a immediato contatto della parete dello spermatide 
che corrisponde al setto cellulare dello spermatocito una formazione 
speciale che consta: 1) di un grosso granulo rotondo, applicato contro 
la parete della cellula, derivante dalla divisione del primitivo corpus- 
colo intermediario; a questo granulo io darei il nome (già usato da 
Moore [67 e 62]) di arcosoma; 2) di un cumulo prossimale (rispetto al 
nucleo) di sostanza acromatica la quale deriva dai filamenti residuali 
del fuso e dai filamenti del citastro assieme contratti e fusi; in questo 
cumulo si trovano due piccoli granuli colorabili che non sarebbero 
altro che i centrosomi dello spermatide. Le ulteriori modificazioni di 
questa formazione saranno descritte più avanti sotto il nome di miero- 
centro. 


(Continua.) 


Referat 


von 


Fr. Kopsch. 


Pollack, Bernhard, Die Färbetechnik des Nervensystems. 2. Auflage. 
Berlin 1898. S. Karger. VI und 172 Seiten. 


Das Büchlem enthält nicht nur die Färbetechnik, sondern auch die Technik 
der Gehirnsection sowie einige andere Angaben, welche für den mit dem Central- 
nervensystem arbeitenden Forscher von Wert sind. Ueber die Methoden, welche 
bei der Bearbeitung des peripherischen Nervensystems und der Nervenendorgane 
in Anwendung kommen, wird nur auf fünf Seiten gehandelt, so dass das Buch 
wesentlich die Färbetechnik des Centralnervensystems enthält. Was die Dar- 
stellung dieser Technik anlangt, so ist sie eine Compilation von einer grossen 
Menge vielleicht der Mehrzahl der von den einzelnen Autoren gegebenen kleinen 
Abänderungen ursprünglicher Methoden, wie der von Weigert, Golgi u. a., 
ohne dass dabei deutlich genug hervorträte, welche von allen einem bestimmten 
Zwecke dienenden Methoden die am meisten zweckentsprechende ist, so dass es 
wohl auch dem Geübteren schwer fallen dürfte, die richtige Wahl zu treffen. 
Völlig ungenügend für einen Anfänger m der Technik der (sogenannten) vitalen 
Färbung mittels Methylenblaus, sind die hierüber beigebrachten Angaben. Es 
genügt hier nicht, die Recepte anzugeben, mittels deren in der Methylenblau- 
technik erfahrene Forscher neben zahlreichen Misserfolgen ihre guten Resultate 
erzielt haben, sondern hier vor allem wäre eine genaue, bis ins Einzelne gehende 
Schilderung am Platze gewesen. Geradezu unverständlich ist es für den Belehrung 
suchenden, wenn Pollack bei Bethe’s zweiter Methode der Fixierung der Methylen- 
blaufiirbung sagt, dass durch dieselbe die bisher erforderliche Eiskühlung unnötig 
gemacht würde, obwohl der Leser vorher nichts davon erfahren hat, warum, wann 
oder wo eine solche Eiskühlung notwendig ist. An der einen Stelle (S. 105) wird 
Injection einer Methylenblaulösung BX, an einer anderen (S. 116) wird das chlor- 
zinkfreie Methylenblau empfohlen. Was für Unterschiede zwischen beiden bestehen 
und warum man gerade an der einen Stelle dies, an der anderen jenes Präparat 
anwenden soll, das zu ergründen wird dem Leser überlassen. Bei Nissl’s Methode 
vermisse ich die sehr wichtige und von Nissl besonders betonte Angabe, dass die 
in Alkohol gehärteten Stücke nach einigen Tagen ihre gute Schnittconsistenz 
verlieren. Die Methode von Obregia mit der Zucker-Dextrin-Lösung, welche sich 
weiter Verbreitung erfreut, ist gleichfalls nicht aufgeführt, obwohl der viel weniger 
sicheren Weigert’schen Methode ein besonderes Capitel gewidmet ist. Das grosse 
Schanze'sche Microtom, mittels dessen O. Schultze 20 w dicke Schnitte durch 
das ganze Gehirn des Menschen angefertigt und auf dem Anatomischen Congresse 
zu Strassburg gezeigt hat, verdiente doch ganz besondere Erwähnung. Es wäre 
also dringend notwendig, diese und noch mancherlei andere Mängel des Büchleins, 
als welche auch eine Anzahl an österreichische Amtssprache erinnernde Fremd- 
wörter genannt sem mögen, abzustellen, ehe es mit gutem Gewissen empfohlen 
werden kann. Fr. Kopsch. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


Dall’Istituto anatomico dell’Università di Modena (diretto dal Prof. R. Fusari). 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 


Nota di 


P. Bertaeechin i. 
I. Assistente. 


(Fine.) 


Ecco come si presentano le spermatidi poco dopo la loro forma- 
zione, a telocinesi finita (v. Tav. V. fig. 9 e 10): 1? il nucleo, che grada- 
tamente entra in fase di riposo, si pone affatto perifericamente nel 
corpo cellulare e, per quanto io ho potuto constatare, in una posizione 
che corrisponde al campo polare della primitiva divisione dello sperma- 
tocito: ritorneremo sui suoi cambiamenti di struttura; 2° il proto- 
plasma é in massima parte accumulato verso quel lato del nucleo che 
corrisponde al primitivo piano equatoriale dello spermatocito. La 
struttura dello spongioplasma cellulare è finamente filamentosa o spug- 
nosa. Veramente nella spermatide in riposo sembra prevalere la dis- 
posizione spugnosa o reticolare; quando invece si iniziano i cambia- 
menti che devono condurre alla formazione del nemasperma, diventa 
manifesta una struttura più nettamente filamentosa, nel senso di Flemming; 
il jaloplasma è carico di finissime granulazioni che coll'acido osmico 
prendono una tinta bruna, cosicché danno a tutta la massa del proto- 
plasma una colorazione piuttosto oscura; 3? nella stessa regione dello 
spermatide ove é maggiormente accumulato il protoplasma, immediata- 
mente contro alla membrana cellulare di nuova formazione, si osserva 
la piecola formazione della quale si é dianzi parlato e la cui struttura 
e la seguente. A contatto colla parete cellulare (ectoplasma) si trova 
una piccola sfera di sostanza omogenea, che col metodo di M. Heiden- 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 12 


178 P. Bertacchini, 


hain si colora in bruno chiaro e col ,Jodgrün — S. Fuchsin“ prende 
una colorazione rosea. Corrisponde al mezzo granulo ‘intermediario, 
quello che ho chiamato „arcosoma“; ha sempre un contorno nettis- 
simo ed un diametro di circa '/, uw. Nel suo lato rivoto verso il 
nucleo, si trova un anello di sostanza che col metodo di Heidenhain 
(Ferro-ematossilina) assume un colore bruno scuro quasi nero e col- 
lJodgrün — S. Fuchsin si tinge in violetto-roseo. Questo anello è a 
piccolissima distanza dalla sfera, ma non la tocca proprio immediata- 
mente; fra i due organi esiste peró un mezzo di unione, non rile- 
vabile al microscopio, perché, come vedremo piü avanti; essi non 
perdono mai, per nessun cambiamento di posizione, i loro reciproci 
rapporti. Infine si puó ancora constatare che sul polo prossimale 
del granulo applicato contro la parete cellulare, si inserisce un fila- 
mento di una sottigliezza estrema, che passa attraverso all'anello e 
si confonde col citomitoma dello spermatide, continuandosi con esso. 
In parecchi casi ho potuto assicurarmi che l’anello in rapporto coll'ar- 
cosoma deriva dal cumulo di sostanza acromatica che contiene i due 
centrosomi e che si trova applicato, in fasi precedenti, come ho gia detto, 
contro il lato prossimale dell’arcosoma stesso (Tav. V. fig. 8). Il modo 
di trasformazione è il seguente; i due centrosomi da prima si disgre- 
gano, cosicchè in cambio di due soli granuli se ne trovano due, quattro 
e più nella sostanza acromatica; questi granuli diventano sempre più 
numerosi e piccoli e si portano alla periferia della sostanza acromatica 
stessa in un piano tangenziale al polo dell’arcosoma che guarda il 
nucleo; la sostanza dei centrosomi si dissolve infine completamente 
nell’arcoplasma del cumulo che così acquista una più forte affinità per 
le sostanze coloranti (Ferro-ematossilina, S. Fuchsin) e si trasforma da 
prima in una formazione discoidale più spessa all’orlo, più sottile al 
centro e, in ultimo, in un vero anello. 

Al complesso dell’arcosoma e dell’anello dò, per commodo di lin- 
guaggio il nome di ,,microcentro“ già usato da M. Heidenhain per 
l'insieme dei centrosomi e della loro centrodesmosi primaria nella sfera 
attrattiva. Questo microcentro è evidentemente analogo al ,chroma- 
toider Nebenkörper“ descritto da Hermann negli spermatidi di Sala- 
mandra (35 e 36), 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 179 


È degno di nota il fatto che negli spermatidi dei nidi cellulari, i 
microcentri sono sempre orientati in una direzione speciale, che corri- 
sponde ai piani di divisione degli ultimi spermatociti (v. Tav. V. fig. 11). 

Alla fase ora descritta, e che si potrebbe chiamare iniziale, dello 
spermatide, sussegnono quei cambiamenti di struttura che devono con- 
durre alla formazione del nemasperma. Questi possono suddividersi in 
3 principali periodi e cioè: 1°, cambiamento di posizione del micro- 
centro che si porta contro ai nucleo; 2°, cambiamenti di posizione, di 
forma e di struttura del nucleo; 3° ulteriori cambiamenti del micro- 
centro in rapporto colla formazione della coda. 

1° Il microcentro si approfonda verso il nucleo abbandonando la 
sua posizione periferica contro la membrana cellulare (v. Tav. V. fig. 10, 
12, 13, 14), senza che questa lo segua menomamente; (questo avve- 
rebbe invece, secondo Meves [45], nella Salamandra, nei cui spermatidi 
si trovano due eguali centrosomi disposti in direzione radiale contro 
la membrana cellulare, in modo che solo uno, il distale, la tocca). 
Avvicinandosi al nucleo, attraversa l'accumulo di protoplasma che da 
questo prima lo separava e subisce nello stesso tempo un movimento 
di rotazione di 180°, in modo tale che l'arcosoma, da prima distale, si 
rivolge prossimalmente e l'anello diventa periferico. Quando il movimento 
di rotazione dei microcentro è finito, finisce contemporaneamente il suo 
moto di translazione attraverso al protoplasma, cosicchè esso viene allora 
a trovarsi contro al nucleo, col suo arcosoma, o granulo del fusocentrale, 
applicato contro alla membrana nucleare (v. Tav. V. fig. 14). Mentre si 
compiono questi movimenti, diventa sempre più visibile il filamento czto- 
plasmatico che dall'areosoma passa attraverso all’anello e nello stesso 
tempo si fa manifesto anche un filamento che si stacca dal polo dell’arco- 
soma, opposto a quello al quale si inseriscono l'altro filo e l'anello. Il primo 
di questi filamenti, quello che passa attraverso all'anello, rappresenta 
l’abbozzo del filo assiale della coda del nemasperma. L'ultimo, quello che 
si stacca dal polo libero dell’arcosoma, si inserisce coll’altro suo estremo 
in quel punto della superficie del nucleo nel quale andrà_a collocarsi de- 
finitivamente il microcentro. Pare che questo filamento, che chiamerò 
filamento cefalico, penetri entro alla sostanza stessa del nucleo. Io ho 


potuto in molte spermatidi constatare la presenza di questo filo e la 
12* 


180 P. Bertacchmi, 


sua inserzione alla membrana nucleare. Oltre a ciò poi, in nemaspermi 
maturi nei quali il pezzo intermedio si era staccato e leggermente 
allontanato dalla testa, mi è riuscito qualche volta di osservare un 
sottile filamento che si staccava dal polo prossimale del pezzo inter- 
medio, attraversava intervallo fra quest’ultimo e la testa e si 
approndava dentro a questa penetrando pel centro della concavità 
della sua superficie posteriore. Sembra che questo filamento percorra 
lasse della testa del nemasperma. Qualche volta infine (v. Tav. V. 
fiv. 16) ho visto questo filamento, libero, inserito al polo cefalico di 
certi ,pezzi intermedi“ che si erano completamente separati dalla 
testa. Naturalmente io ritengo identico questo filamento del nema- 
sperma maturo a quello che unisce il microcentro al nucleo dello sper- 
matide. ed è perciò che lho chiamato ,filamento cefalico“. 

Io sarei inclinato a vedere nel complesso del filo assiale della 
coda e del filo cefalico il meccanismo che effettua il moto di rotazione 
e di traslazione del microcentro e la sua unione al nucleo dello sper- 
matide. Non sarei peró in grado di descrivere il suo modo di funzionare. 

Ad ogni modo, quello che è certo è che alla fine di questo primo 
periodo della formazione del nemasperma, il microcentro si è portato 
dalla membrana cellulare contro al nucleo, sul quale d'ora innanzi si 
impianterà sempre più intimamente, e che in questo suo spostamento ha 
subito una rotazione di 180°, cosicchè l’arcosoma, che da prima era 
periferico, ora è prossimalmente impiantato sul nucleo, probabilmente 
attratto su quest'ultimo dalla contrazione del filo cefalico; mentre l'anello, 
che era in principlo prossimale, si trova in seguito rivolto periferica- 
mente assieme col filo assiale della coda, che lo attraversa. 

Se si congiunge il punto della superficie cellulare sul quale da 
prima risiede il microcentro col punto centrale del nucleo, si ha una 
linea che io riterrei analoga all,asse cellulare di^ Flemming e di 
M. Heidenhain, linea che secondo il primo di questi Istologi [74] 
dividerebbe la cellula intera in due metà (antimeri) eguali, simmetriche 
ed omodiname. Ora questo asse necessariamente incontra la membrana 
cellulare in un punto che sta in direzione rettilinea fra il microcentro 
e il centro nucleare. Ebbene, le mie osservazioni mi porterebbero a 
credere che é precisamente su questo punto che viene ad impiantarsi 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 181 


il microcentro alla fine del suo moto di rotazione e di translazione. 
Questo spostamento del microcentro non cambierebbe perciò l’asse 
cellulare dello spermatide, che resterebbe quello del futuro nemasperma 
il eui allungamento si fa appunto nella sua direzione. 


Col portarsi del microcentro contro un determinato polo del nucleo, 
che corrisponde al futuro polo caudale della testa del nemasperma, 
finisce il primo periodo. Durante il medesimo non si osserva sporgere 
dal corpo cellulare dello spermatide alcune filamento, contrariamente 
a quanto Meves ha osservato e descritto negli spermatidi di Sala- 
mandra. Cid avviene invece nel 2° periodo che é descritto nel seguente 
capitolo. 


2" [ cambiamenti di forma e di struttura del nucleo in questa 
fase della genesi del nemasperma sono tanto noti, che io non mi ci 
fermerò sopra affatto. Specialmente essi collimano nel Triton con 
quanto è stato osservato da Flemming |/7 e 18], Hermann [55 e 36] 
e Meves |47] nella Salamandra e perciò ai lavori di questi Istologi 
rimando il lettore cui occorrano fondamentali nozioni sull'argomento. 

Mi soffermeró, piuttosto, alquanto su due fatti che sono dei piü 
importanti in questo periodo. Sul modo, cioè, con cui si rende vieppiù 
intima l'unione del microcentro col nucleo assieme coi cambiamenti cui 
il primo va sogetto e su alcune particolarità del modo di comportarsi 
del plasma nucleare (sostanze cromatiche ed acromatiche) rispetto al 
resto del corpo cellulare. 

A proposito del primo punto, debbo dichiarare che non ho potuto 
riscontrare nel Triton il modo di penetrare del granulo prossimale 
nella testa del nemasperma, cioé nel nucleo, descritto da Meves nella 
Salamandra. 

Neppure la sua descrizione riguardante il sistema dei due centro- 
somi che, a quanto Egli afferma, si trovano radialmente contro alla 
membrana dello spermatide, è applicabile a quanto io ho riscontrato 
nel Triton, nel cui microcentro l’arcosoma rappresenta la metà del 
granulo intermediario di Flemming dell'ultima mitosi dello spermato- 
cito, mentre l'anello corrisponde all'arcoplasma dell'astro polare assieme 
colla sostanza dei due centrosomi. Tuttavia, quando le due formazioni 


182 P. Bertacchini. 


sono definitivamente arrivate sul nucleo, il mio arcosoma corrisponde, 
per posizione, al centrosomo prossimale di Meves. 

Ebbene, ecco ora quale é il modo con cui il microcentro si unisce 
stabilmente al nucleo. Appena il primo si è portato su quel punto 
della superficie nucleare che, secondo me, corrisponde alla sua inter- 
sezione coll'asse cellulare, il nucleo stesso si allunga in direzione tale 
che il luogo di aderenza del microcentro resta il suo polo posteriore 
più grosso, mentre il polo opposto, più sottile, corrisponde all’apice 
della testa del futuro nemasperma. Mentre subisce questo cambia- 
mento di forma, e qui entriamo nel secondo punto sul quale voglio 
insistere, si modifica profondamente la struttura intima del nucleo e, 
anzitutto, esso perde la sua membrana cromatica. La sua cromatina 
si raccoglie tutta in una formazione trabecolare, a spugna, le cui lacune, 
riempite dalla sostanza nucleare acromatica, da prima grandi, si fanno 
sempre più piccole e liberamente si aprono allo superficie del nucleo; 
in seguito, come vedremo poi, queste lacune scompaiono. (Una disso- 
luzione della cromatina nel sacco nucleare [paralinina] messa come possi- 
bile da Hermann [34] non ho potuto constatare). Con questa scomparsa 
della membrana cromatinica e colla concentrazione della cromatina 
nucleare cammina di pari passo un'esagerazione in spessore della mem- 
brana acromatica, in quanto che attorno al nucleo si forma uno strato 
sempre più alto di una sostanza perfettamente incolore, omogenea e 
chiara che secondo me deriva dalle parti acromatiche del nucleo spre- 
mute fuori dalla coartazione delle trabecole cromatiniche [v. Tav. V. 
fig. 15, 26, 27, 29]) Più al di fuori di questo strato esiste la zona 
granulosa ed oscura del protoplasma, che specialmente si accumula in 
corrispondenza del polo posteriore del nucleo ove si trova il microcentro. 

Ebbene nelle prime fasi di questi cambiamenti nucleari, quando il 
nucleo ha una forma appena un pò ,a pera“ (Tav. V. fig. 15), si osserva 
che nel mezzo del suo polo grosso si forma, di fronte all’arcosoma, una 
depressione che man mano è riempita dalla sostanza acromatica, peri- 
nucleare. In questa depressione, che sempre più si approfonda, penetra 
Yarcosoma finchè ci si trova, infine, completamente innicchiato; esso 
sarebbe perciò al di fuori della cromatina nucleare, che si infossa per 
riceverlo, e al di dentro della membrana nucleare acromatica. E questo 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 183 


rapporto non cambia nè nelle fasi ulteriori dello sviluppo, nè nel 
nemasperma adulto. Questo è dimostrato dalla facile staccabilità del 
pezzo intermedio, nel quale appunto larcosoma in massima parte si 
trasforma, dalla parte cromatica del nemasperma, o testa propria- 
mente detta, la quale presenta nel suo polo posteriore una fossetta 
concava adattata per riceverne l'estremo anteriore. Il modo di pene- 
trare dell'areosoma dentro al nucleo è dunque diverso da quello descritto 
da Meves pel suo centrosomo prossimale. 

Il corpo anulare del microcentro resta invece al di fuori anche 
dello strato acromatico del nucleo e precisamente nel limite fra quello 
e il protoplasma. 

Nello stesso tempo da quest'ultimo, che è in massima parte accu- 
mulato al polo posteriore dello spermatide, incomincia a svolgersi il 
filo assiale della coda (v. Tav. V. fig. 15). Esso sporge liberamente al 
di fuori come un filamento acromatico di una estrema sottigliezza; 
internamente allo spermatide sappiamo che passa attraverso all'anello 
dei centrosomi e si inserisce al polo distale dell’arcosoma. In tal 
modo alle fine di questo secondo periodo della maturazione del nema- 
sperma abbiamo, 1? che il nucleo si è enormemente allungato fino a 
raggiungere quasi la sua definitiva forma cilindro-conica; 2? che esso 
non ha più membrana cromatica, ma che passando per le diverse fasi 
di una struttura trabecolare sempre più fitta è diventato in fine quasi 
omogeneo, cioè composto di solo cromatina; 3° che contemporaneamente 
le parti acromatiche sono uscite dal nucleo formandovi attorno uno 
strato chiaro rilevante, più spesso però al polo posteriore che al- 
l'anteriore ove si riduce quasi in nulla; 4? che il protoplasma forma 
uno strato poco notevole attorno al nucleo, restando separato da questo 
per tutta Valtezza dello strato acromatico anzidescritto, meno che in 
corrispondenza dell’apice ove cromatina nucleare e protoplasma quasi si 
toccano; esso si accumula invece in corrispondenza del polo posteriore 
attorno all’anello del microcentro, la cui altezza di poco sopravvanza; 
5° che l’arcosoma del microcentro è penetrato nel nucleo, o meglio in 
una fossetta della sua cromatina e resta abbracciato dal suo strato 
acromatico; 6° che, infine, il filo assiale della coda sporge liberamente 
dal proteplasma. Aggiungo inoltre che all'estremo anteriore del nucleo, 


184 P. Bertacchini, 


ove si formerà l'appendiee apicale del nemasperma, non ho mai potuto 
vedere nessuna formazione speciale. 

3° Veniamo ora agli ulteriori definitivi cambiamenti di struttura 
dello spermatide che riguardano principalmente il microcentro, ma anche 
tutte le rimanenti parti costitutive; cambiamenti che conducono alla 
formazione del nemasperma adulto o maturo. 

Riguardo al microcentro i suoi cambiamenti si riferiscono tanto 
all’arcosoma che all'anello dei centrosomi e camminano di pari passo. 

L'areosoma cresce man mano di volume; diventa da prima ovale e 
si ingrossa tanto da superare il diametro della testa che nel frattempo si 
è ridotta quasi al suo calibro definitivo (Tav. VI. fig. 21 a e b, 22). La 
sua colorabilità è sempre diversa da quella della cromatina nucleare. 
Ad es. col metodo di M. Heidenhain si colora quasi in vero (Tav. VI. 
fig. 26, 27) mentre questa assume una tinta chiara; col miscuglio ,,Jod- 
grün — S. Fuchsin^ prende un colore roseo, mentre la testa è verde- 
violacea (Tav. VI. fig. 23). Qualche volta però succede l'opposto e 
l’arcosoma si mostra verdastro, nell’estremita posteriore della testa 
colorata in rosa-pallido. 

L'aumento di volume si mantiene in seguito, a spermatozoo quasi 
adulto ed adulto (Taf. VI. fig. 23, 24, 25), prevalentemente peró nel 
senso della lunghezza, presentandosi allora l'areosoma come un cilindro 
lungo 0,004 mm e del calibro di 0,0008 mm; e percid leggermente pitt 
sottile della testa. Esso costituisce ora quella parte del nemasperma 
che si chiama pezzo intermedio. 

Tratterò delle ragioni del suo aumento di volume e della sua 
struttura intima dopo d’avere descritti i cambiamenti dell'anello dei 
centrosomi. 

Questo, mentre avvengono le modificazioni dell’arcosoma, resta 
immerso nel protoplasma che si accumula al polo posteriore dello 
spermatozoo, al di fuori dell'involucro acromatico nucleare della testa. 

Esso cresce, da prima, semplicemente in altezza (v. Taf. VI. fig. 15, 
26, 27 e 28). In seguito però esso cambia anche di forma e di struttura. 
Da prima si separano in esso due sostanze; una chiara acromatica ed 
una più spessa a granuli colorabili (v. Tav. VI. fig. 21). Si assottiglia 
poscia e si allunga prendendo come l’aspetto di un irregolare rosario, 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 185 


inquantochè la. sua sostanza colorabile resta disseminata dentro alla 
ganga della acromatica sotto forma di finissimi granuli, neri colla 
colorazione di M. Heidenhain; violetti col miscuglio  ,,Jodgrin — 
S. Fuchsin“. L'anello nel frattempo si allarga, cosicchè il suo foro 
diventa molto più ampio di prima, si stira e si torce su se stesso 
presentando, secondo i punti da cui è visto, talora l’aspetto di un 
biscotto, talora quello della cifra „8“. Nello stesso mentre, restando 
fisso con uno dè suoi estremi al polo posteriore del pezzo intermedio 
(arcosoma) (v. Tav. VI. fig. 21, 22), si distende coll’altro suo estremo 
sopra al filamento assiale. In questo stato ha quella forma a pessario 
che così bene gli è stata attribuita da Hermann e Meves nella Sala- 
mandra. 

Di pari passo con questi cambiamenti dell'anello procedono anche 
alcune modificazioni del filamento assiale. Queste consistono in un 
maggiore calibro che esso acquista e in una distinta colorabilità. Ho 
già detto che da prima, nel 2° periodo della maturazione dello sperma- 
tozoo, esso sporgeva dal polo posteriore dello spermatide sotto forma 
di un sottilissimo filamento apparentemente acromatico. Nel mentre 
succedevano le prime modificazioni dell'anello, consistenti in una mag- 
giore altezza acquistata da quest'ultimo, esso si è andato ingrossando, 
pure restando perfettamente cilindrico, assumendo, contemporaneamente, 
una certa affinità pei colori acidi d’anilina (S. Fuchsin) e per la colo- 
razione Ferro-ematossilinica, colla quale si tinge in bruno. 

Da che dipende questo ingrossamento? Osservando i nemaspermi 
nel mentre esso si compie, si vede che va gradatamente diminuendo 
quello strato di sostanza acromatica che da prima circondava la cro- 
matina nucleare della testa del nemasperma (Tav. VI. fig. 27, 28, 29), 
cosicchè. quest'ultima finisce per restare ad immediato contatto col 
protoplasma (Taf. VI. fig. 22, 23, 30). Ora è certo che questa sostanza 
acromatica non rientra nella testa, che va anzi facendosi sempre più 
omogenea, compatta e uniformemente colorabile coi colori cromatimofili 
(Jodgrün, Ematossilina, B. Fuchsin ete.). Essendo poi che contempo- 
raneamente si ingrossa di molto il filamento caudale, non mi sembra 
irragionevole pensare che la sostanza acromatica del nucleo si porti sul 
filo assiale della coda, passando attraverso all’anello che nel frattempo 


186 P. Bertacchini, 


resta immobile al suo posto e solo, come già si è detto, cresce notevol- 
mente in altezza. Sembrerebbe opporsi a questa supposizione il fatto che 
il filamento caudale dopo il suo ingrossamento è debolmente colorabile 
coi colori acidi di anilina, mentre la sostanza perinucleare della testa 
si presentava acromatica. Ma è anche d'uopo confessare che non ci 
sono ancora note tutte le variazioni che l’affinità cromatica delle diverse 
sostanze cellulari subisce nei diversi momenti dell’attività funzionale di 
queste ultime. Nulla vieta perciò di pensare che questa sostanza nucleare 
acromatica passando attraverso all’anello e disponendosi attorno al filo 
assiale non abbia acquistato, per la nuova funzione che compie e perciò 
per la sua nuova struttura"), quella sua affinità per le sostanze colo- 
ranti acide. Non è poi forse inutile il rilevare che tale colorabilità 
resta sempre antogonistica rispetto a quella della cromatina che, come 
è noto, si tinge coi colori basici. 

Dobbiamo ora considerare tre nuovi fatti che avvengono con- 
temporaneamente e cioè: la discesa del protoplasma dello spermatide 
sul filamento caudale; la estensione della parte acromatica dell’anello 
nella stessa direzione e infine la concentrazione della parte cromatica 
di quest’ultimo all’estremità prossimale del filo assiale della coda e 
nell'interno del pezzo intermedio (arcosoma). 

Rispetto al primo fatto, esso sussegne immediatamente alla scom- 
parsa dell'involucro nucleare acromatico della testa e all’ingrossamento 
del filo assiale e trascina con se anche la parziale discesa dell'anello. 
Il protoplasma dello spermatide è accumulato, come già si è detto, al 
polo posteriore di quest'ultimo ove si inserisce attorno all'orlo distale 
dell'anello. Anteriormente ravvolge come un sottile involucro la testa. 
Esso ora si avvanza verso l’indietro, rivestendo il filo caudale e spin- 
gendo davanti a se l'anello (v. Tav. VI. fig. 21a, 216, 22). Questo 
però non discende in totalità, ma con una parte del suo orlo resta 
fisso al polo posteriore dell’arcosoma (pezzo intermedio), cosicchè per 
la discesa del protoplasma è costretto a stirarsi sempre più assumendo 
quella forma a pessario che da Hermann e Meves è stata descritta. 


!) Come è noto dai lavori di Ballowitz, la sostanza che forma il filo 
principale delle coda, costituito dal filo assiale così ingrossato, ha struttura netta- 
mente fibrillare. 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton eristatàs. 187 


Le opinioni di questi due A. non collimano però sul proposito. Secondo 
Hermann [56] l'anello si spacca, nel senso dell'altezza, in due anelli 
figli di cui l'uno resta fisso al pezzo intermedio (che egli chiama 
„Endknopf“), mentre l'altro, spinto dal protoplasma scorre sul filo della 
coda; mentre i due si allontanano, si svolge fra di loro un manicotto 
di sostanza acromatica che forma un involucro al filo assiale del flagello. 
Secondo Meves [45], invece, l'anello non fa che stirarsi per il lungo, 
restando un suo estremo fisso al pezzo intermedio da un lato (dorsale) 
del filo assiale, mentre l'altro scorre sul lato ventrale di questo fin verso 
la sua estremità libera. Le mie osservazioni mi conducono ad abbrac- 
clare l'opinione di Meves. Diversamente peró da quest'ultimo, e anche 
da Hermann, io non credo che l’anello si stiri cosi ? foto. lo osservo 
invece che da prima nell’anello, quando incomincia ad allargarsi e a 
contorcersi, si differenzia una sostanza cromatofila sotto forma di piccoli 
granuli; che mentre l'anello si estende a pessario attorno al filo centrale 
della coda, questa sostanza si raccoglie sempre più nell'estremo del- 
l'anello fisso all'estremo posteriore dell’arcosoma; che a un certo punto, 
quando la coda è già provvista di una distinta membrana ondulante 
con filo orlante, cioè di tutti i suoi annessi, una parte di questa 
sostanza cromatica é ancora discernibile come un paio di piccoli granuli 
sull’estremità del filo orlante che si inserisce al polo posteriore del 
pezzo intermedio (v. Tav. VI. fig. 23 e 24); anche questi due piccoli 
granuli infine spariscono. Io ritengo che questa sostanza cromatica 
(si colora in nero col metodo di M. Heidenhain; in rosso violetto col 
miscuglio Jodgriin — S. Fuchsin) rappresenti il ricomparire della sostanza 
dei due centrosomi dello spermatide. Dove va essa a collocarsi? 

In questa fase dello sviluppo si osserva che all'estremo prossimale 
del filo principale della coda esiste un distinto ingrossamento (v. Tav. VI. 
fig. 18, 19 e 25) che secondo me corrisponde al vero „Endknopf“ di Ballo- 
witz. Im un certo momento questo ingrossamento sembra anzi constare 
di due metà laterali (v. Tav. VI. fig. 21 e 22); certo esso è sempre 
esteso in senso trasversale, il che collima colle descrizioni di Ballowitz. 

Oltre a ciò, con certe comuni colorazioni, S. Fuchsin, Ematossilina, 
«mi è riuscito spesso di colorare un corpo centrale nell’interno del pezzo 
intermedio (v. Tav. VI. fig. 18 e 20); corpo foggiato a cilindro lungo 


188 P. Bertacchini. 


quanto il pezzo intermedio stesso, terminato con superfici emisferiche 
tanto anteriormente, ove è a contatto colla cromatina della testa, che 
posteriormente, ove tocca l,Endknopf* del filo assiale. Le figure 17, 
18, 19 e 20 rappresentano diversi nemaspermi nei quali ora è colorato 
in toto il pezzo intermedio assieme colla coda, ora il solo corpo 
centrale del pezzo intermedio e il filo principale della coda col suo 
ingrossamento prossimale (Endknopf), ora il solo filo della coda ‘col- 
l'Endknopf, ora infine il solo corpo centrale del pezzo intermedio 
(Ematossilina, S. Fuchsin). Questo corpo assiale del pezzo intermedio, 
dimostrato da Ballowitz con esperienze di macerazione, presupposto 
da Hermann per spiegare l'aumento in volume del suo „centrosomo“ 
io l'avrei perciò dimostrato colla colorazione. Io l'ho anche parecchie 
volte fotografato e specialmente ho ottenute buone negative dai pre- 
parati che hanno servito per le fig. 18 e 19. 

È dunque principalmente nell’asse del pezzo intermedio (arcosoma) 
e in parte anche all'estremo prossimale del filo assiale che si concentra 
la sostanza dei due centrosomi contenuti nell'anello, mentre la parte 
acromatica di questo si estende, spinta dal protoplasma, sul filo assiale 
della coda. 

Il pezzo intermedio del nemasperma maturo sarebbe perciò formato: 
1° dai centrosomi internamente (corpo assiale); 2° dalla sostanza del 
fuso centrale esternamente (mantello). 

Resta ora a ricercare come si formi la membrana ondulante col 
suo filo orlante. 

Se si osserva attentamente, si vede che nel mentre il protoplasma 
assieme con parte dell'anello si avvanza sul filo principale della coda, 
di fianco a questo è già visibile, a una certa distanza, un sottile fila- 
mento. Questo si osserva anche già prima dell’avvanzarsi del proto- 
plasma (v. Tav. VI. fig. 214, 215, 92). Sui due, filo principale e filo 
laterale, si estende perciò il protoplasma. Mi sembra che quel tratto 
di involucro protoplasmatico che si estende fra essi, sia quello che dà 
origine alla membrana ondulante e che il filo laterale ne formi il filo 
orlante. Questo filo laterale non sarebbe, a mio credere, che un fascio 
laterale di fibrille staccatosi dal fascio che costituisce il filo principale. 
Nel posto del filo principale donde si è staccato il fascio del filo orlante, 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 189 


resta un incavo che spiega la forma a ferro di cavallo che ha una 
sezione trasversa del primo. Secondo me il protoplasma si estenderebbe 
fino all'estremità distale libera del flagello caudale, ove la membrana 
ondulante va gradatamente diminuendo d’altezza, tanto che filo princi- 
pale e filo orlante sempre più si avvicinano finchè finiscono per wnzrsi 
insieme. Non sono riuscito a osservare nei nemaspermi di Triton 
un pezzo terminale (Endstiick) formato solo dal filo principale libero 
dall’involucro della membrana ondulante, quale da Ballowitz [4S], 
Hermann [30] e Meves [42] è stato descritto nella Salamandra. 

Mi confortano nella mia opinione, che il filo orlante sia un fascio 
di fibrille staccato dal fascio del filo principale, le seguenti ragioni: 
1° la struttura fibrillare del filo orlante eguale a quella del filo 
principale, da me facilmente potuta constatare operando coi metodi 
consigliati da Ballowitz [54]; 2° il fatto che vi hanno nei nemaspermi 
degli anfibi tutte le fasi di passaggio fra un flagello foggiato a mem- 
brana ondulante con due fili limitanti perfettamente eguali (Bufo vir. 
sec. Hermann in 34) e l'assenza di qualsiasi membrana e filo orlante 
(Rana, Hyla, Pelobates, l. c.). È logico perciò pensare, che quando 
nessun fascio di fibrille si stacca dal filo assiale del flagello, questo costi- 
tuisce da solo la coda ed è im toto ravvolto dal protoplasma (caso 
dell’uomo e della Rana esculenta); che quando se ne stacca un piccolo 
fascio, l'involucro protoplasmatico si estende fra questo, che allora 
forma il filo orlante, e il resto che costituisce il filo principale, 
formando, così disteso, la membrana ondulante (caso del Triton, della 
Salamandra etc.). Quando infine le fibrille del filo assiale si separano 
in due fasci eguali, allora si hanno 2 fili principali (Bufo) uniti da una 
membrana ondulante. 3° La forma, infine, a ferro di cavallo che il 
filo principale ha in corrispondenza del luogo di distacco della mem- 
brana ondulante; forma che si spiega solo collincavo lasciato dal 
separarsi di un fascio di fibrille. 

In questo modo è data l’ultima mano alla formazione del nema- 
sperma adulto. Non sarà inutile riassumerne le parti costituenti ag- 
giungendovi qualche particolarità propria della perfetta maturità e 
indicando, volta per volta, la loro derivazione dallo spermatide. 


190 P. Bertacchini, 


Il nemasperma maturo di Triton cristatus consta: 

a) Della testa propriamente detta. Questa è formata da una parte 
centrale, formata di pura cromatina, e di un involucro periferico, mantello 
della testa (Kopfkappe di Meves, Hermann etc.) che è un residuo sottile 
del protoplasma dello spermatide. Non posso assicurare se fra questo 
e la cromatina persista ancora un sottilissimo strato di quella sostanza 
acromatica che da prima era uscita dal nucleo dello spermatide e che 
poi si è portata ad ingrossare il filo assiale della coda, ma le mie 
osservazioni mi fanno ritenere questo fatto come probabile. L/estremo 
anteriore della testa è affilatissimo; tanto la cromatina che il mantello 
subiscono in questa regione un estremo assottigliamento, ma la croma- 
tina a un certo punto cessa e si avvanza solo l'involucro protoplas- 
matico assieme forse con un finissimo asse centrale dovuto all’involucro 
acromatico nucleare. Questo tratto, che corrisponde allo „Spiess“ di 
Retzius o al „Spitzenstück“ di Meves e Hermann ha una lunghezza 
difficilmente calcolabile; io la riterrei di 18 w. Presenta lateralmente, 
e precisamente da quel lato sul quale nella coda è inserita la 
membrana ondulante (faccia dorsale di Meves [45]) un appendice che 
nella mia prima osservazione mi era sfuggita. È questa foggiata a 
banderuola, anzi, più precisamente, a mezza punta di freccia. La 
figura 31 ne dà un'idea esattissima. In un solo caso ho riscontrata 
doppia tale appendice; ritengo, perciò, come eccezionale questo fatto. 
È evidente l'utilità di questa appendice, descritta da Meves e Hermann 
nella Salamandra con forma alquanto diversa, per l'ufficio di „istru- 
mento perforante“ (Bohrapparate) da Hermann [54] a guista ragione 
attribuito alla estremità anteriore della testa del nemasperma. Questo 
uncino impedirebbe a quest’ultimo di staccarsi dall’ovulo una volta che 
nell’atto della copulazione ne ha penetrate le membrane. 

L’estremo posteriore della testa è conformato a incavo emisferico, 
per accogliere l’estremo anteriore del pezzo intermedio. 

b) Il „pezzo intermedio“ (Verbindungsstück di Retzius, Mittelstück 
di Schweigger-Seidel) è già stato descritto nella sua forma. Consta di un 
,corpo centrale“ cilindrico, derivante dalla sostanza dei 2 centrosomi dello 
spermatide e di un ,mantello* che non è altra cosa che I’,,arcoplasma“ 
del „granulo intermediario di Flemming“ formatosi a spese della parte 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 191 


intermedia dei fili del fuso centrale. Sul pezzo intermedio passa 
inoltre, come sottile strato avvolgente, il protoplasma della testa che 
si continua cogli involucri della coda. 

c) Coda. Questa, come è noto, consta di un filo principale e di 
una membrana ondulante provvista di un filo orlante. Vi è una 
perfetta identità colle analoghe formazioni tanto esattamente descritte 
da Ballowitz, Flemming, Hermann e Meves nella Salamandra. È quindi 
inutile ritornarvi sopra. Solo su un punto voglio richiamare l'atten- 
zione del lettore. Ballowitz [57] ha descritto nell’estremo prossimale 
del filo assiale della coda del nemasperma di Salamandra un corpus- 
colo esteso trasversalmente che Egli chiama „Endknopf“. Io Vho ris- 
contrato esattamente eguale nel filo assiale del Triton e lo faccio deri- 
vare, come già minutamente ho detto, da una parte della sostanza 
dei 2 centrosomi dello spermatide. Ora mi è sembrato che Hermann [30], 
se bene ho inteso bene le sue parole, chiami „Endknopf“ il suo centro- 
somo che va a costituire la totalità del pezzo intermedio. Ciò non 
avviene nel Triton, perchè le due formazioni, in esso coesistono sepa- 
ratamente. 

Oltre a ciò Meves [48] descrive um orifizio, per cui passa il prin- 
cipio del filo orlante, in quel punto in cui l'estremo prossimale del- 
l'anello resta fisso al pezzo intermedio, mentre l’altro estremo accom- 
pagna il protoplasma nella sua discesa sul filo sulla coda. Io veramente, 
nel Triton, non ho potuto constatare in tal punto ‘un orifizio, ma 
certamente vi è un ,luogo di aderenza“ fra la superficie del proto- 
plasma e il sottostante principio della coda (v. Tav. VI. fig. 23, 24). 

Ancora su una cosa mi soffermo alquanto e saranno terminate le 
osservazioni sull’istogenesi del nemasperma. 

Come si è visto, il granulo dell’, arcosoma# subisce un ingrossa- 
mento relativamente enorme una volta che si è insediato al polo 
posteriore del nucleo dello spermatide o della testa del nemasperma. 
Questo aumento di volume ritengo in parte dipenda dal penetrare 
della sostanza dei centrosomi dentro all’arcosoma (per Hermann sarebbe 
invece l’unico centrosomo dello spermatide che si ravvolge di un in- 
volucro); ma in parte trae la sua origine anche da un vero aumento 
della sostanza dell’arcosoma stesso. Ora mi è sembrato di poter con- 


192 P. Bertacchini, 


cludere che questo aumento dipende dal fatto che la sostanza acro- 
matica che fuoriesce dal nucleo dello spermatide durante la contrazione 
della cromatina, non si estende tutta sul filo assiale della coda, ma 
una parte è assunta dall’arcosoma. 

Mi conforta in questa opinione la eguale colorabilità ‘del mantello 
del pezzo intermedio e del filo principale della coda del nemasperma 
adulto coi colori acidi di anilina e col metodo di Heidenhain. 

Riassumendo, i principali risultati di queste mie ricerche sarebbero 
i seguenti. 

Nella formazione indicata da Hermann come ,, corpo cromatoide“ 
o abbozzo del pezzo intermedio“ e da me designata come „micro- 
centro“ il granulo (arcosoma) deriva dalla metà del „corpuscolo inter- 
mediario del fuso centrale“ dello spermatocito; l'anello è formato dalla 
sostanza del resto dei fili del fuso centrale e dei fili del citastro assieme 
colla sostanza dei 2 centrosomi dello spermatide. 

Il „pezzo intermedio“ del nemasperma consta dell’arcosoma (cor- 
puscolo intermediario) entro al quale è penetrata la sostanza dei 2 cen- 
trosomi. | 

Il filo principale della coda è formato: a) dal filo assiale che 
deriva dal citomitoma dello spermatide; 0) da uno strato che ravvolge 
il filo assiale, il quale deriva dalla sostanza acromatica del nucleo che 
qui assume una struttura fibrillare. 

Il filo orlante della membrana ondulante è un fascio delle fibrille 
del filo principale, staccatosi dal rimanente. 

La membrana ondulante è formata dal resto del protoplasma 
dello spermatide che discende a ravvolgere tanto il filo principale che 
il filo orlante della coda e li collega assieme. 


28 Aprile 1898. 


KS) 


Qo qu em 9x 


20. 


21. 


Opere citate. 


R. Wagner, Müllers Archiv. 1836. 


A. Kólliker, Beitr. zur Kenntnis d. Geschlechtsverhültn. u. d. Samenflüssig- 
keit wirbelloser Tiere. Berlin 1841. 


— Physiol Studien üb. d. Samenflüssigkeit. Zeitschr. f. wissensch. Zoologie. 
1856. VIL S. 252. 


Sertoli, Dell'esist. di partic. cell. ramific. net-canalic. sem. del testic. umano. 
Il Morgagni. 1865. 


— Arch. d. Sc. med. 1878. 

Fr. Merkel, Arch. f. Anat. u. Phys. 1871. 

— Untersuch. a. d. anat. Institut zu Rostock. 1874. 

Schweigger-Seidel, Ueb. Samenkórper u. ihre Entwickelung. Arch. f. mikr. 
Anat. 1865. 

La Valette St. George, Ueb. d. Genese d. Samenkórper. Arch. f. mikr. 
Ariat Bel. I DD XO XUI. 

Henle, Splanchnologie. 1866. S. 356. 


V. v. Ebner, Untersuch. ib. d. Bau d. Samenkanälchen u. d. Entwickelung 
d. Spermatozoiden. Leipzig 1871. 


— Zur Spermatogenese b. d. Säugetieren. Arch. f. mikr. Anat. 1888. Bd. XXXI. 

Klein, Centralbl. f. med. Wissensch. 1880. Nr. 20. 

— Nouveaux éléments d'Histologie. Tr. p. G. Variot. Paris 1885. 

Biondi, Riforma med. 1885. Arch. f. mikr. Anat. Bd. XXV. 

Swaen et Masquelin, Études s. L Spermatogénése. Arch. d. Biol 1883. 
dex DE 

Flemming, Ueb. d. Spermatogenese b. Salamandra mac. Arch. f. mikr. 
Anat. 1888. 

— Weitere Beobacht. ib. d. Entwickelung d. Spermatosomen. L. c. 1888. 
Bd. XXXI. 

H. Fol, Die erste Entwickelung d. Geryonideneies. Jena'sche Zeitschrift. 1875. 
Bd. VII. 

— Le commencement de l'hénogénie. Arch. des Sc. physiques et naturelles. 
Genéve 1877. 

— Rech. s. la fécondation et le commenc. de l'hénogénie. Mem. d. la Soc. 
d. Sc. phys. et nat. d. Genève. 1877—1878. V. XXVI. 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 15 


194 


22. 


23. 


44, 


P. Bertacchini, 


H. Fol, Die Centralquadrille. Anat. Anzeiger. 1891. Bd. VI. — La quadrille 
des centres. Arch. d. Sc. phys. et nat. Genève 1891. 


v. Beneden, Rech. s. la maturation de Voeuf, la fécondation et la division 
cellulaire. Gand und Leipzig 1883. 


v. Beneden et Neyt, Nouv. rech. s. la fécondat. et la div. mitosique chez 
lAscaris meg. Bruxelle, Hayez 1887. 

R. Fusari, Sulle prime fasi di svil. dei Teleostei. Mem. d. Accad. d. Lincei. 
Roma 1892. 

W. Boveri, Zellstudien. Jena 1888. 

— Ueb. d. Verhalten d. Centrosomen b. d. Befruchtung d. Seeigeleier. Ver- 
handl. d. physik.-med. Gesellschaft. Würzburg 1895. Bd. XXIX. 

O. Hertwig, Beitr. z. Kenntnis der Bildung, Befruchtung und Teilung d. 
tierischen Eies. Gegenbaur’s morph. Jahrbuch. 1876. Bd. I. 


— Ueb. pathol. Veränderungen d. Kernteilungsprocesses. Festschrift für 
R. Virchow. Berlin 1891. 


— Die Zelle u. d. Gewebe. Jena 1893. 

O. u. R. Hertwig, Ueb. d. Befruchtungsvorgang u. d. Teilung d. tierischen 
Kies unter d. Einfluss äuss. Agentien. Jena 1887. 

R. Fick, Ueb. d. Befruchtung d. Axolotleies. Anat. Anzeiger. 1892. Bd. VII. 


— Ueb. Reifung u. Befruchtung d. Axolotleies. Zeitschr. f. wissensch. Zoologie. 
1893. Bd. LVI. 


J. Hermann, Urogenitalsystem. Relazione negli ,Ergebnisse d. Anat. u. Ent- 


wickelungsgeschichte* herausgeg. von Merkel u. Bonnet. 1892. 

— Beitr. z. Histol. d. Hodens. Arch. f. mikr. Anat. 1889. Bd. XXXIV. S. 58. 

— Beitr. z. Kenntnis d. Spermatogenese. Arch. f. mikr. Anat. Bd. L. H. 2. 
S. 276. 

— Bemerkungen üb. d. ,chromatoiden Kórper^ d. Samenzellen. Anat. An- 
zeiger. Bd. XIV. Nr. 12. S. 311. 


P. Bertacchini, Sui fenomi di div. diretta delle cell. semin. prim. della 
Rana temp. Rass. d. Sc. med. Modena 1889. 4 

— La Spermatogenesi nella Rana temp. Internat. Monatsschr. f. Anat. u. 
Phys. 1889. à 

— Sopra alcuni spermatozoi umani mostruosi. Rass. d. Sc. med. Modena 1890. 

— Ric. biol. s. Spermatogenesi d. Anfibi anuri. Internat. Monatsschr. f. Anat. 


us Phys 1896. Bd X] ELSE: 


C. Benda, Untersuch. üb. d. Bau d. functionierenden Samenkanälchens einiger 
Säugetiere u. Folgerungen f. d. Spermatogenese dieser Wirbeltierklasse. 
Arch. f. mikr. Anat. 1887. Bd. XXX. S. 49. 

— Neue Mitteil. ib. d. Entwickel. d. Genitaldrüsen u. ib. d. Metamorphose 
d. Samenzellen. Arch. f. Anat. u. Phys. Phys. Abteil. 1891. S. 949. 
Citato da Hermann in: Bemerkungen etc. Anat. Anz. V. XIV. Nr. 12. 


— Zellstructuren u. Zellteilungen des Salamanderhodens. Verhandl. d. anat. 
Gesellschaft. Góttingen 1893. 


45. 


46. 


47. 


48. 


49. 


50. 


58. 


99. 


60. 


61. 


62. 


63. 


64. 


65. 


Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 195 


C. Benda, Neuere Mitteil. üb. d. Histogenese d. Sáugetierspermatozoen. Arch. 
f..Anat. u. Phys. Phys. Abteil. 1897. S. 406. 


C. Niessing, Die Beteiligung v. Centralkórper u. Spháre am Aufbau d. Samen- 
fadens d. Säugetiere. Arch. f. mikr. Anat. 1896. Bd. XLVIII. 


Er. Meves, Ueb. d. Entwickel. d. miinnlichen Geschlechtszellen b. Salamandra 
mac. Arch. f. mikr. Anat. 1896. Bd. XLVIII. 


— Ueb. Structur u. Histogenese d. Samenfiden v. Salamandra mac. Arch. 
f. mikr. Anat. 1898. Bd. L e in: Mitteil f. d. Verem Schleswig-Holst. 
Kerzte. 9. Jahrg. Nr. 5: 


v. Lenhossek, M., Untersuch. üb. Spermatogenese. Arch. f. mikr. Anat. 
18952 Bd. me 1922,58 210: 


M. Heidenhain, Ueb. d. Centralkérperchen u. Attractionssphären d. Zellen. 
Anat. Anzeiger. 1891. 

— Ueb. Kern u. Protoplasma. Leipzig 1892. Wilhelm Engelmann. 

— Die Riesenzellen d. Knochenmarks u. ihre Centralkörper. Würzburger 
Sitzungsberichte. 1892. 

— Neue Untersuch. üb. d. Centralkörper u. ihre Beziehungen z. Kern u. 
Zellenprotoplasma. Arch. f. mikr. Anat. Bd. XLII. H. 3. S. 423. 

E. Ballowitz, Untersuch. üb. d. Structur d. Spermatozoen. Arch. f. mikr. 
Anat. 1890. Bd. XXXVI. 

— Fibrilläre Structur u. Contractilitàt. Arch. f. Phys. 1890. Bd. XLVI. 

— Das Retzius'sche Endstück ete. Internat. Monatsschr. f. Anat. u. Phys. 1890. 

— Untersuch. üb. d. Struct. d. Spermatozoen b. Insecten. Zeitschr. f. wissensch. 
Zoologie. 1890. 

— Weitere Beobachtungen üb. d. fein. Bau d. Sáugetierspermatozoen. Zeitschr. 
f. wissensch. Zoologie. 1891. Bd. LII. 

G. Platner, Beitr. z. Kenntnis d. Zelle u. ihrer Teilung. Arch. f. mikr. Anat. 
1889. 

A. Prenant, Obs. cytologiques s. les élém. seminaux des Gastéropodes pul- 
monés. La Cellule. T. IV. 

J. E. S. Moore, On the struct. changes in the repr. cells dur. the spermato- 
genesis of the Elasmobranches. Journ. of mier. Sc. Vol. XXXVIII. 

— Some Points in the Spermatogenesis of Mamm. Intern. Monatsschr. f. Anat. 
u. Phys. 1894. Bd. XI. 

Recenti lavori sulla spermatogenesi non citati nel lavoro. 
Fr. Meves, Ueb. Centralkófper in miinnlichen Geschlechtszellen v. Schmetter- 


lingen. Anat. Anzeiger. Bd. XIV. Nr. 1. S. 1. 


K. v. Bardeleben, Ueb. d. Entstehung d. Axenfaden b. menschl. u. Sáuge- 
tier-Spermatozoen. Anat. Anzeiger. Bd. XIV. Nr. 5. S. 145. — Beitr. 
z. Histologie d. Hodens u. z. Spermatog. b. Menschen. Arch. f. Anat. u. 
Phys. Supplement-Bd. 1897. 

R. v. Erlanger, Bemerk. üb. d. wurmfórmig. Spermatozoen v. Paladina viv. 
Anat. Anzeiger. Bd. XIV. Nr. 6. S. 164. 


15* 


196 


66. 


67. 


68. 


69 


510 


nm 


Dn 


12. 


13. 


74. 


P. Bertacchini, Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 


Fr. Meves, Z. Entstehung d. Axenfaden menschl. Spermatozoen. Anat. Anzeiger. 
Bd aa Nr EC 523168: 


Fr. Houssay, Le role des phénoménes osmotiques dans la div. cellul. et les 
debuts de la mitose. Anat. Anzeiger. Bd. XIV. Nr. 12. S. 305. 


E. Ballowitz, Notiz üb. d. oberflächliche Lage d. Centralkörper in Epithelien. 
Anat. Anzeiger. Bd. XIV. Nr. 14. S. 369. 


3. E. V. Wilcox, Further St. on the spermatogenesis of Caloptenus femur 
rubr. Bull. of the Mus. of Comp. Anat. of Harvard College. 1896. 
Vol. XXIX. 


1. E..Ballowitz, Zur Entstehung d. Zwischenkórpers. Ueb. Kernformen 
u. Sphären in d. Epidermiszellen d. Amphioxuslarven. Anat. Anzeiger. 
Bd. XIV. Nr. 15. 
Per la storia della Spermatogenesi prima del 1887. 
W. Waldeyer, Bau u. Entwickelung d. Samenfäden. Anat. Anzeiger. Bd. II. 
Nr. 12. 
Per lo stato della questione intorno alle sfere, ai centrosomi e alla 
divisione cellulare. 


Fr. Meves, Zellteilung. Ergebnisse d. Anat. u. Entwickelungsgeschichte di 
Merkel e Bonnet. 1897. 


W. Flemming, Morphologie der Zelle. 1. c. 


F. Hermann, Urogenitalsystem. 1. c. 


Fig. 


Fig. 


bo 


~ 115% 


16. 


Spiegazione della tavola V e VI. 


Spermatogonia in riposo sezionata subito sotto al nucleo. Sfera attrat- 
tiva colla zona midollare e la „zona dei granuli“ di V. Beneden, ordinati 
secondo descrive nei leucociti M. Heidenhain. Oc. 3; Obb. imm. 
om. Leitz; disegno colla camera chiara di Nachet. Anche tutte le altre 
figure sono state disegnate colla camera chiara. 


Profasi della 1% divis. eterotipica dello spermatocito. Oc. 3; Obb. 4l. L. 
Fuso primario situato lateralmente ai cromosomi. 
Profasi della 22 div. omeot. dello spermatocito. Incurvamento laterale 


del fuso centrale primario. Oc. 3 Leitz; Obb. x; semiapocr. Koristka. 


Diaster della 22 divis. omeotipica dello spermatocito. Si vede l'origine 

del ,corpuscolo intermediario di Flemming“ delle fibre del fuso centrale 

cariocinetico. (Fascio congiuntivale centrale.) Ingr. come sopra. 

Anafasi della 2% div. omeot. dello spermatocito. Si vede il mezzo cor- 

pusc. interm. di Flemming che resta allo spermatide. Oc. 3; Obb. ++ 

semiapocr. 

Anafasi della 2a div. dello spermatocito. (Dispirema.) Si vede la rotazione 

del nucleo e la formaz. del corpusc. intermed. dal resto del fuso centrale. 
“Bye 1 

OCR AUD AE 

Anafasi della 24 div. omeot. dello spermatocito, prima della divis. del 

corpusc. intermediario. 

Spermatide a telocinesi finita. 


Spermatide a telocinesi finita. Si vede il microcentro (arcosoma e anello) 
contro la membrana cellulare. Oc. 1; Obb. „'; L.. (Met. M. Heidenhain.) 
Idem. L'arcosoma é colorato in rosa; Vanello in violetto. (Jodgrün — 
S. Fuchsin) Oc. 1; Obb. + L. 

Gruppo di spermatidi parietali di un nido cellulare nelle quali 1 micro- 
centri sono tutti da un lato. (Jodgrün— S. Fuchsin.) Oc. 1; Obb. 4; L. 


. 12, 18, 14. Rotazione e translazione del microcentro dalla membrana cellu- 


lare al nucleo. Coloraz. di M. Heidenhain. Oc. 1; Obb. jl. L. 


Principio della trasformazione dello spermatide in nemasperma. La sost. 
acromatica perinucleare (fuoriuscita dal nucleo) è già abbondante; in 
essa è posteriormente immerso l'arcosoma. L’anello è circondato dal 
protoplasma; il filo assiale sporge liberamente. (Med. M. Heidenhain.) 
Oc. 3; Obb. + L. 

Pezzo intermedio libero di un nemasperma quasi maturo. Dal suo polo 
cefalico parte il „filo cefalico“. Coloraz. S. Fuchsin. Oc. 1; Obb. 4l- L. 


WG 


18. 


19: 


. 20. 


AGE 


. 22. 


288 


. 24. 


. 20. 


ll 


P. Bertacchini, Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 


Spermatozoo quasi maturo in cui pezzo intermedio e filo princip. della 

coda sono colorati uniformemente. (Jodgrün — S. Fuchsin.) Oc. 1; 
1 

Os see a: 

Idem. In cui è colorato solo il ,corpo assiale“ del pezzo intermedio e 

il filo princip. della coda col suo ,Endknopf*. Coloraz. e ingr. C. s. 


Idem. È colorato solo il filo principale della coda col suo Endknopf. 
Stessa coloraz. Oc. 3; Obb. 4L- semiaper. 

Idem. È colorato solo il corpo assiale del pezzo intermedio.  Coloraz. 
enner Ce S 

215. Giovani nemaspermi. In a si vede il principio della discesa del 
protoplasma, l'ingrandimento e la disgregazione dell’anello. In 5 il pro- 
cesso è un pò più avvanzato. Vicino al filo assiale principale si vede 
Vabozzo del filo orlante che io reputo un fascio di fibrille staccatosi 
dal primo. Coloraz. Jodgrün — S. Fuchsin. Oc. 3; Obb. 44 L. 

Stesso processo più inoltrato. In questa come nelle precedenti due 
figure si vede che la sostanza cromatica dell’anello (2 centrosomi) passa 
nel principio del filo assiale per penetrare di qui nell'arcosoma (pezzo 
intermedio). Stessa ,coloraz. e ingr. 

Nemasperma quasi maturo. Nel punto in cui l’anello resta fisso al polo 
posteriore del pezzo intermedio si vedono due piccolissimi granuli cro- 
matici e un infossamento del protopl. Coloraz. S. Fuchsin. Oc. 3; 
Obb. + L. 

Idem come fig. 23. E distinto il filo orlante (che aumenta in lunghezza 
e si ripiega) nell'orlo della membrana ondul. Stesso ingr. 


Idem. In cui é ancora molto grosso l,Endknopf* del filo princip. della 
coda. Stessa coloraz. e ingr. 


. 26, 27. Giovani nemaspermi a strutt. ancora spugnosa, in cul l’anello cresce 


d'altezza senza spostarsi, mentre diminuisce lo str. acromatico peri- 
nucleare e il filo assiale si mgrossa. (Met. M. Heidenhain.) Oc. 1; Obb. is L. 
Idem. Coloraz. Jodgrün — S. Fuchsin. Oc. 1; Obb. 4l. L. 

Sezione trasversale di nemasperma in cui esiste ancora la sost. acroma- 
tica perinucleare. 

Sezione trasversale di nemasperma in cui tale sost. è già scomparsa. 
Coloraz. Jodgrün — S. Fuchsin. Oc. 5; Obb. 7 L. 


Appendice apicale. Coloraz. Jodgrün — S. Fuchsin. Oc. 5; Obb. 4l. L. 


Die Fussdrüse von Gastropteron Meckelii Kosse. 
Von 


Bernhard Rawitz. 


Mit 2 Figuren. 


In seiner vortreftlichen Monographie ,,Ueber einige Opisthobranchier“ 
erwähnt Pelseneer') die Fussdrüse von Gastropteron Meckelii und 
giebt, die ganz unzureichende Darstellung von Vayssiere ergänzend, 
folgende Schilderung des betreffenden Organes: ,Sie besteht nicht aus 
zwei unabhängigen Drüsenhaufen, wohl aber aus einer Höhle (Ein- 
stülpung der ventralen Haut des Fusses mit hinterer Mündung), die 
im mittleren Abschnitte’) ein grösseres Lumen hat als gegen die 
Mündung zu; in der Nähe der Mündung ist sie dreilappig. Die Höhle 
liest nach vorn zu mehr dorsalwärts als an der hinteren Mündung; 
ihre Wandung hat Wimperepithel, dessen Wimpern an der ventralen 
Höhlenseite sehr lang sind. Dorsal- und lateralwärts ist die Höhle 
umgeben von einer Masse von Follikeln; jede einzelne Zelle derselben 
mündet selbständig in der Sammelhöhle (l. c. S. 15). Dazu gehört 
Fig. 38 auf Taf. V I. c., welche die Drüse etwa an der Grenze des 
mittleren und hinteren Drittels wiedergiebt. 

Die Schilderung ist durchaus zutreffend, aber sie ist nicht voll- 
ständig. Für Pelseneer, dessen Aufgabe die Erforschung der phylo- 
genetischen Stellung der Opisthobranchier war, hatte die Fussdrüse 


1) Pelseneer, Recherches sur divers Opisthobranches. (Mémoire couronné.) 
Mémoires couronnés et mémoirs des savants étrangers, publiés par l'Académie 
royale des sciences etc. de Belgique. Tome 59. 1894. Bruxelles. 

?) Der von Pelseneer gewählte Ausdruck „au fond“ ist ungenau; meine (freie) 
Uebersetzung hált sich hier mehr an meine eigenen Befunde. 


200 B. Rawitz, 


natürlich nur secundáres Interesse; es soll ihm daher auch aus dieser 
Unvollständigkeit durchaus kein Vorwurf gemacht werden. Doch ver- 
dient das Gebilde eine etwas ausführlichere Beschreibung, denn es 
bietet, wenn man es auf Serienschnitten untersucht, so eigenartige 
Bauverhältnisse dar, wie ich bisher nirgendwo auch nur annähernd ähn- 
liche getroffen habe. 

Die Thatsachen, die ich über dies Organ in den folgenden Zeilen 
mitteilen will, sind mir seit langen Jahren bekannt. Im Anschlusse 
an meine Untersuchungen über „Die Fussdrüse der Opisthobranchier* ") 
hatte ich die Fussdrüse von Gastropteron Meckelii studiert. Meine 
Hoffnung, das was ich hier gefunden durch Studium von anderen 
Opisthobranchiern zu vermehren, ist bisher nicht in Erfüllung gegangen, 
und da für mich wenig Aussicht besteht, in der nächsten Zeit gerade 
derartige Untersuchungen an Mollusken in ausgedehnterem Maasse 
vornehmen zu kónnen, so will ich mit der Mitteilung nicht lànger 
zógern. 

Am hinteren Ende des Fusses dieser Schnecke findet sich genau 
in der Medianlinie ein schmaler Streifen, der sich durch seine Färbung 
von der Umgebung deutlich abhebt. Letztere zeigt am lebenden Tiere 
einen zarten Orangeton, der schmale Streifen ist dunkel ockerfarben. 
Er làuft von der Fussspitze, von der er hóchstens um einen Bruchteil 
eines Millimeters entfernt ist, nach vorn und erreicht eine Länge, die 
etwa den fünften Teil der Gesamtlànge des Tieres betrágt. Das vordere 
Drittel des Streifens liegt der dorsalen Körperfläche genähert, denn es 
erscheint bei der Betrachtung des Fusses von unten verschwommen kon- 
turiert, während das hintere Drittel sich auf der ventralen Fläche scharf 
abhebt. Der Streifen zieht also von vorn und oben nach hinten und 
unten; er ist die Fussdrüse dieser Schnecke. 


Auf Serienschnitten durch den Streifen erkennt man, dass man es 
in der That mit einer Drüse zu thun hat. Das Hauptinteresse nimmt 
der Ausführwngsgang in Anspruch Am vordersten Ende des Or- 
canes trifft man nur Drüsenzellen, dann erscheint der Ausführungsgang 


1) Rawitz, Die Fussdrüse der Opisthobranchier. Abhandlungen der Kgl. 
Preussischen Akademie der Wissenschaften zu Berlin. 1887, 


Die Fussdrüse von Gastropteron Meckelii Kosse. 901 


zunächst in der Form einer schmalen und kurzen Spalte, der, je mehr 
man sich der Grenze des vorderen und mittleren Drittels nähert, immer 
lànger wird und dann auf einmal, noch ehe man im mittleren Drittel 
der Drüse sich befindet, eine Form annimmt, die mit einem sehr lang- 
halsigen chemischen Glaskolben zu vergleichen ist (Fig. 1a). Der Hals 
dieses kolbenfórmigen Ganges ist, wie dies schon Pelseneer gezeichnet, 
dorsalwarts, die bauchige Auftreibung ventralwirts gerichtet. Die drei- 
lappige Gestalt des Ausführungsganges, wie sie Pelseneer (1. c. Fig. 38) 


a 


Fig 1. Querschnitt durch die Drüse im mittleren Drittel (Zeiss Ocul. 2. Syst. D). 
v ventral; d dorsal; a Ausführungsgang; dr Drüsensubstanz. 


zeichnet und die dadurch hervorgerufen wird, dass der bauchige Teil 
seitlich in zwei Zipfel ausgezogen ist, halte ich nicht für normal, 
sondern betrachte sie als durch die Fixierung und vielleicht durch die 
Einschmelzung in Paraffin artificiell verursacht. Mit dem Auftreten 
des kolbigen Ausführungsganges wird der Querschnitt der gesamten 
Drüse ein kreisrunder und diese kreisrunde Form erhält sich bis fast 
zum hinteren Ende. Die Drüsenzellen, über die spáter noch zu reden 
sein wird, liegen ihrer Hauptmasse nach rechts und links vom Halsteil 
des Ausführungsganges (Fig. 1 dr), während dorsalwärts desselben 
nur wenige oder gar keine vorhanden sind. An der ventralen bauchigen 


902 B. Rawitz, 


Erweiterung finden sich niemals Driisenzellen, wie dies Pelseneer bereits 
bemerkt hat. Auf Schnitten constatiert man auch, dass, was die Be- 
trachtung mit blossem Auge bereits wahrscheinlich gemacht und was 
auch Pelseneer schon hervorgehoben hat, im vorderen Drittel die 
Drüse nàher dem dorsalen als dem ventralen Kórperepithel gelegen ist. 


Fig 2. Querschnitt durch die Drüse nahe ihrem hinteren Abschnitte. (Zeiss Ocul. 
2. Syst. D). v ventrale Fliche; @ Ausführungsgang; dr Drüsensubstanz; m Muskel- 
fasern; be Becherzellen im ventralen Fussepithel. 

Je mehr man sich im Schnitt dem hinteren Ende des Fusses und 
somit auch der Drüse nähert, desto schmaler wird die Drüse; sie gleicht 
dann im Querschnittsbilde mehr einer Keule als einem drehrunden 
Strange. Die Form des Ausführungsganges bleibt sich bis zur Mitte 
des hinteren Drittels der Drüse gleich; hier aber tritt eine Veränderung 
ein. Man sieht nämlich, wie sich das Epithel der ventralen Fussfläche 


Die Fussdrüse von Gastropteron Meckelii Kosse. 203 


genau über der Mitte der ventralen Ausbuchtung des Ganges einzusenken 
beginnt. Diese Einsenkung wird immer tiefer, wobei gleichzeitig die 
eigentliche Drüsensubstanz mehr ventralwärts rückt, trifft nach wenigen 
Schnitten auf die bauchige Auftreibung des Ausführungsganges, ver- 
schmilzt mit dieser und statt eines geschlossenen Kanals ist jetzt, im 
hintersten Abschnitte des Organes, eine ventralwürts offene Rinne vor- 
handen (Fig. 9 a). Mit dem Auftreten der Rinne werden die Drüsen- 
zellen allmählich spärlicher (Fig. 2dr); am hintersten Ende fehlen sie 
dann vollstàndig. 

Um diese Schilderung des Ausführungsganges noch einmal kurz 
zusammenzufassen: am vordersten Ende ist er ein schmaler Spalt, 
wird dann ein kolbenartiges Gebilde mit ventraler Auftreibung und 
verwandelt sich schliesslich in eine ventral offene Rinne. 

Schon durch die Existenz des Ausführungsganges ist die Fussdrüse 
von Gastropteron Meckelii scharf unterschieden von den Fussdriisen 
derjenigen Opisthobranchier, die bisher auf solche Gebilde untersucht 
wurden. In meiner eingangs erwähnten Abhandlung konnte ich nach- 
weisen, und Pelseneer hat meinen Nachweis Vayssiere gegenüber be- 
stätigt, dass bei Pleurobranchus testudinarius, Pl. Meckelii, Pleuro- 
branchaea Meckelii, Pleurophyllidia lineata und, wie ich jetzt hinzufügen 
will, bei Tethys leporina die einzelnen Drüsensäckchen, aus denen die 
Organe bestehen, gesondert jedes für sich auf der ventralen Fläche 
des Fusses nach aussen münden. Das Charakteristische der Fussdrüsen 
der früher von mir untersuchten Opisthobranchier ist der Mangel eines 
differenzierten Ausführungsganges und die dadurch bedingte isolierte 
Mündung der Drüsenteile, das Charakteristische der Fussdrüse der hier 
besprochenen Species ist das Vorhandensein eines Ausführungsganges, 
in welchen die einzelnen Drüsensäckchen sich einsenken. Von Interesse 
ist auch die Gestalt des Ausführungsganges, für die ich, wie bereits 
bemerkt, ein Analogon bisher nirgends gefunden habe. Da die Drüsen 
mit ihren Ausführungsgängen durch Einstülpung und nachherige Ab- 
schnürung des Epithels entstehen, so haben wir hier einen gemischten 
Zustand. Der capital gelegene Abschnitt des Ausführungsganges und 
der Drüse ist eingestülpt und abgeschnürt, der caudale Abschnitt ist 


204 B. Rawitz, 


bloss eingestülpt: der Ausführungsgang und die Drüse haben daher 
gewissermaassen einen hemiembryonalen Charakter. 

Es mögen noch einige Angaben über das Epithel des Ausführungs- 
ganges und über die Drüsenzellen folgen. 

Das Epithel der bauchigen Auftreibung des Ausführungsganges 
sitzt auf einer breiten, deutlich lamellós gebauten Basalmembran auf, 
welche die Farbstoffe intensiv aufnimmt. Die Epithelzellen sind ziem- 
lieh niedrige indifferente Wimperzellen, die auf ihrer dem Lumen zu- 
gekehrten Seite einen doppelt konturierten Saum besitzen, dessen äusserer 
Kontur ausserordentlich breit ist und sich intensiv fárbt, wahrend sein 
innerer Kontur nur schwach angedeutet ist. Die Wimpern sind sehr 
lang, stellenweise sogar so lang, dass sie das nicht unbetrachtliche 
Lumen des bauchigen Teiles fast völlig ausfüllen. Auf diese langen 
Wimpern hat bereits Pelseneer hingewiesen. Im halsartigen Teile 
sind die Epithelzellen um '/, hóher als im bauchigen, sie tragen aber 
ganz kurze Wimpern. Das Epithel besteht hier fast ausschliesslich 
aus Becherzellen mit nur wenigen dazwischen gestreuten gewöhnlichen 
indifferenten Zellen. Letztere sind durch die Becherzellen ganz schmal 
gedriickt und erscheinen daher im Schnitte als dunkle Streifen zwischen 
den hellen Becherzellen (Fig. 1). Die Abgrenzung der letzteren gegen 
das Gewebe des Fusses ist eine sehr schwache, von einer deutlichen 
Basalmembran ist hier keine Rede. 

Beziiglich der Epithelbekleidung des rinnenfórmigen Abschnittes 
des Ausführungsganges ist folgendes anzumerken: Das bewimperte 
Epithel der ventralen Fläche des Fusses (das dorsale Fussepithel ist 
wimperlos) setzt sich unter Wahrung seines indifferenten Charakters, 
aber unter Zunahme der Hóhe der Zellen und der Lànge der Wimpern, 
kontinuierlich in das Epithel der Rinne fort. In letzterer haben die 
Zellen von der Grenze des ventralen und mittleren Drittels ab ganz 
das Aussehen der Zellen des bauchigen Teiles des Ausführungsganges. 
Im dorsalsten Abschnitte, da wo die Drüsenzellen sich finden, gleicht 
das Epithel dem des halsartigen Teiles des Ausführungsganges voll- 
kommen. 

Hinsichtlich der Drüsensubstanz ist zu bemerken, dass sie in 
allen Punkten Uebereinstimmung erkennen lässt mit der Drüsensubstanz 


Die Fussdriise von Gastropteron Meckelii Kosse. 205 


der früher von mir untersuchten Opisthobranchier. Sie besteht also 
aus einzelnen Drüsensäckchen oder Drüsenschläuchen, welche eine re- 
torten- oder glaskolbenähnliche Form haben und eine sehr zarte Tunica 
propria besitzen. Diese Drüsensäckchen communicieren niemals mit- 
einander, vielmehr mündet jedes Sáckchen für sich im Ausführungs- 
gangepithel. Man kann an den Säckchen einen Halsteil und einen 
Fundus unterscheiden. In letzterem liegen die Kerne der Drüsenzellen, 
der erstere wird gebildet durch die in die Liinge gestreckten peripheren 
Abschnitte der Leiber der Zellen. 


Berlin, 10. Juni 1898. 


Note on a Diastema between Molars and Premolars 


in an Ox. 
by 
Richard J. Anderson, 
Galway. 


(With 1 Fig.) 


The lower jaw of an ox, that has been used for demonstrating the 
dentition, presents an Anomaly that is somewhat rare, if not in actual, 
at least, in its marked character. 

The Central Incisors have nearly square crowns, so have the 
next pair. The third pair are wider anteriorly and the Corner teeth 
are broader from side to side, than from before backwards, all touch 
at the crowns except the right corners, which are four and a quarter 
inches from the first premolars. 

The premolar range measures two inches from before back (2.3 
a i Inch.) The Molar range three and three eighths inches, 1. seven; 
9. eight; 3. thirteen eighths of an inch. 

The Diastema is one and an eighth inches deep five eighths of 
an inch broad at the middle. A little less above and below. 

The crescentic margin that bounds the fossa leading to the gap 
is an inch external by and three eighths of an inch internally. 

The times of emergence of the Incisors (permanent) may be put 
down as follows. Central (Pincers) 18 to 20 months. Second (18 Inter- 
mediate) at 26 to 30 Months. Third (274 Intermediate) at 36 to 42 
Months. Fourth (Corners) at 3!/, years to 4'/, years. Premolar I: 
21] years; II: 15), years; IIT: 3 years. Molar I: 17/, years; IT: 3 years; 
III: 4 years. The third Premolar therefore appears above the gum 
eighteen months later than its two neighbours. In the specimen in 


R. J. Anderson, Note on a Diastema between Molars and Premolars etc. 907 


question it has scarcely reached the level of the second premolar and 
the pair are much fresher than any of the other molar teeth. 

Taking the teeth of a jaw, at random, in which the mouth is 
“full”, I find that the teeth are approximately the same, in their 
antero-posterior diameters, throughout the molar series. The third 
molar a little more and the second a little less than the jaw with 
the gap. The first molars measure the same from front to the back 
of the crowns. The third premolars are exactly the same in diameter 
from before back. Taking the age as six years, it seems probable 
that during the interval between the emergence of the third Premolar 


and the first Molar of the lower jaw the second Premolar emerged, 
which is somewhat narrower than the corresponding tooth in another 
jaw under examination whilst Premolar III is the same. If the second 
Molar Milk were small, the third permanent Molar might come to 
occupy then a space farther forwards perhaps than it naturally has. 
Another explanation is there might be a primary elongation of the 
dental groove and dislocation of Sacs, so as to throw the range of 
Molars farther back. In two mandibles amongst several examined a 
slight fissure was observed. As a specimen for teaching purposes it 
is particularly convenient. The crescentic groove external to the gap 
is bounded by a ridge that reaches from the middle of the third Pre- 
molar to the middle of the first Molar. 


lellel 


Referate 


von 


W. Krause. 


G. Sperino, Anatomia del Cimpanzè (Anthropopithecus troglodytes 
Trouessart) in rapporto con quella degli altri antropoidi e del- 
l’uomo. Torino. 1897—98. Gr. 8. Unione tipico-editrica. 487 pp. 
Con 14 tav. e 12 fig. 


In dieser sehr hibsch ausgestatteten Monographie schildert der Verf. die 
Myologie, Angiologie, Splanchnologie und Neurologie des Chimpanse unter be- 
stiindiger Berücksichtigung der übrigen anthropoiden Affen und auch des Menschen. 
Die zahlreichen Varietäten der genannten Systeme, namentlich solche, die einer 
regressiven Reihe angehören, nähern den Menschen den anthropoiden Affen, ohne 
dass es notwendig wäre, mehr als allgemeine Blutsverwandtschaft zwischen beiden, 
anstatt directer gemeinsamer Abstammung anzunehmen. Als Beispiel, wie genau 
und erschópfend der Verf. seinen Gegenstand behandelt, sei die Beschreibung eines 
M. scalenus minimus erwühnt, der die A. brachialis von dem gleichnamigen Plexus 
trennt, und an dem betreffenden, etwa zwei Jahre alten, 70 cm langen Tiere nur 
linkerseits vorhanden war; es ist der M. scalenus intermedius Testut, s. scalenus 
accessorius posterior Macalister. Sperino nennt ihn M. scalenus minimus Albin, 
der sich ebenso wie der M. scalenus minimus der neuen Baseler anatomischen 
Nomenclatur an die erste Rippe setzt. Ref. bedauert, dass vermutlich der Umfang 
des Werkes es nicht gestattet hat, die so interessante Darstellung der Osteologie 
des Chimpanse mit in den Kreis der Betraehtung zu ziehen. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


OCT 4 1858 


Die Selbständigkeit der Fibrillen im Neuron. 


Eine Studie über das Granulanetz und die Fibrillen der Spinal- 
ganglienzelle. 


Von 
Dr. W. H. Cox. 


(Mit Tafel VII.) 


In einer seiner Schriften !) sagt Nissl über die Granula der Spinal- 
ganglienzelle: „Die sich färbende Substanz tritt in Form von grösseren 
oder kleineren rundlichen, ovalen oder sphärischen, manchmal auch 
eckigen und unregelmässig geformten Knötchen auf, die dusserst feine 
fadenförmige Ausläufer besitzen.“ ?) 

Später”) hat Nissl den Bau der eben genannten Zellen und die 
Lage der Granula (Substanzportionen nennt er dieselben alsdann) noch 
einmal, und zwar ausführlicher behandelt. 

Obgleich er dabei angiebt, dass die Substanzportionen aufgebaut 
sind „aus runden eckigen Körnchen, aus Kórnchenconglomeraten und 
aus unregelmässigen Schollen einer sich blass, mittelstark und intensiv 
färbenden Substanz“, lässt er an dieser Stelle die fadenförmigen Aus- 
läufer der Granula unberücksichtigt, sodass wir in Unsicherheit sind, 
ob er seiner früheren Auffassung treu geblieben ist oder nicht. 

Flemming *) fand mit den Granula verbunden: geknickte und 
wellenartige Fäden, welche in sehr dünnen Durchschnitten sehr kurz, 


1) Allgemeine Zeitschr. f. Psychiatrie. Bd. L. S. 372. 
*) Die Cursivierung ist von mir. 
3) Allgemeine Zeitschr. f. Psychiatrie. Bd. LIV. S. 76. 
+) Flemming, Zellsubstanz, Kern- und Zellteilung. — Ueber den Bau der Spinal- 
ganglienzellen bei Säugetieren etc. Archiv f. mikrosk. Anatomie. Bd. XLVI. 
Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 14 


210 W. H. Cox, 


sonst aber länger waren. Wohl meinte er, dass diese Fäden mit den 
Axencylinderfibrillen zusammenhängen; er hat diese Voraussetzung 
jedoch nicht genügend gestützt, und ich gestattete mir seiner Zeit !), 
meine Auffassung der Meinung Flemmings gegenüber zu verteidigen. 

In einer späteren Arbeit *), welche ich nur kurz berühren konnte, 
hat Flemming seine Angaben erweitert, bezugnehmend auf Präparate 
von Lugaro. 


Er sagt, dass von Lenhosseks negative Resultate wahrscheinlich 
der mehr oder weniger intensiven Färbung und anderen dazu ge- 
hörenden Manipulationen zuzuschreiben sind, und er fährt fort: „Dass 
man aber wahre langgestreckte Fäden vor sich hat, ist, wie ich denke, 
bei Betrachtung der Abbildung ohne weiteres deutlich.“ Bei diesen 
Worten ist die Hälfte einer Spinalganglienzelle der Katze gezeichnet. 
Man sieht darin geknickte, ziemlich dicke und mit anhängenden Körn- 
chen versehene Fädchen, welche sich mit anderen Fädchen unter spitzen 
Winkeln verbinden. 


Hier spricht Flemming ?) entscheidend von „einem Bruchstückbild 
des Fädchennetzes“ *), und auch bei der Beschreibung von dem Bilde 
nach einem Präparate von Lugaro heisst es?): „Weiter im Inneren 
zwischen diesen (Schollen) und ebenso im Umfang der Zelle, der von 
Schollen ganz leer ist, gehen diese annähernd parallelen Fasern in eine 
netzformige®) Anordnung über.“ Auch noch einige Zeilen weiter wieder- 
holt der Autor seine Auffassung, indem er schreibt, „dass der netz- 
förmige Zusammenhang des Fibrillenwerks sich sehr deutlich mit der 
Stellschraube verfolgen lässt.“ Kurz, Flemmings Anschauung über den 
feineren Bau der Spinalganglienzelle lässt sich in folgenden Worten 
geben: in den Spinalganglienzellen giebt es ein Fibrillennetz, welches 
sowohl mit Körnchen (Granulis?), als auch mit den Fibrillen des Axen- 
cylinders zusammenhängt. 


1) Anat. Hefte. Heft 31. S. 96 u. 97. 

?) Archiv für Psychiatrie und Nervenkrankheiten. Bd. XXIX. S. 972 u. 973. 
9 Gy Sk ree 

4) Die Cursivierung ist von mir. 

> sen ISK Se 

9) Die Cursivierung ist von mir. 


Die Selbstiindigkeit der Fibrillen im Neuron. 211 


Marinesco !) glaubt in einigen Spinalganglienzellen zu sehen: „un 
réseau à mailles assez larges délimitées par des trabécules minces ou 
de calibre moyen“; in anderen: ,un réseau dense, à mailles serrées et 
à points nodaux tres-nombreux“; und schliesslich sieht er wieder in 
anderen Zellen: ,la substance achromatique organisée sous forme de 
fibrilles épaisses, qui constituent un véritable feutrage.“ 

Endlich meint er: ,qu'on doit admettre une continuité anatomique 
entre les fibrilles de ces prolongements (cylindre-axe) et les travées du 
réseau cytoplasmatique.“ 

So wie Flemming berichtet auch der letztgenannte Forscher iiber 
ein Netz, welches mit den Fibrillen zusammenhängt; hier wird jedoch 
das Netz eingeteilt in die „substance achromatique“. 

Es ist einleuchtend, dass diese Aeusserungen bewährter Forscher, 
welche nicht im Einklang waren mit den von mir gefundenen That- 
sachen, mich zwangen, an der Hand meiner und anderer Methoden eine 
Entscheidung nach der einen oder anderen Seite hin zu suchen. Ich 
habe, wie schon oben erwähnt wurde, an anderer Stelle auseinander- 
gesetzt, aus welchen Gründen ich der Meinung bin, dass Flemming die 
; wirklichen Fibrillen nur zum Teil gesehen hat, dass er zum grössten 
Teil Fadchen beschreibt und zeichnet, welche, meiner Meinung nach, 
mit den Fibrillen nichts zu thun hätten, und welche man als Bestand- 
teile der Granula betrachten müsse. 

Ich werde jetzt diese Gründe nicht wiederholen, nur móchte ich 
noch in andern Worten sagen, dass man nicht darauf rechnen darf, in 
der Zelle die echten Fibrillen gut zu sehen, wenn man in den nächst- 
liegenden Axencylindern Fibrillen vermisst, weil sie in den letztern 
weit besser conserviert und gefärbt werden resp. erhalten bleiben wie 
in der Zelle. Hier wie im Folgenden bezeichne ich als Fibrillen 
innerhalb der Zelle nur solche Gebilde, welche identisch sind mit den 
Fibrillen des Axencylinders. 

Auch habe ich die Mitteilung?) gemacht, dass es deutlich war, 


1) Marmesco, Recherches sur Vhistologie de la cellule nerveuse avec quelques 
considérations physiologiques. Comptes rendus des séances de l'académie des 
sciences. 1897 12. Avril. 

?) Anat. Hefte. Heft 31. S. 82. 

14* 


919 W. H. Cox, 


dass die Granula aus Kornchen und Faden bestehen, welche geknickt 
sind, und mit anderen Faden und Kórnchen verbunden sind, und hinzu- 
gefiigt, dass diese Faden mit den echten Fibrillen nicht verwechselt 
werden diirfen. 

Bezugnehmend auf Experimente, welche ich am Kaninchen aus- 
führte, indem ich den Plexus brachealis durchschnitt, hatte ich Gelegen- 
heit Spinalganglienzellen zu sehen, in denen ein grosser Teil der Granula 
(Substanzportionen) oder Flemming- Nissl'schen Kórperchen zu Grunde 
gegangen war. 

In jenen Zellen war es móglich, sowohl den Lauf der Fibrillen, 
wie die Anwesenheit des fraglichen Netzes zu beobachten, so dass 
ich die Hoffnung hegte, bei weiterem Studium zu einer Entscheidung 
zu gelangen. 

Indessen muss ich zugeben, wiewohl aus demjenigen, was ich über 
meine Resultate mitteilen werde, hervorgehen wird, dass ein Teil der 
streitigen Punkte zur Erledigung kommt, dass eine einzige Einwendung, 
welche ich später nennen werde und welche bedingt ist durch die grosse 
Feinheit der Structur, übrig bleibt. 

In Präparaten, welche aus den Spinalganglien des Halsmarkes 
stammen, z. B. vom sechsten, siebenten oder achten Cervicalnerven, 
neun Tage nach dem Durchschneiden des Plexus, findet man eine grosse 
Menge veränderter Zellen. 

In einigen dieser, welche zum Typus I gehören, sieht man, wie 
ich schon früher mitteilte, die Fibrillen pinselförmig in die Zelle ein- 
strahlen (Tafel VII, Fig. 1a). Weiter zeigt es sich, dass die Einstrah- 
lung als solche nicht weiter in der Zelle mehr wahrzunehmen ist, 
und man kann im übrigen Teil der Zelle, ausgenommen an ver- 
einzelten Stellen (b), nicht mehr von einer bestimmten Richtung der 
Fibrillen reden. 

Nur am Orte der Einstrahlung sind die Fibrillen ziemlich lang, 
überall sonst sind sie sehr kurz. Sie müssen deshalb an den Stellen, 
wo sie so kurz sind, ihre Richtung haben von der oberen bis zur 
unteren Fläche des Durchschnittes der Zelle. 

Man findet die Fibrillen überall in der ganzen Zelle, auch zwischen 
den Granulis, mit denen sie jedoch nicht verbunden sind. 


Die Selbständigkeit der Fibrillen im Neuron. 213 


Ein grosser Teil dieser Granula ist verschwunden '), nur in der 
Nàhe des dislocierten Kernes und am Rande der Zelle sind noch etliche 
vorhanden. 

Die Granula und ihr Inhalt, die Kórnchen und geknickten Faden, 
sind dunkel gefárbt, dunkler als die echten Fibrillen. 

Den geknickten Fádchen kann man von einem Granulum zum andern 
folgen. Sie bilden mit andern Worten ein Netz, das an manchen 
Stellen ziemlich weitmaschig, an anderen Stellen engmaschig zu sein 
scheint; dass es so ist, darf man nicht sagen, weil vielleicht Fadchen 
durchgeschnitten sind, welche bei einem dickern Durchschnitte hatten 
verfolgt werden können. 

Es zeigen sich deshalb deutlich geknickte Fäserchen mit anhängen- 
den Granulis neben den Fibrillen. 

Als diese Thatsachen bei mir keinen Zweifel mehr übrig liessen, 
griff ich wiederum nach den Präparaten von normalen Zellen, welche 
schon früher durch den faserigen Bau ihrer Granula meine Aufmerk- 
samkeit auf sich gezogen hatten. 

Zur Fixierung war das Flemming’sche Gemisch benutzt worden, 
zur Färbung Carbol-Methylenblau. °) 

Die Durchschnitte waren reichlich dick und die Entfärbung ziem- 
lich stark. 

Ich konnte jetzt sehr deutlich in jeder Spinalganglienzelle ein 
Netz von Fädchen sehen, an dessen Knotenpunkten Körnchen und 
Klumpen sich befanden. Die Fäden waren geknickt und gekrümmt 
und fast ebenso stark blau gefärbt wie die Körner. In der Fig. 2 
habe ich eine Zelle gezeichnet, welche aus einem derartigen Präparate 
genommen ist. 

Weder in der Zelle noch in den Axencylindern sind die Fibrillen 
sefärbt; es ist kaum möglich, mit Oelimmersion eine Streifung in den 
Axencylindern zu sehen. 

Das Netz jedoch mit den anhängenden Körnchen ist durch das 
Bewegen der Mikrometerschraube so deutlich wahrzunehmen, dass über 


1) Siehe Beiträge zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglien- 
zellen. Intern. Monatsschr. f. Anat. u. Phys. Bd. XV. Heft 9. 
>, Anat. Hefte. Heft 31. S. 99. 


214 W. H. Cox, 


sein Vorhandensein im Praparat kein Zweifel übrig bleibt; man darf 
also diese Faden und Kornchen mit den Fibrillen nicht identificieren. 

Ich wiederhole hier meine Forderung, welche ich früher aus- 
gesprochen habe. Will man in der Zelle Fibrillen nachweisen, so 
miissen sie in dem Axencylinder neben den Zellen deutlich und gut 
gefärbt wahrnehmbar sein! — 

Beim Studieren des Verlaufes der Fibrillen in den verschiedenen 
kranken Zellen zeigte sich weiter, dass meine Auffassung, dass die 
geknickten Fádchen von Flemming keine echten Fibrillen seien, 
richtig ist. 

In der Fig. 3 und 4 sind von einer Zelle zwei verschiedene 
Durchschnitte gezeichnet, mit andern Worten, es sind zwei Durch- 
schnitte aus der Serie einer Spinalganglienzelle. 

In der Fig. 3 sieht man das bündelfórmige Einstrahlen des Axen- 
cylinders, wie dies bei den Zellen von Typus IL!) von mir beschrieben 
worden ist; die Fasern sind ziemlich lang (a). In der Mitte der Zelle 
jedoch (0) und an anderer Stelle (c) sind die Fasern viel kürzer; dies 
ist an sich schon ein Grund, dass die Fibrillen in der Zelle einen mehr 
oder weniger verwickelten Lauf nehmen, aber ausserdem darf man 
daraus foleern, dass die Fasern — man vergleiche nur mit Flemmings 
Figuren — mit den geknickten Fasern Flemmings, an denen gar keine 
einheitliche Richtung sichtbar ist und deren Lange überall ungefàhr 
dieselbe ist, nichts gemein haben. 

Auch die Fig. 4 zeigt deutlich in « und ^5, wie die Fibrillen in 
der Zelle hier in der Richtung der Lange, dort in der Richtung der 
Breite der Zelle laufen, und in der Fig. 5 (6 Monate nach der Opera- 
tion), wie in a, d und c die Fibrillen verschiedenen Richtungen folgen. 

Es würde, meines Erachtens, nicht unmóglich sein, durch das 
Studium von Serien von einzelnen Zellen den ganzen Fibrillenlauf zu 
reconstruieren. 

Es zeigt sich also, dass wir in den grossen Spinalganglienzellen 
finden: 1. ein Netz von geknickten und gekrümmten Faden, verbunden 
mit den Granulis Diese Faden werden leicht entfärbt bei Nissls 


1) à. a. O. S. 95 u. 96. 


Die Selbstandigkeit der Fibrillen im Neuron. 915 


Methode, daher sah Nissl dieselben nur teilweise; sie sind von Flem- 
ming beschrieben und als Fibrillen gedeutet worden. Die Maschen 
des Netzes sind sehr unregelmässig, hier vieleckig, dort länglich, und 
ausserdem unabhängig von diesem Granulanetze finden sich zwischen 
den Maschen des Netzes 2. die Fibrillen. 

Diese bilden eine pinselfórmige Einstrahlung in den Zellen des 
Typus I und folgen alsdann verschiedenen Richtungen, welche in feinen 
Durchschnitten nicht zu verfolgen sind; die Zahl der Fibrillen ist so 
gross, dass sie von Nissls homogener Substanz einen grossen Bestand- 
teil bilden. 

In den Zellen des Typus II verlaufen die Fibrilen in Bündel 
angeordnet, einige rings um den Kern herum in Ebenen senkrecht auf 
der grössten Länge der Zelle (Fig. 3 u. 4a), andere in der Richtung 
der grössten Länge (Fig. 4b). 

Diese Fibrillen entfärben sich sehr leicht und sind, so viel ich 
weiss, nur mittels der von mir angegebenen Methoden zu zeigen. 

Der Vollständigkeit halber zeichne ich noch eine kleine Spinal- 
ganglienzelle. Auch hier ist, weil die Zelle nicht normal ist, der Kern 
dislociert und sind die Granula verändert resp. untergegangen'). Aber 
auch hier sind, eben deshalb (wiewohl nicht so gut als bei den oben 
beschriebenen grossen Zellen) die Fibrillen besser sichtbar, und zwar 
als sehr kurze Fädchen, welche Richtungen folgen, die einander kreuzen 
an der a benannten Seite des Kernes. 

In diesen Zellen sind die Fibrillen nicht so deutlich zu sehen, dass 
man ihren Verlauf mit einiger Sicherheit beschreiben könnte. 

Vor der Beschreibung meiner Befunde, welche ich der Anwendung 
verschiedener Fixierungs- und Färbemethoden verdanke, habe ich schon 
darauf hingewiesen, dass meine Deutung der Thatsachen gewissen 
Zweifeln unterworfen ist. 

Schon an einem andern Orte habe ich die Meinung ausgesprochen, 
dass ein Fibrillennetz in der Spinalganglienzelle nicht da sei, obschon 
entscheidende Argumente damals nicht von mir angeführt werden 
konnten. 


1) Wahrscheinlich wird die Ortsveränderung des Kernes, wo sie stattgefunden 
hat, nicht ohne Einfluss auf den Fibrillenlauf sein. 


216 W. H. Cox, 


Jetzt möchte ich hinzufügen, dass ich stets mit Eifer nach Bildern 
gesucht habe, welche mich von einem Zusammenfliessen von Fibrillen 
überzeugen könnten, ohne jemals auf dergleichen Bilder zu stossen. 

Sind die Fibrillen im Durchschnitt kurz, so sieht man an den 
Enden derselben immer ein dunkles Pünktchen, sind sie lang, so gelingt 
es auch, wenn sie an der Oberfläche liegen, ihre Enden zu entdecken. 
Selbstredend ist das Nichtgesehenwerden kein Beweis für das Nicht- 
bestehen. Doch zweifle ich an der Anwesenheit eines Fibrillennetzes 
jetzt stärker als früher. 

Erstens weil das Netz, von vielen Forschern gesehen, genügend 
beleuchtet ist, und wahrscheinlich das Granulanetz ist. 

Zweitens will es mir (jedenfalls so lange nicht die unbestreitbare 
Wahrnehmung uns dazu nötigt) bedenklich vorkommen, wo mit so viel 
Mühe die Ueberzeugung der Selbständigkeit der Nervenzelle erobert 
ist auf den alten Begriff des Nervenzellennetzes, in der Zelle ein 
Fibrillennetz anzunehmen. 

Eben die Selbständigkeit der Fibrillen ist und bleibt besser ver- 
bürgt, während ausserdem die relative Lage der Fibrillen weniger 
Gefahr hat zerstört zu werden, wenn sie gestützt werden vom Granula- 
netze, zwischen dessen Maschen sie laufen. Mich stützend auf meine 
Untersuchung, muss ich mich entscheiden für die Selbständigkeit der 
Nervenfibrillen. 


Methoden. 


Das Granulanetz zeigt sich am deutlichsten nach Fixierung der 
Zellen in dem bekannten Flemming’schen Gemisch; aber auch in Formol- 
Sublimat-Essigsäure-Präparaten ist es sehr gut sichtbar. 

Ich schneide immer nach Einbettung in Paraffin, welche vor- 
genommen wird unter den üblichen von Heidenhain angegebenen 
Cautelen. 

Zum Färben der Präparate, welche aus der Flemming’schen oder 
der Formolmischung stammen, gebrauche ich Carbol-Methylenblau; 
zum Entfärben habe ich mir die folgenden Mischungen hergestellt: 


Alkoholmischung I: Alkohol 30, Xylol 120. 
n II: Hd dp | Nags 90. 


Die Selbstandigkeit der Fibrillen im Neuron. 217 


Anilinmischung I: Anilin 10, Alkohol 10, Xylol 30 c.c. 
3 rene OME ASE Re 
i A DU 0) 

Erst kommen die Präparate, nachdem sie abgespült und mit Fliess- 
papier getrocknet sind, in die Alkoholmischung I. Sind sie dünn und 
wenig gefàrbt, so kann man nach tüchtigem Auswaschen in reinem 
Xylol bisweilen sehr gute Präparate haben. Sind die Schnitte dick 
und haben sie länger, z. B. 2 Tage, in der Farbstofflösung verweilt, 
dann schreitet man zur Alkoholmischung il und betrachtet danach 
den Schnitt unter dem Mikroskop. 

Ist die Entfärbung noch nicht genügend, so kommen die Anilin- 
mischungen, die in der genannten Folge stets stärkere Entfärbungsmittel 
sind. Mit einiger Vorsicht triffü man sehr bald das Richtige. 

Zum Studium der Fibrillen gebrauche ich jetzt zur Fixierung immer 
meine genannte Osmium-Essigsäure -Sublimatmischung. Die Schnitte 
werden gebeizt mit Tannin-Eisenammoniumsulfat ') und gefärbt in Alaun- 
Baumwollblau. 

Ehe ich die aufgeklebten Schnitte in die Farbstofflösung lege, 
waren sie erst eine Stunde in einer Schale mit Wasser, wozu 1 c.c. 
Wasserstoffsuperoxydlösung gefügt ist. Hier verlieren die Schnitte viel 
von ihrer Osmiumfärbung, was der spätern Durchsichtigkeit der Zellen 
sehr zu gute kommt. 

Die Entfärbung gestaltet sich wie bei den Methylenblaupräparaten, 
nur muss mit den Anilinmischungen sehr vorsichtig manipuliert werden, 
da sonst die Fibrillen entfärbt werden; man kommt aber bald zum Ziele. 


Deventer, Juni 1898. 


1) Anat. Hefte. Heft 31. S. 99. 


Erklirung der Figuren. 


Alle Figuren sind gezeichnet worden mit Hilfe von Zeiss-Abbés neuem Zeichen- 
apparat auf Bernhardts Zeichentisch, nachdem durch einen Objectmikrometer die 
Vergrósserung bestimmt worden war, die bei allen Figuren 800 betrágt (Lage und 
Richtung der Fibrillen wurde bei 1200 facher Vergròsserung controlliert). 

Das benutzte System besteht aus Objectiv Zeiss Apochromat homog. Imm. 
3 mm N.A. 1.40 Ocular 6 und 8. 


Die Zellen entstammten Spinalganglien des Kaninchens, deren periphere Nerven 
durchgeschnitten worden waren; bei den Fig. 1, 3, 4 und 6 acht Tage und bei 
Fig. 5 sechs Monate vor dem Tode des Tieres. 

Die Fixierung der Práparate geschah nach den oben beschriebenen Methoden. 

Fig. 2 ist eine normale Spinalganglienzelle des Kaninchens. Fixierung in 
Flemmings Gemisch. Fárbung mit Carbol-Methylenblau. 


. Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 


Von 
Dr. med. S. Stopnitzki 


in Moskau. 


Mitgeteilt von R. Weinberg. 


(Mit Tafel VILI—XIII.) 


Mit Unrecht steht die sogen. grobe menschliche Anatomie, wie 
Henke zutreffend bemerkt, in dem Rufe einer abgeschlossenen, in allen 
ihren Einzelheiten befriedigend durchgearbeiteten Wissenschaft. Fragt 
man z. B. nur nach den Raumverhältnissen der Bauchhóhle und nach 
der Anordnung der Organe in derselben, so zeigt sich sofort, wie wenig 
wir im Grunde davon wissen. Während den an der hinteren Rumpt- 
wand mehr oder minder fest angehefteten Organen (Niere, Dickdarm) 
eine ganz bestimmte Lagerung zuerkannt wird, ist man bezüglich der 
mobileren Abdominalorgane (Dünndärme) immer der Ansicht gewesen, 
dass sie ohne irgendwelche Gesetzmässigkeit in dem unteren Abschnitt 
des Bauchraumes daliegen und, wo nur freier Raum zwischen den 
übrigen Organen zurückbleibt, so zu sagen als Lückenbüsser eintreten. 
Erst im Verlaufe des letzten Jahrzehntes haben sich gegen diese Dar- 
stellung Stimmen erhoben, auf die im folgenden näher eingegangen wird. 
Es kommen bei der Anordnung des Dünndarms gewisse Verhaltnisse 
des Mesenteriums sehr wesentlich in Frage; deren Einfluss auf den 
Verlauf der verschiedenen Schlingen werde ich hier bestrebt sein näher 
zu eruieren. 

Als zweite unerledigte Frage ist die nach der Länge des Darmes 
zunennen. In der vorhandenen umfangreichen Litteratur hierüber stehen 


290 S. Stopnitzki, 


sich die widersprechendsten Angaben gegenüber, die jedenfalls einer 
eingehenderen Prüfung benótigen. 

Ueber die genannten Verhältnisse hat seiner Zeit Herr Prof. D. 
Sernoff eine Reihe von Untersuchungen angestellt und mir gegenwärtig 
die Aufgabe übertragen, an weiterem Material das Begonnene fort- 
zusetzen. Für diese Aufgabe und für viele wertvolle Ratschläge im 
Verlaufe der Untersuchungen bin ich Herrn Prof. D. Sernoff zu auf- 
richtigem Danke verpflichtet. 


I. Die Anordnung der Schlingen des Dünndarms und des 
Mesenterium Jejuno-ileum.!) 


Ueber die Lagerung und den Verlauf der Jejuno-ileum-Schlingen 
gehen die Ansichten bekanntlich weit auseinander. Einige Autoren 
schreiben dem Dünndarm freien Spielraum über die unteren Teile des 
Bauchraumes zu (Hyrtl, Joessel), andere führen die Regio umbilicalis 
und hypogastrica als Fundstätten desselben auf (Richet), noch andere 
(Gubareff, Linhardt, Treves) leugnen das Vorkommen von Dünndarm- 
schlingen in dem kleinen Becken, wenigstens unter normalen Ver- 
haltnissen. 

Auf eine gewisse Gesetzmässigkeit in der Anordnung der Dünn- 
därme ist zuerst Henke aufmerksam geworden. Das Jejunum ist nach 
Henkes Untersuchungen auf die links-obere Nische der Bauchhóhle 
beschränkt, das lleum verteilt sich auf die rechts-untere Abteilung 
derselben. Getrennt sind beide Schlingengruppen durch die „untere 
Enge* — wo die vordere Bauchwand dem linken Psoasmuskel an- 


1) Dank den schönen Untersuchungen von Erik Müller (Beiträge zur Anatomie 
des menschlichen Foetus. Schriften der Kónigl Akad. d. Wissensch. Stockholm 
1897) darf die in der Ueberschrift angedeutete Frage nach der morphologischen 
Seite hin nunmehr als erledigt gelten. An dem Foetus treten diese Verhältnisse, 
wie schon früher vermutet worden, in voller Uebersichtlichkeit entgegen. Auch 
eine neuere Arbeit von Franklin Mall zielt nach dieser Richtung. Einer gegebenen 
Anregung, diese vor dem Erscheinen der Müller'schen Abhandlung verfasste Arbeit 
in deutscher Sprache bekannt zu geben, glaubte Referent aus dem Grunde gern 
Folge leisten zu sollen, weil nun die Anordnungen des erwachsenen Organismus 
leichter verständlich werden, wie es für zukünftige Untersuchungen lohnend sein 
wird, an verschiedenen Tierspecies die Frage systematisch weiter auszubauen. 
— Die vorliegende, als Doctor-Dissertation erschienene Schrift, hat hier, ins- 
besondere bezüglich der von dem Verf. sehr fleissig und ausführlich zusammen- 
gestellten Litteraturangaben, einige Kürzungen erfahren müssen. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 29] 


liegt —, die nur die verbindende Schlinge hindurchlässt. Die Richtung 
der Schlingen ist links oben eine vorwiegend horizontale, rechts unten 
eine verticale. 

Da aus Henkes Beschreibungen nicht hervorgeht, warum gerade der 
linke Psoas für die erwähnte Abgrenzung von Bedeutung sein sollte, 
und da er nicht näher angiebt, um welche Teile des Dünndarmes es 
sich bei jener regelmässigen Lagerung handelt, und wie sich die ober- 
flächlichen und tiefen Windungen verhalten, so hat Sernoff diese Lücken 
auszufülen gesucht, indem er vier erwachsene Leichen mit 12°/, 
wässeriger Chromsäurelösung durch die Arterien injicierte. Bei der 
eingehend ausgeführten Untersuchung bestätigte sich Henkes Beobach- 
tung nur in einem der vier Fülle, und auch da nur teilweise. Die 
oberflächlichen Schlingen entsprachen in der That dem von Henke ge- 
gebenen Bilde; die zahlreichen tiefen, ?/, der Länge des Dünndarmes 
ausmachenden Schlingen aber verliefen links oben vertical, in dem 
kleinen Becken horizontal. Die erwähnte Verbindungsschlinge fand 
sich ferner nicht unten am Psoas, sondern weiter oben. Constant fand 
Sernoff eine Anordnung in fünf Gruppen, eine links-obere mit horizontalen, 
eine mittlere mit unregelmässigen, zwei seitliche mit verticalen und eine 
Beckengruppe mit horizontalen Schlingen. Die links-obere mit einem 
Teil der mittleren Gruppe enthält das Jejunum, die mittlere, die rechte 
und die Beckengruppe das Ileum. Constant zieht das Endstück des 
Dünndarmes aus dem kleinen Becken schräg nach rechts oben zur 
rechten Darmbeingrube bezw. zum Coecum. Die constante Lage der 
verschiedenen Gruppen erklärt Sernoft erstens durch den schrägen Ver- 
lauf des Mesenteriums von links oben nach rechts unten und zweitens 
durch die geringere Breite der oberen Gekrösehälfte, wodurch ein 
Herabgleiten des Jejunum in die rechte Darmbeinschaufel unmöglich 
wird. Der Verlauf des Endstückes steht in Zusammenhang mit einer 
plötzlichen Verschmächtigung des Gekröses. Sernoff nimmt an, die von 
Henke beschriebene, zwar selten zu beobachtende, aber immerhin vor- 
kommende Anordnung bilde eine Eigentümlichkeit von Individuen mit 
kurzem Darm und schmalem Mesenterium jejuno-ileum. 

Am Neugeborenen hat hierauf Weinberg die Frage weiter studiert 
und Henkes Beobachtungen im Ganzen bestätigt gefunden. In den 


999 S. Stopnitzki, 


Ergebnissen Weinbergs fehlt es nicht an Widerspriichen. So wird be- 
richtet, dass in dem rechten Seitenraum verticale Ziige angetroffen 
werden. Mir scheint jedoch, die Schlingen des rechten Seitenraumes 
finden sich unter denselben Bedingungen, wie die des linken; wenn den 
häufig sich wiederholenden Befunden nach eine Gesetzmässigkeit an- 
senommen werden soll, so müssen die Windungen rechts die gleiche 
Lage haben wie links, und ich begreife nicht, wie Weinberg sie ver- 
schieden angeordnet finden konnte. Ueberhaupt ist zu betonen, dass 
die den Darm aufnehmende Abteilung des Bauchraumes bei Neu- 
seborenen, auf welche Weinbergs Untersuchungen sich beziehen, sich 
in auffallendem Grade von der gleichen Region des Erwachsenen unter- 
scheidet. Dieser Raum nähert sich bei dem Neugeborenen der Form 
einer abgerundeten Grube, beim Erwachsenen ist er mehr oval; bei 
letzterem wegen der Vorwölbung der Wirbelsäule in eine rechte und 
linke Hälfte getrennt, was beim Kinde erst mit der Zeit, wann es 
zu gehen beginnt, eintritt; hier erscheinen die Darmbeingruben infolge 
der geringen Prominenz der Psoates weniger tief, als dort; endlich ist 
die vordere Bauchwand im Kindesalter stärker nach vorne gewólbt, 
während die von Henke angegebene Ordnung der Schlingen sich nur 
bei jugendlichen erwachsenen Individuen mit abgeflachtem Abdomen 
vorfindet. Auf die Lage des Darmes beim Neugeborenen ist auch die 
Leber von erheblichem Einfluss, die in diesem Alter noch so gross ist, 
dass sie aus dem oberen Raum der Bauchhöhle heraustretend die 
Därme abwärts drängt. Kurz, es können die von Weinberg bei Neu- 
geborenen erzielten Ergebnisse auf die Verhältnisse des Erwachsenen 
nicht gut übertragen werden; sie können daher auch nicht zur Be- 
stätigung der Henke’schen Befunde dienen, sondern allenfalls nur für 
Neugeborene Geltung haben. 

Zu ganz entgegengesetzten Resultaten kommt Paschkowski in einer 
Arbeit, die die Ermittelungen von Henke und Sernoff an einem Material 
von zwei mit 12°/, Chromsäurelüsung injieierten Leichen zu prüfen 
versucht. Er findet die rechte und linke Schlingengruppe nicht, wie 
bisher angenommen wurde, durch eine, sondern durch drei bis vier 
Züge verbunden. Seine Untersuchungen sprechen weder für eine Ein- 
teilung in zwei (Henke) noch in fünf Gruppen (Sernoff). Die ober- 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 993 


flächlichen Schlingen machen nicht '/, (Sernoff), sondern ?/, der Ge- 
samtlànge des Jejuno-ileum aus. Die Annahme, die proximale Hälfte 
des Dünndarmes werde von Schlingen der oberen, linken und eines 
Teiles der mittleren Region, die distale von solchen des übrigen Teiles 
der mittleren, der Becken- und der rechten Region des Bauchraumes 
gebildet, erklart Paschkowski für unhaltbar, da in diesem Fall in dem 
links-oberen Raum 75°/,, in der rechts-unteren und in der Becken- 
hóhle nur 25?/, aller Schlingen liegen würden, was der üblichen Ein- 
teilung in ein Jejunum und Ileum nicht entspricht. Auch eine Constanz 
im Verlaufe der Schlingen hält er für zweifelhaft, da hier die aller- 
mannigfachsten Bedingungen wirksam sind. Das Mesenterium soll nicht 
mit einem Dreieck, einem Trapez oder einer Halskrause, sondern mit 
einem Kreise verglichen werden; ein Maximum der Hóhe fand er 80 
bis 108 cm vom Anfang, ein zweites 36—40 cm vom Ende des Dünn- 
darms. Paschkowski warnt vor einer praktischen Verwertung der 
Befunde Henkes und Sernoffs Um die Beziehungen einer beliebigen 
Darmschlinge zu bestimmen, misst Paschkowski von der dieser Schlinge 
entsprechenden Stelle der Radix mesenterii bis zu den beiden Enden 
derselben und nimmt die obere Entfernung als Zàhler, die untere als 
Nenner. Ist das Verhältnis kleiner als 1, so liegt die Schlinge näher 
zum Anfang, ist sie grösser, so liegt sie näher zum Ende des Darms. 
Ob die an und für sich richtige Idee praktisch brauchbar ist, muss 
dahingestellt bleiben. 

Tschaussow untersuchte die Lage der Dünndarmschlingen an zwei 
siebenmonatigen Embryonen, sechs Kindern und zwei Erwachsenen. Er 
fand in einigen Füllen die Beobachtungen Weinbergs, in anderen die 
Henkes, in noch anderen diejenigen Sernoffs bestätigt. Die oberen 
Schlingen des Jejunum lagern nach Tschaussows Befunden in der linken 
Grube bezw. links von dem Psoas sinister, vornehmlich in deren oberem 
Teile, begrenzt rechts durch den linken Rand der Wirbelsäule, links 
durch einen Teil des Hypochondrium, oben durch das Mesocolon trans- 
versum, vorne durch das Colon transversum. Die Schlingen des Ileum 
finden sich in der Grube zwischen beiden Psoaswülsten in der Hóhlung 
des kleinen Beckens und teilweise rechts von dem Psoas dexter. Diese 
Anordnung besteht zu Recht, wenn die übrigen Organe nicht auffallend 


224 S. Stopnitzki, 


vergrüssert oder verlagert sind. Nur in dem entwickelten kleinen 
Becken liegen Darmschlingen, fehlen daher im Kindesalter hier gänzlich. 
In-allem stimmt also Tschaussow bezüglich der Verhältnisse bei dem 
Erwachsenen mit Henke überein. 

Meine eigenen Untersuchungen haben mich zu wesentlich ab- 
weichenden Ergebnissen geführt, namentlich was die Lage der oberen 
Schlingen und ihre Grenze nach rechts betrifft Ueberall in normalen 
Fällen, d. h. wo Leber und Anfangsteil des Dickdarms nicht vergróssert 
waren, fand ich Dünndàrme ebenso sehr rechts, wie links von der 
Wirbelsäule. Die Wirbelsäule trennt nur teilweise die Seitenhöhlen 
des mittleren Raumes von einander und setzt einer Ausbreitung von 
Jejunumschlingen in dem oberen Teile der rechten Grube keine Hinder- 
nisse entgegen. Die Grenze dieser Dünndarmschlingen bildet daher 
nicht, wie 'lschaussow annimmt, der linke Rand der Wirbelsäule, 
sondern das Colon ascendens, ja es kommt vor, dass letzteres von 
Jejunumwindungen überlagert wird. Dieses Verhalten steht in Ab- 
hangigkeit von der Breite und dem Insertionsverlaufe des Mesenteriums. 

Wenn dem Angeführten zufolge die vorhandenen Darstellungen 
von der Lage der Dünndarmschlingen keine bestimmten Schlüsse er- 
möglichen, so scheint mir dies teils durch Insufficienz des untersuchten 
Materials, teils dadurch bedingt zu sein, dass die Beobachter auf die 
Bedingungen, unter welchen sich die Schlingen so oder anders gruppieren, 
zu wenig Gewicht gelegt haben. 

Eine Ausnahme macht in letzterer Beziehung die Arbeit Sernoffs. 
Von diesem Autor ist zuerst auf den Zusammenhang der Dünndarm- 
lagerung mit der Form und Lage des Gekröses hingewiesen worden 
Alle übrigen Autoren dagegen beschreiben nur die verschiedenen vor- 
kommenden Fälle, ohne sich über die Ursachen ihrer Entstehung ge- 
nauer Rechenschaft zu geben. Und doch kann ein bestimmter Typus 
nur dann als gesetzmässig gelten, wenn seine Entstehungsursachen 
bekannt sind und nur in diesem Fall ist ein Verständnis der vor- 
kommenden Abweichungen von dem angenommenen Typus ermöglicht. 

Ich habe es nun unternommen, die früheren Befunde an einem 
möglichst grossen Material einer erneuten Prüfung zu unterziehen, zu- 
gleich aber alle beobachteten Anordnungen der Schlingen stets auf ihre 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 995 


Ursachen hin zu untersuchen. Zu letzterem Behufe wandte ich meine 
Aufmerksamkeit dem Mesenterium zu, mit welchem ja der Dünndarm 
so sehr innig verbunden ist. Ich untersuchte seine Insertionslinie, den 
Ursprungs- und Endpunkt der letzteren, die Hóhe des Gekróses, notierte 
jedesmal das Verhalten von Leber, Magen, Dickdarm, Blase und : 
Rectum, weil Volumsschwankungen dieser Teile die Lage des Dünn- 
darms beeinflussen können. 

Meine Untersuchungen habe ich vorwiegend an Leichen ausgeführt, 
die mit 8°/, wässeriger Chromsáurelósung vorgehärtet waren. In fünf 
Fällen benutzte ich, nach dem Vorgange von Gerota'), statt Chrom- 
säure 15°/, Formalinlösung, doch eignet sich letztere zur Erhärtung 
des Darmes, weil das Gewebe desselben dabei weniger elastisch wird, 
weniger als erstere. Während Sernoff 12°/, Lösungen von Chromsäure 
benutzte, glaubte ich mich mit 8°/, begnügen zu dürfen, teils aus 
Gründen der Sparsamkeit, teils insbesondere, weil mir diese Con- 
centration ebenfalls gute Dienste leistete. Die Injection geschah nach 
dem Vorgange von Sernoff durch die Arteria femoralis. In dieser Weise 
habe ich 12 Cadaver, 2 weibliche und 10 männliche, mit Chromsäure 
behandelt. Dazu kommen 5 mit Formol vorgehärtete Cadaver. Alles 
in allem standen mir 14 männliche und 3 weibliche, durch Injection 
erhärtete Leichen zur Verfügung. Die Befunde wurden an 50 weiteren 
Leichen, die im anderer, an einem späteren Orte zu beschreibender 
Weise behandelt waren, controliert. 

Untersucht wurde in folgender Weise. Zwei Tage nach der In- 
jection wurde die Leiche eröffnet, nachdem vorher die äussere Form 
des Abdomens beschrieben war. Das Netz wurde nach oben umgelegt 
und sodann zur Untersuchung der Dünndärme geschritten. Die ein- 
zelnen Schlingen brachte ich zunächst auf eine schematische Skizze, die 
tiefen Schlingen nach einfachem Emporheben der oberflächlichen, die 
infolge der angenommenen Elastieität sofort in ihre frühere Lagerung 
zurückkehrten. Nach Beschreibung der Anordnung der Dünndarmzüge 
nahm ich die Längenmessungen vor, prüfte sodann das von dem Darm 
befreite Mesenterium und verglich den Verlauf des letzteren mit der 


1) Contribution à l'étude du formol dans la technique anatomique. Diese 
Monatsschrift 1896. Bd. XIII. 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 15 


226 S. Stopnitzki, 


schematischen Skizze. Schliesslich trennte ich auch das Mesenterium 
ab und untersuchte ihre Insertionslinie. In jedem Falle wurde, wie 
schon erwähnt, auf die übrigen Organe des Bauchraumes gebührend 
Rücksicht genommen, da Volumveränderungen derselben nicht nur ganze 
Schlingengruppen verdrängen, sondern auch die Richtung derselben 
wesentlich alterieren können. 

Ich will nun zunächst die Höhle, in welcher der Dünndarm seine 
Lage hat, und das Mesenterium, an welchem er aufgehängt ist, kurz 
beschreiben. 

Durch das Mesocolon transversum zerfällt der Bauchraum in eine 
obere und untere Abteilung. Die Grenze beider entspricht dem oberen 
Rande der Nieren. Von der oberen Abteilung soll nur erwähnt werden, 
dass die darin befindlichen Organe: Leber, Milz, Magen, unter normalen 
Verhältnissen die angegebenen Grenzen nicht überschreiten und die 
darunterliegenden Höhlen nicht einengen. 

Die Unterscheidung von drei Höhlen in der unteren Abteilung des 
Bauchraumes (Henke) ist völlig dem Thatsächlichen entsprechend. Man 
überzeugt sich leicht hiervon, wenn Darm und Mesenterium abgelöst 
sind. Das Hervortreten der Musculi psoates dient zur Abgrenzung der 
zu unterst liegenden Beckenhöhle; die Convexität der Wirbelsäule teilt 
den Rest des Raumes in zwei Seitenhöhlen. Die Weite der Bauch- 
höhle hängt vorzugsweise ab von der Gestalt der sehr dehnbaren 
vorderen Wand. Bei beleibten Personen erscheint diese Wand kugel- 
formig, bei mageren dagegen ist sie mehr oder weniger eingezogen. 
Als normales Abdomen kann ein solches bezeichnet werden, dessen 
vordere Wand mit dem Thorax annähernd in der gleichen Ebene liegt. 
Betrachtet man ein solches Abdomen von aussen, so erkennt man, dass 
die vordere Wand desselben etwa drei Querfingerbreiten oberhalb des 
Nabels sich nach innen wölbt, infolgedessen die Bauchhöhle an diesem 
Orte eine Einengung erfährt. Man bezeichnet diese Stelle gewöhnlich 
als Taille; Henke führt sie als „obere Enge“ auf. Sie dient den in 
der oberen Abteilung der Bauchhöhle liegenden Organen gewisser- 
maassen als Stütze. Die nämliche Einwärtsknickung der Bauchwand 
ist auch seitlich in der Gegend der 12. Rippe bemerkbar; sie entspricht 
dem geringsten Querdurchmesser in der mittleren Region der Bauchhöhle. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 997 


Die untere Enge, die nach Henkes Beschreibung den mittleren 
Raum von der Beckenhöhle abgrenzt, kann aussen wegen der hier 
fehlenden Knickung der Bauchwand nicht wahrgenommen werden. Sie 
verdankt ausschliesslich der Vorwölbung der Psoasmuskeln ihre Ent- 
stehung. Nach Henke ist diese Enge so beträchtlich, dass ihre sagittale 
Ausdehnung 1—2 em beträgt und dass sie nur einen einzigen Darmzug 
hindurchlässt, welcher die obere Schlingengruppe mit der unteren in 
Verbindung setzt. Henkes Beobachtung findet aber nur an sehr ab- 
gemagerten Cadavern Bestätigung, wo die vordere Bauchwand so ein- 
gefallen ist, dass sie ganz auf der Wirbelsäule liegt. Solche Fälle 
können aber kaum noch normal genannt werden. Jedoch auch in 
diesen Fällen habe ich nur selten beobachten können, dass die Enge 
nur einen einzigen, nämlich den vorhin genannten Verbindungszug 
passieren liess. Viel öfter kamen ausser diesem letzteren noch 1—2 
Schlingen vor, die dicht bis zum Eingang in das kleine Becken herab- 
stiegen und dann nach oben zurückkehrten. Wie auf der Wirbelsäule 
lagerte hier der Dünndarm in zwei bis drei Schichten, nicht aber in 
mehreren, wie z. B. in dem linken Seitenraume unter dem Magen. Es 
kann somit der den Darm aufnehmende Teil der Bauchhöhle in drei 
Teile getrennt werden. Zwei derselben liegen zu beiden Seiten der 
Wirbelsäule, von dem Mesocolon transversum abwärts bis in die Fossae 
iliacae sich hinziehend. Die dritte entspricht der Höhlung des kleinen 
Beckens. Die durch die Vorwölbung der Psoaswülste bedingte Enge 
behindert in normalen Fällen nicht den Verkehr der oberen mit der 
unteren Höhle, wie auch die Lordose der Wirbelsäule die Communication 
der oberen Räume unter einander nicht beeinträchtigt. Horizontal- 
schnitte von in Chromsäure erhärteten Leichen lassen darüber keinen 
Zweifel übrig. 

Ausser dem Dünndarm sind in den geschilderten Räumen noch 
andere Organe vorhanden und es fragt sich nun, wie sich beide in den 
disponiblen Raum teilen. 

Die beiden oberen Räume umfassen eigentlich den mittleren Teil 
der Bauchhöhle: den unteren Abschnitt der beiden Hypochondrien, die 
Regio umbilicalis, die beiden Regiones lumbales und beide Darmbein- 
schaufeln. Durch die Lendenkrümmung von einander geschieden, er- 


15 * 


228 S. Stopnitzki, 


scheinen sie als Kinsenkungen, die durch die Nieren in der Tiefe etwas 
abgeflacht werden. Ihre einzelnen Teile sollen hier topographisch, wie 
Henke dies thut, betrachtet werden. 

Die rechte Fossa iliaca beherbergt den Anfangsteil des Dickdarms, 
das Coecum, welches in das Colon ascendens übergeht und zur Regio 
lumbalis, sowie zu dem unteren Teil der Regio hypochondriaca empor- 
steigt. Doch füllt der Dickdarm, wenn er nicht übermässig gedehnt, 
die erwähnten Räume nicht ganz aus, es bleibt vielmehr zur Lagerung 
von Dünndarmschlingen genügend Platz übrig. Henkes Ansicht, der 
zufolge die in dem rechten Hypochondrium befindliche Leber, durch 
die obere Enge durchtretend, das gesamte Gewólbe des rechten Seiten- 
raumes ausfüle und keinen Raum für Dünndärme hier übrig lasse, 
kann ich nicht beistimmen. Wenn die Leber normale Grösse besitzt, 
so tritt sie nie über den Raum der Rippen, und wenn das von Sernoff 
entdeckte Lig. phrenico-colicum dextrum, welches in der Mehrzahl der 
Falle von dem Rande der falschen Rippen zu dem aufsteigenden Dick- 
darmschenkel verlàuft, vorhanden ist, so làsst sich nachweisen, dass 
die Leber mit ihrem unteren Teile diesem Rande aufruht. Die Lage 
der Leber muss an vorgehárteten Leichen untersucht werden, weil 
dieses Organ vorwiegend durch den intraabdominalen Druck festgehalten 
wird und letzterer nach Eróffnung der Bauchhóhle nicht mehr wirksam ist. 

Das Colon transversum senkt sich sehr oft weit nach unten, ja 
überschreitet die Nabelhöhe. Dies fand ich in 20?/, aller meiner Fälle; 
in zwei Fallen lag das Quercolon auf dem Promontorium, in einem, 
wo das Netz eine Inguinalhernie erzeugte, lagerte es an dem inneren 
Leistenring. Meist lag das Quercolon auf dem Dünndarm, doch war 
es in einigen Fallen auch von solchen bedeckt, wobei das grosse Netz 
zusammengerollt inmitten der Dünndärme sich vorfand. 

Die Insertionslinie des Mesocolon transversum verláuft in der linken 
Hälfte der Bauchhóhle höher aufwärts als rechts, weshalb der linke 
Seitenraum sich weiter nach oben erstreckt als der rechte. Das Colon 
descendens lässt wegen seines geringeren Umfanges im Verhältnis zu 
dem Colon ascendens den Dünndärmen mehr Spielraum als dieses. 
Auch die Regio umbilicalis, auf deren Grund sich das Duodenum be- 
findet, nimmt Dünndarmschlingen auf. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 999 


Die Beckenhóhle ist bei normalem Verhalten der Blase, des Rectums 
und des Uterus ebenfalls im Stande, Dünndarmschlingen zu beherbergen. 

Kurz, es sind bei normaler Grösse der übrigen Organe sämtliche 
Regionen der Bauchhöhle zur Aufnahme von Dünndärmen befähigt. 

Die Anordnung der verschiedenen Dünndarmschlingen wird be- 
einflusst durch die Lage und Hóhe des Mesenteriums, an welchem sie 
befestigt sind. Diese Verhältnisse sind nun zu untersuchen. 

Das Mesenterium jejuno-ileum lässt zwei Teile unterscheiden. Der 
eine liegt der Wurzel näher, breitet sich flächenhaft aus und kann mit 
einem Segment verglichen werden. Der andere grenzt an den Darm, 
bildet zahlreiche Falten in Form einer an das erwähnte Segment be- 
festigten Halskrause. Sehr zutreffend vergleicht Sernoff das Gekróse 
mit der Form des Hahnenkammes (Celosia cristata). 

Ueber die Hóhe (Breite) des Mesenteriums und den Verlauf seiner 
Insertionslinie an der hinteren Bauchwand liegen, so viel ich weiss, 
bisher keine eingehenden Untersuchungen vor. Die vorhandenen An- 
gaben hierüber sind teils ungenau, teils stehen sie in Widerspruch mit 
einander. Nach Hyrtl') ist das Mesenterium am breitesten an dem 
unteren Ende des Dünndarmes, nach Tillaux”) in dem mittleren Teil 
desselben. Diese abweichenden Darstellungen haben darin ihren Grund, 
dass bisher noch Niemand sich die Mühe genommen, das Mesenterium 
genau zu messen. Ich habe diese Messungen an 25 Leichen ausgeführt. 
Ich maass die Lange des Dünndarmes an dem freien Rande und zerlegte 
sie in 20 gleiche Teile. Sodann maass ich die Radix mesenterii und teilte 
sie ebenfalls in 20 gleiche Teile. An jedem Teilstrich der Gekrösewurzel 
wurde ein Faden befestigt, der spàter zur Messung diente. Nachdem 
alle 20 Faden an der Radix mesenterii befestigt waren, führte ich sie 
zu den entsprechenden Teilstrichen an dem Darm und erhielt durch 
Messung der Lange dieser Faden sofort die Breite des Mesenteriums. 

In der umstehenden Tabelle findet sich die Breite des Mesenteriums 
an 20 Punkten seiner Lànge, ferner die Breite in 10 cm Abstand vom 
oberen und unteren Dünndarmende, schliesslich. die Lànge des Dünn- 
darmes und der Radix mesenterii angegeben. 


!) Handbuch der topographischen Anatomie. Wien 1871. 
?) Lehrbuch der topographischen Anatomie. Russ. Uebers. 1896. 


230 S. Stopnitzki, 


| 
| 
1 
| 


& |e [8S à 
2 g Cona Breite des Mesenteriums in verschiedenen a2 
EM Ey 222 Entfernungen vom oberen Ende Es 
z| a8 | £2 e238 toh. ris Ji FEE 
o| 58925 483 des Dünndarmes ge 
a | As | 22 lobe aoc 
218 |$ (EE i 82 
S c TD = 
“|S |® les RE 

E 8 |9«- |1/2|3/4/5/6|7 8\9/10[11112113114|1511617|1819]20| 3 3 

= H |A | #2 
1 | 408 | 14 4 | 6| 8) 711011112113 1313112 11|10/1012/13/13/12/10 | 6 
2 | 342 | 15 3 | 5) 6| 8) 7| 910]11211|1211|1110]1110]10 12/112 1210 0|| 6 
3 | 820 | 16 4 || 6| 8 7 8} 9101011010 9) 9} 8) 8| 91010/ 9, 9 8|O| 4 
4 | 560 | 16 3 | 5| 7| 9/101215141413/12/11213/112 1413/15116 16 14 2 | 6 
5| 472 | 10 4 |6 7, 8| 7| 911/121212/11| 910, 9) 91011112:1210|0| 4 
6 | 490 | 16 | 4 | 6| 810) 9/11/12]12/12|10/10| 9) 9/11110/1213/131211/5| 8 
7 || 602 | 17 6 | 8/11110/12113/]14115115114113112\10 12113112,14 1515113 2 || 8 
8 || 600 | 15 4 | 7 8 7| 9101214/14 1312|11]10 911|131413/14]12 3 | 5 
9 | 425 || 15 5 | 91011/01211)13/1311/10 9/10|11|12]13|13|13|12/11|3| 8 
10 || 485 || 16 4 | 7| 910/1012/13/13]12/11| 91101111011112113121311 0| 6 
11 || 566 || 16 6 | 8, 9) 710112/13114/15114/13111/]12111 111112113. 1411513, 0 | 7 
12 || 428 | 16 4 | 810) 9,10) 9111112/13113,11110) 9) 91101211131412 4| 8 
13 || 470 | 14 | 4 | 6 8| 9/10) 9112]1213/13]13111/112111/12113]111138]12110/0 | 6 
14 || 583 | 13 5 | 7| 910[11|10|12|13|14|15|13|12/12/10/11|13(14|15|15(12|0| 7 
15 || 688 || 17 6 | 8/10) 9111/112113114116/115114 1210. 11112!14/11517 16.140 | 5 
16 | 457 | 15 5 | 9 7| 9/10111112113/13113)12111/11 1012/11 131313|11/ 0| 6 
17 || 380 | 18 3 | 5| 6| 8| 7| 91011/111,11212 11,10| 9 1012/1212 1110/0 | 6 
18 || 623 | 17 6 | 9) 810/1112/14151413121110 11112113114 15.1513, 0 | 8 
19 || 508 || 15 6 |1010/2/1012/13/]13]112/11111,12 11 12113114115 14112) 8|0| 5 
20 || 456 || 18 6 | 8| 9110) 9/11|12/13/13/12]11|10|11|12,11/13/13|13/12|10|2|| 6 
21 | 543 | 20 7 | 9/11)11)10}12/13)13)13/11) 9101011112113111131210 0} 7 
22 || 436 | 18 6 |7 7 9110/11131312111101011111011121313/10 0 |. 6 
23 | 324 | 12 4 | 5) 6| 6 8 9/10/10/11)11)12/13)13}12)11)10} 9} 9 8) 710 4 
24 | 483 | 14 7 | 9 91010121314141312111110111314141210 0| 6 
25 | 365 | 14 5 | 8] S| 8) 9| 910/1011/12/13/131121212|1111,1010) 9/0]. 7 


In dem Fall 1 der obenstehenden Tabelle sehen wir die Breite 
des Mesenteriums allmáhlich ansteigen und etwa zwischen oberem und 
mittlerem Drittel ihr Maximum erreichen, auf welchem sie sich bis zur 
Mitte erhält. Dann nimmt die Breite des Mesenteriums etwas ab, 
gelangt aber zwischen ca. mittlerem und unterem Drittel wieder zu 
dem obigen Maximum, um nach einiger Zeit rapid abzunehmen. 

Wir sehen somit, dass die grósste Breite des Mesenteriums sich 
nicht an einer, sondern an zwei Stellen des Darmes vorfindet, nämlich 
einmal an der Grenze des oberen und mittleren '/, und ein zweites 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 231 


Mal in dem unteren '/, der Darmlänge. Die Breite des Gekróses steht 
in Correlation mit der Breite der Bauchhóhle. Letztere ist nämlich 
unter dem Mesocolon transversum von ansehnlicher Breite, verengert 
sich abwärts in dem Gebiete zwischen 12. Rippe und Darmbeinkamm 
und wird in der Gegend der Darmbeingruben wieder ausgedehnter. 
Die beiden Maxima der Gekrósebreite kónnen in ihrer Lage zum Darm- 
ende etwas schwanken. Das untere Maximum kann ferner das obere 
übertreffen, doch sind diese Fülle im Ganzen selten. 

Eine Ausnahme von diesem Typus bilden die Falle 23 und 25. 
Hier giebt es nur ein einziges Maximum im mittleren Teil des Dünn- 
darmes mit allmáhlicher Abnahme gegen das Ende hin, ahnlich wie in 
den Beobachtungen von Tillaux. Sie bilden, da sie ausserordentlich 
selten vorkommen, eher die Ausnahme denn die Regel. 

Sehr oft (s. Tabelle) führt das Mesenterium, während es allmählich 
breiter wird, Schwankungen aus. Diese Schwankungen sind dadurch 
bedingt, dass der intestinale Rand des Mesenteriums keine gerade, 
sondern eine zickzackfürmige Linie bildet. 

Nur ein einziges Mal erreichte die maximale Breite des Mesen- 
teriums 17 cm, während dieselbe im Mittel 14 cm beträgt. 

Die Hartung in 8?/, Chromsáurelósung bedingt eine Schrumpfung 
der Gewebe um 10?/, (s. unten). Bringt man dies in Rechnung, so 
lasst sich die maximale Breite des Mesenteriums im Mittel auf 15 cm 
schätzen. Grössere Werte weisen auf Dehnung des Mesenteriums oder 
auf pathologische Zustánde hin. 

Was die Endigung des Mesenteriums betrifft, so sind am haufigsten 
die Falle, wo die Breite desselben von dem unteren Maximum rapid 
abnimmt und an dem coecalen Ende gleich Null wird. Doch ist auch 
an der Verbindungsstelle mit dem Dickdarm nicht selten ein Mesen- 
terium von 2—3 cm Breite zu beobachten, ja in dem Fall 6 zeigte 
das Mesenterium hier 5 cm Breite, doch kam der Dünndarm nicht wie 
gewohnlich aus dem Becken, sondern aus der linken Fossa iliaca her. 
Manchmal hört das Mesenterium schon früher auf und der Dünndarm 
heftet sich dann eine Strecke weit unbeweglich an der hinteren Bauch- 
wand fest. Tafel VIII illustriert einen solchen Fall, wo ein Teil des 
Dünndarmes ohne Gekröse dem M. psoas dicht anliegt. 


292 S. Stopnitzki, 


Mit der Achtung der Insertionslinie des Gekröses bei dem Er- 
wachsenen bescháftigt sich, so viel ich sehe, nur die Arbeit von 
Schiefferdecker') eingehender. Der allgemein üblichen Darstellung zu- 
folge geht das Mesenterium von der linken Seite des 2. Lendenwirbels 
schrág nach rechts zu der Articul. sacro-iliaca dextra. Die genauere 
Untersuchung zeigt aber, dass dies nicht immer der Fall ist. 

Es kommen vor allem mancherlei Schwankungen vor. Ferner ist 
die Lage des duodenalen Jejunumendes hier von Bedeutung. Ich habe 
an 60 Leichen gefunden, dass die Ansicht von Schiefferdecker, die 
Uebergangsstelle des Duodenum in das Jejunum finde sich an der 
Grenze zwischen 1. und 2. Lendenwirbel, nicht bedingungslos acceptiert 
werden kann. Oft fand ich den Beginn des Jejunum höher oben, ent- 
sprechend der Mitte des 1. Lendenwirbels, andere Male tiefer unten 
an der Grenze zwischen 2. und 3. Lendenwirbel, Falle, die übrigens 
auch Schiefferdecker selbst erwähnt. 

Liegt die Flexura duodeno-jejunalis hoch (Taf. VIII), so ist die Pars 
ascendens betrachtlich und das Duodenum zeigt Hufeisenform; liegt 
jene tief (Taf. IX), so ist diese klein oder gar nicht vorhanden. Der 
Beginn der Flexura duodeno-jejunalis nähert sich bald der Mittellinie, 
bald liegt sie mehr nach links hin, wie auch Schiefferdecker hervorhebt. 
Nach alledem erweist sich die Lage des oberen Jejunumendes nicht so 
constant, als Schiefferdecker glaubt. Jede tiefere Lage des Jejunum- 
anfanges braucht daher nicht unbedingt abnorm zu sein. Die Schwan- 
kungen bewegen sich zwischen der Mitte des 1. Lendenwirbels bis zu 
der Scheibe zwischen Lendenwirbel 2 und 3, also innerhalb der Grenzen 
von 1'/, Wirbeln. In einem Falle wurde auch diese Grenze über- 
schritten (Taf. XII, MOG). 

Noch gróssere Schwankungen zeigt die Lage des coecalem Dünn- 
darmendes. Die Mannigfaltigkeit ist hier so gross, dass es schwer ist, 
zwei einander vollig identische Falle aufzufinden. Vor allem variieren 
die Dimensionen des Blinddarmes sehr bedeutend und unterliegen 
mancherlei individuellen Verschiedenheiten. Tafel XII giebt in schema- 
tischer Weise eine Vorstellung von diesen Verhältnissen, wiewohl sie 
nicht alle vorkommenden Abweichungen erschópft. 


!) Beitráge zur Topographie des Darmes. Arch. f. Anat. u. Phys. 1896. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 933 


An dieser Abbildung erkennt man zugleich, dass durch den An- 
fangs- und Endpunkt die Richtung der Insertionslinie selbst nicht immer 
bestimmt wird. So zeigt sie in dem Fall MOG die Form einer ge- 
brochenen Linie, oben annáhernd horizontal, unten ganz vertical. Da- 
gegen erscheint die Linie À MH oben vertical längs der Wirbelsäule 
verlaufend, unten in horizontalem Zuge die Kórper des 4. und 5. Lenden- 
wirbels schneidend. 

AJ, AK und AF entsprechen den am haufigsten, AD und AE 
den am seltensten vorkommenden Fällen. AB und AC sind mir nur 
je einmal entgegengetreten (weniger als 2°/,) und kónnen als anomal 
gelten. Aehnliche seltene Fälle sind von Gruber!) und Sernoff?) be- 
schrieben worden. Beide sind einander sehr ähnlich und laufen einander 
parallel, nur findet sich AB etwas höher als AC. Wie die Fälle von 
hoher Einmündung des Jejunum in den Dickdarm, so ist meines Er- 
achtens auch der verschiedene Verlauf der Insertionslinie des Gekröses 
auf Entwickelungshemmung (Gruber, Schiefferdecker und Toldt) zurück- 
zuführen. 

Meine Untersuchungen über die so ausserordentlich variierende 
Lage der Dünndarmwindungen habe ich, wie schon erwähnt, an 17 
durch Gefassinjection vorgehärteten und 50 weiteren Leichen, deren 
Darm durch allmähliches Eingiessen von Chromsäure durch den Nabel 
fixiert worden war, ausgeführt. Jedoch stütze ich meine Ergebnisse 
hauptsächlich auf die Befunde an den durch die Art. femoralis injicierten 
Leichen, da die Eingiessung von Flüssigkeiten durch den Nabel un- 
geachtet aller angewandten Vorsicht möglicherweise doch gewisse Ver- 
schiebungen der Dünndärme nach sich ziehen könnte. Die umbilicale 
Injection wurde vor allem zum Zwecke der nachherigen Messung 
der Darmlänge vorgenommen; für die Lage der Därme dienten diese 
Präparate nur als Controle. 

Die am häufigsten vorkommende Anordnung der Dünndärme ist 
auf Tafel X dargestellt. Es handelt sich um ein männliches Individuum 
von 37 Jahren, von gutem Körperbau, verstorben an croupóser Pneu- 


?) Beiträge zu den Bildungshemmungen der Mesenterien. Arch. f. Anat. u. 
Phys. 1862. 
ya a.r0! 


234 S. Stopnitzki, 


monie. Abdomen abgeflacht. Sämtliche Organe der Bauchhöhle finden 
sich in normaler Grósse, nur das Coecum etwas geblaht. 

Von der Flexura duodeno-jejunalis begiebt sich der Dünndarm 
(vergl. die Skizze des Mesenteriums) horizontal nach rechts unter die 
Leber, geht dann nach Beschreibung dreier verticaler und zweier horizon- 
taler Schlingen in langem horizontalen Zuge zum linken Hypochondrium, 
wo eine ganze Reihe verticaler Züge folgen, die aber die Fossa iliaca 
sinistra wegen der hier liegenden Flexur nicht erreichen. Sodann 
geht das Mesenterium mit einem horizontalen Zuge zur Nabelgegend, 
um hier sehr verschiedene Schlingen zu beschreiben, làuft wiederum 
zur rechten Darmbeingrube, legt sich auf den Blinddarm und steigt 
nach Bildung eines verticalen Zuges zum Becken herab. Hier findet 
sich vorwiegend quer-horizontale Anordnung, doch gehen die Schlingen 
von hier über den Psoas dexter zur rechten Fossa iliaca und kehren 
wieder in das Becken zurück. Aus dem Becken verläuft der Dünn- 
darm schliesslich schràg von links nach rechts zur Einmündung in das 
Coecum. 

Zwei grosse Abteilungen von Schlingen kónnen unterschieden 
werden. Die eine umfasst das rechte und einen Teil des linken Hypo- 
chondrium, das Epigastrium und den oberen Teil der Nabelregion; die 
andere den unteren Teil der Regio umbilicalis, einen Teil der Fossa 
iliaca dextra und die Beckenhóhle. Mit anderen Worten: das Jejunum 
lagert sich in dem oberen Teil der mittleren Bauchgegend zu beiden 
Seiten der Wirbelsäule, das Ileum in dem unteren Teil dieser Gegend 
und im kleinen Becken. 

Beide Abteilungen kónnen nach dem Verlauf der Schlingen und 
Züge in Gruppen zerlegt werden. Die Schlingen beiderseits von der 
Wirbelsäule sind vorwiegend vertical, diejenigen unter dem Mesocolon 
transversum und im Becken horizontal, diejenigen in der Mittelgegend 
von unbestimmtem Verlauf. Es sind also alles in allem fünf Gruppen 
zu unterscheiden. | 

Die soeben beschriebene Lagerung des Dünndarmes entspricht der 
überwiegenden Mehrzahl der Fälle und zugleich den Darstellungen, die 
Prof. Sernoff über diese Verhältnisse giebt. Geringe Abweichungen 
kónnen darin bestehen, dass der Darm sich von der Flex. duodeno- 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 235 


jejunalis nicht nach rechts, sondern nach links begiebt und sodann nach 
Bildung einer Schlingengruppe nach rechts zuriickkehrt. Wenn das 
S. romanum in der linken Fossa iliaca fehlt, so treten verticale Dünn- 
darmzüge an seine Stelle. 

In der Höhle des Beckens sind ausser quer-horizontalen häufig 
sagittal-horizontale Züge anzutreffen. Die Lage des ileo-coecalen Ver- 
bindungszuges ist keine bestimmte: bald findet er sich oberhalb der 
von Henke angegebenen Stelle, bald geht er nicht zum kleinen Becken 
hinab, sondern an die rechte Seite der Wirbelsäule, wie in dem vorhin 
beschriebenen Fall Ausserdem kommen nicht selten zwei statt einer 
Verbindungsschlinge vor. 

Bedingt wird diese Lagerung des mesenterialen Dünndarmteiles, 
wie Sernoff zuerst nachwies, durch die Art der Anheftung des Ge- 
króses. Das Vorkommen einer solehen Anordnung der Schlingen wird 
jedoch von Henke und Weinberg in Abrede gestellt und es erweist 
sich in der That an vorgehärteten Leichen Sernoffs Darstellung nicht 
immer als zutreffend, denn man findet statt 5 Gruppen 4, 3 oder 2. 
Es steht dies im Zusammenhang mit der Richtung und Breite des 
Gekróses und einer Reihe secundàrer Factoren. 

Die Gekrósewurzel besitzt nach meinen Beobachtungen nicht jene 
Constanz, die ihr gewóhnlich zugeschrieben wird. Zwar kommt der als 
constant geltende Verlauf der Radix mesenterii in der Mehrzahl der 
Fàlle zur Beobachtung, aber es sind auch Abweichungen davon móglich, 
die natürlich die Lagerung der Dünndärme mehr oder weniger beein- 
flussen. In dem von mir als Typus der Dünndarmlagerung angeführten 
Fall (Taf. VIII) entsprach der Verlauf der Radix mesenterii (von oben 
nach unten und etwas schràg von links nach rechts) den gewóhnlichen 
Beschreibungen. In einem anderen Fall hingegen, der dem vorigen 
diametral entgegengesetzt ist (Taf. XI), verlief die Gekrósewurzel 
nahezu quer zur Wirbelsäule (Taf. IX) von der Verbindungsstelle des 
2. und 3. Lendenwirbels und endete etwas oberhalb der Verbindung 
zwischen 3. und 4. Lendenwirbel. An dem Bilde der Gekrósefalten 
wird man hier jene fünf Schlingengruppen, wie sie in Fall III vor- 
handen waren, vermissen. Es giebt hier nur drei Gruppen: eine in 
dem linken Hypochondrium, eine zweite rechts davon etwa in der Mitte 


236 S. Stopnitzki, 


und eine dritte oberhalb des Mesocolon transversum etwas nach rechts 
von der Mitte. Eine Becken- und rechte Gruppe fehlt gánzlich. Wegen 
der fast queren Anheftung der Radix mesenterii ist der Dünndarm 
so zu sagen der Schwere nach gegen die linke Seite der Bauchhóhle 
und gegen den Beckeneingang herabgesunken. Der Fall betrifft 
ein 35 Jahre altes männliches Individuum von mässig kraftigem 
Kórper, welches an Tuberkulose gestorben war. Das Coecum war 
stark geblàht, der Dickdarm etwas gefüllt, die Flexura iliaca lag auf 
dem rechten Psoas. 

Man ersieht hieraus, welchen Einfluss die Richtung der Gekröse- 
wurzel auf die Lagerung der Schlingen und Schlingengruppen ausübt. 
Je steiler die Insertionslinie der Radix mesenteri, desto regelmässiger 
eruppleren sich die Schlingen im Sinne von Sernoff, je mehr geneigt 
diese Linie, desto undeutlicher wird die regelmässige Gruppierung. 

In den Fällen AME und MOG (Taf. XII) heftet sich die Gekróse- 
wurzel nicht geradlinig an. In dem ersten lagerte die obere Hälfte 
des Darmes zu beiden Seiten des Gekróses in zwei Gruppen, die durch 
drei unter dem Mesocolon transversum gelegene Züge mit einander 
verbunden waren. Die untere Hälfte der Därme hing grösstenteils in 
das kleine Becken herab. Eine mittlere Uebergangsgruppe fehlte fast 
gänzlich und war nur durch eine von rechts herkommende Schlinge 
angedeutet. Oben war also der Darm regelmässig, unten wegen des 
queren Verlaufes der unteren Hälfte der mesenterialen Insertionslinie 
weniger regelmässig angeordnet und die mittlere Gruppe war fast nicht 
nachweisbar. — Sehr eigenartig war die Anordnung der Schlingen in 
dem zweiten Fall (M OG). Die rechte Gruppe fehlte vollends, die 
obere war unbedeutend. Die am stärksten entwickelte Gruppe fand 
sich in dem linken Hypochondrium, in der linken Fossa iliaca und auf 
dem Psoas sinister, sie bedeckte den unteren Teil des Colon descendens 
und die zum Becken hin verdrängte Flexura iliaca und ging ganz un- 
merklich in das kleine Becken über. 

Auch diese Fälle illustrieren den Einfluss der Insertionslinie des 
Gekróses auf den Verlauf und die Anordnung der Schlingen. Be- 
deutungsvoll hierfür ist aber auch die Breite des Gekröses und die 
Länge des Darmes. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 237 


a 


In dem Fall AF z. B. (Taf. XII), wo die maximale Breite des Ge- 
kréses nur 10 em, die Lange des Darmes 320 cm betrug (Nr. 3 der 
obigen Tabelle), fehlte die obere und die rechte Gruppe. Der Darm 
fand sich fast genau in der von Henke beschriebenen Weise, mit dem 
Unterschied, dass hier ausser den schon genannten zwei Gruppen (von 
welchen die Beckengruppe unbedeutend war) eine kleine mittlere Ueber- 
gangsgruppe zu sehen war. Der Fall steht daher den Beobachtungen 
von Weinberg am nächsten. Die Flexur lag auf den Dünndärmen am 
Eingange in das kleine Becken. In dem Fall AK (Taf. XII), wo die 
Insertionslinie des Mesenteriums am Unterende des 4. Lendenwirbels 
aufhörte und die Breite des Gekröses gering war, fehlte die Becken- 
eruppe und die Dünndarmschlingen endeten am Beckeneingang. 

Diese Beckengruppe fehlte auch in Fall 23 (vergl. obige Tabelle), 
wo das Mesenterium entsprechend der Mitte der Dünndarmlànge seine 
maximale Breite erreichte. 

Rücksichtlich der Fälle mit kurzem Darm und schmalem Mesen- 
terium ist zu bemerken, dass der Dünndarm mit seinen Windungen 
gewissermaassen der Richtung der Insertionslinie des Mesenteriums 
folgt, ohne seitlich abzuweichen. Liegt dabei die Fossa duodeno-jeju- 
nalis ungewóhnlich weit nach links, so kónnen die von Henke an- 
geführten Gruppierungen auftreten. 

Ausser diesen angeborenen individuellen Besonderheiten giebt 
es noch eine Reihe zufälliger secundärer Factoren, die auf die 
Lagerung der Dünndärme von Einfluss sein können. Ich habe dabei 
im Sinne pathologische Vergrösserung eines der Abdominalorgane 
oder abnorme Aufblähung der Dickdärme, die zu Verdrängung be- 
nachbarter und zu Umlagerung entlegener Schlingengruppen Anlass 
geben kann. Ein Beispiel solcher Verlagerung ist auf Tafel XIII dar- 
gestellt, wo das stark aufgetriebene Coecum und Colon ascendens die 
rechte Gruppe in die linke Fossa iliaca verdrängt haben. Häufig sah 
ich die obere, in einem Falle die rechte und obere durch die ver- 
srösserte Leber verdrängt. In ähnlicher Weise verschiebt sich die Becken- 
eruppe unter dem Einfluss sich vergrössernder Beckenorgane. 

Ich will schliesslich zwei Fälle beschreiben, die dem Henke’schen 
Bilde der Schlingengruppierung entsprechen. 


238 S. Stopnitzki, 


Einer dieser Fülle bezieht sich auf ein 40 Jahre altes männliches 
Individuum von schwächlichem Körperbau, verstorben an Lungen- 
tuberkulose. Abdomen eingesunken. Sämtliche Organe der Bauchhöhle 
von normaler Grösse. Der Dünndarm völlig collabiert, bildet zwei 
Gruppen, im linken Hypochondrium und im Becken, verbunden durch 
eine einzige über den linken Psoas hinwegziehende Schlinge. Oben 
war der Verlauf der Züge unbestimmt, doch waren viele quere Schlingen 
darin sichtbar. In dem Becken überwogen oben verticale, unten hori- 
zontale Züge. Die Insertionslinie des Mesenteriums begann von der 
Mitte des 2. Lendenwirbels weiter nach links als gewöhnlich und 
endete etwas oberhalb der Articul. sacro-iliaca. Die Breite des Mesen- 
teriums erreichte ein Maximum von 13 cm, der Darm war 380 em lang. 

Der zweite mir freundlichst von Herrn N. Altuchow überlassene 
Fall wurde an dem Leichnam einer 25 Jahre alten, gut gebauten, an 
Pneumonie verstorbenen Frau beobachtet. Das Abdomen war ab- 
gefiacht, aber nicht eingesunken. Der überall mit Mesenterium ver- 
sehene Dickdarm, stark gebläht, bedeckte die sämtlichen Dünndärme 
mit Ausnahme eines 10 cm langen Segmentes desselben. Die vóllig 
collabierten Dünndärme ordneten sich in zwei Gruppen, eine links-obere 
und eine Beckengruppe. In beiden entsprach der Verlauf der ober- 
flachlichen Schlingen teilweise dem Henke'schen Bilde; über die tiefen 
vermag ich, da der Darm nicht fixiert war, nichts Bestimmtes aus- 
zusagen. Jene von dem Dickdarm nicht bedeckte Schlinge erwies sich 
als Verbindungszug der beiden Gruppen. Die Insertionslinie der Ge- 
krésewurzel verhielt sich wie in dem vorigen Fall. Die Breite des 
Mesenteriums wurde nicht gemessen. 

Das von Henke beschriebene Bild der Schlingen entsteht, wie ich 
nach meinen Beobachtungen anzunehmen veranlasst bin, so zu sagen 
infolge mechanischer Verhältnisse und vorzugsweise dann, wenn die 
Insertionslinie des Gekröses stärker geneigt ist. Da das Henke'sche 
Schema, wie ich bestátigen kann, nur an Leichen mit eingesunkenem 
Abdomen vorkommt, so glaube ich, dass die vordere Bauchwand, indem 
sie sich der hinteren nàhert, nach und nach den welken collabierten 
Diinndarm in den tiefen linken Seitenraum, welcher der Insertionslinie 
der Gekrósewurzel am nächsten liegt, und in die Beckenhóhlung drängt. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 939 


So war es hóchst wahrscheinlich in meinem obigen ersten Fall; in dem 
zweiten, wo das Abdomen nicht eingesunken war, übernahm der ge- 
blähte Dickdarm die Rolle der vorderen Bauchwand, während in einem 
anderen Fall (s. oben) die Leber eine ähnliche Einwirkung hatte. Als 
begünstigendes Moment tritt das Eigengewicht der Dünndärme hinzu, 
die infolge des schrägen Verlaufes des Gekröses die Neigung haben, 
nach links hin zu fallen. Zweifellos spielt hierbei auch Kürze des 
Darmes und geringe Breite des Gekróses eine Rolle. 

Sernoff hat durch seine Untersuchungen gefunden, dass die Dünn- 
darmzüge in gewissen Regionen der Bauchhóhle einen ganz bestimmten, 
durch die Form des Gekróses vorgeschriebenen regelmässigen Verlauf 
aufweisen. Auch ich habe oben diesen typischen Verlauf in einem 
Falle nachgewiesen. Doch ist in vielen Fallen die Anordnung der 
Schlingen eine ganz andere und oft treten neben den Sernoff’schen 
andere Windungsgruppierungen auf. Im Hinblick auf letztere stehen 
sich die Darstellungen von Henke und Weinberg einerseits und die 
von Sernoff andererseits gegenüber. Es fragt sich, worin liegt die 
Ursache dieses Widerspruches unter den Autoren? 

Es erweist sich nun, dass das Mesenterium haufig sich der Làngs- 
richtung des Darmes entsprechend in Falten legt. Diese Falten sind 
die Ursache der Abweichungen von dem Sernoff’schen Schema. Wird 
das Mesenterium von dem Darm befreit, so faltet es sich, wie immer 
man es aufstellen mag, nach dem Sernoffschen Typus; geschieht da- 
gegen die Faltung in der Längsrichtung des Dünndarmes, so ordnen 
sich dem entsprechend die Schlingen des letzteren. Das in Chromsäure 
gehirtete Mesenterium demonstriert dies in anschaulichster Weise. 
Solche Falten kónnen entstehen durch den Druck benachbarter ver- 
erósserter Darmschlingen oder von Nachbarorganen. Auf Tafel XIII hat 
sich eine derartige Falte infolge von Auftreibung des Coecum gebildet. 

Ein zweites Moment, welches auf die Richtung der Dünndärme 
von Einfluss ist, wird dargestellt durch den ziekzackförmigen Verlauf 
der Insertionslinie des Darmes und die dadurch bedingten Vorsprünge 
an dem Mesenterium, welehe um so bedeutungsvoller sind, je grósser 
ihre Ausdehnung. 

Die Insertionslinie des Mesenteriums ist in den Fallen, wo sie 


940 S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 


keine gebrochene Linie darstellt, ohne Einfluss auf die Richtung der 
Schlingen. Wird das losgelóste Mesenterium auf einer ebenen Flàche 
nach den in Tafel XII angegebenen Richtungen befestigt und seine Falten 
nach der einen oder anderen Seite umgelegt, so ordnen sich letztere 
immer in der nàmlichen Art und Weise. 

Anders, wenn die Insertionslinie in der Richtung von M O G (Taf. XII) 
verläuft. Die unbedeutende obere Gruppe zeigte hier horizontale, die 
linke verticale Schlingen, die übrigen verliefen unregelmässig. 

Die Ursache dieses Verhaltens ist augenscheinlich darin zu suchen, 
dass die dem Stücke MO entsprechenden Schlingen mit denen des 
Segmentes OG so an einander stossen, dass der Richtung des Darmes 
parallele Schlingen sich entwickeln konnten. 

Ich kann diesen Teil meiner Untersuchung mit folgenden Sätzen 
schliessen. Man würde weit fehlgehen, den Schlingen des Jejuno-ileum 
jede gesetzmässige Lagerung abzusprechen. Vielmehr ist eine solche 
Gesetzmässigkeit nach meinen Beobachtungen bestimmt vorhanden. Die 
Schlingen des Dünndarmes sind nach einem feststehenden Plan an- 
geordnet, in Abhängigkeit von der Insertionslinie und der Breite des 
Gekröses. In den verschiedenen Gruppen gehorcht die Richtung der 
Windungen dem Sernoff’schen Schema unabhängig von dem Verlauf 
der Insertionslinie des Mesenteriums. 

Abweichungen in der Anordnung der Gruppen und in dem Verlauf 
der Schlingen stehen in Zusammenhang mit den schon früher erwähnten 
Bedingungen. Mit Rücksicht auf letztere lässt sich niemals mit Sicher- 
heit bestimmen, welchem Darmabschnitt eine gegebene Schlinge an- 
gehört. Eine praktische Verwertung der vorliegenden Befunde er- 
scheint daher ausgeschlossen. 


Herr Professor Carlo Giacomini, Director des Anat. Institutes zu Tuxin, 
einer der Mitredacteure der Internationalen Monatsschrift, starb plötzlich am 
5. Juli 1898. 


Ein ausführlicher Nekrolog erscheint im nächsten Heft. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


OCT i4 1898 


Beitrage zur pathologischen Histologie und Physiologie 
der Ganglienzellen. 


Von 
Dr. W. H. Cox. 


(Mit Tafel XIV.) 


I. Die Spinalganglienzelle. 
A) Nach Durchschneidung des peripherem Nerven. 

Es ist gewiss ein grosses Verdienst, dass Nissl nachdrücklich und 
beharrlich die Aufmerksamkeit der Neurologen auf den innern Bau 
der Ganglienzellen gelenkt hat. 

Seine wiederholten Hinweisungen auf die Unzulänglichkeit der 
gebräuchlichen Fixierungsmittel für das Studium der Nervenzellen, 
seine Empfehlung des Alkohols als einer für das Material weit besseren 
Fixierungsflüssigkeit, vor allem aber die eigenartigen, mit seinen 
Methoden gewonnenen Resultate wirkten bahnbrechend. 

Allein die Ergebnisse waren nicht in jeder Hinsicht günstig. 

Denn die Leichtigkeit, mit welcher die, von der Norm ab- 
weichenden Zellen zu bestimmen waren, verführte im allgemeinen zu 
einem fortwährenden Experimentieren und Anhäufen von Thatsachen, 
wovon es im günstigsten Falle sehr zweifelhaft ist, ob sie für das 
Studium der pathologischen geschweige der physiologischen Zustände 
der Nervenzellen von irgendwelcher Bedeutung sein werden. 

Es entstand wohl nach und nach eine ausgedehnte Pathologie 
der Nervenzelle, jedoch — diese Pathologie ist eine Hieroglyphen- 
schrift, zu welcher Niemand den Schlüssel hat. 

Muss man doch so gut wie möglich die normale Zelle zum 
Gegenstand eines eingehenden Studiums machen, ehe man versucht, 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 16 


949 W. H. Cox, 


pathologische Zustànde in Zellen resp. Nervenzellen zu erzeugen und 
zu studieren. 

Dazu jedoch reichte die Nissl’sche Methode nicht aus, und da 
der Erfinder und viele andere nur diese benutzte, so war die Kenntnis 
der normalen Zelle sehr mangelhaft, jedenfalls nicht genügend. 

Zwar sah Nissl selbst den Irrtum, in welchen er zu verfallen 
drohte, zur rechten Stunde ein, und versuchte diese Schwierigkeit zu 
beseitigen, indem er ein neues Wort, sein sogenanntes Aequivalent 
in die histologische Wissenschaft einführte, allein meiner Ansicht nach 
kann er damit auf die Dauer keinen Histologen befriedigen. 

Erstens nicht, weil er dieses Wort Aequivalent an zwei ver- 
schiedenen Stellen in verschiedener Bedeutung gebraucht. Einmal 
sagt er^): „es handelt sich vielmehr darum, ob wir im Stande 
sind, aus den künstlich gewonnenen Erscheinungsformen der Nerven- 
zellen des toten Gewebes jene morphologischen Gesetze abzuleiten, 
die uns befähigen, im concreten Falle mit Sicherheit zu entscheiden, 
ob diese Erscheinungsform einer gesunden Nervenzelle des lebenden 
Gewebes entspricht und daher als ein Aequivalent der gesunden 
lebenden Zelle aufzufassen ist, oder ob jene anzeigt, dass die bei der 
Technik verwendeten Reagentien eine Veränderung dieser Aquivalent- 
form hervorgerufen haben.* 

Es zeigt sich deutlich, dass das Wort Aequivalent hier in der 
Bedeutung gebraucht wird: gleich und gleichförmig der Zelle in 
vivo; und er will sagen: wird das Aquivalent, hier also die Zelle 
nach der Fixierung, Färbung etc., das Bild der Zellen darstellen, wie 
dieses in vivo ist, oder werden die Reagentien die Zelle verändern? 

Später versteht Nissl^) unter dem Aequivalent einer Nervenzelle 
das mikroskopische Bild”) der im Gewebe vorhandenen Nervenzellen 
des in einer bestimmten Weise getóteten Tieres, das sich bei einer 
bestimmten Behandlung unter bestimmten Voraussetzungen erfahrungs- 
gemäss mit einer gesetzmässigen Constanz ergiebt. 

Es muss eingeräumt werden, dass die letzte Bedeutung des Wortes 


1) Centralblatt f. Nervenheilkunde und Psychiatrie. Jahre: XNIIL Sal 
Neurolog. Centralblatt. Bd. XV. S. 947. 
Die Cursivierung ist von mir. 


*) 
3) 


Beitráge zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 943 


Aequivalent, wiewohl etymologisch falsch, histologisch viel begreif- 
licher ist. 

Wir haben bei unseren mikroskopischen Pràparaten fast immer 
mit sogenannten Aequivalenten im zweiten Sinne, viel richtiger Parallel- 
formen, zu thun. 

Wiewohl jeder Histologe dieses weiss und tief davon überzeugt 
ist, hat man bis jetzt die Notwendigkeit nicht gefühlt, diesen Begriff 
in den Vordergrund zu stellen. | 

Spricht man doch niemals von einem Aequivalent der ver- 
schiedenen Kernteilungsstadien. Sollte man einwenden, dass die 
schónen Untersuchungen von Flemming u. a. auch an lebenden Zellen 
verrichtet wurden, und er in vivo wahrnehmen konnte, was am 
Präparat demonstriert wurde, so gebe ich dies gern zu für die 
sogenannte chromatische Figur, keineswegs aber für andere bei der 
Kernteilung sich zeigende nicht weniger typische Bildungen, deren 
Dasein aber doch gewiss kein Histolog bezweifeln wird. 

Die Abwesenheit dieses Zweifels hat ihren Grund in der Art der 
Untersuchung, in der Anwendung verschiedener Methoden, welche iiber- 
einstimmende, oder im wesentlichen gleichförmige Resultate hatten. 

Will man nun fiir die Nervenzelle eine Anatomie schaffen, so 
giebt es nur einen Weg, und dieser ist: ein genaues Studium der 
normalen Nervenzelle nach verschiedenen Methoden und Färbungen, 
geleitet von bestimmten Fragestellungen und sich stützend auf be- 
stimmte Fille. 

Auf diese Weise wird man sich vielleicht einmal über den Besitz 
eines Bildes einer oder mehrerer Nervenzellen freuen kónnen, die nicht 
ein Aequivalent im zweiten Sinne oder eine Parallelform, sondern ein 
Aequivalent im ersten von Nissl gemeinten Sinne, mit anderen Worten 
eim wirkliches Aequivalent darstellen. 

Dass es notwendig ist, diesen Weg einzuschlagen, zeigt sich erstens 
aus Nissls Urteil selbst, dessen Wert ich schon an einer anderen Stelle 
ins Licht zu stellen versuchte!). Meint er doch, dass er die abweichenden 
Formen „ausschalten“ dürfe. Wie schwach ein Standpunkt ist, bei 


1) Anat. Hefte. Heft 31. 
16* 


244 W. H. Cox, 


welchem man etwas „ausschalten‘ muss, brauche ich nicht auseinander- 
zusetzen. Man darf nichts „ausschalten“, sondern soll sich fragen, 
welchem Umstande die Abweichungen, die man antrifft, ihre Ent- 
stehung verdanken. 

An derselben Stelle wagte ich eine Erklàrung zu geben für die 
Ursachen, welche ich als wahrscheinlich voraussetzte für die von 
Nissl gefundenen Ausnahmen. "Vielmehr als aus Obenerwáhntem er- 
hellt die Notwendigkeit, ein wirkliches Aequivalent von jeder Nerven- 
zelle zu erlangen, aus der Thatsache, dass nur auf diesem eine wirk- 
liche Physiologie und Pathologie sich aufbauen lässt. 

Zweifelsohne muss man sich dafür teilweise stützen auf mikro- 
skopische Bilder, die durch eine bestimmte Behandlung des Tieres 
und der Zelle entstanden sind. 

Aber, was nützen jene Bilder, wenn man zwar weiss, dass sie 
gegenseitig nach verschiedenen Verletzungen der Neuronen abweichen, 
wenn man nie weiter kommt, als immer nur Abweichungen in den 
Bildern zu zeigen, ohne weder die Qualität noch die Quantität der 
Abweichung begreifen resp. deuten zu können. Wir wünschen Bilder, 
von welchen wir voraussetzen dürfen, dass sie Aequivalente in der 
eigentlichen Bedeutung des Wortes sind. Bilder, die, ungeachtet der 
Färbung etc., soviel wie möglich dem wahren Zustand der lebenden 
Zelle entsprechen. Die sollen wir erst erforschen, und nur die. 

Und wenn man dieselben findet, so genau wie es nur irgend 
möglich ist, so wird man Nissls Aequivalente ') (lies Parallelformen) 
für immer unbeachtet lassen. 

Ich meinte, dass diese Aequivalentebetrachtung vorhergehen 
müsste, weil es meines Erachtens sehr erwünscht ist, die Richtung, 
in welcher die Nervenzellenpathologie sich bewegt, einigermaassen zu 
verändern ?). 

Dass zumal Nissls Methoden besser waren, als die früher an- 


7) Neurolog. Centralblatt. Bd. XV. S. 948. Die wenigen von dem Aequivalent- 
bild abweichenden Formen, . . . lässt er von vornherein unberücksichtigt, er 
schaltet sie gewissermaassen aus. 

?) Es ist einleuchtend, dass die oben geäusserten Beschwerden gegen Nissls 
Methoden nicht von beträchtlichem Werte sind 1. wo dieselben für das Auf- 
suchen der Ganglien resp. Zellen angewandt werden, aus welchem Nervenbahnen 


Beitráge zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 945 


gewandten, wird Niemand bezweifeln; sie sind aber jedenfalls nicht 
mehr die besten, was ich an der normalen Spinalganglienzelle zu 
studieren im Stande war, und nach Verwundung des Spinalganglien- 
Neurons habe ich an den kranken Zellen neuen Grund fir diese Be- 
hauptung gefunden. 

Von mir wurde der Plexus brachialis bei Kaninchen durchgeschnitten 
und die Spinalganglien der Reihe nach untersucht 24 Stunden, 4, 8, 
9, 17, 25 Tage, 3, 5, 6 Monate und 1 Jahr nach der Verwundung. 

Ich benutzte für die Fixierung und Färbung nur die von mir 
angegebenen Mischungen!) und Farbungsmethoden, und fand folgende 
Veründerungen. 

Im allgemeinen, was die Spinalganglienzelle betrifft, stimme ich 
Nissls Ausspruch bei?): ,Die Aufhebung der Verbindung der Nerven- 
zellen mit ihrem Endorgan ..... ruft in den Nervenzellen eine regres- 
sive (?)*) Veränderung hervor. Ganz allgemein (S. 340) kann man 
von sämtlichen Nervenzellenformen sagen, dass die Veränderungen zu- 
nächst in einer Schwellung des Zellkörpers und in eigenartigen 
Alterationen der sich fárbenden Substanzportionen . . . bestehen“. Was 
die Alterationen selbst betrifft, sagt Nissl u. a. „es handelt sich um 
eine körnerartige Umwandlung der färbbaren Substanzportionen mit 
der Tendenz zur Rareficierung.“ 

Im einzelnen zeigt es sich, dass die Spinalganglienzellen nach 
dem Durchschneiden des peripheren Nerven abweichend reagieren, 
je nachdem sie dem Bau nach verschieden sind. 

An anderer Stelle habe ich auf zwei Zelltypen von Spinalganglien- 
zellen aufmerksam gemacht. Diese verschiedenen Typen behaupten 
sich, was daraus hervorgeht, dass sie nach Verwundung des peripheren 
Nerven auch verschieden reagieren. 

Um eine richtige Einsicht in die Thatsachen zu ermöglichen, 


ihren Ursprung nehmen; 2. wo man von einem pflanzlichen oder einem tierischen 
Gifte oder von einer chemischen Substanz, welcher Art auch, wissen will, ob die- 
selbe überhaupt das Nervensystem oder einen Teil desselben beeinträchtigt. 

1) Anat. Hefte. Heft 31. Einigermaassen verbessert. Siehe diese Zeitschrift. 
Bd. XV. S. 209. 

*) Centralblatt f. Nervenheilkunde und Psychiatrie. Bd. XVI. S. 339. 

3) Das Fragezeichen ist von mir. Ich werde mich später deswegen ver- 
antworten. 


246 W. H. Cox, 


werde ich darum die Veränderungen der Zellen im Zusammenhang 
mit den Typen beschreiben, bei denen sie vorkommen. 

Die grossem Zellen des Typus I zeigen noch wenig deutliche 
Veränderungen nach 24 Stunden. Höchstens scheinen bei mittlerer 
Vergrösserung (400—500 fach) die Granula, weniger eckig und mehr 
abgerundet, während die Schollen etwas kleiner sind. Nach 4 Tagen 
jedoch sind die Veränderungen mehr in die Augen fallend: erstens in 
Bezug auf die Lage der Granula. Man sieht nàmlich, dass sie an der 
Peripherie und unmittelbar um den Kern herum vorhanden sind, an 
der Peripherie immer, unmittelbar um den Kern dann und wann zu 
einem Ringe angeordnet. 

Zwischen den beiden Granularingen sieht die Zelle wie bestäubt 
aus (Fig. 1 u. 2). 

Dann und wann ist der Kern nach der Peripherie der Zelle hin 
gerückt, scheint sogar aus derselben herauszutreten (Fig. 3), in 
vielen Fällen jedoch bleibt der Kern bei diesen Zellen ungefähr in 
der Mitte der Zelle. 

Nach 4, 9 und 17 Tagen ist die Anzahl der auf diese Weise 
veränderten Zellen gross; später nimmt deren Anzahl ab, und in 
Präparaten 5 und 6 Monate nach der Durchschneidung trifft man nur 
noch vereinzelte Ich traf weder eine Zelle dieses Typus an, in 
welcher der Granularing an der Peripherie fehlte, noch eine, in welcher 
keine Granula um den Kern herum lagen; in den meisten Fällen um- 
Seben sie den Kern als eine Zone, welche mehr oder weniger diffus 
in die mehr periphere Zone übergeht, aus der die Granula ver- 
schwunden sind (Fig. 2). 

Was die Granula selbst betrifft, sei folgendes bemerkt: sie be- 
stehen, wie ich schon früher im Anschluss an von Lenhossek mitteilte, 
aus einer sich wenig färbenden Substanz, in welcher gerade und ge- 
knickte, sich stark färbende Fäserchen, Fäden und Körnchen ein- 
gebettet sind und die durch ihre Anhäufung die sogenannten Granula 
bilden. Ich füge hinzu, dass diese Fasern und Fäden sich zu einem 
ziemlich verwickelten Netzwerk') in der Zelle vereinen, das besser 


7) s. Die Selbständigkeit der Fibrillen im Neuron. Siehe diese Zeitschrift. 
Bd. XV. 8. 209. 


Beitrage zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 947 


sichtbar wird, wenn die sich farbenden Kórnchen zu Grunde gegangen 
resp. verschwunden sind’). 

Die grossen Zellen des Typus II: 

Während man sehr leicht (schon nach 4 Tagen) veränderte 
Zellen des Typus I findet, sind die Zellen des zweiten von mir 
aufgestellten Typus nach 4 Tagen scheinbar noch unverändert. 
Dennoch deuten die Granulabestandteile auf ein mehr oder weniger 
Lockerwerden, während in Bezug auf die Form das typisch Läng- 
liche sich weniger sichtbar darthut, und schliesslich die hell gefärbte 
Zwischensubstanz der Granula weniger sichtbar ist. 

Nach 9 Tagen aber fesseln die Spinalganglien, abgesehen von 
den Veränderungen der andern Zellen, besonders die Aufmerksamkeit 
durch den eigenartigen Anblick, den sie bieten durch die Zellen des 
Typus II. Schon bei geringer Vergrösserung kann man dadurch das 
kranke Ganglion vom gesunden unterscheiden. 

Man nimmt nämlich an diesen Zellen wahr: ein Zusammenballen, 
ein Zusammenklumpen (Conglomeration) der Granula um den Kern 
herum (Fig. 4, 5, 6 u. 7). 

Im Anfang, nach 9 Tagen z. B., hängen die Granula scheinbar 
zusammen (Fig. 4) und erfordert es sogar einige Mühe, zu entscheiden, 
dass man es wirklich mit Zellen dieses Typus zu thun hat. 

Nach 17 und 25 Tagen (Fig. 5) jedoch erhalten die Granula 
wieder mehr ihre gewöhnliche, längliche Gestalt, sodass Verwechselung 
der Zellen unmöglich wird. 

Ausserdem hilft uns für das Wiedererkennen solcher veränderter 
Zellen dieses Typus sehr oft die Lage der Fibrillen in der Zelle (Tafel VII. 
Fig. 3, 4 u. 5)°), die, wie früher bemerkt, als Bündel wahrzunehmen sind. 

Man findet die grossen Zellen mit Zusammenballung der Granula 
sogar in Präparaten 5 und 6 Monate nach Durchschneidung (Fig. 7) 
in ziemlich grosser Menge vor, wenn die andern Zellen kaum mehr 
vom normalen Aussehen abweichen. 


1) Vergl. Flemming, Die Structur der Spinalganglienzellen etc. Archiv für 
Psychiatrie. Bd. 29. 

?) Die Selbständigkeit der Nervenfibrillen. Siehe diese Zeitschrift. Bd. XV. 
S. 209. 


948 W. H. Cox, 


Je weiter entfernt der Zeitpunkt der Verletzung von dem der 
Untersuchung ist, desto mehr nehmen die Granula wieder ihre eigene 
langliche Form an (vergl Fig. 7 mit 4 u. 5). Auch sieht man 
bisweilen später einzelne, zuweilen mehrere Granula an der Peripherie 
(Fig. 6). 

Wie lange die Zellen in diesem Zustand verbleiben, ob sie sogar 
jemals ganz normal werden, kann ich vorläufig nicht entscheiden). 


Die kleinen Zellen. 


Nach der von mir gegebenen Einteilung der Spinalganglienzellen 
gehören diese Zellen alle zum Typus I, jedoch sind einige gekenn- 
zeichnet durch hell, andere durch dunkel gefárbtes Protoplasma. 
Welchem Umstande diese helle oder dunkle Farbung zuzuschreiben 
ist, habe ich damals nicht entscheiden können, und ich kann es bis 
jetzt noch nicht. Eine differente Reaction in Bezug auf die Verwun- 
dung habe ich nicht finden kónnen. Schon nach 24 Stunden, aber 
viel mehr nach 4 und 9 Tagen, sieht man fast alle kleinen Zellen 
auf eine merkwürdige Weise verändert. Erstens liegen alle Kerne 
peripher (Fig. 8, 9 u. 10), zweitens haben sich die Granula grössten- 
teils an dem Rand der Zelle vereinigt (Fig. 8). 

Man trifft jedoch auch Zellen an, in denen in der Nähe des 
Kerns Anhäufung der Granula stattgefunden hat (Fig. 9 u. 10). 

Die Anhäufung liegt meistens seitlich am Kern. Der übrige 
Teil der Zelle sieht bei geringer Vergrösserung wie bestäubt aus, bei 
starker Vergrösserung zeigt es sich, dass die Bestäubung ihren Grund 
hat in den kleinen Kórnchen und Fibrillen (Tafel VIL Fig. 6)°). Die 
kleinen, dermaassen veränderten Zellen findet man noch nach 19 und 
25 Tagen. Viel weniger kommen dieselben vor nach 3 Monaten, und 
nach 5 und 6 Monaten fand ich deren keine mehr. 

Damit aber sind die an kleinen Zellen sich findenden Ver- 
änderungen noch nicht zu Ende. 

In Präparaten, von Spinalganglien herrührend, die 25 Tage nach 


7) Nach einem Jahre sind sie noch vorhanden. 
7?) Die Selbständigkeit der Nervenfibrillen etc, Siehe diese Zeitschrift, Bd. XV. 
S. 209. 


Beitráge zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 949 


der Operation fixiert und präpariert wurden, trifft man hier und da 
einzelne kleine Zellen an, die ein von den vorigen verschiedenes 
Ansehen darbieten. 

]. Erstens kommt es vor, dass ausser den Granulis im Innern der 
Zelle auch der Granularing an der Peripherie zu einem grósseren 
oder geringeren Teil verschwunden ist, sodass die Zelle entweder 
keine oder nur vereinzelte Granula enthàlt (Fig. 11). 

2. Zweitens sieht man kleine Zellen nur mit einem Granularing 
um den Kern, sodass die Zellen, zwar verkleinert (Fig. 12), den 
erossen Zellen des Typus II mit Verklumpung der Granula sehr 
ähnlich sind (vergl. Fig. 5). 

3. Zum Schluss nenne ich noch kleine Zellen, welche einzelne 
Granula an dem Rand enthalten, einzelne hier und da durch die 
Zelle zerstreut, einzelne in der Nahe des Kerns (Fig. 13). 

Die Lage der Granula, wie ich sie unter 1, 2 und 3 beschrieben 
habe, ist verhältnismässig selten. Es kann nicht geleugnet werden, 
dass man leicht zu der Annahme verführt werden kónnte, die soeben 
beschriebenen Veränderungen seien aufeinanderfolgende Stadien, dies 
wäre aber eine Hypothese und ich ziehe es vor, in der Beschreibung 
der Thatsachen fortzufahren. 

Sowohl in normalen als in kranken Ganglien (mit denen hier 
stets gemeint wird, krank infolge des Durchschneidens des peripheren 
Nerven) trifft man Ganglienzellen an mit mehr oder weniger grossen 
Vacuolen (Fig. 14 u. 15). 

Die Anwesenheit dergleichen normal gefärbter vacuolisierter Zellen 
weist nicht per se auf einen künstlich erzeugten kränklichen Zustand 
des Ganglions. 

Dies ist jedoch wohl der Fall bei den unten beschriebenen 
Exemplaren von Zellen mit Vacuolen; diese kennzeichnen sich nicht 
nur durch die folgenden Veränderungen, sondern auch durch helle 
Färbung ihres Protoplasmas. 

Ich traf sie an in Präparaten 25 Tage nach dem Durchschneiden. 
Die Vacuolen sind zuweilen klein (Fig. 16), zuweilen grösser und 
zahlreicher, ausserdem sind die Granula gänzlich oder bis auf einzelne 
runde Körnchen fast ganz verschwunden. 


250 W. H. Cox, 


Im Kern geht das Kernnetz verloren, indem nur noch ein Rest 


des Kernkórperchens in der Form stark gefárbter, kleiner Klumpen 
nachzuweisen ist (Fig. 17). | 


Sind die Vacuolen sehr gross, so verschwindet oft auch der 
Kern, sodass nur noch einzelne membranöse, mit kleinen Körnchen 


imprägnierte Faden, in der Höhle aufgespannt, den Rest der frühern 
Zelle bilden (Fig. 18). 

Was die Fibrillen betrifft, kann ich verhältnismässig kurz sein. 
Sie gehen nach Durchschneidung des peripheren Nerven nicht zu 
Grunde. Man kann sie durch die Abwesenheit der Granula in vielen 
Zellen besser beobachten, als in normalen Zellen, und es zeigt sich, 
dass nicht ein Netz durch die Fibrillen in der Zelle gebildet wird. 
In einzelnen grossen Zellen des Typus II sieht man die grossen 
Fibrillenbündel!) durch die Zelle laufen (Tafel VIL Fig. 3, 4 u. 5), 
auch in den Zellen des Typus I, sowohl in den grossen als in den 


kleinen, sind die Fibrillen viel besser sichtbar. (Tafel VII Fig. 1 
und 6). 


Nach 5 und 6 Monaten ist die grósste Zahl der Spinalganglien- 


zellen erhalten geblieben, nur die weitaus geringste Anzahl geht 
zu Grunde?) 


Ich kann die Beschreibung der intracellulären Veränderungen 
nach dem Durchschneiden eines Nerven nicht enden, ohne einer Er- 


1) Die Selbständigkeit der Fibrillen im Neuron. Diese Zeitschrift. Bd. XV. 
209. 

2) Van Gehuchten kam zu ganz andern Resultaten. Er durchschnitt den 
. vagus bei Kaninchen und meint (L'anatomie fine de la Cellule nerveuse XII me 
Congrés international de Médecine tenu à Moscou) S. 63: La section du prolongement 
périphérique d'une cellule des ganglions spinaux est suivie également, pendant les 
premiers jours, qui suivent la lésion, de la dissolution des éléments chromato- 
philes; mais cette cellule ne se conserve pas, elle n'est plus en état de réformer 
les éléments chromatophiles utilisés, elle degenere et elle disparait. Der Autor 
meldet jedoch, dass bei seinen Experimenten (S. 59) ausser der künstlichen Ver- 
wundung des N. vagus auch Läsion des N. sympathicus an derselben Seite statt- 
gefunden habe, und er unterlisst es, diesen Factor, von dem er weder die Qualitàt 
noch die Quantität kennt, in Rechnung zu bringen bei dem Processe der Vagus- 
"Ganglienzellen. Auch berücksichtigt er nicht die Möglichkeit einer Wirkung, z. B. 
einer trophischen, welche der Nervus sympathicus vielleicht auf die Zellen des 


Ganglions N. vagi haben kónnte, und meiner Vermutung nach auch wahrschein- 
lich hat. | 


n 


zZ 


Beitráge zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 95] 


scheinung zu erwähnen, die sehr merkwürdig ist und oft wahr- 
genommen wird. Es wurde schon darauf hingewiesen, dass die 
Granula die Neigung haben, sich um den Kern herum oder in dessen 
Nähe zu versammeln resp. zu ordnen. Diese Neigung geht oft so 
weit, dass sich gleichsam an irgend einer Seite des Kernes eine Art 
Kappe befindet. So kann bei kleinen Zellen, in denen oft gar keine 
Granula mehr wahrzunehmen sind, nur noch dicht an der Kern- 
membrane ein Granulum in der Form einer halbmondförmigen Ver- 
dickung liegen (Fig. 19, 20 und Tafel VIL Fig. 6). 


Die oben beschriebenen, in Spinalganglienzellen wahrgenommenen 
Veränderungen veranlassen mich, im Anschluss an die Untersuchungen 
Dogiels, Ströbes u. a., einige Hypothesen aufzustellen. Zu einer end- 
sültigen Antwort auf mehrere Fragen, die wir uns selbstverständlich 
vorlegen, werden diese Ansichten nicht führen, vielleicht aber die 
Richtung weisen, in welcher die Lösung gefunden werden könnte. 

Bei einer Untersuchung mit der Methylenblaumethode fand 
Dogiel?^) in den Spinalganglien zwei Typen von Zellen. 

Der erste Typus, zu welchem er einen Teil der grossen und alle 
kleinen Zellen rechnet, kennzeichnet sich durch T-Teilung des Axen- 
eylinders. 

Die aus der Teilung entstandenen Fasern wenden sich zur 
Peripherie und zum Centrum (Rückenmark). 

Der zweite Typus, in geringerer Anzahl, besteht aus Zellen, 
welche auch zu den grösseren gehören, deren Ausläufer jedoch sich 
öfters teilen und in den Ganglien pericapsulare und pericellulare 
Körbchen um die Zellen des Typus I bilden. 

Auf ganz anderem Wege, durch das Studium der Form und Lage 
der Granula und der Fibrillen, habe auch ich die Spinalganglienzelle in 
zwei Typen eingeteilt. 

Auch ich rechne zum ersten Typus”) alle kleine und den grössten 


5h db 
*) Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physiologie. Bd. XIV. 
*) Anat. Hefte. Heft 31. 


952 Wisk Cox, 


Teil der grossen Zellen; diese Zellen kennzeichnen sich durch einen 
centralliegenden Kern und durch Granula, die sehr unregelmässig 
durch die Zelle zerstreut liegen, mit Ausnahme der Granula an der 
Peripherie, die in den grossen Zellen, sowie in den kleinen Zellen 
öfters einen Ring bilden. 

Als einen zweiten Typus betrachte ich grosse Zellen mit 
excentrischem Kern und länglichen Granulis, welche zuweilen con- 
centrisch um den Kern liegen. 

Schon damals suchte ich einen Zusammenhang zwischen den von 
mir nachgewiesenen Typen und denen von Dogiel, die ich aus seiner 
vorläufigen Publication kannte‘). Die Anknüpfungspunkte waren aber 
noch sehr gering und bestanden nur in der Thatsache, dass Dogiels 
Zellen des Typus II, sowie die von mir gleichbenannten in geringerer 
Anzahl als die anderen vorkommen, während wir beide die kleinen 
Zellen zum ersten Typus rechnen. 

Jetzt aber, nach den Durchschneidungsversuchen, sind mehrere 
Gründe da, die mich aufs neue nötigen, einen Zusammenhang zwischen 
den von uns nachgewiesenen Typen anzunehmen. Die Zellen des 
Typus I nämlich zeigen schon Veränderungen nach 4 Tagen, während 
die Zellen des Typus II noch gesund scheinen; letztere erkranken 
also erst später und dies weist auf eine erst secundär erfolgte Er- 
krankung der Zellen des Typus IL. 

Bei der Durchschneidung des peripheren Nerven werden die 
peripheren Ausläufer der Zellen Typus I von Dogiel verletzt, diese 
Zellen müssen denn auch frühzeitig und primär erkranken. Erst 
später, und secundär, wird der Reiz auf die Körbchenzellen (Dogiels 
Typus II) übertragen, welche mittelst ihrer Körbchen die Zellen des 
Typus I unter einander vereinigen. 

Wenn, wie es sich hier zeigt, die Erklärung mit den Thatsachen 
stimmt, kommt es mir nicht sehr gewagt vor, vorauszusetzen, dass 
Dogiels Typen und die meinigen identisch sind. 

Die Veränderungen, welche die Zellen des zweiten Typus zeigen 
(Fig. 4—7), werden also entstehen durch Reize mässiger Intensität; 


i RANA Anzeiger. Bd. xl: de 


= Se " en 
ee = > m mm u‘ 


Beitrige zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 953 


sie kennzeichnen sich bekanntlich durch das Zusammenballen der 
Granula um den Kern herum und ihr Verschwinden im übrigen Teil 
der Zelle =). 

Beides weist auf die Neigung der Granula, sich in der Nahe des 
Kerns zu vereinen, auf eine centripetale Verklumpung. 

Inzwischen zeigen auch die Zellen des Typus I die schon dem 
Kerne zugeschriebene Neigung. Bei den grossen Zellen findet man 
Granula um den Kern herum, und bei den kleinen ófters die Granula 
in der Form eines Klumpens in der Nahe des Kerns (Fig. 1, 2, 9 u. 10); 
zwar bleibt bei beiden Zellarten der Ring der Randgranula in Wesen, 
wahrend bei den kleinen Zellen sehr oft nur der Rand übrig bleibt. 
Besonders letztere scheinen deshalb in der Reaction ihres Inhalts einen 
vollstàndigen Gegensatz mit den Zellen des Typus II zu bilden. 

Dennoch meine ich, dass dies nicht wirklich der Fall ist, und 
betrachte es nicht als gewagt, zu behaupten, dass die kleinen Zellen 
mit Verklumpung der Granula in der Nàhe des Kernes und ohne die- 
selbe aufeinanderfolgende Stadien sind; die Zellen ohne Verklumpung 
stellen das vorgerücktere Stadium dar. Nach diesen Betrachtungen ist 


7) Wenn sich spáter zeigen sollte — was natürlich nicht unmóglich ist — dass 
diese Auffassung unrichtig wire, und die beschriebenen Abweichungen der Zellen 
nicht die Folge ungleichartiger Reize verschiedener Zellen sind, sondern z. B. ihr 
Entstehen einem Unterschied in der Intensität des Reizes verdankten, sich äussernd 
in einem verschiedenen pathologischen Zustande gleicher Zellen, dann erst würde 
Nissl Recht haben mit der Behauptung (Allgem. Zeitschrift f. Psychiatrie. Bd. 54. 
S. 75): ,Man kónnte auch hier wieder nach der jeweiligen Art . . . eme Reihe 
von Typen aufstellen“, und weiter: „Von principieller Wichtigkeit ist, dass alle Spinal- 
ganglenzellen . . . die gleiche Structur zeigen, und dass die Unterschiede, die die 
färbbaren Substanzportionen dieser Zellart offenbar besitzen. nicht zu den wesent- 
lichen und integrierenden Dingen der Spinalganglienzellen gehören.“ Aber dann 
muss erklürt werden, wie es kommt, dass das totale Durchschneiden emes Nerven, 
mit anderen Worten eme mechanische Verwundung, welche gleichzeitig und schein- 
bar mit derselben Kraft einwirkt auf die gleichen Zellen, zu dergleichen ver- 
schiedenen Erscheinungen führen kann. 

So lange diese Erklärung fehlt, meine ich im Rechte zu sein, auch mich 
stützend auf meine Resultate: 1. verschiedene Lage der Granula, 2. verschiedenen 
Lauf der Fibrilen, 3. verschiedene Reaction infolge derselben mechanischen Ver- 
wundung, zu sagen: die Spinalganglienzellen sind zweifelsohne verschieden im Bau 
und wahrscheinlich in Function; und deshalb: „Man muss . . . eme Reihe von 
Typen aufstellen!“ (Dogiels Resultate lassen in Hinsicht dieser Voraussetzungen 
kemen Zweifel mehr übrig.) 


254 W. H. Cox, 


es einleuchtend, dass man auch bei den Zellen des Typus I und des- 
halb im allgemeinen annehmen kann, dass das Durchschneiden einen 
Reiz ausübt, welcher zur Folge hat, dass der Kern die Granula 
anzieht, welche Erscheinung alle Zellen gemein haben, mit geringer 
Abweichung, je nach ihrem Typus, während bei stärkerem Reiz auch 
die Granula in der Nàhe des Kerns (Fig. 8 u. 9) und schliesslich alle 
Granula verschwinden (Fig. 11), gleichsam zur Auflósung gelangen. 
Werden die Zellen durch Ursachen, die wir nicht kennen, noch 
stirker angegriffen, so wird Vacuolisation in all ihren aufeinander 
folgenden Stadien und der ganze Untergang der Zelle die Folge sein. 

Sind die Veründerungen, wie wir sie in den Zellen wahrnehmen, 
progressiv oder regressiv? 

In einem Sammelreferat unter dem Titel: Die allgemeine Histologie 
der degenerativen und regenerativen Processe im  centralen und 
peripheren Nervensystem nach den neuesten Forschungen") sagt 
Ströbe richtig, dass Nissls Ansicht, als wären die Veränderungen, die 
in den Zellen vorkommen, nach der Hinwegschneidung der End- 
apparate regressiv, im Widerspruch ist mit den wahrgenommenen 
Erscheinungen der verletzten Nervenenden. 

Merkt man an diesen doch gerade zur selben Zeit ein pro- 
sressives Auswachsen der Axencylinder. Die Veranlassung zu diesem 
Process wird ganz gewiss von der Zelle ausgehen müssen. 

Aus der Untersuchung von Ströbe wissen wir auch, dass die 
Axencylinder sich sehr gut regenerieren. 

Ich kann noch hinzufügen, dass die Fibrillen in den Zellen, 
auch wo die Granula grösstenteils verschwunden sind (Tafel VII’), 
noch anwesend und sehr leicht sichtbar sind, dass sogar Fibrillen 
vorkommen in vacuolisierten Zellen. Diese Wahrnehmungen bestätigen 
näher Ströbes Ansicht, die denn auch wahrscheinlich wohl die richtige 
sein wird. 

Am Ende wird also in der Zelle ein Stadium eintreten, in 
welchem sie und namentlich ihr Inhalt sich dem neuen Axencylinder 


!) Centralblatt f. allgem. Pathologie und pathol. Anat. Bd. VI. S. 904. 
?) Die Selbständigkeit der Nervenfibrillen etc. Siehe diese Zeitschrift. Bd. XV. 


a o 


— in _ 


Beiträge zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 955 


accomodiert hat a) mit seinen normalen, falls die Nervenenden an- 
einander gelegt sind und vollkommene Regeneration stattfand, oder 
b) mit seinen abnormalen Reizen, wo solches nicht der Fall war. 

In unseren Kaninchen waren die Reize stets abnormal, da die 
Nerven derart durchschnitten wurden, dass ein Zusammenwachsen un- 
möglich war. Daher wahrscheinlich die sonst unerklärliche Erscheinung, 
dass die Veränderungen in den Zellen des Typus II constant bleiben 
bis sogar nach 6 Monaten (Fig. 7) und einem Jahre, zu welcher Zeit 
die Zellen des Typus I wenige oder keine leicht bemerkbare Ver- 
änderungen zeigen. 

Ich spreche stets in Bezug auf die Granula von ganz sichtbaren 
auffälligen Veränderungen, die mit 300 maliger Vergrösserung leicht 
wahrnehmbar sind. 

Bei Pflanzenzellen hat Haberlandt') wahrgenommen, dass der 
Kern eine Stelle einnimmt an jener Seite der Zelle, wo eine starke 
Entwicklung der Zellmembran stattfindet. 

Wäre die veränderte Lage der Kerne in den Spinalganglien- 
zellen vielleicht einer analogen Wirkung zuzuschreiben? Es ist sehr 
wahrscheinlich; jedoch in Fig. 3, wo auch der Ursprungshof des 
Axencylinders sichtbar ist, liegt der Kern ersichtlich nicht gerade 
nahe an jener Stelle, und für die kleinen Zellen, in denen die Kerne 
fast immer excentrisch sich befinden, gelang es mir nicht, diese Frage 
entscheidend zu beantworten. 

Jedenfalls ist die Ortsveränderung des Kerns sehr wahrscheinlich 
ein Process, identisch mit dem von Haberlandt wahrgenommenen. 

Die Anziehungskraft zwischen Kern und Granula, und besonders 
die grössere oder geringere Anhäufung der Granula an der Kern- 
membran (Fig. 19 u. 20; Taf. VII. Fig. 6), erinnert an die Wahr- 
nehmungen von Korschelt?); nur bleibt hier die Kernmembran rund, 


7) Verworn (Allgemeine Physiologie S. 520): „Die Untersuchungen von Haber- 
landt betreffen die Wachstumserschemungen der Zellmembrane. An einem umfang- 
reichen Material hat Haberlandt festgestellt, dass‘. . ., auch wo Regenerationen der 
künstlich verletzten Zellwand eintreten, kurz, dass in allen Fällen, wo eine besondere 
Entwicklung des Zellwandmaterials stattfindet, der Kern sich immer der Seite an- 
lagert, an welcher diese Wachstumsvorgänge localisiert sind.“ 

?) Verworn S. 520: „Das Verhalten und die Lage des Kerns der Eizelle zu 
diesem Nährmaterial ist nun sehr charakteristisch. Von dem Nährsack zieht eine 


256 W. H. Cox, 


und werden die Granula (die Nahrung?) entweder von dem Kern oder 


von der Zelle selbst ausgeschieden. Und damit sind wir von selbst 
zu der Frage angelangt: Müssen die Granula aufgefasst werden als 
Nahrung?!) und wenn es sich so verhält, wird die Nahrung abgeschieden 
vom Kern oder von der Zelle; und schliesslich, wird dieselbe verbraucht 
von dem Kerne oder von der Zelle? In Hinsicht auf die oben be- 
schriebenen Erscheinungen und die daran angeknüpften Erörterungen 
kommt es mir nicht unwahrscheinlich vor, dass auf die erste Frage be- 
jahend geantwortet werden kann. 

Wenn nämlich die Zelle unter einem starken Reiz gebracht wird mit 
Neigung zur Regeneration ihres Ausläufers, begeben sich die Granula 
nach dem Kern und verschwinden im weiteren Teil der Zelle. 

Später, wenn der Reiz nach und nach geringer wird, werden die 
Granula aufs neue gebildet. 

Wo werden sie gebildet? 

In einigen Zellen, in Präparaten von 25 Tagen, hat es den An- 
schein, dass die Granula durch die ganze Zelle aufs neue entstehen und 
wachsen, in anderen (Fig. 12 u. 13), in diesem Falle in kleinen Zellen, 
dass die Granula aus dem Kern neugebildet werden. 

Ich kann freilich nicht leugnen, dass ich mich hiermit auf das 
unsichere Gebiet der Uebergänge und Stadien wage, welche man zwar 
nebeneinander, nicht ineinander übergehend, sieht; die Erfahrung hat 
gelehrt, dass dieses Gebiet sehr fruchtbar für Speculationen ist, aber 
auch für falsche Deutungen, und deshalb ist es erwünscht, sich bewusst 
zu werden, wenn man sich auf demselben befindet, während die Vor- 
sicht gebietet, dieses Terrain so bald wie möglich zu verlassen. 


Körnermasse, das Nährmaterial, in die Eizelle hinein, und zwar lagert es sich der- 
artig, dass es direct mit dem Kern in engste Berührung kommt. Das Interessanteste 
aber, was die Activität des Kerns dem Nährmaterial gegenüber ganz augenfällig 
macht, ist, dass der Kern in die Körnermasse hinem, und zwar nur nach der Seite 
hin, wo dieselbe ihn berührt, spitze pseudopodienartige Ausläufer entsendet und 
so seine Oberfläche an der Berührungsstelle mit dem Nährmaterial in ausgiebigster 
Weise vergrössert.“ 


1) Kinétoplasma von Marinesco (Comptes rendues des séances de l’académie 


des sciences 1897); Träger potentieller Energie nach Juliusburger (Neurol. Central- 
blatt 1896); Nährmaterial während der funktionellen Thätigkeit nach Ramon y 
Cajal (Monatsschr. f. Psychol. u. Neurol. 1897). 


a re tt tt 


4 
4 
] 


Beiträge zur pathologischen Histologie und Physiologie der Ganglienzellen. 957 


Auf die dritte Frage antwortete ich schon, als ich die Meinung 
äusserte, dass die Stelle, welche die Granula in der Zelle, zumal in 
Bezug auf den Kern und auf die Kernmembran, einnehmen, auf einen 
möglichen Uebergang der Granulabestandteile in den Kern hinweist. 


Deventer, Mai 1898. 


Erklirung der Figuren. 


Die Vergrósserung der Photos ist für die Fig. 1—18 700 fach!), für die Fig. 19 
und 20 1200 fach!) Sie sind angefertigt mittelst Zeiss’ Camera; Obj. Homog. Imm. 
3 mm N. A. 1,40 und Projectionsocular 2. Die Belichtung fand statt mit Kalk- 
licht durch Zettnows Kupfer-Chromfilter. Die Platten waren m Erythrosin gebadeten 
Marionplatten. 

Die Präparate stammten aus Spinalganglien von Kaninchen, und waren in 
meinem Formolgemisch gehártet und mit Methylenblau (Xylol-Alcohol) gefärbt. 


Fig. 1 Tafel XIV ist eine grosse Zelle des ersten Typus aus einem Priiparat eines 
Kaninchens, dessen Spinalganglien gehärtet wurden sofort nach dem Tode, 
der 9 Tage nach der Operation durch Chloroformnarkose und Verblutung 
stattfand. An dieser Zelle ist die Lage der Granula um den Kern herum 
und an der Peripherie sehr deutlich wahrnehmbar; zwischen diesen Granula- 
ringen sind fast keme oder nur sehr kleine Kórnchen vorhanden. Der 
Kern liegt noch m der Mitte der Zelle. 

Fig. 2. Grosse Zelle des Typus I, 4 Tage nach der Verwundung. Der periphere 
Granularand ist ganz sichtbar; um den Kern ist eine Zone von zwar 
auseinander liegenden, aber ziemlich grossen Granulis. 

Fig. 9 stellt eine grosse Zelle des Typus I dar, 4 Tage nach der Verwundung. 
Ausser dem Heraustreten des Kernes tritt sehr in den Vordergrund das 
Geschwollensem desselben. Die Vergrósserung ist hier und bei allen 
übrigen und vorher abgebildeten und beschriebenen Zellen 700fach!). 


ip. 4 zeigt eine grosse Zelle des zweiten Typus, 9 Tage nach der Operation. 
Grosse zusammenhiingende Brocken (Substanzportionen Nissls) um den 
Kern herum, hier und da der Kernmembran dicht anliegend. An der 
Peripherie gar keme Granula. 

Fig. 5 ist eine grosse Zelle des Typus II, 25 Tage nach der Operation. Starkes 

Zusammenballen der Granula um den Kern, Abwesenheit derselben an 

der Peripherie. 


1) Diese Vergrósserung ist bei Reproduction auf ?/, zurückgeführt worden. 
Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 17 


258 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


W. H. Cox, Beitrige zur pathologischen Histologie etc. 


6. Grosse Zelle des Typus Il, 3 Monate nach der Operation. Der Durch- 
schnitt der Zelle ist in der Richtung, die uns die Excentricität des Kerns 
sichtbar macht; hier sind noch mehr Granula vorhanden als gewöhnlich. 

7. Grosse Zelle des Typus II nach 6 Monaten. Durch die Haematoxylin- 
färbung ist ein Teil der Fibrillen sichtbar. Einzelne Granula liegen an 
der Peripherie. Die Form der Granula ist entschieden länglich. 

8. Drei kleine Spinalganglienzellen, 9 Tage nach dem Durchschneiden, 
periphere Lage der Granula und des Kernes sichtbar. 


. 9 u. 10. Kleine Spinalganglienzellen, 9 Tage nach der Operation. In der 


Fig. 9 ist eine Zelle, in der Fig. 10 sind zwei Zellen mit einem Granula- 
klumpen in der Nähe des nach der Peripherie hin gerückten Kernes. 


. ll. Zwei kleme Zellen aus einem Priiparat von 25 Tagen. Noch vereinzelte 


Substanzportionen am Rande sind sichtbar.  Uebrigens enthalten die 
Zellen nur áusserst kleme Kórnchen. 


12. Kleine Spinalganglienzelle, 25 Tage nach der Operation, mit sichtbarem 
Zusammenklümpern der Granula um den Kern herum. 


. 18. Kleine Spinalganglienzelle, 25 Tage nach der Operation. Der grössere 


Teil der Granula liegt um den Kern herum, auch sieht man vereinzelte 
Substanzportionen durch die Zelle zerstreut, und ist überdies noch ein 
Teil des Granularandes da. 


14 u. 15 sind zwei Zellen, 14 aus einem Priparat 9 Tage und 15 aus 
einem Ganglion 25 Tage nach der Operation. In beiden Zellen sind die 
Kerne noch vorhanden. Der Kern von Fig. l5 sieht nicht ganz normal 
aus; das Kernkórperchen ist zwar nicht sichtbar, aber dennoch in dieser 
Zelle erhalten. Kerne und Granula sind normal gefärbt; auch die In- 
tensitát der Farbung ist nicht beeintráchtigt. 


. 16. Kleine Zelle aus einem Priparat von 25 Tagen. Drei Vacuolen sind gut 


sichtbar; Granula findet man nur hier und da an dem Rande vor. 


. 17. Zelle aus einem Präparat, 25 Tage nach der Operation. Zahlreiche 


Vacuolen sind sichtbar; ungefähr in der Mitte liegt der Kern, welcher zwei 
an der Peripherie liegende Kernkórperchen enthält. 


18. Zelle aus einem Präparat von 25 Tagen. 


19 u. 20. Kerne verschiedener Spinalganglienzellen mit anliegenden Granulis. 


(Aus dem anatomischen Institut zu Tübingen.) 


Beobachtungen tiber den Bau der Nervenzellen der 
Spinalganglien und des Sympathicus beim Vogel. 


Von 


Dr. D. Timofeew, 
Kasan. 


(Mit Tafel XV.) 


Die Frage nach dem feineren Bau der Nervenzellen ist in den letzten 
Jahren unausgesetzt ein Gegenstand des Interesses der Histologen und 
Neuropathologen gewesen. Die einschligigen Untersuchungen sind be- 
reits auf die verschiedensten Tierarten ausgedehnt worden; nur eine 
einzige Tierclasse ist hierbei merkwiirdigerweise so gut wie ganz un- 
berücksichtigt geblieben: die Classe der Vögel. Nicht nur ausführlichere 
Untersuchungen, ja selbst kürzere gelegentliche Bemerkungen ver- 
missen wir hierüber in der neueren Litteratur, und die paar Andeutungen, 
die ich hierüber auffinden konnte, und die im Laufe meiner Arbeit an- 
geführt werden sollen, stammen mit geringen Ausnahmen aus der Zeit 
vor dem Beginn der neuen, durch die Arbeiten von Nissl u. a. ge- 
kennzeichneten Aera auf diesem Forschungsgebiet. 

Ich habe daher mit Vergnügen der Aufforderung des Herrn Pro- 
fessor v. Lenhossék, dieses Thema zum Gegenstande meiner Unter- 
suchungen zu wählen, Folge geleistet, und möchte in folgendem speciell 
über die Beobachtungen berichten, die ich an den Spinalganglienzellen 


und den Nervenzellen des Sympathicus der Vógel gemacht habe. 
17* 


260 D. Timofeew, 


Als Untersuchungsobjecte benützte ich Tauben und Hühner. Zur 
Fixierung bediente ich mich folgender Flüssigkeiten: 1. Sublimat in 
gesättigter Lösung nach Heidenhain; 2. Formaldehyd 5°/,; 3. Sublimat 
conc. + Pikrinsäure conc. aa (Rabl-Schaffer); 4. Sublimat conc. + Form- 
aldehyd 5°/, aa; 5. Zenker'sche, 6. Carnoy’sche, 7. Hermann’sche Lósung. 
Weitaus die besten Ergebnisse habe ich erhalten bei Anwendung der 
Lösungen von Zenker und Carnoy'). Sie haben den grossen Vorteil, 
an dem Protoplasma der Nervenzellen nur in sehr geringem Maasse 
Schrumpfungen hervorzurufen. Die Zellen bewahren dabei sehr gut 
ihre Form und füllen die Kapselhöhle schön aus; die allen Einwirkungen 
gegenüber so empfindliche helle Randzone, die auch bei den peripherischen 
Nervenzellen der Vógel vorhanden ist, bleibt an den meisten Zellen 
völlig unbeschädigt, was bei Anwendung der meisten anderen Flüssig- 
keiten nicht oder wenigstens nicht so regelmässig der Fall ist. Die 
Zenkersche Lósung fixiert, wie mir scheint, den Zellkórper sowohl in 
seimer Form wie auch in seiner inneren Beschaffenheit besser als die 
von Carnoy, doch ist letztere ihr in Betreff der Fixation des Kerns 
überlegen. Die Fixierung nach Carnoy hat daneben noch den besonderen 
Vorteil, dass dabei das Tigroid eine ausserordentlich scharfe Färb- 
barkeit aufweist, was sich daraus erklärt, dass dieses Gemisch als Haupt- 
bestandteil Alkohol enthält. Bekanntlich erhält man bei der reinen 
Alkoholfixierung die schárfste Tigroidfarbung mit basischen Anilinfarben, 
doch ist diese Fixierung unvorteilhaft wegen der damit verbundenen 
starken Schrumpfung des Zellplasmas. In dem Carnoy'schen Gemisch 
wird diese Schrumpfung, wie es scheint, durch das Chloroform verhindert, 
während durch den Essigsáurezusatz das deutliche Hervortreten der 
Zellstructuren und der Kernstructur gewährleistet wird. Noch bessere 
Resultate geben die beiden genannten Gemische bei der Fixation des 
Nervensystems von Vogelembryonen. Auch die Hermann'sche Lósung 
fixiert die Nervenzellen in befriedigender Weise, doch gelingt die 
Färbung an den damit behandelten Objecten nicht so gut wie bei 
anderen Fixierungen. Formol kann ich zur Fixierung nicht empfehlen. 

Die den verschiedenen Gebieten des Rumpfes und Halses ent- 


1) Alc. abs. 6 Teile, Chloroform 3 Teile, Eisessig 1 Teil Sie wird auch viel- 
fach (z. B. von Held) als Van Gehuchten’sche Flüssigkeit angeführt. 


Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen etc. 96] 


nommenen Spinal- und sympathischen Ganglien wurden in der Carnoy- 
schen Flüssigkeit 5— 18 Stunden lang belassen und dann sofort auf 
2 Tage in absoluten Alkohol übertragen, wonach sie in Paraffin ein- 
gebettet wurden. In der Zenkerschen Lósung blieben die Objecte 
24 Stunden, wurden dann, nach 24 stündigem Auswässern in fliessendem 
Leitungswasser, in allmählich steigendem Alkohol, von 50°/, ab, ge- 
hàrtet. Die Einbettung in Paraffin (54°) wurde unter Benützung von 
Chloroform oder (mit besserem Erfolg) von Bergamottöl vorgenommen. 
Die Schnittdicke schwankte zwischen 3—8 «; die Schnitte wurden mit 
Eiweissglycerin und destilliertem Wasser auf dem Objectträger fest- 
geklebt. 

Zur Färbung des Tigroids in den Nervenzellen erhielt ich vor- 
treffliche Resultate mit der Doppelfärbung Toluidinblau-Erythrosin, nach 
der Methode des Herrn Prof. v. Lenhossek. Die auf dem Objectträger 
befestigten Schnitte werden hierbei. auf 6—18 Stunden in eine gesättigte 
wässerige Lösung von Toluidinblau gelegt, dann, nach oberflächlicher 
Abspülung mit Wasser, über dem Bassin der Wasserleitung, neben 
dem geöffneten Wasserhahn mit ein paar Tropfen einer gesättigten 
wässerigen Erythrosinlösung bedeckt, fast in derselben Secunde aber 
schon mit fliessendem Leitungswasser abgewaschen. Diese rasche Art 
der Erythrosinfärbung erfordert eine grosse Vorsicht, damit keine 
Ueberfärbung eintritt, doch ist dies das beste Verfahren, um zu ver- 
hindern, dass das Toluidinblau bei der Nachfärbung durch den sauren 
Farbstoff verdrängt wird. Nach der Färbung wurden die Präparate 
rasch in absolutem Alkohol entwässert, in Xylol aufgehellt und in 
Kanadabalsam eingeschlossen. 

Viel schwieriger als die Färbung des Tigroids ist eine gute Fürbung 
der Grundsubstanz der Nervenzellen. Ich habe eine ganze Reihe von 
zu diesem Zweck empfohlenen Methoden durchprobiert und auch neue 
Farbencombinationen versucht. Ich will nur die zwei Methoden her- 
vorheben, die mir die besten Ergebnisse geliefert haben: die Eisenhaema- 
toxylinfärbung nach M. Heidenhain mit einer Nachfärbung in Erythrosin 
und die Doppelfärbung in Bleu de Lyon und Saffranin nach G. Mann’). 


1) G. Mann, On the preparation of nerve cells for investigation. Journal of 
Anat. and Physiology. 1894. p. 166. 


962 D. Timofeew, 


Zur Untersuchung der Kernstructur und des Verhaltens der 
Nucleolen bediente ich mich mit dem besten Erfolge der Ehrlich-Biondi- 
schen Färbung und der Methode von Oppel (Methylgrün-Eosin-Säure- 
fuchsin *). 

Am leichtesten lassen sich die Spinalganglien und Grenzstrang- 
ganglien aus dem Halsgebiet gewinnen. Auch sind sie hier, nament- 
lich im untern Bereich des Halsteiles, entsprechend den starken, die. 
Flügel innervierenden Nerven, am gróssten. Die beiden Ganglien liegen 
hier so dicht beisammen, dass man sie im Zusammenhange heraus- 
präparieren, weiter behandeln und in Schnitte zerlegen kann, was 
natürlich für die Untersuchung sehr bequem ist. Man bekommt au 
solchen Schnitten sehr übersichtliche Bilder des topographischen Ver- 
haltens der beiden Ganglien zu einander, ja auch der Verlauf der aus 
den Ganglien entspringenden Faserbündel lässt sich mit grosser Klar- 
heit verfolgen, indem die sympathischen Bündel durch ihre dichtere 
Structur, ihren Kernreichtum, ihre Marklosigkeit inmitten der mark- 
haltigen spinalen Faserbündel sehr lebhaft hervortreten, besonders an 
Schnitten, die mit Eisenhaematoxylin und Erythrosin oder Toluidinblau 
und Erythrosin gefärbt sind. Fig. 1 giebt einen derartigen Schnitt 
wieder. Das Grenzstrangganglion erscheint nur wenig kleiner als das 
Ganglion spinale, es ist von diesem durch die vordere Wurzel getrennt, 
die zwischen beiden in den gemeinsamen Spinalstamm eindringt. 
Von dem dreieckigen sympathischen Ganglion geht an seinem lateralen 
Winkel ein kleines, ganz aus marklosen Fasern bestehendes peripherisches 
Aestchen ab, das mit den Spinalnerven parallel dahinzieht. Man kann 
aber ganz deutlich feststellen, dass aus dem Ganglion auch an seiner dem 
Spinalnerven angelóteten Seite Nervenbündelchen entspringen: ein peri- 
pherisches, das gleich in den Spinalnerven umbiegt und darin sich eine 
Strecke weit verfolgen lässt, und ein centripetales, das bestimmt in das 
Spinaleanglion eindringt und sich darin dem Blicke entzieht. Ebenso 
sicher lässt sich aber auch feststellen, dass aus der vorderen Wurzel ein 
kleines markhaltiges Bündelchen das sympathische Ganglion betritt. Wir 
gelangen somit zu einem ähnlichen Schema der gegenseitigen Beziehungen 


7 s. B. Rawitz, Leitfaden für histologische Untersuchungen. 2. Aufl. Jena 
1895. 8. 71. 


Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen etc. 263 


der Spinalwurzeln und des Sympathicus beim Vogel, wie es sich in 
Raubers Anatomie!) findet. 


Sowohl die Spinalganglien wie die sympathischen Ganglien sind 
beim Vogel von einer verhältnismässig schwachen bindegewebigen Hülle 
umgeben, die sich auf die aus den Ganglien entstehenden Stàmme fort- 
setzt. Das interstitielle Bindegewebe der Ganglien zeigt eine sehr 
schwache Entwickelung, namentlich wenn man es mit den entsprechenden 
Verhältnissen bei den grossen Säugern, z. B. beim Menschen, vergleicht. 
Man erhält einen sehr guten Ueberblick über die quantitative Ent- 
wickelung dieses bindegewebigen Stromas durch die Ehrlich-Biondi'sche 
Farbung oder die Methode von Oppel; bei beiden, besonders aber bei der 
letzteren wird das Bindegewebe durch das Säurefuchsin lebhaft rot 
gefärbt. 

An den Längsschnitten tritt uns eine interessante Eigentümlich- 
keit der Spinalganglien der Vögel entgegen, die bisher nicht beobachtet 
worden zu sein scheint. Inmitten des Ganglions, bald tiefer, bald näher 
der Oberfläche, findet sich eine ziemlich ansehnliche, rundliche An- 
häufung von Lymphocyten, ein wahres Lymphknötchen (Fig. 2). Ich 
habe diese Bildung in keinem einzigen der von mir untersuchten 
Ganglien vermisst; ja manchmal fand ich in einem Ganglion zwei 
oder selbst drei Knötchen. An dünneren Schnitten lässt sich trotz der 
dichten Lagerung der Lymphocyten nachweisen, dass diese in ein 
typisches reticuläres Gewebe eingelagert sind. In der Mitte des 
Knötchens findet sich oft eine zellfreie Stelle, die aus dichterem Binde- 
gewebe besteht. Das Gebilde steht jedenfalls in irgend einer Beziehung 
zu den Blutgefàssen; an der Peripherie des Knótchens, manchmal auch 
mehr in dessen Mitte, sieht man nämlich immer auffallend weite, sehr 
dünnwandige Blutcapillaren (als solche an den darin befindlichen Blut- 
körperchen kenntlich), die oft sinusartige Erweiterungen zeigen. Leider 
ist es mir nicht gelungen, diese Gefässe durch Injection zu füllen. 

Soviel mir bekannt, ist etwas Aehnliches in den Spinalganglien 
bisher nicht beobachtet worden. Eine entfernte Beziehung zu meinem 


1) A. Rauber, Lehrbuch der Anatomie des Menschen. Leipzig 1898. 5. Aufl. 
II. Bd. 2 Abt. Fig. 522. S. 600. 


264. D. Timofeew, 


Befunde hat eine Beobachtung von Kélliker!), welcher bei der Katze 
in dem Winkel zwischen den beiden Spinalwurzeln, also ausserhalb 
der Spinalganglien, eine lymphdrüsenáhnliche Ansammlung von Leuko- 
cyten beobachtet hat. Eine meinem Befunde sehr àhnliche Lymph- 
knötchenbildung hat kürzlich Rawitz?) in der Submaxillardrüse von 
Affen beobachtet. — Dass es sich bei meiner Beobachtung nicht um 
eine pathologische Erscheinung, etwa Tuberkelbildung handelt, ergiebt 
sich schon daraus, dass die fraglichen Lymphknótchen in den Spinal- 
ganglien aller von mir untersuchten, aus verschiedenen Bezugsquellen 
stammenden Tauben und Hühner nachgewiesen werden konnten. 

Die Anordnung der Nervenzellen im Spmalganglion wurde haupt- 
sächlich an Làngsschnitten studiert. Sie liegen nicht, wie bei einzelnen 
Wirbeltieren, z. B. beim Frosche (v. Lenhossék 1886, Bühler), vor- 
zugsweise mantelartig auf der Oberflache des Ganglions angeordnet, 
sondern verteilen sich in kleinen Gruppen durch die ganze Dicke des- 
selben. Diese Gruppen bestehen entweder aus Längsreihen, entsprechend 
der Richtung der das Ganglion geradlinig durchsetzenden Faserbiindel, 
oder aus mehr rundlichen Anháufungen an den Stellen, wo sich die 
Faserbündel von einander entfernen. Meine Beobachtungen stehen 
also in dieser Beziehung in Einklang mit denjenigen von Bühler?), der 
für die Spinalganglien der Taube und des Raben ebenfalls eine diffuse, 
regellose Verteilung der Nervenzellen angiebt, weichen aber wesent- 
lich ab von der Angabe von Rawitz*), wonach bei der Taube die 
Nervenzellen bloss einseitig, und zwar entsprechend der Dorsalseite 
der hinteren Wurzel, anliegen sollen. 

Betrachten wir nun zunächst die Zellen der Spinalganglien ge- 
nauer. Die Zellen (Fig. 3, 4, 5) liegen in dünnen bindegewebigen 


1) A. Kölliker, Ueber das Vorkommen von Nervenzellen in den vorderen Wurzeln 
der Rückenmarknerven der Katze. Tageblatt der 66. Versamml. deutscher Naturf. 
und Aerzte in Wien 1894. S. 168. 

?) B. Rawitz, Ueber Lymphknotenbildung in Speicheldrüsen. Anat. Anzeiger. 
Bd. XIV. 1898. 8. 463. 

?) A. Bühler, Untersuchungen über den Bau der Nervenzellen. Verhandl. d. 
physik. medic. Gesellsch. zu Würzburg. N. F. 1898. Bd. XXXI. S. 285. — Vergl. 
S. 296. 

*) B. Rawitz, Ueber den Bau der Spinalganglien. Archiv f. mikrosk. Anat. 
Bd. XXL S. 271. — Vergl. S. 276. 


Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen etc. 265 


Kapseln, die in die Henle’sche Scheide des Axencylinderfortsatzes über- 
gehen. Die Kapsel ist auf ihrer inneren Flàche von einer Schicht von 
Endothelzellen bedeckt, deren Kerne sich leicht gegen die Zelle hin 
vorwólben. Sie sind in geringerer Zahl vorhanden als bei Säugetieren; 
gewöhnlich sieht man an einem Durchschnitte der Zelle nicht mehr als 
3—5 derartige Kerne. An gut fixierten Präparaten füllen die Nerven- 
zellen ihre Kapselhóhle vollkommen aus, der Zellkörper grenzt sich 
nach aussen durch eine scharfe Linie ab, die ganz glatt verlàuft, mit 
Ausnahme einiger kleinen Vertiefungen, die durch die Kerne der 
Endothelzelle der Kapsel hervorgerufen werden. Von der Gegenwart 
eines pericellularen Lymphraumes konnte ich mich in keiner Weise über- 
zeugen. Freilich findet man auch in den besten Präparaten Zellen, 
bei denen sich die Oberfläche des Zellkörpers von der Kapsel etwas 
zurückgezogen zeigt, doch liegt hier augenscheinlich ein Erzeugnis der 
Behandlung vor. Dies geht schon aus der Unregelmässigkeit dieser 
Retractionen hervor. 

Bei der geringen Menge der bindegewebigen Zwischensubstanz 
kommen die in einer kleinen Gruppe oder Reihe beisammen liegenden 
Zelen in so innige Berührung mit einander, dass sie nur durch ihre 
Kapseln von einander getrennt sind. Infolgedessen nehmen die Zellen 
oft durch den gegenseitigen Druck eine eckige oder halbmondfórmige 
Gestalt an (schon von Rawitz a. a. O. S. 271 erwähnt), während solche 
Zellen, die verhältnismässig isoliert liegen, eine rundliche oder ovale 
Gestalt aufweisen. Hier mag die Beobachtung eingeschaltet werden, 
dass man manchmal schon im Bereich der hinteren Wurzel, proximal 
vom Spinalganglion, gewissermaassen als Vorläufer der Elemente dieses 
letzteren, einzelne, gewöhnlich längliche Nervenzellen findet. Die 
gleiche Beobachtung hat schon vor Jahren v. Lenhossek für den Frosch 
mitgeteilt !). 

Die Grösse der Zellen der Spinalganglien schwankt innerhalb be- 
trächtlicher Grenzen; in demselben Ganglion findet man grosse und kleine 
Zellen nebeneinander. Die grössten Zellen haben einen Durchmesser 
von ungefähr 40 u, die kleinsten einen solchen von 8—10 u; die 


7) M. v. Lenhossék, Untersuchungen über die Spinalganglien des Frosches. 
Archiv f. mikrosk. Anat. 1886. Bd. 26. S. 370. — Vergl. S. 389. 


266 D. Timofeew, 


meisten Zellen liegen in Bezug auf ihre Grósse etwa in der Mitte 
zwischen diesen zwei Werten. Wir sehen also, dass die Zellen beim 
Vogel an Grósse weit hinter denen der Sàuger und speciell des Menschen 
zuriickbleiben'). Die von Bühler (a. a. O. S. 297) für die Vögel an- 
gegebenen Zahlen (12—40, selten 50 &) stehen den von mir gefundenen 
sehr nahe. 

Die Zellen der Spinalganglien besitzen bei dem Huhn und der 
Taube stets nur einen einzigen Kern. Dieser liegt in der Mitte des Zell- 
leibes, ein Umstand, wodurch sich die Spinalganglienzellen der Vögel von 
denen der Amphibien, Reptilien und Fische sehr auffallend unterscheiden. 
Bei all diesen Tieren zeigt der Kern nàmlich in der Spinalganglien- 
zelle mehr oder weniger eine excentrische Lage?) — Der stets in der 
Einzahl vorhandene Fortsatz entspringt gewöhnlich an dem schmäleren 
Pol der Zelle, und zwar immer mit dem von anderen Tieren her bekannten 
charakteristischen tigroidfreien kegelförmigen Hügel, Flemmings „Pol- 
kegel“.. Der Verlauf des Fortsatzes ist ein geradliniger, ich habe 
mich hiervon in vielen Fällen überzeugen können, wo der Fortsatz in 
dem Schnitte von seinem Ursprunge an ein Stück verfolgt werden 
konnte. Aus den Untersuchungen von Retzius?), Kamkoff*), Dogiel?) 
und Ramon y Cajal?) wissen wir, dass bei Säugetieren der Nerven- 
fortsatz der Spinalganglienzelle dicht an seinem Ursprunge noch inner- 
halb der Kapsel gewöhnlich mehr oder weniger starke Windungen 
bildet. Bei den Embryonen der Säuger sind aber diese Windungen 
noch nicht vorhanden; sie bilden sich, wie es scheint, erst im 


1) s. darüber M. v. Lenhossék, Ueber den Bau der Spinalganglienzellen des 
Menschen. Archiv f. Psychiatrie. 1897. Bd. XXIX. Heft 2. 

2) v. G. Levi, Ricerche citologiche comparate sulla cellula nervosa dei vertebrati. 
vista di patologia nervosa e mentale. 1897. Vol. IL. p. 193. 

?) G. Retzius, Untersuchungen über die Nervenzellen der cerebrospinalen 
Ganglien und der übrigen peripherischen Kopfganglien. Archiv f. Anat. u. Phys. 
Anat. Abt. Jahrg. 1880. S. 369. 

+) G. Kamkoff, Ueber den Bau des Ganglion Gasserii. Intern. Monatsschrift 
i5 AMA Ws lms, WADA, Ih KUN; SAIS 

5) A. S. Dogiel, Zur Frage iber den feineren Bau der Spinalganglien und 
deren Zellen bei Säugetieren. Intern. Monatsschrift f. Anat. u. Phys. 1897. 
Bd. XIV. : 

5 R. y Cajal y F. Olóriz, Los Ganglios sensitivos craneales de los 
mamíferos. Revista trimestral micrográfica. 1898. Vol. IL. p. 101. 


Beobachtungen iber den Bau der Nervenzellen etc. 267 


extrauterinen Leben aus. Man kann also sagen, dass bei den Vogeln 
im Verhältnis zu den Säugetieren in Bezug auf die Ursprungsweise 
des Fortsatzes ein mehr embryonales Verhalten vorhanden ist. 

Wenden wir uns nun zu den Zellen des Sympathicus. In den 
Grenzstrangganglien (Fig. 1) zeigen die in das Ganglion eintretenden 
Bündelchen keinen regelmässigen Verlauf, sondern durchflechten sich 
vielfach. Dementsprechend lassen die zwischen ihnen liegenden und 
durch das ganze Ganglion zerstreuten Zellen keine Regelmässigkeit 
der Anordnung erkennen; sie bilden kleinere und gróssere Gruppen, 
die bald dicht nebeneinander, bald in grósseren Abstànden von einander 
liegen. Auch diese Zellen werden von  bindegewebigen Kapseln 
umhüllt (Fig. 6), die auf ihrer Innenfläche einen Endothelüberzug be- 
sitzen. Die sympathischen Zellen haben infolge ihrer Multipolaritàt 
eine sehr wechselnde Form. Die Zahl ihrer Fortsätze kann ich 
natürlich, da ich keine Reconstructionen vorgenommen habe, nicht 
angeben; an meinen Schnitten sieht man 3—5, seltener noch mehr 
Ausläufer. Gewöhnlich erscheinen diese bald nach ihrem Ursprunge 
abgeschnitten, woraus man folgern kann, dass sie einen gewundenen 
Verlauf haben. Selten nur gelingt es, einen protoplasmatischen Fort- 
satz in seinem Verlaufe ein làngeres Stück weit zu verfolgen; man 
sieht an solchen Stellen, dass die Kapsel sich an der Wurzel des 
Fortsatzes verliert, und dass der Fortsatz schon unweit von der Zelle 
Seitenäste abgiebt. Der Nervenfortsatz ist von den protoplasmatischen 
Ausläufern unschwer zu unterscheiden, wenngleich er keinen Ursprungs- 
kegel besitzt, und zwar hauptsächlich an seiner etwas stärkeren homogenen 
Färbung und an der Abwesenheit von Tigroid darin. Er zeigt bei 
Betrachtung mit Immersionslinsen eine ausgesprochene fibrilläre Streifung. 

Auch hier liegt der Kern, wie in den Spinalganglienzellen, in der 
Mitte des Zellkórpers. Zweikernige Zellen kommen nur sehr sporadisch 
vor, anders als bei Säugetieren, wo solche bekanntlich in grosser Zahl 
angetroffen werden. An Grösse stehen die Zellen des Sympathicus 
hinter den Spinalganglienzellen zurück; die grössten Zellen messen 
20—25 u, die kleinsten 5—6 u. 

Als ein charakteristisches Merkmal der Nervenzellen der Vögel 
— und zwar nicht nur der peripherischen Nervenzellen, sondern auch 


268 D. Timofeew, 


der Zellen des Rückenmarkes, Klein- und Grosshirns — möchte ich 
den auffallenden Reichtum derselben an Tigroid hervorheben. Beim 
Vergleich derselben mit den Nervenzellen der Sàugetiere, und noch mehr 
der Amphibien, tritt diese Eigentümlichkeit sehr scharf hervor. Ist 
die gegenwärtig am meisten verbreitete Ansicht, dass das Tigroid ein 
aufgespeichertes Nàhrmaterial der Nervenzelle darstellt, richtig, so 
dürfen wir daran denken, dass der Tigroidreichtum bei den Vögeln 
vielleicht im Zusammenhang steht mit den verhältnismässig regeren 
Stoffwechselvorgàngen bei diesen Tieren, namentlich im Vergleich mit 
den Amphibien. 

Das T'groid ist in den Spinal- und sympathischen Zellen ziemlich 
in gleicher Menge vorhanden und erscheint bei beiden gleichmässig, 
ohne Andeutung einer concentrischen Anordnung, durch den ganzen 
Zellkórper verteilt. Nur eine enge, saumfórmige Randzone bleibt in 
der Mehrzahl der Zellen davon frei; bei kleinen Zellen kann auch 
diese Randzone fehlen, so dass die Tigroidschollen bis an den Rand der 
Zelle reichen. Diese von v. Lenhossék') bei Säugetieren entdeckte 
helle peripherische Lage ist hier im allgemeinen etwas schwächer ent- 
wickelt, als bei den Säugern, doch kann man sie auch hier als typisch 
bezeichnen. Nicht so typisch ist ein tigroidfreier Saum des Protoplasmas 
um den Kern herum; ich habe diese Erscheinung, die bei Sáugern sehr 
häufis vorkommt, nur selten beobachtet. In die protoplasmatischen 
Fortsätze der sympathischen Zellen setzt sich das Tigroid stets, wenn 
auch in geringer Menge, in der bekannten Form spindelförmiger 
Körperchen fort. 


1) M. v. Lenhossék, Der femere Bau des Nervensystems im Lichte neuester 
Forschungen. 1895. 2. Aufl. S. 173. 


(Fortsetzung folgt.) 


Die Blutgefässe der Lymphdrüsen. 
Von 


Dr. W. Tonkoff, 
St. Petersburg. 


Vorlaufige Mitteilung. 


Mikroskopisch ist der Verlauf der Blutgefässe in den Lymphdriisen 
dank den Arbeiten von W. His, H. Frey und M. Calvert genau erforscht, 
während in makroskopischer Hinsicht diese Frage seit Fred. Ruyschius 
nicht weiter bearbeitet wurde, weshalb ich mir die Lósung dieser Frage 
zur náchsten Aufgabe stellte. Zu diesem Zwecke unterwarf ich die 
Lymphdrüsen aus den verschiedensten Gebieten des menschlichen 
Körpers mittelst feiner Injection einer genauen Durchforschung. Ueber 
die von mir bis jetzt erzielten Resultate soll hier in grósster Kürze 
berichtet werden’). Die Blutgefasse (vasa nutrientia) der Lymphdrüsen 
bilden ihrem Ursprunge, ihrem Verlaufe und ihrer Anzahl nach keinen 
bestimmten Typus, wie ihn z. B. die Blutgefässe der Nerven und 
Muskeln stets darbieten. Ursprung, Verlauf und Anzahl der die Lymph- 
drüsen ernährenden Blutgefásse hängen von folgenden Bedingungen ab: 
1. von der Lage der benachbarten arteriellen und venósen Stámme, 
2. von der Anzahl und Lage der Lymphdrüsen selbst, endlich 3. von 
"der Gestalt und Grösse der Lymphdrüsen. Daher erscheinen die Aa. 
nutritiae der Lymphdrüsen entweder als Endarterien oder mit anderen 
anastomosierend, bald sind ihrer viele, bald wenige; hierbei hángt ihre 
Anzahl nicht so sehr von der Grósse der Lymphdrüse ab, als von dem 
Blutgefássreichtum des betreffenden Gebietes, in welchem sich diese be- 


1) Die ausführliche Abhandlung über den vorliegenden Gegenstand gelangt 
demnächst in dieser Zeitschrift zur Veröffentlichung. 


270 W. Tonkoff, Die Blutgefässe der Lymphdrüsen. 


findet; benachbarte Lymphdrüsen stehen meistens durch gemeinsame 
ernährende Blutgefässe miteinander in Verbindung. Auf diese Weise 
ist der Charakter und das gegenseitige Verhältnis der Vasa nutrientia 
der Lymphdrüsen für jedes Gebiet des menschlichen Körpers, natür- 
lich in Abhängigkeit von dessen individuellen Eigentümlichkeiten, 
mehr oder weniger bestimmt. Die Aa. nutritiae lösen sich nicht voll- 
ständig in dem Gewebe der Lymphdrüse auf, sondern treten aus ihrer 
Kapsel mit einer grösseren oder geringeren Anzahl von Aesten wieder 
heraus und verteilen sich in den zunächst gelegenen Organen. Anderer- 
seits dringen nicht selten Venen, welche das Blut aus der Umgebung 
sammeln, in die Lymphdrüse hinein, um mit den Venen hierselbst in 
Verbindung zu treten. Infolge der Anwesenheit solcher Aa. et Vv. 
perforantes befinden sich die Lymphdrüsen mit den nahegelegenen 
Teilen (umgebendes Bindegewebe, Haut, Peritoneum, Wände der 
grösseren Blutgefässe etc.) in engster Verbindung. Daher kann der 
Zustand der Lymphdrüsen und ihrer Vasa nutrientia (Compression, 
Thrombose der Gefässe etc.) in gewisser Hinsicht auf die Ernährung 
der benachbarten Organe von Einfluss sein. 


Necrologia. 


Il prof. Carlo Giacomini, insigne Anatomico dell’Università di Torino, è 
morto insprovvisamente il 5 Luglio 1898. Da due anni egli soffriva di nefrite 
interstiziale cronica, cui tenne dietro una ipertrofia di cuore con ateroma delle 
arterie coronarie; da ultimo lo spense una emorragia cerebrale. 

Aveva 58 anni, poichè era nato a Sale presso Tortona il 25 Novembre 1840. 
Si è laureato in Medicina e Chirurgia nell’Università di Torino nel Luglio del 
1864, e si diede per due anni all’esercizio delle medicina pratica in un comune 
presso Voghera. Nel 1866 fu medico militare nella campagna di guerra nel 
Lombardo-Veneto, indi ritornò a Torino in qualità di Settore presso l’Istituto di 
Anatomia normale, e interruppe di nuovo il suo ufficio per servire come medico 
volontario nella campagna del 1870. Ritornato al suo Istituto Anatomico, vi fu 
incaricato di insegnare l'Anatomia topografica; indi nel 1876 fu fatto prof. stra- 
ordinario di Anatomia descrittiva, e nel 1880 divenne prof. Ordinario della stessa 
materia. Nei primi anni pubblicò alcuni lavori di medicina pratica, e propose 
un metodo suo proprio di circoncisione per la operazione del fimosi (1870). Nel 
1874 scrisse sul Cisticerco cellulosae e sulla Tenia mediocanellata dell’uomo; nel 
1876 descrisse un caso gravissimo di sifilide ossea che rese necessaria l'esportazione 
di gran parte delle ossa della faccia e del cranio. Questo caso gli ha servito per 
compiere col prof. Mosso studio sui movimenti del cervello nell'uomo. 

L’opera anatomica del prof. Giacomini fu molto estesa e importante. 

Nei primi tempi il Giacomini trattò saltuariamente argomenti vari di Anatomia, 
fra cui vanno segnalati quelli sulla circolazione venosa delle estremità inferiori, e 
quello sopra una comunicazione fra la vena porta e le vene iliache esterne, e quello 
sull’esistenza dell'Os odontoideum. Poi si dedicò particolarmente agli studi sul 
cervello, e pubblicò quella notissima guida delle circonvoluzioni cerebrali, nella 
quale sostenne l’esistenza di un tipo costante nella struttura del cervello umano, 
di cui le varietà non sono, nè più numerose, nè più importanti di quel che si 
possa trovare in qualsiasi altro organo. Più tardi pubblicò il suo studio sulla Benderella 
dell’Uncus dell’Hipocampo nel cervello umano e di alcuni animali, e dopo vari 
lavori parziali sull'argomento, pubblicò nel 1890 il suo studio sul cervello dei 
microcefali, che fu premiato dall’Istituto Veneto. In questo lavoro l’Autore è 
venuto, come altri, nella conclusione, che base fondamentale del processo è un 
difetto di sviluppo dell’asse cerebro-spinale, e che la deformità del cranio ne è 
una conseguenza. Non esiste una microcefalia primaria osteale: essa è neurale. 
Notevole è pure la serie di lavori che il Giacomini ha pubblicato sulla Anatomia 
del Negro. Trovò la cartilagine della plica semilunare nel Negro e nel Bianco, e 
negli altri antropoidi: essa esiste ordmariamente nelle classi inferiori, ed è eccezionale 


272 Necrologia. 


nella razza Caucasica. Rilevò altri particolari, e da ultimo confrontò la laringe 
dell’uomo bianco e di colore con quella degli antropoidi, e trovò che la più vicina 
alla larmge dell’uomo è quella del Chimpanzè. Da ultimo, il prof. Giacomini attese 
ad una serie di ricerche sulle anomalie di sviluppo dell'embrione umano. Trovò 
che nella massima parte degli aborti esistevano delle alterazioni più o meno 
importanti dell'embrione, o degli annessi fetali. 

Non possiamo qui estenderci in molti particolari sugli importanti risultati 
ottenuti dall’infaticabile osservatore: ricordiamo solo l’ultima pubblicazione sopra 
un uovo umano di undici giorni che è il più giovane che sia stato finora studiato. 

La salute del prof. Giacomini andò rapidamente declmando in questo ultimo 
anno, sebbene egli conservasse tutta la sua attività di ricercatore e di insegnante. 
Morì profondamente compianto dai suoi Colleghi e dai suoi discepoli. Onore alla 


sua memoria! 
Pio Foà. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


DEC 5 1898 


(Aus dem anatomischen Institut zu Tübingen.) 


Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen der 
Spinalganglien und des Sympathicus beim Vogel. 


Von 


Dr. D. Timofeew, 
Kasan. 


(Schluss.) 


In vielen Zellen, wie z. B. in der in Fig. 3 dargestellten Spinal- 
ganglienzelle, ist das Tigroid in solcher Menge vorhanden, dass die 
Schollen vielfach mit einander zu verschmelzen scheinen und zwischen 
den Tigroidmassen, selbst an dünnen Schnitten, nur enge Zwischenräume 
übrig bleiben. An feinen Zelldurchschnitten erkennt man, dass die 
Schollen auch hier keine Einheiten bilden, sondern aus ganz feinen, 
dunkelblau gefärbten Granulis zusammengesetzt sind (de Quervain, 
Juliusburger, v. Lenhossek, Benda etc.). Die Grösse der Schollen 
wechselt in einer und derselben Zelle; besonders grosse Schollen 
kommen der Grenzlinie gegen die helle Randzone zu, ja manchmal 
beobachtet man hier einen ausgeprägten subperipherischen „Rand- 
schollenkranz“. Als Gestalt der Schollen ist es schwer, eine bestimmte 
Form anzugeben; es kommen dreieckige, vieleckige, spindelförmige, 
klumpige etc. Formen vor. Viele Schollen gehen an ihren Ecken in 
körnige Ausläufer über, durch die zwischen den Schollen netzförmige 
Verbindungen hergestellt werden. Diese netzartige Anordnung des 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 18 


274 D. Timofeew, 


Tigriods ist tiberhaupt fiir die Nervenzellen der Spinalganglien und 
sympathischen Ganglien der Vögel charakteristisch; man kann sie 
hier als die Regel bezeichnen, natiirlich nur soweit es sich um den 
Zellkörper handelt, denn in den Ausläufern sind die spindelfórmigen 
Tigroidkérper vollkommen von einander getrennt. 

Jene Unterschiede in der Kórnelung und Dichtigkeit der einzelnen 
Nervenzellen, die in den Spinalganglien der Sàuger eine so auffallende 
Erscheinung darstellen und dort zur Aufstellung chromofiler und chromo- 
fober Zellen geführt haben, sind hier nur schwach angedeutet. 

Ich habe auch eine Reihe von Untersuchungen über die Ent- 
wickelung des Tigroids vorgenommen, indem ich Hühnerembryonen 
von sämtlichen Tagen der Bebrütung mit der Toluidinblaufärbung 
daraufhin untersuchte, doch sind meine diesbeziiglichen Forschungen 
noch nicht abgeschlossen. Ich móchte von meinen bisherigen Erfahrungen 
nur folgende Punkte hervorheben: 

1. Das Tigroid tritt beim Hühnchen sehr früh auf. Schon am 
4. Tage sind seine Spuren in den Spinalganglien nachzuweisen; am 
6. Tage ist es schon in ziemlicher Menge vorhanden. 

2. Es erscheint im peripherischen Nervensystem früher als im 
centralen; am frühesten findet man es in den peripherischen Kopf- 
ganglien, so z. B. im Ganglion jugulare nervi vagi. 

3. In den Spinalganglienzellen tritt das Tigroid zuerst als eine 
diffuse, gleichmässige, nicht körnige Ausfüllung des den Kern um 
diese Zeit noch als schmaler Saum umgebenden Zellprotoplasmas auf. 
Beim Wachstum der Zelle sammelt sich um den Kern herum, in den 
centralen Teilen der Zelle, tigroidfreies Plasma an, sodass das Tigroid 
mehr und mehr in Form eines Randkranzes an die Peripherie ge- 
dràngt wird. j 

4. Diese kranzfórmige peripherische Anordnung des Tigroids, welche 
einen exquisit embryonalen Typus darstellt, erhält sich ziemlich lange. 
Allmählich aber füllt sich auch der protoplasmatische Teil der Zelle 
mit Tigroid an, welches hier schon von vornherein in Form von kleinen 
Schollen in die Erscheinung tritt, während auch der Randkranz sich 
allmáhlich in Schollen verteilt. Am 17. Tage zeigen die meisten Zellen 
in den Spinalganglien schon ihr spáteres Verhalten. Doch lassen einzelne 


Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen etc. 975 


immer noch den embryonalen, durch den Tigroidkranz charakterisierten 
Typus erkennen. 

Für das Studium der Bauverhältnisse der „Grundsubstanz“ bilden 
die tigroidreichen Nervenzellen der Vögel kein günstiges Object. Ge- 
wohnlich erscheint die durch Erythrosin leicht gefàrbte Grundsubstanz 
in der tigroidfreien Randzone, wo sie der Beobachtung noch am meisten 
zugänglich ist, in Gestalt feinster Fädchen, die sich mit einander ver- 
flechten und dadurch ein sehr dichtes Netz bilden. In manchen Fallen 
gelang es mir auch, in der Randzone sowie in den protoplasmatischen 
Fortsätzen der sympathischen Zellen längere Fäden zu sehen, die 
parallel dem Zellrande resp. in der Längsrichtung der Fortsätze ver- 
liefen, doch traten diese Structuren niemals mit solcher Deutlichkeit 
hervor, dass ich es entscheiden hätte können, ob hier wirklich isoliert 
verlaufende Fibrillen oder nur sehr lang ausgezogene Maschen eines 
Netzwerkes vorlagen. Ich habe den Eindruck gewonnen, dass die uns 
heutzutage zur Verfügung stehenden Methoden nicht genügen, um uns 
über den Bau der Grundsubstanz aufzuklären, und dass wohl die meisten 
bisherigen Angaben über diesen Punkt als provisorische anzusehen sind. 

In den Nervenfortsätzen der Spinalganglien- und sympathischen 
Zellen tritt die fibrilläre Structur bei gelungener Färbung sehr deutlich 
hervor. In den Spinalganglienzellen lassen sich die Fibrillen auch noch 
im Ursprungskegel des Fortsatzes nachweisen, doch verschwinden sie 
allmählich am Rande des Kegels. Es ist mir nicht gelungen, fest- 
zustellen, in welchem Verhältnis sie zu der netzartigen Structur des 
Zellkörpers stehen, namentlich ob sie in das Netzwerk direct übergehen 
oder nicht. 

Pigment beobachtet man in den Nervenzellen der Vögel ziemlich 
selten. Wir finden es bald in der Nähe des Nervenfortsatzes angehäuft, 
bald über die ganze Peripherie der Zelle in randständiger Lage ver- 
teilt. Es erscheint in Form sehr kleiner, gelblich gefärbter, rundlicher 
Körnchen oder Tröpfchen. Bei der Oppel’schen Methode nimmt es eine 
lebhaft rote Färbung an. Eine sehr scharfe Differenzierungsfärbung 
des Pigments erhält man bei der Färbung mit Bleu de Lyon und 
Saffranin nach Mann; der Zellkörper erscheint hier blau, das Pigment 
rot. Auch die Nachbehandlung von Toluidinblaupräparaten mit Kali- 


276 D. Timofeew, 


lauge giebt übersichtliche Bilder, indem dabei alles in der Zelle ent- 
färbt wird bis auf das Pigment. 

Betrachten wir nun den Kern der Spinalganglienzellen und sym- 
pathischen Zellen genauer (Fig. 3—6). Schon früher wurde erwähnt, 
dass er bei beiden Zellgattungen eine mehr oder weniger centrale Lage 
einnimmt. Er hat gewöhnlich eine streng runde Gestalt. Im Allgemeinen 
kann man sagen, dass gróssere Zellen auch einen grósseren Kern 
haben, doch ist die Zunahme des Kerndurchmessers der Zunahme 
des Zellprotoplasmas nicht proportional. So misst bei den kleinsten 
Zellen der Spinalganglien (8—10 u) der Kern 4—5 u, also die 
Hälfte der Zellgrósse, bei den grössten (40 «) dagegen nur 10 u, 
also nur ein Viertel des Zelldurchmessers. Ein ganz analoges 
Verhalten finden wir bei den sympathischen Zellen. Bei den 6 u 
erossen Zellen beträgt der Kerndurchmesser 3 u, bei den 15—20 u 
grossen 5 u. 

Bezüglich ihres inneren Baues zeigen die Kerne der Spinalzellen 
und sympathischen Zellen das gleiche Verhalten; die mitzuteilenden 
Beobachtungen beziehen sich daher auf die Kerne beider Zellsorten. 

Als äussere Abgrenzung erscheint eine scharf gezeichnete, dünne, 
aber trotzdem zwei Contouren aufweisende Membran. Schon am un- 
gefärbten Präparat tritt sie durch ihre lebhafte Lichtbrechung hervor; 
bei Färbungen kennzeichnet sie sich als ausgesprochen acidofil; so 
wird sie z. B. durch Säurefuchsin lebhaft rot gefärbt. Von der Mem- 
bran gehen in das Innere des Kerns dünne, mit kleinen Körnchen be- 
setzte Fäden ab, die mit einander anastomosieren und ein engmaschiges 
Netz bilden mit Verdickungen an den Stellen, wo sie mit einander zu- 
sammenhängen. Dieses Kerngerüst ist im seiner Gesamtheit, die Fäden 
ebenso wie thre körnigen Einlagerungen, acidofil; es lässt sich nur 
mit sauren Farbstoffen gut darstellen. Wir haben hier also dasselbe 
merkwürdige Verhalten, wie in den Kernen der Spinalganglienzellen 
der Säuger (v. Lenhossék!, Levi, Van Gehuchten, Ramón y Cajal): ein 
ganz acidofiles Kerngerüst, gewöhnlich ohne jede Spur der sonst überall 


!) s. darüber M. v. Lenhossék, Bemerkungen über den Bau der Spinalganglien- 
zellen. Neurolog. Centralbl. 1898, Nr. 13, wo auch die einschlägigen litterarischen 


Nachweise nachzulesen sind. 


Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen etc. DAT 


€ 


vorhandenen Chromatineinlagerungen. Die kleinen Kórnchen, die in 
die Fäden des Kerngerüstes eingeschlossen sind, bestehen zwar offen- 
bar- aus einer in chemischer Hinsicht anderen Substanz als die 
Fädchen, da sie sich mit Eisenhaematoxylin schwarz färben, während 
letztere bloss eine leicht graue Färbung aufweisen, doch sind sie mit 
dem Chromatin, welches ja bekanntlich basofile Eigenschaften zeigt, 
auf keinen Fall identisch. 

Das Interessanteste aber an der Structur der Nervenzellenkerne 
bei Vögeln ist das regelmässige Vorkommen von zwei Kernkörperchen') 
darin, die sich den Farbstoffen gegenüber verschieden verhalten: das 
eine ist basofil, das andere acidofil. Man kann mit vollem Recht die 
beiden Nucleolen so bezeichnen, denn bei der combinierten Anwendung 
basischer und saurer Farbstoffe (Toluidinblau-Erythrosin, Methylerün- 
Säurefuchsin, Saffranin-Bleu de Lyon etc.) nimmt der eine den basischen, 
der andere den sauren Farbstoff auf. Man erhält dadurch sehr zier- 
liche Bilder der beiden Nucleolen, wie sie in den Fig. 3, 4 u. 6 wieder- 
gegeben sind. Ich habe in der Litteratur vergeblich nach analogen 
Angaben gesucht'). Der basofile Nucleolus entspricht natürlich dem 
gewöhnlichen grossen charakteristischen Kernkörperchen der Nerven- 
zellen bei anderen Wirbeltieren; bezüglich des acidofilen Nucleolus möchte 
ich gleich hervorheben, dass er durchaus nicht nur etwa einen stärkeren 
„Netzknoten“ des Kerngerüstes darstellt, sondern in Anbetracht seiner 
streng kugligen Form, seiner Grösse und vor allem seiner scharfen 
Abgrenzung gegen das Kerngerüst als richtiger selbständiger Nucleolus 
aufzufassen ist. Man wird hierüber, glaube ich, nicht im Zweifel sein 
nach Betrachtung der genannten Figuren. 

Die meisten Kerne besitzen je ein basofiles und acidofiles Kern- 
körperchen. Sie liegen in der Mitte des Kerns, entweder direct bei 


1) Rawitz hat also Unrecht, wenn er (a. a. O. S. 271) bezüglich der Spinal- 
ganglienzellen des Huhnes angiebt, dass „der Kern gross, rund und bläschenförmig 
ist und immer nur ein Kernkörperchen enthält.“ Arndt (Untersuchungen über die 
Ganglienkörper der Spinalganglien. Archiv f. mikrosk. Anat. 1875. Bd. XI. S. 164) 
kommt der Wahrheit schon ein wenig näher, indem er angiebt, dass in der Regel 
jeder Kern nur ein Körperchen hat, viele aber auch mehrere besitzen, so hätte er 
z. B. bei der Taube und Krähe Spinalganglienzellen mit zwei Kernkörperchen be- 
obachtet. 


_ 278 D. Timofeew, 


einander in engstem Contact, manchmal sogar so nahe zu einander, dass 
sie sich durch den gegenseitigen Druck etwas abplatten, oder sie liegen 
durch einen geringeren oder grésseren Zwischenraum von einander ge- 
trennt. Ab und zu begegnet man Kernen mit zwei basofilen und einem 
acidofilen Nucleolus, in welchem Falle die beiden basofilen Kórperchen 
das acidofile zwischen sich fassen (Fig. 5) Die beiden Nucleolen sind 
in der Regel von gleicher Grösse, in den grösseren Kernen etwa 2 u, 
in den kleineren etwa 1x gross, beide sind von regelmässiger Gestalt, 
gegen ihre Umgebung scharf begrenzt. Bemerkenswert ist noch, dass 
bei der Fixierung in Hermann'scher Lósung der basofile Nucleolus eine 
ausgesprochene Braunfarbung zeigt, während der acidofile ungefàrbt 
bleibt. Möglicherweise beruht diese Färbereaction auf der Gegenwart 
von Lecithin in dem basofilen Nucleolus, welcher Bestandteil bekanntlich 
auch im Nervenmark die Osmiumreaction verursacht. 

Die beiden Nucleolen bilden für die Zellen der Spinalganglien 
und des Sympathicus der Vögel eine ganz constante, typische Er- 
scheinung. Ich habe mich hiervon an meinen gut fixierten Präparaten | 
auf das Bestimmteste überzeugen können. Präparate, an denen die 
Kerne nicht tadellos fixiert sind, zeigen das Verhalten freilich nicht in 
so typischer Weise, indem das den Reagenzien gegenüber, wie es scheint, 
empfindlichere acidofile Kernkörperchen bei schlechten Fixierungen die 
Schärfe seiner Begrenzung leicht einbüsst und dann mit dem Kerngerüst 
zu verschmelzen scheint. 

Man findet freilich auch an den besten Präparaten Zellen, deren 
Kern scheinbar nur einen Nucleolus enthält; man kann sich aber in 
solchen Fällen immer überzeugen, dass es sich bloss um ein Ergebnis 
der Schnittrichtung handelt, indem der andere Nucleolus im nächsten 
Schnitt enthalten ist. Aus dem gleichen Grunde zeigt jeder Schnitt 
auch Kerne, die scheinbar eines Nucleolus ganz entbehren. 

Ich will noch hinzufügen, dass ich ein gleiches Verhalten an den 
Kernen vieler Nervenzellen des Rückenmarkes und des Kleinhirns der 
Vögel beobachtet habe, ohne aber feststellen zu können, ob die beiden 
Nucleolen hier ganz typisch vorkommen. Weiterhin möchte ich er- 
wähnen, dass sich die beiden Kernkörperchen nicht nur bei erwachsenen 
Vögeln, sondern schon bei ganz jungen Hühnerembryonen nachweisen 


Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen etc. 279 


lassen. Ueber die Bedeutung meines Befundes vermag ich mir keine 
bestimmte Ansicht zu bilden") 

Bezüglich der inneren Structur des basofilen Kernkörperchens bin 
ich zu dem Ergebnis gekommen, dass es in seinem Innern ungleichartig 
gebaut ist. Untersucht man es an Präparaten, die mit Toluidinblau 
und Erythrosin in der gewöhnlichen Weise gefärbt sind, mit starken 
Vergrösserungen, so ergiebt sich, dass der Nucleolus aus zwei Sub- 
stanzen besteht, einer blass-blau gefärbten, die eine Art von Grund- 
substanz darstellt, und einer dunkelblau und intensiv gefàrbten, die in 
Form von kleinen Kérnchen oder Schollen in die erstere eingebettet 
ist. Bei stàrkerer Erythrosinfàrbung kann die Grundsubstanz einen 
violetten oder sogar ausgesprochen roten Farbenton annehmen. Bei 
richtiger Fárbung nach Ehrlich-Biondi erscheint der basofile Nucleolus 
stets leuchtend grün, der acidofile intensiv rot. Lässt man aber bei 
der Entwässerung den absoluten Alkohol etwas länger als sonst ein- 
wirken, so erhalt man etwas andere Bilder. Das Methylerün wird 
hierbei nàmlich rascher extrahiert als das Sàurefuchsin und infolgedessen 
zeigen auch Teile in der Zelle, die sonst die Methylgrünfärbung erkennen 
lassen, eine leicht rótliche, von dem Fuchsin herrührende Färbung. 
So erscheint nun das Tigroid in rótlichem Farbenton, und ebenso auch 
der basofile Nucleolus bis auf einzelne der vorhin erwähnten, mit 
Toluidinblau sich intensiv blau farbenden Kórnchen, welche nun, ge- 
wohnlich in den oberflàchlichen Schichten des Kernkórperchens liegend, 
als leuchtend grüne Kórnchen auf der rótlichen Unterlage der Grund- 


1) Ich möchte mir erlauben, an die Beobachtung des Herrn Dr. Timofeew 
eine Hypothese zu knüpfen. Die auffallende Erscheinung, dass das Kerngerüst in 
den Nervenzellen, abweichend von dem Verhalten der meisten übrigen Zellkerne, 
in seiner Gesamtheit acidofil ist, könnte vielleicht in Zusammenhang gebracht werden 
mit der Gegenwart einer so grossen Menge basofiler Substanz (Tigroid) im Zellkórper 
der Nervenzellen, welche Erscheinung ja ebenfalls gegenüber den meisten andern 
Zellen des Organismus ein Unicum darstellt. Man kónnte sich vorstellen, dass die 
Acidofilie des Kerngerüstes gewissermaassen eime compensatorische Erscheinung bildet 
gegenüber der grossen Masse basofiler Substanz im Zellplasma. Dieser Auffassung 
ist nun die Beobachtung des Herrn Dr. Timofeew ohne Zweifel sehr günstig, indem 
beim Vogel mit der aussergewohnlich starken Ansammlung des basofilen Tigroids 
im Cytoplasma auch eine sich durch einen besonderen acidofilen Nucleolus äussernde 
Vermehrung der acidofilen Substanz im Kern Hand in Hand geht. 

M. v. Lenhossék. 


280 Dr. Timofeew, 


substanz des Nucleolus hervortreten. Man gelangt auf diese Weise zu 
einer ähnlichen Färbung des basofilen Kernkörperchens, wie sie unlängst 
Levi') für den Kern der Spinalganglienzellen von Säugern beschrieben 
hat. Ich halte die Levischen Schollen bloss für Teile des das Kern- 
körperchen in seinem Innern durchsetzenden kórnigen Bestandteils. 
Diese körnigen Einlagerungen zeigen jedenfalls stärkere basofile Eigen- 
schaften als die die Grundlage des Nucleolus bildende Substanz. 

Im Gegensatz zu dem basofilen scheint der acidofile Nucleolus 
von ganz homogener innerer Beschaffenheit zu sein. Mit seiner 
Acidofilie steht nicht im Gegensatz, dass es durch sehr intensive Ueber- 
färbung mit einem basischen Farbstoff gelingt, auch diesem Nucleolus 
eine gewisse Färbung zu verleihen. Sie tritt aber nur ein, wenn 
auch die anderen Teile der Zelle und auch die umgebenden Gewebe 
das Bild der Ueberfärbung zeigen. 

In manchen Fällen glaube ich in den inneren Teilen der Nucleolen 
beider Art helle Punkte wahrgenommen zu haben, die ich für Vacuolen 
halte, deren Bedeutung aber schwer zu erklären ist. 

Zu der vorstehenden Beschreibung des Kerns ist noch hinzuzufügen, 
dass man ab und zu, wie in Fig. 4, in der Nàhe der Nucleolen oder 
auch mehr entfernt davon im Kerngerüst 1— 2 kleine Brocken von 
ausgesprochenem basofilen Charakter wahrnehmen kann. Nur in sehr 
seltenen Fällen erreicht ein derartiges Kórnchen einen Umfang, der 
ungefähr der Hälfte der Grösse der Kernkórperchen entspricht. 

Zum Schlusse möchte ich sowohl Herrn Prof. Froriep für die 
freundliche Aufnahme in seinem Institut wie auch Herrn Prof. v. Len- 
hossék für die Anregung zu vorliegender Arbeit und seine wertvollen 
Ratschlage bei deren Ausführung meinen besten Dank aussprechen. 


1) G. Levi, Su alcune particolarità di struttura del nucleo delle cellule nervose. 
Rivista di patologia nervosa e mentale. 1896. Vol. I. S. 141. 


Pig. dd. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


2. 


Erklirung der Abbildungen auf Tafel XV. 


Längsschnitt durch das Spinalganglion und Grenzstrangganglion der Taube. 
Fixierung in Carnoy'scher Flüssigkeit, Färbung in Toluidinblau-Erythrosin. 
Schwache Vergrósserung. 


] — hintere Wurzel. 

2 — vordere Wurzel. 

9 = Spinalnerv. 

4 = peripherischer Ast des sympathischen Ganglions. 

9 = markloses, vom sympathischen Ganglion entspringendes Bündel- 


chen, das in den Spinalnerven umbiegt. 

6 = sympathisches Bindelchen, das in das Spinalganglion eindringt. 
markhaltiges Bündelchen, das aus der vorderen Wurzel in das 
sympathische Ganglion übergeht. 

8 = Lymphknótchen im Spinalganglion. 
Lymphknótchen aus dem Spinalganglion des Huhnes. Sublimat-Pikrinsáure. 
(Mangelhafte Fixierung, Kerne der Nervenzellen geschrumpft, helle Rand- 
zone teilweise zerstört.) Färbung: Bleu de Lyon-Erythrosin. Die hellen 
Canäle sind Blutgefässe, die sehr wenig Blutkörperchen enthalten. Mittlere 
Vergrósserung. 
Gróssere Nervenzelle aus dem Spinalganglion der Taube. Zenker, Toluidin- 
blau-Erythrosin. Leitz Oc.4. Homog. Immersion !/,. — Fortsatz nicht ge- 
troffen.. Randzone gut erhalten, im engsten Anschluss an die Kapsel. 
Viel Tigroid im Zellkórper. Im Kern je ein basofiles und acidofiles Kern- 


J 
I 


- körperchen. 


Klemere Nervenzelle aus dem Spinalganglion der Taube. Fixierung in 
Zenker'scher Lösung, Färbung nach Oppel (Methylgrün-Säurefuchsin-Eosin). 


-Randzone stellenweise von der Kapsel leicht retrahiert. Im Kern in der 


Nähe der Kernkórperchen noch ein kleines basofiles Kórnchen. Nerven- 
fortsatz zeigt deutliche fibrillàre Streifung, weniger deutlich die Rand- 


. zone des Zellplasmas. 


Mittelgrosse Spinalganglienzelle von der Taube, Carnoy'sches Gemisch, 
Toluidinblau-Erythrosin. Breite Randzone. Im Kern zwei basofile und 
ein acidofiler Nucleolus. Kapselkerne stark entwickelt. Zellkórper stellen- 
weise von der Kapsel leicht retrahiert. 

Sympathische Nervenzele aus einem Grenzstrangganglion der Taube. 
Carnoy'sches Gemisch, Toluidinblau-Erythrosin. Nervenfortsatz nicht ge- 
troffen, die zwei Fortsátze sind Dendriten und enthalten als solche Tigroid 
(letzteres in der Zeichnung etwas zu dicht ausgefallen) Im Kern die 
6. 


zwei typischen Nucleolen. Zelle von der Kapsel leicht retrahiert. Fig. 3 
Leitz Oc. 4. Homog. Immersion !/,,. 


(From the Physiological Laboratory, University College, London.) 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 
By 


Swale Vincent, M.B. Lond., 
British Medical Association Research Scholar. 


(With Plates XVI—XVIIL) 


Contents. 
page | page 
Introductory ek 2282 VL Amphibia. . . . . . . 296 
II. The Suprarenal Bodies in In- Us a iss sos yo 20 
vertebrata De whos’ SAS 2. Anura ce CARRO ale 20 
: h VID Reptiles ars 0 
III. Acrania. Amphioxus . . . 28 Re ROTE 
IVeu6Gyelostomatagı ae 020072700285 DX Mammalia 2% 307 

VENERE SITÀ ee INA! X. Depelopment of the Spia 

1. Elgsriobranchts CRT AE A iS) renal Capsules . . . Ho? 
2 GRADOLI CHI me. CT Roos: XI. Summary and Gighelusions . 815 
9. WLeleostel- fg dure . 1.020298 ,|#Bibhographya)a Se. Ms m ToO, 
4 Dipner MEN 03.9 51 Exo Tomato D OZ Plates SEO 


I. Introductory. 


In this paper an attempt will be made to give a review of the 
minute strueture of the suprarenal capsules in those groups of the 
Animal Kingdom where they can be shewn to exist. 

I have previously described the anatomy and histology of these 
organs in Pisces [176] and have also given a preliminary account of 
their structure in Amphibia and Reptilia [117]. Having been engaged 
for some time in researches upon the comparative physiology and 


7) The numbers in square brackets throughout the text refer to this biblio- 
graphical list. 


S. Vincent, The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 283 


chemistry of the suprarenal capsules [115—121, 51, 82] I thought it 
would be interesting to employ the results obtained from these modes 
of investigation to form a basis for a widely comparative survey of the 
structure of the representatives of the capsules throughout the Vertebrata. 

The literature of the subject is very extensive, and although I 
have tried to obtain access to every paper bearing upon it, I fear 
there may yet be some omissions, which will I hope, be pardoned. 

A full account of the history up to date as regards Pisces, will 
be found in the paper above referred to [116], and some account of 
the literature in Amphibia and Reptilia in 7/7. The results here put 
forward embody the labour of five years, and some repetitions of 
former published results have been necessary for the sake of uniformity 
in a review of the whole subject. 

I have examined a very large number of species. As in pre- 
vious histological work, I have relied entirely upon perfectly fresh 
material, except in the case of some of the rarer animals. Some 
preparations were made quite fresh, others after freezing. Still others 
after hardening, were stained in bulk imbedded in paraffin| and cut 
with the “Rocking Microtome”. The fixing and hardening fluids I 
have employed most frequently are Miiller’s fluid, and other bichromate 
solutions, alcohol, formol, mercuric chloride, and osmic acid. Methods 
of dissociation have been employed for studying the separate cells, 
and the most frequently used of these was maceration in Ranvier’s 
!/, alcohol. The most useful fluid for hardening is undoubtedly Müller's, 
because by this means we have a universal method of distinguishing 
cortex from medulla. 

I take this opportunity of expressing my thanks to Professor 
E. A. Schäfer, LL. D., F.R.S., for advice on many points connected 
with this research, and for the generous manner in which he has placed 
the resources of his laboratory at my disposal. I am also indebted 
to Professor G. B. Howes, LL D., F. R. S., and to Dr. H. O. Forbes 
for their kindness in furnishing me with material. I have further to 
record my gratitude to the British Medical Association, by whose 
munificence I have been enabled to carry on my researches during 
the past two years. 


284 S. Vincent, 


II. The Suprarenal Bodies in Invertebrata. 


Leydig, [75] in a most interesting passage, discusses the possibility 
of the existence in some Invertebrata of the equivalents of the 
suprarenal bodies. He says: “Es sind in verschiedenen Wirbellosen 
am Nervensystem Zellen beobachtet worden, die von den gewöhnlichen 
Ganglienkugeln differierten. So habe ich schon früher von Paludina 
vivipara mitgeteilt, dass an den vegetativen Nerven ‘eigentümliche 
Zellen vorkommen, die vielleicht Ganglienkugeln eigener Art sind; sie 
sind gelblich, haben im Innern verschiedene Bläschen und stehen in 
keinem directen Zusammenhang mit den Nervenprimitivfasern. Auch 
an den Ganglien von Pontobdella verrucosa machten sich besondere 
Zellen mit gelbkórnigem Inhalt auffallig.” He quotes also a description 
of Meissner concerning similar cells in Mermis and concludes: «Meine 
Meinung bezüglich dieser Zellen von unbekannter Bedeutung an Palu- 
dina, Pontobdella, Mermis (und wahrscheinlich wird ein näheres Nach- 
sehen die Zahl der Beispiele sehr vermehren) geht dahin, sie als 
Analoga der Nebennieren vorlaufig zu betrachten." 

I had long considered the possibility of the existence of suprarenal 
bodies of some sort in the Invertebrata, but had not myself succeeded 
in finding any organ or tissues which seemed likely to represent 
them. But recent physiological researches have put it into our power 
to test any organ to see if it be medullary suprarenal (Oliver and 
Schäfer [87], Swale Vincent [720]). Accordingly, I dissected out the 
nervous system as completely as possible from about a dozen fair-sized 
specimens of Paludina vivipara. The material (in which of course 
was included the groups of cells described by Leydig) was then made 
into a decoction by boiling for a short time with normal saline and 
carefully filtering. This was then injected into the venous system of 
a cat while a record of the blood-pressure was being taken. The 
result was quite negative, there being not the slightest rise of the 
blood-pressure. 

If these cells of Leydig represented any part of the suprarenal 
capsules at all, this would be the medulla, since it is the medulla 
which is found in Vertebrata to bear a close relationship to the 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 285 


nervous system. But medullary substance when injected into the venous 
system of a living mammal even in the smallest quantity, always 
causes a marked rise of blood-pressure. I feel justified, therefore, in 
dismissing these groups of cells from consideration as the analogues 
of the suprarenal medulla, at any rate as the physiological analogues. 
Whether or no there are any suprarenal bodies in Invertebrata must 
remain an open question for the present. 


III. Acrania. Amphioxus. 

Nothing is known of the suprarenal bodies in Amphioxus. There is 
no mention of them in the text-books or in the monographs upon this 
animal. I have myself examined several individuals without finding 
anything which suggested the existence of either the cortical or 
medullary representatives of these organs. It would however be rash 
in the present state of our knowledge to assume that Amphioxus has 
nothing corresponding to the suprarenal bodies. 


IV. Cyclostomata. 

As early as 1827 Rathke [95] described certain “white-specks” 
on the cardinal veins of Ammocoetes which he thought were supra- 
renals. In the following year a note appears in the text of *Burdach's 
Physiologie" (Bd. XIX. No. 2. p. 601) signed by Rathke in which he 
suggests that the pronephros or head-kidney and suprarenal bodies 
may be homologous. In 1843 appeared the well known description of 
J. Müller's *Clustered gland" in Myxinoids. Later this Author changed 
his opinion and thought it was the thymus. 

Ecker [52, 55] in 1846 described a new structure in Petromyzon 
as a suprarenal body, an organ triangular in section on the inner wall 
of the posterior cardinal sinus. Stannius [/07— 110] and Leydig [70] 
considered the bodies pointed out by Rathke and J. Müller to be the 
suprarenal bodies. 

In 1884, Weldon [724] described the head-kidney of Bdellostoma 
and believed that in this animal the pronephros has become modified 
so as to form an organ functionally analogous to the suprarenals. 
Later this writer expands this view [125] and in Wiedersheim’s text- 
book [126, 127] we find Rathke's original suggestion revived:— 


286 S. Vincent, 


“Bei Teleostiern sind die Nebennieren nicht überall in klarer und 
überzeugender Weise nachgewiesen; wo dies aber der Fall ist, handelt 
es sich, wie früher schon angedeutet wurde, um Beziehungen zu der 
in lymphoides (adenoides) Gewebe umgewandelten Kopfniere. In 
anderen Fallen aber sind sie enge mit der Niere verbunden" — referring 
to a foot-note which runs as follows. “Dies gilt nach W. Weldon auch 
für die Cyclostomen" (Bdellostoma Forsteri). 

A paper by Miss Kirkaldy (65) in 1893 leads to the same 
conclusions. 

In conjunction with W. E. Collinge [20] I have attempted to 
determine whether suprarenal bodies are present or no in the Cyclo- 
stomata. We succeeded in finding both Rathke's and Ecker’s bodies, 
but were not convinced that either of them had anything to do with 
the suprarenal bodies. 

More recently Pettit [89] has re-examined the structure described 
by Ecker in the Lamprey. He says: “J'ai pu retrouver chez Petromyzon 
marius, L, les corps signalés par Ecker; ce sont deux masses 
irrégulières mesurant dans leur plus grande largeur 10 millimètres, 
dont l'aspect pancréatiform rappelle assez exactement les capsules des 
Batraciens. Elles occupent une position qui me semble étre celle des 
glandes décrites par Müller chez la Myxine. 

En tout cas, ces deux organes sont situés en arriére des bran- 
chies, de part et d'autre de la ligne médiane, à la hauteur du péricarde 
cartilagineux. L’aspect de ces glandes n'a, il faut le reconnaître, rien 
de caractéristique; ce sont des masses irréguliéres, jaunátres, parsemées 
de taches pigmentaires; néanmoins elles affectent des connexions 
constantes qui permettent de les trouver facilement; il faut fendre la 
face ventrale de la veine cardinale à la hauteur du coeur et écarter 
les deux lambeaux. Les glandes apparaissent alors au travers de la 
paroi vasculaire, entre la veine cardinale et l'artére aorte; d'ailleurs 
grâce à leur coloration jaunátre elles se détachent assez nettement sur 
le fond sombre des tissus environnants. (La glande adhére intimement 
à la veine cardinale et il est difficile de la séparer de ce vaisseau 
sans la détériorer.) 

Au point de vue histologique cet organe se montre constitué par 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 287 


une série d’acinés tapissés par un épithélium columnaire et pourvus 
d'une lumière; en outre il existe quelques cellules pigmentaires éparses 
cà et là.” i | 

Pettit is unable to decide whether this structure is homologous 
with the suprarenal bodies of Teleosts or not. 


V. Pisces. 


1. Elasmobranchü. 


In Elasmobranch fishes two distinct sets of structures are found, 
both of which have from time to time been described as suprarenal 
bodies. These two structures correspond the one to the medulla and 
the other to the cortex of the suprarenal capsule in the higher 
Vertebrata’). 

Paired Suprarenal Bodies. The following account differs in some 
points from that which I gave in April of last year [176]. Since that 
time I have determined that these bodies correspond physiologically 
to the medulla of the suprarenals of the higher Vertebrata [120, 121] 
and that they contain the same chromogen [97] We shall see that 
the histological structure also is analogous. 

The gross anatomy of these bodies need not detain us. They 
are situated on branches of the aorta, segmentally arranged, and 
extend on each side of the vertebral column from the front part of 
the sinus of Monro to the posterior end of the kidney. The anterior 
pair are elongated and correspond usually to three or four segments”). 

The structure of these bodies is very complex and difficult to 
describe even when the preparations are successfully made. It will 
be desirable, however, to enter into as much detail as possible, since 
these organs represent the primitive type of suprarenal medulla in 
Vertebrates. 

It will be convenient first of all to describe the structure of 
the first pair, the so-called “axillary hearts” and then to proceed to 
the description of the bodies which lie posterior to them. 


1) This view was first put forward by Balfour [6] p. 664. 


?) For drawings of these bodies see 114 of bibliography. 


288 S. Vincent, 


If a longitudinal section be taken through the centre of an 
“axillary heart” of Scyllium canicula, it is seen that the whole 
structure consists of two distinct parts. First, there is an elongated 
nerve-ganglion antero-externally, and secondly, there is the proper 
suprarenal medullary substance  postero-internally. ‘The ganglionic 
structure needs little comment. It is composed of typical large 
nerve-cells with nerve-fibres running longitudinally. The nerve-cells 
are on an average 55 « in diameter. 

The typical arrangement of the proper glandular structure of the 
axillary heart is as follows:— 

Running through the centre of the body is an arteriole. On each 
side of the artery (surrounding it, forming a central zone) is seen the 
layer of cells which are stained brown with the bichromate of 
potassium. These are irregular and branched, and frequently more or 
less triangular. Their size is difficult to state, owing to their 
irregularity; they vary, however, in their greatest lengths from 
10—30 u; the nucleus is usually about 6—8 u in diameter. These 
cells appear to communicate freely together by their processes. 

The outer zone consists of an external layer of irregularly columnar 
cells one row deep and beneath this one or two layers of polygonal 
cells. Externally is a fibrous capsule 4— 7 x in thickness which sends 
off septa accompanied by capillary plexuses into the interior of the organ. 

There is no trace of an alveolar arrangement of the cells in 
these bodies. 

In many cases there are groups of nerve-cells in the central 
portion of the structure, and scattered nerve-cells are not infrequent 
in many parts of the organ. In addition, there are to be seen here 
and there the intermediate form of cell to be described below. There 
are many variations in the arrangements in regard to nervous structures, 
and the amount of connection with the ganglia differs in different 
genera and also to some extent in different species. The above 
account, however, having reference to Scylliwm canicula may be taken 
as on the whole, fairly representative. 

The “axillary heart” is more “mixed up” with nervous structures 
than any of the more posteriorly placed bodies. As we proceed 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 289 


further and further backwards, there is less and less nervous admixture, 
till the most posterior bodies present the type of suprarenal tissue, 
with the ganglia quite separate from them. A fibrous capsule sends 
in irregular septa, and capillary plexuses follow these. The arteriole 
above mentioned always occupies the centre of the section, and 
surrounding this is the “medulla” containing the chromogenic cells. 
These have already been described in connection with the first pair. 
Pl. XVI. fig. 1 and Pl. XVIII. fig. 3 represent these cells from the middle 
region of the body of Raja clavata. External to these is a layer 
several rows deep of irregular polygonal cells which shew no brown 
coloration in bichromate preparations, and immediately beneath the 
capsule is a layer of very irregular, elongated, almost columnar cells, 
likewise shewing no pigmentation (PI. XVI. fig. 2). The nuclei of all 
these cells shew distinct nuclear figures. 

Chevrel [/5] differs from Balfour [2] in failing to find any 
distinction between the character of the cells in the external and 
internal zones of the paired bodies. This Author indeed goes so 
far as to state that no definite cell-outlines can be made out in 
any portion of the bodies. “On ne voit ni cellules columnaires à la 
périphérie, ni cellules polygonales au centre; il n'y a que des apparences. 
Et ces apparences sont dues vraisemblablement au contours des mailles 
de la trame conjontive des corps. Les dissociations nous donnent 
également des résultats négatifs." 

In my former descriptions I was inclined to agree on the whole 
with Chevrel, but I have since then, as the result of continued 
investigation, seen reason to alter my views. Even before the paper 
was printed I had stated in a footnote “Since the above was written 
I have succeeded in making out the cell outlines in the ‘axillary 
hearts and by renewed preparations by different methods I have 
now no difficulty in determining the outlines of the cells in nearly 
all the bodies. Moreover, “definite cells in some parts” were 


described . . . “mostly triangular or multipolar in shape, and of a 
uniform sepia-brown tint, and they contain large, very darkly stained, 
round nuclei . . . The cells appear in some places to communicate 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XIV. . 19 


290 S. Vincent, 


together, by their processes”. And more recently’): “These pigmented 
cells are mostly in the interior of the body”. 

So that we have certainly two zones, a “cortical” and a “medullary” 
in these bodies; the cortical is devoid of chromogenic cells, the 
medullary consists almost entirely of them. The pigmentation in the 
central cells is only seen after hardening in, or treatment with, some 
fluid containing bichromate of potassium. 

On further examination too, it is clear that one must agree with 
the view of Balfour that the cells in the outer layer are columnar. 
This is depicted in Pl. XVI. fig. 2. But, after all, the chief distinction 
between the two kinds of cells is that those in the central portion 
contain the characteristic chromogen of suprarenal medulla (Eberth, 30), 
while those in the external layer do not. ‘This distinction does not 
seem to have been noted by Balfour. ”) 

Undoubted nerve-cells are found included in the substance of 
many of the paired medullary bodies, both in the “axillary hearts” 
and those which follow, indeed in all, except perhaps a few of the 
most posterior. But in addition to these there are to be seen, especially 
in the axillary hearts, some cells as large as the nerve-cells, but 
whose protoplasm has become stained brown with the potassium 
bichromate. There are still other cells which are rather smaller, but. 
have the same characters. These I believe to be transition forms 
between merve-ganglion cells and the proper medullary cells of the 
organ. Balfour [5] suggests the possibility that such cells might 
exist, but was unable to determine their presence. 

It has been shown in previous communications [118, 120] that 
these paired bodies really correspond physiologically to the medulla of 
the suprarenal capsule of the higher Vertebrata. It has also been 
demonstrated that the chromogen is of the same nature as in the 
suprarenal medulla of higher animals [87]. 

The intimate relations which subsist between these paired bodies 


1) Birm. Med. Review. April 1898. p. 214. 

?) It may be that the physiologically active principle is secreted only by the 
central (chromogenic) cells. It is of course impossible to settle this point by 
direct experiment. 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 29] 


‘and the sympathetic nervous system have been sufficiently emphasised. 
Leydig [70 and 71) and Semper [106] have laid great stress on this 
aspect of the question. It remains to say a word about their relations 
to the blood-vascular systems. We have seen that each body is 
placed on an intercostal artery which is a direct branch of the 
aorta. This artery pierces the centre of the body and is always seen 
in the middle of the section. But much more striking is the fact that 
several of the anterior bodies (the number differs in different species) 
are placed in the venous sinus, and during life are bathed in its blood. 

Interrenal Body. The interrenal body is an “ochre-yellow” rod- 
shaped structure, paired in the Rays, unpaired in the Sharks, lying 
usually in the region of the posterior part of the kidney, but sometimes 
extending as far forward as its anterior extremity.. It bears a striking 
resemblance in its colour, general appearance, and relations to the 
kidney to the suprarenals of the Anura, and in the first two of these 
features, to those of the Reptilia. 

This organ is the primitive type of the suprarenal cortex and 
corresponds in structure with the cortical part of the suprarenal body 
in Amphibians, Reptiles, Birds, and Mammals. It will be seen that it is 
very similar in structure to a secreting gland, as shewn by its definite 
arrangement into alveoli and its markedly granular protoplasm (see 
PL XVI fis. 4). 

The alveoli are arranged in many places in a radiating manner 
round large veins or venous sinuses. In many of my sections are 
seen structures very like “demilunes” in Mammalian mucous glands 
(PI. XVI. fig. 4 dc). The appearance of the interrenal body when 
examined microscopically is so like that of the “corpuscles of Stannius” 
— the known suprarenal bodies of Teleostean fishes — that there 
can scarcely be a doubt of the homology. between them (cf. PI. XVI. 
figs. 4 and 7). This homology has been worked out in a separate 
memoir by Diamare [25 and 26). 

The organ is made up of masses of cells, apparently solid, which we 
may designate the glandular alveoli (Pl. XVI. fig. 4). These vary in size 
and shape in different groups of Elasmobranchs and even in different 


. VA . 
species. Thus in the Rays they have a more rounded form than in 
19* 


292 S. Vincent, 


the Sharks. As seen in section the alveoli appear more or less oval 
in form, about 50 u thick and reaching 140—150 u in length. Each 
is surrounded by a fibrous membrane about 2 w in thickness. The 
cells are mostly elongated; some of the longest of these are 30—50 u 
in length, and reach quite across the thickness of an alveolus. The 
nuclei of the cells have an average diameter of 10 wu. The cell 
protoplasm is coarsely granular and contains in a fresh state fatty 
looking globules. The nuclei shew nuclear figures in most cases. A 
rich capillary plexus surrounds the alveoli, separating their connective- 
tissue walls from those of neighbouring alveoli at nearly every point. 
Here and there in the section these capillaries widen out so as to 
constitute veritable sinuses. 

It may with advantage be noted here, before leaving the subject 
of the Elasmobranchs, that the cortex of the suprarenal capsules is 
not much altered in the ascending series from Pisces to Mammalia, 
but that the medulla gradually undergoes a development, till from 
cells which differ little from pigmented nerve-cells devoid of axis- 
cylinder processes, arranged in irregular masses, we get the glandular 
form of the Mammalian medulla. The specific secretion and chromogen 
appear however even in Elasmobranchs. 


2. Ganoidei. 


The Sturgeon (Acipenser sturio) is the only member of this 
order about which I can make any positive statement. The suprarenal 
bodies of this fish are yellow masses of varying size and shape, 
scattered in the renal substance. I have nothing to add to the 
description I have already given of the histology of these organs. 
My former figure is reproduced (Pl. XVII. fig. 10) and it will be well 
to quote the description from my former paper [116]. 

“The rounded or elongated-oval'alveoli (50—60 u in diameter, 
or even 100 « long by about 60 u broad) are bounded by bold thick 
walls, averaging 3 u in thickness (Pl. XVII. fig. 10 al. w.) and the cell 
outlines are admirably preserved. The preponderating shape of the 
cells is round or oval, and in some parts they are seen to overlap, as 
the section is thick enough to contain several layers (x). In other parts 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 993 


the cells are more polyhedral or irregular. Like the alveoli, they vary 
somewhat in size; their average diameter is about 20 «. The nuclei 
(n) are deeply stained and somewhat irregular in shape, having a 
diameter of 3—6 u. The protoplasm is very finely granular as a 
rule, occasionally more coarsely granular. ‘There are small nerve- 
ganglia in connection with some of the bodies.” 

It was concluded:— “I have no doubt, from the above structure, 
that these bodies are the representatives of the suprarenal gland in 
Ganoids, and in my opinion they correspond to the cortical portion in 
higher Vertebrata”. I have not had the opportunity of putting the 
matter to the physiological test in the case of the Ganoids. 


à. Teleostei. 


I have found suprarenal bodies in all fresh specimens examined. 
They are usually paired, round or oval, pale pink bodies, placed on 
the spinal or ventral surface of the kidney. They are near the 
posterior extremity of the renal mass, and are either free on its 
surface or more or less imbedded in its substance. 

Histologically examined, the organs are found to be surrounded by a 
fibrous capsule which varies in the species examined from about 4 to 
70 w in thickness. Externally to this capsule the intertubular adenoid 
tissue of the kidney is more abundant than in the other parts of the 
renal mass. The capsule is always thicker where the suprarenal 
adjoins the kidney substance, because: here we have a double layer 
consisting of the capsule of the suprarenal body fused with the proper 
capsule of the kidney. The suprarenal glands are thus quite distinct 
and separate from the kidney substance. They are in fact simply 
placed in depressions upon the surface of the kidney. 

The fibrous capsule sends in trabeculae, which divide and subdivide 
in the interior of the gland, and divide this up into vesicles or alveoli, 
which bear a striking resemblance to those of the interrenal body of 
Elasmobranchs. It is difficult to determine from sections the precise 
form of these gland vesicles in the different species, but it seems that 
in some cases they are tubular structures (see Pl. XVI. fig. 7 and 
Pl. XVII. figs. 8 and 9), while in others they closely approximate 


294 S. Vincent, 


to spheres (Pl. XVI. figs. 5 and 6). In most cases these vesicles 
appear to be completely filled with cells, but in some cases, as in 
the Anguillidae, they contain a distinct lumen (PI. XVI. figs. 5 and 6). 
In the Anguillidae, perhaps, we have the most typical arrangement. 
In these animals the suprarenal body consists of a mass of a closed 
cylinders, of varying form (Pl. XVI. figs. 5 and 6). On section 
many of them appear rounded or polyhedral from pressure of neigh- 
bouring cylinders, while others are more elongated, but never reaching 
any very great length. The cylindrical alveoli are separated by a 
loose connective-tissue in which runs a rich capillary plexus and 
numerous lymphatic vessels. The alveoli are lined with cells usually 
one row deep. These are columnar and contain a distinctly granular 
protoplasm, and one, or sometimes two, nuclei. The cells are usually 
18—20 u in length by 2-10 « in width. They are of unequal 
heights and have the appearances which are usually interpreted as 
indicating a breaking down of the cell substance to form a secretion. 
But it is doubtful if this is the true significance of what one sees. 
It is more likely that the cells in their central portions are more 
friable than elsewhere and more easily break down under the razor. 

In some species (Orthagoriscus mola) the alveoli have the form 
of branching tubules running in all directions (Pl. XVII. figs. 8 and 9). 
Thus the general appearance of the suprarenal bodies on section offers 
a considerable variation throughout Teleosts, but when closely examined 
the differences are found to consist (in addition to the form of the 
acini already described) chiefly of variation in amount of fibrous tissue, 
and variation in blood supply. 

From histological considerations I previously came to the conclusion 
that the suprarenal bodies of Teleosts consist entirely of cortex |116, 
117). I have further tested the matter physiologically and chemically, 
and find that the opinion then formed was correct [118, 120, 121, 122]. 
There seems to be in Teleosts no equivalent to the paired bodies of 
Elasmobranchs or to the medulla of the suprarenal capsules of the 
higher Vertebrata '). 


!) The question of the relation of the degenerated pronephros or so-called 
“head-kidney” to the suprarenal bodies of Teleostean fishes I have sufficiently 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 295 


4. Dipnor. 

Until 1896 nothing had been known of the suprarenals in the 
Dipnoi, and even now our information is very limited. My own in- 
vestigations upon preserved specimens yielded entirely negative results, 
but I stated [/76]:— “Nevertheless, from « priori considerations, I be- 
lieve that adrenals of some sort are almost certainly present in the 
Dipnoi. These fishes closely approach the Amphibians in many respects 
and I am persuaded that could one obtain perfectly fresh specimens 
of large size, suprarenals of a type resembling that of the Amphibians 
would be found.” 

Since the above was written, Pettit [52] has claimed to have 
found the suprarenal bodies of Protopterus annectens. He says that 
in general form and relations they resemble those of the Teleostei, 
while in minute anatomy they are rather like those of the Batrachians. 
But he gives no histological details and says nothing about cortex 
and medulla. 

Since this account of Pettit is the only one extant of the suprarenals 
in Dipnoi, it will be advisable to quote it in full: — 

“Aucun auteur à ma connaissance n'a indique l'existence des 
capsules surrénales chez les Dipnoiques; c'est là une lacune regrettable 
que Wiedersheim déplore dans le remarquable chapitre de son Anatomie 
comparée qui est consacré aux glandes surrénales. 

Grâce à Vextréme amabilité de MM. les professeurs Filhol et 
Vaillant, jai pu constater l'existence de ces organes chez le Protoptére 
(Protopterus annectens, Owen). 

Sur le spécimen que jai disséqué, ces organes étaient représen- 
tées (Pl. III. fig. 8) par deux petites masses de volume inégal qui 
ireated elsewhere [116, 117, 118, 119, 120, also 20]. It 1s sufficient here to repeat 
that there is no anatomical or physiological relationship of any kind between the 
two (vide supra, pages 4 and 5). 

In the “Comptes Rendus" for last year,. No. 25 (Seance du Lundi 21 Juin) 
is a communication by Huot on the suprarenal bodies of Lophobranchs in which 
he expresses the opinion that in these fishes the suprarenal a has nothing 
to do with the lymphoid tissue of the kidney. 

In a later communication (Compt. Rend. CXXVI 1. p. 49), Huot says that 


the suprarenal bodies of Lophobranchs are developed as 2 hollow diverticula from 
the hinder end of the Wolffian duct. 


296 S. Vincent, 


étaient accolées à la face ventrale de la veine cardinale au point 
oü celle-ci pénétre dans le canal hémal; ils sont par conséquent 
en rapport, non plus comme chez les animaux précédemment étudiés 
avec la face ventrale du rein, mais avec la face dorsale; il résulte 
de cette disposition qu'elles perdent toutes connexions avec les glandes 
génitales. 

Par leurs rapports et par leur forme, les glandes surrénales 
du Protoptere ne rappellent en aucune facon les mémes organes 
des Batraciens desquels on le rapproche volontiers: au point de 
vue morphologique il y a là un véritable hiatus entre les deux 
classes. En réalité, il n'en est rien. En effet, les capsules de ce 
Dipneuste ont une structure intime qui est assez voisine de celle qu'on 
constate chez les Batraciens; elles sont composées par un parenchyme 
beaucoup plus compact que chez les Poissons osseux, avec lesquels 
elles n'ont guére de commun que la forme extérieure et les rapports 


anatomiques. 
Resumé. 


En somme, les glandes surrénales du Protoptére, par leurs rapports 
et par leur forme, rappellent, assez exactement, comme nous le verrons 
bientöt, les mémes organes des Téléostéens; d'autre part, par leur 
structure histologique, ce sont plutót des capsules de Batraciens." 

The- author gives a drawing (Pl. III. fig. 8) in which not two 
small unequal bodies are represented but one fair-sized body, and no 
relations to the viscera are indicated. He does not state whether the 
specimen he dissected was a fresh or a preserved one. If the former, 
then the paucity of histological detail which he gives is very surprising. 
If the latter, one would have expected him to announce the fact as 
an excuse for histological deficiency. 


VI. Amphibia. 
1. Urodela. 

In a previous communication [117] I have given a brief account 
of the gross anatomy and histology of the suprarenal bodies in Sala- 
mandra maculosa, but since that paper was written I have re-investi- 
gated the subject, and have not seen reason to seriously modify my 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 997 


views. In the above-mentioned paper I wrote: “I find, in fact, that 
the suprarenal of Salamandra maculosa agrees in every respect as to 
its histological structure with that of the Anura.” The chief difference 
between the tailed and the tailless amphibians in respect to the 
suprarenal organ is undoubtedly that in the former the body is divided 
up into a series of small masses, while in the latter it is more or 
less continuous. 

Leydig [77] describes a very intimate relation between the sym- 
pathetic ganglia and the suprarenal bodies in Salamandra maculosa. 
He states, in fact, that there are to be found transitions between the 
ganglion-cells of the sympathetic, certain yellowish cells in connection 
with them, and the suprarenals on the kidney. But he does not make 
it clear that the medulla of the suprarenal is alone in relation to the 
‘sympathetic ganglia. In !my former paper [117] I found “no nerve- 
cells whatever in close relation to the suprarenals”. In this I was 
in error. Recent investigations have convinced me that the medullary 
representative of the adrenal in Salamandra is very intimately related 
to the ganglia of the sympathetic chain, and 7 am able to verify the 
statement of Leydig that transition forms exist. 

Much confusion has arisen as to the exact conditions of the supra- 
renal capsules in the Urodela. Thus in a paper by Velich [715] in 
1897, it is affirmed that in the opinion of Kölliker, there is no medullary 
suprarenal in Birds, Amphibians, and Fishes! This author gives no 
reference to Kölliker, but relies on the authority of Kahlgen [64], 
who says: ,Die Nebennieren der Vogel, Amphibien und Fische, welche 
kein Mark und keine Nerven haben, entsprechen nach Kölliker nur 
der Rindensubstanz der Sáugetiernebenniere.^ Kahlgen likewise gives 
no reference, and I have been unable to find that Kölliker expresses 
any such opinion (see 66 and 67). 

My own researches have been made upon Salamandra maculosa. 
The kidneys were hardened in Miiller’s fluid and sections were cut 
from end to end. At the anterior end one finds more medulla in 
relation to cortex than at the posterior end, and it is in the anterior 
portion that the relations to the sympathetic can best be made out. 
When the material is placed in bichromate solution no apparent 


298 S. Vincent, 


darkening of the specks of suprarenal can be observed by the naked 
eye"). It was found impossible also to get the tests for the chromogen 
by making an extract. The extract, further, did not raise the blood- 
pressure when injected into the blood-vessels of a living mammal’). 
For these reasons extreme care has been employed in the histological 
examination. 

There can be no doubt that my former description of the two 
kinds of tissue was in the main correct. I found, on looking up my 
old slides that I had apparently relied entirely upon the characteristic 
staining of the medullary cells with haematoxylin (vide infra pag. 302 
and 306), having no specimens which had been hardened in bichromate. 
This being rather unsatisfactory I have since employed Müller’s fluid 
to detect with certainty the relations of the two substances. These 
two constituents, the cortical and the medullary, are as distinct as in 
Anura, Reptilia, Aves, and Mammalia, but the medulla is not present 
in such large proportion as in any of these’). 

The cortical substance presents the same histological features as 
in the frogs and toads (q. v. infra), being composed of delicate solid 
columns of cells interlacing in all directions. The structure of this 
portion needs no further description. 

The medullary portion is represented by small masses of brown‘) 
cells, or even single cells, sometimes actually situated im the gangla 
of the sympathetic, sometimes further away from the ganglia and in 
closer contact with the cortical cell-columns. The anatomical condition 
is in fact an intermediate one between that found in Elasmobranchs, 
where the two constituents are quite independent of one another, and 
that found in the Anura and Reptilia, where cortex and medulla have 
come into close contact, but have only just commenced to be mixed 
up together?) In the ganglia or close to them one can sometimes 


1) This is in marked contrast to the behaviour of the suprarenals of the frog. 

2) This result can only be attributed to the insufficient amount of material 
which one could obtain. 

3) Except perhaps in Ayla arborea, where I find the amount of medullary 
substance to be very small. 

4) i. e. after bichromate treatment. 

5) This intermingling is complete in Aves (q. v. infra). 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 299 


find large cells resembling nerve-cells, except that the protoplasm is 
full of the brown pigment produced by the action of the bichromate 
of potassium’). Then there are some smaller cells, less like. nerve- 
cells and more like the proper medullary cells. These would appear 
to be transition forms between the two. The proper cells of the 
medullary substance are so like those of the Anura and Reptilia that 
they do not deserve a separate description. 


2. Anura. 


There is practically no difference between the various species of 
frogs and toads as regards the minute structure of the suprarenal 
capsules. In these animals the suprarenals are golden-yellow streaks 
on the ventral surface of the kidney, of about 15 mm. in length in 
the common frog to about 28 mm. in a good sized toad. Their width 
varies in a similar manner from 1 to about 3 mm. But their dimensions 
vary very considerably according to the size and development of the 
particular individual. In a good sized specimen the suprarenals present 
on the ventral surface of the kidneys a very beautiful appearance, 
forming on each side a series of irregular arcs with their convexity 
outwards, and varying in width from place to place. Their colour is 
of a bright yellow, of a somewhat fatty aspect, and their surface is 
marbled with veins running in all directions. Their average dimensions 
are given above, but it is noteworthy that in both frogs and toads, 
although the suprarenal reaches nearly up to the anterior end of the 
kidney, it always ceases at a point anterior to the posterior fifth of 
that organ. 

The adrenal is not quite continuous, but is broken up on each 
side into a varying number of portions, separated by slight intervals. 
With a lens, or sometimes even with the naked eye, they are seen to 
consist of a series of parallel lines presenting a distinctly lobulated 
appearance. : 

The blood-supply appears to be the same as that of the kidney 
substance, i. e. it receives arterial blood from the dorsal aorta and 


1) These medullary cells and those of Reptilia possess a slight yellowish-brown 
coloration even in a fresh state. 


300 S. Vincent, 


venous blood from the Renal Portal vein. But there are no capsular 
arteries direct from the aorta; whatever arterial blood the bodies 
receive, they get indirectly from the arterioles distributed on the kidney. 
The tributaries of the Posterior Vena Cava, bringing impure blood 
from the kidney, run for some distance longitudinally along the anterior 
surface of the organs and around this part of their course the suprarenal 
substance is collected. There are some three or four of these branches 
on each side. It would almost appear as if the suprarenal had had 
its exact location on the surface of the kidney determined by these 
veins, for the discontinuity above mentioned corresponds fairly well 
with the occurrence of the venous tributaries. In some cases the 
suprarenal capsule appears to be little more than a kind of glandular 
wall to the vein, and this explains the interesting fact first noticed 
by Gruby [50] that when the blood-vessels are distended, the suprarenals 
become less distinctly visible. 

The suprarenal body forms a distinct bulging on the ventral surface 
of the kidney as shewn in transverse section (Pl. XVII. fig. 11). It is 
enclosed in the capsule of the kidney and there is no sheath or septum 
of any kind between the cell-columns and masses of the former and the 
tubules and malpighian bodies of the latter. The line of demarcation 
between the two structures is however fairly definite, although there 
is no connective-tissue boundary. 

The gland is seen at once to consist of two distinct kinds of 
structure. The greater part is made up of columns of cells which 
are of varying size and shape and interlace in all directions (Pl. XVII. 
fig. 11 and PI. XVI. fig. 12). The constituent cells vary somewhat in 
shape but are mostly elongated or columnar, and contain a large round 
nucleus with nucleoli. This substance is the “cortical”, which is homo- 
logous with the interrenal body of Elasmobranchs, the known supra- 
renal bodies (“corpuscles of Stannius”) of Teleosts, and the cortical 
substance of the suprarenal bodies of Reptilia, Aves, and Mammalia. 

But in addition to the above-described structure, we get masses 
of a different kind of cell (me., Pl. XVII. fig. 11 and Pl. XVI. fig. 12). 
These are to some extent irregularly distributed, but there is usually 
a more or less continuous tract of them along the dorsal border of 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 301 


the organ’). If the tissue has been hardened in alcohol, the cells 
stain very deeply with haematoxylin, and the nucleus is not easily 
seen. The cells are more irregular and somewhat larger, and the 
nuclei have rather greater dimensions, than in the cortical cell-columns. 
The nuclei are often oval. But the most striking feature about these 
cells is that if the tissue has been hardened in Müller's fluid (or any 
other fluid containing bichromate of Potassium), they become stained 
brown just as do the chromogenic cells in the paired suprarenal bodies 
of Elasmobranch fishes. So that this structure is the “medulla”. 

The medulla is small in amount in proportion to the cortex. The 
organ has a very rich blood-supply (see PI. XVII. fig. 11 and PI. XVI. 
fig. 12). A network of capillaries runs between the alveoli (Pl. XVI. 
fig. 12), and large veins are abundant. 

There seems to be considerable difference between the various 
species of the Anura in regard to the amount of medulla in proportion 
to the cortex. This proportion is always small, but is particularly 
so in Hyla arborea. 

The physiological identity of the suprarenal capsules of the frog 
with those of mammals has been placed beyond a doubt by the 
researches of several authors. Thus Szymonowicz [112] has employed 
extracts from a frog’s suprarenals in his experiments upon the alterations 
of blood-pressure produced by such extracts. Langlois [69] has devoted 
a separate paper to the subject. In conjunction with B. Moore [51]. 
I have chemically tested an extract made from the suprarenal capsules 
of several frogs, and found that this gave the chromogen reactions in 
a perfectly definite manner. "These physiological and chemical reactions 
of eourse only apply to the medullary substance. 'lhe evidence as to 
the homology of the cortical substance is morphological and histological. 


VII. Reptilia. 
While in Pisces and Amphibia the suprarenal bodies are in close 
anatomical connection with the kidney, in the Reptilia they are inti- 
mately associated with the reproductive apparatus. In the Lacertilia 


1) Forming a sort of irregular boundary between the substance of the kidney 
. and that of the suprarenal body. 


302 : S. Vincent, 


and the Ophidia the suprarenal body is situated between the postcaval 
vein and the reproductive gland (ovary or testis as the case may be). 
The position in the Chelonia is only apparently different, because in 
this order the kidneys and reproductive organs are on about the same 
antero-posterior level. I have not been able to examine any of the 
Crocodilia. 

The histolegical structure of the suprarenal capsules in the Reptilia 
closely resembles that in the Amphibia. The cortical substance (which 
constitutes by far the greater part of the gland) consists of curved, 
irregular, branching, and interlacing columns of cells, about 50 u 
thick and reaching a length of 120 w (Pl. XVIII. fig. 13), consisting 
most often of a double row (as seen in section), but sometimes having 
three or even four tiers. The cells are 20—26 u in length and about 
8—10 u in width and their protoplasm is very distinctly reticulated 
(co, Pl. XVIII. fig. 13); near the centre of each is a large rounded or 
oval nucleus (2) about 7 >< 3 u or about 5 « in diameter, with a 
marked nuclear network (m. net.) and nucleoli. 

The medullary masses (Pl. XVIII. fig. 13, me) are of various 
sizes and shapes, distributed through the gland. The greater part of 
the medulla forms a layer along the dorsal aspect of the organ, but 
| groups of five, six, or more cells are found in different regions of the 
organ. There are also smaller groups (see, Pl. XVIII. fig. 13) or 
even occasionally isolated single cells. The cells are larger than those 
of the cortex, as also are the nuclei; the cell protoplasm is very 
distinctly granular, the granules being of large size, rounded, and regu- 
larly distributed throughout each cell (g. p., Pl. XVIII. fig. 13). They 
become very deeply stained with haematoxylin if the tissue has been 
hardened in alcohol, but brown if in Müller's fluid. The haematoxylin 
in the latter case only stains the nucleus, leaving the cell-granules 
brown. 

Between the columns of cells are blood-spaces lined with a vascular 
epithelium, i. e. capillaries (Pl. XVIII. fig. 13 ?). In some parts the 
cell-columns are arranged in a radiating manner round one of these 
large blood-spaces, just as one sometimes finds in the internal body of 
Elasmobranchs (vide supra pag. 991). | 


The comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 303 


The above description applies to Uromastix Hardwickii, but may 
be considered as fairly typical of the Reptilia generally. Descriptions 
of several other species and drawings of some few will be found in 
an earlier paper [117]. 

The medulla, then, in the Reptilia is for the most part arranged 
side by side with the cortex along the dorsal aspect of the organ, 
but there is already a commencement of that intimate intermingling 
of the two which is so characteristic of Aves. 

Braun [11] describes transition forms of cells between nerve-cells 
and medullary suprarenal cells in certain lizards. I have not succeeded 
in verifying this, but I consider it probable that such forms are present. 


(To be continued.) 


Referat 


von 


W. Krause. 


Ballowitz, E., Zur Anatomie des Zitteraales (Gymnotus electricus) 
mit besonderer Beriicksichtigung seiner elektrischen Organe. Archiv 
f. mikroskopische Anatomie. 1897. Bd. L. Heft 4. S. 686—750. 
Mit 3 Taf. 


Der Verfasser hatte die äusserst seltene Gelegenheit, das elektrische Organ 
des Zitteraales in Deutschland mit allen Hülfsmitteln der histologischen Technik 
zu untersuchen. Ballowitz liess durch Vermittlung des Berliner Aquarium zwei 
Exemplare von Gymnotus electricus lebendig aus Venezuela kommen. Das eine 
kam tot an, das andere lebte zwar, jedoch war es in emem sehr traurigen Zu- 
stande. Die elektrischen Organe wurden mit Ueberosmiumsäure, Sublimat, Chrom- 
osmiumessigsáure, Goldchlorid, absolutem Alkohol untersucht, resp. gehärtet; die 
Silberchromatmethode gelang nicht. Ballowitz giebt zunáchst eme Beschreibung 
der makroskopischen Anordnung jener Organe nach jenen zwei und noch vier 
anderen in verdünnterem Alkohol conservierten Exemplaren, die nur das Bekannte ent- 
hält. Das mikroskopisch untersuchte Exemplar war ziemlich klein, nur 65 cm lang. 
Tingiert wurden die mikroskopischen Schnitte mit Hämatoxylin, Carmin oder 
mit Anilinfarben. — Die sog. Pacinrsche Linie, die Pacini gar nicht kennt, indem 
er nur die Spaltbarkeit der elektrischen Platte in eine vordere und hintere, nach 
Sachs nervóse Schicht erwáhnt, erklirt Ballowitz für eine Schrumpfungserscheinung. 
In dieser Gegend ist die Flüssigkeit, welche das feinfidige Gerüstwerk ausfüllt, 
dinner, die Fiiden legen sich zusammen und diese verdichtete Stelle tingiert sich 
naturgemiiss intensiver. Auch den Zerfall der elektrischen Platte in kleine, durch 
eine hellere Trennungslinie geschiedene Stücke, welchen Fritsch (1881) beschrieben 
hatte, leugnet Ballowitz und erklärt ihn für ein durch Einreissen entstandenes 
Kunstproduct. Die scharfe Grenzlinie, welche die Oberfläche der Papillen des 
elektrischen Organes überzieht, will Ballowitz Electrolemm nennen und vergleicht 
sie dem Sarcolemm, insofern sie von den embryonalen Zellen, den Electroblasten, 
herstammt; sie bedeckt unmittelbar emen Stübchensaum, der von dem bei Torpedo 
an der hinteren Oberfläche der Platte wahrnehmbaren sich durch grössere Feinheit 
und dadurch unterscheidet, dass diese Stäbchen direct in Fibrillenbüschel des 
Inneren der Platte sich fortsetzen. Den eigentlichen an der hinteren Plattenober- 
fläche befindlichen Stäbchensaum hält Ballowitz den elektrischen Stäbchen bei 
Torpedo für homolog, letztere stehen aber bei Gymnotus dichter, kaum um den 
Wert ihres Längsdurchmessers von einander entfernt, haben 0,0018 mm Länge und 
sind mehr körnig oder uneben, als bei Torpedo; mit dem Elektrolemm ist ihr eines 
Ende fest verwachsen. — Auch in Betreff der Nervenendigung befindet sich Ballo- 
witz in fundamentalem Gegensatz zu Fritsch, der die Nervenfasern in die Substanz 
der Dornpapillen, wie sie Du Bois-Reymond genannt hatte, übergehen lässt. Ballo- 
witz ist nämlich ein Anhänger der fast hundertjährigen Lehre von den Nerven- 
endschlingen und lässt die mit Gold gefärbten marklosen Nervenfasern in ein 
Netz von sternförmigen nervösen Zellen übergehen, die nicht nur die Oberfläche 
der Dornpapillen überspinnen, sondern mitunter sogar eine Verbindung zwischen 
den Spitzen benachbarter Papillen herstellen. Auch hierbei befindet sich Ballowitz, 
diesmal mit Ogneff, in Widerspruch. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


DEC 22 1899 


(From the Physiological Laboratory, University College, London.) 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 
By 


Swale Vincent, M.B. Lond., 


British Medical Association Research Scholar. 


(Continuation. ) 


VIII. Aves. 


Very little need be said about the gross anatomy of the suprarenal 
capsules in birds. They are bright ochre-yellow bodies, in very close 
contact with the reproductive glands, so that with them they appear to 
form almost one organ. This intimate relationship (which is seen also 
in the Reptilia), is of peculiar significance as bearing upon the deve- 
lopment of the cortical portion of the organ. The glands are also in 
close connection with the vena cava and the aorta. Large nerve- 
ganglia are found near the surface of the organ. The nerve-supply 
is derived from the ovarian or spermatic plexus. 

In birds the cortex and the medulla of the suprarenal capsules 
are more intimately mixed than in any other animals. The medulla 
is decidedly more abundant in proportion to the cortex than in any 
other class.') The medullary columns are distributed fairly uniformly 
throughout the gland. The medullary cells have every appearance of 
having been pushed in, as it were, between the cortical columns, and 
in Gallus bankiva this appearance is very marked, as there is an 
almost complete layer of medullary cells surrounding the outside of 
Sava interesting to note in this relation that birds have a very high 


blood-pressure. 
Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 20 


306 S. Vincent, 


the organ, just within the capsule, with points of irruption here and 
there, whence start the branching and interlacing cords which are found 
throughout the organ. 

The medullary masses in the outer portion of the suprarenal body 
are always more abundant in the neighbourhood of the nerve-ganglia. 

The cortical substance (co., Pl. XVIII. fig. 14) has the form of 
gland vesicles of very varying size and shape. The cells (e. c.) form 
a regular row of columnar shape, constituting a peripheral layer round 
each alveolus. In the small peripheral cylinders, there is often only 
one layer, which bounds a distinct, round or oval, lumen. But in 
most cases the structure is that of solid masses of polyhedral cells 
surrounded by a layer of columnar ones and having no lumen (Pl. XVIII. 
fig. 14). The cells are finely granular and contain in a fresh state 
numerous fat-globules. 

The medullary cell-columns (Pl. XVIII. fig. 14 me.) are smaller than 
the cortical, and shew no regular glandular arrangement of the cells. 
These are considerably larger than the cortical cells and more irregular 
in shape. After treatment with hardening fluids containing bichromate 
of potassium, they shew a tendency to separate from each other, 
leaving clear spaces between them. The most distinct feature of 
these cells is the brown pigmentation which occurs after such treat- 
ment. This is sometimes uniform throughout the cell protoplasm, some- 
times in the form of distinct granules. Henle [54] first called attention 
to this universal mode of distinguishing medulla from cortex, But as 
Rabl [27] points out, and as I have already indicated for lower forms, 
other modes of staining show a marked distinction between the two 
structures. Thus with haematoxylin the cell-protoplasm stains almost 
as deeply as the nucleus. The same applies to several other nuclear 
stains. This indicates that the cell-protoplasm of the medullary sub- 
stance approximates either in chemical or physical properties to nuclear 
material. At the same time, the bichromate test is extremely useful 
and quite unique, as no glandular tissue except the medulla of the 
suprarenal capsule gives the same reaction. The medullary cells con- 
tain no fat. 

Rabl (loc. cit.) has applied the very appropriate names “Haupt- 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 307 


strange” and “Zwischenstränge” to cortex and medulla respectively in 
birds, but it is difficult to find terms which are applicable to the two 
kinds of tissue throughout Vertebrates. For this reason it is better 
to retain the names cortex and medulla, always bearing in mind that 
they are quite misnomers in all animals below mammals. 

The above-named observer made the very interesting discovery 
that there are intermediate forms of cells between the ganglion cells 
of the sympathetic nervous system and the proper cells of the supra- 
renal medulla. Braun (loc. cit.) had previously described such in 
Reptilia. I have indicated above that these are to be found in the 
medullary glands of Elasmobranch fishes, and I can corroborate the 
statement of Rabl with regard to Aves. 


IX. Mammalia. 


In the Mammalia the two separate glands of which the suprarenal 
capsule is composed are not irregularly mixed up as in birds, but the 
medulla is placed internally, being completely surrounded by cortex. 
Indeed it is only in Mammals that these terms are appropriate to 
the two portions. 

If one cuts across a fresh suprarenal capsule of any Mammal the 
cortex and medulla are always quite readily distinguishable from one 
another. But there are wide differences in the general appearance of 
the section in different species. Thus in some cases the cortex is 
narrow and the medulla extensive, but in most cases the opposite is 
the case, and the rule is that by far the greater bulk of the capsule 
is made up of cortex. The guinea-pig has proportionately a large 
medulla. 

In tint too there is considerable variation; thus in the sheep there 
is a yellowish white medulla, surrounded by a dark red cortex. In 
the dog there is a dark pink medulla and an ochre-yellow cortex. The 
rabbit has a very slight core of a greyish medulla surrounded by a 
yellow cortex. In the guinea-pig much of the chromogen in the 
medulla is developed into a pigment, and the substance appears dark 
brown or purple when cut across. 


These ditferences are undoubtedly associated in some way with 
20* 


308 S. Vincent, 


the functional activity of the organs in the different species according 
to their different habits of life, but more than this one cannot at present 
affirm. The point which I wish to emphasise here is the marked and 
uinversal distinction between the cortex and the medulla. This is 
obvious enough without the application of any reagents, but can be 
beautifully shewn by placing the gland, after being cut across, in a 
solution of bichromate of potassium for a time, when the medulla 
always becomes dark brown. As has been stated above for other 
vertebrates, various staining re-agents mark the distinction quite well 
for histological examination. Thus, if the gland has been hardened 
in alcohol and stained with picro-carmine, the cortex has the proto- 
plasm of its cells stained yellow andthe nuclei red; but the medullary 
cells are scarcely touched by the picric stain. The same applies to 
eosin and safranin. Thus the medullary protoplasm appears to stain 
deeply with nuclear stains, but faintly with general stains. 

Medulla. In Mammals the evolution of the medullary gland has 
become completed. There is little or no trace in its structure of 
anything which would make us suspect its nervous origin. We find 
certainly an abundance of nerve-cells in the medulla of some animals, 
but, so far as I have been able to ascertain, there are none of those 
transition forms which obtain so high up in the scale as birds. 

The cortex and medulla are always distinctly marked off from 
each other, and have every appearance of being what they really are, 
two separate and distinct glands of different origin, and probably 
totally different functions. There is in some species a septum of 
connective tissue separating the two portions from one another. In 
other cases the distinction is rendered obvious by the above-mentioned 
staining reactions. 

The medullary cells are arranged in most Mammals in elongated 
solid cords, in the form of a plexus. (Pl. XVII. fig. 15), the inter- 
spaces of the meshwork being occupied by a rich network of capillaries, 
with here and there a large blood sinus. In man the arrangement is 
practically that which has just been described except that the cords 
are shorter, so that in section the cells of the medulla appear to be 
arranged in rounded groups. 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 309 


There has been a considerable amount of confusion as to the form 
of the cells of the mammalian medulla. They have frequently been 
described as irregular in form, as having processes, and as leaving 
irregular spaces between individual cells. These appearances are figured 
by Eberth [20, 51] and his drawing has been extensively copied into 
the text-books, but I am convinced that it is fallacious. It is certain 
that after some methods of preparation these appearances are seen. 
Thus, the arrangement seen in PI. XVIII. fig. 16 is often obtained. 
But I am persuaded from the study of several species and the em- 
ployment of many different modes of fixing and hardening, that this 
appearance does not represent the true structure. I was at first of 
the opposite opinion because the appearances so much resemble the 
homologous structure in Elasmobranch fishes (cf. PI. XVI. fig. 1 and 
PI. XVIII. fig. 3 with Pl. XVIII. fig. 16). The peculiarity seen in 
these cases I attribute to two causes [/] shrinkage from the employ- 
ment of bichromate of potassium [2] a softer and more delicate structure 
of the medullary cells, which causes them to break up under the razor. 

When alcohol or formol is employed as a fixing agent, one always 
gets appearances closely resembling those depicted in PI. XVII. fig. 15, 
which represents a small portion of the medullary substance of the sheep. 
Here the medulla has the general arrangement described above, which 
I believe to be the typical one, and the cells are regular in form. Even 
after hardening in Müllers fluid, if care be taken in the preliminary 
processes and in the cutting of the sections, one frequently gets the 
cells regularly disposed in close contact with one another as in glands 
generally, and with no signs of shrinkage of the individual cells. 

The general arrangement of the medullary cell-columns does not 
differ very much in the different species of mammals which I have 
studied. In man, the cat, the dog, and some others, the appearance 
is almost precisely like that drawn in PI. XVII. fig. 15 for the sheep. 

V. Brunn [75] finds smooth muscular fibres in the medullary 
substance in man, and in much smaller numbers in the horse, rabbit 
and cat, but states that they are absent in most animals. They occur, 
according to this observer, round the great veins in the medullary 
portion of the gland, and are longitudinal in direction only, no circular 


310 S. Vincent, 


fibres being discoverable. De Mattei [75] also appears to have de- 
scribed these fibres, but I have not been able to obtain access to his 
paper. In the ox these bundles of muscular fibres are very striking. 
As far as my own observations extend, they appear to be present 
only in the larger capsules (i. e. in ox, horse, man &c.). 

The nerve-terminations in the suprarenal capsules have been in- 
vestigated by Dogiel [27] and Fusari [47, 42]. The nerve-fibres come 
for the most part from the solar plexus. After a course of variable 
length in the connective-tissue capsule, they penetrate perpendicularly 
the cortical substance and bury themselves in the medulla. The nerve- 
supply to the medulla is much more strongly developed than that to 
the cortex, and in the former the relations of the nerves to the glan- 
dular cells are much more intimate. In the medulla of large capsules 
such as those of the ox, large nerve-fibres cut in various directions, 
and groups of nerve-cells of differing sizes are frequently to be seen. 
But nerve-cells are rarely to be found in the substance of the supra- 
renals of smaller animals. 

Cortex. In many aspects the cortical portion of the suprarenal 
capsule is to be looked upon as the more important constituent of 
the organ in the Vertebrata. Thus from Elasmobranchs upwards this 
part is always present, while in Teleosts (and most probably Ganoids) 
the medulla is wanting. Then, again, in most animals the cortex is 
much more adundant than the medulla, and has a very regular glan- 
dular aspect even in Elasmobranchs. The medullary portion on the 
other hand appears to undergo a progressive evolution as we ascend 
the scale of the Vertebrata, and it is not until we reach the Mammalia 
that it partakes of the nature of a true internal-secreting gland.!) 

So that we may look upon the cortical gland as the principal or 
primary constituent of the suprarenal organ, to which certain cells 
derived from the sympathetic nervous system have become related. 
As this relation becomes more intimate the medulla gradually becomes 
included within the substance of the cortex and takes on a distinctly 
glandular form. 


7) That is, as regards its histological structure. This characteristic secretion 
is already elaborated even in Elasmobranchs [120, 121]. 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 311 


The structure of the mammalian cortex is tolerably easy to make 
out and is fairly well-known. But it will be desirable to give a brief 
account of it, so that it may be compared with its homologues in the 
lower Vertebrata. 

In man, as was first pointed out by Arnold [2], the cortex is 
seen on section to consist of three layers, more or less distinct from 
each other, but not nearly so much so as are cortex and medulla 
from each other. The outermost layer is called the zona glomerulosa, 
as the cells are aggregated into rounded masses. Beneath this is the 
zona fasciculata, so-called from the elongated columns of cells which 
form it. Internally, adjoining the medulla, is the zona reticularis, 
this name indicating an approximation to a network arrangement of 
the cortical columns in this layer. 

These three layers are however only arbitrarily separated off from 
each other. It seems clear that the “zona glomerulosa" is nothing 
more than the columns of the ^zona fasciculata" which turn round 
when they come near the surface of the gland and run for a greater 
or less distance parallel to the capsule. In a radial section these 
portions are of course cut transversely and appear as rounded masses 
of cells. 

This arrangement into three layers can be tolerably well made 
out in the guinea-pig, the ox, and the dog. In the rabbit the “zona 
fasciculata” sometimes runs to the surface, or there is only a very 
narrow “zona glomerulosa" with a wide “zona reticularis”. 

The zona fasciculata is always more faintly stained than either 
of the other layers. 

In some animals, as the horse and the ox, the cells in the outer- 
most layer of the cortex do not always appear as circular masses, 
but are sometimes arranged as crescents or horse-shoes, and sometimes 
the ends of the crescent become fused and a ring of cells is formed, 
presenting an appearance closely resembling that of a gland alveolus 
with a large lumen. But this is not a true lumen, as appears from 
the fact that it sometimes contains tissue of the same nature as the 
stroma of the gland, and occasionally even blood-vessels may be ob- 
served in it. 


312 S. Vincent, 


The cells which make up the masses and columns of the cortex 
are mostly polyhedral, but in the most external of the outer layer in 
the horse and in the dog they are elongated columnar. 

In young animals one sometimes finds that the medulla has not 
yet become completely surrounded by cortex, but comes to the surface 
at some point. In the case of the suprarenal capsule of a young 
rabbit I noted a very interesting appearance. Near that part of the 
circumferance where the medulla reached the surface was a sympathetic 
ganglion outside the capsule of the organ. Near to it, also outside 
the capsule was a mass of cells resembling those of the suprarenal 
medulla only not so uniformly stained by the bichromate. But no 
cells which could be called transitional forms were to be discovered. 


X. Development of the Suprarenal Capsules. 


As I have not myself investigated this part of the subject I shall 
content myself with a brief réswmé of the conclusions arrived at by 
observers up to the present time. This is the more necessary since 
the study of the development throws so much light upon the minute 
structure of the adult organ. 

Bergmann [9] and Remak [96] seem to have been the earliest 
observers of the close relation subsisting between the suprarenal cap- 
sules and the sympathetic nervous system. Leydig [70] in 1852, 
pointed out the very intimate connections between the sympathetic 
and the paired suprarenals of Elasmobranchs and the suprarenal bodies 
of the Urodela. But Leydig misunderstood the nature of the cortex, 
stating that it is derived from the medullary cells by the deposition 
of fat-globules. 

Leydig’s views as to the nervous origin of the medulla were 
strengthened by the researches of Balfour [3] in 1878, who concludes 
provisionally at this date that the paired bodies in Elasmobranch fishes 
are the true suprarenals while the interrenal *does not belong to the 
same system") Later, this author changes his opinion [6, 7] and 
definitely expresses the view that: “In Elasmobranch Fishes we thus 


7) By this, Balfour meant presumably that the interrenal body had nothing 
to do with the suprarenals. 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 313 


have |/] a series of paired bodies, derived from the sympathetic 
ganglia, and [2] an unpaired body of mesoblastic origin. In the 
Amniota these bodies unite to form the compound spurarenal bodies, 
the two constituents of which remain however distinct in their deve- 
lopment. The mesoblastic constituent appears to form the cortical 
part of the adult suprarenal body and the nervous constituent of the 
medullary part”. 

This brilliant hypothesis has been fully confirmed by the in- 
vestigations of most subsequent embryologists who have worked at 
different classes of animals, as well as by my own observations upon 
the comparative physiology and chemistry of the suprarenal capsules 
[118—122, and 81, 52]. 

In Reptilia, Braun [1/] has fully established the development of 
the medullary cells from the nerve-cells of the sympathetic ganglia. 

In Birds, Rabl [97] states: “Es bleibt also nichts übrig, als die 
Markzellen fiir abgetrennte Ganglienzellen zu nehmen, welche insofern 
einen, dem embryonalen nahestehenden Zustand zeigen, als ihr Kern 
nicht den Charakter des Zellkernes einer ausgebildeten Ganglienzelle 
besitzt und das Protoplasma keine Nervenfortsätze entwickelt hat” 
and he gives abundant evidence of this view. The cortical substance 
is derived, according to this author, from the distal end of the pro- 
nephros. Fusari [59, 40] also supports the view that the medullary 
part of the suprarenal gland in Birds is derived from the nervous 
system, and points out in these animals that the groups of “nervous 
cells” remain distributed between the “epithelial lobules” while in the 
mammal, the nervous portion assumes a central position. Fusari, 
however, maintains that the interrenal body of Elasmobranch Fishes 
is not homologous with any part of the suprarenal capsule, but with a 
certain adipose tissue found round the suprarenals in some mammals. 
Von Brunn [12] has also supported the nervous origin of the medulla 
in Birds. 

In the Mammalia there have been numerous observations, all of 
them clearly pointing out the totally distinct origin and nature of the 
cortex and medulla. Thus Mitsukuri [79] worked out the development 
in the rabbit and the rat. He concludes that the cortical substance 


314 S. Vincent, 


arises from the mesoblast, while the medullary substance is derived 
from the peripheral part of the sympathetic nervous system, and is 
at first placed outside of the cortical substance, becoming transported 
into the middle of the suprarenal body in the course of development. 
Inaba [57] who studied the development in the mouse, found that the 
cortex develops as a proliferation of the peritoneum at the angle of 
the mesentery and laterally continuous with the beginning of the 
generative organ, while the medulla is derived from the sympathetic 
elements, which enter the organ in the 14" day embryo. They 
increase and form a reticulated mass at the centre, from which the 
cortical cells are gradually pushed aside. The connection with the 
sympathetic system is usually cut towards the close of gestation but 
in some may be retained till after birth. 

Mihalkovics [77] has traced the cortical blastema from the Ger- 
minal epithelium of the coelome, and this conception, viz: that the 
cortex of the suprarenal capsule and the genital glands have the same 
origin is the one now usually admitted. : 

Gottschau [45] and Janosik [55] deny the nervous origin of the 
medulla and state that this is formed from the cortex. Creighton [22] 
even goes so far as to say that “the distinction between the cortex 
and medulla of ordinary anatomy is quite arbitrary, as there is no 
real difference between their constituent cells. The central part or 
medulla is only more spongy than the rest". This view, contrary to 
all sound evidence on the subject and only requiring the most casual 
observation in order to be refuted, has nevertheless been supported 
by Rolleston [700] so recently as 1895. 

Valenti [114] thinks the suprarenal is a “rudimentary organ" (!). 

Summing up what is known about the development of the supra- 
renal capsules, it seems probable that the cortex is derived from the 
germinal epithelium, while the medulla is derived from the nerve-cells 
of the sympathetic ganglia’). - 
eee medulla of the mammalian suprarenal capsule be derived phylo- 
genetically from the series of paired suprarenal bodies of Elasmobranch fishes, it 
is probable that only those bodies in the region of the kidneys and reproductive 


organs have actually entered into the formation of the gland in higher animals. 
What has become of the rest? Are they unrepresented in Mammalia? It is in- 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 315 


XI. Summary and Conclusions. 


1. The Suprarenal capsule in Vertebrates is made up of two 
separate and distinct glands — the cortex and the medulla. In 
Elasmobranch Fishes these two are quite independent. In Amphibia 
and Reptilia the medulla is placed close to the cortex but only to a 
comparatively small extent mixed up with it. In Birds the two are 
irregularly combined, while in Mammals the medulla occupies a position 
in the centre of the cortical substance. 

2. Far from being in any sense “rudimentary organs”, the two 
constituents of the suprarenal capsule show a progressive development 
as we ascend the Vertebrate scale, the medulla especially becoming 
more and more glandular in structure as we reach the Mammalia. 

3. Developmental researches show that the medulla is derived 
from the nerve-cells of the sympathetic ganglia. This origin is revealed 
also by the histological structure in the adult in Elasmobranchs, Am- 
phibians, Reptiles, and Birds, where transition forms are found 
between nerve-ganglion cells and the proper cells of the medullary 
substance. 

4. According to the best evidence the cortex in Mammals is 
derived from the germ epithelium. 

5. Although the medullary gland is nervous in origin, in the 
adult it seems to be no longer nervous but glandular, having a 
characteristic internal secretion. 

6. The medulla of the suprarenal capsule in the higher Verte- 
brates corresponds to the paired suprarenal bodies along the sym- 
pathetic in Elasmobranch Fishes. This is shewn by physiological 
means, i. e. these paired bodies contain the same active principle as 
the medulla of the suprarenal capsule in higher Vertebrates, and also 


teresting to note that certain cells are described in connection with the abdominal 
sympathetic ganglia which are not nerve-cells and closely resemble the medullary 
suprarenal cells. Kohn [68] states that these become stained brown with potassium 
bichromate. 

With regard to the paired bodies anterior and posterior to these, it is not 
impossible that they may be represented in the Mammalia by such glands as the 
“carotid” and the “coccygeal”. I would rather throw this out as a suggestion 
than hazard it as an opinion. 


316 S. Vincent, 


by chemical means, i. e., these bodies contain the same characteristic 
chromogen as the medulla in higher animals. 

The cortex in the higher orders corresponds to the interrenal 
body in Elasmobranch Fishes. The physiological and chemical evi- 
dence is negative, but the histological and morphological evidence is 
very convincing. 

7. In Teleostean Fishes the known suprarenal bodies (“corpuscles 
of Stannius") consist solely of cortex. This is shown by the absence 
of a physiologically active principle, by the absence of a characteristic 
chromogen, by the fact that extirpation does not cause death [722] 
and by their histological structure. They are thus homologous with 
the interrenal body of Elasmobranchs. 

8. In Ganoids the same is probably true, but I am guided here 
entirely by histological evidence. 

9. In Mammals the cortex and medulla, although anatomically 
united into one organ, are still quite distinguishable from each other. 
This distinction between the two is not arbitrary, but rigorously marked 
out by a layer of connective tissue (in some animals), by staining 
reaction, and by the arrangement of the alveoli, and the shape of the 
constituent cells. 

The medullary cells not only stain deep brown with potassium 
bichromate, but the protoplasm stains as if it were a nucleus with 
most nuclear stains while it stains less deeply with ordinary proto- 
plasmic stains. 

10. The totally distinct origin and structure of cortex and me- 
dulla renders it probable that their functions have no relation to 
each other. No one would imagine that the functions of the paired 
suprarenals in Elasmobranchs have any relation to those of the inter- 
renal, and since the two organs seem to be only as it were accidentally 
combined, their functions have most likely remained distinet. The 
function of medulla would appear to be, so far as we know at present, 
to manufacture an internal secretion which it pours into the blood 
and which, being distributed throughout the body, maintains the normal 
tone of the muscular structures (Oliver and Schäfer [57]). 

As for the function of the cortex, little can be said at present 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 317 


No physiologically active principle can be obtained from it. Pettit [89] 
has ascribed an antitoxic function to the suprarenal bodies of the 
eel, which I have shewn to consist only of the representative of the 
cortex '). 


11. The suprarenals are very intimately related to the blood- 
vascular system. This relationship is most striking in Elasmobranchs, 
but is still evident in Mammals from the very large blood-supply to 
the organ and its close anatomical connexion with the great veins. 


12. The cortex, from a morphological stand point would seem 
to be the more important or essential element of the suprarenal gland. 
For it is always more abundant in amount than the medulla, and 
is universally present in all animals above the very lowest Verte- 
brates, whereas the medulla appears to be absent in some orders of 
fishes”). 

The following table is intended to represent in a compact form 
the variations in occurrence and arrangement of the suprarenal con- 
stituents throughout the Vertebrata, so far as is known at present: — 


') This harmonises well with some interesting results obtained by Myers 
(Brit. Med. Journ. 1898. April 9. p. 946) with regard to the action of tissue 
extracts on cobra poison. His experiments were made with the organs of guinea- 
pigs, and with the result that the suprarenal body was alone found capable of 
neutralismg the cobra poison. Positive results were also obtained with the supra- 
renal of the sheep, the only other animal tried. The interesting feature of these 
experiments is that the medulla was found to be inactive, the cortex and the entire 
gland active. 


?) In the present state of our knowledge the medulla must undoubtedly be 
considered as the more important from a physiological standpoint. 


318 


S. Vincent, The Comparative Histology 


of the Suprarenal Capsules. 


gu S 
ES EX I 
I S 
=> e 
S 
ES 
ES (Si S 
“i 
— e 
E S 
S 
Interrenal body H c't 
© H_ a_i 
Mose 
A E RB 
Paired suprarenal bodiesincon- || & 2.0 
nection with sympathetic E LY 
> 
zu Q 
Suprarenal bodies in substance | © 
of kidney + 2 
bi = 
=) 
EN se: 
o à Di 
Absent (?) RK S 
= v E: 
—  — £| À 
Suprarenal bodies (“corpuscles | S S S 
of Stannius") upon surface of | 4 4 S 
kidney S = S 
SE 3 
e 8 
Absent Bui S 
= 
5 = 
= D 
2 o 
Definitely stated to exist, but |& © 
2 Re 
nothing yet known about cor- | "3 n 
tex and medulla: o © ES 
£a Ee S 
si j à 
5 = 
e [S 
Cortical cell-columns in supra- | S ES 
renals on kidney SW ub e 
IS 
! EH - 
Cell-masses in suprarenals on |£& = = 
kid E à > 
idney E, 3 DI 
> ES à 
=> I 
Much the same as in Anura, ex- || 2 S S 
cept that the suprarenal cap- || = a S 
sule is divided up into sepa- || ® + S 
rate specks along kidney and || E 
vena cava E © - 
. * = 
More medulla in anterior re- || = > S 
à E, Zi 
gion E S. 
Cell columns in suprarenals | g = 
which are placed near the | = by SI 
genital glands : È S 2 
Cell masses in suprarenals, || = S 
mostly dorsal in position, but || & = 
partly intermingled with || = 
cortex = 
e Bau re e 
© EB “Hauptstränge” | S 
an Sore = 
of see (Rabi) Ga 
Wes Face M EN 
So E ag ES E > 
H Do if à = 
EWG SEPE “Zwischen- E È 
ERE stringe” | © 
S- SEE (Raw) 5 E 
E © ROS S 
: S 
External zi = 
© S 
A S 
Internal E 3 
£g zn 
Completely surrounded by cor- E, & 
tex in adult E 


Bibliography. 


1. Arren, L., Essai sur les Capsules Surrénales. Thése. Paris 1894. 


go 


or 


10. 
THIS 


Arnold, Ein Beitrag zu der Structur und dem Chemismus der Nebennieren. 
Arch. f. path. Anat. 1886. S. 64. 

Balfour, F. M., A Monograph on the Development of the Elasmobranch Fishes 
London 1878. 

— The Pronephros of Teleosteans and Ganoids. Brit. Assoc. Reports. 1881. 
pi 72% 


— On the Nature of the Organ in adult Teleosteans and Ganoids which is usually 
regarded as the Head-Kidney or Pronephros. Quart. Journ. Micro: 
Sci. Vol. XXII. p. 12 (Jan. 1882). 

— Works (Memorial Edition) 1885. Vol. 3. p. 664—666. (Comparative Em- 
bryology.) 

— Ueber die Entwickelung und die Morphologie der Suprarenalkórper. Biol. 
Centralbl. 1881,82. S. 136—138. 

Beard, J., The Inter-relationships of the Icthyopsida. Anat. Anz. 1890. 
V. Jahrg. 

Bergmann, Dissertatio de glandulis suprarenalibus. Göttingen 1859. 

Bojanus, Anatomia Testudinis. Willnae 1819—1821. Folio cum tab. 

Braun. M., Bau und Entwickelung der Nebennieren bei Reptilien. Arbeit. a. d. 
zool.-zoot. Inst. Würzburg 1879. Bd. V. S. 1—50. Taf. UI. 

Brunn, A. von, Ein Beitrag zur Kenntnis des femeren Baues und der Ent- 
wickelungsgeschichte der Nebennieren. Arch. f. mikr. Anat. Bonn 1872. 
Bd. VIII. S. 618—638. Taf. XXVII u. XXVIII. 


— Ueber das Vorkommen organischer Muskelfasern in den Nebennieren. Nachr. 
von der Kk. Gesellsch. d. Wiss. Göttingen 1873. S. 421 u. 422. 


. Calderwood, W. L., The Head-Kidney of Teleostean Fishes. Journ. of the 


Mar. Biol. Assoc. of U. K., N. S. Vol II. No. 1 (May 1891). 


Carlier, Note on the structure of the suprarenal body. Anat. Anz. Bd. VIII. 
1892,93. p. 448—445. 


. Carus, Lehrbuch der Zootomie. Leipzig 1815. 


— Grundzüge der vergleichenden Anatomie. Dresden 1828. 


. Chevrel, R., Sur l’Anatomie du Systeme nerveux grand sympathique des 


Elasmobranches et des Poissons Osseaux. Arch. de Zool. expér. et gén. 
2e série. T. V. bis. 1887 Supplémentaire. and Thése. Paris 1889. 


320 


19. 


S. Vincent, 


Chevrel, R., Recherches anatomiques sur le systeme nerveux grand sympa- 
thique de l’Esturgeon. Arch. de Zool. exper. et gén. 3e série. 1894. 
T. IT and paper bearing same title in C. R. T. CXVII. No.13. 2e Semestre. 
p. 441. 


Collinge, W. E. and Swale Vincent, On the so-called Suprarenal Bodies 
in the Cyclostomata. Anat. Anz. 1896. Bd. XII. No. 9 und 10. 


. — The Suprarenal Bodies of Fishes. Nat. Sci. Vol. X. No. 63 (May 1897). 


Creighton, A theory of the homology of the suprarenals based on obser- 
vations. Journ. of Anat. and Phys. Vol. XII. 


. — Points of resemblance between the suprarenal bodies of the horse and dog 


and certain occasional structures in the ovary. Proc. Roy. Soc. 1877. 
Vol. XXVI. p. 500. 


Cuvier, Lecons d'Anatomie comparée. Rec. par Duvernoy. Paris 1805. T. V. 
p. 242. 


>. Diamare, V., I corpuscoli surrenali di Stannius ed i corpi del cavo addominale 


dei teleostei. — Notitzie anatomiche e morfologiche. Bollet. della Soc. di 
Naturalisti in Napoli. Anno IX. Marzo 1895. Vol. IX. p. 10—24. 
— Ricerche intorno all’Organo interrenale degli Elasmobranchi ed ai corpus- 


coli di Stannius dei Teleostei. Mem. della Società Ital. delle Scienze 
(dette dei XL). 1896. Serie HI. Tomo X. 


. Dogiel, Die Nervenendigungen in den Nebennieren der Säugetiere. Arch. f. 


Anat. u. Phys. 1894. (Analyse de Nicolas.) 


. Dastoiewsky, Material zur mikr. Anatomie der Nebennieren. Inaug.-Diss. 


St. Petersburg 1884. 


— Ein Beitrag zur mikr. Anat. f. mikr. Anat. 1896. Bd. XXVI. H. 2. S. 272 
bis 296. 


Eberth, E., Die Nebennieren. Strickers Handbuch der Gewebelehre des 
Menschen u. d. Tiere. Leipzig. Bd. I. S. 508—516. Fig. 154—163. 


— Human and Comparative Histology. Stricker Trans. by Power (New Syden- 
ham Society). Vol. II. p. 110. 

Ecker, A., Der feinere Bau der Nebennieren etc. 2 Steintafeln. Braunschweig 
1846 (Vieweg & Sohn). 

— Recherches sur la structure intime des corps surrénaux etc. Ann. d. scienc. 
nat. Paris 1847. 3e série (Zool). p. 103—118. 


— Blutgefássdrüsen. In R. Wagners Handwörterbuch d. Physiologie. Braun- 
schweig 1853. Bd. IV. S. 128. 


— u. Wiedersheim, Die Anatomie des Frosches. Braunschweig 1864—82. 


Ellenberger, Vergleich. Histologie der Haussáugetiere. Art. Nebenniere par 
Terey. Berlin 1887. S. 269—272. 


— u. Baum, Anatomie des Hundes. Berlin 1891. S. 337. Fig. 125. 


Frey, H., Art. ^Suprarenal Capsules" in Todd's Cyclopaedia of Anat. and Phys. 
1852. Vol. IV. 


9. Fusari, R., Contribuzione allo studio dello Svilippo delle Capsule surrenali. 


e del Simpatico nel Pollo e nei Mammiferi. Arch. per le scienze med. 
Torino 1892. Vol. XVI. No. 14. p. 249—301. Tav. IV— VII. 


On 
[en] 


ex 
SI 


58. 


59. 


60. 
61. 


62. 


63. 


| e 
The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 391 


. Fusari, R., Sullo Sviluppo delle Capsule surrenali. Risposta al Prof. G. Valenti. 


Letta all Academia delle scienze med. e Natur. di Ferrara. 1893. 


— Sulla Terminazione delle fibre nervose nelle Capsule surrenali. Atti della 
R. Accad. delle scienze di Torino. 1891. Vol. XXVI. Gennaio 11. 


. — De la terminaison des fibres nerveuses dans les capsules surrénales des 


Mammifères. Arch. Ital. de Biol. 1891. Fev. 1. T. XVI. 


— Contribution à l'étude du dévelopment des capsules surrénales et du sym- 
pathique chez le poulet et chez les Mammiféres. Ibid. 1892. T. XXVIII. 


Goodsir, On the suprarenal bodies, thymus, and thyroid. Phil. Trans. 1846. 
p. 633. 


5. Gottschau, M., Ueber die Nebennieren der Säugetiere, spec. über die des 


Menschen. Sitzungsber. d. Würzb. phys.-med. Gesellsch. 1882. 
— Ueber die Nebenniere der Säugetiere. Biol. Centralbl. 1885. Bd. III. No. 18. 


Grandry, Mémoire sur la structure de la capsule surrénale de l'homme et de 
quelques animaux. Journ. de l'Anat. et de la Phys. 1867. p. 225—257 
et 889—400. 


Grosglik, Zur Morphologie der Kopfniere der Fische. Zool. Anz. 1885. 


. — Zur Frage über Persistenz der Kopfniere der Teleostier. Zool. Anz. 1886. 


Gruby, Récherches anatomiques sur le systéme veineux de la grenouille. Ann. 
des Sciences nat. 1842. T. XVII. 


. Guarnieri et Magini, Etude sur la fine structure des capsules surrénales. 


Arch. Ital. de Biol. 1888, et Atti della R. Accad. dei Limcei Anno 1895. 
1888. Série IV. Rendiconti V. Fasc. XIII. p. 845—848. 

Gulliver, “On the Suprarenal Glands” in Gerber’s Anatomy. London 1842. 

Harley, The Histology of the Suprarenal Capsules. Lancet. June 2, 1858. 

Henle, Ueber das Gewebe der Nebenniere und der Hypophysis. Zeitschr. f. 
rat. Medici. 1865. S. 143—152. 

Holm, Ueber die nervósen Elemente im den Nebennieren. Sitz. d. Wiener Akad. 
der Wiss. 1866. Math.-wiss. Classe. II Abt. Bd. LHI. H. 1—5. S. 314—321. 

Hyrtl, J., Das uropoetische System der Knochenfische. Sitz. d. Wien. Akad. 1851. 

Inaba, Notes on the development of the Suprarenal Bodies in the Mouse. 
Journ. of the Coll. of Sci, Imperial Univ. Japan. 1891. Vol. IV. Part I. 
p. 215—237. 


Janosik, Bemerkungen über die Entwickelung des Genitalsystems. Sitz. d. 
K. K. Akad. Math.-naturwiss. Classe. Wien 1890. Bd. XCIX. H.4. Abt. III. 

— Bemerkungen über die Entwickelung der Nebennieren. Arch. f. mikr. Anat. 
1883. Bd. XXI. S. 738—746. Taf. XXVII. 

Joesten, De glandularum suprarenalium structura. Bonn 1863. 

— Der feinere Bau der Nebennieren. Arch. f. Heilkunde. 1864. Bd. V. 
S. 97—110. 

Jungersen, H. F. E., Die Embryonalniere des Stórs. Zool. Anz. 1893. Bd. XVI. 
S. 464—467, 469—472 (1 Fig.). 

— Die Embryonalniere von Amia Calva. Zool. Anz. 1894. Bd. XVII. S. 246 
bis 252 (5 Fig.). 

Internationale Monatsschritt für Anat. u. Phys XV. 21 


e 


322 8. Vincent, 


64. 
65. 


66. 
61. 
68. 


Kahlgen, Centralbl. f. allg. Path. 1896. No. 11 u. 12. 

Kirkaldy, J. W., On the Head-Kidney of Myxine. Quart. Journ. Micr. Soc. 
Jan. 1864. Vol. XXXV. p. 553. 

Kölliker, Handbuch der Gewebelehre. 1867. 

— Entwicklungsgeschichte der Menschen und der hóheren Tiere. Leipzig 1879. 

Kohn, Ueber die Nebenniere. Prag. med. Wochenschrift. 1898. Bd. XXIII. 
No. 14% 

Langlois, M. P., Recherches sur Videntité physiologique des corps surrénaux 
chez les batraciens et les mammiféres. Arch. de phys. Janv. 1898. No. 1. 


. Leydig, F., Beiträge zur mikr. Anat. etc. der Rochen u. Haie. Leipzig 1852. 


— Anat.-histol. Unters. tther Fische u. Rept. Berlin 1853. 
— Zur Anat. u. Histol. der Chimaera monstrosa. Millers Arch. 1851. 
— Lehrbuch der Histologie. Frankfurt 1857. S. 188—192. 


— Deutsche Saurien. Tübingen 1872. 


. Mattei, di, Sulle fibre musculari liscie delle capsule surrenali allo stato nor- 


male etc. Gior. Accad. d. med. di Torino. 1886. 39. S. XXXIV. p. 322 
bis 991. 


. Me. Kenzie, Contributions to the Anatomy of Amiurus. Proc. Canad. Inst. of 


Toronto n. s. 1884. Vol. II. No. 3. 


. Mihálkovies, Entwickl. d. Harn- u. Geschlechtsapp. der Amniota. III. Die Ge- 


schlechtsdrüsen. Intern. Monatsschr. f. Anat. etc. 1885. Bd. II. S. 385—402. 


. Minot, Morphology of the Suprarenal Capsules. Proc. Amer. Assoc. for the 


Advance of science. 1885. Vol. XXXIV. 


. Mitsukuri, On the development of the Suprarenal bodies in Mammalia. 


Quart. Journ. Micr. Sci. London. Vol. XXII. p. 17—29. PI. IV. 


. Móers, Ueber den feineren Bau der Nebenniere. Arch. f. path. Anat. u. Phys. 


1864. Bd. XXIX. S. 336—358. 
Moore, B., and Swale Vincent, The Comparative Chemistry of the Suprarenal 
Capsules. Proc. Roy. Soc. London. Vol. 62. p. 280. 


— — Further observations upon the comparative chemistry of the Suprarena 
Capsules etc. Ibid. Vol. 62. p. 352. 


. Morano, Studio sulle capsule surrenali. Napoli 1870. 


. Müller, J., Vergleichende Anatomie der Myxinoiden. Schluss. Abhandl. d. 


Akad. d. Wiss. zu Berlin. 1843. S. 113. 


. Nagel, Ueber die Structur der Nebennieren. Müllers Arch. 1836. S. 365. 


Oesterlen, Beiträge zur Physiologie des gesunden und kranken Organismus. 
Jena 1843. S. 21. 

Oliver, G., and Schäfer, E. A., The Physiological Effects of Extracts of the 
Suprarenal Capsules. Journ. of Phys. 1895. Vol. XVIIL No. 8. 


. Pappenheim, Ueber den Bau der Nebennieren. Arch. f. Anat., Phys. und 


wiss. Med. 1840. S. 534— 537. 


. Pettit, A., Recherches sur les capsules surrénales. Thése. Paris 1896. 


— Sur les capsules surrénales et la circulation porte surrénale des oiseaux. 
Bull. du Muséum. 1896. No. 3. 


91. 


92. 
93. 


94. 
95. 
96. 
Im. 
98. 


99. 


100. 
101. 


102. 


103. 


104. 


105. 


106. 


107. 
108. 


109. 
110. 
ibn 


I 


113. 


114. 


115. 


The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 323 


Rabl, Die Entwickelung und Structur der Nebennieren bei den Vógeln. Arch. 
f. mikr. Anat. 1891. Bd. XXXVIII. H. 4. 


Rathke, Beitráge zur Geschichte der Tierwelt. Halle 1825. Abt. III. 


— Bemerkungen über den inneren Bau des Querdes und das kleine Neun- 
auge. Schriften der Naturwiss. Gesellschaft Danzig. 1827. 


— Müllers Arch. 1839. 

Rauber, Zur feineren Structur der Nebennieren. Inaug.-Diss. Berlin 1881. 
Remak, Untersuchungen über die Entwickelung der Wirbeltiere. Berlin 1855. 
Retzius, Observationes in Anatomiam Choudropterygiorum. London 1819. 4 to. 


— Anatomisk undersökning öfver nägra delar af Python bivittatus jemte 
comparativa anmarkningar. Stockholm 1830 (Akad. Handl.). p. 81—116. 


Rolleston, Note on the anatomy of the suprarenal body. Journ. of Anat. 
and Phys. 1892. Vol. XXVI. p. 548—558. 


— On the Suprarenal Bodies. Brit. Med. Journ. 1895. pp. 629. 687. 745. 


Schafer, E. A., in Quain’s Anatomy. 1896. (10th edition.) Vol. III. Pt. IV. 
p. 902. 


Schmorl, Zur Kenntnis der accessorischen Nebennieren. Beitr. z. path. Anat. 
und z. allg. Path. 1890. S. 528—529. 


Seiler, Art. Nebennieren in Med. Realwórterbuch, herausgegeben von Pierer 
und Choulant. Altenburg 1823. 


Semon, R., Ueber die morphologische Bedeutung der Urniere in threm Ver- 
haltnis zur Vorniere und Nebenniere und iiber ihre Verbindung mit dem 
Genitalsystem. 8 Abbildungen. Anat. Anz. 1890. S. 455. 


— Studien über den Bauplan des Urogenitalsystems der Wirbeltiere (Ithtiophis). 
Jenaer Zeitschr. 1891. Bd. XXVI. S. 89—203. 


Semper, C.. Urogenitalsystem d. Plagiostomen. Arbeit. a. d. zool.-zoot. 
Inst. Würzburg. 1875. Vol. I. 


Siebold et Stannius, Nouveau manuel d'Anat. comp. Paris 1849. 


Stannius, H., Ueber Nebennieren in Knochenfische. Müllers Arch. 1839. 
S Gi M: 


— Vergleichende Anat. Berlin 1846. S. 118 u. 119. 

— u. v. Siebold, Handb. d. Zoot. Berlin 1854. 2. Aufl. S. 257—201. 

Swammerdamm, Biblia naturae. Leydae 1738. In eodem opere. Tractatus 
de sanguinis circuitu in rana adulta. p. 794. 


Szymonowicz, L., Die Function der Nebenniere. Arch. f. d. gesamte Phys. 
1896. Bd. 64. S. 131. 


Taruffi, C., Sulla struttura delle capsule surrenali. Bollett. delle Scienz. med. 
di Bologna. 1866. Vol. II. 


Valenti, Sullo sviluppo delle capsule surrenali nel pollo ed in alcuni mammi- 
feri. Atti della Soc. Toscana di scienze naturali. Pisa 1889. Vol. X. Tav. X. 
Velich, Ueber die Veränderungen der Blutcirculation nach Einwirkung des 
Nebennierenextractes. Wiener allg. med. Zeitung. 1897. S. 301. 
21* 


324 


116. 


Ie, 


S. Vincent, The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. 


Vincent, Swale, Contributions to the Comparative Anatomy and Histology 
of the Suprarenal Capsules. — The Suprarenal Bodies in Fishes and 
their Relation to the so-called Head-kidney. Trans. Zool. Soc. London 
(April 1897). Vol. XIV. Part. III. No. 1. p. 41—84 (6 plates). 

— The Suprarenal Capsules in the Lower Vertebrates. Proc. Birm. Nat. Hist. 
and Phil. Soc. 1896. Vol. X. Part. 1. p. 1—26 (2 plates). 

— On the Morphology and Physiology of the Suprarenal Capsules in Fishes. 
Anat. Anz. 1897. Bd. XIII. No. 1 u. 2. p. 39-48. 

- On the Suprarenal Capsules and the Lymphoid tissue of Teleostean Fishes. 
Ibidy 1897. Bde XV Nor: 

— The Comparative Physiology of the Suprarenal Capsules. Proc. Roy. Soc 
London. Vol. 61. p. 64. 


— Further Observations upon the Comp. Phys. ete. Ibid. Vol. 62. p. 176. 


— The Effects of Extirpation of the Suprarenal Bodies of the Eel (Anguilla 
anguilla). Ibid. Vol. 62. p. 354. 


3. Wagner, R., Lehrbuch der Anatomie der Wirbeltiere. Leipzig 1843. S. 287. 
. Weldon, W. F. R., On the Head-Kidney of Bdellostoma etc. Quart. Journ. 


Micr. Sci. (April 1884). Vol. XXIV. S. 171. 
— Suprarenal Bodies of Vertebrata. Ibid. Vol. XXV. p. 127. 


. Wiedersheim, R., Lehrbuch der vergleich. Anat. der Wirbeltiere auf Grund- 


lage der Entwicklungsgeschichte. Jena 1886. 2. Aufl. 
— Manuel d’Anatomie comp. des Vertebres. Trad. Moquin-Tandon. Paris 1890. 


Zellweger, Untersuchungen tiber die Nebennieren. Frauenfeld 1858. 


ad. 


Explanation of the Plates. 


Reference-Letters common to all the figures. 


adenoid tissue of kidney between the tubules; al. w., walls of alveoli; 


bild. c., blood-corpuscles; ca., capsule; €. sp., central space in alveoli; d.c., cells 
resembling *demilune" cells; co., cortex; e.c., elongated cells; n., nuclei; m.c., 
nerve-cells; n.net., nuclear network; »., nucleoli; Á.f., kidney tubules; p.c., bran- 
ched pigment cells; pr., granular protoplasm; me., medulla; s., septa; str., fibrous 
stroma. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


ll; 


el, VE. 


Portion of central part of paired suprarenal body from the middle region 
of the animal (Raja clavata), shewing branched chromogenic cells, as 
seen under a magnifying power of 480 diameters. 


Part of peripheral zone of paired suprarenal body from the middle region 
of the animal (Scyllium canicula) shewing columnar cells. Same magni- 
fication as preceding fig. 


Section through a small portion of the interrenal body of Raja clavata. 
As seen under a magnifying power of 480 diameters. Outlmes drawn 
with the camera lucida. 


Section taken through portions of kidney and suprarenal body of Conger 
conger, shewing the intertubular adenoid tissue of the kidney with tubules 
here and there, and the general structure of the suprarenal body as seen 
under a low power. 

From same slide as preceding, shewing the detailed structure of the 
suprarenal vesicles. Outlines drawn with camera lucida. 


Section of small portion of suprarenal body of Salmo trutta. Seen 
magnified 480 diameters. Compare with fig. 4. 


From same slide as preceding. To shew cortical cell columns and 
medullary masses of cells. Higher power. 


EE XV TL 


Section of external portion of the suprarenal body of Orthagoriscus 
mola. Low power. 


From same slide as preceding. Higher power. 


326 


Fig. 10. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


SELE 


31105 


13. 


14. 


16. 


S. Vincent, The Comparative Histology of the Suprarenal Capsules. . 


Section of suprarenal of Acipenser sturio. The body was put into osmic 
acid about 12 hours after death, and sections were cut with the freezing 
microtome on the following day. The alveolar arrangement is well seen, 
and the cell-outlines are admirably preserved. Zeiss H. immers., E. P. 2. 
Camera lucida. i 


Section through the suprarenal capsule of Bufo vulgaris, shewing re- 
lation of suprarenal to kidney substance. Low power. 


Small portion of the medullary substance of the suprarenal capsule of 
Ovis aries. The section demonstrates the solid cords interlacing in all 
directions. The interspaces consist almost entirely of capillaries. The 
body was hardened in methylated spirit, and stained with picrocarmine. 
The Cell-Outlines are distinctly shewn. 


VS XQ LED 


Chromogenic cells from central part of a suprarenal body (middle region 
of Body, Raja clavata). As seen magnified about 700 times. Figs. 1 
and 9 shew a groundwork of cells which are not chromogenie, probably 
of the same character as those in fig. 2. 


Small portion of suprarenal of Uromastix hardmickii, Leitz. Panta- 
chromat. 30 mm. Drawn with Abbé’s Camera lucida. The preparation 
was a most successful one and my drawing does not adequately represent 
the clearness and delicacy of the details. The material was hardened in 
alcohol so that the medulla is not brown, but the protoplasm of its cells 
has become stained with haematoxylin. 


Section of suprarenal capsule of Meleagris Gallopavo. The material was 
hardened in Müller's fluid and stained with haematoxylin and eosm. A 
strand of medullary cells, stamed brown with the pot. bichrom. is seen 


running between the cortical column. As seen under a magnification 
of 480. 


This fig. represents the appearance of the medulla of Bos taurus after 
hardening in Müller's fluid, and staining in bulk with picro-carmine. It 
is doubtful whether the appearances of these medullary cells are not 
fallacious and due to shrinkage. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 
Von 
Dr. med. S. Stopnitzki 


in Moskau. 


Mitgeteilt von R. Weinberg. 


lI. Die Darmlange des Menschen. 


Die Frage nach der Lange des menschlichen Darmes ist nicht 
neu und doch besitzen wir immer noch keine genauen Vorstellungen 
von der wahren Längenausdehnung des Darmkanals. Bedingt erscheint 
dies erstens durch den anatomischen Bau des Darmes, zweitens durch 
die Unvollstándigkeit der Methoden und drittens durch eine Reihe 
secundärer Verhältnisse. 

Nur ‘/, des Darmkanales befindet sich unter Bedingungen, die 
eine genauere Messung gestatten. Die übrigen */,, nämlich der mesen- 
teriale Teil des Darmes, stellen infolge ihres anatomischen und topo- 
graphischen Verhaltens der Messung bedeutende Schwierigkeiten in 
den Weg. 

Tarenetzkis Methode, den Darm mit Spiritus zur Messung vor- 
zuhärten, habe ich wiederholt zu prüfen Gelegenheit gehabt. Es er- 
gaben sich mir aber auch bei viermaliger Messung nicht zweimal die- 
selben Resultate. 

Aber nicht nur über die Länge des Darmes an sich (s. umstehende 
Tabelle), sondern auch bezüglich des Einflusses von Geschlecht, Krank- 
heiten, Art der Ernährung etc. auf die Darmlänge bestehen grosse 
Differenzen unter den Autoren. Dieser Umstand veranlasste mich, die 
Länge des Dünndarmes einer erneuten Prüfung zu unterziehen. 


328 S. Stopnitzki, 


Da die bisherigen abweichenden Ergebnisse zweifellos bedingt sind 
durch fehlerhafte Methodik in der Bestimmung der Darmlange, so ent- 
schloss ich mich, um zuverlässige Werte zu erzielen, den Darm mit 
8 °/, Chromsäurelösung vorzuhärten. Sofort nach Eintreffen des Cadavers, 
d. h. meist am dritten Tag nach dem Exitus letalis, injicierte ich min- 
destens einen Liter 8 °/, Chromsäurelösung durch den Nabel in die 
Bauchhöhle, schloss die Oeffnung und liess die Leiche 24 Stunden 
liegen, bis die Därme durch die Wirkung der Chromsäure erhärtet 
waren. Dann erst eröffnete ich das Abdomen und schritt zur Messung 
des Darmes. Die Säure giebt den Därmen die Consistenz der Haut, 
sie verlieren ihre Schlüpfrigkeit und Dehnbarkeit. Zuweilen hatten 
sich Teile des Darmes der Einwirkung der Säure entzogen, In den 


Autoren Minımum | Maximum Mittel 
Meckel Rai dna Lane 4080 8473 5649 
Cmellinie»i o aso ooo c 5643 7846 6866 
US CHR AN oper ry pane weenie ee 2510 10670 7846 
dicte eb A a ERICH ES 4720 10550 7635 
SEE) OVOCCN flee ee e cT em — | — 8800 
DE CIRCE RIONI AN AO ER 1M 4160 | 9980 6236 
Toussaint-Frappaz . . . . 5900 | 3700 7300 


Fallen, wo die Ausdehnung dieser nicht erhárteten Bezirke gering war, 
liess ich sie unbeachtet; wenn aber bedeutende Strecken des Darmes 
von dem Mittel unberührt geblieben, schloss ich den Leichnam von 
den Messungen aus. Dies war am éftesten der Fall bei sehr auf- 
getriebenem Abdomen. 

Vor der Messung des so vorgehàrteten Darmes versuchte ich zu 
eruieren, um wieviel der Darm unter dem Einflusse der injicierten 
Lósung sich verkürzt. Ich óffnete zu diesem Zwecke das Abdomen 
einer erwachsenen Leiche, zog eine möglichst lange Schlinge vor und 
versuchte sie in situ zu messen. Dann goss ich Chromsäurelösung in 
die Bauchhóhle, wiederholte die Messung der Schlinge nach 24 Stunden 
und fand nun in der Differenz der Beiden Messungsergebnisse den 
Grad der Verkürzung. Auf der so gewonnenen Grundlage ging ich 
nun einen Schritt weiter: ich maass jetzt 100 cm des Darmes zuerst, 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 329 


ohne das Segment abzutrennen, in situ und darauf nach Einwirkung 
der Chromsáure noch einmal. Aus 20 solehen Messungen konnte ge- 
schlossen werden, dass der Darm infolge der Einwirkung 8 °/, Chrom- 
säurelösung sich im Mittel um 10 ?/, verkürzt, d. h. 100 cm des frischen 
Darmes entsprechen 90 cm des mit Chromsäure behandelten. 

Hieraus lässt sich nun leicht die wahre Darmlänge berechnen. 
Gesetzt, die Länge des Dünndarmes betrage nach Einwirkung der 
8°/, Chromsäurelösung 450 cm, so ergiebt sich, da sich der verkürzte 
Darm zu dem frischen wie 90:100 verhält, die Proportion x : 450 
—100:90 und x—-500 cm. Ein Darm also, der nach Chromsäure- 
härtung 450 cm misst, hat eine wahre Länge von 500 cm. Nach 
dieser Formel lässt sich eine Correctur der Messungsergebnisse herbei- 
führen. 

Der eigentlichen Darmmessung ging vorher Messung der Körper- 
und Rumpflànge. Als Rumpflange diente mir die Entfernung zwischen 
Scheitel und Verbindung des Kreuz- und Steissbeines (Tarenetzki). 
Sodann wurde Ernährungszustand, Geschlecht, Alter und Todes- 
ursache notiert. Das Material, welches zu meinen Messungen diente, 
gehörte durchweg der ärmeren Arbeiterbevölkerung, der Kategorie 
der sogen. Heimatlosen, an. Das Alter der untersuchten Individuen 
schwankte zwischen 20 und 55 Jahren, nur drei derselben befanden sich 
jenseits des mittleren Lebensalters (eins von 60, zwei von 70 Jahren). 
Nach geschehener äusserer Besichtigung eröffnete ich die Bauchhöhle, 
bestimmte den Grad des Meteorismus, suchte den Anfang des Ileum 
auf und begann nun die Messung. Zur Messung diente ein Faden, 
der sich den Krümmungen des Darmes gut anschmiegt. Zuerst wurde 
der vordere freie, dann der hintere mesenteriale Rand des Darmes 
gemessen. Zur Controle nahm ich oft mehrfache Messungen vor. Wenn 
die erste und zweite Messung keine identischen Zahlen ergab, war die 
Differenz nur selten über 5 cm. Der Fehler erklärt sich aus der 
Schwierigkeit, den Faden am Darme stets genau in gerader Linie 
weiterzuführen. Doch konnte diese Fehlerquelle in dem vorliegenden 
Falle vernachlässigt werden. 

Im Ganzen sind 50 Leichen gemessen worden, 15 weibliche und 
35 männliche. 


330 S. Stopnitzki, 
Messunger 
Agate] Abo|, i 
N Alter Todesursache pim. pin. ps POP ecc ud 
am | am In- Sc Steisses 
cpu ncn 
1 | 21 | Verbrennung 644 470 174 1 72 84 4 
2 || 23 | Tubercul. pulmon.. 384 290 90 168 80 3,8 
3 | 25 ^ 438 915 123 175 87 5,5 
4 || 27 | Pneum. cruposa 670 482 188 182 92 3,2 
5 | 28 | Tubercul. pulmon.. 638 508 130 177 89 4,3 
6 || 30 496 382 114 172 81 4,1 
7| 30 | 615 | 430 | 185 | 173 84 3 
8 | 32 647 506 141 166 85 3,6 
9 || 32 | Pleurit. exudativa . 509 384 125 162 78 3,9 
10 | 33 | Tubercul. pulmon.. 160 556 204 177 93 3,9 
11 | 34 539 367 172 174 87 4,3 
12 | 34 522 395 127 176 87 75 
13 | 34 380 291 89 179 82 4,8 
14 || 35 389 310 79 169 80 4,2 
15 | 35 5 972 298 74 176 82 3,7 
16 | 36 398 285 58 
17 | 36 d 490 347 143 168 83 9,8 
18 | 36 - 564 408 156 184 87 4,5 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 331 


Körper- 
EI Besondere Bemerkungen 
bau . 
Mittel Abdomen flach. Magen aufgetrieben und erweitert. Volum der übrigen Abdo- 
minalorgane normal. 
Schlecht || Abdomen etwas eingesunken. Darm und übrige Organe normal. 
Abdomen eingesunken. Grosses Netz fast fehlend. Flexura iliaca etwas geblaht. 
Gut Abdomen flach. Dünndarm etwas gebläht und mit Flüssigkeit gefüllt. 
Mittel Abdomen etwas aufgetrieben. Colon transversum und descendens gefüllt. Dünn- 
darm leer. Leber stark vergrössert. 
Schlecht || Abdomen normal gross. Netz klein. 
Mittel Abdomen etwas eingezogen. Leber stark vergrössert. Dünndarm etwas geblaht. 
Abdomen etwas aufgetrieben. Netz in den leeren Dünndarmschlingen verwickelt. 
Abdomen flach. Sämtliche Bauchorgane normal. 
Schlecht || Abdomen etwas aufgetrieben. Dünndarm etwas gefüllt und gashaltig. 
Abdomen etwas eingezogen. Leber vergrössert. Netz hängt ins kleine Becken 
hinab. 
Mittel Abdomen eingezogen. Colonschenkel und Coecum gebläht, ebenso Dünndärme. 
Schlecht | Abdomen stark eingezogen. Netz fast fehlend. Dünndärme völlig leer. 
Mittel Abdomen aufgetrieben. Colon ascendens, transversum und S romanum gleichfalls. 
Schlecht || Abdomen etwas aufgetrieben. Colon ascendens und transversum gleichfalls. 
Sehr Abdomen stark eingesunken. Der gesamte Darm leer und schmächtig. 
schlecht 
Mittel Abdomen flach. Blinddarm und Colon ascendens meteoristisch. 
Mittel- | Abdomen flach. Leber vergrössert. Dünndärme etwas meteoristisch. S romanum 
stark ebenfalls gebläht. 


332 S. Stopnitzki, 
p 3 EE Dire | 
S Alter Todesursache Dina. pin PS pus TE eae ) 
frien |sertine.| maasse DUNT 
i ) | Rande | rande | 
19) | 37 || Typhus recurrens . 542 422 120 177 90 4,1 
20 || 37 || Tubercul. pulmon.. 594 398 136 165 82 3,1 
21 | 38 5 5 459 370 89 167 82 3 
22 || 38 603 440 163 182 91 5 
23 | 40 " 5 458 336 117 173 84 4,6 
24 | 40 5 5) 489 371 118 187 92 4,8 
25 || 42 | Pneum. cruposa 537 440 97 170 84 3,4 
26 | 43 508 391 WILY 173 86 3,9 
27 | 46 | Tubercul. pulmon.. 622 500 122 163 85 3,4 
28 | 46 | Pneum. cruposa 507 361 146 164 82 3,6 
29 || 47 || Tubercul. pulmon.. 567 422 145 166 85 3,1 
30 | 48 381 294 87 171 86 4,2 
31 | 50 | Pneum. cruposa 544 401 143 172 87 9,9 
92 | 92 630 432 198 167 86 4,1 
99 | 55 751 555 196 175 92 3,2 
94 | 60 | Carcinoma ventric. 431 350 81 174 80 5 
35 | 73 474 331 143 162 80 4,6 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 333 


Kórper- 
Besondere Bemerkungen 
bau | 
Ì 
| 
I 
Gut Abdomen flach. Milz stark vergróssert. Dünndärme stellenweise etwas gebliiht. 
Schlecht | Abdomen etwas eingesunken. Dünndärme fast leer, etwas geblaht. Coecum 
| meteoristisch. 
$ Abdomen aufgetrieben. Leber vergróssert. Coecum, Colon ascendens und trans- 
versum geblaht. 
Mittel Abdomen flach. Dünndärme mit Ingesta und gebläht. 
Schlecht | Abdomen flach. Leber stark vergróssert. Magen und Dünndärme etwas meteo- 
ristisch. 
Mittel Abdomen eingezogen. Dirme leer. Magen erweitert. 
i Abdomen etwas aufgetrieben, ebenso Därme. Milz vergréssert. 
= Abdomen gebläht. Colon ascendens und Coecum gleichfalls. Dünndärme ent- 
halten Speisebrei. 
^ Abdomen flach. Dünndärme leer. S romanum aufgetrieben. 
Gut Abdomen etwas eingezogen. Dünndärme hin und wieder meteoristisch. 
Mittel Abdomen etwas aufgetrieben. Coecum, Colon ascendens, transversum und 
S romanum etwas geblüht. Dünndärme leer. 
chlecht | Abdomen stark eingezogen. Dünndärme collabiert. 
Mittel Abdomen flach. Magen gebläht und erweitert Dünndärme gefüllt. 
Gut Abdomen etwas aufgetrieben Dünndarm gefüllt und stellenweise gebläht. 
x Abdomen etwas aufgetrieben, ebenso Dünndarm und S romanum. 
chlecht | Abdomen eingezogen. Dünndarm leer. 


Abdomen stark emgezogen. Dünndarm leer und collabiert. 


334 S. Stopnitzki, 
Messungenli 
Absolute| Absolute 
Lfde Eo «Tu Lange’ | 
No. | Alter Todesursache Dung Dm beiden Y m des des | 
am am In- | Làngen- Steisses | Dünn- | 
| iron SAONE maasse | darmes | 
1 | 22 | Tubercul. pulmon.. 384 297 87 165 78 4,2 5,9 
2 || 28 2 453 332 121 163 80 3,9 6 
3.1 29) 975 428 147 165 80 3,2 7,56 | 
4 || 31 495 378 117 150 73 3,6 7,19 
5 || 32 | Pneum. cruposa 498 384 114 162 75 4,2 7 
6 | 99 | Tubercul. pulmon.. 365 275 90 157 74 4 5,33 | 
7 || 35 > 468 344 124 162 74 4,6 6,73, 
8 | 36 3 : 524 406 118 165 77 4,5 7,2 
9 | 38 | Pneum. cruposa 489 401 88 167 76 4,8 6,88, 
10 | 41 ; T 484 364 120 157 73 3,3 7 | 
11 | 42 | Typhus recurrens . 489 338 151 153 72 3,7 7,21 | 
12 || 46 || Tubercul. pulmon.. 439 320 119 164 15 9,4 6,25 | 
19 | 01 t : | 428 315 113 150 72 4,1 6,36 | N 
14 | 54 372 286 186 148 70 3,2 5,04. 
15 | 65 | Carcinoma ventric. 469 339 136 160 76 3,9 6,52 Y 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 835 


in Weibern. 


Kórper- 
5 Besondere Bemerkungen 
bau 
Schlecht | Abdomen eingesunken. Darm überall leer und collabiert. 
| 
| DO ne 
my. Abdomen flach. S romanum etwas gebläht. Dünndarm leer. 
| 
| 
Mittel Abdomen aufgetrieben. Colon transversum meteoristisch, ebenso Dünndürme 
stellenweise. 
^ Abdomen aufgetrieben; Dünndärme stellenweise ebenfalls. Magen gedehnt. 
= Abdomen flach. Dünndarm etwas mit Flüssigkeit gefüllt. Milz vergróssert. 
Schlecht || Abdomen eingezogen. Dünndärme collabiert. Coecum und Colon ascendens 
gebläht. 
Mittel Abdomen aufgetrieben. Leber vergróssert.  Flexura sigmoidea meteoristisch. 
Dünndarm stellenweise gebläht. 
Schlecht || Abdomen flach. Colon ascendens und transversum gebläht. Dünndärme normal. 
Gut Abdomen flach. Colon transversum und Flexura sigmoidea gebläht. Dünndarm 
collabiert. 
Mittel Abdomen flach. Dünndarm stellenweise meteoristisch. 
Gut Abdomen aufgetrieben. Dünndarm mit Flüssigkeit und Gas gefüllt. 
Mittel Abdomen aufgetrieben. Dünndärme etwas meteoristisch. 
Schlecht | Abdomen flach. Colon ascendens und transversum gebliht. Dünndärme äusser- 


p) 


lich normal. 


Abdomen aufgetrieben. Dünndarm collabiert, mit kleinem Lumen. 


Abdomen aufgetrieben. Colon ascendens gebläht. Dünndärme stellenweise meteo- 
ristisch. 


336 S. Stopnitzki, 


Der Leichenstarre messe ich in meinen Fallen keine Bedeutung 
bei, weil die von mir untersuchten Cadaver erst am dritten Tage nach 
dem Exitus letalis eintrafen, wo die Starre mit seltenen Ausnahmen 
verschwindet. i 

Auch mit dem Einflusse der Fäulnis brauchte ich nicht zu rechnen, 
erstens weil mein Material in kalter Jahreszeit gesammelt wurde und 
zweitens weil auch das erste Stadium der Fäulnis den Darm kaum 
verlàngert. Die Faulnis steigert m. E. nur die Dehnbarkeit des Darmes, 
ein Moment, welches an erhärteten Dàrmen hinwegfällt. 

Wohl aber ist die postmortale Gasanhäufung im Darmlumen ge- 
eignet, eine gleichmässige Dehnung und somit eine Verlängerung des 
Darmes herbeizuführen. Ich habe auf diesen Umstand daher stets Acht 
gegeben. Gebläht waren gewöhnlich die Dickdärme, am ôftesten das 
Colon ascendens und die Flexura iliaca, weit häufiger die Dünndärme. 
Sehr meteoristische Därme habe ich schon aus dem Grunde nicht ge- 
messen, weil sie sich gewöhnlich der Einwirkung der Chromsäure ent- 
zogen hatten. 

In vorstehender Tabelle führe ich folgende Befunde auf: die 
absolute Länge des Dünndarmes (ohne Duodenum) längs dem vorderen 
freien und längs dem hinteren befestigten Rande, Körperlänge, Rumpf- 
länge, endlich die relative Länge, d. h. das Verhältnis der Länge 
des Darmes an dem freien Rande zur Rumpflänge. Ferner enthält 
die Tabelle folgende Daten: Todesursache, Grösse der Leber und Länge 
des Steisses (des beweglichen Teiles der Wirbelsäule). In den in der 
Tabelle angeführten Messungen wurden Bruchteile unter */, cm hinweg- 
gelassen, Bruchteile von über '/, cm als 1 cm gerechnet, mit Aus- 
nahme der Messungen des Steisses, wo schon '/,, cm bei der geringen 
Ausdehnung dieses Teiles von Bedeutung sein können. 

Da die bisherigen Darmmessungen der Autoren sich stets auf den 
freien Rand des Darmes beziehen, so werde ich hinfort nur diese 
Darmlänge im Auge haben. 

Eine Vergleichung ergiebt, dass die Länge des Jejuno-ileum nach 
meinen Messungen keine so erhebliche ist, als jene, welche die Autoren 
anführen. Die maximale Länge des mesenterialen Dünndarmabschnittes, 
760 em, sah ich bei einem 33 jährigen, die minimale, 338 cm, bei einem 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 337 


36 jahrigen Mann; in beiden Fällen war Tuberkulose der Lungen Ur- 
sache des Todes. Die mittlere Länge dieses Darmabschnittes beträgt 
nach meinen Befunden 519 cm. Fiigt man zu diesen Zahlen die Linge 
des Duodenum mit 30 cm hinzu, so ergiebt sich für die Länge des 
gesamten Dünndarmes als 


Maximum es eee 90) CMs 
NI oe eee a BOS) Gin, 
Mittel 49 em: 


Mit Ausnahme des Minimums bei Luschka und des Maximums bei 
Cruveilhier sind meine Mittel überall geringer als die der Autoren. Die 
Differenzen in den Extremen hängen von individuellen Schwankungen 
ab. (Tarenetzki führt einen Fall aus der Litteratur an, wo der ganze 
Dünndarm 85 cm Länge besass. Gruber beschreibt einen Dünndarm 
von 52 Fuss = ca. 1600 cm.) Die Differenzen der Mittel hingegen sind 
meiner Ansicht nach bedingt durch Dehnung des Darmes, ein Moment, 
welches bei meinen unter besonderen Cautelen ausgefiihrten Messungen 
nicht in Frage kommt. 

Die Länge des Diinndarmes wird also von den bisherigen Be- 
obachtern zu gross angegeben und ich stimme Prof. Sernotf durchaus 
bei, wenn er nur Darmmessungen an gehärteten Leichen als frei von 
dem Fehler der künstlichen Dehnung bezeichnet. 


Zum Schlusse möchte ich noch die Frage nach dem Einflusse von 
Geschlecht, Krankheit, Rasse und Ernährungsweise auf die Darm- 
länge, in welcher meine Ergebnisse von denen der früheren Autoren 
ziemlich erheblich abweichen, kurz berühren. Ich stütze mich hierbei 
einerseits auf die arithmetischen Mittel der absoluten Lànge, zweitens 
auf die relative Länge der Dünndärme, worüber folgendes Täfelchen 


eine Uebersicht gewährt: 


Mittlere absolute Länge des Dünndarms bei Männern überhaupt (mit Duo- 


denunce Sm e rcm 
. Frauen überhaupt (mit Duo- 
den) quA. NIME. 2499 
= Männern nach akuten Krank- 
NÉE ANNEE e RP ON: 
Frauen nach akuten Krank- 
hertens PEN EM See 9520 


n2 
n2 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XIV. 


338 S. Stopnitzki, 


Mittlere absolute Länge des Dünndarms bei Männern nach chronischen 


Krankheiten 2 7.2.72. A0 em: 
È a 4 5 A „ Frauen nach chronischen 

Krankheiten ur. se. NEN SAN 
A relative Ù $ 3 „ Männern überhaupt . . . 6,56 „ 
^ 5 5 à a we Kirauen überhaupe ie d 6,55 , 
E à 5 x È „ Männern nach akuten Krank- 

heiten sa. le 7,08 „ 
E " i S 3 „ Frauen nach. akuten Krank- 

dliertense AN bet ote a TOU 
E a P à E „ Männern nach chronischen 

Krankheiten . . . . . 6,95 „ 
i x È * P „ Frauen nach chronischen 

Krankheiten M eee Or 


Auf Grundlage dieser Ergebnisse und meiner sonstigen, in den 
Tabellen dargestellten Messungen komme ich in manchen Beziehungen 
zu anderen Schlüssen, als die früheren Autoren. Tarenetzki z. B. findet 
keine sexuellen Unterschiede in der Länge des Dünndarmes. Rolssen 
und Dreike finden den männlichen Darm länger, letzterer mit der Be- 
eründung, der Organismus des Mannes erfordere wegen seiner inten- 
siven physischen Leistungen gróssere Zufuhr von Nahrung, ein Satz, 
der mir für die von Dreike sowohl wie von mir untersuchte ärmere 
Bevölkerung, wo Mann und Weib die gleichen Arbeitsleistungen zu 
tragen haben, allerdings nicht zuzutreffen scheint. Meine Befunde 
deuten ebenfalls auf absolut grössere Länge des männlichen Dünndarmes, 
dessen mittlere absolute Länge 557 cm gegen 499 cm beim Weibe 
beträgt. Allein die relative Länge ist bei beiden gleich: sie beträgt 
beim Manne 6.56, beim Weibe 6.55. Die Differenz von '/,,, kommt 
natiirlich nicht in Betracht. Wenn also beim Weibe der Darm relativ 
kürzer ist, so liegt das nicht an socialen Bedingungen, sondern an 
dem geringeren Umfang der weiblichen Organe und des weiblichen Or- 
ganismus überhaupt. 

Was den Einfluss von Krankheiten auf die Länge des Darmes be- 
trifft, so erscheint mir hier am rationellsten eine Einteilung der Krank- 
heiten in chronische und akute. 

Dass Krebs zur Verlängerung des Darmes beitragen könne, er- 
scheint mir wegen des lokalen Charakters dieser Art von Neubildungen 
sehr zweifelhaft. Ich konnte in zwei Fällen von Krebs eher Ver- 
kürzung, als Verlängerung des Darmes nachweisen. 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 339 


Akute und chronische Krankheiten bedingen thatsáchlich gewisse 
Differenzen der Darmlänge (s. obige Tabelle). Das Mittel der absoluten 
Dünndarmlänge bei Männern nach akuten Krankheiten (Pneumonia 
crouposa, Typhus recurrens) beträgt 614 cm, nach chronischen Krank- 
heiten 573 cm. Aehnlich verhält sich aueh der weibliche Dünndarm. 
Es findet sich also eine Differenz von !/, Meter. Was die Unter- 
schiede der relativen Längen betrifft, so sind dieselben noch erheblicher: 
dieselben fanden wir bei Männern nach akuten Krankheiten gleich 
7.08, nach chronischen dagegen gleich 6.35. Im erstgenannten Falle 
kommen also auf 1 cm Rumpflänge 73 mm Darm mehr. Da die 
Rumpflänge des Mannes nach meinen Messungen 85 cm beträgt, so 
erhält man aus 73 X 85 eine Differenz von 62 cm. Kurz die absolute 
sowohl, wie die relative Länge des Dünndarmes ist nach akuten 
Krankheiten, grösser, als nach chronischen. 

Da alle von mir untersuchten an chronischen Krankheiten ver- 
storbenen Individuen der Tuberkulose angehören, so lässt sich mit Be- 
stimmtheit behaupten, dass der Darmkanal nach solchen Krankheiten 
kürzer wird, als nach akuten Krankheiten, wiewohl die Differenz im 
allgemeinen nicht sehr bedeutend ist und die von Dreike und Kretsch- 
mann genannten Dimensionen nicht erreicht. Tarenetzkis Ansicht, der 
völligst ausgewachsene Darm sei einer Verkürzung nicht fähig, es sei 
auch eine Differenz zwischen tuberkulösen und anderen Krankheiten 
nicht vorhanden, kann ich daher nicht beistimmen. Der Einfluss von 
Krankheiten auf die Darmlänge hängt vor allem ab von Erschöpfungs- 
zuständen, die ihrerseits durch Beschränkung der Nahrungsaufnahme 
bedingt wird. Wegen Mangels an Appetit beschränken die Kranken 
gewöhnlich ihre Nahrungszufuhr, sodass schliesslich die Gewebe und 
Organe atrophieren. Es wird also unter dem Einfluss ungenügender 
Ernährung auch der Darm sich verkleinern müssen. Dieses zeigen 
auch Tierversuche von Manassein: hungernde Kaninchen hatten einen 
kürzeren Darm, als normal ernährte. 

Frappaj behauptet, hypertrophische Lebercirrhose verlängere den 
Darm. Nach meinen an sieben solchen Leichen mit starker Leber- 
vergrösserung ausgeführten Messungen stellt sich aber gerade im 


Gegenteil eine Verkürzung des Darmes bei dieser Krankheit heraus, 
22* 


340 S. Stopnitzki, 


und zwar ist diese Verkürzung noch beträchtlicher, als bei Tuber- 
kulose. 

Was die Frage nach dem Hinflusse der Rasse auf die Darm- 
länge betrifft, so herrscht seit Grubers Untersuchungen die Ansicht, 
der russische Darm sei länger als der deutsche und die Differenz von 
3 Fuss betreffe vorzugsweise den Dünndarm. Als Ursache wird be- 
kanntlich die grosse Verbreitung pflanzlicher Kost in der armen Be- 
völkerung Russlands angeführt, doch ist solche Ernährung keine Be- 
sonderheit des russischen Bauers, da pflanzliche Nahrung (z. B. Kar- 
toffeln) in Deutschland ebenfalls von den armeren Classen bevorzugt 
wird. Den Einfluss der chemischen Zusammensetzung der Nahrung 
auf die Darmlänge will ich hierdurch nicht bestritten haben. 

Auch auf die Form der Nahrung ist Gewicht gelegt worden. Zu- 
gegeben, die gleichen Nahrungsmittel werden in Deutschland sorg- 
fältiger zubereitet und dadurch verdaulicher gemacht, als bei uns in 
Russland, so wäre dort ein kürzerer Dünndarm zu erwarten als hier. 
Samson und Dreike beweisen aber gerade das Entgegengesetzte. Meine 
eigenen Befunde lassen sich in dieser Beziehung nicht zur Vergleichung 
benutzen, weil die bisherigen Autoren den Darm nicht, wie ich, in ge- 
härtetem Zustande gemessen haben. Die Frage bleibt daher offen, 
wiewohl sie praktisch von Wichtigkeit ist wegen ihrer Beziehungen 
zur Aetiologie des Volvulus. Ich glaube aber, bei der Entstehung des 
Volvulus können ausser der Länge des Darmes auch andere Momente 
von Bedeutung sein, nämlich die Breite des Mesenteriums und die 
Länge der Gekrösewurzel: je breiter das Mesenterium und je kürzer 
seine Wurzel, desto leichter kann Volvulus entstehen. Aus meinen 
Untersuchungen geht hervor, welchen grossen Schwankungen diese 
Verhältnisse des Gekröses unterworfen sind. Es können also gewisse 
anatomische Besonderheiten des Dünndarmes und des Mesenteriums 
die. Bildung von Volvulus begünstigen, doch ist kein Grund vorhanden, 
solche Besonderheiten einer bestimmten Rasse zuzuschreiben. Wenn 
Volvulus bei den Russen häufiger ist (was noch nachzuweisen wäre), 
so liegt die Ursache in der gröberen, schwerverdaulichen Nahrung 
unserer Bauern. Denn da solche Nahrung die Peristaltik steigert, so 


Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 341 


kann sie bei einer gewissen Anordnung des Darmes und Mesenteriums 
die Entwickelung von Axendrehung fórdern. 


Auf Grundlage dieser zweiten Hälfte meiner Arbeit!) komme ich 


zu dem Schlusse, dass die von den bisherigen Autoren aufgefundene 
Länge des Dünndarms zu gross ist und dass genaue Befunde nur an 


gehärteten Cadavern zu gewinnen sind. 


Die Ergebnisse seiner im vorstehenden mitgeteilten Untersuchungen 


recapituliert der Verfasser in folgenden Thesen: 


lig 


Die normale Breite des Mesenteriums ist im allgemeinen nicht 
SO gross, wie bisher angenommen wurde. 

Seine grósste Breite (Hóhe) erreicht das Mesenterium nicht an 
einer, sondern an zwei Stellen: etwa an der Grenze des oberen 
und mittleren Drittels und sodann unweit des Dünndarmendes. 
Dieses letztere Maximum überwiegt manchmal über das erstere. 
Manchmal besteht nur ein einziges Maximum. In solchen seltenen 
Fallen entspricht es der Mitte der Dünndarmlànge. 

Die Richtung der Insertionslinie des Gekróses ist inconstant. 
Auch die Lànge dieser Linie ist nicht constant. 

Die Lagerung der Dünndarmschlingen in Gruppen ist inconstant 
und hängt ab von der Richtung der Insertionslinie des Gekröses, 
von der Breite des letzteren und von einer Reihe secundärer 
Bedingungen, vor allem von abnormer Grüssenzunahme der Ab- 
dominalorgane. 

Der Verlauf der Dünndarmzüge in den verschiedenen Gruppen 
unterliegt der von Sernoff zuerst aufgefundenen Gesetzmässigkeit 
und wird bedingt durch die Form des Mesenteriums. Diese Ge- 
setzmässigkeit bleibt bestehen unabhängig von dem Verlauf der 
mesenterialen Insertionslinie, ausgenommen wenn letztere ge- 
brochen ist. 


7 Auch hier sind, wie im ersten Teil, die litterarischen Hinweise und viele 


auf dem Gebiete der Pathologie sich bewegende Erörterungen, soweit sie über den 
Rahmen dieser Zeitschrift hinausgehen, reduciert worden. 


Anmerkung des Referenten. 


342 


10. 


Wake 


12. 


15 


14. 


S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 


Abweichungen im Verlaufe der Dünndarmschlingen werden von 
den Mesenterialfalten, die sich in der Richtung des Darmrohres 
bilden, herbeigeführt, und von jenen Vorragungen, die infolge der 
zickzackformigen Anheftung des Darmes an das Gekróse ent- 
stehen. 


. Die Lànge des mesenterialen Dünndarmes ist kleiner, als bisher 


angenommen wurde. 

Die früheren Messungsergebnisse sind durch Dehnung des Darmes 
beeinflusst worden. 

Um solche Dehnung zu vermeiden, soll der Darm mit Chrom- 
sáure oder Formalin vorgehàrtet werden. 

Das Geschlecht hat keinen Einfluss auf die relative Lange des 
Darmes. Die absolute Länge des Darmes aber ist beim männ- 
lichen Geschlechte grösser als bei dem weiblichen. 

Chronische Krankheiten, wie Tuberkulose, verringern die absolute 
und relative Lànge des Dünndarmes. 

Die Frage nach dem Einflusse der Nationalität auf die Länge 
des Darmes steht noch offen. 

Lange des Dünndarmes und Breite des Mesenteriums sind nur 
prädisponierende Momente bei der Bildung von Volvulus. Als 
unmittelbare Ursache dagegen ist schwerverdauliche Nahrung 
und die dadurch herbeigeführte Steigerung der Peristaltik zu 
nennen. 


Referate. 
Von 
Fr. Kopsch. 


H. Magnus, Augenärztliche Unterrichtstafeln. Für den akademischen 
und Selbstunterricht. J. U. Kern. Breslau. — Heft XI. Hugo 
Wintersteiner, Die partiellen, stationären Staare. 20 farbige 
Tafeln. 32 S. 1897. 17 4. — Heft XII. Richard Greff, Der 
Bau und das ophthalmoskopische Aussehen der Chorioidea. 1 Tafel 
in Folio und 2 Tafeln in Oktav. 16. S. 1897. 9 .#. — Heft XIII. 
A. Eugen Fick, Die Entwickelung des Auges. 9 farbige Tafeln. 
94 S. 1897. 10 M. 


Wintersteiner hat unter den von ihm während vier Jahren beobachteten 
Fällen die wichtigsten Typen der partiellen stationären Staare ausgewählt und bei 
fünffacher linearer Vergrösserung teils bei auffallendem, teils bei durchfallendem 
Licht in farbigen Abbildungen dargestelli. Die Ausführung der Tafeln macht einen 
sauberen, klaren Eindruck; der beigegebene Text erläutert die abgebildeten Typen 
und giebt — was besonders wertvoll erschemt — die Krankengeschichte derjenigen 
Falle, von welchen die Abbildung angefertigt ist. 


Die Darstellung von Greff über den Bau der Chorioidea ist mit einigen 
Mängeln behaftet, welche leicht hätten vermieden werden können. So werden im 
Text die Artt. cil posteriores stets als porticae bezeichnet, aus dem Circulus 
arteriosus irid. wird ein C. artericus; es giebt Nervi ciliares longae und ein Gang- 
lion ciliar?s. Auf der grossen Tafel werden die Zellen des Pigmentepithels der 
Netzhaut als flache Zellen gezeichnet, während sie doch zu den Stäbchenepithelien 
gehórend, eher als prismatische Sáulen zu bezeichnen sind. Dass die Neue Ana- 
tomische Nomenclatur (B.N.A.), welche 1895 im Druck erschienen und innerhalb 
Deutschlands und Oesterreichs von den Anatomen allgemein angenommen ist und 
benutzt wird. angewendet worden wiire, würde sehr nützlich und vorteilhaft 
gewesen sein. 

Die Ausführung der Tafeln ist im übrigen zweckentsprechend. Die grosse 
Tafel ist bei emem klemen Auditorium wohl auch als Wandtafel recht gut ver- 
wertbar. 


344 Fr. Kopsch, Referate. 


Die Entmicklung des Auges ist von Fick in mustergültiger Weise dargestellt. 
Die Abbildungen der Schnitte sind in Farben gehalten, wodurch eine schnelle und 
leichte Orientierung. ermóglicht wird. Die gróssere Anzahl der Schnittbilder sind 
nach Práparaten der Züricher Anatomischen Anstalt und des Herrn Felix angefertigt. 
Auch die Gefässversorgung des embryonalen Auges wird an der Hand von Figuren 
nach O. Schulze erlautert. 

Der begleitende Text beschränkt sich nicht allein auf die Tafelbeschreibung, 
sondern geht auch vielfach auf die Litteratur ein und berührt Streitfragen. 

Somit kónnen Tafeln und Text als eine wertvolle und nützliche Bereicherung 
unserer Unterrichtsmittel angesehen werden. 


W. Krause, Handbuch der Anatomie des Menschen. Mit einem Syno- 
nymenregister auf Grundlage der Neuen Baseler Anatomischen 
Nomenclatur unter Mitwirkung von W. His und W. Waldeyer 
und unter Verweisung auf den Handatlas der Anatomie von 
Werner Spalteholz. Leipzig 1899. S. Hirzel. Preis 4 Mk. 


Wohl jeder, der sich bemiht hat, die Neue Anatomische Nomenclatur 
(B.N.A.) anzuwenden, wird die Schwierigkeiten empfunden haben, welche sich ihm 
bei der Uebertragung der neuen Ausdriicke entgegenstellen. 

Um so verdienstvoller erscheint darum, und um so freudiger zu begriissen ist 
das vorliegende Werk von W. Krause, des verdienstvollen Redakteurs der B.N.A., 
welcher bei seiner grossen Erfahrung und Litteraturkenntnis in ganz besonderem 
Maasse zur Abfassung emer Erläuterung der in der Nomenclatur vorkommenden 
Ausdrücke berufen ist. Dieselbe erscheint in Form eines Lehrbuches der descriptiven 
Anatomie unter Zugrundelegung des Handbuches von C. Krause. Abbildungen 
sind nicht beigefügt worden, sondern es ist Bezug genommen auf den Atlas von 
Spalteholz, dessen in Betracht kommende Figuren am Rande der Seiten nach- 
gewiesen werden. Ausdrücke, welche in den B.N.A. nicht vorkommen, sind durch 
Sternchen kenntlich gemacht; die deutschen Bezeichnungen, welche in den B.N.A. 
auf Wunsch der Kommission weggeblieben waren, sind ebenfalls vorhanden. |. 

Der bisher erschienene Abschnitt umfasst die Osteologie, Syndesmologie, Myo- 
logie, den Anfang der Splanchnologie. 

Am Schluss des ganzen Werkes soll ein Synonymenregister aller bisher in 
Gebrauch gewesenen Namen angefügt werden, wodurch der Gebrauch des B.N.A. 
sicherlich sehr gefórdert werden wird. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


Zur Frage über den Bau der Spinalganglien beim 
Menschen und bei den Säugetieren. 


Von 


A. S. Dogiel, 
Prof. der Histologie an der Universitat St. Petersburg. 


(Mit Tafel XIX.) 


In meinem Aufsatz über den feineren Bau der Spinalganglien!) 
wies ich darauf hin, dass sich in diesen Ganglien dicke, markhaltige 
Fasern finden, welche viele markhaltige und marklose Aestchen abgeben; 
beiderlei Aestchen unterliegen einer wiederholten Teilung, indem sie 
sich zwischen den Ganglienzellen hinwinden. Meist behalten die mark- 
haltigen Aestchen anfangs ihre Markhülle noch bei, verlieren sie jedoch 
spáterhin und verwandeln sich in ziemlich dicke, varicóse Faden. Ein 
jedes der erwähnten Aestchen zerfällt schliesslich in ein Büschel mehr 
oder weniger dicker varicóser Fadchen, welche bald zwischen den 
Ganglienzellen verlaufen, bald anscheinend der Zellkapsel anliegen. Ob 
die fraglichen Fasern zu den Fortsàtzen der von mir beschriebenen 
Spinalganglienzellen des zweiten Typus in Beziehung stehen, oder ob 
sie collaterale Aestchen von Nervenfasern, welche eben nur durch 
die Ganglien hindurchtreten, darstellen — diese Fragen blieben für 
mich unentschieden. Unaufgeklärt blieb mir auch der Charakter jener 
multipolaren Zellen, welche bisweilen in den Spinalganglien angetroffen 
werden. 

Indem ich meine Untersuchungen über die Spinalganglien fortsetzte 
und nebenbei den Bau des G. jugulare n. vagi beim Menschen und 


1) Internat. Monatsschr. f. Anat. u. Phys. Bd. XIV. S. 735—116. Taf. VIII— XII. 


346 A. 8. Dogiel, 


den Säugetieren (Katze, Hund) zu erforschen suchte, glaube ich gegen- 
wartig auf die oben erwähnten Fragen eine positive Antwort geben 
zu können. Dieser Umstand hat mich auch hauptsächlich dazu be- 
wogen, vorliegende Mitteilung, welche meinen früheren Aufsatz ergänzt, 
zu veröffentlichen. 

Indem ich Spinalganglien, wie auch das G. jugulare n. vagi mit 
Methylenblau (nach der ausführlich in der citierten Arbeit geschilderten 
Methode) fárbte, bemerkte ich, dass in diesen Ganglien bisweilen be- 
sondere Zellen auftreten, welche sich von den Spinalganglienzellen des 
ersten Typus nur durch die Richtung ihres peripheren Fortsatzes und 
die Stelle wo letzteres aufhört, unterscheiden. Gewöhnlich geht von 
einer solehen Zelle ein mehr oder weniger dicker und langer Haupt- 
fortsatz aus, welcher, entweder noch unter der Kapsel oder bereits 
ausserhalb derselben sich befindend, von einer Markhülle umgeben wird 
und sich sodann bei der zweiten bis dritten Ranvier'schen Einschnürung 
T- oder Y-fórmig in zwei Aestchen teilt. Eines derselben hat das 
Aussehen einer dünnen markhaltigen Faser, legt eine mehr oder weniger 
grosse Strecke in dem betreffenden Ganglion zurück und tritt dann 
in den Spinalganglien in die hinteren Wurzeln, — im G. jugulare 
dagegen in den centralen Abschnitt des N. vagi ein. Die genannten 
Aestchen entsprechen demnach durchaus den centralen Ausläufern der 
Spinalzellen des ersten Typus. In einigen Fällen gehen an der T- oder 
Y-firmigen Verzweigung des Hauptfortsatzes einer Zelle zwei centrale 
Zweige aus. Diese Beobachtung bestätigt wiederum die Richtigkeit 
meiner früheren Untersuchungen, nicht nur in Bezug auf die Spinal- 
ganglien der Sàugetiere, sondern auch auf diejenigen des Menschen. 

Was nun das zweite Aestchen betrifft, so erscheint es in der 
Mehrzahl der Falle dicker als der erste Zweig, ist von einer Mark- 
scheide umgeben und zeigt auf den ersten Blick völlige Uebereinstim- 
mung mit dem peripheren Fortsatz der Spinalganglienzellen des ersten 
Typus. Gelingt es jedoch, den weiteren Verlauf und die Richtung eines 
solchen Aestchens zu verfolgen, so kann man sich davon überzeugen, 
dass dasselbe niemals den Bereich des betreffenden Ganglions verlässt 
und nicht mit den peripheren Zweigen der Spinalganglienzellen des 
ersten Typus verlàuft. Im G. jugulare tritt es nicht in den peripheren 


- 


Zur Frage über den Bau der Spinalganglien beim Menschen etc. 347 


Teil des N. vagi ein, und nur bisweilen konnte ich beobachten, wie 
in dem genannten Ganglion ein derartiger Zweig seinen Verlauf neben 
den peripheren Fortsätzen anderer Zellen nach der Peripherie nahm; 
nachdem der Zweig eine gewisse Strecke zurückgelegt hat, kehrt er 
jedoch stets in das Ganglion zurück. 

Für gewöhnlich weicht das in Rede stehende Aestchen schon von 
Anfang an von derjenigen Richtung ab, welche die peripheren Fort- 
sátze der Spinalganglienzellen des ersten Typus einschlagen, und tritt 
unmittelbar in das Ganglion selbst ein; hier erscheint es, indem es 
zwischen den Ganglienzellen hindurchtritt, in grósserem oder geringerem 
Maasse gewunden. In seinem Verlauf giebt das Aestchen von der 
ersten, bisweilen auch von der zweiten oder dritten Ranvier'schen 
Einschnürung an nacheinander markhaltige Zweige von verschiedener 
Dicke ab, welche nach verschiedenen Richtungen hin verlaufen, in die 
Tiefe des Ganglions eindringen und daselbst verschiedene Windungen 
beschreiben. Ein jeder der erwähnten Zweige erfährt in seinem Ver- 
lauf eine vielfach wiederholte Teilung in eine beträchtliche Menge 
dünner, markhaltiger, sich wiederum teilender Aestchen, welche zwischen 
den Zellen des betreffenden Ganglions verlaufen. Auf solche Weise 
zerfällt ein derartiger Zweig oder eine derartige Faser, infolge der 
fortgesetzten Teilung, schliesslich in eine Menge markhaltiger Fasern 
von verschiedener Stärke, welche zwischen den Spinalganglienzellen 
liegen, und zwar sowohl in den tieferen wie auch in den peripheren 
Schichten des Ganglions. Indem man das weitere Schicksal der ge- 
nannten Zweige verfolgt, kann man auf gelungenen Präparaten sehen, 
wie ein jeder derselben früher oder später seine Markhülle verliert 
und sich in einen mehr oder weniger dünnen, varicösen Faden ver- 
wandelt, welcher wiederum in noch dünnere Fäden zerfällt. Letztere 
verästeln sich, nachdem sie eine gewisse Strecke zurückgelegt haben, 
zu einem ganzen Büschel dünner Fädchen, welche wiederum rasch in 
eine Menge kurzer Endfädchen zerfallen. Diese Fädchen sind mit 
eckigen und spindelförmigen Varicositäten besetzt, geben viele sehr 
kurze Seitensprossen ab und bilden, indem sie sich untereinander ver- 
flechten und mit einander verbinden, den Endapparat. Bisweilen haben 
einzelne von den Aestchen, in welche der periphere Fortsatz zerfällt, 


348 A. S. Dogiel, 


keine Markhülle und schreiten unter fortwährender Teilung, gleich den 
markhaltigen Aestchen, zur Bildung von Endapparaten. 

Vergleichen wir die Endverästelungen der Spinalzellenfortsátze bei 
den hier beschriebenen Zellen mit den wenig complicierten Formen 
von Endapparaten der sensiblen Fasern, wie sie am Herzen, im Unter- 
hautbindegewebe, in verschiedenen bindegewebigen Hüllen u. dere]. 
auftreten, so sehen wir, dass zwischen denselben kein wesentlicher 
Unterschied besteht. Beide Arten von Endapparaten bestehen aus einer 
Menge unter einander in Verbindung stehender und stellenweise ver- 
dickter Fäden, oder mit anderen Worten, ein jeder Endapparat hat 
bis zu einem gewissen Grade das Aussehen eines Bäumchens, dessen 
Zweige mit einander verbunden sind und sich annähernd in einer Ebene 
ausbreiten. Was die besonderen sternformigen Zellen betrifft, welche 
ich für. die sensiblen Apparate des Herzens beschrieben habe, so gelang 
es mir nicht, ihre Anwesenheit in den Endverästelungen der erwähnten 
Fasern zu constatieren. Alle Endapparate liegen, soweit ich dies 
beobachten konnte, in jener äusserst dünnen Schicht von Bindegewebe, 
welche: sich zwischen den Spinalganglienzellen findet; sie stehen in 
keiner Berührung mit dem Körper der Zelle, sogar nicht, wie mir scheint, 
mit der. äusseren Oberfläche ihrer Kapsel, und sind von letzterer stets 
durch eine ausserordentlich dünne Bindegewebsschicht getrennt. In 
Anbetracht der Lage selbst der Endapparate, erscheinen letztere natür- 
lich in verschiedenem Maasse verbogen, wobei es oft den Anschein 
hat, als ob der eine oder der andere Apparat einen grösseren oder 
kleineren Teil der Kapsei einer beliebigen Zelle umgiebt und derselben 
direct anliegt. 

Ein derartiges, scheinbar inniges Verhältnis des Endapparates zur 
Zellkapsel erklärt sich jedoch meiner Ansicht nach durch den Umstand, 
dass die Bindegewebsschicht, welche die Zellen von einander trennt, 
sehr dünn ist und auf Präparaten, welche mit einer Lösung von pikrin- 
saurem Ammoniak fixiert und in Glycerin aufgehellt wurden, sich sehr 
wenig: scharf von der Kapsel abhebt und in letztere überzugehen scheint. 

Es finden sich demnach in den Spinalganglien und im G. jugulare 
n. vagi ausser den bereits von mir beschriebenen zwei Zelltypen noch 
Zellen besonderer Art. Der Hauptfortsatz dieser Zellen zerfällt in 


Zur Frage über den Bau der Spinalganglien beim Menschen etc. 349 


zwei Fasern: die eine davon verlàuft nach dem Centrum, die andere 
dagegen, welche dem peripheren Fortsatz der Spinalganglienzellen des 
ersten Typus entspricht, verästelt sich im Bindegewebe des Ganglions 
selbst zwischen dessen Zellelementen, wobei alle aus der Verästelung 
dieser Faser hervorgegangenen Zweige mit sensiblen Apparaten endigen. 
Wie aus dieser Beobachtung hervorgeht, besitzen die Spinalganglien 
und ebenso das G. jugulare des N. vagi ihnen eigentümliche sensible 
Nervenapparate. 

In Figur 1 ist das G. jugulare n. vagi vom Hunde dargestellt, 
und zwar vermittelst des Oberhäuser’schen Zeichenapparates mit dem 
System 4 von Reichert gezeichnet. Von einer der Zellen der be- 
schriebenen Art (a) geht ein ziemlich langer Hauptfortsatz (4) aus, 
welcher sich Y-formig in zwei markhaltige Fasern oder Fortsätze 
spaltet: der eine dünne centrale (c) tritt in den centralen Abschnitt 
des N. vagi ein, der andere dicke (p), dem peripheren Fortsatz der 
Spinalganglienzellen des ersten Typus analoge Fortsatz dagegen tritt 
in das Ganglion ein und zerfállt in demselben in mehrere Aestchen, 
welche mit sensiblen Apparaten enden. 

In der früher citierten Arbeit habe ich bereits darauf hingewiesen, 
dass von dem  Hauptfortsatz einiger Spinalganglienzellen (bei er- 
wachsenen Tieren) dünne collaterale Zweige ausgehen, welche das Aus- 
sehen von marklosen varicósen Faden haben. Indem ich in letzter 
Zeit das Studium der Spinalganglien aufs neue aufgenommen habe, 
wurde ich in die Möglichkeit versetzt, meine Beobachtungen zu ver- 
vollstándigen, indem ich fand, dass ebensolche collaterale Zweige auch 
von dem Hauptfortsatz gewisser Spinalganglienzellen beim Menschen 
ausgehen. Eine derartige Zelle habe ich in Figur 2 abgebildet, wo 
man sehen kann, wie vom Hauptfortsatz (h) einer Spinalganglien- 
zelle (a) des Menschen an einer Ranvierschen Einschnürung drei col- 
laterale Aestchen (£) abzweigen, worauf der betreffende Fortsatz sich 
in einen peripheren (p) und einen centralen (c) Zweig teilt. Die Zeich- 
nung ist mit Hülfe des Zeichenprismas mit dem System 5 von Reichert 
ausgeführt. 

Die eben beschriebenen collateralen Zweige lassen sich mit Me- 
thylenblau gewöhnlich recht schwer färben, weshalb man sie nur selten, 


350 A. S. Dogiel. 


und nur bei völlig gelungener Färbung antrifft; durch diesen Umstand 
lässt sich vielleicht erklären, warum R. y Cajal!) indem er meine 
Resultate nachprüfte, die Anwesenheit der erwähnten Zweige nicht be- 
merken konnte. 

Endlich muss ich bei der Besprechung der Spinalganglien noch 
einige Worte sagen über die in diesen Ganglien vorkommenden und 
von mir schon früher beschriebenen besonderen multipolaren Zellen. 
In meiner früheren Arbeit, als ich noch nicht im Stande war, den 
Charakter dieser Zellen genauer zu bestimmen, habe ich nur die Ver- 
mutung ausgesprochen, dass sie zu den Spinaleanglienzellen des zweiten 
Typus zu rechnen seien. Indem ich die Untersuchungen über die 
Spinalganglien bei den Säugetieren wieder aufnahm und dieselben 
auf die entsprechenden Ganglien beim Menschen ausdehnte, gelang es 
mir, die multipolaren Zellen näher kennen zu lernen und ihre Natur 
genauer festzustellen. Besonders häufig traf ich sie in den Spinal- 
sanglien des Menschen an, wo sie in den meisten Fällen von runder, 
ovaler oder unregelmässiger Gestalt waren. Von dem Körper einer 
jeden Zelle gehen mehrere mehr oder weniger dicke Dendriten aus, 
welche eine bedeutende Lànge haben, glatt oder leicht varicós erscheinen 
und in ihrem Verlauf allmáhlich in Aestchen von verschiedener Lànge 
und Dicke zerfallen. Bisweilen, wie dies auf Figur 3, welche mit 
Hülfe des Zeichenprismas nach dem Präparat eines Spinalganglions 
vom Menschen (System 5 von heichert) angefertigt wurde, gehen die 
Dendriten als ganzes Büschel von dem einen, etwas verlàngerten Pol 
der Zelle aus und unterliegen hierauf einer allmählichen Teilung. Ge- 
wöhnlich verlaufen alle Dendriten mit ihren Verästelungen zwischen 
den Spinalganglienzellen und kónnen manchmal auf grosse Entfernungen 
hin verfolgt werden. In gewissen Fallen, freilich nur selten, konnte 
ich beobachten, wie von einer der multipolaren Zellen, zusammen mit 
den Dendriten, noch ein verhältnismässig dünner Fortsatz ausging, 
welcher das Aussehen einer bald glatten, bald varicósen Faser hatte 
und seinem Charakter nach völlig einem Nervenfortsatz entsprach. 
Leider konnte ich diesen Fortsatz nicht auf gróssere Entfernungen hin 


!) Revista trim. microgr. 1897. Vol. IL Fasc. 3 y 4. 


Zur Frage über den Bau der Spinalganglien beim Menschen etc. 351 


verfoleen und über seinen Charakter endgültig klar werden. Jeden- 
falls scheint es mir, so viel ich auf Grund meiner Pràparate urteilen 
kann, keinem Zweifel zu unterliegen, dass die in den Spinalganglien 
angetroffenen multipolaren Zellen zu den sympathischen Zellen des 
zweiten oder dritten Typus gerechnet werden müssen. 

Die hier angeführten Thatsachen weisen darauf hin, dass einige, 
vielleicht auch alle Spimalganglien eigentlich einen gemischten Charakter 
haben: die Mehrzahl ihrer Zellen gehört zu den Spinalganglienzellen 
der verschiedenen Typen, doch finden sich unter ihmen augenschein- 
lich auch sympathische Zellen in beschränkter Anzahl. Diese auf 
Grund meiner Untersuchungen gemachte Schlussfolgerung scheint mir 
auch durch dasjenige bestätigt zu werden, was wir über den Bau 
einiger sympathischer Ganglien wissen. So besteht z. B. nach den 
Untersuchungen von H. Holtzmann!) das G. ciliare gewisser Tiere (Hund) 
aus typischen Spinalganglienzellen und sympathischen Zellen. Meine 
eigenen Untersuchungen über das erste Ganglion des Halssympathicus 
(Gangl. cervic. sup. n. sympathici) des Menschen, des Hundes und der 
Katze haben gezeigt, dass an dessen Bildung nicht nur sympathische 
Zellen, welche die beträchtliche Mehrzahl der Elemente dieses Ganglions 
bilden, teilnehmen, sondern auch Spinalganglienzellen. Letztere sind 
bald auf die verschiedenen Abschnitte des Ganglions verteilt, — zwischen 
den sympathischen Zellen, — bald findet man sie hauptsächlich an 
derjenigen Stelle, an welcher sich der Verbindungsast nach dem 
G. jugulare n. vagi von dem Ganglion abzweigt. Gewöhnlich bilden 
an dieser Stelle des Ganglions die Spinalganglienzellen eine kleine 
Gruppe, wobei um sie herum und selbst zwischen ihnen die charakte- 
ristischen sympathischen Zellen gelagert sind. Der Hauptfortsatz vieler 
Spinalganglienzellen tritt, soweit ich beobachten konnte, in den Ver- 
bindungszweig ein, erreicht das G. jugulare und teilt sich erst inner- 
halb desselben T-fórmig in zwei Aeste (Fortsätze). Bisweilen findet man 
Spinalganglienzellen sogar in dem Verbindungszweig selbst, auf dessen 
ganzem Verlauf. In Figur 4 (Obj. 3, Reichert) ist ein Teil des Gangl. 
cervic. sup. n. sympath. (4) der Katze mit dem von ihm zum G. jugu- 


1) Untersuchungen über Ciliarganglion und Ciliarnerven. Morphol. Arbeiten, 
herausg. von G. Schwalbe. Bd. VI. H. 1. 


352 A. S. Dogiel, Zur Frage über den Bau der Spinalganglien etc. 


lare n. vagi ausgehenden Verbindungszweig (B) dargestellt. Im Ganglion 
sieht man einige sympathische Zellen (a) und zusammen mit ihnen 
Spinalganglienzellen (b), deren Hauptfortsátze in den oben erwähnten 
Verbindungszweig eintreten. 

Die soeben erwähnten sympathischen Ganglien gehören demnach 
unstreitig zu den gemischten Ganglien, d. h. sie enthalten sowohl 
Elemente von sympathischen, wie auch solche von spinalen Ganglien, 
doch überwiegen die ersteren an Zahl die letzteren. Die Erklärung 
dieser Erscheinung wird man wahrscheinlich in der Entwickelungs- 
geschichte der sympathischen Ganglien zu suchen haben. 


(Aus dem Anatomischen Institut der Militär-medieinischen Akademie 
in St. Petersburg.) 


Die Arterien der Intervertebralganglien und der 
Cerebrospinalnerven des Menschen. 


Von 
Dr. W. Tonkoff. 


(Mit Tafel XX.) 


Der vorliegende Aufsatz enthält einen Auszug aus meiner im 
Februar dieses Jahres in russischer Sprache erschienenen Doktor- 
dissertation, über deren Inhalt ich im Januar 1897 in der russischen 
Zeitschrift ,Wratsch^ eine vorlàufige Mitteilung veróffentlicht habe. 
Das Erscheinen der Dissertation hatte eine von mir unabhängige un- 
liebsame Verzógerung erfahren. Als sie vollstándig abgeschlossen den 
Censoren zur Begutachtung vorlag, ging mir Bartholdys dem gleichen 
Gegenstande gewidmete Arbeit zu. Ich konnte sie daher in meiner 
Dissertation nur kurz erwáhnen. Ich kann zu meinem Vergnügen 
constatieren, dass Bartholdy und ich gleichzeitig, und zweifellos un- 
abhängig von einander — meine in russischer Sprache erschienene 
vorläufige Mitteilung ist Bartholdy, da er sie nicht citiert, augenschein- 
lich entgangen — in vielen Beziehungen zu den nämlichen Resultaten 
gelangt sind. Doch dürften, glaube ich, die Ergebnisse meiner Unter- 
suchungen trotz Bartholdys umfangreicher Arbeit noch ein gewisses 
Interesse beanspruchen. Es ist von mir, wie aus dem weiteren ersicht- 
lich, speciell die Vascularisation der Intervertebralganglien bearbeitet 
worden. Auch die praktische Bedeutung der Nervenarterien habe ich, 
teilweise gestützt auf eigene Befunde, näher ins Auge gefasst. End- 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 29 


354 W. Tonkoff, 


lich habe ich dem Begriff der Arteria nutritia und der Arteria comes 
zum erstenmal eine bestimmte Definition gegeben. Auf der anderen 
Seite beschreibt Bartholdy in systematischer Weise die Arterien fast 
simtlicher Nerven, untersucht eingehend die Winkel, unter welchen 
sich diese Arterien von ihren Muttergefässen abzweigen, welche Winkel 
sie mit den Nerven, in die sie eintreten, bilden etc. ete. 

Im Interesse einer bequemeren Vergleichung der Ergebnisse beider 
Untersuchungen erschien es mir angezeigt, die wichtigsten Stellen 
meiner Arbeit!) hier in ihrer ursprünglichen Fassung wiederzugeben, 
wie sie zuerst in russischer Sprache veróffentlicht wurden. Der vor- 
liegende Aufsatz ist, das móchte ich nochmals hervorheben, die deutsche 
Uebersetzung einer Arbeit, die gleichzeitig mit den Untersuchungen 
von K. Bartholdy ausgeführt worden und wovon eine vorläufige Mit- 
teilung längere Zeit vor dem Erscheinen der letzteren in russischer 
Sprache unter die Presse kam. Ich habe daher, wo dies notwendig 
war, auf die Schrift Bartholdys hingewiesen, ohne auf eine nähere 
Kritik derselben einzugehen. 


Auf den Vorschlag meines hochverehrten Lehrers, Prof. A. Tare- 
netzky, bin ich vor nunmehr 2'/, Jahren zu einer Untersuchung 
der Arterien der Nerven geschritten, um die bisher nur für einige 
Nerven (Ischiadicus, Medianus) gewonnenen Befunde zu erweitern 
und zu verallgemeinern. Es war von vornherein klar, dass zunächst 
der Begriff der Arteria comes genau bestimmt und abgegrenzt 
werden musste von dem Begriffe der Arteria nutritia der Nerven, eine 
Unterscheidung, die in den Lehrbüchern bisher nicht durchgeführt 
worden ist, während in den betreffenden Specialarbeiten beide Begriffe 
häufig mit einander verwechselt werden. Wie sich bei dem genaueren 
Studium der Litteratur des Gegenstandes herausstellte, sind unsere 
Kenntnisse von den Arterien der Nerven bei weitem nicht vollstàndig 
und die Blutversorgungsquellen vieler Nerven und Geflechte noch 
wenig erforscht. Man findet nur fragmentarische Angaben, die ent- 


") Die Beschreibungen der verschiedenen Präparate und eine Reihe entbehr- 
licher Einzelheiten fallen in dieser Mitteilung hinweg. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 355 


weder beiläufig gewonnen wurden oder sich auf sehr unzureichendem 
Untersuchungsmateriale stiitzen (in einzelnen Fallen ist die Zahl der 
untersuchten Objecte überhaupt nicht bezeichnet) Wie lückenhaft die 
Kenntnisse nach dieser Richtung hin sind, ergiebt sich mit voller An- 
schaulichkeit bei einer Vergleichung desjenigen, was ilber die Arterien 
der Nerven vorliegt, mit dem, was beziiglich der Arterien der Muskeln, 
Knochen, der Eingeweide etc. sichergestellt ist. Von den Arterien der 
letztgenannten Art enthält jedes Lehrbuch vollständige Beschreibungen 
mit Angabe von Ursprung, Verlauf, Verhalten zu den Nachbarteilen, 
Ersatz durch andere Arterien etc. Die Arterien der Nerven hingegen 
sind mit keinem Sterbenswörtchen erwähnt, gerade als wenn sie über- 
haupt nicht vorhanden wären oder mikroskopische Gebilde darstellten. 

Plan der vorliegenden Arbeit ist es, von den Arteriae nutritiae 
der Nerven eine allgemeine Charakteristik zu geben, vorzugsweise auf 
Grundlage des Studiums der Cerebrospinalnerven, wiewohl gleichzeitig 
auch die Vascularisationsverhältnisse des Grenzstranges des Sympathicus 
und einiger Gehirnnerven (Vagus, Hypoglossus, Facialis) von mir unter- 
sucht worden sind. Dabei wurden für die Hauptstämme (an der oberen 
Extremität für den Medianus, Ulnaris, Radialis, Musculo-cutaneus, an 
der unteren Extremität für den Cruralis, Ischiadicus, Tibialis, Peroneus) 
und ihre Geflechte die Quellen bestimmt, aus welchen sie am häufigsten 
ihre Nährgefässe beziehen. Dies geschah auch mit dem Hinblicke, dass 
die Arterien dieser Nerven eine ansehnliche Grösse besitzen und prak- 
tisch bedeutungsvoll werden können. Der Vollständigkeit und des fast 
völligen Mangels an Litteraturangaben wegen sollen auch die Inter- 
vertebralganglien bezüglich ihrer Ernährung beschrieben werden. 

Als Object zu diesen Untersuchungen, die fast zwei Jahre in An- 
spruch nahmen, diente mir das Material- des Anatomischen Institutes 
der Militär-medizinischen Akademie. Untersucht wurden von mir im 
Ganzen 35 Leichen (rechte und linke Seite), darunter 7 Erwachsene, 
15 Kinder zwischen 1 Monat und '/, Jahr, 9 Neugeborene und 
4 Embryonen aus der zweiten Hälfte des Foetallebens. Es entfällt 
also die Mehrzahl der untersuchten Objecte auf Neugeborene und auf 
Kinder in den ersten Monaten. Die Präparation der Arterien der 


Hauptnervenstàmme ist nämlich an kindlichen Cadavern erheblich 
23* 


356 W. Tonkoff, 


leichter, bequemer und schneller, als an erwachsenen, die Präparate 
sind weniger umfangreich, das Zellgewebe sehr durchsichtig, eine einzige 
Bewegung des Messers eröffnet sofort ganze Gebiete. Die Ergebnisse 
aber fallen an infantilen Objecten bei guter Injection und genügender 
Uebung ebenso befriedigend aus, wie an der erwachsenen Leiche. Nicht 
einbegriffen sind in den obigen Zahlen zufällige Beobachtungen an 
ganzen Leichen oder einzelnen Extremitäten, die zu anderen Zwecken 
präpariert wurden. 

Was die angewandte Untersuchungsmethode betrifft, so wurden 
nach Möglichkeit frische Cadaver magerer und bei Erwachsenen be- 
sonders jüngerer Individuen bevorzugt, wo Atheromatose der Gefässe 
weniger zu befürchten war. Zur Injection diente kalte Teichmann’sche 
Masse mit den in unserem Institute angenommenen wesentlichen Modi- 
ficationen derselben. Nach den Angaben Teichmanns besteht diese Masse 
bekanntlich aus einer gewöhnlichen Mischung von Kreide und gekochtem 
Leinöl, welche in Aether oder Schwefelkohlenstoff aufgelöst und durch 
eine pulverförmige Farbe beliebig gefärbt wird. Teichmann bereitete 
die Masse, indem er Kreide mit Leinöl im Mörser verrieb und die 
Mischung: darauf in Aether oder Schwefelkohlenstoff auflóste. Dr. J. 
Schawlowski'), der diese Masse bei uns zuerst zur Anwendung brachte, 
bereitete sie ohne vorhergehendes Verreiben im Mörser, indem er 
Leinöl in Aether auflöste und die so gewonnene Flüssigkeit nun mit 
Kreide und Farbe vermengte. Dies vereinfacht die Sache erheblich 
und ergiebt ohne viele Umständlichkeiten eine gute Masse. Als 
Lösungsmittel wird gewöhnlich Aether gebraucht, da das Manipulieren 
mit Schwefelkohlenstoff wegen des sehr penetranten Geruches dieser Sub- 
stanz sehr unangenehm ist. Statt Aether hat in letzterer Zeit Dr. M. 
Tichanoff Benzin in Vorschlag gebracht. Ausser seiner Billigkeit hat 
Benzin den Vorzug, in die Gewebe, besonders in das lockere Zellgewebe, 
leicht zu diffundieren, wo sofort nach der Injection ein starkes Benzin- 
ödem auftritt. Die Masse erhärtet daher schnell und nachträgliche 
Injectionen werden unnötig. Ein dritter Vorzug des Benzins besteht in 
seiner geringeren Flüchtigkeit. Wer mit Aethermasse gearbeitet hat, 


1) Zur Morphologie der Venen der oberen Extremität und des Halses. Dissert. 
(russisch). St. Petersburg 1891. S. 51. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 357 


wird in Erfahrung gebracht haben, dass sie fast jedesmal neu an- 
gefertigt werden muss und dass die von früheren Injectionen noch vor- 
handenen Reste weggethan werden müssen, da sie wegen der grossen 
Flüchtigkeit des Aethers auch in geschlossenen Gefàssen steinhart werden. 
Benzinmasse dagegen kann viel länger aufgehoben werden, ohne zu ver- 
derben. Ich nahm gewöhnlich auf 1 Gewichtsteil Oel 4 oder 5 Teile 
Calearea carbonica praecip. leviss. und Benzin bis zur gewünschten 
Consistenz. Was die Färbung betrifft, so versuchte ich es zunächst 
mit verschiedenen in Oel angeriebenen Farben. Da diese jedoch teuer 
und keine besonderen Vorteile darbieten, entschied ich mich für pulver- 
fórmigen ósterreichischen Zinnober, welchen ich im Mórser zerrieb. Da 
ich vor allem móglichst feine Injection erstrebte, that ich nur soviel 
Zinnober hinzu, als erforderlich war, um der Masse einen rótlichen 
Farbenschimmer zu verleihen, und verdünnte besonders die ersten Por- 
tionen der Masse, die ich ausnahmslos neu anfertigte, sehr stark. Erst 
wenn die flüssige Masse in die feinen Arterienverästelungen vor- 
gedrungen war, liess ich zur Füllung der gröberen Aeste dickere 
Masse nachfolgen. Ich erzielte dabei Injectionen, die nichts zu wün- 
schen übrig liessen. Ein Teil der bezüglichen Präparate wird in der 
Sammlung des Institutes aufgehoben. 

Kinderleichen injicierte ich stets in toto durch die Arteria carotis 
communis dextra, in deren centrales Ende die Canüle eingeführt wurde. 
Den Erfolg der Injection beurteilte ich nach der Anfüllung der Aa. 
conjunctivales, labiales, sowie der Aa. digitales propriae der Hände 
und Füsse. Grosse Leichen wurden vorher geteilt und die unteren 
(durch die Aorta abdominalis) und die oberen Extremitàten einzeln 
injiciert. 

Angenehme Pflicht ist es mir, Herrn Prof. A. Tarenetzky für das 
Thema zu dieser Arbeit und für stete Fórderung meiner anatomischen 
Thätigkeit auch hier meinen wärmsten Dank auszusprechen. 


I. Die Arteriae nutritiae der Spinalganglien. 


Das Blutgefässsystem des Rückenmarkes ist bekanntlich mit den 
übrigen Gefässen des Körpers verbunden durch Stämmchen, welche die 
Wurzeln der Cerebrospinalnerven begleiten und die aus den Wirbel- 


358 W. Tonkoff, : 


arterien das Rückenmark versorgenden Arteriae spinales verstárken. 
Diese Stämmchen nennt Kadyi') Arteriae radicales medullae spinalis 
anticae et posticae, mit dem Bemerken, Zahl und Grósse der Arteriae 
radicales seien ausserordentlich inconstant, dafür aber kónne làngs jeder 
Wurzel stets eine, wenn auch schwache Anastomose zwischen den 
Rückenmarksgefássen und denen der Peripherie nachgewiesen werden. 
Vordere Aa. radicales giebt es nach Kadyi am óftersten 5—10 (Maxi- 
mum 17, Minimum 2), hintere zweimal soviel (im Mittel 16—17). Den 
Stamm der Art. vertebralis selbst identificiert Kadyi den Aa. radicales; 
bei dem Menschen begleitet sie stets das erste Paar der Halsnerven. 

Adamkiewiez?) bezeichnet die Aa. radicales als Spinalarterien, 
während er für die Aa. spinales der gewöhnlichen Nomenclatur den 
Ausdruck Aa. vertebrospinales angiebt. Auch er findet die Aa. radi- 
cales anteriores (ich nehme hier Kadyis Bezeichnungen an) ihrer An- 
zahl nach äusserst variabel, an 13 von ihm untersuchten Präparaten 
waren 3— 10 solche vorhanden. Trotz aller Variationen besitzt jede 
von den Wurzeln der den Plexus cervicalis zusammensetzenden Nerven 
(besonders häufig die des 4—7) rechts sowohl, wie links ziemlich con- 
stant ihr eigenes Gefässstämmchen. Die Aa. radicales posticae sind im 
allgemeinen zahlreicher als die vorderen, aber schwächer an Caliber, 
weshalb sie, besonders in der Mitte des Brustmarkes, haufig übersehen 
werden kónnen. Im Lendenmarke sind sie dagegen sehr stark und 
spielen hinten eine àhnliche Rolle, wie die Aa. spinalis magna vorne. 
In dem oberen Halsmarke fehlen Aa. radicales posticae gänzlich. 

Auf diese quantitativen und qualitativen Differenzen der Aa. radi- 
cales (spinales) anteriores und posteriores ist schon Theile?) aufmerksam 
geworden. Vordere zählt er am Halse 4— 6, am Brustteil durch- 
schnittlich 4 (es können nur 2 vorhanden sein) im Lendenmark 1—2, 
im Sacralmark 2, im Coccygealteil 1; hintere am Halse 2—3, im Brust- 
teile 3—8, im Lendenteile 2—3. 


1) Ueber die Blutgefässe des menschlichen Rückenmarkes. Anat. Anzeiger 1886. 


*) Die Blutgefásse des menschlichen Rückenmarkes. Sitzungsb. d. K. Akad. 
d. Wiss. Math.-Naturw. CL Bd. LXXXV, Abth. 3. Jahrgang 1882. Wien. 


?) Traité de myologie et d'angiologie. Traduit de l'Allemand par Jourdan. 
Paris 1848. S. 454. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 359 


Was geschieht nun weiter mit den Radicalarterien und mit welchen 
peripheren Gefässen erzeugen sie Anastomosen? Nach Ansicht von 
Adamkiewicz verbinden sie sich im allgemeinen mit Aesten der Aa. 
intercostales, lumbales und sacrales. Auch Kadyi macht keine be- 
stimmteren Angaben. Sappey'), Henle*) und Rauber?) äussern sich da- 
hin, die Art. intercostalis bezw. lumbalis zerfalle in einen Ramus 
anterior s. intercostalis und einen Ramus posterior s. dorsalis. Letzterer 
spaltet sich seinerseits in einen Ramus muscularis und einen Ramus 
spinalis. Der Ramus spinalis aber teilt sich nach Rauber in einen R. 
posterior, R. medius und R. anterior, nach Rüdinger*) in einen R. 
anterior et posterior canalis spinalis und einen R. medullae spinalis, 
nach Cruveilhier und Sappey in einen R. vertebralis (zu der vorderen 
und hinteren Wand des Wirbelkanales) und einen R. medullaris. Der 
R. medius?) setzt sich augenscheinlich in die A. radicalis (anterior oder 
posterior) von Kadyi fort. Die Aa. radicales aber sind, wie schon 
früher erwähnt, sehr variabel. Daraus folgt, dass auch der Ramulus 
medius bei weitem kein constantes Gebilde darstellt, sondern manch- 
mal auch fehlen kann. 

Ueber das Gefässsystem der Intervertebralganglien liegt nur eine 
einzige Specialarbeit, nàmlich die von Adamkiewicz?) vor, nach Angabe 
des Verf. selbst als Ergebnis drei Jahre langer Arbeit und der In- 
jection von mehr als 500 Leichen. Untersucht wurden die Ganglien 
des V., VI. und VII. Halsnerven. Als Ergebnisse sind folgende Sätze 
zu nennen. Die Intervertebralganglien erhalten ihre Blutzufuhr direct 
aus den Aa. spinales und vorzugsweise aus den hinteren, und indirect 
aus den longitudinalen Anastomosen, welche diese Arterien unter dicho- 
tomischer Teilung an der Oberfläche des Rückenmarkes erzeugen. Aus 
diesen Anastomosen gehen unter anderem Aeste zu den Nervenwurzeln: 

1) Traité d'anatomie descriptive. Angiologie 1888. 

2) Handbuch der Gefässlehre des Menschen. 1876. 

3) Lehrbuch der Anatomie des Menschen. Bd. II. 1894. 

*) Ueber die Verbreitung des Sympathicus in der animalen Róhre, dem Rücken- 
marke und Gehirn. München 1863. 

5) Angenommen ist hier die Terminologie von Rauber. Damit aber keine Ver- 
wechselung der aus dem R. spinalis hervorgehenden Aeste stattfinde, soll es statt 


Ramus ant., post. und med. heissen: Ramulus ant. etc. 
6, Der Blutkreislauf der Ganglienzelle. Berlin 1866. 


360 W. Tonkoff, 


sie dienen zur Ernährung der Ganglien. Die zu den Ganglien hin- 
ziehenden Aeste der Aa. spinalis nennt Adamkiewicz Rami gang- 
lionares, sie kommen ebenfalls unmittelbar aus der Vertebralarterie. 
Hierauf beschränkt sich der descriptive Teil der Arbeit Adamkiewicz’, 
das übrige bezieht sich auf mikroskopische Verhältnisse, die hier nicht 
in Frage kommen. 

In der neuen Ausgabe des Handbuches von Testut') werden dem 
Blutgefässsystem der peripheren Cerebrospinalganglien alles in allem 
folgende Zeilen gewidmet: Die Ganglien sind reich an Blutgefässen, 
was auf eine sehr rege Function derselben hinweist. Die Gefässe ver- 
laufen entlang dem interstitiellen Bindegewebe und zerfallen nach 
mehrfacher Teilung in ein capillares Netz, dessen sehr enge Maschen 
die Nervenzellen umspinnen. ; 

Ich bin bei der Untersuchung der Arterien der Spinalganglien in 
folgender Weise vorgegangen. Zunächst stellte ich durch Präparation 
den Spinalnerv in der Richtung zum Ganglion dar, verfolgte die ihn 
begleitenden Arterien, nahm die Wirbelkörper fort und eröffnete die 
Foramina intervertebralia. Nach Durchschneidung der Dura mater 
spinalis von vorne konnten Riickenmark, Nervenwurzeln und Spinal- 
ganglien mit den hinzugehórigen Arterien unversehrt geprüft werden. 
In der Halsgegend wurden ausserdem die vorderen Teile der Quer- 
fortsätze, in der Brustgegend die Rippenkôpfchen entfernt. 

Ich will hier die Ernährung der Hals- und Sacralganglien für 
sich betrachten, da beide durch Besonderheiten ausgezeichnet sind. Die 
Arterien der Brust- und Lendenganglien sollen zur Vermeidung von 
Wiederholungen zusammen beschrieben werden. 


1. Die Ganglia cervicalia (Taf. XX. Fig. 1). 


Das Ganglion cervicale I erhalt seinen Ramus nutriens unmittel- 
bar aus der A. vertebralis, der Wurzelarterie des ersten Nervenpaares 
nach Kadyi. Der genannte R. nutriens zerfällt grösstenteils in einen 
aufsteigenden und einen absteigenden Zweig. 


1) Traité d'anatomie humaine. Taf. IL. 2e fig. Système nerveux périphérique. 
Organes des sens. Paris 1897. p. 545. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 361 


Das Ganglion II erhält Rami nutrientes aus dem R. spinalis a. 
vertebralis. Erstere kommen aus letzterem vor dessen Teilung oder 
aber aus einem seiner Aeste (Ramulus medius, posterior und anterior). 

Das Ganglion IIT bezieht an seiner vorderen Flache Rr. nutrientes 
aus dem Ramulus medius e ramo spinali art. vertebralis, wenn dieser 
geniigende Stirke besitzt; ist dies nicht der Fall, so kommen Rr. 
nutrientes aus dem Ramul. anticus oder unmittelbar aus der Art. verte- 
bralis. Versorgt wird das Ganglion ausserdem fast immer aus der 
Anastomose zwischen Ramul. post. rami spinalis der Wirbelarterie 
und einem der Endäste der A. cervicalis ascendens, die den Nerv ge- 
wóhnlich hinten schneidet. Aus dieser Anastomose gehen Rr. nutrientes 
an die hintere Fläche des Ganglions. 

Das Ganglion IV. Von hinten gehen zu ihm Rr. nutrientes aus 
der Anastomose zwischen Endast der A. cervicalis ascendens und 
Ramul. post. r. spinalis a. vertebralis. Von vorne erhält es Rr. nu- 
trientes aus dem hamul. medius r. spinalis a. vertebralis oder es geht 
ebenso oft ein starker R. nutriens unmittelbar aus der A. vertebralis 
hervor. Seltener giebt der Ramul. ant. r. spinalis a. vertebr. an das 
Ganglion Rr. nutrientes ab. 

Das Ganghon V. In der Hälfte der Fälle beteiligt sich an der 
Ernährung dieses Ganglions ein Endast der A. cervicalis ascendens, 
indem er meist mit dem Ramul. post. r. spinalis a. vertebr. anasto- 
mosiert und den Nerv hinten kreuzt. An anderen Prüparaten gingen 
Rr. nutrientes zu der hinteren Flàche des Ganglions aus einem Muskel- 
ast der A. thyreoidea inferior, aus einem Aste des Truncus thyreo- 
cerviealis oder endlich aus einem Muskelast der A. transversa colli. 
Wenn die genannten Aeste vor Erreichung des Ganglions sich nach 
hinten den Muskeln zuwenden, ohne mit der A. vertebralis zu anasto- 
mosieren, so werden Rr. nutrientes an die hintere Flache des Gang- 
lions unmittelbar aus dem Ramul. post. r. spin. art. vertebr. abgegeben. 
Von vorne her gehen zu dem Ganglion Rr. nutrientes aus dem Ramul. 
med. oder ant. r. spin. art. vertebr. oder direct aus der A. vertebralis. 

Das Ganglion VI. Ausnahmsweise — in 4 von 70 Fällen!) — 
geschieht die Vascularisation aus einem Anfangsaste der A. cervicalis 


1) Hier wie im weiteren Verlaufe entspricht jedem Falle eme Körperhälfte. 


362 W. Tonkoff, 


ascendens. An die hintere Fläche des Ganglions treten Rr. nutrientes 
aus sehr verschiedenen Quellen: aus einem in dem Trigonum inter- 
scalenicum aufsteigenden Muskelaste der A. subclavia (27 Falle), aus 
dem Anfangsteil der A. transversa colli (13 Fálle), aus dem Anfangs- 
‘teil des Truncus costo-cervicalis (10 Fälle), aus der A. thyreoidea 
inferior (8 Fälle), aus der A. cervicalis profunda (5 Fälle) und aus dem 
Truncus thyreo-cervicalis (2 Fälle). Mit dem Ast aus den genannten 
Quellen, der an der hinteren Flache des Nerven verlàuft, anastomo- 
siert mehr oder weniger der Ramul. post. r. spin. a. vertebr. An die 
Vorderfläche des Ganglions gehen Rr. nutrientes aus dem Ramul. medius 
r. spin. a. vert. oder ebenso oft direct aus der A. vertebralis selbst. 

Das Ganglion VII erhalt von hinten Rr. nutrientes aus denselben 
Quellen, wie das vorige, mit dem Unterschied, dass Aeste aus der A. 
cervicalis ascendens, A. thyreoidea inferior und dem "Truncus thyreo- 
cerviealis hierher nicht gelangen. Von vorne gehen zu dem Gang- 
lion Rr. nutrientes aus dem Ramul. medius r. spin. a. vertebr. In den 
Fällen, wo der erwähnte Ramul. medius schwach entwickelt oder ganz 
fehlend ist, tritt ein aus dem 'Truneus costo-cerviealis (oder, wenn 
dieser zu kurz ist, aus der A. cervicalis profunda) aufsteigender Ast an 
seine Stelle. In sehr bemerkenswerter Weise verläuft dieser Ast fast 
immer (in 10 Fällen 7 mal) durch ein Loch im Querfortsatze des 
7. Halswirbels in Begleitung der Wirbelvene, und erreicht so das 
Ganglion; manchmal verläuft er als Ramulus medius weiter, meist aber 
versorgt er ausser dem Ganglion die hinteren Halsmuskeln. 

Das Ganglion VIII wird ausschliesslich von Aesten des Truneus 
costo-cervicalis versorgt. Die Rr. nutrientes zu der hinteren Seite 
des Ganglions kommen direct aus der A. cervicalis profunda oder aus 
dem zu den Muskeln oder zu der hinteren Wand des Wirbelkanales 
verlaufenden Aste derselben. Von vorn begeben sich zu dem Ganglion 
Rr. nutrientes aus einem zu der vorderen Wand des Wirbelkanales 
oder — als Ramulus medius — zu dem Rückenmarke hinziehenden 
Aste, welcher an der A. cervicalis profunda oder (halb so oft) am 
Truneus costo-cervicalis entspringt. 


1) Nach K. Bartholdy (a. a. O. S. 442) beteiligt sich die A. thyreoidea inferior 
an der Versorgung sämtlicher Halsganglien mit Ausnahme des I. und VIII. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 363 


2. Die Ganglia thoracalia und lumbalia (Taf. XX. Fig. 5). 


Alle diese Ganglien werden aus den entsprechenden Aa. inter- 
costales bezw. lumbales versorgt. Die typische Teilung der A. inter- 
costalis bezw. lumbalis in einen Ram. anterior und Ram. posterior, 
des Ramus posterior in einen R. muscularis und R. spinalis und des 
Ramus spinalis in drei Aeste (Riidinger) ist bei weitem nicht constant 
und sehr hàufig kommen verschiedene Variationen zur Beobachtung. 
Vor allem kann der Ramulus anterior sich aus der A. intercostalis 
vor ihrem Zerfall in einen R. anterior und posterior abzweigen. So- 
dann weicht die A. intercostalis nicht selten unvermittelt in mehrere 
Aeste, einen R. anterior, R. muscularis, Ramulus medius, Ramulus 
anterior auseinander. Im Falle typischer Teilung der A. intercostalis 
in einen R. anterior und R. posterior erscheint der R. muscularis nach 
Richtung und Querschnitt sehr oft als directe Fortsetzung des letzteren, 
der R. spinalis hingegen (oder dessen Aeste) gehen aus dem R. muscu- 
laris hervor. Seltener tritt der umgekehrte Fall ein, d. h. der R. 
posterior setzt sich in den R. spinalis fort, während der R. muscularis 
als schwacher Ast desselben erscheint. Ueberhaupt kommt der R. 
spinalis als solcher selten vor und die ihn bildenden Aeste entstehen 
für sich aus dem R. muscularis. Letzterer giebt im Beginne — manch- 
mal aus gemeinsamem Stamme — einen Ramulus anterior und Ramulus 
medius ab. Den Zweig zur hinteren Wand des Wirbelkanales aber 
(Ramul. posterior) entwickelt er nach geschehener Kreuzung des Spinal- 
ganglions. Wo der Ramul. medius stark entwickelt ist, erscheinen die 
Ramuli anterior und posterior als Aeste desselben. 

Das thoracale Spinalganglion erhält Rami nutrientes vor allem 
aus dem Ramul. medius; letzterer erscheint an Práparaten, wo er stark 
entwickelt ist, als Hauptversorgungsquelle des Ganglions, an dessen beide 
Flüchen er Rr. nutrientes abgiebt. Von vorne her kann das Ganglion 
ausserdem Rr. nutrientes aus dem Ramul. anterior erhalten, welcher 
in dieser Beziehung den Ramul. medius dann ersetzt, wenn letzterer 
abwesend oder schwach ist. An die hintere Flàche des Ganglions be- 
geben sich Rr. nutrientes aus dem Ramul. posterior. 

In der Lendengegend lässt sich dasselbe Verhalten nachweisen, 


364 W. Tonkoff, 


mit dem Unterschiede jedoch, dass der Ramulus medius hier gróssten- 
teils aus dem Teilungswinkel der A. lumbalis in den R. anterior und 
posterior oder noch vor der Teilung sich abzweigt. Der Ramul. posterior 
nimmt ferner an der Ernährung der Lendenganglien regeren Anteil, 
als dies in der Brustgegend der Fall ist. Ausserdem kann das Gang- 
lion einen weiteren R. nutriens unmittelbar aus der A. lumbalis er- 
halten, wenn diese mit einem Male in mehrere Aeste auseinander- 
weicht. Das Ganglion lumbale V wird versorgt aus dem R. lumbalis 
der A. iliolumbalis, seltener aus einem Aste der A. lumbalis IV oder 
endlich aus der A. lumbalis V (aus der A. sacralis later.), wenn diese 
mehr oder weniger stark entwickelt ist. 


5. Die Gangha sacralia (Taf. XX. Fig. 5). 


Die Ganglia sacralia werden versorgt aus den Rr. dorsales ramo- 
rum lateralium a. sacralis lateralis. Jeder R. dorsalis teilt sich dabei in 
einen vorderen und hinteren Ast. Ersterer zieht längs dem Ganglion 
dahin, sendet ein Aestchen an die hintere Fläche der Kreuzbeinwirbel- 
körper und zerfällt fast gänzlich in Rr. nutrientes für die Vorderfläche 
je eines Ganglions, von welchen einer, der zu stärkerer Entwickelung 
gelangt, mit der Wurzel des entsprechenden Nerven zum Rückenmarke 
emporsteigt. Der hintere Ast des R. dorsalis sendet gleichfalls Rr. 
nutrientes an das Ganglion, und zwar an dessen hintere Fläche, doch sind 
dieselben merklich schwächer und nicht so zahlreich wie jene aus dem 
R. ventralis. Sehr reich an Gefässen ist das erste und zweite Sacral- 
ganglion. An ihrer Uebergangsstelle in die Nerven erhalten die Gang- 
lien manchmal Rr. nutrientes unmittelbar aus der A. sacralis lateralis. 


Allgemeines über die Vascularisation der Spinalganglien. 


Im Anschlusse an obige Darstellung des Arteriensystemes der 
Spinalganglien nach den einzelnen Regionen wäre hier folgendes All- 
cemeine hervorzuheben. 

Von Wichtigkeit erscheint vor allem der Umstand, dass sämtliche 
Ganglien aus den zunächst gelegenen Arterien ihre Versorgung er- 
halten. Wiewohl jedes Spinalganglion einen relativ kleinen Körper 
vorstellt, der nur nach einer Richtung etwas in die Länge gezogen 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 365 


ist, erhält es seine Ernährung (mit wenigen Ausnahmen, s. unten) aus 
mehreren, wenigstens aber aus zwei Quellen. Als häufigste und wich- 
tigste solehe Quelle erscheint die an dem Ganglion zum Rückenmarke 
verlaufende Arterie (der in eine A. radicalis sich fortsetzende Ramul. 
medius) sodann die Art. nutritia der hinteren Wand des Wirbelkanales 
und endlich diejenige Arterie, welche sich an der vorderen Fláche des 
Canalis vertebralis aufzweigt; letztere tritt meist nur als Ersatz ein für 
erstere in Fallen, wo diese fehlt oder zurücktritt. Jede der genannten 
Arterien sendet an das Ganglion mehrere (1, 2 oder 3) Rr. nutrientes, 
welche stets in zwei Gruppen zerfallen, nämlich eine vordere und 
hintere: die hinteren Aeste kommen aus dem Ramul. posterior, seltener 
aus dem Ramul. medius, die vorderen aus dem Ramul. medius, seltener 
aus dem Ramul. anterior. Beide verästeln sich an der Oberfläche des 
Ganglions, meist unter Zerfall in einen Ram. ascendens und descendens, 
Wobei fast stets Anastomosen zwischen den Rr. nutrientes anteriores 
und posteriores gut entwickelt sind. Gegen das Innere des Ganglions 
dringen bereits secundäre, feinere Verästelungen vor, nur selten begiebt 
sich ein starker R. nutriens unmittelbar zur Tiefe. Umfangreiche 
Ganglien (untere cervicale, lumbale, obere sacrale) erhalten selbst- 
verstàndlich zahlreiche stárkere, reichverzweigte Rr. nutrientes. 
Sümtliche Spinalganglien kónnen nach den Besonderheiten ihrer 
Vascularisation in zwei Gruppen getrennt werden. Die eine Gruppe 
umfasst die Halsganglien, die zweite alle übrigen. Jedes Ganglion der 
zweiten Gruppe wird versorgt aus der dem betreffenden Kórpersegmente 
entsprechenden parietalen Arterie (im Brustteile aus einer A. inter- 
costalis, im Lendenteile aus einer A. lumbalis, im Sacralteile aus dem 
R. lateralis der A. sacralis lateralis) durch die von ihr zum hücken- 
marke und zu den Wänden des Wirbelkanales hinziehenden Aeste. Es 
liegt hier also ein sehr typisches, regelmássiges Verhalten vor. Unter 
anderen Bedingungen finden sich die Ganglien der ersten Gruppe: die 
sie querende Wirbelarterie anastomosiert auf ihnen oder in ihrer Nahe 
mit den oben genannten Aesten der A. subclavia. Eine Aehnlichkeit 
mit der Anordnung der ersten Gruppe ist darin gegeben, dass aus der 
A. vertebralis an jedem Cervicalganglion (mit Ausnahme des ersten 
und letzten) häufig mit einem gemeinsamen Stämmchen ein Complex 


366 W. Tonkoff, 


von Aesten hervorgeht, die mehr oder weniger einem R. spinalis 
der Intercostal- bezw. Lumbalarterien entsprechen; einer von ihnen, 
welcher zu der hinteren Fläche des Wirbelkanales hinzieht, ana- 
stomosiert mit einem bestimmten Aste der A. subclavia: an dem 
3., 4. und 5. Ganglion mit Endàsten der A. cervicalis ascendens, 
an dem 6. und 7. mit Endästen eines Stámmchens, welches am 
haufigsten aus der Subclavia zwischen Truncus costo-cervicalis und 
A. transversa colli oder aus dem Beginn der zuletztgenannten beiden 
Gefasse hervorgeht. Diese Anastomose ist die erste charakteristische 
Besonderheit der Cervicalganglien. Eine weitere Besonderheit besteht 
in der Inconstanz, der Mannigfaltigkeit und dem Reichtum der Ver- 
sorgungsquellen, wovon ein schónes Paradigma das 6., aber auch 
das 5. und 7. Halsganglion darstellt. Diese Besonderheit der Ernäh- 
rung der meisten Halsganglien findet augenscheinlich darin ihre Er- 
klärung, dass in der Umgebung derselben in grösserer oder geringerer 
Entfernung viele Arterien verlaufen, von welchen die einen ófter, die 
anderen seltener mittelst ihrer Endäste die Ganglien erreichen. Ganz 
anders ist es mit den Ganglien der zweiten Gruppe: hier kann jedes 
Ganglion nur von Einer Arterie (A. intercostalis, lumbalis) versorgt 
werden. Eine Ausnahme bildet das 2. Thoracalganglion (A. intercostalis 
suprema und A. intercostalis et Aorta thoracica) sowie das 5. Lenden- 
ganglion (A. lumbalis IV, A. lumbalis V, R. lumbalis a. ilio- lumbalis). 
Einige Halsganglien, nàmlich das 1. und 2., erhalten ihre Gefasse eben- 
falls aus Einer Quelle, die Mehrzahl derselben befindet sich jedoch 
unter günstigeren Ernáhrungsbedingungen. 

Nicht  anzuschliessen vermag ich mich der Darstellung von 
Adamkiewicz, nach welcher jede der vorderen Wurzeln des 4., 5., 
6. und 7. Halsnerven besonders häufig ein eigenes Arterienstämmchen 
besitzen sollen. Nach meinen Erfahrungen gilt dies in gleicher Weise 
auch von dem 3. und 8. Nerven, da an den Ganglien derselben nicht 
minder häufig ein in eine A. radicalis anterior übergehender Ramulus 
medius hinaufsteigt. Durch besondere Stärke und Constanz ausgezeichnet 
ist die Art. radicalis anterior des 7. Nerven aus der Vertebralis und 
die Art. radicalis anterior des 8. Nerven aus dem Truncus costo-cervi- 
calis (bald rechts, bald links). 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 367 


II. Die Arteriae nutritiae der Nervenstamme. 


Die feinsten Nerven entbehren nach Ranvier') der Blutgefässe. 
Das Material zu ihrer Ernáhrung entlehnen sie dem umgebenden Plasma 
aus den benachbarten Capillaren. Sobald sie aber an Grösse ge- 
winnen, treten die Nervenbiindel, isoliert oder in Stàmme vereinigt, 
bereits in den Besitz von Blutgefässen, die in die lamellóse Scheide 
eintreten, diese durchsetzen und in dem Nerven sich verteilen. Die 
kleinen Arterien und Venen verlaufen in den endofasciculàren Lamellen, 
während die Capillaren entweder den Nervenróhren unmittelbar an- 
liegen oder durch einige Bindegewebsfasern von letzteren getrennt sind. 
Das histologisehe Verhalten der Nervenvascularisation hat im Ganzen 
eine befriedigende Bearbeitung und vóllig klare Darstellung gefunden. 

Was die makroskopisch-anatomischen Verhältnisse betrifft, so finden 
sich schon bei den álteren Anatomen einige Angaben über Arterien, die 
an den Nerven verlaufen. Haller?) bildet auf einigen seiner Tafeln die 
kleinen Arterien am Ischiadicus, am N. tibialis, am Plexus brachialis etc. 
ab und nennt sie Ramus ad nervum, Ramulus ad nervos. In der 
spáteren Litteratur sind vereinzelte, meist kurze Notizen über Arterien 
verschiedener Nerven zerstreut?). Die erste eingehendere Schilderung 
der Nervenarterien aber giebt Hyrtl*). Schon im Jahre 1859 erwähnt 
Hyrtl bei der Beschreibung der Blutgefásse der Gelenkkapseln, Sehnen 
Fascien etc. auch die Vascularisation der grósseren Nervenstàmme. 
Nach seinen Angaben verlaufen sehr feine Arterien (selten eine, hàufiger 
zwei) in grosser Ausdehnung schràg zu der Axe des Nervenstammes, 
oberflächlich und ohne Aeste abzugeben, und erst später dringen sie 
zwischen den Bündeln des Nerven gegen die Tiefe desselben vor, wo 
sie ein Capillarnetz entwickeln. 

In einer anderen Arbeit?) giebt Hyrtl folgende eingehende Be- 


1) Traité technique d’histologie. Paris 1889. p. 587. 

2) Icones anatomicae MDCCLVI. 

3) Viele derselben werden von K. Bartholdy angeführt. 

4) Ueber das Verhalten der Blutgefässe in dem fibrösen Gewebe. Oesterr, 
Zeitschr. f. pract. Heilkunde. 1859. S. 130. 

?) Hyrtl, Ueber normale und abnorme Verhältnisse der Schlagadern des Unter- 
schenkels. Wiener Denkschr. 1864. XXIII, 


368 W. Tonkoff, 


schreibung der Nervenarterien. Jeder Nerv, gross oder klein, besitzt 
eine ihm eigene Arteria nutritia, welche nur ihn allein ernährt, keine 
Zweige in anliegende Gebilde abgehen lasst, und ein Capillargefàss- 
system entwickelt, welches nicht tiber das Neurilemma des betreffenden 
Nerven hinausreicht, sondern in der Substanz dieser Nerven in eine, 
dieser allein angehórende Vene übergeht. Die Aa. nutritiae grósserer 
Nervenstàmme verlaufen stellenweise oberflàchlich, stellenweise dringen 
sie gegen die Axe der Stàmme vor, kehren wieder zu der Seite des 
Nerven zurück, welche sie verlassen haben, oder lagern sich auf die 
enteegengesetzte. Diese Nervenarterien nun erhalten von Stelle zu 
Stelle aus benachbarten grösseren oder kleineren Gefässen anasto- 
mosierende Zweige, welche auf lange Strecken hin für eine gewisse 
Bestàndigkeit ihres Calibers sorgen. Fasst man diese anastomosieren- 
den Gefásse als solche auf, welche sich im Nerven in aufsteigende und 
absteigende. Zweige teilen, welche mit den nächst oberen und unteren 
sich in Verbindung setzen, so wird jeder Nerv Trager einer fort- 
schreitenden Reihe von Anastomosen. Dann beschreibt Hyrtl auf 
Grundlage eines einzigen Halles — was er durch die ungewóhnlichen 
Schwierigkeiten der Präparation gerechtfertigt findet — die Arterien 
des N. ischiadicus und peroneus. | 

Holl?) widmet den Arterien der Nerven einige gelegentliche Zeilen, 
wobei er im wesentlichen Hyrtls Darstellungen wiederholt. 

Zwei neuere Specialarbeiten über den vorliegenden Gegenstand 
stammen von Quénu und Lejars.?) Mit dem Hinweise auf die Lücken- 
haftigkeit unserer Kenntnisse von den Gefässen der Nerven und auf 
die Wichtigkeit der Frage stellen die genannten Autoren allgemeine 
Regeln auf, denen die Arterien und Venen der Nerven unterworfen 
sind, und beschreiben als Paradigma dazu die Arterien des N. medianus, - 
des N. ischiadicus, des Plexus lumbalis, sowie des Halsteiles vom Vagus 
und Sympathicus. Angaben über die Anzahl der untersuchten Objecte 
fehlen, es heisst nur, dass auch Kinderleichen prapariert worden sind. 
(0 8 Zina der Kniekehlengefässe und Nerven bei Streckung einer Con- 
tractur. Arch. f. klin. Chir. XXII. 1878. S. 374. 

?) Les artères et les veines des nerfs. Comptes rendues. T. CXI. 1890. 


p. 608. Étude anatomique sur les vaisseaux sanguins des nerfs. Archives de Neu- 
rologie Vol. XXII, 1892. p. 1, 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 369 


Quénu und Lejars bezeichnen das Arteriensystem der Nerven als sehr 
reich und sehr regelmässig. Der Ursprung der Vasa nervorum, die 
Art ihres Eintrittes, ihre Teilung im Innern des Nerven unterliegen 
bestimmten Gesetzen. Die oberflächlichen Nerven sind in ganzer Länge 
begleitet von einer Arterie, die mit ihnen verbunden bleibt und sich 
unter Bildung einer Reihe von Arkaden fortsetzt. So erscheinen diese 
Nerven als wichtige Richtungswege des subcutanen Arteriensystemes. 
Jeder Nervenstamm erhalt seine Arterien aus constanten Quellen. 
Hiermit im Zusammenhange stehen physiologische und pathologische Er- 
scheinungen von hervorragender Tragweite (Vagus und Sympathicus am 
Halse). Ein Nervenstamm erhält seine sämtlichen Arterien nie aus 
einer einzigen Quelle. Alle Vorrichtungen, die in den Nervencentren 
dem directen und plótzlichen Zuflusse des arteriellen Blutes hinderlich 
sind, kommen an den Nervenstämmen zur Beobachtung. 

Weitere fragmentarische Angaben über die Quellen der Blut- 
versorgung einiger Nerven, die sich in den vorhin genannten Schriften 
vorfinden, sollen im folgenden noch berücksichtigt werden. Von allen 
bisherigen Behandlungen der Nervengefásse, auf welche ich im Laufe 
der späteren Darstellung noch eingehen werde, kann hier das Eine 
hervorgehoben werden, dass über den Umfang der Untersuchungsreihen, 
auf welchen sich die Schlüsse aufbauen, nirgends nàhere Mitteilungen 
gemacht sind. In wesentlichen Beziehungen giebt es Widersprüche. 
Hyrtl lässt die Arterien in toto in den Nerven eintreten, während bei 
Quénu und Lejars es heisst, dass die Arterien sich an der Nerven- 
oberfläche hinschlängeln und erst nach wiederholter Teilung gegen das 
Nerveninnere vordringen. Ferner herrscht nicht bei allen Autoren Einig- 
keit über den Begriff der Arteria nutriens, die mit der Arteria comes 
(Holl) verwechselt wird. Während Quenu und Lejars längs der Bahn 
oberflächlicher Nerven Begleitarterien, gebildet von Hautgefässarkaden, 
schildern, bildet Manchot!) in seiner Monographie auf den beigefügten 
Tafeln nirgends Anastomosen zwischen den Hautarterien ab, vielmehr 
versorgt jede Hautarterie ein bestimmtes, circumscriptes Gebiet, ohne 
mit den nachbarlichen zu anastomosieren. Endlich enthält keine der 


1) Die Hautarterien des menschlichen Körpers. Leipzig 1889. 
Internationale Monatsschritt für Anat. u. Phys. XV. 24 


370 W. Tonkoff, 


citierten Arbeiten Notizen, auch nur annähernder Art, über den Durch- 
messer der Nervenarterien. 

Unter solchen Verhältnissen erscheint es begreiflich, dass in den 
anatomischen Handbüchern die Nervengefásse entweder völlig mit Still- 
schweigen übergangen werden oder nur mit kurzen, allzu allgemeinen 
und zudem manchmal geradezu unrichtigen Bemerkungen Erwähnung 
finden. Auffallend ist es, dass Hyrtl, der doch in mehreren seiner 
Schriften eine classisch zu nennende Schilderung der Nervenarterien 
giebt, in seinem viel später erschienenen Handbuche') sich darauf be- 
schränkt, zu schreiben: „Der Gefässreichtum der Nerven ist, wie schon 
ihre weisse Farbe beurkundet, kein bedeutender. Die feinsten Capillar- 
gefässnetze bilden in den Nerven langgestreckte Gitter oder Maschen.“ 


Nicht wesentlich ausführlicher äussert sich Richet?) über diesen 
Gegenstand. „Les nerfs”, heisst es bei ihm, „sont moins riches (sc. als 
das Gehirn) en vaisseaux; cependant il en est quelques-uns, comme le 
sciatique, qui possèdent en propre une ou plusieurs arterioles volumi- 
neuses pénétrant leur tronc et y donnant naissance à un riche plexus, 
qui entoure les gaînes de chaque fibrille nerveuse.“  Einigemal sah 
Richet starke Entwickelung dieser Geflechte in Fallen, wo der ent- 
sprechende Nerv bei seinem Durchtritte durch einen Eiterherd in Eut- 
zündung tibergegangen war. 

Nach Sappey”) sind die in dem Neurilemm sich verästelnden Blut- 
sefässe ebensosehr durch ihr Volumen wie durch ihre Anzahl bemerkens- 
wert. In dem Abschnitt über Zahl und Caliber der Arterien bemerkt 
Sappey*) demungeachtet: , Les ramifications qui succédent aux branches 
artérielles ne sont pas également abondantes dans toutes les parties 
du corps. Quelques organes en possédent un trés grand nombre; dans 
cette classe il faut ranger les glandes, les membranes muqueuses, la 
peau, les muscles. D'autres en contiennent beaucoup moins: tels sont 
les cordons nerveux, les tendons, les aponévroses. 


————————— 


!) Lehrbuch der Anatomie des Menschen. Wien 1881. S. 154. 

?) Traité pratique d'anatomie médico-chirurgicale. Paris 1860. p. 211. 
?) Traité d'anatomie descriptive. T. III. 1889. p. 224. 

VARO IBI MS NAT. 


€ 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 371 


Nach Testut’) besitzen alle Nerven Arterien, Venen und Lymph- 
gefasse. Nur die feinsten Nervenfidchen entbehren der Gefässe und 
werden von den nachbarlichen Gefássnetzen aus ernährt. Das weitere 
über die Nervenarterien gründet sich augenscheinlich auf Quénu und 
Lejars Arbeit, die Testut auch citiert. 

An diese litterarische Uebersicht kónnen nun meine eigenen Unter- 
suchungen anknüpfen. 


A. Allgemeine Beschreibung der Arteriae mutritiae nervorum. 


Ich betrachte zunáchst die Arterien der grossen Nervenstàmme. 
Der N. medianus am Oberarm mag hier als Beispiel dienen. Wenn 
man ihn nach vorhergehender Arterieninjection vorsichtig von der be- 
nachbarten A. brachialis ablóst, so bemerkt man leicht unmittelbar aus 
letzterer hervorgehend, in grésserem oder geringerem Abstande von 
einander, zwei bis drei feine Arterien (ihr Durchmesser erreicht beim 
Erwachsenen ca. '/, mm), welche etwa 1 cm neben dem Nerv ver- 
laufend schràg zu seiner Axe in ihn hineindringen. Es sind dies 
die Arteriae nutritiae nervi mediani. Jede derselben teilt sich ge- 
wöhnlich in zwei Aeste, die sich an dem Nerven nach oben und unten 
begeben (Ramus ascendens und Ramus descendens). Die Stärke der 
letzteren kann gleich oder verschieden sein, sodass Fälle vorkommen 
können, wo einer der Aeste kaum wahrnehmbar ist oder für das un- 
bewaffnete Auge gänzlich fehlt. Der Zerfall in einen aut- und ah- 
steigenden Ast kann schon vor dem Eintritt der A. nutritia in das 
Epineurium statthaben, und manchmal kommen die Aeste unmittelbar 
aus dem Hauptstamme (im vorliegenden Falle aus der A. brachialis 
und ihren Muskelästen); mit anderen Worten: zwei Arteriae nutrientes 
entstehen nahe bei oder fast neben einander und verlaufen dann im 
Nerven nach entgegengesetzten Richtungen. Auf der anderen Seite 
erfolgt die Teilung der A. nutritia in die genannten Aeste bereits nach 
seschehenem Eintritte in den Nerv. 

Die beiden Aeste der A. nutritia, der aufsteigende und absteigende, 
ziehen, manchmal unter leichter Schlängelung, an der Oberfläche des 


1) Traité d'anatomie humaine. Bd. II. Système nerveux périphérique. Organes 
des sens. Paris 1897. p. 539, 


912 W. Tonkoff, 


Nerven dahin, indem sie, in das Perineurium eingeschlossen, bald an 
die eine, bald an die andere Seite des Stammes treten, oder aber sie 
verlaufen im Innern des Nerven und dann oft entsprechend der Axe 
desselben. Dem äusseren Ansehen nach lässt sich daher über den 
Gefässreichtum eines Nerven kein Urteil gewinnen. So z. B. enthält 
der N. ulnaris am Oberarm zuweilen in 15 cm Ausdehnung (beim 
Erwachsenen) seine Art. nutritia im Innern und letztere kann mur 
durch Auseinanderdrängen der Nervenbündel sichtbar gemacht werden. 
Bringt man noch in Erwägung, dass bei dem gewöhnlichen Gange der 
Präparation, wobei die Nerven von den umgebenden Teilen völlig rein 
isoliert werden, die Ernährungsgefässe jedesmal bei ihrem Eintritte in 
den Nervenstamm durchtrennt werden, so wird man sich über Hyrtls 
Ausspruch: „Der Gefässreichtum der Nerven ist, wie schon ihre weisse 
Farbe beurkundet, kein bedeutender*, nicht wundern und wird die 
Nerven, wie Sappey dies vorschlägt, in dieser Beziehung den Apo- 
neurosen und Sehnen gleichstellen. 

Im allgemeinen verlaufen an grossen Nerven die Arterien meist 
im Inneren, in dem interfasciculären Bindegewebe. In kleineren Nerven 
liegen sie unmittelbar unter dem Epineurium. Das hat hóchst wahrschein- 
lich darin seinen Grund, dass in letzterem Falle das interfascikulare 
Bindegewebe, die gewöhnliche Lagerungsstätte der Blutgefässe, schwach 
entwickelt ist. Doch giebt es Ausnahmen von dieser Regel. So z. B. 
führen der N. cruralis über dem Lig. Poupartii und der Medianus im 
unteren Drittel des Oberarmes und im Canalis carpalis ihre Arterien 
constant an ihrer vorderen Fläche, und doch sind diese zwei Nerven 
bekanntlich von sehr ansehnlicher Grösse. 

Was die Aeste der Aa. nutritiae betrifft, so lässt sich zwischen 
benachbarten Aa. nutritiae das Vorhandensein von Anastomosen nach- 
weisen. Es geht nämlich der R. descendens der höher liegenden A. 
nutritia in den R. ascendens der darunter gelegenen über. Viel seltener 
weichen diese Aeste, ohne einander zu begegnen, mit ihren Enden aus- 
einander, wobei die Verbindung erst zwischen secundären Aestchen 
vor sich geht. In der Mehrzahl der Fälle erscheint der Nerv 
nach Hyrtls zutreffender Bemerkung als Träger einer fortschreitenden 
Reihe von Anastomosen. Je stärker dabei der Nerv, desto ansehn- 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. BYE: 


licher sind natürlich seine Gefässe, und es kommt vor, dass eine A. 
nutritia, an den Nerv herantretend, in drei oder vier Aeste zerfallt, 
die nach oben und unten verlaufen. Zu bemerken ist endlich sehr oft 
dichotomische Teilung einer am oder im Nerven verlaufenden Arterie. 
Die so entstehenden Aestchen verbinden sich dann nach längerem oder 
kürzerem Verlaufe von neuem mit einander, kónnen wieder auseinander- 
gehen etc. Es entwickeln sich so Arterieninseln und Wundernetze. 
Im allgemeinen aber gehen aus der Arterie im Nerven Seitenästchen 
meist nahezu unter rechten Winkeln ab und teilen sich dann ihrerseits 
in feine auf- und absteigende Stämmchen. 

Die Stárke der Aa. nutritiae der Nerven ist bei weitem nicht so 
ceringfügig, wie man gewöhnlich annimmt. Dies geht schon aus dem 
Umstande hervor, dass die Aa. nutritiae der grossen Stiimme schon 
bei menschlichen Embryonen der zweiten Foetalperiode ohne jede Zu- 
hilfenahme der Lupe vóllig rein dargestellt werden kónnen.  Gróssere 
Ernährungsarterien erreichen bei dem Erwachsenen einen Durchmesser 
von 0,5 mm und darüber hinaus. So ist es z. B. am Plexus brachialis 
und àm N. ischiadicus. Nicht zu vergessen ist natürlich, dass dies nur 
Annäherungswerte sind, da es sich um Messungen an künstlich unter 
bestimmtem Drucke injicierten Gefässen handelt. 

Die geschilderten Aa. nutritiae dienen grósstenteils ausschliesslich 
zur Ernàhrung der Nerven und ihrer bindegewebigen Hüllen. Unter 
gewissen Verhältnissen jedoch können sie gleichzeitig auch andere Or- 
gane und Gewebe versorgen. Liegt ein Nerv neben einer grossen Ar- 
terie, so geben die aus letzterer hervorgehenden Aa. nutritiae, ehe sie 
in den Nerv eintreten, kleine Aestchen an die Wand des Arterien- 
stammes und seiner Begleitvene oder -venen ab. Beispiele: N. medianus 
und A. und Vv. brachiales, N. tibialis und A. und Vv. tibiales poste- 
riores. Es entspringen also die Vasa vasorum und Vasa nervorum 
nicht selten mit gemeinsamen Stimmchen'). Wenn ferner ein Nerv 
zwischen Muskelbündeln verläuft, ohne von letzteren durch aus- 
gesprochene Fascienblätter getrennt zu sein, so erhält der Nerv seine 
Aa. nutritiae gemeinschaftlich mit dem Muskel. Beispiele: Plexus lum- 


1) Quénu und Lejars, a. a. O. S. 35. 


374 W. Tonkoff, 


balis, N. cruralis und M. psoas major; Plexus sacralis und M. piri- 
formis. Hierbei kónnen zum Muskel nur unbedeutende Aestchen aus 
der A. nutritia gelangen, in welchem Falle sie vorzugsweise dem Nerven 
zur Ernährung dient, oder aber es giebt eine ansehnliche Arterie, den 
Nerven durchdringend, letzterem Rr. nutrientes ab, die hinter den End- 
ästen an Stärke wesentlich zurücktreten. Solche Gefässe können Aa. 
nutritiae perforantes genannt werden. 

Der allgemeinen Regel nach erhält der Nerv seine Gefässversorgung 
aus zunächst gelegenen Quellen. Wenn neben einem Nerven in be- 
stimmter Ausdehnung ein grösserer Arterienstamm verläuft, so gehen 
die Aa. nutritiae unmittelbar aus letzterem hervor, seltener aus seinen 
Muskel- oder sonstigen Aesten, auch wenn diese dem Nerven sehr nahe 
liegen oder ihn sogar kreuzen. Beispiele: N. medianus und A. bra- 
chialis; N. ulnaris und A. ulnaris; N. tibialis und A. tibialis posterior. 
Verläuft der Nerv isoliert, aber mit einer Arterie sich kreuzend, so 
gehen Aa. nutritiae aus letzterer an der Kreuzungsstelle hervor. Eine 
Ausnahme von dieser Regel bilden solche Arterien, die zwar einem 
Nerven benachbart liegen, aber durch eine Fascie von ihm geschieden 
sind. So. werden von der A. cervicalis superficialis und von der A. 
transversa scapulae, obwohl sie den Plexus brachialis kreuzen und dicht 
über ihm hinziehen, niemals Aa. nutritiae entwickelt. — Sehr oft 
treten Aa. nutritiae in den Nerven an den Teilungsstellen desselben ein; 
in bogenfórmigem Zuge steigen sie nämlich zu dem Astwinkel des 
Nerven empor und senden den Aesten entlang Rr. nutrientes des- 
cendentes. In letzterem Falle verdienen sie den Namen Aa. nutritiae 
recurrentes. Solche Gefässe treten z. B. ein in den N. musculo-cutaneus, 
an der Abgangsstelle seiner Aeste zum Biceps und Brachialis; in den 
N. ischiadicus an seiner Teilungsstelle in den Tibialis und Peroneus; 
in den N. peroneus bei seiner Teilung in den Peroneus superficialis 
und profundus; in den N. medianus, wo er in Nn. digitales communes 
auseinander weicht. 

Es giebt also für jeden einzelnen Nerven bestimmte Orte, an welchen 
ihm ausnahmslos Ernährungsgefässe zugehen. Häufig aber fällt es 


1) Bartholdy lässt die A. transversa scapulae in seltenen Fällen Aeste an den 
Plexus brachialis abgeben. Ich habe dies nirgends beobachtet. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 375 


schwer, die Eintrittsstelle der Aa. nutritiae in den Nerven genau zu 
bestimmen. Der N. medianus z. B. kann am Oberarm solche aus der 
A. brachialis bald höher oben, bald tiefer unten erhalten.  Variabel 
ist auch die Anzahl der Ernáhrungsgefásse. So hat der N. ulnaris am 
Oberarm manchmal nur zwei Aa. nutritiae (aus der Axillaris und aus 
der Collateralis ulnaris superior), in anderen Fallen sind fünf, am 
háufigsten drei solche Arterien vorhanden. 

Bei der speciellen Beschreibung der Vasa nutrientia der Nerven 
werden die constantesten Versorgungsquellen der letzteren, die annàhernde 
Zahl der Aa. nutritiae und ihre häufigste Eintrittsstelle in den Nerven 
angegeben werden. Schon hier ist jedoch folgendes zu bemerken. Die 
Aa. nutritiae der Nerven sind, wie sonst überall, bestimmten Gesetzen 
unterworfen, kónnen aber gleichzeitig innerhalb der Grenzen der Norm 
variieren, wie wir dies vorhin gezeigt haben. Da es sich aber hier 
meist um Arterien zweiter oder dritter Ordnung handelt, so ist be- 
greiflich, dass sie in Abhängigkeit stehen von dem Verhalten der 
Hauptarterienstàmme: entsprechend den Variationen der letzteren 
wechselt das Verhalten der Aa. nutritiae. Da endlich auch die Ano- 
malien der Gefásse von Einfluss sind auf die Anordnung der Nerven- 
arterien, so müssen letztere alles in allem nicht unbetrachtlichen 
Schwankungen unterliegen. 

Was die Ernährung der Plexus der Spinalnerven betrifft, so be- 
gegnen wir hier den nämlichen Verhältnissen. Nur erhalten die Plexus 
meistenteils Stàmmchen (Trunci nutritii), welche nach ihrem Eintritte 
in das Geflecht manchmal sofort in eine grosse Anzahl auf- und ab- 
steigender Aeste zerfallen, die entweder an der Oberfläche oder noch 
häufiger im Innern der das Geflecht zusammensetzenden Nerven sich 
hinziehen. Ursprung und Verlauf der Rr. nutrientes zeigt in den Ge- 
flechten gewóhnlich eine noch erheblichere Mannigfaltigkeit. 

Bezüglich der Hautnerven decken sich meine Beobachtungen nahezu 
mit denen von Quénu und Lejars. Die Hautarterien erzeugen in der 
That eine Reihe von Anastomosen entlang den Nerven. Dies geschieht 
in der Regel so, dass die nächstgelegene Arterie, an den Nerven heran- 
tretend, einen Ramus ascendens und descendens entwickelt, welche den 
Nerven begleiten, indem sie neben ihm verlaufen, manchmal ihn durch- 


376 W. Tonkoff, 


setzen und sich mit entsprechenden Aesten anderer Hautarterien ver- 
binden. Man kann daher nahezu làngs jedem Hautnerv in grósserer 
oder geringerer Ausdehnung eine in der angegebenen Weise ent- 
stehende Begleitarterie (A. comes) verfolgen. Als Beispiele sind zu 
nennen die Hautnerven des Oberschenkels und des Vorderarmes. Eben- 
solche Begleitarterien sind von Hyrtl für den N. suralis in der A. 
suralis superficialis und für den N. saphenus major in der A. anasto- 
motica nervi sapheni nachgewiesen worden. 

Von der Arteria comes jedes Nerven gehen Aeste zur Haut, zum 
Unterhautzelleewebe und zu dem Nerv selbst. Letztere bilden die Aa. 
nutritiae des betreffenden Nervenstimmchens und verhalten sich zu 
diesem in der für die Nervenarterien der grossen Stàmme oben dar- 
gelegten Weise. Es ist also, wie hieraus erhellt, die Arteria comes 
scharf zu unterscheiden von der A. nutritia, was, wie wir sahen, in 
den Lehrbüchern nirgends Erwähnung findet"); in den Monographien 
aber wird dieser Umstand entweder ebenfalls mit Stillschweigen über- 
gangen oder es werden beide Begriffe einfach pro miscue gebraucht. 
Hyrtl allein giebt eine bestimmte Definition der A. nutritia der Nerven. 
Quénu und Lejars (s. oben) beschreiben nur die Begleitarterien der 
Hautnerven, erwähnen aber nichts von den eigentlichen den Nerv er- 
nährenden Aestchen derselben und erklären die Arterie (satellite) des 
N. musculo-cutaneus und des N. saphenus internus für gleichwertig mit 
den Arterien des Ischiadicus und Medianus.) Es werden hier zweifel- 
los heterogene Begriffe durcheinander geworfen. Die A. nutritia 
dient ausschliesslich oder vorwiegend zur Ernährung des Nervs, in 
welchem allein sie sich aufzweigt. So verhält sich z. B. die bekannte 
A. comes ischiadici, welche richtiger A. nutritia ischiadici zu nennen 
wäre. Die A. comes begleitet den Nerv, läuft meist demselben ent- 
lang und durchsetzt ihn manchmal; infolge dieser Nähe giebt sie dem 
Nerv stets Aa. nutritiae ab, ernährt aber vorwiegend die umgebenden 
Gewebe und Organe (Muskeln, Haut, Zellgewebe etc.), während für 
den Nerv secundäre und ihrem Durchmesser nach unbedeutende Aest- 


!) Testut (a. a. O. S. 939) führt als Beispiele von Nervenarterien die A. nervi 
mediani und A. nervi ischiadici auf. 
B fata HO NS TEARS 


Rowe 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 377 


chen bestimmt sind. Hierher gehören die Begleitarterien sämtlicher 
Hautnerven, sowie die A. mediana. Holl?) verwechselt die A. comes 
mit der A. nutritia. Er bezeichnet die A. suralis superficialis von 
Hyrtl (A. comes nervi suralis) als Ramus nutriens nervi suralis und 
die A. anastomotica nervi sapheni Hyrtls (A. comes nervi sapheni) als 
Ramus nutriens nervi sapheni, ohne zwischen ihnen und den wirklichen 
Aa. nutritiae des Ischiadicus, Tibialis etc. irgend einen Unterschied zu 
machen. Wollte man dem Beispiele der genannten Autoren folgen, so 
müsste die A. pericardiaco-phrenica genannt werden A. nutritia nervi 
phrenici, während sie doch letzterem nur unbedeutende Aa. nutritiae 
zusendet und vorzugsweise zur Ernährung des Zwerchfelles, des Peri- 
cards und des Pleura bestimmt ist. Mit Recht hat Quain”) dieser 
Arterie den Namen A. comes nervi phrenici beigelegt.?) 

Es bleibt nun noch ein weiterer Umstand zu erwägen. Die Autoren, 
welche auf die Nähe der Hautarterien zu den Nerven aufmerksam ge- 
worden sind, constatieren nur, dass letztere von ersteren versorgt 
werden. Mir scheint jedoch, es darf nicht vergessen werden, dass 
Hautnerv und Arterie in noch engeren Beziehungen zu einander stehen, 
da der Nerv zwar von seiner Begleitarterie ernährt wird, seinerseits 
aber die Wände der letzteren mit Vasomotoren versorgt. „Im all- 
gemeinen werden“, bemerkt Landois*) hierüber, „die Gefässe der 
Rumpf- und Extremitätenhaut von denjenigen Nerven innerviert, welche 
deren Teilen auch andere (z. B. sensible) Fasern abgeben.“ Arterien 
und Nerv haben also beide Vorteil von ihrer nachbarlichen Lage: dem 
Nerv gehen auf kürzestem Wege Ernährungsgefässe, dem Gewebe der 
Gefässwandung innervierende Fäden zu. 

Somit erscheint die Frage nach den Anastomosen der Hautarterien 
erledigt, und man muss wahrhaft erstaunt sein, dass diese Thatsache 
Manchot (a. a. O.) entgangen ist und dass er jede Hautarterie mit 


1) a. a. O. S. 394. 

?) Henle, Gefässlehre. 1876. 

3) Bartholdy giebt eine mit der von mir vorgeschlagenen (Vorläufige Mit- 
teilung. Wratsch, Januar 1897. Russisch.) fast identische und vielleicht sogar noch 
schärfere Definition der Nervenarterie, doch grenzt er die A. nutritia von der A. 
comes nicht genauer ab. 

*) Lehrbuch der Physiologie des Menschen. 1895. S. 814. 


378 W. Tonkoff, 


isolierter Verästelung, wie eine Endarterie, abbildet. Nach seiner 
Meinung besteht nur beziiglich der Richtung der Hautnerven und Ar- 
terien eine gewisse Aehnlichkeit, wie an der hinteren Flache des Ober- 
schenkels, am Knie; in der Regio suralis, an der Schulter etc. Kul- 
ezycki!) dagegen fand beim Hunde, beim Pferde, bei der Kuh und 
Katze sehr reich entwickelte Anastomosen zwischen den Rami nutri- 
entes des Unterhautzellgewebes, so zwar, dass eine Abgrenzung der 
Verästelungsgebiete zweier Arterien unmöglich wird. Bei der Leichtig- 
keit, mit welcher unter solchen Verhältnissen collaterale Blutbahnen 
zur Entwickelung gelangen, weist Kulezycki mit Recht auf die hohe 
physiologische Bedeutsamkeit dieser Besonderheiten der Hautarterien 
hin: nahe an der Körperoberfläche gelegen, sind sie häufig Compres- 
sionen unterworfen, was zu ungenügender Nutrition entsprechender 
Gebiete führen müsste, falls keine Anastomosen beständen. Auf die 
Beziehungen der Arterien zu den Hautnerven ist Kulezycki nicht auf- 
merksam geworden, wenigstens erwähnt er hierüber nichts. 

Sappey bringt, wie schon erwähnt, die Nerven nach ihrem Arterien- 
gehalt in eine Gruppe mit den Sehnen und Aponeurosen, und stellt diesen 
als reicher an Gefässen die Muskeln, Drüsen etc. gegenüber. Dem wird 
man, wie mir scheint, schon allein nach folgender Erwägung nicht 
beistimmen dürfen. Wir wissen nämlich, dass je activer sich ein Organ 
oder ein Gewebe bethätigt, es desto mehr Gefässe erhält, und umgekehrt. 
Sehnen, Fascien, Ligamente und ähnliche Gebilde mit rein mechanischen 
Functionen können daher in keinem Falle den Nerven gleichgesetzt werden, 
wo infolge der besonderen physiologischen Aufgaben ein erhöhter Stoff- 
wechsel vor sich geht. Es deutet hierauf schon die Thatsache der Er- 
müdung des Nerven und das Sinken seiner Erregbarkeit, wenn er über- 
mässig, ohne genügende Ruhepausen, gereizt wird. Sehnen oder Liga- 
mente dagegen kennen keine Ermüdungszustände. Die Arbeit des Nerven, 
der als Leiter der verschiedensten Impulse und Empfindungen auftritt, 
kann nicht verglichen werden mit der Leistung der Sehnen und Apo- 
neurosen. Der Nerv steht in dieser Beziehung vielleicht noch dem 
Muskel am nächsten, wiewohl die Thätigkeit des letzteren und somit 


1) Die Hautarterien des Hundes. Anat. Anzeiger. 1889. S. 276. 
2) Landois, a. a. O. S. 786. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 379 


auch sein Stoffwechsel mit viel grösserer Intensität vor sich gehen. 
Injiciert man die Arterien der Muskeln, Nerven, Sehnen und Aponeurosen, 
so ist die Gefässarmut der letztgenannten Gebilde in der That eine 
héchst auffallende. Ich glaube daher, dass Sappeys Behauptung kaum 
aufrecht zu erhalten ist, denn der Nerv ist jedenfalls reicher an Ge- 
fässen, als die Sehnen und Aponeurosen. Ganz zweifellos lässt sich 
dies an folgendem Beispiele nachweisen. Macht man einen Querschnitt 
der Achillessehne und irgend eines stärkeren Nervenstammes (N. tibialis 
oder N. medianus) an einer Leiche mit tadelloser Arterieninjection, so 
zeigt der Durchschnitt des Nerven stets eine ansehnlichere Arterie, 
der der Sehne nur ganz unbedeutende Gefässreiserchen. Und doch 
übertrifft die Sehne den Nerv mehrfach an Masse (Volum). 


Ferner ist bezüglich der Verästelung und Verteilung der Arterien 
im Nerven auf die Beschreibung von Quénu und Lejars hinzuweisen, 
aus welcher hervorgeht, dass der Nerv ganz besondere, geradezu 
ihm ausschliesslich eigentümliche Vascularisationsverhältnisse besitzt, 
bestehend in Reichtum der Ernährungsquellen, Teilung der Arterien 
in Arkaden etc. Nach meinen Erfahrungen verhält sich der Nerv be- 
züglich der Verteilung seiner Gefässe nach dem Typus von Organen 
mit überwiegender Längsrichtung. Der Nerv kann in dieser Be- 
ziehung mit dem Rückenmarke verglichen werden, welches von vielen 
Arterien (Aa. radicales) versorgt wird, die unter Arkadenbildung in 
der Längsrichtung des Organs mit einander anastomosieren. Die Uterus- 
hörner in der Tierreihe illustrieren diese Verhältnisse sehr anschaulich. 
Bei einer jungen Hündin habe ich an jedem Horn acht verschiedene 
Aa. nutritiae gezählt; jede derselben teilt sich in zwei mit den nach- 
barlichen anastomosierende Aeste, und so entsteht ein sehr typisches 
und vielleicht noch charakteristischeres Bild, als an dem N. ulnaris 
oder N. medianus, da die Uterushörner relativ kurz, die Aa. nutritiae 
aber zahlreicher sind. Das Gleiche lässt sich an den langen Muskeln 
nachweisen. Nach Baums') Befunden werden die Muskeln aus ver- 


1) Die Arterienanastomosen des Hundes und die Bedeutung der Collateralen 
für den tierischen Organismus. Deutsche Zeitschr. für Tiermedicin. 1589. Bd. XIV. 
S. 273. 


380 W. Tonkoff, 


schiedenen und zahlreichen Quellen!) mit Blut versorgt. So erhalt der 
Anconaeus longus des Hundes seine Blutzufuhr aus Aesten folgender 
Arterien: 1. A. subscapularis, 2. A. profunda brachii, 3. A. circumflexa 
humeri posterior, 4. A. circumflexa scapulae, 5. A. collateralis ulnaris 
und 6. A. interossea externa. 

Hervorheben móchte ich schliesslich, dass die Nervenarterien bei 
den Tieren sich ihrem Verhalten nach durch keinerlei wesentliche Be- | 
sonderheiten von denen des Menschen unterscheiden. Ich habe diese | 
Arterien beim Hunde und bei der Katze dargestellt. Von anderer 
Seite ist dies, soviel ich weiss, bisher nicht geschehen. . 

Hiermit schliesse ich die allgemeine Beschreibung der Nerven- 
arterien. Die sonstigen Einzelheiten ergeben sich aus dem speciellen 
Teile, wo auch eine Reihe von Litteraturangaben Berücksichtigung 
finden wird. 


mae 


B. Specielle Darstellung der Arteriae nutritiae nervorum. 
Peu SAC huis (ALE SOS Mimics, 11), 


Das dem Spinalganglion angrenzende Segment des Nerven wird 


mit dem Ganglion aus gemeinsamer Quelle versorgt (s. oben). Zu dem 
gemeinschaftlichen Bündel des fünften und sechsten Nerven begiebt sich, 
gegen ihren Vereinigungswinkel herabsteigend, häufig ein R. nutriens 
aus einem Zweige der A. cervicalis ascendens, der mit dem N. cervi- 
calis V emporsteigt. Hierher und zu dem gemeinsamen Bündel von 
C. VIII?) und Th. I zieht ein R. nutriens aus einem Stämmchen, dessen 
Endäste gewöhnlich C. VI und C. VII begleiten; dieses Stämmchen 
entsteht aus der A. subclavia in dem Trigonum interscalenicum, aus 
dem Beginne des A. transversa colli oder aus dem Anfangsteile des 
Truncus costocervicalis. 

An der Versorgung des Plexus brachialis nehmen wesentlichen 
Anteil: die A. subclavia (bezw. A. axillaris), die A. transversa colli 
und die Aa. subscapulares. Aus dem Anfangsstiick der A. transversa 


9 


colli ging in ?/, meiner Fálle ein Stàmmchen hervor, welches die Pars 


7) Ueber die Anastomosen der Muskelarterien s. weiter unten. 
*) Hinfort abgekürzt: C. = cervicalis. Th. = thoracicus, L. = lumbalis, 
S. = sacralis. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 381 


supraclavicularis des Plexus brachialis (am häufigsten den gemeinsamen 
Stamm von C. VI und C. V) versorgt und manchmal in eine gróssere 
Anzahl von Zweigen zerfallt. Unmittelbar aus der A. subclavia begiebt 
sich ein Stàmmchen zu dem Plexus viel seltener, als aus der A. trans- 
versa colli (ca. in !/, der Fälle). Dasselbe verästelt sich in dem Plexus 
brachialis grósstenteils hinter dem Schlüsselbein und gelangt besonders 
in Fällen, wo Aestchen aus der A. transversa colli fehlen, zu stärkerer 
Entwickelung. Bedeutungsvoll für die Ernáhrung des Plexus brachialis 
sind die Aa. subscapulares superiores; diejenige von ihnen, welche aus 
dem obersten Stücke der A. axillaris (manchmal sogar aus der A. sub- 
clavia) hervorgeht und über den Lateralrand des Plexus hinwegzieht, 
sendet fast constant Ernährungsäste an das laterale und obere Plexus- 
bündel. Die aus der A. axillaris in dem Trigonum pectorale sich ab- 
zweigende A. subscapularis superior, sendet Rr. nutrientes an den 
Plexus brachialis gewöhnlich da, wo er in seine Bündel auseinander- 
weicht (am ôftesten zum N. musculo-cutaneus, medianus und ulnaris). 
Unmittelbar aus der A. axillaris kommen Aa. nutritiae in verschiedener 
Höhe, am häufigsten in der Nähe des Ursprunges der A. thoracico- 
acromialis und begeben sich entweder zu einem der drei Stämme 
(seltener gleichzeitig zu zwei oder zu allen) oder zu den Anfangsteilen 
eines der foleenden Nerven: Medianus, Ulnaris, Radialis oder Axillaris. 
Aa. nutritiae aus der Axillaris zeigen besondere Entwickelung in Fallen, 
wo solche aus den Aa. subscapulares superiores nicht vorhanden sind. 
Endlich zieht aus dem Beginne der A. subscapularis inferior ein Truncus 
nutriens zu dem Anfangsstück des N. radialis und N. axillaris, sofern 
letztere nicht direct aus der A. axillaris versorgt werden. 

Nach Bartholdy') ,erhàlt die Pars supraclavicularis des Plexus 
brachialis bald mehr, bald weniger Gefässe. Für die Ernährung des- 
selben liefert vor allem die A. cervicalis profunda und die A. cervicalis 
ascendens Zweige, ausserdem die A. cervicalis superficialis und A. trans- 
versa colli, seltener noch die A. transversa scapulae*. Die Pars infra- 
clavicularis des Plexus brachialis ist sehr spárlich mit Arterien versehen 
und erhült Aeste aus der A. axillaris und A. subscapularis. 


Waar OMS 


889 W. Tonkoff, 


2. Nervus medianus. 


Während seines Verlaufes erhält der N. medianus aus zunächst- 
gelegenen Quellen eine Reihe von Gefässästchen, von denen das oberste 
in ihn dort eintritt, wo er die A. axillaris gabelförmig umfasst. Diese 
A. nutritia nervi mediani prima s. suprema entspringt am Oftesten aus 
der A. axillaris in der Nahe der Stelle, wo diese von der Medianusgabel 
umgriffen wird, nicht selten gemeinschaftlich mit der A. nutritia nervi 
ulnaris prima. Aus dem Beginne dieser A. nutritia mediani, welche 
direct nach unten verlàuft, begeben sich in der Regel 1—2 Rr. nutritii 
ascendentes den Wurzeln des Medianus entlang. Ausser der A. axillaris 
kónnen die A. nutriens prima mediani abgeben die A. subscapularis 
sup. subcorac., die A. coracobrachialis und die A. thoracico-acromialis. 
Am Oberarm erhált der N. medianus 1—4 (am hàufigsten zwei) Aa. 
nutritiae, meist direct aus der A. brachialis; manchmal geht eine der- 
selben aus einem Aste der letzteren (Profunda brachii, Collateralis 
ulnaris superior, Rr. musculares) hervor; besonders häufig giebt die 
A. bicipitalis aus ihrem Anfangsstücke (in der Nahe der Oberarmmitte) 
einen R. nutriens ab. In dem unteren Drittel des Oberarmes oder in 
der Ellenbeuge empfángt der N. medianus 1—2 Aa. nutritiae aus der 
A. collateralis ulnaris inferior. In der Ellenbeuge und im oberen 
Drittel des Vorderarmes begiebt sich zu dem N. medianus eine (manch- 
mal die vorige ersetzende) A. nutritia aus einem der folgenden Gefässe: 
A. cubitalis, ulnaris, recurrens ulnaris, R. muscularis a. interosseae, 
A. mediana. Am Vorderarm kommen Rr. nutrientes aus der A. mediana 
und den Rr. musculares a. radialis, im unteren Drittel aus der Ana- 
stomose zwischen A. radialis und ulnaris; im Canalis carpalis aus der 
A. radialis volaris sublimis (der Ast tritt durch das Lig. carpi volare 
proprium in den Kanal hinein) Die Rr. nutrientes am Vorderarm 
variieren an Zahl und Ursprung in Abhängigkeit von der Entwickelung 
der A. mediana: wo diese stark ist und an der Bildung des Arcus 
volaris sublimis teilnimmt, wird der N. medianus am Vorderarm aus- 
schliesslich. von ihr versorgt. An der Teilung in Nn. digitales volares 
endlich erhält der N. medianus einen Ernährungsstamm aus dem ober- 
flachlichen Hohlhandbogen; daraus gehen Rr. descendentes die Finger- 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 383 


nerven entlang, welche im weiteren Verlaufe aus den Begleitarterien 
Rr. nutrientes beziehen. 

Quénu und Lejars') beschreiben und bilden Arterien ab, die den 
N. medianus in ganzer Ausdehnung („sur tout son trajet^) ernähren. 
Als solehe werden angegeben: die Aa. brachialis, collateralis ulnaris 
inferior, recurrens ulnaris anterior, mediana, radialis und der Arcus 
volaris sublimis. Hierauf ist folgendes zu bemerken. Vor allem wird 
die erste, charakteristischeste und constanteste A. nutritia mediani, 
nämlich diejenige aus der A. axillaris, von den genannten Autoren gar 
nicht erwähnt oder abgebildet (sie zeichnen wohl die die Axillaris 
umgreifende Medianusgabel, nicht aber die A. nutritia I); übersehen 
sind ferner die Rr. musculares der A. brachialis, die gar nicht selten 
an der Ernährung des N. medianus sich beteiligen; ganz ausgeschlossen 
wird von ihnen die A. ulnaris, wührend doch aus der fast constanten 
Anastomose derselben mit der A. radialis im unteren Drittel des 
Vorderarmes 1—2 starke Rr. nutrientes dem Medianus zugehen. End- 
lich zerfallt nach der bildlichen Darstellung von Quénu und Lejars der 
Medianus an der Hohlhand in fünf Zweige; an jedem der letzteren 
lassen sie aus dem Arcus volaris sublimis eine Arteria nutriens (im 
Ganzen also fünf verschiedene Rr. nutrientes ascendentes) emporsteigen. 
Das habe ich nirgends beobachtet; ganz selten finden sich zwei, ge- 
wohnlich aber nur ein einziges austretendes Stàmmchen. 

Nach Bartholdy?) erhált der N. medianus am Oberarm etwa 5—10 
meist stárkere Zweige aus der A. brachialis; in der Ellenbeuge Zweig- 
lein aus der A. brachialis, A. collateralis ulnaris inferior, A. recurrens 
ulnaris; im oberen Teile des Vorderarmes aus der A. mediana und aus 
dem Ramus anastomoticus der A. radialis mit der A. ulnaris; im unteren 
Teile des Vorderarmes aus der A. radialis und ulnaris; in der Hohl- 
hand aus dem Arcus volaris superficialis. 


3a Nervus ulniarıs Cape REXE Hle. 2 3). 
Seine A. nutritia I erhàlt der N. ulnaris aus der A. axillaris in 
der Nàhe der Umfassungsstelle der letzteren durch die Medianusgabel, 


asa PESO: 
aa Oh S Aa 


384 W. Tonkoff, 


häufig aus einem gemeinsamen Stämmchen mit der A. nutritia I mediani. 
Sie begiebt sich fast in toto abwärts an dem Nerven, nur einen schwachen 
R. ascendens entwickelnd; oft verläuft sie im Innern desselben, wobei 
sie in den R. ascendens a. nutritiae II übergeht. Letztere entspringt 
an der A. collateralis ulnaris superior in wechselnder Höhe, manchmal 
nur ein weniges oberhalb des Epicondylus medialis humeri, sodass im 
Innern des N. ulnaris fast in der ganzen Ausdehnung des Oberarmes 
eine Arterie verborgen sein kann, die mit den Nachbargefässen nicht 
communiciert und zwischen A. axillaris und collateralis ulnaris superior 
eine Anastomose erzeugt. Häufiger jedoch entsteht die A. nutritia II 
aus der A. collateralis ulnaris superior in der Mitte des Oberarmes 
oder entsprechend der Grenze zwischen mittlerem und unterem Drittel, 
während in dem unteren Drittel eine A. nutritia III aus der gleichen 
Quelle hervorgeht. Manchmal begeben sich aus der A. coll. uln. sup. 
3—4 schwächere Zweige zu dem N. ulnaris. Auf jeden Fall aber er- 
scheint als Haupternährungsquelle des N. ulnaris am Oberarm die ihn 
begleitende A. collateralis ulnaris superior, und nur selten kommt eine 
seiner Aa. nutritiae aus dem R. muscularis a. brachialis, meist ent- 
sprechend der unteren Hälfte des Humerus. In dem Sulcus cubitalis 
posterior medialis erhält der N. ulnaris ein, zwei oder drei Aestchen 
aus der Anastomose zwischen A. collat. uln. sup. und der A. recurrens 
uln. post., sowie einen weiteren R. nutriens aus dem Beginne der A. 
recurrens ulnaris oder ihres R. muscularis im oberen Drittel des 
Vorderarmes; hier kommt manchmal ein R. nutriens aus dem Muskel- 
ast der Ulnaris hinzu. Vor der Teilung in seinen R. volaris und R. 
dorsalis empfängt der N. ulnaris sodann 2—3 Aa. nutritiae unmittelbar 
aus der A. ulnaris (seltener) oder aus den Muskelästen derselben. Bei 
dem Zerfall in den R. dorsalis und volaris tritt grösstenteils zu dem 
Teilungswinkel des Ulnaris ein R. nutriens aus der A. carpea dorsalis 
a. ulnaris oder direct aus letzterer. Der R. volaris nervi ulnaris 
empfängt vor der Teilung in seinem tiefen und oberflächlichen Ast 1—2 
Rr. nutrientes aus der A. ulnaris, an der Teilungsstelle aber einen Er- 
nährungsast aus der A. ulnaris profunda. Der R. dorsalis nervi ulnaris 
bezieht eine Begleitarterie aus dem Rete carpi dorsale. Nach K. 
Bartholdy wird der N. ulnaris versorgt am Oberarm aus der Axillaris, 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 385 


Brachialis, aus Muskelästen der letzteren und aus der Collat. uln. sup., 
in der Ellenbogengegend aus der A. recurrens ulnaris, am Vorderarm 
aus der Ulnaris. 


4. Nervus radialis (Taf. XX. Fig. 1, 3 u. 4). 


Die A. nutritia I dieses Nerven geht mit grosser Constanz aus 
dem Anfangsstiicke der A. subscapularis inferior hervor, meist zusammen 
mit der A. nutr. I des N. axillaris und mit dem R. nutr. asc. des 
hinteren Bündels. Das Stämmchen verlässt die A. subscapularis inferior 
gewöhnlich an deren Kreuzungsstelle mit den genannten Nerven (zu- 
weilen kommt es aus der A. axillaris in wechselnder Entfernung von 
der Abgangsstelle der A. subscapul. inf.) und communiciert durch seinen 
aufsteigenden Ast mit dem Ram. nutriens aus der Axillaris oder einer 
der Aa. subscapulares superiores (s. oben) Ein weiterer R. nutriens 
kommt aus der Profunda brachii oder ihrem Ramul. muscularis vor 
dem Eintritt derselben in den Canalis humero-muscularis. In dem 
 Kanale selbst sendet die Arterie dem Nerv 2—3 Rr. nutrientes. In 
dem Sulcus cubitalis posterior lateralis kommen 1—2 Rr. nutrientes 
aus der A. recurr. rad.; hierselbst kommt manchmal ein R. nutriens 
aus dem R. muscul. der Art. brachialis, welcher in lateraler Richtung 
tief durch den M. brachialis verläuft. Bei der Teilung des Nerven in 
seinen oberflächlichen und tiefen Ast erhält er einen R. nutriens as- 
cendens aus der A. recurrens radialis oder ihrem Muskelast. Der Ram. 
superfic. des Radialis bezieht 4—5 Rr. nutrientes aus Muskel- und 
Hautmuskelàsten der A. radialis (selten direct aus letzterer) Nach 
Bartholdy kommen die Arterien des N. radialis aus der A. axillaris, 
brachialis, profunda brachii und aus den Muskelasten der A. brachialis. 


5. Nervus musculo-cutaneus (Taf XX. Fig. 2). 


Die A. nutritia I des N. musculo-cutaneus kommt aus verschiedenen 
Quellen (s. oben, wo von der Ernahrung des lateralen Bündels des 
Plexus brachialis die Rede ist) Die folgende A. nutriens entsteht aus 
dem R. ad musculum coracobrachialem der A. axillaris und gesellt 
sich zu dem Nerven dicht über seinem Eintritt in den Coracobrachialis. 
Constant ist ferner ein R. nutriens ascendens aus der A. bicipitalis 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 25 


386 W. Tonkoff, 


(etwa in der Mitte des Humerus), genau bei der Abgabe des Fadens 
fiir den Biceps. Fast ebenso haufig ist ein R. nutr. asc. aus dem 
Muskelast der Brachialis an der Abgangsstelle des Nervenastes fiir den 
Brachialis internus. Ausser den genannten constanten und ansehn- 
licheren Ernährungsgefässen kann der Musculo-cutaneus am Oberarm 
noch einige sehr unbedeutende Arterien besitzen, die ihm aus Muskel- 
asten der A. brachialis zugehen. In der Ellenbeuge beteiligen sich an 
der Ernährung des Nerven der R. musculo-cutaneus der A. cubitalis, die 
A. recurrens radialis oder Zweige aus dem Anfangsstiicke der A. radialis. 
Am Vorderarm besitzt der Nerv eine mehr oder weniger ausgesprochene 
A. comes, die sich aus 4—5 teils Hautmuskel-, teils Muskelàsten der 
A. radialis zusammensetzt. 

Nach K. Bartholdy erhàlt der N. musculo-cutaneus unterhalb des 
Biceps Zweige aus der A. brachialis und ihren Rr. musculares, in der 
Ellenbeuge aus der A. plicae cubiti und der A. recurrens radialis. 
Der N. cutaneus antibrachii later. wird durch Rami cutanei der Art. 
radialis und Art. recurrens rad. ernährt. 


6. Plexus lumbalis und Nervus femoralis (Taf. XX. Fig. 5 u. 6). 


Die Ernährung des Plexus lumbalis schildern Quénu und Lejars!) 
in kurzen Zügen wie folgt: Aeste der Aa. lumbales, ilio-lumbalis und 
iliaca externa bilden eine Reihe von Schlingen mit zahlreichen Colla- 
teralbahnen. Nach der beigegebenen Abbildung zu urteilen, beteiligt 
sich die A. iliaca externa durch Vermittelung der A. circumflexa il. 
int. an der Versorgung des N. cruralis. 

Es erhált nun in der That der ventrale Ast jedes Lumbalnerven 
unweit des Foramen intervertebrale je eine A. nutritia aus der A. lum- 
balis. Dieselbe kann unmittelbar aus der A. lumbalis, aus dem Beginne 
ihres Ram. anterior oder posterior, oder endlich aus dem R. muscularis 
derselben, welcher sie vor oder nach ihrer Teilung in den R. anterior 
und posterior verlässt, hervorgehen. Sie zerfällt gewöhnlich in einen 
mit den Rr. nutritii des hinzugehörigen Spinalganglions anastomosieren- 
den R. ascendens und in einen R. descendens, welcher längs den 


Data S9: 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 387 


Schlingen des Plexus mit den Ernàhrungszweigen anderer Lumbalnerven 
anastomosiert. Eine weitere A. nutritia, die aus der A. lumbalis oder 
ihrem Muskelaste entsteht, steigt zu dem Verbindungswinkel des dieser 
, Lumbalarterie entsprechenden Nerven mit der zunächst darüberliegenden 
Schlinge herab. Eine solche A. nutritia kommt besonders hàufig aus 
den Aa. lumbales III und IV. Das Caliber der Aa. nutritiae ist pro- 
portional der Stärke des Nerven. Am stärksten ist der R. nutriens 
aus der A. lumbalis IV, welcher die A. nutritia I des N. femoralis 
darstellt. Er kann aus der A. lumbalis V, wenn diese stark entwickelt, 
oder aus einem letztere ersetzenden Aste der A. lumbalis IV herkommen. 
In diesen Fallen betritt der R. nutriens den N. femoralis bereits nach 
Formierung desselben aus den hinzugehórigen Elementen des Plexus, 
während in den Verbindungswinkel von L. IV und der Schlinge von 
L. III (die übliche Eintrittsstelle der A. nutr. I n. femoralis) nur ein 
schwacher R. nutriens aus der A. lumbalis IV eindringt. Das Ende 
der A. nutritia I nervi femoralis begiebt sich aus dem Nerv sehr hàufig 
zum Muskel was von den Ernáhrungsarterien des Plexus lumbalis im 
allgemeinen gilt. Nächst der A. nutritia I erhält der N. femoralis 
einige (2—3) Rr. nutrientes aus der Anastomose zwischen R. iliacus 
der A. ilio-lumbalis und A. circumfi. il. int. 

Eine besonders constante und ansehnliche A. nutritia kommt aus 
der A. circumfl. il. int. an der Kreuzungsstelle derselben mit dem Nerv; 
sie sendet an dem Nerven nach oben und unten je mehrere Aeste, von 
welchen die absteigenden mit einer ebenso constanten und starken A. 
nutritia anastomosieren, die meist aus der A. profunda femoris (oder 
aus ihren Muskel- und Hautästen), manchmal aus der A. femoralis selbst 
in der Nähe des Abganges der Profunda, seltener aus der A. circumfl. 
fem. later. hervorgeht. Diese A. nutritia dringt in den Nerv genau 
an der Stelle ein, wo er in seine Haut- und Muskelzweige auseinander 
weicht, steigt selbst an dem Nerven empor und sendet entlang seinen 
Aesten Rr. descendentes. Ueberhaupt führt der N. femoralis in der 
oberen Hälfte seine A. nutriens in seinem Innern, in der unteren Hälfte 
ziehen sich die Rr. nutrientes an seiner vorderen Flache hin. 

Die Rr. nutrientes des Plexus lumbalis sind bezüglich ihres Ursprungs 
und ihrer Verteilung durch grosse Regelmässigkeit ausgezeichnet. Jedem 


388 W. Tonkoff, 


Nerven entspricht nämlich eine Arterie, deren Aeste ihm zur Ernährung 
dienen. Hierdurch unterscheidet sich der Plexus lumbalis von dem 
Plexus cervicalis und sacralis. 

Der Plexus lumbalis ist nach K. Bartholdy am reichsten mit, 
Arterien bedacht und wird ernährt aus den Aa. lumbales und dem 
R. lumbalis der A. iliolumbalis. Der N. femoralis wird versorgt im 
Becken: aus der A. lumbalis IV, aus dem R. iliacus a. ilio -lumbalis 
und dem R. muscul. ad. m. iliops. ex 1. A. cirumfl. ilium prof, 
2. A. iliac. ext.; ausserhalb des Beckens: aus der A. circumfl. fem. 
lat. und der A. prof. fem. 


1. Plexus saeralis (Taf. XX. Rig. 5) 


In ihrem Beginne erhalten die den Plexus sacralis zusammen- 
setzenden Nerven Rr. nutrientes aus den ihnen entsprechenden Arterien 
(L. IV aus der A. lumb. IV, L. V aus der A. lumb. V oder ihrer 
Ersatzarterie, die Nn. sacrales aus den Aa. sacrales laterales genau da, 
wo sie von diesen gekreuzt werden), spáter aber, nachdem sie das Ge- 


flecht gebildet haben, kann die Ernährung derselben ausser von der A. 
iliolumbalis und den Aa. sacrales laterales besorgt werden von folgenden 
drei grossen Gefässen: Aa. glutaea superior, glutaea inferior und pudenda 
communis, die sich nicht immer in der nämlichen Weise zu dem Ge- 
flechte verhalten (es durchsetzen, vor oder hinter ihm verlaufen). 

Die A. iliolumbalis, oft durch den N. lumbosacralis verlaufend 


(normaliter geht sie vor dem Nerven hinweg), sendet ihm einen R. nutriens. 
Die gewöhnlich zwischen N. lumbosacralis und S. I hinziehende A. 
glutaea superior giebt nicht selten dabei einen Truncus nutriens des- 
cendens ab, welcher genau an der Vereinigungsstelle des N. lumbodorsalis 
mit S. I in den Plexus eintritt. Die A. glutaea inferior, welche nach 
Sappey normalerweise vor dem Geflechte aus dem Becken austritt, durch- 
setzt gar nicht selten den Plexus sacralis und giebt in der Beckenhöhle 
einen Truncus nutriens descendens dann ab, wenn ein solcher aus der 
A. glutaea superior nicht vorhanden ist. Die A. pudenda communis 
beteiligt sich an der Ernährung des Plexus sacralis überhaupt seltener, 
als die Aa. glutaeae, kann aber Rr. nutrientes sowohl innerhalb des 
Beckens, wie ausserhalb desselben an das Geflecht abgeben. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 389 


8. Nervus ischiadicus (Taf. XX. Fig. 7). 


Die soeben erwähnten Rr. nutrientes des Plexus sacralis setzen 
sich vorwiegend auf den N. ischiadicus fort. Eine derselben ist als 
A. comes n. ischiadici schon längst bekannt. Nach Hyrtl!) lässt sich 
dieser lange und feine Faden der A. glutaea inferior weit in dem N. 
ischiadieus verfolgen. Rauber”) beschreibt ihn unter den Aesten der 
A. glutaea inferior, die zu den Flexoren des Unterschenkels und zum 
M. adductor magnus hinziehen, mit dem Bemerken, dass er den N. 
ischiadicus bis zum unteren Abschnitt des Oberschenkels begleitet. 
Sappey?) vermeidet den Ausdruck A. comes, beschreibt aber Aeste der 
A. glut. inf (des rameaux nerveux), die in den N. ischiadieus hinein- 
dringen und ihn bis zu seiner Teilung in die Nn. tibialis und peroneus 
begleiten. Nach Henle*) begleitet die A. comes n. ischiadici als feiner 
Ast der A. glut. inf. den Nerv bis zum Unterende des Femur, wird 
unterwegs verstàrkt durch Anastomosen mit einer der Aa. circumflexae 
fem. (Rr. nutrientes der A. circumflexa femoris lateralis zum N. ischi- 
adicus habe ich nirgends nachweisen kónnen), sowie mit Rr. perforantes 
der Profunda femoris und geht endlich über in die Ernährungszweige 
des Ischiadicus aus der A. poplitea. 

Die Arterien des N. ischiadieus beschreiben Quénu und Lejars?) 
wie folgt. Lange Arterienarkaden, lings der gesamten Ausdehnung des 
Nervs sich erstreckend und auf seine beiden Aeste sich fortsetzend, 
entstehen aus einer Reihe von Aesten der A. ischiadica und der Aa. 
perforantes, die schrüg nach unten und hinten verlaufen. Ein starker 
Ast aus der A. perforans III kreuzt von vorne den N. peroneus, steigt 
zwischen diesem und dem N. tibialis abwärts und zerfällt in Zweige 
für beide Nerven; seine Enden anastomosieren mit den Arterien des 
Tibialis und Peroneus. So entsteht làngs des N. ischiadicus und seiner 
Aeste eine continuirliche Gefässverbindung vom Gesässe bis zum 
Unterschenkel. 


1) Hyrtl, Lehrbuch der Anatomie des Menschen. Wien 1881. 
2) Rauber a. a. O. Bd. II. S. 148. 

3) Sappey a. a. O. Bd. II. S. 617. 

^) Gefässlehre. S. 180. 

5) Etude anatomique sur les vaisseaux sanguins des nerfs. Arch. de Neurol. 


899) XXI ip. 7. 


390 W. Tonkoff, 


Hyrtl*) schreibt, die A. comes ischiadici anastomosiere mit einem 
Aestchen, welcher in den Nery aus der A. perforans II eintrete, und 
weiter unten mit einem Aste der A. perforans III oder poplitea. In 
der Kniekehle zerfalle sie in zwei Aeste fiir die Nn. tibialis und 
peroneus. 

Holl*) bemerkt, die A. hypogastrica stehe in Verbindung mit der 
A. femoralis dank dem Umstande, dass die A. comes ischiadici mit 
Rr. perforantes aus der Profunda femoris anastomosiere. Auf der 
anderen Seite communiciere die A. hypogastrica mit der A. poplitea, da 
letztere durch die A. gastrocnemialis die A. nervi tibialis abgebe, welche 
mit den beiden Ischiadicusästen in Verbindung tritt. 4 

Die genannten Autoren sind also darin einig, dass Anastomosen 
von Aesten der Aa. glutaea inferior, perforantes und poplitea sich làngs 
des Ischiadicus hinziehen. 

Nun will ich zu einer Darlegung meiner eigenen Befunde übergehen. 
Die A. glutaea inferior giebt in der Mehrzahl der Fälle an zwei 
Stellen Aeste zum Ischiadicus ab: einen Ast sofort nach dem Erscheinen 
desselben in der Gesissgegend und einen zweiten in der Gegend des 
Tuber ischi. Gewöhnlich ist es so, dass wenn der obere R. nutriens 
stark ist, der untere zurücktritt und umgekehrt; wenn aber der eine sehr 
kraftig entwickelt ist, so kann der andere auch ganz fehlen. Manchmal 
sendet die A. glutaea inferior an den Nerv mehrere (3—4) Rr. nutrientes 
von annähernd gleichem Caliber. Die Rr. nutrientes aus der Glutaea 
inferior dringen in den Nerv ein, erzeugen dort ein dichtes Geflecht 


und anastomosieren mit den darüber und darunter gelegenen Rr. nutri- 


entes. Die A. circumflexa femoris medialis beteiligt sich fast immer 
(in ?/,, der Fälle) an der Versorgung der Nerven, wobei der R. nutriens 
von dem zum Biceps ziehenden Ast derselben abgegeben wird. Ferner 
erhält der N. ischiadicus constant Gefässzweige aus der A. perforans I, 
aus deren zum Biceps verlaufenden Ast ein, häufiger (in °/,, der Fälle) 
zwei Rr. nutrientes sich abzweigen. Der tiefer gelegene R. nutriens, 
welcher in den Nerv vor dessen Teilung eintritt, oder erst in den 
Tibialis und Peroneus dicht unter der Teilungsstelle, kommt aus ver- 


1) Ueber normale und abnorme Verhiiltnisse etc. (s. oben). 
Ale Gis Os 551988: 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 391 


schiedenen Quellen: am seltensten (in ?/,, der Fälle) aus der A. perforans II, 
häufiger (in */, der Fälle) aus jenem Muskelaste der A. femoralis, 
welcher durch den M. adductor magnus die Kniekehle etwas früher als 
die A. femorals erreicht, oder (in */,, der Falle) aus dem R. musculo- 
cutaneus der A. poplitea, welcher letztere sofort nach ihrem Erscheinen 
in der Kniekehle verlässt. Manchmal sieht man an dem nämlichen 
Präparate dem N. ischiadicus Ernährungsgefässe aus zwei der genannten 
drei Quellen zugehen. Die Rr. nutrientes betreten den Nerv stets 
unter sehr spitzem Winkel und verlassen ihn manchmal mit ihren Enden, 
um sich mit seinen Verzweigungen zu den Muskeln zu begeben. 

Im Anschluss an die Ernährungsverhältnisse des N. ischiadicus sei 
über die A. comes nervi ischiadici folgendes hervorgehoben.  Meines 
Erachtens müsste dieser Name wegen seiner vólligen Bedeutungslosigkeit 
ganz aufgegeben werden. Erstens ist die A. comes ischiadici, wie 
schon im allgemeinen Teile von mir hervorgehoben, überhaupt keine 
Nervenbegleiterin, wie z. B. die A. comes nervi phrenici, die A. comes 
nervi mediani etc., sondern eine A. nutriens. Der Name ist also unrichtie 
und nur verwirrend. Zweitens ist die A. comes n. ischiadici nichts 
streng Bestimmbares oder Typisches, da einerseits die A. glutaea inf. 
dem Nerven einen starken Ast in verschiedener Hóhe oder mehrere 
schwächere von annähernd gleichem Caliber abgeben kann, andererseits 
aber der Nerv auch aus anderen Quellen (wie etwa aus der A. circumfi. 
fem. medialis) Ernährungszweige beziehen kann, die an Stärke jenen 
Aesten der A. glut. inf, von welchen eine so ausschliesslich sich der 
Beachtung der Anatomen erfreut, nur wenig nachstehen. Endlich 
sollen die in der Gesássgegend aus der A. glutaea sich entwickelnden 
Rr. nutrientes nur ein Zwischenglied darstellen zwischen den ver- 
schiedenen Quellen entstammenden Arterien des Plexus sacralis im 
Becken und den Arterien des N. ischiadicus aus der A. circumfl. fem. 
medialis, Aa. perforantes etc. Im Hinblicke auf ähnliche Erwägungen 
macht Bartholdy') den Vorschlag, den Ausdruck A. comitans nervi 
ischiadici zu ersetzen durch den Namen Plexus arteriosus, bestehend aus 
Aesten der A. glut. inf, A. pudenda int, A. circumfl. fem. med. und 
Aa. perforantes; in Klammern nennt Bartholdy noch die A. circumflexa 
fem. lateralis. 

1) a. a. 0. S. 484. 


392 W. Tonkoff, 


9. Nervus tibialis und peroneus (Taf. XX. Fig. 7). 


Die alleroberste A. nutritia des N. tibialis ist schon vorhin be- 
schrieben worden. Sie entsteht aus einem der Muskeläste der A. 
femoralis oder aus dem R. musculo-cutaneus der A. poplitea und 
verknipft das System der Aa. nutritiae des N. tibialis mit denen des 
Ischiadicus und Peroneus. Die tolgende A. nutritia des Tibialis entspringt 
etwa im Niveau der Gelenklinie des Knies direct aus der A. poplitea 
oder aus der A. gastrocnemialis. Die A. nutritia III entwickelt sich 
gewohnlich in der Nahe der Ursprungsstelle der A. tibialis ant., sei es 
hóher oben aus der A. poplitea, sei es tiefer unten aus der A. tibialis 
post. Doch sind die Aa. nutritiae II und III überhaupt nicht durch 
Beständigkeit ausgezeichnet, können höheren oder tieferen Ursprung 
besitzen und aus der Poplitea, Tibialis post. oder aus ihren Aesten 
(A. artic. genu. sup. lat, Aa. gastrocnemialis) herkommen. Manch- 
mal hat der Nerv in dieser Gegend statt zweier Aa. nutritiae deren 
drei. Die nun folgende A. nutritia entsteht fast ausnahmslos aus der 
A. peronea unweit ihres Ursprunges. Die übrigen 4— 5 Aa. nutritiae 
erhält der Nerv aus der A. tibialis post.; in der unteren Hälfte des 
Unterschenkels ist die Zahl der Ernährungsgefässe in der Regel grösser, 
als in der oberen. Die Nn. plantares medialis und lateralis werden von 
den gleichnamigen Arterien versorgt. Wo die A. tibialis post. nicht 
entwickelt ist, kommen die Aa. nutritiae in entsprechender Anzahl aus 
der A. peronea und ihren Muskelästen. Nach Angabe von K. Bartholdy 
wird der N. tibialis versorgt von den Aa. perforantes, poplitea, surales 
und tibialis post. 

Der in das Anfangsstück des N. peroneus eintretende R. nutriens 
kommt meist aus den obengenannten Quellen als gemeinsames Stämmchen 
mit der A. nutritia I des N. tibialis. Derselbe anastomosiert mit dem 
R. nutr. ascendens, welcher aus der A. recurrens tibialis ant. heraustritt 
und in den N. peroneus an der Teilungsstelle in seine beiden Hauptäste 
hineindringt. 


III. Practische Bemerkungen. 


Ein Rückblick auf die bisherigen Darlegungen drängt zu der Frage: 
Warum befanden und befinden sich noch heute die Vascularisations- 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 393 


verhältnisse der Nerven in so völliger Vergessenheit? Sind diese Ver- 
hältnisse vielleicht von allzu geringfügiger Bedeutung für den Anatomen 
und Arzt? Die Litteratur über Nervenarterien bezeugt in letzterer 
Beziehung gerade das Gegenteil. 

Schon Porta") macht einen Fall namhaft, wo nach Ligatur der 
A. cruralis (wegen eines Aneurysma der A. poplitea) sich starke 
Anastomosen lings der Nn. ischiadicus, tibialis und peroneus entwickelt 
hatten (Taf. XII und XIII. Demungeachtet unterscheidet Porta eine 
Wiederherstellung des Blutumlaufes direct auf dem Wege der Vasa 
vasorum und indirect durch Muskel- und Hautarterien. Die Nerven- 
gefasse aber kommen für ihn dabei gar nicht in Betrachtung. 

Hyrtl misst in seiner mehrfach angezogenen Arbeit den Arterien 
der Nerven eine hohe practische Bedeutung bei. Er weist darauf 
hin, dass die zahlreichen Arterienanastomosen in den intermusculären 
Septen, in den Nerven und im Perioste, welche sich als primäre oder 
secundàre Aeste der Hauptstämme darstellen, bei der Ligatur der 
letzteren sehr bedeutungsvoll werden kónnen. Er bespricht die Anasto- 
mosen der Arterien im Verlaufe der Nerven und äussert sich wie folgt: 
„Den Muskelästen der grossen Arterien der Extremitäten sind solche 
Anastomosen gänzlich fremd. Jeder Muskelast bleibt in dem Fleische, 
dem er bestimmt ist, verbindet sich nie durch austretende Zweige mit 
seinen nächsten Nachbarn, ebensowenig als mit seinen eigenen Ver- 
zweigungen im Muskelfleische. Im Muskelfleische kommen Anastomosen 
nur im Capillargefàsssystem vor.“ Es schreibt also Hyrtl den Nerven- 
arterien bei der Erzeugung von Anastomosen eine hervorragende 
Rolle zu. 

Holl*) untersuchte einen Fall von Contractur des rechten Knie- 
gelenkes an der Leiche eines 24jährigen Individuums, bei welchem 
8 Jahre prae morte ein missglückter Streckungsversuch mit Gefäss- und 
Nervenzerreissung in der Kniekehle gemacht worden war. Die A. 
poplitea endete entsprechend dem unteren Teile der Kniekehle mit 
einem konischen Faden inmitten von Narbengewebe. An der Bildung 


7) Delle alterazioni pathologiche delle arterie per la ligatura et la torsione 
esperienze ed osservazioni. Milano 1845. 
rad. 0: 


394 W. Tonkoff, 


des Collateralkreislaufes hatten wesentlichen Anteil die Arterien des 
N. peroneus und tibialis genommen und die A. nutritia nervi peronei 
hatte die Stärke eines Rabenfederkieles erreicht. In einem zweiten inter- 
essanten Fall bemerkte Holl?) an der Leiche eines Mannes in mittleren 
Jahren eine wahrscheinlich sehr alte (die Anamnese war unbekannt) 
Ankylose des linken Ellenbogengelenkes mit einem Winkel von 75°. 
Bei der anatomischen Untersuchung erwies sich die A. ulnaris in ihrem 
Anfangsstücke zerrissen, ebenso der N. ulnaris und medianus. Die 
Muskeläste der A. brachialis beteiligten sich nicht an der Bildung 
von Anastomosen, sondern blieben an Zahl und Stärke unverändert. 
Dagegen waren stark entwickelt die Aa. nutritiae des N. ulnaris und 
medianus, in deren Bahnen sich die Circulation hauptsächlich restituiert 
hatte. Aus diesen beiden Fallen ergiebt sich die Bedeutung der 
Nervenarterien für die Entstehung des Collateralkreislaufes. Indem er 
dies betont, weist Holl darauf hin, dass die Muskelarterien bei der 
Wiederherstellung der Circulation gar nicht in Frage kommen, denn 
sie dienen nur zur Blutversorgung einer bestimmten Anzahl von Muskel- 
fibrillen und sind zudem durch Unbeständigkeit ausgezeichnet. 
Zuckerkandl?) beschreibt 1. Anastomosen nach Obliteration beider 
Aa. thyreoideae superiores und 2. nach Obliteration der A. dorsalis 
pedis und ist der Ansicht, dass die Vasa nervorum für sich allein 
nie und unter keinerlei Umständen die Circulation wiederherzustellen 
vermógen. Vielmehr unterscheidet er drei Gruppen von Arterien, 
die der Bildung collateraler Blutbahnen förderlich sind: a) Muskel- 
arterien, b) Hautarterien und c) Nervenarterien. Die veródeten Ge- 
fisse werden nie von Einer der genannten Gruppen ersetzt, sondern 
es combinieren sich die letzteren mit einander und es überwiegen bald 
diese, bald jene Arterien, je nach den anatomischen Besonderheiten der 
Oertlichkeit, in welchen der Collateralkreislauf zu stande kommt. 
Nach Ansicht von Quénu und Lejars?) kónnen die Anastomosen 


7) Verrenkung des linken Ellenbogengelenkes mit Zerreissung der A. ulnaris 
und des N. medianus und ulnaris. Heilung. Collateralkreislauf. Wien. medic. 
Jahrb. 1880. 

2) Zwei Fälle von Collateralkreislauf. Wien. medic. Jahrb. 1885. S. 283. 

yay, ets Op 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 395 


entlang dem Ischiadicus in Fallen von Obliteration der A. femoralis 
zu Collateralbahnen Verwendung finden. 

Ich selbst!) habe ein Präparat mit Anastomosen beschrieben, die 
sich nach Obliteration der A. iliaca externa und femoralis entwickelt 
hatten. Die Anamnese in diesem Falle war unbekannt. Eine Finger- 
breite oberhalb des Lig. Poupartii verlàuft parallel zu letzterem eine alte 
lineare Narbe von etwa 4 cm Lange. Die A. iliaca externa erscheint 
in ihrem mittleren Teile auf einer Strecke von 2 cm in Gestalt eines 
bindegewebigen Fadens ohne Lumen. Unterhalb des Lig. Poupartii 
verliert sie sich in einer dichten Masse faserigen Bindegewebes zwischen 
M. iliopsoas und pectineus. Hier beginnt die A. femoralis, deren Wände 
mit jener Bindegewebsmasse vollständig confluieren. Die A. femoralis 
enthält in ihrem Verlaufe einen Thrombus, ihre Wände sind athero- 
matós entartet, ihr Lumen im unteren Drittel stark verengt. An Stelle 
der A. iliaca externa ist zu starker Entwickelung gelangt die A. hypo- 
gastrica nebst ihren Aesten. Am wesentlichsten beteiligt an der Ana- 
stomosenbildung sind zwei in die A. circumfl. fem. lateralis übergehende 
Aeste der A. glut. sup. Die A. glut. inf. anastomosiert durch einen 
Ast mit der A. circumfl. fem. medialis, durch einen anderen mit der 
A. perf. I. Statt der obliterierten A. femoralis hat sich eine sehr 
starke Anastomose zwischen dem Endaste der Profunda femoris und 
der A. poplitea gebildet, und eine schwächere zwischen letzterer und 
der A. perforans I. Das Ende der A. perforans I teilt sich in die A. 
nutritia nervi tibialis und in die A. nutritia nervi peronei; erstere er- 
reicht 2 mm Durchmesser und anastomosiert mit einer Arterie, welche 
aus der A. poplitea eine Querfingerbreite unterhalb der Einmündung 
der A. profunda femoris in dieselbe hervorgeht. 

Aus dem Angeführten ergiebt sich zur Genüge, dass die Arterien 
der Nerven die Beachtung der Chirurgen jedenfalls in hohem Grade 
verdienen, da sie bei Stórung der Integritàt grosser Blutgefasse an der 
Bildung von Collateralbahnen Anteil nehmen kónnen. Dieses Ver- 
mögen der Vasa nervorum ist schon a priori aus ihrem anatomischen 
Verhalten klar ersichtlich. Denn es handelt sich um Arterien, die in 


1) W. Tonkoff. Ueber Anastomosenbildung nach Ligatur der A. iliaca externa. 
Russki Chirurg. Archiv. 1895. Heft 3 (russisch). 


396 W. Tonkoff, 


der Làngsrichtung des Nerven stets mit einander anastomosieren und 
nie als Endarterien auftreten, und da die grossen Nerven meist in Ge- 
sellschaft der Hauptgefässe verlaufen, so haben wir nach Holls treffender 
Bemerkung einen im Nerv eingelagerten, neben einem starken Arterien- 
stamm sich hinziehenden, constanten Gefässtractus, der in Beziehung 
zu dem Arterienstamm als wahre Collateralbahn erscheint und mit ihm 
in ganzer Ausdehnung communiciert. Die Nervenarterien stellen somit 
präformierte Collateralbahnen vor, die erforderlichen Falles nur ihr 
Lumen zu erweitern brauchen. 

Doch muss schon bei oberflüchlicher Durchsicht der oben an- 
geführten Litteraturdaten der Mangel an Einigkeit zwischen den ver- 
schiedenen Autoren sehr in die Augen fallen. Porta umgeht die Nerven- 
arterie vóllig mit Stillschwelgen und spricht nur von Haut- und Muskel- 
gefässen. Hyrtl und Holl hinwiederum halten die Nervenarterie für 
sehr wichtig bei der Bildung von Collateralkreislàufen, eine Fähigkeit, 
die sie den Muskelarterien gänzlich absprechen. Zuckerkandl endlich 
erklàrt alle drei Arterienarten für bedeutungsvoll. 

Hyrtls Ansicht, welcher zufolge die Muskelarterien mit einander 
anastomosieren und deshalb an der Erzeugung collateraler Bahnen 
keinen Anteil gewinnen kónnen, wird widerlegt durch die in der nor- 
malen Anatomie bekannte Thatsache, dass zwischen den Aesten ver- 
schiedener stàrkerer Muskelarterien Verbindungen zu Recht bestehen. 
Diese Anastomosen der Muskelarterien beteiligen sich zuerst an der 
Bildung von Collateralbahnen, wie experimentelle Beobachtungen an 
Tieren und Untersuchungen von Arterienobliterationen am Menschen 
(Porta, Lesshaft', ich) zur Genüge beweisen. 

Zwei neuere Arbeiten handeln über die Muskelarterien. In. der 
einen untersuchte Spalteholz?) die Muskelgefässe beim Rinde, Kaninchen 
und beim neugeborenen Menschen mikro- und makroskopisch unter An- 
wendung verschieden gefärbter Leimmassen. Wichtig sind hier folgende 
Ergebnisse: Jeder Muskel wird mindestens von zwei mehr oder weniger 


!) Die nach Ligatur der A. iliaca externa und femoralis sich entwickelnden 
Anastomosen. Verhandl. d. Gesellsch. russ. Aerzte. 1872/1873. (Russisch.) 

*) Die Verteilung der Blutgefässe im Muskel. Abh. sächs. Ges, d. Wiss, 1888, 
Bd. XIV. S. 509. 


SENT MELLONI PS rn e Sn DIRE ST 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 397 


ansehnlichen Arterien mit Blut versorgt. Diese Arterien erzeugen im 
Muskel ein dichtes Netz von Anastomosen. Die Anastomosen der 
Muskelarterien mit den Gefássen des umgebenden Gewebes sind zu schwach, 
um bei plótzlicher Obliteration einer Muskelarterie in Frage kommen 
zu können. Sämtliche Anastomosen im Muskel zwischen den Aesten 
derselben oder verschiedener Arterien sind sehr zart im Verhältnis 
zum Hauptstamme und sind daher bei plótzlicher Obliteration nicht im 
stande, letzteren zu ersetzen. 

Baum) untersuchte die Arterienanastomosen vom Hunde mittelst 
Gypsinjection, letzteres um Capillaranastomosen auszuschliessen, wiewohl 
die Masse fein genug war, um in Arterienverástelungen bis zu 0,2 mm 
Durchmesser einzudringen. Hierbei ergaben sich dann folgende Sätze: 
Jeder Muskel erhàlt seine Blutzufuhr aus mehreren Quellen (manchmal 
aus 6—8 Arterien). Die Aa. nutritiae des Muskels anastomosieren 
unter einander, sodass, wenn z. B. sàmtliche Arterien des Anconaeus 
longus mit Ausnahme irgend einer einzigen unterbunden werden und 
man letztere injiciert, alle übrigen durch dieselbe gefüllt werden können 
(experimentell an Hunden festgestellt. Da Gypsmasse in Anwendung 
kam, so handelt es sich hier augenscheinlich nicht um capillare Ana- 
stomosen. Jede Muskelarterie giebt mehrfach starke Zweige ab, von 
welchen jede mit einem entsprechenden Aste einer anderen Arterie des 
nämlichen Muskels anastomotisch verbunden ist. 

Diese gut begründeten Untersuchungsergebnisse von Baum sprechen 
klar und überzeugend gegen Hyrtls und Holls Auffassung der Muskel- 
arterien. Im Hinblick auf die Darstellung von Spalteholz wáre zu be- 
merken, dass die seine Abhandlung begleitenden Figuren seinen eigenen 
Schlüssen teilweise widersprechen. So stellen Taf. I. Fig. I (Zwerch- 
fell vom Hunde mit injicierten Arterien, zweimal vergrössert) und 
Taf. I. Fig. 2 (ebensolches Präparat vom M. transversus abdominis des 
Hundes) schóne, sehr reichliche Anastomosen zwischen den verschiedenen 
Arterien und Arterienzweigen eines und des nämlichen Muskels dar 
und kónnten daher eher zur Illustration der Baum'schen Ergebnisse 
Verwendung finden. 


rar a... 


398 W. Tonkoff. 


Was die von Holl behauptete Unbeständigkeit der Muskelarterien 
betrifft, so glaube ich, dass diese Arterien kaum eine gróssere Variations- 
tendenz besitzen, als die Arterien der Nerven. Vergleicht man bei- 
spielsweise die den Biceps und Brachialis versorgende A. bicipitalis aus 
der Brachialis mit den Aa. nutritiae des N. medianus am Oberarme, 
so ergiebt sich erstere bezüglich ihres Ursprungs, ihres Verlaufes und 
ihrer Verästelung als die constantere. Es sind also die Muskelarterien 
auch in dieser Beziehung zur Bildung von Collateralbahnen nicht so 
ganz ungeeignet, wie dies von Holl angenommen wird. 

Kehren wir nun noch einmal zu den Nervenarterien zurück, so ist 
zu bemerken, dass es, um den Anteil, den diese Arterien an der Con- 
stitulerung von Collateralkreislaufen nehmen kónnen, geboten ist, 
zwischen A. nutritia nervorum und A. comes nervorum streng zu 
unterscheiden. Letztere, an den oberflächlichen Nerven besonders gut 
entwickelt, stellt Anastomosen zwischen Haut- und Muskelarterien 
dar und kann bei der Bildung collateraler Blutbahnen zweifellos be- 
deutungsvoll sein. Doch darf sie mit der eigentlichen A. nutritia 
der Nerven nicht verwechselt werden. Holl führt zum Nachweis der 
grossen Bedeutung der Vasa nervorum bei der Anastomosenentwicke- 
lung einen Fall von Gruber?) an, wo nach Obliteration der A. po- 
plitea (dieselbe verlief anomal in Sulcus poplit. internus) der Blutstrom 
durch die A. gastrocnemialis, die sich mit einem Aste der A. tibialis 
post. verband, hindurchging, und bezeichnet die A. gastrocnemialis als 
A. nutriens nervi suralis. Infolge dieser Verwechselung wird die Be- 
deutung der Vasa nervorum gar zu sehr übertrieben. Letztere nehmen 
infolge ihrer Besonderheiten gewiss einen activen Anteil an der Bil- 
dung von Collateralbahnen, wie aus den vorhin angeführten Fallen 
deutlich ersichtlich ist, doch dürfen sie schon wegen ihres geringen 
Durehmessers keine ausschliessliche Bedeutung für sich beanspruchen. 
Am nàchsten der Wahrheit scheint mir Zuckerkandl zu kommen: die 
Arterien der verschiedenen Organe und Gewebe beteiligen sich activ 


7) Anomaler Verlauf der A. poplitea durch den Sulcus popliteus internus und 
Obliteration derselben auf diesem Umwege. Archiv f. pathol. Anat. Jahrg. 1875. 
Bd. LXV. S. 262. 


Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 399 


an der Entwickelung von Anastomosen bald in hóherem, bald in ge- 
ringerem Grade, je nach den vorhandenen órtlichen Bedingungen. 

Eine endgiltige Erledigung dieser Angelegenheit wiirde sich, wie 
ich glaube, nur durch experimentelle Untersuchungen herbeiführen lassen. 
Beim Menschen ist das Studium des Collateralkreislaufes sehr wesent- 
lich erschwert durch die Unméglichkeit, so grosse Serien von Objecten 
zur Hand zu haben, als zur Erlangung unzweifelhafter Schlüsse er- 
forderlich ist. Specielle Experimentaluntersuchungen an Tieren behufs 
Eruierung der practischen Bedeutung der Nervengefässe sind meines 
Wissens bisher von Niemandem unternommen worden. Meine eigenen 
Beobachtungen sind nach dieser Richtung noch nicht abgeschlossen, 
doch vermag ich schon jetzt festzustellen, dass am Ende des ersten 
Monats nach Ligatur der A. femoralis und brachialis bei jungen Hunden 
die Circulation sich vorwiegend auf den Bahnen der Muskelarterien 
rehabilitiert. 

Auf jeden Fall ist das System der Aa. nutritiae, während es auf 
der einen Seite zur Ernáhrung der Nerven die denkbar günstigsten 
Bedingungen darbietet, im Falle der Obliteration eines der Haupt- 
stämme im stande, starke Collateralbahnen zu entfalten, die im Vereine 
mit den Muskel- und Hautarterien der Restitution des Blutumlaufes 
in ganzen Kórperregionen dienlich sind. 

Es erschópfen aber diese Gesichtspunkte natürlich nicht die ge- 
samte practische Bedeutsamkeit der Nervenarterien. 


Fig. 2. 


Figurenerklirung der Tafel XX. 


Von einem 1!|, Monate alten Knaben. Die Spinalganglien des Halses und 
des Plexus brachialis von vorne. Wirbelkanal und Zwischenwirbellécher 
von vorne eröffnet, die Dura spinalis entfernt. ZZ/— VIII vordere Wurzeln 
der entsprechenden Halsnerven; / vordere Wurzel des ersten Brustnerven; 
a N. axillaris; ef N. cutaneus brachii lateralis; em N. cutaneus brachii 
medius; m N. medianus; r N. radialis; ssc N. suprascapularis; sc Nn. 
subscapulares; # N. ulnaris; 7 A. subclavia; 2 A. vertebralis; 3 A. thy- 
reoidea inf.; 4 Ast aus dem Anfangsteile der A. thyreoid. inf.; 5 A. cer- 
vicalis ascendens; 6 Truncus costocervicalis; 7 Stämmchen, aus der A. 
subclavia emporsteigend, seine Aeste anastomosieren mit der A. verte- 
bralis an den Ganglien VI und VII; 8 A. transversa colli; 9 A. sub- 
scapularis super. perfor.; 10 Truncus nutriens aus der A. axillaris, in dem 
medialen Bündel des Plexus brachialis sich verästelnd; 11 Truncus 
nutriens aus der A. axillaris, sendet Aeste entlang dem N. medianus, 
N. cutan. brachii later. und aufwärts längs den Wurzeln des N. medianus; 
12 A. subscapularis inferior, aus deren Anfangsteil entspringen: 1. ein 
R. nutriens zum N. radialis, welcher dem hinteren Bündel des Plexus 
entlang mit dem Truncus nutriens aus der A. axillaris anastomosiert, 
und 2. ein R. nutriens zum N. axillaris; 73 A. (medullae) spinalis anterior. 
— Durch punktierte Linien sind die innerhalb oder an der hinteren 
Fliche von Nerven verlaufenden Rr. nutrientes dargestellt. An den 
Ganglien sind nur die wichtigsten Rr. nutrientes zu sehen; die Veräste- 
lungen und Anastomosen derselben an der Oberflüche der Ganglien da- 
gegen sind nicht abgebildet. Vergrösserung 2: 1. 


Obere Extremität eines Neugeborenen in natürlicher Grösse. Mm. coraco- 
brachialis und biceps durchschnitten, um die Gefásse des N. cutan. brachii 
lateralis zu zeigen. c/ N. cutan. brachii later.; cm N. cutan. brachii 
medius; fr Sehne des M. flexor carpi radialis; fw Sehne des Flexor manus 
ulnaris; Zcv Lig. carpi volare transversum proprium; m N. medianus; 
u N. ulnaris; 1 A. axillaris; 2 Ramus arteriae axillaris ad m-um coraco- 
brachialem; 3 A. bicipitalis; 4 A. collater. uln. sup.; 5 A. radialis; 
6 A. ulnaris; 7 A. recurrens ulnaris; 8 A. mediana (die A. interossea 
nicht dargestellt); 9 R. dorsalis a. ulnaris; 10 Arcus volaris sublimis; 
17 R. muscularis a. radialis, mit den Enden der A. mediana anastomo- 


Fig. 


Fig. 


Fig. 


W. Tonkoff, Die Arterien der Intervertebralganglien etc. des Menschen. 401 


sierend; 72 R. nutriens des N. medianus aus der A. carpea volaris der 
A. radialis, mit dem entsprechenden R. nutriens aus einem Aste der 
Ulnaris anastomosierend. 


Obere Extremität eines 2 Monate alten Kindes. Nergrüsserung 3: 2. 
M. triceps teilweise durchschnitten. b M. biceps; 7 N. radialis; # N. ul- 
naris; 1 A. axillaris; 2 A. subscapularis mf.; 5 A. profunda brachii; 
4 A. collat. uln. super.; 5 A. collat. uln. infer. 


Dasselbe Präparat, um die Ernährung des N. radialis (r) von der Teilung 
in seinen oberflächlichen (s) und tiefen (r) Ast zu zeigen. Vergròsse- 


"rung 3:2. b M. biceps; 1 A. brachialis; 2 A. profunda brachii; 3 R. mus- 


cularis a. brachialis; 4 A. recurrens radialis. 


Die Ganglia spinalia lumbalia et sacralia und der Plexus lumbalis eines 
Neugeborenen von vorne gesehen.  Vergrósserung 2:1. JI Ganglion 
spinale secundum; / Ganglion sacrale primum; € N. cruralis; s Plexus 
sacralis; { A. iliaca communis dextra; 2, 3, 4 Aa. lumbales II, III und IV; 
5 A. iliolumbalis; 6 A. glutaea superior; 7 A. glutaea inferior; 8 A. sa- 


‘cralis later. super.; 9 A. sacralis later. infer. 


Von einem 3 Monate alten Kinde. Die Ernihrung des N. femoralis ist 
dargestellt. ^ Vergrósserung 9:2. € N. cruralis; 0 N. obturatorius; 
1 R. iliacus a. iliolumbalis; 2 Radix a. obturatoriae ex a. glutaea infer. 
(schwach entwickelt); 3 Radix a. obturatoriae ex a. epigastrica infer.; 
4 A. circumflexa ilium interna; 5 A. profunda femoris. 


Untere Extremität eines Neugeborenen von hinten in normaler Grösse. 
Das Caput longum bicipitis femoris durchschnitten, die Bündel des N. 
ischiadicus teilweise auseinandergedrängt, um das in dem Nerven befind- 
liche arterielle Geflecht zur Anschauung zu bringen. € N. communicans 
peronei; 2 N. ischiadieus; p N. peroneus; ZN. tibialis; / A. glutaea in- 
ferior; 2 A. circumflexa femoris medialis; 3 A. perforans I; 4 R. muscu- 
laris a. femoralis; 5 A. poplitea; 6 Truncus nutriens ex arteria poplitea; 
7 A. tibialis posterior; 8 A. peronea; 9 R. calcaneus medialis. 


Internationale Monatsschrift für Anat. u. Phys. XV. 26 


Referate 


von 


W. Krause. 


W. Spalteholz, Handatlas der Anatomie des Menschen in 750 teils 
farbigen Abbildungen mit Text. Mit Unterstützung von W. His. 
89. 1898. Bd. IL Abt. 2. Herz und Blutgefässe. Leipzig bei 
S. Hirzel. S. 365—475. Fig. 410—511. — 6 Mk. 


€. Toldt, Anatomischer Atlas für Studierende und Aerzte, unter Mit- 
wirkung von A. Dalla Rosa. Gr.-Octav. Wien und Leipzig 
bei Urban & Schwarzenberg. 1898. Sechste Lieferung. Herz und 
Arterien, bearbeitet von Professor Dr. A. Dalla Rosa. S. 540 
bis 649. Fig. 904—1025. — 7 Mk. 


Ueber die früher erschienenen Lieferungen wurde bereits Zum Teil in dieser 
Monatsschrift (1896. Bd. XIII. H. 11. S. 407—408) referiert. 

Von diesen beiden Atlanten, welche die neue anatomische Nomenclatur ins 
Leben gerufen hat, liegen jetzt die im laufenden Jahre erschienenen angiologischen 
Hefte vor. Dem von Spalteholz fehlen noch die Lymphgefässe, dem von Toldt und 
Dalla Rosa auch die Venen. Welcher Atlas den Vorzug verdient, abgesehen davon, 
dass Spalteholz zugleich ein ganz kurzes Compendium seinem Atlas einverleibt, 
wird wesentlich nach künstlerischem Geschmackgefühl zu entscheiden sem.  Toldt 
folgte der alten Methode des farbigen Holzschnittes, Spalteholz stellt möglichst 
alles durch das Autotypieverfahren dar. Dieses hat den Vorzug der Naturtreue, 
der Billigkeit und gestattet in der Regel, die Lebensgrósse beizubehalten. In dem 
wirklich classischen Atlas der Arterien von Tiedemann war die Lebensgrósse einer 
der Vorzüge, welche den Atlas so ausserordentlich brauchbar für den Chirurgen 
machten. Dazu waren Kupferstich und Colorierung aus freier Hand angewendet. 
Heute sind die Tiedemannschen Abbildungen immer noch im den Handbüchern ver- 
breitet, freilich unter Verzicht auf die Lebensgrósse, und niedliche Miniaturausgaben 
gleichsam der Tiedemannschen Bilder finden sich bei Rauber (Anat.,1898. Bd. Il. 
Abt. 1; Quain, Vol. II. p. 2. 1892) und namentlich bei Sappey (Traité d'anat. descr. 
ISS), dU. JU} 

Die Venen hatte Tiedemann nicht behandelt und den Venenfiguren von Spalte- 
holz dürfte schwerlich irgend etwas aus der Litteratur an die Seite zu setzen sein. 


W. Krause, Referate. 403 


Ein anderer Unterschied besteht zwischen den Arterienbildern von Spalteholz 
und Dalla Rosa, insofern bei letzterem die femeren Verzweigungen der Kórperarterien 
in viel ausgedehnterem Maasse dargestellt sind, was besonders bei den Haut- und 
Muskelästen hervortritt. Welche Methode aus didaktischen Gründen den Vorzug 
verdient, wird der Erfolg zu zeigen haben. 

Einige unbedeutende Abweichungen von der Baseler anatomischen Nomenclatur 
finden sich in beiden Atlanten. Bei Spalteholz: Aeste an das Hüftgelenk (S. 436) 
statt Ramus acetabuli, der Confluens sinuum ist weggeblieben, die in jener Nomen- 
clatur fehlenden Vv. digitales dorsales (manus propriae) sind nachgetragen, ausser- 
dem Vv. digitales (dorsales) communes pedis und Vv. marginales pedis auf- 
genommen. Statt V. dorsalis penis subcutanea setzt Spalteholz ,, cutanea“, wohl 
nur der Kürze wegen. Den Widerspruch in der Bezeichnung der Nomenclatur bei 
den Rami posteriores der Aa. intercostales und den homologen Rami dorsales der 
Aa. lumbales haben Spalteholz und Dalla Rosa in verschiedener Weise beseitigt. 
Ersterer nennt wie Toldt (Anat. 1897. S. 497) beide Arten von Aesten: Rami pos- 
teriores, Dalla Rosa (Fig 950, 951) hingegen: Rami dorsales. Spalteholz hat beim 
Oberschenkel auch den Ramus musculoarticularis von Tiedemann aufgenommen. 
Die meisten deutschen Handbicher benennen ihn nicht, in der Baseler Nomenclatur 
sollten die arteriellen Muskeláste der Regel nach nicht besonders benannt werden, 
der Ausdruck R. musculoarticularis ist von einer unbehiilflichen Linge und seine 
Composition widerstreitet dem Geist der lateinischen Sprache. Ueber seine Constanz 
oder Häufigkeit kann man verschiedener Ansicht sein (Ref. hält ihn für die Regel), 
jedenfalls waren die angegebenen ungefähr die Gründe, weshalb der Ausdruck in 
der Nomenclatur weggeblieben ist, was natürlich Niemanden hindern darf, den 
Ast dennoch zu benennen, falls es aus irgend einem Grunde erforderlich schien und 
dafür z. B. den R. saphenus wegzulassen, der bekanntlich die gleichnamige Vene 
und den Nerven nicht begleitet. 

Von diesen Details abgesehen, sind einige Differenzen der Auffassung un- 
vermeidlich, solange im den Tabellen der Baseler anatomischen Nomenclatur gleich- 
sam nur ein Skelet der descriptiven Anatomie vorliegt, das erst noch mit Weich- 
teilen bekleidet und dadurch erläutert werden muss. Als ein solches Beispiel mag 
die 4. dorsalis linguae dienen. 

Seit Tiedemann (1822) steht sie in allen Handbüchern und hatte den Sieg 
über den Ramus dorsalis lmguae davongetragen. Dieser findet sich, um nicht weiter 
zurückzugehen, bei J. C. A. Mayer (1788), bei Hildebrandt (1792) dagegen A. dor- 
salis linguae, ebenso bei Soemmerring (1791), und J. F. Meckel (1817) hat Rami 
dorsales linguae wie die Baseler Nomenclatur. Die Handbücher folgten in diesem 
Jahrhundert wie gesagt Tiedemann. So steht die A. dorsalis linguae bei Gegenbaur, 
Henle, Hyrtl, Krause, Langer-Toldt und vielen anderen. Sie ist auch noch in das 
anatomische Compendium von Richter (1896. S. 508) übergegangen, der sich dem 
Titelblatt zufolge an die neue anatomische Nomenclatur anzuschliessen beabsichtigte. 

In der Nomenclaturcommission wurde einerseits „Aa. dorsales linguae“ statt 
A. dorsalis linguae zu setzen beantragt, wahrend andere diese Arterie ganz streichen 
wollten, da sie nur eine unter verschiedenen in die Zunge aufsteigenden Aesten 
sei und bei der Práparation stets Schwierigkeiten mache. Schon Sappey (Traité 
d'anat. T. IL. 1869. S. 571) hatte bemerkt, dass sie sich mit den gewöhnlich im 
Präpariersaal verwendeten Injectionsmassen häufig nicht füllt, und Gegenbaur (Anat. 
1890. II. S. 235) beschreibt die A. dorsalis linguae als: ,einige Zweige oder auch 
ein grösserer Ast, welche etc. Im Anschluss hieran sagt Spalteholz (S. 388), dass 


404 W. Krause, Referate. 


die Rami dorsales linguae der Baseler Nomenclatur, welche Aeste in der Schluss- 
redaction an Stelle der einfachen A. dorsalis linguae getreten waren, doppelt oder 
einfach seien. Toldt (Anat. 1897. S. 505) kennt dem entsprechend nur diese Rami 
dorsales linguae. In ganz anderem Sinne verwendet nun Dalla Rosa (Toldts Atlas 
der Gefässlehre. 1898. S. 600) die Bezeichnung. Er nennt Rami dorsales linguae 
nicht die Aeste der A. lingualis, sondern Aeste der A. profunda linguae, die mit- 
hin nicht die Zungenwurzel, sondern im Gegenteil den Zungenrücken versorgen. 
Dass diese nicht gemeint waren, liegt auf der Hand, die Frage ist nur, ob die A. 
dorsalis linguae Tiedemanns wirklich so häufig fehlt, wie es den Anschein hat. 

Bei meinen eigenen allerdings nicht zu einer Statistik ausreichenden (Henle, 
Gefásslehre. 1868. S. 242, Anm.) Injectionen der A. lingualis mit besseren Massen 
füllte sich regelmässig eine beträchtlich mehr als die übrigen Aeste der ersten 
horizontalen Strecke der A. lingualis entwickelte A. dorsalis linguae. 

Weitere Untersuchungen über Fragen, die in das System der descriptiven 
Anatomie eingreifen wie diese, über eine verhültnismüssig grosse, wenn auch prak- 
tisch ziemlich gleichgültige Arterie würden ein dankbares Thema bilden. Man hórt 
so häufig die Klage, dass Jemand gern mit dem Messer, statt fortwährend am 
Mikroskop arbeiten móchte und nur nicht sehe, wie er es anfangen solle, obgleich 
doch so zahlreiche unsichere Punkte in der makroskopischen Anatomie noch 
vorliegen. 

Jedenfalls ware dergleichen lohnender, als neue Namen zu machen. Ks ist 
unglaublich aber wahr, dass allein im Jahre 1896 in der dem Referenten zugänglichen 
und keineswegs alles umfassenden Litteratur ca. 216 neue Namen geliefert worden 
sind. Wie viele thatsächliche Entdeckungen neuer Dinge oder auch nur neue Auf- 
fassungen bekannter Verhältnisse kommen wohl auf jene Anzahl? Die Entdeckungen 
lassen sich leider leicht an den Fingern abzählen. Die einzige Ausnahme in dem 
genannten Jahre bildet Retzius: wenn ein so hervorragender Anatom eine Menge 
neuer anatomischer Thatsachen aus der descriptiven Anatomie vorbringt, so muss 
er neue Namen formulieren, er mag wollen oder nicht, und Niemand wird etwas 
dagegen haben. Manche aber, die nichts Neues vorzubringen wissen, bilden 
wenigstens neue Namen, die der glückliche Erfinder meistens nachher selbst nicht 
gebraucht; jedenfalls thut es auch sonst Niemand. Solche Bemerkungen sind nicht 
gerade neu und seit Soemmerring (1791) angefangen hat, mit Bewusstsein die ana- 
tomische Nomenclatur zu reformieren, haben sie sich immer von neuem wiederholt. 
Wünschenswert wäre es aber, wenn diese Hochflut von hunderten neuer Namen 
haldigst nachlassen móchte. Die Erfinder kónnen doch nicht im Ernst glauben, 
die Studenten würden sie lernen. Das Ganze ist ein Rest aus der schónen alten 
Zeit, wo fast jede Universitat, mochte sie noch so unbedeutend sein, ihre eigene 
anatomische Nomenclatur besass. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


Internat. Monatsschrift für Anat.u.Phys. Bd.XV. _ 


i 


je 


URP 
2 lero 
50.59 9 d Pe 


| 


PBertacchini del. 
| : P Bertacchini: Descrizione di uni) 


ilaele 


LAI 


A Finke, Leipzig. 


lovanissimo embrione umano. 


Internat. Monatsschrift für Anat.u. Phys. Bd. XV. 


SANTÉ 


7 DE È AM Y 
HR RE ici 
iin B 
ria iz 

1 Jn m 
SAN 


E 


| PBertacchin del. 


P Bertacchini: Descrizione diu 


ae 


1 
) 


do Guerrini: Sugli Elementi elas | 


xuid 


* 


( 


- 
/ 


rift für Anat.u. Phys. BAX 5 


m 


Dic 
LUIS. 


Internat. Monatssch 


Ve Rinaldi 


Taf. III. 


{delle vie respiratoric superiori . 


Internat. Monatsschrift für Anat.u.Phys.Bd.XV. x Taf. IV. 


— 


de 


(menschlicher 
Nasenrücken) 


9 
2. 


(Naserrücken 
eines Gorilla) 


PI 


v.Torok: Über eine neue Methode etc. 


a tue © 


Internat. Monatsschrift für Anat.u.Phvs. Bd. XV. 


"aT 
ane toy, 
asa 


0 E 
t. a 
MLITTLOM 


9 
aaa i aen 


Le 


3: 


P Bertacchini , Istogenesi dei. 


————_———_——e === 


Taf, VI 
3) 
28 
31 


pa 
pl 
E 
4 
vi 
po 
z 
"3 
ra 
‘A 
D 
Ra 
E 
-— 
(o) 
= 
+ 
- 
um 
wes) 
= 
"e 
un 
Se 
E i 
E ES] 
e ie 
© i3 
£ ra 
PH 
s 


= ee En ne: 


ter ATL 


CORSIE E a m À 


P Bertacchini, Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. 


Taf. VII. 


Internat. Monatsschrift für Anat -u.Phys. Bd. NV. 


W.H.Cox: Die Selbstständigkeit der Fibrillen im Neuron. 


SE TOS OER Np 


Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XV Gate AULUS 


Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


S. Stopnitzki, Untersuehungen zur Anatomie des mensehliehen Darmes. 


Internat. Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. Bd. XV. Taf. IX. 


y à 
10/96. 
Ricnard Hann (H. Otto), Leipzig. 


S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des mensehliehen Darmes. 


E 


Internat. Monatsschrift für Anat. u. Phys. Bd. XV. Wea, SX 


! 


7 HOME, 


Kıcnard Hann (H. Otto), Leipzig. 


S. Stopnitzki, Untersuehungen zur Anatomie des menschliehen Darmes, 


Tai SUL 


Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


rsuehungen zur Anatomie des mensehliehen Darmes. 


XV. 


Bd. 


Phys. 


u. 
È 


Anat. 


S. Stopnitzki, Unt 


nternat. Monatsschrift fiir 


3 
1 
x 


Taf. XII. 


XV. 


Bd. 


Anat. u. Phys. 


für 4 


Monatsschrift 


Internat. 


4 FOMO 


Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


s. Stopnitzki, Untersuehungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 


Internat. Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. Bd. XV. slate SINE 


"THOM. 


Ricnara Hann (H. Otto), Leipzig. 


S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des mensehliehen Darmes. 


Internat. Monatsschrift fiir Anat. u. Phys. Bd. XV. 


dieu XV 


: ; Lichtdruck von C. G. Röder, Leipzig. 
‚logie und Physiologie der Ganglienzellen. 


ee EEE P^ Bae ee 


- 


Taf. XV 


nn AN 


nun 
um 


rE A Fur 


Tith Anstv 


- 
. 


x 


Internat. Monatsschrift für Anat.u.Phvs. Ba.X\ 


Internat. Monatsschrift für Anat.u. Phys. BAXV. 


Swale Vincent del A | 
Swale Vincent: SU 


PR AWIE 
bide 


= 

BS E 

S SR | È 

RS i | 25 
l|. 


e MEA Hs 


apsules . 


' 
J 


nal ( 


Internat. Monatsschrift für Anat.u.Phvs. Ba.XV. 


Ne 


SER NOS è 


Paese 
e. 
id 
e LL 


PHI ESSA 


= 
T3 9/9) 


Swale Vincent: Suprarenal Capsules . i 


Sith Ansty E.A Funke, Leipzig. 


Internat. Monatsschrift für Anat.u. Phys. Bd.W. PI. XVIII 
E XVIII. 


== == re net. 


DI de. 


blac ne. 


Dwale Vincent del. 


Er 


IDZIT. 


Swale Vincent: Supravenal Capsules . ic 


4 


Internat .Monatsschrift fim Anat.u.Phys. BA.XV. Taf. XIX. 


So 


TERRE A 


rane 


| V | 
|l AN [^ 
gu | 
LE 
iel del. : x E : > ith. AnstvE A Funke Letpzig. 
eg Ly A.S.Dogiel. Zur Frage über den Bau der Spinalganglien ete. "esse 


iria aaa ees 


= 
li 


r Anat.u.Phvs. Bd.) 


fü 


Wishreff del. 


= 
4 


Internat. Monatsschrift 


N 


Tonkoff, Die Arterien der Jntervertebralganfı 


r 


W 


ane 


CEE els 


— 


zu —_ = A — - i ont miti 


Internationale Monatsschrift 


MAR 29 1898 
[2.680 


Anatomie und Physiologie 


für 


Herausgegeben 
von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 
Éd. van Beneden in Lüttich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 

Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow 

in London, H. F, Formad in Philadelphia, C. Giacomini in Turin, 
C. Golgi in Pavia, G. Guldberg in Christiania) H. Hoyer 

in Warschau, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, 

G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius in Stoekholm, 
A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


E. A. Scháfer L. Testut 
in London. in Lyon, 
und 
Fr. Ko psch 
in. Berlin. 


Band XV. Heft 1. Mit Taf. I—IIT. 


= i i — — —. 
PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta-Street 


1898. 


badia Er 


Inhalt. 


: Seite 

P. Bertacchini, Descrizione di un giovanissimo embrione umano con spe- 
ciale riguardo allo sviluppo dei centri nervosi. (Con Tav. Ie Il) . 1 

(x. Guerrini, Sugli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. (Con 
ista Ra STE a ie re n 25 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsützen 25 Separat-A bdrücke frei, 
eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die ,Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie“ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 
Hardenbergstrasse, 39 erbeten. 


=== SOOM em erstellen em. == 


A. Ecker’s & R. Wiedersheim’s Anatomie des 


Frosches Auf Grund eigener Untersuchungen durchaus neu bearb. 

» * von Dr. Ernst Gaupp. _ 

II. Abtheilung, 1. Halfte. Lehre vom Nervensystem. Mit 62 zum Theil mehr- 
farbigen Abbildungen. Zweite Auflage. Preis 10 Mk. (Verlag von Friedr. 
Vieweg & Sohn, Braunschweig.) — Zu beziehen durch alle Buchhand- 
lungen. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


A $i na 
ArH oO 1892 


Internationale Monatsschrift 
12,030 für 


Anatomie und Physiologie. 


Herausgegeben 
von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 
Éd. van Beneden in Liittich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 
Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow 
in London, H. F, Formad in Philadelphia, C. Giacomini in Turin, 
C. Golgi in Pavia, G. Guldberg in Christiania, H, Hoyer 
in Warschau, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, 
G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius in Stockholm, 
A. Watson in Adelaide (Siid-Australien), 


E. A. Schafer L. Testut 
in London. in Lyon, © 
und 
Fr. Kopsch 
in Berlin. 


Band XV. Heft 2. 


PARIS, | LEIPZIG, : LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta-Street. 


1898. 


N 


; 


Inhalt, 


RE: $ ? 3 223 Eu ; 

Guerrini, Sagli elementi elastici delle vie respiratorie superiori. (Fine) - 33 

Kopsch,. Die Insertion der Musculi lumbricales an der Hand des 
Menschen . . . . od MeL NI. e ueni er rl 


. Krause, Referate . : 


 Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


MAY 5 1898 


Internationale Monatsschrift 
12,080 


fiir - 


Anatomie und Physiologie. 


Herausgegeben 
von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 
Ed. van Beneden in Liittich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 

Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow 

in London, H. F. Formad in Philadelphia, C. Giacomini in Turin, 
C. Golgi in Pavia, G. Guldberg in Christiania, H, Hoyer 

in Warschau, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, 

G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius in Stockholm, 
A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


E. A. Schafer 


in London. 


L. Testut 
in Lyon, 
und 


Fr. Kopsch 


in Berlin. 


Band XV. Heft 9. Mit Taf. IV. 


PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 


31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta-Street. 
1898. 


Inhalt, 


Vo . Török, Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik 
der Nase. AM IRA as e MM ol 


. . Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsätzen 25 Separat-Abdriicke frei. 
EU. grossere Anzahl liefert. die Nertag alle auf Verlangen zu UA Preise. 


Bruder Sprache für die Internationale Monatsschrift für Anatomie ad Piso 
logie“ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren | 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 


 Hardenbergstrasse 39 erbeten. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


Internationale Monatssehrift 
12, 0 £0 


fiir 


Anatomie und Physiologie. 


' Herausgegeben 


von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 
Éd. van Beneden in Lüttieh, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 
Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow 
in London, H. F. Formad in Philadelphia, C. Giacomini in Turin, 
C. Golgi in Pavia, G. Guldberg in Christiania, H. Hoyer 
in Warschan, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, 
G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius in Stockholm, 
A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


E. A. Scháfer 


L. Testut 


in London. in Lyon, 
und + 
Fr. Kopsch 
in Berlin. 
o 


Band XV. Heft 4. 


PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 


31 Seeburgstrasse. _ 14 Henrietta-Street. 
1898. 


Inhalt, 


Sei 
A. v. Tórók, Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik [5 

GENRE SUHOLESERZUND) e cM qu vu coe e cud rr er ie 
MeN RESIN c  Heferah e o co Ma Mee Uu xA E DA Devis anto Taie 
CMM UMDIDICicde EEE EE E E eR EIU dM cc e M MNT 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Autsützen 25 Separat-Abdrücke frei, 
eine gróssere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die ,Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie“ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin- p 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


AUG 2 (1829 


Internationale Monatssehrift 
142, 080 für 


Anatomie und Physiologie. 


Herausgegeben 
: von : 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 
Ed. van Beneden in Lüttich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 

Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow 

in London, H. F. Formad in Philadelphia, C. Giacomini in Turin, 
C. Golgi in Pavia, G. Guldberg in Christiania, H. Hoyer 

in Warschau, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, 

G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius in Stoekholm, 
A. Watson in Adelaide (Siid- Australien), 


‘E. A. Schafer L. Testut 


in London. in Lyon, 
und 


Fr. Kopsch 


in Berlin. 


Band XV. Heft 5. 


eS D — 
PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta-Street. 


1898. 


— — — À 


E ; Gi Sth A OUEN VI 
9 a 5. " P 
: x jj 23 2 
E x 
Lo í JUR 
: : 3 LA cU 
S ARE : 
I ? f 
| \ x 
TARA 
1 1 < 4 
Y j 
"T j ; 
i ; 5 
» È 
i 
t 
A 
5 x 
B 
ü 
E: i 
M L 


Inhalt. 


Seite 

A. v. Török, Ueber eine neue Methode zur kraniologischen Charakteristik 
im SENSE eng IGS er ae qe ced c c M toe pM JU 

W. Tonkoff, Ueber anomale Anordnung der Hautnerven auf dem Hand- 

rücken des Menschen, verglichen mit dem normalen Verhalten bei 
IAS dcn e a ei er quete E eit sc Lee n 5p 

P. Bertaechini, Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. (Con Tav. V 
e. VD N ER d quc C MEI MEE yee OL 
lcd ttd ul HE eM QU e CT ne lo 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsátzen 25 Separat-Abdrücke frei, 
eine gróssere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die ,Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie^ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


Internationale Monatssehrift 


12 .0$0 ar 


Anatomie und Physiologie. 


Herausgegeben 
von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 
Ed. van Beneden in Liittich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramon y 

Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow 

in London, H. F. Formad in Philadelphia, C. Giacomini in Turin, 
C. Golgi in Pavia, G. Guldberg in Christiania) H. Hoyer 

in Warschan, S. Laskowski in Genf, A. Macalister in Cambridge, 

G. Mihalkovics in Budapest, G. Retzius in Stockholm, 
A. Watson in Adelaide (Siid-Australien), 


E. A. Schafer L. Testut 
in London. in Lyon, 
: und 
Fr. Kopsch 
in Berlin. 


Band XV. Heft 6/7. 


D D — — — 
PARIS, LEIPZIG, ‘LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta-Street. 


1398. 


3 2 
tes n 
\ 
1 ES 
M 
FAR È 
4 À . 
(46 % 
e M 
‘4 
à 
= . 
, 
è 
# 
pee % 
D 


Inhalt. 


Seite 
P. Bertacchini, Istogenesi dei Nemaspermi di Triton cristatus. (Fine). . 177 
B. Rawitz, Die Fussdrüse von Gastropteron Meckelii Kosse. (Mit 2 Fig.) 199 


R. J. Anderson, Note on a Diastema between Molars and Premolars in an 
CR a ror e e e te DOG 


ie era I n US Im EL I ny, 208 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsätzen 25 Separat-Abdrücke frei 
eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie“ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. 


Die Tafeln V und VI befinden sich im V. Hefte. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


OCT 4 1888 


Internationale Monatsschrift 


für 


1245 $0. 


Anatomie und Physiologie, 


Herausgegeben 
von : 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 

Éd. van Beneden in Lüttich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 
Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow in London, 
H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, G. Guldberg 
in Christiania, H. Hoyer in Warschau, S. Laskowski iu Genf, 

A. Macalister in Cambridge, G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius 
in Stockholm, A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


.E. A. Schäfer L. Testut 
in London, in Lyon, 
und 
Fr. Kopsch 
in Berlin. 


Band XV. Heft 8. Mit Taf. VII—XIIT. 


ee ——— iB dp ——— — 
PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta - Street. 


1898. 


Inhalt. 


Seite 

W. H. Cox, Die Selbständigkeit der Fibrillen im Neuron. (Mit Taf. VII) . 209 
S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. 

BEIGE Vill A ee ae c AL 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsätzen 25 Separat-Abdrücke frei 
eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, französischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie“ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. ; 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


RS Ae 


DCS RENE ET oat: 


Internationale Monatssehrift 
OCT i4 1899 ad | 
12,050 N 


Anatomie und Physiologie = 


Herausgegeben 
von ; 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 
Ed. van Beneden in Lüttich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y | 
Cajal in Madrid, J. H, Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow in London, 4 
H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, G. Guldberg 4i 
in Christiania, H. Hoyer in Warschau, S. Laskowski in Genf, 
A. Macalister in Cambridge, G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius 
in Stockholm, A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


E. A. Schafer — L. Testut 
in London, in Lyon, i 
und 
Fr. Kopsch | ;j 
in Berlin. à 


Band XV. Heft 9. Mit Taf. XIV u. XV. 


—n 
PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta - Street. 


1898. 


Inhalt. | oY 


; Seite 

W. H. Cox, Beitráge zur pathologischen Histologie und Physiologie der 
Gudeheuzclene (Mit Pat XIV) 22200 cw en weni... MH 

D. Timofeew, Beobachtungen über den Bau der Nervenzellen der Spinal- 
ganglien und des Sympathicus beim Vogel. (Mit Taf. XV) . . . . 259 
W. Tonkoff, Die Blutgefässe der Lymphdrüsen . . . . . . . . . . 269 
Necrologia . Md i LA c Mu I mW M ig 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsátzen 25 Separat-Abdrücke frei, 
eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, französischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie“ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Uharlottenburg, 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


E oe A EEE RAT o MT Re INCHES I VETT PE es Ces E 
o - AY SENE 4 5 D 
j 3 s AS PN ES Ree 
È S 2 ti CIS % es. 
i à FRI à 
: 2 ; N 
TR. S 
; : 
1 © 
3 nets 
Y P 
pi 
: " 
2 


Internationale Monatssehrift 


: 1050 3 
DEC 26 1022 2: 


natomie und Physiologie. 


—  — — In 


12.080 


Herausgegeben 
von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 

Ed. van Beneden in Lüttich, G, Bizzozero in Turin, S. Ramón y 
Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow in London, 
H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, G. Guldberg 
in Christiania, H. Hoyer in Warschau, S. Laskowski in Genf, 

A. Macalister in Cambridge, G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius 
in Stockholm, A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


E. A. Schafer L. Testut 
in London, in Lyon, 
und 
Fr. Kopsch 
in Berlin. 


Band XV. Heft 10. Mit Taf. XVI— XVIII. 


— 
PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 


9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta - Street. 
1898. 


Inhalt. 


Seite 

D. Timofeew, Beobachtungen über den Bau der Nervenzéllen der Spinal- 
ganglien und des Sympathicus beim Vogel. (Schluss) . . . . . . 2178 

S. Vincent, The comparative Histology of the Suprarenal Capsules. (With 


RER oso de— A NP CIERRE MIC RA MM E E EMI 1 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsützen 25 Separat-Abdrücke frei, 
eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie^ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. i 


‘DAI ERREICHEN DEREN LORI 
Verlag von ARTHUR FELIX in Leipzig. 


Die 
Entartung der Kiefer aes Menschengeschlechtes. 


Eine Studie 
von 
Eugene S. Talbot 
in Chicago. - 
Uebersetzt und frei bearbeitet von Max Bauehwitz. 
Mit Illustrationen. 
In gr. 8°. 75 Seiten. Broschirt. Preis Mk. 4.—. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


Internationale Monatssehrift 


Anatomie und Physiologie. 
[2,680 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 

Ed. van Beneden in Lüttieh, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 
Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow in London, 
H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, G. Guldberg 
in Christiania, H. Hoyer in Warschau, S. Laskowski in Genf, 

A. Macalister in Cambridge, G. Mihálkovics in Budapest, G. Retzius 
in Stockholm, A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


E. A. Scháfer L. Testut 
in London, in Lyon, 
und 
Fr. Kopsch 
in Berlin. 


Band XV. Heft 11. 


PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 91 Seeburgstrasse. 14 Henrietta - Street. 


1898. 


Inhalt. 


Seite 

S. Vincent, The comparative Histology of the Suprarenal Capsules. (Con- 
ERECT ERECT) T D oz ee RR I ek A RIE EI a MIO 
S. Stopnitzki, Untersuchungen zur Anatomie des menschlichen Darmes. . 327 
DOTE Re CECL ANE stort er e ARE. 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsátzen 25 Separat-Abdrücke frei, 
eine gréssere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die ,Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie“ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


AN CO 
UAN 25 189 


Interna Dub Monatssehrift 
Id, 050 für 


Anatomie und Physiologie. 


Herausgegeben 
von 


R. Anderson in Galway, C. Arnstein in Kasan, 

Ed. van Beneden in Liittich, G. Bizzozero in Turin, S. Ramón y 
Cajal in Madrid, J. H. Chievitz in Kopenhagen, J. Curnow in London, 
H. F. Formad in Philadelphia, C. Golgi in Pavia, G. Guldberg 
in Christiania, H. Hoyer in Warschau, S. Laskowski in Genf, 

A. Macalister in Cambridge, G. Mihälkovics in Budapest, G. Retzius 
in Stoekholm, A. Watson in Adelaide (Süd-Australien), 


E. A. Scháfer L. Testut 
in London, in Lyon, 
und 
Fr. Kopsch 
- in Berlin. 


Band XV. Heft 19. Mit Tafel XIX u. XX. 


MÀ aie 
PARIS, LEIPZIG, LONDON, 
Haar & Steinert Georg Thieme Willams & Norgate 
9 Rue Jacob. 31 Seeburgstrasse. 14 Henrietta- Street. 


1898. 


Li 


Inhalt. 


Seite 

A. SN. Dogiel, Zur Frage über den Bau der Spinalganglien beim Menschen 
Bad bel den Saupetieren. (Mit Tafel XIXy : 19. 5. 046 

W. Tonkoff, Die Arterien der Intervertebralganglien und der Cerebrospinal- 
nerven deseMenschen v (Mida 909 
CRT Se a ER x ee e Mau cur sed dg 


Die Herren Mitarbeiter haben von ihren Aufsátzen 25 Separat-Abdrücke frei, 
eine grössere Anzahl liefert die Verlagshandlung auf Verlangen zu billigem Preise. 
Frankierte Einsendungen in lateinischer, franzósischer, italienischer, englischer oder 
deutscher Sprache für die „Internationale Monatsschrift für Anatomie und Physio- 
logie^ werden unter der Adresse eines der auf dem Titel verzeichneten Herren 
Mitredacteure oder direct an die Redaction: Dr. Fr. Kopsch, Berlin-Charlottenburg, 
Hardenbergstrasse 39 erbeten. 


Buchdruckerei Richard Hahn (H. Otto), Leipzig. 


nn ee er a A 


DS 


3 = 106 18