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►
THR GIPT OF
PmiK. Alexander 'Aiw
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7
^
INTRODUZIONE
ALLA TEORIA MATEMATICA
DELLA
ELASTICITÀ
C^
PER
ERNESTO CESÀRO
PROFESSORE ORDINARIO DELLA R. UNIVERSITÀ DI NAPOLI
SOMMARIO! Cinematica dei piccoli moti - Componenti della
deformazione - Potenziale delle forze elastiche - Equilibrio ela-
stico ; Teorema di Betti - Distribuzione delle azioni Interne -
Moto elastico - Applicazione alla sfera - Problema di Dlrichlet -
Proprietà delle deformazioni elasticlie - Equazione canonica
dei piccoli moti - Calcolo della dilatazione e della rotazione -
Integrazione delle equazioni dell'equilibrio - Applicazione ai suoli
elastici Isotropi - Deformazioni termiche - Problema di Saint-
Venant - Applicazione ai problemi della pratica - Coordinate cur-
vilinee - Parametri differenziali - Sistemi isotermi - Equazioni del-
l'elasticità in coordinate curvilinee - Elasticità negli spazi! curvi.
TORINO
FRATELLI BOCCA EDITORI
LinUlI DI 8. V. IL KB D^HALXA
BOMA
TU del Cono, 216-217
SX700X7X%S.AJL.X '
FIBBNZE
Via Cerretani» 8
PALERMO
UBiTersitk, 12
(N. 0»rMio)
DSPOSXTX
MESSINA
(Daly)
1894
CATANIA
S. Maria al Soft.<», 28
(N. Garoeio)
*'% *.
ProprietI Letteraria
Torino — Yxmgbheo Bcka, Tip. di S. M. e dei RR. PrindpL
I=>ie;ElFA.ZIO:LTE
Ecco il primo d'una serie di volumi sulle matematiche
superiori^ nei quali mi propongo di avviare i giovani alla
conoscenza delle varie discipline che andrò man mano in-
segnando liberamente neirUniversità, di Napoli. Queste
che oggi pubblico sono le lezioni che ho avuto l'onore di
fare in sostituzione del Prof. Gt. Battaglini, durante l'anno
scolastico 1892-93. Esse non contengono nulla di nuovo,
e nemmeno hanno la pretesa di costituire un corso com-
pleto sulla teoria matematica della elasticità, ma vogliono
soltanto essere considerate come una preparazione alla
lettura di tanti eccellenti trattati ed allo studio delle me-
morie, specialmente italiane, che sono state pubblicate su
tale argomento.
Portici, 20 agosto, 1893.
E. CESlRO.
417596
PARTE PRIMA
I. Cinematica dei piccoli moti Pag,
n. Le componenti della deformazione
m. n potenziale delle forse elastiche
IV. Equilibrio elastico
V. n teorema di Betti
VI. Distribazione delle azioni interne
VII. Moto elastico
Vni. Applicazione alla sfera
15
28
36
44
4^
56
67
I
I. OINEMÀTIOÀ DEI PICCOLI MOTI.
1. In un primo studio approssimato dei fenomeni che si manife-
istano in un mezzo qualsiasi, questo si può paragonare ad un sistema
di punti vicinissimi fra loro. Qui ci proponiamo di studiare le de-
formazioni d*un tal sistema, limitandoci a quelle che sono trascu-
rabili rispetto alle mutue distanze dei punti, dimodoché, chiamati
ed M due di questi punti, e rappresentate con 0' ed M* le loro
posizioni, in seguito alla deformazione, sia lecito trattare gli sposta-
menti Off ed MM* come infinitesimi rispetto alla stessa distanza
infinitesima OM. Lo spostamento 00' d'un punto qualunque è in-
dividuato in grandezza e direzione dalle sue proiezioni su tre assi
ortogonali. Queste proiezioni, che si chiamano gli spostamenti del
punto 0, e si rappresentano con u^v^w, sono, evidentemente,
funzioni delle coordinate x ,y , z di 0. Supporremo che tali fun-
zioni, già obbligate a prendere valori piccolissimi, siano inoltre
continue, uniformi, derivabili una volta almeno, e che tutte queste
proprietà appartengano anche alle derivate parziali prime e seconde.
Nello studio cinematico delle piccole deformazioni hanno impor-
tanza le derivate parziali prime, considerate nelle seguenti combi-
nazioni :
òu
da?
l lòu ,òw\ 1 /òu òtg \
' ^~2\Tz'^òi] ' ^^2\Tz òxj'
ÒW , ^ I ^JL.^\ 1 / ÒV ÒU \
Tz ' ^~2ÌdS"*"òy/ ' ^""2Ìda? dy/*
— 6 —
Presto vedremo perchè le funzioni a,b,c, f, ff ,h, portano il
nome di componenti della deformazione, mentre a p, Qyr si dà
quello di componenti della rotazione del mezzo.
2. Analizzando una deformazione si è naturalmente condotti a
studiare, innanzi tutto, Valterazione delle distanze dei punti vici-
nissimi, e VcUterazione degli angoli di due elementi lineari, con
un estremo comune. Se
OM—da , 0'ilf' = (l + €)rf(y,
il rapporto e fra l'incremento di d(5 e lo stesso dxs è il coefficiente
jit di allungaw^ento nella direzione OM. Se gli ele-
menti OM ed ON fanno l'angolo prima della
deformazione, e se 6 — 2(p è, dopo la deformazione,
l'angolo degli elementi stessi, che si son trasferiti
in (yu* ed GN^, si dice che 2(p è lo scorrimento
mutuo degli elementi considerati. Per calcolare
^jl queste due importanti quantità, e e cp, è neces-
sario stabilire alcune formole preliminari, che ten-
»^ dono a far conoscere le variazioni òa, òp, òy subite
dai coseni direttori d'un elemento lineare qua-
lunque, per effetto della deformazione.
, Z. ^ dXydy ydz sono le projezioni di OM sugli assi, quelle di
CfM^ sono doO'\-dUj dy-^-dVy dz-^dw. Dunque
dx j^ - dx-\-'du
" = 5S '
a -1- òa = r^ — \ — t3~ >
' (l+€)d<J
cioè
da
(l + €)(a + òa) = a + S ;
poi, trascurando eòa nel primo membro, e scrivendo altre due re-
lazioni analoghe per Per»
%, du ^n d'o n ^ dw
— 7 —
In altri termini, se si osserva che
du òudx . òudy . bude ... va i / ■ x
si ha
ba = — €a + (gT — rp) + (aa4-/rp+^) ,
òp=-€p+(ra-l?T) + (^a + &p+/T), ' (1)
bT = — €T + 0?P — (Za)+ {ga + /P +ct) .
4. Ciò premesso, si considerino due elementi, definiti in direzione
dalle teme di coseni (a , p , t) ed (a', p', j'). Sia 6 il loro angolo,
dimodoché
cose = aa' + pp' + tt' .
Se 2q) ò rangole di cui G diminuisce per effetto della deforma-
zione, si ha pure
cos(e-2<p)=(a+òa)(a'+òaO+(P+òp)(P'+bpO+(T-H)T)(T'+bT'),
cioè
2<psene = (o'òa + p'bp + t'òt) + (aòa' + P^P' + T^t') •
Ora le formole (1) danno
o'òa + p'òp + T'^T
= - €Cose +P(Pt' - tPO + Qira' - ar') + r(ap' - pa')
+ aaa' + &pp' + ctt' + APt' + t30 + ^(Ta' + ay') + ^(«P' + Pa') .
Similmente, se si scambiano fra loro le due teme,
aòa' + pop' + t^t'
= — e'cose — p(Pt' — tP') — Q (ra' — «tO — ^(ctP' — po')
+ aaa' + &pp' + crr' + APt' + tPO + ^(xa' + ar') + A(ap' + pa') .
— 8 —
Sommando si perviene alla formola generale
cpsene + 2 (€ + €')cose
== aaa' + 6pp^ + crr' + APr' +TPO+^(Ta' +aT') +;ì (ap' + paO
5. Supponiamo che le due direzioni coincidano; aUora si ha
a = q!, P = P', t==t'> € = €', 0=0, e la formola precedente
diventa
€ = aa*4.6p« + CT« + 2rpT + 2é;Ta + 2Mp. (2)
Se le due direzioni sono fra loro perpendicolari, è = ^ , e la
ti
medesima formola dà
(p=aaa'+W+CTT'+APT'+TP')+^(Ta'+aT')+^(€tP'+PciO. (3)
In particolare, per a=l, p=0, t=0, è e=a, ecc. Per a=0,
P = l, T = ed a' = 0, p' = 0, t'=ì, è 9 = /"; ecc. Dunque
a,l),c sono i coefficienti di allungamento dei tre elemenM li-
neari paralleli agli assi, ed f,g,h sono le metà degli scorri'
menti mutui dei medesimi elementi.
6. Se i valori che le componenti della deformazione assumono
nel punto non sono tutti nulli, Teguaglianza (2), in cui si pone
6=0, diventa un'equazione omogenea di secondo grado in a, P,t-
Dunque gli elementi, uscenti da 0, che non si allungano né si
accorciano, sono collocati sulle generatrici d'un cono quadrico,
col vertice in 0. Questa superficie, che si chiama cono di scorri-
mento, può essere immaginaria o reale. Se reale, essa dirime gli
elementi lineari, intorno ad 0, in due classi : quelli d'una classe
si allungano tutti, gli altri si accorciano, poiché e, funzione con-
tinua di a, p, Y, non può cambiar segno senza annullarsi quando
a, p, T variano in modo continuo, cioè non è possibile passare dalla
regione degli allungamenti a quella degli accorciamenti senza attra-
versare la superficie conica. Se il cono di scorrimento è ìmiigmgi-
— 9 —
nario, ciò vuol dire che € conserva sempre lo stesso segno, e però,
intorno al punto considerato, gli elementi lineari si allungano tutti
o si accorciano tutti.
7. Più generalmente, il luogo degli elementi lineari, che subiscono
uno stesso allungamento unitario, è un cono quadrjco, perchè la
formola (2) si può scrivere cosi:
(a — €)a* + (ft — e)p*+(c — €)T* + 2r3T + ?^Ta + 2/^aP = 0. (4)
Ad ogni valore di e corrisponde un cono reale o immaginario, e
tutti questi coni hanno gli stessi assi del cono di scorrimento. Se
immaginiamo che gli assi coordinati siano già stati scelti paralleli
agli assi dei coni, Tequazione precedente deve aver la forma
(a--€)a* + (&-€)p« + (c-€)T* = 0, (5)
vale a dire che per una particolare scelta di assi debbono esser
nulli gli scorrimenti f, g , li. Adunque, esiste sempre una tema
ortogonale di elementi, ed in generale una sola, che resta orto-
gonale dopo la deformazione. Le rette sulle quali son collocati
questi elementi si chiamano le rette principali, relative al punto
considerato.
8. Perchè l'equazione (5) rappresenti un cono reale è necessario
che a — e, b — e, e — e non abbiano lo stesso segno, e però e è
sempre compreso fra la più piccola e la più grande delle quantità
a, &, e. Se, per fissare le idee, si suppone a> b> e, il minimo
valore di e è e, il massimo è a. Per € = a, come per € = c, l'e-
quazione (5) non è soddisfatta da infiniti valori reali di a, p, y,
perchè dev'essere, nel primo caso, 3^:0, t = 0, a = l, e nel
secondo a = 0, p = 0, t = ì- Dunque intorno ad ogni punto esi-
stono due elementi, che subiscono il minimo ed il massimo al-
lungamento, e questi elementi sono sempy^e fra loro ortogonali.
Quanto agli elementi, che sopportano l'allungamento unitario €=&,
essi stanno in una coppia di piani, intersecantisi lungo la terza
— 10 —
retta principale (a = , p = 1 , t = 0). Si noti che, per ciascuno
dei tre coefficienti di allungamento, secondo le rette principali, è
degenere il cono corrispondente. Dunque, ritornando ad un'arbi-
traria scelta di assi, i detti coefficienti debbono annullare il discri-
minante della forma quadratica (4). Essi sono dunque le radici,
sempre reali, dell'equazione
a — € h g =0 ,
n b — e f
g f e — e
cioè
€« — (a + & + c)e* + (&c + ca + aJó — f-^g^ — h^)e
— {àbc + 2fgh — af* — bg^ — ch*) = 0.
Ancora si osservi che i coefficienti di questa equazione, essendo
funzioni delle sole radici, le quali hanno un significato indipen-
dente dalla scelta degli assi, sono anch'essi indipendenti da tale
scelta, sono cioè invarianti. Ne segue, in particolare, che la somma
dei coefficienti di cUlungam^nto di tre elementi ortogonali non
varia qtmndo gli elementi, restando fra loro ortogonali, ruotano
intomo all'estremità comune. Fra breve si vedrà che ciò si deve
all'importante significato meccanico della somma stessa.
9. Il variare di e si discute anche più facilmente ricorrendo alla
seguente rappresentazione geometrica. Sopra ciascun elemento OM
si porti una distanza OP=:-j=. Le coordinate di P, quando
si assume ad origine, sono
a B Y •
V^±€ l/±6 l/±€
Sostituendo in (2) si trova che il luogo dei punti P è la superficie
rappresentata dall'equazione
ax^'\-ì)y^ + cz^-\-2fyz + 2gzX'\'2hxy=^±i. (6)
— 11 —
Cosi vediamo che ti valore assoluto del coefficiente di allunga-
mento varia, intorno a ciascun punto, in ragione inversa del
quadrato del diametro d'una quadrica, che ha il centro nel punto
considerato, ed è assintotica al cono di scorrimento. Se questo è
immaginario, la superflcie rappresentativa è un ellissoide. Ciò si
vede anche osservando che, in questo caso, € conserva sempre lo
stesso segno, dimodoché in (6) il segno del secondo membro è ne-
cessariamente quello dei coefficienti a , & ^ e. Se il cono di scorri-
mento è reale, bisogna prendere, nel secondo membro di (6), il
segno + per una regione dello spazio, ed il segno — per l'altra.
Allora la superflcie rappresentativa è costituita da due iperboloidi,
ad una e due falde, con centro, assi e cono assintotico comuni.
10. Presa, intorno ad 0, una particella, sia M uno dei punti in
essa inclusi. Continuando a tenere Torigine in 0, si noti che, nel
passaggio da ad M, lo spostamento u diventa
È questa un'eguaglianza rigorosamente esatta quando per à^» x^» ^
si mettono ì valori che queste funzioni assumono in un punto con-
venientemente scelto nell'interno del segmento 0M\ ma, poiché le
dette funzioni si suppongono continue, é lecito prenderne i valori
nel punto 0, trascurando, in u\ inflnìtesimi di ordine superiore.
Allora, se si osserva che
si può anche scrivere la prima delle seguenti formolo :
u' = {u-\-qz — ry)'\- {ax -f Uy -\-gz) =zu^ + u^
t?' = (i? + rx—pz) + (Jix + &!/ + fz) = t?i + Vg (7)
w^ = {w +py — qx) + {goo + /ì/ + oz) = w^-\-w^.
Gli spostamenti u^,v^y w^ si riferiscono all'ipotesi d'una particella
— 12 -
rigida, sottoposta ad una traslazione {u,VyW) e ad una rotazione
(Pj^Qf'y). Per riconoscere poi Tindole degli spostamenti u^jV^, w^
basta orientare gli assi secondo le rette principali. Allora u^^=ax ,
r^z=iby, w^=-cz, si hanno cioè semplici dilatazioni secondo gli
assi. Questi tre movimenti speciali (traslazione, rotazione, triplice
dilatazione) si possono anche riguardare come consecutivi se si
osserva che, da un punto alI*altro della particella, gli spostamenti
e le loro derivate subiscono variazioni trascurabili. Adunque la de-
formazione (Vuna particella si pm sempre^ a prescindere da un
moto rigido, considerare come risiUianie di tre dilatazioni secondo
le rette princ^ali.
11. Presto vedremo che la mancanza, in tutte le particelle, del
terzo moto componente, che può dirsi moto di pura deformazione,
caratterizza la rigidità deirintero sistema. La mancanza del secondo
moto componente definisce una speciale deformazione, che dicesi
deformazione potenziale. Qui si noti che l'annullamento di p, g', r,
in tutto il sistema, è necessario e sufficiente perchè udx-\-vdy'\-wdz
sia un differenziale esatto. Dunque la deformazione potenziale è ca-
ratterizzata dall'esistenza d'una funzione, le cui derivate parziali
prime forniscono gli spostamenti in ogni punto del sistema. Se,
inoltre, a,ì),c,f,g,h sono costanti, si ha la deformazione detta
mnogenea da Thomson e Tait (*).
12. Tornando a studiare la deformazione generale d'una particella,
osserviamo che, in virtù delle formolo (7), le coordinate x-\'U\
y-^v', z + w' di Af' sono linearmente legate a quelle di M, e
però ogni elemento piano o rettilìneo d'una particella resta piano
o rettilineo nella deformazione, e due elementi paralleli restano
paralleli, ecc. Dunque, se si considera un parallelepipedo elemen-
tare, cioè un parallelepipedo costruito, col vertice in 0, sugli spi-
goli dx,dy,dz, paralleli agli assi, esso si trasforma in un altro pa-
(*) Naturai philotophy, g IM.
— 13 —
rallelepipedo, generalmente obliquangolo, i cui spigoli sono (1-f a)é2a?,
(i + l>)dy, (i+c)dz, mentre gli angoli piani, intorno ad 0, son
diventati ^ — 2f, \—^y -J— 2^. Fra gli infiniti parallelepipedi
elementari, che si possono considerare, un solo resta rettangolo
dopo la deformazione. Ce ne serviremo per calcolare il coefficiente
di dUatazione cttòica 6 , cioè il rapporto fra Taumento del volume
della particella ed il volume iniziale d8. Siccome è' chiaro che, pel
suo significato, 6 è indipendente dalla forma della particella, si può
immaginare che questa sia il parallelepipedo elementare costruito
sulle rette principali» dimodoché
dS = dxdydz , {i-\-Q)dS=(i+a){i-\-b)(i+c)dxdydz ,
e però
i + 0=(14-a)(i + &)(i + c)',
cioè, trascurando infinitesimi di ordine superiore, 6 = a + & + e ;
e poiché questa espressione è invariante, si può, per qualunque
scelta di assi, scrivere
= a + . + o = g + | + $. (8)
Per dimostrare in altro modo questa importante formola, faremo
una breve digressione.
18. Avremo spesso occasione di seryìrci d*iiD teorema, che permette di trasfor*
mare an integrale eateso ad ano spazio 5 in un integrale esteso alia soia super-
ficie «, che limita 8. La dimostrazione del teorema di cui si tratta è inclusa in
quella d*un teorema più generale, che daremo in seguito. Qui ci limitiamo ad
enunciare la relazione
dx
in cui F è una funzione dì x,y ^ z , finita, continua ed uniforme. Inoltre -p
rappresenta il coseno dell'angolo che la normale alla superficie a, considerata
come ponbwa quando è diretta verso Vintemo di S^ fa con Passe delle x. Si
osservi che le condizioni imposte alla funzione F, indispensabili per la dimostra-
— u —
lioiH del teonina, aon muo strettanunto necMsarie, nel Maio cha, se qoaldie-
dona di esae vieae a mancare, non è impossibile che la formoU (9) sassistA- Si
dimostra, per esempio, che questa formola è valida aoche qaaudo f diventa in-
finita in nn pnnto 0, parchi, indicando eoa r la diatanu di al panto in coi
sì ealcula F, e con fi una costante compresa fra e 2, il prodotto tV^ si serbi
finito nel tendere dì r a zero.
14. Ritornando al calcolo di e, proponiamoci di valutare la to-
> tale dilatazione sabìta da S, consideran-
/ \ dola come la somma dei volumi che gli
elementi superficiali ds generano trasfe-
rendoai sulla nuova superficie s". Preso in
ds un punto 0, il volume generato da ds
è misurato dal prodotto di ds per la proie-
zione dello spostamento 0<y sulla normale
alla superficie, diretta verso Vesiemo dì S-
w;|-, e però la dilatazione
Questa projezione è —
totale è data da
dn
+ ^£ + ^
ovvero, adoperando (9), da
So! "T" dy "•" dt
]dS.
Siccome ([uesto calcolo è applicabile a qualunque porzione dello
spaào considerato, è cbiaro che l'ultimo risultato include la for-
mola (S) : basta immaginare lo spazio S ridotto all'unica particella
dS- Con maggior rigore si può ragionare come segue. Siccome, per
la natura delle deformazioni che ci proponiamo di studiare, 6 è
una funzione continua, altrettanto si può dire dì
Intanto, poiché WàS rappresenta manifestamente la dilatazione to-
tale, si ha |>as =
— 15 —
per qualunque porzione dello spazio considerato. Ora, se in un
punto si avesse, per esempio, d- > ^ si potrebbe intomo ad esso
circoscrivere uno spazio, neirinterno del quale si avrebbe sempre,
in virtù della continuità, 3- > , dimodoché anche 1 MSy estèso a
quello spazio, sarebbe positivo. Ciò non può accadere. È dunque
assurdo supporre che la differenza 3- possa, anche in un punto solo,
non essere nulla.
n. LE COMPONENTI DELLA DEFORMAZIONE O.
1. ^ Le condizioni
a==0, b = , c = , f=0, g = , h =
sono necessarie e sufficienti per la rigidità ».
Se il sistema si muove rigidamente, € dev*essere nullo in ogni
punto, qualunque sia la direzione (a , P , t) > 6 però debbono annul-
larsi identicamente a,ì)yC,f,g,h. Inversamente dimostreremo che,
se le condizioni
(*') -& = o . -^ + -1^ = 0. d")
<2^ 17 = ' ^ + ÌF = 0. (2")
<30 -g^ = . -S- + ^ = 0, (3")
sono soddisfatte, le funzioni u,v,io hanno necessariamente la forma
caratteristica, già nota dalla Meccanica razionale, degli spostamenti
(*) In un primo studio è atile omettere questo capitolo.
— 16 —
d'un sistema rigida Derivando (3'0 rispetto ad y, ed osservando (7!\
A ottiene
dy* "^dojdy"" dy* •
Derivando poi (3") rispetto a ^ e (2'') rispetto ad y si ottiene, som-
mando e tenendo conto di (!''),
dyoiBr ' da? \ dy oel àyàg
Dunque, osservando (!'),
d«dy ' dyòy ' àeòy
Ne segue che ^ è costante. Similmente si dimostra che -^ è co-
stante. Inoltre, a motivo di (i')> u non dipende da x. Dunque
u = l'\-r'y + qz , v^m+p'z-^-ro) , ie? = n + g'^+pi/.
Le nove costanti si riducono a sei. Infatti, per sostituzione degli
ultimi risultati in (1"), (2"), (3'0, si ottiene p +p' — 0, q + q'=zO,
r + r'^O. Quindi
u = l-^qz — ry , v = m-\-rx — pz , w = n -^py — qoc.
2. « Una deformazione è pienamente determinata quando se
ne conoscono le componenti in tutto il corpo, e si danno, in un
punto, i valori degli spostamenti e tre relazioni lineari fra le
derivate prime degli spostamenti » (*).
Suppongasi, infatti, che alle condizioni enunciate possa soddisfare,
non solo un sistema {u', v\ w^) dì spostamenti, ma anche qualche
altro sistema {u", v'\ w"), e si considerino gli spostamenti residui
(*) Bbtti, Teoria della elaetieitàf p. 8.
I
— 17 —
v! — t^" = w, xf — v^' =zv , w' — w" = u). Siccome a, b, e, f,g, h
hanno valori assegnati in ciascun ponto, dev'essere
òu òv dt(7 ^ dtt? , dt? òu .òw òt? , ÒM ^
òx òy òe * dy d« òz~^ òx óre ' dy '
e però, come si è dimostrato precedentemente,
u^^l'{'qz — ry , v=^in-^rx — pz , w = n-\-py — qx ,
dove ljm,n,p,q,r rappresentano quantità costanti in tutto il
corpo* Ma in un punto, che si può assumere come origine, u^
ed w", t?' e I?", ic^ e to" debbono prendere gli stessi valori, cioè
UyVyW debbono annullarsi. Dunque ^ = m=: w=:0. Ora debbono,
in quel punto, essere soddisfatte, tanto da u', t?', w\ quanto da
u'\ vf\ w^\ tre relazioni come la seguente :
, òto , òw' , d«' , die' , ^
+ ««-d^- + °'-5F + °«-d^ + «"-dF + «io = <^ •
Scrivendo la medesima relazione per v!\ t?", t«?", e sottraendo, si
ottiene
"« d^ + "^ di +«•¥+«• ]te + ««ds + «»ft^ = <^ '
cioè, con altre due relazioni analoghe,
(a, — ttg);? + («6 — ^ÒQ. + (ag — a,)r = ,
(T2 — Ta)^ + (T5 — Te) « + (Ts — T»)^ = .
Se, come si suppone, queste relazioni sono fra loro distinte, esse
non possono coesistere senza che siajp==0, ^ = 0, r = 0, e con-
seguentemente it = 0, t? = 0, t^?=:0, cioè vi = w" , v' = v" ,
to' = w'\
GbsìLro, Teorica deWelaaticilà 2
— 18 -
3. Il teorema precedente si può applicare alla deformazione omo-
genea. Per questa si conoscono i valori costanti di a,ì)yC^ f,g, h,
e si danno tre relazioni, che definiscono Tassenza di rotazione, cioè
Òtg ÒV ^ ÒM òw ^ òv òu ^ ...
òy de ^ de òx 'da? òy '
Se, inoltre^ fissiamo un punto, assumendolo come origine, dovrà
essere u=iV = w = per x = y = z = 0, Possiamo attribuire
ad u, V, w espressioni arbitrarie, per abbandonarle poi se con esse
non è possibile soddisfare alle condizioni imposte ; ma, se arriviamo
a far si che queste condizioni siano soddisfatte, le espressioni trovate
sono le sole possibili. Nel caso attuale dev*essere
òu òv . òw
òi—^ ' òy~ ' dJ — ^ '
e si vede subito che a queste condizioni, ed alle altre u=v=io=0
per a? = 2/ = ^ = 0, si soddisfa prendendo
u = ax + hy-{'ffz , v=zhx -\rby-\-fz , w=ffx-{-fy-\'Cz,
dimodoché vengono ad essere soddisfatte anche le (1), non solo
neirorigine, ma in tutto lo spazio. La linearità delle ultime formole
mostra che i piani e le rette del sistema restano piani e rette. Ciò
non accade nelle deformazioni più generali ; ma si può dire che,
prescindendo dai moti rigidi, ogni deformazione è omogenea in
ciascheduna particella, variando solo le costanti della deformazione
da una particella airaltra.
4. Ogni deformazione è caratterizzata da un particolare sistema
di funzioni a,ì)yC,f,g,h. Inversamente, prese ad arbitrio queste
funzioni, corrispondono esse ad una deformazione possibile? Dalle
formole di definizione si deduce subito
òg ,òh _ ò^u ■ 1 / ò«t<? ■ ò't? ^ _ ò«u ■ òf
òy^ de òyòe "* 2 y dxòy ' dxde } òyòe '" òx '
— 19 —
Quindi
ò'g _ ò ò^u __ ò log , oh df\
òyÒB òx òyòz òx \ òy~^ de dx/
Similmente
dyÒB '^2 \ò^'^dyòS^)~2 \ òy» "^ òz^ } '
Dunque le condizioni
dyd« "" da; \ òy "^ dir òa?) ' dyd« 2 \ dy* ' dz^ 1
^^^ ] òiPÒa? "" dy \ diP "^ da dy / ' òeòx '^ 2 \ òz* '^ òa^ ] ( ^"^^
d'c
da;dy
•~ d£r \d«"^ dy òe) * òxòy ~ 2 \ d»" V /
sono necessarie per l'esistenza di u,VfW. Sono esse sufficienti?
5. Ecco in qual modo il prof. Beltrami dimostra (*) che le con-
iazioni (2) e (3) sono necessarie e suffldenti perchè a,b,c,f,g,h
possano rappresentare le componenti d'una deformazione. Sup-
poniamo date, oltre alle sei fVmzioni predette, le tre componenti
della rotazione. Si deve avere
s-*+- .
ÒV)
òx ^ ^
dy
dy
dw
(4)
Consideriamo le tre equazioni che si riferiscono ad u. E noto che,
(*) SulV interpretazione meccanica delle formale di Macowell (Mota in fondo; Memorie di
Bologna, 1886).
— 20 —
per resistenza d'una funzione u, soddisfacente alle dette equazioni^
è necessario e sufficiente che si abbia
òa_ò(A--tO òa__ ò{g + q) ò{g + q) _ò {h^r)
òy òx ' òz~ òx ' òy ~ òz ' ^^^
Considerando le altre due equazioni, analoghe all'ultima delle (5)^
si ha
òg , òr oh ò^ ^ i ^^ ^ ^ ^P \^Q òg òf ,
òy~^ òz òz òy * òz~^ òx òx 'òz ' òx'^òy òy "^ di "^
poi, sommando,
òx~^ òy'^ A. — ">
e le ultime tre relazioni diventano
òp ò^f oh òq ò^ òf òr òf òg
òx òy òz * òy òz òx ' òz òx'^ òy '
Quindi, tenendo conto delle (5),
òp òg oh
òx òy òz '
òq òa òg
òx òz òx '
òr oh òa
òx òx òy
òp òf òb
òy òy òz '
òq oh òf
òy òz òx *
òr òb oh
òy òx òy
(6)
òp oc òf_ òq ò^ oc òr òf òg
òz òy òz ^ òz òz òx ^ òz òx òy
Queste sono condizioni necessarie e sufficienti per l'esistenza di
u, V , w, quando si danno a,ì),c,f,g,h,p,q,r, È poi noto
che, per l'integrabilità delle (6), sono necessarie e sufficienti, per
ciò che riguarda 2?, le relazioni
òy \òy ÒZ) òa; V òy ò^ / ' òz\òy òz]
_____ ____ò_(òc_òf
òy \òy òz I òx\òy òz I ' òz \òy òz j òx\ òy òz
òy \ òy ò^ / òz\òy òz
ì
— 21 —
che si possono scrivere cosi :
\a:òz òy\òx'^ òz òyl ' òxdy dz \òx òy òz) *
dy' d^* òydz
€k)n ciò vediamo che le relazioni (2) e (3) sono appunto le condi-
zioni necessarie e sufficienti per l'integrabilità delle (6). Quando
esse solio soddisfatte, esistono le funzioni p, q, r, soddisfacenti
alle (6), e però esistono anche u,v,w.
6. Un'altra dimostrazione, egualmente dovuta al prof. Beltrami {*\
si ottiene tentando Tefifettiva integrazione delle (2) e delle (3), con-
siderate come equazioni alle derivate parziali del terzo ordine in
UjVjW, Si possono sempre trovare tre funzioni Uy V, W, tali che
sia
ÒU . ÒV dW
a = -v — , o = -s— , c =
òx ' òy * dz *
La prima delle (2) diventa
da; \ òt/ ' òz òx dyòz I * ^ ^
« la prima delle (3)
Posto
dev'essere, per le (8),
-^^ = -^^-=0 -^ = (9)
òyòz ' dzòx ' òxòy * ^ ^
(*) RwnAiconti del Ciré. mat. di Palermo (t. Ili, 1889, Note flsico-mAtematiche).
•
— 22 —
e per le (7), osservando prima che
ò^ . òh_òf_ òg' . ò^' òr
òy òe òx dy "^ òz òx
o-irA/A^ I ^\ j_ A/-Ì2^a.l!l\ ò (òw . òvvì
"^ 2 [òy\ òe '^ òx ) '^ de\ òy '^ òx I ~ òx\ òy '^ òe ) l
_ 0/ . oh' òr I ò^U
òy ' òje do; ' dyd« *
dev'essere ancora
\ dy ' dir da? /
ò«\ dy
In altri termini, -/-4-^ y- è indipendente da a?, e però si
può rappresentare come derivata seconda rispetto ad i/ e ^ d'una
funzione (/• di y e z. Poniamo dunque
òg . ò^' _ òr _ ò^U^
òy ' dir da: dyd« '
ÒK ■ dr dp' _ d'Fy
dir drc dy difda? '
dr , òg' oh' d'TT,
da; ' dy di^ dajdy '
essendo Vy indipendente da f/, e W, indipendente da z. Le ultime
due relazioni, sommate, danno
òr _1 / d'Fy . Ò^WA
òx "" 2 \ d*da; "• da?dy / '
cioè
òx\' 2\ dy ^ d^ //
Per conseguenza possiamo porre
,_1 /dTT, . dFy\ ;,
' "" 2 \ dy "^ òe 1'^' '
— 23 —
indicando con f\ g*\ W funzioni soddisfacenti alle equazióni
^ = . -^ = . 4?^ = , (10)
dar ' dy ' h»
ed alle altre che si deducono dalle (9) :
dT_o ^'^"-0 ^"^"~o mi
Le condizioni (10) e (li) mostrano che f^ è la somma di due fun-
zioni, una della sola y, Taltra della sola z. La prima possiamo
sempre rappresentarla come derivata d*una funzione ^ ^y ^^^a
sola y, e l'altra come derivata d*una funzione -^ V» della sola z.
In altri termini possiamo porre
1 / dWv . dV.
.„__l jdWy , dV,\
' '~2\ dg '^ dy I'
Dunque, riassumendo,
^_l/ÒTr , ÒF\ , 1 lòW,_.ÒVy \_, 1 IdWy dV, \
' — 2\ dy,"T'irj"^2 \ òy ^'Wl'^2\ dy '^'Sri '
ovvero
Ora, osservando che dev'essere
— 24 —
Si vede Che si può prendere
u=U+U^-\-U+U, ,
V = v + v, + r, + v, ,
giaccliò in tal modo sono anche soddisfatte le relazioni
òu . dv dw
7. Alla prima dimostrazione si riannodano eleganti considerazioni del Prof. Bel-
trami (*), con le quali si mostra che le condizioni (2) e (B) si riassnmono in
nn*egaaglianza unica, ponendo ugnale a zero una certa parte bJ della variazione
subita dairintegrale
quando ad a,bjC,f,g,h, si attribuiscono variazioni arbitrarie ha ^hb^bc,
bf, bg fbh. Prima esprimiamo J nelle variabili x ,y ^ z. Il determinante fun-
zionale
^^ dP ÒP dP
: òx ^y òs
ò? dg d?
da; òy ò^ '
òr òr òr
òx òy àz ,
è diverso da zero. Infatti le funzioni p,qtr sono fra loro indipendenti, benché
fra le derivate sussista il vincolo
Ciò premesso, dalle relazioni
dp=.^dx + ^^dy + fdz,
^ òx òy àz
aq=.^dx+^dy + ^dz.
òx ^ òy òz
dr = ^;- dx -\- -r- dy -\-^- de ,
òx ' dy ' 02^
(*) CompUt-rendus ds VAeadémU des Scwnees de Paris (1889, p. 502).
— 25 —
si deduce
A.da; =
dp
dq
dr
ÒP
òy
òy
òr
òy
ÒP\
òz I
I
Òg 1
òz
òr
òz ;
(U)
Essendo
^-^4^+%^+t/'''
si ottiene, ugaaglìando i coefficienti di dp nei due membri di (14),
ÒP "" òy òz òz òy '
poi
òPòqòrl\^y òz òzòy
]4.lPlòP_òròp\,IÒPòq_
)~^\òzòos òxòz)^\òxòy
òpòq
òyòxl*
Dunque, sostituendo in (12), e rappresentando, secondo il solito, con d8 l'ele-
mento di spazio dxdydz t
^-i
Ò2 òr
òy òz
-m+-h
(15)
8. Cerchiamo di trasformare J in integrale di superisele. Si ha
òq. òr dq òr ò
òr
òy òz òz òy òy l ^ òz
òq
-^fzì + i^jdr-'^
ò^q òV
òyòz ^ òyòz
)■
Similmente
òqòr_òqòr^ò^/òq_òr\ I
òyòz òzòy òz\ òy *òy/~^r
ÒV
ì ' \^ òyòz
ò\ \
òyòz I '
Dunque, sommando,
[òyòz òzòy}
òyv^ò^ "^ò^j + ò^i^y ^òyì'
poi, sostituendo in (15), e raccogliendo i termini derivati rispetto ad x,
-J[
dx r òz
rdP
+^g-'l)+-]'^^- ('«)
— 26 —
D'altronde si ha, in virtù di (13),
Ora, se indichiamo con da l'elemento lineare collocato soirasse di rotazione
{p,g.,r)t dimodoctiè
dx dy de da
possiamo anche dare, alFespressione precedente, la forma
+U+%Ì) V¥+¥+^^-tv?+¥+^.
òpdx ^ òpdy ^ ÒP dz
òxda
e così, sostitaendo in (16), e facendo nso della formola (10) del precedente ca-
pitolo, si ottiene
•'=iJ(ls+ÈI+ls)'^'+?+'*-
9. L'altimo risaltato non ha importanza per noi. Deve soltanto interessarci
la possibilità di trasformare J In integrale di superficie, dobbiamo cioè consta-
tare ohe J è sólo in apparenza nn integrale triplo, mentre in realtà è un in-
tegrale doppio. Ne segue che quella parte della sua variazione bJ che non si
riduce ad integrale dì superficie deve per necessità essere nulla identicamente.
Intanto si è visto che, ammessa resistenza di p , g , r insieme a quella di a , ò ,
Ctf,gfh, le relazioni (6) sono sufficienti e necessarie per l'esistenza di u,v,w.
Per mezzo di esse Tespressione sottoposta al segno di integrazione, in (15), diventa
\òz òxl\òx òyj \òx òy/xòy dz)~^\òy òzl\òz òx)
\dz òxl\òx dy/ Uà; òyì\òy ò^l \òy òzj\òz òxj'
Ora suppongasi che ad atb,c^f,g,h si diano variazioni arbitrarie, e si tenti
di porre la variazione che ne risulta per J sotto la forma
b,7= j*(aiòa + S&bft + (gbc + ^bf + @6^ + f)bA) dS,
a prescindere da integrali di superficie. Facendo variare la sola a si ottiene
1
67=2
lòe_òf\ àha (db ò[\ òboi
— 27 —
cioò, integrando per partì.
La prìraa parte è riducibile ad integrale doppio mediante la forroola (10) del
capitolo precedente, e la seconda parte è l'espressione di \dihad8. Dunque
0t l\ò (òf àc\ òlòf à^\]^ òV 1/ò'c . ò*b
2[òy\òz òyl'^òzUy òz) \ òyòz 2^3/»' d^r»
Operando analogamente per f si ottiene prima
___1 ff oK^^fA.lMi^\^J^I^^^\^A^(^^^\^^^.
— 2][^^òx òx'^\òy'^ àz) òx'^Ux òz)òy'^\òx dy) d^J '
hJ=4,
poi, integrando per parti,
Trascurando la prima parte, che in realtà è un integrale doppio, e paragonando
la seconda a \§hfdSf si ottiene
*^~"da;« 2 òx\dy'^ àzl'^2 by[òz òx!'^2òz\òy àxl
^ ò'« ò (ò^ . oh òf\
^yòz òx \ hy à^ àxj '
Abbiamo così
^ __ òV 1/ò'c , 0^6 \ 6r_ ò'g ò / ò^ ■ oh òf\
^"~ òyòz 2 l òy'"^ àz^ ì ' ^'^ òyòz òx \ òy"^ ò^r òx} '
qx_ dV _]il^_i_^\ cQ_ ò^à ò lòh òf __òg\
'^'^llòx 2\òz^'^òa^l ' ^^ òzòx òy\àz'^òx òyì '
f9 _ ò^'h 1 (ò'ft , ò^a\ a_ ò'c M ^^ I àSf òh\
^^ òxòy 2\òx*'^'òy^} ' ^ òxòy òz\òx^ òy òz) '
- 28 —
e vediamo che le funzioni £1 , o& , @ , ^, @ , fó , il cni simultaneo annulla-
mento è sufficiente e (data l'arbitrarietà di òa , bò , oc , hfi hg , hh) necessario
per Tannullamento identico di hJ, sono appunto quelle che, poste uguali a zero,
forniscono le condizioni sufficienti e necessarie perchè a^b , e ,ft g^h siano le
componenti d^una deformazione possibile.
m. IL POTENZIALE
DELLE FORZE ELASTICHE.
1. L'esperienza insegna che i corpi della natura, sottoposti a forze
convenientemente pìccole, si deformano, ma riprendono la forma
primitiva tostocbè cessi Fazione delle forze deformatrici. Ciò si
esprime dicendo che la deformazione dà origine a forze elastiche,
le quali tendono a ricondurre i punti del cprpo nelle loro antiche
posizioni. In questo ritorno ad uno stato di equilibrio stabile inter-
vengono unicamente le forze elastiche, ed è noto dalla Meccanica
razionale che in un sistema equilibrato, soggetto a forze che dipen-
dono solo dalle posizioni relative dei punti del sistema, quali sono
le forze elastiche, il potenziale o lavoro eseguito dalle forze è un
massimo o un minimo secondo che l'equilibrio è stabile o insta-
bile. Si sa inoltre che questo lavoro non può dipendere dalle infl.-
nite configurazioni che va prendendo il sistema per raggiungere
l'equilibrio, ma dipende soltanto dalle configurazioni iniziale e fi-
nale. E però, se con J\dS rappresentiamo il potenziale relativo alla
particella dS, potremo asserire che TT dipende soltanto da quelle
quantità che caratterizzano le configurazioni estreme della parti-
cella, cioè, computando il lavoro a partire dalla configurazione di
equilibrio, TT sarà funzione delle quantità a,b,Cyf,g,h, che ca-
ratterizzano la pura deformazione, giacché, nei moti rigidi della
particella, le forze elastiche non fanno lavoro. Adoperando una
nota formola, e rappresentando in generale con qp^ ciò che la fun-
zione qp di a, &, e, A ^, /^ diventa, quando le variabili si moltipli-
— 29 —
cano pel numero positivo 0, inferiore all'unità, potremo esprimere
il potenziale unitario TT nel seguente modo :
+i
i[-(m+^*(S).+-+»'(^).]-
Per convenzione TTo=:0. Inoltre, poiché la funzione TT ha valore
massimo' per a, &, e, A ^> ^ evanescenti, dev'essere nulla la sua
prima variazione, negativa la variazione seconda. Finalmente,
quando cp è continua, si può ad ogni qp^ sostituire qpo , trascurando
quantità piccolissime, dell'ordine di a,b, e, f^g, h. Dunque TT è una
forma quadratica, essenzialmente negativa, delle componenti della
deformazione. Segnaliamo fin d'ora l'altissima importanza che ha
il potenziale unitario TT in tutta questa teoria: « esso ha l'insigne
proprietà di rappresentare Venergia, riferita all'unità di volume,
che il corpo elastico possiede nell'intorno del punto che si consi-
dera, energia la quale è equivalente sia al lavoro che l'unità di
volume del corpo può svolgere nel restituirsi dallo stato attuale
allo stato naturale, sia al lavoro che hanno dovuto svolgere le
forze esterne per condurre la detta unità di volume dallo stato
naturale all'attuale suo stato di coazione elastica » (*).
2. Se neirespressione di TT mettiamo in evidenza i termini che
contengono soltanto ayb, e, o soltanto f^g^hy possiamo scrivere
n == — -^ {Aa^ + Bb^ + Ce» + 2A'bc + 2B'ca + 2C'ab)
— 2(Fn + Gg^ + Hh^ + 2F'gh + 2G'hf+ 2H'fg)
~-2aiFJ+G,g+H,h)-2biF,f+G,g+H^h)^2c{F,f+Gsg+H,h),
Se il mezzo è omogeneo, i coefficienti A, B, . , ,, H^ sono costanti
(*) BttLTBAMi, Sulle conditioni di resistenza dei corpi elastici (Rendiconti dell'Istituto
lombardo, 11 Giugno, 1885).
— 30 —
in tutto il corpo, purché non si abbiano variazioni di temperatura,
come si è finora tacitamente supposto e si continuerà a supporre.
Si osservi che, nel caso più generale, queste costanti, o coefficienti
di elasticità, sono ventuno, Rankine (*) le distingue con le seguenti
denominazioni :
A y B,C: elasticità dirette
F, O , H: » tangenziali o di rigidità
A\B\C': » laterali
F\Q\H'\F^,0^yH^\F^,0^yH^\F^yG^yB^\ elasticità asimmetriche.
Se il mezzo è dotato, per ciò che riguarda l'elasticità, d'un piano
di simmetria, ciò vuol dire che TT non varia nella forma quando,
preso il detto piano per piano delle yz , si cambia ^ in — oo.
Questo cambiamento trae con sé il cambiamento di t^ in — u, e
quindi di ^ ed ^ in — ^ e — ^, mentre a,b,Cy f restano inalte-
rati. Dunque deve aversi
G' = G,=:G^ = O^ = , H' = ff^ = ff^^H^ = 0.
Se il mezzo è dotato di due piani ortogonali di simmetria, sono
nulle tutte le elasticità asimmetriche. Ciò svela resistenza neces-
saria d'un terzo piano di simmetria, perpendicolare ai primi due.
In tal caso il potenziale unitario assume la forma semplicissima
r\=—^(Aa*+Bb^ + Cc^+2A'bc+2B'ca+2aab)—2{Fr + Gff*+Hh'). (I
3. Se, invece d'un piano, si ha un asse di simmetria, il mezzo
dicesi dotato d'isotropia intorno a questo asse. È noto (**) che, se
(*) On axe» of ElasticUy and cry$tallin Forms (R. Società di Londra, 21 Giugno, 1855).
(**) Per la dimostrazione basta osservare che, se la condizione di ortogonalità
AA'+yaja' + vv=o
si conserva quando i coseni X,À', . . . variano di ÒX , 6X', . . . , si ha
IXÒX' -+- JA'ÓA = , ovvero 2X{X' + ÒX') H- HX'iX -+- ÓA) = ,
vale a dire cos{(ioy') = — gob (afy) ; ecc.
— 31 —
si spostano infinitamente poco tre assi ort(^onaIi intorno airQrigine,
in modo che restino ortogonali, i coseni direttori dei nuovi assi si
possono rappresentare nel seguente modo:
X'
V'
z'
X
1
T
-P
y
— T
1
a
z
P
— a
1
Gli angoli a , ^ , y sono infinitesimi, e si suppone che si trascurino
gli infinitesimi di ordine superiore. Intanto le formolo (2) e (3) del
primo capitolo forniscono i nuovi valori di a,ì),Cyf,g,h, Esse
mostrano che le variazioni subite da queste quantità sono
ha = 2{g^ — ìvi) , ò/*=(6 — c)a — 7jp+^T
òb =^2{hy — fa) , òg = M-\-{c — a)^ — fx
he =2 {fa— g^) , hh=—ga+f^-\-{a—l>)->t.
Ne s^ue, adoperando (1),
^hJ\=—{g^—m){Aa+C'l) + ffc)—2[{p — c)a — h^+g^]Ff
— {hf—fa)(C'a'\-Bb + A'c)—2[ha + (e — a)P — ff]Gg
— (/a — ^P) {B'a+A'b-\'Cc)—2[—ga-{-f^+(a—ì>)-{\Hh ,
ovvero, ordinando tutto rispetto ad a, p, t^
lbn = -2j[(B'-0>+(^'-B)ò+(a-^> + 2(6-c)F]/^+2((?-fl)^;ijo.
Se prendiamo Tasse d'isotropia come asse delle x. Ti deve rima-
nere invariato quando il piano delle yz gira su sé stesso intomo
airorigine. Bisogna dunque che, per p = y = 0, si abbia identica-
mente ÒTT = 0, cioè
ff = a , = H , B—A'=C—A' = 2F.
— 32 —
Nel caso di due assi ortogonali d'isotropìa si ha
A = B = C , A' = B' = C' , F^G = H , A — A'=2F;
ma allora ÒTT è identicamente nullo, qualunque sia la terna di va-
lori attribuiti ad a , p , r- H mezzo è dunque pienamente isotropo,
cioè le sue proprietà elastiche si manifestano con eguale intensità
in tutte le direzioni. Intanto, se per introdurre la segnatura abi-
tuale, proposta da Green, si cambia F in B, osservando che
A* = A — 2B, la formola (1) diventa
n = — 2 .4(a -f- ft + 0)* — 25(r + ^* J^h^' — bc — ca — db) ,
ovvero (*)
I coefficienti A e B sono le costanti d'isotropia, variabili da un
mezzo all'altro.
4. Un più elegante modo di trovare la speciale forma che TT as-
sume nel caso dell'isotropia incompleta, o simmetria elastica rispetto
ad un asse, è stato dal prof. Beltrami esposto nelle « Note fisico-
matematiche ». Si è visto nel § 8 del primo capitolo che le funzioni
a-\-i)J^c, bc+ca+ab—p^g^—h\ abc+2fgh—ap^bg*^ch^
hanno un significato indipendente dalla scelta degli assi. Ora, pren-
dendo come asse delle x l'asse di simmetria, se si fa ruotare il
piano delle yz su sé stesso, intorno all'origine, a resta invariato,
ma è sempre arbitrario, e però debbono rimanere separatamente
invariate, in ogni funzione invariante di a,b ^c^f^g ,h, la parte
che contiene a e quella che non contiene a. Dunque, osservando
' (*) Vedi nella Teoria della elaetioità del Prof. Biìtti, alla fine del secondo capitolo, Tia-
terpretazione meccanica di a* + 6' -f c> -f 2/^ + 2^ + 27t«.
— 33 —
che le esf^essioni invarianti^ ottenute precedentemente, ai possono
scrivere nel seguente modo
a + {b + c) , a{b + c) + il)C — r — ff^ — h*),
a{ì)C — P) + {2fgh — ì)g^ — cK'),
si vede che rimangono invariate le espressioni
a, ?> + c, hc — p—g^ — n:^, bc — P, 2fgh~bg* — ch\
ovvero
a' . a{b + c) , (p + cy , r — bc , g' + h\
tralasciando Tultima, che non può entrare nell'espressione di TT.
Questa è infatti del secondo grado, e si può tentare di scriverla
cosi :
—U = Aa* + Ba(b + c) + C{b'\-c)* + D{r — ì)C)+JS{g^'\-h*). (2)
Poi si può ritenere che questa sia l'espressione generale di TT, ap-
pena si osservi che contiene cinqite coefficienti arbitrarli, e che
d'altra parte l'espressione di TT, nel casa considerato, non può rac-
chiudere più di cinque coefficienti. Infatti i nove coefficienti trovati
nel caso che il mezzo sia dotato di tre piani ortogonali di simmetria
si riducono già a sei quando si suppone soltanto che si possano
scambiare fra loro due assi. È poi chiaro che ogni ulteriore par-
ticolarizzaziòne deve apportare qualche riduzione nel numero dei
coefficienti dì elasticità, numero che, per amseguenza, non può
essere maggiore di cinque. Si passa poi all'espressione del poten-
ziale, pel caso dei mezzi pienamente isotropi, rendendo l'espres-
sione (2) simmetrica rispetto ad a,by e e ^à f^g^ h. Sì ottiene
A=:C , D = E , B = 2C — D ,
e si ricade sulle formolo del precedente paragrafo cambiando A eC
in ^A, D ed E in 2B, e 5 in A — 2B.
5. l coefficienti di elasticità sono soggetti a limitazioni, imposte
Cbsàro, Teoria deW elasticità 3
— 34 —
dal carattere essenzialmente positivo della forma — TT. Siccome il
discriminante di questa forma è
64
4B
4B
4B
A
A^2B
A'^2B
A
i4 — 2JB
A'-2B
A — 2J5
A
le condizioni necessarie e sufficienti perchè a qualunque sistema
di valori delle variabili corrisponda un valore positivo di — TT sono,
per un noto teorema di Algebra,
JJ>0, il>0.
A A--2B
il-2B A
>0,
A A-^^B A--W
A--2B A A—2B
A—W A^W A
>0,
cioè
B>0, i4>0, A — B>0, 3i4 — 45>0,
e si riducono alla prima ed alFultima, perchè, soddisfatte queste
due, le altre restano soddisfatte a fortiori. Dunque le costanti del-
rtsotropia, A e B, sono necessariamente positive, ed inoltre la
prtma supera i quattro terzi della seconda. Sotto altra forma
queste limitazioni, che hanno importanza in certe ricerche ("), sono
state date da Green (**) e dimostrate da Beltrami (***) nel modo
semplicissimo che qui appresso si espone.
6. Ogni sistema di valori costanti ài a,ì),Cyf,g,h corrisponde
(II, 4) ad una deformazione possibile. Supponendo f=g =.h=^Oy
il potenziale unitario si riduce a — J?(a*H-&*+c') se a+&-}-c=0 ,
(*) BBLTEAifi, SuiVint«rpr6taxioiM meccanica dèlie forinole di Meucwell.
{**) Mathematical Papere, pp. 246, 330.
(***) Sulle condizioni di resistenza dei corpi elastici (Read. Iititato lombardo, 1886).
— 35 —
ed a — 2^(3-4 — 45) se a = b=:c = i. Si ritrovano cosi le con-
dizioni
B>0 , SA — 4B>0 (3)
come necessarie. Per dimostrare che sono anche sufficienti basta
mettere in evi<lenza il carattere essenzialmente negativo di n, ed
a ciò si perviene mediante una semplicissima trasformazione alge-
brica. Proponiamoci di determinare un numero reale ft, in modo
che sia
T\ = — B[(a — HQf + (?> — hQf + (e — HQf + 2/** + 2^* + 2h''\ .
Paragonando con
n=: — i(^— 25)0« — 5(a* + &« + c' + 2r* + 2^* + 2;i^)
si vede che dev'essere
1{A— 23) = jB(3ft« — 2ft) ,
e se ne deduce
i + il/^
3 — 3 r
2J5
Quando le condizioni (3) sono soddisfatte, U è reale, e — TT resta
espresso mediante una somma di quadrati. Inoltre vien messo in
evidenza il fatto che per TannuUamento di TT è necessario e suffi-
ciente Tannullamento simultaneo di a,ì),Cjf,g,h, giacché da
a — ft0 = & — ft0 1= e — ft© = si deduce successivamente
— 3ft0^O, = 0, a = ì) = c = 0.
— 86 -
IV. EQUILIBRIO ELASTICO.
1. Quando ad un corpo elastico si applica un sistema di forze,
ì punti del corpo si spostano, ed in conseguenza variano le azioni
interne, che cessano cosi di farsi equilibrio e tendono invece ad
equilibrarsi con le forze esteme. Nel raggiungere il nuovo equi-
librio il corpo acquista una forma definitiva, che non abbandona
se non quando, soppresse le forze esterne, tendono nuovamente le
forze interne ad equilibrarsi fra loro. Ciò premesso, conoscendo le
azioni deformatrici cui è sottoposto un corpo dato, ci proponiamo
di determinare la nuova distribuzione delle azioni interne e la con-
figurazione finale del corpo.
2. Equazioni deii'oquUibrio eiastioo. Siano X, Y, Z le com-
ponenti, per unUà di volume, secondo tre assi ortogonali, della
forza applicata alla particella dS. In altri termini siano XdS, YdSy
ZdS le componenti della forza applicata alla massa contenuta in
dS. Oltre a queste forze, che diconsi forze di massa^ si possono
avere pressioni alla superficie del corpo. Siano Lds, Mds, Nds le
componenti della pressione applicata all'elemento superficiale ds.
Quando il corpo, deformandosi, ha raggiunto una configurazione
definitiva, i suoi punti trovansi in equilibrio sotto Fazione di tre
gruppi di forze: 1° forze di massa; 2° pressioni alla superficie;
3* forze elastiche. In virtù del principio di Lagrangia dev'essere
nullo il lavoro fatto da tutte queste forze nei moti virtuali che il
sistema può eseguire intorno alla configurazione di equilibrio. Cosi
per ogni punto, già venuto dalla posizione {x,y ,z) alla posizione
(x-\-u , 2/ + «? , -sr + w?) , si ha, nel passaggio virtuale alla posi-
zione (cc-^-u-^hu , 2/ + t? + òv, z-\-\JO-\- hw)y un lavoro elemen-
tare, espresso da Hòw + n^^ + 2òt«? se 2 , n » 2 sono le componenti
della forza applicata al punto considerato. Quanto alle forze eia-
- 37 —
stìche, il lavoro da esse eseguito non è che la variazione subita dal
loro potenziale durante il moto virtuale. Il principio dei momenti
virtuali conduce dunque airequazione
i{XbU'{'ròv+Zbw)dS'i-{(Lbu-i-Mbv+Nbw)dS+b fTOiS^=0. (1)
Ora svincoleremo nel terzo integrale le arbitrarie bu,bVfbw, in
modo da farle comparire linearmente, come nei primi due inte-
grali; poi, osservando che queste quantità sono fra loro Indipen-
denti, e variabili arbitrariamente da punto a punto, eguaglieremo
a zero i loro coetìcienti negli integi'ali di spazio ed in quelli di
superfìcie, separatamente. Perverremo così alle equazioni doman-
date. Anzitutto si ha, ricordando che TT è funzione di a, &, e, f, g, hy
b{T\dS=^\bTfdS=^{l^ba + ~bl> + ... + ^
Intanto
Còti dx. . f d dTT . ,^
= — -3— :=- buds — T- -3— bicdS .
J da dn Jòx da
Similmente
Dunque, raccogliendo in tre gruppi analoghi i termini che molti-
plicano bu,bv ,bWf
vfrr^o HòTJdx , 1 dJJdy . 1 òH d£:\ . ,
}\dx òa ' 2 dy oh ' 2 òz ^g }
(1')
— 38 —
Sostituendo finalmente nella relazione (1), questa si scinde, per i*ar-
bitrarietà di bu,bv ,bw, nelle sei equazioni seguenti :
Z=
da; da •" 2 dy d^ ' 2 òe 09
r=iA^j_ A^j_lAyi
2dx òh'^ dy 06 "^ 2 òz df
2 òz df
òe oc
L =
ÒTT da? 1 òTl dy . 1 òTT dg
òa dn ■" 2 oh dn'^ 2 Ò9 dn.
2 ÒA dn^
06 dn^2 òf dnr^
^^ 1 an da; . 1 òTT dy ÒTT dg
2 d^r dn '" 2 ò/" d«"^ de d«
3. Osservazioni. Le relazioni (1') diconsi eqtmzioni indefinite,
perchè valgono in ciascun punto del corpo. Le relazioni (1"), che
son valide soltanto in superficie^ diconsi eqitazioni ai limiti. Ve-
ramente le condizioni ai limiti si possono imporre in infiniti modi.
Esse sono espresse dalle relazioni (1") quando.in superficie si danno
le pressioni. Se invece si assegnano i valori che gli spostamenti
debbono assumere in superficie, le equazioni ai limiti sono appunto
le uguaglianze mediante le quali si fissano i detti valori. Quale uso
faremo delie equazioni indefinite e delle equazioni ai limiti ? Si os-
òn dn
servi che
, . . . sono funzioni lineari di a,h ,Cy .. ., e che
da ' d6
però contengono linearmente le derivate prime degli spostamenti.
dn dn
Le derivazioni ulteriori di
accennate nelle equazioni
da ' d6 '••
(1'), faranno poi comparire le derivate seconde di u,Vy w. Adunque
le equazioni indefinite sono equazioni alle derivate parziali del se-
condo ordine. Integrandole si otterranno le espressioni di u, Vy w,
contenenti quantità arbitrarie, le quali verranno determinate me-
diante sostituzione nelle equazioni ai limiti. Ma qui sorge un dubbio.
Basteranno sempre le equazioni indefinite per individuare un si-
stema di spostamenti, e le equazioni ai limiti per completarne la
determinazione ?
4. Rispondiamo subito, dimostrando che, a prescindere da moti
rigidi, le equazioni indefinite e le eqicazioni ai limiti sono suffl-
dienti per la determinazione degli spostamenti. Supposto che esi-
— 39 —
stano due sistemi di spostamenti, (w', x>\ wf) ed {u", xf\ w?'')> sod-
disfisLcenti alle equazioni (!'), si considerino gli spostamenti
v! — m" = w , xf — v" = v ,. io' — t(?" = t^?.
È chiaro che a' — a" = a , V — V = l) , ecc. . . . Inoltre, osser-
vando che -T— , -TT- , . . . contengono linearmente a , 6 , e , . . . si
ha "w"~"w?" = '^> ^cc- Scritte le equazioni (!') per ciascun
sistema di spostamenti, si ottiene, sottraendo,
0— ^ ^n > 1 ò òn ■ 1 ò òTT
òx òa'^2òy oh '^ 2 òe òg
^~ 2 dar oh '^ òy òb ~^ 2 d^ òf
^'^ 2ÒX òg '^2òy òf ^ òz de
Queste sono appunto le equazioni indefinite dell* equilibrio, nel*
ripotesi che le forze di massa siano nulle. Operando analoga-
mente sulle equazioni ai limiti, si trovano le equazioni (i"), in cui
Zr = Z' — L" , ecc. Dunque u,v,w si possono considerare come
spostamenti dovuti alle forze
X=Y=Z = , L = L' — L", M = M' — M'', N=N'—N''.
Ora, se prendiamo òu = w, 5v = t?, bw = w nell'uguaglianza (1),
questa diventa
{{Lu + Mv + Nw)ds + 2{TJdS = , (2)
perchè, in virtù del teorema di Eulero sulle funzioni omogenee.
Se per condizioni ai limiti si assegnano le pressioni, vuol dire che
L' = L", ecc., cioè L = M=N=0. Se invece si danno gli spo-
— 40 —
stamenùi in superficie, vuol dire che sopra s dev'essere v!=zu'\ ecc.,
cioè u = t? = u? = 0. Dunque in ogni caso è nullo il primo integrale
deireguaglianza (2), e questa si riduce a
1
T\dS = (^.
Il primo membro è una s(Hnma di quantità essenzialmente negative
nulle. É dunque necessario che sia nulla ciascuna di queste quan-
tità, cioè che si abbia TT = in tutto il corpo. Ma si è già osser-
vato che TT non può annullarsi se non per a=ft=c=/'=^=^=0,
ed è noto che in tal caso i relativi spostamenti prendono la forma
u^^l-^-qz — ry , v = in-\-rx — pz , w:=n-\-py — qx ,
essendo lym,n,p,q,r costanti in tutto il corpo. Se in superficie
si danno gli spostamenti, si deve avere l-\-qz — ry = 0, ecc., per
infiniti valori di x,y, z. Ciò non può accadere se non si ha
l=zm=n=p=^q = r = Oy e conseguentemente u=v=^w=^0,
cioè u' = u^', v' = v'^y tc?' = t^" in tutto il corpo. Se invece si
danno le pressioni, esistono bensì infiniti sistemi di spostamenti,
soddisfacenti ad (1') e (1''); ^^ 1^ configurazione finale del corpo
è sempre la stessa. Del resto basta prescrivere i moti rigidi d'una
particella qualsiasi perchè le equazioni (!') e (1") determinino com-
pletamente gli spostamenti. In&tti, presa Torigine nella particella
considerata, si deve avere, per x = y = z = 0,
, __ „ òw òv' _ òw" òv"
u —u , ecc., -^ — -^^-^ 5^, ecc.,
cioè M=0,..., -^ — T^^=:0,... Ne segue ;z=m=n=p=g=r=0;
poi u'=^u*'y v*=^ìf, t«?'=t(/' in tutto il corpo.
5. Caso del messi ieotropl. Si sa (III, 3) che, nel caso del-
risotropia, il potenziale unitario ha la forma
41 —
Ne segue
da
= — {A — 2B)6 — 2Ba
1 òn
2 òf
= -2Bf,
e
però la prima delle equazioni (1^) diventa
de
òa
X+U-25)^H-2B(5^ + g + ^J = 0.
Ora si ha
\òx'^ òy'^ òzl~'^ òa^'^ òy \òy'^ òx) '^ òz\òg^ òx j
~ dir» + dy« "*" d^« "T" di [òi^òy '^ òz j-"^ ^'^
òx
(3)
Sostitnendo in (3) e supponendo ripetuto il precedente calcolo per
le altre due equazioni, si vede che le equazioni indefinite per
l'equilibrio d'un corpo isotropo sono
X+{A — B)^ + B£^'u=0,
Y+iA-B)^+BA'v=0.
Z + {A — B)^ + Bl^*w=0.
A queste equazioni si può dare un'altra forma, utile per Tiutegra-
zione, facendo comparire quattro funzioni di capitale importanza
in questa teoria, cioè la dilatazione cubica 9, e le doppie com-
ponenti della rotazione della particelUty che indicheremo d'ora
innanzi nel seguente modo:
Si ha
gv dw òv o. òu òw
dz
ÒZ ÒX
6v ÒV ÒU
^ ÒX òy'
A« _-^ ò'u . ò^u ò't; ò^w
òy* ~^ òz^ òxòy
ÒX
òxòz
^lÒU ÒV\ \Ò_IÒU^^ÒtO^\ 0^2 0^3
òy\òy òxj "^ òz\òz òx j òz dy '
L
— 42 —
6 le equazioni ottenute precedentemente diventano
Quanto alle equazioni ai limiti, la prima delle (!'') diventa
Ora si ha
o/^daj,,dy,dif\ ^^udx_. (du. àv\dy ./òu. òfo\de
9 /^^ I ^^ I ^^\ I /^__^\ ^ I /_^ àu\ds
\òxdn'^ dydn'* òednj ' Ida; òy!dn*\òx òej dn
cioè
Sostituendo in (4) si ottiene la prima equazione della terna
a
L+iA-2B)e^ + 2B^ + B(%^^-^^^) = 0,
M+iA-2B)e^ + 2BÌ+B(X^^-%^) = 0,
N+(A-2B)e^+2B^ + B(%,^-X^^)=0.
6. Si deve a Borchardt (*) ana ingegnosa decompasisione ddP espressione di TT
in due parti, una deUe qtMU non reca contributo alcuno aUe equasioni inde/i'
mite. Ricordando il processo che ci ha condotti alle equazioni deireqnilibrio, riesce
chiaro che, quando si ha in vista la sola formazione delle equazioni indefinite,
(*) Ueb»r die Transformation der ElasHcitàtsgMchungen (Giornale di Creile, 1873, p. 45).
— 43 —
ò lecito trascurare tatti qnei termini di TT che in fòTTe^S danno luogo ad inte-
grali di spazio, identicamente nulli, o ad integrali di superficie. Ora, se si os-
serva che
/— ^ / dw , d»\ _ 1 gv , òt?
e conseguentemente
al potenziale
n = — ^(a + ò + cy — 2B(/^ + ^8 + A« — 6c — ca — a6)
si può dar la forma TTo + TTi, ponendo
Per assicurarci che TT| non influisce sulle equazioni indefinite osserviamo che
JÒTTid5 si scinde in tre parti analoghe alla seguente:
J
/ òw dbv . òv òhw òto òhv òv òbw \ ,^
\ dy òz "*" d5"dy di òy ""òy d^ )
-J(è(g'-SH-è&"-SH)^
J\\dyd£r òsòy I [dyòz òedy) )
Il primo integrale si trasforma in integrale di superficie ed il secondo è identi-.
eamente nullo. Dunque il potenziale elastico^ in quanto ha influenza sulle equa-
zioni indefinite dell*eqailihrio, si può riguardare come una combinazione lineare
del qttadrato della diilataeione cubica col qvkod^ato della rotazione del mezzo,
ed i coefficienti della combinazione sono proporzionali alle costanti d^isotropia.
— u
V. IL TEOREMA DI BETTI.
1. Questo importante teorema (*) stabilisce una relazione fra due
sistemi di forze ed i relativi sistemi di spostamenti in uno stesso
corpo elastico. Siano (u,v,w) ed (u', v', to') gli spostamenti che
definiscono le configurazioni prese dal corpo sotto razione dei si-
stemi {X,Y,Z,L,M,N) ed (X', V, Z\ L\ M\ N') rispettiva-
mente. Per la prima configurazione le condizioni di equilibrio si
riassumono (IV, 1) nella relazione
[òn«f5f + {(Xbu + Tbv + Zòw) d8+ {{Lbu + Mbv + Nhw) efe = ,
che deve aver luogo qualunque siano le variazioni òu^bVyòWy ed
in particolare per bu = u', bv = v\ bw = w\ nel qual caso la re-
lazione precedente diventa
j ( ^ a'+ . . + ^ ;^' j dffif + [(Xm'+ Yv+Zw') d8 + {{Lu'+Mv'+Nw') (& = .
Similmente si ha
* [-[ ^a+ . . + ^^ h\dS+i{X:u+Tv+Z'w)dS+ [(Lu+M'v+N'w)d8=0.
E poiché, per una nota proprietà delle forme quadratiche,
ÒTT ^, , dir , , , , ÒTT , , ÒTT' , òTT' , i dìT ,
(*) Bbtii, Teoria della elasticità, cap. VI. Vedi anche una comunicasione di M. Létt
all'Accademia di Parigi (Comptes-renduèf 13 Aoùt, 1888).
— ès-
si ha pure
j {Xu' + W + Zw') dS+ULu'+ Mv' + Nuy)ds
= [ (JTw + rv 4- ^' w?) as + f (L't« + M't? + N'w) ds . (1)
Questo è il teorema di Betti.
2. Facciamone una prima applicazione prendendo
u' = l + qz — ry y i?' = m + ^^ — P^ , te?' = n +^1/ — Qoo ,
con /» w, n,i7, ^, r costanti in tutto il corpo. Si ha
poi TT' = 0. Sostituendo nelle equazioni dell*equilibrio si ottiene
X' = y ^ Z' = L' = M' = N' = ,
e la relazione (1) diventa
{[X{l + qZ'-'ry)+...]dS+{[L(l + qZ'-'ry)+.,.]ds = .
Per l'arbitrarietà di /, m,n,p, q, r, l'ultima equazione si scinde
nelle sei seguenti
frc?5+[jf(fe = , {(Zx — Xg)d8 + {{Nx'-Le)ds^0,
{zdS+ÌNds=^0 , [(Zy— ra?)dflf+[(Xy— Jlf«)d« = 0,
le quali esprimono che le forze esterne si fanno equilibrio. Dunque
per l'equilibrio dei corpi elastici sono necessarie le condizioni che
assicurano l'equilibrio dei corpi rigidi (*).
(*) Bbttì, loc. eit. Vedi anche Clbbsch, Théorie de VélaBticitéf p. 2.
— 46 —
3. Ora prendiamo
con a', b\ e', f, g\ h' costanti in tutto il corpo. Anche -r-r , -ro- > • • •
sono costanti, e però le equazioni indefinite danno X'=r'=Z'=0.
Se determiniamo a^ &',..., mediante le sei equazioni di primo grado
da' "" 06' ~ de' ^ ^ ' òr ■" d/ "~ ÒA' "" " ' ^"^^
le equazioni ai limiti ci danno
Z' = — M' = ^ N'== —
dn * dw ' dn ^
ed il secondo membro di (i) diventa
I(«£+>'l+"'£)*=-f(l+S+l7)<«=-Ie<«''-
Dunque
iedS = — [ {Xu' + Yv' + Zw')dS— [ {Lu' + Mt?' + iVìM?')^ • (3)
Questa notevole formola fa conoscere la dilatazione totale d'un
corpo elastico, quando sono date le forze esterne.
4. Applichiamo la formola (3) al caso d'un corpo isotropo. Sic-
come si ha
le equazioni (2) diventano
^(A — 2B)(a' + b' + &) — 2Ba' = i , r = 0,
_(A — 25)(a' + y + c') — 2By = i , ff' = 0,
— {A — 2B)(a' + b' + c')—2B& = i , ^' = 0.
— 47 —
Dalle equazioni di sinistra si deduce^ sommando,
— (3A — 4B){a'+V + c') = 3;
poi, sostituendo nelle medesime equazioni.
Finalmente
u' 1/ w' 1
aj'^y^T^ SA — 4B'
Sostituendo in (3) si ottiene
{edS = '^2-^^^(^i{Xx+Yy + Zz)dS + ^{Lx+^
5. Supponiamo, per esempio, che si eserciti una pressione uni-
forme sulla superficie d*un corpo isotropo, essendo nulle trascu-
rabili le forze di massa, e si domandi quale sarà ^a variazione di
volume del corpo. Nel caso attuale
é
^=r=Z = 0; L=pg. M=i,|. N=p^.
La formola (4) ci dà
cioè
S "^ Sii — 4B'
Il primo membro rappresenta la dilatazione per unità di volume.
Essa è dunque, per un dato corpo, proporzionale alla pressione.
In pratica si dà il nome di coefficiente di compressibilità cubica
e si rappresenta con q la diminuzione subita dall'unità di volume
sotto Tunità di pressione. Dalla formola precedente si deduce
__ 3
^""3^— 45'
— 48 —
Si considera in pratica anche un altro coefficiente E, che sé chiama
il modulo di Young o coefficiente di elasticità di trazione. In se-
guito si vedrà che
3B
Bq =
A--B'
e si conosceranno i mezzi che permettono di determinare speri-
mentalmente ^ e g, e conseguentemente di calcolare le costanti
d'isotropia A e^ B per ciascun corpo. Secondo l'antica teoria di
Navier e Poisson si dovrebbe avere sempre ì1 = 3ìB, e quindi
Eq==-^\ ma le più recenti esperienze hanno dimostrato che, se
Bq ha questo valore per talune specie di cristalli^ negli altri corpi,
e specialmente ne! metalli, il suo valore è molto lontano da -^ .
6i Proponiamoci ancora di determinare raltevaaione di volume
che subisce un corpa elastico omogeneo sotto l'azione del prq^rio
peso. Il corpo si supponga sostenuto mediante forze applicate ver-
ticalmente a punti d'un piano orizzontale. Posta l'origine nel bari-
centro, e diretto l'asse delle z in senso opposto a quello della gra-
vità, sia ^ = /t l'equazione del piano di sostegno. Per ipotesi è
X=y = L = M = 0, mentre il rapporto di ^a p è una costante,
uguale e di segno contrario all'accelerazione della gravità. La for-
mola (3) diventa
f QdS = —Z Ug'x 4- fy + dz)dS — [N{g'x + fy '^dz)ds.
Ma per l'equilibrio estemo è necessario che sia
[iVctó = i> , [Nxds=[Nyds=:zO ,
dov^ P rappresenta il peso del corpo. Inoltre, per la scelta del-
l'origine, si ha
{xdS=[ydS=^[zdS=^0 ,
— 49 —
Dunque
{edS= — &{Nzds=—(fh{Nds = '^&hP.
Se il corpo è isotropo
I
Q^^ = 3l^ = I«*^-
In generale si può dire che, per una determinata orientazione, la
totale variazione di volume è proporzionale al peso del corpo ed
alla distanza del suo centro di gravità dal piano di sostegno. Per
esempio, le variazioni di volume d'una sfera
omogenea ed isotropa^ sospesa ad un filo rigido
o sostenuta da un piano rigido, sono eguali e
di senso contrario, e proporzionali alla quarta
potenza del raggio (*). Si osservi che, per un
corpo qualunque, se il piano di sostegno contiene il centra di gra-
vità, la parte superiore diminuisce o aumenta di quanto aumenta
diminuisce la parte inferiore, dimodoché resta invariato il vo-
lume totale.
VI. DISTRIBUZIONE DELLE AZIONI INTERNE.
1. Finora si sono studiate le deformazioni elastiche senza preoc-
cupazione alcuna delle forze che si sviluppano, per effetto delle
deformazioni stesse, neirinterno dei corpi. Ora, ponendoci da un
altro punto dì vista, vogliamo trarre dalla considerazione diretta
di queste forze interne le formolo fondamentali per lo studio del-
Tequilibrio elastico. Il paragone fra le formolo ottenute preceden-
temente e quelle che siamo per ottenere ci fornirà i mezzi di
studiare la distribuzione delle azioni interne nei corpi elastici de-
(*) Bbtti, Teoria della elastieitàf cap. VII.
Gbsàro, Teoria deWelasticità
/
— 50 —
formati. Prima facciamo un* osservazione. Neirinterno d*un corpo
elastico S, già deformato ed equilibrato, si
consideri un elemento superficiale ds^ e si
immagini prolungato il piano che lo con-
tiene, in modo da tagliare S in due parti,
S' ed S". Fra tutte le forze dirette dai punti
di S' verso quelli di S" consideriamo sol-
tanto quelle, le cui linee di azione attraver-
sano ds. Esse hanno una certa risultante,
che indicheremo con pds. Similmente le
azioni che i punti di S" esercitano sui punti di S\ attraverso ds,
hanno una risultante, eguale e di segno contrario alla prima, se,
come si suppone, il coi*po è in equilibrio. La funzione p rappre-
senta {*) la pressione su ds, per unità di superficie.
2. Equazioni Indefinite. Ciò premesso, scomponiamo il corpo
in elementi parallelepipedi mediante tre sistemi di piani, paralleli
ai piani coordinati. Consideriamo uno
di questi parallelepipedi, e scriviamo
che trovasi in equilibrio sotto l'azione
delle forze interne e delle forze di massa,
n piano Oyz divide il corpo in due parti.
Chiamiamo p« la pressione unitaria e-
sercitata, attraverso OBCA\ dalla parte
che non contiene il parallelepipedo su quella che lo contiene,
dimodoché p^dydz sia la pressione su OBCA\ considerata come
positiva quando è diretta verso l'interno del parallelepipedo. Si-
milmente siano Pydzdx, p^dxdy le pressioni subite dalle facce
OC AB, OAB0. Indicheremo con jp«r, p^, p„ le componenti di
Px secondo Ow , Oy , Oz ; ecc. Quando dalla faccia OBCA' si
passa alla faccia opposta (/ffC'A, le funzioni p„, Pav» P« di-
ventano
do;
òx
òx
(*) Sui varii modi di definire la pressione vedi l'eccellente Cours de physique mathé-
màtique di P. Duhbm (Paris, A. Hermann, 1891, t. II, p. 857).
— 51 —
Dunque la pressione su O'B'C'A , considerata come rivolta sul pa-
rallelepipedo, ha per componenti — (p„ + -p^^] ^2/^^ , • • • > ©
però le pressioni interne, computate secondo l'asse delle a?, danno
luogo alla somma
Scrivendo che la somma delle forze che agiscono sul parallelepi-
pedo secondo ciascun asse è uguale a zero, si ottengono le equa-
zioni indefinite per Tequilibrio:
Y àpxx [ àpyx 1 òpz»
do? ' dy ' de ^
V_^P»yiàPyyÒpzy . ..
^ ~ òx '^ òy '^ òz ' ^^^
^__ÒPx* [ àpy» . ÒP„
òx ^ òy òz
3. Bisogna ancora scrìvere le equazioni dei momenti. Si premetta
che, essendo le forze esterne infinitesime del terzo ordine, esse
danno luogo a momenti trascurabili rispetto a quelli delle pressioni
interne. Per semplicità componiamo intorno al centro del paralle-
lepìpedo, ed osserviamo che, per la continuità di cui si suppongono
dotate, in direzione ed intensità, le pressioni p, è lecito ammettere
che le loro risultanti sono applicate ai centri delle rispettive facce.
Ricordiamoci che i momenti dovuti ad una forza (X, F, Z) appli-
cata nel punto {Xyy,z) sono Zy — Yz^Xz — Zx, Yx — Xy. Ciò
premesso, trascurando nelle forze gli infinitesimi di ordine supe-
riore al secondo, abbiamo
\ punto { — ^ (io; , , j una forza le cui componenti sono Psxdyde , p^ydyde , px, dydz ;
[Oj —-^dy ,0\ 9 » » pyxdzdx, PyydzdXy pyzdzdx;
0,0, — 2^(?£fJ » » » pzxdxdy, pxydxdy, ptzdxdy;
[2^ » , 01 » » » —Pxsdydz, —pxydydz, —pxxdydz;
— 52 —
Il momento della coppia risultante, che agisce parallelamente al
piano delle yz, è dunque
— dy . py^dzdx -f dz .p»y dxdy = {p^ —Py,)dS ,
e però le equazioni dei momenti sono
Per conseguenza le nofoe funzioni p si riducono sempre a sei di*
stinte. Vedremo che, una volta introdottoci concetto di elasticità,
esse si ridurranno a tre,
4. Equaxioni al limiti. In superficie la triplice famiglia di
piani determina elementi tetraedrici, quali
OABC. Rappresentando con ds,ds^jds^,ds^
le aree di ABCy OBC, OCA, OAB, si deve
avere, per l'equilibrio,
Lds -\-Pxxds^ +Pyxds^ -\-PMxds^ = ; ecc.
Ora si osservi che
^* = -£^ ' ^^^""-^^ ' ^3 = -^^.
Ne segue che le equazioni ai limiti sono
L =
M =
N =
dx
dn
dy
dn
P«x ^i« ~r Pyx j!L ~r P*9 j« >
dz
dn
dx j^ dy . de
dn
dn
dn '
P"* ^ "T" Py* 'aZ 1 P** ~^ '
dn
dn
dn
(2)
5. Passiamo a studiare la variazione delle pressioni intorno a
ciascun punto. Preso un elemento tetraedrico come OABC neir^'n-
temo del corpo, sia p^ds l'azione esercitata, attraverso ds, da quella
parte del corpo, che contiene il tetraedro, su quella che non lo
— 53 —
contiene. La pressione computata come ricolta sul tetraedro è
— PndSy e per Tequilibrio si deve avere
—p^ds +Pmds^+Pin^dSt-\-p*^ds^ = ; ecc. ,
Se a, p,T sono i coseni direttori della perpendicolare ad ABC^
abbassata da 0, si ha ds^ = ojds, ds^=^^, ds^ = fds; poi
/ p^ = ap„ 4- BPyx + Wzx ,
Pnjr = dPwy + PPyy + TPzy ,
Pn. = aP«, + PPyz + m
(3)
'«
Queste relazioni, indipendenti dalle dimensioni del tetraedro, sus-
sistono evidentemente quando Telemento ABCy spostandosi paral-
lelamente a sé stesso, finisce per contenere il punto 0. Si hanno
allora quattro elementi incrociantisi in 0, e le relazioni (3) mostrano
che, conoscendo le pressioni su tre elementi, la pressione sopra un
quarto elemento è determinata per intensità e direzione. Come
variano la direzione e l'intensità della pressione qtmndo l'ele-
mento superficiale che la sopporta ruota intomo ad Oì
6. Prima domandiamoci se esistono elementi che subiscono sol-
tanto pressioni tangenziali. Per brevità porremo
i>(a , 3 , t) = a'p«r + P*Pyy + l^P» + 2?TPi,z + 2rap„ + Za^Psy ,
e, chiamato A il discriminante di. questa forma, rappresenteremo
con
Qm Qyx Qz»
Qxy Qyy Q*y
Qt* Qyx Qmz
il reciproco di A, e con 0(a, P,y) la forma reciproca di P. Ora,
per le (3), la condizione di ortogonalità
CtPnx + ?Pny + Wnz =
— 54 —
diventa P = 0, e questa equazione rappresenta un cono quadrico,
luogo delle perpendicolari agli elementi superficiali^ sollecitati solo
tangenzialmente. È noto che l'equazione dell'inviluppo dei piani
condotti, pel vertice di P, perpendicolarmente alle generatrici, è
appunto Q = 0. Questo secondo cono, quando è reale, divide la
spazio angolare, intorno al punto considerato, in due regioni, e
mentre gli elementi superficiali immersi in una regione subiscona
sollanto pressioni propriamente dette, gli altri sopportano invece
delle tensioni. Se il cono Q è immaginario, ciò vuol dire che gli
elementi superficiali incrociantisi nel punto considerato sono tutti
soggetti a pressioni, o tutti a tensioni. In questo caso si consideri
la superficie Qz= + A, scegliendo il segno del secondo membro in
modo che si abbia una superficie reale (necessariamente un ellis-
soide). Nel primo caso, invece, si prenda il segno -f- in una regione
ed il segno — nell'altra, in modo che l'equazione Q = + A rap-
presenti una coppia di superficie reali, cioè due iperboloidi ad una
^ ed a due falde, aventi in comune
il cono assintotico Q = 0. In ogni
caso la superficie Q = + A si
chiama (*) superficie direttrice
perchè basta la sua conoscenza
per determinare la direzione della
pressione su ciascun elemento. In-
fatti, se si osserva che si ha, in
virtù delle (3),
PnxQxx +PnyQx, + PnzQ^ = a A ,
PnxQyx +PnyQyy +Prw^yz = PA ,
PmQzx + PnyQxy +i?«z^zr = TA ,
(4)
si vede subito che il piano coniugato alla direzione di pn è
Qx + Py + yz = , cioè il piano stesso dell'elemento. Quanto al-
(*) Lamé, Legons sur U» coordorméu curviligneSt § CXLI.
— 55 —
Tìntensità, se oo,y,z sono le coordinate deirestremità del segmento
rappresentativo di p,, le (4), quadrate e sommate, danno
Dunque ^ vcUori assoluti détte pressioni o tensioni intomo ad un
punto variano come i diametri di un eUissoide. Questo si chiama
ellissoide di elasticità. Se disponiamo gli assi coordinati parallela-
mente agli assi di P, dimodoché si abbia Pys =Pzx =P9v = , le
equazioni della superficie direttrice e deirellissoide di elasticità
diventano
^1 'Wa 'J's
e si vede cosi più facilmente che le dette superficie hanno gli stessi
assi. Inoltre certi due elementi superficiali, perpendicolari fra loro,
sopportano la minima e la massima tensione, ed appartengono alla
terna, generalmente unica, degli elementi non soggetti a pressioni
oblique. È poi chiaro che> qualunque sia l'orientazione degli assi,
i valori wj , wg , W3 delle pressioni prindpaM sono le radici del-
l'equazione
2?«» — w P^ Pxz =0
JPy» Pyy — w Py
P*a> Pmv Pzx —
7. Il paragone fra le equazioni deirequilibrio, indefinite ed ai
limiti, ottenute nel quarto capitolo, e le equazioni (i) e (2) , mostra
che nei corpi elastici le funzioni p dipendono da tre sole funzioni
u,v,w mediante le relazioni
dn òn 1 dn
Pxs — ;^_ > Pyy N, > • • • > Pyx pxy
^a ' i'*» — 55 » • • • » ^y —i^'y — 2 df
— 56 —
cioè, adoperando la segnatura del terzo capitolo,
—p„ =Aa+ C'b + B'c -(- 2{FJ+ G^g + H^h)
—Pyy = C'a + Bb + A'c 4- 2{FJ-{- G^g + H^h)
—p,s=ffa+A'h-\'Cc -\^2{FJ+G^g + ff,h)
—Py.= F,a-\-F^b + F,c+2{Fr -^-H'g +&h)
^p„=G,a + G^b + G^c+2{H'r + Gg +F'h)
^p^ = H,a + H^b + ff^c + 2{G'r -^-rg+m)
Son queste le forinole che fanno conoscere la distribuzione delle
forze interne in ogni punto d*un mezzo elastico deformato. Se, nel
punto che si considera, il mezzo è dotato di piani di simmetria,
spariscono (III, 2) le elasticità asimmetriche, e si ha semplicemente
—p^ = Aa+C'b + B'c , '^py, = 2Fr ,
--Pyy^^C'a + Bb +A'c , —p«t = 2Gg,
—p,, = B!a + A'b + Cc , —psy = 2Hh .
Con queste formolo è facile (*) spiegarsi le denominazioni proposte
da Rankine per distinguere fra loro i diversi coefficienti di elasticità.
Vn. MOTO ELASTICO.
1. Equazioni dal moto olastlco. Supponiamo che i punti del
corpo, invece di trovarsi in equilibrio, vibrino intorno a certe po-
sizioni fisse (07, V» ^)> si trovino, alla fine del tempo ty nelle
posizioni (a?+u, |/+t?, z-\-w). In tal caso gli spostamenti u, v, w
sono certe funzioni di x,y, z,t, determinate le quali riesce nota
la serie delle configurazioni che il sistema va assumendo col va-
(*) Clbbsoh, Thiorie de Vélasticité, p. 38.
— 57 —
riare del tempo. Alla determinazione di u,VjW provvedono le
equazioni del moto, che si deducono dalle equazioni indeflnite (IV, 2)
deirequilibrio facendo uso del solito principio di (f Alembert, espri-
mendo cioè che tutto succede come se il corpo fosse ad ogni istante
in equilibrio sotto razione delle forze propriamente dette e di forze
fittizie, uguali e di segno contrario a quelle che produrrebbero il
moto efifettivo di ciascun punto. Queste ultime vengono misurate
dal prodotto della massa pdS per Taccelerazione, le cui componenti
sono, com'è noto,
Go^ vediamo che le equazioni indefinite del moto si deducono dalle
equazioni indefinite dell'equilibrio sostituendo XdS ^^ pdS sl
XdS, ecc. É poi evidente che le condizioni ai limiti restano sempre
le stesse. Il problema del moto elastico si risolve dunque con le
seguenti equazioni:
^ òt^~ òx òa '^ 2 òy oh "^ 2 de òg *
^~^ òfi~2òx oh '^ òy òb '^' 2 òz òf ' ^^
^ P d<* '^ 2ÒX òg '^ 2òy òf '^ òs oc '
completate dalle equazioni ai limiti (IV, 2).
2. Teorema I Se le forze esteme non variano col tempo, il
problema generale del moto elastico è sempre scomponibile in
dite problemi speciali: V un problema di semplice equilibrio;
2** un problema di mx)to sotto l'azione delle sole forze elastiche.
Siano infatti u', 1?^ w' gli spostamenti che bisogna dare ai punti
del corpo perchè rimangano in equilibrio sotto l'azione delle forze
esterne e delle forze elastiche. Le funzioni u\ xf, w\ indipendenti
da tj debbono soddisfare alle equazioni (1') ed (1'') del quarto ca-
— 58 —
pitolo. Sottraendo queste dalle equazioni (1') ed (1"), relative al
sistema {u,VjW) di spostamenti, si ottengono le relazioni
_ ^'«"_ à ÒTT' , 1 ò òn" ■ 1 ò ÒTV'
P d^* "" òx do" "^ 2 dy d^" "^ 2 d;r ò^" '
ÒTT'^ , 1^ dir ^ , j^ dir d^ ,^.
"*" òa dn'^2 oh" dn^ 2 ò^" dn ' ^^
alle quali debbono soddisfare gli spostamenti residui u — u^ = u'\
V — t?'=t?", w — to' = w'\ Le relazioni (2) sono precisamente le
equazioni del moto elastico, nel caso che manchino le forze esterne.
È necessario supporre le forze esterne indipendenti dal tempo,
perchè se X, per esempio, fosse funzione di t, siccome la X che
comparisce nelle equazioni (!') non è che un valore particolare di
questa funzione, la differenza fra le due X non sarebbe sempre
nulla, ma varierebbe col tempo. Si osservi che il teorema dimo-
strato può ricevere la seguente notevole interpretazione: « J punti
d'un corpo elastico, soggetto a forze indipendenti dal tempo, vi-
m
brano intomo alle corrispondenti posizioni di equilibrio come
vibrerebbero, liberi da forze esteme, intomo alle loro posizioni
naturali » (*).
8. Di quale natura è il moto dei punti d'un corpo elastico vi-
brante ? In virtù deirultimo teorema, se si vuol riconoscere Ytndole
delle vibrazioni elastiche, è lecito supporre il corpo completamente
libero. In questa ipotesi le equazioni del moto sono
^ d^ da; da ' 2 5y ÒA "'"2 d^ òg ' da dn'^ 2 d^ dn'^ 2 d^ dn
,,_; d^_i_d_'dTT . A^Uo-lA^ — i^^-U ^H^-ui^^/il
^^^\ ^'ò^~'2òxòh^ ^y òb'^2 de òf ' ^^ ah dn^ db dn'^ 2 òf M^
^ dt« 2 da? d^' 2 dy òf òz oc * 2 òg ^« 2 d/* dn~^ oc dn
{*) Vedi Glbbsch, Théorie de VÉlasticìté, p. 53.
~ 59 -
Tentiamo di soddisfarle prendendo
con u\ v', w' indipendenti dal tempo. Distinguendo con un apice
tutto ciò che si riferisce ad u\ v\ uf si ha, per derivazione^
a = a'<p(0 , ì) = b'<p{f) , . . . , ^ = h'(p{t) , e conseguentemente
• 1- JL àTJ ÒTT ÒTT . . ,. . . , ,
poiché -v— , -TT- , . . . , -T^ si esprimono linearmente m a, &,..., ^.
Ciò premesso, la prima delle (!') diventa
(p dt* ~ òx òa' "^ 2 dy oh' ~^ 2 òz òg' '
e siccome il secondo membro è indipendente dal tempo, è neces-
sario che altrettanto avvenga del primo, e sia, per conseguenza,
dove con — ft* si è voluto rappresentare una costante qualunque.
Dunque la più generale forma possibile della funzione qp è
(p(t) == \cos(kt) + |Lisen(ft/) ,
e le equazioni (!') ed (1") diventano
^ da; da' "^ 2 òy òh'^ 2 òg 09 ' àa dn'^ 2 ah' dn'^ 2 Ò9 dn
^^;/ P'^ — 2 da? òh''^ dy òb' '^ 2 òe òf ' 2 oh' dn'^ òb' dn^ 2 òf dnj^^^ ^
^ ,__j. ^dTr , j._d^dTr , ^dTr a ìòtt^ , ldTr«^ , diT:^
^'^^ "" 2 da; dy' "^ 2 dy òf ^ d^ de' * 2 dy' <?«"^ 2 d/" ein"^ de' dn
Supponiamo che, con un mezzo qualsiasi, si pervenga ad integrare
le equazioni (2'). Allora w', v\ to' sono certe funzioni di x,y,Zy
ed anche di /t', la cui sostituzione nelle (2'') ci fornisce, per eli-
— 60 —
mìnazione di x, y, z fra le medesime (2'') e Inequazione della su-
perfide, un'equazione in K^, che ammette come radici tutti i valori
possibili ft^', A,', A,', ... di A*. Ad ogni Ai' corrisponde una speciale
soluzione u' = Wi , tf =zVi, tf?' = «?< delle equazioni (2') e (2") , e
conseguentemente una soluzione particolare delle equazioni (!') ed
{i")y delle quali si ottiene (*) la soluzione generale combinando
linearmente tutte le possibili soluzioni, cioè scrivendo
iaOO tasQO 't=1D
w=Vwiqpi(0 » t?=Vt?i(Pi(0 » wi>=?=Vw?,(pi(0 , (2)
fei i«i t«i
dove
q)j(<) = XiCOs(AiO 4- jLi»sen(/iiO •
Più oltre si vedrà come si determinino le costanti X^^Xs,..., Md^»»*--
mediante le circostanze iniziali del moto.
4. Distinguiamo con indici i e j due soluzioni delle equazioni {2%
corrispondenti ai valori hi e hj di k. Per renderci conto della na-
tura delle vibrazioni (2) è d*uopo dimostrare una importante pro-
prietà dell'integrale
Kij = (UiUj + ViV^ H- WiWj) QdS .
Le (2') e le (2"), relative agli spostamenti m, , t?i, w?», si possono
considerare come le equazioni deirequilibrio, in cui si ponga
Quindi per òu = Uj, bv=Vj, òu? = m?^, l'eguaglianza (1) del quarto
capitolo diventa
Siccome il secondo membro e Kif non variano per lo scambio di i
(*) Vedi PoiMOA.Bé, LeQOns sur la théorie de Vélasticité (Paris, G. Carré, 1892, p. 112).
— 61 —
coni, è necessario che si abbia hi* Kìj = k,^ Kij , e poiché, per ipo-
tesi, ki*=^hj^ se i=^jf si ha pure ^^^,= 0. Invece, se i=j, il
secondo membro di (3) si riduce a — "Zi'HidS. Riassumendo ve-
diamo che
Ki =
2 r
~tTr^»^^ , se i=:j;
'^» J . (4)
, se i^j .
5. Utilizziamo l'ultimo risultato per dimostrare che le costanti
k| , kg , kg , . . . sono tutte reali. Dal processo seguito per ottenere
l'equazione che ammette le radici k^*, k^^ k^\ . . . appare evidente
che questa equazione ha i coefficienti reali. Ad ogni radice imma-
ginaria corrisponde dunque Ja radice conjugata. Sia V» V' ^^^
coppia di tali radici. É chiaro che le equazioni (2'), scritte una
volta con ki* ed un'altra con kj*, forniscono per Ui ed Uj , Vi e Vj ,
Wi e Wfy espressioni conjugate, e però w»Wj, VìVj, vOiWf sono somme
di quadrati. Dunque Kìj si compone di elementi essenzialmente non
negativi. Ma già sappiamo che dev'essere Kìj = 0. Ciò non può aver
luogo se non è w,= , w,- = , . . . , t^y = 0. Dunque non è possibile
che hf^, k^yk^, . . . non siano reali. Che questi numeri siano anche
positivi risulta poi subito dall'eguaglianza ki*Kii=^ — 2\TJidS,
giacché TTj è quantità essenzialmente negativa, e Ka è una somma
di quadrati. Dunque k^y k^j k^, . . . sono numeri reali.
6. Ritorniamo alle formolo (2). Queste ci dicono che le vibrazioni
dei punti d'un corpo elastico si possono considerare come risultanti
dalla sovrapposizione di vibrazioni più semplici, quali sono le vibra-
zioni u:=:u'q>{t)y v = v^(p(t), w = w'<p{t) per ciascun valore di k.
Se k fosse immaginario, u^v^w si esprimerebbero esponenzial-
mente in ty e però potrebbero decrescere o crescere indefinitamente
col tempo. Invece, per la realtà di ft, ciò non può aver luogo,
poiché u, per esempio, non supera mai, in valore assoluto, la quan-
tità w')/X' + M*> indipendente dal tempo. Inoltre, se si aumenta t
— 62 —
2lT
di -jr- nelle precedenti espressioni dì Uy v, w, queste tornano ai
primitivi valori. Esse rappresentano dunque un moto pendolare, la
cui durata periodica -jr- è la stessa per tutti i punti del corpo,
variando solo 1* ampiezza dell* oscillazione da punto a punto. Si
arriva cosi alla seguente notevole conclusione (*) : I moti intemi
d'un corpo Rustico non possono né aumentare né diminuire col
tempo. Al contrario tutti i mx)ti parziali si eseguono in eguaX
tempo fra limiti invariabili, raggiunti periodicamente. Le for-
molo (2) mostrano che le vibrazioni di ciascun punto risultano
dalla sovrapposizione di infiniti moti pendolari, aventi periodi
diversi.
7. Teopema di SaSnt-Venant i La forza viva d'un corpo elastico
vibrante è ugtude alla somma delle forze vive dovute ai singoli moti pendo-
lari (♦*).
La forza viva totale del corpo vibrante è
= i
^ 2
d^
Ora, per le (2), si ha
(S)"+(S)"+(h)-S<-^+-'+«»')^^^
poi, moltiplicando per pdS ed integrando a tatto S, si ottiene
*=iy.«*i
dfpi dxp
'j
"l Là ^ di di •
Il secondo membro si riduce, in virtù di (4), ai soli termini per i quali è i=i.
Dunque
iasoo
i = l
(*) Glbbsch, Théorie de Vélasticiié, p. 130.
(••) Vedi i Comptes-renduSy 1872, B"»* sem., pp. 1176, 1485, 1567.
— 63 —
D'altra parfce la forza viva dovuta ai soli moti pendolari, corrispondenti alPin-
dice i, è appunto
<...=ij(«i4-..?+«'i)(-*?)>=ii^.(4T-f-
È dunque vero che si ha 4> = 0^ -j- O, -|- 0, -|- . . . . In altri termini tutto
accade come se il corpo fosse animato da infiniti moti pendolari, coesistenti con
perfetta indipendenza fra loro.
8. Ora, tornando all'integrazione delle (1')» ci resta soltanto da
far vedere come riescano pienamente determinate le costanti
quando si jSssano le circostanze iniziali del moto, quando cioè in
un dato istante, che si può sempre assumere come origine del
tempo, si suppongono conosciuti lo spostamento (Uo , Vo , tOo) e la '
velocità {Uo\ Voy vOo) di ciascun punto. Per / = si ha
e conseguentemente (*), ponendo i = nelle formole (2), anche
dopo averle derivate una volta rispetto a /,
tssQO »=0O
ISSO» t= OO
Si moltiplichi la prima eguaglianza per ^u^dS, e, dopo aver fatto
«
altrettanto per Vo q Wo, si sommi e si integri. Evidentemente si
ottiene
tssQO
Kon — / KiKin An Ann >
lai
vale a dire
(*) Vedi PoiNCABé, loe, cit.y p. 113.
— 64 —
Basta cambiare K in AnMn ed Uo.Vo, w'o in Uo\ vj, Wo per tro-
vare jLu:
J (U'o Wn -h »; »« + W'o U7») p^^-S
Qui si osservi che le costanti cosi calcolate sono quelle che deter-
minano le ampiezze degli infiniti moti pendolari componenti, mentre
le durate periodiche degli stessi moti riescono determinate me-
diante /tj • /if > ^s » • • • ^^^^^ precedente analisi risulta dunque che,
mentre le ampiezze delle oscUlaziont dipendono dalle circostanze
iniziali del moto, la loro durata dipende invece dalla forma geo-
metrica e dalle dimensioni del corpo. In altri termini, il variare
delie circostanze iniziali del moto in un dato corpo non influisce
che suirampiezza delle oscillazioni, restando sempre inalterato, per
ogni oscillazione componente, il tempo in cui essa si compie Q.
9. In tutta Tanalisi precedente rimane un dubbio, cioè che Tequa-
zione che deve fornire i valori delle k possa non ammettere infi-
nite radici, ed anche che possa non ammetterne alcuna, nel qual
caso non esisterebbero soluzioni delle equazioni (2^) e (2"), della
forma considerata. Ora noi dimostreremo (**) che le dette eqtutzioni
ammettono infinite soluzioni diverse. Tra gli infiniti spostamenti,
obbligati alla condizione
1
(w« + 1?* + w^) i>dS = i , (5)
cerchiamo quello che (à prendere a — ÌTfdS il minimo valore.
Tutto fa credere che un tal minimo esista, e sia positivo o nullo,
perchè la funzione considerata, essenzialmente positiva, è continua
in virtù delle ipotesi fatte fin dal principio sugli spostamenti. Il
calcolo delle variazioni conduce a porre
bJldS + \ I (vòu + vbv + wòw) pdS = , (6)
I
(*) Glbbsch, Théorie de Vélatlieité^ p. 125.
(**) PoiMOABÉ, loc. eit.j p. 104. Questa dimostrazione, in verità;, lascia molto a desiderare
in quanto afferma l'esistenza del minimo di — ilIdS.
— 65 —
rappresentando con X una costante, e con hu, bVy bw le varia-
zioni arbitrarie di u,v,w. In particolare, se si fa òu = Uy bv=v,
bw = w, si ha pure
. . dw òbu òu
oa = ^- = -V — = ^- = a , ecc. ;
òx ox dx '
quindi
òn=:-^òa + ...==-^a + ... = 2n.
e la (6) diventa, in virtù di (5),
ÌTJdS=^\. (7)
Dunque X è un numero positivo, o nullo, che rappresenteremo
con k^*. Se poi paragoniamo la (6) con l'equazione ottenuta appli-
cando il principio di Lagrangia, e dalla quale si sono ricavate (IV, 2)
tutte insieme le equazioni deirequilibrio elastico, si vede che le sei
equazioni nelle quali, per Tarbitrarietà di bu ybv ybw , si scinde
la (6), si possono comodamente dedurre dalle equazioni stesse dei-
requilibrio, dicendovi X=q\u, Y=q\v, Z=p\w , L=M=N=0.
In tal modo si ritrovano precisamente le equazioni (2') e (2"), le
quali debbono dunque ammettere, per Ji = hi, una soluzione
(u^ , v^, w^) costituita appunto dalle funzioni che, soddisfacendo
alla (5), rendono minima — j TTc^iS. Stabilita cosi resistenza di queste
particolari soluzioni, consideriamo, fra le infinite funzioni soddisfa-
centi alla (5), quelle che soddisfano anche alla condizione
I
{uu^ + vVi, + w?t^ J pdS = , (8)
e fra esse determiniamo quelle che rendono minima — f TOiS. Per
tali funzioni, qualunque siano le variazioni bu,bv,bto, e per con-
venienti valori di X e X^, si deve avere
ÌTO5-+- \i(iU>u + vbv+wbw)paS+\S{ufiu + v^bv-^w^bw)pdS=0. (9)
CB8ÀB0, Teoria delV Elasticità 5
— 66 —
In particolare, per bu=^u^, òv = t?, , òw = w^,
jbUdS + \, = ,
dove
VTT ^TT . ^ , dn ,
òn = -j^ òa + . . . = -^«4 + . . .
D'altra parte la (6), soddisfatta dalle funzioni u^,v^,Wij diventa,
per bu = Uy bv=^Vy bw=^w,
jbTJdS = , dove br\= ^^a+ ... = ^a^ + ...
Dunque X^^^O. Dopo ciò la (9) assume la forma della (6), e però
X dev'essere un numero ft^*, non inferiore a h^, poiché le nuove
funzioni u^,v^,w^^ soddisfacenti alle (2') per ft := ft^ , sono obbli-
gate a verificare la relazione (8), oltre la (5). In modo analc^o si
perviene a determinare le funzioni W3, t^g, w?,, per le quali — J T\dS
raggiunge un valore ^^zt minimo fra tutti quelli che può assu-
mere per funzioni u,v,Wy soddisfacenti alle condizioni (5), (8),
ed alla nuova condizione
I {uu^ + vv^ + ww^ pdS =
È ovvio che ftg* non è inferiore a k^^ ; ecc.
10. Ottenuti cosi i numeri h^^ = /i,' = ftg* = • • • » bisogna dimo-
strare che essi sono realmente tutti fra loro diversi, e per questo
cominceremo dal togliere il dubbio che essi «possano essere tutti
nulli. Se ciò avvenisse, la (7) darebbe JTO5 = 0, e le funzioni
u^yV^y w^ avrebbero necessariamente la forma caratteristica degli
spostamenti rigidi. Altrettanto si avrebbe per le successive terne
di funzioni ; ma la settima terna si esprimerebbe linearmente nelle
prime sei, e noi ora dimostreremo che ciò non può accadere, perchè
— 67 —
gli infiniti spostamenti (u» , Vi , w,) sono linearrmnte indipendenti
fra loro. Infatti, se si avesse
n-l
n -l
n -1
w.
= 2j^»^* ' ^'«=V^i'«^*t » it?„=Vxii^% ,
con X^ , X, , X3 , . . . costanti, si avrebbe anche
n — l
J'(w,* + r,* + IO.') piS=Y/iKin = ,
i
ed invece, essendo le funzioni UnyVny Wn fra quelle che soddisfano
alla (5), il primo membro è uguale all'unità.
Vm. APPLICAZIONE ALLA SFERA.
1. Le considerazioni svolte nei precedenti capitoli ci mettono in
grado di risolvere completamente il problema generale proposto in
principio del quarto capitolo, purché si sappiano integrare certe
equazioni differenziali. In seguito ci occuperemo dei mezzi di facili-
tare di effettuare tale integrazione in generale; ma in certi casi
speciali la semplicità stessa dei dati fa intuire la forma da attribuire
agli spostamenti perchè siano soddisfatte le equazioni dellequilibrio
o del moto. Prenderemo ad esempio la sfera, col solo scopo di fare
un'applicazione immediata dei risultati precedentemente ottenuti.
2. Equilibrio. Si consideri un involucro sferico, omogeneo ed
isotropo, sottoposto internamente ad una
pressione Pq per unità di superficie, ed
esternamente ad una pressione p^. Sia r^
il raggio interno, r^ il raggio esterno. Se
le pressioni sono uniformemente distribuite,
SI capisce che lo spostamento alla distanza
— 68 —
r dal centro deve dipendere dalla sola r e non può aver luogo
che nella direzione stessa del raggio, dimodoché, chiamato € Tal-
lungamente unitario, sia w = ca? , f ^= ey , t«? = e;3r , e conseguen*
temente
di* , (f€ òr , re* d€ di« de òr xy à/^
— _>e-t-^^^— €+y^ , __a?^j^ — — ^, ecc.
Quindi
e = 36 + r| . %=%=%^=.Q,
e le equazioni indefinite diventano
de _ ^ __ de _ ^
da; dy òz
Dunque 6 è una costante, che chiameremo 3X. Da
si deduce, integrando,
€ = X + -^ . (1)
Ora si tratta di determinare le costanti X e ^. La prima equazione
ai limiti, relativa ad una qualunque delle due superficie sferiche^
diventa, a prescindere dagli indici ed 1 che distinguono le dette
superficie Tuna dairaltra,
cioè, osservando che per n bisogna mettere r o — r,
Ne segue, dividendo per — e adoperando la (1),
— 69 —
Allo stesso risultato si perviene mediante le altre due condizioni
ai limiti. Si hanno cosi le equazioni
dalle quali si deduce
^~ {SA — 4B) (r j« — To') ' ^ — 4B (r,» — rj^) ' ^^^
Sostituendo in (1) si ha il mezzo di conoscere la deformazione in
ciascun punto, le variazioni dello spessore, del volume, ecc. Per
esempio Taumento totale di volume è
3. Nel caso d'una sfera piena o d'un mezzo indefinito, provvisto
d'una cavità sferica, non si ha più che
una superficie sola da considerare, e quin- j^^^^^^ r^m i^
di una sola equazione per determinare X
e jLi; ma in tal caso si provvede subito
alla determinazione d'una costante osser-
vando che lo spostamento er deve serbarsi finito, e però deve
essere jli = nel primo caso, \ = nel secondo. Si osservi che le
formolo (2) sussistono anche in questi casi estremi, giacché danno,
per ro = ,
e per r^ infinito, supponendo inoltre p^z=Oy
x=o , ^=^.
Si noti che le penultime formolo convengono ugualmente al caso
d'un involucro sferico qualunque, sottoposto a pressioni opposte ed
uguali per unità di superficie.
— 70 —
4. Pressioni e tensioni. Per qualunque corpo isotropo si ha
-p„ = iA-2B^Q + 2Bf, , -p^=b{^ + ^).
Nel caso attuale queste formolo diventano
-p„ = \(3A - AB) + 2m5^^^±^^F^' , ecc. ,
Se facciamo passare Tasse delle z nel punto intorno al quale vo-
gliamo studiare la distribuzione delle azioni interne, le ultime for-
molo danno, facendovi a? = j/ = 0, z = r,
^, = ^^ = -\{3A^4B)--^^ , ^3 = «X(3A--45) + i^.
In particolare, per jli = 0, si ha v^ = v^ = v^=lp^, e l'ellissoide
di elasticità^ in ogni punto, diventa una sfera. Dunque in una sfera
piena, sottoposta ad una pressione uniforme, si può dire che questa
pressione si trasmette normalmente a tutti gli elementi superficiali
interni, con eguale intensità, come nei fluidi. Invece, se si fa \ = 0,
si ha
^1 — «-2 — — 2 ''3 ""■ ^ T \ r j
e Tellissoide di elasticità è di rotazione intorno al raggio. Dunque
in un mezzo indefinito, omogeneo ed isotropo, provvisto d una ca-
vità sferica, ogni pressione uniformemente distribuita sulle pareti
della cavità si trasmette sugli elementi superficiali, perpendicolari
ai raggi, con una intensità che si va affievolendo in ragione inversa
del cubo della distanza al centro della cavità, e provoca tensioni
in tutti gli elementi che contengono il raggio. In altri termini, se
-vi-
ci figuriamo il mezzo suddiviso in sottilissimi strati sferici, concen-
trici alla cavità, possiamo dire che ogni strato, mentre tende a
lacerarsi^ con eguale, intensità, secondo tutti i suoi circoli massimi,
subisce anche, nel suo spessore, uno schiacciamento due volte più
intenso.
5. Vibrazioni. Per lo studio delle vibrazioni ci limiteremo a
considerare il caso d*una sfera piena, di raggio a. Si ha sempre
u = ax), t? = €|/, w = ez; ma e è funzione di r e di t Quindi
^ or i 2 3 '
e le equazioni indefinite diventano
La prima equazione si può anche scrivere
o^Ì!i-.^Ìl^ cioè D-^-^i^
e le altre conducono allo stesso risultato :
Inoltre sulla sfera di raggio a si deve avere
cioè
ovvero, dividendo per — e riducendo,
T
4r-^ + (3^-4B)6 = 0. (4)
Si tratta di integrare l'equazione (3), in modo che, per r = a , sia
soddisfatta l'equazione (4).
6, Per trovare una soluzione particolare di (3) poniamo
€ = a[\cos(ftO + Msen(AO] ' (5)
con Si ftinzione della sola r, e k costante. Sostituendo in (3) e (4).
e ponendo, per semplicità, pft* — Ah*, si trova fiicilmente che gi
deve soddisfare all'equazione
(8)
in modo che, per r=^a, si abbia
^r^ 4- (3^ — 4B) SI = . (7)
L'integrazione della (6) è fondata sulle proprietà delle trascenderUi
di Besset, che non differiscono sostanzialmente dalle funzioni
^■^'-^ 2(f.+ l)^2.4(« + l)(« + a) 2.4.6{« + l)(«-|-3)(»+5J^
Derivando due volte questa ^uaglìanza si osserva a^volmente la
relazione
Kioc) + ~ f:{x) + F.{x) =0. (8)
Ciò premesso, prendiamo ^ = /"F,(Ar), L'equazione (6) diventa
K^hr) 4- ^:^ Flihr) + ( 1 + ^^^^ ) F.{hr) = ,
e questa non può coincidere con (8) se non è
v(v+3) = , M = 2v + 4.
Dunque dev'essere v=:0, n = 4, o v = — 3, n = — 2, e però
si hanno le due seguenti soluzioni particolari dell'equazione (6) :
§i = F^{hr) , ^ = r-^F^t{nr).
-73-
E poiché la detta equazione è lineare e del secondo ordine, la so-
luzione generale è
^ = aF,(hr) + ^ F^t{hr) . (9)
Intanto la funzione §ir deve serbarsi finita. È dunque necessario
che sia a = nel caso d'un mezzo indefinito, munito d'una cavità
sferica, e ^ = nel caso d'una sfera piena. Limitandoci a quest'ul-
timo caso noi non terremo conto, nell'espressione (9), che del primo
termine, ometteremo l'indice 4, oramai inutile, e, preso a = l,
scriveremo :
a = Finr) == 1 +^f , . , . ... .^^.^|y:.(,, ^ 3) . (10)
7. Posto ha = x, si porti l'ultimo risultato nell'equazione (7). Si
ottiene
AxF\x) + (3.4 —4B)F{a)) = 0,
cioè adoperando lo sviluppo (10),
(3A-4B) g-^a;* + ^^^^-^^*-2-j;^^-^
È questa l'equazione trascendente, le cui radici, tutte reali, forni-
scono i valori h^yh^,h^,...Aì h. Sostituendo un determinato hi nel-
Tespressione (5) si ottiene una particolare soluzione, e combinando
linearmente le soluzioni corrispondenti agli infiniti valori dell'indice
i si trova
taOO
€ = V [Xicos(fti0 -f |i,sen(ftiO] F(hir) . (11)
Ed ora ci resta soltanto da determinare le costanti X^ , X^ , . . . ,
fi^ , Ili, , . . . fissando le condizioni iniziali del moto. Suppongasi che,
all'origine del tempo, un punto qualunque, situato, nel caso del-
— 74 —
Tequilibrio, alla distanza r dal centro, si trovi spostato di q>(r),
ed animato dalla velocità i|i(r), dimodoché per ^ = debba essere
cioè, utilizzando (11),
r
2x,F(;i,r) , ^ = ^ft,^,F(/Ì,r). (12)
Osserviamo che le funzioni Ui del penultimo capitolo sono qui rap-
presentate dalle vFiJiiT), e però, riferendoci a quanto si è dimo-
strato nel detto capitolo, possiamo scrivere, per i'^j^
<
F(hir)F(hjr)r^dr = 0.
Ciò premesso, moltiplichiamo le equazioni (12) per F{h^r)r^dr,
ed integriamo fra r = ed r = a. Se si tien conto dell'ultima os-
servazione si vede che tutti i termini dei secondi membri, tranne
i termini n'*"*, vanno a zero, e si ottiene
fV(Anr)<p(r)r»dr [F{Kr)y^{r)f^dr
X — h. u — h.
F^(Kr)r^dr kn F^{Kr)r^àr
Jo Jo
. 8. Osserviamo, per finire, che la funzione F^{x)i considerata nel § 6, si paò,
per tutti i yalori pari di n, esprìmere in forma finita mediante le funzioni
trìgonometrìche. Anzitutto si ha
— ^»=l-2(n + 3) + 2,4(n-H3)(n + 5)""---=='^"+*(^^-
Quando si conosce Fn{x)y la formola precedente permette di calcolare. Fn+2'
Inversamente, se si conosce FnJfiix), si ha
Fn{x)=^\^-^^-—[xFr,^i{x)dx,
— 75 —
Ciò premesso, si Doti che
a;' aj*
F.(a!) = 1 - j-^ + j-g-g-^ - . . . = COS., .
Danqae
F^t{x) = 1 -|- I xcosxdx = a^seno; -f- cosa; .
Invece
^a(^) = --J?'ó(^) = ^ , F4(a;) = --Fj'(a;) = ^ (seno: — Oleosa;).
Ora la forinola (10) diventa '
^ = ^j-| (senAr — i^rcos^) ,
e Tequazione trascendente
AxF\x) + {SA - iB)F(x) = ,
che deve ammettere infinite radici reali e nessuna immaginaria, sì trasforma in
1 , Ax
--coto;»^.
Le radici sono le ascisse dei ponti nei quali la curva y = coto; è incontrata
dall'iperbole
— Jl_ ^^
^"^ X iB'
La rappresentazione grafica ci fa subito scorgere come in ciascun intervallo
(in — IT , tTr) cada una radice ed una sola. A misura che il numero intero i
cresce, la formola
ahi s= tir — r
mA
tende a diventare esatta, ed i periodi delle infinite vibrazioni componenti ten-
dono, per i infinitamente grande, ad assumere la forma -^V-x*
PARTE SECONDA
IX. Il problema di Diricblet Pag* 77
X. Alcune proprietà delle deformazioni elastiche . ...» 88
XI. L'equazione canonica dei piccoli moti t 93
XII. Calcolo della dilatazione e della rotazione . . . » 100
XIII. Integrazione delle equazioni per requilibrio dei corpi elastici isotropi » 109
XIV. Applicazione ai suoli elastici isotropi > 115
XV. Deformazioni termiche » 128
XVI. Il problema di Saint-Venant » 136
XVII. Applicazione ai problemi della pratica > 147
IX. IL PROBLEMA DI DIRIGHLET
1. Teorema I Se una funzione V, finita, continua ed uni-
forme in tutto lo spazio S, nel quale soddisfa all'equazione
A*U = (p, prende in superficie valori prescritti, essa è piena-
mente determinata.
In altri termini, ogni soluzione (7' dell'equazione differenziale
considerata non può avere tutte le proprietà accennate, senza coin-
cidere con U. Si consideri infatti la funzione V^U — U', che in
superficie prende valori nulli, e che in tutto S ha il parametro
differenziai secondo uguale a zero. Si ha
cioè
jAK..=-5^rr|ig*-xrK0^
= ^jV^ds—Jv£i*VdS.
L'ultimo integrale è nullo perchè A*F = in ogni punto di S; il
penultimo è nullo perchè F = in ogni punto di s. Dunque
e siccome AV, somma di quadrati, non ha valori negativi, è ne-
cessariamente* A 7=0 in ogni punto di S, e però
— 78 —
Dunque V è costante, e siccome in superficie ha il valore zero,
bisogna che conservi questo valore in tutto S, cioè U = U\
2. psserwazloiii i a) Si dà il nome di problema di Dirichlet (*)
alla determinazione della funzione U, soddisfacente a tutte le con-
dizioni imposte dall'enunciato del precedente teorema. Non si è
finora potuto dimostrare con rigore che una tal funzione esista
sempre, e si può soltanto asserire che, se ne esiste una, non può
esisterne un'altra, diversa dalla prima. Bisogna tuttavia osservare
che ciò non sarebbe più vero quando si venisse a togliere una di
quelle condizioni. Presto vedremo, per esempio, che la funzione,
se non è obbligata ad essere finita, cessa di essere unica ;
Ì)J La funzione U, soddisfacente alle suddette condizioni, è, fra
tutte 1^3 funzioni che assumono in superficie gli stessi valori, quella
che rende minimo l'integrale (A 27^*5. Infatti, quando ad C/' si altri-
buiscono variazioni arbitrarie, si ha
e poiché in 'superficie è hU = Oy si deve avere, perchè it^UdS
sia un minimo,
per qualunque sistema di variazioni, e conseguentemente A*£/^=0
in ogni punto di -S. Questa osservazione basterebbe per dimostrare
l'esistenza della funzione U in qualsiasi spazio, se si potesse (c/r.VIl, 9)
ammettere l'esistenza del minimo considerato. Disgraziatamente si
sa dimostrare soltanto che l'integrale iù^UdSy essenzialmente po-
(*) Su questo problema celebre le opere più recenti da consultare sono : Pica.bd, « Traile
d'Analyse » (Paris, Gauthier-Vìllars, 1891, 1. 1, p. 141); Dubism, « Legons sur lélectrieitè
et le magnétisme » (Pari;), Gauthier-Villars, 1891, 1. 1, p. 159). A quest'ultima fonte si pos-
sono attingere indicazioni preziose sulla storia del problema e delie interessanti ed acute
ricerche, non ancora chiuse, alle quali esso ha dato luogo.
— 79 —
sitivo, ha un limite inferiore, ma non che questo limite debba es-
sere raggiunto necessariamente.
cj Se, in superficie, invece dei valori della funzione, si danno
quelli della sua prima derivata rispetto alla normale, il teorema
dV
precedente sussiste, perchè -^ sarà uguale a zero su tutta la su-
perficie ;
dj 11 medesimo teorema si applica più generalmente all'equa-
zione difierenziale
ò*U
2; a.
^•^ ÒXiòXj
= q>
purché la forma quadratica '
ÒUòU
S^
*^ ÒXi ÒXf
sia essenzialmente positiva.
3. Teorema di Green. Date due funzioni U e V, finite, con
tinue ed uniformi in tutto S, si consideri l'integrale
^J J òx \ dx òx I
Esso si trasforma nell'integrale di superficie
j^J \ òx òx I dn J \ dn dn }
È proprio nell'eguaglianza
che consiste il teorema di Green,
— 80 —
4. Ora, per ottenere quella soluzione di A'f7^(p, che assume
in superficie un dato sistema di valori, si applichi il teorema di
Green alla funzione f^ ed a F = - . Con r rappresentiamo la di-
stanza del punto variabile, in cui si calcola Y, al punto fisso, ma
del resto arbitrario, nel quale si vuole cal-
[ colare U. Affinchè il teorema di Green sia
' applicabile è necessario escludere quest'ul-
timo punto, perchè in esso la f\]nz)one V di-
venta infinita. Ciò fkremo tracciando una
sfera di raggio infinitesimo R, col centro nel
punto considerato. Nel rimanente spazio S — £„ si può scrivere
cioè
Vediamo a quali limiti tendono gli int^rali del secondo membro
quando la sfera tende a svanire. Chiamando ^ un conveniente valor
medio della funzione p, in tutto Sa, e m' liq valor medio di -i-su
tutta So> ^ ^B
5 'a
Questi due integrali hanno dunque per limite zero. Invece si ha,
chiamando fi un valor medio fra quelli che U assume sulla super-
ficie Sf,
f 'i l'i !d.
— si-
ili forza delle proprietà che si suppongono nella funzione U, \x esiste
e tende al valore particolare U che la funzione stessa ha nel punto
considerato. Dunque, al limite, la (1) dà
^__ J_ f/^^^_J^^Ì^ 1 f<pd^ .g.
4iT J \ dn r dnj 4ir J r ' ^ ^
Questa formola contiene qualche cosa di troppo, perchè fa cono-
scere U quando sian dati in superficie i suoi valori e quelli della
sua prima derivata rispetto alla normale, mentre si è visto che
basta prescrivere gli uni o gli altri valori affinchè U sia piena-
mente determinata. Bisogna dunque cercare di eliminare l'uno o
l'altro sistema di valori.
5. Ad un risultato analogo saremmo pervenuti partendo dall'e-
quazione più generale contemplata nel § 2, e sostituendo alla fun-
zione r* la forma
cioè una forma quadratica delle differenze delle coordinate, reci-
proca della forma considerata.
6. Dicesi funzione di Green e si rappresenta con G una funzione
finita, continua ed uniforme, caratterizzata, fi:*a le infinite funzioni
armon^c^^ (cioè soddisfacenti all'equazione A* = 0, o eqtuizione
^i Laplace) y dalla condizione di prendere in superficie i valori -•
Qui si noti che, se alla funzione non fosse imposto di essere finita,
si potrebbe prendere la stessa - , che soddisfa a tutte le altre con-
dizioni. Quando è nota la funzione di Green per un dato spazio S,
la risoluzione del problema di Dirichlet è sempre possibile in questo
spazio. Infatti si ha, applicando il teorema di Green alle funzioni
I
Cbsàbo, Teoria àtlV elasticità 6
— 82 —
ovvero
o-m'S-0^+é\o'^-
Sommando con (2) si ottiene
E questa la formola che risolve la questione proposta.
7. Esempli! aj Nel caso d*uno spazio infinito^ limitato da un
r , piano, la funzione di Green si ot-
' ^' *^^ tiene evidentemente prendendo la
. /r, / distanza r^ dal punto 0^, simme-
trico del punto dato rispetto al
1/ ]
^f piano. Si ha G = — y ed
^1
Intanto è
^^ ^^ > t
^r, ^r, z-t
dn ÒZ r* '
dn òl r,' '
e però si ha in superficie, cioè per 2 = 0,
^7 da _ 2z
dn dn f^ '
Dunque, se si domanda una funzione che nello spazio considerato
sia finita, continua ed uniforme, abbia il parametro differenziai
secondo espresso dalla funzione qp, e prenda valori prescritti nei
punti del piano limite, si ha, per ogni punto {x ,y , z)^
— 83 —
bj In particolare una funzione armonica, che nel detto spazio
sia finita, continua ed uniforme, è nota mediante la forraola
U
""2irJ r3 '
quando ne sian dati i valori in tutto il piano. Se si osserva che
si può anche scrivere
Questo risultato ci sarà molto utile in seguito.
cj Suppongasi, più generalmente, che sia data l'equazione
A*C/=qp, con qp armonica. Quale sarà il valore di U in un punto
qualunque (x ,y , z)ì Se la stessa U fosse armonica, il suo valore
sarebbe dato dalla (3). È per questo che,
posto vp = — i^J^ , si ha cp^Ij-,
dove i|i, funzione potenziale (*) di superficie, è anch'essa armonica.
Ma si può sempre porre
"'=-h.i-y-?-+'''-
e la funzione IT deve soddisfare alle condizioni
A'C/' = qp , Z/ = (in superficie) ,
le quali sono verificate se si prende per If il valore -^ z\\i, perchè
ip è sempre finita, ed inoltre, per una nota formola,
A«(^Mi)==^/i«M; + i|iV^ + 2-|j = 2q).
(*) Di queste fanzioni si parlerà alla fine del capitolo.
— 84 —
Dunque, in virtù del teorema dimostrato nel § 1 » è necessaria-
mente U'=^z\\fy cioè
J.J __^ J. ò f Udii ^ f q>d8
2ir òi J r 47r J r '
dj Anche per lo spazio chiuso in una sfera la funzione di
Green ha una forma semplicissima. Il punto 0, dal quale si con-
tano le distanze che servono a fissare
in superficie i valori della funzione, sia
alla distanza b dal centro. Se ne prenda
il reciproco 0^ rispetto alla sfera data,
e si consideri in superficie un punto qua-
lunque M. Chiamando a il raggio della sfera, è, per costruzione,
CO . CO^ = a*. Ne segue che i triangoli CMO , CMO^ sono simili ;
quindi r^:r=ia:b. Per conseguenza
G =
a
àrr
perchè questa funzione, evidentemente finita neirinterno della sfera,
è inoltre armonica, continua ed uniforme, ed in superficie assume
i valori
a 1
== — . Ciò premesso, la formola che serve a determi-
nare i valori di ogni altra funzione, che soddisfa alle medesime
condizioni, ma che in superficie prende altri valori, arbitraria-
mente prescritti, diventa nel caso attuale
^=k
I^Mi
.■I-
dE'^ b dR
ds ,
dove R rappresenta la distanza al centro della sfera, dimodoché
r« = /2« + &« — 26i?cose ,
a
r,« = /?«+ ^ — 2 ^ RcosQ .
Ora si ha
B — 6 cose
d^
_^
dB "~
JB — ^cosB
85
ed in superficie, cioè per R = ay
d
a — ftcosG
dB
a d-
a f^
b ~dB
a — r-cosG
6*
òcosO
{?)■
poi
d — n d— a
r I jw Ti a_
Dunque
4110 J
Uds
Questa è la formola cercata. Essa tende a coincidere con quella
ottenuta nel caso del piano, quando a e b crescono all'infinito
mentre la differenza a — 6 si mantiene costantemente uguale a z.
Dalla formola trovata si possono poi dedurre varie interessanti
conseguenze. Per esempio, se &=:0, rè sempre uguale ad a, e
si ottiene per U il valore
4ira>J
Uds.
Dunque il valore che U assume nel centro della sfera è la media
aritmetica degli infiniti valori arbitrariamente prescritti in su-
perficie.
8. Qui è indispensabile un rapido cenno intorno alle funzioni potenziali. In
ogni particella dS d'an determinato spazio, o sopra
ciascun elemento da d'una superficie data, si imma-
gini accumulata una massa pdS o pds, la quale eser-
citi sulVunità di massa, concentrata in un punto 3f,
azioni newtoniane, cioè proporzionali alle masse ed in-
versamente proporzionali ai quadrati delle distanze.
Presa come unità la repulsione esercitata dalFunìtà
di massa, all'unità di distanza, l'attrazione della par-
ticella dS sul punto M h — ^-p, e dall'intero corpo
emana quindi verso M un'attrazione, la cui compo-
nente secondo l'asse delle x è
-f
a? — 5 pi5
r'
=f
òx oxj r
— 86 —
se con x^y^z si rappresentano le coordinate del punto 3f, e con ^,y\yt le va-
riabili d'integrazione. Àdnnqne le deri?ate parziali prime delle fanzioni
F=(^
-i
p<to
r
rappresentano le componenti delFattrazione subita dal punto 3f, e proveniente
dalla massa accumulata in i8^ o distribuita su 8. Alle funzioni stesse si dà il
nome di funtioni potenziali di spazio o di superficie (*). Queste fanzioni sono
armoniche, tranne la prima nello spazio occupato dalle masse attive. Infatti,
fintantoché M è fuori del detto spazio, si ha
ù}V={ù}^,pdS=0,
1
perchè A' — = in ogni punto di S-, ma, se itf è dentro 5, non è lecito asse-
r
rire ciò, perchè — diventa infinita sotto il segno d'integrazione. Per questo caso
T
occorre, innanzi tutto, dimostrare una importante formola, che include come caso
limite la formola (9) del oop. I.
9. Sia U una funzione finita, continua ed uniforme in un determinato spazio S.
j Assunto, fuori di S^ un polo i(f , sia r il raggio
s
vettore, e si consideri l'integrale
CdUdS
j dr r* '
Alla superficie s, che limita S, si circoscriva dal
vertice M un cono, che determina sulla s due re-
gioni, 8q ed 8|. Distinguiamo con indici ed 1 tutto
ciò che riguarda Tuna o l'altra regione. Poi con-
duciamo dal vertice M un cono di apertura infini-
tesima dOf il quale stacca sulle due regioni gli elementi dsQ e ds^. L'integrale
considerato si può scrivere così:
ff^(irrfa = {da (^dr= [(CTi— f7o)^cJ= f ^^o — [cT^j.
«1
E siccome si ha, evidentemente,
fg* da =■ dSQ cos (no , r^) , fj' da=^ — ds^ . cos (wj , r j) ,
(*) Per io stadio di qneste e di altre funsioni poteosiali vodi la « Teorica delle forze
newtoniane » di Betti od il « Traile d^Analyse » di Picard.
— 87 —
si può àncke dare airintegrale la forma seguente :
rfi
I Ucos{n,r) -5 — 1 ?7cos(n, r)-, =— Ucos{n,r) -y = I U-^ds
Si $0 s
Dunque
si-
Se poi ilf è interno ad S (ed è questo il caso che ci interessa) si ha subito,
rappresentando con Uq il valore di U nel punto iff ,
{{^drda=^{da{^dr=={{U---Uo)da:==[uda--4nUo,
cioè
] dr r^ J
di
U-^d8^4nU,. (4)
Qui sì osservi che da questa formola si potrebbe anche dedurre la (2), adoperando
la formola (9) del primo capitolo, la quale è applicabile anche quando la fun-
zione sottoposta al segno di integrazione diventa infinita come — . Pertanto è
lecito scrivere
Sostituendo in (4) si ottiene la (2).
10. Ora prendiamo la funzione potenziale
J r
calcolata in un punto {x, y, e) interno ad S^ ed osserviamo che si ha, succes-
sivamente,
— 88 -
poi
e finalmente, applicando (4), si ottiene la formala di Poisaon :
Segue da ciò che, data l'equazione di£ferenziale Ù.^U=scp, se ne ha sabito nna
soluzione prendendo per U una funzione potenziale di spazio, e supponendo la
densità uguale a — j— . In altri termini, una soluzione dell'equazione prece-
dente è
*" JJJ I/(«-E)*+(y-n)*+(*-z)'
Ne segue che Tintegrazione della predetta equazione si può sempre ridurre alla
determinazione d*una funzione armonica, che prenda in superficie valori prescritti,
perchè, posto U=s V-^- U', è chiaro che Z7' è una funzione armonica, i cui va-
lori in superficie sono gli eccessi dei valori dati di U sui valori noti di F.
X. ALCUNE PROPRIETÀ
DELLE DEFORMAZIONI ELASTICHE.
1, La deformazione generale cTun corpo elastico si può sempre
scomporre in due deformazioni più semplici, cioè una deform/z-
zione caratterizzata dall'assenza di rotazione, ed una deforma-
zione caratte7*izzata dalTassenza di dilatazione in ciascun punto
del corpo, e tale che questo resta sempre limitato dalla stessa
superficie.
Siano u,v ,w gli spostamenti che definiscono la deformazione
data, e si consideri una funzione q), soddisfacente, con le solite
proprietà, all'equazione
— 89 -
in tutto Sf mentre in superficie la sua derivata rispetto alla nor-
male prende i valori
dq> dx . ày y dz
dn rfn ' à« •" dn'
Queste condizioni non sono incompatibili, perchè la relazione
ji<^=s.f«i*=-i.f£''^=-,r9''^=-j'^-^^
è soddisfatta. Ciò premesso, si può sempre porre
e si vede subito che si ha
f+v+t=<' <-^)
in tutto S, mentre
< + <^< = ^ (3)
in ogni punto della superficie. Le relazioni (2) e (3) dicono preci-
samente che la deformazione definita dagli spostamenti u\ v\ w'
non produce dilatazione in alcun punto del corpo, e che lo sposta-
mento di qualunque punto della superficie si effettua tangenzial-
mente alla superficie stessa. É poi evidente che Taltra deformazione
componente, "definita da spostamenti che ammettono la funzione
potenziale cp, non produce rotazione.
2. La decomposizione indicata dalle (1) è indipendente dal signi-
ficato meccanico di u^v^w: queste possono essere tre funzioni
qualunque, finite, continue ed uniformi. Ora si ponga
1 r^u'dS _ 1 rvdS ^__ 1 rw'dS^
— 90 —
dimodoché, per la formola di Poisson,
Intanto si ha, ripetendo una trasformazione eseguita nel § 10 del
capitolo precedente,
da; 4ir J òl 4ii J òH r iir J r òE
cioè
dcr__ j_^ C!i^d L CI. ^^' as
Tx iti J r dn in j r "Sì
Dunque, tenendo presenti (2) e (3),
òx "^ òy òz
Ne segue
òy' ' òz^ òxòy òxòe dy\dy da?/ ' òe\òz òx )'
E però, se poniamo
òy òz'^~òz òx ' ^'^òx òy ' ^"^^
possiamo scrivere
òx òy òz '
ÒB,Ò^_ÒP
^'~ òx^ òy òz ' ^^^
òx"^ òy òz '
3. In altri termini, date tre funzioni w , i?, le?, dotate delle solite
proprietà, se ne possono trovare altre quattro cp, P, Q, R, tali da
poter mettere sotto la forma (5) le tre funzioni date. Inoltre si noti
che dalle stesse (5), dopo aver osservato che, in virtù delle (4), è
òx ' òy òz '
— 91 —
si deduce agevolmente
dy dir ' ^ òs òx * òx òy
In particolare, se u,v,w sono le componenti d'uno spostamento
in una deformazione qualunque, le funzioni cp, P, Q, 22 son quelle
che forniscono, mediante il loro parametro differenziai secondo, i
valori della dilatazione cubica e delle doppie componenti della ro-
tazione della particella.
4. Ora la decomposizione (5) si applichi invece alle forze di inassa.
Vuol dire che esistono quattro funzioni <t>, F, O, H, tali che si può
scrivere
òx òy àe '
òx òy àe '
Cosi ogni sistema di forze (Z, F, Z) si può decomporre in altri due.
Le forze del primo sistema componente ammettono la funzione po-
tenziale 0: esse sono dette da Betti forze di dilatazione senza
rotazione. Sono invece forze di rotazione senza dilatazione {*) le
forze del secondo sistema, che hanno le componenti
ÒG OH OH ÒF ÒF ÒG
òe òy * òx òz * dy òx
5. // problema dell'equilibrio elastico d'un corpo isotropo è
sempre riducibile al caso in cui le forze adiscono soltanto in
superficie.
(*) Queste denominaEÌoni soao giastiflcate da Betti nella sua « Teoria », p. 29.
. ^ ■• " ^
— 92 —
Le equazioni indefinite
diventano, in virtù delle (6),
Queste sono soddisfatte quando si prendono uguali a zero le fun-
zioni + ^0, F + ^Ci, ecc., cioè quando si pone
ct>+^A«(p=:0, F-{-Bòk^P=0, (?4-^A«Qi=0, H^BÙi^R=0.
La teoria delle funzioni potenziali fornisce le seguenti soluzioni
particolari :
1 r <t>dS
^ """ 4irB J r ' ^ "" 4irB J r ' ^ ^ 4irB J r '
Si ottengono cosi gli spostamenti
4TrJl òxj r ' 4TrB \ dzj r òyJ r }
i quali soddisfano alle stesse equazioni indefinite, cui debbono sod-
disfare gli spostamenti incogniti u, v, w. Posto
la questione è ora ridotta alla determinazione degli spostamenti
residui w'^ v", w'\ i quali soddisfano alle equazioni
(^A — B)^-\-B^^u":=^0, ecc.
■ *• ,
- *■
- 93 —
come si voleva dimostrare, ed inoltre assumono in superficie i va-
lori di u — u', V — v\ w — «</, quando sian conosciuti i valori di
Uy VyW in ogni punto della superficie. Se invece sono date le forze
Lj M, N, gli spostamenti w", 15", w'^ debbono soddisfare in super-
ficie alle solite equazioni ai limiti, supponendo che le forze esterne
siano L — L\ M—JHt, N—N'.
XI. L^EQUAZIONE CANONICA
DEI PICCOLI MOTI.
1. Riprendiamo (VII, 1 ; IV, 5) le equazioni del moto, in assenza
dì forze di massa, sotto la forma
= A^ + BÌ^-.^], ecc.
d^* '^ òx ' ^ \ òz t^y
D'ora innanzi poniamo, per brevità, ^=.pa', 5 = p&*, ed impie-
ghiamo i seguenti simboli operatorii :
« ~" di* a ^ , -i/ft — ^^ u LI .
Le equazioni del moto diventano
òt^ ""^ òx ~^^ \ òz òy
òz
di* ~ 02/ ^ \"dS"
d'U7 , 00
Derivandole rispetto ad a?,y,2r, poi sommando i risultati, si ottiene
6j)^0=O. Derivando invece la seconda equazione rispetto a z, la
— 94 —
terza rispetto ad y, e sottraendo, si trova 9)é^i = 0, ed analoga-
mente 9)6^t=0, 3)6^3 = 0. Dunque la dilatazione e le compo-
nenti della rotazione soddisfano ad un'equazione differenziale
g)=o.
2. Rappresentato con /ò il valore di qualunque funzione f{x,y,z,t\
per t = t^, conveniamo di rappresentare con ^ il valore di -^
per t = t^. Successivamente si ha
ponendo
r=fo+(t-t,)^.
Ora, se integriamo (*) due volte rispetto al tempo, fra i limiti Ìq
e tt le equazioni del moto, e se poniamo
<p'=a* rf/ Odt , P' = &* dt X^dt , Q' = &M ^M ^^rf^
ecc.,
Otteniamo
òx "^ djff dy '
« d<p' I ÒR' dP' /jx
òjp "■ dy da? *
Ciò premesso, immaginiamo che si applichi alle due terne di fun-
zioni Wo , t?o , t^o ^ "s^ > ~^ » "^ i^ teorema dimostrato nel cap. X
(*) Procedimeato indicato da Somioliama {Rendie. deWAtc. dei Lincei, passim).
— 95 —
(§ 2, 3). È chiaro che si otterranno quattro funzioni qp", P'\ Q\ /?",
lineari rispetto al tempo, e tali che si potrà scrivere
A/M I A iw
da? ^ òe òy '
dy 'do? òe '
òz "^ dy da; '
w*
essendo
Ora, se si pone
le (1) diventano
òx "^ òz dy '
^ "~ òy ^ òa; ~ d^ ' '"^^
d<p , dP ÒC
to = — -^ -I — — —
^ òz^ òy da? '
ed è facile dimostrare che le funzioni q>, P, Q, R soddisfano tutte
ad equazioni differenziali della forma §) = 0. Infatti si ha, tenendo
presenti le osservazioni del precedente paragrafo,
g)^(p'= ^_a«A*(p'= a'^e^a* ìdt j A^Grf^
a'f«(
h <„
= a*6'-\-a* dt S).ed< = a«0",
a
ed analogamente
a),P' = &«^* , %&=ì)^%l , 3),i?'=&«^*.
— 96 —
Poi
e
Finalmente
3),q> = , 3),P = , 3),Q = , g),/? = 0. (3)
Dunque alle vibrazioni d'un corpo elastico isotropo si può sempre
dare la forma (2), supponendo le funzioni qp, P, Q, /? soggette alle
condizioni (3). È questo un importante teorema di Clebsch (*).
3. Questo teorema mostra che» se si prescinde dalle forze di
massa, qualunque moto vibratorio, in un corpo isotropo, è decom-
ponibile fn due moti particolari, uno caratterizzato dalla varia-
zione di volume delle particelle, e dipendente dalla sola costante A,
e Faltro (moto vorticoso) caratterizzato invece dalla rotazione delle
particelle, e dipendente dalla sola costante B. Nel primo non si ha
rotazione, e le vibrazioni ammettono una funzione potenziale q), il
cui parametro differenziai secondo fornisce ad ogni istante ed in
ogni punto il valore della dilatazione cubica unitaria. Nel secondo
moto, privo di dilatazione, le vibrazioni hanno la forma
ÒQ_ÒB àB_dP àP_ÒQ
òe by * òx òe ^ òy òx '
e A'P, A*Q, Ù}R sono appunto le doppie componenti della rota-
zione. Le vibrazioni nel primo moto soddisfano airequazione diffe-
renziale S)« = 0, nel secondo a 3)ft==0. Dunque l'integrazione
delle equazioni del moto elastico, nei corpi isotropi, è sempre ri-
ducibile a quella dell'unica equazione 3) = 0, che si chiama
Yeqiuizione canonica dei piccoli m^oti.
(*) Vedi il « Cour9 de phytique mathématique » di P. Dohbm (t. Il, p. 267).
— 97 —
4. Sia dunque da integrare (")
-^-aWr = 0. (4)
Dal punto ix^y^ z) come centro descriviamo la sfera di raggio
r=:at, e consideriamo Tintegrale
r = ijF(E,Ti,C)^, (5)
esteso alla superficie di tale sfera. Vogliamo dimostrare che questo
è un integrale deirequazione (4). Prima calcoliamo A'F. Far va-
riare la sola 00 significa spostare rigidamente la sfera di doo secondo
Tasse delle x. Allora F varia dì j--dXy e conseguentemente V
1 f òF
varia di -\-^dxds. Dunque
Analogamente
Quindi
òcc rj òl
Ò*V 1 rò^F
òx
V 1 fd'-F ,
A^r=lJ
t>?F.ds.
d'F ^, . „, d«F
Ora calcoliamo -^ , cioè a* -g^ (poiché r = aQ. Chiamando óa
l'apertura del cono infinitesimo, che dal centro della sfera projetta
l'elemento ^, si ha V=r^Fda; poi
^=2|J,*,+ .^/™ = iA(^/f*r).
d
òr»
Intanto è noto, pel teorema di Green, che
fA^Fas=-j'^as=r^J^do.
{•) Vedi la « JMorie mfUhématique de la lumière » di H. Poimcabé (p. 88).
CflslBO, Teoria deWelaaticità ^
— 98 —
estendendo la prima integrazione a tutto lo spazio racchiuso nella
sfera s. Dunque
d«F 1 d
òr*
=llj\*F.as.
Ora è chiaro che, quando varia la sola r, non si sposta il centro
della sfera, ma solo avviene che questa si dilata intomo al centro,
ed il suo raggio diventa r-^-dr. La variazione che subisce J£k*FdS
è rappresentata da questo stesso integrale, esteso allo spazio com-
preso tra le superficie sferiche dai rag^i r ed r^-^. Essa è dunque
Ne segue
È dunque soddisfatta Tequazione (4).
5. Che la formola (5) non fornisca Tintegrale generale della (4)
risulta subito dal fatto che essa racchiude una sóla funzione ar-
bitraria, invece di due ; ma si trova immediatamente un altro inte-
grale particolare, osservando che, se V soddisfo alla (4), altrettanto
si può dire di -r-. L'integrale generale è dunque
Le funzioni arbitrarie F e 6 si determinano mediante le condizioni
iniziali, cioè prescrivendo i valori V^ e -^ che ^ ^ -^ assu-
mono per ^=.0: siano
Per vedere a quali condizioni iniziali corrisponde il primo integrale
particolare trovato, osserviamo che, per questo integrale, si ha
F— rj^cky , ^-^=ifFda'^\jò}F.dS , ^ = rjùi^F.da.
— 99 —
Dunque, per < = (e conseguentemente r = 0), osservando che
rint^rale
ha per limite zero, mentre ^Fda tende a F{x,y,z)^da, si ha
Ne segue subito che per l'altro integrale particolare [cioè -y]
si ha invece. F=4nG, -t- = 0. Dunque, per l'integrale generale,
V^ = 4nO(x,y,z) , -^ = 4naF(x,y,z) ,
e però bisogna prendere ^^=-7 — > ^ = t~' L'integrale generale,
al quale si può dare la forma
diventa finalmente
Questo risultato si deve a Poisson {*)
6. Supponiamo che V rappresenti una vibrazione, e conseguen-
dV
temente -^ una velocità. Se all'origine del tempo vibrano soltanto
i punti contenuti in una particella infinitesima, presa intorno al
punto (a?o, Voj ^o)> ^ì^ vuol dire che le funzioni e Y hanno il
(*) DuHisu, loc. cit.f 1. 1, p. 167. Suirequ&zione diffarenziale (4) gi hanno importanti ri-
cerche di KiBCHHOFF nei « Sitztmgsberichte » di Berlino (1882). Vedi anche una Memoria
« sulla propagasione delle onde in un mezzo isotropo » di Q. A. Màgoi {Annali di Mate-
mafi'ea, t. XVI, p. 21) ed una del prof. Bbltbami « sai principio di KìiygeoB » {Rendiconti
d0W Istituto lombardo, 1889).
. j '> - j
.j - - ^
- 100 —
valore in ogni punto dello spazio, tranne che in punti le cui
coordinate differiscono infinitamente poco da ^o>2/o'^o* ^ ^^^
ipotesi la formola (6) fornisce, in generale, un valore nullo di F,
tranne che nei punti (x,y,z) per i quali le differenze l — cc^r
x] — i/q, i — Zq sono simultaneamente infinitesime. E siccome
{x-iy + iV-vìf + (z-ir
è il quadrato di r = atj ì detti punti appartengono alla sfera
{ce - x,Y + (2/ - Vo)' + (^ - ^,? = a't^ >
le sono infinitamente vicini. In altri termini, se una perturbazione
soddisfacente airequazione canonica dei piccoli moti emana da un
punto, essa si trova, alla fine del tempo ty comunicata ai soli punti
che distano di ai dal punto di partenza, e però si può dire che a
è la velocità di propagazione della perturbazione considerata. Ora,
riferendoci a quanto si è detto nel § 3 , vediamo che ogni pet^tur*-
ì>azione elastica, provocata in un punto d'un mezzo isotropo, si
scinde in due particolari perturbazioni, una priva di rotazione,
che si propaga con la velocità a = y — , mentre l'altra, puror-
mente vorticosa, si propaga con la velocità b=t/— .
XII. CALCOLO DELLA DILATAZIONE
E DELLA^ ROTAZIONE.
1. La più notevole applicazione del teorema {cap. V) di Betti
consiste nella determinazione del coefficiente di dilatazione cubica
e delle doppie componenti della rotazione della particella in ogni
punto d'un mezzo elastico, omogeneo ed isotropo. Si prenda
w' = l , i?' = , w?'=:0 , (1)
ta -- k
^ 101 —
rappresentando con r la distanza del punto (E, rii Q che subisce
gli spostamenti u\ vf, w\ ad un punto fisso 0, di coordinate x^ y, z,
preso ad arbitrio neirinterno del corpo. Siccome in questo punto
la funzione u* diventa infinita, il teorema di Betti non è applica-
bile nello spazio i9; ma se dal centro si descrive una sfera ar-
bitrariamente piccola, escludendo cosi da S lo spazio iS^o racchiuso
nella sfera, il teorema di Betti è applicabile nel rimanente spazio
^ — 'S^oj perchè in questo u' si serba finita, continua ed uniforme.
E siccome lo spazio S — «So è limitato dalie superficie ^ ed ^9, si ha
J {Xu' + Yv* + Zw')dS-\-[ {Lv! + Mv' + iVu?') ds
= f {X'u + Y'v + Z'w)dS+{ {Vu + M'v + N'w) ds (2)
S-So *+»o
X\ Y\ Z\ L\ M\ iV' si calcolano mediante le equazioni dell'equi-
librio. A questo scopo si noti anzitutto che, neiripotesi(l), si ha
e'=#. \'=o, v=#' ^;=-4'
e però dalle equazioni indefinite risulta, osservando che in ogni
X
punto, tranne che in 0, è A* — = 0,
d*7 Ò'I 0*7
mentre le equazioni ai limiti danno
r
ÒE dn dS dn dn
.V.=-(.-.B).yi|-B#|.
— 102 —
2. Ciò premesso si ha, nello spazio S — Sq, integrando per partì.
d'
+ (A-B)je^dS;
poi, trasformando il primo integrale in integrale di superficie.
{iX'u+rv + Z'u})dS
^1 . » ^
= iA-B)l(u^+v^+u>^)^asMA-B)le^as. (3)
Similmente, sulla superficie s.
^(L'u+M'v+N'w)ds=-iA^2B)^[u^+V^ + w^)^ds
-BJu'-i^-BJlu^ + v^+tc'-I^f^as. (4>
Sulla superficie s^ questa forinola, osservando che
dr ""* H ' òì\ dr'^ r« òn ^r "" r» dr òH ""dr dS ' ^
si riduce a
= -(4-B)f(«| + .| + «|)^*, + BJ!^. (5)
— 103 —
Ora sommando (3) con (4) e (5) si ottiene
f {X'u + rv + Z'w)dS + ^ (Vu + M^v -\-N'w)ds
S-So «+«0
-(.-B)j(«i+.i+.|)^^.-i.|(4+4+4)i
+ U-S)J e^d^-fil u^dS + B
ds
Patta (^i riduzione, si vede che la relazione (2) diventa
/
5— So «+«0
S-So
-«l(4+4+"'^)i*-*/4*+«/'^- <»)
3. Ora si faccia tendere a zero lo spazio S^. Sia da Fapertura
del cono infinitesimo che da projetta il contorno d'una particella
superficiale ^^o • Evidentemente ds^ = r^da , e però, chiamando jii
un conveniente valore, medio fra quelli che u^ funzione finita, as-
sume sulla superficie Sq^ si ha
—r- = uda =zix\da = 47tjì .
Quando la sfera tende ad annullarsi, jii tende al valore che u prende
— 104 —
nel centro 0, perchè si suppone ancora che u sia funzione continua
ed uniforme. Dunque, per Sq evanescente,
-p^ = 4im,
rappresentando semplicemente con u il valore di u nel punto
{x,y, z). Ancora si osservi che, essendo dS^ = r^drda , se /? è il
raggio di S^, si ha
j^' = \{rdrda = 2nR' , j^-^' = {{drda = 4jiR ,
j-^=jrrf<y = 47ri?,
e però questi integrali tendono a zero insieme ad /?, e con essi
tende a zero ogni altro integrale ottenuto moltiplicando le quantità
sottoposte airintegrazione per funzioni che restino finite in tutto il
campo d*integrazione, quali sono per ipotesi X, L , 6 , ecc. Per
conseguenza
lim
i„j?^=0. Hmj^ = 0.
di
limje-5fdSo = -HmJ0|^ = O.
Dunque, finalmente, la formola (6) diventa
+ B
1
e se ne deducono, mediante permutazione circolare, altre due for-
mole analoghe.
— 106 —
4. È utile dare a queste relazioni una forma più concisa. Si ponga
*=(--«)l^^+^l(»l+»S+«'l)f- («)
Siccome la funzione r è la sola che, sotto i segni integrali, con-
tenga ai,y,s, si può scrirere
Portando in (7) questo risultato, e ponendo per brevità
si perriene finalmente alle formole
4TrSM=f;^ + ^, 4itB»-
che volevamo dimostrare.
I e, %i, Xt, %3. Dalle (IO) si deduce subito, me-
diante opportune derivazioni,
— 106 —
Invece, deriyando le (10) rispetto ad XjVjZ^ rispettivamente, poi
sommando, si ottiene
^^^9 = ^+17 + ^+^^'
ma la (8) mostra che è la somma di due funzioni potenziali,
una di spazio e Taltra di superficie, e per le proprietà di queste
funzioni (*) si può asserire che
A*0 = — 4tiU — 5)0.
Portando questo risultato nelFultima formola si trova
Le formole (11) e (12), dovute a Betti (**), fanno conoscere i valori
di 6 , %i , %^ , ^ in ogni punto delio spazio, quando si conoscono
le forze esterne e gli spostamenti in superficie. Esse contengono
dunque troppi elementi, giacché dev*essere possibile determinare 6
e le ^ quando in superficie si danno le sole pressioni o gli sposta-
menti soli, oltre le forze di massa; ma in seguito si vedrà come
3i proceda per eliminare, sia gli spostamenti in superficie, sia le
pressioni.
6. Calcolo di u, V, w. he formole (10) non possono servire,
come sono, al calcolo di u , t? , io , perchè i secondi membri con-
tengono, in 0, la flinzione 6 , il cui calcolo richiede la conoscenza
di u,v,to in tutto Sf e le sole funzioni 27, F, W dipendono, se-
condo le (9) , esclusivamente dalle forze esterne e dagli spostamenti
superficiali. Tuttavia si potrebbe provvedere portando in (8) Tespres-
sione di 6 , fornita dalla (12) ; ma si otterrebbero in tal modo in-
tegrali quintupli e sestupli, che conviene evitare. Cerchiamo piut-
(*) Vedi Bbtti, « Teorica delle farse newtoniane », p. 32.
(**) Teoria della elatticità, gf 8, 0. Vedi anche Cbsbuti, Memorie delV Accademia dei
Lincei^ voi. XIII, p. 83.
— 107 —
tosto di esprimere in altro modo quella parte di 0, che contiene 6^
Con questo scopo si faccia
, òr f òr t òr
«-■SF' ^=01^' «'-■dJ
nel teorema di Betti. Osservando che
le equazioni indefinite danno
ò'zr òz^ òz:
X'=-2B^, Y'=-2B^, Z' = -2B^,
e quelle ai limiti
M'^-2(A-2B)'/Ì-2bI^,
N' = -2(A-2B)^^^^2bI^.
Dunque si ha, adoperando le solite trasformazioni, e rammentan-
dosi che la formola (9) del cap. I è valida anche quando la fun-
zione sottoposta all'integrazione diventa, in qualche punto, infinita
come ~ , purché n < 2 ,
^''J>g+-s+"l)f+2«/
eds
Similmente
c^T^ ri d òr , d òr . d òr \ ,
— 108 —
Dunque il secondo membro della formola (1) del precedente capi-
tolo diventa
Per conseguenza
.Bri à òr , d òr , d òr \ .
Portando finalmente questo risultato nella (8) si ottiene
, B , . n\ r I d òr . d òr . d òr \ , ..^x
Ora si vede che le formole (10), quando vi si esprimono C/, F, TF
e mediante le (9) e la (13), rappresentano gli spostamenti in
ogni punto del corpo mediante le forze esterne ed i valori che gli
spostamenti stessi prendono in superficie. L'effettiva sostituzione
conduce alle formole di Somigliana (*), che risolvono per u, i?, w,
mediante integrazioni doppie e triple, lo stesso problema che le
formole di Betti risolvono per Q, %i, %i, %%-
{*) Annali di Matematica, 1839, p. 41.
— 109 —
XIIL INTEGRAZIONE DELLE EQUAZIONI
PER L'EQUILIBRIO ELASTICO
DEI CORPI ISOTROPI
1. Quando in superficie son dati gli spostamenti, il problema
dell'equilibrio elastico consiste nella ricerca di tre funzioni u, v, w^
finite, continue ed uniformi, soddisfacenti alle equazioni
r+U-^)4|- + 5A*t?=0, (1)
Z+(A-B)^ + BA'w=0,
in tutto uno spazio dato, alla superficie del quale assumano valori
prescritti. Per una formola di Betti, dimostrata precedentemente,
si ha
1 vi vi
+ j(^fe+M^ + .V^|dS
òi ' dn ' ài
!(■
Il secondo integrale ò il solo che, nell'attuale problema, non sia
conosciuto. Per calcolarlo supponiamo che, per un espediente qual-
siasi, si sia pervenuti alla conoscenza di tre funzioni u\ v\ to',
finite, continue ed uniformi, soddisfacenti alle (1) quando si pon-
— 110 —
gono uguali a zero le forze di massa, o tali che in superficie si
abbia
, d7 di d^
Il teorema di Betti, applicato a questi ed agli spostamenti inco-
gniti, dà
l(Xu'+yv'+zw')as-\-j{L'^ + M'^i.N'^)
ds
= Uvu 4- Af 't? + N'W)(ÌS , (3)
dove L\ M\ N' si calcolano mediante le note equazioni ai limiti
i' = -(^-2B)e'|-25£-B(r,|-r.|).
M- = -(^-2B)e'g-2B£-B(r.|-r.|j, (4)
Ora 9 si può ritenere come conosciuta mediante la formola (2),
nella quale si sostituisce al secondo integrale il valore fornito
dalla (3). Portando poi il valore di nelle (1), queste forniscono
A*w, A*t?, A*t<?, e però le funzioni u^v^w, delle quali son noti
i valori in superficie, si possono determinare ricorrendo alle con-
siderazioni del cap. IX.
3. Quando in superficie son date le forze esterne, bisogna pre-
viamente conoscere, non uno, ma quattro sistemi di spostamenti
ausiliarii, provocati da sole forze superficiali, che abbiano rispetti-
vamente le seguenti espressioni:
L' = ^2B^ , M'=^2B^ , N' = -2b\^,
— Ili —
di
Si è posto, per brevità, <p = -/- e
dn
^* òy dn òz dn * ^* d^ dn òx dn* ^* doj dn dy ^»*
Applicando il teorema di Betti agli spostamenti u\ v', ^^^ ed agli
spostamenti incogniti, si ottiene
^{Xu' + Yv'+ Zw') dS + Ìf{Lu' + Mv' + JVÌm?') ds
Quindi la (2) diventa
4n^e=|[x(«'-^) + r(,.'-^)+2(w_^)]^
+ J[^ (»'-^) + «(^ -4) + "('^-^)] * ■
Ora 6 si può riguardare come conosciuta. Analogamente si ha
^{Xu^ + Yv^ + Zw^)dS + ^{Lu^ + Aft?i + Nw,)ds
=»J"(»T^+<'t+«'ir)*+4(-fJ-'lf)*^
e siccome, per altre note formole, è
j
dS
— 112 —
è pure
Cosi anche %^ , ed analogamente Xt e %, vengono ad essere co-
nosciuti.
3. Ciò premesso, per determinare u si hanno le condizioni
in tutto S, ed in superficie
le quali fanno conoscere il valore di A*u in c^ni punto dello spazio,
e quello di ^ in superficie, dimodoché la funzione u viene ad es-
sere determinata, purché sia soddisfatta la condizione
Per verificare questa eguaglianza si osservi che le equazioni ai li-
miti danno
In virtù della nota identità
da? òy de
si può anche scrivere
JLds + 2Bf~ds=j' [(^ —B)--- — 5A* J dS
= —^XdS — 2B ^ò.^udS.
— 113 —
Dunque
Questo metodo d*integrazione è dovuto a Betti (*) : i dettagli che
si richiedono per la sua applicazione sono stati largamente esposti
dal prof. Gerruti nelle sue « ricerche intorno airequilibrio dei corpi
elastici isotropi » (**).
4. É facile immaginare altri procedimenti per Tintegrazione, fon-
dati sempre sulla preliminare conoscenza di sistemi di spostamenti,
soddisfacenti tutti alle (1), in assenza di forze di massa, e caratte-
rizzati dai valori che assumono in superficie. Cosi, per esempio^
partendo dalle formole
4nBu = U + ^ , 4iiBv=Vi'^ , 4nBw = W+^ ,
nelle quali è
si presentano subito due metodi per Fintegrazione. Se si riesce ad
ottenere un sistema di spostamenti, i quali assumano in superficie
(•) Teoria della elaaticitàt p. 81.
(**) Aeeademia dei Lincei^ 1882, pp. 83, 87, 106. Vedi anche doe comanicaiiom di Boua-
BiMBSQ air Accademia di Parigi (Compt$§-rendu$, 9 et 16 Avril, 1888).
CnÀmo, Teoria deWelaaticità 8
— 114 —
i valori Àc» a"» Àr» si può ritenere, mercè il teorema di Betti,
che la (unzione ò conosciuta, perchè si è visto altrove che ad
essa si può anche dar la forma
-|u-M("l+"S+"lì?
I ^ / A n\ r / *- «^ dr X ^d òr , d òr \ ^
Ora Uy F, W debbono in tutto S soddisfare alle equazioni
ò}U= — A'nX , ù}V = — 4nY , A«Tr= — 47TZ,
ed assumere in superficie gli stessi valori di
4TT5t^ — 4^ , 47T5t?— 4^, AnBw — ^.
da? òy òz
5. Si può invece cominciare dalla determinazione di (7, F, W,
quando si riesca a determinare tre sistemi di spostamenti, che in
superficie prendano rispettivamente i valori
U^ z=z- , t?' =0 , to' =0 ,
ed in tutto lo spazio considerato verifichino le (1) per X=F=^=0.
Il teorema di Betti dà subito
^Li^ ^ j"(£r'w + M'v + N' w)d8 — j'(Xtt' + Yv' + Zw' )(?5f ,
C^^ C(xj^^ _^ j(f"„ + JV"i(7)(fe - |*(Xi4" + Yv" + Zw")rfiSf ,
f^ = |'(i,-M -|_ M'"t; + N"'w)d8 - j'(^«*" + ^«^'" + Zuf")dS .
— 115 —
Così possiamo ritenere conosciute le funzioni U, V, w, ed anche 6,
giacché si ha
da: ^ Sy ^ d?
Dunque è nota la funzione 0. Questa si potrebbe anche determi-
nare osservando che soddisfo all'equazione
i*«— — 4ii(/l — fi)e,
mentre in superficie la sua derivata prima rispetto alla normale
assume i valori
(4nBM— IT)^ + 14jiBv — F)^ + {iJxBw — W) £ ;
ma il metodo esposto nel § 1 è incontestabilmente il più semplice
di tutti.
XIV. APPLICAZIONE
AI SUOLI ELASTICI ISOTROPI.
1. Per ben mettere in chiaro il precedente processo d'integra-
zione, nel caso che in superficie sian dati gli spostamenti, appli-
chiamolo ad un svolo elastico, omogeneo ed isotropo, cioè ad un
solido indefinito, limitato da un piano. La prima questione che si
presenta è la determinazùme degli spostamenti auslliarti u', v', w'.
Questi debbono soddisfiire, in tutto lo spazio considerato, alle equa-
zioni
(^-a)^ + BA'5'=0, (1)
— 116 —
Se si rappresentano con r^ le distanze al punto simmetrico (rispetto
al piano limite) di quello a partire dal quale si contano le distanze r,
si ha
e però in superficie, cioè per Z = 0,
^V^ ^7 ^n ^7 ^n ^T
ÒE "" ÒE ' dn "" dn ' òl ~ òl '
Ne segue che le funzioni u', v', vo\ se, invece di soddis&re alle (1),
dovessero essere armoniche, sarebbero uguali a
^n ^^ ^^
perchè queste sono armoniche, finite, continue ed uniformi in tutto
lo spazio che si considera. Ciò premesso, prendiamo a considerare
una delle equazioni (1), per esempio la prima. Siccome la dilata-
zione cubica, in assenza di forze di massa, è una funzione armo-
nica, possiamo, per osservazioni fatte nel cop. IX, porre
9'= ^^
dove d- è anch'essa armonica. L'equazione considerata diventa, nel
punto (H,Ti,Z),
A«,,;_ A^B h'^ _ ò_l A^B Ò^\
^^^— B òlòl ■"" ÒZ: \~ B OH / '
e però si ha, per le medesime osservazioni,
Analogamente
^f^^r, A^B d^ ,__ ^h A-^B ò^
'^ ■" dn 2B '^ dn ' dZ 2B ^ òt'
- 117 - .
Per determinare S- si osservi che dalle ultime tre relazioni, deri-
vate rispetto a H , n > 2 , si deduce
Si può dunque porre
^"" "^ òl 2B ^'
e ricavarne
1
^ = - '^ '■
A + B òl '
giacché questa funzione è armonica. Dunque
t*' = 4 + 24^2''^
OH ' A + B"- d^òZ '
òr ' A-^B^ ÒV '
2. La seconda questione da risolvere è la determinazione della
dilatazione cubica. Prima calcoliamo L\ M', N^ mediante le for-
mole (4) del precedente capitolo. Queste, osservando che ^-=^=0
an an
Ut
e ^ = 1, assumono la forma semplicissima
N'= — 2B~—(A—2B)6' ;
-Mi
.>'*»
.'t
— 118 —
quindi danno, per sostituzione delle (2), e prendendo i valori in
superficie (2: = 0),
Af' = — 2^2^:5 d^ = ^^iT^ èie '
il — B ^\ _„o^-B^'7
Adunque si ha
Ul'u + M'v + N'u})ds
a-b{( d»7 0*7 d'|\
Analogamente Tultimo integrale della formola (2) del precedente
capitolo si riduce a
e però la formola stessa, quando vi si porta il risultato (3) del me-
desimo capitolo, diventa
AAB [( d»^ , d'i d'i\
Cosi è nota la dilatazione cubica.
3. Per proseguire con formolo semplici trascuriamo le forze di
massa. L*ultima formola diventa
7T0=- ^
^ + ^J
ò'- ò'- ò'-
— 119 —
Poniamo
uds ^ r vds _ /• wds
=/^ . a=J-i|t , «=J-.
e
^ òx ~^ òy '^ òz '
Questi integrali, tutti noti, soddisfano tutti, come funzioni poten-
ziali di superficie, airequazione di Laplace. Intanto si ha
e però
d'P
ecc.
^ A-\-B\ òxòz ^ òyòz ^ òz^
Cioè
4. Passiamo alla terza ed ultima parte della questione : determU
nazione degli spostamenti. Questi debbono soddisfare alle equazioni
.. 1 A^B d'<p
ùJv =
11-4+5 ÒZ*
Se in superficie si dovesse avere u = 0,t? = 0,t^? = 0, i valori
di queste funzioni in tutto lo spazio considerato sarebbero
1 A'-B 09 J_ A—B d q) J_ A — B òy
2tr -4 + JB^ da ' 2iril + :B^dy ' 2tr ^ + JB^
ir
A + B òxòz '
1
-4 — B
d'q)
ir
^ + 5
dyd4? '
1
A-B
d*<p
Se, invece, t«>t;,t^? dovessero soddisfare all'equazione di Laplace,
— 120 —
assumendo in superficie i valori assegnati, i loro valori in tutto lo
spazio sarebbero
l_^ Lifl_ 1 òB
2ir òz ' 211 d-8f ' 2ii òz '
Dunciue finalmente
^■~ 2ir òz '^ 2n A+B^ òso'
^— 2'a dz^2i, A + B^ òy ' ^"^^
1 ÒB , 1 A-^B d^
^~ 2ir òz '^ 2n A+B^ òz '
5. Il prof. Gerruti ha trattato il problema precedente « per dare
un*illustrazione abbastanza facile del metodo generale » proposto
da Betti. Quando non si ha in vista questa scopo, ma si vuole sol-
tanto raggiungere la soluzione del problema dei suoli elastici, è ben
facile pervenire con procedimento più rapido e diretto alle formole
generali ottenute dal prof. Gerruti, e ciò senza rinunciare a « con-
durre la soluzione in modo che possa somministrare qualche lume
per la trattazione di problemi analoghi, per corpi di forma più
complicata > Q. Basta infatti riguardare provvisoriamente come
nota la dilatazione cubica 6, calcolar poi gli spostamenti {u,VyW)y
e dedurne l'espressione di 6 : questa funzione si trova cosi isolata
in una relazione che serve a determinarla. Tutte le difficoltà del
problema risiedono pertanto nella determinazione di 6, ma non sono
più gravi di quelle che occorre superare per la determinazione
degli spostamenti ausiliarii nel metodo di Betti. E nel particolare
problema trattato dal prof. Gerruti spariscono le difficoltà appunto
perchè la funzione viene a figurare linearmente nelle relazioni
che valgono a determinarla.
(*) Gbbboti, loe. cit.j p. 81. Il problema dei suoli elastici è stato trattato, fin dal 1878,
dal BousHiNBSQ. Vedi la « Théorie » di Clbbsch, p. 375.
— 121 —
6. Le difficoltà delFintegrazione spariscono anche per una molto
favorevole circostanza, che si presenta continuamente nel problema
considerato, cioè che ogni funzione armonica si può £ar derivare,
con qualunque numero di successive derivazioni parziali rispetto
alla Zy da un*altra funzione armonica, supponendo che Tasse delle z
sia stato preso perpendicolare al piano limite. Infetti si è visto nel
cap. IX che, se A*(p = 0, si ha
dqpi 1 r coda
9 = -^ con „, = __( ^.
Intanto si osservi che
per 1 = è ^log(^ + r) = i,
e, per conseguenza,
^^ = ^ ^^ ^2 = — ^/q> log(^ + r)
ds
Analogamente si ottiene
92
= -^ con cpa = — i/^ [^log(^ + r) — r] tfó ;
ecc. Rammentiamo ancora che, per soddisfare all'equazione A*^=(p,
quando cp è armonica, bisogna prendere
U = —
1 ò rUds , 1
2ir Ò2,
)-r + 2^^*' (^)
se in superficie, cioè per z=0, si prescrivono i valori di U. Suppo-
niamo invece che si assegnino i valori di -r— . Se C/^ fosse armonica,
siccome l'integrale — -^ ) — ^ **^® ^^^ ^^ ^^^ derivata rispetto
a ^ è uguale a F, basterebbe sostituirvi a V i valori prescritti
per y-, per ottenere U. In ogni caso sì può porre
— 122 —
ÒU'
e la funzione U' soddisfa a A'i7' = q), mentre i valori di -n— si
annullano in superficie. Ne segue che, se si pone ^' = ^ (^<Pi — M^)»
<|i è armonica, e si deve avere
-^(^iPi — i|i) = , cioè <Pi = ^-
Dunque «|i = q>,, e cons^uentemente
7. Ciò premesso, supponiamo che la questione sia stata già ri-
dotta, come sempre si può, al caso in cui le forze esterne agiscono
soltanto in superficie^ dimodoché debbasi avere, per z^O,
(A-B)^ + B£i'v=0,
e, per conseguenza,
Se alle equazioni precedenti si dà la forma
si vede subito, in virtù delle (4), che si ha
1_ÒP A — B òSt
^~ 211 òe 2B ^ òx '
1 ÒQ A'-B 001
^"" 2^0^ 2B ^ òy '
__ Ji_òB A — B Ò01
^ "" ~ 2Tr ò« ~ 25 ^ d-? •
— 123 —
Da queste formole si deduce, derivandole rispetto ad a),y, Zy poi
sommando,
quindi
A -— ^ ^ ò<p _^ ^ — JB 001 .
^ "" 2ir d£r 2B ò^ '
CI __ B dqp ^ __ J5<p
^ —■— «/ j I »\ TT » tli — —
Tr(^ + B) ò-er ' ^^ "" tt(-4 + JB; '
Sostituendo questi risultati nelle formole precedenti si ricade sulle
formole (3), ottenute dal prof. Gerruti pel caso che in superficie
si diano gli spostamenti {*).
8. Sono invece date le forze superficiali (Z., Af, iV)? Bisogna al-
lora ricorrere alla formola (5). La componente w dello spostamento
deve soddisfare, per ^^0 e per z==0 rispettivamente, alle equa-
zioni
Dalla (5) si deduce
cioè
dopo av«r posto
^=JLÌoe{z-j'r)ds , W=JM\oe{z + r)ds ,
^=CNÌog{z + r)dSy
»'
ed osservato che
J— =-57 ' J— = -2"©.-
(*) CBRRUTt, loe, cit., fono. (41).
— 124 —
Ora la funzione u deve soddisfare airequazione
B òxòz
in tutto lo spazio considerato, mentre in superficie si deve avere
^+«S+S)='>-
Dunque, adoperando la formola (5),
1 rLds , 1 rdw ds . A^B ò
D'altronde, se per dare alla (6) la forma
SI pone
àf A — B rs
si ha pure
e la (7) diventa
^—2x15 d-f 4it2^ do: 2 do: ^ 25 òa:^^« ^^^'' ^
Analogamente si ha
^,_J_dJI(b 1 ò1fb _1 Ò9, , A-^B ò .Q _^fi\
^^""2115 d^ 4iiJB dy 2 òy "T- 25 òy^^ " '^*
e si può finalmente scrivere la (6) cosi :
^=2^-17-4^17-2-07+ -21-0.-^®*--^®^) + ®^
— 125 —
Dalle ultime tre forinole, ponendo
^ "~ da: "^ 17 "^ "57 '
si deduce, mediante derivazione, ^
^— 2SB "57 25"^^ ^^^^^ + 17—2^5" 57 B~^ '
cioè
ft — _J— --^ A — __J!__ ft — X
^^""211(21 — ^) dir ' ^*""2Tr(^--B) ^ '^^ "" 2Tr(^ — JJ) '
purché, dopo aver posto
si prenda
Sl = jil/[^log(^ + r) — r]rf5 ,
tH=:JiV[^log(^ + r) — r](te ,
_d£ ÒK d«
^ òa ' dy ' "57'
Ora l'eguaglianza (6) si cambia nella formola nota (*)
1 ÒU .i MI ^dV ,gK
^ ~ 4TrJB "57 ^ 4Tr(il — B) 4TrB òz ' ^^'
Invece la (8) diventa
JL_ d^ 1 ÒU 1 òx . l_±/ _^ N
^ "■ 2TtB "dir 4irB da? 4ti(^ — B)dx'^ irtB òx ^^ ^^^ '
ovvero
1 d^ 1 òx ^ dMi
u =
4itB òz 4Tr(il — B) òx 4irJB da: ' 4itB
, 1 /d<e_du . dx\
'^ 4rtB\òe òx'^ òx)'
(*) CiBBUTf, /o«. cUm, form. (58).
t/
à
Se poi si osserva che
r — xr +
"57 "^ '^ òx~ òt* ~^ òx\ òx ~^ by ]
si ottengono Analmente le forraole (')
1 82
}x f_d*j LAC^_^
"4itB"57 Ait{A — B)òx 4nB Si """éitiB aylda; òyj
" 4itB de éTT M — B) dy *"B dy 4ttB Sx '
, òx ìiy} '
(10)
che insieme alla (9) risolvono completamente il problema dei suoli
elastici, sottoposti a qualunque sistema noto di pressioni superficiali.
9. Supponiamo, per esempio, che un suolo orizzontale sopporti,
in un punto 0, una pressione verticale, che assumeremo ad unità.
Ciò si deve intendere nel
senso che, presa alla super-
ficie del suolo, intorno ad 0,
V una particella piccolissima,
su di essa venga distribuita
la pressione in guisa che,
calcolato per unità di su,-
perfide, il suo valore, gran-
dissimo nei punti centrali della particella, diventi invece piccolis-
simo, pur variando in modo continuo, nelle vicinanze del contorno,
e sul contomo stesso si annulli. Go^ è rispettata la continuità
delle pressioni superficiali, richiesta per l'applicazione delle pre-
cedenti teorie ; ma, siccome noi non supporremo piccolissima la
particella, si bene infinitesima, i nostri risultati non saranno validi
nel punto ; ed anche in punti vicinissimi ad si dovranno con-
siderare come approssimativi. Ciò premesso, si ha
L = '&^X = (i , M = UR = W = ,
— 127 —
JNds^zi , ?Z = log(^ + r) , « = ^log(3r4-r) — r.
1
V = 7 , X = ^og{z + r) , r» = a?» + 2/« + ^*.
Quindi le forinole (9) e (10), nelle quali si pone
w' = — ^:^^, i/x^ + y^ = rsenQ , z=rcosQ , (o<0<^ì
diventano
w
=^4k(A^ + '^''') '
W=^
senG
4TrBr \A — B l+cosO
— COSO
In Ogni punto M il suolo subisce dunque un abì)assamento w ed
una contrazione w\ inversamente proporzionali alla distanza di M
al punto di applicazione della pressione. Veramente si ha una conr
trazione verso la direzione della forza solo nei punti estemi al
cono definito da quel valore di 9, per cui si ha
1
A — B 1 -f- cose
= cos9 ,
vale a dire
^o^ìii^-^)-
In particolare, per quei corpi che più si accostano alla legge di
Navier e Poisson, cosO è presso ^
a poco uguale sid o^ . Il cono
corrispondente al trovato va-
lore di 6 non fa che abbassarsi
deformandosi, e tende ad espel-
lere, per così dire, le particelle
inteme, mentre in pari tempo le particelle esterne tendono a col-
'iìfe:'
à
— 128 —
mare il vuoto lasciato dalle prime. Finalmente alla superficie del
suolo, escluso il punto 0, si ha
w to
e però la superficie stessa prende la forma iperbolica indicata dalla
prima figura (*).
XV. DEFORMAZIONI TERMICHE.
1. Ad un corpo elastico, omogeneo ed isotropo, si comunichi una
piccolissima quantità di calore, dimodoché la temperatura di ogni
sua particella dS si elevi di jdS, essendo t una funzione finita,
continua ed uniforme delle coordinate del centro della particella.
É noto che, se ft è il coefficiente di dilatazione lineare, ogni ele-
mento lin^re subisce, per unità di lunghezza, un allungamento kiy
dimodoché si ha, per tutte le direzioni (a , p , y) »
aa* + &p* + CT* + 2/Pt + 2/7Ta + 2^ap = ftx ,
cioè
Adunque la deformazione prodotta dairelevazione di temperatura,
quando la si consideri in sé, cioè indipendentemente dalle azioni
elastiche che può provocare, non produce scorrimenti, ma solo di-
latazioni hT in tutte le direzioni.
2. Ma è ben chiaro che, in generale, il calore cosi comunicato,
facendo variare le posizioni relative delle particelle, desta dapper-
tutto tensioni elastiche, e però la deformazione prodotta, caratte-
(*) Altri interessanti casi particolari sono stati discassi dal Boussinbsq nel « Tratte »
di Clbbsob, p. 390.
— 129 —
rizzata dalle solite funzioni a,ì),Cjf,g,hj si può ritenere come
risultante dalla deformazione
puramente termica^ e dairaltra
a — hT, b — At , e — ftT , f, g , h,
puramente elastica. Cercando per quest'ultima deformazione le con-
dizioni di equilibrio riusciremo a determinare i valori degli sposta-
menti, e conseguentemente pressioni, dilatazione, ecc., per tutto lo
spazio considerato.
3. Supponendo il corpo sottratto a tutte le forze esterne, che
non siano quelle del calore, le condizioni di equilibrio sono, nello
spazio,
A ATT 1 A ATT 1 A ATT
(1)
y__ d dn , 1 d dn , 1 d òn
da; da ' 2 dy dA ' 2 d^ Ò9 '
ecc..
ed in superficie
L =
ÒTT ^ , J^ òTT ^x};^ ÒTT de^
^-i" "ò \-k ^jit ~r o" "TI" j^ » ecc..
òa dn ^ 2 oh d/n ^ 2 09 dn
dove
X=Y
L = M=zN=0,
(2)
(3)
purché si abbia cura di diminuire a,l>,c di hr. Considerando solo
le prime equazioni di ciascuna terna, è noto che, nel caso deiriso-
tropia, soltanto -^ contiene a, &, e, e precisamente si ha
da
= — Ae + 2B{b + c).
dn
Dunque -x— si cambia in
dn
— A{e — 3hT) + 2B{b-^c — 2hT) = ^ + h{3A — 4B)T.
Sostituendo nelle (1) e nelle (2) si giunge agli stessi risultati che
Cbsàbo, Teoria deU^élastieità 9
à
— 180 —
ai otterrebbero lasciando intatti i geoondi membri di queste equa-
zioni e prendendo, invece di (3),
r=-*(3.1-4B)|l , 3f = -*(3A-«)T^, (4)
Z = — *(3il — 4B)~ . ^ = — *(3il— 4B)t~.
Adunque l'elevazione di temperatura, definita dalla funzione t, pro-
duce in un corpo elastico, omogeneo ed isotropo, sottratto all^azione
di qualunque altra forza estema, effetti identici a quelli che si
avrebbero applicando al corpo, supposto in equilibrio di tempera-
tura, le forze (4). Si noti che la temperatura si comporta, nel corpo,
come funzione potenziale delle forze di massa, ed in superficie come
una pressione normale.
4. Ora possiamo subito scrivere le condizioni deirequilibrio. Esse
sono, per tutto lo spazio considerato,
k(SA ~ 4B) -^ = (^ - B) ^+BA'v , (5)
*(3il - 4B) |l = (.1 - B) ^+ BA»M? ,
ed in superficie
Son queste le equazioni trovate da Duhamel, poi da F. Neumann {*).
{*) Bbtti, loe. 6tt., p. 102.
— 131 —
5. Per quanto si è detto nel § 3, ogni questione ooncernente de*
formazioni dovute al calore equivale ad un problema dì equilibrio
elastico, nel quale le forze esterne hanno le espressicmi (4)^ Pos-
siamo dunque utilizzare tutti i risultati ottenuti precedentemente
per dedurne altrettante conseguenze, relative a deformazioni ter-
miche equivalenti. Prendiamo, per esempio, la formola
precedentemente dimostrata fra i più semplici corollarii del teorema
di Betti. Qui si ha^ adoperando le (4),
Del resto
cioè
Dunque
CedS = ShjrdS.
In altri termini : la variazione del volume non dipende né dalla
forma del corpo, né dai coefficienti di elasticità. Essa è uguale
al totale aumento di temperatura, moltiplicato per tre volte il
coefficiente di dilatazione lineare.
6. Ora domandiamoci se è possibile che Televazione t di tempe-
ratura non desti forze elastiche. Per questo è necessario e sufficiente
che il potenziale TT delle dette forze sia nullo, cioè che si abbia
a = l) = c = hT , f=ff = h = 0. (7)
Le note condizioni, necessarie e sufficienti perchè a ,ì>,c,f,g,h
— 132 —
rappresentino le componenti di una deformazione possibile, si ridu-
cono, nel caso attuale, al simnltraie) annullamento delle sei deri-
vate seconde di t. Dunque t dev'essere funzione lineare delle coor-
dinate : sia T = CUT + Pi/ -|- T^ + ò. Allora, integrando la prima
delle (7), si ottiene
u = k^a;^ + kx{T — ax) + <P(l/ , ^)
ovvero
w = ftT^ — ^a(fl?* + i/* + ^') + Wo^
con Uq indipendente da x. Forme analoghe assumono v e tv. Evi-
dentemente
ÒU q ^0 dwo Q
da? òy òe '
ed inoltre la sostituzione delle precedenti espressioni di u, v, t^
nelle rimanenti uguaglianze (7) dà
òWq i òro -— Jl!fo I òwo__ òpq ■ òmq __^
òy ' òe òg ' òx òa? ' dy *
Dunque i^o» ^o» ^o rappresentano (II, 1) spostamenti rigidi, dai quali
si prescinde. Ne segue che, quando gli spostamenti non hanno la
forma
u = kTx — ^(x' + y^ + z^),
v = hTy-^-{x' + y' + z'),
to = kTZ-^ix' + y' + z'),
cioè quando t non dipende linearmente dalle coordinate, si pu6
essere sicuri che una deformazione elastica reagisce contro la de-
formazione puramente termica, e l'equilibrio elastico si stabilisce
in condizioni diverse da quelle che si avevano prima della comu-
nicazione di calore.
7. Trattiamo il problema nel caso d'una sfera piena, supponendt
che l'elevazione di temperatura in ciascun punto dipenda solo dailt
distanza r del punto stesso al centro della sfera. Chiamato e l'ai
lungamento unilario secondo il raggio, si lia »=&», v=eVi to^ez
e cona^uentemente
D'altra parte si ha
9 = 36 + ^5
Dunque
.j^de
r or ' r dr ' r O/r
Quindi le equazioni (5) si riducono tutte all'unica
che si può subilo integrare scrivendo
E poiché 6r* è manifestamente la derivata di &/*, si ottiene, con
una nuova integrazione,
c = x+i^ + 'J2i^U^*.
(»:
Per determinare ^ basta osservare che, fintantoché |i differisce da
zero, lo spostamento tr diventa infinito nel centro della sfera, e ciò
non deve accadere. Pertanto è necessario che sia n = 0. Per de-
terminare X si ricorre alla (6), le quali si riducono all'equazione
unica
A(3A — 4fl)T = (4-2B)e + 2B(e + rJ)
— 134 —
che dey'eflsere soddis&tta quando r diventa uguale al raggio a della
sfera. Intanto dalla (8) si deduce
Dunque per r = a si deve avere
3ife f
•'o
cioè
•'a •' •'Il
e finalmente, per sostituzione in (8), si giunge alla formola di
F. Neumann e Borchardt (*):
8. Supponiamo, per finire, che in un suolo elastico, omogeneo
ed isotropo, si faccia variare pochissimo la temperatura, metten-
done la superficie in contatto con una sorgente costante di calore,
dimodoché sia A*t = in tutto il corpo. Per cercare uno degli
infiniti sistemi possibili di spostamenti poniamo
u' = -/t(3^-45)|f , v' = ^k{3A-4B)^ ,
w' = — h{SA — 4B)^.
Le equazioni indefinite per Tequilibrio sono soddisfatte se
(•) Betti, loc. eit., p. ì08.
~ 135 —
Possiamo dunque prendere
dopo aver posto
JBTTi
ÒTj d*Ti d*T,
^~ òt ~ ò^ ~ d«»
Ne segue
,_ k(3A-4B) òr, ,_ HSA-4B) in,
u,' = ^-^^^(ZT-\-r,). (9)
Questi spostamenti provocano in superficie le pressioni
N' = — h{3A — AB)T.
Dunque gli spostamenti
son dovuti airazione delle seguenti forze, applicate alla sola su-
perficie :
L'f = I^(^A — 4B)^, M"=^{SA—AB)^, N"=0.
Evidentemente si ha
e però
ed Jl"=0. Analogamente
r'=-2n^(3^-45)-^. W=-2k^^ , «"=0 ;
— 136 —
quÌDdi, adoperando sempre la segnatura del precedente capitolo,
i|i" = 2Tt Ì5. (3^ _ 4B)x^ , x"= 27T ^ (3.4 — 4^)t, .
Ora le formole (9) e (10) dello stesso capitolo danno
u"=-è(3^_45)A(^+,x,) .
Dunque, tenendo conto delle (9), e ponendo, per brevità,
^ ~ 4n{A — B)
si perviene finalmente alle formole
ET fT^fo
Per i corpi che più si avvicinano alla legge di Navier e Poisson,
la costante K è presso a poco la quinta parte di k.
XVI. IL PROBLEMA DI SAINT-VENANT.
1. Lo studio delle deformazioni d*un corpo cilindrico, sotto Fazione
di forze applicate soltanto alle basi, è particolarmente importante
per la pratica. Siccome la teoria generale si urta in difficoltà dì
calcolo, attualmente insuperabili, si è pensato di semplificare la
quistione, trattandola prima in un caso particolare. Il passaggio
— 137 —
al caso generale si giustlQca (*) poi largamente mediante conside-
razioni teoriche e sperimentali. Ciascun elemento della base è base
d*an cilindro infinitamente sottile, che fa parte del corpo dato e si
chiama t^ra. Il corpo cilindrico è dunque costituito da infinite fibre
longitudinali, e noi vogliamo limitarci a studiare quelle deforma-
zioni che non suscitano tensioni laterali tra le fibre contigue, di-
modoché queste si deformano come se fossero indipendenti le une
dalle altre. Supporremo inoltre che il corpo sia dotato d'isotropia
incompleta, e Tasse d'isotropia sia parallelo (come effettivamente
avviene nei corpi che si hanno a sperimentare nella pratica) alle
generatrici del cilindro.
2. Assumiamo come piano delle ooy una delle basi, e supponiamo
che queste sieno sezioni rette del cilindro. Cosi Tasse delle z riesce
parallelo alle generatrici. Per esprimere il potenziale elastico si ha
la formula
— n = 1(^ — 25)9* + B(a« + 2>* + c* + 2/^-1- ?^« + 2^«)
+ Ce* + 2^' (r* + ^») + 2iB' (^« — a6) ,
nella quale A.B^Cy A\ ff sono quantità costanti. Per la .nullità
delle tensioni laterali occorre e basta che si abbia
Pa» = , Pyy = , p^ = (1)
in tutto il corpo, cioè
da " ' dò " ' ÒA " •
Adunque debbono aver luogo le relazioni
(^— 25)e-h25a=25'6 , (.4— 25) 6 + 250=25' a , /i=0.
Dalle prime due si ricava
a = & = — x\c (2)
(*) Vedi il « Traité » di Clbbsob, p. 175.
— 188 —
ponendo
^^2(A — B'-'R)'
Le condizioni /i = ed a = b ci dicono che due elementi superfi-
ciali, paralleli alle generatrici e perpendicolari Ora loro, sono an-
cora perpendicolari dopo la deformazione, e che ogni elemento
perpendicolare alle generatrici subisce, intomo a ciascun punto,
una dilatazione o una contrazione, la stessa in tutte le direzioni.
La costante ri, che misura il rapporto della contrazione trasversale
airallungamento longitudinale unitario, si chiama coefficiente di
contrazione trasve?^soUe. Il suo valore è ^ in quei corpi comple-
tamente isotropi per i quali si ha ^1 == SB.
8. In seguito ci occorrerà determinare le pressioni che si svilup-
pano sugli elementi delle sezioni trasversali del cilindro. È questa
una ricerca importante, perchè le componenti PmyP^z, Pmm di tali
pressioni, cambiate dì segno, servono evidentemente a &r conoscere,
ponendovi ;3r = e ^ uguale (*) alla lunghezza l del cilindro, le
forze che bisogna applicare alle basi per produrre una data defor-
mazione. Si ha subito
— p„ = — ^^y = (A — 2B)Q + 2{B + C)c = Ec ,
ponendo
Dunque, per un dato allungamento unitario nella direzione delle
generatrici del cilindro, si sviluppa nella direzione stessa una ten-
sione proporzionale alla costante Ey che per questa ragione si
chiama coefficiente di elasticità longitudincUe. Si chiama invece
(*) Ciò si può anche vedere scrivendo le eqnaiioni ai limiti, relative alle basi, ed esser:
rande che, sulla base libera ;?B2,silia -r^ssO, -r^&sO, —^sl.
— 139 —
coefficiente di elasticità trasversale la costante G = B'\'A\ perchè
si ha
vale a dire che per dati scorrimenti (verso Tasse d'isotropia) degli
elementi lineari perpendicolari all'asse, le componenti tangenziali
della tensione sono proporzionali a O. Si noti che nei soliti cristalli
2
isotropi (^=35) si ha (7 = v-j&.
4. Si è visto che uev soddisfano necessariamente alle condizioni
òu òv òu òv
òx dy ' dy òx'
Ne segue che t«+^ è funzione della variabile complessa Iz^x-^-iy,
vale a dire che nella funzione u-^iv delle variabili indipendenti
x,y, z, le prime due variabili possono entrare soltanto nella com*
binazione l, dimodoché si ha
u + iv = q>(l, z)
e la determinazione di u e t? si potrà &re in una volta sola deter-
minando la funzione (p. Intanto le equazioni indefinite deirequilibrio
diventano
òz' dg ~ ' àe' òf "^ ' 2òa;* 09 "^ 2 òy' òf '^ òe' oc —^' ^"^^
La prima si può scrivere successivamente cosi:
d»t« , ^^_^ :^— A/_ ^^ ] — ^'"
Dunque alle prime due equazioni (3) si può dar la forma
i
— 140 -
Moltiplicando la seconda per i ed aggiungendola alla prima si ot-
tiene
I) primo membro è coniugato di
Dunque, rappresentando in generale con l il numero conjugato di l,
si vede che q> deve soddisfare airequazione
Ora si noti che il primo membro non dipende da £ ma da £, mentre
il secondo non può dipendere da l. Dunque Tuno e l'altro debbono ri-
dursi ad una funzione della sola z. Ne segue che -^ non con-
tiene ly e per questo occorre che qp abbia la forma
essendo P, Q, R funzioni soltanto di z. Sostituendo in (4) si ottiene
quindi
— = 0. -2#=0, r,^=2P.
Possiamo dunque porre, rappresentando convenientemente le co-
stanti,
Quanto alla funzione i2, essa deve soddisfare airequazione
dz^
= — («i + Pi^) — «'(a« + P2^) >
— 141 —
e però si ha, integrando,
Z* .^ . ^ V 5»
/? = (a' + ^a") + (3' + r)3:-(a, + m,)^-(P, + ^,)^.
2 ^^* ' "^«^ 6
Dunque, finalmente, si ottengono le espressioni di t^ e i^ prendendo
rispettivamente la parte reale ed il coefficiente di i nelPespressione
- n [fa, + ^,z) - i(a, + p,^)] [?^ + tó?y )
-[n(a + p2:) + /(ao + Po^)](^ + ^I/) + R •
Si perviene in tal modo alle seguenti formole
+ (a' + ao2/) + (p' + Po2/)^ — «iY-PtT '
^ = — n ( «1/ + a, rcy + a, ^-^^ ) — n^^ ( Pi/ + Pi ^1/ + Pf ^-^^ )
+ (a"-ao^) + (p"-Po^)^-a,^-P,^.
5. Ora bisogna determinare w. Integrando (2) si ottiene
tD = F{x,y)^-{a + a,x^'a^y)z + {^ + ^^x + ^^y)^. (5)
Inoltre si deve ancora soddisfare alla terza equazione indefinita,
cioè airultima delle (3), che prende la forma
d£ + |^ + ft|£ = 0,
»
E
rappresentando con h la costante -s^, che nei corpi pienamente
isotropi si riduce ad i + n- Se si osserva che
\^x^^y] da? \ da; "•" d^ ) '^ òy\òy'^ òz]
d*t(; , ò'w i_d_/'dttd»\ ò'«? , ò'to ^_ ^ ò'w
~ d5»"^'d?""^d:^Uar'^dy/'~"dS^~^ dy« ^ dir* »
— 142 -
rultima equazione diventa
d*«c , ò*w , o/i. \ ^^^ A
poi, ponendo per w l*espressione (5),
^+|^ + 2(ft-Ti)(3 + M + P.Ì/)=0. (6)
A questa equazione si soddis&, in particolare, prendendo F uguale a
ed è chiaro che a si può aggiungere qualunque funzione lineare
di 0? , y. Dunque, se si pone
F=zQ+0 + T — p'a? — p"y,
si vede che Q è una funzione armonica delle variabili x , y, alla
quale possiamo anche, per la presenza della costante arbitraria r
nell'espressione di F, arbitrariamente assegnare il valore in un dato
punto. CSonosciuta Q , si avrà w? = Q + +• Y , ponendo
V = T-P'a?-p'V + (a + a,a? + a,ì/)^ + (P + Pia?+p,|/)4.
Finalmente si conosceranno le pressioni sugli elementi delle sezioni
trasversali, giacché si è trovato, nel § 3, che
J^ÌÒU , ÒW\ jn, I ÒV t dw\ nòto
e per conseguenza, ponendo per u,v,w le precedenti espressioni,
-P„ = <? [- tfte + u,y - np. ^ - (2t - 3n) p, l' - (2* - n) P.*y + -§-]
•-p„ = E [(a + Oia; + a,y) + (P + Pi« + fcy)*] •
— 143 —
6. La quistione ò dunque ridotta alla determinazione di Q. Per
' ora sappiamo soltanto che questa funzione deve soddisfare airequa-
zione di Laplace in tutti i punti della sezione retta del cilindro;
ma per poterla determinare bisogna ancora vedere a quali condi-
zioni essa soddisfa sul contorno della sezione stessa. Per questo si
considerino le equazioni ai limiti, relative alla superfìcie laterale
del cilindro, e prima dì tutto si osservi che, in virtù delle (1) e del
fatto che ^ ha il valore zero sulla detta superficie, le prime due
equazioni sono soddisfatte identicamente, mentre la terza si riduce a
\dx'^ òzJdn'^Xòy'^ òzi dn^^ '
e se ne ricava
dw
dn
/òu da .dv dy\
\dz dn'^ òz dn] '
Dunque -^ si può ritenere come conosciuta, e però è conosciuto
in ogni punto del contomo il valore di
dSl _dw _d^ _éS^
dn dn dn dn '
Ne segue che, a meno d*una costante additiva, arbitraria, la fun-
zione Q si può, per una data sezione retta, considerare come pie-
namente determinata, purché non vi sia incompatibilità fra Tequa-
zione indefinita A'Q=0 e Tinsieme dei valori assegnati a ^ sul
contorno. È noto che per questo occorre che sia
/f*^=-r^*«'^=0'
estendendo la prima integrazione a tutto il contorno, e la seconda
airarea in esso racchiusa. Ciò premesso, si osservi che
. dn J [òzdn • òzébi) J \dxòz^ òydz)
= - 2n J^ <to = - 2ti Jcp + M + Pt V) <fó •
I
— 144 —
Similmente, se si rammenta che <t> soddisfi alla (6),
Finalmente, . osservando che y è lineare in a? e ^,
Dunque
rappresentando con oc^ ed t/^ le coordinate del centro di gravità
della sezione. Ne segue che fra le costanti P , P^ , P, si deve avere
la relazione
P + Pia?« + P,l^o = (7)
affinchè la funzione Q possa esistere.
7. La soluzione precedentemente ottenuta racchiude le costanti
a, a', a", a^, o^, a,, p, p', p", p^, p,, p,, t
che si riducono, in virtù di (7), a efox^fc^ veramente arbitrarie. Sei
di esse restano determinate se. si impediscono i moti rigidi d*una par-
ticella. Se si suppone, per esempio, che il centro di gravità d*una base
si mantenga fisso, e che, preso intorno ad esso un elemento super-
ficiale, questo si deformi restando nel piano della base, in modo che
un suo elemento lineare non varii in direzione, si vengono a porre
tali condizioni, che non consentirebbero alcun movimento al corpo,
se questo fosse rigido. Perchè siano soddisfatte, bisogna, prima dì
tutto, che per ^7 = 0, v = 0, ^ = si abbia w = 0, t? = 0, «?=0,
se Torigine si colloca nel punto fisso. Intanto si noti che questa
scelta dell'origine riduce a p = la condizione (7). Se poi si dirige
Tasse delle x secondo quell'elemento lineare^ che abbiamo obbligato
a non spostarsi lateralmente, lo spostamento v del punto (dXy 0, 0).
— 145
^] dx, come gli spostamenti w di tutti i punti {dx, dy, 0),
cioè |-T^| 6to?-|-(-r^J dy, debbono essere nulli, e però si deve
avere
Finalmente, perchè la funzione Q sia pienamente determinata, im-
poniamole il valore nell'origine. Con ciò le nostre formule non
subiscono alcuna particolarizzazione, come si è osservato nel § 5.
Tutte queste condizioni esigono che si abbia
«'=0. a"=0. «0 = 0, P=O.T=0, P'=(||)^. P"-(f )
e cosi non restano più che le sei costanti arbitrarie a , a^ , a^ , Po >
Pj, P2 ^®11® espressioni degli spostamenti, delle tensioni, ecc. Gli
spostamenti sono
u =
v= — x\imj + a,xy-^a^^-^^=^\ — r\zU^
w = —(h — n) {^?^xy* + ^ìCb'v) + (a + aia? + a^y)z
+ CP.- + M| + 2-(|f),<.-(f)...
8. La funzione Q, che dipende dalla forma della sezione, si de-
termina per ogni forma particolare mediante Tequazione indefinita
A*Q = e le condizioni ai limiti, cioè Q = per x=0, y=0, e
dQ ^^dx dy
dn dn dn
Cbsàro, Teoria delV elasticità 10
— 146 —
sui contomo, essendo U e V due funzioni note di a; ed y, delle
quali è utile tenere presenti le espressioni, che per quanto si è
visto nel § 6 sono
Quindi, sostituendo ad u,v le precedenti espressioni, ed a <!>,¥
quelle che si trovano segnate nel § 5, si ottiene
9. Per avere a determinare funzioni che dipendano soltanto dalla
forma della sezione, e non dai coefficienti p, si ponga
Q = PoQo + PiQi + P,Q..
Le funzioni Q(),Q4,Q, debbono essere armoniche, annullarsi nel-
Torigine, e soddisfare sul contorno alle condizioni
dn ~ ^ dn'^^dn '
^=(2ft-n)a;i/|+i[ni/* + (2ft-3n)a:i/]|.
Qui importa osservare che, se la sezione è simmetrica rispetto ai-
Tasse delle X, Q^ è una funzione pari di y. Infatti la relativa equa-
zione ai limiti e Tequazione indefinita non si alterano quando si
cambia y in — y, giacché in due punti del contorno, simmetrici
rispetto all'asse delle a?, i valori di ^ diflferiscono evidentemente
solo nel segno. Siccome la funzione che soddisfa alle dette condi-
zioni è unica, essa è la stessa Q^. Questa funzione è invece disparì
nella o), se la sezione è simmetrica rispetto all'asse delle 2/, perchè
— 147 —
U cambiamento di co in — x fa soltanto cambiare il segno dì ^, ed
alle nuove condizioni soddisfa certamente la funzione — Q^^. Adunque
si ha
Qi(a?, —y) = 2i(a?, V) , Q^i—x, y)= — Qi(a?, y) .
Analogamente si dimostra che, nelle ipotesi accennate, Q, è dispari
nella y, pari nella (v:
2,(^, —y) = — Q«(^, y) , Q«(— ^, y) = Q«(^, y) .
Ne segue che -^ e -v-^ sono funzioni dispari dì y e ài (v rispet-
tivamente; quindi
(tir» • (©).=»■
Finalmente, se la sezione è simmetrica rispetto ai due assi, Q^ è
dispari tanto in x quanto in i/, e si ha, per conseguenza,
mentre la derivata seconda mista è pari tanto in y quanto in w,
e perciò non si annulla necessariamente nel centro della sezione,
come non è necessario che si annullino -^-^ e -r-^.
XVn. APPLICAZIONE
AI PROBLEMI DELLA PRATICA.
1. Dal problema particolare fin qui trattato si passa ai problemi
della pratica appoggiandosi air ipotesi che due sistemi di forze,
staticamente equivalenti, non producono deformazioni diverse. In
realtà ciò non è vero, perchè il modo con cui le forze deformatrici
i
— 148 —
vengono distribuite alla superficie del corpo influisce pure sulla de-
formazione; ma Fosservazione ha dimostrato che le differenze do-
vute a tale causa non si rendono sensibili che nelle vicinanze dei
punti di applicazione, quando questi occupano una piccola parte della
superficie. Pertanto si può ritenere che, fatta eccezione di due re-
gioni vicinissime alle basi, un corpo cilindrico, la cui lunghezza
predomini rispetto alle dimensioni delle sezioni trasversali, si com-
porti effettivamente come un insieme di fibre indipendenti le une
dalle altre. Ciò premesso, supponiamo che le forze applicate alla
base libera si compongano nella forza (X, F, Z) e nella coppia
(S> ^> TOf © cerchiamo di vedere se tra le forze atte a produrre
le deformazioni fin qui studiate se ne trovino che si compongono
nella medesima forza e nella medesima coppia. Per questo noi cer-
cheremo di esprimere X, F, Z, S, W, ^ mediante le costanti a,
<*i» «a» Po» Pi» P2» P^^» supponendo date le prime sei quantità, le for-
mule che otten:emo serviranno inversamente a determinare le sud-
dette costanti, e conseguentemente a caratterizzare una deforma-
zione, che in quasi tutto il cilindro presenta differenze trascurabili
con quella che si produce effettivamente.
2. Calcoliamo dunque gli integrali
X=^^L(is , ^=^^[Ny — M(z — l)]ds = ^Nyds,
Y=^Mds , W=[[L{z — l) — Nx\(is = --\Nxds,
Z = ^Nds , % = ^(Mx — Lv)ds ,
estesi a tutta la base libera. Su questa si ha
L^—p„ , M = — Py:, , N=—p,, ,
conseguentemente
Y= G [- ^jy'ds - I (2A-3ri) (x^ds - (2k^r))fi,jxyd8 + f^ c7s].
— 149 —
Per semplificare i calcoli riferiamo la figura ai suoi assi principali
d'inerzia, e rappresentiamo con \ e ju i raggi d'inerzia, dimodoché
Le espressioni precedenti diventano
Per la componente longitudinale della risultante si trova subito
Z=Esa. Bisogna ancora calcolare i due integrali che compari-
scono in X ed F, ed è notevole che i loro valori si possono otte-
nere senza conoscere Q. Prima si ha, pel teorema di Green,
quindi
\-^—ds=i — Q^É?cr = — \x-j-d(S ,
j ox j dn J dn ^
ovvero
J^*=-J(^S+-l)-«=J(^+^)«.
e finalmente
D'altra parte, adoperando le espressioni trovate nel precedente § 8,
si ha subito
e conseguentemente
— 150 —
Inoltre
Dunque
e finalmente
x=m*5Pi , r=Jsr^•5P8.
C!o£d già sappiamo che, data la risultante, sono determinate le co-
stanti
Per determinare le altre osserviamo che
Invece, posto X* + M* = P*» si ottiene
+ ^ j[{2k — 3n)y^ — {4h—Sr])a)']yds
— ^ j [(2/1 — 3ti)^* — (4ft — 3n)l/*] OJCfó .
*
Se la figura è simmetrica rispetto agli assi, come ordinariamente
avviene, sono evidentemente nulli gli integrali che moltiplicano Pi
e p2 , e Tultima formula si semplifica. Le osservazioni fatte alla
fine del capitolo precedente sulla parità o disparità delle funzioni Q
ci permettono inoltre di asserire che gli integrali
— 151 -
sono nulli, perchè i loro elementi si possono aggruppare per coppie
di valori uguali e con segni opposti. Ne segue
Adunque le formule che servono a determinare o, , a, , Pj sono :
ai + M = — ^pj . "» + P«^ = ^|?i" *
_ -U
Po —
"h-K'f-'^H'
3. Le formole stabilite nel precedente paragrafo ci mettono in
grado di analizzare una deformazione qualunque, mostrando come
questa si possa sempre far risultare da quattro deformazioni speciali :
aj Trazione. Delle sei costanti arbitrarie si supponga la sola
a diversa da zero. Sempre che le P sono nulle si ha Q = 0. Quindi
le formole finali del § 7 {cap. XVI) diventano
w = — x\ax , t? = — r\ay , tc? = a^ ,
e caratterizzano una trazione, per la quale il cilindro si contrae
trasversalmente e si allunga di
Si avrebbe invece una compressione nel caso che a fosse negativo.
In queste deformazioni le sezioni trasversali si mantengono piane
e le fibre restano rettilinee. Esse sono prodotte dalla sola forza Zy
giacché le formole del precedente paragrafo mostrano che X, Y,
S» W> 1Z sono nulle.
Ì)J Torsione. Se annulliamo tutte le costanti, tranne %, la fun-
zione Q si riduce a p^Q^, e le solite formole danno
»=4«.-(^).-(tW-
— 152 —
Prescindendo da w si studii il movimento in projezione sopra una
sezione trasversale, e si trasporti l'origine in quel punto (y della
sezione stessa, che ha le coordinate [-rA , — [ir^] » ® ^^^ ^^°'
cide col centro quando la sezione è simmetrica rispetto ad entrambi
gli assi, nel qual caso si ha pure t^ = ^oQ^. Allora si vede subito
che lo spostamento {u^v) consiste in una piccolissima rotazione
— Po^ intorno ad 0\ nel senso opposto a quello in cui si muove
l'indice d'un orologio. Siccome i punti 0' stanno sopra una fibra,
si può dire che intorno a questa ruotano tutte le sezioni, e ruo-
tano di angoli che da un estremo all'altro del cilindro variano
da fino a — p^,/. Si ha dunque una torsione, prodotta unicamente
dalla coppia ^, che agisce nel piano della sezione' estrema, e fa
ruotar questa d'un angolo
UJ = — P,/=:
"h-K't-^)*]'
Le sezioni trasversali non restano piane. Infatti nelle vicinanze della
fibra centrale si ha
e siccome i coefficienti dei termini estremi differiscono solo nel
segno, si vede che la sezione si curva in forma di paraboloide iper-
bolico. Anzi, per quello che si è detto alla fine del precedente
capitolo, se la sezione è simmetrica rispetto agli assi, si ha
e però gli assi stessi dividono la sezione in quattro regioni tali,
che due regioni opposte si abbassano mentre le altre due si solle-
vano sul piano primitivo. Tuttavia, se Q^ fosse nulla, la sezione si
deformerebbe restando nel proprio piano. In questo caso il prece-
dente valore dell'angolo di torsione si riduce a
%l
— 153 —
6 si ottiene cosi la forinola che adoperano i « pratici », e che essi
stabiliscono appunto facendo gratuitamente Tipotesi che le sezioni
restano piane.
cj Flessione semplice. Se conserviamo la sola costante a^,
è ancora Q = , e si ha
Per vedere come si deforma una fibra si mantengano costanti x
ed y. Allora v è costante, e l'eliminazione di ^ fra w e le? mostra
che tutte le fibre si curvano parabolicamente in piani paralleli ad
Oxz ('piaru) di flessione). In particolare, per la fibra centrale si
ha u = — ^;2r*, t?=0, w=(^. Questa fibra si piega dunque a pa-
rabola nel piano stesso di flessione, ed il massimo allontanamentp
(saetta) dall'antica posizione è
2E\U '
Questa deformazione è prodotta, come si vede, da una sola coppia
che agisce nel piano di flessione. Si noti che le sezioni trasversali
restano piane. Conservando a^ invece di a^ avremmo sempre una
flessione, ma paralella al piano Oyz.
d) Flessione complessa. Più complicate sono le deforma-
zioni caratterizzate dalle costanti ^ e p, e provocate, per conse-
guenza, da una forza tangenziale X o Y. Consideriamo quella che
corrisponde a P^, ed affinchè alla forza Xnon si accompagni la cop-
pia TO poniamo a^-\-pj=0 invece di a^^O. Riprendiamo dunque
le formolo del § 7 del precedente capitolo, supponendovi diverse da
zero le sole costanti p^ e a, = — p^ l. Esse diventano, nel caso d'una
sezione simmetrica,
v = fi^r\xy{l — z) ,
«^ = Pi[— ^^^ + ^ — (ft — n)^2/' + Qi — (^) '^j .
i
— 154 ~
È notevole che Tipotesi z = l renda uè v indipendenti da a? e da y.
Dunque, se si prescinde dagli spostamenti longitudinali, si può dire
che la base libera si sposta lateralmente come se fosse rigida. Qui
le sezioni trasversali, non solo non si conservano piane, ma assu-
mono forme diverse (superficie del 3** ordine) secondo la loro po-
sizione nel cilindro. Infatti w non è più, come nel caso della torsione,
funzione delle sole variabili x ed y. Inoltre le fibre diventano lie-
vemente gobbe, tranne quelle che sono situate nel piano Oxz (piano
di flessione). In particolare, per a? = 0, y=0, si ha t?=0, tf? = 0.
Dunque la fibra centrale si flette, nel detto piano, in forma di pa-
rabola cubica, giacché si ha pure
»=4¥-4+(^W-
Per ^ = / si ottiene il valore della saetta di flessione, e si ritrova
la formola dei pratici trascurando Tultimo termine, il solo che di-
penda dalla forma della sezione, e che assume valori il cui rap-
porto ad /' è trascurabile come Tarea della sezione stessa rispetto
ad l*. Il valore approssimato della saetta è dunque
3 " "" 3JSX«s •
4. Applichiamo i risultati precedenti al cilindro circolare. Prima
di tutto dobbiamo determinare la funzione Q. La prima delle con-
dizioni ai limiti, scritte nel § 9 {cap, XVI), diventa
Questa deve aver luogo per a:*-\-y* = R*; ma ad essa ed all'equa-
zione df Laplace si può soddisfare per ogni coppia di valori di x
ed y prendendo Qq costante, e siccome si deve avere Qo=^ ^^ ^^
punto, dovrà essere Qo=^ ^^ ^^^^^ ^^ sezione. Dunque, riferendoci a
quanto abbiamo detto nel paragrafo precedente, possiamo affermare
che, nella torsione dei cilindri a sezioni trasversali circolari, queste
sezioni restano piane. È stato appunto questo caso particolare che
— 165 —
ha indotto gli sperimentatori ad assumere ipoteticamente come vero
l*altimo Catto per tutte le forme, mentre già per la forma ellittica
esso cessa di aver luogo. Infatti per un*ellisse dai semi-assi a e b
si ottiene
poi w = f^^QQ: tutte le sezioni si cambiano in pezzi uguali d'un
paraboloide iperbolico. Torniamo alle sezioni circolari, e determi-
niamo Q| . Questa funzione deve, per a?' + y* = i2*, soddisfare alla
condizione
É naturale che si tenti di verificarla ponendo per Q^ una funzione
del terzo grado in x ed y. Intanto si è visto (XVI, 9) che Q, è pari
nella y e dispari nella co, e però bisogna porre
Perchè sia soddisfatta 1* equazione di Laplace è necessario che si
abbia identicamente 6pa?+2(T+l>^)=0, cioè t=0, b= — 3p. Per
conseguenza
Qi = aa? 4- p (a?» — 3^») .
Ora la condizione ai limiti diventa
cw? + 3p(a?» — 3a?|/«) = ÌTi^' + (3A — |rì)^yS
e ad essa si può, sul contorno, soddisfare identicamente se, dopo
avere moltiplicato per a?* + y* il termine ax, e gli altri termini
per /?*, si prende
vale a dire
a = i(3ft-ìi)i?* , P = -;^(ft-Tl),
i
— 166 —
e finalmente
Di qui deduciamo
D^altra parte
1 R
e, per conseguenza, \=z^ = -r^ p= Segue da tutto ciò
che l'angolo di torsione, la saetta della flessione semplice, quella
della flessione complessa, ecc., hanno i valori
ecc.
L'ultima saetta è, più esattamente,
3iriSE*
[' + |('»-n)(4)]-
Nel caso della sezione ellittica i raggi X e ji hanno i valori o^ e '
La formola adoperata in pratica per esprimere Tangolo di torsione è
4%l
ui =
TcGab{a}+b^)'
Essa induce in gravi errori quando la sezione è fortemente eccen-
trica. Per correggerla bisogna prima di tutto calcolare Tintegrale
Il denominatore della formola esatta si cambia allora nel prodotto
di Os per
— 157 —
Dunque il vero angolo di torsione è
UJ =
izQa^lfi
Sempre superiore a quello degli empirici, questo valore è sufficien-
temente confermato da tutte le esperienze (*)• L'accusa fatta alla
teoria matematica della elasticità di non trovarsi in accordo col-
Tesperienza va dunque rivolta alle varie pretese teorie escogitate
per giustificare a posteriori e generalizzare oltre misura alcune
formolette empiriche, mettendo insieme ipotesi contraddittorie, in-
giustificate ed ingiustificabili. Le differenze che si trovano « si
prende V abitudine di attribuirle > dice Glebsch (**) « ad imperfe-
zioni detta teoria piuttosto che ad irregolarità commesse nelV ap-
plicarla. Sarebbe forse perchè questa confusione si produce troppo
spesso che la teo»*in è tanto discreditata in certi ambienti? »
(*) Vedi ana nota al « Tratte » di Glbbsch, pag. 209, ed altre note di Saint- Vbnant a
pag. 210 • seguenti.
(**) Leggi Tinteressante 8 38 del « Traiti ».
PARTE TERZA
XVlll. Alcune nozioni snlle coordinate curvilinee .... Pag. 159
XIX. Digressione sui parametri differenziali » 165
XX. Sistemi isotermi » 176
XXI. Equazioni generali deirelasticità in coordinate curvilinee . > 183
XXII. Elasfcicità negli spazii curvi . » 202
XVIII. ALCUNE NOZIONI
SULLE COORDINATE CURVILINEE.
1. Siano ^4 , ^2 » ^3 1® coordinate cartesiane d'un punto. L'equa-
zione A^i > ^2» ^3)==^ rappresenta, per ciascun valore di q, una
superficie. Se si considera q come un parametro suscettibile di
tutti i valori reali, l'equazione stessa rappresenta una semplice in-
finità di superficie. Si considerino ora tre famiglie di superficie
tali che tre superficie, prese comunque nelle tre famiglie, abbiano
generalmente un W punto comune. Questo punto sarà cosi indivi-
duato dai valori speciali che hanno i parametri ^^ , ^5 , q^ sulle tre
superficie che lo contengono. Perciò q^^q^y Q3 si possono assumere
come coordinate del punto. Le tre superficie
e le loro linee d'intersezione si dicono super-
ficie e linee coordinate del punto, e prendono
nome dai corrispondenti parametri. Cosi la
linea q^ è quella linea coordinata, lungo la
quale varia i^ solo parametro ^<, mentre la
superficie q^ è quella superficie coordinata / ^1
su cui resta costante il parametro q^. Questo ^
sistema di coordinate dicesi ortogonale se le superficie coordinate
sono, in ogni punto, perpendicolari fi:*a loro. Se ciò ha luogo, è chiaro
che anche le linee coordinate riusciranno fra loro perpendicolari.
..-^ié
■•I
— 160 —
2. Le derivate di cc^^ x^, x^ rispetto a q^ sono evidentemente
proporzionali ai coseni direttori della tangente alla linea Qt, nel
punto considerato, poiché muovendosi questo sulla detta linea, q^
varia come una funzione del solo arco percorso. I coseni stessi sono
dunque
1 òosi 1 dx^ 1 òx^
(1)
se SI pone
«.•=(ii)+(t )•+(•&)■■
Se poi con (T» si rappresenta l'arco contato, sulla linea g<, a par-
tire da un'origine arbitrariamente fissata, e se si osserva che i co-
seni (1) sono anche uguali alle derivate di x^, x^, x^ rispetto a a^,
si vede subito che dat=Qidqf. In altri termini Qi è il coefficiente
che bisogna dare a dq^ per ottenere l'elemento lineare, lungo la
linea q^. Questa osservazione serve appunto, nei varii casi partico-
lari, a far conoscere speditamente le funzioni Q^ , Q, , Q3 , che hanno
grande importanza in questa teoria. Quanto all'espressione generale
dell'elemento lineare, essa è manifestamente data, nei sistemi orto-
gonali, dalla formola
da' = Q^^dq,' + Q^^dq,' + 03*^3* ,
poiché, a meno di infinitesimi superiori, da misura la diagonale
d'un parallelepipedo rettangolo, i cui lati sono misurati da d(j, ,
da^ , da^.
3. Le derivate parziali prime di q^ sono proporzionali ai coseni
direttori della normale alla superfìcie q^ . Questi coseni sono dunque
uguali alle derivate stesse, divise per + /Ag^. Siccome poi la nor-
male alla superficie ^< non é che la tangente alla linea q^, si ha
1 hg.i 1 daJi 1 Mi 1 òa?a 1 òg< 1 òo^a
l/Ag< d^i Qi 02* ' y'Ag, ^^ Qi ò^i ' )/Ag^ ^^ Qi òqi '
fissando convenientemente il verso positivo delle varie direzioni.
— 161 —
Queste forinole, moltiplicate per -|^, 4^, -|^, rispettivamente,
e sommate, danno
Dunque
^^«'=i-
(3)
(4)
4. Ricordiamo che il determinante dei coseni degli angoli che le
rette d*una terna ortogonale fanno con quelle di un*altra tema or-
togonale, è uguale a +1, e si può sempre fare in modo che sia
uguale a -f- 1 > ^^^ V^^^ c^so avviene pure che ogni elemento del
determinante è uguale al proprio complemento algebrico. Siccome
il determinante
d^i d^i dxi
òqi
d3i
òqi
d«8
093
ÒXi
ÒX3
0^2 023
si deduce dal determinante dei coseni dividendo le verticali rispet-
tivamente per Qi, Qs^ Q3, si vede immediatamente che \^ = Q^Q^Q^.
Inoltre gli elementi di ciascuna verticale di V sono proporzionali
ai proprii complementi algebrici. D* altra parte si ponga per un
istante
+ E^
ÒX2 d'iCs
ò^fc òqtòqj ' ò2k òqiòqj off* òqiòqj
rappresentando con i,j, h una disposizione qualunque degli indici
1, 2, 3. La condizione di ortogonalità fra le linee Qì ^ q^, vale a
dire
^ òqj "òfirT ^ ' ^ òqj "" '
derivata rispetto a Qj,, dà Si + Sj = 0. Ne segue Si=S2 = s^ = 0,
Cbsàro, Teoria delV elasticità 11
i
_ 162 -
ed aireguaglianza ^k = si può, in virtù delle proprietà preceden-
temente richiamate, dar la forma
d^i d^i ò*Xi
òqt
Ò9j
da;,
òqidqj i
ò"a?s i
= 0.
(5)
dqt òq, òqtòqj
5. Ciò premesso, cerchiamo le linee di curvatura della super-
ficie Qf, Spostiamo il punto M su questa superficie, in modo che
dalla posizione if (^i , q^ , ^3) venga nella
posizione
M' (q + hq^ , g, + hq^ , q^ + hq^) ,
essendo 0^4=0. Perchè MM^ stia sopra una
linea di curvatura è necessario che avvenga
V rincontro delle normali, in M ed M', alla
superficie q^. Siano x^ — X -^ , x^ — X -r^ , ^3 — X -r^ le coor-
òqi Mi àqt
dinate cartesiane d*un punto della prima normale. Perchè questo
appartenga alla seconda normale bisogna che siano nulle le varia-
zioni delle coordinate nel passaggio da M ad M' , bisogna cioè che
si abbia
òq
hqi
L*eliminazione di X e ÒX conduce subito alla condizione
òqi
òa?3
òqi
hx^ b
òa?, ò
0^3 ò
òqi
òx^
òa?8
= 0,
— 163 —
equivalente a
da?i
òqi
òqj
òoc^
ÒX2
òqi
òqj
òx^
ÒX3
òqi òqj
òx* . , da?! V
^Q^ + ^H
Ò^^ì v^ I Ò^Xi .
òqi òqj
ò'a?2
òqtòqj
0^X3
òqMj
ÒQ3
^Qj +
òqiòqi,
òqiòqj,
Òqi òqi,
ÒQ^
Hi
= 0,
Scomponendo le colonne si ottiene, nel primo membro, una forma
quadratica di bqj e 0^;^, in cui i coefficienti di bqj* e bg^* sono
ÒXi òx^ ò^x^
òx^
ÒXi
ò'x^
òqi
d?,
òqiòqj
ÒX2
òx^
d»a?2
òqi
òqj
òqi òqj
ÒX3
ÒXs
ò'x.
òqi òqj òqi òq^
òq
òqi^
òqi
ÒXi
òqk
ÒX3
da?3
òqi òqi,
Ò^Xj
òqi òqi,
0^X3
òqi òqi, òq^ òqi
sono cioè uguali a zero, in virtù di (5). Resta il termine in bQj òqj, ,
il cui coefficiente non può essere identicamente nullo, altrimenti
tutte le linee uscenti da M sarebbero sempre linee di curvatura.
Dunque bqj = ò^j = 0. Si ha cosi il teorema di Dupin : in ogni
sistema triplo ortogonale, le superfìcie (U dice famiglie tracciano,
sopra una superficie qualunque della terza famiglia, tutte le sue
linee di curvatura (*).
6. Adunque per trovare i raggi principali di curvatura della su-
perficie ^1, nel punto M^ bisogna far spostare questo punto sulle
linee coordinate qj e g^^. Se rij ed rn, sono i raggi che si ottengono
in queste due direzioni^ i loro valori sono evidentemente dati dal-
Tespressione O.X, in cui \ si calcola mediante le equazioni (6). Sup-
pongasi, per esempio, che si voglia calcolare n^. In questo caso,
(•) Vedi Lamé: L9Qon$ sur les coordonnées eurviligtMi, §9 XXIII, XXIV; o Bianchi:
Lezioni di Geometria diferemiale (Pisa, Nittri, 1885-86, 8 122). Al prof. Beltrami si deve
an^altra interessante dimostrazione, fondata au considerazioni cinematiche (lZ«nd»con2i (ie2-
ristit'Uio lombardo, 1872, p. 483).
'>f
-•a
1
— 164 —
essendo òg<=0, ògi=0, si ha 6:=-r— .b^>, e però le equazioni
(6) diventano
ÒXi
àqj
do?! dX
àqt òqj
X ^'*^
dx^ dX
d(r< òqj
X ^"'^»
dqidqj
òx^ dX
òoSf do;,
. rianfìttii
0,
= 0,
= 0.
Moltiplicandole per -^^ , -^ , -p^. , rispettivamente, poi sommando
òqj oqj òqj
e tenendo conto deirort(^nalità delle linee Qt e Qj, sì ottiene
Dunque
1 _ 1 òft
(7)
7. Geometricamente la fonnola (7) si dimostra in modo assai semplice pren*
dendo sulla linea qj un arco infinitesimo MM', e considerando Parco NN' nel
quale si cambia MM' quando q^ diventa qt-^-dq^. Allora si ha
e la relazione evidente
Nir — MM' MN
MM'
*3
si trasforma subito nella formola (7). Questa serve prìnd'
palmente a far conoscere la segnatura adoperata da Lamé
nelle sue classiche € LeQons >. Costantemente preoccupato
di dar forma geometrica ai risultati dei suoi calcoli, Til-
lustre inventore delle coordinate curvilinee introduce sem-
pre, nelle formolo finali, le curvature degli archi coordi-
nati e le derivate rispetto a questi archi. Ciò contribuisce
a mettere in evidenza il vero significato delle formole
stesse € imperocché > — dice Laplace — « è interessante
figurarsi nello spazio ì risultati delVAnalisi, e reciproca-
mente leggere le modificazioni delle linee e delle superficie, e le variazioni del
— 165 —
movimento dei corpi, nelle equazioni ohe le esprìmono. Qaesto navvioinamento
della Geometria e deirAnalisi sparge nna luce nuova sulle due scienze : le ope-
razioni intellettuali della seconda, rese sensibili mercè le immagini della prima,
sono più facili a comprendere, più interessanti a seguire ; e quando Tosservazione
realizza queste immagini, e trasforma i risultati geometrici in leggi naturali, la
yista di questo sublime spettacolo ci fa gustare il più nobile fra i piaceri riser-
vati airumana natura >.
XIX. DIGRESSIONE
SUI PARAMETRI DIFFERENZIALI.
1. Data una funzione V delle coordinate cartesiane ortogonali
■00,, co^yW^, le (unzioni
<5lie si chiamano i parametri differenziati (*) di F, del primo e del
secondo ordine, hanno la proprietà di non dipendere dal sistema di
assi, rispetto al quale vengono calcolate. Infatti è facile dimostrare
«he, se si fa ruotare la terna ortogonale di assi arbitrariamente, i
valori dei parametri differenziali, in ciascun punto, restano inva-
riati (**). Ciò si deve ai significati geometrici e meccanici dei para-
(*) Considerati ia prima volta da Làu6. Vedi le « LsQon» sur lés eoordonnées curvi-
lignea », S UI. Chi voglia conoscere la teorica generale dei parametri dlfferensiali, stabi-
lita sopra basi puramente analitiche, legga una Memoria del Prof. Bbltrami, pubblicata
^a.\V Accademia di Bologna (voi. Vili della %* serie, p. 549) ed un'altra del Prof. Riooi negli
' Annali di matematica (voi. XIV della 2* serie, p. 1).
(**) Per una rotazione infinitesima degli assi {cfr. p. 80, § 3) la prima e la seconda de-
rivata di V rispetto ad Xi variano di
^ àv ^ òv ^/ ÒV ^ ò*ìr \
Oa?B Oajj \ OxiOoCi OxiOooJ
e però le metà delle variasioni di A r e A* F sono
— 166 —
metri stessi, significati indipendenti daU' orientazione degli assi.
Per esempio, sia V^ la media dei valori che la finzione V assume
sopra una superficie sferica, di raggio infinitesimo r, e V^ il valore
di V nel centro della sfera. Se si trascurano gli infinitesimi di or-
dine superiore al secondo, si ha
supponendo che tutte le derivate siano calcolate nel centro delia
sfera. Si moltiplichi per 6fó, e si integri a tutta la superficie sfe-
rica, osservando che
Si ottiene, dividendo per sr^.
lim-!-^^^ = 4A«F.
Una eguaglianza analoga si può stabilire per A V, considerando la
media dei valori di F*. Tali eguaglianze rendono evidente la pro-
prietà invariantiva di AF e A^F.
2. Siano a^ , a^ , Og i coseni che definiscono una direzione qua-
lunque. L*integrale di Oiajds, esteso ad una superficie sferica di
raggio 1, ha il valore -q- o il valore 0, secondo che i=^j o i^j*
In&tti nel primo caso si può scrivere
Oi^ds = cos^esenedOt^Mi = 2n cos^esenOdG = ^ ,
e nel secondo
= I sen*e cosG cosi|i dQd\^ = 0.
\^^^^=^\
— 167 —
Ciò premesso, la derivata di V nella direzione considerata è
dV ^ òV . ÒV, ÒV ,,,
Ne segue, quadrando, moltiplicando per ds ed integrando a tutta la
sfera.
i(
Similmente, se si osserva che
si ottiene, moltiplicando per ds ed integrando.
\
Dunque i valori di A*F e AF sono proporzionali ai valori medi!
delle derivate seconde e dei quadrati delle derivate prime in tutte
le direzioni che si possono considerare intorno a ciascun punto (*).
3. Il significato invariantivo di A F si può anche dedurre imme-
diatamente dalla formola (1), considerando la direzione definita da
coseni proporzionali alle derivate «prime di F. Sia 6 l'angolo di
questa direzione con l'altra (a^ , ag , a^). Alia (1) si può dar la forma
dV
da
= f/AF.cose.
dV
li massimo valore di -^ si ha dunque per 0:=:0, ed è appunto
j/af. In altri termini (/AF è la derivata di F nella direzione
secondo la quale più rapidamente varia la funzione. Si noti che
questa direzione è precisamente quella della normale alla superficie
(•) Boumsinbsq: « Courè d'Analyse infìnitésitnalé » (t. I, 2"« fase, pp. 57, 71).
jf.-
- 168 —
F=: costante. Similmente dalla formola (2) si deduce che le dire-
zioni per le quali è nulla la derivata seconda costituiscono un cono
quadrico, ed è ovvio che questo non può dipendere dagli assi. É
dunque in^oarian^ il discriminante della forma quadratica (2), hes-
siano della funzione F, e godono della proprietà invariantiva anche
le somme dei suoi minori principali del primo o del secondo ordine,
ed in particolare A' V. Altre interessanti interpretazioni si possono
dare dei parametri diflTerenziali. Tutte concorrono a dimostrare che
« il parametro differenziai secondo è, per cosi dire, la derivata per
eccellenza, una derivata che esprime ciò che di più generale si ha
nel modo di variare della funzione » (*). Perciò il detto parametro
ha importanza altissima in tutti i rami della Fisica matematica.
« Quando una classe di fenomeni fisici dipende dalle variazioni
d'una certa funzione, quasi sempre questa interviene per mezzo
del suo parametro differenziai secondo, come se questo fosse una
derivata naturale, più essenziale, più semplice ed in pari tempo
più completa di tutte le derivate parziali, più o meno arbitraria-
mente scelte, che si ha l'uso di considerare > (**).
4. I parametri differenziali si presentano anche molto naturalmente quando si
fa uso dei quaternioni {***), o numeri complessi risaltanti dalla riunione, per via
additiva, d'uno scaìare (numero reale, privo del senso di direzione) e d'un vettorej
che nello spazio definisce, in grandezza e direzione, un segmento rettilineo, me-
diante le sue proiezioni su tre assi ortogonali qualunque. Co^ lo spostamento
(UyVfW) d'un punto è un vettore ui = tu -^jv -{-kWy e la doppia rotazione del
mezzo è un altro vettore ^ = t^ -hÌ^ + ^^> iJ^ cui le unità t,i, k, linear
mente indipendenti, sono soltanto soggette alle condizioni
t'=/^ = A;' = — 1 , iifc=^ — /iy = t , Jci= — ik=j , ifz=z^ji = k.
E invece scalare la dilatazione 8. Quando si applica l'operatore (****) di Hamilton
òx^'^^'^ òz
(*) BOUSSINBSQ, loc. cit., p. 72.
(**) Lame : « Legons sur les coordonnéea curvilignea », § XV.
(***) Consiglio vivamonte al lettore lo studio dei capitoli « Cinematica » ed « Applica-
zioni fisiche » nel Trattatp elementare dei quaternioni di Ta.it.
(••••) Tait, loo. eit.f seconda parte, p. 35.
— 169 —
allo spostamento, intendendo conservate le proprietà delFordinario calcolo alge-
brico (tranne, per necessità, la proprietà commutativa della moltiplicazione), si
ottiene
vale a dire che la condensokzione e la doppia rotazione del mezzo sono rispetti-
vamente la parte scalare e la parte vettoriale di Vui. Qaando invece Poperatore
V si applica ad uno scalare, si può soltanto dire che il quadrato del modulo del
risultato è precisamente uguale al parametro differenziale del primo ordine dello
scalare stesso, cioè |V|'=A. Ripetendo ancora sul primo risultato Toperazione V
si ottiene
e ciò resta vero, manifestamente, quando si opera sopra un vettore, di guisa che
il parametro differenziale secondo non è, a prescindere dal segno, che il risultato
di due operazioni V» applicate successivamente. Qui è utile segnalare la sempli-
cità grandissima che assumono i problemi di elasticità quando si fa uso dei sim-
boli testò definiti. Le tre equazioni indefinite deU*equilibrìo elastico nei mezzi
isotropi (IV, § 5) si riassumono neirunica qF= V<p, dove ^ è il vettore rap-
presentativo della forza di massa, cioè iX -\'jY'\- kZ , e (p rappresenta il qua-
ternione — AQ-\-B^, leggiera modificazione di Vui. Del resto, Tintroduzione
del vettore Q^iU-^jV-^kW^ considerato nel cap, XII (§§ 4, 5), permette di
scrivere, innanzi tutto, VQ=4ir<p, e finalmente V*Q=4it^. Cosi è resa ma-
nifesta la possibilità di ridurre sempre le quistioni di elasticità al problema di
Dirichlet. Queste considerevoli semplificazioni non devono recar meraviglia quando
si rifletta che * spesso in Fisica, per ragionare, non per calcolare, è desiderabile
evitare Tesplicita introduzione delle coordinate cartesiane, ed è vantaggioso fis-
sare Tattenzione sopra un punto dello spazio, preso in sé, non sulle sue tre coor-
dinate, come sulla grandezza e la direzione d*una forza invece che sulle sue tre
componenti. Questo modo di considerare le questioni geometriche e fìsiche è più
naturale delibai tro, e si presenta primo alla mente; nondimeno le idee che ne
derivano non ebbero il loro completo sviluppo fino al giorno in cui Hamilton fece
un secondo grande passo nello studio dello spazio mercè Tinvenzione del calcolo
dei quaternioni > (*).
5. Espressione di A 7 in coopdinate curvilinee. Si ha
òxi òqt ò«7» ' òq^ òooi ' d^s òa;» ' ^ » *- > ;
(*) Cosi «i esprime Mazwbll nei prelimiDari (§ 10) dei suo immortale « Trattato di ela-
sticità e magneH$ino ». Qui non so astenermi dal consigliare anche Finterà lettura di questi
preziosi preliminari.
— 170 —
Quindi, elevando al quadrato e sommando, e tenendo conto delFor-
togonalità delle superficie coordinate e della formola (3) del prece-
dente capitolo,
I
6. Espressione di AT in coordinate curYillnee. Prima
trattiamo il caso particolare V^q^. Dalla formola (4) del prece-
dente capitolo si deduce
òx/ ~ òqi òXj Q* ' §<« òxj òqt '
poi, facendo i = 1 , 2 , 3 e sommando,
^ ^*^ òq, Qf ^ Qi' Zj àx^ òqr
i
Ora, osservando la predetta formola (4) ed invertendo l'ordine di
certe differenziazioni, si ha
òXj òqt òosj dji òqt *" òXj d& dqi ' òXj òq^ òq^
_!_ òosj ò ÒXj . ^ dxj ò àXj , _1_ ÒXj ò àxj
~0i'^ dg< òqi "^©a" dgi òqi òq^ "^Oa" òqa òqi òqs '
Ne segue, sommando,
V^ _ò_ d^ __ l f ÒXj ò òxi . òx^ ò àx^ i àx^ ò àx^ \
Zj ^i ^^i """ Q\ \ d«i Hi òqx "^ ò«i Hi d«i ' òffi Hi ò«i /
j 1 / òa?| d òa?i . ÒJgg ^ òx^ I 0^3 5 ^^8 \
QfVHì^i^^ ^ii òqi òq^'HÀ'WiM^]
ft' \ òga dg', òqz òqz òqi òq^ "^ òq.z òqi òq^ ) '
Intanto, se si tiene presente la definizione di Qk {forni. 2 del cap. pre-
cedente), si ha
òx^ ò àx^ 1 òa?2 ò ^x^ 1 ^^8 ò àx^ i_A-n» n ^^^
òqi òqi òqi "^ òq^ òQì òqi "^ òq^ òqi dg* "" 2 dg< * """ * òg* '
— 171 —
Dunque
Là òxj òq, - ft òqi ^ Q2 ò^i ^ Qs òli ~ òqi '"«^^^^«^s »
e conseguentemente
^* òqi Q^^ Qi^ òqi V\ d«i ft'^ ft» òqj V off. ft»' ^ ^
7. Passiamo al caso generale. Si ha
F__Y ÒV ò«gi I y ^gi à òV
^i' .Zj àqt d^i' i£j d^i da?j òq^
Quindi, facendo ^'=1,2,3 e sommando,
ZmJ ^qi Lmà \ ^^1 d^l dg* d^2 ^^2 dg* ^^3 d^3 Mi I '
i i
L'espressione sottoposta al secondo segno sommatorie si può anche
scrivere cosi:
J_ /_d^_d__òF^ , ^ J_^ , ^J_ Ji_F\ _ 1 ò ÒV
Qi^ \ hqt òx^ òq^ "^ òq^ òx^ òqt "^ òqf òx^ òq^ ) "" ft« òq^ òg^ '
Dunque
poi, in virtù di (4),
cioè
È questa l'importantissima formala di Lamé (*).
(*) « Legons ...»,§ XIV. La dimostrazione qui data non differlBce, in sostanza, da quella
che Lamé stesso ha svolto nei S§ XII, XIII, XIV delle sae « Legons ». Una formola più
generale, relativa al caso di n variabili, si trova nella Teorica dei determinanti (p. 08)
del Prof. Brioschi.
^
— 172 —
8. Applichiamola al sistema delle coordinate polari. In questo sistema si ha
una famiglia di sfere concentriche, nna famiglia di
coni di rotazione^ col vertice nel centro delle sfere
e Tasse comune^ e finalmente un fascio di piani col
medesimo asse. I parametri sono il raggio r di cia-
scheduna sfera, Pangolo 6 che le generatrici d'uno
stesso cono fanno con Tasse di rotazione^ e Tangolo
\|i di ciascun piano con un piano fìsso. In ogni punto
incrociansi ad angoli retti un raggio, un meri-
diano, un paraUéh. Lungo queste linee, che sono
le linee coordinate, gli elementi lineari sono dr,
rdB, rsenBd^i, D'altra parte si sa che questi ele-
menti sono espressi da Qidr , Q^dQ, Q^dì^, Dunque
ft = l » Q% = r y §3 = rsene , tC^ = r*sene ,
e la formola di Lamé diventa
A817 ^ FM 2^^\ I 1 d / a^^\ . 1 ^"n
^^=7^lrri^-òF)+sii^^r^®w)+s-si^vJ-
9. Seconda dimostrazione (*). La formola di Lamé si presenta in
modo abbastanza semplice quando si cerca di stabilire l'equazione
generale della teoria del calore in coordinate curvilinee. Rappre-
sentiamo con V la temperatura nei diversi punti d'un mezzo omo-
geneo ed isotropo, e cerchiamo di esprimere la quantità di calore
che, durante il tempo dt, attraversa un elemento piano ds. Pren-
diamo un elemento infinitamente vicino e parallelo al primo, alla
temperatura V+dV, ed immaginiamo cosi formato un muro di
spessore infinitesimo dn. È noto (**) che la diffe-
" ronza V — (V-\-dV) delle temperature sulle due
facce del muro, divisa per lo spessore e molti-
plicata per un coefficiente e, detto coefficiente
di condìicibUità calorifica, dà la quantità di calore che passa du-
rante l'unità di tempo per l'unità di superficie. Dunque il flusso di
calore che attraversa ds durante il tempo dt è
cdsdt
V-(V+dV)_
dn
= — c^-dsdt,
dn
(•) Anche dovuta a Lamé : « L6Qon$ ... », g XVI.
(••) Vedi, per esempio, Ja.min, « Cour$ de physique », 2""' ed., t. II, p. 335.
.1 • ^ -■■ -^
— 178 —
Ciò premesso, si consideri il parallelepipedo costruito sugli elementi
lineari dai= Q^dq^ , (/=1 ,2,3). Esso riceve, attraverso la faccia dsu
e òV
una quantità di calore espressa da — 75- -r—-dSidt, e perde, at-
traverso la faccia opposta, la quantità
dimodoché resta nelVelemento di spazio la quantità di calore
La quantità totale di calore che l'elemento dS acquista nel tempo
dt è dunque
cdSdt^ ò /y dV] ,
D*altra parte è noto che questa quantità di calore dev'essere pro-
òV
porzionale all'elevazione di temperatura, -rrdt, ed alla massa pdSy
e che il coefficiente di proporzionalità è il calorico specifico C.
Dunque l'espressione (6) equivale a
• dV
C^pdSdt .
Co
Dal paragone risulta, chiamando h la costante —,
V ZjàqAQi'àqJ'^'' òt'
Il secondo membro, in forza del suo significato fisico, non può di-
pendere dal sistema di coordinate prescelto. Dunque il primo membro
conserva inalterato il proprio valore quando si specializza il sistema
di coordinate. Nel caso delle coordinate cartesiane esso diventa A*F
perchè si ha qi = Xi, 0» = 1 , V = 1. Resta cosi dimostrata la for-
inola di Lamé, e nel tempo stesso sì vede che la propagazione del
■■«ili
— 174 —
calore nei mezzi omogenei ed isotropi è regolata AdlVeqtmzione di
ÒV
Fourier A' F= h-^. In particolare si osservi che, se un corpo è in
equilibrio di temperatura, dev'essere soddisfatta l'equazione A*F=0
{equazione di {*) Laplace), in tutti ì suoi punti.
10. Trasformazione di intografl. Sia V ana funzione finita, con-
tinna ed uniforme, e bì consideri rinterrale triplo
ròVdS
Per una linea q^ conduciamo le superficie q^ e q2i e consideriamo le due saper-
yr ficie infinitamente vicine, ffj + ^^j e ffa + dg^s-
>>^ Queste quattro superficie staccano dallo spazio un
%'^-^^n/-'^^^^ ] canaletto. Scomponiamo il corpo in una infinità di
simili canaletti, che supporremo percorsi nel senso
in cui si computano le ^i , e distinguiamo con in
dici ed 1 rispettivamente tutto ciò che si rife-
risce ai punti di entrata e di uscita dei canaletti sulla superficie del corpo. Ciò
premesso, l'integrale considerato si può scrivere cosi
Ciascun canaletto stacca dalla superficie un elemento dsQ o ds^ , la cui projezione
sul piano tangente alla superficie q^, nel punto che si considera, dà la sezione
retta del canaletto, cioè un rettangolo che ha per dimensioni Qgdq^ , Qadq^-
Siccome Tangolo della linea qi con la normale alla superficie del corpo è acuto
all'entrata, ottuso all'uscita, si ha
QiQs dq^dq^ == ^o cos (n^ , ^i) all'entrata , Q, Q^ dq^ dq^ == — cfoj cos (% , ^i) all'uscita,
e però
Il l^i^22<^23— Il Vodq^dq^
_ f FiCOs(ntgt) f FoCosCnoffi) , ( Vcos^^q^
Dunque
In questa formola è inclusa la (9) del cap. I.
(*) e Mécanique celeste » (liv. ni, XI).
— 175 —
11. Terza dimostrazione (*). La trasformazione (7) ci mette in
grado di esporre un'altra beila dimostrazione della formola di Lamé.
Si consideri l'integrale
J=z[ù^V.dS ,
e vi si faccia variare V. In virtù di (3) si può scrivere
dS
V
poi, prendendo le variazioni ed integrando per parti,
1 >^_,f / V ÒFÒÒF yòFòòF. tj hV òhV\dS
"J Ld?. Ift' dqt'^ì^ òq,\Qt^ òg, ì^ òg, \ Q^ d?,*"^ )J V
Adoperando (7) si riconosce che il primo integrale si trasforma in
f dF
Cioè in "■ p> ^ • ^ ^- I>unque
In particolare, prendendo coordinate cartesiane,
iòJ = — jòF^rf5 — jòF.A'F.
as
(*) Dovuta a Jacobi (2° voi. delle « ìiaih. 'WwM.e »).
— 176 —
Eguagliando le due espressioni di bJ, ed osservando che le b F re-
lative ai diversi punti del corpo sono completamente indipendenti
le une dalle altre, si vede che dev'essere vera in ogni punto dello
spazio la formola di Lamé.
XX. SISTEMI ISOTEBMI.
1. 8upepfflolo di llv^llòp equlpotenzlalip isotermep isosta-
tiohe. Benché non tutto ciò che siamo per esporre abbia impor-
tanza diretta nella teoria della elasticità, crediamo sommamente
utile parlarne^ sia per dare maggiore evidenza alla teoria delle
coordinate curvilinee, sia per mettere in' luce i l^ami esistenti fra
i diversi rami della Fisica matematica. In tutte le teorie matema-
tiche dei fenomeni naturali si è condotti alla nozione d'una certa
funzione, ed allo studio delle superficie su cui questa funzione resta
costante : sono esse le superficie di livello nell'idrostatica, le super-
ficie equipotenziali nella teoria dell'attrazione universale, le super-
ficie isoterme nella teoria del calore. Dal punto di vista geometrico
non si hanno differenze essenziali fra tutte queste famiglie di su-
perficie. Ci basterà dunque parlare delle superficie isoterme.
2. Se un corpo è in equilibrio di temperatura, esso si può con-
siderare come il luc^o geometrico d'una infinità di superficie, su
ciascuna delle quali è costante la temperatura F. Se ^ è il para-
metro di questa famiglia di superficie, dette isoterme, F non può
variare se non varia q, e però F è funzione soltanto di q. Quindi
si ha, successivamente,
ÒXi ~ dq dxi ' ÒXi^~~ dq ÒXi^ '^ dq^ \ dxi } ' ^*— ^' ^' "^^
poi, sommando,
— 177 —
Abbiamo visto cbe per l'ettuilibrio di temperatura deve essere
à,*V=:0. Ne 8^:ue
(1)
Se si osserva che il secondo membro è funzione della sola q si ar-
riva alla seguente conclusione: Perchè una famiglia di superficie,
di parametro q, sia isoterma, è necessario che il rapporto dei
parametri diff'erenziali di q sia funzione di q soltanto (*). Questa
condizione è anche suf/ìciente. Infatti, supponendo che si sia tro-
vato il rapporto dei parametri differenziali dì q espresso da t(»{q),
cerchiamo di determinare V. L'equazione (1) diventa
d , dV , ,
^'«8-^— <P(e).
e se ne deduce, con due interazioni successive, F=Xt-|-|ì, con
\ e ^ costanti arbitrarie, e
Lji funzione t dipende da q soltanto. Si può dunque assumerla come
parametro della famiglia di superficie, distinguendola da q col nome
di parametro termometrico, poiché verifica l'equazione delle tem-
perature stazionarie A*t = 0. Si osservi che l'adozione del para-
metro termometrico introduce semplificazioni notevoli nei calcoli io
coordinate curvilinee. In particolare, se s, , s, . q^ sono i parametri
termometrici d'una triplice famiglia di superficie coordinate, la foi^
mola di Lamé diventa
&'F . 1 a'F
Basta, per accertarsene, supporre A'»/,^0 nella formola (5) del
precedente capitolo.
(■) Propoaìiìnae irapanaiiM, dorata a L&u£: • Lisoiit
C««Aao, Taoria OaW Eìailicità
— 178 —
8. È utile conoscere alcone famiglie di superficie isoiernie. In primo luogo
facciamo osservare che le famiglie costituenti il sistema delle coordinate polari
sono tutte isoterme. Infieitti per le sfere concentriche si ha Xi^ -\- x^* -{• ic^ = r'^]
quindi
òr Xi òV 1 «t* A t A» 2 AV 2
Se poi si vuole il parametro termometrico, si ha
<p(r) = J , jq)(r)dr=.21ogr , j«-/»"ì*<fr = j J= i ,
I
e si può prendere t=ss — . Con ciò si può conoscere la distribuzione della tem-
peratura in un involucro sferico le cui superficie terminali siano mantenute a
temperature costanti Fq e Fi . Si ha infatti F = — |- |ui , e le costanti X e ^
T
ai determinano mediante le equazioni — [- |yi=B Fq , — f-|ui=:Fi. In modo ana-
logo si dimostra Tisotermìa delle famiglie di coni e di piani, i cui parametri
termometrici sono rispettivamente logtg^ e hi.
a
4. Tre interessanti famiglie di superficie isoterme sono poi fornite dalle super-
ficie omofocali del secondo ordine. Queste sono rappresentate dairequazione
in cui si deve sapporre a^ = , os = 6 , 03 == e. Si hanno eUissoidi per q supe-
riore a & e e; iperbohidi ad ima faida per q compreso fra b e e; iperboloidi
a due falde per q inferiore a ò e e. Si hanno dunque tre famiglie di superficie,
ed è noto dalla Geometrìa analìtica che queste famiglie sono fra loro ortogonali
due a due. Ora dimostreremo, mediante la regola di Lamé» che una qualunque
di queste famiglie è isoterma. Derivando parzialmente (2) e ponendo
(2' - cti V ^ (2^ - a,7 ^ (2^ - «3')» '
si ottiene
7^ = ^«£' (.•=1.2,3) (3,
poi, quadrando e sommando,
1
A2 =
Mq
t •
— 179 —
Similmente si ottiene, dopo una nnova derivazione,
_l_+_!_+_J_
-«^ + «,A., + 5^(g^+g),g;. ,4,
Tir ^i' I ^2 i ^
^ "" r«« — rt »ì« "" r/»« — rt.«ì3 "r r/»5 — «v«^3 »
Ora, ponendo
'^■^ (2» _ a,«)* ^ (2* - 0/)' ^ (3* - ai
si ha
ÒM_ 2xi òq
e però
òq_
i i
Del resto, in virtù di (3),
(2*— at«)« iJfg Z/ te' — a»*;» ilfg'
« i
Per conseguenza
e Teguaglianza (4) divenia
-i 5 + -i i + -1 9 = -« + ^gjA'ff .
2 — Oi* 2* — «2 2' — «8 2
Dunque, finalmente,
5. Molto interessanti, anche dal punto di vista della pura Analisi, sono le
famiglie di superficie coordinate, costituite come segue: una famiglia di piani
paralleli, e due famiglie di cilindri perpendicolari a questi piani ed ortogonali
fra loro. Vogliamo dimostrare che, se una famiglia di cilindri è isoterma, anche
la famiglia ortogonale alla prima è isoterma. Qui si ha Q, = 1 , mentre Qi e
— 180 —
Q^ sono fanzioiii di gì e g^, ma non di qt^^»». È noto {cap, XVII, form. 8;
cap. XVni, fonn. 4) che
A 1 A* 1 d V
poi
cioè
Per eonsegaenzft
Se la fiuniglia gì è isoterma, la regola di Lamé (§ 2) d dice che '** non di-
pende àsL q^, e Taltima equazione fa yedere che, in tal caso, -^-^ i^on dipende
da gì . Dunque la famiglia gi è isoterma. Se per gì e g^ si prendono i parametri
termometrici, le formolo (5) mostrano che -^ è costante. È chiaro che un pa^
Vi
rametro termometrico si può sempre moltiplicare per una costante, senza che
perda la sua proprietà caratteristica. Allora, in virtù d*una nota formola {cap. XVII,
form. 3], la corrispondente funzione Q risulta moltiplicata per una costante. Si
può dunque fare in modo che il rapporto ^ sia uguale all*unità. In tal caso,
1 ''
ponendo Q^=Q^=s — ^ la formola di Lamé assume la forma semplicissima
6. Si possono costruire infinite coppie di famiglie di cilindri isotermi ed orto-
gonali, prendendo i parametri gi e g^ uguali rispettivamente alla parte reale ed
al coefficiente di y — 1 in una funzione della variabile complessa x^-^-x^ \/ — 1.
È noto che si ha
ògi^ògs M» = __^
e si vede subito che A'gi = 0, A'g9 = 0. Ciò prova Tisotermìa delle dne fa-
miglie di cilindri, e mostra in pari tempo che gi e g^ sono appunto i parametri
termometrici delle due fikmiglie. Inoltre si vede che
ò^i òga I ògi ^ga ^ q
e questa è precisamente la condizione di ortogonalità. Inversamente è facile ve-
— 181 —
dere che la costruzione precedente fornisce tutte le possibili famiglie di cilindri
isotermi ed ortogonali. Si è visto infatti che in tali famiglie si può sempre sup-
porre Q^ = Q2, cioè
'il ~^\òXil '^[òxj '^[dxj '
1/ vda?i/ \òx^l \òXil '
òx
ovvero
di
D'altra parte si ha, per esprimere Tortogonalità, Tegaaglianza
ògi . òq% _ ògi . òga
dXi òx^ òx^ òx^
Moltiplicando questa per 2]/ — 1, sommando con Pegnaglianza precedente ed
estraendo la radice quadrata, si ottiene
òg
òx
cioè^ simultaneamente,
i+».'^-d=(g-g'^) '
da?! òx^ òx^ òxi
Dunque q\'\-q%V — 1 è funzione di aJi + aJjV — 1.
7. « Se ridrostatica e la teoria del potenziale hanno introdotto
le famiglie di superficie di livello equipotenziali, la teoria del ca-
lore quelle di superficie isoterme, è la teoria matematica deirequi-
librio di elasticità nei corpi solidi che ha dato luogo alla conside-
razione di tre famiglie conjugate ed ortogonali. Risulta infatti da
questa teoria che in ogni punto d*un solido in equilibrio di elasti-
cità esistono sempre tre elementi piani ortogonali, sollecitati nor-
malmente dalle forze elastiche. Se dunque si considerano contem-
poraneamente queste terne di elementi in tutti i punti del corpo,
variando in modo continuo le loro posizioni, esse formeranno (*) tre
(*) Disgraxiatameate queste superficie non esistono, in generale; poiché se, in nn piano,
una coppia di direzioni ortogonali, definita per ogni punto, paò sempre considerarsi come
quella delle tangenti, in questo ponto, alle due linee d'un sistema doppio ortogonale, nello
spasio inyece non ha luogo Tanaloga proprietà per una terna ortogonale di elementi piani,
pure definita in ogni punto. WBiNaA.BTBN, in una Memoria « Zur Théorie der iiostatisehen
Flàchen » (GiomaU di Creile, 1881, p. 18), ha fatto la ricerca delle condisioni restrittive
sotto le quali si yerifica Tesistensa d*un sistema isostatico. La questione si può anche trat-
tare mediante le « Formale par lo studio delle linee e delle tupsrficie ortogonali » syì-
inpp&te dal Prof. Beltrabii nei Rendiconti delV Istituto lombardo (1872, p. 474).
— 182 —
famiglie di superficie ortogonali, costituenti ciò che si chiama un si-
stema isostatico, e dotate della proprietà fondamentale di essere le
sole superficie sollecitate normalmente dalle forze elastiche... Si
capisce che ogni sistema ortogonale può diventare occasionalmente
ìsostatico, quando quelle sue superficie che formano le pareti del
solido subiscono pressioni normali : basta che i segni e le intensità
di queste pressioni variino convenientemente da un punto all'altro
della superficie. La proprietà di essere isostatica è dunque di na-
tura ben diversa da quella di essere isoterma, che appartiene sol-
tanto a certe famiglie di superficie. Ma la vera proprietà fondamen-
tale di ogni sistema isostatico è la riunione obbligata di tre famiglie
di superficie e la loro ortogonalità necessaria. È da questa proprietà,
cosi nettamente caratterizzata, che è sorta Tidea delle coordinate
curvilinee... L*uso di queste è indispensabile quando si vogliano
trattare corpi di determinate forme nei varii rami della Fisica ma-
tematica, nei quali, infatti, si tratta sempre dlntegrare, vale a dire
di determinare una o più funzioni che debbono verificare una o
più equazioni alle derivate parziali seconde, esprimenti le leggi
fisiche cui obbediscono le funzioni stesse. Ed inoltre queste funzioni
o i loro integrali generali debbono verificare altre equazioni alle
derivate parziali prime per tutti i punti della superficie del corpo
che si considera. Ora questo problema di doppia integrazione sa-
rebbe completamente inaccessibile se non si pervenisse a riferire i
punti del corpo ad un sistema di coordinate tali che la superficie
sia rappresentata uguagliando ad una costante una delle coordi-
nate Se ridea delle coordinate curvilinee è venuta dalla teoria
matematica deirelasticità, è anche in questa teoria che il nuovo
strumento conduce alle leggi più complete ed incontra il maggior
numero di applicazioni. Le equazioni deirelasticità, trasformate me-
diante i diversi parametri del sistema ortogonale, si presentano sotto
la forma che meglio si presta alle integrazioni ... I sistemi di coor-
dinate caratterizzano le fasi o le tappe della Scienza. Senza l'in-
venzione delie coordinate rettilinee l'Algebra sarebbe forse ancora
al punto in cui la lasciarono DioDante ed i suoi commentatori, e non
avremmo nò il Calcolo infinitesimale nò la Meccanica analitica.
Senza l'introduzione delle coordinate sferiche la Meccanica celeste
sarebbe sfata assolutamente impossibile. Senza le coordinate el'**-
tiche, illustri Geometri non avrebbero potuto risolvere parecc
questioni importanti di questa teoria, che restavano sospese ; e
regno di questo terzo genere di coordinate speciali comincia app£
Ma quando esso avrà trasformate e completate tutte le soluzi
della Meccanica celeste, bisognerà occuparsi seriamente della Fi:
matematica o della Meccanica terrestre. Allora verrà necessa
mente il regno delle coordinate curvilinee qualunque, che sole
tranno trattare le nuove questioni in tutta la loro generalità »
XXI. EQUAZIONI GENERALI DELL'ELASTIOF
IN COORDINATE CURVILINEE O.
1. Abbiamo visto che l'elemento lineare è dato, in coordin
curvilinee ortogonali, dalla formola
da' = Q*aq* + Qj'rfj,; + 0,*d5,'.
Ne s^ue, facendo variare la posizione di ciascun punto,
dabda = Qi'dq^MQi + Q^'dqibOq^ + Q^dq,hdq,
4- Qi^Qt ■ di* + Qt^Qt • dffì' + Q^^Q» ■ d«s*-
Se a^ , o^ , a, sono i coseni direttori dell'elemento si ha
„-n*L „_ni?L „-n-^
(•)Lui£: < Ltoant tur 1» eaord. eurvilignti r. Diiooon préllmiiiaìn, e K§ CSLVIll
(••) Vadl aagll Annali dt Uaumatiea (ISSI) 1> MamorU del Prof. Biltuhi : ,
tquaiiont guurali Ml'tlatiicilà.
— 184 —
e Teguaglianza precedente si può scrìvere cosi :
da — "*^* da +^^* da +"»^' ÌT ^ "* er + "« "ft" + ^ "ft"
Ora si osservi che
Quindi
hda
da
4-
~ *^' \ ft òq, ^Q, òq, ^Q, dq, j + "^^ "oT
•^MOi àq;^Q,-ò^-^Q,-ò^ì'^''^-Qr
Per conseguenza, se si pone
5e, = ^4-^^« , bu,, = ^^ + |L^ (1)
« dga Oa ' * <?i dgt ^ <?3 d^3 ^ '
si ottjene
(7a
=04*084 +-a2*ò9j+-a3«òe3+aja3Òu)4+a3a4Òu),+a,a«òuÌ8. (2)
2. Equazioni generaii. Prendiamo il corpo già deformato ed
equilibrato sotto l'azione delle forze di massa {F^clSy F^dS, F^dS),
delle pressioni in superficie {(Pids, cp^ds, (p^ds), e delle forze in-
terne. Immaginiamo, intorno a questa posizione di equilibrio, un
moto virtuale, che conduca ciascun punto (^i,^^,^,) ^^^^^ Posi-
zione ((Zi+^^i, Qi-^-^QiJ ^8 + 0^3), essendo arbitrarie per ogni
punto le variazioni b^^ , bq^ , bq^- Il lavoro delle forze esterne è,
per ciascun punto del corpo.
per unitò di volume, e per ciascun punto della superflc
per unità di superficie. Quanto al lavoro delie forze int
è unicamente dovuto all'alterazione delle distanze relativ
del corpo, e però dipende, in virtù di (2), dalle variazioi
b% , hai, , l>u>, , btu, . Poiché queste sono piccolissime per
detto lavoro, computato in ogni punto per unità di voi
rappresentato da un'espressione
in cui le 6 e le C} sono certe funzioni di QitQt.Qi. Va
del princ^Ho di Lagrangia conduce dunque all'eguagli
+ [(e.&e. + e,i>e,-f ■■•+Ss&iu3)*s=o.
Cerchiamo ora di svincolare, col solito processo, le vari
Òg, , bg, nel terzo integrale, in modo da ferie comparir
mente, come nei primi due integrali. Sì ha, ricordando
Int^rando per parti, ed utilizzando una nota (XIX, § i
mazione, si riconosce che il primo integrale equivale a
079,
òq,
— Q,QiCOsinqi)bq,ds — \bqi-^-^ — ■
1
— 186 —
Ora si ha
dS
V
=-J0.Q,c(»(n«,)lKr,*-|(i9.^^i5.|.
Per conseguenza
I Q^b{jj^dS = — [QiGOs{n/^)òq^ + QiCos(nq^)bq^]Q^ds
J ^ àqs ^« ògj *'/ V
Il lavoro delle forze interne si compone dunque di tre parti ana-
loghe alla seguente :
--\QiQiCOs(nq^)bq^ds—\[Q^cos{nq^)bq2 + Q^cos{nq^)bq^]Q^(is.
Sostituendo in (3), ed eguagliando a zero separatamente i moltipli-
catori di ò^^ , bq^ , bq^ , prima negli integrali di spazio, poi in quelli
di superficie, si ottengono le eqtuzzioni indefinite
\. 1 / ÒV9> òQ,^Q,Q, ÒQ,^Q,Q^ \ / 8^ dft , e, òft ■ 9, òftl
,^* ' vi òqi "^ òa, "^ dfifs / \ «1 d?i "^ ft d«i "^ «3 ò?i i
/,x jo x^ ^ W ^ft'g»Q3 , óve, , òft'OiQi \ / e^ òg^ . e, òq, e» aft
F = ^ Mga'ftQj . òQ^^Qi^x , ^ve3 \ iQjdQ, 9,òg, Qs^ft
.^' ' vi dai "^ dir8 "^ òffa / l Ci òqz "^ ^8 0^3 "^ ft dg, i
e le eqitazioni ai limiti
cp^ = 0^cos(n^i) + Q3C08(n/2j) + Q^cos^n^^g)
(5) \ (p, = Q3COs(n^J + 0jCos(n^,) + QiCos(w^3)
93 = Q2C0s(n<?J -f Q,cos(ng,) + 03cos(n^3)
— 187 —
Veramente, perchè queste relazioni siano le equazioni deltequi-
libriOy che debbono servire a determinare la nuova forma del corpo
e la nuova distribuzione delle azioni interne, è necessario che q^,
Qi > Q.Z rappresentino le coordinate dei punti nelle loro posizioni na-
turali, e non le coordinate incognite che i punti acquistano per
eflfetto della deformazione. Per avere le equazioni dell'equilibrio,
se con ^4 , ^t > Qz indichiamo le coordinate iniziali^ con ^i + k^ ,
(?8 + "^2 » ^3 + ^z 1® coordinate dopo la deformazione, dimodoché gli
spostamenti siano QìKì, 02^«> Qz^z^ bisogna nelle Q, nelle 0, nelle Q
delle equazioni (4) e (5) sostituire le (?+k alle q. Tale sostituzione
altro non produce che un'addizione di termini, trascurabili rispetto
a quelli già scritti, se, come si suppone, le k sono trascurabili ri-
spetto alle q. Dunque le equazioni (4) e (5) sono le equazioni del-
l'equilibrio, purché si attribuisca alle q il loro nuovo significato,
che sarà conservato d'ora innanzi.
8. Osservazioni i II significato delle 6 e delle Q risulta subito
dalle equazioni (5). Queste sono evidentemente applicabili ad una
superficie qualunque, interna al corpo, purché %
si sopprima una porzione del corpo, situata da
una stessa parte della superficie, e ad essa si
sostituisca il sistema delle pressioni che la por-
zione stessa esercita sull'altra porzione. In par-
ticolare, se con p^ rappresentiamo la pressione
unitaria in un punto qualunque d'una superficie *
^4, sopprimendo quella parte del corpo in cui crescono le q^ (quando
ci si allontana dalla superficie), si ha
cos(w^ J = — 1 , cos(ng,) = cos(ng'3) =0 ,
e le formolo (5) danno p^^ = — Q^, Pn^ — Q3 > Pis = — ^2 • Ripe-
tendo tutto ciò per le altre superficie coordinate si vede che
— Pii = ©i , —Vii = % i —2^33 = 03;
— ^83 = — ^32 = ^1 » —Vzi = —PiZ = % ' —Vi%=—P^i=^^Z'
Dunque le 6 rappresentano le tensioni unitarie che si sviluppano
> to
— 188 —
normalmente alle superficie coordinate, e le Q quelle che 8i svi-
luppano tangenzialmente alle superficie stesse. Queste 6 e queste Q
sono le incognite del problema ; si tratta di integrare le equazioni (4)
in modo che siano soddisfatte le (5) alla superficie del corpo. Ab-
biamo dunque tre equazioni per determinare sei funzioni ; ma dob«
biamo osservare che il concetto di elasticità non è stato ancora
introdotto.
4. Prima di andare oltre è interessante profittare delle ultime osservazioni per
vedere quale eleganza di forma conferisca la relazione (7) del cap, XYIII a certi
risaltati dell'Analisi. Per dimostrare la Ugge detta da Lamé dei sistemi ièosta-
ad immaginiamo che in un corpo, soggetto alle sole pressioni esterne, esista
un sistema isostatico, i cai parametri si prendano per coordinate. In tal caso
{cap, XX, § 7) sono nalle, per ogni panto del corpo, le pressioni tangenziali Q| ,
Q, , Q] , e le formolo (4) diventano
Il primo membro eqaivale a
li , e^ dV._ de^, / ì òQ, 1 òft 1 dQ,\
i^ V òqi dqi "^ * \Qx òqi ^ Q% Mi "^ Qz Mi I '
Per consegaenza, adoperando la citata relazione (7),
òOi ^ 01 — 0i , 8 — 0i , 08 — 0t
àoi ni '' r<2 '■ fi3
Qaindi, fitcendo » =» 1 , 2 , 3 , si ottengono, tra le forze elastiche principali, le
relazioni segaenti, segnalate da Lamé (*):
00^ ^ Q2— Qi I O 3 — Qi
008 _ 08—08 0i — 0,
d(J8 ''ss **21
d^03 01 — 08 I 08 Qs
Queste relazioni costitaiscono un complemento necessario della legge rappresen-
(*) « Lecon* ... », S CXLIX.
tata dall'ellisBoide di elasticità, poiché ci dicono come variano gli assi del
soide quando sì passa da no ponto qoalnnqaa ad un ponto infinitamente
6. Ritornando alle questioni del g 3 ammettiamo una volts
sempre che le q siano le coordinate iniziali, e le 9 + k sia:
coordinate finali. I moti virtuali consisteranno nel passaggio
posizioni 2 + K alle posizioni 9 + K + b(Q' + K)=3 + '' + ^t, ii
elle nel passarlo dalle posizioni 9 alle posizioni ^-f-^^- P^r
hq_ del principio di questo capitolo sono ora rappresentate dall
Ne segue che, se si pone
^-1- UA^v x-ì^. -L^» \ ,.. -'3_'*^_i_ Qsàji.
queste 6 e queste ui sono precisamente le 8 e le ui delle formoi
giacché fòcendo variare le k nelle (6), mentre, natnralmenb
stano invariate le 9 e le funzioni che ne dipendono, si ritrc
le formole (i) cambiando le bx in bq- Per avere poi il coeffic
di allungamento nella direzione (ai,a,,a,), basterà immag
ripetuto il calcolo che si è fatto per ottenere la formola (2),
elle nelle formole (1) bisognerà intendere alle bg sostituite le
virtù di (6) ciò equivale a sostituire le 9 e le ui alle bft ed
bili. Per conseguenza, il coefficiente richiesto è
Qual'è il signiflcato delle 6 e delle luì Siano d<T,, ckT^, da^ le [
zioni di cAt sulle linee coordinate, dimodoché ddi^OidcSe e,,
sono i valori di e lungo le tatuanti alle linee coordinate, e s:
pone che gli angoli del parallelepipedo costruito sugli spigoli
d(St,dat diminuiscano di ili, ili, Ha < ^ ottiene, dopo la deforma;
un parallelepipedo obliquangolo, in cui la diagonale, gli spigo
aiuoli sono (l+i]da , (1 f e,}rfo,.. ., ^ — r],,... Dunque
(1 +e)'rf(T' = (1 + £,|'rf(T,' + (i + €^)'d0.^ + (1 + eslMj,'
-f2(i + e,){t+£3)do,do,.cos(^--ri.)+--- •
— 190 —
e se ne deduce, dividendo per da* e trascurando inflnitesimi di
ordine superiore al primo,
€ = e^tti* + €,a,« + €303* 4- n, a,a3 + nsCtsCii + n8aia2 •
Così vediamo, paragonando con (7), che 0«=€j, u;i=iift, cioè le 9
e le ui sono gli allungamenti unitarii degli spigoli e i decrescimenti
degli angoli d*un elemento parallelepipedo,, terminato da sei super-
ficie coordinate.
6. Ed ora introduciamo nelle equazioni deirequilibrio il concetto
di elasticità. Questo, come si sa, si esprime scrivendo che il lavoro
unitario elementare delle forze interne, cioè
e^òe^ + e^be, + . . . + Q3ÒUJ3 ,
è una variazione esatta rispetto alle quantità che definiscono la
deformazione già avvenuta. Se poniamo, per brevità,
le formolo (6) sì possono scrivere cosi :
Sostituendo nell'espressione del lavoro si ottiene
*^=e4.K.,+i-(]|l.K.^-M^K.4-||i^]+...+03(|^K«+|^K..).
ovvero
-=S[l;t+lt+S!^]'«'
Qi^sv I OiQi
bK
13
— 191 —
Sì vede che tt è necessariamante funzione delle kì e delle k
deve avere
San _9, òQ, . e, ao, . e, ao,
òK, ~ 0, dq, ' 0, a?, Q, dq, '
an _ „ ^ _ Mt dn _ ^o,
eKii ~ ' ' aK„" Qj ' aKn~ o^ •■■•
Paragonando fra loro i valori di Q, si ottiene
O _^ill— -^-^ — ^" — ^"
Dunque le lOt (^4=J) non entrano in TT altrimenti che nell
binazioni ui. Inoltre, osservando la prima delle (S), si pu
vere
a=^
an _ an ae, _ i òq,
aSi ' ÒKi Qi dq,
Per conseguenza possiamo dare alla prima delle (9) la for
grnente:
an _ an òq, , ^n *" *tt !,a
. ■•■ ae.
Poiché le w non contengono le Kì, si vede che queste non ]
entrare nell'espressione di n altrimenti che nelle combinazi
0,, 9g. In riassunto, le dodici variabili
■^l 1 "a t Kg 1 ^11 , Kjj , K33 , «35 . Kj3 , Kji , K,3 , K,2 , % ,
da cui deve dipendere l'espressione di n, si aggruppano in
espressione in modo che n comparisce come f\inzione soltani
sei quantità 0, , 6, , 9, , ui, , ui, , tu, .
7. Portando gli ultimi risultati nelle equazioni dell'eqi
queste non dipendono pib che da tre funzioni, e si addicot
ai soli corpi elastici. Nella prima equazione indefinita l'ulti
ÒTT
ÒKa
— 192 —
rentesi si riduce subito a e — , mentre nella prima parentesi le
funzioni Ve^, Q^Q^^Q^, OtOi^^i diventano
dKii 3 Ci dKij dK„ « ' §j dK,3 ÒKja
Riduzioni analoghe si hanno nelle altre due equazioni. Le equa-
zioni ai limiti subiscono lievi cambiamenti di forma, e si ottengono
finalmente le equazioni dell'equilibrio elastico :
Oi9i = ^1 ^ co8(«g,) + 02-^ coB{nq^) +03"^ 008(1153)
0»% = Qi y— C08(figi) + Qs ^ co8(nga) + ^3 "^ cosCw^r,)
QaqPa = ^1 -^ «>8{^i) + Qa -^— co8(nffj) + ^3 -^ cos(»ig,)
Queste equazioni si possono scrivere succintamente come segue (*) :
8. Espressione di 6 in ooordinate curvilinee. Sappiamo
che 6 è la somma dei coefficienti di allungamento secondo tre
assi ortogonali qualunque. Ne segue, adoperando le formole (6),
e=e.4-e, + e, = yf|^+(i-^+^t^-^+^4^Ul.
(*) Se invece della K si mettono in evidensa gli spostamenti Qk, si ottengono le eqoasioni
dell*eqailibrio sotto la forma data loro da C. Nroma.nn nella Memoria « Zur Theori9 d§r
Blatlicitàt ». Il primo a tradarre in coordinate curvilinee le equasioni generali deir elasti-
cità ò stato Lamó. Vedi le « Legons siur l€» coord. eurvilignes », $ CXLIV a 8 CXLVII.
— 193 —
L'espressione sottoposta al segno sommatorio equivale a
^+..4^ioga.o.o.=i(v-||+K.f).
Dunque
9. Esppcssionl di % » % » % in ooordlnate oupvillnee.
Prendiamo per un istante come assi cartesiani le tangenti alle linee
coordinate, e tracciamo nel piano delle ooy, intorno airorigine, una
curva chiusa. È noto che Tintegrale Uudx-^vdy), esteso a questa
e
curva, si trasforma nell'integrale \ iy- — a^)^» esteso all'area
racchiusa nella curva stessa, ed è chiaro che, restringendo indefi-
nitamente la curva intorno all'origine, si ha
ir f(?-?)*^
poiché ^3 è il valore di ^ — -^ nel punto considerato. Ciò pre-
messo, valutiamo il primo integrale in coordinate curvilinee. Si ha
ds = Q^Qidqidq^f e gli spostamenti u,v sono espressi da OiK^,
0,K,, mentre dx=^Q^dq^, dy = Q^dq^. Per conseguenza
^3 = lim y j(Q,*K,dg, + Q,'K^dq,)
ovvero
Cbsàro, Teoria deWelasticità 13
— 194 —
Dunque (*)
^ _ 1 MQ.'k, ÒQ,«ic. \
''*"'(?,(?, l òq, òq, I '
10. Ora cerchiamo di vedere quale forma speciale assumono le
equazioni dell*equilibrio nel caso deirisotropia. Se si procedesse alla
sostituzione diretta della particolare forma che ha TT nei corpi iso-
tropi, i calcoli si complicherebbero molto, e tale complicazione, come
ha osservato il prof. Beltrami, « non ò un fatto meramente algo-
ritmico, ma ha la sua radice nella natura {**) stessa dello spazio >.
Si hanno invece notevoli semplificazioni se si ricorre ad una nota
(cop. V, § 3) decomposizione del potenziale TT in due parti, una delle
quali non influisce sulle equazioni indefinite. Di queste sole equa-
zioni intendiamo qui occuparci, poiché la sostituzione delle 9 e
delle Q nelle equazioni ai limiti non ofire difficoltà. Sostituiamo
dunque
a TT, nelle equazioni indefinite, mettendo per 6 e per le % le espres-
sioni (il) e (12). Invece di eseguire la sostituzione diretta, conviene
meglio ri&re il calcolo che ci ha condotti alle equazioni generali.
A questo scopo si considen
\òu,ds=—{lAebe + B{%fiX^+x^b\+x^bX^)]ds.
Prima si ha
(*) Vedi il primo lavoro aìììì* idrodinamica razionale pubblicato dal Prof. Bbltbaki nelle
Memorie delV Accademia di Bologna (1871, pp. 463, 471).
(**) Vedi il capitolo seguente.
— 195 —
L'integrale sottoposto al segno sommatorio equivale a
Il primo integrale si trasforma in integrale di superficie, e negli
dS
altri due si trova — òk.— moltiplicato per
^V9 Q òv _.^
de
òq* òqt òQi '
Per conseguenza
jebedS=-j [^ ÒK, + Ì|. bK^ + ^ ÒK3) dS + integr. di sup.
Similmente
ecc. Dunque le equazioni indefinite per l'equilibrio elastico sono
Supponiamole integrate. Si conosceranno allora le k, e quindi si
i
— 196 —
potranno calcolare le 6 e le ui mediante le formole di definizione.
Poi le 6 e le Q saranno date dalle formole
e, = — A6-\-2B{Q^ + %) , Q, = — BiD, ,
e, = — ^0 + 2^(63 + 8,) , Q, = — 5ui, , (14)
che si ottengono derivando il potenziale unitario
TT =- ^ [^ (e,+e,+es)*+ ^ (u),*+ui/+tu3«-4e A-4ese,-4e,e,)] .
Finalmente, sostituendo le G e le Q nelle equazioni ai limiti, si
determinano le costanti arbitrarie.
11. EsomplOa ABsamiamo coordinate cilindriche, consideriamo cioè il sistema
triplo ortogonale, costitnito come segue: cilindri
di rotazione con Tasse comune Ox^; piani che
passano per Ox^; piani perpendicolari ad Ox^-
Parametri : gj = r , gr, =s ^f , 9s = '. Elementi li-
neari coordinati :
Qidq^^dr, ftdgj=rJv, Q^dq^^de.
'^ Dunque ^1= 1 , Q%= r, ft= 1 , V=r. Finalmente
poniamo iC|=tt, K|sar, K^^aw, avvertendo che
gli spostamenti sono u,rv,w. Le formole (11) e
(12) danno
1 òjur) dv òw
^ "" r òr ^ òtv'^ òe '
(15)
fiv. _ 1 òw òv €7- __ du dw €r _ 1 /à(vr^ òu\
e la equaiioni (13) diventano
' òr ' \ òe r
^^+T-^ + ^(^-
ds» )
= 0.
= 0,
F,+ A
de
OS ^ V dv
òr')
0.
(17)
— 197 -
Le 6 e le ui sono date dalle forinole
ei =
du
òr
ÒMi r
e,=
òw
17
òv , 1 òw
ÒW . òu
1 d«* , òv
uia = — -r — h r -.— .
(18)
dar
Finalmente le 9 e le Q si hanno dalle formole (14).
12. Applicazione all'involucro oilindplco. Siano: fo^jPo» raggio
e pressione unitaria sulla superfìcie in tema; ri,p^,
raggio e pressione sulla superficie esterna. Si sup-
pongono nulle le forze dì massa. Se le pressioni sono
uniformemente distribuite in superficie si capisce
che, per ragioni di simmetria, la deformazione sarà
indipendente da t|i e da £r^ cioè si avranno u, Q ,
%i , ecc., funzioni di r soltanto, mentre i; e to sa-
ranno uguali a zero. Con ciò le equazioni (17) di-
ventano
de ^ ^^8=0 ^^^^y
dr
=
dr
dr
0.
D'altra parte dalle (16) si ha ^saO, ^saO. Perdo le ultime daeequaiioni
sono soddisfatte, e la prima diventa, in virtù di (15),
Hit)-'-
Se ne deduce, integrando,
t* = Xr + -^.
' r
Per la determinazione di X e |bi bisogna servirsi delle equazioni ai limiti ; ma
prima occorre calcolare le 9 e le Q, che sono date dalle formole (14). Nel caso
attuale le formole (18) danno
du u f.
©1 = ^ . % = — . e3=3UJt = ui| = u;3 = 0,
e quindi si ha dalle (14)
Q,=.Q, = Qj = 0,
9, = -^9 + 2B-^ = -2X^ + 2b(x + ^]
{19)<j 9, = -^9 + 2B^ = -2X^ + 2b(x— ^j
.— 2X(^— B)-[-
2)LiB
.-2X(A-B)-^
98 = — ^9-f 2B f^ + ^)= — 2X^4-4XB = -2X(^ — 2B).
— 198 —
Ciò premesso, le equazioni ai limiti diventano 91 «■ 9, coi (nr), qi, =3(^3 = 0.
Snlla superficie interna q^i^^Po, cos (nr) =3 1. Salla superficie estema 91=1— p,,
oos(«ir)«« — 1. Dunque
Se ne deduce
" 2{A—B) ri« — fo" * 2B n» — V '
Restano così completamente determinati gli spostamenti, la dilatazione unitaria, ecc.
Finalmente le formolo (19) faranno conoscere la distribuzione delle azioni interne
in ciascun punto del corpo. Per esempio, nel caso d*una cavità cilindrica indefi-
nita, si ha X^aO, 2|biB=apoV> ® ^^ formolo (19) danno
r '
01 = — ©«==Po"^ 9 03 = 0.
Ne segue ohe, considerando Tinfinità delle sezioni piane fatte nel corpo perpen-
dicolarmente airasse, queste si comportano come se fossero indipendenti le une
dalle altre; ed in ogni sezione si sviluppano radialmente pressioni, e lateralmente
tensioni, uguali per ogni punto in valore assoluto, e variabili da un punto al-
Taltro in ragione inversa del quadrato del raggio.
18. Teorema di Botti. Il teorema di Betti sussiste in coordi-
nate curvilinee ortogonali. Ciò non è evidente a pnort\ perchè nel
caso delle coordinate curvilinee generali Torientazione delle terne
di assi, rispetto a cui si computano gli spostamenti Ok, varia da
punto a punto. Rappresentiamo con Qk' altri spostamenti, dovuti
alle forze {F^\ F/, F,'), (qp'i, cp'«, qp's). Moltiplicando le equazioni
(10) per WidS ed integrando si ottiene
fQiFiK'idS
-f4i;('a+i('S+s('a]f-/"--s^-
Il primo integrale eqn^ivale a
-j>»
OKti ÒKa ÒKa I
A sua volta il primo di questi int^rali si trasforma in
Dnngue, facendo ^=1,2,3 e sommando,
f / , an , . un , , . sn dn , , . a
— Jl'''-d;^+''*-5;^ + '-' + ""à^. + '''*"5i^,+ '-' + '^'''5
Poiché n è forma quadratica di k,, Kg,Kj,K„,K,,,K,3, ... ,
il secondo membro non varia quando sì scambiano le k co:
Dunque
j (ftF. «'. + ftF, K-, + Q^, K;)dS + j (QiV, K', + ftq^K, + ftq), *
14. Del precedente teorema si possono fare quelle stesst
cazioni che sono state date nel cap. VI ; ma tutto dipend
effettiva integrazione delle equazioni (8), in cui si possono s
costanti le 6 e le lu. Si ottedgono cosi per le k' espressic
(Atre le e e le up, contengono linearmente sei costanti ari
a,, a,,..., a,. Quando le 8 e lo ui si pongono i^all a zer
lative k' corrispondono airipotesì della rigidità, e però son
le F' e le ip'. Quindi la formola (20) si riduce ai primo i
uguale a zero. L'equazione eoa ottenuta si scinde poi, per 1'
che regna sulle a, in set equazioni distìnte, che sono le w.
dell'equilibrio rigido. Se invece si pongono uguali a zero le
determinano le 9 e le uj mediante le sei equazioni di prim
G,=e, = e, = l , Q,—Qt = Q^ = .
— 200 —
le equazioni (4) e (5) danno
Fi' = , (p^ = cos(n^,) ; (^ = 1,2,3)
Quindi il secondo membro di (20) diventa
_ r I òVki ■ òVKj . ÒVK3 j
Ne se^e, sostituendo in (20) ed osservando (il).
Così resta determinata la dilatazione totale in qualunque deforma-
zione.
16. Esempio ■ Nel caso delle coordinate cilindriche si debbono integrare le
equazioni (18) sapponendo costanti le 6 e le uj. Distinguiamo le equazioni stesse
mediante i loro primi membri. Derivando la (uj^) rispetto a ;? ed r, successiva-
mente, si ottiene
Quindi si vede che -5- è indipendente da g^ mentre ^-=:ei. Similmente -r —
Qg ÒT ÓT
è indipendente da r, mentre ^- = 63 . Dunque
oz
J
u=ietr+^F(i|i) + G^(Mi) , «7==e3ier + r(7(v)+F(v). (21)
Sostituendo in (ui,) si vede che
F(i|i)+r7(Mi) = ui,. (22)
Derivando (wj) ed (uii) rispetto a t|;, e tenendo conto di (6^), si ottiene
;• hr r ^ òhi* hz '
Se ne deduce, in virtù delle (21),
F+F"==>0 , G + G'.= , r'=0;
Le (21) diventano, tenendo conto di (22),
£ M = e,r + (o,Ben>,. + a,coBv)e + a,9eni|,4-ttiOoB<ij
{ w=iBfe -\-(,Wf — a,9ent|j — ai0osi4()r + m<ij + a,.
Ora integrando (61) bì ottiene
e^(9i — 61) vH — («(Coeni — a|8eni4i)-| — (0,009141 — atxaif)-i'B(r, t)
La sostituzione di qoeeto rìBultato in (tug) ed (lUi) mostra che la funzione Si
Boddisfare alle equazioni
òH ^_ uij òU uii »»
Dnnqne iv, = 0(*), ni=>0, S =: iU)ì(igr -^ a^. Finalmente
/ u = Str -)- (Oi senv + <i,co8v(«)« + a, senili + Oico»i()
1 Ki = 9,t + ((u, — a,BeDi»> — a,C0Bt|j)r + a,
( e==(e, — eiìv + ^^oicosv — a,senn>) + -(a,co8v— 04M'"fJ+iUtl(«»'+
Ed ora è facile trovare, col processo indicato, le sei condizioni dell'equilibrio
gido, la dilatazione totale, ecc. Ai rienltati che sì ott^n^no in queato caso |
tìcclare ai perriene più rapidamente mercA la trasformazione diretta dei rimtl
analeghi, ottenuti in coordinate cartesiane; ma per questa traeformazione è
cesaario conoacere le relazioni eaistenti fra la g e le x, e del reste il proct
generale qui esposto ha il vnntaggio di reatare applicabile quando si escludi
-verità del postulato di Euclide nello spazio considerato.
(*) Quella aha si poirtbb* chlaiuara oa» d*t
colar* rappnuncuioaa eilliidrica db* qui al (
poasado uba dna alemautl ■uparHctall quEiluDi(us. altunli rlspelllrkmanta in uà plano ]
psodioolare all'aiH ad in od plano ohe cantlana l'&ue, rastino ortogonali nella darormaiii
carusiftoa, vilori ooitantl alle 9 ed alla oi. La condliioal alla quali dabbona toddlw
qa**M qnutltfc, oattaoti variabili, aooo aiata aagoalaia dal Prof, E, Pinovi aal sol,
dagli • Studii agirti dalfUniBiriità PnlovaiH alta B«logntu mIP Vili eenttrtario, eoi
- 202 —
XXn. ELASTICITÀ NEGLI SPAZn CURVI.
1. Prima di penetrare nel campo delle ricerche iniziate dal
prof. Beltrami per lo studio della elasticità negli spazii di curva-
tura costante a, giova rammentare che questi sono caratterizzati
dalla proprietà che possiede ogni loro figura rigida di restar sempre
sovrapponibile a sé stessa dopo un moto qualunque. Questa proprietà
è ammessa dogmaticamente neirordinaria Geometria, che si fonda
inoltre su due noti postulati, caratterizzanti lo spazio euclideo
(a = 0) fra tutti gli spazii di curvatura costante, cioè il postulato
di Euclide e quello àeWinfinità dello spazio O* ^ intuitivo che
negli spazii di curvatura costante il concetto d*isotropia sussiste
tal quale, per l'equa costituzione geometrica che tali spazii ammet-
tono, in virtù della proprietà caratteristica precedentemente richia-
mata, intorno a ciascun punto. Invece, pur immaginando esteso il
concetto stesso ad uno spazio qualunque, i coefficienti A e B biso-
gnerà considerarli come variabili da punto a punto insieme alla
curvatura (**). Osserviamo finalmente che la rappresentazione car-
tesiana suppone lo spazio infinito ed include l'ipotesi euclideaj di-
modoché tutti i risultati ottenuti in coordinate cartesiane sono esclu-
sivamente applicabili allo spazio euclideo. Ne segue che, per lo stadio
della elasticità negli spazii non euclidei, bisogna far uso delle coor-
dinate curvilinee generali, che nulla presuppongono circa la natura
dello spazio ; ma i risultati che si otterranno potranno allora sola-
mente applicarsi agli spazii di curvatura costante, quando si consi-
dereranno inoltre come costanti i coefficienti A q B.
(*) Vedi, p. e»., le not9 del traduttore al S 6 dell^interesMnte opera di Clifford : « Il
senso cow^une nelle scienze esatte » (Milano, Dumolard, 1886). A questa fonte dovrebbero i
giovani delle nostre scnole medie attingere la cultura matematica generale.
(**) Per acquistare una nosione precisa della curvatura degli spazii si studii la « Teoria
degli spazii di curvatura costante » del Prof. Bbltbami (Annali di Matematica, t. II della
seconda serie, p. 838). Vedi anche Clifford, loc, cit., p. 255.
— 203 —
2. Le considerazioni precedenti riescono forse più precise quando
si ricorre al concetto analitico dello spazio, quando cioè si vuol
dare il nome di spazio (a tre dimensioni) aUMnsieme delle terne di
valori dei parametri tì^u (?«* ^s* ^^ ^S^^ terna arbitraria di fun-
zioni Q^, Q^y O3 di q^yQ2y Qq corrisponde un particolare spazio, nel
quale il quadrato delFelemento lineare si esprime così :
Perchè un tale spazio sia lo spazio euclideo (rappresentabile, come
si è detto, in coordinate cartesiane) occorre e basta che si possano
trovare tre funzioni a?^, a?^, ^3 di Qì, q^yQsy *^lì ^^^ sia
Tentando Tefifettiva integrazione si ottengono (*), fra le Q e le loro
derivate, sei relazioni, dovute a Lamé, e si dimostra che queste
sono condizioni necessarie e sufficienti per l'integrazione stessa, e
conseguentemente per Veiùclideità dello spazio. Tali condizioni ri-
sulteranno spontanee dall'analisi seguente, che ci fornirà più gene-
ralmente le condizioni analoghe perchè lo spazio considerato sia
a curvatura costante. Qui conviene ricordare che, secondo Rie-
mann (**), al quadrato dell'elemento lineare in uno spazio di cur-
vatura costante si può sempre dare la forma
da^ = Q^{dq,^ 4- dq,^ + dq^*) ,
essendo Q^, Q^, Q^ uguali a
"l+^iqi' + q^' + qs')' ^^^
Le coordinate qi^q^^ qs> che qui compariscono, son quelle che il
prof. Beltrami chiama (***) stereografiche, e la costante a misura
la curvatura dello spazio.
(*) Vedi Bianchi, Geometria differenziale j § 1S5.
(**) Leggi la celebre Memoria sulle ipotesi fondamentali della Geometrìa nelle B, Rie"
mann*» math, Werke, p. 264.
(•••) Loe. oit., p. 242.
4
— 204 —
8. Per ben rendersi conto dell' ultima forma ài da ò forse ntile cercare di sta-
bilirla mediante considerarìoni elementarìi lasciandosi guidare dalle analogìe con
gli spazi! a due dimensioni. È noto che la rappresentazione stereografica d*iina
snperficie sferica si esegue proiettando questa da un suo punto P sul piano tan-
gente nel punto diametralmente opposto 0. Le coordinate stereografiche d*an
pnnto della superficie sono le coordinate cartesiane delFimmagine stereografica
del punto stesso. Se JV ed ^ sono le immagini dei punti M ed M\ si ha
I triangoU PMM' e PN'N sono dunque simili, e però MM:NN'=PM:PN'.
Quindi, se M' è infinitamente vicino ad 2(f ,
da _PM _ OP* _ 1
NN''^PN~' PN*'^ i_^(ONY'
e si ottiene così la formola di Biemann osserrando che
4. Per ciò che si è detto precedentemente le equazioni generali
deirequilibrio (XX, form. 4 o 10) sono applicabili a tutti gli spazii,
mentre le equazioni (13) del precedente capitolo convengono sol-
tanto allo spazio euclideo, perchè Tartifizio cui si è dovuto ricor-
rere per abbreviare i calcoli è stato fatto (V, § 3) adoperando
coordinate cartesiane. Ne segue che, se si vogliono ottenere le equa-
zioni dell'equilibrio dei corpi isotropi in uno spazio qualunque, bi-
sogna partire dalle equazioni generali (4), ed in' esse introdurre
direttamente l'ipotesi deirisotropia, cioè supporre
Qi = —(A—2B)Q'-2BQi , Qi = — jBuì<. (^=1,2,3)
con A e B variabili come a. Limitandoci al caso di a costante,
consideriamo prima i termini moltiplicati per A, Essi danno luogo,
nella prima equazione (4), alFespressione
_a(^^-^^^A=.-a
de
I termini moltiplicati per B si riducono facilmente a
— 205 —
Si può prevedere che in questa espressione è inclusa quella che si
ottiene nello spazio euclideo^ cioè
òq2 I '
Qì Qs \ 093
(3)
m CUI
« QsQA òqs òqi I ' 3 Qjg,\ ^q, ^q^ )
(4)
Sostituendo (4) in (3), poi sottraendo il risultato da (2), resta (*)
una funzione omogenea e lineare delle k, cui si può dare la forma
seguente
dopo aver posto
Hi.=
^li
fl;
88
\ Q» dSs lì
)]
(5)^
H..
1 Ògs
Ci òqx
1 òQi
+
1 òft òQs
33
jBTm =
L88
fla* ==
^81
^ 1 ÒQi ÒQa . 1
^ ft dff8 òg^3 "^ Qs
^ 1 ÒQi Òg3 . 1
" ft 0^3 òqt "^ Ci
fi«« =
Cs dga
Ògl 0^3
Ò3l 09^3
Oa òffa d3a
. 1 òft òft
§3 ògs 0^3
d^adg^s
d^s òqi
à'Qs
^18
Se inoltre si pone
<t> = ^HiiQiQiKiK, — (H^, + zr„ 4- JTs,) V Q?y.i* ,
»#J
(6>
(*) Per i dettagli del calcolo vedi il paragrafo seguente.
— 906 —
à rieonosoe finalmente che Vesfreaàaao (2) eqoÌTale a
QiQ|dOk>.'
Le eqnazioDi indefinite per l'equllibrìo si ridnoMio donqne a
^ de B /dftSi òg,6,\ g ^» =0
F , ^ de B /d<).C dft6,\ ■
* Ci dft "^ <?,ei\ db d«. / "^ «,
* *»♦ =0.
5. Per «Mgaife in dettaglio U ealeolo aeeeniikto nel pangnfo {«eoedante, ri-
{■endianM reepteanone (2), e, dopo arene cambiato atgao, aeriTÌMnota ocmI:
2B
l' di. ^ di, * da. "^2ft di, "'■20. di, )•
Sottraendone
BOifòOfit dftg,\
«mettendo da parte il &tton , Tiene
Vis?»
* di. ^ di. ** di.
1 dQ,»ftm, ■ 1 '^ft'ftm, g. dftS, . g. d^6, ,g,
'^2Qi di, 24 di, 2 d«, f" 2 di, ■ ^ -*
Ora ri noti che
2ft di, ' 2 di, 2 di, "•" 2 di, '''2 di, 2 di,
D^altra parte sì ha
Qi òqi Qi òqi ft d?i ~^ ft òg» ft dft ft dffi '
er^ 1 /^g»^K« ^gl'Ki i 1 Òg,K, 1 ÒQiKt Kt dft Kg òga
ft in, Q,i», ■ 2'- ■ ^'~ft
29,
».
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Ci «a
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OS.
}gameDt« si ottiene
2ft
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2 in.
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te l «. in, 1
«1 «3.
> perù l'espresùoDe (8) dìTenta
1 Jftft(«a?!
Qi
+ 1
+ '''a*, i >a >a«. o ,.. ' / a <«■ ì a 'a s»
Sai Sa. ' sa. Sai ^ Sa, l a sa, / a sa. sa,
'ftn, I sa sa-, o - s I a sa ì a sa se
Sa, Sa, "^ Sa, sa, * sa, la sa, i ft si. Sa,
+a
1 saa sg,K, sa sa»., sa sa^.
a sa, sa, ' sa. sa, ' sa, sa,
ì elidono rìBpettivnniente con
a sa sa», a »a sa».
ft Sa, sa, a sa, sa, '
-a
1 sa sa».
a Sa,
— 208 —
e Tespreirione considerata diventa
Qi òqt
QDerta è lineare nelle k. Il coefficiente di Q(Ki è
_l_d^ftdft_ J_/J_d^\ g, òft òft
«1^ d9i d2i ^ òqiXQtòqtl QiQt d«i d9i
^ 1 òg, ag, 1 òft ÒQ, ò'ft ^^
Qiòii d«i Q« d«i dj» diidft "■
Similmente il coefficiente di Q,Kt è Hu, e quello di QiKi è
^* d«. l ft d4i / ^ d?, l Qi òqt ì òqt xQÈÒqtl dq» \ Qz òq^ I
Ld«i l ^1 d«i / "^ d«. 1 e. òqt lì Q» òqt òqt
^ Ld?. l Q. d?i / "^ d?» l Q, »9> /J Qt òqt òqt '
cioè — (Ha ~f~ -BW)- Donqae la prima equazione indefinita dell'eqiiilibrio è
^ ' òqt^ QtQt\ òq» òqt l
2B
Yale a dire
^ A de B /ÒQJ^ òQ,g, \ . B ò»
; eccL
6. Le equazioni (7) non si trovano ancora sotto la loro forma
definitiva, in quanto che l'ipotesi della curvatuì^a costante^ di cui
si è tenuto conto soltanto col supporre costanti A e B, non è stata
ancora introdotta nel sistema stesso delle coordinate. Osserviamo
anzitutto che alle equazioni (7) saremmo egualmente perv
processo generale, prendendo a considerare, invece del potè
una sua parte TT, , espressa come segue :
Tl, = -l[Ae'+BÌ% + X + %)]-\-
Bt>
Ciò mette in evidenza il carattere invariantivo dell'espres
e ci autorizza quindi, per trovarne il significato, a speda
sistema di coordinate. Assumiamo dunque coordinate stereo
per le quali 0,, Oj, O3 hanno, come si è detto, l'espressi
Le formole (5) e (6) danno successivamente
| — Q'a , se i=j n, , ,
I , se i=i=j 7
Adunque -- è U prodotto di 2a per U quadrato dello sposi
Ne segue che, negli spazii di curvatura costante a, per qi
sistema di coordinate ortogonali, si ha
Finalmente le equazioni (7) diventano
I '^ftS?i ftCil Ò3, dq, r
'^e^òft ^ftftl fiqt dq, ì^*""'^"
SoQ queste, in coordinate ortogonali qualunque, le eguaz
Caaiao. Ttori* itU'^tatUtilà
— 210 -
l'equilibrio elastico dei corpi isotropi, negli spazii di curvatura
costante a.
7. Osservazioni I a) Perchè le equazioni (7) coincidano con le (11) oc-
corre e basta che siano verificate le relazioni (10), cioè che <t> abbia la forma (9),
e sia quindi
Queste sono dunque le condiisioni necessarie e sufficienti per rinvarìabilità della
curvatura dello spazio. Per a=sO si ritrovano le condizioni indicate da Lamé
come necessarie o sufficienti per VeucUdeità dello spazio, cioè
■"11 = -"22 ^== ^83 =^ "83 ^^^ -"81 ''^ -"12 ^^^ .
In virtù d'una nota (cap. XVII, farm. 7) relazione si può dar loro la forma se-
guente (*):
d-;r- - 111
d— òv" 111
— ^ 4- - -' + — -4- — + =
dag dffi rf, rfg fagf»
à \. 0-^ 111
da, ^ da, ^ rfa ^ r|, ^rgjrg,,
^^ 1/1 1\ ^^ 1/1 1\
_?? = — ovvero -v-^ = — ,
^8 ^81 \'*2.i ^21/ ^^^2 ^21 \»'32 ^sJ
òa
^1/1 1 \ ^77. 1 / 1
òo
^Oi fjjV-gi rgj dag rgjVns rj '
d^ 1 /i i\ d
da,
« ^23^12 ^13/ ^^i UsVii *'23/
b) Le relazioni di Lamé si ottengono ordinariamente tentando l'integrazione
delle equazioni
ft>, se 1=^
da?i diCi j^ da^ dajj ^^ dx^ òx^
òqi òq, "dàT^ ^ òqj
, se i^j
«
che servono a determinare le coordinate cartesiane a;, , o^ , o^g in funzione di qi ,
^2» Ss* P^^ ^1^0 spazio a due dimensioni le equazioni analoghe si ottengono sup-
(•) Lamé, « Legons . . .», § XLVI.
— 2!1 -
ponendo Xi ed x, fanzioni di Q, e Q^, lasciando cho x,' sia una i
traria della sola q^, e quindi che Q^ aia funzione soltanto di {,,
Qj sono indipendenti da q^. Allora cinque relazioni di Lamé aoao i
la sola ffis^O ù riduce a
Questa è dunque l'unica condizione cui debbano aoddisfara le fbnzii
perchè si possa dalla forma §i'dgi' + W<^i" del quadrato dell'elea
in ano spazio a dne dimensioni, passare alla forma cartesiana lìi:,'
r, ed r, sono i r^ggi geodetici di carratura delle linee q, e q^ su]
considerata, si paò a quella condizione dar la forma
«7 «r 1 1
È beile verificare che questa condizione è soddisfatta dagli ordinai
curTe ortogonali, che ai adoperano nel piano.
c^ Se di è la curvatora della superficie q, , in an dato pnnto,
condizione precedentemente ottenuta sostituire, come si è visto per
tre dimen^oni,
±ll>Sl] + ±ll>Sl]+^0,Q, = l,.
».\«.»sJ tei «.»!.(*""'
Si ha dnnqne
e le condizioni Sa -f-a7 = diventino
_i_ ' _i_ * _i_ ^
ai=>o+— — , a, = a + --— , 03 = + —-
MS'^lS '^W'SI "^Sl'
Questa danno, per a ^ , la misura della cnrvatura (prodotto de!
principali) delle tre superficie coordinate, secondo il teorema di Gan
verso da zero, sa vede che alla carratnra geodetica di ciascuna sup
spazia corva, viene ad aggiongersi la curvatura stessa dello spazit
8. Ritornando alle (11) osserviamo, col prof. Beltram
poteva prevedere che la curvatura dello spazio non do\
priva d'influenza sulle equazioni dell'elasticità ; ma è 54
sommamente notevole che tale influenza vi si manifes^
aspetto così semplice >. Purtuttavia possiamo aggiungere
— 212 —
ostante questa semplicità, ia teoria dei mezzi elastici negli spazii
di curvatura costante presenta differenze rilevantissime in con-
fronto deirordinaria ». Un primo esempio si ha scrivendo le equa-
zioni (11), in assenza di forze di massa, nel seguente modo:
A-^^ + B f -^ - AJ^^^Ì + 4a5yK, = ; ecc.
Derivandole ora rispetto a Qi^Q^yQaj poi sommando, si ottiene
Dunque in uno spazio curvo la dilatazione cubica non può, come
nello spazio euclideo, soddisfare airequazione di Ijaplace. Per esem-
pio, non è possibile che 6 abbia, in tutto il corpo, un valore co-
stante, diverso *da zero.
9. Più notevole è il risultato che si ottiene considerando certe de-
formazioni potenziali. Essendo nulle, per tali deformazioni, le doppie
componenti %, Xt.X^ della rotazione, si ricava dalle formole (12)
del precedente capitolo che le Q^'k» sono le derivate prime d'una
funzione [7, e la dilatazione totale è espressa da
V Là àgi ~' V Là àgi ^ Qi' òg^ I
i
dimodoché le equazioni (11) diventano
Fi + ^{A£iW+4aBU) = 0, (?z=l,2,3)
e mostrano che anche le forze F ammettono una funzione poten-
ziale. Se t^ è questa funzione, le tre equazioni indefinite si ridu-
cono all'unica
A£ì.W + 4aBU-\-V = 0,
intendendo inclusa in U la costante d'integrazione. Se prendiamo
V= — 4aBU, è A'?7 = 0, e vediamo che si ha Fi = '-iaBQiKi.
Otteniamo cosi una deformazione, priva tanto di dilatazione quanto
— 213 —
di rotazione, nella quale la forza e Io spostamento sont
punto, in un rapporto costante, ed hanno la medesimi
(se a < ; spazio di Gauss o pseudosferico) o àirezu
(se a > : spazio di Riemann o sferico). « Tale risulta
il prof. Beltrami — « non ha riscontro nello spazio euc!
senta una singolare analogia con certi concetti moderni
del mezzi dielettrici ».
10. L'ultima osservazione richiama alla mente le ingeg
che sono state proposte per spiegare luce, calore, magni
considerandone i fenomeni come prodotti da una reaz
spazio opporrebbe alla variabilità della propria curvatura
E qui importa osservare che il termine addizionale —
efficace (per la formazione delle equazioni indefinite) eie
elastico si può considerare appunto come l'espressione
delle reazioni che io spazio, rigido nella propria costit
metrica, oppone alla materia elastica che lo riempie,
questa inerte nel senso che, obbligata a deformarsi nel e
essa tende a farlo come se lo spazio stesso fosse euclii
riore svolgimento della teoria dei mezzi elastici negli ;
permetterà forse di rispondere alla domanda di Cltf
non potrebbe darsi che noi considerassiTno come va
siche certi effetti realmente dovuti a camlìiamenii d
tura del nostro spazio ; in altre parole, se alcune t
che noi chiamiamo fisiche, e forse tutte, non fossero
tura dovute alla costituzione geometrica dello spazio
l
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