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tyél^'^S'.
TAYLOR INSTITUTIOX.
BEQUEJTHJSJD
TO THE UNIVERSITY
BY
ROBERT FINCU, M. A.
OF BALLIOL COLLECE.
Die izedby Google.
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BIBLIOTECA
STORICA
pi
TUTTE LE NAZIONI
MILANO
PERNICOLO* BETTONI
.|t.OCCC.XSI
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ISTORIA CIVILE
DII,
REGNO DI NAPOLI
O I
PIETRO GIANNONE
VOLUME QUINTO
MILANO
PER NICOLO BETTONI
II.DC«G.XXI
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STORIA CIVILE
DEL
REGNO DI NAPOLI
LIBRO DECIMOTTAVO
JMoRTa Federico, prese immantenente il goyerno
di questi Regni Manfredi suo figliuolo, lasciato dal
padre per T assenza di Corrado, ch'era io Alemagna,
Balio e Governadore de' medesimi con assoluto po-
tere ed autorità. Manfredi fu un Prittcipe, in cui
c'univano tutte le doti e virtù paterne^ e lo Scrit-
tor Anonimo delle sue gesta , dice essere stato chia-
mato Manfredi) perch'egli era la mano e la mente di
Federico, Egli nudrito nella Camera imperiale, e ca-
reggiato, e teauto in pregio dal padre più degli altri
figliuoli, crebbe colle mi^desiroe idee, ed avrebbe cer-
tamente emulato la gloria e la grandezza paterna , se
la sorte T avesse fatto nascere suo figliuol primoge-
nito , e di legittimo matrimonio ; ma preferendo V or-
dine della successione Corrado primo Dato, al quale
fa conforme il paterno testamento , Federico non potè
far altro , che ammetterlo alla successione in mancanza
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6 STORIA CIVILE
di Corrado, e d'Errico senza figliuoli^ e durante l'as-
senza del primo^ lo creò Balio ^in Italia e^ nel Re-
gno di Sicilia.
Nel raccontar le vicende di questo Principe, e' suoi
generosi fatti , mi valerò dell' Anonimo Scritlor con-
temporaneo, la di cui Cronaca si légge ora impressa
ne' volumi dell' Ughello (a), e la autorità sua è ripu-
tata grandissima, non pure da Agostino Invegcs, dal
Tutini, e da altri più moderni Scrittori, ma anche
da Oderico Rainaldo ne' suoi Ecclesiastici Annali. Nar-
ra adunque questo Scrittore , che gli andamenti , e le
vii;tù di Manfredi furono cotanto conformi a quelle
del padre, che ancorché la morte de' Principi soglia
negli Stati sovente esser cagione di gravissimi tpirba-
menti , nulladimanco per la prudenza di Manfredi non
fu veduto interrompimento alcuno , come se un mede-
simo spirito governasse: non si vide né alla Corte,
né tra gli Ufficiali mutazione ; ed avendo fatto gri-
dare il nome del Re Corrado nel regno di Puglia,
manda Errico suo fratel minore a governar in sua vece
la Sicilia e la Calabria (i), perchè i Siciliani e' Ca-
labresi, veduta la regal pers^^ma dì Errico, si conte-
nessero nell'ubbidienza, e lo i^iputassero come Tistessa
persona di Federico.
Ma breve tempo durò questa tranquillità, e ben si
prevedevano i turbini e le tempeste, che da Inno-
cenzio IV romano Pontefice erano per moversi. Que*
sti persuaso , che per la sentenza della deposizione in-
{a) tJghel. Ital, Sacr. tom. 9, Anonym. de Reb. Feder.
Conrad, et Maiifr. (b) AnoDjra. Misilque Henricum fratrem
saum minorem ad gubernandam Siciliani, et Calabriam vice
sui.
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BEL REGNO DI NÀPOLI LIB.XVIII. 7
terposta nel Concilio di Lione, fosse Federico con
tutta la sua posterità decaduto da' Redmi di Sicilia
e di Puglia , pretese che come Feudi della Chiesa ro-
mana fossero a quella ricaduti per la contumacia ;del
medesimo ; onde intesa la sua mòrte , si risolvè partir
da Lione , e ripassare in Italia ; ed intanto scrisse 9.
tutte le città principali, ed a' Baroni dell'uno e l'al-
tro ' Regno , eh' alzassero le bandiere della Chiesa ; e
giunto a Genova sua patrÌ9 , proccarò morere i Gè*
noyesi a danno di questi Reami. Manfredi avuta di
ciò novella non tardò ^ cavalcando per tutto il Regno
con una buona banda di soldati Saraceni^ dissipare
queste Papali insidie, e facendo gridare il nome del
Be Corrado , racchetò le turbolenze, e confermò gli
animi nelV ubbidienza del proprio Principe j ma non
fu però , che questi moti non dassero fomento ad una
occulta congiura, che poi si scoperse nelU province
di Puglia e di Terra di Lavoro. In Puglia si ribel-
larono Foggia , Andria e Barletta. In Terra di La-
voro , Napoli e Capua. Acoorse tosto Manfredi in Pu«.
glia, e col suo estremo valore e coraggio ripresse la
fellonia di quelle città , ed usando moderazione e cle-
menza concedè perdono a que' cittadini , riducendogli
nell'ubbidienza di Corrado (a).
Avendo in cotal guisa renduta la pace e tranquil-
lità a quella provincia, toslo passò in Terra di La-
voro : ridusse sotto le sue insegne A versa , che posta
in mezzo tra Capua e Napoli, dava indizio di so-
spetta fede! cinse di stretto assedio Capua, devastan-
do insino alle mura il suo territorio; e Nola ch'era
già passata nel partito delle due ribellanti città, non
(a) ÀDonym. d« Reb. FriA
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& STORIA CIVILE
avendo voluto rendersi, fa espugnata, e pcesa. Ma
niun' altra città mostrò in tal congiuntura più ostina-
zione, quanto Napoli. Di^ienticatiBi così sul^ito i Na-
poletani d'aver Federico rega la lor città celebre per
la nuova Accademia ivi stabilita, e per li magnifici
edificj die v'eresée, i quali furono i primi fondamenti
onde poi si rendesse capo e metropoli sopra tutte le
altre, con somma ingratitudine, morto lui, si ribel-
larono dal suo figliuolo, e resero la lor città al Pon-
téfice Innocenzio, alzandole bandiere della Chiesa: il
di cui esempio seguì Capua, ed i Conti di casa d'A-
quino, che a quel tempo possedevano quasi lutto quel-
lo, eh' è tra il Volturno el Garigliano.
Manfredi, scoverta la poca fede de' Napoletani, avea
mandati prima a loro più mèsi^i, esortandogli a non
dover macchiare con tanta indignità la loro fama; ma
essi mostrando di non poter negare d'ubbidire al Pon-
tefice , il quale gli minacciava terribili anatemi ed in-
terdetti, apertaraeate gli fecero intendere, che amava-
no meglio di sottoporsi al dominio della Chiesa, che
Btar interdetti e scomunicati , aderendo al partito di
Corrado, cui senza F investitura del Papa, non po-
tevan riconoscere per loro legittimo Re. Per la qual
cosa Manfredi , vedendo indarno essersi da lui adope-
rati questi mezzi, deliberò di ridurgli per forza; ed
avendo assediata la città dalla parte del Monte Vesu-
vio , cominciò a devastare tutto il territorio di quel
contorno, depredando infino alle mura, per obbligare
i Napoletani ad uscire dalla città, per attaccargli in
campo aperto 9 non avendo forze bastanti per assalire
la città cinta di ben forti e ben difese mura. Ma i
Napoletani deludendo Farle colFartc, non vollero in
conto alcuno partirsi dalla città ^ niente curandosi del
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DEL REG^O DI NAPOLI LIB. XVIII. 9
devastamento, che faceva Manfredi de' loro campi: il
quale ciò vedendo, pensò per altra parte cingerla di
assedio, e collocato il suo esercito nella Solfatara vi-
cino Agnano (a) quivi cominciò a devastare, e de-
predare tutto quel territorio, per allettare i Napole-
tani ad uscire dalla città , già che vedevano Y esercito
nemico tra que' monti e qaelle balze in luogo, donde
con difficoltà poteva scampare, se fosse stato inse-
. guito. Ma i Napoletani , fermi nel loro proponimento,
non vollero abbandonare la città, ed esporsi a batta-
glia ; ed ancorché Manfredi gli avesse più volte sfidati
alla pugna , non volleto in conto alcuno uscire; onde
avendogli dopo V invito aspettati tre giorni, levò l'as-
sedio, ed avendo devastati tutti que* luoghi, partissi
da quivi, e s'incamminò in aitile parti di Terra di
Lavoro per mantenere in fede que' Popoli, acciocché
non seguitasser P esempio di Napoli, e di Gapua.
(a) Anonym.
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jo STORIA CIVILE
CAPITOLO L
CoRKÀDO di Alemagna cala in Italia:, giunge per TA".
driatico in Puglia ^ ed abbatte i Conti d' Aquino: Ca^
pua se gli rende y e Napoli vien presa per assalto
e saccheggiata.
jyia ecco , che mentre Manfredi con tanta vigilan-
za ed accortezza era tutto inteso a rompere i disegni
del Pontefice, vennegli avviso, ch« Corrado Re di
Germania , pochi mesi dopo la morte del padre , es-
sendosi disbrigato dalle ^erre d' Alemagna, se ne ca-
lava con potente esercito di Tedeschi in Italia in gue-
st'anno 12 5i (a); ed in fatti essendo giunto in Lom*
bardìa trovò Te forze de' Ghibellini tanto abbassate,
che fu astretto d'indugiare alquanto ^ per poter poi
entrare con più sicurtà nel Regno; onde chiamati a
se tutti i Capi di quel partito , ordinò , che tra loro
facessero un giusto esercito , dei quale avesse ad es-
ser Capo Ezzelino Tiranno di Padova, e che avesse
da abbatter tanto la parte Guelfa, che Papa Innocen-
zio non potesse valersene , e contender con lui della
possessione del Regno. Ed avendo in cotal modo sta-
bilite le cose di Lombardia, con provido consiglio de-
terminò di passare al Regno per mare ; perocché ve-
dendo tutte le città di Romagna e il Toscana te-
nersi dalla parte Guelfa , non confidava di passare
senza impedimento, e dubitava che il suo esercito te-
nuto a bada, non venisse a disfarsi per mancamento
(a) Costanzo lib. i. Ist. di Napoli.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XVIII. GAP. I. 1 1
di danari è di yittoyaglie (a). Mandò adunque a^ Ve-
neziani per nari e galee per potere passiare in Puglia,
i quali per lo desiderio di vederlo presto partito di
là, gli mandarono tutte le nati eh' e' voile nelle mad-
rine del Friuli, dove imbarcato comodamente con tutto
l' esercito , giunse in pochi di con vento prospero alle
radici del monte Gargano, e diede in terra air antica
città di Siponto, non molto discosto dal luogo, dove
è oggi la città di Manfredonia {b).
Quivi comparvero Mnnfredi^ che l'attendeva, e tutti
i Baroni di quella provincia ad incontrarlo. Ed es*
sdendosi Corrado da lui informato dello stato delle cose
del Regno , e della contumacia di Napoli , di Capua,
e de' Conti d'Aquino^ avendo commendata molto T in-
dustria, e vigilanza di Manfredi, deliberarono insieme
di dover prima d'ogni altra impresa, debellare i Conti
d' Aquino , i quali posti fra Garigliano e Vulturno pò*
tevaiio somministrare al Papa pronto s^juto; ed airin-
contro occupati que' luoghi , co^ quali serravasi ogni
strada di poter venire soccorso a Gapua ed a Napoli
ai sarebbe facilitata V espugnazione di quelle due città
cotanto importanti. Si mosse perciò il Re Corrado se-
guitato dal Prìncipe Manfredi con tutto il suo eser-
cito per la via di Capitanata, e dei Contado di Mo-
lise contea que' ribelli (e).
Il Papa, che da Genova era passato a Milano, indi
a Ferrara e Bologna, ed etasi finalmente fermato in
{a) Pansa Vita Innoc. IV. (b) Anonym. Dictum Hegcm cum
magna Theutonicorum comitiva per mare venienlem apud
Sjpontum debita reverentia et devotione recepii sub anno
Domini laSa. (e) Anonym. Cum ipso Rege praecedente, in
Terram Laboris contra rebeUeg illarum partlum cum totp suo
«xercìlu profectus est.
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t. STORIA CIVILE
Perugia, schivando d'andare in Roma, percliè ì Ro»
mani erano pieni di fazioni, e molti aderivano a Cor-
rado, fatto consapevole delP angustie, nelle quali si
trovavano i Conti d'Aquino, premendogli molto la lor
salute, mandò subita ia lor soccorso alcuni soldati da
Perugia, promettendo ancora di mandar loro maggiori
ajuti; ma fu tanta la forza, ed il valore dell'esercito
«eli Corrado, accresciuto poi da Manfredi con gr*an nu-
mero di Saraceni venuti da Lucerà e da Sicilia, che
que' ribelli in pochi dì furono debellati; e le princi^
pali città a loro soggette saccheggiate ed arse, tra le
quali fu Arpino , Sessa, Aquino, S. Germano, ed
altri castelli di quel contorno (a).
Da poi elle Corrado ebbe espugnato que' ribelli^ e
ridotte alla sua ubbidienza quelle città, andò sopra
Capua, ove non ritrotò resistenza alcuna, per la pau-
ra, e per T esempio fresco delle terre arse e saccheg^
giate; onde tosto a lui si rese (h). Così tutta Tira di
Corrado e tutta la sua forza si raggirò cantre la città
di Napoli , la quale arditamente determinò di contra-
stare al Re sdegnato, e seguire le parti della Chiesa,
per la speranza, che lor porgeva il Papa di presti
soccorsi , e per la gran paura d' essere data in preda
a' Tedeschi e a' Saraceni. Accampato dunque Corra*-
do vicino alla città , la cinse di stretto assedio , per-
chè non potesse andare vettovaglia agli assediati ; e
•vedendo, che alcuni Ministri del Papa mandavan qual-
che volta navilj con cose da vivere, ordinò a Man-
fredi, che facesse vestire le galee, ch'erano in Sicilia.
(a) Arioujm. In processa autem illius in Terra Laboris ,
Bex Civitates Aquini, Suessae, S. Germani, pluraque vicina
Castra, quae per Regis adventum rebellaverant , vicit {h)
AuQnjm. Costanzo I Li.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XVIII. CAPI. i3
I Napoletani, fra questo tempo, non mancarono di
mandar più volte Ambasciadori al Papa per soccorso,
i quali ritornaron tempre carichi di benedizioni, e di
promesse, ma vuoti d'ogni ajuto, perchè Ezzelino avea
sollevata la parte Ghibellina in Lombardia; ed i Guelfi,
tra'qaali il Papa avea molti parenti e seguaci^ non
potevano partirsi dalla difesa delle cose loro; ed i
Guelfi di Toscana e di Romagna, ancorché fossero
liberi, avendo estinta in tutto la parte Ghibellina, co-,
me suol accadere nelle^ felicità , erano venuti in di-
scordia fra loro. Né dalfa città di Genova patria del
Pontefice, della quale ei confidava molto, poteva spe-
rarsi ajuto; poiché si trovava a quel tempo aver man-
data la sua armata centra gF Infedeli ; onde veniva a
togliersi ogni comodità di poter soccorrere gli asse-
diati d'altro, che di parole.
In fine èssendo giunte alla marina di Napoli le ga«
lee di Sicilia , si tolse ogni speranza di soccorso ; né
questo bastò a far piegare T ostinazione degli asse-
diati , perchè si tennero tanto , che ormai non pote-
vano più sostenere ifi mano Farmi-, in tal modo era*-
no per la grandissima fame estenuati, onde i vecchi
della città cominciaron a persuadere, che si mandasse
per trattare di rendersi a patti, e cosi si eseguì. Ma
Corrado, il qual sapeva T estrema necessità loro, ri-
gettò gli Ambaàcladori ; ed avendo con macchine di-
poste intorno alla città, e con cav^ sotterranee scosse
le mura della medesin)a: in quest'anno 12 53 la co-
strinse a rendersi, solo col patto della salute delle per-
sone (fl).
{a) Anonym. Machinis quoque circuincìrca disposìtis , et
e-ivis etiam suh(erraneis ad murorum ohverstQDein , et fossjs^
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,4 STORIA CIVILE
La città fu messa a sacco, né si tralasciò atto al-
cuno di crudeltà, e di rigore dair irato Re; scaccion-
ne l'Arcivescovo, ed entrato dentro volle, che per
mano de'proprj cittadini fossero buttate a terra dai
fondamenti le forti mura 'di quella città, per le quali,
dice Livio, che si sgomentò Annibale cartaginese. E
dopo esser quivi dimorato due mesi, che consumò in
punire severamente P infedeltà de' Napoletani , fece ri-
torno in Puglia, seco menando Manfredi, al quale
ToUe, che si dasse il secondo grado dopo lui.
I. Primo invito d* Inkocekzio fatto al fratello del Bo
d'Inghilterra alla conquista del Regno.
Innocenzio avendo scorto che Corrado avea de*
l^resse le città sue amiche, e sotto la sua ubbidienza
era tornato il Regno di Puglia^ riputando che tutti
i suoi sforzi sarebbero vani per opporsi agli eserciti
formidabili di Corrado, pensò ( giacché svanito era il
disegno di poterlo per se conquistare^ siccome erano
riuscite sempre infelici le spedizioni fatte da' romani
Pontefici sopra di quello ) d'invitare alla conquista
del Reame Ricciardo^ o come altri lo chiamarono, Ciar*
lotto fratello d'Errico^ III Re d'Inghilterra e Conte
di Conturbia, prode e yaloroso Capitano. Inviò per
tanto in Inghilterra Alberto Notajo appo^toUco per
trattare sopra le condizioni dell'investitura offertagli
da Innocenzio. Ma narra Matteo Paris in quest' aiv*
no I'j53 che più cose fecero svanire questi trattati.
Primieramente perchè Ricciardo temè della potenza
ad deditlonem coegit; magnaque Victoria ex iUarum Civita-
tttm deditione Rex illustratus est.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XVIIL C AP.L 1 5
di Corrado, né si credette d'uguali forze per poterlo
da quivi discacciare. II. La parentela, che vi era tra
loro, essendo Corrado, com'egli dice^ nato da Elisa-
betta inglese, sorella del Re Errico e moglie di Fede-
rico II, nel che va di gran lunga errato; perchè Cor-
rado fu figliuolo di Jole, non già d'Elisabetta; onde
rietesso Paris altrove, cioè nel laSS rapporta un'al-
tra cagione, perchè fu rifiutata l'investitura, dicendo
che Ricciardo non volle accettarla se non sotto que-
ste due condizioni. I. Che per la sua conquista ^li
fosse data la metà delle Decime solite raccogliersi per
li Crocesignati nella guerra Santa. IL Che il Papa
gli consignasse alcuni castelli del Reame da lui for-
tificati per la ritirata de' suoi soldati. Al che non vo-
lendo il Pontefice Innocenzio acconsentire, svani que-
sta prima investitura, e si trattò poi dell'altra in per-
sona d Edmondo suo nipote,^. come diremo più innan2Ì.
Ciò che convinca l'errore del Collenucio e di Paolo
Pausa nella vita di Innocenzio lY che volle seguirlo^
ove disse, che il Papa investi Ciarlotto fratello del
Re d'Inghilterra, il qu al accettò, e che perciò nelle
lettere si sdrivea Re di Sicilia.
( Lunig nel suo Codice Diplomatico (a) , rapporta
un Breve d' Innocenzio drizzato a Lodovico IX Re di
Francia, che porta la data di Perugia dell'anno .13 Sa
resogli da Alberto Notajo, offerendogli il Regno per
Carlo suo fratello. Ma questo Breve o è apocrifo, o
fu posteriore; poiché in quest'anno Alberto fu man-
dato in Inghilterra a quel Re» e non in Francia al
Re Lodovico).
d^) Tom. 2 pag. 914*
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i6 STORIA CIVILE
CAPITOLO n
r
CoRBADO insospettito di MANfRcm lo spoglia d' ogni
autorità e de suoi Stati; avvelena il suo minor jra^-
tello Errico/ ed egli poco da poi se ne muore da
consimil morte; onde Manfredi assume di nuovo il
Saliato del Regno»
Intanto Corrado per le crudeltà nsate alle città
debellate ed a Napoli^ e per lo genio sao aspro e
severo, era entrato in grandissimo odio e malevolenza
presso ogni grado ed ordine di persone; ed affatto
ignudo di quelle virtù civili e militari, che ornavano
r animo di Federico suo padre, riusciva a' suoi sudditi
molto pesante e duro il suo imperio. AlFincontro Man-
fredi uomo d'ingegno « di valore, con destrézza mi-
rabile andava mitigando Fazioni crudeli del Re, per
acquistarsi benevolenza da' Popoli e da* Baroni; tal-
ché in breve nacque opinione per tutto il Regno, che
tutto quel male, che lasciava di fare il Re, e F eser-
cito de' Tedeschi, fosse per intercessione, e benignità
di Manfredi.
Occultava ancora questo Principe con mirabile dis-
simulazione il dispiacere, che Corrado insospettito di
lui gli avea dato per molti torti fattigli; poiché scor-
gendolo d'elevati pensieri e d'animo regio, ed atto
più a donKtiare, che a governare come Balio il Re-
gno, venne in sospetto non la sua potenza e F amore
che s'avea acquistato de' Popoli, lo facessero aspirare
al Regno. Deliberò per tanto trovar modi d'abbassar-
lo, ciò che non volendo far apertamente un di gli
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XVm. GAP. II. 17
disse, ch'avea in pensiero di rivocare tutte le dona-
zioni, che 1 Iniperador suo padre avea fatte nel suo
testamento, come quelle, ch'erano- dannosissime allo
Stato, e portavan detrimento grandissimo alla sua Go«
Tona; e perchè gli altri Baroni con animo pacato il
sopportassero voleva incominciar da lui , acciocché
daìl suo esempio s'inducessero gli altri. Con non dis-
simil arte simulò Manfredi di crederlo, e mostrandosi
con prontezza di secondarlo, volle esser il primo spon-
taneamente a rinunciar in sue mani il Contado di
Monte S. Angelo^ e la città di Brindisi, che per ra«
gion del Principato di Taranto pos&edeva (a).
Tolsegli ancora di tempo in tempo^ secondo se gli
presentavano le congiunture, li Contadi di Gravina,
di Tricarico e di Montescaglioso , che possedeva per
concessione di FedeHco suo padre; e sol gli rimase
il Principato di Taranto assai diminuto; ed affinchè
nemmeno da quel Principato rimastogli potasse ri-
ceverne profitto, e gli riuscisse inutile, impose agli
uomini di quello una pesante, e gravissima general
colletta^ la quale faceva egli esigere, ed applicare al
suo regio Erario^ Rimosse dal Principato suddetto il
Giustiziere, che soleva recarsi dà Manfredi, e vi pose
il suo, siccome a tutte l'altre province del Regno
praticavasi. Tolsegli ancora il mero imperio e pote-
stà che Federico gli avea conceduto sopra quel Prin-
cipato, e ordinò che il Priniìipe sopra di quello non
avesse altra giurisdizione, che nelle cause civili sola-
mente (6); poiché in questi tempi non soleva a' Ba-
roni concedersi il mero imperio sopra i Feudi, ma
solamente ad alcuni Grandi e della Gasa regale , o
{a) Anonym, {b) inonym.
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i8 STORIA CIVILE
suol congiunti per ispeziai favore e grazia del Re
rare volte si concedeva: ciò che poi a' tempi d'Al-
fonso I d'Aragona cominciossi a dare a quasi tutti
i Raroni; onde nacque, che ora non vi è Rarone, an«
Gorchè picciolo, che non F abbia.
Né ferroossi qui T astio di Corrado contro quel Prin-
cipe ; ma volendolo ridurre all' estrema bassezza per
liberarsi da ogni sospetto, sotto mendicate qccasioni
e pretesti, comandò che dal Regno uscissero tutti i
suoi congiunti ed affini, eh' e' teneva del lato materno.
Ne mandò via Gualdano Lancia^ che avea così bene
e con tanta fedeltà e prudenza servito Tlmperador
Federico, onde n'era stato da quello creato suo Vi-
cario in Toscana, ove per molti anni avea con molta
fede esercitato quel supremo comando. Il medesimo
fece con Federico Lancia suo fratello, con Ronifacìo
di Anglono zio materno di Manfredi^ con tutti gli
altri suoi consanguinei ed affini, e con esso loro le
mogli, madri, sorelle, figliuoli e figliuole grandi e
piccoli, che si fossero. I quali tbtti usciti dal Regno,
essendosi ricovrati in Romania presso Costanza Im-
peradrice di Costantinopoli sorella di Manfredi, mandò
Corrado Rertoldo Marchese di Honebruch in Roma-
nia far intendere all' Imperadore, che gli avrebbe fatto
un dispiacer grandissimo, se ritenesse presso di se
quegli esuli; onde fu duopo a quell' Imperadore che
gli facesse partire anche da' suoi Stati (a).
Tutte queste offese so.fferiva il Principe Manfredi
con una prudenza e dissimulazion d'animo maravi-^
gliosa ; poiché non perciò tralasciava con ilarità di
ajutarlo, e di seguirlo in tutte l'imprese, come fece
{a) AnonyiD.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XTIIL GAP. IL 19
in Terra di Lavoro, quando debellò i Conti d'Acqui-
no, in Gapua ed in Napoli, ed ora in Puglia, simu-
lando il suo acerbo dispetto; e nelFistesso tempo con
astuzia grandissima cattiyandosi i Baroni ed i Po-
poli, era nell'amore e benevolenza di quelli.
Accadde a questo tempp, che mentre era Corrado
in Melfi, Errico suo fratello, che non avea più che
dodici anni, venne in Sicilia a visitarlo; ed ^corchè
Y Anonimo non faccia autor Corrado di tanta scelle-
ratezza, non mancano però gravi Autori, che rappor-
tano, che per mezzo di Gio. Moro Capitano sara-
ceno, ch'Errico avea seco portato da Sicilia, lo fa-
cesse crudelmente avvelenare. Goloro che narrano avere
Corrado fatto morire Errico per torgli il Regno di
Sicilia, dicendo che Federico non poteva, né dovea
separarlo dal Regno di Puglia , errano all' ingrosso ;
poiché Federico non il Regno di Sicilia , ma quello
di Gerusalemme, ovvero Alcarense ad elezion di Cor-
rado gli avea lasciato nel suo testamento: e Manfredi
manda Errico in Sicilia per contenere i Siciliani nel-
r ubbidienza di Corrado, come si é di sopra narrato.
Altri credono che V avesse fatto morire , per avere la
maggior parte del tesoro dell' Imperador Federico, che
era ia suo potere. Che ne sia, narra Matteo Paris (a),
che Corrado diede non leggieri sospetti d'esser egli
stato autore della morte di quell'innocente fanciullo;
poiché da allora in poi non mostrò Corrado il suo
volto così sereno e giocondo come prima. E negli
Atti d Inghilterra, ultim;imente fatti imprimere dalla
Regina Anna, si legge una lettera di Corrado scritta
(a) Paris histon Angl. Unde Rex Gorradus post mortem
sui fratris, numquam, ut antea, vultum osteudit serenum.
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io STORIA CIVILE
nell* anno i a S4 al Re d' Inghilterra zio d' Errico, nella
quale, per togliere questo romore che s'era sparso
d* averlo fatto avvelenare, diedegli T avviso della mori»
dì suo nipote, con sentimenti molto appassionati, fin-
gendo molta afflizione e dolore, per la morte di quel
Principe; ma Papa Innocctnzio, fomentando T inimici-
zia nata perciò tra Corrado ed Errico, offerì il Re-
gno di «Sicilia ad Edmondo figliuolo d'Efrico, ch'era
ancoj fanciullo. *
(Presso Lunig (a), si leggono alcune lettere d'Al-
berto Legato d'Innocenzio in Inghilterra, per le quali
dassi r Investitura del Regno ad Edmondo, e la con-
ferma del Papa nel 12 54 coir avviso, che dà ad Al-
berto di tal conferma. Ma questo trattato per la morte
d' Innocenzio rimase interrotto ).
E notasi in questi Atti, che Innocenzio non trala-
sciò cos' alcuna, per impegnar il padre a mettersene
in possesso, fino a dar ordine al Clero d Inghilterra
di prestar denari a questo Principe, e d'impegnar
perciò i beni delle loro Chiese. Ma da poi tutto que-
sto denaro fu dissipato, ed impiegato ad altri usi dal
medcbimo Papa; onde questo secondo trattato anche
rimase in tutto svanito.
Avendo intanto Corrado in cotal guisa ridotte le
città del Regno fluttuami sotto la sua obbidienza , si
disponeva di passare «Itrove verso le parti dell' Im-
perio ; ma ecco , che mentre nella Primavera di quc-
at'anno ia54 s'accingeva a tal viaggio, ne' campi vi-
cino Lavello fu assalito da mortai febbre, che in pochi
giorni nel piii bel fiore della sua^età, non avendo più
(a) Lunig God. Ital. Diploin. Tom. 3 pag. 91 5, 91^.
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i)EL REGNO DI NAPOLI L.XVIIL CAPII, it
che 26 anni, a' 31 maggio lo tolse a' mortali (a}\
avendo durato il suo regno poco più che tre anni:
onde di questo Principe né leggi, né altro attinente
alla politia di queste province, abbiamo.
Pufc gli Scrittori dalla parte Guelfa , Infesti non
meno a Federico, che alla sua progenie, narrano, che
Manfredi per mezzo d'un medico lo facesse avvele-
nare, con isperanza , morto Errico e lui, non essen-
dovi della linea di Federico altri, che Gorradino, che
era nato Tanno avanti, figliuolo d'esso Corrado, po-
tesse agevolmente occupare Tuno e T altro Regno; e
che Contado, non sapendo, che moriva di veleno, fat-
togli dare da Manfredi, lasciasse nel suo testamento
erede Corradino e Balio Fistesso IViwfredi.
Ma se dobbiamo prestar fede al]fp||il|;imo Scrittor
contemporaneo , né avremo Manfrecu l^er Autore di
tale scelleratezza, né per Balio lascillqf da Corrado.
Narra questo Scrittore, che mentrcworrado era in-
fermo, Bertoldo Marchese di Honebruch, allora po-
tentissimo per lo favore de' Tedeschi, vedendo Tin*
clinazion di Corrado, ch'era di lasciar Manfredi per
Balio del Regno, con sottil arte dimandò a Manfredi
se volesse assumere quel peso, per iscorgere T animo
suo. Manfredi conoscendo l'arte del Marchese, gli ri-
spose, ch'egli non avrebbe accettato il Baliato, ma
che ben se lo meritava la prudenza del Marchese, al
quale in ciò per ogni rispetto dovea cedere: ciò oh»
fece can somma astuzia, così per non esporsi all' odio
[a) Anonyna. In Campis prope Lavellum ìnfirraìtate cor-
reptus, cum'esset circa annos aetatis 26 in triumphoruin
suorum primordiis acerbae mortis fato succubuìt.
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32 STORIA CIVILE
de' Tedeschi, come anche perchè conoscendo, che Ber-
toldo, come insufficiente, tosto avrebbe con sua ver-
gogna avuto a soccombere al grave peso, i Magnati del
Regno avrebbero chiamato lui per Balio, come segui.
Bertoldo, ricevuta questa risposta, avendo al mori-
bondo Corrado riferito che Manfredi non avrebbe ac-
cettato il Ballato, fece che il Re nominasse lui per
Balio del Regno.
Fece Corrado prima di morire il suo testamento,
nel quale avendo, lasciato erede il piccolo Corrado suo
figliuolo, e Balio il Marchese di Honebruch, fra Fai'
tre cose, prevedendo gli sconvolgimenti, che avrebbe
potuto cagionargli Innocenzio lY, raccomandò al Ba-
lio, che proccurasse usar ogni studio d'ottener per
Corradino la grazia e la pace della Sede AppostoU-
ca, per non vedere implicato quel fanciullo in nuove
guerre col Pontefice.
Il Marchese avendo assunto il Ballato, e postosi in .
mano tutto il tesoro della Camera regia, volle ubbi-
dire al testamento del Re, e mandò Legati al Ponte-
fice Innocenzio, chiedendogli in nome di Corradino
la pace e la sua buona grazia, siccome Corrado avea-
gli raccomandato nel auo testamento. Innocenzio che,
morto Corrado, credeva aver per le mani la più op-
portuna congiuntura d'impossessarsi del Regno, re-
putò quésta Legazione più tosto un'argomento della
d^olezza della parte Règia, che atto di devozione;
onde rendutosi più animoso che mai , rispose ^' Le-
gati, che in tutte le maniere egli voleva prender la
possessione del Regno devoluto già alla Chiesa ro-
mana : che venuto alla pubertà Corradino , qi^ando
fosse maggiore, allora si sarebbero esaminate le sue
pretensioni, e che forse, se la Sede Appostolica ne
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^DEL REGNO DI NAPOLI L.XVIII. CAPH. aS
l'avesse reputato degno, gli avrebbe coaceduta la sua
grazia (a).
Questa risposta fece avvertito il Marchese ed i Ba«
Toni del Regno, che V animo del Papa era già tutto
rivolto ad occupare il Regno, e ben tosto se ne vi-
dero gli effetti; poiché cominciava già a ragunare un
conveniente esercito per invaderlo; ed oltre di ciò si
erano scoverti alcuni trattati, che teneva con molti
Baroni affezionati d^Ua Chiesa', perchè Tajutassero
alla conquista; i quali mal soddisfatti del governo del
Marchese^ e dell'insolenza de' Tedeschi, amavano me-
glio sottoporsi al dominio della Chiesa, che vivere op-
pressi sotto la loro servitii. Il Marchese volle riparare
air imminente invasione; ma scoverto, che molti Bà»
roni , da' quali egli sperava ajuto , s' erano dati dalla
parte del Pontefice, e che 1* esercito Papale era già
per invadere i confini del Regno, atterrito dall' im-
presa, avvilissi in maniera, che pentitosi d'aver as-
sunto il Baliato, quello, non senza suo rossore, rifiu-
tò, e vergognosamente depose (i).
I Conti e' Baróni e gli altri Magnati del Regno,
che erano rimasi fermi nella fede del Re, vedendo il
Marchese aver abbandonato il governo, tosto ricor-
sero al Principe Manfredi^ pregandolo e scongiurane
(a) Anonym. Summus Ponlifex illamLegalorum niissionem,
et Apostolìcae gratiae postulationem, xnagis debilitati partis
Hegiae, quam devotioni ascribens, respondit, praecise se ha-
bere velie Regni possessionem , atque dorai niuni; promittctis
Regi pupillo^ cum ad pubertatem veniret, de Jare, si quod
baberet in Regno , gratiam esse faciendam. {b) Anonym. Ba-
liatus officium se assumpsisse poenituit, et ex lune onus qui-
àem incaute susceptum, non sine pudore deponendum exi-
Btimavit.
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ù/^ STORIA CIVILE
dolo^ che per non veder minato il Regno, ed espa-
sto a perdersi, riprendesse egli il Ballato, a cui di
ragion s' apparteneva. Manfredi ripugnava , dicendo
che ora che le cose erano in istato pur troppo ca-
lamitoso, non voleva perdere il suo onore; ma i Ba-
roni incessantemente rampognandolo, e protestandosi
che sarebbe il Regno perduto , finalmente T indussero
a pigliarne il governo. Movea ancora un'altra ragione
fortissima, perch' essendosi sparsa la voce che Corra-
dino fosse morto, il Papa era entrato in maggior spe-
ranza d' occupare il Regno. All' incontro Manfredi ,
che reputava, secondo il testamento delF Imperador Fe-
derico suo padre, dover egli succedere ne' suol Stati,
determinò di prenderne il governo, affinchè se il pu-
pillo vivea, gli avrebbe per lui amministrati,, e per
lui ripressi gli sforzi dell' emolo Innocenzio, se all'in-
contro fosse vero il rumore della morte, con facilità
se ne sarebbe potuto incoronare (a).
Avendo adunque Manfredi assunto il Ballato del
Regno, si fece giurare fedeltà dallistesso Marchesci
dalli Conti^ Baroni, e da tutti i fedeli del Regno, in
GOtal maniera, che se vivea il picciolo Re, giurassero
a lui come general suo Balio; se fosse morto, aves-
sero da ora a riputarlo per loro Re e signore del
Regno (t).
(a) Anonym. Quamobrem Princeps ad hujusmodi quidem
aemulorum iutentìonem rcpellendam , Regni gubernaculum ,
tam ad ntilitatein pupilli nepotis sui, si viveret , quam ad
suam, si forte de facto aliud conti gisse t , assumere de jure
debebat. (b) Anonym. Sin autein ipse Puer vel jam defecis*
set, vel post, liberis non susceptis, deficeret, ipsum Princi-
pem Manfredum ex tunc in Regeui et Regni doininum ha-
berent.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XYIII.CAP.IIL aS
CAPITOLO in.
Spedizione cTIiìhocbhzio IV sopra il Regno,
i^omposte in cotal maniera queste bisogne, il Mar-
chese andossene in Puglia, promettendo a Manfredi
di colà mandargli ogni soccorso di denaro, e di gente;
ed intanto Manfredi cominciò a preparare, e disporre
l'esercito per poter fronteggiare a quello del Ponte-
fice, che a grandi giornate se ne calava nel Regno.
Presidiò a questo fine San Germano con buon nii-
mero di' Tedeschi, e fortificò Gapua con tutte le vicine
terre, che cominciavano a fluttuare, per contenerle
nella sua ubbidienza.
Ma d^ altra parte Innocenzio avea fatti progressi
grandi per facilitar l'impresa, avea mandati suoi messi
in Sicilia a Pietro Ruffo di Calabria, che dal Mar-
chese di Honebruch era stato lasciato Balio della Si*
cilia e delia Calabria, perchè disponesse que* popoli
ad alzar le bandiere della Chiesa (a); ed in fatti Pietra
da Messina spedì al Papa Folco suo nipote, ed altri
Ambasciadori sopra due galee ^ significargli, che tanto
la Sicilia,- quanto la Calabria s' andavan disponendo
ad abbandonar Manfredi, e darsi dalla parte sua.
S'aggiungeva ancora, che Riccardo A\ Monte Negro
per r odio ed inimicizia, che teneva col Marchese
l^ertoldo, s'era dato già nel partito del Pontefice, col
quale erasi confederato, e promise voler dar libero
passo all'esercito papale per le sue terre, che teneva
(a) Ànonym.
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36 STORIA CIVILE
ne' confini del Regno. Molti altri Baroni ancora aveano
nascostamente mandato dal Papa a giurargli fedeltà,
ed a ricevere da lui la rinnovazione dell'investiture
de' loro Feudi che possedevano (a); ed altri ottennero
con facilità dal Pontefice nuove investiture, siccome
Borrello di Anglono, che fu da Innocenzio in questi
tempi prima d' entrar nel Regno investito del Contado
di Lesina, ancorché s'appartenesse a Manfredi, come
pertinenza del Contado di' Monte S. Angelo. Anzi In-
nocenzio avea conceduta l'investitura del Contado di
Lecce a Marco Ziano figliuolo di Pietro Duca di Ve-
nezia, a cui dichiarò appartenere come discendente
del Conte Tanpredi suo avo, non ostante le ragioni,
che vi teneva il Conte Tigrisio de Mudignana, ovvero
i di lui figliuoli, per ragione d'Alberia sua moglie,
che dovea nella successione a tutti preferirsi; e non
per altra cagione, se non perchè il Conte tigrisio e*
suoi figliuoli aderirono air Imperadore Federico con-
tro la Chiesa, ed ancora non tralasciavano d'offen-
derla, onde Innocenzio gli reputava affatto indegni
della sua grazia; e la carta di questa in vesti tura, spe-
dita da lui in Perugia l'anno i2 5a vien rapportata dal-
l' Ughello (&), che dice averla riscontrata nel registrò
vaticano. Siccome nell' istesso anno isSa a' 21 gen-
najo dimorando per anche in Perugia, investì O. Fran-
gipane del Principato di Taranto , ancorché fosse di
Manfredi, con tutta la terra d'Otranto: sotto pretesto,
ch'era stato prima dato dall' Imp^radrice Costanza I
normanna ad O. suo zio, come appare per privilegio
{a) Anonym. {b) Ughel. Ilal. Sacr* tojn. 9 p. 109 riscon-
trata in Reg. Vat. an, 9. Pontif. n. 121 et 122.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XVIII. CAP.III 27
datò in Perugia, rapportato da Rainaldo (a); ed in co-
iai maniera Innocenzio gratificandogli .s* area resi suoi
ligi, e dependenti i migliori Baroni dei Regno, e ri-
dotti molti personaggi di conto al suo partito.
Di vantaggio erasi penetrata una congiara, che si
•rdiva a Gapua contro Manfredi, con deliberazione,
subito che T esercito papale si fosse accostato al Re-
gno, con impeto grande dar sopra quel Principe per
imprigionarlo, o ucciderlo. Erasi ancora scoyerta la
poca fede del Marchese Bertoldo, il quale violando
tutte le promesse fatte a Manfredi di mandargli dalla
Puglia denaro e gente, non solo non adempieva alle
promesse, ma discorrendo per Puglia badava solo al
suo utile, gravando que' sudditi d'eccessive taglie, ed
i suoi Tedeschi, per la loro rapacità gli aveano aH%-
nati dalla fede che doveano al Re, e desideravano il
dominio dei Papa; ed ancorché Manfredi avesse man-
dato Gualvano Lancia suo zio, a narrargli le angustie,
nelle quali si trovava per mpverlo a dargli ajuto ,
fu però inutile la missione, niente curando de' suoi
pericoli.
Vedutosi perciò il Principe Manfredi in così gravi
angustie, nelle quali era, pliw per gli occulti, che per
li palesi nemici^ reputando inutile ogni suo sforzo di
voler colla forza contrastare al Pontefice^ bisognò ce-
dere al tempo, e ricorrere per vincer l'inimico alle
simulazioni ed agl'inganni. Erasi il Pontefice Inno-
cenzio , per accalorare l' impresa , disposto di venir
egli di persona a conquistare il Regno v e fermato in
Anagni era tutto inteso al grande apparecchio, e per-
(a) Raynal. t. x5. Anoal. Ecclesiast. an. i^Bi a n. 5 ad. 7
eolla data la. Kal. F^b. an. Pont. IX.
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!^8 STORIA CIVILE
che non si tralasciasse strada per agevolarne V imptùa^,
ayea mandati più Messi a tentare ristesse Manfredi,
affinchè lasciasse, il governo del Regno, e quello po-
nesse in mano della Chiesa. Manfredi con somma ac-
cortezza andava differendo la risposta; ma ora vedu-
tosi in queste angustie, deliberò fargli tornare al Pon-
tefice con risposte tutte umili e riverenti, dicendogli,
che rapportassero al Papa, ch'egli fidando al suo gran
zelo e pietà, che aveva verso il Re pupillo suo nipote,
e reputando esser proprio della Sede Appoatolica di
proteggerlo, e riceverlo nel suo seno con paternal a-
more e grazia, non ripugnava abbandonar il governo
del Regno, e ponerlo in mano della Chiesa madre pie-
tosa di tutti, e più de' pupilli; e che sperava che con
ci6 si fossero adempiuti i voti di Corrado padre del
fanciullo Re, che nel suo testamento avea ardente-
mente desiderato, che la Santa Sede ricevesse sotto
la sua protezione e grazia T innocente fanciullo: che
egli non solo non contrasterebbe, ma darebbe ogni
a)uto alla sua entrata, e possessione del Regnoj senza
però, che dovesse recarsi con tal atto alcun pregiu-
dicio alle ragioni sue, e del Re pupillo (a).
Il Pontefice ricevuta questa risposta con indicibile
allegrezza, si lodò tanto di Manfredi, che quando pri-
ma tenne quel • Principe per iscomunicato , e niente
cattolico, ora lo ricevè in sua grazia ed in quella
della Sede Appostolica, dimenticando ogni offesa; ed
avendogli fatto animo, che fidasse in lui che con porsi
il Regno in mano della Chiesa, non si sarebber punto
pregiudicate le ragioni del Re pupillo, e sue; e che
quando sarebbe quegli venuto alla età maggiore, la
(a) AnoDym.
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DEL REGNO DIìNAPOLI L.XVIII. GAP. III. ag
Sede Appostolica gli avrebbe* renduta sua ragione, si
dispose ad entrare nel Regno col suo esercito. Inviò
intanto Manfredi, per maggiormente assicurarlo della
sua fedeltà, Gualvano Lancia suo zio ad Anagnt ad
umiliarsi col Pontefice; e,, se deve riputarsi vera quella
Bolla rapportata dal Tutini, si vede che Innocen^io
per mostrargli all'incontro ugual corrispondenza, a' 3 7
settembre di quest*anno 13 54 in Anagni gli confermò
rinvestitura, colla quale per mezzo dell' istesso Guai-
vano investì, e confermò a Manfredi il Principato di
Taranto (del quale prima avea investito O. Frangipane),
il Contado di Gravina, e di Tricarico, con Tenore
del Monte S. Angelo , con tutte le supreme regalie
ed onori e preminenze, colle quali T Imperador Fede-
rico suo padre glieFavea conceduto, e che Corrado
gli avea tolte. E per mostrargli maggior benevolenza,
possedendosi allora il Contado di* Montescaglioso dal
Marchese Bertoldo, in iscambio di quello gli diede il
Contado d' Andria , . investendone in pubblico Conci-
storo in suo nome il sopraddetto' Gualvano Lancia,
dandogli in segno dell' Investitura un anello, come si
legge nella Bolla dell' investitura, rapportata dal Tutini
nel libro del' Contestabili del Kegno (a).
Il Principe Manfredi, ancorché dal tenore di questa
investitura, e da altri fatti comprendesse, che Y animo
d' Innocenzio era non di governare come Balio il Re-
gno insino all'età maggiore di Corradino, ma suppo-
nendolo devoluto alla Sede Appostolica, dominarlo con
assoluto, ed indipendente imperio^ nulladimanco con
mirabile astuzia dissimulava il tutto; e per maggior*
{a) Reg. In. IV. in Vat. cpist. ao5. Tulin. de* Contest, dei
Regno pag. 58. Pansa in yiu Ino. lY.
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3o STORIA CIVILE
mente farlo cadere nelle sue reti, vie più mostra vasi
di lui tutto umile ed ubbidiente ; anzi per segno di
maggior venerazione, essendosi Innocenzio già incam-
minato, volle andare ad incontrarlo, insino a Ceppe-
rano, e quivi incontratolo^ volle inginocchione ado-
rai^lo, e prendendo da poi il freno del suo cavallo,,
lo servì in cotal maniera per un pezzo di strada in-
sino che passasse il ponte di Garigliano (a).
Innocenzio gradi tanto queste umili dimostrazioni,
die ancorché vecchio, e per esperienza prudentissimo,
si lasciò ingannare, in guisa, x)he oltre aver conferito
con lui quasi tutti i suoi più riposti pensieri, creden-
do, che conserverebbe la più sopraffina divozione alla
Sede Appostolica, volle cumularlo di maggiori onori;
poiché oltre avergli dato il primo luogo fra tutti i
Baroni, lo creò Vicario del Regno, dal Faro insino
al fiume Scie, e per tutto il Contado di Molise, e terra
Beneventana, eccettuatone il Giustizierato d'Abruzzo,
costituendogli ottomila onde d'oro Tanno di mercede;
e la carta di questa concessione la rapporta ancora
il Tutlni (&); ed essendosi già sparsa fama per tutto
il Regno, che il Papa con accordo e permissione di
Manfredi era entrato nel Regno per amministrarlo^ i
popoli, che stavano infastiditi de' trattamenti , che ri-
cevevan da' Tedeschi , erano già tutti disposti per ri-
ceverlo, riputando in cotal guisa poter uscire dalla
loro servitù, ed esser fuori di periglio d'esser più in-
terdetti dagli Ufficiali sacri {e), E questo fu cagione.
(a) Anonym. Et Papa Regnum intrante , Princeps stratorìs
€Ì officium exhibens frenum tenuit, quo usque ad ponteih
Garigliani traosiret. {b) Tulia. loc. cit. p. 60. (e) CosUnzo
lib. I histor. di Napoli.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XVIII. GAP. IH. 3i
che Manfredi con grandissime astuzie consigliò il Papa»
che compartisse il suo esercito per le più ricche province
del Regno: dal quale consìglio ne avvenne, che i Ca-
pitani tedeschi, parte per timore dell' esercito del Papa»
parte per la mala volontà, che conosceano ne' popoli,
i quali ricusavano di pagare a' Tedeschi cos' alcuna,
si partirono dal Regno, e tornarono in Germania de-
lusi da Manfredi, con lasciarne agio in Puglia, ed in
terra d'-Otranto alcuni, i quali appena potendo vivere,
non avendo paghe, andavano semple piìi mancando
di numero. Così Manfredi toltisi dattorno i Tedeschi»
i quali gli davano maggior sospetto, ^che i nemici pa-^
lesi, e tratto tratto acquistando forza in quelle pro-
vince, ove era egli stato creato Vicario dal Papa, cer-
cava ora opportunità, come potesse discacciarne i coy
stui soldati, che compartiti in più luoghi, infra di loro
divisi, credeva con più facilità debellare.
Intanto il Pontefice entrato nel Regno, prima fer-
mosi^i a Teano per picciola indisposizione, e poi giunse
in Gapua, ove fu ricevuto con molta pompa e cele-
brità (a); e quivi férmiatosi, era tutto inteso ad unire
sotto il dominio della Sede Appostolica tutte le altre
province del Regno di Puglia e di Sicilia, come avea
fatto dell'Abruzzo, di Terra di Lavoro, parte della
Puglia, e d'alcune altre. Avea egli fatto Legato della
Sede Appostolica sopra il Regno il Cardinal di S. Eu-
stachio, suo nipote, al quale avea data tutta la sua
autorità e potere per amministrarlo. Questi essendo
giovane, e congiunto ad Innocenzio {b)y cominciò eoa
alterigia a governarlo, non come Goveriìadore, ma co-
(a) ÀDODym. (b) Ànonym. Viro quidam juvene, et ip.«»Ui
Fapae consanguineo*
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m
35 STORIA CIVJLE
me assoluto padrone, ed obbligava ì Conti, i Baroni,
€ tutti gli altri a dargli il giuramento di fedeltà, nullo
jure Begisj et Principis salvo ( come dice T Anonimo )
ma assolutamente a lui, come Legato della Sede Ap-
postolica, a cui era il Regno devoluto. Per questa
cagione pretendeva ancora, che il Principe Manfredi,
aiccome avean fatto gli altri Baroni, dovesse prestar
9k lui consimil giar^mento di fedeltà.
Allora fu, che Manfredi opportunamente cominciò
pian piano a togliersi il velo della simulazione, ed a
resistere apertamente al Legato con dirgli, che le con-
venzioni avute col Pontefice erano state, che si la-
sciasse iif mano della Chiesa il governo del Regno,
salve però le sue ragioni e quelle del nipote^ ed in-
sinoattanto, che il pupillo non sarà fatto pubere, non
dovesse mutarsi cos' alcuna dello "stato, nel quale era
il Regno: per la qual cosa non volle dar il ricercato
giuramento, non ostante le moleste dimande del Legato.
Non fu però, come dice l'Anonimo, che per tali con-
tese Manfredi non venisse a perdere molto della sua
stima presso gli altri Baroni del Regno; poiché questi
vedendo, che.il Legato niente riguardando alla sua re-
gale stirpe, voleva trattarlo di pari,. e nell'istessa guisa
che gli altri, cominciarono a perdere quella riverenza
ed ossequio, che prima gli portavano.
"Per questa cagione avvenne, che avendo Borrello di
Anglono ottenuto dal Pontefice Innocenzio, prima che
entrasse nel Regno, rinvestitura dei Contado di Lesina,
perchè abbandonasse le parti Regie, e seguitasse quelle
della Chiesa, siccome avea fatto con molli altri Ba-
roni, per tirargli al suo partito, pretendeva ♦'gli in
vigor di tal investitura, che quel Contado a lui ap-
partenesse; ma Manfredi pretendendo giustamente, che
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XVIII. CAt.III. S5
essendo quello tra le pertinenze del suo dominio, nod
dovesse in quello esserne turbato, ^It fece prima a-
michevolmente intenderla, che se ne astenesse; anzi di
certa altra terra, che teneva, appartenente al Contado
di Monte S. Angelo, gli fece sentire, che la godesse
pure, ma che^ almeno ne ricevesse da lui rinvestitura,
con la ricognizione, e con dargli il solito giuramento
della assicurazione, altrimenti, che la lasciasse (a). Bor-
rello insuperbito per lo favore del Papa, dìsprezzando
r ambasciata di Manfredi, con molta arroganza gli ri-
apose, eh' egli' non era né per lasciar il Contado, né
per riconoscer lui per quella ;^rra, né per dargli giu-
ramento alcuno. Manfredi ancorché acerbamente* rice-
vesse tal risposta, non volendo contendere col disu-
guale, dissimulò r ingiuria; ed avendo inteso, che Bor-
rello avca mandata molta gente ad invadere il Contado
di Lesina, con aver già occupate due terre di quel
Contado, non volle usar la forza, ma ebbe ricorso al
Pontefice Innocenzio, eh' era allora a Teano, al quale
espose il torto fattogli dal Borrello, che sotto pretesto
d' aver avuta da lai la concessione di quel Contado,
voleva appropriarselo, quando, come appartenente a
quello del Monte S. Angelo, era di suo dominio: pre-
gava perciò il Papa, che vi riparasse, perché non sor-
tissero incoDvenienti maggiori.
Il Pontefice, secondo le solite ambiguità di quella
Gorte^ gli rispose a guisa d'oracolo in tal maniera:
Se praefato Burrello nihil de Jurihus Piìncipis con»
cessìsse {b), Manfredi ben intese da questa risposta, che
r animo del Pontefice era per favorire Borrello, con
tutto ciò premendo sempre, che gli fosse renduta sua
{a) Anonym. {b) Anonym.
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34 STORIA CIVILli
ragione, gli fu risposto ohe, giunto a Gapua avrebbe
fatto esaminare per termini dì giustizia quest'affare.
Intanto s' ebbe notizia, che il Marchese Bertoldo dia
Puglia erasi incamminato per Gapua per inchinarsi
al Pontefice, onde Manfredi, per non incontrarsi col
medesimo, prese commiato dal Papa per tornarsene;
e mentr* era in cammino , ecco che da lungi videsi
Borrello, che con molta gente armata era in aguato
per assalire ad un luogo angusto il Principe. Dicchè
aTvedutisi que' dèlia comitiva di Manfredi, gli diedero
aopra, e postolo in fuga, rimase in quel rumore uc-
ciso Borrello dalle genti del Principe, niente sapendo
Manfredi intanto della sua molte.
Essendo arrivato il Papà a Gapua , tosto i suoi e-
muli variando il fatto, facevano reo di questo delitto
Manfredi; ed ancorché per mezzo del Marchese Ber-
toldo proccurasdfe pui*garsi col Papa, con dire, che
attorto ciò se gV imputava, nuUadimanco, avendo sco-
verto che il Marchese in vece di difenderlo "proccu-
rava la sua prigionia, mandò nella Gorte del Papa,
eh' era aUora in Gapua, Gualvano Lancia suo zio per
difendersi; ed egli intanto nelFAcerra in casa di quel
Conte suo fognato ricovrossi.
Il Papa pretendeva che Manfredi si presentasse
avanti di lui per conoscere delta di lui inquisizione;
Manfrefli non ripugnava venire , purché se gli fosse
promessa sicurtà della sua persona; ma Gualvano Lan-
cia, avendo penetrato, che il Papa voleva imprigio-
narlo, né voleva dargli sicurtà, ma che si fosse presenta-
to avanti il suo Legato; avvisò a Manfredi, che tosto
partisse dall' Acerra, non stando ivi sicuro, e che proo-
curassc andarsene in Puglia, ove coir intelligenza dei
Sjiraceni, ch'ivi erano suoi partigiani, proccurasse ^n^
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DEL REGNO DI NAPOLI L^XVIIL GAP. III. 35
trar in Lucerà, e qulri afforsarsi (a). Manfredi avolo
quest'avviso partì di notte, e seco pertossi due fidati
giovani Nobili napoletani, che con se avea, i quali
furono Marino Gapece, e Corrado suo fratello. Questi
furono i suoi fidi compagni, che non Tabbandonaroa
mai in tutto quel pericoloso e disagevol viaggio.
Passati molti pericoli e disagi, finalmente Manfredi
giunse in Lucerà, ove coirajuto de'suoi Saraceni, che
erano dentro, infrante le porte, entrò ivi pien di glo-
ria, e da tutta la città fu acclamato, e gridato per
lor Principe e Signore, acquali esponendo le cagioni
per le quali erasi allontanato dalle parti del Pontefi-
ce, che non come Governadore, ma come Signore vo-
leva usurpare il Regno àt Re pupillo suo nipote, di-
chiaro, la volontà sua non essere altra, che jura Re-
gis nepotis suiy et sua^ et lihertatem^ honumque sta^
tum Regni j et Civitatis ipsius viriliter manutenere, at-
que defendere ^ come scrive rAnópimo. Per la qual
cosa tutti gli prestarono giuramento, di fedeltà, e d'o-
maggio, prò parte RégiSy et sugì
Il Marchese Bertoldo, Odone suo fratello ed il Le-
gato del Pontefice, udita la sorpresa di Lucerà, tosto
uniti insieme s'afforzarono colle loro truppe in Troja
per resistergli; ma Manfredi^ essendosi indi a poco
impadronito di Foggia, avanzava alla giornata di for-
ze , e reso formidabile il suo esercito, dopo varie vi-
cende , ruppe finalmente il Legato e T esercito Pa-
pale, prese Troja, disperse le genti d'Odone e del
Marchese Bertoldo; e sopra di esse ottenne rimarchevol
vittoria* Allora fu, che Manfredi scrìsse a' Baroni del
Regno suoi partigiani quella lettera, che si legge pres-
(a) Anonym.
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36 STORIA CIVILE
8o il SommoAte (a), avutala da Pier Vincenti di Brin-
disi, nella quale iniiiutameote descrivegi questa vit-
toria, che bisogna averla per vera, siccome per tale
Tebbe Raiaaldo ne' suoi Annali; giacché è conforme
a quel, che di tal vittoria diffusamente ne scrisae TA-
nonimo.
I. Invocenzio ahhandona il He d' Inghilterra, ed in^
vita il fratello del Re di Francia alla conquista del
Regno: se ne muore in Napoli, e svaniscono i suoi
disegni^
Innocenzio sin dal mese di gingno dell'anno i:353
erasi colla sua Corte portato in Napoli, dove sentendo
i progressi di Manfredi fatti in Puglia, temè non final-
mente dovesse discacciarlo da tutte T altre, province
del Regno, ch'erano nell'ubbidienza della Chiesa-, e ve-
dendo essere inutile ricorrere in Inghilterra., avendo
avuta contezza in quel tempo che fu in Francia del
valore e prudenza di Carlo d' Angiò Conte della Pro-
venia, fratello del S. Re Lodovico di Francia, spedì
a quello Maestro Alberto da Parma suo Cappellano
e Segretario, per trattare la sua venuta in Regno, of-
ferendogliene V investitura. Ma per trovarsi il Re Luigi
in Oriente implicato nella guerra Sagra, non potendo
dargli ajuto, non potè niente conchiudersi: rimase non
perciò Alberto in Francia , e trattò quest' affare sotto
i Pontefici successori d Innocenzio per quattordici anni
a fin di ridurre il trattato ad effetto, siccome sotto il
Pontificato d' Urbano IV fu ridotto (i).
(a) Summ. tom. 2 p. i32. (b) Tulino de' Contesi, p. 61.
Raynal. Ànnal. Eccl. tom. i3 ann, i255.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XVIIL CAP.III. 3;
Yi è anche chi strisse che, infermatosi Innocenzìo
in Napoli, fvendo intesa la novella dsHn vittoria ottenu-
ta da Manfredi, se ne morisse di cordoglio a'7 o, come
altri rapportano, a^i3 dicembre di quest^anno 12 54 {a)»
Giace sepolto questo Pontefice nel Duomo di Napoli^
ove ancor o^gi s'addita il suo tumulo. Pontefice^ che potè
darsi questo vanto, d' èssere ttato il primo, che unisse
alle pretensioni, che ban tenuto sempre i Pontefici ro-
mani sopra questo Reame, Y attuai possesso di quello.
Tutte le spedizioni degli altri Pontefici por conquistarlo
furono, o infelicemente terminate o appenia mosse dis-
sipate e spente; d'Innocenzio IV può solamente dirsi
che per più mesi ne avesse avuto il corporal posses-
so, e che per altri tanti lo tramandasse al suo succes-
sore Alessandro IV. Perciò si leggono di lui tante in-
vestiture conc^ute a molti nostri Baroni^ delle quali
si è fatta memoria. Pontèfiòe ancor egli intendentissi-
mo di ragion civile, e che ornò la nostra giurispru.-
denza di molti trattati e volumi.
Fioriva in Italia in questi anni T Accademia di- Bo-
logna sopra tutte le altre ; dove Innocenzió essendo
giovane apprese la disciplina legale, ,e nelle leggi cif-
rili ebbe per Maestri Azone, Accursio e Jacopo Bai-
duino; siccome nel jus canonico Lorenzo Spagnuolo,
Giovanni Teutonico, Jacopo d*Albasio ed Ugucoione,
principali Dottori di quella età; OifiAe ne divenne un dei
più perfetti legisti del suo tempo (h), E volendo emulare
Innocenzió III pur famoso Giureconsulto de' suoi tem-
pi, in mezzo alle cure di quel turbolento ed inquieto
Pontificato, non tralasciò questi ^tudj, perchè stando
{a) Chiocc. de Archiep. Ncap.ann. i!26a. (/.») Pansà in Vita
Innoc.
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38 ^ STORIA CIVILE
in Lione, Bcrisse eopra i cinque Kbri de' Decretali gli
Jpparati^ di che >flnto i Canonisti si servono: fondan-
do il principio sopra T autorità d'Ezechiel profeta; della
qnal Opera scrivendo S. Antonino dice, eh* ella è di
maggìot autorità, che la lezione di ciascun libro degli
altri Dottori, onde ne venne chiamato padre e mo-
narca delle divine ed umane leggi.
Scrisse le Costituzioni , che fece nel Concilio di
Lione, sparto delle quali, s* hanno nel Sesto libro dei
Decretali. Compose un libro^ che Ostiense nella sua
Somma chiamaci/ fenfzcTie. Ed un altra intitolato Jpo*
logetieo^ contro a Pietro delle Vigne, intorno alla giu-
risdizione deir Imperio ed autorità del Papa ; e 4»-
pose anco i Commentarj del vecchio e del nuovo Te-
stamento.
Ebbe in molto pregio gli uomini virtuosi, e lette-
rati, fra' quali Alessandro d^Ales di nazione inglese,
eh' essendo già vecchio prese V abito de' Frati Minori ;
dal quale fece comporre la Somma della Teologia, ed
altre grandi opere, onde ebbe il cognome di Dottore
Irrefragabile, Spinse Bernardo da Parma, ed il Com^
postellanoy ch'erano suoi Cappellani, perchè scrives-
sero sopra il Decretale^ e componessero altre opere.
Amava molto le religioni, e fra le altre quella di
S, Benedetto^ e le due di S> DomenicOy e di S. Fran-
cesco ^ le quali a guisa di novelle piante allora fiori-
vano. Riformò la Regola a' Frati Carmelitani^ dandone
la cura al Cardinal Ugo. Ordinò , che tutti i Romiti
viventi senza Regola, e particolarmente quelli ch'era-
no per la Toscana, ed anche molti Religiosi di S. Ago-
stino, uniti sotto un Generale, si chiamassero Eremi-
tani. Rinovò in Francia, ed anche in Italia la Reli-
gione de' Cruci/eri^ ch'era quasi spenta; tal che in Ita-
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DEL REGNO DI NAPOLI t.XVIIL CAP,nL 39
lia 8Ì rifecero alcuni Monasteri di nuovo, fd in Na-
poli particolarmente ebbero poi quello di S. Maria del-
le Vergini fuori della Porta di S.Gennaro, dato loro dal-
la famiglia Carmignana^ e da'Yespoli. Concesse a'Ca'-
valieri de' SS. Maurizio e Lazaro autorità d'eleggere
il Gran Maestro nella religion loro; e concesse n' Cano-
nici deir Arcivescovado di Napoli Tuso della Mitra*bian-
ca, quando l'Arcivescovo celebra-, ed al Clero le fram
chigie, che inaino ad oggi gode per tutto il Regno.
CAPITOLO IV.
Spediziofie S Alessandro IV sopra il rcgnoy e nuovi
inviti fatti da lui al Conte di Prof^enza^ ed al Re
d\ Inghilterra.
Il Legato appostolico intimorito per la vittoria ot-
tenuta da Manfredi, abbandonando la Puglia, fece ri-
torno coir esercito papale in Terra di Lavoro, incam<'
minandosi verso Napoli, e per istrada incontrossi col
Marchese Bertoldo, e continuarono uniti il cammino
insino a Napoli, ove giunti trovarono, che pochi giorni
prima InnOcenzio. era già morto (a). Quando i Cardi-
nali, e tutti que della Corte videro il Legato, ed il
Marchese Bertoldo ^ ed intesero la ruìna de' loro eser-
citi, furono presi di tanto timore^ che volcvan tostp
partire da Napoli, e ritirarsi in Campagna di Roma;
ma confortati dal Marchese , che non partissero , si
(tf )• Anonym. Ambo simul Neapollm pervenientes , invcnq-
rimt , quod ipsìs diebus , videlicet Idibus Dec«Qibris, Papa
defunctus erat.
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4o STORIA CIVILE
stettero; ed air elezione del nuovo Pontefice furono
tutti rivolti. Non mancano Scrittori (a), che dicono es-
servi stato gran contrasto fra' Cardinali per questa ele-
zione, e che perciò la Sede fosse vacata un anno. Ma
r Anonimo, il Collenuccio, Pausa ed altri (&), rap-
portano, che i Cardinali temendo non il differire Tele*
zione fosse cagione di maggior lor danno, tosto in Na-
poli uniti, di concorde volere eressero Rainaldo d' A-
nagni della famiglia Conti nipote di Gregorio IX che
fu chiamato Alessandro IVy il quale nel Duomo di
Napoli fu consecrato, ed incoronato, ed in questa città
siccome pruova il Chioccarelli (e), vi si trattenne per
un' anno.
Intanto il Principe Manfredi, reso più animoso per
la morte d' Innocenzio, ridusse sotto la sua ubbidienza
quasi tutte le altre città della Puglia, che aveano al-
zate le bandiere della Chie9a. Si sottopose a lui Barletta,
da poi Venosa e finalmente Acerenza, dove Giovanni
Moro fu da' Saraceni crudelmente fatto morire. Prende
Rapolia; indi si resero Trani, Bari, ed in breve tutta
la Puglia, toltone alcune città di Terra d' Otranto,
che ancora si mantenevano sotto l'ubbidienza della
Chiesa.
Il Pontefice Alessandro IV atterrito nel principio
del suo Pontificato di questi progressi del Principe,
spinse Tommaso Conte dell' Acerra cognato del Prin-
cipe, (e Riccardo Filangerio, che andassero a trovar
Manfredi; i quali vennero in Puglia, spinti anche, co*
(a) Gio. Villani, Costanzo, lib. i. (6) Anonjm. Pansa, in
Vita Innoc. {e) Chiocc. de Archiep. Neap. an. 1262 ex Glos.
in I. si roaritus i5, J legfis Juliae^ D. de Àdiiheriis, ivi: Qui-
dam eral a'bsens causa Reipublicae^ nt pula in Civita te Nea«
polilana, ubi nuac est Papa Alexander ''IV.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XVIII. CÀP.IV. 4i
me si diceva, da alcuni Cardinali, per insinnargli^ che
non mancasse mandare i suoi Ambasci adori a rallegrarsi
col nuovo Pontefice della sua esaltazione a quella Catte-
4ra, portando ammirazione, che ciò, che tutti gli altri
Princìpi del Mondo facevano, non volesse far egli: X^^;
Manfredi dubitando, siccome altra volta era accaduto,
che questa sua Legazione al nuovo Pontefice noa
fosse interpretata per sua debolezza, e pusillanimità^
loro rispose, ch'egli non avrebbe mandati altri Amba*
sciadori al nuovo Pontefice, se non per trattar la pat^
con tali condizioni : Vt Begnum in dominio^ et posAts»
sione Regis Conradi 11 nepoiis sui, sub baliatu Prin^
eipis remaneret, Compositio autem super eo tantum
esset j ut census prò ipso Regno Rojnanac Ecclesia^
augeretur,
( Innesto trattato fu conchiuso da Alessandro , il
quale nelFanno 12 55^ dimorando ancora in Napoli,
quivi spedi la Bolla dell' investitura ad Edmondo^ che
vien rapportata da Lnnig (&)).
Quando il Pontefice intese nel ritomo del Conte é
di Riccardo, che Manfredi non era niente disposto a
'mandargli i Legati, né a lasciare il Regno nelle mani
della Chiesa, cominciò, seguitando le pedate del suo
predecessore, a mostrarsegli più inimico degli altri»
Fece in prima ripigliar il trattato da Maestro Alberto
da Parma con Carlo Conte di Provenza^ dal quale
avuti riscontri, che Carlo non si trovava disposto per
r impresa del Regno, si voltò ad Errico Rfs J^^lnhgil*
terruy rinovàndo il trattato, che il suo predecessore
Innoceozio avea cominciato* col medesimo, offerendo^»
gli di nuovo rinvestitura del Regno per Edmondo suo
{a) Anonym. {b) Luni^ Gttd. Ital. Dipi Tom. 2 pag. 91^.
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42 STORIA CIVILE
figliuolo, purché venisse tosto a discacciarne Manfre^
di; e notasi negli Atti di fjuel Regno , che Papa Ales-
sandro si riscaldò tanto per quest'impresa, che cota-
mutò il votos che avean fatto il Re d'Inghilterra, i
Re di Norvegia, ed altri, d'andare in Terra Santa^
nell'andare a, conquistar laSicilia, e il Regno di Pu«
glia in favor della Chiesa.
Mandò ancora un Vescovo in Puglia a citar Man-
fredi da sua, parte : Ut in festo Purificationis Beatae
Mariae proxime futuro ad Curiam Bomanam accede»
ret^ responsurus- de interfectione Burrelli de Jnglono,
et de infuria^ quam Apostolicae Sediintulerat, expel-
Tendo Legatum^ et exercitum Ecclesiae de Àpulia (a).
A questa citazione rispose Manfredi per sua lettera
diretta al Pontefice, purgandosi di ciò, che se gì' im-
putava della morte di lìorrello, e phe per quello, che
toccava d'aver discacciato il Legato, e l'esercito della
Chiesa da Puglia, non avea fatta niuna ingiuria alla
Chiesa romana, difendendo con ciò la giustizia del
suo nipote, e sua.
Durando Manfredi in tal proponimento di non man-
dar suoi Ambasciadori al Papa, venne da lui Maestro
Giordano da Terracina Notajo della Sede Appostolica
già benevolo di Manfredi, il quale mostrando dispia-
cere di queste contese, consigliò il Principe, che in
tutte le maniere mandasse al Papa i suoi Legati, per-
chè da questa missione non altro, che som.iiio onore
e comodo n'avrebbe ritratto: finalmente Manfredi mosso
dal consiglio di costui, destinò due Legati al Fontefi-
ce^ dandogli potere per trattar la pace, i quali furono
Gervasio di Martina, e Goffredo di Cosenza suoi Se*
cretarj (J).
(a) Anooym. {p) AnoDjm.
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DiEL REGNO DI NAPOLI L.XVIII. CAP.IV. 4»
Giunti costoro io Napoli,, ove risedeva allora la
Corte del Papa , cominciarono a trattar con alcuni
Cardinali deputati per questo effetto la pace; ed in-
contrandosi delle difficoltà e de' dubbj , i quali non
potevano superarsi, se non si trattasse a dirittura col
Principe, i Legati persuadevano il Papa, die mandas-
se un Cardinale in Puglia a trattar con Manfredi,
perchè in cotal maniera era molto facile, che la con-
cordia seguisse. Ma i Cardinali gonfi per la loro di-
gnità , e grandezza , la quale di fresco era stata da.
Innoccnzio colante innalzata, dicevano id non conpe-
nire Sedis honoH , ut Cardinales hoc modo mittun»
tur (a). Per la qual cosa lungamente essendosi contra'»
stato su questo punto, non poterono gli Ambasciadori
del Principe io conto veruno indurre quelli della Corte
a mandar un Cardinale a Manfredi.
Il Principe intanto, vedendo che si portava in lun-
go il trattato, non volle perder tempo di reintegrare
al suo Contado d' Andfia, ciò che con ragione speziale
se gli apparteneva; e perciò restituì a quello la Guardia
Loiiibarda^ ch'era delle pertinenze di quel Contado^ e
che ancora era rimasa in potere delle gentil Papali.
Si mostrarono ì Cardinali, avuta tal notizia, offesi per
tal novità, e ch'ara volei^li deludere e rompere con
ciò ogni trattato. I Legati del Principe rispondevano,
che ciò non era violar i trattati, perchè Manfredi, ciò
che avca fatto, avealo fatto come Conte di Andrìa,
non già come Balio; non avendo fatto altro, che rein-
tegrare al suo Stato quella Terra, la quale, come narra
r Anonimo, erat de speciali jure ipsius Principisi e
che ciò non dovea dispiacere al Pontefice.
(a) Anonym.
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44 STOMA CIVILE
Ma anoorchè i Cardinali sotto questo pretesto mo*
strassero le loro doglianze, non era però per altro la loro
di^piacenza, se non perchè yedendo approssimarsi tanto
Manfredi col suo esercito, temevano che finalmente
non s' incamminasse verso Napoli ; ed in fatti .erano
entrati perciò in t^nta costernazione, che il Pontefice
con tutta la sua Corte pensavano imbarcarsi^ ed uscire
da quella città; per la qual cosa avvertirono gli Am-
basciadori del Principe, a dovergli fare intendere, che
se veramente egli voleva la pace colla Chiesa, partisse
col suo esercito dalla Guardia Lombarda, e ritornasse
in Puglia.
Gli Ambasciadori, accortisi del lor timore, gli pro-
misero di voler scrivere a Manfredi, che ritornasse in
Puglia, come fecero; ma nell'istesso tempo in secreto
gli significarono, che se egli s'incamminava vèrso Na-
poli, per la paura entrata nelle genti del Papa, con
facilità r avrebbe disfatte, e si sarebbe impadronito di
^Terra di Lavoro. Manfredi avuta tal noticela, era di-
aposto, ancorché Jimpedtto dalle tante nevi cadute di
passare in Terra di Lavoro: ma lo ritenne Tavviso im-
portuno in queir istante sopraggiuntegli d'una solle-
vazione scoverta in Terra d' Otranto , di coloro di
Brindisi, i quali essendosi sollevati , aveano sorpresa
Nardo, e fatta molta «trago di que' Cittadini e di sol*
dati, ch^ erano comandati da Manfredi Lancia, che il
Principe suo consanguineo avea creato Capitano ia
Terra d'Otranto; laonde convenne a Manfredi .rivocar
il suo proponimento, e volle incamminarsi verso Brin-
disi, come fece, lasciando la Guardia, e venne con ciò
a soddisfare alla volontà del Pontefice.
I Cardinali, veduto lui allontanato, ed implicato a
questa nuova impresa in Terra d'Otranto, si raffrcd-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XVIII. GAP. IT. 45
darono per la pace, oè per ciò i* Legati di Manfredi
poterono concbiuder niente; anzi il Papa creò allora
un'altro Legato della Sede Appoatolica per lo Regno,
che fa Ottaviano di Santa Maria in Yia Lata, Dia*
cono Cardinale, il quale appena fu fatto, che aubito
cominciò ad unire gente ^ per formar un competente
esercito da opporsi a Manfredi: di che ay vedutisi i
suoi Legati, tosto partirono da Napoli, e andarono a
ritrovar il Prìncipe, il quale già era per incammi-
narsi verso Brindisi, e gli esposero ciò che il Papa
per mezzo del nuovo Legato intendeva di fare, e di
essersi rotto ogni trattato.
^ Manfredi, perciò non intimorito , volle proseguire
Tintìpresa; e cinse d* assedio Brindisi capo della ribel-
lione, alla qua! città eransi unite molte altre di Terra
d'Otranto come Oria, Otranto, Lecce e Mesagna; e
devastando il terreno d' intorno, abbattè e demolì Me-
sagoa , fece f itornar Lecce sotto la sua ubbidienza ,
ed air assedio d' Oria tutto si rivolse^
Or mentre questo Principe era tutto inteso a. se-
dare queste rivolte, altre nuove revoluzioni lo chia-
marono in altre più rimote parti, in Sicilia ed in Ca-
labria.
Era a questi^ tempi il governo di queste Regioni
commesso ad un solo Moderatore, il qual era, conie
si disse, Pietro Ruffo di Calabria Conte di Catanzaro.^
Questi essendo di fortuna assai povera, fu a' tempi
detrimperador Federico ammesso nella sua Corte (a);
indi tratto tratto cri'scendo nella grazia di Federico, fa
fatto suo intimo Consigliero, e finalmente Maresciallo
(a) Anonyin. Curiam ìpsius Imperatoris Federici pauper
io^ressus.
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46 STORIA CIVILE
del Regno di Sicilia. ^ Morto Federico, fo da Man»
fredi dato per Balio ad Errico, perchè gorernnsse la
Calabria e la Sicilia in suo nome. Fu da poi da Cor^
rado fatto Conte di Catanxaro, e confermato nel go*
verno di quelle province; ma morto Corrado, mal sof-
ferendo il Ballato di. Manfredi, diede di se gravi so*
spetti d'emersi confederato col Pontefice Inoocenzio lY
a' danni del Re Gorradino^ e mostrò sempre avvera
sione con Manfredi, ed ora più che mai, che lo ve-
deva potente in Puglia, gli avea sconvolta la Sicilia
non meno che la Calabria per mezzo di Giordano
Ruffo suo nipote. Questi eflrsendosi con molta gente
afforzato in Cosenza, teneva sotto la sua divozione
tutta la provincia di Val di Crati, e Terra Jordana,
in guisa che il nome del Principe Manfredi, non solo
non era temuto, ma avuto in niun conto; anzi crasi
scoverto un trattato^ che passava con molta seeretezza
tra lui ed il Pontefice Alessandro, di darsi la Cala*
bria in mano della Chiesa, e già andavano, e rjtoc«
navano messi per compire il trattato (a).
Manfredi avvisato di queste insidie da alcuni Co^
sentini, e da Gervasio di Martina, tosto mandò sue
truppe in Calabria, e ne fece Capitano Corrado Xruich,
al quale insieme col suddetto Gervasio impose, che
guardasse quella provincia. Furono da questi valorosi
guerrieri dopo varj successi, descritti diffusamente dal-
FAnonimo, finalmente' poste quelle province sotto rul>-
bidienza del Re Corrado; ed avendo rescrcito di Man-
fredi soggiogata quasi tutta la Calabria, fu anòhe espu-
gnata Messina; e Reggio tosto si pose sotto Tubbi-
{a) Aoofiym. Quia tractari dicebatur , quod Calabria • in
manibus Ecclesiae. daretur.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XVIIL CAP.IV. ^^
didnza del Principe, il quale intanto mentre per suoi
Ministri guerreggiava in Calabria e in Sicilia, non
tralasciò Tassedio d'Oria , e di ridurre le città di Terra
d' Otranto ribellanti alla sua divozione.
Ma mentre Manfredi era intento all'assedio d'Oria,
e teneva le sue forze divise in varie parti di Calabria
e di Sicilia, Ottaviano Legato della Sede Apposto-
lica avea già raganato un grand' esercito per invadere
la Puglia; ed era il numero delle truppe, che lo com-
ponevano, ai grande, che obbligarono Manfredi ab-
bandonare quell'assedio, e portarsi in Melfi, per re-
sistere a q!;el torrènte, che veniva ad inondarlo. Unì
per tanto il Principe, come potè meglio, i suoi Te-
deschi e Saraceni: ed ancorché il suo esercito di nu-
mero cedesse a quello del Legato; nuUadimeno per lo
valore de' suoi soldati, con intrepidezza mirabile se gli
fece incontro, invitandolo a battaglia. Ma l' esercito pa-
pale, alla cui testa era il Legato, non volle itiai ac-
cettar l'invito, e sol fronteggiava quello del Principe,
non venendosi per pili tempo a niun fatto d'arme.
Intanto sotto la condotta dell'Arciprete di Padova,
che il Legato avèa fatto suo Vicario, erasi ragunato
un'altro esercii^ per T impresa di Calabria; poiché
Pietro Ruffo scacciato da Messina, e fuggitivo da Ca-
labria era ricorso al Pontefice Alessandro, animandolo
all'impresa di Calabria. S'aggiunsero ancora gli acuti
stimoli di Bartoloxnmeo Plgnatelli, creato allora dal
Papa Arcivescovi di Cosenza, il quale per T odio im-
placabile, che tehevai con Manfredi, fu dal Pontefice
Alessandro riputato istromento abilissimo per poterlo
impiegare insieme con Pietro Ruffo a quella impresa.
Accopplossi ancora a costoro Bertoldo Marchese di
Honebruch, al quale Alc^sandjro, per maggiormente
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48 8TQRU CIVILE
adescarlo.» avea conceduta Y inyestitura del Contado $
Cataozaro^ tolto da Manfredi' a Pietro. Ruffo (a).
Or mentre questi erano per incamminarsi in Cala-
bria, fu dal Legato richiamato indietro T Arciprete,
per dover colle sue truppe accrescere T esercito, che
fronteggiava . con quello di Manfredi ; e s' avviarono
TArcivescovo di Cosenza, e Pietro Ruffo in Cosenza,
ove giunti, avendo prima sparse molte finte novelle,
per atterrire ,que Popoli, finalmente gli richiesero ,
che si rendessero al Papa. Ma stando alla difesa di
que' confini Gervasio di Martina, fece loro valida re-
sistenza; e poiché, per la mancanza delle genti dell'Ar-
ciprete, Tesercito dall' Arci vescoyo era molto estenuato,
questo Prelato per accrescere il numero , tenendone
facoltà dal Papa, cominciò a crocesignare quanti Ca-
labresi potè avere per que' contorni, togliendogli dalla
zappa, dall'aratro e dal remo, i quali correvano in
folla a farsi crocesignare; poiché T Arcivescovo avea
pubblicata la Crociata contro Manfredi, con remis-
sione di tutti i loro peccati, e indulgenze così ple-
narie, come se pigliassero la Croce contro Infedeli
per discacciargli da Terra Santa, e dal Sepolcro di
Cristo (i). Si crocesignarono perciò ^a duemila Ca-
labresi^ che uniti colle genti dell' Arcivescovo, ancor-
ché mal in arnese d'armi e cavalli, nulladxmanco come
»e andassero a prender il martirio per la Fede, mo-
strarono intrepidezza tale che stimolavano TArcive-
scovo a dover in . tutti i modi uscire e combattere Y e-
sercito contrario. Ma Gervasio di Martina disprezzando
Je loro forze, dopo varie vicende descritte minutamente
dall' Anonimo , alla perfine gli pose in fuga, gli dis-
(«) Anonym. {b) Anonym»
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XVIII. CIP. IV. 49
slpò tutti, e costrinse l'ArciyescoTO e Pietro Ruffo a
scappar via, il quale rìcovratosi in Lipari, tornò poi
in Terra di Lavoro, nella Corte del Papa. Questi av-
venimenti stabilirono le Calabrie saldamente nella fede
del Principe Manfredi, e tutte pacate sotto la sua ub-
bidienza tornarono.
Intanto questo Principe campeggiava col suo eser-
cito in Puglia presso Guardia Lombarda a fronte del-
l'esercito del Legato, il quale non volendo venir mai
a battaglia, sta vasi a vista di quello di Manfredi os-
servando Tuno gli andamenti, ed i moti deli' altro.
Ma mentre questi eserciti erano in cota^ stato, ecco
che giunse in Puglia a Manfredi un Maresciallo del
Duca di Baviera zio del fanciullo Re Corrado man-
dato* dalla Regina Elisabetta madre del Re, e dal Duca
ìstesso^ per trattare con Manfredi, e colla Corte ro-
mana di questi interessi, ch'erano proprii di quel Prin-
cipe (a).
Subito che il Legato ed il Marchese Bertc4do sep^
pero r arrivo del Maresciallo, e la cagione per la quale
era stato inviato, mandarono al Principe Manfredi a
cercargli una tregua é sospension d^arme, affine di
potersi trattar la pac^ tra il Papa Alessandro ed il Re
Corrado per mezzo. del Maresciallo; Manfredi glie la
accordò; ed essendosi per molti Nobili e Baroni del-
l'una parte, e r*akra giurata la tregua per insinor che
durasse il trattato, e per cinque dì da poi, nel caso
niente si conchiudesae: il Legato, niente rispondendo
circa la dilazione di cinque giorni, diede di se so-
spetto, non valesse ingannarlo^ siccome l'evento dimo-
strò; poiché essendosi Manfredi (fermata che^ fu la
(<i) Ànonym.
4-
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5o STORIA CIVILE
tregua) allontanato col suo esercito da cpiel luogo, e
scorrendo per le marine di Bari, il Legato, contro i
patti della tregua, entrò col suo- esercito in Capita*
nata, e sorprese Foggia; pose in oosternazione tutte le
altre città di questa provincia; e la città di S. Àn*
gelo posta nel sopracciglio del Monte Gargano, all'ar-
rivo delFesercilo papale in Foggia, si ribellò contro i
il Principe. Manfredi, ch'era a Trani, pien dì stu-
pore per la violata fede del Legato (a), non credè, in
prima la sorpresa di Foggia ; ma accertato da poi di
sì grave attentato,, tutto pien d'ira velocemente passò
col suo esercito a Barletta, ed avendola mantenuta iu
fede, ritornò in Lucerà; indi passò al Gargano, ove
presa per assalto quella città ribellante, la ridusse alla
sua ubbidienza; e riirtorato il suo esercito, si appressa
a Foggia, ove assedia l'esercito papale, eh* erasi riti-
rato in quella città. Intanto il Marchese Bertoldo era
accorso colle sue truppe in ajuto del Legato: Man-
fredi lo prevenne, e datagli una fiera rotta, io pone
in fuga, e prende tutto il suo bagaglio.
Il Legato si chiude in Foggia col suo esercito; e
Manfredi cinge la città di stretto assedio, e vi ca-
giona una penuria grandissima di viveri, tanto che
si dava un cavallo per una. gallina, e sopr-a questi
mali vi s' aggiunse altro peggiore d'una infermità cosi
grave, che ne perivano molti del suo esercito, e ri-
stesse Legato cadde anch' egli infermo (h).
Vedutosi perciò in quest' angustie, conoscendo, che
(a) Anonym. Minime credibile reputavit, et mìratus est si
verum esset, quod Legatus Sedìs Apostolicae^ vir quidem
Ecclesiasticus , et qui magis aliis fidem servare tenebator, fir-
mata inter se , et Principem ireguaruin pacta , fregisset. {b)
Anonym.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XVIIL CÀP.IV. 5i
non poteva piii resistere alla fortuna e valore del Pria*
cipe, per non veder perire tatte le sue genti angu-
stiate con quel stretto assedio, mandò suoi Messi a
Manfredi pregandolo della pace. Non fu il Principe
renitente ad abbraceiarla; onde dopo var) trattati in-
fra di loro avuti , f u la pace conchiusa con queste
condizioni (a).
Che il Principe tenesse il Regno per se é per parte
del Re Corrado suo nipote, eccetto Terra di Lavoro:
che questa provincia dovesse tenersi dalla Chiesa: che
se Papa Alessandro non volesse forse accettar questa
concordia e transazione, fosse lecito al Principe ricu-
perare tutta qaella Terra, ch'appartiene al suo dominio.
Fermata che fu dal Principe e dal Legato questa
pace, fu da costui Manfredi instantemente pregato,
che volesse ad imitazione del nostro buon Redentore
perdonare a que' gentiluomini del Regno, che nel tempo
deirimperador Federico suo padre erano slati esiliati
dal Regno, e che allora èrano col Legato. Manfredi,
anporchè questo non fosse compreso ne* capitoli della
pace, nuUadimanco usando della sua clemenza con-
cedè a tutti il perdono, e non solamente lor diede la
sua grazia, ma restituì loro tutte le Terre, ohe in
pena della fellonia loro erano state giustamente tolte,
con che però nelF avvenire colla loro fedeltà ed onore
cancellassero le passate offese.
Né volle, che da questa grazia fosse eccettuato il
^Marchese Bertoldo, co' suoi fratelli, ma con ampio
perdono gli ammise nuovamente nella sua familiarità,
(a) Ànonyin. Ut prlnceps prò parte sua, et Regìs Gonradi
nepotis sui Reguum teneret , excepta Terra Laboris , quara
Prìoceps Ecclesiae concessìt tenendam.
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53 STORTA CIVILE
permettendo, che potessero ritenere i loro Stati, dei
quali per le loro colpe avrebbono meritato esserne
perpetuamente privi.
Gonchiusa in cotal maniera questa pace, V esercito
papale col Legato partì da Foggia, ed andò in Terra
di Lavoro; e Manfredi avendo perciò tolto 1 assedio
da quella città, and^ a divertirsi alla caccia in quelle
vicine pianure; ma neiristesso tempo del riposo, non
trascurò mandare suoi Ambasciadori al Papa a chie*
dergli r accettazione di quanto erasi col Legato con-
cordato (a); altrimente rifiutando T accordo, in esecii*
2Ìon di quello avrebbe proccurato ridurre sotto la sua
ubbidienza Terra di Lavoro.
Ma ecco come tosto svanirono . questi concordati ;
poiché giunti gli Ambasciadori del Principe in Na-
poli, trovarono nella Corte del Papa il Conte Guaser-
buch, il quale scoprì loro una congiura, che colFin-
telligenza di quella Corte, il Marchese Bertoldo, e
Suoi fratelli con alcuni Nobili del Regno tramavano
contro la persona di Manfredi, al quale bisognava to-
sto avvisarla, perchè se ne guardasse. S'avvidero an-
cora, che il Papa Alessandro a tutto altro era inchinato,
che a confermar ¥ accordo avuto col suo Legato; onde
tosto dell'uno e dell'altro ne avvertirono Manfredi.
Il Principe sorpreso da tal notizia, ricercati altri
ìndizj di tal congiura, s' avvide, che era vero ciò che
gli avean^o avvisato i suoi Ambasciadori; onde fece
tosto imprigionare il Marchese e' suoi fratelli. Ed es-
sendo ritornati dalla Corte del Papa gli Ambasciadori
senza conohiuder niente, stante la ripugnanza d'Ales*
Sandro ad accettare la preceduta concordia: per ripa-
{a) Anonym.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XVIII. GAP. IV 53
rare a' mali g^ravisslmi, che se gli minacciavano, in-
timò una general Corte a tutti i Conti e Baroni. dd
Regno da tenersi in Barletta in febbrajo nel, di della
Purificazione del seguente anno ia56. Ed intanto perm-
eile dal suo canto niente da far rimanesee , per to-
gliere ogni scusa, tornò a mandare nuovi Ambascia-
dori al Pontefice a ricercarlo di nuovo, se volesse
confermar la concordia, ma Alessandro espressamente
negando di fermarla, ne rimandò i Legati.
Allora fu, che Manfredi nel stabilito tempo convocò
in Barletta il general Parlamento, nel quale in pre-
senza di tutti i Conti e Baroni del Regno furono varj,
9 gravi affari risoluti.
Fu privato per sentenaa de* medesiitii Pietro di Ca-
labria, tanto deir onore del Contado di Catanzaro,
^antò dell'Ufficio della Maresciallerla regia del Re-
gno di Sicilia, per la sua fellonìa.
Fu creato Conte del Principato di Salerno Gual-
rano Lancia zio del Principe, al quale fu anche con-
ceduto r Ufficio di GranlVliiresciallo del Regno di Si-
cilia, di cui era stato Pietro spogliato.
Neil' istesso Parlamento, il fratello di Gualrano zio
parimente di Manfredi fu fatto Conte di Squillaci; ed
ad Errico da Spern^ria fu conceduto il Contado di
Marsico (a).
Fu parimente iif questa general Corte agitata e di-
scussa la causa del Marchese Bertoldo e de' suoi fra-
telli, i quali convinti della congiura macchinata con-
tro il Principe, con concorde voto de^^Conti e de'3a*
roni del Regno, furono con lor sentenza condennati
a morte. Ma Manfredi volendo usar Joro clemc^nza ,
(a) Aaopjm.
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54 STORIA CIVILE
commatò la pena ia carcere perpetua , ove misera*
niente finirono la loro vita.
Disbrigato che fu il Principe Manfredi da questa
Corte, ove diede molti provedimenti politici per la
quiete del Regno, fu poi tutto rivolto air impresa di
Terra dì Lavoro, ed a spegnere affatto dalla Cala-
bria, e più dalla Sicilia la fazione del Papa, il quale
in queir ìsola ancor vi teneva Frate Rufino dell'Or-
dine de' Minori per Legato della Sede Appostolica^
il q»ale poneva in isconvolgimenti continui queir ìsola
avendosi resi molti Siciliani benevoli, i quali scossa
la fede regia, tibbidivano a lui, come a Signore del-
l'isola in nome della Chiesa romana. A riparar qué-
sti mali creò Manfredi per suo general Vicario di Ca-
labria e di Sicilia Federico Lanzia suo zio, il quale
con mirabile destrezza e gran valore ripóse le città
di Calabria fluttuanti intéramente in pace e quiete, e
sotto l'ubbidienza del Re^ e dando animo all'esercito
regio,^ eh* era in Palermo, fece sì, che il Legato Rcf-
fino, e' suoi seguaci fossero fatti tutti prigioni, e fosse
restituita Palermo , e tutti que' luòghi all' ubbidienza
del Re; e passato poi in Messina ridusse parimente
quella città alla fede regia.
' Intanto il Principe Manfredi avendo intimata la
guerra al Papa, che allontanatosi dal Regno, avea
prima in Anagni, e poi in Viterbo trasferita la sua
Corte, s'accinse all'impresa di Terra di Larofo, per
restituirla sotto il suo dominio. Spiegò li auoi sten-
dardi, e con potente esercito enttò ne' confini di Terra
di Lavoro, e verso Napoli incamminossi. Fu veramente
cosa maravigliosa, come notò il Costanzo {a}, che ta
città di Napoli, la quale pochi anni prima avea tanto
io) Costanzo I. i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L XVIII» GAP. IV- 55
ostinatamente chiuse le porte e negata V ubbidienza a
Gorrado^ora, mandasse fuori messi a Manfredi, mentre
era ancor lontano, a spontaneamente oif^rirsegU (a)^ Né
ai crede ohe ne fosse stata altra i^osa cagione, ohe le pò*
che forze e rigore del Papa, e la fresca memoria, che
sotto la speranza di Papa Innocenzio I V erano stati sac-
oheggiati, e mii>eramefite disfatti. Né vi è dubbio, che
ri cooperarono molto le promesse di Mahfredi,^ il quale
mandò, a iàte a molti gentiluomini suoi conoscenti,
quanto gli uemini valorosi poteano sperare maggior
esaltazione da lui, che dal governo de' Preti) il ohersi
potca vedere per esempio di molti di Puglia^ e di Cala*
bria e d' altre prevìiice, eh' egli eon somma liberalità e
munificenza avea esaltati con ordine di cavalleria, e con
altre dignità e preminenze. In fatti i Napoletani rice-
verono con gran festa e giubilo Manfredi nella lor
pitta; il quale, perchè T effetto fosse conforme alle
promesse, entrato che vi fu, fece tutto il contrario di
quel, che avea fatto Corrado, rinovando a sue spese
gli edificj pubblici, assecurando tutti coloro, che a
tempo di Corrado ed a tempo suo s'erano mostrati
inimici della Casa di Svevia« ed onorando molti No-
bili, con. pigliargli, secondo Tetà e la virtù, o per
Consiglieri, o per Corfegiani 'appresso la stia persona {by.
L'esempio di Napoli mosse anche i Capuani di ren-
dergli parimeniela loro città, ed il situile fecero tutte
l'altre città convicine. Solo Aversa per la fa/ione, che
v'aveanp le genti del Papa, feee • alquanto resistenza;
ma finalmente bisognò, che cedesse alla forza di Man*
(a) Ànon. (b) Anonym. Et ideo praedìctae dùae Cìvitates
Neapolìs, et Capua sponte sua se ad mandatum Principis
converterunt.
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56 STORIA CmiiE
fredi, ^eà iu breve tutta la proyiticb di Terra di La-ì
roro di sottopofte alla 8«a ubbidienza. Ridotta questa
provincia, passò in Capitanata, ed indi in Brindisi per
reprimere la sedizione, che T Arcivescovo di quella
città aveagli fomentata: la ridusse in sua fede, ed im*.
prigionò r Arcivescovo. Ariano e T Aquila, che fii-
rono l'ultime e le più ostinate a mantenersi in ribel-
lione, furono da lui arse e distrutte.
Cesi avendo questo Principe restituito con tanto va-
lore al suo dominio tutto il Regno di Puglia, si di-
spose di passare in Sicilia per maggiormente stabilirla
nella fede regia, e purgare queir isola d'ogni vestigio,
che mai vi rimanesse della fazion contraria. Navigò lo
stretto, ed in Messina giunto, fecevi dimora per pochi
giorni, ed indi passò a Palermo regia Sede degli an-
tichi Re di Sicilia.
Intanto il Pontefice Alessandro, non potendo per
se solo rintuzzare le forze di Manfredi, rinovò in que-
st'anno 12^17 le pratiche in Inghilterra, por ridurre
quel Re ad accettar rinyestitura del Regno c^erta^
gli per Edmondo suo figliuolo; e narra Matteo Paris,
che Errico vi condescese; ma perchè le forze non erano
pari all'impresa, il Re desiderava, che gV Inglesi gli
dessero validi ajuti: per la qual cosa fece egli unire
un Parlamento, e fecevi in quello comparire Edmondo
vestito alla Pugliese, per maggiormente spingergli a
soccorrerlo, acciocché il Regno offertogli, per cagion
loro non sLpcrdesae (a); ma gì' Inglesi niente conchiu-
Bero, e come diremo, nell'anno i2i5g il trattato rimase
affatto estinto; e Manfredi per vano rumore, essere
Corranno morto^ fattosi incoronare a Palermo, si sta-
(a) Inyeges Annal. di Paler. tom. 3.
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DEL RÉGNO DI NAPOtI L.XVIIL «AP.IV. 67
bili nel Trono di SiciKa : ciò che bisogna rapportare
nel seguente libro di quest'istoria.
(Si leggono prèsso Lunig (a) due Brevi d'Alessan-
dro IV uno scritto ad Errico Re d'Inghilterra padre
d'Edmondo, ed un altro al YescoYo di Erfotd, per-
chè in vigor dell'investitura si sollecitassero per que-
sta spedizione^ e mandassero gente e '1 denaro pro-
messo per discacciar Manfredi del Regno).
(a) Limig. God. Ital. Diplom. p. 927 a 9^8.
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STORIA CIVILE
DEL.
REGNO DI NAPOLI
LIBRO DECIMONONO
M,
Lentrk Manfredi era in Palermo, giqnse quivi
novella, che il He Corradino fosse morto in Alemagna;
ma in questo passo d^ istoria gli Scrittori , secondo le
fazioni contrarie, non convengono. I Guelfi, come Gio-
vanni Villani Fiorentino, e gli altri Italiani di quel
partito narrano, che Manfredi per eseguire il suo scel-
lerato pensiero, che lungo tempo sotto contrario manto
nascondeva d'usurpar il Regno al Re suo nipote, a-
vendo tentato invano di farlo avvelenare, avesse ordi-
nato alcuni falsi messi, che gli portassero nuova di
Germania, prima dell* infermità, e poi della morte di
Corradino, e che questo rumore sparso in Palermo,
ed in tutte le città del Regno, fosse stato tutto per
sua astuzia ed inganno; e che perciò, per maggior-
mente farlo credere , con dissimulazione grandissima
di dolore inviò a' Baroni e Sindici delle terre dell' uno
e r altro Regno cotal avviso, pubblicando per vera la
morte di Corradino, e che avendo in Palermo fatto
celebrare con pompa reale, e con dimostrazione di
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB.XIX. 5»
grandissimo lutto i funerali per la finta morte di quel
Principe, aT«s8e egli in presenza di tutti i Conti, Ba*
toni e Prelati ivi concorsi, fatta una gravissima or^7
zinne, colla quale connumerando i benefio] de- Principi
Normanni, e degli Imperadori Svevi suoi progenitori
verso Tuno e T altro Regno, e Toperc fatte da lui ^
tempo di Corradino, e neir infanzia di Gorradino suq
figlinolo, pregò tatti, cbe poiché la fortuna in sì pec^
spazio, mostrandosi nemica al sangue loro, avea man-
dato sotterra sì grande Imperadore, com' era stato Fej-
derico suo padre, con tanta numerosa progenie, non
volessero fraudar lui di quella successione, cbe la yo*
lontà di Dio, e quella di suo padre dichiarata nel di
lui testamento, Tavea destinata, avendolo lasciato viva
per sua misericordia, dopo la morte di tanti altri Re>
gali. Ed aggiungendo poi la poca speranza, o il poco
timore, che s'avea da teiiere de^ Pontefici romani,.pe|:
essere il di lor governo breve e. mutabile, nel quale
la morte d^ uno guasta quanto è fatto in molli ani|i
di vita, e lascia al suoibessore necessità di cominciane
ogni cosa da capo: vogliono, cbe queste cose dette
da lui con somma grazia e con mirabil art^, fosserd
state di tanta efficacia e vigore, che fu immantenente
da tutti salutato per loro Re e Signore.
Dall'altra parte l'Anonimo, ancorché iScrittor con-
temporaneo, ma tutto Ghibellina, e coloro che lo se-
guirono, narrano, che niente Manfredi usasse di timil
inganni ed astuzie; ma che sparsosi nel. Regno cotal
rumore della morte di Corradino, quasi tutti i Conti,
e gli altri Magnati del Regno, i Prelati ancora dell^
Chiese s' avviarono immantenente in Sicilia a trovar
Manfredi, siccome fecero tutte le altre città dell' uno
t l'altro Regno, con mandar i loro Sindici, # messi
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6o STORIA CIVILE
iti Palettno: dove insieme uniti ^ di concorda colere
tutti lo richiesero, che avendo egli stnora con tanta
prudenza governato il Regno per parte sua, e di Gort
radino suo nipote, essendo questi mancato, dovesse^
agli come vero erede di quello, prenderne il governò,
e coronarsi Re di Sicilia: che alle grida e aMesiderii
di tutti, essendo concorso i Conti , i Baróni e tutti i
Prelati del Regno Y avessero gridato Re, e colle solite
cerimonie 1* incoronassero nel Duomo di Palermo a' 1 1
del mese di agosto di quest^anno .laSS (a);
Che che ne sia, se Manfredi colle sue arti s* avesse
ciò proccurato, come è più verisimile a chiunque ri-
guarda r ambizione' ch'ebbe di dominare, o fosse caso
o volontà de' sudditi, fu egli con solenne cerimonia,
secondo il costume de' maggiori concorrendovi tutti i
Conti, Baroni, e gli altri Magnati del Regno, con molti
Pillati, gridato e coronato Re, assistendo a questa sua
incoronazione infiniti Vescovi e Prelati; e Rinaldo
Vescovo d'Agrigento, che celebrò la messa, l'unse
del sacro olio, assistendovi l'Arciveacovo di Sorrento,
e l'Abate Cassinense , e poscia dagli Arcivescovi di
Salerno, di Taranto e di Monreale gli fu posta, nel
Trono assiso, la corona Reale. Alcuni sognarono, che
Manfredi si fosse fatto anche incoronare Re di Puglia
in Bari colla corona di ferro, siccome dissero di Er-
rico e di Gostanza; ma ancorché il Beatillo nella vita
di S. Niccolò di Bari, con autorità d'alquanti mo«
derni Scrittori s'ingegni provarlo, è ciò tutta favola ^
non essendovi ninno Scrittore antico o contemporaneo»
che lo rapporti.
Tosto che il Re Manfredi fu assunto al aolio del
{a) Anonym. Ptrri. Ra inaldo.
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB. XIX. 6i
Regno, per obbligarsi naggiormeiite i popoli, ed a-
cquistarsi nome di benefico, e di liberale, nella festa
della sua coronazione, a tatti i Sindici delle città e
terre, che ivi si trovarono, fece splendidissimi doni,
diede uffici e molti promosse a gradi ed onori di ca-
Tallerìa. Indi di Palermo ritornò tosto in Paglia con
alcuni Saraceni^ per tener in freno i Tedeschi; ma
/scorgendo esser tutte le province pacate, e liete del
nuovo suo dominio^ e che erano in placidissima pace,
celebrò un general Parlamento a Barletta , ove onorò
molti deir ordine di caralleria, e molt altri investì di
rari Contadi, dando loro per lo stendardo l'investi*
tura. Dopo questo intimò un'altra general Corte in
Foggia, ove ayendo convocati i Baroni, e^ gentiluomini,
ornò molti altri del cingolo della milizia, e profusa-
mente concedè ad altri onori, uffic) e preminenze; e
con magnifici giuochi, feste ed illuminazioni tenne i
popoli tutti allegri e festanti, e pieni di gioja.
II Pontefice Alessandro di mal animo vedendo i
progressi di Manfredi, ed il poco conto che s'avea
di lui, pensando che per reprimere le costui forze non
erano sufficienti quelle della Chiesa, avea già sin dal
passat^anno mbj ripreso il trattato con Errico Re di
Inghilterra, invitando Edmondo suo figliuolo alla con-
qoista del Regno: ed in effetto, come si disse, avea
mandati suoi Legati in Inghilterra a portargli rinve-
stitura, per la quale investiva del Regno il Re Errico
in nome d'Edmondo suo figliuolo, che allora era di
minor età. E già Errico in nome di suo figliuolo diede
il giuramento di fedeltà al Legato; e si erano stabiliti
i patti ed il censo, che 4ovea pagaì*8Ì alla Sede Ap-
postolica, ed avea promesso di presto venire con po-
tente, armata in Regno per discacciarne Manfredi. Ma
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«3 STORIA CIVILE
o che questo Friricipe, meglio pensando, non volesse
intrigarsi in questa nuova guerra, o che il censo sta-
bilito ne* patti dell* investitura fosse veramente grave
ed esorbitante, differiva V espediziooe, e sollecitato da
Alessandro, rispondeva, che bisognava moderar il censo,
ch'era esorbitante, prima d'ogni altra cosa (a). Il Papa
impaziente designò tosto di mandare in Inghilterra
Arlotto Sottodiacono della Sede Appostolica, ed il suo
Cappellano per trattar di questa moderazione*, ma non
fu ciò di mestieri, perchè nell' isteftso tempo dal Re
Errico furono spediti suoi Ambascia dori al Papa TAr*
civescovo di Tarantasia, i Vescovi di Bottun, e Rof-
fense, e Maestro Nicolò di Francia suo Cappellano
Regio per trattare di quesV istesso affare; ma essen-
do^ costoro affaticati in vano, per li nuovi torbidi
insorti in Inghilterra, finalmente nel seguente anno 1^59
s.vanì ogni trattato; né da poi si pensò più in Inghil-
terra, ma in Francia furono rivolti i pensieri d'Ales-
sandro non meno, che del suo successore Urbano.
Mentre per queste cagioni si differiva tal espedi-
zione, Manfredi intanto avea già discactiate le genti
del Papa da Puglia, da Terra di Lavoro e da Sicilia:
avea presi e puniti i ribelli, ed erasi già , come si è
detto, fatto incoronare Ra in Palermo. Per la qual
cosa Papa Alessandro adirato più che mai, non vo-
lendo trascurare via di vendicarsi, e vedendo che le
atmi temporali niente giovavano^ fu tutto rivolto alle
spirituali, onde alle scomuniche, ed interdetti fece
ricorso.
Prefigge in prima eerto termine al Re Manfredi^
perchè comparisse avanti di lui e dassegli soddisfa-
{a) Tutìn. de'CoQtest. p. 6u
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB. XIX. 63
zione, ed ammenda di tutto ciò, che contro la Sede
Appostolica area attentato, altramente T avrebbe de«
posto, scomunicato e priyato di tutti gli onori; ma
non comparendo Manfredi, poco curante di queste mi*
naccie, egli lo scomunica, lo dichiara ribelle» inimico
della romana Chiesa, e sacrilego occupatore e predone
delle sue ragioni^ e che avea stretta confederazione
co' Saraceni, de' quali s'era fatto Capo. Lo priva del
Principato di Taranto e di tutti i feudi , ragioni, onori
e preminenze. Lo dichiara reo di esecrandi delitti, di
aver preso, ed in oscuro carcere posto Fra Ruffino
suo Cappellano, e suo Legato in Sicilia e Calabria;
d'aver stese la sacrileghe mani sopra i beni delle Chiese
del Regno di Sicilia; d'aver preso, e con dure catene
tenuto in istrette prigioni T Arcivescovo di Brindisi,
con ispogliarlo di tutte le sue robe ; e d' avere con
esecrando ed orribile attentato aspirato al soglio re-
gale di Sicilia, con aver occupato quel Regno devo^
luto alla Sede Appostolica, e sacrilegamente fattosene
incoronare Re, senza sua permissione e consenso. Di*
chiarava perciò col voto, e consiglio de' suoi Cardinali
Manfredi scomunicato, nulla ed irrita la sua incoro-
na/ione, e tutti gli atti di unzione, ed ogni altro at-
tinente a quella.
Interdisse tutte le città, luoghi e castelli, che rice-
vessero Manfredi, e lo avessero per Re. Proibì a tutti
gli Arcivescovi, Vescovi, Abati e qualunque altra per-
sona ecclesiastica di celebrare i divini uffici presente
Manfredi, e che non ricevessero da lui beneficii eccle-
siastici, e nìuna amministrazione di Chiesa o mona-
steri; e che coloro, che si trovassero avergli rìoevuti,
fra due mesi dovessero onninamente resignarglì.
Oltre ciò, asserendo egli, che mentr' era in Napoli
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64 STORIA CIVILE
rigorosamente ayea ordinato a tatti i Prelati» ed a qoal*
sivoglta persona ecclesiàstica , che non s'accostassero
a Manfredi, né gli mandassero amhasciadori, né rice-
Tessero messi da lui inviati, né gli prestassero ajuto,
o consiglio; che ciò non ostante, contro questo- suo
divieto^ quasi tutti gli Arcivescovi^ Vescovi, Abati ed
. «Uri Prelati del Regno di Sicilia s' erano portati a Pa-
lermo, 4^ erano intervenuti alla di lui incoroAazIene:
perciò avea fatti citar generalmente tutti coloro, che
v'erano intervenuti, e nominatamente alcuni, che do«
vesserò comparire personalmente fra certo termine. a-
vanti di lui; ma perchè ninno era comparso^ niente
curando della intimazione fattagli; perciò scomunicava
Binaldo Vescovo d' Agrigento , e lo deponeva dalla
yescovil dignità, per aver colle sacrileghe sue mani
unto in Re quel Principe, ed avea nel giorno delF in-
coronazione solennemente celebrata la messa. Scomu-
nicava ancora T Arcivéscovo di Sorrento,' e lo depo-
neva della sua Chiesa come anche Y Abate Cassi-
nènse, privand<»Io del governo di quel monasterio per
aver assistito a detta unzione e coronazione; coman-
dando a' Capitoli delle Chiese d'Agrigento e di Sor-
rento, al Convento del monasterio di Cassino, ed a tutti
i vassalli delle Chiese e monasterio suddetti che non li
ubbidissero né li riconoscessero per tali ; né più gli
contribuissero. V entrate e loro ragioni. Agli Arcive-
scovi di Salerno, di Taranto e di Monreale, ch'erano
parimente intervenuti alla coronazione, li quali all'inde-
gno capo di Manfredi avean posta la real corona ,
Taveano posto nel regal Trono di Palermo^ citò eoa
termine perentorio e prefisso, che dovessero personal-
mente presentarsi avanti di lui nella prossima festività
dell' ottava de' SS. Pietro e Paolo. La carta di queste
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB. XIX, 65
terrìbili censiH'e che Alessandro scagliò contro Man-
iredi e suoi partigiani, ore con formole orrende si lan-
ciano tanti fulmini ed interdetti , vien rapportata dal
Tutine e si legge nel suo trattato de' Contestabili del
Regno <a).
Ma dt questi fulmini non si facea alcun conto^ erano
riputati Tani e senza ragioneyol cagione scagliati; onde
-non si mossero punto né Manfredi né le città del Re-
gno né i Prelati , né que' Popoli ad obbedirgli ; anzi
Man£tcdi godendo il frutto delle tante sue vigilie e su*
dori, sovente diyertivasi in giuochi e nelle caecie rigo-
rosamente comandando che si proseguissero per tutte
le Chiese del Regno, come prima i divini uffici, nel
che non incontrò veruna repugnanza ne' Prelati^ ed in
tutte r altre persene ecclesiastiche. £ resosi da per tutto
potente e glorióso, già stendeva le sue forze fuori dei
confini del Regno, e nell* altre parti d'Italia avea reso
celebre e famoso il suo nome, tanto c^he.per lui la fa-
zione Ghibellsna cominciò a sollevarsi sopra la Guelfa;
ed in Lombardia ed in Fiorenza avea fatti mirabili
progressi;
E perché vedeva, che T opulenza delP uno e T altro
Regno, ancorché fosse grande, non avrebbe bastato a
mantenere grandi •eserciti come bisognava, che e' tenesse
per r inimicizia de' Pontefici romani, prese partito di
mandare parte dell' esercito in Toscana e parte in Lom-
bardia in sussidio de' Ghibellini ; onde venia insieme
ad evitar la spesa,. ed a divertire il pensiero del Pap,a
dal molestarlo^ al quale era più necessario attenderti
alla conservazione de' Guelfi, del patrimonio di S. Pie-
(a) Tutin. cUì' Contest. pag. 63 et 64-
5
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06 STORIA CIVILE
tro^ di Romagna e della Marca (a). Ed egli rimase nel
Regno, dove trattanto viveya quei tempo con moita
felicità e splendideeza : dimorando nelle cittì marittime
di Puglia e più d\ ogni altra io Barletta.
Or mentr'egll dimorava in questa città giunsero quiti
gli Ambasciadori della Regina Elisabetta^ secondo TA-
nonimo, ovvero di Margherita ( secondo per una carta
che rapporta, crede il Summonte ) madre del Re Cor'
radino e del Duca di Baviera, i quali esposero a Man-
fredi la loro ambasciata dicendogli, che Gorradino era
vivo, e che si dpveano punire quelli che falsamente avea-
no pubblicatala sua morte; onde in nome della Regina
e del Duca lo pregavano che volesse lasciare il Regno,
che legittimamente era di Gorradino. Manfredi ricevè
gli Ambasciadori con grand* onore e stima; e come
molto accorto e prudente avendo prevista l'ambasciata,
prontamente loro rispose: ch'era già notorio e palese
a tutti, che il Regno era perduto per Gorradino, e che
egli con tanti sudori e vigilie per viva forza avealo
ricuperato dalle mani di due Pontefici: ch'essendo
Gorradino di poca età tornerebbe facilmente a perderlo;
ed i Pontefici romani fieri inimici della casa Sveva
con facilità glielo ritoglierebbero; olire che le genti del
Regno non avrebbero comportato, dovendosi egli valere
de' Tedeschi, dei quali aveano orrore, che dominasse
più in quello la nazion tedesca: che non bisognava ora
che i popoli erano assuefatti al suo dominio, ed alle
sue maniere placide ed all' Italiana, con dar loro nuo^o
Principe, mettersi in pericolo di nuo^e rivoluzioni; e
perchè si scorgesse, che non per ambizion di regnare^
ma per maggior utile del piccolo Re, egli non lasciava
{a) Costanzo lib. i faist. di Nap.
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB. XIX. 67
ii Regno, prometterà di conservarlo per lai e gover-
narlo per lui, e mentr'egii vivea, e da poi lasciarlo a
Corradino: che perciò avrebbe la Reina fatto assai pru-
dentemente di mandarlo a lui ad allevare , acciocché
apprendesse i i^ostumi italiani percb* egli T avrebbe te-
nuto, non come nipote, ma come proprio suo figliuo-
lo (a). Gli Ambasciadori ricevuta tal risposta, chiesta
licenza, si partirono riccamente presentati; e mandò al
Duca di Baviera dieci corsieri bellissimi, ed al picciolo
Corradino molte gioie.
Rimandati con queste risposte i Legati del Duca e
della Regina, riputando questa infelice Principessa
esser molto dura e difficil impresa poter colle sue
forze ritoglier ora dalle mani di Manfredi il Regno,
le fu forza dissimular il tutto, riaerbando a tempo mi-
gliore di poter vedere il piccolo Re suo figliuolo re-
stituito al Trono di Sicilia.
loUnto Manfredi stabilito ora più che mai nel Re-
gno, avendo abbassate le forze del Pontefice, e dei
Guelfi in Italia, s'era reso formidabile a tutta Italia,
avea esteso oltre quella la sua fama e grido per tutte le
altre Nazioni d' Europa per lo "suo coraggio , munifi-
cenza e splendidezza, e per tutte le altre virtù ^ che
adornavano la' sua persona , veramente regie. Si vide
perciò favorito e stimato da quasi tutti i Principi di
Europa, co^ quali egli trattava con estraordinaria ma-
gnificenza e splendore; ed accadde in questi tempi,
ch'essendo venuto a Bari Baldovino Imperador di Co-
stantinopoli, trovandosi egli in Barletta, andò subito
cortesemente a riceverlo, e Io trattenne in splendidis-
sime feste e diversi giuochi d'armi: e non perdonando
\ii) Costanzo lib. 3.
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6« STORU CIVILE
A Spese, fece far superbi apparati e giostre contioue,
ove furono invitati i Signori più rìgaardevoli cosi deU
Vuno, come delF altro reame*
Ver la celebrità della fama, che aveasi don sì gè*
nerosi modi acquistata, fu mosso il Re Giacomo d'A*
ragona a volersi imparentar con lui, sposando il suo
primogenito Pietro d'Aragona alla sua figliuola Co-
stanza^ ch'egli avea generata di Beatrice figliuola di
Amadeo Conte di Savoja sua prima moglie, presa in
tempo, che ancor vivea Tlmperadore suo padre (a);
ed il Marchese di Monferrs^to si sposò un altra sua
figlipolar
Dispiacquero al Pontefice Alessandro queste paren*-
.tele, e per impedire quella col Re d* Aragona ingiunse
a Raimondo di Pennaforte Frate Domenicano, e ce-
lebre per la sua Compilazione delle Decretali j che
s'adoperasse con ardore, ed efficacia appresso quel
Re, di cui egli era Confessore, per frastornarla; ma
4utti gl'impegni del Papa, e le insinuazioni di Fra
Raimondo a nulla valsero ; laonde vedutosi Alessan-
dro fuor di speranza, non ebbe ardire per quel tem*
pò, che sopravvisse, di mai più molestarlo; per la qual
cosa Manfredi insino alla morte d'Alessandro, regnò
con molta quiete e felicità , riordinando le cose del
Regno; e nato per opre magnifiche, volle anco presso
di noi lasciar di se perenne ed inimortal memoria,
^on fondare alla falda del Gargano ne' lidi del mare
una magnifica città, che estinse affatto l'antica Si-
(a) Anonyra. Et filiam suam Constaptiam, quam ex prima
consorte sua Beatrice, fllia quondam A. Sabaudlae Comitis»
Imperatore vivente, susc^perat, Don Pelro primogenito dicti
llegis Aragonum naatrimonip copulavi!.
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB. XIX 69
ponto, é che dal suo insino ad ora ritiene il nome di
Manfredonia ^ ancorché Carlo d'Angiò occupato il Re-
gno, ed i romani Pontefici per Timplacabil odio al
nome di Manfredi, avessero fatto ogni studio, perchè
non Manfredonia^ ma Nuovo, Siponto s'appellasse*
Il Pontefice Alessandro non potendo sostener di
vantaggio i continui dispiaceri, che per le prosperità
di Manfredi, e de' Ghibellini riceveva neir animo, vinto
finalmente da grave cordoglio , jnentr era colla sua
Corte a Viterbo , gravemente infermossi , ed indi a
poco uscì di vita in quest'anno 1260 secondo T Ano-
nimo, perchè il Sigonio, Inveges ed altri comune-
mente riportano la sua morte nell'anno seguente idGi*
I Cardinali neir elezione del successore furono ia
grandissimi contrasti; e finalniente non potendo infra
di loro convenire, dopo tre mesi elessero persona fuori
del lor Collegio. Questi fu Giacomo Patriarca di Ge-
rusalemme, che si trovava allora in Viterbo per. pra^
movere col Papa alcuni interessi della sua Chiesa^
Egli era di naaione franzese, uomo di grande spirito-
zelantissimo di promovere le pretensioni della romana
Corte, ed in conseguenza fiero inimico di ManjEìredi^
• de^ suoi Ghibellini. Urbano IV nomossi; nome assai
luttuoso, e memorando all' infelice Casa di Sve^via.
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70 STORIA CIVILE
CAPITOLO L
Spedizione J^Urbaho IV contro Manfredi; ed inviti
fatti in Francia per la conquista del Regno.
Il Re Manfredi intesa reiezione d'Urbano oltre-
BQKido turbossene, e cominciò a temere non volesse rì-
eorrere alle forze di Francia per turbar qaella pace,
ch'ora godeva il Regno. Né faron vani i suoi sospetti,
poiehè il nuovo Pontefice, appena* assunto al Pon*
teficato, adoperò nuovi mezzi perchè il Re Giaco-
mo d'Aragona disfacesse il matrimonio già conchiuso
da Pietro suo figliuolo con Costanza figliuola di Man-
fredi {a) ; e per mostrare maggior coraggio del suo
predecessore, volle sul bel principio ritrattar la causa
di Manfredi; onde nel di della Cena del Signore in
presenza d'innumerabil concorso di popolo solennemente
gli spedì una terribile citazione (&), e per renderla più
strepitosa, la fece affiggere nelle porte delle Chiese,
per la quale citava Manfredi di dover comparire avanti
di lui per purgarsi e difendersi sopra molti altri gravi
ed enormi delitti, e ricever da lui que' castighi e quella
pene^ che la giustizia gli avrebbe persuaso d'imporgli.
I delitti ch'erano espressi in quella citazione rap-
portata dal Tutini (e), e sopra de' quali voleva pren-
der ammenda , erano , che Manfredi per mano de' Sa-
raceni avea fatto abbattere e minare sin da' fondamenti
la città d'Ariano; che avea fatto vergognosamente uc-
(a) Inveges Ann. di Palermo > tom. 3. {b) Anonjm. (e) Tu*
fin. deXoatest. del Regno fol. 67.
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DIBL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. I. 71
ddere Tommaso d*Oria e Tommaso Salice; area data
crudel morte, e con tradimento a Pietro Ruffo di Ca*
labria Conte di Gatanxaro, e fatta crudel strage di molti
fedeli della romana Chiesa.
Che in disprezzo dell' autorità Appostolica, e delle
i;ensure ecclesiastiche, ed in deslruzione di quelle, fa«
cera celebrare avanti di lui ne' luoghi interdetti i di«
vini Ufficj, ciò che non era senza sospetto d'eretica
pravità: e che citato perciò dal suo predecessore Ales-
sandro, né comparendo, era stato da colui scomunicato.
Che egli in obbrobrio della fede cattolica, preferiva
9l Cristiani i Saraceni, valendosi de' loro riti, e con-
versando con essi assai famigliarmente ; che avea ri-
dotto il Regno di Sicilia ad uno stato ignominioso ed
in dura servitù , per T acerbe taglie ed imposizioni ,
eolle quali gravava gli abitatori', che s'era anche im-
brattato del sangue de* suoi congiunti; ed avea fatto pro-
ditoriamente trucidare Corrado Busario Nunzio e vas-
Hallo' di Corradino; oltre di molti esecrandi eccessi, per
li quali era dannato di notoria infamia.
Manfredi, ancorché non personalmente citato, ma in
Quella maniera, per editto, udita la citazione, non volle
mancare di mandar tosto suoi nunzj al Papa per di-
fendersi di quanto se gì' imputava; ma ne furono tosto
rimandati indietro senza conchiuder niente; ed appros-
simandosi il tempo prefisso alla citazione di dover
comparire, tornò Manfredi a mandare altri suoi Messi;
vi spedi il Giudice Aitardo da Venosa^ e Giovanni da
Brindisi Notai suoi famigliari, i quali con premurosa
istanze dimandarono, ch'essendo stato Manfredi citato
per cause ardue e gravi, non poteva commettere a
niuno de* suoi Ni^nzj la sua difesa, ma che sa-
rebbe egli personalmente venuto i| presentarsi avanti
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72 STORIA CIVILE
il Papa ed il Collegio de' Cardinali , porche pera
se gli spedissero dal Pontefice lettere di assicura'
mento, affinchè doyendo passare per luoghi della
Chiesa non ricevesse molestia ed ostilità. Il Papa gli
concedè sì bene licenza di poter venire, ma ristrinse
il numero di eoloro, che doveano per sua ^ custodia
accompagnarlo, e che ent-rasse senz'armata; onde Man-
fredi temendo di qualche insidia incammitiossi alla
volta del Pontefice, ma per sua sicurezza portò seco
competente numero di soldati e molti Cavalieri per
sua compagnia. Urbano ciò reputando una gran te-
merità di Manfredi, sordo ed implacabile a quel, che
per sua discolpa allegavano i suoi Ambasciadojri, rotto
ogni indugio, rinovò le censure contro Manfredi, e
con celebrità grande non altrimente di quel che fece
il suo predecessore di nuovo Io scomunica, -lo dichiara
tiranno, eretico ed inimico della Chiesa (a).
Allora Manfredi toltasi ogni lusinga di poter en-
trare in gra/.ia d' Urbano , vedendolo .risoluto ai suoi
danni, e che non vi era alti'o rimedio, che reprimere
la sua alterigia colla forza ^ libando subito ad assol-
dare nuove compagnie di S.araceni, spedendole a' con-
fini del Regno, perchè infestassero lo Stato della Chiesa
in Campagna di Roma ; ed altre truppe mandò nella
Marca d'Ancona, ritirandosi egli in Puglia a provve-
dere a' bisogni d'una buona guerra, che già prevedea
doversi fare con Urbano.
Queste mosse accrebbero in guisa Io sdegno e Tira
neir animo del Papa, che non contento d'aver umi-
(ù) Atiouyni. Excusaloram l'taque praedictorum allegatio-
nibus non discussis, ipse Suniraus Poutif^x eum vidcuIo exeonH'
municatìonis adstriaxit
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.L 7$
liati i Svevi in Oermaiìia, cercò anche abbattergli in
Italia; ed aprendo scorto, che i rioorai fatti da' suoi
Predecessori in Inghilterra erano riusciti tutti yani,
yoli^ tentare se in Francia potessero avere miglior
successo. Spedì pertanto ìtì M. Alberto Notajo Ap-
postolico, a trattare col Re Lodovico perchè acoet
tasse rinvestitura per alcuno de* tre minori suoi fi-,
gliuoli , che erano Giovanni Conte di Nevers, Pietro
Conte d' Aleazon, e Roberto Conte di Chiaramoute. Ma
il Santo Re non accettò Tofferta, temendo (come rap-
porta Rainaldo (a) per una lettera di questo Ponte-
fice scritta al soprannominato Alberto ) di non scan-
dalizzar il Mondo, assaltando un Regno, che a Cor-
radino Svevo era dovuto per eredità, e «d Edmondo
d'Inghilterra donato per investitura d'Alessandro IV*
Escluso per tanto Urbano dal Re Lodovico si ri-
volse a pubblicar la Crociata in Francia: laonde mandò.
ivi un Legato Appostolico ad assoldare buon numero
di gente, ed a predicare l'indulgenza plenaria e re-
missione de' peccati a chi pigliava Tarme centra Man-
fredi, dichiarandolo per tiranno, eretico, ed inimico
della Chiesa.
Il Legato giunto in Francia pubblicò la Crociata,
ed assoldò gran numero di soldati sotto Roberto Oonte
di Fiandra genero di Carlo Conte di Provenza e di
Angiò, il quale venuto in Italia con buon numero di
Cavalieri fraozesi, in tal modo rilevò le cose de' Guelfi,
e sbigottì i Ghibellini, che il Re Manfredi rivooò gran.
parte delle genti, che teneva sparse in Italia in favore •
de' Ghibellini; per la qual cosa i Guelfi di Tosc0na.
e di Romagna andarono ad incontrar Roberto, ed in-
(a) Rainald. ad aAn. 1262 num. si.
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74 STORU CIVILE
8Ìeme con lui debellarono il Marchese Uberto Palla-
vicino. Il Re Manfredi per accorrere a* mali più gra-
tti, si risolvè di passare >egli in Campagna di Roma,
e ponersi in luogo opportuno, ove potesse esser pre-
sto a vietare a' nemici l'entrata nel Regno, o venis-
sero per la via d'Abruzzo, o di Terra di Lavoro;
e subito andossene ad accampare con tutto T esercito
tra Fresinone ed Anagni (a).
Era allora il Papa in Viterbo y e volle che Roberto
.Conte di Fiandra con tutto l'esercito passasse di là,
dove benignamente l'accolse, lodandolo ed accarezzando
lui e gli altri Capi delP esercito; e benedisse le ban-
diere e le genti, con esortarlo, che seguisse il viag-
gio felicemente, mandandolo carico dì lodi e di pro-
messe: delie quali gonfiato Roberto^ si mosse con tanto
impeto centra il Re Manfredi, che sehza fermarsi in
Roma un momento, andò ad accamparsi vicino a lui«
Ma il Re conoscendo, che non era per lui di fron-
teggiare nella campagna, ma più di munir le terre',
e guardar i. passi, per temporeggiare quella Nazione,
che di natura è impaziente delle fatiche, quando vaiino
a lungo, si ritirò di qua dal Garigliano, da quella
parte, che divide Io Stato de;lla Chiesa dal Regno di
Napoli; e già* Roberto cercava di passar ancora quel
fiume. Ma perchè la mano del Signore avea riser*
bato ad altri il ministerio della. mina di Manfredi,
ecco che i Romani si ribellarono, e tolsero in tutto
l'ubbidienza al Papa, e crearono un nuovo Magistrato
detto de' Banderesi; per la qual cosa Urbano fu stretto
a chiamare T esercito franzese, per mantenere almeno
{a) Costanzo lib. ^,
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX.CAP.t 75
con la persona sua il resto dello Stato ecclesiastico;
che non seguisse T esempio di Roma.
Non lasciò (Manfredi di pigliare sì opportuna oc-
casione, e di travagliarlo; poiché partito che fu. dal-
l' altra riva del fiume V esercito nimico, passò solo coi
Saraceni, ricusando i suoi Baroni regnicoli d'andare
i^oa lui ad offesa delle terre della Chiesa, col prete-
sto che r obbligo loro era solo di militare per la di-
fensione del Regno (a) ; come se non fosse difender il
Regno, con tal dÌTcrsione abbattere le forze del ne*
mico. Ma Manfredi cedendo al tempo, dissimulò T ab-
bandona mento, e con placidezza diede a tutti licenza,
perchè partissero ed andassero quietamante alle lor
case: gli richiese solamente a titolo d' imprestito, che
lo sovvenissero di que* danari che arcano portato seco
per le spese: ciò che fu trattato dal Conte di Caserta,
e così fu fatto.
L' intrepido Re solamente co* suoi Saraceni andò
verso Roma , e porgendo aiuto agli altri ribelli del
Papa, perturbò tanto lo Stato ecclesiastico, che quelli
Franzesi ch'erano venuti al soldo, non potendo aver
le paghe, se ne ritornarono di là dal|'A]pi, e gli altri
«he rimasero, appena bastarono a difenderlo.
L Invita d' Vv^xao fatto a Carlo d'Angi^
per la conquista del Regno. *
Questo accidente accaduto al Papa co' Romani,
el veder co' suoi ribeUi unito Manfredi, accrebbe di
tanto sdegno ed ira T animo d' Urbano , che lo fece
pensare a più potenti ed efficaci modi di minarlo ^
(a) y. Jacob, ds Ajello tract àe Adoha, aum. iS.
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76 STORIA CIVILE
e perchè vedeva con isperienza, che le tbrste del Pan-'
efìcato non erano bastanti ad assoldare esercito tanto
possente, che potesse condurre a fine si grande im-
presa, chiamò il Collegio de' Cardinali (a), e con una
gravissima ed accurata orazione commemorando le in-
giurie e gr incomodi^ che per Jo spazio di cincpianta
anni la Chiesa romana avea ricevuti da Federico, da
Corrado e da Manfredi senza ninno rispetto , né di
religione né d'umanità, propose, ch'era molto neces-
sario non solo alla reputazione della Sede A|>postolica,
ma ancora alla salute delle persone loro, di estirpare
quella empia e nefanda progenie; e seguendo la sen-
tenza della privazione di Federico data nel Concilio
di Lione da Papa Innocenzio IV concedere l'uno e
l'altro Regno, giustamente devoluto alla Chiesa, ai
alcun Principe valoroso e potente, che a sue spese
togliesse r impresa di liberare non solo la Chiesa, ma
tanti Popoli oppressi ed aggravati da quel perfido e
crudel tiranno, dal quale parevagli ad ora ad ora di
vedersi legare con tutto il sacro Collegio, e mandarsi
a vogare i remi nelle galee. Queste e simili parola
dette dal Papa con gran veemenza commossero l' ani-
mo di tutto il Collegio, e con gran plauso fu da tutti*
lodato il parer di Sua Santità, e la cura che mostrava
avere della Sede Appostolica e della salute comune.
Si venne perciò alla discussione intorno ali* elezione
del Principe: e poiché dal Re Errico d'Inghilterra
non era da sperarsi cos' alcuna per esser lontano, per
essersi veduto fio ora inutilmente averlo aspettato tanto,
bisognava metter Y occhio ad altro Principe. Dal He
di Francia esserne già stato escluso. Ne era da sperar
ip) Costanzo lib. i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. C AP. I. 77
«occorso da Alemagna, implicata allora tra fiere guerre
per l'elezione di due Re de' Romani, cioè d'Alfonso X
Re di Spagna e di Rainulfo fratello del Re il Inghil-
terra. Gli altri Principi di Spagna essere parte a Man-
fredi congiunti di sangue, e parte lontani ed impo-
tenti; x)nde non restava, che dalla Francia, come non
molto lontana e sempre propensa a soccorrere la Chiesa
romana^ di ricercar ajuto.
Era allora Carlo Conte di Provenza assai famoso in
arte militare ed illustre per le gran cose fatte da lui
oontra gì' Infedeli in Asia sotto le bandiere di Re Luigi
di Francia suo fratelfo (a), colui che per Tinnocenza
di sua vita adoriamo ora per Santo; e perchè era an-
cora ben ricco e possedeva per Y eredità della moglie
tutta Provenza, Linguadoca e gran parte del Piemonte;
parve al Papa ed a tutto il Collegio subito che fu no-
minato che fosse più di tutti gli altri attissimo a que-
Ma impresa; onde senz'altro indugio elessero Barto-
lomméo Pignatello già Arcivescovo d' Amalfi , ed ora
di Cosenza e poi di Messina (b)^ per andare con titolo
di Legato Appostollco a trovarlo in Provenza e riferir-
gli ia buona volontà del Papa e del Collegio di farlo
Re di due Regni, ed a trattare la venuta sua e solle-
eitarla quanto prima si potesse.
Fu anche in quest'anno i263 da Urbano inviato in
Inghilterra altro Legato al Re Errico e ad Edmondo suo
figliuolo^ affinchè non volendo accettar i patti contenuti
nell'investitura concessa, né essendo in istato di adem-
pir le condizioni, ooUe quali era stato il Regno con-
jceduto, rinunziassrro in mano del detto Legato le ra-
(a) Costanzo lib. i. {b) Anopym.
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78 STORIA CIVILE
gioni che mal potessero ayere in questi Hesmi per rin^
Tei»tJtura fattagli da Papa Alessandro lY.
( Lanig (a) rapporta il brey«$ d' Urbano lY drizzato
in quest'anno i a 63 al Re d'Inghilterra, riprendendola
della sua negligenza, e che perciò Iriituncii aUMnve-
stitura del Regno, minacciandolo di Tolerne invesitir
altri. E ripigliando il trattato con Lodovico IX Re di
Francia, ofTerendo rinvestitura a Carlo suo fratello,
gli scrisse per ciò due Brevi, che pur si leggono presso
Lunig (b) ).
E que' Principi prontamenter^ nauseati da tanti patti
e condizioni ' dal Papa ricercate, rinunziarono Tinve*
stitura (e), né vollero di ciò più sentir parola; ond*è
che gF Inglesi dicono che i Papi dopo aver tirate dal*
r Inghilterra grandissime somme di denaro per questo
negozio, la fecero restar delusa d' ogni speranza., incol-
pando il Re Errico, il quale essi dicono, avrebbe do-
vuto alla prima rifiutar questa corona, o almeno ri-
nunziarla tosto, da poi- che vide le tante condizioni e
difficoltà; e pensare che donare un Regno, sopra del
quale non vi si abbia in sostanza alcun diritto, a con-
dizione che s^ abbia da andare a conquistare a proprie
spese e rischio, è lo stesso, che fare un pret»ente eguat
mente ingiusto e nocevole, e che fa tanto male a co-
lui che Faccetta, quanto disonore a chi lo dona.
Intanto TArcivescovo di Cosenza giunto in Provenza,
espose con molto vigore ed efficacia T ambasciata; e
come era uomo del Regno di Napoli e fiero inimico
di Manfredi, cui avendo egli in tanti modi offeso, e
(a) Limìg Cod. Ita]. Diplom. tom. 2 p. 090. {b) Ibi'd.
pag. 955 e 956. {e) Tulin. d«*Gont€9t pag. 69. Chioccar.
M. S. gìuris. tom. i.
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DEL REGNO DI NAPOLI. L.XIX. CAPI. 79
dubitando non ne prendesse Tendetta.^ premeva molto
di ridurre ad e£fetto quesi' impresa ; esagerò a quel
Principe coti molto spirito e vivacità la bellezza e T opu-
lenza dciruno e Tauro reame, e T agevolezza d'acqui-
stargli, per r odio che portavano universalmente i pò- **
poli alla casa di Svevia.
Carlo, ancorché Principe ambizioso, intesa T amba-
sciata, restò alquanto sospesa, pensando all'arduità
deir impresa ed all'avversione, che v'ebbe sempre il
He Luigi suo fratello, onde fu per rifiutar T offerta;
nuUadimanco stimolato da Beatrice sua moglie, la quale
non poteva soffrire, che tre sue sorelle fossero Tuna
Regina di Francia, l'altra d'Inghilterra e T altra di
Germania, ed ella, che avea avuto maggior dote di
ciascuna di loro, essendo rimasta erede di Provenza
e di Lioguadoca, non avesse altro titolo che di Con-
tessa, vedendo suo marito cosi sospeso, gli offerse tutto
il tesoro, tutte le cose sue preziose, fino a quelle, che
servivano per lo culto, della sua persona, purché non
lasciasse una impresa così onorata. Mosso adunque
non meno dal desiderio di soddisfare alla moglie, che
dalliT cupidità sua cU regnare, rispose all' Arci vescovo,
ch'egli ringraziava il Papa di così amorevol offerta,
e che accordate che si fossero le condizioni dell' in-
vestitura non sarebbe rimasto altro , che di parlarne
al Re di Francia suo fratello , il quale sperava, che
non sólo gli avrebbe dato consiglio d'accettare l'im-
presa, ma favore ed ajuto di poter , più presto e con
più agevolezza condurla a fine.
Ed essendosi cominciato a trattar delie condizioni^
che il Papa voleva imporre su i due reami di Sicilia
e di Puglia , si vide , che Urbano voleva investirne
Carlo, ma con quelle condizioni, colle quali erasi sta-
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«o STORIA CIVILE
hilita la pace tra Manfredi ed il Cardinal Ottaviano
allora Legato Appostolico, cioè che Napoli^ e tutta la
j>ronncia di Terra di Lavoro ^ colle sue città e terre
e risole adjacenti^ come Capri e Procida\ Benevento
col suo territorio^ e Val di Guado restassero alla Chiesa
romana; e tutte T altre province, coir isola di Sicilia
si sarebbero a lui per investitura concedute.
Mostrate al Conte «[ueste condizioni, non volle in
conto alcuno accettarle, e dal suo canto alF incontro
si fecero alle medesime queste modificazioni: Ch'egli
non' avrebbe inclinato ad accettar V impresa^ se non se
gli fosse conceduto interamente il Begno di Sicilia,
con tutta la terra di qua dal Faro insino alli confini
dello Stato della Chiesa; siccome lo possederono i Re
normanni e svevi; di manierachè, eccettuatane la città
di Benevento .^^ con tutti i suoi distretti e pertinenze,
niente dell' altre terre sarebbe rimasto alla Sede Ap-
postolica se non il censo^ eh' egli avrebbe pagato ogni
anno di diecemiìa once d' oro (a).
lì perchè premeva ad Urbano di non differir di
vantaggio quest'affare; poiché in altra maniera non si
sarebbe potuto scacciar Manfredi dal Regno; fu con-
tento di moderare secondo il volere di Carlo le con-
dizioni suddette ; onde cenchiuso il trattato in cotal
modo, scrisse anche al Re Lodovico^ che desse ajuto
a Carlo suo fratello, significandogli per altra lettera,
che i denari che fosse per somministrargli, si sareb-
bon presi per titolo di prestanza, con animo di resti-
tuirgli. Il Re Luigi non potè resistete a tanti impulsi,
e di mala voglia fu alla {Terfine costretto a dar il con-
(a) Le carte di queste condizioni e modificazioDi vengono
rapportate dal Tutini de' Gontestab. del Regno, ibi. 70, 71.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XIX. GAP. I. 8t
«enso che suo fratello accettasse V invilo. Questa me-
moranda deliberazione, eccome fu cagione della^ fatai
ruina della casa di Svevia, così ancora non può ne-
garsi, ciò che da' sa?! politici fu ponderato, che por-
tasse insieme là cagione non pur di tanti travagli •
desolazioni della casa stessa d'Angiò, ma- anche tanto
spese e tante inutili spedizioni alla Corona di Fran-
cia; la quale per Io corso, di più secoli si vide im-
pegnata perciò a sostener molte dispendiose guerre^
le quali riuscitele sempre con infelice successo^ le han
portato dispendii ed incomodi grayissimi; essendo cosa,
€ per gli antichi e nuovi esempi pur troppo nota ^ che.
cominciandosi da Gregorio M. tutti i Papi suoi suc-
cessori, ancorché invitassero molti Principi alla con-
quista, ebbero poi quegli stessi invitati per sospetti,
quando gli vedevano prosperati, e a maggior fortuna
arrivati; onde ne invitavano altri per discacciar i primi,
per la tjual oagione il nostro Reame fu miseramente
afflitto, e re90 teatro d'aspre e di crudeli guerre.
Ma mentre il Legato Appostolico era di ritorno Io
Italia, portando la novella della venuta di Carlo, ecco
che Urbano dimorando ia Perugia, se ne muore ia
quest'anno 1264 ciò che impedì per allora il passeg-
gio di Carlo in Italia. ^
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82 STORIA CIVILE
, CAPITOLO IL
Spedizione di Clemente IY e conquiste di Carlo d'An-
CIÒ, da lui investito del Regno di Puglia e di
Sicilia.
JtVe Manfredi intesa la morte di Papa Urbano ne
prese grandissimo piacere, sperando esser in tutto fuor
di pericolo, non meno per le discordie che a quei
tempi solcano sorgere tra' Cardinali per V elezione, onde
nasceva lunga vacazione della Sede Appostolica, che
per la speranza avea che fosse eletto alcun Italiano,
il quale non avesse interesse co' Franzesi, e che avesse
abborrìmento d*introdur gente oltramontana in Italia^
ma restò di gran lunga ingannato, perocché i Cardi-
nali, che si trovavano averlo offeso e dubitavano, che
egli ne avesse presa vendetta, studiaronsi di creare un
Papa d' animo e di valore simile al morto : e di co-
mune consenso a febbrajo del nuova anno* ia65 crea-
rono Papa il Cardinal di Narbona. Costui non solo
era di nazione franzese, ma vassaUo di Carlo (a): ebbe
già moglie e figliuoli; e fu uno de' primi Giureconsulti
della Francia: fu poi, morta sua moglie, fatto Vescovo
di Pois, indi di Narbona, ed appresso Cardinale, ed
ora si trovava Legato in Inghilterra. Tosto che seppe
r elezione, partissi di Francia, ed in abito sconosciuto
di mendicante, secondo il Platina, o di mercatante,
come vuol Collenuccio, venne a Perugia, ove da' Car-
dinali con somma riverenza ricevuto, fu adorato Pon-
{a) Costanzo libt i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. IL 8Ì
tefice e chiamato Clemente lY^indi con molto onore
a Viterbo '1 condussero.
La prima cosa, che estratto nel principio del suo
Ponteficato, spinto da naturai affezione che la Nazion
franzese suol portare a' suoi Principi, fu la conclusione
di seguitare quanto per Papa Urbano suo predeces-
sore era stato cominciato a trattare con Carlo d'An*
giò, per mezzo deirArciyescoyo di Cosenza.
( Clemente lY successore d' Urbano , rivocò prima
rinvestitura data ad Edmondo; e la Bolla di questa
rìvocazione è rapportata da Lunig (a); e da poiane!-
ristesso anno ia65 investi del Regno Carlo d'Angiò^
e la Bolla di questa investitura con tutti i suoi patti
e gravami, si legge pure presso Lunig (b) , siccome
anche il giuramento dato da Carlo nel iai6 a Yi-
terbo, pag. 979).
E perchè trovò il Collegio tutto nel medesimo
proposito, mandò subito con gran celerità V Arcive-
scovo a sollecitare la venuta di Carlo. Confermò an-
cora il Cardinal Simone di S. Cecilia Legato in Fran-
cia, dal suo predecessore eletto; e gli scrisse che aS'
solvesse tutti i Crocesignati Franzesi per Terra Santa^
commutando loro il yotd nella conquista di Sicilia^
come si raccoglie da un'epistola di' Clemente stessa
riferita da Agostino Inveges (e). Scrisse ancora al S. Re
Lodovico, che desse aiuto a Carlo suo fratello; ed
essendosi rendùte certo, che così il Conte di Provenza,
come il Re suo fratello erano disposti per T impresa,
commise al Cardinal di Tours, che accordasse i patti,
«o' quali egli voleva, che si fosse data rinvestitura; ed
(a) Cod. Ital. Diplom. Tom. a pag. 94^. (b) Ibid. pag. g6|r
(e) Inveges Annal. di Falerni, tom. S.
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84 STORIA CIVILE
ancorché non potesse alterar Diente di ciò cV erasi
convenuto con Urbano ^opra le modificazioni già fatte,
nuliadiisanco, ora che vide Carlo impegnata, voUe di
gravi e pesanti condizioni obbligarlo neiristesso tempo
che gli dava l'investitura.
Aveva Urbano, come si è d^tto, tentato in questa
nuova investitura che s' offeriva al Conte di Provenza,
ricavarne per l^r Sede Apgostolìca gran profitto, proc-
cnrando allora con ogni industria-» che la provincia
di Terra di Lavoro con Napoli e risole adiacenti,
non altrimente che Benevento, fosse eccettuata £ si ag-
giudicasse alla Chiesa; ma Carlo non volle sentir pa-
rola; poiché finalmente non se gli concedeva un Regno,
la cui possessione fosse vacante, m.i dovea egli colle
sue forze discacciarne il possessore Manfredi, ed il
Papa non vi metteva altro che benedizioni ed indul*
genze ed un^'poco di carta per rinvestitura; poiché
le sue forze erano così deboli, che non poteva nem-
meno mantenersi in Roma. Clemente per tanto, non
* potendo appropriar a se quella provincia, proccurò al-
"toeno gravare rinvestitura di tanti patti e condizioni,
che veramente rese il nuovo Re ligio, spogliandolo di
molte prerogative, delle quali prima eran adorni i pre-
decessori Re normanni e svevi^
I Capitoli stipolati e giurati da Carte, nel modo che
il Papa gli avea cercati, seconde che vengono rap-
portati dal Summonte, da Rainaldo (a) e da Inveges,
sono i seguenti.
I. Fu da Clemente investito Carlo Conte di Pro-
venza del Regno di Sicilia ultra e citra^ cioè di quel-
la isola e di tutta laN terra, ch'é di qua dal Faro insino
(a) Rainald. ann. i265.
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Uel regno di napoli l.xix. gap. il 85
£* confini dello Stato della romana Chiesa, eccetto U
città di Benevento con tutto il suo territorio e per-
tinenze ; e ne fu investito prò se y descendentibus ma^
9cuUs^ et /oeminis: sed mascuUs extandbvSy fotminae
non succedant; et inter masculoSy primogenitus tegnet,
Quibus omnibus deficientìbuSj i^el in aìiquo contrafa-
cientibus j Begnum ipsum revertatur ad Ecclesiam Eo»
manam (a).
II. Che non possa in conto alcuno dividere il Re-
gno.
III. Che debba prestar il giuramento di fedeltà 6
di ligio omaggio alla Chièsa romana.
lY. Atterriti i romani Pontefici di ciò die aveano
passato co' Svevi , che f crono insieme Imperadori e
Re di Sicilia , in più capitoli volle convenir Clemente,
.che Carlo non aspirasse affatto, o proccurasse fardi
eleggere o ungere in Re ed Imperador romano, av-
vero Re de' Teutonici, o pure Signore di hornh^xà^^,
o ài Toscana, o della maggior parte di c{uelle Pro-
vince, e ìse vi fosse eletto, e fra quattro mesi non ri»
nunziasse, s'intenda decaduto dal Regno*.
y. Che non aspiri ad occupar Tlmperii)' romano,
il Regno de' Teutonici, ovvero la Toscana e la Lem*
bardia.
yi. Che se accaderà, stante le contese eh' allora
ardevano per l' elezione dell' tmiperactore d' Occidente,
che fosse eletto Carla, debba lille mani del romàno
Pontefice emancipar il ano figliuolo , che dovrebbe
succedergli , ed al medesimo rinunciar il Regno, niente
presso di se ritenendosene.
(a) y. Rainaldo ad arni. 1365 il quale adduce convenzioni
più dilTuse intorno al regolamento della 9ucce»sÌQD« del Regno.
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«6 STORIA CIVILE
VII. Gbe il Re maggiore d'anni i8 possa per se*
amministrare il Regno, ma essendo minore di quest'età ,
non possa amministrarlo; ma debbasi porre sotto la
custodia e Baliato della romana Chiesa, insino che
U Re sarà fatto maggiore.
Vili. Che se accadesse una sua figliuola femmina
Gasarsi coir Imperadore, vivente il padre, e quegli de-
funto, rimanesse^ ella erede, non possa succedere al
Regno; e se deferita a lei la successione del Regno ^
ai casasse colF Imperadore, cada dalle ragioni di suc-
cedere.
IX. Che il Regno di Sicilia non si possa mai unire^
all' Imperio.
X. Che sia tenuto pagare per lo censo ottomila
once d' oro V anno nella festa de' SS. Pietro e Paolo
in tre termini, e mancando decada dal Regno; e di
più un palafreno bianco, bello, e buono; e più , se-
condo un istromento che si legge nel regale Archi-
vio (a), che fecero li Tesorieri del Re Carlo I nel-
r anno 1274 con alcuni Mercatanti di pagare alla Se-
de Appostolica ottomila once d'oro per questo censo,
ai vede, che seimila si pagavano per lo Regno di Pu*
glia, e duemila per V isola di Sicilia. Del che furono
i Pontefici sì rigidi esattori, che nelF anno 1:276 strin-
aero in maniera il Re Catlo, che trovandosi in Ro-
ma e senza danari, fu forzato scrivere in Napoli ai
suoi Tesorieri , che impegnassero a' Mercatanti la sua
Coruna grande d'oro, e tante delle sue gioje ed oro,
che abbiano in presto ottomila qnce d' oro, e che gliele
• {a) Rcg. 1273. fol. 167. Vicn anche rapportato dalTutini
itegU Ammirag. del Reg. p. 89.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. II. 87
nandiQO subito ia Roma per doverle pagare alla Se-
de Appofttolica per lo censo di queir anno (a).
XI. Che debba pagare alla Chiesa romana 5ooa
marche sterline ogni sei mesi.
XII. Che in sussidio delle terre della Chiesa, a
richiesta del Pontefice, sia tenuto mandare 3oo Ca-
valieri ben armati; in guisa che ciascuno abbia da
mantenere a sue spese almeno tre cavalli per tre mesi
in ciaschedun anno; ovvero ai possano commutare in
soccorso di Navi.
XIII. Che debba stare a quello diffinirà il Pontefice
sopra la determinazione de' confini da farsi di Bene-
yento.
Xiy. Che dia sicurtà a' Beneventani per tutto il
Regno ; ed osservi i loro privilegi ; e che permetta di
poter disponere liberamente decloro proprj benL
XV. Che non possa nelle terre della Chiesa romana
acquistar cos' alcuna per qualunque titolo , né ottenere,
in quelle Rettorìa o altra Podestaria.
XVI. Che s'abbiano a restituire alle Chiese del
Regno tutti i beni , che alle medesime furono tòlti.
'XVII. Che tutte le Chiese e' loro Prelati e Rettoji
godano della libertà' ecclesiastica, e particolarmente,
nelle elezioni, ristabilendo Clemente ciocché Alessan-
dro IV avea aggiunto neir investitura data ad Edmondo
figliuolo del Re d' Inghilterra v cioè che il Re e suoi
successori non s'intromettano nelle elezioni^ postulazio-
ni e provisioni de* Prelati, in guisa che, nee antei
electionem , sive in electione , pel post Regius assensiis ,
vel consilium aliquatenùs refuirafKr(i); soggiungendo -
(a) Chioccar, tom. 1^ MS. giurìsd. (^) Ghiocc. MS. Giorisil*
in Indice y t. 19.
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88 STORIA CIVILE
81 però che eia non abbia a pregiudicare di Re e suoi
eredi j in quanto s' appartiene in jure patronatus , si
quodRóges Siciliae^ seu ejusdem Regni, et Tèrrae Do-
mini, hactenus in aliqua ^ Pel aliquihus Ecclesiarum
iptarum consueverunt hahere : in tantum tameng in
quantum Ecclesiarum patronis canonica in^iituta conce-
dunt ; siccome perciò non forono esclusi i Re , sempre
che la persona eletta fosse loro sospetta d'infedeltà,
d' impedire il possess^^ e concedere il placito Regio
alle Bolle di provisione, come altrove diremo.
XVIII. Che le cause ecclesiastiche saranno trattate
innanzi agli Ordinar); e per appellazione alla Sede
Appostolica.
XIX. Che abbia a riyocare tutti gli Statuti emana*
ti contra la libertà ecclesiastica.
XX: Che i Cherici né per le caiise civili né per
le criminali si possano convenire avanti il Giudice
secolare, se non si trattasse civilmente di cause attinenti
a' Feudi.
XXI. Che niuno imponga taglie alle Chiese.
,XXU. Che nelle Chiese vacanti non possa pretend^e ,
ed' avere né regalie > né frutti.
XXIII. Che gli esiliati della Sicilia* si riducano nel
Regno, secondo che comanderà la Chiesa romana.
XXIV*. Che non faccia lega o confederazione con
ulcuno controlla Chiesa.
XXV. Che debba tener pronti mille Cavalieri oltra-
montani, apparecchiati per Terra Santa o altro affare
della fede.
Queste sono quelle convenzioni, delle quali spesso
Marino di Caramdnico , Andrea d Isernia e gli altri
nostri Scrittori fanno memoria ^ quando trattano de'pe-
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DEL REGNO DI NAPOLI LXIX. GAP. IL 89
' ìBi , che nell' inyeBtitura data a Carlo furono da Papa
Clemeate agg^iUntL
Accordate in cotal maniera queste Gapitolaziosi , e
vie più eollecitafido Clemente la venuta del Conte,
intraprende questi il passaggio , ed avendo fatta accom-
pagnare la Contessa Beatrice sua moglie da molti Ca-
pitani e Cavalieri francesi e provenzali , costoro fecero^
il viaggio per terra ; ed egli da Provenza , essendosi
posto intrepidamente con pochi legni a solcar il mare ^
dopo aver miracolosamente scampate T insidie, che
Manfredi gli avea tese con 80 galee , finalmente giunge
con somma felicità nel mese di maggio di quest' anno
1365 a Roma, ove fu da' Romani con molti applausi 9
e segni d' allegrezza ricevuto e careggiato ; e narra
V Anonimo (a)^ che fu tanta la leggerezza e vanità dei
Romani, che ritenendo essi, per la dignità Senatoria,
un picciol vestigio dell' antica loro libertà , vollero anch^
di quella spogliarsi, ed esclusi i loro Nobili, crearono
Carlo lor Signore e Senatori! perpetuo di Roma.
Questa sì felice , e presta venuta di Carlo , gli diede
tanta ripqtazione e fama di Principe .valoroso e ma*
gnanimo , che pareva, per tutta Italia , la persona sua
valesse per un grandissimo esercito ; onde vennero tosto
da lui tutti que' della fazione Guelfa a visitarlo e ad
offerirsi di servirlo. Ed intanto F esercito di Carlo ^ che
per terra erasi avviato, dopo varj avvenimenti^ eri^
finalmente giunto in Italia , e la Contessa Beatrice a Ro-
* (a) Anonym. Romani Gìves de more mobiles, quos ex hoc
in illud exilis de facili vcrsat occasio,.illius modicae lihertatis
reliquias, quas ipsis praescripta yeterum traDsfudìt autborttas,
temere distrahentes^ exclusis prò magna parte nobilibus, Ga-
rolum Provìociae Gomitem elegerunt in Dominum, et Seoar
torem Urbis perpeluam, et evocavecuut.
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90 STORIA CIVILE
ina ; onde Carlo desideroso d' entrar presto nel Regno ;
per timore , che troppo in Roma trattenendosi , non
Yenisser a mancargli i denari per supplire alle paghe
de' soldati, sollecitò fortemente T espedizione » unendo
tutta la sna milizia per combattere T esercita di
Manfredi.
I. Coronazione di Carlo in Roma,
Ma prima d'uscire di Roma, Tolle che Clemente col-
le celebrità solite V incoronasse Re, ed insieme gF in-
viasse r investi tura^ secondo ciò eh' eradi stabilito. Il
Pontefice , eh' era a Perugia , gli spedì sua Bolla , per
la quale commÌ3e a cinque Cardinali, che in S. Giovanni
Laterano avanti all' altare pubblicassero la Bolla dell'in-
vestitura, e ricevessero dal Conte il giuramento di fe-
deltà^ del ligio omaggio e dell'osservanza di que' Ca-
pitoli di sopra notati^ e còlle debite forme l'incoronas-
sero Re dell'una e 1' altra Sicilia. Li Cardinali de-
stinati a. questa celebrità furono Rodolfo Vescovo di
Albano, Archerio Prete del titolo di $. Prassede , Ric-
cardo di S. Angelo, Goffredo di S. Giorgio al Velo
d'oro, e Matteo di S. Maria in portico , Diaconi Cardia
nali, li quali nel giorno dell Epifania a' 6 Gennajo di
quest'anno 1266 colle solite cerimonie incoronarono
Carlo Re d' ambedue le Sicilie insieme con Beatrice sua
moglie, essendo presenti molti Prelati e Signori con
infinito popolo.
( Di qu,esta Beatrice si legge il Testamento, che fece
a Lagopensile nell'anno 1266 rapportato da Lunig {a)).
Si lesse la Bolla dell'investitura fatta da Clemente
m) Cod. lui. Diplom. Tom. a pag. 970.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. IL 91
per U quale con que' patti di sopra riferiti T investiva
del Regno di Sicilia, et de iota Terra , ^uae est citra
Pharumy Usque ad confinia terrarum ipsìus Romanae
Ecclesiae^ excepta Civitate Beneventana cum tato ter-
ritorio ^ et omnibus districtibus , et pertinentiis.
Alllncontro i Cardinali riccTerono il ligio omaggici
dal Re ed il giuramento di fedeltà, la di cui formola
insieme coir istroroento deir incoronazione vien rap-
portata dal Tatìni (a) ed è del seguente tenore: Noè
Carolus Dei gratia Sex Siciliae^ Dueatus Apuliae ^ et
Principatus Capuae, ec. Vobis Dominis Rodulpho Al*
hanensi Episcopo^ Archerio, ec. Diaconis Cardinalibus
^uibus per literas suas Dominus Papa commisit reee»
ptionem Ugii homagii , quod prò Regno Siciliae^ ae
aliis Terris Nobis a prtdicta Ecclesia Romana con-
eessis tenemur^ eidem Dom. Clementi Papae IV et eju$
successoribus canonice intrantibusy et predictae EccU'
siae Romanae faeere f ac in manibus vestris^ nee, e^.
nomine, ipsius Domini Clementis Papae , et hujusmodi
ejus successorum , ac predictae Romanae Ecclesiae , et
per nos eidem Dom, Papae ^ ejus successoribus ac Ro-
manae Ecclesiae ligium homagium facimus prò fiegfio
Siciliae^ ac tota Terra, quae est oitra Pharum^ usque
ad confinia Terrarum y excepta Civitate Reneventana >
cum toto territorio , et omnibus districtibus , et perti*
nefktiis suis , nobis , et haeredibus nosfris a predicta
Ecclesia Romana concessisi ec.
Donò ancora questo Principe in ricom pensa, e me-
moria di quest' atto al > Capitolò di S. Pietro e suoi
Canonici in perpetuo le rendite e proventi della Ba*
gliva della città d'Aitona, e T altre rendite, che la Ca*
{fi) Tutin. de'Conte8taJ>ilt, p. 8k ^
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9X2 STORIA CIVILE
mera regìa esigeira sopra dì quella sita negli Abruzzi,
cpjme per una carta delP Archivio regio rapporta il
Tutino (à), e di più ogni anno in perpetao 5o once
d'oro sopra la Dogana di Napoli (h).
Il Sommario della Bolla di quest'investitura co' Ca-
pitoli di bopra esposti yien rapportata dal Summontc,
e parte della medesima vien anche rapportata da Bal-
do (e) ne' suoi Comentarj al nostro Codice. E questa
è la prima scrittura , nella quale questi due Regni
yengon la prima volta chiamati di Sicilia citta et ul-
tra P&zriiin ^ leggendosi quivi : Clcmens /F" infeuiavit
Regnum Siciliae citra , et ultra Pharum, E da qui in
progresso di tempo ebbe origine l'altro moderno tito-
lo: Rex utriusque Siciliae, Non già che Carlo l'usasse
mai ne' suoi diplomi e privileg); poiché ritenne sem-
pre gli antichi titoli, de' quali s'erano valsi i Re Nor-
manni e Svevi, siccome si è osservato nella riferita
scrittura del ligio omaggio, ed in molte altre fatte nei
seguenti tempi osservarsi il medesimo fa vedere Ago-
stino Inveges ne' suoi Annali di Palermo.
Il Biondo , Platina, ed alcuni altri affermano, ohe
ora C^rlo ricevesse anche il titolo e la corona di Re
di. Gerusalemme; ma sono di gran lunga errati, poi-
ché questo titolo ancora non era stato tolto a Cor-
radino, che per Jole madre di Corrado suo padre il
riteneva, e '1 Papa non glie lo contrastò mai. Per-
venne poscia a Carlo dopo la morte di Corradino
neir anno 1376 per cessione eli Maria d'Antiochia-;
onde avvenne, che ne' suoi privilegj si Jeggono per
{a) Tutini de' Contestabili , fol. 79 ex Rcg. Caroli II 1297.
A. fol. i52. (b) Tom. i. M. S. Giurisd. apud Chioccar, (e)
Buld. in 1. cum anliquioribus, C. de Jur. deliber.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XIX. gap: II. 93
qaesta cagione in maggior numero gli anni di Sicilia,
che quelli di Gerusalemme (a)^
Terminate le feste della coronazione, il Re Carlo
«enzia perder teÌ9po si pose in cammino con le sue
i;enti . contro Manfredi, e per la Campagna di Roma
8 avviò verso S. Germano. Il Papa non cessava dì
«ollecitarlo, e per agevolar T'impresa mandò in Si-
cilia il Cardinal Rodolfo Yescovo- d'Albano, acciò ero-
cesignasse i Siciliani , e sollevasse que' popoli contro
Manfredi. Altra Crociata avea già pubblicata in Iti-
lia , dove per la fortuna e felicità di Carlo la parta
Guelfa era notabilmente cresciuta di seguito, ed al-
1 iucontfo i Ghibellini tutti depressi.
CAPITOLO IIL
Be Mahprepi riceve con intrepidezza e valore il ne-
mico: ferocemente si viene a hattagliay nella quale j
tradito da' suoi^ rimane in/elicemento ucciso. .
U air altra parte il Re Manfredi non tralàsciara
con intrepidezza e valore accorrere in tutte le parti
per prepararsi ad una valida difesa. Dolevasi dell' av-
versa sua fortuna, e fremeva insieme e stupiva in veg-
gendo il suo nemico non solo aver con tanta felicità
tu poche navi valicato il mare e sfuggito rincontro
delle sue galee , ma con giubilo e feste essere stato
ricevuto in Roma e, istrutto il suo esercito, essere
già ne'<ìonfini del Regno. Stupiva ne' medesimi suoi
(a) luveges to. 3. Annal. di Pakrm.
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^4 STORIA CIVILE
sudditi redere tanta incostanxa e volubilità (a), seno-
brandogU, che tutti chiamaascro Carlo, e già per ogni
angolo non s'udifa altro, che il suo nome e quello
jde' Franzesi. Non traiasctaTa intanto il mal aYTcntu-
roso Principe inanimirgli ed incoraggiargli alla dife-
aa; ed a tal fine •convocò in Napoli una general As-
lemblea di tutti i Conti e Baroni, richiedendogli del
loro ajuto (b): scorreva egli ora a Gapua, ora a Gep»
perano , ora a Benevento , e commise la custodia dei
passi a due, de* quali dovca promettersi ogni accor*
tazza e fedeltà: al Conte di Caserta suo cognato, ed
al CoQte Giordano Lancia suo parente. Presidiò Sati
Germano, ed ivi pose gran parte de* suoi Cav^ieri te-
deschi e pugliesi, e tutti i Saraceni di Lucerà; ed in-
tanto va in Penevento per tenere in fede quella città
e per accorrere da quivi a* bisogni del suo esercito ;
ed indi passa a Gapua.
Ma tutte queste cauzioni niente giovarono a que-
st* infelice Principe; poiché essendo Carlo giunto al»
r altra riva del Garigliano, presso a Gepperano, il Con-
te Caserta eh* era alla guardia di quel passo, con al-
cune scuse si ritirò indietro , e lasciò che passasse
il fiume senz' alcuno ostacolo: il Conte Giordano stu*
pisce del tradimento, e torna indietro per la via di,
Gapua a trovar Manfiredi. Cosi, come deplora TAno-
nimo, ad malum destinatus Manfredus^ qui apud Ce-
peranuin gentis suae resistentiam ordinare dehebatj pas-
3US Regni vacuoSj et sine custodiae munitione reliquit^
ut liber ad Begnum aditus patedt inimicis. -Ecco co-
ne Carlo col suo vittorioso esercito entra nel Reame,
(a) Anonym. Qui semper de instabilitate , ^t voto contra-
rrlo illoruin de Regno merito dubitabat. {b} Anonym.
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DEL REGNO DI NAPcJlI L.XIX. GAP. III. 96
e come tutti i luoghi aderti se gli rendono, tosto pren-
dendo Aquino e la Rocca d'Arci.
Il Re Manfredi avendo inteso, cbe Re Carlo avea
passato il fiume senz* alcun contrasto, inorridisce al
tradimento, ed avendo subito^ unite le sue genti col-
r esercito, cbe teneva il Conte Giordano, cominciò a
temere non gli altri Baroni facessero il medesimo; ed
avendo già per sospetta la fede de' Regnicoli , tentò
di volersi render Carlo amico e di trattar con lui di
pace; mandò per tanto i suoi Ambasciadori al mede-
simo a cercargli pace o almeno tregua. Ma il Re Carlo,
.che vedeva la fortuna volar dal suo canto, non volle
perdere sì buone occasioni, onde agli Ambasciadori,
nel suo linguaggio franzese, diede questa altiera, e ri-
gida risposta: Dite al Soldan di Lucerna , che io con
lui non voglio y né pacCj né tregua , e che presto y- o io
manderò lui ali Inferno y od egli manderà me in Pa*
radiso (a). Avea Carlo, per inanimire i suoi soldati,
lor persuaso, che egli militava per la fede cattolica
contro Manfredi scomunicato, eretico, e Saraceno:
eh' essi erano soldati di Cristo, e che in qualunque
evento, si sarebbero esposti ad una certa vittoria, o
d' esser coronati colla corona del martirio morendo;
o debellando V inimico con corona trionfale d^ alloro,
e renduti gloriosi ed immortali per tutti i*secoli (&).
Ricevuta Manfredi questa risposta, fu tutto rivolto
all*^ armi, ed avendo riposta tutta la sua speranza nel
gagliardo presidio , che avea lasciato in S. Germano,
credea, che Re Carlo non avesse da procedere più ol-
tre, per non lasciarsi dietro le spalle una banda cosi
grossa di soldati nemici, e che per lo sito forte di
{a) Costanzo Ub. i. {b) AsonjnK
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96 STORll CIVILE
S. Germano, si sarebbe trattenuto tanto, che o Fesef''
cito franzese fosse dissoluto, per trovarsi nel mese di
gennajo in que' luoghi palustri e guazzosi; o che a lui
arrivassero gagliardi soccorsi di Barberia , dove avea
mandato ad assoldare gran numero di Saraceni; o di
Ghibellini di Toscana e di Lombardia. Ma ecco ì
giudi cii umani come tosto vengono dissipati dagli alti
giudioii divini; poiché coatra la natura delle stagioni
i giorni erano tepidi e sereni, come sogliono essere i
più belli giorni di primavera; e quelli, ch'erano ri-
masi al presidio di S. Germano, non mostrarono quel
valore nel difenderlo , eh* egli s* avea promesso ; per*
che in brevi dì , per la virtù de' Cavalieri franzesì ,
dato r assalto alla terra, con tutto che i Saraceni va-
lorosamente si difendessero, fu nondimeno quella presa
t gran parte del. presidio uccisa.
Come Manfredi intese la perdita di S. Germano,
ritornando di 14 la gente sconfitta, sbigotti: e mandata
molta gente a presidiar Gapua^ egli consigliato dal
Conte Gualvano Lancia, e dagli altri suoi fidati Ba*
Toni, si ritirò nella città di Benevento, per aver l'e-
lezione, o di dar battaglia alF inimico quando volea,
ovvero di ritirarsi in Puglia se bisognasse. Il Re Carlo
intendendo la ritirata di Manfredi in Benevento, si
pose a seguitarlo, e giunse a punto il sesto dì di feb-
braio alla campagna di Benevento, e s'accampò due
miglia lontano dalla città, e manco d^un. miglio dal
campo de* nemici. Allora Manfredi col consiglio del
principali del suo campo deliberò dar la battaglia,
giudicando, che la stanchezza de' soldati di Carlo po-
tesse promettergli certa vittoria. Dall'altra parte Re
Carlo spinto dall' ardire suo proprio, e da quello, che
^U dava la fortuna, la qual pareva, che a tutte Tim-
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DEL REGNO DI NÀPOLI L.XIX. GAP. III. ^j
prese sue io favorisse, posto in ordine i saoi, ancor-
ché stanchi, uscì ad attaccare il fatto d'arme, onde
ai cominciò quella memoranda, e fiera battaglia, 1%
quale non è del nostro istituto descriverla a minuto^
potendosi con tutte le sue circostante leggere nell'A-
nonimo, nel Summonte, Inveges, Tutini; e press»
molti altri Istorici, che la rapportano.
L'infelice Manfredi mentre la pugna tutta arde, ed
egli la mira da un rilevato colle, vede due schiere del
suo esercito^ ch'erano mal menate da' nemici, e vo-
lendo movere la terza, ch'era sotto la sua guida, tutta
di Pugliesi, grida a' Capitani suoi, che tosto ivi ac-
corressero alla difesa, s'avvede che molti de' nostri
Regnicoli corrotti da Carlo, seguivano il suo partito ^
e con infame tradimento non ubbidivano» ma s'aste-
nevano di combattere, quando il bisogno più lo ri-
chiedeva {*). AUora Manfredi con animo grande ed
invitto, deliberando di voler più tosto morire, che so-
pravvivere a tanti valorosi suoi Campioni,, che vedea
in «[uella strage morire; cala egli al campo, ed ore
la pugna più arde si mischia nella più folta schiera
de' suoi nemici, e tra loro combattendo, da colpi di
sconosciuto braccio , perchè ninno potesse darsi il
vanto di sua morte, restò infelicemente in terra estinto^
e sconosciuto tra innumerabile folla di cadaveri estinti,
tre di , prima che fosse ravvisato, miseramente giacque.
(*) Anonym. Mandat caeteris Capitanis et Praepositis sui
cxercitus, quod illico descendant ad pugnam: s«d cutn non-
nulli de Regno, qui quosdam falsos Comites, cum quibua
Rex Carolus sub colorato patrimonialis successionis titulo spo->
Ha Regni diviserat, sequebantur, nollent bellumingredi^ sed
proditorie abstitìssent , Masiredus cUm suis miiitibus «iori pa-
lins eligens, etQ.
7
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98 STORIA CIVILE
Cosi infamen)ente da'saoi tradito morì Manfredi (a).
Il cui tradimento non potè Dante ( aicoome V Anoni-
pio) non imputarlo «nostri Regnicoli, chiamati allora
comunemente Pugliesi, quando nel suo Poema (b) com-
memorando questa rotta, cqU' altra data a Gorradino,
disse:
E r altra, il cui ossame ancor s^ accoglie
A Ceperan là dove Ju bugiardo
Ciascun Pugliese \ e là da Tagliacozze^
Ove senz^ arme vinse il vecchio Alardo,
Ecco r infelice fine di questo invitto e valororo Eroe,
Principe ( se ne togli la soverchia ambizion di regnare
e non avesse avuto V odio di più romani Pontefici ,
che lo dipinsero al Mondo per crudele, barbaro e senza
religione ) da paragonarsi a' più famosi Capitani dei
secoli vetusti. Ei magnanimo, forte, liberale ed amanto
della giustizia, tenne i suoi Reami in istato florido
ed abbondante. Violò solamente le leggi per cagìon di
regnare, in tutte le altre cose serbò pietà e giustizia.
Egli dotto in filosofia^ e nelle matematiche fu esper-
tissimo , non pur amante de' Letterati, ma egli ancora
Utteratissimo, e narrasi aver composto un trattato della
caccia^ a questi tempi da' Principi esercitata « ed in
sommo pregio, e diletto avuta. Biondo era, e bello
di persona e di gentile aspetto , affabilissimo con
tutti, sempre allegro e ridante, e di mirabile ed ameno
ingegno; tanto che non son mancati (e) chi con ragione
rabbia per la sua liberalità, avvenenza e cortesia ,
paragonato a Tito figliuolo di Vespasiano, reputato
la delizia del genere umano. Della sua magnificenza
(a) Anonym. Proh dolor.' a suis sic proditus, etc. (^) Dante
nelDnfer. canto 28, (r) Riccobaldo presso il Sumiuonte.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. III. 99
sono a noi rmiasti ben ehiari vestigi» il Porto di Sa*
Icrno, e la famosa città di Manfredonia in Puglia ,
che dal suo ritiene ancor ora il nome. E se i conti*
Bui travagli sofferti per difendere il Regno dalle inva-
sioni di quattro romani Pontefici, gli avessero dato
campo di poter più attendere alle cose della paoe, di
più magnifiche sue opere^ e di altri più nobili istituti
avrebbe egli fornito questo Reame.
Intanto T esercito di Carlo avendo interamente di*
afatto quello dell infelice Manfredi , inultrossi nei Re-
gno, ed in passando , non vi fu crudeltà e strage^ cbe
i Franzesi non usassero ; Benevento andò a sacco ed
a ruba, né fu perdonato a sesso, né ad età. Que* Ba-
roni, che nella pugna non restarono estinti, parte fug-
gendo scamparono la morte , e parte inseguiti da quéi
di Carlo furono fatti prigionieri: alcuni ne furono man-
dati prigioni in Provenza, ove gli fece morire d'aspra
e erudel morte: alcuni altri Baroni tedcsobi e pugliesi
ritenne prigióni in diversi luoghi del Regno; ed a
preghiere di Bartolommeo Pignatelli Arcivescovo di.
Cosenza, e poi di Messina, diede libertà a' Conti Guai-
vano , e Federico fratelli, ed a Corrado, ed a Marino
Capece di Napoli cari fratelli (a).
Erano intanto scorsi tre giorni , e di Manfredi non
s' avea novella alcuna , tanto che si credea avesse colla
fuga scampata la morte ; ma fatto far da Carlo esat-
tissima diligenza nel campo tra' corpi morti fu final-
mente a' 38 di febbraio giorno di domenica^ ravvisato
il suo cadavere (J); e condotto avanti il Re, lo fece
(a) Anonym. Quibus ad preces B. de Pignalellis Ardile-,
plscopi Messanensis vitae veiiiana post eventum pràefatae de-
liberatlonis indulserat. (b) Epist. Caroli ad Clem. IV. che si
legge presso Tulini de' Coutest. del Rcg. ipag. 96.
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roé STORIA. CIVILE
Carlo osservare da Riccardo Conte di Caserta, e dal
Conte Giordano Lancia , e da altri Baroni prigionieri
de' quali alcuni timidamente rispondendo, quando fa
esposto agli occhi di Giordano, questi tosto che !•
riconobbe , dandosi colle mani al volto, e gridando al-
tamente, e piangendo se gli gittò addosso baciandolo^
e dicendo: Oimè^ Signor mio^ cV è ijuel che io veg*
gioì Signor buono y Signor savio j chi ^ ti ha così cru->
delmente toUo di vita! Vaso di filosofia^ ornamento
della milizia^ gloria de^ Rcgi^ perchè mi è negato un
coltello y cK io mi potessi uccidere per accompagnarti
alla morte , come ti sono nelle miserie (a); e così pian-
gendo non se gli potea distaccare d'addosso, commen-
dando que' Signori franzesi molto cotanta sua fedeltà
ed amore verso il morto Principe. E richiesto Carlos
da' Franzesi stessi impietositi del caso estremo, che lo
facesse onorar almeno degli ultimi ufiicj ^ con fargli
dar sepoltura in luogo sacro, si oppose il Legato Ap-
postolico , dicendo che ciò non conveniva, essendo
morto in contumacia di Santa Chiesa; onde Carlo loro
rispose, ch'egli lo farebbe molto volontieri, se noa
fosse morto scomunicato. Ferlaqualcosa fu il suo ca-
davere seppellito in una fossa presso il Ponte di Bene-*
vento, ove ogni soldato ( affinchè almeno in cotal guisa
fosse noto a' posteri il luogo del suo sepolcro, e Tossa
non fossero sparse, ma ivi custodite) vi buttò una pie-
tra , ergendovisi perciò in quel luogo un picciol monto
di sassi.
Ma r Arcivescovo di Cosenza fiero inimico di Man-
fredi, cui non bastò la morte per estinguere il suo
implacabil odio, ad alta voce gridando cominciò a di*
(a) InvegeS Annal. di Pater. U 3.
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DEL REGNaDI NAPOLI L.XIX. CAP.IÌL toi
re, che se lene non fosse stato Manfredi sepolto in
luogo sacro, era però stato il suo cadavero posto presso
m Benevento, in terreno ch'era della romana Chiesa;
che dovea quel cane morto levarsi da quel luogo, p
portarsi fuori del Regno, e le ossa buttarsi al vento;
del di cui zelo cotanto si compiacque Papa Clemente,
che furono V ossa dissotterrate ed a lume spento fu-
rono trasportate in riva del fiume Verde^ oggi appel-
lato Marino (a), ed esposte alla pioggia, ed al vento,
tanto che gli abitatori di que' luoghi non poteron mai
di quelle trovar segno, o memoria alcuna (6). Dante
come Ghibellino, avendo compatimento d' un così mi-
serabil caso, finge Manfredi penitente, e lo ripone
perciò non già neir Inferno, ma nel Purgatorio, e cosi
gli fa dire: (e).
5071 Manfredi
Nipote di Costanza Imperatrice:
Ond* io ti priego^ che quando tu riediy
Vadi a mia hella figlia^' genitrice
JDelV onor di Cicilia e d Aragona^
E dichi a lei il ver^ s* altro si dice.
Poscia cV i ehli rotta la persona
Di due punte mortali j i mi rendei y
Piangendo^ a quei che volentier perdona,
{a) Boccaccio : Yirldìs fluvìus a Picaenatìbus dividens Aprii*
tìnos, et io Truentum cadens, mìrabtlis, eo quod ejus in
ripam, quae ad Pìcaenates versa est^ jussu Clementis Ponti-
ficis Summi , ossa Manfredi Regis Siciliae , quae secus Caio-
rem Benaventi fluvium sepulta erant, absque ullo funebri
ofQcio dejecta fuerunt a Consentine Praesule , eo quod Fide-
lium communì one privatus occubuerit. (h) Alessand. Andrea
nella Guerra di Paolo lY ragion, a. (e) Dante Canto 3 del
Purgatorio.
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102 STORIA CIVILE
Orrìhil furon lì peccati miei:
Ma la bontà infinita ha sì gran braccia
Che prende ciò^ che si rivolve a lei.
Se 7 Postar di Cosenza , cK alla caccia
Di me fu messo per Clemente allora ,
Avesse in Dio ben letta questa faccia^
V ossa del corpo mio sariéno ancora
In co del Ponte presso a Benevento
Sotto la guardia de la grave mora:
Or le bagna la pioggia j e move 7 vento
Di fuor dal Regno quasi lungo 7 Verde:
Ove le trasmutò a lume spento.
Per lor maladizion sì non si perde^
Che non. possa tornar T etemo amore,
Mentre che la speranza ha fior del verde.
CAPITOLO IV.
Re Carlo entrato nel Regno comincia a reggerlo con
crudeltà e rigori; onde il suo governo è abborrito^
e gli animi si rivoltano^ ed invitano alla conquista
Corradino.
sparsasi intanto la fama della rotta delF esercito di
Manfredi, e la sua morte, non fu?vi città così del-
l' uno, come dell' altro Reame, che non alzasse le ban-
diere de'Franzesi.
(Le Lettere del Re Carlo scritte a Clemente, per
le rquali gli dà avviso di questa vittoria, sono rappor-
tate, oltre il Summonte, da Lunig (a)).
{a) Cod. Ita!. Diploin. tom, a paj^. 970.
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BEL REGNODINAPOLIL.XlX.CAP.lv. to3
Tutti gridayano il nome di Carlo, e promettendosi
nel nuovo dominio franchigia e dovizia grande, cre«
devano doVer vivere sotto i Franzesi non solo liberi
da straordinarie tasse, ma d'essere ancora liberati dai
pagamenti ordinari. Non era città, ove Carlo condu*
cevasi, che non fosse ricevuto con segni d' estrema al-
legrezza, e giubilo. Tosto da Benevento parte, e viene
in Napoli, e non ancor c[|iivi giunto, che i Napoletani
mandarono a presentargli le chiavi della loro città.
Entrò in quella con la Regina Beatrice stia moglie ^
con gran pompa e fasto, accompagnato da tutti i No-
bili della città, che'l gridarono loro Re, e dall* Arci-
vescovo di Cosenza assistito ^ si portò nel Duomo di
8. Restituta a render grazie al Signore di così segna-
lata vittoria. Creò da poi Principe di Salerno Carlo
suo figliuol primogenito il quale uscito da Napoli ca*
valcò per tutto 1 Reame per affezionarsi i nuovi vas-
salli: e con non interrotto corso di felicità tutte le cose
succedono ai loro desiderii. Le reliquie del rotto eser«
cito erano ritirate in Lucerà, dove anche erasi sal-
vata la Reina Elena moglie di Manfredi con Man*
firedino suo picciolo figliuolo, ed una figliuola (a). Re
Carlo tosto mandò ivi Filippo di Monforte con la '
maggior parte dell' esercito ad assediarla, ma difen-
dendosi i Saraceni, ch'erano dentro, valorosamente^
bisognò abbandonar l'impresa, lasciaodola però stret-
tamente assediata, la qual città insieme colla. Regina
el figliuolo non si rese, se non dopo la rotta data a
Gorradino, come diremo.
I Siciliani ancora, intesa la morte di Manfredi, su-
bito alzarono le bandiere Franzesi, ed i primi furono
{a) Costanzo lib. i, V. Inveges AnnaL dì Paler. tom« 3.
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fo4 STORIA CIVILF
i Messioesi. Mandò perciò Re Carla Filippo di Mon-
forte in queirÌ8ola, e non passò guarì, che tutta la
ridusse sotto l'ubbidienza di Carlo (a).
Ecco come in un tratto si rese Carlo Signore di
Ambedue questi Reami, con allegria e giubilo de' Po-
poli, che si credeano liberati dal giogo, come diceva-
no, del Re Manfredi e de' Saraceni, e di vivere sotto
il Regno di Carlo franchi d'ogni pagamento, in una
perpetua ricchezza, ed in una tranquilla e quieta
pace.
Ma restarono tosto delusi, poiché i Franzesi scor-
rendo per tutti i luoghi, portavano co' loro transiti
danni e ruine insopportabili agli abitatori (i). Ed il Re
chiamando i Baroni dell'uno e U altro, Regno, che ve-
nissero a servirlo , impose ancora un pagamento straor-
dinario alle terre del Regno contro la ioro.espettazio^
ne e lusinga, falsamente stimando, che non solo non
a' avessero da. veder più soldati, né pagar pesi estraor-
dinarj, ma d'essere ancora liberati dagli ordinar). Ma
il novello Re all'incontro badando unicamente ad ar-
ricchire per questi mezzi il suo Erario, chiamò a que-
sto fine tutti i Tesorieri e Camerari del Regno, e
volle da quelli essere minutamente informato de' pro-
venti del Regno, degli Uffiicj, delle giurisdizioni, e di
tutte altre sue ragioni del Regno; e po^iché era stato
informato, che un di Barletta nomato Giezolino della
Marra era di queste cose instruttissimo, e che per tal
cagione da Manfredi era stato adoperato in simili af-
fari, valendosi della di lui opera per le nuove impo^
sizioni d' angarìe , t^Ue e contribuzioni; fecola a se
(a) Anonyin. Mittit in Siciliam Dominum Philìppum de
llonforte. {b) Anonym.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX.CAP.IV. loff
yenire» il quale per applaudir all'avidità sua ed acqui*
atarsi perciò merito presso il novello Principe, por-
togli non solo tutti i Registri, ove erano notati i pro-
venti degli Ufficj, delle giurisdizioni i, e delle altre ra-
gioni regie; ma lanche i registri, o v'erano rubrìcate
tutte le estraordinarle imposiaioni d'angarìe, paranga-
rìe, collette, taglie^, donativi, e. .contribuzioni, colle quali
sovente erano stati oppressi i miseri Regnicoli (a). Fu-
ron tali le insinuazioni, ed i consigli di Giezolino,
che Carlo per porgli più speditamente in opera levò
tutti gli Ufficiali, che prima erano nelle province, e
creò nuovi Giustizieri, Ammirati (&), Protonotari, Por-
tolani^ Doganieri, Fondachieri, Secreti i, Mastri Giu-
rati, Mastri Scolari, Raglivi, Giudici e Notari per
tutto il Regno, a' quali prepose altri Ufficiali maggiori
che sopra di loro invigilassero. Questi esercitando lo
loro commissioni con inudita acerbità e rigore, gra-
varono di peso insopportabile i Popoli, scorticandogli
e cavando loro il sangue e le midolle (e).
Ecco ora mutati i giubili in continui lamenti, gè-*
mono sotto il grave giogo i Regnicoli, e tosto mutano
volere, e desiderano già, e sospirano Manfredi. In
ogni angolo si sentono lagrìmevoli querele: 0 Rea:^
Manfrede ( con amaro pianto dicevano ) tt met non
{a) Di questi Registri fassi anche memoria in una carta
rapportata dal Summonte. (b) Anonym. Legem ponit Regni-
colis , novosque Secretarios , Justitiarios , Àdroìratos , Proto-
notarìos, Fortulanos, Dohanerios, et Fundìgario^ , Magistroa
Scholariorum , et Magistros Juratos, Bajulos, Judices, et No-
tarìos ubiqae per rcgnum^ et super hos majores Praeposìtos
statuit (e) Anonym. Subjectos gravant indebite, ac eis iin-
portabilia onera imponente» exigenda plu$ debito, cruorem
al^cìunt, ac meduUas.
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io6 STORIA CIVILE
cognovimuSj tjuem nunc et ter etiam deploramus. Te
lupum credehamus rapacem inter opes pascuae huùis
Regni j secuti spem praesentis domimi ^ quod de mobi-
litatis, et inconstantiae more sub magnorum profusione
gauJiorum anxie morabamur, agnum mansuetum te
jam fuisse cognoscimuSy duìcia tuae potestatis mandata
tentimuSy dum alterius^ et majora gustamus. Conque*
rebamur frequentius nostram partem^ partem in do-
mimi tuae Majestatis adduci^ nunc autem omnia bona^
quod prius est^ et personas aliejiigenarum convertere
debemus in praedam (a).
I. Invito di GoRRÀDiHO in ltalia\ e mal successo
della sua. spedizione.
Da' lamenti si venne alle mormorazioni, e finalmente
alla risoluzione di chiamar Corradino da Alemagna
per discacciare i Franzesi. Molti Baroni eosi di que-
sto Reame^ come di quello di Sicilia, s' accingono al-
l'impresa, e istigano ancora, oltre i fugativi ed i ra-
minghi, tutti i Ghibellini di Lombardia, e di Toscana
a far il medesimo, acquali, per maggiormente stimolar-
«gli, espongono T insopportabile dominio de' Franzesi (i).
Qne'che sopra gli altri si distinsero in questa niossa»
furono i Conti Gualyano, e Federico Lancia fratelli^
e Corrado, e Marino Capeci: costoro si portarono in
Alemagna a sollecitar Corradino (e) unico rampollo di
tutta la posterità di Federico. Mandarono ancora, per>
quest' istesso fine, molte città imperiali i loro Amba-
(a) Anonym. (b) Ànoo jm. Uniyersts in Lombardia cft Tu^
scia Gibellinorum capitibus intimare procurant de aspero, eC
angusto, ac importabili dominio Gallorum. (e) Aaonym*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.IV. 107
sciadori, i Pisani, \ Sanesi, ei altri Ghibellini, e con
le promesse ed esibizioni, portarono ancora molto de-
naro per agevolar la venuta.
Era Corradino giovanetto di qaindiòi anni: perciò
sua madre Elisabetta di Baviera troppo amandolo te»
mea esporlo a tanti pericoli per una impresa reputata
malagevole; ma Corradino spinto da generoso cuore
ruppe ogni indugio, ed abbracciò T invito, stimolato
ancora dal Duca d'Austria ancor egli giovanetto, che
s'offerse venir ancora in sua compagnia a riporlo nei
paterni Regni; e Corrado Capece tosto da Alemagna
ne diede avviso in Sicilia.
S'accinse intanto Corradino al viaggio, e nel prin*
cipio deirin?erno di quest'anno 1267 partì da Ale-
magna conducendo seco il Duca d'Austria, ed un
esercito di diecimila uomini a cavallo, « ptr la via
di Trento nel mese di febbraio giunse a Verona; ove
convocò tutti i Principi della parte Ghibellina, che
l'aveano sollecitato a venire; e presa risoluzione, che
dovessero passare per la via di Toscana, si onosse da
Verona, ed inviando la maggior parte dell' esèrcito per
la via di Lunigiana, egli col resto tolse lar via di Ge-
nova, ed in pochi di giunse a Savona, dove ritrovò
l'armata de' Pisani^ nella quale s'imbarcò ed andò a
Pisa. I Pisani T accolsero con molto onore ed amore»
volezza, lo prò videro di denari, e gli mostrarono l'ar*-
mata, che volevan mandare a sollevare le terre marit<>
time d'ambedue i Reami.
Giunto per tanto Corradino a Pisa insieme con
molti Principi d* Alemagna, e ^on Corrado Capece
di Napoli, costui cercò a' Pisani che gli dassero navi
per poter tragittare i n Tunisi a sollecitare il soccorso
de' Saraceni. Erano in Tunisi agli stipendj di quel Re,
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io8 STORIA CIVILE
Federico, ed Errico dì Gastiglia {a)\ i quali lividamente
invidiando la grandezza' e] prosperità del Re di Gas-
tiglia. lor fratello, si tirarono sopra T indignazione del
medesimo, onde cacciati di Spagna militavano in Tu-
nisi sotto gli stipendj di quel Re. E per la continua
conversazione, che tenevano co' Saraceni, eransi quasi
dimenticati della religione cristiana, e ne' costumi poco
differivano da' Saraceni medesimi (h), Federieo era in
Tunisi quando vi giunse Corrado , dal quale informa-
to delle cose di Corradino, l'indusse a prendere la
difesa , e proccurare presso quel Re valido soccorso.
Ma Errico per la sua naturai superbia ed ambizione,
entrato in sospettò del Re di Tunisi, era passato a
trovar Carlo in Italia, e poi con finzioni ed astuzie
si mise a tentare nella Corte di Roma i suoi avanza-
menti ; per la qualità de' suoi nataU fu ricevuto onore-
volmente da que' Ministri, e pose in trattato la j)re-
tensione , che promevea del Regno di Sardegna. Giunto
a Roma, colle sue arti e macchinazioni, seppe far tan-
to, che ancorché non vi concorresse buona parte di
que' Nobili romani, e de' Cardinali , si fece eleggere
Senatore di quella città (e). Fu prima amico di Carlo ,
che gli era cugino , da cui sperava col favor suo qual-
che Stato in Italia ; ma vedendolo troppo ingordo di
Signorie, e che voleva ogni cosa per se, cominciò ad
odiarlo e ad invidiar la sua grandezza e cercar oppor-
tunità di minarlo. Altamente ancora si dolea di lui ,
che avendolo soccorso di molti denari quando era in
(a) Anon jm. (b) Auonym. Hi sane fratres Hìspanì prò Sa-
racenorum conversatìoiie diutina a elibus Agarenorum imbuti,
et fere Christianae religionis obliti, a Saraceuìs ipsis vita pa-
rum et moribus difFerebaiit. (e) Aounym.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.IV, 109
Lassa fortuna e quando calò in Italia contro Manfredi ,
da poi salito in tanta grandezza e con tante dovizie ,
che con facilità potea restituirglieli , non volea in conto
alcuno renderglieli. Avendo adunque avuta novella
dell'invito fatto a Corradlno in Italia, credette aver
nelle mani opportuna occasione di vendicarsi di Carlo ,
ed insieme collegandosi con Corradino , si pose in is-
. peranza d* ottener da lui quello che non avea potuto
ottener da Carlo ; mandò perciò più lettere e messi a
Corradino, affinchè si sollecitasse a venire, perchè
egli avrebbegli facilitata l'impresa, desiderando il suo
arrivo più che tutti i Regnicoli, Roma e tutta T Ita-
lia, e sperava con certezza discacciarne i Franzeai.
Intanto Corradino sollecitato per queste lettere d'Er-
rico, era, come si è detto, calato in Pisa^ e per mag-
giormente istigare i Popoli d'Italia, e del Reame di
Puglia e di Sicilia, fece spargere da per tutto più
esemplari di un suo Manifesto (a) , ove querelandosi
acerbamente di quattro romani Pontefici , e di due
Re^ Manfredi e Carlo, invita i suoi devoti a dar ma*
no air espulsione de'^Franzesi da' suoi R^ami di Pu'
glia e di Sicilia.
Non si può credere che grandi movimenti fece in
Sicilia, Puglia e Calabria questa Scrittura: tutti gri-
davano il nome di Corradino; ed a questi stimoli si
aggiunse un fatto d' arme accaduto al Ponte a Tallo
vicino Arezzo; [poiché proccurando Guglielmo Sten-
dardo e Guglielmo di Risolve, Capitanigli moka sti-
ma del Re Carlo, impedire il passaggio all' esercito
di Corradino, furono rotti, ed appena Guglielmo Sten**
{a) Questo Manifesto si legge presso Inveges Anna!, di Palef.
tom. 3 e Lunig Cod. Ital. Piplona. Tom. a pag. 958.
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no STORIA CIVILE
dardo si sdhò con 900 kace, ed il Biselve restò pri-
gione con alcuni pochi Gayalieri fraosesi , eh' erano
rimasti vivi. >
La novelU dì questa rotta sparsa dalla £ama per
tutto il Regiio di Puglia e' di Sicilia , ed ingrandita
assai pia dql vero, trovando gli animi già disposti,
sollevò quasi tutte le province; ed i Saraceni, ch'e-
rano soliti sotto rimperador Federico, e He Manfredi
d' esser stipendiati , rispettati ed esaltati con dignità
civili e QÙl^tari, e non poteano soffrire di stare in
tanto bassa fortuna sotto l' imperio del Re Carlo, preso
yigore, fecero sollevar Lucerà, la quale inalberò tosto
le bandie^ di Corradino. Seguirono il di lui esem-
pio quasi^ tutte T altre città di Puglia, di Terra d'O-
tranto, di Capitanata e di Basilicata, edera veramente
cosa da stupire, vedere tanta volubilità, e leggerezza
in que' medesimi Popoli, i quali poc' anzi ardentemente
desideravano la venuta di Carlo co' suoi Franzesi, ed
ora averne cotanto abborrimento, invocando incessan-
temente il nome di Corradino; dal che, e da' molti al-
tri esempi passati, e da quelli che si leggeranno, ne
nacque, cosi presso gli antichi Storici, che moderni,
quell' opinione de' nostri Regnicoli, d' essere i più vo-
lubili ed incostanti, e che sovente, tosto infastiditi di
un, dominio, desiderarne un nuovo. Taccia, la quale
nemmeno Scipione Ammirato (a) ne' suoi ELitratti, osò
di negarla a' nostri Regnicoli; e della quale mal seppe
difendergli Tommaso Costa in quella sua infelice Apo-
logia del Regno di Napoli,
Re Carlo stupiva pure di tanta volubilità, non men
de' Regnicoli, che della sua fortuna; e posto in gran
{a) Ammirato ne' Ritratti , in quello, del Re Carlo I.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. IT, in
pensiero, era tutto inteso di accrescere il suo eserci-
to, per andare ad opporsi a Gorradino, il quale a grandi
{ioraate se ne calava a Roma, ore da Errico di Ga»
stiglia e da' Romani era aspettato, per entrare per la
via d'Abruzzi nel Regno.
Intanto Papa Glemente ch'era a Viterbo, avendo
inteso i progressi di Gorradino in Italia ed i moti del
Regno, per opporsi dal suo canto in ciò che poteva.
Boa avea mancato, tosto che Gorradino giunse in Ye^-
rona ed in Pavia, di scrivere calde e premurose let-
tere a varie città d' Italia inculcando loro, che non
aderissero a Gorradino ; ma scorgendo , che queste let-
tere prodttcevan poco frutto , volle vedere se' per un
altro verso potesse spaventarlo.
( Oltre di queste lettere scrisse pure ne' precedenti
mesi una terribile lettera alF Arcivescovo dì Magonza
perchè dichiarasse pubblicamente scomunicato Gorra*
dino , co' suoi, che affettava invadere il Regno di Si-
cilia, che si legge presso Lunig (a) ).
Gli spedì per tanto in aprile di quest' istesso anno
1267 una terribile citazione, colla qjiale se gli pre»
scriveva certo tempo a dover comparire avanti di lui,
se avesse pretensione alcuna sopra i Reami di Puglia
e di Sicilia, e che non cercasse di farsi egli stesso
giustizia colle armi, ma proponesse sue ragioni avanti
la Sede Appostolica, che glie la avrebbe renduta; al-
trimente non comparendo, avrebbe contro di lui pro-
ferita la sentenza, Gorradino non comparve già, ma
proseguì armato il suo cammino; ed egli nella Gatte-
dral Ghiesa di Viterbo a' a 8 aprile alla presenza di
tutto il Popolo pronunziò la sentenza. Da poi invitò
(a) Cod. Ital. Dìplom. tom. 2 pag. 971.
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Ila STORIA CIVILE
Carlo a venir a Viterbo, dove a' abboccarono insieme^
e la fece Goyernadore di Toscana; e poiché V Impe-
rio d' Occidente vacava, lo creò egli Paciere, ovvero
Vicario Generale dell* Imperio. Air incontro a'ag giu-
gno nella festa degli Appostoli Pietro e Paolo, cos
grande apparato e celebrità scottiunicò pubblicamente
Corradino, e lo dichiarò nemico e rebelle della ro-
mana Chiesa, « decaduto da tutte le sue pretensio-
ni (a). Scrisse ancora a Fr. Guglielmo di Turingia
Domenicano, cbe scomonicasse tutti coloro che non
volessero prestar ubbidienza a Carlo; ed air incontro
ricolmasse di benedizioni ed indulgenze «juelli, che
per lui prendessero Tarme contro Corradiofo. £ dop»
tutto questo, essendosi reso certo, che erasi confede^
rato con D. Errico di Castiglia, lo scomunica di nuo-
vo la seconda volta. Ma Corradino poco curando di
questi fulmini, non s' atterrisce, e fermo nel proponi-
mento bada unicamente ad unir gente, e denaro per
r impresa {b).
Dall'altra parte Corrado Capece, e D. Federico
fratello di Errico , ch'erano ancora a Tunisi , seguendo
le buone disposizioni di quest'impresa, partirono da Tu-
nisi con' 200 Spagnuoli, ed altrettanti Tedeschi , e /\oò
Turchi, che teneva a' suoi stipend) quel Re, e sì
portarono in Sicilia. Corrado giunto a Schiacca , pub-
blicandosi Vicario di Corradino, sparge jettere per
tutta queir Isola , sollevando que' Popoli a ricevere il
loro Re Corradino, che con numeroso esercito veniya.
Le lettere erano dettate in questo tenore: Ecce Rea:
noster cito venie t in celebri ^ ete. e sono rapportate
da Agostino Inyeges. Le quali furono cotanto effica-
(a) luveges AtmaL Paler. tona. 3. {b) Aoonym*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX, CAP.IV. ii3
GÌ, che in brìeve, avvalorate dal coraggio di Gapeoe,
quasi latta la Sicilia alzò le bandiere di Gorradino,
tanto, che Fulcone Vicario in quell'Isola per Re Garlo
restò sorpreso, e volendo colle armi frenar la solle-
vazione , furono le sue truppe rotte , ed egli obbligato
colle sue genti a mettersi in fuga. E qui terminando
V Anonimo la sua Gronaca, si ricorrerà ora al Villani^
ed agli Scrittori non meno diligenti che fedeli rap-
portatori de' successi di questi tempi.
Papa Clemente avendo nel nuovo anno lagS intesa
la rotta di Fulcone in Sicilia , baódì la Crociata , e
scomunicò tutti òoloro, che assalivano ' la Sicilia di qua
e di là dal Faro. A Gjorradino mandò nuovamente suoi
Legati, perchè tosto uscisse d' Italia. Questi non ubbi-
dendo , lo priva del Regno di Gerusalemme j lo dichia-
ra inabile all' Imperio e ad ogni altro Regno. Sco-
munica di nuovo tutti i Popoli, le città e tutte le
terre, che'l favorissero. Fulminò anche scomunica con-
tro D. Errico, e lo priva della dignità Senatoria |
conferendola al Re Garlo per dieci anni.
Ma Gorradino , niente di ciò curandosi, prosiègue
il suo viaggio, e giunto a Roma, fu ricevuto in Cam-
pidoglio dal Senatore Errico e da' Romani con gran
poinpa ed allegrezze a guisa d'imperadore; ed ivi
ragùnata molta gente e denaro^ unito con D. Errico
e colle sue truppe, inteso ancora i moti delle città
e Raroni del Regno, si parti da Roma a' io d'Agosto
.con D. Errico e i suoi Baroni, e con molli Roma-
ni, né volle far la via di Campagna, . sapendo che il
passo di Gepperano era ben guardato, ma prese la
:via delle montagne tra Abruzzo e Campagna, condu-
cendo il suo esercito per luoghi non guardati e fre-
schi, abbondanti di< carni e di strame, e d'acque frer
8
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ii4 STORIA CIVILE
sche, che fu a' Tedeschi impazienti dei catdo di gran-
dissimo risloro, e finalmente nel piano di Ta^^liacozzo
collocò il suo esercito.
11 Re Carlo dalT altra parte, avendo ordinato a Rug«
giero Sanseverino, ohe con buon numero di aliri Ba-
roni suoi partigiani tenessero a freno i sollevati; egli
con tutte le sue forze cavalcò da Capua per andare
ad opporsi a Corradino; ma accadde, che in quelli dì
capitò in Napoli Alardo di S, Valtri^ Barone nobilis-
simo Franzese, che veniva d'Asia, dove con. somma
sua gloria avea per venti anni continui militato con-
tro Infedeli, ed ora già fatto vecchio ritornava in Fran-
cia per morire nella sua patria. Costui non ritrovan-
do il Re in Napoli, andò a ritrovarlo a Capua, dove
èra coir esercito; Re Carlo, quando il vide, si ralle-
grò molto, e subito disegnò di valersi della virtù di
tal uomo e del suo consiglio, e lo pregò che volesse
fermarsi ad ajutarlo in si gran bisogno; e bench' egli
si scusasse, che per la vecchiezza avea lasciato Y e-
scrcizio delle armi, e s' era ritirato ad una vita cri-
stiana, e che non conveniva, x;he avendo spesa la gid-
ventii in combattere con Infedeli, alla vecchiezza a-
vesse da macchiarsi del sangue de' Cristiani; nulladi-
manco avendogli Carlo dato a sentire, che militando
eontro Corradino, pure militava contro gì Infedeli, es-
sendo ribelle del Papa, scomunicato, e fuori della
Chiesa, oltre che il Re di Francia Y avrebbe somma-
mente gradito^ tanto fece, fin che lo strinse a restaro;
e sentendo che Corradino era alloggiato nel piano di
Tagliacozzo, volle che Y esercito di Carlo da lui gui-
dato s'accampasse forse due miglia lontano da quello:
da poi con pochi cavj^li salito in un poggio , e con-
siderato bene il campo de' nemici, s^ avvide Fesercito
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. IV. ii5
suo esser di numero molto inferiore di quello di Gor-
radino, e perciò dover sperarsi più ùella prudenza ed
astuzie militari, che nella forza; ed avendo appiattato
il terzo squadrone dietro ad una valle, fece presentare
la battaglia al nemico^ il quale avidamente la ricevè,
sdegnato dall' ardire dei Franzesi, che con tanto di-
svantaggio di numero venivano a far giornata. Si at-
taccò il fatto d* arme , ed ancor che i Francesi con
due soli squadroni valorosamente sostenessero V im-
peto de' nemici, a luogo andare bisognò che cedes*
aero, facendosi una strage crudele de' Franzesi. Re
Garlo clic con Alardo sopra il Poggio vedea la mina
de^suoi, ardeva di desiderio d'andare a soccorrergli,
ma fu ritenuto da Alardo, e pregato che aspettasse
il fine della vittoria, la quale avea da nascere dalla
rotta de' suoi, siccome avvenne; poiché cominciando i
Franzesi a gettar Tarme, a rendersi prigioni, e gli
altri a fuggire, le genti di Gorradino, credendosi aver
avuta intera vittoria, si dispersero, parte si misero ad
inseguire i fuggitivi, altri attendevano a spogliare i
Franzesi mòrti ed a seguitare i cavalli degli uccìsi,
ed altri ti menare i prigioni* Allora Alardo volto al
Re Carlo, disse: Andiamo^ Sire^ che la vittoria è no^
tra\ e discendendo al piano con lo terso squadrone,
che era rimaso nella YaÙe, diedero con grand' impe-*
to sopra r esercito nemico in varie parti diviso, ed
agevolmente lo posero in rotta, e spinti innanzi, tro-
varono, che Gorradino e '1 Duca d'Austria, e la mag-
gior parte de' Signori eh' «rano con lui, certi della
vittoria, ^'aveano .levati g^i «Imi, e ^stavano oppressi
dalla stanchezza e dal caldo; e non avendo né tempo,
né vigore da riarmarsi, si diedero a fuggire, e nella
fuga ne fu gran parte ucciaa.
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ii6 STORIA CIVILE
Corradino ed il Daca d'Austria , col Coste -Guai-
yano ed il Conte Girardo- da Pisa pigliaron la TÌa
della manna di Roma, con intensione d'imbarcarsi
lày. ed andare a Pisa; e camminando' di giorno e di
notte, vestiti in abito di contadini, arrivarono in Asta-
ra, terra in. quel tempo de' Frangipani nobili Romani:
dove con acerbo lor destino a caso scoverti, furono
da uno di que^ Signori fatti prigioni^ e di là a poco
condotti e consignati a Re Carlo, che ^i mandò pri-
gioni in Napoli, e gradi questo dono, come prezio-
sissimo, donando a quel Signore la Pelosa ed alcun»
altre castella in Valle Reneventana, e volle, che si
fermasse in Napoli: da. cui discesero i Frangipani che
goderono gU onori lungamente del Seggio di Porta-
nova di Napoli.'
, D* Errico di Castiglia, mentre fuggiva, fu incon-
trato dalle genti di Carlo, i quali ruppero le sue trup-
pe, e ne fecero molti prigioni; ed egli si salvò fug-
gendo por beneficio deUa notte. Alcuni narrano, che
si rioovFÒ in Monte Cassino, ove da quell'Abate, che
credette farsi un gran merito col Papa, fu fatto pri-
gione, e fattosi assicurare di risparmiargli la vita, Io
mandò in dono a Papa Clemente, il' quale tosto T in-
viò al Re Carlo , che insieme con gli altri lo fece
condurre prigioniero in Napoli.' Altri dicono, che fug-
gì verso Rieti, e che pure un Abate d* un altro mo-
nastero, dove capitò, fattolo prigione, lo mandò al
Papa.
Soli scamparono dalFira del Re, Corrado Capece, e
Federico frateUo d' Errico;'! quali trovandoin in Sici-
lia ebbero modo d^ imbarcarti sopra alcune galèe dei
Pisani, ed a Pisa ne andarono.
In memoria di. questa rimarchevole vittoria^ per cui»
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DEL REGNO DI NAPOLI L,XIX. CAP.IV. 117
se diam fede al Fazxe^io, fu sparso il sangue di do-
dicimila Tedeschi, £ece Re Carlo edificare una . Badìa
per H Monaci dt S. Benedetto (a), nel luogo-: ore. se-
guì la battaglia col' titolo di S. Mìaria della Vittoria,
dotandola di molte possessioni. Ma per le guerre se*
guanti fu disfatta e disabitata: ed oggi il Papa conr
ferisce il titolo di quella Commenda, la quale è delle
buone del Regno per li frutti delle pbssesaioDi, che
ancora ritiene {by > ■
Non si possono espriniere le crudeli stragi, che fe-
ce Carlo de' ribelli; e de* presi in battaglia dopo, que-
sta vittoria. Alcuni. £eee impiccar per la- gola, altri
furono fatti morire col ferro, e moltistfimi condennati
a perpetuo carcere. Le città delle nostre province', che
alla venuta di Corradino ribellaronsi, furono da' Fraa-
zesi manomesse , portando da per tutto desolazioni,
ruiae ed incendi. Aversa fu disfatta , Potenza , Oor-
neto, e quasi tutti i castelli di Puglia é<di fBasilicata
furono crudelmente distrutti.
Né minori fui^ono. le stragi nelF Isola di Sicilia.
A Corrado d^ Antiochia, ed a molti Signori del partito
di Corradino furono prima cavati gli occhi, e poi fatti
barbaramente impiooarei .Hidu^e,,i, Sioiliaoi in una
quasi 8ch}avitudkie> igrayandògli di nuovi tributi; ed i
Franzesl insolenti, non. perdonavano né r all' onore, ne
alle robbe degli abitatori, onde jiacqucf il pr,incipio del
famoso Vespro Siciliano; poiché. i Siciliani peir uscire
da tanta: servitù diedero pqi .mano ' alla :co];anto celebre
congiura di Giovanni, di Frooiday della quajb parle-
remo più innanzi. ,
(a) De Bottis in addit. ad Capit. de assecurandis bominl-
bus illorum, qui tuibationis tempore G^rradini .a fide regia
defecerunt. {b) Goj»tanzo lih. i.
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,,8 STORIA CIVILE
Debellò ancora i Saraceni , che s' erana fortificati in
Lucerà, ed avendo ridotta quella città sotto la sua
ubbidienza , fece ivi prigioneri Manfredino , e sua madrt
Elena degli Angioli seconda moglie di Manfredi, «he
condotti in carcere nel caste! dell' Uovo di IfapoU,
furono per opera del Re Carlo fatti iyi morire.
Scipione Ammirato ne' suoi Ritratti (a) rapporta, che
ì figlinoli di Manfredi fossero stati tre , e ' che i |or
nomi fossero Errico, Federico ed Ansellino, acquali
infino a tempi del Re Carlo II, essendo tenuti incarce-
rati nel castello di Santa Maria al Monte, si davano
tre tari d'oro per ciascun giorno. Ma altri, fra' quali
è Inveges (b) ^ rifiutano ciò, clie scrive quest'Autore ;
poiché i due figliuoli di Manfredi, ch'ebbe della primA
sua moglie Beatrice di Sa voj a, premorirono al padre,
e sol Manfredino figliuolo della seconda fa. &tto
prigione con la madre, che furono da Carla I fatti
morire in prigione.
§. IL Infeticd morte del Se Cobbadiko,
in cui s^ estinse il legn aggio de' Sve9Ì.
Avendo con tali mezzi di crudeltà Carlo recati questi
Regni sotto la sua ubbidienza , ed usando rigore estre-
mo , avendo ridotti i suoi sudditi in istato di non po-
terlo pili offendere, gli rimaneva solo di deliberare
ciò, che dovesse farsi di Corredino , del Duca d'Au-
stria , e degli altri Signori prigionieri. Ne volle prima
il Re sentirne il parere del Papa, con cui soleva
consultare delle cose più ardue e gravi del Regno.
{a) Ammir. nel ritratto di Cario !• {b) Inveges AimaL di
Pai. tòm. 3.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. IV. 119
Scrìvono Errico Gualdelfier , il Villani, Fazzelio ^
Gollenuccio f ed altri,, che Gienwote alla dosaauda
rispondesse queste brevi parole; Wiia Corradini/mon
Caroli: Mors Corradini y vita Carolis Ijo nicgano il
Gostanzo ^ il Summonte e Rinaldo ; ed il Summontc
s^ appoggia ad una ragion fahisaima, dicendo, che. ciq
non ppteva avvenire, trovandosi già dieci meai prima
morto Clemente, quando Gorradino fu fatto decapita-
re : nientedimeno ciò non ripugna al testimonio di
quegli Scrittori, i quali dicono, che Garlo richiedesse
il Pontefice del suo parere, che gli fu dato; ma che
poco da poi prevenuto dalla morte non potè vedere
l'esecuzione del suo crudel consiglio. Il Gostanzo aven-
do quel Papa per uomo di santissima vita , e perchè
lo scrive il Collenuccio suo antagonista, non potè per-
suadersi a crederlo. Ma in ciò dee pur darsi tutta la
fede al Villani, il quale con tutto che Guelfo, e ca«
pital nemico de' Svevi, difendendo il Papa, non ardisoe
di negarlo.
Papa Clemente non potè vedere T esecuzione di sì
fiero consiglio, poiché a' 39 di novembre di quest'an-
no 1368 o pure com* altri scrissero a' 3o dicembre
trapassò ; e per le continue fazioni contrarie de* Car-
dinali, che per la potenza di Garlo non potevano
deliberarsi ad eleggere un successore di loro arbitrio
e volontà, vacò la sede quasi tre anni, cioè infino al-
l'anno la^i siccome scrive il Gordonio.
Re Garlo^ morto il Pontefice, nel nuovo anno' 1269
essendo per la sua naturai fierezza e crudeltà stimolato
a prender di quell infelice Principe le più crudeli ri-
soluzioni: per dar altra apparenza e più speziosa a
questo fatto , volle che si prendesse su ciò pubblica
deliberazione; e fatti convocare in Napoli tutti i mag-
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120 STORIA CIVILE;
glori Baroni di quella, e quelli Signori francesi che era*
no con lui ragunò'un consiglio affinchè deliberasse ciò
che dovesse farsi di Corradino. I principali Baroni fran«
ztsì erano in discordia; poiché il Conte di Fiandra gè*
nero del Re e molti altri Signori più grandi e di magna-
nimo cuore, e che non tenevano intenzione di fermarsi
nel Regno, furono di parere, che Corradino e'I Duca
d'Austria si tenessero per qu^lch'anno carcerati, finché
fòsse tanto ben radicato e fermato T imperio di Carlo,
che non potesse temer di loro. Ma quelli, che arcano
avuto rimunerazióne dal Re, e desideravano assicurarsi
negli Stati loro (il che non parca, che potesse essere,
vivendo Corradino) erano di parere, che dp vesso morire.
Altri, a cui era nota T inclinazione del Re, per andar
a seconda del suo desiderio s'unirono co' secondi. A
questa opinione a- accostò il Re (a), o fosse per sua na-
tura crudele, o per la grandissima ambizione e gran
desiderio di Signoria, che lo faceva pensare agli Stati
di Grecia, acquali non poteva por mano senz'esser
beh sicuro di non aver fastidio ne' Regni suoi^ mas-
sime per le rivoluzioni, ch'avea veduto pei la venuta
di Corradino; onde dubitava, che i medesimi Sarace-
ni, eh' erano rimasti nel Regno , ajutati da' Saraceni
di Barberia, essendo egli lontano^ non si movessero a
liberarlo; fa cónchiuso in fine, che se gli dasse morte.
A quésto fine, fu imposto, che gli si fabbricas-
se il processo sopra queste accuse: di perturbatore
delia pubblica quiete, e dei precetti de' sommi Pon-
tefici: di tradimento contro la Corona: d' aver ardito '
d' invadere ed usurpare il Regno con falso titolo di
Re, e d'aver tentato anche la morte del Re Carlo.
{a) Costanzo llb. i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CkV.IY. isf
Fu il processo fabbricato e compito innanzi a Ro-
berto da Bari, ch'era Protonotario del Re Carlo; il
quale proferì la sentenza di morte, e qaella lesse ia
pubblico, appoggiandola sopra le riferite accuse.
( Di questo Roberto e della poca sua letteratura,
ne fa anche menzione Errico d' Isctnia in quella let-
tera scritta a Fr. Bonaventura , che si legge nel Go^
dice MS. della Biblioteca Cesarea di Vienna, ilT. ijo
pag. 83 dove fra T altre cose gli dice: Novintus etiam^
si ad moderna tempora stilum retrahimus^ quoA Papa
Clemens Robertum de Baro non magnae Literaturae
hominem^ imo tantum ex usu aliquid cognoscentem^
apud Regem promovit Carolum* )
Fu da questa sentènza di morte sol eccettuato D.
Errico di Gàstiglia, che fu condennato a perpetuo car-
cere in Provenza, per osservarsi la fede data alF Abate,
che lo consignò' al Papa sotto parola^ che di lui non
si spargesse sangue.
Fu sl\26 ottobre di quest'anno 1269 in mezzo del
Mercato di Napoli con apparati lugubri e funesti, es-
sendosi apprestato il talamo e V altre pompe di morte,
mandata in esecuzione sì barbara e scellerata sentenza;,
e narrasi che V infelice Gorradino quando V intesè'leg-
gere dal Protonotario, voltatosi a lui, gli avesse detto
queste parole: Serve nequam^ tu reum fecisti filium
Begis et nescis quod par ift parem non hàbet impe^
rium: poi rivolto al Popolo purgossi de' delitti, che
falsamente se gV imputavano, dicendo, ch'egli non
ebbe mai talento d'offendere S. Chiesa, ma solo di
acquistare il Regno a lui dovuto per chiare e mani-
feste ragioni, e del quale a torto n'era stato spoglia-
to. Ch'egli sperava, che di sì inaudite e barbare vio-
lepz^ , UQ dovessero prender vendetta i Duchi di Ba•^
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133 STORIA CIVILE
viera della stirpe di «uà mad^e, e ehe i Tedeschi,
ancora non lasceranno invendicata la barbata sua mor-
te. E dette queste parole.,' trattosi un guanto, come
vuole il CoUenuceio, e come altri un anello, lo buttò
verso il Popolo, quasi in segno d' investitura. E vi è
chi scrive, che per tal atto avesse voluto lasciar suo
erede D. Federico di Gastiglia figliuola di sua zia,
che, come sé detto, erasi da Sicilia fuggendo, rico-
vrato a Pisa. Ma il Maurollco ed altri comunemente
affermano, che Gorradino con questo segno, morendo
senza figliuoli, istituì erede D. Pietro d'Aragona ma-
rito di Gostanza sua sorella cugina. E narra Pio li (a)
che questo guanto o anello fu raccolto da Errico Da-
pifero, da cui fu portato in lapagna al Ré Pietro.
Ond'è che i Re aragonesi e gli austraci prendono la
lor ragione per la successione de' Regni di Sicilia e
di Puglia, non già dagli Angioini, ma da questo Gor-
radino , il quale tramandogli a' Re di Sicilia discen-
denti da Pietro e da Gostanza figliuola di Manfredi,
siccome, dopo Aventino, scrissero Besoldo (&), il Sura-
monte ed altri. E gli Scrittori siciliani (e), che riguar-
dando il testamento dell* Imperador Federico, dove
Manfredi è trattato come suo figliuol legittimo, invi-
tandolo alla successione de* suoi Regni nel caso che
Corrado ed Errico mancassero senza iìgliuoli, ripu-
tano per vero, ciò che Matteo Paris narra, come una
voce fatta insorgere da Manfredi stesso , cioè , che
sua madre essendo vicina a morte, fattosi chiamar Tlm-
peradore, avesselo per le calde preghiere e sue pie-
tose lagrime , indotto per quelle poche ore di vita ,
(a) Pius IL in Europa, {b) Besoldo de Regno Sici). et Neap.
e. 3 ann. 1269 ^<^^- ^^* (^) V. Tufin. de* Contest. .p9g. 53.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CA.P.IV. i23
che le rimaneTano a riconoscerla per vera moglie,
eoa isposarU ; \ed in consegueosa y che per cotal atto
Manfredi si venne a iegittimare (a) : tengono per cosa
oerta, che la successione di questi Reami per la morte
di Corradino si fosse diferita a Costanza figlinola di
Manfredi e moglie del Re Pieìro^ ed a' suoi discen-
denti; e che a ragione gli Arragonesi ne cacciarono i
Franzeaiy e con giustizia se ne rendesser poi Signori..
Ma perchè più dura e acerba fosse T angoscia del-^
rinfelice Corradino, non fu il primo ad essergli moBzo
il capo, ma ToUero rìserbarlo al fiero spettacolo della
decapitazione di Federico Duca d'Austria; poiché il
primo ad esaer decapitato fu quest' infelice , il cui capo
mozzo dal carnefice prese in mano il dolente Corra-
dino , e dopo averlo bagnato d* amare lagrime , ba-
ciollo e se Io strinse ài petto, piangendo la sua sven-
turata sorte, ed incolpando se stesso ch*Qra stato ca-
gione di sì crudel morte^ togliendolo alla sna infelice
madre. Poi rincrescendogli di sopravvivere a tanti acerbi
spettacoli,, postosi ingtnoecUone chiedendo perdono a .
Dio de* suoi falli, diede segno al carnefice di dover
eseguire il suo ufficio, il quale in un .tratto gli recise
il regal capo. E dopo lui, furon decapitati il Conte
Girardo da Pisa^ ed Humasio Gavalier tedesco, e no-
ve altri Baroni regnicoli furono fatti morire su le
forche.
( Questo Federico ultimo dell* antica stirpe Austriaca
era della casa di Baden, e s'intitolava Duca d'Austria,
com' erede di Federico II il Bellicoso. E' nacque da
Gertrude figliuola d- Errico III eh* era fratello del Bel-
licoso , la quale si maritò con Ermando di Baden , co-
(a) y. Inveges AnnaL di Falena, tota. 3.
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ia4 STORIA CIVILE
me narra Gerardo a Soo (a): Cum Fridericus.Auitriae
Bueum ex Bahenhergensi gente ultimus Anno post mille
ducentos sexto et quadragesimo ex. vulnere in pugna
cum Hungaris commissa.ac€\eptOf obiissety Hermamis
Badensis , qui Gertrudim, illius ex fratte Benrico Me-
dlicense heptem in matrimonio hahehat, Austviae gu-
hematiohem adierat. Ejus filius Friderious annos tu*
telae vix egressuSy JSeapoli cum Cunr odino Apidiae et
Siciliae RegCy uti paulo post dicetur^ capite plexus
erat. Vedasi • Struvio (&) )•
Questo infelice fine, cooipianto da quanti videro si
funesto ed orrido spettacolo, ebbe il giovanetto Cor-
radino in età di 17 anni. In lui s' estinse la chiara
e nobilissima casa di Sirena ^ cke per linea non men
mascolina che femminina discendea da'Glodòvei e dai
Carolingi di Francia, e da' Duchi di Baviera. Fami-
glia, che sopra tutte le altte d'Europa contava più
Imperadori, Re, Principi e Duchi, e che sopra tutte
le famiglie di Germania teneva, il vanto di nobiltà*.
In questo sangue incrudeli Re Carlo, portandogli 00-
tal barbaro fatto eterna infamia presso tutte ie-Nazioni
d'Europa; né vi è Scrittore, ancor che franzese, che
non detesti ed abbomini atto sì crudele, da noa pa-
ragonarsi a quante empietà e scelieraggini si leggono
de' più fieri Tiranni, ch'ebbe la terra. Quindi in Ale*
magna surse l'illustre Casa d'Austria; poich' estinta la.
stirpe de* Principi di Svevia^ e Riccardo, fratello del
Re d'Inghilterra, che aspirava all'Imperio, essendo
morto, ed Alfonso Re di Castiglia suo competitore
non avendo più partigiani in Alemagna, gli Elettori
(a) Hìstor. Austr. Lib. i pag. i5. (b) Syntagm. Hist. Gem.
disserta aa $ io pag. 714*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. IV. laS
Fanoo 1373 si ragunarono in Francfort, ed elessero
per haperadóre Rodolfi €ontc di Auspurg^ il quale
fu coronato iistesso anno in Aquisgrano, e ricono-
seiato da' Principi d'Alemagna; ed avendo umiliato Ot-
tegaro He di Boemia, fece che restituisse T Austria,
la qual diede ad Alberto suo primogenito, i di cui di«
scendenti presero il nome di Austriaci.
Ecco finalmente come dopo 69 anni terminò in Si-
cilia, ed in Puglia il Regno de' Svevi e con qual cru-
del principio cominciasse quello de' Franzesi^ che
portò in queste nostre province grandi mutazioni, così
nello stato civile e temporale, come nello ecclesiastico
e spirituale. Ciò, che dopo aver narrata la politìa ec-'
elesiastiea di questi tempi ^ sarà il soggetto de' seguenti
libri di quest' iBtoria.
CAPITOLO V.
• Politìa ecclesiastica dal Aecimoterzo secolo
insino al Regno degli Angioini.
Jua potenza de' romani Pontefici si stese in questo
secolo tanto, che non fu veduta in altri tempi mag-
giore: volevan esser creduti Monarchi non meno nello
spirituale che nel temporale, e s'arrogavano perciò la
facoltà di poter deporre i Principi da' loro Stati e Si-
gnorie: chiamargli in Roma a purgarsi de' delitti, dei
quali erano stati accusati: assignar loro certo termine
a comparire, sentenziargli, e nel caso non uhbidisisiero,
di dichiaragli decaduti da' loro Reami: assolvere i loro
vassalli da' giuramenti dati, ed invitar altri alla con-
quista delle Signorie, ond' erano stati deposti. Ripu-
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136 STORIA CIVILE
tandosi Signori del Mondo, non areano difficoltà diin-
vestire i loro devoti, di province^ e di Regni in tutta
la terra, ed in tutto il mare d'isole e golfi, e d'altre
province sconosciute e lontaae. Bonifacio Vili avendo
Ruggiero di Loria famoso Ammiraglio di mare con-
quistata Gerba ed alcune altre ibole dell' Affrica, tosto
nel primo anno del suo Fonteficato 1395 essendo in
Anagni gliene spedì Bolla d'investitura, per la quale
gli concedè in Feudo le isole suddette con obbligarlo
a [prestar il giuramento di fedeltà ed omaggio , e di
pagarli cinquanta once d'oro Tanno al peso del Re-
gno di Sicilia, per censo, in ricognizione del dominio
diretto, ch'egli vi pretendeva, siccome lo pretendeva
in tutte le altre province del Mondo; e la carta di que-
st' investitura è rapportata dal Tatini (a). E da questo
principio nacque, che Alessandro VI nell' anno là^^
Sì facesse lecito di concedere ia terra ferma e l'isole
insino a' suoi tempi sconosciute, e tirar una linea da
un Polo air altro, aasignandole e donandole a Ferdi-
nando ed Isabella Re di Casti glia {b). Quindi surse
la nuova dottrina professata da' Dottori Guelfi e dai
Canonisti che il Papa fosse Signore di tutto il Moddo
contrastando a' Dottori, Ghibellini, che ne facevano Si*
gnore V Imperadoré.
La Cattedra di S. Pietro volevano che si riputasse
la Reggia universale del Cristianesimo , ed a questo
fine ingrandirono i Cardinali e depressero i Yescovi,
per rendere più maestosa la loro Sede. I Cardinali,
come si è veduto, sdegnavano di andar di persona a
(a) Tntìrri degli Ammir. del Regno , pag. 90 data m Ana-
gni a* II Agosto 1395. (b) Bolla di AleS5. VI presso Frane.
Lopez Istor. dell* Indie, cap* tg
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XIX. GAP. V. la;
trattare con Manfredi, dicendo, che ciò non era di
loro stima ed onore; ed Innocensio IV ad onta di
Federico , che s' ingegnava abbassargli insieme con
tutto r Ordine ecclesiastico, volle dargli il cappel ros»
so, la valigia e la mazza d'argento quando cavalca-
vano, volendo che alla regia dignità fo3se la loro ag»
guagliata; ed essendosi da poi proccurato d'innalzar
assai più la loro dignità a gradi ed onori Eminenti^
vennero dagli adulatori della Corte romana anche chia-
mati Grandi Senatori^ che venerati con regali onoranze
eleggono il Supremo Principe^ che così chiamano il
Papa, ed assistono al suo gran soglio.
Divenuto il Papa Monarca, i Gardtnaii grandi Se-
natori, e la Sede Appostolica Reggia e Gorte uni-
versale del Gristianesimo, Gregorio IX. per maggior-
mente stabilire la Monarchia applicò T animo ad una
compilazione e pubblicazione di Decretali^ le quali
terminarono di mettere interamente in rovina il diritto
antico de' Ganoni, e stabilirono la possanza assoluta e '
senza termine de' romani Pontefici; poiché conside*
rando, che tiiiccome Tlmperador Teodosio formò la po-
litia dell' Imperio , con far raccorre le costituzioni
ed editti, così suoi, come degli altri Imperadori pre-
decessori in un libro , che fu poi chiamato il Codice
Teodosiano; e T Imperador Giustiniano, oltre la com*
pilazion delle Pandette^ che contenevano le leggi an-
tiche accomodate al suo tempo ^ ridusse ancora in un
corpo le sue costituzioni e quelle de' predecessori Im-
peradori nel suo Codice,, così bisognava formar una
nuova politia per la Ghiesa accomodata a' suoi tempi
(giacché, mutate le cose, la compilazione del Decreto
non era a proposito ) e di ridurre perciò in un corpo
tutte r epistole decretali de' suoi predecessori, con se-
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1^8 STORIA CIVILE
pararle da* canoni, e dall' altre epìstole, de' Pontefici,
le quali non poteyano servire, come queste, ch'egli
trascelse, per stabilire la Monarchia romana, e mas-
simamente per la materia beneficiale e per Io . Foro
episcopale, e per maggiormente stendere la conoscenza
nelle cause e la loro giurisdizione; ond' egli, ad imi-
tazione di que' due grandi Imperadori, ordinò la com-
pilazione d' un nuoYo Codice; ed aboliti tutti gli altri
rescritti, volle, che questo suo libro, che chiamò De-
cretale^ avesse tutta la forza e vigor di legge; nel
quale vi è molto più intorno a quello che concerne
r edificazione de' processi , che F edificazione dell' a*
nime.
I. Della compilazione delle decretati;^ e toro uso
ed autorità.
Epistole decretali erano ne' primi tempi chiamate
quelle lettere, che i Vescovi delle Sedi maggiori scri-
vevano a' Padri della Chiesa, che gli richiedevano di
qualche parere intorno alla dottrina, e disciplina della
Chiesa (a). Ma da pòi il Pontefice rooaano, come Capo .
della Chiesa essendosi innalzato sopra tutti i Vescovi e
Patriarchi, e facendo perciò valere la sua autorità più di
tutti gli altri, s' appropriò egli solo di mandar sue epi-
atole ai Padri ed a' Vescovi , che ricorrevano a lui per
consultarsi di qualche affare delle loro Chiese; e perve-
nute queste epistole a qualche numero, sin ne* tempi
di Papa Gelasio nel Sinodo di 70 Vescovi tenuto in
Homa nell'anno 4^4 furono quelle confermate, acqui-
(«) Jo. Costa Comment, in decretai. Grcg, ,IX pag. i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. V. lag
sUindo vigore non meno che i Ganooi, che ne'Con-
ciij erano sjtabiliti . (a).
Ma a' tempi di. Carlo M. che favori cotanto i Pon-
tefici romani, acquistando vie più forza le lóro de-
cretali, si cominciò a separarle da' Ganoor, e riputan-
dosi non esser mestieri per aver vigore, di esser con-
firmate da' Concili!, o da' Sinodi, si credette, òhe esse
sole bastassero per regolare la dottrina e la disciplina
della Chiesa, onde maggiormente i Pontefici stabili-
rono la loro autorità, e vie più crebbe il lor nume-
ro, tanto che bisognò pensare ad unirle insieme, e
fariie raccolta, con introdursi perciò un nuovo dritto
Pontificio, lasciando da parte stare i Canoni de' Con-
cilii (by '
La prima compilazione* dì queste lettere decretali
^separate da' Canoni la fece Bernardo Circa Proposito
di Pavidi, e poi Vescovo di Faenza, il quale sotto certi
titoli dispose le decretali de' Pontefici^ cominciando
da Alessandro 111, insino a Papa Celestino III il qual
pervenne al Ponteficatoneiranno iigi. Non ebbe egli
altro scopo, se non perchè quella servisse^ come un
supplemento al decreto di Graziano; opde questa Rac-
colta fa chiamata libro delle Stravaganti ^ perchè le
Costituzioni ivi racchiuse, vagavan fuori del Decreto (e).
Antonio Angustino la diede alla luce, dandole il pri-
mo luogo fra le altre Raccolte delle antiche decretali.
(a) Sjnod« Roman, sub Gelasio ann. 494* Item decretales
-epistolaej quas beatissimi Papae diversìs temporìbu$ ab Urbe
Romina prò diversorum Patrum consultatìone dederunt.^ ve-
nerabifiter suscipìendae sunt. Can. Sancta Romana 3 dist. i5.
(b) V. Baluz. in piaefat. ad Ant. Augustiui Dialogos, J 2,
(e) V. Maslricht. hìst. Jur. can. num. 238. Fr. Floreiit de
Methodo et Aut. CoUect. Gral. J 4-
9
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i3o STORIA giVILE
Iq questo decimoterzo secolo ne surse un^ altra, di cui
si nominano tre Autori, Gilheno^ Alarlo e Giovanni
Gallense. Questi iniitando Bernardo^ raccolsero le de-
cretali di quelli Pontefici, che vissero dopo Bernardo-,
not^ sopra, i due primi si distinse Giovanni^ che ne fece
pi^ ampia Raccolta (a). La terza la dobbiamo a Ber-
nardo Compostellano il quale da' Registri d'Innocen-
zip 11]^ Pontefice il più dotto, e 1 maggior facitore di
decretali, le raccolse, fu chiamata Romana (b).
Tutte queste Collezioni essendosi fatte per privata
autorità, allegate nel Foro o altrove, non avevano vi-
gor alcuno; onde era di mestieri da'jscrigni della Chiesa
di Roma cavar gli esemplari perchè facessero autorità.
Per la qua! cosa i Romani pregarono Innocenzio III
perchè di sua autorità comandasse una .onoya Coni-
pilazione: Innocenzio loro compiacque e diede la cura
a Pietre Beneventano suo Notajo, che la facesse: questi
neir undecime anno del suoPonteficoto intomo il 12 io
la fece, e fu la prima raccolta del jus Pontificio^ che
si facesse con pubblica autorità (e). Passati cinque
anni, coli' occasione del Concilio tenuto in Laterano
eotto il medesimo Pontefice, se ne fece un'altra nel
131 5, nella quale furono aggiunte tiitte le decretali e
rescrìtti, che per lo spazio di- que' cinqwe anni eransi
emanaii*^ Da poi neirannq 1237 Tancredi Diàcono idi
Bologna ne fece un' altra^ nella quale unì le Costitu-
zioni dVOnorio III successord' Innocenzio; ma quan-
tunque fosse stata terminata in qu eli' annó^ nel quale
morì Onorio IX suo successore, che meditava oscurar
la fama de' suoi predecessori con una più ampia 0 nuova
{a) MastrichJt. loc. cit. (b) Guido. Paucirol. lib. 3 e. 8.
Mastric. 1oc. eit. num. 349- (e) Mastric. oum. 549.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. V. t?!
eompilacioDe.^ la fece supprimere, né inti ride U luce
del Mondo, se non Degli ultimi tempi,, quando Inno»
oenzio Gironio nell'annp 1645 la fece imprimere in
Tolosa colle sue dottissime cluose (a).
Gregorio IX adunque per maggiormente stabilire, là
Monarchia romana, ordinò, che si compilasse un nuovo
. Codice, nel quale ad imitazione dell' Im'peradore Giu-
stiniano, volle, che, risecàte le altre Costituzioni dei
Pontefici suoi predecessori , le quali non erano più
confacenti a' suoi tj&mpi, s'inserissero in quello le sue
e r altre de' suoi predecessori, che egli stimò più a
proposito; ed oltre a ciò, perchè non s^ avesse occa-
sione di ricorrere ql jus civile^ statui da se molte cose
ancorché non richiesto (i), affinchè. con questo suo
Codice si regolassero i Tribunali ne^giudicii, e le Scuole
neir insegnar a' giovani la giurisprudenza. Commise la
compilazione di quest'opera a Raimondo di Pennaforte
dei Contado di Barcellona ^ Frate Domenicano, gran
Canonista, ed «Inquisitore in Catalogna, e molto earo
a Giacomo Re d'Aragona, che Io traseelse per sua
ConfessQre (e). Gregorio tratto dalla 'fama della sua
dottrina e bontà de' costumi, lo fece Venire in Roma,
e lo creò suo Cappellano e Penitenziere, dignità che
a que' tempi non si conferiva se pon che ad uomini
rlguardevolie letteratissimi. Costui eseguendo la aua
commessione la ridusse a compimento. Divise l' opera,
in cinque libri, e seguitò Tistesso metodo appnnto,
che tenne Triboniano nella compilazione del Codice
di Giustiniano (d).
(a) Mastrìc. num. 35 1. (b) Cujac. ad e» olt« X de stnt.
et re jud. (e) And. Schottus Bibl. Hispau. tom. 3 p. i86.
(d) Fr. Floreu. dlssert. de Metho. et Auct. Collect.. Grat. in
fine.
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,32 STOMA CIVILE
Papa Gregorio, redeado tcrmioata T opera a seeonda
del suo genio^ tpsto promulgò ona Goatituztone, che
la propose ali* istesso Godi6e, per la quale, abolendo
tutte le altre^ comandò a tutti,, che solamente di questa
compilazione si ser?Ì8sero'oo8Ì.ne' giudidi^ come nelle
scuole: proibendo ancora con moho ngoré, che per
Tay venire ninno abbia ardimento di farne altra, senza
«pesial autorità della Sede Appostolicà (a). Comandò,
ancora, che per tutto il. Mondo si' divolgas^e, ed In
tutte r Accademie ed* Università d* Europa si leges-
se (&), infiammando allo studio di quella non meno i
Professori, che gli scolari.
Non vi fu parte d'Europa, che perla potenza e cre-
dito di Gregorio non la ricevesse con ardore; e si mos-
sero i Professori da tutte le parti , non meno ad in-
segnarla nelle scuole, qbe a farvi copiose chiose.* I
primi, furono Buffino^ Silvestro e Riccardo] inglese:
Rodo9Ìco cognominato di poeopasso , e Pietro Corbólo ,
ornerò Boliati} s^AgnvtiAo : Bertrando , Damàso ed Ala-
no inglese : Pietro Preposito di Pavia , Pietro Gal-
lense di Volterra, Bernardo CompostellanOy Vincenzo
Castiglione di Milano» Giovanni Teutonico e Tancre-
di^ Seguitarono appresso le costoro pedate Guglielmo
Naso e Giacomo di Albengà YtncoYO Ai Faenza, Fin-
cenìèo Goffredo ^ Filippo ^ Innocenzio Ostiense^ Pie*
tra Sampio y Egidio bolognese, Bonaguida d'Arezzjo,
Francesco da Vercelli, Boatino di Mantua, e V Arci-
* ' \ ^
{a) Greg. IX. Volentes igìtur , ut hac tantam GompllatioDe
universi 11 tautur in judiciis, et in scholis, distrìctius prohi-
berotw^ ne quis praesunaat aKam facere, absque auctoritate
Sedis Apostolicae speciali, (b) Math. Paris hist. Augi. ann. ia35
p. 353. Solemniter^ et authentice per tòtius Mundi latìtndi*
uem legì praecepit, et divulgari.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. iì3
diacono. Ma surse, poi sopra gU' altri Bernardo Bot^
fon^ da Parola', il quale r^ccoglictìdo tutte le costoro
Chiose^ .ne fece egli, intorno Fanno. iii4b, una. pia
ampia, traòfiprenjo a sé la gloria di tutti (a). . .
AneUe i Monaci per secondare il genio de' PonteAci
v'impiegarono ] loro talenti, e sopra queste i}eerefaii
composero un'opera intitolata Su/fragium Monackotum-y
ma come' mancante delle cose sustan&lali, e ripiena di
molti errori é. di cose vane e superflue, riuscr mcko
inetta ed inutile* Frate Giacomo Gaoonico di S. Gio-
vanni in Monte pure .intorno a <^6 volle affaticarsi:
ma. così egli, cometutti coloro, che vi s'erano affatt-
cati riuscirono. inetti, e siccome per quelli, che s'erano
impiegati sopra il DccreiOy ne nacque il proverbio Afa-
gnus DecretistOy Magnus Asinista^ ecLsi ancora, secondo
che ci testifica .Giacomo Gujacio (&), non vi .furono .
Dottori più inetti di coloro, i quali a questi tempi si
posero a scrivere sopra questo nuova Diritto Pontificio.
Dopo questa compilazione di Gregorio non trala-
sciarono gli altri Pontefici suoi successori ( per ingran-
dire, vie più la Monarchia, romana ) di stabilire altne
loro Costituzioni, sici^hè nel fine di questo istesao se-
colo decimotcrza .non fosse stimata necessaria da Bor
nifacio YIII una nuova altra compilazione. Se n'erano
stabilite «Icune da Gregorio istesso, molte da Inno-
eenzio IV, da Alessandro IY> da Urbano IV, da Cle-
mente lY, da due Gregorio IX e X, da Niccolò JII e
dair istesso Bonifacio. Yi erano anòora moke Costi-
tuzioni fatte nel Concilio .di* Lione nell'anno iM& sotto
(a) Gùid. Pancirpl. do Clar, Icg. Inlcrp. Kb. 3 e. 8. Ma-
slric. Bum. 356 , 357/ {b) Cujac. ad cap. X ezlr, de «cut.
et re judic. ,
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i34 STORIA CIVILE
Innocensió lY . Ve h' erano ancora delle 9|;abiiite nel^
r altro Concilio di Lione, tenuto nel 1374 sotto Gre-
gorio X. Per tanto Bonifacio* Vili, il quale^sopra tutti
gli altri suoi predecessori ebbe idee mólto grandi, e
vaste del Ponteficato romàno, riputabdo per quella sua
Teramente stravagante Costitnsione unam Sanctam^ che
in balia del Papa sia maneggi<ar ugualmente i due col-
telli, e la sovranità temporale essere dipendente dalla
spirituale: volley che di tutte queste CoAÌKiEÌoni se ne
formasse una nuova raccolta, e fosse come di Giunta
a quella fatta da Gregorio IX, e ne diede Tincum-
benza a tre Cardinali, a Guglielmo Manda goto Arci-
vescovo d'Ambrun. al Vescovo Berengario Predetto
ed a Riccardo Malumbro da Siena' gran Dottore di
qu'e' tempi, e Vio^ancelliere della chiesa di, Roma (a).
Costoro diedero compimento all'opera, è la divisero
pure in cinque libri^ e quasi in altrettanti titoli,, come
fo divisa da Raimondo di Pennaforte la stia. Bonifa-
cio, compita che fu, la fece pubblicare intorno Tan-
no 1999 e volle, che s* aggiungesse al volume delle
decretali di Gregorio, e si chiamasse perciò il Sesto
libro; e con sua particòlar Bolla ordinò , che da tutti
s'osservasse, che in tutte T Università del Mondo si
leggesse, e ne* Tribunali avesse la sua forza e vigore,
non altriménti di qud, che Gregorio fece per la sua;
ma in Francia questa compilasione di Bonifacio non
ebbe grafi successo, non solo per contener molte or-
dinaaioni riguardanti F ingrandimento della sua poteà-
2à, e dd maggior guadagno della sua Corte, ma an-
cora perchè molte cose in quella avea stabilite in odio
(a) Bulla Bonifac. ad lib. decret. elPithaelFratresianotis
ad libri titulum,
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. i35
del Regno di Francia per le controversie, ch'allora
ardevano fra • hii' e il Re Filippo il Bello (a). Non cosi
gli' avvenne negli Altri Régni (b) dove fn con onor ri-
cevuta i, né le mancarono Canonisti, . che vi facessero
le loro* Chiose, e fra gli altri il famoso. Giovanni d'An*
àrea insigne Dottore del diritto canonico di quel
tempi (e).
Seguirono, da poi nel segudnte secolo decimoquarto
r altre Collezioni chiamate le Clementine \ ed anche
X Estravaganti y affinchè siccome le compilazioni sinora
fatte corrispondevano^ cioè quella del Decreto alle
Pandette^ e le Decretali al Codice^ così V Estravaganti
corrispondessero alle lìoìfelle^ e perchè niente mancasse,
negli ultimi secoli, si venne anche a far Compilare i
libri 'delle Istituzione di che ne' loro luoghi e Tempi
secondo r opportunità, che ci sarà data, ragioneremo.
Queste Decretati- presso di nei durante il Regno
de' Svevi, in quelle cose , che s' opponevano alle no-
stre Costituzioni y non ebbero gran successo; e così
Federico II come gli akrì Re svevi suoi successori
feceto valere le Ipro . destituzioni , e qucile dei Re
normanni suoi predecessori, contrastando con vigore
èlle sorprese, che intendevano fare i romani Pontefici
sopra i loro diritti e supreine regalie, facevano valere
le leggi da essi stabilite sopra i matrimoni, sopra gli
acquisti de* stabili alle Chiese, mantenevano le loro
regalie nelle Sedi vacanti , nell'elezioni de' Prelati, e
sopra tutto ciò^ che uè' precedenti libri si è potuto
osservare.
(a) Duar. ìa praefat. 1. de Sacr. Eccl. Minìstr. (b)- Artur.
Dock de Atti. Jur. civ. 1. i e. 7 n, i3, i4i i5, 16, 18. {e)
Pancirol. de Clar. leg. laterpr. 1. 3 c« 19.
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i3e STORIA CIVILE
Ma caduto (Questo Regno soXta la dominazione degli
Angioini uomini ligi de'Pontefici' romani) e da* quali
riconoacerano il Regno, prendendo vigore la fazron
Gnelfa, ed abbaesata affatto la Ghibellina) tantosto si
vide tutto mutato, ed introdotte nuove inassime, e le
Decretali non pur ricevute ed insegnale nelle scuole,,
ma anche ne' Tribunali : non* già per legge d'alcun
Principe, ma per T uso e consuetudine,' 'ohi^ di quelle
s' avea in ciò, che liotiera espresso nel diritto civile,
e massimamente • per V edificazione de' processi . nelle
cause forensi, per la forma e per T ordine di proce-
dere ne'giudicii, contenuto nel secondp-libro (a)*, sic-
come aneora per le cause ecclesiastiche, e dove ac-
cadeva disputarsi di. cosa, che poteva . portar peccato
e pericolo della salate delF anima (b). £4 i nostri Pri(i«
cipi della casa d-Angiò, ancorché conoscessero essersi
quel volume' fatto compilare, per. gare^ggiare colle leggi
degli Imperadori, ed ingrandire la potenza, de' Fonte*
fiipi) e che si metteva mano non pure alle cpse eccl^»
siastiche ma anche alle profane, coii assumerai auto*
rifa di giudicare sopra tutte le cause ne' dominii.deì
Principi cristiani, così fra gli Ecclesiastici come fra'lair
ci; nnlladimanco parte per trascuraggiiie ed ignoramea,
non sapendo essi farne migliori, parte .perchè molto
loro premea aver la grazia e buona corrispondenza
de' Pontefici, non si curarono di farle valere ne' loro
dominii, e che non pure; nelle. pubbliche scqole ..s'.in-
aegnassero^ ma anche pe'l^ro Tribunali s'alitassero*
I nostri P^ofessorì perciò vi s'applicarono non meno
di quello, che faceano gli altri nelle altre città d'Ita-
(a) Decretai. 1. a. Arlur. Duck 1. i e. 2 n. ig(h) V. Ar-
tur. J. e. n. lOj II, 12, i3, i4. -
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. V. iSy
lia ; onde imbevuti delle loro massime , ciò che non
era a qoeUe conforme, era n|)at9to straniero ed in-
giusto. AlcQÙe Costituzioni di Federico e degli altri
He normiinm suoi predecessori, parvero perciò empie;
e- tra V altre quelle , che disponevano de' matrimoni,
degli acquisti, deUa cura delle robe delle Chiese Va-
canti e cose simili; si credette che ciò non potesse
appartenere alla potestà del Principe, e fosse ^iia met-
ter la falce nelF alU'ui tiesse. Andrea d' Isemia disse
chiaramente-, ohe tutto- ciò erasi prima stabilito, perchè
allora non era uscito fuori il libro delle Deeretalìi ne»
erat compilatt^m ( e' dice ) vplumen Decretalium (a).
A tutto ciò providero ancora i comani Pontefici
nell'inve&titure, che diedero a' nòstri Re, e Glemeh-
te Vf in quella che diede al Re Carlo I d'Augiò,
volle cèe s' annullassero tutte le Costituzioni e tutti gli
Statuti, che riputava essere contra la libertà' ecclesia-
stica (6), togliendogli .molte regalie] e preminenze, che
i Re normanni e svevi si aveano mantenute ; onde
presso di noi nel Regno degli « Angioini, non solo i
Pontefici romani noa ebbero • alcuno ostacolo a^'loro
disegni di stabilire \A Monarchia; ma trattando qneslo
Reame «iome lòr Feudo, ed i Principi come veri Feu-
datari è loro ligi j vi fecero progressi maràvigliosi ,
come si vedrà chiaro ne' seguenti libri di quest'Istoria,
(a)' Àndr. de Isem. in Constit. 1 3 tit 3i de aSmia. Ter.
Eccl. {b) Cap. 19. Invest. Clcm. IV. ;
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i3« STORIA CIVILE
' IL Elezione de" Vescovi^ e previsione
intorno abeneficj,
NoA bastàra per fondar una Monarchia provvederla
di dole. leggi, ed ornar la Corte di grandi Senatori^
e di altri l^iniatri per renderla, più maestosa; ma bi-
spgnara .am^ord provvederla di. denaro, per mantenerla
ton pompa e £asto. conveniènte ad una Reggia uni-
vérsab del Cristianesimo, senza il quale sarebbe to-
sto sparita. Le sole rendite .dello Stato ddla Ghi^a
di Rom^: non i>astavano: si proccUrò pertanto tirare
da tutte le province, ogni cosa a Roma. Risognava,
che ùocome gli altri Principi per gratificete ì toro
fedeli) e per premiare coloro che/ per essi liiilitaraho,
coocedevàn Feudi, Digoit'à ed Ufficj: così era uòpo
averne de' consimili per potergli dispensare a coloro che
militi(vano per la Corte, e trovar me^zi per istaliUrgli,
affinchè niente mancasse, ed in tutto il Sacerdozio corri-
spondesse air Imperiò. S' istituirono perciò molte idignità
ed;ufficj, i quali non appartengono punto alla Gerar-
chia della Ohiesa per ciò che concerne.il ino potere
spirituale; ma indrizzati solamente pei-' la temporalitii
e giurisdizione, e- per le cose del governo politico: ed
in ciò la Corte dL Roma ha superate tutte T altre Córti
de' Principi' Per li Feudi^ sì sono istituiti i Benefinj,
e siccome per la materia Feudale surse una nuova
giurisprudenza, che ha occupati tanti volumi, cosi per
la materia Beneficiale ne surise un'altra, che ha occu-
pati assai più volumi presso i Canonisti^ che non la
Feudale presso i Legisti,
La maniera, che si praticò per fargli sorgere, fu
non meno ingegnosa che travagliosa: bisognò bingo
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XIX. GAP. V, i39
tempo per istahilii^li , e snebberò da sostenere grandi
contese co^ Principi/ 0 co' Popoli, t Capitoli delle pró-
vitfce per tirargli : latti a Roma.
L' elezioni de' Vescovi, ancorché in apparenza si la-
scidsaero al Clero,. si, è già veduto, che i Pontefici si
servivano di var) mezsi per tirarle, iutte in Roma. Si
proccarò ancora togliere neir elesioni T assenso a' no-
stri Principi: Federigo lI,.Cbrrado>e Manfredi soslen--
nerp oon vigore i loro diritti, né .permisero sopra ciò
novità alenila; xnà Clemente lY, investendo Carlo I
d'Aogiò^ fra.i Capitoli, già rapportati, che gli fece
giurare, volici espressamente, che si rìnnnciasse 0 cfuc*
st* assenso^ e nel capitolo 18 gli prescrisse, che così
egli, come i suoi successori, non s* intromettessero nel-
r elezioni, postulazioni e |irovÌ8Ìoni de' Prelati, in ma-
niera, che né prima^ né dopo V elezione si ricencasse
regio assenso V ma .solamente lor rimanesse salvo il di-
ritto, che: per ragione di patronato avessero in alcune
Chiese, per quanto i canoni concedono a" padroni di
quelle (a).
Rimase solamente a* nostri Re la facoltà di poter
impibdire. all'eletto, che se gli dasse.la possessione
senza \l lor pZacito.r4>gio^ e «questa pure tentarono di
contrastarla; ma non meno. gli Aragonesi, ohe gli An*
gioini stessi loro ligi, se la manlenaeì*o, leggendosi, che
Carlo II essendo stato eletto Manfredi Gifonio Cano-
nico di Mslito. pei: Vescovo di questa istessa città,
perchè era al Re sospetto, gF impedì il f>oss0s,so di
quella Chiesa, non concèdendogli il regio exequatur^
come si legge nella carta del Re data in Napoli nel-
r anno 1299 rapportata dall' Ughello nella sua Italia
(a) Chiocc. M. S» |[iùris4* ia indice tom. 19.
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i4o STORIA CIVILE
Sacra (a). E tutti gli altri Ke. Angioini; come Carlo III
Ladislao, iik^ino alla Regina Giovanna II qaaado gli
eletti non eran loro sospetti , davano alle Bolle papali
di loro pro.visiona V eJoequatur-^ di che preèso.U Ghioc-
^arelli (&) se ne leggono pia esempj.
Tolse ancora Clemente a' nostri Re la Regalia^ .la
quale (non meno die. i Re di Francia) -tenevano hello
Sedi vacanti del nostro Regno,* donr porvi i Regj Ba*
gli vi, o altre persone dd essi destinate per Tammini*
•traziotie deir entrate, per conservarle al' aacceasòre,
secondo il prescritto de* canoni; e l'edèrìco U, com'è
chiaro dalle nostre Costituzioni .del Regno j(c), ve la
mantenne. Siccome altresì fece Corrado suo succes-
sore, il quale, Scendo che narra Matteo Paris, es*
aendo stato dal Pontefice, fra • F altre cose, imputato,
che avesse occupato i beni delle Chiese vacanti; rispose
airaccusa, ch'egli non faceva usurpazione alcuna, ma
valevasi dì quella istessa ragione,'che'i suoi Predeces^
sori s' erano rabi nelle Sedi vacanti, coù dar la cura
de' beni di quelle a' suoi proccuratori idonei, e fargli
da quelli amministrare; e che egli era contento di va-
lersi di^ quell' istessa ragione, che i Re di Francia, e
d' Inghilterra valevansi. nelle Chiese vacanti de' Regni
loro ((/).
Ma Clemente IV ne' siiddetti Capitoli investendo
(a) tJghdi. toni.'i' in Epìsc. Ittìlitens. nam. f6. (b) Chìoc.
tom. 4 <1& Reg»io .exequa tur. (e) Tit. de Admìnistr. rerum
Eccl. post mortem Praelator. (4) Mattb. Paris. Ilist. Ang. in
Hearico III fol. 597. edit. Paris, et ex libro addita iqentorum
cuso post dict. HisU fol. .ia5 et 126. Quod si videtur abso-
nuin Aposlolicae Sedi., coDtentus est Dominus Rex ilio jure
in praedictis vacanlibus, quo atilur Rex Franciae, et Angliae
in £cclesiis vacanlibus Regni sui.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. V. i4i
Carlo I ciò non piacendogli, yoUe nel capitolo 32 ob-
bligare quel. Re, e buoi successori a rinunziare a qua-
lunque./^e^a/ia, stabilendo,* cbe nelle Sedi vacanti non
potesse pretendere, ne avere, né regalie, ne frutti; ri-
manendo intanto^ finché non fossero proviste, la cu-
stodia delle Chiese presso le persone ecclesiastiche, le
quali secondo il prescritto de* Canoni dovranno ammi-»
nistrarè le rendite di quelle, e conservarle a* futuri sue-
cessori (a). Questo fu un gran passo, che avanzarono
i Pontefici romani, togliendo a' nos^ Principi le re-
galie nelle Chiese vacanti; poiché, se bene in questi
priocipii si mostrasse di far rimanere la cura delle me-
desime alle persone ecclcsiatìitiche, e di regolare Tam^
ministrazione delle loro entrate secondo i Canoni; nul-
Jadimanco in processo di tempo^ vi destinarono essi i
CoUeltori e Nunzi}, i quali mettendo mano sopra i
beni di quelle, non; più a* futuri successori, ma a
Roma si serbava.no i frutti; onde fu stabilito presso
di noi un nuovo fondo, e cominciò a sentirsi il nomo
di Nunzio Jppóstoìico^ il che non ebbe perfezione so
non nel seguente secolo decimoquarto nel Regno di
Roberto per le cagioni, che saranno da noi rappor-
tate ne' libri seguenti di quest'Istoria, quando ritor-
nerà occasione di favellare dell' introduzione del CàU
lettore Jppostolico nel Regna e de' suoi tnaravigliosi
progressi in fornir Roma di danari per gli spogli
delle nòstre Chiese, e per altri emolumenti, che ivi
si tirarono.
Si fecero ancora a questi tempi altre sorprese pet
(a) Rajnald. Ann. Eccl. ad ann. 12 55 n. 3 et «nn. i265.
Custodia £cclesiarum earuudem libere remanente penes per^
souas Ecclesiasiicas , juxta Canonicas Sanctiones.
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i42 STORIA CIVILE
tirar ogni cosa ih Roma; poiché quando prima» se-
condo i concordati dai Ré Guglielmo I colla '£kde Ap-
postolica, non erano accordate le appellazioni del Re-
gno di Sicilia (é|); ora Clemente nel 18 articolo del-
l' ili vestitura data a Carlo, espressamente convenne, che
le esose ecclesiastiche dovessero trattarsi innanzi agli
'Ordinari!, -e per appellazione dalla Sede Appostoliea;
ed essendosi proccurato in questi tempi, come vedremo
più innanzi, stendere la conoscenza, ed il Foro épi-«
scopale in immenso, e tanto che non vi era litigio,
dov' essi non pretendessero metter mano, furono tirate
tutte le ezu9t in Roma: ciò che apportò a quella Corte
grandi emolumenti e danari. •
Ma quello, che portò maggior utile e guadagno alla
Corte di Roma, siccome non minor povertà al Regnoj^
fu la provisione de'beneficii, ^d. i.v^rìi mezzi e modi
inventati e stabiliti da poi per le loro Decretali^ ed
Estravaganti e molto più p^r le Regole della Caneel^
leria^ per le quali quasi tutto il denaro delle nòstre
«chiese e monasteri! va a colare in Roma^
. Il nome di Beneficia fu ne' primi secoli della Chiesa
inaudito, neper tutto il tempo, che durò la quadriparti-
ta divisione de' beni di quella, s'intese mai; ma quella
poi posta in disuso ed annullata, si videro varie muta-
zioni. Siccome la parte assignata a' poveri si diede a*'
Vescovi col peso d' alimentargli, cosi la porzione as-
segnata a' Cherici cessò, ed in sua vece, furono asse-
gnati ^li ecclesiastici ufficii certi, con destinar loro de*
terminate rendite, delle quali si servissero i Ministri
(a) Bulla Adriani apud Capecelatr. liistor. Neap. lib. a.
Habebit Romana Ecclesia , quae babet in aliis partibus Regiù
nostri, excepta appellatione.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CJLP.V. i/|3
delle Chiese, come di rpba propria; è questo dritto di
raccogliere le mentoyate rendito congiunto cot ministe-
rio spirituale, fu generalmente appellato Beneficio y e
credesi che tal nomej ed assegnato di rendite a. cias-
eun ministero cominciasse nel nono secolo' circa T an*
no 8i3i come si raccoglie dal if<t;un/mo, celebrato in
queir anno, dove la prima Tolta si . fa meosione del
Beneficio ecclesiastico (a). In cotal gui^a , siccome colo-
ro, che militavano per V Imperio, erano premiati cpn
Feudi^ che .pure si dissero Beneficj^ così i Ministri
militanti per la Chiesa era di dovere, che sr j)remias<
sere con tal sorte ài Beneficj ^ cioh con queste rendite,
e dignità ecclesiastiche, le quali erano chiamate Bene-
fici ; affinchè con tal premio ciascuno si rendesse più.
animoso e forte , e adempisse al proprio dovere ed
ufficio.
Ma questi behefic) non essendo, che un dritto annes«
so e dipendente dal ministerio di godere le rendite
ecclesiastiche in vigore d'una canonica istituzione,
bisognava, che chi il conferiva, avesse ragione e potestà
di conferlrlo^e che la persona,, a chi si conferiva, fos-
se parimente ecclesiastica , per cagion del ministerio,
a cui con titolo perpetuo era unito. Nelle diocesi la
facoltà di conferire era de' Vescovi, i quali o liberamente
gli conferivano, ovvero di necessità; ed era quando
il beneficio non poteva conferirsi se. non a colui, ohe
il Padrone presentava in vigor del /)afron£Uo, che v'avea:
diritto, che crasi acquistato, o per aver fondata la
Ghieaà, o arricchitala di beni, sopra i quali avea isti*
tuito il beneficio.
I Pontefici romani trovaron mezzi non solo di tirjir
(a) Gap. I de Cccles. Dedi&c.
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i44 STOMA CIVILE
ia Roma le eollazioni, e privarne i Vescovi, ed i padro-
ni delle presentazioni, ma d' inventare 'nuove* regole,
perchè ogni cosa servisae a congregar tesori. Prescrissero
certi termini^ così agli Cini, <3om'e agli altri, di valersi
di loro ragione, li quali classi, la collazione si devolve
a Roma. Parimente se nominavano persone indegne ed
incapaci, ed 'acquali ostassero canonici impedimenti,
acquali essi soli si riserbaròno la potestà di poter dis-
peosare, togliendola ad ogni altro. Se fra gli presentati,
o eletti accadeva litigio, la causa era tirata in Roma,
e spesso il beneficio si conferiva né all' uno, né all'al-
tro, ma ad un terzo. S'introdusse, ehe il Papa po-
tesse* concórrere, e prevenire ciascun collatore de' Be-
nefic). 8' invitò la Bhervazione^ eh' è un decreto, per
cui il Papa innanzi che un Beneficio vachi, si dichia-
ra, che quando vacherà, nessuno lo possa, conferire-
Che li vacanti in Curia, la provisione sia del Papa;
siccome tiitli li vacanti per privazione, ovvero per
traslazione ad un altro Beneficio^ ed ancora tutti quelli,
che fossero rinunziati in Curia, e tutti li Benefic] dei
Cardinali, Ufficiali della Córte, Legati, Nunz}, ed altri
Rettori e Tesorieri nelle terre dello Stato romano, e
parimente li beneficj di quelli, che vanno alla Corte
per negozj, se nell'andare, o nel tornare morissero
circa 4o miglia' vicini alla Corte, ed ancora tutti quelli,
che vacassero, a cagione che li possessori loro aves-
sero avuto un altro beneficio.
Furono ancora introdotte le Rassegnazioni, conian-
dandosi sotto spezioso pretesto di levare la pluralità,
de Beneficj, che chi ne avea più gli rassegnasse; e per
r avvenire, chi avendo un beneficio curato ne ricevejsse
xtn altro, dovesse parimente rassegnar il primo, e li
rassegnati fossero riservati alla disposizione del Papa*
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DEL REGNO PI NAPOLI LXIX. CAP.V. t45
S' introduaseto ia questo «ecolo le Commende dei
beneficia le qaali secondo la loro istitusione antica, non
darayan, che per poco tempo: perchè vacando un he*
neiìcio, che dall' Ordinarlo per qualche rispetto noa
si potesse immediatamente provvedere, la cura di quello
era raccomandala dal Superiore a qualche soggetto
degno, sin tanto che la provisione si faoes^e, il quale
però non aveva facoltà di valersi dell' entrate, ma di
governarle, e rìserbarle al futuro successore; ma poi,
ancorché i Pontefici proibissero a' Vescovi il Commertr
dare più che sei mesi, essi passarono a dare le Com-
mende a vita. £ le Commende delle nostre Badie ren-
dute ricchissime, che stabilirono nel nostro Reame,
han tirato in Roma più tesori, che quelle di tutte le
altre parti d' Italia.
Papa Giovanni XXII che si distinse sopra tutti gli
altri per Y esquisita diligenza , che avea in cavar da-
nari d'ogni cosa, onde in 30 anni di Pontificato r^-
gunò incredibili tesori, e con tutta la profusione usata
in vita, pure lasciò alla morte sua 2 5 milioni: intro-
dusse da poi V Annate^ ordinando, che per tre anni
^ogniuno, che otteneva beneficio di maggior rendita^
che a 4 ducati, dovesse nell* espediicione delle Bolle pa-
gare Ventrata d'un anno: il qual pagamento però finiti
li tre anni fu continuato cosi da lui, come da' suoi
successori.
Furono anche introdotte le Pensioni sopra i bene-*
ficj, .le quali sono riuscite più utili che i beneficj 6ìe6su
S'introdussero anche le Coadiutorìe, i Regressi^ le
Grazie esp^ttativcy gli Spogli e tanti altri modi per tirar
denaro in Roma (a). Ma sopra tutto li tanti divieti^
{a) V. Il Trattato delle materie Beneficiarie attribuito ti
P. Paolo Sarpi Servila, io
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i46 STORIA CIVILE
per poterrl appoggiar poi le tante dispense^ così per
la pluralità de* benefic) in una persona, come, per li
gradi di matrimonj^ per le irregolarità, per rilleglt«-
timilà di natali, e per tante altre infinite ed innume-
rabili cagioni; onde non concedendosi quelle senza de-
nari, yennesi per tante, e sì diverse scaturigini ad
essere ben provveduta di tesori la Reggia universale del
Cristianesimo,* con impoverirsi air incontro le nostre
Chiese, e togliersi ai nostri Vescovi la provisione di
quasi tutti i benefic j del Regno, li quali erapo in Roma
provveduti nella maggior parte a' forastiéri, esclusi i
nazionali, c^ontro il prescritto de' Canoni.
Quando nella general Dieta tenuta in Vormazia, alle
querele de' Principi e de' Vescovi si trattò di togliere
questi abusi, narra il Cardinal Pallavicino (a), che i
Legato del Papa Alessandro altamente si protestava,
che ciò sarebbe uno sconvolgere tutto il Mondo: e fa-
cendo la Chiesa un Corpo politico^ diceva che il vo-
lerlo ridurre air antica disciplina, era 1 istesso, che far
tornare un. giovane al vitto, che usò hambino; e che
aiccome le complessioni si mutano ne' corpi umani, cosi
|)arimente avviene ne' Corpi politici. K quando nel Con-
cilio di Trento s'ebbe a trattare di quest' istesàa ma-
teria^ per darvi almeno riforma, fu la cosa più sen-
sibile e spiacente, che mai potesse proporsi. Sì oppo-
sero con vigore i Prelati del Papa, e difendevano gli
' abusi per quest' istesso, che sarebbe dissolvere questo
Corpo politico^ e questa gran Monarchia^ e T iateaso
Cardinal Pallavicino (h) alla svelata dice, ch'essendo
il Papa il Supremo Principe j che ha tanti gran <Se«
(a) Pallav. Istor. del Concilio di Trento , 1. i «. a5» (6)
Pallav. 1. i e. 8 et i(>.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. V. iHj
natoti venerati con regali onoranze, in una Reggia
universale del Grisstianesimo, non deve sembrar cosa
strana, se per conservar lo splendore d'una Reggia ec«
flesìastica abbia tirato a se tutte le grazie, le dispense^
le collazioni, e tanti altri emolumenti per le resignd-
zioni, regressi, annate, pensioni, spogli e tanti altri
modi introdotti per tirar danaro in Roma; poiché (e' di*
ee) siccome qualunque Principe riscuote senza biasimo
i diritti per le grazie e per le dispensazioni, ch'egli
concede secondo le tasse del suo Governo, cosi noa
debba biasimarsi il Papa Principe Supremo e Monarca^
per ciò che concede e dispensa nel Cristianesimo*, •
siccome i Principi qualora talun de' suoi Fedeli s' è
segnalato in qualche azióne militare o politica, gli con«
cede Feudi o altra mercede; così il Papa Principe Su^
premo dispensa quanti beneficj egli vuole a chi s'è se«>
gnalato in qualche azione o d'aver maneggiato bene un
affare, compita bene una Legazione o Nunziatura o
fatti altri importanti servizi alla Santa Sede; ed af-
finchè non fossero distratti dai loro impieghi, e si to-
gliesse r incompatibilità d' aver molti di questi bene-
ficj, e non adempire a' ministeri, a cui sono annessi,
s'introdusse, che in vece dell'ufficio, bastasse la sem-
plice recitazione del breviario e dell'ore canoniche.
Per mantener questa Reggia^ dice ancor questo Car-
dinale (fl), che bisognava aprire più fonti per cavar de-
nari ed onori, onde i Ministri si mantengano con
decoro e pompa conveniente a' Re; e che perciò noa
debbiasi molto badare all' unione di più beneficj in
una persona, senza obbligargli alla residenza. Questi
sono i mezzi in verità ( e' dice ) per conservar eoa splen-
{a) Pallav. Iib« 8 eap. i2h
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i48 STORIA CIVILE
dorè r Ordine clericale, ed una Beggia ecclesiastica;
un de' più efficaci ò la copia di que'beneficj, i quali
non obbligaBo a residenza: dovea provvedersi con ciò
ad una Corte e ad una Beggia universale. Ed altro*
ve (a) valendosi del medesimo paragone del Principe,
apertamente dice, che siccome T erario del Principe
bisogna star sempre pieno per ben governarsi^lo Stato,
cosi, tener l'erario vuoto il Papa, Principe supremo^ è
ristesso, che allentar la disciplina. Quindi conehiude,
che il riformar la Datarìa^ proibire a* Giudici eecle*
aiastici impor pene pecuniarie, ed il levar le spes^
nelle dispensazioni^ era un allentar la disciplina*^ poi-"
che la pecunia ( sono sue parole ) è ogni cosa virtuaU
mente\ così la pena pecuniaria è dall'umana impera
fezione la più prezzata di quante ne dà il Foro pu*
ramente ecclesiastico: il quale non potendo ^ come il
secolare j porre alla tUssoluzione il freno di ferro y con '
vien che gliel ponga d'argento.
Ili Della conoscenza nelle Cause.
Tirata tutte le eause d' appellazioni in Roma , si
proccurò ampliare la giurisdizione del Foro episco*
pale, e stendere la conoscenza de' Giudici ecclesiastici
sópra più persone, ed ia più cause, sicché ppco ri-
manesse a^ Magistrati secolari d impacciar^efire. Fede-
rico li in alcuni enormi e gravi delitti de'ChericI,
perchè non rimanessero impuniti, prendeva egli so-
vente a fargli castigare: ma Clemente nelle condizioni
delf investitura data a^Garlo, volle nel ao articolo che
si stabilisse, che in tutte le cause cosi civili, come cnu
(a) Pallav. lib. a cap. 6.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. 149
minali non si potessero convenire avanti il Giudice se-
colare, se non si trattasse civilmente di cause feudali. E
le sorprese, che a questi tempi si fecero, non pure presso
di noi, durante il Regino degli Angioini, ma anche nel
Regno stesso di Francia, furono maravigliose. I nostri
.ile della Casa di Angiò riconoscendo da' romani Pon-
tefici il Regno; e Vjedendo che in Francia anche quei
Re lo soiferivano, non aveano cuore di resistere e di
opporsi. Sottratto 1 Ordine ecclesiastico totalmente dalla
giurisdizione secolare^ ed arricchito di molti privilegi
ed immunità, si pensò stendere in prima Teaenzione a
più persone che non erano di queir Ordine.
I. Essi mettevano al numero de' Gherici tutti quelli
che avevano avuta tonsura, ancorché fossero casati, ed
attendessero ad altre occupazioni, che ecclesiastiche; %
narra Carlo Loyseau (a), che in Francia la cosa s' era
ridotta in tale estremità, che quasi tutti gli uomini
erano di loro giurisdizione, perchè ciascuno prendeva
tonsura per esenzionarsi dalla giustizia del Re o del
suo Signore, più tosto che per servire alla Chiesa. la
Francia però quest'abuso fu nelranno 1274 corretta
a riguardo dell' esenzioni delle tasse o gabelle dal Re
Filippo V Ardito^ il quale volle che i Cherici casati
fossero sottoposti all« tasse, come li puri laici, e Tim^
munita^ loro rimanesse solo a riguardo del Foro, la
quale pure fu poi lor tolta dall' Ordinanza di Rossi^'
glione, la quale questa immunità la conservò soia-
mente al Cherici coautuiti negli Ordini Sacri, e poi
il Parlamento la conservò anche a' Beneficiati. Ma nel
nostro Regno T abuso non fu tolto all' intutto, e ri^
anase sol corretto a riguardo dell' esenzioni delle col-
(a) Loyseau det Sign. et Jastlc. ficd. cap. i5«
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i5o STORIA. CIVILE
lette o g[abelle, riiDanendo loro T immanità a riguardo
dei Foro, perchè facevano i Re della Casa d' Angiò
valere nel Regno la Costituzione di Bonifacio YIII, per
la quale era stato conceduto Sk Cherici conjugati privi-
legio d' immunità; onde il Re Roberto nel 1822 or-
dinò a' suoi TJfticiali del Regno che osservassero detto
privilegio, e che non procedessero, cosi nelle loro cause
civili, come criminali, purché però abbiano contratta
matrimonio con una, e vergine, portino la tonsura, e
le vesti chericali, e non si meschino in mercatanzìe e
negoziazioni; ed ancora se non abbiano assunto la ton«>
sura, ed abito del Chericato dopo commesso il delitto
per evitar la pena (a). La qual Ordinanza fu rinnovata
poi dalla Regina Giovanna I neir anno i347 (£); e
confermata dal Re Ferdinando I d'Aragona per sua
Prammatica (e) stabilita neir anno 1469.
Parimente nel nostro Regno a' Frati terziarj di
8. Francesco che sono mantellati e cordonati^ ed abi-
tano in luoghi claustrali; siccome alle Bizoche^ che vi-
vono con voto verginale o celibe viduale, pure loro si
diede Y esenzione dal Foro secolare. E nel Regno degli
Angioini la cosa si ridusse a tal estremità» che fino le
Concubine do Gherici godevano esenzione; e quel che
fa pivi maraviglia, ne furon persuasi gli sfessi nostri
Principi, leggendosi, che i Cherici della città e dio-
cesi di Marsico si querelavan col Re Roberto, perchè
il Giustiziero della provincia di Principato cifra pro-
cedeva contro le loro concubine; imperocché avendo
il Re Carlo II padre di Roberto per suoi Capitolari
ordinato, che le concubine scomunicate, le quali fès-
{a) Chioc. M. S. giaris. tom. io. (b) Chioc. loc cit {e)
Pragm. i de Clerici s^ seu Diaconis salvaticis.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. V. i5i
s«to r anno persistevano pure nella sc^nnunica, foisisero
multate in certa quantità di denari, il Qiustiziero, an*
ohe dalle concubine de' Gherici voleva esiger la multa*^
onde il Re Roberto neir anno 1817 ordinò ai mede-
simo, che non procedesse contro di loro in virtù del
detto Capitolo di suo padre, né tampoco le molestasse
nelle persone, nò nelli beni, ma che lasciasse il ca-
stigo di quelle alli Prelati delle Ghiese (a).
S'introdussero ancora nel Regno i Diaconi selvaggi
che pure pretendevano esenzione; e bisognò per cor-
reggere in parte quest'altro abuso, che il suddetto Re
Ferdinando I^ nel 1479^ pubblicasse prammatica {b) colla
quale fu stabilito, che qualora non sono ascritti al ser-
vizio d'alcuna Ghiesa, ma si mescolano nc'negozi se-
colari, e di Diaconi e di Gherici non abbiano che il
puro nome, s'abbiano da riputare come veri laici, in
modo che siano soggetti al Foro secolare, ed avanti
giudici secolari, così nelle cause civili, come criminali^
debbiano essere convenuti, e debbano soffrire tutti i
pagamenti fiscali, gabelle, collette, e tutti gli altri pesi»
che sostengono i laici. Fu da poi praticato, che non
godessero il privilegio del can. si quis suadente^ né il
privilegio del Foro nelle cause civili^ ma solo nelle
criminali, e nelle civili in quanto al costringimento del
corpo, rendendogli immuni da' pesi personali, tion però
di gabelle, collette, ed altri pagamenti fiscali e pesi
reali,. Intorno a che dal nostro Gollaterale per varie
consulte, e dal Tribunale della regia Camera per piolti
auoi Arresti fu meglio regolato tutto quest' affare, e
{a) Chioc. Ice. cit* {b) Fragm. 4 de GUricii seu Diaconis talr
Taticis.
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^
i55 STORIA CIVILE
rimediato in parte agli abusi; di cbe è da Tederai il
Chiocearelli {a).
Ancora fra noi fa uno de* ponti controvertiti se i
laici famigliari de' Vescovi dovessero convenirsi cosi
nelle cause civili, come criminali avanti il Vescovo, o
pure avanti Giudici secolari (b); pretendendo gli Ec-
clesiastiei tirargli al loro Foro episcopale.
Parimente stendevano la esenzione conceduta alle
loro persone, anche sopra i mobili de'Cherici, in con-'
seguenza di quella massima mal intesa, mohilia se-
ijuuntur personàm^ di maniera che tutti li ùiobili delle
genti di Chiesa casate o non casate, non potevano es-
sere eseguiti, né ad altri aggiudicati dal Giudice laico.
II. Essi sostennero, che ogni causa dove o<S3orresse
mala fede, e per conseguenza peccato^ fosse della loro
giurisdizione^ come quella nella quale occorre di do-
versi trattare del ^oggetto dell'anima, di cui essi sono
ì Moderatori; e così essi intendevano il passo del Van-
gelo, si peceaverit frater tuus^ die Ecclesiae^ partico*
larmente quando le Parti se ne querelavano v la qual
querela perciò essi chiamavano denuncia Evangelica^
siccome è ampiamente trattato pelle Decretali (r), dove
il Papa vuol prendere a giudicare delle differenze tra
i Re di Francia e d'Inghilterra toccante la devolu-
zione pretesa dal Re di Francia de' Feudi e Signorie,
che il Re d' Inghilterra teneva di quella Corona , s^
cagion della costui fellonia; per la qual cosa essi si
pretendevano Giudici competenti quasi in ogni azione'
eziandio personale, anche tra laici, dicendo, che rare
volte ella era esente dalla mala fede , e per conse-
(a) Chioc. M. S. giurìsd. tom. io de Immuoit. Clefic. (^)
Chioc. M. S. giurisd. tom. 3. (e) Gap. novit de Judtc.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. e AP.V. iS3
gueoza Aal peccato^ o dell* una, o dell* altra parte: e
quando ei trattala ddr esecuzione de' contratti, esai
non facevano diFBcoltà di tirar alla loro conoscenza
la lite, a cagion del giuramento, che per lo stil^ co-
mune* de' Notai vi è inserito (a) , confondendo n^ala-
mente la censura deVcostuoii colla giurisdizione^ e la
correzion penitenziale colla giustizia contenziosa^ senza
aver riguardo al fatto di Natan con Davide rappor*
tato anche da Graziano nel suo Decreto (*).
HI. Per somigliante ragione essi sostenevano, che
la conoscenza de' testamenti loro appartenesse, come
materia di coscienza, dicendo , ch'erano li naturali
esecutori di quelli; anzi ch'essendo il corpo del de-
funto testatore lasciato alla Chiesa per la sepoltura^
la Chiesa ancora erasi fatta padrona de' suoi mobili
per quietare la coscienza, ed eseguire il suo testa*
mento. E Carlo Lojseau (&) ci testifica, che in Inghil-
terra erasi introdotto perciò costume, che quando ta-
luno moriva senzi testamento, il Vescovo o persona
*dd lui destinata s'impadroniva de' mobili di quello. E
che in Francia anticamente gli Ecclesiastici non vo-
levano seppellire i morti, se non si metteva tra le loro
mani il testamento , o in mancanza del testamento^
non s'otteneva licenza «peziale del Vescovo; tantoché
nell'anno 1^07 bisognò che il Parlamento rimediasse
a tanto abuso, con far decreto contro il Vescovo di
(a) Cap. 3 de For. compet. (*) Can. 4^ § item com Da-
vid caus. 2 qu. 7. N»tfaan cum David red«)rguit, suum est
executus ofììciuiia , in quo erat Rege superior: non usurpavi!
Regis ofBcium , in quo erat Rege inferior. Monuit eum , ut
per poenitenliam peccata sua expìaret; non autem tulit ìa
eum sententiam qua tauquam «dulter, el homicida morti
adjiceretur, (h) Lojseau Le.
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i54 STORIA CIVILE
Amictns, e li Curati d'Abbeyille, che coloro, che mo«
rivano intestati, fossero senza contraddizione, e senza
comandamento particolare del YescoTo seppelliti. Ed
erasi parimente in Francia introdotto costume, che
gli afflitti eredi per salvare Tenore del defunto, morto
senza testare, dimandavano permissione al Vescovo di
poter per lui testare ad pias causasi e vi erano degli
Ecclesiastici, li quali costringevano gli eredi dell' inte-
stato di convenire a prender Arbitri, per determinare
la somma, che il defunto avesse dovuto legare alla
Chiesa.
Da queste intraprese degli Ecclesiastici nacque nel
nostro Regno la pretensione di alcuni Vescovi, d'ar-
rogarsi la facoltà di far essi i testamenti ad pias cau-
sas per li laici, che muojono ab intestato, siccome
per antica usanza lo. pretesero i Vescovi di Nocera
de' Pagani, d' Alife , d' Oppido , di S. Marco ed altri
Prelati nelle loro diocesi, i quali morente applicavano
i beni dei defunto a se stessi. Ed in alcune parti del
Regno i Prelati pretesero indistintamente d'applicarsi
a lor beneficio la quarta parte de' mobìli del defunto
nK>rto senza testare. E si penò molto presso di noi per
estirpar questi abusi, e non se negli ultimi tempi, alle
reiterate consulte della regia Camera, e voti del Col-
laterale, vi si diede rimedio, con ispedirsi più lettere
ortatoriali a' Vescovi, affinchè non presumessero d'ar-
rogarsi tal potestà, e sovente contro gl'inobbedienti si
è proceduto al sequestro delle loro entrate, ed a car-
cerazioni de' congiunti; non perdonandosi nemmeno al
Vescovo di Nocera, con tutto che per se allegasse
V immemoriale , come un abuso condannabile , e più
tosto corrutela, che lodevole usanza (a).
{a) Y. Chioccar. M« S. gturisd. tom. 13.
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DEL REGNO DI NAPOLI LXIX. CAP.V. i55
Da ciò è nato ancora, che siavi presso di noi rì-
toiaso costume, siccome anche dura in Francia che li
Curati, o i Yicari siano capaci come i Notai di ri-
cevere li testamenti, e quando dispongano .ad pias
causasy ancorché fatti senza solennità, dar loro vigore
ed ossenranza.
ly. Per cagion della connessitày se tra più com*
pratori, coeredi, o condebitori, uno ne fosse Cherico,
essi dicevano, che il privilegiato, come più degno,
deve tirare avanti il suo Giudice tutte le altre parti.
Parimente li Canonisti dicevano, che il laico poteva
prorogare la giurisdizione ecclesiastica, e non il Che-
rico la secolare: e dicevano ancora, che apparteneva
al Giudice ecclesiastico supplire il difetto,, o negli-
genza del Giudice laico^ e non al contrario; e quando
de gli dimandava la ragione, essi dicevano, che ciò
era, perchè anticamente gli Ecclesiastici erano giudici
de' laici così ben che de' Cherici , e che non v' era
perciò ineonveniente, che le cose tornassero nella loro
prima natura, come dice il Cardinal Ostiense (a). E
pure da' precedenti libri di quest'Istoria si è chiara-
mente veduto, che la giustizia ecclesiastica in ciò che
ella è contenziosa, è stata conceduta dalli Principi,
e dismembrata« dalla giustizia temporale ed ordinaria,
e fu chiamata perciò privilegio Cìiericale; e li Cano-
nisti la chiamano pure privilegium Fori^ per denotare
eh' è contro il diritto comune.
T. Essi sostenevano, che tutte le cause diìficili, spe-
cialmente in punto di ragione, loro appartenessero, e
principalmente quando vi era diversità d' opinioni tra'
Giureconsulti o Giudici: allegavano perciò quel passo
(a) Qsticnfi. 19 Summa tit. d« for9 compii.
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i5« STORIA CIVILE
del Deuteronomio (a):' Si difficile^ et amhiguum apvd
te judicium esse prospexeris^ et judicium intra Portaa
videris variarla venies ad Sacerdote^ Levitici gèneris^
' tt ad Judiceniy qui fuerit 'ilio tempore^ qui judtkahunt
tihi ventatemi et facies quaecumque dixerint qui prae^
sunt in loeo^ quem elegerit Dominus, Quando è a tutti
palese la gran differenza tra le leggi romane, e la poli-
tia del vecchio e nuovo Testamento. E da questo prin-
cipio avvenne , che si veggano in più luoghi delle
Decretali cause difficili decise da* Pontefici, che non
erano in conto alcnno della giustizia ecclesiastica, co-
me fra r altre la famosa decretale Raynutius {b).
TI. Dicevano, che apparteneva ad essi il supplire al
difetto, negligènza, o suspizione del Giudice laico (g)\
e sotto questo pretesto, se un gran processo' durava
lungo tempo nel Tribunale secolare. Io tiravano a loro.
Quindi s'arrogavano la facoltà di conoscere delle su-
tpizioni de' Giudici laici, e quest'abuso non jpure in ,
Francia, come testifica Lojrseau (J), ma anche ne' Re«
gni di Spagna erasi introdotto (e), e presso di noi nel
Regno degli Angioini avea preso anche piede; e fa
tanta la soggezione a* Pontefici romani, ovvero la atn*^
pidezza de' nostri Principi Angioini y che non senza
gran maraviglia , tra i Riti della nostra Gran Corte
della Yicaria (/), si legge una prammatica della Re*
gina Giovanna li colla quale ordina , che ( toltane la
città di Napoli, dove vuole che le auspizioni si co-
{a) YieD allegato nel cap. per- venerahilem, Exlr. qui filii
sint legit. {b) Cap. Raynutius. Extr. de lestameutis (e) Gap.
licet, Extr. de foro compet. (d) Loyseau I. e. {e) For Judic.
lìb. 2 tit. I 1, 22 et ibi Yillad. n. 8. Rov. Pragmat, a et 3
de su3pic. ofiic. (/) Rit. a65«
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DEL REGNO DI NAPOLI JL.XIX. CAP.T. iS;
aoscaoo dal G. Protonotario ) io tutte le altre città
e luoghi del Regno, le suspizioni s'abbinino ad al-
legare a vaia ti il Vescovo diocesano, e suo Vicario. E
con tutto che nel regno degli Aragonesi non si fcase"
fatta osservare, nulladimanco non, mancavano ji Ye-
scovi, quando lor veniva iatto, di prenderne la cono-
scenza, i
Ma succeduti gli Spagnuoli^ usarono costoro rimed}
più forti per togliere quest'abuso, perchè avendo
nel ibSi r Arcivescovo d'Acerenza tentato d'intror
mettersi a conoscere della suspizione allegata innanzi
a lui dal Capitano di Pietrapertosa contro i suoi Sin-
dicatorì^ D. Pietro di Toledo, ad istanza di quella
Università, con voto del. regio Gollateral Consiglio,
scrisse una grave lettera ortatoriale all'Arcivescovo, in-
sinuandogli , che tlovesse astenerci di conoscere di
quella sospìzione, spettando tal conoscenza alla giu-
risdizione del Re, non èssendo stata la pretesa pram-
matica osservata, e che facendone il contrario avrebbe
proceduto contro di lui, come di chi cerca usurparsi
la giurisdizione regia (a): la qual lettera, narra Pro*
spero Caravita (6), averla egli fatta imprimere fra le
altre prammatiche di questo Regno, che oggi giorno
si legge in quel volume. E nel governo di D. Para*
fan di Riviera, essendo stato questo Viceré avvisato
che i Vescovi e i loro Vicarj nelle province di Prin-
cipato citra e di Basilicata, s'abusavano d'intromet-
tersi a conoscere delle cause di sospizione degli Uf*
ficiali, dirizzò nel iS66 un premuroso ordine al Go'-
vernadore di quelle province, comandandogli, che io
suo nome facesse emanar bando sotto gravi pene ìa
{a) Pragm. 2 de saspic» offìc> (b) Caravita Rit« 265 nu. 2«
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i58 STORIA CIVILE
tutte le città, terre e luoghi di quelle proTince, clie
nelle cause di sospizioni le parti litiganti non deb-
biano più aver ricorso a* diocesani, ma che lo dores-
sero ayere nella regia AudiensRa, dove loro sarà mini*
iitrato complimento di giustizia : il quale ordine fa
pure fatto imprimere tra le nostre prammatiche (a) af-
finchè tra noi si togliesse affatto quest'abuso.
VII. Sotto colore, che negli antichi Canoni trova-
vano, che il Vescovo era protettore delle persone mi-
serabili, come delle vedove, pupilli, stranieri e po-
veri, volevano conoscere di tutte le loro cause (h);
ancorché vi sia gran differenza tra proteggere i mise-
rabili, e proccurar per essi la giustizia, che d* esser
Giudice delle loro cause.
Vin. Inventarono un altro genere di giudiclo, chia-
mato di Foro misto f volendo, che contro il secolare
possa procedere così il Vescovo, éome il Magistrato ^
dando luogo alla prevenzione, come sono i delitti di
Ugamia, d' osura^ di sagrilegio, d' adulterio , d'ince-
sto , di concubinato, di bestemmia , di sortilegio e di
spergiuro, siccome ancora le cause di decime e di
legati pii. Nel che essi v' aveano questo vantaggio ,
perchè colla esquisita lor sollecitudine, sempre pre-
venendo^) non lasciavano mai luogo. al Magistrato se-
colare, e se r appropriavan tutti, come reputati an-
che da essi, delitti ecclesiastici. £ nel nostro Keam#
noB si finìron d'estirpare affatto questi abusi, se noa
nel Regno degli Spagnuoli^ i quali non ammisero pre-
venzione alcuna , e la cognizione de' suddetti delitti
contro i làici fu attribuita interamente a' Giudici re-
(a) PMigm. 3 de suspic. oflic. {b) Gap. ex parte de for«
eonipet» Gap. naper de donat. inter vir. et uxor.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. iSg
gi (a); non dovendosi riputar in modo alcuno eccle-
siastici perchè veramente li delitti ecclesiastici, o sono
quelli che concernono la politia ecclesiastica, come
dice Giustiniano nella JVov. 83 ovvero li minori de-
litti, di cui la Giustizia ordinaria ne trascura la ri-
cerca, e di cui perciò la primitiva Chiesa ne intra-
prendeva la censura o correzione, per conservare una
partiqolar purità di costumi .tra' Cristiani ; ma questa
correzione ei faceva sommariamente, ^ senza giudizio
contenzioso ; come si è narrato nel pri^o e secondo
libro di questa Istoria.
IX. Si appropriarono tutte le cause matrimoniali,
dicendo, òhe essendo stato il contratto di matrimonio
dà Cristo S. N. elevato a Sacramento, la cognizione
di tutte le cause a quello appartenenti deve essere
de' Giudici ecclesiastici. Ma s'è veduto ne' precedenti
secoli, che i Principi cattolici presi&ro essi la cura dei
matrimonj, essendo cosa chiarissima, che le l^ggi de*
matrimoni , i divieti e le dispense de' gradi , tutte fu-
rono stabilite dagl'Imperadori; e fin tanto che le leggi
romane ebbero vigore, i giudicj a quelli appartenenti
erano innanzi a Magistrati secolari agitati: il che la
sola lettura, de* Godici di Teodosio e di Giustiniano
e delle Novelle lo dimostra evidentemente. E nelle
formole di Cassiodoro (&), come altrove fu da noi
rapportato , restano memorie de' termini usati da' Re
ostrogoti nelle dispense de' gradi proibiti ^ che allora
erano reputate appartenere al governo civile, e non
cosa di religione; ed a chi ha cognizione dell'istoria,
è cosa notissima, che gli Ecclesiastici sono entrati a
giudicar cause di tal natura, parte per qommessione
(a) y. Chiocc. M. S. gìurisd. t. 5, (b) Cassiod. lib. 7 cap. 46.
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i6o STORIA CIVILE
e parte per negligenza de' Principi e de' Magistnttf*
Ma di ciò ora, per la determinazione del Concilio di
Trento (a), non lece più dubitarne.
Finalmente i Dottori romani {b) arrivarono insino
#d Insegnare, che i delinquenti ne- territorj d^ altri
Principi, non si debbano rimettere ^ ma mandarsi a
dirittura in Roma per esser puniti^ perchè il Papa
essendo ii Signore della città di Roma, eh' è la co-
mune Patria di tatti, avendo' Tlmperador Antonino
per sua legge (e) statuito, che tutti coloro, che na*-
scotto tteir Orbe romano , s* intendano fatti cittadini ro«
mani, meritamente come soci sudditi può prendergli
a giudicare e punirgli (d).
y^ Né finirono qui le loro intraprese, perchè vi sono
altri innumerabili casi, pe' quali eran costretti i laici
piatire avanti Giudici ecclesiastici, de' quali non com-
porta il mio istituto farne qui un più lungo catalo-
go. Essi furon nientedimeno compresi da Ostiense (*)
in sette versi, che chi gH considera, non può non
rimaner sorpreso in veggendo a quale sterminata am*
piezza avessero gli Ecclesiastici a questi tempi stesa
{a) Conc. Trid. sess. ^^ can. 12. {b) Oldrad. cons. 12^.
Pctr. Barbos. ad llb. 2 $ legatìs> D. de Judic. FarÌDac. in
prax. crini, q. 7 num. 17. {e) L. Romae 35. D. ad munidpal.
L. in Orbe 17. D. de stat. hom, {d) Y. Àrtur. DuiqjL de auth»
|ar. ctv. Rom. lib. a e. 3 num. 5. (*) OstienS.
Hacreticus, Sifoon, foenus, perjurus, ftduker>
Pax, privìlegìum , violentus, sacrilegusque ,
Si vacat Iinperiuin , si uegligit, ambigit, aut sit
Suspectus Judex> sit subdita Terra, vel usiis
Ru&ticus, et servus, peregrinus, Feada, viator.
Si quia poeniteat, miser, omnis causaque mista>
, Si denunciat Ecclcsiae quis> judicat ipsa.
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r)EL REGNO DI NAPOLI L. XIX. e AP.V. i6i
h loro ct)009oeii2a; donde conosoerà ancora, che noa
TI è fÌD^ . air usarpazìone , da poi che una volta li lU
miti della ragione sono superati ed oltrepassati.
Tutte queste intraprese della Gidstizia ecclesiasti-
ca , oon meno presso di' noi , durante il Regno degli
uingioini^ elle in Francia durarono lungamente, ma da
poi i Franzesi valendosi di rimedi forti ed efficaci,
ruppero le catene; e per T Ordinanza del iS^g fu-
rono molto ben riseòate, la quale rimise la loro giu-
stizia al giusto punto ideila ragione, lasciando sola-
mente alla Chiesa Iti conoscenza ' de' Sacramenti tra
tnite le persone, e delle sole cause personali degli Ec-
clesiastici (a); che fu in effetto ritornare alF antica di-
stinzione delle due potenze, lasciandosi le persone e
le cose, spirituali alla Giustizia ecclesiastica, é le tem-
porali alla temporale. Nel nostro Reame gli Spa-
gnuoK cominciarono a risecar gli abusi, ma non ri-
duasero la loro Giustizia al^gitìsto punto, come si fece
in Francia; perchè gli Spagnuoliy come saviamente fa
osservato da Pietro di Marca Arcivescovo di Parigi,
e da noi si farà vedere, quando ci toccherà ragionare
dA ler governo j vollero medicar la ferita giurisdizióne
regia con impiastri ed unguenti, non già col fuoco
e col ferro, come si era fatto' in Francia. . .
IV Trihùnale delV Inquisizione.
. Per meglio stabilir . la' Monarchia ^ fu in que6|p se-
colo introdotto in Roma il Tribunale dell'Inquisizio-
ne. Innocenzio III, come si è veduto nel decimoquinto
libro di quest'Istoria, non avea agi' Inquisitori eretto
(a) Loys. loc. cit.
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,6a STORIA CIVILE
Tribunale alcuno; ed il nostro Imperador Federico II
né meno presso di noi Y eresse , ma a' Magistrati or-
dinari commise la coodani^zione degli Eretici , i quali
insieme co' Prelati delle Chiese da lui destinati, ai
quali s' apparteneva la conoscenza del diritto , dove-
vano invigilare per estirpargli. Ma morto Tlmperador
Federico, essendo le cose di Germania in confusione^
e r Italia in un Interregpo, che durò a3 anni, lono-
cenzio IT rim^inendo qoa^i arbitro in Lombardia, ed
in alcune altre parti d'Italia, e vedendo ili gran pro-
gresso , che gli Eretici aveano fatto nelle turbazioni
passate, applicò T animo all' estirpazione di qtielli;- e
considerate T opere, che per T addietro aveano fatte in
questo servigio i Frati di S. Francesco, ebbe per* unico
rimedio ' il valersi di loro , adoperandogli ^ non come
prima, solo a predicare, o coogregare iCrocesigruHi^
ma con dare ad essi autorità stabile, ed erger loro
un fermo Tribunale, il quale d'altra cosa non avesse
cura.
Ma a ciò due cose s' opponevano: V una, come si
potesse senza confusione smembrar le cause d'eresia
dal Foro episcopale, che le avea sempre .giudicate, »
costituir un Ufficio proprio per esse soie: i! altra come
si potesse escludere il Magistrato secolare, al giudicio
del qualo era commesso il punir gli Eretici, per l'an-
tiche leggi imperiali , e per T ultime dell' Imperador
Federico II ed ancora per li propri statuti, che cia-
acunii città era stata costretta ordinare, pei: non lasciar
jprecipitare il governo in que'gran tumulti. Al primo
inconveniente trovò il Pontefice temperamento, con er-
ger un Tribunale composto dell' Inquisitore e del Ye*
scovo, nel quale però l'Inquisitore fosse non solo il
principale, ma il tutto, ed il Vescovo vi avesse poco
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. GAP. V. i63
più » che il nome. Per dar aache qualche apparenza
d'autorità al Magistrato. secolare, gli concesse d'asse-
gnar li Ministri alF Inquisizione, ma ad elezione de«
gP Inquisitori medesimi: di mandare coir Inquisitore,
quando andasse per lo Contado, uno de' suoi Assessori,
ma ad elezione dell' Inquisitore stesso: di applicare un
terzo delle confiscazioni al Comune; ed altre cose tali,
che in apparenza facevano il Magistrato compagno del-
r Inquisitore, ma in sostanza servo. Rimaneva di pro-
veder il danaro per le spese , che si sarebbero fatte
nel custodire le prigioni, ed alimentar gì' imprigionati;
laonde si ordinò^ che le Comunità le pagassero, e cosi
fu risoluto, essendo il Papa in Brescia Tanno 13 5 1.
Furono per tanto deputati li Frati di S. Domenico
Inquisitori in Lombardia, Romagna e Marca Trivisa-
nsi^ li quali adempiendo al lor ufficio con molto ri-
gore, cagionarono in Lombardia qualche tumulto: per-
ciocché avendo nel seguente anno Innocenzio deputato
Inquisitore di Milano Fr. Pietro da Verona deirOr**
dine de' Predicatori, (*) costui per estirpar da quella
città alcuni infettati d'eresia, che si facevano chiamar
Credenti^ non trascurava diligenza per punirgli, onde
alcuni incarcerava ( sono parole del Pausa (a) ) oJ
altri . dava bando , e gli ostinati , in halia della Corte
secolare faceva con V ultimo supplicio del fuoco puni-
re; ed avea già fatto molte esecuzioni^ ed ordinato di
farne delV altre dopo Pasqua di Resurrezione; di che
intimoriti alcuni principali Milanesi, dubitando della
lor vita per li processi, che avean presentito aver loro
fatti fabbricare T Inquisitore, si congiurarono insieme,
(*) Vedi Apologia Toro. V. parte seconda cap. 3. {a) Pausa
ndla Vita d' Innocenzio IV.
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if4 STORIA CIVILE
e risolvettero di prevenir Y Inquisitore con farlo mc^
rire; onde accordati gli assassini, questi postisi in agua-
to in una solitudine fra Milano e Como, dove all'In* *
quisitore occorreva passare,' quando lo videro, gli cor*
sero subito colle spade nude addosso, e V uccisero. Di
che fattosene in Milano gran, rumore^ e pre^o de' de*
linquenti severo castigo, Innocenzio, per questo mar-
tirio sofferto, volle canonizzarlo per Santo, siccome <a
prima domenica di quaresima del seguente anno 13 53
con molta solennità fu celebrata la canonizzazione,
ed ascritto nel Catalogo de' Santi Pietro Martire da
Verona, Si segnalarono anche in co tal guisar molti al-
tri Frati di quest'Ordine, e di quello ancora de' Fra^i
Minori^ i quali mandati dal Papa nelle parti di To-
losa, molti ne furono per simili esecuzioni ammazzati.
Ma non perciò riputò Innocenzio di rallentar il ri-
gore, anzi sette mesi da poi che in Brescia avea date
le leggi per questo Tribunale , dirizzò una Bolla a
tutti i Rettori, Consigli e Comunità di quelle tre pro-
vince, prescrivendo loro XXXI Capitoli, che dovessero
osservare per lo prospero successo del nuovo Tribuna-
le, comandando, che li Capitoli fossero registrati fra
gli Statuti del Comune, ed osservati inviolabilmente.
Diede poi autorità agl'Inquisitori di scomunicargli, -ed
interdirgli, se non gli osservassero. Non si distese il
Pontefice per allora ad introdurre T Inquisizione negli
altri luoghi d'Italia, né fuori di quella, dicendo, che
le tre province soprannomate erano piìi sotto gli oc-
chi suoi e più amate da lui. Ma la principal cagióne
era , perchè in queste egli avea grande autorità,* es-
sendo senza Principi, e facendo ogni città governo da
ae sola, nel quale il Pontefice avea anche la parte sua^
poiché aveva loro aderito nell' ultime guerre. Ma con-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.T. 16É;
tuttociò non fu facilmente ricevuto T editto; onde Ales-
sandro. IV suo successore^ sètte anni da poi, nel 1369
fu costretto a moderarlo e rinovarlo. Comandò tut-
tala agl'Inquisitori, che con le censure costringessero
li Reggenti della città air osservanza.
Per la stessa, cagione Clemente lY, sei unni da poi,
cioè nel i265 lo rinovò i^el medesimo modo, né però
fu eseguito per tutto, finché quattro altri Pontefici
auoi > successori non fossero costretti ad usar ogni loro
aforzo pef superar le difficoltà, che s'attraversavano
nel far ricevere il Tribunale in qualche luogo. Nascer
vano le difficoltà da due capi: Tuno per la poco di*
screta severità -de' Frati Inquisitori, e per T estorsioni
ed altri gravami: F altro, perchè le Comunità ricusa-
vano di somministrar le spese; per la qual cosa ri-
solsero di deporre la pretensione, che le spese fossero
fatte dal Pubblico; e per dar temperamento el rigore
eccessivo degli Inquisitori, diedero qualche partfe di
più al Vescovo, il che fu cagione, che con minor dif-
ficoltà s' introducesse V Inquisizione in quelle tre prò**
vince di Lombardia, Marca Trivisana e Romagna e
poi in Toscana ancora, e passasse in Aragona ed in
qualche città d' Alemagna e di Fraticia. Ma da Fran*
eia e, da Alemagna presto fu levata, essendo alcuni
degr Inquisitori stati scacciati da que' luoghi per li
molti rigori ed estorsioni, e per mancamento ancora
de* negozi. Per la qual cagione si ridussero anche a
poco numero in Aragona; poiché negli altri Regnidi
Spagna non erano penetrati.
Nel nostro Reame di Puglia^ mentre durp il Regno
àe Svevi^ non fu variato il modo stabilito dall' Impe-
rador Federico di procedere contro gli Eretici» Né»
morto Federico, per la nimistà e continue gueri^e tra
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i66 STORIA CIVILE
Corrado e Manfredi 'suoi successori con Innocenzio
e con gli altri seguenti Pontefici, fu introdotta novità
alcuna. Nelle Corti Generali da Federico istituita se
ne prèndeva cura, dove i Prelati doveano denunciar-
gli, affinchè il Magistrato vi procedesse, di cui era il
conoscer del fatto e la condanna, siccome de' Prelati
la conoscenza del diritto. Erano non da Roma, ma
da' nostri Prìncipi destinati i Prelati per quest'Uffi-
cio, i quali insieme co' Giudici regj, quando bisogna-
va, scorrevano le province, e gF imputati d'eresia, se
convinti persistevano ostinatamente nell'errore, erano
fatti morire; se davano speranza dì ravvedimento, era-
no mandati nel Monastero di Monte Cassino, o a quello
della Cava, dove bì tenevano prigionieri, insino che
dopo aver abjurato, non soddisfacessero la pena a loro
imposta, siccome si è narrato ne' precedenti libri di
questa Istoria.
Ma caduto il Regno in mano degli Angioini ligii
de' romani Pontefici, ancorché non si fosse introdotto
presso di noi Tribunal fermo d' Inquisizione dipendente
da quello di Roma; nulladimanco di volta in volta i
Pontefici solevano destinar particolari Commessari In*
quisitori per lo più Frati Domenicani, i quali scor-
rendo per le nostre province , col favore e braccio
del Magistrato secolare, facevano delle esecuzioni. E
quantunque queste commessióni non potessero eseguir-
le senza il placito regio; nulladimanco i nostri Prin*
cipi Angioini per la soggezione, che portavano a' ro-
mani Pontefici, non solo non gF impedivano, ma loro
facevan dai*e da' Giudici regj ogni ajuto e favore; anzi
sovente comandavano, che dal regio Erario loro fos-
sero somministrate anche le spese* Così Carlo I d'An-
giò nell'anno 1369 ordinò a' suoi Ministri, che pa-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. 167
gasserò a Fr. Giacomo di Civita di Chicti Domenicano
Inquisitore dell* eretica pravità nella ptorincia dì Terra
di .Bari e di Capitanata costitnito dalla S. romana
Chiesa, un.augustale d'oro il dì per sue spese e di
un suo compagno, d'un Notajo e tre altre persone e
loro cavalli (a); e nel medesimo anno ordinò al Go-
yernadore della provincia di Terra di Lavoro, che a
richiesta di Fr. Trojano Inquisitote coslituitò dalla Sede
Appostolica gli prestasse ogni ajuto , eonsiglio e fa-
vore, quando, e dove vorrà, e che eseguisse subito le
sue sentenze^ che darà contro gli Eretici, loro beni e
fautori (6). Parimente scrisse a'regj Secreti di Puglia,
che somministrassero 3o oncie d*oro sk Fr, Simone di
Benevento dell'Ordine de' Frati Predicatori Inquisitore
dell' eretica pravità, costituito dalla Chiesa romana nel
Grastizierato di Basilicata e. di Terra d'Otranto (0),
Il medesimo Re nel 13 71 ordinò a' suoi Ministri, che
pagassero a Fr, Matteo di Castellamare Inquisitore
nelle province di Calabria, un auguslale il dì per le
sue spese e d'un altro Frate suo compagno, un No-
taio e tre altre persone {d): e nell'anno 12^8 mandò
più lettere a' Giustizieri ' d' Abruzzo e Capitani del-
l'Aquila ed* a tutti i suoi Ufficiali, che a F. Barto-
tomnieo dell'Aquila dell'Ordine de' Predicatori Inqui-
sitor deputato dalla Sede Appostolica nel Regno di
Sicilia, somministrassero ogni ajuto e favore, con tor-
{a) La carta ( oltre il Chioc. ) è rapportata dal Toppi nel
fine della sua Biblioteca Napol. cavata dalF Archivio della
Zecca in Regist. R. Caroli I. sign. ann. 1269. ^'^' ^' ^^^' '^9
a ter. (b) Chioc. M. S. tom. 8, (e) Toppi I. o. ex Registr
Caroli I. {d) Chioc. M. S. tom. 8.
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i68 STORIA CIVILE
tneatare i rei, seco&do loro dirà detto Inquisitore ed
eseguire quanto da colui verrebbe imposto (a).
Carlo li suo figliuolo nell'anno i3o 5 ordino a tutù
i Baroni e suoi Ufficiali, che dassero ogni ajuto a
Frate Angelo di frani Inquisitore destinato dalla Sede
Appostolica, guardando e riduoendo nelle carceri le
persone macchiate d'eresie, secondo vorrà detto In-
quisitore: che non molestino i suoi uomini per portar
armi: eseguano le sentenze ch'agli d^rà contro le per-
sone degli Eretici e loro beni; e che agl'Inquisitori di
tali delitti, e per gli Ufficiali reg) d^ ordine del detto
Inquisitore parcerati, si tormentino a richiesta di detto
Frate Angelo,, acciò possa cavare la verità da essi e
dagli altri (£); e neir anno iSoy incaricò a Frate Bo-
herto di S. F^alentino Inquisitore del Regno di Sici-
lia, che con tutto rigore procedesse contro TArcipretc
di BuclanicOj, che corretto prima dal suo predecessore
Benedetto, era ricaduto ne) primi errori, sostenendo
falsa dottrina sopra alcujfii articoli della fede Catto-
lica (e).
L' istesso Re negli anni 129$ e 1807 scrisse, a Fi-
lippo suo .figliuolo Principe d' Acaja e di Taranto, che
Papa Clemente Y avea scritto un Breve a Roberto-
Duca di Calabria suo figliuolo e Vicario generale dei
Regno avvisandogli, che il Re di Francia avea usata
grandissima diligenza in carcerare ^ per le loro eresie
in un tempo stesso tutti li Cavalieri Templari che e-
rano in Francia, e sequestrati i levo beni; e per ciò
(a) \jù carte sono rapportate dal Toppi 1. cit ex Reg.
Car. I. sign. ano. 1278 lit. C. fol. 181 a ter. (b) Chioc. 1. e,
(e) La carta è rapportata dal Toppi loc. cit. ex Reg, Car. H
sign. ann. i3o7 lit. B. fol. 217 a ter.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XIX. GAP. V* iGg
lo richiederà, cHe con con8Ì|>;Iio secreto de'i$uoi SaTii^
facease carcerare càntamente^è segretamente in un tempo
tutti i Gavalieri' Templari, ch'erano ne'doininii, e quelli
carcerati, tenergli in- buona custodia ad ogni ordine
della Camera appostolica, siccome facesse sequestrare
tutti i loro beni, e li tenesse in nome della medesima:
onde Re Carlo ordina al tletto suo figliuolo,, cl^e ese^
gua detto -Rre ve nei Principato d'Acaja, siccome il
fDuca di Calabria avrebbe fatto net Regno.
Il Re Roberto suo successore nell'anno .i334 pari«*
incute ordinò a^suoi Ufficiali, che dessero. ogni aiuto
agli Inquifiitòri destinati da Rqma; ed il medesimo stile
fu tenuto dalla Regina Giovanna I nel 1 343, dal Re
Lodovico n^l i352 e dal Re Carlo III nel i38i, il
.quale donò a Tommaso Matincola suo famigliare i
beni confiscati del Vescovo di Trivento eretico, come
aderente all' Antipapa^ e dichiarata ribelle di Santa
Chiesa e dfA detto Re {a).
Non a' soli Frati Predicatori etH. commesso quest'uf-
ficio, vi ebbero anche patte i Frati Minori^ i quali^di'
ehiarati dal Papa M^uùiVott' scorrevano pure le nostre
province. Era in. questo secolo il numero degli Ere*
tic! cresciuto in immenso di varie Sette e di vari isti-
tuti. Alcuni,- lasciate le loro religioni, affettando di vi*
vere da Solitari senza Règola e senza Superiori, e
di menar una più austera vita, si ritiravano nelle jso-
litudini, e scorrevano in varie parti, contaminando dei
loro errori molta gente. Si facevano chiamare Frati-
celli^ Bizocchiy Begardiy ovvero Beghini; e presso di
noi erano moltiplicati asfeai ne' Monti d'Abruzzo e 'nella
vicina Marca d'Ancona. Erano usciti dall'Ordine dei
{a) Chioc. 1. e.
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170 STORIA CITIIiE
Frati miiiori, ed nvevano quasi tutti gli stessi priucipii
e la stessa condotta ;. ed i loro Gonfalonieri furono due
Frati minori, Pietro di lUaoerata e Pietro di Foro-
Sempronio^ i quali prima ottennero da PiTpa Celestino Y
amatore della ritiratezza, la permissione di vivere da
Romiti e di seguire litteralmente la Regola di 8. Fran-
cesco; ina da poi Onorio lYv Nicccdcr lY e -Bonifa-
cio YIII condennarono'il loro istituto; e i loro suo-
cessori Clemente Y~ e Giovanni XXII gli suppressero
affatto, (a). Era commessa per là più la cura d* estir-
pargli a'Frati Minori; onde si legge, che Bonifacio YIII
commise a Fr. Marco di Chieti dtlY Ordine de' Minori
Inquisitore nella provincia di S. Francesco, che si
portasse ne* Monti d'i^&ruszo e nella Marca d'Ancona^
ed implorando, se sarà- di bisogno, ^il braccio secolare,
proceda contro di loro e loro fautori, con infòarcerar-
gli, scovrirgli, e manifestargli dai nascondigli, o^e so-
levan appiattarsi, mandargli in Roma prigioni e con
molto rigore farne inquisizione (&). Eglino ai ritirarono
perciò in Sicilia, cominciando a declamare contro i
P)*6lati e contro la Chiesa romana trattandola dà Ba-
bilonia.
In cotal modo fu, durante il Regno degli Angioni^
praticata V Inquisizione presso di noi; ma quanto poi
questo Reame si fosse distinto sopra ogni altro, per
aver tolto da se ogni vestigio d' Inquisizione, sarà
darrato al suo luogo ne' seguenti libri di quest'Istoria.
{a) Y. WadiDgo tom. a. Ann. Min. ann. 1291. (b) La Bolla
di Bonifacio YIII è rapportata dal Toppi loc. cit. ex. Reg.
Yatic num. 179.
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DEL REGNO PI NAPOtI L.XIX. CAP.V, 171
y. Monati e heni temporaìL .
' Ta di* mestieri da ota innanzi conginngere i Monaci
co' beni temporali, perchè siccoine altrove fu notato,
che chi dice Religione^ dice Ricchtizze; cosi ora esiien*
dosi per gli acquisti de* beni temporali rendati pia
«sperti i Monaci, che tutti gli altri Ecclesiastici, tan^
tochè non yi è proporzióne fra gli acquisti, che. in que-'
sti tempi si fbcero dalle Chiese, e quelli fatti da^mo*
nasteri, bisogna ora dire, H/uove Religioni y nuove Rie^
chezze; e tanto più la c'osa fu portentosa, che non
ostante, the fossero fondate sopra la mendicità, ónde
furon chiamate Mendicanti^ contuttociò ^li acquisti e
le ricchezze furon immense. '
Le Religioni, che surserò. in questo secolo, riusci'-
rono come tante Legioni, per conservare/ e mantenere
la Monarchia romana; ed i Pontefici noQ furon mai
dagli altri cotanto ben serviti, quanto da costoro, ì
quaK militayano con ogni fervore per sostenere la loro
autoritè, e per agevolare le loro intraprese; onde eoa
ragione di tanti privilegi e prerogative gli cumularono.
Coloro, che sopra tutti in questo secolo si distinsero,
furono *i Frati Predicatori ed i Frati Minori. De primi,
come si è veduto, fu autore Domenico Gusmano, il
quale avendo gran tempo predicato contro gli Alhigesi^
prese nel!' anno i ai 5 la resoluzione con nove suoi
compagni di fondar un Ordine di Frati Predicatori ^
con istituto d'impiegar le loro prediche per estirpar
r eresie a quel tempo moltiplicate in Italia ed in Fran-
cia. Portòssi Domenico a Papa Innocenzio III per ot-
tener Ja conferma del suo Ojrdine; ma il Papa differì
r accordarla; e lui mortO| ciò che non fece Innocen-
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,172 STORIA CIVILE
zio, ottennero da Onorio III suo successore, il quale
neir anno 1316 lo confei'mò ed acconsentì, che quei
Religiosi lasciassero V abito di Canonici Regolari da
essi sino a quel tempo portato, e prendessero un abito
particolare, e osservassero nuove costituzionii Si pro-
pagarono in Francia, ed in Parigi sin dall'anno laiy
ebbero un Monastero nella Gasa di S. Jacopo i, onde
furono denominati JacophiL Appena eran sorti, che
vennero nel nostro Reame affondarvi de^ Conventi, ed
ebbero gradito ricevimento; poiché avendo, i Pata-
reni ed altri Eretici, cominciato a contaminar Napoli
e r altre province, Gregorio IX gli speda a Napoli,
scrivendo néir anno i33i .a Pietro di .Sorrento Arci-
vescovo di questa Città, che benignamente 'gli ricevesse
e che gV iéapiegasse quivi a predicare, ed insinuasse
a' Popoli a se commessi di ricevere' dalle loro bocche
il seme della parola di Dio, per emersi costoro ci>*
tanto segnalati in estirpar T eresie, e con voto di vo-
lontai^ia .povertà essersi in tutto applicati ad evange-
lizzare la sua parola (a). Incaricò anche, che gli prov-
vedesse in Napoli di una comoda abitazione, affinchè
quivi agiatamente permanendo, potessero attendere eoa
maggior forfore alla carica loro imposta. Scrisse con-
simile epistola al popolo Napoletano^ incaricandogli,
che benignamente e devotamente gli ricevessero, affin-
che potessero felicemente pervenire al lor fine^ e rac-
cogliere il frutto delle lorjo fatiche, cioè la salute delle
(a) Epìst. Greg. apud Chioccar, de Archiep. Neap. fol, r55.
Dìleclos lilios Fratres Or.dims Pra edica torum velut novos vi-
nitores suae vineae suscìtavit, qui non sua, sed quae sunt
Jesu quaer^ntes, tam cootra profligaudas haereses, quam pe-
stes alias mortiferas extirpaudas se dedicarunt evangelizationt
verbi Dei in abjectione voluntariae paupertatis.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX- CAP.Y. 173
anime (à)\ ed insinaò ^nche al Cardinal Castiglione
suo Legato »ppostolico nel Regno di Sicilia, che in-
caricasse air Arcivescovo il loro ricevimento; per la
qual cosa ricevute costui le lettere del Papa, e Fin-
Situazioni del Legato, gli ricévè con onore e gli diede
per abitazione là Chiesa di S. Arcangelo ad Morfisam
con un gran Monastero ivi congiunto, ch'era allora
abitato da' Monaci Benedettini^ i quali tenendo in Na-;
pòli altri grandi Monasteri, cedettero 'quello a' Frati
Predicatori y resignandolo in mano dell' Arcivescovo
con tutte le case ed orti adiacénlL L'Arcivescovo in-
sieme col Capitolo ne inviasti Fra Tommaso, sotto la
cui guida erano que' Frati qui venuti^ e ne gli spedi
Bolla, che si legge* presso Chioccarello (b) sotto la data
de' 3i novembre laSi. Ampliarono poi que' Frati il
lor Conrento (che_ mutato l'antico nome Io chiama-
ron poi dai nome del loro Institutore S, Domenico)
con altri orti contigui, per concessione avutane da Gio*
vanni Francacelo, a cui Fistesso Arcivescovo nell'anno
1^46 prestò l'assenso.. Nell'anno 1269 in tempo del-
l' Arcivescovo Aiglerio per nuovi altri acquisti l'ingran-
direno assai più (e), e vie maggiori ingrandimenti ri-
cevè da poi nel Regno degli Angioini sotto Carlo II
d\Angiò, cotanto appassionafo di questa Religione, di
che è da vedersi Eugenio n^lla sua Napoli Sacra.
Non furono soddisfatti i |le di questa Gasa d'aver
in Napoli un solo Conventi^ di Padri Predicatori, ma
ristesso Carlo II nell'anno 1274 ^^ eostrusse un
altro in onor di S. Pietro Martire da Verona, ohe co-
me si disse nelFanao 1^53 era stato da Iquocenzio IV
ascritto nel catalogo de' Santi. Lo dotò di ricchi pò-
(a) Epist. Gregor* apud Chioccar. Ice. cit. {b) Chioc. lo(%
cit. (e) Chioe. d« .Archiep. Neap. ann* 1269.
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174 STORIA CIVILE
derì, di molte case e di altre rendUe. L'esempio del
Principe mosse altri Nobili aapoletam ad arricchirlo^
come fecero Errico Macedonio, Bernardo Caracciolo»
Giacomo Capano, ed altri rammentati dall' Elogenio.
Parimente nella città d' Aversa edificò una -Gliiesa,
e Convento a' Frati di quest' Ordine sotto- il titolo di
S. Luigia che fu suo zio, al quale concedè ampissimi
privilegi, e dotò di molte rendite (a).
Anche alle ^iiore Domenicane^ che vivevano nel
medesimo istituto, fu data in questa città comoda abi-
tazione. Ad istanza di Maria^ moglie di* Carlo II, Papa
Bonifacio YIII ordinò all' Arcivescovo di Capua, che
alle Monache Domenicane si dasse per loro abitaa^ioiie
il Monastero di S.* Pietro 3 Castello situato dentro il
castello deir Uovo , con tutte le case e possessioni ;
e che i Monaci Benedettini^ che tenevano' quel luogo
ai fossero trasferiti ne' monasteri di S. Severino, dì
S. Maria^ a Cappella e di S. Sebastiaoo. Ma essendo
stato da poi il monastero di S. Pietro saccheggiato
da' Catalani, e con gran vergogna cacciate le Mona*»
che, il Pontefice Mdrtino Y scrisse all' Abate di S. Se-
verino, che desse loro ricetto nel Monastero di S. Se-
hastianoy che allora era atato dato in Commenda al
Vescovo di Melito^ e non v' abitava die un sol Mo«
naco Benedettino, con ceder loro tiitte le sue posses-
aioni ed entrate, siccome fu eseguito; ond'è che per
4etta unione ritenga questo monastero ancora oggi il
nome ài S. Pie^troe S, Sebastiano (b).
Non meno in Napoli, che in tutto il Regno molti-
plicaronsi i Frati Predicatori in questo secolo per lo
(a) Summont. bist. toin. 3 lib. 3 cap. 3. {h) Y. Engeii.
Kap. Sac. di S. Sebastiano.
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)
DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. 17?
favore , che tenevano non meno de Re angioini , che
de' romani Pontefici. Innocenzio lY dirizzò nel m^S
nn diploma agli Arcivescovi di Napoli, di Salerno e
di Bari, col quale loro si dava facoltà, che in nome
della Sede Appostolica, strettamente ordinassero a tutti
gli Arcivescovi, Abati, Priori ed a tutti i Prelati
delle Chiese de^ Regni di Sicilia, che non inferissero
a' Frati Predicatori gravame alcuno, e proibissero ai
loro sudditi di dar loro molestia ; e che proccurassero
di fare ai medesimi mantenere tutte 1' esenzioni ed
immunità concedutegli dalla Sede Appostolica (a). Creb-
bero perciò col favóre de' Pontefici e de' nostri Prin-
cipi della casa d' Angiò in maggior numero di quello,
che avean fatto nel' Regno di Federico e degli altri
Svevi suol successori; e molto splendore recò loro Tom-
maso d' Aquino i soprannomato il Dottor Angelico^ uscito
dalla famiglia de' Conti d'Aquino, il quale mal gr4do
di Bua madre entrò' nell' Ordine de' Frati Predicatori
neir anno 124^, ed avendo in Parigi presa la laurea
dottorale di teologia Tanno i a Sy, ritornò in Italia Tan-
no ia63 e dopo avervi insegnata la Scolastica nella
maggior parte delle Università, si fermò in fine in
Napoli a legget teologia, ricusando T Arcivescovado di
questa città, offertogli da Clemente lY.
Non disugual successo ebbero in questo. Regno i
Frati Minori, Essi riconoscono per loro istitutore San
Francesco d' Assisi^ e s arsero ne' medesimi tempi, che
i Valdesi \ ma ebbero disuguale fortuna. Pietro Valdo
Mercatante ricco di liione prese anch' ^li risoluzione
di menar una vita tutta appostolica-, ed avendo di*
(a) Il diploma si legge nelF Archivio di S. DomeDÌco, se»
condo che rapporta Ghiocc. de Archiep. Néap. fol. iSg.
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176 STORIA CIVILE
stribuite tutte le sue facoltà a' pareri , fece professione
d' una povertà volontaria. Molti seguirono il di lui esem-
pio, onde verso Tanno 11 60 si formò una setta d'uo*
Tnini, che si denominavano i Poveri di Lione , a ca<«
gion della povertà da essi professata. Si dissero an-
Cora Lìanistiy dal nome della città di Lione; ed anche
Insahhatati^ a cagione di certa sorta di scarpe, ovvero
sandali da essi portati, tagliati per far apparire i loro ,
piedi ignudi ad imitazion degli Appostoli. Ma avean
da poi preteso, senza missione del Yescovo e della
Sede Appostolica, di poter eziandio predicare la lor
riforma, ed insegnare la loì* dottrina per se soli, an«
cerche laici. Ebbero per ciò' opposizione dai Cleto di
Lione; onde cominciarono per queste contese a biasi*
mar la vita rilasciata degli Ecclesiastici , e declamare
contro gli abusi, che vedevano introdotti .nella Chiesa.
Fu loro imposto silenzio; ma persistendo, Lucio IH
gli scomunicò, e ' gli condennò insieme con .gli' altri
Eretici. Le scomuniche maggiormente Y irritarono e gli
coniermarono nella loro ostinazione, tanto che scosserà
il giogo deir ubbidienza e ^adderò in molti errori.
La loro setta- si sparse in pia luoghi onde obbligarono
Pietro Re d'Aragona nell'anno 1 197 di esiliargli dai
suoi Stati, e Berengario Arcivescovo di Narbona di
condeniiargli. Essi non potendo resistere -a tanto im-
peto, risolvettero di ricorrere a Róma, e dimandare
dalla Sede Appostoìica la conferma del loro istituto.
DalF altra parte Francesco pur egli mercatante d'As-
sisi, lasciato Pietro Bernardone suo padre a* mercatan-
tare, abbandonò ogni cura mondana, ed applicatosi ad
una vita tutta appostolica fece anch' egli professiono
d' una povertà volontaria, e coir esemplarità de^ syoi
innocenti costumi , avendo tirati molti compagni a vi*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. 177
vere in mendicità, e ad impiegarsi ad opere di carità,'
accresceva il numero più con gli esempii d'una vita
innocente ed austera , che colle prediche e sermoni:
non molto impacciandosi perciò, né declamando coib-
tro i corrotti coatumi degli Ecclesiastici, né entran-
dogli in pensiero senza missione d'andar predicando
ed insegnando la sua riforma; ma fu tutto ubbidiente
alla Sede Appostolica; onde avendo distesa neir anno
1208 una nuova Regola per li suoi Frati, la volle pre-
sentare al Papa per riceverne Y approvazione e la con-
ferma. Papa Innocenzio III siccome rigettò l'Istituto
de' Valdesi^ avendolo conosciuto pieno di superstizioni
e d'errori, Q posi nell'anno laio approvò la Regola
dì Francesco e 1' Ordine de* Frati Minori^ i quali an-
corché non lasciassero di andare a piedi ignudi, e
di far voto d'una povertà, non aveano quelle tante
superstizioni àe Valdesi. Si stabilirono perciò in più
luoghi d' Italia, ed in Francia, sin da questo tempo
ebbero ancora nell'anno 12 16 ricetto in Parigi. Ono-
rio III nell'anno 1228 confermò il loro Istituto, e di
molte prerogative e privilegii decorò questo nascente
Ordine*
Nel nostro Reame , ancorché sotto Federico II e
gli altri Re Svevi suoi successori ( per essersene valsi
i romani Pontefici , nelle contese òhe ebbero con que*
Principi, per messi e portatori di lettere ) avessero so-
vente patiti disagi, prigionie e morti; nuUadimanco
non lasciarono i nostri Regnicoli di ricevergli in que-
sti medesimi tempi che sursero; e narrasi, che San
Francesco istesso, loro Istitutore, avesse in molti luo-
ghi del Regno fondati egli di sue proprie mani alcuni
(*) Vedi Apologia tom. 5 par. a pag. 3.
12
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178 STORIA CIVILE
piccoli Conventi, come in Bari, in Montella, in Terra
d' Agropoli ed altrove (a). Napoli ancora vanta d'aver
avuto un Convento fondato dall' iatesso Istitutore Fran-
cesco nel luogo ov'è ora il Castel Nuovo, che lasciò
sotto la cura d'Agostino d'Assisi suo discepolo, il qual
da poi da Carlo I d'Angiò. fu trasferito in S. Maria
la Nuova (h). In breve siccome non vi è quasi città,
che non vanti aver avuto S. Pietro per fondatore della
tua Chiesa, così non vi è luogo, dove si vegga qual-
che Convento antico di quest' Ordine , che non vanti •
esserne slato egli il fondatore. Che che ne sia, non
può mettersi in dubbio , che nella città di Napoli, fin
dal suo nascimento 9 ebbe quest'Ordine ricevimento;
poiché Giovanni Vescovo d'Aversa, possedendo in Na-
poli la Chiesa di S. Lorenzo con alcune case e giar-
dini, appartenenti alla Cattedral* Chiesa d'Aversa, col
consenso del suo Capitolo neiranno i234 la concedè
a Fr. Niccolò di Terracina Frate Minore di S. Fran-
cesco provinciale della provincia di Napoli, in nome
di sua Religione, con condizione di dovervi quivi di-
morare i Frati del suo Ordine, la qual concessióne
fu da poi nell'anno i33o confermata da Papa Gre-
gorio IX (e).
Ma nei Regno degli Angioini fu quest'Ordine non
meno dai romani Pontefici, che da' Prìncipi di questa
casa molto più favorito e careggiato. Carlo I allargò
1 antica Chiesa di San Lorenzo col palagio ivi con-
giunto, dove solevansi unire la Nobiltà ed il Popolo
(a) V. Guadjgno negli Annali cl«' Minori, ann. 1322. Beatil.
Ist. di Bari lib. 2. Capec. hist. Neap. L 3. (b) V. Engenio
Napoli sacra, di Santa Maria delia Nova* {e) Engen. Nap.
aacra , di San Lorenzo.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XIX. GAP. V. 179
e vi fabbricò una magnifica Chiesa , la quale fu ri-
dotta a perfezione da Carlo II suo figliuolo, il quale
neiranno i3oa fra T altre rendite, che le assegnò, le
diede la terza parte della gabella del ferro. L*esempio
del Principe trasse gli altri ad arricchirla: il nostro
famoso Giureconsulto Bartolommeo di Capua G. Pro-
tonotario del Regno a sue spese fecevi fare tutta la
facciata della porta maggiore, ed Aurelio Pignone del
Seggio di Montagna la piccola porta (a). L' istesso
Re Carlo I volendo in Napoli fabbricar Castel Nuoto
nel luogo òy'era quel convento de' Frati Minori poco
anzi rammentato, trasferì da quivi i Frati, e loro co-
strusse neiranno i*a68 una nuova Chiesa e Convento
nella piazza chiamata Alvina dov'era T antico palagio
e Fortezza della città, la quale anticamente fu detta
S, Maria de Palatio^ e poi prese il nome di S. Maria
la Nuova y il qual oggi ancor ritiene {b).
•Il Re Roberto gli favori non meno che il padre e
Favo, e non pur careggiò i Fraiiy che le Suore di
quest' Ordine. Siccome le Suore Benedettine ebbero
per Fondatrice Scolastica sorella di S. Benedetto, così
le Suore Francescane ebbero per Institutrice Chiara
d'Assisi discepola di S. Francesco. Costei ricevendo
con ardore gV insegnamenti del suo maestro, si rese
Monaca e si chiuse in Assisi nel Monastero di San
Damiano , dove stese una Regola del suo Ordine, per-
chè dovesse servire per le donne. Mentr'era grave-
mente inferma, convenendo al Pontefice Innocenzio IV
d'uscir da Perugia, e portarsi in Assisi, fu visitata
dal Pupa , il quale le confermò la Règola del suo Or-
. (a) Engen. Joc. cit. (b) Engen, NapL sacra , di S. Maria
della Nova.
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t8o STORIA CIVILE
dine; e poco da poi trapassata , per la fama de* suoi
incorrotti costumi, fu dal successor d' Innocenzio Ales^
Sandro IV ascritta al numero de' Beati (a). Furono
pereiò edificati in memoria di lei molti Monasteri di
donne del suo Ordine in ItaUa \ ma in Napoli il Re
Roberto a' conforti della Regina Sancia sua moglie
nel i3io ne costrusse uno, che più magnifico edam-
pio non si vide eilora in tutta Italia, dove la Regina
v' introdusse le Monache delia Regola di S. Chiara ,
da cui prese il nome^ che ancor oggi ritiene. Fu d*im«
mense rendite e possessioni dotato , e tì edificò a
canto un Convento de"^ Frati del medesimo Ordine,
perchè le servissero ne* sacri uffizi. La Chiesa fu
costrutta con tal magnificenza, che fu reputata non
inferiore a tutti gli altri superbi e ricchi temp) d'I-
talia^ e di vantaggio la dichiarò Roberto sua Cap*
pella Begia (b). Presso di questa Chiesa lo stesso
Re nel »33o collocò in una casa alcune Monache di-
spensiere delle limosihe regie; ma venuta in Napoli
nelFanno iSaS dalla città d'Assisi una Monaca del
Terzo Ordine di S. Francesco, infiammò di maniera
le dispensiere, che di comun volere fabbricarono di
quella casa^ una Chiesa con monastero^ che si vide su-
bito pieno di nobili donne napoletane tirate dallo spi-
rito ad ivi* rinserrarsi , e fra V altr^ fuvvi Maddalena
dk Costanzo, la quale benché avesse preso T abito nel
Monastero di 8. Chiara, il Re Roberto aveala quivi
mandata a presiedere alla distribuzione delle limosina
regie. Dura ancora nella sua floridezza questo mona-
stero, ed è nominato dal nome del lor Santo Fran-
{a) Pausa in Yita Inn. IV. (^) V. Engen» Nap. sacra, di
S. Cliiara.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. i8i
Cesco (a). Un altro monasteri, fu eretto e dotato dalla
Hegina Saneia in- Napoli nel i324 P^i* '^ donne di
mondo convertite, le quali vissero sotto la Regola
di S. Francesco , e presero . di lor cura i Frati Mi-
nori; la lor Chiesa perciò prese il nome della Madda-
lena , che ancor oggi il riiiene; ma non già il mede-
simo istituto ; perchè ora ^i ricevono donne nobili e
vergini, e portano T abito di S. Agostino, e militano
isotto la Regola di quel Santo, se ben ritengano an-
cora la corda di S. Francesco (h). .
Non meno in Napoli, che in tutte le province del
Regno si videro multipUcati i monasteri de' Frati Mi-
nori e delle Suore Francescane^ u cpl correr degli
anni il di lor numero arrivò a tale, che non vi è
città o castello ancorché picciolo , che non abbia i
•snoi..
Surse in questo secolo un altro .Ordine di Mendi-
canti^ detto de' Romiti di S. Agostino. Innocen2io lY
fu il primo che formò il disegno di unire diversi Or-
dini di Romiti in un solo; ma questo disegno fn poi
eseguito dal suo successore Alessandro IV, il qoala
trattigli da* lor Romitaggi per iatabilirgli nelle città, e
per impiegargli nelle funzioni dell' ecclesiastica Gerar*-
chia, ne fece una soia Congregazione sotto un sol Ge-
nerale, e lor diede il nome de' Romiti di S. Agostino.
Non al pari de' due precedepti Ordini si multipli-
careno presso di noi gli Agostiniani. Napoli in tempo
degli Angioini ne noverava alcuni , come quello di
S, Agostino^ che secondo l'opinion più fondata, si
crede aver avuti i suoi principii non prima di Carlo I
(a) Engen. Nap. sacra^ di S. France«co. (ò) Engeu. Nap,
sacra, dplla Maddalena,
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\
182 STORIA CIVILE
d'Angiò ampliato poi, e con maggiori rendite arric-
chito da Carlo II suo figliuolo e dagli altri Principi
di quella Casa (a) : V altro di S. Giovanni a Carbo-
nara fvL fondato da Frate Giovanni d'Alessandria e
Dionigi del Borgo per munificenza di Gualtieri Ga-^
leota, it quale negli anni* iSSg e i343 donò a' me-
deéimi per la costruzione di quella Chiesa e, Mona-
stero tutte le sue case e giardini , che e* possedeva
in quel luogo; cotanto poi ingrandito e ristorato daL
Re Ladislao {b). Ye ne furono altri, ma nelle provìnce
del Regno se he stabilirono moltissimi.
Parimente Y Ordine de' Carmelitani non fece a que-
sti tempi fra noi grandi progressi. Era* stato istituito
intorno Tanno 1131 da alcuni Romiti del Monte Car-
melo, adunati dal Patriarca d'Antiochia per mettergli
in comunità. Da poi ricevette neir anno 1209 una Re«
gola da Alberto Patriarca di Gerusalemme, che fu ap-
provata in questo secolo da Onorio III. Cotesti Re-
ligiosi passarono in Occidente Tanno id38^ e si sta-
bilirono in Congregazione e vi si diffusero; essendo
atata poi la lor Regola spiegata e mitigata da Inno-
cenzio IV Tanno is45. Diffusi per Italia pervennero
in Napoli; ove presso ih porta del Mercato vi fabbri-
carono una piccola Chiesa con Convento. Venuta po->
scia la dolente Regina Margherita madre del Re Cor-
radino a Napoli con molta quantità di gioje. e di
moneta per ricuperar dalle mani del Re Carlo il suo
unico figliuolo, trovatolo morto e seppellito nella piccola
Cappella della Croce, lo fece quindi torre; e fattogli
celebrare convenienti esequie, diede per T anima dì co-
{a) V. Eogen. Nap. sacra , di S. Agostino, {b) Engen. Nap.
sac. di S. Gio. a Carhoocira.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. i83
lai a questa Chiesa tutto il tesoro, che ayea seco por*
tato. Re Carlo per mostrar di concorrere alla pietà
della Regina, nell'anno 1360 loro concedè per am^
pliazion della Chiesa un luogo del suo demanio, che
era quivi vicino, chiamato Morricino^ e crebbe di poi
in quella grandezza, che ora si vede. Altri ne furoa
da poi fondati in Napoli e nel Regno ma non tanti,
finché potessero uguagliare il numero de' Predicatori
e de' Frati Minori,
Oltre di queste quattro Religioni di Mendicanti ^ y
«ursero in questo secolo molte altre Congregazioni re*
ligipse, che tratto tratto furono anche introdotte nei
nostro Regno. L'Ordine dtWa, Trinità della Redenzion
degli Schiavi y fondato nell'anno 11 98 da Giovanni di
Mata di Provenza , Dottore di Parigi , e da Felice
Anacoreta di Yalois' ed approvato due anni da poi da
Innocenzio IIL L'ordine de' Silvestrini^ì quali segui*
tavano la Regola di S. Benedetto, fondato Tanno ia3i
in Monte Pano da Silvestro Guzolino^ che di Cano-
nico si fece Romito, e trasse nella sua Comunità non
poche persone. L'ordine di S, Maria della Mercede ^
fondato da S, Pietro Nolasco in Barcellona Tanno 132ÌÌ
sorto T autorità di Jacopo I Re d'Aragona, per con*
siglio. di Raimondo di Pennaforte^ ed approvato da
Gregorio IX Tanno laSS. L'Ordine de Serviti^ il quale
cominciò in Firenze Tanno i234 approvato da Ales-
sandro. IV e da Benedetto XL L'Ordine de' Cruci-
feri^ ch'ora quasi spento, fu restituito da Innocen-
zio IV tal che in Italia si rifecero alcuni Monasterj
di nuovo; ed in Napoli da poi nel i334 dalla fami- ,
glia Carmignana e Vespola fu conceduta a Fr. Ma-
rino di S. Severino in nome d'essi Crucifcri la Chiesa
di S. Maria delle Vergini collo Spedale che ivi eravi|
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i84 STORIA CITILE
fuor delia porta di S. Gennaro, perchè quivi dimo-
rassero, e servissero gì' infermi di quello Spedale {a).
Ebbe ancora, in questo secolo orìgine l'Ordine de' Ce-
ìestiniy istituito nel nostro Regno da Pietro di Mar-
rone d'Isernia, che menando una vita tutta austera
e solitaria alle falde della MajeUa, die .fuori la sua
Regola, e fu tanto caro al Re Carlo I d'Angiò, ch^
prese sotto la sua protezioire tutti i suoi Monasteri ;
e la stta santità rilusse tanto , che dall' Eremo ascese
«1 Pontificato sotto il nome di Celestino F. Pose il
suo Ordine sotto la Regola di S. Benedetto, e F ap-
provò fatto Papa con una sua Bolla Tanno 1394^ che
fu poi nel 1397 confermato da Bonifacio YIII e da
Benedetto XI' nelF anno i3o4- Non pur in Abruzzo^
ma anche in Napoli ebbero ì Celestini ricetto nciri-
stesso tempo del loro nascimento! Fu loro data una
Chiesa vicino la porta chiamata anticamente di Donu
Orso, edificata-, e di ricchi poderi dotata da Gio-
vanni Pipino da Barletta M. Razionale della G. Corte
e Conte di Minervino, e da Carlo II tenuto in som-
mo pregio, per aver col suo valore discacciati i Sa-
raceni di Lucerà di Puglia; e di lui in questa Chiesa
se ne addita ancora il sepolcro. Fu chiamata pereiò
di S. Pietro a Ma/ella; la quale minata dal tempo,
fu neir anno 1 5o8 rifatta ed ampliata da Colanello Im-
perato M. Portolano di Barletta (b).
Molti altri Ordini sursero in. questo secolo,, il nu-
mero de' quali era divenuto sì grande, che Gregorio X
fu costretto nel Concilio general di Lione tenuto Tan-
no 1274 sospendere lo stabilirne de' nuovi, e vietare
(fl) Engén. Nap. sac, di S. M. delle Vergini, (b) Engen.
2>^ap. sac. , di S. Pietro a Majella.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.V. 183
tutti quelli, chVrano stati stabiliti dopo il quarto Con-
cilio geniale Lateratiense, senz'essere stati approvati
dalla Sede Àppostoliea. E d'un medesimo Ordine, ed
in una stessa città se ne andavan costruendo tanti
Conventi, che fu uopo a più Pontefici per varie loro
Bolle (a) stabilire una convenevol dìstanea di passi,
perchè Tuno non togliesse il concorso allaltro^ di cui
eran tanto gelosi.
Ma di tanti Ordini i più distinti furono i Mendi-
canti^ e fra questi i più favoriti da' romeni Pontefici,
furono i Frati Predicatori^ fa ì Frati Minori. Essi
s' erano sopra gli altri segnalati per le spedizioni con-
tro gli Eretici di questi tempii ed aveano fatti altri
importanti servigi alla Chiesa di Roma; perciò furono
sopra gli altri innalzati ed arricchiti di molti privilegi
e prerogative. Innocenzip JII ed Onorio III concedè
loro esenzione dagli Ordinarli, e vollero che fossero
sottoposti immediatamente alla Sede Appostolica. Cosi
essi come gli altri Religiosi Mendicanti^ appoggiati
sopra i privilegi lor conceduti da' Pontefici pretesero
aver diritto di confessare e di dar T assoluzione a' Fe-
deli senza dimandarne la permissione, non solo a' Cu-
rati, ma né pure a Vescovi : di. che nacquero tanti
ostinati litigi col Clero aecolar^, che per comporgli
s' affaticarono più Papi.
Ma se mai meritarono questi novelli Religiosi il fa-
vore de' Pontefici romani , per niun' altra cagione era
loro certamente più ben dovuto, quanto che per essi
fu stabilita la nuova teologia Scolastica^ la quale avendo
fatto andare in disuso la Dogmatica j e posto in di-
menticanza lo studio dell'antichità e dell' istoria ce-
[a) Si leggono nel Bullàrio Boinano. ^^
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i86 STORIA CIVILE
clesiastica, tenne occapati gF ingegni a quistioni astratte
ed inutili, e a dispute piene dt tanta oscurità, di tanti
contrasti e di tanti raggiri, che non tì furono se non
coloro, ch^ erano versati in queir arte, che potessero
comprenderne qualche cosa*
Questa sorta di stud}) allontanandogli dàiranticbilà
e dall'istoria, piacquero a Roma, e tanto più, quanto
che la potestà de' Pontefici romani era innalzata in
infinito, non prescrivendo loro né termine, né confi-
ne : e ciò anche bisognava farlo per proprio interesse-,
perchè avendo essi ottenute da Roma ampissime esen*
zioni e grandi privilegi, perchè loro valessero e po-
tessero contro i Vescovi e Curati sostenergli^ bisognava
ingrandire la potestà del concedente. Quindi i .Deere-
tisti da una parte, e gli Scolastici dall'altra cospira-
rono insieme a stabilir meglio la Monarchia romana »
e far riputare il Papa supremo Prìncipe non meno
dello spirituale, che del temporale.
Ma parrà cosa stupenda come queste Religioni fon-
date nella mendicità, onde presero il nome di Mendi-
canti^ e che nacquero per lo rilasciamento della di-
sciplina ed osservanza regolare, cagionato dalle tante
ricchezze, avessero potuto in progresso di tempo far
tanti acquisti, sicché per quest' istesso bisognasse pen-
sare ad altra Riformay la quale nemmeno ha bastato?
Ma a chi considererà la condizione degli uomini sem-
pre appassionali alle novità ed a' modi tenuti da Ro-
ma, a cui ha importato sempre stendere i di loro
acquisti, perchè finalmente a lei veniva a ricadere la '
maggior parte, non parrà cosa strana o maravigliosa.
I Monaci vecchi avendo già perduto il credito di san-
tità, ed il fervore della milìzia sacra essendosi intepi-
dito; li Frati Mendicanti, per quest' istesso che pro-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CARY. 187
fessavano povertà, essendosi accreditati > invogliavano
maggiormente i Fedeli ad arriechirgli; imperocché essi
s'erano spogliati affatto della facoltà d'acquistar sta-
hil'ìy e fatto voto di vivere di sole oblazioni ed elemo-
sine, ed ancorché trovassero molte persone loro divote^
ch'erano prontissime di dar loro stabilì e poderi, con«-
tuttociò per lo loro istituto don potendo ricevergli»
rifiutavano T offerte. A ciò fii subito da Roma tro-
vata una buona via; perché fu conceduto dalla Sede
Appostolica privilegio a' Frati Mendicanti di poter
acquistare stabili, con tutto che per voto ed islitu-
jcione loro era proibito. Per cotal ritrovamento, su-
bito i Monasteri de' Mendicanti d'Italia e di Spagna
e d' altri Regni fecero in breve tempo grandi acquisti
di stabili. In Francia solo i Franzesi s'opposero a tal
novità, dicendo, che siccome, erano entrati nel loro
Regno con quell'istituto di povertà, cosi conveniva,
che con quella perseverassero.
Ma nel nostro Regno, particolarmente a tempo degli
Angioini ligi de' romani Pontefici^ i loro acquisti fu-
rono notabili, massimamente ne' tempi dello scisma,
quando tutto il rimanente dell'Ordine Chettcale era in
poco credito, ed all'incontro tutto il credito era dei
Monaci. Assaggiate eh' essi ebbero le comodità ed
agi, che lor recavan le ricchezze, non trovaron poi
né modo né misura, sACCome é difficile trovarlo quando
si oltrepassano i confini dei giusto per estraricchire.
Per vie più accrescerle e tirar la divozione de' Popoli
inventarono molte particolari divozioni, l Domenicani
istituirono quella del Rosario. I Francescani l'altra
del Cordone, Gli Agostiniani quella della Coreggia, e
gii Carmelitani l'altra degli Ahitìnis e poi al di loro
esempio non mancarono l'altra Religioni d'inventar
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i88 STORIA CIVILE
anch'esse le proprie insegne, chi Scapularii^ e chi
altre particolari divozioni; e per lo profitto che se ne
traeva, diedero in eccessi, ciascuno innalzando T effi-
cacia ed il valore della propria insegna, con depres-
sione deir altre. I Domenicani esageravano il valor
del Rosario, I Francescani a* loro Cordonati quello
del Cordone, Gli Agostiniani a' suoi Careggiati il pro-
prio della Coreggia ; ed i Carmelitani il loro degli Abi-
tini; e con questo trassero non men gli uomini, che
le donne a rosariarsiy a cordonarsi^ a careggiarsi^ e
ad abiti niarsi^ e ad ergere proprie Cappelle, Congre-
gazioni , favorite sempre da' romani Pontefici con in-
dulgenze plenarie, e remissione di tutti i peccati ed
altre prerogative.
( Non dee alcun credere , che questi vocaboli di
Careggiati y Rosariati^ Cordonatiy ec. siansi posti per
derisione; poiché così si nominano nelle Bolle stesse
Papali^ da' Canonisti e da' Curiali stessi di Roma. Il
Cardinal de Luca^ ch'essendo Avvocato in Roma,
ebbe sovente a difender liti istituite in quella Curia
o dagli uni o dagli altri in più suoi discorsi, non si vale
di altri termini. Leggasi il Tamburino (a), ove rapporta
più Bolle di sommi Pontefici, che così gli chiamano, con
darne di più la derivazione, scrivendo, che le donne
si chiamano Corrigiatae ec. quatenus Carrigiam S. Au-
gustini cingunt, E lo stesso ripete nella disp. 7 qu. io
D. 4* Il Cardin. de Luca (b) fa un Catalogo di questi
nomi, li quali non altronde derivano, che da simi-
gliami cagioni: Quae appellari solent ( ci dice ) 6^071-
versae^ Tertiariae^ Bigninae^ Corpìgariae ^ MantellataCy
(a) Tambur. de Jure Abbatissnram disp. 7 q- 3 num. 4»
{b) L)e Luca de Begularibus part. i disc. So n. 4*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX.CAP.V. 189
Pinzoncheriae ^ Caiionissae^ Jesuitissae ce, ciobhè so-*,
vente questo medesimo Scrittore rapporta in altri suoi
discorsi , particolarmente de Jurisdictionej part. i disc.
45 n. 3 ed altrove).
E fu tanta sopra ciò la loro emulazione, che cia-
scuno guardava Faltro perchè non si valesse della sua
insegna per tirar a se la gente ^ ovvero sMngegnasse
d' introdurne un'altra simile a quella: e sovente ven-
nero a contrasti^ e ad istituirne liti in Roma, insino
se un Francescano tentava alF Immagine di nostra Si-
gnora farvi dal dipintore aggiungerci un Rosario de-
notante nuova istituzione, sicché per quella si sce-
masse il concorso a' Domenicani, e s' accrescesse agli
emoli Francescani. Fr a f Ambrogio Salvio da Bagnuclo
deir Ordine de' Predicatori famoso Oratore e poi Ve-
scovo di Nardo, cotanto per le sue prediche grato
airimperador Carlo V ed al Pontefice Pio V, ed a
CUI ì Napoletani eressero una statua di marmo nella
Chiesa dello Spirito Santo, che fu ^io del Dottor
Alessandro Salvio^ celebre ancor egli per lettere e per
lo famoso trattato, che compilò del Giuoco degli Scac-
chi; perchè il rosariaré fosse solo de* Domenicani , e
non potessero altri arrogarsi tal facoltà, ebhe nell'an-
no 1569 ricofso al PoQtefice Pio Y da cui ottenne
Bolla (a), per la quale fu interdetto e vietato ^ tutti
gli altri d' ergere Cappelle e Confraterie del Rosario ;
e che tal facoltà fosse solamente del Generale dell' Or-
dine di S. Domenico, o suoi Deputati, concedendola
ancora per ispezial favore al medesimo Frat' Am-
brogio.
Per r occasione di queste particolari divozioni per
(a) Bulla Pii Y- 86 in Bullario» tom. 3.
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19^ STORIA CIVILE
maggiormente ìnfiiimitiar i devoti , e' ìnventaYano molti
finti miracoli, ed oltre di predicargli a voce^ se ne
compilaTano libri , tantoché, siccome avvertì Bacon di
Verulamio (a) per questa parte resero 1 istoria eccle-
siastica così impura, che vi bisogna ora molta oriti-'
ca, e gran travaglio per separare i finti miracoli dalli
veri. Gotali. furono i principj di questi nuovi acquieti
in questo dcGÌmuterzo secolo, i quali riccveitero molto
maggiore ai^umento per tutto il tempo, che fra noi
regnarono gli Angioini^ gli avvenimenti de* quali bir-
sognerà riportare ne' seguenti libri di quest* Istoria-
(a) Baco de Aiig. Scicu.
TIMI ])(L LIBRO I)ECIM01f0V(W
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STORIA CIVILE
DEL
REGNO DI NAPOLI
LIBRO VENTESIMO
I
Franzcsi al tempo della decUnazioòe dell' Impe-
rio romano abitarono quel paese volto al Settentrione
che tra la Baviera e la Sassonia, si distende lungo le
rive del Reno, e che sino al presente Franconia dal
nome di questa Nazione yien nominato. Indebolito llm^
perio, e cessato lo spavento della potenza romana, in-
vitati dall'esempio degli altri Popoli vicini, delibera-
rono colla forza dell' armi procacciarsi più cotpodo
vivere, e più larga e fertile abitiizione ; ed avendo eletto
in loro Re Faramondo^ uno de' figliuoli di Marcomi-
roj sotto la di lui condotta, passato il Reno, si vol-
sero alla conquista delle Gallio intorno 1' anno /ng
lasciando il dominio della Franconia al vecchio Prin-
cipe Marcomiro. Clodione figliuolo di Faramondo di-
stese le conquiste , e cominciò a signoreggiar quella
parte delle Gallie, che più propinqua alle rive del
Reno, Belgica vien nomata. Successe a costui Mero-
veo^ non si sa di certo, se fratello, o se figliuolo di
lui, ma prossimo al sicuro e òongiunto di sangue^
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192 STORIA CIVILE
il quale con valorosi progressi , dilatandosi nelle parti
della Gullla Celtica propagò T imperio de' suoi Fran-
zesi sino alla città di Parigi , e giudicando aver acqui-
stato tanto, che bastasse a mantenere i suoi Popoli,
ed a formare un giusto, e moderato governo fermò il
corso delle sue conquiste, e rivoltato T animo a'. pen-
sieri di pace^ abbracciò ambedue le Nazioni sotto al
medesimo nome, e con leggi moderate e con pacifica
governo, fondò e stabilì nel possesso delle Gallie il
Regno de' Franzesi.
Continuò con ordinata successione la , discendenza
Reale in questa prima stirpe de' Merovingi^ insino al-
l' ultimo Re Chilperico, Pipino la trasferì poi nella fa«
miglia de' Carolini; ma èssendo questa seconda stirpe
mancata^ Ugo Càpeto diede principio alla terza, detta
perciò de Capeti: di cui nacquero i Filippi ed i Luigi
per cui la Francia fu gran tempo governata; ed es-
seìidost continuata per, molti secoli la saccessione in
questa stirpe, pervenne a questi tempi alla possessione
del Regno il Re Lodovico iZ di questa, nome, quegli
il quale per l'innocenza della vita a per T integrità
de' costumi, meritò .dopo la morte d'essere ascritto
tra' Santi. Fratello di questo Re fu Carlo Conte di
Provenza e d'Angiò^ il quale per le cagioni nel pre-
cedente libro esposte, essendo stato invitato alla con*-
quista del Regno, ccmi prosperi avvenimenti ridusse
r impresa a compiuto fine, e stabilì in Puglia ed in
Sicilia il Regno degli Angioini.
Nel narrare i snccessi ed i cambiamenti del goyer-
no civile accaduti nel Regno loro, serbarò, contro il
costume degli altri Scrittori, maggior brevità di quel
che sinora abbiam fatto. La dovizia istessa e copia
grande delle loro memorie lasciateci, e '1 veder la mag«
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB.XX. ìgS
gior parte d' esse notate in molti Tolumi di nostri Au*
tori, e d' essersene tessute piii istorie^ mi fa sperare,
che rese ormai note e divulgate, di non mi si dovere
imputare a difetto l'averle in parte taciute. De* fatti
degli Jn gioirti, e degli altri seguenti He, molto da'no-
Stri si trova scritto: de' predecessori nostri Principi
molto pòco, e tutto intrigato. Ciò nacque da più ca-
gióni: principalmente per Don avere i Principi nor-
manni e gli svevi fermata la loro Sede regia in Napoli,
o in altra città di queste nostre province , e d' esserci
perciò mancati delie loro memorie pubblici Archivii.
Le tante guerre poi, e revoluzioni accadute; gì incendi,
^' sacchéggiameoti di quelle città, che avrebbero po-
tuto conservargli, come di Gapua, Benevento, Salerno
e Melfi; e finalmente la barbarie e T ignoranza de' Scrit-
tori mal disposti a tesserne istoria , ne cancellarono
quasi ogni memoria. Molto perciò dobbiamo a'mona-
sterj delia Regola di S. Benedetto^ e sopra tutto à
quello di Monte Gassino, in cui serbansi le memorie
più vetuste anche de' Goti, essendo il più antico Ar-
chivio che abbiamo nel Regno; ed a' due altri della
Trinità della Cava, e di Monte Vergine, dove sta rac-
colto quanto mai de* Normanni è a noi rimase. Molto
ancora dobbiamo a* loro Monaci; poiché qualche an-
tica Cronaca, e qualche mal composta Istoria ad essi
la dobbiamo. De^ Re della illustre Gasa di Svevia ,
per aver avuti costoro nemici i Pontefici romani, gli
Scrittori italiani, che per lo più furono Guelfi, ne
scrissero con molto strapazzo, con gran pregiudizio
della verità; e se qualche straniero, o qualche Gro-
oaca novellamente trovata, non vi rimediava, si sa«
rebbe nella medesima ignoranza e pregiudicj.
Non così avvenne ne' tempi di questi Re della Casa
i3
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194 STORIA CIVILE
d'Angiò; polche avendo Carlo principiato adornar Na^
poli con magnifici tempj ed edifici, e dopo la separa^*
zione del Aeame di Sicilia, avendola rcnduta regia se-
de, e capo e metropoli del Regno: quindi avvenne ,
elle tennesi maggior conto de' regali diplomi, e delle
altre lor memorie, e si diede miglior forma in Napoli
a' regi Archivii. Carlo fu il primo, che ordinò in Na-
poli V Archivio della Zeceà\ che prima era in potere
de' Maestri Razionali, ed in miglior forma lo ridusse^
end' ebbe lunga durata, e ancor dura, ed è il più an-
tico, che oggi abbiamo in qoesta città. Si conservano
in quello 436 registri, cominciando dal Re Carlo I
dall'anno 1267 che fu il secondo anno del suo Regno,
insino alla Regina Giovanna II ove molte scritture^
anche nella lor lingua franzése,'soBo dettate. Di Car-
lo I si trovano cinquantacinque r(^i&tri, e più di Car-
lo II suo figliuolo, eh' el>be più anni di Regno , in«
fiino al numero di i53. Di Roberto, 117. Di Carlo
suo figliuolo, Vicario che fu del Rìrgno, 62. Della Re-
gina Giovanna I, 32. Di Carlo III della seconda razza
d' Angiò non più che tre. Di Ladislao^ diece, e della
Regina Giovanna II sua sorella ^ quattro (a). Per que-
sto oggi giorno vediamo, che le scritture, che si con-
•ervano in quello Archivio non hanno maggior anti-
chità , se non di quella de' tempi di Carlo I d' An-
giò. Solamente quasi per miracolo vi è rimaso un re-
gistro dell' Im{>erador Federico lì d' un solo anno,
cioè del 1239. Ed è da credersi, che a ciò vi coope-
rasse Carlo per estinguere affatto la. memoria de' Re
avevi, a' quali egli era succeduto, non già per ragion
ereditaria, ma per ragion di guerra, e di papali in*
(a) Toppi df Orig. Tribun. tom, i in pnnc.
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DEL RÉGNO DI NAPOLI LIB. XX, igS
vìiì^ (a). Quindi avvenne, che i nostri Scrittori furono
più copiosi ed abbondanti in registrar la memoria dec^U
Angioi|^j, che degli altri He predecessori.
' S' aggiunse ancora, che costoro regnarono in tempi,
ne* quali la barbarie non era cotanta, e cominciavano
pian piano in Italia, e pre^sso di noi a risorgere le
buone lettere, e ad aversi buon gusto deli' istoria. A-
veva Fiorenza Giovanni^ e Matteo Villani^ che coeta*
nei de' due Carli . e di Roberto , non mancarono di
mandar alla memoria de' posteri le loro gesta.
Successero poi uomini più illustri, come il Petrarca^
e Giovan Boccaccio^ i quali nelle loro opere de' Re
aogioini ci lasciaron nou poche memorie , come dà
coloro ben careggiati, e tenuti in sommo pregio: e
tra' nostri nou mancarono ancora chi i fatti di questi
Re notasse 5 come Matteo di Giovenazzo^ che scrisse
dalla morte di Federico II sin a' tempi di Carlo ti
ne' quali visse: 1' Autore de' giornali chiamati del Duca
di Montclione^ ne' quali furono annotate dì per dì le
cose fatte dal tempo della Regina Giovanna I fin alla
mòrte di Re Alfonso I e Pietro degli Umili di Gaeta ,
che scrisse a pieno delle cose del Re Ladislao, il qual
visse a quel tempo, e fu Ufficiale della Tesoreria di
quel Re. Dalle memorie de' quali e da altri gravi Au-
tori, confortato da quei due grandi uomini Giacomo
Sannazaro e Francesco Poderico, compilò poi Angelo
di Costanzo quella sua grave e giudiziosa Istoria del
Re^no di Napoli, che siccóme oscurò tutto ciò, che
insin allora erasi scritto, così ancora per la sua gra-
v^ità, prudenza civile ed eleganza , si lasciò indietro
tutte le altre che furono compilate dopo lui dalla
{a) Audrcys dìsp. fcud. png. iSg.
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196 Sl^ORlA. CIVILE
turba d'infiniti altri Scrittori. Per questa cagione TI-
atoria di questo insigne Scrittore sarà da noi più di
qualunque altra seguitata, né ci terremo a ^rgogna
se alle volte colle sue. medesime parole, come che
Assai gravi e proprie, saranno narrati i loro avve-
nimenti.
Carlo adunque, dopo essersi eoti que* mezzi di so-
pra narrati stabilito ne' due Reami di Puglia e di Si-
4)ilia^ dopo aversi reso benevoli molti Baroni^ del suo
partito con profuse donazioni, e dopo, per maggiore
4Bua sicurezza fatti fermare' nel Regoo molti Signori
franzesi, a cui diede molti feudi, onde nuove famiglie
in esso ci vennero, erasi reso formidabile per tutta
Italia e riputato uno de' maggiori Re d' Europa ; e
{^tendendo le sue forze oltre i confini di questi Reami,
aveasi ancora reso tributario il Regno di Tunisi, e
come uomo ambiziosissimo ed avido di Signoria, aspi-
rava air Imperio di Costantinopoli, e tutto il suo sta-
dio era di cacciar da quella Sede Paleologo, che al*
lora imperava in Oriente. £ forse gli sarebbe riuscito,
se iti Gregorio successore di Clemente avesse trovato
quelle medesime inclinazioni ed affetti , che in <206tui
furono.
Era stata la Sede Appostolica, per le discordie dei
Clardinali, vacantb poco men di tre anni dopo la morte
di Clemente; pè vi bisognò meno, che la presenza'
del Re Filippo di Francia, e d' Errico , e d' Odoardo
l'uno nipote e l'altro figlio del Re d'Inghilterra, per
lidnrre i Cardinali a rifar il successore; poiché questi
Principi, che ritornavano d'Affrica, passati per Sicilia
^ Napoli, ritornando a' loro Stati, andarono a Viterbo
per sollecitare i Cardinali per l'elezione, i quali final-
mente mossi dalla presenza di que' Signori, non con-i
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB. XX. 197
Tenendo in nìun di loro, finalmente nel dì i di set-
tembre di quest'anno la^i elessero persona fuor del
Collegio, che fu Teobaldo di Piacenza della famiglia
de' Visconti Arcidiacono di Liegi, che a quel tempo
si troyaya in Asia Legato appostolico neir esercito
cristiano contro Infedeli; ohe fattosi nel seguente anno
coronare a Yiterbo, fu chiamato Gregorio iC, il quale
ammaestrato da' precedenti disordini, fu il primo che
fece la legge di chiudere dopo la morte del Papa i
Cardinali in Conclave^ e di tenervigli finché avessero
eletto il successore.
Fatta l'elezione del nuovo Pontefice, Re Filippo
se n' andò in Francia, e Re Carlo ritornò in Napoli:
questi considerando, che Filippo suo figliuolo secon-
dogenito era morto, un altro chiamato Roberto terzo-
genito era pur morto sin nel laSS e che Carlo suo
primogenito ( iàvestito da lui del Principato di Salerno
colla corona o cerchio d'oro, del Contado di Lesina
con lo stendardo , e dell' Onore di Monte S. Angelo
coir anello (a) ) non avea ancor figliuoli maschi , egli
nel nuovo anno 1273 tolse la seconda moglie, figliuola
(secondo il Costanzo) di Balduino di Fiandra, i^l-
timo Imperador di Costantinopoli, per via delia quale
sperava acquistar parte dell' Imperio di Oriente: an-
corché il Sigonio dica , che fu figliuola non già di
Balduino, ma deV Duca di Borgogna. Furono perciò
in Napoli fatte gran feste e giostre, ed armati da lui
molti gentiluomini con cingolo militare e fatti Cava-
lieri. Fu anche quest'anno assai lieto al Re, perchè
nella fine del medesimo al Principe di Salerno suc-
cessore del Regno, che noù avea altro che figliuola
* {a) Inveges tom. 3. Annal. di Paler.
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icj8 STORIA CIVILE
femmine, nacque un figliuòlo chiamato Carlo Martello ^
che fu poi Re d'Ungheria, del che si fece festa non
80I0 in Napoli, ma in tutte V altre città del Regnor
Ma poi che Carlo ebbe novella, che tornava da
Soria il nuovo eletto Pontefice, e veniva a dismontare
in Puglia, cavalcò, ed andò subito in Manfredonia ad
aspettarlo e lo ricevè con molta stima ed onore, e
ToUe accompagnarlo per Capitanata e per Abbruzzo
fin a Campagna di Roma ^ lusingandosi, con queste
carezze tirar Gregorio a dar mano airimprc.sa, eh' ci
meditava di Costantinopoli ; ma il novello Pontefice,
che stato lungamente in Soria, teneva grande affezione
a quella guerra, coronato che fu, nel primo Concistoro
fece nota a tutto il Collegio Tinfcnzion sua, che era
d'impiegare tutte le forze del Ponteficato ali impresa
di Sorl^ contra Infedeli; la qual cosa, subito che fu
seritta al Re Carlo , s* accorse quanto avea perduto
con la morte dell' altro Papa suo predecessore.
Era a quel tempo venuto di Grecia Filippo figliuolo
deir ultimo Balduino, genero e cognato di Re Carlo,
per sollecitarlo che venisse all'impresa di Coi^tanlino-
poli, e'I Re gli consigliò phe andasse al Papa; e mandò
con lui per Ambascìador suo il Vescovo d'Avignone,
ì quali trattando insieme col Papa, che volesse con-
tribuir^i al soccorso, come si conveniva, per far unire
la Chiesa greca colla latina, lo ritrovarono molto alie-
no da tal pensiero; perchè il PaleologOy che avea oc-
cupato l'Imperio, in quel medesimo tempo avea man-
dati Ambasciadori al Papa, offerendogli di ridurre la
Chiesa greca all'ubbidienza della romana; onde Gre-
gorio, che stimava più il bene universale de' Cristiani
che il particolare dell' Imperador Balduino, e che vo-
leva più tosto l'amicizia di culai, che possedeva l'Im-
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DEL RÉGNO DI NAPOLI LIB. XX. t ^g
jwrio e poteva sovvenire all'esercito cristiano nel riac-
quisto ili Terra Santa, che divertirai dair aiuto dei
Cristiani per rimettere nello Stato Baldtiino; si mosse
da Orvieto, escludeùdolo da questa speranza^ e sene
andò in Francia a celebrare il Concilio i|i Lione, per
invitare il Re di Francia e d' Inghilterra, e gli altri
Principi oltramontani alta medesima impresa. Il Paleo-
Zo^o, eh' a vea inteso, che Balxluino era andato in per«
sona al Papa, per gelosia eh* ebbe, che non fosse di
più efficacia la presenza di lui, che V intelligenza de-
gli Ambascìadori suoi, si mosse da Costantinopoli e
condusse seco il, Patriarca e gli altri Prelati del suo
dominio a dare ubbidienza al Papa, dal quale fu ac-
colto con grandissimo onore, ed ottenne <juanto volle >
e se ne tornò subito in Grecia, confermato Impera^
dorè dalla bedè Appostolica (a). Si adoperò ancora
Gregorio, che Ridolfo Conte d^ Àusl>urg fosse eletto
Imperador d'Occidente, essendo vacato \ Imperlo molti
anni, affine d'unire questi Principi al riacquisto di
Terra Siinta.
Tutte queste cose molto dispiacquero al Re Carlo;
e avendo Gregorio nel 1274 aperto- già il Concilio in
Lione, «d invitato Fra Bonaventura, soprannomato il
Dottor Serafico^ che era stalo creato Cardinale, è Fra
Tommaso d' Aquino , il Dottor Angelico , perchè do-
vendosi trattare dell unione della Chiesa greca e latinai
potessero questi due insigni Teologi confutar gli er-
rori de' Greci; Carlo temendo che Tommaso, il qual
partiva di Napoli, dove in quest'università leggeva teo-,
logia, ed al quale erano note le sue crudcllàj nel Con-
cilio non maggiormente esacei-basse T animo dei Pon-
(a) Costanzo lib. a* ^
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260 STORIA CIVILE
tefice, passando egli per Fòssaaova, luogo non molto
lontanò da Terracinà, lo fece avvelenare , onde iti nel
monastero de' Monaci Cisterciensi trapassò nel dì 7
marzo dello stesso anno, in età di 5o anni. Oiò che'
Dante (a) noverò tra le altre fiereaze e crudeltà di
questo Principe, dicendo: '
Cario venne in Italia^ e per ammenda
Vittima fh di Corradino\ e poi
Ripinse al del Tommaso per ammenda.
Scorgendo per tanto Re Carlo V animo' del Ponte*^
fìce non esser niente disposto a secondare i suoi de-
sider), differì i suoi disegni; e mentre Gregorio visse,
non si travagliò molto per le cose d'Italia, né fuori
di quella; ma fermato in Napoli, attese a magnificarla,
ed a dar nuovo sistema alle còse di quésto Regno ,
cominciando da lui queste nostre province a ricono-
scer Napoli per* loro capo e metropoli.
CAPITOLO L
Cagioni onde Napoli divenisse capo
del Regno ^ e Sede regia.
JL primi fondamenti della magnificenza e grandezza
di questa città, onde con prosperi avvenimenti surse
poi a quello sthto in cui oggi si vede, furono gettati
da Federico II Imperàdore. Primieramente lo studio
generale, clie questo Principe vi fondò ^ tirò a quella
gli scolari non pur di questo Reame, ma anche di
Sicilia e d* altre più remote parti. Il non essersi da
(a) Dante Purgalor. cant. 20.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XIX. CAP.L sol
|>oi Federico fermato in Palermo , come gli altri R^
normanni suoi predecessori , ma avere scorso più
ciltà di queste nostre province, ed essersi spesso fer-
mato in Napoli colla sua Gran Corte e con gli altri
Ufficiali del Regno, servì anche per écala a tanta al^
tezza; e Taver ancora in magnifica forma ridotto il
Castello capuano , e quel deli' Uovo vi conferì molto*
L* altra cagione di tanta elevatezza furono Innocen^
zio IV el suo successore Alessandro^ i quali in Na«
poli lungamente colla loro Corte dimorarono; ma co^
loro , che vi diedero Y ultima mano furono i novelli
Re angioini, Carlo I e II, e più la separazione della
Sicilia per quel fumoso vespero siciliano : donde sur-*
aero due Reggio e due Re, cioè T antico di Sicilia,
e'I nuovo di Napoli. Palermo antica Reggia restò per
gli Aragonesi in Sicilia. Napoli nuova Reggia reste»
per li Franzesi in Puglia e Calabria.
•§. I EiUficj. .
Cominciò prima Carlo ad ampliarla con magnifici
e superbi edificj: non ben soddisfatto del Castel ca-
puano fatto alla tedesca , appena sconfitto Matifredi,
ed entrato con trionfi e plausi in questa città , che
fece edificar il Castel Nuovo ^ dove è oggi, al m<5^dello
franzese, per farlo abile a ricever soccorso per mare^
ed a difendere il porto, riputato allora una delle opere
più notabili d' Italia, ingrandito poi e reso più forte/
ed Inespugnabile dagli altri Re suoi successonTTNar-
rasi ancora, che neir antico Molo di questa città per
maggior sicurtà de'vascelli é per maggior difesa di
questo castello vi avesse fatta edificare quella Torre]
the ancora oggi ritiene il nome di S. Vincenzo , per
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903 STORIA CIVILE
Chiesetta, cHe In questo, luogo T*era dedicata a qaèt
Santo. - ■ :> ^
. là adornò anche dì magnifiche chiese e monasterj,
ed una chiesa de' Frati di S. Francesco, che eia in
quel luogo ove edificò il Castel Nuoto , la trasferì^
come si disse, dove è oggi Santa Maria della Nuova
in forma più magnifica, e vi fece un comodo mona-
stero capace di molti Frati Minori, il di cui numero
ne* seguenti anni fu notabilmenle accresciuto. L' an-
tico palazzo delia napoletana Repubblica, ove sollevano
convenire per pubblici affari il Popolo e la Nobiltà,
per tenergli divisi, proccurò che si disfacesse, e fecevi
edificare quella magnifica chieda che ritiene ancora il
nome di S. Lorenzo^ ( che poi Carlo 11 suo figliuolo
ridusse in più ampia forma ) a * cui unì un ben grande
convento di S. Francesco.
L'antico Duomo di Napoli, che prima era la chiesa
di S. Restituta, lo cominciò in altra più grande e ma-
gnifica forma a ristorare, ciò che non potendo perfe-
zionare, Carlo II poi lo fece riedificare nella forma
che oggi si vede, benché nelKanno i/{^& per un gran
tremuoto cadde, e fu in quella guisa ohe stava prima
ristorato dal Re Ferrante I d'Aragona e da molti al:
tri signori del Regno, che tolsero ognuno da per se
una parte a ristor{^re, de' quali si vedono oggi Tinse*
gne sopra i pilastri.
L'esempio del Principe mosse anche i suoi fami-
gliari e domestici a far il medesimo , i quali d' altre
Chiese T adornarono-, ma sopra tutti si distinsero tre
Franzesi che si crede fossero stati tre cuochi del Re
Carlo, i quali ottenuto dal medesimo nellanno 1270
per donazione quel luogo, v'edificarono un ben grande
Ospidale e una chiesa dedicata a Ire Santi Vescovi
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DFL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. I. 2o3
Eliclo, Martino e Dionigi: che in decoreo di tempo
fii è resa una delle opere più notabili della pietà cri-
stiana.
Fece ancora delle pietre quadrate, oh' erano per le
raine della via Appia, lastricare in bella forma le stra-
de della città, e rifare le mura della medesima in mi-
glior modo di prima. E per renderla più abbondante
di viveri e di traffichi, fece quel gran mercato, che
oggi si vede, in luogo più ampio e capace ^ poiché
allora era fuori della cillà (a); onde Napoli ebbe due
mercati, questo nuovo fatto da Garlo, ove fu de-
capitato l'infelice Corradino, ed il mercato vecchio
che era prima vicino alla chiesa di S. Lorenzo.
5- ^I BistoramerUo degli Siudj.
Imitando questo Principe le vestigia di Federico II
per render più rinomata ed illustre questa città, am-
pliò lo Studio generale da Federico fondato, e T arric-
chì di molte altre prerogative e privilegi. Re Roberto
suo nipote tra' suoi Capitoli ^ che aggiunse a quelli
fatti dair avo e dal padre, rapporta un ampio privi-
legio a quest'Accademia conceduto da Garlo nel primo
anno del suo Regino 1266 che fu istrornentato da Ro-
berto da Bari suo Protonotario in Nocera , nel quale
mostra essergli stato sommameote a cuore la gran-
dezza e decoro di ques^ta Accademia (b). Perciocché
per maggiormente privilegiare i Dottori e gli scolari
di quello, costituisce loro un proprio e particolare
{a) De Bottis in cap. i. Regni: Hic Neap. fecit feruta ma «
gmim. {ò) Iti Capit. Regni, sotto il titolo, Privilegaiià Col-
leg. I^eup, Siud.
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2o4 STORIA CIVILE
Gìustiziero^ avanti di cui ordina, che tutte le lord'
cause civili o criminali, attori o rei che fossero, deb-
bano agitarsi; né ohe possano esser tirati a piatire
altrove avanti altro Giudice o Tribunale, se non se
volessero a loro arbitrio per via di compromesso an«
dare avanti T Arcivescovo della città, ovvero ad ua
Dottore dell'istessa Accademia, affinchè determinassero
le loro cause. Stabilì per ciò al Giustiziere , se sarà
napoletano, ao once d' oro Fanno per sua provisione,
e se sarà forastiero 3o. Ed il Summonté da' libri del-
TArchivio déiranno 1269 rapporta, che fu da Carlo
costituito in queir anno per Giiisliziero Landolfo Ca-
racciolo con 30 odce d' oro Y anno per suo salario.
Statuì a questo Giustiziere per la retta amministra-
zione della giustizia tre assessori: uno oltramontano
da eleggersi dagli scolari oltramontani, che venivano
quivi a studiare; r altro Italiano, che dovessi eleggere
per gli scolari d'Italia; ed il terzo Begnicolo, la di
cui elezione apparteneva ai scolari del Regno; U^
quali dovevano da tre in tre mesi successivamente
mutarsi .
Diede anche facoltà a questo Giustiziere ( acciocché
gli studenti non fossero defraudati del prezzo de' com-
mestibili ) che coi consiglj degli Assessori e dei Dot-
tori e maestri degli scolari mettesse egli l'assisa alle
cose venali, moderata però e giusta, affinchè non riu-
scisse grave ed iniqua a' venditori e compratori. Che
potessero anche costituire, col consenso degli scolari,
uomini probi, i quali dovessero assignare a* scolari gli
ospizi e stabilire la giusta mercede per li medesimi
e per le case, che serviranno per T abitazione de' me-
desimi. Perchè non fossero distratti da' loro studj, proi-
bì a tutti gli Ufficiali della sua Corte di non; gravare
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAPI. ao5
i medesimi cTangarìe^ esaxioiii, servigi persodftli, an-
che se la sua Corte medesima o la città ne avesser
bisogno. Né che i Bagliyi ed altri Ufficiali esigessero
per le Merci e robe, che saranno a* scolari mandate
per loro sostentamento o necessità, dritto alcuno di
pedatico, fondaco o dogana, esimendogli affatto dalla
loro giurisdizione e potestà.
Finalmente invita tutte le Nazioni a mandar i loro
giovapi a studiare in Napoli, a' quali sarà libero e si-
curo r accesso, el recesso a loro arbitrio e volontà,
e saranno benignamente accolti, e liberalmente protetti
e fayoriti dal presidio e regal munificenza. Della Corte
di questo Giiistiziero degli Scolari istituita da Carlo I
fassi anche memoria nel Regal Archivio; e ne' Regi-
stri di Carlo II si leggono altri Giustizieri, come Ma-
rino del Duca Giustiziero degli Scolari, e da poi Pie-
tro Piscicello, detto OrtanlCy e dopo costui Gualtiero
Caputo di Napoli Milite; e finalmente Matteo Dentice
Milite. Ed il Summonte rapporta, che dalle carte di
<{ue\ registri si Tede, che T assisa de' pesci e delle al-
tre cose commestibili conceduta da Carlo I, e poi con-
fermata da Carlo II suo figliuolo allo Studio di Na-
poli, si faceva nella Chiesa di S. Andrea a Nido, in-
sieme col Giustiziero, Dottori e Studenti, conforme al
solito (a); di che ora n' è pur a noi' rimase vestigio;
poiché sebbene T Ufficio del Giustiziero degli Scolari
si vegga a' tempi nostri molto ristrettamente passato
nel Cappellan Maggiore^ il quale <^ome Prefetto degli
studj tiene giurisdizione, ma molto ristretta e differente
da quella, che teneva il Giustiziero^ stendendosi sol»-
inente sopra gli Scolari delinquenti nello Studio: e la po-
(a) y. S^nlmont. tom. a lib. 3 cap. 3.
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2o6 STORIA CIVILE
testa di metter F assise fosse rimasa al Giustiziero, ed
a* suoi Catapani , con giurisdizione molto differente
dair antica, e ^stretta solo sopra i venditori delle cose
commeslibili (a) nuUadimanco dura ancor ora, che gli
emolumenti della Catapania per tre mesi dell'anno si
appartengano al Lettor primario di Legge civile di que-
sta Università, il quale senza nuora provvisione, gode
di quegli emolumenti, come attaccati e dep^ndenti dalla
cattedra primaria del jus civile.
Perchè ancora questo Studio fosse più florido e nu-
inerosp, invitò i più insigni Dottori forastieri de' suoi
tempi. con grossi stipendi, perchè venissero ad istruire
la gioventù di buone lettere e discipline. Fioriva a
questi tempi lo Studio di Bologna, e fra gli altri^ Pro-
fessori era rinomato per la legge civile Giacomo Bel-
mo. Fu costui invitato da Carlo a venir in Napoli ad
insegnare )us civile, con stabilirgli di salario cinquanta
once d' oro Tanno. Invitò ancora nel^anno 1369 P^
la legge canonica Maestro Gir àrdo de Cumis^ con sa-
lario di 20 once d' oro. Per la teologia Maestro Tam-
maso d' Aquino Frate Domenicano, colui che adoriamo
ora per Santo, con salario di un'oncia d'oro il mese^
E per leggere medicina Maestro Filippo de Castrocoeli^
con salario d'ónce dodici d'oro Tanno (i^). Le di cui
vestigia, come diremo, furono da poi calcate da Car-
lo II e da Roberto suoi successori.
Questo ristabilimento dell'Accademia napoletana (la
quale dopo la morte di Federico per le continue guerre,
che durarono per più di venti anni, era alquanto de-
caduta da quello splendore, nel quale Federico la-
(a) Suinm. tom. 2 lib. 5' eap. 2. Nigris in CommenC. ad cap.
Beg» cap. 269 DUiB. 17. [b) Sunim* tom. 3 lib. 5 e. 2.
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^yGpogle
DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.I. 207
$cloila) fu pure una delle cagioni fortissime perchè
Napoli si rendesse più numerosa di gente concorsavi
da paesi vicini e lontani, e perchè s'inalzasse sopra
tutte r altre città del Regno.
L'aver ancora Carlo deliberato di non trasferire la sua
sede regia in Palermo, siccome i predecessori Re nor-
manni e svevi fecero, fu poi la prlncipal cagione del-
l' ingrandimento di Napoli. Riputò questo Principe
Palermo, come città lontana, esser men adatta per poter
accorrere a bisogni del Pontefice e de' Guelfi in Ita-
lia, e per non allontanarsi tanto dagli altri suoi Stati
di Provenza e di Francia, colla quale tenne continuo
è stretto commercio; di che a torto si lagnavano i Si-
ciliani, non altrimenti che a torto si dolevano i Ro-
mani d'Onorio, il quale per reprimere V inondazioni
de' Barbari, (jhe per quella parte venivano ad infestar
}* Italia; traslutò la sua sede da Roma, e la coHocò
prima in Milano e poi a Ravenna. Fcrmossi per ciò
Carlo in Napoli; e se bene non sempre quivi dimo-
rasse, avendo sovente dovuto ricorrere per li bisogni
del Reame, e per renderlo più quieto e pacato sotto
la sua ubbidienza, ora in una città, ora in un'altra,
siccoine si vede dalle date .de'suoi Diplomi^ ed ancho
de^suoi Capitoli^ li quali si leggono istromentati ora
in Nocera, ora in Trani, Foggia, Aversa, Venosa,
Brindisi ed altrove;- non è però, che in Napoli coi
Principe di Salerno suo figliuolo primogenito e suc-
cessore del Regno, non facesse la sua maggior dimora
con gli Ufficiali della Corona e della sua Corte, ed
attendesse ad ingrandirla e ad adornarla di tanti seggi
che non fece a niun' altra città del Regno.
Questa sua dimora in Napoli, e Taver insieme ador-
Tiata la sua regal persona di molte altre illustri pr^o*
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^>8 * STORIA CIVILE
gattve, come d' aver»i resQ tributario il Regno di To-
sisi, e fregiato del titolo di Re di Gerusalemme, quanto
pia estolsero la sua regal persona, altrettanto ingrana
dirono Napoli sua Sede regia.
CAPITOLO IL
Girlo si rende trihutario il Regno di Tunisi; e per la
cessione di Ma hi a figliuola del Principe d'Antio*
- chiù diviene Re di Gerusalemme,
JLiuigi Re di Francia,, fratello di Carlo, essendo
passato nella fine dell' anno 1270 in Affrica contra Infe-
deli, e tanendo assediatoTunisi, oppredso il suo esercito
da peste, stava in pericolo d'esser rotto da' Mori e d'esser
fatto prigioniero co' suoi figliuoli, eh' erano con lui ift),
Carlo, avuta tal nuova, fu costretto dal debito del sangue
e dair (J^blìgo, che avea a quel buon Re^ che T avea aiu*
tato ad acquistare due Regni, di ponersi sopra T armata,
ehe avea apparecchiata per passare in Grecia, ed andar
subito a Tunisi \f>)\ dove trovò Tesercito franzese co-
tanto estenuato, che parve miracolo di Dio, che i Mori
non r avessero assaltato e dissipalo; e trovò il Re che
air estremo di sua vita, stava nel punto di render l' a^-
nima a Dio, come la rese* guanto fosse il suo ar-
rivo earo a' figliuoli del Re ed a tutto P esercito, non
è da dimandare, perchè a quel tempo medesimo venne
ott numero infinito d Arabia con disegno non tanto di
soccorrere il Re di Tunisi, quanto di saccheggiare le
ricchezze del Re di Francia, e del Re di Navarra e di
{a) Villani lib. 7 cap. 37. (^) Costanzo lib. i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CÀP.IL aoc)
tanti altri Principi, eh' erano seco venuti a quella im-
presa, ma poiché videro Tesercito Cristiano accresciuti^
d'un tal soccorso, se ne tornarono a' loro paesi; ed
il Re di Tunisi, eh^ aspettava d' ora in ora^ che gli
Arabi in quel modo lo liberassero dall'assedio, uscito
da tal speranza, mandò Ambasciadori al Re Carlo per
la pace: Carlo temendo, che la peste non a* incrude-
lisse ancora co* suoi, come avea consumato V esercito
di Re Luigi; e vedendo ancora Filippo suo nipote,
nuovo Re di Francia, desidei'oso d' andare a coronarsi,
?ntrò con gli Ambasciadori del R|S di Tunisi nella pra-
tica della pace, la quale fra brevi dì si conchiuse eoa
questi patti: che si pagasse al nuovo Re di Francia
una gran quantità d' oro per la spesa , ck* avea fatta
nel passaggio : che si liberassero tutti i prigioni Cri»
stiani^ cV erano nel Regno di Tunisi: che potessero i
Cristiani liberamente praticare con mercatanzie in Af*
frica: che si potessero ivi edificare Chiese e Mona-^
sterj e predicarsi il sacro Evangelio di Cristo sen-
za impedimento: e che 7 Re di Tunisi e suoi sucees"
sori restassero tributari al_ Re Carlo ed a' discendenti
di lui^ di ventimila doble d^oro. Tributo che da' Re
di Tunisi altrevolte s'era pagato a' Re di Sicilia,
come al Re Ruggiero e Guglielmo normanni. Tutini
da* regj archivi trascrive una carta, ove st9 notato
quanto importasse V anno questo tributo, il di cui te-
nore è tale: Tributum Tunesi debitum Regi Siciliae^
knno quolibet est Bisantinorum triginta quatuor millia^
tercentum triginta tribus, quorum Bisantinorum nuodli-'
bet yalet tarenos auri duoSy et dimidium\ et sic re-
ductis ipsis Bisantiis ad tarenum aureum\ sunt tare-
num^ triginta tria millia^ triginta tribus^ quibus tarenià
reductis in uncias auri^sun$ unciaà duo milUa^octua*
»4
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i^ia STORIA CIVILE
ginta iriginta tribiis. Collecta Igitur Bisantinorumidie*
forum summa per trihus annis^ prò quihus trihutum
ipsum dehetur dieta Begi, ascendit ad Bisanùnorum
centum millia. Summa dictorum tarenorum^ prò eisdem
trihus annisy unciarum ceto millia trecenta trihus u-
num (a).
I. Gaulo per la cessione di Maria figliuola del Principe
d' Antiochia diviene Be di Gerusalemme.
Venuto Fanno 1275 Papa Gregorio senza aver fatto
nulla dì quanto avea designato, venne a morte, ed in
suo luogo fu eletto Pietro di Tarantasia Borgognone
Frate Predicatore ^ che fu chiamato Innocenzio V. Carla»
udita relezione d'un Papa franzeee riassunse con molta
alterigia la dignità sua Senatoria, ed avendo in suo
luogo sustituito Giacomo Canlelmo,^ che altre volte ivi
era stato suo Yiearlo, governava Roma a sua voglia,
ottenendo per se e per gli amici qi:^ello che volea; ma
fosio le sue speranze si dispersero, poiché avendo In<
nocenzio appena pochi mesi retto il Pontificato, finì
ì giorni suoi. Ed i Cardinali ingelositi della potenza
di Carlo, tosto elessero un Papa Italiano, che fu Ot-
tobono del Fiesco genovese nipote d' Innocenzio IV,
che Adriano V nomossi. Costui, in quél poco tempo
che visse da poi, mostrò gran volontà d' abbassare la
potenza di Carlo, che teneva oppressa Italia e Roma,
ed avea perciò chiamato Tlmperador Rodolfo. Ma Tesser
tosto Adriano mancato, e rifatto Pietro Cardinal Spa-
gnuolo per suo successore, che Giovanni XXll^ secondp
il Platina, e secondo altri XXI fu nomato, la potenza
di Carlo non mancò punto; poiché Giovanni ancor che
(a) Tutiai degli Ammir. del Regn, pagp. 64«
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IL su
di santi costumi, er^ affatto inabile al goyemò di tanta
macchina; e Garlo, pome Senator di Roma governava
ed amministrava ogni cosa appartenente al Papato. Per
la qual cosa durante il suo Pontificato, e sei mesi dopo
la morte di Giovanni che vacò la Sede, Appostolica,
insino air> elezione di Papa Niccolò 111 era riputato
maggiore, ed il più temuto Re di que* tempi: poiché
oltre i due Regni, e le Signorie di Provenza e d'An«
giò che possedeva in Francia, avea tributario il Regno
di Tunisi; e Tutini aggiunge, che 8*era impadronito
anche dell* isola di Gorfù (a); e come tributari avea
ancora i Fiorentini, ed a divozione tutte le città Guelfe
d' Italia. Disponeva ancora del giovane Re di Francia
suo nipote; ma quello, che più lo rendea formidabile,
era la quantità di gente di guerra ch'egli nudriva in
varie, e diverse parti sotto la disciplina d' espertissimi
Capitani. Era ancor potente per forze marittime, le
quali erano poco meno di quelle di terra, tenendo nei
nostri porti varie armate di mare, numerose di va-
acelli, sotto il comando d'Errico di Mari genovese
suo Grand*AmmiragUo; ed al di lui imperio ubbidiva
r uno e r altro mare superiore ed inferiore; onde a
questi tempi non potevano certamente i Yinegiani van-
tarsi del dominio del Mare Adriatico, poiché Carlo
era più potente in mare eh' essi noq erano; alle di cui
forze marittime fidandosi, avea egli intrapreso di scac-
ciar r Imperador Paleologo dalla Sede di Costantino-
poli^ e fare altre imprese in Oriente.
Per questo Maria figliuola. del Principe d'Antiochia,
cui Ugo suo zio Re di Cipri le contrastava il titolo
e le ragioni del Regno di Gerusalemme, venne in Roma
{a) Tutini degli Ammir. pag. 64-
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àia STORIA CIVILE
é ricorse al Papa ed al Re Carlo, perchè volessero
aiutarla; ma poiché vide il Papa poco disposto, fu iti*
dotta finalmente da Carlo a ceder a lui queste sue
ragioni: onde innanzi al Collegio de< Cardinali asse-
gnò e rinunziò al medesimo tutte le ragioni, che avea
nel Regno di Gerusalemme^ ed il Principato d'Antio-
chia {a)i con tulle le solennità, che si richiedevano a
cosa di tanta importanza (b): onde Papa Giovanni che
favoriva il Re, avendo per vere le ragioni di Maria,
in quest' anno 1277 coronò Carlo Re di Gerusalemme,
e da questo tempo cominciarono gli anni del suo Re*
gno di Gerusalemme.
Carlo avuta tal cessione mandò subito Ruggiero San-
Severino a pigliare il possesso di tutte le terre che
Maria possedeva, e ad apparecchiare di ricovrar Tal-
tré; ed in un medesimo tempo ordinò un apparato
grandissimo di guerra di infinite galee ed altri legni,
con numerose genti, per l'impresa non meno di Co^
stantì nopoli ohe di Gerusalemme.
Le ragioni di Maria sopra il Reame di Gerusalemme
venivano a lei per la sua madre Melisina quarto ge-
nita, che fu di Isabella sorella di Balduino lY Re di
Gerusalemme. Lasciò Isabella, dal suo primo marito
Corrado di Monferrato, come nel XVI libro fu nar-
rato, quattro femmine: la primogenita Maria fu madre
dir Jole seconda moglie dell' Impérador Federico, al
quale il titolo e le ragioni di Gerusalemme furono date
in dote: perciò Federico, Corrado suo figliuolo e Cor-
radino si valsero del titolo di Re di Gerusalemme. Pejr
la morte di Corradiop ultimo del sangue Svevo senza
{a) Chìoccarell, tom. i. M. S. giurisd. (b) Raiuald. Anna!,
ad atm. 1377.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP JL iii3
successori, essendo éstìate <]ueste tagioai in quella li-
nea, pretendeva Maria come figliuola di Melisina che
8* appartenessero a lei.
La secondogeàita d'Isabella fu Alisia. Costei si caso
con Ugo Re di Cipro. Pretese questi per le ragioni di
sua moglie, estinta la linea diella primogenita nella per-
sona di Corradiuo, di poter egli intitolarsi Re di Ge-
rusalemme, siccome fece; ma per parte di Maria d'An-
tiochia) si diceva che anche queste ragioni d* Alisia
fossero estinte, poiché il Re Almerico di Cipro, altro
marito della Regina Isabella, al qual successe il Re
TJgo suo figliuolo > procreato con la sua prima moglie
e marito dell' Alisia, le avea cedute a Giovanni di
Brenna marito di Maria primogenita , siccome scrìve
il P. Lusignano nella Cronaca de' Re di Cipri.
La terzogenita d'Isabella fu Sibilla, Costei maritata
iKon Livone Re d' Armenia morì senz* eredi; onde re-
stavano solamente le ragioni di Melisina quartogenita
madre di Maria^ che fece la cessione a Carlo.
Ma questa cessione avea delle gravi difficoltà; poi-
ché veramente non potea dirsi, che le ragioni della
secondogenita Alisia fossero estinte per la cessione fatta
da Almerico a Giovanni di Rrenn a; poiché. quella ces-
sione non potea pregiudicare a* suoi successori, i quali
vengono a succedere in quelle per altra cagione, cioè
per le ragioni d'Alisia, alla quale, come figliuola di
Isabella, non già d'Almerico s'appartenevano, né que.
sti cede altro, che quelle ragioni, che allora le ap«>
partenevano, come marito d'Isabella, non già le future,
che per altra cagione poteano spettare ad Alisia e suoi
descendenti; per la qual cosa saviamente avvertì il
P. Lusignano, che questa cessione di Maria fatta a
Carlo fu di quelle ragioni, ch'ella non avea , ma cbf^
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2i4 STORIA CitlLE ^
spettavano ad Alisia sua zia moglie del Rè Ugo. Ed
in effetto, quando Federico II Imperadore fa scomu-
nicato e tornò in Paglia, lasciando la Scria, la vedova
Regina di Cipri andò in Scria, ricorrendo agli Ospi-
talieri e Templari, perchè la mettessero nel possésso
del Regno di Gerusalemme, stante che Federico era
tornato in Puglia, ed era stato scomunicato: di che gli
Ospitalieri e Templari non vollero far nulla, rispon-
dendoli, che volevano aspettar un anno a vedere^ se
anderebbe in Soria Corrado figliuolo di Federico e di
Tiolante sua moglie, figliuola della sorella maggiore
da parte di madre di questa Regina di Cipri: il qual
Corrado èra più propinquo alla Corona e successione
del Regno, siccome narra il Bossio (a). Quindi av-
venne, che Carlo avvertito da poi della, poca sussi-
stenza di queste ragioni di Maria; si convenne con
Errico II di tal nome Re di Cipri, che, come scrive
P.' Lusignanoy gliele constrastava. E sebbene Errico ri-
novasse da poi la contenzione col Re Carlo II d'An-
giò per le ragioni dell* ava; nuUadiroanco così il sud-
detto Carlo, come tutti gli altri Re Angioini suoi suc«
cessori, continuarono ad intitolarsi sempre Re di Ge-
ì-usalemmey come si vede da' loro diplomi e privilegi.
Ed il Re Roberto colla Regina Sancia sua moglie,
essendo ne' loro tempi dal Soldano angustiati più che
mai i Cristiani, che ministravano al Santo SepolcrO|
convenne col Soldano, che non si dasse impedimento
alcuAo a' Cristiani, che ivi erano, con promettergli per-
ciò grosso tributo, somministrando ancora a quelli tutto
il bisognevole^ perchè non mancassero d' assistere a
quel santo luogo (h). Parimente la Regina Sancia a
{a) Bossio Istor. di Malta, 1. 16 p. 56i. (b) Y. Raìnaldl
Annal. ann. i342.
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DEL REGNÒ DI NAPOLI L.XX. GAP. IL iii5
Bu« spese fece edificare nel Monte Sion uri convento
e* Frati Minori di IS. Francesco, e n'ottenne anche
Bolla da Papa Clemente VI rapportata dal Wadingoi
il quaì Autore narra ancora , che la Regina Giovanna I
ottenne- anche dal Soldano petmidsione di poter co-
struire un altro convento a^Ffati suddetti di S. Fran-
cesco nella Valle di Giosafat BOtnministrando ella le
spese, e quanto bisognava pet mantenimento di detti
Frati (a). Donde alcuni fondano il patronato, che ten-
gono i Re di Napoli nel S. Sepolcro, ed in detti luo-
ghi serviti da' Frati Minori di S. Francesco, soccorsi
e fondati con tante spese da' loro predecessori, avva-
lorato anche dalla Bolla di Papa Clemente.
Ma altri ponderando, che il fonte, onde deriva il
titolo di Re di Gerusalemme a' Re di Napoli, sia al-
quanto torbido^ Volendosi tirare da questa cessione di
Maria, per ischermifsi ancora più validamente dallb
pretensioni de' Re d'Inghilterra, de' Marchesi di Mon-
ferrato ( donde tirano le loro ragioni i presenti Duchi
di Savoja ) e della Signoria di Vitiegia, i quali per
la successione de' Re di Cipro tutti pretendono que-
sto titolo; scrissero, che a' Re austriaci giustamente
s' appartenga per le ragioni di Maria primogenita di
Isabella sorella di Balduino IV Re di Gerusalemme,
le quali non s' estinsero nella persona di Gorradino ',
poiché gli Scrittori oltramontani ed Italiani tutti con-
cordano, che quando fu moz2o il capo a quel!' infelice
Principe, investì egli col guanto, e coli' anello di tutti
i suoi Regni e ragioni il Re Pietro d'Aragona, at
(a) V, J'r. Luca Wadlngo Annal. Min. tom. 3 fol. 4^^-
V. Lucerna Hierosolymitana. Y. D. Maurizio d'Alsedo nella
GerQsal. Schiava , pag. 77- ' ■ . -
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ai6 STORIA CIVILK
quale. s*app«rteneya la successióne di tutti i Regni e
Stati di GorradinO) com' erede della famiglia di S?evia
a cagione di Gostanza figliuola del He Manfredi; ed
al Re Pietro essendo per legUtima successione succe-
duto il Re Federico d^ Aragona, ed a costui, i Re au-
striaci di Spagna suoi successori, meritamente questi
se ne sono intitolati Re con maggior giustizia e ra-
gione, che tutti gli altri Competitori.
GAPITOLO III.
Nuova Nobiltà Jranzese introdotta da Carlo I
in Napoli^ e nuovi Ordini di Cavalieri,
iNel Regno à^^ Normanni^ siccome si vide ne' pre-
cedenti libri di quest'Istoria, molti Signori franzeai
capitarono in queste nostre parti adorni di militari po-
Bti, de' quali, come Capitani in guerra espertissimi, si
valsero que' Principi, che dalla Normannia, paese della
Francia, ci vennero: furono in premio delle loro lun-
ghe e gloriose fatiche lor conceduti molti Feudi ^ ed
aggranditi co' maggiori Ufficj della Corona: essi per
ciò introdussero appo noi un nuovo modo di suc-
cedere ne' Feudi, detto jus Francorum ; e molte altre
usanze e riti vi portarono. Ma questi Baroni non in
Napoli si fermarono: moki in Sicilia, e p.irticolarmente
jin Palermo, allora Sede regia, fecero permanenza. Altri
ne' loro Stati, de' quali erano investiti, altri seguendo
la persona de' loro Princìpi, decorati di varii Ufficj
ivi residevano, dove era la persona regale, ovvero dove
ricercava il lor posto, facevano residenza. Ma que' Ca-
pitani,^ e que' guerrieri franzesi e provenzali, che se-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.III. ^17
guirono Re Carlo neir impresa di questi Regni, resi-
dendo, dopo avergli conquistati, per lo più egli in Na-
poli, in questa città si fermarono, ove dalla munifi-
cenza del Re riceverono i premj delle loro sofferte fa-
tiche; poiché Carlo, dopo essere entrato in Napoli,
con magnifico apparato, e con allegrezza ricevuto,
avendo passati molti dì in festa con la Regina Bea-
trice sua moglie, e con gli altri Signori franzesi, volle
premiar tutti coloro, che Taveano servito; e fatto scrn-
tinio de' Baroni, che aveano seguitato la parte di Man*
fredi, confiscati i loro beni, cominciò a compartirgli a
costoro, principiando da Guido Monforte, eh* era stato
Capitan generale di tutto il suo esercito, e da Guglie!*
mo Belmonte, che oltre averla fatto Grand' Ammira-»
glio, rinvestì del Contado di Caserta, e donò molt«
città e castelli a moltissimi altri. Furono premiati Gu-
glielmo Stendardo, Gugliemo di Clinetto, Ridolfo di
Colant, . Martino di Dordano, Bonifacio di Galiberto,
Simene di Belvedere, Pietro di Ugoth, Giovanni Galar-
do de Pies, Giordano dell'Isola, Pietro di Belmonte, Ro-
berto Infante, Beltrano del Balzo, Giacomo Cantelmo,
Guglielmo di Tornay, Rinaldo d'Aquino, ed altri mol-
tissimi rapportati dal Costanzo, e dal Summonte (a),
e più diffusamente da Pier Vincenti nel Teatro dei
Protonotari' del Regno, dove favella di Roberto di
Bari, per le cui. mani, come Protonotario del Regnò
passavano allora queste donazioni. Ed oltre aver pre-
miato anche i Romani e gli altri Italiani, che lo se-
{[uirono, ebbe particolar cura di que' Cavalieri f ran-»
2e^i, che di Provenza e di Francia condusse seco ,
Acquali donò città, terre, castelli, dignità ed uffìcii
{a) Co^aazo lib. x. Summonte to. 2 pag. 2^0,
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ai 8 STORIA CIVILE
eminenti nel Regno; tra* quali furono più chiari quelli
di casa Gianvilla, d'Artois, d'Appia, Stendardi, Gàn^-
tclmi, Merloti della Magna; qua' di casa di Bursoa,
di Marsiaco, di Ponsico detti Acclocciamuri^ di Ghia'-
ramonte, di Cabani, ed altri. Potè Napoli pertanto^
oltre r antica, pei* la nuova e numerosa Nobiltà fran-
2ese quivi stabilita con tanti Feudi, preminenze ed
nf&cii, rendersi sopra ogni altra città del Regno più
illustre e chiara ; ond' è, che poi meritamente acqui-
stonne il titolo di nobile^ ovvero di gentile.
$. I* Cavalieri armati da Carlo in Napoli-
' Ma quello che sopra ogni tìltro rese illustre questa
città, fu averla questo Principe arricchita d'infinito
numero di Cavalieri, con avere ornati d' Ordine di ca-
valleria moltissimi cittadini, oltre molti altri del Re-
gno, nel quale per ciò introdusse in tanta frequenza
l'esercizio militare, che quelli, che sotto la disciplina
sua e de' suoi Capitani erano esercitati nelle guerre^
non cedeano punto a' veterani, eh' egli avea condotti
di Provenza e di Francia4
L'ordine de' Cavalieri fu presso i Romani in tanta
stima e riputazione ch'era uno de' tre Ordini^ dei
quali si componeva quella Repubblica: Martia Roma
triple X ^ EquitatUy Plebe^ Senatu^ dice Ausonio. Cioè
di Senato, Cavalieri, e minor Popolo* Il Senato per
lo consiglio: li Cavalieri per la forza: il minor Popolo,
per somministrare e fornire, ovvero ridurre a perfe*
zione le cariche della Repubblica.
Prima Y Ordine de' Cavalieri era come un Semina*-
rio di Senatori: poiché, come dice Livio, da quest'Or-
dine si pigliavano, e si facevano i Senatori; ma da
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.lIL 1219
}k>i che i grandi Ufficii furono comunicati al minor
Popolo, li Senatori erano scelli da que' eh* erano stati
Magistrati. Prima i Romani davano il cingolo militare
a coloro ch'erano abbondanti di beni di fortuna-, on-
de nacque, che chi aren molti sestertii poteva aspirare
ad entrar in qucst' Ordine, siccome a quello di Sena-
tori ancora. In tempo poi degli Imperadori era dato
con soiénoità alle persone di merito, e più frequen-
temente a quelle, che non aveano ufficio o carica pub-
blica, ma dimoravano per lo più, come semplici gen-
tiluomini nella Corte dell' Imperadore; e perchè erano
di più aorte, perciò V Imperadore in una sua Costi-
tuzione, che ancor leggiamo nel Codice di Giustinia-
no (a), volle stabilire le loro precedenze, e dopo quelli
che tengono esercizio per qualche ufficio o carica,
mette in secondo luogo que' Cavalieri, acquali essendo
•In Corte avea egli dato il cingolo militare: nel terzo
luogo, quelli a' quali non essendo in Corte, ma as*
senti, avea F Imperadore mandato il cingolo: nel quar-
to, quelli a* quali questo cingolo non era stato dato
in tutto, ma acquali essendo in Corte, T Imperadore
avea semplicemente concedute le lettere di dignità: é
nel quinto ed ultimo luogo, quelli a quali area sem-
plicemente mandate queste lettere in loro assenza. Pre-
cedevano perciò secondo quest'ordine; da che ne se-
guiva, che questo cingolo dato a coloro che non aveano
ufficio 0 carica pubblica, attribuiva loro il dritto di
portar continuamente la spada, e conseguentemente di
godere de' privilegi delle genti d'arme; e ch'era più
onore averlo dalle mani dell' Imperadore, che man*
(a) L. 2. C. Ut. dignit. ord. serv*
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\
25to STORIA CIVILE
dato in iissensa: e più avere il cingolo , die le lettere
di dignità.
Ruinato T Imperio romano, e delle eue ruine surtì
in Europa nuovi Reami e domini!, i Re di Francia,
per quanto si sa, furono i* primi, che vollero rino-
vare sì bello istituto (a); i quali al medesimo modo,
coloro, che conoscevano di grande merito, o almeno
ch'essi volevano elevare a dignità, allora che non
aveano ufficio o carica pubblica da conferir loro, gli
facevano Cavalieri^ cioè a dire, gli dichiaravano gente
d'arme onorarie per godere de' privilegi militari, an-
corché non fossero arrotati tra le genti di guerra. Ed
in fatti la maggior parte degli antichi Scrittori fran*
zesi chiamano in Latino il Cavaliere Miliiem e non
Equitem. Ond' è, che quando vplevano armarlo Cava-
liere di cavallo^ spezialmente essi lo dichiaravano per
gente d'arme di cavallo, perchè in Francia costoro
sono molto più stimati , che quelli a piedi. Ed in se-
gno di ciò, che gli facevano gente d' arme, essi davan
loro il cingolo militare ne' di più segnalati e rimar-
chevoli, e sotto cerimonie le più illustri e magnifiche
che bi potessero. Ciò che fu da poi imitato da' nostri
Re Normanni j da Ruggiero I e dagli altri seguenti Re,
anche Svevi^ ma sopra tutti da Carlo d'Angiò e dagli
altri Re Franz e si suoi successori.
I giorni destinati per tal cerimonia erano per lo più
quelli della loro incoronazione: ne' primi ingressi che
facevano nelle città: ne' dì d'alcune festività granchi,
ed in particolare della Vergine Maria; ovvero in oc-
casione di qualche pubblica allegrezza {by. Era ancora
{a) Loyscau des Sign. ijb) Tulini dell' Orig. de' Seggi, cap>
li p.' 143.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. III. ^ai
antica usanza di fargli Gavalieri, o avanti una batta-
glia, o quando doveano dar qualche assalto ad una
Piazza, affin d' incoraggìre i bravi gentiluomini a por-
tarsi valorosamente; ovvero dopo la battaglia ^ o presa
della Piazza, per ricompensar quelli, che s'erano por-
tati con valore, .ed ardire (a). Si facevano ancora in
tempo de' maritaggi de' Re, o loro figliuoli, o per la
natività del Prìncipe, per onorare i Tornei, che vi si
facevano.
I nostri Re prima d'ogni altra cosa, per mezzo di
un general editto solevano pubblicar per tutto il Re-
gno il giorno destinato, nel quale doveasi far tal ce«
rimonia, affinchè, chi voleva prendere il cingolo, s'ac-
cingesse a portar i requisiti, che secondo le nostre
Costituzioni erano ricercati; poiché il nostro Ruggiero I
Re di Sicilia avea fatta una costituzione {b)y colla quale
ordinava, che senza licenza del Re, e senza che di-
scendessero da Cavalieri, niuno potesse aspirare al
cingolo militare: ciò che fu confermato da Federico
II nella Costituzione (e) che siegue, la quale non a
Ruggiero, come eoa errore leggesi nelle vulgate, ma
a Federico deve attribuirsi^ così perchè in quella, in-
tendendo di Ruggiero, lo dice Avi nostri\ come anche
perchè della medesima fece menzione nella sua Cro-
naca Riccardo da S. Germano, che dice essersi pub*
blicata da Federico in un Parlamento generale, che
tenne in S, Germano nel mese di Febbraio dell'anni
no 1332.
I Re angioini vi aggiunsero altri requisiti, ricercando
non solo; Quod nullus possit accipere militare cingu-'
{a) Loyseau des Ord. {b) Consti tut. Reg. 1. 3 tit. de no*'
va militia. (e) Gonstit. Constitutione praesenti.
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a22 STORIA CIVILE
/i/m, nisiex parte patrìs saltem sii miles^ come 8Ì
legge nel Regi&tro di Carlo II dell'anno 1294 r^p*-
portato dal Tutini (a):, ma che esso, ed i suoi mag-
giori avessero contribuite le collette, e sovvenzioni coi
Nobili e Cavalieri. Ma da una postilla di Bartolommeo
di Capua nella riferita Costituzione di Ruggiero, par,
che a' tempi del Re Roberto, ne' quali egli scrisae,
non si ricercasse più la pruova della discendenza da
Cavaliere, e che solo in Francia era ciò richiesto, ca-
rne sona le sue parole; Non potest quis militare qui
non est de genere militum ex parte patrìs. Hoc in
Regno Siciliae non servatur , sed bene audivi servari
in Regna Franciae. Ed in effetto leggiamo essersi dato
il cingolo a molti del minor Popolo, che non potevano
mostrare essere stati i loro maggiori Cavalieri, e molti
del Popolo, così di Napoli come del Regno, armò^
Carlo II SQO figliuolo, e Roberto, che possono vedersi
presso Tutini (i), eh' e* chiama per ciò Cavalieri di
grazia, perchè ebbero tal onoranza senza le suddette
condizioni.
Ricercavasi ancora^ che il candidata fosse di età
adulta. I Romani secondo riferisce Dione (e), arma-
vano Cavalieri da' diciotto anni in su, e T Abate Te-
lesimo (^7) ne'futti dei Re Ruggiero, descrivendoci l'av-
venenza, e l'età de' figliuoli di quel Re,, dice, che
ambedue erano capaci di prendere il cìngolo, essendo
già $idulti: Bahehat autem Rex Rogerius et alips duos
Uh eros adolescentiores , forma speciosissimos^ morumquc
honestatc praeclarissimos\ nec non *ad suscipiendum
xnilitiae cingulum jam utrosque adultos.
{a) Tutin. loc. cit. pag. i43 ex Registr. Caroli II 1S194.
M. fol. 544- (&) Tutin. lec. cit. pag. aSy. (e) Dion. Cassp
lib. 52, {d) Abb. Teles. lib. 3 fol. i34.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CA.P. III. aaS
A questo fine coloro, che volevano armarsi Gava-
Jleri, (limandayano , che si prendesse informazione dei
loro requisiti, ed il Re commetteva, o al Capitano di
.Napoli, se eran Napoletani, ovvero a' Giustizieri delle
province, se Regnicoli, che ne formassero il processo:
e presa l'informazione, costando de' requisiti, erano nel
giorno destinato ammessi ad armarsi: e costoro prima
di ricevere il cingolo erano chiamati in linguaggio
francese Valletti^ che nel nostro suona Paggi, Com-
parivano essi nel giorno della celebrità tutti adorni di
vaghi e ricchi abiti e nella maggior chiesa della città,
ove dovea farsi la cerimqiiia, s'alzava un gran palco
ben adorno y dove s'ergeva un altare, ne' cui lati si
ponevamo la sedia del Re el faldistorio del Vescovo,
e quivi vicino un'altra sedia inargentata coverta di
drappo di seta. Sopra l'altare, come narra Giovanni
Sarisbecienae (a), si ponevano le spade, che doveàno
cingersi affianchi de' nuovi Cavalieri.
Venuto il Re e la Regina con tutta la lor Corte,
Cavalieri, ed altri Nobili in chiesa, s' introducevano
coloro, che doveano armarsi, e si facevan sedere nella
fiedia d'argento. Da poi, da alcuni Cavalieri vecchi
erano esaminati se fossero sani, e ben disposti di cor-
po a poter adoperarsi nelle battaglie, e ricevuto il loro
esame, erano poscia condotti in presenza del Vescovo,
il quale sedendo nel suo faldistorio vestito da Dia*
cono, teneva il libro de' Vangeli aperto, ed avanti di
esso inginocchioni, chiamandogli per nome diceva lo-
ro (b): Già che volete ricevere il cingolo militare^, e
farvi Cavalieri^ avete da giurare sopra questi Santi
{a) Jo. Sarisbérietis. ìa Policratico. (h) Tutin. loc^ oit.
jpag. 147,
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m4 storia civilb
y angeli j che in verun conto non verrete mai cantra 7 fp
MaeHà del vostro. Re qui presente^ e de* suoi success
sori^ e volendo voi partirvi dalla fedeltà del vostro Re
/ che Iddio non permetta ) il quale vi dovrà crear Ca-
valieri^ dovrete prima restituirgli il cingolo^ del qual^
òr ora sarete ornati^ e da poi potrete far guerra con^
tra di esso^ e ninno vi potrà riprendere di fettoniai
altramente sarete riputati infamai, e degni di morte.
Avrete ancora da esser fedeli della Chiesa cattolica^
riverenti ti Sacerdoti, difensori della Patria ^ dell Onov
delle donzelle^ vedove, orfani^ ed altre miserabili per*
sane (a).
Rispondeyan quelli, che confidati nella divina gra-
fia sarebbero stati fedeli e leali al loro Re, e arreb-
baro osservato quanto promettevano, e toccando con
le mani il libro de' Santi Evangeli, co6Ì giuravano.
Poscia da due Cavalieri veterani venivan condotti alla
presenza del Re, ed ivi inginocchiati, il Re prendeva
la sua spada, e con quella toccando leggiermente a
ciascuno il capo diceva: Iddio ti faccia buon Cavaliere,
Altri , come il Mennio ((), dicono, che il Re percuo-
teva colla sua spada gli omeri, non il capo. Allora,
senza che i valletti si movessero davanti il Re, com-
parivano sette donzelle della Regina vestite a bianco,
le quali portando i cingoli nelle loro mani, offertigli
prima al Re, gli cingevano ne^ombi de' Cavalieri. Si
prendevano poi da su l'altare le spade, come narra
Pietro di Blois (e), e dalle medesime donzelle erano
{a) Petr. Blesens. epist. 94. {b) Frane. Meauio ^ Orig. Mi-*
lit. fol. i4< Stricto gladio leviter. humeri's percussis, etc.
(e) Petr, Blesens. epist. 94* Hodie Tjrones enses suos reci*
][>iuat d« Altari etc.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IIL aaS
attaccate a' Iati de' nuovi Cavalieri. Venivano appresso
alcuni Cavalieri, e lor calzavano gli sproni, e poscia
ponevano loro ' una sopravvesta di panno di lana verde
foderata di pelle di vajo. La Regina poi dalla sua se-
dia lor porgea la mano, ed alzatisi , s' andavano a se-
dere nella lor sedia. Yenivan allora tutti i Cavallerie
Nobili quivi presenti a rallegrarsi con loro della di-
gnità ricevuta, e datasi una colazione di cose inzuc-
cherate, si finiva la festa.
D'allora in poi non più valletti, ma Messeri^ o Mi-
liti erano appellati , e come gente di guerra gode-
vano de'militari privilegi^ e di quelli ancora, che hanno
ì semplici Gentiluomini, cioè d' essere esenti dalle tasse:
di portar la spada sino al gabinetto del Re : goder il
privilegio delU caccia : essere esenti dalle pene degli
ignobili ; e non esser tenuti battersi in duello con gli
ignobili. Ne' loro tumuli perciò si scolpivano vestiti
d^arme, col cingolo, con la spada e con gli sproni ai
piedi, sotto i quali erano due capi per simbolo della
fedeltà, ciò ch'era l'impresa de* Cavalieri; e di ciò in-
finiti marmi si veggono in varie chiese di Napoli; né
era permesso ad altri, che non fosse Cavaliere, farsi
scolpire in cotal modo nelle sepolture; poiché i Dot-
tori ne' loro tumuli si scolpivano con la toga lunga ,
e col cappuccio su'l capo, come si vede nella chiesa
di S. Domenico Maggiore di Napoli nel sepolcro di
Niccolò Spinelli da Giovenazzo, detto di Napoli ed
in altre chiese ancora; e que' del minor popolo, come
i mercatanti e gli artefici, si facevano scolpire con una
vesta a mezza gamba, con maniche larghe, e con uno
involto di tela su '1 capo, siccome si veggono i loro
tumuli in varie chiese di questa città {a). Per questo
(a) V. Tulio. Oriij. de' Seggi cap. i4 ^. i49-
i5
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aafi STORIA CIVILE
era necessario, che si ritornasse il cingolo, quando si
voleva far guerra al Principe, da cui erano stati ar-
mati Cavalieri, perchè altrimenti sarebbero stati repu-
tati felloni ed infami, siccome de' Principi di Bisìgnano
e di Melfi, del Duca d'Atri e del Conte di Madda-
loni rapportano V Eugenio ed il Tutini (a), i quali es-
sendo stati onorati da Luigi XII Re di Francia della
collana di S. Michele, quando occupò il Regno, es-
sendo quello poi ricaduto a Ferdinando il Cattolico,
restituirono la collana a Luigi.
Queste cerimonie per essersi rese le più segnalate
e rimarchevoli , si facevano con tale magnificenza e
dispendio, che si vede così in più Costumanze di Fran-
cia, come nelle nostre leggi del Regno, che i Baroni
aveano dritto d'imporre dazi sui loro vassalli, e di-
mandar sovvenzioni da essi per le spese, che si avean
da fare in tal funzione, quando essi o i loro figliuoli
primogeniti dovean armarsi Cavalieri^ non altrimente
che quando maritavano le loro figliuole primogenite (h).
Noi ne abbiamo una Costituzione di Guglielmo sotto
il titolo de adjutoriis exigendis (e), che parla de' fi-
gliuoli , prò faciendo filio Milite, Federico II l'ampliò
poi al fratello, come si legge nella Costituzione Co-
mitibus sotto il titolo de adjutoriis prò militia fratris.
E tra r epistole di Pietro delle Vigne {d) ne leggiamo
una di quell' Imperadore dirizzata ad un Giustiziere,
affinchè faccia esigere il solito adjuiorio da' vassalli
d' un certo Barone, il cui figliuolo dovea prender l'o-
(a) Engen. Nap. dell' Ordiae di S. Michele. Tutin. loc. cit*
pag. x58. (b) Andr. de Isernia Gonstit. quamplurium de adju-
toriis exigend. lib. 3, (e) Gonstit. Reg. lib. 3. (d) Lib. 5 e-
pist. 5 fol. 56o.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IIL 337
noranza di Cavaliere : Idem Justitiarius a VaxallU
praefati Baronis juxta Constitutionem Regni nostri suh"
ventionem fieri faciat congruentem.
Cosi ancora nel Regno di Cario di Angiò e del suo
figlinolo leggiamo ne' regali Archivi molti di questi
ordini; e nel Registro dell'anno 1268 (^), se ne vede
uno spedito a favore di Filippo Brancaccio : Scriptum
est Justitiario Terrae Laboris, ec, Quod Philippo Bran»
caccio^ qui nuper se fecit militari cinguìo decorari ^
suhventìonem per hoc congruam a Vaxallis suisfaeiat
exhiheri, £ nel Registro dell'anno 1394 (&) un altro
a beneficio di Lionardo 6* Framondo : Quod Vaxalli
Leonardi de S, Framundo^ praestent eidem congruam
suhventionem juxta Regni consuetudinem , prò militari
cingulo accipiendo, Simil ordine ottenne Adinolfo d'A-
quino [per Cristoforo suo fratello, quando da Carlo
primogenito del Re, mentr' era in Francia, fu cinto
Cavaliere: Adenulphus de Aquino petit suiventionem a
vaxallis prò Christophoro ejus fratre militari cingulo
decorato a Carolo primogenito in partihus Franciae (e).
£ poiché per la celebrità e magnificenza , che si usa-
vano nella creazione de' Cavalieri^ s'introdusse, che
non solamente i semplici Gentiluomini, ma anche ì
Principi, i fratelli e «ino i figliuoli del Re volevano
avere quella dignità di Cavaliere^ perciò nella crea-
.zione de' figliuoli, o fratelli del Re, poteva questi di-
mandar la sovvenzione da' suoi vassalli per tutto il
Regno ; ed Andrea d' Isernia rapporta, che tra' Capi-
toli di Papa Onorio venga anche ciò dichiarato, che
possa il Re imponere una taglia nel Regno, quando,
{a) Reg. Caroli J ia6S. O. fol. 60. (b) Reg. ann, i^^^
M. fpj. 247. if) Reg. ,ann^ 1278 et 79 lit. H. fol. 73.
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-Ì2& STORIA CIVILE
o Yolesfie egli armarsi Cavaliere , o suo figliuolo , 9
fratello , pur che però non eccedesse la somma di do-
dici mila once (a).
Tante belle e sì magnifiche cerimonie, che si fa-
cevano nella creazione de' Cavalieri, furono cagione,
che non solamente i semplici Gentiluomini, e que' che
non aveanò ufficio o carica pubblica, ma ancora i Si-
gnori, i Principi e fino i figliuoli de' Re vollero ar-
marsi Cavalieri, riputando, che questo fosse non so-
lamente un onore, ma ancora un buon presagio, e pa-
rimente un impegnamento al valore ed alla generosità
il ricevere la spada dalle mani del loro Principe. Ci^
che frequentemente, ed in Francia, e presso noi da',
nostri Re costumavasi.
Negli Annali di Francia vediamo, che il Re Carlo M.
cinse la spada a Luigi il Buono suo figliuolo, essendo
in procinto d'andare alla guerra. E Luigi medesimo
fece il simile a Carlo il Calvo suo figliuolo. Il Santo
Re Luigi armò Cavaliere il suo figliuolo primogenito
Filippo III^ e Filippo tre altri suoi figliuoli. E Tlsto-
ria nota, che in queste funzioni, il Re avea la sua
coróna in capo, la Corte era piena, ed in quel giorno
era tavola aperta per tutti.
I nostri Re normanni ed angioini, che punto non
si discostarono dall'usanze de* Re di Francia, sole-
vano praticar il medesimo. Cosi leggiamo di Adelasia
Contessa di Calabria e di Sicilia^ la quale prima che
Ruggiero suo figliuolo fosse Conte , e poi primo Re
(a) Andr. de Isernia in Constit. Quamplurium de'adjuior.
exig, lib. 3. Uiide si prò faciendo fratre milite velit Rex sab-
vcntionem , impouet eam secundum quautiutem ab Honorio
dac^laratam, et eicpressam , videlicet, duodeciin miliia un^iax
rum ÌQ tote Regno Siciliae.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX.CAP.IIL 319
di Sicilia, volle che. a' armasse Cavaliere; onde &, che
prima questo Principe ne' diplomi si nominasse Cava-
liere, e poi Conte, come si osserva in più carte rap*
portate da Pirro (a), in una delle quali si legge così:
Ego Adelais Comitissa^ et Rogerius filius meus Dei
gratin jam Miles^ jam Comes Siclliae et Calahriat^ eie*
Ruggiero istesso, narra TAbate Telesino (£) che fatto
Re, duos liheros suos ad militiam promovit,^ Rogerium
Ducem ^ ^t Tancrednm Bagensem Principem^ ad quO"
rum videlicet laudem et honorem quadraginta Equi-
tes cum eisdem ip^is militari cingalo decoravit; e Violo
Pansa nella vita d' Innocen^io IV (e) rapporta ancora^
che rimpetador Federico II essendo nell'anno laJ^i
passato a Cremona, creò Cavaliere Federico suo fi-
gliuolo Principe d'Antiochia, che quivi era^ e. citt-
segli di sua mano la spada al lato*
Ciò che fu da poi imitato da Re angioini, ed in-
fra gli altri da Carlo II il quale, innanzi di dar altr^
titoli a* suoi figliuoli, gli volle prima crear Cavalieri:
così nell'anno 1389 dopo un general parlamento volle,
prima di crearlo Re d'Ungheria, ornar Cavaliere, in-
sieme con molti altri, Carlo Martello suo primogenito*
11 simile fece a Filippo Principe di Taranto suo quar"
togenito, il quale fu da lui ornato del cingolo tniii-
tare prima d' esser creato Principe di Taranto. A Ro-
berto suo terssogenito, c^e poi gli successe nel Regno
fece il medésimo; poiché trovandosi egli neiranno 1296
in Foggia scrisse a Filippo suo figliuolo, che pubbli-
casse per mezzo de' soliti editti, come a' 2 Febbrajo
giorno della Purificazione, voleva cinger Cavaliere Ro-
{a) Roc. Pirro Nottt. Sicil. Eccl, net. i fol. io5. {b) Ahh.
Toles. lik. 4 foL i38. (e) Pansa f«l. $2.
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5r3o STORIA CIVILE
berto; e tutti que' gentilaomini^ che desideravano ar-
marsi, comparissero in Foggia, ove insieme con Ro^
berto avrebbero ricevuto il cingolo militare.
Il mentovato Re Roberto volle anch' egli nella citt»
di Napoli cinger Cavaliere nel di della Purificazione
Carlo Duea di Calabria suo unigenito, e di ciò nel-
r anno 1 3 1 6 ne diede parte a tutto il Regno, scriven-
done a* Giustizieri delle province, come dal diploma,
ehe rapporta il Tutini (a) insieme con gli altri esempi
sopra riferiti.
Da questo costume, che tenevano i Re d'armare
Cavalieri i loro figliuoli, che dovevano succedere nei
loro Reami, nacque il dubbio, se essendosi ciò trala-
sciato di farsi, coloro che succedevano al Regno es*
sendo Re, fossero Cavalieri, ancorché non avessero ri-
cevuto r Ordine. E da quello ch'essi praticavano si
scorge, che pare non s'avessero per tali, già che es-
sendo Re volevaa esser cinti Cavalieri. Cosi osservia-
mo nel libro dell' epistole di Pietro delle Vigne (i)
dove Si legge una lettera, che scrisse il Re Corrado
figliuolo di Federico II agli abitanti di Palermo, nella
quale loro scrivea aver voluto cingersi Cavaliere: Li-
cei, die' egli, eo? generodtate sanguinis qua nos na-
tura dotante et ex dignitatis officio qua duorum Re-
gnorum nos in solio gratia divina praefecity nohis mi-
litaris honoris auspicia non deessent; quia tamen mi-
litiae cingulum^ quod reverenda sancivit antiquitas,
nondum serenità^ nostra susceperaty prima die prae-
sentis Mensis Augusti, cum solemnitate tyrocinii latus^
nostrum eligimus decorandum^ etc.
{a) Tntìn. loc. cit. pag. i5o^ i5i^ iSa et i53. (b) Lijb- 5.
epist ao fol. 4 IO.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IIL a3i
Parimente leggiamo in Sigeberto, che Malcolmo Re
di Scozia volle esser fatto Gayaliere dal Re di Fran-
cia Errico I. E narra Ottone Frisingense, Guglielmo
Rufo Re d'Inghilterra essersi fatto cingere Cavaliere
da Lanfranco Arcivescovo; poiché in que' tempi an-
cor durava il costume^ che non pure i Principi, ma
anche i Vescovi e Prelati armavano Cavalieri: ciò
che fu poi lor proibito nel Sinodo Wesimonasterien*
se celebrato nel i toa (a). Così ancora Errico li si
fece armare dal Maresciallo Bisensi (b) : ed Odoar-
do IV Re d'Inghilterra ricevè T onoranza di Cava-
liere dal Conte di Devonia. Errico VII ricevè il cin-
golo dal Conte d'Evadolia: ed Odoardo VI dal Duca
di Somersette. Giovanni Villani (e) ancor rapporta,
che Luigi di Taranto secondo sposo della Regina Gio-
vanna I^ ricevè il cingolo militare dalle mani d'un Ca-
pitano tedesco; e negli annali di Francia si legge, che
dopo la giornata di Marignano il He Francesco I fu
fatto Cavaliere da Capitan Bajart, che gli cinse la
spada (d)\ e Luigi XI si fece ancora armar Cavaliere
dal Duca Filippo di Borgogna (e).
Ma quantunque T istorie abbondino di questi e di
molti altri esempi, dove si vede, che non avendo praso
il cingolo nella loro adolescenza, fatti Re, se n'hai;
voluto ornare; non è però, come saviamente ngtò Ijoy-
seau (/*), che ne avessero avuto bisogno , e non fos-
sero senza quello Cavalieri: essi lo facevano per mag-
giormente onorare T Ordine de' Cavalieri , e per met-
(a) Tulio, loc. cit* pag. i^g. {b) Frane. Mennio fol. 8.
(e) Gìo. Villani hist. lib. i cap. io. (d) Camil. Portio nella
Cong. de' Baroni , foj. 76. (e) Loyseau àes Ord. (/) I^pygeaO
loc. cit.
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232 STORIA CIVILE
térlo in maggior lustro e splendore. I Re come Oceano
d' ogni dignità e d' ogni onore^ e come Sole onde de-
riva ogni splendore, contengono in se medesimi tutte le
dignità «e tutte le più alte prerogatire e preminenze.
Quest' Ordine reso sì illustre da' Francesi e da' no-
stri Re angioini in maggior numero ristabilito in Na-
poli, ed in queste nostre province, per li molti Cava-
lieri , che creavano , pose in tanta riputazione V eser-
cizio militare, che non vi era gentiluomo, che non
proccurasse quest'onoranza e s'esercitasse perciò nella
milizia; onde venne il Regno a fornirsi di bravi e va-
lorosi Capitani.
Non è, che Carlo I d'Angiò fosse stato il primo
ad introdnrgli in Napoli e nel Regno; cominciarono
sin da' tempi di Ruggiero I Re di Sicilia; ma egli fu
che esaltò quivi tal Ordine, e specialmente a. Napoli,
in maggior elevatezza, e lo rese più numeroso e floridor
Ruggiero I Re di Sicilia fu il primo ad introdurlo a
Napoli, e fu allora, quando entrato pien di trionfo, e
vittorioso in questa città, si narra, che nel primo in-
gresso che vi fece nelFanno ii4o armò i5o Cavalie-
ri (ti). E quando diede il cingolo al Duca Ruggiero ,
ed a Tancredi Principe di Bari suoi figliuoli, ne creò
quaranta altri (6). Il di cui esempio imitò poi Tancre*
di^ il quale essendo stato nell'anno 1189 coronato in
Palermo Re di questi Regni insieme con Ruggiero
suo figliuolo^ in questa solennità cinse molti Cavalieri^
deir uno e T altro Reame.
11 Re Manfredi, narra. Matteo Spinello da Giove-
(a) Fazzel. Poster, decad. lib. 7 V. Camlll. Pellegr, hìst»
Long, in Castigat. ad Faicon, Beaev* in fine, (b) Ab. Teles^.
Kb. 4. foL i38.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. Ili aSS
liazzo (a), coronato che fu Re in Palermo, essendo-
sene passato in Calabria, creò per quelle città molti
Cavalieri, e poscia venendo in Napoli, nelP ingresso
eolenne, che vi fece, armò trentatrè Cavalieri, tra'
quali vi furono Anselmo e Riccardo Caraccioli Rossi.
E portatosi poi neiranno 12 53 in Civita di Cheti,
nelle feste dì Natale cinse molti Cavalieri di varie
città di Abbruzzo.
Ma niuno altro de' nostri Principi usò tanta ma-
gnificenza e profusione in armar Cavalieri in Napoli
e nel Regno, quanto Carlo I d'Angiò. Non vi occor-
reva pubblica solennità, che Carlo con sontuose feste
non volesse crearne. Neil' anno 1272 nel dì di Pen-
tecoste ne x^inse in Napoli moltissimi tutti nobili Na-
poletani, fra' quali Bartolommeo dell'Isola, Landolfo
Protonobilissimo, Marino Tortello, Liguoro Olopesce,
Filippo Falconare, Bartolommeo d'Angelo, Marino del
Doce, Marino Pignatello , Tommaso Pignatello , Gual-
tieri Falconare, Lorenzo Caputo , Bartolommeo Gae-
tano, Gualtieri Caputo, tutti nobili Napoletani. De' No-
bili poi del Regno, armati da Carlo Cavalieri, ne sono
pieni i Registri, siccome in quello dell'anno 1269 ove
ne sono notati infiniti, e fra gli altri Pietro di Rug-
giero da Salerno, Bernardo di Malamorte, Raimonda
di Brachia:, e Pietro di Penna d' Abbruzzo: creò an-
cora Cavaliere il Giudice Sparano da Bari , che poi
innalzò ad esser G. Protonotario del Regno, ed altri
infiniti sotto questo Re se ne trovano. Né la munifi-
cenza di questo Re si restrinse a' soli Nobili, ma am-
tolse anche a quest'onoranza que' del Popolo di Na-
poli e del Regno^ che s** erano distinti , 0 per il loro
(a) Annali M. $. di M. Spij».
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234 STORIA CIVILE
Talore o per altra prerogativa; cosi nel suddetto Re-
gistro deir-anno ia6o se ne leggono moltissimi (a),
tanto che adornò questo Principe Napoli ed il Regno
di tanti Cavalieri, che la disciplina militare e F eser-
cizio dell'arme si rese di gran lunga mano superiore
a quello delle lettere ; e siccome a' tempi nostri il pre-
sidio delle Case, ed il loro istituto è di applicar i
figliuoli alle lettere ed alle discipline, e sopra tutto
alla legale; così allora per quest'Ordine di Cavalleria
cotanto da Carlo pregiato, non vi era famiglia, che
non istruisse i figliuoli all'esercizio della guerra e
delle armi.
Ad esempio di Carlo, fecero lo stesso tutti gli altri Re
angioini suoi successori , come Carlo II suo figliuolo,
che nell'anno 1390 coiroceasione dell' incoronazione di
Carlo Martello in Re d'Ungheria, armò in Napoli più
di 3oo Cavalieri (6), e negli anni 1291, 1293, 1296
e iSoo altri moltissimi (e). Così Roberto suo nipote,
dopo la sua coronazione diede il cingolo a molti Na-
poletani e del Regno ancora, siccome nell'anno i3o9
ad alcuni d'Aversa, nelFanno i3io a molti di Saler-
no, di Capua ed'Isernia; e circa il i3ia trovandosi
egli nell'Aquila fece molti Cavalieri di quella città. E
così fecero gli altri Re della seconda stirpe d'Angiò,
come Carlo IH, Luigi III, Ladislao ed altri, avendo
tutti calcate le vestigie di Carlo il Vecchio. Quindi
si fece poi, che fosse tanto cresciuto nel Regno il nu-
mero de' Cavalieri, che per cagione della moltitudine,
e del poco merito d'alcuni, che n'erano ammessi, co-
minciava già l'Ordine della Cavalleria a cadere in di-
sprezzo, e di non esser molto stimato.
(a) V. Tulio. Ice. cit. p. 157. (b) Costanzo lib. 3. (e) Tu-
tini pag. i56.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IIL q35
Né ciò avvenne presso noi solamente, ma anche in
Francia, e ne^^li Reami degli altri Principi, pure a
cagion della moltitudine ch'essi ne facevano; poich'era
la facilità di fare Cavalieri giunta a tanto, che i Re
tanti ne facevano, quanti in qualche pubblica festività
se ne presentavano avanti. E negli Annali di Fran-
cia si legge, ehe il Re Carlo Y all'assedio di Rurges
in un giorno solo ne fece cinquecento (a). E di Carlo Y
Imperadore pur si legge, che quando fu incoronato
Imperadorc in Rologna da Clemente YII fece Cava-
lieri tutti quelli, che trovò ragunati avanti la Chiesa
di S. Giovanni, toccandogli, senz* altra solennità, leg-
giermente con la sua spada au gli omeri.
IL Partieolari Ordirti ài Cavalleria.
Da. questa facilità e dal disprezzo, che poi ne av-
venne, nacque T origine de' particolari Ordini di Ca-
valleria; poiché da tanta moltitudine se ne sottrassero
i più principali, e segnalati Cavalieri, e si ridussero
ad una piccola banda, o truppa; per la qual cosa si
inventarono certi nuovi Ordini o Milizie di Cavalieri,
ne' quali si ritennero solamente quelli di più merito,
o per valore o per legnaggio, non ricevendosi coloro
che non avevano altra prerogativa o titolo , che di
semplici Cavalieri.
E per rendere questi nuovi Ordini più augusti, e
venerabili, s^ astrìnsero a certe cerimonie di religione,
riducendogli in forma di Confrateria; ed .ancora, affin
di rendergli rimarchevoli e distinti sopra li semplici
Cavalieri, loro si fa portare vn ooU;are d' oro, 9 altr;^
{a) Y* Loys€eaa ^es Or,d.
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s36 STORIA CIVILE
insegna, che il Re dà loro, e pone in conferendogli
r Ordine nel luogo della collana degli antichi Cava-
lieri. Ed erano questi Ordini diversi e distinti da
que'di S« Giovanni di Gerusalemme, de' Teutonici 9
de' Templari, de' Cavalieri di Portaspada, di Gesù Cri-
sto , de' Commendatori di S. Antonio, di S. I.azaro,
ed altri rapportati da Polidoro Virgilio: perchè questi
erano dell' Ordine ecclesiastico, compreso sotto i Re-
golari; e per ciò erano chiamati Fratelli Cavalieri^ ì
quali anche s'astringevano a certi voti, come di ca-
stità ed ubbidienza, ed a certe regole mescolate di
vita monastica e secolaresca.
In Francia il primo Ordine, eh* è stato di durata
(poiché quello della Gennetta istituito da Carlo Mar-
tello, non accade annoverarlo, perchè non durò gua-
ri ) fu quello de' Cavalieri della Vergine Maria isti-
tuito nell'anno i35i dal Re Giovanni- e poicliè essi
portavano una Stella nel loro cappuccio, e poi nel
mantello dopo essersi abolito luso de'cappueci, si chia-
marono perciò Cavalieri della Stella. Di questa com-
pagnia furono presso di noi molti Cavalieri napoleta-
ni, e siccome rapporta F Eugenio {a) fuvvi Giacomo
Bozzuto, ed alcuni della famiglia Zurla ed Aprana,
siccome si vede ne' loro sepolcri.
Il secondo^ fu Y Ordine di S, Michele^ istituito in
onore dell'Angelo tutelare della Francia dal Re Lui-
gi XI il quale per annientare il primo Ordine, ed
innalzare il suo, diede l'insegna della Stella a' Cava-
lieri della sentinella di Parigi, ed a' suoi Arcieri. I
nostri Cavalieri pure ne furon decorati da' Re di Fran-
cia j siccome Troiano Caracciolo Principe di Melfi;
(a) Engen. Nap. sacr. nel discorso di questi OrdioL
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' DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IIL ^ij
Berardìno Sanseverioo Prìncipe di Bieignano, Andrea
Matteo Acquaviva Duca d'Atrì, e Gio. Antonio Ga*
rafa Duca di Maddaloni , li quali da poi ( come si è
di sopra rapportato ) ricaduto il Regno al Re Catto*
lieo, resero la collana al Re di Francia.
Finalmente Errico III grande inventore ed ama«
tore di nuore cerimonie, oltre aver istituito 1' Ordine
militare della Vergine del Monte Carmelo j al quale
Paolo V concedè molte prerogative (a), istituì T Ordi-
ne e Milizia di San Spirito- in memoria, che nel di
della Pentecoste era nato e stato fatto Re. E questi
Cavalieri oltre T insegne del loro Ordine, che portano
sopra i loro mantelli, ne portano un altro ad una
fascia di color turchino. ,
Ad esempio de' Re di Francia hanno per Fistesaa
cagione altri Principi istituiti nuovi Ordini di Caval-
leria^ ed i nostri Re Angioini ne furono i più pronti
imitatori. Odoardo III Re d'Inghilterra, essendo ca-
duta ad una Dama, la quale egli amava, una becca
della gamba, che gì' Inglesi in lor lingua chiama-
no Carter^ egli alzolla, ed alla Dama cortesemente
la rendè: di che si levò remore tra la Corte, che il
Re con quella avesse amorosa pratica; onde il Re
in sua scusa, e per onorar queir accidente, iijtituì TOr-
dine, detto tra noi volgarmente della Giarrettiera'^ ag-
giungendo alla becca quelle parole franzeoi: Honni
soitj qui mal y pense, che in nostra lingua vuol dire,
mal abbia ^ chi mal pensa (b)* 1 Re di C astiglia ne
istituirono un consimile detto della Banda , ovvero
Fascia. 1 Duchi di Borgogna Y altro del Toson d oro,
(a) Bulla Pauli V. edita ann. i6o8 tom. 3 BuUar. {b) P«-
Itdor, Virg, Ammirato ne' paralelli , p. 201.
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238 STORIA CIVILE
I Duchi di Savoja quello deìV Annunziata, I Duchi
di Toscana T altro di S. Stefano, I Duchi di Orleans
quello delV Istrice 'y e sotto gli ultimi Re di Spagna, e
di Portogallo quelli d'Alcantara^ di S. Giacomo, di
Calatrava^ di S, Benedetto de Avis^ ed altri.
Ma i nostri Re della casa d' Angiò istituirono ad
imitazione di quelli di Frància più Ordini. Luigi di
Taranto Re di Napoli, secondo marito della Regina
Giovanna I neiranno iSSs nel giorno della Pente-
coste ordinò una festa in memoria della sua corona-
zione, nella quale istituì l'Ordine, e la Compagnia
del Nodo di sessanta Signori e Cavalieri i più valo-
rosi di quella età, sotto certa forma di giuramento e
perpetua fede; ed insieme col Re vestivano ognun di
loro la giornea usata a que' tempi della divisa dei Re,
con un laccio di seta d' oro e d' argento, il quale si
annodava dal Re al petto, come il Costanzo (a), ov-
vero al braccio, come vuol F Eugenio (6), di quel Ca-
valiere, ch'entrava in questa Compagnia. Di questo
Ordine furono il Principe di Taranto, fratello mag-
giore del Re Luigi, benché scriva Matteo Villani, che
quando il Re gli mandò la giornea riccamente ador-
nata di perle e di gioje, col Nodo d'oro e d'argen-
to, egli ch'era di maggior età, e che s'intitolava Im-
peradore, sdegnato di ciò, disse ridendo a quelli, che
la presentarono, eh' egli avea il vincolo dell' amor fra-
terno col Re, e però non bisognava più stretto nodo.
II mandò anche Re Luigi a Bernabò Visconte Signor
di Milano, il quale T accettò molto volentieri. Il diede
a Luigi Sanséverino, a Guglielmo del Balzo Conte
(a). Costanzo bist. lib. 6. (b) ^ngen. loc. cit, dell'Ordine
del Nodo.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAIMH. ^Sg
di Noja, a Francesco Loffredo, a Roberto Seripan-
do, a Matteo Boceapianola , a Gurrello di Tocco,
a Giacomo Caracciolo, a GioTanni dì Burgenza, a
Giovannello Bozzuto, a Cristofano di Costanzo , a
Roberto di Diano, ed altri. E fu loro istituto, che
quando un Cavaliere faoeya qualche pruoya notabi-
le, per segno del valor suo, portava il nodo sciol-
to: ed alla seconda pruova tornava a rilegarlo, sicco-
me avvenne a Giovannello Bozzjato, il qual portan-
dosi valorosamente In una battaglia^ meritò sciogliersi
il nodo^ ed in Gerusalemme poi tornò a rilegarlo; on-
d' è, che nel suo tumulo nel Duomo di Napoli si veg-
gono due nodi daziati del suo cimiero: e nel sepolcro
del Costanzo nella Tribuna di S. Pietro Martire, si
vede un nodo legato, e l'altro sciolto. Quest'Ordine
di Cavalleria, crede il Costanzo, che fosse stato il
primo istituito in Italia: seguirono da poi gli altri isti-
tuiti da' seguenti nostri Re.
Carlo III ad emulazione di Luigi, istituì da poi
selPanno i38i un nuovo Ordine, il quale V intitolò
la compagnia della Nave ^ alludendo alla Nave degli
Argonauti, affinehè i Cavalieri che da lui erano pro-
mossi a queir Ordine, ^ avessero da sforzare d' esser
emuli degli Argonauti (a). Volle lo stesso Re esser Ca-
po di questa compagnia, eleggendo per protettore
S. Niccolò Vescovo di Mira, al qual dedicò la chiesa
appresso il Molo, ed ordinò^ che da' Cavalieri di que-
st'Ordine ciascun anno si celebrasse la sua festa. Por-
tavano costoro nelle sopravvesti, e negli altri militari
ornamenti dipinta una Nave in mezzo l'onde alla di-
visa de' colori del Re^ con alcuni interlacci d'argen-
(a) Costanzo lib. 8.
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»4« STORIA CIVILE
to (a), e di questa compagnia furono i più pregiati e
valorosi Cavalieri di quo' tempii e fra gli altri Gian-
notto Protoiudice di Salerno creato da Carlo Conte
deirAcerra, e G. Contestabile del Regno (J), Gurrello
Caracciolo detto Carafa Marescalco dei Regno ( i se-
polcri dei quali con Tlnsegne si veggono nella chiesa
di S. Domenico di Napoli), Errico Sanseverino Conte
di Melito, Ramondello Orsino Conte di Lecce, An-
gelo Pignatello , Gianluigi Gianvilla di Luxemburgo
Conte di Conversano, Tommaso Boceapianola, Gio-«
vanni Caracciolo ed altri.
Dopo la morte del Re Carlo III la Regina Marghe-
rita sua moglie col Re Ladislao suo figliuolo nel i388
fuggirono a Gaeta, rimanendo Napoli ^ divozione del
He Luigi d'Angiò; e travagliando allo spesso li va-
scelli della Regina le Marine di Napoli, alcuni Nobili
del Seggio di Portauova con altri Napoletani arma-
rono i loro navili per contrastare le galee della Re-
gina; ed acciocché con maggior ardire ed amore fra
di lor andassero, istituirono la compagnia dclV Argata,
e per insegna portavano nel braccio sinistro un*Argata
ricamata d'oro in campo azzurro, simile a quelle ar-
gate di canna, delle quali si sogliono servir le donno
ne' loro femminili esercizi (e). Di quest' Ordine furono
molti Cavalieri di diversi Seggi e famiglie, come di
Costanzo, Caracciolo del Lione, di Dura ed altri (d).
Fu istituita da poi in Napoli la compagnia della
Leonza^ e Y insegna era una Leonessa d'argento legata
con un laccio nelle branche e ne' piedi; c^li Cavalieri
di quest- Ordine furono quasi tutti del Seggio di Por-
(flf) Engen. loc. cit. della Nave, {b) 1\xi\n, de' Ccmtestab.
p. II 5. (e) Costanzo lib. 9. (d) Engeo. 1. e. deli'Argata.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. III. ^4r
tanova, cioè della famiglia Anna^ Fellapane, Gattola,
S assona , Ligorla e Bonlfacia ^ e ve ne furono degli
altri Seggi ancora (a).
Da poi, 'Giovanni Duca d'Angìò figliuolo di Renato
Ile di Napoli, essendo giunto nel Régno coli* armata
di suo padre ad assaltarlo , per cattivarsi gli animi
de' Cavalieri napoletani, e fra gli altri dì Roberto
Sanseverino, cercò all' uso di Francia istituire una
nuova compagnia che chiamò della Luna^ a cagioo
che per impresa di questa sua milizia portava l& Luna
cornuta, e ciascun de' suoi compagni la portava d' ar-
gento legata nel braccio. Furon molti di quest' Ordine,
e fra gli altri Roberto figliuolo, di Giovanni Conte di
Sanseverino (by
Finalmente Ferdinando I Re di Napoli, essendo
scampato dall' insidie : e tradimenti di Marino Marzano
Duca di Sessa e marito. d'una sua sorella, ed aven-
dolo fatto incarcerare , era consigliato da alcuni di
farlo morire; ma il Re non volle acconsentirvi, repu-
tando atto crudele imbrattarsi le mani nel sangue di
un suo cognato, ancorché traditore. Volendo poscia
dichiarar questo suo generoso pensiero di clemenza, '
figurò per impresa un^ ArmeUinOy il qual pregia tanto,
il candor della sua politezza, che per non macchiarla
si contenta più tosto morire, Si portava perciò dal
Re una collana ornata d'oro e di gemme colFArmel-
lino pendente, e col motto: Malo mori, quam foe da-
vi (e). Fu di questa Compagnia, fra gli altri, EreoU
da Este Duca di Ferrara, al qual il re Ferdinando
(a) Engen. loc. cit. della Leonza. (b) Eiigeo. Ice. cit. del-
l' Ordine della Luna, (e) Eogeo. loc;^ cit. dell' Armeilioo.
' fé
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a42 STORIA CIVILE
mandò la collana per Gio. Antonio Garafa Gavalier
Napoletano (a).
Fu veramente nel Regno degli Angioini per questi
Ordini di Cavalleria la miliKia tenuta in sommo pre-
gio; onde la Nobiltà di Napoli seguendo questi gene-
rosi costumi, stese Tale della sua fama per ogni parte
della Terra abitata; poiché molti Cavalieri napoletani
impazienti dell* ozio , e spinti da studio di gloria, si
congregavano in diverse Compagnie, e sotto diverse
insegne; ed a guisa di Cavalieri erranti, mentre il
Regno era in pace, andavano mostrando il lor valore
per diverse parti del Mondo, dove seotivano, che fosse
guerra; ed avevano tra loro alcuni obblighi di fratel-
lanza con molta .fede e cortesia osservati ; ed il Co*
stanze (b) rapporta, non esservi memoria, in tanta
emulazione d' onore, che l'invidia o malignità avesse
tra loro suscitata mai briga o discordia alcuna.
Ma in decorso di tempo avendo perduto Napbli ed
il Regno il pregio d* esser Sede regia, per la lonta-
nanza de' nostri Re , non solo V Ordine de' Cavalieri
rimane oggi affatto estinto; ma anche sono estinti tutti
questi altri nuovi Ordini di Cavalleria, e solo il nome
di Milite è rimase agli Ufficiali perpetui di toga del
Re, come a' Reggenti della Cancelleria, al Presidente
del Consiglio, al Luogotenente della Camera ed a tutti,
ì Consiglieri e Presidenti di Camera, i quali dal Re
nella loro creazione sono decorati di questo titolo, co-
me quelli, che militano ancor essi (e). E siccome i
primi eran cinti di spada, così questi sono ornati di
toga ; alla qual milizia sono ammessi non pur i no*
(a) Pigna llb. 8 hist. Esteiis. (b) Costanzo Kb. 9, {e) Ann.
Lucanus in Panegyr. Pison. Togatae militiac exercere munera.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IIL 343
bili, ma anche que del Popolo di Napoli e delV altre
città del Regno, pur che siano Dottori; ond'è^ che
siccome Ufi' tempi di Carlo e degli altri Re angioini
suoi successori tutti erano intesi all' arte della guerra,
così oggi tutti alla milizia togata drizzano i loro desi-
•deril; ed 11 di lor numero non par pareggia, ma è
di lunga mano maggiore di quello de' Cavalieri, ohe
fiorivano a' tempi de' Re dell' illustre Casa d'Angiò.
CAPITOLO IV.
Seggi di Napoli riordinati ed illustrati da Carlo.
Jllapoli città greca (siccome fu detto nel primo li-
bro di qu èst* Istoria) ebbe sin da' suoi prliicìpli i suoi
Portici, ovvero Teatri, detti ancora Tocchi, li quali ora
Piazze, ovvero Seggi s'appellano.codì come Tebbero tutte
le altre città greche di queste nostre province, poiché
non fìi ciò pregio solamente di questa città, siccome
altri crede. Essi non erano, che luoghi particolari delle
città, per lo più vicini alle porte di quelle (a), ove
alcune famiglie nobili di quel rione, o quartiere s'u-
nivano a menar tempo allegro in conversando* fra di
loro, e con tal opportunità confabulare ancora e confe-
rire de' pubblici affari, e d' altro bisogno della città,
ed anche de' loro privati interessi; e pT5ìchè perlopiù
in quelli non solevano convenire se non eli sfaccen-
dati, l quali vivendo nobilmente non 6tfl|vano attac-
cati ad alcun mestiere o arte per vivere, perocché
veniva ad esaì somministrato olò che lor<» blso^navfit
(a) Camil. Pellegr. Discorso del nome Porta. ^
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244 STORIA CIVILE
o da* lor ampi e ricchi poderi, o dalla miliisia^ or*
vero da qualche altra carica della Repubbìica: perciò .
s'introdusse per questi Seggi come uaa divisione 9
distinzione tra' cittadini, per li quali i Nobili si yen-
nero a separare da* Popolani, i quali impiegati, o nello
studio delle lettere e discipline, o nelle mercatanzie, o*^
nelle arti meccaniche, o ne* lavori di mano, o nelFa-
gricoltura^ ovvero in altre opere di braccia^ non po-
tevano aver quest'ozio di convenir nelle Piazze a trat-
tar co* Nobili de* pubblici affari^ od* altri bisogni della
città.
] Greci non aveano città la quale non avesse questo
ragunanze, ovvero sodalitadi^ o Confraterie^ eh* essi
chiamavan Fratrie^ nelle quali i cittadini per lo piii
convenivano per trattar i negozi. E Sigonio rapporta,
che gli Ateniesi ne* Portici d^Ua loro città trattavano
i loro affari. Né altrimente si praticava a Guma, città
parimente greca^ la quale teneva questi Teatri, ovvero
Fratrie. Onde Pio II ne' suoi Commentari (a) portò
opinione, ch'essendo stati i Gumani i primi fondatori
di Napoli, avessero essi ad imitazione della loro città
istituiti questi Teatri in Napoli , ove i Nobili passeg-
giando^ e quivi diportandosi, solcano trattare de'pub^
blici affari : Cumanos quoque Theatra , deajnhìdatio-
nes , eonventusque frequenter posuisse,
E non può dubitarsi, siccome altrove fu rapportato
che in Napoli non fossero antichissimi, per la testi-
monianza di Strabene, il quale noverando i riti, e* co-
stumi greci , che ancor' a' suoi tempi riteneva questa
città, fra gli altri, scrisse che siccome Talti'e città
greche, così Napoli avea questi Portici , che ancor* a*
(a) Pio II. in Com. in Europa.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. V. a^S
siUoi tempi i Napoletani chiamarìano con greco voca^
cabolo Fratrie. E Varrone (a) pur ne fefce memoria,
quando disse: Phratriay est Graecum vocahulum par-
tis hòminum , . ut Nespoli etinm nunc. Ove Turnebo
notò, -ch'essendo Napoli città greca, a somiglianza d'A-»
tene avea queste ragunanze particolari, e separazioni^
dette Fratrie (&).
Quanti di questi Seggi avesse prima avuti Napoli ^
Gammìllo Tutìni (e) dall' antiche sue regioni e con-»
trade, e da molti altri monumenti, con molta diligenza"^
ed accuratezza andò ricercando; e veramente essendo,
costume de' Greci dividere le loro città in quattro
parti, siccome d' Atene testifica Guglieilmo Pestello {d)^
non è fuor di proposito il credere, che anche Na-
poli in quattro principali parti fosse ripartita: ciò che
par, che si confermi d^l nome istesso di Quartiere^
che ancor oggi si ritiene. Ciascuna di queste quattro
regioni, ovvero Quartieri, racchiudeva dentro di se
molte altre regioni , ovvero Piazze minori , che sono
come tanti membri, che formano il corpo della città.
Queste quattro principali regioni non può difficoltarsi,
che secondo r antico sito di questa città fq;9scro stati
i Quartieri di Ca;7iia7ta, di Forcella^ di Montagna e
di Nido.
Il Quartiere eli Capuana^ cosi detto, perchè da que-
sta contrada prendeasi il cammino verso Gapua, oltre
la maggior sua Piazza, abbracciava molte altre minori
strade o vicoli, i quali ( siccome tutti quelli dell' al*«
{a) Var. lib. 4 de lingua lat. (b) Turneb. Qaod eum Nea-
polis Oppidum Graecum esset, ut Àthenae , suas PhratrìaS.
habebat (e) Cam. Tutin. delV origine, e fondaz* de' Seggi ^
cap. 4 et 6. (d) Gul Ppstel. de.Maglstf, Athen» cap- a«
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a46 STORIA CIVILE
tre tre reglooi) per la maggior parte prendeTana il
nome, o dalle famiglie, che yi abitavano, o da' Tempj,
o da altri pubblici edificj, che ti erano. Così in que-
sto quartiere leggiamo i vicoK del Sole, e raggio di
Sole, per Io famoao Temj^io d' Apollo, che quivi era
costrutto. Quelli di Dragonarto, Gorneliano, Corte
Torre, di S. Lorenzo ad Fontes^ delle Zite, Corte
Pappaeavallo, Ferrare, Santi Appostoli, da* Filimarini,
de' Barriti, Gorgif e, Rua de* Faaanelti, Caracciolo,
Boccapianola, de' Zurli, de' Carboni, M anoccio e Kua
de' Pisciceli!.
Perciò, oltire il maggior Seggio di Capuana j erano
in questo quartiere cinque ahri Se^gi minori, che pre*
sero il nome o dalle famiglie, ebe solevano ivi abi-
tare, o da Tempi, <'VTere dal nome comune di quel
luogo dove erano fabbricati. Così in questo Quartiere
leggiamo 1 Seggi di S. Stefano^ di Santi Appostoli^ di
S. Martinoi end' è, che poi essendosi questo unito al
maggior Seggio di Capnana, per conservarne la me-
moria, si vede dipinto questo Santo a cavallo nel muro
del Seggio, il Seggio de Melazzi e l'^ttro de' Monoccù
Il Quartiere di Forcella cbiamossì dagli antichi Scrit-
tori Regione Erculense ^ come chiamoUo S. Gregorio
nelle sue epistole (a), perchè quivi fu fondato il Tem-
pio d'Ercole; e talora Regione Termense^ per le anti-
che Terme, ch'erano nel suo seno (b). Come da poi
si chiamasse di Forcella^ non è di tutti conforme il
sentimento. Alcuni vogliono; che fuor.i d'una porta,
ch'era vicina a questa contrada, fossero piantate le for-
che per castigo de' malfattori. Altri perchè quivi fosse
la scuola di Pitagora, che per impresa faceva una
{a) S. Greg. epist. 5g fol. ii6. {b) Jaaus Gruter. foL 4^o.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. IV. ^4;
lettera biforcata^ detta Ypsilon. Ma altri con maggior
senno dissero, che quella forca , che. sinora si vede
acolpita in uù antico marmo sopra la porta della chiesa
di S. Maria a Piazza^ dove anticamente era il Seg-
gio, fosse particolar insegna del Seggio, che diede no-
me al quartiere.
Abbracciava questa regione molte altre regioni mi-
nori, ovvero vicoli, come V Hrcolense, Gupidine, Lam-
padio. Placido, Granci, Pizsofalcone, Regionario, Ver*
de, di S. Epulo^ Pubblico Bacano, Fistola, Gorario,
Termense, Capo d' Agno, Gorte Bagno nuovo. Corte
Greca, Senoarino, degli Agini, degli Orimini, di San
Giorgio Cattolico maggiore. Cimbri, Pistaso.
Erano perciò in questo secondo Quartiere, oltre al
maggiore di Forcella, eh' era posto avanti TAtrio della
chiesa, detta oggi perciò i^. Maria a Piazza^ due al-
tri Seggi: quello de' Cimbrì\ e Y altro di Pistaso.
11 terzo Quartiere, ovvero Contrada fu chiamato di
Montagna^ ovvero di Somma Piazza, perch'era nella
più alta parte della città. Fu detta ancora la regione
del Teatro e del Foro 4 per aver nel suo recinto il
Teatro ed il Foro; ed anche regione Palatina dalFan-
tico, Palazzo che ivi èra, ove si trattavano i pubblici
affari.
Le minori Piazze o vicoli di questa Contrada era-
no: il vicolo della Luce, Beiraere, Circolo, Piazza
Augustale , Piazza Segno , Sopramuro , Marmorata ,
de' Giudei, Casurio,, Formelle, Dodici Pozzi, Carmi-
guano, Ferrare, Friggido, Burgaro, de' Tori, de' Maj ,
"Verlecilli, Gasatine, de' Marogani, de' Masconi.
Erano perciò in questa Regione, oltre il maggior
Seggio di Montagna, detto anche di S. Angelo per
essere allato della Farocchial Chiesa di S. Angelo,
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348 STORIA CIVILE
otto altri Seggi minori. 11 I Seggio di Talamo, II dei
MamolL III di Capo di Piazzai. I V de* Ferrari, V de'
Saliti. VI de' Canuti. VII de Oalandi. Vili de'- Cor-
mignani.
La quarta Regione è quella, clie oggi diciamo di
JNidoy e che gli antichi nominavano Festoriana e Calpu-
rniana. Fu appellata ancora Alessandrina^ o per la fre-
quenz9 de* Mercatanti d'Alessandria, cheyenuti a Na-
poli a mrercatantare dimoravano in quella regione,
come vuole il Giordano, o per una Chiesa, che v'era
dedicata a S. Attanagio Patriarca d'Alessandria^ come
stima il Tutini. Perciò si vede essere stata quivi col-
locata la statua del fiume iVi7o, che diede poi il nome
al Quartiere , e che oggi ancora il ritiene , ancorché ,
corrotta dal tempo la voce, di ISido s'appelli.
Mei suo distretto ha più strade, a vicoli minori,
che sono di S. Biase, Scorfuso^ f*ontanola, Capo di
Monterone, Daniele, Cortegloria, Pretorio, Casanova,
Camillo, Montorio^ Scalese, Missò, degli Acerri, de-
gli Offieri , de' Vulcani , Salvonato , Australe , Arco
Bredato, Ficarolo, della Giosa, Celano, Quattropozzi,
a due Amanti, del Sole e della Luna, Settimo Cielo,
Capo di Trio, Dotì Orso ed Ursitato, e Corte Pa-
gana.
Questa Contrada, oltre al Seggio maggiore di iV^cJa,
area qi^attro altri Seggi lìiinorì. Quello à'Arco\ l'al-
tro di S. Gennarello ad Diaconiam\V altro di Casanova
vicino 11 Monastero di Monte Vergine, non già, come
vuole il Costanzo (a), che questo Seggio fosse il me-
desimo di quello di Portauova, e che mutasse il nome
^ (a) Cost. hist. lib. 3.
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DEL REGNO 01 NAPOLI L. XX. GAP. IV. 249
di Gasa ia Pòrta; e Fahro ài Fontanola nel vicolo
«ggi detto di Mezzo Gannòne.
Queste quattro regioni con ì* altre minori Piazze,
che le componevano, ebbero, siccome si è veduto, al>
trottanti principali Seggi, e gli altri minori erano di-
ciannove, che uniti con que' quattro arrivavano al nu«
mero di ventitre. Tutti erano rinchiusi dentro le mura
dell'antica Napoli; ma essendo stata questa città d#
varj Imperadori greci, sotto la di cui dominazione durò
lungo tempo \, ampliato ed allargato il suo recinto ,
tennero perciò a rinserrarsi i Borghi e gli altri luo*
ghi, eh' eran fuori di quella; onde s'accrebbero due
altre regioni, che furono quelle di Porto^ e F altra di
Portauova^ ed in conseguenza due altri Seggi maggiori,
oltre i minori, a' primi s'aggiunsero.
La regione di Porto , che anticamente era borgisi
fuori della città , chiamossi così, perchè stava vicino
al mare dov* era l'antico porto della città. Abbracciava
più minori contrade, chiamate: Morocino piccolo. Se-,
verino, Monterone, Bagoo di Platone, Aquario, Fusa-
rio, Scoteliuccio, delle Galcare, della Lopa, Media ,
ovvero Melia, Kua de* Caputi, Serico, Volpola, Grif-
fo, Appennino di S. Barbara, Albina, P^tracciolo» Ger-
vico. ^
Oltre il sdo Seggio maggiore di Porto, teneva due
altre Seggi minori , quello d' Aquario così detto per
Tabbondanza delP acque, eh' era in quella contrada; e
r altro de' Griffi^ che prese tal nome dalla famiglia
Griffa di quella Piazza.
Il Quartiere di Portauova era prima detto di Porta
a mare, per una Porta antica della città, ch'era dalla
parte del Mare; ma ampliata la città, nelle nuove mu-
raglie si fece un;^ nuova. Porta, onde ^rese poi questo
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4
ùSo STORIA CIVILE
nome. Racchiude queste miaori contrade: Patrociano^
Appennino de' Moccia, de' Gostanzi, de' Grassi, S. Sal-
vatore, Acciapaccia, Giorgito, Alburio , Bari>acanc^
Sinocia, Porta de' Monaci, Ferula, delle Palme.
Oltre il suo maggior Seggio, ve n' erano due altri
minori: quello degli Acciapacci^ e Y altro de' Costami:
Erano adunque a' tempi del Re Carlo I d' Angiò
39 Seggi in questa città, sei maggiori e ventitré mi-
nori, come si è detto.
Tutti questi Seggi, ed in cotal maniera disposti,
trovo Carlo, quando si rese padrone di Napoli e del
Regno; onde non è punto vero ciò, che alcuni Scrit-
tori sognarono, che Carlo I d' Angiò istituisse i Seggi
in Napoli, come ben a lungo ^ e coir autorità di pub-
blici ed antichi monumenti dimostrò il Tutini (a). Non
è punto ancora vero, che questo Re di 29 ch'erano,
gli avesse ridotti ne' soli cinque, che sono al presente; •
poiché dalle scritture rapportate dal medesimo^ si vede
chiaro, che anche a' tempi del Re Carlo II suo fi-
gliuolo, e di Roberto suo nipote non s' erano ancora
uniti. Siccome non deve riputarsi Carlo autor della
divisione tra la Nobiltà ed il Popolo, quasi che egli
fosse stato il primo a separare in questa città i No-
bili da' Popolari; essendo chiarissimo, che in tutti i
tempi, COSI de' Romani, come de' Goti, de' Greci, dei
Longobardi, Normanni e Svevi, furon sempre in Na-
poli divisi i Nobili dal Popolo, come da molti marmi
rapportati dal Gratero ((), dall' epistole di Casdiodo-
ro fc), da quelle di S. Gregorio M. (rfj, d'Innocenzio
(a) TulJn. dell' Orig. de' Seggi , cap. 7. (b) Grut. inscript.
Òrb. fol. 366 et 3; j. (e) Gassiod. van lib. 6 epist. 24. (d) S. Gre-
gor. lib. 2 epist. 6 et lib. S epist. 4o«
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DEL REGNO DI N/LPOLI L. XX. GAP, IV. a5i
III e d'altri romani Poatefici (a) si è potuto notare
ne' precedenti Iii>n di quest' Istoria*
Né Carlo ne' Seggi medesimi separò i Popolari dai
Nobili, quasi che quelli promiscuamente, e di Nobili
e di Popolari si componessero; poiché, siccome ben
pruova il Tntini (J), que' Seggi di soli Nobili si com-
ponevano, e. de' primi della città, ancorché non si pra-
ticasse quel rigore, che s'usa oggi, di non ammettere
in essi i Popolani; come spesso si faceva allora, quan-
do o vivessero nobilmente, o imparentati con Nobili^
ó d' altra prerogativa cospicni ne fossero stati stimati
meritevoli.
Carlo solamente gli rese più cospicui e chiari, dando
loro marche più notabili di distinzione dal Popolo, e
rendendogli più eminenti ed illustri sopra gli altri
Seggi delle altre città del Regno; onde la Nobiltà di
Napoli si rese similmente più chiara ed illustre sopra
la Nobiltà di tutte T altre città del Regno, E ciò av-
venne per più cagioni.
Primieramente per aver Carlo ornato quasi tutti
que' Nobili col cingolo militare, facendogli Cavalieri;
II essendosi per la di lui residenza renduta questa
città capo e metropoli del Regno, concorrevano in
essa tutti i Baroni del Regno, ed i maggiori Signori
e Feudatari a dimorarvi, i quali per venire ammessi
allora con facilità, anzi pregati, a que' Seggi, gli re-
sero più numerosi, e cospicui; III dalla residenza d<$
maggiori Uffìciali della Corona e della Milizia, i quali
illustrarono anch' essi quelle Ragunanze; perchè non
volendo essere del Popolo s'arrolavaoo co' Nobili; IV
i tanti Nobili franzesi e provenzali, che portò seco
{a) V. Tulìn. loc. cit. cap. 8. {b) Tutia. loc cit. cap. j
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352 STORIA CIVILE
Carlo di Francia e di Provenza, i quali pef essere
stati premiati da lui coi) feudi e càriche jpubbliche,
fermati perciò in Napoli ed arrolati co' Nobili, resero
più cospicue le loro Piazze, introducèndosi in qiielle
molte famiglie franzesi: al che Carlo vi cooperava per
altro fine, cioè per aver i^ontezza di quanto in quelle
si trattava.
E per ulti Dio, vivendosi in Napoli a* tempi di Carlo
per collette, concedè questo Principe molte preroga-
tive a' Nobili intorno a tali pagamenti^ perchè volle,
che contribuissero co' Popolari, ma che separatamente
dal Popolo i Nobili le pagassero; onde i Nobili esi-
gevano per la Nobiltà, ed i popolani per lo Popolo.
E per allettare maggiormente la Nobiltà napoletana^
del primo anno del suo, Regno conferxQÒ il privilegio
Concesso loro dal Re Manfredi, di dividersi tra essi
la sessagesima parte del jus delle mercatanzie, ch'en-
travano in Napoli, tanto per terra^ quanto per ma-
re (a): ciocché fu una più distinta marca di divisione
tra' Nobili, e que'del Popolo.
Ma tutte queste belle prerogative non poterono far
tanto estollere la nobiltà. di questi Seggi sopra tutti
gli altri Seggi del Regno, e rendergli in quella ma-
niera pregevoli, nella quale si vedono oggi, quanto i
rigorosi regolamenti seguiti da poi intorno all' anuuet-
tere nuove famiglie, e l'essersi poi tntti ^esti ridotti
a soli cinque.
Prima ne.' tempi stessi di Carlo e degli altri Re
angioini suoi successori, non vi era tanto rigore nelle
aggregazioni: i Popolari e' Forastierì vi erano indif-
ferentemente ammessi. Questo costume da tempi an-
(a) Tutin. cap. lO p, ii3.
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• DEL REGNO DI NIpOLI L. XX. CAP. IV. 353
tichissimi traeva la sua origine; poiché Napoli come
città grec^, .seguendo T esempio de'Tebani, che come
dice Aristotele (a), a lungo andare ammettevano alla
loro Nobiltà que' del Popolò, eh' erano ascesi a grandi
ricchezze e quegli alicora, che per lun^o tempo eran
nobilmente vivutì, ed avviano lasciato il mercatantare,
ed altri simili mestieri; riceveva le famiglie cosi na-
zionali, còme forastiere, che per lungo tempo avean
serbato il decoro della Nobiltà, e che per lungo tempo
eran yivute con arme e cavalli. Così ne* tempi, nel
quali siamo di Carlo I, Fusco Favilla vivendo nobil-
mente con armi e cavalli^ fece istanza al Re di farlo
contribuire co' Nobili, e'I Re acconsente, dicendo: J?o
ijuod vivit cum armis, et equis^ contribuat cum militi-
"bus (b). Il simile leggiamo di Marino di Madie, di
Ademaro di Nocera, e di Nicolò Canuto cittadino
napoletana (e). E Carlo II suo figliuolo a M. Donò
da Fiorenza commorante in Napoli l'ammise a qual-
sivoglia Seggio, e di poter contribuire cum militibus
illius Plateae , in qua habitaverit^ usque ad regium
beneplacitum j fx gratta speciali (d), E móltissimi al-
tri esempi se ne leggono ne^ regali registri, ammetten-
do i Re le famiglie ne' Seggi in tal guisa; poiché que-
sta era la nota, che distingueva i Nobili da' Popolani;
€Ìoé che costoro contribuivano le collette col Popolo^
€ jcoloro colla Nobiltà.
Ma, tolte via le collette, cessa questo modo d'ag«s
pregar se' Seggi; ed a Nobili s' appartenne T aggregare,
{a) AristoteL lib. 6. Politic. cap. 7. {b) Tutin. cap. 12
pag. im. Regista ann. 1269 Ht. S. fol. 14. (e) Reg. 1269
lit. C. fol. 6 a ter. Reg. 1269. S. fol. 58 1269. D. fol. i^i
{d) Reg. ano, 1294 M. fol. 179.
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a54 STORIA CIVII/E
i quali niente di rigor usando, ammettevano indifìG^*
rentemente tutti^ quelli, che per luogo tempo erano
nobilmente vivuti in Napoli, sì cittadini,, come fora-
«tieri, che aveano contratta parentela co' Nobili, ed
abitavano nel Quartiere di ciascun Seggio: così la fa*
miglia Sassone vivendo nobilmente io Napoli nel quar*
fiere di Portauova, ed imparentando co' Nobili di Piazza
fu aggregata al Seggio di Portanova. E nel libro dei
Parlamenti leggesi T aggregazione fatta neiranno i48o
di Giulio Scorciato, ch'era uomo nuovo in Napoli^
allora venuto dalla Castelluccia^ e perch'era Dottore
e Consigliere del Re Ferrante, ed avea la casa nello
tenimento della Montagna ^ lo chiamarono alla Con^
gregazione dello detto Seggio. E questo era il consueto
alile d' aggregare allora, leggendosi nel processo d' £t-
torre d'Anagni con la Piazza di Nido, che così anti-
camente èrano chiamati nelle Piazze quellif che ahi-
lavano nello quartiere ^ gente ben nate, ricche, dotte,
che viveano nobilmente y a dare il loro parere nella
Congregazione delli Seggi (a).
Quindi avvenne, che nelle cause di reintegrazioni,
r aver avute le case ne' quartieri a' Seggi viciai, era
riputato atto possessivo di Nobiltà in quel Seggio, e
così furono reintegrate molte famiglie, come ^^la Pan^
dona, e la Mariconda a Capuana; la Majorana a Mon-
tagna, la Mastrogiudice a Nido, e moltissime altre.
Da poi si vennero pian piano a restringersi le ag-
gregazioni; poiché i Nobili delle Piazze infra di loro
fecero alcuni stabilimenti, con ricercare altri requisiti^
senza i quali non erano ammessi. Così i Nobili della
Piazza di Capuana nelFanno i5oo per pubblico iatrp-
(«) Tutin. cap. 12. pag, ii4«
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. CAP. IT. a55
mento conchiusero, che chiunque volesse essere am-
messo nella lor Piazza , dovea esser Nobile di quadro
quarti di nome e d*arme, senza alcuno ripezzo: che
fosse legittimamente nato, e figliuolo di legittima per.
sona: che per lungo tempo avesse praticato con No-
bili, e con essi contratta ancora parentela: che non
fosse macchiato di alcun vìzio, che offender potesse
la Nobiltà. La Piazza di JSido fece ancor essa molti
altri Capitoli cosi in detto anno'iSoo come negli an-
ni i5o7 e i52i4- Quella di Montagna nell'anno 1420
pur fece i suoi, che poi nell'anno iSoo accrebbe d'al-
tri, i quali tutti possono vedersi in Tutini. Siccome
apche fecero i Nobili di Porto e Portanova^ ì Capi-
toli de' quali non si sanno, per essersi gli antichi li-
bri di questi due Seggi perduti.
Ridotto per questi nuovi Capitoli V esser nobile di
Seggio in più alta stima, cosi ^er lo rijgore, che pra«
ticavasi nelF aggregazioni, come anche per passare i
negozi più importanti per le mani de' Nobili, e perchè
i Signori Viceré nel trattare gli affari regi avean so-
vente bisogno di essi, onde quando prima non molto
si curavano queste aggregazioni, si fec*e da poi così de*
siderabile esser di Piazza, che non vi era famiglia,
né Signore o Ministro regio, che non moyesse ogni
impegno per aggregarvisi ; sicché infastidite le Piazze
per le tante dimande , si tolsero per sé medesime T au-
torità di aggregare, risegnandola in mano del Re; di
modo che ordinò Filippo II, che senza sua saputa e
licenza non si potesse trattare aggregazione o reinte-
grazione alcuna nelle Piazze di Napoli; e volendosi di
ciò trattare, s' ottenesse prima licenza di Sua Maestà,
e poi congregati tutti i Nobili di quel Seggio, e pro-
postasi la dimanda, non essendovi discrepanza, fosse
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356 STORIA CIVILE
ammesso colai, che diiti andava F aggregazione, altri-
menti^ discrepando uno d'essi Nobili, il trattato fosse
nullo: ciò che riusciva molto difficile, ed era esporsi
«d un cimento molto pericoloso. Per la qual cosa
molti impresero più tosto per via di giustizia preten-
der reintegrazione, portando, che alcuni decloro mag-
giori ayessero goduto in quelle Piazze, che esporsi al
cimento difficile dell'aggregazione. Sicché al presente
il Re tien deputati cincpie, Consiglieri, ed un Fiscale
nel S. G. a sentenziare sopra le loro istanze, ottenuta
prima licenza dal Re di potersi trattare la reintegra*
ziòne. Al cui esempio le città minori delle province,
alcune delle quali hanno Seggi chiusi, ottennero pari-
mente dal Re, che senza sua licenssa non potessero
trattarsi reintegrazioni, ovvero aggregazioni.
L'altra cagione, onde questi Seggi si fossero resi
cotanto pregevoli, si fu di 29 ch'erano in prima, es-
sersi ultimamente ridotti a soli cinque, di Capuana^
Nido, Montagna, Porto e Portauova. Qimndo si fosse
fatta tal restrizione, non è di tutti conforme il senti-
mento , poiché non vi sono scritture che ei possano
accertare del tempo preciso; ma poiché quest' nniono
non si fece tutta in un tratto, egli é verisimile, che
negli ultimi anni del Regno di Roherto quella si per*
fezionasìse. Ed il modo 6ome tutti que' Seggi minori
s'unissero a questi cinque, fu cosi naturale e proprio,
che sarebbe maraviglia se s'osservasse il contrario;
poiché qu^si tutti questi Seggi si componevano di sei
o otto famiglie, quante forse n'erano in quelle minori
contrade, ed essendo dipendenti dal Seggio maggiore,
in decorso di tempo sovente accadeva, che spenta la
maggior parte d'esse, e poche famiglie rimaste, queste
«e ne passavano al suo principale Seggio, 6 restavano
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP. IV. «57
estinti i miaori; onde si vede, che poi i Nobili del
prìncipal Seggio vendevano il luogo, ove era il Tea-
tro o portico (a): così vedesl il Seggio àt' Melaziy ap-
partenente al Seggio di Capuana, ne* tempi di Roberto,
intorno Tanno i33S essere stato venduto dalla Piazza
di Capuana, per essere spente le famiglie, che quello
componevano. Così ancora nell'anno i33i per coman-
damento della Regina moglie di Roberto fu abbattuto
il Seggio delli Griffi. Ed il Seggio di Somma Piazza^
altrimente detto il Seggio de Bocchi^ essendo mancate
le famiglie, che lo componevano, e rimasto per ricet-
tacolo de' malfattori, la Reina Giovanna II lo dono
ad Antonello Centonze da Tiano. Parimente i Nobili
di Montagna venderono il Seggio de Cimbri ^ come cosa
lor propria, a D. Fabio Rosso. Ed in questa maniera
tratto tratto si ridussero tutti alloro Seggi maggiori.
Ma come, ed in qual tempo si facesse l unione d' un
Seggio maggiore ad un altro parimente maggiore, co-
me fu quello di Forcella a quello di Montagna^ è
d' uopo che si narri. Alcuni portarono opinione, ch^es-
Bendo mancate ne' tempi di Carlo I nella Piazza di
Forcella molte famiglie, si fosse fatta da poi nel Re-
gno di Carlo II suo figliuola questa unione. Ma sic-
come notò prima il Summonte (6), e da poi il Tuti-
ni (e), ciò è falso; poiché ira' Collettori dell' anno i3oe
nel Regno di Carlo II destinati all' esazione delle col-
lette, si legge Niccolò Saduccio Colleltor di Forcella,
e ne' Capitoli del Re Roberto, si vede convenire Gia-
como Chianula per la Piazza di Forcella, insieme con
gli altri deputati nobili dell altre Piazze (d).
(a) Tiitin. deir Orig. de' Seggi , cap. 3. (b) Summonte t. a
pag. 309. {e) Tulin. 1. cit. (d) Gap. de Raptoribus.
'7
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2 58 STORU CIVILE
Non è da rifiutarsi perciò l'opinione del Tutini^
che credette quest'unione essersi fatta negli ultimi anni
del Regno di Roberto, con T occasione della discòrdia
nata fra' Nobili delle due Piazze i^ Capuana, e Nido,
co' Nobili dell' altre Piazze , intorno alla quale Roberto
avendo ordinati alcuni stabilimenti, rapportati dal Sum-
monte (a) e dal medesimo Tutini, e facendo in quelli
solamente menzione di sei Eletti, comprendendo in essi
quello del Popolo, si ricava , che in questi tempi la
Piazza di Forcella era già unita a quella di Monta-
gna. Ciò che maggiormente si conferma da una carta
della Regina Giovanna I, rapportata dalFiatesso Tuti-
ni, nella quale, avendo ne' primi anni del suo Regno
ordinato, che si facesse inquisizione di tutti i Feuda-
tari del Regno, si notano i Feudatari de' Seggi di Na-
poli Piazza per Piazza, e non si fa in essa altra men-
zione, se non de' soli cinque. ^
Nella quale unione è da notarsi, che per essere il
Seggio di Forcella Seggio maggiore, che s'uni ad un
altro maggiore, perciò la Piazza di Montagna fa due
Eletti, uno per se, e l'altro rappresentando quel di
Forcella. Ciò che non avvenne nell' unione degli altri
Seggi minori uniti alle principali loro Piazze, pcTchè
essendo questi dipendenti da quelli, bastava un Eletto
per tutti. Solo per conservar la loro memoria è ri-
masta r elezione degli Ufficiali, che ciascuno di questi
cinque Seggi crea con nome di sei, e cinque Capitani
de' Nobili, i quali uniti tutti insieme, fanno il numero
de' 2() rappresentanti ciascuno d'essi uno di quegli an«
tichi Seggi (6). Questi hanno prerogativa di far con-
{a) Summonle tom. 2 pag. 4oi. {b) V. Tutin. cap. i3
pag. i3i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. IV. aSg
Tocar i Nobili pet trattar i pubblici affari, propongono
i punti, che devono risolversi, ricevono i voti ed han-
no grand' autorità neir assemblee^ e sono da' Nobili
creati ogni armo, ed oggi tengon titolo di Deputati.
Bidotti adunque ed incorporati tutti questi Seggi
arsoli cinque, e disfatti tatti gli altri, conììnciarono in
varii e diversi tempi ad ampliare con magnifici edifìci
i loro teatri, e ridursi i portici in quella magnificen-
za, che oggi si vede; ed essendo poi di tempo in tem-
po con nuovi edifici ampliata la città , e venuta a
quella portentosa grandezza, che oggi s'ammira, creb-
bero a proporzione i loro quartieri e si resero più spa-
ziosi. Sono tutti cinque uguali, e non hanno maggio-
ranza infra di loro, ancorché que'di Capuana e Ni-
do, per Io splendore decloro Nobili, per cagion degli
ampii Stati e ricchezze che possedono, vantino sopra
gli altri maggiore preminenza.
Hanno moke prerogative, non solo di creare gli
Eletti, i quali con quello del Popolo governano la
città, convenendo insieme nel loro Tribunale a trattare
i negozi del Pubblico, ma esercitano ancora molte
giurisdizioni, e fra T altre di dichiarar i Popolani no-
bili del Popolo napoletano, e conceder lettere di cit-
tadinanza. Hanno parimente i Nobili di queste Piazze
autorità di creare il S ìndico,' che ne' Parlamenti gene*
rali ed in altre pubbliche funzioni, appresso il Viceré
rappresenta non meno la città, che tutto il Regno. Co-
municano insieme i Nobili di Capuana e Nido, quando
s^ uniscono per trattare i negozi dei pubblico, potendo
r uno andare al Seggio dell' altro, con dar i voti; ma
non perciò possono ricevere uffici, se non ognuno nel
suo proprio Seggio. Hanno ancora una legge fra loro
circa il contrarre i matrimoni, detta la nuova maniera
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a6o STORIA CIVILE
di Capuana e Nido. Ed i Nobili di Montagna aveane
anch' essi anticamente naoYo modo ^irca il dar delle
doti alle Gentildonne della loro Piazza. Ed in Napoli
ancora neir età vetusta v' era un altro modo di con-
tratto dotale air usanza delle Contesse e Baronesse del
Regno.
Non riconoscendosi nella città di Napoli se non che
<lue Ordini, di Nobiltà e di Popolo, poiché lo Stato
ecclesiastico, che in Francia fa ordine a parte, presso
dì noi non è riputato Ordine separato; ma ( siccome
l'Ordine de^ Magistrati) è rimasto mescolato tra la No*
biltà e Popolo, perciò nel governo della medesima,
non si ammettono se non Nobili e del Popolo. Quindi
è, che appartenendosi il governo della medesima non
meno a' Nobili che al Popolo, siccome fu sempre, come
ben pruova il Tutini (a), perciò oltre le cinque so-
prannomate Piazze, evvene un' altra del Popolo, la
quale non altrimenti che quelle de' Nobili, elegge il
suo Eletto, crea i suoi Ufficiali, tiene la sue regioni
minori, che chiamano O Itine, ed è partecipe insieme
co' Nobili del governo delle città, e di tutti gli altri
onori e preminenze (b)*
Ma air incontro, dimorando in questa città molte
nobili ed illustri famiglie, le quali non comunicano
né con la Nobiltà, né col Popolo: perciò queste si ri-
putano come fuori del Corpo della cittadinanza, traendo
esse la maggior parte 1 origine da altre città di den-
tro e fuòri del Regno. Né tal Nobiltà ha sede o luogo;
perché abrimente dovrebbe ancor ella aver parte nei
(a) Tutin. cap. 9. {h) V. Tulin. dell* Orig. de' Seggi , cap.
16 et seqcf.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX, GAP. IV, sGt
paesi, e negli onori insieme con gli altri Nobili de' ciò-'
que Seggi*
Per questa cagione a' tempi di D> Pietro di To-
ledo, allora Yicerè, cadde in pensiero a molte fami'>
glie, che non erano agg^regate a' Seggi, né comunica*
vano col Popolo, di supplicar Carlo Y, che traendo
esse orìgine da famiglie illustri, nobilitate con feudi ,
per lunghi anni signore di va^ìsalli, ed imparentate
con Nobili di Piazze, che dovessero ammettersi a' Seggi ^
ovvero di conceder loro licenza, che potessero ediQcare
un nuovo Seggio, e goder degli onori e pesi, che go-
dono i Nobili della loro citth. Ma trovandosi allora
implicato rimperadore alla guerra di Siena, non potè
darvi alcun provvedimento; ed intanto perchè molte
di quelle famiglie furono poi ammesse a' Seggi, non vi
si fece altro. Ma da poi correndo l'agno iSSS si ri-
nomò la dimanda da quelle Gase, che non furono ag-
gregate, e da molte famiglie spagnuole, le quali ne
supplicarono il Ke Filippo II ma rimesso dal Rè Tuf-
fare a giustizia, s'impose a quello perpetuo silenzio*
Ultimamente nell'anno 1687 molte illustri famiglie,
come gli Aquini, Eboli, Filangieri, Gambacorti, Ajerbi
d'Aragona, Goncobletti, Orsini, Marchesi, Franchi,
Leìva, Mendozza ed altre^ posero di nuovo in tratto
di^ ergere un nuovo Seggio, e ne ricorsero al Re Fi-
lippo IT; ma dopo un lungo aspettare, secondo la
aolita tardità e lunghezza di quella Corte, stancati
finalmente i pretendenti, non ne fecero più parola,
tanto che proccuraron da poi d* essere aggregati negli
antichi Seggi, dove sonp stati ammessi.
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a6« StORIA CIVILE
I. Parlamenti generali cominciati a convocarn
I in Napoli*
«
Da' precedenti libri di quest'Istoria si è potuto no-
tare che i Re di Sicilia , quando o per occasione di
stabilir nuove leggi, ovvero per altri bisogni della
Stato convocavano le Corti generali,] non in Napoli, ma
in varie città del Regno Y intimavano. Così ora in
Melfi, ora in Ariano, ora in Bari, in S. Germano,
Capua, Barletta ed altrove tennero Parlamenti. Ma da
poi che Carlo d' Angiò, residendo per Io più in Na-
poli, invitò ad abitare in quella quasi tutti i Baroni,
i Signori ed i maggióri Ufficiali del Regno, fu questa
città riputata la più acconcia e comoda, per potersi
quivi convocare le generali Assemblee, dove trovan-
dosi la maggior parte de'Baroni, e venendo i Sindici
delle altre città e terre del Regno, e' univano i due
Ordini della Nobiltà e del Popolo a deliberare delle
cose importanti e rimarchevoli dello Stato; poiché
presso di Noi,, siccome in tutti gli altri Stati della
Cristianità, toltone il Regno di Francia, lo Stato ec-
clesiastico non fa Ordine a parte, ma non altrimente
che facevano ì Romani decloro Preti, li quali li la-
sciavano mescolati fra i tre Stati, gli lasciamo nelF Or-
dine della Nobiltà e del Popolo; ond' è, che tra noi
ne Parlamenti il Clero non ha l^ogo a parte, e se ta-
lora vi sono invitati i Prelati, v' intervengono come
Baroni, siccome Y Abate di Monte Gassino che vanta
essere il primo Barone del Regno, Y Ascivescovo di
Reggio e tanti altri. Quindi per essersi Napoli ren*
duta capo e metropoli del Regno, quasi tutti i Par-
lamenti che si tennero da poi, in questa città si con-^
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. IV. ^63
VOCarono, tarufuam in solemniori^.ét habiliofiloco come
Oàrlo II stesso lo qualifica (a). Ciò che poi imitarono
Giovanna I, Carlo III, Luigi II, Alfonso I e gli altri
Re suoi successori (fc) , tantoché avendo il Re Al-
fonso intimato un Parlamento in Benevento, i Napo-
letani se ne offesero, e feron sì, che il Re lo convo*^
casse in Napoli.
CAPITOLO V.
Divisione Jet Regno di Sicilia da quello di Puglia^
per lo famoso Vespro Siciliano,
IVI a fra le cagioni sinora annoverate, onde Napoli
sopra tutte le altre città .estolse il suo capo, la prin*
cipale fu la divisione di questi due Reami. Divisi que-
sti Regni, si videro due Reggie, l'antica di Sicilia e
la nuova di Napoli. Palermo rimase per gli Aragonesi
in Sicilia: Napoli per li Franzesi in Puglia e Cala-
bria. Ed è cosa da notare, che non meno la prospera
fortuna fin qui tenuta da Carlo, che V avversa, la
quale, assunto che fu al Ponteficato Niccolò III co-
minciò a travagliar questo Principe, cospirarono alla
esaltazione di questa Città.
Morto Papa Giovanni, e non avendo potuto Re
Ciarlo per sei mesi di maneggi, quanto appunto vacò
quella sede^ ottenere,, che si fòsse rifatto uh Papa
Franzese, si risolvè il Collegio de' Cardinali nel mese
di novembre dell'anno 1277 eleggere per successore
Giovanni Cardinal Gaetano di Gasa Ursina che Nic
(a) Summ. tom* 2 p. 208. {b) Y. Costo HftirAnaot. a Col-
leu u e. ^^^
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a64 STORIA. CIVILE
colò lil volle nomarsi. Costui, che tanto nella rita pri-
vate, come nel Cardinalato fu tenuto per uomo di buoni
costumi e di vita cristiana, assunto al Papato mostrò
un desiderio sfrenato d' ingrandire i suoi; onde nel
conferire le Prelature ed i gradi, e beni tanto tem-
porali del suo Stato, quanto ecclesiastici, ogni cosa
donava, e conferiva a' suoi parenti o ad altri, ad ar-.
bitrio loro (a); e da questa passione raossp mandò a
richiedere Re Carlo, che volesse dare una delle figliuole
del Principe di Salerno, ad uno de' suoi nepotì. Ma
quel Re, ch'era usato d'aver Pontefici vassalli ed in-
feriori, se ne sdegnò, e rispose che non conveniva al
sangue Reale di pareggiarsi con Signoria, che finisce
con la vita, come quella del Papa. Di questa risposta
s' adirò il Pontefice, in guisa che rotto ogni indugia
se gli dichiarò nemico, e rivocò fra pochi giorni il
privilegio concesso, e confermato dagli altri Pontefici
in persona del Re Carlo, del Vicariato dell' Imperio,
dicendo, che poiché in Germania era stato eletto Ro*
dolfo Imperadore, toccava a lui d'eleggersi il Vicario,
e che '1 Papa non avea potestà alcuna d' eleggerlo, se
non in tempo che Y Imperio vacava. Poi venne a Roma,
e conoscendosi col favore de' suoi poter più di quello,
che aveano potuto gli altri Pontefici, gli tolse 1' Uf-
ficio di Senatore, e fece una legge, che né Re, né
figliuoli di Re potessero esercitare quell'Ufficio.
Carlo disprezzò V ire del Pontefice e' suoi disgusti,
li quali, come védrassi, furono una delle quattro ca-
gioni della perdita di Sicilia; ma tutto inteso alla
guerra contro Michele Paleologo Imperador di Costan-
tinopoli ne avea già ordinato un apparato grandissimo
(a) Costanzo histor. lib. 2.
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DEL REGNO DI NAPOLI' L. XX. CIP. V. 365
nel Regno, nell* isola di Sicilia ed in Provenza; ed
erasi .già accinto nll impresa con un gran numero di
galee, e numero infinito di legni da passar caTalli, e
da condur cose necessarie ad un grandissimo esercito;
' fece intendere a tutti i Conti e Feudatari a lui sog-
getti, che si ponessero in ordine per seguirlo: acri-
vendo in oltre a tutti i .Capitani, che facessero élc'*
zione de* più ralenti soldati e cavalli, per venire al
primo ordine suo a Brindisi (a).
La fama di sì grande apparato sbigottì molto il't^a-
teologo, el mise In gran timore, sapendo quanta fosse
la potenza di Re Carlo; pure quanto potea, si prepa-
rava a sostener l'impeto di tanta guerra; ma trovò dui-
l'ingegno e dal valore d'un solo uomo quello aiuto, che
avrebbe potuto promettersi da qualunque grande esercito.
Quest'uomo fu Giovanni di Precida cittadino no-
bile salernitano, Signore di Precida e di molte terre;
fti molto affezionato alla Casa di Svevia, e da Fede-
rico II tenuto in sommo pregiò per le molte virtù,
alle quali accoppiò anche una somma perizia di me*
dicina, ciò che non faceva in que'tempi vergogna; poi-
ché, come si è potuto vedere ne' precedenti libri di
quest' Istoria, in Salerno questa scienza era profes-
sata da* Nobili più illustri di quella città, ne abborri»
vano di professarla eziandio i Prelati della Chiesa, sic-
come r Arcivescovo di Salerno Romualdo Guarna, e
r Arcivescovo di Napoli Berardino Caracciolo, il*quale
non disdegnò nella iscrizione del suo sepolcro^ rap-
portata dal Summonte (b)^ che fra gli altri encomi vi
si ponesse: Utriusque juris Doctoris^ ac Medicinae scien-
(a) Costanzo lìb. a. (b) Suram. t. a pag. a 82. La rapporta
anche il Chioccar, de Archiep. ^eap. ann. ia6a»
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266 STORIA CIVILE
tiae periti. Ed il Tutini (a) rapporta d'aver, egli od«
servato nel regio Archivio una x^arta, óve Gaaltieri
Caracciolo dimanda licenza al Re Carlo II d' andare
neir isola di Sicilia a ritrovar Giovanni di Procìda, già
vecchio., per farsi curare d' una sua infermità. Non
meno di Federico Tebbe caro Re Manfredi, di cui
volle troppo ostinatamente seguire le parti; onde per
la venuta di Carlo, essendogli stati confiscati i suoi
beni, non fidandosi di star sicuro in Italia, per l'in-
finito numero degli aderenti di Re Carlo,, se n' andò
in Aragona a trovare la Regina Costanza unico germe
di casa Svevia, e moglie di Re Pietro, al quale per
ségno deir investitura di questi Reami eragli stato por-
tato il guanto, chci, come si dis^e^ buttò Corradino
Bella piazza' del Mercato, quando Re Carlo, gli fece
mozzar il capo. Fu benignissimamente accolto tanto
da lei, quanto dal Re suo marito, dal quale essendo
nel trattare conosciuto per uomo di gran valore e di
molta prudenza, fu fatto Rarone nel Regno di Va-
lenza, e Signor di Luxen, di Renizzano e di Palma.
Giovanna veduta la liberalità di quel Principe, drizzò
tutto il pensier suo a far ogni opera di riporre il Re
e la Regina ne' Regni di Puglia e di Sicilia^ e tutto
qoel frutto che cavava dalla sua Raronia, cominciò
a spendere in tener uomini suoi fedeli per ispie ncl-
r uno e ncU^ altro Regno^ dove* avea gran sequela dai
amici, e cominciò a scrivere a quelli, in cui più con«>
fidava.
Ma tosto s'avvide^ che tentar ciò nel Regno di Pu-
glia era cosa affatto impassibile e disperata; poiché
per la presenza di Re Carlo, che avea collocata la sua
(a) Tutini degli Ammiragli > pag. 66 «
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP, V. ^67
sede in Napoli, e scorreva per F altre città dì «[ut^ale
nostre province^ e per li benefic) che avea fatti a' suoi
fedeli, e per lo rigore usato contro i ribelli, era in
tutto spenta la memoria del partito dì Manfredi. Ri-
voltò perciò lutti i suoi pensieri nell' isola, di Sicilia,
ove trovò le cose più disposte; poickè essendo il Rè
lontano , avea commesso il governo di quella a' suoi
Ministri francesi, i quali trattando i Siciliani aspris-
simamente, erano in odio grandissimo presso tutti gli
isolani. Venne perciò sotto abito sconosciuto Giovanni
ia Sicilia, e cominciando a trattare della cospirazione
con alcuni piìi potenti e peggio trattati da'Fraozesi,
vennero a concfaiudere fra di loro di prender Tarmi
tutti iti un tempo contro i Franzesi^ e gridare per loro
Re Pietro d'Aragona. Ma parendo loro poche le forze
deir isola e non molte quelle di Pietro, e che perciò
bisoguava a queste due giungere altra forza .maggiore:
Giovanni ricordandosi de' disgusti, che Carlo passava
col Papa, e chel Paleologo tementlo molto degli ap*
parati di Carlo, avrebl^e fatto ogni sforzo per dislorlo
dall'impresa di CostaQtinopoli ; andò subito a Roma
sotto abito di religioso a tentare T animo del Papa,
il quale trovò dispostissimo d'entrare per la parte sua
a favorir V impresa. Se ne andò poi col medesimo abito
a Costantinopoli, ed avendo con efficacissime ragioni
dimostrato al Paleologo, che non era più certa né
più sicura strada al suo scampo, che prestar favore
di denari al Re Pietro, affinchè l'impresa di Sicilia
riuscisse, poiché in tal caso Carlo, avendo la guerra
in casa sua, lascerebbe in tutto il pensiero di farla
in casa d'altri; di che persuaso T Imperadore, - si ofr
ferae molto volentieri di far la spesa, purqhc Re Pie-
tro animosamente pigliasse V impresa^ e mandò insieme
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a68 STORIA CIVILE
coQ Giovanni un suo molto fidato segretario con una
buona somma di denaro, che avesse da portarla al Re
d'Aragona, ordinandogli ancora di abboccarsi col Papa,
per dargli certezza dell'animo suo, e della prontezza,
che avea mostrata in mandar subito aiuti. Giunsero
il Segretario e Giovanni a Malta, isoletta poco lontana
da Sicilia e si fermarono ivi alcuni dì, finché i princi-
pali de* congiurati, avvisati da Giovanni, fossero ve-
nuti a salutare il Segretario dell' Imperadore , ed a
dargli certezza del buono effetto, che. ne seguirebbci
quando Tlmperadore stasse fermo nel proposito fin' a
guerra finita. Poi si partirono i congiurati, e ritorna-
rono in Sicilia a dar buon'animo agli altri consape-
voli del fatto. Intanto Giovanni col Segretario passa-
rono a Roma, dove avuta audienza dal Papa, gli propo-
sero tutto il fatto: costui che temea la potenza di
Carlo, e voleva vendicarsi dell' ingiuria fattagli, imi-
tando i suoi predecessori^ siccome costoro con l' aiuto
de'Franzesi discacciarono da queir isola gli Svevi, così
egli colle forze degli Aragonesi, pensò discacciarne
gli Angioini; onde non solo entrò nella Lega ma aven-
do inteso, che Y Imperadore mandava denari,- promise
di contribuire anch' egli per la sua parte , e scrisse
al Re Pietro., confortandolo con ogni celerità a po-
nersi in punto per poter subito soccorrere i Siciliani
da poi che avessero eseguito la congiura, ed occupato
quel Regno, del quale egli F avrebbe data subito rin-
vestitura, ed aiutato a mantenerlo. Per queste cagioni il
Re d'Aragona nella lettera scrìtta a Carlo dopo es-
sersi impadronito dell' isola, gli diceva che quella era
stata aggiudicata a lui per l'autorità della Santa chiesa
e di Messer lo Papa e de' venerabili Cardinali. Con
queste lettere e promesse pertossi nell'anno laSo.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.V. 269
Giovanni in Aragona, ed avendo comunicato al Re il
disegno che s'era fatto per dargli in mano la Sicilia^
Pietro temè in prima di entrar in una guerra, della
quale dubitava di non poter uscire con onore: ma il'
Procida tolse tutte le difficoltà: I con assicurarlo per
parte dell' Iroperador di Costantinopoli , il quale per
mezzo del suo Segretario gli avea mandato il denaro,
ed offertosi che non avrebbe mancato per F avvenire
di contribuire a tutti i bisogni delb guerra: II con
dargli le lettere del Papa che rassicurava del mede-
simo, e che r avrebbe investito di quell isola: III cho
i Siciliani per Tedio implacabile^ che aveano co' Fran*
zesi, con contentezza universale avrebbero agevolata
r impresa; e per ultimo gli fece concepire^ che non
era necessario eh* egli s'impegnasse, se non quando la
congiura di Sicilia fosse riuscita. Per queste efficaci
ragioni fu disposto quel Re d' accettada; tanto più,
quanto la Regina Gostanza sua moglie il sollecitava
non meno a far vendetta di Re Manfredi buo padre
e del fratello Corradino, che a ricoverare i Regni, che
appartenevano a lei, essendo morti tutti i maschi della
linea sveva: convocati perciò i più intimi suol consi-
glieri, trattò del modo, che s^avea da tenere, e fu con-
venuto tra di loro, che il Re allestirebbe una -flotta
considerabile , sotto pretesto di far la guerra in Af-
frica a' Saraceni , e qtìe si terrebbe su le coste del-
l'Affrica , pronto a far vela in Sicilia , se la cospira-
zione fosse riuscita: che se venisse a fallire, poteva,
8enza mostrar d' averci alcuna parte, continuare a far
la guerra a' Saraceni. E vi è chi scrisse (a) , che Re
Carlo vedendo posta in ordine questa flotta molto
{a) Costanzo lib. 2«
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a7o . STORIA CIVILE
Inaggiore di quello, che potea sperarsi .dalla forze ii
Re Pietro, gli avesse mandato a dìaiaadare a che fine
factea tal apparato ; ed essendogli stato risposto per
Tinipresa d Affrica contro Saraceni, Re Carlo, o per
partecipare del merito guerreggiando contro Infedeli,
de* quali egli fu sempre acerbissimo, persecutore, o per
graliikare quel Re suo stretto parente, gli vivesse man-
(tati ventimila ducati per soccorso di queir impresa..
Ma ecco, che mentre queste cose si dispongono,
e'I Prooida ritorna in Italia, muore Papa Niccolò; ed
in suo luogo per gl'intrighi di Carlo, o più tosto
per la violcnz^a fatta a' Cardinali, fu rifatto a febbraio
del 1281 un Papa franxese, creatura ed amicissimo
del Re Carlo, che Martino /r .comunemente si noma,
chiamandolo altri Martino 11, poiché i due predeces-
sori, non Martini, ma Marini gli appellano. Dubitando
perciò Giovanni, che non si raffreddasse Y animo del-
l' Impcradore, tosto ritornò in ' 'Costantinopoli per ri-
scaldarlo; e passando in àbito sconosciuto insieme col
Segretario pefr Sicilia, venne a parlamento con alcuni
de primi della congiura, e diede loro animo, narrando
quanto erasi fatto, e che .non dovessero sgomentarsi
per la morte di Papa Niccolò: e fece opera che quelli
mostrassero al Segretario la prontezza de' Siciliani, e
r. animo deliberato di morire più tosto che vivere in
quella servitù, affinchè ne potes.se far fede alF Impe-
radere e tanto più animarlo^ poi seguirono il viaggio
e giunsero felicemente a Costantinopoli. £ fu notata
da' Scrittori per cosa maravigliosa, che questa congiura
tra tante divorse nazioni, ed in diversi luoghi del Mondo
durò più di due .anni, e per ingegno e per destrezza
del Procida fu guidata in modo , che ancor che Re
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP, V. 271
Carlo avesse per tutto aderenti, non n'ebbe però mai
indizio alcuno. *
Dall'altra parte Re Pietro, ancorché per la morte
di Papa Niccolò restasse un poco sbigottito, avenclo
perduto un personaggio principale ed importante alla
Lega; non però volle lasciar l'impresa, anzi mandò
Ambasciadore al nuovo Pontefice a rallegrarsi dell'as-
sunzione al trono e a cercargli grazia, ohe volesse. ca-
nonizzare Fr. Raimondo di Pegnaforte ; ma invero
molto più per tentare T animo del Papa, mostrando
destramente volere, non per via di guerra ma per via
di lite innanzi al Collegio proponere e proseguire te
ragioni, che la Regina Costanza avea ne' Reami di
Puglia e di Sicilia. Ma il Papa avendo ringraziato
r Imbasciadore della visita e trattenuto di risponder*
gli sopra la Canonizzazione, come intese 1' ultima ri-
chiesta, disse airimbasciadore: Dite a Be Pietro^ che
farebbe assai meglio pagare alla Ghièsa romana tante'
annate, che dfve per lo censo ^ che Re Pietro suo Jvo
promise di pagare^ ed altresì i suoi successori^ come
veri vassalli e Feudatari di quella ; e che non speri ^
finche non avrà pagato ,quel debito^- di riportar grazia
alcuna dalla Sede Appostolica {fi).
Mentre queste cose si trattavano, Giovanni di Pro-«
cida tornato di Costantinopoli in Sicilia, sotto diversi
abiti sconosciuto, andò per le principali terre di Si-
cilia, sollecitando i congiurati, e tenendo sempre per
messi avvisato Re Pietro segretissimamente di quanto
si faceva; ed avendo inteso, che la sua armata era
già in ordine per far vela, egli eseguì con tant' ordino
e tanta diligenza quella ribellione, che nel 'mese di
(a) Costanzo lib. ^.
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a;» STORIA CIVILE
marzo, il secondo giorno di Pasqua dell'anno laSa
al suon della campana, che chiafbava i Cristiani al-
r Hffieio di y espero, in tutte le terre di Sieilia, ove
erano i Franzesi, il Popolo pigliò Tarme, e li uccise
tutti con tanto sfrenato desiderio di yendelta, che uc-
cisero ancora le donne della medesima isola, eh' erana'
casate con Franzesi e quelle ch'erano gravide, ed i
piccioli figliuoli ch'erano nati da. loro; a fu gridato
il nome di Re Pietro d'Aragona e della Regina Co-
stanza: e questo è quello che fu chiamato e si chiama
il Vespro Siciliano. Non corse in questa crudele ucci-
aione, dove perirono da ottomila persone, spazio di
più di due ore; e se alcuni pochi in quel tempo eb<
bero comodità di nascondersi o di fuggire , non per
questo furon salvi; perocché essendo cercati e perse-
guitati con mirabile ostinazione, alV ultimo furon pure
uccisi.
Questa crudele strage, e così repentina mutazione
e rivoluzione fu per lettera dall' Arci vescovo di Mon-
reale scritta al Papa, a tempo , che Carlo si trovava
con lui in Montcfiascone. Il Re restò sorpreso e molto
abbattuto, vedendo In tanto breve spazio aver perduto
un Regno , e buona parte de' suoi soldati veterani ;
pure, raccommandate le sue cose al Papa, trovandosi
già r armata in ordine, ch'era destinala contro l'Im^
perador greco, ritornò subito nel Regno, e con quella
incontinente fece vela verso la Sicilia , e cinse Mes-
sina di stretto assedio.
Dall' altra parte Papa Martino^ desideroso che X I-
sola si ricovrasse, mandò in Sicilia per Legato appo-
stolico il Cardinal Vescovo di Sabina, con lettere ai
Prelati ed alle terre dell'isola, conforta rulole a riroet-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. V. 273
tersi celi' ubbidienza di Garlo, con ingiungere al me-
desimo, che quando queste lettere non valessero, ado-
perasse non solo scomuniclfe ed interdetti, ma ogni
altra forza, per favorire le: cose del Re.
Giunse il Cardinale in Palermo, nel medesimo tempo
ohe Carlo giunse a Messina; ma siccome gli uffici
del Legato niente poterono contro T ostinazione dei
Siciliani, così T assedio, che Carlo avea posto a Mes-
sina fu con tanto vigore proseguito, che finalmente
strinse gli. abitanti a volersi arrendere a lui colla sola
condizione di salve le vite: ma egli era così traspor-
tato dalla rabbia, che negò anche questa condizione»
Mandarono Ambasciadori al Papa, perchè intercedesse
per loro presso V adirato Principe ; ma non fu data
loro udienza, onde posti nell^ ultima disperazione, si
risolvettero di difendersi fino all' ultimo spirito.
Giovanni di Pfocida, che si trovava a Palermo, im-
paziente della dimora del Re Pietro, il quale era pas-
sato già coir armata in Affrica ali* assedio d' una città,
che gì* Istorici siciliani chiamano Andacalle ^ vedendo
lo stretto bisogno de' Messinesi, imbarcatosi sopra una
Galeotta con tre altri, che andavano con lui con ti-
tolo di Sindici di tutta Y isola , andò a trovare Re
Pietro, ed informatolo del presto bisogno del suo soc-
corso, r indusse a lasciar tosto le coste dell' Afirica,
e colla sua armata ad incamminarsi verso Palermo.
Allora fu, che Re Pietro non potendo più nascon-
der i suoi disegni per F impresa di Sicilia, volle giu-
stificarsi co^ Prìncipi d'Europa suoi parenti; onde pri-
ma che lasciasse le coste d* Affrica, scrisse in cjuesto
anno i2j33 una lettera ad Odoardo Re d'Inghilterra,
che si legge negli atti di quel Regno, ultimamente
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74 STORIA CIVILE
fatti dare alla luce dalla Regina Anna (*), nella quale
gli dice, che essendo egli occupato nella guerra contro
i Saraceni, i Siciliani gli arcano inviati deputati a
pregarlo di venirsi a mettere in possesso della Sicilia,
ciò eh' era risoluto di fare, perchè quel Regno appar-
teneva a Gostanza sua moglie. Fece dunque egli vela
per Sicilia, e a' dieci d'agosto giunse a Trapani, ove
concorsero ad incontrarlo tutti i Baroni e Cavalieri
de' luoghi convicini; indi portossi a Palermo, dove fu
con grandissima festa e regal pompa incoronato Re
dal Vescovo di Ccfalù, poiòhè T Arcivescovo di Paler-
mo, a cui ciò toccava, era presso Papa Martino.
I Messinesi, per V arrivo del Re Pietro, ripresero
rigore, ed attesero costantemente alla difesa della Pa-
tria; e non solo quelli eh' erano abili a portare ed
esercitar 1' armi, ma le donne ed i vecchi non lascia-
vano di risarcire di notte tutto ciò che il giorno per
gì' istromenti bellici era abbattuto.
Intanto Re Pietro, cosi consigliato dal Precida, or*
dinò che il famoso Ruggiero di Loria Capitano della
sua armata, andasse ad assaltare V armata franzese per
debellarla, e ponere guardia nel Faro, affinchè non
potesse passare vettovaglia alcuna di Calabria al campo
franzese; ed egli per animar i Popoli, e tener in ispe-
ranza i Messinesi, si partì da Palermo, e venne a
(*) Foedera , GonventioDes , Litterae , etc. tom. i pag. 208.
( Oltre i Biglietti rapportati negli Atti d' Inghilterra , ai leg-
gono presso Giovanni G ristiano Lunig nel sud Codice Diplo*
matìco d'Italia, toni, a pag. 974 et 977 due vicendevoli Let-
tere Latine con tu mei Jose, e difBdatorie, una scrìtta dal Re
Carlo, e V altra dal Re Pietro in risposta al medesimo; sic-
come nella pag. 918 se ne legge un* altra scritta da' Palermi-
tani a' Messinesi contra il Re Calalo ; e' suoi Francesi ).
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.V. 273
Kandaz2o,- terra più TÌcina a Messina. Di là mandò
tre Cavalieri Catalani per Ambasciadori al Re Carlo,
con una lettera, nella quale V informa essere giunto
nell' isola di Sicilia, che gli era stata aggiudicata per
autorità della Chiesa, del Papa e de' Cardinali, e gli
comanda, veduta questa lettera, di partir tosto dall' i-
sola, altrimente ne l'avrebbe costretto per forza. Letta
da Carlo questa lettera in pubblico avanti tutto il Con-
siglio de' suoi Baroni, nacque tra tutti un orgoglio in-
credibile, ed al Re tanto maggiore, quanto era mag-
giore, e più superbo di tutti; né poteva sopportare,
che Re Pietro d' Aragona, eh' era in riputazione d'uno
de* più poveri Re, che fossero in tutta Cristianità,
avesse osato di scrivere a lui con tanta superbia, che
si riputava il maggiore Re del Mondo. Fu consultato
della risposta. Il Conte Guido di Monforte fu di pa-
rere, che non s' avesse a rispondere, ma subito andare
a trovarlo, e dargli la penitenza della sua superbia:
ma il Conte di Brettagna, eh' era allora col Re, con-
sigliò, che se gli rispondesse molto più superbamente,
siccome fu eseguito con un altro biglietto del mede-
simo tenore, trattandolo da malvagio e da traditore
di Dio e della Santa Chiesa romana. Questi due bi-
glietti, oltre esser rapportati da Giovanni Villani e dal
Costanzo, si leggono ancora cosi in Italiano, come fu-
rono scritti, negli Atti suddelili d' Inghilterra ultima-
mente stampati (a),
Esacei1)ati in cotal maniera, gli animi d'ambedue i
Re, che non si risparmiavano anche con parole piene
di gravi ingiurie d^ infamar l' un T altro: Re Pietro in-
tanto avea soccorsa Messina, e Ruggiero di Loira era
^a) Foedera, Convent. etc. to. a p. aaS.
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276 STORIA CIVILE
passato colla 6ua armata al Faro per combatter la
franzese e per impedirgli le vettovaglie^ Errico Mari
«Ammiraglio di Carlo venne dal Re a protestare^ che
egli non. si confidava di resistere, né poteva fronteg-
giare con Tarmata catalana, che andava molto ben
fornita d' uomini atti a battaglia navale. Carlo^ che in
tutti gli altri accidenti s'era mostrato animoso ed in»
trepido, restò sbigottito, e chiamati a consiglio i suoi,
dopo molte discussioni, fu conchiuso, che per non
esporsi r armata d' esser affamata dalla flotta del Re
d'Aragona, sì dovesse levar T assedio, e ritirarsi in
Calabria , e differire T impresa. Carlo, benché V ira e
la superbia lo stimolasse a non partire con tanta ver-
gogna, lasciò l'assedio, e subito pieno di scorno e
/d'orgoglio, passò in Calabria con animo di rinovare la
guerra a primavera con tutte le forze sue; ma appena
fur messe le sue genti in terra a Reggio, che Ruggiero
di Loria sopraggiunse con la sua armata, e quasi nel
suo volto pigliò trenta galee delle sue, ed arse più di
settanta altri navili di carico; del che restò tanto at-
tonito, e quasi attratto da grandissima doglia, che fu
udito pregar Dio in franzese, che poiché V avea fatto
salir in tant' alto stato, ed or gli piaceva farlo discen-
dere, il facesse scendere a più brevi passi. Dopo di*
stribuite le sue genti per quelle terre di Calabria più
vicine a Sicilia venne a Napoli, e pochi giorni da poi
se n' andò a Roma, a portar querele al Papa contro il
suo nemico, lasciando nel Regno per suo Vicario il
Principe di Salerno, a cui diede savi Consiglieri, che
r assistessero per ben governarlo.
Ma trattanto che Carlo perdeva il tempo a quere-
larsi col Papa, Re Pietro a' io ottobre entrò in Mes-
sina, e ricevuto con allegrezza universale, ia ricono*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.V. 277
sciuto ed acclamato per Re. da tulta risola. E fer*
matosl quivi diede assetto a tutte le cose, riordinando
quel Regno, ora che tutto qdieto e pacato era sotto
la sua ubbidienza. Ed avendo voluto il Cardinal di
Parma, Legato Appostolico, disturbarlo con interdetti e
censure, egli imitando gli esempi degli altri Re di Si-
cilia suoi predecessori, curandosi poco dell' interdetto^
costrinse i Sacerdoti per tutta T isola £r celebrare, e
que' Pretati aderenti al Pontefice, che negarono di voler
far celebrare nelle loro Chiese, si lasciarono partire^
ed andare a Roma (a). Ed avendo poco da poi fatta
venire a Palermo la Regina Gostanza sua Consorte
e due suoi figliuoli, Don Giacomo e Don Federico, ed
una sua figliuola chiamata D. Violante, ordinò a'Si-
ciliani che dovessero ubbidir a Costanza, alla quale
egli dichiarossi avere riacquistato il perduto Regno.
Indi dovendo partir per Aragona, e dopo passar in
Francia per. Y appuntato duello in Bordeos col Re
Carlo, volle, che tutti i Siciliani giurassero per legit-
timo successore ed erede^ e futuro Re Don Giacomo
suo figliuolo: il che fu fatto con grandissima festa e
buona volontà di tutti.
Ecco come rimasero questi due Reami infra di lor
divisi, e come due Reggio sursero. Palermo restò per-
gli Aragonesi in Sicilia: Napoli per li Francesi in Pu-
glia e Calabria.
(a) Costanzo lib. 3.
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278 STORIA CIVILE
CAPITOLO VL
Vffiziaìi della Corona divisi. Il Tìihunale della Gran
Corte stabilito in Napoli y e della Corte del Vi-
cario,
Quindi nacque ancora, che quando a tempi dc'Nor-
tnanni e de' Svevi, essendo una la sede regia^ gli Uf-
ficiali della Corona erano i medesimi non meno in
Sicilia che in Puglia; da questo tempo in poi ciascuno
Regno ha avuti i suoi propri, né quelli dell' uno si
impacciavano deir altro. Re Pietro creò i suoi per lo
Regno di Sicilia, e Carlo ritenne gli antichi, che re-
strinsero la loro giurisdizione nel Regno solo di Pu-
glia. Così avendo il Re d' Aragona creato Gran Giù*
atiziere di queir isola Alaitno di Lentino, che fu uno
de* principali capi della congiura, vennero a farsi due
Gran Cortiy una in Sicilia, della quale era capo Alaimo;
r altra in Napoli, nella quale era Gran Giustiziere
Luigi de' Monti: ond'è che Sicilia ritenga ancora que-
sto Tribunale della Gran Corte^ senz* altra giunta di
Vicaria^ poiché in quell' isola non vi fu la Corte del
Vicario, come fu in Napoli, essendo questa stata isti-
tuita da Carlo I, quando lasciò il Principe di Salerno
per Vicario del Regno, come diremo. Così nell'istesso
tempo, che Re Pietro creò Giovanni di Procìda Gran
Cancelliere di Sicilia, noi avevamo l'altro in Napoli.
Ruggiero di Loria fu Grand' Ammiraglio del Re Pie-
tro, ed Errico di Mari del Re Carlo; e così di mano
in mano degli altri Ufficiali.
Perciò Napoli ritiene oggi li suoi Ufficiali separati
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX.CAP.VL 279
da quelli di Sicilia, Biocome eziandio gli ritenne, an-
corché quella si fosse riunita poi sotto il Regno d^Al-
fonso I. Ciò che per questa divisione ne avanzò il
Regno di Sicilia fu, che gli Aragonesi per aver sem-
pre avversi i Pontefici romani, i quali volevano che
il Regno si restituisse agli Angioini, non cercarono
più ad essi investitura; onde a lungo andare quella
del Regno di Sicilia si tolse, e rimase solo per la
Regno di Napoli.
Ma non perchè Napoli fosse per tanti gradi salita
ad esser capo e metropoli del Regno di Puglia, è punto
vero quel che il Munstero (a), Freccia (6), e '1 Sum-
monte (e) scrissero, che sin da questi tempi fosse questo
Regno perciò chiamato ìlRegnodi Napoli^ e che Carlo I
d' Angiò, Be di Napoli volle denominarsi; poiché tanto
Carlo I quanto Carlo II suo figliuolo, e Roberto suo
Nipóte, e tutti gli altri suoi successori, non ostante la
Rolla di Clemente lY, che chiamò questi Regni di
Sicilia cifra j et ultra Pharum^ non vollero ne' loro di*
plomi mutar punto gli antichi titoli, e sempre vollero
intitolarsi Rex Siciliacy Dueaius Àpuliae, et Priacipa*
tus Capuae, Anzi per quest' istesso che la Sicilia era
occupata dagli Aragonesi, affinché non potesse dirsi di
aver avuto animo d* abbandonarla, perciò s' intitola-*
vano anch' essi, non meno che gli Aragonesi, Re di
Sicilia. E Tessersi poi questo Regno detto di Napoli
non più di Puglia, non accadde in questi tempi, ma
molto tempo da poi; e ciò avvenne, quando di nuoVd
fu diviso dalla Sicilia sotto il Regno di Ferdinando I
(a) Munster. in sua Geogr. fol. 276. (b) Freccia de Sub*
feud. lib. 3 cap. iilt. post. nuin< ^j. (e) Sununonte tom. 9
p. 3JI.
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28o STORIA CIVILE
d'Aragona, figliuolo d' Alfonso e de^suoi successori ,
poiché questi Aragonési non arendo altro Reame che
quello di Napoli, ne potendo aver pretensione per quello
di Sicilia, si dissero, o semplicemente Re di Napoli,
ovvero di Sicilia citra Pharum. E nel Regno degli An-
gioini, gli Scrittori di questi tempi non chiamarono
con altro nome questo Regno^ che con quello di Pu-
glia, siccome, oltre di molti altri, può scorgersi in
Giovanni Roccaccio, il quale scrivendo ne* tempi del
Re Roberto e di Giovanna I, non chiamò mai questo
Regno di Napoli, ma sempre di Puglia.
I. Del Trikunaìe della Gran Corte stabilito
in Napoli.
L' essersi questo Tribunale stabilito in Napoli, non
solo si dee alla residenza di Carlo I d* Angiò in que-
sta città, non molto più a questa divisione del Regno di
Sicilia, la quale obbligò così lui, come gli altri Re suoi
successori a mantenerlo quivi. Non è, che questo Tri-
bunale riconoscesse la sua istituzione da Cario o da
Federico 11^ siccome si diedero a credere alcuni, ma
come si è veduto neir undecime libro di quest* Istoria,
quando si favellò del Gran Giustiziere, fu introdotto
da' Normanni. Federico per mezzo di molte sue Co-
stituzioni lo iùnalzò, e stese molto la giurisdizione,
costituendolo supremo sopra tutti gli altri: siccome,
Imitando i suoi vestigi, fecero poi gli altri Re della
Casa d' Angiò. Prima, oltre del Gran Giustiziere
suo Capo, compooevasi di quattro Giudici; ma Fede-
rico v' aggiunse poi V avvocato, ed il Procurator fisca-
le, il M. Razionale, molti Notai ed altri Ufficiali mi-
nori. Si agitavano in questo, non solo le cause civili
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. VI. 981
e criminali, ma anche le Feudali, delle Baronie, dei
Contadi e de' Feudi Quaternati, le • liquidazioni d'i-
stromenti; e tutte le cause degli altri tribunali infe-
riori, e de' Giustieieri delle province, si porlaTano n
quello per via d'appellazlon^, anche quelle delegate dal
Ke. Erano sottoposti alla sua giurisdizione tutti i Coati,
tutti i Baroni e tutte* le persone del Regno. Foleva
anche conoscere de' delitti di Maestà lesa, e di tutte
le cause più gravi e rilevanti dello Stato.
I Re angioini gli diedero anche per mezzo de loro
Capitoli più regolata e stabil forma: e fra gli altri
Carlo II nel i3o6, mentr' era Gran Giustiziere £r-
mengano di Sabraao Conte d' Ariano, mandò al me*
desimo molti altri Capitoli, co' quali gli diede norma
più particolare, come dovesse reggere il suo Ufficio,
. mostrandogli quanto quello fosse sublime, ed in quante
cause potesse stendere la sua giurisdizione (a).
Reggendosi questo Tribunale dal Gran Giustiziere,
perciò veniva anche chiamato M. Curia Magistri JuS'»
stitiarii^ il quale prima avea la facoltà di destinar egli
il suo Luogotenente, ovvero Reggente, ehe in sua vece
lo reggesse: la qual prerogativa «fu da poi tolta al
Gran Giustiziere, ed attribuita a Viceré, aiecome.ora
costumasi.
Napoli adunque resasi più cospicua sopra l'altre
del Regno, anche per cagion di questo Tribunale, il
quale tirando a se per via d' appellazione tutte le cause
del Regno, e dove tratta vansi le più rilevanti de' Ba-
roni e de' Conti, doveva per necessità renderla più fre-
quentata e grande. Ma con tutto che per la residenza
[a) Questi Capitoli si leggono ìq Rcgìstr. ann. i3o6. lit.
I A. foL 95; e sono rapportati dal Tutini d.e'M. Giusti», pag. io.
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38a STORIA CIVILE
de' Re angioini fessesi un tribunale così augosto sta-
bilito in Napoli, non » estinse perciò l'altro più ang-
lico che TI era del Capitano. Il Capitano di Napoli
avea la sna Corte composta da' suoi particolari Giu-
dici, la quale anioiinÌ8tra?a giustizia a* cittadini napo-
letani ed a' suoi Borghesi (a). SI stenderà ancor la sua
giurisdizione nella città di Pozzuoli; ond'è, che nel
Registri (b) di questi Re franzesi, si leggano alcuni
che furono Capitani di Napoli e di Pozzuoli, come
Jjmericus de Deluco Miles Capitaneus Neapolis^ et
Puteolis. E ne* tempi del Re Roberto ancor si legge
Roberto di Cornai Capitano di Napoli e di Pozzuoli.
Era creato a dirittura dal Re, e perciò non poteva il
Reggente della Grart Corte impedire, che non eserci-
tasse la sua giurisdizione in questi luoghi. Così leg*
giamo a' tempi di Cajlo II, che Francesco d' Ortona
Capitano ottenne dal Re, che il Règgente della Gran
Corte non Y impedisse a poter esercitare la sua giu-
risdizione, anche nella città di Pozzuoli.
Di questa Corte del Capitano di Napoli sin da^tem-
pi di Carlo I d'Angiò, ne' quali come si è altrove rap-
portato, vi fu Giudice il famoso Marino di Carama-
nicoy abbiamo ne' registri di questi Re franzesi spessa
memoria. Nel registro del Re Carlo II dell'anno 1398
si legge una sua carta dirizzata Capitaneo^ et univer^
sis hominihus Cintatis Neap, ec (e), E ne' registri dello
stesso Re dell'anno i3x>2 e i3o3 si legge essersi scelta
la Casa de' Fellapani nella Piazza di Portauova, che
era allora quasi in mezzo della città, per reggersi que*
(a) Tutin. de'M. Giustiz. pag. 2, {b) Registr. ann. i3o2
eap. 4 lit- A. fol. 5. (e) Registr. ann. 1298 et 99 lit. G. fol. 207
apportato anche dal Summonte, to. 2 pag. 329.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. VI 28J
£ta Corte; dalla quale fu denominata la Chiesa di San
Giovanni a Corte, come narra il Summonte (a): an-
corché il Tutinl (b) creda, che questa Chiesa ritenga
tal nome dal Tribunale della G. Corte, che dice es-
sersi in que'tempi in quella contrada eretto. Nel tem-
po di Carlo III pure della medesima si ha memoria,
leggendoci una carta rapportata dal Tulini (e) di que-
sto Re, dove drizza un suo ordine; Magistro Justitia--
rio Regni Siciliae^ et Judicibus M. Curiae Consiliariis
nec non Capitaneo Civitatis Neap, ec. Fassene anche
menzione negli ultimi anni del Regno degli Angioini^
poiché la Regina Giovanna II ne' suoi Riti della G.
Corte della Vicaria ne favella (rf). Né sentendosi da
poi più di quella parlare, crede il Tutini (e), che que-
sta Corte rimanesse estinta ne* tempi de* Re aragonesi
end' è, che ora il Tribunal della Gran Corte abbia la
conoscenza delle sue cause, la quale erasi negli ulti-
mi tempi degli Angioini molto estenuata, perché non
gli era rimasa, se non la conoscenza delle cause crimi-
nali, né poteva procedere nella liquidazione degli stro-
menti, come si vede da' Riti (/) della Regina Giovan-
na II, donde si convince Terrore di Prospero Cara»
vita (g), il quale credette, che siccome nella Gran
Corte presideva il gran Giustiziere, così nella Corte
della Vicaria, prima che questi due Tribunali s'unis-
sero, presideva questo Capitano; poiché la Corte del
Capitano di Napoli era tutta altra dalla Corte della
Vicaria, della quale saremo ora a trattare.
(a) Sumni. loc. cit, (b) Tutin. de'M. Giustiz. pag. 7. (e)
Tutin. Orig. de' Seggi, pag. 218. {d) Rit. 55et3o2. (e) Tu-
tin. de'M, Giustiz. pag. 3. (/) Rit. 55 ^l 3p2. (g) Carnv.
Rit. 55 et 3oa.
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a84 STORIA CIVILE
§. II. Della Corte del Vicario,
La Corte del Vicario, detta comunemente Vicaria^
bisogna distinguerla e separarla non meno dalla Corte
del Capitano di Napoli, che dalla Gran Corte, così se
si riguarda F origine, come le persone, che le compo-
nerano, e le loro preminenze. Il Tribunale della Gran
Corte è più antico, come quello, che riconosce la sua
istituzione da' Normanni. La Corte del Vicario ricevè
i suoi principii da Carlo I d'Angiò, ma la sua forma
e perfezione l'ebbe da Carlo II suo figliuolo. Errano
perciò il Frezza ed il Mazzella^ che credettero que-
sto Tribunale essere stato istituito dal Re Roberto fi-
gliuolo di Carlo II. «
L' origine di questo nuovo Tribunale deve attribuirsi
alle moleste cure, ed a'dqntinui travagli, ne' quali fu
Carlo I intrigato, da poi che vide la sua fortuna mu-
tar aspetto, e da prospera, che T era sempre stata,
farsi poi avversa; quando voltandogli la faccia, gli fé*
vedere ribellanti i Popoli, e perdere in un tratto la Si-
cilia, ed' intrigarsi perciò con nuove guerre col Re'
Pietro d'Aragona suo fiero nemico e competitore, che
glie la involò. Percosso da così gran colpo Carlo, che
non fece per ricuperarla? mosse tutte le sue forze
con grandi apparati di guerra contro i Siciliani, ma
sempre invano: strinse d' assedio Messina; ma costretto
ad abbandonarla, va in Roma, ove altamente si que-
rela col Papa del Re Pietro, chiamandolo traditore,
e mancator di fede. Rimprovera colà TAmbasciadore
deir Aragonese, e lo chiama a particolar tenzone. Ac«
cettata la disfida da Pietro, si stabilisce il luogo da
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX- CAP.VL ^85
battersi, e si destina la città di Bordeos in Francia,,
ch'era allora tenuta dal Re d' Inghilterra.
Dovendo Carlo adunque imprendere sì lungo viag-
gio, coli incertezza se mai sopravvivesse a si perico-
losa e grande azione, perchè il Regno di Puglia, che
era rimase sotto la isua ubbidienza, e seguendo forse
r esempio biella vicina Sicilia ^ per la sua assenza, noa
pericolasse, pensò <1' eleggere il Principe di Salerno suo
primogenito, e successore per Vicario del Regno, con
assoluto ed independente imperio, dandogli ti^itta U
sua autorità regia per governarlo in sua assenza. Gli
assegnò ancora i più gravi Ministri, ed i più alti Si-*
gnori, perchè assistessero al suo lato per Consiglieri
nelle deliberazioni più importanti della Corona. Ed il
Principe, come savio, seppe così bene valersi di tanta
autorità, che riordinò il Regno in miglior forma j sta-
bilendo, mentr^era Yicarjo, più Capitoli, de*q[uali a
Buo luogo farem parola, pieni di somma prudenza, e
benignità verso i Popoli di queste nostre province.
Per questa nuova dignità di F icario j e per gli Uf-
ficiali destinati al lato del- Principe per suo consiglio,
snrse questa nuova Corte, detta perciò Curia Vicarii (a):
maggiore e più maestosa dell'altra, che vi era della
Gran Corte; poiché la Gran Corte era rappresentata
dal M. Giustiziere uno degli Ufficiali della Corona, che
n'era Capo; ma questa rappresentava la persona del
Primogenito del Re, come Vicario Generale del Re-
gno, di cui egli era Capo; ciocché certamente era di
maggiore dignità e preminenza. Quindi la preminenza,
che oggi ritiene il Tribunale della Gran Corte della
Vicaria di dar la tortura a' rei dal processo informa-
(a) SununoDte te. 2 pag. 911 et pag. 338.
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a86 STORIA CIVILE
1ÌV0, la ritiene perchè a quello sta uoita .la Corte del
yicario, poiché altrimenti la sola grao Corte non po-
trebbe ciarla (a).
Ma la Corte del Vicario, in tempo di Carlo I, fu
solamente adombrata, e ne' suoi primi delineamenti;
siccome furono quasi tutte le cose idi Carlo, che dal
suo successore furono poi ridotte a perfezione.
Carlo II suo figliuolo le diede forma più nobile, e
maggiore stabilimento, per una occasione, che biso-
gna qui rapportare. Avendo questo Principe promesso
nelle Capitolazioni della pace fatta per la sua scar-
cerazione, di presentarsi di nuovo prigione, nel caso
che Carlo di Valois non volesse rinunziare rinvesti-
tura del Regno d'Aragona; vedendo differita tal ri-
nunzia, deliberò passare in Francia a stringere quel
Re, e suo fratello a farla , con fermo proponimento di
ritornare in carcere, quando non avesse potuto ciò
ottenere. Devendo dunque intraprender questo viaggio
creò neiranno 1294 Sicario Generale del Regno Carlo
Martello suo primogenito, come si legge nel libro del-
l'Archivio dell'anno 129/1 (^)- ^^ avendo differita la
partenza per Francia, portatosi a Roma per T elezione
del nuovo Pontefice, da questa città nel mese d'a-
prile dell'anno seguente 1295 mandò a Carlo Mar-
tello una più esatta istruzione del reggimento di que-
sta Corte, destinandogli i Consiglieri e tutti gli altri
Ufficiali, de' quali dovea comporsi; donde si raccoglie
ancora la preminenza di questo Tribunale; poiché an-
che alcuni Ufficiali supremi della Corona furono de-
(a) V. Grammat. decis. 34. nu. 9. Carav. Rit. i. nu. 35
Hierony. Cala de pi aeemia, M. C. V. cap. i n. 7, 8. {ò) Ar-
chiv. ikixn. 1294 fui. 10. Suinm. to. 2 pagin. 33o.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.VL s8y
Btinati per Consiglieri Collaterali del Vicario. Ed in
prima fu trascielto Filippo Minatolo Arcivescovo di
Napoli, quello stesso, di oui il Boccaccio (a) lagiona
in una delle sue Novelle, Giovanni MonCorte Conto
di Squillaci Camerario, Raimondo del Balzo figliuolo
del Conte d' Avellino , Gotifredo di Miliagro Senescal-
lo, Guglieljoio Stendardo Marescallo, Rainaldo de Avel-
lis Ammiraglio, e Guido di Alemagna^ € Guglielma
de Pontiaco Militi. Tommaso Stellato di Salerno Pro-
fessore di Legge civile, e Maestro Raslonal^ della Gran
Corte^ Andrea Acconcia^òco di Ravello Professore di
legge civile, « Viceprotonotario del Regno; e Fr.
Matteo di Roggiero di Salenlo, o M^ Alberico Che-
rico, e familiare del Re. Prescrissegli ancora il modo
da spedire gli affari appartenenti a' loro Uffici, distri-
buendo a ciascuno ciò oblerà della sua incumbenza,
come si legge nel suo diploma istromentato in Roma
per mano di Bartolommeo di Capua, e rapportato non
men dal Ghioocarelli {b\ che dal Tutini (c)^ nelle loro
opere.
Questo medesimo istituto mantennero gli altri Re
angioini suoi successori; e Carlo II istesso, partito
che fu Carlo Martello per Ungheria a prender la pos-
sessione di quel Regào, elesse per Vicario Generale
del Regno Roberto altro suo figliuolo (d), Roberto in*
nalzato al soglio, fece suo Vicario Carlo Duca di Ca-
labria suo unigenito, del quale come Vicario abbia-
mo più Capitoli, ed una. Costituzione fra' Riti della
(a) Boccacc. Giorn. 2 n. 5. {b) Ghiocc. de Archìep. Neap.
ann. ia89. (e) Tutin. de'M. Giustizieri, pag. 4* (^) Freccia
de subfeud. lib. i cap. io de Offic. Logot n. ^o* Summi
to. a. fol. 539. Tutin. de*M. Giustiz. fol. 2.
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I
a88 STORIA CIVILE ^
Gran Corte (a). E negli ultimi tempi det Regno loro,
leggiamo ancora, la Regina Isabella essere stata creata
Vicaria del Regno dal Re Renato suo marito, la quale
nell'anno r436 àirìuzb una sua lettera a Raimondo
Orsino Gente di Samo Giustiziere del Regno, ed al
Reggente della Gran Corte delia Vicarìa, che si legge
tra' Riti della medesima (&).
Fu ancora lor costume, che i Vicari in caso d* as-
senza, o altro impedimento, solevano eleggere loro
Luogotenenti, chiamati Reggenti^ affinchè attendessero
all' amministrazione e governo di questa Corte, della
quale erano Capì, e perchè maggiormente si veda quan-
to nel Regno degli Angioini ai fosse innalzato questo
Tribunale, i figliuoli stessi de* Regi non isdegnavano
d'essere eletti Reggenti del medesimo. Cosi leggiamo
che tra' figliuoli di Carlo II fu eletto Reggente della
Vicaria Raimondo Rerlingerio suo quintogenito (e).
E nell'anno 1294 il suddetto Re fece Reggente Pie-
tro Sodino d'Angi{>; e •oelFanno i3o6 Niccolò Gian-
villa. Il Re Roberto creò ancor egli vari Reggenti ,
come nell'anno iS^G Francesco Stampa di Potenza;
0 nell'anno i338 Giovanni Spinello da Giovenazzo.
La Regina Giovanna I creò ancor ella nell' anno 1369
Gomesio de Albernotiis, detto per ciò Regens Curiam
Vicarine^ et Capitaneus Generalis Regni Siciliae (d). .
Oscurò pertanto questo nuovo Tribunale del Vica«
rio non poco l'altro della Gran Corte. La Corte del
Vicario per li personaggi che la componevano innal-
zossi sopra tutte 1' altre, ed era, come è a noi oggi
(a) Rit. de suppleodis defectib» Detestantes, etc» (b) Rit.
seq. Isabella y etc. {e) Tutin. loc. cit. fol. 3. Summ. loc. cit.
(d) Tutia, loc. cit.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX CAP.YL 289
il Consiglio collaterale del Principe. Così osserviamo
che nel Regno àf? Normanni^ e degli Svevi la Gran'
Corte era il Tribunal supremo. Nel Regno degli An-
gioini tenne il campo la Corte del Vicario. Nel Regno
degli Aragonesi^ il nuovo Tribunale del Sacro Consi-
glio di S. Chiara oscurò tutti due. E nel Regno degli
Austriaci si rese eminente sopra tutti gli altri il Con-
siglio Collaterale^ come si vedrà nel corso di questa
istoria. ,
Questi Tribunali della Gran Corte, e della Vicaria
furono lungo tempo divisi, leggendosi ne' medesimi
tempi i M. Giustizieri^ che reggevano la Gran Corte
ed i Vicari^ ovvero loro Reggenti, che amministrava-
no quella della Vicaria. Nel tempo istesio di Carlo II
abbiamo Ermeogano di Sabrano Giustiziere della Gran
Corte, e Niccolò di Gianvilla Reggente della Vicaria
ed in tutte la scritture di questi tempi de* Re An-
gioini osserviamo d' altra maniera espressi i Reggenti
di Vicaria, e d'altra i M. Giustizieri della Gran Corte.
Così di coloro preposti alla Corte del Vicario, leg-
'^ giamo; Regens Curiam Ficariae, Degli altri: In quo
hospitio itf. Curiae Magistri Justitiarii Segni; regehatur
et regitur. In breve la Gran Corte era chiamata: Cu-
ria Magistri Justitiarii, Quella del Vicario: Curia ri-
cariiy seu Kicariaem
Quando questi Tribunali si fossero uniti e ridotti
in uno, e chiamato perciò la Gran Corte della Ficaria^
non è di tutti conforme il 'Sentimento. Camillo Tuti-
ni (a) credette, che questa unione si fosse fatta da
Carlo I, ma va di gran lunga errato; poiché tanto è
lontano che fosse stato egli autore di quest'unione,
(a) Tutiu. loc« pit.
«9
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ugo STORIA CIVILE
che appena possiamo riconoscerlo per istitutore delia
Corte del Vicario , avendocene sol egli dati i primi
principii e delineamenti. Carlo li suo figliuolo ancora
non è da dirsi, che gli unisse, perchè égli diede for-
ma e perfezione alla Corte del Vicario, e la rese emi>
nente anche sopra la Gran Córte, per i personaggi dei
quali Tolie che si componesse; e nelle scritture degli
altri Re angioini suoi successori, sovente quando fassi
memoria di questi Tribunali, leggiamo V uno essere
chiamato Curia M. Justitiarii, e l'altro Curia falcar ii.
Per questa ragione alcuni credettero, che questa unione
non si losse fatta nel Regno degli Angioini ; e Pro-
spero Caravita (a) credette, che attempi 'della Regina
Giovanna II questi Tribunali fossero ancora divisi.
Altri dissero, che tal unione seguisse negli ultimi tem-
pi d'Alfonso I d^Aragona, il quale avendo istituito il
nuovo Tribunale del S. G. uni insieme questi Tribù-
pali, che chiamò della Gran Corte della Vicaria, come
tenne il Toppi (&), Ma più verisimile sarà il dire, che
questa unione non si facesse in un subito. L'origine
d essersi tratto tratto questi due Tribunali uniti, e la
cagione di ciò, bisognerà riportarla fin a tempi di Gar^
lo lì verso l'anno i3o6. Maggiori occasioni di tal u-
iiione si diedero dopo il vicariato del Duca di Cala-
bria figliuolo di Roberto, ma assai più nel Regno di
Giovanna II onde negli ultimi tempi d'Alfonso I Re
d* Aragona fu T unione perfezionata, e di due Tribu-
nali se ne formò un solo.
Chi yì diede la prima mano fu ristesse Carlo II
poiché avendo egli, come si disse, nell'anno i3o6 for-
{a) Carav. Rit, i n. 35. {b) Toppi tom. i de Orig. Tri-
tunaU
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.VL 291
mati alquanti capitoli (a) intorno aU' amministrazione
deir ufficio di G. Giustiziere, che drizzò ad Ermen-
^ano de Sobrano M. Giustiziere dèi Regno di Sicilia,
fra r altre cose, che in quelli costituì, fu di dar la
cognizione al M. Giustiziere di tutte le cause ^ delle
violenze^ ingiurie, delitti e di tutto ciò che s'appar-
teneva alla Corte del Vicario, e che a lui potesse ri-
corrersi y siccome Bobertus primogenitus noster Dux
Calahriae^ nosterque Vicarius Generalis pos&et adiri.
Essendosi adunque fra di lor confuse le cognizioni e
le preminenze; fu cosà molto facile in decorso'di tem^
pò farsi questa unione, e congiungersi insieme queste
due Corti. Ma dopo il vicariato del Duca di Calabria
figliuolo di Roberto, la divisione fu riputata piìi inu-
tile; poiché non leggendosi dopo lui essersi creati al-
tri Vicari, se non che, negli ultimi periodi del Regno
loro, si legge costituita Vicaria del Regno la Regina
Isabella dal suo marito Renato^ avvenne, che tal se-
parazione fosse riputata inutile, potendosi gli affari di
'questi due Tribunali spedire con più facilità ridotti
in uno. Poi la Regina Giovanna II volendo per mezzo
de] suoi riti, riformare queste due Corti, riputò meglio
congiungerle insieme; onde avvenne, che il gran Giu-
stiziere ch'era capo della Gran Corte a* tempi de' Nor-
manni, unendosi ora questi Tribunali, ne venne anche
egli ad esser capo di questo altresì. Quindi è, che
tutte le provvisioni ed ordini, che dal Tribunale della
Gran Corte della Vicaria si spediscono, tanto per Na-
poli^ quanto per tutto il Regno, sotto il titolo di gran
Giustiziere vengono pubblicate (&).
(a) Sono rapportati dal Tutiui de'M. Giusi, fol. io. {b)
Xutini de'M. Giust. pag. 2.
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aga STORIA CIVILE
Da CIÒ .nacque ancora ,* che dandogi al solo graà
Giustiziere la aopranteodenza di queste due Corti (a),
siccome poteva egli crear il Luogotenente, e Reggente
per regger la sua Gran Corte , cosi ancora deputava
egli quello stesso per Reggente della Corte della Yi-
caria: unendo queste due dignità ed uffici in una sola
persona che vi destinava, de' quali Reggenti , insino ai
aaoi tempi, Niccolò Toppi tessè lungp catalogo.
E quindi avvenne ancora , che volendo la Regina
Giovanna li riformare e ristabilire ì riti ed osservanze
di quelle, trovando ne* suoi tempi, che scambievolmente
comunicavanéi infra d'esse tutta la loro autorità e
cognizione , con una sola determinazione providde al
ristabilimento e buono governo ed amministrazione
delle medesime.
Ed è da notare, che quantunque i riti, che questa
Regina ordinò, fossero stabiliti per lo miglior gover-
no ed amministrazione di questo Tribunale, compo-
nendosi di due Corti ^ perciò viene da lei nominato
ora con singoiar nome di sua Corte o Gran Coite di
Vicaria, ed ora di Corti in plurale. Cosi nel proemio
disse: In nostris Magnae et Vieariae Curiis. E nel
primo rito: In praedictis nostris Magnae ^ et Ficariae
Curiis^ et qualibet ipsarum. Ed altrove Juàices ipsa^
rum Curiarum, (b) Ed è notabile ancora, che questa
Regina ne' privilegi che spedì a' Napoletani nell* an-
no 1430 che son registrati ira' riti suddetti (e), volendo
che di quelli potessero valersi in tutte le Corti di
Napoli, disse* Tarn scilicet Magna Curia Domini Ma*
gìstri Justitiarii Regni Siciliae^ seu eju$ Locumtenen-
(«) Rit. 54, 65, 64. (b) RU. i4, 34, 5g, 46, So. <r) Si
leggono sotto il tiu Cosfiraiatio, de. kiL 449.
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DEL REGNO DI NAPOLI LXX. GAP. VI. tigS
tis; oc Regentis Curiain Ficafiae; ^uam Capì t ancor um^
tei aliorum hahentium merum^ et mixtum Imperium eie.
Tolendo denotare componersi questo Tribunale di due
Corti, di quella del M. Giustiziere e dell'altra delU
Vicaria. E la Regina Isabella creata Vicaria dal Re
Renato sup marito, dri;f;zando, come si disse, nell'an-
no. i436 una sua lettera, che. pur leggiamo tra quei
riti (a) agli Ufficiali di questo Tribunale, pur disse:
ttaymondo de Vrsinis etc Magistro Jusiiticrio Regni
Siciliae^ et ejus Locumtènenti: Nec non Regenti Ma"
gnam Curiam nostrae Vicariae,
Donde si convince Y errore d* alcuni, e fra gli altri
del Reggente Petra (&), i quali leggendo nefriti delia
Gran Corte della Vicaria fatti compilare daU|i Regina
Giovanna II chiamarsi questo Tribunale ora io dual
numero, ed ora in singulare, si diedero a credere ^
che nel tempo, che questa Regina ordinò la Compi*
lazione, erano queste Corti separate; quando poi fu
quella ridotta a fine, erano già unite; onde perciò nei
primi riti si nominano in dual numero, e negli ultimi
in singulare. Ciò che sarebbe far gran .torto alla di-
ligenza, ed accortezza di que' Giureconsulti, de' quali
ai valse la Regina per quella compilazione, i quali rac»
colti ed ordinati che T ebbero, gli diedero fuori tutti
insieme in un volume ; e sarebbe stata grande loro
trascuraggine, se nel principio areaser separate queste
Corti; e nel fine T avesser congiunte. Oltre che non
meno la Regina Giovanna II nel privilegio conceduto
a' Napoletani^ spedito negli ultimi anni del suo Regno^
• posto nei fine di qoe'riti, che la Regina Isabella^
(a) Sotto il tit. àfi supplendis defectibus, etc. fol. 44^
(&> Nir» Riti I num. a3;
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«94 STORIA CIVILE
che yisse dopo Giovaana^ separò queste due Corti n^l
tempo, che il Reggente Petra le vuole unite, driz-
zando quella sua carta non tneno al gran Giustiziere
e suo. Luogotenente, che al Reggente della Vicaria.
Erano adunque queste Corti separate in se mede8Ìn)e,
ma congiunte insieme a questi tempi, facendo un solò
Tribunale, di due Corti composto.
Nel Regno poi d'Alfonso 1 si tolse affatto così nelle
scritture I, come nel parlare ogni vestigio di divisione,
e r unione si rese perfetta, onde da poi non si no-
minò più in numero di più , ma fu riputato un solo
Tribunale; e poiché, era coiUposto di due Corti, fu
chiamato percìti con un sol nome. Tribunale delta
Gran Corte della Viearia*
CAPITOLO VIL
Cablo Principe di Salerno governa il Regno come
Vicario , mentre il padre è in Roma , e va poi a
"battersi in Rordeos con Pietbo Re d'Aragona.
' Il Re d'Aragona, ancorché fosse certo, che le sue
preghiere al Pontefice Martino niente doveano giovar-
gli, essendo il Papa alle preghiere di Carlo già risa-
luto di dare a costui ogni aiuto per la ricuperazione
deir isola; nnlladimanco perché Carlo non fosse solo
a querelarsi col Papa, e potesse, con frapporre qualche
trattato di pace divertire la guerra, mandò a Roma
suoi Ambasciadori ad iscusarsi con Martino e col col-
legio de' Cardinali, ponendo loro in considerazione,
che volendo ricovrare quel Regno dovuto alla moglie
ed a' suoi figliuoli, non avea potuto con aperta forze
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CÀP.VtL 29S
levarlo di mano a Carlo, ch'era il più potente Re del
Cristiani; e però avendo veduto, che quelli dell' iso]/ii
disperati per gli atrocissimi portamenti de' Franzesi,'
erano stati sforzati di fare quella uccisione , fivea vo-
luto pigliare quella occasione, e cercare di salvar in-
sieme la vita a' Siciliani e racquistare alla moglie il
perduto Regno: e che conveniva alla Santità del Papa
ed al decoro di quel sacro Cojlegio di spogliarsi d'ogni
passione e giudicare quel che ne fosse di giustizia: che
«e si fosse sentenziato per lui, avrebbe egli così ben
pagato il censo alla Chiesa romana, e sarebbe stato
così buon feudatario di quella, com'era stato Re Carlo,
e quando, udite prima le sue ragioni, fosse sentenziato
contra di lui, egli avrebbe lasciata la possessione del-
l'isola in man della Chiesa.
Ma furono ben tosto conosciuti, e dal Papa e da
Carlo questi arlifìcii di Pietro, onde ne furono riman-
dati gli Ambasciadori, non riportando altro da Roma^
se non che il Papa avea conosciuto, che queste erano
parole per divertire la guerra, e che era risolutissimo
di dar ogni aiuto e favor possibile al Re Carlo, il
quale senza dubbio alla nuova campagna verrebbe
sopra risola con grandissimo apparato per mare e
per terra.
Allora fu, che Re Pietro lasciate ordinate alcutid
cose in Sicilia, come fu consigliato da Ruggiero di
Loria e da Giovanni di Precida, passò in Aragona
per provvedere di mandare in Sicilia nuovi soccorsi*
Gli Aragonesi^ che prima av^ano avuta a male quella
impresa, come pigliata senza volontà e consenso del
Popoli, e con ciò d'esser altresì rotte e violate l'or*
dinanze e privilegi di quel Regno-, nuUadimanco ve*
dendola succèduta prospera, e guadagnato un Kegno^
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age STORIA CIVILE
nel quale, da poi, molti del Regno di Aragona e di
Valenza ebbero Stati e Signorie, cominciarono a pen-
sare d'aiutare il Re quanto potevano, e nel Consiglio
gli persuasero, che cercasse in ogni modo di placar il
Papa; onde T indussero a mandare di nuovo Gismondo
di Luna per Ambasciadore, il quale avesse d' assistere
a Roma, e pregar uno per uno i Cardinali^ che ve-
dessero d'addolcir F animo del Papa. Ma ecco, cbe
ciocché Re Pietro con tanto studio non avea potuto
per innanzi ottenere, fortunatamente gli avvenne; poi-
ché mentre il suo Ambasciadore va per Roma, é in-
contrato da Carlo, il quale subito che'l vide, come
era Impaziente e soggetto all' ira, gli disse: che il Re
Pietro avea proceduto villanamente e da traditore, con
avergli, essendogli cugino , occupato il Regno suo, nel
qual Manfredi non era stato mai Re legittimo^ ma oc-
cupatore e Tiranno; e ch'egli sarebbe per sostenerlo
in battaglia a corpo a corpo, o con alcuna compagnia
di soldati. Gismondo, eh* era persona accorta, rispose,
ch'egli era venuto per trattar altro, e non per dispu-
tare se'l Re avea fatto bene o male« ancora che fosse
certo, che avea fatto ottimamente, ma ch'egli avreb-
begli scritto, e che sarebbe venuta da lui risposta,
quale si conveniva al grado, al sangue, ed al voler
di tal Re; né indugiò molto a scriver al suo Re quel
eh' era passato: Re Pietro gli rescrisse subito, che ac-
cettasse per lui il duellò e che offerisse al Papa, che
per evitare tanto spargimento di sangue di Cristiani,
e' si contentava non solo combattere quella querela,
ma con esso ancora il dominio di tutta l'isola.
Alcuni scrissero, che Carlo per la fiducia, eh' avea
nelW persona sua ed in molti altri Cavalieri del suo
esercito, si fosse rallegrato di questa offerta di Pietro,
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. VII. 297
e che con assenso del Papa si cominciò a trattare
dei modo, che aveano da tenere per 'combattere , nel
che i dne Re convennero di scioglier ciascuno dódici
Cayalicri per regolare ir tempo, il luogo e le condi*
zioni del combattimento. Questi essendosi ragunati for-
marono alcuni articoli, che furono ratificati da' due
Re. Fu in quelli determinato, che si sarebbero battuti
a Bordeos città della Guascogna, ch'era allora sotto il
dominio del Re d' Inghilterra: la giornata fa stabilita,
per lo di primo giugno lùSi nel quale s'avessero da
presentare in quella città ciascuno accompagnato da
cento Cavalieri.
Negli atti d' Inghilterra ultimamente fatti imprimere
dalla Regina Anna (a), si leggono questi articoli, e co-
me quelli che non eran pubblici, né se non per questa
edizione si sono esposti alla luce del Mondo, sono
stati cagione d'alcuni abbagli a' migliori Istorici, con
gran pregiudizio della riputazione del Re d'Aragona;
poiché credettero, che nella formazione de' medesimi
v'avesse avuto anche parte il Re d'Inghilterra, il quale
come ugualmente parente d' ambedue questi Re, avesse
loro assicurato il campo, é che perciò non poteva
scusarsi Re Pietro d'aver avuto timore di comparire
in pubblico, come fece m secreto; imperocché da que-
sti articoli e da alcune lettere dello stesso Re d* In-
ghilterra si convince, che tanto fu lontano, che v* avesse
avuta egli parte ed aveése egli assicurato il campo,
che più tosto egli fece ogni sforzo per disturbare il
combattimento. Gli articoli furono accordati solamente
da' Cavalieri eletti da ambedue i Re, ed alcuni anche
scrissero, che nemmeno il Papa vi assentisse.
(«) Foedera^ conv^niioms etc, tom, i p. 936.
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398 STORIA CIVILE
( Nel Codice Diplomatico di Lunig {a) , si legge il
Diploma del Re Pietro^ nel quale s'inseriscono le
Capitolazioni accordate intorno al duello col Re Carlo
nella città dxBordeos in Guascogna, firmato da'&uoi
Cavalieri. Siccome alla pagina lOiS si legge un con-
simile Diploma spedito dal Re Carlo ^ dove promette
di comparire nel luogo stabilito del duello, firmato
parimente da' suoi Cavalieri. E che il Papa facesse
ogni sforzo per impedirlo, è manifesto da due Brevi '
di Martino IV che rapporta il cit. Lunig ^ uno alla
pqg. io4 dove inibisce al Re Carlo il ducilo concer-
tato col Re Pietro-^ T altro alla pag. 1022 drizzato ad
Odoardo 1 Re d'Inghilterra, nel quale esorta quel Re
ad usar ogni studio per impedire, che siegua ne' suoi
Stati ).
Gli articoli, come si legge in quegli atti, furono i
>&eguenti:
I Che il combattimento ^1 farà a Bordeos, nel luogo,
che il Re d' Inghilterra giudicherà più convenevole,
il qual luogo sarà circondato di barriera. II Che gli
due Re si presenteranno avanti il Re d'Inghilterra
per far questo combattimento il dì primo giugno i283.
Ili Che se il Re d' Inghilterra non potrà trovarsi in
persona a Bordeos, li due Re saranno tenuti di pre-
4Bentarsi avanti colui, che il medesimo Re avrà depu-
tato per ricever la loro presentazione in suo luogo.
IV Che se il Re d' Inghilterra non si trovasse in per-
sona nel medesimo luogo, né inviasse alcuno in sua
vece, i due Re siano tenuti di presentarsi avanti co-
lui, che comanda a Bordeos per lui. Y Egli è stato
ancora convenuto, che il detto combattimento non si
(a) Tom. IL pag. 986.
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DEL REGNO DI NAPaLI LXX. GAP. VII. 399
farà avanti a chi che 8Ìa delle genti del Re d' Inghil-
terra, a meno che il detto Re non vi si- trovasse at-
tualmente presente in persona: salvo a' due Re di coa-
venire tra di loro, per un consenso reòiproco, di fare
il detto combattimento di questa maniera^ cioè a 4ire
in assenza d'Odoardo. YI Che se il Re d^Inghilterra
non si trovasse di persona nel luogo e nel tempo ac-
cennato, gli due Re siano tenuti di aspettarlo trenta
giorni. VII Affinchè si possa in tutte le maniere
proccurar la presenza del Re d'Inghilterra, li due
Re promettono • giurano di fare il lor possibile di
buona fede e senza frode^ per ottenere dal detto Re,
che si trovi al luogo notato, ed al .giorno detto, e dì
fare in maniera che le loro lettere gli sian rese. Dopo
alcuni altri articoli, che riguardano la tregua e le si-
curezze, che li due Re si danno reciprocamente, egli
è convenuto. Vili Che quegli de' due Re che man-
cherà di trovarsi nel luogo e giorno suddetto, sia ri-
putato vinto, e spergiuro, falso, infedele, traditore,
che non possa giammai attribuirsi ne il nome di Re,
né gli onori dovuti a questo grado; ch'egli resti per
sempre privato e spogliato del nome di Re e del-
l'onor regale, ^ sia incapace di ogni impiego e di-
gnità, come vinto, spergiuro, falso, infedele, traditore
ed infame eternamente.
Accordati questi ArticoU,ambedue i Re s'affrettarono
di dar provvedimenti a' loro Reami, perchè, dovendo
intraprendere sì luogo viaggio, ed esporsi ad una sì
pericolosa azione, la lóro assenza o mancanza ad essi
non nocesse. Re Pietro raccomandò a' Siciliani l'ub-
bidienza, che doveano prestare alla Regina Costanza^
diede allora il titolo di Viceré .di quell'isola a Gu-
glielmo Galzerano: creò Giovanni di Procida Gran
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3oo STORU CIVILE
Cancelliere: diede T Ufficio di Gran Gìostixiere ad
Alaimo di Lentino, ed a molti altri benignamente fece
grazie, e concedè molti privilegi; e volle che tntti
giurassero per legittimo successore ed erede, e fa*
turo He D, Giacomo^ il jche fu fatto con magnifica
pompa e buona volontà di tutti.
Dair altra parte il Re Carlo lasciò nel Regno per
ftuo Vicario il Principe di Salerno, e- gli diede buoni
Consiglieri, che assistendolo T avessero da governare;
stabilendo, come fu detto, un nuovo Consiglio, che
fu chiamato la Corte del Vicario; ed affrettandosi pììn
del suo Competitore , tolta che ebbe la benedizione
dal Papa, marciò con le sue genti, e si presentò nel
giorno destinato con li cento suoi Cavalieri al campo
avanti Bordeos; e cavalcando per lo campo aspettò fina
al tramontar del Sole, facendo spesso dal suo Araldo
chiamare il Re Pietro ; ma questi non comparendo »
alcuni rapportano, che Carlo si portasse avanti il Si-
niscalco del Re d' Inghilterra, che comandava la città
di Bordeos, e 1 richiedesse, eh* avesse da far fede di
quello, eh* era passato: e che avendo novella, che il
Re d* Aragona era ancora lontano, si ritirasse lo stesso
giorno.
Re Pietro dall'altro canto, dappoiché s*ebbe eletti
i suoi cento Cavalieri, lor comandò, che s'avviasser
eabito verso Guascogna, ed egli mandò avanti Gili-
berto Gruiglias per intendere se 4 Re d'Inghilterra
era arrivato a Bordeos, o se ci era suo Luogotenente,
che avesse assicurato il campo; ed egli con poco in»
tervallo gli andò appresso con tre altri Cavalieri va-
lorosi: ma scorgendo, che niuno era che assicurava il
campo, narrasi, che si fosse travestito e nascosto den-
tro la città di Bordeoa sotto nome d'un de' Signori
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. VIL 3oi
della sua Corte, e che da poi, che Re Carlo fa par-
tito, la stessa sera andasse a presentarsi al Siniscial<;o
di Guienna, facesse atto della sua presentasione, e gli
lasciasse le sae arme in testimonianza: e che dopo
ciò avesse ripigliato frettolosamente il cammino Terso
i suoi Stati temendo Tiasidie e gli agnati che Re
Carlo susttrravasi avergli preparati.
Questa condotta ha dato luogo «gli Istorici franzesi
di accusarlo ^i poltroneria, e di non aver avuto ani-
mo di misurarsi col suo nemico. Ma Terror nacque
dall'avere tutti gli Istorici, così francesi ed italiani,
come spagnuoli, creduto costantemente, che Odoardo
avesse assicurato il campo a' daé Re , ififgannati per
essersi presentato Re Carlo a Bordeos co' suoi cento
Cavalieri; impiercìocchè non hanno potuto compren-
dere, come questo Principe fosse venuto colla sua
truppa pronto a combattere, e si fosse trattenuto a
Bordeos dal levar del Sole fino alla sera del giorno
appuntato, se egli non avesse creduto d'essersi assi*
curato il campo e di combattere.
Ma negli atti d'Inghilterra ultimamente dati alle
stampe, si legge al foglio aSg una lettera di Odoardo
a Carlo, per la quale gli fa sapere, che quando egli
potesse guadagnar i due Regni di Aragona e di Si-
cilia, non verrebbe ad assicurar il campo a' due Re;
né permetter che questo duello si facesse in alcun luogo
del suo dominio, né in alcun ajtro dove fosse in suo
potere l'impedirlo. In un'altra lettera, ch'egli scrisse
al Principe di Salerno [pag. 24o ) gli dice, che' ei^a
ben lungi dal vero di aver accordato a suo padVe ciò
che gli avea dimandato intorno a questo combattimento,
apzi egli l'avea rifiutato tutt' oltre (tout oufre) questo
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3o3 STORU CIVILE
è il termine di cui «gli si serve; perchè queste lettere
SODO in franzese.
Egli dunque non vi è luogo di credere, che Odoardo
abbia autorizzato questo combattimento, né per la sua
presenza, né con inviarvi alcuno, che avesi?e rappre-
sentata la sua persona, né in dando salvocondotto a' due
Re, né in fine con far loro preparare il luogo; e nien-
tedimeno gli Istorici lo suppongono come certo, quanda
dicono che Carlo venne a Bordèos, eh' entrò nel cam-
po, e che vi si trattenne dal levare<fino al tramontar
del Sole, senza veder comparire il suo nemico.
Quel che abbiamo di certo è, che Carlo venne ef-
fettivamente a Bordeos il giorno appuntato: ch'egli vi
•i trattenne fino verso la sera, e che avendo novella,
che il Re d'Aragona era ancora lontano, si ritirò lo
stesso giorno. Ma appena fu egli partito, che Pietro,
il qual era nella città travestito sotto nome d'un de! Si-
gnori della sua Corte, andò a presentarsi al Siniscalco
di Guienna, fece atto della sua presentazione ^ e gli
lasciò le sue armi in testiajionianzà: fatto questo si ri-
tirò in diligenza verso i suoi Stati.' Se si considera il
tenor degli articoli aggiustati tra' due Re, questa con-
dotta non potrà accusarsi di poltroneria; poiché la pre-
sentazione di questi Principi avanti il Siniscalco di
Guienna ^non era, che per soddisfare al quarto arti-
colo, e non per battersi; perchè perjo quinto, non
dovea esservi punto di combattimento, se il Re d' In-
ghilterra non vi era presente, e che per le lettere di
Odoardo qui sopra rapportate, non vi era cosa più
lontana dall' intenzione di questo Principe, che l'as-
sistere a questo combattimento. Che voglia accusarsi
il Re d'Aragona di aver avuta paura, non è da du-
bitare; ma la paura ch'egli avea non era di battersi
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.VIL 3o3
contro il suo nemico; poiché per le loro conTenzioni
non era a ciò obbligato, se non in presenza del Re
cV Inghilterra , dopo avergli assicurato il campo. Che
dunque ha egli temuto? GU Istorici franzesi, che per
altro sono stati ben attenti di trovare una occasione
d' avvilir questo Principe nemico della Gasa, di Fran-
cia, non si sono curati di spiegare il soggetto del suo
timore; ma gli Sìciiiani ed i Napoletani^' hanno fatto
in dicendo, ch'egli era informato non solamente, che
Carlo avea .portati '^i suoi . cento Cavalieri con lui in
Sordeos, ma eh' egli aveva, altri dicono 3oóo altri 5ooo
cavalli una giornata distanti da quella città; ed alcuni
anche aggiungono, che il Re di Francia suo nipote
era alla loro testa. Ciò che Mezeray non ha potuto
interamente dissimulare, quando egli dice, che Pietro
si ritirò, fingendo di aver paura di qualche sorpresa
dalia parte del Re di Francia; perchè se il Re di
Francia non avesse avute truppe vicino Bordeos, come
Pietro, trovandosi ne' Stati del Re d'Inghilterra, avrebbe
potuto fingere d'aver paura di qualche sorpresa del È.e
di Francia?
Si devono adunque esaminar due cose per giustifi-
cazione del Re d'Aragona: la prima, se egli ha ese-
guite le convenzioni ; e di ciò noi^ si può dubitare
dopo aver letti gli articoli di sopra rapportati: la se-
conda, ae ha avuto soggetto di diffidarsi di Carlo- e
del Re di Francia* Quanto al primo di questi Prin-
cipi, gli Istorici di Nappli e di Sicilia dicono, ch'egli
si era vantato pubblicamente di fare assassinare il Re
d' Aragona , • ciò che bastava per dare un giusto sog-
getto di timore a quest'ultimo, che si trovava in un
paese lontano da' suoi Stati, vicino a quelli del Re di
Francia^ e senza salvocondotto del Re d'Inghilterra
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3o4 STORIA CITILE
né alcun' altra sicurezza, che la parola d'un, nemic<^^
aopra la baona fede del quale egli non poteva appoggiar-
si, perchè si era vantato di farlo assassinare. Quanto al
Re di Francia, gl'Italiani assicurano che avea un corpo
di 5ooo o di 3ooo cavalli a una giornata di là. Afe-
teray e gli altri Istorici franzesi, che non hanno po-
tuto^ ignorare ciò che gì Italiani han detto, non Io ne*
gano, e si contentano di non parlarne; di maniera che
egli è altrettanto dubbio, che la cosa sia vera, quanto
è dubbio che sia falsa. In somnia quando anche Re
Pietro fosse stato preso da un timor mal fondato di
qualche sorpresa del Re di Francia, non meritava per-*
ciò quelle accuse e quegli scherni, che han fatto i
Fcanzesi sU la sua condotta.
Dall'altra parte alcuni Istorici spagnuoli furono so-
verchio millantatori, e fra gli altri Garibaj^ il quale
senza dubUo non sapeva le convenzioni passate tra' due
Re; e pure fu così ardito, che scrisse, che il Re di
Aragona si presentò a Rordeos, è che se ne ritornò
perchè Carlo non vi si trovò : Despues que el Rej
De Fedro s,e apoderò del Rejrno de Sicilia^ viviò cinco
annos^ y dando orden en las eosas del nuevo Rejno^
tornò à Espanna ^ y tuvo rieptos y desàfios con el Rey
Carlos^ y disfrazado passò por la Provincia de Gui-
puseoa^ para la Ciudad de Rurdeos^ que por ser en
esio tiempo de Ingleses era el lugar de la haialla, a
la qual por no acudir el Rey Carlos, tornò el Rey
D. Fedro en Aragon, y Catalunna,
Non è da tralasciare quel, che tra queste diversità
d'opinioni credette il Costanzo nostro gravissimo Scrit-
tore (a), aiutato ancora da un' annotazione antica scritta
(a) Gost. lib. 3.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.VIL 3o5
tt mano, che dice aver trovato : cioè che Re Pietro,
il qual confidò sempre più nella forza, non ebbe mai
Tolontà d'esporre un Regno a quei cimento, e che
dopo la giornata^ ragionando di questo fatto si fosse
dichiarato, dicendo, eh* egli intrigò con tante condì-
sioni e patti quel combattimento, per far perdere al
Re Carlo una stagione, ed egli aver tempo . dì più for-
tificarsi, e far pigliar fiato a' Regni suoi; anzi si fa*
eoa beffe di Carlo , che avesse creduto , eh' egli vo-
leva avventurare il Regno di Sicilia, che già èra suo,
senza volere, che Carlo avesse da promettere di per-
dere air incontro il Regno di Puglia, quando succe-
desse^ che restasse ninto.
In fatti risoluto a questo modo il combattimento.
Papa Martino ben s' avvide d' essere stato il Re Carlo
beffato, e che Re Pietro avea evitata la guerra; onde
pieno di stizza lo scomunicò con tutti i suoi Mini-
stri ed aderenti. Scomunicò ancora; e di nuovo inter-
disse i Siciliani, dichiarandogli ribelli di S. Chiesa
con tutti quelli, che gli favorivano in secreto, o in
palese: lo privò e depòse del Regno_ d* Aragona e di
Valenza, scomunicando ancora chi Tubbidisse, o chia-
masse Re; e concedè questi Regni a Carlo di Valois,
figliuolo secondogenito di Filippo III Re di Fran-
cia (*); mandando il Cardinal di S. Cecilia Legato
Appostolico in Francia , Con Y investitura . di questi
due Regni,' ed a trattare col Re, eh' avesse da movere
un potente esercito in Aragona, per discacciar Pietro
(^) La Bolla di Martino IV di questa scomunica e depo-
sizione, si legge negli Atti d' Inghilterra ^ pag. aS). Leggesi
parimente questa Bolla di scomunica, ed interdetto di Mar-
tino lY presso Lunig pag. 999 che porta la data del ia82«
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3a6 STORIA CIVILE
dalla possessione di > que' Regni. Fu ricevuto il Le-
gato in Francia con grand' onore , e tosto ai pose a
predicar la Crociata^ ed a conceder indulgenze a cla^
acuno, che prendesse Y armi contro Re Pietro, e non
tardò il Re di Francia poner in punto un grandis-
simo esercito, col quale andò a quell'impresa. £ Carlo
dall'altra parte tornata da Guascogna in Provenza, glo-
rioso per aver cavalcato il campo, ma deriso d'aver
perduto il tempo, si mosse da Marsiglia con 60 galee
e molte navi, e navigò di Provenza verso Napoli, eoa
intenzione d'unirsi con l'altre galee ch'erano nel Rcr
gno, e passar in Sicilia innanzi l'Autunno.
Re Pietro all'incontro tornato in Aragona mandava
tatto giorno validi soccorsi in. Sicilia di navi e genti
a Ruggiero di Loria suo Ammiraglio; e poco curando
delle maledizioni e deposizioni del Papa, per ischerzo
si faceva chiamare: Pietro d Aragona y padre di- due
jRe, e Signore del mare^
CAPITOLO VIIL
Prigionia del Principe di Salerno ^ e morte
del Re Carlo suo padre.
AJ-cntre queste cose si trattavano in Frauda^ Rug-
giero di Loria avendo inteso, che Guglielmo Carnuto
provenzale, era passato con ventidue galee .per soc-
correre e munire il castello di Malta, che si tenea per
Carlo, uscì dal Porto di Messina con didiotto galee,
ed andò per trovarlo, e giunse a tempo, ch^avea messo
nel castello genti fresche e vettovaglie, e stava con
le galee nel porto di Malta. Mandò Ruggiero una fire-
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DEL REGNO DINAPOU L.XX. GAP, Vili. Soy
gala con un trombetta, ch^ richiedesse il Capitano
franzese a rendersi, o veramente apparecchiarsi alia
battaglia : il Provenzale, che da sé era orgoglioso, ed
avea avuta certezza, che Tarmata nemica era inferiore
di numero di galee, uscì dal Porto, ed attaccò la bat-
taglia; ma alla fine dopo molto spargimento di san-
gue restò egli rotto e morto, e delle sue galee se ne
salvarono sol dodici fuggendo verso Napoli: le dicco
altre furon pres^ , e condotte da Ruggiero a Messina
con grand' allegrezza di tutta l'isola. I Maltesi si re-
sero, e Ruggiero lasciò alla guardia di quell'isola
Manfredi Lancia suo Capitano (a).
Ma non contento Ruggiero di questa vittoria, avendo
già conceputo nell'animo Taltre grad cose che poi fece^
poste in ordine quanta galee erano per tutta Tisola, eoa
grandissima celerità andò verso Napoli, acciocché offe-
rendosi qualche altra occasione avesse potuto far alcuna
altra notabile impresa; il che gli successjD felicemente,^
perchè avendo trascorse le marine di Calabria con qua-
rantacinque galee, se ne venne a Castellamare di Sta-
bìa, donde rinfrescata T armata passò verso Napoli nel
medesimo mese di giugno dello stesso anno 13 83 e con
qnèll' ordine, che si suol andare per combattere, appres»
sato alle mura di Napoli cominciò a far tirare saette ed
altri istromenti bellici, che s* usavano a quel tempo den-
tro la città: onde tutto il Popolo si pose in arme, cre-
dendosi che Ruggiero volesse dar T assalto alla città;
ma perchè V intenzion di Ruggiero non era di far al-
tro effetto, che d'allettare e tirare le galee, cVeran
nel Porto di Napoli alla battaglia^ dappoiché ebbero
i Siciliani con parole , ingiuriose provocati i Napoio-
{a) V. Maurolico.
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ao8 StORIA CIVILE
tani, che stanano su le mura^ e qaellì ch'erano al
porto 8u le galee, si mosse egli colle sue costeggiando
la riviera di Resina, e della Torre del Greco» e Taltra
riviera verso Occidente di Clniaja e di Posilipo, bru-
giando e guastando ^aelle ville e que' luoghi ameni,. che
vi erano.
11 Principe di Salerno lasciato dal padre, Vicario
del Regna, non potendo soffrire tanta indegnità di
vedere, che su gli occhi sMi i nemici avessero tanto
ardire, fece poncre in ordine subito le galee, delle
quali era allor Capitano Generale Giacomo di Bru-
sone franzese , e vi s^imbarcò con animo d'andar a
combattere. Gerardo Cardinal di Parma Legato Ap-
postolìco, che si trovava in Napoli, esclamava, che
non uscisse il Principe, né s'arrischiasse T armata a
combattere; ma egli non potendo soffrire il fasto di
Ruggiero, volle in tutti i modi imbarcarsi. Non solo
i Francesi veterani e gli altri stipendiari del Re s'im-
barcarono con iui, ma non restò nella città uomo no-
bile, o cittadino onorato atto a maneggiar l'arme^ che
non andasse con lui con grandissimo animo: e poiché
V armata fa allontanata poche miglia dal porto di Na-
poli, Ruggiero di Loria, tosto che la vide, fece vela
con le sue galee mostrando di voler fuggire, ma con
intenzione di tirarsi dietro l'armata nemiea tanto in
alto , che non avesse potuto poi evitare di non venir
à battaglia. 11 Prineipe. allegro, credendosi, che fosse
vera fuga, e tutti i soldati delle sue galee, e massime
quelli, eh' aveano poca esperiensa ncH'armi, con gran-
dissima grida si diedero a seguire, sperando vittoria
certa ; ma poiché furon allontanate per molte miglia
da terra ferma, Ruggiero fece fermare le sue galee,
e dopo averle una per una visitate, aniiùando i suoi
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. Vili. Sog
fece girar le pròde verso i nemici, che già s^stvìoI-
navano^ e con grandissimo impeto andò ad incontrar*
gli. Fu con grandissima forza dell* una parte e del-
l' altra attaccata la zufìa ; ma poiché la battaglia fu
durata un gran pezzo, tanto stretta, che appena si
potea conoscere una galea dall* altra ^ al fine avendo i
Cavalieri delle galee del Principe adoperate tutte lo
forze, vinti dal caldo e dalla stanchezza, cominciaro*
no a cedere; ma la galea capitana dove trovavasi il
Principe fu T ultima, perchè ancora che fosse in luo-
go, nel quate non poteva agevolmente disbrigarsi, ed
uscire dalk battaglia, come fecero motte altre, che si
salvarono ritirandosi verso Napoli, fece grandissima
resistenza, perchè in essa si trovava il fiore de' com-
battenti , deliberati più tosto morire^ che voler cedere,
e v^ere prigione il Principe loro. Ma Ruggiero per
uscire d^ impaccio fece buttare dentro mare molti Ca-
lafati ed altri Marinari con vergare, ed altri istro-
menti, i quali subito perforarono in molti luoghi la
galea del Principe, in modo che si venne ad eifipire
tanto d'acqua che per non andar a fondo, 11 Prin-
cipe e gli altri, che se n'accorsero, si resero a Rug-
giero, che gli confortava a rendersi; e lloggiero porse
la mano al Principe sollecitandolo, che passasse pre-
sto alla galea sua. Restarono insieme col Principe pri-
gioni il Briisone Generale dell'armata, Guglielmo Sten-
dardo e molti altri Signori italiani e franzesi , che
andavano sopra dieci galee che parimente si resero (a).
Questa rotta sbigottì grandemente i Napoletani, poi'-
chè videro Ruggiero quasi trionfante tornar avanti le
mura delia città, ed invitare il Popolo napoletano a
{a) Maurolicoi
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3 IO STORIA CIVILE
far novità. E già la plebe avea cominciato a lumuV>
tuarc, ed a gridare, muoia Re Carlo, e viva Ruggiero
di Loria. E narra il Costanzo, che se i Nobili, i vec-
chi ed i più riputati Cittadini, che pigliarono a guar-
dare le porte della città ed a frenare queir impeto,
non riparavano, asurebbe occorso qualche gran disor-
dine. Ripressa adunque la plebe , e quietata la città,
Ruggiero si ritirò all' isola di Capri: ed ottenne dal
Principe, che Beatrice ultima figliuola del Re Man-
fredi, la quale era ^tata prigione quindici anni nel
castèllo deir Uovo con la madre e confratelli, i quali
allora si trovaron morti, fosse liberata, e se ne ritornò
in Sicilia; e con grandissimo fasto, e grand' allegrezza
di tutti i Siciliani, presentò alla Regina Costanza la
sorella libera, ed il Principe . prigione, il quale con
tutti gli altri priocipali prigioni fu posto nel Castello
di Mattagrifone in Messina.
I Siciliani volevano servirsi del Principe, come rap-
presaglia per Corradino, e convocati i Sindici delle
terre di tutta V isola giudicarono^ che se gli dovesse
mozzar il capo, siccome Carlo avea fatto di Corradi-
nò, e mandarono alla Regina Costanza, che ne pren-
desse in cotal guisa vendetta. Ma questa grande, e
magnanima Reina detestando tal crudeltà, fece loro
intendere, che in cosa di tanta importanza, quanto
era la morte del Principe, non era di farne determi-
nazione alcuna, senza la volontà del Re Pietro suo
marito, che si trovava in Aragona; onde per levarlo
dal loro cospetto, e conservarlo vivo, Io mandò pri-
gione in Aragona a Re Pietro, ove stette più anni
custodito in stretta prigione. Questa illustre aziona,
aiccome fu celebrata per tutti i secoli per magnanima
e generosa , cosi rese più detestabile V infamia del Re
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.VIIL 3ii
Cario, perchè la pietà e la clemenza troyò più luogo
in ini petto debole ed infermo, d'una donna, che nel*
r animo yirile di quel Re, infamato perciò per tutti
i secoli., e da tutti i Scrittori.
Intanto quasi due di dopo la battaglia , il Re Carlo
ehe yeniya da Marsiglia, giunse a Gaeta, doye con
infinito suo dolore ebbe noyella della rotta, e prigio-
nia di suo figlinolo, e del tumulto accaduto a Napoli.
Ne scrisse immantinente al Papa, chiedendogli a tanta
ayyersità conforto e soccorso di danari (a); e adirato
contro i Napoletani si portò subito a questa città, ed
ayuto in mano i Capi del tumulto al numero di i5o'
dappiù incolpati, gli fece impiccare , condonando il
rèsto a' Nobili e Cittadini principali, che ayeyano guar«
data la città. Ed essendo il principio di luglio, yo*
lendo passar in Messina per l'impresa di Sicilia, spe-
dì yS galee, che passassero il Faro, e girassero a
Brindisi ad unirsi con V altre galee, eh' erano armate
nel mare Adriatico. Ed egli per terra andò in Cala-
bria ad assediar Reggio, eh* era in potere degli Ara-
gonesi; ma riuscitagli anche yana questMmpresa , ri-
tordò in Puglia, tutto occupandosi a fornire di nu-
merose Nayi la sua armata per T impresa* di Sicilia.
Ma Re t^ietro intanto era da Aragona passato in
Messina per difesa di quell'isola, e conoscendo, ehe
il Papa era implacabilmente adirato con lui, ma che
per la rotta e prigionia del Principe^ dissimulando
Fodio^ ayea mandato due Cardinali in Sicilia a trat-
tare la libertà del Principe, e la pace, yoUe deluderlo
con la medesima arte: poiché dopo aver riceyuti i
{a) Questa lettera di Carlo I. scritta al Papa si legge pressf
Tutin. de|;li Ammir. p. 8i.
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3ia 8T0RU CIVILE
Cardinali con onor graadisumo, diede loro tasta spe^
ranza di pace onorata per Re * Carlo, che quelli man-
darono a dirgli, che non 6Ì moTesse, e con questa
speranza, da poi che Carlo ebbe perdala un'altra sta-
gione, con molta destrezza e prudenza uscì dal trat-
tato di pace, onde i Cardinali ingannati e delusi, do-%
pò avere di nuovo maledetto, e risoomanicato Re
Pietro ed i Siciliani, ^i partirono e tornarono al
Papa.
Carlo vedendosi beffatto, si risolse a mezzo decero*
bre di porre in ordine Tarmata per ricuperare la li-^
berta del figliuolo ed il perduto Regno; ma mentre
egli da Napoli parte per andare a Brìndisi a poner
in puoto Tarmata, ecco che nel cammino infermossi
a Foggia; dove, essendo giunta Torà sua fatale, op«*
pressa da malinconìa per le tante avversità accadu-
tegli, trapassò nel mese di gennaio del nuovo anno
i:»85. Teodorico de Niem (a), che fiorì nel Regno di
Carlo III di Durazzo e del Re Ladislao, narrando
la morte di questo Principe, scrisse, che fu tanta T op-
pressione e malinconia del suo animo, che una notte
vinto da disperazione da se stesso con un laccio si
strangolò. Il suo corpo fu condotto a Napoli, e sep*
peiiito nella maggior chiesa con pompa reale, dove
ancor oggi a' addila il suo tumulo. '
(a) Teod. de Nìeni , de prìvil. et jur. Imp* pag. a87. Adea
mente oppressus, et pustllanimis tandem factus est, ut dici-
tur quod mortem sibi conscivit, noctìs sub sileatio se ipsum
laqueo' straDgulansi»
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. 3i3
G A P I T O L 0 IX.
Delle nuove leggi introdotte da Carlo I e dagli altri
Re angioini suoi successori^ che chiamiamo Capitoli
del Regno.
jLméik m «oi questo Principe, oltre delle tante ml^
tre sue memorie, onde illustrò questo Regno, e molto
più (a città di Napoli, nooTe leggi, che all'uso di
Francia non Gostituzioni, ma Gapitolarì, ovvero Ca^»
pitoli del Regno furon chiamati. Per la famosa Ac*
cademia istituita da Federico II in Napoli, e poi da
Garlo I arricchita di maggiori privilegi, le Pandette
e gli altri libri di Giustiniano avevaa invogliati i no-
stri Professori a studiargli in gaisa, che non pure i
Dottori, che in que' tempi si chiamavano Maestri ,
quivi r insegnavano, ma anche gli Avvocati nel Foro
pubblicamente gli allegavano per le decisioni delle
cause. E quando quelle leggi non s* opponevano alle
longobarde, o alle Costituzioni de'^Re normai^ni e di
Federico promulgate da poi, ovvero alle approvate
consuetudini del Regno, aveano acquistata tanta forza
ed autorità presso i Giudici, che secondo i lor det*
tami decidevano le cause: non già che vi fosse stata
legge scritta, che lo comandasse, ma tratto tratto co«
minciarono coli' uso ad acquistar forza e vigor di
legge, prima per la forza della ragione, da poi per
connivenza de* nostri Principi , i quali giacché voleva-
no, che pubblicamente si leggessero nelle loro Acca-
demie, e che i Giureconsulti gì' illustrassero con com-
mentarii, doveano in conseguenza ancor commendare
che a' osservassero -nel Foro: e finalodeute per 1q Go-
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3i4 STORIA CIVILE
etttuzionì di Federico II il quale dell* autorità delle
medesime spesso valevasi, anzi espressamente in più
sue Costituzioni (a)^ comandò la di loro osservanza^
purcliè alle Longobarde, alle Costituzioni del Regno
e Consuetudini non s'opponessero. Ed in progresso
di tempo la loro forz^ ed autorità s'estese tanto, che
finalmente vinse, e mandò in disusanza le leggi Lon-
gobarde. Ecco ciò, che sopra questo soggetto ne scrisse
Marino di Caramanico^ che fiorì a questi tempi (b):
Licei vero Regnum desierit subesse Imperio^ tamen
jura Romana in Regno per annos plurimosy convenien-
tia Regum^ qui fuerunt prò tempore^ servata diutius
coHsensu tacito remanserunt^ ac imo expressim servan^
tar^ et corroborantur in Compilatione Constitutionum
istarum^ ubi neqite Consiitutioncs hae^seu approbaifie
Regni Consuetudines non obsistunt.
Non è però, che in questi tempi T autorità delle
leggi Romane fosse stata tanta, che avesse dal Foro
discacciate affatto le leggi Longobarde: duravano ancor
esse nel Regno di Carlo I siccome durarono ne' Re-
gni de' suoi successori Ang^ini^ ancorché pian piano
andassero in disusanza. In fatti Marino stesso di Ca-
ram^nico, che fu uno de' maggiori Giureconsulti di
questi teìnpi, e che, come si disse, sotto questo Prin-
cipe fu nell'anno 1^69 Giudice appresso il Capitano
di' Napoli (e), ci attesta, che queste leggi a' suoi dì
ancor s'osservavano: Ad quod concordant Longobarda^
. {a) Constit. puritatem, de Sacramento à Bajulis, et Ca-
merar. praestando. Constitut. cuin rìrca, de Off. Yicar. Const.
Ut unìversìs , de servando honor. Comit. et Baron. (b) Mario,
de Caramanic. in prooem. Constit. Regni, (e) Registr. ann. 1269
in Re^io Archiv. AfUict. in prooern. Const. in principio. Pah*
Jordan, in addit. ad prooem* Glossatorìs.
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DEB REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IX. 3i5
Jeges quae in Regno simili ter ohtinent, Biase di Mor»
€one^ che fiorì attempi del Re Roberto^ tra ìe sue
opere legali, che lasciò, una fu delle differenze tra le
leggi romane e longobarde (a), compilata ad imita-
zione di Andrea da Barletta ^ per togliere anche a* suoi
tempi occasione agF incauti Avvocati di rimaner con-
fusi, se soverchio invaghiti delle Romane, abbando*
nando le Longobarde, non cagionasser danno a' loro
Clienteli, e ad' essi scorno e rossore , se nel Foro ri-
manessero per r ignoranza di quelle perditori. Abbia«
mo ancora una carta (h) rapportata dal Tutini (c)^
tratta dall' Archivio regale della Zecca, , formata in
S. Germano Dell'entrar, che fece Carlo ael Regno,
ove a tener delle leggi longobarde, che si allegaao
in quella scrittura, il Monastero dii Monte Cassino e
suo Abate^ cede al Re la pretensione, eh' e^li avèa di
riconoscere anche nelle cause criminali i suoi vassalli.
E non pure in Terra\di Lavoro, e nelle vicine pro-
vince d'Apruzzo e del Contado di Molise, queste leggi
erano osservate, ma eziandio in quelle di Puglia, ve-
dendosi "che la compilazione delle Consuetudini di Bari,
che dalle leggi Longobarde derivano, fu ne' tempi di
Carlo I fatta da que'due Giureconsulti, cioè dal Giu-
dice Andrea di Bari e dal Giudice Sparro, cotanto in
pregio tenuto da Carlo, che da Giustiziere di quella
provincia lo innalzò ad esser gran' Protonotario del
Regno. Così accora nel Principato, in Salerno e nel-
r altre province osserviamo il medesimo; e se aell^
province di Calabria di esse non rimase alcun testigio»
(a) Ciarlante del Sannio lib. 4 cap. 26. {b) Neil' Archivi^
della Zecca, cassa H. mazzo 47- (^) Titti». 4^' Contesti^^ili
p. 85.
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3i6 STORIA CIVILE
(u perchè lungamente essendo state possedute da'Gre^
CI , e poco da' Longobardi, non poterono in quelle met«>
tere sì profonde radici, sicché ayesser potuto avere
lunga durata.
Nel RegìEio adunque di Carlo niente fu mutato in*
tomo air autorità delle leggi roiùane e longobarde e
non pur queste, ma le Costituzioni di Federico volle
inviolabilmente, che si osservassero, quelle, che dal-
l'Imperadore furono promulgate in tetopo, che non
era stato ancora dal Concilio di Lione privato del-
l'Imperiò e del Regno di Sicilia. Rivocò bensì nel*-
Tanno 1371 ed annullò tutte le donazioni; locazioni
concessioni, atti e privilegi conceduti da Federico
dppo la sua deposizione, da Corrado , da Manfredi
e loro Ufficiali, che non si trovassero da lui confer-
mati ,*riputandogli Principi intrusi, e tiranni, come
quelli, che, erano stati privati del Regno dalla Sede
Appostolica, la qvLsde n' avea Jui investito (a). -Non
altrimente di ciò, che fece Giustiniano Imperadore, il
quale non tutti gli atti de' Re goti annullò, non quelli
di Teodorico, di Atalarico e di Teodato, ma sì bene
quegli di Teia, di TotiU e di Yitige, i quali aven*
dogli contrastato , e fatta guerra, con opporsi con vi-
gore alla conquista, che intendeva fare d' Italia, fu^
ron da lui riputati tiranni, intrusi ed usurpatori.
Carlo adunque dopo avere sconfitto e morto Man-
fredi, essendosi reso padrone de' Regni di Puglia e di
Sicilia, volle con nuove leggi riordinare lo stato di
questi Reami, per togliere i disordini, che per le pre-
cedute guerre e revoluzioni erano accaduti. Le sue
leggi, che Capitoli y ovvero Capitularii si dissero ad
(a) Tom. I. M. S. della re^al. jurisd. pressq Chioccar.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. 3ij
imitazione del Regno di Francia, erano drizzate coai
per Tuno, come per P altro Reame; onde Capitula
Regni Siciliae s'appellarono, non meno che le Costi-
tuzioni di Federico; avendone ancora per Sicilia pro-
priamente detta, ordinati alciini particolari rapportati
da Inveges (a). Ma i Siciliani dopo il famoso Vespro
Siciliano, sottrattisi dal giogo de'Franzesi, non co-
nobbero altri Capitoli^ che quelli che riceverono da
poi da' Re Aragonesi^ onde restaron gli altri fatti da
Carlo e dagli altri Re Angioini suoi successori, per
lo solo Regno di Puglia, detto di Sicilia, di qua del
Faro; e Carlo Principe di Salerno suo figliuolo, espres-
samente si dichiara, che i Capitoli da lui stabiliti in
tempo del suo Yicariato, erano stati promulgati per
lo Regno di Sicilia di qui del Faro, non già per
queir isola.
Il disordine e la confusione , colla quale questi
Capitole furono insieme uniti e mandati poi alle stam*
pe, merita il travaglio, che siamo per soffrire di di-
stinguergli secondo i tempi e le occasioni,' nelle quali
furono promulgati. Ciocché era anche necessario /arsi
per conoscere, onde nascesse tanta varietà, che s'os-
serva nelle massime, ch'ebbero i nostri Principi Nar^
manni e Svevi nelle loro Costituzioni da quelle, che
mostrarono avere questi Principi Angioini ne' loro Ca^^
pitoli. Poiché riconoscendo Carlo questo Reame dalla
Sede Appostolica^ come vero Feudo, ed essendosi di-
cihiarato suo uom ligio, ricevè nella investitura quelle
dure e gravi condizioni, che sopra si notarono. I Fon**
tefici romani perciò erano tutti accorti, che nel pro-
mulgarsi delle nuove leggi, non solo niente ai dero-
{a) Inveges Ann. di Palerm. tom« i^
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Si8 STORIA CIVILE
gasse alla loì^o preteda immunità e libertà, ma che
tutto si facesse a seconda delle loro massime e det-
tami; anzi quando lor veniVa ben fatto, s'intrìgaTano
ancor essi a stabilirle, come vedremo: perciò si yidero
nuove leggi contrarie alle Costituzioni, di Federico e
quindi nacque, che gli Scrittori, che fiorironp a- tempi
di questi Re, imbevuti di quelle massime empissero
ì loro Commentari di dottrine pregiudizialissime alle
regalie e premi oertzc del Re^ ed offendessero in tante
guise le ragioni dell* Imperio de' nostri Principi. Non
dee recar maraviglia il vedere, che essendo Franzesi
questi Re, doveano tanto più esser lontani a soffrire
tanti oltraggi; poiché la Francia, siccome fu nel pre-
ced«^nte libro veduto,' a questi tempi era non men gra-
va t9, che r Italia, o la giustizia ecclesiastica in quel
Regno avea fatti progressi mfì*abili , e non prima del-
l' ordinanza dell* anno i438 furono le sue intraprese
risecate^ e ridotte al giusto punto della ragioae.
§. I. Capitoli del Re Carlo I.
Tutti gli Scrittori convengono, che ir Regno di
Carlo non durasse piti che diciannove anni e pochi
giorni, ma alcuni nostri Professori .(a) cominciarono a
noverargli dalFanno 126 5 con manifesto errore, es-
sendo presso i più appurati Autori costantissimo, che
questo Principe a* 6 gennaio, giorno dell* Kpifania, del-
l'anno 1266 fu incoronato Re da Papa Clemente in
Roma, e che a*36 febbraio del medesimo anno fu da
lui Manfredi morto, ed occupò il Regno. Altri erra*
reno nell'anno della morte di questo Principe; poiché
{a) De Bottis Addit. ad cap. i. Regn. in priuot
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DEL REGNO DI T*APOLI L.XX. CAP.IX. 319
scrissero che morisse a^ 7 gennaio dell' anno 1 284»
Ciò eh' è falso^ essendo egli trapassato in Foggia in
gennaio deiranno seguente laSS- Quindi derivano i
tanti errori^ che s'osservano nelle vulgate edizioni di
questi Capitoli^ per non essersi saputo ben fissare gli
anni del Regno di questo Principe^ come anderemo
notando in alcuni.
Moltissimi altri errori s' osservano ancora nel no-
tarsi gli anni del suo Regno di Gerusalemme. Alcuni
credettero, che Carlo neir isteiso tempo, che in Roma
fu incoronato Re di Sicilia, fosse stato anche intito-
lato Re di Gerusalemme. Altri, che conobbero que-^
st' errore, ancorché confessino, che molto tempo da.
poi-.per la cessione di Maria, Carlo acquistasse qu^l*
titolo^ nulladimanco non sono costanti in fissare Tan-^
no, che fu veramente Tanno 1277 come si disse.
Coloro che unirono insieme questi Capitoli nella
maniera, che oggi si leggono, non serbarono ordine
alcuno né di tempo, né di materia,* ma alla rinfusa
r affastellarono. Antonio de Dìigris (a), che gli com-*
mento, conobbe il disordine, ma non seppe emen-
darlo, e volle dietro quelli seguire il suo commento^
come gli trovò. Dovendosi adunque attendere T ordino
de'tempi, il primo deve riputarsi quello, che fu da
Carlo- promulgato per la riforma dello Studio gene^
rale di Napoli. Fu quello stabilito per mano del fa»
moso Roberto di Bari Protonotario del Regno di Si*
oilia nel 11166 primo anno del suo Regno in Nocera
de' Pagani, detta però de' Cristiani, dove Carlo colla
sua moglie Beatrice erasi portato^ la quale in questa
città mori, e fu sepolta. Fu inserito da Roberto suo
(a) De Nigris in Comment. in iiacr
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320 STORIA CIVILE
nipote ne' saoi Capitoli, sotto il titolo, PriviUgium
Collegii Neapolitani Studii, dove si legge con questa
data Dat. in Castro Nuceriae Christianorum per ma-
nus Domini Roberti de Baro^ Regni Protonotarii an»
no 1^66. Di questo Capitolo lunglameote fu già da noi
discorso, parlando dell Accademia di Napoli ristorata
da Carlo.
Mei secondo e terzo aai)6 non se ne kggono; nta
seguono da poi alcuni altri Capitoli stabiliti nel quarto
anno del suo Regno, cioc^ nel 1269 sotto i titoli: De
Furtis. De assecurandis hominlbus illorum^ <iui turba'*
tionis tempore Corradini a fide regia defecerunt. De
foena^ et vindicta proditorum^ ete. Tatti questi furo-
no stabiliti in Trani, e ^ell' istesso anno alcuni rino-
T&ti ié Foggia dopo la rotta data a Corradino, per li
quaii si dà sicurtà a coloro che avendo aderito alla
fazion di quel Principe, cercando perdono, ritornas-
sero air ubbidienza del Re, eccettuando i Tedeschi,
Spagnuoli, Catalani e Pisani, i quali yoUe,^che tosto
uscissero dal Regno. .6i danno ancora altri- provvedi-
menti per riparare a disordini accadati in quel tur-
batissimo tempo, e s'impongono gravi pene a coloro,
che non manifestassero i ribelli. '
Nel sesto anno, cioè nel 1271 mentre il Re dimo-
fava in eversa^ ne fu promulgato un altro contro chi
ardiva eontraer matrimonio co' figliuoli de ribelli senza
Keenza della sua Corte: si legge sotto il titolo, Quod
nìillus contrahat matrimonium^ eie, e porta la data in
Jyersa A. D. 1371, dove con errore si legge Regni no*
siri anno 7 dovendo dire, anno sexto.
Nel settimo anno, cioè nel 1372 ne furono ema-
nati moltissimi: alcuni in Napoli , altri in Aversa^ ed
altri in Penosa. Que' stabiliti in Napoli nel mese di
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. Sai
marzo di quest' anno, ed in Aversa pure nel medesi-
mo anno, si leggono sotto i titoli: Da Violentiis. De
poena Violentorum^ etc. Per li medesimi si procede
coq molto rigore contro i pertnrbatori della pubblica
e privata quiete^ e si reprime Y audacia di coloro, cbe
assuefatti nelle passate rivoluzioni a vivere di rapina
€ di violenza, perturbavano Io Stato, allor ebe era in
pace, Quello dato in Aversa sotto il titolo dt poena
Violentorum^ porta nella vulgata questa data: Datum
Aversae A, Z>. 1363 anno oc/a(^o: ove si scorgono due
errori, uno cbe in vece di dirsi A. D. 1273 si ri-
porta in dietro dieci anni, quando in quel tempo al
Ile Carlo non era ancor caduta in pensiero V impresa
del Regno: X altro errore è, che dovea notarsi il set-
timo, non r ottavo, anno del suo Regno di Sicilia.
L' altrcr capitolo dato in Napoli porta la data giusta ,
dicendosi:^. D. 1373 Regni nostri anno septimo. Un
altro eapitolo leggiamo di Carlo dato in quest' istesso
anno a Venosa nel mese di giugno sotto il titolo. De
occupantibus res demanii. In quello si conservano le
ragioni fiscali, delle quali Re Carlo fu molto geloso,
ed attento. Porta la data esatt4, leggendosi: Datura
Fenusiis A. D, 137.3 Regni nostri anno septimo*
. Neir ottavo anno del suo Regno, ùìoè nel 1.^73 leg-
giamo un altro suo capitolo sotto il titolo, jDe testi*
monio puhlicorum disrobatorufn^ etc. Si dà la norma
intorno alla pruova di questo delitto, e si stabilisce,
che la testimonianza di tre malfattori faccia cóntro
essi tanta fede,- quanto quella di due uomini probi.
Porta la, data: Datum Cav. A, 1273 etc. Regni nostri
anno 9. L'Addizionatore Bottis^ che numera gli anni
di Carlo dal i365 don è maraviglia, che passasse que-
•t' anno per lo nono, del Regno di Carlo ^ ma doireo'>'
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3aa STORIA CIVILE
dosi cominciare dal ia66 deve, emendarsi il suo er*
rore^ e dirsi: Regni nostri anno octavo.
Nel nono ^nno, cioè nel 1^74 deve riporsi il pri-
mo capitolo, che incontriamo in questo Yolume sta-
bilito in Napoli nel mese di febbrajo ' di quest* anno
1974 che si legge sotto il primo titolo, Statutum edi^
tum super Portubus, De Bottis stando nel medesimo
errore alla data aggiunge: Regnorum nostrorum anno
decimo,^ dovendo dire anno nono. Si danno m esso
molte provvidenze intorno alF estrazione del sale e
delle vettovaglie da' porti del Regno, ed alcune istru-
zioni a' Portolani colle quali devono regolarsi. L' al-
tro capitolo, che segue concernente il medesimo sog-
getto, ^etto la 'rubrica, Aliud statutum super extra*
ctione victualium^ stabilito in Brìndisi^ è molto pro-
babile, che da Carlo in quella città si fosse emanato
in questo medesimo anno.
Ne* tre seguenti anni niente si legge di questo Prìn-
cipe; ma nel decimoterzo anno del Regno di Sicilia ^
e secondo del Regno di Gerusalemme, cioè nel 1278
molti capitoli furono da lui fatti in Napoli^ che si leg-
gono sotto il titolo, Quod Officiales jurar.e debent^ con
gli altri tre seguenti, che portano questa data: Dat.
Neap. A. 1378 die q6 januarii. Gli altri che seguo*
no insino al titolo, De poena rei ablatae^ furono pa-.
rimente ih quest* anno fatti in Napoli^ leggendosi :\Daf.
Neap, 2 Decembris. In essi si danno .tari provvedi-
menti iatorno a' Giustizieri, ed altri Ufficiali, a' quali,
fra r altre cose, vien rigorósamente proibito di darsi
ogni qualunque dono, non ostante qualsivoglia con-
suetudine. Sotto quest' anno deve collocarsi quell' al-
tro capitolo di questo Re, che si legge in fine de' Ca-
pitoli del re Carlo II sotto ìsl ruhnca ^ Ad vbviandum
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DELHEGNO DI NAPOLI L .XX. GAP. IX. 3a3
fraudìhus.. Fu quello stabilito da Carlo nell' entrar di
passaggio nella Terra di S. Bramo Vicino Gapua, o
porta: questa data: Anno D. 1378 mense aprilis sepL
tjusdem 6. indictionis. Regnorum Hostrorum Hierusa^
lem anno 2 Siciliae vero decimotertio.
Nel decimoquintOy cioè nel laSo, si leggono due ca-
pitoli fatti a Lago Pensile^ il primo eh' è sotto la ru-
brica, De non mittendò ignem in restuchiis camporum^
fu fatto 9L aj luglio di quell'anno; il secondo a* 9 di
agosto, e porta nelle vulgate questa scorrettissima
data: Data apud Lacum Pensilem. Anno D, 1933 die
9 augusti 7 Indictionis: Regnorum nostrorum^ HierU"
salem anno 3 Siciliae vero i5 deve leggersi. A, D.
1380 et Hierusalem anno quarto.
Nel decimosesto, cioè nel 13 81, si legge un altro
Gapitolo pubblicato contro i monetari sotto il titolo.
De poena infiigenda fahariis monetarum. Fu quello
stabilito in Brindisi^ e porta questa data: Daf. Brun*
dusii A. D. 1281 mense januarii^ ec. Regnorum no-
strorum^ Hierusalem an. 4 Siciliae vero 17 che dere
emendarsi e leggersi, Hierusalem an, 5 Sióiliae vero
an. 16.
(Fu stabilito in i?rinJm;* perchè questa Città sia
da' tempi deir Imperadore Federigo li avea la Regia
Zecca, doye anche Federico fece coniar nuoye mo-
nete, siccome rapporta ' Riccardo di S, Germano: Ari-
no 1338 mense Januario denarii novi Brundusii per
Vrsonem Castaldum in S. Germano dati sunt ).
Nel decimo settimo anno del Regno di Carlo , cioè
nel 1383, furono da questo Principe moltissimi Capi-
toli stabiliti in Napoli^ che furono gli ùltimi. Comin*
ciano da quella rubrica; Constitutiones aliae factae per
praedictum D. Carolum Regem Siciliae super hono
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324 STORIA CIVILE
4tatu: ove si legge un lungo proemiò, che a quelle
prepone, nel quale esagera il pensiero, e cura che
vuol tenere de' suoi Ufficiali, e di distribuire con or-
dine a ciascuno le sue funzioni, e prefiggere i lìmiti,
perchè senza nota d' avarizia, ed ambizione adempia-
no le loro parti. Questi Capitoli sotto varie rubriche
collocati, arrivano al numero di cinquantotto. I Prin-
cipi non si ricordano di governar con giustizia i loro
$udditi^ se non quando ne sono ammoniti per qualche
disgrazia loro sopraggiunta, per ia quale si veggono
costituiti in istato d'aver bisogno di quelli. La rivo-
luzione di Sicilia spinse Carlo a dar a* suoi sudditi
queste nuove leggi, nelle quali si danno molti lodevoli
e saggi provvedimenti per la retta amministrazione
della giustizia , per evitare le frodi, ed inique esazio-
fìì degli Ufficiali , e per lo buono stato della Re-
pubblica; ordinò perciò che fossero pubblicati per
tutti i Giustizierati , e pef ciascuna città, terra e ca-
st-elio de' medesimi. Furono con somma maturità, e
prudenza stabiliti in Napoli^ e portano questa esattis-
sima data; Actum Ncapoli A, D. 1282 mense Jun. io
ejusdem indiot, Begnorum nostrorum , HierUsalem anno
6^ Siciliae vero l'j.
Questi furono gli ultimi Capitoli del Re Carlo , il
quale in quest'anno con suo cordoglio vedutosi rivol-
tata la Sicilia, ed a più avversi casi esposto, distrattò
perciò in cose di maggior importanza, a tutto altro
furono poi rivolti i suoi pensieri, che a far leggi. Fu
per gravi, ed importanti affari tutto occupato in Ro-
ma, e poi in Francia, ed in Bordeos per quelle ca-
gioni, che si sono dette; e lasciando il governo di que-
sto Regno ai Principe di Salerno suo figliuolo, lo creò
9110 Vicario con pieno ed assoluto potere, ed autorità.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. SaS
Questo Prìncipe nel tempo del suo Yicarìato molti proT«-
yedimenti diede per io buon governo, onde area più
che mai bisogno questo Reame, e più Capitoli furono
perciò da lui stabiliti.
$.11. Capitoli del Principe di Salerno promulgati in
tempo del suo Vicariato^ mentre Re Carlo suo pa*
dre era assente.
Dappoiché per lo famoso Vespro Siciliano si sot^
trasse la Sicilia dall' ubbidienza del Re Carlo, il Prìn-»
oipe di Salerno tardi s* ayride, che una delle princi-
pali cagioni di esso fu V aspro goyerno^ che i Franzesf
facevano di queir Isola; ed air incontro avendo sa-
puto, che Re Pietro avea sollevati i Siciliani dalFan-
garie e pagamenti introdotti a tempo del Re suo pa-
dre, e che di buoni e salutari statuti avea fornito quel
Regno: volle ancor egli ( per rendersi benevoli i Po-
poli del Regno rimasogli, e togliere dall' opinion di
costoro il sinistrò concetto^ che aveano avuto di suo
padre ) di nuovi Capitoli pieni di liberalità ed indul-
genza provvederlo; avverando ancor egli quella mas-
sima, che allora i Principi si ravvedono, e procuran
il buon governo de' Popoli, quando le avversità gì' in-
ducono ad aver bisogno di loro, e dubitano della loro
fedeltà; e considerando ancora l'obbligo ed il bisogno
che si teneva allora del Pontefice Mattino, il quale
favorendo le parti di Carlo, era tutto impegnato alla
ricuperazione del perduto Regno, volle per questi nuovi
Capitoli soddisfare così agli uni come all'altro^ con
dar provvedimenti molto favorevoli per la Chiesa e
persone ecclesiastiche, per li Raroni e per li Popoli»
Perciò avendo in quest'anno i3 83 convocato un Par-
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3a6 STORIA CIVILE
laménto di Prelati, Conti, Baroni e 4k molti Regnicoli
nel Piano di S. Martino, terra posta in Calabria ci-
fra (a), non g;ià in Apruzzo, come oredette.il Reggente
Moles (i), ove dopo la partita del padre tròvavasi col
8U0 esercito: col consiglio de* medesimi stabilì a que-
sto fine quarantasei Capitoli che portano questo titolo:
Constitutiones lUustris D. Caroli 11^ Principis Saler-
nitani. Ti premette un ben lungo proemio, nel quale
va esagerando il pensiero e la cura, che tanto egli^
quanto sua padre han tenuto sempre di ben governar
i suoi popoli, e rilevargli dalle oppressioni de' suoi
Ministri; ma che distratti in cose più ardue e gravi
non avean potuto mandar in e£Getto questo loro pro-
ponimento; ma che era già venuto il giorno di lor sa-
lute, nel quale egli come esecutore della volontà pa*
terna era per dare ad essi buon guiderdone della loro
fede; del che non sarebbero stati partecipi i Siciliani
ribelli, i quali per la loro iniquità, essendo mancati
dalla ubbidienza e fedeltà, se n'erano resi incapaci ed
indegni.
Sieguono da poi venti Capitoli riguardanti i privi*
legii e le immunità delle Chiese, e delle persone ec-
clesiastiche collocati sotto questa rubrici»: De privile-
giis^ et immunitatibus Ecclesiarum^ et Ecclesiasticarum
personarum. Primierùmente con termini forti e precisi
s'incarica il pagamento delle decime^ che si devono alle
Chiese ed alle persone ecclesiastiche. II. Che secondo
la convenzione avuta tra la Sede Appostolica, ed il Be
suo padre ( intèndendo de' patti accordati, quando II
(a) AfIflJct. in CoDStit. Honorem , col. i in 3 lib. Summoia.
to. 2 pag. 3o6. De Nigris in Comment. ad d. Capit. nu« 6.
{b) Moles. decis* i. Reg. Cam.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX.CAP.IX. 327
Papa Clemente gli diede V investi tara) i Gherìci non
siano tratti avanti i Magistrati secolari, se non se per
li beni feudali. III. Che le Chiese di tutto il Regno
godano de' privilegi conceduti ad esse dalle leggi co*
mani,' cioè che i rei, che a quelle ricorrono per asilo,
non possano a forza estraersi, se non ne' casi permessi
dalla legge. lY. Che le case de' Prelati, Religiosi e
delle altre persone ecclesiastiche, senza la loro volontà
non possano dagli Ufficiali occuparsi per cagione di
ospidalità; uè in quelle esercitarsi giudiz) criminali^
anche nel caso, che di loro buon volere si dassero.
y. Che gli Ufficiali, Conti, Baroni e qualsivoglia al-
tra persona laica non s'intromettano nelle elezioni dei
Prelati, nelle collazioni de' Beneficj ecclesiastici, ed in
tutto ciò appartenente alle cose spirituali, se non per
privilegio o per ragione di jus patronato ad essi s' ap-
partenga. VL Che i Cherici che vivono chericalmente,
non siano astretti comunicare con gli altri nelle coU
lette o in altra qualsisia esazione, non solo per li beni
ecclesiastici, ma nemmeno per li patrimoniali, per le
porzioni ad essi legittimamente spettanti. VII. Che cia-
scuno liberamente possa dare, donare o legare alle
Chiese le possessioni o altre robe che gli piacerà,. pur-
ché non siano in qualche cosa tenute alla sua regal
Corte; e se saranno talmente obbligate, sicché non
possa impeditsi la distrazione, s' intendano passare alle
Chiese con gVistessi pesi. YIIL Che i vassalli delle
Chiese che sono. alle mede3Ìme obbligati alla presta-
zione de' servizi personali, non possano, senza licenza
de' loro Prelati, dalla sua Corte, da' Conti, Baroni o
qualsivoglia altro, costringersi ad accettar uffici o altri
pesi personali. IX. Che tutte le ragioni e privilegi
conceduti alle Chiese, ed alle persone ecclesiastiche
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?aa STORIA CIVILE
da' Cattolici qd antichi Re di Slciliai nella cui pùS'^
se$»ioiiQ «Qi^o, 9Ì debbano conservare illesi ed intatti:
di quelli, de' quali non sono in possesso, si farà nelle
Corti competenti senza difficoltà pronta e spedita giù*
stizia. X. Che debbano i Prelati denunziare alla sua
Corte tutti coloro, i quali passato V anno pertinace*
mente ed in contumacia, persevereranno nelle scomu-
niche, affinchè per la sua Corte si possa loro imporro
le debite pene. XI. Che gli Ufficiali e Commisairi
della sua Corte non presumano contro la giustizia per
turbare le possessioni e le robe che si poasedonò dalie
Chiese, e molto meno toglier loro i beni suddetti.
XII. Che gli Ufficiali o altre persone laiche, in niuna
maniera s' intromettano nella cognizione de^ delitti ec-
clesiastici; né impediscano i Prelati o i loro Ufficiali,
affinchè quelli liberamente conoscano e puniscano,
com' è di ragione. XIII. Che i PrelatjV e V altre per*
sone eoclesiaaiiche possano far trasportar per mare da
una terra. air altra dentro il Regno, grano, legumi ed
altre vettovaglie» che pervengano dalle k)ro massarie,
senza pagar dogana e dritto d' esitura. Per le robe
comprate siano obbligate pagar solo il dritto delia do*
gana, non già quello delFesitura; purché però 8 estrag-
gano da' porti leciti e statuiti, e con picciolo barche
di cento some a basso, e si vadano a scaricare simil*
mente in porti leciti e stabiliti colle debite cautele di
responsali e piegiarie.. XIY. Che i Giustizieri o. altri
Ufficiali non traggano ne' gìudicii avanti di loro i vaa*
salii delle Chiese, se non se nelle cause criminali, di
asportazioni d' armi, di violato difese ed altri delitti,
la cognizione de' quali s' appartiene alla Corte regia
e suoi Ufficiali. XY. Che i Prelati delle Chiese e le
persone ecclesiastiche, ovvero i loro Ufficiali possane
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. IX. 829
per modi legittimi oostringere i loro debitori al pa«
gamento decloro debiti. XYI. Che se i vassalli delle
Chiese, che sono obbligati a personali servizi, faggio
l'anno dai luoghi ove sono tenuti permanere, possano
i Prelati e Je persone ecclesiastiehe, costringergli a
Eargii tornare • a' luoghi onde partirono, e forzargli a
permanere in quelli. XYII. Ghe a' Giudei che fossero
vassalli delia Chiesa, non si commettano uffici, he si
inferisca grarame o oppressione' alcuna. XYIII. Che
delle ingiurie, offese e male&cii fatti in persona di Re-
ligiosi, Gherici ed altre persone ecclesiastiche, quando
non vi siano accusatori, si proceda dalla sua Corte
tx inquisitioriQ ed ^x officio^ affinchè gV ingiuriatone
e malfattori siano colle debite pene castigati. XIX. A«
bolendo, cassando, ed irritando la Costituzione di Fe<*
dorico honorem nostri diademati^ , ordina , che do-
vendo i matrirtion) esser liberi, sia lecito a Baroni,
Conti ed altri, che posseggon Feudi, ed in generale a
tutte le persone, di contraere liberamente essi e loro
figliuoli matrimonj, e casaro le loro figlie, zie, sorelle
e nepoti, senz'assenso della sua Corte, purché però
non si diano i Feudi in dote, ed i màtrimon) non si
trattino con persone al Re infedeli e sospette. XX. Che
i Prelati delle Chiese, che per ragion di quelle ten-
gono Feudi, siccome i Conti e tutti gli altri Baroni
possano ne' casi stabiliti nelle Costituzioni del Regno
esigere da' loro vassalli i debiti e moderati ad/utorj^
•enza impetrarne altre lettere particolari, bastando que*
ato editto, che a tal fine vìen promulgato.
Soddisfatto eh' ebbe il Principe Carlo in cotal guisa
il Papa e le persone ecclesiastiche del Regno, passa
ora con altri Capitoli a rendersi benevoli i Baroni di
quello; concede perciò a'medesiipi molti privilegi ch^
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33o STORU CIVILE
gi leggono dotto questa rabrica: De privilegiis^ et im^
munitatihus Cgmitum^ Bàronum^ et aliorum Feuàa te»
nentium. Ordina in prima che oltrepàdsati tre mesi,
non siano obbligati servire più alla sua Corte a pro-
prie spese; ma se oltre di questo tempo la Corte vorrà
ritenergli al suo servigio, debba somministrar loro i
gaggi e soliti stipendi. IL Toglie anche a lor ritardo
r assenso rieercato da, Federico nella allegata Costi-
tuzione honorem^ perchè possano liberamente contraero
i matrimoni. III. Che senza cercar lettere particolari,
possano esigere da' loro vassalli i debiti e moderati
adjutorj, lY. Che le loro liti, così criminali come. ci-
vili, che s' agiteranno nella regal Corte, siano essi at-
tori o rei, accusatori o . accasati, debbano giudicarsi,
assolversi e condennarsi per li Pari della Curia^ e le
loro cause saranno più pronte e speditamente termi-
nate, y. Si comanda premurosamente a* Giustizieri ed
agli altri Ufficiali di Corte, che Boil commettan. a' Ba-
roni ninna esecuzione,- che dovesse mai farsi attinente
a* servizi della medesima, che. non convenga allo Stato
ed alla loro nobile condizione.
Rimaneva unicamente, che si fosse, oltre a* Prelati
ed a'* Baroni, dato compenso a tutti i Cittadini, bor^
ghesi ed agli altri uon^ini del Regno universalmente, af-
finchè tutti si 'rilevassero dalle passate gravezze, e tutti
aperimentassero la clemenza e benignità dei Principe;
perciò egli che intendeva cattivarsi la benevolenza di
tutti, concedè a' medesimi molti privilegi, e per mezzo
di molti utili provvedimenti riordinò lo stato delle cose,
togliendo molte gravezze e molti altri pemiziosi abusi.
Questi altri Capitoli vengono perciò arrolati sotto quella
rubrica: De privilegiis^ et immunitatihus Civium^ hur*
gensium^ et aliorum hominum^ a Faro citra.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IX. 33i
Il primo e principal beneficio era da tutti reputato
di rilevar i popoli dalle tante imposizioni, ond' erano
gravati. Perciò egli con particolar editto, da doverci
inviolabilmente osservare, statuì e comandò che nelle
collette, taglie, pesi, imposizioni generali o speziali,
ovvero sovvenzioni di qualsivoglia nome, s'osservi lo
stato, Tuso ed il modo, il quale nel tempo del Re
Guglielmo II era osservato, secondo che nelle conven-
zioni avute tra la Sede Appostolica ed il Re suo pa-
dre, nel tempo della collazione ad esso fatta del Re-
gno, più pienamente sì contiene; il quale stato^ modo
tà uso, perchè non può costare, essendo che ninno o
pochi sopravvivono, li quali possono di ciò rendere
testimonianza: ordinò il Principe che s'osservasse quel-
lo, che dal Pontefice Martino sarà dichiarato, determi-
nato e disposto; e perchè presto s'ottenesse tal determi-
nazione, promette di mandar tosto al Papa suoi Am-
basciadori, dimodoché per tutto il mese di maggio ve-
gnente al più tardi siano là; tra il qual termine gli
uomini di qualsivoglia provincia mandino pure due
Ambasciadori de' migliori, più riochi e fedeli di tutta
la provincia ad assistere, ed impetrare la suddetta; la
quale seguita, egli promette per parte del Re suo pa-
dre e sua, e de'suoi eredi, di inviolabilmente osser-
Tare. Di vantaggio da ora rimette totalmente tutti i
residui di qualsivoglia colletta, a' quali fossero tenute
alcune province e terre, né di molestarle nemmeno
avanti la suddetta determinazione. Promette in fine di
non dimandar cos' alcuna; eccetto, ne' casi compresi
nelle Costituzioni^ e che non saranno astretti, nem-
meno a titolo di prestanza^ non volendo, a prestazione
alcuna.
Questa determinazione però non seguì nel tempu
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332 STORIA CIVILE
del Pontefice Martino,' ma si bene ne' tenìpi di Papa
Onorio suo successore, come diremo; la quale nem-
meno ebbe effetto; poiché ne* tempi di Napodano a
questi prossimi, non osservayasi niente 'di ciò, anzi
questo Scrittore esclama, che in ciaschedun mese sei
collette si esigevano, scorticando gli Ufficiali regi i
poveri Regnicoli usque ad saceulum et peram, et te-*
gularum evulsionem {a)i
Secondo, ordinò, che si coniasse nuova moneta di
tuon t^onio, non gravando perciò i popoli di nuova
colletta, ma che si sarebbe data a' Mercadanti e cam«
biatori, che vorranno spontaneamente riceverla; e che
qucUa non s'altererebbe, ma il suo valore sarebbe stato
perpetuo ed immutabile. III. Minorò la pena stabilita
per li clandestini omicidi. lY. Yolie, che il capitolo
statuito per li baroni intorno la libertà de* matrimonj,
s'osservasse per tutti indistintamente, Y. Che non più
s' ammettessero le calunniose accuse dagli Ufficiali della
sua Corte. YL Che tenendo alcuno occupata qualche
possessione appartenente alla Corte, non sia di fatto
di qiiella privato, se non prima sarà in giudicio stato
convinto con modi legittimi e dalla, legge richiesti.
Yll. Che non siano i ^Popoli gravati dagli Ufficiali
per li servizi della Corte, che non sonò convenienti
allo stato e grado delle persone. YIII. Che niente si
paghi per le soscrizioni delle sentenze, così quelle
profferite dalla G. Corte, come da' Tribunali di tutti
gli altri Giustizieri e Giudici. IX. Che V Università
non sieno tenute alF emenda de' furti fatti da persone
particolari. X. Che l'Università non siano costrette a
proprie spese portar il denaro alla Corte, ma a spese
(#i) Napodan. in Gomment. ad d. Capit.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. 333
della medesima. XI. Che non siano gravate per lo
yitto degli Ufficiali, quando si porteranno ivi a reg-
ger Corte. XII. SI dà noìrma ^ e préscriyesi tassa di
quanto debba pagarsi per li diritti delle lettere regie
e degli altri atti e spedizioni. Xill. Che gli Ufficiali
della Regia Corte non comprino cavalli o muli in
quella provincia ove 'sono, ma se ne provvedano fuori
della provincia. XIY. Che le figliuole de' ribelli, che
non han seguitato, né seguitano la patema malizia,
si possano maritare de' beni non feudali senza V aa-
senso della Corte. XY. Che niente si paghi per lo
suggello del Giusliziero o d'altro Ufficiale. XVI^Che
i Carcerieri niente più esigano da' carcerati se non
quanto fu tassato dal Re Carlo suo padre. XYII. Che
r Ufficio dei Maestro Giurato colla Bagliva non s'e-
aponga venale. XYÌII. Che non siano molestate nelle
loro doti le mogli dì coloro, che per le loro coK
pe furono banditi dal R^gno. XIX. Che non si co*
fitrìnga alcuno a riparare i vascelli della Corte per
certo prezzo. XX. Che dall'Università delle terre de-
putate alla reparazione de' castelli, s'esiga solamente
tanto denaro, quanto sarà necessario, né s'obblighino a
nuovi edificii. XXI. Che affinché i fedeli del Regno
non siano gravati da' Forastieri , si facciano inquisì-
eioni per trovar i termini antichi delle foreste ^ e si
pongano i confini alle medesime ed i custodi. Per
Ailtìmo, che i Giustizieri delle Regioni non facciano
presedere nelle Fiere ^ i loro famigliari, ma i Maestri
Giurati de' luoghi, ove. si fanno, debbano custodirle.
Stabiliti in cotal modo questi Capitoli, comandò
11 Principe Carlo, che insieme colle Costituzioni no-
velle da suo padre promulgate in Napoli 1' anno pre-
cedente 1282' ^' osservassero inviolabiloìente, siccome
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?34 STORIA CIVILE
divenuto Re volle ancora confermargli ; e perchè con
effetto da óra ciò si mandasse in esecuzione, ne
mandò a' Prelati, Baroni ed alle Università de' Inoghi
più esemplari , perchè per tntto si pubblicassero. Ecco
com'egli dice nel fine : Ut autem ea quae communi
utilitate sancita sunt^ communiier seian'tur ah horni^
nibus et generaliter ohserventur^ de eisdem Constitu^
tionibus singulis Praelatis^ Baronibus, oc locorum Uni*
yersitatibus- sub sigillo pendenti Vicariae copiam \fieri
folumus et mandamus. Data in Campis in planitie
S. Martini A. D. 12 83 die penult. mariii undecimae
indictionis.
Il Pontefice Onorio lY nell'anno laSS trascegliendo
da questi Capitoli solamente quelli, che facevano a
favor delle Chiese e delle persone ecclesiastiche , e
della loro immunità, con aver mutate alcune cose,
con particolar sua ^oZ/a, mentre Carlo IL era prigione
in Ispagna , volle pure confermargli comandando, che
quelli inviolabilmente s'osservassero. L^original Bolla
si conserra nell' Archivio della Trinità della Cava (a);
ed il Re Ferdinanda) volle nell'anno 1469 farla inse*
rire nella Prammatica a de Clericis, seu Diaconis iel-
raticis , che si legge impressa nel primo tomo delle
postre Prammatiche. Comunemente vengono chiamati
anche questi. Capitoli di Papa Onorio, con manifesto
errore; poiché questi non sono i Capitoli di Onorio,
•che fece nel medesimo anno nel tempo della prigio-
nia di Carlo, mentr.'era Legato ner Regno il Càrdi-
naie dì Parma: ma tutto altri, siccome diremo quando
de* Capitoli di questo Pontefice nel seguente libro ci
toccherà ragionare.
(a) Eeg. Mores. decis. i.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. 335
§ III. Capitoli del Re Carlo IL
Queste forono T ultime leggi del Principe di Salcr-
no, che stabilì come Vicario del Regno, poiché' la sua
prigionia gF interruppe il corso del governo; e morto
suo padre, trovandosi egli ancor prigione in Aragona,
ne' seguenti anni non si fece altro, per mezzo del Re
d' Inghilterra , che trattarsi della sua libertà ; finaU
mente con quelle condizioni, che si diranno nel se-
guente libro, fu sprigionato e tornato ixk Italia, fuvvi
onorevolmente accolto da Niccolò lY che ad Onorio
successe, e nel giorno di Pentecoste a* 29 maggio del-
Tanno 1289, coronato Re di Sicilia e di Puglia. Par-
tissi da poi dalla* Corte del Papa, ed a Napoli fece
ritorno, ove con molta festa e magnifiche pompe ri*
cevuto, a' passati disordini tosto pensò dar' riparo*
L'ordine de' tempi non comporterebbe, che si do-
vesse favellar qui de' Capitoli dji questo Re , siccome
degli altri angioini suoi successori; ma per non tor-
nar di nuovo a trattare de' Capitoli del Regno ^ che
formano oggi una delle principali piarti delle nostre pa-
trie leggi, perciò gli ridurrò qui tutti insieme; e perchè
s'abbia ancora un'intera e compita istoria di quelli
siccome degli Autori, ohe con* vari e note e commenti
gV illustrarono.
Carlo adunque, avendo ne' suoi cinque anni di pri-
gionia sofferto il Regno varie mutazioni e disordini,
quando fu a quello restituito, pensò immantinente con
nuove leggi a ripararlo.. Nel proemio ^ che a quelle
prepone tutto ciò rapporta e narra, che precedente
consiglio, p discussione avuta co' Prelati, Conti, Ba-
roni e Sapienti del Regno in Napoli, avea quelle sta-
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335 STORIA CIVILE
bilite.. Cominciano dal titolo: De inquisuionibus^ e per
molti altri titoli seguenti, non ad altro fu inteso, che
a regolare i giudizj criminali , e come debbano isti-
tuirsi: le pruove, che vi si ricercano.: di che vaglia
•iano i tormenti e le confessioni de' rei: si stabiliscono
le pene contro coloro, che portano armi proibite: con-
tro i forgiudicati ed i di loro figliuoli; e contro gli
omicidi. In breve, tutto ciò che concerne a' delitti |
ed il modo di provargli e di punirgli.
Disbrigato delle cose criminali, passa alle civili.
Proibisce di potersi pignorare i buoi aratori (a). Fa
una lodévoi legge intorno air invenzion de' tesori, con*
trarla a quella del Re Guglielmo, volendo, che gl'ina*
ventori non siano inquietati, trovandogli nel fondo
proprio: se nel comune, o del Fisco, se gli dia la
metà: se nell* alieno, niente al Fisco, ma la metà al-
V inventore, e l'altra al padrone del fondo: dichia-
rando per tesori non intendere le nìiniere dell' oro e
deir argento e degli altri metalli, siccome delle sali-
ne {h). Inculca il pagamento delle decime (e). Stabili-
sce pene, pecuniarie a coloro, che passato Y anno per*
sisteranno nella scolnunica {ft). Prescrive il modo a^ Feu-
datari morti, o con testamento, ovvero ab intestato^
òì statuire il Ralio (e). Provvede alle doti delle donne, e
sopra alcuni abusi dà utili provvedimenti (/). Conferma
ancora con nuove leggi tutti i Capitoli, ch'egli fece
mentre fu Vicario nel piano di S. Martino, dicendo:
Capitala eadem constitutione praesenti in perpetuum
valitura^ de nostra mera seientiay cori/irmanius et de*
{a) Gap. de bobus arator. {b) Gap. de thesaurìs. {e) Gap.
de solv. deeim. (d) Cap. de morantìb. in excom. {e) Gap. de
statuendo Balio. (/) Cap. de dotib. mtdier. et spqu.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IX. 33;
fectum omnenij si q.uis eis tunc in/uity qui Begni pò-
testate Vicaria^ non Dominica fung^bamury Regis di*
gnitatis authoritate supplemus (a). E perchè i suoi Po-
poli apprendessero quanto gli fosse a cuore la giustizia
e la riordinazione delle province in miglior e più utile
stato» ordina (i), che il Maestro Giujstiziero ed i Giu-
dici della G. Corte debbiano sci settimane deiranno
scorrere le province da Igi destinate , cioè in tutto
VApruzzo in Terra di Lavoro ^ e Principato^ in Ca-
pitariata e Basilicata^ in Terra di Bari e Terra d'O-
tranto. Vuole» che dimorando nelle province inqui-
rano, correggapo gli eccessi de* Giustizieri di quelle e
de' loro Ufficiali ; e parendo loro di doversi anuno-
vere, ne diano a lui distinta notizia per darvi prov-
videnza.
Per mostrarsi grato a* Conti e Baroni del Regno,
proroga i gradi della successione ne' loro Feudi (e).
£ per evitare le dissensioni e lo querele, che gli erano
fatte per conto de' confini de' tenimenti, de' Baroni,
delle Chiese' e de' privati, ordinò, che da' Registri
del. suo Archivio, ove si tratta delle confinazioni, se
ne forgiassero due libri, uno ne rimanesse nella sua
camera, e l'altro iu un gruppo di ferro s'appendesse
nella più famosa Chiesa della città (d). Levò molti
abusi intorno all'esazione delle collètte; ed in fine fu
tutto inteso,* perchè i suoi sudditi non fossero grà-
Tati indebitamente d'ingiuste esazioni.
Tutti questi Capitoli furono stabiliti in Napoli nel
(a) C on firma tio capìtulorumedilqrum in planiu S. Martini.
(p) Gap. Quod Magister Justitianus cevX\& temporibus, etc.
(e) Gap. de prorogai, success, duratura, (d) Gap. de tollen-
da dissentioue Inter fideles noslros. Summont* tom* a pag. 36o
3a
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3Ì8 STORIA CIVILE
prlnìo anno, ch'egli yì tornò libero: e perciò portano
questa data : Dato Neap. A, D, 1289.
Oltre di questi, se ne leggono molti altri, sparsi
tra quelli del Re Roberto suo successore, fatti negli
anni seguenti, come quello, che si legge nella rubri-
ca, Quod in poenis pecuniariis, etc. L'altro sotto il
titolo , Quod sii licitum accusatori , etc, L' altro sotto
il titolo , Exceptione excommunicationis , etc, ed al-
cuni altri. Ed in fine quello, che fu da lui pubblicato nel
penultimo anno del suo Regno, che si legge tra' Ca-
pitoli di Roberto, sotto la rubrica, Literae Domini flc-
gis^ che porta questa data: Dat, Neap. per D, Sarto-
lomeum de Capuà A. D. i3oy die la decemhris 11
indict, Regnorum nostrorum anno 2 3.
Si valse questo Principe in formargli non già d'An-
drea d'isernìa, come credette Gioyanni Atìtonìo Ni-
gris (a), ma della peiina del celebre Giureconsulto
Bartolommeo di Capua, Protonotario del Regno, in-
nalzato da lui, e più dal suo successore Roberto a*
primi gradi ed onori del Regno.
§ IV Capitoli del He Roberto.
Questo Principe, che per la sua saviezza fu ripu-
tato un altro Salomone^ ci* lasciò ancopa molte utili
e savie leggi: di lui come Vicario di suo padre non ne
abbiamo, ma solo quando fu incoronato Re. Il suo
figliuolo Carlo Duca di Calabria costituito da lui Vi-
cario del Regno, emulando la sua sapienza e giustizia,
ne fece anche alcune in vita del padre. Fabio Mon«
(q) J^igris Cpmment. ad cap. i58 n. 6.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. SSg
telione da Gcrace (a) scrisse^ il Be Roberto in tutto
il tempo di sua vita non aver fatti più che cinquanta
di questi G api toli; e questo numero veramente si vede
nell'edizione vulgata; mar molti altri se ne leggevano
neir originai mtinnscritto, che, come rapporta <Je Bot-
tis (i), si conservava a suoi tempi da Baratuccio Av-
vocato fiscale; ed alcuni altri ne rapporta ancora Gof-
fredo di Gaeta (e) nella sua Lettura a' Riti, della re-
gia Camera della Summaria.
Cominciò Roberto a regnare nclPanno 1809, e le
prime sue leggi furono eziandio dettate da Bartolom-
meo di Gapua Protonotario del Regno, nel qual po-
sto non solo fu confermato da Roberto, ma ingran-
dito d'altri onori, come colui, che Tavea cosi ben
servito in Avignone nella famosa contesa che Roberto
ebbe col nipote per la successione del Regno. •
Fu Bartolommeo creato Logoteta e Protonotario
del Regno neiranno isSS, che fu il primo anno del
Regno di Garlo II, e visse con questa gran dignità
insino al i328, anno della sua morte. Ricavasi esser
quella accaduta* io quest'anno dall' iscrizione del suo*
tumulo , che prima si leggeva nella maggior chiesa
di questa città nella sua cappella, òv'è sepolto; e se
bene sin da' tempi, ne' qu;:li scrisse il Summante {d)^
questa lapide fosse stata altrove trasferita, si legge
però riscrizione, oltre nel Summonte, in Gesare d'Eu-
genio (e), e nel Toppi (/), in Pietro Stefano (g^), il
(«) Fab. Montel. in Commeut. super quatuor llleris arbitr.
par. 2. {h) Bottis in addit. ad tit. 1 de oblationib. (e) Goss.
de Gaeta rub. 5 de jur. Oofaanae, Vit* 8 num. 207. (d) Sum-
monte to. 2 lib. 3. {e) Engen. Nap. Sftc. del Duomo di Nap.
(/) Toppi Bibl. Nap. in Barth. de Capua. {g) Stefan. De-
scriz. de* luoghi Sacri di Nap.
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34a STOttlA CIVILE
quale scrisse in tempo , quando non era . stata ancora
di là tolta, dove fra T altre cose si leggono queste pa-
role ; ' . ,
Annis sub mille trecenti BIS ET OCTO^
Qucm capiat Deus^ ohiit bene Bartholomaeus.
Ma non è da tralasciare che Pietro Stefano istesso
portando in volgare questa iscrizione, traduce queste
parole: Annis sub mille trecentis bis et odo, in cotal
maniera: NelV anno mille trecento sedici; donde si diede
occasione al Summonte, a Pier Vincenti (a) ed al
Toppi, di scrivere anch'essi che Bartolommeo di Ca-
pua morisse nel i3i6. Ciò che ripugnerebbe a tanti
nostri Capitoli^ che abbiamo del Re Roberto, istro-
mentati per mancy del Gran Protonotario Barlolom*
meo dopo' V anno suddetto, leggendosene del i3i8,
1824 e i32 6. Qiiiodi altri (i) interpetrarono in altra
guisa quelle parole bis tt octo^ non già di sedici per-
chè avi'ebbesi dovuto dire bis octo^ non già bis et
octo; ma di ventotto\ poiché secondo la goffaggine di
que' tempi, al mille aggiungendo i trecento, ed a que-
sti, due e poi altri otto^ fanno appunto^ questo numero
di i328.
I primi Capitoli del -Re Roberto sono quelli che
istromentati per Bartolommeo di Capua cominciano
dal terzo anno del suo Regno. Questi sono il Cap.
Robertus etc. Ad quietem publicam^ sotto il titolo, Ut
Comites^ et BaroneSy etc, stabilito nel terzo anno del
Regno di Roberto, dove nella vulgata edizione evvi
(a) Vincenti Teatro de* Proton. del Regno, da chi copiò
Toppi in Bibl. (b) Andreys disp. Feud. cap. i $ 5 11 um. 28
pag. 54. Ut quem obiisse constat ann. i328 ex ejus sepuicro
iu nostra Aede Archiepiscopali. Fulvio Carac. Allegaz. per la
Città di I^ap.
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DEL REGNO DI NA.POLI L. XX. GAP. IX. 34i
errore; poiché in vece di leggerai 4-0, 1 3 1 1 , si leg-
ge iSdG che sarebbe non U terzo, ma il diciottesimo
anno del Regno di Roberto. Il Cap. Bohertus^ etc.
Privilegia^ sotto il titolo, De ohlationihus ^ privilegio
Clericorum^ etc. Il Cap, Rohertus eie, Pro hono statu^
sotto il titolo, De exceptione excommunicationis. Il
Cap. Importuna peteniis, sotto il titolo, De non crean-
dis Judicihus in perpetuum, 11 Cap. Rohertus^ etc, iVe
per exemptioniSy sotto il titolo^ Quod testes excommu»
nicati dehent ahsolvi ad cautelante ohe oggi noi di-
ciamo, eum reincidentia. Il Cap, eodem studio ^ sotto
il titolo, Quod in causis criminal ibu s , etc. Il Cap. Ro-
hertusy etc. Quia nulla legis^ sotto il tììolo^' Quod Jus-
titiarius possit cognoscere de civilihus causis Eccle-
siae^ etc. Il Cap. Rohertus ^ etc, Nolumus^ sotto il ti-
tolo, Quod Barones^ vel Feuda ienentes^ etc. Il Cap.
Rohertus^ etc, Licet centra^ sotto il titolo, Quod re-
ceptatores pari poena puniri deherit^ qua et malefac-
iores. Il Cap, Statuimus^ sotto il titolo, Quòd liceat
specialibus personisy etc. Il Cap, Rohertus^ efc. Frequenter
ex abundanti^ sotto il titolo, Confirmatio eonstitutiqnum
per genitorem Regis Roberti editarum. Il Cap. Juris
censura^ sotto il titolo, Capitulum de arbitrio concesso
OfficialihuSy che siccome a- proposito notò De Bottis^
fu dato" per Bartolommet) di Gapua nell'anno i3i3.
11 Cap. Rohertus e etc. Si cum Sceleratis^ sotto la ru-
brica Litera arhitralis^ che porta la data del i3j3, e
r anno quinto' del Regno di Roberto. Il celebre Cap,
Ad regale fastigium.^ sotto il titofo, ()i/odf Jùstitiarius
possit cognoscere de gravaminibus illatis per Praelatos,
vel (jdias Ecelesiasticas personas, istromentato per B^r-
tolommeo di Gapua neir anno i3i4 nel sesto anno
del Regno di Roberto, come accuratamente ' e ^cnz'er-
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342 STORIA CIVILE
rore notò iyi Be Bottis. Il Cap, RobertuSy etc. Inter belli
discrimina, sotto la rubrica, Capitulum contro exceptio-
nem hosiicam, etc, che nell' edizione vulgata porta una
data scorrettijSsiQia, cioè dell' anùo i4i6 quando non
par Bartolommeo, ma Roberto, anzi la sua nipote
Giovanna ed il suo successore erano mòrti) onde deve
emendarsi e leggersi i3i6. Il Cap. Robertus, etc. Pri-
d$m, per diversaSy che siegue sotto la medesima ru*
brica. li Cap. Robertus^ etc. Ad consultationem Ma»
gistri Justitiarii, sotto il titolo, Quod accusatore de^
sistente. Curia ex officio procedere potèst. Il Cap. Ro^
lertus, etc. Exercere vqlentes, sotto il titolo, De com-
ponendo. Il Cap. Provisa Juris sanctio, sotto il titolo,
Quod latroneSy disrobatores stratarum, et piratae omni
tempore torqueri possint. Il Cap. Robertus, etc. Quo-
rundam expositio^ che si legge tra' Capitoli del Re
Carlo II sotto la rubrica, Litera super Justitia retar^
da^a. Il Cap. Robertus, etc. Ordinata justitia^ sotto il
titolo. Quod Bajuli Judices exerceant officia^ etc. che
fu fatto mentr era vivo Bartolommeo di Capua, giac-
ché sopra questo capitolo si leggono le su^ note. 11
Cap. RobertuSy etc. Salubrem statum^ ovvero Frequen-
ter ex abundanti, sotto la rubrica, Hoc capitulum est
ad eonjirmationem Capitulorum factorum per Regem
Carolum: ed il Cap. Robertus, etc. Àlienationis actus^
sotto la rubrica. Non est capitulum, sed litera decla-
rans juris ambiguitatem, età., istromentato pure p^r
Bartolommeo di Capua, A. D. i326, die 5 Decemb,
IO indici. Regnor, nostr. A. i8.
Questi sono i Capitoli stabiliti dal Re Roberto per
tutto Tanno 1 326, decimo ottavo del suo Regno, per
mano di Bartolommeo di Capua suo Gran Frotono-
tario. Se ne leggono ancora alcuni altri del medesimo
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XX. GAP. IX. 343
Prìncipe; ina poiché rìguardano gì interessi dei suo
regal patrimonio furono perciò istromentatt non dai
Protonotarii, ma per li Maestri Razionali, a' quali s' ap-
parteneva la cura delle cose fìsqaU*^. poiché, siccome
notò assai a proposito Pier Vincenti nel Teatro dei
Protonota rii del Regno (a)^ tale era lo stile sempre pra-
ticato eziandio da poi sotto il Regno degli Aragonesi.
Questi sono il Cap, Roberius^ etc, Novis mòrhis^ sotto
il titolo, De coìnpilatione ^ et compositione r^tionum
Officialium, istromentato in Napoli nel i3 17, nono
anno del Regno di Roberto per li Maestri Razionali^
come si legge nella data: Data Neap. Per Magistro^
Bationales Magnae Curiae nostrae^ A, Di tii^y die ^o
Septemhris^ i indict. Regnorum nostroìnm anno nono.
Il Cap. RobertuSy etc. Fiscalium functionum^ sotto il
titolo, De appretto y et modo faciendis in terris^ et lo»
ds Regni; che parimente portano questa data: Datum
Neap. Per eosdem Magistros Rationales Magnae Cu»
riae^ etc. A^ D. lììì^ die 7 Augusti ^ i indict. Regno-
rum nostrorum anno vigesimo quinto. Ed il celebro
Cap.> Apud Fogiam^ sotto il titolo, Quid fiet mortuo
Barone.
Tutti lì Capitoli, che poi leggiamo stabiliti da Ro-
berto, si -vedono istromentati per Giovanni Grillo da
Salerno Yiceprotonotario del Regno, nelle date de'quali
occorrono nelF edizione vulgata alcuni errori. Morto
Bartolommeo di Capua neiranno i3a8, ancorché il Re
Roberto in vita del medesimo avesse innalzato al sommo
onore di Protonotario Giacomo di Capua suo figliuolo
non provvisione di 108 once d'oro Tanno, tanto. che con
esempio nuovo furono veduti in un istesso tempo due
(rt) P. Vinc. in principio.
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344 STORIA CIVILE
Gran Protonotarii; nuUadimanco essendo Giacomo pre-
morto al padre, estinto da poi Bartolommeo, carco di
gloria e d'anni, questo supremo tJfBcio per molto tfcmpo
rimnse vacante, sin che nell'anno i343 non fu provvi-
sta nella persona di Ruggiero Sanseverìtio (a). Intanto
veniva esercitato da"^ Yiceprotonotarii, onde dopcr la
inerte di Bartolommeo, furono un dopo V altro eletti
Nicolò Frezza, Andrea Cornino e Giovanni Grillo da
Salerno; di guest' ultimo si veggono tutti i seguenti
Capitoli del Re Roberto istromentati. I due primi si
leggono sotto il titolo, De non procedendo ex officio^
nisL in certis casihuf^ et ad ttmpu8\ e portano questa
data: Data JSeap. per Joan. Grillum de Salerno Jurìs
civilis professeremo Ficesgérentem Protonotarii Regni
SicUiae A. D. lìaS (come dee leggersi) die io Feb. la
Indie. Regn, nostrorùm anno 30. L' altro si legge sotto
il titolo. De indebitatoribus victualium^ et usurisj che
porta la medesima data, come quello, che fu stabilito
neir iòtesso anno a' ai del mese di luglio^ Il quarto
è il Cap, Ut, inter subiectos^ sotto il titolo, De prohi^
bita portatione armorum\ istrdmentato per mano del
Viceprotonotario Grillo nell' anno seguente, che fu il \
ventesimo primo del Regno' di Roberto; e deve emen-
darsi la data, che porta la vulgata edizione, ed invece
di A. Z>. i3oo deve leggersi, iSag.
Sieguono da poi tre editti pubblicati da Roberto
neiranno seguente i33o. I due primi nel mese di
maggio, ed il terzo in giugno. Il primo è sotto la ru-
brica: De. no/» componendo super receptatione banni-
torurn cum UnÌ9ersitaie^ personisque singularibus. Il
secondo ha questo titolo:' Tenor secundi edicti^ de
{a) P. Vincenti de'Proton* in B. de Gapua, foL 7S.
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DEL REGNO fi! NAPOLI L. XX. GAP. IX. 345
damnis emendandis per Univtrsitatem. Ed il terzo sotto
la rubrica: Tener tertii edictiy de familia Officiàliujn
qualiter esse deheat. Portano questi editti le date giu«
sto nell'anno i33o Tentesimosecondo anno del Regno
di Roberto. Nel medesimo anno furono stabiliti due
altri Capitoli, che si leggo'no, il primo sotto il titolo,
J)e non componendo su^er crimine capitali^ il secondo
sotto r altro, Quod possit Regis Curia in Terris non
jurisdictionis,
Neir anno seguente i33i lu da Roberto per mano
del Viceprolonotario Grillo stabilito quel famoso ca-
pitolo, col quale si proibiva T estrazione de* carlini
d* argento fuori del Regno, ebe si legge sotto la ra-
brica: De prohihita extractione carolenorum argenti de
Begno\ e deve emendarsi la data, ed in vece d'^. B,
i3o3 deve leggersi i33i che fu il ventesimoterzo anno
del R<*gno di Roberto.
Nel seguente anno tSSa, fu pubblicato per mano
del medesimo da Roberto quel!' altro famoso editto,
col quale per dar rimedio a' frequenti e scandalosi di-
sordini^ che in Napoli avvehivaiio per alcuni ribaldi,
i quali sotto pretesto di matrimonio rapivano dalle loro
case le vergini, avendo convocate le Piazze della .città,
proibì sotto severissime pene delitti sì enormi, del quale
'non si dimenticò il Summonte nella sua istoria, come
quello, che contiene ì cognomi di molti Nobili de' Seggi
di Capuana, Nido, Portauova, del Mercato, di Porto,
di Somma Piazza, di Salito, di Arco, e di S. Arcan-
gelo. Si legge sotto la rubrica: Statutum cantra Nea-
politanos maleficos rdpientes virgines sub colore mairi'
nìonii\ e deve emendarsi la data, ed in vece di Ì?$-
gnorum nostrorum A. \^ leggersi, A, 24.
Nel i334 furono stabiliti due altri Capitoli; il pri-
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346 STORIA CIVILE
mo in agosto, eh' è sotto il titolo, De non componendo
in ^elictis corporalitóT puniendis; ed il secondo in ot-
tobre, fatto per dichiarasione del medesimo, oh' è sotto
U rubrica: De declaratione conUituHonis prohibentis
contpositionem in criminalihus. Ambedue nella vulgata
edizione portano giuste date, come, quelle che esatta-
mente notano l'anno ventesimosesto del Regno di Ro-
berto.
Nell'anno seguente i335 furono dal Re Roberto
per Giacomo Grillo suo Yiceprotoootario emanati. cin-
que famosi e celebri editti. Il primo in gennaio ^di
quest'anno, che si legge sotto il titolo, De revocationc
occupatontm demanii regii ad ipsum demanium^ deve
correggersi la data, e leggersi : Data Neap. per Jo,
Grillum A. D, i335 die i^ /anuar. 3 indici. Regno^
rum nostrorum anno 27 non 26 come si legge nella
vulgata. Il secondo sotto il medesimo mese ed anno,
eh' è sotto il titolo: De pecunia Fiscali non tenenda
per Officiales post amotionem ab officio: dove pari-
mente deve la data correggersi e leggersi: Regnorum
nostrorum A. 37. Il terzo si legge sotto la rubrica^:
De nonr recipiendis vassallis demanii in.Terris Baronum*
Il quarto sotto il titolo: Quod Clerici conjugati solvant
cqllecias regias\ ed il quinto sotto il titolo, Quod non
extrahantur ^ lignamina extra Regnnm.
Siegttono da poi que' famosi Capitoli ^ donde alla
violenia degli Ecclesiastici si dà riparo. Questi Capi-
toli« che volgarmente chiamiamo Rimedii^ ovvero Con-
servatorialiy sono quattro. Il primo fu stabilito da Ro-
berto in tempo che vivea il famoso Giureconsulto
Bartolommeo di Capua , e da lui come Protonotario
del Regno istromentato: comincia Ad regale fastigium^
e fui da noi di sopra notato. Sieguono ora i tre altri
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IX. Hj
pubblicati appresso. Il secondo comincia: Charitatis
affecius, drizzato da Roberto a' Giustizieri d'Apruzzo
ultra fiumen Piscatiae^ e si legge sotto Li rubrica Con^
servatorium prò laico cantra clericum, 11 terzo comin-
cia: Finis praecepti charitQS, drizzato a* Giustizieri di
Tal di Grate e Terra Giordana, e si legge sotto la
rubrìca: Conservatorium prò clerico cantra clericum.
Ed il quarto, che fu indrizzato ai Reggente della Vi-
caria ed a' suoi Giudici, comincia: Omnis praedaiio^
. e si legge sotto il titolo , De spoliatis prò laico con-
tra clericum. Di questi Capitoli ci tornerà a noi oc-
casione di diffusamente ragionare neVseguenti libri ^
quando del Regno e della giustizia e sapienza di Ro-
berto dovremo favellare; siccome delle Quattro lettere
arbitrarie, che parimente riconoscono per Autore que-
sto Principe^ e ohe fra questi Capitoli i'abbiam sem-
plicemente, accennate.
Finalmente abbiamo di Roberto queir altro «.suo fa-
moso capitolo, col quale si prende cura e pensiero
delU riforma delF Accademia napoletana; comincia-:
Grande fuit^ e si legge sotto il titolo: De reformatione
jStudii Neapolitaniy et interdicendo particulares Scholas
in utroque jure uhilibet infra Begnum. Quell'altro ca-
pitolo che comincia, Ponàus aequum^ e ch^ comune-
mente viene attribuito alla Regina Giovanna .sua ifi-
pote, leggendosi sotto questa rubrica, Litera Reginae
JoannaCy credette De Bottis^ che sia pure del Re Ro-
berto, e testifica egli aver nel registro trovato conce*
pitt> il principio del medesimo in cotal guisa: Boher-
iuSy etc, Justitiariis Principatus ultra Serras Montorii
praesentibus et futurisy etc.
Né dobbiam tralasciare un altro editto di Roberto,
col quale fu proibito a' Cherici il portar armi , li
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348 STORIA CIVILE
quali, dopo essere stati tre volte ammoniti, se non si
emenderanno, ordinò che fossero Moro tolle. Non Tab-
biamo tra questi Capitoli, ma sibbene tra le nostre
prammatiche (a). E se ora vediamo il contrario prati-
carsi, è" parte abnso, parte perchè ih processo di tempo
fu accordata a' Vescovi la famiglia armata, di che al-
trove ci tornerà occasione di ragionare.
Questi sono i cinquanta Capitoli del Re Roberto^
che abbiamo impressi nel corpo delle leggi del Regno,
e che hanno presso di noi ne* Tribunali dèlia città e
del Regno tutta V autorità e tutto il vigore ; e tutto
ciò che per le posteriori leggi non si trova corretto,
0 mandato in disuso, dobbiamo inviolabilmente os>
servare. '
1 Sieguono ora i Capitoli del Duca di Calabria suo
figliuolo, che fece mentre da suo padre gli fu dato
il governo del Regno, creandolo suo Generale Vicario,
§. V. Capitoli di Carlo Duca di Calabria
Vicario del Regno.
Re Roberto, convenendogli di portarsi ora in Pro-
venza, ora in Fiorenza o Genova, e sovente ali* im-
presa di Sicilia, vedendo in Carlo suo figliuolo ri-
splendere molte virtù , e sopra tutto la religione , la
giustizia e la prudenza, quasi dairadolescenza gli pose
il governo di tutto il Regnò in mano, creandolo suo
Generai Vicario ; ed egli adempì così, bene , e con
tanta lode e prudenza le sue parti, che il Re suo pa-
dre ne vivea sommamente soddisfatto. Egli pose in
maggiore splendore e floridezza il Tribunale della Vi-
{a) Pragm. 6 de Cler. séu Diac. selvaticis.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. GAP. IX. 349
caria, creandovi per M. Giustiziere Filippo Sanguineto
eoa provvisione di i5o once d'oro Tanno, assegnando
ancora go once T anno per istipendio di dieci uomini
a cavallo e sedici a piedi per guardia e per maggior
decoro di questo Tribunale (a). Ebbe in costume ogni
anno cavalcare per lo Regno per riconoscere le gra-
vezze che facevano i Raroni ed i Ministri del Re a*
popoli. E. per mezzo di (Varii editti, che abbiamo in*
seriti tra' Capitoli del Re Roberto suo padre, diede
savio provvedimento a molte cose riguip^danti il buon
governo del Regno e retta amministrazione della giu-
stìzia, della quale fu egli amantissimo*
Il primo de' suoi Capitoli si legge contro i Raroni
ed altri recettatori di sbanditi e d'altri uomini faci-
norosi, che turbavano la pace del Regno^ imponendo
loro pena di morte e della perdita de' loro beni : fa
questo drizzato al Giustiziere di Terra d'Otranto, ed
istromentuto p^ Rartolommeo di Capua, di cui, sopra
il medesimo, abbiamo ancora alcune note^ e porta la
data, apud Hospitale Montis Virginis^ S^intuario allora
reso assai celebre in Terra di Lavoro per la magni-
ficenza e pietà de' Re angioini, doye sovente facevan
dimora.
Il secondo, pure istromentato per Rartolommeo di
Capua, è il celebre Cap* Ex praesumptuome^ che leg«
giamo sotto la rubrica: Quod Feudatatio decedente
ahsque legitima prole^ possessio Feudi usque ad anni
circulum in modum sequestri stet penes Fiscum. L'Au-
tore di questo Capitolo fu Carlo II suo ayo; ma poi-
ché insino ad ora non era stato pubblicato, Carlo suo
(a) Tutiiii de' G. Giust
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àSo STORIA CIVILE
nipote per mezzo dì questo suo editto ordinò, che
qaello si dirulgasse, e che tenacemente si osservasse.
Sieguono tre altre sue Costituzioni dettate anche
per Bartolommeo di Gapua riguardanti il tempo ed
il modo di darsi il Sindacato degli Ufficiali, che si
leggono sotto la rubrica: Quod tempus syndicationis
non Idbatur^ donec acta sint compilata et assignata.
Ne sieguono appresso quattro altre, la prima co-
mincia: Legem veterem Digestorufn\ la seconda: Volun*
tas liberà\ la terza^: In forma sigilli; e la quarta: Ac-
cusatorum temeritas\ tutte istromentàte per Bartolommeo
di Capua; e portano questa data: Dat. Neap. per Bar*
de Capua. etc. A, D. i324 die 6 fehr, 7 indict. Re-
gnorum Domini patria nostri anno i5.
Abbiamo un altro Capitolo di questo Duca tra
quelli della Regìoa Giovanna, stabilito per lo Vescovo
di Chieti in una lite che tenea con Roberto Morello,
che comincia: Carolus illustris , etc. Ne personarum
easuy etc. Fu parimente dettato da Bartolommeo di
Capua nel mese di settembre dell* anno i^3a2.
Tra* riti della 6. Corte della Vicaria si legge ezian-
dio un altro Capitolo di Carlo, che comincia: Defe-
stantes, sotto la rubrica, De supplendis de/ectihus cau».
sarumy drizzato a Giovanni de Aja, Reggente della G.
Corte, e porta questa data: Dat. Neap. A. D. 1820
die 28 Decemhris 3 indici, Regnorum dicti Domini
patris nostri^ anho^ 11.
Pure fra* Capitoli del* medesimo se ne legge uno
istromentato per li Maestri Razionali : si tratta in quello
di cose fiscali attinenti al regal J3atrimonio, come di
falsa moneta, fìi fatto contro coloro che falsificavano
i gigliati ed i carlini^ e per questa ragione nella dat$i
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAIMX. 35i
non si legge il nome del Protonotario o Ticeprotono*
tario, ma solo: Data per Magistros Rationales. Co-
mincia: Carolus illusiti s^ e te. Jam saepe y ed è sotto
il tìtolo: De demolientihus et falsantibus Liliatos^ Caro-
lenos et incidentihus.
(Questi G/^//afi, de' quali il Boccaccio ^ come mo-
neta d' argento del Regno a' suoi tempi usitatissima ,
fa memoria, furono così chiamati da' gigli ivi impressi,
siccome vedesi nel libro delle Monete del Regno di
Napoli del Vergava Tavola io, n. 7 , e Tavola 1 1 ,
71. 5, e ragguagliava il lor valore a quello del carlino).
Questi sono i Capitoli, che ci lasciò questo savio
e giusto Principe, il quale essendo' nell'anno i328
premorto airinfelice padre; né tenendo Roberto altro
maschio, a chi insieme col titolo di Duca di Calabria
avesse potuto conferire la carica di Vicario del Regno,
riprese egli il governo del medesimo; e come abbiam
Tédulo, molti altri Capitoli per mano del Vieepròto-
notario G. Grillo stabilì, insino che nel i343 essendo
morto senza maschi, lasciò il Regno a Giovanna /.
aua nipote figliuola di Carlo: orìgine, che fu dimoiti
disordini e confusioni nel Regno, tanto che così- ella,
come i suoi successori, regnando in continue agita-
zioni e sempre in mezzo alle armi, non poterono pen-
sare alle leggi. Per questa cagione della Regina Gio-
Vanna non abbiamo se^ non che pochi suoi Capitoli ,
rifatti per gli Ufficiali, e buono stato del Regno^ non
che intendesse per quegli stabilir cose nuove, come
ella stessa lo dice: Condita sunf^ Capitula infrascripta
modica, et quasi nulla slatuentia nova. Sed solum re-
memorantia^ et reformantid jura antiqua et Capitala^
quae per abusum malorum Ofjicialium minime fuerunt
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352 STORIA CIVILE
observata modernis temporibus (a). E degli altri R^
angioini suoi succeé&orl, toltone quel celebre Capitolo
di Ladislao^ dove proibisce a^Notari vassalli stipulare
istrojnenti de' loro Baroni ; ed iin altro della Regina
Isabella come Vicarìa del Regno, lasciata dal Re Re-
nato suo marito^ cbe si legge tra- Riti . della G. Corte
della Vicaria, non abbiamo l^ggé o costituzione alcuna»
Ecco di quali leggi si compone il volume, che ora
noi chiamiamo de' Capitoli del Regno-, ecco i loro au-
tori: Carlo /, Carlo II, Roberto, Carlo suo figliuolo,
e Giovanna, uno di Ladislao y ed un altro d' Isabella-
Sin da che furono pubblicati, ebbero chi con note,
e chi finalmente con pieni commentarli gF illustrasse.
Il primo fu Bartolommeo da Capua, che vi fece al-
cune picciole noti?» Giovanni Grillo da Salerno^ anche
famoso Giureconsulto di que' tempi, che dopo la morte
di Bartolommeo fu Viceprotonotario del Regno. Il
celebre Andrea d'Isernià pur vi fece alcune note. Nel
Regno di Giovanna I. Sebastiano Napodano e Nicolò
da Napoli^ Sergio Donnorso^ che fu M. Razionale della
G. Corte e Viceprotonotario (6), e Luca di Penna ^
anche vi notarono alcune cose. Seguirono da poi a
-far il medesimo Nicolò Super anzioy Pietro Piccolo da
Monforte, Gio. Crispano Vescovo di Chieti^ Fabio
Giordano, Gio. Angelo Pisanello^ Marc Antonio Polve*
rino^ ed il Regio Consigliere Giacopo Anello De Bottis.
Finalmente, per tralasciarne alcuni .che vi fecero pic-
ciolissime note di niun momento, Gio. Antonio De Ni-
gris di Campagna 4 città posta nel Principato citra,
non ignobile Giureconsulto, negli ultimi tempi di Car-
{a) Gapit. Reg. Joannae prò statu Regni , «te. (b) Pier* Vinc.
de Prot. i35i pag. 90.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XX. CAP.IX. 353
lo y, e propriamente nell'anno i546 alle note di Bar*
tòlommeo di Gapua, di Sebastiano e Nicolò di Na-
poliy e di Luca di Penna, aggiunse i suoi più^ififusi
commentarii.
FINE DEL LIBRO TEIITESINO.
23
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STORIA CIVILE
DEL
REGNO DI NAPOLI
LIBRO VENTESIMOPRIMO
JLia morte del Re Carlo I accaduta in Foggia nel
cominciar del nuovo anno i385 siccome fu opportuna
al Re Pietro d'Aragona, non solo per averlo stabilito nel
Regno di Sicilia, ma anche per avergli tolto il pericolo
di perdere i suoi patemi Regni, invasi da Filippo Re di
Francia, così fu acerba e lagrimevole al Regno di Pu-
glia, ed al Principe Carlo suo figliuolo; poiché rimase il
Regfao non solo esposto airinvasione di Ruggiero di Lo-
ira, il quale avendo preso Cotrone e Catanzaro, ed al-
cuni altri luoghi di quella provincia, minacciava le altre
vicine regicrni; ma anche perchè si vide senza Ree senza
governo, per la cattività del Principe di Salernp, che
dovea succedere al Regno, il quale era ritenuto pri-
gione in Spagna. Essendovi per tanto sòl rimasa Y in-
felice Principessa Maria sua moglie, con Carlo Mar'»
fello primogenito del Principe, che allora non avea
più che tredici anni: il Pontefice Martino per profit-
tare deir occasione, vi rimandò subito Gerardo Car-
dinal di Parma Legato appostolico, perchè insiemo
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DEL REGNO DI NAPOLI LIB.XXL 355
«olla Principessa lo governasse. Ma Filippo Re di
Francia dolorosissimo della morte del Re suo zio, du-
Uìando che la compagnia del Legato con una, donna ,
ed un fanciullo, non recasse pregiudizio alle supreme
regalie del Principe, vi spedì tosto Roberto Conte di
Artois suo figliuolo ^a), perchè avesse cura della Gasa
regale, e prendesse egli il governo del Regno. G<>ntut''*
tociò per lo bisogno, che s'avea allora del Pontefice, e
per r accuratezza del Legato, non ne fu questi esclùso;
anzi seppe far valer. tanto la sua autorità, che fatto
convocare in quest' istesso anno un Parlamento in Melfi
di molti Prelati e Baroni, stabili alcuni Capitoli (h)
per lo buon governo del medesimo, per dovergli con-
ferire col Pontefice Martino, affinchè confermati da
eostui, si fossero poi pubblicati, e fatti osservare nel
Regno come sue leggi, come diremo.
Intanto Re Pietro, vedendosi per la morte di Car-
lo , sicuro del Regno di Sicilia andò subito colle forze
siciliane ad opporsi in Aragona al vittorioso Re di
Francia, il quale avea già preso Perpignano, Girona
e molte altre terre di quel Regno, per acquistarlo a
Carlo di Yalois suo figliuolo secondogenito, che n*a-
vea avuto il titolo e T investitura dalla Chiesa roma-
na; e benché si trovasse con forze assai dispari, per
lo grandissimo ardir suo naturale, accresciuto dal fa-
vor ilella fortuna sino a quel dì, volle attaccar la bat-
taglia; ma rotto il suo esercito, ed egli rimasto feri-
to, a gran pena ritirandosi, si salvò* a Yillafranca,
dove di la a pochi giorni, a* 6 ottobre di quest'an-
no u85, trapassò. Re certo degnissimo di^Iode e di
(a) Gollen. lib. 5. Costanzo lib. 3 in princ. {b) Moles de-
cis. 6 $ I. Jo. Frane. Marcian. disp. 3.
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356 STORIA CIFILK
memoria eterna; poiché cofi pfochissime forze, coir arte
e eoa riadustria, «olo difese da due Re potentissimi,
e da un Papa acerbiaaimo nemico, due Regni tanto-
distanti l'uno dair altro, trovandosi senile pronto colla
persona ove il bisogno richiedeva che fosse. Di lui
rimasero quattro figliuoli maschi. Alfonso^ Giacomo^
Federico e Pietro^ e due femmine. Isabella e Violante.
Ad Alfonso lasciò il Regno d'Aragona, ed a Giacomo
quel di Sicilia ^ con condizione, ohe se Alfonso mo-
riva senza figliuoli, Giacomo gli succedesse in quel
Regno e nella Sicilia.
Certamente ii Regno d'Aragona, per la morte di
Re Pietro, sarebbe venuto in mano de' Franzesi se
non r avesse salvato da una parte una gravissima pe«
stilenzia^ che venne all' esercito del Re di Francia ; e
dall'altra^ la gran virtù di Ruggiero di Loria, il quale,
fin dentro il Porto di Roses, andò a brupìare Far-
inata franzese, dopo l' incendio della quale fu costretta
Re Filippo di ritirarsi a Perpignaaq, per aver perduta
la comodità delle vettovaglie, che gli somministrava
Tarmata; ed infermato in Perpignano, passò di que»
sta vita quest'anno a' a 3 di settembre, e gli succede
Filippo il Bello suo figliuolo.
Fu quest* anno anche lugubre, per la morte di Papa
Martino, il quale a' 9t8 di aftarzo isSS (a) morì in
Perugia, e tosto in suo luoga fu rifatto Onorìo IV
romano, della nobilissima famiglia Savelli.
Papa Onorio' calcando l' orme del snio predecessore,
ancorché italiano, fii tutto inteso a favorire la Gasa
d' Angiò, e neiristesso tempo, {yer mézzo, del Legato
Girardo fece provvedere a' bisogni del vedovo Regno;
(a) Giacon. dice a' 27 di Mano.
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DEL REGNÒ DI NAPOLI LIB.XXI. 35?
e perchè il Conte d'Artois» il quale avendo ifttesa la
aiorte del Re Pietro, e che pet testamento avea la*
sciati divisi i Regni, era entrato in isperanza di rico*
vrar la Sicilia di mano dei Re Giacomo, «nde avea
tutti i suoi pensieri a qneiVimpresa' rivolti; yoUe an*-
cor Onorio profittando deir occasione intrigarsi nel
governo civile del Regno, ed a provvederlo di nuove ^
leggi conformi alli desiderj de' Baroni, ed universalmen«>
te di tutti i Regnicoli; ma più d' ogni altfo a ristabilire
i privilegi ed immunità - delle persone ecclesiastiche
di quello. A qii^sto fine con una sua particolar B0IÌ4
«pedita a* 17 settembre di quest'anno t28S confermò
que* Capitoli, che Carlo Principe di Salerno mentr'era
Ticario del Regno statuì nel Piano di S. Martino;
ma que' soli che riguardavano T immunità e privilegi
degli Ecclesiastici, la qual Bolla, esemplata dal suo
originale, che si conserva nelV Archivio della Trinità
della Cava^ si trova anche inserita da Ferdinando I
d' Aragona nelle nostre prammatiche, ed è tutto altra,
come si disse, di quella, della quale saremo ora a
ragionare.
CAPITOLO I.
De Capitoli di Papa Onohio IY^ e tjual uso
ed autorità, ebbero nel Begno^
ijhiunque considererà lo stato lagrimevole, nel quale
per le avversità del Re Carlo I, e per In prigionia ddi
Principe suo figliuolo, erasi ridotto questo Reame, npo
6Ì maravìglierà com^ il Pontefice Onorio abbia potuto
innsJjsar tanto la sua autorità sopra il medesimo, sio-
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358 STORIA CIVILE
che a sao arbllrìo si veg^a impoir leggi non pttre sa
nostri Baroni e ad altri Regnicoli, ma a' Regi stessi,
trattandogli come suoi sniditi e yen Tasealli. Il biso-
gno che s'ayea in questi iempi cotanto a loro avver-
si, de* Pontefici romani, fece, che il Principe Carlo
mentr^era Vicario del Regno si ponesse sotto la prote-
zione del Pontefice Martino, ailora vivente, al quale
diede ampio potere di regolare il governo di quello ,
e di rimettere a lui lo stabilimento, ed il modo in-
torno airesdzion delle collette, e di ridurle eonformè
a' tempi del buon Re Guglielmo, e di dar sesta alle
gravezze de' suoi sudditi. Il Cardinal di Parma fece
dal canto suo quanto potè , ma non finì di perfezio-
nare l'opera con Martino ^ comq fece poi col Ponte-
fice Onorio^ il quale pose mano non solo a stabilir H
modo di' quest'esazione, ma diede molti regolamenti
intorno ad altre più gravi e rilevanti cose, alla sue*
cession feudale, e sopra altri punti non appartenenti^
che al suprema imperio del Principe.
• L' origine però di tali intraprese deve riportarsi pia
indietro, cioè a quelle gravi e pesanti condizioni apr
poste neirinvestitura, che Papa Clemente IV fece del
Regno a Carlo L Questo Principe mentre durò la
sua prospera fortuna^ non si ciìrò molto d'osservarle,
ed intorno alle esazioni delle collette e delle altre sov-
venzioni continuò, ficcome le ritrovò in tempo del Re
Manfredi; anzi per essere un Principe assai diligente
in conservare le sue ragioni fiscali, mostrò maggior
acerbità, che gli altri siioi predecessori. Ma soprav-
venute da poi le disgrazie di Sicilia, allora il Prin-
GÌpe di Salerno suo figliuolo per acquistar benevo-
lenza da' sùdditi ; in que' Capitoli stabiliti nel Piano
di S. Martino, ordinò che tal esazione dovesse ridursi
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI.CAP.L SSg
conforme a' tempi del buon Guglielmo; ma poiehò
non vi era chi di tol nso e modo potesse rt^nder te*
dtimoniaiiza, fu rimesso, come si disse, al Pontefice
Martino allora vivente, che dovesse stabilirlo con sen*
tire i Sindici delle città e delle terre , che V infor^
massero dello stato* delle lorb Gomunitàà
Il Pontefice Mattino per la morte accaduta del Re
Carlo, e per la prigionia del Principe di Salerno, ri-
mandò subito il Cardinal di Parila suo Legato in Na«
poli. Questi appena giunto, pensò prima d'ogni. altra
Cosa vantaggiare l'ordine ecclesiàstico; onde fece con-
vocare in Melfi i Prelati del Regno, e nei dì 38 marzo
dell'anno 19 85 nel quarto anno del Ponteficato di
Martino • stabilì alcuni Capitoli riguardanti il favore
della giurisdizione ed immunità ecclesiastica^ che pro-
curò ampliare quanto più potesse (a)» E questi Capi*
toli né da Onorio, ne da Martino furono confermati ,
perchè fatti dal Cardinal Gerarcfo nei tempo istesso^
che morì Martino ; pnd' è , che allegandosi alle volte
da Matteo d'Afflitto (&) si nominano Capitoli di 6e*
rardo^ come si fede nella costituzione praesente ^ ovo
n'allega uno ex Capitulis Gerardi^ che comincia: Ca<*
pientes' Ectìlesianim et locorum^ etc. (e). Questi Ca-
pitali di Gerardo è da credere, che uell' età d' AfjFlitto
si leggessero M. S. poiché non vi è notizia, che si
(a) Keg. Moles decis» i $ i iiunì, i q* (b) Regi Moles* loc«
«it. nuro. i3 et i4- Haec ergo Capitala non ab Honorio, sed
a Martino ejus praedecessore fuerunt facta , et de eis menìinit
Afìflict. in constit. Regimi incip. praesente , in ejus rubrica ,
et in contìnuàtione ipsius , cium allegai uuUm ex dictis Capi-*
tùUs Gerardi, quod incipit «Cupiens, etc. (e?) Afìflict. ad Co-
stit. Reg. tit. de administr* rer. £ccles. post mortexQ Prael*
in rubr.
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36o STORIA CIVILE
fossero mai impressi, e che poi di loro si fosse per«
duto ogni vestigio, come inutili: o tanto pia fecer
quelli sparire i Capitoli di Onorio^ p«r li <{uali far
dati più aci^urati e nomerosi regolamenti.
Ma essendo da poi sopraggiunto in Napoli il Conte
d^Artois mandato dal Re di Francia, perchè come
Balio governasse ^li la Gasa ed il Regno del Prìn-
cipe suo cugino: il Legato seppe far tanto, che non
fìi escluso affatto dal governo, ansi la. sua accortezza
e più il bisogno, che n avea allora del Pontefice^ fe-
cero, che insieme colla Principessa Maria ed il Conte
k) governasse. Ma questi distratto dalle cose militari ,
per la guerra che ardea allora per la rìcupera.zione
della Sicilia, non potè badar molto al governo civile
e politico; onde morto il Pontefice Martino, e rifatto
Onorio in $uo luogo, si pose costui colle istruzioni
del Legato Gerardo a stabilire nuovi Capitoli, che sono
i veri Capitoli di Papa Onorio.
Nel che son da notare i vari errori, che presero i
nostri Dottori intomo all'Istoria di questi Capitoli,
de' quali non fu nemnieno esente ristesse Reggente
Moles (a), che con ' più accuratezza di tutti gli altri
ne scrìsse; poiché e' credette, che il Conte d'Artoia
fbsse stato costituito Balio del Regno da Onorio,, af-
finchè insieme col Cardinal di Parma lo governasse,
e che perciò questi Capitoli fossero stati drizzati da
Onorio così ali* uno, come air altro. Più gravi furono
gli errori del Reggente Gio. Francesco Marciano (i),
il quale scrisse, che il Principe di Salerno, méntr'era
Vicario, mandasse a supplicare il Pontefice Martino^
(a) Reg. Moles loc. cit. nu. i6. (b) Jo. Frane. Marc disp. 3
num. I.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAIM. 36t
cbe gli inviasse un Legato appostolico, perchè rì£r>r<
Alasse lo stato del Regno, e lo riducesse, stocome era
A.el tempo del Re Guglielmo, e che perciò gli maa^
dasse il Cardinal di Parma; quando tal rifema dovea
farsi dove risedeva iì Papa, ove pereiò rvea il Prin*
cipe coo^andato, che sì mandassero i Sindici delle terre*
Questo ^Cardinale fu mandato prima in Sicilia per ae*
correre a quella rivoluzione, e da poi portossi in Na-»
poli. Ma dòpo la prigionia d^l Principe,- el il ritorno
di Carlo I da Francia, il Cardinale erasi portato dal
Papa; e fu mandato dal Pontefice Martino di. nuovo
quando intese la morte del Re Carlo, affinchè, assu*
messe il governo del Regno; ed allora avendo intese
le querele de' Regnicoli intomo air esaaione delle col*
lette ed i desideri de' Baroni, perchè s'allargassero i
gradi della successione feudale; di tutto ciò ne fece
eon varie istruzioni ed informazioni partecipe il Pon«
tcfice Martino, acciocché vi dasse rimedio, e gli mando
ancora que^ Capitoli, che il Principe di Salerno avea
stabiliti nel Piano di S. Martino* Ma il Papa soprag-
giuntò dalla mòrte, non potè far niente j onde rifatto
in suo luogo Onorio, questi trovandosi allora i^ Ti*
voli a* 17 di settembre di quest'anno laSS .con una
particolar sua Bolla confermò que' Capitoli fatti da
Cnrio nel Piano di S.» Martino, attenenti al favore del-
F immunità ecclesiastica, che, come si è detto,, sta.
inserita nelle nostre prammatiche, e nel medesimo dt
stabilì qnesti nuovi Capitoli, li quali mandò al Car-
dinal di Parma sUo Legato, che sono i veri Capitoli
di Papa Onorio^ perchè quelli confermati da lui nella
Bolla, che si legge nelle nostre prammatiche, non sono
suoi, ma di Carlo .Principe di Salerno^
I Capitoli, che dal Pontefice Onorio furono con t&l
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36a STORIA CIVILE ^
occasione stabiliti, iìirono molti, parte riguatdasti IL
modo per resacionè delle collette, parte in favpr dei
Baroni, e parte in beneficia uniyersalq del Regno;
potcBè intorno alla libertà e favore dell' Ordine cc-
desiastico area egli; provveduto a bastanza colla eon-»
ferma, che fece de' Capitoli del Principe di Salerno. •
* Intorno' air esazione delle collette, stabili,, che in
quattro soli casi fosse lecito al Re d' imporle a' suoL
sadditi: ciò' eh «eccedeva il potere, che gli fu dato dai
Principe di Salerno, il quale solamente, gli commise,
che doTcsse riformare, non stabilire i casi ove potesse
imporgli: i casi erano questi : I. Per difesa del .Re*
gno, se accadesse esser quello inraso, ovvero se ac«
caderà ribellione, o guerra civile permanente, e non
simulata. II. Se accadere doyersi riscattare la p^sona,
del Re da mano de* nemici, ne' quali due casi stabi-
lisce la somma di So mila once d'oro. III. Quandoi
accadere, che il Re voglia armarsi' col cingolo mili-
tare, ovvero suo fratello, o alcuno de' suoi figliuoli,
nel ohe vuole, che l'esazione non trapassi, la somma
di 13 mila once. lY. Per maritar sua figliuola, o so-t
rella, o alcuna delle sue nipoti descendeoti per linea
retta: stabilendo la somma di i5 mila* once*. Ed- in
tutti questi casi, che una sola vòlta Tanno, e non
più potessero imporsi, se pon quando il bisogno, o
altre circostanze da conoscersi da lui , non ricercas-
sero altrimenti.
, Stabilì «noora molti altri Capitoli riguardanti la mu-
tazione delle monete, omicidi e furti, che debba il
Re astenersi dall' alienazione de' deinaniali del Regno*
Tolsegli ancora la. facoltà contro i feudatarii^ che tea*
gono feudi piani: che i matrìmonj debbano eisser li-
beri, to{{liendo l' assenso del Re , che prima si ricer-
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. GAP. L 363
cava in quegli de* Baroni. Diede ancora si òhi altri
provvedimenti intorno a'rìlevi, adoe, eò altri adiutorìi*
da prestarsi da* Baroni al Re : ampliò la successione
feudale a beneficio de* Baroni : che il jus Francorutm
abbia luogo non meno nella successione de* figliuoli ^
che de* fratelli. Provvide intorno ali* elezione degli U^
fidali, e diede altri regolamenti €opra diversi capi,
che oltre di leggersi nella sua Bolla, possono vedersi
presso il Vescovo Liparulo (a), e Gio. Francesco Mar-
ciano (t).
Questi Capitoli, testifica il Recente Moles {e), che
furono lungamente conservati nell* Archivio regio, ed
allegati come leggi da* nostri Professori. Il Reggente
Marciano (^ anche attesta, che un autentico transunto
de' medesimi si conserva nell* Archivio della Trinità
della Cava insieme coli* originai Bolla dì Papa Ono-
rio, fatta in confermazione de* Capitoli del Principe di
Salerno nel Piano di S. Martino; ed il ReggentV Mo-
ks (e) dice da quelV Archivio averne egli avuta una
Copia estratta da quella originai Bolla. (/). E narra Gio^
vanni Francesco Marciano, che il Reggente Molea ed
il Consigliere Orazio Marchese, per aver copia coal
di detta Bolla, come de* suddetti Capitoli, mandarono
Marcello Marciana suo padre, allora Avvocato, in quel
monastero per estrarla.» come fece; e che que'due cele*
bri Giureconsulti a* suddetti Capitoli v* aveano fatto
un pieno Commentario per darlo alle stampe. Ma che
(a) Lipar. ad Andr. in cap. :^de nat. success, feud. sub
num. I ante addit. vers. capitulum, lit. B. (b) Marcian. disp. 3
n. 5. (e) Moles decis. i § i numcr. 19. (d) Marc. loc. cit.
su. 3. (e) Moles loc. cit. n. 34> (/) Y« de Ros. iu praeL
feud. nu. 4^'
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à64 STORIA CIVILE
•Sfinendosi mandato il libro in Gasa del Consigliere Gìz^
zarelio destinato alla revieione de' libri, essendo una
notte accaduto un incendio nella libreria di quel Con*
aigliere, restò quello bruciato con tutti gli altri libri.
E cosi ciò,- che io tanti giorni, con tanti sudori e tì-.
gUie erasi fatto, una sola notte tolse ed estinse.
Noi abbiamo avuta la sorte d' aver in mano un an«
tìco Camerario^ che fu di Marcello Marciano, devo
evri questa copia MS. eh' egli estrasse dairArchÌTÌQ
della Cava, la quale avendola noi riscontrata coir ori-
ginale, che ivi si conserva, abbiam reputato farla qui
imprimere, essendo conforme a quella, che Mainai*
do (a) impresse ne* suoi Annali, eh' e' dice aver estratti
dall' Archivio del Vaticano.
Capitulà Papae Honorii.
XlovoRiDS Episcopus Servus Servórum Dei ad per*
petuam rei memoriam. Justitia et pax complexae sunt
se, ita societate indissolubili societae tuentur,* sie ao
comitatu individuo comitantur, ut una sine altera piane
non possit haberi, et qui laedit alterutram, pariter of-
fendant utramque. Hinc compleius earum graviter im-
peditur injurìis, per eas etemm laesa Justitia, Pax tur-
batur, ipsaque turbata, facile in guerrarum discriminn
labi tur. Quìbus invalescentibus justitia inefficax redditur,
dum et debitum sortiri nequit effectum; sicque ìpsa su-
blata^ nimirum pax, tollitur opus ejus, et ipsius frnctus
{a) Raynald. AddsL Eccles. ano. ia85. ( Furono anche
impressi questi Gapftoli di Papa Onorio da Lunig, e ai leg*
gono nel 2. Tom. Cod. Oiplomat. Italiae pag. io33 ).
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. I. 365
•obducitpr seminandus in pace, ab proihde complexie
deficientibua, necesaario deficit et complex\i8, in horiim
irero defeetu Ucentia laxata'disaidiis mokipiicantar bel-
la, pericola anbeiint, aiiimamm, -et corporum criroina
frequentantur. Nec rerum vastitas praeteritar. Haeo in
praesidentium injuriosis proceaaibas, et induptaran^.in
subditofi oppresaionum excessibus p&tent apertiua, et
evid^ntius oetendantur. In quorum multiplicatione san-
ciantur corda laéaorum; et quantominas datur oppor*
tonitaa licite propulsandi, quae illicite inaenintur, tanto
rancor altiua radicatur . interius, et perìcuiosius prò*
rumpit exterina opportunìtate concessa. Fiunt enim
plerumque hoates ex subditia, tranaeunt auxilin seca*
ritatis in metum^ munitionea in formidìnem convértun-
tur,- nutant Regnantium Solia, redundant Regna peri-
culis' intestlnis, qnatinntur inaidìis, extrinaecia insulti*
bus impetuntùr andacius, et regnantes in eia, qui ope-
rantes justitiam exaltatienis gloriara merentur,' bumiliati-
propter iirjnstitiaa frequenter in • opprpbrium dejectio-
nis incurrunt. In praemissis etsi scrlpturae nos in-
Btruant, efficàcios tamennotis docemur exemplia. Quantia
enim tempore, quo Frideridi olim Roraanorum Impe-
ratoris propter illatas Regnicolis afflictionea illicitas^
et oppressiones indebitaa in Regno ^iciliae non abaque
immensi late gravaminura inductas ab ipso, Regnum
ipsum tenjpestatibus fluctuarit; quot, et quantia rebeL
lionibus concussum extiterit, quot invasionibus atten-
tatum, quantum per ipsum, et poateroa auos depau-
peratum opibus; quot incolarum exiliia, et stragibua
diminutum, nullum fere angulnm Orbis latet; quam
prae^ipiti Fridericùs idem^ et genus ipsius raina cor«-
ruerunt probat notorius casus ejus, et manifeatum eo-
rumdem exterminium posterorum. Yenim adeo Fride-
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366 STORIA CIVILE
liei ejnsdem in dietis continuata ^ et aucta posterìa^ se
in alios exemplari derivatione transfusa processit ini-
quìtaa, quod per eum inventa gravamina U3C[ue ad haee
tempora duravisse^ nec non .et augumentata dicuntur
.aiiqna eorundeni, et adjeeta Aihilotninus alia non mi-
nora; propter quod nonnullorum suppooit opinio, quod
clarae memoriae G. Regem Siciliae, quem prosccutio-
nis dictoram gravaminum eorumdem Friderici, et po-
sterorum permcioda exeinpla fecerunt saltem permia-
sione participétn, dum opinaretur forsilan licita» quae
ab illis audiverat tam longis temporibus usurpata: red-
diderunt efiam praedictorum consequentium ad illa
ditiicriminam non prorsud expertem, prout Sleulorum
rebellio multis onusta periculis, aliorumque tpsain fo-
ventium persecutio manifestant non solum in ejusdem
BegÌ9^ ab haéredum suorura .grave adeo cxcitatae di*
Kcrimine, quod ipsis baeredibus, nisip^r nos celerius
occurratur, praetactorum subduotione. gravaminum in-
stana perditionis totius dicti Regni perioulum commi^
nsntur; sed et in' grande nostrc^um, et Ecclesiae Ro-
manae dispendium. prorogatae: cum sit per eas in Si-
ciliae Insula^ et in nonnullis aliis ejusdem Regni par-
,tibu8 ipsarom incolis, nec nobis, nec Ecclesiae ipsi
parentibus, sed adbaerentibus potius inimicis, nostra,
ci ipsius Ecclesiae givilis intervcrsa possessio, et in
caetcrarum aliquibus turbata frequentius, et turbetur.
Ex quo datur patenter intelligi quantum in iia nostrum,
et Ecclesiae praefatae interesse verse tur^ quantumque
ad nostrum spectet officium, et baeredum ipsorùm
praecipue necessitas exigat, non tantum praemissis o-
•bortis in eodem Regno, quod est ipsius Ecclesiae $pe«
eiale^ tanquam ad jus, et proprietatem, ejus pértinens,
^etisque Regi, et haeredibns in ftjudum ab ipsa con-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.L 367
•eseum obvìare périculis. 9ed etìam ne similta oriaa-
tur in podterum, diligentem curam, et curiosam dilì-
genttam adhibere, praetaeta gravanuna eorundem pe-
riculorum, ut yerì^atl concurfat expres^o *nianife«ta»
oocasiones et causas- coBgruae provisionU beneficio
abrogando. Cum proprìetatis Domino praedium, in quo
edt jus alii constttutum prò eo., quord sua interest tueri
fines ipsius^ custodire iiceat, eo etiam cui jus dehetur
invito, . custodiae autem nomen id habea^, quod qui
tèdelnr ad eam, non sqlum id debeai, ut si casu vi-
derit in re custodieqda fieri quid adversura piuhibeat
facientein, verum etiam ut curet dare operam, ne id
fiat. Multiplex itaque Doat ratio interpellat, et exi'git,
illud in hu}usmòdi grayaminibus^ super quìbus fama
publica, et variae' inquisitipnes per Yenerabilem fra-
trem no&trum Gerardum Sabinensem Epi«copum Apo-
stolicae Sedis Legatura factae de speciali mandato Se*
-dU ipsius, et indagationes alias habitae. nos infarmant^
nostrae provisionis edicto rein.ed'L|im adhiberi, per quod
injtiatis submoti^ oneribus circa ea in Regno pracfgto
solidi stabilita justitia, Regìum' Solium firmet^ pacia
tranquilla prpducat, sitque inibi publice traaquillitatis
ailentium ci^ltus ejusj et ipsa vinculum sbcietalis fau-
manae. Sic superiorem populo sibi subjqcto domesti-
cete eique ipsius populi corda consolidet, qui superior
insidiarum sollicitudine absolutus securitatis jucuoditate
laetetur^ populea pressuHs indebitis .liberatu^ inpaois
pulcrituclìne sedeat^ et in requie, opulenta quiescat, .et
in uoanimitate ipsorum, ac mufuo sinceritatis. a£fecto
ejusdem Regni statu roborato pacifico, noq sic, profli*
gatis hostibus, qui foris exterreat, aut qui pacatis ìt\*
Golarum ejusdem animis intus turbet; instantiae quo-
que praemissae interpellàtionis non modicùm adjiciti
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36S STORIA CIVILI?
qaod memorati ftegis, dum viveret, et dilecti filii. no-
bilis viri G. «ai primogeniti ex eo manifeste peroepimua
ad id, quo vota concorrere, quod idem Rex super dl«
rectione, ordinatione) roformatione, seti quactimqae alia
dispositiope coUeotarum, exactionum, matrimoniorum,
ailt sKoram quo^umlibet^ qoae gravàmioa dicerentur^
rei dici posdettt, tam circa Ecclesiaa, Monastèria, et
àlias Écelesiastieas personas, quam circa Gommunita-
tes, et Universitates' Giyitatem, Gastrorum, et aliorum
locornm, et etiam circa singfilares personas totius Re-
gni praedicti, aut ciljaslibet partis 'cjas, foelicis re*
cordationis Martini Papae Quarti praedecessoris nostri
direction!, reforànationi, dispoaititai, et ordinationi se
piene, ac libere, alte, ac bassa submisit, dans^ et con-
cedens eidem super iis plenam, et Itberam potestatem,
SIC proraittens quiòquid per enndem praedeceasorem ipso
Rege, dictove primogenito tane ejos Vicario in Regno
eodem, et aliis suis OfìScìalibus requisiti», rei irrequi-
sitis etiam actum fojf*et, se, ac haerédes suoa ad hoc
specialiter ^bligàndo inyiolabiKler obseryare sais super
boc patentibws literìs praedecesaori t^oncessis eidem,
praettiissa quòque in mortis atttculo per alias suas si-
militer patente» literas plemua rvpètens, et confirmans
eidem pracdecéssori per cas humiliter suppUcarit; ut
omnia onera fiddium Regni sui, et qnae graramiiu
ilici 'pbs^é»t, removere, toUere, et vhBmrs, dic^umque
Regnum prospetie refermare, ^mniaqn» àtatuere, quae
ad bonum statmn haeredum suoifum^ et fidelium eo-
rundem ctpcdire yidéret sua previsione cararet^ non
obstante^ ai'Regem ipsum tunc infirmitate grayiter la-
borantem naturalis debiti aoiutione conjtingeret praeve-
niri, sicut pfaemissae ìpsius Regis literae, quae. per noa
aliqaos ex fratribus nostris diligenter iospectae in Aj-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.L 369
f^hiyio ejnsdem senantur Ecclesiae, matiifesiiqs atte-
stantur. Et tam idem Rex, quam dktus primogenìtua
super toUendis aliquibus eoruodem gl^Taminum cons-
titutiones yarìas edididse dicuntur, et illae plenioris
exequutione observationis indigeant, non plen^ (ut in«
telleximus) hactenus observatae. Yolentea ì'gUur,.et illls
robur Apostolicae confirmationis adjicere (ut ìnferius
exprimetur) et praetaotum nostrum exequi, ac commode
proyisionis adjectione propositura, infrascripta omnia
prout substituta. eorum eerìes iadieaf, de Fratnim no-
strc^um Consilio et asseneu^ ac p<»te6tatis plenitudine^
prpvidendo, a gravamine ilio deliberavimus inchoan-
dum, qui majorem scandali materiam, et generalius
ministrabat.
Ideoque ut omnino ces^et in Regno còdem onerosa
exactio coUeotàrum, praesenti edìctali provisionci ao
constitUtione yalituVa perpetuo prohìbeftìus per Reges»
qui prò tempore fuerint, seu prò eia Dominantes in
Regno praedicto, vel Ministros ìpsonim coUeota's fieri,
nisi tantum in quatuor casibus infrascriptis.
Primus est, pfo defenftione terrae, si contingat in*
Tadi Regnum invasione notabili, aive gravi, non pro-
curata, non momentanea, seu transitura facile, sed ma-
nente, aut si contingat in eodem Regno notabilis rebel-
lio, sive gravis, similiter non. simulata, non procurata,
non momentanea, sive facile transitura, scd manens.
Secundus «st, prò Rcgis persona redituenda de suì^
redditibus, et coUecta, A eain ab inimicis captivari
contingat.
Tertius est, prò Militia sua, seu fratris sui consan*»
guinei, et uterini, vel saltem consanguinei, sive alicujus
ex liberis suis, cum se bujusmodi fratrem sunm, rei
aliqu^m ex eisd^m libqris militari* cingulo dccorabit.
^^
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370 STORIA. CIVILE
Quartus est, prò niarìtanda sorore simili coójunetio-
ne 8Ìbl conjuncta^ vel aliqua ex filìabus, aut neptibua
suis, seu qualibet alia de genere suo ab eo per rectam
lineam descendente, quatu, et quando eam ipse do-
tabit. In praedictìs enim casibus ( prout qualitas tane
• iaimin.enLis casus exigeret) licebit Regi collectam im-
ponere, ae exigere a subjectis^ dum tamen prò de-
fen^ione, invasione, seu rebellione pracdictis, aut ipsias
Domini redemptionc , quinquaginta millium, prò mi-
litia duodeeim millium, prò maritaggio vero quinde-
cim millium unciarum auri summam collectae uni-
versaiis totius Regni ejusdem, tam ultra Far uni, quam
citra, quantitas non.excedat. Nec concurrentibus etiam
aliquibus ex praedictis casibus , collecta in uno , et
eodem anno,' nisi una tantummodo imponatur.
8icut auteni coUeotae quantitatum praedictas sum-
mas in suis cafeibus limitatas excedere , ut praemitti-
tur prohibemus « sic . nec permittimus indistincte ad
ipsas extendi, sed tunc tamen, cum casus instantis
qualitas id exposcit, et ut in praedictis etiam casibus
possit Rex, qui prò tempore' fuerit eo' viiaref commo-
dius gravamina subditorum, quo uberiores fuerint red-
ditus, et obventiones Ipsius, eum a demaniorum do-
nationo volumus abstinere, id sibi consultius suadentea.
Simili quoque prohibitione- subjicimus mutationem
monetae frequentem, apertius providentes^ quod cui-
libet Regi Siciliae liceat semel tantum in vita sua no-
yam facere cudi monetàm, legalem tamen, et tenntae,
aecundum consilium Peritorum in t^libus competen-
tis, sicut'in Regnis iijis observdtur, in qulbus est usus
legàlium monctarum, quodque usua tis moneta sit ra-
loris exigui) et talis quod in e^dcm valore sit apta
manere toto tempore yitae Regis, cujus mandata ch-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.L Sji
d«tur, nec prò ea , yel aliqua magna moneta , quani
idem. Rex semel tantum in vita sua fecerit expenden-
da, fiat collecta^ rei distributio, sed campsoribas, et
aliis meroatoribus volenti bus eam sponte recipere tri-
buatur; et hoc ita praecipimus temporibus obscrvari*
In bomicidiis clandestinìs proyidendo praecipimus,
nihil ultra poenam inferius annotatam ab Università*
tibus exigendum, videlicet, ut. prò Christiane, quem
clandestine occisum inveniri continget, ultra eentum
augustaies. Pro' Judaeo vero, vel Saraceno, ultra qain*
quaginta nil penitas exigatur. Augumento, qui circa
eandem poenam idem R'ex dicitur induxisse omnino
ftublato: praesertim cum memorati Rex, et Primoge-
nltus di<ìantur idem per suas constitutiones novìter
statuisse ^ quas quoad hoc decernimus in violabili ter
observandas, et haec intelligi tantum prò homicidiis
vere clandestinis, in quibus ignoratur maleficus, Aec
aliquis accusator apparet. Adjicientes, quod nonnisi
tantum in locis miagnis, et populosis exigi possit quan-
tìtas supradicta, in aliis vero infra quantitatem eandem
prò qualitate locorum exactio teraperetur.
Eidem provisioni adjiciendo praecipimus, Universi-
tates ad' emendationem furtorum, quae per singulares
persoaas contiugit fieri, nuUatenus compellendas.
Nec ad mutuandum Regi aut Guriae suae, aut Of-
ficialibus, vcl Ministris ipsorum, aut recipiendum ali-
quatenus Regiae massariae custodiam, sive odus, seu
pos^essionum regalium procurationem , aut gabeliae,
vel naylum, seu quorumcumquc vassellorum fabrican-
dorum curam, quicumquc cogendum invitum: usur*
pationtbus, quae contrarium inducebant penitus abro-
gaiis, maxime cum dicti Rex, et Primogenitqs ad re-
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Sya STORIA CIVILE
levanJa, non tamen piene grav^mina in praemissU in-
ducta, GonstitutioDes yarìas promulgasse dicantar.
Concedioras autem, ut si casus emergati in quo sit
necessarium, naves, vel alia Tassella prò utilitate pu*.
bliea faiiricari, liceat tuoc Regnanti còmmittere eorum
fabrìcationìs hujusmodi expensis Regis faciendae per-
sodìs idoneis, videlicet hujus rei peritiam habentibus,
et quos officium tale decet, «et ipsis satisfiat prò su-
aceptione curae praedictae de competenti mercede, et
idem servari praecìpimus in faciendo biscotto.
Ad Gaptirorum oustodiam, Universitates» yel sin-
gulares earum personae nuUatenus compellantur, prae*
sertim cum hoc ipsum dicatur ejuadem Re^s consti-
tutione provisum, quod praecìpimus inyiolabiliter ok-»
servari.
Gravameo, quod in pecunia destinando Regi, vel
Regali Camerae, sèu ad loca quaecumque alia Uniyer*
sitatis alicujus expensis per aliquas personas ejusdem
Uniyersitatis periculo eligendas inferri dictì Regni Uni*
yersitatibus dicebatur, previsione simili prohibemua
ipsis Univeraitatibus, yei singularibus personis earum
de caetero irrogari, maxime cum dicatur idem quoad
Uniyersitates dioti primogeniti prohibitorìa c^nstitu*
tione proyìsum, quam in hae parte décerniinus invio*
labiliter observandam.
lllud, quod in eodem Regno dicitur usurpatumi
videlicet, quod lacolae ipsius Regni ad*reparaJ9da Ca^
atra, et construenda in eia, expensis propriis nova
aediiicia cogebantur, emendatione congrua corrigentes
providendo praecìpimus, ut nìl ultra expeoaas neces*^
aarìas ad reparationem illorum antiquorum Gastrorum, ,
quae consueverunt hactenus incolarum sumptibua rc«
parari, et aedificiòrum, quae in hujusmodi Castris fue«
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI.CAP.L 373
rant ab antiquo, ab eiadem incolta peti posstt, et coa-
atìtQtio, qaam circa hoc idem Prìmogeoitus edidisse
dicitur, in hujoamodi antiquia Caatria, et Aedificiia
aolammodo intellig^nda aervetur. Antiqua ?ero Castra
intelligi decernimus in hoc casa, quornm constrnctia
annorum quinquaginta jam tempus excessit.
Circa personas accusatasi quae in eodem Regno
injaste capi dicebantur, si ètiam idoneoa fidejuasores
offarrent, licei dictus Rex aliquid statuisse dicatur ad
gravamen hujusniodì temperandumiNoa t»men,ut nulla
super hoc querela supersit, prevideodo praecipimus:
jura cÌTÌlia obaervanda, et eadem obae^^ari jubeinss.
Circa destitutionem possessorani Comitum, Baro-
num, et qnonimlìbet aliorura, qui per Hegalem Gu'
riam, et Officiales ipsius^ ac alio» alìenigenas feuda
tenentes in Regno auts possessìonibad, ai quando Cu-
ria, Officiales, vel alienigenae praedieli ^ua habero prae-
tendebant, in illis spoUari, si?e destituì dicebantur, et
de possessoribds ef&ci petitores, nullo Jaris ordiae ob-
senrato, nec non et cum aliquis dicitnr invanisse tbe-
saurum, et etiam cum quis apud eandem Curiam prò
alio fidejuasit, ita quod nec aliquis suae destitoatur
possessionis commodo, vel spolietur, aut desti tuatur
aadem, nec quod illum, qui deferturi aut conyincitur
de intentione thesaari, nec quoad fidejussores Guriaé
datos, alitar quam eadem jura stalunnt, proeedatur.
Regibus futuris prò tempore in Regno praedicto, et
memoratis incolis, qui de inordinata paasuum ejusdem
Regni custodia querebantur se immoderate grayari, si«
milrter de passu proridentes eidem custodiae modera-*
men competens adliimebus,, Ticklicet, quod tempore
impacato, seu imminente turbatione aut verisimili tur*
bationis suspicione, et eontra ipsum Regcm, aut dio-'
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374 STORIA CIVILE
tam Regnum, seu in Regno eodem Rex facere posBit;
passus eosdem ad evitandum pericula custodiri. Tem-
pore fero pacifico incolis Regni habitantibus in eodem
ac aliis non suspectis liber sit ex eo exitùs, et ingres-
aus in illud, ita tamen, quod equi ad arma Bullo
tempore sine Regis licentia extrahantur exiiide ad ven-
dendum.
Yictualia vero quaelibet de suis possessipnilius, vel
massariis, seti oves, bovés, et alia animalia humano
competentia usui, de gregiis propriis, aìrmeptis, vel
redditibus habita extra Regnum, dum tamen non ad
inimicos eorundem Regis, aut Regni, unusquisque li-
bere mittat, etiam ad vendendum, nisi sterilitasi aut
praetaetae turbatìonis instantia, seu Verisimilis suspicio
suadeat, circa missionem hujusmodi per Regem eju»
temporis aliud ordinandum. Si vero praedicta victua--
lia, vel ^nimalia ex negotiationis commercio habeantur
etiam fertilitatis tempore absque Regnantls licentia ex-
tra Regnum mittere vel ex ipso extrahére non liceat
sic habenti. In omnibus praemissjs missipnis, seu ex-
tractionis casibus, jure , quod^umque Regi competit,
per omnia semper salvo» Infra Regnum vero etiam per
mare liceat cuilibet.
Ecclesiasticae , saecularive personae frumentum, et
alia blada^ nec non et legumina de propi;iis tcrrìs y
massariis, atque redditibus habita, sine jure exiturae,
Fundici, seu Dohanae in loco, in quo victualia reci-
piantur , vel deponantur praestando^ de uno loco de-
ferre, seu facere deferri ad alium, a Rege, seu ipsiut
Officialibus licentia non petita. Emptitia vero ]ure exi-
turae, ac Fundici non soluto, sed alio si quod Regi
debetur, dum modo emptitiorum delatio'de Fortu licita,
ad similem Portum^ et cum barcis parvis centum so-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAt.L ìjS
Itt^modo saltnaram, vel infra capaclum tantum fiat
et deferentes, seu deferri facientes praemissa emptitia,
dent particulaii Portulano loci, in quo fict oneratiò
eorundem, fidejui^aoriam cautionem, quod literas testi*
nioniale£( de ipsorum yictualium, et leguminuin estra-
ctione a simili Portulano loci^ ih quo exoneratio ipsa
fict habeant infra certum terminura prò locorum di-
stantia praefigendum, et haec omnia ' perpetuo, praeci*^
pimus observari.
Abi^sum Gontra naufragos^ ut fertur^ inductum in
,eo, quod bona, quae naufragium evadebant, qiapieban-
tur per Guriam, nec ipsis naufragis reddebantur, ejus-
éem proyisionis oraculo penitus abolamus, praecipien*
tes bona hujusmodi illis restituì, ad quos spectant.
Querelam gràvem hominum Regni ejùsdem super
eo nobÌ9 exhibitam per Guriales sttpendiarii Regii, et
alii fegalem Guriam sequentes in ciyitatibus, et locis,
ad quae cum dieta Curia, vel sine ipsos declinare oon-
tigit domos Givitatis, seu locorum eorundem prò sua
arbitrio Dominis intrabant invitis^ et interdum ejectis
eisque in altilibus animalibus, et aliis bonis eorum,
et quandoque horum occasione in personis ipsorum
graves.injurias inferebant, sopire competentis provisio»
nis remedio cupientes, prohibemus, ne aliquis Curialit
stipendiarius, ycl alius sequens Guriam memoratam,
domum', yel hospltium aliquod capere, siye intrare pro-
pria authoritate praèsuniat, sed per duos^ aut tres ,
aut plures, prout Ciyitatis, aut loci magnitudo popò-
scerit per eandem Guriam, et totidem a locorum in*
colis electos, authoritate tamep Regia deputandos , ho*
spitia memoratis Gurialibus, stipehdiariis, ti aliis assi«
gnentur. lidem autem Guriales, stipendìarii- et alii nulla
bona suorum ho^spitum capiant, nec in illis^ aut in
personis eorum ipsis aliquam injuriam inserant, nce
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376 STORIA CIVILE
ìpsofflm aliquis prò eo^ quod $ibi hospitiam fuerit ali-
quando tallter assignatom» si cum aliis ad eundem Io«
com cum Curia, vel 3Ìne Curia venire contingat, si
jus hoapitandi vendicct io eodem^ aut ipsum ìatraro
audeaty niai fuerit sibi siraili modo ìtèrum assignatum.
Hujutmodi autem hospitia taliter assignata, praefati
Rex, et illi de domo, et familia sua gratis semper ob«
iineant; Reliqui vero, sive stipendiarli, sive quicumque
alii per unum mensem solum, si tanto tempore in
eodem loco co^tingat Guriam residere , si vero . ultra
resederit» vel ipsos stipeodiarios, aut alios ad aliqua
loea sme Curia venire' contingeret , satisfaciant Do-
minis bospiliorum, seu ipsorum actoribus de salario
competenti per deputatos, ut praemittìtur, moderando.
Sirnijitcr prohibemus, ne in locis, in quibus vina,
et victualia poasant vrnalia reperìri, quisque ea per
Regalem Curiam, aut Curiales, seu per quoscumque
Mini»tros ipsorum, vel quoscumque alios invitus ven*
dere cómpellatur nec aliqua bona nolentibus vendere,
auferantur, nec eorum vegetea conaignentur, etsi de
fEicto fuevint consign^tae, frigna eia imposita liceat Do-
minia autkoritate propria removere, praesertim cum
praefatus Rex hoc ipsum de remotione hu)u8modi sta-
tuisse dicatur; si vero in loco, ad quem Curlam» Cu-
riales, et akioa praedictos declinare conlingit, taUa ve-
nalia non habentur, abundantes in ilUa per aliqnem,
\el aliquos ad boc a Regali Curia, et totidem a lo-
corum iacolis rlectoa^ authoritate tamen Regia depa-
tandos omnia hujusmodiy quae habent ultra necessaria
5aÌ8, et familiarum suarum usibus, non sohim Curiae^
aed Curia! ibus, et aliìs eam aequentibus cogantur ven-
dere prttio competenti per depatatos, ot praemittitnr»
moderando.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXL GAP I. J;;
In matriiponiìs/In quibus volentibus ea contrahere
varia impedimenta cootrahendl adtmentia libertatem
per Regèm; et siioa ingerì dicebantur, ApostoHeaè pro-
visionis ben^ficiam .deliberayimus adbibendurn; ideo
provisione irrefragabili prohibentes KegnicoUs Regni
habitatoribus^ matrimoniiim inter se contrabere volen-
tibus per Regem, vel suos Officiale», aat alios quo-
filibet inhibìtionis, seu cujaslìbet alterius obicem im-
pedimenti praestari, déclaramus, et decldrando pra^^ci*
pimoa, libera esse matrimonia intér eo9, ita qaod bona
mobilja, vel immobiiia, feudalia, vel non fcudalia, li-
bere sibi mutuo dare possunt in dotem, nec iidem
Regnicolae Regni ut praehfiittitur , habitatores ejus-
dem super matrimonio inter se contràhendo, aut in
doten> dando bona qnaelibet, licentìam petere te*
neantor, nec prò eo quod matrimonium esset cum
bonis ^uibuslibet, aut dote qnantacumque contractum
fuerit a Rege licentia non petita contrahentibus , aut
aiterutri eorundem, vel Parentibns, Consangnineis, sive
amicis ipsorixm.In personis, aat rebus impedimentum ,
dispendlum, aut gravamen aliqood inrogetur^ nulla in
praemissis coRstitutioqe, vel coasuetadine contraria de
caetero valitura.
Providendo praecipimus^ ut ai quando in Regno
praedioto c'ontra t>ertam personaoi fuerit inquìsitio fa-
cienda, nisi ea praesente, vel se per contumacìam ab-^
sentante^ non fiat, si vero.praesens fuerit, exbìbéan'
tur «ibi capitala, super quibus foerit iaquirendam, ut
sit ei defensionis copia, et facultas^ simili provisione
praecipimus, ut prò generalibus inquisìtìonibns/nibi],
vel sub compositionis colore, vel alias ab Università-*
tibus exigatur, 9^ si procedandanpi fuerì^ }ust4| prò-
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3 78 STORIA CIVILE
cedatàr ex ei8, praesertim cum dictus Rex G. hoe*
idem statuisse dicatur.
fiujusmodi praecepto adjicimua: ut quoties inter
Fìscura, et priyatum causam moveri contingit, non
soliHTi in examinaDdo jura pa^rtium, sed ad difinìitivam
sententiam jusie ferendam, sivè prò privato , sive prò
Fisco, tiec non ad ipsiu? exequutionem nulla in hoc
difficultate ingerenda per Fiscum efficaciter proceda-
tnr, ita qua nec in praedicto examine^ nec in prolatione
Tei exequutione sententiae injustam moram, vel aliam
injufìam patiatur per Fisci potentiam justitia priva-,
torum. ,
. Providendo districtius , inhibemus foreistas per Re-
gem aut Magnates suae Guriae, veL Ofàciales, seu quo-
scumque Ministros in Terris fieri privatorum, vei ali-
quarum for^starum occasione per Regiam Curiam Ma-
gìstros, vel Gustodes forestariim ipsarum aliquem in
cultura Terrarum suarum, seu etiam perceptione fruc-
tuum impediri, sive ipsis propter hoc damnum aliquod
vcl iniuriam irrogari; factas vero de novo foresta^
hujusmodi oranina praecipimus amoveri.
Oinnes Ecclesiastica^, secularesve personae Regni
Slcillae libere suis salinis utantur, et praesentis prò-
yisionis oraculo prohibemus, ne illis, per Regem, Of-
ficiales, aut quoscumque Ministros ipsius usus, aut
exercitium interdicatur earum, neve quisque probi-*
beatur sai de salinis ipsis proveniens emere ab eisdem.
. Abusiones Gastellanorum, per quos hominès dicti
Regni ad portandum eis paleas, Ugna, et res alias
etiam sine preti o cogebantur inviti, et iidem Gastel^
lani de rebus quae circa, seu per Gastra eadem por-
tabantur pedagia exigebailt,^ praesentis proVisienis he*
neficio prohibemus.
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T>EL REGNO DI NAPOLI L. XXI. GAP. I. 379
Ejusdeai provisionis edicto praecìpimus, ut prò II-
teris regìis, et sigillo nihil ultra ipsius Regni aati-
quam consuetudincm exigatur, • yidelicety ut prò literis
justìtiae niliil oxnniao, prò lilÈris vero gratiaje, in qua
non est Feudi, vel Terrae concessio, nihil ultra qua-
tuor t^renos aurì ab impetrante solvatur , nulla in
praemissis distinctione habitaii^ter clausas literas, et
apertas.
Pro literis aut^m super concessione Feudi, vel Ter*
rae confectis, nep non et prò priyilegiis aliis prò cón^^
cessionis séu privilegii qualitate, auk benevoléntia co^-
cedentis Guriae satisfiàt; dum tamen summam decem
unciarum prò quolibet concesso feudo integra satisfa-
ctio non cxcedat) sed nec praetextu sigilli regii justi'
tiae, sive gratiae literis in aliquo casuum praedictorum
impressi , vel appensi forsitan impetrans ultra quam
praeinittitur; solvere compellatur.
Ammalia deputata molendinis, quae centimuli vuU
gariter nuncupanlur, per regalem Guriam, vel officia-
les, aut Ministros ipsius, camve sequentes, stipendia-
rios, vel quoscumque alios nullo modo ad aliquod
eorum i^inisterium Dominis capiantur ìnyitis, nec alia
etiam, sed prò competenti pretio, de quo conventum
fuerit inter partes, a volentibus conducantur, et faaec
ita de eoetero praecipimus observari, maxime cum ipse
Rex statuis3e dicatur, quod Justitiarii, et subofficialeft
eorum, ac stipendiarli, et subofficiales non capiant a*
nimalia deputata ad Gentimulos, sed cum. est necesse,
inveniantur alia habilia ad Vecturam, et loerium con-
veniens tribuatur, etsi contrafecerint, restitutis anima-
libus cum toto damno eorum Dominis, poenae nomi*
ne, et prò qualibet vice, et quolibet animali solvant
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38(y STORIA CIVILE
Curine unciain onani auri; praernissam quoque con-
stitutionein dioti Regia, similiter obeervari praecipimus.
De creatione Officialium praesertim extrauedruin ,
qui propter ignorantiain status Regni et fayorem, qui
eÌ8 a Regali Curia praestabatur aub)ecto8 impune ^ra-
vabant; oonsulte 8ue:geriniu9^ quod Rex^ creare stu dea t
Officiales idoneos, qui &ubject08 injuste non gravent.
Super eo, quod Regnicolae qucrebantur^ videlicet,
quod eia gravatis prò relevatioùia obtinendo rimedio
ad Regem aditus non patebat, suademus per Regem
tàliter provideri, quod querelae aubditorum ad eum
vaieant libere pervenire.
Prohibemus, ne quisque prò animali silvestri extra
defeneam^ vel lioiitea deJEensae invento sine aliqua in-
venientis iinpulaione, arte, vel fraude, aliqaatenus pu-
niatur, èliamsi illud capiat, vel oecidat.
!Nullus Comes, B^o, vel alius in Regdo praédicto
de eaetero compellatur ad terridas, vel alia quaecum-
que vassella propriis snmptibus facienda. Per hoc au-
tem juri Regio in lignaminibus et marioartis, vet alio
servitio vassellomm, quae a quibusdam Universitatibns,
et locis aliis, sive personis singularibus dicti Regni
deberl dleuntor, nolomns in aliquo derogar!.
Si contingeret Baronem aliquem mori, filio, vel fìlia
superstitibus, aetatis, quae debeat cura balii gubernari,
providendo praecipimus, quod Rex alicui de * consan-
guineis ejus balium cooeedat ipsius, et quod ad hoc
inter consanguiiieos proximior, ai fuerit idoneus, prae-
feratur.
Si aliquem feudum a Rege tenentem in capite, vel
etiam subfeudatarium nallo baerede legttimo per lineam
d^scendentetn, sed fratre, aut ejus liberis superstitibus,
mori Gontingaty si decedentis feudum ab aliquo ex pa-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. t. 38i
Tentibus sibi, et fratri ìDommuoibus pervenerat ad de^
fuoctum, idem £rater, aut ex liberis duis usque ad
Tnnepoteni, ille qui tempore mortis supererìt defuneto
proxìmìor ìq feudo sucoedat, habiturus illud cum onere
«ervitii consoeti.
Ad fiuccessìonem fendi, omnibus Peraonii feudatario,
aut subfeudatario defuneto simili gradn conjunctis eo-
dem ordine admittendis.
In successione vero praemissa inter feudatarios, et
subfeudatarios yiventes in Regno jure Franoorum^ se*»
xus, et prìmogeniturae praerogativa servetur, ut inter
duos eodem gradu feudatario conjunctos foeminam ma-
scuius, et juniorem niajor natu praecedat, si?e sint
maseuli, sive foeminae concurrentes^ nisi forsan duabua
concurrentibus esset primogenita maritata , et junior
remanserit in capìlio, tunc ehim* junior, qoae in ca*
pillo remanserit primogenitae maritatae in successione
hufusmodi praeferatur. Sed si nulla remanente in ca-
pillo, duae, vel plnres fuerint maritatae, majorì nata
jus primogeniturae servetur, ut alias in dieta succet«>
sione procedatur.
Si vero feudum, de quo agitar, non ab allquo pa-
rentum processerat, sed inceperat a Defut)cto\ tuna
solus def aneti irater in ep succedati nisi lex conces-
8Ìoni« in praemissis aliud induxissety et haec ita d^
caetero praecipimus obseryari, qualibet contraria .con-
suetudine, yei ooDstitutione cessante.
Nullus subfeudatarius prò feudo., quod ab aliquo
feudatario Regia tenet,. compeUatur ipsi Regi servire,
aed si aliquod aliud feudum ab ipso Rege tenet in
càpite, prò co sibi serviate ut tenetur.
Si coQtingat, subfeudatarium crimen committere,
propter qùod publicanda fuerint bona ejus, aut ipsum
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38a STORIA CIVILE
6lne legitimis haercdibas fati tnunus implere, si feudum
ejus fuerit quaternatum, nihilominus immediatos Do-
minas ìUud cum onere servitii consueti personae con-
cedat idoneae Regi postmodum praesentandae, ut ejus
flupir hoc habeatur assensus. Si vero quaternatum non
fuerit, sic ad eundem immediatum Dominum reverta-
tur, ut ipsum hujusmodi personae prò sua yoluntate
concedat, neo eam Regi praesentare, aut ejus super
hoc requirere teneatur assensum; iis ita deinceps ex
nostro praecepto seryandis, constitutione, yel consue*
Indine contraria non obstante.
Vassalli Baroiium per Guriam, yel Officialés ipsius
ad àliqua privata officia non cogantur, etsi ea yolun-
tarii' subeant ratione debiti ex hujusmodi officii rece-
ptione, yel gestione contracti, yel delieti forsan in ei
commissi Baronibus eorùm Dominis in bonis Yassal-
lorum ipsorum, yel aliis praejudiciutn nullum fiat.
In Terris Ecdesiarum, Gomitum et Baronum Regni
praedicti Magistros Juratos poni de caetero probibe^
mus, et positos exinde praecipimus amoveri.
Ad novas communantias Vassalli Baronum^ yel a-
liorum ire noQ compellantur inviti, sed nec yoluntarii
admittantur si sint adscriptitiae , . similisvp fortunae ,
yel ralione personae, non rerum tantum pérsonalibus
servìtiis obligati. Si vero ratione rerum tantummodo
seryitiis hujusmodi teneantor, et ad easdem commu-
nantias transire voluerint, res ipsas Dominis suis siae
eontradictione dimittant. ,
Barones, vel'alii extra Regnum, nec servire perso-
naliter, néc addohamenta praestare cogantur. In casibus
quoque, in quibus intra Regnum servire, yel addoha^
pienta praestare tenentur, serritia exhibeant, et addo-
kamenta praestent antiquittts copsaata, yidelicet, ut
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.L 383
Tel tribtis mensibus persohalìter serviant cum numero
miiitqm debitorum, yel prò singulls militibus, ad quot
tenentar prò quolibet trium mensium pruedictorum
tres uncias, et dimidiam auri solvant, et haec ha de
«aetero inconcasse de nòstro praecepto obseryentur.
Gaeterum^ ut contra pericula, qune aicut praetactum
est, proptcr gravamina illata subditis e^^citata crédun-
tur, ne (quod absit) recidant in tanto periculosiua re-
sidubm, quanto recidenti solet esse deterius, qui ca-
denti ea magis sit regnantibus in Regno praèdicto
securitas, quoinlnus erit libera eadem gravamina irro-
glandi facultas, previsioni* praemissae subjungimlus ad
perpetuum sui roboris fulgimehtam, quud si yentum
fuerit in aliquo contra eam, licitum sit Uniyersitìitibus,
et gravato cuilibet libere ad Apostolicam Sedem ha-
bere prò sua querela exponenda, et obtinenda illati'
grayaminis emendatione reyersuin> Adjieientes inter
illa, in quibus contra proyisionem eandem fieri con-
tingeret congrua distinctione delectum, yidelicét, ut si
ea fuerint, quae per ipsam prohibitòrie, yel praece-
ptorie sunt provisa, et principaliter factum regnantis
respiciunt, nec solet absque ip&ius authoritate praesu-
mi, ut est coUeetarum impositio , monetae mutatio ,'
matrimonìorum prohibitio, yel impedimentum aliud
eorundem, nisi Rex ejus temporis illa infra decem
dies revocayérit per se ipsuni, eo ipso Capella suiai
Ecclesiastico sit supposita interdicto, duraturo solum,
quousque gravamen fuerit revocatum. In reliquis' vero
prohibitoriis et specialiter, si TJniyersitas, singularisye
persona gravata, yolens propterea recurrere ad Sedem
eandem, per Officiales regios, seu quoscumqne Mini-
stros, yel quoslibet alios fuerit impedita, yel ìpsos aut
alios prò eis exinde damnum passum, nisi satisfactione
laesis praestita, impedimentum infra mensem postquam
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384 STOMA CIVILE
ipse Rex sci^erit, revocetur, ex tunc 8Ìt Gapella eadem
•imilìter interdicta. In quolibet autem casuam prae-
dictomm, si Regnans interdfctum hujaemodi per duos
menaés substìouerìt ànimo contumaci, ab inde loca
omnia, ad quae ipsum, uxorem, et fiUos suos decll-»
nare contìnget, donec ìpsi praeaentes fuerint, simili
intérdicto suBiaceant, etai deiode per sex menses ìn-
terdicta hujusmodi aubstinnerìt animo indurato, exinde
8it excommunicationis aententia innodatus, qnam ai per
alioa menses sex contumacia obstinata substineat, ex
tunc subditi ad mandatum Sedia ejusdem ipsis prò-
pterea faciendum in nullo sibi obediant, quamdiu in
bujuamodi obstinatione persìstet Ad majorem quoque
provisionis hujusmodi flrmitatem eidem specialiter ad-
jicimus, quod quilibet Rex Sicìliae, quando juramen*
tum fidelitatis, et homagii praestabit Summo Pontifici,
solemniter eidem, et Eeclesiae Romanae prò se, ac
suis haetedibus in Regno sibi successuris eòdem, prò-
mittere teneantur, qui provisionem praesentem in om-
nibus, et per omnia, quantum in eia erit, observabunt
inYÌoIabiliter, et facient ab aliis observari, nec contra
eam, vel aliquam partem ipsius per se, vel per alium
quoquomodo aliquid attentabunt, et super hoc tam
ipse, quam quilibet eorundem successorum dent ipst
Pontifici, et Eeclesiae suas pateotes literas sui pen-
déntis sigilli munlmtne roboratas^ licet autem prae-
missae provisionis verba gravaroina certa respiciant,
de quibus ad nos querela , pervenit, Regea tamen, qui
continuanda tempprum, et successionum perpetuitate
regnabunt in Regno praedicto, non proptcrea existi-
ment gravandi alios subditos arbitrlum sibi fore con-
cessum; sed sciant potius se debere ipsos in bono
atattt tenere ab omnibus illicitis cxactiunibas, et in-
debitid eorum oneribub per se, ac alios aisatinendo.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. e API. 385
Sane, 81 quod in eadem provisione ^ vel aliqno ejus
articulo dubium.non tam soUicitatur, quam rattonabi-
lem dubitationem continena oriri contingat, interpre-
tationem dubii hujusmodi nobis, quamquam etiam de
)ure competati reservamus expresse. Decetnimus ergo,
ut nulli omnino bominum liceat hanc pagìnam nostram
provisionis, constitutionis, inhiblttonis, praecepti, de-
darationis, abolitionis, et^ abrogatioóis inlringere, yel
ei ausa temerario contraire^ si quisautem hoc atten*
tare praeaumpserii, indSgnationem Omnipotentis Dei,
et Beatorum Petri et Pauli Apostoloram ejua se acr-
Terit incuraumm.
Ego HoHORivs Caih. Eccles, Episcopus.
2S
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386 STORIA CIVILE
^ Ego Ordanius TuscolaDus EpÌ8copa« subscripsL
^ Ego Fr. B^oevenga Albaoensis Episcopaa sub»
scripsi.
ifi Ego Fr. Latiaus Ostiensìs et Yelietrenaia. £pl«
acopuf aubacripai.
^ Ego Fr. Hierooymaa Pfeneatioenais Epiacopna
aubscripsi.
^ Ego Bemardoa Portoenais et S. Raffiaae Epi-
acopus aubacripsi.
« Ego Aocherus tit. 8. Praxedia Praeabyier Gar*
disalla aubicripsi.
9^ Ego Hugo til. S. Laurentii in Lactna Praesby-
ter Gardinalia subscrìpsi.
9* Ego Gervasiua tit. S. Martini Preeabytér Gardi-
nalis subscripsi.
«¥< Ego Ganfridtts tit. S. Susannae Praeabiter Gar-
dioalis sobscripsL
«3R Ego Gomes tit. SS. Marceliioi et Petri Prac-
sbyter Gardinalia subscripsi.
9* Ego Gottifredus S. Georgii ad Yelum auream
Diaconus Gardinalis aubscripsi.
9^ ' Ego Jordanua S. Eustachii Diaconus Gardinalia
aubscripsi.
9 Ego Jacobua S. Mariae in yia lata Diaconua
Gardinalis subscripsi^
^ Ego Benedictus S. Nicolai in Garcere Tulliano
Diaconua Gardinalis aubscripsi. .
Datum Tibure per manum Magistri Petri de Me-
diolano S. R. E. Yicecancellarii , quintodecimo
Ejilendas Octobria, Indictione i4 Incarnationia
Dominicae ailpo miUeatmo ducentesimo octuage-
simo quinto, Foatifiettus ycro D. Honorìi Papae
IV. Anno I.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.L 38;
Praesens copia Gapitulorum Papae Hotìorii sumpta
efit a transumpto esistente in Archivio Monasterii San-
Gtissimae Trinitatis GaTae, me procurante, oum ad
Monasterium praedictnm ad hoc accessisseoi ordine
Regentis Annibalis Moles, et Consiliarii Horatii Mar-
chesi!. Et in eodem Archivio similiter adest transam-
ptum Confirmationìs factae ab eodem Pontifico eodem
die Gapituloram editorum per Garoiam II tunc Yi-
^ carinm Caroli I in hoc Regno, quorum copiam simi-
liter haheo ad pennam; sed haec Gapitula Garoli II
cum Gonfirmatione Pontificia «unt impressa cùm Prag-
maticis in tit. De Clericis^ Pragm. a sine die; et eadem
priginalia Gapitula Garoli II pariter impressa sunt cum
aliis Gapitulis Regni in tit. de Privilegi et Jmmunìt.
Ecch
Marcellus Marcianus,
Ervi gran contrasto fra' Doetrì scrittori, se mai que*
sta Bolla fosse stata ricevuta nel Regno , ed avesse
avuta in quello forza o autorità alcuna di legge. Fu*
Ton mossi alcuni a dubitarne dal vedere, che i nostri
Professori, come Andrea d'Isernia, Angelo, Baldo,
Luca di Penna, Paris de Puteo, Aretino, Soccino,
Afflitto, Gapece, Loffredo^ Camerario e tanti altri, so-
vente nelle loro opere allegano i Capitoli in quella
contenuti. Ma niono quanto Rainaldo (a) ne' suoi An-
nali ecclesiastici si sforza in grazia de' Romani Pon-
tefici di mostìrare, eh' ella niel Regno avesse avuto tutto
il vigore ed osservanza. E certamente mentre durò la
prigionia del Principe Carlo, non meno il Cardinal di
Parma, che il Conte d'Artois la fecero valere nel Re-
(a) Raiuàld. ad ann. i385 a uum. 53 ad nu, 63.
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S88 STORIA CIVILE
gno, leggendosi, che il Pontefice Onorio inyianaola
«1 Cardinale, con duo particolnr Breve, V incaricò, che^
l'avesse fatta osservare; e presso questo medesimo Scrit-
tore si leggono due lettere del Contef d*Arto5s, una
dirizzata da Foggia al Giustiziere di Basilicata, e Tal-
tra spedita da Barletta a' 22 ottobre dtiranno 1288
e dirizzata a' Prefetti della Puglia, per le quali loro
s'impone, che avessero fatti osservare 1 Capitoli del
Pontefice stabiliti super staiti et redime Regni; tanto
che poi per non irritare i Pontefici con- mostrarne
disprezzo, s'introdusse nelle lettere, che si spedivano
agli Ufficiali, come per formola, di soggiungervi an-
che, che osservassero e facessero osservare le Costi-
tuzioni e Colpitoli del Regno, ed anche quelli per la
Sede Appostolica stabiliti.
Ma sprigionato che fu il Principe Carlo, ed inco-
ronato Re da Niccolò IV successor d'Onorio, essendo
egli ritornato in Napoli nel 1*289 conoscendo di quanto
pregiudizio fosse la Bolla d'Onorio alle sue ragioni
e preminenze Regali, ancorché per non disgustar quel
"Pontefice cotanto suo benefottore, non gli paresse di
espressamente rivocarla, non permise però, che avesse
nel suo Regno vigore . alcuno. E scrive Pietro Pic-
colo (a) da Monte forte, antìeo e famoso Dottore de'
suoi tempi, che Carlo II per riverenza, che bisognava
allora avere di quel Pontefice, l'avesse richiesto, die
«i contentasse di sospenderla, e che Papa Niccolò l'a-
vesse-già sospesa; ed ancorché Rainaldo restringa la
Bospensione solamente in quanto alle pene in quella
(a) Petr. de Motitefor. in addìt. ad Constit. Reg. lib. 3
tit. 25. Constit. Post inortem. V. Marcian. loc. cit. na. 17
et 18. V. Aoilreys dfsp. feud. cap. i ^ 3 «um. 10.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.I. SSg
minacciate, non già in tutto il resto; con tutto ciò si
vede dalle cose seguite, che non ebbe esecuzione al-
cuna; poiché non solo per le pene» ma per moki altri
eapi non fu osservata, né ricevuta. In fatti Carlo II
stesso volendo con nuove leggi (tornato che fu in N a*
poli) riformar lo stato del Regno, ne stabilì molte, e
confermò solo quelli Capitoli, eh' egli avea stabiliti
nel Piano di S. Martino. (a); ma di .questi di Papa
Onorio, come pregiudiziali ssimi alle supreme regalie
della sua Corona, non ne fece motto; anzi si videro
nel suo Regno medesimo contrarii effetti di ciò, che
quel Pontefice ave& stabilito. Non ostante la proibi-
zione d'alienare i beni demaniali, fu sempre in balìa
del Re di donargli; anzi Andrea d' Isernia non potè
non confessare, che Papa Onorio non poteva ciò proi-
bire a' nostri Ke. L'istesso Andrea Compilatore dei
Riti della regia Camera ci testifica, che ancorché Ono<^
no in questa sua Bolla (b) avesse stabilito, che cia-
scuno potesse liberamente valersi delle sue saline, e
vendere ad altri il sale procedente da quelle; eon tutto
ciò si osservava quel che Federico II avea disposto,
e non quel che Onorio volle. . Parimente niente fu os-
servato . intorno all' esazione delle Collette in quelli
quattro casi da Onorio permessi; e tutti i nostri Au»
tori attestano, che tanto prima, quanto dopo il Re
Alfonso I fu sempre in arbitrio e balìa del Re d'ira*
porle in ogni caso, quando conosceva il bisogno dello
Stato.
Né la snccession feudale fu alterata, ma intorno a
ciò furono osservati i Capitoli del Regno e le grazie
{a) Gap. <Ionflrinatio Gap. edit. in Pian. S. Martini, (h)
Cap. Omnes JBcdesiastia.
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Sgo STORIA CIVILE
concedute poi da' nodtri, Baroni. Né furian ricevati
qaelli d'Onorio, se non in alcuni casi, dove l'equità
e la ragione v' avca luogo, e quando si stimavano ra-
gionevoli. Quindi V istesso Andrea d' Isernia disse :
Quod Ma non servantur, nisi quatenus sunt rationa-
hilia*^ onde chiamò questi Capitoli Oratoriali^ perchè
non aveano presso di noi forza alcuna di legge; ma
alcuni erano osservati piii per forza d* equità e di ra-
gione, che di legge.
Sebastiano Napodano credette, che questi Capitoli per-
deron tutta la foixa nel tempo del Re Roberto , nella
quale opinione par che inclini Rainaldo, dicendo che
per non esser stati poi osservati accaddero quelle mi-
serie e calamità, delle quali si duole il Summonte (a);
ma dalle cose di sopra dette, hen si conosce, che
molto tempo prima di Roberto, nel Regno stesso di
Carlo II non furono osservati
Per questa cagione avvenne ancora, che i Compi-
latori de' Capitoli del Regno gli esclusero da quella
compilazione, f solo quelli fatti dal Principe Carlo
nel Piano di S. Martino vi posero:, insieme con gli
altri Capitoli di tutti i Re angioini. Cosi ancora quando
il Re Giacomo di Sicilia ordinò per quel Regno i suoi
Capitoli, volendo concedere a' Siciliani ciò, che avea
conceduto a' nostri Regnicoli si valse d' alcuni èà que«
sti; e perchè avessero 'in quell'isola forza di legge,
bisognò, che tra' suoi Capitoli gì' inserisse, come fece
del Cap. si aliquem , del Cap* de Collectisy De fre-
quenti mutazione monetarum^ cap, io. De matrim. li*
bere contr. cap. 32 e simili; ond'è, che Cumioj che
commentò que' Capitoli, disse parlando del Cap. si ali-
(a) SutumQnt histor. tom. a Iib« 5.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXL CAP. I. 891
ijuem^ che quello non s' osAerrava nel Regno di Na-
poli, ma sì bene in Sicilia per ordinamento di quel
Re. E quindi prudentemente fede il Reggente Tap*
pia, che nella compilazione delle leggi del Regno, ne
escluse affatto questi Capitoli , come quelli, che non
ebbero in esso forza alcuna di legge.
Si vide perciò ancora, che a tèmpo degli i^ra^o-
ncsi ^ eretto che fu il Tribunal Supremo del S. G.
quando erano allegati dagli A?yooati, testifica il Reg*
gente Mòles, ohe non si decise mai causa in vigor 4i
questi Gapitoli ; per la qual cosa non possiamo non
mar;avigliarci del Reggente di Ponte, che a torto vien
reputato per uno de' maggiori sostenitori della regal
giurisdizione, il quale nel suo trattato*. De potestate
Proregis (a), non s' arrossì di dite, che più tosto per
desuetudine^ che perchè non avessero avuta forza di
legge, questi Gapitoli aon fossero osservati: soggiun^
gendo in oltre, che Papa Onorio, come diretto pa«
drone del Regno ^ con volontà di Garlo II utile Si-
gnore di quello, avesse potuto stabilir leggi nel Regno.
Termina in fine Rainaldo (b) il suo discorso, con
un ricordo, che dà a' Principi, insinuando loro di es-
sere ubbidienti Me leggi de' Sommi Pontefici, qua-
lora si pongono a riformar i loro Stati, ponendo loro
avanti gli occhi quest* esempio, che siccome per essere
stati violati questi Gapitoli, accaddero, al suo credere,
nel nostro Regno tante calamità e miserie ; così de-
vono essi essere ossequiosi e riverenti alle leggi de' Pon-
tefici^ se non vorranno vedere i loro Regni dissoluti,
{a) De Ponte de potest. Proreg. tit. de àsscns. regalibus
super dotìb. a niim. 6 cum seqq. (b) Rainald.. , ann. i2^5
nùm. 6i.
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39a STORIA CIVILE
«d andare in desolazione e ruina. Terminiamo perete
ancor noi questo discorso con un altro oonsimil ri*
cordo a' Prìncipi, di guardarsi molto bene a commet-
tere la cura ed il governo de' loro Stati ad. altri, che
a se stessi ed ai loro più fedeli Ministri; poiché se
o per riverenza, o per bisogno vorranno farci iiftrr*
gare i Pontefici, ancorché si cominci per poco, essi
poi per la propria esquisita diligenza , quel che pri-
ma era consìglio o divozione , lo mutano in auto-
rità e dominio, e fanno sì, che da Padri divengono
Signori, ed essi da figliuoli divengono servi; e chia-
rissimo documento sarà loro, quel che a' tempi de' Nor-
manni, e molto più nel Regno degli Angioini é acca-
duto al Régno nostro, nel quale i PoAtefici Romani
vi pretesero esercitare assai più ampio ed indipen-
dente imperio, che non osarono i nostri medesimi Prin-
cipi; e non pur sopra i nostri^ Baroni e Regnicoli, ma
sopra i Regi stessi osarono stendere la loro alta ed
imperiosa mano.
CAPITOLO IL
Negoziati fatti in Inghilterra^ e ad Oleron in Bearn^
per la scarcerazione del Principe Cablo; sua inco-
ronazione e tregua fatta col Re Giacomo di Si'
cilia.
JxLentre ardea la guerra in Sicilia ed in Calabria,
tra il Cfonte d'Artois ed il Re Giacomo, che s'avea
già fatto incoronar Re in Palermo: il Principe di Sa-
lerno , considerando , che per mezzo della guerra le
cose doveauo andar in lungo, desideroso della libertà^
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.II. SgS
e di ritornare al Regno paterno^ mandò a sollecitare
]a Principessa sua moglie, che mandasse Ambascia-
dori a Papa Onorio e* ad Odoardo Re d'Inghilterra,
pregandogli, che volessero tratiare la libertà sua i^oi
Re Alfonso. Odoardo con molta amorevolezza e dili-
genza cominciò a trattarla, prima per niezzo d'Am-
basciadori, e poi. con la sua propria persona, essendo
andato fino ad Oleroo in Bearn a trovare Alfonso»
dove il Papa vi mandò ancora un Legato appostolica
Negli Atti d' Inghilterra fatti a' tempi nostri stampare
dalla Regina Anna^ si leggono molti atti «e lettere ri-
guardanti le- negoziazioni d' Odoardo per la libertà di
questo Principe, ed i principali sono gli articoli, sui
quali Odoardo convenne ad Oleron col Re di Arago-
na. Gli articoli e condizioni, dopo molte discissioni
accordati, .furono questi.
Che prima, clve il Principe uscisse da' confini del
Regno d'Aragona, facesse consegnare per ostaggi tre
suoi figliuoli, Luigi secondogenito, che fu poi Ve-
scovo di Tolosa, e dapoi santificato: Roberto terzo-
genito Duca di Calabria, che fu poi Re: e Giovanni
^ottavogenito, che fu poi Principe, della Morea; e ses^
santa altri Cavalieri provenzali ad elezione del Re di
Aragona.
Che pagasse .ti'cntamila marche d'argento.
Che proccurasse, che il Re di Francia facesse tré-
gua per tre anni, e che Carlo di Yalois fratello del
Re, ch'era stato da Papa Martino lY investito del
Regno d'Aragona e di Yalpnza, cèdesse ad' Alfonso
tutte le ragioni, e restituisse tutte quelle Terre, che
Filippo suo padre prese nel Contado di Rosciglione
e di Ceritania, ch'ancora si tenevano per lui.
Che quando il Principe mancasse d'eseguire tulle
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394 STORIA CIVILE
le convenzk^ni suddette^ fosse obbligato fra il termine
d^un anno di tornare in carcere. ' ^
Che lasciasse il Regno di Sicilia al Re Giacomo ,
con dargli per moglie Bianca saa figliuola.
Giovanni Villani e molti altri Autori italiani- non
fanno menzione alcuna di questi articoli di pace con-
venuti in Oleron; ma, oltre C'osts^nzo, gli Atti d' In-
ghilterra (a) ove sono impressi, chiariscono questo passo
d'Istoria.
Mentre queste cose si trattavano ad Oleron, accadde
nel mese di aprile dell'anno 1287 la morte del Papa
Onorio, e dopo un anno, fu in suo luogo rifatto un
Frate Francescano, che si fece chiamare Niccolò IV,
Questi benché fosse nativo' d'Ascoli della Marca, non
si lasciò vincere dd ninno de* Pontefici franzesi nelle
dimostrazioni d'amorevolezza ed affezione verso il Prin-
cipe Carlo e della sua Casa; poiché avendo saputo,
che con tanto viintaggio del Re Alfonso e del Re Gia-
como s' cibano accordati questi articoli, per li quali
si vedea che Alfonso troppo cara volesse vender la
libertà a quel Principe, disapprovò tutto il trattato,
e diede fuori una sua Bolla, che si legge negli sud-,
detti Atti d' Iiflghilteìra (&), colla quale biasima questi
articoli; e mandò in Aragona gli Arcivescovi di Ra-
venna e di Monreale con un Breve, in virtù del qua-
le, come Legati Apposlolici^ richiesero il Re Alfonso,
che sotto pena di censura dovesse liberare il Princi-
pe, e desistere d'aiutare Re Giacomo occupatore di
quell'isola e ribello di S. Chiesa (e).
(a) Foedera , coDveotìones , etc. inter Reges Angliae , et
alios, pag. 342, (b) Foedera, cKc* fol. 358. {e) Costanzo
lil). 3.
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. GAP. IL SgS
li Re d* Inghilterra, che per la bontà sua amaya'
il Principe^ che gli era cugino, e desideraya estrema-
mente liberarlo, s* impegnò assai più, yedéndo ohe il
Papa non avea approvato il fatto, ed andò di nuoyo
a trovare il Re d'Aragona, col quale travagliò molto
per ridurre quelle condizioni a patti più tollerabili.
Alfonso per non escludere il Re d' Inghilterra, ch'era
venuto infino a casa a ritrovarlo, e dar qualche sod-
disfazione al Papa, confermò i medesimi primi arti-
coli, ad esclusione deir ultimo, non facendosi men-
zione alcuna né di Ré Giacomo, né del regno di ÌSi«
cilia.
Restò pertanto contento di pigliarsi gli ostaggi sud-
detti, le trentamila marche d' argento e la promessa,
eh' il Principe condurrebbe^ ad effetto la pace con il
Re di Francia, e la cessione di Carlo di Yalois, con
la condizione .di tornar nella sua prigione, se non ese->
guisse il trattato. Il Re d^ Inghilterra ne assicurò an-
che il Re d'Aragona; e con queste condizioni fu il
Principe liberato.
Carlo vedutosi libere con tali condizioni, si per.
r amore che portava a' figliuoli, eh' erano' rimasti per
ostaggi, come per essere di sua natura Principe lea-
lissimo, andò subito alla Corte del R-e di Francia,
dove benché fosse ricevuto con tutte le dimostrazioni
d^ amorevolezza e d* onore, nel trattar poi, "che s* a-
dempìssero le condizioni della pace, trovò difficultà
grandissima; poiché il Re riservava ogni cosa alla vo-
lontà del fratello, il quale trovandosi senza Signoria,
non potea contentarsi di lasciare la speranza di due
Regni, e la possessione di quelle terre, che '1 padre
avea acquistate nella, guerra di. Perpignano: tal che
vedendo travagliarsi in vano, si partì^ e venne a Pro-
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396 STORIA CIVILE
yenza, deve ricevè grandissimi odori, e passò da poi
in Italia^ e fu molto bea ricevuto dalle città Guelfe,
e massimamente da' Fiorentini, e venne poi a Rieti (a),
ove trovò il Papa eliccelo, .dal quale nella maggior
Chiesa di questa città con approvazione di tutto il Col-
legio fu nel giorno di Pentecoste a* 29 maggio di que-
sf anno 1289 coronato, ed unto per mano dell' idtesso
Pontefice Re delF una e V altra Sicilia: in memoria
della qual celebrità, a' 22 giugno del Suddetto anno,
donò Re Carlo alla Chiesa suddetta^ 30 once d'oro
r anno in perpetuo Sopra . V entrate Regie della città
di Sulmona (i).
Passò poi in Napoli dopo essere stato ricevuto da
tutti i luoghi del Regno con plauso e letizia incre-
dibile, per la liberalità e benignità, che avea mostrata
in vita del padre, il quale nelle cose di pace avea fatto
sempre governar il Regno da lui, e fattolo suo Vicario,
quando era egli assente. E quivi fermato, cominciò
in questo medesimo anno, con nuove sue leggi a ri-
formare lo stato di quello, che' durante la sua prigio-
nia, per quella mistura di nuovo governo, avea sof-
ferto alquanto d'alterazione, stabilendo que' Capitoli^
de' quali nel precedente libro si fece parola.
Il Re Giacomo, vedendo il Re d'Aragona suo fra-
tello involto in tante guerre, avea mandato a dirgli,
che attcki desse all' utilità sua, conchiudendoi nel miglior
modo che potesse la pace, senza parlar delle cose di
Sicilia, la quale egli si fidava di mantenere col pro-
prio valore; quando poi vide, che il nuovo Pontefice
con troppo affetto tenea le porti deLRe Carlo, e ohe
r investitura datagli conteneva non meno 1' una, che
(a) Costanzo lib. 3 dice iit Perugia; ed il Summonte ia
Roma, (b) Chioccar, tom. i. M.'S. giurisd.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CA.P.IL Sgy
Taltra Sicilia, fu pentito di non ayer proccurato d* es-
ser compreso nella pace: ùùde pensò, per prevenire
e non aspettare la guerra in Sicilia, di moverne egli
una in Calabria, ove fu cOn pari ardire e valore com-
battuto; ma non essendo riuscita con molta felicità al
Re Giacomo questa spedizione, volse altrove la sua
armata, e giunto alle marine di Gaeta, assediò quella
città, la quale soccorsa itQmantenentè dal Re Carlo,
restò egli molto più strettamente assediato, che non
stava Gaeta; ma la sua buona fortuna volle, che in
que'dì giungessero nel Campo del Re Carlo Amba-
sciadori del Re d'Inghilterra e del Re d'Aragona a
trattare la pace; e benché tutti quelli del Consiglio
del Re Carlo rabbonissero, nuUadimanco fu tanta la
diligenza dell' Ambaaciador aragonese , e tanto calde
le persuasioni dell'Inglese, chel Re Carlo, centra il
volo di tutti i suoi, gli concedette tregua per due an-
ni, non ostante, che il Conte d'Artois ad alta voce
gli avesse detto, che quella tregua l'avrebbe cacciata
in tutto la speranza di ricovrare mai più il Regno di
Sicilia. Re Carlo con lui e con gli altri del suo Con-
jsiglio .si scusava, che non potea fare altrimenti per
l'obbligo cfa'avea al Re d'Inghilterra., il quale tanto
amorevolmente avea proccurata la sua liberazione, e
pigliata fatica d' andar fino in Ispagna^ e che all' in-
contro egli non avea potuto attendere quel, che avea
promesso di fare, the il Re di Francia si pacificasse
col Re d'Aragona, e di far cedere le ragioni da Carlo
di Yalois^ il qual teneva .Tlal Papa l'investitura di
que' Regni. Così conchiusa, che fu la pace, il Conte
d'Artois e gli altri Signori franzesi, ch'erano stati
cinque . anpi alla tutela del Regno e de' Figliuoli del Re
Carlo, si pattirooo da lui sdegnati, giudicandolo ina*
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398 STORIA CIVILE,
bile a fare alcuna opera gloriosa. DalF altra parte lieto
Jle Giapomo d' aver passato il pericolo, fece rela per
Sicilia. E Carlo dopo urer fatti franchi per dieci
anni d' ogni gravezza i Gaetani, i quali m erano por-
tati in queir aasedio con grandissimo ralore, a Napoli
fece ritorno.
CAPITOLO III.
Coronazione di Cario Martbi.lo in Bc £ Ungheria.
Pace conchiusa tra il Re GARiOy ed il Re Sàra^
gona; ed incoronazione di Federigo in Re di Sicilia.
X ornato che fu a Napoli Carlo, trovò quivi- gli
Ambasciadori del Regno d' Ungheria , che vennero a
richiederlo, che mandasse a pigliar la possessione di
quel Regno, che per legittima successione toccava alla
Regina Marta sqa moglie, essendo morto il Re La-
dislao, di lei fratello senza aver lasciati figliuoli , che
fossero più prossimi in grado. Re Carlo ricevuti gli
Ambasciadori con dimostrazione di onore, rispose loro,
che vi avrebbe egli tosto mandato Carlo Martello suo
figliuolo primogenito, al quale la Regina Maria sua
madre avrebbe cedute le ragioni di quel Regno; di
che rimasi ben contenti. Cario mandò a chieder il
Papa, che volesse mandar un. Prelato per suo Legato
a Napoli a coronarlo. Egli ciò fece non per altro, che
per aver occasione con tale celebrità di rallegrar Na-
poli, el Regno con una festa notabile dopo tanti tra-
vagli, non perchè credesse, che la coronazione fosse
necessaria per mantenersi le ragioni ch'avea, o d* ac-
quistarne di nuovo,. perocché sapeva molto bene che
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DEL R^GNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.IIL 899
secondo il costume .di quel Regno bisognava coronarsi
ìtn altra volta in Fi$grado^ con la corona antica di
qoel Regno, che ivi si conserva, per essere tenuto Re
legittioào da que' Popoli (a). Papa Niccolò imitando Te-
sempio de' suoi predecessori , che niente oprando, se
hanno potestà - di fare,, o di non fare, ricercati si met^
tevano ad ogni cosà, per T opinione, che tengono an-
cora di ^ poter tutto, mando tosto in Napoli un Lega-
to, il quale coir intervento di più Arcivescovi e Ve-
scovi lo incoronò Re d' Ungheria^ Fu celebrata que-
st" incoronazione in Napoli a' 8 settembre di quest'an-
no lago nella quale anche v* intervennero gli Amba-
aciadori del Re di Francia, e di tutti i Principi di-
talia, tra' quali i Fiorentini comparvero con maggior
p'ompa di tutti gli altri. Le fpfte, le giostre e gli altri
spettacoli furono grandijssimi; ma rìluese sopra d'ogni
altra. cosà la beneficenjsa e liberalità del Re; il quale
prima che si. coronasse Carlo Martello suo figliuolo,
volle armarlo Cavaliere; ed appresso a lui, diede il
cingolo militare 9 più di 3oo altri Cavalieri, di Napoli,
e dt tutte le province del Riegno. Donò alla città di
Napoli le immunità di tutti i pagamenti, e lasciò an-
che parte de' medesimi a tutte quelle terre, eh' aveano
aofferto qualche danno dall'armata sicili^ina. Poi si vol-
tò ad ordinar al Re suo figliuolo una regal Corte,
ponendogli appresso Consiglieri sa vii, e per la persona
sua seryidori amorevoli, e gran numero di Galuppi,
e di Paggi nobilissimi.
Ma mentre io Napoli si facevano queste feste, al-
nuni Baroni del Regno d' Ungheria aveano chiamato
per Re un Andrea parente per linea trasversale del
(a) Costanzo lik 3.
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4oo STORIA CIVILE
Re morto, e T areàno fatto dare .ubbidienza da molte
terre di quel Regno. Per la qual cosa. Re Carlo dif-
ferì mandare il figliuolo in Ungheria, e si trattenne
in Napoli per alcuni anni appresso, avendolo lasciato
il padre suo Vicario, mentr'egli tornò di nuovo in
Francia; ed intanto per mandarlo con qualche favore,
in virtii del quale potesse contrastare e vincere Toc-
cupator di quel Regno, ed emolo, suo, mandp -Giaco-
mo Galeota Arcivescovo di Bari Ambasciadore a Ri-
dolfo I d' Austria Imperadorc, per trattar il raatrìmo'»
nio d' una figliuola di costui col. Re Carlo Martello;
ed essendosi quello felicemente conchiuso, parti- poi
da Napoli con grandissima compagnia di Baroni e di
Cavalieri, e andò in Germania a celebrare le . noz-
ze, e. di là passò poi. in Ungheria; e benché cod-
dueesse seco molte forze, non però ebbe tutto il Re-
gno, perchè mentre Andrea sua avversario visse,
sempre ne tenne occupata una parte; pur da' suoi par-
tigiani fu accolto con pompa regale e coti grandissi*
ma amorevolezza-; e que' Napoletani, che T accompa-
gnarono, riferirono gran còse a Carlo dell' opulenza
di quel Regno. >^
Ma intanto questa felicità del Re Carlo di veder
la sucessione di un tanto Regno in persona di suo
figliuolo, era turbata da' continui messi, che per parte
d'Odoardo Re d'Inghilterra si mandavano a lui per
^oUecitarlo all' adempimento della pace fatta col Re
d' Aragona , il quale nell' istesso tempo si doleva con
Odoardo, che avendo posto in libertà il Principe di
Salerno còlla sicurezza che egli aveagli data, di far
riraovcre il Re di Francia dall' impresa de' suoi Re-
gni, ora più che mai era premuto da quel Re. E ne-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAPJIL 4oi
gii Atii d'Inghilterra (a) nUiinamente dati alla luce,
si leggono due lettere del Re Alfonso scritte ad Odoar*
do, dove si lagna del Re Carlo per la soverchieria in
ciò usatagli.
Carlo come Re lealissimo e di somma bontà, tc-
dutosi in cotal guisa stretto non meno dal Re d'In-
ghilterra, che dal medesimo Alfonso, determinò d"an*
dar egli di persona in Francia, e quivi far ogni sforzo
d' ottenere dal Re e dal Fratello, che lasciassero Tim-
presa d' Aragona , come ayeva promesso ne* capitoli
della pace: con ferma intenzione di ritornare nella pri-
gione, qjaando non avesse potuto ottenerlo. E lasciato,
come si dié'se, Yicario del Regno Carlo Martello suo
figliuolo, partì conducendo seco,* fra gli altri, il ce»
lebre Bartolonìnieo di Gapua G. Protonotario del Re-
gno , ed ivi giunto , trovò che il Re di Francia e
quello di Majorica facevano grandi apparati per en-
trare T uno per la vìa di Navarra, e T altro per lo
Contado del Rosciglione ad assaltar il Regno d'Ara-
gona; e trattenutosi molti dì inutilmente, era quasi
uscito di speranza, non pur di far lasciare V impresa,
ma di differirla , perchè qne' Re, che aveano fatta
la Spesa, non volevano perderla. E neViferiti Atti di
Inghilterra si legge ^una certificatoria del Re Carlo,
come egli era venuto ad un certo luogo per rimettersi
in prigione (J).
' In tanta costernazione d* animo essendo questo Re,
sopravvennero oppoHun^mente in Francia il Gaixlinal
(rt) Foedera, convent. etc. pag. ^5o et ^56. {b) Foedera^
cotiventiones , etc. to. i pag. 3.^( PressoLunig tom. a silegge
alla pag. i35o ristromento della cauzione data dal Re Carlo II
di rimettersi in prigione nelle mani del Re d'Aragona).
a6
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4oa STORIA CIVILE
Gaetano, ed il Cardinal Teecoyo di Sabina Legati
appostolici, i qnaU con T autorità del nome del Papa ,
che a qne' tempi era in gran riverenza presso al Re,
ed alla nazion franzese, sforzaron il Re di Francia
ad aspettare V esito della pace, che si tratterebbe da
loro. E ritiratisi in Mompelicrì, avendo convocati gli
Ambasciadori d' Inghilterra^ d'Aragona, del Re Carlo,
del Re di Majorica, del Re Giacomo di Sicilia, ed
ancora qaelii del Re di Francia, cominciarono a trat-
tar la pace. Ma quanto con più attenzione quella era
trattata, tanto più incontravano malagevolezze per ri-
durla a fine-, poic.hè da una parte gli Ambasciadori di
Sicilia dichiararono F animo del loro Re di non voler
lasciare la Sicilia; dall'altra . gli Ambasciadori di Fran-
cia diceano, bhe 1 Re loro non volea perdere la spe-
sa<) né che Carlo di Valois cedesse le sue ragioni,
giacché Re Giacomo voleva ritenersi queir isola oc-
cupata a torto e con tanta ingiuria e tanto spargi-
mento di sangue franzese. 11 Papa ancora avea co-
mandato a* suoi Legati, che in niun modo conchiu-
dessero pace, se 1 Regno di Sicilia non restava al Re
Carlo, allegando il pregiudizio, che ne nascerebbe alU
Sede Appostolica, quando restassero impuniti i vio-
lenti ocGupatori delle cose di quella. In tanta mala*
gevolezza, e difficultà trovandosi lo stato delle cose,
Bartolommeo di Capua, che si trovava Ambaseiadore
per Re Carlo, Dottore in quel tempo eccellentissimo-
ed uomo di grandissimo giudizio, e di sagacissimo inge*
gno nel trattar i negozi, dimostrò a* Cardinali Legati,
che una sola via restava di conchiuder la pace, ed
era d' escluderne da quella il Re Giacomo, e proccu-
rare, che Carlo di Yalois in cambio della speranza,
eh' avea di acquistar i Regni d' Aragona a^ di Yalen»
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.HL 4oS
ea, pigliasse per moglie Glemeazia figliuola del Re
Carlo^ la qaale gli portasse per dote il Ducato d'An-
gìò. I Cardinali cominciarono a trattar la cosa con gli
Ambasciadori d' Aragona, e trovarono grandissima in-
clinazione di non far conto, che il Re Giacomo re-
stasse escluso, perchè la pace era necessaria al Re
d* Aragona, il quale in niun modo poteva resistere a
tante guerre; poiché oltre di quella, che gli minac-
ciava il Re di Francia, el Re di Majorica, si tro-
vava dall' altra parte essere stato as^lito dal Re San-
cio di Gastiglia: e, quel eh* era peggio, i suoi Popoli
stavano sollevati, siccome dicevano, per l'interdetto
dagli U£ficj sacri, ma motto più per le spese, che oc-
correvano per la guerra; e facevano istanza, che pur
che la guerra di Francia fosse cessata, e placato il
Papa,, non si doveaiìo ritenere i figliuoli del Re Car-
lo, per compiacere a Re Giacomo, ma 'si doveano li-
berar subito, e far la pace. Non restava da far altro
ehe contentare Carlo di Yalois; onde i Legati si mos-
sero da Mompélieri con tutti gli Ambasciadori, ed an-
darono a trovare il Re di Francia, e dopo molte di-
acussioni si conchìuse la pace con queste condizioni.
Che Carlo di Yalois avesse per moglie la primo-
genita del Re Ciarlo col Ducato d^ Angiò* per dote, è
rìnutaziasse all' investitura de Regni d' Aragona e di
Valenza.
( L'Istromento dotale di questo matrimooio stipulato
nel 1390 si rapporta da Lunig, pag. io4a nel quale
Clemenzia viene chiamata JtfargAenVa; e nella pag* io43
rapporta; la conferma di Celestino V fatta nel primo
anno del suo Pontificato, che fu nel ia94) colla quale
corrobora la transazione passata tra CsltIo II e Gian
corno U Re d'Aragona^.
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4o4 STORIA CIVILE
Che il Re d'Aragona liberasse i tre figliaoli del
Re Carlo con gli altri ostaggi, e pagasse il censo
tanti anni, tralasciato del Regno d'Aragona alla Chiesa
Romana.
Che non solo non dasse ajuto al Re Giacomo, ma
che avesse da comandar a tutti i suoi sudditi, che si
troTarano in Calabria, ovvero in Sicilia al servìzio
di quel Re, che dovessero abbandonarlo, e partirsi.
Che dair altra parte il Papa ricevesse il Re d'Ara-
gona come buon figliuolo nel grembo di Santa Chie-
sa, e togliesse T interdetto a que' Popoli.
Stabilita in cotal guisa la pace, furono gli articoli
di quella mandati subito in esecuzione; poidiè il Re
Carlo, riavuti ch'ebbe i figliuoli è gli altri ostaggi,
venne per mare in Italia, e fu ricevuto con grandis-
aimo onore in Genova, e contrasse amicizia, e lega
eon quella Repubblica, la quale promise d'aiutarlo
alla ricuperazione di Sicilia con 60 Galee; è Carlo di
Yalois mandò in Napoli per Clemenzia, la quale con-
dotta in Francia fu da lui sposata.
Ma la morte accaduta poco da poi del Re Alfonso
senza lasciar di se figliuoli, turbò un'altra volta la pace
cotanto desiderata; poiché essendo stato chiamato al
soglio di que' Regni il Re Giacomo d.a Sicilia come
legittimo erede: questi senza dimora alcuna navigò in
Ispagna, lasciando in quell'isola per suo Luogotenente
D. Federico suo Fratello; e pigliata la possessione di
que' Regni, il Re di Francia el Re d'Inghilterra ad
istanza del Re Carlo mandarono Ambasciadori a ri-
chiederlo, che poiché avea avuti que' Regni per ere-
dità del Re Alfonso suo fratello, volesse ancora adem-
pire le condizioni della pace poco innanzi fatta, e re-
stituire il Regno di Sicilia, ovvere non dar aiuto al-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.IIL 4oS
euno a'Siciliaai, e chiamar inlspagna tatti i suoi
sudditi, che militarano in Sicilia; perchè altrimenti la
pace si terrebbe per rotta, e la rinunzia di Carlo di
Yaloìs per non. fatta, ed il Papa ritornerebbe ad in*
terdire que Regni. Re Giacomo rispose, ch'egli era
succeduto a que* Regni, come fratello di Alfonso, %
che però non era tenuto ad adempire, quelle condi-
zioni, alle quali avea consentito il fratello con tanto
pregiudizio della Corona d' Aragona. Cosi d'ogni parte
a' ebbe la pace per rotta, e tra il Re Carlo e R^ Già*
corno fu ripresa di bel nuovo ostinata guerra in
Calabria.
Intanto il Re di Francia e 1 Papa molestavano Re
Giacomo, che avesse da lasciar il Regno di Sicilia^
e gli Aragonesi ed i Yalenziani ancora il confortavano
a farlo; ma la morte accaduta in quest'anno lag^ del
Pontefice Nicolò fu cagione eh' egli noi facesse, •
che aspettasse quel che potea far il tempo. 6 poiché
i Cardinali venuti in discordia tra loro, lasciarono la
sede vacante per lo spazio 4i due anni ed alcuni mesi,
il Re di Francia non si mosse, e si visse quasi du«
anni in pace. Ma venuto Tanno di Cristo 1294 pre-
sero risoluzione di far Papa un povero Eremita, chia-
mato Fr. Pietro di Morrone, che stava in un picciolo
Eremitaggio due miglia lontano da Solmona , nella
falda del monte della Majellii) e già era opinione, cha
per la santità delia vita e più per la sua inespertezza
non accetterebbe il Papato. Il Re Carlo udita l'ele-
zione, andò subito a trovarlo ed a persuaderlo, che
l'accettasse, e tanto fece, finché T indusse a mandare
a chiamar il Collegio de' Cardinali all' Aquila ; e fu
iigevol cosa a persuaderlo, non già per avidità ch'egli
avesse di regnare, ma solo per la sua umilia e gran-
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4o6 STORIA CIVILE
dissimi fenpUoità. Vennero i Cardinali air Aquila a
tempo, che *1 He con Carlo Mantello suo figliuolo,
insieme eoi nuoTO Papa ivi era giunto, ed essendo
stato con molta solennità ed infinito concorso incoro^»
nato a' 99 agosto^ prese il nome di Celestino V* Carlo
rendette grazie e die lodi a tutti cb'ayeano fatta sì
buona elexbne, e con grandissima liberalità e magni-
ficenza somministrò a tutti le cose necessarie p^ Io
viver loro, e per quanto si spese* Tutti stupirono per
la gran novità della cosa, vedendo in un punto una
persona di sì basso ed umile stalo esaitata nel più
sublime grado delle dignità umane.
Questo Pontefice, non ostante la nuova dignità, di-
mostrò quanto fosse più amante della vita contempla-
tiva, poiché, ben tosto cominciò a .mani£Bstare il suo
desiderio di ritornare air eremo: del clie Re Carlo ano-
tiva dispiacere grandiasìnio, perchè quando fu creato
se 1 teni^ie a grandissliaa ventura^ essendo suo vassallo
e di cosi santa vita, dal quale sperava ottenere quanto
voleva*, e vedendo che i Cardinali desideravano, che
Celestino se ne ritornasse al suo eremo, gli persuase,
che.venissiD a MapoU per mantene];lo col fiato e col
favor suo. Yenne. Celestino in Napoli-, ma la dimora
in questa , città , e le tante carezze e persuajaioni di
Cario niente valsero a mutare il di lui proponimentOy
onde tra pochi di in mezzo decembre oelia gran sala
del Castel Nuove rinunziò il Papato in man de' Car-
dinali, e se ne. ritornò all'eremo. Nel regale Archi-
vio (a) si legge una carta di donazione fatta dal Re
Carlo ad un fratello -e due nipoti di Celestino di venti
(a) Kegìstr. ann« 1398 et 1399. B. foL 161 rapportato dal
Cìarlanl. fol. 36S.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.IIl. 407
once d' oro Y anno in perpetuo , sopra la BagUva di
Foggia, che poi furon loro assigoate eopra quella di
Sulmona.
Era allora Cardinale assai stimato Benedetto Gae-
tano, così per nobiltà, come per dottrina e per motto
uso delle cose del Mondo, il' quale redendo, che Ro
Carlo con la magnificenza e con la liberalità sua si
avea acquistati gli animi di tutti li Cardinali, andò
>a trovarlo, e lo pregò che volesse aiutarlo a salire
al Pontificato, facendogli con vive ragioni quasi toccar
con mano, che da ninno degli altri Cardinali ch'erano
in Collegio, potea sperare così pronti aiuti^ cerne da
lui, tanfo nel ricoverare il Kegno di Sicilia^ quanto
in ogni altra còsa; e perchè il Re conobbe che èra
vero, poiché oltre Taltre qualità sue era capitalissimo
nemico de- Ghibellini, promise di farlo, come già fece»
e con andar pregando uno per uno li Cardinali,^ ot'-
tenile da loro, che la vigili^ di Natale a viva voce
r elessero, e chiarùarono Bonifacio f^llL
Bonifacio, essendo di vita in tutto diversa dal 8U0
antecessore, confidando nel parentado ,^ che avea con
molti Principi romani « andò subito a coronarsi in
Roma, molto ben soddisfatto di Carlo, perchè olire
di averlo fatto Papa, non lasciò spezie alcuna di li-
beralità e di onore, che non usasse con lui; e però
celebrata la coronazione, cominciò a mostrarsi grato
di tanti obblighi, e mandò accomandare per un Le-
gato appestolico al Re Giacomo, che lasciasse subile
il Regno di Sicilia, minacciando ancora di privarlo
per sentenza degli Regni d' Aragona e di Valenza ,
quando egli volesse persistere nelF interdetto , e non
ubbidire.
Dall'altra parte Re Carlo mandò Bartolommeo di
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4o8 BTORU CrVILE
Gapua in Francia a sollecitare Carlo di Talois, che
rompesse la guerra per virtù deirinTestittira de*Regni
di Ak'agona e di Valenza; poiché la cessione che ayea
fatta nella pace con Alfonso , non dorea valere in
beneficio di Giacomo, il qaale non volea stare agli al-
tri patti; ma Bartolommeo, poiché fu giunto in Fran-
cia, non ebbe tanta fatica a persuadere a Carlo, che
rompesse la guerra, quanta n'ebbe a persuadere a quel
Ke, che facesse la spesa: ma in fine, passando per
la Francia U Legato appostolico, che tornava da Va-
lenza, e diceùdo, che He Giacomo, ancorché avesse
dato parole airordine del Papa, mostrava di stare pure
sbigottito, per conoscere Tanimo di que" Popoli, che
mal volentieri sofferivano di stare interdetti, inanimò
il Re a condiscendere a' prieghi di Bartolommeo, ed
a bandire la guerra al Re Giacomo e ad apparec-
chiare Teserctto per assaltarlo.
Allora Re Giacomo cominciò a mutar pensiero ed
a conoscere, che esso non era abile a sostenere in-
sieme tante guerre; e per accattar benevolenza da' Ba-
roni di quelli Regni, convocò un Parlamento generale,
nel quale dichiarò, che Fanimo suo non era di vivere
e far vivere e^i interdetti, e. che desiderava d* ubbi-
dire al Sommo Pontefice; ma che dall'altra parte te-
meva, per vederlo tanto strettamente legato con Re
Carlo, e che però voleva, che si mandassero quattro
Ambasciadori supplicando la Santità Sua, in di lui
nome e di quelli Regni, che volesse trattare la pace
con giuste ed oneste condizioni, ch'egli l'avrebbe ac-
cettata volentieri, e nel medesimo Parlamento furono
eletti gli Ambasciadori, con piena potestà d'intervenire
nel trattato della 4)ace. Come questi Ambasciadori fu*
rono giunti in Roma, ed ebbero esposta al Concistorio
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. III. 409
ìa buona yolontà del Re Glacemo, fu loro risposto
dal Papa molto benignamente, e promesso, ch'egli
spogliandosi d'ogni affezione, tratterebbe la pace coiAi.
onorata per Tuna, come per Taltra parte.
Re Carlo, che per Breve del Papa fa avvisato di
qaesto, ordinò a Bartolommeo di Capua, il qaal tor^
^ava da Francia, che si fermasse in Roma,, ed inter-
venisse come Ambasciadore al trattato della paee, U
quale fa maneggiatii dal Papa eoa tanta destt^ezxa^ che
queir articolo eh* era stato più ipdl9gevoIe a trattare,
cioè la restituiione del Regno di Sic.iUa,.fQ con poca
fatica accettato dagli Ambasciadori d'Aragona; e si
crede che fosse perchè Re Giacomo non avea mqdo
alcuno di trevar denari da provvedere e da opponersi
agli, appagati del Re djl Francia, poiché li popoli, tutti
inclinati all^ pace, non. y ole vano contribuire; e eosl
a' 5 di. giugno delFanno 12195 fu conchiusa la pace
con queste condizioai : òhe Re Giacomo consegnasse
risola di Sicilia a Re Garlo^ cosà ioteta, come Favea
posseduta Carlo I avanti la revoluaione. Che reetìtuìsstt
tutte le terre, fortezze e castella » che U suoi Capitani
tenevano in Calabria, Basilicata e Principato; e dal-
l'^ altra parte. Re Carlo gli dasse per moglie Bianca
sua figliuola secondogofùta con dote di i4>o m. marche
d' argento, e che si facesse amplissima re0tituzione ed
indulto de' beni e delle persone discoloro, che avevano
servita Tuna parte e T altra; ed U Papa ribeaedicesse
e ricevesse in grazia Re Giacomo e tutti li suoi sud-^
diti e aderenti, togliendo l'interdetto ecclesiastico, ed
assolvendogli d' ogni . censura. Gli Ambasciadori del
Re di Francia entrarono nella pace per lo Re loro,
con obbligarlo ancora a farvi entrare il Re di Castiglis^
Questa paoe diede grap maraviglia per (utlo il Mon«
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4io STORIA GITILE
do^ perchè parea esosa impossìbile che Re Giacomo,
il quale manfenuto tanti anni quei Regno cop le sole
forze di Sicilia, accresciuto poi da due altri Regni e
di tante altre Signorie che avea in Ispagna, fosse av«
vilito e fatta una pace; ma li Savi! giudicarono che
egli avesse fatto prudentemente, perchè con quelli Re*
gni gli era ancora venuta F impossibilità di potergli
difendere tutti^ e gU era stata un' eredità di molto più
peso che frutto, avendo da guerreggiare ne' Regni di
Spagna col Re di Gastiglia e col Re di Francia, ed
in Sicilia con Carlo: onde gli sarebbe bisognato man-
tenere tre eserciti ed essere in tre luoghi^ il che era
parimente impossibile oltre V inimicibsià del Papa, la
quale gli facea non minor guerra dell' irttre: narrasi
aneora, che vi s' inchinò per una promessa che ^ fece
il Papa d'investirlo del Regno di Sardegna, e di farlo
aiutare da Re Carlo -suo suocero all' acquisto di quel-
l'isola ed ancora dell' isola di Corsica.
Alla fama di questa pace, che subito giunse in Si-
cilia, D. Federico che si trovava Lnogotenente del
fratello, com' era giovane di gran cuore, cominciò ad
aspirare al dominio di quel Regno e simulando il suo
disegno, mandò prima Ambasciadori al Papa a noti-
ficargli, che per quanto toccava a se, era stato sempre
pronto e desideroso di vnrere sotto le ali e sotto l' ub-
bidienza della S. Chiesa ed a supplicarlo che volesse
riceverlo per tale: il Papa udita l' ambasciata ed ac-
colti benignamente gli Ambasciadori, rispose che a-
vesserò detto a D. Federico che gli era stato gratia-
aimo quell'ufficio, e che desiderava molto di vederlo
e di adoperarsi per lui. D. Federico andò subito in
Roma, e menò seco Ruggiero di Loria e Giovanni di
Precida. Il Papa dappoiché Tebbé accolto con onore
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DEL REGNO DI NAPOLI X. XXI CAP.IIL 4"
grandissimo, aTendo vista la dtsposizioaó, e. la bellezza
del carpo, e T ingegno che mostraya nel trattare, reato
quasi fìior di speranza di poterlo persuadere, perchè
pareva attissimo a regnare, e sapersi mantenere il Re*
gno: par non lasciò con ogni arte di manifestargli la
pace e di confortarlo, che volesse conformarsi con la
Tolontà del Re Giacomo suo fratello, e lo pregò che
tpiando tornasse in Sicilia, avesse fatta opera che «enza
ripugnanza si fosse resa quell' isola, perchè egli airìo-
contro avrebbe tenuta special cura della peraona di
lui, conoscendolo degnissimo d'ogni gran Signoria, pro-
mettendogli di far opera che Filippo figliuolo di Bal-
duina» Imperador di Costantinopoli, gli avesse data per
moglie la figlia uniea, con ^a promessa della aucces-
sioiie d'alcune terre che possedeva in Grecia, e delle
ragioni di ricovrare T Imperio di Costantinopoli; e pro-
mise ancora di farlo, aiutare dal Re Carlo e d'aiutarlo
ancora egli con tutte le forze della Chiesa. D. Federico
per allora non seppe far altro che accettare le offerte,
e promettere di far quanto per lui si potea che l iso-
la fosse resa, e partì.
Ma i Siciliani, com' ebbero inteso da lui la certezza
della pace fatta ^ disperati e. malcontenti, non altri-
menti, che se aspettassero T ultimo esterminio nel ve«
aire in ma«o de'Franzesi, loro mortalissimi nemici,
s' unirono insieme a parlamento , e con queir audacia
che suole nascere dalla disperazione, determinarono di^
passare per ogni estremo pericolo , più tosto che ve-
nire a tanta estrema miseria: onde elessero quattro Am-
basciadori che andassero al Re Giacomo, e 1 suppli-
cassero che fosser date in guardia agli oriondi del Re-
gno tutte te castella e fortezze di quello, e che ri-
trovando il Re determinato di restituire risola a Re
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4i2 STORIA CIVILE
Carlo, gli rendessero V omaggio, sciogliendosi dal gia->
ramento di fedeltà e di soggezione, con fargli inten-
dere apertamente che in tal caso non erano* per -ub-
bidirlo.
Qaesti Ambasciadori arrivarono nel medesimo tem-
po, che giunse la Sposa al Re Giacomo, il quale u-
dita r ambasciata, rispose loro, che per ben della pace
e sicurtà di quelli Regni, ove egli era nato, era statò
costretto dì restituire a Re Carlo suo suocero risola;
onde imponeva loro che senz' altra ripugnanza quella
si restituisse.
Gli Ambasciadori di questa risposta rimasero af-
flittissimi, ed avendo replicato al Re, che non avea po-
testà di vendergli, gli restituirono V omaggio, e prote-
starono che quel Regno si teneva da queir ora avanti
per libero e sciolto da ogni giuramento, e che avrebbe
proccurato altro Re, phe con gratitudine ed affezione
r avesse difeso, e con questo si partirono e ritornarono
con ogni celerità in Sicilia.
Intanto Giovanni di Precida e Manfredi .di Chiara-
monte aspettando il loro ritorno, si erano fortificati
in alcune piazze, e tenendo per fermo che D. Fede-
rico avrebbe assai volentieri abbracciata sì opportuna
occasione^ gli persuasero che non la lasciasse, e che
convocasse un Parlamento generale in Palermo. D. Fe-
derico si lasciò cadere dalla mente tutte le promesse
del Papa, parendogli che se per mantenere Sicilia bi-
sognava stare con Tarqii in mano a casa sua, per.
acquistare Costantinopoli gli sarebbe stato necessa-
rio andare armato con assai maggior disagio- e spesa
per lo paese altrui; ohde fece convocare a Parlamento
non solo li Baroni, ma li Sindici tutti delle città e
•erre, innanzi a' quali gli Ambasciadori rifarirouQ la
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. IH. 4i3
risposta di ReGiacDitiOy-e fecero leggere la copia ohe
aveano portata della Gapitolazione della pace. Il fre-
mito di tutti fu grandissimo, ed allora Ruggiero di
Loria insieme con Vinciguerra di Palizzi pronuncia-
rono il voto loro, che D. Federico fosse gridato Re
di Sicilia, e fl' offersero i primi a dargli il giuramento;
la moltitudine non aspettò che seguissero gli altri Ba-
roni secondo Fordine, ma ad altissime voci gridarono:
Viva D, Federico Re di Sicilia, Così V anno di nostra
salate 1396 a' a 5 di marzo fu solennemente coronato
Re Federico, il quale non meno prudente che ^^orag-
gioso, diede ordine a far danari e nuove jgenti, e non
solamente s' apparecchiò a difendere Sicilia^ ma a con-
tinuare ancora l' impresa di Calabria.
( Federiào salutato Re di Sicilia spedi soe Lettere
a Palermo ed a tutte le comunità di quel Regno, in-
vitandole ad intervenire nella solenne sua coronazione,
le quali si leggono presso Lunig, tom, 3, pag. io49;
rapporta ancora pag. io5i la Bolla di Bonifacio VllI^
per la quale annullasi ia Coronazione di Federico^ or-
dina che ai riyochi, e minaccia . censure ai Siciliani, se
non faranno ogni sforzo di cacciarlo di Sicilia).
Intanto Re Carlo arrivata ad Anagni, dove era il
Papa, lo supplicò che avesse mandalo un Legato ap-
póstolico, insieme coir Ambasciadori del Re Giacomo,
nd (mlinare a' Siciliani che restituissero \ isola in mano
di Cèrio come fece; ma giunti che furono in Messi*
na, si fece loro intendere che quella citta^ e tutta T i-
sola età del Re Federico d'Aragona, e che essi non
passassero più oltre, perchè avrebbero trovato quel
che non volevano. Gli Ambasciadori insieme col Le-
gato sbigottiti se ne tornarono prima a Napoli a tro-
_vare il Re, e poi ad Anagni «l Papa, ed all' uno ed
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4i4 STORIA CIVILE
mìV altro diedero relazione di quel cV era passato. Parre
a Carlo, ehe era lealissimo di natura, cosa molto i-
Btìspettata; ma non parve coaì al Papa che, da che
aveva veduto D. Federico, e considerati gli andamenti
aaoi, sempre Y avea avuto sospètto. Si risolsero pers-
elo mandare un Legato ed Ambasciadori al Re Gia-
como, perchè con tutte le sue forze s'adoperasse che
con effetto fosse resa quell' isola.
Mentre il Legato, e gli Ambasoiadorì andarono in
Ispagna, Re Carlo con consiglio del Papa, e de" suoi
pili savi Baroni, per non aspettare che Re Federico
pigliasse piii forza, e per non stare in tutto appog-
giato nella speranza di Re Giacomo, deliberò mover-
gli guerra; fu perciò con ugual ferocia ed ardire guer-
reggiato lungamente in Calabria, ove Carlo ora vin-
cente, ora perdente faticò invano a ricujperare queUa
Piazze, che Federico teneva occupate ii} quella prò*
vineia: anzi T ardir di costui s estese tanto, che invase
la Provincia d' Otranto, prese e saccheggiò Lecce, for*-
tificò Otranto, e disceso a* Brindisi accamposai alle
mura di quella città (a). Sol questo danno ricevè Fe-
derico da questa guerra, che essendosi disgustato con
Ruggiero di Loria, fé' che questi poi passasse al par-
tito di Carlo. --
li Papa avendo avviso di questi felici successi del
Re Federico, e che Carlo con le forze che avea al-
lora^ appeena basterebbe a difendere il Regno, di Pu^^
glia, e che la rioovrasione di Sicilia anderebbe a lun-
go, se non gli fossero aggiunte altre forze, parte per
mantenere l'autorità della Sede Appostolica^ la quale
egli era deliberato innalzare quanto potea; parte par
(a) Costanzo lib. ^*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAPHL 4i5
Tamore che portaya al Re Carlo, lasciò la cura di
tatte r altre cose, e si voltò solo a questa impresa; e
per obbligarsi. Re Giacomo perchè pigliasse impegno
di far restituire in ogni modo la Sicilia, gli mandò
rinvestitura del Regno .di Sardegna, e lo creò Confai
loniere di,S. Chiesa e Capitan Generale di tutti li
Cristiani, che guerreggiavano contro gV Infedeli, e man-
dò a pregarlo . che con ogni studio avesse atteso a
empire quanto avea promesso.
(Questa investitura del Regno di Sardegna, data
al Re Giacomo^ si legge presso Lunig tom, 2 secU 3
de Sardinìae Regno, pag. i4i5).
Re Giacomo vedendosi, oltre V obbligo della Capi-
tolazione, obbligato al Papa, ordinò ne Regni suoi^
che si facesse grand' apparato d' armata , e venne in
Roma ad iscolparsi e giurare innanzi al Papa, che non
era né consapevole, né partecipe in modo alcuno della
contumacia e della colpa del fratello, e che Y avrebbe
mostrato con Farmi in mano a tutto il Mondo; e per
allora mandò in Sicilia Pietro Comaglies Frate del-
r Ordine de' Predicatori per trattare col fratello , e
persuaderlo che ubbidisse al Papa. Frate Pietro non
potendo ottenere la restituzione di Sicilia, come.Re^
ligioso consigliava al Re D. Federico che almeno la-
sciasse le terre di Calabria, sopra le quali non avea
titolo niuno, né giusto, né colorato; perchè se bene
egli si voleva ritenere il Regno di Sicilia per rele-
zione , che aveano fatta di lui li Siciliani, o per lo
testamento di Re Alfonao suo fratello primogenito;
nel Regno di Puglia, del quale sebbene era stato di
Re Pietro il titolo sotto la medesima ragione, che era
Sicilia per T eredità di Re Manfredi, nientedimeno
per la cessione fatta da Re Giacomo nella pace, era
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4i6 STORIA CIVILE
ét0ta trasferita ogni ragione nella persona £ Re Gar-»
lo, quando eziandio non gli avessero da valere Tin-
Testitnre e confermazioni di tanti^ Papi. Ottenne eoa
questo, ohe aranticbè partisse di Sicilia, il Re Fede*-
rico mandò a richiamare Ruggiero di Loria, e pro«
mise di richiamare tutti * ti presidli delle terre. Il Frate
tornato al Papa ed al Re Giacomo, disse quanto area
fatto, e non restando contenti né Tuno, ne T altro,
Cìacomo mandò appresso il YescoTO di Valenza a
pregare Re Federico, che avesse voluto venire a par-
lamento con lui neir isola di Precida, o d* Ischia, ove
si sarebbe preso alcun buon ordine alle cose loro:
Re Federico rispose a questo, che non poteva moversi
senza consiglio de' suoi Baroni; ^ed avendo dimandato
ad alconi quel che era da farsi, Ruggiero di Loria
ìi consigliò, che s'umiliasse al fratello, e che andasse
a parlargli; ma entrato il Re, per insinuazione degli
emoli di Ruggiero, in diffidenza del medesimo, questi
di ciò accortosi, parlò con tanta ira, che il Re gli
comaiidò che non uscisse di Palazzo ; ma supplicato
ii Re,' che lo lasciasse nudare, egli subito sì partì:
onde si trattò poi il modo per farlo entrare -a' servigi
del Re Carlo.
A questo tempo vennero nuovi Ambasciadori del
Re Giacomo in Sicilia, con ordine, che se il Vescovo
a Valenza non avesse ottenuto^ che Re Federico fosse
venuto a parlamento con lui, gli conducessero la Re-
gina Costanza e rinfaate Donna Violante a Roma,
dove il Re Giacomo 1* aspettava. Federico non volle
sopra ciò mostrare di dispiacere al fratello, e disse
alla madre, ch^ era in potestà sua V andare , come il
fermarsi in Sicilia, e così ancora il menarne la so-
rella: quella Regina come savia ed amatrice ddFuno
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. GAP. III. 417
« l'altra figUo; elesse d'andare, ancorché sapesse d4o*
<okitrar8Ì col* Re Carlo, figliudo di colui, che area
«cciso il fratello, e fatta morire la Regina Sibilla sua
madre ed:«n firatidlo unico in cai^eere, perchè «lairiil-
trai parte ^erarra^ di nùtigare^ T anima de} Re Giaco-
mo Terso Federico; e cosi postasi in arare con la fi«
iglia^ EiaiigÀ vifrÉi> Roma; Fu certo raro esempio delU
vnriatii delle cose uniate vedere qudila Regiibà •eèrcom-
pagnata dà Giò'^anni di Procida a "(fa Ruggiero di
Loi$a^'*efaé con la mio gtt}ee Tarea aspettata -in mare^,
tdxe s^lmbaroaaee 'ed andattero tutti insieme' 'in co-
spetto di Re Cario, al quale aveapo fatti tanti nota-
iiilisaiml danni;^ Ha 'Giacomo accolse la madre è là so-
l'etta eoa gràndtasinKi •^meiizay e le disse, coikie peir
»ezzo ?del Papa' a^ea promessa la sorella per ^-moglie
a ^Roberto Duca di' Galabria^ il quale s^ aspetta tra il
di seguente. La madre ne restò^ ^ietà, sperando che^
quanto più lai legassero in^parentadoi) più fbsse^^ol tempo
agèrolera conichiude^ pape tra loro. Venne fradaedi R4
Carlo col Duca di Calabria, e con tre altri fìgK coit
lama pc»ttpa*«ehe fu a Roma cosa mirabile, e^ nuova, per-
ché ohre il numero de^ Conti^ di tanti Ufficiali e Gó^si*^
igUnri del Be, cra^ oaaa mollo* bella a redere ^pressocia^
. Acuno da- figK un nùmero qoasi infinito di Garàlieri be«
iiÌB8Ìmò in "ordine^ di Paggi e «di' Seudiei^,- vefatitt^ di
ricchisìiìliie divise 5 ed il Papa, <^' ancóra area aniilìo
regale, fet quel cWe toccava a lui con gt-aiKi^siflÉalAù^
gnificenza e liberalità volle^'cbe iiìnitllzl- à tei d fà^ése
lo sponsali^io , e che i Nepoti suoi celebrasseti» v^ti*
tùosìssinù qonviti all'uno ad all'altro Re, ed e? figliagli*
ina finita le ftste volle, che si trattasse detldspédl-
sioni^ ohe s' avaano da fare contro 'Re Federico per
La ?ioavraaione di Sieilia*, e per lo primo ^ pù imh
^7
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4i8 STORIA CIVILE
portante apparato, trattò che Ruggierp* di' Loria jen^
trasse asservire Re Carlo con titolo d'Ammiraglio dei-
Vano e dell'altro Regno, e Re Giacomo ritornasse in Ca-
talogna, e Re Carlo in Napoli^ a ponére in ordine le
loro armatev ma ayanti che Carlo partisse, per mo-
strarsi grato yerso il Papa, essendo rimasta Giovanna
dell' A<{aila erede del padre nel Contado di Fondi ed
in. sei ,abri castelli in Gampagaia di Roma, la diede per
inogtie a Giordano Gaetano figliò del fratello del F.on^
tefioQ; eà in questi dì medesimi morì in Roma Gio-
yaani di. Precida, uomo di quel valore e di quelFin-
geg9P,.cbe tutto il Mondò sa. \ 1 •
, M^ tornando al Re Carlo, ^subito che e! giunse a
lij^poli lìpc.O) grandissimi privilegi ed onori a Ruggiero
4ì Loria, al quole restituì non solo tutte le terre an-
tiche sue ip Ca!lal>riay in Basilicata ed io Principato;
md glie ne donò molte altre, ed ordinò ancora a tutti
i Gofernadorì di province ed altri Ufficiali, che ub-
bidissero, agli ordini di Ruggiero per V apparecchio
d^iracrmata, . • : .
Dairaljtra parte il Re Federico, oh'eca avvisato di
quanto si trattava ed apparecchiata contro di 'lui, s'ac-
QÌnse.anfÀ'egli a sostener r impet# di tanta procella,
nh0 se gli jyiìnaeoiava. Feee citar Ruggiero di Loria,
ip lo .cond40nò per ribelle, e odandò aubito a toglier-
gli k terre i^be .avea in Sicilia. Re Giacomo dopo
^y^^ . i:iehi;(Mpatt tutti gli Avagonesi e. GatpJani, che
^PPft: ia Sjj|cili4 ed ÌA Calabria, avea già posto in or-
dio^ «ifia butoa armata, con intensione di venire ad
iiniiTdi <[$on Quella di Re Chrle; non solo per costrin-
^re il fratello a lasciare la Sicilia , ma anche per
H^qcviatare il Regno di Sardiesgna, del quale n' avea ri«
^ifxk\^ ripyeHitura da Papa Bonifacio. Partito da Bar*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.IIL 419
•eellona,' venne a Civitavecchia, e poi a Roma, ove
trovò il Papa, che l'accolse eoa molti segni di stima
e di allegreeza.
Non fu Pontefice al Mondo, che tenesse si alti e
i fantastici eancetti del Papato qlianto Bonifacio YIII.
Era egli persuaso, che non meno dello spirituale, che
del. temporale fosse assoluto Monarca dell' Universo.
Per maggiormente ciò dimostrare, avendo neir anno
i3oo pubblicato il Giubileo, eon ordinare che k>
jtesso fosse rinova to ogni cento anni, traendo con ciò
gran concorso di gente in Roma, egli per &r maggior
pompa di se, comparve n^e Cerimonie colle dupli-
cate Corone sopra il Camauro, e vestito del Manto
Imperiale, prendendo per divisa: Eeee duo gladii hic,
£g& perdo credea di poter togliere e daris i Regni a
sua posta; investì perciò il Re d'Aragona del Regno
di Sardegna, al Re Federico avea promesso Y Imperio
di Costantinopoli, ed a Ruggiero di Loiia, che col
«00 valore si trovava nelle coste deirAffric* aver ac^ui«
state in ^e mari alóude isole, c^e furono Gerba o
Karkim, non appartenenti ali* Isola di Sicilia ^ ma al
Regno di Tonisi, egli fattosi promettere per censo ogni
anno cinquanta once d*ofo al peso diSloilia, ne gli
£ede investitura per lui e suoi eredi ^ commettendo a
Fr. Bonifacio Calamendrano G. Maestro de- Cavalièri
Gerosolimitani, che ne' ricevesse il solito giàramentè
di iedeltà e d' omaggio. L' investitura fatta a Ruggiero
di qu«Ue isole a* 11 agósto del i»bS prìteo anno del
auo Pontificato, si legge presso iL Tutina (a), che k
4sav6 dair Archìvio Vaticano. Cosi ora giunto il Ré
{a) Tutln. degrAmm, fol. 70. Reg.' ini Vatic, lilJ, i. Bo-
jbiflkoii epÌ9|« ii5. :»...,
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4ao ' STORIA CITILE
Giacomo ia Riwia, con grandissima solennità lo fa
Gonfaloniere e. Capitan Generale per tutto T Universo
centra grinfedelii e gli consignò lo stendardo.
Parti Giacomo àocompagaalio dal Cardinal Marra-
snaldo Legato . appostolico, col quale in brevi dì giunse
a Napoli, ove- trovò Roberto Duca di Calabria suo
cognato con 36 galee, e oon maggior numero di navi
da combattere e da carico; e congiunta rqueat' armata
insieme con Tarmata catalana, facevano il numero di
80 galee grosse e più di 90 navi; oltre a' navili mi*
nori, che usavano a quel tempo^ parte chiamati Uscieri
e parte Trite. Con questa grande armata a' ^4 agosto
del, 13 98 il Re^ il Duoa Ruggieri di Loria ed il
Legato appoatolica partirono da Napoli^ ed ihvaaero
de più parti la Sicilia. La spedixiane in au 1 princi-
1^0 parve felice, poiché si resero Patti, Melaazo, Mu^
cara, Montefqrte ed il castello di S. Pietro e molti
.altri .luoghi di quella Valle, ...
,^ Pali' altr^ parte Re Federico con Corrado Doria
;genoìveae, <;he. nvea. creato Gapilan gcneoaie ;deU-ar*
lSiata:di ipare^ M mis^o.con ogni stpcUo^.a fortificaret
i luoghi, più^rimpi^rtanti:^ ed a vietare le vettovaglie al
campp .nismioo;:.oiide< Re Giacomo vedendo le eose
S94^* in Iwgo, ed icssere già la ; stagione avanzata,
pect-^on» ai^venturaré: così, grande. armata in quella ma-
xima mai; sicura. -aUb «pirare. di Tramontana, passò il
fytp^à ,^i andò.ìa'^Siragosa ciltà con porto più capace;
lai^ giumo qàiiji ralla £inè d'ottobre, trovò che "^i era
Aentra con pceaidio .Giovanni di Glùaramonte, il quala
ni}n feee;af|[iw^.'v.alci»no .di: volersi rendere; onde co«*
minciò a darvi il guasto, ed a mandare parte di sue
2(eftì,ad ocQ^up^ le, tepre^convipiiie. di Yal di Noto:
c»d -avendo alcuni Preti, ch^ erano dentro la cit^à, per
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DEL REGNO DI NAPOtl L.XXI. CAP.III. 4in
far cosa grata al Legato appostolico, ch*«ra al cann
pò, ordita una congiura di dare a Ruggiero di Loria
una torre della città, la trattarono così scioccamente,
che si discoyerae, e Giovanni di Ghiaramonte punì
moltot bene i colpevoli.
' Intanto portandosi a lungo quest"^ assedio, Re Fe-
derico ragunato tutto il corpo della cavalleria sicilia-
na con spesse scorrerie infestava tutte cpielle terre,
che s' erano rendute a Re Giacomo , e che mandavano
Vittovaglie al campo del medesimo e vedutosi ^ che
mantenendosi gagliardamente Siragosa, T esercito del
Re Giacomo perdeva di giorno in giorna di riputa-
zione, i cittadini di Patti alzarono le bandiere di Re
Federico, e posero T assedio «1 castello di quella città^
ove s' erano ritirate le genti, che Re Giacomo v'avea
lasciate per presidio. Per la difesa di questo castello
accaddero più fatti d'armi, ne' quali restando perdi-
tori le genti del Re Giacomo, lo posero in somma
costernazione, tanto, che vedendosi sopra T inverno, ed
il suo esercito in gran parte infermo per incomodità
sofferte nelF assedio; e dubitando, che l'audacia cre-
scesse tanto a' nemici, che venissero ad accamparsi
all' incontro di lui, levò l'assedio di Siragosa, e na-
vi^ verso Napoli con molto più sdegno che onore,
e con animo di ritornare, quanto prima potea, a far
guerra maggiore; ma sopraggiunto da una crudelissi-
ma tempesta sopra l' isola di Lipari^ che disperse U
maggior parte di sue galee e navi, a gran fatica si
ridusse salvo col resto a Napoli. E quivi giunto fu
subito assalito da una gravissima infermità di corpo
e d'animo contratta non meno per l'incomodità sof-
ferte nella guerra e nel naufragio, che per dispiacere
d' impresa ~così infelice, e dopo essere stato gran tempo
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4» STORIA CIVILE
ia perìcolo della YÌta, finalmente eonCbtitto dall*alle-
przza, perchè la Regina Bianca saa moglie area in
Tiapoli partorito un figliuolo, il quale fu poi suo sue-
cessore in que' Regni^ «ul finire deir estate di questo
anno 1299 navigò con .lei verso Spagna; ed in pochi
dì giunse salvo al Porto di Roses, e consumò tutto
quel remo nel preparare le cose necessarie per rino-
rare al principio del nuovo anno con maggior forza
ia guerra, e per poter essere più presto ad assaltare
r isola. E veramente questo . Re mostrò bene la bontà
dell'animo suo regale, avidissimo d'attendere quel che
avea promesso al Papa ed al Re Carlo suo suocero.
Dall* altra parte Re Carlo in Napoli , come che di
natura pacifico e avverso agli esercizi dell' arme, era
sollecitato e spinto da' suoi figliuoli giovani arditi e
bellicosi, onde con simile attenzione pose in ordine
la parte deir armata che toccava a lui; tal che ritor*
nato il Re Giacomo a Napoli con lo sforzo dell' ar-
mata sua air ultimo d'aprile del nuovo anno i3oo
a* a4 del seguente mese di Maggio partiron le Galee
e le navi^ e quei di medesimo fecero vela per Sicilia
Roberto Duca di Calabria e Filippo Principe di Ta-
ranto, figliuoli del Re Carlo, e di comun voto col
Re Giacomo fecero Generale dell'una e 1* altra ar*
mata Ruggiero di Loria.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.IV. 4a8
CAPITOLO IV.
Guarà rinwaia in Sitììia. Mori fi di Carlo Martella
Ee S Ungheria; e pace conchiusa col Be Fedx*
RICO.
Jb u rultima anno di questo decimoterzè secolo a§«
sai memotabik non meno per le tante battaglie ac-
cadute in^ Sicilia, che per V audacia dei Re Federico
e per le. molte gloriose axioni di tanti valorosi Prin-
cipi ed eccellenti Gapitam, e sopra ogni altro del fa-
moso Ruggiero di Loria , descrìtte così a minuto e
con tanta vivezza dal celebre Costanzo (a), elie ser*
bando il nostro istituto, saremo sol contenti in accor-
cio qui notarle, con rimettere coloro, che forse vo-
less^o a pieno soddisfare i loro desiderj, a quel gra*
rissimo Isterico.
Il Re FedcrieOf che liberato da quel primo insuU
to, pieno d'animo e di coraggio avea ridotte sotto «le
bandiere le terre di queir isola, invase da' suoi nemi-
ci, essendo stato avvisato dell* apparato stupendo, che
ai faceva contro lui, fece subito per tutte le parti
deir isola ponere in ordine il maggior numero di ga-
lee che fu possibile, con proponimento d' uscire in-
contro a' nemici e con intrepidezza inudita ponere ogni
cosa a rischio in una giornata.
Né è da tralasciare quel che ponderò il mentovato
savissimo Scrittore (i), essere stata veramente cosa ma-
ravigliosa ( per quella difficoltà, che si vedea a* tuoi
{a) CosUnzo Itb. 4* (b) Costante 1* 4
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4»4 STOMA GITILE
tempi e molto più ne' nostri, nel ponere in ordine le
armate ) come que* Re pòveri di quel tempo bastas-
aero in tanto breye spazio a fare tanto numero di
galee, quanto* si vide messo in acqua^ ed in esercito
in quegli anni, che dorò la guenra di Sicilia: rap-
portando alcuni, che Re Federico n ebbe in punto
cinquantotto, che pare cosa incredibile, ed aver po-
tuto perfettamente armarle in quef poco spazio ch'eb-
be di respirare, tra Tuna guerra e T altra.
Sentendo adunque Federico, che V armata nemica
sarebbe usoita ita. pochi giorni da Napoli, egli parti
da Messina con animo di combatterla, confidando al-
r audacia ed ostinazione de' Siciliani', i quali appena
la scoversero, che ad alta voce gridando chiedevano
battaglia. Frenogli il Re sino all'alba del giorno se-
guente, nella qoal ora movendosi con la galea sua
Capitana in mezzo di tutte le altre, andò con gran-
dissimi gridi contro 1' armata nemica: Ruggiero di Lo*
ria vedendo, che la temeriti de' Siciliani avca mosso
quel Re a speranza di rittoHa, pose nel mezzo delle
sue galee, la Capitana del Re d'Aragona e quella
di Napoli, ove erano il Duca di Calabria e'I Prìn-
cipe di Taranto, ed appressatoci a' nemici ricevè la
battaglia. Fu con pari valore e pari ardire lunga-
mente combattuto, ma con arte disuguale; poiché Rug-
giero fingendo di fuggire, tir^ in luogo le galee ne-
miche, dove potè con facilità stringerle, onde ruppe
r armata, e rimasero tutte o prese^ o poste in fondo,
e sol Federico con dodici galee, che lo seguirono, fug-
gendo si ricovrò a Messina.
Per questa così memorabil rotta seguita con tanta
gloria di Ruggiero, rimasero tanto afflitte le cose dei
Siciliani, che non fu persola a que' tempi, che non
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.IV. 425
giudicasse, ohe la Sicilia tra pochi dì avesse da ve-
nire in mano del Re Carlo; ma ecco come spesso erra-
no i giudizi umani, perchè Re Giacomo credendo di
aver tanto abbassate e consumate le forze del Re suo
fratello, che le genti del Re Carlo sotto il governo
- di Ruggiero di Loria, non avessero da far altro, che
fra pochi giorni pigliare la possessione dell' Isola, non
volle procedere più oltre, parendogli d' avere soddi-
sfatto al Mondo, al Papa e •! Re Carlo, avendo in
due guerre tanto speso e posto in pericolo la per-
sona sua nella prima guerra con V infermità , ed in
questa battaglia con una ferita. E così essendo venu-
to il Duca di Calabria ed il Principe di Taranto e
Ruggiero a visitarlo, dappoiché fu medicata la ferita,
disse loro, che avendo piaciuto a Dio con sì notabile
vittoria d' adempire le sue promesse, né restando altro
che pigliar la possessione della Sicilia, era ormai tem-
po ch'egli ritornasse in Ispagna a' suoi Regni, per
disponere le cose in modo, che que' Popoli impoveriti
per le gravezze sostenute in quella guerra, venissero
a ristorarsi con mettere fine a' loro danni, che perciò
lasciava loro a godersi il frutto delia vittoria. Il Duca
ch*«ra giovane di 93 anni avidissimo di gloria, ac-
cettando per vero tutto quello, che il Re diceva, e
rendendogli insieme lodi e grazie a nome del Re &uo
padre, gli augurò prospero e felice viaggio, e così par-
-tito il Re, rimase egli allegro, credendosi che reste-
rebbe a lui r onore di ridurre felicemente l'impresa
al desiato fine; ma molto più rimase allegro Ruggiero
giudicando, che siccome era stata sua la gloria della
vittoria, tale ancor sarebbe Y onore di quello, eh' avea
da succedere. Non mancarono però molti, che dissero,
che Re Giacomo si parli più tosto per la pietà fra-
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426 STORIA CIVILE
terna, che per giudicare le cose del Re Federice al
tutto disperate.
Tra questo mezzo giunto Federico con le dodici
galee in Messina, inanimito da que' cittadini a no«
abbandonar la difesa, e vie più fatto ardito quando
a Messina giunse V aTviso, che il Re Giacomo era
partito, cercò di raccogliere il maggior numero, che
potea di fanti e di cavalli, ed andò a ponersi eoa
tutto il suo sforzo a Caatrp Giovanni, luogo di natura
fortissimo ed opportuno a soccorrere ovunque il bi-
sogno lo chiamasse. Dall' altra parte il Duca di Ca-
labria prese Chiaramente, e dopo lungo contrasto Ca-
tania al fin si rese. La fama dell' acquisto di questa
città andò non solo divolgando quello eh' era, ma che
le due parti dell' isola aveano alzate le bandiere della
Chiesa e del Re Cario; onde Papa Bonifacio, che
Tavea creduto, lusingandosi di potere senza tanto spar-
gimento di- sangue Cristiano, quietamente ridurre tutta
r isola all' ubbidienza del Re, vi spedi subito il Car-
dinal di Santa Sabina per Legato appo^toUco^ il quale
dovesse assicurare su la parola sua i Siciliani a ren-
dersi, perchè sarebbero ben trattati; minacciando ana-
temi ed interdetti, se non ubbidissero; promettendo
air incontro benedizioni ed indulgenze, se si rendes-
sero. Ma Ruggiero di Loria, conoscendo T animo in*
domito de' Siciliani, che non si piegavano se non coUa
forza, persuase al Duca, bisognare a spedir la guerra
altro aiuto di quello, che portava il Legato; ed il nemi-
co doversi vincere con armi e non a suono di campanel-
la e di scomuniche {a). Fu perciò richiesto nuovo ajuto
da Napoli, e dal Re Carlo furono mandate dodici altre
(a) Costanzo lib. 4*
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DEL REGNO DI NA?OLI L. XXI. GAP. It. isiy
galee, e molti legni ^i carico; ed il Principe di Ta-
ranto con seicento cavalli, e mille fanti, diede al-
la Falconara la battaglia, oire restò prigione ed t
suoi rotti. Fu dopo la prigionia di questo Principe
guerreggiato con maggior audacia da Federico, ed
avendo écoverta una congiura tesa cóntro la sua per-
sona, tosto la ripresse, e punì i colpevoli^ li Duca di
Calabria passò ad assediar Messina, ma soccorsa da
Federico, il Duca vedendo il campo suo oppresso di
fame e di molte infermiti , si levò dair assedio. Al-
lora fu cbe per mezzo di Violante Duchessa di Ca-
labria, sorella di Federico, si cominciò a trattare di
triegua, che fu conchiusa per sei mesi. E 1 Duca tra
questo spazio volle andare in Napoli a rivedere il pa-
dre, e lasciò la Duchessa Yiolante con un figliuolo,
eh' avea partorito in Catania, per dare a credere ai
partigiani suoi, che no '1 faceva per abbandonare V im-
presa, ma per tornare con maggior forza.
Fra questi sei mesi Papa Bonifacio pensò in van*
faggio di Re Carlo favorì ed aiuti nuovi, e T occa-
sione fu questa, eh' essendo morta a Carlo di Yaloia
fratello del Re di Francia la prima moglie, ch'era
figliuola del Re Carlo, il Yalots aveva pigiata una fi-
gliuola di Filippo, nato dall' ultimo Balduino Impe-
Fadore di Costantinopoli, erede di molti luoghi in Gre-
cia, e del titolo e della ragion dell'Imperio, eh' era
stato occupato dal Paleologo; e con Tajuto del Re di
Francia e del Papa, voleVa andare all'impresa di Co-
stantinopoli^ £d essendo nel viaggio giunto a Fiorenzai
che allora per le solite fazioni si trovava in discordia,
fu richiesto da que' cittadini, perchè gli componesse;
ma egli pose più discordia, che prima vi era, e par-
. lissi per Roma, ove Papa Bonifacio gli persuase, cba
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428 STORIA eiVILÉ
r impresa di Costantinopoli sarebbe stata più agevole
aiutando egli Re Carlo a fornir V impresa di Sicilia;
perchè poi ayrel^ potuto avere da costui più pronti
aiuti, e più comodi soccorsi, che non già dal Re. di
Francia, per la brevità del. cammino da Puglia in Gre-
cia. Accettò il consiglio il Yalois, e venne subito a
Napoli con le sue genti, dove, tra le sue galee e navi,
con altre che &' armavano quivi, posero molte truppe
in ordine, e eoa felicissimo viaggio egli ed il Duca
giunsero in Sicilia, a tempo, eh' era già finita la trie-
gua« Non è dubbio, che vedendosi tanto numero di
nemici in queir isola, ogni uno giudicava le cose di
Federico disperate; ma questo Principe con quel vi-
gor d'animo, eh' era suo naturale é con quella pru-
denza, in che superò ogni altro Re del suo tempo,
andò coQ^artendo le sue poche genti a luoghi dì mag*
gior importanza, cosi aspettando che. it tempo dimi-
nuisse la forza de' nemici. Ed in effetto il Valois a-
vendo spesi molti giorni sanza fare gran frutto. Re
Federico venne a certissima'^ speranza di vincere senza
combattere.
In quest' anno i3oi che queste cose passavano in
Sicilia, accadde in Napoli Y acerba ed immatura morte
di Carlo Martello Re d'Ungheria. £rasi questo Prin-
cipe il precedente anno, coli' occasione del nuovo Giu-
bileo pubblicato da Papa Bonifacio, portato in Roma
a visitare la Basilica di S. Pietro, e venne poi a Na-
poli a visitar suo padre, e forse ancora, vedendo il
padre vecchio, a proccurare, che il Regno di Napoli,
dopo la sua morte restasse a lui, temendo, che tro<*
yandosi egli lontano, i fratelli non T occupassero: ma
il suo destino portò, ch^ e^ morisse prima, non senza
sospetto^ secondo narra il Carafa^ che Roberto suo
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXl. CAP IV. 4^9
fcateUo per ambizione di regnare dopo la morte del
padre, V avesse fatto avvelenare. Morì non a^vendo più
che ■ io anni eoa dolore universale di tatto il Regno,
perette, era un Principe mansueto e splendido; e molti
nobili' Napoletani, ed altri di questo Regno, che vi-
.verano spl^ididamente in oasa sua, restaron privi di
quel aeategno, e della speranza d' esaltarsi, servendo
a Signore magnanimo. e libéralissimo. Lasciò di Ole-
menm sua moglie, che era figliuola di Ridolfo Im-
peradore, un figliuolo chiamato Caroberto^ che gli suc-
cesse nel Regno d' Ungheria. Fu sepoltq nella chiesa
maggiore di Napoli , appresso la 0epultura di Carlo I
suo avo, ove si vede il sepolcro ooira^mi sue e quelle
di casa d'Austria, che sono della moglie; donde f^
apinto il Conte d'Olivares Yicerè^ lot]to il Regno di
Filippo III di collocare in luogo più eminente su la
porta di quella chiesa, ed in più magnifica' forma, que-
sti due sepolcri, insieme culi' altro della Regina tua
juoglie.
Ma ritornando alle cose di Sicilia, il .Re Federico
persistendo nel suo proposito, non comparve i|i .camr
paglia mai, sol mirando a guardar le.l^'rre; perchè
vedea, che un si grande esercito, com'era il gemico,
non poteii non dissolverai presto, 0 per mancamento
di paghe o di vittovaglie. Far non mancava con la
aolita destrezza e con T ajtito de' Cavalieri siciliani,
che lo servirono mirabilmente, di trovarsi dov'era il
bisogno, con assalire le scorte, che cooducevano vit-
tovaglia. Dopo brevi dì, nel campo incominciarono a
sentir penuria, .^d infermò gran quantità di soldati:
onde il Yaloia cominciò a dar orecchio a parole di
^ce,. giacotbe.troppo diminuendo T esercito suo, noi^
avria potuto far passaggio a Costaatinppoli. Alcuni
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43o STORIA CIVILE
rapportano, cbe sì trattò la pace dalla Duchessa Tio-
lante. Farono adunque eletti così dall'una parte, co-
me dair altra personaggi con autorità per negoziarla.
Il Re Federico, e i Siciliani per la gran povertà di
quel Regno e sua, n' aveTano maggior desiderio. Cosi
a' ig agodto di quest'anno 1 3oa fu conchiusa con gran
piacere di tutti e più di Federico, per essere stata
pet lui mollo onorata. Solo la Duchessa Violante,
con infinita doglia di suo marito e di suo fratello
morì prima, che fossero firmati i Capitoli della pace,
che furono i seguenti.
Che il Re Federico in yita sua fosse Re di Sicilia;
e poi quella Titornaase liberamente a Re Carlo e suoi
eredi.
Che e' s'intitolasse non Re di Sicilia, ma Re di
Trinacria,
Che a lui si tornasse in termine dì quindici dì ogni
terra, che in Sicilia si tenea per Re Carlo; al quale
air incontro nel medesimo termine egli restituisse ogni
terra ed ogni fortezza, che in Calabria tenerano ban-
diera sua.
Che dall'una e dall' altra parte si liberassero i pri-
gioni senza pagar taglia
Che il Re Federico pigliasse Lionora figliuola ter*
Eogeuita del Re Carlo per moglie.
Che il Re Carlo procurasse, che il Papa avesse
a ratificar la pace, e così ad investirlo di Sardegna
o di Cipri, dove poi rimanessero i figliuoli, che fos-
sero nati da questo matrimonio. Ed acquistando Re Fe-
derico di que' Regni o \ uno o l'altro, che andasse a
regnarvi; risegnando subito al Re Carlo il Regno di
Sicilia, eoa pagarglisi a conto di sua dote ali' incoa?.
Ire centomila once ti* oro.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXl. GAP. IV. 43 1
(In esecuzione di questa pace» Federico nel i3o3
prestò il giuramento di fedeltà al Pontefice BenedeU
to XI ch'era succeduto a Bonifacio Vili per mezzo
del suo Proccuratore Corrado Dorla , nel quaF istru-
mento, che si legge presso Lunig tom. a pag. io 54
Federico e chiamato Re di Trinacria ).
In cotal guisa terminossi la guerra di Sicilia. Fa
liberato il Principe di Taranto con gli altri Baroni
prigionieri, ed il Re Federico andò a visitare il Yalois,
e 1 Duca dì Calabria al campo, e con grand* amore
a abbracciarono ed unitamente mandarono a Re Carlo
in Napoli per la ratificazion della pace, e pei: condurr^
la sposa in Sicilia. Re Carlo, che naturalmente era
pacifico ed inchinando Fetà sua alla vecchiezze, gli
rincrescea molto la guerra, accettò gli articoli; e poi-
ch'ebbe ratificato, mandò sua figliuola con Giovanni
Principe della Morea 9uo ^glio ottavogenito : ed in
Sicilia si ferono quelle feste, che la qualità di quei
tempi comportò, più tosto con' animi lieti, che con
magnifiche pompe: e Carlo di Yalois col Duca, q\
Principe, e gli altri Baroni, riposti in libertà ritor-
narono in Tiapoli [a).
Questa pace per tutta Europa si giudicò molto van»
taggiosa ed onorata pqr lo Re Federico, e fino al Cielo
esaltarono la virtù sua, che con debili forze d' un pic-
ciol Regno, e* solo erasi mantenuto e difeso da molti
avversari poderosi ; e quantunque la condizione, che
egli fòsse Re in vita, pareva onorata p^r T altro; nien-
ledimeaid chi era giudizioso mirava, che dopo sua
morte s* avria da entrare alfesecuzione della pace, più
tosto con r armi , che con la carta de* Capitoli. Per
(a) Coitanzo Ub. 4- .
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433 èTORIA CIVILE
contrario ii tenne poco onorata per Carlo di Valols;
e da Gioraìani Villani. è scrìtlo, che il niòttiegg^iarono
per Italia^ cbe era andato in ^Fiorenza a porn pace>,
e lasciovyi ' nuova gnerra ; e che era andato in Sici-
lia a far gaerra,. e parlìvane con disonorata pace.
Il Valois ritornalo a ^lapeli, indugiò molti giorni ,
riconciando T armata^ ed ancor, dando tempo all'ap-^
parecchio del Re Carlo, che deliberava con ogni cor-
tesia d'aiutado, e mandare il Principe di Taranto ed
il Principe della Mo^ea suoi figliuoli in Grecia. Ma,
come accader suole neir imprese grandi, essendo in-
sorta tra it Pontefice Bonifacio ed il. Re di Francia
fiera guerra, contro cuil fece anche il Papa mover
guerra dal Re. inglese ; perciò non solo fu esclùso il
Valois degli aiuti del Papa e del Re di Francia, ma
gli fu ancor necessario di. ritornar a* suoi per Taiuto
di quel Regno; e non ebbe;iipoi mai più comodità a
liur r impresa; ansi ih .progrèsso 'di tempo avendo due
figliuole di quella moglie, eh jera nipote dell'Imperadore
Baldoiflo, diede Funa per meglio al Principe di Ta»
ìranto, che per 'lei s'intitolò Impéradore di Costanti-
nopoli^ e r altra dopo molli anni fu !mo^e di Carlo
Duca di Calabria, figliuolo .di Roberto.
• Ruggiero di Loria, àlqual «pareva^ ohe in questa
pace non avevan di lui fatto, qnelconto^ che sua virtù
ineritava, benché gU avesse donati Re Carlo arapi Stati
nel Regno^ in iscambio di quplli, ch'avéa perdati in
Sicilia, pur se ne passò in » Catalogna ricèhiaaimo di
gloria, dove poi àtorì^ con iaome del» più fortonato e
Gran Capitano di mare,, di' quanti ne 'sono lodati per
ristorie greche e latine.
Ma ritornando alta pace, dicono alcuni Autori, che
trovandosi il Legato Appofttolico al trattar di quella
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. IV. 43*
costriose "Re Federico a promettere una certa ricogni-
zione alla Sede Appoetolica, ma o foj^se ciò vero o
falso, non ebbe alcun effetto; poiché Papa Bonifacio
poco da poi della sua prigionia morì d'afflizione in
Roma a' II ottobre di quest'anno i3o3, ed in suo
luogo fu rifatto Benedetto XI Trivigiano dell' Ordine
de' Frati Predicatori, il quale a' 6 luglio del seguente
anno morì, non senza sospetto di veleno, e lasciò nel
Collegio molte discordie ; poiché essendosi quello di*
viso in tre fazioni, dell' una era capo Francesco Gae*
tano nipote di Bonifacio, uomo fatto assai potente dal
zio, così di ricchezze, come di sequela; era capo del-
l'altra Napoliooe Orsino; e dell' altra il Cardinal di
Frata: onde la Sede vacò per tredici mesi, ed al fine
a' 5 di luglio del i3o5 fu eletto Pontefice l'Arcive-
scovo di Bordeos franzese, che allora staya in Fran-
cia, e fu chiamato Clemente V*
Costui fu che, o a persuasione del Re di Francia,
o per amor del paese nativo, in cambio di venire a
coronarsi a Roma, trasferì la Sede Appostolica in. Avi-
gnone, chiamando a quella città i Cardinali; dove poi
con gran danno d' Italia si fermò per più di settanta
anni, finché Gregorio XI non la restituisse a Roma;
ed a compiacenza di quel Re si coronò a Lione, ove
intervennero egli, Carlo di Yalois e molti altri Prin-
cipi Oltremoutani. Mandò poi il Papa tre Cardinali
Legati in Roma colla potestà Senatoria, da' quali quella
città e lo Stato fosse governato.
Da quest'anno i3o5 fin al i3o9 nel qual morì, il
Re Carlo stette assai quieto nel Regno di Napoli, e
si diede a magnificar questa città, ed agli altri studj
di pace, come diremo. E parve che la fortuna gli ren-
desse per altra via quello, che di reputazione avea pcr-
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434 STORIA CIVILE
duto con la pace fatta col Re Federico ; poicliè i
Fiorentini per le civili discordie vennero a pregarlo,
che mandasse in Fiorenza il Duca di Calabria, a cui
da loro ai preferiva il g^overixo della città: come ne
gli compiacque, e Fiorenza il ricevè come suo Signo-
re. Andò poi il Duca a visitar il Papa in Avignone,
e dopo maneggiate col medeaimo alcune cose in bene*
ficio de' Guelfi, cavalcò per la Provenza, dove quc' Po-
poli gli fecero ricchissimi presenti, ed all'istesso tempo
tolse la seconda moglie, che fu la figliuola del Re di
Maj erica del sangue Aragonese, cugina della Duchessa
Violante sua prima moglie : e con volontà di Carlo
suo padre congiunse col cognato primogenito di quel
Ke, Maria sorella sua quartogenita. Né mancarono
tra 1 maneggiare in Francia questi matrimoni , altre
feste a Napoli, perchè il Re Carlo diede Beairice sua
figliuola ad Azzo Marchese di Ferrara, e conchiuse
il matrimonio della figliuola del Yalois col Principe
di Taranto, per la qual donna si trasferirono il titolo
e le ragioni dell Imperio di Costantinopoli nella Casa
del Principe di Taranto; poiché il Yalois vedendosi
fuor di speranza a poter fare queir impresa , la de-
legò al Principe, facendolo suo genero, scorgendolo
nomo bellicoso, e per ajatt, che potea dargli il padre,
abile a fare in que' paesi qualche conquista. 11 Tuti-
ni (a) rapporta queste ragioni essergli pervenute non
già dalla figliuola del Yalois sua seconda moglie, ma
dalla terza, che fu Caterina figliuola di Balduino Conte
di Fiandra ed Imperadore di Costantinopoli, e porta
una carta d^ investitura fatta dal Principe e da Cate-
rina, che s'intitolano Imperadori costantinopolitani^
(a) Tutini degli Àmmir. pag. io3.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. IV. 435
per la quale creano Re e Despoto della Romania e
deir Asia minore, eoo tutti li Gontudi, Baronie e isole
adiacenti Martino Zaccaria^ Signore dell'isola di Ghic^
•uo Gonsigliere, concedendogli tutte le prerogative re-
i;ie e Despotali: che potesse bere in tazza d'oro, por*
lare corona e scettro regio, scarpe rosse ^ con altre
insegne regali, come più innanzi diremo.
CAPITOLO V.
Napoli amplificata da Carlo II e resa piii magnifica
per edifica^ per lustro della sua Casa regale , 0
per altre opere di pietà illustri e memorahili^ ad^
perate da lui non meno quivi , che nelV altre città
del Regno.
InchinaBdo questo Principe più agli studj di pace
che a quelli della guerra, ed avendo così egli, come
tuo padre fermata la sede regia in Napoli, ed in con^
seguenza resala più numerosa di gente volle amplifi-
carla; e fatti levare molti giardini, che avea intorno,
fece in quelli far edificii, e allargando il recinto delle
mura della città, fece più oltre trasferire le Porte ^
onde que' luoghi, che erano fuori, furone rinehiusi
rientro: di che la città ricevè non picclola ampliazione;
e per invitare altri ad abitarvi, fece franca la città
d' ogni pagamento fiscale. Ordinò ancora a petizione
della mede:iima, la gabella detta, dei buon denaro, che
fu molto grata a' cittadini servendo per riparazione
delie strada, e per altri beneficii pubblici, |C0zae ,si
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436 STORIA CIVILE
vede ne* Capitoli del Regno sotto Tanno i3o6 (a).
Perchè in essa il traftìco ed il commercio fosse più
sicuro e frequentato, per sicurezza delie navi fece edi-
ficare il Molo, che ora per Y altro più grande fatto
a' tempi de' Re austriaci , appelliamo il Nolo picco-
lo (b). Alcuni anche scrissero, che facesse egli edifi-
care il caste! di S. E ramo, chiamato così da una pic-
ciola Chiesetta, che prima era sopra quel Monte de-
dicata a questo Santo , ancorché il CoUenuccio, ed
altri vogliano, che quella fabbrica fosse stata opera
di Roberto suo figliuolo. Stabiliti in questa città quei
due grandi e supremi Tribunali della G. Corte, e
r altro del Vicario, per maggior comodità de' Giudici
e de' litiganti fece fabbricare appresso il Castel Nuoto
con grandissima spesa un Palazzo , nel qual doveano
quelli reggersi , siccome tutti gli altri Tribunali di
giustìzia (e); li quali da poi essendo stato dalla Re-
gina Giovanna I quel palazzo converso in tempio ad
onore della Corona di Cristo , furono trasferiti nei
tenimento della Piazza di Mido neir Ospizio del Co-
mune di Venezia, siccome il Tutini {d) raccoglie da
uno istromento stipulato nelFanno i43i ove si leg«
gono queste parole: In quo HospiiLo M. C. Magistri
Justitiarii Regni regehatur et regitur ad praesens. Indi
si portarono nella strada di S. Giorgio Maggiore in
un palazzo attaccato al campanile di quella Chiesa,
il qual fin oggi ritiene il nome di Vicaria vecchia;
insino che ne' tempi di D. Pietro di Toledo neir an-
no i54o non si fossero tutti ridenti nel Castel capua-
no , ove oggi per T infinito numero de' litiganti, Giu-
(a) Siimm. lo. 2 pag. 36o, {b) Summ. io. 2 pag. 355. (e)
Costanzo lih. 4- {^) Tutin. de'M. Giust. pag. 7.
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r)EL REGNO DI NAPOLI L. XXI. GAP. V. 43;
dìél ed Avvocati s'ammira per una delle qose più
stupende, non pur d'Italia, ma di tutta Europa.
Non mancò ancora, per render questa città vie più
iaag[nific£^ di ciò che area fatto suo, padre, di am-
pliare i privilegi air Università degli studj, e per mag;;
giormente illustrarla, di chiamare a quella i più rino-
mati Professori d'Italia, invitandogli con grossi sti-
pendii. Così nelUanno lagGLfece venire da Bologna
Dino de Muscellis celebre Giureconsulto con salario
di cento once d' oro Y anno (a). Richiamò ancora da
Bologna Giacomo di Belviso^ dandogli Tistessa provi-
sione, che suo padre gli avea stabilita di 5o once
d'oro Fanno. Nel i3o2 con grosso stipendio fece ve-
nire ad insegnare in quest' Università il Ju^ Canonico
Maestro Benvenuto di Milo Canonico di Benevento ,
e celebre Canonista di que' tempi, che fu Maestro del
famoso Biase di Morcone (5). Y' invitò ancora nell'an-
no i3o8 Filippo d' Isemia famoso Legista a leggervi
il Jus Civile. £ poiché in que' tempi praticavasi il
lo'devol istituto , osservato oggi in Ispagna, che i Pro-
fessori dalle cattedre passavano alle toghe ed alle mi-
tre, si vide da poi il Canonista Milo fatto Vescovo
di Caserta; e Filippo d'Isernia Consigliere del Re, ed
a' tempi del Re Roberto Avvocato Fiscale. Richiamò
ancora a leggervi Medicina Filippo di Castrocoeli^ eoa
accrescergli il salario, che suo padre gli avea prima
assignato d'once 12 insino ad once 36 d'oro Fanno.
Furonvi ancora chiamati a leggervi logica , Accorsina
{a) Reg. ann. 1296 lit* G. fol. agS ivi: Vocàvìt Domìnum
Dinum de Muscellis, ut Bononia ad Neapolìtanum Sludium
lecturus cum annuo salario unciarum centum auri. Summ«
to. 2 p. 562. (b) Ciarlant. pag. 371. Istor. 4el Saniiio.
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438 STORIA CIVILF
da Cremona^ celebre io que* tempi per le arti liberali^
ed altri iosigni Professori per T altre Scienze (a). B
perchè ritenesse quello splendore e lustro, che Fede-
rico II aveale dato^ rinovò la proibizione fatta dal
medesimo a* Professori di non potere sotto pena di 5o
once d'oro leggere in privato, o in altro luogo, ec-
cetto solo in quella Università pubblicamente: di che
nei regali registri de' suoi tempi se ne leggono molti
divieti Q>). Per la quel cosa avendo presentito, che in
Sulmona alcuni sperano dati a leggere Jus Canonico^
fu da questo Principe ad istanza de'Letfori napole-J
tani spedito rigoroso ordine, che subito se n'astenes-
sero, spettando ciò solo airUniversità degli studj di
Napoli (e).
Rese anche adoma non meno questa città, che il
Regno, per le magnifiche chiese ed ampi monasterii,
che parte vi costrusse di nuovo^ e parte ampliò. Oltre
d*aver ridotto a perfezione, ed in più ampia forma
r Arcivescovado di Napoli e la Chiesa di ^. Loren-
zo, a cui unì un ben grande Convento di Frati Con-
ventuali di S. Francesco; opere incominciate da suo
padre ma non già ridotte a fine; fondò egli di nuovo
la Chiesa ed il convento di 5. Pietro Martire de' PP.
di S. Domenico. L'altra ch'egli nominò della iHiti^Ja-
2e7ia, ancorché ritenesse il nome di S, Domenico per
li Frati di quell' ordine, e per essere consecrata a quel
Santo. Quella di S. Agostino (J)^ e V altra di S. Mar-
tino sopra il monte S. Eramo: se bene di quest'uU
{a) Reg. ano. i5oo fol. 25 1 et ann. i5oi fol, 273 et 35«.
(b) Registr. ann. i3oi fol. 8 ann. i3o8. (e) Ciarlant pag. 373.
(d) Suium. pa^. 348 tom. 3*
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DEL REGNO T)I NAPOLI L.XXI. CAP.V. 439
tima i più accurati ScrìUori ne facciano autore Carlo
buca di Calabria suo nipote (a).
Ir Aversa edificò a' Frati di S. Domenico la chiesa
« convento sotto il titolo di S* Luigi Re di Francia
suo zio, dotandola di ricchissime rendite» Ma ove più*
rilusse la pietà insieme e la magnificenza di questo
Principe fu in quelle tre celebri Chiese del Regno,
cioè in quella di S. Niccolò in Bari, neir altra di Santa
Maria in Lucerà, e in quella già prima fondata dal-
l'Imperador Federico II in Altamura; nelle quali è
da notare, che i Pontefici romani furono cotanto pro-
fusi in concedere non meno a* nostri Re angioini, che
a lor riguardo a queste Chiese tanti privilegi e pre-
rogative, che quasi scambievolmente tsomUnicando si il
lor potere, siccome i Re erano profusi in donare a
quelle beni temporali, così essi gli cumulavano di
preminenze e favori spirituali.
5 I. Della Chiesa di S. Niccolò di Bari.
La regal chiesa di S. Niccolò di Bari, 'siccome fit
Barrato ne' precedenti libri di quest'istoria, ebbe il
suo principio nell'anno 1087 nel quale alcuni merca-
tanti baresi da Mira città della Licia trasportarono
nella lor Patria il Sacro Deposito. Urbano II nella
fine di settembre del 1089 accompagnato da gran nu-
mero di Cardinali e di Vescovi, li quali insieme eoa
lui erano intervenuti nel Concilio ragunato in Melfi,
dedicò solennemente l' altare maggiore della chiesa in-
feriore^ ove ripose le sacrosante Reliquie, conforme
«gli medesimo ne fa piena testimonianza in una sua
{a) y. Engen. Nap. Sao. fol. 585,
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44o STORIA CIVILE
Bolla spedita io Bari a* 9 ottobre 1089 secondo aiiiT9
del suo Pontificato, riferita dal Baronie e dalF U'
ghelio.
Fin dal tempo della sua fondazione, fu quella chiesa
edificata nel palazzo antico de* Capitani, li quali inen*
tre governarono la Puglia in nome de^F Imperadori
d' (oriente, fecero in esso la loro residenza; toltn poi
da' Normanni la Puglia a^ Greci, passò in potere di
Roberto Guiscardo primo Duca di Puglia, ed appresi
BO, di Ruggiero suo figliuolo, la qual Chiesa fu li-
bera ed esente fin dal suo principio della giurisdizione
deir Ordinario, del che fanno bastantissima fede il pri-'
Tilegio concedutole da Alessandro Conte di Cupertino
e di Catanzaro per ordine di Ruggiero Re di Sicilia,
ohe si legge presso ITgbello medesimo, la celebre Bolla
di Pascale li indirizzata ad Eustachio li Abate, che
succede al primo cotanto rinomato Elia^ ottenuta per
intercession di Boemondo Principe d'Antiochia e Si-
gnore di Bari fratello di Ruggiero ncllanno 11 06 (a),
e le Bolle di Bonifacio Vili dell' anno 1296 (^), di
Clemente V, Paolo III, Pio V ed altri romani Pon-
tefici (e).
Il Re Carlo II d'Angiò fatto prigione colla disfatta
del suo armamento navale, fu, come si disse nel pre-
cedente libro, in grave pericolo d'essere decapitato;
ma avendo scampata la morte, e liberato poi dalla sua
prigionia, memore di così insigni beneficj, ch'egli cre«>
(a) Bulla Paschalls II apud Ughell. ove nella data evvi
errore , ed in vece di XIV deve leggersi IV. (b) Nelle quali
Bolle si legge uallo modo > non già nullo medio; onde per-'
CIÒ Carlo II nel privilegio della dotazione del i3o4 disse,
che questa Chiesa se Y apparteneva pieno jure. (e) Y. Chioc»
tom. 7. M, S. giurisd. de EccL S. JMic, do Baro.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.T. Ut
«lette per intercessione di questo Santo, di cui era di-
votiseimo, aver ricevati, rivolse T animo ad accrescere
il culto e la divozione, che gli portava, con arric-
chire la sua Chiesa d' amplissime rendite, facendole
varie donazioni, con riserbarsi solo il poter godere
delie distribuzioni, come Canonico di quella, sedendo
nel Coro, come tutti gli altri. Per mezzo del Priore
Guglielmo Longo Bergamasco, il quale fu creato Car-
dinal Diacono di San Niccolò in Carcere, nel 1^9^
ottenne da Bonifacio Vili ampi privilegi, esenzioni
ed immunità. Vi destinò al suo servizio cento Che^
nei tra Canonici ed altre dignità, oltre il Priore, e
la dichiarò sua cappella regia.
Impetrò dallo stesso Bonifacio Vili nell'anno 1296
Bolla, con cai gli diede facoltà di poter unire alla re-
gai basilica le chiese e cappelle di sua collazione, che
li paresse aggregarle, le quali, come quelle, a cui si
sarebbero congiunte pieno june^ a lui apparlenessoro;
e furono aggregati a quella la Badia e monastero di
tutti i Santi (a).
Assegnò nieir anno 1298 per dote perpetua della
chiesa trecento once d'oro per ciascun anno da esi-»
gersi sopra la dogana e fondaco dell' istessa città di
Bari, alla qual somma, tre anni appresso, aggiunse
altre once cento, con che di queste, ottanta se ne das-
aero al Priore, venti al Tesoriere, e le restanti tre-
cento, si distribuissero fra' Preti e Ministri della chic-'
sa; in iscambio delle quali, perchè molte volte dagli
Ufficiali del Regno se ne differiva il pagamento, con-
cedè alla chiesa tre castelli a lui devoluti, cioè Kuti-
{liano , S. Nicandro e Grumo, de' quali n' investi il
{a) Bulla apud Beatil. hist. S. Nicel. lik.ii cap. 17.
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442 STORIA CIVILE
Tesoriere di quel tempo, e gli altri, che fossero eletti
ne' tempi futuri.
Nel mese d'ottobre del medesimo anno 1298 in virtù
della potestà datali da Bonifacio incorporò V Arcìprc-
tura d' Altamufa con tutte le sue chiese, cappelle, ra«
gioni e pertinenze alla dignità di Tesoriere, il che con-
fermò con altro Privilegio de' 2 dicembre del i3oi
col quale anche unì le chiese della Trinità di Lecce
e di S. Paolo d* Alessano all' Ufficio di Cantore'^ t
la chiesa di S. Maria di Casarano a quello di Sue-
cantore.
A' 18 gennajo del iSoa istituì nel sagro Tempio
quattordici Ministri, de' quali otto avessero pensiero
ne' dì festivi d'assistere in guardia delle porte del Coro
con una mazza regale d'argento in mano, donde pre*
sero il nome di Mazzieri, e sei per li Ministri più
bassi, come per rappezzar le fabbriche, racconciar gli
scanni, e cose simili, chiamati perciò Maestri di Fab^
hrica^ a' quali diede l'esenzione del pagamento delle
gabelle, e del Foro secolare nelle cause civili, sotto*
ponendoli alla giurisdizione del Tesoriere, appellane
dosi da' decreti della di lui Corte a quella del Cap^
pellano Maggiore,. le quali esenzioni ed immunità,
furono confirmate da Roberto nel 1 34o e da Ladislao
nel i4o3, e gli altri Re successori , al suo esempio, di
moltissime altre concessioni e preminenze arricchirono
questa chiesa.
Dotata ch'ebbe in tal modo la regal Chiesa, v'in-
trodusse una nuova forma di servizio a similitudine
di quello usitato nella regal cappella di Parigi, ad
esempio della quale volle ancora, che in quanto alla
recitazione de' divini Uffici, si valessero i suoi Mini-
stri dell'antico Breviario parigino; il che fu poi tolto
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. CAP. V. 445
air ultimo di dicembre del i6o3 con lettere di Filip-
po III, colle quali permise, che, quello tralasciato, nel*
Tavvenire potessero servirsi del Breviario romano, detto*
volgarmente di Pio V. .
Dispose per mezzo di un suo privilegio spedito
a' 30 giugno del i3o4 che oltre il Priore fossero in
questa chiesa tre dignità, cioè quella del Tesoriere^
che costituì la prima e la più riguardevole, e due al*
tre, cioè di Cantore e Succantore e cento Preti be*
neficiati^ quarantadue Canonici, fra quali le dignità
furono annoverate, ventotto Gherici mediocri e trenta
bassi, siccome s'appellano nel privilegio, con molti
particolari regolamenti attinenti al Priore ed al Te-
soriere.
Dopo avere il Re Carlo II costituito in questa chiesa
le dignità, il numero de' Canonici, ed altri Cherici in-
feriori, asaignate le rendite, ed ordinato tutto ciò^
che stimossi da lui espediente per buon reggimento
e regolamento della medesima; riserbò per se, e suoi
Serenissimi Successori nel Regno la dignità di Teso-
riere colla prebenda a quello annessa, in modo cb^
ritrovandosi in Bari, interveniva egli nel Coro /come
Tesoriere, sedendo nella seggià costrutta air incontro
di quella del Priore, in cui sono intagliate T armi re-
gie, e vi sta scritto con lettere d' oro, Sedes Regalis^
coir effìgie di questo piissimo Principe, sotto il quale,
«colpito in abito di Tesoriere, leggesi T iscrizione: per*
pctuo monumento d' aver per se e suoi successori ri-
tenuta la prima canonica dignità, chk quella di Te-
soriere (*).
(*) Le parole della detta iscrizione sono: Serenìssimus Re<
Carolas Secundus, etc. banc Basilieaitt munificentia RcgaM
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444 STORIA CIVILE
Avei ciò il Re Carlo appreso da' Francesi, e mas-
simamente da*8uoi Angioini; e conforme nella recita-
cione deir Ufficio, e nell'altre cose concernenti il culto
di detta Chiesa, così in questa volle imitare T usanza
della Francia; poiché si legge presso Eginardo (a) che
Carlo M. si dilettava ancor egli di cantare con gli
altri nel Coro; e nella Cronaca d' Inghilterra lo stesso
ai legge di Fulcone III, cognominato il buono Conte
d' Angiò, il quale nclF anno 960 fu ammesso nella
Chiesa di S. Martino come Canonico, e spesse volte
nella recitazione dell* ore canoniche con vesti canoni-
cali intervenne (J). Parimente Ingclgero Console, ov-
vero Conte d' Angiò ( poiché dell' uno e dell" altro ti-
tolo allora promiscuamente valevansi ) dopo aver ot-
tenuta nella Chiesa di S. Martino in Tours una pre-
benda perpetua, essendo vacata la dignità di Tesorie-
re,-fu dichiarato tale, difensore della chiesa, e tu-
tore delle sue possessioni; e mentre visse occupò la
dotavit sola sìbì^ et successoribus suis prima Canonica dìgni-
tate servata. Lettera delP istesso Carlo II de' 3 Novembre i3o4
rapportata dal Beatillo Istor. di B.iri, lib. 5 fol 44^ ove si
legge: Io signum devotionis relineniu$ nobis, et baeredibus
nostrisj quod cum persooaliter eriinus dos, et nostri haere-
des in Baro, quotidianas distributiones accipiemus sicul unus
de Canonicis ipstus nostrae Ecclesiae recipit, et recrpere ha-
beat. (a) Egin. apud Ducbesne tom. 2 pag. io5 et 104. Le-
gendì atque psallendi disciplinam diligentissime emenda vii;
erat enim utriusque admodum eruditus; quamquam ipse» nec
publice legeret, nec nisi summissira, et in commune cantarct.
(^) Script, antiq. Eccles. Anglic. tom. 1 pag. 4^^- Bibliotb.
Clan, nota pag. 21. Spicileg. tom. io pag. 4o3 et 447* ^^^
nonicus adscriptus fuit in Ecclesia S. Martini, in festis San-
cti ejusdem in Cboro inter psallentes Clericos cum veste cle-
ricali > et sub disciplioa eorum adstabat.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL GAP. V. 445
sede di Tesoriere, nella qual digaità, a' Conti e Du-
chi d' Angiò succederono i Re di Francia, e quel Ca-
npnicato laico conseguirono (a).
Da' precedenti libri di questa Istoria ciascuno avrà
potuto notare, che molte usanze di Francia furono
da' nostri Re fra noi introdotte, cominciandosi sin dai
Normanni, e moltissime poi ve ne furon portate dai
Re angioini^ onde non dee recar maraviglia se alcune
nel nostro Regno oggi ancor durino totalmente dif-
formi* da quelle di tutto il resto d' Italia. In Francia
il Tesoriere della regal cappella di Parigi, secondo ne
jrende testimonianza Coppino (6), oltre d'esercitar giù-
risdizione sopra i Canonici di quella, conserva egli i
vasi sacri e gli ornamenti, ed anche tutti gl^istrumenti,
privilegi e concessioni riguardanti a' Feudi, ed altre ^
robe donate a quella Chiesa. Parimente il Tesoriere
di Bari ha egli II pensiero e la custodia di tutto ciò;
e come questa città fu lungamente governata da' Greci,
si ritengono insieme ancora molti usi grecanici, e nel
Tesoriere ìstesso di questa Chiesa si veggono ancora
uniti gli uffici di Cartolario e di Cartofìlace; poiché
siccome in Oriente due erano i Cartofilaci, uno con-
servava le carte e monumenti della chiesa^ e presie-
da) Biblìoth. Ginn. not. pag. 4^* Cum omni Consilio de-
derunt logelgerio Corniti praebendam B. Martini, ipsi, et
baeredibus ejus in perpetuiiin possidendam. Quia vero Ec-
clesia ejusdeiu Sancti carebat Thesaurario, et Aedituo, Con-
sulem Ingelgerium intronizaverunt > et Thesaurarium consti-
tuerunt, et Defeasoreni Ecclesiae fecerunt, et Tutorem omnium
possessionura ejus ubicumque essent delega verunt Qui sedem
Thesaurarii , et Domos cum redilibus quandìu advixit, obti-
nuit. Duchesne tom. 4 p^g* ^^o. {b) Renat. Chop. de S. Polit»
1. 3 lit. 6.
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446 STORIA CITILE
deva air Archivio; l'altro alle rendite della chiesa, e
teneva conto delle spese (a); così ia Bari il Tesoriere
di questa chiesa ha di tutto ciò cura e pensiero. E
poiché in alcuni luoghi era incombenza del Tesoriere
non solo di custodire i privilegi e gli ornamenti della
chiesa , ma anche il regio diadema (&) ; così alcuni,
avendo per vera quella favola, che i nostri Re sole-
vahsi coronare in Bari colla Corona di ferro, scrissero
che il Tesoriere di questa Chiesa, tra gli ornamenti
di quella, custodiva ancora questa Corona (e).
A questo Principe adunque devono i nostri Re
quelle tante prerogative e preminenze acquistate non
xnen per fondazione e dotazione, che per privilegi dei
Sommi Pontefici, delle quali oggi sono essi in pos«
sesso, onde sono reputati capi e moderatori di questa
chiesa, eh' è di Regia collazione: conferiscon essi il
Priorato e T altre dignità di quella, e vi stabiliscono
tin Giudice d'appellazione, il qual* è il Cappellano
Maggiore, che riveda i processi del Priore e del Te-
soriere, con totale independenza dall' Arcivescovo Or-
dinario di Bari. .
Secondo l'antica disciplina della Chiesa, tutte le
basiliche, che si costruivano nella diocesi del Vescovo,
erano sotto la sua potestà {d). Ma sin da' tempi di
Carlo M. i Pontefici romani cominciarono per .mezzo
di loro privilegi ed esenzioni, a mutare l'antica poli-
zia; e per invogliare maggiormente i Principi ad ar-
ricchire le Chiese di beni temporali, e rendersegli vie
{a) Cyrbn. in parat. lib. 5. Decret. de ^^c* Custod. (b) Id-
noc. Ili 1. I epist. 4^9- (^) V* Beati]. Istor. di S. Nic. di
Bari, Uh. ii cap. ii. {d) Coucii. d* Orleans, cap. 9. Nicol. I
in can. si quis Episcopor. caus. 16 quaest. 2.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.V. 447
più devoti e soggetti, concedevano ad essi ed alle
Chiese, che fondavano, ampi privilegi e prerogative,
comunicandosi scambievolmente i loro poteri. Ma. in
ciò sempre i Principi vi perdevano, perchè arricchite
e fondate, ch'essi aveano le Chiese, sorgevano delle
grandi contese con gU Ordinarli, e non si disputava
sopra i beni donati, acquistati già alia Chiesa, ma
sopra i privilegi loro conceduti: i Pontefici che s'ar-
rogano la potestà d'interpretargli, moderargli e sovente
anche di rivocargli, eran sempre dalla parte -degli Or-
dinarti; e quando ciò lor non riusciva, tiravano almeno
il litìgio in Roma, ed essi ne prendevan la conoscenza.
Di che potranno esser bastanti prove le gravi ed osti-
nate contese insorte per ciò tra il Priore di questa
chiesa e F Arcivescovo di Bari, le quali, non ostante
tanti privilegi ed esenzioni, per lo corso non meno
che di ducente anni, non vi è stato modo di poterle
affatto estinguere (a). Siccome non furono minori per
le stesse cagioni lì contrasti nati fra T Arciprete d'Ai-
tamura col Vescovo di Gravina, e per l'altre Chiese
di regia collazione. Ciocché dovrebbe essere documento
non meno a' Principi, che a' privati, di lasciare alla
Chiesa ed a' suoi Ministri ciò che a loro s'appartiene,
e non intrigarsi in tali faccende, e nell'andar regolando
Capitoli e confratanze, come se loro non restasse niente
da fare attendendo a' loro proprii impieghi; perocché
la sperienza n' ha dimostrato^ che tali cose se bene
da principio s'intraprendono per impulsi di divozione,
da poi riescono di vanità, dove non vi è niente dello
spirito, e tutto del mondo e della carne. Ed all' in-
cofcitro i Preti ed i Monaci da poi ch'essi avranno ar-
(a) V. Chioccar, tom. 7 M. S. Giurisd.
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448 STORIA CIVILE
ticchìte le chiese e le cappelle, vogliono amministrar
le rendite^ dimandarne conto, ed aver coloro, che vo-
glion prenderne cura, per loro ligi e sudditi, con ti-
rargli per r orecchie dove 1^ lor ambizione e la lora
avarizia gli portano.
Ciò che dovrebbe ancora condennare T istituto pur
troppo da un secolo in qua frequentato in questa città
e Regno di tante Confraterie di secolari e d'artigiani^
li quali invece d'attendere a loro mestieri, ed adem-
piere le parti delia giustizia in non fraudare con in-
ganni il prossima, si mostrano tutti ardenti di devo-
xione nelle loro cappelle e Confraterie, e cotanto si
compiaciono d' una processione, di portare stendardi,
croci, turibuli e torchi, e di proccurar da Roma divisa
pei loro abiti, le quali molti se le procacciano di co-
lori di porpora per mostrarsi nelle funzioni piit vistosi,
e tanto si gonfiano d' un titolo di Priore, di Primice-
rio o Assistente, che credono con ciò aver ben sod-
disfatto air ufficio di buoni Cristiani. E la meraviglia
è , che da poi che la domenica avranno nelle loro
Congregazioni intonato bene Tufficio, sentito il sermone
del Padre, e girato attorno per la città con croci e
stendardi; il lunedì la mattina tornando nelle loro bot-
teghe, non perciò al primo, che vi capita, non cer-
cano ingannarlo, e con frodi e menzogne circonvenirlo
ne' prezzi delle robe o ne' lavori di mano.
Quindi i Preti ed i Frati, riputandogli non in tutto
secolari, se accade lite per precedenza, per custodia
de' vasi e d ornamenti, per amministrazione, conti o
altro, vogliono essi riconoscere di queste cause, e gli
tirano al Foro ecclesiastico, tenendo erette per ciò par-
ticolari Congregazioni, onde si sentono tutto il giorno
contrasti non meno ne' Tribunali ecclesiastici , che avanti
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DELHEGNO DI NAPOLI L.XXI.CAP.V. 44»
il Delegato della regni giurisdizione^ e quindo dovreb-
bero attendere aUoro lavori, perdono le giornate iotene
dietro a queste frasche. Ciò che ben loro sta, perchè
quando a ciò potrebbero : essere aufficienti i loro Fa-
rochi, essi, come se yi fosse scarsezza di Preti e di
Monaci, vogliono intrigarsi iti tali funzioni, e non co-
noscono, che da poi che yi avranno consumato il tempo
e le lo»o sostaose^' niente profittano nello spirito, né
migliorabo di costumi, anzi rirono in continue sog-
gezioni ed io continui contrasti, che cagionano fra di
loro odj e rancori, e aovente aaco gravi inimicizie e
disordini.
§. IL Della chiesa di & Maria di Lacera.
Dappoiché Re Carlo ebbe aconfitto Manfredi, e de-
bellati i Saracini, che tenera a* suoi stipendj, il mi-
sero avanzo di quelli ricovrossi in Lucerà di Puglia,
ed in quel castello si fortifiearono; ed ancorché il
Kegno ai fosse per Manfredi interamente perduto, ren«>
duti che furono, ricevettero a buon patto da quel Re
di poter quivi abitare colle loro famiglie; ma Carlo
auo figlii]^olo come Principe pietoso e zelantissimo
della fede cattolica, conosc^do, che per 1* abitazione
di questi Infedeli in quella citta, il culto Divino era
vilipeso, la chiesa cattedrale poco men che minata,
e la religione in pesaimo stato ridotta, si risolse di-
scacciargli affatto, come fece, ed invitarvi nuovi abi-
tatori Cristiani; ed afBchè la città tosto ai popolasse,
assegnò a'nuovi abitatori Cristiani molte terre, ripar-
tendole secondo la qualità e condizione degli abitanti;
ed affinché la città in cotal maniera purgata, si re-
putasse tutta nuova, volle ancora, che non più si cbia-
*9
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45o STORIA CIVILE
masse col aome antico di Lucerà ^ mi di Santa Maria,
titolo della sua cattedral Chiesa. Perchè questa Chiesa,
era posta in luogo meno frequentato, e fuori della
città, e minacciava mina, ed anrea così picei ole facoltà,
<;he il Vescovo di quella non poteva sostentarsi con-
forme rieercava la dignità Pastorale, e per la povertà
dell' entrate, pati va anche difetto di Ministri; Carlo II
la trasferì déntro la città, costruendone una piò ma«
gnifica, con ordinare nel i3o3 al Castellano della] vec-
chia Fortezza di quel castello, che dasse certo metallo
rotto, che ivi era per farsene una campana (a). La
dotò d'ampie e ricche entrate-, e nello stesso anno gli
donò cento once d*oro Tanno sopra le rendite sue
regali, che teneva in quella città, per sostentamento-
de' Canonici, che accrebbe sino al numero di venti,
con obbligo di quivi risedere, ed assistere alli divini
Uffici tanto di notte , quanto di giorno^ da dividersi
fra di loro le rendite, che assegnava» egualmente, in
maniera che ciascuna avesse cinque once d'oro Fanno
in beneficia^ ovvero prebenda. Si riserbò per se e suoi
successori nel Regno la collazione de' Candnicati sud-
detti per la metà, e la restante- parte, che fosse del
Véscovo, in modo che quello, che "primo vacherà sia
a collazione del Re, e quel che vacherà la seconda
volta sia del Vescovo. Oltre a ciò institui nella me-
desima Chiesa le dignità di Decano, Arcidiacono, Te-
soricro e Cantore, assegnando per ciò trenta once di
oro l'anno, e che fossero di regia sua collazione (&).
Il Pontefice Benedetto XI lodando la pietà o mu-
nificenza del Re, per mezzo d'una sua Bolla spedita
(a) Cbioo, M, S, ginrisd. to. ^ de Capitalo Civìt. Lucer
ifi\ Chioc« loc» cit iu princ.
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DEL REGNO DI NAPOlI L.XXt CAP.V. 45i
«' aB norembre delio Bteiso aond i3o3^ approvò e con-
fermò l'istituzione, concedendo al Re Carlo e suoi
credi e successori di prei^ntare al Vescovo le persone,
eh' egli vol^ 'innalzare al DecàAafo , Archidtaoonato
: e Cantoria^ le quali' dovesse il Yelscovo istituire e con*
-fermare.' Gli concedè ancora di poter in luògo del Papa
.conferire la metà éelle prebende di sopra accennate
quando vaeherebbono « con. poter anche cHnierire le
«altre dignità. lìì vantaggio, se occorresse crear altre
prebende, che potesse egli farlo, con risferbarnte Taitra
'metà al Vescovo e suoi successori, quando vacheranno.
Ed in fine, per ispezial favore, ancorché per le con-
venzioni passate con Carlo suo Padre si fosse tolto
Vassensùy che prima era necessario nelPeleztohi dèi
Vescovi; gli concedè, che occorrendo- eleggersi il Ve-
scovo di questa città, debbia il Capitolo, prima di
domandare la confermazione di Quello, ricercare Y as-
senso del ;Re e suoi successori, e non si possa FEletto -
confermare, se.pritna non sarà ricercato dettò assenso '^
come si legge nella 'Rolla trascritta dal Chioccarelli,
'della* quale non si dimenticò Totnmasino (a),^ con rap-
portarne anche le parole. Ciò che si vede essersi pra-
ticato anche a tempo del Re Alfonso 'I come per duo
carte di questo Re, una scritta al Vicario di Napoli
{a) Thomas. Vet. et Nova Eccl. dise. p. a lib. 2 e. Sj ,
- jiuTn. 4 trascrive le parole della Bolla , che sono : Quoties
.elìeteti9n#ai Episcòpi. S. Hariae liuceriae , per quam Capitu-^
hxm cout^geret yac|LiioAÌs ingruente tempore celebrarì, te-
4ieantur ipsi Capitulum, ipriusquain ejusdem. electionìs, con*
iìrni^tio postuletur ,*tuum, et euadem successorum tuoruiu,
assensum requìrerè , nec ^pòssit eadem electio , nisi prius bu-
jii3mo'di requisitus' assenstts fijierit, confirmarì.
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45^ . r • «TOftU CIVILE
nel i45o» e 1* altra al Pontefice, rapportato dal Ghioc-
carelli (a).
. Non soddisfatto, ^^esto Principe di ciò, nel seguentef
anno i3o4 volle mag^iormeote arricchire questa Chiesa
da lui {ondata,, donando a Stefano Vescovo di quella
città e snoi successori le terre delF Apric^ìiai Palaz-
2uolo e Gaardiola poste della prorincia di Capitanata,
e glie le conciedè in feudo .nobile, contento solo del
giuramento di fedeltà, senz*altrp servizio personale o
reale, eccètto che. ogni anno il Vescovo e suoi suc-
cessori fossero temiti dare al Re un bacile d* argento
con 25 libbre di cera^ i^io^ in Mn anno nella festività
del Natale di N. S. , e-d un altra nel dì della Pente-
coste; il qual bacile anche solevasi restituire al Ve-
scovo per doverlo i^onvertire in vasi d'argento per
divin culto della Chiesa suddetta. Stabilisce inoltre,
che vi. siano .in .detta. Chi^dft itDecc^no, TArcidiaconQ,
il Tesoriere, il Cantore,! ed okra i Canonici, otto Che-
rici: che il Pacano.- abbia ogni anno quindici once di
oro, rA.rcidiaco{|o altrettante,' il Tesoriere dodici once»
il Cantore altrettante, e gli otto-Cherici ciascheduno
d^essi quattro once; ed il Testoriero abbia anche quat-
to once pei lumi. Comanda che queste somme se gli
paghino dalla Bagliva e da altri diritti ed entrate re-
gali, che la regia Corte possiede in detta città ; e vuole,
che le dignità di Decano, Arcidiacono, Tesoriere e
Cantore quando vacaranno, si conferiscano dal Re e
suoi succeasori; però la metà de* Canonicati si confe-
risca dal Re, e la restante metà dal Vescovo altemap
tivamente nella maniera detta di sopfa: che gli altri
Cherici s'ordinino dal Vescovo; che il Decano abbia
(a) Ghioc. loc. dt in fin.
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DEL REGNO DI NATOLI L. XXL GAP. V. 453
da dare al Re e suoi successori ogni anno per se e
Capitolo doctici libbre di cera; e cbe le persone, che
avranno dette dignità e Personati^ debbiano insieme
colli Canonici eleggere il Yesoot»,' eoa doverne pre-
sentare al Re relezione, o ricercare il suo assenso.
Il qaal privilegio nel seguente anno fu confermato da
Carlo stesso, e nel i33a da Roberto suo figliuolo (a).
SKocoilie Carlo II statuì nella <Reai Chiesa diRi^ri^i'
ohe nel celebrare iri i divini Ufficili si osservasse il
rito Franzese; così parimente yolle, che si pratàciiM|C^
in fnesta chiesa di S. Maria di Lueer^; onde iì' «£^
novembre dell'anno i'3o7 scrisse al Yeaoovo e Capi*
tolo di qaella città, dicendo loro, che desiderando che
in questa sua Chiesa da lui fondata si facesse pro-
gresso non meno nelle* cose temporali, cbe spirituali,
voleva perciò, phe si governasse secondo le approvate
consuetudini delle chièse cattedrali del Regno di Fran«
eia; onde ordinò loro e prescrisse alcuni riti, che si
osservavano in Fr^oia circa il odebrare TUfficio di-
vino ed altre celimonfe di Chiesa (&) . - <
Ritengono per tanto l nostri Re ancora oggi queste
preminenze sopra la* Chiesa di Lucerà, se non che
sin da' tempi d' Alfonso veone loro oontrastato ( noa
ostante la Bolla di Benedetto XI) Tasscmo ricercato
neireleziùtte àA auo Yescoto, il quale ora «i è proc*
curato con varii maneggi e trattati di toglierlo affatto ;
aìccome dall' altra parte furono tolte fA\ Yescavò 14
terre, che da questo {Principe fucon concedute, ond'è^
chei óra ^è sic^iolto dal tributo del bacib Ìl a^-gento- f
della eera, i . . . .
{a) Chioccar, loc cit« {ff) Chioccar, loc. c^t.
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454 ' STORIA €IVILF
$. ÙI. Della ehma d' AUàmùré.
La Chiesa d' AU^imiira, anbocchè fondata dall'Ini'
peradore Federico 11^ e per suo priTilegia spedito itt
Melfi Tanno iaÌ2 oonfemiato da poi da Innoeenzio lY
per la sua BoUa data in Xiiooe Vann» %*àtfij fu resa
esentfc ! dalla giuriadmone di qoalonìque.Ordiaarlo: con
tutto ciò Carlo II ne pttst la {irotezioné, allorché
SjMraino.da Bari Protooolario del Regao, sotto ^or6.
ohe lì Re Carlo suo padre gK avesse danato Altamara^
tentava appropriarsi anche questa Chieaa, ch*efa di jua
patronato regio; onde scrisse nell'anno 11^9) con molta
premura a Oarle Mai^tello suo. figliuolo Re d* Ungheria»
che eòmandabsciil .Protonotarto di non ìnipaci^bnrsi a
eosa Tentna' appartenente, a questa Chiesa; per essere
•uà cappella regia^ e si guardasse nioko hene a non
proTÒcarJo ad ira; anzi ordipò^ .che non portasse ri-
apettò in mòdo* akuno iJ suddetto £qparaiiO in eseguire
aubito suoi ordini (a).! Maggior pirotezìooe ne prese
quando il VeiooFo di Gravina' tanto di sottoporla alia
sua giurìsdiaioLQe. Eg^i ikll'anna 1999 eonpunise al Ye-
aoovó di Bilanto ed a Lupo. Giudice della medesima
città, che portandosi di perbona in Ahamura esami-
nassero la pretensione del Yesibovo; e dopo matura
discussione^, d'dcdordo eoaipose egli la eoo tesa, .stabi-
lendo, che' lii. chiesa suddetta fi>6se Cappella Regia\
che b.cattuàone a^artoipsaè .al Re;, che foase colle
aue cappelle jb Xierb'eseaie^.e die la giurisdizione
spirituale contenziosa in Altamura, spettasse all'Arci*
prete: quella che appartiene all'ordine Vescovile spet-
■^ * . • '
^) Chioccar, toni. 7. M. S. giurisd*
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DEL REGNO DI NAPOU L.XXI. CAPV. 455
tasse al Vescovo^ al quale parimente il Re Gat*k> donò
aette once d'oro Tanno in perpetuo • (a).
Dichiarata questa chiesa cappella regale, -ed esenta
dalla giucisdizione dell'Ordfaiarìo, si proccnrò poi dai
Re succesaori di Carlo d'illustrarla con altre preroga*
tive; onde nell'anno i4B5^ a richiesta di Pietro del
Babo Prìncipe allora .d' À^ltamur a, s'ottenne da Inno-
cen2Ìo Vili Bella^ orvera privilegio per cui fuinnal*
zata da Parrocchiale ch'era, in Collegiata, con tutte
r insegne e dignità collegiali:' fu conceduto ancora di
poterai quivi creare nuove dignità, cioè d'Arcfaidiaco-
nato, Cantorato. Prìmiòerìato e Tesorierato, con la
creazione di ventiquattro Canonici, la provvisione dei
quali si diede all'Arciprète. Fur concedute al medc^
simo le xagioni e •preminenze Vescovili, il portar il
Roccetto, la Mitra, l'anello e t^tte le altre insegne
Pontificali: ài dare la aolenne benediaione, colla pò*
testa ancora di .conferire gli Ordini minori alli suoi
. sudditi, e la superiorità e punizione circa tutti i Preti,
e d'' assolvere tutti i suoi Parrocchiani e sudditi di
tutti li casi Vescovili. E poiché i Pontefici romani:
s^arrogavano ancora la potestà d'ergere le terre e ca*
stelli in città quando vi creavano un Vescovo; Inno-
cenzio innalzando il suo Arciprete quasi al pari d'un
Vescovo, dichiarò egli Altamura città, e comaofdò ch«
ne' futuri tempi tale dovesse nominarsi, come si leggt
nella sua Bolla, rapportata dal Chioccarelli {b).
Innalzata a tale stato là Chiesa d' Altamura ed il
suo Arciprete, quindi è che oggi i nostri Principi van-
tino questa singolare e grande prerogativa di crear
essi r Arciprete senz'altro provvisione del Papa, il
(a) Chioc. loc. «it. {b) Chiaccar. lo«. cit.
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4S6 STOMA GITILE
qaale, •ottenute le lettere regie di bosl provvisione, e-
sercìta giurisdizione, nei suo territorio sopra i Preti e
Cherìci di quella Chiesa e suoi sudditi, e gode di tutte
le ragioni vescovili, e di tutte Y altre. prerogative di so-
pra rapportate; poiché quantunque i nostri Re abbiano
la presentazione di molle chiese cattedrali, nominando
essi molti Vescovi ed Arcivescovi ancora, nulladimanco
non 'la sola loro presentazione e nomina gli fa tali, ma
vi bisogna ancora la provvisione del Papa, che gli or-
dini e confermi nelle loro Sedi, ciò che non si ri*
chiede nell'Arciprete d'Altamura; ond'è avvenuto che
i nostri Re non abbiano mai permesso, che questa
Chiesa da collegiata passasse in cattedrale^ ed il suo
Arciprete da tale passasse ad esser Vescovo.
Ma con tutto che il privilegio , di Federico II con-
jEermato da Innòcenzio IV, la provvisione del Re Car-
lo II, e la. Bolla d' Innòcenzio Vili avessero. favorito
tanto questa. Chiesa, non furono però bastanti d' evi-
tar le contese» che dal ViCacovo di Gravina, favorito
da Roma, si poaero negli ultimi* tempi, intorno Tan-
no i6o5, di nuòvo in campo; poiché pretese* visitare
r Arciprete e la sua Chiesa, e n'avea già ottenute
provvisioni da Romaj ma essendosegli impedito di po-
tersene valere, fece egli pubblicare per isoomunacati
il Capitolo ed il Reggimento di Altamura, ed affisse
cedolani d' interdetto a tutta la città, che si compo->
seva non meno di t8 mila anime: e furono con tanto
ardore sostenute queste contese dal Vescovo col fa-
vore di Roma, che per gran tempo furono impiegati!
più gravi personaggi e più cospicui Ministri dd Re
per sedarle, le quali dopo il ^orso di 21 a anni fiirona
finalmente composto con dichiararsi che nella visita^
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. GAP. V. 45;
ehe 6* era concordato con S. M. che potesae fare il
Vescovo, come Delegato della Sede Appoatolica, po-
tesse -solamente provvedere e correggere, e non ga-
stigare o. punire; e che non si perinetu al Clero d' Al^
tMiura d' avere un Giudice d' appellazione in partibus
per li depreti « sentenze che s' interpongono dall' Ai'-
cìprete, ma, come era stato aolito^ dovesse appellarsi
alia Corte del Cappellano. Maggiore. Ebbe gran parte
in quest' affare il Consigliere Giovanni Battista Mi-
gliore mandato con tal incombenea in Roma dal Gar«
dinal Zapntta allora Viceré, per la vigilanza del quala
dopo essere stata interdetta la città i8 anni, e scom-
municati il Capitolò e Reggimento della medesima, si
pose a tal negozio fine, riputato di grandissima impor-
tanza. Gli atti di questa controversia, e molte con-
sulte ed allegazioni fatte per la medesima, insieme col
Brere di Papa Gregorio XV, col quale si conferma
la transazione, ed accorda seguito sopra queste diffe-
renze, si leggono presso Chioccarello nel tomo 6 dei
suoi MS, giurisdizionali.
Tengono i nostri Principi del Regno molte altre
chiese e cappelle di regia collazione, e Carlo II neU
r aimo i3oa ordinò, che di loro se né formasse un
distinto e compito inventario; dal cui esempio gli altri
Re suoi successori, e particolarmente negli ultimi tempi
il Re Filippo li, si mos3ero per conservarne memo-
ria, di ordinarne altri più esatti. Per aver essi dai
fondamenti erette moke Chiese ed altre dotate d' am-
pissime rendite, furono meritevoli di tal prerogativa;
e siccome il fondamento, dove 8*appQggIa il diritto, di
cui godono i Serenissimi Re di Spagna di presentar
i Vescovi alU chiese cattedrali, non è altro, come dÌQ^
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458 STORIA CIVILE
il Yescoyo CoTarruvias (à), se non perch* esai le fod-*
darono e dotarono; così i nostri Re, perchè^ siccome
si è potuto notare, da' precedenti libri di quest* istoria^
e da quel che si dirà ne' seguenti, moltissime Chiese
ancor essi a loro spese fondatono, e di grandi entrate
dotarono; quindi, o per concessione de' Sommi Pon-
iefìci, o per consuetudine e presorlzione immemora*
bile (b\ ottennero che le. medesime fossero di loro eoU
lazione, senza che nel provvederle avesser bisogno del
ministero dej Vescovo o del Papa istesso (e). Ciò che
non dee recar maraviglia, particolarmente neUe per-^
sone de' Re, i quali non sono riputati puramente Lai**
ci; poich' essendosi da molti secoli introdotta tra' Prin-
cipi cristiani quella spiritual cerimonia, che mentre si
incoronano per mano de' Vescovi, sogliono anche un-
gersi col sacro olio^ s' è riputato perciò che questa
sacra unzione rendesse le lor persone sacrate^ e capaci
di tali e simili prerogative e dignità, (d).
Quindi è nato, che nel Regno i nostri Prìncipi,
oltre la presentazione che tengono in moltissime chiese
di patronato regio, eziandio in alcune chiese cattedrali,
delle quali si parlerà a piii opportuno luogo, tengono
la collazione di molte chie^se e cappelle rc^ie fondate
da essi e dotate di loro rendite^ siccome in Napoli la
(a) Covar, in reg. possessor. par. 2 J io n. 5. Guen-ero
tract. de reformat. . Eccl. cap. 14. {b) V. Jo. Andr. in oap. 1
de praeben, in 6« Àbbat. in cap. quanto in. primo notab. de
consuet. et in e. cum Apost. in fin^deiis, quae fiunt a Prae-
lato, (e) V. Marin. de Caramanìco in prooem. Constit. Beg.
col. 4 nutn. So* et 60. Andr. de Isernia in prooem. Const.
Regn. nu. 4o. AfUict. ad Consé. Bega, in praelud. qu. aS
num. a. (^ Aless. PaXrìt. in Marte Gallico lib. i cap. 8. Ut
persona uncta sit sacratior, ^it venerabilior Christianis etc*
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. CAP.V, 459
o&iesa di 6. Niccolò dA porto, ovvero del Molo, di
S. Chiara, di S. Agnello, di S. Ahgclo a Segno, di
S. Silvestro, e de' SS. Cosmi e Damiano, di S. Se-.
verino piccolo e moltiBsime altre. E nel Regno in tutte
le sue pTowiee, come in Lecce la cappella della Tri-
tiità, ia capjpélU di S.' Angelo positi nel castello della
medesiioa città ed aUre: in Aproazo la Badia di S. Ma-
ria delia Vittoria: nella Diocesi di Sarno la Badia di
S. Maria di Real Valle: in Salerno la cappella di
S. Pietro in Corte, di $;: Cattarina ed altre: in Bari
la badia di S. Lionaido: in Barletta la chiesa di S. Sii-,
veatro: nella dijocesir di .Sdraila chiesa di S. Reatituta
di Morea: in Montefnscoli la chiesa di S. OìoTanni:
nella Diocesi di Nardo la chiesa di S. Niccolò di Per-
golito: in Catanzaro le cappelle di S. Maria e di S.. Gio-
vanni Battista, e tante altre che possono vedersi presso
il Maszella (a), e negli inventarii fatti d' ordine di
Carlo II e di Filippo II, rapportati dal Chioocarellir.
jiel sesto volarne de' suoi MS. giurisdizionali*
CAPITOLO VL
Della Casa del Rt: suo splendore e magnificenza:;
e de' suoi Vffizialh
' ll|on fa veduta in alcun t^mpo la ? casa regale di
Napoli in tanta magnificenza e splendore^ quanto .nel
Regno dissesto Principerò sirìgaàrdi il lustro della na-*
morosa sua regàl famiglia, e ia grandezza de'auoi Ba-.
roni, ovvero il nomerò e splendoi:e degli Ufficiati della
(a) ÌHuizMsL dticrìz. d«l fteg. di ]S»p^ foL a80.
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46q . STORIA CIVIlìB
Corte: dò che ionaltsò ooUnto.noo puf la città A-
Napoli, ma tutto il Regnò, .e lo rese famoao aopra
tutti gli Slati di Europa.
Vide il suo primogenito Carlo Mariella Re d^UD-
glierla e costui morto, Caroberio di lui figliuolo e suo
mpote, sicuro Re di quel Regno, arando debellato gli
avversarii suoi. Totti gii akri suoi figliuoli vide in-
nalzati alle supreme grandezze;, perdio Lodovico se«
condogekiito, quantunque nella sua giovanezza fossesi
fatto Frate thinbv Gonventòale a S. Lorenzo di Na«'
poli, fu poi creato Vescovo di Tolosa, e da poi perla
santità della sua vita fo' da- Papa Giovanni XXIi po-
sto net catalogo de' Santi Confessori. Roberto soo'ter-
zogenito che gli succede nel Regno, fu Duca di Cà-^
labrloy Vicario del R^no ed ebbe II sapremo comando
delie sue armate. Si r^utò quindi a' più prossimi alla
successione del Regno oonrrenirsi meglio il titolo di
Buca di Calabria che di Principe di Salernui poiché
Carlo II tenendo molti figliucdi, ed avendone deccnrati
alcuni col titolo di Principe^ come Filippo che fu fatto
Prìncipe di Taranto, Tristano Principe di Salerno e
Giovaùoi Principe d'Acaja, si stimò che fosse più
proprio e decoroso, a chi dovea succedere nel Regno,
darsi il titolo di Duca di Calabria: titolo antico preso
da' primi Normanni e che non una città, ma due am-
pie province abbracciava. Quandi s' introdusse che ai
primogeniti de'nostri Re, abe debbon succedere al Re-
gno, tal titolo ai dasse; e siccome ia Francial al pri-
mogenito ai dà il titolo. di Delfino, in Ispagna ài Prin-
cipe d' Asturia, così netta casa regaie di Napoli, colui
oiie teneva il primo grado nella sucoessiooe, era chia-
malo Duca di Calabria; ond'è che Roberto così fa-
cesse nomare il «uo primogenito Carlo che. gU dovea
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DEL REGNO DI NiLPOLI L.XXl. CAP.VI. 46i
tiieeedere oel Regno : e così praticarono tutti gli altri
Ile afdgoiiesi; ed unito poi questo Regno aU« Corona
di Scagna, quindi avvenne che i primogeniti /le' Re di
Spagna si dicessero non meno Principi d^ A^turia che
Duchi di Calabria.
Filippo quartogenito fa Principe di Taranto . e di
Aca}a, Dispoto di Romania, Grand' Aosmiraglio del
Regno, e per ragion di sua moglie, ebbe il titolo d Im-
peradore di Costantinopoli; ed ancorché non .posse-
desse queir Imperio, venne in tanta bizjiaria, che imi*
tando rimperador Federico Barbarossa, gran facitor
di Duchi e di Re, volle nella Romania e nell'Asia
Minore crearvi un Re ed un Dispoto. Il Tutini (a)
neir Archivio de' PP di S. Domenico Maggiore di Na-
poli ha rinvenuto T originai diploma , da lui inserito
nel libro- degli Ammiragli del Regno, dove Filippo^ ^
Gatterioa coniugi, che s'intitolano Imperadori di Co-
stantinopoli^ creano, e fanno Martino Zaccaria di Ga-
^ro Signore di Chic, Re e Pjlspoto di Romania, e
dell'Asia Minore, detta Anatolia, concedendogli inve-
atitura per se,- suoi eredi e successori, con tutti li
Contadi e Baronie: e città di essa, con l'isole adia-
centi, cioè.Fenolia, Marmerà, Tornerò, Mitileno, Ghio,
Siamo, Mitanea, Lango, ed altre isole: di.più. gli con-
cede tutte le prefff^ative regie e Dispotali, cioè di
bere in taz^e d'oro, di portar la Corona, lo Scettro
è le scarpe rosse fuori e dentro del palaazo di. Costan-
tinopoli, come sono le parole del diploma: infra vero
Palatium ipsum, caligas Despoiales ci alia insigni^
Megalia^ et despotalia de/erre^ oc portare pefssit^ ei
valeat^ seeunium Begalem^ et despotidem umtn 0'S<^'
{ai) Tulin. (IfjgU Ammir. p. |o3, ArcUiv. cas.'$jg. Ifr n. 4-
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462 ' STORIA CIVILE i
suetudinem Constantinopolitani lmperii\ poidhè secon-
do la Gerarchia dell* imperiai Gasa di Gostaotinopoli
rapportata da Leundario (a), il primo Ufficiale dei
palazzo deir Imperadore di Costantinopoli, era il Di-
spota. Yuol che il Regno lo riconosca in feudo da
Ini, e perciò si fece dare il ligio omaggio ed il giu-
ramento di fedeltà da Frate Jureforte Costantinopoli*
tano dell'Ordine de* Predicatori , Proccuratore e spe-
ziai Nunzio del Re Martino destinato a quest' atto. Il
diploma fu spedito in Napoli per mdno di Roberto
Ponciaco Giureconsulto, Consigliere e familiare del-
r Imperadore, e porta questa data: Datum Bìeàpoli per
niamis D. Roberti de Ponciaco ./. C prcfessoris, di' .
lecti ConsUiarii et familiarii nostri, d^ D. i3o5 die
q/i maii 8 Indict. Mori poi Filippo nell'anno i333
in Napoli, e fu sepolto nella chiesa di S. Domenico
de' Prati Predicatori di Napoli /ove inaino oggi si vede
il suo tumulo.
Raimondo Berltngiefo Suo quintogenito, per la sua
gran giustizia e prudenza fu fatto da lui Reggente della
Vicaria, e fu Conte d' Andria e Signore deU^ Onore
di Monte S. Angelo ; il qual poi mòri con gran fama
di bontà. Giovanni sestogenito mori Cherico neir ado-
lescenza. Tristano setlimogenito, cosi chiamato, perchè
nacque nella tristezza quando il padre era prigione i*
Ispagna, fu Principe di Salerno. Giovanni ottatoge*
nito, fu Principe d'Acaja e Duca di Durazzo nella
Oreeià: Durazzo è città posta nel Pelopooeso, oggi
idelto Morea, della quale abbiamo una minuta deaeri-
siode in Tucidide: ella fu città metropoli, ed il suo
Metropolitano era sottoposto al Patriarca di Coataa-
. (a) Leunclay. toia. i lib» a. Jur; Graeeo-Rom;
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DEL REGNO DI NAPOLJ L.XXI. GAP. VI. 462
tinopoli: avea Trono e Molti Véscovi suffraganei rap-
portati da Leunclavio (a): fu poi Conte di Gravina
per successione dell'ultimo fratello; Pietro V ultimo-
genito, fu Conte di Gravina e non già inferiore agli
altri nella virtù e valor militare.
Non meno illustre che numerosa fu la sua femmi-
nile progenie sposata à' Principi più Sovrani d'Euro-
pa. Clcmenzia fu moglie di Carlo Conte di Valoìa
fratello del Re di Francia. JBitinca fu moglie di Già-'
corno Re d'Aragona. Lionora fu mogHe di Federico
Re di Sicilia. Maria fu moglie di Giacomo Re di
Majorica. Beatrice V ultimagenita fu moglie d' Axzo
d' Este Marchese di Ferrara e poi di Beltramo del
Balzo Conte di Montescaggtoso e d'Andria, ed ulti-
mamente di Roberto Delfino di Vienna. Adornavano
ancora la sua regal Casa tanti grandi ed ìllustci Ba-
roni:-gli Orsini Conti di Nola: li Gaetani Conti £
Fondi e di Caserta: li Balzi Conti d'Avellino e d' An-
dria: i Chiaramonti Conti di Chiaramonte: i Conti di
Lecce, di Chieti e tanti altri rinomati Baroni.
Da questo numero di così illustri figliuoli ebbe Re
-Carlo non pur F allegrezza che può av^r un padre
de' figli buoni ed eccellenti, ma una benevolenza in-
finita del popolo di Napoli. Il fasto, che portavano
alla Casa regale e la splendidezza di tante Corti, con
pur illustravano la ciuà, ma erano di grande utilità
a'^suoi cittadini; poiché non solo gli Artisti ne ripor-
tavano grandissiìni guadagni dalle pompe loro, ma gli
altri popolani onorati, che comparivano alle Corti lo-
ro, erano poi esaltati a più 'alti e ragguardevoli uffici
della Ca»a regale^ i quali erano in quanti tempi ia
(a) Leundàv. Jur. Gr» Rem. 2 iib. 3.
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464 STORIA CIVILE
tanto numero e così varii in fra loro, che meritano
onde qui 6e ne faceti^ particolar memoria.
g I. Degli Vfficiàli iella Casa del Jte,
Gli Ufficiali delia Casa del Re non bisogna con-
fondergli con gli Ufficiali delia Corona^ de' quali si
parlò nel libro XI di quest'Istoria. Quelli della Co-
rona, non erano^ mutabili per ogni mutazione di Re,
come questi, e la loro carica non era limitata in al-
cun luogo o provìncia, ma si distendeva general-
mente per tutto il Reamcy e propriamente servivaniO lo
Stato, non già la persona del Re: questi air incontro
servivano la Casa del Re, perchè assistevano giornal-
mente alla regal persona e peroiò quelli, de' quali
trattiamo, sono senza dubbio li più veri Ufficiali del
Re, perchè dirittamente servono ed assistono la sua
rogai persona.
Risogna ancora distinguergli dagli altri, che pure
sono Ufficiali del Re, cioè da quelli, che hanno uf-
ficii pubblici conferiti dal Re, come Giudici, ed altri
Magistrati, perocché questi non sono Ufficiali della
Casa del Re, né suoi domestici: ond' è, che nel drit«
to (a) i domestici dell' Imperadore erano chiamati Pa-
latini,
Prima tutti gli Ufficiali della Gasa del Re aveano
subordinazione a^gli Ufficiali della Corona; e ciascuno,
secondo la sua carica, era subordinato à colui, oh*er»
tieir istesso rango di dignità. Per ciò gli Ufficiali della
Corona aveano sotto di loro un sostituito, il quale
contipuamente assistesse nella Gasa del Re e contan*
{a) Tit. de PalaiLUÌs^ et tit de Castrensi Palatin. pecul
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DEL REGNO DI NAPOLI L. XXI. CA.P.VL 465
dasse a minori Ufficiali, siccome nell* antico Imperio
vi era sotto ciascun grande Ufficiale un altro cbia^
mato Primicerius Ofjficii^ il qoale avea la dignità di
Spettabile , allora che ì Grandi Ufficiali aveaao quella
d' Illustri,
Cosi ancora ìq Francia, ed al di lei esempio, in
Sicilia, i primi Capi si qualificavano Ufficiali della
Corona e gli altri solamente sono qualificati per grandi
Ufficiali o Capi d'ufficio della Casa del Re. Ma gli
uni e gli altri anticamente neir Imperio e nel Reame
di Francia erano chiamati Comites^ cioè compagni del
Principe o più tosto suoi cortigiani, essendo chiamata
in latino la Corte del Prìncipe Comitatus (a). Ma poi-
ché nette province e nelle città vi erano anche dei
Conti, così chiamati, perch'erano scelti tra i princi-
pali cortigiani: per distinguer questi da quelli, ch'e-
rano impiegati alle principali cariche della Corte, fa-
ron perciò i primi appellati Comites Palatini, Quindi
è, che per ispecificare la qualità loro, si aggiunse al
titolo di Comes il nome della loro carica, come Co-
mes Palata y Comes Stabuli^ Comes Sacrarum largitio-
num\ end è, che in Francia questi Ufficiali si dissero
il Conte del Palazzo^ il Conte della Stalla^ per signi-
ficare i cortigiani, che aveano carica del Palazzo e
della Stalla, ovvero Cavallerizza del Re, di sorte che
Comes significava un Capo d'Ufficio^ o principale Uf-
ficiale di compagnia, ed in fatti Comes Palatii è chia-
mato dal dritto, ed in Cassiodoro Magister Palatii,
Quindi in Frància fu detto il Maestro della Casa del
Re; e predso noi^ gli altri Ufficiali della Corona, fa-
(a) L. 43 de testament. milit 1. la § ignominiosa, de ró
militari, 1. de his, quì per niet. eie.
3o
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46« STORIA CIVILE
rono prima detti Maestri^ come Maestri Giustizieri,
M. Siniscalchi e poi Grandi Giustizieri, Gran Sini-
scalchi, Grandi Ammiragli, ec. Ed il titolo di Maestro
restò solo agli Ufficiali minori, come a Maestri Ostiarii:
M. Panettieri: M. Razionali ec.
Or anticamente i grandi Ufficiali della Casa del
Re erano sotto alcuni degli Ufficiali della Corona;
ma da poi molti si sono esentati d ubbidire ad altri,
che al Re; ma non fu però che moltissimi non rico-
noscessero presso noi per lor Capo il G. Siniscalco;
cìk è il medesimo, che in Francia si chiama il G. Mae-
stro della Casa del Re, ed oggi di Francia, come ve-
dremo dal novero di questi Ufficiali.
Era il G. Siniscalco, come si disse nelV XI libra
di quest' Istoria, il G. Maestro della Casa del Re; ed
intanto egli fu npverato tra gli Ufficiali della Corona,
perchè quantunque la sua carica riguardasse il go-
Tcrno della Casa del Re, siccome la carica del G. Con-
testabile il governò della Guerra, quella del G. Giu-
stizlero, della Giustizia, e T altra del G. Camerario,
delle Finanze; nulladimanco la sua autorità non era
limitata da alcun luogo, o provincia, ma si distendeva
per questo fine in tutto il Reame, né era mutabile
per ogni mutazione di Re, e si diceva perciò servire
allo Stato ed ai pubblico, e non già solamente alla
persona del Re.
Egli era chiamato nelF antico Imperio Magister Of*
ficiorurriy e per ciò teneva sotto di se più Ufficiali
tanto grandi, quanto piccioli nella Casa del Re. I
grandi finalmente furono esentati d' ubbidire ad altri,
che al Re; onde sursero per ciò altri Ufficiali, i quali
non possono dirsi della Corona, ma sì bene Grandi
Ufficiali, come diremo.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL GAP. VI. 46;
Di questi Ufficiali della Gasa reale di Napoli, Ca-
millo Tutini (a) ne fece solo un Gàtalogo di nomi, e
ne promise un Trattato; ma non ai è veduto poi alla
luce; gli raccolse da* Capitoli del Regno, e dall'Ar-
chivio della Zecca, eh* è qpello che contiene i fatti,
e le gesta di questi Re angioini, nel Regno de* quali,
e particolarmente in quello di Carlo li, se ne videro
in maggior numero, perchè la sua Gasa regale di Na-
poli ne fu abbondantissima. E poiché questo Principe,
come Franzese, tutto faceva ad imitazione del Regno
di Francia, molte cose v' introdusse a similitudine di
quello, ciò che non solo nella sua Gasa regale volle
imitare, ma anche, come si vide, nelle chiese, eh' ei
fondava, o arricchiva di sue rendite.
Del Tutini non sappiamo ciò, che uom se n* avreb-
be potuto promettere; poiché in quel Catalogo non
distingue gli Ufficiali della Corona, e quelli minori
a coloro subordinati, dagli Ufficiali della Gasa del Re
e suoi subalterni. Noi avendo riscontrati questi Uffi-
ciali della Casa di Napoli essere in tutto simiglianti
a quelli della Gasa di Francia, non ci apparteremo
dair ordine tenuto da coloro, che trattarono degfli Uf-
fici di quella Augustissima Casa.
De^ Grandi Ufficiali.
Gli Ufficiali adunque della Gasa del Re erano di-
visi in grandi Ufficiali, e minori Ufficiali. I Grandi
Ufficiali, che furono sotto il G. Siniscalco erano: il
primo Minestro delV Ostello , ovvero del Palazzo, che
il Tutini chiama Maestro dell* Ospizio Regio, ed al-
(a) Tutin. iu princ. degli Uific. del Regno,
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468 STORIA CIVILE
tri Siniscalco dell' Ospizio Regale. Il primo Panettiere^
chiamato dal medeBimo, Maestro Panettiere Regio, del
cui ufficio abbiamo ne' Registri (a) dei Re Roberto,
che ne fòsse stato onorato da quel Re, Giacomo Ul-
cano, che fu Maestro Panettiere Regio. 11 primo Cop-
piere; ed il primo Trinciante^ ovvero Scalco del Re.
Sotto il G. Ciambellano.^ ovvero Cameriere Mag-
giore del Re, erano: il primo Gentiluomo di Camera,
che presso il Tutini si chiama Maggiordomo della
Casa reale: il Maestro della GuaF4laroba, che Tutini
chiama Regio: il Maestro delle Cerimonie: il Capi-
tano della Porta, detto dal Tutini Maestro Ostiario:
il Conduttore degli Ambasciadori ed il Cameriere or-
dinario. Questi Ufficiali in Francia non ubbidiscono,
che al Re, tra le mani del quale fanno il giuramento,
e deferiscono solamente per onore al G. Ciambellano.
Alcuni, come rapporta Carlo Loyseau (&), sotto il
G. Ciambellano mettono ancora il Primo Medico della
Gasa del Re, ed il Maestro della Libreria del Re; al-
tri niegano a costoro il grado di G. Ufficiali, sol
perchè sono, come i Franzesi dicono,- de longue robe;
ma vanno quest* ultimi di gran lunga errati; poiché
i Medici del palazzo dell' Imperadore neir antico Im-
perio erano del Comitato di essi, non altrimenti che
tutti gli altri suoi Ufficiali e Conti Palatini. In Co-
stantinopoli, da poi che per venti anni aveano in quel-
la Accademia con pubblici stipendii insegnato , erano
ammessi in Palazzo e resi Conti» ed ascritti nella
Comitiva del primo Ordine, non perchè insegnassero,
ma perchè come Medici dell' imperiai Palazzo, si di-
(a) Registr. ann. 15^5 fol. iig rapportato dal Summon.
istor. tom. a pag. 41o, {b) Loys. des OfKc.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. VI 469
cevano ancor essi intra Palatium militare^ come ven-
gon qualificati dagV Imperadori Onorio e Teodosio (a).
Questi però eran chiamati medici del sacro, ovvero
imperiai Palazzo, non già dell' Iroperadore. Fu^da-poi
accresciata la lor dignità, quando il Principe fra essi
trascelse uno per cura della sua persona, il qual chia-
mavasi il primo Medico del Principe e Giudice e pri-
mo di tutti gli altri Medici*, e ciò fu introdotto noli
già da alcuno degV Imperadori, ma dal nostro Teo«
dorico ostrogoto Re d' Italia, come si legge presso
Cassiòdoro (6), il quale così introduce a parlare que-
sto Principe: Huic peritiae deesse Judicenty nonne hu^
manarum rerum prohatur ohlivioì Et cum lascivae fo-
luptates recipiunt Trihunum, hoc non meretur hahere
primarium? Uaheant itaque Praesulem^ quihus nostrum
commiitimus sospitatem. Sciant se huic reddere ratio-
nem, qui curandam suscipiunt humanam salutem.
Questo medesimo istituto si vide praticato nella Per-
sia, dove il primo Medico di quel Re era insieme
Capo e Giudice degli altri Medici, senza T approva-
zione del quale ninno in Regno poteva esercitar me-
dicina^ e da' Persiani era chiamato Hakim Pasci (e),
siccome per la testimonianza d' Alpino, nella città dei
Cairo, il primo Medico, che tiene la medesima pote-
stà, vien anche chiamato Hakim Fasci, Pressò gli Arabi
(a) Cod. Theod. 1, i de Comitib. et Archialris Sacri Pa-»
latii , ivi: Archiatros intra Palatium militantes. L. i6. C. Th.
de Medicis , et Professorib. ivi : Universi , qui in Sacro Pala-
tio inter Archiatros militarunt , et Comitivam primi ordinis ,
vel secundi adepti sunt. Et I. i8 eod. tìt. (b) Cassiod. 6
var. 19 in Formula Coniitis Archialroinim. V. Gothofr, in
1. I. C. Th. de Comitibus, et Archiatris. (e) Gabriel Chinoii
in notitia Orientfs.
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470 STORIA CIVILE
Hakim è T istesso, ehe presso noi Sapiente^ ovrero
Dottore: quindi gli Spagnuoli per eccellenza chiamano
il Medico Dottore: siccome i Franzesi, la Levatrice,
che la noverano tra' Medici, chiamano Sage-femme.
Presso di noi primo Medico fu chiamato Protomc"
dico^ e nel Regno degli Angioini e degli Aragonesi
spesso s* incontra di lui memoria; e nel famoso in-
dulto della Regina Giovanna I, rapportato dal Sum-
monte (a), abbiamo^ che in quel tempo era Protome-
dico Carlo Scondito, siccome nel Regno degli Ara-
gonesi furono successivamente Protomedici Pannuccio
Scannapeco, Silvestro Galeota ed altri, de' quali il
Toppi nella sua Biblioteca fece catalogo. Teodorico
gli avea conceduto grande autorità e prerogative: che
tutti coloro, che esercita van medicina, dovessero a lui
render ragione, e conto della perizia del lor mestiere:
che occorrendo tra' Medici discordia intorno alla cura
degl'infermi, egli dovesse determinarla e starsi al suo
giudicio: e per ultimo, ch'egli fosse il Medico del
Principe (&).
Eravi anche presso di noi il Protochirurgo ^ ma da
poi fu quest' Ufficio estinto, ed unito al Protomedico,
il quale è creato dal Re, o dal suo Luogotenente, e
deve essere Regnicolo, ed ha la conoscenza non meno
sopra i Chirurgi, che sopra le Levatrici annoverate tra
Medici, e sopra gli Speziali, ch'egli crea, spedendo
loro il privilegio, e visita le loro botteghe;, e quella
autorità, che Federico II diede per due Costituzio-
ni (e) a' suoi Ufficiali ed a' Medici d' invigilare, che
(a) Summonte toni. 2 pag. 459. (b) Cassiod. loc. cil. Golii,
in C. TL. 1. I de Comìtìb. et Archiatris. {c\ Constìtut. de
Medicis. Constir. de Fidelium numero super electuariis» et
syrupis statuendi».
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.TL 4;!
i sciroppi, e gli elettuari, e gli altri farmaci fossero
ben composti, la .esercita ora egli^ tassando il prezzo
di quelli, ed è Capo perciò del Coll,egio degli Spe*
zialì, che chiamano degli Otto. Tiene Tribunale, ed
insieme col suo Assessore conosce contro le Levatrici ^
Speziali* ed altri suoi sudditi, e contro coloro, che
medicano senza privilegio; ed è sottoposto al Tribu'-
naie della regia Camera della Summaria, ancorché
da' suoi decreti s'appelli al Tribunale del S. G. (a).
Sotto il G. Scudiero^ Ufficiale anche nell'Imperio
d'Oriente conosciuto col nome di SouteriuSj era il
primo Scudiero» che Tntini chiama Maestro della Scu-
deria Regia.
Sotto il G. Cacciatore^ fra' Greci annoverato pure
tra gli Ufficiali del Palazzo di Costantinopoli, e chia-
mato Primus Venator^ che noi diciamo oggi il Mon^
tiere Maggiore^ sono il G. Falconiere, il Maestro del-
l'i^e^zie e delle Foreste^ di cui sovente ne' nostri Ca-
pitoli del R^gno ,{b) fassi memoria, e li quattro Luo-
gotenenti della caccia.
Non bisogna cercare nell'antico Imperio questi Uf-
ficiali; poiché i Romani, siccome eb^bero l'esercizio
dell'agricoltura e pastorizia, e la fatica della campagna
in pregio, cosi disprezzavano la caccia; ond' è che da
Salustio (e) è annoverata la caccia tra' mestieri servili;
e Tiberio notò d' infamia un Capitano d' una legione,
perchè avea mandati certi pochi soldati a caccia (J).
Le cagioni vengono esaminate dal nostro Scipione Am-
(a) V- Tasson. de Antefato, vers. 5i obs. 5. Tribun* XlX«
{b) Capii. Regni, sub rubr. de Magistris, et Foresteriis, et
sub OfHcialibus eorum. De Forestis autiquis, et novis. {e)
Salust. in prooetn Catilin. {d) BueX, io Tiber. cap, 19.
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472 STORIA CIVILE
mirato (a), fra le quali non sono di leg^ier momento
quelle di aver dovuto per prender diletto della cac-
cia, allontanarsi le giornate da Roma, per essere que-
sta città a molte miglia intomo circondata di ville,
orti ed altre delizie, e perchè i Romani aveano tanti
giuochi e spettacoli pubblici di gladiatori e diversi al-
tri esercizi militari in casa, onde non bisognava loro
ricorrere perciò alia caccia^. A IV. incontro i Principi
stranieri eh' essi chiamavano barbari, i Re de' Macè-
doni, i Re di Persia, i Re de' Parti e tanti altri, sti-
mavano gran pregio V essere valenti cacciatori; ma
sopra tutti i Principi germani e settentrionali, li quali
nella decadenza dell' Imperio soggiogarono l'Europa^
ne furono vaghissimi ; onde avvenne- che presso i no-
stri Principi sia venuto in disprezzo 1' esercizio della
agricoltura e pastorizia,, ed innalzato eotanto quello
della caccia. Questi Popoli, come saviamente ponderò
r Abate Fleury (J), vivevano in paesi coperti di boschi,
ne' quali non aveano né biada, né vino, né buone
frutta, ond' era loro necessario di vivere di cacciagione,
siccome fanno ancora i^elvaggi de' paesi freddi nel-
r America. Dopo aver passato il Reno ed essersi sta-
biliti in terre migliori, vollero trar profitto dalle co-
modità dell' agricoltura, dalle arti e dal commercio,
ma non vollero avervi l' applicazione. Lasciarono que-
ste occupazioni a' Romani da loro soggiogati, ed essi
mantennero i loro istituti, e quanto avvilirono F agri-
coltura, altrettanto innalzarono la caccia, della quale
gli antichi facevano molto minor caso. Eglino ne han
fatto una grand' arte^ e V hanno portata perfino alPul-
(a) Ammir. Discorsi sopra Corri. Tacito, lib, 2 disc. i.
(If) Fleur. de' Costumi degli Israeliti» par. a cap. 2.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI.CAP.VI. 478
tiffle sottiglieizei tanto che la caccia fu reputata la
più ordinaria occupazione della nobiltà.
Fu reputata ancora proprio esercisio della profes-
sion delle armi, percliè ayyezza gli uomini a levarsi
per tempo, a sostenere i freddi ed i caldi, a lasciar il
cibo ed escxrcitarsi ne' viaggi e ne' corsi, ed a soffrire
i disagi, talché potendo accadere il simile in guerra,
non parrà così strano a sostenerli in campo. 1 Prin^
cipi stessi eran persuasi, non esser per loro più utile
occupazione che V esercitarsi nelle cacce, così per as-
suefare il corpo a' disagi ed alle fatiche, come per
imparare la natura de' siti, e conoscere, come sorgono
i monti, come imboccano le valli, come gia<M)iono i
piani, ed intendere la natura de' fiumi e delle paludi:
ciocché arreca al Principe doppia comodità, sì perchè
con quella via apparerà il sito del suo paese, onde
può vedere che difesa gli si può dare, e sì perchè
con quello esempio può venire a notizia d' altri siti,
avendo tutti i paesi una certa somiglianza infra di loro;
la qual cognizione, e per condurre gli eserciti, e per
trovare gli alloggiamenti, e per pigliare suoi vantaggi,
e per altri rispetti può in vari tempi apportare molte
e diverse comodità.
Quanto i nostri Principi o sian goti, o longobardi
e normanni, ovvero svevi, fossero stati applicati alla
caccia, si è potuto notare ne' precedenti libri di que-
sta Istoria, e sopra tutti V Imperador Federico II e
Manfredi suo figliuolo che della caccia ne compila-
rono particolari libri. Le medesime pedate furon cal-
cate da questi Re angioini, i quali avendo collocata
la Sede regia in Napoli, ne essendo a quc' tempi que-
sta città circondata di tante ville ed orti, né i suoi
piani ridotti a quella coltura che oggi si vede, ma rac-
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474 STORCI CIVILE
chiudendo la provincia di Terra di Lavoro ampie fa"
reste e boschi, quindi il lor consueto esercizio era la
caccia, onde molti officiali si videro nella Gasa re-
gale di Napoli destinati per assistere al Re alla cac-
cia, li quali av«ano il lor Capo, chiamato il GrauFo-
restiercy il quale teneva sotto di se molti .Maestri Fo'
restieri^ e questi aveano moltissimi Cacciatori a loro
aubordinati (a).
L' autorità e giurisdizione di questo Ufficiale^ chia-
mato da' nostri il Montiere Maggiore ^ nel Regno degli
Angioini non si era distesa cotanto, quanto si proccurò
allargarla da poi nel Regno degli Spagnuoli\ poiché a
questi tempi il Gran Maestro delle Foreste non esten-
deva la sua giurisdizione, che nelle foreste demaniali
del Re. Ma da poi essendosi stabilita la caccia per
regalia del Principe, si vede 1* autorità sua non aver
termine né confine; tanto che concede egli licenza al
Cacciatori di portar armi, e cacciare per tutto il Re-
gno (ancorché i Baroni nelle loro investiture vengano
pure investiti delle foreste, e ragioni della caccia) e
tiene proprio Auditore e particolare Tribunale (i).
Dt Minori Ufficiali.
I Minori Ufficiali erano così chiamati, non perché
fossero piccoli in se medesimi, ma comparati a'Mag^
glori, e grandi Ufficiali detti di sopra. Questi nell'an-
tico Imperio erano chiamati Milizie^ ovvero piazze ed
ufficii di compagnia, perché di ciascuna sorte ve ne
arano più, a luogo^ che li Gran Ufficiali sono quasi
{a) Capii. Regni , de ìklagistrìs Foresterìis , et SabofBciaK-
bus eorum. (b) Tasson. de Antef. vers. 3 obs. 3. Trib, XXVU-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. VI. 475
tttUi unici nella loro spezie. Di queste milizie spesso nel
Codice di Giustiniano, e nelle Novelle fassi memoria (a);
e ne trattarono accuratamente Giacomo Gujacio, ed
Arnoldo Yinnio (h) celebri Giureconsulti, riprovando
* r opinione che sopra le milizie ex casa tenne Lelio
Taurello.
Erano di due sorta. Gli uni dati a' Gentiluomini^
e gli altri lasciati agli Ignobili.
Quelli ch'erano dati a' Gentiluomini^ sono le piazze
de' Gentiluomini di Camera; i Gentiluomini della Cac-
eia: e quanto a' Paggi (detti dal Tutine Valletti),
essi non tiravano salario, ma aveano la livrea sola-
mente dal Re. I Gentiluomini della Camera, che nel-
l'antico Imperio erano chiamati Decuriones Cuhicula-
riorum^ comandavano agli altri Ufficiali minori, ed
erano in gran numero. I Gentiluòmini della Caccia,
erano quelli che assistevano al Re alla caccia, diffe-
renti dalli Cacciatori Regj, che sono plebei, ed hanno
la cura di ordina^, ovvero drizzare la caccia. I Gen*
tiluomini della Falconeria, i quali avevano il pensiero
di/qualche volo, differenti dagli Falconieri della Ca-
mera Regia, che sono quelli che avevano la cura di
ordinar la caccia. Questi Ufficiali, come si è detto,
non bisogna cercargli nelF antico Imperio, perchè gli
Imperadori non erano applicati alla caccia, come fu-
rono i nostri Re.
I Ciambellani Regj^ che scalzavano il Re^ e lo
(a) L. penult. C, de Collationibus , I. si quis ii. C. do
proxim. sacr. scrìa, lib. 12 1. uU. C. de pign. 1. omnimodo
5o $ 3. C. de inofT. testam. Nov. 53 cap. 5. (b) Cujac. ad
Nov. 55. Yianìo tract. d« CoUatiouibus , cap. 1$ num. i(ì
ad 19.
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476 STOMA CIVILE
mettevano in letto, ed erano nella Camera secreta del
Re. Gli Arcieri delle guardie del Re. I Scudieri del
corpo del Re. I Scudieri della Stalla del Re, chiamati
dal dritto' Siratores^ ed in Francia detti Marescialli^
termine alemano, che significa Ufficiale di Cavalli,
che Tutine chiama Maestro della Marescallaria Regia:
donde viene che noi chiamiamo ancora Maniscalchi
quegli che medicano e ferrano ì Cavalli : differenti
dalli Marescialli degli alloggiamenti del Re.
I Marescialli della soprantendenza della guerra^ ti
quali distribuivano alle milizie gli ospizj, seguivano il
G. Contestabile, e gli Ufficiali succeduti nella loro
carica si chiamarono Scudieri ed anche Scudieri di
Stalla, a distinzione degli altri Scudieri del corpo del
Re detti di sopra.
Vi erano ancora i Maestri degli stipendìarii Begj^
i quali aveano la cura di tener conto degli stipendiati
del Re, e presso noi è rimasto di loro ancor vestigio,
leggendosi nella Chiesa di S. Niccolò a Pozzo bianco
VLVk iscrizione, nella quale si nota il fondatore di quella
essere stato Errico Rarat, familiare del Re Carlo I
ac stìpendiarìforum Regiorum Magistrum (a). La di cui
incombenza, siccome F altra di distribuire alle milizie
gli ospiz], appartenente a' Marescialli di guerra,' si vide
da poi a tempo degli Aragonesi e degli Spagtiuoli,
trasferita nel Regio Scrivano di Ragione y di cui fa-
velleremo nel Regno di questi Principi.
Eravi il Maestro delle Razze del Re, che ora di-
ciamo Cavallerizzo Maggiore^ il qual Ufficiale a tempo
degli Spagnuoll, come ivi diremo, innalzò grandemente
(a) Engen. Nap. Sacr. foK 173.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.VI. 477
la sua giarìsdizione, ed ebbe pure proprio Uditore e
particolar Tribunale.
Più numerose erano le milizie de' Secretarli del Re.
Questi, che nell'imperio erano nella milizia de' Tribuni
de' Notari, e chiamati ancora Candidati j come l'attesta
Casaiodoro (a), nel Regno di Sicilia riconoscevano il
G. Protonotario per lor Capo, ch'era uno de'sette Uf-
ficiali della Cotona, come si disse nel libro XI di
quest'istoria. Egli era il Capo de' Notari, e nell'Im-
perio era per ciò chiamato Primicerius Notariorum :
avea la dignità Proconsolare, e dopo due anni d'eser-
cizio diveniva illustre. Erano ancora nell'antico Im-
perio tre sorta o gradi di Notari, che sono aperta-
mente distinti nel Codice di Teodosio (b)\ i primi e-
rano intitolati Tribuni Praetoriani et Notarii: e questi
aveano la dignità de' Conti\ i secondi erano sempli^
cernente detti Tribuni et Notarii^ e questi aveano la
dignità de' Ficarii; finalmente i terzi erano chiamati
Notarii familiares^ ovvero domestici^ i quali aveano
l'ordine e <lignità di Consolarità, Questi non bisogna
confondergli co' Notari che ora diciamo, li quali erano
tatto altro, ed erano chiamati Tabellionesy ovvero 2 a-»
hulariiy siccome fu da noi osservato nel riferito libro.
Iti Francia, secondo che rapportano gli Scrittori di
quel Regno, parimente vi sono tre sorta di Notari del
Re, chiamati ancora Secretarii ad esempio di Topi-
SCO, il quale chiama i Notari dell'Imperio Notarios Se-
cretorunty e nel dritto vengono chiamati a Secretis (e).
Sono perciò variamente appellati: Secretarii di Stato:
Secretarii del Re: e Secretarii della Casa del Re. I
{a) Cassiod. lib. 4 ep. 5. (b) L. 2,3. Cod. Th. de Primic,
Notar, (e) L. 9. G. Qui miiil. pos.
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47» STORIA CIVILE
Secretarli del Gabinetto si riferiscono alU Gartalarìi^
Cubicularii^ qui emittehant simhola^ sive Commonitoria^
come SI dicono nelle Novelle di Oinstiniano (a). Eran«
in Francia sessanta i Secretarii del Re, Gasa e Co-
rona per far tutte le lettere patenti di Cancellerìa. £
come ch'essi spediscono ì privilegi degli altri, era bea
di dovere, che ne ottenessero tanti dal Re a lor be-
neficio.
Parimente nella Casa Reale di Napoli erano attempi
degli Angioini molti di qaesti Secretarii e Notari del
Re. Furonvi i Notari delia Casa del Re, ed a qaesti
tempi di Carlo II d'Angiò fu suo Notaio Niccolò di
Alife, celebre Giureconsulto di quell'età. Vi erano i
Maestri e Prepositi sopra le soscrizioni e signatura
delle lettere della Camera Regia: i Notari della Te-
soreria Regìa: il Sigillatore delle Lettere Regie: il Com.
positore delie Rollo Regie: ed altri Ufficiali minori
della. Secretoria del Re.
Fra questi Ufficiali dobbiamo annoverar ancora il
Maestro dell'Armature Regie : il Maestro de' Palafre-
nieri: il Maestro degli Arresti: il proposito degli ufficii
deir Ospizio Regio: il Maestro Massaro: i Maestri Ra-
zionali della Camera Regia (fra quali, attempi di questo
Re, furono Andrea d* Isernia e Tistesso Niccolò d' Alife)
ed altri consimili, de' quali si tratta in più luoghi nei
Capitoli di Carlo I e II d' Angiò (h),
Sleguono nell'ultimo luogo i minori uffici lasciati
agV Ignobili: e sono quelli, che apprestano il mangiare
del Re e de' Principi e de' loro domestici, li quali in
Francia si chiamano li sette uffici, non per ragione
{a) Ndv. 8, a4, a6, 27. (b) Capit. Regni sub rub. de oific.
Magistrorum Massariorum, cum tribus seqq.
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DEL REGNO DI NAPOLI L-XXI. GAP. VI. 479
della loro carica, ma a cagion delle cucine dove gli
esercitano, e si chianoiano uffici a casa del Re ed a
casa de' Principi. Nelle due cucine, li Capi sono chia-
mati Scudieri di Cucina, egli Aiutanti, Maestri Cuochi.
Così ancora coloro, che apprestavano il mangiare
a' nostri Re ed a' Principi della Casa regale erano
chiamati Prepositi della Cucina Regia e Maestri Cuo-
chi del Re; onde si narra che que' tre Pranzasi, Gio:
Dottum, Guglielmo Rurgund e Gio: Lions, che fon-
darono la chiesa e Tospedal di S. Eligio, fossero stati
tre Cuochi della Cucina del Re Carlo L
Yi erano ancora i Prepositi della Panetteria, della
Gopperia, della Frutteria e della Ruccellaria del Re;
i quali aveano molti Aiutanti sotto di loro. Come an-
cora i Valletti del Nappo del Re ed altri molti Uf-
ficiali subalterni.
A questa classe devono collocarsi i Vessilliferi Regi:
i Portieri della Camera Regia: i Cacciatori Regi: i
Falconieri Regi, cioè quei ohe avean la cura di or-
dinare e dirizzar le cacce ed i voli: i Custodi degli
Uccelli Regi: i quaranta Soldati dell' Ospizio Regio
ed altri simili minori Ufficiali.
Camillo Tutini nel Catalogo di questi Ufficiali mi-
nori rapporta alcuni, i quali non appartengono punto
alia Casa Regale ed agli G. Ufficiali del Palazzo del
Re; ma unicamente appartengono agli Ufficiali della
Corona, a cui so^io subordinati: come il Maresciallo
del Regno: i Contestabili delle Terre e Castellani, che
nella soprantendenza della guerra seguivano, ed erano
subordinati al G. Contestabile: il Maestro del Porto
Regio, e' Protontini, ovvero Portolani o Vice- Ammi-
ragli, che appartengono al G. Ammiraglio: il Teso-
riere Regio ed i Secreti delle province, che sono su-
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48o STORIA. CIVILE
bordinati al G. Camerario; e li Giusti>(ieri delle pro-
vince, e quello degli Scolari, che riconoscevano per
lor Capo e superiore it G. Giustiziero.
Di tanti e cosi illustri pregi era ornata la regal
Casa di Napoli ne' tempi del Re Carlo II, il quale
con ugual bilancia compartiva questi uffici per lo più
a* Napoletani e Regnicoli, come si legge ne' regali Ar-
chivi, prezzando i vassalli di questo Regno non meno
di quelli degli altri de' suoi paterni e materni Stati;
e se alle volte leggiamo, òhe ne onorava ancora i fu-
rastieri di quegli Stati, non tralasciava però a Pro-
venza, a Forch' Alquir, a Piemonte^ di porvi Regni-
coli e Napoletani con altrettanto di prerogativa, come
si legge ne' medesimi Archivi, e come si vede in quei
luoghi a molte insegne di Napoletani, che furonvi a
governare {a). Ed ancorché tutto disponesse ad imita-
zione del Regno di Francia, e molto fosse inchinato
al suo nativo paese ed a gratificar que' di sua nazione ;
con tutto ciò in cose di Stato non riguardò Nazione,
ma s'atteneva al consìglio de' più prudenti e savi.
Ma quasi tutti questi Uffìciali, perduto ch'ebbe Na-
poli il pregio di esser Sede regia, sparirono, e nella
loro suppressione sol alcuni ne rimasero; poiché nel
Regno di Ferdinando il Cattolico, e più in quello de-
gli Austriaci^ essendosi introdotta fra noi nuova po-
litia, sursero nuovi Ufficiali; e siccome quelli finora
rapportati furono da' Re franzesi qua introdotti ad
esempio di quelli di Francia, così a' Re spagnuoli
piacque introdurne de' nuovi a similitudine di quelli
di Spagna, de' quali ne' Regni loro si darà distinta e
particolar contezza.
{a) Costanz. lib. 5.
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DEL REGNO DI N AIUOLI L.XXL CAP.VI. 48i
j. II. Del Maestro della Cappella del Re ^ che 4>ra
chiamiamo Cappellano Maggiore,
Bisogna separare il Maestro della Cappella del Re^
dagli altri Ufficiali della Gasa del Re; poiché quan-
tuh<]ue ancor esso, avendo la soprantendenza delFO-
ratorìo dèi Re posto nel regal Palazzo^ potesse anno-^
verarsi fra gli Ufficiali della Casa regale, nuUadiraaneo
presedendo egli alle cose ecclesiastiòhe e del Sacer-
dozio, era distinto da quelli, che presedeyatno alle cose
delFImperio e della Gasa del Re. In Francia per ista-
bìlire in maggior splendore e magnificenza lo stato
della Gasa del Re, iù reputato prudente consìglio in-
trodurre in quella tutti i tre Ordini del Regno, e che
non meno, quello della Nobiltà e F altro del terzo Stato
t' avesse parte, ma anche Y Ordine ecclesiastico, che
in quel Regtìo fa Ordine a parte, tutto diverso di quél
che si pratica fra noi, che gli Ecclesiastici sono me-
scolati ne' due Ordini di Popolo e Nobiltà. Dalla No-
biltà ' presero , come si è veduto, i Gentiluomini di
Camera, della Caccia, della Falconeria ed altri, onde
$r componevano le milizie o piazze della Casa del Re.
Dal terzo Stato si preaero i Graffieri, Secretarii, Can*
eellieri e tutti que* , a' quali erano ksèiati i minori
uffici. Così ancora dalFOrdln^ ecclesiastico si presero
iM&- Elemosiniere, il Maestro delta Cappella o Ora-
torio, ed il Confessore ordinario del Re; ed a tempo
de* Re della prima razza, fu tanta T autorità del Cap-
pellano del Re, chiamato ancora Arcicappellano^ nelU
Gasa regale, che s'aveano diriso T imperio ed il go-
verno col Maestro del Palazzo: supprespa poi tal ca-
rica nella seeoAda. stirpe, e data altra norma al go*>
3i
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48a STORIA CIVILE
verno della Gasa regale^ restò Fautoiità delFArcleap^
pellano in gran .parte diroimilta^ e sùrsé sopra di lui
il G^ ElemosiDiere, che tenea sotto di se così il Mae^
iitro deirOratorio, come il Confessore del Re (a).
Nel Regno di Sicilia, a?eodo i Noimasni costituita
la loro Sede R^gla in Palermo, il Cappellano del Re»
a simigUanza di quell^aiitico di Francia, aviea fer tutto
quel Regno 6t(»sa la sua giurisdieiooc, ne r£le«iOìji*
nìere, oc il Confessore del Re erano distinti. Nella
Casa regale di Sicilia era cfaianuto Cappellano del
Be^ e tra T Epistole di Pietro di Rlois, se oc legge
una (b) dirizzata ad Cappellanw» Begis Swiliae^ dove
gli ricorda, che per F ufficio msko amjuomsea il Re a
non dare il Vescovato d'Agrigento a poiiìsonu indegna*
Da poi che i Prìncipi cristiani ^olletro avere nel
regal Palazzo proprio Oratorio^ surse m eonsegueoza
il primo Prete del Calerò Palaiiao; «e paichè ov'essi
tenevano collocata la loro regia Sede, ivi colui dovea
risiedere; quindi è, che presso <li noi ne* regali Ar«
chivii non s' incontra meoioria di Cappellano Regie^
se non a' tempi de* Re angioini , ì quali in Napelli ier*
marono la lor Seda, e cominciarono quindi ad avere
règia Cappella. Priaia i Re aoirmatiai e avevi Tebbero
in Sicilia, perche in Palermo avean collocata la lor
Sede; ond'iè» «he la memoria del CaippcUaao di Sicilia
è più. antica 4i q^iello di Napoli.
. Collocata adunque da' Re angioim in Napoli la lor
Sede reg^a, cominciò presso noi la prima voJta a sen-
tirsi il Maestro dèlia Cappella del Re, ane'auoi prin*
cipii insino al Regno di Ladislao fu chiamato Magister
Eegiae Cappellae, ovvero Magister Sacrata^ CappeUae^
'{a) Lojseau des Ord. {b) Epist. P. Bltsansìs, epist. le, .
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXL CAP.VL 483
e sovente Protocappellanus (a), per essere egli il Capo
di tutti li Cappellani minorì del lie, non' altrimenti,
che presso i Greci il primo Prete del Clero Palatino
chiamavasi Pivtùpapa del Palazzo^ di eui si ritrova
ispessa commemorazione presso Codino^ Zonara, Ce*
dreno e nelle Notizie dell' Imperio: sa medesimo s'ap«
poggiava la principal pura della celebraxìope delle fun-*
zioni e solennità nella Cappella del Palazzo imperiale^
dove presedeva a^^li uffici ecclesiastidi, del che fu ri-^
cordevole anche Tommassioo nel suo trattato de' Be^
neflcii {by
11 Maestro adunque della Cappella reale di Napoli
avea la principal cura dell' Oratorio del Re, e prese*
deva a tutti i Cherioì del. Palazzo reale; ed a tempi
di Carlo II leggiamo essere stato suo Cappellano re^
gio Pietro, il qual intervenne air assoluzione, del giu«
ramento, che Papa Bonifacio YIII diede a Lionora
terzagenita di Carlo II per iseioria dagli sponsafli, che
avea contratti con Filippo Signor di Tussiaoo, e Am-
miraglio a tempo di Carlo I (e): e regnando il Rf
Aoberto si legge, che fosse suo Cappellano Regio Lati*
dulfo di Regina Pottgore e Caaonico napoletano {d)^,
£ sia da questi tempi, non già nel Regno d'Alfonso T,
come contro T opinione del Freccia fu notato nel lir
bro XI di quest'istoria; -fu eaoluso il G. Cancelliere
d'esercitar .giurisdizicme ^ sopra i Gherici del Palazzo
reale , sotpra 4 Cappellani regj , e tutta passò nella
persona del Cappellano Maggiore, eome Prete 4d
Clero Palatino.
(a) Y. Chìocc. tom. a. M. S, gìnrisd, ^h) Toraasin. de he-*
néfic par* .i lib. 2 cap. Su. ii. (e) Summout. lib. 3 tom. il
pag. iSo. {d) Biegistr. aun. i554 fol 47* Sammont tom. a
pag. 4x0.
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484 STORIA CIVILE
Crebbe molto - più la sua autorità nel Regno di
Carlo li, poiché essendosi per antichissimo costume
introdotto, che i Principi potessero avere Cappelle re-
gie, non pure nella città metròpoli, dove facevano re-
sidenza, ma in alcune altre, dove solevano ancor essi
in . alcun tempo dimorare, e dichiarar essi per tali al-
pune Chiese, óve aveano maggior divozione, e che per
ciò erano etate delle loro rendite profusamente dotate;
«Iccome presso di noi n'abbiamo memoria fin da' tempi
del Conte Ruggiero, il quale nell'anno 1 094 fra Taltre
cose che donò a S. Brunone, fu la Chiesa di Santa
Maria di Àl-safia, sua Cappella, che teneva in Cala-
bria esente dalla giurisdizione* dell' Ordinario: la carta
della, qual- clonazione vien rapportata dal Tassoni {a),
ove si legge ancora Folcone &uo Cappellano; quindi
xttultipUcandosi nel nostro 'Regno le Cappelle regie^
Tenne in conseguenza ad accrescersi l'autorità del Cap-
pellano regio. La chiesa di S. Niccolò di Bari fu
dichiarata Cappella regia-, e perciò il Priore ed il Ca-»
pitolo siccome eran esenti dalF'Ordinario, così erano
subordinati al Cappellano maggiore del Re. ^La chiesa
d' Altamura fu dichiarata ancora Cappella regia , e
quindi lArciprete di quella co' suoi Preti, come Gap-
pellia^i leg) pretendevan independenza dal Vescovo
4i Gravina, e non riconoscer altri, che il Cappellano
iM^^S^<)^^ dc^ Re (i). Tante altre Chiese di regia col-
laziono, xlichiarate Cappelle regali, delle quali si è £&-
YeUa(/9 del precedente Capitolo^ parimente pretendendo
(a) Tassoo, de Antef. vers. 4 obs. 5. num. 46- Privil. ann*
1094* Quod MoaasiertuiD Acsapbiae Cappella mea erat exein*
pia ab Episcopali jurisdictione per Sacrosanctam Romanam
Eccl«3iam, {b) Cliiocc. tom. '7. M, S. giurisd* .
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CARVI. 48S
•senzione da' loro Ordinarli, noa riconosceyan altri,
che il Cappellano Maggiore per superiore.
Furono da poi riputate anche Cappelle regie quelle^
ch'erano costrutte dentro ì reg) castelli: per la qual
cosa multiplicandosi nel Regiio il di lor numero, ven-
nero a multiplicarsi i regj Cappellani. Multiplicaronsi
ancora per un'altra cagione, perchè avendo i nostri
Principi ottenuto da' Sommi Pontefici molti privilegi
•d esenzioni a' medesimi , come di non essere obbli-
gati a residenza, ancorché tenessero beneficii curati^
di non dover soggiacere al pagamento delle decime,
che i Pontefici imponevano sopra gli Ecclesiastici ed
altri consimili {a): ogn*uno proccurava farsi dichiarare
dal Re per suo Cappellano; poiché s'era introdotta
costume^ che anche a coloro, che attualmente non ser-
i^issero nella Cappella regia , e fossero lontani , sole-
Tsnsi spedire da' Re lettere, per le quali gli dichia-
raVan suoi Cappellani regj: le quali ottenute da varie
persone portavan loro non picciol giovamento, perchè
nelle congiunture d'imposizione di decime sopra gii
Ecclesiastici, i Cappellani ricorrevano a.l Re, accioc-
ché essi non fossero compre^, e ne ottenevano prov-
visioni, siccome molte se ne leggono^ nel secondo vo-
lume de' M. S. giurisdizionali del Chioccarelli; e fra
l'altre una spedita ad istanza dell'Arcivescovo d'O-
tranto, il quale supplicava il Re, che per essere uno
degli antichi Cappellani della regia Cappella, e che
quando era stato in Napoli avea sempre servito in
essa, non dovesse soggiacere al pagamento delle de-
cime. Tanto che i Pontefici romani avveduti del-
l' abuso fecero più Bolle, prescrivendo^ che solamente
(a) y. Chioccar, tom* ^* M. S. giurli^d.
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48C STORIA CIVILE
coloro doYesaero godere de' priyilegi ed esenzioni eos-
cedute a' Cappellani reg}, Il quali attoalmente sorvis*
aero nella Cappella regia, le quali però come troppo
restrittiye) òome fra Faltre furon quelle di Lione X
e di Clemente Vili, non furono ricevute senza dibat-
timento e dichiarazioni. . Quindi crescendo Y autorità
del Cappellan Maggiore sopra tutti i caetelU del Re-
gno, e le Chiese dichiarate Cappelle regie, nacquero
quelle tante contese giufìsdizionali tra il medesima
Coll'ArcirescoYO di Napoli, col Vescovo di Cotrone e
con tanti altri, delle quali è ripieno il secondo volu-
me de' M . S. giurisdizionali dei Ch&occarelli,
Mei tempo de' Re Austriaci fu accresciuta la sua
autorità, per essergli stata commessa la cura e la pre •
sidenza de' Regj Studii, e trasfusa a lui parte di quella
giurisdizione, che prima sopra gli scolari teneva il
loro Giustiziere; e sovente dal Gollateral Consiglio se
gli commettevano le cause riguardanti il turbamento
e le violenze in£srite - degli Ecclcalaatmi* a Laici , ia
vigor de' Capitoli del Regno; e se gli diede ancora
giurisdizione sopra i Musici della Cappella regia (a),
siccome faveUaodo del Regno di qua' Plrincipi,. ci tor-
nerà occasione di più difTusameate ragionare*
{ny y, Beg. CooAatitiam in 1. unica, n. 2i« G. de Falat.
et Doinib. Dorolnic. lib. ii. Tasson. de Anlef- V€rs»^,3 obs-S.
Tiib.'IX n. 371 et num. 2«4*
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXl. GAP. VII. 48^
CAPITOLO VIL
Delle Consuetudini della città di Napoli e di Bari^
e d'alcune altre città del Regnò *
r TtL gli altri benefici! finora norcfrati^ ojide al R«
Carlo II pia€qti6f di favorire ed Imoiafear cotanto que*>
•ta oìttik, non inferiore deve ripxitarat t^iiello delia com«
pìlazione delle nostr« Consuetudini. Prima» che quelle
ai fossero ridotte in iscritto, li cittadìnii evmno in con-
tinue lìti e discordie, per cagion delV incertìsjiza delle
medesime: ciascuno allegava per se. la Gonauetudine,
e per provarla produòeva i suoi testimonii, e secóndo
quelle pruove era deciao- il litigio. Occorreva in caso
simile, che commettendosi la prnova al detto de' te»
stimomi, in un altro gìudìcio si pruovava il contra-
rio, e eomraria perciò ne seguiva la determinazione ;
onde' avveniva, che. sempre atassero incerti, dobhii ed
in perpetui litiigii e contese. Per togliere disordine si
grave Carla II pensò di durvi rimedie.
Avea egli un: esempio assai receniìe di ciò^ che ai
tempi del Re Carlo suo padre sì fece nella città di
Beri, e di quel che ivi avea fatto prima di lui il famoso
Ra^gieiiè ì Re di Sicilia, Pure in quella città ,. che
stata lungamente sotto k dominazione de' Longobardi»
si regger'» colle loro* leggio eransi tratto tratto stabi-
lite particolari Consuetidini conformi per lo più alle
leggi longobarde* I Rai^s^i perchè non inciampassero
in quiella coofusione^ nella quale si vedea ora Napoli »
le fecero ridurre in iscrìtto , e presa la lor città da
Rvifgiero, le presentarono al jatiedeaimo, il quale (come
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488 STÓRTA CItiLÈ
fii legge nel proemio dì quelle) et laudani -'et sermvit
illaesas: imo potius suo incljto fasore Jlrmavit^ et eis
perlectis, demum rohur suae constitutionis inàulsit {a)*
Ma ne' tempi di Carlo I ebbero più felice aaccessQy
perchè trovarono due celebri Giureconsulti baresi, che
in un picòiol volume con la maggior brevità ed eie*
ganza, che comportava quel secolo, le restrinsero^ e
eon istile certamente non insulso le . tramandarono ai
posteri; ed è quel volume, che oggi corre per le mani
d' ognuno ; il qual avrebbe meritato altro più culto
Scrittore, non f^incenzo Massila^ che ignaro delie
leggi longobarde, donde trassero la loro origine, con
istile assai goffo e pieno di puerilità neir anno i55o
commentoUe.
Q uè' due Giureconsulti, che in quella guisa, che
ora le vediamo, le compilarono, furono il Giudice An-
drea di. Bari, ed il famoso Giudice Sparro, o sia Spa-
rano ^ parimente barese. Fu questi uno de' maggiori
Giureconsulti^ che fiorisse a' tempi di Carlo I, da que-'
eto Principe molto ben veduto, e in sonimo pregio
avuto ; poiché , oltre essere stato prima da lui creato-
Giustiziere di Terra di Bari, e poi M« Razionale della
G. C, dopo la morte di Roberto da Bari fu fatto G.
Protonotario del Regno. Ebbe ancora la suprema pre-
minenza ne' Tribunali de' Contadi di Provenza e di
Forch' Aiquir, ed il titolo di vir nohilis, solito darsi
in que' tempi a' Titolati, ed a persone d' esquisita no-
biltà: creollo di più Cavaliere, e 1' arricchì di mólti
Feudi.
Il Giudice Andrea in quel libro, che compilò, tenne
queir istesso ordine e metodo, per quanto gli fu per*
ifi) In prQo«m. C^nsuet. Bar.
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DEL RECxNO DI NAPOLI L- XXL GAP. VIL 48^
mésso, del Codice di Giustiaiano, ed io alcuna parto
seguitò quello delle Pandette. Comincia perciò dopo^
«h noa disprezzevol proemio, ad imitazione di Gìu^
siiniano, dal titolo de Sacrosanctis EcjcIesiUyoye ir Hiia.
delle cose attinenti alla cattedral chiesa di Bari e deU
r altra di S. Niccolò. Finisce la sua compilazione ad
imitazione di Triboniano nelle Pandette col titolo: de
ReguUs juris^ seguitando ancora Tesempio de' Compi-
latori delle Decretali.
Il Giudice Sparano , che con n«n minor '- eleganza
aggiunse alla costui compilazione un altro Jibro, tenn»
altro metodo. Conoscenclo, che quelle Consuetudini ia
gran pairte derÌTaTano dalle leggi longobarde, stimò
piii a proposito seguitar queir istesso ordine^ che tenv
nero i Compilatori di quelle leggi: e perciò- comincia
da' delitti, siccome da questi si dà principio al prima
libro delle longobarde. Narrasi ancora di questo Giu-
reconsulto, che componesse altre opere, ma due sole
sono di lui rimase a' posteri: questa compilazione, ed
un libretto^ che intitolò: Rosarium virtutum et vitto*
rum: che fu da poi nell'anno 1571 stampato in Yenezim
con la giunta dell'Abate Paolo Fusco da Ravello. . »
Carlo II adunque, avendo innalzata Napoli a tanta
sublimità, non permise,, che in ciò Bàri la superasse;
Per ciò non trovandosi le sue Consuetudini ridotte io
iscritto, onde derivavano que' disordini accennati dì
sopra, diede prima incombenza all' Arcivescovo di que-
iÉta città, e gli prescrisse, che chiamati a se dodici uo^-
mini di sperimentata probità, e ben istrutti de' costu-
tùì della loro patria^ desse principio all'opra. Era aU
Jora Arcivescovo di Napoli Filippo Minutolo^ quell#
'Stesso, che per la sua saviezza e dottrina fugli dal
padre destinato per primo Consigliere, quando If» ri.
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Igò STORIA CIVILE
mise in Napoli per suo Vicario, onde T opera era (^«^
gna di lui) da ehi poteva sperarsi felice suoeeaso (a)*
Ordinò nell'iatesso tempo, che rUnirersità di Napolv
eleggesse quegli uomini che fossero non meno integri ^
che informatissimi delle costumanze della loro patria,
i quali dovessero ricercare tutte le Consuetudini della
città, ma le piùuyere, le più antiche, le più concordi
e le più approvate ne'giudicii: e dopo averle ben esa-
minate con legittima testimonianza d'uomini probi ed
integri, le riducessero in iscritto in un volume: il
quale riveduto ed esamimito dalV Arcivescovo ,. e da
queste dodici persone a ciò destinate , lo dovessero
presentare a lui, perchè quelle solo dovesse confermare
ed approvare con sua Costituzione, e riprovar tutt9
r altre: in maniera^ che né in. gìndicio , né fw) ri aves-
sero forzat e vigore alcuno.
L-' Arcivescovo, e gli uomini a ciò deputati adem-
piponot k loro incombenza, ed in nome di tutti i cit^
tadim presen^rono il libro al Re, perchè lo confer-
masse. Né a questi tempi erano eìiftrati gli Ecclesia-'
Itici ky «fucila pretensione, ohe fortemente sostennero
da poi, à! essere da quelle Uberi e sciolti. Carlo lo
fece pel rivedeva dà Bartolommeo di Capua,. ch'era- al-
lora Protonotasrio del Regno, il quale levate alcune
cos«y ed aggiuntene aìciui!' altre , ed in miglior modo
dichiarate, le dettò in quello. .stile che orai legginaio-.
Il die fatto, fbrooo dal Re approvate, e vietato eh^
toltone cfuelle eh' erano sevitte in quel volume, ■ non
fosse *ledito per L* iofiiaiizl ne* giudicii o fuora^ affiegarne
altre: ciocofaè accaiUe neU'anilo i3io& ntorOo già TAr*-
civesoovo AUfiOtolo. .
(a^ Chioc. de Archiep. Neapj ami id98.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI.CAP.VIL 49^
Se vogliamo far paragone tra le CoBsoetadini ài
Napoli con qaelle di Bari, mm -rì è dobbio alcuno
che i Giudici Andrea e Sparano con maggior elegansa
dettarono quelle che i Bareni presentarono al fte Gar«
lo I, che non fece Bartolommeo di Gapua di queste,
che i Napoletani presentarono a Carla IL Lo stile di
quelle noti fu. cotanto insulso ed intrigato, come può
esser noto a chi leggerà V une* e V ahre: ;ie non vo*
gliamo difendere il Gapua con quel che leggesi nel
proemio di Gario, il q^iale droe, che piacque a quel
Giureconsulto di non mutare lo stile, ed i vocaboli
proprii del paese, per maggior intelligenza di que' cit-
tadini: In stilo dictaminis eorum civium^ ut magis pny-
prie illamm nsualia verta remaneant (u).
Scorgesi eziandio un' altra differenza tra Y une e
r altre; perchè quelle di Bari, per essere state lun«
gamente de' Longobardi, per la maggior parte trag-
gono origine d'alle costoro leggi. AlF incontro Napoli
che non riconobbe mai il dominio deXongobardr, ma,
se si riguardano l suoi principii, fu città greca, o smi
il dominio che n ebbero in que' medesimi tempi, che
i Longobardi dominarona V altre province del Regna,
fu ella sotto la dominazione de' Greci, e degli oltimi
Imperadori d' Oriente: quindi le sue Consuetudini dalle
leggi di quella Nazione deri^anoi
Fu chi credette che chiamando il Re Carlo queste
Consuetudini antichissime, foesero reliquie di quelle
antiche leggi, colie quali si governava in tempo de' suoi
Arconti e Demaichi!, come dieemmo nel primo libro.
Altri, apponendosi più al vere, senza ricorrere ai?
tempi tanta lontaui e remoti, credettero ckC' dalle Dio*
(a) ProQeiB. coastiet. Neap.
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49^ STORIA CIVILE
velie degl* ultimi Imperadori greci derivassero, di che
ne potrebbe esser argomento i tanti riti e costumi de-
gli ultimi Greci chtt ancor si ritengono, e Y analogia
ed i molti vocaboli ancor, ritenuti di quella Nazione.
L' ordine ancora ed il metodp tenuto da Bartolom-
meo di Capua fu tutto altro da quello che tennero.
Andrea e Sparano. Questi, almeno per quanto si potè,,
imitarono Giustiniano e,d i Compilatori delle leggi lon-
gobarde, come si è detto: il Gapua di suo arbitrio ne
formò un altro nuovo. Trattò in prima l'ordine delia-
successione ah intestato^ ed indi quella ex testamento:
delia potestà che in vigor di queste Consuetudini hanoo
i figli di famiglia di poter testare e di quali beoi: delle
* donne maritate, le quali uscendo dalla p«ìtria potestà,
potendo testare delle loro doti, in che quantità pos-
sano farlo, o in altra maniera disporne: degli alimenti
che devono i padri e le madri prestare a' loro figliuoli,
e su di quali robe. Passa poi a trattar delle doti e
della quarta alla donna dovute su i beni del marito.
De' contratti tra i mariti e le mogli. DegV istromenti
soliti in questi tempi farsi da' Curiali e della lor fede;
e da poi, di tutto ciò che s'attiene alla materia do-
tale e della quarta.
Prima di .passar agli altri contratti, intermezza otto
titoli, uno ove tratta de' casi, ne' quali per propria,
autorità possa alcuno pignorare la roba altrui: Taltro
della ragion del congruo: nel terzo esamina di che
forza sia il detto del Colono parziario: nel quarto della.
teMimonianza de' rustici, e. quanta fede meriti : nel
quinto tratta delle Servitù, e nelli tre seguenti di co6e^
a.. quelle appartenenti. Torna poi a' contratti, e parla*
delle locazioni e condizioni, de' pegni, delle compre e
vendite, « delle arre da darsi; ma vengono questi ti-
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXl. GAP. VIL 49S
Ioli framekzatl con altri, come della nùnziazióne della
JHioya opera: Communi dividundo^ e de Glande legenda.
Finalmente chiudono il libro il titolo de ripa^ vel
africo ^ e r altro, eh' è T ultimo de restitutione in inte-
grum. Quest* ordine tenne Bartolommeo di Gapua in
questa sua compilazione delle Consuetudini di Napoli ,
la quale ebbe il suo compimento e confermazione del
Re a' 20 di marzo dell'anno i3o6, come si legge nella
•loro data: Data Neapoli per manus ejusdem Bartolo-
-maei de Capua militis Logo the tae et Prothonotarii Re-
gni Siciliae, Anno Domini i3o6 die 20 martii 4 Indici.
Itegnorum nostrorum anno ù^.
Furono queste Gonsueludini dal Re Carlo fatte ri-
porre nel suo regale Archivio, affinchè i Napoletani,
essendo ridotte in iscritto, e roborate dalia sua auto-
rità, non fossero più intrigati in tante dispute, e sa-
pessero dove ricorrere per terminarle (a).
I nostri Dottori cominciarono poi a commentarle,
e non passarono 44 ^^^^ ^a ohe furono da B. di Ga-
pua compilate, che-surse Napodano Sebastiano di Na-
poli, il quale fu il primo ad impiegar intorno a quelle
i suoi talenti nel Regno di Giovanna I, pronipote di
Carlo neir anno i35o* Fiorì egli ne' tempi di quella
Reina, ed era riputato per uno de' bravi nostri Pro-
fessori: era egli Nobile napoletano, della famiglia Se-
bastiana, e non meno di Matteo d'Afflitto, che tirava
-la sua famiglia da S. Eustachio ed il Sannazaro da
6. Nazario, ebbero i suoi la vanità d' ostentare ohe la
sua parimente dipendesse da S. Sebastiano Maestro
de' Soldati dell' Imperadore Diocleziano, ovvero, se que-
sto fallisse, da queir altro Sebastiano Pretore a' tempi
{a) In Prooem* Consuet. $ prp certiori*
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49* STORIA CIVILE
.dell' loiperadore Zenone; o pure quando tutto altro
man^aase; da' Signori di Sebaste ^ città di Samaria (a).
Essendo Cancelliere il Yescoyo di Fiorenza, Lettore
degli Studi! Lorenzo Poderico e Yioe Protonotario del
Begoo Sergio Don<Mrso, ebbe egli nel Collegio di Na-
poli pubblico esame» e datosi allo studio legale riuscì
ii primo della sua, età. Si pose egli a commentar pri-
ma le Costituzioni e Capitoli del Regno: da poi per
quella mortifera pestilenza che accadde in Italia nel-
Tanno 1:248» descritta con tanta yifezza ed eloquenza
dal Boccaccio 9 avendo perduti tutti i figliuoli, per dar
qualche conforto al suo dolore, ritirossi in una yilla
presso Napoli ed in quella solitudine si pose a com-
mentar queste Consuetudini, e terminò le sue fatiche
a'S aprile deiranno i3{i come e' dice nel fine de' suoi
Commentarii, Testifica Scipione di Gennaro {b)y il qual
fece alcune addizioni al Commento di Napodano, che
aveva inteso da' loro più antichi che quella villa, ove
ritirossi Napodano a far questo Commento, era quella
appunto che a' suoi tempi si possedeva • da D. Luisa
Rossa vedova del Dottor O. Paolo Marchese, ch\è posta
nel principio della strada, onde vassi a S. Martino.
Il Commeato, che questo Giureconsulto fece alle
Consuetudini, acquistò tanta autorità presso i nostri
Dettoti che tiene ora non inferior forza e vigore del
testo medesimo delle Consuetudini, e non meno di
quello venne da poi da* nostri Professori esposto e com-
mentato o da alcune note tltustraio. Undici anni dopo
queste sue fatiche, propriamente a* ao agosto dell'an-
no i3Ga trapassò di questa mortai vita ed il suo ca-
(a) Addit in Comment. ad Gonsuet. in fine, (b) Scipio Ja-
nniìY. in priacip. Gonsuet
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. GAP. TU. «gS
bavere giade sepolto nella Chiesa di S. Domeniee Mag-^
giòre èi Napoli, ave se n'addita il sepolcro (a).
Dopo Napodano, iliustraroiao queste Cooaueludini
o con aote, o con addizioni ovrero con varie decisioni
del S. C. della regia Camera e della G. C. della Vi-
caria, altri insigni Giureeooisulti che fiorirono ne' se*
gaenti secoli. I primi furono Antonio d'Alessandro
iPrcsidente, che fu del S. C. Viccprotonotario del Ke-
gab: Slefano di Gaeta: il celebre Matteo d'Afflitte: li
Consiglieri Antonio Capece e Marino Fi'ecela: il Con-
sigliere e Presidente della regia Camera Diomede Ma-
riconda: Antonino di Yivaja, e neiranno iSi8 Sci-
pione di Gennaro; il quale avendo riscontrato T esem-
plare ch'egli avea coU'arigiBale di Napodano, le fece
imprimere in Napoli calle addizioni, che nell' anno
precedente ;ayea fatte sa 1 Commento di quello, ec(
è la più antica edizione che si ^tro^i di queste Con*
auetudini.
Seguirono da poi altre edizioni con nuore Chiose
e Giunte, come quelle fatte da' Consiglieri Vincenzo
de' Fr«acfai6) .Camillo Salerno, Antonio Baraltucci,
Bartolemmeo Marciale, e Cesare Vitelli: da Coluccio
Còppola, Gaspare di Leo, e Gio: Angelo Pisanello:
da' Consiglieri iP elice Soalaleone, Giacomo Anello de j^
Bottis e Felice de Rubeis: dal Presidente della regia
Camera Scipione Buccino, dal Reggente Francesco
Rerertero, da Tommaso Nauclero ^ da Proveozale, da
Caputo, ed ultimamente da Carlo di Rosa, il quale
in' un volume raccolse quasi che tutte le costoro ni>te
ed addizicmi.
(a) In lapide Sepulchr. im Eccles. S. Dominici. Scipio Ja«
muar, in prooem* b» i.
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498 STORIA CIVILE
Coltre a eostorO) sursero pure nel passata secolo altri
Scrittòpi, )i quali ^ o per yia di controversie, q di de-
èisìoni) o di coudigl), ovvero con trattati, largamente
scrissero sópra queste nostre Consuetudini, fraV quali
porta il vanto il celebre Molfesio^ che più d'ogni al-
tro in più volumi trattò di quelle, tanto che oggi ai
Mostri Professori il diritto appartenente a queate Go&«
suetudini, si à reso nnà delle .parti più necessarie per
la disciplina forense, la quale non meno che T altre
ha le sue sottigliezze, ed i suoi intrighi, dove il nu"
mero di tanti Scrittori Than posta, e richiedesi per-
ciò somma dottrina, e perizia per ben maneggiarla.
L'esempio di Bari e di Napoli seguirono ì altre
città del Regno: Aversa volle anche ridurre in iscritto
le sue Consuetudini, che girano per le mani d'ogna»
no col Commento di Nunzio PelUada^ Capua tieuQ
pure le sue commefitate da Flavio Ventriglia Gen-
tiluomo capuano. Gaeta similmente ha particolari Con*>
suetudini e Statuti. Amalfi e suo Ducato ebbe anche
k sue particolari Consuetudini, le quali furono (H)m-
pilate dal Giudice Giovanni Agost aricci ^ che morì in
Amalfi Tanno 1:281 dove nelF antico Chiostro di San
Andrea si vede il suo tumulo ed iaerìzione ip). Ca-^
tamaro tiene eziandio le proprie Consuetudini . spie-
gate dal tmo ci^dino Giomn Francesco Paparo» E
così di mano in mano T altre città del Regno, delle
quali non accade far qui uu più lungo e nodoso ca-
talogo.
In tanta grandes^a avendo il Kp Carlo II posta la
città ed il Regno di Napoli, finalmente giuntò al «es-
•antesimoterzo anno di sua vita, soprapreso da feb-
{a) Toppi Biblioth. Nap. lit. G« pag. ii3.
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DEL REGNO DI NAPOLI L.XXI. CAP.YIL 497
bre acutiiBima, dopo aver regnato anni a 5 trapassò
«'$ a maggio deiranno 1809 nel palagio chiamato
Casanova fuori Porta Capuana, ch'egli avea fatto edi-
ficare luttgi da Napoli 30D passi, óve ahìtar solea
4* «state, per T opportunità delF acque del Sebeto, che
entrando nella città, passavano per quello, il qual luogo
divenuto poscia grandissima villa, ritiene sin a' nostri
dì il medesimo nome, ancorché dell'antico palagio non
he sia rimase alcun vestigio.
( Carlo 11 uh anno prima di morire fece in Mar-
Biglia il suo testamento a^i6 Marzo i3ò8, nel quale
istituì erede del Regno Roberto Duca di Calabria,
chiamandolo suo primogenito, ed a Carlo suo nipote
figliuolo del Re d'Ungheria, che fu suo primogenito,
gli lasciò solo duemila once d'oro da pagarsegli per
lina sol volta dal Regno. Si elesse per sepoltura del
suo corpo la chiesa del monastero di S. Maria di Na^
zaret in Provenza, e fece molte altre disposizioni in-
tomo agli Stati del Contado di Provenza, di Forcal-
quer e di Pedemonte, ne' quali per non poter succe-
dere le femmine in mancanza de' discendenti maschj
di Roberto chiamò Filippo Principe di Taranto e di
Acaja suo figlio é suoi distendenti maÀchj, sostituendo
a questi altri maschj di primogenito in primogenito.
Il suddetto testamento estratto dal real Archivio di
Provenza i|i impresso da Lunig {a) ).
Non è memoria, come scrive il Costanzo, che fosse
mai pianto Principe alcuno tanto amaramente, quanto
costui, per gran liberalità, per gran clemenza, e per
altre virtù, ond'era egli adorno. Per la sua liberalità
fu comparato ad Alessandro M. e quanto nelle cose
{a) Lunig God. DipL Xtah Tom. 2 pag. ao66^
3a
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49» STORIA CITILE
militari fu inesperto) altrettanto nelle cote ciyili e pa-
cifìche fu eminente. Fu con regal pompa seppellito
il suo cadavere nella chiesa di S. Domenico e non
molto da poi fu trasferito in Provenza, e nel mona-
stero delle Suore dell' Ordine de! Predicatori di S. Ma-
ria di Nazaret, edificato da lui in Arles^ fu colloca*
to (a); ma il suo cuore, per ordine di Roberto suo
figliuolo, fu fatto consenrare in una Urna d' avorio e
riporre in quella medesima chiesa in Napoli, dove oggi
giorno da que' Monaci, memori d'aver questo Princi-
pe arricchito quel Convento, cpn molta religione •
riverenza vien custodito.
(a) CoUenuc. Comp. Istor. lib. 5.
SPINE DtL VOLVMB ^VIKta
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TAVOLA DE' CAPITOLI
COKTBHtrTI
NEL TOliO QUINTO
LIBRO DEGIMOTTAyO pag, i
Cap. I Lyorrado di Alemngna cala in Itàliai
giunge per V Adriatico in Puglia^ ed ah-
latte i Conti d' Aquino: Capua se gli
rende ^ e Napoli vien presa per assalto e
saccheggiata » io
.1; Invito d* Innocenzio fatto al fratello del
Re d'Inghilterra alla conquista del Re-
gno » ^4
Cap. II. Corrado insospettito di Manfredi là spo*
glia d'ogni autorità y e de' suoi Stati; av-
velena il suo minor fratello Errico ; ed
' egli poco da poi se ne muore di consi-
mil morte; onde Manfredi assume di nuo-
vo il Raliato del Regno ...,.» i6
Gap. III. Spedizione d* Innocenzio IV sopra il
Regno » ai
L Innoeenzio abbandona il Re d' InghiU
terra^ ed invita il fratello del Re di Fran"
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5oo
eia alla conquista del Regno: se ne muo-
re in Napoli^ e svaniscono i suoi di-
segni pag. 36
Gap. lY, Spedizione d^ Alessandro IV sopra il
Regno ^ e nuovi inviti fatti da lui al Conte
di Provenza, ed ql Re d^ Inghilterra . n 3 9
LIBRO DECIMONONO pag. 58
Cap. I. Spedizione d' Urbano IV contro Man-
fredi'^ ed inviti fatti in, Francia per la
conquista del Regno » 70
I. Invito d' IffhaHo fatto \a Carlo à' àngib
per la conquista del Regno .... » yS
Gap. II. Spedizione di Clemente IV e conqui-
ste d\ Carlo d\ Àngiòy da lui investito del
U^gn9 di Puglia e di Sicilia ... 9» Sa
I. Coronaf^ione di Carlo m Roma . . » 90
Gap. m. Re ìfanfredi rjcef^e con intrepidezza^
e valore il nemicq: ferocemente si viene
« If^ttagliaj nella quale^ tradito dasuoi^
rin^aue infelicemente ucciso . ...» 98
Gap. ly. Re Carlo entralo nel Regno comincia
a reggerlo con crudeltà e rigore; onde
il su^ governo i ahborriio e gli animi
si rivoltano ed invitano alla Conquista
Corradino .. ^ «••... » 102
$. I. l^vito^ di Cotradino in Italia; e mal
successo della ^ua spedizione . , . *» 106
§. il. Infelice morte del Re Corradino^ in
^cui s* estinse il legnaggiq deSvevi ^ » 118
' Gap. y. Politia Ecclesiastica del decimoterzo se-
colo insino al RegnQ degli Angioini • >> laS
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$. I. Ifella Compilazione delle Decretali;
e loro uso ed autorità .... pag. ia8
$. //. Elezione de' Vescovi^ e provinone in-
torno a Bcneficj , » i38
$. III. Della Conoscenza nelle cause • » i48
§. lY. Tribunale deW Inquisizione . . » i6c
$» y. Monaci e leni temporali . . . «171
LIBRO VENTESIMO pag. 191
Gap. I. Cagioni onde Napoli divenisse Capo del
Segno ^ e, Sede regia ; • aoo
§. I. Edificj • 901
$. II. Risioramento degli Studj . • . é 3o3
Cap. II. Carlo si rende tributario il Regno di
Tunisi; e per la cessione di Maria y fi*
gliuola del Principe d'Antiochia diviene
Re di Gerusalemme ^ 3u8
I. Carlo per la cessione di Maria figliuola
del Principe J* Antiochia diviene He di
Gerusalemme • • . . • ,• . . «* aio
Gap. III. Nuova nobiltà Franzese introdotta da
Carlo I in Napoli'^ e nuovi Ordini di
Cayalieri • 916
§. I. Cavalieri armati da Carlo in Sfa*
poli »9l8
§. IL Particolari Ordini di Cavalleria . «935
Gap. ly. Seggi di Napoli riordinati ^ ed illu*
strati da Carlo n 943
I. Parlamenti generali cominciati a convo^
carsi in Napoli » 969
Gap. y . JHvisione del Regno di Sicilia da queh
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lo Ai Puglia^ per ìo famoso Vespro Si-
ciliano , . • . . pag. a 63
Cap. VI, VJficiali della Corona divisi. Il Tri-
hunale della Gran Corte stabilito in Na-
poli \ e della Corte del Vicario . » ajrS
§; I. Del Tribunale della Corte stabilito in
Napoli. • . . . . i » 280
§. //. Della Corte del Vicario • , . » 284
Gap. VII. Carlo Principe di Salerno governa
il Regno come Vicario j mentre U padre
è in Romay e va poi a battersi in Ror*
deos con Pietro Re d* Aragona . . . « 294
Gap. Vili. Prigionia del Principe di Salerno ^
'€ morte del' Re Carlo suo padre . . » 3o6
Gap. IX. Delle nuove leggi introdotte da Car^
lo I e dagli altri Re angioini suoi sue-
cessoriy che chiamiamo Capitoli del Regno n 3i3
§. I. Capitoli del Re Carlo 7. . . «» 3i8
5. II. Capitoli del Principe di Salerno pro-
mulgati in tempo del suo Vicariato ^ men-
tre Re Carlo suo Padre era' dissente • « 32 5
§. III. Capitoli del He Carlo II . . » 335
§. IV. Capitoli del Re Roberto ...» 338
§. V. • Capitoli di . Carlo- Duca di Calabria
Vicario del Regno . . . ^ . . . •» 348
LIBRO VENTESIMOPRIMO pag. 354
Gap. I. De' Capitoli di Papa Onorio iVy^ e qual
uso ed autorità ebbero nel Regno . . » 357
Capitala Papae Honorii . . • . » 364
Gap. IL Negoziati fatti in Inghilterra e ad Ole*
ron in Rearn^ per la scarcerazione del
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Boi
Principe Carlo; sua incoronazione e tre*
*gua fatta col Re Giacomo di Sicilia {)ag. 3ga
Cap, III. Coronazione di Carlo Mattello in Re
d' Ungheria. Pace con chiusa ira il Re Car-
lo ed il Re d' Aragona *, ^d incoronazio-
ne di Federico in Ite di Sicilia . . » 898
Cap. IV. Guerra rinovata in Sicilia. Morte di
Carlo Martello Re S Ungheria ; e pace
conchiusa col Re Federico . . • . » '423
Cap. V. Napoli amplificata da Carlo lly e resa
pili magnifica per edificj\ per lustro della
sua Casa regale , e per altre opere di
pietà illustri e memorabili^ adoperate da
lui non meno quivi^ che nell'altre città
del Regno » 435
§. 1. Della chiesa di S. Niccolò di Rari » 4^9
§. IL Della chiesa di S. Maria di Lucerà n 449
§. IH. Della Chiesa d' Altamura .... » 4^4
Cap. VI. Della Casa del Re: suo splendore e
magnificenza: e de' suoi Ufficiali . . » 4^9
$. I. Degli Ufficiali della Casa del Re .. »? 4^4
De' Grandi Ufficiali >> 467
De' Minori Ufficiali . i . . . . *t 474
§. II. Del Maestro della Cappella del Re^
che ora chiamiamo Cappellano Maggiore n Ifii
Cap. VII. Delle Consuetudini della città di iVa-
poli e di Rariy e d? alcune altre città del
Regno » 487
Fine DEIX^INOIGE«
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